Prospettiva felina

di Rosette_Carillon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cinque gatti ***
Capitolo 2: *** Storie da gatti ***



Capitolo 1
*** Cinque gatti ***













Cinque gatti














Le prime scosse di terremoto cominciarono verso le nove del mattino. Cielo e terra tremarono, e Diana portò le mani avanti, incapace di fare altro, nella vana speranza che quel semplice gesto potesse tenere tutto al suo posto, impedirne la caduta.
Poi fu il disastro.
Il primo a cadere fu il pifferaio – era sempre stato un personaggio problematico-, poi toccò alla Stella, che divenne cadente per davvero, e si rovesciò trascinando con sé una pecora e due sfortunati porcelli.
L’angelo svenne, e rimase immobile sopra la grotta, lo sguardo rivolto in su e le braccia aperte quasi stesse invocato l’aiuto divino.
<< Venere! >> gemette la donna, come in preghiera, afferrando la Madonna << Venere! >>
Cornelia, la schiena poggiata contro lo stipite della porta, rideva divertita; lei l’aveva detto fin da subito che fare il preseppe sopra il divano non si sarebbe rivelata una buona idea.
I movimenti sismici, cessati per qualche secondo, ripresero e fecero la strada inversa finché, sulla testiera del divano, fra la carta e il muro, non comparvero un paio di occhi azzurri e strabici.
<< Venere! Non puoi! Tu non puoi comportarti così! >>
Leo assistette impassibile alla disperazione, alla disgrazia avvenuta sotto i suoi occhi: era colpa dell’umana, che si ostinava a credere di poter fare ciò che voleva in casa loro. E a credere che Venere fosse innocente e incapace di fan danni.
Una zampata sopra il collo distolse la sua attenzione. Chi diavolo aveva osato interrompere la sua contemplazione?
Faith lo guardava contrariata << smettila di guardarla così, >> miagolò << ti ricordò che è stata lei a darci questa casa. Potremmo essere ancora per strada a morire di fame, a farci maltrattare o rischiare di morire sotto un’auto. >>
<< Qual è il problema con l’umana? È simpatica, è gentile, >> si intromise Timmy, il piccolo di casa arrivato da poco, solo tre mesi prima. <<  E a me piace tanto. >>
Quel tavolo era diventato troppo affollato per i suoi gusti, Leo balzò giù e andò a rintanarsi nella scatola di cartone infondo alla sala, vicino allo scaffale di libri.
Timmy lo guardò offeso, e si lasciò leccare affettuosamente da Faith, sdraiandosi sulla superficie liscia del tavolo. Ormai ne era certo: Leo lo odiava.
Diana si sedette su un divanetto e sospirò << per fortuna le feste sono finite! Voglio ritirare tutto il più in fretta possibile! >>
Cornelia rise << dobbiamo anche cambiare il menu. Vuoi fare qualcosa si speciale? O per il momento ci atteniamo alle solite cose? >>
Cornelia e Diana si erano conosciute al liceo, e la loro amicizia aveva resistito agli anni di lontananza dovuti agli studi universitari, che le avevano portate una in Canada, e l’altra in Giappone.                                                                                                                                        
Tornate a casa con quella nuova esperienza e nessuna possibilità di sfruttare i loro studi, avevano deciso di dare spazio alle loro passioni di gattare perennemente affamate: il cibo e i gatti, e avevano aperto un piccolo cat cafè.
Il locale si trovava in una zona un po’ sfigata, bisognava ammetterlo: era nel quartiere vecchio, in una di quelle strade acciottolate dove non era permessa la circolazione ai veicoli, ma la clientela era sempre numerosa.
