Federico Guarnieri

di Danielle96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Federico Guarnieri. Silvia e Luciano ***
Capitolo 2: *** Post 4x85 pensieri contrastanti ***



Capitolo 1
*** Federico Guarnieri. Silvia e Luciano ***


''Sì. Federico è... è figlio di Umberto''.
Luciano sgrana gli occhi, incredulo, quasi spaventato. Abbassa lo sguardo come per cercare risposte in quello che lo circonda, poi chiude le palpebre, si volta di spalle e si appoggia di peso sullo schienale della poltrona, quasi accasciandosi, nell'impacciato tentativo di metabolizzare queste parole. Riapre gli occhi con un' espressione glaciale e digrigna i denti per soffocare tutta la rabbia che sta per esplodere. ''Figlio di Umberto''.
Ripete queste parole sottovoce, convincendosi della loro pungente veridicità. Scuote la testa, in segno di negazione.
''Luciano, ascolta...''
''Cosa?'' Si volta di scatto verso di lei. ''Cos' altro dovrei acoltare? Figlio di Umberto. Mio figlio... è figlio di Umberto Guarnieri. Io non posso crederci. Non voglio.''  La voce rotta dal pianto, lo sguardo corrugato, le lacrime che gli lambivano le gote irsute. Era inaccettabile.
''Per tutti questi anni... per tutti questi anni tu mi hai mentito''
''Luciano, io non ''
''Cosa? Tu cosa? Non mi hai mentito? Non mi hai tradito?''
''Proprio tu. Proprio tu mi parli di tradimento?  Con quale coraggio?''
''Io? Io non ti ho mai tradita. Mai. E' vero. Amo un'altra donna e questo lo sai bene. Ma non ti ho mai tradito, e soprattutto non ho fatto di certo un figlio con un altra. Io e Clelia...''
''Clelia, ancora lei. Sempre e solo lei. Sono stanca. Stanca di sentirtela nominare, stanca di sapere che pensi costantemente a lei. Sono stanca, Luciano''.
''Stanca... anche io ero stanco. Stanco di vederti remare contro di me. Stanco di sentirti criticare ogni cosa che facessi, ogni mia singola scelta, ogni mio singolo gesto, dal lavoro al modo di educare i nostri figli. Stanco, di sentirmi costantemente umiliato, di non sentirmi mai abbastanza. Mai abbastanza ricco, mai abbastanza potente, mai abbastanza presente in società. Ma a te è sempre importato solo di questo.''
''Non è vero. Sai bene che non è così. Io ho sacrificato la mia vita per te, per voi. Ho scelto di starvi accanto di stare qui, in questa casa, a prendermi cura della famiglia a prendermi cura di voi''
Sulle labbra di lui spunta un sorriso a metà, di biasimo, disapprovazione.
''Certo, a prenderti cura di noi. Sarai anche stata una perfetta donna di casa, una moglie devota (in pubblico) e una madre che si occupa dei suoi figli accudendoli e sostenendoli purchè facciano quello che sta bene a te. La famiglia perfetta, quella pronta a scalare i gradini dell'alta società ma la verità è che non hai fatto null'altro che pensare ai tuoi interessi, ai tuoi scopi. Hai spinto Nicoletta tra le braccia di Riccardo anche quando lei non era pronta, solo perchè lui è un Guarnieri, un giovane rampollo e poi Cesare, il matrimonio riparatore, mettendole fretta purchè mettesse a tacere i pettegolezzi della città pur sapendo che non era pronta, che non lo amava. E Federico, sei arrivata a complottare con i suoi amici, con la sua fidanzata per far sì che tornasse sui suoi passi, che diventasse un ingegnere, come volevi tu... l'ignegner Cattaneo''
''Questo lo volevamo tutti''
''Ma non Federico. Anche per me è stato un duro colpo e lo sai bene. Ma non ho certo complottato contro di lui perchè cambiasse idea. L'ho lasciato scegliere. Cosa che tu non hai mai fatto, Silvia. Non ci hai mai permesso di scegliere, hai sempre deciso tutto tu, andava bene solo ciò che volevi tu e di ciò che volevamo noi non te ne è mai importato niente''
''Sei ingiusto. Io ho sempre e solo pensato al bene di questa famiglia. A ciò che sarebbe stato meglio per noi, per i ragazzi a cosa avrebbero pensato loro...''
