Death Eraser

di EcateC
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A so special boy ***
Capitolo 2: *** Play with fire? ***
Capitolo 3: *** You might be surprised ***
Capitolo 4: *** You've Light inside you ***
Capitolo 5: *** Lawliet ***
Capitolo 6: *** Intensamente, finalmente ***
Capitolo 7: *** Teso quanto te ***
Capitolo 8: *** Sono io, Kira ***
Capitolo 9: *** L’ultimo colpo di Kira ***
Capitolo 10: *** Sono io, la Giustizia ***



Capitolo 1
*** A so special boy ***



Quando Quillsh Wammy fondò il primo istituto riservato a bambini e ragazzi plusdotati, non avrebbe mai creduto di incontrare un bambino speciale come L.

All’apparenza sembrava solo un bambino problematico e affetto dalla sindrome di Asperger: silenzioso, serio e poco incline al contatto umano e al dialogo. In realtà, era il piccolo più geniale e dolce che avesse mai incontrato. 

Figlio inatteso di una ragazza madre che non aveva le possibilità di mantenerlo, egli era stato abbandonato in un orfanotrofio londinese, avvolto in una maglietta bianca e accompagnato da un bigliettino semi strappato, su cui era stata scritta un’unica, misteriosa lettera: L.

I gerenti dell’orfanotrofio non scoprirono mai cosa significava quella lettera, ma sta di fatto che, un po’ per abitudine, un po' per indolenza, iniziarono a chiamare quel nuovo fagottino proprio L, fino a fare di quell’isolata lettera il suo nome effettivo, a cui fu apposto anche un cognome per la registrazione alla anagrafe.

Lo stesso Wammy, quando venne contattato dal direttore dell’orfanotrofio, rimase sorpreso nello scoprire che il presunto bambino prodigio si chiamasse niente meno che L.

-L? Intendi E-l-l-e?- gli domandò dal telefono, facendo lo spelling.

-Er, no, in realtà è proprio L, la lettera L. Noi la pronunciamo all’italiana.-

-Ho capito- esclamò Watari, perplesso -Ma siete proprio sicuri che sia un bambino plusdotato e non un bambino semplicemente brillante o curioso come gli ultimi quattro che mi avete segnalato?-

-No, Wammy. Ti assicuro che questo è diverso, è un genio, sul serio. Devi conoscerlo.-

Quillsh Wammy, oggi conosciuto come Watari, alla fine assecondò il direttore e andò a conoscere colui che, in futuro, sarebbe diventato il suo pupillo.

 

 

 

-Fingi per gioco di essere un’ape, un’ape che vede tre fiori e che deve decidere in quale andare. Un fiore è vicino a un laghetto, un altro è piccolo e malmesso mentre l’ultimo è il più bello, ha il gambo lungo e dei bei colori sgargianti. Tu quale fiore sceglieresti?-

-Il secondo- rispose L con la sua vocina da bambino, continuando a disegnare.

-E perché il secondo?-

-Perché il primo è vicino a un laghetto, ed è pericoloso perché le api muoiono nell’acqua. Mentre l’ultimo fiore è il più bello, e per questo non avrà più polline, perché ci sono già andate tutte le altre api.-

Watari gli sorrise dolcemente -Ti faccio un’altra domanda, se vuoi, L. Ci sono due fattorie, una vicino all’altra. Un giorno, il proprietario della prima fattoria ruba un cavallo al proprietario della seconda. Tu cosa faresti per trovare questo cavallo? Dove lo cercheresti?-

-Sotto terra- gli rispose L semplicemente, senza neanche pensarci. Watari si tolse gli occhiali e si appoggiò sullo schienale della sedia, colpito.

-Allora, signor Wammy?- lo spronò il direttore, sulle spine -L può essere ammesso al suo istituto?-

-Non è che può- gli rispose gentilmente Watari -Deve.-

 

 

 

A Watari è sempre risultato molto difficile trattare L con lo stesso distacco con cui trattava gli altri bambini del proprio istituto. Forse perché lo aveva ammesso quando era ancora piccolo piccolo, L aveva infatti quattro anni, forse perché il suo bisogno di affetto gli ispirava tanta, troppa tenerezza. L’affetto e la stima che iniziò a provare per quel bambino crebbero col passare del tempo, e più L diventava grande, più la sua rara genialità cresceva e sbocciava, come un fiore umile e solitario. Il giovane risolveva casi giuridici, salvava vite umane, sventava attentati terroristici e non voleva niente in cambio. La polizia, la Gendarmerie, l'FBI e l'Interpol ormai facevano diretto affidamento su lui, che si presentava con nomi e alias diversi a seconda del caso.

Non c’era da stupirsi se qualche anno dopo Watari decise di accompagnarlo nel lontano oriente, quando fu scoppiato il clamoroso e apparentemente irrisolvibile caso Kira.

Egli lasciò la direzione dell’istituto a un caro amico, un certo Roger Ruvie, a cui diede l’incombenza di dirigere gli affari e di prendersi cura delle piccole menti brillanti che vi abitavano.

Due tra queste piccole menti, però, non accolsero di buon grado la notizia della partenza di L e Watari per il Giappone.

Nate River e Mihael Kheel, meglio conosciuti con gli pseudonimi di Near e Mello, erano due ragazzini incredibilmente intelligenti, che avevano vissuto nella Wammy’s House insieme a L praticamente da sempre. Sarebbe eccessivo affarmare che gli volessero bene come gliene voleva Watari, però col tempo anche loro si erano affezionati al giovane detective e avevano iniziato a vederlo come una sorta di eroe, un obiettivo da raggiungere e possibilmente da surclassare. Infatti avevano pregato L di andare con lui a Tokyo, ma invano: il giovane era stato perentorio, il caso Kira era troppo pericoloso. 

Ma non tutti la pensavano come lui. E infatti…

 

 

 

-È arrivato un messaggio da L.-

Mello lanciò sul letto di Near la lettera, sempre con la solita barretta di cioccolato tra le labbra -Aprila tu, a me non va- gli ordinò, buttandosi con tanto di scarpe sopra al proprio letto.

Il suo giovanissimo compagno di stanza esitò, arricciandosi i capelli argentei tra le dita.

Mello alzò le sopracciglia -Qualcosa non va?-

-Non è un messaggio di L- gli rispose Near, rigirandosela tra le dita.

-Sì, che è un messaggio di L- insistette Mello -Quante altre persone conosciamo che abitano in Giappone?-

C’erano infatti due francobolli nipponici apposti sulla busta.

Near che, malgrado fossero solo le nove di sera, era già sotto le coperte e pronto per dormire, si alzò e si infilò nel letto del suo vicino. Scartò la lettera davanti agli occhi azzurri di Mello ed entrambi lessero il testo con avida curiosità.

La calligrafia storta e sgraziata era senza dubbio quella di L.

 

 

Ciao fratellini,

stare qui è strano ma entusiasmante, dovreste venire.

A presto.

 

 

Il sedicenne Mello fece un sorriso di trionfo. Dentro alla busta c’erano anche due biglietti di sola andata per il Giappone.

-Non ci credo! Dunque anche il grande L ha bisogno del nostro aiuto!- esclamò esultante, decifrando il messaggio in codice.

-Non l’ha scritta L, idiota. L’ha scritta Watari- sussurrò compostamente Near, accucciandosi vicino a lui -Credo che L sia in pericolo-

-Non ti facevo così ingenuo, Nate- gli sussurrò Mello, soddisfatto -L sapeva che avremmo pensato subito a Watari, perciò ha scritto la lettera di suo pugno, proprio per indurci a credere che sia stato un rimaneggiamento del vecchio, quando invece l’ha scritta proprio lui-

-Sei troppo contorto, Mihael- lo liquidò -Stando così le cose, potrebbe anche averla scritta Kira-

-Kira?- si accese il biondino -È impossibile che Kira conosca direttamente L. E se anche fosse, non possono essere diventati così intimi da indurre L a parlargli di noi-

Near alzò le spalle e sorrise -Non ci resta che andare in Giappone a controllare-

 














 

Note
Ciao a tutti, intanto grazie per essere arrivati fin qui :)
Questa storia è una What if, ambientata poco dopo che Light ha riacquistato la memoria e sarà ovviamente incentrata sulla coppia Light/L, che io cercherò di mantenere più IC possibile (sarà un'impresa!).
In questo breve capitolo introduttivo ho parlato un po’ delle origini di L, quindi ho immaginato che Wammy/Watari trovasse i bambini plusdotati anche grazie al contributo degli altri orfanotrofi, che gli avrebbero dovuto segnalare i bambini per così dire “sospetti” di avere delle doti intellettive superiori alla media, così da darli in affidamento a lui e avere conseguentemente bocche da sfamare in meno. 
Spero che abbia suscitato il vostro interesse e mi raccomando: se fa schifo, ditemelo al più presto, così la cancello e torno nei miei fandom con la coda tra le gambe xD
A presto,
Ecate
 

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Capitolo 2
*** Play with fire? ***


 
 
-Finirà per ucciderti, ragazzo mio-
-Watari, non essere così pessimista… Ci sono buone probabilità che io sopravviva-
-Buone?-
-Intorno all’8%…- rispose L, abbassando lo sguardo.
-L, non puoi affrontare tutto questo da solo-
-Ma io sono solo-
-Sai anche tu che non è vero- lo contraddisse l’anziano -Ci sono io, e ci sono anche Near e Mello, che ti vogliono bene-
-È proprio per questo che voglio lasciarli fuori. Watari, promettimi che qualunque cosa accada, non li coinvolgerai in questo caso. Promettimelo-
-Temo sia troppo tardi, figliolo…-
 
 
L non aveva mai avuto molti amici.
Sicuramente il fatto che fosse affetto da una sindrome che gli procurava difficoltà nelle interazioni sociali non l’aveva aiutato, ma sta di fatto che la solitudine a cui si era condannato, non era dettata da una scelta. Avrebbe tanto desiderato degli amici, una famiglia e un partner nel senso romantico del termine, ma ormai si era rassegnato alla solitudine. Nessuno avrebbe mai potuto amarlo, sia per la pericolosa professione che esercitava, sia per le stranezze che era consapevole di avere.
Light Yagami, invece, era solo per scelta.
Bello, popolare e studioso, avrebbe potuto avere chiunque eppure non voleva nessuno. La gente lo disturbava, la stupidità e l’inettitudine delle persone lo infastidivano in modo quasi brutale, eccessivo.
Si sentiva come un adulto in un mondo di bambini, tutti gli parevano ingenui, insignificanti e lenti di comprendonio come pecore allevate per il macello. Non c’era stata una volta in cui si fosse sentito inferiore o pari o qualcuno.
O almeno fino a che non aveva conosciuto L. 
Egli era senza dubbio il soggetto più strambo e problematico che avesse mai incontrato, ma almeno non era un completo idiota come gli altri. Ovviamente non era al suo livello, ma si può dire che Light lo ritenesse un degno avversario, una mente brillante con cui intrattenere finalmente una conversazione degna di questo nome.
Solo che, per un motivo o per un altro, le loro conversazioni finivano sempre per degenerare in risse, minacce o provocazioni, soprattutto da quando vivevano ammanettati ventiquattro ore su ventiquattro. 
E dire che Light era dotato di una pazienza e di una forza d’animo eccezionali, che gli avevano permesso di sopravvivere rinchiuso in una cella di isolamento per più di un mese senza mai sbottare, in silenzio, senza nessuno svago o nessuna forma di conforto. Eppure L e le sue stranezze riuscivano a fargli perdere completamente le staffe. Il modo imperfetto con cui si muoveva, il tono di voce monocorde con cui parlava e gli sguardi indecifrabili che gli rivolgeva erano per Light motivo di imbarazzo o irritazione, anche perché non riusciva mai a comprendere fino in fondo ciò che pensava, quali fossero le sue reali intenzioni. L insomma era l’unico che sfuggiva dalla sua sfera di controllo, e questo a Light non andava giù.
Era frustrante, soprattutto da quando aveva riacquistato i suoi ricordi. Prima, quando non rimembrava di essere Kira, L gli appariva come un soggetto stravagante e misterioso, e le domande che si poneva sul suo conto erano per lo più innocenti e pleonastiche. Si chiedeva perché non dormisse mai, perché non si cambiasse mai d’abito di fronte a lui, perchè apparisse sempre così depresso e serioso, tanto da fargli venire l’impulso di chiedergli “Ma che cosa hai, si può sapere?”, solo per conoscere davvero chi aveva davanti.
Non c’erano malizia o ipocrisia nei pensieri del Light senza memoria, e L questo lo aveva avvertito. Aveva conosciuto la parte migliore di lui, privata del suo lato oscuro e doppiogiochista, e certo ne era rimasto straordinariamente colpito. Eppure, malgrado il suo modo di fare irreprensibile, L non aveva dismesso l’idea che Light potesse essere Kira. C’era qualcosa di strano in lui, che non gli quadrava. 
Il bel giapponese era troppo perfetto, troppo inappuntabile nella sua sana competizione, era come se ci fosse qualcosa di distorto nel suo modo di vivere e agire, come se Light vivesse dentro il riflesso di uno specchio. E poi L lo aveva sentito più di una volta mormorare in modo angoscioso nel sonno, Light faceva spesso incubi e questo non aveva molto senso, visto che conduceva una vita così apparentemente tranquilla e morigerata.
E infatti, i suoi sospetti ultimamente trovarono un riscontro anche nella realtà.
Da quando Kyosuke Higuchi, il direttore della Yotsuba Corporation, era stato smascherato e condannato per gli omicidi commessi nelle vesti di Kira, Light non era più lo stesso. Parlava poco, era stranamente più paziente e perfino più gentile e, guarda caso, aveva smesso di fare incubi.
In poche parole, Light aveva iniziato a recitare, di nuovo.
L si era accorto immediatamente di questo repentino cambio di facciata e ne era rimasto turbato, poiché non sapeva darsi una spiegazione razionale. Ma d’altronde, dopo che aveva visto il Death Note e quell’orribile mostro bianco e alto due metri, aveva capito che la razionalità e la logica scientifica dovevano cedere il passo al paranormale, all’occultismo. Terreni che non conosceva e che lo intimorivano.


-Hai già capito chi è l’assassino?-
-Sono a pagina otto- 
-Da un detective esperto come te, mi sarei aspettato la risposta già dalla lettura del titolo- sussurrò Light con tono beffardo.

