My love is everywhere you are

di Elle Douglas
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO I ***
Capitolo 2: *** The night we met ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO I ***


CAPITOLO I



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Devi prendere una decisione, Lia. Devi prenderla in fretta.
Fuori il temporale sembrava scuotere l’intero mondo, o forse era solo la stanza buia in cui Amelia si trovava a darle quell’idea. L’ombra dei rami sulle pareti e il forte soffio del vento non le facevano più paura come una volta, nonostante la posa che aveva assunto potesse indicare il contrario.
Se ne stava rannicchiata lì, in un angolo, quasi titubante e spaesata.
“Tesoro? Tutto bene lì dentro?” aveva chiesto la madre da dietro la porta non vedendo filtrare nemmeno un raggio di luce dalla porta a vetrata dell’ampio bagno. Amelia aveva rimirato ciò che restava di lei riflessa nello specchio mentre cercava di riprendersi. Tirò su con il naso.
“Sì. Sì… tutto bene.” E aveva cercato di convincersene anche lei prima di permettere alle sue corde vocali di emettere un suono. Come poteva andare tutto bene se dentro di lei il tumulto era anche peggio di ciò che stava avvenendo fuori da quella finestra su cui la pioggia batteva forte.
Poteva fingere con una parete davanti, ma non alla vista degli altri. Alla loro vista sarebbe crollata nuovamente e quel conato che aveva sentito montarle dentro avrebbe fatto di tutto per uscire. Che schifo! Che schifo di persona era a comportarsi così?
Lia si prese la testa tra le mani e cercò di soffocare un urlo mentre la madre era ancora oltre la porta che le divideva, lei seduta alla sua base con la schiena contro di essa.
“Allora tesoro, ti aspettiamo di sotto. Non farci aspettare.’ Aveva detto la madre. “Paul è impaziente di vederti.” E a quel nome l’aveva immaginata sorridere. Quanto le piaceva Paul? Sembrava quasi che piacesse più alla madre. Stravedeva per lui sin da quando era entrato nelle loro vite. Sin dall’inizio Paul era stato visto come la miglior cosa mai capitata dopo il ragazzo di sua sorella Bea.
Paul era un uomo fantastico agli occhi dei suoi genitori: figlio di un facoltoso impreditore era la stabilità economica perfetta che lei avesse potuto trovare in giro, perché quello ai loro occhi era più importante di tutto il resto. Non che non ci fosse anche l’amore, naturalmente.
Lia si era innamorata quasi subito del ragazzo che da mesi le faceva la corte in università disinteressato al fatto che lei non cedesse e non ne avesse intenzione. Aveva detto che non importava quanto tempo avrebbe aspettato perchè lei sarebbe diventata sua prima o poi. Non era stato facile e immediato, proprio per niente. Ad Amelia non interessava nulla di storie importanti e durature come prometteva quel ragazzo. Dopo la storia con Jordan era rimasta talmente tanto scottata che non voleva più saperne e tranne qualche storiella qua e là non voleva conoscere nessuno davvero a fondo, ma pian piano aveva ceduto alle sue lusinghe ed era diventata sua… come aveva predetto.
Fino ad ora.
Ora che si ritrovava a titubare sulla sua decisione, una decisione che avevano preso all’unisono con l’amore negli occhi e a cui ora lei si trovava completamente estranea, si sentiva davvero uno schifo.
Cosa le era accaduto?
Tutto era avvenuto in una sera di Dicembre. Mancavano pochi giorni a Natale e Lia aveva deciso di passarlo con l’immensa famiglia di lui, dopo tanto tempo.
Stavano insieme da un tempo così lungo che sembrava aver stabilizzato tutto, che dava l’impressione di aver rimarginato ogni ferita, guarito ogni scottatura. Da un tempo tale da considerare solido il loro rapporto quando Paul, nel modo più romantico possibile, le chiese di passare il resto della loro vita insieme.
L’aveva fatto nel modo più inaspettato possibile, la sera della vigilia, vicino al grande camino che crepitava e rendeva l’atmosfera festiva ancora più magica. Tutti i parenti intorno, a bocca aperta per l’inaspettato gesto: Paul era il degno principe azzurro di cui si sentiva tanto parlare nelle favole, e che tutte le sue amiche avevano desiderato, e quando s’inginocchiò al suo cospetto mostrandole l’anello che avrebbe suggellato il loro amore quella visione divenne ancora più reale.
La madre di Amelia era già in una trepidante commozione, insieme alla sorella, anche ella presente alla grande cena della vigilia della famiglia Cooper.
Mentre la signora Sue, sembrava non esserne totalmente colpita. Probabilmente perché complice dell’atto del figlio. Accanto alle due madri di famiglia c’erano i padri a sostenere il tutto aspettando di brindare al lieto evento con i bicchieri già pronti in mano.
Tutti la stavano osservando. Lia riusciva a percepire ogni singolo sguardo eppur non amando quell’essere al centro dell’attenzione, in quel momento non le importava. In quel momento aveva occhi e cuore solo per colui che dinanzi a lei sembrava sudare freddo in attesa di una affermazione.
Lia era stata presa alla sprovvista, e lo si poteva ben vedere dall’espressione scioccata ed emozionata che era andata esibendo. Aveva persino le lacrime agli occhi per quella gioia immensa. Per qualche istante sentì persino di non respirare, ma poi lo fece, prese coraggio e pronunciò quel fatidico sì nel pieno entusiasmo e incredulità che fece esplodere la folla intorno in un applauso festoso e pieno di gioia mentre lei si buttò a capofitto nelle braccia del suo amato, singhiozzando ancor di più e sussurrando ancora una volta quel fatidico ti amo, in quel momento ancor più solenne.
E ora? Ora perché tutto quello sembrava essere lontano secoli? Perché un’avvenimento di tale importanza e felicità sembrava essere più niente dinanzi a ciò che era accaduto in quei mesi? Perchè sentiva quell’evento così estraneo a lei in quel frangente? A ripensarci, e analizzando la situazione dall’esterno non sembrava nemmeno lei.
Lia non se ne capacitava. Pianse ancora più copiosamente ora, mentre la consapevolezza si faceva sempre più strada in lei. La gola sembrava essere trafitta da mille lame affilate.
Come poteva il suo ritorno averla destabilizzata a tal punto da toglierle la terra sotto i piedi?


