Arigatou

di Ookami_96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 01 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 03 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 04 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 05 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 06 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 07 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 08 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 09 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 01 ***


Capitolo 01

Le strade di Konoha erano praticamente deserte a quell’ora della sera, a farle compagnia lungo la strada verso casa c’era solo un piacevole venticello che le sferzava il viso; i capelli rosa, lasciati sciolti, le sfioravano le guance, cullati dal vento.

Aveva lavorato tutto il giorno in clinica, come accadeva praticamente sempre da 2 anni a questa parte; il lavoro la stancava, ma le permetteva di aiutare molti bambini e, soprattutto, di distrarsi dalla sua vita privata.
Gli amici tutti intorno a lei si stavano dedicando molto tempo al formare una famiglia: ormai erano tutti al di sopra dei vent’anni e la guerra, tra tutti gli orrori, aveva ricordato che la vita è troppo breve per perdere tempo e non stare con le persone che si amano.
Anche lei aveva maturato questa consapevolezza. Certo, aveva costruito la clinica, lavorava instancabilmente… Però la sua vita era al contempo vuota, in un continuo limbo di incertezze e attese.

Sakura varcò la porta di casa ancora assolta nei suoi pensieri, gli stessi praticamente di ogni giorno, ogni sera, ogni tragitto. Si stava svestendo e preparando per un bel bagno caldo, quando un rumore alla finestra la risvegliò dalle sue riflessioni.
Un piccolo falchetto, appollaiato davanti alla finestra, picchiettava sul vetro per attirare la sua attenzione.
Aprì la finestra e lasciò che il falco le si posasse sul braccio.

«Buonasera Takami, fatto buon viaggio?» disse, sorridendo.
In tutta risposta l’animale si lisciò le penne e le strofinò il becco sul braccio.
Prese il contenuto della piccola sacchetta allacciata alla zampa e la posò sul tavolo. Si dedicò quindi al falchetto, salutandolo e passandogli le dita sul collo, per accarezzarlo. Takami sembrava apprezzare quelle coccole e non ebbe fretta di staccarsi dalla ragazza per tornare dal suo padrone.

Dopo qualche minuto, la sua attenzione andò alla ciotolina contenente del becchime lasciata sul davanzale. Il piccolo si rifocillò e, finita la sosta, spiccò il volo, aiutato dallo slancio della ragazza, che potette concentrarsi sul messaggio.
Era una stampa di una foto: della sabbia bianca che rifletteva i raggi del sole, il mare azzurro e poi blu calmo e piatto come una tavola. Incantevole.

«E così ti stai godendo il mare eh, Sasuke-kun»

Prese la piccola foto e la ripose in una scatola sul tavolo, assieme alle altre che aveva ricevuto.
Nessuno sapeva che a intervalli quasi regolari riceveva quei pensieri dall’Uchiha. Nessuno, nemmeno Naruto o Ino.

Il tutto era cominciato quasi sei mesi dopo la sua partenza. Si era emozionata tantissimo vedendo il falco alla finestra e aveva immaginato a chissà che messaggio poteva averle mandato il moro… Una lettera d’amore? La richiesta di raggiungerlo?
E invece, una piccola tela, con il disegno di un villaggio, probabilmente comprata in una bancarella o in un negozio. Ovviamente senza nessun indizio che le dicesse che villaggio poteva essere. Nessun messaggio. Solo un “S. U.” scritto sul retro.

Per mesi poi, il silenzio. Finché non arrivò una piccola foto, come quella che le era appena stata recapitata. Il paesaggio era diverso da quello del piccolo dipinto, ma, di nuovo, non c’era nessun messaggio allegato, solo la firma.

All’inizio si chiese il perché di quel gesto,  ma poi capì che il ragazzo voleva solo farle sapere che stava bene e che era nei suoi pensieri… Lei, Sakura Haruno, era nei pensieri del suo storico amore: un amore infantile, diventato poi un desiderio adolescenziale, una missione e, infine, un amore maturo e consapevole. Quell’amore sembrava venire ricambiato e le stava chiedendo di aspettare ancora un po’.

Sì. Sasuke le stava chiedendo di aspettarla.
E lei, beh, lo avrebbe fatto.

Dalla terza foto, arrivata dopo altri 3 mesi circa, le visite di Takami si erano fatte regolari, ad un mese di distanza l’una dall’altra (giorno più, giorno meno).
L’unica volta in cui non aveva ricevuto una foto era stata al matrimonio di Hinata e Naruto. Ricevere quel biglietto l’aveva resa ancora più felice di quanto già non fosse normalmente… La volta dopo aveva lasciato al falchetto un messaggio da portare indietro: una foto sua e dei due sposi il giorno delle nozze. Aveva scritto un Grazie sul retro e un Tua, Sakura e fine. Non voleva pressarlo o chiedergli altro. Per una volta voleva essere paziente e aspettare che fosse lui a fare la prossima mossa, a dirigere il “gioco”.

Certo, di pazienza non si poteva dire che non ne avesse avuta ora.

Sospirò, continuando a sfogliare le foto.

Se ne avesse parlato con Ino le avrebbe detto che Sasuke era un vero egoista: viaggiava per il mondo, mandandole delle foto come contentino nella consapevolezza che al suo ritorno sarebbe stata lì, come un cane fedele aspetta il padrone. Le avrebbe detto che così facendo le impediva di guardarsi attorno e permettere ad altri ragazzi di avvicinarsi a lei.

Se ne avesse parlato con Naruto, invece, le avrebbe detto che l’Uchiha voleva essere trovato, che dovevano subito partire e andare a fargli compagnia lungo il suo viaggio.
“Baka…” Già se lo immaginava, a preparare zaino e mantello e partire alla ricerca di quei luoghi misteriosi.
Lei non voleva risposte e non voleva sentirsi dire nulla però. Quelle foto le permettevano di andare avanti e ricordarle sempre del suo amore, anche nei momenti bui.

Ritirò l’album, chiuse la finestra e si mise a letto.
Mentalmente il suo calendario si era azzerato, per riprendere da capo.
Giorni alla prossima foto: 30.
 
*
 
La visita della sera prima l’aveva resa più radiosa del solito, ma anche sovrappensiero.  
Non poteva fare a meno di chiudere gli occhi e immaginarsi la brezza marina sul viso, l’odore della salsedine e i granelli di sabbia sui piedi nudi, piacevoli e fastidiosi allo stesso tempo.
«Sakura?»
«Ah, scusa Ino, pensavo al giro visite di oggi»
«Come al solito. Ti stavo raccontando della nostra uscita con lei e Shikamaru»

Giusto. Ultimamente Temari era spesso al villaggio e, neanche non si sapesse che la causa era proprio il compagno di team di Ino, alla ragazza piaceva spettegolare e fare congetture a riguardo.
Alla fine, però, era sempre la stessa solfa: uscite di coppia. Mai una volta che la bionda parlasse di lavoro, missioni, o cose che la facessero sentire meno isolata dal mondo.

«È inutile che fai quella faccia, fronte-spaziosa. Non posso non raccontarti della mia vita privata solo perché sei ancora single»
Le si leggeva in faccia quindi. Bene, tanto valeva scoprire le carte.
«Senti Ino, lo sai che io non sono da questo genere di pettegolezzi. Ed è inutile che tutte-le-sante-volte mi ricordi della mia situazione sentimentale»
«Il problema è questo cara: tu non hai una situazione sentimentale. Smettila di pensare al tuo Sasuke-kun e concedi una possibilità a quel bel biondo che lavora in geriatria!»
Sakura la guardò con sguardo interrogativo, di chi stesse parlando, per lei, era un mistero.
«Massì, alto, biondo, occhi azzurri. Insomma, il classico modello. Si chiama Ray, e ti sbava dietro da mesi a questa parte!»

Ino era tutta euforica, probabilmente sperava che questa volta lei si sarebbe concessa ad un appuntamento. Ma no, non sarebbe successo.
«Chiariamo le cose, Ino-pig. Non ho bisogno che mi organizzi degli appuntamenti, il mio cuore è già impegnato, e tu lo sai»
«Sono 2 anni che Sasuke manca da Konoha, Sakura. Dico solo che se fossi meno concentrata su di lui e ti concedessi una chance per uscire con qualcun altro non morirebbe nessuno, tanto meno Sasuke»

Si sbagliava. Lei lo sapeva.
Avrebbe quasi voluto urlarglielo, dirle che non era vero che non gli importava di lei. Che…

«Sakura-sama?»
Un signore sulla quarantina con in braccio un bambino all’ingresso di una delle stanze l’aveva chiamata, distogliendola dai suoi pensieri (e bloccandola prima di una scenata, probabilmente).
 «Usai-san, salve. Stavo giusto entrando per parlare del piccolo Katsuki» gli sorrise. Finalmente poteva dimettere il bambino, doveva solo fare qualche raccomandazione ai genitori e tutto sarebbe andato per il meglio.
Da lì il giro visite poteva iniziare, poteva ingranare e concentrarsi al massimo, Shannaro!
 

Buongiorno a tutti!
Come avrete letto questa è la mia prima FF, dopo anni a leggere sono passata all'azione (sperando in un prodotto quanto meno decente XD)
Spero di avervi incuriositi, ci vediamo al prossimo capitolo! 

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Capitolo 2
*** Capitolo 02 ***


Capitolo 02 

I giorni passavano, sempre uguali, monotoni. Ogni tanto si concedeva un ramen alla sera, con Naruto e Hinata (per inciso, l’unica coppia che non sembrava interessata al fatto che stesse da sola). Le serate con loro erano piacevoli, e vederli così innamorati era una gioia per gli occhi.

Parlavano di tutto: delle novità dagli altri villaggi e dai loro amici, di vecchi ricordi e missioni di quando erano bambini, ricordavano chi non c’era più…
Non potevano poi mancare piccoli incisi della loro vita quotidiana: vedere Hinata diventare sempre meno timida con il marito aveva un ché di sorprendente.
«E insomma sono tornata a casa e mi sono ritrovata con delle sue canotte stese che erano diventate viola»
«Ah-ah, perdonami tesoro, non sono mai stato bravo a fare il bucato, dattebayo!»
Risero tutti e tre di gusto, soprattutto quando alzando la maglia Naruto mise in mostra il suo effettivo disastro.

Già… erano proprio una gioia per gli occhi.


Mentre tornava a casa contava i giorni passati dall’ultima foto: 11
Era incredibile come passasse lentamente il tempo, quando iniziava ad attenderne una nuova. Ma avrebbe resistito, come sempre.

Rientrò, pronta a mettersi a letto. Appena entrata però sentì un rumore ormai inconfondibile.
Si precipitò alla finestra, per far entrare il falchetto.
«Già di ritorno, piccolo?»
Come al solito lo fece posare sul braccio, poi andò verso il corridoio per accendere la luce.

Quando la lampadina del salotto illuminò la stanza però poté vedere le impronte rosse che Takami gli stava lasciando sul braccio.
Con un terrore crescente riuscì a vedere che anche le penne e il taschino erano sporchi di sangue. Non perse tempo e aprì il messaggio.
Si trattava di una specie di mappa. Un cerchio, probabilmente tracciato con il sangue, e delle coordinate scritte indicavano un punto preciso: il confine nord del Paese della Cascata.

Certo, tutto tornava: pochi giorni prima la foto ritraeva proprio un luogo marittimo, era logico pensare che Sasuke si fosse trattenuto nei dintorni. Ma cosa poteva essergli successo, al punto da dover chiedere aiuto…

Scosse la testa e si diede uno schiaffo. Non era il momento di pensarci.

Diede da mangiare e da bere a Takami e corse a preparare lo zaino: doveva partire immediatamente.
Si prese quante più provviste possibili, il suo kit di pronto soccorso, un sacco a pelo e altri attrezzi basilari per il campeggio, anche se dubitava che si sarebbe concessa del riposo prima di arrivare dal ragazzo.

Si cambiò, si mise il mantello e fu pronta a uscire. Su un foglietto scrisse semplicemente “Sto arrivando” e lo affidò al falchetto, che partì.
Scrisse due righe per Ino, dicendo che si prendeva qualche giorno di ferie per riposarsi (erano 2 anni che non prendeva ferie, quindi aveva delle ferie arretrate che era arrivato il momento di riscattare), e lo imbucò nella cassetta mentre si dirigeva alle porte del villaggio.
Così iniziò il suo “viaggio”, la sua corsa verso Sasuke.
*

Era partita verso l’una del mattino e corse, instancabilmente, fino a sera, quando si fermò un paio d’ore per riposare le gambe e mangiare qualcosa. Dormire le sembrava fuori discussione, come poteva addormentarsi sapendo che Sasuke era ferito e la stava aspettando? Spense il fuocherello che aveva acceso per scaldarsi e continuò alla volta del confine del paese del Fuoco.
Continuò così per un altro giorno. Alla fine, però, dovette cedere alla stanchezza e alla ragione: non sarebbe servita a nulla se fosse arrivata dal ragazzo allo stremo delle forze. Mangiò e dormì giusto un paio d’ore.

La preoccupazione la attanagliava, le stringeva la bocca dello stomaco al punto che le sembrava di essere in uno stato di nausea continua.
Resisteva però. Doveva.

Attraversare il confine non fu così difficile, in quello stato di pace gli spostamenti erano diventati molto più agevoli rispetto a un tempo.
Incontrò solo un paio di ninja della Cascata che le chiesero chi fosse, ma appena sentirono il suo nome la fecero passare senza tante storie. Non si era ancora abituata al fatto che anche il suo nome fosse diventato di rilievo dopo la Grande Guerra; certo, non era ai livelli di Naruto o dello stesso Sasuke, ma il suo farsi valere in battaglia aveva dato i suoi frutti e le aveva conferito una certa visibilità.
In altre circostanze probabilmente si sarebbe un crogiolata e regalata una botta di autostima in più, tutta per sé. Ma, ovviamente, non era quello il momento.

A metà del terzo giorno poteva vedere in lontananza il mare: era praticamente arrivata.
Le gambe le tremavano, il fiato era corto e il cuore batteva a mille.

Attivò il sigillo sulla fronte, come da programma. Un ritrovato vigore la pervase, donandole nuova forza e vitalità; era il momento dello sprint finale alla ricerca di Sasuke.
Per sua fortuna Takami stava sorvolando il litorale, probabilmente alla ricerca della ragazza. Lei estese il braccio e lo fece atterrare.
«Forza piccolo, portami dal tuo padrone» Gli lisciò le penne e gli diede nuovamente lo slancio.
Il falco fece un cerchio sopra alla sua testa e si diresse verso est, sempre sulla spiaggia.

Dopo una ventina di minuti arrivarono in un punto in cui la spiaggia si interrompeva: un muro di roccia si alzava per diversi metri, creando un promontorio. Takami si alzò di quota, puntando proprio verso la parete rocciosa.
Automaticamente Sakura lo seguì; risalendo la parete arrivò a una piccola apertura. Da lontano era praticamente invisibile, ma arrivandoci vicino si rese conto che quella spaccatura era un nascondiglio a dir poco perfetto.

Il cuore in quel preciso momento le si fermò.
Lì dentro c’era Sasuke.

In che condizioni lo avrebbe trovato? Per un attimo si chiese se fosse possibile che fosse morto mentre la aspettava… Forse era arrivata tardi.
 “O forse è vivo e sta solo aspettando che io lo curi, da bravo ninja medico”
Le sembrò di vederlo, seduto in un angolo che la rimproverava per averci messo così tanto.
Sorrise malinconica.
Non indugiò oltre ed entrò.

Superata la piccola apertura la grotta si ampliava, lasciando lo spazio per alzarsi in piedi e spostarsi agilmente. L’interno era completamente buio.
«Sasuke-kun?»
Un lieve mugugno le rispose dopo qualche istante di assoluto silenzio.
Cercò una piccola lanterna nello zaino e l’accese, con le mani che tremavano. La luce illuminò l’antro, rischiarando la figura di Sasuke sul fondo.
Si precipitò da lui e posò la lanterna affianco a lui.

«Sasuke-kun…» Si concesse una lacrima, una sola, a rigarle il volto.

Fece un profondo respiro, si legò i capelli e soppresse tutte le emozioni che stava provando. Aveva bisogno del medico che c’era in lei, di nient’altro; doveva concentrarsi al massimo e fare quello che sapeva fare meglio.
Il ragazzo si era sdraiato su un telo e si era avvolto con il mantello; il viso era sofferente e quando gli mise una mano sulla fronte la sentì calda e umida.
Tolse il mantello, zuppo, probabilmente di sangue, e quello che vide fu peggio di quanto pensasse.
Uno squarcio sul petto si estendeva dalla punta della spalla fino a sotto l’ombelico, tracciando una diagonale quasi perfetta. Probabilmente era stato causato da un’ascia o un’arma simile; era talmente profondo che si potevano vedere le coste e lo sterno.
Alcune coste si erano incrinate, e, dalla quantità di sangue, era sicura che anche la milza fosse compromessa.
Impose le mani sul petto dell’Uchiha e iniziò a infondere il chakra: in questo modo oltre che donargli nuova forza si sarebbe anche resa conto meglio delle lesioni.

La prima cosa che analizzò fu il battito, estremamente lento e debole, e poi il respiro, appena abbozzato.
Come si aspettava la situazione era pessima. Il ragazzo aveva perso tantissimo sangue, il chakra era al minimo e le ferite molte. Una costola aveva bucato un polmone, causando uno pneumotorace; la milza era praticamente spappolata e c’erano emorragie ovunque. C’erano poi diverse ferite anche sul resto del corpo; certo, più piccole, non mortali, ma avevano comunque contribuito al dissanguamento e al calo della pressione.

Ora che aveva localizzato tutti i problemi doveva dedicarsi al curare le lesioni più gravi. La milza e il polmone avevano la priorità, poi sarebbe passata al resto.
Non lo avrebbe lasciato morire, lo avrebbe salvato, a costo della sua stessa vita.
Spinse le sue capacità al massimo: le serviva quanto più chakra possibile per curare le ferite.
Rimase concentrata per tutto il tempo e finalmente, dopo diverse ore, poté dire di aver finito.

Lo aveva preso appena in tempo, ancora poco e di sicuro sarebbe morto.
Gran parte del chakra lo aveva destinato alle ferite mortali e glielo aveva infuso per dargli la forza di reagire. Purtroppo, nonostante il Byakugo, non ne disponeva abbastanza per rimetterlo completamente in forze e aveva dovuto lasciare delle ferite superficiali lievemente aperte.
Gli mise quindi una crema cicatrizzante e poi gliele bendò, per favorire la guarigione spontanea.
Bagnò un piccolo straccio e glielo mise sulla fronte, per rinfrescarlo un po’.

Il respiro di Sasuke ora era regolare, così come il battito; il viso era disteso e sembrava dormire sereno.
Il calo di adrenalina la colpì come un pugno allo stomaco: aveva usato quasi tutto il chakra che aveva e ora era stanchissima. Ci avrebbe messo settimane a immagazzinare di nuovo tutto il chakra nel sigillo. Ma ne era valsa la pena; il suo amato ora stava bene, lo aveva salvato, per una volta era stata lei a salvare lui. Sorrise e si lasciò andare ad un pianto liberatorio.
Pianse tutte le lacrime che aveva trattenuto quando lo aveva trovato. Pianse anche per tutte le notti in cui lo aveva aspettato, per tutta la tristezza che aveva accumulato in quegli anni.
I singhiozzi riecheggiarono per tutta la grotta, aumentando sempre di più.
Prese la mano del ragazzo e, senza neanche accorgersene, si addormentò piangendo.
*

Era in uno stato di dormiveglia quando Takami la svegliò con un grido. Seccata si stropicciò gli occhi, per capire cosa stesse succedendo; il falco si muoveva zampettando per la grotta inquieto, fino a sporgersi verso l’esterno.
In quel momento acuì i sensi e si rese conto quasi subito che sulla spiaggia c’erano tre chakra che venivano verso di loro.
Si affacciò anche lei fuori dalla caverna: ninja della Nuvola.
«Sasuke Uchiha» urlò uno «sappiamo che ti nascondi qui. Esci e fatti strappare quei begli occhi che ti ritrovi!»
 

Buongiorno a tutti!
Innanzitutto ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo e chi ha messo la storia tra le seguite, grazie mille :D
Spero apprezzerete anche questo proseguo, pareri e consigli sono ben accetti! 

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Capitolo 3
*** Capitolo 03 ***


Capitolo 03 

Sakura era paralizzata. Per questo lo avevano attaccato? I coprifronte sembravano integri, quindi non si trattava di disertori. La Nuvola lo aveva attaccato e voleva i suoi occhi?
Guardò di fronte a lei, il sole era basso all'orizzonte.
Dovevano essere passate diverse ore da quando si era addormentata; aveva recuperato un po’ di chakra, ma non era assolutamente sufficiente a combattere con tre ninja per un tempo prolungato. Doveva agire d’astuzia.

Come la maggior parte degli abitanti i tre avevano una carnagione particolarmente scura e i capelli biondi, quasi ossigenati.

«Non esce eh? Forza Hitomi, vai a prenderlo.»
A parlare era stato un uomo di bassa statura, magro. Sembrava totalmente anonimo nello stile.

Hitomi invece era un omone enorme e, a giudicare dall’ascia che brandiva, doveva essere stato lui a dare il colpo finale a Sasuke.
L’uomo si incamminò verso la parete e si preparò a saltare verso di loro.

“Pensa… pensa”

L’uomo saltò con estrema precisione esattamente in corrispondenza dell’ingresso della grotta.
In quel momento Sakura, che si era nascosta dopo l’ingresso, sbucò fuori sferrando un pugno potentissimo diretto allo stomaco del ninja.
Questi, preso alla sprovvista, non oppose nessuna resistenza e venne scaraventato fuori.

Durante il volo riuscì a stabilizzarsi ed atterrò vicino ai compagni.
Ora tutti e tre guardavano la ragazza dai capelli rosa che si ergeva sul promontorio e che li guardava dall’alto in basso.
«Qui non entrerà proprio nessuno!»

Sentiva gli sguardi stupiti dei ninja su di lei, decisamente non si aspettavano di trovare qualcun altro a parte il ragazzo.
Dopo il primo stupore quello che sembrava essere il capo scoppiò a ridere, seguito dagli altri due.
«Senti tesoro, è meglio se torni a casa, prima di farti male»

Sakura strinse il pugno.
“Calma”

«Solo uno stupido come Hitomi poteva farsi prendere alla sprovvista in questo modo. Da una ragazzina poi.»
Il compagno sembrava indispettito dalle parole del leader, ma poco le importava. Se avessero tenuto la guardia bassa sarebbe stato più facile per lei tenergli testa.
«Gli unici che rischiano qui siete voi. Dovrete passare sul mio cadavere per entrare qui dentro!»

Scese al loro livello e si preparò a combattere.
«Capo. Quella è Haruno Sakura, kunoichi del villaggio della Foglia. Non ci conviene abbassare la guardia.»
L’uomo che aveva parlato doveva avere una quarantina d’anni. Non sembrava un ninja dall’attrezzatura e dal portamento, ma di sicuro era ben informato.
«Eh? Ne sei sicuro?»
Gli altri due la stavano squadrando, ma non avrebbe commesso l'errore di innervosirsi e abbassare la guardia.

«Capo, quante ragazze con i capelli rosa, di Konoha, potranno mai esistere?»
«Beh questo non fa differenza, Asano» l’uomo la guardò grave «la uccideremo comunque»

Non ci furono altre parole, il capo si avventò su di lei a una velocità impressionante.
Tentò di penetrare la sua guardia con una spada corta estratta dal fianco, ma lei fu veloce nel parare con un kunai.
In pochi secondi anche Hitomi le fu addosso ad ascia sguainata. Non poteva di certo parare con un kunai anche quella, perciò schivò velocemente il colpo.
Dietro di lei era comparso Asano, anche lui brandiva un’arma bianca, un sai per la precisione.

Sakura schivò l’affondo facendo una capriola in avanti, verso l’avversario, e lo colpì con un calcio alla schiena.
Dopo il primo scambio ora erano tutti e tre attorno a lei, ad accerchiarla.
Fece un profondo respiro. Doveva concentrarsi al massimo, nonostante la stanchezza.

«Cosa volete da Sasuke?!» fare domande, oltre a carpire qualche informazione dall’avversario, l’avrebbe aiutata a guadagnare tempo.
«Non sono affari tuoi, ragazzina.» Il capo la apostrofò. A quanto pareva non erano intenzionati né a risponderle né a lasciarle un po’ di fiato.
Infatti tornarono alla carica.

Hitomi si mosse per primo, come aveva previsto: la sua ascia fendette l’aria orizzontalmente e lei si appiattì a terra per schivare.
Riuscì a neutralizzare i kunai che il leader aveva lanciato, probabilmente prevedendo la sua mossa.
Di nuovo, l’ultimo ad attaccare era Asano. Arrivò da dietro, brandendo due sai e cercando di ferirla.
Schivare non le fu difficile e riuscì a riportare la situazione ad uno stallo temporaneo.

«Basta giocare! Finiamola qui!»
«Fermo Okuta. Dobbiamo analizzare la strategia migliore.»
«Zitto Asano! Farò a modo mio!»
Il leader, Okuta, era evidentemente spazientito, e questo avrebbe giocato a suo favore.
A prima vista non sembrava una squadra ben rodata, anzi. Probabile che fossero stati assoldati assieme per la prima volta. I loro movimenti non erano ben coordinati e già dopo pochi scambi risultavano ripetibili e prevedibili.
Doveva comunque mantenere la concentrazione, dopotutto erano riusciti a sconfiggere Sasuke.

“Posso farcela… Devo farcela!”
Sakura si rimise in posizione e attese l’assalto di Okuta, che non tardò.
Compose i sigilli con le mani e una scarica di fulmini puntò verso di lei.

Non poteva schivarla. Non ce l’avrebbe fatta.

Nel momento in cui la scarica la colpì sentì come milioni di aghi che le si conficcavano nella carne, lanciando poi piccole scariche in tutto il corpo.
Digrignò i denti, cercando di resistere.
Quando il flusso si interruppe era inginocchiata a terra, con piccoli fili di fumo che si alzavano dal suo corpo.
«Visto? Facile.» Soddisfatto Okuta rimase dov’era, quasi lei non meritasse quella considerazione.

Fu Hitomi ad avvicinarsi e le prese il mento tra le dita, alzandole il viso. Quando il ninja potè guardarle gli occhi vide che erano verdi e, soprattutto brillanti.
Non fece in tempo ad accorgersene che il rombo nero sulla fronte della kunoichi si attivò, diramandosi lungo il corpo e curando le bruciature sulla pelle.
Sakura sorrise.

«Game over.»

In quel momento i tre ninja, che si erano avvicinati al nemico, notarono che i loro piedi erano incollati al terreno da una strana bava.
Poco prima che venisse colpita dall’arte del fulmine Sakura aveva evocato una piccola Katsuyu, che era rimasta nascosta per imprigionare poi i ninja una volta che fossero stati vicini.
Mentre i suoi nemici si divincolavano cercando di scappare l’Haruno preparò il suo colpo finale: in pochi secondi il suo pugno sinistro venne pervaso dal chakra proveniente da tutte le cellule del suo corpo e dal Byakugo. Caricò e con tutta la forza che aveva sferrò il colpo.

«SHANNAROOO!!!!»

Il pugno colpì in piena testa Hitomi ma l’onda d’urto fu così forte da separare le acque del mare per decine di metri e spazzare via la sabbia. La posizione gli consentì così di colpire tutti e tre con un colpo solo: nessuno poteva sopravvivere a quel colpo, il colpo che aveva stordito perfino una divinità.


Quando la forza si esaurì si sentì svuotata.
Si accasciò per terra, al limite.
Avrebbe voluto svenire, svenire e dormire per una settimana.

Ma non poteva, doveva controllare che i ninja fossero davvero morti e, nel caso non lo fossero, finirli.
Hitomi, che era il più vicino, non poteva essere sopravvissuto al colpo: la forza dell’impatto gli aveva spaccato il cranio, riducendolo a una massa informe.

Si rialzò, cercando di arrivare al secondo corpo, che era stato sbalzato più avanti.
Era Asano.
Anche la sua testa non era messa molto bene, ma prese il polso per sicurezza.
Come aveva immaginato anche lui era morto nell’impatto.

Si guardò intorno. Okuta era volato addirittura in mare talmente il colpo era stato potente.
Mentalmente imprecò. Arrivare fino al corpo sarebbe stata davvero dura: sembrava che la strada che la separava dal mare non finisse mai, anzi. Ad ogni passo le gambe le tremavano e la forza l’abbandonava.

Quando i piedi toccarono l’acqua fredda per un attimo le sembrò rinvigorire, ma poi la forza esercitata dal mare le rese i movimenti ancora più lenti e faticosi, nonostante fosse ancora a pochi centimetri d’altezza.
Camminare sull’acqua era fuori discussione.
“Posso farcela… devo solo arrivare fino a lì...”
Non poteva permettersi di lasciare questo sospetto: a breve sarebbe svenuta e Sasuke era ancora nella grotta a riposare, nessuno li avrebbe difesi se quell’uomo si fosse ripreso.
Era arrivata al punto in cui l’acqua le arrivava ai glutei, a due passi dall’uomo, quando le forze decisero di abbandonarla. Stava per cadere a peso morto, ma un ultimo sprazzo di energia le permise di cadere all’indietro: galleggiando, anche da svenuta, avrebbe quantomeno evitato di morire affogata in un neanche un metro d’acqua.
“Shannaro…”

Svenne, a meno di un metro dal ninja.
*

«SHANNAROOO!!!!»
Sasuke si svegliò di soprassalto sentendo quell’urlo e il trambusto che lo seguì.
Per la sorpresa si era alzato all’improvviso, ma un dolore acuto lo aveva costretto a sdraiarsi di nuovo. 

La sua mente, prima offuscata, si stava pian piano schiarendo… Era stato attaccato dopo una sessione di allenamento ed era riuscito a scappare, era tornato nella grotta in cui aveva sostato qualche giorno prima e aveva consegnato un biglietto al suo falco.
Si guardò intorno: oltre alla sua roba c’erano un altro zaino e un mantello, vicino a lui diverse bende e cerotti.
“Sakura”

Aveva ricevuto il suo messaggio ed era corsa da lui per aiutarlo…
Ripensò al rumore che lo aveva svegliato e all’improvviso un moto di paura e preoccupazione lo travolse. Doveva essere successo qualcosa mentre era fuori combattimento, poteva essere in pericolo.
Aveva male ovunque, ma doveva uscire di lì; con non poca difficoltà riuscì a sbirciare fuori dalla grotta.
Un enorme squarcio percorreva gran parte della spiaggia, fino a interrompersi nel mare.

In mezzo allo squarcio poteva vedere due ninja. Non ne era sicuro, ma c’erano alte probabilità che si trattasse proprio di due dei quattro che lo avevano attaccato.
In mare ce n’era un terzo: vicino a lui c’era Sakura.
Doveva alzarsi e andarla a prendere, sopportare tutto quel dolore e salvarla come lei aveva fatto con lui, doveva riuscire a lottare contro quella stanchezza che gli stava facendo chiudere gli occhi di nuovo.
Gli occhi gli si chiusero nel momento in cui un ninja, comparso dal nulla, prese con sé Sakura, potandola chissà dove.
 

Rieccoci con un nuovo capitolo!
Come vedete Sakura ha avuto un po' di filo da torcere, vediamo se stavolta sarà Sasuke ad aiutarla o se dovrà sbrigarsela da sola ;)

Ringrazio chi ha recensito la storia e mi ha inviato dei feedback e, naturalmente, anche chi ha messo la storia tra le preferite e chi tra le seguite :D
Ci vediamo presto con un nuovo capitolo!

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Capitolo 4
*** Capitolo 04 ***


Capitolo 04

Quando si svegliò ci mise di nuovo qualche minuto per mettere assieme i pezzi.
Sakura era venuta a salvarlo, aveva sconfitto alcuni dei suoi assalitori e poi era stata rapita.
Quanto avesse dormito non riusciva a stabilirlo: si era svegliato al calar del sole, quindi dovevano essere passate almeno ventiquattr’ore.

Si morse il labbro, fino a farlo sanguinare. Poi fece dei respiri profondi.
Non poteva dire di essersi ripreso, ma di sicuro si sentiva meglio rispetto al giorno prima; avrebbe potuto cercarla appena messo qualcosa sotto i denti: era inutile partire ora, debole com’era.
Nello zaino di Sakura trovò un bento ancora intatto e divorò tutto, fino all’ultima briciola.
Con non poche difficoltà cambiò alcune delle fasciature e si mise della pomata sui lividi più grossi; finite le medicazioni si vestì e, presosi dietro anche la roba di Sakura, uscì dalla grotta.

I corpi dei due ninja erano ancora lì, abbandonati; riconobbe il ninja con l’ascia, quello che lo aveva ferito. Sorrise nel vedere in che stato versasse ora, con il cranio distrutto, e si voltò, lasciando i corpi alle intemperie e agli animali.
Attivò il Rinnegan, alla ricerca del chakra di Sakura, identificandolo a una trentina di chilometri da lì. Si coprì l’occhio, per risparmiare delle energie, e si incamminò.

Dopo un paio di ore di viaggio arrivò a una vecchia casa in mezzo al bosco: più che una casa era una vera e propria villa in stile giapponese, con all’ingresso due piccole statue raffiguranti del leoni. La villa si disponeva su tre piani, aveva una sola porta d’ingresso e due finestre per lato in ogni piano. Gli anni e il mal tempo l’avevano segnata, ma si intuiva comunque la bellezza che doveva emanare un tempo.

L’occhio vermiglio gli rivelò subito la posizione di Sakura: si trovava al secondo piano, mentre i due ninja erano al terzo piano. Poteva quindi intrufolarsi, prende la ragazza e scappare senza farsi vedere.
Avrebbe voluto interrogare gli uomini, ma la strategia migliore in quel momento erano il salvataggio e la ritirata, sarebbe ritornato nel pieno delle forze, da solo, e avrebbero rimpianto il giorno in cui lo avevano infastidito.
Fece un balzo fino alla finestra del secondo piano, aperta.
Sakura doveva trovarsi nella stanza accanto; uscì ed entrò nella prima porta che aveva sulla destra. Anche quella non era chiusa a chiave e la aprì.

Nel buio della stanza quei capelli gli sembrarono come un faro, che lo chiamava e gli mostrava la direzione.
In quel momento ebbe paura di non aver fatto in tempo, di essere arrivato tardi.
Corse verso la ragazza, sperando nel meglio.
Quando si avvicinò il tempo sembrò fermarsi. Il tempo, e il suo cuore.

Era nuda. Non le era stato lasciato niente addosso per il freddo o semplicemente per conservare il suo pudore.
I polsi, segnati e sanguinanti, erano incatenati al muro, a circa un metro e mezzo da terra e sorreggevano a peso morto tutto il corpo.
Aveva piccole ferite ovunque, tagli, bruciature, un morso sul collo...
Istintivamente le toccò la ferita sotto al mento; lei rabbrividì inconsciamente e a lui sembrò che qualcuno lo stesse pugnalando dritto al cuore.

Aprì le manette, le fasciò i polsi e la avvolse nel suo mantello. Con una pezza inumidita le pulì il viso e il collo, per poi asciugarla.
Non avrebbe mai creduto che Sakura le sarebbe potuta sembrare così fragile; aveva paura che prendendola in braccio si sarebbe sgretolata tra le sue braccia.
La appoggiò al muro e dalla borsa tirò fuori una coperta, che usò per avvolgerla assieme al mantello, in modo che fosse più comoda.
Per un paio di minuti stette fermo a guardarla. Poi chiuse gli occhi.

In quel momento la sua voce lo risvegliò.
«Sasuke-kun…» gli sorrideva, sollevata.
Era al contempo il suono più dolce e il più triste che avesse mai sentito.
Le asciugò una lacrima e le accarezzò la guancia.

In quel momento lasciò le redini e si liberò, lasciando che la rabbia prendesse il posto della tristezza.
Urlò, in modo che tutto quel dolore, che credeva di non essere più in grado di provare, e quella paura, esplodessero.
I ninja, richiamati dal rumore, non si fecero attendere: in pochi secondi entrarono nella stanza, con Sasuke ad attenderli.

Appena varcata la soglia l’Uchiha gli fu addosso. Veloce si materializzò dietro ad uno, gli prese il braccio e glielo torse, spezzandoglielo.
Il compagno era rimasto spiazzato e non riuscì a difendersi quando Sasuke gli recise i tendini d’achille di entrambe le cavigie.
Entrambi urlavano e chiedevano pietà.

Pietà.

Si mise davanti alle sue prede e iniziò a picchiarli entrambi a mani nude, fino a farsele sanguinare.
Gli sembrò di essere tornato ai tempi in cui lavorava per Orochimaru, quando uccideva e torturava ninja su ordine del “maestro”, immaginando che le sue vittime avessero la faccia di suo fratello.  
Ora però l’oggetto della sua rabbia era proprio davanti a lui, e non si sarebbe fatto scrupoli.

L’uomo con il braccio rotto stava cercando di alzarsi per scappare, approfittando dell’accanimento di Sasuke sul compagno.
«Dove credi di andare!» Ringhiò.
Gli fu immediatamente davanti e con un pugno allo stomaco lo costrinse a carponi.
Alzò lo sguardo ed attivò lo Sharingan: un Genjutsu sarebbe stato perfetto per coronare quel momento. Sì, li avrebbe torturati ancora e poi, e poi…

E poi, si sentì tirare i pantaloni.
«Sasuke-kun…»
Sakura era sveglia, aveva strisciato fino a lì, ed ora era vicino a lui. 
«Basta…» 
Gli chiedeva di smetterla; forse se avesse potuto vedere i suoi occhi e il suo viso allo specchio, anche lui avrebbe chiesto a sé stesso di fermarsi.
Il ragazzo sospirò.
Fissò i due, con l’arte oculare ancora attiva.
«Amaterasu» bastò una parola e i due iniziarono a bruciare avvolti dalle fiamme nere.
 

Sakura era tornata in uno stato di torpore, praticamente incosciente.
Si sedette vicino a lei, e diede voce ai suoi pensieri.
«Cosa ti hanno fatto»
Sapeva che se avesse voluto, prima di ucciderli, avrebbe potuto ottenere quell’informazione. Ma non era sicuro di volerlo sapere… Non lo aveva mai sperimentato, ma il voler sapere e il dolore che lo avrebbe travolto erano due facce della stessa medaglia.
Avendo ucciso quei due, però, non avrebbe più avuto questo dubbio, e forse era meglio così.

Ora doveva pensare a cosa fare, piuttosto. 
L'arte oculare ancora attiva gli rivelò la presenza di un piccolo villaggio, ad altre due ore di cammino da lì. Sarebbe stata una buona soluzione momentanea.
Portò la ragazza in braccio fuori dalla casa, poi evocò Garuda.

Sakura rimase incosciente per tutto il tragitto e, una volta arrivati, Sasuke la portò in una locanda.
Arrivati nella stanza la portò in bagno, le fece un bagno e le medicò le ferite; dopodiché la mise dei vestiti puliti e la adagiò sul letto.
La rosa però non accennava a destarsi da quel sonno eterno e lui non sapeva bene come comportarsi. Le fece la guardia per tutta la notte, dormendo giusto un paio d’ore, ma al netto della mattina Sakura non si era mai mossa o svegliata da quando avevano lasciato quella villa.
Mentre la osservava dormire riflettè sul da farsi: erano spostati verso sud, in direzione del Paese del Fuoco, quindi forse la decisione più saggia era tornare al villaggio e affidarla alle cure di un medico.

