Ineffably Inevitable

di MusicAddicted
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Special People ***
Capitolo 2: *** Capitolo I: Genie of the lamp ***
Capitolo 3: *** Capitolo II: Some itches to scratch ***
Capitolo 4: *** Capitolo III: Born to do that ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV: Rules are rules ***
Capitolo 6: *** Capitolo V: Princess in danger ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI: You're the Lasso to my Wonder Woman ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII: A missing gift ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII: Forbidden Apple ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX: Building something ***
Capitolo 11: *** Capitolo X: Harder than it seems ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI: A baby me or a baby you ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII: Time to Time ***



Capitolo 1
*** Prologo: Special People ***


Lo so, lo so, sono da prendere a fucilate.. ho 200 cose da mandare avanti e io che faccio?
Ma davvero, non riuscivo a sbloccarmi su nient’altro finché non davo vita a questo mio ennesimo delirio che ho in mente da un po’ troppo tempo.


Disclaimer: Nulla di tutto ciò mi appartiene, solo le idee folli che partorisce la mia mente insana ^^’

E non ci guadagno alcunché a scriverla!
A seconda dei personaggi in questione, è tutto di proprietà o della Marvel o di Neil Gaiman e Terry Pratchett



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Prologo: Special People


                                                                                             New York, Birch Street, 14 March 2000

“Jessica, muoviti, possibile che sei sempre la solita lumaca?” fa irruzione nella sua stanza un ragazzino, di al massimo dieci anni, con un berretto da baseball, una tenuta sportiva e un’aria da gran pestifero.
Il componente più giovane della famiglia Jones.

“Non rompere, Phillip, mi devo solo infilare il giubbotto e sono pronta!” replica la ragazzina tredicenne, finendo di raccogliere le sue cose.
Il tempo di darsi una controllata veloce allo specchio, ravvivare i capelli lunghi neri e lisci e lisciare le pieghe della sua T-shirt heavy metal poco stirata.

“Svelta però, che papà e mamma sono giù che ci aspettano da un’ora!” le ricorda il fratellino, petulante.

Tra gli impegni di tutti, scolastici per i ragazzi e professionali per i genitori, la famiglia Jones non trascorre mai troppo tempo insieme, ecco perché fanno tutti tesoro di queste gite collettive che si regalano ogni qual volta riescono a ritagliarsi un momento tutto per loro.
E se a farne le spese deve essere un giorno di lezioni perso, non è poi questo gran male.

“Esagerato, al massimo saranno venti minuti!” fa spallucce lei, indossando il giubbino e caricandosi lo zaino in spalla.

Per poco non se la lussa.

“Accidenti, ma è pesantissimo, ieri sera, quando l’ho preparato, non era così!” si lamenta, avendo un’evidente difficoltà nel reggerlo.
L’occhiata indagatrice e profondamente irritata non sfugge al fratellino.
“Tu hai fatto qualcosa!” lo accusa lei, sbuffando.
“Ma quante storie che fai per due cosine in più che ti ho messo dal mio zaino!” borbotta Phillip.
“Due cosine tipo sassi?” gli rinfaccia lei.
“Sei proprio una pappamolla!” la sbeffeggia il più piccolo, aprendole lo zaino. “Ecco, prendo il mio videogame, così ti dovrebbe pesare di meno!” dice con nonchalance, estraendo quanto annunciato.
“Hey! A parte che non mi è cambiato un accidenti di niente, quello è il mio videogame!” protesta lei, innervosita, facendosi nuovamente carico di quel peso, con gran fatica, dovuto anche al suo fisico gracilino.
“Sì, certo, come no? Ti aspetto in macchina!” trotterella via dalla sua stanza un ridacchiante Philipp.

- Che cos’ho fatto di male per avere il fratello più rompipalle del mondo? – si chiede sconsolata l’adolescente, salutando con lo sguardo il suo adorato poster dei Greenday, prima di avviarsi affannosamente giù per le scale.

Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter restare a casa, magari distesa sul letto ad ascoltare i suoi dischi preferiti.

- Sarà una lunga, lunghissima giornata!-

*******************************
                                                                                        London, St. James’s Street, 14 March 2000

Circa a cinquemila e seicento chilometri di distanza e cinque ore più in avanti, negli edifici argentati della Goldsmiths University, Kevin se ne sta concentrato in biblioteca, sul suo libro di psicopatologia.
Mancano poche settimane all’esame e lo studente ventitreenne non vuole sfigurare.
Sente di aver intrapreso il giusto percorso di studi.
Quello è ormai il quarto e ultimo anno e non c’è ancora una materia che non lo abbia conquistato.

Certo, è stata l’ennesima delusione per i suoi genitori, ma del resto con loro il ragazzo non ha mai avuto un rapporto idilliaco, tutt’altro.
A malapena sa che faccia abbiano.
I Thompson sono scienziati rinomati e hanno sempre visto quel figlio non programmato come un peso e una continua distrazione alle loro importanti ricerche.
Per questo prima è stato sballottato da una tata all’altra, poi rinchiuso in collegio, con la sola eccezione delle festività, dove Albert and Louise ci hanno provato a fare i genitori, ma sempre con scarsi risultati.
Kevin non vedeva l’ora di tornarsene in collegio, piuttosto che passare del tempo con loro, ragione per cui a soli quindici anni è stato più che felice di venir cacciato da quella casa senza affetto e andarsene a vivere per conto suo, con i suoi genitori che si sono limitati solo a mandargli puntualmente il denaro necessario a mantenersi.

E hanno continuato a farlo, seppur più controvoglia, quando Kevin ha deciso di iscriversi all’Università di Psicologia.
Albert e Louise erano convinti che lui avrebbe seguito le loro orme, studiando Scienza o Medicina, ma lui non ne ha voluto sapere, conscio di non avere nulla a che spartire con loro, all’infuori del DNA.

Da sempre Kevin si è sentito affascinato dalla mente umana e dalla complessità che essa racchiude, per questo non ha avuto dubbi quando si è trattato di scegliere in che ambito specializzarsi.

“Eccolo qui il senza famiglia!” lo sorprende una fastidiosa voce alle spalle.

È quella di Riley, il bullo che, con la sua gang, lo assilla da quando ha messo piede in quell’Università.
Questo perché le notizie si diffondono in fretta e tutti hanno scoperto presto la sua disastrata situazione familiare, dipingendolo come lo strano, il problematico, l’asociale.
E questo, sommato agli ottimi voti che ha in ogni materia, ha contribuito ad attirare quelle antipatie su di sé.

A Kevin non è mai importato granché della gente, non va forte con le interazioni sociali, anche se a livello teorico ne conosce ogni singolo dettaglio.
Vorrebbe solo studiare ed essere lasciato in pace; peccato che Riley non la pensi affatto così.

“Cos’è? Il cocchino dei professori si prepara a prendere un altro trenta e lode?” lo canzona.
“È quello che accade quando si studia, sai? Basterebbe aprire i libri, anziché chiudere le mani a pugno.” ribatte Kevin, con tono calmo.

Lui non anela mai al conflitto, men che meno alla violenza, sarà anche perché il fisico mingherlino non glielo permette. Con la T-shirt gialla che ha scelto di indossare quel giorno poi la sua figura è ancora meno inquietante.

“Non fare il superiore con me, non agire come se tu fossi migliore!” ringhia Riley, che invece a stazza è il doppio di lui… quanto a cervello, forse non ne ha nemmeno la metà.

- Ma io sono migliore, stupido scimmione! – pensa scocciato Kevin, sperando solo che si stanchi presto di importunarlo.

Forse è la sua giornata fortunata, perché il bullo si limita solo a prendergli il libro e infilarglielo nel cestino, prima di andarsene.
Se non altro, un luogo da dove è facilmente recuperabile.
Kevin ha già dovuto ricomprare quel libro tre volte in quel quadrimestre, una volta Riley gliel’ha fatto investire da un camion, un’altra gliel’ha gettato nella tazza del water, un’altra ancora gli ha disegnato sopra disegni osceni e parolacce con un pennarello indelebile.
E questo quando non è Kevin stesso il bersaglio delle sue vessazioni.

- Un giorno tutto questo finirà. – si rianima, riprendendo il suo libro.

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                                                                                          Waterbury, W Main Street, 14 March 2000

Aziraphale ha una strana, piacevole sensazione quando suona il telefono, ancora prima di sollevare la cornetta.
Lui sa già di chi si tratta e il suo sesto senso difficilmente lo ha tratto in inganno.
Sì, okay, forse un paio di volte che includono una ghigliottina e una chiesa finita in macerie.
“Sì?” risponde, rimanendo tranquillo.
“Angelo.”

Quella voce.
Non la sentiva più da circa trentatré anni ormai.

“Caro, quanto tempo!”  lascia trapelare una nota emozionata nella sua voce.

- Forse Crowley mi ha perdonato per avergli detto quella sera che andava troppo veloce per me… - rimugina.


“Devo dirti una cosa. Sono passato dalla tua libreria, ma era chiusa; ti sei preso un giorno di vacanza?” domanda Crowley.

Gli parla in modo così naturale e rilassato che pare che si siano sentiti giusto il giorno prima.

In effetti, per creature millenarie ed immortali come loro il tempo è relativo, ma Aziraphale si è umanizzato così tanto che quei trentatré anni li ha sentiti un giorno per volta.

“Beh, mio caro, anche più di un giorno. Sono negli Stati Uniti e non certo per una vacanza. Devo evitare che una chiesa venga sconsacrata.” spiega lui.

“Sempre ligio al dovere!” ridacchia il demone. “Non te la puoi proprio prendere una mezza giornata libera? Ci incontriamo a metà strada, il tempo di uno schiocco di dita, mm?” suggerisce il rosso.
“Tentazione riuscita!” approva il biondo. “Hai già in mente dove?”

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                                                                                Amsterdam, Vondel Park, 14 March 2000

- Non è un appuntamento. Non. è. Un. Appuntamento. – continua a ripetersi Aziraphale, nel tentativo di calmarsi, mentre, qualche ora dopo, si addentra nel parco.

È bellissimo, un’esplosione di colori che l’imminente Primavera reca con sé.
E passeggiando tra le statue, i vari punti di interesse, i prati, gli alberi secolari e le molteplici varietà di fiori, l’angelo finalmente vede Crowley, che lo sta aspettando su un ponticello che conduce a un bellissimo gazebo blu galleggiante sull’acqua.

È vestito con pantaloni attillati neri una t-shirt nera che alla luce del sole sembra quasi trasparente, una giacca nera lasciata aperta che svolazza seguendo il vento, insieme ai capelli rossi di media lunghezza, liberi e selvaggi.

- Splendido, come sempre. – tiene i suoi pensieri per sé Aziraphale, mentre lo avvicina.


Crowley osserva impaziente quella meraviglia di tartan, colori crema e celesti, con quei capelli più soffici delle nuvole e quel sorriso più radioso del sole che viene verso di lui.

- Il mio incantevole angelo. Come faccio a non andare veloce, quando si tratta di te? Ti prenderei e ti sfinirei di baci qui, in questo gazebo! – tiene i suoi pensieri per sé Crowley, bofonchiando qualcosa che ha l’aria di un saluto.

“Ammetto di essermi fatto un’idea sbagliata, caro, quando hai nominato Amsterdam.” esordisce Aziraphale, passeggiando lungo il ponticello con lui e strappandogli una risata.

“Ci avrei scommesso, anche se in un primo momento non ho disdegnato l’idea di iniziarti ai quartieri a luci rosse e ai coffee shop!” sogghigna malizioso il bel demone, prima di arrivare al nocciolo della questione.

“Angelo, ricordi quando ti ho convinto a collaborare fra noi durante le missioni in comune?”
“Come dimenticarlo? Sei andato avanti per secoli e alla fine l’hai spuntata.” alza gli occhi l’angelo.
“Giusto. Spero di spuntarla anche stavolta, ma al primo colpo, basta metterci secoli!” scrolla le spalle l’altro. “Pensavo… e se ci trovassimo qualcuno che possa sbrigare parte delle nostre missioni?”
“Cosa intendi di preciso?” si acciglia il biondo.
“Sto parlando di persone speciali. Persone che tu ed io potremmo rendere speciali, affinché ci aiutino… te nelle cose angeliche e me in quelle diaboliche.” argomenta il rosso.
“Intendi … una sorta di super eroe?” lo guarda sempre più attonito Aziraphale.
“Ngk! Più un anti-eroe nel mio caso… e comunque sì, qualcosa del genere. Pensa, qualcuno che possa occuparsi di garantire protezione … o far commettere qualche peccatuccio qua e là… pensa a quanto tempo risparmieremmo, tempo da dedicare ad altro…” lo intorta con i suoi discorsi il demone.

- Insieme, magari. – pensano all’unisono, solo che non lo possono sapere.

“E… supponendo di provare a farlo, come dovremmo procedere secondo te?” domanda vago l’angelo, ma Crowley già se la ride sotto i baffi.
“Troviamo un candidato a testa e ciascuno dona al suo un potere che li può rendere utili per le nostre missioni… finché i miei capi e i tuoi vedono i loro dannatissimi report compilati, nessuno farà domande.” anticipa le riserve di Aziraphale la sua controparte, che lo conosce meglio di chiunque altro.
“Okay… in fondo non c’è nulla di male a volersi garantire un po' più protezione e benessere per il genere umano, no?” cerca di autoconvincersi.
“E nemmeno un filino in più di scompiglio e dannazione.” controbatte Crowley.
“Ci sto.” gli tende la mano l’angelo e il demone è più che lieto di stringergliela, sigillando il loro accordo. “Ora non ci resta che trovare queste persone speciali.”


TBC

E secondo voi, chi potranno mai essere queste persone speciali? ;P
Riuscite già ad immaginare cosa succederà? ;)

Per chi conosce già ‘Jessica Jones’ … ho rimescolato abbastanza le carte, che dite?
Mi sa che sono riuscita a dare a Kevin dei genitori forse peggiori di quelli che ha nella serie… il che è tutto dire, povero tatino! ^^’

Spero vi stimoli quest’alternative AU che lo vede un brillante studente di psicologia (cosa poteva esserci di più azzeccato? ;) ) bullizzato… datemi tempo e spunterà il Killgrave che è in lui, anche se, nel caso non fosse già chiaro, qui le cose andranno un bel po’ diversamente.

Quanto agli ineffabili, beh, collocateli in qualsiasi realtà o fascia temporale e si moriranno dietro a vicenda, sempre ;)

ah, questo è l’incanto di posto dove si sono incontrati:

https://www.amsterdam.net/it/wp-content/uploads/sites/20/Vondelpark.jpg

Accetto lanci di qualsiasi ortaggio o arma contundente… ma, fatevi sentire ^^’

Piuttosto… quale volete come prossimo aggiornamento? Le beghe amorose di Warlock e Adam, che riprenda con Loka98 la nostra a 4mani su Nanny Ashtoreth e Brother Francis, la vacanza ineffabile, ora che Azi ha perso peso?

Oppure questa  o volete altre J/K? Davvero… non ho la più pallida idea di cosa dovrei scrivere per prima, lol

*sparisce*

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Capitolo 2
*** Capitolo I: Genie of the lamp ***


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Capitolo I: Genie of the lamp
 
 
                                                             London, Tower Hill Street, 14 March 2000
 
“Angelo, sicuro che sia una buona idea?” borbotta titubante Crowley.

Ha sentito parlare di questa nuova tecnologia per comunicare al telefono, ma ancora non si fida di quelle scatolette, a volte un po’ scomode che gli umani continuano a portarsi dietro per ogni dove.
Forse fra qualche anno acquisiranno un design più accattivante e delle funzioni più avanzate.
Per il momento ritiene che siano molto meglio le care, vecchie cabine telefoniche, quelle di Londra poi per lui hanno sempre avuto un fascino particolare.

Del resto, Aziraphale ha fatto ritorno alla sua temporanea sede e il suo recapito è rimasto invariato.
Un po’ Crowley si rammarica di non essere riuscito a convincere Aziraphale a rimanere con lui anche quella sera, ma si accontenta del pomeriggio trascorso insieme.

“Sì, Crowley, a volte ho come l’impressione che i nostri capi ci possano osservare… è molto meglio essere trasparenti fin dal principio, anziché destare sospetti.” ribadisce Aziraphale, seduto alla sua scrivania mentre sorseggia tè bianco dalla sua inseparabile tazza con le ali.

“Io preferivo non rivelare niente a nessuno, ma se proprio ci tieni…” fa spallucce il demone. “Quando pensi di andare dalla tua gente?”
“Al più presto, probabilmente già domani mattina, chiederò a Gabriel e agli altri di ricevermi.”
“Allora io farò lo stesso con Belzebù e la sua cricca.”

- Così almeno ci rivediamo all’entrata.- considera Crowley.

- Se concordiamo alla stessa ora è molto probabile che ci possiamo incontrare prima del bivio!- si rallegra Aziraphale, prima di ricordare a se stesso che nemmeno quello lo può considerare un appuntamento.


                                            Comstock,  Chamberlin Farms LLC, County Route, 14 March 2000


Guardando fuori dalla tenda il cielo stellato e la luna che si specchia sul lago, mentre respira quella salutare aria di collina, tutto sommato Jessica si convince che quella scampagnata alla fine non è stata poi così malaccio.

Rientrando nella tenda che condivide con Phillip, nota che il fratello è tutto assorto nella lettura di qualcosa.

- Almeno lascia in pace il mio videogioco. – si rincuora lei, prima che la curiosità abbia la meglio, spingendola a sporgersi nella sua direzione.

Subito le si mettono a fuoco le immagini di una donna mora dalle curve prorompenti, molto, davvero molto poco vestita.

“Ma bene, ti dai ai porno, adesso? Aspetta che lo dica a mamma e papà!” lo fa sobbalzare, con un tono minaccioso.

“Sei la solita stupida, ma quale porno? Questa è Wonder Woman!” le ride in faccia il ragazzino.
“Chi?” si acciglia la teenager.
“Ma dove accidenti vivi tu? Non ha mai sentito parlare di lei? È la leggendaria Principessa  delle Amazzoni, che sotto l’alter ego di Diana Prince ha scelto di restare nel mondo degli umani, a combattere i cattivi!” le spiega lui, tutto concitato.
“Che strano, credevo ti piacessero più i supereroi maschi, tipo Batman o Superman…”
“Oh, per favore, quei palloni gonfiati! I supereroi maschi sono un branco di idioti, spacconi; molto meglio le super eroine, lei poi ha dei poteri fichissimi: è super forte, intelligente, resiste a ogni dolore, ha un lazo che costringe a dire la verità e quando vuole diventa invincibile!” continua a raccontarle il fratello, sfogliando le pagine a dimostrazione di ciò che sta dicendo.

“Eh sì, si vede che ti piace proprio tanto. E tu, non vorresti essere un super eroe?” gli domanda la sorella, intrigata.
Tranne che per quando dorme, ci sono rare volte in cui Jessica considera Phillip un fratellino adorabile, proprio come in quel momento.
“Di sicuro sarei meno pallone gonfiato degli altri, non mi stancherei mai di salvare il mondo, senza chiedere niente in cambio e avrei un costume fichissimo con mille accessori!” fantastica lui ad occhi aperti.
“Trovo stupidi i costumi da super eroe!” dice la sua Jessica, alzando gli occhi.
“Perché ancora non hai visto quello che avrei io… ma anche senza essere un super eroe, mi piacerebbe essere amico di uno che lo è, proteggerei la sua identità ad ogni costo e sarei super fiero di lui… o di lei.” le sorride entusiasta il più piccolo.
“E quel super eroe o quella super eroina sarebbe molto riconoscente di averti fra i suoi amici.” gli sorride in risposta lei.

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                                                                  Paradise, Fourth Heaven , 15 March 2000


“… ed ecco perché ritengo che sia utile dotarci di umani che in qualche modo possono aiutarci a preservare il bene, la sicurezza della gente e la serenità del quieto vivere. “ finisce di esporre la sua proposta Aziraphale – certo, l’idea è di Crowley ma non lo può certo dichiarare! -  agli Arcangeli Gabriel, Michael, Uriel e Sandalphon che lo guardano davvero poco convinti.

“Davvero un’ottima pensata, Principato Aziraphale,” maschera le apparenze Gabriel, con i suoi modi assai affettati, accompagnando tutto a un grande sorriso ipocrita.

- Ecco bravo, tu gioca pure coi tuoi preziosi umani mentre qui noi pensiamo alle cose importanti, con l’Armageddon che è sempre più imminente, ormai è solo questione di pochi anni . – riflette il subdolo Arcangelo dagli occhi viola.

“Procedi pure, siamo impazienti di vedere i risultati!” dà il suo benestare Michael, con la stessa falsità del collega.

“Oh, sono certo che non vi deluderò!” gongola entusiasta il Principato. “Certo, dovrò ponderare a fondo la mia scelta, non è qualcosa da compiere così a cuor leggero e…”
“Puoi benissimo andare a ponderare da un’altra parte!” lo invita ad andarsene fra le righe Sandalphon, con un sorriso di circostanza che Aziraphale ricambia allo stesso modo.

“Sandalphon ha ragione, hai approfittato fin troppo del nostro tempo, torna pure alle tue faccende terrene.” lo esorta altrettanto ‘affabilmente’ Uriel, indicandogli l’uscita.

***************** (Contemporaneamente)

                                                                                 Hell, Fifth Circle, 15 March 2000


“Ma come, nemmeno un debole wahoo? Eravate molto più partecipi quando vi ho esposto il mio progetto per la M25!” brontola Crowley a fine riunione.


“Demone Crowley, per quello che vale, procedi pure con la tua idea!” proclama altisonante Belzebù, seppur annoiata a morte, alzando gli occhi dal suo trono con le ossa a forma di corna.
“Altri demoni, tornate pure al vostro lavoro, a saperlo prima non vi avrei convocati qui tutti per niente!” aggiunge, sempre più insofferente.

- Ma come, per niente? Qui nessuno capisce il mio genio! – rimugina Crowley, offeso nel suo immenso ego.

“Crowley, Crowley, sei sempre più una delusione costante, vuoi ricorrere agli umani perché non sai più fare il demone?” lo sbeffeggia il demone albino Hastur, uno dei Duchi Infernali.
“Non hai capito proprio un cazzo della presentazione del mio progetto, ma del resto che posso aspettarmi? Fra te e il tuo compare, mi sa che ha più cervello di voi due l’iguana che ha in testa Ligur!” ride sprezzante Crowley.
“Hey, io non ti ho detto niente!” protesta l’altro Duca Infernale dalla pelle di ebano, offeso.
“Non ancora, ma lo avresti fatto.” ribatte il demone serpente.
“Certo che sì, io ti odio!” ringhia l’altro, sfidandolo con lo sguardo.

“Allora lo hai già trovato il tuo protetto?” si interessa Hastur.
“Naturalmente, con le mie doti e il mio intuito fenomenale è stato un gioco da ragazzi trovarlo, è solo questione di tempo prima che lo vediate all’opera!” si pavoneggia Crowley.

La verità è che sta clamorosamente bluffando.
Si sa, i demoni amano fare gli spacconi, ancora di più quando sono fra loro.
Era talmente preso dall’esporre la sua idea che a metterla in pratica non ci ha ancora nemmeno pensato.

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                                                                   London, New Cross Road, 5 April 2000

Trovare un protetto è più difficile del previsto per Crowley.
Nelle ultime settimane si è aggirato per i sobborghi di Soho, Elephant Castle, Victoria Station, Paddington, Piccadlly Circus e altre zone ancora senza trovare niente.
Beh, non proprio niente, quelle zone pullulano di malintenzionati, criminali di ogni specie e ubriaconi violenti; ma non è ciò che sta cercando il caparbio demone.

Non lo sa ancora bene cosa stia esattamente cercando, ma sa per certo di non averlo ancora trovato.
Quella mattina si impone di concedersi una pausa dalle ricerche e se ne va nella più ridente e tranquilla area di New Cross per svagarsi un po’.
Ed è lì che l’avverte.
Una rabbia repressa, bellissima, quasi intossicante; un desiderio latente di vendetta che aspetta solo di poter essere sguinzagliato.
E Crowley desidera con tutto se stesso essere l’artefice di quella liberazione.

Cerca di capire da dove possa provenire e si incammina per una strada adiacente che porta a una panchina con visuale su un edificio piuttosto bizzarro.
Seduto di schiena su quella panchina c’è la fonte di quel richiamo tanto irresistibile per il demone.
Si tratta di un ragazzo, probabilmente uno studente.
Crowley lo spia: quel ragazzo sembra combattere contro se stesso per non darla vinta alle lacrime che vorrebbero scendergli dagli occhi, mentre cerca di sistemare dei libri le cui pagine sono state barbaramente incollate con pezzi di chewing-gum sparso nelle varie parti.
Con una cura certosina, qualche pagina riesce a riportarla quasi allo stato originario, ma altre si portano via frammenti di paragrafi assieme all’appiccicume rimosso.
Questo non fa che aumentare la frustrazione del ragazzo.

Crowley decide di intervenire, trovando una scusa qualsiasi per rompere il ghiaccio.
Fa il giro per raggiungere la panchina, ma nel frattempo lo studente si è chinato verso uno dei libri maltrattati, nascondendo così il volto.

“Scusa, ma secondo te qual è il senso di quel monumento?” domanda il rosso, sedendosi accanto, indicandogli la strana scultura a lato dell’edificio.

“Non l’ho mai capito, ma mi piace pensare che rappresenti le sinapsi del cervello.” replica l’interpellato, senza distogliersi dalla sua attività.

Crowley è stupito da quella risposta, ma ancora di più da quella voce, così simile alla sua, salvo qualche leggera inflessione. Davvero troppo simile.
Dev’essere quello che pensa anche il ragazzo, perché di colpo alza lo sguardo, scontrandosi con quello di qualcuno che in qualche modo sembra una versione di se stesso vent’anni più in là con l’età.
D’altro canto, Crowley non è mai stato più giovane dei suoi quarantasei anni umani, ma ha come la sensazione che se mai avesse avuto vent’anni sarebbe sembrato proprio così.
Tutto a un tratto, il castano scoppia a ridere.

“Dài, puoi anche dirmelo, sei un attore trasformista e Riley e la sua gang ti hanno ingaggiato per farmi prendere un colpo!” deduce lo studente, passandosi una mano fra i capelli scompigliati.
“Chi paradiso è Riley? E chi sei tu? Ho capito, sei un miracolo demoniaco di Hastur per depistarmi!” deduce Crowley, schioccandogli davanti le dita più volte, ma, in quanto essere umano reale e non illusione, il ragazzo non si dissolve.
“Chi accidenti è Hastur? Comunque, io sono Kevin e smettila di schioccarmi quelle dita davanti al viso!” sbuffa l’umano.

Crowley ne è sempre più affascinato.

“Allora sei reale. Hai questa rabbia meravigliosa. E poi mi somigli così tanto… forse è un segno.” mormora.
“Segno di cosa? Me lo vuoi dire chi sei?” si spazientisce l’altro.

Il fatto che non ci sia nessuno nei paraggi, dà modo a Crowley di fare le presentazioni come si deve.
“Sono Anthony J. Crowley, demone tentatore, per servirti!” gli svela il rosso, levandosi anche gli occhiali scuri per avvalorare quello che sta affermando.
Vedendo quelle pupille serpentesche in mezzo a quelle iridi gialle, forse anche più grandi delle sue, color cioccolato fondente, Kevin sobbalza, facendo cadere i libri che aveva in grembo.

“Sto sognando …” borbotta Kevin.
“No davvero, anche se di contro si può dire che io sia qui per farti uscire da un incubo.” ridacchia Crowley, aiutandolo a raccogliere i libri.

“Però… ‘Mindfulness’, ‘How to win friends and influence people’, ‘How the mind works’…” commenta il demone, sbirciando i titoli. “Siamo un po’ maniaci del controllo, eh, Kevin Thompson?”
“Sono libri per degli esami e… hey, come fai a sapere il mio cognome? Io non te l’ho detto!” si accorge Kevin.
“Potrei dirti, demone qui, io posso sapere tutto, magia e blah blah, blah, ma la verità è che l’ho letto sulla prima pagina dove lo hai scritto.” confessa Crowley e tutto sommato il giovane si ritrova a sorridere.

“Prima ho visto quanto impegno ci mettevi per sistemare i tuoi libri. Sai, ho un amico che ci tiene ai suoi libri anche più di quanto tu tenga ai tuoi.” riprende il discorso Crowley. “Lui decisamente sarebbe più bravo di me in questo, ma credo di poterci riuscire anch’io…” e dicendolo schiocca le dita, restituendo a tutti i libri il loro precedente e intatto splendore, prima di consegnarli al loro stupefatto proprietario.

“Continuo a pensare di non essere del tutto lucido e che questo non stia accadendo per davvero, però… grazie!” gli sorride sincero Kevin.

“Chi te li ha ridotti così quei libri, ti va di parlarmene un po’?” lo esorta Crowley.
Kevin non sa esattamente come, ma accade e si lascia andare a una lunga confessione di tutti i soprusi che ha dovuto subire in quegli anni e non solo dai compagni di scuola.
Come se stesse parlando con un amico di vecchia data, anziché con un bizzarro demone sopra le righe.

- Che poi chissà dov’è la differenza, io un amico non l’ho mai avuto!- rimugina il ragazzo.

“E dimmi, non vorresti fargliela pagare a questi bulletti da quattro soldi?” comincia a tentarlo Crowley.
“E come?” gli domanda intrigato il castano.
“Non lo so, fa finta che io sia come un genio della lampada, che però può far avverare un solo desiderio, il tuo quale sarebbe?” gli domanda il rosso.

“Tanto è già tutto così assurdo che.. okay, facciamolo pure questo gioco. Vorrei controllare le menti di quegli idioti…” risponde Kevin. “No, aspetta, voglio controllare la mente di chiunque, ormai non mi fido più di nessuno.” si corregge, con un’espressione molto meno solare. “Solo di te, ma perché sembri me, nonostante tu sia un demone!” la butta sul ridere.

Chi non sta ridendo affatto è Crowley, che lo fissa in silenzio, accarezzandosi il mento con fare pensieroso.
“Il controllo delle menti, eh? Bello, suggestivo, originale. Mi piace e può fare benissimo al caso mio, anche meglio di quello che avrei voluto fare.” bofonchia, confondendo un po’ il suo giovane interlocutore.
Il demone schiocca le dita, esaudendo così quel desiderio recondito.
“Divertiti, quel potere d’ora in poi è tuo!” lo informa, prima di alzarsi e lasciar solo un Kevin piuttosto sconvolto.

- Devo smetterla di studiare così tanto se poi mi dà queste allucinazioni così vivide! -


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                                                                      New York, 461 Fifth Avenue, 5 April 2000


La famiglia Jones è di ritorno dall’ennesima scampagnata.
Le sensazioni di qualche sera prima ormai sembrano un ricordo lontanissimo, fra Jessica e Phillip sembra essere ritornata la consueta disarmonia che regna la maggior parte delle volte tra un fratello e una sorella.
Litigano su tutto, si fanno i dispetti e non perdono nemmeno occasione di darsi qualche pugno.
La madre sembra la più rassegnata, mentre è il padre che costantemente li sprona a comportarsi in maniera più civile, perdendo di vista la strada talvolta, per concentrarsi meglio sui due figli indisciplinati.
Una continua distrazione che a un certo punto potrebbe anche riscuotere un prezzo troppo alto da pagare.


Non molto lontano da lì, Aziraphale passeggia tranquillo nella Park Ave, una delle strade adiacenti.

La sua missione a Waterbury ha avuto un esito così positivo che l’angelo ha deciso di concedersi una giornata da turista, con uno spiccato interesse per quello che le pasticcerie locali hanno da proporgli.

È al termine di una di quelle gustose merende che Aziraphale va in cerca di una cabina telefonica.
Compone un numero che da anni conosce a memoria. Se è fortunato sa che lo troverà a casa. Da lui è notte fonda, ma questo non è mai stato un problema.

Aziraphale è più che fortunato. Crowley risponde senza nemmeno far partire la sua segreteria.


“Sei tu?” mormora Crowley.

“Dipende… chiarisci ‘tu’.” tentenna il biondo dall’altra parte della cornetta.

“Lo hai appena fatto.” sorride il rosso. “Allora, come va la tua missione?” si interessa, sedendosi in modo scomposto sulla sua poltrona rossa e dorata.

“Ohh, estremamente bene, non solo ho impedito a quelle pecorelle smarrite di profanare quella chiesa, ma sono stato così convincente che stanno per diventare chierichetti!” ridacchia Aziraphale, contagiando anche l’amico millenario. “Oops, non mi starò vantando troppo?” si fa subito un esame di coscienza.

“A me piaci un po’ vanitoso…” sussurra l’altro.

- Chi voglio prendere in giro? A me piaci sempre! -

“Hai fatto bene a chiamarmi, angelo, altrimenti ti avrei cercato io. Ho trovato il mio candidato perfetto, proprio oggi. Non vedo l’ora di vederlo in azione!” gongola il demone, ripensando al suo incontro di quella mattina.

“Oh, buon per te… o cattivo per te, come si dice dalle tue parti?” borbotta confuso Aziraphale, facendolo ridere.
“La prima va bene…” gli conferma. “E tu a che punto stai?”
“C’erano numerosi infermieri, volontari, pompieri, scout… ma non credo di aver ancora trovato…”

Un rumore fortissimo interrompe la loro conversazione.

“Che succede, angelo?” domanda preoccupato Crowley.

“Oh no, c’è stato un orribile incidente qui vicino, io… devo andare!” fugge in fretta Aziraphale, lasciando la cornetta a penzoloni dal telefono, con Crowley che continua a chiamarlo inutilmente.

Più Aziraphale si avvicina al luogo dell’incidente, più avverte un disperato richiamo.

Non voglio morire. Non voglio morire. Non voglio morire.

Si rende invisibile a tutti, per farsi più facilmente largo tra la folla di curiosi accorsi o scesi dalle proprie vetture,

Probabilmente chi era alla guida di quell’auto deve averne perso il controllo, andando a sbattere violentemente, in un tetro spettacolo di vetri rotti e sangue.

All’interno c’è un’intera famiglia, per la quale non sembra più esserci nulla da fare.
Guardando meglio nei sedili posteriori, Aziraphale riesce a percepire ancora un flebile accenno di vita.

Non voglio morire. Non voglio morire.  

È la maggiore dei due figli ad emetterlo, assieme a quella forte supplica.

Una ragazzina che si affaccia all’adolescenza, ferita in più punti, che giace incosciente, ma ha ancora quel tenace desiderio.

E, come un genio della lampada, Aziraphale quel desiderio ha un irrefrenabile impulso di esaudirlo.

“Non morirai, piccola cara.” mormora, schioccando le dita.

Per un frammento di secondo, la ragazzina apre gli occhi e Aziraphale ha come la netta sensazione che lei lo abbia guardato, anche se è praticamente impossibile.

I soccorsi non tardano ad arrivare e, sempre mantenendo la sua invisibilità, l’angelo la segue fino in ospedale, al reparto rianimazione.
Mentre è collegata a vari macchinari e a una flebo ricostituente, in attesa dell’arrivo dei medici, Aziraphale la osserva meglio.

C’è qualcosa in quella ragazzina, all’apparenza uguale a mille altre della sua età.

- Se è così attaccata alla sua voglia di vivere, forse lo sarebbe ancora di più nel proteggere le vite altrui, se io le fornissi i giusti mezzi… - valuta, avvicinandosi cautamente.

Di nuovo, con un leggero sussulto, la teenager apre i grandi occhi a metà fra il nocciola acceso e il verde intenso, e di nuovo sembra che stia fissando proprio lui.
“Tu… tu riesci a vedermi?” le domanda basito Aziraphale.
La ragazzina non riesce ancora a parlare, ma si limita ad annuire con la testa.
Tuttavia, è uno sforzo troppo grande a cui sottopone il suo corpo e perde i sensi nuovamente, sfinita, ma viva.

Nessun umano, in sei mila anni, è mai riuscito a vederlo nel suo stato invisibile.
Si deve essere instaurato un forte legame fra loro.


- Questo è un segno.- riflette Aziraphale.

Era certo che avrebbe dato il suo dono a un adulto serio, responsabile, altruista e generoso… e invece decide di giocarsi il tutto e per tutto con una teenager che non sa nemmeno se saprà gestire e come reagirà.

Eppure sente che non potrebbe fare una scelta più giusta.

La decisione è presa, le dita dell’angelo schioccano, con tutte le relative conseguenze.


“Mia dolce, giovane ragazza, non sai ancora quanto bene sei destinata a fare!” le sussurra languido, accarezzandole i lunghi capelli corvini, prima di lasciare la stanza.


TBC

Dalle schede Marvel risulta che l’incidente si sia verificato nell’Aprile del 2000, per questo ho cercato di mantenermi il più fedele possibile… un bel controsenso, visto che poi cambio ogni altra cosa ^^’

LOL, un bel conflitto di interessi, vero? rendere Phillip un fan della DC? XD Però ci tenevo a creare un momento tenero tra fratelli… non so se nella serie ci sia, per ora sono quasi a metà della seconda stagione…

ah, parlando di realismo, questa è l’Università di Kevin



https://i.dailymail.co.uk/i/newpix/2018/09/11/13/50060EF000000578-6154777-The_student_group_is_based_at_Goldsmiths_university_whose_studen-a-2_1536667672950.jpg

E quei libri esistono sul serio, si possono tradure in ‘La mente pienamente consapevole’, ‘Come farsi degli amici e influenzare le persone’ e ‘Come funziona la mente’.

Quale incontro vi è piaciuto di più? Oh, beh, povera Jess, lei non poteva nemmeno parlare ^^’ , mi sa che vincono quelli più chiacchieroni, ma lascio a voi la parola.

Però mi sembrava romantico che ottenessero i poteri nel corso dello stesso giorno <3

Spero vi piaccia, ma non esitate a dirmi qualsiasi cosa pensiate  
J

besos

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Capitolo 3
*** Capitolo II: Some itches to scratch ***


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Capitolo II: Some itches to scratch

 


                                                                    New York, Metro-General Hospital, 5 April 2000

Mentre lascia che macchinari adibiti ed equipe medica specializzata facciano il loro lavoro, Aziraphale si rende nuovamente visibile, ma solo per poter usare fisicamente uno dei telefoni dell’ospedale.
Non deve attendere molto, perché Crowley risponde al primo squillo.

“Angelo, tutto bene? Prima mi hai piantato nel mezzo della conversazione...” esclama, agitato, per poi chiudersi in qualche minuto di silenziosa concentrazione. “Ma.. mi stai chiamando da un ospedale, è successo qualcosa?” si agita ancora di più.
“Crowley, caro, respira…” cerca di calmarlo l’angelo. “E soprattutto, non fare miracoli demoniaci per rintracciare le mie chiamate!” si stizzisce.
“Me lo dici perché sei in un ospedale?”
“Non è per me, io sto benissimo… è per quell’incidente che c’è stato, sono accorso e… Crowley, ho trovato anch’io la mia persona speciale.” lo informa il biondo, gettando un occhio al corridoio che porta alla stanza della ragazza, dove c’è un gran viavai.

“Oh, grandioso! E, dimmi, anche il tuo candidato somiglia a te?” si interessa Crowley.
“Uhm no, non credo di aver nessun aspetto di somiglianza né caratteriale, né soprattutto fisico, con una teenager che sarà irrequieta come lo sono tutti gli adolescenti.” borbotta Aziraphale, un po’ interdetto.

“Ngk! No, credo anch’io che non sia il caso allora… che strano, pensa che invece il mio candidato mi somiglia come una goccia d’acqua… se mai avessi avuto vent’anni umani o poco più, sarei stato identico a lui. E anche caratterialmente credo mi darà grandi soddisfazioni.” lo informa il demone.
“Uh! Sarei curioso di vedere che aspetto avresti a vent’anni umani…” si lascia sfuggire Aziraphale.

“Gli vuoi dare una sbirciatina? Studia qui a Londra, raggiungimi e…” lo esorta l’altro.
“No, non posso, per prima cosa voglio esser qui quando la mia protetta riaprirà gli occhi, l’incidente ha riguardato lei. Dapprima l’ho miracolata solo perché non morisse; ma poi… non lo so, ho avvertito qualcosa che mi diceva che doveva essere lei la mia scelta. Ecco perché ho deciso di darle il potere di …” è tutto preso dal suo racconto, ma si ferma prima che sia troppo tardi. “No, aspetta, meno l’uno sa delle missioni dell’altro e meglio è; ragione per cui io non dovrei vedere il tuo candidato, né tu la mia… e sarebbe auspicabile che nemmeno loro si incontrassero mai.” si mette in allarme l’angelo.
“Hai ragione, si potrebbero influenzare a vicenda, meglio evitare, già…” prova a dargli corda il rosso, anche se in fondo lui tutto questo potenziale danno non ce lo vede affatto.


“Però, angelo, una volta che ti sarai preso cura della tua protetta, impegni con ii nostri candidati a parte… tu ed io possiamo vederci, vero?” si accerta il demone, con il tono della sua voce che si fa più languido.
“Uh… ma certo caro, mi mancano le passeggiate, dar da mangiare alle anatre, St. James Park e poi la mia libreria... “

- E io? Io non ti manco, angelo? Ormai è quasi un mese che non ci vediamo… - rimugina Crowley, facendosi apparire una bottiglia di vino rosso per compensare in qualche modo la nostalgia.

“Caro, ora ti devo lasciare, c’è un po’ troppo movimento vicino alla stanza delle mia protetta…” si preoccupa Aziraphale. “Però ci vedremo presto, magari quando ci servirà fare il punto della situazione.” lo rincuora con quella promessa Aziraphale, prima di riattaccare.

- Del tipo ‘Giorno 10. Il candidato demoniaco ha indotto a peccare sette soggetti. La candidata angelica ha salvato un totale di sei persone. E tu, Crowley, mi manchi più delle crepes!’ Ecco un punto della situazione veritiero. E poi lo vedi l’effetto che mi fai? Ti lascio vincere anche nei punti della situazione che io stesso simulo! - si perde nei suoi pensieri  Aziraphale.

Si riappropria della sua facoltà di essere invisibile per raggiungere più facilmente la moltitudine di gente che affolla il corridoio della stanza dov’è ricoverata la ragazza.

- Sono telecamere quelle? - si chiede frastornato, domandandosi chi sia l’elegante e avvenente signora bionda, che non dimostra più di trent'anni, che sta parlando e soprattutto la ragazzina dai capelli rossi lunghi e lisci, alla quale i flash dei fotografi non sembrano voler dare tregua.

“... ed è per questo che io, Dorothy Walker, e mia figlia Patsy abbiamo deciso di farci carico delle sventure di questa povera ragazza che ormai si ritrova senza famiglia e diventare noi stesse la sua nuova famiglia.” dichiara alle telecamere e ai registratori la signora e non manca di elargire sorrisi accesi a ogni obiettivo che la inquadra.

Aziraphale la guarda con uno sguardo quasi commosso.

- È bellissimo sapere che l’umanità può contare ancora su persone così meravigliosamente generose e disinteressate - si compiace.

A poco a poco, tutte le equipe televisive e radiofoniche intervenute si dileguano, frementi di scrivere quel succulento scoop.

“Che bello, mamma, avrò una sorella!” esulta la ragazzina dai capelli rossi, che fino a quel momento è rimasta zitta.

Aziraphale sorride ancora più emozionato.

“Mia cara, quella non è tua sorella, vedila più come un strada spianata verso un successo ancora maggiore.” le sorride in modo perfido la madre, con tono fintamente sdolcinato. “Hai idea dell’impatto che questa notizia avrà su di te? A quanta pubblicità contribuirà a farti?” continua, fredda calcolatrice come poche.


Aziraphale stenta a credere alle sue orecchie.

“Ma io non voglio pubblicità, voglio un’amica, lei sarà mia amica!” insiste la ragazzina.
“Vedi di non affezionarti troppo a quella stracciona zotica, tesoro, non sarà mai alla tua altezza!” cerca di farla desistere la Signora Walker. “Appena ho visto la notizia di quel catastrofico incidente, mi sono precipitata qui, convinta che fosse l’ospedale designato e infatti non mi sbagliavo. Ed è una tale fortuna che sia rimasta orfana, così possiamo adottarla noi e far parlare di te per molto, molto tempo.”

“Mamma!” urla Patsy, all’anagrafe Patricia, guardandola col più profondo sdegno. “Non ti vergogni anche solo a pensarle queste cose così spregevoli?”
Non fa in tempo a dirlo che lo schiaffo della madre arriva preciso, impietoso e puntuale sull’innocente guancia della figlia.
“Ingrata! Come osi parlare così a tua madre?” ribatte la donna, velenosa.

Anche la pazienza di un angelo ha un limite e lei lo ha già abbondantemente oltrepassato.

- Oh! Ma che orribile, orribile persona! - pensa, attuando la sua piccola vendetta.

- Vendetta per avermi disilluso così tanto sul genere umano. -

Uno schiocco di dita e il tacco 12 della sua decoltè destra tutto a un tratto si rompe.

“Oh, ma che cazz..?” si allarma Dorothy e nel tentativo di controllare il danno alla scarpa, per qualche strana ragione deve chinarsi troppo bruscamente e la sua gonna ne risente, lacerandosi nella parte posteriore, con uno squarcio bello evidente.

Non ancora soddisfatto, Aziraphale schiocca ancora le dita e mentre, zoppicando e tenendosi la parte dietro della gonna con le mani, la signora Walker cerca di recarsi al primo bagno disponibile, in quel momento un’infermiera che fa ritorno dalle cucine incrocia il suo cammino a velocità che non le è possibile frenare per tempo. Finisce così per rovesciarle addosso i resti delle minestre, purè di patate e qualche pezzo di pesce bollito.

“Guarda che disastro, sei un’incompetente!” urla disperata Dorothy, sul punto di mettersi a piangere per la frustrazione.

Patricia invece non riesce a reprimere una risatina, ben attenta a non farsi scoprire.

Manca ancora un’ultima cosa e l’angelo la ottiene con l’ennesimo schiocco di dita.

Bussando alla porta che conduce al corridoio, poco prima di aprirla, uno dei reporter fa ritorno.
“Mrs. Walker, mi scusi , ho dimenticato di chiederle se…”

Vedendola in quelle deprecabili condizioni, il giornalista non perde tempo e la immortala in degli scatti che forse gli possono fruttare più dell’articolo stesso.

“Aspetta, maledetto idiota, dove credi di andare con quelle foto? Torna qui!” lo insegue una zoppicante e furibonda Dorothy, determinata a fermarlo.

- Molto bene, qualche sassolino dalla scarpa me lo sono tolto. - pondera Aziraphale.                - Crowley sarebbe fiero di me. - considera, con un sorrisetto compiaciuto. - Il che non è una cosa di cui dovrei troppo rallegrarmi. - rimprovera a se stesso.

“Signora Walker, la prego venga…” esce dalla stanza una dei medici che hanno in cura la ragazza, per poi interrompersi e guardarsi attorno spaesata. “Ma… dov’è andata tua madre, ci sei solo tu?” interroga l’unica persona visibile in quel corridoio.

“Sì… vuole che esca?” domanda timorosa Patricia.

“Al contrario, cara, voglio che entri. Lei si è appena svegliata… pensavamo fosse in un coma irreversibile, invece… c’è stata una ripresa miracolosa!” sorride raggiante la Dottoressa.

Sentendo quell’ultima parola, Aziraphale sorride tutto tronfio.

“Ma è una notizia fantastica!” esulta Patricia, mentre la Dottoressa le fa strada e Aziraphale non manca di seguirle.

Ancora attaccata ai macchinari, seppur ormai quasi ritenuti inutili, Jessica si è tirata su a sedere sul letto, guardandosi attorno con aria confusa.
Non capisce che ci faccia in un ospedale, altro che malata, sente dentro sé la forza di dieci leoni.

“Come ti senti, Jessica?” sono le prime parole che le vengono rivolte dalla Dottoressa.