L si sfiorò le labbra e appoggiò il giallo per terra, “Assassinio sull’Orient Express”. Come ogni giorno da due mesi a questa parte, il detective passava le ore notturne seduto scomposto su una sedia, poco distante dal letto su cui dormiva Light Yagami, il suo indiziato numero uno.
-Tante persone bloccate nel luogo del delitto- iniziò a ragionare L.
-Esatto-
-E l'unica cosa che le accomuna è, almeno per il momento, il fatto di essere sopravvissute- continuò a pensare -Per quanto ne so, potrebbero essere state tutte. Un concorso criminoso, magari per vendicare lo stesso torto che la vittima ha commesso contro di loro-
Light rimase interdetto e gli lanciò uno sguardo sorpreso.
-Ho indovinato, vero?- gli domandò L a bruciapelo, lasciandolo quasi a bocca aperta -Scusami, io continuo a parlare e tu stai cercando di dormire- 
-No, non importa- gli rispose Light, cercando di sorridere gentilmente -Non ho neanche sonno-
-L'insonnia è una caratteristica che accomuna i geni cogli gli assassini seriali, in effetti-
-Cosa vorresti dire con questo, Ryuzaki?- lo aggredì Light, leggendo tra le righe -Io non sono Kira, te l’ho già provato in mille modi. Cosa diavolo devo fare per convincerti?-
L assottigliò gli occhi -Intendi, cosa devi fare per ingannarmi? Non so risponderti-
Light sospirò e scosse la testa, scocciato. Si voltò dall’altra parte del letto per evitare di vederlo e per avvertire un po’ meno il suo sguardo pressante. Solo che, come spostò istintivamente il braccio destro verso di sé, sentì la solita e insopportabile resistenza causata dalla pressione delle manette, e un “ahia!” proveniente alle sue spalle.
Niente, non poteva mettere la mano destra sotto al cuscino.
Questa storia di vivere ammanettati stava diventando insostenibile, senza contare che non aveva più un briciolo di intimità. Perfino per andare in bagno dovevano muoversi in due.
-Per quanto ancora dovremo stare ammanettati?- domandò bruscamente, senza nemmeno voltarsi.
-Fino a quando sarà necessario-
-Tutto questo è ridicolo. Ma tu non hai una vita al di fuori del tuo lavoro?- lo provocò, voltando la testa dalla sua parte -Degli amici, una ragazza… Niente?- 
 L scosse la testa a alzò le spalle, con placida rassegnazione -Niente-
-E trovartene una, magari?-
-Sono già innamorato del mio lavoro- rispose L tranquillamente, masticando la cannuccia del suo latte al cioccolato. Light non commentò e guardò il soffitto, anche se il suo sguardo la diceva lunga su ciò che pensava. Spostò un attimo gli occhi verso di lui ma subito il detective li intercettò. Il bel giapponese distolse lo sguardo, imbarazzato.
-Non hai nemmeno una famiglia?- continuò a chiedergli, sentendosi vagamente teso.
-Oh, no. Quella sì… I miei fratellini-
-Hai dei fratelli?- gli chiese Light, stupito.
-Non di sangue. Vivevo con loro nell’orfanotrofio in Inghilterra-
“Orfanotrofio? Accidenti, che vita deprimente” pensò il giovane Light, cinico “Ora capisco perché è così strano…”.
-Mi dispiace. Deve essere stata dura- gli sussurrò una frase di circostanza.
-All’inizio sì, ma poi ci fai l’abitudine- borbottò L, con la cannuccia ancora in bocca.
-Bene, meno male, allora- forzò un sorriso -Buonanotte-
-Buonanotte, Light-Kun-
Light chiuse gli occhi e si voltò sul fianco. Era già mezzanotte passata, doveva sforzarsi di dormire perché l’indomani la sveglia sarebbe suonata alle sei e trenta e le sue facoltà cerebrali dovevano essere al massimo della loro potenza… Chiuse gli occhi castani, ma lo sguardo fisso e molesto alla sua destra non cessava e non gli dava pace. Gli sembrava di avere un gargoyle, un guardiano severo e giudicante appostato al suo fianco.
“Non farci caso, lo sta facendo a posta” si impose “Più il suo comportamento appare darti fastidio, più risulti sospetto”
Ma quando avvertì la presenza di L torreggiare su di lui ai piedi del letto, sbottò .
-Potresti smetterla, per cortesia?- gli chiese spazientito, scorgendolo nel buio. L infatti si era alzato in piedi e lo stava fissando.
-Come mai non ti togli l’orologio nemmeno per andare a dormire?-
Light si strinse istintivamente il polso sinistro con la mano -Perché mi sono abituato così. È un problema, per caso?-
-No, ma è un’abitudine strana. Posso vederlo?-
-Naturalmente- gli rispose di getto, iniziando a innervosirsi -È buffo che proprio tu mi parli di abitudini strane, visto che non ti lavi e non ti cambi mai i vestiti-
L rimase basito. Malgrado fosse buio, la luce della città notturna filtrava dalle finestre e smorzava le tenebre, consentendo ai due ragazzi di vedersi vicendevolmente.
-Certo che mi lavo e mi cambio-
-Eppure non ti ho mai visto farlo. Non una volta in due mesi di convivenza, come mai?-
-Perché lo faccio mentre dormi- gli spiegò L, imbarazzandosi leggermente.
-Ma non ha senso. Potresti farlo alla mattina o alla sera come tutte le persone normali-
-Ma io non sono una persona normale- sussurrò L, cupo -Lo hai detto anche tu-
-Non è una giustificazione- sussurrò Light, voltandosi dall’altra parte del letto. Chiuse gli occhi e si preparò a dormire, ma dopo un indistinto momento di silenzio assoluto, dieci minuti o mezz'ora, Light non avrebbe saputo calcolarlo, il detective parlò di nuovo.
-Mi vergogno davanti a te- sussurrò appena.
Light riaprì di scatto gli occhi, si appoggiò sul gomito e lo guardò, perplesso.
-Ti vergogni davanti a me?- ripeté, senza sapere come interpretare una simile rivelazione -Ma…-
-È tardi ormai. Dovresti riposare- lo interruppe L, cambiando prontamente discorso.
-Sì… Certo- borbottò, concordando implicitamente con lui sul fatto che no, era meglio non approfondire. Light rimase immobile in posizione supina, e malgrado non stesse comodo, non voleva muoversi o dargli l'idea di essere sveglio. Gli occhi erano comunque spalancati nel buio, e anche l'altro non si muoveva né fiatava. Erano entrambi, per qualche motivo, raggelati.
Light sospirò appena.
Quindi L si vergognava. In effetti, ora che ci pensava, in due mesi di manette non l’aveva mai visto senza maglietta neanche una volta, nemmeno per sbaglio. Light si svegliava alla mattina e trovava L già vestito e pronto per il giorno. E ovviamente si lavava, non faceva l'odore né dava l’impressione di uno con una scarsa igiene personale… Ma allora perché lo faceva? Era una delle sue abitudini da strambo, una delle sue fissazioni da psicopatico quale era? O forse...
Light strinse i pugni. Più passavano i giorni, più aveva una sensazione strana, un sospetto indicibile e un tantino imbarazzante, che aveva iniziato ad annidarsi in lui dal giorno in cui L gli aveva massaggiato i piedi nudi. Ma poi scuoteva la testa e troncava quella supposizione sul nascere. Anche perché, francamente, i gusti sessuali di L non erano affari suoi e non lo sarebbero mai stati, per fortuna.
All'improvviso, la luce abbagliante di un piccolo schermo gli ferì gli occhi. Light guardò L con fare scocciato, il suo compagno di stanza era intento a chattare col cellulare. Muoveva solo i due indici sulla tastiera, in modo rapido ma decisamente bizzarro. Spesso L chattava di notte, ragionò Light, e visto che non aveva una ragazza né degli amici, non poteva che stare parlando di lavoro, magari con qualcuno che si trovava dall’altra parte del mondo…
-Fra due giorni dobbiamo andare nella capitale- gli disse L con tono neutrale, dopo che si rese conto di essere osservato.
-Per quale motivo? Trovato qualcosa di interessante?-
-Definisci interessante- replicò L, con lo sguardo assente e fisso sullo schermo.
-Non posso definire un concetto così relativo- gli rispose a tono Light.
-Allora io non posso risponderti, Light-Kun-
Light aprì e chiuse la bocca, irritato. Tanto, qualunque indizio fosse, sarebbe stata una pista fuorviante.
-Va bene, Ryuzaki- sibilò dopo poco -Proviamo con una domanda più semplice. Dove dobbiamo andare di preciso a Tokyo?
-In aeroporto-
-In aeroporto!?-
-Sì, andiamo a Islamabad a scongiurare un attentato terroristico-
-COSA!?- sbottò, fuori di sè -Stai scherzando, Ryuzaki, vero!? Io non ho nessuna intenzione di andare...-
-Scherzavo, Light-Kun, scherzavo. Non prenderemo un volo- lo interruppe L, accennando un sorriso divertito -Dobbiamo solo andare a prendere due persone, che arriveranno da Londra-
-Certo. Non amo particolarmente gli scherzi- sussurrò Light, irritato -E chi è in arrivo, se posso chiedere?-
-I miei compagni dell'orfanotrofio che ti dicevo- gli rispose
-Oh... E come mai vengono qui?- esclamò Light, sentendosi immotivatamente allarmato. L lo guardò e assottigliò gli occhi, come se avesse captato la sua ansia improvvisa.
-Per salutarmi e stare un po' con Watari-
-Sono dei detective anche loro?- domandò Light, arrivando subito al sodo.
-Che intuito, Light. Sono colpito- gli rispose L, beffardo -La cosa ti preoccupa?-
-Perché dovrebbe, visto che non sono Kira? Anzi, avere due cervelli in più può solo giovare- mentì Light, fingendo la più totale indifferenza.
-Di solito basta il mio. Comunque non ti devi preoccupare- anche L mentì -Il più grande ha quindici anni e il più piccolo ne ha solo dieci. Sono solo due bambini-
-Quando è così… E fanno un costoso viaggio d’oltreoceano solo per salutarti?- 
-E per stare un po’ con Watari- aggiunse L, dicendo una mezza verità -Anche io sentirò meno la loro mancanza-
Light annuì e sorrise, furbo -Allora immagino che quando saranno arrivati, non avrai più bisogno di tenermi legato-
-Che vuoi dire?- gli chiese L, corrugando le sopracciglia sottili.
-Dai, ammettilo. So che mi tieni ammanettato solo per godere della mia compagnia- mentì, rivoltando i fatti a suo vantaggio -Io non sono Kira, sono solo l’unico amico che tu abbia mai avuto. Ma sai, L, per tenersi strette le persone non basta ammanettarle-
-E che cosa occorre, a tuo parere?-
Light esitò, preso in contropiede. Era certo che L si sarebbe limitato a negare o a confutarlo, e invece no, riusciva sempre a sorprenderlo. 
-Mi stai dando implicitamente ragione?-
-A dire il vero non ti ho proprio risposto, ti ho solo fatto una domanda- gli rispose il detective -Tu cosa fai per tenerti strette le persone? Che cosa occorre, secondo te?-
Si guardarono negli occhi, attentamente. Ogni volta che parlava con L, Light non riusciva a essere spontaneo, doveva centellinare ogni singola parola che diceva. Qualsiasi dichiarazione che faceva, qualsiasi opinione che esternava, poteva ritorcersi contro di lui, poteva tradirlo, fondare nuovi sospetti o tramutarsi in un punto di partenza per nuove indagini. Era un continuo duello d’astuzia, una guerra fredda che loro due combattevano a colpi di sguardi e giochetti psicologici.
-La fiducia- gli rispose Light, soddisfatto della sua trovata -Tu credi che io sia Kira, il tuo… Nemico numero uno. Come possiamo avere un rapporto d’amicizia se mi consideri un assassino?-
-Kira non è il mio nemico numero uno- lo sorprese L -È solo il mio migliore passatempo attuale-
“Passatempo!? Ma come osa!?” ringhiò Light mentalmente “Ma sa che io sono il dio del nuovo mondo? Colui che estirperà il male dalla terra!? Come si…”
-Dimostri di non avere alcun rispetto per le vittime- gli disse Light compassato, nascondendo bene la furia che provava. 
Il detective piegò il capo di lato, i suoi occhi grandi e imperscrutabili avevano notato i pugni che Light aveva stretto sotto il lenzuolo. Sorrise appena. 
Interessante.
-La cosa ti turba a tal punto, Light-Kun?-
-Mi turba dover condividere i miei spazi con un soggetto mentalmente disturbato come te- sbottò, velenoso -Non sei a posto, Ryuzaki, renditene conto. Mangi solo dolci, stai a sedere come una scimmia ammaestrata e sembri davvero un idiota con quei piedi nudi e quelle espressioni da cocainomane. Non mi stupisce il fatto che tu non abbia una ragazza… O degli amici-
L non rispose né reagì, ma dentro il suo cuore era profondamente ferito. Si limitò ad abbassare lentamente lo sguardo cerchiato dalle occhiaie, con la sua maschera d’apatia sempre ferma e fissa sul volto.
-Temo che tu abbia ragione- gli sussurrò, docile -Scusami-
Light non rispose, si voltò rigidamente sul fianco e si impose di chiudere gli occhi. Dentro di lui però si fece strada una spiacevole sensazione di amarezza e dispiacere, che si sommò con il nervosismo di sapere che presto i “fratellini” di L sarebbero giunti in Giappone.
Ma forse non c’era da preoccuparsi, erano solo dei mocciosi.

 

 
 
“Final call for Flight G607 to Tokyo Haneda, now departing from Gate 6”
Near si alzò in piedi insieme a una hostess, che avrebbe dovuto accompagnarli durante il viaggio. Raccattò il suo zaino pieno di giocattoli e si voltò con fare impaziente verso Mello, che era ancora avvinghiato a un suo coetaneo, alto e con un paio di grossi occhiali dalle lenti arancioni appoggiati sulla fronte. Il bimbo albino fece una smorfia impaziente.
-Mello! Dobbiamo imbarcarci, l’aereo sta per decollare!-
-Sto arrivando…- replicò il biondo, dando un ultimo bacio a Matt, il suo amico. Near sollevò gli occhi al cielo e lo raggiunse.
-Non voglio perdere l’aereo per colpa delle vostre smancerie-
-Stai tranquillo, piccoletto- esclamò il ragazzo di nome Matt, mostrandogli una console per videogiochi piena di simboli alfanumerici -L’aereo non partirà senza di voi-
Near sgranò gli occhi -Hai hackerato i sistemi informatici dell’aeroporto!?-
-Urlalo più forte, genio- sibilò Mello, che era più alto di lui di quasi mezzo metro.
-Siete proprio due idioti- continuò Near, abbassando il tono -Credete che Scotland Yard ci impiegherà molto ad accorgersene?-
-Quando se ne accorgerà, e se lo farà, voi sarete già atterrati. Per cui datti una calmata, era una mossa necessaria- gli rispose Matt, mettendosi una sigaretta spenta in bocca -Kira potrebbe intercettare il vostro arrivo e dirottare il volo, o magari assassinare i piloti-
-Kira non opera tramite computer, L è stato molto chiaro in questo- replicò Near.
-E tu credi a tutto quello che dice L?-
-Near ha una sorta di venerazione per lui- spiegò Mello con un mezzo sorriso, arruffandogli i capelli argentati -Andiamo, dai. Arrivederci… Matt-
-Fai il culo a quel Kira, mi raccomando- gli rispose il giovane Hacker.
Mello ricambiò il suo sorriso -Puoi scommetterci- 
 

 

 
 
 
 
Quando in Giappone giunse mattina e Light si svegliò, trovò L esattamente nella stessa posizione scomoda in cui lo aveva lasciato la notte prima, sempre nella sua fidata poltroncina e sempre con la stessa, strana espressione indecifrabile.
-Dormito bene?- gli domandò quest’ultimo, senza neanche guardarlo.
-Più o meno- rispose Light, schiarendosi la voce -E tu?-
-Non ho dormito-
-Ah, giusto… Dimentico che tu non dormi-
C’era una strana tensione tra loro, che per una volta non era dovuta ai loro trucchetti psicologici.
-Senti, mi dispiace per ieri sera- si sforzò Light, cercando di convincersi che in realtà no, non gli dispiaceva affatto -Ho esagerato-
-Non hai esagerato. E non ti dispiace- L finalmente lo guardò -Devo andare in bagno-
Light annuì -Anche io-
Si alzarono entrambi e come al solito fecero a turno. La catena per fortuna era abbastanza lunga e consentiva a uno di rimanere fuori dalla porta mentre l’altro era dentro. Il vero problema, se così si può chiamare, era la doccia. Light, a differenza di L, amava lavarsi scrupolosamente ogni mattina, solo che la catena delle manette, se tesa al limite, non consentiva al braccio alcun movimento, senza contare che non era lunga abbastanza per arrivare al box doccia.
Di conseguenza L doveva entrare in bagno con lui e stare di spalle per concedergli un minimo di intimità…
Peccato solo che a volte lo spiava di nascosto, e Light se ne era accorto. L lo spiava dal riflesso nel rubinetto d’acciaio, dall’attaccapanni di ferro e da qualsiasi altra superficie riflettente. Niente di che, in fin dei conti erano pur sempre due uomini, solo che…
Solo che L era strano, troppo strano e metteva Light a disagio. E dire che il bel giapponese non aveva mai provato imbarazzo negli spogliatoi della scuola, si era spogliato tante volte di fronte ad altri uomini, ma con L era tutta un’altra storia, provava imbarazzo.
Ovviamente non lo dava a vedere. Faceva tutto con calma, senza mostrare il benché minimo segno di nervosismo o di tensione, e spesso fingeva di non notare i momenti in cui lui si voltava a guardarlo in modo sfacciato… Per le indagini.
Quella mattina però glielo fece notare. Era a torso nudo e si era slacciato i bottoni dei pantaloni, solo che avvertiva gli occhi dell’altro puntati sulla sua schiena nuda come due aculei infuocati.
-Non è bello sentirsi osservati anche in questi momenti- si lasciò sfuggire -Mi faresti il favore di voltarti?-
-No- gli rispose L, placidamente.
-Dai, pensi che io nasconda qualcosa?- gli domandò Light, con un sorriso sarcastico -Nemmeno uno stupido si porterebbe appresso un indizio o una prova della sua colpevolezza, in queste condizioni-
-Infatti non credo che tu nasconda qualcosa- gli rispose L
-E allora perché mi stai fissando?- gli chiese subito, teso.
-Perché hai una schiena invidiabile. Fai yoga?-
Light si bloccò e il suo cuore iniziò a battere velocemente.
Questa, poi.
-È una schiena- gli rispose con freddezza e ovvietà -È una normalissima schiena, uguale a tutte le altre. E no, non faccio yoga-
-La mia però non è così-
-Perché stai curvo- gli rispose Light, lanciandogli uno sguardo -Prova a stare dritto-
L cercò di raddrizzare la propria postura, ma non ci riuscì. 
-Temo di non esserne capace- gli rispose sempre con quel tono privo di inflessioni.
Per inciso, il fatto che L stesse gobbo era una delle tante cose che a Light dava fastidio. D’altronde, tutto ciò che era lontano dalla perfezione lo infastidiva.
Gli si avvicinò e con mani ferme gli afferrò le spalle e gliele spinse bruscamente all’indietro, tanto che gli fece scricchiolare le vertebre. Al contempo gli mise una mano sulla fronte per raddrizzargli testa e collo.
L lo fissava, cogli occhioni sbarrati come due fanali.
-Ecco. Così, Ryuzaki- sussurrò Light, solo che, appena lo lasciò andare, tempo due secondi e L tornò alla posizione di partenza.
-Oh, andiamo!- brontolò Light -Non ce la fai proprio a stare dritto?-
Il detective non rispose e lo guardò di sottecchi. Le sue espressioni erano come sempre indecifrabili. Light gli rimise entrambe le mani sulle spalle e L lo guardò con tanto d'occhi, ma proprio in quel momento qualcuno gridò e bussò ripetutamente alla porta, rovinando l'atmosfera.
-LIIIGHT!!!-
Era una voce stridula e sgradevole, che compariva sempre al momento meno opportuno.
-Oh, no. È già qui- sussurrò Light, sconsolato.
-Prontooo!? Siete svegli!?- continuò la voce stridula e femminile, urlando -Sono già le 8:30, insomma!-
-Sveglierà anche il piano di sopra se non le apriamo la porta- osservò pacatamente L, con gli occhi ancora sgranati.
Light annuì stancamente e andò ad accogliere la sua fidanzata, Misa Amane, che come al solito gli saltò addosso e lo baciò sulle labbra. Light percepì la catena tendersi, segno che L stava indietreggiando… Non resistette all’impulso di guardarlo, proprio mentre Misa aveva le labbra premute contro le sue. Ma il suo avversario era impegnato a scartare un cioccolatino…
-Oh, Light! Mi sei mancato così tanto!- l’abbracciò Misa, iperaffettuosa e iperattiva come al solito.
-Ci siamo visti ieri…- le rispose lui, freddamente. Più passava il tempo, più gli risultava difficile fingere di sopportarla.
-Lo so, ma mi sei mancato comunque- replicò lei, accorgendosi solo in quel momento di L -Ah, ciao, Ryuzaki-
-Ciao- la salutò L, scuotendo la mano.
-Light, andiamo a fare colazione da Starbucks?- gli propose Misa, vivace.
-No. Sai che devo lavorare-
-Ma, uffa! Perché non ti prendi mai una pausa?-
L scartò il quarto cioccolatino, attento a ogni dettaglio. 
-Perché Kira è là fuori, e il nucleo investigativo non può lavorare senza di me-
-Ma come? Non puoi assentarti neanche per una colazione? Ma io mi sento così sola, passi più tempo con Ryuzaki che con me, non è giusto che io sia sempre messa in secondo piano! Io sono la tua fidanzata...-
Bla, bla, bla.
L smise di ascoltarli. Non sapeva come funzionassero quelle cose da fidanzati, tuttavia era più che certo che il comportamento di Light non fosse nella norma. Era freddo con Misa, scostante, e pareva rassegnato all’idea di vederla, come se incontrarla fosse più un dovere che un piacere. Il detective non si intendeva di amore, ma stimò una probabilità vicino al 95% che Light non la amasse e che lei fosse solo una copertura.
…Ma copertura di cosa? 
L trovava poco plausibile il fatto che Misa fosse una complice di Kira: era troppo inaffidabile e stupidotta. A meno che Kira non fosse stato costretto dagli eventi a scegliere proprio lei… Stando così le cose, Misa non poteva essere altro che il secondo Kira. Ma perché intrattenere un rapporto amoroso con lei e non limitarsi a una mera collaborazione? Per renderla ancora più devota? Ma lo era già, non ne valeva la pena…
Li guardò un attimo solo che, proprio in quel momento, i due si baciarono in bocca. Il giovane L distolse subito lo sguardo e si ficcò in bocca gli ultimi tre cioccolatini, tutti insieme.
 