In tarda mattinata evocò di nuovo Garuda, pronto a partire. Il falco avrebbe tranquillamente potuto portare tutti e due, ma in questo modo avrebbe (giustamente) avuto bisogno di fare delle pause più lunghe e frequenti; per far arrivare Sakura il prima possibile doveva affidargliela.
«Garuda, ti affido questa ragazza. Portala a Konoha più in fretta che puoi; atterra sul tetto dell’ospedale e aspetta che un medico la prenda in cura. Dopodiché ti potrai ritirare»
«Agli ordini, Sasuke-sama»
Gli mise Sakura sul dorso assicurandola con una corda. Stava per dare il via al falco, quando ci ripensò.
«Per il primo giorno di viaggio ti seguirò via terra, per essere sicuro che nessuno ti segua»
L'animale annuì e così partirono assieme.
 
*

L’Uchiha seguì il falco per un giorno e mezzo. Non avevano fatto soste, era stato un viaggio intenso per il ragazzo, reduce da uno scontro e con delle ferite non ancora del tutto risanate.
A quella distanza poteva anche affidare Sakura a Garuda e tornare sulla sua strada, alla fine mancava solo mezza giornata  di viaggio; congedò quindi il falco e si preparò a tornare indietro.

Già, tornare indietro.
Ma indietro dove? Cosa doveva fare adesso?

Si voltò nella direzione presa dai due e decise che tanto valeva accertarsi di persona che Sakura arrivasse sana e salva. 
Con il cappuccio in testa entrò nel villaggio, dopo tanto tempo. Cercò di mimetizzarsi il più possibile e, arrivato in prossimità dell'ospedale, vide chiaramente una nuvoletta bianca evanescente che scompariva sul tetto della struttura. Nello stesso istante percepì che Garuda si era smaterializzato:

Così come era entrato uscì dal villaggio e si distese all'ombra di un albero, sprofondando in un sonno senza sogni. 
 
*

La prima cosa che sentì era un odore tanto strano quanto familiare, un odore di disinfettanti e sterilità.
La stanza in cui si trovava era completamente bianca, fatta eccezione per qualche decorazione sulle pareti e le coperte di un azzurro pallido; persino la sua veste era bianca. Per quanto tempo passasse lì dentro come dottore non era abituata alla sensazione data dallo svegliarsi lì dentro come paziente.

Piano piano che si riprendeva la sua mente le riportava alla mente ricordi e sensazioni risalenti a prima che svenisse.
Chiuse gli occhi.
Era andata a salvare Sasuke.
Aveva combattuto contro dei ninja della Nuvola.
L’avevano rapita, torturata…
Ricordava Sasuke, venuto per salvarla.
Poi vuoto.

Si afferrò la testa con le mani, stringendola.
Cos’era successo? Dov’era Sasuke?

Mentre era sovrappensiero la porta della camera si spalancò, mostrando un turbine di capelli biondi lunghissimi.
«Sakura! Ti sei svegliata finalmente!»
Era Ino, con le lacrime agli occhi.
L’amica le si gettò al collo, abbracciandola e continuando a piangere.
Sakura dal canto suo era spaesata, ma decise di aspettare e lasciò che la ragazza sfogasse il suo sollievo nel vederla sveglia su di lei. Quando poi si fu calmata decise di indagare sulla situazione.

«Dovresti dirmelo tu cos’è successo, fronte spaziosa!» iniziò severa in risposta alla sua richiesta di spiegazioni «Te ne vai nel cuore della notte lasciandomi una lettera e ricompari dopo più di una settimana svenuta, ferita, in groppa al falco di Sasuke!»
«Sasuke… mi ha portata lui qui?»
La bionda scosse la testa.
«C’era solo il falco. Dopo che i medici ti hanno ricoverata lui si è congedato ed è sparito.» Sospirò «Quel Sasuke, manco si è degnato di accompagnarti!»
A Sakura uscì un risolino nervoso. In effetti, un po’ ci sperava che lui l’avesse accompagnata.
Chiuse gli occhi. “Eppure…”

In quel momento entrò Tsunade, seguita da Kakashi.
Una volta accertatisi che l’allieva si era ripresa le spiegarono che probabilmente la stanchezza e lo shock avevano avuto la meglio, tenendola in uno stato di incoscienza che, dall’arrivo in ospedale, era durato due giorni.
«Ora però ci devi spiegare cos’è successo. E non accetterò un No come risposta» La maestra era a dir poco irremovibile.
“E va bene…” fece un profondo respiro e si preparò a raccontare tutto quello che era successo.
 
Buongiorno a tutti!
Come avete letto questo capitolo è stato bello tosto: da scrivere, ma anche per la nostra Sakura, che è finita in un guaio vero e proprio questa volta!
Spero come al solito che apprezzerete il capitolo :D

Ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo e chi segue la storia, arigatou e buon weekend!

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Capitolo 5
*** Capitolo 05 ***


Capitolo 05

«Quindi, fammi capire. Tu ricevevi corrispondenza da quasi due anni da Sasuke e non hai informato nessuno.»
Sakura non rispose, si limitò ad abbassare lo sguardo, colpevole.
Sapeva che non c’era nulla di male, Sasuke collaborava con l’Hokage e aveva il suo appoggio, ma si sentiva comunque dalla parte del torto.
«E, sempre per capire: hai ricevuto una sua richiesta di aiuto e hai pensato di andare, da sola.»

Silenzio.
Okay, per quest’ultima cosa sapeva di aver agito d’impulso.

«Io non ho parole» così dicendo la maestra si mise una mano tra i capelli biondi «non credevo che la mia allieva si fosse bevuta il cervello in questo modo»
La mortificazione si leggeva chiaramente sul viso di Sakura. Però si riscosse; aveva le sue ragioni, sapeva che non tutti potevano capirle… così come non tutti potevano capire i suoi sentimenti verso il ragazzo del suo Team.
«Maestra. So di essere stata imprudente, e ne ho pagato il prezzo» si guardò il braccio, dove erano ancora visibili i segni della sua tortura «Ma non mi pento di ciò che ho fatto. Se avessi tardato, anche solo di poco, Sasuke sarebbe morto.»

Tsunade uscì dalla stanza senza dire nulla, lasciandola con Ino e Kakashi. Fu proprio quest’ultimo a prendere la parola.
«Non ti preoccupare, è arrabbiata solo perché ci tiene a te. Sei la sua preferita dopotutto» le sorrise, e per un momento Sakura si sentì un po’ meglio. «Detto questo, anche io sono dell’idea che il tuo gesto sia stato avventato e sconsiderato; anche se capisco i sentimenti che ti legano a quel ragazzo.» Sospirò.

«Rimarrai sotto osservazione altri due giorni. Dopodiché potrai tornare a casa, ma il tuo lavoro è sospeso per due settimane.»
Sakura stava per replicare, ma lo sguardo di Ino la fece desistere, saggiamente.

“E io cosa faccio a casa due settimane?”
Dire che era disperata era poco. Tutto quel tempo libero… almeno se avesse avuto qualcosa da fare non avrebbe pensato a tutto quello che era successo.
Kakashi si schiarì la voce e, a quel segnale, Ino salutò la rosa e uscì dalla stanza.

«Ora che abbiamo chiarito questo, in quanto Hokage ti devo fare delle domande»
L’uomo si avvicinò e si sedette in una sedia accanto al letto.
«Ho bisogno che mi racconti quello che è successo da quando hai trovato Sasuke»

La ragazza annuì, era preparata al fatto che avrebbe dovuto rendere conto di tutto, ma la cosa non la turbava: l’uomo di fronte a lei era l’Hokage, ma prima di tutto era il suo maestro. Non gli avrebbe nascosto nulla in nessun caso.
Iniziò quindi il suo resoconto, fino a quando si era svegliata in quella stanza buia.
Fece poi un profondo respiro.

«C’erano due uomini, entrambi con una maschera sul viso. Mi hanno… interrogata, e poi sono svenuta. Dopo questo non ricordo altro»
«Cosa volevano sapere?»
«Volevano informazioni su Sasuke…» Indugiò.
«C’è qualcosa che non ti convince, vero?»
«Purtroppo ho ricordi annebbiati di quelle ore, però Sensei, non capisco perché mi abbiano rapita… Sapevano dov’era Sasuke, perché indugiare nel catturarlo e interrogare me?»
«Già, la faccenda è strana.»
«Se posso, credo che quei ninja siano stati assoldati da qualcuno per dare la caccia a Sasuke. Gli uomini della casa non erano della Nuvola e i tre che ho sconfitto non mi sembravano compagni di un team; probabilmente sono tutti mercenari»

L’Hokage si spostò verso la finestra della stanza, a scrutare il cielo limpido.

«I ninja assoldati erano almeno 5 allora. C’è da chiedersi se chi è dietro a tutto ciò sia ancora vivo e stia preparando un contrattacco»
Si girò quindi verso l’allieva e le si mise accanto.
«Manderò una squadra a investigare: hanno attaccato dei nostri uomini, non lascerò correre.»

“Certo, se Sasuke si fosse palesato avrebbe potuto darci anche la sua versione…”
«Prima di contattare il Raikage vorrei avere informazioni certe. Manderò un messaggio a Sasuke, sperando che risponda e venga a un colloquio da me»

Dopo poche ulteriori chiacchiere il maestro decise che era il momento di congedarsi, ma, fermo sulla soglia della stanza, decide di dispensare un ultimo consiglio alla sua allieva.
«Cerca di parlare con qualcuno, Sakura. Non pensare che se lo farai sarai troppo debole»
Lei abbassò lo sguardo e aspettò che Kakashi uscisse per coricarsi; nonostante avesse dormito per giorni aveva ancora molta stanchezza addosso.

Dopo un paio d’ore, però, era di nuovo sveglia.

Il cuore batteva fortissimo nel petto, quasi volesse uscire dal torace.

“Un incubo… Era solo un incubo.”

Chiuse gli occhi, ma le figure che aveva visto in sogno la tornarono a tormentare appena fu tutto buio.
Si convinse a chiedere un tranquillante all’infermiera, per provare a dormire; era il tipo di persona che di solito prendeva farmaci solo quando strettamente necessario, ma in quel caso avrebbe fatto un’eccezione.

Per fortuna il farmaco fece il suo dovere e, con sei ore di sonno alle spalle, poté alzarsi e fare un giro senza sembrare uno zombie.
Salutò i vecchi pazienti, i medici, gli infermieri, si concesse qualche caffè con i colleghi più stretti, un pranzo in compagnia e qualche passeggiata nel cortile interno. Verso sera tornò nella sua stanza.

Ora arrivava il difficile. Passare la notte.
Aveva paura che quello che era accaduto la sera prima potesse verificarsi di nuovo…
Da quando si era svegliata si sentiva come se uno strano alone di paura e insicurezza la circondasse, si sentiva impotente. Debole.

Come aveva previsto, quella notte si svegliò urlando, di nuovo, in preda agli strani scherzi del suo inconscio.

Il cuore le stava lacerando il petto.

Il fiato le bruciava la gola.

Continuava a rivivere sempre gli stessi attimi, sempre gli stessi dolori e le stesse paure.
Le serviva solo del tempo, si disse. Doveva solo tenere duro e tutto sarebbe passato, pian piano.
Cercò di riprendersi e asciugandosi la fronte prima di chiamare di nuovo l’infermiera.
 
*

All’alba del terzo giorno di convalescenza, a svegliarla per fortuna non furono gli incubi, ma il cinguettio degli uccelli provenienti dal cortile. Stava per alzarsi quando vide una piccola figura accucciata di fianco a lei, sul letto.
«Takami… piccolino, che ci fai qui?» Il falchetto si svegliò, emettendo un piccolo squittio e beandosi delle carezze sotto il becco.

Non portava con sé nessuna foto o biglietto questa volta.
Era stato Sasuke a mandarlo da lei? E se sì, cosa voleva dirle?

“Devo vederlo… devo parlargli!”

Era decisa e determinata, niente l’avrebbe fermata questa volta.
Prese carta e penna e scrisse un biglietto.

“Voglio raggiungerti, dimmi dove possiamo incontrarci.
Non sparire di nuovo... Ti prego”

All’inizio le sembrava un buon messaggio: chiaro, conciso e diretto. Più lo rileggeva però, più le sembrava infantile e… boh, inutile? Insomma, lui l’avrebbe mai ascoltata? Ne dubitava in realtà, ma doveva quantomeno provarci.

Affidò il biglietto a Takami, gli diede un leggero bacio sulla testa e lo lasciò partire.
 
*
 
I giorni passavano monotoni e tremendamente noiosi.
Le era stato proibito lavorare, quindi passava le sue giornate a casa o a far visita agli amici. Quest’ultima attività però si era rivelata essere di non molto aiuto rispetto allo stare a casa a seguire una nuova telenovela: tutti la guardavano come se dovesse avere una crisi isterica da un momento all’altro.

Perché mai poi? Solo perché Sasuke l’aveva chiamata per farsi aiutare e poi era sparito? Perché era stata rapita? O perché aveva delle occhiaie che arrivavano per terra?
“Come se ci volesse così poco per farmi sclerare, Shannaro!”

Aveva avuto tutto il tempo per riprendersi, fisicamente, dagli scontri. Psicologicamente, però, ci andava ancora del tempo. Lo sapeva, ma non voleva ammetterlo.
Aveva ancora incubi, tutte le notti. Aveva dovuto farsi prescrivere dei tranquillanti per dormire, per non implodere tutte le volte che si risvegliava. Tuttavia, le ore di sonno erano poche, troppo poche.
 

Aveva appena finito di cenare quando qualcuno suonò al campanello.
“Ti pareva, proprio ora che volevo fare una doccia calda”
«Arrivo!» Finì di asciugare il piatto che aveva in mano ed andò ad aprire.
Davanti a lei un ragazzo alto, magro… occhi azzurri e capelli biondi.

«Naruto? Che ci fai qui?»
Il ragazzo le sorrise solare «Sono venuto a vedere come stai! Sono appena tornato da una missione luuunghisima e ho pensato di passare prima di andare a casa, dattebayo!»
Sorrise e lo fece entrare.
«Ma come, non corri da Hinata?» disse, con un sorriso vagamente malizioso.
«M-ma cosa dici, Sakura-chan?» tutto rosso dall’imbarazzo il biondo si accomodò su una sedia, accettando l’offerta di un bel thè caldo.

«Perdonami se non sono passato prima, ma Kakashi-sensei mi ha informato solo poco fa»
«Non ti preoccupare, sto bene!»
Parlarono del più e del meno, della missione di Naruto, della monotona convalescenza di Sakura e di Sasuke.
«Sono sicuro che tornerà, Sakura-chan. Me lo ha detto.»
«Anche a me Naruto… Due anni fa» sospirò «Non so cosa fare sai? Voglio aspettarlo, con tutto il cuore… ma lui, invece?»

Erano passati giorni da quando gli aveva mandato un messaggio tramite il falco e non aveva ottenuto nessuna risposta.
«Ti fai troppi problemi Sakura-chan!» esclamò, regalandole un altro dei suoi sorrisi «Se lo ami davvero, ed è così, sono sicuro che le cose andranno a posto!»
Sakura si sentì sollevata da quelle parole… Spesso solo Naruto riusciva a rincuorarla in quel modo; dopo anni, solo loro due, avevano imparato a capirsi e a volersi bene come fratelli.

«Arigatou, Naruto» Sorrise, sinceramente.
«Ohh… vieni qui piccola Sakura-chan» La prese e l’abbracciò, per farle sentire il suo sostegno. Non l’avrebbe mai abbandonata, lei era parte della sua famiglia, e l’avrebbe protetta a qualsiasi costo.
«Ora vado, Hinata mi starà aspettando con un bel piatto di ramen fumante!» Disse sciogliendo l’abbraccio.

Si salutarono e Sakura riprese i preparativi per il bagno; si svestì e aprì l’acqua calda.
Di fronte allo specchio poteva vedere i lividi e le cicatrici che ancora la segnavano; alcuni probabilmente non sarebbero andati via facilmente, sarebbero rimasti lì, a ricordarle tutto.
“Come se gli incubi non bastassero”
Istintivamente una mano andò a toccare una bruciatura sul seno; in quell’istante la sensazione di mani che la toccavano le sembrò come fuoco sulla pelle…
Fu il suono del campanello a risvegliarla e, di scatto, ritrasse la mano.

Sospirò, di nuovo.
Si avvolse nell’accappatoio e uscì dal bagno. Passando dal salotto vide che sulla sedia del soggiorno era appoggiata una sciarpa. La sciarpa di Naruto.
“Che baka, ha dimenticato la sciarpa di Hinata”
La prese e aprì la porta, furiosa.

«Naruto-baka! La prossima volta…!» Si bloccò.
Altro che bloccò, stava per avere un infarto!

«S-sasuke-kun?»
Lui aveva uno sguardo strano, quasi sospettoso.
«Aspettavi qualcun altro?»
«M-macchè!»

Era da tantissimo che non sentiva la sua voce.
“La sua voce, scontrosa come sempre, Shannaro”
Gli occhi le si fecero lucidi e la tentazione fu troppa.

Si avvicinò a lui piano, poi lo abbracciò.
«Grazie al cielo… grazie al cielo stai bene»
Lui si irrigidì sotto al suo abbraccio, evidentemente non si aspettava quella reazione, ma non la allontanò.
Si schiarì la voce.
«Questo dovrei dirlo io. Come stai?»
Lei si staccò e indietreggiò.
«Bene, grazie!»


«Ah scusami, prego, entra pure!» Era totalmente nel pallone, non aveva la minima idea di cosa fare e come comportarsi, non si era nemmeno resa conto di averlo accolto e abbracciato con addosso solo l’accappatoio.
“Che vergogna… Vent’anni e non sentirli eh!”
Fece anche a lui qualcosa di caldo e si sedette con lui al tavolo del soggiorno.

Fu lui a sciogliere il silenzio.
«Ho letto il tuo messaggio» iniziò, continuando a sorseggiare il suo thè «Sono venuto a prenderti. Partiamo domani»
 
Buongiorno a tutti! 
Purtroppo sono leggermente in ritardo rispetto al solito, ma la sessione esami è inclemente... 
Spero che questo capitolo di "passaggio" chiarisca un po' la situazione e detti le basi per un nuovo inizio!

Ringrazio chi segue la storia e a chi l'ha recensita fino ad adesso! 
Ci sentiamo al prossimo capitolo!

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Capitolo 6
*** Capitolo 06 ***


Capitolo 06

«C-cosa?» Era incredula «C-cosa vuol dire che partiamo? Per dove?»
«Andiamo al Paese del Fulmine, per scoprire di più su quei ninja» Sasuke la fissò, lei ancora sotto shock.
«Se non vuoi venire puoi anche dirlo, andrò da solo.»

Nel sentire quelle parole si riscosse.
«N-neanche per sogno! Vengo anche io!»
«Allora è deciso, partiremo domani in mattinata»

Detto questo, senza altre cerimonie, fece per andarsere.
«Aspetta, dove stai andando?»
«Ho un accampamento appena fuori dal villaggio» Sakura capì che il ragazzo aveva intenzione di tornare lì a dormire e probabilmente voleva incontrarla direttamente il giorno dopo alle porte del Villaggio.
«Non se ne parla!» Si piazzò davanti alla porta, come se il suo corpicino potesse impedire all’Uchiha di passare.

«Ti preparo il divano letto, nel frattempo puoi farti una doccia calda e darti una sistemata» Non ci aveva fatto caso più di tanto quando lo aveva trovato nella grotta, ma i capelli gli erano davvero cresciuti.
Gli scappò un risolino «Sembri quasi Madara con quei capelli»
Il ragazzo si guardò nello specchio dell’ingresso: le ciocche più lunghe gli arrivavano fin sotto le spalle.
«Mmm… va bene, mi fermerò per la notte»

Sakura, che sprizzava gioia da tutte le parti, si prese un po’ di tempo per farsi la doccia che si era programmata e poi preparò tutto l’occorrente in bagno per Sasuke, gli fece il letto e gli diede un cambio per la notte.

«E questa?» Le chiese Sasuke, indicando la maglietta che gli aveva prestato: era una t-shirt bianca, con un disegno che raffigurava una ciotola di ramen in versione chibi che diceva “eat me!”, gli stava leggermente piccola, ma per una notte poteva andare bene.
«Ah, quella» disse ridendo un po’ imbarazzata «me l’ha prestata Naruto in missione… sono talmente comode per dormire che finisco per tenerle sempre e non restituirgliele mai»

Spiegandogli si avvicinò a lui; si era seduto sullo sgabello del bagno, forbici alla mano e capelli ancora bagnati.
«Se vuoi faccio io»
Lui per un attimo la fissò incerto, poi, senza dire niente, le passò le forbici.

Dopo poco già riusciva a riconoscersi di più con la figura che vedeva allo specchio e Sakura sembrava soddisfatta del risultato ottenuto; senza dirgli nulla aveva iniziato ad asciugarglieli con il phon.
Lui continuava a guardare allo specchio e quando Sakura si chinò leggermente su di lui poté intravedere uno dei lividi sul collo. A quella vista strinse il pugno impercettibilmente, prese poi in mano il phon e le disse che avrebbe finito da solo.
 

Quando si erano salutati Sakura era andata a dormire nella sua stanza, mentre lui si era sdraiato sul divano. Nonostante fosse abituato a dormire in posti scomodi e quel divano letto gli sembrasse il più comodo da anni, non riusciva a prendere sonno.

Nonostante fossero distanti, se si concentrava, riusciva a sentire il respiro di Sakura, teso, discontinuo, pesante. Di sicuro nemmeno lei riusciva a dormire, ma per ragioni diverse dalle sue.
O forse non erano così diverse.

L’aveva poi sentita agitarsi e svegliarsi più volte; si era alzato ed era rimasto in silenzio nel corridoio, ad aspettare.
Quando il respiro si era rasserenato era tornato al divano letto, addormentandosi profondamente.
 
*

A svegliarlo fu un piacevole profumo proveniente dalla cucina. Si alzò, curioso della sua origine.

Sakura era già in piedi e stava preparando il piccolo tavolo della cucina per la colazione.
«Buongiorno!» Lo salutò appena lo vide: i capelli arruffati dal sonno e gli occhi ancora appannati davano a Sasuke un'immagine totalmente diversa da quella a cui era abituata.
«Deve essere passata una vita da quando hai fatto una dormita del genere eh?» Sasuke si guardò intorno, alla ricerca di un orologio.

«Le 09.34?!»
Per lui, abituato alla sveglia all’alba, quello era un orario sacrilego.
“Praticamente abbiamo perso mezza giornata” si ritrovò a pensare, tragico.

L’Haruno sembrò leggergli nella mente «Non ti preoccupare, abbiamo tempo»
Gli indicò la sedia e gli servì la colazione: del riso al vapore, della zuppa di miso e dei Tamagoyaki. Una tipica colazione giapponese.
«Mi sembrava di ricordare che il dolce non ti facesse impazzire, spero di non aver sbagliato» Gli disse, sorridendo nervosa.

Sasuke iniziò a magiare, e, sicura che il silenzio di lui indicasse gradimento, gli sorrise e gli si sedette di fronte.
Dopo aver consumato il pasto, fu Sakura a prendere parola. 
«Siccome ce la stiamo prendendo con calma, che ne dici di fare un giro al villaggio?»

Inutile dire che Sasuke non sembrava molto dell’idea.
«So che siamo in ritardo, ma devo comprare delle cose prima di partire. Cerca di capirmi, mi sei piombato qui dal nulla!»
«Che tipo di cose?» Sperava che fossero cose “inutili”, per poter accannare l’idea del giretto e partire il prima possibile.
«Beh delle provviste che bastino fino al prossimo villaggio, un sacco a pelo invernale e un mantello»
Tutta attrezzatura da viaggio. Utili. Praticamente indispensabili.

Sospirò. «E va bene, andiamo a prenderle. Ma appena finito il giro partiamo»
«Promesso!»
Ormai d’accordo sul da farsi riordinarono la cucina e si prepararono per uscire. Sakura chiuse la casa, non sapendo per quanto sarebbe stata via, cercando di convincersi che Sì, aveva preso tutto.

Si avviarono quindi verso il centro della città, verso i negozi di fiducia in cui Sakura faceva regolarmente acquisti per le missioni.
Sasuke, sempre irritato per il crescente ritardo, decise che avrebbe aspettato fuori dal negozio, sperando che la rosa impiegasse un tempo ragionevole.
Mai scelta fu più errata: dopo pochi minuti una voce molto familiare e irritante lo chiamava a gran voce. Non fece in tempo a girarsi che un idiota dalla chioma bionda lo stava abbracciando.

«Baka! Che diavolo stai facendo?!»
«Beh ti sto abbracciando! È un secolo che non ci vediamo! Che fai? Come mai sei qui?»
Naruto era al settimo cielo. Stava passeggiando per le strade di Konoha con Hinata, quando aveva scorso in lontananza l’amico: nessun richiamo poteva essere più forte per lui.

«Non sono cose che ti riguardano.»
«Ciao Sasuke-kun!» Hinata aveva raggiunto i due ragazzi, ed era sorpresa e felice di vedere l’Uchiha di nuovo in città.
In tutta risposta ricevette solo un segno con il capo.

«Sai Sasuke, io e Hinata ci siamo sposati!» Esclamò il biondo tutto trionfante e prendendo per mano la moglie, leggermente imbarazzata.
«Congratulazioni»
«Sei sempre il solito, dovresti metterci un po’ di entusiasmo. Ma parlando d’amore, sei già passato a salutare Sakura-chan?» Lo sguardo malizioso non sfuggì a Sasuke, che non sapeva perché, si sentiva irritato a dover parlare di Sakura con lui.

«Ribadisco, non sono affari tuoi» ma gli occhi azzurri puntati su di lui erano insistenti «ma te lo dirò. Sono passato da lei ieri sera, siamo in partenza»
«ASSIEME??»
«ASSIEME??»

Per poco ai due sposi non venne un infarto «Spiegami un po’, teme
«Non c’è nulla da spiegare. Devo riprendere una missione e avere un ninja medico al mio fianco gioverebbe molto al mio lavoro.»
«Senti Sasuke… È inutile che menti dicendo che te la porti dietro solo perché è fortissima, mostruosa e un eccellente ninja medico. Insomma, teme, sii onesto con i tuoi sentimenti! E poi sai, credo che ultimamente Sakura-chan non stia benissimo, le farebbe bene… »

Per fortuna proprio in quel momento Sakura era uscì dal negozio con tutto l’occorrente e Naruto interruppe il discorso.
«Naruto! Hinata!»
I tre si salutarono calorosamente, per poi chiacchierare del più e del meno. Fu Sasuke, con un colpetto di tosse, a ricordare a Sakura che aveva(no) fretta.

«E va bene, andiamo.» disse rassegnata «Volevo lasciarle a Ino, ma a questo punto lascio le mie chiavi di casa a voi. Entrate pure quando volete a riprendere la sciarpa che qualcuno ha dimenticato ieri sera»
Naruto rise nervoso, scusandosi con la moglie per quella dimenticanza.
E fu così che i due compagni di team si congedarono, dirigendosi verso le porte del villaggio.
 

«Sei sicuro di non voler salutare nessuno?»
Stavano per varcare le porte, in rotta verso il Paese del Fulmine, in ritardo sulla tabella di marcia di Sasuke.
«Si.» Rispose lui secco.
“Come se avessi altro tempo da perdere”

«Mh…» Sakura, al contrario, sembrava delusa. Notandolo, l’Uchiha decise di fare una precisazione.
«Sono passato ieri da Kakashi, per informarlo del mio ritorno e della nostra partenza. Per il resto, credo che nessun altro abbia interesse nel rivedermi e salutarmi, e la cosa è reciproca.»
«Credi sempre che a nessuno importi di te… ma credo che ai nostri compagni avrebbe fatto piacere rivederti. Alla fine, siamo tutti una grande famiglia»

Sapeva che Sasuke aveva una visione molto diversa dalla sua, ma voleva fargli capire che Konoha era ancora casa sua, c’era ancora qualcuno che lo aspettava e su cui poteva fare affidamento.
Non poteva fare a meno di notare però che il ragazzo era teso e distante da quando era arrivato, nonostante avesse tentato di farlo sentire a suo agio e di non pressarlo troppo. Credeva che dopo le foto, l’avergli salvato la vita, l’averlo trovato davanti a casa… Insomma, credeva che avessero passato quella fase in cui lei lo rincorreva e lui la trattava peggio di uno straccio.
Chissà però, magari dopo qualche giorno si sarebbe sciolto con lei.

Intanto che lei però rifletteva sul comportamento di Sasuke, lui ripensava al colloquio della sera prima con Kakashi e Shikamaru: entrambi gli avevano consigliato caldamente di portare con lui la ragazza per il viaggio, ma più passavano i minuti più non era convinto della scelta che aveva fatto, soprattutto dopo la sera prima.
Sarebbe stato un bene per lei affrontare quel viaggio con lui?

«Dimenticavo, quando hai mandato il falco all’ospedale credo che abbia perso un tuo biglietto»
Disse lei con nonchalance; in quel modo avrebbe saputo se davvero c’era un messaggio oppure no.
«Mh? Non ti ho mandato nessun messaggio. Credevo avessi evocato tu il falco.»
Sorrise, dicendogli che allora c’era stato un equivoco.

Quindi Takami era andato da lei di sua volontà? A Sasuke non importava della sua convalescenza in ospedale...?
Mentre camminava sentiva la testa pesante e continuava a chiedersi a cosa avrebbe portato tutto ciò…
 
*

Secondo i loro calcoli ci avrebbero messo poco più di una settimana ad arrivare al villaggio della Nuvola, procedendo con calma.
Per Sasuke quella rappresentava la routine ma Sakura non ci mise un molto ad abituarsi: si svegliavano sempre abbastanza presto, facevano colazione e partivano; si fermavano poi per pranzo e per cena, dove allestivano un piccolo appezzamento con i sacchi a pelo e il fuoco (l’autunno ormai era iniziato e le notti non più piacevolmente fresche).
Alla fine, non era così diversa da una missione qualsiasi.

Di tanto in tanto scambiavano qualche parola durante il viaggio, ma Sakura non poteva fare a meno di percepire un muro tra di loro. Era come se quegli anni per loro due, in quel momento non fossero passati, e lui fosse il giovane ninja che li aveva abbandonati; un ninja ferito e incapace di esprimere i suoi sentimenti.

Finché, al quarto giorno di viaggio, arrivarono nel Paese delle Terme.
 

Buongiorno a tutti! 
Eccomi con il nuovo capitolo! 
La scorsa volta ci eravamo lasciati con il primo re-incontro dei nostri due protagonisti e oggi, finalmente, l'evento tanto atteso: la partenza. 

Ringrazio come sempre tutte le persone che seguono la storia: grazie e buona giornata a tutti!

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Capitolo 7
*** Capitolo 07 ***


Buongiorno a tutti! 
Siccome mi spiaceva avervi lasciato con un altro capitolo un po' sciallo, ho deciso di accelerare e pubblicarne subito un altro!
Spero di non aver esagerato con il "pepe" questa volta e che il capitolo vi incuriosisca. 
Ringrazio in anticipo chi segue la storia e vi auguro una buona lettura!
 

La ragazza aveva proposto una visita al villaggio, per rifocillarsi e fare un pasto in una locanda.
Arrivati al villaggio si identificarono e Sakura non fu sorpresa di sentire che il ragazzo ci era già stato: le guardie lo salutarono con riverenza, chiedendogli chi fosse lei e se il resto del viaggio fosse andato bene.
L’Uchiha dal canto suo rispose brevemente, con il suo solito tono distaccato, ma non sembrava infastidito.

Le spiegò che era stato lì qualche mese prima ed aveva aiutato il Capovillaggio a risolvere un problema riguardante dei banditi, ex-ninja, che costantemente rubavano e assalivano gli abitanti del villaggio.
Lei non poté fare a meno di guardarlo con occhi sognanti: aveva visto il mondo, posti che probabilmente nemmeno immaginava esistessero e si era anche prodigato per il bene delle persone.

Sasuke, dal canto suo, ripensava alla scelta che lo aveva portato a partire dopo la guerra. Spesso si sentiva come se tutto quello che aveva fatto e che continuava a fare fosse dettato dal destino: spesso durante il suo peregrinare aveva ripensato alla storia dell’Eremita delle Sei Vie, alla sua lotta con la madre al fianco del fratello Hamura e al suo successivo viaggio di redenzione…
Cercò comunque di non far trasparire nulla, non voleva che Sakura iniziasse a fargli domande. Preferiva tenere quei pensieri per sé.  

Per il resto della mattinata si erano quindi dedicati ai rifornimenti e a un po’ di riposo su una panchina lungo la via principale. Sakura aveva cercato di carpire qualcosa in più sul ragazzo ma senza successo: dopo quella breve spiegazione si era di nuovo chiuso nel suo mutismo.
Questo di sicuro non la aiutava: avrebbe voluto parlare con lui, non solo di frivolezze o per mera conversazione, avrebbe voluto parlare di tutto quello che era successo da quando lui era partito e, beh, anche del suo rapimento… Dopotutto, era stato lui a trovarla e salvarla, no?
Il suo fare distaccato la ostacolava e, a quel punto, se lui non voleva parlarne, non sarebbe stata lei a tirare fuori il discorso dal nulla.

Arrivati all’ora di pranzo mangiarono in un piccolo chiosco e poi Sasuke le chiese se era pronta per ripartire.
Lei si trovò colta alla sprovvista: sperava in un po’ di ristoro e una notte al caldo in una locanda da quando erano entrati al villaggio…
Decise però di lasciar correre, di nuovo, ma mostrò comunque una lieve rimostranza, nella speranza di far cambiare idea al compagno di viaggio.

«Non voglio tardare oltre. Stiamo procedendo troppo lentamente.»
Ovviamente, questi non cambiò idea.
Ma non solo: le stava forse dicendo che lei lo stava rallentando e che era colpa sua?

Cercò di reprimere le sue emozioni e, sorridendo, lo seguì fuori dal piccolo villaggio.
Camminavano spediti ora, al contrario di quando erano arrivati; avevano preventivato di metterci di più, per questo Sakura non capiva il motivo di tanta fretta improvvisa.
Più ci pensava più però sentiva di non sentirsi bene.

Dopo poco si dovette fermare, in preda a delle fitte sempre crescenti alla testa.
Aveva così male da essere costretta a chiudere gli occhi e a tenersi la fronte con la mano.
Nonostante il dolore però sentì chiaramente Sasuke sospirare, seccato.

Esplose.

Urlò con veemenza, fino a farsi mancare il fiato, e, con altrettanta forza, scagliò un pugno sul terreno.   
Stette per un attimo china sul suolo, ad osservare gli effetti a dir poco devastanti che aveva provocato.
Fece poi un profondo respiro, cercando di scaricare le ultime tensioni accumulate e, con calma, prese parola.

«Insomma Sasuke, perché mi hai portata con te?»

Lui la guardò senza proferire parola.
Non era per niente come con Naruto: non sembrava infatti intimorito da quella sua dimostrazione di rabbia e forza, anzi.

«A quanto pare ti rallento solo. Non ti va bene niente di quello che dico… Non vuoi parlare… »
Scaricarsi in quel modo l’aveva aiutata, ma aveva anche portato in superficie la sua emotività: si sforzava però di trattenere le lacrime, voleva che lui la prendesse seriamente e non come la solita ragazzina piagnucolosa.

«Dannazione Sakura, possibile che ogni volta debba finire così?» Era calmo, e le parlava senza guardarla negli occhi; quando però lei si toccò di nuovo la testa per il dolore aumentò il fervore delle sue parole.
«Cosa credevi? Che ti avrei portata qui e avremmo “giocato” alla coppietta felice? È questo che pensavi?»
Lei lo guardò, sconvolta; presa alla sprovvista dalle sue parole si ritrovò a far cadere le ultime difese.
«Si… cioè, no! Però pensavo che, beh, questo viaggio ci avrebbe riavvicinati, visto che mi hai voluta con te…»

Sasuke si voltò, dandole le spalle.
«Viaggio? Questa è una missione, nel caso te lo fossi dimenticato, non una gita di piacere» fece una pausa, quasi a voler dare teatralità alle sue parole «E poi io non ti ho voluta, Kakashi mi ha chiesto, o meglio, imposto, di portarti con me: voleva che ti coinvolgessi nella ricerca e nella cattura di quei ninja.
Ovviamente ero contrario»

In quel momento si girò nuvamente, guardandola con uno sguardo di ghiaccio, privo di emozione.
«Poi però ci ho pensato bene. Mi hai salvato la vita quella volta, quindi un medico del tuo calibro non può che farmi comodo»

Sakura stette in silenzio, con il capo chino.
Era come se tutto il suo corpo si fosse spento. Persino il dolore alla testa, a quel punto, era sparito.

«Certo. È tutto chiaro adesso» le prime lacrime iniziarono a rigarle il volto «era logico che volessi solo un ninja medico… non sono mai stata altro per te che questo.
Dovrei anzi sentirmi lusingata che tu non mi consideri inutile.»

Entrambi si fissavano negli occhi, come in una gara di sguardi: nessuno dei due voleva cedere e trasmettere all’altro alcuna debolezza.
«E sia. Sarò il tuo fottutissimo medico»

Si sistemò lo zaino in spalla e lo superò, diretta verso il paese del Gelo.
Appena l’ebbe superato, Sasuke strinse il pugno, lasciandosi il segno delle unghie sulla carne.
 
*

Avevano camminato fino a sera tardi, senza proferire parola.

Sakura proseguiva a passo spedito davanti al ragazzo, incurante di cosa pensasse.
Cercava piuttosto di mettere ordine nei suoi pensieri e sentimenti, con scarsi risultati purtroppo. Era partita per avvicinarsi a lui, per stare assieme a Sasuke.
A quanto pare però era l’unica a pensarla così.

“Cosa dovrei fare? Essere lusingata che mi consideri un ninja di alto livello? Ma per favore…”

Era quasi indecisa se tornarsene a casa da sola oppure no, e più passava il tempo, più si convinceva che forse era la cosa migliore.
Certo, le interessava scoprire chi l’aveva rapita, chi aveva orchestrato tutto… ma quanto avrebbe giovato al suo spirito in quel momento? C’era davvero la possibilità di un faccia a faccia con lui,  e questo la terrorizzava.
Era stanca. Da quando erano partiti gli incubi e le ore passate sveglia a guardare il cielo non le contava più; ogni giorno si sentiva sempre più stanca e sempre più triste.
Quando era partiva aveva pensato che con Sasuke al suo fianco ce l’avrebbe fatta a sopportare tutto; da sola però… Non era sicura di reggere.

In quel momento Sasuke la avvisò che si sarebbero accampati. Lei allora dispose le sue cose, accese il fuoco e si infilò nel sacco a pelo senza toccare cibo.

La mattina dopo lui non la svegliò al solito orario e quando se ne rese conto, il sole era già alto da un pezzo: la stanchezza accumulata, alla fine, l’aveva fatta crollare, facendola dormire fino a quell’ora.
Nell’attesa che il suo compagno di missione si palesasse mangiò qualcosa e sistemò lo zaino; solo poco prima di pranzo Sasuke tornò da lei: aveva in mano una lenza, da cui pendevano due pesci e, agganciate alla cintura, due borracce piene.