- Jessica, ecco come ti chiami. - acquisisce quell’informazione Aziraphale, sorridendo.

“Un po’ frastornata.” risponde la ragazza mora, toccandosi la testa che s'accorge essere bendata. “Tu chi sei?” chiede a quella che sembra essere una sua coetanea.

“Davvero non mi hai mai vista? Non conosci ‘It’s Patsy!’?” le domanda la rossa, stupita.

“Ho tredici anni, mica otto.” risponde rude Jessica, ma poi sembra rendersene subito conto. “Scusa, non volevo.”

Patricia scuote la testa, sorridendole.

“Non preoccuparti, è normale, devi essere ancora così scossa.” risponde calma. “Ti dirò, per me è una boccata d’aria fresca parlare con qualcuno che non mi conosce. Io sono Patricia.” le sorride affabile.

 

“Patricia. Tricia. Trish. Ti posso chiamare Trish?” le domanda l’altra.

L’ex bambina-prodigio si illumina. “Trish, sì, mi piace. Mi piace davvero tanto.”

 

“Io sono Jessica. Jess, se preferisci.” le stringe la mano, un po’ frettolosamente. “Dov’è il resto della mia famiglia? Stanno bene anche loro, non c’era spazio qui e li avete portati in un’altra stanza?” domanda, forse con troppo ottimismo.

Il silenzio di Trish e lo sguardo desolato della Dottoressa sono una risposta più che chiara. La più terribile per lei.

“No…” si appoggia con una mano alla sponda in acciaio del letto, con le lacrime che le sgorgano dagli occhi. “Nooo…” ripete, scuotendo la testa, come a voler scacciare via quel pensiero, quella notizia, quella tremenda realtà, mentre stringe maggiormente quella sponda. “NO!” urla, con tutta la rabbia che ha in corpo, sradicando la sbarra come se fosse fatta di gomma e lasciandola cadere a terra, sconcertata.

Aziraphale non si è perso un solo istante di quella scena.

- Ecco uno sfoggio dei tuoi poteri, mia piccola cara.-

“Ma che razza di ospedale è questo se avete materiali così scadenti e vecchi?” rimprovera alla Dottoressa Trish, prima di abbracciare quella che ormai considera un’amica e che in breve tempo potrà chiamare sorella.

“Ma se quei lettini sono nuovissimi…” borbotta fra sé e sé la Dottoressa, ripromettendosi comunque di segnalare quella lamentela.

“Permesso, che mi sono persa?” fa il suo ingresso Dorothy, ora rimessa a nuovo. “Vedi, Patricia, quanto è indispensabile avere sempre un cambio nel bagagliaio dell’auto?” dice sentendosi più a suo agio.

Fra i capelli sono presenti ancora tracce di purè, ma nessuna si azzarda a dirglielo.

Seppur ancora singhiozzante, Jessica si separa dall’abbraccio di Trish, per guardarla confusa “E tu chi diavolo sei?”

Poi tutto a un tratto Jessica mette a fuoco anche un’altra presenza in quella stanza.

“E che ci fai qui tu, ancora? Si può sapere che cosa vuoi da me?” grida, rivolta ad Aziraphale, che la scruta stupito, ma per tutte le altre lei sta guardando nel vuoto.

“È evidente che la paziente è ancora molto scossa e necessita di assoluto riposo. Troppe emozioni in una volta.” sentenzia la Dottoressa assicurandosi che tutti lascino la stanza.

Anche Aziraphale decide di andarsene, ancora sconvolto per la capacità di percepirlo che ha Jessica.

- Non ora, ma ci incontreremo presto, cara, in modo più convenzionale. - decide, scomparendo.

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                                                                         London, Goldsmiths University, 6 April 2000

Troppo frastornato da quell’incontro che poi ha preferito più razionalmente catalogare come un’allucinazione da troppo studio e stress, il giorno precedente Kevin ha preferito rifugiarsi nel proprio  alloggio, senza imbattersi in alcun tipo di relazione sociale.

Quella mattina si sente stranamente di ottimo umore, forse per quella lunga notte di riposo, forse per la bella, assolata giornata di inizio primavera, forse perché in qualche modo sente che quello sarà un giorno fortunato.

Ed è così almeno per le prime tre ore, che passa sereno in biblioteca a studiare.
Ormai ha deciso che il chewingum fra i libri del giorno precedente se l’è solo immaginato, anche perchè non sembra esserci la benché minima traccia di quello scherzo di pessimo gusto.

Tuttavia, il presunto o meno artefice di quel tiro mancino gli si para davanti con la sua crew non appena esce dalla biblioteca e si immette nel corridoio.

“Ciao senza-famiglia, cerchi forse di farti adottare dai tuoi libri, è per questo che non te ne separi mai?” lo sbeffeggia Riley e i suoi tre compari gli danno man forte con le loro risate.

“Adottato dai miei libri, ahahah, davvero divertente, sì…” alza gli occhi Kevin, augurandosi solo che quel supplizio finisca presto.

- Se gli do corda si stancherà prima e mi lascerà passare… - rimugina.

“Sorridi, secchione che non sei altro, oggi non torcerò nemmeno una pagina ai tuoi amati libri.” finge di rincuorarlo il bullo con quella notizia, ma Kevin già sa cosa lo aspetta.

Lo ha già provato altre volte.

“Oggi me la prendo direttamente con te… vediamo se con occhio nero o un dente rotto sarai ancora il cocco dei professori!” lo sbeffeggia, arrotolando il polsino della camicia per far bella mostra del suo orologio con quadrante in acciaio.

Kevin quell’orologio se lo ricorda dolorosamente bene, l’ultima volta Riley lo ha usato per dargli un pugno nello stomaco da cui ha impiegato giorni per riprendersi.
Se non altro era qualcosa di nascosto, ora quell’infame mira alla sua faccia.

“Te lo dovresti mangiare quel dannatissimo orologio!” mugugna Kevin, esasperato, prima di chiudere gli occhi e prepararsi al peggio.

Non solo quel pugno non arriva, ma sente le voci sconvolte e perplesse dei suoi compari.

“Riley, ma… cosa fai? Sei impazzito?”

Riaprendo gli occhi, Kevin si accorge che Riley ha provveduto a slacciarsi l’orologio e addentare il cinturino in cuoio come se fosse una liquerizia, staccando un pezzetto e cominciando a masticarlo.

Quella è una scena che attira parecchie attenzioni e il corridoio si affolla ben presto di curiosi.

“Non c’è niente da vedere qui!” avverte tutti Kevin, capendo troppo tardi di aver peggiorato le cose.

“Non vedo più niente!”
“Oh mio dio, i miei occhi!”
“Ho perso la vista!”
“Perché è tutto così buio?”
“Hey, chi ha spento le luci?”

Sono solo alcune delle reazioni spaventate degli studenti, che continuano ad andare a sbattere contro le cose o contro di loro.

Prima il bullo che si mangia l’orologio. Poi nessuno vede più niente.

- Esattamente quello che ho detto. Le mie precise parole. La gente fa ciò che dico. Io sto controllando le loro menti. Ma allora, ieri… -

Non ha nemmeno il tempo di pensarlo che una voce, molto simile alla sua, conferma le sue ipotesi.

“Proprio così, ragazzo mio!” esordisce Crowley, apparendogli davanti. “Piccolo appunto per te: la prossima volta che un demone ,che sembra te  fra qualche decennio, ti dona un potere, credi a tutto quello che ti dice!” si raccomanda.

 

Possono parlare liberamente, per una semplice ragione che Kevin nota subito.

“Tu… tu hai fermato il tempo!” esclama, guardandosi attorno e vedendo tutti restare perfettamente immobili e incoscienti di ciò che sta accadendo loro intorno.

“Beh, sì, è fra le cosucce che so fare!” fa un’alzata di spalle Crowley, come a volerne dare poco conto. “Ammetto che l’errore è stato anche da parte mia, me ne sono andato senza lasciarti quelle due o tre istruzioni per l’uso.” aggiunge, appoggiandosi a un armadietto. “Kevin Thompson, sì, puoi davvero controllare la mente di ogni essere umano e quindi non certo la mia, nel caso ci stessi pensando!”

“Non mi azzarderei mai.” mette subito le mani in avanti Kevin.
“Bugiardo, so che lo vorresti. Ma mi piace!” ridacchia Crowley, prima di tornare al suo decalogo di regole e spiegazioni. “La durata che ha la tua influenza sulle persone è di dodici ore, certo, a meno che tu non la stoppi prima. Darti un potere senza limiti sarebbe troppo dispendioso e problematico.”

“Crowley, che cosa.. che cosa mi hai fatto? Non c’è proprio la possibilità di annullare tutto questo e tornare normale?” domanda Kevin, ancora visibilmente sconvolto.

- E per cosa? Tornare al mio squallore di esistenza? - riflette tra sé e sé, cominciando a calmarsi e a guardare le cose da tutta un’altra prospettiva.

“Tutto è possibile, anche perché non hai firmato ancora nessun patto col tuo sangue… nahh, ma chi prendo in giro? Non esiste nessun patto da firmare. E poi chi lo vuole più il sangue? Hanno inventato le Montblanc!” ridacchia Crowley, contagiando anche il suo interlocutore. “No, okay, tornando seri… sì, se vuoi posso annullare tutto quanto.”

- Anche se spero vivamente di non doverlo fare, dove lo trovo un candidato altrettanto perfetto?-

“Però, dimmi, Kevin, tu di questo potere vuoi privarti davvero?” indaga, felice quando vede comparire sul volto del ragazzo un ghigno inquietante.

“No che non voglio. E poi dodici ore è un sacco di tempo!” rivela, compiacendolo.

- Quell’idiota di Riley potrebbe mangiarsi un’intera fabbrica di orologi in dodici ore! - contempla, divertito.

“Speravo di sentirtelo dire.” gli sorride il demone, abbassando momentaneamente le lenti scure per fargli un occhiolino. “Quanto alle faccende dell’Inferno, voi umani avete un’idea un po’ distorta, lascia che ti chiarisca meglio alcune cose. Tanto per cominciare non c’è nessuna compravendita sulla tua anima… semmai un piccolo appalto!” gli strappa un altro sorriso. “Ti ho dato quel potere per un motivo, è vero. Mi serve che tu faccia delle cose per me.”

“Che genere di cose?” si allarma Kevin, temendo che quel dono abbia un prezzo troppo alto da pagare.

“Cattive azioni. Le devi fare commettere agli altri. Non ti sto chiedendo né di uccidere, né di  far uccidere qualcuno… giusto un po’ di violenza, qualche rissa, un furtarello, l’adulterio poi mi farebbe guadagnare un sacco di punti. Cose così, insomma, e poi confido nel tuo estro creativo. Credi di essere in grado?” si accerta Crowley.

“Sì, certo, sembra anche divertente.” sogghigna Kevin.
“Oh, lo sarà.” sogghigna Crowley. “Questo non significa che non lo puoi usare anche per motivi personali, mi piaceva quello che stavi facendo. Tieniti pronto perché sto per sbloccare il tempo, ma ora sai come fare… e quando hai bisogno chiamami e io comparirò.” si congeda, scomparendo con uno schiocco di dita.

Un istante dopo il tempo riprende a scorrere al suo ritmo regolare.
La differenza è che ora Kevin sa cosa fare.

 

“Voi tutti, riprendete a vedere e poi, tranne Riley, potete andare, crederete che sia stato tutto uno scherzo ben architettato".

Tutti fanno come loro ordinato, lasciandolo solo con Riley, che va avanti a strappare pezzi di cinturino e mangiarseli.

In un primo momento è intenzionato a stopparlo, ma poi ricorda tutti i soprusi subiti in quegli anni.

- Non c’è alcuna fretta dopotutto. Magari aspetto che si mangi giusto la prima metà del cinturino… e se gli verrà un’occlusione intestinale non sarà certo colpa mia. -

Tutto soddisfatto, osserva il suo aguzzino eseguire il suo comando, ma quello è solo l’inizio.

Kevin ha ancora qualche sassolino da levarsi dalla scarpa.

TBC


Spero di aver mantenuto intatta la ‘simpatia’ della Sig.ra Walker, è la prima volta che mi ci destreggio ^^’

Vero che è adorabilmente tremendo Aziraphale quando vuole? <3

Contradditemi pure, ma secondo me la battuta sulle Montblanc è una cosa proprio da Crowley.

L’idea del cinturino mi  è venuta… nooo, meglio non dirlo, ma sì, sp**ttaniamoci:

 

Avete presente quando Paperon De Paperoni fa mangiare a Rockerduck il cappello dalla rabbia?  Che poi… chi è che lo doppia il nuovo zio Paperone? ;) ehh tutto torna XD

Alla prossima, spero continui a incuriosirvi, anche perché siamo solo all’inizio...

In zona ‘Good Omens’  non so quando ma il prossimo aggiornamento sarà ‘Run, baby, run!’

In zona ‘Jessica Jones’ .. aspettatevi una nuova rossa… non so nemmeno se avrà voglia di rimanere solo una one shot ^^’
vado giusto a vedermi la seconda stagione in attesa di un grande (ma breve) ritorno

besos a chiunque è passato di qui ^^

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Capitolo 4
*** Capitolo III: Born to do that ***


Eccomi, grazie infinite a tutte per il vostro interesse (sono una frana, devo ancora rispondere a un sacco di voi, ma lo farò)

Che dire, lunga attesa, lungo capitolo… e c’è pure un po’ (un bel po’) di  angst

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Capitolo III: Born to do that

                                                       Cheltenham, Pittville Circus Rd, 9 April 2000

Prima di fare quel viaggio, Kevin ha preferito aspettare e nei tre giorni precedenti ha trovato più saggio prendere confidenza con i suoi poteri e levarsi qualche sfizio.

Come far camminare Riley per i corridoi della scuola con i pantaloni abbassati e come gran finale fargli abbassare anche le mutande in aula, non appena il professore si fosse palesato, cosa che gli ha fatto guadagnare un mese di sospensione.

Ha anche fatto scatenare una rissa all’intervallo fra tutti gli altri membri della gang di Riley, che ha dato dei sanguinolenti risultati, con relativi provvedimenti disciplinari.

Ha fatto anche scoppiare quella che forse era la coppia più popolare in tutta l’Università, non perchè quei due gli avessero mai fatto qualcosa, soltanto per il gusto di farlo e di sperimentare un pò.
È anche vero che li ha rimessi insieme il giorno seguente perché Kevin non vuole essere troppo cattivo.

Crowley lo ha encomiato per tutto: l'umiliazione, gli atti osceni in luogo pubblico, la violenza, l’infrangersi di importanti relazioni sentimentali…. tutte cose che tra la sua gente vanno per la maggiore.

Si è palesato in ognuno dei tre giorni alla sua scuola, rendendosi invisibile agli occhi di tutti fuorché quelli di Kevin.
L’unica cosa su cui ha avuto un po’ da ridire è la velocità con la quale lo studente ha risanato quel rapporto di coppia danneggiato fra i suoi due compagni di corso, ma appena ha visto Georgia e David il demone ha convenuto con Kevin che quella fosse una coppia davvero troppo adorabile per separarla e con uno schiocco di dita si è anche assicurato che nessuno ci sarebbe mai più riuscito.
Tutte cose che i suoi capi difficilmente andrebbero a verificare.

Kevin ha semplicemente detto a Crowley che aveva necessità di allontanarsi almeno per un giorno, senza fornirgli spiegazioni e chiedendogli di non seguirlo, almeno in quel frangente avrebbe preferito restare solo.

Ecco perché ora si trova a bordo di un taxi che lo sta per portare a destinazione, deve solo svoltare all’uscita seguente.
Dal suo alloggio universitario quel luogo dista due ore e mezza di macchina all’incirca, cosa che di sicuro non la rende una meta abituale.
Tuttavia la distanza chilometrica è nulla comparata a quella sentimentale.
Kevin ha deciso di far visita ai suoi genitori, non li rivede più da… nemmeno lui se lo ricorda.

“Siamo arrivati, ragazzo.” lo avverte il taxista.

Un’altra occasione perché Kevin possa far pratica col suo potere.

“Azzera il tassametro, sei contento di avermi portato qui e mi aspetterai fino a stasera.” comanda, con tono calmo.
L’uomo preme i tasti del suo dispositivo fino ad azzerare quella tariffa che fino a pochi secondi prima era già a tre cifre.
“Ma certo, ragazzo, ti aspetto qui, nessun problema.” replica docile e accomodante.

Kevin scende dal taxi, alla volta della casa di campagna dei due scienziati.

 

- Non mi piace che mi si chiami ragazzo, men che meno Signorino Thompson ma nemmeno Kevin lo concedo a chiunque, forse dovrei trovarmi un nome più incisivo… ma non è questo il momento di pensarci. - rimugina, mentre percorre una strada che gli desta dei lontani ricordi.

Ogni cosa è rimasta invariata, dal prato Inglese perfettamente tagliato, alla siepe che lo costeggia, dal tetto spiovente al balcone coi mattoni a vista.

Kevin attraversa il prato, osservando tutto quello spazio verde, l’ideale per mettere un’altalena, un dondolo o un qualsiasi altro gioco da fare all'aperto.
Ma quel posto, anzi no, quella famiglia, non è mai stata a misura di bambini.

Prova a sbirciare in direzione della veranda se ci sia fuori qualcuno, ma non ha fortuna.

- Devono essere dentro, conoscendoli, a lavorare. - rimugina, raggiungendo il portone bianco, prima di premere il campanello piuttosto insistentemente.

Gli ci vuole un po’ prima che qualcuno venga ad aprirgli e quando accade gli si palesa davanti una figura alta, austera, dai folti capelli brizzolati e dall’espressione resa ancora più burbera dalle sopracciglie aggrottate.

“Che diavolo ci fai qui? I soldi per la retta e l’affitto te li abbiamo mandati!” sibila secco il proprietario di quella casa.

“Ciao anche a te papà e sì, sto bene, grazie. Alla fine da quant'è che non ci vediamo, due, tre anni?” replica Kevin, con uno sguardo non meno duro del suo, usando quell’appellativo in tono puramente sarcastico.
 

“Vattene, kevin, non ho tempo per te adesso!”
 

Kevin scoppia a ridere, sprezzante
 

“Sono ventitré fottutissimi anni che non avete tempo per me!” gli rinfaccia, prima di capire che se vuole smuovere un po’ le cose purtroppo l’unica alternativa è ricorrere al suo potere.
 

Qualsiasi cosa pur di vedere cambiare quell'espressione così ostile. -

“Ora però fammi entrare e sii un ospite gradevole.” aggiunge, con tono quasi ipnotico.

Ospite. nemmeno sotto forma di comando Kevin riesce a definirlo un padre.

Non si stupisce nemmeno quando lo vede cambiare completamente atteggiamento.

“Ma certo, caro, accomodati, posso offrirti qualcosa?” gli domanda affabile l’uomo sulla cinquantina, invitandolo ad entrare con un eloquente gesto della mano.

- La famiglia che non ho mai avuto, ma è un po’ tardi per questo. - considera tristemente Kevin, limitandosi a un cenno negativo del capo.

“Louise, tesoro, guarda chi è venuto a farci visita.” la chiama Albert, facendola uscire dal laboratorio, con ancora su il camice.

Una raffinata donna bionda alla metà dei suoi quarant’anni si avvicina ai due, con un’espressione assai confusa.
Per un attimo e solo per un attimo Kevin in quello sguardo coglie un guizzo, quasi un’impercettibile contententezza nel vedere lì suo figlio, ma viene subito mascherata da una freddezza senza pari.

 

“Sei qui, senza nemmeno avvisare prima di presentarti.” commenta, velenosa.

“Louise, non essere scortese!” la sgrida il marito, stupendola non poco.
“Albert, si può sapere che ti prende?” sbotta lei.

“Gli prende la stessa cosa che prende a te. Siete contenti di vedere vostro figlio, tutto qui.” proclama Kevin, con tono tranquillo, anche se in realtà vorrebbe mettersi a piangere.

“Ma certo che sono contenta di vederti, tesoro mio.” sorride lei.

“Allora, abbracciatemi.” li esorta il ragazzo e loro eseguono.

Kevin di quell’abbraccio si gode ogni momento, nonostante sia pienamente consapevole che non ci sia niente di autentico.

“Sono vostro figlio, cazzo, il vostro maledettissimo figlio, e questa cosa ve l’ho dovuta chiedere; no, peggio, ve l’ho dovuta ordinare.” li scioglie da quell’abbraccio Kevin, prendendo le distanze da loro. “Riflettete su quanto ciò sia patetico.”
“Kevin, io…” azzarda sua madre, ma qualsiasi cosa gli voglia dire, lui non gliene dà modo.
“No, zitti, tutti e due e seduti.”

I due adulti obbediscono e il ragazzo prende posto sul divano di fronte al loro.

“Perché?” domanda ai genitori.
“Perché cosa?” gli chiede confuso il padre.
“Oh, ti prego, lo sai benissimo!” sibila Kevin. “Perché sono nato? Perché mi avete messo al mondo se non rientrava nemmeno lontanamente nei vostri piani essere dei genitori?” li mette alle strette. “Ditemelo!” ordina.

“Louise rimase incinta, non era previsto, non era programmato.”

A Kevin fa male sentirsi dire così palesemente che non è mai stato desiderato, ma ascolta impassibile.

“Proprio così ma siamo contrari all’aborto, quindi ecco perché ti abbiamo tenuto.” spiega Louise.

Kevin si alza dal divano, facendo loro un applauso canzonatorio.

“Ma bravi, i miei complimenti. Quindi è così che cercate di mettervi la coscienza a posto col creatore o chi per lui, da bravi cattolici?”
“Non ti azzardare a parlarci così, Kevin!” si inalbera il padre, in procinto di alzarsi dal divano.

“No! Ho detto zitto e seduto!” lo mette in riga Kevin. “E lo stesso tu!” anticipa qualsiasi possibile azione della madre.

“Fatemi capire, siete contro l’aborto ma non contro la possibilità di condannare un bambino a una vita senza affetto, senza sicurezze, senza un punto fermo? Un’intera esistenza passata come un pacco postale, a chiedermi cosa ci fosse di sbagliato in me, perché gli altri avessero dei genitori amorevoli e io a malapena un’ombra sfocata di famiglia.”

Come le è stato ordinato, Louise non dice niente, ma dai suoi occhi cominciano a sgorgare lacrime silenziose.
Questo almeno Kevin non glielo ha impedito, né sfugge al suo sguardo, ma non si lascia impietosire.

- Piange perché teme per sé stessa, non certo per un senso di colpa, ha avuto ventitré anni per provarne uno! -

“Avete una vaga idea delle ripercussioni che questo ha avuto su di me? Oh certo, mi avete sempre detto che non mi avete fatto mancare niente, le migliori scuole, la migliore istruzione, la migliore disciplina… ma, ultime notizie per voi, mi è mancato il calore di una casa, ho conosciuto solo quattro mura e un tetto sulla testa e vi assicuro che non sono la stessa cosa.” chiarisce lui. “Ora potete parlare ed essere i soliti voi.” decide.

 

“Come osi presentarti a casa mia, senza nemmeno un preavviso e atteggiarti così?” lo aggredisce il padre, prima verbalmente e lo farebbe anche fisicamente, con uno schiaffo che ha già caricato, se non fosse che Kevin lo anticipa.

“Schiaffeggia te stesso e poi resta fermo.”

Albert fa come gli è stato detto.

“Kevin… perché fai questo? E perché noi ti obbediamo come se non avessimo scelta? Che… che cosa ti è successo?” indaga la madre, apprensiva, rimanendo saggiamente ferma e seduta.
“È successo che mentre io credevo di essere sbagliato, qualcuno mi ha trovato giusto e mi ha fatto un regalo meraviglioso.” sogghigna Kevin, con aria inquietante.”Sapete cosa faremo? Usciamo, facciamo un giro da qualche parte, come una vera famiglia. Regalatemi quest’illusione per un giorno soltanto. Concedetemi un po’ del vostro tempo” propone loro. “In cambio io vi regalerò un’infinità di tempo libero.”

“Che vuoi dire?” si acciglia Albert.

“Quando torneremo dal nostro giro, io me ne andrò e voi darete fuoco al vostro laboratorio, le vostre ricerche, ogni file nei vostri computer. Tutto il lavoro di una vita. Non ne resterà niente. Ripartirete da zero. E non vi renderete nemmeno conto di essere stati voi.” annuncia Kevin.

“Non puoi farlo!” ringhia Albert.
“Sei un mostro!” gli urla Louise, velenosa.

Kevin non ne è toccato minimamente. Non più ormai.

“Posso eccome e lo farò, ma non vi chiederò di rimanerci dentro quel laboratorio che va a fuoco, anche se ve lo meritereste. E voi sarete felici di obbedirmi. Infatti, cosa sono quelle facce? Sorridete!” li esorta e i due mostrano subito due sorrisi smaglianti.

Kevin potrebbe facilmente abituarsi a tutto questo

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Di ritorno dal loro giro come un’allegra quanto fittizia famiglia, Kevin si allontana solo quando vede le prime fiamme palesarsi timidamente dalla finestra aperta.

Pienamente appagato, torna al taxi, dove trova l’autista in condizioni tutt’altro che ottimali.

 

“S..sei to-tornato finalmente.” si rallegra vedendolo, mentre si stringe la pancia e la vescica in preda a forti dolori.

Solo in quel momento Kevin capisce cos’è successo: si è allontanato a metà mattinata, è rientrato al tramonto; quell’uomo lo sta aspettando da quasi sette ore.

“E vero, ho detto di aspettarmi, ma non intendevo che non potevi muoverti del tutto, mi bastava non andassi via con la macchina…. esci pure a fare quello che devi fare.” lo libera da quella prigionia .

“Graa… grazie, ragazzo.” si precipita fuori l’autista, disperato.

Kevin approfitta della sua assenza per riflettere.

- Devo stare più attento quando impongo qualcosa, a non fare questi scivoloni. ma soprattutto devo trovarmi un nome, ragazzo non lo sopporto. Serve qualcosa di incisivo… Killtime? Nooo, posso fare di meglio. Killjoy? Troppo deprimente… Kill… Killgrave. Sì, è così altisonante. Mi piace. -

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                                                                      New York, Columbus Ave, 10 April 2000

Jessica è stata dimessa dall’ospedale il giorno seguente al suo ricovero.
Solitamente, una diagnosi come la sua richiederebbe come minimo due settimane di convalescenza sotto stretto controllo medico, ma tutta l’equipe medica ha convenuto che, vista quella guarigione così miracolosa, sarebbe stata solo un’inutile tortura trattenere una paziente così giovane e così inspiegabilmente in ottima salute inutilmente rinchiusa in un ospedale.

 

Sono ormai più di quattro giorni che Jessica girovaga per quella grande villa dei Walkers nell’Upper West Side, uno dei più prestigiosi quartieri di New York. Ha perso il conto di quante stanze ci siano in quella casa e fatica a mantenere il senso dell’orientamento.
Tuttavia non è l’unico problema che sta avendo e di sicuro non il più grave.
Jessica ha capito che c’è qualcosa di strano in lei dal giorno in cui si è risvegliata in ospedale.
La prima avvisaglia l’ha avuta quando ha sradicato quella barra dal letto come se niente fosse.
Una volta raggiunta la sua nuova casa, mentre si spazzolava i capelli, ci ha messo un po’ troppa energia a districare un nodo e la spazzola si è spaccata a metà.
Il secondo giorno ha provato ad aprire un barattolo e anche questo è andato in mille pezzi.
E Jessica sa di non essere mai stata granché forzuta.
Il terzo giorno ha voluto verificare i suoi sospetti sollevando la scrivania della sua camera e riuscendoci fin troppo facilmente.
Ancora non le bastava come prova.
Il quarto giorno ha spostato l’asticella, provando a sollevare il letto a due piazze. Per lei è stato come sollevare una matita.
Trish è entrata in camera sua in quel momento e c’è stato ben poco da mascherare.
È quello di cui stanno ancora discutendo nel corso di quel quinto giorno.

“Ti ho già detto di dimenticarti di quello che hai visto, Trish, io cercherò di tenerlo a bada più che posso… magari è un effetto delle flebo che mi hanno fatto e tra qualche giorno sparirà…” sminuisce la situazione Jessica, alzando le spalle.
“Ma quale flebo? Tu hai un dono, è una cosa bellissima, dovresti mostrarlo al mondo, puoi salvare delle vite, puoi fare la differenza!” la incita Trish con ampi gesti delle braccia.
Ed è lì che Jessica si accorge del suo ennesimo livido.

 

“È stata ancora Dorothy, vero? Quando te l’ha fatto? Te lo mostro subito come salvo le persone, vado a spingerle un armadio addosso!” ringhia la mora, in procinto di uscire, ma la rossa - la madre la obbliga a continuare a indossare quella parrucca, nonostante lei sia bionda, per non farla uscire dal personaggio- la trattiene per un braccio.

“No, salva tutti, ma non me, io non ne ho bisogno, so come gestirla.” si impunta Trish.

Jessica la ascolta, ma al contempo si è accorta di un paio di scarpe marroncini coi calzini in fantasia tartan, dietro la tenda.
Come una furia si precipita in quella direzione, ma quando la scosta dietro non trova alcunché.

“Jess, tutto bene?” la interroga la sorella appena acquisita.
“Devo essermelo immaginato…” borbotta l’altra. “E comunque, questo è l’ultimo sopruso nei tuoi confronti che tollero da parte di tua madre, se ti mette ancora le mani addosso, giuro che io….” si interrompe a metà discorso notando qualcuno dalla finestra, qualcuno che la sta fissando dalla strada.
Qualcuno che la sta ossessionando da cinque giorni.

Jessica non pensa lucidamente, vuole arrivare in strada e il modo più veloce per farlo è aprire quella finestra e saltar giù.
Anche se è al secondo piano.

“Oh, mio dio, Jessicaaaa!” urla Trish, vedendola saltare, ma è quasi più sorpresa di Jessica stessa quando la vede atterrare perfettamente a terra, senza alcuna difficoltà.
Un’altra delle capacità che ha acquisito, probabilmente, mentre seguire l’istinto senza pensarci è qualcosa che ha insito fin dalla nascita.

Senza perdere tempo, Jessica si precipita su quella misteriosa figura che si è resa materiale e che non sembra aspettare altro.
Ecco, magari non si aspettava di venir preso di peso per il colletto del giaccone e sbattuto contro il muro adiacente.
“Chi cazzo sei tu? Perché mi perseguiti? C’entri qualcosa con gli strani poteri che ho, vero?” lo sommerge di domande la manesca ragazzina.
“Cerchiamo un attimo di calmarci, mia cara…” la esorta lui, ma con una mano lei lo spinge ancora di più contro il muro, mentre la mano libera si chiude a pugno.
“Eri lì anche il giorno dell’incidente… lo hai causato tu, vero, bastardo?” ringhia, pronta a colpirlo, ma con suo enorme stupore, il misterioso biondo di quasi mezza età blocca il suo colpo con estrema facilità, senza impiegare nemmeno tutta la sua forza, che è molta più di quella che ha lei.
“Come dicevo, cara, faresti meglio a calmarti e magari ne possiamo parlare davanti a una tazza di tè.” dice lui, liberandole la mano.
“Io odio il tè!” fa una smorfia l’altra, dimenticandosi per un attimo l’attuale, assurda situazione, prima di allentare la presa su di lui.
“Una cioccolata, allora? Ti ringrazio.” le sorride affabile. “Sarebbe stato estremamente sconveniente se mi avessi discorporato e temo che la cosa avrebbe messo nei guai entrambi, mia cara Jessica.” spiega, riaggiustandosi il colletto.
“Disco che? Come accidenti sai il mio nome? Ma tu chi diavolo sei?” si spazientisce Jessica.
“Ecco, cara, partiamo già male, sono quanto di più lontano ci possa essere da un diavolo: mi chiamo Aziraphale, angelo Principato da seimila anni, e poco prima anche guardiano dell’Eden a Est.” le si presenta, tendendole la mano, che lei rifiuta, incrociando le braccia al petto e guardandolo truce, lunatica come solo una teenager può essere.

“Basta con le puttanate! Dimmi la verità!” 

“Modera il linguaggio, Signorinella!” la guarda con aria severa Aziraphale.

Approfittando del fatto che non ci sia nessuno nei paraggi - nemmeno Trish dalla finestra da quella angolazione non può vederli - Aziraphale schiocca le dita, facendo scaturire dalla mano una luce azzurra, accompagnata da un tintinnio celestiale.
Qualcosa di inequivocabile e infatti Jessica lo fissa esterrefatta

“Allora, sono puttanate anche queste?” la sfida con lo sguardo Aziraphale,facendo sparire la luce tintinnante.  “Oohh, accidenti, guarda che cosa mi fai dire!” alza gli occhi, facendola ridere.

“Jessica cara, non sto mentendo, sono un angelo e ti ho scelto come aiutante..” ribadisce l’angelo.

“E cosa ti aspetti che faccia? Che mi metta una tunica bianca e scocchi frecce alla gente per farla innamorare, magari mentre suono una cetra?” ribatte scettica la ragazzina.

“C’è molta disinformazione a riguardo.” scuote la testa il biondo. “I cupidi fanno innamorare, io come ho già detto sono un Principato. E comunque non capisco cosa tu abbia contro le tuniche bianche, sono così leggere e comode. Non ho mai suonato una cetra, ma mi hanno detto che sono discretamente bravo con il flauto traverso… ma vedo che sto tergiversando.” dice, accorgendosi di come lei lo stia guardando.
 

“Quello che ti chiedo è proteggere le persone. Per questo ti ho dato quei poteri: la super forza, una maggior resistenza al dolore e una sbalorditiva capacità di ripresa. Inoltre non solo puoi saltare da grandi altezze, ma puoi anche salirci. Prova un po’ a saltare, quando hai tempo, vedrai se non ho ragione!” le sorride.
“Sì, okay, mi avrai anche dato tutti questi poteri fichissimi, sei un angelo e tutto quanto, ma perché io?” si acciglia lei.
“Ce l’hai insita in te la voglia di proteggere, la sento… così come senti il bisogno e il dovere di proteggere tua sorella Trish, beh immagina che il mondo sia pieno di Trish… ogni volta che salvi una persona, è come se salvassi lei.” le spiega.

“Un momento.. e tu che ne sai di Trish? Allora avevo ragione! Prima eri lì, dannatissimo stalker!” sbotta Jessica.

“Stalker, in un certo senso , può darsi, ma di certo non dannato.” puntualizza il biondo. “Sì, ammetto che ti stavo osservando… quello che non capisco è che facendolo restando invisibile tu non dovresti vedermi, eppure hai questa capacità… non mi era mai successo, con nessun umano… e c’ero quando è stato creato Adamo!” le fa l’occhiolino. “Io credo che questo sia un segno, come se in qualche modo fossi predestinata a me, come se fossi nata per fare questo.”

“Sì sento di poterlo e volerlo fare, anche Trish dice che dovrei esternare i miei poteri e fare del bene.”
“Oh, e tanto bene farai, piccola cara, magari non da subito, sei ancora così giovane, approfittane per prenderci un po’ confidenza per almeno due anni e magari quando sarai un po’ più grande comincerai a metterli seriamente in atto.”

Jessica non lo sta ascoltando più, racchiusa in un profondo silenzio di concentrazione.

“Ma se tu sei un angelo, allora, la mia famiglia, tu puoi…” azzarda, ma lui la anticipa.
“No, piccola cara, non sai quanto mi rincresce, ma non posso fare nulla a riguardo. Quando sono arrivato sulla scena dell’incidente, era troppo tardi per tutti gli altri, potevo solo salvare te.” le spiega mesto e rammaricato.

- Sei stata tu a chiedermelo. -

Quello che non può aspettarsi è che la teenager gli si butti fra e braccia in lacrime, per farsi consolare e lui lo fa, con fare paterno.
Del resto, data l’età umana che dimostra potrebbe essere benissimo scambiato per suo padre.

“Grazie, ora va meglio.” reprime l’ultimo singhiozzo la mora, prima di tornare a fare altre valutazioni.

“Potrei fare la detective, aiutare a ritrovare la gente scomparsa, proteggere qualche innocente da chi vuol far loro del male… potrei avere una mia agenzia!” fantastica ad occhi aperti la ragazza.
“Non è una cattiva idea, sono certo che avrai tempo per tutto. Nel frattempo puoi concentrarti sulle piccole buone azioni, quelle di ogni giorno, ma se dovesse capitare qualcosa di grosso sarai attrezzata e poi puoi sempre chiamarmi e verrò in tuo soccorso.” le sorride, svanendo.

“Aspetta, Razzi-fiele!” urla Jessica.

L’angelo ricompare all’istante.
“Vedi che sono di parola? Comunque, mia cara, è Azi-ra-phale.” scandisce, molto pazientemente.
“Facciamo Zira?” propone la teenager.
“E Zira sia!” acconsente il biondo.
“Perché tutta quella fretta di sparire? Quella cioccolata non ce la prendiamo più?” gli sorride lei.

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                                                                          London, Mayfair, Hill Street, 10 April 2000

Finita la sua cena, che per lo più ha consistito in tre o quattro bicchieri di vino rosso, Crowley si decide a fare quella chiamata.
Per il suo destinatario è ancora pomeriggio.

“Caro!” lo accoglie la melodiosa voce di Aziraphale, che smette subito di leggere il libro che ha sul grembo.
“Novità? Come sta la tua protetta?”
“Oh, ottimamente, ti avrei chiamato io, sai? Proprio stamattina sono riuscito ad avvicinarla, ora sa chi sono e perché è successo quello che è successo… ha un caratterino coi fiocchi, non c’è che dire, e anche un linguaggio che poco si confà a una Signorina,  ma io saprò domarla.” ridacchia il biondo.

- Smettila, Crowley, non puoi essere geloso di una teenager! - si impone il demone, trovando utile versarsi un altro bicchiere.

“E tu, notizie del tuo?” si interessa Aziraphale.

“Oh sì, ti dirò, mi hanno appena mandato i tabulati delle cattive azioni, a quanto pare per la mia corsa ai peccati ho scelto un Purosangue!” sogghigna Crowley, guardando i fogli che ha in grembo mentre si dondola con la sedia, i piedi appoggiati sul tavolo in marmo.

Sente una voce che lo chiama, ma non ne è sicurissimo, anche perché al quinto bicchiere di vino a stomaco vuoto di voci gli capita di sentirne anche più di una.

“Oh beh, io temo che la mia puledra dovrà stare ancora per un po’ in stalla, prima di poter correre col tuo stallone… oh, buon cielo, guarda cosa mi fai dire!” borbotta Aziraphale, facendolo ridere. “Voglio dire, avendo scelto una ragazza così giovane mi sono preso dei rischi in più, servirà un po’ di rodaggio, almeno all’inizio… consideralo un piccolo vantaggio che ti concedo.” minimizza l’angelo.

“Alla velocità a cui va il mio protetto potrebbe essere un grande vantaggio!” sogghigna il bel demone, prima di tendere l’orecchio.

Ancora quella voce così familiare che invoca il suo nome.

Se non fosse per il vino che gli offusca il cervello Crowley se lo ricorderebbe benissimo di aver dato delle precise istruzioni a un certo qualcuno qualche giorno prima.

“Addirittura?” si preoccupa il biondo. “Non puoi… come dire, rallentarlo un po’?”
“Oh no, davvero, ormai credo ci abbia preso troppo gusto!” ridacchia il rosso, prima di sentire con chiarezza quel richiamo nella sua testa.

- Oh, per Satana, devo andare subito da Kevin!- si impone, svanendo con uno schiocco di dita.

“Lo immaginavo. Non importa, a breve la mia protetta potrà dargli filo da torcere.  Sai, caro, pensavo che, visto che ora lei è al corrente di tutto, posso prendermi qualche giorno per tornare a Londra, potremo vederci, magari cenare o pranzare insieme, che dici?” propone Aziraphale, raccogliendo il coraggio necessario.

Silenzio dall’altra parte.

“Crowley? Pronto?”

Aziraphale fa un ultimo tentativo, poi riattacca sconsolato.

- Deve essersi addormentato. Ci riproverò… forse. -

*********** (Contemporaneamente)

                                           London, Goldsmiths University, Surrey House, 10 April 2000

Alla fine di una proficua giornata di studio, in un momento di relax nel suo alloggio del residence universitario, Kevin prova a mettere alla prova quanto suggerito dal demone.

“Crowley!” lo chiama, ma non accade nulla.

“Crowleeey!” riprova dopo un po’, alzando la voce.

 

Mentre attende senza successo, gli squilla il telefono.

In un primo momento pensa che sia Crowley che in qualche modo cerca di mettersi in contatto con lui, ma guardando il display si accorge che il mittente è decisamente un altro: suo padre.

“Sì?” risponde con distacco.
“Keviin, è successa una tragedia… stamattina, quando ci siamo alzati… il nostro laboratorio non c’era più, solo ceneri e macerie al suo posto… non s è salvato nulla. Il lavoro di una vita andato in fumo, letteralmente” racconta disperato Albert.

- Oh, ma non mi dire! - sogghigna Killgrave.

“Ma è terribile!” si ritrova a dire, con tono apprensivo, mentre si chiede se quella telefonata possa portare ad altro.

- Magari sta per dirmi che si sono resi conto di aver sprecato i migliori anni, forse vogliono recuperare i rapporti, magari questa è una mano tesa… -

“Ho chiamato solo per dirti che, vista la situazione, capirai meglio di me che non possiamo più provvedere a te.” chiarisce freddamente il padre, distruggendogli così anche l’ultimo barlume di speranza di poter sanare quella ferita.

“Sbrigatela da solo d’ora in poi con le rette universitarie, l’affitto… trovati un lavoro, rapina una banca, non mi importa, ma con noi hai chiuso.” riattacca l’uomo.

Kevin in un primo momento sente di voler piangere e non certo per la questione dei soldi, ma poi cambia drasticamente idea.

- Oh, non preoccuparti, non ho mai avuto bisogno di voi, ora men che meno. Ora posso avere tutto. - sorride a se stesso.

“Crowley!!” riprova nuovamente e stavolta funziona perché il demone si materializza da lui all’istante.

 

“Sul serio è così facile?” gli domanda lo studente.
“Mi sembra di avertelo detto, no? Tutto quello che dovevi fare era chiamarmi.” ribadisce il demone. “Ci ho solo messo un po’ perché ero al telefono.”
“Ah, buono a sapersi! Quindi se io ti chiamassi perché sono in pericolo di vita, tu te la prenderesti comoda!” borbotta offeso Kevin.
“Oh, andiamo, non sei in nessunissimo pericolo di vita!” ottiene l’ultima parola il demone, con un gesto infastidito della mano.

 

 

“E comunque pensavo che invocarti fosse molto più complesso!”

“Ah sì? Eppure te l’ho detto che bastava chiamarmi. Complesso come?” ridacchia il rosso.

“Non lo so.. tu che mi regalavi una sorta di talismano o mini scrigno da aprire quando avevo bisogno di evocarti.. oppure mi insegnavi un rito satanico col pentacolo e qualche candela da oscillare ..” mugugna il castano.

Crowley ride più forte.

 

“Oscilla una bottiglia di vino rosso e sarò lì da te all'istante, senza nemmeno bisogno che mi chiami.. Una bottiglia di Chateau Latour e sono praticamente tuo… hai capito in che senso.” puntualizza, ridacchiando.

 

Kevin  lo scruta meglio.

“Crowley… sei ubriaco?” inarca un sopracciglio, inclinando la testa da un lato.

“Non al punto di dovermi rendere sobrio.” ribatte il demone, ciondolando un po’. “E comunque, anche se non mi avessi invocato tu, sarei passato io da te, mi sono arrivati i risultati delle tue azioni di ieri, i miei complimenti, sembri proprio nato per fare questo: hai fatto appiccare un incendio… questo avrà mandato su di giri anche Hastur!”

Kevin non ha ben chiara l’ultima parte del discorso, ma preferisce ignorarla..

“Indovina? Mi sono trovato un alter ego: Killgrave.” lo informa fiero il giovane.
“Non so perché, ma ti si addice.” gli sorride Crowley. “Allora, Killgrave, me lo racconti nel dettaglio che cos’hai combinato ieri?”

 

 

TBC

Sorry per quel microscopico riferimento a Georgia e David, ma non ho resistito ^^’ due nomi a caso proprio XD

Io non sopporto i genitori di Kevin nella serie, ma questi mi sa che sono anche peggio.
Spero che il suo confronto con loro vi abbia emozionato almeno un po’, non è stato affatto facile da scrivere.

Per chi non conoscesse bene Killgrave, sappiate che far sorridere le sue vittime è un po’ il suo marchio di fabbrica.

 

Azi che cerca di redarguire quella scaricatrice di porto che è Jessica lo trovo molto canon, lol, spero vi siano piaciute le loro interazioni.
Quando dopo alcune ricerche fatte da qualcuno che ha guardato GO è emerso che Aziraphale è dotato di una forza spropositata, ho fatto i salti di gioia per quanto la cosa si sposasse bene con questa fanfic.

Ora, domandona da mille dollari (che non ho): nel prossimo capitolo vorreste vedere un altro incontro degli Ineffabili e Jess e Kev che sperimentano ancora un po’ coi loro poteri (non so se si diverte più Kevin o la sottoscritta nel fargli usare il suo <3 ) oppure faccio il salto temporale di sei anni e passiamo al fatidico primo incontro fra i due protetti? ;)

A voi la scelta, nel frattempo spero continui a piacervi ^^

Il prossimo aggiornamento sarà quello dell’altro crossover, poi tornando in zona JJ potrei andare avanti con la rossa (mini spoiler, ci sarebbe un confronto con il padre di Kevin anche lì… sono un po’ fissata, vero?)  o potrei riprendere quei personaggini della verde che mi stra mancano ^^’

a presto, abbracci a un metro di distanza! ^^’

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Capitolo 5
*** Capitolo IV: Rules are rules ***


Notte fonda a tutti ^^’
Non credo vi ringrazierò mai abbastanza per il vostro supporto ed entusiasmo <3
Di quel sondaggio che vi ho posto nello scorso capitolo, alla fine ho optato per una fusione delle due alternative ^^’
Non vi resta che leggere ;)

 

ineffably-inevitable-cover


Capitolo IV: Rules are rules

 

                                                     London, Mayfair, Hill Street, 18 June 2000
 

Crowley passa l’aspirapolvere sul pavimento del suo salotto per quella che forse è la decima volta quella mattina.
Certo, gli basterebbe uno schiocco di dita per aver il pulito più brillante in assoluto, ma si dà il caso che quell'aggeggio che fa un rumore infernale riesca a tranquillizzarlo.
Ed è proprio tranquillità quello di cui Crowley ha bisogno.
Aziraphale sarà lì da lui a minuti.

La casa brilla come uno specchio e per renderla ancora più accogliente sul tavolo della cucina c’è un piatto di crepes con varie farciture.
Non ordinate da una pasticceria.
Né tantomeno create con la magia.
Crowley le ha preparate da sé, armato di un libro di ricette, un cospicuo numero di uova e un quantitativo ancora più grande di pazienza.
Non è stato poi così difficile… dopo le prime trenta frittatine sottili che ha carbonizzato e diciannove padelle rese inutilizzabili, maledicendo la Francia a più riprese, Crowley ha fatto suo quell’elaborato procedimento culinario.
E il profumo che emanano è indice che lui abbia fatto davvero un lavoro eccellente.
Crowley è sul punto di accendere delle candele e offuscare le luci, ma poi si ferma.

- E poi cos’altro? Una musica romantica in sottofondo? Cuscini a forma di maledetti cuori? Non è un appuntamento, idiota di un demone! Si tratta solo di lavoro.- si dà un pugno in testa il rosso, questo prima che il campanello suoni.

Non ha bisogno di alcun potere magico per poterlo percepire. Lui lo sa e basta che si tratta di Aziraphale.

- Ha scelto di entrare col metodo umano. - deduce Crowley, che seguendo lo stesso metodo si precipita alla porta come un bravo padrone di casa, per aprirgli ed accoglierlo.

