EPISODIO 4 - Il Futuro del Guerriero Giallo

di HikariMoon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

I passi si allontanarono. Un attimo di silenzio, e poi una porta si chiuse.

Magisa emise un sospiro di sollievo e si alzò dal letto il più silenziosamente possibile. Il materasso cigolò appena. Quella notte, non era l’unica che non riusciva a dormire.

Nelle scure ore di veglia, non aveva chiuso occhio da quando ognuno di loro si era ritirato nella propria stanza, aveva sentito più volte porte aprirsi e ovattati rumori di passi. Ogni volta raggiungevano la stessa porta, per poi tornare da dove erano venuti.

E la Maga non faticava a comprendere come dovessero sentirsi i Maestri della Luce. Era così facile credere che, con le primi luci del giorno, Dan sarebbe svanito con esse.

Si avvicinò alla porta e si fermò ad ascoltare. Si fermò soprattutto per trovare il coraggio di uscire. Temeva di sapere già quale sarebbe stato il responso di M.A.I.A.

Nell’aria si sentiva solo il ronzio dei sistemi ancora attivi, evenienza necessaria per una fuga inattesa.

Una porta si aprì di nuovo. Magisa ritrasse bruscamente la mano dalla maniglia.

Rumori di passi. Silenzio.

Una seconda porta si schiuse. Bisbigli.

“È ancora lì?”

“Sì.”

“Temevo di essere l’unica così paranoica.”

Un abbozzo di risata.

“Proviamo a dormire tutti e due, che dici?”

Di nuovo silenzio, passi, e le porte di Mai e Hideto tornarono a chiudersi.

Magisa prese un respiro e aprì la porta. Il corridoio davanti a lei era avvolto nelle tenebre, appena rischiarate dalle sottili file di luci vicino al pavimento. Un tenue chiarore bluastro che rendeva raggiungere la scala ancora più difficile.

Fece i primi passi e tutto sembrò, per quanto potesse esserlo, più facile. Ignorare la realtà non sarebbe servito a niente, non avrebbe cambiato nulla. E doveva sapere in quanto tempo gli effetti avrebbero cominciato a farsi vedere.

Posò il piede sul primo gradino.

La luce verde acido dello scanner di M.A.I.A. superò la sua testa per poi dissolversi. Sullo schermo si susseguirono stringhe con un ritmo più veloce di quanto Magisa riuscisse a seguirle. Il suo sguardo scivolò verso le vetrate, oltre le quali il sottobosco del Regno di Smeraldo sembrava assumere le forme più contorte. Era difficile vedere il chiarore della notte dal punto in cui si erano nascosti. Fuori era un mondo sconosciuto, minaccioso.

“Scan eseguito.”

La Maga trasalì e si obbligò a voltarsi verso l’AI. Sullo schermo erano apparsi di nuovo i suoi occhi di pixel e, nonostante la stanza fosse quasi totalmente avvolta nella penombra, riusciva a scorgere un vago rimprovero in essi.

“I parametri hanno subito un ulteriore peggioramento. La soglia critica-”

“Elimina ogni informazione dal database.” Magisa si posò pesantemente sullo schienale del divano.

“Maga Magisa-”

La granroriana chiuse gli occhi, sofferente, sforzandosi di far uscire quelle parole. “Ho detto elimina ogni cosa.”

M.A.I.A. non protestò oltre. Sul suo schermo gli occhi scomparvero e una nuova sequela di valori ne prese il posto, accompagnati da un indicatore che in pochi istanti raggiunse il cento per cento.

“Eliminazione completata. Ultima informazione contenuta risale a –”

“Grazie, M.A.I.A.”

Magisa si lasciò scivolare a terra, le gambe non più in grado di reggere il suo peso, il peso dei sensi di colpa. Il pavimento era freddo sotto le sue ginocchia. Posò la fronte contro lo schienale e sottili rivoli di lacrime le rigarono il volto.

“Riuscirò a risolverlo, Maestri della Luce. Ve lo prometto.”

Hideto era abituato alle nottate passate all’addiaccio. Nei suoi viaggi, sulla Terra e nel futuro, aveva dormito su sedie e radici, contro pareti di roccia e sedili di moto, con solo lo zaino come cuscino. Il suo corpo, volente o nolente, si era adattato ad addormentarsi ovunque e il prima possibile. Non si poteva mai sapere chi o cosa avrebbe potuto interromperlo.

Hideto quella mattina non riusciva a smettere di sorridere. E, ne era sicuro, anche Serjou avrebbe condiviso la sua ilarità se solo il granroriano non fosse stato così determinato a mostrarsi impassibile sempre e comunque. E a verificare lo stato della Limoviole con M.A.I.A.

Era quasi tentato di prendere in prestito la macchina fotografica di Mai, per immortalare la scena e usarla come futura merce di scambio. Quasi era però la parola chiave: ci teneva a diventare vecchio con tutti gli arti e gli organi più importanti ancora attaccati al corpo.

Mai era rannicchiata in un angolo, uno dei cuscini del divano stretto a sé e i capelli raccolti sulla nuca in modo più disordinato del solito. Il volto era congelato in una continua smorfia, nel vano tentativo di trattenere gli sbadigli.

Yuuki, seduto poco distante dalla ragazza, era stato il primo a servirsi del caffè che, quasi a ricordare i bei vecchi tempi, erano riusciti a preparare insieme al tè e a una raffazzonata colazione. Nessuno si era intromesso. Avevano imparato da lungo tempo, sempre nei bei vecchi tempi in cui in cui tutti e sei aveva convissuto nelle stesse quattro mura, che nessuno doveva osare mettersi tra il Guerriero Bianco e il suo caffè. Mai, quella volta, era stata costretta a eliminare la foto.

Kenzo, accanto al Guerriero Blu, sgranocchiava un biscotto, la testa che ciondolava a ogni boccone. La sera prima era riuscito a tenerli svegli con teorie su teorie sulla dimensione lasciata da Mai e Dan. Non era passato poi molto che iniziassero le loro ronde random per verificare che Dan fosse ancora nella sua stanza.

“Mi sarei aspettata di dormire meglio”, borbottò Mai strofinandosi gli occhi con il dorso della mano. “Avrò dormito mezz’ora al massimo senza svegliarmi di soprassalto!”

Yuuki si servì una seconda tazza, alzando un sopracciglio e voltandosi nella direzione del Guerriero Blu.

“Almeno tu eri in stanza da sola.”

“Come se tu non ti fossi alzato altrettante volte! Vero, Kenzo?”

L’unica risposta fu un debole russare.

Hideto colpì con la spalla il Guerriero Verde, che sussultò sgranando gli occhi. Il ragazzo si rizzò di scatto e si guardò attorno freneticamente, sistemandosi in fretta e furia gli occhi scivolati sulla punta del naso.

“Non sto dormendo! Ho seguito tutta la lezione! La formula che-”

Il Guerriero Blu scoppiò a ridere. “Rilassati, Kenzo. Siamo sulla Limoviole.”

Limoviole. Gran RoRo”, ripeté Kenzo sbattendo le palpebre. “Grazie ai cieli, nessun esame a sorpresa sugli onigiri.”

Mai, Hideto e Yuuki si scambiarono un’occhiata. E non riuscirono a trattenere le risate. Kenzo li ignorò, sorridendo assonnato e riprendendo a mangiare il suo biscotto.

“No, sul serio”, riprese Mai infilando in bocca un pezzo di dolce. L’ultimo della dispensa. “Ero davvero convinta che se avessi chiuso gli occhi, avrei scoperto che fosse tutto un sogno.”

Tutti i ragazzi annuirono solennemente. Poi la Guerriera Viola sospirò e stiracchiò la schiena con una smorfia.

“E speravo che ormai i dolori fossero passati. Ho i muscoli a pezzi.”

“Ci siamo lanciati da una finestra”, commentò Yuuki nascondendo un ghigno dietro la propria tazza.

Hideto, ridacchiando, versò il tè nella propria tazza per poi alzarla verso il centro del tavolino.

“Alle nostre vite assurde!”

Uno dopo l’altro fecero tintinnare le proprie tazze. “Kanpai!”

“Buongiorno a tutti!”

I quattro gelarono. Kenzo si voltò con la tazza posata contro le labbra, Mai e Yuuki con le loro ancora sollevate in aria. Hideto tossì, spargendo goccioline di tè tutto attorno. Dan si fermò a pochi passi dal divanetto, abbassando lentamente la mano, il sorriso che veniva sostituito da un’espressione confusa.

“Non volevo spaventarvi.”

Per un lungo e terribile istante, i quattro seduti incrociarono i propri sguardi, sorpresi, confusi. Terrorizzati. Tornarono a voltarsi verso Dan, sfoggiando sul volto il miglior sorriso che riuscirono a imbastire.

“Biscotto?”

Kenzo biascicò la domanda, allungando il braccio verso il Guerriero Rosso. Hideto gli assestò una gomitata sul fianco. Il Guerriero Verde trasalì, sbatté gli occhi e ingoiò il quarto di biscotto che aveva ancora tra le dita. E ne agguantò un altro tornando a porgerlo verso di lui.

“Bifcotto?”

Yuuki strinse la base del naso tra le dita.

“Volentieri.”

Dan afferrò l’offerta e si sistemò sull’altro divano libero. Gli altri si sforzarono di non guardarlo, mentre mangiava e si serviva una tazza di tè. Ma era davvero più forte di loro. Qualcosa dentro di loro aveva bisogno di quella continua conferma. La conferma che Dan non sarebbe svanito davanti a loro in un lampo di luce.

“Sono sporco sulla faccia?”

I quattro Maestri della Luce quasi sobbalzarono, solo Yuuki riuscì a mantenere un po’ di contegno. Mai, adocchiando nervosamente la tazza che aveva posato pochi minuti prima, allungò le dita per stringere una ciocca di capelli. E si ricordò di averli tutti raccolti sulla testa. Abbassò lentamente la mano.

“Hai dormito bene?” farfugliò, pentendosene subito.

Dan, però, sorrise e scrollò le spalle. “Credo bene. Non ho molti riferimenti, ma mi sento riposato. Non che abbia fatto granché finché ero nel cristallo!”

E ridacchiò. I Maestri della Luce non riuscirono proprio a unirsi alla sua risata. Hideto tornò a versarsi una seconda tazza di tè.

“Niente incubi? Strane sensazioni?”

Il Guerriero Rosso incrociò lo sguardo di Hideto, inghiottì e scosse la testa. “No, niente di particolare.”

E calò il silenzio. Mai, Hideto e Kenzo continuavano a scambiarsi veloci occhiate, sempre più nervose. Yuuki riprese a bere dalla sua tazza. Neppure sotto la minaccia dei nemici sarebbero stati in grado di fare così tanto silenzio.

Ed era opprimente.

E sempre più pesante.

Neppure Dan provò a intavolare un qualsiasi discorso.

Si riusciva a sentire il fruscio degli alberi e il lontano ronzio degli insetti.

E rumore di passi sulla scaletta metallica. Magisa emerse dal ponte inferiore e si fermò immediatamente, colta alla sprovvista dall’alquanto inatteso mutismo. Aileen apparve dietro di lei, sfregandosi gli occhi e finendo contro la schiena della Maga.

“Ouch!”

Strofinandosi il naso, superò Magisa e si diresse verso il divano.

“Perché siete tutti così mattinieri?” Le ultime sillabe si allungarono in uno sbadiglio, anche mentre occupavano uno degli spazi ancora liberi sui divani.

Magisa la seguì più lentamente, con un sorriso mesto e uno sguardo comprensivo sul volto, che si posò su ognuno dei Maestri della Luce.

“Sono felice siate già tutti qui,” furono le sue prime parole sedendosi a fianco di Aileen. “Decidere in fretta le nostre prossime mosse è di vitale importanza. La foresta non potrà proteggerci all’infinito.”

Yuuki appoggiò la propria tazza sul tavolo e si posò contro lo schienale del divano. Anche dagli altri la tensione sembrò scivolare lentamente via dal corpo.

“Penso che il nostro obbiettivo primario sia quello di provare a incontrare il Maestro della Luce che Aileen ha percepito.”

“E i Rush!” La granroriana proruppe con il boccone in bocca. Poi deglutì. “Dobbiamo anche decidere quale sarà la strategia che useremo.”

La titubanza svanì dagli occhi dei Maestri della Luce che si voltarono confusi verso le granroriane.

Rush?”

Anche Dan aveva aggrottato la fronte, quasi stesse cercando di capire se lui avesse dovuto avere quell’informazione. Le due granroriane li guardarono come se si stessero chiedendo quanto fossero ancora addormentati, o se stessero cercando di far loro uno scherzo. Infine, Magisa si sbatté un palmo sulla fronte e scoppiò a ridere.

“Ottant’anni fa non c’erano!”

Fu il turno di Aileen di sgranare gli occhi. “Oh, cavolo è vero!”

Mai nascose la bocca dietro una mano, faticando a trattenere un sorriso, e scosse la testa. Hideto si coprì il viso con le mani. Kenzo sbuffò.

“Scopriamo una cosa nuova ogni giorno!”

“Ehi! Sono decenni che viviamo con quelle carte,” replicò Aileen. “Non potete aspettarvi che ricordiamo ogni singolo dettaglio!”

Magisa si rimise in piedi, attirando l’attenzione su di sé.

“Breve riassunto. Fin da subito i sostenitori dell’Imperatore erano in possesso di carte mai viste prima a Gran RoRo. Le Charge, in grado di fornire un enorme potere attinto da un singolo simbolo, e le Rush il cui potere derivava dalle combo tra simboli diversi.”

La Maga passò tra i divani, cominciando a camminare avanti e indietro.

“A un certo punto un gruppo di ribelli è riuscito a rubare un carico di nuove carte. Erano tutte Charge. Da quel momento, i Governatori e i migliori tra i granroriani e le granroriane al loro servizio si sono specializzati nei Rush.”

La granroriana tornò a voltarsi verso di loro, le mani sui fianchi e un enorme sorriso sul volto. “Questo è il sunto.”

Un diverso tipo di silenzio riempì la Limoviole. Mai, Hideto, Yuuki e Kenzo si esibirono inconsciamente in quattro versioni diverse dell’espressione in egual misura rassegnata ed esasperata, con tanto di sopraccigli alzati e braccia incrociate.

Magisa allargò le braccia, sorridendo imbarazzata. Aileen sembrò farsi il più piccola possibile sul divano.

Il Guerriero Blu iniziò a tamburellare sul divano. “Ci mancava solo questo. Come se non fossero già avvantaggiati.”

“Ma come hanno fatto a creare delle carte? E senza il Nucleo Progenitore!” Kenzo quasi sussurrò, un tono affascinato, lo stesso dopo il quale tante volte gli amici lo avevano visto gettarsi a capofitto in una nuova ricerca. Ore e ore dedicate ad esplorare il nuovo concetto, la nuova teoria.

“So dell’esistenza di un antico incantesimo in grado di plasmare l’energia del Nucleo, la stessa che fluisce nei mondi, e darle la forma di carte. Ma avevo sempre creduto fosse andato perduto nelle ere.”

La risposta di Magisa non servì a soddisfare la curiosità di Kenzo, che si voltò con maggior interesse verso la Maga, gli occhi quasi luccicanti. Mancava un attimo alla sequela di domande che lui avrebbe potuto fare. Normalmente, nessuno dei Maestri della Luce avrebbe avuto qualcosa in contrario.

Ma era il tempo che loro non avevano.

“Dobbiamo recuperare i Brave.” Mai si impose, bloccando sul nascere le domande sulle labbra di Kenzo. “È il nostro asso nella manica.”

Il Guerriero Verde la guardò con gli occhi sgranati. “Vuoi andare nel futuro?”

“Mai, tu sei un genio!” Hideto si mostrò subito entusiasta della proposta. “Non avranno la minima idea di che cosa gli ha colpiti!”

Era una trovata inaspettata, ma era una trovata che aveva un suo perché, e anche Kenzo, dopo l’iniziale sorpresa, ne vedeva tutti i meriti. Carte che a Gran RoRo non esistevano e che nel futuro potevano ottenere senza troppi problemi. Per una volta, era un piano che poteva solo che funzionare.

“Sono d’accordo anche io!”

“E a proposito di carte,” Mai si alzò in piedi e affiancò Dan. “Queste sono tue.”

Tra le mani della ragazza c’erano Siegwurm, Possente Dragone Imperatore del Tuono e Siegwurm-Nova, Drago-Supernova. Il Guerriero Rosso le prese lentamente, sotto gli sguardi esterrefatti degli altri Maestri della Luce.

“Mie?”

Mai si strofinò le braccia, distogliendo lo sguardo e facendo di tutto per non incrociare quello del ragazzo.

“Le avevi lasciate indietro prima di andare nel futuro. Io le ho recuperate in un secondo momento.”

“Sicura di non volerle tenere tu?”

A quella semplice domanda, Mai sospirò e annuì con decisione, incrociando solo allora i suoi occhi. Occhi che erano allo stesso tempo quelli di un tempo, familiari, ma anche completamente sconosciuti.

“È giusto che le abbia tu. L’ho sempre considerato un prestito.”

Dan fissò le carte, sfiorandone delicatamente la superficie. Sentiva qualcosa, un legame, una spinta verso quelle carte, la stessa per lui ancora inspiegabile familiarità che aveva provato per Gran RoRo. Per i Maestri della Luce, nonostante la tensione e l’incertezza che percepiva in loro in sua presenza. In un certo senso, la stessa difficoltà che provava lui. Ma come comportarsi con coloro che per il momento poteva chiamare amici solo per istinto? Con coloro di cui conosceva solo il nome e il loro ruolo a Gran RoRo?

Dan sentiva lo sguardo di Mai sulla sua testa, l’inquietudine dell’attesa della sua scelta.

Non ricordava quella carte, ma non poteva dire no a quel tenue filo che sapeva legarlo a esse.

“Ok.”

Kenzo agitò le braccia, riuscendo efficacemente ad attirare l’attenzione su di sé.

“Torniamo al discorso centrale. Non credo che andremo tutti nel futuro, quindi dobbiamo fare in modo che si possa prendere carte anche per quelli che restano.”

Hideto annuì sovrappensiero. “Mi sembra sensato. Allora-”

“Non è dove è rimasto il precedente Guerriero Giallo? Pensate che possa tornare lui?”

La domanda di Aileen, così innocua, zittì il Guerriero Blu e con lui anche gli altri due che erano andati nel futuro. Yuuki sospirò e si volto verso di loro.

“Quante possibilità ci sono che Clarky esca da quel varco con voi?”

Mai, di nuova seduta sul divano, Hideto e Kenzo si guardarono negli occhi. Poi, la ragazza si voltò il Guerriero Bianco con un sorriso triste.

“Poche, a meno di non farlo sentire in colpa. Ma non mi perdonerei mai di averlo fatto.”

Kenzo iniziò a mordersi l’unghia del pollice. Hideto afferrò la propria tazza. “Si merita di continuare a vivere la sua vita.”

Yuuki conosceva bene quanto successo nel futuro, gli avevano raccontato tante volte la decisione del Guerriero Giallo, i legami che aveva stretto lì. Non si era aspettato una risposta diversa, ma sapeva quanto fosse difficile, a volte, venire a patti con una certa realtà.

“Allora non possiamo ignorare la presenza dell’altro Maestro della Luce. Io andrò sulla Terra a cercarlo, voi andrete a recuperare i Brave nel futuro.”

Hideto incrociò il suo sguardo, ghignando. “Sicuro di non voler venire anche tu?”

“Qualcuno deve andare sulla Terra. Voi avete più motivi di rivedere i vostri amici. E se davvero pensate che Clarky possa non tornare, dobbiamo aumentare le possibilità che i Maestri della Luce siano riuniti.”

Magisa annuì, puntando il dito verso di lui. “Yuuki ha ragione. I Maestri della Luce devono essere sei, uniti. Solo così possiamo avere qualche speranza.”

Mai si rivolse alla più giovane granroriana. “Aileen, tu pensi di riuscire ad aprire due portali in così breve tempo?”

La granroriana alzò le spalle, afferrando un biscotto, e strizzò l’occhio.

“Dopo il portale per quella dimensione, aprire un varco per la Terra, qualunque sia la sua epoca, sarà il minore dei miei problemi.”

“Potremmo decidere un tempo massimo di permanenza,” propose Kenzo con entusiasmo. “Sincronizzare i timer sui nostri cellulari, così che tu sappia quando riaprirli.”

Senza troppe sorprese, Mai, Hideto e Kenzo espressero il desiderio di andare nel futuro. Il Guerriero Blu, conoscendo già a memoria le carte di Yuuki, come quelle di tutti gli altri Maestri della Luce del resto, diede un’occhiata al mazzo di Aileen. La granroriana glielo permise senza troppi problemi, con la sola condizione di ricordarsi che in quegli anni era stato complicato venire in possesso di carte a Gran RoRo. Hideto promise di non fare troppi commenti.

Magisa espanse la descrizione delle varianti che Charge e Rush potevano avere, assicurando che ci sarebbero stati posti in cui avrebbero potuto recuperarne alcune per loro.

Dan, per tutto il tempo, si tenne in disparte, contento di poter osservare quelli che un tempo erano i suoi amici comportarsi finalmente con spontaneità. Niente affiorò dalla sua mente, ma poteva almeno sperare che pian piano sarebbe potuto rientrare con naturalezza nelle loro interazioni.

Forse, fu per quello che venne colto alla sprovvista dal venire direttamente interpellato.

“E tu Dan? Vuoi venire anche tu nel futuro?”

Il Guerriero Rosso fissò a uno a uno i Maestri della Luce, quasi sorpresi di avergli fatto una simile offerta, ma nei cui occhi vedeva anche una tenue speranza. Lui non aveva idea se sarebbe stato sufficiente. Rivedere Gran RoRo non lo era stato, rivedere loro, gli amici di un tempo, non lo era stato, rivedere le sue carte non lo era stato. Ma il futuro era dove tutto era cambiato, dove si era sacrificato.

E lui voleva ricordare.

E voleva credere che tornare dove tutto era iniziato sarebbe stato sufficiente.

“Perché no? È l’ultimo posto in cui sono stato. Magari mi aiuterà a far riaffiorare i ricordi.”

Mai fu la prima ad alzarsi, seguita a ruota dagli altri. Avevano poco tempo per gli ultimi preparativi.

“Allora è deciso.”

E lei, come anche Kenzo e Hideto, sentiva ora irrefrenabile il desiderio di rivedere Clarky, di rivedere tutti gli amici che si erano lasciati alle spalle quattro anni prima, di rivedere almeno per qualche ora un mondo dove, a differenza della loro Terra e di Gran RoRo, almeno alcune cose erano andare per il verso giusto.

Il 30 settembre 2651 aveva segnato un evento epocale, modificando in modo indelebile la storia di umani e Mazoku.

Nel piccolo, aveva per sempre cambiando anche la vita di Clarky Ray. Anche se, dal suo punto di vista, era un’altra la data che l’aveva cambiata per sempre.

Ex-salvatore di Gran RoRo, ex-Guerriero Giallo, ex-Capitano attivo della Magnifica Sophia, era diventano con Barone il fondatore dell’organizzazione che avrebbe vegliato sulla pace creata da Dan, che super-partes avrebbe impedito quanto successo a Gran RoRo, quanto successo in quei secoli sulla Terra.

Avevano dato cinque anni della loro vita, difendendola con unghie e denti, battendosi anima e corpo per quella timida e confusa pace nata dal sacrificio di Dan. Si erano aspettati fossero sufficienti e si erano fatti da parte.

“Di questo passo, avremmo avuto meno problemi a restarne i presidenti.”

Clarky finì di abbottonarsi la manica della giacca, nascondendo il sorriso al Mazoku già vestito di tutto punto che lo aveva affiancato.

“Almeno ora non dobbiamo presiedere ogni seduta, solo quelle più importanti.”

“Non vedo ancora la differenza.”

Barone aprì la porta della sala riunione, la stessa che già tante volte avevano usato in passato e che ancora usavano quando i consigli dell’HUMAA, l’Alleanza tra Umani e Mazoku, non necessitavano di un ambiente più formale.

A lato del tavolo centrale, Kazan stava discutendo con alcuni dei rappresentanti del quadrante dell’Asia Orientale, umani e Mazoku in ugual misura, la cui sede centrale era situata proprio nel complesso un tempo baluardo dell’umanità.

La loro entrata non passò inosservata. I discorsi si interruppero e i presenti rivolsero loro cenni di saluto prima di andarsi a sedere al proprio posto. Solo Kazan e le due Presidentesse in carica, di cui stava per iniziare la seconda metà del loro mandato, l’umana Yoon Hae-ryung e la Mazoku Aarel, si avvicinarono ai due.

La donna aveva un’espressione grave, le labbra strette in una linea sottile, ma gli occhi erano vigili e determinati. Arrivata al loro fianco, chinò brevemente il capo. “Capitano Ray, Barone. Vi ringraziamo per essere qui con così poco preavviso.”

La Mazoku imitò la collega, l’espressione impassibile, nonostante il piumaggio che circondava il suo volto sembrasse fremere.

“Non potevamo fare altrimenti, dico bene?” Clarky sorrise per un solo fugace istante. “Cos’è successo?”

Kazan si diresse verso il tavolo, seguito a ruota dagli altri.

“C’è stato un nuovo attacco, manca ancora la rivendicazione ma il modus operandi è lo stesso.”

“Come anche le implicite richieste,” concluse bruscamente la Mazoku prendendo posto al centro della tavola, al fianco della collega umana.

Clarky e Barone si sedettero accanto a loro. Il Mazoku scorse velocemente il resoconto dell’accaduto, fermandosi un solo istante di più nel vedere che, ancora una volta, l’attacco era stato compiute in una delle aree che lui aveva attraversato, prima della battaglia finale contro Dan.

Poi, socchiuse gli occhi e intrecciò le mani davanti al viso. “La loro risposta non si farà attendere.”

Clarky si posò contro lo schienale, incrociando le braccia. “Si stanno facendo sempre più audaci, ogni giorno di più.”

“E il loro consenso sta aumentando,” aggiunse la Presidentessa Yoon. “Stanno facendo leva sull’impossibilità di ricucire in breve tempo le ferite di secoli, e lo stanno facendo bene.”

Aarel posò una delle mani sul tavolo e gli artigli quasi stridettero a contatto con la superficie lucida.

“Stanno approfittando della nostra situazione, un filo da cui aspettano solo che cadiamo.”

Un esile filo su cui si stavano giostrando da anni, costretti a vedere i loro sforzi resi vani o rallentati dai fanatici che invocavano alla supremazia di una sola delle due razze. Erano stati illusi a credere che i malumori potessero essere placati in così pochi anni.

Uno degli inservienti si avvicinò alle spalle delle due Presidentesse, attirando la loro attenzione.

“Siamo pronti, quando volete.”

Hae-ryung rizzò la schiena, posando le mani intrecciate sul tavolo. Aarel annuì solennemente. “Attivate le comunicazioni.”

Sullo schermo apparvero le immagini provenienti da tutto il mondo, i duo di umani e Mazoku di tutti i quadranti, convocati di fronte all’emergenza. L’ultimo schermo ad attivarsi fu quello proveniente dalla città indipendente di Nova Octo, fondata per concedere un centro nevralgico alla popolazione Mazoku, come Tokyo ancora lo rappresentava per gli umani. Su di esso apparvero le immagini della Regina Gilfam e dell’ambasciatore umano Zack.

La Presidentessa Yoon si schiarì la voce.

“Vi ringrazio di essere qui. Come saprete, questo vertice straordinario è stato necessario a causa del nuovo attacco di Cardinal Sign.”

“Ascendant non si farà attendere, non permetteranno che un simile affronto passi inosservato.”

Il significato delle parole di Aarel era implicito: altra distruzione, altre morti, altri feriti, altro caos.

A un suo cenno, i volti dei presidenti vennero sostituiti dalle immagini in rapida sequenza dell’ultimo attacco compiuto nei confronti della comunità Mazoku. Le case distrutte, i feriti, il logo di Cardinal Sign impresso sulle macerie, la frase Libertà per l’umanità su volantini mezzo anneriti.

Clarky e Barone incrociarono gli sguardi, leggendovi la stessa rabbia, la stessa impotenza. A otto anni dalla loro promessa, molti dei passi avanti che avevano fatto erano stati nullificati.

E ferite, che appena cominciavano a rimarginarsi, venivano aperte di nuovo.

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Salve a tutti! Ben più tardi di quanto avrei voluto, ma finalmente inizia questo nuovo episodio. Non è stato (e non lo è ancora) un anno facile per me, principalmente emotivamente e mentalmente, ma passo dopo passo sono riuscita a scrivere questo episodio (anche se devo ancora sistemare alcuni dei capitoli finali).

Come avrete potuto notare, ci sono alcuni aspetti del futuro che sono stati ispirati e incorporati da quel poco che si è visto nel primo episodio di Battle Spirits Saga Brave. Ovviamente, tale episodio e i successivi due non sono canon per questa mia storia, ma potrebbe capitare che alcuni elementi vengano riadattati e modificati da me. Ad esempio, il gruppo che si batte per la supremazia umana sui Mazoku si chiama anche qui Cardinal Sign, ma al 99% sarà alquanto diverso da quello di Saga Brave. E anche la situazione dei personaggi sarà diversa.

Chiarito ciò, mi auguro che il capitolo (e questo episodio) vi piaccia quanto è piaciuto a me scriverlo. Sentitevi liberi di fare qualunque domanda o commento, io cercherò di rispondere al meglio.

A presto,

HikariMoon

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

L’ultimo grafico apparve sullo schermo, affiancato da un’infinita tabella di dati. La dottoressa Stella si tolse gli occhiali e si strofinò stancamente gli occhi. Era appena passata metà mattinata, ma si sentiva già sfinita. Sospirando, afferrò la tazza di caffè posata sulla pila di rapporti, ogni giorno sempre più alta, e ne bevve un sorso. Il liquido freddo le lasciò un retrogusto fastidioso e amaro in bocca, inghiottì e posò la tazza con una smorfia.

Rimise gli occhiali e si obbligò a confrontare gli ultimi risultati. In quegli anni diversi centri di ricerca, anche grazie all’aiuto dei Mazoku, erano rinati e la mole di lavoro era ridistribuita nel network che avevano creato. Ma non era ancora abbastanza. Resoconti e rapporti venivano continuamente inviati dalle astronavi sparse per il mondo e dai vari osservatori a terra.

Era un lavoro senza fine, senza sosta e senza veri risultati: deprimente, in una parola soltanto.

Stella si pentì di non essersi portata la bottiglietta di vodka. Almeno il caffè freddo avrebbe avuto un sapore meno schifoso.

Arrivò appena all’ottava colonna. La sirena dell’allarme rimbombò nel corridoio, a malapena attutita dalla porta chiusa. La dottoressa scattò in piedi e la sedia scivolò via sbattendo contro gli archivi. Il telefono sulla sua scrivania iniziò a suonare. Afferrò la cornetta.

“Dottoressa Stella,” esordì con durezza aprendo allo stesso tempo il primo cassetto.

“Incursione, dottoressa. Nell’ala ovest.”

La donna trasalì e le sue dita si strinsero sull’impugnatura della pistola. “La macchina del tempo.”

“Affermativo. La squadra di difesa si sta già dirigendo sul luogo.”

“Qualcuno avverta il comandante. Mi dirigo là.”

Sbatté il telefono al suo posto e corse alla porta. Nel corridoio, scienziati e ricercatori venivano fatti allontanare, computer e dati più importanti stretti tra le braccia. La donna fermò il primo soldato che incrociò, un giovane Mazoku.

“Una volta che sono entrata, isolate l’area.”

Il Mazoku annuì portando la mano alla ricetrasmittente e la donna proseguì, il camice che sbatteva contro le gambe. Raggiunse le scale di sicurezza e si lanciò giù da esse saltando due gradini alla volta. Arrivata al piano di destinazione, aspettò il clic della sicura ed entrò nella sala di controllo.

Un soldato e un tecnico, gli unici presenti, si voltarono appena.

“Cosa sta succedendo?”

“È stato registrato un picco di energia. Si sta aprendo un varco,” replicò il tecnico continuando a digitare sul proprio portatile.

“Potrebbe essere un errore dei nostri sistemi?”

“Negativo. La nostra macchina è spenta. Ho controllato.”

La dottoressa Stella affiancò il soldato e guardò oltre la vetrata. Una dozzina tra umani e Mazoku era allineata a una decina di metri dalla colonna della macchina del tempo, le armi puntate verso un punto luminoso che si stava espandendo, a pochi passi dal luogo in cui il varco si era aperto e chiuso per l’ultima volta ormai quasi otto anni prima.

Quel varco non era artificiale.

La luce emessa crebbe sempre di più, riflettendosi sulle pareti metalliche della stanza. E il portale aumentava e ondeggiava, assumendo istante dopo istante una forma rettangolare. E finalmente si stabilizzò. Nel ritrovato silenzio, il rumore delle armi che venivano puntate contro il portale riecheggiò contro le pareti metalliche. La dottoressa Stella strinse le dita attorno al grilletto.

Una prima sagoma scura apparve nel varco ed emerse rischiando di inciampare e finire a terra. Una seconda persona emerse e lo afferrò per un braccio. La scienziata sgranò gli occhi. I soldati puntarono le armi contro di loro.

“Non un passo!”

I due ragazzi trasalirono e arretrarono bruscamente, evidentemente colti alla sprovvista dalle armi puntate contro di loro. Una ragazza emerse e si ritrovò a sbattere contro i due davanti. Un ultimo ragazzo la seguì e il varco si chiuse. Tutti e quattro alzarono le mani.

“Non siamo nemici!” esclamò con voce acuta il più basso del gruppo.

La dottoressa Stella premette con fin troppa foga il pulsante dell’altoparlante, continuando sbattere le palpebre, il cuore che batteva all’impazzata nel suo petto. Il dispositivo si attivò gracchiando.

“Dottoressa?”

La donna ignorò il soldato e si avvicinò al microfono. “Abbassate le armi. È un ordine!”

Poi riprese a correre, lasciando i due uomini nella stanza e dirigendosi al piano inferiore lungo la scala di servizio. Spalancò la porta che sbatté contro il muro e si fermò a fissare i quattro arrivati. Il ragazzo dai capelli verdi avanzò con un enorme sorriso.

“Dottoressa Stella!”

“Bella accoglienza,” aggiunse ridendo il ragazzo dai capelli blu.

“Hyoudo, che diamine ci fate qui?”

“Dottoressa, conoscete queste persone?”, domandò una Mazoku avvicinandosi alla donna. Gli altri soldati avevano abbassato le armi, ma tenevano sotto controllo il gruppo pronti al minimo segnale di pericolo.

“Sì. Comunicate il cessato allarme e avvisate il comandante che sono arrivati i Maestri della Luce.”

“Sì, signora.”

La Mazoku raggiunse gli altri soldati e parlò velocemente e sottovoce con un altro. Dopodiché, quest’ultimo attivò la ricetrasmittente e si avviò insieme agli altri verso l’uscita. Più di qualcuno lanciò un rapido sguardo, un vago riconoscimento riflesso nei loro occhi, sul gruppo.

La dottoressa Stella tornò a prestare attenzione ai Maestri della Luce. E li fissò. Scosse la testa e li fissò ancora. Kenzo la affiancò e la afferrò per un braccio, obbligandola a piegarsi verso di lui.

“Dan non ricorda nulla.”

Quelle parole appena sussurrate nel suo orecchio furono sufficienti a far riprendere il controllo alla donna, che spinse tutte le domande in un angolo della sua mente. Non poteva permettersi di essere emotiva proprio in quel frangente. Non aveva idea di come gli altri avrebbe deciso di affrontare la situazione e, fino a quel momento, avrebbe dovuto fare il possibile per non insospettirli inutilmente.

“Non ci aspettavamo una simile accoglienza,” riprese Kenzo, l’unico che si era avvicinato. Lo sguardo del ragazzo si alternava tra la porta da cui erano usciti i soldati e la pistola ancora nella sua mano.

La dottoressa seguì il suo sguardo e si accorse dell’arma: non si era neppure resa conto di averla ancora con sé. Ghignò e riattivò la sicura.

“Hyorò, non so voi, ma non siamo abituati a ricevere inaspettate visite da portali luminosi,” replicò infilando la pistola nella tasca del camice. “O nel passato avete macchine del tempo di cui non ci avete parlato?”

Il Guerriero Verde sbuffò, le guance che si tingevano di rosso, e abbassò lo sguardo. “Andresti tanto d’accordo con M.A.I.A.,” borbottò.

“Dottoressa Stella è un piacere ricontrarla.”

Mai si avvicinata porgendo la mano con un sorriso. Dietro di lei, avanzarono anche Hideto e Dan. Quest’ultimo aveva lo sguardo puntato verso l’alto, meraviglia, entusiasmo e confusione che trapelavano dal suo volto.

Stella strinse la mano di Mai. “A cosa dobbiamo questa visita?”

“Ci siamo ritrovati una certa situazione tra le mani.”

“E pensiamo che i Brave potrebbero esserci di grande aiuto”, concluse Hideto affiancando Kenzo.

La scienziata annuì e inconsciamente il suo sguardo si diresse verso l’ultimo dei Maestri della Luce. Solo allora anche gli altri si resero conto che il Guerriero Rosso non era più al loro fianco.

Dan era già stato nel futuro. Era una delle poche cose di cui poteva essere sicuro. Come fosse stato il futuro, cosa fosse successo lì, quello era tutto un altro discorso. Nell’attesa che venisse aperto il varco, aveva provato in tutti i modi a far riaffiorare i ricordi. Dopotutto, andare nel futuro doveva pur aver lasciato un impatto.

Ma non era servito a niente.

Nella sua mente c’era solo il vuoto.

Dan si era voltato verso Mai, Hideto e Kenzo, gli unici nel gruppo che avevano condiviso la stessa esperienza. Erano a pochi passi da lui eppure era come se fossero su un piano diverso.

