Il castello maledetto

di mydaimonissnake
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Il castello maledetto
 
Capitolo 1
 
 
Izuku Midoriya viveva con sua madre, in una casa ai confini di un piccolo paese di campagna.

Le sue giornate scorrevano noiose, tutte uguali, spese a coltivare il loro orticello e a badare alla manciata di galline che possedevano. Due o tre volte a settimana sua madre lo mandava al villaggio per qualche commissione e lui ne approfittava per andare alla minuscola biblioteca e cambiare i libri che vi prendeva in prestito. Quello era il suo unico piacere, leggere gli permetteva di vivere quelle avventure che nella realtà poteva solo sognare. Gli abitanti del paese lo consideravano molto stravagante per questo suo interesse. Izuku sentiva che nessuno lo capiva, nessuno di loro aveva questa sensazione perenne che ci dovesse essere altro nella vita, qualcosa di nuovo e magari misterioso, qualcosa che potesse scuotere la monotonia delle sue giornate.
Neppure sua madre lo comprendeva, anche se gli voleva molto bene e lo supportava in ogni sua decisione.


 
Quella mattina sua madre aveva attaccato il loro unico cavallo al carretto, l’aveva riempito dei prodotti che coltivavano, e come faceva sempre almeno un paio di volte all’anno, era partita per partecipare al grande mercato della città. Di solito si univa a qualcuno degli abitanti del loro paese, che come lei dovevano andarci per sbrigare i loro affari, ma quel giorno nessun altro si era presentato pronto a partire, quindi era andata da sola.

Izuku era un po’ preoccupato. Si era offerto di andare con lei, o al suo posto, ma lei l’aveva rassicurato dicendogli di non preoccuparsi e che se la sarebbe cavata benissimo.

Sua madre sarebbe dovuta tornare nel primo pomeriggio, tuttavia le ore passavano e di lei non c’era traccia.
Era quasi il tramonto quando Izuku, fuori di sé dalla preoccupazione, decise di andare a cercarla.
Non aveva fatto molta strada quando sentì un rumore di zoccoli e ruote che si avvicinava.
Era il suo cavallo, e c’era anche il carretto, ma dov’era sua madre?

Non perse tempo a staccare il carro e salire in groppa al cavallo, chiese alla sua cavalcatura di portarlo da sua madre e questo obbediente lo accontentò.
 


Era ormai notte quando arrivarono davanti ad un castello. Izuku non era sicuro di essere nel posto giusto, perché mai sua madre sarebbe dovuta venire in un posto simile, ma ormai era tardi, perciò decise di fermarsi e chiedere agli abitanti del castello informazioni e magari il permesso di riposarsi da loro.

Bussò ma non ottenne risposta, visto però che la porta era aperta entrò comunque, chiedendo permesso.

L’ingresso era molto buio, ma per fortuna lì affianco c’era un candelabro, Izuku lo prese con l’idea di accenderne le candele non appena avesse trovato una torcia o un camino acceso.

-Ehi che intenzioni hai? Mettimi giù subito!-
Ad Izuku venne un mezzo colpo, il candelabro aveva parlato! Lo rimise a posto.

Si chiese come fosse possibile, e cercò di trovare una spiegazione alla cosa. Doveva essersi perso nei suoi pensieri ed essersi messo a borbottare come gli capitava spesso, perché il candelabro gli parlò di nuovo dicendogli di smetterla di bofonchiare a quel modo, e che se aveva delle domande doveva parlargli chiaramente.

-Scusami tanto! Sono solo molto sorpreso, non avevo mai sentito parlare un oggetto!- gli disse allora.
-Questo posso capirlo, io non sono un semplice oggetto però, una volta ero un ragazzo proprio come te, mi chiamo Todoroki Shoto, tu chi sei?-
-Izuku Midoriya, sono qui perché sto cercando mia madre e speravo che qualcuno qui l’avesse vista, tu sai dirmi niente?-

Gli sembrò che l’altro stesse per dirgli qualcosa, ma poi tacque. Nessuno disse niente per un po’, Izuku si stava chiedendo se dovesse insistere, o se l’intera conversazione precedente non fosse stata solo frutto della sua immaginazione, quando l’orologio da tavolo che era a fianco del candelabro si mise pure lui a parlare.

-Andiamo Todoroki, ormai il danno è fatto, gli hai parlato, anche se è contro il regolamento della casa, quindi tanto vale che gli dici tutta la verità.-

Con un sospiro, Shoto annuì in accordo e disse: -sì Midoriya, tua madre è qui, è arrivata questa mattina. Voleva indicazioni per arrivare in città, dato che si era persa. Sembrava una brava persona e noi abbiamo pensato di darle una mano, ma il signore del castello ci ha sorpresi a parlarle e si è arrabbiato. Mi dispiace Midoriya, ma per colpa nostra ora tua madre è chiusa nella prigione del castello.-

Izuku aveva sempre desiderato che qualcosa scuotesse il suo mondo, ed ora era successo, tuttavia a sentire quelle parole si rese conto che sarebbe stato meglio se non fosse accaduto.   

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Capitolo 2
 
 
Adesso Izuku era veramente angosciato. La sua povera mamma era imprigionata da ore e chissà come era spaventata! E se le avessero fatto del male? E chi era questo malvagio signore del castello? Come si permetteva di segregare persone innocenti a suo piacimento? In che modo avrebbe potuto liberare sua madre? Come trovarla?

-Ha ripreso a borbottare- fece notare il candelabro all’orologio.