Perché desiderare un bacio, quando aveva il cioccolato?
 
 
 

 
 
-Sei più silenzioso del solito, Ryuzaki- esclamò Light, mentre aspettavano l’ascensore -Cosa stai congetturando?-
-Mi stavo solo chiedendo che senso avesse frequentare una ragazza che non ti piace-
-Ma a me piace Misa- mentì Light, sorridendo -È allegra e poi è molto bella. Qualunque uomo sano di mente la vorrebbe al proprio fianco-
L sorrise appena -Quindi non ti reputi sano di mente?-
Light gli lanciò uno sguardo e sorrise di nascosto.
-Certo che no- gli rispose a tono, tranquillo -In fondo sono pur sempre un assassino psicopatico-
-Touché- rispose L, divertito.
Entrarono in ascensore e scesero in silenzio nella sala comune del quartier generale, dove Matsuda li aspettava con la colazione. L si guardò di malavoglia allo specchio, erano passati almeno quattro giorni dall’ultima volta che lo aveva fatto. Aveva la solita aria dimessa e sbattuta, in perfetto contrasto con Light, che era semplicemente perfetto e pareva luccicare.
I loro occhi, così diversi ma così acuti, si incrociarono nel riflesso per un istante. L li abbassò subito e si grattò i capelli spettinati con l’indice e il pollice, nello stesso modo assurdo con cui afferrava gli oggetti, e Light guardò verso destra, infastidito. “Ma possibile che Ryuzaki non sa nemmeno toccarsi in modo normale?” pensò, irritato.
Lo infastidiva, tutto di quel detective mezzo inglese e mezzo giapponese lo infastidiva da impazzire.
-Se vuoi ti compro un antipulci- gli propose Light, un secondo prima che le porte dell’ascensore si aprissero.
-Addirittura ti ritieni una pulce?- replicò L, con un sorriso furbo -Sei molto duro con te stesso, Light Yagami-
Light lo guardò uscire, cercando di non di non sorridere. 
"Stai giocando con il fuoco, L..."
 
 

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Capitolo 3
*** You might be surprised ***


 

 

-Mi avevi promesso che li avresti tenuti fuori da questa storia, me lo avevi promesso, Watari!-
-L…-
-Andrò io a prenderli in aeroporto e Light verrà con me- ordinò L perentoriamente, parlando via chat -È bene che Light li conosca subito, così da non farsi venire inutili sospetti-
-Non capisco, L- gli rispose Watari -I sospetti gli verranno proprio se li conosce. Non è meglio tenerli nascosti?-

-No. Light ha una fitta rete di informatori, alcuni dei quali non sono di questo mondo-
Watari esitò prima di rispondergli, e L interpretò questa sua titubanza come un suo momento di terrore, paura. E in effetti…
-Stai parlando degli Shinigami, vero?- scrisse il vecchio.
-Sì. Non sappiamo quanti sono, non sappiamo se stanno tutti dalla sua parte o se sono pericolosi per gli umani, ma vale la pena cautelarsi. Ora devo andare- L chiuse precipitosamente la conversazione, bloccando la tastiera del cellulare.

 

Gli Shinigami.

Sembravano creature dell’orrore, mostri dell’oltretomba sorti dai più agghiaccianti e visionari incubi dei bambini, eppure esistevano, erano reali.
Tra tutti i criminali abominevoli che L aveva sfidato, gli omicidi efferati, le torture brutali e spietate, quegli esseri erano senza dubbio ciò che lo aveva spaventato di più.
Vedere a tredici anni un cadavere mutilato e sodomizzato era stato niente in confronto a Rem, la Shinigami bianca.
Una creatura non di questo mondo, alta quasi tre metri, scheletrica e pericolosamente ostile, che si era rifiutata di collaborare con lui in modo sufficientemente esplicito per allarmarlo. Era, in altri termini, la più grande minaccia che L avesse mai fronteggiato in vita sua. Anche il buon Watari aveva avuto il suo momento di panico, dopo che l’aveva vista. Un conto era vedere dei cadaveri sgozzati, un conto era trovarsi di fronte un vero dio della morte. 
Da quando l’aveva vista, l’insonnia del giovane detective era peggiorata, mentre quella di Light era migliorata. C’erano troppi tasselli che non si incastravano al loro posto, troppe cose inspiegabili.
A L non sfuggiva nulla, e aveva notato che l’unico ad essere stato del tutto immune dall’aura spaventosa di quel mostro era stato, guarda caso, Light Yagami.
Infatti sopra l’elicottero, dopo che Kyosuke Higuchi era stato arrestato e aveva rivelato loro l’esistenza del Death Note, Light non aveva fatto una piega. Non aveva avuto la benché minima reazione alla vista della mostruosa Rem, aveva solo sbarrato gli occhi, come se fosse stato folgorato da un ricordo. E da quel momento il suo sguardo era cambiato, di nuovo.
C’era qualcosa che non andava, lo schema mentale che L si era costruito aveva una falla, ma per quanto il giovane si sforzasse, non riusciva proprio a colmare la lacuna.
“Eppure sento che è qui, ce l’ho davanti agli occhi” pensava frustrato durante la notte, mentre Light dormiva placidamente “Cosa non vedo? Cosa manca?”
Era come unire i puntini per formare un disegno: L aveva già intuito che forma avrebbe assunto l'immagine, ma non trovava gli ultimi tre puntini per dimostrarlo.
“Cosa manca, cosa manca, cosa manca!?” forzò disperatamente il cervello, afferrandosi i capelli spettinati tra le mani “Cosa non vedo?”
-Posso aiutarti?-
L spalancò gli occhi pesti e dilatati e spostò di scatto lo sguardo, intravedendo nel buio che Light era sveglio.
-Gli ultimi puntini- gli rispose in modo sconclusionato -Sei stato bravo, davvero, davvero bravo-
-Puntini di cosa?- sorrise Light, anche se aveva vagamente intuito -Devi dormire, Ryuzaki, o finirai per perdere il senno-
Più che un consiglio da amico, a L era sembrata una premonizione vera e propria. Prese il cellulare e iniziò a scrivere un messaggio.
-A chi scrivi adesso?- domandò Light, con un occhio aperto e uno chiuso.
-A una ragazza- mentì L sfacciatamente.
Light gli lanciò uno sguardo, sorpreso -E dove l’avresti conosciuta? In un obitorio?-
-Su internet-
Il giovane ridacchiò -Dai, Ryuzaki, non farmi ridere. Non sei il tipo da queste cose-
L non cambiò espressione -Potresti rimanerne stupito, Light-Kun-
-Verrò io a prendervi e vi darò il quaderno- digitò nel frattempo -Ci sarà anche lui-
Non voleva ammetterlo, ma L era contento che Near e Mello stessero arrivando. D’altronde, se Light poteva contare sul contributo degli Shinigami, lui poteva ben chiedere aiuto ai suoi due amici plusdotati.

 

 


Due ragazzini erano appena sbarcati nell’Aeroporto Internazionale di Tokyo Haneda.
Il più piccolo non doveva avere più di dieci anni e aveva tutta l’aria di essere albino, anche se gli occhi scuri ne tradivano l’assunto. Il secondo era un adolescente androgino e imbronciato, talmente bello da sembrare una fanciulla. Entrambi attiravano gli sguardi dei viaggiatori come se fossero due marziani appena sbarcati sulla terra. E in effetti erano piuttosto stravaganti, e non solo per il loro inconsueto aspetto fisico. Near indossava una tuta bianca simile a un pigiama, Mello all'opposto aveva abiti fascianti e trasgressivi, che richiamavano la moda gotica e che esaltavano in modo sfacciato la sua figura minuta.
-Dovrebbero essere già qui- esclamò quest’ultimo, addentando una barretta di cioccolato. Near si guardava intorno, prendendo per mano il suo amico. L’aeroporto era così gremito che sembrava un formicaio e i giapponesi correvano da una parte all’altra con valigette e valigione, tutti con una fretta del diavolo. I due uscirono dalla zona arrivi e si guardarono intorno circospetti, il loro sguardo cattivo saettava da una parte all’altra senza sosta.
-Quanto vorrei avere una pistola- sibilò a Near -Mi sento inerme così-
-Non eri cintura nera di judo?- gli rispose il bambino, con sottile ironia.
-Sì, ma preferirei una calibro 22 alle mie mani nude. Stiamo pur sempre parlando di Kira-
-Nel caso, puoi ficcargli un braccio del mio robot in un occhio- propose Near.
Mello guardò il robot giocattolo -Nel caso...-
Da quando avevano letto l’ultimo messaggio di L, infatti, i due ragazzini erano diventati paranoici e avevano trascorso il viaggio fremendo come se fossero sui carboni ardenti. Sapevano che sarebbe venuto anche il primo sospettato di L, ma non sapevano cosa aspettarsi, se un brutto ceffo, una vedova nera o magari un ninja psicopatico. Sicuramente, però, Kira doveva essere qualcuno di insospettabile, qualcuno a cui non penseresti mai in normali circostanze.
-Se mi prendessi sulle spalle…- tentò Near.
-Scordatelo- 
Near alzò gli occhi al cielo ma non replicò. Sembrava e si comportava come un bambinetto, aveva perfino due giocattoli sotto braccio, eppure il suo sguardo penetrante e la sua lingua scaltra contraddicevano in toto le apparenze.
-Ricordati che Kira non sa che parliamo il giapponese-
-Lo so, lo so- rispose Mello, secco -Ma se fra dieci minuti non sono arrivati, io torno in Inghilterra-
-E lasci a me tutto il divertimento?- lo provocò Near.
Il biondo fece un ghigno -Tu non sai neanche cos'è il divertimento-
-Via, Mello. Credi che non sappia che cosa fate tu e Matt quando vi chiudete in bagno?- gli rispose con tono scafato -Non sono mica L-
-Purtroppo, aggiungerei-
I due ragazzini si voltarono di scatto e rimasero attoniti. C’era L davanti a loro, e alla sua sinistra un ragazzo alto e di bell’aspetto, distinto e decisamente insospettabile.
-Ciao, fratellini- esclamò L in inglese, sventolando una mano per disincantarli. Near forzò un sorriso, Mello invece rimase a bocca aperta.
-Ciao, L- esclamò Near in modo serioso, cercando di non fissare Light -Come va?-
-Sono vivo- gli rispose, incolore.
-…E ammanettato- aggiunse Mello, guardando interessato le loro manette.
-Ci sei mancato molto- continuò Near -La Wammy House era diventata noiosa senza di te. Vincevo sempre tutto io-
-Come, prego?- ringhiò Mello, accecato come al solito dall’invidia -Ma se hai vinto sì e no una partita a scacchi!-
-Ti ho dato scacco matto al Re dopo venti minuti- lo fomentò Near, orgoglioso -Per non parlare del torneo di matematica e fisica-
-Su, non litigate…- cercò di intervenire L, mentre Light li guardava con supponenza.
Mello si irrigidì -Hai vinto quel torneo solo perché io e Matt non siamo riusciti a partecipare-
-Non avete partecipato perché sapevate già che avrei vinto io
-Basta, adesso- li sgridò L, frapponendosi -O devo forse ricordarvi chi è il più intelligente, qui!?-
“Io” pensò allegramente Light, che li osservava come se fossero tre nullità mal assortite. 
-Ti chiedo scusa Light-Kun- lo disincantò L, fulminando con lo sguardo i due ragazzini -Di solito queste cose non capitano in pubblico-
-Figurati, non fa niente- gli rispose Light, gentilmente -Un po' di sana competizione non fa mai male-
Trattenne a stento un sorriso di compiacimento: se quei due ragazzini erano una minaccia, allora lui era davvero un dio. Li guardò, il ragazzo biondo ed effemminato aveva una barretta di cioccolata in mano e il più piccolo non uno ma ben due giocattoli che faceva roteare per aria.
“Mocciosi, sono proprio due stupidi mocciosi” pensò divertito “E dire che mi ero perfino preoccupato”
Cercò di indietreggiare solo che, così facendo, palesava ancora di più la catena delle manette, che stava cercando disperatamente di tenere raggomitolata nella manica. I passanti infatti rimanevano scandalizzati in modo vergognosamente equivoco quando le vedevano, ma il giovane Kira cercava di non farci troppo caso, proprio come non ci faceva caso quello stravagante di L. 
Lo guardò mentre abbracciava goffamente il più piccolo dei due, in ginocchio per arrivare alla sua altezza. Era talmente preso dall'osservare i suoi modi rigidi e impacciati che non si era accorto che L gli aveva lestamente infilato un pacco regalo dentro lo zainetto. Un pacco regalo contenente un quaderno.
-E tu? Non mi saluti, Mello?- esclamò L all’altro fratellino, che stava esaminando Light di nascosto.
-Non sono un cane, non ti faccio le feste- rispose costui, polemico -Piuttosto, perchè non ci presenti il tipo cinese ammanettato con te?-
Light trasalì e si voltò verso di lui, inferocito.
-Giapponese!- ringhiò subito nella loro lingua, l'inglese -Siamo in Giappone, se non te ne sei accorto-
-Pardon...- lo provocò Mello, con un ghigno cattivo -Sai, il jet lag-
-Ti chiedo scusa per Mello- esclamò L a Light, in giapponese -È sempre stato il ribelle del gruppo-
Light lo fulminò con lo sguardo. “Il ribelle e il primo a morire” pensò, stizzito “E poi… Mello? Che razza di nome è? Non mi pare un nome occidentale. Deve essere sicuramente uno pseudonimo. Bravo, L, non ti sfugge proprio niente”
-Non fa niente, Ryuzaki-
-Comunque, permettimi di presentarti Mello e Near- disse L, indicandoli -Ragazzi, lui invece è Light Yagami-
Light forzò un sorriso e tese loro mano. 
Non poteva neanche immaginare di essere accerchiato dai tre migliori detective del mondo.