«Come mai questo cambio di programma?» Chiese lei, cercando di far notare la sua seccatura.
«Stiamo per attraversare il Paese del Gelo. È meglio rifocillarsi e scaldarsi, così da fare la traversata senza pause, se non vogliamo congelare.»
Decise di non controbattere, sarebbe stato inutile. Era d’accordo con il piano, ma il fatto che lui continuasse ad escluderla dalle decisioni la faceva arrabbiare, quanto non lo era mai stata nei suoi confronti.
«Fammi sapere quando dobbiamo partire»
Così dicendo si allontanò, arrivando ad un piccolo torrente che si trovava lì vicino; si concesse una passeggiata lungo la riva, da dedicare solo a sé stessa.

Si era seduta sulla sponda, per mettere i piedi a bagno e rinfrescarsi un po’. L’acqua era fredda e la rinvigorì fino nel profondo.
In quel momento si ritrovò a pensare a casa sua e ai suoi amici, continuando a chiedersi quale fosse la strada migliore da scegliere.
«Vorrei tanto che fossi qui Naruto… tu sapresti cosa dirmi»

Chiuse gli occhi, per calmare il lieve dolore che si stava facendo strada nella sua testa.

Appena li chiuse però, invece del buio, ad accoglierla c’era lui.
Fu un attimo, letteralmente un battito di ciglia, ma riconobbe all’istante il suo torturatore in quella allucinazione.

Subito il suo respiro si fece accelerato e iniziò a sudare freddo.
Nel tentativo di riprendersi, prese un po’ d’acqua fredda e si sciacquò il viso.

Più però il gelo le mordeva le guance però, più un fuoco le pervadeva la testa, portandola a digrignare i denti.

Continuava a gettarsi acqua sul viso, pensando a quell’uomo. Lui, che l’aveva terrorizzata per settimane nei suoi sogni, ora le si presentava anche alla luce del sole, in un momento della giornata che rappresentava per lei un luogo sicuro, in cui non poteva raggiungerla.

Le mani afferrarono salde la fronte, premendo sempre di più con le dita e le unghie.
Avrebbe fatto sparire quel dolore, a qualsiasi costo.

«Sakura»

Si riscosse, e solo in quel momento che si accorse della presenza di Sasuke dietro di lei: le disse che era passata un’ora da quando si era allontanata ed era venuto a chiamarla per il pranzo.

“Da quanto tempo è qui?”

Gli rispose che lo avrebbe raggiunto a breve e, mentre lui le voltava le spalle, evocò il chakra nelle mani e fermò i rivoli di sangue che le scendevano davanti agli occhi. 
 

Mangiarono in silenzio, nessuno dei due voleva proferire parola sull’accaduto; Sakura non sentiva di potersi confidare con il compagno e, in tutta sincerità, si vergognava anche: si sentiva debole, fragile.
Sasuke, invece, sembrata totalmente disinteressato; era pure in dubbio che l’avesse davvero vista al fiume, in preda al panico.
Meglio così, si sarebbe risparmiata di doverne parlare, anche se dubitava che lui le avrebbe mai chiesto qualcosa a riguardo.

Radunarono le loro cose e partirono.

Il Paese del Gelo era, come avevano immaginato, immerso nella neve e nel freddo. Corsero quindi ininterrottamente per diverse ore, con solo un paio di pause per bere qualcosa di caldo; continuarono persino oltre il tramonto per non fermarsi e, così facendo, arrivarono nel Paese del Fulmine a notte inoltrata.
Si allontanarono dal confine quando bastava per essere al riparo dal freddo e accesero un fuoco.

Sakura si sentiva congelata ovunque, talmente tanto, che credeva che non sarebbe mai riuscita a scaldarsi; si strofinava le mani, mettendole vicino al fuocherello e avvicinandosi il più possibile.
Sasuke le sembrava come sempre impassibile e insensibile, persino al gelo penetrante.
Nonostante fosse ancora risentita dal litigio avuto ormai il giorno prima, decise che era inutile continuare a rimanere ostili anche in quella situazione.

«Certo che fa freddo eh?» lo disse abbozzando un sorriso verso il compagno; era un tentativo goffo, ma le costò fatica.
Silenzio.

“Riproviamoci”
«Non credevo che ci saremmo portati dietro questo gelo… ci metteremo molto per scaldarci»
Lui staccò le labbra dalla tazza di the fumante.

«Come ti ho già detto, non è una gita di piacere. Forse non ricordi che un ninja deve saper affrontare tutte le situazioni.»
 «Lo so benissimo. Volevo solo trovare un modo per scaldarci, tutto qui»
Lo sguardo di lui, a quel punto, era indecifrabile.

«Cos’è, un modo velato per chiedermi di dormire con te? Ti è andata male, se ci fosse stato Naruto magari saresti anche riuscita a scaldarti
Digrignò i denti.
«Vi sarà già capitato no? In missione da soli, al freddo… o magari anche a casa tua.» nel dirlo i suoi occhi andarono alla felpa che indossava per la notte, una felpa arancione, indubbiamente da uomo.

Stava per urlargli che no, non l’aveva mai fatto con Naruto. Che no, quella felpa non era un qualche cimelio come pensava lui.
A cosa sarebbe servito però? A niente, ecco a cosa. 

Senza rispondergli si mise nel sacco a pelo, si girò dall’altra parte e, assurdamente, si addormentò subito.
 
~

Aprì gli occhi: intorno a lei mura spoglie, senza finestre; il pavimento di legno logoro.
Ormai quella stanza buia e fredda la conosceva fin troppo bene.

Si sentì subito sopraffatta dal terrore.
Quell’incubo era così familiare, ma allo stesso tempo diverso dal solito.

Era nuda, piena di graffi che le bruciavano la pelle; il dolore ai polsi era, come sempre, lacerante.
Chiuse gli occhi e, quando li riaprì, si ritrovò addosso un ninja mascherato.
La toccava ovunque, bramoso della sua pelle.
Le mordeva il collo e i seni, le faceva male.

Voleva urlare, ma la voce non sembrava voler uscire dalla sua bocca.
Tutto il suo corpo stava andando a fuoco: quando lui la toccava era come se dell’acido la corrodesse la pelle e la carne fino alle ossa.

“Basta…”

Rimase lì, incatenata e placcata dall’uomo senza potersi ribellare, muovere, urlare…

 “Basta… È un sogno, un incubo… mi devo solo svegliare…”

Mentre lo pensava lui abusò di lei, ancora… Come quasi tutte le notti in cui lo rivedeva in sogno.
Questa volta però le sembrò di non svegliarsi mai.

Alzò lo sguardo. Davanti a lei c’era Sasuke, come spettatore.
Il ragazzo la guardava, senza fare nulla, inespressivo come sempre.
Gli urlò di aiutarla, di far smettere quel ninja, ma lui non la sentiva.
Urlò il suo nome, disperata.

E, urlando il suo nome, finalmente, si svegliò.
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 08 ***


Capitolo 08

«SASUKE!!!»

Il ragazzo di svegliò di soprassalto. Impugnò subito la katana, pronto a contrastare il pericolo.
Quando si alzò vide che Sakura in realtà stava dormendo e non c’era nessun’altro al loro accampamento.

La ragazza però continuava ad urlare il suo nome e a invocare aiuto, muovendosi agitata all’interno del suo sacco a pelo.
Svelto si avvicinò a lei, per scuoterla e cercare di svegliarla.
La chiamava, la scuoteva, ma lei non dava segno di svegliarsi. Intanto continuava a urlare e piangere.

«SMETTILA! BASTA!»

Allora il ragazzo prese dell’acqua dallo zaino e gliela rovesciò in testa, nella speranza che si risvegliasse.
In quel momento Sakura aprì gli occhi.

Era terrorizzata.

Appena vide Sasuke però ricordò subito l’incubo appena fatto e lo spinse via, urlandogli di non avvicinarsi.
Il ragazzo era sconvolto. La chiamò per nome, dicendole di calmarsi e di sedersi.

Lei però era in preda al panico, come se non si fosse svegliata davvero.
Ovunque si girasse vedeva la maschera di quell’uomo e, quando guardava Sasuke, non poteva non vedere il suo viso che indifferente la osservava mentre veniva stuprata.
Sentiva un moto di nausea risalire la sua gola e le lacrime continuare a sgorgare copiose.

Si girò nella direzione opposta a quella del ragazzo e iniziò a correre, come se scappare da lui fosse la soluzione giusta.
Corse quindi, corse a perdifiato fino ad arrivare alla scogliera: il capolinea.

Sasuke la stava seguendo tenendosi comunque a una certa distanza: voleva tenerla d’occhio ma aveva l’impressione che un contatto troppo ravvicinato non l’avrebbe aiutata a calmarsi, esattamente come era successo poco prima.
Lei gli dava le spalle, ferma a pochi passi dal dirupo.
Il mare, nero a quell’ora del mattino, era agitato e le onde si infrangevano sulla parete rocciosa con un gran rumore.

«Sakura! Che stai facendo?»
La ragazza si girò, richiamata dalla voce di lui.
I suoi occhi non trasudavano più angoscia e spavento, tutt’altro: erano vuoti e neri, privi della lucentezza che li contraddistingueva.

Gli occhi di lui invece erano sbarrati e si muovevano in continuazione dal suo viso alla sua mano destra; quasi inconsciamente la ragazza si guardò la mano, trovandola stretta al manico di un kunai.

Lo rigirò un paio di volte nella mano, come incredula che quell’oggetto si trovasse lì, nella sua mano. Non sembrava conscia di averlo estratto, era semplicemente lì, come per magia.
E poteva usarlo.

Alzò il viso verso Sasuke e scagliò l’arma nella sua direzione.
Era un lancio debole, quasi svogliato, che l’Uchiha non fece fatica ad evitare.

In quella frazione di secondo però, aveva distolto l’attenzione da Sakura, di cui ora non c’erano tracce.
Istintivamente iniziò a correre verso la scogliera.
Guardando giù vide, come presagito, il corpo della ragazza che precipitava.

Senza pensarci due volte si gettò all'inseguimento.

In caduta libera usò la Moltiplicazione del corpo generando una sua copia e, come aveva visto spesso fare al compagno team, lasciò che questa lo afferrasse e lo lanciasse con tutta la sua forza, facendolo arrivare esattamente all’altezza di Sakura.
La afferrò con il braccio e la attirò a sé, urlandole di aggrapparsi a lui, e che l’avrebbe portata in salvo.

Lei però non rispose né al contatto improvviso, né alle sue parole.
Gli occhi erano vacui e non dava cenno di volerlo aiutare in quel salvataggio.
Sasuke però non aveva tempo per pensare: non poteva contare su di lei e sulla possibilità che si aggrappasse a lui e, con il suo unico braccio a tenerla stretta a sé, gli rimanevano poche possibilità.
Attivò quindi il Rinnegan e, puntando lo sguardo verso gli scogli, sempre più vicini, evocò un portale nero-violaceo, che li inghiottì.

Dopo una caduta non indifferente, Sasuke si guardò intorno: erano in una specie di landa rocciosa, anch’essa immersa nell’oscurità della notte.
Si accorse poco dopo che stava stringendo la ragazza a sé, come se stessero ancora precipitando.

Si scostò da lei, scrutandone il viso e gli occhi; Sakura però sembrava assente, non c’era modo di farla rinvenire.
Decise che in una situazione del genere sarebbero servite delle misure drastiche e, sedutosi di fronte a lei, attivò lo sharingan, puntando il suo occhio nei suoi.

*
 
Come gli era capitato spesso, si trovò  camminare sulla superficie dell’acqua. Mosse qualche passo, per poi sentire il movimento dell’oceano sotto di lui; dopo poco, una gigantesca onda si alzò, inghiottendolo e portandolo verso il fondo.

Sasuke rimase calmo: sapeva che doveva sopportare quella sensazione di vuoto e che non doveva ribellarsi al processo se voleva arrivare a fondo nella coscienza di Sakura.
Quando il fiato mancò nei suoi polmoni per riflesso aprì la bocca, per respirare; l’unica cosa che sentì però era l’acqua che gli entrava fino in gola, veloce e prepotente.

In pochi secondi si sentì annegare e tutto diventò nero.

Si riprese violentemente, come se qualcuno gli avesse dato un pugno sul petto per far uscire l'acqua dai suoi polmoni; si girò su un lato e dopo qualche colpo di tosse il suo respiro tornò normale.
In quegli anni aveva imparato che più la coscienza di una persona era forte, difficile da penetrare, più quel “processo” era difficile e complicato e quell'annegamento sembrava reale.

Da quel momento in poi, tutto sarebbe stato ignoto pure a lui: ogni coscienza, ogni subconscio, era diverso da tutti gli altri e comprenderlo e seguirlo era la parte più complicata.

Si guardò intorno.

Si era svegliato su un prato verde e tutt'intorno a lui si estendeva una radura, praticamente infinita. Di fronte a lui, in lontananza, poteva scorgere un enorme albero.
Non faticò a capire di che albero si trattava, vedendo i  particolari fiori da cui era adornato.

Avvicinandosi poteva sentire il profumo rilasciato dai fiori rosa e, quando fu a pochi passi, si rese effettivamente conto della grandezza e della maestosità del ciliegio fiorito.
Con la mano sfiorò la corteccia e, in quel momento, si accorse di una piccola chioma rosa dietro al tronco.

Girò attorno all’albero e trovò una bambina, rannicchiata con le braccia intorno alle ginocchia; piangeva e i singhiozzi ora si propagavano per tutta la landa.
Sasuke sapeva bene che quella era la rappresentazione dei sentimenti di Sakura: quella figura minuta e indifesa era lo specchio del suo stato d’animo.
Piccola e indifesa, ecco come si sentiva e come credeva di apparire.

Si avvicinò a quella piccola Sakura, posandole una mano sulla spalla.
Lei alzò lo sguardo, strofinandosi i pugni chiusi sugli occhi e sulle guance, per nascondere le lacrime e le gote arrossate dal pianto.

«Chi ti ha fatta piangere così?»
Le chiese semplicemente.

La piccola, senza parlare, lo prese per mano e lo guidò all’interno di un passaggio proprio all’interno del tronco, rimasto nascosto dalla sagoma della bambina.
Sasuke si chinò per passare e, una volta dentro, si lasciò guidare nell’oscurità; ad un certo punto la piccola Sakura si fermò, tese la mano e in corrispondenza del suo palmo comparse una luce quasi accecante.
Lui chiuse gli occhi, abbagliato.

Quando li riaprì, si ritrovò con la bambina in una stanza a lui familiare, purtroppo.
Sospettava, anzi, era sicuro che lei lo avrebbe portato lì. Ma sperava di non dover assistere a quei ricordi.

I due erano in piedi, in un angolo della stanza. Davanti a loro una Sakura adulta era incatenata al muro, con due uomini davanti a lei.
La ragazza era semi-cosciente e, grazie a questo, Sasuke poteva sentire cosa dicevano i due uomini.

«Hiiro! Spiegami di nuovo perché hai rapito la ragazza, razza di idiota!»
«Te l’ho già detto, ci può servire come ostaggio!»
«E perché non hai rapito Sasuke Uchiha invece?!»

A quanto pareva, il rapitore credeva che fosse stato proprio lui a uccidere i tre ninja che lo avevano inseguito e che quindi si fosse ristabilito prima del tempo.

«È impossibile che sia stata lei a uccidere Okuta e gli altri due, andiamo!»
«Potevi almeno controllare nella grotta, imbecille.»
«Certo, così ci rimettevo la pelle pure io, no grazie! Potevi benissimo andarci tu Masuto!
E comunque, ti dico io com’è andata: Okuta ha ingaggiato uno scontro contro l’Uchiha e questa ragazzina; lui li ha uccisi tutti e tre e se n’è andato, credendo che lei fosse morta. Così, ora che lei è un nostro ostaggio, possiamo catturarlo.»

Il compagno era visibilmente irritato dalla codardia del ninja; inveiva contro di lui, dicendogli che sarebbe stato lui a spiegarlo al capo.
Proprio in quel momento fece il suo ingresso nella stanza un terzo uomo.

Era alto e magro; contrariamente a molti ninja indossava un kimono tradizionale nero, con un haori del medesimo colore. Portava una strana maschera sul volto, che lasciava intravedere i capelli, corti  e neri. Guardando meglio la maschera Sasuke la riconobbe subito: era la maschera Hannya. Era di colore rosso, con le corna dorate; si discostava da quelle tradizionali solo per un dettaglio: copriva il volto dell’uomo solo fin sotto al naso, lasciando quindi la bocca scoperta.

In quel momento la piccola Sakura si girò verso di lui, afferrandolo per il tessuto dei pantaloni e premendo il viso contro la sua gamba.
Le mise una mano sulla testolina e cercò con la sua presenza di rassicurarla; purtroppo per lei non poteva andare via proprio adesso.

Nel frattempo, i due ninja stavano spiegando l’accaduto all’uomo appena entrato, ovvero il capo dell’operazione.
«Fatela parlare, non mi importa come. Deve dirci dove si trova Sasuke.»
Il tono era duro e autoritario; a quanto pare, non ammetteva ulteriori fallimenti.

Uscì dalla stanza, lasciando Sakura nelle balie dei due aguzzini.
Si avvicinarono alla ragazza, pronti per l’interrogatorio.
Hiiro le prese il mento tra le dita, per guardarla negli occhi, ma fu Sakura a parlare per prima.
«Non vi dirò mai dov’è andato Sasuke»

Il ragazzo strinse i denti; la compagna aveva deciso di reggere il gioco e stava dando ragione alla versione del suo rapitore. In questo modo non sarebbero andati a cercarlo alla grotta e lui si sarebbe potuto riprendere.

«Scommetto invece che lo farai»
«Ti conviene parlare prima che il capo torni, tesoro»
I due si prendevano gioco di lei e, dopo diverse domande senza risposta, erano passati ai fatti.

Lo faceva stare male assistere a quella tortura, ai suoi versi e alle risate di quei due; doveva però sopportare, se voleva aiutarla. Stando lì poi avrebbe scoperto tutto quello che sapevano sul loro conto e sui loro piani, senza dover poi chiedere di nuovo a Sakura di rivivere tutto e raccontarglielo.
Andarono avanti per diverso tempo, fino a quando la ragazza, esausta svenne.

In quel momento anche per Sasuke tutto divenne nero; distingueva qualche voce ovattata, ma non poteva dire di chi si trattasse.

Dopo un po’ però percepì un odore penetrante, un odore pungente e fastidioso.
All’improvviso intorno a loro tornò la luce; all'inizio era tutto confuso, ma poi pian piano Sakura riuscì a mettere a fuoco quello che vedeva.

Con gli occhi di Sakura poté vedere l’uomo con la maschera davanti a lei; le stava tenendo una boccetta sotto al naso.
«Perdonami, ma avevo bisogno che ti svegliassi»

Sasuke capì che aveva usato dei sali d’ammonio per farle riprendere i sensi.

Intanto l’individuo si allontanò da lei, per posare la boccetta e prendere un asciugamano.
Quando tornò le pulì il viso dal sangue che le colava da una ferita sulla fronte.
«Perdona i modi rozzi dei miei sottoposti, non sanno trattare con le ragazze carine come te»

Sakura non rispose.

«Ti prometto che se mi dirai quello che voglio sapere su Sasuke ti lascerò andare, e potremo dimenticare questo spiacevole inconveniente»
«Che cosa vuoi da lui?»

Era da molto che Sakura non parlava e la voce le uscì dalla bocca roca e secca.
L’altro allora prese un bicchiere d’acqua e glielo avvicinò alle labbra.
Lei all’inizio sembrò riluttante, poi decise di accettare l’offerta e bevve avidamente.

Una volta finito lui riprese a parlare.
«Voglio il suo potere, mi pare ovvio. Non trovi?»
«Sasuke non è il tipo di uomo che si lascia sconfiggere tanto facilmente»
«Oh, lo so. Per questo mi serve che tu mi fornisca le informazioni di cui ho bisogno per ucciderlo.»
«Puoi scordartelo.»

Le prese il volto con violenza e la fissò negli occhi.
«Mi costringi a passare alle maniere forti?»
Per tutta risposta Sakura gli sputò dritto sull’unica zona non coperta dalla maschera.

Lui sorrise.

In quel momento la piccola Sakura si aggrappò ancora più forte al ragazzo; Sasuke, che sentiva che di lì a poco la situazione sarebbe peggiorata, si chinò e la strinse a sé, accarezzandole ancora la testa.
 
Buongiorno a tutti!
Questi saranno dei capitoli intesti per i nostri due protagonisti... come al solito spero di essere riuscita (almeno in minima parte) a rendergli giustizia!
Questa volta ho provato a terminare il capitolo lasciando un po' di Hype, spero di non beccarmi troppi insulti xD
Fatemi sapere cosa ne pensate, sono curiosa!  

Un Grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo e a tutti gli utenti che seguono la storia!
Al prossimo capitolo!
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 09 ***


Capitolo 09

L’uomo mascherato era dritto davanti a lei; la guardava dall’alto, borioso e sprezzante del potere che poteva esercitare su di lei.
Sakura però non distoglieva lo sguardo, sfidandolo.

In cuor suo probabilmente sapeva che solo l’accondiscendenza l’avrebbe salvata da un destino infausto, ma lui era… viscido. Lo percepiva chiaramente e anche solo l’idea di sottomettersi a lui le provocava solamente ribrezzo.
Si chinò; le mise un braccio attorno al collo e la avvicinò, in modo che le sue labbra fossero a pochi centimetri dal suo orecchio.

«Non te lo proporrò una terza volta: collabora con noi.»
«No»
Una risposta secca e decisa.

Non dissero altro: subito dopo aver pronunciato quelle parole Sakura sentì un dolore profondo alla base del collo, come il morso di un ragno.
Quella sensazione durò poco, ma appena sparì si rese conto di non poter più muovere braccia e gambe.
Era come paralizzata, ma cosciente.

«Ho fatto le mie ricerche. Tu sei l’allieva di Tsunade, la sannin allieva del Terzo Hokage»
Sasuke, che continuava ad assistere alla scena, non riusciva a capacitarsi di quello che stava succedendo.
E, come lui, neanche Sakura ci riusciva.

«Perciò, devi essere un ninja medico al di sopra della media. Capisco il tuo sbigottimento, ma credo che tu possa capire che cos’è successo»
Lei lo guardò dritto negli occhi; aveva ragione, era a dir poco sconvolta.
«Ho interrotto la trasmissione nervosa, non male eh? È una sottile arte che si tramanda da generazioni nel mio Clan. Certo, passa un po’ in secondo piano rispetto all’abilità posseduta dagli Hyuga, soprattutto se abbinata ai loro occhi di ghiaccio.»

«È impossibile.»
«Il fatto che tu non ti riesca a reggere in piedi, però, depone a mio favore»
Aveva un sorriso maligno disegnato sul volto e no, non sembrava proprio che stesse mentendo.
Era possibile davvero, si chiedeva Sasuke, che qualcuno possedesse un’arte del genere?

Mentre pensava e ripensava, il ninja non perdeva tempo.
Con Sakura inerme le si avvicinò di nuovo e le diede un forte morso sul collo.
Lei urlò dal dolore.

Ma non era solo il morso a farle male.
Le aveva di nuovo messo una mano sul collo e stava premendo la punta dei polpastrelli proprio alla base del cranio.
Quando si staccò lei urlava ancora, come se la stesse ancora mordendo. Non potendo sottrarsi l’unica cosa che faceva era scuotere la testa, nella speranza che ad un certo punto il suo corpo riprendesse a muoversi.

Lui si tolse la parte superiore del kimono, lentamente, facendo attenzione a ripiegarlo con cura sulla sedia, poi tornò da lei.
Le strappò i vestiti, lasciandola prima in intimo, poi togliendole anche quello.
Si prese il suo tempo e, un po’ alla volta, le causò tutte quelle piccole ferite, quelle lacerazioni, che Sasuke aveva visto quando l’aveva soccorsa e si era poi preso cura di lei in quell'ostello.
Le aveva impresse nella memoria, una a una, e ora stava assistendo alla loro origine.

All'improvviso, l'uomo prese le distanze, si rimise il kimono e si sedette proprio di fronte alla ragazza, continuando a guardarla. Sembrava quasi che si volesse godere un qualche spettacolo
In quel momento, nella coscienza di Sakura, successe una cosa che per Sasuke non aveva paragoni.
Era come se davanti a lui ci fossero due realtà sovrapposte: in una, l’uomo continuava a torturare Sakura, nell’altra, era davanti a lei, seduto.

La prima, però, si stava facendo sempre più nitida, quasi a voler prendere il posto della prima nella mente della ragazza.
In quella “realtà” l’uomo aveva lasciato perdere la tortura e si stava dedicando alla ragazza in un modo molto più carnale.
Le sue mani, invece che ferirla o picchiarla, vagavano per tutto il corpo, accarezzando le forme della ragazza; la sua bocca, bramosa, cercava prima quella di lei, poi anch'essa si mise a vagare, seguendo il percorso tracciato dalle dita.
Il corpo di Sakura normalmente avrebbe dovuto reagire a quei tocchi tanto indesiderati, ma in quella situazione era costretta all'immobilità, e a guardare il suo aguzzino prendersi gioco di lei.

Sasuke cercava, con tutto sé stesso, di concentrarsi esclusivamente sulla seconda “realtà”, che ormai gli appariva quasi impercettibile.
Sakura però sembrava percepire solo l’uomo su di sé: lo sentiva, lo vedeva, riusciva a percepire il calore di quel corpo così indesiderato su di sé che stava quasi per impazzire.
L’Uchiha percepì chiaramente però la voce dell’uomo seduto sulla sedia.

«Il Clan Uchiha non è l’unico a poter intrappolare le sue vittime in fantastiche illusioni; anche se, nel mio caso, sarebbe più corretto parlare di allucinazioni. È incredibile il potere che si può esercitare sulla mente delle persone, non trovi?»
Sorrideva malefico al suono delle suppliche della ragazza, beandosi di quello che era riuscito ad ottenere.

«Sakura Haruno… un regalo inaspettato, devo dire. Tanto inaspettato quanto utile. Sono contento di non essere l’unico a godere di questo spettacolo.
Spero che ci incontreremo presto, Sasuke.»



Cosa?”

«Non ti preoccupare, le farò compagnia fino al nostro incontro.»
Nel dirlo lo sguardo dell'uomo non era rivolto a Sakura, ma ad un punto imprecisato proprio sopra di lei, come a cercare il contatto visivo di qualcun altro. Sasuke allora fece per muoversi, voleva guardarlo negli occhi, leggere il suo gesto di sfida e, anche se sapeva che si trattava solo di un ricordo nella mente di Sakura, ricambiarlo.
La piccola Sakura aveva iniziato a urlare, sporgendosi e richiamando la sua attenzione.
Si risvegliò, fermandosi e prendendola in braccio.

Si accorse che, nell’allucinazione della ragazza, si stava consumando quella che lei avrebbe ricordato come la violenza che aveva subito.
Adesso lui sapeva che non era davvero avvenuta… ma faceva davvero tanta differenza? Nella mente della compagna quella violenza era reale, vivida.

L’uomo abbandonò la stanza dopo quelle parole, era evidente che si riferiva al suo alterego nell’illusione
Lui, invece, rimase lì finché Sakura, esausta, non svenne; e ancora, fino a quando, riaprendo gli occhi la prima cosa che vide fu proprio lui.
Solo allora si voltò e tornò all’albero di ciliegio con la piccola, non voleva assistere a quello che aveva compiuto in quella stanza.

 
Tornato all’albero si fermò ad osservarlo meglio; impose una mano sulla corteccia nodosa e si concentrò.
Ora poteva sentire come una presenta, un chakra oscuro, che piano a piano cresceva all’interno della coscienza di Sakura, come un veleno che a poco a poco si diffonde nell’organismo.

Fece un sorriso alla bambina che ancora gli stringeva il tessuto dei pantaloni e la salutò.
Chiuse gli occhi e, quando li riaprì, era di nuovo davanti a Sakura, seduto in mezzo alla radura.

Fece un profondo respiro e si prese qualche minuto per riflettere.
La ragazza era ancora intrappolata in quello stato di incoscienza, iniziato nel momento in cui aveva iniziato a precipitare nel vuoto.
Quando fu pronto si posizionò meglio di fronte a lei, mise la mano in posizione e sussurrò la parola “Rilascio

Quasi istantaneamente Sakura batté le palpebre e sembrò destarsi dal suo torpore.
«S-sasuke, cos’è successo? Dove siamo?»
Lei si guardava intorno confusa, mentre lui tirava un sospiro di sollievo: le sue intuizioni si erano rivelate giuste.

«Eri sotto effetto di un’arte illusoria, o meglio, un’arte simile.»
«Cosa?»
«Qual è l’ultima cosa che ricordi?»
Sakura sembrò doverci pensare un attimo, poi, con lo sguardo basso, si fece coraggio.

«Ricordo solo un sogno… Ecco quest’uomo mascherato che… beh, insomma…»
Sasuke le mise la mano sulla spalla; lei si sentì confortata da quel gesto e, allo stesso tempo, capì che per lui non c’era bisogno che entrasse troppo nei particolari.
«Ricordo poi quell’uomo che mi inseguiva e io scappavo… poi ricordo solo che nel sogno mi tuffavo nell’oceano. Poi più niente, solo buio.»
Ora lo guardava, cercando conforto e spiegazioni su quello che era successo.

«Ora ascoltami Sakura; credo di aver capito cosa ti stesse succedendo.
Credo, anzi, sono abbastanza sicuro, che quelli che tu vivevi come incubi fossero in realtà delle allucinazioni. Quell’uomo mascherato, con una strana tecnica, ha fatto in modo che il suo chakra rimanesse dentro di te e ti condizionasse.»

Non poteva crederci, davvero era successo tutto questo?

«C-come... come ci è riuscito?»
«Questo non lo so. So che può influenzare la trasmissione nervosa, ma non so fino a che punto.»
«Ha manovrato i miei pensieri…»
«Esatto»

Entrambi rimasero zitti a lungo, a pensare a tutte quelle nuove informazioni.
La rosa non riusciva a capacitarsene. Chiese a Sasuke di cos’altro era venuto a conoscenza mentre era svenuta, ma lui non aggiunse molto a ciò che aveva già detto.

«Come ti senti?»
Le chiese lui ad un certo punto.
«Molto meglio. È come se tutta la confusione che avevo in testa dall’inizio del viaggio se ne fosse andata»
Gli occhi smeraldini brillavano di nuovo alla fioca luce della luna e il viso era tornato raggiante e disteso.
Era contenta, si vedeva.

«Non ricordi ancora nulla vero? Di quando eri in quella casa»
«No, solo ricordi confusi»
Silenzio.

Sasuke sapeva di doverglielo dire, che non era stata stuprata. Ma non trovava le parole giuste per farlo.
Era una bella notizia, ma per lei quello che era successo, seppur fosse successo "solo" nella sua mente, era un qualcosa di reale.
Fu lei a rompere quella pesante assenza di parole.

«Ora l’ho capito, sai?»
Lui la guardò interrogativo, all’improvviso distolto dai suoi pensieri.
«Perché da quando siamo partiti mi hai sempre trattata male»

Si girò, cercando un punto all’orizzonte su cui focalizzare lo sguardo.
«Non capisco di cosa parli»
«E’ stato come tornare bambini… Forse se fossi stata lucida me ne sarei accorta prima»
La guardava con la coda dell’occhio, ancora girato.

«Volevi allontanarmi, farmi desistere. Probabilmente il tuo scopo, sin dall'inizio, era quello di farmi tornare al villaggio prima del tempo. Ho ragione?»
Non rispose.
Lei, invece, rise.
«Dovresti conoscermi ormai, non desisto tanto facilmente»

Si alzò, dandole le spalle.
Lei lo imitò, mettendosi dietro di lui.
Come aveva fatto ormai molti anni prima allargò le braccia e lo cinse in un leggero abbraccio.
«Soprattutto se si tratta di te»

All’inizio il corpo di lui era rigido sotto quel contatto, ma poi si abituò a quella vicinanza e lei lo sentì sciogliersi.
Portò la mano all’altezza delle sue, sfiorandogliele.
«Non potevo rischiare che…»
La frase finì nel silenzio, non aveva ancora la forza di dirlo; dire quanto in realtà tenesse a lei e quanta fatica aveva fatto per trattarla in quel modo.
Aveva ragione, era come quando erano bambini, e lui la allontanava per non mostrare e accettare i suoi sentimenti.
«Lo so, tranquillo»

Non lo avrebbe forzato a dire quello che provava. Ormai lo sapeva, non poteva essere altrimenti.
Si diede della stupida: non era in sé, ma aveva comunque dubitato di Sasuke.
Non avrebbe più fatto quell’errore.


Dopo diverso tempo, che parve a loro infinito, Sasuke sciolse quella presa e si girò verso di lei.
«Ti devo dire una cosa»

Lei lo stette ad ascoltare, mentre le raccontava di come fosse entrato nella sua coscienza e avesse visto tutto quello che le era successo.
Le disse quello che le avevano fatto e quello che non le avevano fatto.
Le disse anche cos'era successo quella notte, del suo tentativo di suicidio.
A quella spiegazione l’ultimo peso che gravava sull’animo di Sakura si sciolse: si piegò sulle ginocchia e iniziò a piangere dal sollievo.
Il ragazzo si abbassò al suo livello, sentiva di dover fare qualcosa.

Goffo, come se non sapesse come si facesse, le mise il braccio attorno al collo, avvicinandola a sé.
Sakura, a quel tentativo, gli strinse le braccia al collo, continuando a piangere e buttare fuori dal corpo tutto quello che si era accumulato in quelle settimane.
Sorpreso da quel gesto, spontaneo e improvviso, si ritrovò ad affondare il viso tra la spalla e il collo di lei, assaporando a pieno il suo profumo.
 
Ti difenderò da incubi e tristezze
Ti riparerò da inganni e maldicenze
E ti abbraccerò per darti forza sempre
Ti darò certezze contro le paure
Per vedere il mondo oltre quelle alture
Non temere nulla io sarò al tuo fianco
Con il mio mantello asciugherò il tuo pianto[1]
 
Esausti, erano tornati alla scogliera grazie al portale di Sasuke.
La ragazza era rimasta abbastanza scioccata nell’apprendere che si trovassero in un’altra dimensione e che fosse stato proprio il compagno a portarli lì, ma non aveva la forza (e la voglia) in quel momento, per indagare oltre.

Arrivati all’accampamento si erano rintanati nei sacchi a pelo nel tentativo di recuperare qualche ora di sonno.
Nonostante la stanchezza, però, Sakura non riusciva ad addormentarsi; continuava a girarsi e rigirarsi nel suo giaciglio, senza successo.

Dopo svariati minuti percepì poi Sasuke che, uscito dal sacco a pelo, si spostava e si posizionava a fianco a lei: le dava le spalle e in mezzo ai loro corpi si frapponeva la stoffa delle coperte, ma lei sentiva comunque la vicinanza dei loro corpi e, con quella sensazione di calore scivolò in un sonno felice e senza sogni.  

 
[1] Tratta dalla canzone di Marco Mengoni - Guerriero


Buongiorno a tutti! 
Ci ho messo un po' più del previsto a completare questo capitolo... Ci tenevo particolarmente a far trasparire gli stati d'animo di tutti e due e non tralasciare troppo la  trama e l'aspetto tecnico. Come sempre spero in un buon risultato!
Per quanto riguarda la canzone, non era in programma; mentre scrivevo però il ritornello mi è venuto in mente all'improvviso e ho voluto provare a inserirlo! 

Ringrazio tutte le persone che seguono la storia, qualsiasi recensione è molto ben accetta!
Nell'attesa del prossimo capitolo, vi auguro una buona giornata!

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

Chiuse impercettibilmente gli occhi, lasciando che il vento leggero gli scompigliasse le ciocche che gli coprivano il viso.
La sua compagna di viaggio rideva piano, divertita da un aneddoto che lei stessa gli stava raccontando.
Girandosi per guardarla pensò a quanto diversi e lontani gli apparivano i loro primi giorni di viaggio in confronto ad adesso; Sakura sorrideva, solare e positiva come quando era poco più di una ragazzina, incuriosita da tutto quello che vedeva e vogliosa di trasmettere quella curiosità e quella vitalità anche a lui.

Non poteva dire di sprigionare quella stessa energia, ma di sicuro di sentiva leggero: non doveva più comportarsi come prima, non doveva essere odioso e indifferente. Lei era riuscita a capirlo e ora Sasuke sentiva che non ci fosse nemmeno il bisogno di esternarle i propri sentimenti.
Si sentiva compreso, e questo lo rendeva felice.

Dalla fatidica notte erano ormai passati un paio di giorni; avevano continuato a camminare, tranquilli e senza una particolare fretta addosso.
Il paesaggio cominciava a cambiare e si iniziavano a delineare all’orizzonte le enormi montagne che circondavano il Villaggio della Nuvola.
La ragazza non aveva mai visitato quella parte del paese e si sentiva parecchio curiosa: chiedeva continuamente informazioni a Sasuke su questa o quella cosa, non solo del villaggio verso cui erano diretti, ma su tutto il Mondo Ninja, che lui aveva ampiamente esplorato.
Gli ricordava una particolare foto che gli aveva spedito, ricordandosi persino il periodo in cui l’aveva ricevuta; lui faceva finta di doverci pensare un po’, a volte sbagliando di proposito il posto in cui se l’era procurata. In realtà ricordava benissimo di tutti i posti, ma non voleva scoprire troppo le sue carte, da bravo Uchiha qual era.

Era difficile per lui cambiare di punto in bianco; sapeva che non era questo che Sakura gli stava chiedendo, ma lui avrebbe voluto farlo, davvero.
Semplicemente non ci riusciva.
La cosa però non lo preoccupava, si sarebbe preso il suo tempo e, pian piano, sarebbe riuscito a dimostrarle il suo affetto.


Nella pausa pranzo del terzo giorno decisero di accelerare il passo, era da giorni che non facevano rifornimento di provviste e, con un po’ di fortuna, sarebbero arrivati al Villaggio entro sera.
Erano d’accordo sul fatto che fosse inutile passare un’altra notte all’aperto: le montagne incanalavano una l’aria in forti correnti, rendendo le ore notturne fredde e per niente tranquille.
Camminarono di buona lena e, come previsto, arrivarono al villaggio per l’ora di cena.

Presero due camere in una locanda in periferia e, dopo aver sistemato le cose nelle rispettive stanze, si ritrovarono per cena.
Come al solito, mangiarono in silenzio, facendo solo brevi commenti sul posto e sul cibo.
Sakura poi si congedò appena terminato il pasto: voleva approfittarne per rilassarsi e farsi una doccia calda prima di andare a dormire. Il compagno la seguì fino alla porta della sua stanza e poi si diedero la buonanotte.
Come aveva programmato, l’Haruno si rilassò completamente, coccolandosi un po’ dopo tutti quei giorni di viaggio.

Ripensando alla sera in cui Sasuke le era piombato in casa e lei l’aveva accolto in accappatoio le sembrava passato un secolo, e un’eternità se pensava alla lettera insanguinata consegnatale da Takami.
E ora eccola lì, nella stanza accanto a quella di Sasuke.
Fu proprio quello però a non farle prendere sonno.
Ormai si sentiva completamente complice del ragazzo e saperlo così “lontano” da lei non la rendeva sicura.

Si mise la vestaglia data in dotazione dalla locanda e uscì sul piccolo balconcino, con l’intento di prendere una boccata d’aria.
Fu sorpresa di trovare lì anche lo stesso Sasuke: i loro balconi erano comunicanti e lui se ne stava seduto sulla ringhiera, con una gamba a penzoloni, a fissare il cielo notturno.
«Non riesci a dormire?»
Le chiese semplicemente.

