I Segreto della Città di Nalhock

di Alice_Carter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1 - L’APPRODO ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2 - L’INVESTITURA ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3 - PRELUDIO ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 4 - IL RICEVIMENTO ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 5 - ORGOGLIO ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


Darx fissava incredulo insieme al resto dell'equipaggio la creatura riversa sul ponte del vecchio peschereccio di Olak, ancora parzialmente impigliata nelle reti in mezzo ai pesci agonizzanti. 

Il ragazzo aveva sentito raccontare molte storie dai soldati di passaggio e dagli avventurieri erranti, ma il piccolo villaggio di Iutka, nel cuore delle terre dei Saicri, non era luogo dove si avventurassero gli stranieri e dal mare di Achtank non giungevano che piccole imbarcazioni umane dalle coste vicine; per questo il giovane mozzo non aveva mai visto un elfo prima e di certo non pensava che gli sarebbe capitato di pescarne uno.

-È morto?- domandò sottovoce Agot, un pescatore grande, grosso e incredibilmente peloso che fino ad allora aveva solo sentito urlare, qualsiasi cosa avesse da dire.

Nessuno rispose.

Darx studiò con attenzione il corpo della creatura riversa sul ponte.

Conosceva abbastanza bene le vecchie storie da riconoscere con certezza che quello fosse proprio un elfo: sotto i capelli arruffati e bagnati, di un biondo cosi chiaro da sembrare quasi bianco, che tuttavia si accendeva di riflessi dorati alla luce del sole, poteva scorgere le tipiche orecchie a punta e intravedere i lineamenti elegantemente delicati. Anche il suo fisico era anomalo per un umano: nonostante l'altezza fosse conforme a quella di un uomo adulto, la corporatura era esile, quasi fragile e la pelle candida come la neve.

Per qualche ragione sconosciuta, il naufrago non indossava che dei logori pantaloni di tela e la sua pelle era segnata da strisce rosse sul dorso e altre cicatrici e graffi anche su gambe e braccia; Darx non aveva idea se fosse effettivamente annegato o fosse stato gettato in mare dopo la morte, ma data la sua assoluta immobilità, era abbastanza certo che la vita l'avesse lasciato. D'altro canto non aveva mai sentito dire in nessuna leggenda che gli elfi avessero le branchie.

Olak si schiarì nervosamente la voce.

-Dovremmo ributtarlo in mare.- dichiarò.

La voce normalmente tonante del segaligno pescatore con la pelle bruciata dal sole, uscì così flebile che il ragazzo avrebbe stentato a riconoscerla, se non fosse stato a un passo da lui.

-Sei pazzo?- mormorò Gor, quasi temesse di essere sentito -Gettare in mare un morto, lasciarlo senza funerale e sepoltura? Gli antichi dei ci malediranno.-

Il basso e robusto pescatore, privo dell'avambraccio destro, era sempre stato il più superstizioso dei tre e in quel momento appariva pallido e visibilmente spaventato.

-Preferisci portare al villaggio il cadavere di un elfo?- ribatté il capitano in un bisbiglio -Pensi che questo non porterà sciagura sul villaggio e sulla nostra gente?-

Il mozzo guardò con compassione la povera creatura inanime sul legno bagnato, circondate da pesci morenti: era solo un elfo, era vero, ma nella sua ingenuità giovanile non poté fare a meno di chiedersi se non avesse una famiglia o degli amici a cui sarebbe mancato e che forse lo stavano aspettando a casa invano. La maggior parte di coloro che nascevano a Iutka erano pescatori figli di pescatori e conoscevano fin troppo bene l'angoscia delle notti insonni passate ad aspettare i propri cari di ritorno dal mare e il dolore che suscitavano i resti di un peschereccio lasciati dalle onde sulla spiaggia, alimentato dalla vana speranza che in qualche modo qualcuno potesse essersi salvato e forse un giorno avrebbe fatto ritorno. Di certo coloro che avevano amato quel povero elfo non avrebbero mai saputo cosa gli fosse accaduto, non avrebbero avuto alcun corpo da piangere e avrebbero continuato ad attendere il suo ritorno.

-Qualcosa dobbiamo fare...- intervenne Agot piano.

Darx si fece coraggio e fece un paio di passi avanti; alle sue spalle sentì i tre pescatori trattenere fiato. In realtà non sapeva bene cosa fare, ma qualcuno doveva pure decidersi ad agire.

A essere onesti non riusciva a capire tutta quella tensione fra il resto dell'equipaggio: meno di un mese prima avevano tirati a bordo il cadavere di un mercante di Yutrell e Olak gli aveva frugato nelle tasche senza farsi troppi problemi per cercare qualcosa di prezioso. Il mozzo non comprendeva perché con un elfo dovesse essere così diverso.

Mosse un altro passo verso il naufrago, quando d'un tratto il tronco della creatura sussultò e quella cominciò tossire in preda agli spasmi, rigurgitando l'acqua che aveva ingoiato.

Darx si congelò per la sorpresa, mentre un muto terrore attanagliava i pescatori alle sue spalle. I loro occhi erano incollati sull'elfo che cercava di puntellarsi col gomito nel tentativo di raddrizzare il busto, forse sperando in quel modo di riuscire a riprendere fiato.

Dietro di sé il giovane sentì Olak chiamarlo a bassa voce, facendogli cenno di indietreggiare, ma lui non si mosse, rimanendo a osservare il volto del naufrago passare dal bianco al rosso e al blu e poi finalmente tornare al suo naturale pallore, quanto la tosse diminuì.

Senza esitare, Darx si tolse l'otre ancora pieno d'acqua dalla cintura e lo porse all'elfo.

Quello sollevò i suoi occhi sulla sacca di pelle e prese la gradita offerta, bevendo avidamente. Aveva le iridi di un blu intenso e brillante, come il giovane saicriano non ne aveva mai visti prima, e il suo bel volto dai lineamenti delicati era solcato da due cicatrici, una che correva in orizzontale sotto l'occhio sinistro e l'altra che gli attraversava la guancia destra in verticale, partendo sotto lo zigomo fino a scendere sotto la linea della mandibola. 

Secondo le antiche leggende gli elfi non avevano mai cicatrici, al contrario degli uomini, perché il loro corpo era in grado di rigenerare completamente le ferite, ma evidentemente c'era qualcosa di errato nelle vecchie storie che si tramandavano al villaggio.

-D-dove ci troviamo?- domando faticosamente lo sconosciuto con voce roca nell'idioma comune.

-A largo di Iutka, sulla costa est del mare di Achtank.- rispose Darx, cercando di destreggiarsi al meglio in quella lingua, che non gli era così familiare -Cosa vi è accaduto?-

L'altro bevve un altro lungo sorso prima di rispondere e poi prese un paio di respiri profondi, ancora affannato.

-La nave su cui viaggiavo è affondata.- spiegò infine -Ho nuotato a lungo, ma la costa era troppo lontana e io ero... sempre più stanco...- 

Il giovane annuì sotto lo sguardo incredulo dei tre pescatori che ancora si tenevano a debita distanza.

-Ora siete salvo.- lo rassicurò il mozzo -Io sono Darx, qual è il vostro nome?-

Il ragazzo non poté fare a meno di notare come gli occhi del naufrago evitassero di incontrare i suoi, ma la sua voce era colma di gentilezza e gratitudine.

-Moray- mormorò l'elfo -Il mio nome è Moray.-

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 1 - L’APPRODO ***


La fresca brezza primaverile soffiava da oriente, portando dal mare odore di salsedine.

Inginocchiata sul colmo del tetto dell'alto edificio che fiancheggiava il cantiere navale, Rowan osservava le quattro navi farsi sempre più grandi, mentre entravano nell'estuario del fiume Ahm; dietro di loro il sole sorgeva pigramente oltre la linea dell'orizzonte.

La giovane mezzelfa socchiuse gli occhi e strinse le labbra, osservando i vascelli ammainare le vele nell'apprestarsi a fare il loro ingresso in porto.

Le snelle imbarcazioni procedevano in formazione, tre di esse, costruite con un insolito legno chiaro che appariva quasi rosato alla luce dell'alba, avanzavano in testa in formazione a punta di freccia, sventolando il vessillo bianco e dorato di Vör, mentre la quarta, più piccola e nera come la pece, rimaneva in coda, esibendo la bandiera grigia ricamata di verde delle paludi di Braggh.

Rowan conosceva bene i rapporti tra i popoli che giungevano a Nalhock e si sorprese nell'assistere all'arrivo simultaneo di quei quattro vascelli che, a giudicare dai vessilli, trasportavano tre delegazioni di elfi chiari dell'arcipelago di Vör e una di elfi oscuri di Braggh. Lucius le aveva insegnato la storia quel tanto che bastava perché sapesse che tra i due popoli vi erano stati molti meno conflitti di quanti agli umani piacesse raccontare e che negli ultimi secoli tra essi era regnata la pace, ma era anche a conoscenza del fatto che non correva una grande stima tra le due razze e che conducevano la loro vita nel reciproco evitamento, il che rendeva sospetta quella visita congiunta.

Il vento passò lieve fra i suoi lunghi capelli rossi, spazzando via le ciocche disordinate dal delicato viso a cuore della mezzelfa; i tetti della città cominciavano a tingersi della luce rosata dell'alba e il mare iniziava a brillare di riflessi dorati.

Non era mai contenta quando giungevano navi da Vör e men che meno da Braggh, si portavano sempre dietro qualcosa di spiacevole che avrebbe infestato le vie di Nalhock e della quale sarebbe toccato a lei occuparsi, ma in quel momento ciò che l'assillava era il motivo di quella strana alleanza.

Il battito d'ali di un falco la strappò dai suoi pensieri, sebbene i suoi occhi, di un insolito grigio perla, continuassero a indugiare sugli snelli vascelli in arrivo dal mare.

Appena arrivato in prossimità delle tegole rosse di terracotta, il rapace mutò forma in una ragazza esile dai capelli bianchi come la neve e le iridi del colore del fuoco. La nuova arrivata si sedette sul tetto accanto a Rowan senza dire una parola, alzando solo meccanicamente il braccio per fornire appoggio a una piccola civetta albina.

-Quattro navi elfiche.- la informò la mezzelfa piano -Tre da Vör e una da Braggh.-

Erin non rispose, si limitò a fissarla con attenzione: era sempre stata di poche parole.

-Vascelli di rappresentanza con vessilli diplomatici.- riprese Rowan -Tre delegazioni di Vör di tre diversi regni: elfi del mare, una sirena bianca che salta fuori dall'acqua in campo blu, elfi dei fiumi, un'ondina bianca che rovescia un'anfora in campo azzurro, e elfi delle foreste, driade rosa che sta mutando in albero in campo verde. E poi ci sono i drow di Braggh, testa di gorgone nera in campo verde acido.-

Non avrebbe saputo dire come mai, ma era sempre stata affascinata dall'araldica e il tempo avevo dimostrato l'utilità di quella sua passione, bizzarra per una pezzente come lei.

Rowan sbuffò pensierosa.

-Drow ed elfi che fanno fronte comune.- commentò infastidita -C'è qualcosa nell'aria e dubito siano liete notizie.-

Un tonfo leggero annuncio l'arrivo di un felino albino di media taglia che si strofinò brevemente contro la mezzelfa prima di andare a posare la testa sulle gambe della giovinetta dai capelli bianchi, producendo fusa molto rumorose.

Erin gli grattò distrattamente la testa e il mento, mentre la civetta sulla sua spalla si puliva le ali col becco, arruffando le piume.

-Vai a parlare con Lucius?- chiese sottovoce.

-Non credo di avere alternative.- dichiarò Rowan, mettendosi in piedi e stiracchiandosi per sgranchire gli arti irrigiditi -Puoi occuparti tu di organizzare i ragazzi?-

L'altra annuì.

-Bene.- decretò la mezzelfa -Dì loro di concentrarsi sugli elfi di Vör: sono imbarazzantemente ricchi e troppo presuntuosi per prestare attenzione a qualche moccioso cencioso. Dai drow invece è meglio che si tengano alla larga: non si sa mai cosa si può trovare nelle loro borse e, se dovessero sorprenderli a rubare, non si farebbero problemi a tagliare mani e teste.-

Erin annuì ancora con maggiore convinzione.

-Ci vediamo alla Tana appeno torno.- si congedò Rowan, saltando giù dal tetto.

Atterrò leggera come una piuma sul colmo del cantiere navale e da lì balzo su quello adiacente.

Sotto di lei Nalhock si stava risvegliando: le strade si animavano di vita e colori e le voci salivano sempre più numerose e concitate dalle piazze e dai vicoli.

La mezzelfa conosceva bene la sua città: aveva mendicato per quelle vie fin da quando aveva memoria e sempre lì aveva imparato a sfilare monete e gioielli dalle borse degli ignari passanti. Affinare la sua arte le aveva dato di che sopravvivere e di che sfamare le decine di piccoli orfani di cui si era riempita la città quando, vent'anni prima, la guerra aveva portato a Nalhock morte, fame e miseria. E da allora non aveva più smesso di raccogliere i bambini cenciosi che la povertà abbandonava per le strade, dare loro un tetto e del cibo e ovviamente insegnare loro l'arte del borseggio.

Il vento freddo trasportava odore di pane, dolci e fiori recisi, ma anche di fumo, pesce ed escrementi, trascinandoli per le strade e i vicoli della grande città. Sulle cime dei tetti quel variegato aroma arrivava appena, spazzato via da quella gelida corrente d'aria che soffiava decisa dal mare.

La mezzelfa si calò dalla grondaia, atterrando nel vicolo in penombra che costeggiava la residenza del gran consigliere del governatore.

Batté fra di loro le mani, per togliere la polvere dai guanti senza dita col dorso in cuoio e percorse rapida la stradina, che fiancheggiava l'elegante edificio in pietra fino alla porticina di legno spesso della cucina con la sua graziosa grata in legno battuto, per bussare con decisione con le nocche della mano.

Una ragazzina piccola e lentigginosa, con un fazzoletto candido a coprire le trecce castane, si affacciò all'uscio con curiosità, per poi esibirsi un un largo sorriso quando vide la mezzelfa.

-Ciao, Ro!- la salutò con entusiasmo -Che ti porta da queste parti?-

-Buongiorno, Eglenti.- rispose lei, cercando di emulare l'entusiasmo della piccola aiuto-cuoca -Sono qui per vedere Lucius. È sveglio?-

Eglenti annuì energicamente e spalancò la porta, facendosi da parte per lasciarla passare.

-Naturalmente, il signore si sveglia sempre prestissimo.- rispose -Vuoi che ti faccia annunciare?-

Rowan gli scoccò un'occhiata eloquente, mentre un ghigno divertito le solcava la faccia.

-Indovina.- la sfidò.

La ragazzina rise.

-Immagino gli farai una sorpresa.- indovinò.

-Esatto.- confermò, la mezzelfa, avviandosi verso la porta in fondo alla cucina camminando a ritroso -Sempre che Herbert non mi rovini la festa.-

Il suono di uno schiarirsi la voce alle sue spalle e l'improvvisa preoccupazione sul volto di Eglenti le fecero capire che la sorpresa era già rovinata.

-È dietro di me, vero?-

 

***

 

Lucius, seduto a capotavola nelle sue eleganti vesti da consigliere e intento a leggere un grosso libro rilegato in pelle, sollevò la testa sorpreso quando sentì la misurata bussata di Herbert alla porta della sala da pranzo, bussata studiata che annunciava l'arrivo di un ospite. Era abbastanza sicuro di non aspettare visite quel giorno e di certo non le aspettava a quell'ora, ma col tempo aveva fatto l'abitudine a ricevere in qualsiasi momento della giornata, quindi la cosa non lo infastidiva più di tanto.

Si aggiustò i piccoli occhiali dalle lenti rotonde sul naso e tornò alle pagine del voluminoso tomo che teneva poggiato sulle ginocchia, affrettandosi a finire il paragrafo prima di essere interrotto da qualche fastidioso funzionario.

-Avanti.- disse ad alta voce.

La porta si aprì e un uomo sulla sessantina, troppo alto e con le spalle curve, si fermò sulla soglia.

-C'è la signorina Rowan per voi, signore.- annunciò Herbert con un'espressione stanca e rassegnata sul viso lungo e squadrato -Senza appuntamento.-

Lucius ridacchiò, divertito dalla piccola guerra in corso tra il rigido maggiordomo e la caotica mezzelfa.

-Non è un problema, Herbert, falla entrare.- rispose sereno.

L'uomo alzò gli occhi al cielo e sospirò rassegnato, sparendo oltre la porta e lasciando entrare Rowan che lo ringraziò con una linguaccia.

-Buongiorno, gran consigliere.- proclamò la ragazza, esibendosi in un inchino volutamente esagerato.

Lucius sollevò lo sguardo dal suo libro e le sorrise rallegrato al ridicolo saluto della ragazza; era decisamente sollevato nello scoprire che l'inatteso ospite fosse la giovane mezzelfa e non qualche borioso nobile, scontento del suo operato.

-Buongiorno a voi, signora dei ladruncoli.- ricambiò, togliendosi dal naso i piccoli occhiali con la montatura in oro -Ti unisci a me per la colazione?-

-Oh, sì, ti prego!- esclamò lei, raggiungendolo con passi rapidi -È da ieri a pranzo che non tocco cibo. Sono stata totalmente assorbita da una nuova indagine.-

Si lasciò cadere sulla sedia alla destra del mago, dopo aver afferrato un panino dolce dal cestino, mentre lui la fissava con crescente curiosità.

-Abbiamo dei problemi?- domandò Lucius, chiudendo il pesante volume e posandolo sul tavolo di fronte a lui.

