Ghost from the past

di bluebb
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hello! Can I speak to G...? ***
Capitolo 2: *** Determination. ***



Capitolo 1
*** Hello! Can I speak to G...? ***


Hello! Can I speak to G…?


 
 
Lui era lì, nel profondo buio abissale. Gli dava le spalle, con le mani incrociate dietro la schiena, nella tipica posa che assumeva sempre mentre osservava gli schermi del laboratorio. Quella visione gli causò un moto di nostalgia e di grande paura. Perché era lì davanti a lui? E soprattutto dove si trovava davvero?

“Sai Sans,” iniziò lui, voltandosi appena per attirare la sua attenzione “è sempre stato strano osservare il corso degli eventi e non poter mai intervenire davvero, essere un mero spettatore di decine e decine di possibilità, di scelte sbagliate e poi corrette.”

Quel discorso, nonostante gli suonasse familiare, sembrò non avere alcun senso “Di cosa diamine stai parlando?”

Gaster si voltò completamente, rivolgendogli le due lunghe cicatrici scolpite nel cranio “Ogni volta un finale diverso e ogni volta nessuno è mai davvero felice. Rimane sempre qualcuno con un problema in sospeso, un cruccio che divora il mostro e lo costringe ad una vita infelice. Anche nel migliore dei casi, resterà sempre almeno un individuo che non potrà mai assaporare davvero la felicità. Ogni linea temporale è l’inferno di uno e il paradiso di un altro.”

Ancora una volta, Sans provò un forte senso di déjà-vu, ma il discorso non sembrava avere senso per lui “Linee temporali?” chiese semplicemente.

Il viso di Gaster si deformò appena, rendendolo ancora più inquietante del dovuto “Ma come Sans, non ricordi più?”

Il buio sotto i suoi piedi si aprì e cadde, atterrando in una lunga stanza dalle pareti dorate, con una calda luce che filtrava dalle finestre.

La Judgment Room.

Un brutto presentimento, una forte scarica elettrica lo attraversò da parte a parte e si mise subito in piedi, in allerta. Appena si guardò intorno però, il tempo di voltarsi verso l’entrata della stanza, e la strana – ma familiare – sensazione di una lama fredda gli squarciò il petto. Un paio di occhi rossi, colmi di odio e di violenza, lo stavano fissando.

Si svegliò di soprassalto, immerso in un bagno di sudore. Per lo spavento si era ritrovato seduto sul letto e d’istinto aveva portato la mano al petto: integro. Era stato solo uno tremendo incubo, l’ennesimo. Sans sperò con tutto se stesso di non aver urlato svegliandosi, non voleva svegliare Papyrus per preoccuparlo.
Guardò l’orologio sul comodino, suo malgrado scoprì con amarezza che mancavano sette minuti alle cinque del mattino. Era molto presto per i suoi standard abituali, ma non avrebbe mai potuto riprendere sonno, non dopo quello che aveva sognato.

Chara. Non sognava quell’essere immondo di tanto tempo. Non aveva certo dimenticato, cercava solo di non pensarci troppo spesso, nonostante i suoi sforzi fossero stati sempre e solo vani. Decise di alzarsi, malgrado il suo corpo reclamasse ancora il forte bisogno di restare a letto e isolarsi dal mondo intero. In ogni caso Papyrus non glielo avrebbe mai permesso.

Era da un mese che quegli strani sogni si susseguivano, notte dopo notte, ogni volta con soggetto qualche evento o qualcuno di diverso. Le uniche due costanti di quei sogni erano suo padre, Gaster, e gli esseri umani caduti nel corso degli anni, in particolare Frisk. La presenza della bambina era diventata quasi scontata, nonostante Sans rivivesse anche gli eventi legati agli altri umani caduti che aveva incontrato nel corso della sua vita.

Sans aveva sempre detestato la sua percezione delle altre linee temporali, ma quello, il costante rivivere gli eventi di tutte quelle già accadute, era troppo. Gli sembrava incredibile dirlo ma c’era solo un mostro in tutto il sottosuolo che l’avrebbe potuto aiutare a risolvere quel rompicapo e doveva andare da lei quello stesso giorno. La visione di Chara lo turbava terribilmente.