I tre ridevano e scherzavano, sprizzavano euforia da tutti i pori. Non vedevano l’ora di tornare nel futuro, di rincontrare amici che credevano di aver salutato per sempre. Amici di cui lui non ricordava neppure i nomi.

Aveva cercato di far finta di niente, ma vedeva la malinconia nei loro sguardi quando si voltavano verso di lui. Quando gli avevano detto che il precedente Guerriero Giallo era rimasto nel futuro e che lui e tutti gli altri sarebbero stati felici di rivederlo, aveva visto il disappunto celato a fatica per la sua mancata reazione. Aveva visto le ombre nei loro sguardi, quando gli aveva chiesto come mai Yuuki non fosse andato con loro.

E si era sentito a disagio.

E, nell’istante in cui il portale si era aperto e mentre coloro che restavano auguravano buona fortuna, li aveva invidiati. Il loro affiatamento, i loro ricordi condivisi. Li aveva invidiati e si era sentito solo, messo da parte.

Dan si era subito sentito in colpa, perché non era giusto, perché era irragionevole. Non era colpa loro, se lui non ricordava più nulla.

Kenzo fu il primo a svanire nella porta di luce.

Hideto lo seguì a ruota.

Mai inclinò la testa verso di lui. “Sei pronto?”

Dan sorrise e annuì, ricacciando quelle odiose accuse dentro di lui. Ma, nel seguirla, non poté evitare di sentire la mancanza di quello che era stato. Un vuoto che lentamente si insinuava e prendeva forma dentro di lui.

La luce lo avvolse e Gran RoRo scomparve alle sue spalle.

“Ehi, fermale! Non posso farlo!”

“Andranno benissimo quelle del luogo.”

Dan sentì una fitta e strinse le palpebre, portando una mano alla tempia. La luce scemò attorno a lui e inciampò sull’inatteso pavimento di metallo. Per un soffio evitò di finire contro Mai.

Alzò lo sguardo e imitò di scatto gli altri. C’erano dei soldati, uomini e creature di Gran RoRo, davanti a loro. E li tenevano sotto mira.

“Non siamo nemici!”

Dan non si era aspettato molto dall’arrivo nel futuro, ma quello non gli era neppure passato per la mente. Neanche gli altri sembravano esserselo aspettato.

“Cosa abbiamo fatto per cambiare il futuro?” bisbigliò costernato Hideto.

Il Guerriero Rosso gelò, temendo di vedere la sua stessa realizzazione nei loro movimenti, nei loro sguardi. Forse era lui la causa di tutti i cambiamenti. Forse era la sua presenza che aveva cambiato tutto.

Un ronzio statico si diffuse nell’aria.

“Abbassate le armi. È un ordine.”

Al comando della donna, tutti i soldati si rilassarono impercettibilmente e le armi smisero di essere puntate contro di loro.

Dan e gli altri abbassarono le braccia, visibilmente sollevati.

A lato, una porta sbatté con violenza contro il muro e ne uscì una donna in camice bianco che si fermò, il busto inclinato e gli occhi sgranati.

Kenzo avanzò senza esitazione. “Dottoressa Stella!”

“Tutto è a posto, visto? Pessimista!” disse Mai ridendo.

“Bella accoglienza,” sbuffò il Guerriero Blu.

“Hyoudo, che diamine ci fate qui?”

Dan seguì gli altri, anche se si fermò un passo più indietro. Conoscevano quella donna. L’aveva conosciuta anche lui? Osservò il suo volto, sperando che potesse far riaffiorare qualcosa, come le poche parole che avevano riecheggiato nella sua testa attraversando il portale.

Una dei soldati si avvicinò, scrutandoli dall’alto verso il basso, lo sguardo sospettoso e la mano posata sull’arma che aveva a tracolla.

“Sì. Comunicate il cessato allarme e avvisate il comandante. Sono arrivati i Maestri della Luce.”

La granroriana annuì una singola volta e ritornò con passo spedito verso gli altri soldati.

Dan lasciò vagare lo sguardo attorno a lui. Era una specie di hangar, il soffitto alto e le pareti di lucido metallo. Avrebbe voluto che gli sapesse dir qualcosa. Si allontanò dagli altri, lasciandoli riallacciare i rapporti con la donna. Lui sarebbe stato di troppo.

Raggiunse una delle pareti e vi posò la mano. Continuò a camminare, lasciando scivolare le dita sulla superficie fredda. Si fermò una volta tornato all’area del varco.

In un certo senso era familiare.

Era una sensazione indefinita, che non riusciva a spiegare.

“Benvenuto nel futuro. La data di oggi è 30 settembre 2650.”

Aggrottò la fronte. Il ricordo svanì nelle ombre della sua mente, tormentandolo con la sua vaghezza.

Dan strinse la mano a pugno. Era inutile. Sospirò e si voltò verso gli altri. Lo stavano fissando tutti. Non si era accorto di essersi allontanato per così tanto tempo. Scacciò i pensieri di poco prima e avanzò verso di loro ad ampie falcate, nascondendo ogni inquietudine dietro un sorriso.

Si fermò davanti alla dottoressa e le porse la mano. “Non so se ci siamo già conosciuti, ma… Bashin Dan.”

La donna lo fissò e rimase immobile. Il sorriso di Dan vacillò. L’ansia si insinuò nel volto degli altri.

Stava quasi per abbassare la mano, convinto di aver fatto un qualche errore, quando la donna allungò la mano e gliela strinse. La tensione scivolò via da tutti loro.

“Sono la dottoressa Stella Aleksàndrovna.”

Dan sbatté le palpebre, tentando di ripetere il nome nella sua testa. Cominciò a sudare.

Kenzo alzò gli occhi al cielo. “E non hai sentito il suo cognome…”

La dottoressa rise e allontanò la mano. “Puoi limitarti a dottoressa Stella.”

Il Guerriero Rosso annuì, senza neanche provare a nascondere la sua gratitudine. Stella era molto più semplice.

Angers alzò di scatto la testa dal cuscino. Il telefono vibrò tra le coperte. Tastò accanto a lei un paio di volte prima di trovarlo. Lo posizionò sull’orecchia nello stesso momento in cui infilò la prima ballerina.

“Loché.”

“Mon ange, ti ho svegliato?”

La donna afferrò il borsone ai piedi del letto, scuotendo leggermente la testa per scacciare via le ultime tracce di sonno. Un riccio le scivolò sulla guancia.

“L’allarme ti ha preceduto. La situazione?”

“Allarme rientrato. Prendi un respiro.”

Si lasciò scivolare sul letto. “Che cos’è successo? Non eri in riunione?”

“Siamo stati interrotti nel bel mezzo della relazione.” Clarky si interruppe, voci concitate in sottofondo si accavallarono per poi affievolirsi. Doveva essersi allontanò di qualche passo dagli altri. “Si è aperto un varco nell’area D. Il protocollo di confinamento è stato interrotto dalla dottoressa Stella.”

Sgranò gli occhi. “L’ala della macchina del tempo?”

Dall’altra parte del collegamento le rispose solo il rumore statico. Angers aggrottò la fronte, stringendo istintivamente la cinghia del borsone, ancora tra le sue dita.

“Mon nounours? Clarky?”

L’uomo sospirò. Quasi lo vedeva mentre si passava una mano tra i capelli, camminando avanti e indietro nella sala.

“Sono tornati,” rispose infine con una voce carica di emozione. Dubbio. Gioia. Paura? “Mai, Hideto, Kenzo…”

Seguì un secondo sospiro, ancora più pesante del primo. “Dan.”

La donna inalò bruscamente. Faticò a non far tremare la voce. “Sei sicuro che-”

“La dottoressa li ha fatti scannerizzare immediatamente. I DNA coincidono con il database.”

Angers sfiorò il fianco con una mano, prese un respiro e si rimise in piedi. “Cosa vuoi che faccia?”

Quasi percepì il sorriso del marito.

“Il loro arrivo richiede una riunione urgente di tutti gli stati maggiori. Non è una questione che possiamo tenere nascosta. Anche vista la situazione.”

Angers passò davanti alla scrivania e afferrò il proprio badge, agganciandolo alla blusa.

“Pensi siano tornati a Gran RoRo?”

“Non può essere diversamente, Ange. I dati raccolti all’apertura del portale dovrebbero confermarlo.”

“Ok”, sussurrò spostando il riccio dietro l’orecchio. Odiava lasciarlo solo, soprattutto quando non poteva evitarlo. Sperava davvero che la sonnolenza finisse prima di quanto le fosse stato comunicato.

“Ho bisogno che tu li tenga occupati insieme a Yus e Plym. Almeno finché non sarà deciso il da farsi.”

Attivò la porta e uscì nel corridoio, un sorriso divertito che piegava le sue labbra. “Non ti fidi di lasciare quei due da soli?”

“Sai che li adoravano, senza di te racconterebbero ogni cosa. Ho bisogno che ci sia tu lì, a fare da filtro.”

Angers premette il pulsante di chiamata dell’ascensore. “O speri che la mia presenza sia in grado di distrarli a sufficienza?”

Clarky rise dall’altra parte. Le porte dell’ascensore si aprirono e lei entrò, scegliendo senza esitazione il piano di collegamento.

“Mi fido di te, Ange.”

Sorrise inumidendosi le labbra e inclinando il capo. “Aspetto il tuo via libero allora.”

“T’adore.”

Il silenzio nel comunicatore fu quasi inatteso, ma Angers sapeva che non potevano permettersi di perdere tempo. Inspirò e drizzò la schiena, passando in rassegna mentalmente tutto quello che non poteva assolutamente dire ai Maestri della Luce, non senza un via libera.

Non sarebbe stato semplice.

Sarebbero stati pieni di domande. Troppe domande.

L’ascensore si fermò. Due voci dietro la porta continuavano ad accavallarsi. Angers scosse la testa. Le porte si aprirono e Plym si fiondò all’interno, afferrandosi al suo braccio e trattenendosi appena dal saltellare.

“Angers! Hai sentito? Hai sentito?”

Yus la seguì, fermandosi accanto a loro a braccia conserte, l’indice che tamburellava insistentemente. Come faceva sempre quando cercava di mantenere il decoro che ci si aspettava dal suo ruolo. Aveva ancora indosso l’uniforme. Ma non avrebbe partecipato alla riunione quel giorno.

“Clarky mi ha avvisato.”

“Io non ci posso credere!”, trillò la ragazza nascondendo il sorriso dietro le mani. “Sono tornati! E hanno riportato indietro Dan!”

“E il Capitano ci ha detto che dobbiamo stare attenti a cosa diremo,” la rimproverò il ragazzo.

Plym sbuffò, incrociando le braccia. “Non sarà certo sufficiente a frenare il mio entusiasmo! Yus, ma ti rendi conto? Credevamo che non li avremmo più visti. E Dan!”

Angers si infilò tra i due prima che iniziasse uno dei loro soliti battibecchi.

“Ragazzi, possiamo assolutamente mostrare la nostra felicità. Non è questo il problema. Dobbiamo solo stare attenti a cosa diremo.”

I due ragazzi tornarono seri e, per lunghi istanti, il silenzio regnò nell’ascensore. Poi, Plym si voltò verso Angers.

“Clarky ti ha svegliato, vero?”

La donna alzò gli occhi al cielo. “Ovviamente, non mi sembra di fare altro in questo periodo. Mangio, dormo e riinizio da capo.”

“Ma se il Capitano ha dovuto quasi supplicarti in ginocchio per convincerti a non restare così a lungo in laboratorio,” ribatté Yus.

Quando è troppo, è troppo,” aggiunse Plym imitando il tono di Clarky. “Cos’era? Ti aveva trovata addormentata sul divanetto vero?”

“Stavo appena riposando un po’ gli occhi,” puntualizzò Angers mentre i due trattennero appena una risata. “Clarky si preoccupa sempre troppo.”

Ma la sua voce si addolcì su quelle ultime parole. Sorrise e sfiorò con il pollice la fede, facendola ruotare delicatamente.

La vibrazione delle loro ricetrasmittenti li colse di sorpresa. Yus fu il più veloce ad attivarla.

“C’è un aggiornamento.”

Le due donne si affrettarono ad attivare le loro.

“Comunicazione urgente a tutto il personale in servizio e non: confermata l’arrivo dei Maestri della Luce. Protocollo 25B7 attivo.”

Plym sbuffò. “Lo sapevamo già questo.”

Yus le intimò di fare silenzio.

“Confermata la presenza di Shinomiya Mai, Suzuri Hideto, Hyoudo Kenzo e Bashin Dan. Si informa che Bashin Dan risulta essere colpito da amnesia retrograda. Il comandante richieda massima discrezione-”

I tre spensero le comunicazioni in silenzio, occhi sgranati ed espressioni angosciate. Plym aveva gli occhi lucidi.

“Dan non ricorda nulla?”

I tre si ritrovarono davanti alla porta dell’ufficio della dottoressa Stella. Parte dell’entusiasmo di pochi minuti prima era svanito. Come poteva essere diversamente? Erano felici, entusiasti di rivedere Mai, Hideto e Kenzo. Ma avrebbe voluto poter anche essere felici per Dan, poterlo riabbracciare.

Notando l’esitazione degli altri, Plym allungò la mano verso la maniglia. Angers le afferrò il braccio.

La donna fissò negli occhi entrambi i due ragazzi.

“Ricordate”, ripeté con la voce poco più alta di un sussurro. “Non una parola sulla situazione. E tenete a mente che Dan non ricorda nulla.

I due annuirono solennemente. Angers liberò il polso di Plym e la ragazza aprì la porta. All’interno, tutti scattarono in piedi. La dottoressa, a un passo da Kenzo, incrociò il loro sguardo.

Poco oltre c’erano Mai e Hideto.

Non li vedevano da quasi otto anni.

“Supermecha fantastico!”

Plym si fiondò in corsa verso di loro, lanciando le braccia al collo di Mai. La Maestra della Luce ondeggiò sotto il peso inaspettato ma nel suo sguardo si poteva leggere la stessa felicità. E anche tanta sorpresa.

“Mi siete mancati così tanto!” biasciò Plym tra le lacrime. Continuava a stringersi a Mai quasi avesse paura che svanisse da un momento all’altro.

Yus la seguì più lentamente, con la schiena rigida e le mani strette a pugno. Si fermò davanti a Hideto. Il Guerriero Blu inarcò un sopracciglio, lo scrutò dalla testa ai piedi e alla fine gli assestò una pacca sulla spalla.

“Sei cresciuto! E più di quanto mi aspettassi!”

Yus si rilassò e sorrise, ricambiando la pacca di Hideto. “È bello rivedervi.”

“Aspettate un attimo!” Kenzo si fece avanti e si fermò tra i due umani del futuro, alterando lo sguardo tra uno e l’altra. Il primo lo superava in altezza per più di un palmo, mentre la seconda di almeno un paio di centimetri. “Ma non è giusto! Perché sono sempre il più piccolo?”

Plym rise tra le lacrime e allungò la mano a scompigliargli i capelli. “Come sei carino!”

Il Guerriero Verde arretrò, sbuffando e borbottando oltraggiato.

Angers si avvicinò al gruppo sorridendo e posò una mano sulla spalla del ragazzo. “Puoi ancora crescere, non temere.”

“Lo spero.”

Lo sguardo della donna incrociò quello di Mai, ancora avvinghiata dalle braccia di Plym. E vide la realizzazione nel suo sguardo. Ma venne interrotta da Yus.

“Dan?”

La sua voce suonò titubante. Il sorriso svanì dai volti del Maestri della Luce. Plym si separò da Mai, camminando all’indietro fino ad affiancare Yus, strofinandosi la faccia con il dorso della mano.

A pochi passi da loro, rimasto in disparte fino a quel momento, c’era Dan. Il ragazzo ricambiò il loro sguardo con un sorriso imbarazzato, le mani infilate in tasca.  Per lui stava diventando sempre più snervante vedere l’entusiasmo negli occhi di quelle persone, che evidentemente lo avevano conosciuto, trasformarsi in delusione e tristezza.

Dan cominciava a rimpiangere l’avere accettato di venire con loro. Avrebbe fatto meglio a restare a Gran RoRo. Ma ormai era lì.

“Posso,” Plym deglutì, “posso abbracciarti?”

Il ragazzo spalancò gli occhi a quella richiesta inattesa, non solo da lui ma anche da tutti gli altri, ma non riuscì a dire no al tono disperato e speranzoso della ragazza. Annuì.

Plym singhiozzò e si fiondò contro di lui, affondando la testa sulla sua spalla e aggrappandosi a lui con forza. Non sapendo cosa fare, Dan ricambiò piano l’abbraccio.

“Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace!” ripeté Plym tra i singhiozzi. “Avrei dovuto controllare quella maledetta colibrì.”

Dan sorrise.

“È ok. Ora sono qui, il resto non ha importanza.”

Plym scoppiò a ridere tra le lacrime e si staccò da lui. Yus si avvicinò lentamente. Mai ne approfittò per affiancare Angers e intrecciare le loro braccia, rivolgendo alla donna un luminoso sorriso.

“Le congratulazioni sono d’obbligo. Quanti mesi?”

“Quasi cinque. Un inaspettato regalo scoperto al nostro terzo anniversario.”

La Guerriera Viola emise un gridolino e abbracciò Angers. “Sono così contenta per voi! Non vedo l’ora di incontrare anche Clarky.”

Angers rise e, quando si separarono, alzò la mano sinistra. Sull’anulare brillavano una fede dorata con piccoli topazi.

“Abbiamo sentito la vostra mancanza al matrimonio.”

“Il vecchio Clarky si è sposato?” si intromise Hideto divertito. “Quanti giorni ha aspettato prima di chiedertelo?”

Tutti scoppiarono a ridere. Angers scosse la mano. “Se non era per tutta la faccenda della ricostruzione, avremmo organizzato tutto molto prima.”

“Siete davvero anime gemelle!” ribatté il Guerriero Blu.

Kenzo aggrottò la fronte e cominciò a contare sulle dita. Si interruppe e ricominciò. Arrivò a due e poi si voltò verso la dottoressa Stella.

“Quanti anni sono passati?”

“Quasi otto, Kendurò.”

I Maestri della Luce si scambiarono un’occhiata sbalordita. Quell’informazione spiegava un sacco di cose. In primis quanto fossero cresciuti rispetto a loro. Plym e Yus erano di un anno più grandi anche di Mai. Avevano creduto che Aileen fosse riuscita ad aprire il portale molto più vicino al giorno in cui erano partiti.

Yus li scrutò perplesso.

“Perché? Per voi quanti anni sono passati?”

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Salve a tutti! Sono molto contenta di essere riuscita a pubblicare questo capitolo nei tempi che mi ero ripromessa.

Sono molto soddisfatta di questo capitolo: esplorare il futuro da punti di vista esterni ai Maestri della Luce (che, poveri, sperano/credono che tutto sia rose e fiori almeno lì) è stato davvero divertente. Come noterete, ci sono molte cose diverse rispetto a Saga Brave. Anche se, ovviamente, Clarky e Angers sono sposati (e in attesa del loro primo pargolo). E sì, Clarky e Angers parlano in francese tra di loro (anche se non mi vedrete mai trascrivere loro dialoghi con google translate).

La parte di Dan è stata interessante per tutta una serie di altri aspetti. In un certo senso, è stata un po’ una sfida riuscire a rendere Dan il Dan di sempre ma allo stesso tempo riflettendo la situazione particolare in cui si trova.

Ah, ho leggermente modificato il nome di Stella (nella mia storia il nome completo sarà Stella Aleksàndrovna Korabelishchikova) nel tentativo di aderire all’onomastica russa. Spero di non aver sbagliato.

Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Per qualunque cosa, dubbio e commento, io sono qui e se volete potete lasciarmi una recensione per dirmi cosa ne pensate.

A presto,

HikariMoon

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

Yuuki era rimasto in disparte a guardare gli amici attraversare il varco per il futuro.

“Puoi venire con noi, lo sai? Così scopriresti perché è divertente immaginarti nel futuro.”

Ridendo, Hideto glielo aveva chiesto ancora una volta, anche se sapevano entrambi che lui si era già preso un’altra missione. Con un po’ di fortuna, mentre loro erano via, avrebbe trovato sulla Terra e portato a Gran RoRo il Maestro della Luce percepito da Aileen. Una precauzione necessaria considerando soprattutto che né Mai, né Hideto, né Kenzo si aspettavano davvero che Clarky tornasse dal futuro con loro.

Era tutto già stato deciso, ma per un fugace istante era stato tentato. Vedere la nuova era, rivedere Clarky, rivedere Kazan, scoprire i Brave di cui tanto loro parlavano. Ma doveva fare la sua parte.

Aileen abbassò le mani e l’aura iridescente smise di avvolgerla.

Nella radura erano rimasti solo in tre: lui e le due granroriane. Ora che anche il varco era chiuso, si riusciva di nuovo a sentire il fruscio delle foglie e il ronzio degli insetti.

Il Guerriero Bianco scrutò un’ultima volta attorno a sé, augurandosi che la folta vegetazione fosse sufficiente a nascondere la Limoviole finché non fossero tornati. Serjou aveva promesso che lui e M.A.I.A. avrebbero ripristinato lo scudo protettivo al massimo delle sue funzionalità nel minor tempo possibile. Non potevano che sperare fosse sufficiente.

“Aileen conosce il luogo dove c’è il passaggio per la Terra. Dovresti essere in grado di aprirlo con il tuo simbolo bianco.”

Yuuki annuì e riaccese il cellulare, rimasto spento da quando erano arrivati a Gran RoRo. Non prevedeva di mettersi in contatto con nessuno, ma era meglio essere pronto a ogni evenienza.

“Sei sicura che non sia meglio venga anche io? Al ritorno-”

“Il passaggio è a pochi minuti da qui”, replicò con tono esasperato la Guerriera Verde. “Magisa, per favore. Penso di riuscire a cavarmela nelle foreste della mia infanzia.”

La Maga scoppiò a ridere, scambiando un veloce sguardo rassegnato con lui. Avrebbe preferito anche lui che la temporanea Maestra del Nucleo Progenitore non girovagasse da sola, ma se avessero voluto attaccarli avrebbero avuto già mille occasioni. M.A.I.A. aveva assicurato che non si registravano attività sospette nell’arco di chilometri. E non che la sua presenza avesse fatto una grande differenza con Kajitsu. Yuuki infilò in tasca il telefono.

“Pronto?” esclamò Aileen con entusiasmo. Forse un po’ troppo.

Nessuno dei due aveva ancora ben capito come comportarsi con l’altro e, obbiettivamente, non c’era stato neppure granché tempo per farlo. Ma Yuuki aveva promesso e, anche se ancora si chiedeva se non fosse meglio che lei stesse il più lontano possibile da lui, avrebbe provato.

“Pronto. Se tutto va bene, spero di essere qui prima del ritorno degli altri.”

Magisa sorrise. “Buona fortuna.”

Yuuki annuì brevemente e si mise alle spalle di Aileen, che già si stavano avviando verso il folto della foresta.

Magisa seguì con lo sguardo le figure di Yuuki e Aileen che si infilarono tra la vegetazione, seguendo un sentierino di terra appena visibile nell’erba fitta.

La radura era così tranquilla, ora che tutti i Maestri della Luce erano impegnati nelle loro missioni, che quasi riusciva a illudersi che la calma di quella foresta fosse reale.

Ma sentiva la trama che si stava diffondendo sulla sua pelle, anche se nascosta ai suoi occhi.

Si voltò verso la rampa della Limoviole, controllando che Serjou fosse ancora all’interno insieme a M.A.I.A.

Con dita tremanti, sollevò il lembo di stoffa dalla spalla. Non le servì spostarlo molto: le sottili linee che partivano dal suo cuore avevano quasi raggiunto la sua spalla.

“Maga Magisa.”

La granroriana trasalì, rialzando di scatto la testa e lasciando il bordo dell’abito come se scottasse.

“Posso parlarvi un attimo?”

Magisa ruotò velocemente, una risata nervosa sulle labbra. “Certo. Qual è il problema Serjou?”

Il granroriano era a pochi passi da lei, le braccia incrociate dietro la schiena, la postura dritta e il volto impassibile. Per un attimo, sembrò scrutarla attentamente e lei si sforzò di restare ferma.

“Mentre controllavo i sistemi insieme a M.A.I.A., ho notato la presenza di alcune lacune nella sua memoria.”

Magisa inspirò rumorosamente, il cuore che cominciava a battere forsennatamente nel petto, e incrociò le braccia. Doveva essere solo un caso, non poteva averla scoperta: era stata attenta. Abbozzò una risata, stridula e davvero poco convincente. Si fermò subito.

“Forse dovresti provare a parlarne con Mai e Kenzo quando tornano. Sono sicura che loro-”

“Non avete eliminato i dati dal backup centrale.”

Magisa abbassò lo sguardo. In un certo senso, se l’era aspettato. Non che avrebbe potuto nasconderlo ancora a lungo. “Cosa hai visto?”

Il granroriano avanzò ancora sulle erba bassa della radura.

“Le sue condizioni sono preoccupanti. Perché non avete detto nulla ai Maestri della Luce?”

La Maga sospirò e alzò lo sguardo verso l’alto, verso gli squarci di cielo azzurro che si intravedevano tra le fronde.

“Non voglio che si sentano in obbligo di fare altre deviazioni. La situazione di Gran RoRo è più importante.”

Magisa avrebbe preferito che quel discorso finisse lì, che le sue mancanze come protettrice di Gran RoRo non continuassero a venire portate a galla.

“Quando è iniziato?”

La voce di Serjou era pacata, priva di alcun giudizio nei suoi confronti, quasi comprensiva. La sua coscienza la faceva continuamente sentire peggio.

“Non ne sono sicura, ma l’ho notato poco dopo che mi è stato portato via il mio bastone.”

Magisa raggiunse la rampa e vi si posò contro, lasciando vagare lo sguardo sulla foresta. Serjou si avvicinò di un paio di passi, ma rimase a una distanza confortevole. E per quello gli era grata.

“Forse è il motivo per cui non mi è stato possibile riprendere il Nucleo.”

E, se doveva essere sincera, parlarne finalmente con qualcuno era liberatorio. Non sarebbe stato sufficiente a risolvere la sua situazione, non aveva idea neppure se potesse essere risolta o quale ne fosse la causa, ma la faceva stare meglio.

“Non credete, allora, che possa essere tutto collegato? Forse qualcuno voleva che quei poteri fossero in mano di qualcuno di meno potente. O più inesperto.”

Magisa sgranò gli occhi e sentì il sangue gelarle nelle vene. Le parole di Serjou rimbombarono nella sua mente. Mai aveva avuto il coraggio di contemplare una simile eventualità per più di un fugace istante. Aveva voluto sempre credere che fossero coincidenze ma, se anche Serjou le aveva notate, non poteva più mentire a sé stessa. Anche se era difficile non essere soffocata dalle recriminazioni.

“Pensi che qualcuno abbia volutamente fatto in modo che succedesse? Ma chi? Come? Ero la Maestra del Nucleo Progenitore! Sono la Strega del Mondo Altrove! Come è possibile che non me ne sia resa conto?”

“Riflettete, Maga Magisa. Ancor prima di cedere il Nucleo ad Aileen, non eravate più in grado di mantenere una forma non fisica. E se non sbaglio, i cambiamenti nei mondi sono iniziati attorno allo stesso periodo.”

La granroriana si staccò dalla rampa e si voltò di scatto verso Serjou. Per quanto aveva avuto quei sospetti? Da quanto aspettava di chiederle spiegazioni?

“Perché non ne hai parlato prima?”

“Perché la speravo una coincidenza, o che la vostra situazione fosse una semplice conseguenza del deterioramento dei sei mondi. Ma, forse, qualcuno voleva che succedesse.”

“Qualcuno che voleva i Maestri della Luce a Gran RoRo.”

Il solo pensiero che i suoi ragazzi fossero ancora più in pericolo di quanto avessero potuto pensare, che qualcuno li volesse come mezzo per i suoi piani, fu sufficiente a farla riemergere dall’abisso di autocommiserazione in cui era sprofondata.

“Se la tua ipotesi è corretta, la situazione è più preoccupante di quanto credessimo.” Non avrebbe permesso a nessuno di far loro del male. “D’ora in avanti dovremmo indagare.”

Yuuki e Aileen avanzarono tra la vegetazione in silenzio, l’unico rumore i loro passi che arrancavano sulla terra bagnata e le mille radici che sporgevano dal terreno, il frusciare delle foglie e degli arbusti che spostavano con il loro passaggio.

La granroriana svoltò su un terreno in leggera pendenza, che si insinuava in una vegetazione ancora più fitta. La luce faticava a infiltrarsi tra le foglie e l’aria umida era piena del ronzio degli insetti.

Si fermò in uno slargo nel verde, dove i tronchi si intrecciavano a formare quasi una cupola, e un rivolo d’acqua sgorgava tra rocce ricoperte di muschio, disperdendosi poi nel terreno. I loro piedi affondavano nel fango.

“È qui uno dei passaggi verso la Terra.”

Il Guerriero Bianco annuì e la superò, fermandosi a pochi passi da lei. Inspirò e lasciò che il simbolo bianco apparisse davanti al suo petto, lasciando che il desiderio di tornare sulla Terra fluisse nell’energia.

Gli insetti ronzarono inquieti, disturbati dalla loro presenza, disturbati dal varco luminoso che apparì davanti a lui.

Aileen lo affiancò, una mano protesa in avanti e una farfalla verde adagiata sul suo palmo.

“Indirizzerò il varco verso il luogo in cui ho sentito il Maestro della Luce. Pensi di riuscire a trovarlo?”

La farfalla si sollevò e volteggiò contro il portale, dissolvendosi in esso.

Yuuki sorrise. “Non è la prima volta che lo faccio. Tu, piuttosto, sei sicura di spedirmi nel posto giusto?”

La granroriana sbuffò e posò un braccio sul fianco. “L’ho percepito di nuovo. E se non è lo stesso dell’altra volta, avrai di che preoccuparti.”

“Speriamo. La Limoviole sta diventando affollata.”

Il Guerriero Bianco avanzò. Aileen si guardò attorno, indecisa. Strinse le braccia al busto. Lui stava per varcare il portale.

“Yuuki, aspetta.”

Il brusio degli insetti e la tenue vibrazione del portale erano gli unici suoni, quasi quella radura fosse completamente separata dal mondo, ma lui si voltò e scrutò tra i tronchi quasi si aspettasse che una minaccia fosse piombata su di loro dal nulla. Aileen roteò gli occhi.

“Ho bisogno di farti una domanda.”

Yuuki le fece cenno di proseguire. Lei inspirò, già pentendosi di non essere stata zitta.

“Quando Mai è andata a salvare Dan, perché non hai chiesto di poter salvare tua sorella?” Deglutì. “È a causa mia? Perché ho i suoi ricordi?”

Il Guerriero Bianco si irrigidì, tornandosi a voltare bruscamente verso il portale, lasciandola fissare il suo profilo scuro contro la luce dietro di lui.

“No.”

Aileen si morse un labbro. Non aveva mai frugato tra tutte le memorie che riaffioravano senza che lei lo chiedesse, che le riempivano la testa di scene di cui non aveva mai fatto parte quando abbassava le difesa. Ma se c’era qualcosa che era riuscito a filtrare, incurante dei suoi sforzi, era il dolore. Il senso di rimpianto. Il senso di nostalgia.

“Perché no allora?”

Gli insetti e il debole sciabordio dell’acqua contro le rocce riempirono il silenzio tra loro due. L’aria pesante intrappolata tra le fronde intrecciate dagli alberi era resa ancora più soffocante dalla tensione che si emanava da loro.

“Era già una missione impossibile così com’era. Non volevo costringerli a fare una scelta.”

Avanzò e svanì subito dopo, il varco che si chiuse alle sue spalle.

Aileen rimase immobile a fissare nella penombra che era tornata ad avvolgere la conca. Gli insetti ripresero a volare con più audacia, allontanandosi dai tronchi e sciamando in nugoli sopra all’acqua. Un grosso scarabeo dal guscio lucido, nero e verde, uno smeraldo incastonato sul dorso, volò attorno a lei e si posò sulla sua mano protesa. Le piccole zampette le solleticarono la pelle.

Sorrise senza convinzione, mille pensieri che si creavano e disfacevano nella sua mente, intrecciandosi all’eco di nostalgia e dolore di vite passate, all’impulso vitale che saliva dal terreno umido sotto i suoi piedi e dalle foglie pesanti attorno a lei.

Lo scarabeo sembrò guardarla per un fugace battito di ciglia. E volò via, confondendosi tra tanti altri.

La Guerriera Verde abbassò la mano e ruotò su sé stessa, sforzandosi di ripercorrere i passi che li avevano condotti lì prima che i suoi pensieri spiraleggiassero fuori dal suo controllo.

Non avrebbe dovuto essere costretto a farla neppure lui.

Il bagliore del varco scomparve, sostituito da un parquet di legno ambrato sempre più vicino. Yuuki riuscì appena in tempo ad allungare le braccia e a recuperare sufficiente equilibrio per non finire con la faccia contro il pavimento.

Il gelo con cui la semplice domanda di Aileen aveva avvolto il suo cuore, domanda che si sorprendeva nessuno gli avesse ancora fatto, si sciolse fin troppo lentamente. Yuuki spinse tutto in un angolo della sua mente. Non era quello il momento: aveva una missione.

Ancora inginocchiato e le mani posate a terra, alzò lo sguardo e sgranò gli occhi.

Era il salotto-biblioteca della casa di Elisabeth, primo piano, due porte oltre la sua camera.

Faticò a trattenere una risata. Il destino era sadico.

La porta si aprì e lui scattò in piedi. Si ritrovò davanti il nonno di Elisabeth, bastone e libro stretto tra le dita. Reduce della guerra, ci voleva ben più di un’inaspettata apparizione per farlo sobbalzare. L’anziano lo scrutò e assottigliò gli occhi, sul volto evidente rimprovero.

“Mia nipote mi aveva detto saresti stato via per diverso tempo, in quel mondo apparso anni fa. Voi giovani siete così melodrammatici.”

“Sono qui soltanto per un tempo limitato. Dov’è-”

L’anziano, già di spalle, posò il libro sul tavolino accanto al divano e si mise a scorrere i dorsi dei libri sulle mensole.

“In camera sua. Oggi è ritornata di cattivo umore. Chiedi a mia moglie.”

Il Guerriero Bianco annuì e uscì dalla stanza. La familiarità di quel corridoio, di quelle porte, le aiuole che si intravedevano tra le tende e le voci della nonna di Elisabeth e della cuoca che salivano dal piano inferiore erano stranianti; familiari, ma già così lontani.

Raggiunse la porta di Elisabeth e si fermò, indeciso se bussare. Da oltre la porta si sentiva qualcuno tirare su con il naso.

Bussò.

Ci furono un grido strozzato di sorpresa, il rumore di un corpo che gattonava sul letto e il calpestio di piedi nudi sul pavimento.

“Nonna! Sto bene. Te l’ho già detto-”

La porta si aprì e la ragazza di fronte a lui imbastì il suo miglior sorriso. Un triste contrasto con gli occhi arrossati. Elisabeth trasalì.

“Yuuki?”

La sua voce tremò, incredula e speranzosa, e gli occhi le si inumidirono. Lui fece appena in tempo ad allargare le braccia; la ragazza si fiondò contro di lui, stringendo le dita sulla maglia e affondando il volto nella sua spalla.

“Nozomi mi ha lasciato.”

Il Guerriero Bianco ricambiò la stretta e la guidò di nuovo nella stanza, facendola sedere sul letto e affiancandola. Sulle lenzuola lo schermo del cellulare era attivo, una foto delle due ragazze che ridevano in spiaggia.

“Ti va di parlarne?”

“Ha detto che i suoi genitori cominciavano a sospettare,” sussurrò ancora stretta a lui. Yuuki sentì il tessuto inumidirsi. “Non ha avuto il coraggio di affrontarli. E il suo nuovo lavoro…”

Elisabeth singhiozzò e tirò su con il naso. “Non riesco ad avercela con lei,” si lamentò tra le lacrime, scuotendo piano la testa.

Il ragazzo sorrise tristemente e staccò delicatamente la ragazza da lui. Lei teneva gli occhi bassi, le mani ora strette sui pantaloni.

“Mi dispiace.”

“Vorrei solo non finisca ogni volta così.”

Yuuki le posò una mano sul pugno e lei alzò lo sguardo, i rivoli di lacrime che stavano appicciando le ciglia in forme strane.

“Troverai una persona speciale, vedrai.”

Elisabeth abbozzò un sorriso, non molto convincente con gli occhi gonfi e rossi, ma sciolse il pugno e ricambiò la stretta.

“Come fai a essere così comprensivo, Yuuki? Non hai battuto ciglio, neanche quando l’hai scoperto. Avevo paura di perderti e tu-”

“Ho imparato che l’amore non ha etichette.”

La ragazza scoppiò a ridere e si gettò di schiena sul materasso, le mani sul viso e sui capelli arruffati, gli occhi chiusi.

“C’era un motivo se mi ero presa una cotta per te! Posto giusto, momento giusto: un altro dei superpoteri di voi Maestri della Luce?”

“Ci proviamo.”

Un battito di ciglia dopo, Elisabeth si rizzò sui gomiti.

“Aspetta un secondo,” esordì lanciandogli uno sguardo accusatorio. “Che diamine ci fai qui? Dovresti essere a Gran RoRo!”

Yuuki nascose il proprio divertimento, per non essersi accorta di quel dettaglio fino a quel momento doveva essere veramente addolorata per la storia con Nozomi. Ma avrebbe dovuto aver letto l’e-mail.

“Sono venuto a cercare un Maestro della Luce. Sappiamo che è qui.”

Elisabeth balzò seduta, il dorso di una mano ad asciugare gli occhi e l’altra mano a cercare di districare la treccia.