Rowan non l'avrebbe ammesso, ma amava il fatto che il gran consigliere del governatore fosse sempre disposto a mettersi sul suo stesso piano, nonostante l'evidente differenza sociale, e il mago non era tipo al quale piacesse porsi su un piedistallo solo perché nella vita aveva avuto più fortuna di altri: per quello la loro collaborazione funzionava così bene da tanti anni.

-Ancora non lo so.- confessò lei pensierosa, staccando un boccone dal soffice panino con le dita sottili -Per il momento sono solo racconti di ubriachi, ma potrebbe esserci qualcosa di più sotto la superficie.-

Lucius annuì d'accordo: si fidava del giudizio della mezzelfa in fatto di livello del pericolo, aveva visto abbastanza bizzarrie da sapere di cosa stava parlando.

La ragazza si voltò verso di lui e il consigliere lesse una certa preoccupazione nei suoi brillanti occhi grigi.

-Quattro navi elfiche sono appena entrate nel porto.- annunciò infine, infilandosi in bocca un boccone del panino dolce.

-Tre da Vör e una dalle paludi di Braggh, lo so.- precisò il mago con un sospiro, piegandosi in avanti per afferrare la caraffa e versare il succo Giaja nel bicchiere di Rowan e poi nel suo.

-Perché sono qui?- indagò lei, sporgendosi per prendere la bevanda.

-Per via della battaglia di Anassa.- spiegò lui, sorseggiando il succo zuccherino.

La mezzelfa aggrottò le sopracciglia evidentemente perplessa.

-La battaglia di Anassa si è svolta quasi un anno fa e noi non vi abbiamo neppure preso parte.- ribatté, osservando il mago da sopra il bicchiere.

Lucius si appoggiò allo schienale, passandosi le dita fra i capelli castani brizzolati sulle tempie, e sospirò paziente.

-È vero, ma capita che certi avvenimenti impieghino molto tempo per esplicitare i loro effetti, quasi un anno nel caso della battaglia di Anassa.- dichiarò con quel tono lento e serio che era solito usare quando le impartiva una lezione -Ora che Thenf e Anassa sono sotto il controllo dei Saicri, le loro navi stanno rendendo impossibile il commercio sia agli elfi di Vör che ai drow di Braggh attraverso la pirateria e i blocchi navali. Ovviamente a meno di non pagare un dazio esageratamente oneroso. Capirai bene che questo danneggia entrambi i popoli e indirettamente anche noi, per cui il governatore ha indetto un consiglio straordinario per discutere la questione e trovare una soluzione definitiva al problema.-

La ragazza posò il bicchiere sul tavolo, mentre un'espressine contrariata induriva i suoi lineamenti.

-Nalhock non è in grado di affrontare un'altra guerra, Lucius.- sentenziò in tono grave -Ci siamo appena ripresi dalla precedente e l'inverno è stato duro, un nuovo conflitto mi lascerebbe senza di che sfamare i miei ragazzi.-

Il consigliere annuì consapevole.

-Neppure io voglio una guerra.- la rassicurò -I Saicri hanno paura del regno e di certo non sono in grado di fronteggiare un'azione congiunta delle flotte reali, elfiche e dei drow. Se sono saggi, abbasseranno i dazi e risolveranno la faccenda diplomaticamente.-

Rowan sbuffò nervosamente.

-Se sono saggi.- sottolineò -E se non lo fossero?-

-In tal caso sarà una guerra molto breve, ma sarà comunque una guerra.- ammise il mago rassegnato.

La mezzelfa chinò la testa e Lucius la guardò dispiaciuto: capiva la sua preoccupazione, per lei e i suoi ragazzi una guerra sarebbe stata una condanna a morte, e per quanto lo riguardava avrebbe fatto tutto il possibile per convincere i diplomatici saicriani a scendere a patti, ma purtroppo il conflitto era un'eventualità che non poteva essere ignorata.

-Non ho visto vascelli saicriani in porto.- osservò Rowan, appoggiandosi allo schienale.

-Arriveranno in serata.- la informò lui -E a tal...-

Le sue parole furono interrotte dalla comparsa dei gemelli, scesi per la colazione.

-Salve, Rowan.- la salutò allegro Leax, nel suo abito da apprendista mago -Porti buone nuove?-

La ladruncola rise.

-E quando mai è capitato?- chiese ironica.

Lucius nascose un sorriso, bevendo un sorso di succo di Giaja: era a conoscenza della forte infatuazione che suo figlio nutriva nei confronti di Rowan e lo divertiva il modo goffo con cui provava ad attirare la sua attenzione. Peccato per lui che la mezzelfa non fosse affatto interessata a un ragazzino quattordicenne.

Lynn, che si era limitata a un caloroso cenno di saluto, giro intorno al tavolo per baciare il mago sulla guancia.

-Buongiorno, padre.- sussurrò con un dolce sorriso, a cui l'uomo rispose con una carezza affettuosa.

Quei due ragazzi dai capelli di un rosso aranciato non erano davvero suoi figli, ma, dal momento che li aveva cresciuti da quando avevano quattro anni, gli era impossibile non considerarsi loro padre.

Non era difficile capire che non erano legati da un legame di sangue: anche senza considerare il diverso colore di capelli, le guance lentigginose e il contrasto tra gli occhi chiari dei ragazzi e quelli scuri del gran consigliere, i morbidi lineamenti del visto dei fratelli e la loro altezza decisamente nella norma suggerivano agli eventuali osservatori che i due giovani dovevano essere stati adottati, dal momento che il mago superava il metro ottanta, cosa decisamente non comune nel regno di Ithra, e presentava lineamenti spigolosi e un'insolita magrezza.

Lynn si sedette sulla sedia alla sinistra di Lucius e aprì a metà un panino al latte per spalmavi della marmellata di ribes, mentre Leax si accomodò accanto a Rowan e si versò del latte da una caraffa di ceramica.

-Come mai da queste parti?- domandò curioso alla mezzelfa.

-Approdi sospetti.- rispose lei sibillina.

Il gran consigliere lanciò un'occhiata eloquente al figlio.

-Stiamo parlando di una faccenda importante.- gli disse in tono calmo, ma fermo.

-Scusa, padre.- si scusò il giovane.

Lucius tornò a rivolgersi a Rowan, mentre Leax seguiva in silenzio la conversazione tra la ladruncola e primo mago della città.

-Stasera si terrà un ricevimento in onore delle delegazioni elfiche e saicriane.- riprese il consigliere -Con tanti elfi in giro non penso di poter ricorrere alle arti magiche per ottenere informazioni utili a impedire il conflitto, se sé ne accorgessero rischieremmo uno incidente diplomatico. Per questo mi chiedevo se volessi accompagnarmi e sfruttare le tue abilità per capire che aria tira tra i nostri ospiti.-

Rowan soffocò un sorriso dietro un biscotto al miele: evidentemente doveva aver intuito cosa intendesse Lucius quando faceva riferimento alle "sue abilità".

-Le mie tariffe per questo genere di servizio sono piuttosto elevate.- lo informò con un sorriso malizioso, divertita da doppio senso che aveva inserito nella frase.

-Come se non lo sapessi.- ribatté l'altro -Anche se potresti fare uno sconto a un vecchio amico.-

-E poi dai tu da mangiare ai miei ragazzi?- replicò lei con un sorriso, nonostante quel finto battibecco non fosse che uno scherzo tra buoni amici.

-Beh, in realtà potr...- intervenne Leax, che probabilmente non aveva inteso la natura goliardica della conversazione.

-Leax, gli adulti stanno parlando.- lo zittì il mago con voce calma, ma decisa.

Il giovane chinò la testa imbarazzato; Lucius sapeva bene che stava solo cercando di attirare l'attenzione di Rowan, ma dal momento che il ragazzo intendeva seguire le sue orme sia nel campo della magia che della politica, era necessario che imparasse a comportarsi in modo opportuno con gli ospiti, a prescindere che si trattasse di figure nobiliari o solo di una carissima amica.

-Comunque direi che si può fare.- accettò lei, mettendo fine a quelle facezie -Ma dovrai procurarmi un vestito adatto.-

Lucius aggrottò le sopracciglia, preso alla sprovvista.

-Che fine ha fatto quello che ti ho comprato a gennaio?- domandò perplesso.

-Te l'ho detto.- dichiarò lei, alzandosi in piedi -È stato un inverno duro.-

Avviandosi verso la porta scompigliò i capelli del giovane apprendista, ancora chino sulla sua colazione per l'imbarazzo.

-Ci vediamo stasera.- si congedò, con un cenno del braccio, uscendo dalla sala da pranzo.

-A stasera.- replicò il mago con un sorriso.

Poi si rimise gli occhiali sul naso e aprì il grosso volume alla pagina su cui aveva posto il segnalibro di stoffa.

 

***

 

Lucius sfogliò pigramente la pagina del grosso volume rilegato in pelle, sulla copertina del quale spiccava il titolo in lettere dorate: "Alchimia: un compendio di formule avanzate a cura di Aloserius Bercus".

Sapendo che presto avrebbe dovuto raggiungere il governatore a palazzo per presiedere all'incontro con le delegazioni di Vör e Braggh, aveva insistito perché Leax iniziasse la sua lezione subito dopo colazione, me era evidente che fosse un po' presto per il ragazzo. Infatti dall'altra parte del tavolo l'apprendista si agitava nervosamente sulla sedia, leggendo svogliatamente il suo catalogo di erbe e polveri: una lezione noiosa, ma fondamentale per un aspirante mago, che tuttavia sarebbe stato meglio affrontare a un orario più consono.

-Pensi che la Pavimita si trovi anche nelle paludi di Bragh?- domandò d'un tratto il giovane al suo maestro, probabilmente più nella speranza di trovare uno spunto di conversazione che gli consentisse una breve pausa, che per un vero interesso verso quella stupida alga.

Lucius alzò gli occhi dal suo libro e si stropicciò la fronte con le dita lunghe e ossute.

-Le paludi di Bragh sono molto ricche di nutrienti e molto povere di sale, non proprio l'ambiente adatto alla Pavimita.- spiegò, chiedendosi dove volesse andare a parare.

Il ragazzo annuì lentamente.

-Crescono molte piante dalle proprietà magiche nelle paludi di Braggh?- domandò ancora, cercando di assumere un'aria interessata.

Il mago sorrise.

Sapeva bene che il giovane stava solo tergiversando, ma non se la prese; era stato un apprendista anche lui e sapeva quanto tediosa potesse apparire la teoria.

-Una gran quantità in effetti.- ammise l'uomo, prendendo il libro dell'allievo e cercando la pagina che gli interessava -Ma al contrario della Pavimita che ha deboli proprietà curative, dalla maggior parte di esse si ricavano veleni e sonniferi.-

Spinse il volume sul tavolo verso Leax, indicandogli il disegno del planisfero di Otherian con a fianco un elenco di piante divise per provenienza.

Il ragazzo lo osservò per qualche secondo con attenzione.

-Pensavo al fatto che gli elfi sono dei grandi esperti di erboristeria.- osservò Leax -Se mi consentissi di venire al ricevimento stasera, potrei porre loro delle domande...-

Ora era chiaro dove volesse andare a parare.

-Non se ne parla.- lo interruppe Lucius -Devi concentrarti sullo studio, senza contare che la situazione è già abbastanza tesa senza che tu ti metta ad importunare dei diplomatici elfici con le tue domande.-

Il mago aveva pronunciato quelle parole col sorriso sulle labbra, ma l'allievo lo guardò affranto.

-Potrei studiare più tardi.- provò a protestare il ragazzo -Una volta tornati a casa. Tu fai sempre tardi sui libri, potrei farti compagnia.-

-Ti ringrazio per la premura.- lo ringraziò il mago, più orgoglioso del dovuto dell'astuzia del figlio -Ma la risposta resta no. Sei troppo giovane sia per partecipare a una cena diplomatica che per passare la notte sui libri.-

-Ma padre, tu dici...- tentò ancora Leax in tono piagnucoloso.

Tuttavia la comparsa della sorella nel mezzo della stanza lo interruppe.

-L'hanno eletto!- esclamò Lynn, saltellando verso il mago con un bigliettino piegato in quattro e chiuso dalla ceralacca, recante il sigillo del governatore.

Gli occhi dell'uomo si accesero di curiosità e interesse.

-Hanno eletto il bibliotecario di Biorj?- chiese speranzoso, per essere certo di aver capito bene, mentre prendeva il messaggio dalle dita di lei.

La ragazza annuì energicamente.

-Or ora! - esclamò entusiasta.

La biblioteca di Biorj, strettamente legata alla chiesa di Abjan, era un'istituzione nel regno di Ithra: non solo era la seconda biblioteca per grandezza in tutta Otherian, seconda solo a quella leggendaria di Vör, che nessun occhio umano aveva mai visto, ma custodiva testi così antichi e preziosi che era impossibile reperirne copia in qualunque altro luogo. E poi certo era la prima biblioteca dell'ordine di Biorj, ma quello poco interessava al mago.

Ormai da tre settimane Lucius aspettava impaziente di poter tornare alle sue ricerche, che erano state bruscamente interrotto dalla morte del vecchio bibliotecario, a seguito della quale, come tradizione, la biblioteca era rimasta chiusa.

-Chi è stato eletto?- domandò Leax, osservando curioso il mago aprire il biglietto del governatore.

-Bisognerà aspettare la cerimonia d'investitura per saperlo.- rispose distrattamente l'uomo, leggendo le poche righe.

Come da tradizione, l'unico a sapere il nome del bibliotecario, oltre al gran sacerdote e al suo vicario, era il messo del tempio che lo avrebbe rivelato solo al governatore: chiunque altro l'avrebbe udito al termine della sfarzosa cerimonia d'investitura. Piuttosto seccante vista l'assoluta mancanza di considerazione che nutriva nei confronti dell'intero culto di Abjan e dei suoi ministri, ma non era così sciocco da mettersi contro le tradizioni, soprattutto se c'era di mezzo la religione.

Il mago si alzò per andare a sedersi allo scrittoio, prese un biglietto di carta pregiata e intinse la penna nel calamaio, vergando le poche parole di risposta per il governatore. Poi piegò i quattro angoli e vi fece colare sopra la ceralacca, imprimendovi il sigillo che portava al dito.

-A te, cara.- disse, passando il messaggio a Lynn -E quando sarai tornata vai a cambiarti, è opportuno indossare qualcosa di più elegante per la cerimonia.-

I due ragazzi si scambiarono uno sguardo eccitato all'idea di partecipare alla cerimonia d'investitura, mentre Lucius lasciava la stanza, preparandosi all'idea di dover sopportare l'interminabile rito, prima di poter ascoltare il nome del nuovo bibliotecario di Biorj.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 2 - L’INVESTITURA ***


Rowan varcò l'arco di pietra che sanciva il confine tra la città e il porto.

L'odore sgradevole di pesce e alghe unito a quello del legno marcio e degli escrementi, scaricati in acqua dalle fogne della città, riempì le sue narici risvegliandola bruscamente dal torpore che l'aveva colta mentre attraversava Nalhock seduta clandestinamente sul retro di un carretto di suppellettili in ceramica.

Negli ultimi giorni aveva messo eccessivamente alla prova la sua capacità elfica di rimanere sveglia per buona parte delle ore notturne, eredità di cui non conosceva minimamente limiti ed effetti collaterali, e ora si ritrovava esausta di prima mattina con la prospettiva di una lunga giornata davanti a sé.

Ripromettendosi di riposare un paio di ore prima di presentarsi a casa di Lucius per il ricevimento, spinse la sgangherata porta di legno della taverna "Il porto", luogo dal nome tutt'altro che originale che rappresentava il principale ritrovo per i più poveri marinai di Nalhock e anche per tutti quegli stranieri che cercavano alcol a buon mercato a qualsiasi ora del giorno e della notte.

Se fuori dalla locanda l'odore era sgradevole, all'interno era quasi rivoltante: all'aroma tipico della banchina si univa un tanfo acre di vomito, urina e pessima cucina locale che ammorbava l'aria stantia. Rowan non tentò neanche di combatterlo; il buon mago le aveva insegnato che l'olfatto era il senso che si abituava più in fretta ai cambiamenti, così, anziché tapparsi il naso, prese qualche profondo respiro sperando che le sue narici si adattasseroz rapidamente.

L'ambiente era scuro e umido, riscaldato da un grande ma vecchio camino in pietra nell'angolo a destra. I tavolacci logori in legno occupavano buona parte dello spazio disponibile insieme alle panche traballanti e alle sedie pericolanti: conosceva più di un grasso ubriaco che si era trovato col culo per terra dopo che, accomodatosi con ben poca grazia, una delle gambe della seduta aveva improvvisamente ceduto.

Nonostante fosse solo la seconda ora del mattino* la taverna era già affollata dai pescatori tornati dalla battuta notturna, stranieri appena sbarcati dalle navi mercantili e bevitori abituali svenuti sui tavoli dalla sera precedente. In un angolo un po' in disparte la mezzelfa individuò anche un paio di elfi oscuri intenti a parlare sottovoce, bevendo avidamente dai loro bicchieri di peltro ammaccati: dovevano essere arrivati con la delegazione diplomatica di Braggh, dal momento che, prima di quella mattina, erano settimane che non giungevano navi drow in porto.

Rowan si sedette su uno sgabello davanti al bancone e l'oste, un uomo pingue e barbuto di nome Bardolph, le fece un cenno di saluto con la testa, mentre finiva di parlare con un giovane dinoccolato che, a giudicare dall'abbigliamento, doveva venire dalle regioni meridionali della magicrazia di Kesseft.