“… S-sans?” la voce incerta di suo fratello lo risvegliò di colpo da quel flusso interminabile di pensieri. Mentre pensava non si era nemmeno reso conto di essere uscito dalla sua camera, aver preparato il caffè e di essersi seduto sul divano con la tazza fumante in mano.

“Buongiorno Pap.” disse, cercando di sembrare il più naturale possibile.

“Stai bene Sans? Sono le sei del mattino.” ovviamente anche per il fratello quel suo fare così mattiniero sembrava un’assurdità.

“Oh, sì Pap, tranquillo, ho solo fatto la maratona dell’ultima serie TV di Mettaton in una notte e mi stavo giusto gustando un caffè.”

Papyrus sbuffò come di consueto “Sei sempre il solito Sans, non cambierai mai.”

Però, mentre Sans osservava il fratello con la coda dell’occhio, notava come l’espressione del minore fosse strana, insolita. C’era una strana luce negli occhi di Papyrus, troppo pensieroso per i suoi standard.

“Tutto bene Pap?” azzardò Sans, osservandolo meglio: aveva afferrato la caraffa di caffè per versarsene una generosa dose nella tazza personale. C’era scritto: Papyrus 1# Cute Royal Guard.

Il fratello però non gli rivolse alcuno sguardo per rassicurarlo e, anzi, le sue parole non fecero che sortire l’effetto contrario alla calma in Sans “Ho sognato nostro padre. Non credo sia mai successo prima e… è stato strano, ecco.” si voltò verso di lui, sfoggiando il miglior sorriso che potesse fare, nonostante Sans leggesse ancora una certa tensione nella sua espressione “Ma alla fine è stato solo un sogno, nulla di importante.”

Si sedette accanto a lui, sul divano. Era una strana mattina quella, succedevano di continuo eventi insoliti, anche dei più insignificanti. Sans cacciò le mani nelle tasche, alla ricerca di un qualche tipo di rassicurazione. Dentro c’erano un paio di monete, qualche bustina di ketchup, tre graffette. “Uhm, il vecchio Gaster quindi… e che ti ha detto?” la curiosità può uccidere, ma questa volta era meglio indagare. Papyrus sembrava perplesso “Beh, sai Pap, magari ti ha detto dei numeri da poter giocare alla lotteria.”

“Quanto sei stupido.” rise, prima di ritornare serio “In realtà, non ricordo bene, dopo essermi svegliato il sogno è diventato molto confuso e non riesco più a ricostruirlo.”

Ovvio, pensava Sans, toccavano sempre a lui i rompicapi, nonostante fosse Papyrus l’amante dei puzzle. Ogni minuto che passava, ogni evento insolito, Sans si convinceva sempre di più che aveva davvero bisogno di un parere esterno di cui potersi fidare. Si alzò, stiracchiandosi le ossa.

“E adesso dove vai?” Papyrus aveva l’espressione stupefatta di chi aveva appena visto un fantasma, mentre osservava il fratello maggiore avviarsi verso la porta.

“Oh, devo andare al Core, Alphys mi ha chiesto aiuto per una cosa.” non gli era nemmeno venuta in mente una battuta squallida qualsiasi per distrarre il fratello.

“Sans… sei sicuro di stare bene?”

“Sì Pap, sto bene.”

Si richiuse la porta alle spalle, avvolto subito dal freddo abbraccio di Snowdin, deciso a venire a capo di quell’enigma.

E mentre Sans prendeva la prima scorciatoia utile per arrivare davanti al laboratorio di Alphys, una corda appariva e una figura si calava prudente dalla bocca del monte Ebott, inconsapevole di ciò che avrebbe trovato appena toccato terra.
 