Tutto era successo in un pomeriggio di qualche mese addietro, quando ancora fuori il cielo era grigio e tetro ma privo di pioggia. Le nuvole erano talmente cariche da far presagire l’imminente carico di acqua che sarebbe caduto giù da lì a poco.
Era stata una giornata davvero piena per Lia, sveglia dalle sei del mattino e in giro come una trottola per le infinite commissioni sin dalle 8. Arrivare alle sei di pomeriggio, dopo una giornata del genere richiedeva un’altra innumerevole dose di caffeina per donarle la giusta carica residua utile per tornare a casa senza crollare o addormentarsi in metro, e fu per questo che ringraziò il cielo nel trovare una caffetteria aperta nelle vicinanze.
Sperava solo che non fosse troppo pieno per i tempi ristretti che aveva in concomitanza con l’attesa della metro.
Sarebbe stato più facile avere un’auto, pensò. Se quel giorno non fosse stata in carrozzeria sarebbe stato un miracolo, ma no. Quale momento migliore per la sua Pinky di “ammalarsi” proprio nel periodo più pieno della sua vita? - E sì, Pinky era il nome che Amelia aveva dato alla sua vecchia adorata auto. La sua prima auto da quando aveva avuto 16 anni, ad ora -.
Non aveva potuto chiedere nulla nemmeno a Paul, che avrebbe fatto di tutto per la sua principessa - come soleva chiamarla -, dato che tutte le commissioni riguardavano il matrimonio di cui lui non doveva sapere nulla.
‘Signorina, cosa le porto?’ Aveva chiesto una gentile ragazza da dietro il bancone che attendeva la sua ordinazione.
‘Un americano, grande. Da portare via. Per favore.’ Ordinò, con un gran sorriso.
La signorina afferrò un bicchiere d’asporto e tirando fuori la penna dal grembiule attese il nome della donna che le era di fronte.
‘Amelia.’ La ragazza scrisse veloce per poi dirigersi a compiere l’ordine.
‘Lo sapevo. Me lo sentivo che eri tu.’ Un brivido percorse la schiena di Amelia nell’udire quella voce. Quel timbro. Si gelò tutto per un attimo, con gli occhi fissi e il fiato sospeso, indecisa se girarsi o meno per confermare il tutto.
Prese coraggio, e pian piano si voltò verso la voce che aveva udito dietro di lei. In fila dopo un paio di persone.
‘Lia.’ L'aveva nominata lui, a mo’ di saluto, mentre le si avvicinava uscendo dalla fila.
Ad Amelia mancò il respiro nel risentire il suo nome fuoriuscire dalle sue labbra. Quelle labbra che più di una volta in passato aveva baciato.
‘… Jordan.’ Aveva annaspato, cercando di salutarlo a sua volta in maniera del tutto naturale. Lo osservò mentre si dirigeva verso di lei con quel sorriso che più volte le era stato dedicato.
Perse un battito nel mentre e spostò un capello ribelle dietro l’orecchio imbarazzata da quei sentimenti che le si stavano ridestando dentro.
Cercava un modo per nasconderlo, forse.
Smettila Lia. Si ordinò con fermezza mentre quello si avvicinava.
Sperò vivamente che non l’abbracciasse. Che non avesse con lei il minimo contatto, ma ogni sua speranza quel giorno fu vana.
Jordan le si avvicinò e quasi la tirò a sé con l’intento di stringerla in un abbraccio, come se non fosse cambiato nulla. Come quando la stringeva a sè anni e anni prima.
Quel suo corpo forte e muscoloso era contro il suo proprio come allora. L’aveva stretta a sè proprio come aveva fatto decine di volte nel passato. Amelia sospirò cercando di fermare quei ricordi. Le avrebbero solo fatto del male, e le ferite del passato avrebbero sanguinato nuovamente.
Perché non riusciva ad essere indifferente come con tutte le persone che aveva incontrato nuovamente dopo anni?
Smettila, ho detto. Ripetè la sua vocina autoritaria nella testa affinchè non si facesse troppo male.
Amelia si sentì spiazzata e trepidante in quella situazione, immersa di nuovo in un suo abbraccio, come quando erano due adolescenti innamorati persi. Dopo tutto quel tempo. Invasa da quel suo profumo dolce e pungente che più volte si era ritrovata addosso. E su cui più volte aveva pianto ritrovandolo su alcui suoi abiti una volta che tutto era finito.
Era sempre quello. Era lo stesso di sempre.
Si sentì destabilizzata, quasi mancare, ma cercò di resistere. Di farsi forza.
Lia, fai finta di nulla, ti prego. Implorò quella vocina sensata.
Sembrava che il tempo non fosse mai passato, e che lui stesso ignorasse il modo in cui era andato via e ciò che era accaduto tra loro.
Che faccia tosta! pensò poi, o almeno cercò di farlo ma era difficile con il suo fiato addosso.
Era difficile anche mettere le parole una dietro l’altra. Che le stava succendendo? Porca miseria.
Possibile che tu sia così debole? Quasi urlò la sua coscienza.
Lia cercò di non pensarci, di restare con i piedi per terra.
Che stronzo a far finta di niente mentre il mondo le era caduto addosso anni fa. Dopo che aveva faticato per rimettersi in piedi e andare avanti. Dopo che per mesi si era ridotta al nulla per colpa sua e per il dolore che le aveva provocato. Che razza di stronzo a presentarsi a lei dopo ciò che aveva fatto, dopo tutti quegli anni.
Lia provò un forte senso di nausea ora e rancore nel rivederlo e in lei si animò un conflitto interiore ben più grande di tutto il resto: la voglia immensa di cedere a lui nuovamente, di abbracciarlo e di sorridergli ancora una volta come l’adolescente che era stata e la voglia assurda si prederlo a pugni, a ceffoni e male parole lì noncurante della gente intorno.
Voleva urlargli contro tutto il dolore che si era portata dentro per mesi interi.
‘E’ da un po’ che non ci vediamo.’ Esclamò Jordan sciogliendo l’abbraccio e dedicandole un gran sorriso. Lui era sereno, pareva. Privo di ogni livore, del tutto in pace.
‘Eh sì!’ Riuscì ad esclamare Lia forzando un sorriso come il suo prima di essere interrotta dalla ragazza che le aveva portato il caffè fumante che aveva ordinato. Amelia pagò e si spostò facendo passare il resto della fila che aveva dietro.
‘Quanti negozi hai svaligiato oggi?’ Notò divertito da quella immensità di pacchi e pacchetti che aveva ai piedi e tra le mani e che ora stava cercando di riprendere. ‘Da qua che ti aiuto.’ Disse prendendone alcuni da terra.
‘Andiamo più in là e sediamoci un po’, ti va?’ Chiese prima si scegliere un tavolino nel locale.
Lia annui. Sembrava aver perso le parole.
Jordan posò i pacchi lì accanto e gli sedette di fronte e la guardò intensamente prima di togliersi la giacca che indossava e incrociare le mani con i gomiti sul tavolo.
Indossava un maglione dal tessuto leggero bianco che sottolineava al meglio i suoi bicipiti e i suoi addominali. Lia deglutii a vuoto, senza però incrociare il suo sguardo.
‘Tu non prendi nulla?’ Gli chiese notando il suo distacco dalla fila poco prima.
‘Oh, non preoccuparti. Prenderò qualcosa dopo.’ Chiarii sereno. ‘Allora… ’ iniziò guardandola fisso negli occhi. ‘come vanno le cose?’ E sorrise con il suo solito modo di fare incrociando le braccia e attendendo risposta con il suo sorriso scanzonato.
Lei ci pensò seriamente prima di sostenere il suo sguardo, giocherellava con il bordo del bicchiere che aveva tra le mani perchè sapeva quanto fosse facile cadere nei suoi occhi una volta incrociati gli sguardi.
*Quando mi guardi sei un libro aperto per me. Non c’è bisogno che tu dica niente perchè io ti leggo dentro meglio di quanto tu faccia con te stessa* aveva detto una volta dopo un attacco di panico avuto a scuola, seduta con le lacrime che le rigavano il viso e con il mascara tutto colato. Era uno schifo, e cercò di nascondersi per questo coprendosi con le mani ma arrivò lui che le alzò il viso, perchè per lui no, non ero uno schifo in quelle condizioni. Vedeva oltre. Lui continuava a guardarla come se fosse la ragazza più bella dell’intero universo tenendole le mani mentre era accovacciato dinanzi a lei.
Lei sorrise, lui le baciò la fronte.
‘A cosa stai pensando?’ Chiese vedendola persa nel vuoto.
‘Niente.’ E sorrise con dolcezza a quel ricordo che la mente le aveva suggerito, mentre diede un primo sorso al caffè. ‘Assolutamente niente.’ mentii, guardando abilmente altrove mentre sentiva il suo sguardo bruciarle addosso.
Sorrise nuovamente divertito dal suo scaltro e consueto modo di spostare l’attenzione da sè stessa ad altro. Non aveva risposto a nessuna delle due domande che le aveva posto. Era abile nel farlo, e aveva mantenuto quell’abilità negli anni. Non era cambiata per niente. E lui, che la guardava fisso, non attendeva altro che lei volgesse il suo sguardo a lui prima di riformulare la domanda. Non avrebbe mollato.
‘Allora?’ Chiese nuovamente alzando un sopracciglio.
‘Cosa?’ Fece lei, come se non lo conoscesse davvero abbastanza.
‘La tua vita? Come va?’ Ribadii intrappolando il suo sguardo come soleva fare.
Lia posò la tazza sul tavolo prima di rispondere adeguetamente al suo insistente quesito. Come se gliene importasse per davvero.
‘Ora, finalmente, va tutto bene’, gli rifilò con un gran sorriso di circostanza sperando non chiedesse oltre e sperando gli arrivasse dritto tutto il risentimento che provava nei suoi confronti. Sperando fosse una risposta esaustiva perchè in parte era davvero così, fino a dieci minuti prima.
Quella risposta ebbe l’esito sperato perchè Jordan divenne più teso e quel sorriso che aveva avuto sulle labbra per tutto il tempo svanì lasciando spazio a quell’espressione amara che gli veniva quando veniva colpito in pieno e inarcava un sopracciglio come a pensare a ciò che aveva fatto per meritarsi un simile trattamento. Era la stessa espressione che assumeva ogni volta che avevano una discussione.
Entrambi conoscevano i modi e gli atteggiamenti dell’altro, i loro punti deboli, ecco perchè non era affatto facile fare conversazione come con chiunque altro al mondo. Ecco perchè in quel momento Lia aveva le mani gelide e Jordan dall’altra parte del tavolo irrigidiva i muscoli per il tormento. Entrambi erano come nudi l’uno di fronte all’altro.
‘Piuttosto tu?’ Intervenne Lia prima di fargli prendere di nuovo parola. ‘Tu che stai facendo?’ E un piccolo punto di astio spinto da quel rancore si udì nella sua voce mentre glielo chiedeva. Erano domande di circostanze che con chiunque altro non sarebbero bruciate come ferite sfiorate dall’acqua salata, ma con lui sì. Con lui tutto si faceva più vivo. Ogni singola cosa, anche la più banale.
‘Io…’ quell’astio, seppur avvertito in maniera flebile nella voce di lei, ai suoi occhi era come quadruplicato perché la conosceva benissimo. Quella rabbia era palpabile, viva, forte e furente nel suo animo e nei suoi confronti e Jordan lo percepiva. Lo conosceva benissimo quello sguardo che gli stava propinando, gli era arrivato in pieno petto come una forte scossa. ‘io sono appena tornato a White Plains.’ Cercò di dire non facendosi intaccare.
‘Mh’ sibilò Amelia non avendo il coraggio di chiedere nient’altro. Abbassò lo sguardo e incrociò le braccia. Domande come: Come stai? Hai incontrato qualcun’altra dopo di me? Ti sei sposato? A chi hai donato il tuo cuore dopo? Hai una famiglia ora? E sei felice? L’avrebbero tramortita peggio di un pugno in pieno petto e Lia in quel momento non era proprio in grado nè di farle nè di sentirsele chiedere quelle domande. Immaginarlo con un’altra era già stato troppo in passato mentre cercava di andare avanti con la sua vita, figurarsi a sentirselo dire.
Figuriamoci sentirsi dire cose che aveva pianificato con lei. No, non ce la poteva fare. Non ce l’avrebbe fatta. Doveva svignarsela al più presto. I convenevoli c’erano stati potevano salutarsi.
‘La tua famiglia?’ Probabilmente aveva chiesto qualcosa che lei non aveva udito. Quale famiglia? Che famiglia intendeva? Aveva dedotto qualcosa. Sbiancò di colpo.
‘Eh?’ Chiese con voce flebile non avendo udito niente di ciò che le aveva chiesto con un’espressione che già immaginava sul suo viso.
‘La tua famiglia, dico. Come sta?’ Disse più cupo rispetto all’inizio. Immaginò che magari anche a lui facesse male chiederle davvero che piega avesse preso la sua vita. Magari anche lui soffriva data la sua cupidigia dopo quell’esternazione che gli aveva dedicato, o magari non gliene fregava nulla di lei. Tutto qua.
Si tranquillizzò perchè in realtà non aveva capito nulla di cosa stava per accadere nella sua vita.
Non aveva sbirciato o notate brand strani tra i mille pacchi che aveva con sè o molto più semplicemente non li conosceva. E lei non era pronta a dirglielo. Non così. Non ora insomma che era un incontro di niente.
‘Oh, i miei stanno bene. Sono sempre i soliti dopotutto. Mio padre fa ancora il chirurgo.’ Lui sorrise compiaciuto ma distante a quelle notizie, Lia lo notò.
‘E Bea?’ La interuppe.
‘Bea si è… sposata.’ Cadde sull’ultima parola come se fosse una bestemmia e si toccò l’orecchio quasi imbarazzata. Perchè l’argomento matrimonio con lui le creava così tanto disagio?  ‘Sì, si è sposata qualche anno fa e ora vive con suo marito a qualche ora da qui. Ma è spessissimo qui nel fine settimana.’
‘Sempre con quel… Mark?’ Chiese incuriosito. Lia rimase colpita da quel dettaglio che gli era rimasto impresso e rimase a fissarlo più dolcemente per un po’. In fondo sapeva perchè.
‘No.’ Rispose lei divertita da quel nome e quella persona che non ricordava da tempo ormai. Non riusciva a trattenere una risata. Era stato uno dei ragazzi della sorella quando lei e Jordan stavano ancora insieme.
‘Mmh, mi fa piacere che te lo ricordi ancora. Ti dev’essere rimasto davvero impresso.’
‘Dopo quel che è successo quella sera, direi.’ Ammise unendosi al ricordo.