La ragazza appoggiò il gomito sul piano di legno consunto e posò la guancia sul palmo aperto della mano, tendendo le orecchie per ascoltare i discorsi degli altri avventori: erano per lo più chiacchiere tra pescatori sul bottino di quella notte e noiosi racconti di lunghi viaggi per mare, mentre per quanto riguardava i due drow non avrebbe saputo dire quale fosse l'argomento della loro conversazione, dal momento che stavano parlando nell'idioma del loro popolo.

Si trattava di un elfico aspro e imbastardito, quasi raschiante in certe espressioni. Nonostante lo scetticismo di Rowan, il gran consigliere insisteva a sostenere che somigliasse molto al Vöriano, nonostante la diversa pronuncia, e che di fatto lui l’avesse appreso basandosi sulla somiglianza tra le due lingue, ma lei comprendeva a stento qualche parola nell’idioma paterno e di certo non era portata quanto il mago per lo studio in generale.

Con la coda dell’occhio vide Bardolph congedarsi dal logorroico avventore e avvicinarsi, gettandosi lo strofinaccio sporco sulla spalla. Tutto sommato non c’era voluto molto.

-Cosa ti porto?- le domandò l’uomo con un ghigno, conoscendo già la risposta.

-Diciamo che passo.- rispose lei -È troppo presto per bere qualcosa di abbastanza alcolico da neutralizzare tutte le malattie che rischio di beccarmi portandomi alla bocca qualsiasi cosa tu tenga qua dentro.-

Il grosso oste ridacchiò.

-Ti sorprenderà sentirlo, ma le faccio lavare, le stoviglie.- ribatté, per nulla offeso da quel commento.

Lei alzò un sopracciglio.

-Ah, si? Quindi se te lo chiedessi berresti un bicchiere della tua birra qui davanti a me?- lo punzecchiò in tono di sfida.

-Non sono così folle.- replicò quello ridendo.

Lei fece cenno con la testa verso la più vicina finestra, chiusa da grossolani scuri in legno e fermate da una sbarra in metallo.

-Potresti almeno aprire le finestre ogni tanto, si soffoca qui dentro.- commentò con una smorfia.

-Preferisco che i miei clienti si dimentichino della luce del sole.- spiegò quello, facendole l’occhiolino -Vuoi sapere quello per cui sei qui o preferisci continuare a denigrare la mia locanda?-

-La parola giusta è "bettola".- lo concorresse lei -Ma mi interessano più le novità.-

Bardolph, dietro al bancone, trascinò il suo sgabello davanti a quello di Rowan e vi si accomodò, sporgendosi poi sul piano in legno verso la mezzelfa.

-Poco dopo che te ne sei andata ieri sera, Hardwin, l'erborista, ha cominciato a sentirsi male.- raccontò in un bisbiglio, per non farsi sentire dagli altri avventori -Sfido io, aveva bevuto quasi un barile di birra e non di quella buona, ma di una schifezza che ho preso da un mercante di Thenf per un prezzo ridicolo.-

Lei roteò gli occhi al cielo, ma non commentò.

-Insomma, l'ho lanciato fuori prima che vomitasse sul pavimento.- continuò lui -Non posso passare le serate a scrostare il vomito da terra. Ad ogni modo, dopo un po' Lucan, il nuovo apprendista di Nigel, il fabbro, è andato a vedere come stava. Ha detto di averlo visto risalire dalla banchina con uno sguardo strano e che, quando ha tentato di informarsi su come stesse, quello ha proseguito come se nulla fosse, quasi non l'avesse neanche sentito.-

Rowan aggrottò le sopracciglia concentrata, fissandolo con interesse.

-Che ne è stato di Hardwin?- indagò.

-Pare sia stato via per un po'… un paio di giri di birra per intenderci, forse qualcosa in più, e poi è tornato al molo con una grossa sacca.- le riportò Bardolph - L'hanno visto gettarla in acqua e poi si è gettato anche lui.-

-Ma Hardwin non sa nuotare.- obiettò la mezzelfa, che conosceva abbastanza bene la gente di Nalhock da sapere che l'erborista aveva rischiato di annegare nel fiume da bambino e che d'allora era terrorizzato dall'acqua.

-Giusto appunto.- mormorò l'oste -Per fortuna un paio di marinai di Balf l'hanno visto e sono entrati a dare l'allarme. Lucan, che era appunto in procinto di tornare a casa, è uscito di corsa e si è tuffato per salvarlo, altrimenti a quest'ora staremmo cercando un nuovo erborista.-

La ragazza annuì: una bella fortuna, perché con la biblioteca chiusa da tre settimane, se fosse pure morto l'erborista, Lucius avrebbe finito per dare di matto. 

-Hardwin ti ha detto nulla su quanto è successo?- lo incalzò lei.

-Eh, non molto.- ammise l'uomo, accarezzandosi la barba brizzolata -Dopo che Lucan l'ha tirato fuori dall'acqua, non la finiva di delirare, così gli ho assestato un ceffone ed è svenuto. Quando si è ripreso non ricordava nulla. Ma nel delirio, prima di perdere i sensi, insisteva a parlare di una musica a cui doveva obbedire... piuttosto senza senso per me.-

-Una musica... - sussurrò lei pensierosa -Sei sicuro che abbia alla detto musica e non canto?-

Il volto di Bardolph si illuminò.

-Ma certo, un canto!- esclamò un po’ troppo ad alta voce, facendo girare buona parte dei presenti.

L'uomo incassò la testa nelle spalle imbarazzato e si fece piccolo piccolo, un'immagine curiosa da vedere, vista la sua stazza.

-Un canto, esatto.- ripeté in un bisbiglio -Ti dice qualcosa?-

-Forse.- rispose lei meditabonda -Avrei biso... -

In quel momento la porta si aprì di schianto e Barnabas, il figlio di dodici anni dell'oste, entrò correndo all'interno.

-L'hanno eletto! - gridò in direzione del padre -Hanno eletto il bibliotecario di Biorj!-

Rowan si raddrizzò sullo sgabello fissando il ragazzino magrolino col volto rotondo saltellare eccitato davanti al bancone, imitata da quasi tutti gli avventori della taverna che cominciarono a parlare concitatamente tra di loro.

La mezzelfa sapeva perché era così contento: quando veniva eletto un nuovo bibliotecario, dopo la cerimonia d'investitura, gli allievi sacerdoti di Abjan e gli apprendisti saggi di Biorj sfilavano per le strade della città distribuendo monete e dolci ai passanti. Il che era un grande evento anche per lei e i suoi ragazzi.

-Beh, questa è una buona notizia.- osservò Bardolph, per poi rivolgersi alla ragazza -impaziente di leggere qualche bel libro?-

-Non aspettavo altro.- commentò lei sarcastica.

Saltò giù dallo sgabello e sgranchì la schiena.

In realtà il più entusiasta per quella notizia sarebbe probabilmente stato Lucius, anche se, prima di tornare ai suoi amati libri, gli sarebbe toccato assistere alla cerimonia di investitura, cosa della quale, se lo conosceva bene, non sarebbe stato affatto contento.

-Vedrò di occuparmi del nostro misterioso problema al più presto.- disse sottovoce all’oste -Ma per il momento è meglio che tieni i tuoi clienti lontano dall'acqua... procurati un secchio per il vomito.-

Detto questo si diresse verso la porta, dando un buffetto affettuoso al trepidante Barnabas, e uscì nella fredda mattina invernale.

***

-Cos'è questo casino?- chiese Ethan, avvicinandosi al bordo del tetto dal quale Rowan scrutava la città brulicare di vita sotto di loro.

Il giovane di circa vent'anni si passò un piccolo sacchetto pieno di monete sonanti da una mano all'altra; era uno dei più vecchi tra i ladruncoli che erano rimasti con lei ed era ormai diventato uno dei suoi uomini più fidati, sempre che si potesse definire uomo un ragazzo di quell'età.

-Una buona mattinata?- domandò lei, alzando lo sguardo su di lui.

-Discreta in effetti.- gongolò lui orgoglioso -Ma che succede?-

-Festeggiamenti al tempio di Abjan.- spiegò Rowan, tornando a osservare le guglie appuntite del tempio che svettavano verso il cielo, bianche dita su un fazzoletto azzurro -Hanno eletto il bibliotecario di Biorj.-

Dopo la sua chiacchierata con Bardolph, era andata dritta a parlare con l’erborista, per evitare la calca che si sarebbe scatenata dopo la cerimonia d’investitura, ma non era riuscita a ottenere niente di più di quello che già non aveva saputo dall’oste. Di fatto Hardwin non ricordava nulla della sera precedente, dal momento in cui era stato cacciato da quella bettola puzzolente.

Rowan non ne era né sorpresa né delusa, in verità quella storia confermava solo la veridicità delle due che aveva sentito precedentemente da altri avventori de “Il porto” e le forniva una debole pista da seguire per risolvere il mistero.

-Era ora!- esclamò il ragazzo con entusiasmo.

Si aggiustò l'armatura in cuoio un po’ troppo larga, che aveva sgraffignato a un mercante, e si sedette accanto a lei, lasciando penzolare i piedi nel vuoto.

-Il mago ne sarà entusiasta.- aggiunse poi.

La mezzelfa si voltò nella sua direzione con un mezzo sorriso sul viso.

-Dimentichi che Lucius detesta le cerimonie del tempio, per lui sono solo "una tediosa farsa".- osservò.

-Beh, si consolerà con i festeggiamenti che seguiranno.- commentò il giovane -È difficile rimanere arrabbiati con la pancia piena.-

La mezzelfa non lo contraddisse: in linea di massima era d'accordo con lui, ma loro avevano passato la maggior parte della loro infanzia a mendicare un boccone di pane per strada, mentre Lucius non aveva mai avuto di quei problemi e le sue preoccupazioni erano incentrate su un livello diverso rispetto al mero riempirsi lo stomaco.

Ethan si sistemò gli spallacci: quell'armatura era pensata per un uomo ben più muscoloso e con le spalle più larghe di quel ragazzetto mingherlino, ma era così orgoglioso del suo bottino che, da quando se n'era appropriato, non l'aveva più tolta.

-Piuttosto.- si rinvenne -È per andare dal mago che non ti sei fatta vedere per colazione?-

-Erin non te l'ha detto?- chiese Rowan.

-Ha solo detto che avevi un impegno.- asserì lui con un sospiro.

Lei allargò le braccia con rassegnazione, roteando gli occhi al cielo.

-Tipico di Erin.- dichiarò rassegnata.

-Almeno sono buone notizie?- domandò lui curioso.

La mezzelfa si strinse nelle spalle: non erano affatto buone notizie, se si considerava che il fallimento di quella mediazione diplomatica avrebbe potuto portare a una nuova guerra, ma decise che non c'era motivo si dargli delle inutili preoccupazioni.

-Ha un lavoro per me per questa sera.- si limitò a dire -E a tal proposito, ho sentito che il vecchio Jonas ti ha offerto un posto sulla sua nave. È un ottimo posto, Jonas paga molto bene.-

Ethan scrollò le spalle con aria annoiata.

-Vero, ma che noia, tutto il giorno in mezzo al pesce e alle reti.- borbottò, sbuffando -E poi io soffro il mal di mare.-

La mezzelfa gli sorrise: sapeva che le sue erano solo scuse per non lasciarla sola a gestire un esercito di marmocchi. Di solito i suoi ragazzi lasciavano la Tana intorno ai quindici anni, si trovavano un lavoretto sulle navi mercantili e spesso lasciavano la città per sempre, eppure Ethan non sembrava affatto intenzionato a seguire quella strada.

-Dovrai andartene prima o poi.- lo avvertì lei, più per punzecchiarlo che perché lo pensasse davvero.

-Nah.- ribatté il ragazzo -Continuerò ad addestrare ragazzini nell'arte del borseggio anche quando sarò un vecchiaccio inquietante. Sono troppo pigro per cercarmi un lavoro o spostarmi altrove. E poi, quando ti deciderai a vedere il mondo, avrai bisogno di un braccio destro che si occupi dei pargoli.-

Lei rise divertita.

-E dove mai dovrei andare?- chiese perplessa.

-Beh, chi lo sa, magari un giorno ti verrà voglia di esplorare il continente e visitare le città magiche di Yutrell e Kesseft.- ipotizzò lui vago.

Rowan tornò a fissare il punto in lontananza da cui arrivava la musica ritmica e vivace che accompagnava la cerimonia d'investitura.

C'era stato un tempo, sette anni prima, in cui aveva pensato che un giorno avrebbe potuto lasciare Nalhock almeno per un po' ed esplorare le altre terre di Otherian, ma quel sogno si era infranto contro la dura realtà, ricordandole da dove veniva.

La ragazza si mise in piedi sulle tegole di terracotta.

-Direi che per il momento non ho intenzione di andare da nessuna parte.- commentò, stiracchiandosi -Ma non ti costringerò ad accettare quel lavoro se non lo vuoi.-

Ethan si alzò, un po' goffo per via dell'armatura fuori misura.

-Perderesti solo tempo.- la informò con sufficienza -Tu che hai la vista degli elfi, ti pare che vada tutto bene alla bancarella dello speziale?-

-Temo di no.- dichiarò lei, aguzzando la vista -Credo che un paio dei ragazzi si siano cacciati nei guai, meglio che scendiamo a dare un'occhiata più da vicino.-

-Sperando di non dover intervenire...- precisò lui, facendosi preoccupato.

***

Il suono ritmico dei tamburi riempiva il cortile del tempio di Abjan, accompagnato dai flauti e dai campanelli cerimoniali, mentre le giovani sacerdotesse danzavano leggiadre nei loro abiti leggeri di veli e seta.

Il gran consigliere si trattenne a fatica dallo sbadigliare annoiato, fingendo di seguire il tedioso spettacolo: quell'inutile farsa andava avanti da quasi due ore e il suo interesse si era spento ormai da un'ora a cinquanta. Tuttavia non poteva andarsene, avrebbe significato offendere il gran sacerdote, e i loro rapporti erano già abbastanza tesi.

Si voltò appena per controllare cosa stesse facendo il governatore Eluard de Lacy, seduto sul suo scranno sopra la pedana rialzata alle sue spalle con la consorte, Celina le Roux, alla sua destra e il figlio maggiore, Everard, alla sua sinistra. Lo vide sussurrare qualcosa all'orecchio della moglie, rapita dalle danze rituali delle sacerdotesse.

Celina era una fervente sostenitrice del gran sacerdote e un'ardente credente da quando, tre anni prima, quest'ultimo aveva salvato il suo primogenito di soli sette anni da una terribile polmonite; in realtà a guarire il bambino era stata una pozione a base di estratto di Atalia, detta anche erba del fuoco, che il mago aveva personalmente preparato per il bambino malato. Tuttavia quando Faramond, il gran sacerdote, si era preso il merito, Lucius non aveva protestato; l'età e la sua professione gli avevano insegnato il valore di passare inosservato.

La musica si intensificò, preannunciando il gran finale, mentre il sole si spostava verso la sommità del cielo, illuminando con la sua luce fulgida la facciata candida del tempio, scolpita nel marmo pregiato e adornata dalle statue dorate di otto esperidi, ospitate nelle loro nicchie di pietra, che sorreggevano il più grande dei satelliti di Otherian, rappresentato in otto diverse fasi del suo ciclo lunare. In piedi sopra il grande portone spalancato, con le braccia aperte e lo sguardo rivolto al cielo, l'effige di Abjan, la luna, luccicava, sotto i raggi del mezzogiorno, simbolo di misericordia, bontà e amore materno, dea del focolare e della guarigione.

Il gran consigliere pensò con malinconia al tempo in cui la direzione del tempio era affidata al saggio Alisander, prima che l'attuale gran sacerdote facesse ripristinare gli antichi riti, rendendo un supplizio ogni cerimonia pubblica.

Oltre a essere un uomo estremamente colto e incredibilmente saggio, Alisander era un guaritore di grande abilità e potere, al contrario del suo successore, che conosceva appena qualche incantesimo minore di scarsa utilità. Quando cinque anni prima era venuto a mancare a un'età assai più avanzata di quanto avesse fatto credere, Lucius si era seduto al suo capezzale e aveva dialogato a lungo con lui di magia, come erano soliti fare, finché il suo vetusto amico non era pacificamente spirato. Poco prima che giungesse il suo momento, il vecchio sacerdote gli aveva fatto dono del suo prezioso libro di formule e pozioni di cura, tramandandogli tutto cioè che aveva appreso su quell'antica arte nel corso dei secoli.

Se Alisander avesse potuto scegliere, non avrebbe mai lasciato che quell'incapace di Faramond salisse ai vertici del tempio, ma il culto di Abjan era vasto e diffuso in tutto il regno di Ithra, e quello della città di Nalhock non era che un piccolo santuario, spettava al sommo sacerdote della dea, che risiedeva a Ruck, la capitale del regno, prendere quel genere di decisioni.

Tra le altre cose, anche se il gran sacerdote evitava di porvi l’accento, all'interno nel panorama più esteso della chiesa di Abjan, il titolo di bibliotecario di Biorj era molto più prestigioso del suo.

-Per le sette lune di Otherian, durerà ancora a lungo questo supplizio?- bisbiglio la voce mentale di Leax nella testa di Lucius.

Il mago sospirò nascondendo un sorrisetto divertito.

-Se Abjan è davvero misericordiosa come sostiene il culto, terminerà presto.- rispose telepaticamente il gran consigliere -Ma forse vuole punirci per la nostra mancanza di fede.-

Il ragazzo ridacchiò nel suo cervello, accompagnato dalla sorella che, evidentemente, aveva incluso nella conversazione mentale.