 



 
-Uffi! Ma dov’è Light!?-
-Te l’ho detto, Misa Misa- esclamò Matsuda, servizievole -È dovuto uscire con L-
-Non è giusto! Light passa più tempo con L che con me!- strillò, pestando i piedi.
-Cerca di capire, L crede che lui sia Kira…-
-L sbaglia!- gracchiò la ragazza.
-Le congetture di L si sono sempre rivelate impeccabili, signorina Amane- si intromise Watari, gentilmente -Temo che anche questa non farà eccezione-
-Quindi, anche secondo lei mio figlio è Kira?- intervenne il vecchio Yagami, padre di Light. Watari lo guardò dispiaciuto, il povero commissario aveva una bruttissima cera e non si era ancora ripreso dai cinquanta giorni di reclusione che si era imposto di trascorrere.
-La mia opinione non conta, signor Yagami- cercò di svincolarsi Watari -Conta quella di L e degli altri ragazzi-
-Quali altri ragazzi?- domandò Misa, per una volta chiedendo qualcosa di intelligente.
-Voi membri dell’intelligence, naturalmente- mentì, furbo.
-Va beh, è inutile che io stia qui se non c’è Light- decise la ragazza, alzandosi in piedi -Matsuda, portami a casa. Voglio farmi un bagno-
-Sì, ehm… Mi mancano gli ultimi cinque blog pro Kira e poi arrivo. L mi ha dato l'ordine di bloccarli tutti-
-E quanto tempo ci impiegherai?- domandò Misa, insofferente -Ma perchè non posso andare a casa da sola?-
-Perché gli umani sono spietati e pericolosi- esclamò una voce profonda, bassa e inquietante.
I membri del nucleo investigativo si voltarono di colpo verso la spaventosa Shinigami Rem, che aleggiava come un fantasma davanti ai loro occhi. Si alzarono tutti in piedi e indietreggiarono istintivamente, goffamente. A un paio di agenti scappò perfino un gemito di terrore. Naturalmente, L e Watari non erano stati gli unici a rimanere scioccati da quella scoperta oltretombale, anzi, si può dire che erano stati quelli che avevano reagito meglio.
Rem comunque non ci fece troppo caso e li guardò uno a uno, seria e austera come al solito.
-Dove si trova il mio Death Note?- domandò loro, non vedendolo e non percependolo da nessuna parte nella stanza.
-L’hanno… L’hanno preso L e mio figlio- le rispose Soichiro Yagami, il più ardito del gruppo, nonché padre di Light -Ma non… Ecco, torneranno presto-
-E dove sono andati?- domandò lei.
-Mi hanno fatto un favore e hanno sbrigato una commissione per mio conto- intervenne Watari -Ci sarei dovuto andare io, ma i giovani avevano voglia di uscire-
Rem non rispose e spostò lo sguardo sul tremante Matsuda, che tratteneva ferma una sorridente Misa. Il poliziotto deglutì, intimorito.
“Cosa hai in mente, Light Yagami?” pensò la Shinigami, dando loro le spalle.
Non lo sapeva, ma era L ad avere in mente qualcosa.
 

 
Dall’aeroporto erano partite due automobili, per la precisione due Rolls Roice. L e Light salirono nella prima, Near e Mello nella seconda. Questi ultimi infatti erano diretti da un’altra parte, più precisamente nell’appartamento privato di Watari, dove avrebbero vissuto. 
Tutto era andato come preventivato. L, mentre fingeva di abbracciare Near, era riuscito a passargli il Death Note senza farsi notare da Light, infilandoglielo dentro lo zainetto ricolmo di pretestuosi giocattoli. Mello e Near, da parte loro, avevano visto Light e avevano cercato di tracciare il suo profilo psicologico, facendosi un’idea di che persona fosse.
-Davvero convincente la litigata che avete improvvisato- digitò L sul cellulare, nel loro gruppo chat -Ben fatto, fratellini-
-A chi scrivi?-
-A un collaboratore tedesco- rispose L a Light, mentendo parzialmente -Per un caso di cui mi sto occupando parallelamente a questo di Kira. Niente di che-
-Parli tedesco?- domandò Light, lanciando con finta indifferenza uno sguardo sullo schermo.
L annuì -Sono poliglotta-
-Ammetto che non è stata poi tanto improvvisata…- gli arrivò la risposta di Mello, in tedesco come si erano accordati -E comunque, quello scacco matto non era valido-
-Questo quaderno è la cosa più straordinaria che abbia mai visto in vita mia. E anche il tuo sospettato è interessante, L- scrisse Near, ignorando il messaggio del suo compagno di posto -Sembra perfino intelligente. Ti sei accorto che non ti perde di vista?-
L si voltò a guardare Light, il quale spostò subito lo sguardo verso il finestrino.
-Ci teniamo d’occhio a vicenda-
-Ma quelle manette sadomaso?- digitò Mello, sorridendo.
-Piantala, Mihael- scrisse Near.
-Non sono sadomaso. Servono per le indagini- rispose invece L, compassato -Per tenere Light sempre sotto controllo-
-Scopate?-

L sgranò gli occhi e appoggiò un attimo lo schermo del cellulare sulla coscia, imbarazzato. 
-Tutto bene?- gli chiese Light, pigramente.
Il detective cercò di annuire in modo convincente -Sì, tutto bene-

-Non ci credo. L scopa-
-Quindi, per ricapitolare- Near cambiò prontamente discorso -Kyosuke Higuchi, colui che era Kira, è morto di arresto cardiaco subito dopo che Light Yagami si era impossessato del Death Note?- 
-Esatto- gli rispose il detective, sempre per messaggio -Circostanza strana, vero? Senza contare che nello stesso momento Light ha avuto anche un improvviso mutamento di personalità. Ho visto la sua anima rimpicciolirsi nei suoi occhi-
I due ragazzini non risposero, L li immaginò molto perplessi.
-Ciò che stride- aggiunse, per correggere il tiro -È solo la regola dei tredici giorni, il resto torna- 
-Allora significa che è falsa. Basta imporre a qualcuno di scrivere un nome nel Death Note e verificare se dopo tredici giorni muore oppure no. Semplice- digitò Mello, addentando l’ennesima barretta di cioccolato -Comunque L, sul serio? “La sua anima  rimpicciolirsi nei suoi occhi”?-
-Dormo su una sedia- L si sentì costretto ad aggiungere.
-Certo-
-Ti sapremo dire se la regola è falsa- scrisse invece Near.

 

-Perdonami, Ryuzaki, ma mi sento un po’ preso in giro. Perché siamo venuti a prenderli, facendo ben tre ore di viaggio, se poi loro hanno preso un’altra auto?- borbottò Light.
-Perché volevo salutarli- gli rispose L, cancellando per sicurezza tutta quella breve corrispondenza -Temo che non li rivedrò mai più-
Light lo guardò di sbieco -E perché mai?-
-Perché presto morirò-
Light ammutolì e tra di loro calò il silenzio, interrotto solo dal rumoroso scartamento di uno snack al cioccolato. Un silenzio inquieto, asfissiante, tanto che l’autista guardò dallo specchietto retrovisore se andasse tutto bene.
-Cosa? Ma… Cosa dici- esclamò Light, dopo un attimo di esitazione -Certo che non morirai, che sciocchezza!-
-Carino da parte tua rassicurarmi- lo contraddisse L, apparentemente tranquillo -Ma te l’ho già detto, presto ci dovremo dire addio-
“Sta mentendo. Vuole mettermi alla prova, vuole solo provocarmi” rifletté Light, concentrandosi.
-E allora farò di tutto per evitare che ciò accada- soggiunse Light, mendace -Non voglio dire addio al mio migliore amico-
Sta volta fu L a rimanere sbigottito -Tu mi consideri il tuo…?-
-Ma certo, Ryuzaki- lo anticipò, facendogli un sorriso di gesso, insincero -Non sei il solo ad aver avuto pochi amici nella sua vita. Magari, quando finalmente capirai che io non sono Kira, potremo anche uscire senza manette-
Se non avesse avuto l’Asperger, L sarebbe arrossito -Magari- sussurrò -Ma temo che non potrà accadere-
-Potresti rimanere sorpreso- soggiunse, ripetendo le stesse parole che aveva usato lui la mattina precedente. Iniziò quindi a ragionare, a cercare una spiegazione. O L era del tutto privo dell’istinto di sopravvivenza, o aveva in mente un piano ben preciso. Nessuno parla della sua imminente morte in modo così naturale, soprattutto se giovane e in buona salute come lui.
-I due mocciosi sanno che tu mi reputi Kira?- gli domandò, giocando a carte scoperte come lui.
-Certo che no, si sarebbero spaventati- mentì subito L -Sono solo due ragazzini bravi in matematica che preferiscono gli scacchi al calcio-
Light non smise di pensare, guardando dal finestrino dell’auto la psichedelica capitale che sfrecciava -Anche io preferisco gli scacchi al calcio-
Il detective parve stupito -Davvero?- 
-Ma certo, L-
-Chiamami Ryuzaki- lo corresse -Ti prego, non perdere l’abitudine-
-Come preferisci- mormorò secco, chiudendo implicitamente la conversazione.
No, c’era qualcosa che non andava, se lo sentiva. Light non era stupido, sapeva benissimo che L fino a un momento fa aveva chattato coi suoi amichetti, per altro in un idioma a lui totalmente sconosciuto. 
Il problema era capire perché. Quei due ragazzini sembravano del tutto inoffensivi, ma il giovane sapeva che l’apparenza ingannava. L a prima vista sembrava un disadattato, quando invece era il primo, il secondo e il terzo detective più bravo del mondo. Aveva un quoziente intellettivo superiore a 180 punti, quando la normalità si stagliava tra gli 85 e i 115… Impressionante, per uno che veniva scambiato per ritardato. 
E dire che tutto fino a ieri era andato secondo i piani. Aveva riacquistato i suoi ricordi in modo permanente, aveva ingannato L con la falsa regola dei tredici giorni e ora era questione di ore, magari di minuti, prima che la Shinigami Rem capisse le sue intenzioni e uccidesse il detective per salvare la vita di Misa. Nulla poteva andare storto, ormai.
Quei due sciocchi ragazzini non potevano fare la differenza, ragionò Light a sangue freddo. 
-Patatine?- 
Light si voltò, trovandosi il sacchetto unto e pieno di sale sotto il naso.
-No, grazie- rifiutò secco, ancora immerso nei suoi pensieri.
-Non ti piacciono?- domandò L con pretesa nonchalance, sgranocchiandone due insieme.
-No, non particolarmente. Non sono…- poi si bloccò, ricordandosi all’improvviso della sera in cui aveva finto di mangiarle per celare gli omicidi col Death Note -Voglio dire, non mi vanno alle dieci di mattina. Alla sera le mangio spesso-
-Strano, in questi due mesi non l’hai mai fatto- esclamò L, mentre lisciava le pieghe del sacchetto.
-Se è per questo, non ho potuto fare tante cose in questi due mesi, Ryuzaki- gli rispose a tono, malizioso. 
-Tipo?-
-Tipo passare una notte con la mia ragazza, per esempio-
-Oh... Sì, capisco. Mi dispiace, spero che non sia eccessivamente... Come dire...-
-Lascia stare-
-Ok- rispose subito L, a disagio. A
bbassò lo sguardo, verso le scarpe da tennis che aveva abbandonato sul tappetino dell'auto. Prima Mello, ora ci si metteva anche Light. Possibile che il sesso fosse una componente così vitale, così irrinunciabile, per la vita degli altri? L ne faceva a meno, seppur con un pizzico di amarezza, ma d'altronde non aveva poi molta scelta. Quando rischi la vita ogni giorno, hai una sindrome dello spettro autistico e sei totalmente incapace di flirtare o di metterti in gioco, la solitudine a vita pare una condanna inevitabile. Ma nessun ostacolo è insormontabile, se c'è la determinazione di superarlo. L non aveva questa determinazione, si era rintanato nella sua comfort zone fatta di calcoli e di deduzioni e non aveva né il coraggio né la giusta motivazione per uscirne. Light invece era troppo preso da se stesso per preoccuparsi del resto, ma era geniale, aveva delle intuizioni che nessun altro poteva lontanamente eguagliare. Non poteva non essersi accorto che L, oltre ad avere la sindrome di Asperger, era anche omosessuale. Light mosse solo le pupille verso di lui, sulla chioma folta e spettinata che gli circondava la testa.
“Poveretto. Fortuna che non sono come lui” aveva illusoriamente pensato, sollevato all’idea “Non potrei sopportarlo”
E, invece, era più simile a lui di quanto potesse immaginare.
 

Arrivarono al quartier generale dopo un paio d’ore di viaggio.
L lo sorpassò e si accostò a salire le scale rasente al muro come al solito, probabilmente uno dei suoi tanti comportamenti autistici.
-Sai una cosa?- lo chiamò Light, attirando la sua attenzione -Un giorno dovremo fare una partita a scacchi anche noi-
L accennò un sorriso -Non vorrei umiliarti, Light-Kun-
Light ridacchiò -Umiliarmi, certo. Proprio come mi hai umiliato il giorno della partita di tennis… O devo forse ricordarti chi ha vinto?-

-Lo sport è una cosa, l’ingegno è un’altra- 
-Hai ragione, mens sana in corpore sano. Peccato solo che tu non abbia né l’una né l’altro- scherzò Light, ma fino a un certo punto. L si bloccò all’improvviso.
-Ho l’Asperger, ma non sono un ritardato- gli disse seriamente, ammettendo il suo disturbo senza inutili perifrasi -Vedi di non dimenticarlo-
-Stavo solo scherzando- cercò di sorridergli, ma l’altro non lo ricambiò e riprese a camminare.
Light serrò la mascella e una frustrazione strana iniziò a pervadergli le viscere.
-Perché non mi riveli che cosa hai detto ai due mocciosi?- gli domandò con tono indisponente.
-Per lo stesso motivo per cui tu non mi racconti ciò che sussurri a Misa- gli rispose L, calmo -Credi che non me ne sia accorto che confabulate?-
Light si finse spaventato, ma dentro di sé gioì. 
“Perfetto” si disse compiaciuto, trattenendo un sorriso “Inizia pure a sospettare di Misa, L, così Rem ti ucciderà”
-Sospetti di lei, non è vero?- gli domandò Light, sorridendo.
L non gli rispose, e Light prese il proprio cellulare.

 

-L sospetta di te. Dillo a Rem, subito-

-Ok <3
Bacino!-

 

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Capitolo 4
*** You've Light inside you ***


 
Mihael Kheel, in arte Mello, non aveva la genialità eclatante e poderosa di L e Near, e non era neanche un genio dell’informatica come Matt.
Pur avendo un quoziente intellettivo ben più alto della media, la sua plusdotazione non era raffinata. Tuttavia questo suo essere più vicino alla normalità lo rendeva più pragmatico e gli permetteva di comprendere meglio certe dinamiche che, nella loro banalità, sfuggivano al genio di L.
Il detective infatti non aveva considerato un dato molto delicato e allo stesso tempo palese e semplice, che avrebbe potuto avere delle conseguenze significative sull’esito del caso Kira.
Mello li aveva osservati entrambi, aveva scorto la rigidità con cui L e Light si muovevano e il tunnel di distanza che lasciavano tra i loro corpi mentre camminavano.
I due avversari trasudavano tensione.
Tensione sessuale.
In altri casi Mello lo avrebbe trovato davvero esilarante, si sarebbe fatto una fragorosa risata con Matt e avrebbe preso in giro L a vita, ma questa volta no, non avrebbe potuto.
Il caso Kira era forse il più pericoloso e cervellotico che avessero mai affrontato, e c’era poco da ridere perchè L poteva morire o, peggio, innamorarsi di Kira seriamente.
E in quel caso sarebbe stata la fine, perché l’amore rende stupidi, ciechi e irrazionali, e privare L della sua razionalità equivaleva a vincerlo.
Doveva solo sperare che Light Yagami non se ne accorgesse, non capisse questa ovvietà.
Ma, forse, anche lui era troppo intelligente per fare caso all'ovvio.


 

 
 
Due giorni passarono dall’invio di quel messaggio a Misa, due giorni di pieni tensione e turbamento.
Ogni volta che L tossiva, si massaggiava la testa o dava altri segni di insofferenza fisica, Light si voltava a guardarlo col cuore che batteva all’impazzata, come se fosse lui quello che stava per avere un arresto cardiaco. Contava dentro di sé i quaranta secondi e ogni volta l’angoscia lo attanagliava, gli toglieva il fiato. L poteva morire da un momento all’altro e lui non riusciva a convivere con questo senso di pericolo e aleatorietà, in bilico tra il parlargli normalmente e il dirgli addio per sempre. Era esasperante, perché ogni suo gesto poteva essere l’ultimo e ogni suo sorriso lo colpevolizzava. Aveva preventivato che ci sarebbero state delle vittime innocenti e che non sarebbero stati tutti criminali, ma per la prima volta titubava nel commettere un omicidio. Dentro di lui, nelle profonde cavità del suo cuore, sapere che L sarebbe morto lo amareggiava.
-Sei preoccupato, Light-Kun?- gli domandò L, sfiorandogli una spalla. A quel contatto, il giovane sussultò e si scansò.
-Non mi toccare!- esclamò d’impulso, turbandolo. L ritrasse subito la mano e se la portò istintivamente dietro la schiena.
-Scusa- gli disse, teso -E comunque sì, sei preoccupato-
Dire che fosse preoccupato era minimizzare: Light era un fascio di nervi.
-Invece no, visto che non sono Kira- gli rispose, spiccio.
-Infatti sei preoccupato per qualcos’altro- continuò il detective, con la sua maschera di cera -Qual è il problema?-
Quanto tempo rimaneva prima che Rem lo uccidesse? Un giorno? Un’ora? Un minuto? In fondo, Misa era sempre stata molto celere nell’obbedirgli, avrebbe invocato Rem anche alle tre del mattino, se fosse stato necessario. Strano infatti che non l’avesse ancora fatto.
-Ryuzaki, se ora dovessi esprimere un ultimo desiderio quale sarebbe?-
Quella fu una delle rare volte in cui L lo guardò negli occhi.
-Sto per morire?- intuì, lesto ma calmo.
-No, certo che no- rispose prontamente Light, sulle spine -La mia è solo curiosità… Macabra, me ne rendo conto, ma curiosità. Puoi rispondermi?-
-Vorrei avere altri cinquant’anni di vita-
Light gli sorrise -Dai, sono serio-
L esitò. La parte più stimolante della loro guerra fredda era proprio il fatto loro che giocassero a carte scoperte. L gli rivelava i propri sospetti e forse era questo che lo avrebbe portato a perdere. Il confine tra incoscienza e spavalderia, dopotutto, era sottile.
-Desidero fare ciò che vorresti anche tu-
Eppure, se lo faceva, doveva esserci un motivo.
Light sgranò gli occhi.
-Non capisco cosa intendi- mentì, irrequieto.
-È questo il tuo problema- gli sorrise L, mettendo una manciata di dolciumi sopra la sua coperta -Tu capisci solo ciò che vuoi capire-
Light guardò il proprio letto, L stava creando una parola con i biscottini e le caramelle gommose.
Se
Gli sembrava di sentire la risata di scherno di Ryuk -Ti sei preso una cotta per L! Sei proprio una femminuccia!-
Light si voltò come una furia -NON MI SONO…!-
-Oh, suvvia ammettilo- gli sospirò L sulla nuca, le sue mani bianche e affusolate gli cinsero i fianchi -Ti sei preso una cotta per me, Kira?-
Sex.


