A terra l'uccellino si posò di tuttoinunavolta (/viewuser.php?uid=1087738)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pinocchio ***
Capitolo 2: *** Pan come metafora ***
Capitolo 3: *** HD 28185 b ***
Capitolo 4: *** Sul trasferirsi (e dimenticare la strada della tua prima casa) ***
Capitolo 5: *** E non saprai mai quale ***
Capitolo 6: *** L'Inno Nazionale ***
Capitolo 1 *** Pinocchio ***
Oh, forse non avrei dovuto dare ascolto al babbo Perché m'hai fatto come m'hai fatto, babbo? Il tuo pezzo di legno, il tuo conforto, dalle mani ti è sfuggito. Volevi un figlio, al volo hai preso l'occasione Era il tuo sogno, io sono la tua creazione La possibilità di plasmarmi, a tua immagine e dissomiglianza crearmi. Abbastanza umano per capire, non abbastanza per meritarmi di essere capito.
Sono tutto ciò che hai sempre desiderato dalla tua vita. Sono la possibilità di replicare la tua infanzia ormai smarrita. Sono oggetto di un sacrificio da compiere per seppellire gli errori del passato. Sono la soluzione a un desiderio utopistico, forse un po' malato. Abbastanza umano da darti soddisfazione, non abbastanza per meritarmi la tua approvazione.
Oh, babbo, mastro Geppetto. In discussione l'amore paterno che provi per me non metto; il tuo affetto non rigetto, Ma vorrei poter provare il calore di un tuo abbraccio, La tua apatia mi fa sentire inutile ciarpame Come mai m'hai fatto come m'hai fatto, falegname? Perché io ti offro il mio aiuto e tu lo dai per scontato? Perché non posso essere ricambiato, tu sciagurato? Abbastanza umano per darti fiducia, non abbastanza per meritarmela.
Oh, papà; Sono sicuro che in futuro andrò lontano, Che nel mio finale felice verrò visto come un umano. Ma mai avrò vissuto un'infanzia come i bambini, Quelli veri, Che da soli sistemeranno i loro comportamenti malandrini E ne potranno andare fieri. C'era proprio bisogno, paparino, di porre i miei difetti in bella mostra, nel bel mezzo del mio faccino? Abbastanza umano da accorgermene, e starci male, ma non abbastanza per poter rimediare.
A volte, babbo mio, vorrei non essere neanche in parte umano, Per porre fine a questo mio continuo lamento invano, Ma ti perdono porgendoti la mia ruvida mano, Perché so che, alla fine, come me sei solo un essere umano. |
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Capitolo 2 *** Pan come metafora ***
Inseguito da riflessioni non necessarie Resto bloccato nel sedile posteriore Veicolo guidato da emozioni precarie cui lingue intrecciate nel parassita adulatore
I fiori d'acacia cadono nell'autunno della mente Strappo via la terra da sotto i miei piedi per paura che mi cada addosso il cielo Terzo occhio aperto vedo il fauno Apre la bocca ne lecco la sacra sporcizia
Non posare il velo come tu possa pensare che galleggio in paranoia se non albeggia scappatoia dal le urla del satiro che possono squarciare un rassicurante silenzio Impenetrabile
Inquietudini in imprinting Inibizioni in autobahn |
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Capitolo 3 *** HD 28185 b ***
Terra chiama, non rispondere e poi l'aria lì si respira in modo diverso inoltre nessuno capirebbe perché lo fai e torna, torna dove appartieni a milioni di anni luce da qui |
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Capitolo 4 *** Sul trasferirsi (e dimenticare la strada della tua prima casa) ***
Vorrei essere portato via da qualche calamità, in un luogo lontano Per vedere se terra so ancora toccare, senza più tenerti per mano
Vorrei essere capace di starti alla larga
Per capire se tutto ciò veramente valga
la pena;
che non mi nutra di ricordi
ormai finiti, mia grande dipendenza.
Mi fece sentire divinità invincibile, la tua voce deleteria,
e ora sorge un dubbio, come noto la tua assenza:
Che cos'è un dio, senza un uomo in miseria? |
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Capitolo 5 *** E non saprai mai quale ***
(un giorno gli uccellini se ne andranno, cantando l'ultimo lamento prima di scappare da qui, per sempre e non saprai mai quale loro cinguettio sarà l'ultimo)
Non rammento sera più bella di questa E non nego, sono sicuro che ne vedrò anche di migliori Ma la pacata luna vorrà lasciar prima spazio al fratello che, personalmente, non riesco a sopportare
(e a ogni risveglio, il suo tiepido calore brucerà i tuoi occhi; ti alzerai e urlerai: mi impedisci di sognare)
E un giorno la stella fatalmente colpirà,
nessuna notte più vedrò
e canti più non udirò;
e mai saprò
quale tramonto sarà il mio ultimo.
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Capitolo 6 *** L'Inno Nazionale ***
Gli anestetici del buon senso, dei traumi la prole, scorrono nel cordone ombelicale della madre dei bei ricordi
E nessun pargolo vedrà mai luce; troppa la nostra paura di vederlo morire.
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