Lei scosse la testa.
«Forse sono troppo abituata a dormire per terra ormai»
“O forse mi manchi tu”

«Inizio a pensare che tu abbia un serio problema di insonnia, sai?»
Lei rise nervosa, portandosi una mano dietro la testa; le faceva uno strano effetto che Sasuke provasse a scherzare con lei: il tono fermo e neutro era in netto contrasto con la sua intenzione di apparire “simpatico”.

Nel silenzio, poi, ripensando alla sua infanzia, sorrise divertita.
«Dubito che sia stato io a farti ridere così»
«Scusami, è che ripensavo alla mia infanzia» vedendo che la guardava incuriosito diede voce ai suoi pensieri.
«Mia mamma mi racconta spesso che da piccola facevo fatica a dormire, stavo sveglia per ore! Lei e mio padre stavano per uscirne matti, le provarono tutte! Tra questi tentativi decisero di provare, sotto consiglio di un’amica di mia madre, di comprare un libro di favole: solo con quello mi addormentavo.
A quel punto mi addormentavo talmente in fretta che mia mamma era costretta a rileggere sempre le stesse prime dieci righe!»

Sorrise malinconica pensando ai suoi genitori, alla sua infanzia e sentendo per la prima volta la lontananza dal villaggio.
Guardando Sasuke si accorse che anche lui aveva lo stesso suo sguardo triste, probabilmente rivolto a un passato lontano e ancora più distante del suo.
Fece per scusarsi per aver rattristato l’atmosfera, ma lui scosse piano la testa, scendendo dalla ringhiera e scavalcando il divisorio che separava i due spazi.

Si avvicinò a lei, appoggiandosi però alla sporgenza e continuando a guardare il cielo.
«Anche mio fratello mi raccontava delle storie, quando ero piccolo.»
Sakura stette in religioso silenzio, ad ascoltare quelle prime parole sul conto di quel fratello tanto misterioso ai suoi occhi.
«Mi calmava sempre starlo ad ascoltare.»
Pronunciate quelle parole, Sasuke si voltò e tornò nella sua stanza, senza dirle niente.

Trattenuta, nemmeno lei sapeva da cosa, rimase lì a fissare il vuoto.
Dopo pochi minuti l’Uchiha era di ritorno, con una coperta di pile in mano.
Scavalcò di nuovo il divisorio e si sedette con le spalle contro il muro, sistemando la coperta e invitandola a sedersi lì con lui.
Sakura non se lo fece ripetere due volte e si sistemò vicino a lui sotto il caldo della coperta.

Il buio della notte non poté nascondere un leggero rossore sulle gote del ragazzo; non sapeva se fosse dovuto alla vicinanza dei loro corpi o a quello che stava per fare, ma Sakura lo trovò adorabile, per quanto cozzasse con l’immagine che lei (e tutti) avevano di lui.
Sasuke si schiarì la voce con un piccolo colpo di tosse e, fissando la luna, iniziò a raccontare.

«Tanto, tanto tempo fa, arrivò nel nostro mondo una donna bellissima: aveva capelli grigio-azzurri, pelle diafana e occhi bianco ghiaccio.
La sua bellezza era seconda solo alla forza straordinaria di cui era dotata, un fatto raro per ogni umano a quell’epoca.
Venne accolta in un piccolo villaggio, in cui si stabilì. In quel luogo trovò la compagnia di un giovane imperatore; passavano molto del loro tempo assieme e possiamo dire che questo gettò le basi per quello che si tramutò in un legame molto profondo.
In quell’epoca di conflitti e guerre, però, il loro amore non era destinato a durare.»

La rosa lo guardava rapito, mentre lui continuava a fissare la luna.

«L’imperatore fu messo in una difficile posizione: il regno avversario voleva la testa della donna, che aveva decimato i loro uomini durante un’imboscata.
L’uomo decise che, per salvare il suo popolo, avrebbe dovuto uccidere quella donna.
Ferita e tradita dall’uomo che amava si diresse verso l’albero divino; lì uccise chiunque le si parasse davanti, comprese le schiere del villaggio che l’aveva accolta e persino l’Imperatore stesso.
Quando lo scontro finì si cibò del frutto dell’albero, diventando l’essere più potente al mondo e, soprattutto, il promo essere dotato di Chakra.
Qualche mese dopo il mondo accolse i primi vagiti dei due fratelli Hagoromo e Hamura»

Sentendo la testa di Sakura sulla spalla abbassò lo sguardo: aveva gli occhi socchiusi, le palpebre pesanti per la stanchezza.
«E poi…?»
Gli chiede, debolmente.
«Te lo racconto la prossima volta»
Ma lei non lo stava già più ascoltando, era crollata.

In quel momento a Sasuke ricordò quella piccola bambina che aveva incontrato nei meandri della sua memoria; le sembrava così piccola e indifesa che non poté non smuovergli qualcosa dentro.
*
 
Si risvegliò nel calore del suo letto, avvolta nelle coperte, quando il sole era già alto.
Ripensando alla notte prima sorrise e, dentro di lei, fece i salti di gioia. Era a dir poco entusiasta!
Si vestì e si preparò in fretta, nella speranza di fare colazione con Sasuke, ma quando bussò alla porta della sua camera non le rispose nessuno.
Scendendo era stata fermata dalla proprietaria: il ragazzo aveva lasciato detto che si sarebbe occupato di alcune faccende e che sarebbe tornato per l’ora di pranzo.

All’inizio si sentì un po’ abbandonata a sè stessa, ma, pensandoci bene, si convinse che non era così male prendersi una mezza giornata solo per lei, anzi.
Fece una colazione abbondante alla locanda e poi esplorò in lungo e in largo il Villaggio, visitando negozi e chiacchierando con la gente del posto.

Già la sera prima era rimasta rapita della particolare architettura del posto, e ora poteva girare in lungo e in largo, soddisfacendo la propria curiosità.
I negozi, le case, i locali, erano tutti situati in strutture complesse, alcune disposte tutt’attorno al profilo delle montagne, altre ancorate su un lato e altre ancora direttamente sulla sommità, al posto della punta: ogni monte sorreggeva un complesso di almeno due piani, collegati tra loro da scale disposte a intervalli regolari. Uscendo all’esterno tramite appositi portoni si poteva passare da un complesso all’altro grazie a ponti solidi e robusti.

Al loro arrivo erano praticamente atterrati sulla piattaforma del primo monte che avevano incontrato, da lì erano discesi nella struttura, alla ricerca della prima locanda disponibile.
Sasuke le aveva spiegato che quelle piattaforme erano ad utilizzo quasi esclusivo dei ninja per gli spostamenti e che da lì, di giorno e con tempo favorevole, si godeva di un’ottima vista sull’intero villaggio.
Ed era proprio lì che era diretta.

Appena vi fu sopra il panorama le tolse il fiato: il suo campo visivo era occupato quasi interamente dalle montagne del posto, la maggior parte delle quali erano circondate da nuvole bianche come il latte. Davanti a lei, imponente, si stagliava la magione del Raikage: un edificio a dir poco enorme, situato attorno al monte più alto.
Era talmente rapita da quella vista che si accorse con un leggero ritardo della presenza di Sasuke proprio sopra di lei: il ragazzo stava sorvolando la struttura sul dorso di Garuda e, appena l’aveva vista, si era lasciato cadere sulla piattaforma, atterrando a pochi passi da lei.

Sakura lo salutò gioviale, prendendolo sottobraccio e praticamente trascinandolo a un locale che aveva scoperto nel suo giro mattutino.
Solo mentre aspettavano le loro ordinazioni gli chiese dove fosse stato.
«Dovevo incontrare un informatore da Konoha, mi servono le loro novità sul caso prima del nostro incontro con il Raikage»
Non le disse altro, spiegandole che preferiva ripetere tutto una volta sola durante il loro incontro.

Lei iniziò ad essere irrequieta; quei giorni erano stati una vera e propria fuga da tutto e riportare alla mente i vari combattimenti, sequestri, torture…
Un colpo di tosse di Sasuke la riportò alla realtà e, sorridendogli, si concentrò sul piatto che la cameriera le aveva appena messo davanti.
 
*
 
Mentre attraversavano i molti corridoi che portavano all’ufficio del Raikage, Sakura si accorse che l’Uchiha sembrava godere di una certa notorietà: al loro passaggio qualcuno si faceva da parte abbassando la testa, qualcun altro si avvicinava e lo salutava con riverenza… Insomma, nessuno lo ignorava.
Le spiegò che aveva spesso collaborato con i ninja della Nuvola in quegli anni e che, per via diretta o indiretta, che gli piacesse o meno, era conosciuto ormai da tutti lì dentro.

«Direi che il tuo viaggio di redenzione ha dato i suoi frutti, eh?»
«E’ merito di Kakashi. Grazie a degli accordi che ha preso con gli altre Kage ho ottenuto una specie di lasciapassare; in questo modo posso viaggiare liberamente e posso ricevere e accettare missioni da tutti i paesi. Non sono vincolato solo alle missioni che vengono richieste a Konoha, insomma.
Mi è capitato spesso di lavorare con il Villaggio della Nuvola, anche per missioni di supporto e salvataggio, per questo sono abbastanza conosciuto.»

Non si vantava affatto della sua posizione, anzi sembrava seccato da tutta quella notorietà. Lui era il tipo che agiva nell’ombra, solitario e silenzioso.
Aveva però scendere a compromessi se voleva riscattare il suo nome e quello del suo clan e, suo malgrado, accettare quel po’ di popolarità che lo aveva travolto dopo la Grande Guerra e le sue gesta.

Arrivati in prossimità della Sala Principale incontrarono Darui, che si offrì di accompagnarli dal Raikage; era una piacevole compagnia a detta di Sakura, che fu felice di parlare con uno degli amici di Karui ed ex-compagno di battaglia.
Di fronte alla porta il ragazzo ebbe un momento di esitazione.

«Pronto?» Lo disse quasi sospirando, rivolto a Sasuke.
L’altro rispose con un accenno e, spostandosi di lato e mettendo una mano davanti a Sakura per farla spostare, aprì la porta.
Appena questa fu totalmente aperta una figura imponente circondata dal chakra del fulmine si materializzò di fronte a loro, pronta a sferrare un pugno contro l’Uchiha.
Questi, svelto e preparato, schivò il colpo, sfoderando la spada e preparandosi al contrattacco.

Il ninja, che altri non era che il Raikage stesso, lanciò un urlo di battaglia, sferrando un altro colpo, prontamente parato dall’avversario.
Velocissimo A si riprese e con tutta la sua velocità riuscì a colpire Sasuke, scaraventandolo fuori dalle vetrate dell’ufficio.
«Ahaha! Non riuscirai a battermi questa volta, Uchiha!»
All’improvviso la scrivania dietro l’omone si materializzò al posto del ragazzo, permettendogli di colpirlo alle spalle.

Stava per correre a fermarli, quando si sentì trattenere da Darui.
«Perdonali. Tutte le volte che Sasuke viene qui per una missione ingaggiano questo ridicolo spettacolo»
Sembrava seccato, soprattutto per la confusione che stavano creando, ma di sicuro non era preoccupato per la loro incolumità.
Le fece un cenno e si allontanarono per cercare degli addetti che mettessero in ordine una volta finito lo scontro, a detta di Darui tanto avrebbero comunque dovuto aspettare e tanto valeva portarsi avanti.
 
Buongiorno a tutti!
Cercando di fare qualcosa di positivo durante questa quarantena  ho deciso di portarmi avanti e scrivere un bel po' (ho persino avuto tempo di sperimentare un altro progetto XD).
Devo dire che ho faticato un po' a descrivere il paesaggio del Villaggio, ma a parte questo sono abbastanza soddisfatta (spero di non essere andata troppo OOC con i personaggi...)
Cercherò di pubblicare il prossimo capitolo il prima possibile e, nel frattempo, vi ringrazio moltissimo per aver supportato la storia fino a questo primo capitolo a due cifre! 
Grazie a tutti e buona giornata :D

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

Lo scontro era finito poco dopo, con la vittoria di Sasuke, che aveva concluso il combattimento con il filo della lama puntato alla gola dell’avversario.
Tra una risata del Raikage e l’altra, la stanza era stata sistemata in tutta fretta e si erano quindi potuti sedere tutti e quattro davanti a una buona tazza di thè.

«Andrò dritto al punto» Esclamò l’Uchiha dopo un breve sorso della bevanda fumante «Durante il mio viaggio sono stato attaccato da dei ninja della Nuvola.»
Subito A si infervorò, dicendo che lui non aveva autorizzato nulla del genere.
Sasuke lo fermò calmo con un gesto della mano, a quanto pareva aveva imparato a conoscere il carattere impulsivo ed esplosivo del Kage del fulmine.
«Non ne dubitavo affatto; di sicuro è stato un attacco organizzato da qualche disertore. Rimane il fatto che quei ninja appartengono al tuo villaggio e io vorrei indagare su chi possa essere stato.»

Fece una pausa, mentre scriveva i nomi dei ninja che li avevano aggrediti con un paio di caratteristiche «Inoltre, non solo hanno attaccato me, ma hanno rapito la qui presente Sakura Haruno»
Fece una pausa, come per attendere che l’attenzione di Darui che A, che avevano gli occhi puntati sulla compagna, tornasse a lui.
«Ricorderai che lei è l’allieva del Quinto Hokage»
L’uomo annuì grave. Nutriva un profondo rispetto per Tsunade, soprattutto dopo il loro scontro con Madara durante la Guerra; questo rispetto lo portava, quasi inconsciamente, a proiettare un senso di riguardo anche verso Sakura.

«È un affronto imperdonabile. Mi occuperò personalmente di rintracciare questi ninja»
«Qui purtroppo sorge il primo problema. Purtroppo, a causa degli eventi, io e Sakura abbiamo dovuto uccidere alcuni degli aggressori.»
«Capisco. Quindi sei qui per capire chi li ha assoldati?»
Sasuke annuì, per poi continuare.

«In tutto i ninja di cui abbiamo accertato il decesso sono sei: quando sono stato aggredito ho appurato la presenza di quattro ninja; uno l’ho eliminato io al loro primo attacco, mentre agli altri tre ci ha pensato Sakura alcuni giorni dopo.
Nel luogo in cui l’hanno portata ce n’erano altri due, di cui mi sono occupato. Rimane però un ninja, un uomo mascherato, che credo sia quello che ha architettato tutto.»
Mentre lo ascoltava il Raikage leggeva i nomi e le caratteristiche sul foglio.
«Alcuni di questi nomi mi sono familiari… Darui, vai a recuperare informazioni su questi ninja e portaci i fascicoli. Mi raccomando, massima segretezza.»
Il ragazzo prese il foglio e uscì dalla stanza.

«Dalla Foglia non mi sono arrivate molte informazioni rilevanti, purtroppo le loro ricerche sono state un buco nell’acqua.»
«Ritieni di dover coinvolgere gli altri Kage?»
«Per il momento no. Non sono ninja di alto livello, a parte il capo; e credo di essere io il loro obiettivo principale, quindi non costituiscono un problema tanto da intaccare la sicurezza dei Villaggi»
Sakura li osservava attentamente scambiarsi informazioni; non avrebbe mai immaginato di vederli parlare tranquillamente visti i trascorsi che avevano avuto prima della Guerra.
Sapeva che Sasuke era stato perdonato, ma vederlo così, le scaldò il cuore. Sentiva che anche lui aveva finalmente trovato il suo posto nel mondo.

«Il ninja mascherato ha un’abilità molto particolare: può controllare la trasmissione nervosa e, forse tramite questa peculiarità, generare illusioni nella mente. Vi raccomando la massima cautela con lui.»
A sembrava incuriosito da questa tecnica così peculiare, ma non ricordava nessuno che fosse in grado di padroneggiarla.

Avevano continuato a parlare dei dettagli degli scontri fino al ritorno di Darui: il ragazzo si era fatto accompagnare da un ritrattista, che avrebbe disegnato i volti dei ninja, per poi confrontarli con i loro sottoposti e con gli abitanti del villaggio.
Fu un processo molto lungo e stancante, soprattutto per Sakura. Non scordava mai un volto dopo averne visto uno, ma descriverlo così nel dettaglio era davvero una pratica estenuante.
Più volte si sentì osservata da Sasuke, ma cercò di rimanere concentrata il più possibile.

«Ora dimmi Sasuke, sono curioso. Da quanto ho capito questi ninja non erano di livello elevato; come hanno fatto a metterti KO?»
Il ritrattista era ancora lì e il Raikage aveva deciso di intrattenersi punzecchiando un po’ Sasuke, intanto che Sakura descriveva il viso di Hitomi, l’omone armato d’ascia.
«La domanda è legittima, ma vorrei che queste informazioni rimanessero confidenziali» i due ninja annuirono e lo lasciarono proseguire in silenzio «Durante il mio viaggio ho scoperto alcune nuove abilità del Rinnegan, abilità che ho deciso di allenare e migliorare. Tra queste ce n’è una particolare, che mi permette di creare dei portali che mi consentono di viaggiare attraverso le dimensioni create da Kaguya, e non solo. Sakura ne è stata testimone»
Sentendosi chiamata in causa, la ragazza si voltò. Ricordava perfettamente quel portale violaceo che li aveva ricondotti alla scogliera solo pochi giorni prima.

Prima che qualcuno potesse prendere parola, Sasuke attivò l’occhio sinistro e, davanti a tutti, comparì il portale che aveva appena descritto.
Ci si avvicinò e lo oltrepassò; dopo pochi secondi era di ritorno, con in mano un pugno di sabbia dorata.
«Questa tecnica richiede una gran quantità di chakra e, purtroppo, non sono ancora in grado di decidere con grande precisione dove andare. Padroneggiare questi portali potrebbe essere la chiave per capire di più su Kaguya e il clan Ootsutsuki.
Per questo, in quei giorni, avevo deciso di testare i miei limiti per capire quanti portali potessi aprire e per quanto.»
A chinò il capo pensieroso.

«E loro ti hanno attaccato»
«Esatto, mi hanno teso un’imboscata appena uscito dal terzo portale. Non so se abbiano solo avuto fortuna o se tra di loro uno di questi ninja ce ne fosse uno con particolari abilità sensitive.»
«Cercherò di indagare anche su questo fronte. Voi restate pure qui al villaggio, io manderò Darui e pochi fidati a indagare su questi ninja e sulle loro famiglie o relazioni. Se il loro obiettivo sono i tuoi poteri oculari rimanere qui per te sarà una sicurezza in più.»
«Non mi serve sicurezza, lo sai bene. Voglio solo informazioni sul nemico»

Aspettarono che Sakura finisse con l’ultimo ritratto e poi si congedarono, diretti verso la locanda.
Quell’incontro aveva occupato loro tutto il pomeriggio, tant’è che, una volta usciti all’esterno, furono accolti dal buio della sera.
Cenarono alla taverna e poi si diressero ognuno nelle proprie stanze.
 
*

Nell’oscurità della propria camera, Sasuke continuava e pensare e ripensare alla sua riunione con il Raikage.
O meglio, era quello che avrebbe voluto fare.
Appena chiudeva gli occhi l’unica figura che gli compariva di fronte, era Sakura.

Non poteva non pensare a come, quel pomeriggio, non aveva fatto che guardarla, mentre descriveva i ninja che l’avevano attaccato.
La guardava, mentre sovrappensiero si sistemava una ciocca ribelle dietro all’orecchio, mentre si portava l’indice e il medio al mento, pensosa. O ancora, mentre si mordeva il labbro nel tentativo di ricordare se le sopracciglia erano più o meno distanti di come il ragazzo le aveva disegnate.

Scosse la testa.
Doveva concentrarsi, rivedere tutte le loro informazioni e stabilire una tabella di marcia.

Un respiro profondo.

Sapeva da tempo, ormai, di provare qualcosa di più di una semplice amicizia per la ragazza dai capelli rosa; lo sapeva, e lo aveva accettato.
L’aveva resa parte di un qualcosa (nemmeno lui sapeva di cosa) con quelle foto; un tentativo un po’ patetico, se ne rendeva conto.
Poi, però, l’aveva vista fragile e distrutta, mentre la salvava dai suoi rapitori.
Ma poteva dire di averla salvata? Insomma, era stato lui a metterla in pericolo, dopo tutto.
Era stato in quel momento che aveva deciso di allontanarla, di nuovo. Le avrebbe fatto male, ma meno di qualsiasi altra cosa che le sarebbe potuta capitare con lui, ne era sicuro.

Un altro respiro.

E invece, prima che se ne rendesse conto, se l’era ritrovata abbracciata a lui, mentre gli diceva, di nuovo, che non l’avrebbe mai abbandonato.
Non ricordava da quanto tempo non sentisse un calore e un affetto simile.
Ed ora, eccolo lì. A raccontare favole della buonanotte e a ricambiare ogni suo sorriso.
Cosa doveva fare? Doveva forse assecondare quella strana sensazione di leggerezza e pesantezza, di felicità e ansia, di mente vuota ma allo stesso tempo piena di pensieri?

Un ultimo respiro

Chiuse di nuovo gli occhi, cercando di immaginare egli stesso i volti di quei ninja e quello del loro capo.
Li aveva davanti, uno ad uno. Ripensò alle loro mosse e alle loro azioni, ai loro obiettivi.
La risata di Sakura, però, irruppe forte e violenta nelle sue orecchie e nella sua mente, a distoglierlo, ancora, dai suoi pensieri.
Si sedette veloce sul letto, guardandosi attorno. Come se la voce che avesse appena sentito provenisse da un angolo della sua camera.

Ma, ovviamente, era solo.
E, mentre con il pollice e l’indice si massaggiava gli occhi, si alzò per uscire sul balconcino.
Aveva bisogno di aria per rinfrescarsi le idee.
La luna illuminava il cielo notturno, e la leggera brezza lo svegliò di colpo.

«Buonasera, Sasuke-kun»

Si girò, preso alla sprovvista.
Sakura era seduta sul suo balcone, con la schiena al muro, avvolta in una coperta.
Teneva in mano una tazza fumante e, al suo fianco, poteva vedere un’altra coperta, accuratamente piegata.
«Era ora che arrivassi, eh?»
«Ci eravamo dati appuntamento?»

Era come sorpreso, sia di averla trovata lì, sia di quell’appunto fatto con un sorriso.
«In realtà no, ma ero sicura che saresti venuto»
Non poté non ricambiare il suo sorriso, più contagioso di qualsiasi risata; con un gesto agile e fluido, come la sera prima, scavalcò il divisorio e le si sedette vicino, avvolgendosi nella coperta.
«Ancora problemi a dormire?»
«Ad essere sincera no, volevo solo stare con te.
Mi mancavi»

Quella risposta, candida e sincera, lo spiazzò.
Erano stati insieme tutto il pomeriggio e anche a cena; qualunque persona, incluso lui, avrebbe pensato che era un po’ eccessivo parlare di mancanza in un contesto del genere.
Poi la guardò meglio, e realizzò che quel calore crescente che sentiva nel petto voleva dire che anche lui aveva sentito la sua mancanza, in quelle poche ore di lontananza.
«Mi fa strano dormire così lontani… Non mi fraintendere eh! Però sai, mi ero abituata a sentirti dormire, e…»

Non seppe nemmeno lui cosa lo spinse a farlo, ma si ritrovò a prendere il mento di Sakura con la mano e avvicinarlo al suo viso, mentre piano chiudeva gli occhi.
Un gesto così spontaneo e dolce, che colpì persino lui.
Sentiva il respiro di Sakura sul suo viso, sentiva la sua agitazione e la sua emozione crescere.
Annullò la distanza tra di loro, poggiando le sue labbra su quelle di lei.
Percepì la sorpresa iniziale di lei, che però durò appena un attimo: con gli occhi ancora chiusi, la sentì premere le labbra contro le sue, desiderosa di quel contatto.
Era un bacio casto, puro e semplice.

Quando misero di nuovo qualche centimetro tra di loro, aprirono gli occhi, come a voler leggere le emozioni dell’altro.
Sakura aveva gli occhi lucidi, mentre Sasuke sembrava quasi sorpreso di quello che aveva appena fatto.
Si voltò di scatto, per nascondere forse un lieve imbarazzo che gli colorava le guance.
Era come se quel bacio avesse aperto la porta di un mondo, anzi, di un universo intero. E lui ora voleva esplorarlo, tutto.

Ma al sol pensiero si sentiva in imbarazzo, quasi sporco.
Era un uomo ormai, lo sapeva bene; ma mai gli era capitato di lasciarsi andare a simili pensieri.
Era tutto nuovo per lui.

Al contrario suo, Sakura aveva spesso pensato a un loro primo bacio, ad una notte assieme… Sognava Sasuke da una vita e ora, era lì con lei.
E le aveva dato un bacio.
Posò la tazza e si alzò, tendendogli la mano.
Il moro si girò appena e, quando vide che anche lei era girava, a guardare l’orizzonte, afferrò la sua mano e si alzò.
Sakura sapeva bene che probabilmente lui si sentiva imbarazzato dalla situazione, e non gli avrebbe messo altra pressione addosso; avrebbe rispettato il suo non voler essere guardato.

Lo guidò all’interno della stanza, scostò le coperte e si sdraiò.
Solo allora lo guardò negli occhi e gli fece cenno di sdraiarsi con lei.
Sasuke, non capendo le sue intenzioni, decise comunque di fidarsi e si sdraiò al suo fianco.

Sakura si accoccolò subito vicino a lui, godendo del calore del suo corpo, inspirando profondamente il suo profumo.
«Ho sempre sognato di poter dormire con te, Sasuke-kun»

Come riusciva ad essere così dolce e spontanea? Invidiava un po’ questa sua capacità, di riuscire a dire sempre la cosa giusta al momento giusto, e anche l’influenza che aveva su di lui.
Doveva ammetterlo, dopo una confessione del genere, per quanto potesse sembrare insignificante o sdolcinata, lui non se ne sarebbe mai andato.
Le cinse il corpo con il braccio, portandola ancora più vicina a sé, così da potersi beare anche lui di quel contatto e di quella vicinanza.
Senza aggiungere nient’altro si addormentarono, l’uno nella braccia dell’altro.
 
*
 
Aperti gli occhi, Sakura si era trovata di fronte a uno spettacolo che fino a non molto tempo prima credeva sarebbe rimasto solo il sogno di una ragazzina: Sasuke dormiva ancora sereno, abbracciato a lei, con la bocca socchiusa e qualche ciocca color pece, ribelle, gli cadeva sulle palpebre.
Arrossì, al pensiero che i loro nasi si stavano praticamente sfiorando, talmente i loro volti erano vicini.
Si erano addormentati abbracciati, e così erano rimasti, magicamente, per tutta la notte.

Il tempo di chiudere gli occhi e fissarsi quell’immagine nella mente, che quando li riaprì trovò le iridi di lui puntate sulle sue.
Erano ancora vicini, molto vicini. Forse troppo, considerando che non sapeva cosa fare o cosa dire.
Appena la vide arrossire e spostare lo sguardo, nervosa, Sasuke non ebbe nessun dubbio, invece.

Tolse il braccio dalla sua schiena e gli portò la mano dietro alla nuca, avvicinandola a lui.
Sakura chiuse gli occhi, per poi sentire le labbra di lui premute sulla fronte, proprio in corrispondenza del suo sigillo.
Quando si staccarono e i loro sguardi si incrociarono di nuovo lei non ebbe più nessuna incertezza: niente per lui sarebbe sembrato inappropriato o fastidioso adesso.

Gli diede un leggero bacio sulla guancia, e poi si alzò a sedere, stiracchiandosi come un gatto, e sorridendogli dolce.
«Buongiorno, Sasuke-kun»
«Buongiorno»
 

Sasuke era poi tornato in camera sua, per dare il tempo e la privacy ad entrambi di cambiarsi e darsi una rinfrescata.
Si incontrarono poi per la colazione e, insieme, uscirono dalla locanda per una passeggiata.
La giornata trascorse tranquilla e piacevole, tra visite a diversi negozi e un pranzo al sacco consumato sulla sommità di uno dei monti del Villaggio.

Fu al rientro per la cena che incrociarono Darui, appoggiato alla parete della locanda: il Raikage lo aveva mandato ad informarli che erano invitati nei suoi alloggi quella sera, per bere qualcosa dopo cena e fare due parole.
Sasuke non era molto propenso ad accettare; conosceva il Raikage e sapeva bene che l’invito era volto più al bere che a intavolare una conversazione sensata.
Stava quindi per declinare, ma Sakura, senza consultarlo, aveva accettato, entusiasta.

Darui, cortese come sempre, li ringraziò a nome suo e di A e diede loro i dettagli su ora e luogo.
Dopo che se ne fu andato, Sasuke si lasciò scappare un sospiro.
«Eddai, Sasuke-kun. Sarebbe stato scortese declinare!»
Non che gli importasse molto del galateo, soprattutto in questi casi. Poté solo sperare che Sakura reggesse l’alcool quanto la sua Sensei, o almeno, quanto il Raikage.

*

«E quindi anche lei voleva uccidere Sas’ke-kun quella volta?»
«Oh ci puoi scommettere! Ero a tanto così da staccargli la testa!»
No. Non reggeva l’alcol.

«E lo guardi ora, fa quasi tenerezza!» nel dirlo gli mise un braccio attorno al collo e con l’altra mano gli prese la guancia tra le dita.
Decisamente no, non reggeva l’alcol.

Il Raikage intanto, se la rideva come un pazzo vedendolo alla mercé della ragazza.
Lui invece non si sentiva molto a suo agio, anzi, per niente.
Per sua fortuna, Darui, vedendolo in difficoltà, lo strappò dalla discussione e lo portò in un angolo della saletta, a bere un bicchiere con lui.
Parlarono civilmente, aiutati da qualche sorso di sakè che rendeva entrambi un po’ più socievoli del solito.

Al contrario, Sakura e il Raikage erano decisamene alticci, se non ubriachi, e ridevano e scherzavano come due vecchi compari, mentre le bottiglie vuote si accumulavano sul tavolino del loro ospite. Ogni tanto poi, lo indicavano, bisbigliavano qualcosa, e poi scoppiavano a ridere.
Dovette ammettere che si sentiva leggermente seccato dalla situazione, per fortuna però, con diversi bicchieri di liquore sullo stomaco, riuscì a non retta a quel sentimento, nuovo e sconosciuto.
Ad una certa però, Sasuke decise che era meglio mettere fine a quel siparietto, o si sarebbe ritrovato con una Sakura sbronza al limite della decenza.
Ringraziando A e Darui per l’ospitalità, l’aveva presa e l’aveva condotta verso la porta, con il Raikage che urlava che si era fatta onore al pari della sua maestra.

Non fu molto semplice portarla in giro in quello stato: a malapena si reggeva in piedi e non faceva che farneticare cose senza senso.
Arrivati alla locanda decise che prenderla in braccio era l’opzione migliore per farle fare le scale e, alla fine, la accompagnò finché non fu seduta sul suo letto.
«Cerca di dormire, mi raccomando»
Fece per allontanarsi e andare nella sua stanza, ma la mano di lei gli afferrò la camicia, richiamandolo al suo fianco.

Tornò sui suoi passi, abbassandosi leggermente per guardarla negli occhi.
Appena le fu abbastanza vicino, Sakura si buttò su di lui, appendendosi al suo collo e baciandolo con fervore.
Sasuke era totalmente scioccato dalla reazione di lei: continuava a baciarlo e, come se non bastasse, le sue mani si erano staccate dal suo collo e avevano iniziato a vagare, fino ad arrivare ai suoi glutei.
«Sas’ke-kun…»

La sua bocca si era staccata da quella del ragazzo, e ora percorreva la sua guancia, giù lungo il collo, depositando dei piccoli morsi sulla pelle diafana.
L’Uchiha, preso alla sprovvista, non sapeva proprio come reagire. Maledì il Raikage mentalmente per quella serata fin troppo alcolica, e cercò di trovare una soluzione a quella “spiacevole” situazione.

Una parte di lui, per quanto piccola, avrebbe voluto ricambiare quei baci, toccarla, prenderla in braccio e portarla su quel letto e farla sua.
Le mise il braccio attorno alla vita e la strinse a sé; si riempì le narici del suo profumo e con le guance sentì la morbidezza della sua pelle.
Ma, lo sapeva bene, non era quello il momento.

Dopo aver goduto di quel breve attimo rubato, decise che doveva staccarsi da lei.
«Sakura, fermati!»
Cercò allora di mettere dello spazio tra loro due, anche se con scarsi risultati: sembrava proprio che Sakura non volesse saperne di allontanarsi da lui.
Si aggrappò con forza alla camicia, baciandolo quasi disperata, come se le sue labbra fossero l’unico apporto di ossigeno in fondo all’oceano.

All’ennesimo tentativo però, fu lei, all’improvviso, a staccarsi e a buttarsi sul letto, in preda a un attacco di tristezza.
«Lo sapevo… tu non mi vuoi…»
Il ragazzo sospirò, sedendosi vicino a lei e mettendole la mano sulla gamba.
«Adesso non sei in te, per favore»
La rosa corse in bagno, chiudendosi la porta dietro con forza, lasciandolo da solo seduto sul letto.
 

Sasuke si prese la testa nel palmo della mano, ancora scosso dalla foga della compagna.
Sentiva ancora il suo sapore sulla bocca, le sue mani addosso, e il suo respiro affannato vicino all’orecchio.
Si riscosse, deciso ad avvicinarsi alla porta per provare a parlarle e convincerla a mettersi a letto.

Sakura però non sembrava volergli aprire dopo il suo “rifiuto”.
«Andiamo Sakura, apri»
In sua risposta sentì solo un rumore abbastanza inconfondibile, seguito dallo scarico del water.
Entrò comunque e, con pazienza, si sedette vicino a lei: le prese i capelli e glieli scostò dal viso, appoggiando poi il braccio mutilato alla sua schiena, cercando di confortarla.
Rimasero lì per un po’, poi, quando lei sembrò stare meglio, la aiutò a svestirsi e a farsi una doccia.
Dell’acqua calda, ne era certo, l’avrebbe aiutata a riprendersi.
O almeno, quella era l’intenzione.

Da quando l’aveva svestita Sakura sembrava aver dimenticato come si stesse in piedi senza rischiare un trauma cranico; le gambe cedevano sotto il suo peso e sembrava sul procinto di cadere ogni volta che lui provava a lasciarla.
Decise che a mali estremi doveva ricorrere a estremi rimedi.
Entrò in doccia con lei, ancora vestito, e la aiutò a sorreggersi, mentre cercava di lavarle i capelli e la schiena.

Aveva deciso, saggiamente, di lasciarle addosso almeno la biancheria intima; dopo quel siparietto di prima non credeva sarebbe stato molto appropriato approfittare della situazione.
Si sentiva in una condizione completamente diversa da quando le aveva fatto la doccia diverse settimane prima, prima di riportarla a Konoha. In quel momento non aveva provato il minimo senso di malizia; certo, la circostanza era completamente diversa, ma ora, dietro di lei a sorreggerla si sentiva succube di pensieri lussuriosi, che non riconosceva come parte di sé.

La cicatrice appena sopra al contorno del reggiseno però, lo riportò alla realtà. L’obiettivo del loro viaggio era trovare quei ninja, e doveva rimanere focalizzato su quello. Solo, su quello.
Usciti dalla doccia la asciugò con cura, le mise un pigiama comodo trovato nei suoi bagagli, la mise a letto.

«Sasuke-kun…»
Di nuovo, si sentì richiamare dalla ragazza.
Si sedette vicino a lei, sospirando.
«Grazie…»
Le sorrise, mentre le accarezzava la testa.
Era curioso di vedere con che forza si sarebbe alzata il mattino dopo.
 
Buongiorno a tutti!
Non so bene come definire questo capitolo, non so neanche bene cosa dirvi XD 
Ho scritto tutto di getto, dopo qualche giorno di totale distacco dalla tastiera e ho evitato di rileggerlo e correggerlo troppo, nella speranza di essere riuscita a cogliere bene i momenti clou della storia.
Nel prossimo capitolo, piccolo spoiler, ci saranno degli sviluppi sull'uomo mascherato, ma non vi dico altro!
Nella speranza che stiate tutti bene durante questa quarantena vi saluto, e ringrazio chi ha aggiunto la storia nelle preferite/seguite e a chi continua a seguirmi! 
Grazie :D

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

Ormai erano le 12:05 di mattina.
Era uscito poco dopo l’alba per fare colazione, da solo. Aveva poi pazientemente aspettato, seduto su una sedia accanto al letto, che Sakura si svegliasse; questa però, ma non accennava a volerlo fare. 
Aveva deciso quindi di ordinare da mangiare alla signora della locanda e di farselo portare in camera di Sakura, così l’avrebbe svegliata e le avrebbe dato qualcosa da mettere sotto i denti; era sicuro che avrebbe avuto una fame da lupi, e poi l’avrebbe distratta dal pensare alla sera prima, sperava.

Ma mentre aspettava era lui stesso a non riuscire a non pensarci: gli era saltato addosso, letteralmente, e non ci voleva un genio per capire che le sue intenzioni non erano propriamente caste e pure.
Con la mente non poteva non ripercorrere quegli attimi; poteva ancora sentire il suo profumo, mischiato a quello dell’alcol, il calore della sua pelle sulla sua e, soprattutto, le sue labbra e le sue mani che vagavano per il suo corpo per la prima volta.
Sakura lo desiderava, profondamente. L’alcol l’aveva solo resa disinibita e audace, ma era esattamente quello che voleva da Sasuke.
E lui lo sapeva.

Anzi, lo percepiva.
Riusciva a sentire il suo battito accelerare quando erano vicini, sentiva il suo respiro farsi irregolare e la vedeva quando, veloce, distoglieva lo sguardo dal suo corpo mentre si cambiava. Sentiva quanto cercasse di nascondere e lui e a sé stessa quando Sasuke potesse smuovere qualcosa di più.
E questo suo cercare di sopprimere il suo desiderio nei suoi confronti non faceva che aumentare di riflesso la bramosia dell’Uchiha.

Insomma, fin da quando si era reso conto dei suoi sentimenti sapeva che avrebbe dovuto, prima o poi, fare i conti con i suoi istinti più primordiali. Non era abituato a provare questo per una donna… Non era come Naruto, che si divertiva fin dall’accademia a prendere le sembianze di donne nude, lui non aveva mai fatto i conti con quel mondo, non l’aveva mai nemmeno considerato, a dire il vero.
Ma con Sakura…

Solo poche sere prima, quel piccolo bacio, lo aveva destato dal sonno, aveva acceso la miccia, e la sera precedente aveva letteralmente preso fuoco.  
Si scoprì ad arrossire, mentre ripensava al calore che lo aveva colpito al bassoventre mentre Sakura gli affondava le dita avide sui glutei e poi percorreva il suo petto.
Cercò di scacciare quell’immagine, imbarazzato dai suoi stessi pensieri.

Fece per alzarsi e prendere una boccata d’aria, ma il suo sguardo ricadde sul viso della rosa, che dormiva serena, con un’espressione quasi angelica, in netto contrasto con quella che aveva mostrato diverse ore addietro.
Si chiese se si sarebbe ricordata di quella serata bizzarra, e del suo rifiuto.
L’avrebbe presa male? O avrebbe capito perché l’aveva allontanata?
Si mise la mano nei capelli.

Stava accettando questo genere di “sentimenti”, ma non si sentiva pronto a dargli voce; con i fatti forse, ma spiegarle il perché della sua scelta… era tutto un altro discorso.
Insomma, avrebbe dovuto davvero dirle che l’aveva respinta perché avrebbe preferito fare l’amore con lei la prima volta solo quando fosse stata completamente lucida?
Arrossì nuovamente e decise che mettere la testa sotto l’acqua fredda l’avrebbe aiutato a calmarsi.