*Quella sera c’era una gran festa a casa Rickards, la famiglia di Amelia. Era il compleanno dell’affascinante ed elegante padrona di casa: la signora Rickards che compiva 50 anni, anche se guai a ricordarglielo, sarebbe diventata una iena. Se c’era una cosa che la madre di Amelia odiava era ricordarle costantemente quanti anni avesse. Non transigeva su nessuno, neanche sul marito che ogni tanto glielo ricordava per prenderla in giro. Veniva fulminato e trucidato all’istante dalla stessa che poi se ne andava adirata altrove fino a quando non le chiedeva scusa.
Lilian odiava l’incessante scorrere del tempo sul suo essere e sulla sua pelle che ogni giorno le presentava una ruga o un capello bianco in più quasi a beffarsi delle sue occhiatacce e la sua disperazione in merito. A poco o niente servivano tutte le creme costose, le sedute dal marito e le ore di pilates, lo specchio era il suo più grande nemico a volte. A Lillian piaceva il lusso e ciò che comportava, si amava, si piaceva e faceva di tutto per restare giovane nel corpo e nello spirito.
Quella sera nella grande casa a White Plains erano stati invitati tutti i parenti e gli amici più cari alla coppia e alle loro figlie e, logicamente, con i loro corrispettivi fidanzati.
Era un’evento da festeggiare.
Amelia e Jordan erano ormai una coppia consolidata: stavano insieme da quasi tre anni e tra alti e bassi alla fine avevano trovato il loro ritmo e il loro modo di essere felici. Perchè sì, chiunque li vedesse in giro, a scuola o semplicemente fuori li definiva la coppia più bella di tutti. Erano fatti l’uno per l’altra e insieme s’incastravano alla perfezione, mentre invece Bea stava con quel Mark da nemmeno due mesi e quello era il primo vero evento per lui che non era abituato a quel genere di situazioni e persone. E in tutto questo non conosceva nemmeno un po’ i signori Rickards come li conosceva Jordan, ormai quasi un veterano della casa. Nemmeno una volta prima della festa Bea aveva pensato di portarlo a casa. Ciò poteva voler dire solo una cosa: Mark non conosceva affatto la signora Lillian e il suo carattere del tutto altezzoso.