Aziraphale fa il suo ingresso, mostrandogli un sorriso in grado di illuminare una stanza.

“Non ci vediamo da Amsterdam, caro. Solitamente odio compilare queste scartoffie burocratiche, ma ammetto di non essere mai stato così felice di fare il punto della situazione!” esordisce l’angelo, mostrandogli la cartellina in pelle con dentro tutti i moduli.

Un bel po’ diversi dai fogli macchiati di vino o caffè,ammucchiati in malo modo sulla scrivania in marmo del demone.

 

“Ma che appartamento grazioso!” si prodiga in complimenti il biondo

- C’è così tanto spazio anche per i miei libri se un domani vivessimo ins… ma cosa vado a pensare? - si morde un labbro, ringraziando il cielo che Crowley non lo stia guardando.

 

“Oh beh, sì, non sarà accogliente e confortevole come la tua libreria, ma è pur sempre un tetto sulla testa!” fa spallucce il bel demone, che è poco abituato ai complimenti.
 

“Sei troppo modesto… cosa insolita per un demone e… cos’è questo profumo delizioso?” si interrompe il bell’angelo, coi sensi allertati.
 

“In cucina troverai la risposta,” gli fa strada Crowley. “Ho preparato giusto qualcosina per addolcire la noia del lavoro…” farfuglia.

“Come preparato? Vuoi dire che queste meraviglie le hai fatte davvero tu?” domanda attonito Aziraphale, guardando le crepes sul tavolo con gli occhi che gli brillano.

“Beh sì, altrimenti avrei detto comprato… o creato con la magia…” borbotta l’altro. “Davvero trovi che siano belle?” domanda, gongolando.

“Altroché, e sono pronto a scommettere che saranno anche squisite! Devi insegnare anche a me come si preparano!” lo incita l’angelo.

Nella mente del demone scaturiscono immagini molto poco caste di loro due coperti solo da un minuscolo grembiulino e nient’altro… con Aziraphale impiastricciato di impasto e Crowley che lo pulisce a modo suo, ricorrendo anche alla sua lingua biforcuta.

Nella mente di Aziraphale scorrono immagini decisamente con un rating adatto anche a un pubblico minorenne di loro due che leggono insieme un libro di ricette, Crowley che sfiora la mano con la sua per insegnargli a tenere in mano correttamente il mestolo di legno, Crowley che lo stringe a sé, Crowley che gli bacia la punta del naso su cui è finita un po’ di quella ganache al cioccolato fondente che gli ha insegnato a preparare.

“Sì, si può fare, vedremo…” bofonchia Crowley, prima di andare a recuperare una manciata di fogli dalla sua scrivania.

 

Compilano pazientemente ogni campo, tirando le somme di quei primi mesi di attività dei loro protetti e intervallando quella mansione con il dolce spuntino preparato da Crowley, che si rivela essere tanto buono quanto bello.
 

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“Un paio di rapine sventate, tre risse evitate, due barboni salvati da un linciaggio, quattro teppistelli fermati e no, tre vecchine aiutate ad attraversare la strada non te le posso contare!” riepiloga Crowley, alla fine dei loro report, leggendo quello di Aziraphale.

“Non vedo perchè  no… okay, non c’entrerà una forza spropositata, ma resta comunque una buona azione!” borbotta Aziraphale, addentando l’ultima crepe rimasta. “E comunque, anche se me le conteggiassi, cambierebbe ben poco… guarda qui: sette casi di adulterio, cinque liti domestiche, tre risse in tre locali, cinque rapine a mano armata e.. un furto in una chiesa?” calca l’ultima voce nell’elenco, con uno sguardo indagatore verso Crowley.

 

“Rilassati, niente acqua benedetta, mi basta la tua.” sorride con aria innocente il demone. “Si tratta solo di una bravata, ha fatto rubare a un teppistello i soldi raccolti durante le ultime cerimonie!” chiarisce.
“Beh, se da una parte mi consola, dall’altra lo trovo un atto deplorevole!” sbuffa indignato il bell’angelo.

“Vero? Il mio pupillo va forte, ha una propensione poi per indurre alla violenza e alla lussuria!” ridacchia il rosso, compiaciuto.
“Non potresti… tenerlo un po’ più a freno?” azzarda Aziraphale.
“Cosa? No, te lo puoi scordare, angelo! Piuttosto, vedi di spronare un po’ di più la tua protetta!”
“Ma è ancora così piccola!” protesta il biondo.

“Beh, le hai dato tutti gli strumenti per difendersi, mi pare. Basta fare l’angelo chioccia, falle affrontare il mondo, per quello che è.” lo consiglia Crowley
“Temo tu abbia ragione, devo smetterla di proteggerla da ogni pericolo, almeno da quelli più lievi. Quando ci ritroveremo per il prossimo punto della situazione, le cose andranno molto diversamente!” spergiura Aziraphale.
“Tu dici? Io credo che il mio protetto possa solo migliorare, esplorare nuove strade, testare i propri limiti. E questo, di conseguenza, farà salire in classifica anche me. Sento già odore di promozione!” sogghigna Crowley. “Prima ho fatto mangiare a Eva la mela, poi ho quasi tentato Gesù quei quaranta giorni  nel deserto, quale altro incarico di prestigio potrebbero assegnarmi? Forse mi incaricheranno di portare l’Anticristo nel nostro mondo!” fa lo spaccone.

Si sa, ai demoni piace spararle grosse.

“Come se non ti fossi fatto notare abbastanza fra la tua gente!” alza gli occhi il biondo. “Beh, direi che il nostro lavoro per oggi è finito.” aggiunge, alzandosi, e dal volto di Crowley scompare all'istante sul sorrisetto impertinente.

“Come, di già?” si imbroncia.
“Sì, a meno che tu non ti sia dimenticato qualche cattiva azione.”
“No, direi che ci son tutte, a meno che trattenere qui con me un angelo un po’ troppo  ligio al dovere conti come cattiva azione!” ammicca verso di lui, intrappolandolo fra il muro e se stesso.

Si osservano ammutoliti e col respiro improvvisamente più pesante.

- È solo un gioco per lui, i demoni fanno sempre così… anche se lui è così diverso da tutti gli altri! - si perde nei suoi pensieri Aziraphale, prima di divincolarsi, scivolando via da lui come un’anguilla


“Beh, l’annullerebbe il fatto che questo angelo ligio al dovere non si lasci adescare da un demone fin troppo procrastinatore.” ribatte, riassaporando la libertà. “Ho lasciato la mia assistita in vacanza a Malibù con la sua sorellastra e la matrigna,” spiega.
 

“Non avevo capito che la tua pupilla fosse Cenerentola!” ironizza Crowley.
“Spiritoso!”
“Non avevi detto che non l’avresti più protetta in modo ossessivo?”
“Tu non capisci, quella Dorothy è il male puro… siamo sicuri non appartenga alle vostre schiere?” gli domanda retorico Aziraphale, prima di svanire col metodo soprannaturale, lasciando Crowley perplesso.

 

**********************  (Contemporaneamente )
 

                                           Malibu, Paradise Cove Beach Cafe, Pacific High Coast, 18 June 2000

Jessica e Patricia si rincorrono ridacchiando in riva all’oceano, felici e serene come ogni ragazzina della loro età dovrebbe essere.

Dopo essere apparso in un luogo nascosto a tutti, Aziraphale le intravvede dal ponticello adiacente e le raggiunge.

“Dov’è vostra madre?” domanda loro.

 

“Trish è mia sorella, ma quella non è certo mia madre!” ringhia Jessica infastidita.
“Non ha tutti i torti, Zira,” le dà manforte la ragazzina bionda. “Io però sono legata a lei dalla nascita e non ci posso fare nulla.”

 

Così come ha scoperto dei suoi poteri, Jessica ha voluto mettere Trish al corrente anche della ragione per cui li ha e nel giro di pochi giorni ha convinto Aziraphale a rivelarsi anche a lei e spiegarle ogni cosa.

“Beh, ogni tanto qualcosina si può fare…” sogghigna la morettina, con finta aria innocentina.

 

“Jessica, te lo ripeto, dov’è Dorothy?” domanda calmo Aziraphale.
 

“Nella sua cabina.” replica la sua protetta.
“E…” la sprona a continuare l’angelo.
“Chiusa a chiave. Imbavagliata.” rivela lei.

È sufficiente uno sguardo del biondo perché lei riveli ogni cosa.

“Può anche darsi che abbia trovato una sbarra di ferro e gliel’abbia avvolta attorno.” fa spallucce lei, come se fosse una cosa di poco conto.

 

“Oh, buon cielo, Jess!”
“L’ho sentita parlare al suo stupido telefono, coi suoi stupidi amici, voleva procurare un provino a Trish per un film… se Trish fosse stata *molto carina* con il regista… se capisci cosa intendo!”
“Io temo di capirlo…” brontola sconsolato.

 

- Protezione di minorenne, questa non l’ho inclusa nel punto della situazione, come ho potuto dimenticarmene? Considerando quante volte lo ha già fatto Jessica, avrei potuto quasi pareggiare i conti! - pondera l’angelo, facendosi un appunto mentale di chiamare Crowley per modificare i loro report.
 

Si fa indicare la cabina e si reca lì. Dato che Jessica gli ha anche consegnato le chiavi, non necessita di alcun miracolo per aprila.

La trova esattamente nelle condizioni che Jessica gli ha descritto, che mugugna senza che nessuno possa sentirla. Aziraphale  valuta se sia una buona idea o meno toglierle il bavaglio, per poi decidersi a farlo.

“Tu, angelo da strapazzo e quel diavolo che hai creato….” ringhia furente Dorothy.

Sì, anche lei è al corrente della verità. All’ennesimo abuso nei confronti di Trish, avvenuto fra le mura di casa, Jessica ha ritenuto opportuno darle sfoggio dei suoi poteri e Aziraphale non ha esitato a intervenire, rivelando la verità, ma facendole promettere il silenzio assoluto sull’intera questione.

“Mrs. Walker, non mi costringa a imbavagliarla di nuovo.” esordisce Aziraphale. “So cosa ha cercato di fare.” prosegue, mentre dispiega nuovamente la sbarra di ferro come se fosse fatta di carta.

“Era solo lavoro…” si difende lei.
“Accetti un consiglio spassionato. Lavori di meno,” fa una pausa il biondo, caricando quella parola con tutta l’ironia possibile. “E si goda di più le vacanze. Alle ragazze baderò io. Perchè non va a farsi un lungo, lunghissimo giro?” la esorta.
“Mi stai forse costringendo?” lo fulmina con lo sguardo la donna.
“Ma certo che no, non è nella mia natura. Solo che se fossi in lei seguirei il consiglio di rilassarmi. Non vorremmo svegliarci domattina con la cellulite, il doppio mento o le vene varicose, vero che no?” lancia la sua velata minaccia Aziraphale, più pacato che mai.

“E tu hai il coraggio di chiamarti angelo?” sbotta lei, raccogliendo le sue cose, pronta a seguire quell’ ‘amichevole’ consiglio.

“Se è per questo, conosco demoni che sono cento volte più umani di lei!” ribatte lui, prima che lei esca, sbattendo la porta.

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                                                  London, Goldsmiths University, Surrey House, 19 June 2000

“Quindi ti ho fatto fare bella figura ieri? Sono contento.” sorride Kevin a Crowley il mattino dopo, mentre fanno colazione nel suo alloggio.

Beh, uno solo dei due sta mangiando, l’altro si limita a rigirare il cucchiaino nella tazzina del caffè che forse berrà.

 

“Altroché, l’Inferno ha fatto impallidire il Paradiso!” ridacchia Crowley, dondolandosi sulla sedia.

“Lieto di non averti deluso,” mormora Kevin, mentre è intento a spalmare del burro sul suo toast. “Chi è il mio rivale?” domanda casuale, prendendo il primo morso.

“Come, prego?” solleva un sopracciglio l’altro.

“Come tu hai scelto me per far compiere cattive azioni alla gente, immagino che qualcuno dal Paradiso abbia un prescelto che ne fa compiere di buone…” deduce lo studente.

“Oh beh… le regole sono regole, non ti dovrei dire nulla a riguardo…” bofonchia l’altro.

“Ma…” lo anticipa lui.

“Diciamo che lei non fa compiere buone azioni, ma protegge da quelle cattive…” gli spiega.

“Oh, quindi è una lei.” commenta intrigato Kevin, versandosi del succo d’arancia.
“Per Satana, mi è sfuggito. E comunque vedi di non farti strane idee, è minorenne… dannazione, non dovevo dirti nemmeno questo!” si maledice Crowley.
“Beh, non sarà minorenne per sempre…” ridacchia Kevin, battendo la lingua contro i denti con aria maliziosa.
“Kevin…” lo redarguisce il demone.
“Scherzavo, scherzavo…”

“Farà bene per te ad essere così… piuttosto, dimmi, che piani hai per il futuro?”
“Uh?”
“Con il potere che ti ho dato… non lo vuoi girare un po’ il mondo?” gli domanda il demone, con i gomiti sul tavolo e il mento appoggiato sulle mani per poterlo scrutare meglio.
“Cos’è? Non ti basta più la lista dei miei compiti nel circondario?” sdrammatizza lo studente.
“A me va benissimo così, lo dicevo più nel tuo interesse. Col potere che ti ho concesso, praticamente puoi avere il mondo ai tuoi piedi, non vuoi prendere nulla per te?” indaga l’altro.
“Certo che sì, la mia laurea.” risponde quieto Kevin. “E non perché ho i poteri, ma perché ho studiato sodo per ottenerla. A Novembre, non solo uscirò con il massimo dei voti da qui, ma farò anche almeno un anno di praticantato. Questo perché voglio vedere qual è la differenza fra l’entrare nella mente della gente perchè uso il mio potere ed entrarci perché ho acquisito le giuste nozioni per farlo.” sogghigna lui.

“Deduco che il mondo quindi possa aspettare?” fa spallucce Crowley.
“Il mondo può aspettare.” conferma l’umano.

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                                                      Manhattan, Chase Bank, Plaza Health Club, 22 September 2000

Mentre la pattuglia di poliziotti si accalca vicino alle loro vetture, davanti alla banca, intimando al rapinatore di uscire con le mani in alto e liberare gli ostaggi, un’ormai quattordicenne morettina entra nell’edificio totalmente disarmata, senza troppi convenevoli e nel giro di tre minuti esce con il rapinatore tramortito e gli ostaggi che sono liberi di tornare alla loro quotidianità.

“Questo è per voi,” getta il malvivente in direzione dei poliziotti, che la fissano basiti.

Jessica raggiunge Aziraphale, che la attende a un angolo della strada e si è goduto tutta la scena.

“Questa è già la terza rapina che sventi nel giro di due mesi, ormai direi che sai il fatto tuo,” si complimenta l’angelo, mentre tornano a casa.

 

“Lo trovo divertente!” sogghigna la ragazza.
 

“Crowley aveva ragione, avrei dovuto smettere di essere così protettivo con te già dai primi giorni…”
“Chi è Crowley?”

Aziraphale vorrebbe mordersi la lingua.

“No, niente, cara,”
“Non l’avresti nominato se non fosse qualcuno di importante. Ora che ci penso, tu sai tutto di me, ma non mi hai mai detto nulla di te; non credi sia ora di ricambiare? A partire da questo Crowley…” insiste lei, con il piglio di chi può facilmente diventare una futura, brillante detective.

“Mi sembra giusto. Okay, come posso dire… così come esistiamo noi angeli, esistono anche i demoni. Crowley è uno di loro, anche se molto diverso da loro, ed è sulla terra da tanti millenni quanti i miei. Così come io ho scelto te come mia assistita, anche lui…”


“Quindi mi stai dicendo che c’è uno stronzo fra gli umani che fa aumentare le cattive azioni nel mondo? E che magari mi sta facendo fare il doppio del lavoro?” sfuria lei.
“Cosa avevamo detto sul linguaggio poco adatto a una ragazzina così a modo?” alza gli occhi Aziraphale.
“Dove cazzo la vedi la ragazzina a modo?” rimbrotta Jessica e l’angelo capisce che quella è una battaglia persa in partenza.
“E comunque sappi che è stata tutta un’idea di Crowley!”
“Ah, quindi è solo colpa di quello stronzo del tuo amico se io mi ritrovo in questo casino!”
“Non è uno stronzo!” puntualizza Aziraphale, per poi portarsi una mano davanti alla bocca, assalito dal rimorso per quel linguaggio scurrile.
“Però è tuo amico,” deduce Jessica, guardandolo arrossire. “E forse anche qualcosa di più, dico bene?”


“Cara, davvero, possiamo tornare a parlare di come sei stata brava oggi, alla banca?” comincia a sudare freddo Aziraphale.
“No, piuttosto parliamo del mio rivale!”
“Cosa ti fa pensare che sia un lui?” le domanda il biondo.
“Non lo so, intuito.” fa spallucce la mora.
“Sai, Jessica, credo proprio che diventerai un’ottima detective.” le sorride Aziraphale. “E comunque, sul tuo avversario non posso proprio dirti niente, né mai vi dovreste incontrare…”
“E perché no?” si acciglia la teenager.
“Non lo so, probabilmente avvertireste subito che siete due Nemesi e cerchereste di eliminarvi a vicenda…”
“Anche lui ha la super forza?” chiede intrigata lei.
“No, qualcosa di molto diverso, ma, come ti ho già detto, non posso dirti nulla a riguardo. Le regole sono regole.” replica integerrimo l’angelo.

 

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                                    London, Colbun Psychology, Bentinck House, Bolsover Street, 03 December 2002

“Ecco qui, Mr. Hartey, il piano elaborato con il Dr. Manner per aiutarla nella gestione della rabbia,” espone l’apprendista psicologo  Kevin Thompson al paziente che ha preso in gestione con il suo mentore.
Tutto è andato secondo i suoi ambiziosi piani, ha conseguito la laurea col massimo dei voti e ormai da due anni svolge l’apprendistato presso quello studio rinomato.

Sorride affabile al paziente, mentre lo accompagna alla porta.

Ed è lì che la figura professionale di Kevin cede impaziente il suo posto a Killgrave.

“Cominceremo dalla prossima settimana. E mentre cerchiamo un modo per rimediare al suo disturbo, accetti un consiglio: dia pieno sfogo a quella rabbia, Mr Hartey..” lo congeda, impartendogli quel comando mentale.

“Non scherzavo quando dicevo che sei nato per fare questo!” lo applaude Crowley, comparendogli davanti all’improvviso.

“Quante volte ti ho detto di non spiarmi da invisibile?” sbuffa Kevin.

“Non ce la faccio, è troppo divertente e poi questa cosa di sfruttare i tuoi pazienti è geniale!” lo encomia il demone.

“Non sono miei, non ho ancora uno studio mio, qui sono solo un assistente.” precisa il ventiseienne. “Se non fa grossi danni, tali da precludergli la libertà vigilata, forse il Dottor Manner rivedrà Mr. Hartey alla prossima seduta!” ridacchia.

“Perché solo lui? Tu non ci sarai?” si acciglia il rosso.

“Ricordi quel discorso che mi hai fatto tempo fa? Credo che sia venuto il momento di conoscere il mondo!” sogghigna il castano.

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                                            New York, Central Park, Upper East Side, 24 February 2004

Gironzolando in uno dei posti meno raccomandabili in piena notte, tra spacciatori colti con le mani in flagrante, scippatori fermati, aggressioni interrotte e malintenzionati disarmati di coltello o pistole anche solo con un calcio, la diciassettenne Jessica ormai è più che allenata a proteggere le persone da qualsiasi tipo di crimine.
E Central Park ormai è diventato il suo terreno di gioco preferito.

Pur mantenendo i contatti con Trish, Jessica è andata a vivere da sola in uno sgangherato appartamento a Hell’s Kitchen ed è in procinto di aprire la sua agenzia investigativa nel giro di qualche mese.

 

“Cara, non credo che ti ringrazierò mai abbastanza per tutti tuoi questi incredibili progressi, proprio ieri io e Crowley abbiamo rifatto il punto della situazione e hai staccato il tuo rivale di ben venti azioni in più!” gongola Aziraphale.
 

“Quindi, fammi capire, per voi è solo una gara?” si adombra lei, mettendosi le mani sui fianchi.

“Certo che no! Parliamo della salvaguardia dell’umanità intera, non potrei mai prendere sottogamba una questione così seria!” puntualizza lui, con un po’ troppa indignazione secondo quella che ormai è una giovane donna, pienamente sviluppata e con un carattere ancora più forte e deciso.

 

“Zira, guarda che a me non la si fa; andiamo, stavolta che avete scommesso?”
 

“Ho guidato la sua Bentley!” rivela l’angelo con un sorrisone e gli occhi che ancora gli brillano al ricordo.

Un’esperienza che per Crowley è stata traumatica.

“Lo sapevo!” alza gli occhi Jessica, ma in realtà è divertita. “Però son felice di sapere che stavolta ho fatto meglio di quello stronzo!” sogghigna, soddisfatta.

 

“Lascerò perdere il tuo epiteto per stavolta,” sbuffa l’angelo. “Quel che è certo è che non credo tu abbia più bisogno della mia stretta sorveglianza. Questo non significa che tu non possa chiamarmi, nel caso avessi bisogno di me.”
 

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                                            New York, Minton’s Playhouse, Harlem, 206 W 118th Street, 5 April 2006

Quel tizio non le è piaciuto da quando lo ha incrociato per strada, ha l’aria troppo nervosa, agitata e colpevole, come chi sta per fare qualcosa di terribile.
Per questo Jessica ha abbandonato la pista del caso che stava seguendo e ha pedinato quel tizio.
Ironico come a sua volta il tizio sembri essere sulle tracce di qualcun altro.
È da un quarto d’ora che lui se ne sta appostato nelle vicinanze del Minton's Playhouse, un elegante bar nel quartiere di Harlem.

E poco dopo l’inizio dell’happy hour, sembra arrivare l'obiettivo delle sue attese.
Jessica vede avvicinarsi un aitante giovane, forse nemmeno trentenne, alto, dal fisico slanciato e dai modi eleganti È vestito con un completo blu scuro e una camicia grigio azzurra.
Si passa più volte la mano in quei folti capelli castani che sembrano essere dotati di una gravità tutta loro, questo prima di accingersi a entrare.

Entra anche l’uomo sospetto, ma lo fa dal retro. Afferra, non visto, un grembiule appeso lì e lo indossa.
Beh, qualcuno però l’ha notato. Jessica, che è entrata nel suo stesso modo e non l’ha perso di vista un solo istante.

Cerca di capire perché si sia messo al bancone, finché un cameriere, senza interrogarsi se lui sia nuovo o meno, gli porta l’ordinazone del giovane uomo.

 

L’individuo sospetto prepara il cocktail ordinato con mani tremanti, poi si guarda intorno circospetto, estrae dalla tasca una specie di fiala e ne versa dentro il contenuto.
 

E a Jessica finalmente è tutto chiaro.


Kevin non scherzava, quando diceva che voleva vedere il mondo. Nel corso di quei poco più di tre anni è stato un po’ ovunque: Parigi, Strasburgo, Vienna, Berlino, Milano, Roma, Madrid, Lisbona, Irlanda e molte altre mete.

Solitamente non fa sosta per più di un paio di mesi, ma la Scozia gli è piaciuta così tanto che lì ha voluto fermarsi un anno intero.
Da poco è partito alla volta degli Stati Uniti e New York è la sua prima tappa, da quasi una settimana.

Per operare come Killgrave gli si presenta un terreno piuttosto fertile, in particolar modo per istigare le donne al tradimento.
Un’attività particolarmente edificante per lui.
Seduto sulla comoda poltroncina rossa, Killgrave si gode il sottofondo di musica jazz suoanata da una jam session che ospita quel locale, pensando alla prossima azione cattiva che può far commettere e a chi.
Ripensa anche  all’ultimo punto della situazione che Crowley gli ha riportato, risalente a poco più di due settimane.
La cosa che incuriosisce di più è che i due assistiti si sono rivelati in assoluta parità.

 

- Quella piccoletta evidentemente non è più l’impiastro dei primi tempi, che potevo battere anche a occhi chiusi, ma pare essersi data un gran da fare! - pondera, più divertito che infastidito.

Il cameriere gli poggia sul suo tavolino il Manhattan che ha chiesto, ma prima che lui possa portare il bicchiere alla sua bocca, qualcuno glielo strappa via di mano violentemente, facendolo finire a terra in mille pezzi.

“Non lo berrei se fossi in te, qualcuno ci ha messo dentro qualcosa di strano!” lo avverte una voce femminile dal tono un po’ ruvido.

Alzando lo sguardo, Kevin vede una giovane ragazza, forse a malapena ventenne, dai grandi occhi che racchiudono un abbraccio tra il nocciola acceso e il verde intenso. È decisamente alta, con un fisico esile ma anche atletico, le lunghe gambe sono fasciate da dei jeans neri e stretti e la sua giacchetta bianca crea ancora più contrasto coi lunghi capelli neri e setosi, raccolti in un morbido chignon che lascia libere due ciocche che le incorniciano un volto pressoché perfetto, con una bocca dalle labbra carnose e sensuali, accentuate da un rossetto rosso intenso.

 

Kevin non crede di aver mai visto una ragazza più bella.
 

TBC

 

              

Tadan! Finalmente si sono incontrati.
Un po’ perfido finire qui vero?

Killgrave made me do it.

 

LOL

 

Personalmente, mi affascina troppo l’idea di un Kevin psicologo (okay qui è solo assistente, ma qualcosina l’ha potuta combinare…. lasciamo perdere i viaggi contorti della mia mente che a un certo punto mi ha lanciato l’immagine che il suo paziente con evidenti problemi di gestione della rabbia fosse un certo Barty Crouch Jr, LOL, credo sia colpa della traduzione che sto facendo! XDD Ma pure un Alec Hardy che sbraita ogni secondo lo metterebbe a dura prova, lol )

Ho cercato le schede Marvel, ma non ho trovato risposta da nessuna parte, quindi ho deciso che Jessica compie gli anni da qualche parte fra Aprile e Settembre, mi ispira Maggio… mentre per Killy ho un headcanon tutto mio personale: lui compie gli anni il 10 Settembre perché è la giornata mondiale della prevenzione contro il suicidio.. e niente, è troppo ironica come cosa XD

 

Ce lo vedo Crowley andare in paranoia, da drama queen che è perché Azi va a casa sua per la prima volta… quanto al resto, non ce la possono fare, LOL
 

Avrei voluto scrivere di Azi che guidava la Bentley causa scommessa persa da Cro… ma era già troppo chilometrico di suo il capitolo, lo lascio alla vostra immaginazione ^^’
 

Spero vi stia piacendo l’evoluzione dei personaggi, quanto al prossimo capitolo, non vedo l’ora di scriverlo *O*, ho gli appunti pronti da mesi...
 

Alla prossima <3

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Capitolo 6
*** Capitolo V: Princess in danger ***


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Capitolo V: Princess in danger


                                                    New York, Minton's Playhouse, Harlem, 206 W 118th Street, 5 April 2006


“Scusami solo un momento,” dice la bella morettina, mentre Kevin la sta ancora fissando imbambolato.

La segue con lo sguardo, mentre con passo sicuro lei si muove verso il bancone, andando da uno dei barman.

È un uomo sulla cinquantina, piuttosto robusto, ma lei lo solleva come se pesasse venti grammi, scaraventandolo dall’altro lato del locale.

Se possibile, Kevin ne è ancora più affascinato.

- Quella ragazza ha i poteri.. come me! -

È troppo ammaliato da lei per fermarsi a fare la più elementare delle associazioni.

“Hey, tu, ragazzina, si può sapere cosa stai facendo al mio dipendente?” interviene il proprietario del locale, anche se ha un po’ paura ad avvicinarla… infatti si limita a urlare prudentemente dal bancone.

“Come dipendente? Significa che… tu allora lavori qui? Eppure sei entrato così di soppiatto..” guarda stranita l’individuo che a stento sta cercando di rialzarsi.

“Certo che sì… tu chi diavolo sei?” bercia l’uomo di mezza età, guardandola in cagnesco, riuscendo, un po’ fatica a rimettersi in piedi.

La ragazza scoppia a ridere, ma di una risata senza allegria dentro.

“Quella è proprio la parola più sbagliata che potessi usare, semmai posso dire di lavorare per la concorrenza.” gli sussurra all’orecchio, scatenando la gelosia del bel Kevin, che la vorrebbe così vicino a sé.

“Dimmi un po’,” torna a rivolgersi al proprietario del locale lei. “Hai la tendenza ad assumere gente che prova ad avvelenare i clienti?” lo mette in difficoltà.

 

“Ma che cosa….” si incupisce il titolare.
 

“Il bicchiere che ho fatto cadere, fallo analizzare, vedrai che dico il vero.” lo istruisce la ragazza.

“Bob, ha ragione lei?” lo interroga arcigno il suo superiore.

 

“Io…” mugugna l’uomo, prima di afferrare con le ultime energie un coltello da uno dei tavoli.

“Maledetto, è tutta colpa tua, sei doppiamente la rovina della mia vita!” ringhia avventandosi con grande sforzo, con il coltello proteso in avanti, contro Kevin, che sarebbe anche più che pronto a immobilizzarlo con la sola forza delle sue parole, se qualcuno non ci avesse già pensato con la propria forza fisica.

La ragazza infatti lo sta sollevando a mezz’aria tenendolo per il collo con una sola mano.

 

“Allora non la vuoi proprio imparare la lezione, eh?” sbuffa. “Dormici su!” aggiunge, prima di sbatterlo contro la parete quel che basta per fargli perdere i sensi.

Kevin le sorride estasiato, sorriso che si ritrova a ricambiare anche lei, decidendo che merita un incontro più ravvicinato con chi ha appena salvato.

- E poi non mi dispiacerebbe affatto conoscere un po’ meglio questo elegantone così affascinante.-

************************* 


                                                                         London, Soho, Greek Street, 5 April 2006

 


“Mi raccomando, maneggiali con cura sono volumi antichissimi, non quanto noi, ma quasi!” ridacchia Aziraphale scendendo dalla scala quel tanto che basta a passare a Crowley la pila di libri che ha accumulato dallo scaffale più alto senza fatica.

Peccato che tenda a dimenticare troppo spesso che Crowley non è dotato della sua stessa forza, anzi, è parecchio più propenso a sfiancarsi di molti esseri umani.
Motivo per cui, una volta raccolti fra le sue braccia quei volumi, il demone cade rovinosamente a terra, ma ben conscio di quanto l’angelo tenga ai suoi libri li protegge cadendo sulla sua schiena.

 

“Caro!” si allarma il biondo, scendendo subito dalla scala per andare in suo soccorso. “Perdonami, forse dovevo passartene uno alla volta?” si rammarica prendendogli dalle braccia con facilità i libri e riponendoli su un tavolino.

“Uno? Facciamo anche mezzo per volta? Ma quanto accidenti pesano?” brontola il rosso, rialzandosi.

“Mezzo? Non potrei mai fare questo ai miei adorati!” proclama Aziraphale.

“Però va bene spezzare il sottoscritto come fosse un grissino?” bercia il demone.

 

“Il solito melodrammatico, stai meglio di me, grissino!” lo punzecchia Aziraphale.
 

Crowley non glielo dirà mai, ma quel suo piccolo lato del suo carattere, un po’ bastardo, è una delle cose che più ama in lui.
 

“E comunque sei stato tanto …. quella parola che non ti piace, ad aiutarmi con l’inventario, quando al telefono ti ho detto che ero moto indaffarato, non pensavo che saresti venuto qui da me per darmi una mano.”

- Qualsiasi cosa pur di passare un po’ di tempo assieme, angelo.- rimugina Crowley, camuffando il tutto con un'alzata di spalle.

“In due si fa prima, no? E poi se non c’ero io, pigro come sei di sicuro saresti ricorso a qualche miracolo per farlo.” lo punzecchia.

“Touchè!” ridacchia il biondo. “E la nota di demerito da Gabriel non avrebbe tardato ad arrivare,” borbotta.

 

“Qualcuno dovrebbe fare delle note di demerito al tuo capo bacchettone per tutte quelle che fa lui!” sbuffò Crowley.

“Direi che dopo questo scaffale ci siamo guadagnati una più che meritata pausa, caro. Mi faresti compagnia per un tè con dolcetti?” offre affabile Aziraphale.

- Per poi fermarti anche a cena, dormire qui, fermarti domani a pranzo, poi a cena … e così via fino alla fine del mondo? Non si può vero? - rimugina il bell’angelo.

Crowley sta per accettare di buon grado quell’invito - beh, la parte palesata, perlomeno, l’altra è un segreto che probabilmente Aziraphale si porterà nella tomba… se gli angeli ne hanno una!- quando qualcosa gli fa cambiare idea.

“Dannazione! Il mio assistito… avverto bruttissime vibrazioni…”
“Ora sei tu a fare il demone chioccia!” lo sbeffeggia Aziraphale. “Guarda me, ormai mi reco dalla mia protetta solo e soltanto se strettamente necessario e…”

“Fidati, è strettamente necessario stavolta e se lo dico io che sono davvero brutte queste vibrazioni che avverto è tutto dire!” borbotta Crowley. “Io devo andare!” sparisce con uno schiocco di dita, lasciando Aziraphale a fissare uno spazio vuoto, mentre addenta sconsolato un biscottino al burro.
 

********************************

                                               New York, Minton's Playhouse, Harlem, 206 W 118th Street, 5 April 2006



“Mi permetta di porgere le mie più sentite scuse. Bob ha sempre svolto un servizio impeccabile per almeno vent’anni, non so cosa gli sia preso, ma ho già chiamato la polizia.” avvisa quella potenziale vittima il titolare.

 

“Hai fatto benissimo. Un doppio tentato omicidio non è certo una cosa che si può lasciar correre!” dice Jessica, prendendo posto al tavolo del giovane uomo, di fronte a lui.

Potrebbe quasi giurare che a lui la cosa faccia piacere, almeno da come la sta guardando.

Lei ci potrebbe affondare in quei due pozzi profondi di un caldo cioccolato fondente.

- Che sguardo affascinante che ha! Okay, no, lui è tutto affascinante! - non può fare a meno di notare, mantenendo il contatto visivo con lui una sorta di sfida silenziosa.

 

“Posso conoscere il nome della mia salvatrice?” le sorride galante.
 

- Oddio, questo accento Inglese è così sexy… se mi parla e mi sorride ancora così finisce che me lo porto sul retro del locale! - si perde nelle sue fantasie la quasi ventenne.
 

“Puoi anche offrirle da bere per ringraziarla!” replica sfacciata lei, divertendolo, prima di porgergli la mano: “Io sono Jessica. Jessica Jones.”

“Kil...Kevin Thompson, molto lieto.” sembra avere qualche incertezza lui, prima di rendere la presentazione più ufficiale, mentre le stringe la mano.

- Così bella e anche così intraprendente. Quanto mi piaci già, Jessica. Jessica Jones. - si ripete quel nome nella mente Kevin, come se fosse una musica.

 

Entrambi avvertono una strana quanto piacevole scossa, una sorta di elettricità fra loro e si guardano intrigati.
 

“Naturalmente, questo giro di drink è offerto dalla casa, Signore e Signorina.” offre gentilmente il titolare, che è rimasto lì. “Sperando di farle cosa gradita e riaverla ancora qui con noi.”

“Se non attentate alla mia vita, sì, ci torno volentieri!” replica Kevin, un po’ inacidito, ma nemmeno troppo, vista la piacevole compagnia in cui si ritrova.

 

“Porta a entrambi quello che aveva ordinato lui… magari senza veleno, stavolta!” rincara la dose Jessica.

“Temo che a lei dovrò chiedere un documento, Signorina, il Signore aveva ordinato un Manhattan.” si rivolge a lei il titolare.

“E con questo? Ho l’età per bere un Manhattan, anche tre se voglio!” fa spallucce lei.

 

Kevin la osserva sempre più divertito.

“Nessun problema, allora.” le sorride il proprietario. “Me lo dimostri.” insiste, facendola sbuffare.

“Ho quasi ventuno anni…. beh, il prossimo mese, dell’anno prossimo, li avrò.”  confessa lei. “Uno stupido anno e quarantacinque dannati giorni non possono davvero essere un cazzo di problema!” sbotta, alzando gli occhi e rassegnandosi già a bere un analcolico.

“E infatti non è un problema. Lei può bere. Ora portaci i nostri drink.” interviene Kevin.

 

“Ma certo, Signore, provvedo!” sorride l’uomo, allontanandosi.

“Non ci credo, lo hai convinto!”  guarda ammirata Kevin Jessica.

“Ti posso assicurare che è una delle cose che mi riesce meglio.” ridacchia lui. “Mentre io, dall’alto dei miei ventinove anni abbondantemente compiuti, non ho alcun problema a bere.”

“Non lo avrei neanch’io, tranne quando trovo dei baristi bacchettoni e pignoli come questo!” replica lei. “Anche se Zir… Zio. Mio zio non vuole che io beva troppo.” si corregge lei all’istante. “Piuttosto, me lo dici che hai combinato a quell’uomo per spingerlo a odiarti così tanto?” cambia furbescamente argomento.

“Oh beh, può darsi che io abbia convinto sua moglie ad andare a letto con un altro.” fa spallucce lui, non volendo dare molto peso alla cosa.

“Con te?” si acciglia lei, in preda a un’ingiustificata gelosia.

“Noo, io l’ho solo spinta, poi non è affar mio con chi sia andata lei.”

“Non doveva esser affar tuo nemmeno spingerla.” indaga lei.

 

“Invece lo è. Sono il suo psicologo. Lei è una mia paziente.” le svela lui.
 

Nel corso di quei tre anni e mezzo è riuscito ad aprirlo davvero il suo studio a Londra, fornendo però anche sedute a domicilio, ovunque si trovi. Inutile dire quante vittime questo frutti ai piani suoi e di Crowley.

“Sono una detective e, ti dirò, da qualche settimana c’è un incremento di matrimoni e relazioni andati in pezzi... dovrò fare qualche ricerca in più per scoprire se sono tutti collegati a te, Dottor Thompson!” lo scruta diffidente lei.

 

“Fa’ del tuo meglio allora, Detective Jones!” la sfida lui, sapendo di aver coperto molto bene tutte le tracce con gli altri suoi pazienti, eppure avvertendo la sensazione che lei possa essere un osso duro.
 

- Bellissima, ma un po’ troppo ficcanaso! - pondera Kevin.

- Bellissimo, ma un po’ troppo arrogante!- pondera Jessica.

Entrambi continuano a sorridersi come se niente fosse, ancora di più quando arrivano i loro drink.

 

“Che ne è del tuo dipendente?” domanda all’uomo Kevin.
“Oh, non si preoccupi, lo abbiamo portato nel retrobottega, lasciandogli riprendere i sensi. La polizia sarà qui a breve.” lo informa l’altro.
“Gli voglio fare un bel discorsetto, prima che la polizia sia qui. Portami da lui. E lasciaci soli.” comanda Killgrave e al suo interlocutore non resta che obbedirgli.

“Non ci metterò molto, mia cara.” ammicca verso Jessica, che lo guarda allontanarsi un po’ stranita, ma del resto ha un cocktail con cui distrarsi.

Una volta raggiunto il retrobottega, il titolare li lascia soli e indisturbati.

 

Il cameriere è rannicchiato in un angolo, ha da poco ripreso i sensi e si allarma quando se lo ritrova lì.

Si tratta di uno spazio stretto con mattoni a vista, fatto di corridoi di media lunghezza, con le pareti impregnate di un forte odore di vino.

 

“Cosa ci fai tu qui? Bastardo, non mi hai già rovinato abbastanza la vita?” ringhia.
 

“Hai cercato di avvelenarmi. E poi di accoltellarmi. Secondo te cosa dovrei farti? Io trovo equo ripagarti con la stessa moneta. La differenza è che il mio non sarà solo un tentativo.” sogghigna in modo inquietante Killgrave, con una luce nei suoi occhi scuri che non promette nulla di buono.
 

“Io non…” mugugna l’uomo, in preda al panico.
 

“Scommetto che ti è rimasto in tasca un po’ del veleno che hai usato, dimmi se ho ragione.”

“Sì, Signore.” si ritrova ad ammettere senza esitazioni l’altro, con sua grande sorpresa.

 

Il ghigno sinistro del bell’Inglese si allarga ulteriormente.
 

“Però vedo anche dei coltelli in questa stanza. Si direbbe che ci hanno lasciato soli in un bel parco giochi.” ridacchia Killgrave, passeggiando per il retrobottega e prendendo uno dei coltelli dal ceppo in legno, uno sufficientemente affilato.

“Dimmi cosa mi volevi fare con quel coltello e perchè.” lo interroga, riavvicinandosi a lui con grandi falcate.

“Te lo volevo puntare alla gola e poi sgozzarti, come il maiale che sei, per aver messo in testa certe idee a mia moglie!” confessa senza filtri la sua vittima, con tutto l’odio che cova dentro.

Per tutta risposta, Killgrave scoppia a ridere.

 

“Non c’è che dire, l’hai davvero presa male.” commenta divertito, ma poi torna serio. “Dimmi se hai mai tradito tua moglie.” domanda con tono gelido.
 

“Sì, tre volte.” confessa l’uomo.

 

“Poi il maiale sarei io!” ridacchia Kevin. “Potrei farti sgozzare da solo e sorridermi mentre lo fai … oppure potrei farti tagliare le vene e lasciarti sanguinare finché non arriva la polizia… un gesto tanto disperato, quanto comprensibile, di chi in galera non vuole finirci.” valuta tutte le possibilità Killgrave, terrorizzando la sua vittima, ancora di più mentre lo osserva percorrere tutta la lama con il suo indice, sfoggiando uno sguardo maniacale . “Non ho mai chiesto a nessuno di uccidersi, sai? Ma c’è sempre una prima volta… e non dimentichiamoci che c’è sempre quello che resta del veleno, forse la soluzione più sbrigativa… uhmm, veleno o coltello? Forse dovrei lasciar decidere al destino.” dice, estraendo un penny dalla tasca. “Testa, ti accoltelli, croce, ti avveleni!” ammicca sornione, lanciando in aria la moneta.

 

Non saprà mai l’esito, per il semplice motivo che la moneta  è rimasta sospesa in aria.
Qualcuno ha fermato il tempo.

 

“Crowley!” si volta lui, ritrovandosi faccia a faccia con il demone.

 

“Le vibrazioni che avvertivo non si sbagliavano. Kevin, che mi combini? Sì, lo so cos’è successo, ho osservato tutta la scena.” lo mette al corrente lui. “Violenza, ferite, un po’ di dolore. Ne sono un grande fan, lo sai. Ma… la morte? Pensaci bene, mio caro, se lo fai ci sarà un poster gigante con la scritta in neon ‘Benvenuto all’Inferno, Kevin.’!” lo mette in guardia. “Dimmi, ne vale davvero la pena? Del resto quest’uomo la vita se l’è già rovinata parecchio con le sue scelte. E di punti me ne hai fatti guadagnare a frotte già così.” lo fa desistere.

“E va bene, va bene, troverò qualcos’altro.” si ravvede Kevin. “Puoi far riprendere il tempo … e se vuoi puoi anche restare a guardare, se ti rendi invisibile a lui.”

 

“Certo che resto a guardare!” ridacchia Crowley, riportando lo scorrere del tempo alla normalità.

La moneta cade, assieme al coltello che Killgrave getta a terra, rivolgendosi nuovamente alla sua vittima.

 

“Quando sarai in carcere importunerai il tuo compagno di cella fino a farti picchiare come si deve.” trova una valida alternativa Killgrave, andando verso l’uscita.


“E se non ha compagni di cella?” lo punzecchia Crowley.
“C’è sempre un compagno di cella!” insiste l’altro. “E anche se non ci fosse, hai ragione tu, la sua vita è già abbastanza compromessa così!” riflette. “Contento adesso?”
“Più che contento, credimi, è molto meglio così.” ammicca Crowley. “Ora puoi tornare al tavolo, non fare attendere troppo quella deliziosa ragazza.”

“Ma… si può sapere da quanto mi spiavi?” sbuffa Kevin.
“Tutto il tempo che occorreva!” gli fa una spiritosa linguaccia Crowley.
“Bene, ora però, caro il mio demone guardone, lo spettacolo è finito!” gli lancia un chiaro messaggio Kevin, prima di aprire la porta.
“Afferrato il concetto!” schiocca le dita Crowley, svanendo.

 

 

Mentre le sirene spiegate annunciano l’arrivo della Polizia, Kevin riprende posto di fronte a Jessica.
“Ci hai messo un po’... soddisfatto?” domanda lei, che ha quasi finito il suo drink.
“Non come avrei voluto, ma… me lo farò bastare.” replica lui, sorseggiando il suo.

 

“Sei così misterioso, Kevin Thompson… non farmi pentire di aver salvato quel tuo bel faccino,” si lascia sfuggire Jessica, che forse l’alcol ancora deve imparare a reggerlo meglio.

“Cosa?” le chiede lusingato Kevin, allungandosi verso di lei.
“Cosa?” finge di non aver detto alcunché lei, accorgendosi troppo tardi che quella cosa non si è limitata solo a pensarla.

“Hai detto che io ti piaccio!” sfodera un sorrisone tronfio Kevin.
“Tu vaneggi!” nega spudoratamente lei.
“Bugiarda. Ti ho sentita benissimo poco fa. E comunque non vedo dove stia il problema, dato che tu sei una visione.” la osserva incantato lui, con le braccia incrociate sopra il tavolo e in mento che poggia sopra di esse.

 

Jessica arrossisce lusingata, toccandosi nervosamente una ciocca libera dei capelli.
“Nessuno mi ha mai chiamata ‘visione’ prima d’ora.” bofonchia lei, necessitando altro alcol, tanto che una volta finito il suo, ruba qualche sorso anche da quello di Kevin.
“Beh, dovevi ancora incontrare me!” le sorride suadente lui.

 

“Jessica, voglio essere sincero con te.” si fa più serio lui.
 

- Male che vada posso sempre farle dimenticare quest’ultima parte. - valuta lui.

“Dimmi tutto,” lo sprona lei.

“Tu hai i poteri, l’ho visto prima. Non si può dire che tu faccia molto per nasconderli.” esordisce lui.

“Sì, ho i poteri e se serve li uso. E se la gente vuol chiacchierarci a riguardo, che faccia pure. E allora? Per adesso non si è presentato nessuno alla mia porta per vivisezionarmi!” sdrammatizza lei.

 

“Me lo auguro per te.” sorride Kevin. “E comunque li ho anch’io.”
“Che cosa?” si acciglia lei
“I poteri.” precisa lui.
“E quali? Quello di cacciarti nei guai?” lo fa sorridere lei.

“Prima, quando ti ho fatto portare da bere nonostante tu non abbia ancora l’età per farlo… o quando ho convinto il titolare a lasciarmi solo con quel rifiuto umano che ormai è stato affidato alla giustizia… beh, non è stato un caso.”

“Okay, sai essere convincente, te lo riconosco, ma quello mica è un potere!” commenta scettica lei.
“Non è che sono convincente. Io controllo le menti. Posso far fare alla gente qualsiasi cosa io voglia.” precisa lui, ma la trova ancora piuttosto dubbiosa.

 

“E se ti dicessi che posso farti usare cucchiaino, tavolo e bicchiere come se fossero la tua batteria personale?” propone lui.
“Non farei mai nulla di così stupido!”
“Tamburella per trenta secondi  tavolo e bicchieri con il cucchiaino.” la sprona lui.

 

E Jessica obbedisce, coprendosi di ridicolo, con gli altri tavoli che la guardano straniti.

“Oh, cazzo!” si rende conto alla fine, fissando il cucchiaino che ha in mano, sconvolta.
“È quello che ho cercato di dirti…”

Jessica fa mente locale e si alza di scatto dalla sedia, guardandolo truce.

 

“Un momento. Tu coi tuoi poteri fai fare cose più o meno cattive alla gente…”

Anche Kevin scatta in piedi, colto dalla stessa realizzazione.