Aprendo la porta del piccolo bagno però fu interrotto dal bussare alla porta della stanza.
Guardò di sfuggita l’orologio sul comodino.
Le 12:23

Il pranzo.
E Sakura ancora dormiva.

La scosse dolcemente, ma questa emise solo un debole mugugno, girandosi dall’altra parte.
Con la mano nei capelli andò quindi ad aprire all’insistente cameriere, che continuava a bussare, e sperò che il profumo del pranzo funzionasse meglio per svegliarla.
 

Aperta la porta si trovò davanti un ragazzo decisamente giovane, con una camicia e un grembiule legato alla vita; la camicia era decisamente grande per lui e teneva il vassoio in modo impacciato.
Sul vassoio erano adagiati due piatti, entrambi coperti con un coperchio di plastica a preservare il calore del pasto, due bicchieri, una bottiglia d’acqua e delle posate.

Sasuke ringraziò sottovoce, mise la mano tra quelle del ragazzo, sollevandole dal peso del vassoio e tenendolo in perfetto equilibrio; lo ringraziò sottovoce e fece per chiudere la porta con un colpo del piede.
Fu mentre si girava che con la coda dell’occhio riuscì a captare un movimento innaturale del ragazzo, che aveva afferrato un kunai da dietro la schiena e lo stava caricando.

Schivò il primo colpo, ma si fece sorprendere da un secondo kunai, che gli si conficcò nell’addome, poco sotto alle costole.
Non perse tempo: lasciò cadere il vassoio, evocò Chidori nella mano e afferrò l’arma; il ragazzo la stava ancora tenendo saldamente e non fece in tempo a staccarsi che una scarica elettrica potentissima lo colpì, diffondendosi per tutto il suo corpo.
Il colpo fu così forte che venne sbalzato contro il muro del corridoio, facendolo svenire.

Sasuke gli si avvicinò per esaminarlo, probabilmente aveva usato troppo chakra per un colpo ravvicinato, ma almeno ora poteva procedere con calma; non aveva altre armi addosso e, vedendolo meglio, sembrava poco più che un bambino.  
Mentre era chino su di lui, la proprietaria della locanda, corsa su da loro spaventata dal rumore,  si era messa a urlare, minacciando l’arrivo imminente dei ninja della Nuvola per arrestarli, e sparì com’era venuta.
Poco male, avrebbe risparmiato a Sasuke di doverli chiamare personalmente.

Si girò verso la stanza: Sakura, al contrario della donna, non era stata disturbata dal rumore e  dormiva ancora beatamente, indisturbata.
Sospirò, al pensiero di aver sperato di riuscire a svegliarla per il pranzo.
Legò il ragazzo e la spostò nella sua stanza, perché non venisse disturbata dall’arrivo dei ninja e della loro ispezione. Si mise una garza sullo stomaco e si sedette paziente in mezzo al corridoio, in attesa.
 
*

Lo stomaco le brontolava rumorosamente, indignato dal fatto che alle 14:47 lei non avesse ancora messo niente sotto i denti.
Al confronto con il suo mal di testa però, i crampi allo stomaco erano quasi piacevoli.
Si era svegliata solo venti minuti prima, nella stanza di Sasuke.

Appena uscita dalla stanza si era ritrovata di fronte un giovane ninja, capelli biondi e carnagione scura. L’aveva salutata con un sorriso e le aveva spiegato che l’avrebbe accompagnata lui da Sasuke.
Così ora lo stava seguendo per le strade del villaggio, diretti alla magione del Raikage.
Era in uno stato pietoso, debole e con un aspetto orribile. Colta da una fitta più forte delle altre si era portata una mano alla tempia e, notandolo, il ragazzo di nome Yuuto, si era immediatamente scusato.

«Mi perdoni, Sakura-san! Sasuke-san mi aveva lasciato questo per lei, ma mi sono completamente dimenticato di darglielo!»
Frugò nella sua sacca, ed estrasse un piccolo flacone con delle pastiglie. Vedendole, Sakura ne prese immediatamente una, buttandola giù con un po’ d’acqua, offertagli dal ragazzo.
Dopo pochi minuti si sentì subito meglio, fatta eccezione per i crampi allo stomaco.

Chiacchierò con Yuuto, scoprendo che era da poco stato promosso a Chunin in seguito all’esame e ora seguiva qualche missione con i suoi senpai; farle da guida e sorvegliarla era la sua missione quel giorno.
Questo la fece preoccupare un po’: il giovane non aveva il permesso di spiegarle come mai Sasuke si trovasse dal Raikage, ma quella crepa sul muro del corridoio tra le loro stanze, il sangue e il cibo sul pavimento e il fatto di essersi svegliata nella stanza del ragazzo non promettevano bene.
E lei era riuscita a dormire tutto il tempo… Sospirò, pensando alla pessima figura che aveva probabilmente fatto con Sasuke.
Non peggiore di quella di ieri sera, comunque…

Arrivati al palazzo dei Raikege, Yuuto l’aveva guidata verso i piani più bassi della costruzione.
Erano scesi per diversi livelli, fino all’ultimo. Quel piano, a differenza degli altri, non aveva ampie finestre, anzi, non ne aveva nessuna.
Era uno spazio molto buio, e umido. L’unica fonte di illuminazione erano delle piccole torce appese alle pareti, che rivelavano la presenza di piccole e anguste celle, dotate di sbarre di metallo e con una piccola branda all’interno di ciascuna.

Yuuto la precedette e la portò fino all’estremità del livello, dove li attendevano Sasuke, Darui e il Raikage; avendo portato a termine il suo compito, si congedò.
L’Uchiha la salutò con un cenno del capo; era serio, irritato.
Il Raikage, al contrario, le era andato incontro salutandola calorosamente e complimentandosi ancora per la sera prima.
A quel pensiero, Sakura arrossì visibilmente, ringraziando il Raikage. Nemmeno lei sapeva se provasse più imbarazzo per quello che era successo con Sasuke o per l’essersi ubriacata di fronte al capo villaggio.

Solo dopo aver salutato anche Darui si accorse che erano davanti a una stanza diversa dalle celle che aveva visto lungo il corridoio: quella era una stanza fortemente illuminata, con delle lampade quasi accecanti. A separarle poi, non c’erano delle sbarre, ma uno spesso vetro trasparente.
Al di là del vetro era seduto un ragazzo, aveva le mani legate dietro la schiena ed era rivolto verso di loro. Teneva la testa bassa e questo le permetteva solo di vedere la sua zazzera nera.   
«Questo ragazzo mi ha aggredito, stamattina, fuori dalla mia camera.»

Solo in quel momento, complice la scarsa illuminazione del “sotterraneo”, Sakura vide la chiazza rossa sulla camicia bianca del compagno.
«I Ninja del Raikage hanno già provveduto a chiudermi la ferita, ma non era niente di grave.»
Sapeva che Sasuke tentava di rassicurarla, ma non poteva non sentirsi in colpa per aver dormito mentre lui veniva aggredito fuori dalla sua camera.
«Pensiamo che sia collegato con le altre aggressioni che avete subito» le spiegò A «Non ha voluto collaborare, quindi stiamo aspettando che arrivino gli esperti per interrogarlo, dobbiamo ricorrere alle maniere pesanti.»

In quel momento il prigioniero alzò la testa. Aveva un occhio pesto e li guardava assente; la carnagione era più chiara di quella del Raikage e gli occhi erano di un verde intenso singolare per gli abitanti del villaggio.  
Lo guardò meglio, incuriosita, mentre le spiegavano meglio le dinamiche dell’accaduto.

Mentre stavano ancora parlando, Yuuto rispuntò dal corridoio buio, portando con sé ben quattro porzioni di ramen istantaneo e dell’acqua calda: aveva sentito il borbottare dello stomaco di Sakura per tutto il tragitto e si era offerto di portarle qualcosa da mangiare.
Sakura lo guardò con immensa gratitudine mentre appoggiava tutto su di un tavolino lì vicino e versava l’acqua nel primo contenitore; il suo stomaco iniziò a borbottare ancora di più e, imbarazzata, si scusò portandosi una mano sul ventre.

Il chunin le mise in mano il ramen, ma appena sentì quel profumo salirle lungo le narici si voltò a guardare il ragazzo all’interno della stanza.
Il suo sguardo si fece serio e posò la confezione sul tavolo, preparandone un’altra.  
«Sakura, che stai facendo?»
Ma la ragazza non gli rispose, prese i due ramen e spinse la piccola porta, anch’essa di vetro, che separava le due stanze.

Stava per attraversarla, ma sentì una presa ferrea afferrarle il braccio.
«Voglio provare una cosa, fammi tentare»
Sasuke guardò i suoi occhi determinati e fece un cenno con la testa.
Ecco un'altra faccia di lei: non quella angelica di quella mattina, e nemmeno quella bramosa della sera prima. Quello sguardo lo aveva visto solo in battaglia, diverse volte; sapeva quindi, che sarebbe stato inutile cercare di dissuaderla. 

«Va bene. Ma se fallirai, entrerò io.»
La rosa annuì e la presa sul suo braccio si allentò; l’Uchiha le richiuse la porta alle spalle e lei si andò a sedere di fronte al ragazzo.
Il giovane, incuriosito e sorpreso, la osservava attento.

Posò un ramen vicino a lei, mentre con le bacchette si preparava a mangiare.
Quando mise in bocca un primo boccone fece un verso soddisfatto, e continuò a mangiare.
«E’ solo da ieri sera che non mangio, ma avevo davvero una fame da lupi!»
Come al solito il suo tono era cordiale e allegro, spontaneo.

Il ragazzo non disse niente, e aspettò che fosse di nuovo lei a prendere parola.
«Ti propongo un accordo. Se risponderai alle mie domande, ti darò un po’ del mio ramen, che ne dici?»
I loro occhi verdi si incrociarono, studiandosi l’un l’altro.
Sakura se n’era accorta appena aveva alzato la testa pochi minuti prima, aveva visto troppi bambini per non farci caso: aveva notato subito il leggero infossamento degli occhi e la sporgenza, appena accennata, degli zigomi. Avvicinandosi si era anche resa conto di quanto fosse magro, sotto i vestiti di qualche taglia più grandi.

«Coraggio, non ti mangio mica»
Provò a sorridergli, sincera.
«D’accordo. Comincio io. Mi chiamo Sakura, sono…»
«So benissimo chi sei.» la voce ancora giovane e secca.

«Sakura Haruno, 19 anni. Figlia di Kizashi e Mebuki Haruno.
Nata e cresciuta a Konoha.
Jonin e ninja medico eccellente. Allieva di Tsunade e di Kakashi Hatake, attuale Hokage.
Membro del team 7 da dopo il diploma in accademia, assieme a Sasuke Uchiha e Naruto Uzumaki.
Non ho bisogno che ti presenti, come vedi.»

Sakura era colpita, quasi sconvolta. Cercò di non far trasparire troppo questa sua sorpresa, e poi sorrise nel vedere che in realtà il ragazzo continuava a puntare il barattolo ancora fumante.
Si alzò e sciolse i nodi che lo tenevano legato alla sedia. Lui rimase seduto e fermo, finché lei non gli mise il barattolo con la pasta e il brodo tra le mani.
Lo guardò, mentre divorava il suo pasto.

«Come ti chiami?»
Lui esitò, ma guardando il contenitore vuoto tra le mani, si convinse a ripagare la ragazza.
«Kaito»
«Da quanto non mangi, Kaito?»
«Un po’»
Il suo stomaco borbottò; ora che aveva assaporato un pasto decente ne voleva ancora.

La rosa gli sorrise, dandogli quello che rimaneva della sua confezione.
Lui non disdegnò, trangugiando anche quella.
«Sei da solo? Dove sono tua madre e tuo padre?»
Lui si bloccò.
«Non dovresti chiedermi come mai ho aggredito il tuo amico?»
«Forse. Ma mi interessa di più capire come mai sei così magro e affamato»

Poteva sembrare una bugia, e in parte forse lo era. Ma c’era un motivo se aveva fondato un ospedale per bambini; voleva davvero capire cos’aveva portato lì Kaito.
Non era un assassino, e nemmeno un ninja. Si vedeva lontano un miglio che non aveva dimestichezza né con l’omicidio e con le tecniche ninja, e il racconto di Sasuke glielo aveva confermato.
«Saprai che ho un ospedale per bambini e ragazzi, io mi occupo di loro. E quindi mi voglio occupare anche di te»
Posò anche la seconda scatola, alzando gli occhi su di lei.

«Mia madre è morta qualche anno fa, dando alla luce mia sorella. Mio padre è morto poche settimane fa»
Dunque, era rimasto solo.
«E dov'è tua sorella adesso?»
Ma lui sembrò non sentirla, o forse non voleva rispondere alla domanda.
Per un secondo, rapido e fugace, abbassò lo sguardo. Ma poi, come a prendere coraggio, continuò il suo discorso.

«Mio padre è stato ucciso, da Sasuke Uchiha.»
Le iridi verdi ora puntavano dritte oltre lo specchio, su Sasuke. L’oggetto della sua rabbia.
Sakura era di nuovo sorpresa dalle parole del giovane, ma doveva cercare di farlo parlare. Non voleva che ad interrogarlo arrivasse il corpo speciale, soprattutto se, come temeva, era guidato da uno come Ibiki Morino.

«Non lo sapevo, mi dispiace Kaito.
Vorresti raccontarmi meglio?»
Sapeva di non dover mettere in discussione le parole di Kaito se voleva farlo parlare, lo avrebbe ascoltato e poi avrebbe tratto le sue conclusioni.

«No! Non c’è niente da raccontare! Mio padre era sulle tracce di Sasuke, e lui l’ha ucciso per impedirgli di catturarlo!»
In quel momento Sakura ebbe un tuffo al cuore, ricordando all’improvviso di aver già visto quegli occhi verdi.
«Kaito, come si chiamava tuo padre?»

«Asano, Asano Shirou.»
Sentendo quel nome Sakura si girò verso Sasuke, e vedendo il suo sguardo sentì che anche lui aveva sentito e capito.
Non era stato Sasuke.

Era stata lei.

Lei aveva ucciso Asano.

Lei aveva reso orfano il ragazzo di fronte a lei.
 
Buongiorno a tutti!
Mi scuso tantissimo per la mia assenza... Purtroppo le varie videolezioni e gli esami mi hanno tenuta lontana dalla tastiera. 
Avrei voluto fare un capitolo un po' più lungo, ma ho preferito ad un certo punto fermarmi per farmi di nuovo viva e spero di pubblicare il seguito in settimana, ora che sono leggermente più tranquilla! 
Spero che vi piaccia e mi scuso ancora per l'assenza prolungata!

Nel frattempo, mi auguro che stiate tutti bene e vi mando un saluto, a presto!

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

Chiuse gli occhi.

Doveva capire come comportarsi, come agire.
Avevano bisogno delle informazioni di Kaito; era la prima pista dopo giorni, non poteva mandare all’aria quell’occasione.
Ma mentirgli…

Si alzò, diretta verso la porta della stanza.
«Vado a prenderti un altro ramen» disse solo.
Appena fu fuori dalla stanza sentì lo sguardo di Sasuke puntato addosso, ma non le disse nulla.
Versò l’acqua, ancora tiepida, nel contenitore; stava per rientrare da Kaito, aveva deciso che avrebbe agito come riteneva più giusto, per lui e per la missione.

«Per favore, fidati di me. Non intervenire»
Guardava Sasuke ancora determinata, come pochi minuti prima. Sapeva bene che quello che avrebbe fatto l’avrebbe fatto infuriare, ne era conscia. Ma era decisa ad andare fino in fondo.
Lui sembrò leggerle nel pensiero.
«Non te lo posso promettere»
Sakura si limitò a sorridergli e a rientrare nella stanza; si sedette dov’era prima e porse il ramen a Kaito.
Il ragazzo non sembrava più molto incline ad abbuffarsi, ma probabilmente aveva troppa fame per non mangiare nemmeno un boccone.

Lo lasciò mangiare per un po’, poi prese parola.
«Kaito, se mi dirai tutto quello che voglio sapere ti posso offrire una cosa che desideri molto»
Gli occhi verdi del ragazzo si alzarono dal brodo caldo, fissandola.
«Ti posso dare l’opportunità di vendicarti, un duello con il responsabile della morte di tuo padre»
Kaito lasciò cadere le bacchette, confuso.
«S-stai parlando seriamente?»
Lei annuì.

Era quasi sicura di poter sentire lo sguardo di Sasuke e degli altri addosso, alle sue spalle, a chiedersi che cosa avesse in mente. Probabilmente se lo stava chiedendo anche Kaito, visto che poteva vedere l’espressione dell’Uchiha in quel momento.
«D’accordo. Ma giurami che manterrai la promessa»
«Te lo giuro, avrai la possibilità di vendicarti»

Dopo diversi attimi di silenzio, il ragazzo tornò a sedersi, mansueto. In quel momento, la rosa decise che poteva incominciare a fargli tutte le domande che voleva, sperando in una risposta convincente.
«Parlami di tuo padre, era un ninja della Nuvola?»
Aveva deciso di partire dal principio, sarebbero arrivati pian piano a parlare della morte di Asano, e forse Kaito ne avrebbe parlato con meno riluttanza e più calma.
«No. Mio padre era un informatore, lo è stato fino alla mia nascita.»
Questo spiegava come l’avesse riconosciuta subito, al contrario dei suoi compagni.

«Ha abbandonato per potersi occupare di me e di mia madre. Ma qualche settimana fa ha accettato un nuovo incarico, che prevedeva la cattura di Sasuke Uchiha.»
«Come mai ha accettato questa missione, se era fuori dal giro?»
Kaito strinse con forza la stoffa dei pantaloni.
«Mia sorella è molto malata. Ci servivano soldi per le cure, e mio padre ha sentito in giro che per questo incarico sarebbe stato pagato molto bene.»
«Prima non mi hai risposto, dov’è tua sorella? Posso mandarla a prendere e farla visitare se…»
Ma di nuovo, Kaito si agitò con veemenza.

«L’hanno già visitata! Ma i medici non possono curarla, perché io e Aki non siamo nati qui al villaggio!»
Sakura sospirò. Ogni villaggio gestiva i soldi destinati alle cure in modo differente, come ben sapeva; e il villaggio della Nuvola non era l’unico che garantiva una copertura sanitaria totale solo ai cittadini nati nel villaggio o che vi risiedevano da un certo periodo di tempo.
Lo capiva. Nessuno aveva abbastanza soldi per curare tutti, adulti o bambini che fossero. Vedere quel bambino però, e la rabbia che questo poteva aver generato, la colpì ancora di più.
«So che non è molto, ma come hai detto anche tu, io sono un ottimo ninja medico. Lasciamela visitare»
Kaito sembrò aggrapparsi davvero alle parole di Sakura, ma proprio nel momento in cui Sakura credette di averlo convinto, lui si alzò e le diede le spalle, con le mani lungo i fianchi e la testa bassa.

«Quando mio papà è partito ci aveva promesso che sarebbe tornato entro poche settimane, con i soldi per Aki. Dopo un mese, però, non c’erano ancora notizie di lui.
Mia sorella ha iniziato a peggiorare e i soldi che ci aveva lasciato erano finiti. Non sapevo cosa fare.
Ho frugato tra le carte di papà e ho trovato i dettegli della missione, tutte le informazioni che aveva raccolto su Sasuke e anche alcune su di te e su Uzumaki Naruto.
C’erano anche diversi contatti, credo colleghi o una roba del genere. È stato cercando uno di loro che ho scoperto che mio padre era morto pochi giorni prima, nel paese della Cascata.
Per qualche giorno sono riuscito a rubare qualcosa da mangiare per me e Aki, ma tre giorni fa… lei è morta. È morta nel suo piccolo letto, da sola… mentre ero via a cercare qualcosa per il pranzo…»
Fu d’istinto che si alzò e si mise vicino a lui; poteva davvero vedere ora come fosse ancora piccolo: la sua testa era di poco più alta del suo gomito e i suoi occhi rossi e pieni di lacrime facevano capolino nel viso di un bambino, solo e ferito.

Gli mise una mano sulla testa, con un fare materno che le aveva sempre permesso di avvicinarsi ai suoi pazienti.
Lui la guardò per un momento, poi scoppiò in un pianto ancora più forte, mentre lasciava cadere le ultime difese e si rifugiava tra le braccia di Sakura.
Dopo qualche minuto, Kaito si era tranquillizzato e aveva preso le distanze dalla ragazza.
Sapeva che lei era amica del suo nemico, ma qualcosa in lui le diceva che poteva fidarsi; era deciso a dirle tutto quello che sapeva, per poter avere la sua vendetta.

Le chiese lui stesso di continuare con le domande, ma non potè essere di grande aiuto quando le chiese se conosceva il mandante della missione.
«E’ venuto una volta a casa nostra, credo. Papà ci aveva detto di rimanere nascosti in cucina, ma Aki voleva che lui giocasse con lei ed è andata nel suo studio. Sono andato a prenderla, e ho visto un uomo con una strana maschera, ma niente di più.»
Sakura ebbe un sussulto, appena percepibile.
«Sapresti descrivermela?»
«Non molto. Mi ricordo solo che era rossa, con uno sguardo minaccioso e gli lasciava la bocca scoperta.»
La ragazza strinse i pugni.
Erano così vicini, ma non riuscivano a trovare neanche un indizio che potesse condurli a lui.
«Shannaro

Era appena un sibilo, ma persino Kaito si accorse di quanto rancore celasse.
Si sentiva quasi in dovere si scusarsi per non riuscire a ricordare di più.
«S-so solo che intendeva pagare mio padre e gli altri con la vendita sul mercato nero dello Sharingan e del Rinn…»
Non fece in tempo a finire la frase che i fari verdi dell’Haruno si fissarono su di lui, e la mano andò a stringergli il braccio.
«Sei sicuro?»
«S-sì. Era scritto negli appunti di mio padre»
Sakura mollò la presa e si sedette sul pavimento, più confusa di prima.

Sapevano che quell’uomo voleva il potere dello Sharingan e del Rinnegan… perché mentire sul motivo della missione e sul compenso? Per convincere Asano e gli altri ad una missione (poteva dirlo ora) suicida con la giusta motivazione?
Ma cos’aveva ottenuto così?
Aveva perso i suoi uomini, non aveva catturato Sasuke e da lei non aveva avuto nessuna informazione… Senza contare che lei non era nemmeno nei piani, era stata una “piacevole sorpresa”.

«Perché tuo padre aveva informazioni su di me e Naruto?»
«Da quanto ho capito, credeva che sareste stati gli unici a poter andare in soccorso di Sasuke se il primo attacco non fosse andato a buon fine.»
Asano ci aveva visto lungo, insomma…
Fece un profondo sospiro. Per il momento non avevano altro su cui basarsi.
«Potresti farci avere i contatti di tuo padre?»
Kaito la guardò serio. Poi spostò lo sguardo verso il vetro.
«Solo dopo la mia vendetta. Quei contatti sono preziosi, non posso cederli così.»
La ragazza gli sorrise, era davvero un bambino cocciuto a quanto pareva.

Si tolse il borsello e ne estrasse un kunai.
Porse il manico al ragazzo e, dopo che questi lo prese con mano sicura, si posizionò a un paio di metri da lui.
In quel momento Sasuke fece irruzione nella stanza, furioso.
Ma prima che potesse parlare Sakura lo fermò con un gesto della mano.
«Kaito, è giusto che tu sappia una cosa.»
«Sakura fermati subito.»
Sasuke non aveva bisogno di urlare per far percepire quando fosse contrario a quello che la rosa stava per fare; anche Kaito percepiva una strana energia tra i due, come uno scontro silenzioso e intenso.

«No. Lui vuole vendetta su di te, ma non sa la verità.»
Fulmineo, il moro fu al fianco della ragazza.
«Questo bambino ne ha passate tante. Si fida di te, non puoi distruggere il legame che hai appena creato. Io posso…»
«Non puoi farti sempre carico dell’odio di tutti, Sasuke-kun. Fidati di me.»
Si accorse solo quando lasciò la presa che aveva avuto per tutto il tempo le dita strette sul braccio di Sakura, talmente forte da lasciarci un segno.
Lei non sembrò farci caso, e appena fu libera dalla presa si avvicinò a Kaito, che li guardava sospettoso.

«Kaito, sono stata io. Ho ucciso io Asano.
Non credo ti interessi sapere il perché o il come. Ma se vuoi l’opportunità di vendicarti, io sono qui.»

Niente poteva descrivere come si sentisse lui a quelle parole.
Si sentiva tradito. Usato. Preso in giro. Rabbioso.
Si era abituato all’idea di odiare Sasuke Uchiha, non Sakura Haruno.
Non gli importava quello che aveva letto sul fascicolo o chi fosse; ma con lui, era stata gentile…
«Facevi solo finta di essere gentile vero…»
«No, Kaito… Te lo posso giurare»
I suoi occhi le sembravano sinceri mentre gli sorrideva, ma ne era sicuro: doveva avergli mentito.

Ma allora perché la sua mano tremava? Perché non riusciva ad accettare l’idea di ucciderla come aveva accettato quella di uccidere l’Uchiha?
«L’hai fatto apposta… speri che io così non ti uccida…»
Continuava a guardare il kunai, cercando di concentrarsi e bloccare quel tremolio alla mano che da un paio di minuti non ne voleva sapere di andare via.
Alzando lo sguardo se la trovò davanti, a pochi centimetri da lui.
Pensò a suo padre, a sua sorella… A cosa avrebbero potuto fare se solo lei non lo avesse ucciso.
Strinse con forza il kunai e sferrò un colpo con quanta forza aveva.
L’arma si conficcò nella carne di lei, appena sotto alle costole, penetrando per la metà della sua lunghezza.

Subito del sangue uscì dalla ferita, mentre Sakura emetteva un gemito di dolore sommesso.
Come se il kunai fosse all’improvviso diventato incandescente, Kaito lasciò la presa, cadendo all’indietro.
Veloce, Sakura gli fu vicino: estrasse da sola l’attrezzo ninja dalla ferita, causando la fuoriuscita di un fiotto di sangue, e glielo porse nuovamente.
«Se vuoi uccidermi, dovrai essere più convinto di così.»
Lo guardava seria, con la lama insanguinata che gli sporcava la mano e gocce scarlatte vi colavano sul pavimento.
«Vuoi uccidermi?»

Kaito la guardò con gli occhi sbarrati; prese l’arma, riluttante, e la impugnò di nuovo.
«Perché l’hai ucciso…?»
«Per salvare Sasuke, e me stessa»

Non si era mai sentito più in conflitto con sé stesso come in quel momento. Dalla morte di sua madre aveva vissuto per aiutare suo padre, per prendersi cura di sua sorella; quando anche lui se n’era andato, il suo obiettivo era diventato solo ed esclusivamente Aki… dopo di lei, il suo obiettivo per un attimo era svanito, ma solo poco dopo aveva assunto le sembianze dell’assassino di Asano.
Se avesse ucciso Sakura, adesso, che cos’avrebbe fatto dopo? E se non l’avesse uccisa?

Era pronto a morire per mano di Sasuke, ad attacco fallito. Ma Sakura, lei non sembrava intenzionata ad ucciderlo, anzi.
Lasciò che il kunai, come spinto dalla sua stessa natura, guidasse la sua mano in avanti, verso Sakura. Lo lasciò penetrare di nuovo la carne, debolmente.
La rosa si lasciò sfuggire un altro lamento, flebile.
L’altra mano di Kaito si mise dietro all’anello di metallo, pronta a spingere la lama più in profondità.
E così fece: spinse l’arma ancora, sentendo la resistenza della carne che si opponeva.

L’unica cosa che fece Sakura fu alzare una mano per fermare il compagno, che, stufo, aveva già messo mano all’elsa della spada.
Kaito si voltò alla sua sinistra, come a cercare qualcuno, una presenza; nella stanza però, continuavano ad esserci solo loro tre.
Le lacrime di lui si mischiarono al sangue, sul pavimento.
«Tu hai ucciso mio padre, e hai salvato due vite… Se io uccido te ora però, non riavrò indietro mio padre…»
Lasciò la presa sul kunai, senza estrarlo, e si lasciò cadere sul pavimento, privato di ogni forza.
«Sono un vigliacco…»

Sakura gli prese la mano che fino a poco prima impugnava l’arma e gli alzò il mento, per guardarlo negli occhi.
«Sai, se un mio caro amico fosse qui, ti direbbe che ci vuole molta più forza per perdonare, che per odiare. Non sei d’accordo?»
In quel momento Kaito non sapeva se avrebbe mai perdonato Sakura, non sapeva nemmeno se ci fosse effettivamente qualcosa da perdonare. Tutto quello che era successo, la morte di suo padre, l’attacco a Sakura e Sasuke, andava ben oltre la ragazza con i capelli rosa che gli sorrideva.
Per la prima volta, dopo settimane, si sentì troppo piccolo, troppo immaturo, per poter gestire tutte le emozioni che vorticavano nel suo cuore e nella sua mente.

Nei minuti che seguirono, Kaito fu di nuovo ammanettato e accompagnato assieme a Sasuke e al Raikage ai piani superiori, mentre Sakura sarebbe rimasta lì a curarsi le ferite con Yuuto.
Arrivato nell’ufficio del Kage, il ragazzo era stato fatto accomodare e gli erano stati portati dei vestiti puliti, gli  era stato servito un thè caldo ed era rimasto a sorseggiarlo in silenzio, in attesa dell’arrivo di Sakura.
«Ti senti meglio?»
Le sue prime parole erano state per lui, appena li aveva raggiunti.

Le avevano dato una maglietta bianca neutra e dei pantaloni blu di una tuta, per sostituire la sua divisa insanguinata; aveva raccolto i capelli in un codino alto e niente avrebbe fatto sospettare a qualcuno che solo fino a pochi minuti prima il ventre e le gambe fossero completamente insanguinate. 
Dopo che lui ebbe annuito, non molto convinto, si ritirò a parlare con Darui e il Raikage; Sasuke aveva deciso di andare a casa sua con Yuuto a prendere tutto quello che poteva servire alle loro indagini sull’uomo mascherato.

Solo quando Sakura e il Raikage si avvicinarono di nuovo a lui alzò lo sguardo, pronto ad accettare le conseguenze del suo comportamento.
«Io e Sakura abbiamo discusso a lungo sul da farsi; arrivati a questo punto abbiamo due proposte per te.»
«Proposte?»
«Puoi rimanere qui a Kumo, all’orfanotrofio, e decidere del tuo futuro. Oppure puoi andare a Konoha, e vivere nel centro della dottoressa Haruno.» così dicendo indicò Sakura, affianco a lui.
«Posso scegliere dove andare?»
Sakura annuì.

«A quanto risulta dai registri della Nuvola, tua madre era originaria del Paese del Fuoco; vivevate al confine con il Paese delle Terme, giusto?»
Kaito li guardava ad occhi sgranati: poteva davvero scegliere dove andare, dove vivere e cosa fare del suo futuro.
«N-non mi arresterete?»
A sospirò grave.
«Ringrazia Sakura, fosse per me saresti già in cella.»
«Suvvia, Raikage!»
Effettivamente, aveva chiesto un bel favore a far rilasciare Kaito. Aveva comunque aggredito Sasuke in una locanda e, fino al suo arrivo, si era rifiutato di rivelare qualsiasi informazione allo stesso Raikage e all’Uchiha, mostrando resistenza; non sarebbe finito in prigione a vita, ma secondo le regole della Nuvola avrebbe comunque dovuto scontare un anno in una piccola prigione per minorenni.

«Hai tutto il tempo per decidere Kaito, se volessi andare a Konoha chiamerò personalmente qualcuno per farti accompagnare.»
Mentre parlava aveva una mano vicino all’occhio pesto; a quanto pareva il suo viso aveva avuto un incontro fin troppo ravvicinato con il pavimento quando era arrivato: si era dimenato talmente tanto da cadere da solo, sbattendo la faccia; non ci volle molto perché il suo chakra gli infondesse calore e facesse sparire il gonfiore e l’ematoma, dando sollievo al ragazzo.
«S-se vengo alla Foglia, mi insegnerai ad essere un ninja medico?»
«Beh, dopo essere diventato un ninja, perché no? Mi piacerebbe addestrarti!»
Non aveva mai pensato all’idea di avere un allievo, così come Kaito non aveva mai pensato di voler diventare un medico.
Vedendo Sakura però, aveva pensato che era proprio il genere di persona che voleva diventare: un medico che aiuta davvero gli altri.
Separarsi da casa sua rimaneva comunque un ostacolo al momento; era deluso dal suo villaggio, ma non conosceva altro posto se non quello…

Mentre rifletteva su tutto, Sasuke e Yuuto avevano fatto ritorno: l’Uchiha trasportava una busta appesa al braccio e teneva una scatola in equilibrio sulla mano, mentre il Chunin cercava di non far cadere le tre scatole che, in un equilibrio precario, minacciavano di cadere ad ogni suo passo.
Appena ebbero posato tutto e diviso i vari fascicoli, fogli, appunti e cartelline, Kaito si fece coraggio e si avvicinò a Sasuke, attirando la sua attenzione.
«So che tu puoi vedere i ricordi delle persone»
Fece una pausa, aspettando una conferma o una smentita da parte dell’Uchiha; ma siccome questi non accennava ad aprire bocca, continuò.

«Non ricordo molto bene il giorno in cui quell’uomo venne da noi, ma forse tu puoi dare un’occhiata»
Ora Sasuke lo guardava interessato.
«Perché?»
«Ci ho pensato… E’ quell’uomo che ha proposto il lavoro a mio padre; lui non è meno responsabile di voi. E poi, a questo punto, sono io a dovere un favore a voi…»
Il moro ad un’offerta come quella non indugiò, si mise di fronte al ragazzo e prima che questi potesse accorgersene, il suo Sharingan vermiglio stava già scrutando nella sua memoria.

*
 
Non aveva avuto molte difficoltà a superare le difese nell’inconscio di Kaito; dopotutto era solo un bambino, e lo aveva fatto entrare nella sua mente volontariamente.
Aveva trovato facilmente il ricordo di cui gli aveva parlato e ora era in una piccola e angusta cucina con Kaito e Aki.
Si soffermò a lungo a guardare la bambina.
Non aveva ancora avuto il coraggio di dire a Sakura e agli altri che quando lui e Yuuto erano arrivati in quella casa il corpo era ancora lì, su un piccolo lettino sistemato nel soggiorno… Cercava sempre di non farsi coinvolgere, ma non poteva non mettersi nei panni di Kaito e pensare a quanto, in così poco tempo, doveva aver sofferto.
Per fortuna almeno, sembrava che lui non mettesse piede in quella casa da giorni.

Si guardò attorno.
Non poteva gironzolare dove volava, doveva seguire i movimenti della memoria di Kaito, e aspettare che la sorella sgattaiolasse via, alla ricerca del padre.
E, come previsto, Aki prese a correre per la stanza, per poi uscire inseguita dal fratello.
Il battito di Sasuke accelerò impercettibilmente: era lì, a breve lo avrebbe rivisto.
Uscì dalla porta e svoltò l’angolo diretto in salotto, e da lì nello studio.

Quell'uomo era lì: gli occhi furenti e una piccola smorfia sulle labbra; il ninja si era rimesso la maschera appena aveva sentito la voce dei due fratelli, celando a loro, e a Sasuke, il suo volto.
Strinse forte il pugno.
Un altro buco nell’acqua.
Il ricordo stava per sbiadire e lui stava per andarsene, quando qualcosa lo trattenne.

C’era un’irregolarità: i ricordi non erano fluidi come al solito. Più rimaneva più percepiva una resistenza che cercava di cacciarlo da quel posto.
Fece resistenza, si impose. Doveva assolutamente rimanere lì.
Attivò lo Sharingan Ipnotico, per attingere a un potere maggiore e, con non poche difficoltà, riuscì a forzare il ricordo.
 

Asano stava sgridando i figli per la loro intrusione, l’attenzione di Kaito era però catturata da una pergamena che era caduta allo strano visitatore quando era uscito.
Appena il padre si era distratto era corso a prenderla e si era precipitato fuori dalla porta, alla ricerca dell’uomo, per restituirgliela.
Lo aveva intravisto girare l’angolo dietro a una robusta roccia, sul sentiero di casa: loro abitavano lontano dalle peculiari costruzioni del villaggio, e la loro dimora era stata ricavata scavando nella roccia di una piccola montagna e il sentiero serviva per congiungere il monte alla struttura più vicina.
Kaito stava per raggiungere lo straniero, quando si era improvvisamente fermato. Era così che aveva origliato a una conversazione tra due persone.

«È andata. Asano contatterà dei ninja di Kumo e formeremo una squadra qui.»
«Ben fatto, Tamashi. È stata una buona idea contattare lui, così non spargeremo troppo la voce nei vari paesi: sarà un lavoro pulito.»
Tamashi si mise a ridere.
«Pensa che mi ha pure chiesto il doppio, come compenso»
«Quel pazzo, crede davvero che tornerà a casa vivo!»
«Questo è il bello: mi ha chiesto di far avere i soldi al figlio se dovesse morire»
Risero entrambi.
«Che idiota. Non sospetta minimamente che non c’è nessuna ricompensa. Quasi spero che non lo uccida l’Uchiha, così potremo pensarci noi»

I due se ne stavano per andare, quando la vocina di Aki aveva rotto il silenzio come un tuono:
«Nii-san!!»
Senza che potesse reagire Kaito si ritrovò con la mano dell’uomo sulla bocca, sollevato da terra. Girò lo sguardo e vide che Aki era tenuta prigioniera nell’altra mano.
«Mocciosi, sempre in mezzo.»
Sasuke iniziò a percepire un’altra distorsione, talmente forte che gli veniva quasi da vomitare.
«Per il momento mi limiterò a farvi dimenticare questa conversazione» tutto diventava sfocato, lontano.
«Ma non preoccupatevi, tornerò a farvi visita. Mi assicurerò personalmente che non raccontiate niente a nessuno.»
 

Sasuke fu rispedito indietro con una forza incredibile: come se qualcuno gli avesse dato un forte pugno sul petto, tanto da togliergli il respiro.
Quando davanti a lui rivide il volto di Kaito, nello studio del Raikage, si accorse di avere il fiatone.
La mano di Sakura si posò sulla sua spalla, trasmettendogli la sua apprensione.
«Hai visto qualcosa?»
Fece un respiro profondo, per poi ritrovare il controllo normale.

«No, mi spiace. È come ricordavi tu: non hai visto o sentito nulla di quell’uomo.»
Si allontanò, lasciando che Sakura lo rassicurasse e gli dicesse che era comunque stato bravissimo a provarci e a proporsi.
Senza dire nulla era uscito dalla stanza e aveva camminato fino al bagno.

Lì il suo respiro si fece di nuovo accelerato, inconsciamente aveva attivato i suoi poteri oculari e poteva sentire una gran quantità di chakra ribollirgli come il sangue nelle vene.

Lo aveva visto.

Nel momento in cui aveva lasciato cadere Kaito: aveva visto il volto dell’uomo che aveva torturato Sakura.
 
Buongiorno a tutti!
Eccoci con un nuovo capitolo! Devo dire che sono abbastanza soddisfatta, spero davvero che piaccia anche a voi!
Sto riuscendo a scrivere un po' più del previsto, quindi punto a pubblicare il prossimo capitolo entro la prossima settimana (incrociamo le dita!)