Jordan era già nella grande casa, quella sera, nella stanza di Amelia a prepararsi per la grande serata. Avevano passato tutto il pomeriggio insieme loro due, prima studiando e poi passando il tempo in un modo decisamente pù rilassante e migliore mentre nella grande casa vigeva il silenzio assoluto prima della festa. Tutti erano andati in giro intenti a prepararsi mentre loro si godevano la loro beata solitudine.
‘Ma i tuoi sanno che sto già qui? Aveva chiesto Jordan steso sul letto di Amelia.
‘Mhh… in parte.’ Rispose lei, staccandosi dal suo abbraccio per guardarlo negli occhi.
Quello la guardò meglio non capendo.
‘In che senso in parte?’ Aveva risposto lui guardandola meglio terrorizzato dal pensiero che arrivassero da un momento all’altro.
‘Scemo! Ho detto loro che saresti arrivato mentre erano via.’ Lui ne uscì più sollevato. ‘ Secondo te dicevo loro che ormai entri ed esci ogni volta dalla finestra come fossi Edward Cullen e loro manco se ne accorgono?’ E si sistemò sul letto sedendosi accanto a lui ora.
‘Mi ucciderebbero.’ ponderò serio.
‘Come minimo.’ Sottolineò la ragazza alzandosi e porgendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi.
Lui fu dietro di lei in un balzo.
Amelia si guardò un momento allo specchio e si sistemò i capelli che erano tutti disordinati. Quelli di Jordan non erano da meno, ella rise nel vederlo e si prodigò ad alzare le braccia fino alla sua testa per sistemarglieli alla meglio.
Lui sorrise.
‘Facciamoci trovare di là che sono arrivati. Ho appena sentito la macchina.’ E gli diede un leggero bacio prima di incamminarsi.
Quando arrivò la sera e tutti i preparativi erano pronti in tavola e sulle pareti che avevano addobbato per la madre, la festa ebbe iniziò. Iniziarono ad arrivare amici, cugini e parenti di cui i mezzi erano volti sconosciuti.
Ad Amelia mancava solo il vestito da mettere ed era pronta ad uscire dalla sua stanza.
‘Ecco tieni.’ Entrò la sorella chiudendo velocemente la porta alle sue spalle. ‘Vedi se è questo.’ Fece porgendole l’abito di quella sera, dato che Amelia nella fretta aveva preso uno della madre che da lontano gli somigliava.
‘Son già arrivati tutti?’ Chiese Amelia infilandosi il vestito.
‘Oddio, tutti è un parolone, ma se può consolarti zia Joselyn è già qui. Ha varcato la soglia prima di tutti gli altri.’
‘Già arrivata?’ Chiese Amelia sbarrando gli occhi, incredula. La zia Jocelyn era una vecchia zia della madre che ogni volta arrivava prima di tutti gli altri e si fermava a parlare per ore con Amelia perchè le ricordava se stessa da giovane, con l’unico disgustoso difetto di sputarle addosso ad ogni parola.
‘Sì, e te lo dico mi ha già chiesto dove sei, e nel mentre ha adocchiato Jordy.’
‘No, dai! Questa volta mi lascia di sicuro.’ E Bea rise di gusto alla scena, quasi piegata in due per il mal di pancia che le stava provocando.
Amelia si chinò cercando in fretta le decoltè da indossare prima che Jordy l’abbandonasse.
‘Mark è arrivato almeno?’ Chiese. Almeno poteva salvarsi se c’era anche il ragazzo di Bea lì.
Bea controllò nuovamente il telefono. ‘E’ per strada.’ Annunciò contenta. ‘Lui almeno non incontrerà la zia Jo.’.
Amelia si rialzò, smise le ciabatte e infilò le decoltè.
‘Grazie tante Bea, manco lo conosce a Mark.’ Le fece notare aprendo la porta e fuggendo per salvare il suo cavaliere.
La zia Jo non fece altro che dir loro quando erano belli per tutta la serata, che sembravano due attori e non faceva che chiedere: ‘Ma quando vi sposate? Non vedo l’ora che vi sposiate.’ Fino ad estenuarli definitivamente.
Poi incontrarono Mark, che non aveva un tatto sublime ma era simpatico, un po’ nerd e con la fissa dei videogiochi di cui non faceva altro che parlare. Non praticava nessuno sport e non era avezzo alle feste come quella e quando vide Jordy e Amelia e tutto il resto della famiglia di Bea se ne uscì esordendo con ‘Ma in questa casa si gira un qualche film? Tutti belli siete, mi sento a disagio.’. Risultava quasi inappropriato e agli occhi dei signori Rickards di sicuro non sarebbe stato il massimo, Amelia già lo immaginava perchè conosceva bene i suoi genitori ma a lei piaceva davvero tanto e reputò che con sua sorella stava davvero bene. La faceva ridere abbastanza da farla stare bene. Bea non si era mai sentita davvero a suo agio durante quelle feste grandiose, ogni volta stentava sorrisi e si torturava le unghie in quelle situazioni mentre in quel momento si sentiva bene e quasi non se ne curava più di tanto. Quel Mark la distraeva abbastanza.
La serata procedeva tranquilla e fluida fino alla presentazione del nuovo ragazzo di Bea ai signori Rickards, dove arrivò il peggio.
Le due coppie erano state tutta la sera insieme, conoscendosi e interagendo anche con gli altri della famiglia che erano lì quella sera. Jordan era già ben conosciuto, perciò quasi tutte le attenzioni andarono sul nuovo ragazzo della sorella grande che non avevano mai visto.
‘Non so se me la sento.’ Confidò Bea alla sorella prima di andare. Lia lasciò la mano di Jordan e gli fece cenno di restare lì un momento mentre si spostò più in là per ascoltarla. Jordan capì e continuò a parlare con il ragazzo lì accanto a loro.
‘Come non te la senti? E’ stato qui tutta la sera, non puoi mandarlo via senza presentarlo a mamma e papà. Sai come sono, s’infurierebbero anche di più poi. E anche lui’ indicò Mark più in là. ‘ ci resterebbe malissimo.’ La incoraggiò la piccola prendendole le mani che stava torturando.
Bea volse lo sguardo a lui, poi alla sorella. ‘Forse hai ragione.’ ammise. ‘Magari pensarebbe anche che mi vergogno di lui.’
Lia fece cenno di no con la testa. ‘Ma no, lui sa che lo ami. E anche io. Ti ho vista serena per tutta la sera per la prima volta, grazie a lui. Portalo con te e presentalo a mamma e papà.’ E le fece un gran sorriso d’incoraggiamento.
‘Ora?’
Lia fece cenno di sì con la testa. ‘Sì.’ Infine si abbracciarono forte.
Lia camminò per mano alla sorella nella folla e poi la pose in quella di Mark, interrompendo la coversazione con Jordan, che non capì.
‘Andate su!’
La sorella fece un gran respiro e proseguì verso i genitori.
Jordan la guardò dall’alto confuso.
‘Succede qualcosa?’ Chiese.
Amelia completamente in simbiosi con la sorella non aveva nemmeno fatto caso a Jordan che era lì, nell’udire la sua voce fece un piccolo balzo come spaventata, poi gli prese la mano e la incrociò alla sua. Gli fece cenno di guardare più in là e quello ubbidì capendo ogni cosa.
‘Andrà bene?’ Chiese conoscendo anch’egli i suoi genitori ormai.
‘Non lo so.’ Rispose la ragazza in tutta sincerità.
Jordan la strinse più forte avvolgendola con un braccio. Sapeva che intesa ci fosse tra le sorelle Rickards. Bea era quella più grande tra le due, di due anni, ma erano comunque unitissime perciò sapeva quanto Lia fosse in ansia per quella presentazione ufficilale. Lo sentiva sin dai muscoli che avvolgeva che era tesissima.
Quando Mark fece la conoscenza dei due capi famiglia sembrò essersela cavata alla grande nonostante tutto, fu quando vide in lontananza l’espressione della madre che rasentava il suo volerlo incenerire che Amelia tirò Jordan dietro di sè e intervenne.
‘Per essere una donna di sessant’anni signora Rickards, se li porta davvero alla grande.’ Il suo essere inaproppriato aveva avuto la meglio. Eppure Bea l’aveva avvertito, gliel’aveva accennato.
Bea era diventata rossa come un peperone a quell’esternazione e voleva sotterrarsi. Era come impietrita di fronte ai genitori mentre Mark al suo fianco non capiva cosa fosse successo di tanto grave.
La situazione era gelida tra i quattro.
‘Mamma.’ Intervenne Lia ferma andando al suo fianco. ‘Mark intendeva cinquanta. Cinquant’anni. Lo sa. È scritto ovunque d’altronde.’ E cercò di ridere per smorzare la tensione che si era creata mentre la madre cercava di non esplodere. Almeno non in mezzo ai tanti invitati.
Il padre si accodò ridendo così da salvare la situazione e tornare alla festa.