“E tu con i tuoi impedisci che avvengano cose cattive…” la scruta lui, scuro in volto.

“Sei lo stronzo che lavora per l’Inferno!” lo indica furente lei, muovendo un passo più vicino a lui.

“Sei la stronza che lavora per il Paradiso!” l’accusa lui, rabbioso, facendo la stessa cosa.

 

Non saprebbero dire nemmeno loro da chi sia effettivamente partito, ma l’attimo dopo sono entrambi impegnati in un bacio appassionato.
Hanno saltato ogni tipo di preliminare esitante o impacciato, sembra che vogliano divorarsi a vicenda e sembra non abbiano mai fatto altro prima di allora.

Il brusio del locale, le sirene della polizia, il traffico fuori… non sembra esistere più niente.
Ci sono solo Kevin, Jessica e la loro voglia reciproca di approfondire quel contatto.
Le mani di Jessica sono già sotto la camicia di Kevin, lui invece non fa complimenti e con le sue le stringe le natiche, tirandola più a sé.

Prima che la situazione sfugga loro di mano, Kevin trova l’autocontrollo necessario per scostarsi da lei.

“È divertente, se penso a tutte le volte che Crowley mi diceva che tu ed io non non ci saremmo mai dovuti incontrare.”

 

“La stessa cosa che Zira diceva a me. E sai che ti dico? Le regole possono andare ufficialmente a farsi fottere!” spergiura lei.

Kevin scoppia a ridere, tirandola nuovamente verso di sé.

“E tu dovresti essere quella angelica!” la prende in giro lui, accarezzandole il viso con dolcezza infinita.
“Zitto e baciami!” annulla nuovamente le distanze lei.

Quando si separano, stavolta decidono di comune accordo che la cosa migliore è uscire da quel posto, dove, decisamente, stanno dando un po’ troppo spettacolo.

Jessica riflette su ciò che ha appena scoperto.

 

- Accidenti a me, io non dovrei sentirmi così attratta da lui… è pur sempre il nemico. Primo, però è anche vero che ora mi sento meno sola in questa cosa soprannaturale. Secondo, in fondo non fa cose così estremamente crudeli… okay, qualche cattiva azione, ma non uccide nessuno… almeno spero. Terzo, sta dando più lavoro alla mia agenzia investigativa, in un certo senso gliene dovrei essere grata.-
 

Jessica è così persa nelle sue considerazioni che a malapena si accorge che Kevin l’ha presa per mano mentre passeggiano e la cosa non la infastidisce minimamente.
Fra di loro sembra tutto così naturale.

“Vorresti provare com’è avere il mio potere?” la distoglie lui.
“Come, scusa?” lo guarda confusa lei.
“Potrei comandare alla gente di fare tutto quello che dici loro tu, così capiresti com’è!” le propone.
“Grazie, ma… credo che mi terrò la curiosità. Io non posso farti provare com’è avere la super forza, però potrei prenderti in braccio e farti fare un grande salto in cima a qualcosa… o gettarmi con te da un palazzo,” rilancia lei.

Lui la guarda ancora più affascinato.

 

“Cosa? Hai un altro potere? Puoi anche saltare?”
“Già. E non sai quanto.” sogghigna fiera lei.

“Grazie della proposta ma, no, non ci tengo a farmi prendere in braccio da te. Farebbe troppo Principessa in pericolo da salvare.” storce la bocca lui.


“Tu un po’ sei una Principessa in pericolo, prima ti ho salvato. Ben due volte!” lo sbeffeggia lei.
“La seconda avrei potuto benissimo salvarmi da solo!” rimbrotta lui.

“Cara la mia Principessa, chi te lo dice che io non sia il Cavaliere sul bianco destriero che stavi aspettando?” lo punzecchia lei, scompigliandogli i capelli, probabilmente qualcosa che lui non permetterebbe di fare a nessuno.

 

Nessuno, a parte lei.

“Vieni qua, mio prode Cavaliere!” sta al gioco lui, baciandola nuovamente.
“Okay, non vorrò che mi fai saltare con te però voglio vederti all’opera, voglio vedere come fai.” mormora lui fra i baci.
“Vogliamo fare domani sera? Trovo un posto adatto e poco frequentato e te lo mostro.” propone lei, contro le sue labbra.
“È un appuntamento?” sorride lui, sfiorandole i capelli.
“Solo se lo vuoi.” si stringe più a lui lei.
“Ovvio che lo voglio, mia cara.” le assicura il ragazzo.


“E ne avrei anche un altro di potere…” gli racconta lei a fine bacio, mentre continuano la loro passeggiata.
“Un altro? Comincio a pensare che gli angeli siano di manica larga e i demoni degli spilorci tremendi, lo sai che il mio potere dura solo dodici ore?” si lagna lui.

“Beh, dici niente? Puoi far fare un sacco di cose in dodici ore, ma non sarò certo io a suggerirle.”
“Quel che è certo è che non voglio mai far fare nulla a te, Jess, non ti controllerò, né ora, né mai.” le promette lui, serio.
“Grazie. E io non userò mai la mia super forza contro te.” promette in cambio lei.

“Ti va di dirmi qual è il tuo terzo potere?” torna sull’argomento lui, ma senza ordinarglielo, appunto.
“Beh, non è proprio un potere a tutti gli effetti come gli altri due, però… diciamo che ho una maggiore resistenza al dolore. Insomma, fa sempre un male dell’inferno quando qualcuno mi spara, però tendo a guarire un pochino più velocemente della norma.” spiega lei.

“Quando qualcuno ti spara?” quasi urla lui che si sente incredibilmente protettivo nei confronti di quella che dovrebbe essere solo la sua Nemesi.
“Hai capito bene. Pensa che il mio primo proiettile me lo sono beccata a quindici anni!” fa la spaccona lei.
“Accidenti, ma è terribile! Non avresti dovuto affrontare certe situazioni a una così tenera età!” si allarma lui.
“Hey! Magari era un tale a cui tu stesso hai ordinato di sparare!” contrattacca lei.

“Comunque è quello che devo fare, non mi posso tirare indietro, né lo voglio. Anche se non l’ho chiesto io di avere i miei poteri quel lontano 5 Aprile del…”
“2000?” la anticipa sconvolto lui.
“E tu come fai a sapere che era il 2000?” strabuzza gli occhi lei.
“Perché è lo stesso giorno che io ho ricevuto i miei. La differenza è che a me è stato chiesto e io ho accettato con entusiasmo.” si pavoneggia lui.

“Kevin?”
“Sì?”
“Anche oggi è il 5 Aprile. Non ti sembra strano?” gli fa notare la ragazza.
“Hai ragione. È come se fosse… premeditato.” si fa pensieroso Kevin.
“E da chi? Non certo dal Paradiso, il mio angelo non voleva nemmeno che io ti vedessi.”
“Tanto meno lo vuole l’Inferno, il mio demone a stento mi diceva cose su di te.”
“Allora premeditato da chi?” si acciglia Jessica, prima che Kevin le stringa la mano fra le sue.
“Dal destino, Jessica. Quasi come se noi due fossimo… inevitabili.”

******************************************

                                                                                     London, Soho, Greek Street, 5 April 2006

 


“Ma bene, anzi, male angelo… mi allontano un secondo e batti subito la fiacca, vedo!” ricompare nella libreria di Aziraphale Crowley, trovando il proprietario coricato su uno dei divanetti nell’angolo dove spesso i due sono soliti prendersi una sbronza.

“Hai una concezione del tempo tutta tua, caro, perché sei stato via ben più a lungo di un secondo. Spero almeno ne sia valsa la pena.”

“Direi proprio di sì, sono intervenuto per tempo e ho salvato il mio protetto dalla dannazione eterna.” lo informa inorgoglito il rosso.

 

“Caro, tu te lo ricordi che sei un demone, vero? Alla dannazione eterna le persone ce le dovresti condannare, semmai io dovrei impedirlo.”

“NGK! Beh, non lui, e poi, finché tu è così che intervieni, standotene in panciolle sul divano, è molto meglio che ci abbia pensato io.” lo sbeffeggia Crowley.

 

“Anche Lei si è riposata dopo le sue fatiche!” si giustifica l‘angelo, guardando il soffitto. “Non ci trovo nulla di nocivo nell'imitarla, di fatiche ne ho fatte parecchie.”

“Dài fammi un po’ di posto. Anche salvare dalla dannazione è stancante!” si sdraia accanto a lui Crowley con Aziraphale che stende la sua coperta celeste tartan su entrambi.

Crowley è troppo stanco per obiettare sulla fantasia di quel tessuto e si limita ad apprezzarne il tepore assieme a quello che gli dà quell estrema  vicinanza col suo amato angelo.

 

“Una piccola pausa non può farci che bene.” si gira nella sua direzione Aziraphale, accoccolandosi a lui con uno sbadiglio.

Però Crowley non può ancora dormire, né vuol far addormentare l’angelo.

 

“Lo sai che il mio assistito ha incontrato una ragazza oggi? Voglio dire, non che le donne gli siano mancate in questi anni, con o senza i suoi poteri… ma il modo in cui guardava questa è diverso, non l’avevo mai visto così rapito… secondo me ha trovato quella giusta!” lo mette al corrente Crowley.

“In effetti percepivo amore qui… dev’essere quello a cui hai assistito tu…” bofonchia l’angelo.

 

- In che senso percepisci se c’è amore? - si allarma Crowley tanto che per poco non cambia la sua forma in quella di serpente ma riesce a mantenere i nervi saldi.

“Sì, dev’essere quello…” gli dà man forte il demone, chiudendo finalmente gli occhi.

 

“E comunque sono felice per il tuo protetto… vorrei tanto che anche la mia assistita trovasse un bravo ragazzo che badi a lei…” mormora Aziraphale, prima di addormentarsi.

“Un giorno lo troverà, ne sono certo.” replica Crowley, già addormentato.

 

TBC

Aawwww ma quanto è dolce l’immagine degli Ineffabili che fanno il pisolino insieme sullo stesso divano, avvolti nella stessa coperta? *O*

 

come se di fluff non ne avessi già messo abbastanza con gli Inevitabili… loro vi sono piaciuti? Hanno fatto abbastanza scintille fra loro? ;P

E Killy da solo col cameriere? Spero lo abbiate trovate almeno un po’ creepy altrimenti non è Killy! XDed era a tanto così dal diventare come quello della serie … meno male lo ha fermato Cro ;) scusatemi ma mi piace un sacco questo canon diverge che ho creato dove lui è uno psicologo 🤩🤩

Dove li vorreste vedere al loro primo appuntamento? Da dove dovrebbe saltare Jessica? ;)  sento che dovrò setacciare google…
 

Fra l’altro sono fresca fresca di rewatch dell’episodio 7 non capirò mai come faccia Jess a non sciogliersi con quella dichiarazione, aawwwwww , io mi liquefo ogni volta (quando lui le dice che sono Inevitabili, poi aaaaaaaaawww, quanto ha ragione!).


Qualsiasi cosa vi vada di dirmi, non esitate a farlo <3
 

alla prossima, mi sa che prima di riapprodare su questi lidi, devo riesumare un po’ di cose su GO

Notte, è tardino.. ma ho fatto anche di peggio ahah

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Capitolo 7
*** Capitolo VI: You're the Lasso to my Wonder Woman ***


Buonasera/notte fonda a tutte/i

E niente.. ho preso l’andazzo, lunghe attese = lungo capitolo
Warning: eccesso di fluff, romanticume, cose parecchio sdolcinate insomma #sorrynotsorry ma ci sono anche momenti divertenti, almeno me lo auguro ^^’

 

ineffably-inevitable-cover



 



Capitolo VI: You’re the Lasso to my Wonder Woman 

 

                                                                                  London, Soho, Greek Street, 5 April 2006

Aziraphale è il primo a svegliarsi dal loro riposino e ne approfitta per osservare un Crowley ancora dormiente, con la bocca semiaperta, la testa reclinata in direzione dell’angelo e una mano che stringe forte un lembo della coperta.

È un’immagine troppo tenera e Aziraphale non sa resistere.

- Tanto sta dormendo, non se ne accorgerà mai… - medita, mentre comincia a chinarsi sempre più su di lui, gradualmente.

 

- Un bacetto piccolo, piccolo su quella bocca e non chiederò più niente per altri seimila anni…- si fa coraggio lui, portando le sue labbra celestiali sempre più vicino alla meta.

Forse un rumore improvviso, forse un sogno movimentato o molto più probabilmente il destino infame e beffardo, ma Crowley si sveglia con un sussulto proprio in quel momento, picchiando per poco una testata con il biondo.


“Angelo, ma cosa?” lo guarda stordito, sgranando gli occhioni ambrati, sorpreso per quella vicinanza così proibitiva.

- Che io stia sognando?-


“Huh! Beh… io… tu… una mosca. Ecco sì, c’era una mosca che si era posata sul tuo viso e volevo mandarla via.” spiega Aziraphale, le dita nascoste dietro la schiena che schioccano in tempo per correre ai ripari.
 

Crowley osserva la suddetta mosca aggirarsi per la stanza. Che sia appena stata creata invece non lo può sapere.

“Oh beh, grazie per averlo fatto, allora, non sopporto le mosche, mi ricordano il mio Capo!” borbotta lui, mettendosi a sedere.

 

La verità è che prova una delusione cocente per quel contatto in cui tanto sperava e, se ha capito bene gli umani, loro ricorrono al cibo per tirarsi su di morale.

 

- Magari funziona,- contempla, prima di fare quell’insolita richiesta.

“Facciamo insieme quella merenda che avevamo in sospeso, angelo?”

Per poco Aziraphale non gli ride in faccia.

 

“Merenda? Ormai possiamo parlare solo di dopocena! Sono le undici passate, temo che abbiamo dormito più del previsto.” lo informa.
“Ho dormito per un secolo filato, immagino che le nostre opinioni sul dormire tanto divergano parecchio.” bofonchia Crowley, stiracchiandosi.

 

“Facciamo quattro passi, angelo, usciamo da qui, ti porto alla più buona pasticceria dei dintorni.” gli propone.

 

Sente proprio la necessità di testare gli effetti terapeutici del cioccolato sul suo cuore plurimillenario sconsolato.
 

“Quando dici che offri tu, intendi… con soldi veri?” lo guarda sospettoso Aziraphale.
“Fino all’ultima sterlina!” sfodera la sua migliore espressione innocente l’altro.

 

- Soldi veri… che farò apparire con un piccolo miracolo direttamente dalla cassa della pasticceria … non c’è bisogno di dirti tutto, angelo!-

 

-Gli umani avevano ragione, pare che il cioccolato faccia miracoli contro i malumori. Miracoli terrestri, si intende. - pondera Crowley, alla terza forchettata di quella succulenta torta triplo cioccolato che si sta concedendo.
 

“Sai, caro, vederti fare il demone chioccia oggi mi ha fatto venire in mente che ormai è un anno che non faccio visita alla mia assistita.” commenta Aziraphale, assaporando soddisfatto la sua torta Mimosa.

Armeggia un po’ con il proprio cellulare, guardando il display tutto assorto.

 

Incuriosito, Crowley gli scivola vicino.
 

“Che guardi, ang…”
 

La parola gli muore in gola, quando si accorge che Aziraphale sta guardando delle foto, più che altro vedendo di chi è in compagnia.
 

Crowley quella ragazza l’ha già vista e anche molto di recente.
 

“Uh? Caro, perché quella faccia? Sembra tu abbia visto un fantasma!” ridacchia il biondo. “Non c’è bisogno di agitarsi in quel modo. Se ci pensi, il fatto che il tuo assistito diventi sempre più la tua copia precisa a ogni anno che passa mi dà modo di capire quale possa essere il suo aspetto. Quindi mi sembra equo che io ti sveli quello della mia protetta. Queste le abbiamo scattate l’anno scorso, non dovrebbe essere cambiata molto.” spiega calmo, facendo passare in rassegna altre foto dei momenti con lei.

“Beh, davvero una gran bella ragazza!” replica Crowley, come se niente fosse.

 

Qualcuno gli deve spiegazioni e parecchie.

 

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                                                                        New York, Four Seasons Hotel, 57 East 57th Street, 6 April 2006
 

Kevin si sveglia di buon mattino e di ottimo umore, pronto a cominciare la giornata, soprattutto perché sa come si concluderà.

A riprova dei piani per la serata, sente vibrare il cellulare e sorride quando legge sul display che ha un messaggio in arrivo da ‘Brave Knight’.

Per gioco o per sigillare quell’incontro, Jessica gli ha permesso di salvare il suo numero sotto quel nome, a patto che lui acconsentisse a farsi registrare sotto ‘Princess in Danger’.

 

Hey, tu, vedi di non manipolare troppe persone, perché stasera ti voglio pieno di energie! ;P  J

Mentre si versa del tè pensando a una risposta sagace da darle, sente tremare la stanza, i quadri cadere uno dopo l’altro, il lampadario crollare dal soffitto e sfracellarsi al suolo e le vetrate esplodere una a una.

Un istante dopo vede comparire Crowley, in mezzo a quelle macerie.

 

“Ti ha dato di volta il cervello, Kevin!!??” sbraita, mutando per un fugace momento la sua testa in quella di un grosso serpente nero, sibilandogli tutto il suo profondo disappunto.


Kevin non si scompone né per la sua entrata in scena di grande effetto, né per la trasformazione.
Si limita a rimuovere dalle fette di pane tostato il calcinaccio piovuto giù dal soffitto.

 

“Sapevo che l'avresti scoperto prima o poi, solo che non mi aspettavo così presto!” fa spallucce. “Gradisci del tè?” offre, affabile.

Crowley lo guarda, stralunato.

 

“A volte penso che tu saresti dovuto essere l’assistito di Aziraphale.” borbotta.
“Solo per il tè? Lo fanno quasi tutti gli Inglesi, sai, e poi non dovresti esserlo anche tu?” lo mette alle strette l’umano.
“No, io sono di ogni lingua ed etnia e di nessuna... la stessa cosa dovrebbe valere per Aziraphale ma lui si ostina a fare l'Inglese!” replica il demone, alzando gli occhi.

Kevin ridacchia e la cosa non sfugge a Crowley.

“Che hai da ridere? Non sei in una bella situazione sai? Quello che ho fatto alla stanza è un riflesso di quello che potrei fare a te.” ringhia, ricorrendo al suo miglior tono minaccioso.

“Premesso che prima di uscire di qui la stanza me la rimetterai a nuovo, rido perché... ma  ti ascolti? Ti metti a parlare del tuo Aziraphale e ti scordi pure che stavi sbraitando perché esco con la sua protetta!”

“NGK! Non è il mio Aziraphale!” si agita Crowley.

Kevin gli rivolge il suo miglior sguardo alla ‘Bitch please!’.

“Ti va bene che non posso costringerti a dire la verità…”
“Eppure non mi sembra di averti dato anche il potere della super strafottenza!” si finge pensieroso il rosso, facendolo ridere.

“Ora ti dirò una serie di validi motivi per cui, anche se mi frequento con la mia Nemesi, non ne devi fare un affare di stato: punto primo, non è stata una cosa premeditata, non è che io o lei ci siamo svegliati pensando ‘cosa potremmo fare per mandare davvero su tutte le furie i nostri guardiani?’. Ci siamo incontrati per caso, lo hai visto anche tu, anzi; quando mi hai fatto visita, io la dovevo ancora conoscere la verità su di lei... “ comincia la sua arringa il castano.

“Ah, quindi mi stai dicendo che io ho visto solo il prima… poi ti sei accorto di chi è realmente e hai mantenuto da lei le distanze il più possibile.” si tranquillizza Crowley, confidando che nel suo protetto sia rimasto un po’ di sale in zucca.

“Quale parte di ‘esco con la sua protetta’ non hai colto? Non ho mantenuto le distanze, semmai le ho accorciate, parecchio!” sogghigna sornione lui. “Secondo punto: conoscere lei non mi ha distolto dai miei compiti per te, vuoi il quantitativo di cattive azioni che ho spinto la gente a compiere ieri sera, dopo che ci siamo salutati? Sono ancora il tuo Stallone nella corsa ai Peccati!” lo rassicura, facendolo suo malgrado sorridere. “Terzo punto: sei solo invidioso. Io e lei abbiamo fatto in un giorno quello che voi due vorreste fare da millenni!” gli dà scacco matto.

“In che senso… ‘voi due’? Dici che anche lui…” borbotta Crowley, mentre la lussuosa suite ritorna al suo stato originario.
“Non abbiamo parlato molto di voi, ma da quel poco che mi ha detto so che il suo guardiano ha gli occhi a cuoricino ogni volta che ti nomina…” rivela Kevin.

Crowley fa un sorrisone intrigato ma poi si disillude.

“Ah, ma quella è la sua caratteristica d’angelo, lui fa così sempre, con tutti…”
“Non ci vuoi proprio credere che tu gli possa piacere, vero?” lo guarda lo psicologo, con lo sguardo di chi sa.
“Io… per il maledetto Paradiso! Non è di me che stavamo parlando ma di te e quanto sia pericoloso e sbagliato il fatto che voi vi frequentiate!” torna sull'argomento il demone, cercando di mantenere un tono autoritario.
“Perché non cerchi di coglierne i vantaggi? Conoscere il nemico vuol dire conoscere le loro mosse e magari giocare d’anticipo.” sogghigna furbo Kevin.

- Se gli faccio credere che ho uno scopo malvagio, forse la smetterà di darmi il tormento!-

“Uh, è vero… a questo non avevo pensato…” riconosce il rosso, accarezzandosi il mento pensieroso.

- Non me ne frega un accidenti di contrastare le mosse nemiche, ma se lui frequenta la sua assistita forse potrebbe parlare a lei di me e convincerla a far capire ad Aziraphale, se è vero che ha un interesse per me, che non sarebbe la fine del mondo lasciarsi andare un po’ di più con il sottoscritto… - sono le reali ‘malvagie’ macchinazioni del demone.

“Quindi, l’hai capito che non c’è nulla di dannoso in questo?” si accerta Kevin, finendo la sua colazione.

L’altro si limita ad annuire.

“E non dirai nulla ad Aziraphale?”

“Vuoi scherzare? Quello mi fa a fettine se lo viene a sapere! Che poi, ti dirò, io non ci vedevo tutto questo dramma se voi due vi foste incontrati, è stato lui a inculcarmi l’idea che sarebbe stato un cataclisma senza precedenti!” ammette Crowley.

“Non mi sembra proprio che lo sia stato.” ridacchia Kevin, per poi farsi più serio.

C’è una questione che gli preme.

“Visto che prima hai tirato in ballo il discorso dei super poteri, lo sai che il tuo adorato ne ha concessi due alla sua assistita? Anzi, tre, se si conta anche la sua maggior resistenza al dolore.” borbotta l’umano. “Io invece ne ho solo uno e troverei più idoneo disporre del ‘pacchetto mentale’ completo: telecinesi e lettura del pensiero.” azzarda, con nonchalance.

“Ma nemmeno per benedetta idea. E se continui ad ammorbarmi in questo benedettissimo modo, ti dimezzo la durata del tuo potere!” sbotta l’altro.
“Okay, come non detto…” alza gli occhi il castano. “Però potresti essere di qualche altra utilità, sai? Voglio dire, io la rivedrò stasera, ma non so che mettere.” spiega lui, che al momento è ancora in boxer e maglietta. “Sì, certo, potrei andare a fare shopping, o portar via a qualche passante una giacca che mi piace particolarmente, ma richiede così tanto tempo e prima devo anche lavorare, sia il lavoro vero che quello che faccio per te…”

“Ho capito dove vuoi andare a parare. Sta’ fermo lì.” sbuffa Crowley, prima di schioccare le dita.

“Che dici? Per farla sentire a suo agio.” propone il rosso, mentre l’umano si avvicina al primo specchio disponibile, guardando il suo riflesso in un completo di un bianco quasi accecante, prima di storcere il naso.

“Naah. E poi, fidati, lei non è così angelica come credi!” ridacchia. “Anzi, ti dirò, pare pure avere una certa simpatia per l’alcool, sarebbe potuta essere benissimo lei la tua assistita!”
“Oh no, ho te e non ti cambierei con nessuno!” lo inorgoglisce con la sua risposta il demone. “Semmai, se me la presenterai un giorno, io e lei andremo a farci una bevuta!” fa spallucce.  “Tornando a noi, se bocci il bianco, allora..” schiocca le dita e il completo diventa interamente nero.

“Mi piace, ma pensavo a un po’ più di colore…”

Nemmeno il tempo di dirlo e si ritrova celeste.

“Così fa un po’ troppo Principe… e pensa che per lei io sono più una Principessa!” commenta divertito, con Crowley che si acciglia, non capendo, prima che, un po’ spazientito, cominci a far scorrere un cambio di colori in rassegna: rosso, arancio, verde, giallo, viola, rosa shocking…

 

“Aspetta, aspetta, torna un po’ indietro di uno.”

Crowley esaudisce la richiesta del suo assistito e lo riporta quel completo di pantaloni e giacca viola ametista, con i bordi delle tasche viola orchidea e una camicia color blu polvere.

“Abbiamo un vincitore.” sogghigna Kevin, rimirandosi da ogni angolazione. “E poi mi si addice così tanto, è il colore della psiche, dell'inconscio… e mi dà anche un’aria più inquietante. Dovrei vestirmi più spesso così.”
“Ma non lo farai più a spese mie!” sbuffa Crowley. “Certo che sei un manipolatore nato… ero venuto per farti una lavata di capo e invece ti ho rifatto il guardaroba!”
borbotta.

“E comunque non deve essere per forza relativo alla mente.” riprende a parlare Kevin.
“Cosa?” lo scruta confuso Crowley.
“L’ulteriore potere che dovresti darmi. Ad esempio, mi piace un sacco il tuo di fermare il tempo, quindi…”
“Okay, a quanto vedo hai proprio un’irrefrenabile voglia che la durata del tuo potere cambi da dodici ore a dodici secondi, non è così?” lo sfida Crowley, minacciando di schioccare le dita.
“Uh? No, no, no, come non detto!” si allarma l’altro, bloccandolo in tempo. “Questi sono i momenti in cui mi ricordi che sei un demone così bastardo!”
“Grazie, tesorino!” sogghigna lusingato Crowley, facendogli un tenero buffetto sulla guancia, prima di scomparire.

Kevin sorride fra sé e sé, spogliandosi e riponendo con cura quel completo nell’armadio, prima che il cellulare vibri di nuovo ed è ancora lo stesso mittente di prima.

 

‘Okay che ti ho detto che ti voglio pieno di energie, ma puoi sprecare almeno quelle per rispondermi, sai! J’


Lui non vuole certo farla aspettare.

 

Perdonami, ma ero nel mezzo di una quasi apocalisse con prova-a-immaginare-chi e dovevo salvare le apparenze. Le energie per stasera le conserverò tutte, non vedo l’ora! K

 

**************************************** (contemporaneamente)

                                                                         New York, 389 Upper East side 89th Street, 6 April 2006

 

“Ti è arrivato un messaggio, Jess!” la chiama Trish, mentre la sorella è in camera sua. “Ma non credo sia di chi aspettavi , è una tale ‘Princess in Danger’!” la informa, sbirciando l’anteprima del display.
 

“Ė lui, è lui!” corre da lei Jessica, prendendo il cellulare e leggendo divertita. “Sai, ci siamo incontrati per caso perchè io l’ho salvato da una situazione pericolosa,” la informa lei.

 

Del resto sta andando avanti a mezze verità, come il fatto di averle raccontato solo una delle sue due professioni.

“La mia Jess esce con un Dottore!” le sorride inorgoglita Trish, tornando in camera con lei. “Hai fatto centro, ragazza, non devi fartelo scappare! Hai fatto benissimo a venir da me.”

 

“Vuoi mettere il mio misero guardaroba da detective col tuo immenso da stella nascente di Hollywood?” si rivolge all’attrice l’altra. “Io ho solo jeans strappati, felpe nere e una mise da escort, non sai in quanti casi mi è stata utile!”

“Direi che non è proprio l’abbigliamento adatto. Magari l’ultimo, quando raggiungerete un maggior livello di confidenza!” ridacchia la bionda, scrutando il suo armadio, mentre Jessica si toglie un lungo abito giallo che la convince davvero poco.
“Dovresti mettere questo!” emette il suo verdetto Trish, passandole un abito corto e attillato nero con una fantasia fiorita blu e rossa.”

“Mi sembra un po’ troppo per un primo appuntamento,” borbotta Jessica, poco convinta.
“Mia cara, niente è mai troppo per un primo appuntamento.” le dà importanti lezioni di vita la sorella. “Provatelo subito.”

E non appena lo fa e si guarda allo specchio la mora capisce che quella è la scelta vincente.

 

“Il tuo guardaroba batte il mio dieci a zero, un po’ come il tuo loft extra lusso contro la mia bettola sgangherata… semmai Kevin mi chiedesse di portarlo a casa mia, posso fingere di abitare qui?” le chiede Jessica, cambiandosi d’abito e rimettendo i suoi consueti vestiti, riponendo il prezioso prestito della sorella in un sacchetto.

“Non provarci nemmeno! Hai fatto le tue scelte di vita modeste e ruspanti e ne devi  andare fiera. Una mano dovevo proprio dartela nell’abbigliamento, ma per il resto mostrati a Kevin per quella che sei!” le consiglia la bionda, accompagnandola alla porta. “Ah, Jess, poi sappi che voglio conoscerlo!”

“Vedremo, Trish, vedremo…”

 

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                                                                          New York, Hell’s Kitchen, 485 West 46th Street, 6 April 2006

 

Quello che Jess non si aspetta, alle fine delle sue indagini, è di tornare a casa sua e trovare ad aspettarla Aziraphale.
 

“Zira!” lo accoglie gioiosa abbracciandolo.
“Mia cara ragazza, sei sempre più bella e poi hai una luce in volto… ti è successo qualcosa. Qualcosa di bello.” intuisce l’angelo, sorridendo.
“Beh, sì… in un certo senso… sto uscendo con un ragazzo che mi piace da impazzire!” lo informa lei.

 

Del resto, nel bene o nel male, è sempre stato il suo confidente.

“Oh, Jessica, sono così felice per te, te lo meriti!” gioisce l’angelo. “Me lo devi far conoscere assolutamente!” aggiunge, trepidante.
“No!” si impunta Jessica, insospettendolo. “Voglio dire, è una cosa così recente, dammi un po’ di tempo, siamo ancora a quelle situazioni ‘solo io e lui’ capisci?” corre subito ai ripari.

- Oh, come vorrei essere a quella fase con Crowley… un momento, io con lui non sono a nessuna fase. - si adombra lui, ma se lo fa passare in fretta.

 

“Capisco benissimo, cara. Prometto che non interferirò finché non ti sentirai pronta tu.” le sorride.
“Però posso dirti che è un Dottore, uno di quei lavori che tanto lodi, aiuta le persone e bla, bla, bla.”

 

- Beh, quando non fa commettere loro pessime azioni, è vero che li aiuta!- cerca di convincere per lo più se stessa.

“Non avrei potuto chiedere di meglio per te, anche se non lo conosco, mi piace già questo giovanotto!” approva il biondo, per poi ricordarsi qualcosa. “So che non dovrei dirtelo, ma è una cosa così curiosa… sai che anche il protetto di Crowley pare abbia trovato una ragazza molto speciale?”

 

Per un attimo Jessica teme il peggio, poi si ricorda chi fra loro due è il detective. Inoltre è lusingata per come Crowley gliene ha parlato.

 

“Oh beh, non mi stupirei, è Primavera, la stagione dell’amore!” commenta con leggerezza lei, facendo spallucce.

 

“Sicuramente quella ragazza sarà una poco di buono.” scuote la testa Aziraphale, disapprovando in pieno.
 

“Hey!” si offende Jessica, ma poi si rende conto di quello che ha fatto, anche per il modo confuso in cui la sta guardando lui. “Voglio dire, sei un po’ stronzo a generalizzare così, Zira! Chi te lo dice che magari lui non si senta attratto da questa ipotetica ragazza speciale proprio perché rappresenta il suo opposto?”

“Oh, mia cara, hai ragione, non dovrei permettermi di giudicare in questo modo, senza nemmeno conoscerla poi!” si ravvede subito l’angelo.

 

“Esatto. Senza nemmeno conoscerla!” ribadisce lei. “Piuttosto, come mai sei qui? Hai una missione particolare da affidarmi?”

- Non stasera, non stasera, ti prego, non stasera… - fa i suoi scongiuri lei

 

“Nessuna missione, solo che era così tanto che non ci vedevamo e ho pensato di fare un salto.” spiega lui, sorridente. “Infatti credo proprio che ora me ne tornerò alla mia libreria. Ti dirò, pensavo di tornare qui, in nome dei bei vecchi tempi, magari in vista del tuo compleanno, fermarmi un po’ di più… una cosa da umani, tipo viaggio, valigia e hotel dove soggiornare…” pianifica lui.

“Oh sì, è una bella idea!” approva lei.

 

- Finché non mi sorveglia ventiquattr’ore al giorno è una buona idea - pondera lei, grata per il fatto che non miri a fermarsi da lei.

 

“Già, magari se riesco convinco anche Crowley, anche a lui piace New York, ma non ha mai modo di vederla come si deve. Certo, a meno che lui non debba badare al suo assistito, chissà dove si trova…”
 

“Già, chissà, io di certo sono l’ultima al mondo che può saperlo!” ridacchia lei con finta innocenza, contagiandolo.

 

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                                                             New York, Minton's Playhouse, Harlem, 206 W 118th Street, 6 April 2006
 

“Sei davvero una visione!” esclama estasiato Kevin, quando la vede arrivare con quell’abitino nascosto solo per metà da un giacchetto di velluto nero, esaltato da degli stivaletti di vernice nera con stiletto.


Su decisione di Jessica, hanno stabilito di trovarsi quella sera proprio davanti al bar in cui si sono incontrati.
 

“Grazie. Quanto a te, ha chiamato Willy Wonka, rivuole indietro i suoi vestiti!” lo prende in giro lei e lui si imbroncia. “Dài, elegantone, scherzo, stai benissimo, è un colore che ti dona particolarmente.” ammette lei, dandogli un piccolo bacio.

“Oh, buono a sapersi, allora lo vedrai spesso,” sorride lui, contro le sue labbra, prima di approfondire il bacio.


“Mm… per quanto sia bello, possiamo baciarci più tardi.” si separa a malincuore lei, afferrandogli la mano. “Vieni con me, c’è un taxista che ci sta aspettando e lui conosce già la destinazione,” gli spiega portandolo con sé. “Non ti azzardare a chiedergli di rivelartela perché se ti rovini la sorpresa ti picchio!” gli intima.

“Ma come? E  la tua promessa?” la guarda deluso lui.
“E chi ha parlato di super pugno? Uno normale, da umana qualsiasi!” lo fa ridere lei, mentre salgono a bordo.

“Tranquilla, non mi rovinerò niente.”

Quando il taxi arriva a destinazione, Kevin è alquanto perplesso.

“Ma… siamo all’Empire State Building! Non avevi parlato di un luogo isolato?”
“Sì, ma volevo anche qualcosa di spettacolare. Questo spettacolare lo è, quanto a isolato… potrebbe diventarlo…” ammicca lei, giocherellando coi bottoni della sua camicia.

Kevin capisce e sogghigna.
“Ooh l’aiutante del Paradiso che approva l’utilizzo dei miei tenebrosi e malefici poteri!” la prende in giro.
“Mica ti ho detto di far buttare giù la gente, fa’ solo in modo che se ne vadano… nulla di troppo tenebroso.” precisa lei.

“Ai suoi ordini, Milady.” fa un mezzo inchino lui, prima di dirigersi all’ingresso.

Appena varca la reception/biglietteria non lascia agli operatori nemmeno il tempo di parlare.

 

“Io ora andrò su in terrazzo, farò scendere tutti e voi bloccherete l’ingresso a tutti quelli che cercheranno di entrare, tranne a una bella morettina con un vestitino nero a fiori.” predispone i suoi ordini, soddisfatto nel vederli annuire.

Nel giro di mezz’ora l’edificio si svuota di ogni turista. Verso mezzanotte Jessica riceve un SMS da ‘Princess in Danger’:

 

Ora puoi salire, Visione, ti aspetto sulla terrazza, all’ottantaseiesimo piano. K p.s. Tutte queste mie fatiche meritano un premio ;P

Jessica sorride, percorrendo indisturbata la hall, i corridoi e salendo con l'ascensore fino al piano indicato, per poi arrivare da lui, bellissimo e sorridente, che l’aspetta a braccia aperte, al centro di quella terrazza che ormai è solo loro.

“Ora capisco cosa intendevi quando mi hai chiesto di risparmiare le energie per stasera,” commenta lui, un po’ deluso.

“Oh no, secondo me non hai capito proprio niente!” sorride lei, prima di tirarlo a sé e baciarlo con foga. 


Senza smettere di baciarsi, muovono dei passi fino a che Kevin si ritrova con la schiena pressata contro le sbarre di metallo attraverso le quali si può godere di una vista mozzafiato, resa ancora più incantevole dalle luci della notte. Terminano quel bacio focoso solo per poter godere appieno di quel panorama.

“Guarda, quella è Brooklin, più oltre Queens. Laggiù dovrebbe esserci il New Jersey e poi la Pennsylvania, il Connecticut...” le illustra Kevin, avvolgendole un braccio attorno alla vita, prima che si servano anche dei binocoli gratuiti per vedere tutto meglio.

 

“Okay, tu hai dato il tuo spettacolo, direi che è ora che io dia il mio.” decide Jessica, prendendo delle scarpe da ginnastica dalla sua borsa e cambiandosi. “Poteri o no, se salto con quei cazzo di stivaletti scomodissimi mi ammazzo!” lo fa ridere.


Quando è pronta lo porta sul lato della balconata, il punto da dove la può vedere  meglio.
 

“Allora, da qui salterò al centoduesimo piano e poi da lì fino alla punta,” gli annuncia.

“Non sarà troppo? Jess, davvero, mi basta anche solo vederti saltare su un albero… è meglio se torniamo giù.” si preoccupa lui.

 

“Questo è perchè non conosci i miei poteri!” ribatte spavalda lei. “Sta’ a vedere!” aggiunge, prima di darsi la spinta, un’elevazione che di umano non ha nulla.
 

Con una serie di rapidi balzi Kevin la vede raggiungere l’osservatorio del centoduesimo piano e da lì con un altro ‘piccolo salto’ per lei la punta finale dell’edificio.
 

Salta con facilità di nuovo sull’osservatorio e da lì riattaerra sulla terrazza con un unico, agile salto, grata a Trish per averle dato un vestito aderente che resta al suo posto.

“Allora, vuoi ancora vedermi salire soltanto su un albero?” fa un po’ la spaccona, mentre si cambia le scarpe.

 

“Incantevole. Sei stata assolutamente incantevole. Tu sei unica, Jessica Jones!” la applaude lui, prima di abbracciarla.


“Non sei malaccio nemmeno tu, Kevin Thompson!” gli scompiglia i capelli lei, baciandolo. “Che dici, hai ancora un po’ di energie?”

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                                                                            New York, Four Seasons Hotel, 57 East 57th Street, 7 April 2006

 

Sono quasi le due di notte quando Kevin la porta nella sua suite.
Approfittando della notte serena e non troppo fredda i due si sono concessi una romantica passeggiata di mezz’oretta.

“Porco cazzo!” esclama Jessica quando entra in quella suite spaziosa, lussuosa e dotata di ogni comfort.

C’è un grande letto che ha l’aria di essere comodissimo, un divano che non è da meno, un’ampia finestra da cui si gode di un ottimo panorama, della frutta fresca in una ciotola, sopra il tavolino, una mega TV e un bagno degno di un reale.

 

“Potevi anche solo dire ‘Accidenti, che bella stanza!’” la prende in giro lui per il suo linguaggio scurrile.

“‘Accidenti, che bella stanza’ non rende fottutamente  la stessa idea di ‘Porco cazzo!’ Cioè, porca puttana, Kevin, tu vivi in una reggia!” ribatte lei, estasiata, andando a esplorare ogni angolo. “E scommetto che nemmeno paghi un quarto di dollaro!” aggiunge con tono di accusa, incrociando le braccia.

“Oh beh, magari qualche giorno sì, se guadagno particolarmente bene!” fa spallucce lui, levandole il giacchetto e appoggiandolo alla poltrona, assieme alla sua giacca.


È un innesco sufficiente perché lei cominci a sbottonargli la camicia e lui ad andare in cerca della zip che chiude il vestitino, scoprendo che è sul lato sinistro.
Lei lo lascia fare, rimanendo in lingerie nera,  prima di sbarazzarsi della sua camicia e dei pantaloni che raggiungono la bianca moquette del pavimento, assieme al suo vestitino. In un turbinio di baci, succhiotti, gemiti e carezze i due approfondiscono la propria conoscenza.

“Jessica, prima che la situazione ci sfugga di mano, lascia che te lo dica: non miro a fare sesso con te stasera. Cioè, lo vorrei più di qualsiasi cosa, ma sento che sarebbe troppo affrettato. Con te voglio prendermi tutto il tempo che occorre.” mormora lui, accarezzandole i capelli.

 

Lei sorride intenerita, baciandolo ancora più a fondo, finché entrambi devono fermarsi, per riprendere un po’ di fiato.
 

“Il che è davvero strano. Voglio dire, sono andato a letto con un sacco di ragazze…”
 

“Non mi piace questo argomento!” ringhia Jessica, pizzicandogli un fianco.


“Ouch! Ma… cosa? Non sarai gelosa, eh? Guarda che è stato prima di conoscere te!”

“Non sono gelosa!” mente spudoratamente lei. “È solo che è profondamente sbagliato che tu abbia abusato di quelle povere ragazze soggiogate.”

 

“Mi hai visto bene? Davvero credi che sia dovuto ricorrere ai miei poteri?” fa un sorrisetto sfrontato lui.

“Stupido Inglese sexy!” borbotta Jessica, facendolo ridere. “Ma ti conviene smetterla di adescare ragazze se non vuoi che io ti prenda a super pugni!”
“Hai detto che non avresti mai usato la tua super forza contro me!” gli rinfaccia lui.
“E allora tu vedi di non darmi un motivo per farmi cambiare idea!” lo mette in guardia lei.

“Se lo fai, cambierò idea anche io e userò i miei poteri su di te per far sì che tu non mi possa attaccare!” si mette sulla difensiva il persuasore.

La detective lo guarda in un modo che di minaccioso non ha niente.


“Oooh, dovrai essere davvero rapido, perché ho intenzione di attaccarti proprio ora!” mormora sensuale, prima di saltargli a cavalcioni dei boxer neri per un’altra serie di baci roventi.


Passano la notte a parlare, dei loro poteri, delle prime scoperte, del loro background e di tante altre cose.
 

Kevin le rivela anche il suo nome da villain.
 

“Puttanate! Non puoi chiamarti così. Cos’è, Murdercorpse era già stato preso?”


“Hey, supereroina dei miei stivali, senza nemmeno uno straccio di costume, porta un po’ di rispetto, Killgrave è un nome che fa tremare!” rimbrotta lui.

“Oh sì, dalle risate!” sghignazza lei impudente, ma poi si fa più seria. “Quindi, tu puoi anche forzare la gente a dire la verità.”

“Beh, sì, fra le altre cose.” fa spallucce lui.
“Sei come il Lazo di Wonder Woman!” commenta lei, come illuminata.

“Il che?” si acciglia il castano.

Jessica gli racconta di quell’eroina DC e dei suoi poteri.

“Da quando Philipp non c’è più, ho letto tutti i fumetti che era solito leggere lui e sono diventata una vera esperta.”
“Buffo che tu mi parli di DC è questa è la suite Gotham!” la fa ridere lui.

“Ma dài! E del quadro viola e del vaso di viole invece che mi dici?” domanda lei, indicando i vari punti della stanza.
“Coincidenze, te lo giuro!”

 

Poi Kevin si fa più serio.

“Jessica, l’incidente, la grave perdita che hai subito, tutto quello che mi hai raccontato… vorrei tanto usare il mio potere su di te per toglierti quella sensazione di smarrimento.” sospira lui.
“Non lo vorrei, perché , per quanto sia spiacevole, quella sensazione è parte di ciò che sono.” spiega lei, abbracciata a lui. “Non che tu abbia sensazioni tanto più belle delle mie, a sentire la tua storia. Io avrò anche perso la mia famiglia, ma tu pare che non ne abbia mai avuta una.” mormora lei, cercando la sua mano. “Posso essere io la tua famiglia, Kevin.”

 

Lui la guarda quasi commosso, intensificando la sua stretta. “Ti direi lo stesso, Jessica, ma mi hai detto che tu una sorella ce l’hai.”

“Oh sì, Trish, tra l’altro vuole pure conoscerti! Come lo vorrebbe anche Zira, ma lui se lo scorda!” borbotta lei.

 

“Sai che, prima che me lo dicessi tu, ero convinto che Zira fosse un'avvenente angioletta con il tuo stesso aspetto, ma più avanti negli anni? Perché fra Crowley e me è così,” le racconta.

“Oh, allora di sicuro lo voglio conoscere io!” ridacchia lei, intrigata.

“Stavo pensando a quello che mi hai detto prima, in effetti sì, tu un po’ sei Wonder Woman e io potrei essere il tuo Lazo della Verità. Immagina che Superduo anticrimine potremmo essere insieme… oh beh, sempre che a Crowley stia bene che io mi schieri dalla parte della giustizia, magari con qualche malefatta qua e là, per compensare.” ipotizza lui.

“No, tranquillo, direi che ognuno resta al proprio posto. E poi non combatterei mai al fianco di chi ha un nome di battaglia così stupido!” lo sbeffeggia nuovamente lei.
“Hey, vieni un po’ qui, eroina da strapazzo!” la assale lui, attuando una vendetta a base di solletico. E nonostante i suoi poteri, lei lo soffre, eccome!

 

Quando decidono di chiudere gli occhi è ormai l’alba e prima di tirare su il lenzuolo per coprirsi, Jessica adagia la testa sul petto di Kevin.

 

“Tu sei il Lazo alla mia Wonder Woman.” mormora già, mezza addormentata e lui, avendola sentita, sorride nel buio.

TBC

Ehm davvero siete arrivate fino a qui senza cariarvi nemmeno un dente? ^^’

 

Chi lo vorrebbe un Crowley guardaroba a domicilio? XD Capito ora da dove nasc l’amore di Killy bello per il viola? <3

 

Non ho resistito a far registrare i loro numeri di telefono  reciprocamente in quel modo.
 

Vi do un’idea delle location ecc ecc (le ricerche che non ho fatto per questo capitolo!)
 

casa di Trish
 

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Jess dress
 

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vista dall’Empire State Building (Che tra l’altro è aperto fino alle due di notte, quindi torna tutto)
view
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suite di Kevin

 

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Doveva esserci anche un confronto fra Crowley e Aziraphale… ma stava uscendo già troppo chiometrico, quindi lo vedrete nel prossimo capitolo, fra le altre cose :)

Vero che sentir Jessica dire che esce con un Dottore fa un po' Easter egg/Crossover?😂😂

Ah, dimenticavo, la celebre battuta 'Murdercorpse' l'ho impunemente rubata all'episodio 1×9 'AKA Sin Bin' perché non potevo rinunciarci 🤣🤣


 

Come sempre, spero sia stato di vostro gradimento, ma non esitate a muovermi critiche ^^’

‘Notte, è tardino...

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Capitolo 8
*** Capitolo VII: A missing gift ***


Buonanotte,
come dite? In ritardo con l’aggiornamento, ma chi? Io?!
*fischietta, innocentemente, srotola il papiro chilometrico e attende chi arriverà alla fine*

ineffably-inevitable-cover



Capitolo VII: A missing gift

                                                                                            London, Soho, Greek Street, 7 April 2006


 

Mentre in una suite a New York una coppia appena nata dorme teneramente abbracciata, qualcuno che non ha chiuso occhio tutta notte sta per fare irruzione in una precisa libreria.