Nel frattempo spero abbiate passato tutti una buona Pasqua nonostante la quarantena e ringrazio tutti voi, che mi seguite e leggete la storia!
Grazie mille e a presto 😁
p.s. Ho imparato a mettere le faccine dal pc: Yeee 🎉
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

Per quella sera avevano deciso che Kaito avrebbe dormito con loro: non aveva un posto dove andare e, non avendo ancora deciso se trasferirsi o meno, non poteva essere ospitato all’orfanotrofio.
In più, come aveva fatto notare l’Uchiha durate l’interrogatorio, Sakura aveva creato un legame con lui e, nonostante tutto, questo legame sembrava non essersi ancora spezzato.

Avevano cambiato camera e, siccome le camere non erano abbastanza grandi da contenere tre letti, Sasuke ne aveva richiesta una con due letti singoli; lui avrebbe fatto a meno del letto per quella notte. Non erano valsi a nulla i tentativi di Sakura per convincerlo a prendere un’altra camera, lui era irremovibile. La rosa pensava che non si fidasse di Kaito, che avrebbe tentato un’altra imprudenza, ma non era solo questo.
In realtà Sasuke temeva per l’incolumità di entrambi, soprattutto per quella del ragazzino ormai. Quello che aveva visto nei suoi ricordi, un segreto che teneva ancora per sè, lo aveva turbato; che fossero semplci sospetti o meno, quei due ninja non avrebbero avuto in serbo niente di buono se avessero saputo della loro chiacchierata con Kaito. Con quelli, e molti altri pensirei nella testa, cervada però di non dare nell'occhio, per non insospettire nessuno, tantomeno l'Haruno.  

Dopo una cena decisamente abbondante (sia per Sakura che per Kaito), si erano quindi messi a letto, tutti estremamente provati dalla giornata.
Sakura si era addormentata appena aveva sentito il respiro del ragazzino farsi regolare e leggero. Si era però svegliata nel cuore della notte, disturbata da una luce proveniente dalla porta finestra aperta. Sforzando un po' la vista, annebbiata dal sonno, aveva scorto proprio in quel punto la sagoma di Sasuke, ancora alzato. Il balconcino sembrava essere diventato ormai il suo rifugio e il suo riparo, nelle notti d'insonnia che avevano trascorso nella piccola osteria. 

La ragazza era ra tentata di abbamdonarsi al peso crescente delle palpebre e assecondare il bisogno di dormire che la appesantiva tanto, ma aveva notato senza nessuno sforzo il comportamento strano di lui, prima e durante la cena. Certa che lasciarlo fuori da solo non fosse la scelta migliore al momento, scivolò quindi fuori dal letto e si avvolse in una spessa coperta di pile, pronta a farsi colpire dal freddo della notte. 
«Ancora sveglio?»

Aveva sbirciato sull’orologio prima di uscire fuori, la lancetta corta appena oltre il numero due.
Sasuke l’aveva sentita alzarsi dal letto, il fare non proprio leggiadro di chi ancora non si è completamente svegliato aveva rivelato la sua presenza ancora prima che aprisse bocca; nonostate questo, lui rimase nel suo silenzio, incurante.

Agli occhi di Sakura, loro non avevano approfondito abbastanza il loro rapporto negli ultimi giorni da permetterle di capire se, in una situazione del genere, un comportamento “fisico” e insistente avrebbe potuto dargli fastidio e se preferisse quindi stare da solo.
Le sembrò però che qualunque cosa sarebbe stata meglio che rimanere in silenzio a fissarlo, quindi gli si avvicinò e appoggiò la testa alla sua spalla, in cerca di contatto.
«Perché non vieni dentro? Fa freschetto stasera»

Sperava di smuoverlo un po’, ma Sasuke non reagì.
Sbuffò e gli cinse il fianco con il braccio, sistemando meglio la coperta in modo da coprire un po’ anche lui.
Il moro si irrigidì appena e Sakura lo strinse a sé ancora di più; solo allora lui si mosse, girandosi verso di lei.
«Perché non mi dici cosa ti frulla per la testa, Uchiha?»

Già, cosa gli frullava per la testa? Esisteva un modo per dire tutto quello a cui stava pensando?
Era sempre stato in grado di dire quello che pensava, in modo diretto, spesso tagliente. Il silenzio era una forma di disinteresse, non una mancanza di parole.
Eppure ora, le parole gli morivano in bocca: le sentiva, sulla punta della lingua, come un fiume in piena, che tentavano e volevano uscire. Le sue labbra si schiudevano appena, impercettibilmente, eppure, non lasciavano trapelare alcun suono.
«Se non vuoi dirmelo lo capisco»

Il suo tono non tradiva delusione o ostilità, tutt'al più comprensione. Ma lui non poteva dirglielo, il volere non c’entrava un bel niente, giusto?
Sentì il calore del corpo di Sakura abbandonarlo; gli aveva sistemato la coperta sulle spalle e stava tornando dentro, al caldo del suo letto.
D’istinto le prese la mano e la trattenne; lei allora gli sorrise e si avvicinò di nuovo a lui.
Sasuke si era girato, la schiena appoggiata alla ringhiera e lo sguardo basso; la rosa lo abbracciò, affondando il viso sul suo petto.
«Fai finta che io non ci sia, non ti guarderò»

Facile a dirsi: sentiva il peso della sua testa sul petto, percepiva il suo profumo e vedeva la sua zazzera rosa sotto i suoi occhi. Però lo aveva capito, di nuovo.
Non avere il suo sguardo addosso lo stava aiutando, si sentiva più leggero; doveva solo fare un respiro profondo e provare a parlare.
Il silenzio, però, continuava a regnare sovrano, mentre la sottile lancetta dei secondi scandiva il tempo. Le parole gli morivano in bocca.

«Sei arrabbiato con me?»

«Sì.»
Solo nel momento in cui aveva parlato si era realmente accordo di quanto fosse vero, realizzava solo ora di essere arrabbiato con lei, e non poco.

«E’ per quello che ho fatto con Kaito?»
«Sì.»
Era vero. Si era esposta a un rischio inutile, aveva superato ogni limite lasciandosi alla mercé di quel ragazzino, per cosa poi?

«Hai ragione ad essere arrabbiato… mi dispiace»
Già, ma cosa se ne faceva del suo dispiacere?
«Spero, beh, spero che mi potrai perdonare»
Così dicendo gli aveva scoccato un bacio sulla guancia e lo stava di nuovo lasciando per tornare dentro, colpevole per la situazione. 
Non mentiva, sapeva di essere stata egoista ad agire in quel modo, e mentre lo faceva sapeva di star ferendo Sasuke; si stavano avvicinando e lei aveva messo la sua vita in pericolo, non curante di tutte le persone che avevano lasciato la vita del ragazzo e della sofferenza che questo aveva causato. 

Ma lui doveva doveva dirglielo, o sarebbe stato troppo tardi.
«Sono molto arrabbiato! Sono furioso!»
La rosa si fermò e si girò a guardarlo: aveva alzato lo sguardo e l'iride nera la fissava intensamente, mentre il pugno chiuso si contraeva per lo spasimo lungo il suo fianco. La fatica che stava facendo per esternare i suoi pensieri, le sue emozioni, era tangibile; poteva vederlo, cercare di superare quell'ostacolo. 
Lasciò cadere la testa, rilassò i muscoli, pronto a dire quelle poche parole che per lui avevano un profondo significato.
«Mi hai fatto preoccupare»

«Sasuke-kun…»
Strinse nuovamente il pugno, per darsi la forza di continuare.
«Per favore, Sakura. Promettimelo, promettimi che non farai più una cosa del genere.»
Il cuore di Sakura perse un battito; non poteva certo dire di aver avuto la situazione sempre sotto controllo, sarebbe stata una bugia bella e buona, ma non credeva di aver messo in crisi Sasuke a quel modo. Dopotutto, Kaito era solo un bambino, non un assassino. 
Non aveva fatto i conti però con il sentimento irrazionale che pian piano si stava impossessando del cuore del suo compagno, un sentimento che aveva a lungo sperato la ricambiasse. 

«Sakura?»

«Te lo prometto, Sasuke-kun. Niente più cose stupide»
Il ragazzo sembrò tirare un sospiro di sollievo e, mentre rientravano, si pentì di non essere stato completamente sincero. La vicenda nella sala interrogatori lo aveva scosso, ma il volto di quell'uomo... Ora poteva vederlo, mentre da sotto la maschera rideva e si prendeva gioco di loro, mentre la torturava e la seviziava. 
Mentre rientravano, si accorse che aveva di nuovo paura.
*

Aveva cercato di essere più dettagliato possibile, descrivendo la conversazione, le sensazioni si Kaito e, il volto dell’uomo mascherato: Tamashi.
Era riuscito a convincere Sakura ad accompagnare Kaito a comprare qualche vestito nuovo e fargli fare colazione da qualche parte per approfittarne e avere un colloquio privato con A e Darui.
Non voleva assolutamente che Kaito sapesse di quei ricordi; era convinto che la cosa lo avrebbe scosso troppo al momento. Era abbastanza intelligente da capire che c’era una possibilità non così remota che la sorella non fosse morta a causa della malattia e che lui stesso fosse in pericolo.

A Sakura avrebbe raccontato tutto in seguito, dopo la ripresa del loro viaggio; al momento gli premeva dire tutto al Raikage e, in un seconda battuta, all’Hokage.
«Credi quindi che l’abbia uccisa lui?»
«Sì. Credo sia stata una fortuna per Kaito non trovarsi in casa, potrebbe essere sopravvissuto per pura fortuna.»
Avevano dei tasselli in più, ma non stavano facendo comunque grandi passi avanti.

A quanto pareva questo Tamashi non compariva in nessun registro della Nuvola e non era nemmeno citato nei vari fascicoli di Asano; potevano quindi escludere con una certa sicurezza che il ninja in questione appartenesse a Kumo.
«Bella seccatura. Questo avrebbe ristretto di molto i vostri sospetti.»
Darui aveva ragione: cercare un uomo nel paese del Fulmine era di sicuro molto più semplice che cercarlo nel restante mondo ninja.
«Cosa contate di fare?»
«Farò rapporto all’Hogake. Poi credo che la cosa migliore sia proseguire con il nostro viaggio, cercheremo nuove piste man mano.»

Avevano poi atteso l’arrivo di Sakura e Kaito, di ritorno dalle spese; a loro si era aggiunto Yuuto, assegnatogli da Darui come ulteriore protezione.
I due, con pochi anni di differenza, sembravano aver fatto amicizia e, rispetto al giorno prima, il giovane sembrava più sereno. Dormire in un letto comodo e poter andare in giro a stomaco pieno dovevano avergli dato un grande aiuto per aprirsi con Yuuto e, ancora di più, con Sakura.
Non fu strano quindi che alla notizia dell'imminente partenza della rosa e Sasuke, Kaito apparisse turbato; la stessa ninja, che aveva appena appreso la desione dell'Uchiha, rimase scossa.
«Ho già fissato un incontro con un ninja di Konoha tra cinque giorni, partiremo dopo pranzo.»

Preso alla sprovvista per l’imminente separazione, Kaito aveva chiesto di poter mangiare con loro; nonostante questo però non toccò cibo.
L’Haruno sapeva bene che prima o poi avrebbero dovuto separarsi, ma si era anche lei affezionata al ragazzino; non sapeva se questo le venisse dalla sua voglia di aiutare i bambini o dal fatto di essere in parte responsabile di tutta la sua sofferenza, si sentiva comunque imponente ora, nel non poterlo aiutare di più.
Gli aveva sconvolto la vita e, come ne era entrata in modo turbolento, ne stava uscendo; probabilmente, per non rientrarci in futuro.

«Sakura, ti spiace andare di sopra a preparare la roba?»
Aveva rotto il silenzio che regnava al loro tavolo improvvisamente, mentre tirava fuori il portafoglio da una tasca nascosta nell'interno del gilet. 
Dopo un momento di esitazione la ragazza si alzò, con la promessa a Kaito che sarebbe tornata presto.
Così, erano rimasti soli loro due.

Era quello che voleva, ma non sapeva bene cosa dire a quel bambino, che lo potesse confortare.
«Mi dispiace, ma dobbiamo metterci in marcia il prima possibile»
I piccoli occhi verdi non si spostarono dal piatto, ancora pieno.
Cosa avrebbe voluto che gli dicessero gli adulti quando era bambino lui? Ripensando a quella fatidica notte, a quello che gli disse suo fratello, non potè non pensare in quel momento che non erano certo quelle le parole che avrebbe voluto sentirsi dire… Diventare forte, vendicarsi, sopravvivere…

In quel senso Kaito aveva avuto una guida decisamente migliore per il momento: Sakura lo aveva distolto dall’insana idea della vendetta e lo stava mettendo su dei binari sicuri.
Non incolpava certo Itachi per le sue scelte di vita, ma cosa sarebbe successo se le sue ultime parole, sotto la luna, fossero stare altre? Se gli avesse detto sin da subito che gli voleva bene? Sarebbe comunque diventato un ninja, in grado di difendersi da chi voleva impadronirsi dei suoi occhi?

Si alzò e si inginocchiò vicino al piccolo, mettendogli la mano sulla gamba; in quel momento ebbe la sua attenzione.
«In qualsiasi posto tu decida di andare, fatti degli amici. Impara a fidarti di loro e sii una persona di cui si possano fidare, circondati di persone a cui senti di poter affidare la tua vita e che proteggeresti a qualunque costo.
Diventa forte per proteggere gli altri, non per il mero potere.
E, soprattutto, crea dei ricordi belli con loro.»
Kaitò lo guardò sorpreso, lui era l’ultima persona da cui si aspettava certe parole; sentì che Sasuke non gli stava rivolgendo delle semplici frasi di circostanza; sapeva della sua storia e del suo passato dagli appunti di suo padre, e in quel momento non poté non pensare a quando fossero simili: anche lui aveva perso tutto e aveva dovuto rialzarsi da solo.

«Perché mi dici questo?»
«Perché se qualcuno, mi avesse detto queste cose alla tua età, probabilmente avrei evitato molte scelte infelici»
Non era del tutto vero: solo Itachi avrebbe potuto smuoverlo a tal punto. Ma sperava che Kaito si accontentasse che quelle parole provenissero da lui.
Aveva accettato il suo passato, le sue scelte e i suoi errori. Non poteva, e non voleva, incolpare nessuno se non sé stesso per tutto ciò che aveva fatto, tanto meno suo fratello... Ma questo non poteva impedirgli di aiutare gli altri, di aiutare Kaito, rivolgendogli le parole che forse avrebbe voluto sentirsi dire da bambino, quando si era ritrovato solo.

Per la prima volta, Kaito gli sorrise.
*
 
Erano ormai un paio d’ore che sorvolavano il mare sul dorso di Garuda: per risparmiare tempo, Sasuke aveva deciso di aggirare il paese del Gelo via cielo, con l’obiettivo di atterrare direttamente sulla costa del paese delle Terme.
Partire era stato più difficile del previsto per Sakura; Kaito aveva deciso di rimanere al suo villaggio, per diventare un ninja. 
Le aveva promesso che appena preso il diploma sarebbe venuto a trovarla a Konoha, per imparare a diventare un ninja medico: voleva diventare forte e proteggere gli altri. Le aveva sorriso e l’aveva ringraziata; nonostante questa promessa e l’apparente tranquillità del ragazzo, Sakura non si sentiva in pace con sé stessa.

«Non ti preoccupare per lui, se la caverà»
Senza dire nient’altro, avevano proseguito in silenzio la loro traversata in groppa all’enorme falco.
Una volta atterrati, un paio d’ore dopo, l’umore di Sakura migliorò.
Si era seduta su una roccia, mentre osservava Sasuke prendersi cura di Garuda: dopo un viaggio così lungo e con loro come carico, l’animale necessitava di un minimo di ristoro.
Dopo essersi rifocillato ed essersi fatto lisciare un po’ le penne, il falco sparì in una nuvola di fumo, congedandosi con riverenza ai due ragazzi.

Stavano camminando da più di tre ore, quando l’Uchiha le aveva fatto cenno di fermarsi per allestire l’accampamento; a quanto pareva avevano risparmiato più tempo del previsto e potevano concedersi un po’ di riposo davanti al fuoco caldo. Non sembrava, ma il vento gelido che soffiava dal paese di ghiaccio era penetrato a fondo durante il volo, e, nonostante la lunga camminata, ancora non si sentivano completamente riscaldati.
La cena, così come il viaggio, si era svolta in completo silenzio, e Sasuke iniziava a pensare che la compagna nascondesse qualcosa di più oltre alla tristezza data dalla loro partenza.

Non era bravo però ad indagare sui dubbi e le inquietudini dell’animo altrui, almeno, non quanto lei; così provò a distrarla, tirando fuori una mappa e interrogandola sul tragitto più comodo per arrivare al punto d’incontro.
Sakura però non si sentiva per niente partecipe. Sapeva bene che una volta date quelle informazioni sarebbero tornati al villaggio della Foglia, e tutto quello sarebbe finito; aveva sognato quel viaggio per due anni, e ora stava per concludersi.

«Perché dobbiamo incontrare un informatore, se tanto dobbiamo tornare a Konoha?»
Sasuke la guardò perplesso.
«Dobbiamo tornare a Konoha?» ripeté, quasi non avesse capito.
«Quando sei venuto a casa mia, mi hai detto che avremmo intrapreso un viaggio per catturare quell’uomo. Ora che siamo senza informazioni e senza indizi, mi sembra logico che tu voglia riportarmi a casa…»

Dunque era questo il problema. Credeva che l’avrebbe riportata al villaggio e che lui avrebbe ripreso il viaggio da solo. In effetti non si erano mai consultati sul dopo, erano semplicemente rimasti al Villaggio della Nuvola per il tempo necessario; lui aveva dato per scontato che lei volesse continuare il viaggio, perchè sapeva che era così. 
Lei, in fondo, non poteva sapere che anche lui voleva continuare quella bizzarra avventura assieme.

«Dopotutto, l’hai detto anche tu che è stato Kakashi a chiederti di farmi venire con te…»
Maledizione. Certo, era vero. Ma…
«La situazione è molto cambiata da quando siamo partiti, e da quando ti ho detto quelle cose»
La luce del fuoco illuminava i loro volti nella sera ormai scura, e Sasuke vide molto bene un barlume di speranza e felicità farsi strada nelle iridi verdi di Sakura.
«Stiamo per incontrare un informatore così da mandare le nostre nuove scoperte all’Hogake, e poter continuare il viaggio.»

«D-dici sul serio, Sasuke-kun?»
Sorrise dolcemente, quella ragazza aveva davvero il potere di mostrare la sua semplicità e il suo entusiasmo con una leggerezza disarmante, che quasi invidiava.
«Certo. Insomma, dovremo comunque cercare nuove informazioni e continuare a indagare; ma nulla ci vieta di svagarci un po’; e poi, mi avevi detto di voler vedere il mondo, no?»
Era vero, lo aveva detto mentre lasciavano il villaggio diverse settimane prima; gli aveva detto senza problemi che era invidiosa del suo viaggio e che avrebbe tanto voluto vedere tutti i posti delle cartoline.

Ripensando a quei primi giorni, le sembrava incredibile com’erano cambiati entrambi, come ora riuscivano a capirsi e a confrontarsi. Si sentiva in colpa per averlo ignorato tutto il pomeriggio, quando lui non voleva minimamente riportarla al villaggio: lui la voleva con sé, al suo fianco.
D’impulso lasciò cadere la mappa e lo abbracciò, gettandogli le braccia al collo.
Alzò il viso e guidò le sue labbra su quelle di Sasuke.

Le era mancato quel contatto, sentire il suo respiro addosso e la sua mano che la stringeva di più a sé. Anche se il colore delle sue gote si confondeva con quello dato dalla vicinanza dal fuoco, la vicinanza le permise di vederlo arrossire leggermente.
Fu un sorriso sghemo proprio del ragazzo a farla allontanare di qualche centimetro; aveva ancora le braccia strette attorno al suo collo e lo guardava interrogativa, con un'espressione curiosa. 

«Scusami, è che mi è tornata in mente l’ultima volta che mi hai baciato»
Appena le tornò in mente quella assurda serata in cui, ubriaca fradicia, aveva praticamente tentato di “stuprarlo”, fu lei a diventare tutta rossa; si staccò veloce da Sasuke e, dopo avergli dato una bonaria spinta, si infilò in tutta fretta nel suo sacco a pelo, seppellendo il viso nel caldo tessuto per nascondere l’imbarazzo.

Ancora con il sapore di lei sulle labbra e il suo profumo nelle narici, anche Sasuke si coricò, cullato dal tepore e dal crepitio del fuoco.
Non avrebbe interrotto quel viaggio per niente al mondo ormai.
 

Buonasera a tutti!!
Chiedo innanzitutto perdono per il ritardo, purtroppo questa quarantena si sta dimostrando impegnativa didatticamente parlando.
Ma, non siamo qui per parlare di questo!

Il rapporto tra Sakura e Sasuke si sta delineando, pian piano. Rimanere in linea con i personaggi si sta rivelando mooolto difficile, aihmè.
Portate pazienza, arriveranno capitolo più "succosi" andando avanti ;)
Ho un altro capitolo quasi pronto, quindi conto di renderlo disponibile entro pochi giorni; sono davvero molto combattuta su come far comportare i nostri protagonisti in attesa di un prossimo incontro/scontro con i Villain, ma spero di non deludere nessuno XD

Ringrazio comunque chi continua a seguire la storia, chi la supporta, l'ha messa tra i preferiti/seguiti/ricordati e chi ha speso del tempo per lasciarmi una piccola recensione :D
Vi ringrazio e vi auguro una Buonanotte!

 
P.S. Mi scuso per eventuali errori, l'ho un po' rivisitata mentre la rileggevo e il mio cervello inizia già a non connettere più, spero sia comprensibile XD

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

Dal giorno seguente a entrambi sembrò di essere tornati al loro breve tragitto tra la loro riconciliazione e il villaggio della Nuvola, avevano ritrovato la complicità data dal continuo spostarsi e del poter parlare di quello che gli andava, quando gli andava.
Il poter continuare il viaggio aveva dato a Sakura una nuova gioia, mentre Sasuke si era in fretta abituato al fatto che fossero di nuovo solo loro due, e si stava lasciando andare più del solito.
In un comune tacito accordo, avevano deciso di non approfondire la vicenda che l’Uchiha aveva riesumato: la sbronza di Sakura. Nel tempo probabilmente sarebbe diventato un divertente episodio da ricordare, ma al momento era fonte più d’imbarazzo che altro, tra i due, soprattutto per la rosa.

Alla loro seconda sera sotto le stelle, Sakura aveva deciso di sistemare il suo sacco a pelo vicino a quello di Sasuke e, mentre si stavano sistemando per dormire, aveva chiesto (o meglio preteso) che l’Uchiha continuasse la storia di cui le aveva parlato nella loro prima notte a Kumo.
Così, sconfitto ancora prima di poter protestare, si era ritrovato sdraiato con una insistente Sakura che gli si era accoccolata con la testa sul suo petto, e non poteva che continuare a raccontare.

Le raccontò quindi della vita dei due fratelli, Hagoromo e Hamura, e della loro madre, Kaguya; di come si allenarono e la sconfissero in una epica battaglia, della decisione di Hamura di andare a vivere sulla Luna e di quella di Hagoromo di intraprendere un viaggio per l’espiazione.
Aveva sentito Sakura sussultare a quel punto della storia; probabilmente aveva anche lei rivisto una certa analogia tra la sua decisione e quella di Hagoromo. Lui però non si sentiva minimamente simile al Saggio, tutt’altro; non era mai stato mosso da grandi ideali, se non da quelli di vendetta, e non sentiva di aver compiuto grandi gesta durante il suo viaggio, si era limitato ad accettare sé stesso e il suo passato e, nel frattempo, aveva dato una mano come poteva.

La sera successiva cercò di resistere alle suppliche di Sakura, ma anche questa volta fu inutile: la ragazza aveva continuato per tutto il giorno a fargli domande e, arrivati alla cena, era stata zitta giusto il tempo di mangiare, per poi iniziare a ripetere come un mantra le parole “ti prego, ti prego, ti prego…
E ovviamente c’era cascato. Sorridendo si era sdraiato come la sera prima e aveva aspettato che anche lei si sistemasse e, prima che lui cominciasse, gli diede un bacio a stampo sul collo.
La storia proseguiva, ovviamente, con Indra e Ashura, i due ninja che si erano reincarnati in lui e Naruto. Sakura fu oltremodo affascinata da tutta la vicenda e dal suo evolversi, anche se il finale la lasciò amareggiata e delusa.

«Mi dispiace per Indra… Tu non credi che potesse andare diversamente?»
«Certo. Ma onestamente credo che non ci sarebbe piaciuto vivere in un mondo in cui l’Eremita avesse scelto lui, al posto di Ashura.»
«E se avesse scelto entrambi, come ha fatto con voi?»
«Credo che Indra non l’avrebbe accettato comunque. Nemmeno io, un tempo, lo avrei fatto.»
Sakura scrutò il cielo terso, illuminato dalla luna e dalle stelle.

«È stato l’Eremita a farti vedere tutto questo?»
«In parte. Alcune cose le ho viste attraverso gli occhi di Kaguya»
Comprendeva bene tutte le domande che Sakura potesse avere in testa, era normale; ma una parte di lui desiderava davvero dirle tutto quanto, non solo come una favola. Sentiva che tutto quello, in qualche modo, fosse anche parte di lui e, in effetti, lo era sempre stato.
«E’ strano, sai?» disse ridendo «è come se tu avessi una specie di alter ego, non so come spiegarmi…»
Sorridendole, tirò fuori il braccio dal sacco a pelo e glielo passò dietro al collo, per accarezzarle i capelli.

«Un po’ hai ragione. Da un certo punto della mia vita, non ti so dire bene quando, ho iniziato a percepire che c’era sempre qualcuno con me, come una presenza»
«Davvero?!»
Lui annuì; vedendo la sorpresa nei suoi occhi e la sua buffa reazione soffocò anche un risolino. Era davvero facile sorprenderla.
«Anche Naruto mi ha detto una cosa del genere, quindi sono sicuro fossero loro»
«Beh, almeno ora non dovranno più reincarnarsi per cercare la pace»
Su questo erano d’accordo, finalmente quello scontro era finito, dopo decenni.
«Ed è tutto grazie a te e Naruto, Sasuke-kun!»

Gli occhi con cui Sakura lo stava guardando erano di profonda adorazione; quello sguardo gli ricordava come lui guardava suo fratello mentre si allenava con gli shuriken. Davvero lei aveva questa considerazione di lui?
Si, aveva salvato il mondo con Naruto, ma si era anche imposto per ucciderlo e diventare una specie di ombra che avrebbe minacciato il mondo. Non si era comportato molto diversamente da Madara o da Obito; l'unica differenza, era che lui era stato salvato in tempo, proprio da Naruto. 
«Non credo di aver fatto granché, sai»
Appena lo disse però, Sakura scattò seduta, guardandolo dritto negli occhi.

«Non scherzare! Senza voi due non aveste combattutto assieme nessuno sarebbe mai riuscito a sconfiggere Kaguya!» cercò di calmarsi, sapeva che Sasuke era pienamente conscio delle sue abilità, ma non accettava che ancora, dopo tanto tempo, non si attribuisse nemmeno un merito di quello che aveva fatto.
«T-tu… sei un ninja eccezionale, lo sei sempre stato» strinse un pugno, si stava pentendo di aver iniziato quella discussione, ma ormai non poteva più fermare quelle parole «Sono io a non aver fatto un granché, purtroppo. Ma ormai ho accettato che sarò sempre un passo dietro di voi» con un sorriso amaro si alzò per bere dalla borraccia lasciata nello zaino, aveva bisogno di staccare il contatto tra di loro, sia fisico che visivo; aveva già esternato quei sentimenti, in battaglia, ma farlo in quelle condizioni l'aveva messa a disagio. Non poteva negarlo, si sentiva ancora in difetto verso Sasuke, vuoi per l'alta considerazione che aveva di lui, vuoi per il fatto di essersi sempre sentita inadeguata. 

C’era stato un tempo in cui lui stesso aveva considerato Sakura inutile, in cui pensava che non avesse la stoffa del ninja; o almeno, non del ninja per come lo vedeva lui.
Durante la guerra però si era ricreduto, più di quanto aveva dato a vedere, e non credeva possibile che lei non si rendesse conto di quanto fosse migliorata e di essere, con molta probabilità, la kunoichi più forte dell’intero mondo ninja.
Si spostò all’interno del sacco, aprendone la zip fino in fondo e, quando Sakura fu di ritorno, le fece cenno con la mano, battendola sullo spazio libero accanto a lui. La rosa arrossì, non molto convinta; si lasciò però persuadere dallo sguardo di Sasuke e gli si coricò vicino, chiudendo la cerniera.

In un momento il suo corpo era diventato bollente, e non solo per il fuoco e la coperta: la vicinanza tra lei e il ragazzo non era mai stata così intima, e i loro corpi erano a forza stretti in quel piccolo spazio. Si ritrovò con la testa appoggiata al braccio fasciato e il corpo avvolto nell’altro; istintivamente strinse a sé il corpo di lui, affondando il volto nel suo petto.
Il moro le scoccò un bacio sulla fronte, in corrispondenza del byakugo.
«Sakura, tu mi hai riportato indietro da quel deserto, hai aiutato me e Naruto a sigillare Kaguya, e ci hai salvato la vita curando le nostre braccia. E mi hai praticamente sottratto a morte certa, diverse settimane fa»

Sasuke parlava piano, quasi sottovoce, con le labbra vicine al suo orecchio; mentre il cuore di lei batteva talmente forte che aveva la sensazione che a breve si sarebbe addirittura fermato.
«Sei tu il ninja eccezionale. Forse non lo sarai sempre stata, ma ora sei tu a camminare davanti a me.
Io… Io sono davvero fiero di te»
Le veniva da piangere. Non si sarebbe mai aspettava di sentire quelle parole da lui, e di sentirsi così sollevata all’udirle. Anni e anni di allenamenti estenuanti, a mettere in gioco la sua stessa vita per riportarlo indietro, per stare al passo con lui e Naruto…
Lui era fiero di lei.

Lo abbracciò talmente forte che ad un certo punto ebbe paura di avergli incrinato una costola o due, ma il dubbio sparì non appena anche lui la strinse forte.
Quando una piccola lacrima solitaria le solcò il viso, sentì il bisogno delle sue labbra; la sua bocca guidò il suo viso alla ricerca delle sue, trovandole un po’ più in su. Quando si incontrarono entrambi furono presi da una frenesia che mai avevano sperimentato: le loro labbra si schiusero, lasciando congiungere le loro bocche e, per qualche istante, si trovarono a respirare la stessa aria.
In quel turbinio di lingue e respiri affannati, le loro mani vagavano le une sul corpo dell’altro, bramose; mentre sentiva le dita di lei sui glutei e sulla schiena, lui spostò la sua mano sulle curve di lei, affondandola nelle sue natiche. Si stava muovendo in un modo che non avrebbe mai immaginato e si rese conto solo dopo averlo fatto che con la mano aveva spinto il corpo di Sakura contro il suo, portando le loro intimità a toccarsi, seppur ancora separate dai vestiti.
Avevano messo nuovamente un po’ di distanza tra loro, non molta, ma abbastanza perché la mano di Sasuke potesse infilarvisi, andando a toccarla tra le gambe, dove si trovava il suo sesso.

A quel contatto lei aveva sussultato, sorpresa. E, in risposta a quella esitazione di Sakura, il moro si era staccato di scatto, come se si fosse di colpo ustionato; aveva aperto il sacco a pelo e ne era uscito, scusandosi ed allontanandosi dal piccolo campo.
Dopo una decina di metri, guidato dalla luce della luna, e si era seduto dietro a un grosso albero.

Il senso di colpa fece capolino nella sua testa: aveva abbandonato lì la ragazza, senza dirle niente che delle stupide scuse; non sapeva cosa gli fosse preso, all’improvviso la mente gli si era annebbiata e si era lasciato andare. Aveva perso il controllo e aveva spinto troppo sull’acceleratore, ma non sapeva se lo spaventava di più l’aver in qualche modo forzato Sakura o l’idea di essere guidato da istinti così primitivi e primordiali.
Ad essere onesto con sé stesso, si sentiva quasi sporco a volerli assecondare, a pensare a Sakura in quel modo; ma più stava con lei e più voleva farlo con lei. Stava diventando quasi un pensiero fisso, che non lo abbandonava mai e, lo sapeva, se fossero andati ancora avanti, non si sarebbe fermato. Solo ad una richiesta di Sakura si sarebbe fermato.

Ma se glielo avesse dovuto chiedere, non avrebbe voluto dire che si era già spinto troppo oltre?
Sospirò profondamente, cercando di calmare la testa e, soprattutto, il basso ventre.
Fu colto di sorpresa quando una mano gli si posò sulla spalla, facendolo girare di scatto.
Non poteva distinguere bene il suo volto nel buio, ma il tono di lei tradiva una certa emozione e imbarazzo.

«T-tutto bene, Sasuke-kun? Ho fatto qualcosa di sbagliato?»
Lui scattò in piedi, maledicendosi mentalmente per aver creato quel malinteso; come poteva lei aver fatto qualcosa di sbagliato?
«No, assolutamente» disse con una fretta che non gli apparteneva. Doveva ritrovare la calma, se voleva parlare con lei.
«È colpa mia, scusami. Non volevo affrettare le cose»
La ragazza sembrò tirare un sospiro di sollievo.
«Oh, non ti preoccupare!»
Sakura gli prese la mano, sicura, e gli diede un bacio sulla fronte.

In quel momento Sasuke sentì che avrebbe potuto dirle tutto, che ci sarebbe riuscito, e lei lo avrebbe ascoltato, pronta a dargli il consiglio migliore.
Dopo un profondo respiro buttò fuori tutto: della paura di perdere il controllo, della paura di farle del male, di forzarla, e anche della sua fatica ad accettare quei pensieri come suoi.
Nonostante avessero ormai quasi vent’anni, Sakura poteva capire le insicurezze del compagno; non avevano mai sperimentato nulla nella loro vita e sembrava quasi che per Sasuke la pubertà stesse iniziando solo adesso. Non che ci fosse da meravigliarsi; insomma, aveva trascorso l'adolescenza ad allenarsi e cercare vendetta nel covo di Orochimaru... Non era certo il posto migliore per scoprire i propri bisogni sessuali. 

Da un lato si sentiva estremamente a disagio a parlarne con lui, ma il solo fatto che si fosse convinto ad aprirsi la rendeva estremamente felice.
Gli prese la testa e lo lasciò appoggiarsi al suo petto, mentre con dolcezza gli accarezzava i capelli corvini.
«Beh, non abbiamo nessuna fretta, sai? Ci prenderemo il nostro tempo»
Avrebbe voluto dirgli di più, ma non si sentiva di dire quello che pensava, la imbarazzava e aveva paura di apparire a Sasuke come una mangiauomini disinibita, visto come si tormentava. Ebbene sì, lei era da tempo che aspettava quel momento, aveva passato molte notti da sola, a tenersi compagnia, da quando aveva capito che per l’Uchiha nutriva anche un interesse carnale, e anche molto forte.
Per questo capiva bene il desiderio del ragazzo e la “paura” di non sapersi fermare, il chiodo fisso e la bramosia; ma lo aveva accettato ed era pronta a perdere il controllo di sé e lasciarsi guidare dall’istinto e da lui, e guidarlo a sua volta.
Non gli aveva mentito però: non aveva fretta, e lo avrebbe aspettato. Insomma, aveva aspettato abbastanza, ma, per lui, poteva aspettare ancora; in fondo, giorno più o giorno meno, non avrebbe fatto alcuna differenza.

Il respiro calmo e ritmico di Sakura lo aveva decisamente rilassato e si sentiva pronto a tornare al piccolo accampamento; essersi liberato di quel peso lo aveva tranquillizzato e la reazione di Sakura, o meglio, la non reazione, gli aveva donato la consapevolezza che in lui non trovava nulla di strano. Era abituato a dare una certa immagine di sé, agli altri e a sé stesso, e aveva paura che vedendolo sotto questa luce, la rosa non l’avrebbe accettato, che anzi lo avrebbe allontanato.
E invece si ritrovò a farsi guidare, mano nella mano, verso il fuoco.  
Con sua enorme sorpresa però, Sakura non si stava sdraiando nel suo sacco a pelo, ma in quello da cui lui era “fuggito” solo pochi minuti prima.
«Sakura, che stai…?»

Ma lei era lì, a mimare il gesto con lui l’aveva invitata lui stesso, chiedendogli di stendersi con lui.
La assecondò, mettendosi comodo, lasciando che chiudesse la cerniera e che si ritrovassero di nuovo a stretto contatto.
«T-ti fidi di me?» il suo tono era tutto fuorché sicuro, ma voleva assolutamente che Sasuke la assecondasse.
«Non proprio, ma farò un tentativo» le sorrise, nervoso. Non capiva bene cosa avesse in mente, l’ipotesi più probabile per lui era che voleva che dormissero assieme, per togliere un po’ di imbarazzo a quella serata. E gli sembrò così, quando lo abbracciò stretto e poggiò nuovamente la testa sulla sua spalla.
Chiuse gli occhi, concentrandosi per cercare di dormire e non pensare a niente.

Appena chiuse le palpebre però, sentì la mano di Sakura, bruciante e sicura, su di lui. Come una molla, si allontanò da lei, cercando i suoi occhi per carpire almeno un minimo le sue intenzioni.
«Sakura! Maledizione, che stai facendo?!»
Lei era tutta rossa in viso, quasi mortificata. Ma era sicura delle sue intenzioni e gli fece cenno di avvicinarsi di nuovo.
«“Non svegliare il can che dorme”, ti dice nulla?» era quasi sconvolto, insomma, cosa le aveva rivelato le sue insicurezze a fare?
La rosa però nascose il suo viso nel suo petto, evitando il suo sguardo; non sarebbe riuscita a parlargli se l’avesse guardata, doveva trovare il coraggio.
«Per favore, Sasuke-kun… Fidati»
«Mi stai chiedendo un po’ troppa fiducia, ultimamente» sospirò, vedendola sorridere e scusarsi bonariamente, si sciolse.
“E sia”

Si riavvicinò a lei e le cinse il fianco con il braccio; come aveva fatto prima, la mano della ragazza si posò su di lui, sentendolo reagire. Un po’ esitante, iniziò a toccarlo, mentre con la bocca gli lasciava una piccola scia di baci sul collo.
Sasuke stava già per impazzire, si sentiva come torturato mentre cercava di rimanere lucido e padrone di sé.
La rosa nel frattempo lo aveva fatto sdraiare supino e si era posizionata al suo fianco; dopodiché la sua mano aveva allentato l’elastico dei pantaloni e dei boxer, e aveva avvolto il suo membro caldo, per poi iniziare a massaggiarlo.
Sentire il respiro sempre più irregolare di Sasuke stava facendo breccia anche il lei, portandola a desiderare ben di più che quel contatto; entrambi eccitati iniziarono a baciarsi con passione e trasporto, mentre la mano di Sakura aumentava il ritmo.

Le dita del ragazzo intanto avevano preso a giocare con l’elastico dei suoi pantaloni, quasi a chiedere il permesso di potersi insinuare come aveva fatto lei.
Aveva capito, Sasuke; glielo stava facendo per abituarlo a quella sensazione, a quella perdita di controllo e abbandono al piacere, per familiarizzare con le proprie intimità. Ma non voleva essere l’unico a godere di quel contatto, voleva anche lui far assaporare a Sakura quella eccitazione e quella fame che crescevano dentro di lui.
Non sentendo nulla in contrario, Sasuke infilò la mano all’interno dei suoi slip, alla ricerca della sua femminilità; trovatala, ebbe un piccolo sussulto, ma si lasciò guidare dall'istinto, complice il piacere crescente che lo pervadeva.