 
 
 


Angolo autrice:

Salve! È la prima volta che approdo nella sezione Fandom di Undertale, quindi mi presento. Sono bluebb e ho scoperto Undertale relativamente tardi e solo ora mi sono decisa a scrivere qualcosa. Questa sarà una long e spero di non fare troppo casino scrivendola. Prima di tutto però sono doverose alcune precisazioni:

- Sto utilizzando l’ending neutrale della Exiled queen, ma senza uccidere Papyrus, né Undyne perché non potevo moralmente uccidere nessuno dei due. Ecco spiegato perché What if?

- Frisk per me è una bambina, semplicemente perché me la sono sempre immaginata così.

- Gaster in questa FF sarà il padre di Sans e Papyrus. L’ho sempre trovata una teoria interessante.

Bene, le precisazioni sono state fatte, posso mettermi l’anima in pace. Spero in ogni caso che questo primo capitolo/prologo vi sia piaciuto.

Vi mando un grosso abbraccio.

A presto!

-bluebb

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Capitolo 2
*** Determination. ***


Determination


 
 
Osservò il rampino, ancora appeso e resistente anche dopo quella discesa. Non un rumore, non uno spiffero, proprio come ricordava. Era solo da qualche secondo nel territorio dell’Underground e già ricordava tutto, tutto ciò che era accaduto. Sganciò la corda e la appese allo zaino, prima di diventare guardinga.

Flowey.

Doveva essere lì, da qualche parte, pronto ad attaccare in qualsiasi momento. Non doveva abbassare la guardia, il pericolo poteva essere dietro l’angolo. Era pomeriggio inoltrato, a giudicare dalla luce che filtrava dalla voragine: Doveva sbrigarsi se voleva arrivare a Snowdin entro la notte.

Si incamminò verso l’entrata delle rovine, scoprendo con sorpresa che non solo Flowey non sembrava essere in zona, ma che lì non vi era proprio nessuno. Cominciò a chiedersi se andando avanti avesse ancora trovato ciò che esisteva un tempo in quella zona.

Si aggirò per le rovine, sorpassando con facilità gli enigmi e i puzzle e, con sua sorpresa, non c’era nemmeno l’ombra di un mostro nei paraggi. Iniziava ad essere tutto molto strano. Flowey non l’aveva attaccata e non sembrava nemmeno essere nelle rovine, non vi erano mostri e, soprattutto, Toriel non stava facendo la solita ronda per cercare eventuali umani caduti nell’Underground. Forse c’era davvero da preoccuparsi.

Arrivata però davanti al grande albero nero, tirò un sospiro di sollievo nel vedere la luce accesa dentro casa. Prima però forse era meglio…

Si avvicinò alla piccola luce fluttuante sotto alle scale e allungò la mano, cercando quel calore rassicurante che l’aveva accompagnata un tempo nel corso della sua avventura passata. D’istinto sorrise, aspettando di venire inondata dalla propria determinazione e salvare, ma venne colpita da tutt’altra sorpresa.

Nessun calore, nessuna energia, la propria determinazione non l’aveva investita come accadeva in passato. Si impose la calma, mentre la sua mente correva fino a raggiungere un vegetale sensiente. Flowey? Era possibile che Flowey avesse una determinazione più forte della sua? No, era impossibile, da bambina la sua determinazione superava di gran lunga quella del fiore, come era possibile che adesso avesse perso l’abilità di salvare?

Riprovò, forse non si era concentrata abbastanza, chiuse gli occhi, alla ricerca della propria determinazione, ma nulla. Non c’era dubbio che la sua forza fosse lì, le scorreva nelle vene e nel cuore, la poteva percepire benissimo, ma niente. C’era davvero qualcuno, un mostro, con una determinazione tale da superare quella di un essere umano praticamente adulto?

Adesso aveva bisogno di risposte e doveva stare attenta, molto attenta. Sarebbe bastata una parola o un’azione sbagliata e quel viaggio sarebbe stato inutile, la sua morte sarebbe stata un totale spreco.

Bussò, cercando di distendere i nervi. La porta si aprì dopo poco e una pelliccia bianca sbucò prudente dietro il legno. I suoi occhi si spalancarono, insieme alla porta, prima di afferrarla e di spingerla dentro. Toriel richiuse in fretta la porta, bloccandola con un lucchetto. Quello… era sicuramente nuovo.