“Cosa stiamo aspettando? Ti do una mano,” proseguì mettendosi in piedi e sistemandosi i vestiti. Si guardò attorno e afferrò il cellulare, chiudendo lo schermo dopo un attimo di esitazione. “In due faremo di sicuro prima. Anche se non ho la minima idea… come si cerca un Maestro della Luce?”

La ragazza cominciò ad avviarsi verso la porta, concedendosi una smorfia nel vedere il proprio stato nello specchio dell’armadio.

“Elisabeth,” la fermò afferrandole la mano. “L’ho già trovata.”

I loro sguardi si incrociarono. Lei aggrottò la fronte e inclinò la testa. Poi arretrò di scatto.

“Mi stai prendendo in giro!” sbottò con gli occhi sgranati e sciogliendosi dalla sua presa bruscamente. “Mi rimangio tutto quello che ho detto poco fa.”

Il Guerriero Bianco si limitò ad alzare un sopracciglio, ben abituato ai primi scatti di confusione. E il ricordo di Kajitsu riaffiorò.

I lunghi momenti di silenzio si protrassero, con Elisabeth con lo guardava in attesa che smentisse, che rivelasse fosse tutto uno scherzo per tirarla su di morale.

La smentita non arrivò.

“Sei serio? Dei del cielo, sei serio! Io? Una Maestra della Luce?”

La ragazza prese a camminare per la stanza, agitando le mani tutto attorno a sé.

“Per la miseria, la farfalla verde che parlava! Cioè, quando mi è arrivata la tua e-mail… c’era una farfalla che brillava e si dibatteva e ha iniziato a parlare con la voce di una ragazza.”

Si fermò in mezzo alla stanza, voltandosi verso Yuuki, rimasto in attesa che lei si sfogasse, e incrociò il suo sguardo con gli occhi sgranati, come quelli di un animale spaventato. Un giorno sarebbe stata grata, quando avrebbe saputo il modo con cui aveva portato Dan.

“Credevo volesse avvertirmi che ve ne eravate andati,” il suo sguardo si mosse verso lo specchio. “Che idiota.”

Sbuffò, soffiando via un ciuffo dal viso. “Sono una Maestra della Luce.”

Elisabeth emise un gridolino e si portò le mani alla bocca, non ben chiaro se fosse per gioia o per terrore. “Sono una Maestra della Luce!”

Poi tornò a voltarsi verso il Guerriero Bianco, il sorriso sostituito da un’espressione seria e vagamente preoccupata.

“Non ho la più pallida idea di che cosa vi aspettiate da me.”

Fino a sei anni prima, non si sarebbe fatto grandi scrupoli. Avrebbe fatto leva sulle debolezze di Elisabeth, l’avrebbe spinta ad accettare nonostante i dubbi, illudendola che Gran RoRo le avrebbe dato la possibilità di ottenere tutto ciò che desiderava.

A posteriori, non uno dei momenti di cui era più orgoglioso.

Yuuki le fece cenno di tornare a sedersi accanto a lui. Elisabeth lo raggiunse senza farselo ripetere.

“Per prima cosa, devi capire che è pericoloso. Certo ricordi tutto quello che è successo qui sulla Terra dopo la nostra vittoria, ma combattere a Gran RoRo ti mette in prima linea.”

Lei annuì lentamente.

“Nei pochi giorni che siamo stati a Gran RoRo, ci siamo infiltrati in una base da cui siamo scappati lanciandoci da un finestra e siamo stati inseguiti dentro un canyon.”

Elisabeth sgranò gli occhi. “Come fate a essere ancora vivi?”

Yuuki le posò le mani sulle spalle. “Non è come nelle storie, dove l’eroe parte e sai che salverà il mondo. Ci siamo riusciti una volta, ma essere un Maestro della Luce è pericoloso. Non pensare neppure per un attimo di essere obbligata.”

Yuuki era immobile in un angolo, la schiena contro il vetro della metropolitana, la mano stretta a un passamano. Da dietro agli occhiali da sole scrutava ogni movimento di coloro che lo circondavano. Il vagone non era molto affollato, gran parte delle persone ancora sul posto di lavoro o seduta dietro un banco di scuola. Ma era un’abitudine che non era più riuscito a scrollarsi d’addosso.

Ma nessuno lo guardava, nessuno sembrava vedere in lui niente di più di un altro passeggero come gli altri. Si meravigliava ancora di come il passaggio del tempo modificasse la percezione umana. Chi avrebbe riconosciuto tra la folla una persona ritenuta morta? La gente vedeva solo quello che voleva.

Il cellulare, in tasca da quando aveva lasciato la Limoviole, vibrò contro la sua gamba. Yuuki aggrottò appena la fronte e lo estrasse. C’erano un messaggio e l’avviso di una chiamata persa.

Siete ancora qui? Perché Mai non risulta raggiungibile? È successo qualcosa???

Il mittente era Shinomiya Kaoru. Fissò a lungo quelle parole, non trascurando la possibilità che fosse una trappola. Mai aveva detto che Kaoru e Andrew erano in America, il loro ritorno atteso solo per le festività dell’anno nuovo.

Solito posto tra due ore.

Infilò nuovamente il cellulare nella tasca e si avvicinò alle porte, la sua fermata appena annunciata sul display. Fu l’unico a scendere. Attraversò la stazione con lo sguardo basso e scrutando ciò che lo circondava con la coda dell’occhio, rilassandosi soltanto una volta raggiunti i vicoli più deserti che si diramavano tra casette e muri divisori.

Non era una buona idea la sua, ma era stata una a cui non si era potuto sottrarre.

Si fermò a diversi metri di distanza, ma sufficientemente vicino per vedere il cancelletto d’entrata e, oltre esso, il piccolo giardino che precedeva la casa. Non era del tutto sicuro che i suoi abitanti fossero lì, ma doveva almeno fare un tentativo. Avevano diritto di sapere.

Anche se rischiava di instillare in loro speranze senza futuro, di costringerli a soffrire ancora.

Yuuki superò la strada e si fermò al cancello.

Bashin.

Era sempre stato strano tornare in quel luogo, soprattutto dopo il suo risveglio. Erano stati loro a volerlo incontrare, dopo che Mai si era lasciata involontariamente sfuggire la verità su di lui. C’era stato il panico tra di loro, finché lui aveva deciso di accettare.

“Dan avrebbe voluto che tu vivessi con noi.”

“Ricordarti che qui avrai sempre una famiglia. È il minimo che possiamo fare.”

Yuuki suonò il campanello. Se Elisabeth aveva mandato l’e-mail come promesso, ci sarebbe stata più di qualche domanda a cui rispondere.

Non dovette aspettare a lungo. Il citofono gracchiò e si sentì una voce di donna.

“Chi è?”

“Yuuki.”

La donna inspirò rumorosamente dall’altra parte della cornetta. Il cancello si aprì immediatamente.

Il Guerriero Bianco entrò e raggiunse la porta in un paio di falcate. La porta d’entrata si spalancò prima che lui la raggiungesse. Sull’uscio c’erano entrambi i genitori di Dan.

“Entra.” Akane si spostò per lasciarlo passare. Takuto chiuse la porta alle sue spalle.

I tre raggiunsero il soggiorno in silenzio e la donna si diresse subito a chiudere il fornello su cui una teiera stava bollendo.

“Abbiamo ricevuto l’e-mail. Non ci aspettavamo di vederti.”

“Sono tornato per contattare un nuovo Maestro della Luce.”

Takuto sbiancò. Akane si lasciò sfuggire la teiera, con tanto di acqua bollente che si rovesciò sui fornelli. La donna agitò un mano e ruotò con gli occhi dilatati dalla paura.

“Né Hinata né Hiroki,” si affrettò ad aggiungere, comprendendo quale fosse il loro timore.

Il terrore scivolò via dai due come neve che si scoglie e si aggrapparono l’uno all’altra.

“Non volevo darvi questa impressione, mi dispiace.”

Akane scoppiò a ridere, una risata forzata e nervosa, e si staccò dal marito sedendosi al tavolo.

“Kenzo aveva nove anni. Non era insensato fare il collegamento.”

“E anche lei usa il rosso,” aggiunse con un misto di rassegnazione e sollievo Takuto. “E gli assomiglia così tanto.”

Il Guerriero Bianco si era sempre sorpreso di quanto Hinata riuscisse ad assomigliare al fratello che quasi non ricordava più: nel modo di duellare, nell’atteggiamento di fronte alle difficoltà.

“Ma se non è per portare a Gran RoRo uno di loro due, perché sei qui?”

La porta d’entrata si aprì e i tre adulti si immobilizzarono.

“Sono arrivato prima io!”

“Solo perché hai imbrogliato!”

“Colpa tua che ti sei distratta.”

Tonfi di scarpe e zaini posati a terra. La porta venne chiusa. “Siamo a casa!”

I due Bashin incrociarono lo sguardo di Yuuki che annuì. Takuto inspirò. “Siamo in soggiorno.”

Passi di corsa e risate nel corridoio. Akane strinse la mano del marito. Yuuki si voltò verso la porta e il suo sguardo incrociò quello limpido e divertito di una bambina, che si arrestò di botto nel vederlo, gli occhi che si spalancarono e la risata che tramutò in una silenziosa espressione di sorpresa. Il bambino dietro di lei impatto contro la sua schiena, colto alla sprovvista dall’azione della sorella. Si portò le mani alla faccia e mugolò.

“Perché ti sei fermata!”

Hinata gridò di gioia e si lanciò contro di lui, un enorme sorriso che brillò sul suo volto. Yuuki la prese tra le braccia con la facilità nata dall’abitudine.

“Yuuki!”

“Tra un po’ non riuscirò più a prenderti in braccio.”

Il fratello zittì le proprie lamentele e si rese conto solo allora della sua presenza. Anche lui si lanciò contro di lui con espressione adorante.

“Finché sarò più bassa di te, sì!”

“Forse non sarai mai più alta di me.”

Hinata scoppiò a ridere. “Meglio per me!”

“Smettila di tenertelo tutto per te!” protestò Hiroki strattonando la gamba penzolante della sorella. Yuuki sorrise e gli scompigliò i capelli, piegandosi per far scendere la bambina.

Hiroki gli saltò in braccio trionfante mentre Hinata sbuffò, l’aria che andò a scompigliare i già spettinati capelli tenuti appena in ordine in due codini. Poi si voltò imbarazzata verso i genitori che stavano cercando di trattenere le risate.

“Ciao, mamma. Ciao, papà.”

Anche Hiroki saltò giù dalle braccia di Yuuki e corse a salutare i genitori. Akane sfiorò le guance dei figli con un bacio.

“Perché non andate a sistemare le vostre cose?”

Sui volti di Hinata e Hiroki apparvero espressioni gemelle di disappunto.

“Ma c’è Yuuki!”

Takuto alzò gli occhi al cielo. “E non se ne andrà prima di salutarvi. Ma ora dobbiamo parlare di cose da grandi.”

Hinata sbuffò e afferrò la mano del fratello. “Va bene.”

“Ma c’è Yuuki,” ripeté con tono petulante Hiroki.

“E io sono la sorella maggiore. Quindi mi devi ascoltare!”

I due bambini svanirono in corridoio. Un attimo dopo passarono di nuovo davanti al vano della porta, questa volta zaini in spalla. Le loro voci e i loro passi si affievolirono dietro una porta che si chiudeva.

Yuuki tornò a voltarsi verso i due coniugi Bashin, che lo guardavano in attesa.

“Quindi siete tornati a Gran RoRo?”

La voce dell’uomo era neutra, mal riuscendo a nascondere l’incertezza. Yuuki non li poteva biasimare, vedeva nei loro occhi la confusione e la paura che, in fondo, fosse davvero venuto per uno dei loro due figli. In un certo senso, invidiava di non aver avuto genitori del genere. Anche se avevano fatto difficoltà ad appoggiare Dan dopo Gran RoRo, anche se per lungo tempo non erano riusciti a capirlo. Ma, alla fine, c’erano stati.

Yuuki ricordava i suoi genitori, ma faceva fatica a ricordare qualunque cosa avvenuta prima del giorno in cui Kajitsu aveva mostrato di essere diversa. Amore, affetto, preoccupazione c’erano stati, ma erano sentimenti avvizzite da tutto quello che era successo dopo. Ricordava la paura nei loro occhi nel vedere la loro figlia anormale, i movimenti bruschi con cui lo separavano da lei per paura che la sua stranezza fosse contagiosa, il timoroso sospetto nei loro sguardi che osservavano i suoi movimenti. I suoi genitori forse li avevano amati, ma non abbastanza da accettarli così com’erano.

Qualche volta, avrebbe voluto dimenticare anche i ricordi belli, le risate, gli abbracci, perché rendevano ancora più difficile il capire come i suoi genitori avessero potuto comportarsi in quel modo.

E Dan, invece, rischiava di non ricordare mai più la famiglia che lo amava.

Avrebbe scambiato in un battito di ciglia quei pochi ricordi felici con la possibilità che Dan ricordasse. Perché anche i Bashin avevano sbagliato, avevano lasciato che la paura rischiasse di logorare inesorabilmente il legame con Dan, ma lo avevano realizzato in tempo. Avevano cercato di rimediare, di recuperare pezzo per pezzo l’affetto e la fiducia.

Aveva fatto bene a venire.

Se alla fine di tutto Dan non avrebbe ricordato, la sua famiglia lo avrebbe accettato comunque. Avrebbero ricostruito tutto.

“Yuuki?”

Il Guerriero Bianco tornò a focalizzare i volti dei due Bashin. Confusione, curiosità e forse una punta di preoccupazione sui loro volti.

“È successo qualcosa, poco dopo il nostro arrivo a Gran RoRo.”

“Voi state tutti bene, vero?” domandò la donna con trepidazione.

Yuuki annuì.

“Abbiamo riportato Dan tra di noi.”

I due continuarono a guardarlo come se non lo avessero sentito. Poi, lentamente, sbatterono le palpebre e realizzazione il significato delle sue parole.

“Il nostro bambino.”

“Il nostro Dan è vivo?”

Avevano le voci tremanti e gli occhi lucidi, brillanti non solo di lacrime ma di quella speranza che spazzava via il dolore di quattro anni, il dolore di una famiglia che aveva perso un figlio senza poter far nulla, senza saperlo.

“Gli altri non sanno che sono venuto a dirvelo, ma ritengo che sia giusto che voi lo sappiate.”

Akane scoppiò a piangere, subito stretta tra le braccia del marito che iniziò a sussurrarle nell’orecchio parole di conforto senza forma. Poi l’uomo si voltò verso di lui, deglutendo a fatica.

“Perché non è qui con te?”

La donna trasalì e gli rivolse uno sguardo terrorizzato, artigliando una mano sul bordo del tavolo. “Non sta bene? Non ci ha ancora perdonato?”

Yuuki si protese in avanti e posò una mano su quella di Akane, che subito gliela strinse con forza.

“Dan non ricorda nulla. Solo il suo nome. Solo di essere il Guerriero Rosso. Se avesse ricordato, non credo avremmo potuto fare nulla per impedirgli di tornare da voi.”

Akane annuì lentamente e ritrasse la mano, che aggrappò alla maglia del marito, contro la cui spalla era ancora posata.

“Il nostro bambino”, sussurrò con voce spezzata.

Yuuki rimase in silenzio. Aveva previsto che quella notizia sarebbe stato un duro colpo per loro, ma non poteva illuderli. Ed era meglio che far loro credere che Dan li odiasse.

Takuto tornò a voltarsi verso di lui.

“Grazie, Yuuki. Non pensare che non siamo grati per avercelo voluto dire.” Rise sommessamente scuotendo la testa. “Ma è tanto da assorbire.”

“Lo so. Sappiate che farò di tutto per riportarvelo sano e salvo.”

Akane gli rivolse un flebile sorriso. “Vi rivogliamo entrambi a casa sani e salvi.”

Il Guerriero Bianco si limitò ad annuire, rialzandosi e rimettendo la sedia al suo posto. Dopo un veloce scambio di saluti, lasciò i due Bashin da soli e uscì dalla stanza. Nella camera dei bambini sentì rumori di passi affrettati, qualcosa che cadeva e qualcuno che si gettava contro un tavolo. La porta dondolò sui cardini.

Sorrise e scosse la testa, superando il corridoio ed entrando nella stanza.

Hiroki stava giocando con foga con una console di giochi, disteso sul letto con le braccia tese in alto. Hinata, invece, era seduta sulla scrivania e girava rumorosamente le pagine di un quaderno.

“Hinata?”

La ragazzina saltò sulla sedia e si voltò, un enorme e sospetto sorriso stampato in volto. “Hai finito di parlare con mamma e papà?”

Il Guerriero Bianco sollevò un sopracciglio e si avvicinò. Hinata tornò a voltarsi verso il quaderno.

“È al contrario.”

La ragazzina emise un grido strozzato e lo girò, arrossendo di botto.

“L’avevo detto che ti scopriva.”

“Zitto tu! Non avresti fatto meglio!” ribatté Hinata mostrandogli la lingua.

“Hinata, cos’hai sentito?”

La ragazzina posò la matita e abbassò lo sguardo, stringendo le mani in grembo. Poi, alzò la testa, gli occhi lucidi.

“Lo sapevo che Dan non poteva essere morto. Come te.”

E gli gettò le braccia al collo, affondando il viso contro la sua spalla. “Grazie.”

Lui ricambiò l’abbraccio, dimenticandosi per un momento che quella non era davvero la sua famiglia. Ma quanto avrebbe voluto che lo fosse.

“Ti riporterò tuo fratello.”

“Lo so. Ti voglio bene, Yuuki.”

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Salve a tutti! E anche con questo terzo capitolo sono in ordine con la tabella di marcia. Molto probabilmente me ne pentirò quando l’episodio sarà finito e mi ritroverò ancora in alto mare con il prossimo costringendovi, ad aspettare di nuovo… ma si fa quel che si può! (e se anche il team di Battle Spirits ci fa aspettare per gli OVA, penso di non aver troppo da recriminare dato che noi siamo solo in due XD)

Comunque, per questo capitolo abbiamo temporaneamente lasciato il futuro per vedere come se la cava Yuuki con la sua missione. E l’identità del possibile nuovo Maestro della Luce è stata rivelata: Elisabeth Reiko Nakano. Accetterà di entrare nella gabbia di matti? Probabilmente più di qualcuno di voi aveva intuito che potesse essere lei. Non è che abbia cercato di nasconderlo così tanto. Dopotutto, è bello spargere indizi qua e là e poi vedere che i lettori gli uniscono!

Abbiamo anche cominciato a svelare qualche dettaglio sulla situazione di Magisa, entrata ovviamente in modalità mamma orso.

E abbiamo rivisto la famiglia Bashin! Con tanto di piccini cresciuti (Hinata ha 10 anni e Hiroki 7), che anche se Yuuki non ne è consapevole del tutto, l’hanno ormai adottato come membro della famiglia. Con i Bashin può succedere questo e altro… Ma sono riuscita a farvi commuovere almeno un po’?

Non penso di aver altro da aggiungere. Per qualunque cosa, dubbio e commento, io sono qui e se volete potete lasciarmi una recensione per dirmi cosa ne pensate.

A presto,

HikariMoon

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

Superata la sorpresa nel rendersi conto che anche lì erano passati più anni di quanti ne avessero vissuti loro, i Maestri della Luce del passato riempirono di domande Angers, Yus e Plym. Volevano sapere cosa fosse successo a ognuno di loro.

Plym raccontò con entusiasmo della piccola officina che aveva inaugurato da poco e di come continuasse a gestire la manutenzione della Magnifica Sophia.

Yus rivelò con un misto di orgoglio e di imbarazzo che prestò avrebbe assunto ufficialmente il ruolo di liaison tra l’HUMAA fondata da Clarky e Barone e il governo del Giappone.

Stella si vantò dei nuovi risultati ottenuti nello studio di umani e Mazoku e dell’interazione tra Nucleo e tecnologia, guadagnandosi un’occhiataccia e una linguaccia da Kenzo.

Angers aveva ripreso il suo ruolo di ingegnere aerospaziale ed era a capo dell’equipe che stava preparando il ritorno di umani e Mazoku sulla base internazionale.

Kazan aveva con gioia dismesso il proprio ruolo di comandante delle forze umane, continuando a gestire soltanto la sicurezza del centro politico e di ricerca di Tokyo.

Scoprire che Zolder e Flora, a bordo della Centurion, erano diventati ambasciatori per le relazioni tra umani e Mazoku aveva suscitato non poco sconcerto e ilarità.

Ilarità che non era riuscita a risollevare del tutto gli animi, quando avevano scoperto che En e Fant non erano a Tokyo. Dopo che nessuna ricerca era riuscita a ritrovare i loro genitori, i due piccoli Mazoku erano stati presi sotto l’ala della regina Gilfam che li aveva portati a Nova Octo. Lì, tenuti d’occhio da Gaspard, stavano frequentando una delle prime scuole che puntavano all’integrazione tra umani e Mazoku.

Neppure Izaz era a Tokyo ma, come confermato da Plym, Yus e Stella, il fatto non destava grandi preoccupazioni. Il Mazoku andava e veniva, quando voleva e dove voleva, tornando quando uno meno se lo aspettava. Per ripartire altrettanto inaspettatamente sulla scia di una qualche leggenda. Sia Barone sia Clarky si erano arresi e lo lasciavano fare come voleva.

Rugain, come si erano aspettati, aveva preso in mano il governo dei territori di famiglia. Era anche diventato famoso per essere il primo Mazoku a indire elezioni per la formazione di un governo formato da umani e Mazoku. Grazie alla correttezza e imparzialità, tutti si aspettavano che sarebbe stato rieletto per un secondo mandato. Il resto della sua famiglia era sparso per il mondo, come Zack che era diventato ambasciatore per l’HUMAA a Nova Octo. Duc e Shima invece, dopo essersi goduti un po’ di tempo per loro, avevano aperto una scuola che preparasse i politici del futuro, umani e Mazoku che fossero.

Ogni dettaglio che scoprivano in più su tutti i loro amici non faceva altro che aumentare la gioia e la soddisfazione di aver contribuito, seppur in minima parte, a quel futuro.

Da lì, il discorso tornò sul piccolo o sulla piccola che presto avrebbe portato a tre i componenti della famiglia Ray. Ed era sfociato un putiferio, con tanto di scommesse sul nome, risate e sfide lanciate l’uno verso l’altro. Tanto che dal corridoio, nonostante la porta della sala fosse chiusa, si riusciva a sentire ogni parola.

Clarky si era fermato lì, contro il muro, a godere a occhi chiusi delle voci degli amici. Si era preso il compito di comunicare loro la parziale decisione del consiglio in nome del suo ruolo, ma la realtà era che non sarebbe resistito un minuto di più sapendo che loro erano lì.

“Ve lo ripeto, Sophia è assolutamente il nome più probabile se è una bambina!”

“Oh, andiamo! Pensi davvero che sarebbe così prevedibile?”

Clarky ridacchiò e posò la testa contro la parete. Quanto gli erano mancati.

“Angers, cosa ne pensi?”

Si staccò dal muro e si sistemò la divisa. Era arrivato il momento di smettere di tergiversare. Attivò la porta ed entrò. E si complimentò mentalmente di non aver fatto vacillare il sorriso e di non essere scoppiato a ridere. La dottoressa Stella stava lanciando occhiatacce infuocate a Kenzo che le arrivava alla spalla, mentre tutto il resto del gruppo era attorno al tavolo a fissare un’imbarazzata Angers.

E proprio Angers fu la prima ad accorgersi del suo arrivo. Gli rivolse un enorme sorriso colmo di gratitudine.

Clarky finse una tossita. “Suvvia, bambini. Fate i bravi, altrimenti dovrò sequestravi i Brave.”

I Maestri della Luce scattarono sull’attenti e ruotarono sul posto. La fugace sorpresa fu sostituita in un lampo dall’entusiasmo. Mai gli corse addosso lanciandogli le braccia al collo. Clarky la fece ruotare per non perdere l’equilibrio. Rimasti vicino al tavolo, Plym ghignò colpendo con il gomito Yus che sbuffò, alzò gli occhi al cielo e le porse una banconota.

“Non sai quanto mi sei mancato!” furono le prime parole della Guerriera Viola non appena tornò con i piedi per terra.

Hideto e Kenzo lo avevano già raggiunto, anche loro sorridenti, anche loro entusiasti.

“Non sapete quanto voi mi siate mancati!”

Clarky allungò la mano e scompigliò i capelli del più piccolo. “Sei cresciuto un sacco!”

“Non abbastanza mi sembra,” borbottò Kenzo tornando a sistemarsi i ciuffi.

Rivederli, abbracciarli, non sembrava quasi vero. Avrebbe avuto tante domande da far loro, avrebbe voluto sapere tutto quello che era successo in quegli anni. Ma stare lì a chiacchierare era un lusso che, purtroppo, non aveva.

“Vorrei continuare con voi a parlare di nomi e bebè,” riprese Clarky facendo l’occhiolino ad Angers, che scosse la testa, fingendosi esasperata. “Ma sono qui soprattutto in veste ufficiale.”

Nel pronunciare quelle parole, estrasse una card dalla tasca e la porse a Hideto.

“Il consiglio vi ha concesso l’autorizzazione a usare l’archivio delle carte. Con questa potete accedervi senza problemi.”

“Ne faremo buon uso!”

Erano parole innocue, ma nella bocca del Guerriero Blu suonavano quasi minacciose. Forse era un bene che il consiglio non conoscesse Hideto così tanto, rifletté Clarky divertito, o altrimenti non gli avrebbero mai permesso di mettervi mano.

“Comunque,” riprese Clarky avvicinandosi al tavolo e posandovisi contro. Incrociò le braccia e scambiò uno sguardo d’intendimento con Angers, Plym, Yus e Stella. La giovane meccanica allargò gli occhi e venne appena in tempo zittita dalla gomitata di Yus. “Devo avvisarvi che troverete alcune novità tra le carte e penso che le apprezzerete.”

Negli occhi di Hideto brillò una luce rapace, mentre Mai e Kenzo gli fecero cenno di proseguire. Clarky ridacchiò.

“Dottoressa Stella, vuole fare gli onori?”

“Molto volentieri, Capitano.”

La donna estrasse dalla tasca un telecomando e attivò lo schermo sulla parete alle loro spalle. I Maestri della Luce si voltarono proprio nel momento in cui venne proiettata una carta.

Skorpios, Brave dello Scorpione Rinato?

“Un Brave dello Zodiaco?”

“Che significa?”

“Come avete potuto notare,” disse la donna con fin troppa soddisfazione nel vedere i volti esterrefatti dei Maestri della Luce, “la prima novità sono i Brave dello Zodiaco.”

Clarky si staccò dal tavolo e affiancò Stella. “La prima, proprio quello dello Scorpione, è stata trovata casualmente dal team di archeologi inviati nelle rovine dove era stata trovata la X-Rare.”

Sullo schermo la carta si rimpicciolì e apparvero altre dodici a formare un anello. Da ciascuna di esse partiva una freccia che le collegava a una casella con scritto il nome della carta e il simbolo del segno zodiacale.

“Le voglio tutte,” mormorò quasi reverenzialmente il Guerriero Blu, gli occhi fissi sullo schermo.

La dottoressa Stella premette il telecomando e, al posto delle carte, apparve una mappa del mondo con dodici puntini luminosi.

“Ben presto ci siamo resi conto che, nei luoghi in cui un tempo risiedevano le carte dello zodiaco, sono apparsi questi Brave.”

“Trovare quello dei Gemelli è stato uno dei più divertenti,” aggiunse Clarky ridendo. Doveva ammettere che Zolder e Flora, in quegli anni, erano stati una fonte inesauribile di grattacapi e di risate. “Ma è una storia per un’altra volta.”

Mai, Kenzo e Hideto ebbero tutta l’aria di voler protestare, ma zittirono non appena apparve una nuova carta sullo schermo.

“E questa,” proclamò con solennità la dottoressa, “è una degli Imagine Brave.”

Hideto raggiunse Clarky e gli passò una mano attorno alle spalle.

“Vecchio mio, non sai il mondo di bene che ti voglio.”

L’ex-Guerriero Giallo, però, non fu sicuro se quelle parole fossero rivolte a lui. Gli occhi di Hideto, infatti, non si staccarono mai dallo schermo.

“Sono delle carte mecha-fantastiche! Puoi contemporaneamente usarle per fare Brave con due Spirit e ciascuno di essi avrà un diverso effetto!”

I Maestri della Luce si voltarono verso i due, gli unici rimasti attorno al tavolo oltre ad Angers ancora seduta.

“Plym! Lo stava per dire la dottoressa Stella, lo sai vero?”

La ragazza sbuffò e incrociò le braccia. “Ci stavano mettendo troppo tempo.”

La dottoressa si portò una mano alla fronte e spense lo schermo. “Beh, in ogni caso, vedrete meglio come funzionano studiandole nell’archivio.”

Kenzo, però, sovrastando anche le domande di Hideto, non si accontentò di tale risposta. La dottoressa, Plym e Yus iniziarono quindi a raccontare di come avessero scoperto quelle carte pochi mesi dopo la distruzione del Nucleo creato dai Mazoku al centro della Terra.

Clarky, ben conoscendo la teoria che la loro apparizione fosse collegata all’interazione tra esso, la Rampa di Lancio e il Nucleo Progenitore, raggiunse Angers. Arrivato al suo fianco, le posò una mano sulla spalle e si chinò a sfiorarle la tempia con un bacio.

“Immagino che il consiglio ti abbia lasciato libero solo temporaneamente.”

“Immagini bene. Vogliono parlare direttamente con uno di loro. Sono venuto anche per quello.”

Angers gli strinse la mano che era sulla spalla e chinò la testa di lato. Clarky seguì il movimento e il suo sguardo si posò finalmente su Dan. L’amico di un tempo, la testa calda che era riuscito a trascinarlo a diventare un Maestro della Luce era fermo contro una delle finestre. Doveva essere rimasto in disparte tutto quel tempo.

Come avrebbe reagito lui a ritrovarsi in un mondo di cui non ricordava nulla? Nessun amico, nessun luogo, nessuna persona amata.

“Va da lui,” sussurrò dolcemente Angers.

Clarky le rivolse un sorriso e riprese a camminare. Dan si accorse delle sue intenzioni e lo incontrò a metà strada, la mano tesa verso di lui.

“Tu devi essere il Guerriero Giallo, Clarky Ray.”

Si sentì stupido a illudersi in quel modo, ma cercò nello sguardo del Guerriero Rosso il più piccolo segnale di riconoscimento. Ma lo sguardo rimase neutro, l’espressione amichevole ma distaccata.

“Esatto.”

E gli strinse la mano. Dan ricambiò subito la stretta.

“So che non ti ricordi di me, ma sono davvero felice di rivederti.”

“Non sei il primo a dirmelo,” replicò Dan strofinandosi i capelli della nuca.

Clarky non smise di sorridere ma, in un certo senso, era come rivivere gli istanti di otto anni prima di nuovo.

“Sicura che non ti dispiacerà non scegliere le carte in prima persona?”

Avevano lasciato gli altri pochi minuti prima, mentre si dirigevano verso una delle aree computer da cui avrebbero potuto accedere all’archivio delle carte.

Mai, mani incrociate dietro alla schiena e sguardo assorto, emise un verso di diniego. Poi, inclinò la testa verso di lui.

“Kenzo vorrà sicuramente parlare il più possibile con Stella. E sarebbe stato crudele chiedere a Hideto di non guardare le carte,” rise tornando a guardare avanti. “In più, conosce il mio stile di gioco forse quasi meglio di me. Mi fido che sceglierà le carte migliori.”

Non nominò neppure Dan, ma non ce n’era bisogno. Sapevano entrambi che il Guerriero Rosso non avrebbe mai potuto assumersi quel ruolo nella sua situazione. E, dopotutto, Mai aveva ben dimostrato a Gran RoRo e otto anni prima di saper perfettamente gestire l’essere messa sotto i riflettori.

“Non dovrebbe volerci molto. Io e Barone siamo riusciti a convincere il consiglio che non sia necessaria tutta la pompa magna. Ci saremo solo io, Barone, Kazan, le cariche principali dell’HUMAA e la regina Gilfam, in collegamento da Nova Octo.”

La sala riunioni non era molto lontana, ma il silenzio amplificava le distanze. In quel momento, non c’era il tempo per tutte le domande, per tutto quello che Clarky avrebbe voluto sapere. E, senza che lui potesse impedirlo, la sua mente tornava all’estraneità negli occhi di Dan.

“Com’è stato?”

Mai non si voltò neppure verso di lui.

“Strano. Diverso da quello che avrei mai sperato. Sembra così tanto lui, ma…”

Si fermò prima di poter continuare. I loro passi risuonavano nel corridoio. La Guerriera Viola si strinse le braccia al corpo.

“Ma non lo è. Non ancora.”

E si fermò, lo sguardo basso, gli occhi nascosti dalle ciocche di capelli.

“Pensi che abbiamo sbagliato? È da quel giorno che continuo a chiedermi se non abbiamo fatto un errore. E se Dan non ricorderà più nulla? Se diventerà una persona diversa dal Dan che conoscevamo? Se ci odierà per averlo riportato indietro? Ho cercato di nasconderlo agli altri, non voglio farli preoccupare, ma temo pensino la stessa cosa.”

Clarky la obbligò a voltarsi e le posò le mani sulle spalle. Represse velocemente un moto di stizza nei propri confronti: nessuno dei suoi amici era un bambino, ma sentiva comunque l’irrefrenabile bisogno di prendersi cura di loro. E mancavano ancora quattro mesi. Angers lo avrebbe preso in giro per tutta la vita.

“Mai, sono certo che avrei fatto la stessa cosa. Tutti noi l’avremmo fatto. Vedrai che pian piano sarà tutto più semplice.”

Lei abbozzò un timido sorriso. Ripresero a camminare. “Lo spero. Dovevi vederci questa mattina. Avrei voluto sprofondare. Eravamo tipo uh? Mh? Eh? Ciao?” Scoppiò a ridere, una risata amara. “Così imbarazzante. Non avevamo idea di come comportarci.”

Clarky le strinse delicatamente una spalla un’ultima volta e fece un cenno con la testa verso la porta a pochi metri da loro.

“Siamo arrivati.”

Avanzò superandola di alcuni passi, ma Mai gli afferrò un braccio.

“Clarky. Ho bisogno di parlare con te e Kazan, in privato. È importante, per favore.”

L’incertezza di poco prima era evaporata dal suo volto e dalla sua voce. Davanti a lui c’era di nuovo Shinomiya Mai, la Guerriera Viola.

“Ok.”

Ottenere ancora un paio di minuti non fu troppo difficile e, Clarky ne era sicuro, il merito doveva essere soprattutto di Barone. Kazan uscì dalla sala e ridusse i convenevoli a un rapido cenno del capo. Era sempre stato un uomo pratico.

“Shinomiya, il vostro arrivo è stata un’inaspettata ma piacevole sorpresa. Barone li sta tenendo buoni, ma non possiamo trattenerci a lungo. Qual è la questione?”

Mai alternò lo sguardo tra loro due, giocherellando con una ciocca di capelli. Poi, inspirò.

“Riguarda Yuuki.”

E, per la seconda volta in quelle paio d’ore dall’arrivo dei Maestri della Luce, i pensieri nella testa di Clarky si arrestarono. Deglutì e si voltò verso Mai, che lo fissava a testa alta e senza far nulla per stroncare sul nascere l’assurda illusione che si stava formando nella sua testa. Non poteva essere possibile. Avevano riportato indietro Dan.

Non poteva essere successo anche quello: sarebbe stato troppo bello.

Le loro vittorie avevano sempre avuto un prezzo da pagare.

“Mai non…”

E lei sorrise e avanzò, allungando la mano per stringere la sua. Il corridoio sembrava allo stesso tempo enorme e soffocante. Il silenzio scioccato di Kazan era quasi confortante.

“È vivo. Lo è sempre stato. Quando noi lo credevamo morto, ci sono state delle persone che lo hanno protetto e nascosto.”

Era tutto così assurdo. Poche ore prima, la sua più grande preoccupazione era la crescente attività di Cardinal Sign e di Ascendant. Mai avrebbe potuto immaginare che i suoi amici arrivassero e stravolgessero tutto di nuovo.

Kazan deglutì e portò le mani dietro alla schiena. Clarky fu certo di vederle tremare.

“Ma come? E perché non…”

“Era in coma. Per più di un anno. Ma ora è con noi, a Gran RoRo. È stato con noi per tre anni. Sta bene.”

Clarky scoppiò a ridere e abbracciò di slancio la Guerriera Viola. Di quel passo, avrebbe cominciato a credere di star sognando.

“È tutto vero, Clarky.”

Annuì contro la sua spalla e chiuse gli occhi. Clarky si dovette sforzare di non far cadere le lacrime, che già alla notizia di Dan si erano accumulate dietro le sue palpebre. E per fortuna che doveva essere Angers a dover gestire gli sbalzi ormonali.

“Perdonate l’interruzione, ma sarebbe meglio che entriate.”

Clarky si staccò da Mai, inspirò e, quando si voltò verso il Mazoku, aveva ripreso il controllo di sé. Quegli anni all’HUMAA e tra i politici gli erano stati utili almeno per quello. Lo raggiunse e, passando, gli diede una pacca sulla spalla.

“Hai ragione, Barone. Meglio non far scaldare gli animi politici.”

Kazan lo seguì a ruota e, prima di entrare, Clarky scambiò con lui uno sguardo d’intesa. In un certo senso, capiva che cosa stesse provando il comandante. Aveva sempre sospettato che, in fondo, avesse sempre considerato Yuuki come un figlio.

Gettando uno sguardo alle sue spalle, vide Mai affiancarsi a Barone.

“È bello rivederti Barone.”