La porta d’ingresso è chiusa, con un cartello appeso che invita cortesemente i visitatori a tornare negli orari indicati, ma per le sue dita demoniache che schioccano questo non rappresenta affatto un ostacolo.

Senza problemi, Crowley si avvia per il negozio, come se fosse casa propria…  in effetti è un po’ così.
Arriva al bancone dove Aziraphale è solito emettere i suoi pochi, pochissimi scontrini annuali, con un registratore di cassa in pieno stile anni ‘50, arrugginito, con una scomodissima manovella da girare.
Da almeno un buon ventennio se non di più hanno messo in commercio dei più pratici registratori digitali, ma l’angelo non ne vuole sapere.

Ed è proprio così che Crowley lo trova, addormentato accanto a quell’antiquato strumento, con la testa affondata su un libro che probabilmente stava leggendo, con un leggerissimo russare.

Crowley dapprima lo osserva intenerito, poi viene assalito dal nervoso.

- E così osi trovare un libro un giaciglio più comodo di me? Sul mio petto riposeresti mille volte meglio, nudo sono ancora più caldo e accogliente.- rimugina, indispettito.

Si ricorda il motivo per cui è lì e non esita a svegliare l’angelo. Aveva inizialmente progettato un modo più tenero per farlo, magari trovando anche una scusa per accarezzarlo e coccolarselo un po’, ma dopo quell’affronto deve rivedere i suoi piani.

Schiocca le dita e il cassetto della cassa esce con un trillo fastidioso, mancando di poco la guancia di Aziraphale.

L’effetto è immediato.

Il biondo si sveglia di soprassalto, non poco frastornato.

“Non è in vendita!” bofonchia, non ancora del tutto lucido.

Per tutta risposta il rosso se la ride.

“Oh, Crowley, sei tu…” si focalizza Aziraphale, giungendo ad altre conclusioni.

Addormentarsi su quel libro lo ha portato ad essere tutto spettinato, con i segni delle pieghe delle pagine in faccia, in aggiunta a delle macchie della tazza di cioccolata che si è bevuto la sera prima che ha rovesciato, facendo finire le ultime gocce sul suo panciotto.

- Oh, buon Cielo, sono inguardabile! - pensa, disperato, cercando di sistemarsi i riccioli indomiti e appianare il volto paffutello dandosi leggere pacche sulle guance.

- Per tutte le fiamme dell’inferno, non potrebbe essere più adorabile!- pensa Crowley, guardandolo incantato, ma poi si ricorda il motivo per cui è lì.

“Senti un po’, avevamo detto un potere ciascuno, com’è che la tua protetta oltre alla super forza può anche saltare in modo innaturale e ha una guarigione un po’ più veloce di quella umana?” lo mette subito alle strette.

“E tu come lo sai?” sgrana gli occhi Aziraphale.

- Oh cazzo, è vero. Io come lo so? ‘Perché l’ha detto direttamente la tua assistita al mio assistito… mentre limonavano duro?’ Logico che non glielo posso dire! - si mette in agitazione Crowley in un primo momento.

Poi osserva meglio l’espressione colpevole di Aziraphale.

- No, un momento.. guardalo com’è tutto spaventato, con la coda fra le gambe.. gli angeli hanno la coda? Oh, non è questo il punto! Fatto sta che sono io ad avere il coltello dalla parte del manico.- riprende la sua consueta sicurezza in se stesso.

“Lascia perdere come lo so, ho le mie fonti!” ribadisce misterioso.

“Beh il potere è uno ciascuno, come concordato, ma niente mi vieta di dotare la mia protetta di alcuni... ehmm... salvagenti!” cerca una scappatoia l'angelo, con finto fare innocentino.

 

“Sono due poteri speciali e mezzo, salvagente un paio di palle!” sbotta il demone.

“Daì, caro, non fare così!” cerca di avvicinarsi a lui il biondo.

“Non usare il tuo ‘caro’ con me, non stavolta!” sibila il rosso. “E va bene, anzi, e va male, angelo, se tu giochi sporco lo farò anche io!” lo mette in guardia, uscendo dalla libreria con la porta sonoramente sbattuta, un modo umano che però fa più scena.

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                                                                                     New York, 16 E 32nd St, Avalon Hotel, 8 April 2006

“Mi parli del rapporto con sua sorella,” chiede affabile Kevin, seduto sul comodo divanetto in velluto, mentre prende distrattamente appunti, con lo sguardo che gli cade sulla grande finestra che dà sulla strada.

Con un potere come il suo non serve nemmeno che faccia rilassare la sua paziente, prima che si metta a parlargli di ogni aspetto che ricorda.

Kevin prende nota dei punti più salienti che puoi lo aiuteranno a formulare la sua analisi, quando fra i complementi di arredo ne spunta uno non previsto, vivente, con dei vistosi capelli rossi e l’aria di chi non vuole affatto aspettare.

Kevin ha accumulato esperienza a sufficienza da capire che lui sia il solo che lo può vedere.

“Signora Bricks, mi scusi se la interrompo. Riprenderemo la seduta più tardi, ora è bene se entrambi ci concediamo una breve pausa,” corre ai ripari lui. “Non si preoccupi, rintracceremo la causa scatenante della sua cleptomania, se intanto vuole saccheggiare quello che le pare faccia pure, a patto che stia lontano dalla mia borsa!” si raccomanda uscendo, seguito da Crowley.

“Che hai di così urgente da dirmi?” domanda Kevin, approfittando del fatto che il corridoio sia deserto.

Non gioverebbe certo alla sua reputazione di psicologo se qualcuno lo sorprendesse a parlare da solo.

“Hai ragione tu, ci ho pensato, un giorno intero, e sono giunto alla conclusione che dovresti avere un potere in più anche tu... per cercare di bilanciare le cose. Consideralo un dono che ancora mancava, da parte mia.” risponde il demone.

“Ė quello che ti dicevo io, quindi… mi farai fermare il tempo?” si esalta Kevin.

“Zitto lì, lo scelgo io cosa darti... che ne dici di una certa flessibilità con la memoria altrui?” rilancia Crowley.

“Flessibilità in che senso?” si incuriosisce il persuasore.

“Puoi cancellare la memoria totale di una persona, o solo una parte o anche solo un ricordo e puoi decidere tu per quanto .. un’ora, dodici ore, dodici giorni… per sempre!” chiarisce il demone.

“Oooh interessante. Al Dottor Thompson sarebbe utile per aiutare alcuni suoi pazienti a liberarsi dei loro traumi.”

Solo tre giorni con Jessica e questa è l’influenza che ha già su di lui.

Crowley  lo scruta stranito.

“Ma sarebbe qualcosa di … buono. Immagino ne debba fare uso solo Killgrave,” si ravvede subito dopo.

“Io potrei non averti sentito...e non ne voglio sapere niente!” alza le mani Crowley.

“Posso anche creare nuovi ricordi alle mie vittime?” azzarda il suo pupillo.

“Ma tu non ti accontenti mai! NO, non se ne parla, cancelli e basta, mi sembra già abbastanza generoso!” sibila il demone.

“Oh sì lo è, accetto!” annuisce impaziente l’altro.

Crowley schiocca le dita e Kevin sente una nuova energia pervaderlo.

“Divertiti, Doctor Memory!” ammicca Crowley “Hey, non male come nuovo nome da supervillain!” ridacchia.

“Non ci provare, Killgrave non si tocca!” ribatte caparbio il più giovane.

“Sapevo che l’avresti detto.” fa spallucce il demone millenario, prima di scomparire.

 

Kevin fa ritorno dalla sua paziente, ma adocchia subito la borsa della donna che trabocca di ogni sorta di suppellettile costoso che c’era nella stanza d’albergo.

- Volevo testare il mio nuovo potere e liberarla del suo problema, ma… è troppo divertente; lo farò fra un paio di sedute, forse tre. - sogghigna.

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                                                            New York, Minton's Playhouse, Harlem, 206 W 118th Street, 26 April 2006

“Kevin, questa cosa non piacerà a te e nemmeno a me, ma dobbiamo farlo.” dice Jessica, mordendosi il labbro infieriore.

Sono seduti al tavolo di quello che ormai è diventato il loro punto di ritrovo per eccellenza.

Certo, lì Kevin ha rischiato di perdere la vita, ma quello che ha guadagnato in cambio gli fa vedere quel bar con altri occhi.

Oltre alla sfera sentimentale, ovviamente, Jessica adora quel posto perchè fanno degli ottimi cocktail e, grazie a quello che ormai è il suo ragazzo a tutti gli effetti, non è mai un problema ottenerli.

I due ragazzi non hanno mai smesso di vedersi e quando ciò non è stato possibile si sono trovati impegnati in lunghe conversazioni al telefono, appassionate.

“A me le cose piacciono così come sono…” mugola Kevin, bevendo il suo Martini secco.

“Anche a me, ma sono tre settimane che mi invento ogni sorta di scusa possibile e non posso più andare avanti così: Trish vuole conoscerti.” lo avvisa lei, giocherellando nervosamente con la cannuccia del suo Caipiroska alla fragola.

“Oh, beh, mi fa piacere se vuoi coinvolgermi nella tua famiglia.” le sorride lui, tenendole la mano.

Lei ricambia quel sorriso, ma poi si adombra.

“Diciamo che le ho parlato un sacco di te.... magari nascondendo un certo aspetto.” gli rivela.

Lui capisce subito a cosa si riferisca e le lascia andare la mano.

“Oh, è chiaro, ti vergogni di me!” sbotta, offeso.

Un istante dopo, Jessica gli è seduta in grembo, con le mani a coppa sul suo viso, incurante di chiunque li stia guardando.

“Questo non ti azzardare mai nemmeno a pensarlo!” quasi ringhia, prima di baciarlo, in modo veloce, ma profondo.

“Semmai voglio proteggerti. Non hai idea di quante domande mi ha fatto Trish quando ha scoperto dei miei poteri. E anche se ha davanti a sé una promettente carriera di attrice, si è messa in testa che prima o poi vuole cominciare a condurre un talk show… hai idea dei riflettori che potrebbe mettere su di te?” mormora lei, abbracciandolo.

“È molto dolce da parte tua, “ si intenerisce lui, accarezzandole i capelli. “Ma non temere per me, ho le spalle forti… non quanto le tue forse, ma le ho.” le strappa un sorriso.

“E poi non è detto che lei voglia fare di te uno scoop per forza. Diamole una possibilità. Se non hai troppe azioni malvagie da far portare a termine, fisserei l’incontro per domani sera.” decide lei.

“Vedrò di ritagliarmi uno spazio dalla mia malvagia agenda.” sta al gioco lui. “Anche perchè non posso certo farmi sfuggire l’occasione di conoscere Patsy!” si accende di entusiasmo.

“Sei suo fan?” aggrotta le ciglia lei.

“Chi non lo è?” è la sua risposta.

“Non so se voglio ancora organizzarlo quell’incontro…” borbotta Jessica.

“Vedi in realtà il mio diabolico piano è sempre stato arrivare a lei, tramite te…” si diverte Kevin  a cavalcare l’onda della gelosia della sua ragazza. “Ouch!” ridacchia per il pugno leggero che lei gli ha appena dato sulla spalla.

“Scemo! Cambia subito questo cazzo di discorso o il prossimo che ti do servirà a testare quanto davvero tu abbia le spalle forti!” lo minaccia lei, ma lui placa ogni gelosia con un bacio che non lascia spazio a nessun dubbio.

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                                                                         New York, 389 Upper East side 89th Street, 27 April 2006

“... e quindi lui è di sotto che aspetta.” finisce di raccontarle Jessica, seduta nel salotto della sorella.

“Ma è magnifico! Perchè non l’hai fatto salire, scusa?” replica impaziente la bionda, cercando di capire se può sbirciarlo attraverso il videocitofono, ma non ha fortuna.

“Il punto è che non ti ho detto tutto su di lui.” farfuglia la mora.

“È un brillante psicologo con uno studio avviato, ti rende felice… che altro mi devi dire?” sorride l’altra.

“Ti ricordi quando ti ho raccontato di come ho scoperto che come io sono l’assistita di un angelo e mi attivo per il bene, c’è una controparte al servizio del male?”

“Sì, ma questo che c’entra adesso?” ridacchia Trish. “Potrei capire se fosse Kevin la controparte, ma…”

Nello sguardo colpevole di Jessica la sorella legge ogni verità.

“Jessica, non puoi dire sul serio! Esci con un pluriomicida che con la sua superforza avrà già distrutto chissà quante vite!” si allarma.

“Stai esagerando, lui non ha alcuna super forza distruttiva e non è lui a compiere le azioni malvagie, le fa compiere, perché il suo potere è manipolare la mente delle persone.” le rivela la mora.

“Allora è evidente che stia controllando anche te, probabilmente dalla prima volta che lo hai incontrato!” sibila acida la bionda.

“Non è così, devi credermi, mi ha promesso che non mi controllerà mai e non mi serve nemmeno credergli, lo so e basta. Ti prego, non considerarlo un mostro senza cuore, non sai cos’ha passato, qual è la sua storia. Magari se vuole te la racconterà lui, ma, ti prego di credermi, so quello che sto facendo.” la guarda seria Jessica.

“Non ti ho mai visto così presa per qualcuno. Controparte o no dev’essere davvero speciale.” osserva Trish. 

“Fidati, lo è.” sorride la mora.

“E non hai detto nemmeno una parolaccia. Dev’essere davvero una cosa seria.” la fa ridere la padrona di casa. “E va bene, gli apro, digli che può salire.” approva, con Jessica che messaggia al suo ragazzo di raggiungerle.

E quando lo fa, dapprima Trish deve riconoscere che sua sorella ha un ottimo gusto estetico, ma poi si ricorda di che cosa lui sia capace e la sua espressione da cordiale diventa diffidente.

“Tu non mi piaci.” borbotta lei, incrociando le braccia al petto.

“Non è vero, io ti piaccio.” ribatte prontamente Kevin, sornione.

“Tu mi piaci!” gli sorride inebetita la bionda.

Ma Jessica è più che pronta a intervenire.

“Hey! Dannatissimo strizzacervelli, rimangiatelo! Trish è mia sorella, quello che fai a lei lo fai anche a me.” precisa lei, sul piede di guerra. “Se non controlli me, allora non devi controllare nemmeno lei.”

“Stai avanzando un po troppe richieste, mia cara.” alza gli occhi Kevin. “E va bene, va bene. Patsy, sentiti libera di provare qualsiasi tipo di sentimento tu voglia provare verso di me.” rielabora le sue richieste.

“Hey! Ora mi piaci ancor meno di prima!” sbotta Trish, mettendosi sulla difensiva.

“Oh, davvero?” la scruta a fondo Kevin. “Pensateci un attimo, io avrei potuto benissimo far dimenticare a te, come a Jessica, che io non ti piaccio; invece ho ascoltato Jess, ho annullato il mio precedente ordine e non ti ho nemmeno fatto dimenticare nulla a riguardo.” riepiloga con meticolosità.

Trish si chiude in un momento di riflessione.

“Hai ragione, Kevin, forse non sei poi così male…” si ricrede la bionda, facendolo sorridere.

Anche Jessica sorride soddisfatta.

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                                                                                        London, St. James’ Park, 08 May 2006

“Angelo, perché hai voluto vedermi. Hai notizie dell’Armageddon?” chiede furtivo Crowley, accostandosi al biondo nel dar da mangiare alle anatre.

“Uh no, che io sappia tra la mia gente non trapela ancora alcuna informazione,” replica l’angelo.

“Nemmeno da me, non che io abbia alcuna fretta, dipendesse da me potrebbe non arrivare affatto!” fa spallucce il demone.

“Mai parole furono più sagge, mio caro. Ma purtroppo non sarà così e dobbiamo tenerci pronti.” mormora Aziraphale. “Comunque per lo più volevo salutarti. Sto per partire.”

“E dove te ne vai? Un’altra missione?” lo guarda incuriosito il rosso.

“Non proprio. Tra qualche giorno è il compleanno della mia protetta e ne approfitto per farle visita per un po’ di tempo a New York.” spiega il biondo. “Parto fra due giorni, però magari non ti dovrei salutare se tipo… tu venissi con me?” incespica sulle ultime parole.

“Venire con te?” ripete Crowley.

“Beh sì, sei mai stato a New York? Magari per aiutare il tuo protetto?” si interessa Aziraphale.

“NGK! Nooo, il mio protetto non è mai stato a New York!” si affretta a puntualizzare Crowley.

- Perdonami, angelo! Odio mentirti.- si vorrebbe mordere la sua lingua biforcuta.

“A maggior ragione allora, potresti visitarla insieme a me, faremmo i turisti… un po’ come gli umani… magari giusto qualche miracolino per saltare ore di fila!” comincia a premere i tasti giusti l’angelo.

“Oh sì, mi piacerebbe. Non ho nulla che mi tenga impegnato qui, quindi… facciamolo!” approva entusiasta il demone.

- Angelo, anche se mi proponessi di visitare un tombino, in tua compagnia lo troverei il posto più bello del mondo. - pensa Crowley, troppo felice per accorgersi di quanto sia smielato.

“Davvero, accetti? È fantastico!” esulta Aziraphale, con un impeto tale che invece di alcune briciole finisce per gettare nello stagno l’intero sacchetto.

“Praticamente siamo già nella corona della Statua della Libertà!” fa un sorrisone Crowley.

“Certo, e ci sono così tante cose da fare. Possiamo visitare il Museo di Storia Naturale, il MOMA, il MET…”

L’entusiasmo del demone si spegne, sostituito da uno sguardo annoiato.

“Angelo.... guarda che dovresti convincermi!” gli fa notare, sbuffando.

“Ma non ti avevo già convinto?” ribatte Aziraphale. “Oh, beh, lo sai che lì c’è forse il negozio più grande di M&M’s ? E anche un posto dove puoi creare pupazzi personalizzati, in genere sono orsacchiotti… ma, chissà, potrebbe anche essere un’anatra!”

Decisamente, quando si tratta di Crowley, Aziraphale sa premere i tasti giusti, senza contare tutte le ricerche che ha fatto per trovare qualcosa che possa appassionare lui.

“Perché non l'hai detto prima? Andiamoci subito!” esulta fremente il rosso, prendendolo per mano, pronto a schioccare le dita.

“No, ho detto fra due giorni, prima devo sistemare la libreria.”

“Ma se hai due clienti in croce!” lo sbeffeggia l’altro.

“Non è un buon motivo per lasciarla andare al decadimento. Devo lanciare incantesimi di protezione ai miei libri, uno a uno e anzi… in due faremmo prima…” lo guarda quasi minaccioso Aziraphale.

“Cosa?! No, levatelo dalla testa! Ho di meglio da fare che passare due giorni fra i tuoi polverosi scaffali di libri!” obietta Crowley, ma la sua ovviamente è una finta scontrosità.

- Due giorni in più col mio angelo prima di una vacanza intera con il mio angelo!- gongola interiormente.

“Eddai nemmeno se ti offro una serata con i migliori vini della mia riserva?” rilancia Aziraphale che vuole averlo con sé a qualsiasi costo.

- Serata alcolica col mio angelo!- esulta Crowley.

“Andata!” approva entusiasta.

“Ottimo.” batte le mani Aziraphale. “Così possiamo discutere meglio della nostra vacanza e stendere un piano su come riempire le giornate. A Manhattan poi danno così tanti bei musical…”

“Prova a portarmi a vedere ‘Tutti insieme appassionatamente’ e ti tolgo il saluto!” ringhia il demone.

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                                                               New York, Four Seasons Hotel, 57 East 57th Street, 18 May 2006

“Ero convinta che questi giorni sarebbero stati complicati per vedersi e invece… Aziraphale credo di averlo incontrato non più di tre volte, impegnato com’è a fare il turista col tuo guardiano!” ridacchia Jessica, stringendosi a Kevin mentre sono a letto, molto poco vestiti.

“E pensa che Crowley mi ha detto che il tuo caro Zira voleva prenotare una stanza qui, anzi, due stanze, figurati se acconsente a dormire insieme,” gli spiega. “Meno male che Crowley lo ha convinto a soggiornare all’Avalon!”

“Già, sarebbe stato sconveniente incrociarlo in questi corridoi, vestita così poi…”

Svestita, vorrai dire.” ammirandola nel suo completo intimo nero coi fiocchetti sui fianchi. “Come se ti lasciassi andare fuori così… certe visioni devono rimanere solo mie!” ringhia possessivo lui.

“E ancora non mi ha mai visto senza!” lo provoca lei, in procinto di sciogliere il primo fiocco, ma lui le blocca la mano.

“Non serve. Le cose vanno benissimo così come stanno procedendo.” le sorride lui, guadagnandosi un bacio.

“Allora godiamoci questa notte, perchè già domani Zira sarà in fermento, probabilmente comincerà a festeggiarmi da dopo la mezzanotte… ci rivediamo direttamente il 21 mi sa,” spiega lei.

“Certo che perdermi così il tuo compleanno…” borbotta lui.

“Lo so, ma… lo capisci anche tu che se c’è il mio guardiano non ci puoi essere anche tu? Non è colpa mia se tu e Crowley siete stupidamente uguali! Potevate essere un po’ meno esibizionisti, cazzo!” sbotta lei.

“Hey, non lo abbiamo deciso noi che dovevamo somigliarci!” si difende Kevin.

“Lo so… è solo che mi dispiace… non me ne frega un cazzo del mio compleanno, mi spiace solo di non poterlo passare con te,” mormora lei, imbronciandosi, prima di accoccolarsi al suo petto.

“Dispiace anche a me, ma ci sarò con il pensiero.” sussurra lui.

“Che dolce,” sorride lei, baciandolo , prima di abbassargli nuovamente i boxer attillati grigi, l’unico indumento che indossa, e chinarsi sul suo grembo “Di sicuro meriti un secondo round!”

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                                                            New York, Hell’s Kitchen, 485 West 46th Street, 20 May 2006

“Un altro brindisi per Jessica!” urla una ragazza che Jessica non ha la più pallida idea di chi sia, è una delle tante amiche di Trish che si sono accodate a lei.

Basta un buffet, un po’ di musica e dell’alcool e improvvisamente tutti diventano amici di tutti.

Jessica ringrazia con un cenno della testa e un sorriso di circostanza, finendo la sua birra.

“Chiuderò un occhio sul fatto che non dovresti bere, mia cara, ma solo perchè è il tuo compleanno!” agisce da grillo parlante Aziraphale, mentre però non riesce a resistere al richiamo della musica.

“E anche perchè tu ti stai scolando la quinta birra mentre io non andrò oltre la prima, forse!” gli rinfaccia Jessica.

“Hey, hey, trattalo bene il mio Zira, lui è l’anima della festaaaa!” gli avvolge un braccio attorno alle spalle Trish, parecchio brilla anche lei e non solo di birra.

“Io questa festa e questo casino nemmeno lo volevo. Dannazione, Trish, quelle oche patentate nemmeno sono tue amiche, semmai lo sono della tua popolarità!” borbotta la festeggiata, staccando Trish da Aziraphale e la bottiglia di birra ancora mezza piena dalle mani della sorella. “E tu con l’alcol hai chiuso per stasera!”

“Non fare la guastafeste, Jess!” sbuffa Trish, buttandosi sul divano. “La notte è ancora lunga e la festa è appena iniziata, wooohh!” incita tutti.

- Purtroppo, non è certo dove vorrei stare ora…- pensa insoddisfatta la detective.

Aziraphale è ancora lucido abbastanza per leggerla come un libro aperto.

“Ti manca il tuo ragazzo, vero?” le chiede, sapendo già la risposta.

“Uh? Beh, sì, immagino che sia normale…”

Ma tu guarda, io sono a Londra tutto il tempo e lui ci va proprio quelle poche settimane in cui posso essere qui.” riflette l’angelo.

“Eh, già che sfortunata coincidenza… ma Kevin non lo puoi certo tenere lontano da un convegno!” fa spallucce lei, mentre in realtà si detesta.

- Jessica, tu non sei una super eroina, sei solo una cazzo di super bugiarda!-

“E tu? Non ti manca il tuo ragazzo?” gli rigira la stessa domanda.

Aziraphale è preso così alla sprovvista che per poco non fa comparire le ali di fronte a tutti, ma se la cava solo con qualche colpo di tosse.

“Co---sa? Ma… ma no, Crowley non è affatto il mio ragazzo. Noi siamo solo… buoni amici che dovrebbero essere nemici giurati.” sottilizza lui. “Però devo dire che questa vacanza ci voleva, abbiamo più tempo per noi, lo sento più vicino, a volte ho come l’impressione che ci scambiamo certi sguardi che perdo il decoro di cui dovrei essere l’emblema…” confida, forse sotto l’effetto della quinta birra. “Insomma, credo proprio che le cose procedano a gonfie vele!” sorride entusiasta.

******************************* (Contemporaneamente)

                                                           New York, Manhattan, Fifth Avenue, 45 Rockefeller Plaza, 20 May 2006

“Non stiamo andando da nessuna maledettissima parte!” si lagna Crowley, mentre lui e il suo assistito si stanno concedendo una passeggiata nei pressi del Rockefeller Center, per distrarsi da quanto sta avvenendo in un appartamento non troppo lontano, dove c’è il relativo oggetto del desiderio di ciascuno dei due.

“Ho accettato anche di accompagnarlo a uno di quei suoi stupidi musei per cui va matto e l’unica cosa bella è che mi ha tenuto a braccetto tutto il tempo. Ho provato a imboccarlo mentre eravamo al View of the World, al ventesimo piano del World Center Hotel, l’atmosfera più romantica che tu possa immaginare e lui che fa? Si ritrae offeso dicendo che ha sufficiente autonomia per mangiare senza aiuti… lo capisci quanto è disperato il mio caso?” gesticola animatamente, stropicciandosi la faccia.

“Sicuro che non vuoi che il mio potere funzioni anche sugli angeli? Andrei da lui e gli direi ‘Cadi fra le braccia di Crowley come vuoi fare sì e no da seimila anni!’” risponde Kevin, con lo sguardo rivolto all’altissimo grattacielo che troneggia davanti al loro occhi. “Jess ne raggiungerebbe la cima senza alcun problema.” sospira malinconico.

“Il tuo potere resta così com’è e comunque non cambierebbe le cose… non cadrebbe in alcune braccia, tantomeno le mie, quell’angelo non si lascerà mai andare.” mugugna Crowley.

“Gli serve una terapia d’urto e te lo dico più da psicologo che da tuo protetto o amico… ci stai andando troppo leggero col tuo angelo, devi metterlo davanti alla realtà dei fatti, deve capire quello che provi per lui; non sto certo parlando di portargli dei fiori o dei cioccolatini. Prendilo, inchiodalo a un muro e bacialo come se fosse il vostro ultimo giorno su questa terra!” lo sprona Kevin.

Crowley si agita così tanto al solo pensiero che per poco non si tramuta in serpente sotto gli occhi di tutti.

“NGK! Nooo, non potrei mai!”

“E allora crogiolati nel tuo struggimento per altri seimila anni, ma non venirti a lamentare con me!”

“Non potrei nemmeno volendo, fra seimila anni non ti troverei più. Ti ho dato il potere del controllo mentale, mica quello dell’immortalità!” ridacchia Crowley.

“Spiritoso!” alza gli occhi l’altro.

“Però hai ragione, devo tentare il tutto e per tutto e credo proprio che ci proverò da subito e lo stesso dovresti fare tu.”

“Uh?”

“Cos’è che ti trattiene dall’andare da Jessica? Farti vedere dal mio angelo, ma se lui te lo levassi di torno io? Ormai sono quasi le undici, ha festeggiato a sufficienza.” decide Crowley.

“Davvero lo faresti?” si accende di entusiasmo Kevin, che per quella sera aveva piani precisi, prima di sapere dell’arrivo del guardiano di Jessica e forse può ancora rimediare.

“Lo sto già facendo!” ammicca lui, andando nel primo vicolo isolato quanto basta per permettergli di scomparire.

E quando Kevin si presenta alla porta di Jessica trova quella tesi avvalorata.

“Kevin!” sorride lei, sorpresa.

“Sono ancora in tempo, quindi, buon compleanno, mio prode Cavaliere!” mormora lui, baciandola teneramente.

“Grazie, ma non sai cos’hai rischiato! Zira se ne è andato giusto cinque minuti fa, ha ricevuto un SMS e non ha più capito nulla….” spiega lei.

“Diciamo che mi sono presentato perchè avevo questo presentimento.” rivela lui, col sorriso di chi sa. “E, mi dica, Signorina festeggiata, ha voglia di farsi rapire?”

“Saresti il mio eroe se mi portassi via da qui… però è solo Zira ad essersene andato, sono ancora nel pieno di questa fottuta festa e non posso certo mandare via a calci in culo tutti quanti…” si morde le labbra lei.

“E chi ha detto che devi farlo?” la guarda con aria furbetta lui, entrando senza nemmeno aspettare il permesso. “Buonasera, gente, continuate pure a divertirvi, non vi accorgerete nemmeno dell’assenza di Jessica e dimenticatevi che io sia stato qui.” alza la voce, per sovrastare la musica.

“Oh, accidenti, c’è pure Patsy, l’ho vista dopo… vuoi che vada a sciogliere il mio comando su di lei?” si premura subito dopo.

Jessica osserva la sorella intenta a parlare con uno scaffale, come se fosse una persona.

“Lascia stare, non credo che lo noterebbe comunque.” replica lei, per poi osservarsi nei suoi jeans neri con gli strappi e una T-shirt dei NIrvana. “Almeno fammi cambiare prima di rapirmi, doveva essere una festa tranquilla, quindi nemmeno ci ho pensato a mettermi in ghingheri.” si agita.

“Sei perfetta così, dolcezza.” approva lui, che come al solito è elegantissimo nella sua giacca color magenta, con una camicia a righe colorate su un pantalone classico blu scuro.

Le dà giusto il tempo di prendere una giacca, prima di allontanarsi con lei.

“Perfetto, sono più che pronta per Lei, Signor rapitore.”

“Ottimo, perché c’è ancora un regalo che manca… il mio, ma voglio dartelo in un posto speciale.”

Jessica non solo deve acconsentire a farsi ‘rapire’ ma anche bendare, prima di salire sul taxi che li porta a destinazione e solo dopo un tragitto in ascensore più o meno lungo, la benda le viene tolta dagli occhi.

Sono ancora all’Empire State Building, sono ancora sul terrazzo, sono ancora le uniche persone presenti, ma questa volta c’è una coperta stesa al centro, altre coperte impilate nel caso la notte si faccia più fredda, una ciotola ricolma di succose ciliegie, una ganache al cioccolato fondente e una bottiglia di vodka alla menta, tenuta in freddo.

“Kevin, io non ho parole!” gli salta al collo Jessica, estasiata.

“Ne sono felice, ma questo serve solo a creare atmosfera. Mancano ancora cinque minuti a mezzanotte, sono ancora in tempo.” le sorride, porgendole una scatolina blu.

Aprendola, Jessica trova all’interno un ciondolo d’argento dell’Empire State Building, con la relativa catenina, sempre in argento.

La ragazza non dice nulla, semplicemente sorride raggiante e ricopre di baci il viso del suo ragazzo.

“Con l’augurio che possa sempre ricordarti il nostro primo appuntamento e questa che spero sia un’altra notte magnifica.” mormora lui, mettendogliela al collo.

“Sono certa che lo sarà, l’inizio è stato col botto.” sorride lei, mentre prendono posto sulla coperta stesa e Kevin apre la vodka.

“Oh, mi spiace, temo di aver dimenticato i bicchierini per gli shot.” si accorge lui.

“Ti sembro il tipo da certe formalità?” ridacchia lei, prendendo una sorsata dalla bottiglia e invitandolo a fare altrettanto, prima che si scambino un lungo bacio alcolico.

“Per caso hai anche ordinato al cielo di essere così stellato e privo di nubi?” commenta lei quando si separano, guardando in alto.

“No quella è stata solo fortuna!” sorride lui, stringendola a sé, prima che la imbocchi con una ciliegia che ha intinto nella fonduta di cioccolato.

Il verso di apprezzamento che emette Jessica gli causa un immediato rigonfio nei pantaloni e lei sembra accorgersi mentre ripete lo stesso procedimento con lui, togliendogli la giacca e cominciando a sbottonargli la camicia.

Intinge un’altra ciliegia ma stavolta fa volutamente cadere qualche goccia di cioccolato sul collo ora esposto, ripulendolo con leccate e succhiotti.

“Oh, Jessica…” geme lui, col suo auto controllo sempre più compromesso.

Esattamente quello che vuole lei.

Si toglie la giacca, la getta incurante in qualche angolo del terrazzo e si sfila anche la T-shirt, lasciandola cadere sulla coperta, prima di mettersi a cavalcioni su di lui, prendere le sue mani e portarseli sui suoi seni.

“Oh, mio Dio, Jessica!” annaspa Kevin, in evidente difficoltà.

“Non ci potrebbe essere un momento più perfetto: qui, questa notte, io e te, tutto questo. Abbiamo coperte e una vodka per scaldarci fino all’alba, se necessario… che cos’altro stiamo aspettando?” lo guarda furbetta lei, avvolgendogli le braccia attorno al collo.

Lui ghigna impaziente, baciandola famelico, mentre le palpeggia i seni, ancora coperti da quello strato sottile di tessuto che avrà breve durata.

“Pensavo fosse il tuo compleanno, ma il regalo me lo stai facendo tu.” mormora contro le sue labbra, prima di darsi un gran da fare.

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                                                                    New York, Barnes & Noble, 555 5th Avenue, 21 May 2006

Non è quello che si aspettava Aziraphale. Pensava di assaporare l’autenticità del posto, immergersi nella lettura dei più antichi e introvabili volumi della città e invece… è tutto così moderno da nausearlo quasi, lì ci sono le utlime uscite, le tendenze del momento, edizioni su larga scala… il pari della Kryptonite se lui fosse Superman!

- Eppure non capisco, Crowley sa i miei gusti, perché mai mi ha consigliato di venir qui? Sa quasi di… vendetta. Ho forse fatto qualcosa di sbagliato ieri notte?- si domanda, imbronciandosi.

Decide che con quella libreria figlia del materialismo più estremo non ha nulla a che spartire e si avvia deluso verso l’uscita, quando gli sembra di vedere entrare proprio la causa del suo malumore.

- Forse è l’immaginazione che mi gioca brutti scherzi… no, non mi sbaglio, quello è Crowley… solo un po’ diverso… - si avvicina fra l’incuriosito e il confuso.

“Proprio te cercavo, ma mai mi sarei aspettato di trovarti in una libreria che non fosse la mia… perché mi hai suggerito un posto così poco in linea con le mie preferenze?”

“Come, prego? Deve aver sbagliato persona, Signore, io sono qui per ritirare un libro che ho ordinato per lavoro. Sono psicologo… e lei ha l’aria di averne bisogno di uno.” borbotta Kevin, squadrando confuso quell’elegante signore dall’aria un po’ antiquata.

“Dai, Crowley, non prendermi in giro… ma, soprattutto, che accidenti hai fatto ai tuoi bellissimi capelli rossi?” si allarma l’angelo.

Finalmente Kevin capisce l’equivoco.

“Oh, tu devi essere Zira… voglio dire, Aziraphale.” si lascia sfuggire Kevin.

Aziraphale può anche non essere un detective, ma di certo non è stupido.

- Quest’uomo è praticamente la copia precisa di Crowley… e lui mi ha detto che il suo candidato gli somiglia tantissimo… Mi ha chiamato Zira. Solo una persona, okay, due se contiamo Patricia, mi chiama così. L’assistito di Crowley ha una ragazza. Jessica mi ha detto che esce con un Dottore. Lui ha appena detto di essere uno psicologo…-

Anche Kevin sembra rendersi conto del guaio colossale che ha combinato.

“Dimentica subito quello che ho detto!” interviene tempestivo, guardandolo negli occhi e concentrandosi il più possibile.

“Oh no, giovanotto, io non dimentico un bel niente!” ringhia l’angelo, sempre più furibondo.

“Stupido potere che non funziona con gli angeli!” mugugna Kevin, alzando gli occhi.

TBC

TA DAN! La frittata è fatta!
Jessica e Crowley farebbero bene a emigrare in Alaska… ma tanto Azi e la sua furia cieca li troverebbero ovunque XD

spero che vi sia piaciuto, perdonatemi l’eccessiva lunghezza, ma dovevo proprio farlo finire a questo punto o non aveva senso.

Visto che la vacanza estiva tra Los Angeles e Las Vegas  è congelata da tipo Marzo (sono una bruttissima persona, prima o poi spero di sbloccarmi da questa crisi) almeno qui gli Ineffabili si stanno godendo quella primaverile a New York ^^’

Piaciuto il compleanno di Jess e come ha voluto festeggiare quel romanticone di Killy? ;)
Perdonatemi ma questo è l’unico contesto dove posso scriverli un po’ più picci-pucci ^^’

Ho già la serie rossa dove ne fanno di cotte e di crude con il cibo e gli alcolici (e non solo)… non ho voluto dilungarmi troppo, sì è vero, qui son più giovincelli, ma alla fine le cose son sempre quelle XDD e questa vorrei mantenerla arancione ^^’ , quindi vi lascio immaginare e basta quanto se la siano spassata! XD

Ah, la Trish brilla è particolarmente divertente da scrivere XD

spero vi sia piaciuto anche il resto, ci ho messo un’eternità a scrivere questo capitolo perchè volevo ‘ragionarlo’ bene  ma sentitevi liberi di dirmi qualsiasi cosa, sto sempre in vedetta per avvistare bandiere arancioni, prima o poi capiterà XD

alla prossima, con le avventure dei J/K che più fluffosi non si può XD … se prima non mi tirano per la manica due vampiri.. quasi tre XD
Buonanotte che è tardino, come al solito...

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII: Forbidden Apple ***


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Capitolo VIII: Forbidden Apple

                          New York, Barnes & Noble, 555 5th Avenue, 21 May 2006

“Ah, ma stavolta non la passerà liscia, ha varcato il limite!” continua a borbottare Aziraphale, incamminandosi verso l’uscita come una furia, prima che Kevin lo possa fermare e sbattendo la porta violentemente, come se la colpevole fosse quella libreria che ha l’unica pecca di essere troppo moderna.

Kevin riflette su quanto appena successo.

- Ho appena incontrato il guardiano di Jessica, in altre parole l’amore della vita del mio di guardiano. C’è un angelo furente che si aggira per le strade. La domanda è con chi? Crowley o Jessica? Entrambi? Da chi andrà per primo, chi avverto?- riflette, agguantando il cellulare.

Se non altro, il fatto che il biondo abbia scelto un modo umano di allontanarsi dà un po’ di tempo al castano.

- Ho solo il tempo di una telefonata, chi metto in salvo? Colui a cui devo tutto quello che sono diventato o … colei che sta diventando la persona più importante della mia vita?- riflette con l’indice che scorre fra entrambi i numeri che ha in rubrica.


La scelta cade su Jessica, ma nel mentre si ricorda una cosa importante.
Crowley lui lo può invocare.

Forse ci può riuscire anche mentalmente, se si concentra proprio al massimo?
Vale la pena di fare un tentativo, mentre fa partire la chiamata verso Jessica

- Crowley! Sono alla libreria che hai consigliato al tuo angelo, se mi senti compari subito qui, credo ne vada della tua vita!-

Nel mentre il telefono ha raggiunto il quarto squillo.


-Oh andiamo, Jessy!- si spazientisce Kevin, mentre se non altro ha la prova di avere un’ottima connessione mentale con Crowley.

“Si può sapere che succede? Che significa che Aziraphale era qui?” gli chiede, pur sapendo che lui sia l’unico in grado di vederlo.

Incurante o meno che possano prenderlo per pazzo, agli occhi degli altri umani lì presenti Kevin fa apparentemente segno al nulla di tacere, mentre qualcuno finalmente accetta la chiamata.

“Hey!” trilla felice Jessica.

“Ovunque tu sia, corri, più lontano che puoi. Zira-sa-tutto,-ora-non-ho-il-tempo-di-spiegarti-ma-mettiti-al-riparo!” parla il persuasore, tutto concitato.

“Che Paradiso significa che Aziraphale sa tutto? Tutto cosa?” si agita Crowley.

“Cristo santo, Kevin, ti prego, parla a una velocità più umana, giuro che non ho capito un cazzo. Chi sa tutto, dov’è che dovrei andare?” cerca di far chiarezza la ragazza, molto confusa.

“Il tuo guardiano. L’ho incontrato per caso… lui ha capito chi sono, poi mi è sfuggita una cosa che gli ha fatto anche capire chi sono io per te…” cerca di spiegare con più calma lui.

“Oh, cazzo, cazzo, cazzissimo cazzo!” comincia ad agitarsi anche lei, tirando giù dall’armadio un borsone e cominciando a riempirlo con vestiti vari.

- Per l’estate, per l’inverno… può servirmi tutto, non so quanto a lungo dovrò rifugiarmi, né dove!- rimugina, lei, buttando cose a casaccio e tirando fuori da un cassetto il suo passaporto.

“Oh cazzo, adesso esco e mi faccio investire dalla prima auto che passa, se mi discorporo forse è meglio!”

Kevin afferra al volo per un braccio Crowley, prima che un gesto inconsulto del genere lo compia sul serio.
Può anche non essere visibile agli altri al momento, ma è pur sempre corporeo, per questo lo può toccare.

Ma, di nuovo agli occhi di tutti, sembra che lui stia trattenendo il nulla.

Kevin si sente strattonare a un braccio e si volta di scatto, confuso e irritato.
Non ama che lo si tocchi.

“Hey amico, tutto bene? Pare tu stia avendo le allucinazioni!” lo interpella un signore di mezza età, con un piccolo gruppetto di clienti del negozio che lo guardano, annuendo in apprensione.

Qualcosa che il bel persuasore non può proprio sopportare.

“Io sto benissimo e voi, invece di badare a me, andate a fare degli aeroplanini di carta! Qui i fogli non vi mancano di certo!” li sprona lui, con i malcapitati che cominciano a strappare le pagine dai libri per poter eseguir quell’ordine, con le conseguenti urla dei commessi.

“Ottima mossa!” ridacchia Crowley.

“Killgrave!” usa il suo miglior tono di rimprovero Jessica, che ha sentito tutto.

“Tu, vedi di startene buono qui e tu, Jessica, non era nulla di così malvagio, e comunque pensa solo a scappare. Accidenti a me e alle mie idee, non vi gestisco tutti e due insieme, uno dovevo lasciarlo al proprio destino!” brontola Kevin, esasperato.

********************* (Contemporaneamente)

                          New York, Hell’s Kitchen, 485 West 46th Street, 21 May 2006

“Tutti e due chi? Con chi sei lì, Kevin?” domanda innervosita Jessica, infilandosi la giacca e agguantando il borsone ormai pronto.

Sa quanto poco intelligente sia provare a scappare da qualcuno che praticamente riuscirebbe a trovarla sempre, ma almeno ci deve provare.
Si sta incamminando verso la porta quando l’ultima persona che vorrebbe vedere le compare letteralmente davanti agli occhi.
Persona non è nemmeno il termine più indicato, magari creatura soprannaturale.

Una creatura soprannaturale molto adirata.

“Ma bene, mia cara, ti trovo piuttosto indaffarata.” esclama Aziraphale.

La calma nel tono della sua voce lo rende ancora più inquietante, se già non bastasse la sua espressione glaciale.
“Oh beh, io… io stavo andando…” si arrampica sugli specchi Jessica, completamente presa alla sprovvista.

Non lo ha mai visto così.


“Jessica? Tutto okay?” la chiama Kevin dal vivavoce.


“Eri forse in partenza? Una missione improvvisa? Ah no, aspetta, fammi indovinare… hai deciso di punto in bianco di raggiungere il tuo ragazzo a quel convegno a Londra, non è così? Peccato che quel convegno… NON SIA MAI ESISTITO!”  sbotta nell’ultima parte, urlandole contro.

Kevin lo ha sentito per forza.

“Jessica? Rispondimi, Jessica! JESSICAAAHH!” urla lui agitato.

Aziraphale strappa di mano il telefono a Jessica, che ancora non è in grado di dire una parola.

“Di Jessica ora me ne occupo io. Ah, se hai modo di contattare quel gran vigliacco del tuo guardiano, digli che io non ho nessun problema a scandagliare tutti i sei continenti, anche Antartide se serve, o a cercarlo pure su Alpha Centauri, ma gradirei molto se avesse almeno il coraggio delle sue azioni e si presentasse qui di sua spontanea volontà.” lo congeda, con una fredda educazione, perché anche da furibondo, Aziraphale non può fare a meno di essere gentile.

“Zira… devi credermi, io non ce la facevo più a mentirti in quel modo, te lo volevo dire…” sembra ritrovare la facoltà di parlare Jessica, mentre lascia cadere a terra il borsone.

“Ah sì, me lo volevi dire? A me sembra piuttosto che tu volessi scappare!” la rimbecca lui.

“Ma quella era più una reazione a caldo!” si mette sulla difensiva lei.

“Jessica, ti rendi conto di quanto sia grave la situazione? Ti do una sola indicazione di quello che non devi fare, di chi non avresti mai dovuto avvicinare e tu cosa fai? L’esatto opposto di quello che ti ho detto… mi viene in mente, millenni fa, di qualcuno a cui era stato proibito di mangiare una mela… e tutte e due le volte queste regole sono andate beatamente a farsi fottere a causa di un serpente, non uno qualunque. Può cambiare la mela proibita, ma il serpente è sempre lo stesso!” sproloquia Aziraphale.

Jessica non sa se essere più sconvolta dal suo linguaggio inappropriato che di solito rimprovera a lei o per il contenuto delle sue affermazioni.

Se non altro questo le dà il coraggio di controbattere.

“Tu davvero pensi che sia stato Crowley a fare incontrare me e Kevin?” si acciglia lei, avvicinandolo a suo rischio e pericolo.

“Non è forse così?” la guarda storto lui, incrociando le braccia al petto.

“Zira, io credo che tu stia traendo delle conclusioni decisamente sbagliate…”

********************* (Contemporaneamente)

                       New York, Barnes & Noble, 555 5th Avenue, 21 May 2006

Kevin fissa basito il telefono che gli è stato barbaramente riattaccato in faccia.

Crowley gli fa segno di seguirlo fuori, dove, in un angolo abbastanza appartato per farlo, si rende visibile.


Almeno agli occhi di chi assiste alla scene, Kevin parlerà effettivamente con qualcuno, senza dare troppo nell’occhio.

“Che cosa le starà facendo? La starà torturando?” si allarma il suo protetto, continuando a fissare il cellulare.

“Non essere ridicolo! Gli angeli non torturano la gente!” alza gli occhi Crowley. “Anche se ci sono due cose che Aziraphale non sopporta: i collezionisti che vogliono comprare le copie rarissime dei suoi libri e… i bugiardi.”

“Temo che allora la mia Jessica rischi grosso e non certo per il primo motivo.” si morde le labbra Kevin, preoccupato

“Oh, andiamo, è pur sempre la sua protetta!” controbatte il demone.

“Appunto, chi la protegge da lui?” argomenta il più giovane. “E comunque è soltanto colpa tua!”

“Oh sì? E, sentiamo, in che modo sarebbe colpa mia? Chi è che vi ha retto il gioco fin dal vostro primo appuntamento ufficiale?” sibila Crowley, indispettito. “Chi ieri ti ha dato via libera per festeggiare il compleanno con lei?”

“Sì, okay, è vero ci hai fornito un aiuto considerevole,” si ravvede Kevin. “Ma è anche vero che sei stato tu a dire a Zi… Aziraphale di recarsi in questa libreria, per fargli dispetto.” rilancia subito dopo. “Perché ti dovevi vendicare? Cos’è andato storto ieri? Sbaglio o ti avevo dato un consiglio e delle direttive specifiche da seguire?”