Erano passati quattro anni, e nel piccolo locale si contavano cinque gatti. Venere, la padrona di casa con un forte istinto materno; Leo, che si atteggiava a padrone di casa, ma senza mai osare contraddire Venere. Le due sorelline, Lily e Faith, arrivate da poco più di un anno, e Timmy, trovato per pura fortuna in un cimitero, con una zampa e due costole rotte.
<< Al momento non ho alcun’idea per un menu originale, ci penserò più avanti. >>
Diana era la pasticcera. Dietro al bancone c’era sempre lei; preparava dolci, caffè, milkshakes, biscotti, tutto rigorosamente ispirato a qualcosa: una festa, un romanzo, una stagione, una canzone, il nuovo film uscito al cinema, o l’ultimo spettacolo del piccolo teatro di quartiere.
Cornelia serviva ai tavoli, prendeva le ordinazioni, e si occupava di tutto ciò che andava stampato o messo online.
Venere si allontanò elegantemente dal caos che si stava lentamente calmando, e andò a sistemarsi nella sua cuccia: una scatola di cartone riempita di calde sciarpe, che condivideva con un simpatico orsetto di peluche.
L’orsetto le era stato regalato dall’affascinante sceneggiatore che viveva nella casa davanti al café: l’aveva visto una mattina mentre lui usciva dal vecchio portone verde scrostato, e lei stava inseguendo Lily che, avendo trovato le porte aperte, aveva deciso di avventurarsi per strada.
Era stato lui ad acchiappare la piccola peste in cerca d’avventura, se l’era spupazzata per un po’, come tutti, e poi aveva notato lei. Villano! Avrebbe dovuto notarla per prima!
<< Ohoh, ma che bel gattone! >> aveva testo un mano verso di lei << e tu chi sei? >>
Ovviamente lei aveva voltato la testa dall’altra parte e l’aveva ignorato bellamente. Insomma, quel paesano aveva salvato Faith, ma aveva osato pensare che lei fosse un gatto. Un gatto! Villano!
Era intervenuta Diana a risolvere l’equivoco << lei è Venere, >> aveva detto indicandola con un cenno del capo, e nel mentre si era tolta il grembiule macchiato del caffè che si era versata addosso prima di correre all’inseguimento delle gatte.
<< Oh, certo. Adesso capisco l’eleganza. Chiedo perdono. >>
E, bè, come si poteva restare offese davanti a quelle maniere così gentili e a quegli occhi così neri? Sdraiarsi per terra e mettersi a pancia in su era stato naturale.
Diana aveva riso << oh mio- ! Non ci credo! Fa così solo con me e Cornelia. >>
<< Non le piacciono le persone? >> L’uomo aveva reso Faith alla donna, e si era chinato ad accarezzare Venere.
<< Non tanto. Diciamo che… ha problemi di fiducia. >>
<< L’altra volta che sono venuto, la tua collega mi ha detto che i vostri gatti hanno storie non molto fortunate, qual è la sua? >>
<< Il suo precedente proprietario voleva affogarla quando aveva appena un mese. >>
<< È una cosa orribile! >> esclamò, sinceramente indignato. << Come è riuscita a salvarsi? >>
La gatta smise di rotolarsi sotto la sua mano, lasciandosi semplicemente accarezzare. Era una storia a lieto fine la sua, ma non amava tanto sentirla. Non amava ricordare la paura, il freddo dell’acqua nei polmoni e tutto attorno a lei, però amava ricordare la nonna di Cordelia. Ricordava ancora con tanto affetto quella vecchina che, armata di bastone da passeggio, durante una delle camminate in campagna aveva colto il suo vicino di terreno che cercava di uccidere una gattina.
<< È stato visto dalla nonna della mia amica. >>
<< E lei ha chiamato la polizia? >>
<< Polizia? >> rise.  << L’ha picchiato col suo bastone da passeggio! >>
Risero.
<< Lo racconta sempre con orgoglio. >>