__
‘ Io ancora non so come hai fatto a sfidare la sorte quella sera. Ti sei praticamente gettata nel fuoco incrociato.’ E risero al ricordo di quell’imbarazzo, al modo in cui la madre era sbiancata di colpo con quell’espressione contorta. ‘Ma d’altronde l’hai sempre fatto. Hai sempre pensato prima agli altri che a te stessa. Sei pronta a tutto per difendere chi ami.’ E l’aria gelida al momento si trasferì a quel tavolo. Le risate si smorzarono e tornarono seri.
Entrambi con mille parole da dire ma con zero coraggio per sputarle.


NOTE AUTRICE: 
Un abbraccio forte a chi è arrivato fino a qui, a chi si è fermato a leggere questa mia nuova storia e gli ha dedicato del tempo.                                                                                            
Era da un po' di tempo che questa storia mi balenava in mente, ed è da un bel po' di tempo che l'ho tenuta segregata nel mio computer titubante sul pubblicarla o meno. Era da un po' che volevo raccontare di altro, volevo raccontarvi di Amelia e di tutto ciò che porterà con sé con il suo viaggio. Spero solo ci sia qualcuno al mio fianco pronto a leggerla e a supportarmi. Spero che queste righe abbiano suscitato qualcosa in voi e che iniziate a seguirla anche per questo.

Aspetto vostri pareri per decidere se pubblicare o meno gli altri capitoli.

- Elle.