Appena la toccò, Sakura emise un piccolo gemito, interrompendo il contatto tra le loro bocche, per poi riavvicinarsi mentre lui iniziava ad esplorarla e a stimolarla.
Continuarono così, a darsi piacere a vicenda, mentre si baciavano e si mordevano sul collo e sulle labbra, fino al punto in cui la ragazza bisbigliò il suo nome a denti stretti. 
Sentendosi chiamare in quel modo, Sasuke lasciò definitivamente che la sua mente si spegnesse e si abbandonasse alle sensazioni che stava provando, e che stava procurando alla compagna; fu così che vennero entrambi, assieme, chiamando l'uno il nome dell'altra.

Appena tutto fu finito, il ragazzo si sentì all'inizio solo stanco e "svuotato"; ma poi si accorse di come la sua mente ora fosse sgombra, libera... Si era lasciato andare e aveva sperimentato quella perdita di controllo che tanto lo spaventava; si era liberato di un peso, lei lo aveva liberato.
Accanto a lui Sakura lo guardava in attesa, curiosa di sapere se quello che aveva fatto aveva avuto un esito positivo, oppure no. 
Appena i loro sguardi si erano incrociati però, si erano messi entrambi a ridere, e anche di gusto. Stavano scacciando i residui dell'ansia che avevano provato fino a pochi minuti prima e, nel contempo, li divertiva essersi preoccupati per così poco. 

«Direi che hai fatto bene a fidarti, Sasuke-kun»
 
*
 
«Dove dovremmo incontrare l’informatore?»
Erano passati due giorni da quella notte e in quei giorni la routine procedeva come di consueto: camminavano a passo spedito, attraversando il Paese delle Terme, fermandosi quel tanto che bastava per riposare e per accamparsi la notte.
Avevano già preso l’abitudine, ormai, di srotolare un solo sacco a pelo; dormivano vicini, addormentandosi dopo essersi concessi un po’ l’uno all’altro.

«A pochi chilometri da qui, tra il confine del Paese del Suono e quello del Fuoco»
Sasuke si era svegliato particolarmente presto quella mattina, voleva scrivere la pergamena dell’Hokage prima di partire, e soprattutto prima che Sakura si svegliasse.
Non aveva ancora avuto il coraggio di dirle quello che aveva visto nei ricordi di Kaito: aveva paura che quella rivelazione avrebbe riaperto in lei una ferita che sembrava essersi chiusa, per il momento. Sentiva di doverla proteggere, anche da questo.
E infatti, aveva finito appena in tempo. Al suo risveglio, la rosa lo aveva visto arrotolare il foglio e sigillarlo; si era poi unita a lui per preparare qualcosa per la colazione e ritirare tutti gli utensili nelle loro borse.

Mentre le mostrava il punto d’incontro sulla mappa, erano già in viaggio da un’ora, quasi al confine con il paese del Suono, e il sole illuminava l’orizzonte con i suoi primi, timidi, raggi.
Avevano camminato per altre tre ore, prima di scorgere in lontananza un grande e strano uccello bianco e nero. Né Sasuke né Sakura ci avevano messo molto per capire chi fosse l’informatore che dovevano incontrare e, appena aveva scorto il ninja, la ragazza gli era corsa in contro, agitando la mano per salutarlo.

«Buongiorno, Sakur…»
Non aveva nemmeno avuto il tempo di salutarla, che Sai si era ritrovato con la ragazza addosso, ad abbracciarlo. In tutto il tempo che aveva trascorso con Sasuke, Sakura non  si era ancora resa conto quanto gli mancassero i suoi amici, soprattutto i suoi compagni di Team.
Le era già capitato di stare lontano dal suo villaggio per diverso tempo, ma era sempre stata in compagnia di Naruto e Kakashi, e poi anche con Sai e il capitano Yamato.
Quando si separarono, il ragazzo le sorrideva come suo solito, un sorriso che aveva imparato a riconoscere come sincero.

«Ti sono mancato, Sakura?»
Aveva usato apposta un tono malizioso, per canzonarla. Ma in tutta risposta il pugno della ragazza gli si abbatté sulla testa, proprio come ai vecchi tempi.
«Scemo! Ero solo felice di vederti!»
«Guarda che poi il tuo ragazzo di ingelosisce»
I due continuavano a punzecchiarsi, come due bambini, mentre Sasuke, dietro a Sakura, osservava quella scena con uno strano sentimento sempre crescente. Era forse quella, la gelosia?

«Allora, come va con Ino?»
«Bene, credo. Non ho potuto dirle che venivo ad incontrare voi due, quindi credo che al mio ritorno ne prenderò pure da lei»
Sakura rise, consapevole che probabilmente sì, l’amica si sarebbe decisamente arrabbiata. Chissà quante cose imbarazzanti però avrebbe chiesto a Sai di chiederle, se avesse saputo del loro incontro…
«Però mi sono segnato alcune cose che potrei dirle su voi due, per farmi perdonare. Tipo, vi siete già baciati?»
Sakura diventò immediatamente rossa, guardando l’amico. Ecco, era proprio questo che voleva evitare.

«Lo prendo per un sì» trasse da solo le sue conclusioni, mentre annotava su un piccolo taccuino le risposte della rosa.
«Ehi aspetta, io non ho mica detto di…»
«E dimmi, avete già consumato un rapporto sessuale?»
«…»

«E’ un sì?»
«IO... IO TI AMMAZZO, SHANNARO!»
In un istante uno dei pugni di Sakura si era scontrato con la faccia di Sai, lasciandoci sopra una bella impronta rossa.
Quasi con noncuranza, Sai aveva preso la penna e aveva annotato qualcosa che probabilmente era un grande .

L’Uchiha si schiarì la voce, stufo di dover aspettare che i due si comportassero in quel modo, e stufo delle allusioni; non aveva ancora sperimentato cosa voleva dire condividere con altri la loro storia e, soprattutto, non aveva ancora realizzato di non essere pronto a vedere Sakura assieme a qualcuno che non fosse lui, a ridere e scherzare. Quel loro viaggio li stava avvicinando, ma lo stava anche abituando ad una vita in cui c'erano solo loro due, sempre. Sapeva che non era "sano", come rapporto, ma semplicemente, non era pronto.
Solo dopo che l'Uchiha aveva attirato la sua attenzione, i due ragazzi si salutarono: Sasuke completamente indifferente, Sai con un sorriso che, la rosa lo sapeva, era diverso da quello con cui aveva salutato lei.

«Questa è la pergamena per Kakashi, mi raccomando» così dicendo, gli porse l’oggetto sigillato, che Sai prese e mise all’interno del borsello.
«Certo. Vuoi riferirgli altro?»
«No, è tutto scritto lì. Vi manderò un falco se dovessero esserci altri sviluppi e dovessimo fissare un altro incontro»
Il ragazzo annuì, pronto a risalire in groppa della sua creazione e ripartire alla volta del Villaggio.

«Sakura, sicura di non voler tornare?»
Lei lo guardò prima interrogativa, poi gli sorrise.
«Sicurissima!» mentre lo diceva, si era avvicinata a Sasuke, mettendosi al suo fianco.

Così si erano salutati, e quel breve contatto con il villaggio e la sua vecchia routine se n’era andato.
 

Buongiorno a tutti!
Eccoci a iniziare il mese con un nuovo capitolo! Ci ho messo un po' più del previsto per metterlo a posto e aggiungere le ultime cose, ma finalmente eccolo!
In questo caso ci tengo a dire qualcosina in più sul capitolo, soprattutto sul nostro Sas'ke-kun: per qualcuno potrà sembrare un po' OOC (e forse lo è, forse sicuramente), però devo dire che, per quanto mi piaccia leggere di lui in diverse versioni, io me lo immagino così, un po' impacciato e intimidito sul subito, estraneo ai contatti umani etc, complice anche come lo abbiamo potuto vedere in Boruto. 
Poi spero di aver scritto bene, perchè non ero molto convinta essendo la prima scena ""spinta"" che scrivo XD
Quindi sono davvero curiosa di leggere i vostri feedback a riguardo, per sapere se vi è piaciuto o no!

Non voglio creare troppe aspettative (soprattutto perchè vorrei scrivere mille cose ma poi i capitoli mi vengono lunghi e devo posticipare le cose XD), ma nel prossimo capitolo vorrei inserire un po' di cose, quindi dovrebbe (sottolineo dovrebbe) essere bello corposo! Cercherò di pubblicarlo il prima possibile ;)

Come al solito vi ringrazio per aver letto gli scorsi capitoli, ringrazio chi ha recensito e chi ha messo la storia tra le preferite/seguite/da ricordare!
Un saluto e un abbraccio a tutti voi :D 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16

Avevano da poco salutato Sai e ripreso il cammino, diretti questa volta verso il Paese della Cascata, quando erano stati colti di sorpresa da un violento temporale.
Continuarono a camminare per un po’, ma la pioggia e il vento iniziavano ed essere proibitivi: non solo non riuscivano quasi a vedere nulla, ma la temperatura era scesa di colpo; senza un riparo si sarebbero solo procurati un bel malanno, cosa assolutamente da evitare durante un viaggio. 

Per loro fortuna erano riusciti a scorgere un paio di case in mezzo a dei campi non più coltivati, non molto lontano dal sentiero, e si erano avvicinati. Avevano bussato ad entrambe le porte, ma da nessuna avevano udito risposta.
Sasuke aveva quindi preso l’iniziativa e, sfondando la porta, era entrato nella casa a cui aveva bussato; il legno marcio non aveva opposto molta resistenza e, come constatò, anche le pareti all’interno e i mobili erano in uno stato pietoso. Originariamente doveva essere una struttura su due piani, ma le scale erano inagibili e rendevano l'accesso al piano superiore decisamente complicato; al piano terra l'ingresso si apriva su un salotto discretamente grande, separato dalla cucina da un muro. 
«Non sarà un albergo, ma per una notte andrà bene»

Nonostante il legno marcio aveva comunque conservato una certa stabilità e avrebbe sicuramente retto a un temporale come quello; dentro la temperatura non era molto diversa da quella esterna, ma almeno erano all’asciutto e, in più, c’era un camino in pietra che non sarebbe stato difficile da accendere. 
Sakura era entrata nella casa subito dopo Sasuke e, mentre lui accendeva il fuoco, si era adoperata per creare uno spazio abbastanza vicino al fuoco per poter appendere i vestiti fradici.
Quando la fiamma iniziò ad ardere, illuminando la stanza, la ragazza si rese conto di quanto fossero entrambi bagnati: i capelli del ragazzo erano completamente bagnati e ricadevano pesanti sul viso e sul collo, mentre i vestiti, appesantiti dall’acqua, gocciolando sul pavimento avevano già formato delle piccole pozzette.
«Sembri proprio un pulcino bagnato, Sasuke-kun»

Lui sorrise, senza rispondere. Voleva approfittare del filo che Sakura aveva sistemato per stendere i vestiti e cambiarsi, per non rimanere per troppo tempo con quei vestiti addosso.
La rosa lo aveva già preceduto e quando lui si girò, con addosso solo i pantaloni, era già cambiata e stava predisponendo un telo vicino al fuoco dove poter mangiare e stendere il sacco per dormire; si era messa dei pantaloni della tuta che usava spesso per dormire e una maglietta bianca, decisamente larga, con il simbolo della volontà del fuoco al centro.
Da quando avevano litigato prima di arrivare al Paese del Fulmine, Sakura aveva cercato di non mettere più quella maglietta, aveva la sensazione che l’amicizia tra lei e Naruto non fosse proprio ben vista dall’Uchiha; ma ora quella era l’unica maglietta pulita che aveva (come una scema si era dimenticata di fare il bucato prima di partire dal Villaggio della Nuvola, e non avevano ancora avuto il tempo materiale di fermarsi ad un fiume per lavare le cose), la scelta, quindi, era obbligata.

«Fammi capire, com’è che hai più magliette del baka che tue?»
Lei lo guardò rossa in viso, mentre lui le stava di fronte, con il braccio appoggiato al fianco, a petto nudo.
«N-non è così! È che sono davvero comode…»
Era leggermente arrossita, ma dicendolo si accorse di star sorridendo, nostalgica. Era successo più di una volta che in missione lui gliene prestasse una e, quando poi lei gliele riportava lavate e stirate, Naruto non la voleva più, con la scusa che ormai per lui quella particolare maglietta era diventata troppo piccola. Era successo forse tre/quattro volte, ma a lei quei particolari ricordavano come il loro rapporto fosse più fraterno, che d'amicizia.

Persa nei suoi pensieri non aveva nemmeno visto Sasuke avvicinarsi a lei; si accorse della sua presenza quando lui le alzò il mento con due dita. I loro sguardi si incrociarono, le iridi del moro trasparivano però una certa serietà.
All'inizio ne fu spiazzata, ma capì subito quello che quegli occhi cercavano di comunicarle. 
«Non ti preoccupare, te l’ho detto: siamo solo amici»
«Mh.»
Le sembrava incredibile che, a distanza di anni, ora fosse Sasuke quello geloso di Naruto; le veniva quasi da ridere ripensando ai primi giorni nel Team 7, con lei che cercava di fare breccia nel cuore dell'Uchiha e il biondo che cercava di superarlo per ottenere le sue attenzioni e il suo amore... Era convinta che nessuno, nemmeno Kakashi, si sarebbe aspettato quegli sviluppi tanto inattesi… 

«E con quell’altro?»
«Con chi?»
L’Uchiha aveva distolto lo sguardo, imbarazzato per aver posto lo quella domanda, e ancora di più al pensiero di doverle spiegare a chi si stesse riferendo.
«Non dirai mica Sai, vero?» Il suo torno era decisamente serio, e dentro di sé cercava di nascondere un moto di rifiuto assoluto. Erano buoni amici, certo, ma pensare di starci insieme… Beh, era un altro paio di maniche.
Lo sguardo di Sasuke era eloquente però, intendeva proprio Sai.

Bonariamente, Sakura alzò un pugno e gli diede un buffetto (neanche tanto leggero, in realtà) sul petto, per poi mettersi a ridere.
«Sul serio, Sasuke-kun? Sei geloso di Sai?»
Stava per rispondere che no, non era geloso di Sai. A quanto pare era geloso di qualsiasi individuo di sesso maschile nel raggio di qualche chilometro; però sì, nel momento in cui si erano abbracciati, era stato geloso di lui.
«Con lui non hai proprio di che preoccuparti, tranquillo. E poi spiegami, questo tuo lato geloso da dove salta fuori?»

Avrebbe voluto dirle che quel lato probabilmente c’era sempre stato, ma che non aveva mai trovato nessuno che lo rendesse così evidente; si sentiva lui stesso strano, all’idea di essere geloso di qualcuno per una ragazza, per la sua ragazza.
Invece di rispondere però, aveva ben altro in testa. Si sentiva quasi in colpa a desiderarla in quel momento, possessivo forse, ma era così. L’idea che Sakura potesse essere di qualcun altro se non solo sua, gli aveva acceso un fuoco dentro, voleva farla sua, completamente.
In quei giorni aveva acquisito una sempre maggior sicurezza, e il desiderio aveva tolto ogni freno alle sue inibizioni.

Prima che potesse dire qualcosa, la strinse a sé, baciandola. Lei aveva esitato, ma poi si era abbandonata a lui, assecondando quel bacio, sempre più intenso.
Le mani di Sakura si posarono sul suo petto, scoperto e ancora leggermente umido, e lui la strinse ancora di più, mettendo i loro corpi ancora più a contatto. Appena le braccia di lei gli cinsero il collo, lui la prese in braccio e la ragazza gli si aggrappò con le gambe attorno alla vita, continuando a baciarsi.
Le labbra del moro iniziarono a impossessarsi del suo collo, per poi farsi strada per quel che poteva dentro il collo della maglietta; fu Sakura a liberarsene, lasciando il suo petto coperto solo dal reggiseno.
Sasuke smise di baciarla e, cercando di essere il più delicato possibile, la adagiò sul telo che lei stessa aveva posizionato davanti al fuoco; subito si mise accanto a lei e mentre lei gli slacciava i pantaloni, la sua mano andava sicura sotto il tessuto del reggiseno.

Appena la toccò, Sakura si fece sfuggire un gemito; a quel segnale, lui continuò a stimolarla, mentre lasciava che la mano di lei si intrufolasse nei suoi boxer.
Ormai gemevano entrambi, mentre continuavano a baciarsi e a mordersi a vicenda, sempre più famelici; nelle notti precedenti avevano continuato a stuzzicarsi e darsi piacere, ma niente come in quel momento: la consapevolezza che nessuno dei due volesse fermarsi, che entrambi volessero proseguire, li rendeva sovraeccitati.  
Quando sentì i movimenti di Sakura farsi più sicuri, il moro smise di stimolarle i seni, e si alzò leggermente, sopra di lei.
«Togliteli»

Le dita sull’elastico del pantaloni indicavano chiaramente a cosa si stesse riferendo; il tono era imperativo, ma allo stesso tempo conservava una certa dolcezza. Sakura non esitò, tolse la mano dai suoi boxer e si sfilò i pantaloni, rimanendo sotto di lui in intimo.
Sasuke si prese qualche attimo per guardarla: non era la prima volta che la vedeva così, ma mai in quella situazione; non poteva non pensare che a breve l’immaginazione avrebbe lasciato spazio alla realtà.
Mentre lui la rimirava, Sakura si portò le mani dietro la schiena e, con un gesto rapido e preciso, slacciò il reggiseno, lasciando libero il suo seno. Subito Sasuke fu di nuovo su di lei, ma questa volta la sua bocca andò dritta sui suoi capezzoli, leccandoli e stimolandoli con la lingua, mentre la sua mano scendeva prima sul ventre e poi sopra agli slip, umidi. Ci si soffermò per poco, infatti poco dopo la ragazza poté sentire le sue dita fredde insinuarsi sotto al tessuto, e poi, lo sentì entrare dentro di lei.

Inebriata dal piacere, la rosa ricominciò a stimolare il suo membro con la mano, mentre l’altra affondava nei suoi capelli e la sua bocca, libera, emetteva dei piccoli gemiti di piacere, mentre Sasuke infilava dentro di lei un altro dito.
Mai avrebbe voluto fermarlo, ma cercò di usare tutta la sua forza di volontà per invocare il suo nome e dirgli di fermarsi.
«S-sasuke…»
A quella parola, lui staccò la bocca dal suo seno e si tolse i boxer, mentre lei invece si sfilava gli slip.

Ormai nudo, si mise sopra di lei; la guardò: entrambi rossi in vivo per l'eccitazione e l'imbrarazzo; Sakura era la prima persona a vederlo così, nudo, privo di ogni difesa e lui, a sua volta, era il primo uomo a vedere lei. A breve l’avrebbe fatta sua, a breve si sarebbero appartenuti.
«Posso?»
Era deciso, un tono decisamente diverso da quello insicuro di qualche sera prima.
Lei si limitò ad annuire, per non fargli sentire il suono rotto dall’eccitazione della sua voce.

Sasuke avvicinò a lei il suo membro, infilando piano la punta dentro di lei, per poi entrare completamente. Lui trattenne un gemito di piacere, mentre lei stringeva i denti per il dolore che l’aveva colta alla sprovvista.
«Tutto bene?»
«S-sì»
Il ragazzo rimase fermo, mentre con la mano le accarezzava i capelli e le lasciava una scia di baci sul collo; poteva sentire il corpo di lei rigido sotto il suo, scosso da quella piccola fitta. Sakura chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi solo sulla sensazione di quei baci umidi sulla sua pelle, bollente; gli accarezzava i capelli, riconoscente di quella piccola tregua, per poi guidare il viso di Sasuke verso il suo. Si scambiarono un bacio, prima dolce, poi sempre più appassionato; sotto le sue dita, il moro percepì i muscoli della ragazza rilassarsi e solo allora iniziò a muoversi piano, e il dolore, a poco a poco, divenne piacere.

Le gambe di Sakura gli cinsero i fianchi, incrociandosi sopra di lui, mentre le sue unghie gli lasciavano dei piccoli graffi sulla schiena.
Spinse più forte, con un maggiore ritmo, voleva raggiungere la profondità di lei, voleva che urlasse il suo nome, che lo invocasse.
Sakura seguiva le sue spinte ritmiche, avvicinando il suo bacino a quello di lui; beandosi di quella nuova sensazione di pienezza che stava sperimentando. Voleva che lui la riempisse, sempre di più, ad ogni spinta.
Dalla sua bocca uscivano liberi dei gemiti che non aveva mai pensato di poter produrre, nella sua testa si materializzavano le parole e le frasi più indecenti che aveva mai pensato, ma non riusciva a vergognarsene in quel momento.
Lo chiamò di nuovo, per chiedergli di continuare.
In tutta risposta, Sasuke spinse dentro di lei con un particolare vigore; lei quasi urlò, per poi affondare le labbra e i denti sul suo collo.

Appena lei si fu staccata dalla sua pelle, il moro avvicinò di nuovo le labbra al suo seno, prima leccandolo e poi succhiandolo; le unghie di Sakura di nuovo gli affondarono nella pelle.
«S-sasuke… Io…»
Lui sollevò il viso dal suo seno, per lascarle poi anche lui un segno sul collo; continuava a spingere, ritmico, mentre le sussurrava all’orecchio.
«Sakura… Tu sei mia»
«S-sì…»
«Dillo»

Alzò la testa, voleva vederla negli occhi. Voleva vederla mentre lo diceva, e voleva vederla nel momento in cui l’orgasmo si fosse impossessato di lei.
«I-io… Io sono tua, Sasuke-kun»
Appena le sue orecchie udirono quelle parole non si trattenne più: dopo poco Sakura gemette forte e inarcò la schiena, mentre le contrazioni ritmiche dentro di lei stimolarono ancora di più Sasuke, al punto da farlo venire dentro di lei.
Avevano raggiunto l’apice entrambi, assieme.

Ansimavano ora, stanchi e sudati; l’eccitazione e l’adrenalina stavano lasciando piano piano spazio alla stanchezza. Il braccio di Sasuke tremava per lo sforzo, mentre Sakura iniziava a sentire un lieve dolore dentro di sé.
Il moro si lasciò cadere vicino a lei, sdraiati sul fianco si perserno l'uno nelle iridi dell'altro, sorridendo. Sakura gli scoccò un bacio leggero sulla guancia, mentre si posizionava a pancia in giù, appoggiando le braccia conserte e la testa sul petto di lui, ora sdraiato supino.

«Dimmi un po’, Sasuke-kun» la sua voce aveva riacquistato il timbro di sempre, anche se il respiro era ancora leggermente aumentato «lo abbiamo fatto perché mi volevi fare tua, o sbaglio?»
In quel momento esibì una faccetta maliziosa che Sasuke non aveva mai visto, neanche mentre era sbronza. Se non fosse stato per la stanchezza, le avrebbe proposto un secondo round, subito.
Ma non solo, quella domanda l’aveva messo un po’ a disagio; era stato colto in flagrante. Colpevole, girò la testa.
Lei però, rise, divertita. 
«Sei proprio uno stupido, Sasuke Uchiha» dicendolo, si sporse leggermente verso di lui, in modo che a separare i loro visi ci fossero solo pochi centimetri.
«Io ti amo, sarò sempre tua»

Quante volte gli aveva detto che lo amava? Tante, forse non bastavano le dita di una mano a contarle.
Ma mai, come in quel momento, Sasuke sentì quanto davvero lei lo amasse. Stava per risponderle, ma lei gli salì addosso a cavalcioni, sporgendosi verso di lui.
«Ma ora, pretendo che lo dica anche tu: dillo, dì che sei mio»
Aveva una faccia decisamente buffa, e muoveva le dita sul suo petto nel vano tentativo di fargli il solletico. Sorrise ugualmente, non aveva il cuore di dirgli che su lui non aveva mai avuto effetto.
«E va bene, hai vinto»

Con un colpo di reni si alzò a sedere, e tenendola contro di sé con il braccio, le scoccò un leggero bacio sulle labbra. 
«Ti amo»
Lei arrossì di colpo, presa alla sprovvista. Poi però sorrise, non voleva piangere tutte le volte che lui le confessava i suoi sentimenti, visto che a quanto pare sarebbe diventata una cosa più frequente di quanto avesse mai immaginato.
«Non era quello che ti avevo chiesto, ma mi accontento lo stesso»

Entrambi risero, mentre, avvolgendosi nelle coperte, continuavano a canzonarsi a vicenda e mettendo qualcosa sotto i denti.
«La prossima volta allora potrai essere tu a chiedermelo, visto che ci tieni»
«La prossima volta?»
«La prossima volta che faremo sesso»
Quasi le andò di traverso il pane, tanto Sasuke se n’era uscito così all’improvviso. Ma il suo viso malizioso non lasciava spazio ad incomprensioni; non aveva ancora realizzato che dopo quella ci sarebbero state chissà quante altre volte.
*

Non aspettarono molto per consumare il loro secondo rapporto: quella mattina si erano svegliati con il rumore della pioggia che ancora riempiva il silenzio dei campi e, complice il calduccio che si era creato sotto le coperte, entrambi si erano lasciati trasportare prima da qualche timido bacio del buongiorno, poi da qualche carezza di troppo, e infine si erano ritrovati uno sopra l’altro, a chiamarsi sommessamente.
Entrambi stavano scoprendo il piacere nel passare la mattinata “a letto” con il proprio compagno, beandosi della semplice presenza e del calore del suo corpo accanto al proprio.

Solo a mattina inoltrata avevano deciso di alzarsi; Sakura si era offerta per preparare la colazione, mentre Sasuke si sarebbe dedicato ai suoi esercizi, visto che non potevano nemmeno sgranchirsi le gambe camminando.
Dopo una colazione decisamente fuori orario, il ragazzo aveva deciso di uscire, per vedere il livello della pioggia e se fosse quindi opportuno rimettersi in viaggio o meno. Certo, non gli dispiaceva l’idea di un paio di giorni di riposo con Sakura, però persino una persona abituata a viaggiare come lui riconosceva che quello in cui si erano fermati non era propriamente un posto adatto per trascorrere un paio di giorni spensierati.

Appena fu fuori dalla casa notò che in effetti potevano tranquillamente riprendere il cammino: pioveva ancora e c’era un vento leggero, ma niente di proibitivo e lontanamente paragonabile alla bufera della sera prima.
Prese un’altra boccata d’aria e fece per rientrare, quando un piccolo falco urlò sopra di lui; era appollaiato a una delle travi della casa, al riparo dall’acqua. Tese il braccio, e questo planò con precisione su di lui, affondando però gli artigli nel braccio nudo.
Rientrò e lasciò posare il falco su un piccolo tavolo, mentre cercava di bendarsi l'avanbraccio con una benda presa dalla sacca. Sakura gli aveva offerto aiuto, ma aveva rifiutato, non voleva abituarsi ad avere sempre qualcuno pronto ad aiutarlo. 

Una volta finito, srotolò la pergamena; provò una strana sensazione nel vedervi apposto il sigillo del Raikage; in fondo erano ripartiti da poco, che avesse già nuovi sviluppi?
«Beh, cosa dice?»
Non sentì la voce di Sakura. Nel leggere quello che c’era scritto i suoi occhi si sbarrano e il suo cuore iniziò a battere più forte del normale.
Senza dirle niente e sempre con la pergamena in mano, uscì di nuovo. La rosa lo osservò varcare la soglia e rimanere per diversi minuti sotto la pioggia, per poi rientrare, calmo come al solito, ed asciugarsi i capelli con un asciugamano.
Per quanto lui fosse calmo però, lei sapeva che qualcosa non andava.

«Siediti, dobbiamo parlare di una cosa»
Lui l’aveva preceduta: sedeva a gambe incrociate sulla coperta, vicino al camino ancora acceso. Riluttante, si sedette di fronte al ragazzo.
Sasuke rimase in silenzio un paio di minuti, per cercare le parole giuste con cui iniziare il discorso, sperando che poi il resto venisse da sé.

«Ti ricordi quando ho controllato i ricordi di Kaito?» ricevette in risposta un piccolo accenno con la testa, e continuò, senza aspettare altro. 
«Ho detto che non avevo visto nulla di più rispetto a quello che lui ti aveva già detto. Ma in realtà ho mentito»
«Cosa? Che stai dicendo?»
Fece un profondo respiro; si erano detti di amarsi solo la sera prima, entrambi ne erano più che convinti. Ma probabilmente quello che avrebbe detto da quel momento in poi avrebbe cambiato tutto, ne era convinto.
Lei lo avrebbe odiato.

Non poteva più tenerglielo nascosto però.
«Kaito aveva dei ricordi, come sigillati o annebbiati, e sono riuscito a vedere quell’uomo, e un suo complice. Ho sentito parte del loro piano, anche i loro nomi.
Li ho visti minacciare il ragazzo e la sorella.»
«Perché non me l’hai detto?» Le chiedeva perché non l’aveva detto a lei; non le interessava se l’avesse detto al Raikage o all’Hogake, voleva sapere perché l’aveva tenuto nascosto alla diretta interessata.

«Lo so che ho sbagliato, non so nemmeno io perché non te l’ho detto. Forse volevo solo proteggerti»
«Non te l’ho chiesto io di proteggermi, Sasuke»
«Lo so, Sakura» Non era un tono di scuse, sapeva di aver sbagliato, lo aveva ammesso; ma non si sarebbe scusato per quello, né per altro. Lei non gli aveva chiesto protezione, era vero, ma non gli importava che gli venisse chiesto o meno, lo avrebbe fatto comunque.

«Perché me lo stai dicendo adesso?»
«Non volevo tenertelo nascosto per sempre, stavo solo aspettando il momento migliore.
Ma non posso più farlo.»
«Cosa c’è scritto nel messaggio?»
Sasuke teneva ancora il foglio stretto nel pugno, bagnato dalla pioggia.
Sapeva cosa sarebbe successo di lì a pochi minuti e, non voleva ammetterlo, ma ne aveva paura. Non c’era un modo semplice per dirlo, e niente di quello che avrebbe detto da ora in avanti avrebbe cambiato le cose.

«Kaito è morto, Sakura»
Tutto le sembrò fermarsi, persino il suo cuore, e al contempo andare a una velocità tale da farla vomitare.
Il ragazzo non sapeva se a lei interessasse avere qualche spiegazione in più, ma piuttosto che stare zitto, preferiva raccontarle tutto.
«Ho avuto il presentimento che la sorella, Aki, non fosse morta per la malattia.
Ne ho parlato con il Raikage e abbiamo deciso che Kaito, fino a una data da definire, avrebbe vissuto con dei ninja, invece che all’orfanotrofio, per la sua sicurezza.
Sembra però che qualche sera fa abbia violato il coprifuoco.
L’hanno trovato la mattina dopo, in un vicolo.»

Sakura tremava, cercava di non piangere, cercava di togliersi dalla testa quel piccolo visetto emaciato, dagli occhi verdi così simili ai suoi. Gli aveva messo davanti così tante prospettive, lo aveva spronato a vivere, a seguire i suoi sogni…
Sentì la mano di Sasuke sulla sua spalla, ma istintivamente la allontanò con uno schiaffo, in malo modo.
Era arrabbiata con lui. Se gli avesse detto prima tutta quella storia… Kaito sarebbe potuto partire con loro, sarebbe stato al sicuro.
Sarebbe stato lì, con loro. Vivo.

Sentì un sospiro da parte sua, mentre si alzava.
«Scriverò una risposta per il Raikage e una lettera per Kakashi-sensei, poi riprenderemo il viaggio»
Comprendeva bene la rabbia che Sakura provava in quel momento, ma se lei non voleva il suo aiuto per affrontare la cosa non poteva costringerla; in cuor suo sperava che riprendere a viaggiare la aiutasse, anche se la parte razionale di lui ne dubitava comunque.

Si mise nella piccola cucina a scrivere, sicuro che lasciarla da sola fosse la cosa giusta.
La sentì prepararsi mentre scriveva, il rumore dei vestiti, delle scarpe sul pavimento usurato, delle cose infilate nello zaino. Non si preoccupava di essere silenziosa, anzi, sembrava che lo facesse apposta a muoversi in quel modo, come per fargli capire quanto fosse arrabbiata attraverso il rumore.
All’improvviso però ci furono diversi attimi di puro silenzio; Sasuke non ci fece troppo caso, ma quando al silenzio seguì lo sbattere rumoroso della porta, si alzò di scatto.
I suoi occhi vagarono veloci sul soggiorno; ma dopo aver constatato che Sakura effettivamente non c’era, si precipitò alla porta, ma la figura di Sakura era già lontana all’orizzonte.
 
*
 
Il senso di colpa per aver lasciato Sasuke da solo, in quella piccola casa, non la sfiorò nemmeno per un momento; aveva agito d’istinto, aveva preso con sé solo il borsello con kunai e shuriken ed aveva varcato la porta di quel loro rifugio temporaneo.
Si sentiva soffocare lì dentro, sia per la presenza del moro che per la rabbia e la tristezza che fluivano dentro di lei. L'idea di andarsene l'aveva colpita all'improvviso mentre si preparava, e non aveva esitato ad assecondarla.
Sarebbe tornata al Villaggio della Nuvola: voleva sapere, voleva risposte, che, era certa, Sasuke non le aveva dato. Dovevano esserci altre cose, altri dettagli... 
Correva a perdifiato, a ritroso lungo il sentiero che avevano percorso negli ultimi giorni; le gambe ci misero un po’ a riabituarsi a quel ritmo dopo essere state ferme per un giorno intero, sentiva i muscoli intorpiditi, ma non gli diede peso, continuando a correre come poche volte aveva fatto.

Si asciugò una lacrima con il dorso della mano, mentre nella sua testa si stagliava il dubbio che non stesse correndo così per arrivare alla Nuvola il prima possibile, ma solo per mettere distanza tra lei e Sasuke.
Era così sovrappensiero che aveva commesso uno degli errori peggiori che un ninja potesse commettere: si era distratta, si era lasciata prendere di sorpresa dal nemico.
 
*

L’Uchiha si era ritrovato a dover affidare il nuovo messaggio al Kage della Nuvola, richiamare Takami per il nuovo messaggio per l’Hokage e preparare i bagagli suoi e di Sakura; era sicuro che la rosa fosse diretta verso il Paese del Fulmine, ma non si era portata dietro niente, né i suoi bagagli né qualcosa da mangiare.
Ci aveva messo più del previsto a prepararsi (complice il fatto di avere un braccio solo), e ora stava lasciando la casetta di legno, con entrambe le sacche sulle spalle.
Lasciarle un po’ di vantaggio, tuttavia, l’avrebbe forse aiutata a metabolizzare la situazione; era quello che sperava, ed era anche il suo piano: si sarebbe tenuto a distanza fino a sera, per darle il necessario per affrontare la notte, e si sarebbero parlati.
Era quello che avrebbe voluto fare, ma una voce familiare lo sorprese appena aveva messo piede sul sentiero battuto.

«Uchiha Sasuke, vai di fretta?»
«In realtà si. Ma per te posso concedermi di rallentare un po', Tamashi»
 
*

Il calore di un’enorme palla di fuoco l’aveva presa alla sprovvista,ed era riuscita a schivarla solo in parte: facendo un salto all’indietro aveva perso l’equilibrio e si era ritrovata riversa sul terreno, ancora bagnato.
Il dolore al braccio la investì prima ancora che potesse guardarlo: le fiamme avevano completamente ustionato la pelle e fuso il tessuto della maglia.
Svelta, attivò il Byakugo; piccoli brividi la pervasero, mentre le cute e i muscoli bruciati pian piano riprendevano la loro normale forma e colore ed il dolore la abbandonava.
I sensi si acuirono, in attesa di un nuovo attacco che non tardò ad arrivare.

Un’onda d’acqua decisamente fuori misura si stagliava davanti a lei, pronta ad abbattersi su di lei con una forza spaventosa; Sakura strinse il pugno, accumulando tutto il chakra necessario e, al momento giusto, colpì il muro d’acqua, accompagnata dal suo grido di battaglia.
L’onda d’urto fu talmente forte da separare le acque, inondando tutto lo spazio attorno a lei, lasciandola illesa.
Solo allora comparve una figura davanti a lei, un uomo giovane, con il coprifronte del suo stesso villaggio, sfregiato da un profondo segno.

«Sembra che catturarti sarà più difficile del previsto, Sakura Haruno.»

 
Buongiorno a tutti!
Eccoci con il nuovo capitolo: ve l'ho fatta sudare ma ecco la nuova svolta nella nostra storia!
Non so dire se sono pienamente soddisfatta, mi sembra che manchi qualcosa... Ma non volevo ritardare troppo nella pubblicazione, quindi mi sono convinta e l'ho pubblicato XD

Come al solito ringrazio tutti quelli che seguono la storia e ringrazio in anticipo chi recensirà!
Buona giornata a tutti 😘

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17

Un boato l’aveva portato istintivamente a volgere lo sguardo vermiglio nella direzione presa da Sakura poco prima; percepiva diversi chakra mediamente potenti, in mezzo ai quali svettava quello della compagna.
«Oh, ecco il famoso Sharingan» a Tamashi non era sfuggita l’attivazione del potere oculare, l’oggetto del suo desiderio «è la prima volta che ho il piacere di vederlo»
Sasuke sorrise sghembo.

«E sarà anche l’ultima» sguainò la spada, posando a terra le sacche da viaggio.
Era intenzionato a catturarlo il prima possibile, per riunirsi all’Haruno.
Ma lui si mise a ridere.
«Non sono qui per combattere, Sasuke-kun»

Il moro non era propenso a perdere tempo: scattò fulmineo, fendendo con la lama in corrispondenza dell’addome dell’uomo. Lui però, con un balzo, lo distanziò, portandosi a una distanza di sicurezza.
Era veloce, indubbiamente; e la sua capacità di reazione sembrava non essere da meno. Che fosse più propenso a un combattimento a distanza?
Per Sasuke non faceva molta differenza, ma doveva impostare lo scontro in modo da essere in vantaggio sin da subito; rinfoderò la spada e lesto compose i sigilli della sua arte più caratteristica.

Un’enorme palla di fuoco si infranse nel punto in cui poco prima si trovava Tamashi; ma di nuovo, il ninja aveva schivato abilmente il colpo e ora si trovava di fronte all’Uchiha.
«Hai fretta, Sasuke-kun?»
Sospirò. Certo che aveva fretta, e lui lo sapeva benissimo; la sua strategia probabilmente si basava proprio su di quello.
Diede un altro sguardo in direzione di Sakura: era in inferiorità numerica, ma basandosi sui livelli di chakra poteva quasi sicuramente cavarsela da sola fino al suo arrivo; inoltre non era così sicuro che avrebbe apprezzato un suo intervento, dopo quello che era successo.

«No. Credo tu abbia sottovalutato Sakura, in realtà»
«Forse. Ma almeno non si intrometterà come l’ultima volta.»
*

Dopo che il traditore della Foglia si era palesato di fronte a lei, erano apparsi altri 4 ninja, tutti appartenenti a Villaggi diversi. Questo voleva dire che probabilmente avrebbe dovuto fronteggiare nemici con abilità differenti.
Nonostante tutto sorrise. Era una situazione complicata, ma profondamente differente da quella in cui si era trovata durante il salvataggio di Sasuke: aveva a malapena intaccato le sue riserve di chakra e il suo corpo aveva iniziato a scaldarsi durante la corsa, ed era pronto al combattimento.