Clarky si sedette, tenendo lo sguardo fisso sul tavolo. I sensi di colpa stavano tornando a costringergli lo stomaco. Era stata sua la proposta di celare ai Maestri della Luce la reale situazione in cui si trovavano. Barone lo aveva appoggiato senza esitazione, anche se non era stato tenuto a farlo, anche se aveva letto negli occhi la sua disapprovazione.

E gli aveva permesso il lusso di riunirsi con i loro amici lontano dai loro ruoli, offrendosi di restare in sala riunioni.

“Il vostro arrivo porta sempre molti cambiamenti.”

Poi, sentì la porta chiudersi e i due si sedettero alla sua destra. La regina Gilfam posò il suo sguardo su di lui, impassibile e imperscrutabile, per poi rivolgere un sorriso compiaciuto a Mai.

“Viole Mai, quale piacere rivedervi.” La Mazoku posò il mento sul dorso della mano. Le lunghe unghie sfiorarono il tavolo dietro cui era seduta. “Comincio a credere che, nonostante tutto, siamo riusciti a sottovalutare voi Maestri della Luce. Riportare indietro Bashin non è un’impresa da poco.”

Clarky vide Mai arretrare impercettibilmente contro lo schienale, gli occhi appena spalancati. La regina sembrava sapere più di quanto avesse fatto credere sul salvataggio di Dan. L’ex-Guerriero Giallo abbozzò un sorriso: Gilfam riusciva sempre a sorprenderli su quanto conoscesse sul mondo che i Mazoku terrestri avevano abbandonato da secoli.

“Shinomiya Mai,” proseguì la Presidentessa Aarel. La Mazoku insieme alla collega si trovava ora dalla parte opposta del tavolo e la distanza da loro, ora che molti dei presenti avevano lasciato la sala per quell’interludio, sembrava enorme. Clarky si stupiva ogni volta, anche dopo tutto quel tempo, di quanto fosse ormai abituato a trovarsi in sale affollate.

“Penso di parlare a nome di tutti nel consiglio nel dirle che è un onore fare la vostra conoscenza. Il vostro contributo nell’evacuazione di Octo di otto anni fa è e sarà sempre fonte di grande ispirazione per l’HUMAA.”

“Sono lusingata,” replicò Mai con voce ferma. Ma Clarky vedeva l’orgoglio brillare nei suoi occhi. “Aiutai i Mazoku perché era la cosa giusta da fare, ma sono davvero felice di aver contribuito alla pace tra umani e Mazoku.”

La Presidentessa Yoon annuì e intrecciò le mani davanti a lei.

“Se possibile, vorremo che ci racconti nel maggior dettaglio possibile come avete riportato tra noi il Guerriero Rosso e quale motivo vi ha spinti a tornare nel futuro.”

Lasciata la sala riunione alle loro spalle, Mai si lasciò guidare da Clarky lungo i corridoi dell’edificio, contenta di poter ascoltare dopo tanto tempo l’amico. Ogni pochi passi, Clarky le indicava qualcosa oltre le vetrate, un edificio già ricostruito e quali fossero i lavori svolti, un monumento in corso di restauro, un giardino i cui alberi erano finalmente riusciti a dare i primi frutti. Ogni volta accompagnandolo da un aneddoto divertente.

La rendeva appagata e orgogliosa, rasserenando finalmente una piccola parte dei suoi pensieri: era meraviglioso vederlo così a suo agio, così inserito. Come aveva notato durante la riunione, Clarky sembrava essere nato per essere lì, per fare quello che faceva. Per nulla scoraggiato dalle tante strutture crollate ancora con le travi rivolte al cielo, monconi di palazzi che non erano ancora stati ricostruiti.

“Sembra non finire mai, vero? C’è sempre qualcos’altro da ricostruire.”

“Che vuoi, gli edifici non sono le uniche ferite da far rimarginare dopo secoli.”

E ovunque passavano, c’era sempre qualcuno che incrociavano. Tutti, umani e Mazoku, salutavano Clarky. Anche quelli impegnati a parlare, si interrompevano per fare un breve cenno verso di lui.

Ogni passo che facevano erodevano la vana illusione a cui una parte di lei si aveva continuato ad aggrapparsi. Clarky non era più solo il Guerriero Giallo. Non sarebbe tornato con loro. Non poteva tornare con loro.

Quella consapevolezza non la abbandonò neppure quando raggiunsero uno dei giardini che Clarky le aveva indicato. E neppure a lui passò inosservato il suo cambio di umore, il suo sorriso un po’ più spento. Non appena si sedettero, le posò una mano sul braccio.

“C’è qualcosa che non va, Mai?”

La Guerriera Viola soffiò con più forza del solito l’aria dalle narici e strinse le dita sul bordo della panchina.

“È stupido, perché lo sapevo già. Ma una piccola parte ha sperato fino all’ultimo che tu saresti tornato.”

Mai spostò lo sguardo sul volto dell’amico e, nei suoi occhi, vide un velo di tristezza, forse un vago senso di colpa, ma anche la conferma.

“Ma va bene. Questa è casa tua. La tua famiglia.”

Clarky si voltò verso il cielo azzurro contro cui si stagliavano i grattacieli di Tokyo. Spostò la mano dal suo braccio e si inclinò in avanti, posando i gomiti sulle ginocchia, il suo sguardo lontano e malinconico.

“Mi mancate. Ogni giorno. Voi, i miei genitori, Andrew. Anche la vecchia Tokyo mi manca.”

Abbozzò una risata e tornò a drizzare la schiena. “Ma è vero, il mio posto è qui. È dove sento di dover essere. Andarmene, non lo so, lo sentirei come una fuga, come un arrendersi per prendere la strada più semplice.”

Mai sorrise e si avvicinò contro lui, posando la testa sulla sua spalla.

“Stai davvero definendo venire a Gran RoRo con noi la strada semplice? Devo cominciare a preoccuparmi. 25 anni e già sei senile? Povera Angers!”

Clarky scoppiò a ridere e la Guerriera Viola si aggiunse subito. E tutto sembrò tornare a come era prima della separazione, due amici che erano sulla stessa onda e che sapevano apprezzare un buon gossip.

“Allora, Capitano Clarky Ray, credo tu mi debba diversi arretrati di notizie.”

“Avresti dovuto avvisarmi che volevi il resoconto completo, così mi preparavo.”

Mai alzò gli occhi al cielo e lo colpì giocosamente con la spalla. “Che ne so, potresti cominciare con il tuo matrimonio. O che stai per diventare padre!”

“Gelosa?”

“No,” replicò la ragazza ghignando. “Estremamente offesa. Dovevo essere la tua damigella e fare il discorso al pranzo! Tu non sai quanti aneddoti avrei potuto tramandare ai posteri grazie a tua madre.”

Sul volto del Guerriero Giallo apparve una smorfia di orrore. “Perché hai parlato della mia infanzia con mia madre?”

Mai sbuffò e si posò contro lo schienale. “Danni collaterali. In realtà stavo accumulando materiale su Andrew. È quasi un anno che sto cercando di fare sposare quei due! Lo sai quante volte ho dovuto modificare il loro video?”

E allargò le dita di entrambe le mani, una volta e una volta, e ancora e ancora, finché Clarky ne ebbe abbastanza e gliele afferrò per impedirle di continuare. Era difficile non scoppiare a ridere di nuovo.

“Kaoru cosa ne pensa del tuo impicciarti nella sua vita sentimentale?”

“Per favore, io e te avevamo capito che erano perfetti l’uno per l’altro mesi prima di loro. E sei riuscito a sposarti prima tu!”

“In difesa dei nostri fratelli, sono passati molti più anni.”

“Nessuna intenzione di farli aspettare tanto.”

I due incrociarono gli sguardi facendosi improvvisamente seri. “Vecchie pettegole.”

E scoppiarono a ridere come matti, quasi piegandosi in due e abbrancandosi l’uno sull’altra per evitare di finire giù dalla panchina. Dal giorno in cui Hideto, tanti anni prima, li aveva apostrofati in quel modo, ne avevano fatto un vanto.

Mai passò le dita sugli occhi per togliere le lacrime. Le aiuole e i fiori tornarono a prendere contorno, non più chiazze colorate sfocate.

“No, sul serio. Se hai qualcosa che vuoi che aggiunga nel discorso per il loro matrimonio, riferisci pure. Sono sicura che Andrew ne sarà felicissimo.”

Clarky le lanciò un’occhiata scettica tentando di frenare l’ennesimo scroscio di risate.

“Lo immagino.”

“Lo sai che faccia farà quando gli racconterò che tu ti sei sposato per primo? Non che non facessi il tifo per voi, ma credevo avreste aspettato ancora un po’. Sposati e con pargolo in arrivo… anche se conoscendovi…”

L’ilarità evaporò dal volto di Clarky, una strana occorrenza che Mai aveva notato più volte da quando era rimasta sola con lui. Tutto ad un tratto, bastava una parola, un riferimento alla situazione della ricostruzione o ai rapporti umani e Mazoku, e sul suo volto appariva un’ombra, qualcosa che non riusciva a spiegarsi e che non rimaneva mai abbastanza per determinarne la causa.

“È semplicemente successo. Giorno dopo giorno siamo scivolati in una routine sempre più familiare finché ci è sembrato naturale fare l’ultimo passo.”

Carpe diem. Non si sa mai quando l’ennesima catastrofe piomberà su di noi, vero?”

Il sorriso di Clarky fu strano, divertito ma allo stesso tempo tirato. “Mmn, una cosa così.”

Un gruppo di umani e Mazoku li superò. Tutti salutarono il Guerriero Giallo e alcuni di loro diedero l’impressione di riconoscere anche Mai. I due li guardarono allontanarsi verso uno degli edifici che circondavano il giardino.

“Comunque è stata Flora ha occupare il tuo posto.”

“Flora ha fatto da damigella d’onore?”

Mai si posò contro lo schienale, piegando il braccio posato su di esso e reclinandovisi sopra la testa.

“Non puoi immaginare. Flora e Angers sono diventate praticamente amiche del cuore. Qualche volta, è inquietante a pensarci.”

E rabbrividì in modo fin troppo accentuato. Mai roteò gli occhi e lo colpì sul braccio con il dorso della mano.

“Flora e Angers?”

Clarky annuì e portò un braccio oltre lo schienale, lo sguardo lontano e un ghigno sulle labbra.

“Loro dicono che è iniziato con un diario. Quello che so è che ad un certo punto Flora ha lanciato contro Zolder un libro centrandolo in piena fronte. Per la settimana successiva, lei alternava tra ripetere che se l’era meritato e sentirsi in colpa per averlo fatto. Lui invece tra inveire contro di lei e mostrarsi colpito dalla sua mira?”

Mai si portò una mano alla bocca, riducendo la nuova risata in uno sbuffo appena attutito. In un certo senso, era rincuorante avere anche da Clarky la conferma che almeno Zolder e Flora fossero rimasti quelli che avevano conosciuto. Non che fosse in grado di determinare se fosse un bene oppure no.

“Ma pensi che abbiano ricordato? Sono otto anni, possibile che non ne abbiano idea?”

“Loro fanno gli gnorri. Credo che solo Angers sappia la verità. Passano interi pomeriggi insieme quando Flora è a Tokyo.”

Mai lo guardò con un sopracciglio alzato. Clarky si abbassò verso di lei, il tono di voce cospiratorio.

“Facciamo tutti finta di crederci, ma in realtà sono anni che vanno avanti scommesse dietro alla loro schiena.”

La Guerriera Viola quasi squittì e saltò su, agitando le mani. “Cieli, pensi stiano assieme?”

Clarky si picchiettò il naso. “Ne sono praticamente convinto, io ho fiuto per certe cose. E certi sguardi che si lanciano ogni tanto non sono sguardi tra amici, fidati”

Lo afferrò sul braccio, trascinandolo ancora di più verso di lei. “Devi dirmi ogni cosa!”

Hideto, se li avesse sentiti, avrebbe alzato gli occhi al cielo e borbottato qualcosa sulla loro passione di impicciarsi dei fatti altrui. Per poi aggiungere la sua scommessa.

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Salve a tutti! Miracolosamente anche questa volta sono in orario. In effetti, da un paio di settimane qui da me imperversa la pioggia. Coincidenze?

Con questo capitolo siamo tornati nel futuro, con Clarky come “quasi” assoluto protagonista. La parte finale del capitolo, con i nostri cari vecchi pettegoli, è stato in assoluto una delle parti che mi è piaciuto scrivere di più. Ridevo come una stupida da sola, quindi spero che sarà lo stesso per voi.

E ci sono nuove carte, nuove in tutti i sensi. Dopo i Charge e i Rush, hanno fatto la loro entrata in scena anche gli Imagine Brave che come spiegato nella storia (molto succintamente) sono dei brave speciali che permettono di fare brave contemporaneamente con due spirit, dando loro un effetto diverso in base al lato (dx o sx) su cui si è fatto Brave.

E ha fatto il suo debutto una delle prime fan card create da me e mio fratello! I Brave Rinati sono una sorta di remake delle Reverse Zodiac Braves ufficiali che però erano legate alla meccanica Ultimate e che avevano fatto la loro comparsa in Battle Spirits Saikyo Ginga Ultimate Zero. I nostri 12 Brave sono quindi ispirati a loro e ai 12 Brave dello Zodiaco. Man mano scopriremo i loro effetti: spero vi piaceranno!

Grazie a tutti quelli che recensiscono e un grazie speciale a ShawnSpenstar che ogni settimana mi lascia puntualmente una meravigliosa recensione!

Niente altro da aggiungere. Per qualunque cosa, dubbio e commento, io sono qui e se volete potete lasciarmi una recensione per dirmi cosa ne pensate.

A presto,

HikariMoon

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5

Hideto si lasciò trascinare lungo il corridoio da Plym, faticando a trattenere una risata. Non si era aspettato un simile entusiasmo, quando aveva accettato senza troppo pensarci la proposta di Yus di mostrargli la sua vecchia moto. Si era sempre chiesto se Yus avesse mai avuto l’occasione di seguire il suo consiglio: quella era un’occasione ideale per scoprirlo.

E Plym si era mostrata più elettrizzata di loro due messi assieme. Angers aveva ridacchiato guardandoli uscire.

Non aveva neppure avuto occasione di parlare, tanto di corsa stavano raggiungendo l’hangar. Ma era bello vedere che nessuno dei due era davvero cambiato, anche se entrambi ormai erano più grandi anche di lui. Ogni volta che ci ripensava, Hideto si ritrovava a trattenere le risate. Ogni volta che li guardava, si ritrovava a sbattere le palpebre perché si era aspettato per l’ennesima volta di rivedere i ragazzini di un tempo.

Anche il futuro era andato avanti, come Gran RoRo e come loro.

Di fronte alla porta dell’hangar, Hideto rabbuiò: chi o cosa ognuno di loro aveva lasciato indietro?

Plym lo trascinò in avanti, cogliendolo quasi alla sprovvista.

“Guarda in che stato si trova!” L’entusiasmo di Plym si era trasformato in un tono battagliero e oltraggiato. “Diglielo tu a Yus che anche tu vorresti che venga sistemata e migliorata! Non ha bisogno di restare alle caratteristiche di otto anni fa!”

Yus borbottò qualcosa e si coprì la faccia con le mani. “Era per questo che correvi tanto?”

Plym gli lasciò finalmente il polso e affiancò la moto, indicando in modo esasperato prima il monitor, secondo lei troppo datato, poi i graffi sulla vernice e le ammaccature sulla copertura.

“Ho cercato di rovinarla il meno possibile e ho permesso a Plym solo di effettuare manutenzione e riparazione di pezzi guasti.” Yus arretrò vicino al tavolo di lavoro, pieno di attrezzi, tavolette digitali e appunti attaccati in ogni angolo. “Non volevo privarla del suo significato.”

La ragazza assottigliò gli occhi e spalancò la bocca per difendere la sua posizione, ma si fermò non appena vide Hideto avvicinarsi.

Il Guerriero Blu affiancò la moto e ne sfiorò la superficie lucida, l’usura del tempo non faceva che aumentarne il suo fascino. Era emozionante ritrovarla. Aveva vissuto tante avventure sulla sua sella. Avventure che lo avevano aiutato a ritrovare e scoprire sé stesso. Senza pensarci, si sedette afferrando il manubrio. Voleva tanto accendere il motore. Chiuse gli occhi e si ritrovò a desiderare la carezza del vento sul viso, il ruvido della sabbia contro la pelle.

“Perché non la porti con te a Gran RoRo?”

Hideto sbatté le palpebre e si voltò verso Yus, posato contro il tavolo a braccia conserte. Plym era seduta accanto a lui, con le gambe che penzolavano dal bancone. Entrambi sorridevano. Il Guerriero Blu deglutì.

“Non so se-”

“Perché no, Suzuri?”

Yus scattò sull’attenti e Plym saltò giù dal bancone. Kazan li raggiunse e gli rivolse un sorriso bonario.

“Il reparto meccanico te ne sarebbe grato. A causa dei loro battibecchi credo che più di qualcuno abbia fatto domanda di trasferimento a un’altra base.”

“Non anche lei, comandante!”

Hideto e Yus si scambiarono uno sguardo complice. Plym era fantastica, ma qualche volta tendeva a esagerare un tantino troppo con quelli che chiamava upgrade.

Alla fine, però, Plym si fece concedere la possibilità di fare una revisione completa. Secondo lei, non poteva mandarlo a Gran RoRo senza un meccanico di cui si fidasse e con un mezzo difettoso. Hideto aveva acconsentito distrattamente: dopotutto, la cosa più importante era che la sua moto sarebbe tornata con lui.

Plym e Yus si sistemarono al bancone, dove lei aprì schemi e progetti e cominciò a elencare i punti in cui avrebbe potuto apportare le sistemazioni. Yus serviva soprattutto a tenerla a freno.

“Questo è per voi, comandante: l’elenco delle carte.”

Hideto passò a Kazan il tablet che gli aveva prestato Angers. “Spero che diate l’ok, anche perché altrimenti dovrete trovare qualcuno che spulci tra le pile per trovare le carte da togliere.”

L’uomo alzò un sopracciglio e iniziò a sfogliare l’inventario. Dopo un attimo, allontanò il dito dallo schermo e tornò a guardare il Guerriero Blu.

“Per caso è stata compilata la lista delle carte che non hai scelto?”

Hideto ghignò.

“Mi conoscete troppo bene, Comandante Kazan! È il secondo file, ma per quello dovete ringraziare Angers: l’idea è stata sua.” E tornò a concentrarsi sulla moto.

Kazan riprese a sfogliare la ben più corta lista delle carte scartate e, prima di rendersene conto, si ritrovò a chiedersi quale fosse il ragionamento dietro all’esclusione di un paio di dozzine di carte. Antipatia? Caso? Poi trasalì e ricontò il numero di carte escluse. Su tutto l’archivio, il Guerriero Blu aveva scartato 47 carte.

Sarebbe stato interessante spiegarlo al consiglio.

“Lo sa, pensandoci lei e Yuuki vi assomigliate molto.”

Kazan si fermò con il dito a mezz’aria, alzando bruscamente lo sguardo sul volto sorridente di Hideto.

“Non vorrei sbagliarmi,” riprese accavallando una gamba e protendendosi in avanti, “ma immagino che il Gossip Duo si sia riformato. Cavolo, è meglio di vecchie pettegole. Questo me lo devo ricordare.”

Il comandante lo fissò stralunato, realizzando solo dopo imbarazzanti lunghi secondi che si stesse riferendo a Shinomiya Mai e al Capitano Clarky Ray.

“Cosa stavo dicendo? Ah, sì. Barone immagino avrà voluto rivedere Dan di persona. E arriviamo a lei. Scommetto tutte le carte della lista,” e puntò un dito verso il tablet, “che avreste voluto chiedere a Mai un sacco di cose su Yuuki. O anche rivedere di persona Dan.”

Kazan incrociò le braccia dietro alla schiena. “Non capisco a cosa tu voglia arrivare.”

“Che lei è qui per controllare le carte, magari è anche passato a vedere che Kenzo e la dottoressa Stella non si stiano sbranando. Ha scelto il dovere, come Yuuki. Anche lui sarebbe potuto venire, ma ha scelto di andare sulla Terra a cercare un possibile Maestro della Luce e dare a noi la possibilità di rivedere tutti voi.”

Non era facile poter replicare a una così accurata descrizione della realtà.

Qualche volta si dimenticava di quanto percettivo fosse diventato il Guerriero Blu. Abilità che non sembrava essere stata scalfita dagli anni lontano dal ruolo di Maestro della Luce.

“Faccio solo il mio dovere.”

Era quello che aveva sempre fatto, era diventata la sua seconda natura.

Quando la Terra stava morendo, aveva sacrificato senza battere ciglio i pochi tenui legami di quell’epoca inquinata e aveva attraversato il varco per Gran RoRo senza voltarsi indietro.

Quando era arrivato il momento di tornare in un futuro ignoto, non aveva esitato. Era stata la sua missione fin dall’inizio, non aveva tempo per fermarsi troppo a pensare.

Quando la nuova Terra aveva avuto bisogno di un leader contro i Mazoku, qualcuno che prendesse le redini al posto del Comandante Grave, non si era tirato indietro.

Quando erano arrivati i Maestri della Luce, spezzati, confusi, così giovani, aveva messo da parte tutto quello che non sarebbe servito ad aiutare la sopravvivenza dell’umanità. La morte di Lord Yuuki era nel passato, o almeno così poteva illudersi.

Anche dopo, quando Clarky e Barone avevano preso le redini e lui si era fatto da parte, aveva continuato a fare quello che era il suo dovere.

“Ho un sacco di foto. E anche un sacco di aneddoti. Siamo diventati grandi amici, io e Yuuki. Anche solo per sopravvivere ai lunghi pomeriggi in cui Mai e Kenzo s’inoltravano nel loro mondo di super cervelloni.”

Kazan abbozzò un sorriso e, alla fine, si concesse di rilassarsi. “Mi farebbe molto piacere.”

Hideto si limitò a un piccolo ghigno di vittoria e pescò il proprio cellulare, un modello talmente datato per gli standard di quell’epoca che fece quasi aggrottare la fronte a Kazan.

La prima foto che gli mostrò doveva anche essere una delle ultime. Lord Yuuki era di fianco e stava parlando con Magisa. Non sembrava essersi accorto dello scatoo.

“Non gli abbiamo mai detto di Flora e Zolder. Lui fa sempre l’indifferente, ma sono sicuro che sono tre anni che si arrovella su che cosa possa esserci di così terribile da doverglielo nascondere. Immagino fosse il secondo motivo per cui sarebbe venuto, oltre a rivedere lei.”

Stella aveva dimenticato la foga, l’entusiasmo e la curiosità che Kenzo era in grado di dimostrare. Le aveva sempre fatto ricordare un’altra bambina, che guardava nel televisore gli attacchi dei Mazoku e apriva i libri determinata a fare la differenza.

Forse era anche per quello che lo aveva preso sotto la sua ala.

Forse era anche per quello che si divertiva a prenderlo in giro.

Ed era per quello che avrebbe ammesso solo a sé stessa d’aver sentito la sua mancanza.

“Impressionante, vero?”

Accentuò l’orgoglio nella sua voce, un po’ perché non riusciva a evitarlo, un po’ perché si divertiva a punzecchiarlo. Kenzo, però, non distolse neppure lo sguardo dallo schermo, continuando a spostarsi da una relazione all’altra.

“Davvero.”

La donna si sporse sopra la sua spalla e sbirciò l’articolo su cui si era fermato. Riguardava gli ulteriori sviluppi sulla differente evoluzione di umani e Mazoku, che lei e Kenzo avevano iniziato otto anni prima. Era pronta a scommettere che non avrebbe dato solo un’occhiata veloce.

“Se vuoi, puoi scaricare e portarti via le pubblicazioni che preferisci. Il Comandante Kazan ha confermato il permesso del consiglio.”

Kenzo interruppe la lettura e si voltò di scatto verso di lei, con tanto di sedia che ruotò con lui.

“Posso davvero?”

Qualche volta, guardare Kenzo le dava impressione di guardarsi allo specchio.

“Scorri l’elenco e prendi quello che vuoi.”

Ovviamente, la lista comprendeva solo le pubblicazioni e gli studi che era autorizzata a mostrargli. Non che quello fosse un dettaglio di cui lui avesse bisogno di venire a conoscenza.

Kenzo non se lo fece ripetere due volte. Stella si allontanò verso la seconda scrivania, mettendosi a sistemare le pile di fogli.

“Cerca solo di non sfruttarli per avere un vantaggio sui colleghi della tua epoca. Rischieresti di cambiare troppo il futuro!”

L’unica risposta fu un mezzo mugugno. La donna ghignò e scosse la testa, mettendosi a contare nella sua testa. Si sentiva stupida a sentirsi così nervosa ed eccitata per una cosa talmente insignificante.

“Non sono così falso. Li userei al massimo come ispiraz-”

La voce di Kenzo si spense. Era arrivata a cinque. Stella inspirò, posò il plico di fogli che aveva in mano e tornò a guardarlo. Il Guerriero Verde era immobile a fissare lo schermo del computer, con gli occhi sgranati e il dito a mezz’aria a puntare a qualcosa sullo schermo. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte. Poi, deglutì e incrociò il suo sguardo. Aveva gli occhi lucidi.

“Qui.”

Stella incrociò le braccia e scrollò le spalle. “Non dovresti sorprenderti. Molte delle prime pubblicazioni sono basate su tutti i nostri studi. Non credo che nella tua epoca fosse tanto diverso.”

Kenzo spostò nuovamente lo sguardo sullo schermo, abbassando lentamente la mano.

“Qui c’è il mio nome.”

E saltò giù dalla sedia più velocemente di quanto lei avrebbe impiegato a pensare una nuova frecciatina. Le corse incontro e quasi si schiantò contro di lei, facendole perdere il respiro. Stella allargò le braccia, un po’ per sorpresa un per non cadere, e sgranò gli occhi.

Il laboratorio divenne improvvisamente troppo silenzioso, troppo piccolo.

Stella cercò attorno a sé un aiuto, poi si ricordò che erano rimasti da soli. Non era quello che si era aspettata. Kenzo non avrebbe dovuto reagire in quel mondo nel vedere Hyoudo K. inserito tra gli autori di una dozzina di pubblicazioni. Dopotutto, doveva averlo immaginato. Avevano portato avanti insieme quegli studi. Avevano buttato giù le bozze, ne avevano anche cominciato a scrivere un paio nel mese antecedente la loro partenza.

Non poteva non saperlo.

La dottoressa inspirò e abbassò lo sguardo sul ragazzo che ora la stava abbracciando, con la testa schiacciata contro la sua spalla. Senza mostrare alcuna intenzione di volerla lasciare.

Dov’era il Capitano Clarky quando serviva? O Angers. O chiunque.

Non aveva la più pallida idea di come gestire un adolescente. La loro rivalità-amicizia aveva funzionato perché Kenzo si era sempre comportato come uno suo collega. Si era sempre chiesta come diamine avesse fatto a consolarlo quel lontano pomeriggio, pochi giorni dopo la scomparsa di Dan.

Grazie.”

Gli ingranaggi nella sua testa si arrestarono così bruscamente che si sorprese non si fosse sentito il rumore fuori dal suo cranio. Ma qualcosa cliccò e, finalmente, realizzò la causa di quella reazione. Ricordava ancora i vaghi accenni, i mozziconi di discorsi con cui Kenzo e gli altri avevano raccontato quanto successo loro dopo Gran RoRo e prima del futuro.

Nessuno dei loro sforzi era mai stato apprezzato.

Stella abbozzò un sorriso e, lentamente, ricambiò l’abbraccio stringendolo a sé, come otto anni prima. Il silenzio nel laboratorio non sembrava più così pesante, nonostante tutto quello che aveva dovuto ommettergli. E il tenue ronzio dei computer riusciva quasi a cullarla.

“Ora non montarti la testa, però, Renzò.”

Kenzo sbuffò contro la sua spalla e rise sommessamente. “Mi chiamo Kenzo.”

Quando la porta si aprì, Barone trovò una stanza molto meno affollata di quanto si fosse aspettato. Di tutti quelli che si erano avviati lì prima della riunione, erano rimasti soltanto Angers e Dan. Lei era seduta sul divano ed era concentrata sullo schermo del suo portatile, lui invece davanti una delle due postazioni che sfogliava l’archivio di carte.

La postazione accanto alla sua, quella su cui ci sarebbe dovuto essere seduto Hideto, era vuota e l’unica traccia del ragazzo erano pile e pile di carte che riempivano l’intero tavolo.

Barone tornò a voltarsi verso Angers e incrociò il suo sguardo.

“Barone.”

Il Mazoku si avvicinò alla donna, lanciando un’occhiata alla schiena di Dan. “Dove sono gli altri? Hideto non doveva selezionare le carte?”

La donna ridacchiò. “Oh, ma l’ha già fatto.”

Barone ruotò verso la postazione di comando. Le pile erano così tante che sembrava un miracolo che fossero ancora tutte in piedi.

“Credo che abbia scelto almeno la metà del nostro archivio,” Angers abbassò lo schermo del computer. Il Mazoku spostò lo sguardo su di lei. “Forse più.”

“Non abbiamo così tante carte blu.”

Angers si lasciò scivolare contro lo schienale del divano, una mano appoggiata sul pancione, e un leggero soffio di sollievo le uscì dalle labbra.

“Non solo blu. Lo sai no, che Hideto si è preso l’incarico di prendere carte per Mai? Quindi blu, viola e rosso. Entrambi usano anche il rosso ora.”

“Se sei stanca, posso mandare qualcun altro a sostituirti.”

La donna alzò gli occhi al cielo. “Barone, non cominciare anche tu,” scoppiò a ridere, “passi troppo tempo con mio marito.”

Barone incrociò le braccia. Angers scosse la testa e tornò dritta, le mani intrecciate in grembo.

“Stavo dicendo, poco dopo essere arrivati qui, Kenzo ha chiesto alla dottoressa Stella di poter vedere alcune delle nostre ricerche e così Hideto si è offerto di prendere le carte anche per lui. Quindi verde. E doveva prendere carte anche per persone che non sono venute? Credo abbia razziato il catalogo di tutti e sei i colori.”

Barone alzò un sopracciglio. “Fortunatamente, siamo in grado di realizzare più copie. Se quello che dici è vero, avremmo rischiato di ritrovarci senza più carte. Dov’è adesso? Pensa ci siano carte nascoste da qualche altra parte?”

Angers rise, nascondendo la bocca dietro una mano. “No, per fortuna no. È andato con Plym e Yus nell’hangar. Voleva vedere la sua vecchia moto e così hanno pensato di mostrargli gli upgrade alle nostre astronavi. Penso che Plym voglia convincerlo a ritoccare anche la moto.”

Il Mazoku annuì.

“Tutto secondo i piani?” proseguì con tono molto più sommesso.

“Affermativo, non sospettano nulla.”

Barone annuì una seconda volta e si avvicinò a Dan. Alle sue spalle sentì il rumore del portatile che veniva riaperto. Si fermò a un passo dal ragazzo, completamente concentrato sulla sequenza di carte rosse sul suo schermo.

“Bashin.”

Dan allontanò la mano dallo schermo, le file di carte si fermarono, e si voltò verso di lui sorridendo.

“Scusa, ti avevo sentito entrare ma pensavo fossi venuto per parlare con lei. Barone, giusto?”

“Posso parlarti un momento?”

Il Guerriero Rosso balzò su dalla sedia. “Certo, tanto avevo praticamente finito.”

Come a sottolineare le sue parole, accanto al computer apparve il nuovo deck appena stampato.

Il Mazoku si avviò verso la porta a vetri che dava sulla terrazza, Dan lo seguì afferrando il deck e infilandolo in tasca. Angers rimase in silenzio a guardarli uscire e, non appena la porta si chiuse alle loro spalle, afferrò la propria ricetrasmittente.

I due si fermarono vicino al parapetto, Dan con le mani in tasca e Barone a braccia conserte. Entrambi fissarono per lunghi minuti la città in continua evoluzione. Cantieri, rovine e palazzi rinati a nuova vita.

Il Mazoku spostò lo sguardo sull’umano e contrasse la mascella, stringendo più forte le dita attorno alle sue braccia. Dan non ricordava nulla. Il rivale che quasi otto anni prima non sapeva di star aspettando, il rivale che l’aveva spinto ad andare oltre le sue certezze, il rivale che sfidandolo gli aveva mostrato quanto umani e Mazoku potevano fare assieme, il rivale che era diventato suo amico, non ricordava nulla.

Era come quella notte in cui aveva scoperto che non c’erano vere differenze tra i loro due popoli, quel senso di impotenza, di ritrovarsi in una situazione completamente fuori dal suo controllo. Neppure il preoccupante fermento nel mondo o l’inspiegabile attività del Nucleo erano riusciti a farlo sentire così in balia degli eventi. Almeno lì potevano agire, stavano agendo.

“Cosa ricordi del duello con cui è stata attivata la Rampa di Lancio?”

Dan distolse lo sguardo dalla città. “Non molto. Quasi nulla a dire il vero. So solo che c’è stato, che ho duellato e che alla fine ho attivato la Rampa.”

“Ricordi il tuo sfidante?”

Il Guerriero Rosso abbassò impercettibilmente lo sguardo, il volto rabbuiato. “No.”

“Ero io.”

Dan trasalì e alzò lo sguardo sui di lui, scrutandolo quasi nella speranza che il suo volto potesse contenere quell’indizio che avrebbe riacceso i suoi ricordi. Barone avrebbe voluto che succedesse, ma già sapeva che né Gran RoRo né i suoi amici erano stati sufficienti a farli riaffiorare.

“Voglio una rivincita.”

“Adesso?”

Barone portò una mano al fianco. “Non vedo perché aspettare. Magari venir sconfitto dai miei Spirits aiuterà la tua mente a ricordare.”

Il Guerriero Rosso gli lanciò uno sguardo determinato, come il sorriso sicuro che aveva sulle labbra. “Non credo ti sarà così facile. L’ultima volta ho vinto, no?”

Per un istante, Barone poté illudersi che niente fosse cambiato. Ma tante cose non erano più come prima e Dan non era più colui che aveva conosciuto. Non del tutto.

Barone ruotò su sé stesso, i suoi capelli vennero mossi dal vento. Ghignò, sentendo nonostante tutto l’adrenalina della sfida nelle sue vene.

“Solo perché non ricordi le due volte in cui ti ho sconfitto.”

“Credevo andassimo nella stanza in cui siamo arrivati. Non è lì il simulatore?”

Barone gettò uno sguardo dietro alle sue spalle, tornando subito a voltarsi in avanti e proseguire lungo il corridoio.

“In genere lo usiamo per gli allenamenti, per la sua praticità.”

Dan accelerò il passo e lo affiancò. “Dove stiamo andando?”

I due si fermarono davanti a una porta e Barone posò la mano contro un pannello. Il display si illuminò scannerizzando l’impronta del Mazoku. Un flash verde fece scomparire la porta nel muro e davanti a loro si aprì un hangar. Le luce si attivarono sulle pareti laterali, riflettendosi sulle pareti lucide e i vetri di due colibrì. L’oro, il rosso e il blu contrastavano contro il grigio del metallo.

I due si avvicinarono, i passi che risuonavano nel silenzio della stanza, fermandosi sulla piattaforma che separava le due navicelle, disposte diagonalmente rispetto ad essa. Davanti a esse si prolungavano i binari di lancio, separati dal mondo esterno da una paratoia.

Dan si avvicinò a una delle due e vi posò la mano, muovendola a seguire tutto il suo profilo. Si fermò una volta contro il vetro, le luci che vi facevano riflettere il suo volto, rendendo appena visibili i comandi e il sedile interno.

Barone lo fissò immobile. Poi, distolse lo sguardo e raggiunse una piccola plancia con alcuni pulsanti.

“Ti consiglio di fare un passo indietro.”

Premette il pulsante e le due colibrì vibrarono: i due parabrezza si sollevarono permettendo l’accesso all’interno.

“Dopo il nostro duello, abbiamo sviluppato un sistema di colibrì che non necessitasse delle astronavi. Non lo usiamo spesso, ma ritengo che l’occasione lo richieda.”

Il Mazoku premette altri pulsanti sulla console, facendo scorrere sul display le sagome di diverse uniformi da battaglia. Selezionò l’uniforme desiderata e tornò a voltarsi verso Dan, che non stava più guardando le colibrì ma stava fissando lui.

“Mi sono permesso la libertà di selezionare l’uniforme che hai usato in passato.”

Il Guerriero Rosso trasalì e aggrottò la fronte, lanciando una veloce occhiata alle colibrì. Fissate sui due sedili, c’erano due uniformi piuttosto anonime, niente di più di una struttura grigia che copriva spalle e braccia ricoperta da una sequela di sensori.

“Non è cambiato nulla.”

Barone abbassò lo sguardo e scosse la testa, soffocando una risata. “Vedrai sul campo di battaglia. La dottoressa Stella trovava alquanto seccante soddisfare materialmente i gusti di tutti.”

E si diresse verso la colibrì sulla sinistra. Entrò, lasciò che l’uniforme si agganciasse attorno al suo busto, e si voltò verso Dan, ancora in piedi sulla piattaforma.

“La formula di attivazione è la solita. Ci vediamo sul campo di battaglia, Bashin.”

Il parabrezza si abbassò e si ricompose sopra a Barone. Il portellone alla fine dei binari si aprì, lasciando filtrare la luce esterna. Lungo le pareti del tunnel si attivarono una serie di luci rosse. Dietro alla colibrì scosse di energia brillarono sempre più intense finché la navicella non venne spinta a enorme velocità dentro il tunnel.

Dan rimase solo e si voltò verso il display.

Campo di battaglia completato.

Distanza: 900.

Colibrì 1 agganciata.

Non riuscì a evitare che il suo sguardo tornasse sulla colibrì. Era stranamente famigliare, quasi il debole ricordo di un sogno, una sensazione che non aveva forma o immagine. Si avvicinò lentamente e si fermò quando la punta dei suoi piedi sfiorarono la fine della piattaforma.