-Siete i soliti esagerati, la musica è piacevole.- osservò Lynn -E la danze sono molto belle.-

-Hanno smesso di esserlo circa un'ora fa.- ribatté il gemello seccato.

-Non è il genere di spettacolo che riesco a trovare d'intrattenimento.- commentò il mago diplomaticamente -E di certo è un pessimo motivo per rimandare un importante incontro diplomatico al pomeriggio.-

Gli occhi di Lucius si spostarono sulla delegazione di Vör, che aveva deciso di assistere alla cerimonia; i drow erano stati decisamente più scaltri e avevano declinato cortesemente l'invito, adducendo come scusa che i loro dei ne sarebbero stati contrariati.

Dai volti dei diplomatici elfici era difficile comprendere quale genere di sentimento provassero per quella pagliacciata, ma lui conosceva l’ambasciatore degli elfi del mare abbastanza bene da sapere che il movimento, che stava compiendo con le dita della mano destra e che sembrava un modo per seguire il ritmo della musica, era da imputarsi a un molto elementare incantesimo di illusionismo, con in quale stava sfogliando un libro invisibile agli occhi dei più.

-Probabilmente no, padre, ma agli elfi piacciono questo genere di cose, magari saranno più ben disposti dopo.- suggerì la ragazza col suo solito ottimismo.

-Siamo in pubblico, Lynn.- le fece notare lui quasi a malincuore.

-Ma è una conversazione telepatica, chi può sentire?- la difese Leax.

-Una conversazione telepatica è come un pensiero e vorrei evitare di farvi passare dei guai per un pensiero troppo rumoroso.- ribatté lui.

-Hai ragione, maestro.- ammise il ragazzo.

-Scusa, consigliere.- si scusò la sorella.

Lucius sospirò amareggiato.

Per quanto fosse il primo a considerare i gemelli come suoi figli e loro ricambiassero quel sentimento, le leggi della città non consentivano loro di definirsi una vera e propria famiglia: in pubblico il mago non era che il loro custode e loro i suoi protetti e usare altri appellativi durante un evento pubblico avrebbe potuto avere pesanti ripercussioni, soprattutto considerato il loro status sociale. Quando un giorno l'uomo sarebbe morto, i suoi beni terreni sarebbero passati ai ragazzi ma non il suo titolo o i suoi privilegi “di famiglia”, perché secondo le norme di Nalhock solo il legame di sangue dava origine a una discendenza.

Il gran consigliere aveva più volte tentato di far modificare quelle vecchie leggi ormai desuete, non solo per amore di Lynn e Leax, ma anche perché rendevano molto difficile trovare una casa alle decine di orfani che vivevano per le strade, i quali finivano per morire di fame e di stenti, almeno fintanto che Rowan non li aveva raccolti e dato loro una casa.

La musica si interruppe di colpo, strappandolo ai suoi malinconici pensieri, e le sacerdotesse si disposero in modo da formare un corridoio tra la parte anteriore del cortile e il palco con le sedute degli alti prelati del tempio; il gran sacerdote si alzò dal suo alto scranno dorato e il suo vicario alla sua destra lo imitò, subito seguito dall'uomo alla sua sinistra. Quest'ultimo, al contrario dei due chierici agghindati in ricchi abiti da cerimonia, indossava una semplice camicia di lino sopra i pantaloni di spessa stoffa scura e una vistosa maschera dorata, raffigurante una specie di sole: Biorj, il consorte di Abjan, dio della conoscenza e della saggezza e, qualche volta, della magia.

L'uomo dal volto coperto percorse il selciato fra le due file di sacerdotesse, seguito dai due sacerdoti, e si inginocchiò per terra, davanti agli spettatori in attesa.

Il vicario posò sulle sue spalle la mantella blu e oro che simboleggiava la sua carica, dopo di che toccò al gran sacerdote mettergli al collo la catena con appesa la chiave della biblioteca.

Poi, con un gesto teatrale, Faramond si rivolse al suo pubblico trepidante.

-Davanti a noi si erge Aros di Trand, bibliotecario di Biorj.- declamò solenne.

Solo allora il neo-eletto bibliotecario si alzò in piedi togliendosi la maschera.

Lucius si sporse un poco in avanti, studiando attentamente l'uomo, mentre intorno a lui la folla applaudiva e la musica riprendeva a suonare: aveva all'apparenza poco meno di quarant'anni e di certo era molto bello, con lucenti capelli castani lunghi fino alle spalle e raccolti in una corta coda che ricadeva morbidamente sulla sinistra. Aveva lineamenti eleganti, forse appena un poco spigolosi, zigomi definiti, mascella scolpita e naso sottile e un taglio di occhi particolare che ricordava vagamente quello elfico. Aveva un bel portamento e un fisico snello e tonico, quello di un uomo che nella sua gioventù doveva essere stata addestrato nell’arte delle armi.

Il mago socchiuse gli occhi e strinse le labbra in una linea sottile.

-Va tutto bene?- bisbigliò la voce mentale di Leax nella sua testa.

-Ancora non lo so.- rispose telepaticamente il gran consigliere.

Ed era vero, non lo sapeva, ma aveva l’assoluta certezza che il nuovo bibliotecario di Biorj non fosse umano.

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*a Nalhock il tempo è suddiviso in 3 momenti diversi: Mattina (dal sorgere del sole al momento in cui il sole è più in alto nel cielo), Pomeriggio (dal momento in cui il sole è più in alto nel cielo al tramonto) e Sera/Notte (dal tramonto al sorgere del sole). In questo momento dell'anno la seconda ora della mattina corrisponde all'incirca alle 7 del mattino.

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 3 - PRELUDIO ***


Lucius osservò con attenzione la sua immagine riflessa nello specchio e gli occhi scuri di un uomo sulla cinquantina gli restituirono lo sguardo.

Si passò le dita sulle guance appena rasate e fra i capelli brizzolati, studiando con cura la sua immagine: aveva scelto quell'età perché era un buon compromesso tra la saggezza che ispirava un uomo maturo e un certo fascino che appagava la sua vanità.

Forse, se si fosse ancora trovato nella confederazione di Yutrell, si sarebbe tolto qualche altro anno di dosso, ma a Ithra era meglio non sbilanciarsi.

Si aggiustò sulle spalle la tunica viola di rappresentanza, bordata da un ricamo floreale in filo d'oro, che sulla schiena delineava lo stemma della provincia di Nalhock. Una doppia spilla composta da due idre, simbolo della città, tenute assieme da una breve catenella, chiudeva sul petto la cappa leggera, che scendeva quasi fino in fondo ai piedi e rimaneva aperto lateralmente  in modo da agevolare i movimenti.

Quei paramenti da mago gli erano piaciuti fin da quando era bambino, con le loro maniche ampie e il loro aspetto autorevole, ma, quando era finalmente giunto il momento di indossarli, aveva dovuto trovare un buon sarto che fosse in grado di non farlo sparire tra le pieghe del tessuto, dal momento che era sempre stato molto magro.

Si allontanò dallo specchio, per tornare a sedersi allo scrittoio, e aprì il libro alla pagina a cui aveva posto il segno: aveva intenzione di finire quella lettura prima che riaprisse la biblioteca di Biorj e potesse nuovamente accedere ai suoi preziosi volumi, ma il pensiero del bibliotecario continuava a distrarlo.

Non lo preoccupava tanto il fatto che non fosse umano, nella Confederazione era normale che individui di razza diverse convivessero fianco a fianco e, anche se nel Regno di Ithra non era un fatto comune, non vedeva perché tale soluzione non potesse funzionare anche per Nalhock. Piuttosto si domandava quale motivo potesse avere una creatura non umana per farsi insignire del titolo più alto dell'Ordine di Biorj; sia l'Ordine che il culto di Abjan erano religioni strettamente umane, circoscritte tra l’altro al solo Regno, per cui non poteva non sospettare che Aros di Trand avesse un secondo fine che non aveva nulla a che fare con la fede.

Ma per quanto si sforzasse, non riusciva a figurarsi quale ragione potesse giustificare un tale dispendio di tempo ed energie e questo lo preoccupava. D'altro canto Lucius era per sempre un mago e, come tutti i maghi, era sospettoso verso ciò che non comprendeva.

-Pensi di rimanere ancora a lungo fuori dalla porta?- domandò ad alta voce, richiudendo sconfitto il volume.

Leax aprì timidamente la porta ed entrò nella stanza del padre.

-È arrivata Rowan.- annunciò impacciato, giocando con l'orlo della sua tonaca d'apprendista, simile a quella del mago, ma più corta e con maniche a tre quarti.

-Lo vedo dal rossore sul tuo viso.- lo prese in giro l'uomo, con un sorriso -L'hai lasciata con Lynn?-

Il ragazzo annuì imbarazzato.

-Però non capisco: perché lei può venire al ricevimento e io no?- si lamentò debolmente, alzando appena gli occhi da terra.

Lucius sospirò.

-Perché tu non puoi andare a letto con l'ambasciatore dei Saicri per ottenere informazioni sulle loro disposizioni.- spiegò con cruda franchezza.

Sapeva che quel genere di discorsi metteva Leax a disagio, soprattutto quando si parlava di Rowan, ma era ora che il giovane apprendista si facesse una ragione della vera natura della mezzelfa e smettesse di idealizzarla. E, a essere del tutto onesto, il consigliere preferiva di gran lunga il vero volto della regina dei ladruncoli a qualsiasi versione edulcorata che lei si divertisse a mostrare in pubblico.

-Beh... però ecco... non è proprio...- borbottò il giovane sempre più  imbarazzato.

-Rowan usa i talenti che la natura le ha dato per portare a termine il suo lavoro e come lo fa è una sua scelta; né tu né io abbiamo il diritto di giudicare.- lo ammonì il mago -È pagata per questo.-

Non era certo che fosse corretto definire le abilità seduttive della ragazza “talenti” ed era certo che non fosse stata la natura a dargliele, ma quella era una parte della storia che era meglio che suo figlio non conoscesse e che di certo lui non avrebbe menzionato senza il consenso della diretta interessata.

-Ma voi siete amici.- commentò l'altro in un bisbiglio -Voglio dire... non puoi...-

-Siamo amici e in virtù della nostra amicizia so di potermi fidare ciecamente di lei.- replicò suo padre -Ma gli affari sono affari e, a prescindere da questo, Rowan ha il diritto di andare a letto con chi vuole a prescindere da quale sia lo scopo. Tra l’altro può essere una strategia molto divertente per ottenere ciò che si desidera.-

Leax fece per replicare, ma poi si fermò e si limitò a fissarsi i piedi a disagio.

Lucius si alzò in piedi e gli posò una mano sulla spalla.

-Capirai col tempo, Leax, sei ancora giovane e alla tua età si tende a vedere il mondo attraverso il filtro delle fiabe e dei racconti d'amore.- cercò di rincuorarlo -Ne parleremo ancora, ma ora devo andare a impedire al governatore di causare un incidente diplomatico. Sarò di ritorno entro la seconda ora della sera.-

L'apprendista annuì e salutò il suo maestro con un cenno della mano, osservandolo lasciare la stanza alla volta della residenza del governatore.

***

-Il motivo per cui ci tocca sopportare le loro angherie è che voi non siete stati capaci di sferrare un attacco incisivo quando ce n'è stata l'occasione!-

Le parole, pronunciate in tono gelido e aggressivo dell'ambasciatrice drow, Dervla Urchardan, erano indirizzate all'ambasciatore degli elfi del mare, Eoghan Mhurascaill che si limitò a stringere le labbra e fissarla con freddezza.

-Nulla di ciò che poteva essere tentato è rimasto intentato.- si limitò a dire con voce pacata -Ma non era la nostra guerra.-

-Bella scusa.- ribatté la drow, sedendosi e accavallando le gambe -Se aveste fatto uno sforzo in più ora non ci troveremmo in questa situazione.-

Lucius si schiarì la voce.

Avrebbe preferito scoprire prima dell'incontro che c'era dell'astio tra gli elfi oscuri e quelli del mare, ma a quel punto aveva poca importanza.

Se la delegazione di Eoghan fosse giunta da sola da Vör, gli avrebbe parlato in privato prima della seduta; erano amici da prima che il mago lasciasse Yutrell per trasferirsi a Nalhock, ma con quattro diplomatici coinvolti, un gesto del genere avrebbe potuto offendere gli altri e di certo era l'ultima cosa di cui avevano bisogno.

Nella stanza l'aria era stata tesa fin dal principio e quando si erano seduti in cerchio per iniziare le trattative, Lucius era stato contento che le armi fossero stata lasciate fuori dalla porta. Certo era abbastanza sicuro che gli accompagnatori degli ambasciatori, accomodati alle loro spalle, fossero perfettamente in grado di uccidere senza alcun bisogno di una lama e che gli ambasciatori stessi fossero tutti maghi sufficientemente abili da essere in gradi di far saltare l’intera sala in caso l’avessero voluto, ma doveva accontentarsi.

-Ciò che è avvenuto nella battaglia di Anassa, è stato più di un anno fa.- intervenne in tono conciliante -E, a prescindere dalla diversa percezione del tempo che possono avere i nostri popoli, credo converremo tutti che ciò che è stato non possa essere cambiato. Siamo qui per trovare insieme una soluzione, non per fare recriminazioni.-

Gli occhi violetti di Dervla Urchardan scrutarono con attenzione il gran consigliere.

-E naturalmente la vostra soluzione sarebbe il compromesso, dico bene, umano?- scandì glaciale, tenendo le braccia incrociate sul petto.

Lucius sapeva che quella era un'offesa: per le antiche leggi, sottolineare la razza di una persona anziché il suo titolo era considerato un affronto, ancor di più se si era ospiti presso il soggetto in questione. Tuttavia decise di attenersi al suo ruolo e replicare diplomaticamente.

-La mia soluzione è un accordo che riduca al minimo i danni per tutte le parti.- rispose secco -E sono certo che un'ambasciatrice dalla vasta esperienza, come voi siete, converrà con me che sia la scelta migliore.-

L'ambasciatrice dovette cogliere la velata allusione alla sua età, perché gli scoccò un'occhiata dardeggiante e non replicò.

Anche indagare l'età di un drow con il senso magico, anziché chiedergliela, andava contro le antiche leggi, ma il mago aveva fatto attenzione a lasciarlo sottinteso e non oltrepassare il segno.

-E se poi non capiranno l'antifona, il regno di Ithra è pronto ad appoggiare la vostra causa.- dichiarò il governatore con fare tronfio -Le navi dei Saicri non...-

-Ovviamente avrete il pieno appoggio del Regno, se si arrivasse allo scontro diretto.- si intromise il mago -Ma il nostro obiettivo primario è evitare il conflitto.-

Non aveva idea di cosa intendesse dire Eluard, ma sapeva che vantarsi di essere l'ago della bilancia in quella delicata trattativa avrebbe solo fatto irritare l'ambasciatrice drow, già infastidita dal fatto che l'uomo avesse allontanato la moglie per "non infastidirla con quei problemi da uomini".  E se anche avesse solo voluto sottolineare la loro disponibilità a uno scontro diretto, non gli pareva opportuno mostrare tanta disponibilità fin dal primo momento, era molto meglio giocare quella partita a carte coperte. Non comprendeva perché non se ne potesse stare zitto e buono in un angolo e lasciarlo lavorare.

-È nostra precisa intenzione collaborare al meglio per la pace.- asserì Harne Aoife, l'ambasciatrice degli elfi dei fiumi -Ma l'atteggiamento dei Saicri desta non poche preoccupazioni nel nostro popolo. Già due delle nostre navi sono state assaltate da corsari al loro soldo e temiamo che, se questo incontro non andasse nel modo sperato, i nostri fratelli potrebbero rimetterci la vita.-

-L'imperatore Blagoj è avventato, ma non si metterà contro il regno di Ithra a meno che non venga messo alle strette.- sentenziò il gran consigliere -E Nalhock intende mantenere la pace, se le condizioni dei Saicri saranno ragionevoli. Quello che è certo è che esigeremo di mettere fine a questa barbarica rappresaglia.-

Dervla Urchardan fece una smorfia crudele.

-Dovremmo spiegarglielo usando le teste dei loro figli come messaggio.- sibilò.

Il drow, seduto dietro di lei con la testa china, sorrise a quelle parole.

-E per farlo quanti dei nostri siamo disposti a sacrificare?- intervenne Eoghan con saggia amarezza.

L'ambasciatrice non rispose, ma Lucius sapeva bene che quella spacconeria era solo una farsa. Certo gli elfi oscuri erano per natura aggressivi e vendicativi, ma al momento i drow di Braggh non se la passavano bene ed era anche per quel motivo che si trovavano intorno a un tavolo diplomatico anziché sui loro snelli vascelli, imbracciando le armi dei loro avi.

-Ora la domanda è: cosa siete disposti a concedere ai Saicri per avere libero il passaggio?- domandò il mago, approfittando del momento di quiete.

-Il pagamento di una tassa sarebbe accettabile.- suggerì Urien Kjartan, ambasciatore degli elfi dei boschi, che fino ad allora era stato il più silenzioso tra i diplomatici.

-Facile per voi.- ribatté la drow, piegandosi in avanti con fare aggressivo -Ma le paludi di Braggh non sono ricche d'oro come l'arcipelago di Vör.-

-Per questo siamo disposti a pagarne una parte maggiore.- si offrì Eoghan -È nostra intenzione proporre di concordare in tributo annuale, del quale i nostri sette popoli pagheranno i sette ottavi, mentre a voi starà l'ultimo ottavo.-

Lei lo scrutò con attenzione con i suoi occhi violetti incastonati in un volto grigio-azzurro, tipico degli elfi delle paludi di Braggh.