 
Light si svegliò di soprassalto, con la frangia castana chiara appiccicata alla fronte.
Era ancora buio, fuori pioveva e L lo stava fissando dalla consueta sedia con un cucchiaino in bocca e una pila di giornalini Sudoku tutti compilati.
-Brutto sogno?- biascicò, senza togliersi il cucchiaino dalle labbra.
Light si alzò a sedere e si nascose la testa tra le braccia.
Io non sono come lui. Io sono normale, non sono gay, cazzo”
Ma appena percepì la leggera e timida pressione del suo dito indice sulla spalla, sbottò di nuovo.
-Ti ho detto che non devi toccarmi!- strillò esasperato, spaventandolo -Io non sono come te, d’accordo!? NON SONO COME TE!-
-Di cosa stai parlando?- gli domandò L, sinceramente confuso. Assottigliò gli occhi scuri e Light sentì le proprie le guance scaldarsi.
-Sei abbastanza intelligente per capirlo da solo- gli sibilò.
Istintivamente fece per andare in bagno e chiudersi dentro, ma naturalmente la catena trascinò anche il suo inconsapevole tormentatore, che per poco non inciampò per terra.
-Light, devi dirmi quando ti alzi così all’improvviso, altrimenti…-
-Sta zitto! Voglio andarmene da qui, non ne posso più di stare attaccato a te!- sbottò, spingendolo via -Stammi lontano!-
Light allora cercò di sfilarsi violentemente la manetta dalla mano e arrivò perfino a procurarsi un’escoriazione, ma fu tutto inutile, avrebbe dovuto spezzarsi il metacarpo per riuscirci.
-Ehi, smettila- L cercò di fermarlo, intimidito dal suo improvviso sfogo -Ti farai male-
Ormai Light era prossimo a una crisi di nervi, ma quando la mano bianca di L si posò sulla propria, egli si fermò. Lo guardò e tornò in sé.
-Ti sei fatto male?- gli disse L, sfiorandogli quei graffi superficiali.
-No, non è niente- borbottò senza guardarlo, ritraendo subito la mano -È solo un graffio. Basta metterlo sotto l’acqua-
-Light-Kun?-
-Cosa vuoi?- gli rispose brusco, dirigendosi verso il bagno.
-Scusami, io… Non mentivo la volta che ti ho detto che per me sei il mio migliore amico. Mi dispiace che questa situazione ti sia così insopportabile-
Light non gli rispose e continuò a lavarsi la mano in modo esasperato.
Tutto, si disse, qualunque cosa ma non lasciarsi intenerire da Ryuzaki. Non doveva provare pena per lui o affezionarsi, d’altronde il suo destino era segnato e la sua morte era imminente. Il detective era come un paziente terminale, destinato a morire a momenti, in ogni istante, perfino adesso. Affezionarsi sarebbe stato devastante.
E poi Ryuzaki era L.
“È L, devo svegliarmi da questo torpore” si disse Light, continuando a tenere il dorso della mano sotto l’acqua “È come se non mi rendessi conto che Ryuzaki sia effettivamente L, il mio nemico più pericoloso”
Alzò lo sguardo, incontrando il riflesso del suo viso pallido e stanco nello specchio.
-Ryuzaki?- lo chiamò, esigente, attirando subito i suoi occhi.
-Sì?-
-Posso chiamarti col tuo vero nome? O meglio, col tuo vero pseudonimo, L?-
-Vuoi ricordati chi sono per mantenere la mente lucida?- indovinò L, azzeccandoci come sempre.
Light incassò il colpo ma non si fece scalfire -No. Trovo semplicemente che Ryuzaki sia un nome orribile, tutto qui-
-Forse hai ragione-
Aveva uno sguardo dolce, L, era tenero. Sembrava proprio… Un cucciolo sul patibolo.
-Posso chiamarti, vediamo, Lawrence?-
-Bel tentativo- soggiunse L.
-Lucien?-
-Non sono francese-
-Larry? Leroy? Lloyd?-
-Acqua, Light- esclamò il detective, pescando una gelatina di frutta dalla tasca -Arrenditi, tanto non te lo dirò mai-
-Come vuoi- gli rispose Light, cercando di essere gentile -Sopravviverò-
-Light-Kun?-
-Cosa c’è?-
-Hai la cerniera aperta-
 
 

 
 
 
Nemmeno Mello e Near dormivano.
Mello era al cellulare con Matt da circa venti minuti e Near sfogliava attentamente il Death Note sopra una coperta appoggiata al pavimento. Era sdraiato prono e circondato dai suoi giocattoli.
Avendo tra le mani il Death Note, la Shinigami Rem era lì con lui.
Inutile descrivere gli attimi di panico che assalirono i due giovani e i proiettili sparati a vuoto da Mello, gli Shinigami hanno la capacità di terrorizzare chiunque all’inizio.
Attualmente i due ragazzini ci avevano fatto l’abitudine, erano infatti trascorsi ben due giorni da quando Rem viveva lì con loro in pianta stabile. D’altronde gli Shinigami non si separano mai dai loro Death Note: pur perdendone occasionalmente la detenzione, ne restano i primi proprietari e responsabili.
E Mello e Near avevano giocato d’astuzia, non avevano neanche nominato L, Misa o Light, sembravano proprio due ragazzini completamente estranei alla vicenda, che erano incappati per puro caso nel quaderno. Rem si era chiesta per quale motivo Light Yagami si fosse -evidentemente- sbarazzato del Death Note, ma non aveva neanche preso in considerazione l’eventualità che fosse stato L a disfarsene.
 
 
-Quindi hai detto che tutte le regole sono uguali in ogni Death Note?- le chiese, arricciandosi un ciuffo argentato tra le dita.
-Sì- rispose Rem, seria e contegnosa come al solito.
-Puoi provarlo?-
-Non sono tenuta a provarti nulla- gli rispose Rem.
Near assottigliò lo sguardo. Come a L, anche a lui la regola dei tredici giorni pareva sospetta. Era scritta quasi in disparte, insieme a quella che decretava la morte per chiunque avesse tentato di distruggere il quaderno, in una posizione strana rispetto alle altre.
Forse per enfatizzare il fatto che fosse importante?
No, convenne Near. Le regole principali erano le prime, e a rigor di logica anche queste sarebbero dovute stare all’inizio. La pagina dove erano state scritte queste ultime due, poi, era più chiara e sottile, sembrava quasi la classica pagina bianca di disimpegno presente all’inizio e alla fine di tutti i quaderni.
-Eppure, c’è qualcosa che non mi convince- sussurrò Near, concentrato.
-Faresti bene a pensare alle cose adatte alla tua età, Nate River-
Near sgranò gli occhi, anche Mello si voltò di scatto.
-Matt, ti devo lasciare- esclamò colpito, interrompendo subito la chiamata -Come fai a sapere il suo nome!?- le domandò con irruenza, precipitandosi da loro.
Rem si voltò lentamente verso di lui.
-Sono uno Shinigami, un dio della morte. I miei occhi vedono i vostri nomi aleggiare sopra le vostre teste, Mihael Keehl-
Mello si bloccò e guardò subito Near, angustiato. Il bambino ricambiò il suo sguardo e poi si rivolse nuovamente a Rem.
-Quante altre cose siete in grado di fare?-
-Cose che voi umani non siete tenuti a sapere- gli rispose, secca e misteriosa.
-Se sai i nostri nomi e sei un dio della morte, perché non ci uccidi?- la provocò Mello.
-Perché non sono tenuta a farlo. Gli Shinigami non uccidono gli umani prima del tempo, di solito-
“Di solito…” pensò Near, attento. Guardò Mello, certo che anche lui stesse pensando la stessa cosa.
-Capisco- le disse, arricciandosi i capelli coll’indice -E solo tu sei autorizzata a venire qui sulla Terra?-
-Qualunque Shinigami può scendere sul pianeta Terra, ma deve avere un motivo per farlo-
-E il tuo motivo qual è stato?-
-Il mio Death Note, che si trova qui-
-Il tuo? Quindi ogni Shinigami ha un proprio Death Note?-
-Uno Shinigami può possedere un numero illimitato di Death Note- gli rispose astutamente lei, sostenuta.
-Ciò che il mio amico chiedeva- si intromise Mello, col suo tipico sguardo cattivo -È se ci sei solo tu o se ci sono altri come te, qui, in questo momento-
-Non lo so e se anche lo sapessi, non sono tenuta a dirvelo- mentì Rem, tacendo la presenza ingombrante di quel chiacchierone di Ryuk.
-Va bene, intanto grazie per averci schiarito le idee, Shinigami Rem, il tuo contributo è stato illuminante-
Rem guardò con scetticismo quel piccolo umano, circondato da puzzle e da giocattoli. Il suo aspetto era quello di un bambino, ma lo sguardo serio e calcolatore era quello di un adulto.
-Prego, Nate River-
-Ti prego, chiamami N. Non vorrei che Kira ti sentisse, visto che potrebbe essere ovunque-
-Non è qui-
-Perché? Lo conosci?- domandò Near, con finta nonchalance.
-Lo conosco- confermò Rem -E faresti bene a stargli lontano-
-È proprio ciò che ho intenzione di fare. Sono solo un bambino, in fondo-
Rem assottigliò lo sguardo e sotto gli occhi attenti dei due ragazzi se ne andò, attraversando il muro come un fantasma.
-Hai avuto anche tu la sensazione che fosse reticente?- gli sussurrò Mello, sedendosi sul bracciolo del divano.
-Sì, decisamente- rispose Near, mettendo l’ultima tessera del suo puzzle bianco -Sembrava quasi che volesse proteggere qualcuno. E questo qualcuno non può essere altro che Kira-
Mello sorrise, malvagio -Light Yagami-
-O Misa Amane- specificò Near, girandosi verso di lui -Essendoci due Kira, i Death Note non possono che essere due. Ma lo Shinigami ha detto di trovarsi qui perché il suo Death Note era qui, ha parlato al singolare, di un singolo quaderno-
-Quindi tu credi che ci sia un altro Shinigami?- gli domandò Mello
-È altamente probabile- confermò Near, guardandolo negli occhi. Si aspettava già una replica, ma questa volta Mello lo sorprese.
-Sono d’accordo con te- disse semplicemente.
Near alzò le sopracciglia, stupito -Tu sei d’accordo con me? Sei impazzito, Mello?-
-Guarda che non sono un moccioso come te- gli rispose, con un sorriso malevolo -So riconoscere quando un ragionamento è giusto e non ho problemi ad ammetterlo. L’essere bianco parteggia per Kira, e probabilmente non vuole che entriamo in contatto con l’altra creatura proprio perché potremmo ricavare informazioni più precise e scottanti. E ti dirò di più, non mi stupirei se il secondo Shinigami fosse proprio qui e ci stesse ascoltando-
Near aprì la bocca ma Mello si alzò in piedi con la tipica irruenza che lo contraddistingueva, appoggiando la fidata barretta di cioccolata sul tavolo.
-Secondo Shinigami!- esclamò a voce alta, col naso rivolto all’insù -So che puoi sentirmi! Palesati o permettici di vederti, dobbiamo parlare con te!-
Near si guardò intorno, serio e silenzioso, senza alcuna traccia di paura nel bel viso. Anche Mello rimase in agitata attesa di un segno o di un rumore, ma nulla accade.
-SHINIGAMI!- gridò spazientito -So che sei qui! Ti sto invocando!-
-È inutile, non funziona così- lo interruppe Near, disincantato -Chiama L e digli tutto-
Il giovane tedesco strinse i pugni guantati senza smettere di osservare il soffitto e i muri, sentendosi fastidiosamente impotente.
-È qui, deve essere qui- ringhiò -Abbiamo un Death Note-
-Ma non è il suo, Mello. Piantala di provocarlo, potresti farlo arrabbiare-
Mello imprecò e afferrò il cellulare per aggiornare L. Non poteva immaginare che in realtà il secondo Shinigami era proprio dietro di lui e aveva sentito la sua invocazione forte e chiara.
Ryuk aveva riso sommessamente per tutto il tempo, divertito.
Quei due mocciosi lo avrebbero riempito di mele.
 
 

 
 
 
Light sentì la vibrazione sorda di un cellulare. Aprì un occhio e guardò il suo fidato orologio: era ancora piena notte.
Si voltò sul fianco, quel tanto che bastava per vedere L che afferrava con due dita il cellulare e se lo metteva goffamente vicino alle orecchie.
Non disse nemmeno “pronto”, rimase in silenzio ad ascoltare, con la solita espressione indecifrabile e priva di emozioni.
Light rimise la testa sul cuscino, iniziando ad avvertire una brutta sensazione.
Chi poteva chiamare L alle tre del mattino? E perché lui non diceva niente?
Questi e tanti altri sospetti iniziarono ad annidarsi nella mente dello spietato Kira. Sentì poi finalmente lo squillo del tasto che chiudeva la chiamata.
-Chi era?- gli domandò Light, cercando di risultare più casuale e disinteressato possibile.
-Quel collaboratore tedesco dell’altra volta- rispose furbamente L -Mi ha dato qualche aggiornamento-
-Ah- sillabò Light, per nulla convinto -Informazioni importanti?-
-Questo devo ancora deciderlo- esclamò L, voltandosi verso di lui. Si guardarono in silenzio.
-Perché non dormi ancora, Light-Kun?-
-Potrei farti la stessa domanda-
-Io dormo solo quando ne ho estrema necessità. E poi mi vedi, sono seduto in una sedia- esclamò L, indicandosi -Non è una posizione che concilia il sonno-
Light rimase sorpreso e si sollevò su un gomito -Pensavo che tu dormissi sempre in questo modo-
-In verità amo dormire sdraiato in un letto come te. Si sta davvero comodi, anche se…-
-Anche se?- lo imboccò Light
-Anche se, quando mi sdraio e spengo la luce, i miei occhi iniziano a vedere cose strane. È come se una parte quiescente del mio cervello si risvegliasse quando è buio- Light lo guardò abbassare tristemente lo sguardo -Rivedo immagini, risento il rintocco malinconico delle campane, voci, singhiozzi, pianti… E poi…- si bloccò, a disagio -No, non importa. Scusa, forse mi prenderai per matto-
-Ma tu sei matto, Ryuzaki- gli sorrise Light, senza rendersene conto -E comunque è vero, quando ci si sta per addormentare, vengono sempre in mente cose assurde-
L ricambiò il suo sorriso -Grazie. Ti va di fare quella partita a scacchi?-
Light si sollevò, appoggiandosi sui gomiti -Scherzi? Non mi va di passare tutta la notte in bianco a torturarmi il cervello-
Già se lo immaginava, avrebbero impiegato quaranta minuti a testa solo per muovere un semplice pedone… Sorrise all’idea.
-Va bene, ma mi devi comunque una partita- gli disse L, acciambellandosi scomodamente sulla sedia -Sperando che io sia ancora qui per poter giocare con te-
Light smise di sorridere e lo guardò, cupo -Ma certo che sarai vivo, dai smettila con questa storia-
Il detective annuì e si afferrò le ginocchia. Light guardò il soffitto, avvertendo ancora quella spiacevole sensazione di tristezza, quel dispiacere di fondo che gli appesantiva il respiro all’altezza dello sterno.
-Scusa se prima ho perso le staffe, i sogni giocano brutti scherzi-
-Watari mi ha sempre detto che i sogni sono lo specchio dei desideri reconditi nell’inconscio- esclamò L.
Light si irrigidì, imbarazzato -Beh, non sempre. Se uno sogna di precipitare da un burrone, non si può certo dire che lo desideri-
-Sì invece, perché significa che ha bisogno di lasciarsi andare- gli rispose prontamente L.
-E se sogna di essere spinto giù?- replicò subito Light, polemico.
-Desidera essere salvato da qualcuno- gli rispose tranquillamente il detective.
-Sei anche psicologo, adesso?-
-No, ma ho l’Asperger. Non hai idea di quanti psicologi ho frequentato prima di ricevere una diagnosi definitiva-
Light distolse lo sguardo, infastidito. Odiava perdere un confronto verbale, ma allo stesso tempo il fatto che L vivesse con la consapevolezza di avere un disturbo mentale lo interessava. Di solito, le persone che ne hanno uno, o sono menomate o non se ne rendono conto. Doveva essere dura per lui accettarlo, ma doveva essere ancora più dura accettarsi..
-Ma sei consapevole di avere dei comportamenti strani?-
-Certo- gli rispose L pacatamente.
-E allora perché non cerchi di correggerti e di comportarti come gli altri?- gli rispose, facendo sfoggio della sua gelida razionalità -Sarebbe tutto più semplice, no?-
-Perché recitare non fa per me- gli accennò un sorriso -Non tutti riescono a vivere nella falsità e nell’ipocrisia-
-Certo. E io invece sì, scommetto- esclamò Light sulle difensive.
-Non volevo insinuarlo… Però, sì, in effetti. Tu reciti la parte del figlio perfetto, del bravo fidanzato e del migliore amico, quando invece non sei niente di tutto questo- gli disse L con estrema semplicità, come se fosse una verità assodata -Non stimi tuo padre, odi Misa e probabilmente odi anche me. Perché lo fai, se non per nascondere qualcosa?-
-Le persone indossano maschere per proteggersi, mentono per sopravvivere, non per nascondere qualcosa- gli rispose Light, innervosito -Non tutti hanno il coraggio di essere se stessi come fai tu. Detto questo, scoprirai che non sono così falso o anaffettivo come mi reputi, anzi-
-Ti ho conosciuto, so che non lo sei- gli disse pacato -Hai la luce dentro di te, Light. Lasciala risplendere, illuminerai la notte-
Light lo guardò, meravigliato. L aveva pronunciato quella frase con la sua tipica semplicità stoica, eppure lo aveva colpito dentro come nessuno era mai riuscito. Il suo cuore iniziò a battere velocemente, più di quanto volesse. Deglutì, accorgendosi di avere le mani sudate.
-Ryuzaki, se tu dovessi…- si schiarì la voce, cercando di mantenere fermo il tono -Se qualcuno ora ti dicesse di esprimere un desiderio, che cosa chiederesti?-
L lo guardò con occhi interrogativi, quel tanto che bastava per fargli pentire amaramente di averglielo chiesto.
-Chiederei se ho ragione riguardo a te, se è vero che sei Kira- lo deluse con un’ovvietà, mentre scartava un biscotto della fortuna -Sarebbe davvero soddisfacente sapere di esserci arrivato. Tu invece?-
Light cercò di pensare, ma per quanto si sforzasse, tutto ciò che gli veniva in mente era quella parola colorata e storta, disegnata nel suo inconscio con biscotti e caramelle.
“Sex” aveva scritto il detective nel suo sogno e “Sex”  era la parola che il suo cervello continuava a presentargli.
-Non lo so- rispose infine, a disagio -Davvero non lo so-
-Hai già tutto, per questo non lo sai- osservò L, srotolando con curiosità il bigliettino dentro il biscotto. Lesse e assunse un’espressione dubbiosa e buffa.
-Cosa dice?- gli domandò Light per cambiare discorso. Non era mai stato interessato agli oroscopi, alla chiromanzia o in generale alla preveggenza, ma quella volta il turbamento lo indusse a fare un’eccezione.
-Tra l’amicizia e l’amore c’è la distanza di un bacio- L lesse a voce alta, ignaro del meccanismo che era andato a innescare -Che dire. Non capisco mai se sono banalità o pensieri profondi-
-Banalità- gli sussurrò Light in risposta -Vuoi venire qui?- aggiunse, indicandogli il letto.
L spalancò gli occhi e lo guardò, Light corresse subito il tiro.
-Al mio posto, intendo- esclamò, rigido -Tu vieni sul letto e io vado sulla sedia-
-Oh… No, figurati- sussurrò L, leggermente imbarazzato -Non ce n’è bisogno-
-Non è giusto che ci stia sempre io- gli disse, scoprendosi e alzandosi in piedi -Dai, vacci tu. Sempre che non ti disturbi il fatto che abbia usato io le lenzuola-
-No, non mi disturba- gli rispose, sedendosi sul materasso caldo in modo piuttosto goffo -Grazie, Light Yagami-
-Prego, L… L-
-Lawliet-
Light lo guardò con fare incredulo, il suo cuore perse un battito. L appoggiò semplicemente la testa sul cuscino e chiuse gli occhi
-Ora puoi anche uccidermi tu, Kira- sussurrò.
 