Voleva entrare, sedersi, iniziare a combattere. Come la prima volta che aveva pronunciato Gran RoRo, si sentiva inesorabilmente attratto da quell’adrenalina che scorreva dentro di lui al pensiero di duellare, di vedere gli spirits al suo fianco.

Sorrise.

Arretrò di qualche passo e poi prese la rincorsa, usando il bordo inferiore del parabrezza come perno per infilarsi sul sedile. L’uniforme si chiuse contro il suo petto, i vetri della colibrì isolarono dal cabina dal mondo esterno.

Dan allungò le mani sui comandi, assaporando la ruvidità contro le sue dita. Si sentiva a casa.

Il tunnel si aprì, le luci si attivarono sulle pareti.

“Varco Apriti, Energia!”

Clarky sentì la vibrazione della ricetrasmittente nella tasca e faticò a nascondere l’improvvisa tensione. Abbozzò un sorriso tirato a Mai che lo guardò perplessa, e portò l’auricolare in posizione.

“Ray.”

“Clarky, c’è stato uno sviluppo. Ho già avvisato il comandante Kazan. Barone e Dan si sono allontanati insieme verso la piattaforma delle colibrì.”

L’ansia scivolò via dal suo corpo, rilassò le spalle e si posò contro la panchina.

“Avrei dovuto aspettarmelo.”

Angers rise dall’altra parte della comunicazione.

“Io sono nella sala riunione al piano terra. Dovreste riuscire a raggiungermi prima che inizino il duello.”

“Arriviamo.”

Clarky si voltò verso Mai. “Dan e Barone stanno per duellare.”

La Guerriera Viola si irrigidì, pallida e con gli occhi sgranati. Clarky realizzò solo in quel momento cosa doveva portarle alla memoria quella situazione e si sporse in avanti, afferrandole e stringendole le mani.

“Mai, va tutto bene. Non succederà nulla. Non ci sono Rampe di Lancio o riconfigurazioni da fermare. Il sistema di colibrì è stato completamente rivisto da Plym e dai migliori ingegneri umani e Mazoku. Hanno aggiunto così tanti sistemi di sicurezza che neppure ti immagini. Andrà tutto bene.”

Lei annuì lentamente e Clarky la tirò a sé, stringendola tra le braccia. Lei affondò il viso contro la sua spalla, aggrappando con forza le dita sulla stoffa della sua giacca.

“Andrà tutto bene.”

Mai smise di tremare piano piano, la stretta delle sue dita che si faceva meno convulsa. Alla fine, fu lei a staccarsi da lui per prima, gli occhi lucidi e un sorriso incerto.

“Grazie. Lo so che è sciocco. È tutto diverso dall’ultima volta.”

Clarky le strinse la mano. “No, è comprensibile. Andiamo?”

Mai annuì e i due si alzarono, dirigendosi a passo spedito verso l’edificio che avevano lasciato un paio d’ore prima.

Kazan aveva diversi rapporti da controllare nel suo ufficio, ma si concesse ancora qualche minuto nell’hangar. Il Guerriero Blu non si era lesinato nei suoi racconti. E a ogni foto era collegato un aneddoto. Gli aveva sciorinato a memoria anche il mazzo.

Ma, la cosa più importante per Kazan, era stata constatare che Lord Yuuki avesse finalmente potuto vivere una vita normale, con degli amici, con persone che gli volevano bene. Era felice che finalmente le ombre avessero lasciato lo sguardo del Guerriero Bianco.

Plym aveva cominciato ad apportare le migliorie alla moto, quelle assolutamente necessarie prima che Hideto la portasse via. Yus, anche mentre lei lavorava, continuava a ripeterle che non c’era né il tempo né il bisogno.

“Ma mi stai ascoltando?”

“Sì, sì. Mi passi la chiave otto?”

Yus alzò gli occhi al cielo, ma le passo l’attrezzo richiesto comunque. Il Guerriero Blu, invece, li guardava divertito e imperturbato da sopra al tavolo.

Era facile potersi illudere che tutto fosse sempre così semplice, così tranquillo. I pochi anni dopo la Rampa di lancio erano stati solo una dolce e toppo breve tregua.

Ma Kazan non si sarebbe arreso, non lo aveva fatto dal giorno in cui era andato a Gran RoRo in cerca di un futuro migliore, non quando un futuro diverso ma sempre in pericolo lo aveva accolto al suo ritorno. E non poteva farlo ora, non quando la possibilità che anche il peggio potesse migliorare non sembrava più una sciocca speranza. Lord Yuuki era vivo e Bashin Dan era stato riportato a Gran RoRo.

Doveva sperare che anche per loro le cose si sarebbe concluse per il meglio.

La ricetrasmittente emise il debole bip di una comunicazione in attesa. Non lasciando trapelare nulla dal suo volto, Kazan si allontanò di alcuni passi.

“Qui il comandante Kazan.”

“Comandante, mi è stato riferito di comunicarle che il sistema delle colibrì è stato attivato da Barone Chiaro di Luna e Bashin Dan.”

“Ricevuto.”

Era una notizia inattesa, ma che non riusciva a sorprenderlo del tutto. Poche cose ormai erano in grado di farlo, e una di quelle stava per far rivivere il duello che aveva segnato quell’epoca.

“E invece sì!”

“Invece no!”

“Sì!”

“No!”

Tornò ad affiancare Hideto, che si voltò verso di lui ridendo. “Comandante, vuole fare una scommessa su chi dei due l’avrà vinta?”

L’uomo sospirò e chiuse gli occhi. Cominciava a essere troppo vecchio per tutto l’entusiasmo di quei ragazzi.

“Preferire di no. È appena arrivata una comunicazione.”

Il tono severo e di comando zittì di botto i due, con Yus che si fermò all’ultimo dallo scattare sull’attenti.

“Barone e Bashin stanno per duellare.”

Cosa?

Plym scattò come una molla, schivando moto e cassette di attrezzi, per fiondarsi al tavolo in fondo alla stanza dove erano posizionati i computer utilizzati per i check-up.

Yus la seguì con gli occhi, alterando lo sguardo tra lei e Kazan, per poi fiondarsi dietro di lei.

Kazan e Hideto li seguirono con più calma. Il Guerriero Blu aveva infilato le mani nelle tasche dei pantaloni e aveva negli occhi uno sguardo malinconico, lontano.

“Sarà strano, vero?”

Kazan non poteva dargli torto. Poche cose del resto non lo erano state nella sua vita.

Lasciare Kenzo scegliere quali pubblicazioni copiare su una chiavetta usb aveva avuto lo stesso effetto del lasciar scegliere le carte al Guerriero Blu. Si faceva prima a fare l’elenco di quanto non era stato scelto.

E, nel caso del Guerriero Verde, ben poco.

Quando i dati avevano finito di essere trasferiti, insieme ad alcune bozze di suoi personali studi aggiuntivi, Kenzo aveva afferrato la chiavetta come se fosse la cosa più preziosa che avesse mai avuto.

Stella lo aveva anche preso in giro, ma senza ottenere alcun effetto.

Poi era arrivata la comunicazione di Kazan.

“Dottoressa Stella, Barone e Bashin stanno per duellare.”

“Ricevuto.”

Kenzo interruppe la lettura degli articoli. “È successo qualcosa?”

La donna chiuse la ricetrasmittente e allungò la mano per afferrare la seconda sedia del suo ufficio.

“Dipende dai punti di vista.”

Si sedette, subito imitata da Kenzo che le lasciò spazio davanti al computer. Le ci volle un attimo per connettersi al server. Il grafico scomparve e al suo posto apparvero le immagini del terreno di gioco. La prima colibrì stava completando l’ancoraggio. Il Guerriero Verde inspirò rumorosamente e si spinse avanti, protendendosi sulla scrivania.

“Quello è Barone! Con chi-” incrociò il suo sguardo. “Dan, non è vero?”

Stella annuì. Entrambi tornarono a fissare lo schermo.

Non c’erano rampe da attivare, nuclei da distruggere o mondi da salvare, ma rivederli di nuovo insieme sullo stesso terreno di gioco fece salire un groppo in gola alla dottoressa. E per Kenzo non doveva essere più semplice. Allungò una mano e gliela posò sulla spalla, stringendola delicatamente.

“Questa volta è solo un duello.”

Ma era ovvio che, nessuno di loro, avrebbe ripreso a respirare normalmente fino alla fine del duello.

“Comandante Zolder, un messaggio urgente dalla base di Tokyo.”

Zolder sbuffò e posò il mento contro il pugno. “Cosa è successo adesso?”

Flora lo colpì sulla spalla con il dorso della mano. “Modi.”

L’uomo sobbalzò teatralmente, portandosi la mano sul punto colpito. “Ehi! Che ho detto di male questa volta? Arrivano loro dal passato ed è una comunicazione urgente dopo comunicazione urgente.”

La Mazoku roteò gli occhi. Poi saltò sul braccio, piegando le gambe sotto di lei. “Qual è il messaggio?”

“La richiesta di invio di dati video. Barone Chiaro di Luna e Dan Bashin stanno per iniziare un duello.”

Zolder colpì con un pugno l’altra mano, un ghigno soddisfatto in volto. “Ora, questo sì che è interessante. Autorizzazione concessa. Cosa state aspettando?”

“Non ho mai sperato di poter rivedere un loro duello,” aggiunse Flora con espressione feroce.

Lo schermo venne proiettato davanti a loro, proprio nell’istante in cui la seconda colibrì si agganciò sulla piattaforma.

“Ti va di rendere la sfida più emozionante?”

La Mazoku si voltò verso di lui. “Io Barone e tu Dan.”

I loro sguardi si incrociarono. “Ci sto.”

Una volta conclusa la riunione, nonostante l’inaspettata piega che aveva assunto, e congedato Zack, la Regina Gilfam si era ritirata nelle sue stanze.

Distese sul divano, la Mazoku fissava intrigata la propria libreria personale. Tra i libri salvati da Octo, ce n’erano alcuni che conservava gelosamente. Libri che provenivano dal Mondo Perduto, da Gran RoRo.

Aveva letto lì del Mondo tra i Mondi, della realtà che si ipotizzava collegasse i sei regni di Gran RoRo, la realtà plasmata dall’energia del Nucleo Progenitore. L’unico luogo da cui lo spirito di Bashin Dan avrebbe potuto essere recuperato.

Le sue labbra si piegarono in un sorriso sottile.

“Ti ho sottovalutato un’altra volta, Magisa.”

La porta della stanza si spalancò in quel momento. En e Fant corsero dentro chiacchierando, solo un paio di passi più avanti di Gaspard. I due piccoli la salutarono con un enorme sorriso e, al suo cenno del capo, corsero via verso le proprie stanze. Il Mazoku, invece, si inchinò e rimase immobile al centro della stanza.

Gilfam si mise a sedere, sfiorando la stoffa del divano con una delle sue lunghe unghie.

“So già cosa vuoi chiedermi.”

“I Maestri della Luce hanno fatto ritorno.”

La Mazoku alzò le spalle e afferrò la tazza di tè dal tavolino. “Ho chiesto di tenere la cosa tranquilla per il momento, ma immagino che le voci corrano comunque.” Ghignò tornando a guardarlo. “Sì. I Maestri della Luce sono a Tokyo e hanno portato con loro Bashin Dan.”

A suo credito, l’unica reazione di Gaspard fu semplicemente quella di deglutire e lanciare una veloce occhiata alla porta da cui En e Fant erano usciti.

“Non intendo rivelarglielo, almeno per il momento. Bashin Dan non ha memoria di quanto avvenuto otto anni fa. Immagino neppure di quanto avvenuto a Gran RoRo e nel loro tempo.”

“Com’è possibile?”

Gilfam riposò la tazzina. L’unghia stridette contro la porcellana. “Effetti collaterali, immagino.”

Sarebbe stata curiosa di sapere se Magisa avesse fatto loro davvero comprendere tutte le possibili ramificazioni. Era un peccato non poter osservare più da vicino, e più a lungo, la seconda persona a venir riportata indietro dal Nucleo.

Il comunicatore accanto alla teiera si attivò, proiettando il busto di Zack.

“Chiedo perdono, Regina Gilfam. Ci è appena arrivata una comunicazione urgente da Tokyo. Da quanto risulta, Barone Chiaro di Luna e Bashin Dan sono in procinto di iniziare un duello.”

Gilfam si alzò. “Inviate il collegamento video nelle mie stanze.”

“Sarà fatto.”

L’immagine di Zack scomparve. La Mazoku incrociò lo sguardo di Gaspard.

“Assicurati che En e Fant siano occupati per il tempo necessario.”

Il Mazoku si inchinò una seconda volta. “Come desiderate, Vostra Maestà.”

La giornata si stava rivelando più interessante di quanto avesse previsto.

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Salve a tutti! Due settimane non è molto come ritardo, no? Grazie per la vostra pazienza!

L’ennesimo capitolo in cui l’azione esterna è poca, ma quella interna no. Che volete, voglio farvi provare un po’ di feelings! Decisamente un cambio di registro dai precedenti episodi. Ma ogni tanto dobbiamo farli pur respirare i nostri eroi. Come avrete intuito, con il prossimo capitolo inizierà la parte più “accesa” di questo episodio: il duello tra Dan e Barone. Immagino che pochi di voi saranno sorpresi di questo.

Si è rivista (seppur brevemente) anche un sacco di vecchia gente. Qualcuno apparirà anche nei prossimi capitoli, ma non potevo metterli tutti qui o questo capitolo non finiva più (fino ad adesso, è il secondo più lungo di questo episodio).

Come ogni volta, grazie a tutti quelli che leggono (pochi ma buoni) e il solito grazie speciale a ShawnSpenstar (per le sue sempre lunghissime recensioni)!

Niente altro da aggiungere. Per qualunque cosa, dubbio e commento, io sono qui e se volete potete lasciarmi una recensione (corta o lunga che sia, per me non ha importanza) per dirmi cosa ne pensate.

A presto,

HikariMoon

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6

TURNO 1

Quando la colibrì completò le manovre di aggancio, il silenzio tornò a regnare sovrano sul campo di battaglia. Barone alzò lo sguardo verso le nubi rossastre create dalla simulazione. E attese.

Aveva passato la vita a duellare. Anche in quegli ultimi otto anni, anche se con un significato diverso, aveva tenuto le carte in mano così tante volte che aveva perso il conto. Non ricordava neppure più che cosa significasse il nervosismo prima di un duello.

Eppure, una parte di lui sentiva che quel duello era diverso.

Il pensiero dell’imminente battaglia riaccendeva in lui la stessa passione viva, bruciante che lo aveva guidato tanti anni prima. E, dentro di lui, qualcosa aveva atteso quel momento da quel giorno lontano.

Nel cielo si stagliò sempre più vicino il profilo della seconda colibrì.

Dan non aveva esitato.

Barone sorrise, senza neppure provare a placare l’esilarante adrenalina che scorreva dentro di lui.

La colibrì si agganciò, l’uniforme si materializzò sopra al busto di Dan. Il duello poteva avere finalmente inizio. Barone non aspettava altro. E afferrò le prime quattro carte.

“Fase Iniziale e Fase di Acquisizione.”

Per un solo attimo, lasciò lo sguardo soffermarsi su una carta, non lasciando trapelare la soddisfazione di ritrovarsi proprio quella già al primo turno.

“Fase Principale. Evoco Zaneegun al livello 2.”

Il simbolo di diamante apparve sopra al terreno, infrangendosi per lasciare spazio al piccolo androide a forma di aragosta dalla lucida corazza rossa e bianca.

“Termino il mio turno.”

TURNO 2

Dan non riusciva a distogliere lo sguardo dal campo da gioco che si stendeva enorme davanti ai suoi occhi. Quando la colibrì si era agganciata e l’uniforme dorata si era materializzata attorno al suo busto, il respiro gli si era mozzato in gola. Come quando aveva visto contro il cielo azzurro la sfera luminosa circondata dai sei anelli, come quando la colibrì l’aveva attraversata e il campo di battaglia era apparso davanti ai suoi occhi.

Allungò la mano e sfiorò lentamente il bordo del suo terreno di gioco.

“Fase Iniziale.”

La postazione si illuminò. E Dan sorrise.

C’era ancora tanto, troppo, che non ricordava. Ma quella sensazione era uguale a quella che aveva provato ripetendo il nome di Gran RoRo.

Era quello il suo posto.

“Fase dei Nuclei e Fase di Acquisizione.”

Dan afferrò la quita carta nello stesso istante in cui il nuovo nucleo si materializzò nella Riserva.

“Fase Principale.”

E voltò la carta appena pescata.

“Utilizzo la carta magia Pescata Estiva che mi permette di aggiungere altre due carte alla mia mano.”

Dalla carta stretta dalle sue dita, voltata verso l’avversario, fuoriuscirono fulmini rossi che poi svanivano nel bagliore creato da essi. Dan afferrò le due nuove carte, aggiungendole alla sua mano.

“Termino il mio turno.”

TURNO 3

“Uguale ma diverso,” sussurrò Barone vedendo le mosse di Dan, così simili ad allora ma allo stesso tempo non più quelle: come era stato incontrare il loro proprietario.

“Fase Iniziale, Fase dei Nuclei, Fase di Acquisizione e Fase di Recupero.”

Forse era una vana speranza, quello di credere che un duello potesse farlo ritornare com’era un tempo. Ma ci avrebbe provato comunque. E non si sarebbe tirato indietro.

“Abbasso Zaneegun al livello 1.”

Barone estrasse con un gesto rapido la carta successiva. “Attivo il Nexus Suprema Spada dell’Oscurità Lucente al livello 1.”

Alle sue spalle sorse dal terreno l’imponente sagoma lucente della spada. Il cielo dietro di essa si tinse di grigio e di viola, spesse di nubi che permettevano appena di far passare alcuni intensi raggi di luce. La spada era incastonata su una piattaforma di marmo, avorio e ossidiana. La lama passava dal lucido nero al candido argento. Nell’intricata impugnatura, argento e oro, era incastonata una gemma rossa e verde. Un’aura la circondava, che sfumava dall’inquietante viola allo sfolgorante bianco.

“E, ora, Fase d’Attacco.”

Barone portò la mano sull’unico spirit pronto sul suo terreno.

“Vai Zaneegun!”

Dalle robotiche chele del crostaceo vennero emessi dei getti che lo spinsero in avanti ad alte velocità, permettendogli di attraversare il terreno in un battito di ciglia.

“Rispondo all’attacco con la Vita!”

Un guscio bianco avvolse Dan e su di esso Zaneegun sparò dalle sue chele. Un paio di colpi furono sufficienti a far infrangere la protezione e, con essa, anche il primo nucleo delle vite di Dan.

“A te la mossa.”

TURNO 4

Dan inspirò ed espirò, stringendo la mano attorno alla ringhiera e tornando a portarsi ritto. Quasi trasfigurato, portò la mano sopra l’armatura dorata, sfiorando la cavità ormai vuota della sua quinta vita.

Non se l’era aspettata, la scarica di energia che aveva attraversato il suo corpo. Non si era aspettato un impatto così forte da una creatura così piccola.

Ed era qualcosa di nuovo, ma sempre tremendamente e inutilmente familiare.

Chiuse gli occhi e scavò nella sua mente, nella disperata e sempre futile ricerca dei suoi ricordi. Ma erano solo pallide e impalpabili sensazioni, quelle che trovava, prive di forma, prive di sostanza.

“Cos’è, Bashin? Non sei più abituato?”

Dan riaprì gli occhi e guardò oltre il terreno di gioco, guardò il suo avversario e, nonostante tutto, si ritrovò a sorridere. I ricordi potevano aspettare, almeno per un paio di turni, almeno fino alla fine del duello.

“Mi adatto in fretta. Fase Iniziale.”

I nuovi nuclei apparvero, vicini a quelli recuperati dagli Scarti. La nuova carta venne aggiunta alla mano. Se c’era una cosa a cui poteva ancora aggrapparsi, una certezza a cui affidarsi, era Battle Spirits.

“Fase Principale. Evoco Drago della Pioggia al livello 2 e Drago del Vento Solare al livello 1.”

I due nuclei rossi risplendettero sopra al terreno. Dal primo, ne emerse un drago serpentiforme, ricoperto da squame blu cielo e bianche ali. Dal secondo, apparve una creatura draconica dall’aspetto di grifone, il corpo e le ali ricoperte da piume, rosso e bianche, e tre gemme incastonate nel petto.

Dan sentì un brivido corrergli lungo la schiena, un’emozione così forte e struggente a cui non riusciva a dare nome, un’emozione di cui non riusciva a capacitarsi di aver vissuto senza, di aver dimenticato.

“Fase d’Attacco. Drago della Pioggia, Drago del Vento Solare attaccate!”

I due draghi ruggirono e le loro ali fendettero l’aria, con scintille di fuoco che si dispersero dalle piume del secondo. E puntarono dritti contro il suo avversario.

“Effetto di primo livello di Drago del Vento Solare. Posso distruggere uno spirit con meno di 4000 PB. Zaneegun viene distrutto!”

Il grifone draconico superò l’altro drago, più veloce e più in alto. Arrivato sopra al piccolo androide, arrestò il suo volo e spalancò le ali dalle quali si sprigionò una pioggia di fiamme incandescenti. Zaneegun usò le sue chele per deviare i primi colpi, ma i suoi sforzi furono vani, e la pioggia lo distrusse.

“Rispondo ad entrambi gli attacchi con la Vita.”

I due draghi si ricongiunsero davanti alla sfera rossa apparsa attorno a Barone, che spalancò le braccia, quasi a invitarli a colpirlo con tutto quello che avevano. Dalle fauci dei due draghi eruttarono due spirali infuocate che si intrecciarono e mandarono in frantumi due delle Vite di Barone.

Dan inspirò, tornando a rilassare le spalle.

“Termino il mio turno.”

Ma avrebbe voluto che spettasse già di nuovo a lui dichiarare la Fase Iniziale.

TURNO 5

L’intero campo di battaglia li separava, ma Barone non aveva bisogno di vedere per riconoscere nel suo avversario la sete per Battle Spirits. Non poteva essere diversamente: ci aveva convissuto fin da quando ricordava. Era confortante, in un certo senso, constatare che almeno quello non fosse cambiato in Dan.

“Lo senti, non è vero?”

Il richiamo degli Spirit, l’energia dei Nuclei, la potenza dei Brave, il potere delle magie. Ogni singola carta già scoperta, ogni singola carta ancora racchiusa nel mazzo non chiedeva altro che prendere forma, dare battaglia.

“Sì.”

Erano stati tante cose: eroi, guide, speranze. Ma, nella loro essenza, erano entrambi duellanti.

“Fase Iniziale, Fase dei Nuclei, Fase di Acquisizione e Fase di Recupero.”

E si concesse il più piccolo dei sorrisi, le labbra appena arcuate in un ghigno di soddisfazione. Anche se la carta lo riportava a un altro duello, a una vita che ormai era lontana. Un duello che non aveva alcuna intenzione di imitare nella conclusione.

“Fase Principale,” gettò la carta sul terreno di gioco, “evoco Sliderbear al livello 2.”

Il nucleo bianco fluttuò nell’aria il tempo necessario affinché i nuclei si spostassero sulla carta. Poi, si infranse in una raffica di vento gelido e uno spruzzo di cristalli di ghiaccio. Al suo posto fece la sua comparsa un orso corazzato, oro e argento, dagli occhi di rubino che ruggì e sferzò il terreno con una zampata, sollevando la terra e imprimendo su essa l’impronta dei suoi artigli.

Barone afferrò una seconda carta dalla sua mano. “Utilizzo la carta magia Pescata della Rinascita e scelgo di utilizzare l’effetto che mi permette di pescare due carte dal mio mazzo.”

Aggiunse le due carte e tornò a spostare il suo sguardo su Dan. “Un tempo mi dicesti che chi ha passione, ha anche responsabilità. Se anche non dovessi ricordare altro, ricorda questo.”

Vide la confusione nello sguardo di Dan, la stessa sete di uno perso nel deserto, ma non gli lasciò il tempo di fare domande.

“Fase d’Attacco: Sliderbear vai!”

L’orso emise un secondo ruggito, più potente del primo, e scattò in avanti. Lo spirit sfrecciò letteralmente sul terreno di gioco, gli artigli sostituiti da ruote, lasciandosi dietro una nube di polvere e terra e lanciandosi verso la postazione di Dan.

Il Guerriero Rosso continuò a fissarlo, come se nella sua postura, nel suo sguardo, nelle sue carte potesse scorgere un indizio, un aiuto, come se avesse potuto aiutare a dare un senso e una forma alle sue parole. Barone non si illudeva di avere le risposte che Dan stava cercando.

Solo quando Sliderbear superò i suoi spirit e si lanciò verso di lui, Dan distolse il suo sguardo e tornò alla battaglia. Non sembrava neppure sorpreso dello spirit davanti a lui. In un battito di ciglia era tornato a concentrarsi sul duello, come se non ne avesse mai distolto l’attenzione.

“Rispondo all’attacco con la Vita.”

Sliderbear impattò contro il guscio bianco attorno a Dan, che lo fissò immobile, senza tradire alcuna emozione sul volto. L’orso spalancò le fauci e gli occhi brillarono di rosso. Un turbine gelido infranse il cristallo e con esso la seconda vita di Dan. Il ragazzo mosse appena la spalla per ridurre l’urto.

“Termino il mio turno.”

TURNO 6

Le parole di Barone continuavano a riecheggiare nella sua mente. Suonavano familiari, come se davvero ricordasse di averle già sentite. Ma non riusciva a sentirle con la sua voce: se non fosse stata per l’affermazione del suo avversario, non avrebbe avuto alcun modo di poter provare di averle pronunciate.

Per quello che lo riguardava, poteva non averle mai neppure pensate prima.

Passione e responsabilità.

Dan abbozzò un sorriso. Anche se non le ricordava, erano un buon ideale a cui aspirarsi. Sapeva di essersi sacrificato per salvare il mondo: il suo ultimo duello era stato per quello. Ma non ricordava cosa avesse provato. Aveva avuto paura? Si era sentito obbligato?

Eseguì le fasi preparatorie quasi senza pensarci.

Avrebbe mai ricordato chi era stato?

“Fase Principale. Utilizzo nuovamente la carta magia Pescata Estiva.”

I fulmini rossi esplosero dalla carta per infrangersi sul suo mazzo. Le prime due carte si illuminarono. Dan le afferrò e le aggiunse alla sua mano.

“Abbasso Drago della Pioggia al primo livello.”

Il dragone ceruleo si avvicinò al terreno, quasi le sue ali non avessero più la forza di reggerlo in alto come prima. Dan gli rivolse un breve cenno del capo, un muto ringraziamento alla forza che gli stava prestando. E afferrò una seconda carta, tendendo il braccio davanti a sé.

“Dispiega le tue ali e raggiungi le stelle, evoco Siegwurm-Altair, Drago Scintillante di livello 1!”

Dietro di lui, le nubi rosate si dispersero rivelando un cielo sgombro punteggiato di stelle. Una delle stelle oltre la sua spalla brillò sempre più intensa, facendo impallidire gli altri astri. Nel suo chiarore, apparve una sagoma scura che si avvicinava sempre più veloce.

Un potente ruggito annunciò il suo arrivo.

Il drago superò Dan e atterrò sul terreno di gioco. La creatura era un possente drago bianco e rosso, con ampie ali bianche le cui piume erano marchiate con un simbolo dorato. Sul petto un rubino era incastonato in una corazza dorata e il muso, circondato da piume rosse, era in parte nascosto da un copricapo di lucido metallo bianco e dorato.

Era una creatura magnifica.

“Felice di conoscerti, Siegwurm-Altair.”

Lo spirit reagì alle sue parole appena sussurrate, voltando il muso verso di lui. I loro sguardi si incrociarono e Dan percepì il legame che già li univa. Niente l’aveva preparato all’entusiasmo che scorreva nelle sue vene nell’evocare un tale potente spirit, ma era qualcosa che non faceva altro che spingerlo oltre.

Le carte lo chiamavano.

Lui non desiderava altro che rispondere.

Dan tornò a voltarsi verso la parte del terreno avversario. Ricordava quali fossero i punti di forza del mazzo bianco e dubitava che Barone avesse attaccato senza un modo per evitare di scoprirsi.

“Non è ancora il momento.”

Il drago emise uno sbuffo di fumo dalle narici.

“Termino il mio turno.”

TURNO 7

Barone aveva percepito prima di vederlo, quando Dan aveva iniziato a evocare uno dei suoi spirit chiave. Solo l’esperienza gli aveva permesso di non mostrare la sorpresa nel constatare che non fosse uno dei dragoni legati al Sole.

Ma era anche liberatorio. Adrenalinico.

Non sarebbe stato un duello particolarmente interessante, fosse stato solo la pallida copia di otto anni prima.

“Fase Iniziale. Fase dei Nuclei. Fase d’Acquisizione e Fase di Recupero.”

Barone ghignò nel ritrovarsi nelle mani la carta appena pescata.

“Fase Principale.”

Il Mazoku allargò le braccia. Ogni evocazione degli spirit chiave era come la prima volta, entusiasmante, galvanizzante. Lo faceva sentire potente.

Non aveva bisogno di girarsi per vedere il cielo scuro e la luna che risplendeva alle sue spalle, inondando il suo terreno di gioco di luce perlacea.

“Dalla Luna illuminata dai raggi del Sole, evoco il drago dalle ali scarlatte, Pheonix-Siegwurm, Drago Fenice della Luce Lunare al livello 2.”

Il chiarore crebbe fino a diventare pari a quello del Sole e, nel suo bagliore, il drago spiegò le sue ali e sfrecciò accanto a lui per poi posarsi a fianco dell’altro spirit, ruggendo verso la sua nuova nemesi.

Aveva scelto quello spirit come erede di Stirke-Siegwurm, un erede che potesse onorare il colore del suo avversario. Non avrebbe mai pensato che sarebbe stato anche l’erede che avrebbe combattuto al suo fianco nella rivincita.

L’aspetto del drago era così simile al suo vecchio amico, compagno di centinaia di duelli, ma era come se avesse lasciato che il rosso tingesse le sue squame, i suoi artigli, le sue ali. Ed era diventato più forte, come lo dimostravano i cannoni argentati che svettavano accanto alle sue ali.

“L’effetto dell’evocazione di Pheonix-Siegwurm mi permette di distruggere due spirit avversari con punti battaglia uguali o inferiori a 8000.”

Rispondendo all’implicito comando, Pheonix-Siegwurm spiccò il volo ruggendo scintille di fuoco e ghiaccio. Arrivato sopra al terreno di Dan, spalancò le ali. I due cannoni si caricarono e, dopo un battito di ciglia, da essi fuoriuscirono due getti bianco-dorati.

Siegwurm-Altair e Drago del Vento Solare ruggirono fiamme che contrastarono il ghiaccio dorato diretto verso di loro. I due getti rimasero di ugual potenza per pochi istanti. Poi, un ruggito del drago fenice ne fece aumentare l’energia e i due draghi rossi vennero spazzati via.

L’unica reazione di Dan fu quella di stringere le dita sulle proprie carte.

Barone allungò la mano e ruotò le due delle carte sul terreno di gioco, senza neanche aspettare che i cannoni del suo drago smettessero di fumare.

“Fase d’Attacco. Sliderbear, Pheonix-Siegwurm attaccate!”

Dan posò entrambe le mani ai bordi del terreno di gioco, incrociando il suo sguardo con determinazione.

“Rispondo ad entrambi gli attacchi con la Vita!”

I due spirit di Barone non attesero altro. Le zampe di Sliderbear si trasformarono in ruote e lo spirit sfrecciò verso il guscio bianco che avvolgeva Dan. Il drago, invece, si lanciò in picchiata, le fauci spalancate che si riempivano di ghiaccio e magma.

I due attacchi infransero il cristallo nello stesso istante, spazzando via due ulteriori vite dall’armatura dorata di Dan. Il Guerriero Rosso riuscì a reggere il colpo, con solo i piedi che strisciarono sul metallo della pedana.

“Spirit interessante,” commentò, tradendo appena l’affanno causato dal colpo.

Barone ricambiò il suo sguardo e, nonostante rimpiangesse il rivale che era diventato amico e alleato, sentì rinsaldarsi la comprensione, il legame che li aveva uniti un tempo. Forse, Dan non era davvero cambiato e, forse, un giorno sarebbe tornato quello che era.

Ma, per il momento, Barone si sarebbe accontentato di riavere un rivale.

“Termino il mio turno.”

TURNO 8

Dan sorrise e sfiorò con una mano l’ultima vita ancora incastonata sopra al suo petto. Barone non gli stava dando un attimo di respiro, non gli concedeva vantaggi, non esitava nel timore di vederlo infrangersi come un vaso delicato sotto la più minima pressione.

Forse era solo il duello, ma ogni turno gli aveva ricordato che, nonostante tutto, aveva la propria vita nelle mani. E aveva il potere di cambiarla.

Quando aveva incrociato lo sguardo di Barone, aveva visto il proprio riflesso, aveva riconosciuto una parte di sé stesso. Non faticava a credere che, nel passato che non ricordava, fossero stati rivali, fossero stati amici. Battle Spirits era ancora il filo invisibile che li legava.

“Fase Iniziale, Fase dei Nuclei, Fase di Acquisizione e Fase di Recupero.”

E la nuova carte fu la scintilla che fece divampare le fiamme.

“Fase Principale. Utilizzo la carta magia Pioggia Stellare della Rinascita. Posso fare tornare in mano dagli Scarti uno spirit o fino a tre spirit nella famiglia Drago Astrale.”

Non appena finì di pronunciare le ultime due parole, la carta stretta tra le sue dita venne ricoperta da fiamme rosse. Due lingue di fuoco si separarono da essa e sfrecciarono verso gli scarti avvolgendo, quasi abbracciando, due carte che fluttuarono sopra il terreno di gioco. Dan lasciò andare la carta magia che si dissolse, afferrando I due spirit appena distrutti e riportandoli nella propria mano.

Poi, Dan rivolse un sorriso di sfida a Barone e rivelò una seconda carta magia.

“Utilizzo la carta magia Energia Big Bang. Per questo turno, grazie al suo effetto tutti gli spirit Drago Astrale nella mia mano hanno un costo pari a quello delle mie Vite.”

Tre carte si illuminarono di luce rossa.

“Evoco ancora una volta Siegwurm-Altair, Drago Scintillante e Drago del Vento Solare entrambi al livello 1.”

A fianco di Drago della Pioggia, apparve il simbolo che si dissolse con il ruggito stridente del grifone draconico. Dietro alle spalle di Dan, il drago stellare riapparve dagli astri.

Siegwurm-Altair avrò bisogno della tua forza.”

Lo spirit si voltò verso di lui e ruggì con tale intensità da scompigliargli i ciuffi di capelli sulla fronte. Dan rise.

“Lo prendo come un sì.” E afferrò l’ultima carta ancora illuminata di rosso. “Utilizzo Siegwurm-Altair come tributo!”

Il drago dispiegò le ali e venne avvolto nelle fiamme, come una fenice che stava per rinascere.

“Il drago nato dalle stelle del firmamento, evoco Siegwurm-Nova, Drago Supernova al livello 2!”

Nel bozzolo di fiamme prese forma una sagoma luminosa come le stelle. Alle sue spalle, si spiegarono una dopo l’altra due ali luminose ricoperte di candide piume. Poi, la luce svanì rivelando le forme del possente drago, una creatura dalle squame vermiglie e dalla corazza bianco e argento. Lo spirit aprì gli occhi, che si illuminarono di luce verde.

Siegwurm-Nova posò a terra le possenti zampe, affondando gli artigli nella terra facendola tremare, e spinse il busto in avanti, spalancando le enormi fauci ed emettendo un ruggito che sollevò la polvere attorno a lui.

“Grazie all’utilizzo di Siegwurm-Altair come tributo, l’effetto dell’evocazione mi permette di recuperare Vite fino a un massimo di cinque.”

L’armatura di Dan venne circondata da un bagliore bluastro, che lo avvolse completamente come una spirale di cristalli scintillanti. Una dopo l’altra, le cavità nella sua armatura tornarono a brillare con quattro nuovi nuclei.

Dan aspettò che l’ultima Vita riapparisse, per poi abbassare il braccio e incrociare lo sguardo con quello smeraldo del drago appena evocato. Lo spirit emise un basso ruggito, scintille di fiamme che brillarono nelle sue fauci e nel suo sguardo.

Il Guerriero Rosso fu colto da una nuova ondata di familiarità, malinconia e dolore. Abbozzò un sorriso che faticava a riflettere tutto il turbinio di emozioni nella sua mente.

Ci siamo già incontrati, non è vero amico mio?”

Siegwurm-Nova, in tutta risposta, ruggì. Dan chiuse gli occhi, lasciando che il viso venisse accarezzato dal calore trasportato nell’aria, che i capelli venissero scompigliati, che ogni suono venisse annullato nel ringhio che risuonava nelle sue orecchie.

Solo quando lo spirit tornò a voltarsi verso il suo avversario, Dan riaprì gli occhi.

“Termino il mio turno.”

TURNO 9

Barone riconobbe immediatamente lo spirit. E come non avrebbe potuto? Insieme a Darkwurm-Nova, Mai ne aveva fatto il suo elemento distintivo durante tutta la sua collaborazione con lui. Grazie a Gaspard e Clarky, aveva saputo tutto sul suo ritrovamento e sul significato che essa aveva avuto per il Guerriero Rosso.

Era un crudele ironia che lui ne sapesse più di colui che l’aveva usata per sconfiggere il Re del Mondo Altrove.

Barone eseguì una dopo l’altra le fasi preparatorie.

Ed era un’interessante situazione il fatto che Dan, inconsciamente, avesse creato un mazzo che riflettesse entrambe le sue avventure. Ma sarebbe riuscito a far convivere questi due aspetti di sé in un unico mazzo?