L’ex regina si voltò con movimenti lenti, restando appiccicata contro la porta. Non era cambiata di una virgola. Toriel la osservò, da capo a piedi, senza dire nulla per qualche attimo: stava sicuramente cercando di metabolizzare.

“F-frisk…”

“Ciao Toriel”

La vide muovere qualche passo incerto verso di lei “Cosa… come hai fatto a tornare qui?”

“È una lunga storia, se vuoi posso raccontartela davanti ad una tazza di tè caldo. Sai, non voglio essere scortese, ma le rovine sono davvero umide e stavo cominciando a sentire molto freddo.”

Toriel si ridestò immediatamente “Certo, certo, cara. Però prima fatti abbracciare.” le grosse zampe la avvolsero in un caldo abbraccio. Frisk si ritrovò ad annusare la morbida pelliccia di Toriel, il profumo delicato di cannella e butterscotch.

Si ritrovarono quindi sedute al tavolo, a sorseggiare tazze di tè caldo e a parlare degli anni che erano passati.

“Dieci anni…” sospirò Toriel “è passato davvero tanto tempo da quando sei andata via. Eppure, mi sembra ancora di avere davanti a me quella coraggiosa bambina che avevo trovato nelle rovine.”

“Beh, non sarò più una bambina, ma rimango pur sempre la solita Frisk.” rimasero in silenzio per un po’, mentre Frisk cercava il modo giusto di formulare la domanda “Allora… qual è la situazione qui?”

Toriel si intristì, iniziò a rigirarsi tra le mani la tazza “Sono cambiate molte cose da quando te ne sei andata Frisk. Prima l’Underground era infettato dall’odio per gli umani, ma vi era comunque la speranza del cambiamento… Adesso invece quell’odio è legge grazie ad Undyne.”

“Sì, so che è lei a governare su tutto l’Underground.”

“Quindi saprai anche che sono in esilio da allora.”

“Sì… Sans me lo aveva accennato, all'epoca.”

“Oh, Sans… ogni tanto Papyrus e lui vengono a trovarmi per portarmi qualche nuovo libro da leggere dalla biblioteca. Non vogliono che mi annoi troppo. Ad ogni modo, io avevo cercato di far accettare gli umani al popolo ma… erano tutti troppo arrabbiati all’epoca per capire che forse era la via migliore da intraprendere. Erano state fatte troppe scelte sbagliate.”

“Già… Undyne non mi ha perdonato per la morte di Asgore, nonostante sapesse bene che non ci fosse altra possibilità.” questa, d’altra parte, era solo una mezza verità.
Dopo aver sentito il nome di Asgore, lo sguardo di Toriel diventò ancora più grigio e triste e annuì semplicemente alle parole di Frisk. Forse era meglio sorvolare sulla figura del defunto re.

“Quindi che hanno fatto in tutti questi anni?”

“Oh, beh…” cominciò lei “Undyne ordinò di catturare ogni singolo umano che sarebbe caduto nell’Underground e di portarlo direttamente da lei al castello. Negli anni ha incaricato Alphys di trovare un nuovo modo per distruggere la barriera sfruttando le nuove anime ma… è stato tutto inefficace e ogni umano che è precipitato qui da dieci anni a questa parte non è mai sopravvissuto e nessuno è riuscito a fuggire.”

“Capisco… allora sarà tutto più difficile del previsto.”

“Frisk, ascoltami, quando uscirai dalle rovine chiunque cercherà di catturarti o ucciderti. Non troverai più la benevolenza dei mostri di un tempo e anche se sarai gentile con loro ti osserveranno tutti con disprezzo e… paura.”

Frisk si alzò in piedi, sgranchendosi le gambe “Quello non è un problema, riguardo l’essere visti e attaccati. So già come muovermi.” stirò le braccia in alto, scrocchiando le ossa della schiena “Un’ultima cosa: come mai non ci sono mostri nelle rovine?”