 
Eppure, se lo faceva, doveva esserci un motivo.

 

 

 

 

 

Note

Ciao ragazzi! :)
Come vi sembra finora? Sdolcinata? Sarà che io ho bisogno di un sacco di romanticismo per compensare la fine triste dell’originale… (Quel damerino di Light deve pagare e prendersi una cotta stratosferica, così impara u_u)

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Capitolo 5
*** Lawliet ***


 

Light aprì gli occhi, ma poi li richiuse subito.

Lawliet.

Allora non era un sogno, era successo davvero. Il giovane cercò di girarsi di lato, turbato, ma la schiena dolorosamente indolenzita gli lanciò una fitta di dolore. E dire che L aveva dormito su quella sedia per quasi due mesi senza mai accennare a un lamento. Aveva uno spirito di sacrificio davvero encomiabile, pensò Light, quasi quanto il proprio, che si era condannato a una non-vita pur di epurare il mondo dai criminali.

Lawliet. Quindi era questo il suo nome, ciò che per lungo tempo si era domandato incessantemente. Finalmente lo sapeva: Lawliet, Lawliet, Lawliet.

L’entusiasmo e il trionfo erano così potenti che gli veniva quasi da ridere.

Lawliet, Lawliet, Lawliet.

Gli piaceva molto il suono che faceva, era un nome eufonico, e Light si era addormentato con quelle sillabe sulle labbra, vive nel cervello. Certo non poteva scriverlo sul Death Note, visto che gli mancava il cognome… O il nome? Light non conosceva bene i nomi occidentali e non sapeva dire con certezza se Lawliet fosse un nome o un cognome. Sia come sia, restava comunque un dato insufficiente per il Death Note.
Trovava solo strano che L gli avesse detto che ora poteva ucciderlo, come se non avesse altri nomi al di fuori di quello… Poi gli ritornò alla mente il dubbio che lo aveva attanagliato per due ore buone mentre aveva finto di dormire: L poteva non avere un cognome. Era cresciuto in un orfanotrofio, i dirigenti potevano averlo omesso. Trovava però strano che in Inghilterra non mettessero i cognomi ai  figli di ignoti. In Giappone era obbligatorio, visto che il cognome precedeva il nome.

Light, in altri termini, non riusciva a darsi pace. Continuava a elucubrare in silenzio e con gli occhi chiusi, fingendo malamente di dormire. Ma la cosa che lo turbava di più erano le sue emozioni contraddittorie. Perché agitarsi tanto? Che senso aveva tutta questa preoccupazione? Gli sarebbe bastato scrivere nel Death Note “Lawliet” pensando a L e il dubbio si sarebbe risolto.

Solo che…

Solo che.

-Buongiorno, Light-Kun-

Light aprì gli occhi, e subito la luce di un portatile gli ferì la vista.

-Ciao- gli rispose, rigido. Senza rendersene conto, durante la notte aveva sollevato le gambe e appoggiato i piedi sul letto… Anzi, sulla schiena di L, visto che questi era sdraiato prono col pc portatile tra i gomiti e un sacchetto di caramelle ormai vuoto.

-Scusami- gli disse, abbassandole subito appena si rese conto che quella superficie calda non era il materasso.

-Figurati- esclamò L, infilandosi in bocca una manciata di orsetti gommosi -Sono cresciuto in un orfanotrofio, sono abituato a svegliarmi con piedi in ogni dove-

“Piedi in ogni dove?”

-Dormivate in camerate?-

-No, però gli ultimi anni ho diviso la stanza con Mello e Near. In realtà solo con Near, visto che Mello andava di nascosto dal suo fidanzato. E Near ha sempre avuto paura del buio, perciò dormiva vicino a me-

Light annuì, certo che non avrebbe mai sopportato una situazione del genere. Ma la cosa importante era un’altra.

-Perché ieri notte mi hai rivelato il tuo nome?-

-Ho sbagliato?- gli domandò L, addentando un orsetto alla fragola.

-Tu credi che io sia Kira- osservò Light, sporgendosi verso di lui -Perciò, dicendomi il tuo nome, è come se ti fossi condannato a morte-

-E se anche fosse? Tanto lo sono già. Ho capito di esserlo dal primo momento in cui ho accettato questo incarico. E d’altronde qualcuno doveva pur sacrificarsi… Meglio che sia io a farlo, visto che non mancherei a nessuno-

Light guardò L mentre infilava la faccia nel sacchetto di caramelle, tenendolo aperto con l’indice e il pollice nel suo modo così assurdo e caratteristico.
La durezza di quelle parole scossero il giovane Light. L non si concedeva nemmeno il beneficio del dubbio, era talmente disincantato e duro con se stesso da lasciare interdetti. Istintivamente, Light gli appoggiò una mano sopra la schiena esile e si abbassò verso di lui.

-A me mancheresti, invece- gli sussurrò, sincero e schietto come non lo era mai stato in vita sua. L si irrigidì prepotentemente e non si mosse, rimanendo col viso sepolto nel sacchetto di caramelle. Anche Light rimase fermo, avvertendo la tensione dei suoi muscoli pulsare sotto le dita. Avrebbe voluto fargli un massaggio, allentargli quei nervi così sempre tesi e accartocciati, ma non lo fece. Non poteva farlo.

-Devo andare in bagno- sentì borbottare L, col viso ancora nascosto dentro il sacchetto.

Light sorrise -Anche io-

 

 

 



 

 

Intanto, le indagini di Near e Mello proseguivano silenziosamente.

Grazie a Tota Matsuda, l’agente che nella task force non brillava certo per intelligenza, i due ragazzini riuscirono facilmente a mettersi in contattato con Misa Amane, spacciandosi per due giovani ammiratori, orfani e venuti dall’Inghilterra per stare un po’ con Watari, di cui ne sentivano tanto la mancanza. Intenerire quella sciocca fu un gioco da ragazzi, Near poi era particolarmente bravo nel recitare la parte dell’orfanello dolce e indifeso.

E Misa, quando li vide, rimase folgorata dalla bellezza di Mello e dalla apparente dolcezza di Near, un bambino orfano, vestito di bianco e con un puzzle sotto braccio.

“Povero piccolo” aveva stupidamente pensato, quando li aveva fatti accomodare e aveva firmato loro l’autografo, corredandolo con un bacio al profumo di fragola.

-Quindi tu sei la fidanzata di Light?- chiese Near a Misa, mentre costei era di fronte a specchio e toeletta.

-Proprio così- ammiccò orgogliosamente la ragazza, impolverandosi il viso di cipria. Aveva bigodini in testa e continuava ad ammiccare davanti allo specchio. Mello e Near si scambiarono un’occhiata perplessa. Se esisteva una donna che non era il tipo del geniale e contegnoso Light, quella era Misa.

-Certo… E come vi siete conosciuti?- continuò a domandare Near, cercando di risultare innocente come un bambino.

-Questo non posso dirtelo- gli sorrise Misa -È un segreto tra me e Light-

Mello trattenne un ghigno, Near assottigliò lo sguardo.

-Strano, di solito tutte le coppie raccontano volentieri il giorno del loro primo incontro…- osservò, alzando le braccia di uno dei suoi robot. Misa ci pensò su, ed effettivamente quel bambino biondo platino aveva ragione…

-È vero- concordò con lui -Però io e Light non siamo come gli altri- esclamò, trasognata -Noi siamo uniti da qualcosa di più grande, che sappiamo solo noi due-

Mello non riuscì più a trattenersi -N, direi che è sufficiente- gli accennò appena, divertito, ormai certo che Misa fosse il secondo Kira. Ma Near non aveva tutta questa fretta andarsene, voleva qualcosa in più.

-Davvero molto romantico, sì- concordò, guardandola negli occhi -Ma hai mai preso in considerazione l'eventualità che che Light stesse con te solo per questo vostro segreto e non per un reale sentimento nei tuoi confronti?-

Misa sgranò gli occhi, si voltò verso di lui e lo fulminò con lo sguardo.

-No, perché Light mi ama davvero!- sbottò, seccata -E poi tu sei solo un bambino, cosa vuoi saperne dell’amore!?-

-La nostra beniamina ha ragione, Near- si intromise Mello, rivolgendosi poi direttamente alla ragazza -Sono certo che Light è davvero innamorato di te, visto che ti ha scelto tra tutti per custodire questo segreto importante-

Near gli sorrise “Bravo, Mello”. E infatti Misa Amane  abbassò lo sguardo e si morse il labbro, sotto lo sguardo attento dei due futuri detective.

-In verità… Non è che mi ha scelto- rivelò loro, ingenuamente.

-Ah, no?- domandò il biondo, fingendo di essere stupito. Misa si rese conto di essersi sbottonata un po’ troppo, pur credendo ciecamente che quei due fossero solo duepoveri orfanelli” venuti in Giappone per stare con L.

-Uffa, ma cos’è!? Un’intervista!?- sbottò la ragazza, in uno dei suoi soliti scatti isterici.

-Al limite un interrogatorio, ma immagino che tu non conosca la differenza- la canzonò Mello, e Misa lo guardò, confusa -Va bene dai, possiamo anche andare-

 

 

Loro stanno insieme perché nascondono un “segreto importante” (lett). Lui è stato costretto dagli eventi a scegliere proprio lei.

Ergo: lei è il secondo possessore del dn. Secondo noi lo sta usando anche ora, su ordine di lui.

 

 

L lesse il messaggio di Near scritto questa volta in italiano, un’altra lingua straniera e decisamente poco diffusa, e dopo neanche tre secondi il messaggio si auto cancellò.

-Tutto ok?- gli domandò Light, che era sempre attento a ogni sua mossa.

-Tutto ok- confermò L, mettendosi il cellulare in tasca e un lecca-lecca in bocca. Uscirono dalla camera e andarono verso l’ascensore. Quell’enorme edificio tutto loro aveva infatti almeno una quarantina di piani, per cui scendere o salire le scale era fuori discussione.

-Cos’hai scoperto?- insistette Light.

-Nulla che non sapessi già- gli rispose L, atono come al solito. Aveva le mani in tasca e guardava per terra, dando l’impressione di essere ancora più ricurvo del solito. Entrarono in ascensore, lasciando come sempre un tunnel di distanza tra i loro corpi.

-Mi spieghi che senso ha fare il misterioso a questo punto?- gli chiese Light, rompendo il silenzio -Mi hai rivelato il tuo vero nome, se io fossi Kira…-

-Tu sei Kira- lo interruppe L, rigirandosi il lecca-lecca con la lingua -So che lo sei, anche se mi sfugge il movente. Hai una vita perfetta, Light. Hai una famiglia che ti vuole bene, una bella fidanzata, un rendimento eccellente… Perché rovinarti l’esistenza con il Death Note?-

Light forzò una risata -Sei spassoso, Ryuzaki. Davvero credi che la mia vita sia perfetta? Davvero credi che io sia felice?-

-Non lo sei?-

-No- gli rispose Light, rigido -Non lo sono. Ma questo non fa di me un assassino-

-Però fa di te un ingrato… E uno stupido- continuò L, calmo ma tagliente -Ti renderai conto di tutto quello che avevi solo quando l’avrai perso, e mi dispiace per te-

Light si irritò, toccato nel vivo -Non essere nati pieni di disgrazie o psicopatie come te, non significa automaticamente essere felici. Pensa prima di giudicare-

-Ti garantisco che l’ho fatto, sono mesi che ti osservo. Inizia a goderti ciò che hai, non ciò che potresti avere-

-Ma l’uomo desidera solo ciò che non può avere- gli rispose a tono, guardandolo di sbieco -Sei d’accordo con me?-

L alzò le spalle, senza dare a vedere di essere imbarazzato -Io sono ancora vivo e mi sto gustando questo delizioso lecca-lecca alla cola. Non potrei essere più felice di così-

-Certo- esclamò Light, sorridendo. “A chi la vuoi dare a bere, eh, Lawliet?”

Il cellulare poi gli vibrò in tasca. Diede un rapido sguardo allo schermo e vide che era Misa, che come ogni mattina gli mandava il buongiorno. Light roteò gli occhi, quella donna appiccicosa e insopportabile non gli dava tregua… Ma d’altronde gli era utile, se L presto sarebbe morto, era anche merito suo.

Poi gli venne un’idea.

-Ascolta, ti volevo parlare di una cosa- esordì, mentre le rispondeva -Riguarda Misa. Lei vorrebbe passare del tempo da sola con me, e sinceramente anche io, visto che è da diverso tempo che… Beh, non riusciamo a fare nulla, se capisci cosa intendo-

-Sì… sì, lo capisco- gli sussurrò L, a disagio.

-Per cui mi chiedevo se stanotte potevi liberarmi dalle manette. Solo per una notte-

-No- rispose il detective, rigido. Lo stesso “no” secco e immotivato che gli dava quando si girava a guardarlo mentre era in procinto di farsi la doccia. Light si irritò.

-Ryuzaki… Lawliet, te lo sto chiedendo con cortesia-

-Apprezzo la cortesia, ma la mia risposta non cambia-

Light, senza neanche pensarci, alzò un braccio e spinse il tasto per bloccare l’ascensore. Questo si bloccò improvvisamente e in modo piuttosto brusco, restando sospeso a mezz’aria. L trasalì, il lecca lecca gli cadde dalle labbra.

-Soffro di claustrofobia- fu la prima cosa che gli disse, ma Light non lo stette nemmeno a sentire.

-A che gioco stai giocando, si può sapere?- gli domandò, avvicinandosi talmente tanto che L dovette indietreggiare, fino a sbattere contro la parete lucida dell’ascensore -Ti infastidisce il fatto che io voglia passare del tempo con la mia ragazza, è così?-

-Mi infastidisce il fatto che voi possiate accordarvi di nascosto- replicò L spingendolo via, ma Light scacciò le sue mani e gli si avvicinò, fino a farlo aderire alla parete.