Barone non desiderava altro che metterlo alla prova.

“Fase Principale. Chiamo al mio fianco Nemelion, Brave del Leone Rinato!”

Sul terreno di gioco apparve un simbolo bianco. Attorno a esso si illuminarono piccole stelle luminose che si disposero a formare la costellazione del Leone. Quando l’ultimo punto venne collegato, un cerchio apparve attorno al simbolo e alla costellazione, attorno alla quale si disegnò la sagoma del leone che prese forma solida e balzò sul terreno di gioco circondato da polvere di cristalli di ghiaccio.

Il leone era un androide plasmato in metallo argentato, la cui criniera e giunture erano sigillate da bordature color del cielo, con lunghi artigli dorati.

Barone ghignò e spostò la carta sopra a quella di Pheonix-Siegwurm, sovrapponendole sul lato sinistro del Brave. Sopra le due carte si espanse un’aurea bianco ghiaccio.

“Brave!”

Il drago spiccò il volo e il leone corse e saltò. Il suo corpo venne avvolto dalla stessa luce bianca e si scompose. Il muso e la criniera si fissarono nella forma di uno scudo che si aggancio su una delle zampe anteriori del drago. Il resto del corpo si riunì in un’armatura argento e blu attorno all’altra zampa anteriore, ricoprendo gli artigli del drago con lunghi e acuminati artigli dorati. Pheonix-Siegwurm, avvolto anch’esso dal bagliore glaciale, ruggì fendendo l’aria con i nuovi artigli.

“E ora Fase d’Attacco. Vai Brave Spirit, spazza via ogni sua difesa!”

Il drago spiccò il volo con la voce di Barone che ancora risuonava nell’arena e puntò verso il terreno di gioco di Dan, dove erano schierati i suoi draghi, e oltre ancora. Dan spostò per un breve istante lo sguardo sulle proprie carte, sui propri spirit, per poi alzarlo sulla creatura che si dirigeva verso di lui.

“Rispondo all’attacco con la Vita.”

Gli artigli dorati di Pheonix-Siegwurm si ricoprirono di arabeschi di brina che li incastonarono in una risplendente coltre di ghiaccio che si illuminò di azzurro, argento e bianco, creando una scia di polvere e luce che si protendeva alle sue spalle.

Il guscio bianco avvolse Dan. I draghi al suo comando ruggirono scintille di fuoco contro l’avversario che, però, li ignorò avventandosi contro il Guerriero Rosso.

Gli artigli squarciarono il guscio come burro sotto la loro potenza. Il cristallo venne ricoperto di una patina ghiacciata che lo infranse in scaglie argentate e polvere gelida. I frammenti acuminati piovvero sulla postazione di Dan, più rigidi dell’acciaio stesso in cui si conficcarono, creando un cerchio attorno ai piedi di Dan.

Due dei frammenti si conficcarono nell’armatura del Guerriero Rosso, obbligando a compiere un passo indietro per reggere l’impatto. I cristalli di ghiaccio gelarono le capsule dei Nuclei fino a infrangerli.

Mentre il Brave Spirit tornò a posarsi sul terreno di gioco, gli sguardi di Barone e Dan tornarono a incrociarsi. E in essi brillava lo stesso entusiasmo.

Non c’era davvero mai stato un duello tra loro due che non avesse messo qualcosa in gioco, fossero carte o i loro ideali, e che allo stesso tempo li avesse visti dalla stessa parte.

Non fino a quel momento, almeno.

Barone chiuse gli occhi e sorrise appagato. Era ironico che, quel duello che un tempo aveva tanto desiderato, un duello fatto solo per la passione per Battle Spirits, lo avesse finalmente ottenuto otto anni dopo aver perso il suo rivale, sfidando un Dan ormai privo di memoria.

“Termino il mio turno.”

TURNO 10

Dan non ricordava quali emozioni avesse provato in tutti i duelli che nel passato lo avevano portato a salvare Gran RoRo, la Terra, il futuro.

Ma avrebbe ricordato il senso di libertà, il sentirsi quasi librare nell’aria, di quel duello. Avrebbe ricordato l’entusiasmo, la passione. Avrebbe ricordato le parole di Barone.

Non credeva avrebbe potuto avere un duello migliore come suo nuovo primo duello.

“Fase Iniziale, Fase dei Nuclei, Fase di Acquisizione e Fase di Recupero.”

Per la prima volta, da quando era stato riportato indietro, si sentiva in pace nell’essere Bashin Dan.

Non esitò a rivelare la prima carta di quel turno.

“Fase Principale. Utilizzo la carta magia Frattura Vulcanica.”

Alle spalle di Dan le nubi si contorsero e condensarono, formando una spirale di luce e fiamme che si aprì come un portale. In esso, apparve l’immagine di un vulcano in eruzione. La pietra scura era ricoperta dalla lava e rocce e lapilli venivano gettati verso l’alto in una torre di fiamme e magma.

“Grazie al suo effetto, posso distruggere tutti i Nexus avversari e, per ognuno di essi, pescare una carta.”

Dal portale dai bordi infuocati, uno dei lapilli emerse e attraverso il terreno di gioco, disperdendo rocce infuocate e arroventando l’aria. Il frammento di lava impattò contro la spada alle spalle di Barone, facendola crollare e dissolvere tra le fiamme.

Barone gettò appena un’occhiata alle sue spalle per poi voltarsi verso Dan, con un sorriso sulle labbra che sembrava quello di un predatore.

“Cominciamo a fare sul serio. Non aspettavo altro.”

Dan afferrò la carta che si sollevò dal proprio mazzo. “È solo l’inizio.”

E gettò la nuova carta sul terreno di gioco.

“Attivo il Nexus Città Stellare dell'Eruzione Magmatica al primo livello.”

Non appena la carta fu posizionata sul terreno, dietro le spalle di Dan emersero costoni di roccia scura punteggiati da minuscole e fitte luci che li facevano assomigliare a enormi grattacieli. Al centro, il terreno si frantumò in una conca circolare che si riempi di rovente lava rossa e arancio, la cui luce rossastra si riverberava sulla piattaforma metallica, tanto da farla sembrare in fiamme. Le scintille si confondevano con il fumo che saliva verso l’alto, incontrando fulmini bluastri che si abbattevano sulla lava da nubi scure che avevano reso cupo il cielo.

“Dopodiché, evoco Archerion, Brave del Sagittario Rinato!”

Come prima sul terreno di gioco di Barone, il simbolo rosso venne circondato da piccole stelle luminose che andarono a congiungersi a formare la costellazione dello zodiaco. Il cerchio si andò a completare attorno al simbolo e lo trascinò verso l’alto. Il rubino si infranse e le polveri scintillanti si condensarono in un centauro ricoperto da un’armatura rossa e oro. La creatura galoppò fino a raggiungere il terreno di gioco e i suoi zoccoli lasciarono scintille al suo passaggio. Nella sua mano prese forma un lungo arco vermiglio.

“Brave!”

Dan spostò la carta su Siegwurm-Nova, sovrapponendole sul lato destro dello spirit. Quella parola, quel comando, aveva vibrato dentro di lui. E, nelle ombre e nei contorni sfocati della sua mente, qualcosa aveva esultato.

Siegwurm-Nova spiccò il volo seguito al galoppo dal Brave. Entrambi vennero avvolti da una luce rossa e oro che rifletteva l’anello di luce propagatosi alla congiunzione delle due carte. Archerion rilasciò il proprio arco che si dissolse e il suo corpo si separò in più parti. L’armatura rossa sulle sue spalle, dalle lunghe piume dorate, andò a ricomporsi su quella del drago. Il resto del corpo si assemblò in un enorme arco dalla curva elegante, dal colore del fuoco e dall’impugnatura argentata.

Il drago, ancora più maestoso, ancora più potente, ruggì al centro del campo di battaglia.

Il Guerriero Rosso estrasse dalla sua mano una nuova carta.

“Ora evoco Gornic-Eagle e l’effetto di Archerion mi permette di fare nuovamente Brave!”

Il simbolo rosso apparve a fianco del drago e da esso ne uscì un’aquila dai lunghi artigli argentati, dalle piume brunite e con un rubino incastonato sulla fronte. Entrambi vennero avvolti dalla luce rossa e le ali dell’aquila si fissarono sulle ali di Siegwurm-Nova ricoprendole di un secondo strato di piume bronzee e rilucenti.

Dan non esitò a ruotare il gruppo di carte.

“Fase d’Attacco!”

“Ti sto aspettando Brave Spirit!”

Siegwurm-Nova, Drago Supernova attacca!”

Il drago ruggì e spiccò il volo, rilucente nella sua armatura, le fauci riempite di fiamme e l’arco luminoso di stelle.

“Utilizzo l’effetto brave di Archerion e spostò un nucleo dagli Scarti sul Brave Spirit, che recupera e sale al terzo livello. Impatto Devastante!”

Siegwurm-Nova venne avvolto da una luce dorata e la carta sul terreno di Dan tornò a posizionarsi verticale.

Pheonix-Siegwurm recupera grazie all’effetto di secondo livello!”

Dalla parte opposta del drago di fuoco, il drago della Luna venne illuminato da una luce argentata e tornò a portarsi ritto, i lunghi artigli dorati pronti a essere sfoderati contro l’avversario.

Sliderbear blocca!”

L’orso sfrecciò sulle sue zampe trasformatesi in ruote e balzò, puntando dritto contro il drago rosso. Siegwurm-Nova ruggì e ruotò su sé stesso, schivando facilmente l’impatto con lo spirit bianco. Dopodiché, puntò l’arco verso di lui, incoccando una freccia di fuoco e rilasciandola.

Il dardo lasciò dietro di sé faville rosse e lingue di fuoco. Sliderbear fece appena in tempo a vederlo prima che lacerasse la sua armatura. Un’esplosione segnò la fine dello spirit.

Ma non la fine del volo di Siegwurm-Nova.

Il drago riprese ad avanzare. Dan tornò a ruotare la carta.

“Brave Spirit attacca ancora una volta con Impatto Devastante!”

Il suo ruggito fece fremere l’aria già arroventata.

Pheonix-Siegwurm blocca!”

I due draghi si incontrarono in alto, al centro del terreno di gioco. Il primo rosso e oro, armato di arco, il secondo rosso e argento, armato di lunghi artigli dorati. Volarono in cerchio, studiandosi per istanti allo stesso tempo infinitesimi e infiniti.

Poi, Siegwurm-Nova spalancò le sue fauci rilasciando una pioggia di fuoco sul drago della Luna. Pheonix-Siegwurm alzò il suo scudo, argento e blu, proteggendosi dalle lingue di fuoco che lo colpirono con forza inaudita. Usando la sua immensa forza, il drago spazzò via il resto delle fiamme e si lanciò contro l’avversario, i lunghi artigli dorati ricoperti di gelo che si lasciavano alle spalle una scia di cristalli. Siegwurm-Nova schivò uno, due, tre, quattro fendenti del drago lunare. Al quinto tentativo, lo afferrò e lo gettò al suolo.

Il drago lunare cercò di fermare la caduta, ma si ritrovò contro le rocce prima di poter ritrovare l’equilibrio. Il campo di battaglia cedette sotto la forza dell’impatto, scagliando polvere e frammenti tutto attorno. Pheonix-Siegwurm tornò ad alzarsi, anche se con maggior fatica, usando gli artigli come appiglio. Le zampe cedettero e una di esse sbatté con il ginocchio al suolo. Il drago ruggì verso l’avversario. Siegwurm-Nova, impassibile, feroce, inclemente, incocco una freccia infiammata e scoccò.

Il dardo era seguito da una spirale di fuoco e fendette l’aria come una cometa che solcava velocissima il cielo. Il drago lunare tentò di bloccarla con lo scudo, ma lo perforò per poi conficcarsi nel suo petto. Pheonix-Siegwurm emise un grido di dolore e venne distrutto in un’enorme conflagrazione di roccia e fiamme.

Nemelion si riformò e venne sbattuto via, schiantandosi con il dorso contro la parete sotto la postazione di Barone.

Siegwurm-Nova, invece, tornò a posarsi davanti alla postazione di Dan, fiero e maestoso.

“Termino il mio turno.”

TURNO 11

Barone abbassò il braccio con le carte e spostò lo sguardo sul proprio terreno quasi sguarnito, poi oltre verso l’enorme voragine, dai bordi frastagliati e anneriti, che si era aperta al centro dell’arena. E, poi, oltre il fumo che ancora riempiva l’aria, oltre i draghi di fiamme schierati dalla parte opposta, incrociò lo sguardo di Dan.

“Non male per un duellante privo di memoria.”

“Mai detto di non ricordare Battle Spirits.”

Barone abbassò lo sguardo e smorzò una risata scuotendo la testa.

“Fase Iniziale, Fase dei Nuclei, Fase d’Acquisizione e Fase di Recupero.”

Il terreno di gioco si illuminò, i nuclei si spostarono nella Riserva, la nuova carta venne pescata.

“Sono riuscito a resistere al tuo Brave Spirit. Pensi di riuscire a fare lo stesso?”

Dan sorrise divertito, il riflesso di una risata che brillava nei suoi occhi. “Prima devi riuscire a evocarlo.”

“Fase Principale.”

E rivelò la prima carta, lanciandola sul terreno.

“Evoco Chamaeleopus al primo livello.”

Dal simbolo rosso apparso sul terreno emerse una creatura bipede rettiliforme, dalle squame dorate. Larghi occhi e due lunghe corna dominavano il suo muso.

“Grazie al suo effetto, ogni volta che evocò uno spirit con costo pari o superiore a 7, Chamaeleopus ottiene due simboli rossi addizionali.”

Barone fissò la carta che stava per evocare, una di quelle che aveva scelto negli anni per quel mazzo rosso-bianco, quel mazzo creato per onorare il sacrificio del suo più grande rivale, alleato, amico. Non avrebbe mai immaginato che un giorno l’avrebbe davvero usata in un duello con Dan. Ma, ora che stava succedendo, avrebbe voluto vedere la sua faccia, avrebbe voluto vedere la sua reazione per quel mazzo in cui lui aveva cercato di fondere i loro due stili di gioco.

Il Mazoku sfiorò la carta accanto, quella appena pescata, un Brave che però non avrebbe evocato. Dopotutto, Dan lo aveva anticipato.

“Forza, mostrami tutto quello che sai fare.” La voce del Guerriero Rosso risuonò forte e sicura nell’arena.

Barone ghignò. “Mi auguro non te ne pentirai, Bashin Dan.”

Afferrò la carta e la estrasse dalle altre. Lingue di fiamme cerulee e vermiglie divamparono attorno a essa, allargandosi e diffondendosi come onde attorno a lui. Alle sue spalle il cielo divenne nero, come lo spazio siderale, e in esso brillarono in tutto il loro splendore il Sole e la Luna.

“Forgiato tra le fiamme solari e temprato dal gelo lunare, evoco Strike-Apollodrago, Supremo Imperatore Stellare al livello 2!”

Dalla turbolenta superficie solare emerse una creatura, completamente ricoperta dal plasma dorato. Poi, spiegò le ali e spiccò il volo. Un vortice di fiamme argento e oro lo avvolse man mano che si avvicinava, circondato dall’accecante luce del Sole. Il drago volò e sfiorò con i suoi artigli la superficie della Luna per poi dirigersi verso Barone ed entrare nell’area quasi lambendo le spalle del Mazoku.

Un potente ruggito fu il suo benvenuto.

Strike-Apollodrago era un possente drago rosso, così simile nell’aspetto ai dragoni di cui portava il nome, ma allo stesso così diverso grazie a quei dettagli che lo facevano rassomigliare ai draghi della Luna un tempo usati da Barone. Il suo muso era circondato da un’armatura argento e oro, che poi proseguiva sulle sue spalle e sul suo petto. Anche le zampe erano corazzate, ma da una spessa armatura argentata che si allungava in due speroni che raggiungevano in altezza quasi le sue spalle. Ma era nelle sue ali che l’unione tra il Sole e la Luna era più evidente. Le quattro ali dall’iniziale aspetto meccanico, argento, viola e nere, con tanto di razzi, si trasformavano nella parte finale in ali draconiche rosse e oro.

“E, ora, Brave!”

Con un’unica creatura, Strike-Apollodrago e Nemelion ruggirono avvolti dalla stessa luce bianca. Il leone tornò una seconda volta a scomporsi, questa volta in modo diverso attorno alla figura in volo del drago dal doppio simbolo. L’armatura sul suo petto si dissolse in un lampo di luce per venire sostituita da una corazza argento e blu su cui risaltava il muso leonino. Il resto del corpo del Brave andò invece a formare un’enorme spada argentata, con una lunga venatura blu nel centro e un’impugnatura dorata.

“Vai, Brave Spirit!”

Il drago ruggì e partì in volo, a una velocità che quasi rendeva difficile seguirlo con lo sguardo, grazie ai razzi delle sue ali. Volò in alto, fino a quasi diventare un puntino nel cielo rosato per poi scendere in picchiata verso il campo di battaglia di Dan.

Barone rivelò una nuova carta.

“Utilizzo la carta magia Fiamma Sacra e con il suo effetto distruggo il brave Archerion!”

Dietro a Strike-Apollodrago, nel cielo avvolto da nubi si aprì uno squarcio che brillò di luce rossa. Da esso, strali di fiamme superarono il drago attaccante e raggiunsero Siegwurm-Nova, aderendo e bruciando solo le parti che appartenevano al Brave. Dietro, la carta saltò via dal terreno di gioco e finì negli scarti di Dan.

“Dato che un Brave è stato distrutto, posso distruggere un numero di spirit con un totale di 10000 BP. Drago della Pioggia e Drago del Vento Solare vengono distrutti!”

Nuovi strali di fiamme caddero dal cielo, colpendo e squarciando i corpi dei due draghi che divamparono e si dissolsero tra le fiamme. Siegwurm-Nova, inginocchiato a terra, alzò lo sguardo smeraldino verso l’avversario ed emise un basso ruggito. Un ruggito che ammetteva la sconfitta.

Dan si rimise ritto, rilassò i muscoli, si staccò dalla postazione metallica e abbassò il braccio con le ultime carte. Lo sguardo del Guerriero Rosso si diresse verso il drago del proprio avversario.

“È stato bello duellare di nuovo.” Sorrise, un sorriso sereno, nostalgico.

Strike-Apollodrago sfrecciò verso di lui, le ali draconiche e meccaniche che sferzavano l’aria in mezzo ai getti dei razzi che lo spingevano avanti, verso il guscio bianco e rosso che aveva avvolto Dan. La spada stretta tra gli artigli si ricoprì di una patina di cristalli di ghiaccio, creando una scia di polvere gelida e argentata.

“Rispondo all’attacco con la Vita.”

La lama impattò contro il guscio, infrangendolo, e l’onda d’urto creatasi, una mezzaluna bianco e argento, proseguì fino a sferzare l’armatura dorata di Dan.

Gli ultimi tre nuclei di Dan si infransero, le cavità persero la loro luce azzurra.

Un lampo di luce bianchissima avvolse il Guerriero Rosso.

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Salve a tutti! Le festività natalizie mi hanno scombinato i piani più di quanto mi aspettassi (pensare che avrei voluto finire di pubblicare questo episodio entro Natale… vabbé).

E siamo arrivati al duello tra Dan e Barone. Il duello, che fino a ora, è anche quello più lungo dal punto di vista delle parole.

Cosa ne pensate? Ho cercato in tutti i modi di rendere giustizia a questo duello, per quello che significava e per il cambiamento che comunque c’è stato in entrambi. Arriverà il giorno in cui mi deciderò a scrivere duelli con qualche skip (ma non è questo il giorno), ma non questo duello non mi sembrava per nulla adatto. Mi auguro riesca a reggere il confronto con l’ultimo e sfolgorante duello dell’episodio 50.

Inizialmente, avevo pensato di intervallare il duello (in un paio di punti) con brevissimi spezzoni con le reazioni degli altri, ma poi ho cambiato idea e per due motivi. Uno, perché la lunghezza era già mastodontica (ho, ovviamente, battuto il record dello scorso capitolo come capitolo più lungo dell’episodio) e, due, perché mi sono resa conto che avrebbe scalfito l’impatto del duello.

Alcune piccole precisazioni: Nemelion e Archerion sono due carte inventate da me e mio fratello (come già avevo accennato in precedenza; i loro effetti sono pubblicati in inglese nella fan wiki di Battle Spirits); entrambi i due Brave sono due Imagine Brave (anche questo già accennato in precedenza).

Come ogni volta, grazie a tutti quelli che leggono (pochi ma buoni) e il solito grazie speciale a ShawnSpenstar (per le sue sempre lunghissime recensioni)!

Niente altro da aggiungere. Per qualunque cosa, dubbio e commento, io sono qui e se volete potete lasciarmi una recensione (corta o lunga che sia, per me non ha importanza) per dirmi cosa ne pensate.

A presto,

HikariMoon

P.S: come al solito, l’elenco dei turni e i deck verranno inseriti in fondo all’ultimo capitolo.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7

Dan non registrò neppure il tragitto dal campo di battaglia all’ancoraggio sulla piattaforma della colibrì. L’unica cosa che vide fu la sfera luminosa svanire, gli anelli dei sei colori spegnersi nel cielo.

Nella sua testa, le immagini degli spirit, dei loro attacchi, ghiaccio, fiamme e roccia continuavano a riaffiorare. Era impossibile pensare ad altro, anche se aveva perso: ma aveva importanza con un duello che lo aveva entusiasmato tanto da fargli dimenticare ogni altra cosa?

Dan si ritrovò a sorridere: l’unica cosa che gli impediva di mettersi a ridere, di mettersi a urlare a tutti per scaricare tutta l’energia che si sentiva in corpo.

Il sordo rumore dell’aggancio finale e il successivo silenzio, niente più vibrazioni o rumore elettronico, fu quello che gli permise di arrestare quel turbine di emozioni.

Chiuse gli occhi, allora, e posò la testa contro lo schienale. Attorno al suo corpo, l’armatura dorata era svanita, tornata a essere una lista di comandi in un computer. Ma la colibrì era ancora lì. Le sue dite erano ancora strette al volante.

Fino all’inizio del duello si era sentito sbilanciato, perso.

Ora, per la prima volta, sentiva veramente di aver ritrovato qualcosa di sé. Si sentiva finalmente ancorato a quella realtà che un tempo aveva chiamato sua.

Dan riaprì gli occhi, si slacciò dall’armatura e uscì dalla colibrì.

Barone era fermo sulla piattaforma. Lo fissava con le braccia conserte, gli occhi leggermente socchiusi e un’espressione impenetrabile.

Il rumore dei suoi passi rimbombò nel silenzio. Era difficile abituarvisi, dopo le esplosioni, i ruggiti. Infilò la mano in tasca e sfiorò il mazzo di carte.

I loro sguardi si incrociarono e rimasero immobili a fissarsi. Poi, il mazoku fece un passo in avanti e allungò la mano.

“Otto anni.”

Dan corrugò la fronte, spostando lo sguardo dalla mano al volto di Barone, la propria mano sollevata a mezz’aria.

“Sono otto anni che aspetto questa stretta di mano.”

Il Guerriero Rosso non riuscì a impedire al proprio sorriso di allargarsi e gli strinse la mano, venendo subito ricambiato.

“Ti ringrazio, Barone. Non mi dimenticherò mai di questo duello.”

“Ti prendo sulla parola.” Anche il mazoku sorrise.

“Comunque, è stato davvero un bel duello.”

Dan e Barone avevano percorso in silenzio buona parte dei corridoi. Silenzio interrotto soltanto dai saluti delle persone che incrociavano, che spesso si allontanavano bisbigliando, e dal messaggio di Clarky che comunicava loro il luogo dove li stavano aspettando.

In quel lasso di tempo, il Guerriero Rosso non aveva fatto altro che ripensare al duello.

“Le combinazioni di carte che hai usato sono state davvero interessanti. E non mi sarei aspettato, dopo la distruzione di Pheonix-Siegwurm, l’evocazione di Strike-Apollodrago. Immagino tu abbia scelto di abbinare rosso e bianco per sopperire ai rispettivi punti deboli, vero?”

Barone rallentò fino a fermarsi. Dan fece un paio di passi prima di realizzare che il mazoku non era più al suo fianco. Fermatosi a sua volta, si voltò corrugando la fronte.

“C’è qualcosa che non va?”

Barone lo fissò per un istante lunghissimo, con quel suo sguardo sottile e imperscrutabile. E riprese a camminare. Dan tornò a riaffiancarlo, continuando a guardarlo perplesso.

“In un certo senso, posso dire che ci sia quello alla base della mia scelta.” Inclinò la testa verso di lui, la stranezza di poco prima scomparsa dal suo volto. “Anche la tua scelta di strategia è stata interessante. Mi hai dato filo da torcere.”

Dan rise. “Posso ritenermi soddisfatto, allora. Per essere il mio ritorno sul terreno di gioco, non è andato male.”

Barone tornò a guardare avanti, uno strano sorriso che piegava le sue labbra. Dan si ritrovò a chiedersi se fosse la stessa malinconia e nostalgia per il suo vecchio sé che sentiva spesso nelle parole dei Maestri della Luce, che vedeva nei loro sguardi e nei loro gesti.

“No, davvero non male.”

Per il resto del tragitto discussero di carte e strategie, quel piccolo episodio ormai alle spalle. Sulla porta della sala indicata da Clarky, Barone lo lasciò solo e si allontanò per occuparsi di impegni legati all’HUMAA.

“Ho duellato con te. Mi pare doveroso lasciarti un po’ anche a Clarky e agli altri.”

Una volta aperta la porta, Dan venne accolto da Plym che gli corse incontro e si afferrò al suo braccio, ridendo e ripetendo come quel duello fosse stato mecha-fantastico. Yus alzò gli occhi al cielo e le suggerì di lasciarlo almeno sedere prima di tormentarlo con le domande.

Nonostante quel rimprovero, però, fu proprio Yus il primo e il più assiduo a fargli domande sul duello. Dopo i complimenti di Mai, Hideto e Kenzo, le cui parole ancora una volta furono cariche di emozione, e di Clarky e Angers, Plym cominciò a punzecchiare Yus e fare bruschi cenni del capo verso Dan. Il giovane uomo sbuffò e arrossì sempre di più dopo ogni ditata contro il fianco, finché non scattò in piedi e si inchinò bassissimo, parlando velocissimo.

“Mi faresti l’onore di fare un duello con me?”

Plym scoppiò a ridere, scuotendo la testa.

Dan accettò con entusiasmo. I due si sistemarono al tavolo, circondati dagli altri, con i tappetini e i nuclei che uno dei robot di Plym, apparso fuori quasi dal nullo tanto da far quasi sobbalzare Clarky, porse loro.

Ben presto fu evidente che la sfida sarebbe stata tra il mazzo rosso di Dan e quello rosso-blu di Yus.

“Non immaginavo che il rosso fosse un colore così usato.”

Il Guerriero Rosso alzò lo sguardo sul gruppo e la reazione fece svanire il divertimento dal suo sguardo, sostituito da confusione. Yus balbettò e fissò le carte in mano con fin troppo interesse. Clarky, Mai, Hideto, Kenzo e Plym si scambiarono un’occhiata terrorizzata.

Il primo si passò la mano tra i capelli, ridacchiando nervosamente. “Già, chissà come mai.”

La Guerriera Viola lo fulminò con lo sguardo e passò un dito davanti al collo.

Rassegnandosi al fatto che fosse un altro di quei riferimenti ad avvenimenti di cui non aveva memoria, Dan riprese a concentrarsi sul duello.

La successiva interruzione della tranquillità ci fu quando Clarky si allontanò per accettare una comunicazione nella ricetrasmittente.

“Ho appena ricevuto un messaggio da Barone,” esordì tornando verso di loro.

Sui volti di Angers, Plym e Yus sfrecciò velocissima un’ombra. Solo un brevissimo cenno di Clarky tornò a farli rilassare. Tutto fu così rapido che Dan si chiese se non se lo fosse immaginato.

“Sembra che En e Fant siano venuti a sapere che siete qui.”

Fu il turno di Mai, Hideto e Kenzo di sgranare gli occhi e impallidire.

“Sanno che-”

“Anche di Dan, ma sembra non abbiano scoperto che ha perso i ricordi.” I tre Maestri della Luce tirarono un sospiro di sollievo. “Vogliono assolutamente parlarvi e vedervi, ma la regina Gilfam ha promesso che glielo permetterà solo con la vostra approvazione.”

Dan tornò per l’ennesima volta a ritrovarsi gli sguardi di tutti addosso, a sentire la loro incertezza sulla sua pelle. Se avesse detto no, nessuno degli altri si sarebbe opposto. Ma non se la sentiva di impedire loro di rivedere persone a cui tenevano.

Non era giusto far loro perdere quell’occasione solo per semplificargli la vita.

“Se per voi non è un problema, non vedo perché no.”

Mai, Hideto e Kenzo si scambiarono occhiate preoccupate. Per lunghi istanti, sembrarono portare avanti un intero discorso con soltanto occhi, sopracciglia e muscoli facciali. Alla fine, il Guerriero Blu annuì verso Clarky.

“Possiamo provarci e sperare che vada tutto bene.”

Plym saltò su con aria determinata, i pugni contro i fianchi. “Qui ci vuole un aggiornamento rapido della memoria!”

La Guerriera Viola sospirò e posò la fronte contro il palmo della mano, scuotendo lentamente la testa.

La sua reazione non scalfì minimamente l’energia con cui la giovane donna portò avanti il proprio piano. Trascinò Dan su una sedia, allontanò via tutti quelli che potevano fungere da distrazione e gli piazzò davanti alla faccia il proprio cellulare.

Clarky e Angers si sistemarono in un angolo della sala, nascondendo le proprie risate dietro le mani.

La prima foto che gli venne presentata era quella di due bambini mazoku seduti dietro a un enorme piatto di riso al curry.

“Questa è di poco prima la cerimonia tenuta da Clarky e Barone otto anni fa. Non so come abbiano resistito per tutto il discorso. Hanno finito in massimo cinque minuti una volta dato loro il via libera.”

“L’hanno mangiato? Gli è piaciuto? Voglio vedere!” Mai si fiondò accanto alla ragazza.

Kenzo e Hideto la seguirono a ruota, l’ultimo sghignazzando. “Visto che sono ancora vivi, potevi essere sicura di aver cucinato almeno qualcosa di commestibile.”

“Zitto tu!” replicò Mai dandogli una pacca sul braccio. “O il prossimo è per voi!”

Clarky, dall’angolo in cui si trovava, rabbrividì e si spostò impercettibilmente verso Angers stringendole un braccio attorno ai fianchi.

Hideto inorridì e si affrettò a chiedere perdono. Kenzo sbuffò. “E io che cosa c’entro?”

Plym alzò gli occhi al cielo e riprese a fargli scorrere davanti agli occhi una foto dopo l’altra.

“E crescono così veloce! Tu non te lo ricorderai, ma erano così piccoli.” Si piegò fino a portare la mano all’altezza delle sue ginocchia. “Ora invece non riesco più quasi a sollevarli. Fant soprattutto.”

Dan abbozzò un sorriso, più che altro divertito dal pensiero che Plym fosse in grado di sollevare il piccolo mazoku.

“Qui invece…”

Hideto le strappò il telefono dalle mani, scoppiando a ridere e voltando lo schermo verso gli altri due Maestri della Luce.

“Cieli, guardate questa!”

“Non ci posso credere,” Mai biascicò tra le risa. Kenzo sembrò sul punto di soffocare.

Dan dovette alzarsi per scoprire quale fosse la fonte di tanta ilarità. Sullo schermo, c’era Fant in piedi su una sedia, quasi proteso sopra un tavolo, che dava l’impressione di aver appena vinto una sfida di braccio di ferro con un uomo, l’istruttore Zolder gli ricordò Plym, con gli occhi stralunati e la faccia rossa dallo sforzo. En esultava a lato di Fant mentre dietro a Zolder una mazoku, Flora gli ripeté Yus, si copriva il volto con le mani.

“Dovevate vederlo la settimana successiva,” proseguì Yus dopo aver gettato un’occhiata alla foto. “Viveva in palestra. Continuava a ripetere che non poteva farsi battere da un bambino.”

“E com’è finita?” Dan non riuscì a resistere dal chiedere.

“Il decimo giorno, Flora ha praticamente sfondato la porta con un calcio e l’ha trascinato via sul terreno di gioco.” Plym fece una smorfia ed esagerò un brivido. “Quel giorno faceva davvero paura.”

La sua risposta non fece altro che dare il via a un nuovo scroscio di risate. Mai si afferrò al braccio di Hideto, quasi piegato in due. La risata di Kenzo cominciò a essere interrotta da acuti singhiozzi. In disparte, Clarky e Angers si scambiarono un’occhiata complice.

Dan guardò il gruppo, guardò i due coniugi, guardò Plym che si era rimpossessata del telefono e Yus che aveva ripreso in mano il suo tablet e cercava in tutti i modi, fallendo, di non ridere a sua volta.

E un po’ dell’invidia che aveva provato tornò a farsi largo dentro di lui. Ma la ricacciò via con maggior facilità. Doveva solo avere pazienza.

“Allora, la prossima…”

Foto dopo foto, Plym e gli altri gli raccontarono aneddoto dopo aneddoto sulla vita di En e Fant, dal giorno in cui erano stati trovati, dalla loro presenza nel viaggio nello spazio, fino a quello che stavano facendo a Nova Octo. I loro cibi preferiti, i loro passatempi, quello che stavano studiando.

“Mi dispiace interrompervi, ma la Regina Gilfam chiede se è possibile attivare le comunicazioni ora.”

Plym lanciò un’occhiataccia a Clarky e, borbottando, infilò il cellulare in tasca. “Ne avevo ancora da mostrare.”

Yus la guardò con un sopracciglio alzato. “Tu hai sempre altre foto da mostrare. I tuoi robot ci inseguono dappertutto.”

“Non voglio rischiare di perdermi qualcosa. Giusto, Mai?”

La Guerriera Viola annuì ridendo. “Giustissimo.”

“Riepilogando,” si intromise Hideto, “di tutta questa roba, ti riuscirai a ricordare le informazioni più importanti?”

Dan ridacchiò imbarazzato, conscio che, di quell’ammasso di informazioni, ben poche erano riuscite a consolidarsi nella sua memoria senza essere un groviglio confuso.

“Salvati da un gruppo di umani che voleva usarli come ostaggi. Mi si erano affezionati. Adorano mangiare. Sono venuti di nascosto nello spazio con noi.”

Mai si morse un labbro e sospirò, sedendosi al fianco del Guerriero Rosso. “Dovrà essere sufficiente.”

“Noi saremo comunque nella videochiamata con te,” si intromise Kenzo posizionandosi alle spalle di Dan. “Non è che sarai da solo. Saremo in grado di coprirti le spalle.”

“Grazie.”

Al cenno di Hideto, Plym attivò lo schermo del computer e avviò la videochiamata. Poi, si allontanò in silenzio alzando verso di loro i pollici in segno di incoraggiamento.

I quattro Maestri della Luce rimasero in silenzio, guardando con trepidazione l’inizio della comunicazione. Gli altri avevano lasciato a uno a uno la stanza, chi per necessità chi semplicemente per dar loro un po’ di privacy, con la promessa di tornare per salutarli prima della loro partenza.

La schermata di attesa scomparve e al suo posto apparve il volto della regina Gilfam.

“Maestri della Luce, ne è passato di tempo.” La mazoku posò il mento sul dorso della mano. Il suo sguardò si soffermò su ciascuno di loro.  “Come dicevo a Shinomiya, ho appreso con particolare interesse delle vostre ultime imprese. Non credevamo ti avremmo rivisto, Bashin Dan.”

Le sue parole furono seguite da un attimo di silenzio, poi Gilfam si sollevò dalla sedia.

“Non vi farò perdere altro tempo. Vi auguro il meglio nelle vostre future missioni, Maestri della Luce.”

E uscì dal campo di vista della telecamera. Il suo posto venne subito riempito. Una sedia apparve dal bordo superiore, affiancandosi con un tonfo sordo a quella già presente. La testa di En fu la prima a comparire, seguita a ruota da quella di Fant. Entrambi avevano un sorriso che mostrava tutti i loro denti.

“Mai! Dan! Kenzo! Hideto!”

I due piccoli mazoku quasi schiacciarono le loro facce contro la telecamera, strillando i loro nomi con entusiasmo. Si strattonarono e spintonarono per alcuni istanti prima di arretrare, sempre sorridenti.

E iniziarono a parlare.

Il racconto di tutto quello che En e Fant ritenevano importante, dalla scuola che frequentavano a Nova Octo allo strappo nei loro berretti preferiti, seguì un filo logico a cui solo i due piccoli mazoku riuscirono davvero a stare al passo. Saltavano da un discorso all’altro, anche a metà della frase, con sempre la stessa eccitazione dirompente e dando l’impressione che qualcuno, probabilmente la regina Gilfam, li avesse avvisati che la chiamata avrebbe avuto un tempo limitato. En e Fant sembravano davvero intenzionati a condensare in ogni minuto gli argomenti di un’ora.

A un certo punto, i due balzarono giù dalla sedia e scomparvero dalla visuale. I quattro Maestri della Luce si sporsero in avanti, piegandosi di lato quasi nella speranza che lo schermo potesse catturare un pezzetto in più della stanza.

Rumori di passi affrettati.

Una porta che sbatteva contro il muro.

Altri passi di corsa.

La voce severa di Gilfam.

“Scusaci!”

La porta che tornava a chiudersi.

Passi frettolosi e i due mazoku riapparvero con in mano un grosso foglio arrotolato. En e Fant si guardarono e ridacchiarono.

“Guardate!”

E spalancarono il foglio.

Era un disegno, neanche troppo elaborato o accurato. Le linee erano rozze, le figure semplici, i colori quasi sparpagliati sul foglio. Ma i Maestri della Luce si ritrovarono comunque senza fiato.