''Per i ragazzi... certo. A te importa solo di ciò che pensa la gente, Silvia. Solo di questo, e prendi decisioni solo in base a questo, manipolandoci tutti e facendoci sentire in colpa se non ti diamo ascolto''.
Con uno scatto si volta, si slancia con furia verso la porta.
''E adesso dove stai andando?''
''A fare un giro'', risponde lui indispettito.
''Stai andando da lei?''
Lui si ferma. Tentenna, poi la guarda rancoroso.
''Ma certo, è ovvio che stai andando da lei. Stai andando da quella donna, come sempre. Come hai sempre fatto in tutti questi mesi. Sei sempre stato troppo occupato per pensare alla tua famiglia. Sempre e solo Clelia, Clelia e il Paradiso delle signore.''
Un silenzio piomba sulla stanza, con sguardi di incomprensione che si susseguono sui loro volti tesi.
''Tu Clelia non la devi neanche nominare. E neanche il Paradiso. Non hai mai fatto altro che disprezzare lei e il Paradiso e tutti quelli che ci lavorano''
''E vorresti biasimarmi? Da quando hai iniziato a lavorare al Paradiso su questa famiglia sono piombate disgrazie. O vorresti negarlo? O vorresti negare il fatto che prima che tu mettessi piede in quel posto noi eravamo una famiglia felice?''
''Noi non siamo mai stati una famiglia felice, Silvia, mai. E io me ne sono reso conto solo quando ci sono entrato al Paradiso. Solo lì ho capito cosa significa davvero stare in famiglia, volersi bene, ascoltarsi, supportarsi a vicenda. Stare bene. E questo lo sanno bene anch Federico e Nicoletta, che è stata la prima a sentire il bisogno di tornare al Paradiso per riprendersi, dopo la fine della sua storia con Riccardo, dopo il matrimonio andato a monte''.
''E' evidente. E' un complotto. Vi hanno fatto il lavaggio del cervello. A tutti e tre. Il paradiso... questa è una famiglia, è qui che sta una famiglia, in casa. Non in un grande magazzino. Non a lavoro. Lavoro e famiglia sono due cose separate''
''E tu che ne sai? Come puoi saperlo, tu? Non puoi.''
''Ti ricordo che anche io lavoravo un tempo e di certo non mi sarei sognata di dire che il lavoro era la mia famiglia o che il posto in cui lavoravo fosse come una casa''.
''Certo, lavoravi. Per Umberto... la segretaria del Commendator Guarnieri. E' così che è cominciata la vostra relazione? E' così che mi hai tradito? Per quanto tempo è andata avanti questa storia? Magari stavi con lui anche quando hai pronunciato quel all'altare.''
''Questo non vuol dire niente. Io ho scelto te. Ho scelto di rimanere al tuo fianco, di essere tua moglie''
''Sì certo, perchè lui era già sposato. Magari lo hai anche ricattato perchè lui riconoscesse il bambino, ma lui non voleva saperne niente, ovviamente''.
''Io non ho mai ricattato Umberto perchè riconoscesse Federico. Federico è tuo figlio, è sempre stato tuo figlio, anche... anche se non biologicamente''.
''Io tutto questo non posso accettarlo, Silvia. Non ci riesco. Federico è e sarà sempre mio figlio. Ma tu non sei più mia moglie. E forse, evidentemente, non lo sei mai stata.''
''E cosa sarei allora? Un'amante? Come la tua Clelia?''
''No, come quella di Umberto. La moglie del ragionier Cattaneo e l'amante di Umberto Guarnieri.''
Silenzio, ancora. Rancore.
''E sai cosa è peggio? Che in tutti questi mesi, tu non hai fatto altro che farmi sentire in colpa, farmi sentire in colpa per i sentimenti che provo per Clelia. Gli stessi sentimenti che lei prova per me. Proprio tu... proprio tu che mi hai tradito dall'inizio concependo un figlio con un altro. Con Umberto Guarnieri. Sei solo un'ipocrita, Silvia, solo un'ipocrita''.
''Luciano...''
Prova a fermarlo, ma lui apre la porta e sguscia fuori, con fretta di andar via da quella casa.
''Papà, dove stai andando?''.
Nicoletta, con Riccardo al suo fianco, entra dalla porta d'ingresso del vialetto di casa, fermandosi incredula a guardare il padre.
''Cos'è successo?'' guarda lui, preoccupato, impietrito. E sua madre, ferma sulla soglia della porta.
''...Avete litigato?''
Luciano guarda Nicoletta con  uno sguardi pieno di sofferenza, e poi si volta a guardare Silvia, con uno sguardo di disprezzo.