«Seguici senza fare storie, e ti risparmieremo un po’ di sofferenze»
La stavano sottovalutando, come al solito. Agli occhi dei più lei sarebbe sempre stata una ragazza dai bei capelli rosa, con un fisico minuto e gracilino, senza nessuna abilità se non l’attitudine medica. 
E, come al solito, avrebbe sfruttato questa cosa a suo vantaggio.
Si mise in posizione di guardia, mentre i nemici la accerchiavano lentamente; avrebbe aspettato la loro prima mossa per contrattaccare.
Un ninja della Roccia posizionò le mani e il terreno cominciò a vibrare, mentre i compagni si preparavano ad attaccarla sui quattro lati; lei rimase ferma, al centro di quel terremoto, in attesa di un attacco ravvicinato.

Si stupì quando tutti però la attaccarono dalla distanza, scagliandole contro gli altri quattro elementi: davanti a lei il ninja della Foglia aveva lanciato un altro attacco di fuoco, mentre dietro di lei e ai lati scorgeva un’altra ondata d’acqua, una saetta azzurra e una raffica di vento tagliente. Si sarebbe ritrovata in svantaggio con qualunque arte ninja, e sarebbe comunque rimasta sguarnita.
Decise nella frazione di un secondo cosa dovesse fare: come pochi minuti prima caricò tutta la sua potenza in un pugno e lo infranse nel terreno. L’onda d’urto si estese tutto intorno a lei, facendole da schermo contro i quattro elementi.

Appena questi si esaurirono il ninja della Roccia le fu addosso, approfittando di un suo ritardo nel tornare in guardia; un poderoso calcio la colpì al braccio, provocandole un dolore acuto. Questo però sparì quasi subito, curato dal chakra accumulato nel sigillo.
Ora la attaccavano tutti assieme, senza darle tregua.
*

«Che cosa vuoi?»
«Mi sembra scontato: voglio i tuoi occhi»
Un altro boato, lontano.

Il cuore di Sasuke aveva preso a battere leggermente più veloce, mentre pensava a tutto il tempo che stava perdendo. Non poteva però lasciarsi perdere quell’opportunità.
Tamashi allungò la mano verso di lui.
«Puoi risparmiare fatica a tutti e consegnarmeli; almeno avrai salva la vita»
L’Uchiha sorrise.

«Non è che stai sottovalutando anche me?»
«Oh no, so benissimo quanto tu sia forte. Sei tu a non sapere niente di me, in realtà»
Purtroppo, era vero. Non era riuscito a scoprire nulla di più su quell’individuo così pragmatico e sfuggente, se non il nome; ed era costata la vita di Kaito questa informazione.
«Vedi non c’è niente di personale contro di te, Sasuke-kun. Sei stato solo sfortunato, a possedere un qualcosa di cotanto valore» Camminava tranquillamente, avanti e indietro, talmente sicuro da permettersi di distogliere lo sguardo dall’Uchiha.

«O fortunato, dipende dai punti di vista, certo.»
Doveva provare a interrogarlo, altrimenti avrebbe continuato a parlare a vanvera di cose che nemmeno lo interessavano.
Lui però lo sorprese, sedendosi proprio di fronte a lui.
«Lo sento, Sasuke-kun. Sei in apprensione per quella kunoichi?»

Il corpo del moro si tese impercettibilmente a quelle parole, scatenando la risata di Tamashi.
«Lo sapevo! Ma non ti preoccupare, ho ordinato espressamente ai miei sottoposti di non ucciderla. O mutilarla, si intende»
«Che cosa vuoi da lei?»
Era di nuovo per quella storia a cui mezzo mondo ninja sembrava credere? Credeva che ucciderla davanti a lui avrebbe rafforzato il suo potere oculare?1 Non gli bastava il potere che già aveva?

«E’ stata una bella seccatura averla tra i piedi; ma devo ammetterlo, ti sei scelto proprio un bel bocconcino, Sasuke-kun… Non vedo l’ora di giocare di nuovo con lei»
Sentiva il sangue ribollirgli nelle vene; Tamashi prese la maschera con la mano e la spostò appena, così che lui potesse vedere il suo occhio destro, illuminato dall’eccitazione e da un desiderio malsano, mentre con la lingua segnava il contorno delle labbra.
«Lo avrai visto no? Hai visto come ci siamo divertiti, Sasuke-kun?»

Lasciò cadere la spada, lanciandosi contro di lui mentre il chakra del fulmine prendeva possesso della sua mano.
Al diavolo le informazioni, al diavolo il protocollo e l’arresto.
Ora in mente aveva solo l’immagine di Sakura torturata da quel mostro, della sue notti insonni, degli incubi e le cicatrici ancora ben visibili sulla sua pelle.
Tamashi non si mosse, rimanendo seduto; quando la mano di Sasuke fu a pochi centimetri dal suo occhio potè sentire l’energia dell’elemento del fulmine pericolosamente vicino.

In quell’esatto momento, una spada spuntò fuori dal terreno, impugnata da un ninja rimasto abilmente nascosto; la lama si conficcò con precisione millimetrica in mezzo al palmo dell’Uchiha, arrestando la sua corsa.
*

Un pugno allo stomaco l’aveva costretta in ginocchio, in balia del ninja della Sabbia in piedi davanti a lei.
L’uomo la afferrò per i capelli, costringendola ad alzare lo sguardo; credeva di averla sopraffatta, non si aspettava di certo che la ragazza reagisse colpendolo con un pugno al ginocchio, facendolo cadere, e con un successivo colpo dritto alla mascella.
Aver abbassato la guardia era un errore che non avrebbe commesso di nuovo, visto che ormai giaceva svenuto, assieme ad altri due compagni.

Sakura aveva un leggero affanno, ma riusciva ancora a gestire il suo chakra e, cosa molto importante, ne aveva ancora da vendere.
I due nemici rimasti, un ninja della Nebbia e quello della Roccia, erano però praticamente indenni; non era ancora riuscita nemmeno a sfiorarli. Senza dubbio erano i due più temibili del quintetto.
Non ebbe nemmeno il tempo di prendere fiato: sotto di lei il terreno iniziò a modellarsi, prima bloccandole i piedi, e poi inglobandola in esso, lasciandole solo la testa in superficie.

Era una trappola abbastanza basilare, le ci sarebbe voluto uno sforzo minimo per uscire; fare finta di essere intrappolata però le avrebbe dato qualche attimo di respiro, e avrebbe fatto abbassare la guardia agli avversari. All’improvviso però, dietro di lei si era materializzata una terza persona: uno dei ninja si era ripreso?
Questi si inginocchiò, e Sakura sentì una mano accarezzarle il visto; le dita dell’uomo si portarono poi alle sue labbra.
«Ciao Sakura, ti ricordi di me?»

Il sangue le si gelò nelle vene, mentre un brivido le scendeva lungo la schiena.
L’uomo si alzò, portandosi davanti a lei.
Tenne lo sguardo basso, non aveva bisogno di vedere quella maschera e quegli occhi per sapere di chi si trattasse.
Lui però non era dello stesso avviso; le prese il mento e le alzò la testa, in modo da vederla negli occhi. Sakura non riusciva a sostenere quello sguardo, le veniva la nausea solo al pensiero di tutto quello che aveva provato a lasciarsi alle spalle, a tutto quello che era convinta di essere riuscita a superare.

Le teneva ancora il viso, mentre con il pollice il ninja andava a pulire un rivolo di sangue che fuoriusciva da un taglio sulla guancia, procurato da uno shuriken.
Il respiro accelerò.
La concentrazione stava svanendo, all’improvviso; in quel momento si scoprì persino incapace di mantenere il Byakugo attivo, talmente la presenza del suo aguzzino la terrorizzava e la paralizzava.
Chiuse gli occhi, stringendoli forte.

“Sasuke…”

Pensava a lui, pronunciava mentalmente il suo nome; come se sperasse che una volta riaperti gli occhi lui sarebbe comparso magicamente davanti a lei, a salvarla.
Proprio mentre aveva gli occhi chiusi, percepì l’uomo staccarsi da lei e allontanarsi velocemente.
Istintivamente, dischiuse le palpebre, e fu con enorme sollievo che sorrise al ninja davanti a lei.
 
*

Gli occhi di Sasuke erano ora rivolti al ninja appena emerso dal terreno; nella frazione di secondo che impiegò per fermarsi e guardarlo, questi aveva ruotato bruscamente la mano che impugnava l’arma.
Una lieve smorfia di dolore e sorpresa si disegnò sul volto di Sasuke; al contrario, Tamashi sfoggiava invece un sorriso vittorioso.

Riacquistando lucidità, l’Uchiha diede un poderoso calcio al nuovo nemico; questi, sorpreso, mollò la presa sull’elsa, consentendo al moro di prenderla con sé e allontanarsi di qualche metro.  
Con i denti afferrò l’impugnatura della spada corta  e tirò, estraendola dalla mano sanguinante; si era accorto subito che il suo assalitore aveva infuso nella lama il chakra del vento. Questo non solo gli aveva permesso di contrastare il suo Chidori, ma aveva reso la lama ancora più tagliente di quanto già non fosse.
Il risultato lo poteva constatare da sé. Con quella rotazione non solo gli aveva danneggiato nervi e tendini, ma gli aveva pure rotto due ossa.

Aveva solo un braccio, e ora pure la sua unica mano era danneggiata.
«Non ti facevo così impulsivo, Sasuke-kun»
Tamashi se la rideva di gusto, mentre Sasuke si malediva mentalmente per essere cascato in un trucco tanto banale.
Non aveva però minimamente percepito la presenza di quel ninja sotto di lui, nemmeno con lo Sharingan. C’era qualcosa di strano in tutto quello.

«Ottimo lavoro» L’altro gli sorrise, compiaciuto. Era un ninja di media statura, senza nessun segno particolare o caratteristico; non aveva nemmeno con sé il coprifronte del suo villaggio, o un simbolo di appartenenza a un qualche clan.
Con tutta probabilità Sasuke si trovava di fronte ad un ninja assassino, un professionista quasi certamente. Ma perché non provare a colpirlo direttamente in un punto vitale? Temeva che avrebbe comunque colpito il suo capo con il Chidori?

«Il mio unico obiettivo è ottenere i tuoi occhi, Sasuke-kun. Perciò te lo ripeto, consegnameli e io mi dimenticherò dei sottoposti che hai ucciso»
«Come se ti fosse mai importato di loro»
«Mi dipingi troppo meschinamente, caro Uchiha»
«Troppo meschinamente? Non ti sei fatto scrupoli a mandarli incontro a una missione suicida e hai pure avuto il coraggio di uccidere i figli di Asano» tutto la concentrazione di Sasuke era focalizzata sul mantenimento dell’autocontrollo; cercava di apparire il più calmo possibile, mentre nella sua testa si delineava un nuovo piano d’attacco.

«Oh quindi li avevi già conosciuti. Bambini deliziosi, senza dubbio» una smorfia sulle labbra contraddiceva le sue parole, era evidentemente schifato e infastidito «E’ stato il moccioso a dirti il mio nome, presumo.»
«Mi spiace per te, non l’hai ucciso in tempo»
«Lo immaginavo. E’ stato particolarmente difficile trovare un momento per metterlo a tacere, non poteva che esserci il tuo zampino dietro. Era controllato notte e giorno, un lavoro quasi esemplare»

Con un leggero movimento Sasuke della testa il ciuffo di capelli che copriva l’occhio sinistro si spostò, lasciando libera la visuale al Rinnegan.
Fu in quel momento che si accorse che il chakra di Sakura non era più potente come prima, ma aveva ancora due nemici da affrontare. Era nei guai? Aveva bisogno di lui?
«Lo senti? La tua amica sembra essere in difficoltà…»

Digrignò appena i denti, ripassando mentalmente ogni passo del piano che aveva appena ideato.
«Non ti permetterò di fare più del male a nessuno, Tamashi»
Un colpo sull’elsa della sua spada con il piede la alzò da terra, facendola roteare fino all’altezza del suo viso; ora impugnava l’arma tra i denti, quasi pronto al combattimento.
Si concentrò appena, e dietro di lui comparve un portale nero-violaceo.

Intuendo le sue intenzioni, il sottoposto di Tamashi fece un salto verso di lui; Sasuke però era già sparito e il portale si era dissolto.

*

Il moro era comparso praticamente dal nulla, salvandola dal suo aguzzino.
«Stai bene, Sakura?»
Lei annuì, sorpresa dalla sua presenza, ma comunque poco convinta.

«Non è da te finire in una trappola così banale»
Diretto, come sempre. Ma era vero; si era fatta prendere di sorpresa e non aveva nemmeno provato ad uscire da lì. Si era arresa alla presenza dell’uomo mascherato.
«Cerca di riprenderti, ti copro io»

Lei abbassò lo sguardo, si sentiva in qualche modo mortificata ad essere vista in quello stato, per lei pietoso, dal compagno di squadra.
«D’altronde si sa, voi donzelle avete sempre bisogno di un fiero compagno che vi salvi nel momento del bisogno»
Sentì il fuoco del suo orgoglio bruciarle dentro, e con una ritrovata energia superò i suoi limiti: attivò di nuovo il Byakugo e riuscì a rompere la roccia che la teneva imprigionata.

«Non ho bisogno né che mi salvi, né che mi corpi, Baka!» Così dicendo gli assestò un bel pugno sul petto.
«Ora ti riconosco. Forza, abbiamo un po’ di pulizia da fare»
Subito il suo pennello iniziò a vorticare sulla pergamena, disegnando quanti più leoni potesse.

«Facci volare, Sai» a quelle parole un grande uccello bianco e nero si materializzò vicino a lei, permettendole di salirgli sulla groppa.
I due nemici intanto si stavano riorganizzando sotto le attente direttive del loro capo; questi non sembrava comunque preoccupato dal nuovo arrivato, anzi.
«Dopo tutta questa fatica sarà ancora più divertente giocare assieme, Sakura Haruno»

Il moro lo guardò dubbioso.
«Che problema ha il tizio mascherato?»
Sakura gli tese la mano, per far salire anche lui sulla cavalcatura alata.
«Lasciamo perdere.»
*

«Lo sentite, capo?»
«No. C’è un nuovo ninja sul campo, ma lui non riesco ancora a percepirlo.»
Il suo sottoposto guardava intorno, allerta e pronto a rispondere a un nuovo attacco. Erano passati pochi minuti da quando l’Uchiha si era lasciato inghiottire da quello strano portale, ma di lui non c’era traccia.
Sapevano entrambi che in quelle condizioni combattere per lui sarebbe stato difficile: senza entrambe le mani non poteva comporre i sigilli per le tecniche e la spada era praticamente inutile.
Non dovevano dimenticare però che si trattava di Sasuke Uchiha.

«Eccolo.»
Entrambi volsero il loro sguardo verso l’alto: Sasuke era appena sbucato fuori da un nuovo portale, a una ventina di metri sopra di loro, in caduta libera.
Una gran quantità di chakra viola lo avvolse subito, riparandolo dall’attacco di un drago di roccia che si stava avventando verso di lui.

La spada di Susanoo si abbatté su di lui, distruggendolo in un solo colpo; appena questi fu disintegrato, la spada mutò in una balestra, pronta a scagliare un dardo di chakra avvolto dalle fiamme nere di Amaterasu.
La freccia si infranse a terra, sollevando un gran polverone; il chakra di Susanoo si dissolse appena Sasuke toccò terra.

Sotto di lui la terra si spaccò, facendo emergere l’assassino; l’Uchiha però, svelto, indietreggiò e con un rapido fendente di spada aprì una ferita sul petto dell’avversario.
Questi con un balzo si riportò al riparo, in mezzo al fumo non ancora completamente diradato.
«Non ti aspettavamo così presto, Sasuke»
Tamashi non sembrava avere intenzione di nascondersi, si ergeva in piedi dietro di lui, con solo un kunai alla mano.

L’occhio gli cadde sulla mano di Sasuke: durante la sua assenza l’aveva fasciata con la manica vuota, strappata, e vi aveva fissato la spada grazie ai fili usati per manovrare gli shuriken.
Rudimentale, ma efficace visto lo sbrego sanguinante sul petto del suo alleato.
«Sakura non ha bisogno di me» l’aveva percepito poco prima di sparire, un nuovo chakra in aiuto della rosa aveva fatto il suo ingresso sul campo di battaglia.

I suoi occhi si infiammarono, mentre attorno a lui la figura di Susanoo tornava a delinearsi, avvolgendolo e proteggendolo, pronto all’attacco ad un suo minimo pensiero.
«Ti consiglio di richiamare i tuoi ninja. Sei tu quello che ha bisogno di rinforzi ora, Tamashi.»
 
Salve a tutti! 
Ce l'ho fatta, ho finalmente aggiornato! Devo dire che trovo sempre un po' complicato descrivere le scene di combattimento, ho sempre paura di non riuscire a rappresentarle in un modo abbastanza fluido e sensato... Spero che il risultato sia decende, dai XD
Ringrazio chi ha letto lo scorso capitolo, chi ha da poco iniziato a seguire la storia e l'ha messa tra i preferiti/seguiti e chi trova il tempo per lasciarmi un commento: grazie a tutti e alla prossima!

NB: La nota che ho aggiunto è una "citazione" alla Novel di Sakura (Pensieri d'amore trasportati da un vento primaverile); quando l'ho letta la prima volta mi ha fatto sorridere il fatto che i nemici volessero uccidere la povera Sakura per rendere lo sharingan di Sasuke ancora più potente... Come se già di per se non fosse già potente XD 
Perdonatemi per questo ultimo svarione, grazie...
 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18

La battaglia imperversava, veloce e violenta; Sakura e Sai però erano un team molto affiatato e rodato, avrebbero venduto la pelle a caro prezzo.
Le creature create dal ninja della Roccia erano una vera seccatura, ma a quelle potevano pensare tranquillamente i disegni di Sai; il pericolo maggiore era dato dal ninja della Nebbia, che continuava ad attaccarli tenendosi a distanza, una tattica che lo metteva in vantaggio rispetto a Sakura.
«Sai, cambio di strategia.» gli fece un cenno con la testa, e lui ricambiò.

I leoni di Sai cambiarono obiettivo, dirigendosi verso le sfere d’acqua che stavano per colpirli, distruggendole; la rosa nel frattempo era riuscita a distruggere un enorme golem con un solo pugno, provocando la caduta di tutti i massi che lo componevano con un fragore immenso.
In tutto questo, il viscido mascherato era sparito.
O almeno, così credeva.

Appena il polverone creato dalle rocce si era diradato si era sentita afferrare da dietro, un kunai si era pericolosamente avvicinato alla sua gola, fermandosi a pochi millimetri da essa.
Lesta, aveva fatto perno sul braccio dell’uomo, storcendogli il gomito e ribaltando la posizione; lo teneva bloccato con una mano sulla schiena, il braccio armato torto dietro di lui, immobilizzato.
Fece un profondo respiro, le serviva un autocontrollo immane per riuscire a sostenere quella situazione; essergli così vicina, doverlo toccare, gli provocava un senso di nausea che raramente aveva provato.
«Sakura!» la voce di Sai la raggiunse all’improvviso e, pur non avendo percepito nessuno, si fidò ciecamente del compagno; mollò la presa sull’uomo, compiendo un balzo laterale e schivando il pugnale del ninja della Roccia.

Strinse il pugno, non poteva sprecare un’occasione del genere: si lanciò in avanti e questi potè solo volgere lo sguardo verso di lei, mentre le nocche della ragazza si abbattevano sulla sua mascella, facendogli perdere i sensi.
*

«I rinforzi? Non essere sciocco, Sasuke-kun»
Tamashi si ergeva sicuro davanti a lui, incurante delle ferite del sottoposto che, piano a piano, si stava praticamente dissanguando.
«Ora facciamo sul serio.» Sasuke si mise in guardia, pronto a controbattere, aspettandosi un attacco dalla distanza.
Per questo si sorprese nel vederlo scattare fulmineo verso di lui: un pugno allo stomaco lo colpì violentemente, mentre cercava di capire come controbattere; per tutto il combattimento, prima dell’arrivo dell’assassino, Tamashi si era tenuto a distanza, ora invece lo attaccava veloce sfruttando le arti marziali.

Questo metteva in svantaggio Sasuke: la sua unica difesa nel corpo a corpo era sempre stato il suo unico braccio, ora occupato dalla presenza della katana.
«È difficile muoversi con quella, vero?» l’aveva capito subito, non era un avversario stupido.
Un colpo a mano aperta lo colpì proprio sul polso, provocandogli una fitta di dolore.
Doveva liberarsi dei fili che tenevano legata la spada alla mano… Ma anche senza di quella il suo potere offensivo sarebbe stato nullo: come poteva colpirlo con una mano distrutta?
Affilò lo sguardo; nel momento in cui un altro pugno stava per colpirlo sul viso, il chakra viola del Susanoo lo aveva nuovamente avvolto, facendo prendere le distanze al suo avversario.

«Quel Susanoo è davvero una rogna, lasciatelo dire.»
L’Uchiha non rispose, con i denti cercò di tagliare i fili di ferro, riuscendo a tagliarne uno e a srotolare quindi tutti gli altri. La spada cadde a terra; la mano era in condizioni anche peggiori di quando l’aveva fasciata, e ora un rivolo di sangue gli scendeva dal labbro, tagliato dal filo.
Sorrise. Ultimamente gli capitava fin troppo spesso di ritrovarsi sanguinante da qualche parte.
La situazione era la seguente: non poteva usare il braccio, non poteva usare le arti ninja e il suo chakra stava diminuendo sempre di più. Tamashi era ancora fermo di fronte a lui, mentre il ninja assassino era in ginocchio pochi metri più in là.

Fu un rumore singolare a distrarlo, sembrava quello di una piccola esplosione, proveniente dal campo di battaglia dietro di lui; volse lo sguardo, alla ricerca di fumo o di un qualsiasi altro segnale.
Quello che vide fu una nuvola verde che si alzava verso il cielo.
Tamashi ridacchiò. Poi rise di gusto.
«Scusaci, Sasuke-kun. Ma ora dobbiamo proprio andare.»
«Cosa?»
«Abbiamo quello per cui eravamo venuti qui.»
Non poteva essere. No, era fuori discussione.

Si girò completamente, dando le spalle al suo avversario, e attivò il Rinnegan, alla ricerca del chakra di Sakura.
Come avesse fatto in un così poco tempo, Sasuke non lo capì, ma Tamashi era appena emerso alle sue spalle, sfruttando l’arte della terra dell’altro ninja, e stava per colpirlo.
Lo schivò, ma lo vide di sfuggita comporre dei sigilli con le mani e portargli il palmo della mano a pochi centimetri dalla faccia; un’onda d’urto lo sbalzò lontano, facendolo rotolare per diversi metri.
Si rialzò immediatamente, lo sguardo verso il campo di battaglia.

Non c’era. Non la percepiva.
Il chakra di Sakura era sparito.
«Andiamocene.» e così dicendo tirò fuori dal borsello un piccolo cilindro; lo ruppe e da questo iniziò a uscire lo stesso fumo verde che era comparso poco prima nella posizione di Sakura.
«È stato divertente, Sasuke-kun. Ti conviene iniziare a correre, se vuoi provare a rivedere la tua amata» rise, di nuovo. Quella risata iniziava a dargli sui nervi.
Si rialzò, piano. Il sangue gli ribolliva nelle vene.
Era pronto a evocare Susanoo nella sua forma completa e volare fino a là; ma qualcosa non quadrava. Non percepiva Sakura, così come però non percepiva il chakra dei nemici.

«Tu non vai da nessuna parte.» Alzò lo sguardo, mostrando entrambe le arti oculari attive.
Potè vedere i suoi avversari irrigidirsi sotto al peso del suo sguardo. Il chakra viola che lo avvolgeva scomparse e, con una spinta poderosa, si buttò su Tamashi.
Questi si sentì spiazzato: Sasuke era molto più veloce di prima, riusciva a malapena a stargli dietro, figuriamoci colpirlo. Il ragazzo riusciva a parare i suoi pugni e i calci usando l’avanbraccio, mentre cercava di colpirlo solo con le gambe; sembrava quasi danzasse, talmente i suoi movimenti erano fluidi e precisi.
Un calcio lo colpì alla tempia, sbalzandolo lontano; appena fu in piedi però, si ritrovò Sasuke al suo fianco, pronto a sfoderargli un calcio all’addome.

L’assassino gli si materializzò davanti, intercettando il calcio e riuscendo a tagliarlo sul polpaccio, lacerandogli il muscolo.
Sasuke indietreggiò, zoppicando leggermente. Un respiro profondo ed era di nuovo all’attacco; l’adrenalina che aveva in corpo gli permetteva di continuare a combattere, senza quasi sentire dolore.
Riuscì a tramortire il sottoposto di Tamashi con un colpo alla nuca, facendolo svenire; ora poteva concentrarsi sul suo vero avversario.
«Mi complimento con te, Sasuke.» nella sua voce poteva sentire una nota di timore, di paura. Il tempo dei giochetti era finito, e se n’era reso conto pure lui.
«Ma ora devo proprio andarmene, senza offesa!» sotto di lui comparse un volatile nero dal becco arancione, delle dimensioni di Garuda, pronto a spiccare il volo.
«Non ci sperare, Tamashi!»
Doveva essere veloce, veloce quanto mai lo era stato.

Si concentrò al massimo, facendo in modo che la prima parte di Susanoo ad apparire fosse il braccio armato di balestra e, prima che l’animale potesse sparire dalla sua portata, scagliò una freccia.
Questa si conficcò nel pieno petto dell’evocazione, provocandone prima la caduta e poi la scomparire in mezzo a una nuvola di fumo bianca.
Con un balzo poderoso si buttò verso Tamashi, ora in caduta libera; ci fu una colluttazione in aria, ma poi Sasuke riuscì a imporsi, puntando l’avanbraccio contro il suo collo e tenendolo sotto di lui fino alla caduta rovinosa sul terreno.
La maschera si era leggermente incrinata, ma continuava a coprire il volto del suo proprietario, ora piegato sul braccio di Sasuke a sputare sangue e tossire.

«Arrenditi.» aveva il fiato accelerato, anche lui aveva subito il contraccolpo della caduta, sommato a tutto il resto.
Un risolino uscì dalla sua bocca insanguinata.
«Scordatelo.»
Premette con più forza sulla sua gola, provocandogli dei rantoli di sofferenza; lo sentiva, stava per svenire. Fece l’errore di pregustare il momento in cui la coscienza avrebbe abbandonato Tamashi: sentì un colpo al collo, che lo fece cadere in avanti, molando la presa sul suo nemico.
Il suo corpo non gli rispondeva, non riusciva a muovere nemmeno un muscolo.

«Era ora che arrivassi»
«Dobbiamo andarcene, stanno arrivando. Prendiamo l’Uchiha e andiamocene.»
Quella voce, l’aveva già sentita.
Vide Tamashi alzarsi e avvicinarsi a lui per portarlo con sé.
«Non… non ci provare.»
Il suo corpo non si muoveva, ma il chakra rispondeva ancora alla sua volontà: le fiamme nere dell’Amaterasu lo avvolsero calde, assieme ad una corazza violacea; appena il ninja si allontanò di qualche passo, Sasuke si sforzò per volgere lo sguardo nella sua direzione.
Sentì immediatamente gli urli di Tamashi, invocando aiuto.
Sorrise, c’era riuscito.

«Maledizione! Andiamocene!»
Sentì dei passi dietro di lui, delle voci… 
Intravide il nuovo arrivato evocare un altro volatile e caricarvi sopra Tamashi, in piena agonia; sentì solo poi una folata di vento e quelle voci sempre più vicine.

*
«Sasuke? Mi senti?»
Il ragazzo riaprì piano gli occhi: la vista era sfocata e si sentiva completamente dolorante ovunque, al contempo però, era ancora intorpidito.
Appena i suoi occhi si furono aperti del tutto sentì delle braccia avvolgerlo; abbassò le palpebre, sentendosi al caldo e al sicuro.
«Come ti senti?» una mano lo accarezzò su una guancia e, un po’ controvoglia, riaprì gli occhi.

Sakura era di fronte a lei, l’espressione preoccupata in volto, graffiata e con qualche ematoma sul viso.
«Sakura…» fece per alzarsi appoggiando la mano a terra, ma un dolore lancinante lo investì. Ricordò solo dopo tutto quello che era successo, e della sua ferita.
Si guardò: la ragazza gli aveva fasciato la mano e il polpaccio, ma le ferite erano ancora tutte aperte.
«Scusami, sono un po’ a corto di chakra al momento» era imbarazzata dalla situazione, ma a lui non importava granché.
Si sentì investito da tutte le emozioni che aveva provato combattendo contro Tamashi, alla paura che aveva avuto per lei e alla sensazione che aveva provato quando non aveva percepito il suo chakra da nessuna parte.

Alzò il braccio, allargandolo e addolcendo lo sguardo. Lei sembrò capire e si rifugiò nel suo abbraccio, lasciandosi andare a un pianto nervoso.
«Scusami, Sakura.»
«N-no Sasuke-kun… E’ colpa mia, non me ne dovevo andare così… Io-» La mano gli faceva malissimo, ma trovò comunque la forza per appoggiargliela sulla testa, tendando di mimare una carezza.
«L’importante è che stai bene.» La sentì trattenere il respiro, per poi lasciare che le emozioni venissero fuori, assieme alle lacrime e ai singhiozzi.
Non sapeva in che condizioni fosse quando l’aveva trovato, ma guardandosi doveva averla fatta preoccupare non poco…
Sentì le sue labbra sulla guancia, in un timido bacio; poi il suo calore prese le distanze e la vide sedersi di fronte a lui.

Solo allora un colpo di tosse, poco velato e poco lontano da loro, lo riscosse.
«Sai.»
«Sasuke.»
I due si fissarono per diversi istanti, prima che Sakura si mettesse in mezzo e consigliasse all’Uchiha di riposare; avrebbero discusso dell’accaduto più tardi.
Non ci volle molto perché il ragazzo crollasse sotto il peso della stanchezza, fisica e mentale; si risvegliò diverse ore dopo, sentendo il profumo della cena che iniziava a invadere la stanza.

Guardandosi intorno scoprì di trovarsi nella stessa casa in cui si erano fermati per la notte; il fuoco illuminava la stanza e i due avevano già predisposto il salotto per poterci dormire nuovamente.
Cercò di alzarsi, facendo attenzione a non appoggiare la mano e a non caricare troppo sul polpaccio, ma il risultato non fu dei migliori. Per sua fortuna, Sakura si accorse di lui e lo aiutò a rialzarsi, facendolo sedere su uno sgabello rudimentale ricavato da un tronco.
«Mentre dormivi ci siamo dati da fare» gli disse, indicando altri due ciocchi abbastanza grandi permettere a qualcuno di sedersi. In effetti, il profumo che proveniva dal fuoco non era quello delle solite razioni da viaggio, probabilmente erano anche riusciti a procacciarsi della selvaggina.
Indicò con la mano una borraccia vicino a loro e la ragazza lo aiutò a bere, per alleviare la secchezza che aveva in gola.

«Quanto ho dormito?»
«Dall’ultima volta che ti sei svegliato, circa cinque ore. Però eri svenuto da più di un’ora»
Decisamente troppo.
Sakura gli accarezzava i capelli, aveva uno sguardo triste e pensieroso che aveva il potere di intristire anche lui; avrebbe voluto farsi carico di tutto, di poterla aiutare.
«Ben sveglio, Sasuke.» la voce di Sai lo raggiunse all’improvviso, non aveva sentito percepito il suo ingresso in casa; aveva con sé dei piccoli rametti, probabilmente per ravvivare il fuoco.
Gli fece un cenno con la testa, non si sentiva dell’umore per intavolare una discussione, soprattutto con lui.

Mangiarono tranquilli, praticamente senza proferire parola. Era imbarazzante per l’Uchiha farsi praticamente imboccare davanti a Sai, ma non poteva farci niente se non voleva morire di fame; avrebbe voluto sentire quello che avevano da dire sul combattimento, sui nemici che avevano affrontato, sia per curiosità sia per distrarsi da quella cena imbarazzante (resa ancora più insopportabile dalle battute del ragazzo) ma sembrava che i due avessero già deciso che quella conversazione avrebbe potuto aspettare fino alla mattina seguente.
L’unico lato positivo era che mangiando il torpore che aveva preso possesso del suo intero corpo stava pian piano svanendo, rendendo i movimenti che poteva fare leggermente più fluidi.

Dopo cena Sakura iniziò a curargli la ferita alla mano e al polpaccio; le altre erano abbastanza superficiali e per il momento poteva permettersi di disinfettarle e applicarvi un leggero bendaggio. La gamba, dopo diversi minuti, era già praticamente guarita, gli aveva comunque messo una fascia con una pomata per evitare la formazione di una cicatrice; per la mano, invece, ci sarebbe voluto diverso tempo.
Le ossa erano frantumate, per non parlare dei tendini e delle terminazioni nervose; necessitava di una gran quantità di chakra, che in quel momento Sakura non aveva, e, soprattutto, di tempo.
«Ma non ti preoccupare, recupererai pienamente le funzioni motorie e sensitive» gli disse con un sorriso.
Le credeva ciecamente, non aveva di che preoccuparsi finché ci fosse stata lei a curarlo.
 
 
Il mattino dopo era stato svegliato dalle voci di Sakura e Sai; i due erano in un angolo della sala, seduti su quei ciocchi, a confabulare tra di loro e a mangiare.
Appena lo aveva visto alzarsi, Sakura si era avvicinata a lui, aiutandolo a sedersi e a mettere qualcosa sotto i denti. Nonostante la cena abbondante si era svegliato con una fame tremenda; secondo la ragazza era un buon segno che avesse quell’appetito e gli sorrideva, più serena rispetto alla sera prima.
«Mi dispiace disturbarvi in questo vostro rituale di corteggiamento, ma credo sia arrivato il momento di parlare di questa situazione»
Sakura lo fulminò con lo sguardo, offesa, e assestandogli un pugno “affettuoso” sulla spalla. L’altro però non diede molto peso a quelle parole, o almeno, non voleva dargli quella soddisfazione, e concordò sull’aggiornarsi in merito all’accaduto.

«Innanzitutto, che ci facevi nei paraggi?» Lo sguardo di Sasuke era sospettoso, finchè non lo aveva visto il giorno prima non aveva minimamente preso in considerazione che potesse essere lui l’aiuto che aveva ricevuto Sakura.
Sai non si offese a quella domanda, anzi. Era sempre lui il primo ad essere sospettoso e, a parti invertite, nemmeno lui si sarebbe fidato così, senza fare domande.
«Dopo che ci siamo separati sono stato preso alla sprovvista dal temporale; avevo da poco passato una piccola locanda e ho trascorso lì la notte. Stavo per ripartire, quando ho sentito una forte esplosione e sono andato a controllare. Lì ho trovato Sakura.»
Era plausibile, certo. La rosa si fidava cecamente di lui, lo stesso non si poteva dire per Sasuke; avrebbe comunque fatto buon viso a cattivo gioco e, per il momento, gli avrebbe creduto.

«Tu perché non eri con lei?» La ragazza si mise in mezzo, dicendogli che era colpa sua, era lei che si era allontanata e l’aveva lasciato da solo.
«Poteva raggiungerti una volta capita la situazione.»
«Sono stato trattenuto.» si volse verso Sakura, cercando di mantenere il controllo delle sue espressioni e della sua voce «C’era Tamashi, l’uomo mascherato che ti ha rapita.»
Lei sbiancò, sbarrando gli occhi.
«N-non è possibile Sasuke-kun…» fece una pausa, guardando Sai. Era sicura di quello che aveva visto e sentito, non poteva essersi immaginata tutto «L-lui era con me… Io ho combattuto contro di lui…» ora era lo sguardo di Sasuke ad essere indecifrabile; come accidenti poteva essere possibile?

«Forse era una copia?» chiese Sai, rivolto a Sasuke
«Impossibile. Non si è smaterializzato nemmeno con le fiamme di Amaterasu.»
«Beh anche noi lo abbiamo colpito, di sicuro non era una copia, e non ne esistono di così resistenti.»
Erano quindi di fronte a due uomini mascherati?
L’Uchiha ripensò a tutto quello che avevano appreso in quelle settimane: in effetti nei ricordi di Kaito non era riuscito a vedere il volto dell’uomo assieme a Tamashi, aveva solo sentito la sua voce.
E a quanto pareva Sakura si era imbattuta proprio in questo complice, che vestiva esattamente come Tamashi.
Era tutto assurdo, perché ricorrere a un piano del genere?

«Cos’è successo quando è comparso quel fumo verde?»
«Beh, stavamo combattendo ed eravamo riusciti ad ottenere un vantaggio. Ad un certo punto l’uomo mascherato ha lanciato quel cilindro ed ha iniziato a uscire il fumo; dopo poco abbiamo visto lo stesso fumo provenire da dov’eri tu e lui ha detto che quello era il segnale che confermava che ti avevano catturato…»
«Quindi voi stavate bene?» i due annuirono all’unisono.
Sasuke ci pensò un po’, poi arrivò alla sua conclusione.

« A me Tamashi ha detto che quel segnale voleva dire che ti avevano catturata. Credo che in realtà fosse un segnale per la ritirata.»
«Perché dici questo?» Sai lo guardava dubbioso, mentre si annotava alcune cose sul taccuino.
«Credo che il loro obiettivo fosse distrarci dal combattimento e farci spostare l’uno verso l’altro, per ricongiungerci e permettergli la fuga. Oppure speravano che riuscendo a ricongiungersi anche loro avrebbero avuto più possibilità di batterci.»
«E tu gli hai messo i bastoni tra le ruote…»
In effetti, inconsapevolmente, era così. Continuando a combattere contro Tamashi gli aveva impedito sia di fuggire che di ricongiungersi con il compagno; una scelta apparentemente insensata che forse li aveva tirati fuori dai guai.

«I loro complici?» se ne era ricordato all’improvviso, soprattutto del ninja assassino che gli aveva rotto la mano.
«Tutti morti. Quello vicino a te si è ucciso appena ci ha visto; quando siamo tornati sul campo di battaglia anche i nostri avversari erano senza vita.»
Avrebbe voluto stringere il pugno, batterlo sul pavimento, qualsiasi cosa, ma si limitò a digrignare i denti, nervoso.
Un’altra opportunità sfumata.
Si sentiva la testa scoppiare. Avrebbe voluto trovare un senso a tutto, una spiegazione.

Aveva appena scoperto il nome di Tamashi ed ecco un nuovo complice, altrettanto pericoloso; era sul punto di catturarli e ottenere informazioni, e se li era lasciati sfuggire; davvero volevano rapire anche Sakura, o era stata tutta una scusa?
«Sasuke-kun, dove vai?»
«Fuori.»
Ora che poteva camminare voleva prendere una boccata d’aria, magari quella lo avrebbe aiutato a pensare, si disse.
Camminò fino al punto del suo scontro con Tamashi e si sedette proprio lì, nel punto in cui si erano schiantati, a riflette e a pensare.
 

Salve a tutti!
Mi scuso tantissimo per la mia assenza... Ho avuto un po' un periodo incasinato e, oltre a questo, mi sentivo di scrivere qualcosa di "meno impegnativo" vista la situazione; ma tranquilli, la storia va avanti e andrà avanti, mi sento di potervelo dire ;)
Riguardo al capitolo: di nuovo molta azione e combattimenti, anche se alla fine i cattivi si sono dileguati senza lasciare troppe informazioni, ahimè. 
Attendo con piacere i vostri commenti e ringrazio tutti voi che seguite la storia che l'avete messa tra le preferite/seguite/da ricordare!
Un abbraccio e un saluto a tutti voi! 

 

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