“E credi che io non abbia provato a metterle in pratica? Lo porto a Central Park, serata perfetta, un cielo così stellato da sembrare finto,” comincia a raccontare il rosso. “Siamo lì nel mezzo di una romantica passeggiata, faccio finta di stiracchiarmi per allungare il braccio sul suo punto vita, lo tiro più a me, sono a un passo dal baciarlo senza più perdermi in inutili chiacchiere…”

“Ottimo, così si fa!” lo incita Kevin.

“Aspetta a dirlo. Lui non si scosta da me perché ha visto un barbone e gli miracola coperte, un po’ di cibo, una bevanda calda e pure un gruzzoletto di soldi? Ha ucciso il momento perfetto… e da lì è diventata tutta una missione ‘fa’ felici gli stra-benedetti barboni’ e guai a me se non gli davo una mano! Roba che se lo venisse a sapere la mia gente mi getterebbe nell’acqua santa!’” finisce il disastroso resoconto Crowley. “Va da sé perché poi ho fatto quel che ho fatto, a quell’angelo non importa nulla di me e ieri me lo ha chiaramente dimostrato!”

“Io credo tu ti sia arreso troppo presto…” sentenzia Kevin, ma Crowley per poco non lo fulmina con lo sguardo.

“Troppo presto? Troppo presto?! Troppo-fottutamente.presto?” si trattiene per non urlare. “Senti un po’, ragazzino, hai idea dei mille modi e dei millenni di anni che ho cercato di fargli capire qualcosa? Ho rischiato qualsiasi tipo di provvedimento, e sappi che la mia gente non ci va affatto leggera, per salvarlo da morte certa quando quel perfetto idiota si è avventurato nel mezzo della Rivoluzione Francese, vestito da nobile! E poi durante la seconda guerra mondiale, quando il perfetto idiota stava per farsi scorporare da delle spie Tedesche e, come se già non fosse abbastanza, ho miracolato gli adorati libri del perfetto idiota per preservarli dall’esplosione che io stesso ho causato! Praticamente era come se avessi un’insegna gigante con la scritta ‘TI AMO’ coi Led e lui… nulla! Quindi non dire che io non ci stia già provando da tempo!”

“Oh.” si stupisce Kevin. “Beh, non è colpa mia se in sei anni queste cose non ti sei degnato nemmeno di dirmele, cos’è, vuoi prendere appuntamento nella mia agenda e stenderti sul lettino anche tu? Pensavo che oltre il tuo aiutante io fossi anche tuo amico… e gli amici le cose se le confidano.”

Stavolta è Crowley a rimanerci male per come fa sentire l’altro, ma è una sensazione passeggera.

“Come tu mi hai confidato che uscivi con la protetta del mio angelo?” gli rinfaccia.


“Oh beh, ma tu sei quello intelligente e lo hai scoperto in meno di un giorno!” fa spallucce il più giovane.

“Stai forse insinuando che Aziraphale sia stupido?” lo guarda storto Crowley.

“Io?! Tu non fai che chiamarlo perfetto idiota!” gli fa notare l’altro.

“Ma è il mio perfetto idiota! Io lo amo così!”

Kevin sorride, soddisfatto che siano arrivati al nocciolo della questione.

“Bravo, era tanto difficile da dire? Ora perché non informi anche l’interessato?” ammicca verso di lui lo psicologo. “Se non sbaglio ti aveva invitato a prenderti le tue responsabilità.”

- Così forse lascerà in pace la mia Jessica.- pensa al proprio tornaconto personale.


“Hai ragione, forse è il momento giusto. Furibondo per furibondo, male che vada mi discorpora!” decide Crowley, svanendo.
 
********************* (Contemporaneamente)

                              New York, Hell’s Kitchen, 485 West 46th Street, 21 May 2006


“… quindi lui non lo sapeva.” mugugna Aziraphale, accarezzandosi il mento.


“No che non lo sapeva. La prima volta che mi ha visto pensava fossi solo una ragazza che aveva catturato l’interesse del suo protetto, come era già capitato, anche se per periodi di tempo molto più brevi, diciamo pure anche solo una notte…” ribadisce pazientemente Jessica, facendo un po’ i conti con un’ingiustificata gelosia nell’ultima parte.

- Jess, andiamo, è il passato, anche tu ti sei divertita con un bel po’ di ragazzi, prima che arrivasse Kevin… - si fa un’autoanalisi.

“Quindi non vi ha costretto lui ad incontrarvi…” rimugina l’angelo.

“Quale parte che non è stata una cosa voluta da lui non ti è chiara?” borbotta esasperata lei.

“Non ci credo, angelo, davvero pensavi che avessi organizzato io il loro incontro, per farti dispetto?” li distoglie una voce alle loro spalle.

Una voce che è familiare ad entrambi, ma una dei due voltandosi rimane sconvolta.

Non che Kevin non glielo avesse già anticipato, eppure constatarlo di persona è tutta un’altra cosa.

“Porco cazzo, sei identico a lui e al tempo stesso, fottutamente diverso!” va verso di lui Jessica, analizzandolo con l’attenzione a ogni dettaglio che solo un detective può avere.

“E lei sarebbe la candidata angelica?” ridacchia Crowley divertito, guardando Aziraphale che ancora non gli parla.

“Prima Zira, poi Kevin, ora pure tu. Rinunciateci, non diventerò mai una principessa del Bon-ton!” sbuffa lei.

“Kevin a volte è troppo idealista!” borbotta Crowley.

“Fammi vedere una cosa…” e dicendolo, Jessica gli toglie quegli occhiali scuri prima che lui possa rendersene conto.

“Hey!” protesta, quasi sentendosi denudato.

“Ah-ah! ‘Lo sapevo, oltre ai capelli dovevi avere qualcosa di più demoniaco di Kev!” commenta lei, rimettendogli gli occhiali. “Mi fai vedere quella cosa che fermi il tempo?”

“Quel pettegolo ti ha detto anche questo? E comunque… no, te lo puoi anche scordare!” sbotta lui, scontroso come il suo solito, specie con chi non conosce.

Jessica però non demorde.

 “E le ali? Le hai anche tu? Zira me le ha mostrate le sue, le hai piumose anche tu o sei più stile pipistrello?”

Aziraphale sembra sbollire un po’ l’arrabbiatura, mentre li osserva, suo malgrado divertito.

“Pipistrello un paio di palle! Io ho delle ali come le sue , però nere..” replica il demone, sentendosi un po’ a disagio nell’ultima parte.

“Garantisco io, Jessica, lui le ha bellissime e molto soffici.” rompe il suo silenzio Aziraphale, cosa che rincuora Crowley.

“Ce li hai qui con te?” torna all’attacco Jessica.

“Cosa?” le sibila contro lui esasperato, ma lei non batte ciglio.

“I contratti delle anime, oppure, no, ancora meglio, i tabulati coi nostri andamenti. Zira non me li fa mai vedere… come ha lavorato Kevin questo mese? Vero che sono più brava io? Qual è stato il mio record?” lo tempesta di domande.

“Angelo, me la puoi levare di torno?” si lagna Crowley.

“Suvvia, lei è così giovane e nei giovani è normale un po’ di curiosità!” ridacchia l’angelo, per poi rivolgersi alla sua assistita. “Da brava però, concedigli un po’ di tregua.”

“E va bene, non ti chiedo più un cazzo di niente!” alza gli occhi lei. “Comunque, specie di Kevin più vecchio e rosso, stavo spiegando a Zira come tu non sia responsabile del nostro incontro.’ lo mette al corrente lei.

“Prima cosa, ho un nome, Crowley, e farai bene a rivolgerti a me così, Signorinella dalla lingua più biforcuta della mia!” le sibila contro lui.

“Sì, lo so come ti chiami, noiosone!” gli parla con aria di sufficienza lei.

“Secondo, angelo, semmai sono io a ritenermi offeso, se tu pensi che abbia cospirato contro di te per farli incontrare!” agisce da risentito lui.

“Okay, Crowley, puoi anche non essere l’artefice del loro incontro, ma vuoi negare che hai retto loro il gioco per tutto questo tempo, tenendomi all’oscuro di tutto?” controbatte Aziraphale, il suo tono di nuovo rabbioso. “Anzi, tutti e due mi avete tenuto all’oscuro di tutto! Posso anche essere un angelo, ma questo non vi dà il diritto di trattarmi come l’ultimo dei coglioni!” sbotta, quasi con le lacrime agli occhi.

“Zira…” si sente in colpa Jessica.

“Angelo…” prova a dire qualcosa Crowley.

“No, zitto! Tu hai permesso che la mia assistita cadesse nelle grinfie del tuo empio protetto, hai permesso che lui la travolgesse in una relazione peccaminosa, torbida e promiscua e…”

“Hey, piano con le parole! Lui non mi ha trascinato in un cazzo di niente!” precisa Jessica, stupendo il suo guardiano. “Noi due, insieme, abbiamo deciso, passo, passo, come portare avanti la nostra relazione, che, per la cronaca, non ha nulla di peccaminoso, torbido e promiscuo.” ci tiene a precisare.

“Jessica, ma…”

“Perché non lo vuoi capire, Zira? Non sto con lui perché sono una ribelle che voleva fare come le pareva e mostrarti che poteva mettersi perfino con la sua Nemesi, proprio perché le era stato vietato…non è una sfida nei tuoi confronti, non è un affronto, non è nulla di personale. Io sto con Kevin perché lo amo!”

Jessica fa una pausa, sorprendendosi da sola per quanto ha appena ammesso.

“Lo ami?” gli domanda esterrefatto l’angelo, mentre il demone sembra molto meno sorpreso.

 “Io… cazzo sì, lo amo ed è una cosa che dovrei dire a lui, prima di tutti.” decide, raggiungendo la porta. “Tanto mi sembra che voi due abbiate ancora parecchio da discutere; vi lascio soli, forse è la cosa migliore.” si congeda, con Aziraphale che resta a guardare.

“Lei lo ama…” ripete Aziraphale.

“Per come ho visto il mio assistito, direi proprio che la ami anche lui.” commenta Crowley, muovendo un passo verso l’altro. “Capisci perché ho voluto proteggerli? O perché lei stessa non ti ha detto nulla? Sei tu quello con la fissa che un loro incontro sarebbe stato un disastro senza precedenti, a me non sembra che sia successo nulla di irreparabile.”

“Ma… Bene e Male insieme…” protesta Aziraphale e non è più chiaro di chi stia parlando. “Ė sbagliato.”

“Perché? Come potrebbe essere sbagliato se a legarli è l’amore?” si avvicina di un altro passo Crowley, ormai può respirare addosso all’angelo, che non accenna minimamente a indietreggiare.

Lo guarda con i suoi occhi di cielo sbarrati, impossibilitato a muoversi, a parlare e anche a pensare.
Ancora di più quando Crowley si leva gli occhiali per affrontare meglio il suo sguardo.

Per quegli occhi ambrati Aziraphale impazzisce.

“Ė proprio quando ti mettono davanti una mela proibita che tu la trovi il più gustoso fra tutti i frutti, non è così, angelo?” mormora il demone, percorrendo  le labbra dell’angelo con le sue dita. “Non potrebbe, anzi no, non dovrebbe essere così anche fra di noi? Abbiamo visto gli effetti su due Nemesi da una manciata di anni, vogliamo scoprire come potrebbe essere fra due ineffabili testoni millenari?”

Aziraphale in un primo momento sorride, a un passo dal cedere alle sue lusinghe, ma poi sembra recuperare la sua fredda irrazionalità e si scosta da lui.

“Io sono un angelo! Non puoi tentarmi con dei lussuriosi piaceri carnali!’

“Non voglio tentarti, angelo. Non miro ai soli piaceri della carne, io ti amo, qualsiasi cosa tu scelga di fare.”

Basta, glielo ha detto, una volta per tutte.
Sono sconvolti entrambi.

“Tu mi ami?” ripete Aziraphale, ancora incredulo.

“Non ti era ancora chiaro, angelo?” lo guarda Crowley inclinando la testa da un lato. “Piuttosto capisco se tu non puoi amare me, lo sai, no? Demone, blah, blah, malvagio fra i malvagi, blah, blah, essere imperdonabile…” si autocommisera il rosso, guardando triste a terra.

Quello che non si aspetta è di finire avvinghiato nell’abbraccio di Aziraphale, reso doppio dalle ali che lo avvolgono.

“Crowley, non sarai mai niente di tutto questo per me. Anzi, tu sei infinitamente migliore di tanti angeli e arcangeli che ho conosciuto.” lo stringe ancora più forte il biondo, mentre le ali si dissolvono.

“NGK! Davvero, angelo? Potresti quindi vagamente considerare l’idea di essere amato da me?” azzarda timidamente il demone.

“Solo se tu consideri quella di essere amato da me, serpentello del mio cuore!” gli sorride raggiante Aziraphale.

Per poco l’altro non sviene.

“Vuoi dire che tu… anche tu?”

“Ti amo da quando sulle mura del Cancello Est dell’Eden mi hai fatto quel discorso sulla cosa giusta o sbagliata.” si decide a rivelargli Aziraphale. “Solo che pensavo che, essendo tu un demone, il tuo unico interesse fosse prendermi in giro, se avessi scoperto questa mia debolezza.”

“Debolezza?! Io ti amo da quando mi hai detto della spada!” gli confida a sua volta Crowley, con un gran sorrisone.

Scoppiano a ridere entrambi.

“Quindi abbiamo passato oltre seimila anni a…” riprende il discorso il biondo.

“Morirci dietro a vicenda, totalmente ignari di ciò che provasse l’altro? Pare proprio di sì, angelo.” ammette Crowley.

“Spero che avremo oltre sei mila anni per rimediare a tutto il tempo perso, caro.” gli sorride Aziraphale.

“Non perderemo più un solo giorno, angelo.” gli accarezza i capelli Crowley.
“E, davvero, non scherzavo prima, non ti voglio forzare in alcun modo. Ti amo e mi basterà qualsiasi cosa tu voglia darmi, fosse anche solo tenermi per mano, a me andrà benis…”

Crowley non riesce più a parlare perché Aziraphale l’ha tirato a sé per un bacio che non fa nemmeno finta di essere esitante.
La lingua dell’angelo invade la bocca del demone, che sembra non aspettare altro, iniziando ad esplorarla.
Non che l’angelo abbia mai fatto qualcosa del genere finora, il suo è puro istinto.
Crowley, che invece ha una lunga e consolidata esperienza in merito, preferisce non ricambiare, non ancora, almeno.
Si scosta da lui, guardandolo con occhi adoranti.

“Allora, pensi ancora che sia sbagliato?” lo interroga.

Aziraphale è ancora scosso dalla sua stessa presa d’iniziativa, ma non può fare a meno di guardarlo. E desiderarlo ancora. In ogni modo possibile.

“’L’unica cosa sbagliata, sarebbe smettere!” quasi ringhia il biondo, prima di riprendere a baciarlo, ma stavolta Crowley è più che pronto a ricambiare.

“Ti amo coossssssì tanto, mia prezziosssa  Mela Proibita!” sibila contro il suo collo, mordendolo appassionato.

“Mi chiami Mela perché sono un po’ tondetto, vero, mio caro?” protesta Aziraphale fra i gemiti.

“Zzzitto, ssssssstupido!” lo stringe a sé Crowley, continuando a mangiarselo di baci. “Che dici, ci mettiamo più comodi? Lì c’è un così bel divano…” gli propone, additando il salotto.

“Ma... qui, adesso? E se torna Jessica?” si cruccia l’angelo, seppur intrigato.

“Io credo che la tua protetta abbia di meglio da fare.”


********************* (Contemporaneamente)

                   New York, Four Seasons Hotel, 57 East 57th Street, 21 May 2006

Indeciso su cosa fare e per tenersi la mente occupata, Kevin ha camminato fino a raggiungere il suo hotel.

Sta per varcare la Hall quando gli arriva una chiamata.

Sospira sollevato quando legge sul display da chi proviene.

“Jessica, tesoro mio, come stai? Cosa ti ha fatto? Dove sei? Stai bene?”


“Una domanda per volta ce la fai a farmela?” ridacchia lei, segno che sta bene. “Dimmi piuttosto dove sei tu.”

“Sono appena rientrato in hotel…”

“Bene, sali in camera, ti raggiungo io.” decide lei, riattaccando.

Pochi minuti dopo, Kevin sente bussare alla sua porta e appena apre si trova davanti Jessica, che non perde tempo, baciandolo con irruenza.

“Immagino che il tuo guardiano ti abbia dato la sua approvazione per continuare a frequentarmi!” ridacchia lui, approfondendo il bacio.

“L’avrei fatto anche senza il suo cazzo di permesso!” ringhia lei, stringendosi più a lui. “Io credo che ora abbia il suo bel da fare col tuo di guardiano.” aggiunge, separandosi da lui.

“Dici che…?” intuisce lui, felice per Crowley.

“Oh sì, dico, eccome!” ridacchia lei, sedendosi sul letto e invitandolo a fare altrettanto.

“Cara la mia super eroina, mi hai raggiunto un po’ tanto in fretta… non è che per caso hai usato i tuoi super salti?” la scruta lui, sospettoso.

“Vale usarli se avevo una super voglia di vederti!” ribatte lei, strappandogli un sorriso, prima che si faccia più seria. “Kevin, devo dirti una cosa, ma non so come la prenderai.”

“Tu dimmela e basta.” mormora lui mentre lei gli tiene entrambe le mani.

“Io lo so che stiamo insieme da pochissimo, nemmeno due mesi scarsi, però mi fai stare così bene, con te e solo con te mi sento così libera e completa che… Kevin Killgrave Thompson, io credo di amarti, no, cazzo, non lo credo. Ti amo e basta.” si morde le labbra lei, temendo una reazione poco simpatica.

Kevin quasi potrebbe urlare dalla gioia.

“Oh, Jessica, ti amo anche io, non sai quanto. Volevo dirtelo ieri, sull’Empire State Building, ma avevo paura che fosse troppo presto e che ti saresti spaventata.” rivela lui, facendola sentire al settimo cielo.

“L’unico spavento è stato vedere Zira così fuori di sé, prima che succedessero determinate cose. Ti giuro, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, almeno credo, e nel peggiore dei casi il mio più grande rammarico sarebbe stato non poterti dire queste cose finché ne avevo ancora il tempo.” rivela lei.

“Oh, Jessica!” l’abbraccia forte lui.

“Però, Kevin, stare insieme seriamente per me significa che ho bisogno di maggiore stabilità, non mi piace saperti in un hotel, da dove te ne potresti andare da un giorno con l’altro…” borbotta lei.

“Jessica, ti amo. E amarti significa che non vado da nessuna parte.” la rassicura lui. “E se per convincerti ti regalassi una chiave?”

Lei si separa da lui per affrontare meglio il suo sguardo.

“Una chiave?” ripete perplessa.

“Quella che apre la porta della casa dove andremo a vivere insieme, solo che prima dobbiamo sceglierla, che dici? E giuro che la comprerò col… metodo normale, niente poteri.” le promette.

Jessica ride e poi gli salta addosso, stendendolo sul letto, sotto di sé.

“Una casa nostra? Vivere insieme? Cazzo, sì, ci sto! E chi se ne frega di quello che diranno gli altri!” sorride, baciandolo con rinnovato entusiasmo.

“Esistiamo solo noi, Jessica.” la bacia lui, tirandole indietro i capelli.

“Kev, promettimi solo una cosa.”

“Tutto quello che vuoi, amore.”

“Non tingerti mai rosso!” lo fa ridere lei.

TBC

Tanto per darvi un’idea, quando l’ho progettata gli Ineffabili si sarebbero accorti di quello che provavano l’uno per l’altro solo verso la fine della storia (e ne siamo ancora lontanissimi) ma poi non ce l’ho fatta a essere così crudele XD
C’è anche da dire che per come avevo progettato il capitolo, doveva essere Crowley il primo a baciarlo…invece ha fatto tutto Aziraphale … e io che ancora pretendo che i personaggi mi stiano ad ascoltare XD?

Approvate o avreste voluto qualcosa di diverso? ^^’


Ad ogni modo, abbiamo gozzovigliato abbastanza nel 2006, nel prossimo capitolo ci sarà un saltello temporale, anche perché se no non la finisco davvero più … tempi più bui devono arrivare e forse (se non finisco per scrivere tutt’altra cosa, con loro non si sa mai ^^’) nel prossimo capitolo potreste cominciare a intuire qualcosa.


Nel frattempo, liberi di dirmi quel che più vi aggrada <3


Besos

Per chi segue anche le J/K tornerò a tuffarmi nel fluff più fluffoso con ‘Best Intentions, Wrong Ways!’ ;P

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Capitolo 10
*** Capitolo IX: Building something ***


 

Buona notte fonda… non aggiorno da ehmm l’anno scorso, possibile? ^^’
Arrghh
grazie a tutte/i come sempre, per il vostro supporto meraviglioso.


ineffably-inevitable-cover


 

Capitolo IX: Building something


                  New York, Four Seasons Hotel, 57 East 57th Street, 21 May 2006

 

“Okay, ora usciamo e andiamo a dirglielo.” decide Jessica, alzandosi dal letto.

“Ma non dovevamo fregarcene del parere di tutti?” protesta Kevin, che in quel letto vorrebbe rimanerci molto più a lungo. Con lei.


“Appunto. Prima che possiamo fottercene di quello che pensano, qualcosa lo devono pur pensare!” specifica lei, con aria furbetta. “Muoviti, su.”

Kevin avrà anche il dono del controllo mentale, ma fra i due è lei quella che davvero comanda.

“Però non accetto salti per i tetti con te che mi prendi in braccio!” chiarisce lui.

“E niente gente random alla quale ordini di darci un passaggio. Chiamiamo un taxi, come fanno le persone normali.” negozia lei, arrivando a un compromesso.


                     New York, Hell’s Kitchen, 485 West 46th Street, 21 May 2006

 

Una volta arrivati a destinazione, Jessica apre la porta del suo appartamento senza troppe cerimonie e trova un angelo e un demone semivestiti sul proprio divano, uno sopra l’altro.

“Avete trovato un modo più divertente di fare i vostri report?” li canzona Kevin.

Aziraphale sobbalza, colto di sorpresa.

“Oh… cazzo!” si lascia scappare per l’agitazione. “Ti ho fatto una predica infinita su quanto dovessi tenerti alla larga dalla tua Nemesi e io, che dovrei darti il buon esempio, mi faccio trovare qui, sul tuo divano, per giunta, mentre…” inizia a parlare a raffica, prima che Crowley, lo blocchi, tirandolo più  sé.

“Guardali bene, angelo. Vedi forse shock nei loro occhi? Li vedi davvero così sorpresi? Certo che no, loro lo sapevano già, prima di noi!” gli fa notare Crowley, molto più rilassato, nonostante sia a torso nudo, mentre Aziraphale dalla fretta di coprirsi infila la camicia al contrario, coi bottoni sulla schiena.

“Esatto, lo sappiamo. Possiamo anche aggiungere ‘Alla buon’ora!’” spiega Jessica.

Aziraphale sembra tranquillizzarsi, mentre con un piccolo miracolo si riveste correttamente.

“Lo sapevate prima di noi? Quindi non potevate dircelo?” borbotta l’angelo.

 

“Dopo sei millenni, un mese in più, un mese in meno, che vi cambiava?” fa spallucce Kevin.

“Non ha tutti i torti il mio assistito e poi, angelo, ci dovevamo arrivare da soli.” lo stringe a sé Crowley, senza che il biondo abbia da ridire.

“Quanto al mio divano, nessun problema; anzi, per quel che mi riguarda, nel giro di qualche mese potrete avere anche tutto l’appartamento, se lo volete,” li avvisa Jessica, stringendosi a Kevin prima del grande annuncio. “Io e Kevin ci amiamo e andremo a vivere insieme!”

“E non ce ne importa un accidenti se voi non approvate!” le dà manforte Kevin.

“Ma è meraviglioso!” si rallegra l’angelo, avendo l’ennesima conferma di quanto la loro sia una relazione seria e stabile.

“Io non vi ostacolo di certo, ma scordati che io e il mio angelo veniamo a vivere in questa catapecchia!” borbotta Crowley, rimettendosi la T-shirt nera.

“Che snob del cazzo che sei, a Kevin piace qui!” rimbrotta Jessica.

“No, amore, chiariamo una cosa, mi può piacere chi ci vive dentro, ma Crowley ha ragione, la tua casa è una catapecchia!”

“Oh beh, certo , tu sei Mr. Four-Seasons, se non altro capisco perchè lui ti abbia scelto come suo assistito: siete due snob del cazzo, identici!” bercia lei, per poi guardare l’angelo. “Zira, almeno a te qui piace, vero?”

“Beh, mia cara, qualche miracolino per ristrutturare certi punti aiuterebbe…”

“Mi avete chiarito benissimo il concetto: ho a che fare con tre snob del cazzo!” sbotta la Detective, spingendoli tutti e tre verso l’uscita. “Fuori dalla mia catapecchia, grazie!” sbatte loro la porta in faccia.

“Anche io?” protesta Kevin dall’altro lato della porta, ad alta voce per farsi sentire.

“Soprattutto tu!” precisa lei allo stesso modo, indispettita.


“Qualcuno me lo spiega esattamente cos’è successo? Due minuti fa eravamo felici, innamorati e ora mi ha cacciato nella maledetta cuccia del cane?” borbotta il persuasore. "Aspetta un attimo... ma noi nemmeno ce l'abbiamo un cane! Le piaceranno i cani? Forse posso sistemare le cose comprandogliene uno?"

"Per favore, vorresti chiudere quella ... benedetta boccaccia?" si lamenta Crowley, stanco delle sue paranoie.

"A dire il vero, non ho mai chiesto a Jessica riguardo ai cani... non so aiutarti, ragazzo, mi dispiace..." si morde le labbra Aziraphale, guardando Kevin, prima di guadagnarsi un'occhiataccia da Crowley.

"Perdonami, caro, niente più questione cani." gli assicura.

"Sarà meglio. I cani non potrebbero mai aiutarti. Benvenuto in una relazione seria, amico mio!" avvolge un braccio attorno alle spalle di Kevin. "Regola uno: mentire, sempre, se si tratta di far felice il tuo partner, tipo quando Azi mi invita a bere nella sua libreria con tutti quei libri noiosi e polverosi e io fingo sia il luogo più bello del mondo…” gli racconta, ma si ricorda troppo tardi che il suddetto partner sia ancora lì con loro.


Il biondo ora sfoggia un’espressione identica all’ultima che hanno visto in volto alla sua assistita.

“Libri noiosi e polverosi eh?” ripete Aziraphale, rabbioso.

“Ma no, angelo, era solo un esempio,” si arrampica sugli specchi Crowley. “Non dovevamo coccolarci per tutta la notte?”

“Credo che mi coccolerò un noioso e polveroso libro!” controbatte indignato il biondo, svanendo con uno schiocco di dita.

“Un po’ permalose queste forze del Bene eh?”  sdrammatizza Kevin.

“Tra un bicchiere di vino rosso e l’altro troveremo il modo di farci perdonare,” propone Crowley mentre si allontanano. "E no, non sarà comprando uno stupido cane!" lo anticipa.

“Okay, sono dell'umore per una notevole quantità d'alcol," approva il suo assistito. "Del resto sia tu, sia io, abbiamo molto da festeggiare!”

 

         New York, 389 Upper East side 89th Street, 22 May 2006

 

“Tu e Kevin cosa?” teme di non aver capito bene Trish.

O meglio, teme di aver capito benissimo.

Quando la sorella le ha detto che si sarebbe presentata da lei con grosse novità non si aspettava certo così grosse.

“Kevin e io ci amiamo, vogliamo passare insieme quanto più tempo possibile e quindi andremo a convivere,” ripete Jessica, con tutta la calma possibile, malcelata però da una profonda gioia che traspare dai suoi occhi.

“Te l’ha comandato lui?” azzarda Trish.

“Cosa? No, cazzo, Trish, sono nel pieno delle mie facoltà, lui ha promesso di non usare il suo potere su di me, come non lo farà su di te. Sarà anche l’aiutante del Male, ma prima di tutto è un uomo di parola.”

“La sola differenza è che con le sue parole lui fa danni.” controbatte pungente la speaker.

“Trish!” la ammonisce la detective.

“E va bene, va bene. È solo che mi sembra stiate correndo un po’ troppo…” borbotta la sorella.

“Lo vedi che sei un’ipocrita del cazzo?” la interrompe Jessica, ai ferri corti. “Quando pensavi che uscissi solo con un Dottore, senza poteri paranormali di mezzo, ti auguravi di vedermi con l’anello al dito già dal primo appuntamento!” la mette in difficoltà lei.

“Hai ragione, Jess, ti chiedo scusa… è che non mi fido di lui. Se è il prescelto di un demone, qualcosa vorrà pur dire.”

“Questo è perché non conosci il demone!” ridacchia la mora, ora più tranquilla.

“E non ci tengo.”

“Dovresti, ora che fa coppia fissa con il nostro Zira, che è al settimo cielo.” lo informa l’altra. “Quanto a me e Kevin, nonostante andremo a vivere insieme, al momento non lo voglio vedere. Ha detto che casa mia è una catapecchia.” riferisce Jessica, ancora furente al ricordo.

Segue un lungo minuto di imbarazzante silenzio.

“Non dici niente, Trish?” la sprona la mora.

“Beh, Jess, casa tua un po catapecchia lo è.”

“Bene a quanto pare sono circondata da snob del cazzo!” brontola Jessica, andandosene e sbattendo a porta, ma non abbastanza forte da causare un reale danno.

- Ok, casa mia è un cesso, ma solo io posso permettermi di dirlo!-

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                      New York, Maspeth, 455 74th Street, 22 Aug 2006

Ci sono voluti giusto un paio di giorni per ripristinare la pace fra le due coppie, con tanta buona volontà e ancor più inventiva, ma trovare casa per i due innamorati ha richiesto un po’ più tempo.

Tuttavia, verso la fine dell’estate di quell’anno, Kevin e Jessica possono considerarsi i fieri e soddisfatti proprietari di un’adorabile villetta nel Queens, a circa venti minuti di macchina da Hell's Kitchen e da Manhattan in generale.
La villetta è su due piani, alterna parti in legno ad altre in roccia.
Un piccolo recinto bianco delimita il porticato, c’è un vasto prato e anche un piccolo spazio adibito a orticello, semmai un giorno volessero crearne uno, ma né Kevin, né Jessica sembrano avere il pollice verde.

Una volta ultimati i traslochi, Trish è stata la prima a far loro visita, dato che è la più vicina.
Va anche detto che per tutto il tempo si è mantenuta il più possibile vicino a Jessica, evitando di rimanere sola con Kevin, per quanto ospitale si potesse essere dimostrato.

Dopo la loro breve esperienza da turisti, Crowley e Aziraphale hanno fatto ritorno a Londra, occupandosi dei report mensili, dove a volte ha primeggiato Kevin, altre volte Jessica.

L’equilibrio fra Male e Bene si è mantenuto intatto, così com’è giusto che sia.

 

In vista dell’inaugurazione della nuova casa dei loro protetti, l’angelo e il demone, più innamorati che mai, si sono concessi un’altra breve vacanza per andarli a trovare.

Jessica e Kevin li attendono direttamente sul porticato.

“Venite, che vi mostro tutta la casa!” li invita Jessica, entusiasta, una perfetta padrona di casa.

E ora nessuno può più azzardarsi a dirle che casa sua sia una catapecchia.

Più le due creature soprannaturali si avvicinano e più Jessica nota che uno dei due ha in mano qualcosa.

“Crowley, che carino da parte tua portarci una piantina,” gli sorride Jessica.

“Huh? No, ma quale regalo, questa è mia, l’ho portata con me, così se mi annoio la sgrido e passo il tempo.” spiega scontroso il demone.

Jessica guarda verso Kevin in cerca di risposte, ma lo psicologo senza nemmeno ricorrere al linguaggio verbale le fa capire che è meglio che non faccia domande a riguardo.

“E comunque, io non sono affatto carino!” precisa Crowley, rabbioso.

“Oh sì certo, e dell’anatra con l’ala ferita che hai soccorso e miracolato l’altro giorno che mi dici?” lo mette in difficoltà Aziraphale.

“Angelo!” protesta il rosso, che ha pur sempre una reputazione da mantenere.

Non dirà mai che l’ha chiamata Jay McDuck e che la tiene nella serra del suo appartamento, dove ha fatto apparire un laghetto artificiale, in attesa di farla tornare al suo ambiente naturale, o, forse com’è più probabile, di trovarle compagnia e tenerle entrambe, futuri anatroccoli compresi.

“Però le buone maniere innanzitutto, non siamo venuti a mani vuote!” annuncia festoso l’angelo.

Quando arrivano alla cucina, davanti al grosso frigorifero a due ante Aziraphale rivela il loro regalo.

“Le abbiamo fatte fare su misura, da un artigiano Terrestre eh, non miracolate,” spiega Crowley, mentre Aziraphale espone ciò di cui stanno parlando.

“Proprio così, ogni volta che le userete penserete a noi!” sorride il biondo, finendo di attaccare al frigorifero il set di calamite che hanno portato. 

Nell'ordine sono una a forma di angioletto, una a forma di diavoletto, seguono quelle che raffigurano una pila di libri, un vaso con una pianta, una macchina d’epoca di fine degli anni Venti, un registratore di cassa vintage, una tazza di tè e un bicchiere di vino rosso.

“Ma sono fichissime!” approva Jessica. “Io credo che userò sempre questa!” aggiunge, staccando dal frigorifero quella col bicchiere di vino rosso.

“Io preferisco il tè,” ammette Kevin, da buon Inglese.

“E qui ci scatta sempre il dubbio che forse abbiamo invertito la scelta dei nostri protetti…” borbotta Aziraphale.

“Però quella della macchina mi fa venire in mente che ne vorrei una così anch’io,”

“Ma se nemmeno guidi!” lo interrompe Jessica.

“Non è un buon motivo per non averne una. Prima o poi seguo l’esempio del mio mentore e ‘convinco’ un ricco proprietario a cedermi la sua.” sogghigna Kevin e tutti hanno capito cosa intende con ‘convincere’.

“Eh no, Azi, ti confermo che abbiamo scelto benissimo!” ridacchia Crowley, stringendolo a sé.

Il tour della casa prosegue e arrivano al salotto, dove l’elemento che spicca di più è un grosso quadro, che non è un dipinto, quanto una foto incorniciata di Jessica e Kevin.

Kevin nota il tacito interesse di Crowley e Aziraphale e si improvvisa cicerone.

 

“L’idea di base era fare una di quelle foto seduti composti, tipo quelle perfette che trovi all’interno delle cornici quando le compri. Avevo impostato l’autoscatto, eravamo in posa, solo che negli ultimi secondi, Jessica si è impossessata del telecomando, mentre guardavo il finale di una partita di rugby, proprio l’ultimo touchdown. Di riflesso mi sono gettato su lei, che ha allontanato ancora di più il telecomando e rideva spensierata. Ed è in quel momento che è stata scattata la foto.”

“Esatto, quindi anziché una foto finta da gufi impagliati col sorriso di plastica che voleva Mr. Controllo è uscita questa immagine così viva e spontanea e anche a lui alla fine è piaciuta così tanto che l’ha stampata e messa lì.” spiega soddisfatta  la detective.


“Voi non ce l’avete una foto di voi due insieme incorniciata a casa vostra?” domanda Kevin.

“Noi non ce l’abbiamo nemmeno una casa nostra.” sospira Aziraphale infelice, con Crowley che lo abbraccia.

“Sapete, alla mia gente, così come alla sue gente, non farebbe piacere sapere che noi due… fraternizziamo.” spiega il demone.

“Proprio così, e se anche ci amiamo lo dobbiamo fare con prudenza, perché nessuno sospetti niente. Vivere insieme sarebbe come mettere un’insegna al neon per farci scoprire.” precisa l’angelo.

Kevin e Jessica li guardano con qualcosa che si avvicina molto alla commiserazione, in cerca delle parole giuste da dire, che però non arrivano.

“Tu che sai cos’è un’insegna al neon?” lo prende in giro Crowley, ma è solo per sdrammatizzare.

**********************
    Paradise, Fifth Heaven , 22 Aug 2006

 

L’arcangelo Michael finisce di parlare con un angelo inferiore per gerarchia e non appena si allontana, accertandosi che non la guardi nessuno, estrae il suo smartphone di ultimissima generazione, ultrapiatto, color nuvola.

Non deve attendere molto perché il destinatario della sua chiamata risponda.

“Che vuoi, piumato?” ringhia la voce cavernosa di Ligur al quinto squillo.

“Tsk, tsk, voi demoni dovreste fare un corso accelerato di buone maniere, trattare così il tuo informatore preferito…” finge di rimproverarlo l’arcangelo.

“Sei il mio unico informatore!”

“Un motivo in più per essere il preferito, ti pare?”

“Non ho tempo per i vostri giochetti celesti, vieni al dunque!” la esorta il demone.

“Pare che il vostro inviato sulla Terra e il nostro si frequentino molto più spesso di quello che richiedano i loro i compiti,” esordisce Michael.

“Un demone e un angelo che… fraternizzano? Eeew, al solo pensiero vomito!”

“Non dirlo a me, ma c’è dell’altro… Ti ricordi quel loro piano strampalato di trovarsi degli aiutanti speciali?”

“Me lo ricordo eccome, qui all’Inferno non si parla di altro che dei report che ci arrivano, quello che si è scelto Crowley sa il fatto suo!”

“Anche la protetta di Aziraphale è in gamba, ma non è questo il punto!”

“Allora dimmelo tu, arcangioletta…”

“È appunto quello che stavo per fare… e non mi chiamare così!” si stizzisce lei. “Pare proprio che questi aiutanti speciali si siano incontrati…”

“E si sono uccisi a vicenda? Peccato, mi piacevano quei report…” brontola Ligur.

“La smetti di interrompermi? Altro che farsi la guerra, quei due si sono innamorati e ora vivono insieme!”

“Che cosa? Quei due sono una delusione, tali e quali a chi li ha scelti…” scuote la testa il demone, con aria schifata.

“Sì lo so, è davvero disdicevole, ma tutto sommato la cosa può giocare a nostro favore: da quell’amore potrebbe nascere qualcosa di molto speciale, un figlio che in sé racchiude un po’ di Paradiso e un po’ di Inferno, il candidato perfetto per l’Armageddon.” gli fa notare Michael.

“Ooooh, a questo non avevo pensato!”

“La cosa non mi sorprende, voi demoni non pensate mai!”

“Hey!”

“Io ho già informato il mio capo e ho pensato che anche al tuo la cosa potesse interessare…”

“Oh sì, avrò l’attenzione completa di Belzebù quando glielo racconterò.” afferma Ligur.

“Io comunque non ti ho detto nulla. E per il lavoro sporco, mi aspetto che ci pensiate voi…” chiude la chiamata Michael.

“Oh sì, noi quaggiù siamo bravissimi col lavoro sporco!” sogghigna il demone, mettendo via il cellulare.

 

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                          New York, Maspeth, 455 74th Street, 10 Sept 2006

“Tantissimi auguri al trentenne più affascinante che io conosca!” trilla allegra Jessica, assalendo il suo partner ancora dormiente, sotto le lenzuola.

Il fatto di averla a cavalcioni su di sé, solo con addosso uno striminzito completo intimo nero, mentre lo bacia per ogni dove, per il festeggiato costituisce sicuramente un piacevole risveglio.

“Grazie, amore, ma… come lo sapevi? Non te l'ho mai detto… oh, avrai chiesto un miracolo ad Aziraphale di sicuro!” cerca di far mente locale lui.

“Oh, ti prego, sono una brillante detective, non credi che non sia stata in grado di controllare la tua carta d'identità in più di un'occasione?” sorride furbetta lei. “Sul serio ti fai chiamare Dottor Killgrave?” lo sbeffeggia.

“Certo che sì,  è quello il mio, nome, Signorina ficcanaso!” ribatte lui, ribaltando i ruoli e ponendosi sopra di lei.

“Non per me, sei solo Kevin.” lo bacia lei, rimanendo sotto di lui, ben consapevole di un certo risveglio mattutino in lui.

“Oh beh dal momento che sono già sveglio…” sorride malizioso lui, facendole sentire ulteriormente la sua presenza.

Ma Jessica ha altri piani.

“Appunto, dal momento che sei sveglio, possiamo pensare al tuo regalo.” sgattaiola fuori dal letto lei, aspettando che lui faccia altrettanto.

“Il mio regalo?” domanda lui intrigato.

“Esatto, che compleanno è senza regalo? Solo che non è qualcosa che posso incartare ed è qualcosa che coinvolgerà entrambi,” gli anticipa lei.

“Huh, se mi dici così sono solo ancora più curioso!”

“Allora corri a farti la doccia, io l’ho già fatta, così per le undici dovremmo arrivare a Manhattan, il tuo regalo ci aspetta lì!” lo istruisce lei.

 

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                    New York, Manhattan,  235 W 18th Street, 10 Sept 2006 

“Un negozio di tatuaggi?” commenta Kevin scettico, dopo che, su indicazione di Jessica, il taxi li ha lasciati davanti al Manhattan Tattoos LLC.

“Non un tattoo shop qualsiasi, il migliore della città. Trish mi ha detto che tutti i VIP vengono a farseli fare qui.”

“Beh, mi piace esser trattato da VIP.” sorride lui.

“Trish conosce il proprietario e mi ha fatto un prezzo di favore, quindi non fare il cagasotto che si tira indietro, perché non mi rimborsano!” precisa Jessica.

“Quando sull’Empire State Building ti ho regalato quel ciondolo non mi sembra di averti detto ‘Fattelo piacere perché al negozio non accettano cambi’!” controbatte lui. “E comunque, non è vero, da me lo avrebbero accettato.”sogghigna. “ E sentiamo, cosa vuoi che mi faccia tatuare? Un teschio, un serpente o…”

“Una data. La nostra data: 5 Aprile 2006. Il nostro primissimo incontro. L’inizio di noi. Lo faremo entrambi e puoi scegliere dove, anche se io penso lo farò all’altezza del cuore,” confessa lei.

“E questa sarebbe la detective dura, tutta d’un pezzo?” la guarda lui, sorpreso, abbracciandola.

“Decido io con chi aprirmi,” mormora lei, abbandonandosi tra le sue braccia.

“Il cuore come zona mi piace. Okay, mio Prode Cavaliere, facciamo questa pazzia!” acconsente lui.

“Dopo di te, Principessa in pericolo!” lo sprona lei, mentre percorrono la breve siepe che li separa dalla porta dello studio.

“Meno male che non vuoi che mi tatui quello!” si consola Kevin.


All’incirca un’ora dopo, quando escono, i due innamorati sono fieri delle loro scritte all’altezza del pettorale sinistro per Kevin, lungo la curva del seno sinistro per Jessica.

“Mi aspettavo un’improvvisata da parte di Crowley e quindi anche Zira, invece… niente…” commenta Jessica, mentre attendono il taxi.

“Lo credo bene, Crowley nemmeno lo sa che è il mio compleanno, non parliamo mai di queste cose troppo umane per lui. Lui infatti non ce l’ha,” le spiega Kevin.

“E allora? Nemmeno Zira ce l’ha, ma gli piacciono troppo queste cose e allora se ne è inventato uno, così io e Trish lo festeggiamo,” gli racconta Jessica.

“Sul serio?”

“Sì, all’inizio aveva deciso il 25 Dicembre, poi gli sembrava troppo importante come data  e ha optato per un più blando 25 Novembre.”

“Dovrò dirlo a Crowley, anche se è fasullo non è un buon motivo per scordarsi il suo compleanno!” pondera il persuasore.


Una volta rientrati in casa, appena giungono in salotto, Kevin lo trova diverso da come l’hanno lasciato.

Non c’è più il loro quadro, nemmeno il televisore, i divani sono coperti da teli, così come i mobili e ci sono dei lenzuoli stesi a terra

“Ma cosa….”

“Lascia che ti spieghi, mentre eravamo via, ho lasciato le mie chiavi a Trish e le ho chiesto di sistemare la sala, per la seconda parte del mio regalo.” rivela lei.

 

“C’è una seconda parte?” domanda lui, stupito, mentre lei si assenta per tornare qualche minuto dopo con un carrello carico di secchielli di vernice.
E sono tutti viola. Ogni possibile tipo di gradazione.

 

“Rimaniamo sempre in tema ‘colore sulla pelle’, solo che stavolta è lavabile,” lo informa lei, allestendo tutti i colori, prima di spogliarsi e rimanere solo con gli slippini, con la pellicola che copre la piccola porzione di pelle tatuata che brilla sul suo corpo.

“Oh, Jess, questo è un regalo ancora più bello,” mormora lui, cominciando a spogliarsi.

“Anche perché sai che in qualsiasi altro giorno dell’anno se tu provassi a farmi una cosa simile ti farei ingoiare la vernice!” lancia quella velata minaccia lei, adagiandosi sul lenzuolo. “Coraggio, sono la tua tela, sbizzarrisciti, mi puoi pitturare anche i capelli.”

Kevin, ormai rimasto solo coi boxer sorride e prende  uno dei pennelli più piccoli, lo intinge in un viola così scuro da sembrare nero e comincia la sua opera.

Jessica sorride per il solletico che quel pennello fa ai suoi capezzoli, il punto da cui Kevin ha deciso di partire.
Un seno il pittore improvvisato decide di colorarlo di malva, stavolta usando un pennello più grande per l’altro sceglie il pervinca, risparmiando solo la zona appena tatuata..
I movimenti sono delicati, tanto che per Jessica quell’attività è prettamente piacevole.
Incoraggiato dalle sue reazioni, Kevin riprende il pennellino piccolo, stavolta intigendolo di un color sangria con cui disegna dei ghirigori, simili a spirali sulle parti dove ha appena passato i due colori precedenti.

Per l’ombelico sceglie il color orchidea, attorno al quale disegna un fiore.

Per i suoi capelli sa già che non avrà tutta quella pazienza, intinge direttamente le mani nel secchiello color magenta e accarezza quelle morbide onde corvine, striandole con quel tono così acceso.

Quelle mani ancora sporche di colore le posa direttamente sul volto della ragazza, baciandola, ha aspettato pure troppo per farlo.

La stringe a sé, incurante che il colore non sia ancora asciugato, sporcando così anche la sua pelle finora intonsa.

Jessica gli si struscia contro appositamente, prima di capire che a quel gioco può partecipare anche lei,

Intinge una mano nel secchiello a lei più vicino, quello color iris.

Senza smettere di baciarlo, gli accarezza una guancia, poi scende giù fino al collo e i pettorali, poi gli ruba il pennello che ha ancora in mano lui e gli abbozza un cuore sul fianco destro.

Kevin si separa da lei, ma solo per prendere un altro pennello, piccolo, lo intinge nel color uva e poi torna dalla sua ragazza, sfilandole le mutandine, disegnando una farfalla a entrambi i lati del suo inguine.

Jessica risponde prendendo un pennello medio. Lo intinge nel color melanzana, traccia una linea lungo tutto il suo ventre sporcando anche il bordo dei boxer grigi che poi abbassa, lasciando che coli un po’ di quel colore sul suo membro che comincia a domandare attenzioni.

Con un calcio ben mirato, Jessica rovescia in un colpo solo sia il violetto che l’ametista, che si riversano sul lenzuolo in un miscuglio di sfumature.

Si sdraia in mezzo a quella macchia estesa e Kevin è subito sopra di lei.

Si baciano ridacchianti, rotolandosi senza sosta, in un ribaltamento continuo di ruoli, fino a che il desiderio di Kevin di possederla diventa insostenibile.

“Aspettami qui, mi pulisco le mani e recupero un profilattico…” si alza lui ma Jessica lo ferma subito.

“No.”

“No?” la guarda confuso lui.

“Kevin, ti amo così tanto e voglio costruire qualcosa con te… e se cominciassimo adesso?” mormora lei, tirandolo nuovamente a sé.

“Intendi…”

Kevin è così su di giri da non riuscire a completare la frase, ma Jessica non ha bisogno che lui la completi.

“Intendo, sì.” lo rassicura lei. “Io mi sento pronta.”