''Chiedilo a tua madre''.
E va via, allontanandosi con passi furiosi.

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Capitolo 2
*** Post 4x85 pensieri contrastanti ***


Luciano si volta, cercando di dimenticare la scena appena vista senza riuscire però a cancellare dalla sua testa quell'immagine e la sagoma di Clelia che si allontana nel buio. Clelia muove qualche passo incerto, dopo aver salutato Ennio con tutta la cortesia di cui era capace. Era stata bene, sì... eppure cos'è questo disagio che sente? Forse non è più abituata a quella strana sensazione da primo appuntamento, forse semplicemente non è pronta per ricominciare. In fondo conosce appena il signor Palazzi, e per quanto possa sembrarle galante questo non basta. Non è sufficiente a farle desiderare un nuovo incontro, un nuovo inizio. ''Lasciamo le cose al caso''. Proseguendo con quei passi incerti di chi non sa dove andare, cerca un posto in cui appoggiarsi. Ha bisogno di un momento per sè, per confrontarsi con le sue sensazioni contrastanti e fare ordine tra i suoi pensieri. Pensa a Luciano. A cosa starà facendo in questo momento. Sarà ancora a tavola con la moglie, a festeggiare con lei. Dio solo sa cosa staranno facendo. Cerca di allontanare dalla sua mente ogni immagine e malsana fantasia di Luciano in compagnia di Silvia. Durante la cena, mentre Ennio conversava con lei facendo sfoggio della sua eloquenza migliore per colpirla, lei non riusciva a pensare ad altro che a Luciano. Ad ogni singola portata, pensava a quello che avrebbe potuto aver cucinato lui, sorridendo per la sua presunta goffaggine e ingannando involontariamente Ennio, che quei sorrisi sperava fossero rivolti a lui. Poi pensava a Silvia, a come avrebbe reagito, se avrebbe apprezzato. E così si rabbuiava subito. Non poteva sapere come avrebbe reagito Silvia, ma poteva immaginare come avrebbe reagito lei, se fosse stata al suo posto. Se avesse avuto la possibilità di cenare a casa insieme all'uomo che ama, magari con Carlo che insisteva per restare con loro invece di andare a letto, Ma queste erano solo sciocche fantasie. Ennesime, dolorose, fantasie irrealizzabili che doveva abbandonare. Solo a ripensarci scuote la testa, come aveva fatto per tutta la durata della cena, quasi come per scacciare i pensieri con un tentativo fisico ancor prima che mentale. Adesso, almeno, mentre cerca di liberarsi di quei pensieri non rischia di scontrarsi troppo bruscamente con la realtà. Non deve più fingere di essere interessata ai monologhi del suo interlocutore. E' sola. Sola su una panchina gelida a fare i conti con la sua mente. Un brivido la fa tremare, non sa se per il freddo o per la tensione della serata che abbandona lentamente il suo corpo. E' tardi, è ora di tornare a casa. E' ora di riabbracciare il suo bambino, unica certezza in tutta questa confusione. Raccoglie le forze e si alza di scatto intenzionata a tornare a casa quanto prima. Muove qualche passo rapido e si blocca di colpo, trattenuta da un ombra proiettata sulla facciata del palazzo accanto a lei. Si sente osservata, forse seguita. Per un attimo terrorizzata ma non al punto di scappare via. C'è qualcosa di magnetico e paradossalmente familiare in quell'ombra gigante che man mano inizia al allontanarsi e a farsi sempre più piccola. Si volta di scatto. Non c'è nessuno. Si guarda intorno prestando attenzione a ogni dettaglio. Scruta ogni angolo, ogni finestra, ogni porta. I suoi occhi si posano sull'uscita posteriore del Paradiso, quella dello spogliatoio. Il Paradiso. E se ci fosse qualcuno al Paradiso... un ladro, forse. Non sarebbe la prima volta e dopo gli incassi di San valentino sarebbe più che plausibile. O forse sono solo i Conti che hanno deciso di festeggiare al Paradiso, a lume di candela, come pare ormai loro abitudine. Ad ogni modo è meglio controllare. Si avvicina pian piano, con una buona dose di coraggio misto a quel pizzico di incoscienza che la fa muovere a passi lenti e pesanti fino alla porta. Vuole capire, capire cosa sta accadendo, capire se è il caso di chiamare aiuto. In un frangente di lucidità si ripromette di non affrontare la situazione da sola, di qualsiasi cosa si tratti, e di fermarsi quando sarà il