 

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Capitolo 2
*** Storie da gatti ***










   

 
 Storie da gatti 












Lo sceneggiatore non si era visto al cafè per quasi un mese, poi era ritornato con una donna, una sua amica. Lei era sempre silenziosa, non prendeva mai nulla e si limitava ad osservare ciò che la circondava.
I poster appesi alle pareti, i grandi adesivi da parete, l’angolo del book crossing illuminato da una fila di lucine di Natale di un giallo caldo e confortante.
La donna aveva attirato quasi subito l’attenzione di Leo. La guardava da lontano, sistemato sul davanzale di una piccola finestrella in alto, quasi vicina al soffitto in legno. Lei non parlava, mai un suono, ma lo sceneggiatore non si faceva scoraggiare e continuava a farle domande.
<< Oggi come stai? >>
<< Vuoi restare ancora? >>
<< Andiamo a farci una passeggiata? >>
La maggior parte delle volte lei si limitava ad annuire o scuotere la testa, quando invece era costretta a fornire una risposta più articolata, allora scriveva.
Se lei non mangiava e non beveva mai nulla, ad eccezione, raramente, di un bicchiere d’acqua, lo sceneggiatore si ingozzava con gioia. Ormai aveva provato tutto ciò che c’era nel menu, e Diana aveva cominciato a chiedere il suo parere sulle novità che inventava. Lui aveva anche un suo preferito: Harry Potter Latte e waffle al pan di zenzero con panna.
Ovviamente, il suo amore per il cibo faceva diventare il suo tavolo bersaglio degli attentati di Timmy.
Assieme ai numerosi clienti di passaggio, ve n’era un bel numero di abituali, quelli a cui Diana e Cornelia non chiedevano nemmeno più se tutto fosse stato ‘di loro gradimento’, quelli di cui ricordavano preferenze e intolleranze. Le loro storie erano di dominio pubblico, la notte, quando il cafè chiudeva, e i loro cinque proprietari restavano soli.
<< Adoro i padri che portano qui le loro piccole, >> miagolò Faith intenerita.
<< I cuccioli non hanno mai storie interessanti da raccontare, >> ribatté Venere, acciambellata in una delle cucce, il suo orsacchiotto stretto fra le zampe << come l’amica dello sceneggiatore. E lui le sta sempre dietro. >>
<< Hai ragione, la stilista è molto più interessante da ascoltare, soprattutto da quando ha portato la sua amica. >>
<< Non sono amiche, >>
<< Ah, no? >>
<< Certo che no! Non hai visto come si guardano? >>
<< Eh, già… effettivamente sembrano Timmy quando punta un milkshake. >>
<< O Leo, >> sbadigliò e si stiracchiò. Sul pavimento sotto la sua cuccia, Leo si lavava lentamente, osservato dal piccolo Timmy che si era abbandonato su uno dei tavoli sperando che il gatto più grande lo notasse, e che smettesse di essere così freddo nei suoi confronti.
Il rumore della scaletta che portava alla cuccia annunciò l’arrivo di Lily. Ora erano in tre là dentro.
 << Pensate che all’amica dello sceneggiatore sia capitato qualcosa? Magari qualcuno ha cercato di affogarla, o di investirla. Oppure qualcuno voleva avvelenarla, e lui è riuscito a salvarla. Com’è emozionante! >> si rotolò nel poco spazio concessole, finendo a pancia in su << lei che torna a casa a notte fonda e crolla sul pavimento, lui che la prende e le mette in macchina, nei sedili di dietro, e guida veloce nelle strade buie cercando un medico aperto, e nel mentre la chiama, ma lei sta troppo male per rispondere, e lui allora piange disperato. >>
Lo sceneggiatore si portava spesso del lavoro da fare, principalmente si trattava di scene già scritte, che andavano riviste e corrette. La sua amica gli faceva compagnia, qualche volta la aiutava.
                                                                  
                                                                                          ⃰                                                                           
Lei indicò qualcosa sul documento, lui seguì il suo dito << dove? >>
Lei poggiò l’unghia sullo schermo del pc, e lui si illuminò << oh, sì, certo. Grazie. >> Fece altre correzioni, poi si mise dritto, pensieroso, e infine si voltò a guardare la donna. Leo lo vide con orrore portarle una mano al collo: a lui quello lì non era mai piaciuto, ma non avrebbe mai pensato che fosse un assassino. Saltò giù dallo scaffale, trascinando con sé nella foga ‘Le avventure di Vampiretto: Vampiretto e il licantropo del giardino ’, e corse sotto i tavoli, verso il divanetto vicino all’ingresso della sala.
<< Stai prendendo le medicine? Non devi dirmelo, non importa se non vuoi parlare. Puoi prenderle, e fingere di essere ancora senza voce, a me va bene, ma non farti del male. >>
Leo lo osservò accarezzarle delicatamente il collo, prima di tornare a concentrarsi sul suo lavoro, lasciandola. Incrociò lo sguardo divertito di Venere ‘preoccupato per qualcosa? ’ sembrava chiedere e, stizzito, si voltò per tornare fra i libri.
Timmy aveva osservato la scena dalla cuccia fissata al soffitto << non è incredibile, >> sospirò rivoltò alla gatta più grande << che eroe! >>