“Questi siamo noi.”

“Noi.”

En indicò con enfasi le due figure in primo piano, riconoscibili soprattutto per i due codini rosa e i capelli verdi. Poi la piccola mazoku spostò il dito su alcune figure sulla sinistra, elencandole una dopo l’altra.

“Questa è la Regina Gilfam.” “Gilfam.” Aveva i capelli viola, il vestito scuro e un’improbabile corona dorata sulla testa. “Gaspard.” “Gaspard.”

“Poi ci sono Plym, Yus…”

Codini arancioni e chiave inglese in mano, capelli blu e una riga dritta al posto della bocca.

“Barone, Clarky e Angers con il bambino.”

“Con il bambino.”

I Barone e Clarky del disegno sembravano star duellando attorno a un rettangolo marrone. Angers era quasi tonda, con due riccioli a spirale arancioni.

“E questi siete voi!”

“Voi!”

Lo annunciarono con ancora maggior orgoglio di prima, voltandosi verso di loro con enormi sorrisi, e schiacciando il foglio contro lo schermo.

I Maestri della Luce, come gli altri, erano a mala pena riconoscibili, più che altro grazie al colore dei capelli. Mai aveva un rettangolo viola alle spalle e in mano un ovale bianco e marrone. Kenzo era più occhiali che altro, con un rettangolo grigio stretto tra le mani. Hideto era seduto su due cerchi collegati da una linea spessa e i capelli blu erano nascosti da un cappello. Dan aveva spuntoni rossi al posto dei capelli, un rettangolino nero stretto tra le mani e una colonna multicolore che lo circondava.

“Qui è come Dan è tornato. Con un lampo di luce, come quando è andato via.”

“Come Dan è tornato.”

Dan piegò le dita della mano sulla gamba, le strinse a pugno senza distogliere lo sguardo da quei due entusiasti e ingenui bambini. No, non era tornato. Non come loro credevano. Quel Dan era ancora nei colori luminosi che avevano disegnato. Il nuovo Dan stava appena cercando di capire chi fosse.

“Ma è bellissimo!” La voce di Mai tremò di commozione.

“Ci siamo davvero tutti.” Hideto rise, ma senza alcuna traccia di derisione.

“I miei occhiali non sono così grandi,” bofonchiò Kenzo. Ma anche lui sorrideva.

Erano tutti felici. Era l’ennesima riunione di cui lui faceva parte di default, ma di cui non riusciva davvero a sentirsi parte. Gli avevano raccontato tante cose su loro due e non faticava a immaginarsi di potersi affezionare a loro. Era difficile non adorarli anche avendoli appena incontrati.

“Ti piace, Dan?”

“Ti piace?”

Il Guerriero Rosso trasalì e si ritrovò gli occhioni speranzosi ed eccitati dei due bambini fissi su di lui. E si scoprì a sorridere anche lui. Se non ci si soffermava troppo, poteva credere di averli davvero trovati in una piccola stanza di pietra, di aver passato tempo con loro, di averli visti scorrazzare come fulmini nei corridoi di un’astronave. Almeno per qualche minuto, per loro, poteva credere che fosse tutto vero.

“Valeva la pena tornare anche solo per questo disegno.”

En e Fant esultarono, saltando e battendo il cinque. Per poi saltare di nuovo giù dalla sedia e tornare con due mucchietti di carte. Hideto si illuminò non appena le vide.

“Abbiamo cominciato a giocare.”

“A giocare.”

I due sparpagliarono sul tavolo davanti a loro le carte, un ammasso costituito principalmente da carte rosse e viola. En afferrò una delle carte e la schiacciò contro lo schermo, imbronciata.

“Usiamo anche Bladra. Ma noi siamo più buoni con lui.”

“Più buoni.”  Sottolineò Fant con solennità.

Mai, Hideto e Kenzo si sbellicarono dalle risate. Dan alternò lo sguardo tra En e Fant, che lo fissavano con tale rimprovero da metterlo a disagio, e i tre che lo circondavano. Privo di aiuto da parte dei suoi ricordi e da parte dei traditori seduti al suo fianco, quasi piegati in due per l’ennesima battuta che lui non riusciva a capire, alzò una mano a strofinarsi la nuca.

“Che ho fatto?”

Quella domanda non fece altro che accentuare l’ilarità generale. En e Fant scossero la testa in sincro, sospirando con rassegnazione.

“È per questo che lo tratti male.”

“È per questo.”

Dan si agitò sulla sedia, sempre più in difficoltà, e rivolse loro un sorriso tirato. “Mi dispiace?”

Alla fine, fu Mai ad avere pietà di lui. Ancora ansimante per le risate, passandosi le dita sugli occhi e con una mano sullo stomaco, la Guerriera Viola attirò l’attenzione dei due mazoku.

“E come avete costruito i vostri mazzi?”

La domanda non distrasse solo i due mazoku. Anche Hideto si rizzò e tornò a fissare lo schermo, protendendosi in avanti sopra alla ragazza. Anche Kenzo si infilò tra le due sedie su cui lui e Mai erano seduti per intromettersi nei consigli del Guerriero Blu.

Dan si posò contro lo schienale e rimase a guardare il gruppetto attorno a lui, i due bambini che presentavano le carte da loro scelte e i tre Maestri della Luce che si alternavano nel dar loro consigli, con Hideto che si presentava come l’esperto di creazione dei mazzi.

E si sentì sereno.

Forse non ricordava l’amicizia che un tempo lo aveva legato a tutti loro, ma poteva ripartire da zero, ricrearla come aveva fatto con il proprio mazzo.

Nel frattempo, poteva sempre godere di momenti come quelli, finché, un giorno, non ne avrebbe fatto parte davvero.

Elisabeth aveva parlato con i suoi nonni, per così tanto tempo che erano sembrate ore. Aveva sperato che servisse a schiarirle la mente, a placare l’ansia e i dubbi sulla scelta che Yuuki le aveva messo davanti. Ma, anche se aveva letto nei loro sguardi e nei loro gesti la scelta che avrebbero voluto prendesse, non ne avevano fatto parola, pregandola ancora e ancora di riflettere bene. E i dubbi erano rimasti, lasciandola divisa a metà.

Chiuse gli occhi, obbligandosi finalmente a distogliere lo sguardo dalla tenue macchia scolorita del soffitto. Per poi posarlo d’istinto sulla piccola mensola nell’angolo, con le foto di suo padre e suo fratello. Il pallido filo di fumo dell’incenso ne confondeva appena i contorni.

Elisabeth sorrise nel vedere la foto di suo fratello. Era una di quelle che più le piacevano, lui tutto sorridente e con la faccia sporca di torta di compleanno.

E, come ogni volta, il suo sguardo si spostò un po’ più a destra, sulla mensola vicina, dove c’erano le foto di sua madre. Erano solo ritagli di giornali, stampe del suo volto prese dai servizi televisivi, vicino all’ultima foto che le aveva ritratte insieme felici. Il suo primo giorno di scuola delle medie, ancora con l’apparecchio e ancora così cieca davanti alla frattura sempre più grande tra i suoi genitori.

Non c’erano più state molte occasioni per foto felici per loro due.

Dopo il divorzio, dopo che aveva lasciato il Giappone, l’aveva rivista solo due volte di persona. Al funerale di suo fratello e un paio di mesi dopo il funerale di suo padre. L’aveva incontrata per caso al cimitero, silenziosa e inaspettata presenza di fronte alla lapide del padre.

Perché così tanti momenti miliari della sua vita si erano svolti al cimitero?

Elisabeth distolse lo sguardo, coprendosi il viso con le mani e zittendo così l’amara risata che le salì alle labbra.

“Non avrei sopportato gli sguardi, il loro giudizio, il ribrezzo per quello che ho voluto essere.”

Aveva voluto gridare quel giorno, dirle che non le importava niente, che continuasse a viaggiare quanto voleva, a fare i suoi servizi d’inchiesta, a mostrare le ingiustizie con le sue interviste. Per lungo tempo aveva provato rancore verso la sua famiglia, verso suo padre e i suoi nonni che l’avevano obbligata a scegliere, verso sua madre che aveva rinunciato a lei. Ma poi sua madre aveva ripetuto quanto assomigliasse a suo padre. E lei era stata zitta, l’aveva lasciata andare via.

Suo padre era stata la goccia che corrode la pietra, i suoi gesti piccoli ma costanti.

Sua madre era un fiume in piena che voleva cambiare il mondo con la sua forza. Suo fratello le aveva assomigliato tanto.

Elisabeth si morse un labbro e si alzò dal letto con un sospiro. Raggiunse lentamente la scrivania, gettando appena uno sguardo all’armadio aperto e lo zaino rovesciato a terra, resti del primo quarto d’ora di puro entusiasmo, e si sedette davanti al computer.

Attivò il software delle videochiamate chiedendosi che cosa si aspettasse dal parlare con sua madre. Non si era opposta alla scelta di studiare archeologia, ma non ne era stata neppure entusiasta. Andare a Gran RoRo sarebbe stata un’azione sufficientemente risoluta per lei? Lo sarebbe stato combattere a fianco dei Maestri della Luce?

Cominciò a tamburellare sul mouse.

Al terzo tentativo fallito di instaurare una connessione, Elisabeth chiuse il computer e si inclinò in avanti, posando la fronte al tavolo. Lacrime le pizzicarono le ciglia.

Lei non era capace di grandi gesti plateali.

Non avrebbe mai avuto il coraggio di gettarsi da una finestra.

O viaggiare sola per il mondo.

O guidare un gruppo di scienziati senza neanche essere adolescente.

O coordinare l’evacuazione di un intero popolo.

Lei portava riso e coperte ai senzatetto. Aiutava a raccogliere fondi. Sognava di portare alla luce dettagli del passato per chiarire convinzioni che fossero errate.

Elisabeth tornò ad alzare il busto e guardò ancora una volta le foto della sua famiglia. Poi, prese un profondo respiro e si alzò bruscamente dalla sedia, avviandosi con passo deciso verso l’armadio.

Avrebbe dimostrato che anche una goccia poteva fare la differenza.

Yuuki si fermò ai piedi della scalinata e si guardò attorno. Strada e marciapiede erano poco trafficati e le persone più vicine erano un gruppetto di ragazzini davanti alle porte del centro di Battle Spirits.

Alzò lo sguardo verso le siepi che riempivano la sua terrazza.

Era di nuovo lì, dopo appena pochi giorni.

Il ragazzo inspirò e salì con passo lento e misurato, pronto a reagire a qualunque minaccia. Era un’abitudine che, a volte, diventava opprimente. Si infilò in uno dei vialetti, quello che lo avrebbe portato alla meta con la strada più lunga. Si fermò dietro l’ultimo angolo e si sporse appena.

Kaoru e Andrew erano lì, in piedi a pochi metri da lui. La donna era seduta sul muretto e l’uomo di fronte a lei. Ai loro piedi c’erano dei borsoni. Stavano discutendo tra di loro, animatamente nonostante il basso tono di voce, muovendo le mani e ogni tanto sfiorandosi le braccia. Erano soli.

Rassicurato, Yuuki controllò un’ultima volta attorno a sé e uscì sul vialetto. Andrew si accorse immediatamente della sua presenza e si voltò verso di lui, Kaoru lo imitò e, riconosciutolo, balzò giù dal muretto. L’uomo intrecciò immediatamente le sue dita con quelle della compagna, impedendole così di fiondarsi contro Yuuki.

Kaoru riuscì a contenersi appena il tempo necessario che il Guerriero Bianco fosse a un passo da loro.

“Dov’è Mai? Come sta?”

“Sta bene. Stanno tutti bene. Sono a Gran RoRo.”

La tensione lasciò in un soffio il corpo di Kaoru che si appoggiò al fianco di Andrew, che subito le passo un braccio attorno alle spalle e le sfiorò una tempia con le labbra.

“Mai vi aspettava per le festività del nuovo anno.”

Andrew ridacchiò e la punta delle sue orecchie avvampò. “Ecco, in realtà, c’è stato un piccolo cambio di programma. Stavamo per imbarcarci quando abbiamo ricevuto il vostro messaggio.”

“Tempismo impeccabile,” borbottò la donna.

“Kaoru voleva che abusassi del mio grado per ottenere un trasporto più veloce.”

La donna lo colpì sul fianco con una gomitata. “Abbiamo capito che era una pessima idea. Era la tensione, ok? Possiamo parlare di cose più importanti?”

Sapevano tutti e tre benissimo che, la sorella della mia fidanzata e i suoi amici sono tornati di nuovo a Gran RoRo senza preavviso, non sarebbe stato un motivo sufficientemente valido per richiedere un volo militare privato per Tokyo. Anzi, Andrew avrebbe rischiato di perdere il proprio grado, e la propria faccia, con una richiesta del genere.

“Ad esempio, come mai tu sei qui e loro no.”

Yuuki posò la schiena contro una delle siepi e incrociò le braccia.

“Solo temporaneamente. È un caso che siate riusciti a incontrami. Sono venuto per mettermi in contatto con un nuovo Maestro della Luce.”

“Qualcuno che conosciamo?” scherzò Andrew.

“In effetti sì, Mai credo ve ne abbia parlato. Nakano Elisabeth, la ragazza che mi ha soccorso quattro anni fa.”

I due sgranarono gli occhi e non riuscirono a trovare parole. Il Guerriero Bianco fece un cenno verso i borsoni.

“Il vostro bagaglio? Da quante ore siete arrivati?”

Andrew si riscosse e si avvicinò alle borse. “In realtà no. Siamo atterrati l’altro ieri. Queste sono cose per voi.”

Kaoru lo affiancò e sollevò un borsone grigio e viola, un pupazzetto dalle somiglianze di Mai appeso al manico.

“Dopo il vostro messaggio, i nostri genitori si sono messi in contatto con le altre famiglie, con gli Hyoudo e i Suzuri. Eravamo tutti un po’ fuori di testa in queste ultime ore, ricevere il messaggio che il tuo numero era tornato contattabile ci ha veramente salvato.”

Andrew lanciò uno sguardo cospiratorio verso Yuuki e usò un tono di voce che fingeva soltanto di essere sussurrato.

“Era come il giorno prima delle ferie in cui la sveglia non funziona e le valigie sono ancora vuote.”

“Ray Andrew, stiamo cercando di fare un discorso serio noi.”

L’uomo le rivolse un sorriso smagliante e le prese la mano per portarsela alle labbra.

“Chiedo perdono, mia diletta.”

Kaoru alzò gli occhi al cielo, ma le labbra si piegarono in un evidente sorriso. Poi, la donna fece cenno ad Andrew di smetterla e tornò a voltarsi verso Yuuki.

“Abbiamo pensato che almeno in questo modo potevamo aiutarvi. Mamma ha detto che Mai era in spiaggia l’altra mattina, dubito che possa avere granché con sé. È veramente andata a Gran RoRo in infradito?” Kaoru scosse la testa abbozzando una risata. “Non è molto, ma-”

Yuuki afferrò il manico del borsone e fece un cenno con il capo. “Sarà molto per tutti.”

La donna annuì e gli lasciò il borsone. Andrew aveva già in mano gli altri due.

“Cercate di non cacciarvi in guai più grossi di quelli in cui siete già.”

Yuuki prese lo zaino che gli passava Andrew, così consumato dall’uso che poteva solo essere uno di quelli di Hideto, e se lo mise in spalla. Sistemò anche quello di Mai in spalla.

“Yuuki.”

Kaoru aveva estratto dalla borsa una grossa busta e la continuava a stropicciare tra le mani. I loro sguardi si incrociarono e la donna gliela porse bruscamente, gli occhi improvvisamente umidi.

“Dalla a Mai. Per favore.”

Il Guerriero Bianco afferrò la busta. Kaoru, non appena l’involto lasciò le sue mani, deglutì e gettò le braccia al suo collo, cogliendolo di sorpresa.

“Tienili d’occhio, ti prego,” mormorò la donna con il volto premuto contro la sua spalla. “Non possiamo perdere nessuno di voi.”

“Farò di tutto per proteggerli.”

Kaoru annuì e si separò da lui, venendo subito accolta dalle braccia di Andrew. Poi, i due lo guardarono con determinazione, nonostante le lacrime e le espressioni rassegnate.

“Vi aspettiamo. Tutti.”

Yuuki afferrò l’ultimo borsone, quello di Kenzo. “Non so ancora cosa ci aspetterà, ma non permetterò a nessuno di far loro del male. Ve li riporterò.”

Kaoru si morse un labbro, distogliendo lo sguardo e voltandolo verso l’alto.

“Anche tu, cerca di non metterti a sacrificarti. Dovete proteggervi a vicenda. Vi rivogliamo tutti a casa,” ripeté Andrew stringendo con più forza la compagna a sé.

“Torneremo.”

Dopo, non ci fu più molto altro da dire. Yuuki sistemò la busta al sicuro e salutò i due. Il momento in cui Aileen avrebbe riaperto il varco per il futuro si stava avvicinando. E, con o senza Elisabeth, Gran RoRo lo aspettava. Ma, prima di quel momento, c’era un ultimo posto in cui doveva andare.

Yuuki posò i borsoni ai piedi della lapide che ancora lo ritraeva e superò i pochi metri che lo separavano dalla sua meta. Arrivato davanti a essa, si lasciò scivolare a terra. E rimase così, immobile, inginocchiato, a fissare il volto nella foto, il volto della sorella che era morta per proteggerlo e che, non soddisfatta, era tornata anche a riportarlo fuori dal coma.

Il Guerriero Bianco allungò la mano e le sue dita sfiorarono appena il vetro che proteggeva la foto dalle intemperie. La allontanò subito, come se ne fosse stato scottato, e distolse lo sguardo. Sul suo volto apparve una smorfia sofferente e le sue ciglia si inumidirono.

Aveva sempre creduto che il torto più grande che le avesse fatto fosse stato non riuscire a salvarla, a non darle il futuro che le aveva promesso. Anche uscito dal coma, il suo più grande rimorso e rimpianto era stato quello.

L’avrebbe continuato a pensare per il resto della sua vita, ma era tornato a Gran RoRo e aveva incontrato Aileen Dealan.

Aveva sempre immaginato si sarebbe finalmente sentito in pace una volta mantenuta la sua promessa, una volta che l’avesse ritrovata.

Invece, la Guerriera Verde, con la sua determinazione nel difendere con unghie e denti la propria individualità, l’aveva messo davanti all’amara realtà.

A morire in quel giorno d’estate, tra cespugli di rose avvizzite, era stata Momose Kajitsu, la sua amata sorellina. Era lei che aveva perso per sempre sei anni prima.

Rivoli di lacrime gli bagnarono le guance.

“Ti ho mai davvero conosciuta, sorellina?”

Perché Aileen aveva ragione. Quella vita, quei ricordi non erano loro. Erano dentro di loro, ma non erano loro. Ma non riusciva a farne una colpa ai due bambini che erano stati, ritrovatisi all’improvviso senza una famiglia, una famiglia che mai davvero li aveva accettati. Si erano aggrappati a quelle che avevano potuto, a quell’unica cosa che dava loro una speranza per il futuro, alle strane favole raccontate da una voce di bambina.

Ma, da iniziale conforto, era diventata una spirale da cui non erano più riusciti a uscire. E, giorno dopo giorno, Momose Kajitsu e Momose Yuuki erano scomparsi, assorbiti da un passato che avevano fatto diventare il loro presente.

Era stata solo Aileen a rispondergli con rabbia? O nelle sue parole si era celato il mai espresso rancore di quella bambina che non aveva mai potuto sbocciare sotto il fardello di un’altra vita?

Era stato uno sprovveduto.

Yuuki si avvicinò ancora alla lapide, posandovi la fronte contro la superficie ruvida e fredda. E, per la prima volta, non pianse la perdita di colei la cui vita si era intrecciata alla sua in una diversa era, pianse la sorella che aveva perso, la sorella che non aveva mai conosciuto.

La bambina che aveva costruito castelli di sabbia con lui.

La bambina che rideva sempre quando giocava con lui.

La bambina che gli portava il proprio orsacchiotto quando era triste.

Perdonami.”

Strinse le dita attorno ai petali appassiti.

Perdonami.”

Una sottile brezza gli sfiorò il viso, spazzò via le briciole di petali scivolate tra le sue dita. Fu il silenzio a spingerlo a staccarsi dalla lapide, a guardare la foto che non riusciva davvero a dare giustizia alla sua sorellina.

Yuuki allungò la mano e staccò uno dei petali dalle rose ancora in fiore. Lo sfiorò con il polpastrello e lo infilò nella tasca della propria felpa.

“Non farò lo stesso errore. Anche a costo di non averti al mio fianco.”

Il Guerriero Bianco sfiorò ancora una volta la foto, una carezza fredda su un volto che avrebbe dovuto essere morbido e caldo. Ma non poteva cambiare il passato, per quanto soffrisse, per quanto rimpiangesse non aver preso decisioni diverse. Si alzò in piedi ed estrasse dalla tasca Ragna-Rock, senza che i suoi occhi si staccassero dal volto sorridente immortalato nel vetro.

“Ti voglio bene, sorellina. Mi manchi.”

E si allontanò. Afferrò i borsoni e se li mise in spalla, lasciò che i sentierini lo guidassero all’uscita. Neanche una volta permise che la nuova ferita aperta nel suo cuore lo spingesse a voltarsi.

Un tempo, non era stato in grado di proteggerla dalla crudeltà del suo regno, implacabile e gelida come le tormente, e non era stato in grado di proteggere sua sorella dalla crudeltà del mondo e dalla folle ambizione del Re del Mondo Altrove, dal Nucleo Progenitore e dalla sua stessa stoltezza.

Non avrebbe permesso che succedesse un’altra volta.

Era arrivato il momento di scoprire il futuro. Il suo futuro.

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Salve a tutti! Non è il solito giorno da update, ma non volevo farvi aspettare ancora fino a lunedì.

Siamo tornati a uno dei capitoli “classici” (il che fa un po’ ridere a dirlo, visto che questo è Battle Spirits… e uno potrebbe pensare che i duelli dovrebbero essere l’elemento “classico”) tutto incentrato su personaggi ed emozioni. E forse dovrei chiedervi scusa per essere passata dalle parti iniziali a quella finale di Yuuki? Mio fratello quando l’ha letta ha detto che era come “rivivere una seconda sparizione di Dan”… e se è così, devo essere sincera, la scrittrice in me non è nemmeno tanto pentita.

Comunque, stiamo arrivando verso la fine dell’episodio e sia nel futuro sia sulla Terra si stanno tirando le somme. Il duello è finito, Yus ha avuto il duello che tanto aveva desiderato (e no, non dirò nulla su come possa essere finito… sta a voi immaginarlo), abbiamo rivisto En e Fant (ho esagerato con la dolcezza?), Elisabeth ha preso la sua decisione.

Per quanto riguarda Yuuki e in particolar modo la scena nel cimitero, penso sia un passo necessario per il suo personaggio e il suo sviluppo. Flora e Zolder hanno dimostrato nella serie come avere i ricordi delle vite passate non cambia in alcun modo la propria personalità (il “gentil” modo che caratterizza i loro comportamenti è decisamente poco legato ai loro ricordi). Ripensando a come Yuuki e Kajitsu hanno sempre parlato della loro situazione, mi ha fatto pensare che fin da bambini abbiano usato quei ricordi come un rifugio sicuro, qualcosa che li spingesse ad andare avanti nella situazione tragica in cui erano. Ma, penso che siano andati troppo oltre e il loro legame con le loro vite passate sia diventato “malato”. Questo Yuuki aveva bisogno di capirlo e penso che l’incontro con Aileen (e il suo diverso atteggiamento verso questi ricordi) sia stato quello che ha fatto scattare qualcosa e glielo ha fatto realizzare.

Finite queste mie elucubrazioni, grazie a tutti quelli che leggono (pochi ma buoni) e il solito grazie speciale a ShawnSpenstar (per le sue sempre lunghissime recensioni)!

Come sempre, per qualunque cosa, dubbio e commento, io sono qui e se volete potete lasciarmi una recensione (corta o lunga che sia, per me non ha importanza) per dirmi cosa ne pensate.

A presto,

HikariMoon

P.S. con il prossimo capitolo (oltre a mazzi e turni del duello) ci sarà una grandissima sorpresa per voi che spero vi piacerà! Io sono stra emozionata! Era già da tempo che volevo farvi questa sorpresa, ma come vedrete è alquanto laboriosa. Qualcuno di voi indovinerà che cos’è?

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8

Yuuki si avviò sul vialetto che separava la strada dalla residenza Nakano. L’automobile di Kosuke non c’era più, segno che aveva finito di sistemare il giardino. Entrò nell’atrio e posò zaini e borsoni.

“Yuuki, sei tu? Viene in salotto, caro.”

“Signori Nakano,” disse il Guerriero Bianco non appena mise piede nel salottino. I due coniugi, nonni di Elisabeth, erano seduti sul divano. La donna aveva gli occhi vagamente arrossati mentre l’uomo stringeva tra le dita il pomolo del suo bastone, le nocche quasi bianche.

“Nostra nipote ci ha raccontato il motivo del tuo ritorno.”

Yuuki si limitò ad annuire. Non era compito suo cercare di giustificare la situazione. Elisabeth era una Maestra della Luce. Era solo suo diritto decidere se rispondere alla chiamata oppure no. Aveva già sbagliato in passato, obbligando o manipolando la decisione in quelli che ora erano i suoi amici. Non più. Lui non si sarebbe opposto, qualunque fosse stata la sua decisione.

La nonna di Elisabeth abbassò lo sguardo sulle proprie mani strette in grembo, che continuava a stringere tremanti.

“Tu sai che la nostra famiglia ha avuto una storia complicata, lo sai che c’è voluto un soffio che Reiko venisse portata via da sua madre.”

“Ci è rimasta solo lei. Prenditene cura,” si intromise il nonno incrociando il suo sguardo, penetrante e severo come ogni volta che qualcosa legato alla famiglia entrava in un discorso.

Rumore di passi affrettati giunsero dalla scala, qualcosa sbatté contro il muro. Elisabeth si fiondò nella stanza un istante dopo, arrestandosi appena in tempo prima di finire contro Yuuki. La ragazza aveva in spalla uno zaino che sembrava più grande di lei. A tracolla indossava invece la sacca dei suoi attrezzi.

“Mi sembrava di averti visto arrivare!” trillò eccitata per poi voltarsi verso i due anziani. “Nonni, ne abbiamo già parlato! So cavarmela e Yuuki e tutti gli altri saranno con me.”

“Tesoro mio, ci preoccuperemo finché non ti rivedremo.”

Elisabeth corse al divano e, nonostante gli zaini, abbracciò i due. “Mi mancherete così tanto.”

“Stai attenta, Reiko.”

La sveglia sull’orologio di Yuuki suonò. Gli altri tre presenti nella stanza si voltarono verso di lui.

“Gli altri stanno per tornare. È ora di andare, Elisabeth.”

La ragazza annuì. Fulminea, si piegò ancora una volta per schioccare un bacio sulle guance dei due anziani.

“State bene. E salutate ancora Kosuke. E la signora Yoshido. E-”

“Staremo bene, nipote. Andate.”

Elisabeth sorrise verso i due e uscì dalla stanza. Yuuki si voltò un’ultima volta verso i due coniugi.

“Avete la mia parola.”

La nonna sorrise malinconica, il nonno annuì solennemente.

Yuuki raggiunse Elisabeth in corridoio e la vide sollevare il borsone che lui aveva preparato prima di uscire.

“L’ho preso dalla tua stanza quando ti ho sentito arrivare.”

“Sicura di riuscire a portare anche quello?”

“Tu ne hai tre da portare, credo di potermela cavare per qualche metro.”

Il Guerriero Bianco cedette e, ripresi in spalla i tre zaini e borsoni, uscì accompagnato da Elisabeth. In silenzio, uno di fianco all’altra, raggiunsero il punto in cui, ore prima, si era aperto il portale che aveva riportato lì Yuuki.

I due si fermarono.

“Dobbiamo aspettare? O fare qualcosa?”

“Ci sono dei varchi per Gran RoRo, nei punti più sottili tra esso e questo mondo. Se il Nucleo Progenitore non si oppone alla loro apertura, possono essere usati per attraversarli, soprattutto se sei un Maestro della Luce. Basta solo concentrarsi e volerlo.”

Yuuki chiuse gli occhi per un battito di ciglia. Un tenue chiarore bianco, che nella luce del giorno uno avrebbe potuto neanche accorgersene, tremò davanti a loro. Poi un lampo a pochi passi da loro. Elisabeth si voltò di scatto, la bocca spalancata e gli occhi sgranati. A pochi passi un varco luminoso era apparso, bianco e lucente, attraversato da scosse di energia.

Elisabeth deglutì, sentendosi improvvisamente piccola piccola. E folle. Oltre quel varco l’aspettava un mondo che non conosceva, pieno di pericoli che non conosceva. Avrebbe rischiato di essere solo un intralcio per gli altri Maestri della Luce. Quasi certamente più debole nei duelli, certamente più inesperta rispetto a loro che quel mondo lo avevano già salvato.

La ragazza strinse le mani a pugno e sentì i palmi freddi e sudati. Il cuore accelerò i suoi battiti. E lei continuava a fissare, affascinata e terrorizzata, il varco luminoso.

Stava davvero prendendo la decisione giusta?

Yuuki le posò una mano sulla spalla. “Puoi ancora cambiare idea.”

Elisabeth trasalì e incrociò il suo sguardo, si rese conto che lui era veramente sincero. Tornò a voltarsi verso il portale. Chiuse gli occhi e inspirò.

“No.”

Aprì nuovamente gli occhi e sorrise. “Ho preso la mia decisione. E, poi, qualcuno deve tenerti d’occhio!”

Yuuki annuì ed Elisabeth lo imitò. Insieme, affiancati, attraversarono il varco luminoso.

I nonni di Elisabeth rimasero a guardare dalla finestra finché l’ultimo lampo di luce svanì nel nulla.

L’attraversamento del portale fu più breve di quanto Elisabeth si sarebbe potuta aspettare, giusto il tempo di chiudere gli occhi contro l’accecante bagliore. La ragazza li aprì e niente era come un attimo prima.

Le aiuole curate del giardino, che aveva visto crescere negli anni, erano state sostituite da una foresta lussureggiante, enorme e piena di piante che non avevano nulla da spartire con quelle della Terra.

Elisabeth lasciò cadere a terra il borsone di Yuuki, evitando per puro caso una pozzanghera, e avrebbe fatto cadere anche il suo se non fosse stato ben saldo sulle sue spalle, e si portò le mani alla bocca. Il suo sguardo continuava a muoversi, ogni cosa attirava la sua attenzione e le impediva di formulare un pensiero coerente.

“Sono davvero a Gran RoRo,” sussurrò contro i palmi delle sue mani.

“Tutto bene?”

La Guerriera Gialla distolse bruscamente lo sguardo da un fiore tigrato e lo fermò sul volto divertito di Yuuki.

“Benvenuta a Gran RoRo, Elisabeth.”

E lei scoppiò a ridere, allo stesso tempo euforica e incredula. Corse avanti e chiuse gli occhi, ruotando su sé stessa. Si fermò un attimo dopo e incrociò ancora lo sguardo di Yuuki, nuovamente seria.

“Sicuro che sia stata una buona idea portarmi qui? Non ho alcuna esperienza a differenza vostra.”

Yuuki alzò le spalle e le sorrise rassicurante, sollevando anche il proprio borsone.

“Tu non hai visto gli altri nei loro primi giorni a Gran RoRo. Qualche volta, mi chiedo ancora come abbiamo fatto a sconfiggere il Re del Mondo Altrove.”

“Erano veramente così –”

“Peggio, ma in loro difesa, li avevamo quasi obbligati a venire.”

Il Guerriero Bianco si avviò tra la boscaglia, su un sentiero che lei non riusciva a vedere, confermandole che la loro metà era la famosa Limoviole. Elisabeth lo affiancò immediatamente, anche se dovette accelerare per stare al suo passo.

“Non ero uno dei buoni, Elisabeth. Non per tanto tempo.”

Elisabeth sbuffò e obbligò Yuuki a cederle il borsone dopo un paio di strattoni. “Ma ti sei pentito e hai rimediato. Possiamo non cambiare discorso? Sono io il pesce fuor d’acqua in questa situazione.”

“Andrà tutto bene.”

Il portale li aveva riportati a poca distanza da dove lui aveva lasciato Gran RoRo, ma per il tragitto di ritorno impiegarono quasi il doppio del tempo. In parte, la colpa era di tutto l’armamentario di zaini e borsoni che si stavano trascinando dietro, in parte (la causa maggiore) era perché ogni cosa attirava lo sguardo e la curiosità di Elisabeth. Più di una volta Yuuki l’aveva convinta a proseguire dopo l’ennesima domanda, in genere sulla flora e la fauna di quel regno, di cui lui non conosceva minimamente la risposta.

Il Guerriero Bianco fu decisamente sollevato di vedere il profilo dell’astronave sbucare dal sottobosco.

Ai piedi della Limoviole, a pochi passi della rampa, Aileen e Magisa erano sedute a gambe incrociate. Entrambe aprirono gli occhi e si voltarono nella loro direzione al loro arrivo. Serjou emerse dall’astronave e le raggiunse. Elisabeth zittì di botto e rallentò bruscamente il proprio passo.

Il granroriano fu il primo a venire loro incontro e ad affiancare Yuuki.

“Sono lieto nel constatare che la vostra missione ha avuto buon esito, Guerriero Bianco.”

“Più di quanto potessimo sperare,” replicò e indicò con un cenno del capo i borsoni che avevano con lui.

Serjou afferrò il borsone di Mai, voltandosi verso Elisabeth. Aileen e Magisa li raggiunsero nello stesso momento. La ragazza si immobilizzò a pochi passi da loro, deglutì e si inchinò così bruscamente che, per un attimo, lo zaino sulle sue spalle sembrò avere tutta l’intenzione di finire oltre la sua testa. Il borsone di Yuuki finì ancora una volta a terra con un tonfo.

“Onorata di conoscervi. Sono Elisabeth Reiko Nakano. Ma preferisco che mi chiamiate Elisabeth. O Liz. Cioè, se avete bisogno di chiamarmi. O devo imparare a rispondere a Guerriera Gialla?”

Serjou chinò il capo verso di lei, Aileen sorrise divertita e Magisa scoppiò a ridere, raggiungendola e posandole le mani sulle spalle per farla rimettere ritta.

“Non so cosa ti hanno raccontato i Maestri della Luce, ma non siamo così formali e non mordiamo.”

“I suoi stivali sì,” aggiunse Aileen piegandosi in avanti e sussurrando dietro alla mano.

Elisabeth arrossì di bottò e abbassò lo sguardo, balbettando sottovoce. Per rialzare bruscamente la testa alle parole della granroriana e gettare uno sguardo allarmato ai piedi di Magisa.

“Io sono Maga Magisa, ma solo Magisa va benissimo. E gli stivali mordono solo i maleducati,” proseguì la donna lanciando un’occhiataccia ad Aileen. “Felice di averti qui con noi, Elisabeth.”

La Guerriera Gialla rialzò di scatto lo sguardo, inspirò rumorosamente e sorrise a trentadue denti.

Quella Maga Magisa? La Maga del Mondo Altrove? La Maestra del Nucleo Progenitore? Ti ho visto in uno dei servizi televisivi!”

Magisa drizzò la schiena e allargò le spalle, compiaciuta e inorgoglita. “In persona.” Poi allungò la mano ai capelli, esitò e tornò ad abbassarla ridacchiando nervosamente. “Anche se ora sto affrontando un po’ di problemi. E temporaneamente non custodisco più neppure il Nucleo.”

“Oh,” Elisabeth si morse un labbro e si voltò verso Yuuki indignata. “Potevi anche dirmelo!” E ruotò per guardare nuovamente la Maga. “Ma se non l’hai tu…”

Aileen fece un passo avanti, alzando la mano e sforzando un tono allegro. “Presente!”

Quando i loro sguardi si incrociarono, la granroriana porse la mano, ancora parzialmente bendata. “Aileen Dealan, temporanea Maestra del Nucleo Progenitore. Tecnicamente sarei solo la Guerriera Verde, come Kenzo, ma si fa quel che si può. Conto che risolveremo il problema il prima possibile.”

“Piacere mio.”

Aileen lasciò la presa e intrecciò le loro braccia, guidandola verso la Limoviole.

“Vieni che ti mostro dove sistemarti. Credo che condividerai la stanza con Mai.”

Mentre le due si avviavano, Magisa afferrò il borsone lasciato indietro da Elisabeth e si accodò a Yuuki e Serjou nel seguirle verso l’interno, inclinando la testa verso i loro fardelli.

“Saranno felici di tutto questo.”

“Ci sono anche gli album di Hideto.”

Magisa ghignò. “Siamo felici di tutto questo.”

“Cosa ne pensate?”

Barone posò la mano sopra la scrivania e spostò lo sguardo sulle proiezioni di Duc, Shima e Izarz. I due coniugi avevano espressioni gravi.

“Dato che non sei il tipo da disturbare le persone per sentire le tue lodi,” replicò con tono divertito Izarz, “immagino ti riferisca alla situazione del Guerriero Rosso.”

Barone si limitò ad alzare un sopracciglio, per poi voltarsi verso Duc.

“Potrebbe essere simile a quanto ti successe otto anni fa?”

Il mazoku interpellato sospirò e incrociò le braccia. “Non sono un esperto, ma temo che quanto mi successe non possa essere confrontabile con le conseguenze dell’interazione con la Rampa di Lancio.”

“Dopotutto, mio marito subì soltanto un lavaggio del cervello, per quanto indotto da poteri magici.”

Izarz si girò verso la coppia, piegandosi leggermente in avanti con le mani congiunte davanti a sé. “Nessun rancore, mi auguro.”

Shima gli rivolse uno sguardo gelido e le zampe di ragno attorno al suo corpo si contrassero. Izarz tornò dritto sorridendo nervosamente.