-Sei un bugiardo. Avanti, dimmi la verità-

-Non sono un bugiardo e non devo ammettere nessuna verità. Fammi uscire- gli ordinò con un filo di voce, ma Light gli afferrò il colletto della maglietta bianca e spinse un ginocchio tra le sue gambe.

-Ammettilo-

-Ho detto: fammi uscire- ripeté L, col cuore che ormai gli stava fracassando la cassa toracica.

-Sei l’essere più imperfetto, storto e sbagliato che io abbia mai conosciuto- gli sibilò, a un palmo dalle sue labbra -E mi pare di averti già detto che io non sono come te-

-Per me è un complimento non essere come te- gli rispose il detective, spiazzandolo. Quest’ultimo approfittò del suo attimo di esitazione per divincolarsi e sbloccare l’ascensore, che subito riprese il suo corso verso il basso. Con falsa nonchalance, L si chinò e raccolse il lecca-lecca da terra, rimettendoselo in bocca.

Light lo guardò, scosso.

Non si dissero nulla per tutto il giorno.

 

 

L era un genio e, come tutti i geni, aveva grosse lacune nell’ambito delle interazioni sociali. Risolveva ogni tipo di enigma, smascherava gli assassini, localizzava i latitanti e scongiurava gli attentati terroristici, e tanto si sentiva bravo nelle vesti di detective, quanto si sentiva una frana in tutto il resto. I casi da risolvere erano come un rifugio per lui, una barriera dietro cui si nascondeva e dimenticava ogni problema. Dimenticava di essere solo, strano e di avere la sindrome di Asperger, di cui era pienamente consapevole. Dimenticava di non avere amici, di non aver mai fatto l’amore e perfino di esistere come persona, consumandosi giorno e notte davanti a tre schermi a risolvere l’irrisolvibile.

Ma ora che aveva conosciuto Light, dimenticare era diventato più difficile. C’erano nuove sensazioni, nuovi desideri che avevano iniziato piano piano a solleticargli le membra e a incuriosirlo, ma anche a inquietarlo, visto che non si sarebbero mai potuti realizzare.

Quell’istante in ascensore era stato sconvolgente. Non soffriva veramente di claustrofobia, ma ciò che non conosceva e che usciva dalla sua ben limitata comfort zone lo agitava allo stesso modo. In quel momento sembrava quasi che Light avesse voluto dargli un bacio. Ma non un bacio sulla guancia come quello che gli aveva scoccato Misa, bensì un bacio vero, sulla bocca, magari con la lingua…

Non arrossiva mai, L.

A vederlo non sembrava che pensare a quelle cose gli causasse un tremendo e insostenibile imbarazzo. In realtà era proprio una peculiarità della sua sindrome non mostrare alcun segno di emotività facciale, e l’unica spia della sua fervente agitazione poteva essere o il fatto che compilava alla velocità della luce i sudoku o naturalmente il suo riempirsi la bocca di pasticcini fino a gonfiarsi le guance.

Perché se ripensava a quel momento, al suo viso così vicino e alla sua gamba premuta contro il suo…

Il suo cuore riprese a battere come impazzito.

Perché lo aveva fatto? Era una strategia? Un modo per distrarlo? Per fargli perdere definitivamente il senno? Possibile che avesse capito…? Si vedeva così tanto?

Preso dalla sua muta e insospettabile inquietudine, L

per calmarsi fece la prima cosa che gli passò per la testa: chiamare la persona di cui più si fidava al mondo.

-Ciao, L- gli rispose subito Watari, dolcemente.

-Ciao…- borbottò, intimidito.

-Dimmi, hai bisogno di qualcosa?-

Il ragazzo esitò, senza sapere cosa inventarsi -No, scusa. Ho… Ho chiamato per sbaglio-

-L? Sicuro che vada tutto bene?- gli domandò lui, subodorando che c’era qualcosa che non andava

-Sì, sì- esclamò monotono -Ora devo andare, scusa-

E mise giù, interrompendo bruscamente la conversazione.

Lanciò uno sguardo al bel giapponese seduto alla sua destra e poi si ficcò in bocca altri tre pasticcini, contemporaneamente.

Quanto era affascinante, Light Yagami.

E quanto era Kira.

Ogni indizio pareva scagionarlo e smentire ogni tesi, eppure L continuava a esserne convinto, non riusciva a farne a meno.

La sua conclamata perfezione, il gelo del suo sguardo, il modo silenzioso con cui camminava, senza farsi notare proprio come un perfetto predatore, gli procuravano i brividi lungo tutta la schiena. Light era un criminale ed era pericoloso, oltreché geniale. L non aveva mai conosciuto in vita sua un avversario così furbo da apparire innocente oltre ogni ragionevole dubbio.

Certo, Light non era sadico e non aveva l’aggravante della crudeltà, visto che i bagni di sangue, le mutilazioni, gli stupri e in generale le torture, che L aveva fronteggiato con orrore in numerosi casi precedenti, non facevano parte della sua condotta criminale.

Tuttavia le sue vittime, per quanto fossero persone abbiette e meritevoli di una punizione, erano comunque persone e Light non poteva innalzarsi al di sopra di esse e decidere della loro sorte.

Light si innalzava, era proprio questo il suo problema, pensava L, mentre sgranocchiava dei cereali zuccherati direttamente dal cartone. Si credeva una sorta di giustiziere, di divinità, quando invece era solo un ragazzo come gli altri.

Beh, no… Non era un ragazzo come gli altri, altrimenti L non si sarebbe preso una cotta così stratosferica per lui.

E d’altronde, dopo averlo spiato ventiquattro ore su ventiquattro e aver condiviso con lui quasi tutto, innamorarsi era stato pressoché inevitabile. Ma tanto il suo era un sentimento destinato a rimanere inespresso e a morire con lui. L non era romantico, era sì stravagante, ma era anche molto razionale e disincantato, non si perdeva in fantasie.

E poi si era messo anima e corpo in pace, da questo punto di vista. Anche se nel mondo era considerato un eroe e le persone  -pur non avendolo mai visto in faccia- indirizzavano messaggi d’amore a lui o ai suoi altri due prestanomi, lui sapeva già che non avrebbe mai avuto un partner, che era fatto per stare solo.

 

 


 

 

 

Watari rimase a guardare il telefono, perplesso.

Conosceva L Lawliet meglio delle sue tasche e quella telefonata era stata una delle sue timide e silenziose richieste d’aiuto. Era sempre così, quando veniva da lui con quegli occhi spalancati e senza dire nulla, allora c’era qualcosa che non andava.

-Credo che L sia in pericolo-

-Ci sto lavorando…- esclamò Near, intento a costruire uno dei suoi puzzle bianchi. Mello lo osservava dall’alto del divano, seduto scomposto con le gambe a penzoloni dal bracciolo.

-Sembrava inquieto- continuò Watari, preoccupato -Abbiamo poco tempo, ragazzi-

-In realtà il caso è già concluso. L aveva già capito tutto- osservò il biondo, sottolineando che il merito fosse di L per non dare soddisfazione a Near -Light e Misa sono i due Kira, solo che non abbiamo uno straccio di prova per dimostrarlo. E poi c’è quella regola dei tredici giorni che complica ulteriormente le cose-

-Dobbiamo trovare il secondo Shinigami- intervenne Near -E parlare con lui. La Shinigami bianca parteggia per Kira-

Watari li guardò, incredulo -Parteggia per Kira? E per quale motivo?-

-Non lo sappiamo. Però ci possiamo arrivare con la logica… Cosa induce una persona a proteggere un’altra?-

-I soldi- rispose subito il disincantato Mello.

-Oppure?-

-L’amore?- soggiunse invece Watari.

Near annuì verso di lui, serio -L’essere bianco si è affezionato a Light. O magari a Misa Amane- rifletté, mentre metteva in fila decrescente i suoi soldatini -Ciò significa che sarà anche disposto a uccidere pur di proteggerli, visto che ne ha il potere. E questo comporta solo una cosa…-

-Che cosa?- chiese il povero Watari, sulle spine.

-Che L è in grave pericolo- gli rispose Mello, per una volta senza il suo solito cipiglio cattivo.












Note
Toh, chi non muore si rivede.
Mi dispiace per essere scomparsa. Ieri ho riguardato l'anime e ho scritto fino a tardi, finendo quasi la storia.
Mi spiace se sono sparita, non accadrà ancora.
Ecate

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Capitolo 6
*** Intensamente, finalmente ***


 

Non insinuare mai di chi sospetti. L’essere bianco non è imparziale.


 

-Ryuzaki?-

L distolse lo sguardo dal sms, che si auto cancellò subito.

-Sì?- rispose, come sempre calmo e imperturbabile.

-Ti dispiace passarmi una matita, se non chiedo troppo?- domandò Light

L osservò la propria postazione sulla scrivania: aveva impilato con precisione certosina tutte le matite fra loro come se fossero i pali di un castello in miniatura.

-Scusa, ti prego di non farci caso- sussurrò imbarazzato, sentendosi più autistico del solito. Il giapponese scosse la testa, sprezzante.

-Ah, Light?-

-Cosa c’è?-

-Ci ho pensato e alla fine ho deciso di accontentarti- gli disse L, iniziando a mescolare il suo zucchero con caffè -Stanotte ti lascio libero, puoi andare a goderti il tuo amore con Misa-

Light lo guardò, sorpreso -Come mai questa decisione improvvisa?- gli domandò, distogliendo lo sguardo.

-Non vorrei ripetere la spiacevole esperienza di stamattina in ascensore. E poi sono certo che abbiate altri modi per comunicare, voi due-

-Non abbiamo alcun altro modo. Comunque grazie per la fiducia- esclamò con freddezza.

-Prego- rispose, altrettanto freddo.

-RAGAZZI!- gridò Matsuda, saltando dalla sedia -Ragazzi! Un altro criminale è appena morto di attacco cardiaco! Ma questa volta negli Stati Uniti!-

Sia L che Light si voltarono verso il computer del giovane poliziotto.

-Il secondo Kira adesso colpisce soprattutto all’estero- ragionò L, sfiorandosi il labbro -È come se volesse farci credere che non si trova all’interno dei nostri confini nazionali…-

L fece lo zoom sul delinquente ucciso e sul crimine per cui era indagato: molestie sessuali aggravate.

“Un altro molestatore sessuale” pensò L, sorseggiando il suo zucchero e caffè “Il nuovo Kira deve avere particolarmente a cuore questo tema…” rifletté, ricordandosi di Misa e della facilità con cui gli aveva dato del pervertito “Tutto torna in modo così eclatante”.

Guardò Light, chiedendosi se in quel momento stesse dando in escandescenze oppure stesse gioendo. Forse il suo scopo era proprio quello, convincerlo che Kira fosse Misa.

-Ancora un altro stupratore- esclamò Soichiro, il padre di Light -L, è il dodicesimo questo settimana-

-L’ho notato- rispose il detective, atono.

-Pensi che sia solo una coincidenza? Personalmente faccio fatica a crederlo-

-Aspettate! Il nuovo Kira potrebbe essere una donna!- esclamò Matsuda, illudendosi di esser giunto a una conclusione intelligente -Una donna che vuole punire gli uomini!-

-Sei davvero banale, Matsuda- osservò L, facendogli morire il sorriso sulle labbra -Non puoi desumere che Kira sia una donna solo da questo-

-Secondo me lo è- lo provocò Light, alzandosi in piedi -Ryuzaki, ti dispiace? Ho bisogno di andare in bagno-

L assottigliò gli occhi ma annuì -Va bene-

Detto questo, balzò giù dalla sedia su cui era rannicchiato, direttamente sopra le scarpe logore e abbandonate per terra. Se le infilò e accompagnò Light nei bagni di servizio poco lontano, sempre senza dire una parola.

Ma come entrarono nell’antibagno, Light chiuse la porta a chiave e se la infilò dentro i pantaloni.

-Ma che ti prende, adesso?-

-Ora possiamo parlare liberamente, Lawliet- sibilò, lasciandolo sorpreso.

-Se non ti conoscessi bene, Light, direi che stai cercando ogni pretesto per chiuderti in una stanza con me- ironizzò L , senza scomporsi di una virgola

Light gli sorrise, insinuante -Non per i motivi che vorresti tu. Andiamo, dimmi quello che pensi. Credi che Kira sia Misa, non è vero?-

L lo guardo e ci pensò su, ricordando il messaggio di Near:

“Non insinuare mai di chi sospetti, altrimenti lo Shinigami ti ucciderà” …O una cosa del genere. Non aveva poi tanta voglia di morire, a dire il vero.

-Perché me lo chiedi?-

-Perché vorrei capire se il mio compagno di stanza mi considera un assassino oppure no-

-Tu sai già la risposta- gli rispose L -Non c’è bisogno che te la ripeta a voce alta. Anche perchè ho come l’impressione che, mettendomi contro di te, rischierei di inimicarmi un’entità che non è di questo mondo. Correggimi se sbaglio-

Light fece una risata nervosa “Come ha fatto ad arrivarci!? Non poteva sapere che Rem ama Misa, come…?”

-Che fantasia, come ti è venuta in mente un’idea del genere?-

-Fantasia, come hai detto tu- gli rispose L, provocatorio -Forse a volte dimentichi che sono considerato il primo, il secondo e il terzo detective più bravo del mondo-

Light lo guardò negli occhi, sentendosi fastidiosamente preso in giro.

-Io forse sì, ma Kira sicuramente no- gli rispose, sostenuto -E se davvero mi consideri Kira, fossi in te cercherei di essere più gentile, visto che conosco il tuo nome-

-Questa è una minaccia, Light- osservò L, sorridendo -E comunque conosci solo una parte del mio nome-

-Kira può arrivare anche all’altra, puoi stare tranquillo- gli sussurrò, intimidatorio.

-Ma io sono tranquillo e tu ti stai rivelando sempre di più-

Senza rendersene conto, si erano avvicinati fino a fronteggiarsi, vicini come due nemici minacciosi o… Come due fidanzati innamorati. Dipende dai punti di vista.

“Come fa a essere così geniale?” pensava Light, guardandolo negli occhi pesti e dilatati “Che cosa mi sfugge?”

“È lui Kira, non ci sono più dubbi” pensava invece L “Ha davvero saputo costruirsi un alibi ineccepibile. È stato geniale”

“…Geniale” si ripeté Light.

“Geniale” concluse di nuovo L.

E d’altronde, quando un intelletto sopraffino riconosce la genialità di un altro, accade qualcosa di veramente poetico. La mente non si sente più relegata in un mondo estraneo, che non le appartiene. La sensazione di inclusione e comprensione che sperimenta è tale da cancellare mille anni di solitudine.

L e Light rimasero a osservarsi, fino a che non arrivò Matsuda a interromperli.

-Ehi, ragazzi, tutto bene?- esclamò, bussando ripetutamente alla porta -Perché vi siete chiusi a chiave? Non vi starete mica picchiando di nuovo, vero!?-

I due giovani indietreggiarono

-No- gli rispose stancamente Light, ripescando la chiave dai pantaloni e aprendo in fretta la porta -Va tutto bene-

-Eccovi qui, finalmente- soggiunse il poliziotto non appena li vide uscire -Oh, meno male, nessun segno di colluttazione. Ma che cosa facevate chiusi in bagno, si può sapere?-

-Sapessi, Matsuda…- ridacchiò Light, facendo sorridere anche il detective.

-Cosa!? Ehi! Non è divertente!- brontolò l'altro, inseguendoli goffamente.

Ma non appena Light e L arrivarono di fronte al rigido padre del primo, smisero subito di sorridere.

-Tutto bene, ragazzi?- chiese costui, guardando prima uno e poi l’altro, severamente.

-Sì, sì. Certo papà…- rispose Light, imbarazzato, abbassando il capo. 

-Bene- esclamò, guardandoli con sospetto mentre si sedavano vicini. Mogi, uno dei membri più solerti della squadra investigativa, si schiarì la voce, palesemente imbarazzato.

“Credono davvero che io, Kira, sia omosessuale” pensò Light, giocherellando nervosamente con le dita “Se solo si rendessero conto… Chissà se lo pensa anche…” guardò L, che aveva iniziato a scartare con due dita la sua merenda di metà mattina.

Se lo pensava, certo non lo dava a vedere.

Geniale e scaltro, L era davvero un avversario degno delle sue capacità, qualcuno che finalmente era alla sua altezza.

Light aveva passato una vita sentendosi circondato da persone piatte, poco brillanti e prive di fascino intellettuale. Per lui era quasi scontato essere sempre il primo della classe e vincere su tutto, perchè non c’era alcuna competizione, alcun brivido, nessuno era mai riuscito ad eguagliarlo e i traguardi che aveva collezionato erano stati scontati, come delle insoddisfacenti vittorie di Pirro.

Ma ora che aveva conosciuto L, il fuoco della competizione si era finalmente acceso e anche la paura di perdere aveva iniziato a stimolarlo.

L era un avversario degno di questo nome, ma degno, non migliore.

“Buffo che l’unico che considero al mio livello, sia una persona disturbata” pensò Light, guardandolo di nascosto mentre si rannicchiava sulla sedia con una banana in mano. Si incantò a osservarlo e notò che con una sola mano L riusciva a tenerla ferma e contemporaneamente a sbucciarla, mentre con l’altra cliccava veloce sulla tastiera. Naturalmente intinse la banana dentro un vasetto di crema e poi se la portò alla bocca, ingoiandola tutta intera.