-Midoriya, ora calmati! Ti porteremo noi da tua madre, ma dobbiamo fare piano, così il padrone non si sveglierà e voi potrete fuggire.-

Doveva di nuovo essersi perso nei suoi pensieri, ma le parole dell’orologio lo riportarono a concentrarsi sui due oggetti che gli stavano di fronte.

-Se siete disposti ad aiutarmi ve ne sarò immensamente grato, tu come ti chiami comunque? Anche tu eri un ragazzo una volta?-

-Sì lo ero, e scusa se non mi sono presentato subito, di solito non sono così maleducato, il mio nome è Iida Tenya, mi fa molto piacere conoscerti, nonostante la spiacevole situazione.-
Dopodiché l’orologio e il candelabro scesero dal tavolinetto e lo invitarono a seguirli.

-Se non dobbiamo fare rumore però, avrei bisogno di un po’ di luce o finirò per andare a sbattere in qualcosa. Tu che sei un candelabro Todoroki  non potresti accenderti?- Era forse una richiesta strana, ma Izuku pensò che fosse giustificato a farla, del resto se poteva parlare perché non avrebbe dovuto essere in grado di accendere le sue candele senza l’ausilio di una fiamma?

-Potrei- gli rispose quello con un tono infastidito, -ma mi rifiuto di farlo. Il perché non voglio, be’, potrei anche spiegartelo ma è una storia lunga, e adesso non è il momento di perdersi in chiacchiere.-
 

Si incamminarono quindi in completo silenzio, e dopo aver recuperato una torcia, Izuku continuò a seguire i due strani esseri per i meandri del castello. Inizialmente cercò di tenere a mente la strada fatta, ma il posto era pieno di corridoi che si intersecavano con altri, ovunque c’erano porte chiuse, tutte d’aspetto simili, che gli creavano confusione, e poi c’erano le scale. Ne salirono parecchie, da quelle enormi dell’ingresso, a quelle ripide e strette che finalmente lo portarono in cima alla torre dove sua madre era prigioniera.

C’erano diverse celle, ma a parte quella dove era rinchiusa la sua mamma, le altre erano vuote.

-Oh Izuku! Sei riuscito a trovarmi, ero così in pensiero per te! Mi dispiace di averti fatto preoccupare, ma è meglio che tu scappi via subito, se la bestia che abita questo castello ti vedrà , imprigionerà anche te, fuggi finché sei in tempo!-  gli disse lei, parlando in fretta e sottovoce. Era chiaramente terrorizzata all’idea che potesse capitare qualcosa anche a lui.

Izuku si prese un momento per osservarla, sembrava illesa, ma dai suoi occhi arrossati si capiva che aveva passato gran parte del tempo a piangere. Doveva tirarla fuori di lì ad ogni costo, e riportarla a casa.

-Tranquilla mamma, ora ti libero e ce ne torniamo a casa insieme.-  le disse per calmarla, poi rivolgendosi ai suoi accompagnatori chiese: -sapete dov’è la chiave per aprire questa cella?-

-La chiave ce l’ho io, ecco prendila pure, ma non dire al padrone che ti ho aiutato, perché lui mi aveva detto di fare la guardia alla signora per evitare che scappasse.- Così dicendo l’attaccapanni che era lì accanto si avvicinò a lui e gli porse la chiave.

-Grazie, ma sei sicuro di volerci aiutare? Non finirai comunque nei guai una volta che il tuo padrone scoprirà la nostra fuga?-

-Sì, ma mi dispiace troppo per tua mamma, è una così cara signora, non si merita di stare qui.-

Mentre liberava sua madre e l’abbracciava Izuku sentì l’orologio e il candelabro ringraziare Shoji per l’aiuto, e chiedergli di aspettare il più possibile prima di dare l’allarme sulla fuga in corso. L’attaccapanni li rassicurò che avrebbe aspettato fino alla mattina, così da poter giustificarsi dicendo di essersi addormentato.

 
Dopo aver salutato l’attaccapanni si incamminarono verso l’uscita, e se prima a Izuku era sembrato di metterci un’eternità ad arrivare, ora gli sembrava che stessero impiegando ancora più tempo.

Comunque una volta usciti sarebbero stati liberi. Certo non avrebbe mai saputo come mai gli abitanti di quel castello fossero diventati oggetti, non avrebbe mai conosciuto questo temibile padrone e forse di questo avrebbe dovuto essere felice. Di sicuro non avrebbe mai vissuto un’altra avventura come questa. Una volta tornato a casa la sua vita sarebbe ripresa come prima, un po’ noiosa ma senza pericoli. Era la cosa migliore, il giusto epilogo per lui e sua madre, dopo la giornata che avevano passato.

Allora perché la voce nella sua testa non riusciva ad accettarlo? Perché quella parte di lui che da sempre rifiutava di accontentarsi della monotonia della sua vita, continuava a tentarlo a rimanere, continuava a sussurrargli che c’era così tanto da scoprire lì, tanti personaggi interessanti da conoscere, tanti luoghi da esplorare, come poteva, proprio ora che finalmente gli era capitato qualcosa di avvincente, andarsene e voltare le spalle a tutto?

Continuando a camminare, Izuku si ripeteva che non doveva ascoltarla, doveva pensare a sua madre, e poi quel che gli era appena successo era già di per sé un’avventura, quindi il suo animo inquieto poteva accontentarsi e lasciarlo in pace.

E forse l’avrebbe fatto davvero, forse una volta tornato a casa sarebbe stato contento di aver agito saggiamente e non avrebbe avuto rimpianti, forse, se fossero riusciti a uscire dal castello.

Purtroppo per loro però, ad attenderli davanti il portone c’era una bestia enorme, che sorridendo in maniera cattiva chiese loro –state andando da qualche parte?-

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