                                                                                                                                                                 ⃰
La seconda lunga assenza dello sceneggiatore si verificò il mese successivo, poco dopo un violento e inatteso temporale estivo. All’inizio nessuno se ne preoccupò più di tanto: c’erano tanti altri clienti abituali da importunare per richiedere attenzioni, come le giovane modella, che nella vita di tutti i giorni era una semplice studentessa universitaria e, finiti gli esami, si era trovata con tanto tempo libero da dedicare ai mici, e alla sua stilista.
L’avevano sentita raccontarlo a Cornelia: quello da modella era solo un lavoretto per pagarsi gli studi, ma non era quello che voleva fare nella vita.
Lavoro, lavoro… a loro girava sempre la testa quando sentivano parlare di lavoro. Era già abbastanza stancante doversi spostare da una cuccia all’altra, o da una cuccia alla ciotola del cibo!
All’ora di chiusura, quando Cornelia e Diana pulivano, loro si stancavano solo a vederle finire di lavare le stoviglie, rimettere i tavoli a posto, i dolci in frigo.
Mentre Cornelia era intenta a sistemare i tavoli e le sedie, Diana era china sul bancone col suo quadernetto delle idee sotto mano, aveva avuto alcune idee per il menu di Halloween, e non aveva alcuna importanza il fatto che fosse fine Luglio: doveva assolutamente prendere nota.
Faith si rigirò fra le braccia di Rudy e prese a fare le fusa, Lily la raggiunse, ed entrambe si strinsero contro il petto dell’uomo.
Rudy era lì principalmente per Diana, ma adorava i gatti, requisito base che gli aveva permesso di iniziare una relazione con la donna. Fu lui a informali del motivo dell’assenza dello sceneggiatore: la sua amica si era ammalata; solo una febbre, ma non sembrava migliorare.
Le settimane che seguirono furono buie e piovose, le temperature scesero. Quello strano cambiamento climatico sembrò essere ciò di cui l’amica dello sceneggiatore aveva bisogno perché, quando tornò, sembrava essere quasi allegra.
Lily e Faith la osservarono, acciambellate nella cuccia fissata al soffitto, ordinare un matcha latte ai fiori di ciliegio. Lo fece con voce rotta e tremante, una voce che non era stata usata per lungo tempo.
Venere decise di prendere posizione. Sulle gambe dello sceneggiatore.
Dopotutto c’era freddo, nonostante il riscaldamento e il suo lungo manto color crema, e se la donna stava bene, allora si sarebbe potuta spartire con lei le attenzioni dello sceneggiatore.
<< È innamorata di te. >>
Lui rise << sì, Venere ha il suo fascino. E crea pochi problemi. >>
Leo dal davanzale della finestra drizzò le orecchie. Venere creava pochi problemi. Quell’umano era davvero un idiota. Abbassò la testa e si sistemò meglio, cercando di ignorare la presenza vicina a lui. Venere era semplicemente brava a non farsi notare, e lo faceva in modo tale da riuscire per fino a far ricadere la colpa su uno di loro.
La presenza si fece più vicina, e Leo socchiuse gli occhi. La morte di Timmy non sarebbe sembrata un incidente, oh no, se ne sarebbe preso tutta la gloriosa responsabilità.
<< Posso stare con te? >>
<< No. >>
<< Ma ho freddo. >>
<< Hai la cuccia. O cercati un umano. Meglio un’umana. Loro non vedono di buon occhio i maschi che mostrano affetto verso di noi. Oppure lì, vicino allo scaffale c’è un cucciolo che non aspetta altro che uno di noi gli salga sulle sue gambe. >>
Rapida, Lily sgusciò fuori dalla cuccia, giù per la scaletta, dritta fra le braccia del bambino appena nominato, che sorrise felice trovandosela fra le braccia a faceva le fusa e chiedere coccole.
Leo soffiò << ti magio tutti i croccanti! >>
La sua ira attirò l’attenzione dello sceneggiatore e della sua amica. Lui ridacchiò e scosse la testa << il povero Timmy cerca sempre di attirare l’attenzione di Leo. >>
<< Sarà innamorato? >>
<< Credo proprio di sì. Ma Leo deve mostrarsi figo… >>
Lei rise << forse ha avuto, >> si interruppe per massaggiarsi la gola << brutte esperienze >> terminò in un soffio. Lui distolse l’attenzione dai due gatti e la guardò in silenzio. Le prese una mano accarezzandole lentamente il dorso col pollice, poi si chinò a baciarle la fronte, e la strinse a sé.
Leo chiuse gli occhi. << non darmi fastidio. Dormi e non fare altro, altrimenti ti graffio. >>
Il piccolo gli saltò addosso e prese a fare allegramente le fusa.











 

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