Era chiaro che le tre delegazioni di Vör avevano già discusso una soluzione fra loro, cosa che tra l'altro non destava alcuna sorpresa: nonostante fossero sette popoli diversi, l'arcipelago era sotto un unico governo congiunto.

-Si può fare.- gli concesse infine Dervla Urchardan.

-Direi che siamo arrivati a un compromesso.- fece il punto Lucius, sperando che nessuno si fosse accorto che il governatore si stava addormentando -In questo caso direi che non ci resta che pattuire una cifra minima e massima su cui contrattare.-

Nonostante quella piccola vittoria, sapeva che l'incontro si sarebbe protratto ancora a lungo e che avrebbe dovuto fare attenzione a evitare altri incidenti, ma era lieto di constatare che almeno tutte le delegazioni stavano collaborando per una soluzione pacifica.

Mentre la discussione riprendeva, lanciò uno sguardo fuori dalla finestra della sala del consiglio e osservò il sole sparire nel mare all'orizzonte; la sua vista non era abbastanza buona per riconoscere i vessilli delle navi che stanno attraccando in porto, ma sospettava che tra esse vi fosse anche quella che trasportava la delegazione dei Saicri. E sapeva bene che la trattativa si sarebbe fatta molto più complicata quando loro si fossero uniti al tavolo.

***

Rowan uscì con cautela dalla vasca di rame e si avvolse nell'asciugamano di morbido cotone che Lynn aveva lasciato sulla sedia per lei.

Era passato un po' dall'ultima volta che era riuscita a farsi un bagno decente: al contrario di Lucius lei non abitava in una lussuosa residenza con tanto di servitù a disposizione e doveva accontentarsi di un tuffo nell'acqua fredda del fiume quando ce n'era l'occasione.

La camera si Lynn era la stanza tipica di un'adolescente di ceto elevato: era dotata di un letto a baldacchino con un soffice materasso di piume e lenzuola di stoffa pregiata, di un ampio camino che teneva caldo l'ambiente e di bei mobili intagliati in modo da ricavare fiori nel legno all'altezza degli angoli e dei pannelli delle ante. Il pavimento di pietra era ricoperto da morbidi tappeti e le doppie tende ricamate tenevano fuori sguardi indesiderati e, all'occorrenza, la luce del sole.

Quando Rowan doveva prepararsi per un evento importante, era lì che lo faceva, non certo nella sua stanzetta fredda e spoglia alla Tana. Al contrario di Lucius e dei suoi figliastri, la mezzelfa non aveva mai avuto molto nella vita e quel genere di comodità le erano sempre state precluse, ma si era adattata e ora probabilmente si sarebbe rifiutata di fare a cambio. Anche se il camino in camera non le sarebbe dispiaciuto.

Si sedette davanti allo specchio del tavolo da toletta di Lynn, decorato da fiori secchi e dipinti, e si lasciò cadere i capelli ancora umidi sulle spalle; con un gesto deciso vi passò in mezzo le dita, ravvivandoli, e un vento caldo e innaturale li gonfiò per un secondo asciugandoli all'istante. La magia era ancora un mondo ampiamente inesplorato per lei, ma il buon vecchio mago le aveva insegnato qualche trucco utile e anche qualcosa che era un po' più di un trucco.

Guardò con attenzione il suo riflesso, incrociando le sue iridi grigie: aveva ormai quasi trentadue anni, ma il suo sangue elfico faceva sì che non ne dimostrasse più di una ventina e le conferiva un aspetto da bambolina fragile e minuta che le era tornata spesso utile per ingannare il prossimo.

Aprì un vasetto di terracotta poggiato sul tavolinetto e raccolse con la punta delle dita un poco di unguento profumato e cominciò a spalmarlo sul corpo.

Non era avvezza a curare tanto il suo aspetto, quei rituali da signora le erano del tutto indifferenti, ma se qualche attenzione in più poteva darle anche un piccolo vantaggio nel suo lavoro di certo non vi si sarebbe sottratta. Era pagata per quello e lei teneva molto a mantenere impeccabile la sua reputazione. Senza contare che stava aiutando un buon amico.

Rimise il tappo al contenitore di coccio e stava cominciando a spazzolarsi i morbidi capelli ramati in modo da poterli acconciare più agevolmente, quando Lynn entrò tenendo un vestito di un curioso color menta chiaro fra le braccia, come fosse un bambino. Lo adagiò sul letto sul letto con un sorriso raggiante e guardò Rowan con entusiasmo.

-Non è bellissimo?- domandò con una luce entusiastica negli occhi.

Era evidente che fosse molto più eccitata di lei per quell'evento.

La mezzelfa si girò verso di lei per poterlo osservare meglio: non era il tipo che si sciogliesse per un vestito da sera, se avesse potuto si sarebbe presentata in pantaloni e farsetto di cuoio, ma la ragazza era sempre così elettrizzata che non se la sentiva proprio di dirle cosa pensasse realmente.

-Sì, lo è.- si limitò a rispondere con un sorriso.

A essere del tutto onesta lo trovava piuttosto uno spreco di stoffa, ma non c'era alcun motivo di demolire lo spirito appassionato di Lynn, ci avrebbe pensato il mondo col tempo.

-Ti aiuto ad acconciarti i capelli?- si propose la giovinetta speranzosa.

-Certo.- acconsentì lei, che in effetti aveva bisogno di una mano.

Non aveva alcuna familiarità con le acconciature e le mode del momento: di solito si limitava a fermare i capelli sopra l'orecchio destro con tre piccole trecce attaccate alla nuca e al massimo raccoglierli poi in una coda alta, uno stile decisamente poco adatto all'evento.

Le dita agili e sottili della ragazzina passarono delicata in quei fili di rame, dividendoli in ciocche e intrecciandole con maestria: fece due trecce che partivano dai lati del collo e le portò sopra la testa come una sorta di cerchietto, prestando attenzione a nascondere le piccole orecchie a punta della mezzelfa, dopo di che adornò l'acconciatura con delle forcine alla cui sommità erano applicate delle perle di fiume.

Nel frattempo Rowan si occupò del trucco: non era qualcosa che facesse regolarmente, ma vi aveva preso una discreta dimestichezza collaborando con Lucius.

Saltò la parte della biacca, dal momento che la sua pelle era già sufficientemente candida di suo, merito dei geni elfici, e si limitò a ravvivare le guance con una polvere a base di zafferano, per poi passare sulle labbra una tinta prodotta con oricello e altri pigmenti rossi. Aiutandosi con un pennellino a setole rigide e un solvente, inumidì la polvere di carbone per tracciare una riga sottile che seguisse la linea della palpebra superiore, poi con uno più morbido dipinse con una leggera sfumatura di verde all'angolo esterno degli occhi con un ombretto prodotto con la malachite.

Lynn terminò di acconciare i suoi capelli in un mezzo raccolto che le ricadeva morbidamente sulla spalla sinistra.

-Sei bellissima.- decretò la ragazza con entusiasmo, osservando la sua immagine riflessa nello specchio.

Rowan stirò le labbra in un sorriso forzato.

-Grazie.- rispose.

Non ne era così convinta: non che non si rendesse conto di possedere un notevole fascino, negli anni ne aveva fatto un'arma, ma tutti quegli sforzi per imbellettarsi e agghindarsi le parevano un discreto spreco di tempo ed energie. Non riusciva a comprendere come le donne potessero torturarsi in quel modo tutti i giorni.

Prese la boccetta del profumo e se ne mise due gocce sul collo e sui polsi.

-Mi aiuti a indossare il vestito?- chiese, voltandosi verso Lynn.

-Certo!- esclamò lei eccitata.

Sembrava quasi che non aspettasse altro e questo strappò un sorriso a Rowan, che invece non riusciva proprio a entusiasmarsi per quel genere di cose.

Lasciò cadere a terra l'asciugamano e indossò la biancheria di pizzo che il gran consigliere aveva comprato per lei, facendo arrossire la fanciulla, poi la raggiunse accanto al letto e con cautela si infilò nel vestito dai piedi. Lynn l'aiutò a sistemarlo e strinse con decisione i lacci del corsetto; in realtà Rowan era così esile che quella trappola per nobildonne riuscì appena ad aderirle un poco in vita, infastidendola più per la rigidità delle stecche che per la costrizione vera e propria.

-Oh, ti sta benissimo! Sei splendida.- commentò la giovinetta, rimirandola con ammirazione.

La mezzelfa passò le dita sui ricami in filo d'argento e perle che impreziosivano il corpetto, osservando la sua figura riflessa nel grande specchio accanto all'armadio.

L'abito di seta con le maniche lunghe le scivolava morbido sui fianchi, allargandosi in una gonna non troppo ampia, e il corsetto rigido le abbracciava i piccoli seni con un modesto scollo a cuore.

L'unica cosa che riusciva a pensare era a quanto sarebbe stato scomodo muoversi, soprattutto nel caso in cui le cose durante il ricevimento si fossero fatte movimentate. E nel momento stesso in cui realizzò quel pensiero si rese conto che probabilmente sarebbe stata l'unica a porsi il problema.

-Decisamente incantevole.-

La voce di Lucius colse di sorpresa entrambe le donne, facendole voltare verso la porta.

Lui rivolse loro un sorriso affettuoso, rimanendo sulla soglia con aria compiaciuta.

-Da quanto sei lì?- si informò Rowan, più per fare conversazione che perché se fosse realmente preoccupata.

-Appena arrivato.- dichiarò lui con un sospiro -È stato un incontro lungo e faticoso.-

-E come procede?- si informò lei, ancora in apprensione per la minaccia della guerra.

-Gli elfi collaborano.- riassunse lui -Ma i Saicri... loro sono la grande incognita.-

La mezzelfa annuì, mentre Lynn le prendeva un paio di scarpe adatte all'abito che indossava. Di certo non poteva mettere i suoi stivali di cuoio.

-Vuoi farti una risata?- domandò poi il mago con un mezzo sorriso storto sulle labbra.

-Naturalmente.- asserì lei curiosa.

-Il gran sacerdote Faramond ha organizzato una cena in onore del nuovo Bibliotecario per dopodomani.- raccontò sull’orlo della risata -E quando ha invitato il governatore, questi ha esteso l’invito anche a me senza neanche chiedergli il permesso.

Lei scoppiò a ridere.

-Tu e il gran sacerdote allo stesso tavolo?- esclamò -Finirai per accoltellarlo prima della fine della cena.-

-O avvelenarlo.- intervenne Lynn, aiutando la mezzelfa a indossare le scarpe.

-Ne sono molto preoccupato in effetti.- ammise lui ironico, portandosi una mano al petto.

Rowan si sistemò una ciocca di capelli che le era ricaduta sulla fronte.

-Certo non mi sembra un ottimo momento per un banchetto in onore del Bibliotecario.- osservò pensierosa.

Lucius sospirò.

-Ho provato a farlo notare a Eluard, ma il nostro illuminato governatore non sa dire di no a una tavola imbandita.- commentò rassegnato.

-Non credevo l'avrei mai detto, ma mi manca Godwy de Lacy. Era un bastardo, ma almeno non era un coglione.- sbuffò Rowan, scuotendo la testa.

-Se Dinadan non fosse morto in mare...- sussurrò Lynn.

Rowan si sistemò fra i capelli il fermaglio d'argento a forma di piuma, incastonato di piccole perline.

Non era solo un oggetto di squisita fattura, ma anche un potente artefatto magico, che lo scaltro consigliere le aveva donato anni addietro; faceva sì che i lineamenti di chi lo portasse, rimanessero sfumati e confusi nella mente di chi lo osservava, nascondendone non solo l’identità, ma anche la razza, un piccolo stratagemma che le aveva consentito di accompagnare il mago a una moltitudine di eventi sociali che il suo curriculum da tagliaborse le avrebbe altrimenti precluso. Certo il mentalista avrebbe potuto ottenere lo stesso effetto anche senza il fermaglio incantato, ma così era decisamente più pratico per entrambi, sia perché rendeva meno pericoloso separarsi, sia per tutta una serie di leggi magiche che il mago le aveva spiegato e che lei non aveva capito.

-Il destino è imprevedibile.- commentò Lucius all'osservazione della figlia, per poi cambiare repentinamente discorso, rivolgendosi alla mezzelfa -Sei pronta?-

-Direi di sì.- rispose quella, facendo una giravolta su se stesso -Possiamo andare.-

Lui le porse il braccio con un sorriso affascinante stampato in volto.

-Allora andiamo.-

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 4 - IL RICEVIMENTO ***


-Il gran consigliere della provincia di Nalhock, Lucius Silvius, e la sua accompagnatrice!-

La voce squillante del ciambellano annunciò il loro ingresso nella grande sala dei ricevimenti e Lucius trattenne un sorrisetto, sapendo che la mezzelfa detestava l'usanza di Nalhock, secondo la quale il nome degli accompagnatori non veniva mai dichiarato nelle occasioni ufficiali.

Rowan tuttavia evitò di lamentarsi, scendendo i gradini al braccio del mago e tenendo con la mano libera l'orlo del vestito per non inciampare.

L'ampia stanza nella residenza del governatore era illuminata da alti candelabri, posti a ridosso delle pareti, e altri più piccoli, posati sopra i tavoli e le soglie delle finestre ad arco, e da grandi lampadari sospesi sopra il pavimento lucido di marmo. Un grande numero di sedute erano state disposte a ridosso dei muri e davanti ai due grandi archi che conducevano nel giardino del palazzo, rischiarato da piccoli lumini a olio che segnavano il sentiero di sassi, mentre i tavoli, che al momento ospitavano solo coppe e bevande, erano stati collocati in fondo alla sala a formare un ferro di cavallo, lasciando libero lo spazio per le danze e le chiacchiere.

-Siamo stati tra i primi ad arrivare.- osservò sottovoce Rowan -Vedo solo la delegazione degli elfi di Braggh.-

Il gran consigliere annuì paziente.

-Per gli elfi di Vör è segno di prestigio essere annunciati per ultimi.- spiegò, rivolgendo un segno di saluto al conte Basil de Logris, un piccolo nobile con un modesto appezzamento poco fuori Nalhock, intento a tracannare un bicchiere di vino.

Lei alzò gli occhi al cielo: tutte quelle formalità apparivano inutili sciocchezze alla mezzelfa, che aveva passato tutta l'infanzia in mezzo a una strada, lottando per un pezzo di pane.

-E noi invece cosa preferiamo?- chiese ironica.

Lucius si chinò in poco su di lei in modo da poterle bisbigliare all'orecchio.

-Preferiamo arrivare prima che finisca il vino migliore.- rispose, strappandole un sorriso.

Frattanto il ciambellano alle loro spalle snocciolò a gran voce il nome a titolo di una serie di nobili cittadini che il mago già conosceva e che Rowan non si prese la briga di memorizzare.

- Ah, Lucius, eccoti qua! -

La voce gracchiante e sgraziata del governatore li accolse con entusiasmo; il corpulento governante andò loro incontro reggendo nella destra una coppa fin troppo piena di vino e trascinando sotto il braccio di sinistro la consorte.

Indossavamo entrambi ricchi abiti da cerimonia sui toni del viola e dell’oro, certamente di ottima fattura e incredibilmente costosi, ma sembravano essere stati cuciti sulle persone sbagliate: troppo piccolo quello di lui, così castigato da apparire soffocante quello di lei. 

-Allora, che cosa ne pensi?- domandò Eluard, facendo un ampio gesto con il braccio verso la sala e rovesciando involontariamente qualche goccia di vino dalla coppa.

Il gran consigliere gli avrebbe volentieri suggerito di trovare un sarto che sapesse prendere bene le misure, ma decise saggiamente di sorvolare. 

-Un ottimo allestimento.- mentì Lucius, che già prima di imbattersi nel ridicolo abbigliamento del governante aveva delle riserve sulla serata: perché mai non organizzare un normale banchetto in cui si stesse seduti a tavola?

-Un'idea della mia signora.- dichiarò orgoglioso il grasso governatore.

Celina sorrise con finta modestia.

La donna non avrebbe potuto essere più diversa dal marito: alta ed esile, con lisci capelli biondo cenere lunghissimi, raccolti in trecce eleganti, era stata cresciuta affinché affiancasse un nobile di alto lignaggio e si comportasse come conveniva a una signora del suo rango. Insegnamenti simili li aveva ricevuti anche Eluard, ma evidentemente non dovevano aver attecchito con altrettanta efficacia; non che la cosa lo stupisse, la donna era molto più intelligente del marito.

-Non avevo dubbi a riguardo.- replicò Lucius, accennando un inchino, per poi rivolgersi verso Rowan -Conoscete già mia cugina Elaine.-

La mezzelfa si esibì in una profonda riverenza.

-È un vero onore e un grande piacere trovarmi nuovamente al vostro cospetto.- snocciolò in tono così straordinariamente convincente, che il mago dovette trattenersi dal ridere, conoscendo la sua reale opinione sui governanti.

-È sempre un piacere avere a palazzo un parente del nostro buon consigliere.- ribatté quello allegro.

Scambiarono un altro paio di battute, prima che il gran consigliere riuscisse ad allontanarsi, trascinandosi dietro una Rowan decisamente sollevata, per spostarsi accanto al tavolo, dove un valletto dai capelli biondo cenere stava versando da bere agli ospiti.

-Il mio obbiettivo?- domandò la mezzelfa, facendosi riempire la coppa.

-Il vice ambasciatore dei Saicri è uno dei nipoti dell'imperatore.- rispose il mago sottovoce -Ho avuto modo di... assicurarmi che abbia informazioni utili per le trattative. Se poi riuscissi a scoprire qualcosa sulle intenzioni dei drow, sarebbe un ottimo supplemento.-

-Credo si possa fare.- bisbigliò lei, facendogli l'occhiolino.