“Per l’inferno maledetto, Jessica! Tu che mi dici che vuoi un figlio da me? Oh, amore mio, è questo il regalo più bello che tu potessi farmi!” le sorride, prima di darsi un gran da fare con lei.
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              New York, Maspeth, 455 74th Street, 23 October 2006

 

Jessica è alle prese con delle ricerche per una sua indagine, ma questo non le impedisce di vedere rincasare Kevin.

Soprattutto perché sta tenendo in braccio qualcosa di decisamente voluminoso.

“E quello cos’è?” lo interroga perplessa, additando l’enorme peluche che quasi gli copre il volto.

“Questo dici? L’ho vinto alle giostre.” replica lui, in procinto di salire le scale, ma lei gli si para davanti.

“Come, scusa?”

“Ero fuori che passeggiavo e … lo sai che non molto lontano da qui c’è un luna park? C’erano questi peluche giganti bellissimi e … ho provato a vincerne uno.”

“Tu non l’hai vinto.” sentenzia lei.

“Ti dico di sì!”

“Kevin Killgrave Thompson, ho visto come giochi a freccette, hai una mira che fa cagare, quindi lo so che non puoi averlo vinto!” si impunta lei, con le mani sui fianchi. “Non regolarmente.”

“Oh beh, non ho mai detto di averlo vinto regolarmente, solo che l’ho vinto… e il giostraio è convinto che la mia mira sia stata eccellente!” sogghigna furbetto il persuasore.

“Killgrave!” lo rimbecca Jessica.

“Ma l'hai vista?” si gioca la carta della tenerezza lui, mostrandole il musetto dell pantera nera gigante che ha vinto “Così forte e sinuosa, mi ricorda te. E nostro figlio si merita qualcosa che gli ricordi Mammina.”

“Awww, quanto sei dolce, ma è ancora presto. Per il momento non c’è nessun bambino ancora, lo sai…” gli ricorda lei.

“Però abbiamo già una stanza per il bambino, meglio non perdere tempo, no?” la bacia lui sulla punta del naso.

“Allora servirà anche qualcosa che gli ricordi Paparino… vanitoso come sei, un pavone viola sarà perfetto!”

TBC

 

Io voglio quelle calamite.

Io voglio quella foto incorniciata.

Io voglio anche quei due peluche.

Okay, la smetto … ma se questo capitolo è uscito come è uscito incolpate la challenge del superfluo ^^’

 

A proposito, i prompt usati erano:
prompt 1 calamita sul frigo (okay ho usato più calamite, sorry)
prompt 29 quadro in salotto
prompt 52 peluche gigante vinto alle giostre

Quanto al compleanno di Kevin, dopo quello che ha fatto lui a Maggio per Jessica mi sembrava doveroso che lei ricambiasse… e spero vi siano piaciute le idee che ha avuto Jess, io di sicuro mi sono divertita un mondo a scriverle.
 

Ah, che lui sia nato il 10 Settembre ormai è un mio headcanon indiscusso… è la giornata mondiale della prevenzione al suicidio, esiste un paradosso più grande? XD
 

E secondo me è canon che Azi per sentirsi più in sintonia con gli umani si inventi un compleanno XD

Prima che pensiate che Jessica sia solo una dura, nella seconda stagione c’è un (bellissimo) episodio sul suo passato, in particolare sulla convivenza con un suo ex e lì ha momenti in cui è davvero dolcina <3

Sempre nella seconda stagione, a un certo punto fa l’amore con un pittore e in un’occasione rovescia la vernice sul pavimento… ed è vernice violaaaaa… Jess, che cerchi di dire? <3

Quindi davvero, lei le cose tenerelle le fa, solo non con chi dico io :’( … ecco perché esistono le fanfic <3

Cominciate a intravvedere qualche minaccia all’orizzonte?

Spero vi continui a piacere, dovranno succedere ancora molte cose (alcune saranno davvero difficili da scrivere, ma per il momento posso ancora non pensarci, almeno per un po’... )

Buonanotte, è tardino <3

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Capitolo 11
*** Capitolo X: Harder than it seems ***



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Capitolo X: Harder than it seems



                New York, Maspeth, 455 74th Street, 25 Oct 2006

 

“Seduta, sei già seduta…” borbotta Jessica, sistemando meglio i cuscini a Trish, che ha appena preso posto sul divano.

“Vuoi un tè? Forse sarebbe più indicata una camomilla… facciamo direttamente un sedativo?” continua la padrona di casa.

“Quello servirebbe a te, come mai tanto agitata? Mi hai chiesto di venir qui appena potevo, perché mi dovevi parlare,” controbatte l’attrice.

“Se mi hai detto che correvo troppo l’ultima volta che ti ho dato una grossa notizia .. ho un po’ paura di come reagirai adesso.”

“Ti comporti come se dovessi dirmi che aspetti un bambino da Killgrave.” ipotizza la sorella.

“No…” risponde subito la mora.

Trish si tranquillizza all’istante.

“Ma voglio aspettarlo! Forse un giorno non troppo lontano potrei irrompere da te e dirti ‘Presto sarai zia!’” 

Trish per poco non cade dal divano

“Cosaaa?!” la affronta sbigottita.

“Mi sembrava meno devastante dirlo così.”

“No fidati, mi hai steso sul colpo.” cerca di riprendersi la sorella. “Solo vorrei capire perché tutta questa smania.”

“Non è smania… è solo che non vorrei essere una madre decrepita!” dice a sua difesa l’altra.

“Per l’amor del cielo, Jess, hai a malapena vent’anni!” cerca di farla ragionare la sorella.

“Non accetto questi discorsi da chi ancora ne deve compiere diciannove!”

“Cosa che accadrà alla fine del mese prossimo, non è questo il punto. Hai la tua agenzia, il tuo lavoro…”

“Una cosa non mi impedirà di fare l’altra,” controbatte la mora, caparbia. “E prima che tiri fuori le tue solite cazzate, no, non sono controllata da Kevin, anzi, questa è una cosa che è partita principalmente da me. Diciamo che i festeggiamenti per il suo compleanno sono andati benissimo e stavamo per… hai capito, no? E lui stava andando a prendere un profilattico, ma io gli ho detto che non serviva… ma tu forse non vuoi tutti questi particolari,” si rende conto lei.

“No, infatti, non ne avevo necessità…” borbotta una Trish imbarazzatissima.

“Il punto è che ci amiamo così tanto e entrambi ci sentiamo più che pronti  per un passo del genere, che male c’è in fondo?” cerca di farle vedere le cose dal suo punto di vista la detective, con tono più soft.

“Nessuno ha detto che sia un male, solo che.. sia tu, sia Killgrave siete ancora molto giovani, quindi perché non aspettate due, tre… facciamo pure dieci anni?” azzarda Trish, beccandosi un’occhiata di fuoco da parte della più grande.

“E Zira e il suo demone che ne pensano dell’avere un bambino?”

“Di avere un figlio loro? Non ne ho idea, non so nemmeno come riuscirebbero a procrearne uno…”

“Jessica, non...”

“Né chi dei due lo partorirebbe e soprattutto come… anche se non so perché, ma ci vedo più Zira come madre,”

“Jessica…”

“E poi ce lo vedi Crowley? A rinunciare all’alcol per nove mesi? Oh, beh , forse nemmeno Zira farebbe salti di gioia a riguardo...”

“Jess!” si impone Trish e stavolta ottiene l’attenzione della sorella. “Non intendevo fra di loro, ma che ne pensano della decisione tua e di Killgrave!” chiarisce Patricia, con una pazienza che non sapeva nemmeno di possedere.

“Ah. Beh, come dire… loro non lo sanno ancora!” sfodera il suo più innocente sorriso la mora.

“Quando Crowley ha saputo che mi vedevo con Jessica ha fatto crollare la suite dove stavo allora, letteralmente, ma magari questa notizia la prenderà con un po’ più di leggerezza!” interviene Kevin, rientrato dal lavoro proprio in quel momento.

“Ciao, amore!” gli va incontro Jessica, scoccandogli un bacio veloce.

“Ewww, siete smielati, e anche ingiusti… non ho un ragazzo da troppo tempo!” sospira l’attrice.

“Vuoi che ti presenti qualcuno? Ho dei colleghi piuttosto avvenenti che farebbero carte false per uscire con te,” si offre Kevin.

“Non ho bisogno della tua carità!” gli abbaia contro la bionda.

Il persuasore preferisce ignorare la sua acidità.

“Jessica, ho affrontato un’intera seduta con le mie sole capacità umane, niente super poteri e il mio paziente è in via di guarigione. Crowley di certo no, ma tu forse sarai fiera di me,”

“Oh sì, lo sono tantissimo,” lo abbraccia lei. “Se vuoi per pareggiare i conti coi report uso la mia super forza per un piccolo atto vandalico?” gli propone con aria furbetta.

“Lo vedi perché ti amo così tanto?” le sorride estasiato lui.

 

Vorrebbe baciarla di nuovo, ma poi si ricorda della presenza della sua quasi-cognata.

“Allora, Patsy, Jessica te le ha raccontate le novità?” le rivolge di nuovo la parola, stringendo la fidanzata a sé. “A proposito, tesoro, credo di aver trovato un pavone viola per la stanza del bebè!” le annuncia fiero.

“Non ci credo.. tu ti metti addirittura ad allestire già la stanza?” lo guarda stranita Trish.

“Oh, fidati,  lui è anche più esaltato di me alla sola idea!” le spiega Jessica.

“Patsy, non sei contenta per noi?” si acciglia il persuasore.

“Non sto dicendo questo, solo che… mi sembra un po’ prematuro, ecco. Non serve che…” borbotta lei.

“Beh, così non va bene, Patsy, devi mostrarci un po’ più di supporto!”

A quelle parole di Killgrave, Patricia sembra accendersi di un immotivato entusiasmo e un sorriso radioso le attraversa il volto.

“Trovo che la vostra sia un’idea fantastica, non vedo l’ora di essere zia e mi proclamo fin da ora la sua baby sitter ufficiale.”

“Killgrave!” sbotta Jessica, con il suo più autoritario tono di rimprovero.

“Scusa, amore, mi è scivolato.” alza le mani lui, con aria innocente, prima di porre rimedio.

“Sì, certo. Se continui così, un giorno potresti scivolare tu... dal cornicione di un grattacielo.” è la non troppo velata minaccia della detective.

Tuttavia, Killgrave non si fa affatto intimorire.

“Forse, ma tu ti getteresti in mio soccorso per salvarmi. Mi ami troppo, mio prode Cavaliere!”

La sua è una constatazione, non un comando.

La guarda con aria provocatoria e quando lei cede, sorridendo, lui la bacia.

“Okay, Principessa in pericolo, ora però .... risistema mia sorella!” si raccomanda Jessica.

“Patsy, torna pure a pensarla come vuoi.” la libera dal suo influsso lui.

E Trish torna subito in sé.

“Per me state avendo una fretta sconsiderata, ma fate quello che volete. Jess, sai che ti sosterrò sempre,” la rincuora la più piccola, ma prima di avviarsi alla porta principale torna sui suoi passi in direzione dello psicologo.

“Giusto così… per curiosità, quanto avvenenti sarebbero i tuoi colleghi?”

Kevin e Jessica sorridono.

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           New York, Maspeth, 455 74th Street, 26 Oct 2006


“Spero per te che sia un’emergenza!” esordisce Crowley, comparendo non appena Kevin ha finito di invocarlo. “Azi e io stavamo per mettere in pratica i consigli di un libro interessantisssssimo!” sibila, per dare maggior enfasi alla cosa.

“Non ti tratterrò a lungo, così poi riprendi tutta la rassegna di posizioni per far l’amore col tuo angelo…” gli promette il suo assistito.

Crowley sgrana così tanto i suoi occhi di giada che gli si spostano le lenti scure.

“NGK! No, non cosssìììì interessante… mi riferivo a un libro di consigli per le piante d’appartamento!” precisa, risistemandosi gli occhiali sul naso.

Kevin lo scruta con una notevole diffidenza.

“Siamo certi che tu sia un demone?”

“Non mi degno nemmeno di risponderti!” borbotta l’altro, piccato. “Piuttosto, perché hai un ombrello se siamo in casa?” gli chiede, notando finalmente quell’insolito particolare.

“Perché ricordo bene come reagisci quando non gradisci qualcosa,” spiega lui, sistemandosi meglio l’ombrello sulla testa.

Un ombrello viola, ovviamente.

“Sentiamo, cosa dovresti dirmi?”

 “Io e Jessica vogliamo avere un bambino e ci stiamo provando da qualche settimana!” spiattella la verità piuttosto velocemente, coprendosi con l’ombrello meglio che può .
 

Tuttavia, non sente il benché minimo tremolio e sollevando lo sguardo si accorge che la casa è ancora integra.

“Tutto qui? Perché una cosa del genere dovrebbe farmi incazzare? Siete esseri umani molto giovani con un’attività sessuale molto intensa… è normale che prima o poi succeda, solo non pensavo così presto!” fa spallucce il demone.

Kevin ripone l’ombrello, sollevato dallo scampato pericolo.

“E pensi che anche Aziraphale reagirà bene?”

“Farà incetta dei più bei libri di fiabe per leggerglieli quando sarà più grande,” si intenerisce il demone.  “E comunque semmai mi fa incazzare il fatto che mi hai disturbato per dirmi qualcosa che avresti potuto benissimo dirmi in un altro momento!” ringhia.

“Ma aspetta, ho anche altro da dirti, questo di sicuro ti farà piacere saperlo…” preannuncia Kevin con aria furbetta.

**********************

                           London, Mayfair, Hill Street, 26 Oct 2006

Mentre Crowley è impegnato a chiacchierare con il suo assistito, un certo angelo gironzola indisturbato nel suo appartamento.
Con il permesso del proprietario, ovviamente.

Si fida a tal punto da lasciarlo persino solo con le sue piante.

Quello che non può sapere è che con il tempo Aziraphale ha trovato un modo suo personale di soprannominarle, forse per creare più intimità fra loro.

“Molto bene Shakespeare, stai facendo delle nuove foglie, che bei fiori, Wilde, Milton, sei così rigogliosa.. Byron, ti dovresti raddrizzare un po’ di più,” cerca di sorreggere la pianta che sente un po’ il peso delle sue grandi e venate foglie.

Qualcosa di ancora più allarmante cattura l’attenzione di Aziraphale.

“Oh no, Baudelaire, è una macchia quella che vedo?” ispeziona la pianta, colpevole di presentare una macchiolina marrone su una delle foglie più esposte.

“Non dovrei, Baudie, ma abbiamo presente entrambi come si arrabbierebbe Crowley se ti vedesse..” e dicendolo schiocca le dita, restituendo alla foglia il suo vivido verde in ogni parte.

“Crowley non lo dovrà mai sapere,” fa l’occhiolino l’angelo verso quella pianta che se solo fosse dotata di parola lo ringrazierebbe.

 

“Non dovrei mai sapere cosa, angelo?” ricompare dal nulla Crowley, abbracciandolo da dietro.

“Che le tue piante sono le più belle di tutta Londra, ma che dico Londra? Di tutto il mondo,” trova un espediente credibile il biondo, voltandosi per baciarlo. “Non dovresti mai saperlo, perché, conoscendoti, ti monteresti un sacco la testa,” mormora scherzoso contro le sue labbra.

“Ho anche l’angelo più bello di tutto l’universo, ti sembra mi sia montato la testa anche per questo?” sorride il demone, prima di baciarlo voracemente.

“Caro non credere che in tua assenza io non abbia notato il laghetto artificiale. Non solo c’è ancora l’anatra che avevi soccorso… le hai pure trovato una compagna e hanno avuto tre anatroccoli!” sorride estasiato l’angelo.
 

Crowley non ci prova nemmeno a negare l’evidenza.

“E va bene, sì, angelo ficcanaso che non sei altro, non ce l’ho fatta a lasciare Jay McDuck così solo… così è arrivata Duckess … sai, un omaggio alla protagonista degli Aristogatti… ebbene sì, angelo, mi piace anche quel cartone, se mi devo sputtanare, che lo faccia fino in fondo. E prima che me lo chieda tu, gli anatroccoli li ho chiamati Huey Dewey e Louie, perché… le hai mai viste le avventure di quei paperi in TV? Dovrò farti avere una cultura a riguardo…”

Aziraphale per tutta risposta lo bacia con trasporto.

“Oh, Crowley, questo tuo lato tenero mi fa impazzire… se possibile, ti rende ancora più irresistibile e sexy!”

“Sapevo che era il crimine che pagasse, ma anche la tenerezza non scherza!” ridacchia il demone.

“Allora me lo racconti che ti ha detto Kevin? C’è da preoccuparsi?” gli domanda Aziraphale, separandosi da lui.

“L’unica cosa di cui dovremmo preoccuparci è che nel giro di qualche mese ci sarà in giro una mini versione sua o di Jessica.”

“Ooohhhhhhhhhhh!” squittisce felice l’angelo. “Vuoi dire che la mia dolce Jess sta già…”

“No, no, lo stanno solo programmando.”

“Sai già come lo o la chiameranno.. quando accadrà?”

“Ho tentato di estorcergli un Anthony se è maschio o Zira se è femmina, ma il mio assistito non sembrava granché convinto!” sbuffa Crowley. “Pensa che Kevin temeva gli buttassi giù la casa a quella notizia, magari dovresti rasserenare a riguardo la tua protetta anche tu.”

“Lo farò immediatamente.” annuncia l’angelo, ma Crowley lo blocca prima che possa schioccare le dita per scomparire.

“No, Kevin mi ha detto che è impegnata in un’indagine, meglio non disturbarla… e poi cos’è tutta questa fretta?” lo tira a sé. “Hai un compleanno umano e non me lo dici? Farò le cosssse in grande per te, angelo.” gli sussurra all’orecchio, infilandogli dentro la lingua, ora biforcuta, cosa che lo fa impazzire.

“Ohhh, quindi l’hai saputo…” geme Aziraphale abbracciato a lui.

“Sssììì e se penso a tutti quelli che non abbiamo fessssteggiato.”

“Oh, ma ho cominciato a farlo solo da quando ho conosciuto le ragazze…”

“Non importa, sssono comunque ssstati importanti!”

“Perchè non te ne inventi uno anche tu allora?” gli propone il biondo.

“Sceglimelo tu, angelo.” lo sprona il rosso, stringendolo a sé.

“Ohhh, mi piace. Allora facciamo oggi, così posso festeggiarti da subito.” sfodera un sorriso furbetto l’angelo, prendendolo per mano e conducendolo alla camera da letto.

“Beh, mi piace come inizio di festeggiamenti,” sogghigna Crowley, sdraiandolo sul letto.

Nel tempo di uno schiocco di dita da parte dell’angelo entrambi sono nudi, inginocchiati uno di fronte all’altro con al centro una ciotola di cioccolata fondente fusa fumante.

Crowley lo guarda stupefatto e Aziraphale gli sfila gli occhiali per godersi il suo sguardo sorpreso al naturale.

“È appurato che ti piaccia il cioccolato, non è così, mio caro?” sorride l’angelo, baciandolo e intingendo la spatolina adiacente nella ciotola.

“Dì, la verità, angelo, tu questo lo stavi pianificando da tempo, non è così?”

“Beh, sì, aspettavo l’occasione giusta, solo che il nostro anniversario è ancora così lontano, Natale non ti piace, San Valentino è troppo un clichè… cosa c’è di meglio di un compleanno?”

Soffia leggero sulla cioccolata raccolta e poi cosparge la spalla sinistra del demone e parte del suo petto.

Crowley freme a quel contatto inaspettato, caldo, ma non ustionante.

“Angelo, ti ricordo che bazzico fra le fiamme dell’Inferno come niente, non serve che tu… NGK!” si azzittisce da solo, non appena Aziraphale provvede a ripulirlo dal cioccolato con baci, leccate, succhiotti e qualche morso.

“E tu puoi fare la stessa cosa a me,” gli spiega l’angelo ripetendo il procedimento, stavolta attorno al suo ombelico, punto per cui Crowley gli ha mostrato più e più volte di avere una predilezione.

La salivazione del demone va a zero, mentre guarda il suo angelo sdraiarsi con fare lascivo sul letto, invitandolo con lo sguardo, con una certa parte di lui che chiaramente dimostra di gradire la situazione che ha creato.

Probabilmente la prossima che verrà ricoperta di cioccolata.

“Buon compleanno, mio caro!”

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            Manhattan, 230 Fitfh, 230 Fifth Ave Corner 27th, 29 Nov 2006 

Diciannove anni si compiono una volta sola nella vita e Trish Walker vuole dimostrare al mondo come si festeggino a dovere.

Del resto un’attrice con la sua fama ha le risorse per farlo.

Ecco perché ha invitato almeno trecento persone che ora si stanno godendo la magnifica vista di Manhattan quando fanno capolino dai vari igloo bar allestiti sul terrazzo.

È pur sempre una notte di fine Novembre.

Tra gli invitati ovviamente ci sono anche Jessica e Kevin.

Nemmeno Aziraphale è voluto mancare a un evento così importante di quella che ormai considera una delle sue due figliocce, il che significa che anche Crowley lo ha seguito.

Inoltre è un’ottima occasione per rivedere i loro assistiti.

“Davvero Crowley ti ha portato a Parigi per il tuo compleanno?” chiede affascinata Jessica al suo guardiano.

“Proprio così, mia cara. Mi sveglio e me lo trovo davanti, vestito di tutto punto, bello anche più del solito, se possibile, che regge un completo per me, nuovo di zecca, color crema, in tartan. Mi fa cambiare e poi mi dice ‘Chiudi gli occhi,’ mi prende per mano… e un attimo dopo sto guardando la Tour Eiffel,” comincia il resoconto Aziraphale, tutto emozionato al ricordo. “Facciamo colazione nella creperia più prestigiosa della città, addirittura sopporta di accompagnarmi a visitare il Louvre, è stato proprio impeccabile!”

“Poi di notte al Louvre ci siamo tornati, per far l’amore nascosti da tutti, col rischio di venire scoperti!” aggiunge Crowley, con aria fiera. “Le cose vanno raccontate per bene, angelo!”

“Oh beh, suppongo che anche quello fosse parte del mio regalo!” gongola Aziraphale.

“Beh, se invece volete sapere dove l’ho portata io per il suo compleanno… basta che guardate là!” spiega ai loro guardiani Kevin, indicando con il dito verso l’Empire State Building.

Jessica lo guarda in malo modo.

“Che c’è, amore? Ormai glielo possiamo anche dire… Jess non è stata per tutto il tempo a quella deprimente festa che gli avevate organizzato tu e Patsy!” rincara la dose il persuasore, rivolto all’angelo.

“Hey!” si offende lui, ma cambia umore all’istante. “Però...com’è romantico!”

“Già,” si tranquillizza anche Jessica, stringendo il suo ragazzo a sé. “E quella notte gli ho chiesto di far l’amore per la prima volta!”

“Jess!” si imbarazza Kevin.

“Le cose vanno raccontate per bene,” cita le parole precedenti del demone la ragazza.

A volte tutti e quattro si chiedono se abbiano fatto davvero i corretti abbinamenti.

“Chi di sicuro farà grandi cose stasera è Patsy, hai visto com’è andata bene l’uscita che le ho organizzato con Jimmy? Non si sono più persi di vista!” commenta sornione il persuasore, mentre lui e Jessica la osservano ballare in modo molto sensuale col collega di Kevin, un aitante biondo, con gli occhi azzurri e il fisico di un surfista californiano.

“Non lo so se mi convincono come coppia… insomma, lui ha già ventisette anni,” borbotta Jessica, che si sente molto protettiva verso la sorella.

“Disse la ragazzina che se la intende con i trentenni!” ridacchia Kevin, abbracciandola da dietro.

“A chi hai detto ‘ragazzina’?” lo guarda con una falsa aria minacciosa lei, prima che lui la baci.

“E poi non hai nulla di che preoccuparti, Jimmy è un tipo a posto, è uno psicologo dell'infanzia, nei casi più disperati mi chiede una mano per … calmarli un po’.” le spiega.

“Lui sa che tu…?” gli chiede perplessa lei.

“Naaah, crede solo che ci sappia fare coi marmocchi!” le strappa un sorriso lui.

“Beh, Kevin, quando sarà il momento, con uno dovrai saperci fare per forza.” mormora lei, con aria sognante.

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                              New York, Maspeth, 455 74th Street, 30 Dic 2006

“Niente, niente e ancora niente!” getta l’ennesimo test di gravidanza, frustrata. “Questa volta ero davvero convinta … quei due giorni di ritardo, invece…è più difficile di quel che sembra!” si demoralizza.

Trish è lì con lei, nel bagno della detective.

“Jess, alla fine sono giusto tre mesi o poco più che ci stai provando, è normale che non accada subito… Puoi fare tutti i calcoli che vuoi, ma devi anche avere un po’ di pazienza.”

“Calcoli? Quali calcoli?” si acciglia la mora.

“Beh sai, i giorni giusti per farlo…” la guarda confusa Trish.

“Ogni volta che mi va non è un buon parametro di riferimento?” domanda l’altra, con spiccata ingenuità.

“Oh mio dio, Jess, hai bisogno di un corso accelerato sull’argomento, ma io non credo di essere la persona più indicata… lascia passare queste feste e poi ti fisserò un appuntamento con la mia ginecologa.. qualcosa mi dice che non ne hai una, vero?”
 

“Sai, pensavo che con la super forza e tutto quanto non avessi più bisogno di molta… manutenzione!” scrolla le spalle la detective.

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Le feste passano e a metà Gennaio, ricca di preziosissime nuove nozioni, Jessica fa scorta presso la farmacia più vicina di tutto quello che le può servire: termometro per la temperatura basale, quaderni pre impostati per appuntare informazioni sull’ovulazione, test per controllare il livello di ovulazione e qualche libro per approfondire l’argomento.

“Ora sì che le cose cambieranno.” promette a se stessa.
                 
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Queens, NY, Rockaway Beach Dr 108-110, The Rockay Hotel  19 Jun 2007

  Il Dottor Thompson si alza dalla chaise longue a bordo piscina dove ha tenuto la seduta del suo facoltoso paziente, affetto da schizofrenia.

“Molto bene, Signor Spencer, per oggi abbiamo finito.” conclude il suo primo lavoro, prima di cominciare il secondo. “Scelga pure con quale personalità farlo e poi vada a dar sfogo al suo peccato mortale preferito, tranne Uccidere però, quello darebbe un po’ troppi problemi.” gli ordina, seppur con coscienziosità.

Il paziente si allontana un po’ confuso, ma pronto a eseguire il comando.

Tuttavia Kevin si rende ben presto conto di non essere solo come sperava.

“Ma siamo certi che tu lavori? No perchè sembreresti più in vacanza, ti manca solo una camicia hawaiana e un cocktail dentro una noce di cocco da sorseggiare!” esordisce con l’irriverenza di sempre una voce che ben conosce.

Kevin si volta truce verso Crowley, che per la cronaca se ne sta spaparanzato su un’altra delle chaise longue, a far finta di abbronzarsi con uno dei cocktail da lui descritti nella sua mano.

Non che ci sia un bar che li serva nei paraggi, ma del resto solo il suo assistito lo può vedere.

“Per tua informazione, io lavoro eccome… anche se avrei tanto bisogno di una vacanza!” borbotta lo psicologo, rimettendosi a sedere.

“Lo vedo che sei stressato, manca un po’ di fantasia, quel comando che hai dato prima a quell’uomo, così vago… non è da te, di solito vai dritto al punto,” osserva il demone. 

“E tu? Si può sapere che ci fai qui? Non hai nulla di meglio da fare che osservarmi in azione?” alza gli occhi l’umano.
 

“Da Azi c’è Gabriel, per discutere di alcuni report, non è prudente che resti nelle vicinanze quando succede,” fa spallucce Crowley. “A proposito di capi, se vuoi ci metto io una buona, anzi una cattiva parola con Belzebù, così tu e Jessica potete concedervi una vacanza.”

“Non hai capito… io la vacanza la vorrei da Jessica!” lo sorprende con la sua risposta Kevin.

“Uh?” lo guarda stranito Crowley.

“Sia chiaro, io la amo davvero tanto, ma in questi mesi è diventata un incubo, è ossessionata dal rimanere incinta a tutti i costi ed è sempre più frustrata perché non ci riesce. Abbiamo fatto le visite, sia lei che io ed è tutto a posto , ma lei non mi crede, è convinta che io abbia usato i miei poteri per farle dire dai medici quello che voleva sentirsi dire.” comincia il suo sfogo Kevin.

 

Crowley posa il suo cocktail a terra e si mette a sedere, per poterlo affrontare meglio.

“Ed è così?” lo scruta.

“Cazzo no. Non le farei mai una cosa del genere. Va davvero tutto bene, è solo questione di tempo, ma lei sembra non voler aspettare, a volte non la riconosco. Poi ci sono dei momenti in cui incolpa i nostri poteri, pensa che forse hanno danneggiato qualche caratteristica umana… quindi sì, ci sono giorni in cui ce l’ha a morte anche con Aziraphale,” lo informa Kevin. “Una sera mi ha implorato che usassi i miei poteri su di lei, ordinandole di rimanere incinta… cosa che ovviamente non ho fatto… e non mi ha parlato per tre giorni!” borbotta lui.

“Dannazione, si è proprio fissata con questa storia!”

“Sì, non ne hai idea, come non puoi immaginare la quantità spropositata di sesso che facciamo a ogni ora del giorno o della notte!”

“E hai pure il coraggio di lamentarti?”

“Fidati, non è eccitante come sembra, non con Jessica che nel mentre mi parla di temperature basali, ovulazione e cicli lunari!”

“NGK! In effetti no… rovina decisamente l’atmosfera.”

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               Time Square, NY 701 7th Ave 20, Paradise Club, 25 Aug 2007

“Perché mai darci appuntamento a un posto che si chiama Paradise?” storce il naso Hastur, quando insieme a Ligur, si trova all’entrata del luogo concordato da Michael e Sandalphon.

“Oh andiamo, non fare tutte quelle storie, è un nome come un altro!” taglia corto Michael. “Entriamo!” decide per tutti.

“E poi vedete? All’interno le luci sono rosse, è molto più simile alle vostre parti che alle nostre,” fa notare Sandalphon mentre prendono posto a un tavolo.

“In effetti sì, okay, possiamo considerarlo un compromesso!” grugnisce Ligur.

Un cameriere nota i nuovi avventori e si affretta a prendere le loro ordinazioni.

“Una birra nera, una rossa e … immagino due acque naturali,” sceglie per tutti Ligur, lanciando uno sguardo di derisione agli odiati arcangeli.

“Esatto, ma naturali e a temperatura ambiente, grazie.” si affretta a precisare Michael.

Il cameriere li guarda annoiato, con aria di sufficienza, poi se ne va.

“Ohh, che botta di vita!” li sbeffeggia Hastur.

“Preferivi che la portassi benedetta con il rischio che me ne scivolasse un po’ verso di voi?” ribatte mordace Michael.

“Non vogliamo inzozzare questi templi corporei,” precisa Sandalphon. “Detesto quando siamo in missione fra gli umani.”

“Mai quanto lo detestiamo noi,” precisa Hastur. “Ma va fatto il punto della situazione.”

“Oh beh, io da qualche mese ho reso l’assistita di Aziraphale molto ossessionata dal concepimento,” racconta con una certa fierezza Michael. “Mi è bastato incrociarla appena uscita di casa, approcciarla con una scusa e farle un bel discorsetto convincente. Se l’assistito del vostro demone crede di essere l’unico con capacità di persuasione si sbaglia di grosso!” sogghigna l’arcangelo.

“Ben fatto… o mal fatto, non so mai come si dice!” brontola Hastur.

“Ora non ci resta che aspettare, l'Armageddon è ogni giorno più vicino.” si compiace Ligur.

“Io continuo a essere contrario a tutti questi rapporti prematrimoniali… ma faccio un’eccezione per la causa.” borbotta Sandalphon.

“Mio buon collega, i tempi ormai sono cambiati, ben pochi esemplari di umani si attengono ancora a quel principio,” gli spiega Michael.

“Ci vorrebbe una nuova Sodoma e Gomorra, punire i traditori, insegnare un po’ di disciplina, preservar il timore divino,” sogna ad occhi aperti Sandalphon. “Queste le cose che piacciono a me!” canticchia uno dei motivetti più emblematici del suo musical preferito.

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                          New York, Maspeth, 455 74th Street, 15 Oct 2007

 

“Jessica, ti prego, non voglio imporlo come comando, però mi faresti felice se mi ascoltassi,” le va incontro Kevin, di ritorno dalla sua giornata lavorativa.

“Ti sto ascoltando…” lo guarda lei.

“Perché stanotte non facciamo l’amore, non per calcoli stressanti, temperature ottimali, posizioni più idonee…. ma senza pensare a nulla, se non a quanto ci vogliamo l’un l’altra, con la promessa di stare sempre insieme, qualsiasi cosa accada … o non accada?” le chiede, con la disperazione nel suo tono, prendendo il suo volto fra le mani.

Lei lo guarda in silenzio per un po’ e poi annuisce, spingendosi più contro di lui per un bacio che è solo il preludio della notte spensierata che li attende.




E qualche settimana dopo, una Jessica fuori di sé dalla gioia capisce che quella leggerezza è forse stato il fattore più vincente.

Quella sera stessa, lei attende che Kevin rientri dal lavoro e quando cenano insieme gli fa trovare sul piatto una scatolina di velluto.

Quando lui  la apre e vede al suo interno quel ciuccio argentato capisce tutto.

“Amore, ce l’abbiamo fatta!” gli butta le braccia al collo Jessica. “Sono incinta!”

--
TBC

 

Allora, che dire di questo capitolo?

Un sacco di cose.

Jessica vi potrà sembrare un po’ OOC ma è una cosa voluta, per far capire che fosse sotto l’influsso di quella str… ehmm stratega di Michael ecco ^^’

Quanto alla sua beata ingenuità riguardo ai consigli sul concepimento, ho fatto leva sulla sua giovane età, concedetemelo!

Duckess è n gioco di parole fra Duchess, Duchessa degli Aristogatti e Duck che è anatra … il kink che ho per Crowley e le anatre è forse parimerito a quello per Crowley e le piante XD anche se stavolta ho preferito farci interagire Azi, spero non vi sia dispiaciuto.

Quanto al nome degli anatroccoli, suvvia se non semino Easter Eggs non sono io XD

 

Scherzi a parte, vi informo che purtroppo questi momenti felici e spensierati stanno quasi per finire… io piango al pensiero di cosa dovrò scrivere, ma è necessario… comunque forse anche il prossimo capitolo non sarà ancora un’immane tragedia ^^’

Liberi di dirmi quello che più vi aggrada :)

alla prossima, per chi la segue, datemi qualche giorno e aggiornerò anche ‘Balance’

un abbraccione.


Lu



 

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Capitolo 12
*** Capitolo XI: A baby me or a baby you ***


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Chapter XI: A baby me or a baby you


                                                           New York, Maspeth, 455 74th Street, 09 Nov 2007


Mentre rigira tra le mani il ciuccio, dopo la notizia appena ricevuta, Kevin si bea del sorriso raggiante della sua amata.

Sente comunque la necessità di farle quella domanda, seppur retorica.

“Non stai scherzando, vero?”

Jessica si stringe ancora di più a lui, strofinando il viso contro il suo.

“Amore mio, potrei mai scherzare su una cosa simile?” lo bacia. “Lo so di essere stata impossibile e insopportabile in questi mesi, ma adesso abbiamo quello che desideravamo così tanto, non sei contento?”

 

Evidentemente quella deve essere la sera delle domande retoriche.

“Se sono contento? Oh, mio preziosissimo amore, non potevi darmi notizia più bella!” la bacia con trasporto lui. “Sai che c’è? La cena qui può aspettare, stasera bisogna festeggiare.”

“E pensare che avevo detto al cuoco di prepararti il tuo piatto preferito.” borbotta Jessica.

Vista la poca se non inesistente propensione alle faccende domestiche da parte di entrambi, si sono dotati di un cuoco e di una domestica, regolarmente stipendiati.
Da brava fanatica della parità dei sessi, Jessica ha insistito per contribuire al loro mantenimento e Kevin glielo ha concesso, ma solo in minima parte.

“La Pasta Amatriciana la servono in qualsiasi ristorante, all’occorrenza anche in quelli che non ce l’hanno sul menù!” sorride il bel persuasore, sfrontato.

“Gradirei che, se proprio vuoi mangiare quella sbobba, almeno tu scelga un ristorante che conosca già la ricetta.”

“Difatti lo conosco, è uno dei più eleganti, Il Rosso, quindi gradirei che tu ti vesta in modo adeguato."

“E va bene, mi metterò uno di quei vestiti atroci e scomodissimi che ti ostini a regalarmi, ma solo perché sono di ottimo umore.. e anche perché fra qualche mese non mi entrerà più niente.” si arrende lei, andando verso le scale.

“Ma sarai una visione comunque!” le urla lui, rimasto al tavolo.

“Lo vedremo quando non riuscirò più a vedermi nemmeno i piedi!” controbatte lei, ormai già al piano di sopra.

Quando scende, pronta per uscire, Kevin sembra incapace di toglierle gli occhi di dosso.
Indossa un tubino corto, color viola ametista, smanicato con allacciatura al collo, da entrambi i lati l’avvolgono balze d una nuance leggermente più chiara.
I capelli sono lasciati liberi e selvaggi.

“Mio dio, Jess, sei, sei… non ricordo nemmeno di averti comprato questo vestito.”

“E infatti non l’hai fatto.” lo informa lei. “Zira e il tuo guardiano mi hanno trascinato a fare spese, qualche mese fa, credo fosse un tentativo per distrarmi dalla mia ossessione del concepimento; l’idea è partita da Zira, ci teneva indossassi qualcosa perfetto per l’occasione quando avrei festeggiato con te la bellissima notizia, solo che i tuoi gusti li conosce meglio Crowley e dal tuo sguardo direi che ci ha preso!” sorride lei, infilandosi il cappotto nero che tiene a braccetto, coordinato con le décolletè e la pochette.

“Dovrebbe essere un demone e invece mi ha sempre fatto da angelo custode.” sorride intenerito il persuasore.

“Pensa a quando gli daremo la notizia, ma credo che se non lo dico prima a Trish lei mi ucciderà!” borbotta la detective.

“Lo renderemo noto a tutti quelli che lo devono sapere, ma non stasera, stasera è per noi. Il taxi ci aspetta, mia cara.” le fa strada Kevin, prendendo il suo cappotto. “E dopo cena potremmo anche andare al Metropolitan Opera House a vedere…” propone lui, ma Jessica non gli fa nemmeno finire di parlare.

“Ti prego, abbiamo detto ‘festeggiare’!” alza gli occhi lei.

“Ho capito. Cinema. Uno di quei film romantici sdolcinati, strappalacrime…” cambia programma della serata lui, mentre escono dal porticato, attraversando il prato.

“Cazzo no, che due palle! Quelli semmai piacciono a te, femminuccia, hai pianto pure quando abbiamo visto in TV ‘50 volte il primo bacio’ e quella è una commedia!” gli ricorda la detective, senza perdere occasione di punzecchiarlo.

“Io non ci ho trovato nulla di divertente. Insomma, lei si dimentica di lui, ogni giorno e lui ha una tale forza d’animo! Non lo so come riesca ad affrontare qualcosa di così orribile …” mugugna Kevin, mordendosi il labbro. “Io impazzirei dal dolore se tu ti dimenticassi di me, Jessica.”

“Suvvia, cos’è tutto questo sentimentalismo? Io semmai dovrei avere gli ormoni in subbuglio, non tu!” lo rimbecca lei.

La verità è che è molto colpita dalle sue parole e dal suo atteggiamento, ma sdrammatizza, perchè le viene più facile.

Tuttavia, qualcosa nei grandi occhi scuri del suo amato, ora un po’ più lucidi, le fa capire che non è abbastanza.

Lo abbraccia forte da dietro, quando lui meno se lo aspetta.

“Tesoro mio, io non mi potrei mai dimenticare di te!” sussurra, premendo sulle punte delle scarpe per alzarsi fino a poggiare il mento contro la sua spalla. “E, se non bastasse, adesso c’è una piccola me o un piccolo te che cresce nel mio grembo a ricordarmelo.” lo fa sorridere lei.

“Dimmi un po’, quando sei stata in giro con Crowley e Zira, il mio guardiano ha provato a convincerti a chiamare nostro figlio Anthony se è maschio?” le domanda Kevin, aprendole la portiera del taxi.

“Un’infinità di volte,” ridacchia lei, “Ma io sono stata irremovibile. E poi non ci voglio pensare ai nomi, sono dell’idea che quando la o lo vedrò mi verrà immediato in mente quale sia il nome più adatto.” mormora lei, stringendogli una mano.

“Mi sembra un ottimo metodo.” approva Kevin. “Quanto al cinema, molto meglio se accontentiamo te: un film d’azione o un horror truculento?”

“Ora sì che si festeggia!” sorride lei, baciandolo.

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                                                                      New York, 389 Upper East side 89th Street, 10 Nov 2007


Trish osserva Jessica e Killgrave, che ha già fatto accomodare nel suo salotto da qualche minuto.

Non saprebbe dire chi tra i due è quello più fuori di sé dalla gioia.

Tanto che forse non è nemmeno così necessario farli parlare.

“State per dirmi quello che penso, Jess?” interroga la sorella, con un largo sorriso che non riesce a contenere.

Jessica non può resistere un solo istante di più. Si alza dal sofà e le corre incontro.

“Sì, Trish, fra otto mesi sarai zia!” esulta, abbracciandola.

Trish le sorride raggiante a sua volta, prolungando l’abbraccio.

“Hai ragione, Jess: sentirselo dire così fa tutto un altro effetto.” ammette, al pensiero di poter stringere un nipotino o una nipotina fra le braccia.

L’attrice si muove verso Killgrave, che si alza, mettendosi sulla difensiva, prima di vedere la sua espressione, inizialmente austera, addolcirsi.

“Oh, al diavolo, fatti abbracciare anche tu, quasi cognato!” gli sorride, tirandolo a sé, prima che lui abbia il tempo di dire qualsiasi cosa.

“Lo sapevo che prima o poi mi avresti apprezzato, Patsy!” sorride tronfio lui, anche se un po’ scombussolato per quel gesto che non si aspettava.

“Ora non ti montare la testa!” alza gli occhi la bionda, tornando dalla sorella.

Si piega sulle gambe fino a che la sua testa è ad altezza della pancia.

“Lo so che forse è un po’ presto per parlarti, ma sappi già che hai una zia ricca e famosa che ti vizierà a dovere!”

“Beh, sì, Trish, deduco sia un po’ presto perché riesca a sentirti, dubito fortemente abbia già delle orecchie.” ridacchia Jessica, invitandola a rialzarsi.

“Beh, ma qualcun altro le orecchie per sentire le ha…” commenta la bionda, voltandosi nuovamente verso lo psicologo. “Non credi che sia il caso di diventare mio cognato a tutti gli effetti e far trovare una famiglia consolidata al bebè in arrivo?”

Kevin ha fatto bene a sedersi di nuovo dopo l’abbraccio e per poco non sprofonda dentro il divano da quanto sussulta.

“Cos…”

“Amore, io non ne sapevo nulla, giuro, non ti sto tendendo una trappola!” chiarisce la futura mamma, fulminando la sorella con lo sguardo.

“Non mi sento in trappola, tesoro, nulla di tutto questo, solo che prima pensiamo al bambino, poi verrà tutto il resto. Non voglio che sembri un matrimonio riparatore,” si giustifica lui, andando verso la sua amata.

“Anche perchè io non vedo alcunché da riparare.” lo bacia teneramente lei.

“Siete così carini che vi vedo già all’altare!” squittisce Trish.

“Kev, non le hai dato alcun comando tu, vero?” bisbiglia la mora al suo ragazzo.

“No, amore, è proprio questa la cosa inquietante!”

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                                                        New York, Maspeth, 455 74th Street, 10 Nov 2007

“Quando lo abbiamo deciso che avremo dovuto dirlo a tutti nel corso della stessa giornata?” borbotta Kevin, quando rientrano a casa.

“Con Trish è andata anche meglio del previsto, con loro due credo che sarà ancora più facile,” insiste Jessica.

“Forse hai ragione tu. Che facciamo? Andiamo a Londra noi? Posso prendermi qualche giorno libero dal lavoro.” propone lo psicologo. “Mi piacerebbe tanto mostrarti la mia vecchia scuola, i luoghi dove sono cresciuto. Però forse non è il caso ora, viste le tue condizioni…”

“Quali cazzo di condizioni?” bercia la detective. “Sono incinta, mica menomata! E non lo sono da nemmeno un mese, non trattarmi da malata.”

“Non ho detto questo.”

“Per quanto mi piacerebbe, non andremo a Londra perchè ho un caso che sto seguendo e non posso lasciare in sospeso, nemmeno per un giorno.” specifica lei.

“Ah, quindi vorresti pure continuare a lavorare?” si acciglia Kevin.

“Non cominciarla nemmeno questa discussione!” lo mette subito a tacere Jessica.

“Come li chiamiamo quindi?” torna sull’argomento principale Kevin.

“Di certo non con una chiamata al cellulare. Il tuo guardiano non lo so, ma il mio non si può dire sia molto tecnologico, non con me almeno, ma i messaggi di Crowley… non se ne perdeva uno!” borbotta lei.

“No, il mio è all’avanguardia, chattiamo anche, ma ho un metodo più figo per chiamarlo.”

Dicendolo, Kevin si concentra, ricorrendo allo stesso stratagemma che aveva usato quando più di un anno prima era in quella libreria e doveva avvisare il suo guardiano di quello che stava per succedere.

- Crowley, vieni subito qui a casa nostra, porta anche Aziraphale!- lancia quel messaggio telepatico.

Passano una manciata di secondi, prima che Jessica prenda la parola, guardandolo scettica.

“Esattamente cosa dovrebbe succedere?”

****************************** (Contemporaneamente)

 

                                                                                                London, Soho, Greek Street, 10 Nov 2007

“Ho sentito qualcosa…” bofonchia Crowley, disteso su una pila di libri.

Per la cronaca, sono di un’edizione su larga scala della saga di ‘Twilight’.

Quella libreria moderna dove Crowley ha mandato Aziraphale una volta per giocargli uno scherzo alla fine si è rivelata utile a qualcosa.

Inutile dire che invece la primissima edizione della saga ‘Harry Potter’ l’angelo la custodisca libro per libro, gelosamente.

“Bene, mio caro, significa che sto eseguendo bene questa assai dilettevole attività che mi stai insegnando con così tanto entusiamo!” ridacchia sicuro di sé Aziraphale, spingendosi più contro l’amato in quell’innovativa esperienza che per la prima volta lo vede avere un ruolo attivo.

“NGK! N..no, angelo, cioè s-sì, anche.. intendevo dire, ho sentito una chiamata, telepatica, Kevin ha bisogno di me!” riesce a chiarire il concetto il demone, nonostante l’intenso piacere lo stia stordendo.

“Lascia che aspetti un po’!” protesta il biondo, intensificando il ritmo.

“Ughh.., angelo, sì, così… io però credo sia urgente.. ha detto che devi seguirmi anche tu.” cerca di mantenere quanta più lucidità mentale possibile Crowley.

“Se conosco Kevin, e ormai un po’ lo conosco, mi basta sapere che sia anche solo un quarto della Drama Queen che sei tu, per potermene stare tranquillo!” lo bacia l’angelo.

“Hey!” protesta contro le sue labbra il demone.

“Lo sai che ho ragione!” insiste Aziraphale, rallentando le sue spinte. “Caro, non lascerò che nulla ci disturbi, nemmeno una cosiddetta emergenza del tuo assistito. Ho anche chiuso la libreria con largo anticipo, messo fuori un cartello che farebbe desistere chiunque ad entrare, se non basta giuro che metto a fare la guardia all’ingresso qualcosa di spaventoso, tipo… non lo so..”

“Un segugio infernale?” si lascia sfuggire Crowley.