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Capitolo 2
*** The night we met ***


The Night We Met
 


 

Quel caffè era ormai diventato freddo e imbevibile in quella tazza mentre parole su parole venivano gettate al vento e i ricordi scorrevano inesorabili tra i due che non facevano che ricordare una vita insieme perchè sì in fondo lo era stata. Erano stati insieme per quasi sei anni prima che tutto andasse in frantumi. Prima che tutto si vanificasse. Parlavano di tutto e parlavano di niente senza nemmeno fare cenno all’amore che c’era stato tra i due. Era stata una vita fa, pensò Amelia, eppure sembrava soltanto ieri.
Sembrava solo ieri quando Amelia varcò la soglia della casa dei Jacobs, dove si era imbucata con alcune sue amiche. Quelle conosciute in quel primo anno di scuola. Erano diventate una specie di combriccola che usciva quasi sempre e che non faceva altro che stare insieme per tutto il tempo. Amelia stava bene in loro compagnia e fare amicizia con loro le venne così facile che quasì se n’è stupì lei stessa.
Ogni weekend cercavano di fare qualcosa insieme, e ogni tanto decidevano di andare o imbucarsi a feste nei paraggi.
Quella sera c’era il compleanno di Thomas Jacobs, un ragazzo della scuola che compiva diciasette anni in programma e, a dirla tutta, Amelia nemmeno sapesse chi fosse. Ma una delle sue amiche, Chloe, conosceva la ragazza del tipo e non voleva andare sola perciò erano state invitate anche loro.
Uno dei motivi principali per la quale le sue amiche avevano accordato a unirsi a lei era questa: ci sarebbero stati tanti ragazzi, essendo Thomas uno dei più popolari e tra loro quel chiacchierato Jordan LeBlanc che era il più ambito tra tutti.
Tra le sue amiche a morire, nel vero senso della parola, per lui c’era Deborah che ogni volta lo soleva veder passare in corridoio sperava in un suo sguardo verso di loro per fantasticare ancor di più su una probabile loro vita insieme.
Amelia rideva ogni volta a quegli atteggiamenti per lei esagerati e anche quel pomeriggio a casa sua non comprendeva appieno quell’interesse sfrenato che suscitava in lei e nelle altre come lei.
Tutte loro avevano deciso di prepararsi nello stesso luogo per poi andare tutte insieme alla festa, e la casa di Amelia era la più vicina tra le quattro a quella dei Jacobs.
C’era Janet, in trepidazione per l’imminente incontro che avrebbe avuto con qualche ragazzo.
Chloe che non faceva altro che frugare tra le cose di Amelia per cercare qualcosa di carino da mettere.
‘Questo secondo te mi starebbe bene?’ Aveva chiesto l’amica mostrandole una gonna e un maglioncino che sembravano stare benissimo insieme. Amelia si era alzata da terra, posto in cui stava truccando al meglio Deborah, per dare le sue considerazioni.
Amelia la rimirò con occhio più acuto, per poi prenderle un’altra gonna all’interno dell’armadio che secondo lei si abbinava meglio alla sua carnagione olivastra.
‘Prova questa, secondo me con quello sta a meraviglia su di te.’
Chloe fece un gran sorriso in risposta e andò dietro il separè in camera.
‘Tu dici che ci sarà Jordan, davvero?’ Era l’ennesima volta che Deborah lo chiedeva insicura.
‘Ci sarà di sicuro Deb, è uno degli amici di Thomas.’ L’aveva tranquillizzata Amelia inginocchiandosi a terminarle il make up. ‘E con il trucco che ti sto facendo non potrà che notarti.’
Quella non ne era sicurissima, ma decise di fidarsi.
‘Tanto non mi guarderà minimamente.’ Esclamò incupendosi, spinta dalla sua innata insicurezza.
Amelia si mise le mani sui fianchi e la guardò torva. ‘Non ti fidi delle mie doti, forse?’ Poi tutto si tramutò in un sorriso per quel sentimento che l’amica sentiva di provare.
Ancora, in quel periodo della sua vita Amelia non aveva un vivido interesse per qualcuno perciò non poteva capire appieno quanto il cuore potesse bruciare per una persona. Fino ad allora Amelia non aveva avuto nemmeno un ragazzo sebbene lei fosse un interesse per molti che in quei mesi si erano fatti avanti ricevendo un due di picche, e non perchè non fosse interessata ma perchè fino a quel momento nessuno aveva ridestato in lei quel tipo di intrigo.