“L’esilio comporta la solitudine.” rispose lei, con un candido sorriso sulle labbra.

“Oh, quindi nessuno abita più qui… eccetto te.” Toriel annuì in risposta, tornando a sorseggiare il suo tè.

“A parte le visite clandestine di Sans e Papyrus e qualche sporadico incontro con Napstablook, non ho più molte interazioni sociali.” Frisk la rivolse uno sguardo compassionevole: nonostante Toriel non fosse invecchiata nell’aspetto, sembrava decisamente più stanca nell’animo.

“Le tue intenzioni sono nobili, bambina mia, ma l’Underground è diventato ormai un luogo dove la speranza e l’amore sono solo un lontano ricordo.”

“Quindi pensi che non possa farcela?”

“No, credo che riuscirai a raggiungere il tuo obiettivo in un modo o nell’altro, ma affronterai molti pericoli e… non posso che essere preoccupata per te Frisk.”

Si avvicinò a lei, prendendo le morbide zampe tra le sue, ben più piccole, mani umane “Stai tranquilla Toriel, non ho intenzione di morire. Ti terrò aggiornata tramite cellulare, va bene?”

Toriel l’accompagnò all’uscita delle rovine, in totale silenzio. Frisk iniziava a sentire la tensione di quando gli eventi non vanno come previsto. I racconti di Toriel, Undyne, l’impossibilità di tornare indietro nel tempo, erano sicuramente solo le prime complicazioni che sarebbero successe giorno dopo giorno. Il piano elaborato in superficie si presentava leggermente debole solo dopo poche ore passate nelle rovine. Figuriamoci nel resto dell’Underground.

“Eccoci qua.” esordì Toriel, rompendo la quiete. “Non ci sono sentinelle oltre la porta, però ci sono alcune telecamere di Alphys… sei sicura di riuscire ad arrivare a Snowdin senza farti vedere?”

“Certo Tori, ho pensato a ogni dettaglio.” anche questa era una mezza verità, ma era meglio non dire nulla dei problemi.

“Va bene, bambina mia, mi fido del tuo giudizio.” la strinse a sé, accarezzandole la nuca “Stai attenta e non esitare a chiamarmi se avessi bisogno di aiuto, per qualsiasi cosa.”

Frisk annuì, staccandosi dall’abbraccio. Aprì la porta e svanì, immersa tra i fiocchi di neve.
 

 
Poche ore dopo, a Snowdin

 
 
Era stanco, spossato. La conversazione con Alphys lo aveva consumato dall’interno e invece di chiarirgli le idee, gli aveva creato ancora più dubbi e domande. L’unica cosa che voleva era mettersi a letto e cercare di dormire decentemente per una notte. Era davvero così stanco da non riuscire nemmeno a teletrasportarsi.

Notte fonda, sulla strada verso casa dalle Hotlands – N. B. niente traghettatore, niente tra la la per l’amor del cielo, non quel giorno - si sentivano solo i passi di Sans che schiacciavano la neve e i fischi del vento freddo. Aveva smesso di nevicare da poco, per fortuna, ma il vento continuava a tormentarlo. Aveva appena adocchiato casa e stava già gustando il letto caldo che qualcosa, in lontananza, attirò la sua attenzione: una figura longilinea si stava avvicinando verso la sua direzione. Aguzzò la vista, prima di inorridire e farsi inglobare dal terrore. Solo per un momento però, solo un momento. Immediatamente si mise in guardia, pronto a scagliare contro quell’umano adulto tutto ciò che aveva.

Poi l’umano si fermò, lo aveva notato. Lo fissò negli occhi, nell’occhio in realtà, per poi togliersi il cappuccio e rivelare il volto di una giovane donna, con dei lunghi capelli castani legati in una coda di cavallo e dei tratti tanto, troppo familiari.

“Ciao Sans.” disse e allo scheletro saltò un battito “sapevo che ti avrei trovato qui.”

La curiosità può uccidere, è vero. Ma Sans sapeva anche che a volte i sogni vanno presi come avvertimenti. Il suo subconscio glielo stava urlando da un mese.

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