-Il bibliotecario di Biorj, Aros di Trand!- annunciò solenne il ciambellano.

Gli occhi di Lucius si spostarono sull'uomo di bell'aspetto che faceva il suo ingresso nella stanza: come da etichetta indossava la cappa blu scuro bordata in oro simbolo del suo titolo, ma sotto di essa portava pantaloni scuri di più pregiata fattura rispetto a quelli che aveva alla cerimonia di investitura e anche gli stivali, impreziosito da fibbie e inserti in oro erano decisamente più ricercati delle semplici calzature in cuoio di quella mattina.

Lo sguardo del mago lo seguì, mentre andava a porgere i suoi saluti al governatore, concentrandosi sul labiale, quando Celina trattenne il bibliotecario per discutere degli imminenti festeggiamenti per una qualche ricorrenza religiosa.

-Se continui a fissarlo così anche gli elfi di Vör capiranno che intendi portartelo a letto.- gli bisbigliò Rowan con un sorriso malizioso -E poi da quando ti fai problemi a invitare qualcuno a infilarsi fra le tue lenzuola?-

Anche se Lucius sapeva benissimo che la mezzelfa lo stava prendendo in giro, non poté fare a meno di ridacchiare a quelle parole: si divertivano sempre insieme, per questo adorava averla al suo fianco nelle occasioni formali. E d’altro canto non gli sarebbe affatto dispiaciuto portarsi a letto il bibliotecario di Biorj, era davvero affascinante.

-Suvvia, non sono un ragazzino, non ho alcun problema a invitare il bibliotecario di Biorj "tra le mie lenzuola".- rispose piano -Sono più preoccupato per ciò che potrei trovare al mio risveglio: dubito fortemente che Aros di Trand sia un umano.-

La ragazza osservò con attenzione l'uomo, intento a cercare di sfuggire educatamente alle attenzioni di Celina.

-Che interesse avrebbe un non umano a diventare bibliotecario di Biorj?- obiettò, inclinando leggermente la testa di lato.

-Me lo domando anch'io.- ne convenne Lucius.

-Vuoi che me ne occupi?- si offrì lei.

-No, credo che per questo genere d'indagine siano richieste le competenze di un mago. Ma grazie.- declinò cortesemente il gran consigliere.

Rowan gli assestò una leggera gomitata al fianco.

-Vuoi solo portartelo a letto.- lo prese in giro.

L'altro ridacchiò annuendo piano, mentre si portava la coppa alle labbra.

-Puoi giurarci.- asserì con malizia.

Il ciambellano annunciò finalmente le delegazioni di Vör: come da convenzione le elencò dall'entroterra alle coste, quindi prima gli elfi delle foreste, poi quelli dei fiumi e infine quelli del mare, enunciando il nome di ogni diplomatico da quello col grado più basso a quello col grado più alto.

Una volta che ebbe terminato il governatore diede ordine ai servitori di portare le vivande e ai musici, posti su una pedana rialzata dietro al tavolo e davanti al camino in fondo alla sala, di suonare e la serata danzante entrò nel vivo.

Era un banchetto in piedi, per cui il cibo era stato preparato in modo che le piccole porzioni potessero essere mangiate in piedi o seduti sulle ricche seggiole in legno di rovere intagliato. Era un tipo di evento che andava molto di moda nella capitale e naturalmente Celina aveva insistito perché il ricevimento si tenesse con la sessa modalità.

La mezzelfa si staccò dal fianco del mago e si mescolò al resto degli invitati.

Lucius parlò un po' con Dervla Urchardan e poi con l'ambasciatore saicriano, un personaggio mellifluo e vagamente sgradevole, continuando di tanto in tanto a posare lo sguardo su Rowan, che sorrideva alla sua giovane preda con una disarmante dolcezza che non le apparteneva.

Era eccezionalmente graziosa ed elegante in quel vestito verde menta e ormai si muoveva con incredibile naturalezza in quell'ambiente.

Quando sedici anni prima l'aveva sorpresa in casa sua, non era che una ragazzina cenciosa e sgraziata, ma Lucius era riuscito a leggere sotto la rabbia, la paura, la sfacciata arroganza e gli strati di polvere una scintilla di talento e intelligente che valeva la pena di essere coltivata. E poi c'era quella cieca determinazione che l'aveva convinto di aver trovato in lei una straordinaria alleata.

-Il gran consigliere, immagino.-

La voce profonda proveniente dalle sue spalle catturò la sua attenzione, facendolo voltare e strappandolo ai suoi pensieri; si ritrovò davanti il bel volto del bibliotecario di Biorj, con in mano un calice mezzo vuoto di vino speziato. Un incontro tutt’altro che sgradito.

Ora che si trovavano a mezzo metro l'uno dall'altro, riusciva a notare i piccoli dettagli che quella mattina gli erano sfuggiti: la catenella d’oro a piccoli anelli del monocolo che pendeva dal taschino della camicia di seta sotto la cappa dell'ordine, uno strano anello di un metallo opaco argentato con un grosso zaffiro ovale alla mano che teneva il bicchiere e il colore insolito dei suoi occhi dal taglio insolito e intrigante: un blu-azzurro dai riflessi indaco.

-Immaginate bene, Bibliotecario.- rispose il mago, tendendogli la mano -Ma Lucius è più breve.-

-Aros, anche se già lo sapete.- replicò l'altro, stringendogliela -Vi ho visto alla cerimonia d'investitura, mi pare foste tra due ragazzi dai capelli rossi.-

Si passò le dita fra i capelli sul lato sinistro del capo con le lunghe dita dalle unghie curate.

-Avete un'ottima vista e una straordinaria memoria per ricordarlo.- commentò il consigliere con una certa sorpresa nella voce.

-Dovete ammettere di essere piuttosto alto per la media di Nalhock.- ribatté quello ridendo - E poi una buona memoria è un requisito fondamentale per un Bibliotecario.-

Bevve un sorso di vino.

-Piuttosto, il governatore dice meraviglie di voi. E ci ha tenuto a specificare che siete l'unico mago della città.- riprese con curiosità -Una condizione piuttosto insolita.-

Questa volta fu Lucius a ridere.

-Oh, no, il governatore tende ad esagerare.- si affrettò a precisare -Temo che il suo concetto di magia sia un po' ristretto: sono certo che a Nalhock ci siano almeno due piccoli guaritori, un vecchio incantatore a una ragazza con deboli conoscenze di divinazione... e i due giovani dai capelli rossi seduti accanto a me all'investitura sono entrambi baciati dal dono. Ma è altresì vero che sono l'unico in città ad avere conseguito un diploma di magia in accademia. Ovviamente se escludiamo il gran sacerdote Faramond, che ha studiato da guaritore in seminario.-

Una mezza risata soffocata sfuggì dalle labbra del bibliotecario di Biorj.

-Credo che sentir definire "guaritore" il gran sacerdote Faramond, offenderebbe la maggior parte dei guaritori.- dichiarò, sistemandosi nuovamente i capelli sul lato sinistro della testa.

Quell'affermazione divertì Lucius più di quanto avrebbe dovuto, ma non rispose subito, volendo evitare di sbilanciarsi troppo presto: pareva che Aros non fosse un grande sostenitore del gran sacerdote di Abjan, ma preferiva non esporsi prima di essere certo dell'effettiva posizione del bibliotecario, perché i suoi rapporti con Faramond erano già abbastanza tesi anche senza aggiungervi involontari incidenti diplomatici.

-Ad ogni modo è un sollievo sapere che c'è un mago in città.- continuò l'uomo, togliendolo d'impiccio -A Ruck mi era stato detto che non avrei trovato nessuno esperto di magia a Nalhock e già temevo che mi sarei terribilmente annoiato.-

Un bell’uomo e pure un mago, se non si fosse rivelato un pazzo fanatico, avrebbe dovuto cominciare a preoccuparsi, perché a Nalhock non accadeva mai nulla di buono senza che seguisse una catastrofe.

-Devo dedurne che anche voi avete conseguito studi di magia.- ipotizzò il mago, con forte interesse.

-Sì, è un'occupazione di famiglia.- spiegò Aros, curiosamente vago -Piuttosto, quale branca della magia vi compete?-

Lucius sorrise: quello era il genere di conversazione che poteva alleggerire una serata così complicata e, con un po' di fortuna, fornirgli qualche indizio sul suo bizzarro interlocutore.

-Sono entrato in accademia attratto dagli alambicchi e dai fumi colorati prodotti nei laboratori degli alchimisti.- raccontò -Ma già dal primo anno cominciai a disinteressarsene per dedicarmi a una disciplina meno diffusa, il mentalismo. E in quello mi sono diplomato.-

-Mentalismo.- ripeté il bibliotecario incuriosito -Davvero inusuale, ma altrettanto affascinante. E di certo si può vedere un certo collegamento con il vostro impiego come gran consigliere.-

-In effetti mi ha piuttosto aiutato in questo.- ammise Lucius, alzando il bicchiere verso il suo interlocutore e bevendo un breve sorso -Ma in qualità di "unico mago della città" ho dovuto rimettermi sui libri e rispolverare un po' di vecchie nozioni sulla magia rituale, elementale e soprattutto curativa. Voi piuttosto in cosa siete specializzato?-

-Magia elementare.- illustrò quello -Sono sempre stato piuttosto portato per questa disciplina, anche se poi mi sono dedicato a lungo agli studi arcani. Mi intendo un po’ anche di magia rituale, mi piace soprattutto la parte in cui si combinano i vari elementi, straordinariamente affascinante.-

-Assolutamente.- ne convenne il gran consigliere con approvazione.

Decisamente il nuovo Bibliotecario sapeva di cosa stava parlando, al contrario del suo predecessore, e l’entusiasmo che metteva nel farlo faceva crescere in lui la speranza di aver trovato qualcuno con cui passare qualche piacevole pomeriggio a discorrere di arti magiche. In quello scenario il sesso era appena un piacevole extra.

-Dovremmo discuterne assieme uno di questi giorni.- propose Aros con vivo entusiasmo -E di magia in generale ovviamente. È da quando sono entrato nell'ordine di Biorj che non ho più avuto occasione di confrontarmi con un mago esperto circa le questioni accademiche.-

Lucius capiva bene il problema; forse un tempo l’Ordine era stato una prestigiosa associazione di maghi, ma quei tempi erano finiti da prima che il mentalista nascesse. E la magia non era mai stata molto diffusa nel regno di Ithra.

-Ne sarei davvero onorato.- rispose il mago con sincerità -Purtroppo Nalhock non offre molte occasioni per disquisire di magia.-

***

Al chiarore delle lanterne a olio Rowan lisciò con le mani la morbidissima stoffa della gonna del vestito, seduta su una delle panchine di pietre in mezzo al giardino del governatore.

Sedurre il vice ambasciatore dei Saicri era stato decisamente troppo semplice persino per lei: era chiaro che conferire una carica di tale rilievo a un ragazzo di meno di vent'anni solo perché nelle sue vene scorreva sangue imperiale non era stata una grande idea. 

Certo la meritocrazia non era mai stata molto apprezzata dalle classi nobiliari o in quel momento sarebbe stata Lucius a governare la provincia di Nalhock e quell’ottuso di Eluard de Lacy si sarebbe trovato in qualche stalla a spalare letame. Ma il mondo non funzionava così.  

Si passò le dita fra i capelli, sistemando un paio di ciocche che erano sfuggite dall'acconciatura.

Gli uomini diventavano creature incredibilmente semplici quando entrava in gioco il sesso: sciocche bestie affamate di un piacere effimero e pericoloso. E le bestie affamate erano pericolose, così lei aveva imparato a scegliere quelle già semplici, perché quelle diventavano solo stupide.

-È un trucco interessante.-

La voce femminile, alta e morbida uscì dalla penombra, cogliendola di sorpresa.

Con tutta la naturalezza che le fosse possibile, la mezzelfa sollevò gli occhi incrociando quelli lilla di una drow dal fisico minuto, avvolta in un audace vestito in pelle e stoffa violetta che le stringeva i seni in un corsetto allacciato anteriormente e si apriva in due ampi spacchi laterali all'altezza delle anche, lasciando ben poco spazio all'immaginazione. Un abbigliamento usuale per i costumi di Braggh, dove erano le donne a dettare legge, ma che lì, a Nalhock, voleva essere una provocazione.

-Quale esattamente?- chiese Rowan con finta ingenuità.

Ciara Dundas, consigliera dell'ambasciatrice degli elfi oscuri, si attorcigliò una ciocca dei lisci e lunghissimi capelli grigio ghiaccio attorno al dito, camminando sensualmente verso di lei.

-Il fermaglio.- puntualizzò nella lingua comune con l'accento aspro di Braggh -È per nascondere il tuo sangue elfico o la tua identità?-

Le si sedette accanto, senza distogliere i suoi occhi da quelli della ladruncola.

-L’uno e l’altro.- rispose lei con semplice sincerità.

Non era brava come il mentalista a dare risposte ambigue, quindi si limitò a giocare la carta della brevità: mentire e raggirare i Saicri era facile, ma gli elfi oscuri avevano una conoscenza più profonda delle cose e ovviamente avevano la magia dalla loro parte.

La drow accavallò le gambe e inclinò leggermente la testa di lato; sembrava divertita dalla presenza della graziosa intrusa e Rowan comprese di avere un'occasione unica davanti e di doversela giocare bene.

-Quale sconveniente mistero può svelare la vostra razza o la vostra identità perché il gran consigliere si impegni tanto per nasconderlo?- domandò Ciara Dundas, distendendo le labbra blu-azzurro in un sorriso incuriosito.

-Solo umili origini e una deprecabile reputazione.- dichiarò lei, vaga ma sincera -Il genere di retaggio che un governatore non vuole nel suo palazzo.-

-Noi elfi non ci formalizziamo poi tanto su queste inezie.- rispose l’altra languida -Fino a meno di un paio di millenni fa, l’unico criterio per aspirare al titolo di matriarca era il numero di avversi uccisi in battaglia.-

-Un metodo molto valido a mio parere.- sentenziò Rowan.

La drow le sorrise compiaciuta, poi con un gesto studiato allungò la mano verso di lei e le sfilò con delicatezza il fermaglio dai capelli.

-Grazioso e astuto, ma non così efficace contro una buona incantatrice.- asserì, rigirandosi il gioiello fra le dita.

-Non era una buona incantatrice che doveva ingannare.- ribatté Rowan.

Ciara Dundas annuì.

-Immagino di no.- ne convenne -Ora dimmi, le parole che sentirò uscire dalla tua bocca saranno quelle del mentalista di Yutrell?-

La mezzelfa sollevò le sopracciglia con aria divertita.

Se Lucius avesse voluto avrebbe potuto manovrarla come un burattino senza neppure l’uso delle sue arti magiche e lei neanche se ne sarebbe accorta, ma non era il gioco del gran consigliere. Erano una squadra, era solo per sano buon senso che tendeva ad attenersi ai consigli del mago.

-Le uniche parole che sentirete saranno le mie.- rispose -Ma nel caso fosse questo che volete sapere, è per lui che lavoro e di certo concordo con le sue opinioni circa questa mediazione.-

Gli occhi dell'elfa oscura brillarono di una strana luce al chiarore delle lampade a olio. Distolse lo sguardo dalla mezzelfa e lo rivolse al cielo scuro sopra di loro.

-Il gran consigliere mi piace.- affermò -Certo è un uomo, ma un uomo di Yutrell, e probabilmente anche a Yutrell si innalzerebbe sopra i suoi pari. Quelli come lui sono sprecati a Ithra. E ancor di più quelle come voi.-

Prese una ciocca dei capelli rossi che ricadevano sulla spalla sinistra della ragazza e l’attorcigliò tra le sottili dita grigio-azzurre.

-Ma suppongo rimaniate per continuare ad affannarvi a rappezzare questa miserabile civiltà.- asserì.

-Restiamo perché la città ne ha bisogno.- ribatté Rowan -La civiltà, la filosofia, gli ideali li lascio al buon gran consigliere, per quanto mi riguarda è Nalhock che servo. La città e i suoi abitanti, non il governatore, non il re, non il regno.-

Ciara Dundas si sporse un poco verso di lei.

-E come intendete servire la città di Nalhock?- le domandò languida.

-Assicurandomi di ottenere per lei ciò di cui ha bisogno.- rispose quella, fissando i suoi occhi grigio perla in quelli violetti della sua interlocutrice.

Poi con naturalezza, Rowan allungò le dita verso il volto della drow e le prese il mento tra il pollice e l'indice.

-E sapete di cosa non ha assolutamente bisogno?- domandò in un bisbiglio, così vicina da poter sentire il suo respiro sulle labbra.

-Ditemelo voi.- sussurrò Ciara Dundas.

-Dell'assassinio di un diplomatico saicriano appena terminate le trattative diplomatice.- mormorò la mezzelfa.

Le labbra blu delle drow si distesero in un'espressione di sorpresa e ammirazione.

-Credo potremmo arrivare a un compromesso.- promise in un soffio.

L'elfa oscura posò la bocca su quella della ladra e le loro lingue si intrecciarono in uno slancio di passione.

Rowan fece correre le sue pallide dita su per le cosce grigio azzurre dell'elfa, mentre quella la stingeva a sé baciandola sul collo e sulle spalle, facendo correre piacevoli brividi sotto la sua pelle pallida. Con un gesto fluido la mezzelfa sciolse i lacci che imbrigliavano i piccoli seni della consigliera nel vestito succinto; la sua pelle scura era morbida come seta e profumava di vaniglia e di miele quando la baciò sul petto e prese fra le labbra i suoi capezzoli color cobalto.