‘Tu starai con me, vero?’ Supplicò Deborah prendendole entrambe le mani e guardandola con quello sguardo degno di far cedere chiunque. Anche il più duro di tutti.
‘Se guardi lui come stai guardando me in questo momento sta pur certa che cascherà ai tuoi piedi quello!’ Le aveva detto Amelia ridendo divertita e ultimando il make up su di lei.
Quello, l’aveva chiamato, perchè su di lei ancora non aveva effetto. Perchè lei inizialmente per quel ragazzo non provava assolutamente nulla a differenza della maggior parte delle ragazze a scuola. Non poteva prevedere ciò che sarebbe diventato, dopo, per lei. Non poteva prevedere gli anni che da lì a poco avrebbe passato insieme a lui e quanto quella persona, fino a prima sconosciuta, entrasse nelle trame del suo essere quella sera.
Arrivarono al posto piuttosto presto e si sorpresero nel trovare la festa già iniziata.
Chloe e Janet si diressero quasi subito dalla fidanzata del padrone di casa con il regalo in mano pronto da porgere, mentre Deborah cercava disperatamente la sua cotta guardando ovunque.
Ne era ossessionata.
Appena entrata in casa non aveva dato attenzione ad altro.
‘Magari non sarà ancora arrivato.’ Fece Amelia più calma, posando la giacca su una poltroncina distrattamente.
‘E’ impossibile’ spiegò Deborah. ‘Dev’essere già qui.’ Disse convinta quasi iperventilando già e con la testa per aria. Vagava nel salone perlustrando ogni anfratto e ogni persona di spalle con lo sguardo.
Guardarono ovunque nei dintorni della sala in cui si trovavano, tra tutte le persone che erano lì, ma Deborah non era ancora svenuta quindi di per certo non era lì
‘Facciamo così.’ propose Amelia per aiutarla mettendole ambo le mani sulle spalle per fermarla da quel tram tram che stava compiendo da quando era entrata. ‘tu cerchi nelle altre stanze e vai al piano di sopra mentre io aspetto qui e vedo se arriva, va bene?’
‘Va benissimo.’ Mimò Deborah dirigendosi al piano di sopra della casa.
Appena Amelia rimanne sola vide alcuni suoi amici più in là che non aveva visto appena entrata e ne approffittò per salutarli.
Erano due suoi amici d’infanzia, figli di amici di famiglia con cui era praticamente cresciuta.
‘Ehi Lia!’ Esclamò uno felice nel vederla.
‘Chris!’ Fece lei abbracciandolo forte. Vicino a lui c’era anche Stephen e strinse anche lui in un abbraccio con un gran sorriso. Erano mesi che non li vedeva.
‘Anche tu qui?’ Le chiesero con un bicchiere in mano. ‘Conosci Thomas?’
’Sì, sono qui con delle amiche. In realtà è una di loro a conoscerlo, io sono solo venuta con lei.’
‘E dove sono in questo momento?’
‘In giro, magari dopo ve le presento.’
‘Magarì si, dai!’ Entrambi erano felici di vederla. Era diventata più bella, più estroversa rispetto a quanto ricordavano e aveva un grande sorriso luminoso che illuminava tutta l’area intorno a sè.’A dopo.’ esclamò con lo sguardo ancora rivolto su di loro mentre prese a camminare e ci mancò davvero pochissimo affinchè non finisse addosso a quel ragazzo di cui non si era nemmeno accorta.
I loro sguardi s’incontrarono e fu come se la terra e tutto ciò che avevano intorno sparì, per entrambi. Non c’era più nè spazio, nè tempo, erano solo loro due persi nello sguardo dell’altro. Amelia restò incantata da colui che si era trovata a pochi centimetri da sè e per la prima volta nella sua vita iniziò ad capire che significasse iperventilare. Si sentì avvampare, ed era quasi come se stesse prendendo fuoco, sperò solo che la cosa non fosse troppo ovvia. Non si era mai sentita in quel modo.
Lui le sorrise completamente perso, lei di rimando fece la stessa cosa non capendo più nulla. Era bellissimo, quasi irreale e quel sorriso che le aveva dedicato era incantevole. Sentì un brivido percorrerla tutta la schiena. Abbassò lo sguardo sulle sue scarpe e spostò un capello dietro l’orecchio imbarazzata. Per quanto erano rimasti in quel modo? Doveva tornare alla realtà ma era come immobilizzata da un’incantesimo.
‘Ehi.’ Fu lui a prendere la parola subito. Amelia alzò lo sguardo completamente soggiogata.
‘Ciao.’ Rispose lei allargando un sorriso in tutta risposta, come fosse un’ebete. Doveva sembrare ridicola. Possibile che si fosse innamorata? No, Amelia. pensò. Non può essere. Non perché non volesse, ma perchè tutto era stato così inaspettato e… fulmineo. Cos’era successo? Ciò che aveva sentito dentro di sè era il sinonimo di amore?
‘Ciao.’ Completamente andato anche lui, con quel sorriso capace di far cedere chiunque. Ora capiva quello che tutte dicevano a scuola su di lui. Stava cadendo anche lei nella sua rete? Amelia scosse la testa come per tornare alla realtà dei fatti.
‘Ehm… scusa, davvero. È colpa mia se ti sono venuta addosso. Stavo parlando con alcuni amici e non ho guardato dove stessi andando.’ Spiegò indicando i due amici più in là. ‘Non ti avevo visto.’
‘Nemmeno io ti ho mai vista.’ Disse lui alludendo al fatto che non l’avesse mai vista in giro, invece. ‘A che scuola vai?’
‘In realtà alla stessa della tua.’ Dichiarò la ragazza facendo nascere in lui ancora un più vivo interesse. Quello inarcò un sopracciglio meravigliato.
Ci pensò bene, scandagliò ogni suo ricordo ma niente. Non la trovava. Possibile non l’avesse mai davvero notata? Una bellezza del genere tra i corridoi della scuola gli sarebbe subito balzata agli occhi, pensò. Era di una bellezza mozzafiato, come aveva fatto a non vederla.
‘Impossibile, non ti ho mai vista.’
‘Forse perchè sei sempre impegnato a pensare altro, a guardare altrove e a ridere con i tuoi amici perché io sono sempre nello stesso posto in mensa e al mio armadietto mentre ti vedo passare con loro.’ E indicò con un cenno del mento tutta la squadra che era dietro di lui. Lui la guardò sorpreso e ammirato dal fatto che, a differenza sua, lei l’avesse notato. ‘Io me ne sto sempre con le mie amiche, una di loro è lei.’ E afferrò la mano dell’amica poco dietro di lei così da avere una scusa per presentargliela. ‘il suo nome è Deborah e può confermartelo.’
Sperò solo che non svenisse lì, che non le morissero le parole in bocca perchè sembrava piuttosto impietrita ora che gli era di fronte.
Quello di fronte a loro incrociò le braccia al petto e attese risposta come tutti ormai che inconsapevoli erano diventati spettatori e testimoni di quell’incontro, capace di rubare la scena anche al festeggiato.
‘C… Cer… certo.’ Balbettò Deborah causando un risolino tra quelli dietro a cui Amelia gettò un’occhiataccia, pronta a scattare.
Jordan la notò, e prima di bruciarsi ogni possibilità con lei ammonì gli altri con fare altrettanto, anche perché non era di lui sogghignare di chi gli mostrava interesse.
‘Okay, mi arrendo e mi sento in colpa per non averti dato le stesse attenzioni che tu hai dato a me.’ Amelia stava per ribattere per fargli capire che non era quello il motivo per cui l’avesse notato, ma lui non glielo permise. ‘Ma ora che tu sai il mio nome, io so quello della tua amica, posso sapere anche il tuo?’ E quel sorriso le sciolse il cuore, ma cercò di restare calma anche se lui sembrava essersene accorto da un pezzo.
‘E se io non te lo volessi dare?’ Giocò con lui, cercando di tenerlo un po’ sulle spine. Anche lei sapeva di averlo in pugno.
‘Perchè no?’ Restò al gioco, divertito.
‘Perchè non credo sia vitale per te. Cioè non è questione di vita o di morte.’ E se ne andò voltandogli le spalle e lasciando lì quella marmaglia di gente che si era creata tutta intorno.
Odiava stare al centro dell’attenzione, da sempre, e quella situazione in cui si era messa senza volerlo era anche durata fin troppo.
Jordan lasciò indietro gli amici che erano con lui e la seguì nel salone lì accanto dove lei si sedette su un divano accavvallando le gambe.
Lui le sedette accanto. Trovava gusto nel stare al suo gioco e in più aveva modo di starle più vicino. Quella ragazza l’aveva già conquistato ancor di più.
‘Sai che potrei chiederlo alle tue amiche e me lo darebbero?’ La fidò mentre lei la ignorava.
‘Potrei darti un nome falso.’
‘Lo scoprirei comunque.’
‘Non ci contare.’ Fece lei sempre più giocosa. Non aveva voglia di dargliela vinta subito, non voleva essere come le altre e cedere subito balbettando. Doveva sudarselo quel nome se proprio era interessato a lei. ‘Cosa sarei per te dopo? Un’altra delle ragazze che hai fatto cadere ai tuoi piedi? Un’altra di quelle che ti vanterai di aver abbindolato?’
Quello rise a quell’esternazione, un po’ perchè era divertito da quella misteriosa ragazza e un po’ per ciò che stava alludendo sul suo conto.
‘Guarda che io non faccio assolutamente nulla per abbindolare le persone, io nemmeno so tutto questo sul mio conto.’ Rivelò sincero mentre quella lo guardava incredula.
Era sincero? Lo guardò più attentamente in cerca di una falla che lo facesse davvero cadere, che lo smascherasse, ma più lo guardava più non sentiva nulla di strano. Il suo cuore lo percepiva sincero, Amelia sciolse le braccia incrociate che aveva al petto e gli porse una mano.
‘Io sono Amelia. Amelia Rickards, piacere.’ Jordan afferrò la sua mano. Un scossa percorse entrambi.
Cupido aveva definitivamente deciso chi far innamorare quella sera.