“Comunque,” riprese con tono spavaldo, “posso confermarlo anche io. Ero perfettamente consapevole che Duc avrebbe recuperato progressivamente tutti i suoi ricordi se fosse riuscito a sfuggi-” Shima tossì. “Ehm, se fosse riuscito a restare sufficientemente a lungo alle cure della propria famiglia. Se speravi di trovare in noi un rimedio per recuperare la memoria di Bashin-”

Barone si alzò dalla sedia e spostò lo sguardo sulla città visibile oltre la vetrata del suo ufficio. Non si era illuso di trovare la risposta. Anche Gilfam lo aveva messo in guardia, quando l’aveva ricontattata per richiedere ulteriori dettagli su quanto avesse fatto intendere di sapere sulla condizione di Dan durante la riunione.

“Viole Mai è stata cauta nel presentare i rischi che comporta riportare indietro qualcuno dal Nucleo Progenitore. E fin troppo ottimista nel presentare il recupero della memoria di Bashin.”

Il mazoku tornò ad avvicinarsi alla scrivania, appoggiandovi una mano.

“Neppure in tutte le tue ricerche nel mondo della magia?”

Izarz posò una mano sul fianco e scosse la testa. “Dovrei essere a Gran RoRo per riuscire a far ricerche su un potere pari a quello del Nucleo Progenitore. Attualmente, non credo di poter darti più informazioni di quelle che la Regina Gilfam ti ha sicuramente già fornito.”

“Vi ringrazio.”

Le tre proiezioni svanirono e la stanza tornò a farsi silenziosa. Barone si sedette nuovamente, estraendo il proprio deck e rivelando le prime quattro carte. Pheonix-Siegwurm, Strike-Apollodrago, Nemelion e Archerion.

“Ho fiducia in te, Bashin Dan.”

“E raccontate, raccontate di quella volta che avete fatto a gare su chi dei due reggesse meglio l’alcol!” Kenzo biascicò in mezzo alle risate.

Mai e Hideto inorridirono, sbiancando leggermente, al veder tirare fuori quella vicenda che si erano giurati a vicenda di non nominare mai.

Clarky, Angers, Plym e Yus, pure Dan travolto dall’entusiasmo del gruppo, furono fin troppo interessati a quella notizia.

“Questa la voglio sentire. Mi sono perso la vostra prima sbornia!” Clarky si portò una mano al petto, fingendosi ferito.

“Se vi può tirare su di morale,” aggiunse Plym, “non è che Yus-”

“Plym! Avevi giurato!”

La giovane donna zittì e gli mostrò la lingua. L’attenzione di tutti tornò sui due Maestri della Luce, ancora a bocche cucite e con sguardi che promettevano vendetta.

“Credo che fosse il compleanno di Hideto,” iniziò Kenzo ignorando le mute minacce degli amici. “Non mi ricordo neppure com’è iniziata. Abbiamo provato a fermarli, eh, io e Yuuki. Ma abbiamo fallito.”

“Mai, no! Non puoi testare se in skateboard arriveresti al piano terra prima che con l’ascensore.”

La ragazza ondeggiò e saltò per l’ennesima volta. La punta delle sue dita non riuscì neppure a sfiorare il bordo dello skateboard, saldamente tenuto a distanza di sicurezza da Yuuki. Quando atterrò, il Guerriero Bianco le afferrò il braccio per evitarle un capitombolo sul divano.

“Preferirei che la tua famiglia ti ritrovi intera al loro rientro da Kyoto.”

“Dai, Yuuuuki! Non fare il guastafeste.” Le lamentele di Mai vennero interrotte da un singhiozzo.

La ragazza ridacchiò e afferrò una bottiglia mezza vuota da un mobile. La sollevò alle labbra per ritrovarsi la mano vuota. Mai aggrottò la fronte e portò le mani sui fianchi, ondeggiando una seconda volta. La bottiglia era in mano a Yuuki.

“Se hai lo skateboard, la bottiglia è mia.”

“No.”

“Nooiooso.” A braccia conserte e con il broncio, Mai si sedette pesantemente sul divano, dopo qualche tentativo, a gambe incrociate.

Yuuki abbassò il braccio senza distogliere lo sguardo da lei.

La ragazza si illuminò. “Oppure potrei…”

“No.”

Mai afferrò un cuscino sbuffando.

“Yuuki, vieni a salvarmi.” Kenzo si voltò verso il Guerriero Bianco dalla sedia in cui era intrappolato a causa di Hideto che, bottiglia stretta in mano, continuava ad agitarla per sottolineare le sue parole.

“Lo sapete, non ho mai acconsentito a essere ancora la vostra baby-sitter.”

“E, il peso dell’età, della conoscenza, delle responsabilità,” si intromise Hideto annuendo solennemente. “Da grande potere derivano grandi responsabilità.” E si scolò un sorso.

“Quanto sei originale,” sbottò Kenzo.

“L’originalità, esiste ancora l’originalità? O tutte le storie sono già state raccontate? E ora non resta che ripeterle.”

“Yuuki!”

Il Guerriero Bianco roteò gli occhi e raggiunse i due amici.

“Ho una domanda per te, Hideto,” Yuuki gli strappò la bottiglia dalla mano. “Se potessi salvare una sola carta dai tuoi album, quale sarebbe?”

“Qu- car- una?”

“Una.”

Hideto spalancò gli occhi e chiuse la bocca. Kenzo ne approfittò per sgusciare via e nascondersi alle spalle di Yuuki.

“Guastafeste,” bofonchiò Mai semi-distesa sul divano.

“Niente più gare, avete capito?”

Kenzo dovette smettere di raccontare. Non che la sua voce avrebbe potuto essere sentita oltre le risate sguaiate di tutti i presenti. Yus e Plym erano uno afferrato all’altra, mezzi piegati in due. Angers aveva la testa schiacciata contro la spalla di Clarky che continuava a passarsi una mano sugli occhi per togliere le lacrime. Anche Dan si era unito all’ilarità.

Mai era rossa in volto e stava torturando una ciocca di capelli, Hideto si era nascosto la faccia dietro al cappello.

“Cioè, non è cambiato niente da quell’estate?”

Kenzo si voltò con un ghigno verso Clarky. “Niente.”

“Possiamo smetterla!” Mai si intromise con forza. “Non riderei Clarky, sono sicura che Angers e gli altri non sanno tutte le storie che-”

Gli acuti trilli di un allarme bloccarono nella sua gola le parole. Il sorriso scomparve dal suo volto, come da quello di Kenzo e Hideto.

Uno dopo l’altro, anche gli altri smisero di ridere.

“Che succede?” Yus suonò titubante.

Il Guerriero Verde esitò, incrociò lo sguardo degli altri e, alla fine, recuperò dalla tasca il proprio cellulare.

Il timer era arrivato allo zero.

“Succede,” deglutì, “succede che dobbiamo andare via.”

E non rialzò lo sguardo, tenendolo fisso sullo schermo.

“Oh.” Gli occhi di Plym si inumidirono. Yus strinse le labbra e distolse lo sguardo. Clarky e Angers intrecciarono le dita, cercando forza l’uno nell’altra.

Nessuno si era illuso diversamente al loro arrivo. Nessuno aveva pensato che la presenza di Mai, Dan, Hideto e Kenzo potesse essere qualcosa di più di un fugace incontro.

Eppure, con ogni parola, ogni risata, ogni momento passato insieme, la consapevolezza del sempre più vicino addio si era fatta da parte, nascosta dall’allegria, dalla felicità.

Si erano tutti un po’ illusi che, in fondo in fondo, quelle ore non sarebbero finite mai.

Ma le ore erano finite.

E l’addio non poteva essere più rimandato.

Rientrare nella sala della macchina del tempo, dove solo poche ore prima erano arrivati, sembrava completamente diverso da allora.

Anche se si erano ritrovati armi puntate contro, la stanza era stata piena di entusiasmo, di attesa nel rivedere amici salutati tanti anni prima senza la certezza di poterli mai rincontrare.

Ora, la stanza non solo era più vuota, ma l’aria era pesante, tanto da sembrar voler piegare giù gli angoli delle bocche tirate in sorrisi malinconici.

In un certo senso, era un addio quasi più difficile di otto anni prima. Avevano avuto tempo di prepararsi allora e, dentro di loro, avevano bramato quella possibilità di allontanarsi dal dolore che ancora li aveva accompagnati dopo un mese. Ed era stato come mettere un punto a quel capitolo della loro vita; era stato triste ma appagante.

Invece, quel giorno, erano tornati a rinsaldare con così tanta facilità l’amicizia, gli affetti che quell’addio faceva male come un improvviso schiaffo in faccia.

Hideto, una volta entrato nella stanza e notata la propria moto appesantita da contenitori scuri, aveva provato a scherzarci su, ma le risate erano state solo superficiali. L’allegria non aveva raggiunto gli occhi di nessuno di loro.

Senza contare che, la fila delle persone che avrebbero potuto salutare, era assai più breve di quella che avrebbero voluto. Barone, Clarky, Angers, Yus, Plym, Stella e Kazan erano gli unici presenti.

En, Fant, Zolder, Flora, Lugain, Duc, Shima, Izarz, Zack, Gilfam, Gaspard e tanti altri ancora non erano lì.

Mai fu la prima a farsi coraggio, avvicinandosi a uno a uno e stringendoli in un forte abbraccio, anche alla dottoressa Stella e Kazan.

“Vi ringrazio, per Lord Yuuki.”

La Guerriera Viola annuì e passò avanti. Strinse Yus e Plym, che le si aggrappò addosso come se non volesse farla andare via. Abbracciò Angers augurandole tanta fortuna e felicità per la loro famiglia.

Salutò Barone in silenzio, scambiandosi uno sguardo di intesa e un cenno del capo.

Arrivata a Clarky, gli lanciò le braccia al collo, alzandosi sulle punte per riuscire a posare il mento sulla sua spalla. Come otto anni prima. Così diversamente da otto anni prima.

“Mi mancherai, Clarky.” La sua voce tremò.

“Saluta Andrew, i miei genitori e Kaoru.” Clarky strinse gli occhi. “E state attenti.”

Kenzo aveva salutato Barone, si era fatto stringere, arruffare i capelli e si era fatto anche chiamare piccolo da Clarky, Angers, Yus e Plym. Aveva accettato tutto di buon grado, perché lamentarsi non avrebbe fatto altro che ingrossare il groppo in gola e liberare le lacrime che premevano ai bordi dei suoi occhi. Salutò con un inchino Kazan e si fermò davanti alla dottoressa Stella.

La donna deglutì e gli porse bruscamente un hard-disk argentato.

“Tieni. Ci sono tutti gli articoli che ti ho promesso e anche qualcun altro, i dati, i programmi. Tutto. E anche una marea di foto e video con cui Plym ha pensato di intasare la memoria.”

Kenzo annuì, strizzando più volte gli occhi. “Grazie.”

E le gettò le braccia attorno al corpo. Stella, quella volta, non si fece cogliere di sorpresa. Lo strinse forte per poi staccarlo delicatamente.

“Un po’ di decoro, Kyrò.”

“Mi chiamo Kenzo,” sussurrò afferrando l’hard-disk e facendo un passo indietro.

Tutti fecero finta di niente quando la dottoressa si voltò di lato e, velocissima, sollevò gli occhiali per asciugarsi gli occhi.

Hideto salutò Barone e Stella con una stretta di mano, Plym con un cinque e Yus con una calorosa pacca sulla spalla. Accettò l’abbraccio di Angers e quello successivo di Plym che decise di imitarla. Lui e Clarky si afferrarono gli avambracci e si abbracciarono.

Arrivato davanti a Kazan, i due si sorrisero e accennarono un inchino del capo.

“Grazie ancora per le carte. Ci saranno davvero di grande aiuto.”

“Vi auguro buona fortuna, Guerriero Blu. Possa la vostra battaglia essere vittoriosa.”

Hideto afferrò la tesa del proprio cappello e la piegò in avanti.

I saluti per Dan furono i più difficili. E non più per i motivi che lo avevano messo a disagio durante l’iniziale incontro. Non ricordava ancora nessuno di loro. Sapeva di loro solo quel poco che gli avevano raccontato. Eppure, in quelle ore, erano riusciti a farsi largo dentro di lui.

Forse non aveva nessuno dei ricordi del vecchio Dan che rattristassero quel saluto, ma il nuovo Dan era riuscito comunque ad affezionarsi, in un certo senso, a loro. E quello rendeva doloroso e allo stesso tempo più spontaneo dir loro davvero addio.

Non gli fu difficile scambiare il solenne cenno di saluto di Stella e Kazan.

Non gli fu difficile ricambiare l’abbraccio stretto di Plym o la lunga stretta di mano con Yus.

Non gli fu difficile augurare il meglio a Clarky e Angers o accettare l’abbraccio dell’uomo che un tempo era stato suo amico.

Non gli fu difficile neanche stringere ancora una volta la mano di Barone o sorridere ripensando al duello che ancora lo faceva entusiasmare.

“Non dimenticare le mie parole, Bashin Dan.”

“Non lo farò. Non dimenticherò nulla.”

Niente di quello gli fu difficile, non come sarebbe stato poche ore prima. Ma ognuno di quei gesti, marchiato nei suoi nuovi ricordi, lo obbligò a usare tutta la sua volontà per andare avanti.

Ma avanti ognuno di loro doveva andare.

Scambiarono gli ultimi saluti, gli ultimi abbracci proprio nell’istante in cui, alle loro spalle, un sibilo anticipò il lampo di luce del varco per Gran RoRo.

Hideto spinse la moto in avanti e gli altri Maestri della Luce si allinearono dietro di lui. Ognuno di loro tornò a voltarsi più volte, agitando le mani e ripetendo saluti a tutti.

Ma non potevano rimandare all’infinito.

E Mai, Dan, Hideto e Kenzo, uno dopo l’altro, tenendo gli occhi fissi sugli amici che salutavano, svanirono nel varco di luce.

Il portale svanì davanti ai loro occhi, separando ancora una volta il passato dal futuro. Clarky rimase immobile e Angers intrecciò le proprie dite con le sue, l’altra mano che sfiorava la curva del vestito. Il Capitano ricambiò la stretta.

Per lunghi istanti, nessuno di loro spezzò il fragile silenzio che li avvolgeva, nessuno di loro fece notare agli altri i rivoli bagnati che rigavano le guance di più di qualcuno di loro.

Plym tirò su con il naso, rumorosamente, e si strofinò un braccio sugli occhi. Yus, tenendo la testa bassa, pescò un fazzoletto dalla tasca e glielo porse.

Kazan inspirò lentamente, portò le mani dietro alla schiena e fece un passo avanti, girandosi verso di loro.

“Dottoressa Stella, mi auguro che tutto abbia aderito al protocollo.”

“Affermativo.” Tornò a rizzarsi, gli occhi asciutti, l’espressione sicura, la postura della scienziata. “Nell’hard-disk non c’è nulla che possa far loro sospettare la nostra situazione.”

“Siamo stati attenti, Comandante,” proseguì Angers con tono pacato. “Siamo sempre stati con loro.”

Kazan annuì lentamente. “Ottimo. Comunicherò la partenza dei Maestri della Luce.” Si voltò verso Clarky e Barone. “Fatemi sapere quando volete discutere della situazione di Cardinal Sign e Ascendant Sign.”

Il Comandante, seguito dalla dottoressa Stella, fu il primo a uscire. Plym e Yus, in silenzio, li imitarono un attimo dopo.

Barone, solo allora, distolse lo sguardo dal punto in cui era svanito il portale.

“Credi davvero sia stato giusto non dire loro nulla?”

“È come deve essere,” replicò a bassa voce Clarky. Poi, chiuse gli occhi per un istante, espirò e li riaprì, alzando il mento e drizzano la schiena. “Se Gran RoRo e il loro tempo sono in pericolo, è di quello che si devono preoccupare.”

Umano e mazoku si fissarono negli occhi.

Al messaggio della dottoressa Stella, ne avevano parlato veloci, con fermezza e senza esitazione, ottenendo rapidamente l’appoggio del Consiglio e impartendo silenziosi ordini insieme a Kazan. Avevano nascosto le tracce di quello che si stava abbattendo sul mondo, avevano mostrato al gruppo di Maestri della Luce solo quello che si sarebbero aspettati di vedere.

L’alleanza tra le diverse culture.

La ricostruzione.

Le piccole gioie che, nonostante tutto, riuscivano ancora a proteggere.

Avevano mentito con facilità, forse per concedere anche a loro stessi alcune ore in cui i malumori non esistevano, in cui Cardinal Sign, Ascendant Sign e quello che rappresentavano non esistevano.

Clarky e Barone, in quella stanza ormai vuota, dove le voci seppur basse rimbombavano, si strinsero ancora una volta la mano: umano e mazoku, amici e compagni d’arme, uniti per scelta e per destino a guidare quel futuro. Era la promessa che si erano fatti otto anni prima tra le macerie, tra la speranza e l’ottimismo che rinascevano.

“Questa è la nostra battaglia.”

La luce attorno a loro svanì, il metallo lasciò spazio all’erba, il soffitto d’acciaio alle folte chiome della foresta del regno di Smeraldo.

Barone, Clarky e gli altri che si erano lasciati alle spalle, furono sostituiti da coloro che li stavano aspettando.

Yuuki, Magisa, Serjou e Aileen sorridevano a pochi passi da loro.

Mai, Hideto, Kenzo e Dan lasciarono che la tristezza, la malinconia, il dolore affondassero nei loro cuori, e sorrisero a loro volta.

Magisa gli guardò uno per uno e il suo sguardo si addolcì.

“Spero che abbiate rivisto i vostri amici.”

La Guerriera Viola annuì con gli occhi lucidi. “Sì. Clarky vi saluta.”

Kenzo strinse al petto l’hard-disk, Hideto strinse le dita attorno al manubrio. Poi, il Guerriero Blu spinse avanti la moto.

“Mi auguro ci sia spazio per la moto sulla Limoviole.”

“Vedremo cosa si potrà fare, Guerriero Blu.”

Hideto annuì e cominciò a sganciare le cassette scure. “Prima però ci sono le carte. Ne troverete sicuramente che vadano bene per il vostro stile di gioco.”

Dan si guardò attorno e poi si voltò verso Yuuki. “Non sei riuscito a trovare il Maestro della Luce?”

Gli altri Maestri della Luce accanto a lui trasalirono, rendendosi conto solo in quel momento dell’assenza della nuova aggiunta al loro gruppo.

Mai si morse un labbro alla mancata risposta del Guerriero Bianco. “O non è voluto venire?”

“Sorpresa!”

Da dietro alle spalle di Yuuki, Elisabeth saltò fuori con le braccia spalancate e un enorme sorriso sulle labbra.

Mai, Hideto e Kenzo sgranarono gli occhi. “Elisabeth!”

“Sono una Maestra della Luce!” E, ridendo, la nuova Guerriera Gialla si lanciò contro Mai, gettandole le braccia al collo.

La Guerriera Viola, dopo un attimo di esitazione, ricambiò la stretta e ben presto le due ragazze iniziarono a saltellare strette assieme.

“Non ci posso credere!”

“Non ci credevo neppure io! L’avevi predetto!”

Le due risero e strillarono dalla gioia. Poi Mai si staccò da lei, con un sorriso luminoso sulle labbra.

“E siamo tre! Tre ragazze! Avevo avuto Kajitsu per un periodo l’altra volta ma,” Mai rise, “ero sempre circondata da ragazzi!”

Elisabeth ghignò e le afferrò il braccio, strattonandola verso Aileen a cui si aggrappò al braccio.

“Faremo un sacco di cose!”

“E reintrodurremo la serata dei film,” aggiunse Mai voltandosi verso gli altri Maestri della Luce. “Se solo avessi i miei hard-disk…”

“Credo siano tra le tue cose,” si intromise Yuuki indicando con la mano la rampa della Limoviole. “Le vostre famiglie hanno preparato un borsone per ciascuno di voi.”

Mai scattò a correre per prima, trascinandosi dietro Elisabeth che, a sua volta, trascinò dietro di sé una sconcerta Aileen che non era riuscita a liberarsi dalla presa.

“Il mio shampoo! E il balsamo! Fa che ci sia il mio bagnoschiuma preferito! E la mia macchina fotografica!”

L’elenco di cose bramate dalla Guerriera Viola proseguì fino all’interno, quando fu troppo lontana perché si sentisse ancora la sua voce.

Kenzo si guardò attorno e poi corse dietro di loro. “I miei libri!”

Magisa scambiò uno sguardo divertito con Serjou. “Immagino ne avessero sentito la mancanza durante il primo viaggio.”

Serjou, nella cui mente riaffiorò la prima sosta che la Guerriera Viola aveva preteso non appena entrata in possesso della Limoviole e la scorta che aveva fatto di saponi e profumi, annuì.

La Maga scoppiò a ridere e si voltò verso il Guerriero Blu. “Tu non hai niente che ti manca?”

Hideto alzò le spalle. “Sono abituato ad andare avanti con quello che capita. Succede a viaggiare per il mondo con solo uno zaino in spalla.”

Yuuki inarcò un sopracciglio e ghignò. “Dovresti ridurre il numero di album allora, sembrava mi portassi dietro mattoni con il tuo zaino.”

“Album?” Hideto aggrottò la fronte. Poi spalancò la bocca. “La mia roba è a Gran RoRo? I miei album sono a Gran RoRo!”

Il Guerriero Blu riagganciò la cassetta che aveva già staccato e iniziò a spingere la moto.

“Aiutami a portarla su! Dai! Non stare lì impalato, Yuuki!”

Il Guerriero Bianco scosse la testa e iniziò a spingere dal lato opposto. Dan li raggiunse, aiutandoli dal fondo della moto. Magisa scosse la testa e li anticipò insieme a Serjou.

A metà della rampa, Yuuki si voltò indietro, incrociando lo sguardo del Guerriero Rosso.

“C’è una borsa anche per te.” Il Guerriero Blu si voltò sorpreso verso di lui. “So che non te li ricordi, ma la tua famiglia ha voluto prepararti qualcosa comunque.”

Dan si rabbuiò e abbassò lo sguardo sulla moto, che ormai erano riusciti a spingere sulla piattaforma esterna dell’astronave.

“Non credo che-”

“Erano felici di poterti aiutare,” interruppe Yuuki ignorando la sorpresa del guerriero Blu. “E ti vogliono bene Dan. Te ne vorranno anche se non recupererai la tua memoria.”

Il ragazzo annuì lentamente senza alzare gli occhi.

Una volta sistemata la moto contro il parapetto e accanto alle sdraio, Hideto si fiondò all’interno. Quando anche Yuuki rientrò all’interno della Limoviole, trovò Kenzo seduto sui divani che impilava quasi reverenzialmente una pila di libri, Hideto che abbracciava i suoi album di carte e Mai seduta a terra accerchiate da bottigliette colorate e da due divertite Elisabeth e Aileen.

Il Guerriero Bianco controllò che Dan stesse effettivamente guardando cosa la sua famiglia li avesse preparato e superò il gruppo per raggiungere i divani. Lì, prese la busta affidatagli dalla maggiore Shinomiya e raggiunse il gruppo di ragazze sedute a terra.

“Kaoru mi ha chiesto di consegnarti anche questa.”

“Kaoru?” Mai si rialzò in piedi e afferrò la busta che Yuuki le porgeva. Staccò la colla quasi aspettandosi fosse uno scherzo o le minacce della sorella di tornare sana e salva. “Credevo fosse ancora in America.”

Dentro c’era una foto.

La Guerriera Viola la tirò fuori corrugando la fronte. E spalancò gli occhi ed emise un verso di sorpresa che bloccò sbattendosi la mano sulla bocca. Gli altri si voltarono subito verso di lei. La ragazza, ignara completamente dei loro sguardi, aveva chiuso gli occhi e sorrideva, nonostante lacrime le imperlassero le ciglia, stringendo la foto al petto.

“Mai?”

“Sto bene,” replicò riaprendo gli occhi e strofinandosi le guance. Scoppiò a ridere. “Vado a sistemare le mie cose.”

Afferrò il proprio borsone, gettò all’interno alla rinfusa tutto ciò che aveva già tirato fuori e corse al ponte inferiore, senza lasciare tempo agli altri di opporsi.

Hideto, aiutato da Yuuki e Dan, portò all’interno della Limoviole tutte le cassette scure contenenti le carte. Una dopo l’altra, le ammonticchiarono contro la parete.

Dopo aver posato l’ultima, il Guerriero Blu portò le mani ai fianchi e annuì soddisfatto.

“Qui nessuno tocca niente senza chiedermi il permesso.”

Yuuki incrociò le braccia e alzò un sopracciglio. “Sei veramente sicuro di non averle prese di nascosto? Devo chiedere la conferma a Mai e Kenzo?”

“Se sei così scettico, non te ne lascerò prendere neppure una.”

“Come se non tu non avessi già deciso quali carte potrebbero interessare a chi.”

Hideto ruotò sui piedi e scoppiò a ridere. “Mi hai beccato. Vuoi che te ne mostri un paio?” Si voltò verso Dan. “Ho alcuni consigli per come potresti ampliare il tuo mazzo.”

Il Guerriero Rosso sorrise e picchiettò la propria tasca. “Non ti preoccupare. Per il momento sono a posto.”

“Come vuoi.”

Hideto era già inginocchiato a terra, scrutando le cassette per intuire quale fosse il ragionamento con cui le carte fossero state inserite all’interno.

“Sai che posso scegliermi le carte da solo,” proseguì Yuuki posandosi contro la parete della Limoviole.

“E non ti faresti aiutare dal tuo caro e vecchio amico? Mi ferisci.” Hideto aprì metà delle cassette davanti a lui, ci passò un dito sopra ciascuna di essa e poi ne afferrò la quarta. “Qui ci sono i Brave bianchi!” Si sedette a gambe incrociate e fece segno a Yuuki di avvicinarsi. “Sono sicuro che li adorerai anche tu.”

M.A.I.A. volò attorno a loro, li fissò un attimo con gli occhi di pixel per poi continuare il suo volo. Sfrecciò oltre la testa di Dan che si stava avvicinando ai divani e sorvolò il tavolo centrale, facendo trasalire ogni volta Elisabeth, che ancora non si era abituata al piccolo androide volante. Poi, il robot si fermò sopra l’hard-disk e il computer di Kenzo.

Il Guerriero Verde si lanciò in avanti e afferrò l’hard-disk, rivolgendo un’occhiataccia al robot.

“Questo è mio. Ti converrà trattarmi un po’ meglio, se vorrai vedere anche solo mezzo di questi dati provenienti dal futuro.”

M.A.I.A. emise un bip indispettito, quasi uno sbuffo, e ruotò su sé stessa allontanandosi.

“Guarda te se mi interessa, Kiodò.”

Kenzo le mostrò la lingua alle spalle. Poi, afferrò il cavo usb dell’hard-disk. A un soffio dal collegarlo al computer, però, si fermò.

“Qualcosa non va con i dati?”

Kenzo incrociò lo sguardo con Hideto, arrivato in quel momento alle spalle del divano insieme a Yuuki. Scosse la testa e tornò a fissare lo schermo con il logo di attivazione.

“No.”

“E allora che cosa c’è?”

“Non lo so. Ma è come se qualcosa mi sfuggisse. E da quando siamo tornati che-”

Kenzo corrugò la fronte e fissò l’hard-disk argentato che gli aveva dato Stella. Non era in grado neppure lui di spiegare perché qualcosa gli sembrasse fuori posto. Aveva come l’impressione che ci fosse qualcosa di ovvio che lui non stava considerando, ma cosa fosse non ne aveva idea.

“Lascia stare, starò ancora elaborando tutto quello che è successo in queste ore.”

Il Guerriero Blu si posò con entrambe le mani allo schienale. “Non posso darti torto. Qualcun altro vuole vedere un po’ delle carte del futuro?”

Aileen si illuminò e si spinse in avanti per alzarsi dal divano. “Io-”

“A me piacerebbe tanto che qualcuno mi racconti qualcosa di più su questo regno!” esclamò Elisabeth con entusiasmo.

“Piacerebbe anche a me,” aggiunse Dan.

Il sorriso sul volto della granroriana si rimpicciolì, ma tornò comunque a sedersi. Hideto scrollò le spalle e si staccò dal divano.

“Come volete, più divertimento per me e Yuuki.”

Aileen lanciò un’occhiataccia alle sue spalle, ma presto la sua attenzione fu rivolta alle domande che la Guerriera Gialla cominciò a farle su tutte le piante che aveva visto durante il tragitto.

Con tutti impegnati in un modo o nell’altro, Magisa raggiunse Serjou sulla plancia di comando e si posò al parapetto metallico. Alle sue spalle, il granroriano attivò i comandi della Limoviole, che vibrò all’accensione dei motori, e iniziò il cauto attraversamento della foresta. Finalmente riuniti, non sarebbe stato saggio fermarsi ancora a lungo nello stesso luogo.

La Maga rimase a fissare il gruppetto dei Maestri della Luce, sorridendo dolcemente.

“Non credevo avrei rivisto di nuovo una scena del genere.”

“Riporta alla mente tanti ricordi, vero?”

“Già.”

Mai raggiunse quella che era diventata la sua stanza, che avrebbe condiviso con Elisabeth, e posò la foto sul letto. Sistemò con cura tutto ciò con cui la sua famiglia le aveva riempito il borsone, i cambi di vestiti furono piegati e riposti nell’armadio a muro, le altre cose sparse tra le poche mensole e il piccolo bagno.

Prima di uscire, si sciacquò il viso e, ancora sgocciolante, sorrise verso lo specchio. “Quanto vorrei raccontartelo, Clarky.”

Uscì e riprese la foto, lisciandola e guardandola dolcemente. Poi, la posò sul comodino contro la sua macchina fotografica. Lasciò la stanza e sullo stipite si voltò ancora una volta verso la foto.

Il negativo di un’ecografia.

E sopra, scritto in penna rosa acceso, il messaggio della sorella: Non azzardarti a non tornare. Kaoru.

Mai emerse nuovamente sul ponte superiore e si sentì mancare il fiato. Tutti gli altri Maestri della Luce erano là, chi seduto chi in piedi, e M.A.I.A. che saettava tra le teste. Aileen stava raccontando qualcosa sul regno, indicando più volte ciò che c’era fuori dalle vetrate. Elisabeth, soprattutto, e Dan ascoltavano affascinati. Magisa sorrideva rasserenata e alle sue spalle intravedeva la testa di Serjou impegnato ai comandi. Kenzo era sul divano con il naso infilato nel computer. Yuuki e Hideto erano in piedi, posati appena contro gli schienali dei divani, e ridevano per qualcosa che il Guerriero Blu aveva appena detto.

La Guerriera strinse le dita sul passamano e sorrise dolcemente, un’ondata di malinconia, nostalgia e contentezza la riportarono indietro con la memoria. A un’altra avventura. A un’altra Gran RoRo.

Molte cose erano cambiate, ma in fondo tutto era rimasto lo stesso.

“Mai, che fai? Non ci raggiungi?” domandò Hideto, appena accortosi del suo arrivo.

La ragazza rise e avanzò verso i divani.

Gran RoRo poteva essere in pericolo. Potevano essere in svantaggio contro i propri nemici. Ancora un sacco di cose sarebbero potute andare male. Avrebbero dovuto combattere. Avrebbero sicuramente sofferto.

Ma, finalmente, nel piccolo mondo di Mai tutto era al suo posto.

Nel piccolo mondo dei Maestri della Luce tutto era al suo posto.

E, per il momento, era sufficiente così.

… TO BE CONTINUED …

SPAZIO AUTRICE:

Mi crederete se vi dico che, oltre ad avere avuto qualche problemino con la sorpresa, mi ero completamente dimenticata che dovevo anche preparare le anticipazioni per il prossimo episodio?

Comunque…

Finalmente, siano arrivati alla fine anche di questo episodio. Un episodio un po’ particolare perché segna per me la fine di quello che considero il primo arco di Battle Spirits Resurgence. Ora che i Maestri della Luce sono riuniti, inizia una nuova fase della nostra storia.

E, in un certo senso, non abbiamo (almeno io e voi lettori) salutato definitivamente Clarky e coloro che si trovano nel futuro. Non avranno un ruolo centrale in Resurgence ma, ogni tanto, vedremo come la situazione stia evolvendo nel futuro.

Detto ciò ringrazio davvero dal più profondo del cuore tutti coloro che hanno letto (anche i lettori silenziosi, a cui ricordo che io sono qua: anche due righe sono in grado di rendermi felice). E un grazie speciale va a:

FantasyAnimeManga96, lalla20fairy e ShawnSpenstar.

Se continuo a scrivere questa storia è anche un po’ grazie a tutti voi.

E, come promesso, vi lascio qui i turni e i mazzi di questo episodio (in grassetto ci sono le carte create da noi e con (R) viene indicato che la versione utilizzata, anche se all’interno della storia non ha alcun impatto, è quella considerata Revival):

*(TURNO 1) Strike-Apollodrago, Supremo Imperatore Stellare, Zaneegun, Pescata della Rinascita, Suprema Spada dell’Oscurità Lucente + Chamaeleopus (R)

*(TURNO 2) Archerion, Brave del Sagittario Rinato, Siegwurm-Altair, Drago Scintillante, Aura Impavida, Pescata Estiva, + Pescata Estiva; (Drago della Pioggia, Siegwurm-Nova, Drago Supernova)

*(TURNO 3) Sliderbear

*(TURNO 4) Drago del Vento Solare

*(TURNO 5) Nemelion, Brave del Leone Rinato; (Codice di Riavvio, Fiamma Sacra)

*(TURNO 6) Pioggia Stellare della Rinascita; (Sprite-Dragon, Rottura Vulcanica)

*(TURNO 7) Pheonix-Siegwurm, Drago Fenice della Luce Lunare

*(TURNO 8) Energia Big Bang

*(TURNO 9) Dorado-Dragon

*(TURNO 10) Gornic-Eagle

*(TURNO 11) Archerion, Brave del Sagittario Rinato

(DAN) Siegwurm-Nova, Drago Supernova 1x, Sieg-Meteorwurm, Supremo Drago Stellare 1x, Siegwurm, Possente Drago Imperatore del Tuono 1x, Siegwurm-Altair, Drago Scintillante 1x, Darkwurm, Oscuro Drago Imperatore 1x, Drago del Vento Solare 3x, Staba-Dragon 2x, Sprite-Dragon 2x, Corona-Dragon, Guardiano dallo Scudo Fiammeggiante 3x, SunGlazer, Drago Cometa 3x, Dragone Arco di Luna 2x, Drago della Pioggia 3x, Tempesta della Fiamma Rinata 1x, Rottura Vulcanica 2x, Terreno Infiammato 2x, Energia Big Bang 2x, Pioggia Stellare della Rinascita 3x, Pescata Estiva 3x, Aura Impavida 3x, Tempio della Pietra del Sole 2x, Nido del Dragone di Oort 2x, Città Stellare dell’Eruzione Magmatica 2x, Deserto delle Stelle 2x, Archerion, Brave del Sagittario Rinato 3x, Gaimimus 2x, Gornic-Eagle 2x

(BARONE) Strike-Apollodrago, Supremo Imperatore Stellare 1x, Lunatech-Strikewurm, Supremo Drago della Luce Lunare 1x, Strike-Siegwurm, Drago della Luce Lunare 1x, Strikewurm-Betelgeuse, Drago dell’Ombra Lunare 1x, Pheonix-Siegwurm, Drago Fenice della Luce Lunare 1x, Delfino Diamante 2x, Dorado-Dragon 2x, Aquilam 2x, Asterio-Venera 9, Macchina da Caccia 3x, Sliderbear 3x, Chamaeleopus (R) 3x, Cigno-Kigna Mk-II 2x, Zaneegun 3x, Fiamma Sacra 2x, Pescata della Rinascita 2x, Lucchetto del Silenzio 2x, Potenziamento Magico 2x, Codice di Riavvio 3x, Aura Impavida 3x, Suprema Spada dell’Oscurità Lucente 2x, Cubo Fortezza 2x, Risveglio della Divinità Demone delle Fiamme 2x, Nemelion, Brave del Leone Rinato 3x, Archerion, Brave del Sagittario Rinato 3x, Karkinos, Brave del Cancro Rinato 3x

Come per il mazzo di Mai, anche quello di Dan è solo una prima versione. E mi sono resa conto solo ora che ogni volta ho indicato il nome italiano (o quello tradotto da me delle carte inglesi) senza pormi il dubbio se fosse chiara la carta che era indicata. Nel caso, fatemi sapere.

Ed ecco qui che le anticipazioni del prossimo episodio. Lascio la parola al nostro Guerriero Rosso, Dan:

Ancora incerti sulla nostra mossa successiva, incroceremo la nostra strada con quella di un gruppo in ricognizione del villaggio di Aileen. L’iniziale riunione felice verrà però messa da parte nel tentativo di raggiungere prima del Governatore una delle carte più potenti del regno. E, mentre Aileen sarà messa alle strette dal fratello che ritiene sia tempo per lei di tornare da loro, il duellante più forte tra i Maestri della Luce dovrà farsi avanti per fermare il Governatore. Tutto questo nel prossimo episodio: OMBRE NELLA FORESTA.

Con questo vi saluto e vi ringrazio ancora. Non so dirvi con certezza quando arriverà il prossimo episodio, sicuramente non prima di qualche settimana. Cercherò di non farvi aspettare troppo. In ogni caso, farò del mio meglio per tenere aggiornata la mia pagina autrice.

Varco Apriti, Energia!

Alla prossima, HikariMoon

P.S. per la sorpresa, dovrete cliccare su questo link che vi porterà a una pagina del forum di EFP (dove, se doveste avere voglia, potete accedere e rispondere anche se non siete iscritti): https://www.freeforumzone.com/d/11678850/HikariMoon-s-Gallery/discussione.aspx. Fatemi sapere che cosa ne pensate!

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