Ciara gemette di piacere e con una mossa rapida e inaspettata la trascinò giù dalla panchina, facendola atterrare di schiena sull'erba umida e soffice, sostenendola la testa con la mano perché non si facesse male.

Sdraiata sotto la bellissima drow dai capelli di ghiaccio, Rowan fissò i suoi occhi in quelli lilla di lei, pervasa ormai da una trepidante eccitazione, mentre sentiva i lacci del vestito allentarsi da soli.

-Magia.- sussurrò l'elfa oscura, chinandosi su di lei e baciandola sulle labbra, mentre le sue abili dita sfioravano i seni color madreperla della mezzelfa.

Quella gemette, divertita ed eccitata, mentre si abbandonava al il desiderio crescente, e fece correre le sue pallide dita su per le gambe della consigliera, fino a farle scivolare fra le sue cosce grigio-azzurre.

Un ansito soffocato uscì dalle labbra di Ciara sotto le stelle luminose del cielo di Nalhock, nascosta all'ombra del giardino del governatore.

***

Lucius sorseggiò la sua coppa di vino speziato, mentre i suoi occhi seguivano attentamente il bibliotecario di Biorj, impegnato in un'appassionata conversazione con Harne Aoife.

Non aveva potuto fare a meno di notare il curioso tic dell'uomo, un involontario sistemarsi di continuo i capelli sul lato sinistro del capo, dalla parte opposta alla riga che li spartiva. Era un gesto che gli suggeriva qualcosa, ma in quel momento non gli sovveniva cosa.

-Personaggio insolito il nuovo bibliotecario di Biorj.- osservò la voce calma e solenne di Eoghan Mhurascaill.

-Creatura insolita.- ribatté Lucius, osservando il bibliotecario farsi rabboccare il bicchiere da uno dei servitori.

L'elfo sorrise a quelle parole, cogliendo la lieve allusione che il mago aveva inserito con la sua correzione.

-Non dubitavo che l'avessi notato.- asserì con pacata compiacenza.

Il gran consigliere posò il suo sguardo sull'ambasciatore degli elfi del mare, nonché secondogenito del re di quel popolo: come la maggior parte dei suoi simili era esile e piuttosto alto, con lineamenti delicati e piccole orecchie a punta che spuntavano dai lunghi capelli di un biondo così chiaro da sembrare quasi bianchi. Il colore della chioma era caratteristico della stirpe elfica che viveva sulle coste e lungo i fiumi delle isole di Vör, così come quello degli occhi, di un blu profondo e vivido.

Era passato più di un decennio dal loro ultimo incontro, ma per la loro percezione del tempo, era un periodo praticante insignificante.

-Di certo non è umano.- mormorò il mago in elfico, in modo che nessuno l'udisse oltre all'elfo, tornando a osservare Aros di Trand -Solo mi chiedo quale motivo avrebbe una creatura di una qualsiasi altra razza di conseguire il titolo di bibliotecario di Biorj.-

Il suo interlocutore scrutò il bibliotecario, intento a cercare di allontanarsi da Celina, che aveva interrotto la sua conversazione con l'ambasciatrice degli elfi dei fiumi per tornare alla carica col suo fervente fanatismo.

-Personalmente non saprei rispondere.- ammise pensieroso l'elfo nella sua lingua madre -È indubbio che la Biblioteca di Biorj ospiti molti volumi di grande interesse, ma potendoli consultare liberamente e in qualsiasi momento, non riesco a vedere motivo per cui dovrei concorrere al titolo di bibliotecario. Tuttavia questo è solo il punto di vista di un elfo e il bibliotecario di Biorj di certo non lo è.-

-Almeno una razza l'abbiamo esclusa... o meglio due.- commentò Lucius assorto, spostando lo sguardo da un esasperato Aros, agli occhi profondi dell'ambasciatore -Perdonami, Eoghan, ma avrei bisogno di porti una domanda che esula dalle questioni diplomatiche e che potrebbe toccarti personalmente.-

Il consigliere si avvicinò alla questione con la dovuta cautela, conoscendo il riserbo che contraddistingueva gli elfi di Vör.

-Con le giuste parole sei libero di pormi qualsiasi domanda, Lucius.- lo incoraggiò Eoghan -Ma mi riserverò l'opzione di non rispondere, nel caso non lo ritenessi opportuno.-

L'altro annuì, comprendendo le ragioni del suo interlocutore.

-Vieni, facciamo due passi.- lo invitò.

Con le loro coppe in mano si diressero all'esterno, passeggiando sotto il portico illuminato dalle candele poggiate sulla cimasa del parapetto e dai lumi a olio nelle nicchie del muro.

-Si tratta del minore dei tuoi fratelli.- spiegò il mago -Lo conobbi nove anni fa a seguito di una... diciamo di una singolarità e nei due anni successivi collaborammo spesso per alcune ricerche a cui si stava dedicando. Quando sette anni or sono partì per un viaggio nell'entroterra, disse che sarebbe tornato in città in tempo per i festeggiamenti dell'equinozio di primavera, ma da allora non ho più avuto sue notizie. Mi domandavo se conoscessi il motivo per cui non è più ritornato a Nalhock.-

La storia era più complicata di come l’aveva posta e non era per se che aveva posto quella domanda, ma c’erano cose che preferiva non condividere con l’ambasciatore, non era il suo ruolo.

Il bel volto delicato dell'elfo si adombrò di un velo di malinconia alla fioca luce delle fiammelle blu e arancioni.

-Se avessi saputo che vi conoscete, sarei stato io il primo a chiederti di lui.- confessò con una nota di preoccupazione nella voce -Quando sette anni fa Lile riportò la sua nave a Vör e ci informò del suo viaggio nell'entroterra, ci disse che avrebbe fatto ritorno nell'arcipelago prima dell'inverno, ma da allora non abbiamo più avuto nessuna notizia o informazione su di lui.-

-Stai dicendo che non è mai tornato a Vör?- domandò il mago sorpreso, per essere certo di aver capito bene.

-Esattamente.- confermò l'ambasciatore annuendo -Nostro padre l'ha fatto cercare per tutto Otherian e nostra madre ha promesso una ricompensa a chiunque avesse portato informazioni su di lui, ma sembra essere sparito nel nulla.-

Sospirò malinconico.

-È sempre stato diverso da tutti noi.- riprese con un sorriso triste -Così assorbito dalle sue ricerche e bramoso si nuove conoscenze... come ben sai, la maggior parte degli elfi di Vör non lascia l'arcipelago che per brevi periodi di tempo, è parte della nostra natura, mentre lui, ancora prima di compiere trecento anni, ne aveva vissuto una decadi tra gli uomini di Yutrell e per altrettanti si era diviso tra tra i drow di Naddah e i Mofidi che abitano all’estremo nord ovest della regione di Ihönn. Io ho quasi il doppio della sua età e sono un ambasciatore, eppure non ho mai visto un nano, se non nelle illustrazioni sui libri, mentre lui ha vissuto per cinque anni con loro sotto le montagne di Ukusta, ha conosciuto i drow e i naga delle paludi di Braggh e stretto una strana amicizia con un draconiano che viveva presso un circolo di nereidi sotto una delle piccole isole di Vör. Mi piacerebbe pensare che stesse conducendo una delle sue curiose ricerche da qualche parte, ma lo conosco abbastanza per sapere che ci avrebbe fatto avere sue notizie, non lascerebbe che nostra madre viva nell'angoscia.-

Lucius non lo conosceva così bene per confermare o smentire quell'ultima affermazione, ma quelle parole avevano confermato i suoi timori: sentiva che, se avesse potuto, sarebbe tornato da tempo. E non certo per chiacchierare con lui di magia.

-Mi dispiace, per questa situazione.- disse contrito -E per averti turbato con la mia domanda.-

L'elfo scosse il capo in maniera appena percettibile.

-Non potevi sapere.- lo scusò -D’altro canto è così che va il mondo: i bambini diventano adulto e gli adulti fanno le loro scelte… e fanno i conti con le conseguenze.-

Sospirò, per poi mettere su un lieve sorriso.

-Ma dimmi, ti prego, quale singolarità ha portato il minore dei miei fratelli sulla tua strada?- domandò curioso.

-È una storia bizzarra e a suo modo divertente.- ammise il mago, osservando il vino nel suo calice riflettere la luce delle candele -Credo cominci con me, appena colpito da una maledizione…- 

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 5 - ORGOGLIO ***


Lucius soffiò sulla bugia, che si spense in un ondeggiante filo di fumo, e si tolse gli occhiali, abbandonandosi sulla sedia.

Oltre le alte vetrate del piccolo studio che svettava sul tetto della casa del mago, la città di Nalhock dormiva sogni tranquilli, illuminata da piccole luci che bruciavano vivide nel cuore della  notte.

Il gran consigliere del governatore socchiuse gli occhi, osservando le stelle attraverso la cupola di vetro sopra la sua testa.

Era sempre stato portato per muoversi nelle situazioni sociali: ricordava con un sorriso come sua madre fosse solita vantarsi della sua abilità nel riuscire a conversare con chiunque di qualsiasi argomento già quando era solo un bambino di undici anni.

Quando al secondo anno di accademia aveva scoperto l’esistenza della disciplina del mentalismo per lui era stata una scelta logica intraprendere quel percorso, era il suo destino; neanche aveva bisogno che qualcuno gli spiegasse il funzionamento della mente, tanto gli era naturale comprendere i comportamenti umani e il modo di influenzarli e manipolarli. Eppure questo non aveva mai fatto di lui una persona particolarmente sociale.

Aveva avuto amici, quale il padre biologico dei gemelli, che traevano energie e motivazioni dalle occasioni mondane come quella che si era appena conclusa, che brillavano tra la folla incarnando l’anima dell’evento, ma lui non era così. Lui era una figura che si muoveva con disinvoltura ai margini, che preferiva passare inosservata, ma che al contempo sapeva accendere e spegnere l’attenzione dei partecipanti sulla sua persona a suo piacimento.

Non era che non fosse in grado di  godere di un buon evento sociale, tutt’altro: per lui era uno straordinario momento di studio e interesse, nel quale poteva esercitare le sue eccellenti arti dialettiche e deduttive e la sua impeccabile etichetta, ma che alla fine della serata lo lasciava sfinito e completamente prosciugato di ogni energia.

La verità era che amava la solitudine più di quanto amasse la folla, una solitudine elettiva nella quale lasciava entrare poche e fidate anime affini. Ma in quel momento solo il buio e il silenzio era autorizzati a fargli compagnia.

Chiuse gli occhi ripensando alla conversazione che aveva avuto con Rowan lungo la strada verso la sua dimora circa le informazioni che avevano raccolto: a quanto pareva i Saicri avrebbero paventato una linea dura e inflessibile, ma si sarebbe trattato solo di un bluff. Di fatto avevano appena subito una cocente sconfitta contro la Magicrazia di Kesseft che aveva spazzato via metà della loro flotta in una sanguinosa battaglia a largo di Zhan. Ora capiva perché dovevano appoggiarsi ai corsari per il lavoro sporco, a anche come manovrare la discussione al fine di far accettare le sue condizioni al tracotante Vsevold di Radskad, capo della delegazione saicriana.

Tuttavia più interessante era stato lo scambio con Ciara Dundas; il suo sospetto che qualcuno tra gli elfi oscuri avesse intenzione di assassinare l’ambasciatore dei Saicri o il governatore era più che fondato, ma quello che più lo incuriosiva era il fatto che fosse stata la consigliera drow ad approcciare Rowan e a rivelarle quei dettagli. Cominciava a farsi un’idea su quale gioco stessero giocando i diplomatici di Braggh e si ripromise di riserbare loro un’attenzione speciale all’incontro previsto per il giorno successivo.

Si stropicciò gli occhi e si stiracchiò.

Sì, la signora dei ladruncoli aveva fatto un ottimo lavoro, come suo solito. In un paese diverso avrebbe potuto procurarle un contratto col governatore, un ruolo di prestigio, seppure nell’ombra, ma il Regno di Ithra non era così aperto verso quel genere di collaboratori. Né verso i mezzelfi. O le donne in generale a dirla tutta. Quindi si sarebbe limitato a pagarla di tasca sua.

Sospirò rassegnato e si alzò dalla sedia.

Era tempo di andare a dormire e riposare un po’ il cervello, l’indomani mattina avrebbe avuto i pensieri più lucidi e avrebbe pensato a qualche buona strategia per la mediazione.

Oltrepassò l’arco in pietra che conduceva alle strette scale a chiocciola alle sue spalle, portandosi dietro la bugia spenta, così da avere una candela a portata di mano, da accendere in caso avesse avuto bisogno di una buona lettura per riuscire ad addormentarsi, ma comunque non gli sarebbe servita per arrivare alla sua camera, conosceva la sua casa abbastanza bene da poterla girare a occhi chiusi senza difficoltà.

Passando davanti alla stanza degli ospiti, scorse la luce filtrare sotto la porta e attraverso la serratura, segno che Rowan era ancora sveglia. Normalmente avrebbe bussato per scambiare due chiacchiere prima di coricarsi e forse intrattenersi in qualcosa di più audace di una conversazione, ma in quel momento non era in grado di sopportare la presenza di un’altra creatura senziente.

Entrò nella sua camera e richiuse l’uscio con un giro di chiave.

Il camino era ancora acceso e la fiamma scoppiettava debolmente abbracciata a un grosso ceppo ormai quasi del tutto consumato.

Il mago prese un paio di pezzi di legna dalla cesta e li diede in pasto alla fuoco, poi girò intorno al letto per sedersi dal lato accanto alla finestra e poggiò gli occhiali e la bugia sul comodino.

Aveva una lunga giornata davanti a sé e ancor prima di iniziarla avrebbe dovuto parlare con la mezzelfa della conversazione che aveva avuto con Eoghan Mhurascaill; di certo non ne sarebbe stata contenta.

 

***

 

Rowan scivolò un poco più avanti nella vasca finché l'acqua non le arrivò appena sotto al naso. Era così calda che la sua pelle candida come neve si era fatta rossa come i petali di un tulipano, ma era così che le piaceva fare il bagno. Il buon mentalista le diceva, ridendo, che in tutta Nalhock era la sola che riusciva a tollerare quella temperatura in virtù del fuoco che le scorre va nelle vene.

Quella battuta aveva il realtà un fondo di verità: suo padre doveva essere stato un elfo delle isole, ossia un elfo del fuoco. La natura degli elfi era infatti influenzata dalla magia elementale e le varie tribù di Vör si dividevano, oltre che per il territorio dove risiedevano anche per il diverso elemento che governava la loro natura.

La giovane non aveva ben chiaro che cosa significasse: sapeva che quella differenza magica equivaleva un po’ la differenza etnica tra i vari popoli umani e che determinava una certa predisposizione verso un tipo o l’altro di magia, ma era anche vero che la poca magia che la ladruncola aveva appreso da sola, sopravvivendo come poteva fra i vicoli di Nalhock, non era stata la magia elementale del fuoco, come ci si poteva aspettare da quella grossolana spiegazione, bensì qualche trucco di mentalismo ed empatismo, quindi era convinta di essersi persa qualche dettaglio fondamentale nella lezione di Lucius. Certo, se avesse voluto, avrebbe potuto fare qualche ricerca in biblioteca, ma la verità era che non voleva: ormai non le interessava più sapere nulla degli elfi di Vör. 

Piegò le ginocchia e scivolò con la schiena sul fondo della vasca.

A volte le capitava di vergognarsi di conoscere così poco il suo popolo, soprattutto quando qualcuno, incrociandola per caso per le vie del mercato, provava a parlarle in elfico, ma una parte di lei non voleva avere nulla a che fare con quella gente: lei non c’entrava nulla con i voriani.

Le era occorso spesso di pensare, soprattutto quando era bambina, che la sua vita sarebbe stata molto diversa se suo padre non fosse morto in qualche luogo lontano da Nalhock prima della sua nascita, che se sua madre avesse tentato di farla ricongiungere con il suo popolo, la sua vita sarebbe stata migliore. Ma poi li aveva conosciuti gli elfi e aveva scoperto che in fondo non erano poi tanto migliori degli umani.

Riemerse dall’acqua e fece alcuni respiri profondi.

No, Vör non era il suo posto. E rimuginare sui se e sui ma non faceva bene a nessuno. Doveva limitarsi a vivere giorno per giorno, era l'unico modo di sopravvivere se ti ritrovavi orfana, senza una casa o una moneta in tasca per le vie di Nalhock alla tenera età di dieci anni. 

I sogni, le ambizioni, i desideri erano per chi poteva permetterseli; ogni volta che aveva azzardato anche solo ad affacciarsi sulla soglia della speranza, la cruda realtà l'aveva colpita dritta in faccia rimettendola al suo posto.

Era grata di avere uno scopo che la teneva in vita: occuparsi degli orfani della città e ripulire le foto strade dai mostri che arrivavano dal mare la teneva sufficientemente impegnata da lasciarle ben poco tempo per rimuginare la sua miserabile esistenza.

Ricordava l’entusiasmo che vi aveva messo nei primi tempi, la curiosità che la trascinava, ma poi il destino si era portato via anche quella piccola fiamma che accendeva il suo spirito. Tutto quello che le era rimasto era la caparbia determinazione di difendere l’unico posto che aveva mai potuto chiamare casa e i ragazzini di cui si sentiva responsabile.

Chiuse gli occhi e poggiò il collo contro il bordo della vasca: era così stanca. 

Avrebbe voluto prendersi una pausa, lasciare la città per un po’, ma per andare dove? Non sapeva neanche cosa significasse prendersi una pausa e poi quelle erano cose per ricchi, i pezzenti non avevano mai tempo di riposare.