“Un... cosa!?” lo guarda confuso l’altro.

“Oh, beh, certe cose non dovrei rivelarle… non ho detto niente, angelo,” fa il finto tonto Crowley. “Torna a concentrarti ssssu quello che stai facendo cosssssììì impeccabilmente.”

Sibilare è sempre la chiave giusta per far perdere le inibizioni al suo angelo.
 

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                                                                     New York, Maspeth, 455 74th Street, 10 Nov 2007


Circa mezz’ora dopo, Jessica e Kevin sono seduti in salotto, la prima a cimentarsi svogliatamente in un quesito di enigmistica, il secondo a chiedersi se per caso non sia successo qualcosa di allarmante al suo guardiano che ha precedentemente invocato.

“Ma che cazzo, non possono impegnarsi a farli un po’ più difficili questi gialli da risolvere? È ovvio che è stato il cugino della vittima, manca uno dei gemelli della camicia, lo deve aver perso nella colluttazione dove lo ha ucciso!” borbotta Jessica, lanciando la rivista sul tavolino, annoiata.

Proprio in quel momento appaiono davanti a loro Crowley e Aziraphale.

“Allora state bene!” si rallegra Kevin, ora più sollevato.

“Hai ragione, ti avrei dovuto avvisare ma ero … NGK! Troppo piacevolmente impegnato.” si scusa a suo modo Crowley, imbarazzato, e Kevin capisce ogni cosa, sorridendogli complice.

“Oh beh, sì, i miei complimenti, Kevin, un metodo di comunicazione collaudatissimo quello che hai con il tuo guardiano, ci ha messo si e no un’ora per venire qui!” commenta Jessica, alzando gli occhi. “E se fosse stata una fottuta emergenza?”

“Visto che avevo ragione io, Crowley? Non era affatto un’emergenza! Potevamo avere un secondo round, forse anche un terzo!” brontola Aziraphale, alzando gli occhi allo stesso modo della sua assistita.

Non è facile determinare chi sia la fazione Paradisiaca e chi quella Infernale.

“Beh, ma il fatto che io e Jess moriamo dalla voglia di darvi una notizia bellissima è un po’ un’emergenza.” si giustifica Kevin.

Aziraphale cambia umore del tutto.

“Oh! Volete dire che… che…” chiede l’angelo così elettrizzato che non termina neppure la sua domanda.

Jessica e Kevin si guardano sorridenti, prima di rivolgersi a loro.

“Aspettiamo un bambino!” esultano in coro.

“Un momento. Tu lo aspetterai senza far niente, io in un girotondo di nausee, cosa che ho già cominciato, per poi diventare grossa come una mongolfiera e tu nemmeno mi guarderai più,” scoppia a piangere Jessica. “Però avrò questa piccola ma preziosa vita in me, il frutto del nostro amore, che crescerà giorno dopo giorno... esiste qualcosa di più magico e speciale?” gli sorride intenerita subito dopo, asciugandosi le lacrime. “Oh certo… non potrò bere alcolici per quasi un fottuto anno, dormirò di merda, sempre se riuscirò a dormire, trovando una posizione che non mi dia fastidio, avrò un cazzo di maldischiena che mi impedirà di fare qualsiasi cosa ed è solo colpa tua, maledetto bastardo!” ringhia contro Kevin. “Senza contare che alcune future mamme possono anche avere sbalzi di umore, ma meno male che io non ne soffro!” aggiunge, con tono pacato.

“Già, amore, meno male che tu non ne soffri!” la asseconda pazientemente Kevin.

“Ce l’avete fatta allora!” si congratula Crowley.

“Ė meraviglioso, presto saremo…” si esalta l’angelo, ma poi si blocca. “Beh, non saremo niente di speciale per questo bebè, non ci lega alcun grado di parentela.”

“Che cazzo dici, Zira? Per me e Trish tu sei di famiglia, ti devo molto, ti devo la mia vita.” gli sorride Jessica.

“E tu sei come il fratello maggiore che non ho mai avuto in una cosiddetta famiglia che non mi ha mai voluto.” sorride a Crowley Kevin, un po’ malinconico.

“Questo fa di voi zii super speciali , a tutti gli effetti!” proclama Jessica.

Crowley e Aziraphale sorridono quasi commossi, abbracciandosi, mentre Jessica torna a rivolgersi all’amato.

“Ė vero, Kevin, i tuoi genitori… non lo vorranno sapere?”

Lo psicologo le ride praticamente in faccia, ma è una risata amara.

“Certo, come no? Per loro sono ufficialmente morto. Non voglio vedere mio figlio o mia figlia non ricevere quello stesso affetto che loro non hanno mai mostrato per me.” si rattrista lui facendosi abbracciare dalla detective.

“Sono loro quelli che ci perdono, fidati.” lo rincuora. “Beh, io invece temo che dovrò dirlo a Dorothy, lo capirebbe comunque nel giro di qualche mese, anche se non credo farà i salti di gioia all’idea di diventare già nonna.. beh, nonnigna, nonnastra… o come cazzo si dice!” lo fa ridere.

“Quello che più conta è che questo bebè non è ancora venuto al mondo ed è già inondato d’amore.” mormora Aziraphale, con un sorriso beato.

********************************** (Contemporaneamente)

                                                                               Paradise, Fifth Heaven , 10 Nov 2007

Aziraphale e Crowley ignorano di essere spiati da tempo e quello che apprendono i due purtroppo diventa di dominio pubblico.

Il peggiore dei domini.

“Tutto procede secondo i piani.” si congratula Uriel con la collega, mentre Michael compone al suo iPhone celestiale quel numero insolitamente familiare.

“Che vuoi?” bercia Ligur, accettando la chiamata.

“Ci siamo, il concepimento è avvenuto. Ora tocca a voi.” annuncia l’arcangelo.

“Oh sì, Hastur e io ci divertiremo un mondo.” sogghigna il Duca dell’Inferno, in direzione del collega.

“Usate qualsiasi mezzo, ma dobbiamo avere quell bambino; è determinante per l’Armageddon e determinerà la nostra vittoria.” commenta Michael.

“Vorrai dire la nostra!” ringhia Ligur.

“Illuso!” rimbrotta l’arcangelo, prima di riattaccare.

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                                                                                       London, 64 Great Titchfield St, 19 Nov 2007

“Spiegami ancora perché siamo qui, angelo.” borbotta Crowley, mentre si aggira con lui fra i reparti del So Tiny London, uno dei più rinomati negozi per bebè.

“Perché non è il caso di presentarci a mani vuote quando ci sarà il baby shower, tra qualche mese, lo sai che gli umani hanno questa meravigliosa tradizione di festeggiare ancora prima che il lietissimo evento si verifichi?” sorride Aziraphale, mentre esamina delle mini T-shirt su una mensola, scegliendone una celeste.

“Sì lo so, il punto non è perché dobbiamo fare dei regali, ma perché dobbiamo farlo qui, alla maniera Terrestre?” si acciglia Crowley, che ne tiene fra le mani una rossa.

“Perché è più divertente. E poi ci può dare più spunti…” ridacchia l’altro, mentre vanno alla cassa per pagare con soldi terrestri, sterline, per la precisione, proventi dalle poche ma reali vendite di Aziraphale nella sua libreria.

“Sei troppo fissato con queste usanze Terrestri!” borbotta il demone, mentre escono dal negozio.
“Se non lo fossi anche tu non mi avresti seguito tutto esaltato, quando te l’ho proposto!” gli dà scacco matto l’altro.

Ma forse la partita non è ancora conclusa.

“Ma è solo perché me lo chiedi tu, angelo, dove non importa, andrei ovunque con te e per te.” dichiara Crowley.

Questo è un vero scacco matto.

Per tutta risposta, Aziraphale se lo abbraccia stretto, con uno squittio intenerito.

Da quella posizione però gli è più facile allungare la mano nel sacchetto degli acquisti di Crowley.

“Mio caro, sarei pronto a scommettere che questo sonaglio prima non avesse la forma d un forcone!” lo rimbecca, agitandogli in faccia le prove di quanto afferma.

“Non sai cosa sono capaci di inventarsi nel Marketing oggi!” cerca una scappatoia il demone, ma non sembra funzionare.

“Non ti permetterò di influenzare quella piccola e innocente creatura!” spergiura l’angelo.

Tuttavia, Crowley può giocare la stessa mossa.

Prima che Aziraphale abbia il tempo di miracolarlo via, il rosso gli strappa di mano il sacchetto.

“Guarda, guarda… era un martello sonoro quando l’ho visto in cassa e ora, chissà perché, assomiglia alla spada infuocata che avevi un tempo!” gli rinfaccia, oscilando la spada di gomma con le fiamme di plastica tutt’attorno che premendo un tasto si illuminano.

“Il mio è comunque un gioco più educativo del tuo!” controbatte il biondo, ormai scoperto.

Estrae la piccola T-shirt comprata e Crowley fa lo stesso.

“Caro, è appurato che un piccolo miracolo paradisiaco o demoniaco che sia renda tutto un po’ più personalizzato. Al mio tre?” lo guarda complice e il suo amato annuisce.

Alla fine di quel breve countdown, le due T-shirt sono impreziosite da due scritte: un’argentata ‘I love my Super Mommy!’ su quella celeste e una dorata ‘My Daddy wants everyone to love me’ su quella rossa.

Ora sono proprio i loro regali.

 

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                                                                                      New York, Metro-General Hospital, 5 Dec 2007

Quell’ospedale non è stato scelto a caso.
Jessica lo ha sempre associato a ricordi dolorosi: lì le è stato comunicato di aver perso la sua famiglia in quell’orribile incidente.

Per questo ora vuole associarlo a un ricordo bello, ce ne può essere uno migliore della primissima ecografia della gravidanza?
Ovviamente Kevin è lì con lei a tenerle la mano mentre la ginecologa le cosparge il ventre del gel freddo che serve per l’ecografia.

Sono diverse settimane che Kevin non dorme bene, ha il sonno agitato e si sveglia con una sensazione di angoscia profonda, ma fa in modo di non svegliare Jessica, che quindi è ignara di tutto.
Il punto è che Kevin non ricorda minimamente il contenuto dei suoi incubi.

“Sei emozionato?” lo distoglie la voce di Jessica, mentre la ginecologa posa la sonda sull’addome.

“Tantissimo, tu no?” le sorride.

Jessica annuisce.

“L’ho visto un sacco di volte nei film, però quando capita davvero a te è tutta un’altra cosa.” mormora lei, mentre entrambi hanno lo sguardo fisso sul monitor, con le prime immagini che si stanno formando.

 

Non devono nemmeno andare per tentativi, entrambi il loro figlio lo vedono subito, quel piccolo feto delle dimensioni di un fagiolino, che ha già il potere di arrecare una gioia immensa.
Una piccola quantità delle più belle lacrime che abbiano mai versato scende a rigare il volto dei futuri genitori.

“Siamo all’inizio dell’ottava settimana, è possibile anche sentire il battito,” sorride complice la ginecologa, provvedendo a realizzare quanto detto.

Jessica sorride intenerita nel sentire quel tum-tum-tum frenetico, ma Kevin ha tutto un altro tipo di reazione.

“Non mi piace, va troppo veloce, lei sta facendo male al nostro bambino, Jessica!” si agita il persuasore, voltandosi rapido verso la ginecologa. “Colpisciti la testa con la sonda, sempre più forte!” gli impartisce, adirato.
 

La malcapitata ha giusto il tempo di darsi un colpo leggero sulla fronte una volta, prima che Jessica le blocchi il polso nella sua morsa d’acciaio, incurante dei suoi tentativi di dimenarsi per continuare a eseguire quell’ordine.

“Non lo faccia,” dice alla dottoressa, per poi lanciare un’occhiataccia al vetriolo a Kevin. “Idiota, lei non ha fatto nulla, non lo sai che il cuore di un neonato può raggiungere anche i centosettanta battiti al minuto?”

“Io non…” mugugna il persuasore.

“Annulla subito il tuo ordine.” gli impone la detective.

“Smetti di colpirti,” le obbedisce Kevin, parlando alla dottoressa.

Anche Jessica allenta la presa, ma la povera donna ha visto e sentito troppo e sobbalza.

“Co-cosa mi state facendo? Chi.. o cosa siete entrambi? State lontano da me!” si agita, in procinto di raggiungere la porta.

Basta un solo sguardo di Jessica perché Killgrave agisca nuovamente.

“Fermati, calmati e dimentica gli ultimi tre minuti.”

“Scusate, non ricordo nemmeno perché mi sono alzata… dov’eravamo?” si rivolge a loro la ginecologa, riprendendo il suo posto con la solarità di prima. “Oh sì, pronti a sentire il battito del vostro piccolo o della vostra piccola, futuri mamma e papà?”

Quando a fine visita, Jessica e Kevin si allontanano con una copia della foto dell’ecografia, che sembrano incapaci di smettere di guardare, la detective non ha certo dimenticato quanto successo.

“Kevin, se fai ancora qualcosa del genere giuro che ti bandisco da ogni futura prossima visita di controllo. Cosa farai al corso preparto se non ti piace qualcosa che ci chiedono di fare? Farai strangolare le altre coppie?” lo rimprovera lei.

“Hai ragione, ho sbagliato, ma pensavo che ci fosse un pericolo e non ci ho più visto. Hai un piccolo me o una piccola te lì dentro e io voglio sempre fare in modo che sia al sicuro, voglio proteggerlo o proteggerla.” mormora, accarezzandole il ventre.

Jessica è molto colpita e gli dà un breve bacio.

“Lo so, lo capisco, ma non puoi vedere pericoli dove non ce ne sono.”

“Meno male che ci sei tu con me.”

“Non direi, non è bello quello che ti ho fatto fare, ma non avevo scelta: o ti facevo togliere i ricordi alla dottoressa o avresti dovuto controllare l’intero ospedale.”

“Uhmm… un intero ospedale che fa quello che voglio…” si accarezza il mento lui, fantasticando a riguardo.

“Killgrave, no!” lo ammonisce la sua ragazza.

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New York, Maspeth, 455 74th Street, 6 Dec 2007

 

Quella stessa notte, dopo quei chiarimenti e aver fatto l’amore il modo tenero, lento e paziente, Jessica e Kevin si addormentano a cuor più leggero.

Questo prima che gli incubi invadano il sonno del giovane uomo, stavolta un po’ più vividi del previsto.

Si sveglia di soprassalto, respirando affannosamente, con la fronte madida di sudore, mordendosi la lingua per non emettere un urlo e rischiare di svegliare Jessica.

La differenza è che ora lui ricorda benissimo cos’ha visto in quegli incubi: la sua Jessica morirgli tra le braccia, col loro bebè ancora in grembo.

- Era solo un incubo, solo un incubo, solo una maledetto, orribile, agghiacciante, spaventoso incubo.- si ripete Kevin, pur avendo già la certezza che non riuscirà più a chiudere occhio.

 

TBC

Ehmm, lo so, era iniziato tutto così fluffosamente e poi… cominciate a intuire l’immane tragedia che sta per abbattersi?

Ma prima vi regalerò ancora qualche momento sereno e buffo della gravidanza, che troverete nel prossimo capitolo.

La scena dove Kevin fantastica sul poter comandare un intero ospedale strizza l’occhio all’inizio del (sigh) ultimo episodio della prima stagione di JJ ;)

An nel caso non si capisse, le scritte sulle magliette recitano ‘Amo la mia Super Mammina’ e ‘Il mio Papino vuole che tutti mi amino!’  ;)

Liberi di dirmi quello che più vi pare….

 

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Capitolo 13
*** Capitolo XII: Time to Time ***


Ehmm, non aggiorno da più di sei mesi? Ma com’è possibile? Sono un disastro disastroso.
Ve la ricorderete ancora questa storia?

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Capitolo XII: Time to time

 

                           London, Mayfair, Hill Street, 7 Dec 2007


“Ti vedo un po’ pensieroso, angelo,” mormora Crowley, stringendolo a sé, dopo che hanno fatto l’amore.

“Niente di allarmante caro, quello che è successo ai nostri protetti è bellissimo, ma non posso fare a meno di chiedermelo,”

 

“Chiederti cosa?”
 

“Come sarebbe se succedesse a noi? Se mettessimo al mondo un piccolo demonietto o una piccola angioletta?” 


Per poco Crowley non cade dal letto.

“NGK! Angelo, non è meglio  procedere per gradi? Magari prima vediamo come ci ritroviamo a fare gli zii…” cerca di farlo ragionare lui.

 

“Sì, hai ragione.” si ravvede l’angelo. “E comunque non stai dicendo di no,” lo guarda con un sorriso furbetto.


“Tempo al tempo, angelo mio. Voglio dire, è così orribile la prospettiva di noi due soltanto, almeno per il momento?” sussurra, infilandogli la lingua, ora biforcuta, nell’orecchio.
 

Una mossa davvero sleale, certo, ma, hey, lui è un demone!
 

“Ooohh, caro, è tutto meno che orribile,” si scioglie il biondo fra le sua braccia.


“Quindi, sseee ora ci concediamo un sssseecondo round non è che mi fai qualche miracoletto dei tuoi e fra un messssse o poco più comincio a trovarti più ingrassssssato?” si accerta il demone, prima di baciarlo.

“E chi lo sa, caro? È un rischio che devi correre,” lo sfida Aziraphale con lo sguardo, mentre risveglia una certa parte del demone con carezze audaci.

Per entrambe le cose Crowley sussulta.

 

“Sto scherzando, ma non garantisco che fra un mese non possa essere un po’ più ingrassato, sai, tra poco è Natale, con tutti quei dolci, le cene e…”
 

Crowley scoppia a ridere, distendendolo sul letto e strisciando su di lui, come solo un serpente sa fare.

Che la sua forma ora sia umana poco importa.

“Goditi tutte le abbuffate che vuoi, tanto le energie te le faccio bruciare tutte io!” sogghigna, malizioso, prima di approfittarsi in tutti i modi di quel corpo caldo, morbido, accogliente e voglioso.

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                           New York, Maspeth, 455 74th Street, 09 Dic 2007

 

Da qualche giorno Jessica vede Kevin un po’ giù di tono, mangia poco, dorme anche meno e lo provano dei solchi grigi che ha sotto gli occhi.

Lo attribuisce al lavoro, magari a un caso particolarmente stressante al quale sta fornendo consulenza.

Non può lontanamente immaginare da quali spaventosi incubi sia logorato il suo fidanzato, ogni volta che prova a concedersi un po’ di riposo.
Forse è anche per questo che lui sta cercando di dormire il meno possibile.

 

Tuttavia, Jessica ha la soluzione pronta e non deve far altro che aspettare che Kevin rincasi.

Non appena varca la soglia, per poco il giovane uomo non ha un attacco di cuore.

 

Jessica lo attende seduta sulla ringhiera, quasi semisdraiata, con le gambe accavallate nel modo più femminile possibile e lo sguardo ammaliante che lo invita ad avvicinarsi.
Jessica indossa solo un corsetto senza spalline, viola pervinca, damascato, con i gancini sul davanti, dove sfocia in un ministrato di raso e pizzo nero che le avvolge giusto l’inguine, così come il bordo che circonda la scollatura a balconcino che mette ancora più in risalto quei seni che ormai da qualche settimana si son fatti molto più rigogliosi.
A impreziosirle il decoltè, la catenina d’argento col ciondolo dell’Empire State Building che le ha regalato lui.

Completano l’outfit così sexy e provocante, seppur di gran classe, un reggicalze nero e delle autoreggenti nere velatissime con degli stivaletti con un tacco a spillo vertiginoso.

“Jessica, ma…” boccheggia lui, lasciando cadere a terra la sua borsa e allentando il nodo della cravatta.


Improvvisamente sente solo un gran caldo.

“Amore, forse negli ultimi giorni ti ho un po’ trascurato e tu hai lavorato troppo. Ma ora ci pensa la tua Jess a farti rilassare,” avanza verso di lui lei, sinuosa come una pantera. “Ti regalerò una serata che non scorderai facilmente.” mormora, con una mano che gli fa dei grattini alla nuca e l’altra che gioca coi suoi capelli, spettinandoglieli un po’.

 

Lui la lascia fare, prima di tirarla a sé per un bacio esigente.

 

“Mm… mi piacciono le premesse, mia cara,” mormora sorridente contro le sue labbra.
 

Dio solo sa quanto lui abbia bisogno di una distrazione così piacevole.

 

I baci continuano, con Jessica che lo trascina con sé sulle scale, lentamente, privandolo di un indumento a ogni scalino, prima il cappotto di cachemire, poi i guanti, uno alla volta, la sciarpa, la giacca, il panciotto, la cravatta, la camicia, le scarpe, i calzini e infine i pantaloni.


Quando giungono nella loro camera ormai gli sono rimasti addosso soltanto i boxer.

 

Jessica lo spinge sul letto, raggiungendolo in breve tempo.

Si struscia contro il suo grembo, ancora coperto dai boxer.

Lui le cinge i fianchi, cominciando a slacciare i primi tre gancetti, esponendo così quei seni di cui si riempie le mani.


Un altro bacio appassionato è un’esigenza reciproca.


“Jessica, sei sicura che il bambino…” domanda lui, con la poca lucidità che gli è rimasta, che sembra abbandonarlo, insieme ai boxer di cui lei si sbarazza.


“Shhh, il bambino non potrebbe stare meglio, pensiamo solo a te, adesso!” decide lei per entrambi, cominciando a baciarlo lungo il collo, uno dei suoi punti più sensibili.

I movimenti di Jessica rivelano a Kevin la piacevole sorpresa che sotto il bordino di pizzo del corpetto non indossa alcuna mutandina.

Non può che ribaltare i ruoli, soltanto perché lei lo lascia fare, e coglierne ogni vantaggio possibile, prima di essere ripagato allo stesso modo.

E dopo i preliminari necessari non resta loro che fare l’amore, dolcemente, senza fretta.

Jessica approfitta del fatto che a lui serva un po’ di tempo per riprendersi per allontanarsi per qualche minuto.

 

“Credi che sia finita qui?” gli domanda, rientrando nella loro camera. “C’è qualcosa di ancora più interessante,” gli annuncia prendendolo per mano per portarlo nel loro bagno, dove le luci sono soffuse e le candele viola all’iris sono accese tutt’intorno alla vasca di ceramica bianca, diffondendo il loro buonissimo aroma.
La vasca è riempita, con l’acqua calda al punto giusto.

Jessica, che ormai indossa solo le autoreggenti e gli stivaletti, si priva anche di quelli, entrando nella vasca col suo amato.

“Devo stressarmi più spesso, se questo è il trattamento," mormora compiaciuto Kevin, mentre Jessica scivola più vicino e lo abbraccia da dietro, prima di cospargergli le spalle di olio alla lavanda e massaggiarlo.

 

“Non ci fare troppo l’abitudine, e poi sarà il periodo Natalizio che mi rende così generosa,” ribatte lei, continuando il massaggio energico, eppure estremamente sensuale e allettante.
 

“Periodo Natalizio? Ma è solo il 9 dicembre! Tempo al tempo,” si impunta lui.

“Appunto, è già il 9 dicembre! E noi non abbiamo nemmeno fatto l’albero ancora!” puntualizza lei.
 

“Cosa?! Non se ne parla, al massimo ti concedo di farlo il 13!”
 

Il massaggio fino a quel momento rilassante diventa un pizzicotto doloroso e Kevin deve ringraziare la sua buona stella che Jessica abbia mirato solo al suo avambraccio.
 

“L’albero lo faccio quando cazzo voglio io e non sarà un dannato Dandy Inglese con le sue fottute tradizioni rigide a fermarmi!”

 

“Ouch! Ma certo, Jessi, faremo l’albero domani!” si ravvede lui, prima che arrivino pizzicotti più minacciosi.
 

“Ti lamenti tanto di me, ma non sei stato a casa di Trish nelle ultime settimane: per lei dopo Halloween è tutto un continuo Natale, mi stupisce che le sue feste di compleanno non le faccia a tema Natalizio.” la informa lei.

 

“Uhmm, allora forse mi è toccata la sorella migliore.” borbotta il persuasore.
 

Forse?!” chiede minacciosa Jessica, pizzicandolo a un fianco.
 

“Ouch! Senza ombra di dubbio, io ho l’enorme fortuna di stare con la sorella migliore.” la rabbonisce lui, guadagnandosi un bacio e il proseguimento del massaggio.

 

Averla così vicino, scherzare, punzecchiarla, prendersi in giro per poi fare pace baciandosi a lungo sono sensazioni così belle, ma soprattutto così vere e reali che ripagano Kevin di qualsiasi orribile incubo lo stia assillando nell’ultimo periodo.


Tanto che anche l’incubo che ha quella stessa notte, sempre con le stesse tematiche, sembra sconvolgerlo molto meno.

- Però non posso continuare a tenermi dentro questa cosa, devo parlarne con qualcuno.- decide, prima di riaddormentarsi, stringendo a sé Jess nella posizione del cucchiaio grande.


 

********************** (Contemporaneamente)

                              Hell, Seventh Circle, 10 Dec 2007


“Dài, Ligur, dimmelo, stavolta che incubo hai causato a quel patetico assistito di Crowley?” lo sprona a parlare il Duca infernale Hastur.


“Ho iniziato con una scena da rivoltare lo stomaco,” comincia il suo racconto il Duca Infernale Ligur, con un’espressione di chiaro disgusto. “Qualcosa come lui e la sua patetica fidanzata che guardavano insieme un tramonto… ma poi non è stato solo il cielo a tingersi di rosso,” sogghigna, così come fa Hastur, che ha già capito dove il compagno stia andando a parare. “Ha cominciato a sanguinare il grembo della giovane donna, con i due che si disperavano, prima di accorgersi che il sangue non si arrestava e non c’era nulla che lui potesse fare per salvarla, finendo per perdere in un solo colpo la sua donna e il bambino.”

“Oh sììì, mi piace!” ride sguaiato Hastur. “Il prossimo incubo tocca a me farglielo avere.”

 

Proprio in quel momento l’iPhone infernale di Ligur suona.

“Sì?” risponde, immaginando già di chi si possa trattare.

“Sono io. Incontriamoci domani alle 10:00, sulla Terra.” esordisce l’arcangelo Michael.

 

“Okay, ma il posto stavolta lo scelgo io, ti mando un messaggio quando ho deciso.” riattacca lui.

“Che succede?” lo scruta Hastur.

 

“Un’altra mini riunione con quegli smorfiosi piumati.” alza gli occhi l’altro.

 

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                     New York, 11105, Hell’s Gate, 10 Dec 2007

 

“Ancora non riesco a credere di aver accettato di incontrarvi in un posto che si chiama così!” borbotta Michael, guardando con sdegno il suggestivo ponte ferroviario ad arco in acciaio dove le ha dato appuntamento Ligur.


“Oh beh, l’ultima volta voi ci avete fatto entrare in un Bar che si chiamava eeww… Paradiso, che Ligur abbia fatto questa proposta a me sembra solo giusto.” mugugna Hastur.


“Appunto in quanto ‘giusto’, non ti dovrebbe piacere, fessacchiotto infernale!” dice la sua Uriel, strappando un sorriso alla sua collega.

 

“Uh, già, non ci avevo pensato… allora lo trovo sbagliato!” borbotta il demone albino, prima di notare un dettaglio non irrilevante. “Heeey, si può sapere che ci fai tu qui?”

 

“Ho chiesto a Uriel di accompagnarmi, perché Sandalphon non ne poteva più di assumere un aspetto corporeo e terrestre. Tanto, noi lassù, siamo tutti un’unica, grande famiglia, votata alla stessa causa: vincere.” sogghigna Michael.


“Nei tuoi sogni, angioletto!” controbatte Ligur. “Allora, che volevi dirmi?”

"Quegli incubi che state causando al protetto del demone Crowley…”


“Oh, sì, siamo bravi, vero?” fa un sorrisone Hastur, prima di accigliarsi. “O dovrei dire che siamo pessimi?” si gratta la testa subito dopo.

 

“Smettetela subito, non ne servono altri.” intima loro Michael.

 

“Ma come? Ci stavamo divertendo così tanto!” sbuffa Hastur.
 

“Dì un po’, arcangioletta, non sarai mica in preda al vomitevole buonismo del Natale e ora hai cambiato idea sul nostro accordo!” ringhia Ligur.

 

“Nessuno ha cambiato idea su niente.” intercede per lei Uriel. “Vedila più come una tattica.”

 

“Spiegatevi meglio.” chiede loro Ligur, cupo in volto.
 

“Con la velocità a cui state andando ora, il candidato Infernale rischia di mangiare la foglia, di capire che c’è qualcosa che non va e magari correre ai ripari per tempo,” elabora le sue motivazioni Michael. “Dategli un po’ di tregua, fategli credere che sia stato solo un momento di frustrazione… concediamogli giusto un paio di mesi. Da quel momento in poi voi due intensificherete il vostro lavoro.”

 

“Non più solo incubi, passerete anche a delle allucinazioni vere e proprie,” interviene Uriel. “Fino a rivelarvi al candidato Infernale, magari quando la candidata angelica sarà al sesto o settimo mese, quando il tempo comincerà ad essere agli sgoccioli.”

“Proprio così, il candidato Infernale deve capire di non avere scelta e allora eseguirà il nostro volere.” sogghigna Michael.

 

“Oh, ma tu guarda, anche il Paradiso sa sfoderare gli artigli,” ridacchia compiaciuto Ligur.

 

“Oh, non sai quanto!” lo sfida con lo sguardo Michael.


“Non è che vi aspettate un regalo per Natale, vero?” le guarda diffidente Hastur, con le braccia incrociate al petto.

 

“Oh sì, la vostra resa sarebbe un dono assai gradito.” lo punzecchia Uriel. “Ovviamente, sto scherzando. Sarà molto più gratificante battervi.”

Hastur sta per reagire in modo impulsivo e violento, ma Ligur, il più metodico e calcolatore fra i due, lo frena. “Tempo al tempo, arcangioletti, sarà l'Armageddon a decidere chi vincerà… io però non mi ci giocherei nemmeno una delle vostre fastidiose piume sulla vostra fazione.”

“Quel che conta è che abbiamo il nostro accordo.” gli ricorda Michael.


“Per ora.” ribadisce con tono tenebroso Ligur.

*************************** (Contemporaneamente)



            New York, Maspeth, 455 74th Street, 10 Dic 2007

“Perchè non mi hai svegliato? Sai che mi piace far colazione insieme.” borbotta Kevin, ancora in pigiama, raggiungendo Jessica in cucina.


“Lo so, ma dormivi così bene che sembrava un peccato svegliarti,” bofonchia lei, finendo la sua ciotola di cereali.

 

Ed è vero, dopo quell’agghiacciante incubo avuto nel cuore della notte, Kevin si è riaddormentato e da allora il suo sonno è stato popolato solo di bei sogni e un senso di pace.

- Forse è grazie alla serata relax che mi ha organizzato Jessica.- rimugina soddisfatto, versandosi del caffè avanzato.


“Allora, pronta per lo shopping, amore?”

“Quale shopping?” si acciglia lei.

 

“Te lo sei già dimenticata? L’albero, le decorazioni, il Natale da portare in questa casa?” replica lui, addentando una fetta di pane tostato.


“Perché tu avresti voglia di andare per negozi fra ressa di gente e code interminabili? E, no, non ti permetterei di utilizzare i tuoi poteri per semplificarti la vita!” puntualizza lei.

 

“Uff, beh, no che non ne ho voglia, ma per te lo farei.” mormora lui.

 

Lei si alza e gli toglie la fetta di pane dalla bocca, ma solo per dargli un bacio.


“Sei tanto dolce, amore, però… diciamo che ho pensato a un’alternativa.” ammicca lei.

 

Proprio in quel momento dalla sala si ode un rumore di scatoloni che si aprono e fruscii vari.

 

“Hai dato qualche mansione ai domestici?” la guarda interrogativo lui, ma lei scuote la testa sorniona.
 

“Angelo, fa’ attenzione, è delicato!” si sente la voce allarmata di Crowley.

 

“Ma caro, è un albero finto!” gli fa notare Aziraphale, che grazie alla sua forza sta trasportando tutto da solo quel grande abete sintetico con le fronde innevate, collocandolo nel punto del salotto che più lo convince.

 

“E con questo? Ha comunque diritto allo stesso trattamento di quelli veri.. e alle stesse sgridate se non sfoggia bene le decorazioni.” ribatte il demone.

 

“Ma.. non ha senso, se sbagliamo noi a mettere le decorazioni, perché prendersela con il povero albero?” cerca di farlo ragionare l’angelo.

“Le piante sono sssseeempre colpevoli!” si impunta Crowley.

 

“Crowley, Aziraphale!” va loro incontro Kevin per salutarli.


“Nota bene, mia cara: lui mi conosce sì e no da un anno e mezzo e il mio nome lo sa dire correttamente,” fa notare il biondo alla sua assistita, un po’ puntiglioso.

 

“Oh, chiudi il tuo becco santo, Zira!” alza gli occhi lei.

 

“Comunque, Kevin, non era nostra intenzione fare irruzione a casa tua, ma Jessica mi ha scritto che a questa casa serviva un po’ di Natale e, mi capirai anche tu, quello è proprio un lavoro mio.” si pavoneggia l’angelo.

“Non oso immaginare come sia casa vostra allora…” brontola Kevin, guardando il suo guardiano con aria solidale.

 

“Semmai casa sua. La sua libreria sembra il maledetto villaggio degli elfi in Lapponia ormai, ma a casa mia non gli ho fatto mettere nemmeno una decorazione!”
 

“Beh qualche pallina glitterata sulle tue piante sì però.” sottolinea il suo compagno.

 

“NGK! Beh, sssì, ma ssssssolo perché piacciono anche a me!”

“Comunque, immagino che Jessica vi abbia chiesto di portare solo l’occorrente, al resto possiamo pensarci da noi, non occorre che restiate. Voglio dire, a me fa piacere ospitarvi, ma non voglio obbligarvi a fare qualcosa…”


“Oh beh, Kevin, tu che non vuoi obbligare qualcuno non suona molto credibile!” lo sbeffeggia la fidanzata.

 

“Oh, beh, loro due non potrei obbligarli in ogni caso… e se ben ricordi ho promesso che non avrei comandato mai nulla nemmeno a te.” si imbroncia il persuasore, offeso.


“Comunque nessun obbligo, giovanotto, io vi do una mano con gli addobbi più che volentieri.” sorride cordiale Aziraphale.

 

“Anche io, visto che nella libreria non mi ha fatto toccare nemmeno mezza decorazione, là è tutto così tradizionale!” sbuffa il demone.


“Perché? Cos’hai contro le tradizioni?”


“Sono noiose, angelo!” non gliele manda a dire Crowley. “Fortuna che ci ho pensato io.”

 

“Che.. cos’avresti pensato?” inarca un sopracciglio Aziraphale, sopraffatto da un tic nervoso all’occhio.


“Io comincio un po’ ad aver paura…” borbotta Jessica.

 

“Io invece ne approfittto per andarmi a vestire.” si congeda Kevin, non prima di aver preso qualche altra cibaria dalla cucina.
 

La colazione è sacra anche per un aiutante dell’Inferno.

 

“Tanto per cominciare, basta con quegli orribili festoni che danno solo idea di soffocare quei poveri alberi.” prosegue Crowley, andando verso uno scatolone più grosso degli altri.
 

“E con cosa vorresti rimpiazzarlo?” ha quasi timore a chiedergli l’angelo, soprattutto quando lo vede trafficare con numerosi pezzi di plastica bianca.


“Facile: una pista innevata che percorre tutto l’albero, devo solo montarla,” replica il rosso, cominciando a incastrare i pezzi.
 

Nel giro di qualche minuto dalla cima alla base dell’albero si può vedere l’intera pista fare il giro in più vortici.
 

“E ora, il tocco di classe,” sorride tronfio Crowley, estraendo qualcos'altro dallo scatolone. “Che pista è senza sciatori?” 

 

Dicendolo applica due statuine di sciatori che scivolando lungo i solchi percorrono direttamente la pista, per poi essere riposizionati in cima quando giungono all’arrivo.
 

“Non sta accadendo sul serio,” borbotta scontroso Aziraphale.


“Ma che figata assurda!” approva Jessica. “Questa mi impunto io con Kevin perché rimanga!”

“Che rimanga cos…” chiede l'interessato, scendendo le scale proprio in quel momento. “Oh, per l’Inferno maledetto!” si accorge della novità.


“Ma tu non ti offendi quando dice così?” domanda Aziraphale all’amato.

“Naaah, ormai non ci faccio più nemmeno caso. E poi ha ragione lui, l’Inferno è maledetto, per definizione!” fa spallucce Crowley, per poi rivolgere al suo assistito la domanda che gli sta più a cuore in quel momento. “Allora, ti piace?”

 

“E aspetta, amore, non hai ancora visto la parte migliore!” interviene Jessica, recuperando gli sciatori alla base e rimettendoli in cima per far loro ripercorrere la pista.

 

“Ah, quella è la parte migliore?” mugugna Kevin, ma poi si accorge che gli occhi di tutti sono su di sé.

 

“Beh, diciamo che di certo non è convenzionale,” sentenzia, prima di proseguire. “Ma del resto non lo è nemmeno la nostra famiglia. E con ‘famiglia’ intendo anche voi due,” intenerisce le due creature ultraterrene.
 

“Se ti è piaciuto questo, di certo adorerai il Santa Claus che cammina mentre canta le canzoni di Natale!” si entusiasma Crowley, andando a prendere qualcos’altro dallo scatolone.

In effetti è uno di quei pupazzetti caricati a molla, con Santa Claus che inizia a camminare per il salotto, agitando festoso una campanella, con le prima note di una canzone che si diffondono

Però sono quelle di ‘Crazy little thing caled love’.

 

“Ma… non è una canzone Natalizia!” storce il naso Jessica.

“I Queen ssssssssono sssseemplicemente perfetti in ogni sssssingolo periodo dell’anno, Ssssignorinella!” sibila offeso Crowley.

 

“Non provare nemmeno a contraddirlo, amore,” la consiglia Kevin.
 

“E canta anche ‘Don’t stop me now’ e ‘Somebody to love’!” spiega sorridente Crowley, come se fosse la cosa più naturale del mondo.


-Ma non c’entra col Natale!- si dispera Aziraphale, ma è un pensiero che tiene per sé.


“Possiamo andare avanti con le decorazioni?” domanda con il dovuto garbo.

Tutti danno una mano nell’addobbare l’albero che con le palline argentate, le campanelle, i fiocchi di neve, pupazzetti di neve, slitte, alberi e pacchettini regalo comincia a sembrare più un albero di Natale a norma.

Rincuorato anche dal fatto che perfino il puntale è di quelli classici, con una stella cometa, anziché quello a forma di fiamma infernale che voleva mettere Crowley, Aziraphale appende le decorazioni di angioletti sparsi per la casa.

"Non trovo giussssssssto che ci ssssssiano solo angioletti!” manifesta il suo disappunto Crowley, schioccando le dita.

Accanto agli angioletti che suonano la cetra appaiono anche dei diavoletti con la chitarra elettrica. 

 

Anche la pazienza di un angelo ha un limite e Crowley l’ha ampiamente valicato.


“Ma i demoni non c’entrano un accidenti di niente con il Natale!” sbotta Aziraphale.
 

Crowley si limita a togliersi gli occhiali scuri per scrutarlo meglio con le sue iridi serpentesche.

“E con quessssssssssssta ssssssproposssitata dissssssscriminazione tu ti definiresti un angelo?” gli chiede, profondamente deluso, togliendo le proprie decorazioni con uno schiocco.

“Mentre Jessica fa comprendere a Aziraphale quanto sia stato ipocrita, tu vieni con me, dobbiamo parlare.” lo porta di sopra Kevin.


“Io volevo ssssolo portare un tocco di originalità,” mugugna Crowley.

“Lo so, lo so e, credimi, io e Jessica lo abbiamo apprezzato tanto, sono certo che in fondo lo abbia fatto anche il tuo angelo, solo che ancora deve capirlo.” lo conforta il suo assistito. “Ora passiamo alle cose serie.”

 

“Perché? Quesssssssta non è una cosssa ssssseria?” gli riserva un’occhiataccia Crowley.

“Non quanto la mia,” replica Kevin, prima di confidargli gli orrendi incubi che lo tormentano da settimane.




“Quindi è solo questo?” sdrammatizza Crowley al termine del resoconto.

“Ma come? hai capito o no quello che ti ho detto?” si acciglia Kevin, ancora scosso per aver affrontato quell’argomento spinoso.

 

“Sono solo incubi, capitano a tutti, soprattutto di fronte a grossi cambiamenti, diventare padre lo è di certo,” espone il suo verdetto il demone. “Io stesso da quando Azi mi ha fatto uno strano discorso mi sogno di svegliarmi con un pancione!” lo fa ridere Crowley.


“Sicuro che non ho nulla di cui preoccuparmi?” gli domanda Kevin, ancora un po’ dubbioso.


“Ma insomma, sei anche psicologo, non lo capisci da solo che è solo una fase transitoria?” fa spallucce il suo guardiano.

 

“È appunto perché sono psicologo che penso e temo ci sia sotto altro…”

 

“Facciamo così, se questi incubi continuano, dimmelo e vedremo di trovare una soluzione insieme.” gli promette il demone.

“E comunque, grazie, mi ha fatto bene parlarne con qualcuno.”


“Lo credo bene, non hai scelto un qualcuno qualsiasi, hai scelto il migliore!” schiocca la lingua Crowley, con aria arrogante, cosa che diverte Kevin ulteriormente.
 

Quando tornano giù in salotto, Crowley nota quasi commosso che sono ricomparse le decorazioni dei diavoletti che lui aveva tolto.

“Angelo, ma come…” gli si avvicina il rosso.

“Me le ricordavo in ogni dettaglio e le ho ripristinate io con un piccolo miracolo. Ti chiedo scusa, mi sono dimenticato che il Natale prima di tutto è condivisione.” mormora Aziraphale, allungandosi verso di lui per cercare le sua labbra, che Crowley non gli nega, in un lungo bacio riappacificatore.


“Sono anche disposto ad accettare il puntale a forma di fiamma infernale..” lo informa Aziraphale, anche se è qualcosa che gli costa una gran fatica.
 

“No, angelo, non ssserve, basssstano già quessssti compromesssi!” sorride il demone, baciandolo un’altra volta.

“Vi fermate a pranzo da noi? C’è il pollo arrosto e posso chiedere al cuoco di fare delle crepes per dessert!” propone Jessica.

 

“Tentazione riuscita!” gongola felice Aziraphale, stringendosi a Crowley. “Ma le tue restano le crepes più buone al mondo, mio caro.” gli sussurra all'orecchio, compiacendolo.

“Comunque, prima che ce ne andiamo, farò qualche modifica anche all’esterno, così stasera avrete una bella sorpresa. O perlomeno di sicuro l’avrai tu, Kevin.” gli assicura Crowley.

Ed è di parola, perché quella sera, quando sia lui, sia Aziraphale se ne sono andati da un pezzo, affacciandosi sul porticato Kevin e Jessica si accorgono che tutta la villetta è attraversata da luminarie e sono luci viola.


Inutile dire che Kevin ha lo sguardo più felice di un bambino in un negozio di giocattoli.

 

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             New York, Maspeth, 455 74th Street, 24 Dic 2007


“Tra cinque minuti sarà mezzanotte!” commenta festoso Kevin, “Io direi che possiamo cominciare ad avvicinarci all’albero.” porta con sé Jessica in salotto, dove sotto l’albero sono riposti tutti i regali.

“Chi mi dice che non è davvero quasi mezzanotte e vuoi solo farmelo credere tu, perchè sei dannatamente impaziente?” lo scruta sospettosa lei.

“Perché non lo vedi com’è buio fuori?”

“No, perchè con queste cazzo di luci viola che ha messo Crowley non distinguo più il giorno dalla notte!” sbotta lei.

 

“La solita esagerata!” alza gli occhi lui. “Va’ a chiedere ai vicini, controlla l’orologio della strada, chiama il numero per sapere l’ora locale… non posso controllare tutte queste cose con i miei poteri!”
 

“E va bene, va bene, ti credo. Allora se è così mancano tre minuti e mezzo a mezzanotte, che facciamo nel frattempo?” gli si avvicina ammiccante lei.


Il bacio in cui sono impegnati si interrompe solo coi rintocchi che annunciano la mezzanotte.

“Buon Natale, amore!” sussurrano l’una contro le labbra dell’altro, per poi prendere i reciproci regali.

 

“Vorrei che aprissi prima il tuo,” si sforza di non imporglierlo come comando il persuasore.

Lei lo accontenta, scartando la carta dorata senza troppe premure e ammirando soddisfatta il contenuto.

“‘Merry KissMyAss’ , ahahah, ma è geniale!” commenta tenendo aperta la Tshirt premaman nera con al centro un Santa Claus scanzonato che fa bella mostra delle sue chiappe, proprio in prossimità dove andrà a crescere il pancione. “La amo e ti amo!” sorride gioiosa, tirando Kevin a sé per un bacio.


“Sapevo che ti sarebbe piaciuta. Ho pensato a te appena l’ho vista.” le sorride lui, compiaciuto.
 

“Ora il tuo regalo!” lo sprona Jessica, attendendo che lui apra il pacchettino, da cui estrae una mug viola con le scritte nere.
 

“ ‘Keep talking, I’m diagnosing you’,”legge divertito, prima di voltarla dall’altro lato. “‘Yes, I’m a psychologist. No, I can’t read your mind.’” ridacchia a quella nuova frase. “Beh, ma posso controllarla.” aggiunge.

 

“Quello sulla tazza non ci stava!” fa spallucce lei. “Allora, ti piace?”

“L’adoro, amore mio.” sorride lui, baciandola.


“Ah, non te l’ho detto ma domani, okay, ormai oggi, un po’ più tardi, siamo invitati al Christmas Party a casa di Trish!” lo informa lei.


“E cosa aspettavi a dirmelo?” si acciglia lui.


“L’ultimissimo momento, almeno non avresti avuto il tempo di inventarti delle scuse!” gli dà scacco matto lei. “Dài, non fare quella faccia, ci saranno anche Zira, Crowley e il tuo collega Jimmy, le cose ormai fra lui e Trish procedono alla grande!”

“Buon per loro,” borbotta lui. “In quanto cupido di quella coppia, in un certo senso, posso chiedere come ringraziamento di essere escluso da quella festa mondana e chiassosa?”

“No, caro il mio Grinch viola, verrai e socializzerai con tutti.” insiste lei. “E poi almeno vedrai a che livello di decorazioni sta lei: ti sembrerà di essere sul set di un film Natalizio!” 


“E, ricordamelo, mia cara, perché lo scorso anno mi sono perso tutto questo?”

"Perché eravamo impegnati a ingropparci come conigli nel tentativo di farmi rimanere incinta!”

“Oh sì, è vero. Un’ottima motivazione!” sogghigna sornione lui.

 

TBC

Volete vedere il Party Natalizio da Trish o lo lascio alla vostra immaginazione? ^^’


Perchè ormai non si sfugge, ho abbondato col fluff finché potevo ma il piano di Inferno e Paradiso lo avrete intuito e dal prossimo capitolo le cose si faranno nerissime, ma voi vi fidate di me, vero che sì?

A dire il vero, Cro estroso nelle decorazioni e Azi molto tradizionalista era un prompt Natalizio che avevo fornito tempo fa, ma siccome nessuno lo ha voluto me lo sono utilizzato io stessa XD Spero vi sia piaciuto.

 

Quanto ai regali, quella T Shirt meravigliosa esiste
 

regalo-per-jess

Come esistono quelle tazze. Le scritte ho preferito lasciarle in Inglese, ma il Significato rispettivamente è ‘Continua a parlare, ti sto analizzando.’ e  ‘Sì, sono uno psicologo. No, non posso leggerti la mente.’ ed erano troppo indicate per questo Killy psicologo che c’è solo in questo universo :P

 

Mando un mega abbraccio a tutti quanti e vi auguro Buone Feste e Buon Anno!!!!

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