‘Ne è passato di tempo.’ Esclamò lei persa nuovamente tra i ricordi con gli occhi fissi su di lui. Non sapeva perchè la sua mente era andata a ripescare quelle reminescenze tra tanti in quel momento, forse perchè comparava quell’incontro fortuito al loro primo incontro e glielo mostrava prepotentemente per dimostrarle la differenza palese nelle cose. La differenza negli atteggiamenti, più freddi e distaccati rispetto a prima. Lia lo sapeva bene, stava cercando di starne alla larga il più possibile, stava cercando di non farsi coinvolgere per non soffrire più.
‘Sei. Sei anni son passati da… allora.’ Esclamò catturando la sua attenzione. Lo disse con malinconia e un pizzico di tristezza che fece batter il cuore di Amelia ancora una volta come allora. Poi Amelia abbassò la guardia e si mise a sorridergli dolcemente come quando stavano insieme.
‘Sei meravigliosa.’ Esclamò lui con quello sguardo lucido che pareva dire milioni di cose. La ragazza abbassò lo sguardo istantaneamente per non cedere. Aveva fatto tanto per chiudere quei sentimenti per lui dietro una porta del suo cuore. Era stato difficile, faticoso, raccoglierli uno ad uno e nasconderli bene. Non poteva vanificare tutto adesso. Non gliel’avrebbe lasciato fare. Cadere nei suoi occhi sarebbe stata una trappola mortale in quel momento.
Doveva andar via da lì adesso.
Guardò il display del suo cellulare e notò 4 chiamate perse da parte della madre, 2 di Paul, subito dopo il suo sguardo cadde sull’ora.
Le 19.06.
‘Cazzo!’ Esclamò in preda al panico.
Come aveva fatto un’ora a passare così in fretta? Dannazione! A lei e ai ricordi in cui si era persa a causa di Jordan LeBlanc. Maledizione anche a lui che le aveva fatto dimenticare la metro delle 18.40. Maledizione ad ogni cosa.
Ecco cosa le combinava dentro.
Era tutta colpa sua, anche ora che la guardava confuso e un po’ divertito da quell’esclamazione improvvisa.
‘E’ successo qualcosa?’ Chiese spostandosi in avanti per vedere cosa l’avesse scombussolata tanto. Amelia si tirò subito indietro.
‘Scusa’ esclamò lei alzandosi dal tavolo e allontanandosi un momento con il telefono all’orecchio.
‘Lia, ma dove sei? Ti sto aspettando qui da un quarto d’ora. E’ accaduto qualcosa?’
Ho incontrato il mio primo amore mamma, colui che in verità forse non ho mai smesso di amare. Ecco cosa è accaduto, ed ecco perchè ho perso la metro. Ecco perchè ho perso nuovamente la testa. Avrebbe voluto rispondere.
‘No, mamma. Tutto bene, e che… ci ho messo tanto in un negozio. C’era una fila immensa e non ho fatto in tempo ad arrivare alla stazione.’ Mentii, spudoratamente, non sapendo che inventarsi.
‘E adesso? Come fai a tornare? La mia macchina l’ha presa tuo padre lo sai. Bea è fuori questa settimana. Non puoi chiamare Paul?’
‘No. Paul non posso. Come faccio? No, non se ne parla. Non posso chiamarlo con tutte queste cose, sai che non voglio che mi veda prima…’ poi sentì gli occhi di Jordan che le pungevano addosso e che probalbilmente aveva origliato ogni cosa perchè la osservava muoversi abbastanza perplesso. ‘dell’evento.’ Continuò sostituendo quella parola.
‘Hai ragione, infatti. Allora come fai?’ Chiese la madre preoccupata non vedendo soluzione.
Amelia ci pensò seriamente prima di trovare la soluzione dinanzi ai suoi occhi. Era l’unica cosa possibile in quel momento anche se le sarebbe costato ancor di più.
‘Tu vai a casa. Vedo cosa posso fare e poi ti richiamo.’ E chiuse la telefonata senza attendere risposta.
L’unico rimedio a quel guaio era seduto lì, a pochi passi da lei.
Amelia valutò attentamente i pro e i contro mentre stringeva forte a sè il telefono. Sembrava essere caduta in una specie di ipnosi mentre ci pensava.
Sarebbe stata ancor di più a stretto contatto con lui e la cosa sarebbe stata ancor più controproducente per lei che già si era persa tra alcuni ricordi di lui durante quell’incontro, ma non aveva altro modo di tornare a casa.
Era il momento di muoversi. Prese coraggio, guardò la preda e gli andò incontro.
‘Ci sono problemi? Ti ho vista preoccupata mentre parlavi al telefono.’ Esclamò.
‘Ehm…’ mugugnò cercando il coraggio. ‘Dovrei chiederti un favore. E non vorrei gravare su di te se proprio non mi servisse.’
Jordan l’ascoltò, tutto orecchi. ‘Certo, qualunque cosa.’
‘Ho perso la metro per tornare a casa, la prossima è alle nove di sera e non posso aspettare così a lungo, perciò ti dispiacerebbe accompagnarmi fino a casa?’  Lui fece cenno di sì con la testa ancor prima che Amelia finì la sua domanda.
‘Certo che sì.’ Fece scattando in piedi.
‘Non ti scoccerei se avessi un’alternativa.’ Confessò.
‘Non devi preoccuparti di niente tu.’ E prese alcuni di quei pacchi che erano ai suoi piedi. ‘Sarà un po’ come i vecchi tempi no?’ Disse tutto contento mentre si dirigevano alla macchina.
Ad Amelia mormorò lo stomaco, non perchè avesse fame ma per quello che aveva appena detto.
‘Già.’ Sussurrò piuttosto mesta per poi seguirlo, come i vecchi tempi.


NOTE AUTRICE:
Innanzitutto, prima di dilungarmi oltre, ci tengo a ringraziare tutti coloro che hanno inserito la storia tra le storie seguite e che hanno speso un po' del loro tempo a recensire recensito il primo capitolo.
Vi ringrazio di cuore. 
In questo capitolo vi ho fatto vedere uno scorcio del loro passato, del loro primo incontro e di come tutto ebbe inizio, ma c'è ancora molto da raccontare se deiciderete di restare.
Io intento mi dileguo dandovi appuntamento alla prossima settimana.
Aspetto qualsiasi parere in merito.

Ancora grazie mille per essere arrivati fin qui. 
- Elle.

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