Si sarebbe limitata a concedersi una serata libera: in una giornata normale a quell'ora sarebbe uscita per una ronda nottu­rna, magari riservando un occhio di riguardo ai dintorni de "Il porto”, ma al ricevimento aveva già lavorato abbastanza e Lucius l’aveva pagata profumatamente. Il gran consigliere era un uomo generoso.

Si disse che sarebbe passata a controllare la situazione la mattina seguente, una volta lasciata la dimora del mago, tanto i problemi non andavano mai da nessuna parte se qualcuno non se ne occupava. 

Uscì cautamente dall'acqua ormai quasi tiepida e posò i piedi sul morbido tappeto intrecciato, cercando di evitare di gocciolare sul pavimento e si avvolse nel soffice asciugamano. Raccolse i capelli in un telo di cotone e si spostò sulla poltrona accanto al camino acceso. 

Per i più quella era la normalità a Nalhock; forse non una gran vasca con acqua calda a disposizione in qualunque momento, ma di certo il camino era un elemento architettonico di base a quella latitudine. Eppure per lei e i suoi ragazzi era quasi un lusso, l'unico presente alla tana si trovava in cucina e a stento riscaldava quella e la sala della mensa. 

Ritirò i piedi sul cuscino della poltrona e si rannicchiò su se stessa poggiando la testa sul bracciolo imbottito. 

Per quella sera se lo meritava, quel piccolo lusso, che lenisse un poco il suo spirito spezzato. L’indomani si sarebbe gettata nuovamente nel caos della sua vita travagliata, ma quella piccola pausa le avrebbe fornito sufficiente respiro per continuare il suo lavoro.

Il soffice crepitio delle fiamme allontanò i suoi cupi pensieri e pian piano le palpebre calarono sulle iridi di grigie illuminate di riflessi rossastri. 

 

***

 

Le dita del mago si strinsero intorno ai fianchi color madreperla della mezzelfa a cavalcioni sopra di lui, stregato e estasiato dal movimento ritmico del suo esile corpo.

Le mani dell'uomo salirono sul suo ventre fino ai seni della donna,m per accarezzare  intorno i suoi piccoli capezzoli rosa. Lei gemette, inarcando la schiena in un movimento sinuoso, che costrinse il mentalista a spostare tutta la sua attenzione sul trattenere l’eccitazione dal raggiungere il suo apice, nonostante la scarica di piacere che saliva sai suoi lombi.

Il suo respiro si fece più affannoso, consumato dal desiderio e dallo sforzo.

Rowan si chinò su di lui, baciandolo appena sulla bocca, mordendogli piano il labbro inferiore, per poi spostare le labbra sul suo collo.

Quell’ultimo brivido di piacere vinse la sua resistenza: le sue mani si strinsero intorno alla sua vita, ogni suo muscolo si irrigidì e si contrasse e la travolgente estasi dell’orgasmo gli tagliò il fiato, cancellando ogni altra sensazione per un effimero momento.

Fra le sue braccia percepì anche il corpo della ragazza tendersi e ai suoi gemiti si accompagnò un’imprecazione, sussurrata vicino al suo orecchio. Poi le sue membra si rilassarono e lei si adagiò delicatamente sul gran consigliare, posando la testa nell’incavo del suo collo.

Lui la strinse a sé e la baciò sulla fronte.

-Dovrei essere a sorvegliare "Il Porto" a quast’ora, non a divertirmi nel tuo letto.- sussurrò lei con un sorrisetto colpevole.

-Credo che ora o tra un’ora non faccia molta differenza.- rispose lui, scostandole con delicatezza i capelli dal viso -Io ho gradito molto questa sorpresa mattutina, era parecchio tempo che non ti "divertivi nel mio letto”.-

-E di chi è la colpa?- lo apostrofò lei ridendo.

-Beh, se proprio vogliamo farne una questione di responsabilità…- cominciò lui, facendosi comicamente vago.-

-Prima il viaggio a Ruck, poi quella delegazione di Kesseft... e tutta la faccenda della contessina...- elencò Rowan contando sulle dita -Non hai avuto neanche un momento per me...-

Mise su un finto broncio assolutamente ridicolo, facendo ridere il mago.

-È stato un inverno complicato.- ammise lui colpevole -E a proposito di cose complicate, ti sei fatta un’idea della questione de “Il porto”?-

-Qualcosa del genere...- replicò lei vaga -Ho un sospetto, ma non abbastanza elementi.-

-E pensi di parlarmene o…?- la incalzò lui divertito.

-Neanche per sogno.- si rifiutò lei, -Sei già nel mezzo si una mediazioni diplomatica, se te lo dicessi smetteresti di dormire per fare le tue ricerche e continuare a occuparti dei nostri problemi diplomatici allo stesso tempo. E sai come è finita l’ultima volta.-

In effetti anche Lucius avrebbe preferito evitare di svenire nuovamente durante la firma un accordo internazionale, soprattutto perché l’ultima volta aveva sbattuto la testa contro lo spigolo del tavolo e gli avevano dovuto mettere nove punti, prima che si ricordasse di essere un mago e che poteva richiudere la ferita in modo molto più efficace.

Sospirò rassegnato: il buon senso doveva vincere sulla curiosità.

-Mi conosci troppo bene.- brontolò.

Rowan scivolò sul fianco, puntellandosi sul gomito per poter guardare in faccia il mago.

-A tal proposito, non eri alle prese con un’assurda ricerca prima che morisse il vecchio Bibliotecario?- chiese -Di cosa si trattava più?-

Lui si prese un paio di secondi per rispondere.

-Assurda è un pò eccessivo.- dichiarò, facendo un vago gesto con la mano -Stavo studiando un rituale che potrebbe invero tornarci molto utile.-

Lei fece una smorfia contrariata.

-Quando dici "ci”, significa che a te tornerà utile e io rischierò di lasciarci la pelle.- gli fece notare con scarso entusiasmo.

-Nient’affatto.- protestò lui -È solo un rituale di scambio di mente.-

La mezzelfa sollevò un sopracciglio scettica.

-Ma non lo sapevi già fare?- domandò.

-Certo, a breve distanza e al costo di un enorme dispendio di energie, ma questo dovrebbe funzionare a chilometri di dista ed è assolutamente più vantaggioso da un punto si vista energetico...- chiarì il gran consigliere.

-E come dovrei saltare da un tetto a quell'altro nel tuo flaccido corpo magrolino?- lo prese in giro lei, punzecchiandogli un fianco col l’indice.

-Ah, flaccido?- finse di risentirsi lui -E cosa dovrei dire io del tuo, così poco avvezzo alle uso della magia?-

-Vero, ma incredibilmente sexy-  scherzò lei, per poi tornare seria -No, sul serio Lu, a che serve?- 

-Può essere utile in situazioni disperate, come l'anno scorso con quel Wendigo.- rispose lui.

La sua era un’ottima argomentazione: quell’incubo si sarebbe concluso molto più in fretta e senza mettere affatto in pericolo la vita della giovane se avessero potuto scambiarsi il tempo sufficiente al mago da compiere la sua magia.

-Per la misericordia di Abjan, quanto odio i Wendigo.- borbottò lei -Ma vedi di pensarlo bene, consigliere, perché non vorrei trovarmi a finire i miei giorni nel corpo di un mago magrolino.-

Tornò a sdraiarsi accanto a Lucius e lui la strinse un poco a sé, stampandole un altro bacio sulla fronte.

-Ti ho già detto che sei stata molto brava ieri sera?- le domandò.

-Sì, ma mi piace sentirlo.- gongolò lei -Anche se mi sfugge il motivo del tuo entusiasmo per la faccenda si Ciara Dundas.-

-Ho una teoria da verificare.- le confidò lui -Ma preferisco non parlartene per evitare che tu possa perderci il sonno.-

Lei rise e gli tirò un leggero cazzotto scherzoso contro il fianco, per poi alzarsi dal letto.

Lucius la seguì con lo sguardo, mentre raccoglieva la biancheria dal pavimento. 

L’espressione sul volto del mago si fece assente e poi tesa, sapeva che quello che stava per dire avrebbe causato dei problemi, ma era giusto dirlo comunque.

-Ho parlato con Eoghan Mhurascaill...- confessò.

Rowan si voltò di scatto verso di lui, nei suoi occhi brillava un fuco rabbioso.

-Che cosa hai fatto?- chiese con voce gelida.

-Ho parlato con Eoghan Mhurascaill.- ripeté lui, mettendosi a sedere sul letto.

-Spero tu stia scherzando.- replicò lei tagliente.

-Affatto.- ribatté lui, scuotendo lentamente la testa.

-Ti avevo detto di non farlo.- sibilò l’altra..

Rowan imprecò e raccolse furiosamente le sue cose dal pavimento, infilandosi la biancheria con foga. 

Il mago sospirò paziente.

-Non potresti mettere da parte l'orgoglio per un momento e ascoltarmi?- la pregò con gentilezza.

-Parli tu di orgoglio?- rispose lei, voltandosi verso di lui come un serpente a sonagli pronto ad attaccare -Tu che sei stato per tre anni a girarti i pollici perché non hai voluto inginocchiarti davanti Godwy?- 

Lui fece un respiro profondo.

-Non si trattava di orgoglio, ma di principio.- la corresse il gran consigliere.

-Raccontatela pure come ti pare.- commentò lei, scrollando le spalle e indossando la vestaglia di seta ricamata..

-Vuoi sapere cosa mi ha detto Eoghan o no?- chiese lui condiscendente.

Sapeva che lo voleva, erano sette anni che si angosciava, chiedendosi che fine avesse fatto il suo elfo, interrogandosi sul perché non fosse mai tornato da lei. Ignorare che ne fosse stato di lui era forse peggio della rabbia che la divorava per essere stata abbandonata in quel modo. 

Ma Non era l’unica cosa si cui il mago aveva ragione: era troppo orgogliosa. Orgogliosa e testarda.

-No.- dichiarò lapidaria lei con voce dura.

Lucius sospirò alle sue spalle.

-Te lo dirò lo stesso.- affermò il saggio consigliere, che le era troppo affezionato per lasciarla ai suoi comportamenti autodistruttivi -Moray non è mai tornato a Vör.-

Quella notizia congelò Rowan nel mezzo della stanza, con il nodo del nastro della vestaglia fatto a metà nelle mani e gli occhi fissi in quelli del suo vecchio amico.

-Come sarebbe a dire che non è mai tornato a Vör?- domandò con un filo di voce.

-Mai tornato.- ripeté lui serio -Non hanno sue notizie di quasi sette anni.-

Lo sguardo della ragazza si fece assente. 

-È morto, non è vero?- chiese ormai disillusa.

Lucius stirò le labbra in un’espressione rammaricata e si strinse nelle spalle.

-Non lo so, Rowan.- ammise con una nota amara nella voce -E non sono il tipo di mago che possa saperlo, ma posso parlare con Marianne se vuoi. Non è molto, ma posso fare un tentativo.-

La mezzelfa scosse la testa con decisione.

-No, non ora almeno...- lo pregò.

Lui tese una mano verso di lei.

-Vieni qui.- la invitò.

Rowan obbedì quasi meccanicamente, andando a sedersi sul bordo del materasso accanto a lui. Il mago la stinse fra le sue braccia.

-Vuoi parlarne?- bisbigliò.

-No.- si rifiutò lei -Voglio solo essere triste. Domani passerà.-

 

 

 ***

 

Il gran consigliere del governatore chiuse il cancello in ferro battuto alle sue spalle e si avviò lungo la strada lastricata verso l'accesso alla cittadella.

Era amareggiato per le notizie di cui era stato ambasciatore: Rowan era brava a fingere che ogni cosa le scivolasse addosso senza scalfirla, ma lui sapeva che si trattava di una messa in scena. La mezzelfa era ancora giovane: anche se poteva sembrare una donna nell'aspetto e di certo la vita le aveva insegnato fin troppo presto a prendersi cura di se stessa, non aveva mai avuto veramente modo di apprendere come gestire i suoi sentimenti e le sue emozioni. Per sopravvivere aveva imparato a comprimerle in profondità, nasconderle, dimenticarle e andare avanti come se nulla fosse, mentre quelle la logoravano da dentro aspettando il momento giusto per schiacciarla. 

Quando aveva incontrato Moray, nove anni prima, Lucius aveva notato un cambiamento positivo in lei, come se l'elfo sapesse toccare le giuste corde per farla aprire. Per un po' aveva pensato che col suo aiuto sarebbe riuscita a sanare le sue ferite, ma poi lui era scomparso. 

Il mentalista non poté fare a meno di chiedersi se dentro di sé Rowan avrebbe preferito sapere che Moray fosse morto durante il viaggio o che fosse sano e salvo da qualche parte e l'avesse semplicemente abbandonata. 

Probabilmente lei avrebbe scelto la prima possibilità, mentre Lucius, al suo posto, avrebbe sperato nella seconda: due modi diversi di vedere il mondo. 

Attraversò la porta che conduceva nella cittadella, separata da un cerchio di mura dal resto della città: era lì che la maggior parte dei nobili di Nalhock avevano la sua residenza. Si trattava di alte abitazioni signorili, distribuite da una parte e dall’altra di quattro delle cinque strade che si irradiavano a raggiera da una bella piazza centrale con fontana, mentre la quinta via lastricata saliva su per il modesto colle sul quale si ergeva il palazzo del governatore. 

A Lucius piaceva percorrere quella strada a piedi ogni giorno; in passato Eluard gli aveva offerto di stabilirsi nella residenza governativa o almeno di trasferirsi all'interno della cittadella, ma lui non era un nobile e non sentiva l'esigenza di sfoggiare in quel modo il suo status sociale. Era affezionato alla sua vecchia casa e nei quartieri nobiliari giravano fin troppi occhi e orecchie; barattare la sua privacy con un poco di strada in più gli sembrava tutto sommato un affare piuttosto vantaggioso.

Con un cenno della mano ricambiò il saluto rivoltogli dal capitano delle guardie che stava passando a cavallo accompagnato da due dei suoi uomini. 

Una cavalcatura sarebbe stato probabilmente un'ottima soluzione per accorciare i tempi, purtroppo Lucius era un pessimo cavallerizzo e, anche se pubblicamente l'avrebbe negato, nutriva una piccola fobia nei confronti degli equini in generale. 

Ad ogni modo il gran consigliere non si lamentava, aveva preso l'abitudine di sfruttare la camminata per riflettere sul programma del giorno e, come in quel caso, valutare le strategie migliori per arrivare a fine giornata col minor numero di danni possibile. 

La situazione attuale gli era piuttosto chiara: il fiume Ahm, sul cui estuario sorgeva la città di Nalhock, sfociava nel vasto golfo di Akinta, su cui si affacciavano cinque regni diversi. Il golfo aveva una grande importanza commerciale, perché era il più vasto e sicuro luogo di scambio della costa orientale del grande continente Daliano. Le coste del grande continente di Dalian infatti davano a oriente sull'oceano elfico (così chiamato sia perché sulle terre a est vicino al mare si trovavano gli insediamenti degli elfi oscuri che per il fatto che a largo, nella medesima direzione, emergeva l'arcipelago di Vör), mentre quelle a ovest davano sull’oceano Vasto dalle correnti indomabili, tanto impervio che la navigazione era possibile solo lungo le coste o da parte delle navi di Kesseft, terra di maghi. Lunghe trattative avevano portato a un equilibrio nello sfruttamento del golfo, fino al momento in cui i Saicri non avevano conquistato le isole di Thenf e Anassa, che si trovavano all'altezza dell'ingres­so del golf, rendendo impossibile l'accesso a tutte le navi che provenivano dall'esterno, quali i drow di Braghe e gli elfi di Vör. 

Mettere tutti d'accordo sarebbe stato complicato, ma Lucius contava di riuscire a fare leva sulle fragilità di ogni nazione interessata. 

I drow si trovavano in cattive acque a causa degli scontri con i naga e gli abitanti del sud di Yutrell. Inoltre, così come per gli altri popoli elfici, la loro popolazione era sensibilmente più esigua di quella dei sacri, il che li lasciava con meno uomini a disposizione e un desiderio decisamente inferiore di sacrificare i propri simili in battaglia.

Gli elfi di Vör erano pacifici per natura, di loro poteva evitare di preoccuparsi, perché, come lui, avrebbero lottato per un soluzione pacifica. 

I Sacri invece, erano bellicosi, testardi e purtroppo stupidi. Tuttavia non potevano permettersi una guerra contro Nalhock e Braggh, perché già erano impegnati a scontrarsi con la Magicrazia di Kesseft. 

Lucius non poteva che compatirli; Ithra aveva appena siglato un trattato di pace con Kesseft, dopo una guerra lunga ed estenuante. Anche se la Magicrazia era più piccola e meno militarizzata, il Regno non aveva vinto una sola battaglia, perché i loro avversari avevano la magia dalla loro parte, non per nulla si chiamava magicrazia. 

Il mentalista si era sempre chiesto come fosse vivere in uno stato in cui la magia non era solo diffusa, ma addirittura obbligatoria, tanto che ogni cittadino libero doveva possedere un certificato per circolare; ma d’altra parte non era entusiasta dell'altra faccia della medaglia, ossia il fatto che chiunque non riuscisse ad ottenere un diploma di magia di base, potesse essere reso schiavo. Uno dei motivi tra i tanti per cui non amava neppure la politica dei Sicari.

Sollevò la testa, osservando il' cortile del palazzo del governatore già affollato di funzionari e diplomatici. 

Si preannunciava una lunga giornata, soprattutto se Eluard ma avesse tenuto la bocca chiusa. 

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