momento di fare un passo indietro. Si avvicina alla porta laterale e non sentendo rumori si dirige cautamente verso la porta principale, per origliare meglio. Cammina seguendo il perimetro dell'edificio e volta l'angolo. D'un tratto la verità, inattesa. La milleccento. La milleccento di Luciano parcheggiata in malo modo davanti all'ingresso principale del Paradiso. Per un attimo si sente spaesata, ma confortata al tempo stesso. LucIano. Doveva essere lui, la macchina era la sua. La fissa per qualche secondo. Non può essersi sbagliata. La conosceva molto bene . Quanti ricordi erano legati a quella vettura... Luciano era al paradiso, non poteva essere che lui. Fruga con veemenza nella borsa per cercare il mazzo di chiavi appena recuperato, quello che ha una copia della chiave dell'uscita posteriore. Di corsa si avvia vero la porticina, la apre, si precipita dentro e se la chiude alle spalle, poi corre in galleria e si dirige verso le scale. Ad ogni gradino una palpitazione sempre più forte e ad ogni palpitazione un'idea diversa. Cosa poteva farci Luciano al Paradiso a quell'ora? Cosa poteva averlo allontanato da casa in una serata così importante? Forse era successo qualcosa, o forse aveva solo dimenticato qualcosa, la sorpresa per Silvia magari. A malincuore deve considerare anche questa ipotesi e, per quanto dolorosa possa essere l'idea di un'ennesima sorpresa per Silvia, in quella circostanza è l'idea più rassicurante. Arriva finalmente davanti alla porta semiaperta del ufficio, le cui luci calde si proiettano nel buio del pianerottolo, illuminando uno spicchio di pavimento. Si avvicina senza fare rumore e scorge finalmente Luciano, accasciato sulla poltrona, con la testa fra e mani e l'aria sconfortata. _ Luciano è lì, sulla poltrona, schiaffeggiato prepotentemente dai pensieri più aspri. Silvia, le analisi, Federico, Clelia con quell'uomo... Clelia. L'unica persona in grado di tirarlo su anche nella situazione più tragica era diventata l'ultima persona a cui avrebbe mai potuto gridare aiuto in questo momento. Era con un altro. Magari era felice, magari aveva passato una bella serata. Ne aveva tutto il diritto e lui... lui non aveva il diritto di essere geloso. Deve allontanarsi e permetterle di vivere la sua vita, mentre lui deve rimettere insieme i cocci della sua. Federico, Silvia, le analisi, Federico, Nicoletta lontana, la bambina, Federico. Che diranno, che penseranno tutti, quanto ne saranno sconvolti. Devono saperlo, o forse no, forse non è il caso, forse bisogna proteggere almeno loro da questo shock. E le analisi... e se Federico trova le analisi e se torna a casa e vede la mamma riordinare la tavola mezza distrutta dal suo sfogo di prima e chiede spiegazioni e se scopre la verità... Deve tornare a casa, deve proteggere suo figlio. Si alza di scatto e di dirige verso la porta. La apre con un gesto rapido e si blocca. Clelia. Col fiato sospeso si guardano per qualche secondo senza sapere che dire, presi alla sprovvista da tutta quella situazione. Era la visione più bella che potesse avere il quel preciso istante. Clelia. Aveva desiderato così ardentemente di averla al suo fianco in quel momento che si era come per miracolo materializzata di fronte ai suoi occhi, così improbabilmente da sembrare una semplice illusione. Ma non è un'illusione. È lì, è vero. è dinanzi a lui. 'Luciano... cosa... come stai? cos'è successo?' Luciano stringe le labbra come per impedire alle parole di uscire disordinatamente dalla sua bocca. Per un attimo si interroga su cosa dire. Se dire la verità o no, se inventare una scusa -ma poi quale scusa?- se travolgerla con tutto il suo carico di negatività o se proteggere anche lei. Ma proteggerla da cosa? Escluderla da cosa? che c'entra lei? Appunto, che c'entra lei con tutto ciò, a volte dimentica che lei non c'entra niente con tutto questo. Eppure c'entra, c'entra sempre. Con lui, lei c'entra a prescindere. Di lei si può fidare. Se non di lei, di chi? A lei può dire tutto. Ma come? Da dove iniziare? Fa un respiro profondo e si ripropone di riordinare con calma le parole nella sua mente e di affrontare tutto per gradi. -Entra. Siediti.-

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