Light sgranò gli occhi ma poi distolse subito lo sguardo, sbattendo le palpebre un paio di volte come se avesse fissato una lampadina accesa.

“No” si impose, fissando lo schermo del pc, scacciando certi pensieri osceni “No, no e no. Concentrati, concentrati!”

Ma l’occhio gli cadde di nuovo verso il detective.

“Smettila!” si rimproverò, resistendo all’impulso di darsi uno schiaffo “Cosa mi prende… Ma perché faccio così?”

Lo guardò di nuovo, L dalla banana era passato al budino al cioccolato. Light si ritrovò a fissare il cucchiaino e il modo in cui L se lo portava tra le labbra e poi più fondo, oltre i denti, sicuramente sulla lingua. Lo stava guardando così attentamente che L se ne accorse e lo guardò, stranito.

-Per caso ne vuoi un po’?-

Light si riscosse -Ehm sì, grazie- si trovò costretto a rispondere, prendendogli il vasetto dalle mani.

L, nella sua apparente ingenuità, aveva aperto il cassetto per dargli un cucchiaino pulito, ma rimase sbalordito quando vide che Light aveva già messo in bocca il suo…

-Molto buono- gli sussurrò quest’ultimo, restituendoglielo rigidamente.

-Ah, grazie. Cioè… Sì, lo è-

Light annuì e L guardò il cucchiaino condiviso, teso.

“Adesso c’è la sua saliva” pensò, traviato dall’Asperger.

L non era abituato a queste cose, faticava più degli altri ad accettarle. Non era abituato al contatto fisico, alla condivisione, alla complicità… Tutto questo lo metteva a disagio, e non per niente si sentiva del tutto incapace di abbracciare o baciare qualcuno. Solo con Watari e Near, quando questi era piccolo piccolo, si era concesso qualche gesto affettuoso. Ma solo con loro, due che considerava rispettivamente suo padre e suo fratello minore. L non era un ingenuo, si era perfettamente reso conto che Light Yagami aveva iniziato a guardarlo in modo strano e a comportarsi in un modo che, in altri casi, avrebbe tranquillamente definito come “interessato", “coinvolto" o perfino “infatuato". Però Light era molto probabilmente Kira, e il detective era conscio che ogni deduzione doveva essere soppesata almeno dieci volte in più… Niente era come sembrava. E poi, l’idea che Light potesse essere attratto da lui era una conclusione troppo audace e improbabile, che raggiungeva una soglia di inverosimiglianza pari all’80%. Eppure, così sembrava. O era forse il suo inconscio che gli giocava brutti scherzi e non lo rendeva obiettivo? A L non era mai capitato, l’obiettività e la logica erano sempre stati il suo cavallo di battaglia. E poi anche gli altri memebri della task force, per quanto dotati di un’intelligenza ordinaria, parevano essersi accorti che fra loro c’era qualcosa di equivoco… Mello, ad esempio, se n’era accorto subito, al primo sguardo. E anche Light doveva aver captato qualcosa, ovviamente. Lo stava fissando perfino adesso, di sbieco. L si percepiva i suoi occhi intelligenti e malvagi addosso, gli pungevano con insistenza la mano destra.

Si fece forza e combatté la ritrosia della sua psiche, immergendo quel cucchiaino e mettendoselo in bocca come se niente fosse.

Sorrise appena, Light aveva smesso di fissarlo.

 

 


 

 

I contatti fisici fra loro aumentavano ogni giorno di più.

Parevano casuali, entrambi facevano finta di non accorgersene, ma invece se ne accorgevano eccome, e si irrigidivano.

Li evitavano e anelavano allo stesso tempo.

L era più bravo a mascherare le sue emozioni, la sua indecifrabile maschera facciale non mutava mai. Anche Light era un attore, ma a volte si ritrovava a guardarlo più del necessario, a soffermarsi sul suo corpo esile e pallido, non muscoloso ma proporzionato e ben fatto.

Con Misa non aveva mai provato nulla di simile.

Non aveva mai sentito la spina pungente del desiderio, non aveva mai desiderato toccarla o guardarla così intensamente come gli era capitato con L… Anzi, spesso e volentieri fare l’amore con lei gli recava disagio, lo disgustava a tal punto che alla fine gli veniva la nausea. Senza contare che al suo corpo occorreva un sacco di tempo per reagire.

Non era normale.

Misa non gli piaceva, e questo era un dato di fatto, ma addirittura sentirsi nauseato a toccarla era un po' eccessivo… Anche perché lei obiettivamente era una bella ragazza e tutti gli uomini avrebbero voluto essere al suo posto. Ma d’altronde Light amava sentirsi diverso, più forte, e imputava questo suo disinteresse sessuale alla sua asserita superiorità.

In realtà, cercava ogni tipo di scusa per non ammettere la verità. Si nascondeva dietro un dito e si era auto convinto che rigettare Misa a livello corporale fosse una semplice conseguenza della totale disistima che provava per lei. Con L, invece, succedeva la cosa opposta. La loro era una vera e propria affinità mentale, un’intesa che aveva coinvolto anche l’involucro corporale. Niente di più, niente di meno.

E poi violare il proibito eccita e sfidare la sorte esalta, fa sentire forti, invincibili in modo malsano. L era il suo più pericoloso avversario e questo lo rendeva ancora più peccaminoso ed eccitante.

Insomma, pur di non ammettere di essere omosessuale, Light senza rendersene conto aveva escogitato tutta una serie di strategie e ragioni logiche a giustificazione del suo comportamento. E visto che queste ragioni lo soddisfacevano, aveva iniziato a concedersi qualche iniziativa in più.

Questa volta, invece di sfilargli la matita dalla sua costruzione improvvisata, ne aveva aggiunta una in più, posandola sopra alle altre con la stessa cautela e delicatezza usate da lui.

-Grazie- gli aveva sussurrato L, un po’ stupito e un po’ imbarazzato.

-Prego- gli aveva risposto, rivolgendogli un sorriso che non era stato ricambiato. Conquistare il detective e farlo sciogliere sarebbe stato difficile, ma non impossibile.

D’altronde lui era pur sempre Kira, il dio del nuovo mondo.

 

 

-Stavo pensando che ormai ci conosciamo abbastanza bene da poter dividere il letto- gli disse Light, con disinvoltura -Invece di fare a turni sulla sedia possiamo dormire entrambi qui, tanto il letto è per due-

L alzò lo sguardo cerchiato e poi lo abbassò, addentando una ciambella.

-Non credo sia il caso-

-Perché?- gli domandò Light, incrociando le gambe.

-Perché io non chiuderei occhio comunque- gli rispose schietto. Light gli sorrise.

-Possiamo anche stare svegli, se vuoi…-

-Allora non vedo che senso abbia farlo- ribatté, logico e razionale come un robot. Dentro però stava andando a fuoco.

“Osso duro” pensò Light.

-Va bene. Come vuoi, Lawliet-

-Chiamami L- gli disse, prima che lui spegnesse la luce.

Naturalmente L non chiuse occhio. Le tre ore successive rimase sveglio, col cuore che non smetteva di battere velocemente. Fissava Light che dormiva silenziosamente al suo fianco, bello e perfetto dalla testa ai piedi.

Per la quinta volta aveva allungato una mano verso di lui, ma prima che potesse sfiorargli i capelli l’aveva ritratta subito, mettendosela dietro la schiena.

Voleva davvero dormire accanto a lui? Ma era forse impazzito?

Allungò di nuovo la mano, ma prima che potesse sfiorargli i capelli, la ritrasse, di nuovo.

“No, è sbagliato” pensò, addentando l’ennesimo cookie con le gocce di cioccolato “È sbagliato, lui non vuole”

Ma quelle labbra…

Non aveva mai baciato nessuno e probabilmente presto sarebbe morto senza aver mai saputo cosa significa.

Era così triste, così ingiusto…

L lo guardò, disperatamente tentato. Cos’era un bacio, dopo tutto il male che lui gli aveva fatto? La sua vita era appesa a un filo per colpa sua.

Un bacio, solo un bacio sulle labbra. Non lo avrebbe mai saputo.

L si alzò dalla sedia cercando di non far tintinnare la catena delle loro manette e si inginocchiò goffamente di fronte a lui. Aveva gli occhi chiusi, Light, i capelli castani chiari erano spettinati sulla fronte spianata e le labbra erano appena dischiuse, invitanti. Avvicinò il viso il suo e con estrema delicatezza gli sfiorò le labbra con le proprie. Il suo stomaco si contrasse, ebbe la sensazione che le sue viscere si annodassero tutte, ma in modo piacevole.

Light non si accorse di nulla e L volle rifarlo.

Lo baciò di nuovo con molta cautela e discrezione, ma più lo baciava, più si sentiva insoddisfatto e voleva di più. Al terzo bacetto, però, qualcosa cambiò. Le labbra di Light si mossero e una mano da dietro gli afferrò forte i capelli, in prossimità della nuca. L spalancò gli occhi e vide che gli occhi nocciola di Light erano aperti, svegli.

L si staccò immediatamente.

-Scusa!- esclamò, balzando all’indietro -Scusa, perdonami! Sono mortificato, Light, io…-

Ma Light ridacchiò e gli afferrò un polso -Lo sapevo, lo sapevo, non sbaglio mai!- esclamò esultante, spingendolo quasi con la forza contro di sé per baciarolo intensamente, finalmente.

L si pietrificò, restando con gli occhi spalancati. Avvertì la lingua umida dell’altro insinuarsi tra le sue labbra e le sue mani tiepide sollevargli il bordo della maglietta bianca.

-Light…- lo chiamò, intimorito -Light, questo esula da…-

-Shh, stai zitto- gli sussurrò, eccitato -Sarà il nostro piccolo segreto-

Lo indusse a sedersi sopra di sé, L ormai era diventato un burattino tanto era rigido e pietrificato. Light gli sfilò la maglietta bianca e gli accarezzò il petto, e la sensazione che fosse liscio quasi quanto quello di Misa ma duro, consistente, gli piacque talmente tanto che si piegò a baciargli un capezzolo. Lo accarezzò con la lingua, sentendolo sussultare e stringergli così forte le spalle da fargli male.

Light ansimò, per la prima volta nella sua vita aveva smesso di ragionare per lasciare libero sfogo all’istinto, alla foga. Ma come fece per baciargli quello sinistro, i battiti rumorosi del suo cuore attirarono la sua attenzione. Alzò gli occhi dilatati verso di lui, L lo fissava agghiacciato, passivo e immobile come una statua.

-Troppo veloce?- gli domandò, risollevandosi all’altezza del suo viso.

Il detective non rispose, ma in compenso aveva la faccia di uno che stava per avere un infarto, e dal modo forsennato in cui il suo cuore batteva, l’ipotesi non era poi così remota. Light allora pensò quasi istantaneamente a Rem, al Death Note e alla morte per attacco cardiaco… E se fosse proprio quello il preludio? Il pretesto per ucciderlo?

-Ehi, calmati- gli disse allora Light, preoccupato -Calmati, scusa-

-Sono calmo- pigolò L, con gli occhi sbarrati.

-No, non lo sei-

-Sì che lo sono- mentì, visto che il suo cuore era ancora sul punto di esplodere. Il giovane lo abbracciò e L naturalmente restò rigido, con le braccia abbandonate lungo i fianchi.

-Sei illibato, vero?-

-Dimmi la verità, Light- gli sussurrò, in balia di sentimenti contrastanti -Sei tu Kira, vero?-

Questa volta fu Light a irrigidirsi. Si allontanò da lui e interruppe l’abbraccio.

-Ti dico un’altra verità- soggiunse, serio. L lo guardò negli occhi, aspettandosi il peggio.

Ma il peggio non arrivò, perché Light gli accennò un sorriso.

-Credo di essere gay-

L rimase basito, ma non perché la notizia lo aveva colto di sorpresa. Era pur sempre un detective dotato di un intuito e di abilità deduttive straordinarie, ben al di sopra della media. La cosa sorprendente era che Light lo avesse ammesso.

-Nulla che non sapessi già, Light- gli rispose, sorridendo appena.

 

 

 


 

 

-Diventerai gay-

-Non diventerò gay, Mihael-

Mello sorrise a Near, addentando il suo cioccolato -Oh, sì. Te lo garantisco-

-Certo che se tu continui a importunarmi con questi discorsi, finirai per plagiare la mia mente. Si chiama vessazione psicologica su minore- esclamò il bambino albino.

-Anche io sono un minore- replicò Mello, sorridendogli.

-Sei ultra quattordicenne e come tale diventi perseguibile penalmente- precisò Near, mettendosi a braccia conserte.

-Ma sono comunque un infrasedicenne e te sei stato riconosciuto come plusdotato, non c’è storia- gli fece una linguaccia. Anche Near gliela fece, Mello lo ricambiò, gli si avvicinò e…

-WATARI! Mello mi ha baciato in bocca!-

-NON È VERO!-

Il povero Watari alzò gli occhi al cielo e li ignorò, continuando a scrivere lentamente un sms a L.

“Come stai? Tutto bene?” digitò. Dopo un nano secondo arrivò la risposta, secca e concisa come al solito.

“Benissimo”

L’anziano signore alzò le sopracciglia, non era da L sbilanciarsi coi superlativi. Se non il semplice “bene”, al limite diceva benino.

Iniziò a scrivere un sms, quando all’improvviso una mela rossa si mosse dalla fruttiera, volteggiò in aria e rotolò sulla tavola, come per magia. Watari si alzò in piedi e corrugò le sopracciglia, allarmato. Ma che diavolo…

E intanto nel salone, dove c’erano Near e Mello impegnati in un corpo a corpo piuttosto equivoco, un quaderno nero cadde dal cielo e finì sul tavolo di fronte, come per magia.

Per Ryuk era tempo di divertirsi.

 

 


 

-Chi era?- gli chiese Light, di fronte al loro guardaroba.

Era a torso nudo e presto anche L si sarebbe dovuto togliere la maglietta bianca per mettersene un’altra, praticamente uguale ma pulita.

-Watari- gli rispose, dandogli le spalle. Light gli afferrò i  fianchi e aderì contro di lui.

-Non ce la fai proprio a stare dritto, vero?- gli sussurrò, suadente.

L scosse timidamente la testa e Light gli spinse la schiena indietro, strappandogli un ansito.

-Guarda, saresti alto come me. Anzi, anche di più- gli fece notare, baciandogli il collo. L chiuse gli occhi e sussultò.

-Sei… Sei bravo in matematica?-

-Me la cavo-

-Sapresti dirmi quanto fa 365 diviso 184?-

-Lawliet…-  gli sospirò Light sulla guancia -Voltati, ti prego-

-Chiamami L- gli disse per l’ennesima volta ma si girò, sentendo subito le labbra dell’altro premere contro le proprie.

Se possibile, L cercò di non irrigidirsi e di non farsi prendere da quella sorta di ansia che lo bloccava. Aprì la bocca e subito la lingua di Light lo raggiunse, togliendogli quel poco di fiato che gli restava in gola.

-Comunque fa 1,98- gli sussurrò Light, sorridendogli.

-Sì, esatto. Quindi l’anno scorso i vari Kira hanno ucciso in media una persona ogni due giorni-

-Solo?- scherzò, afferrandogli le parti basse. L trasalì e gli afferrò forte il polso.

-Non…! Non è poco- gemette, irrigidendosi e deglutendo -Light, non credo che potrei sopravvivere-

-Non essere stupido. Ti ho già detto che sopravviverai-

Lo baciò di nuovo con intensità, ignorando il cellulare che gli vibrava nella tasca dei pantaloni.

-Ti suona il cellulare- gli fece notare L tra un bacio e l’altro.

-Non mi interessa-

-È Misa- insistette, reggendo il cellulare tra l’indice e il pollice e piazzandoglielo davanti al viso. Gliel’aveva sfilato dalla tasca e Light non se n’era neanche accorto.

-Saresti un ottimo ladro, lo sai?-

-Devi rispondere o si insospettirà- insistette L, guardandolo di sottecchi -E tra poco dobbiamo scendere-

-Va bene. Ma stanotte sei mio- gli promise, senza ottenere alcuna reazione -Pronto? Ciao, Misa…-

L si sedette, come sempre pallido se non per le labbra, insolitamente arrossate per via di tutti quei baci. La sua mente non sapeva più che pesci pigliare, l’ansia gli aveva ottenebrato il cervello e forse era proprio quello lo scopo di Light, mettere fuori gioco la sua arma più potente, ovvero la testa. E conoscendolo…

Gli diede le spalle e si tolse velocemente la maglietta per mettersene un’altra pulita, indossandola altrettanto in fretta.

Era tutto sbagliato, tutto era una completa e totale follia. Light era Kira e lo stava manipolando, l’unica spiegazione razionale e plausibile che L si dava era quella. Insomma, non poteva davvero provare qualcosa per lui, in fondo nessuno poteva provare quel tipo di attrazione per lui. Stima, magari ammirazione per la sua abilità nel risolvere i casi, ma non… Non attrazione sessuale.

Si ficcò in bocca tre biscotti, cercando di non pensarci.

Una cosa era certa: Light era Kira e presto loro due si sarebbero separati per sempre.

“O io muoio o lui viene condannato a morte” pensò, dato che in Giappone vigeva ancora la pena capitale. In realtà, non sapeva bene cosa sperare tra le due cose. Morire e lavarsene le mani, lasciando Kira libero di uccidere, sarebbe stato sicuramente molto egoistico.

Come diceva Watari, la natura lo aveva benedetto con una mente plusdotata, perciò era suo compito ripagarla come meglio poteva.





 

 

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Capitolo 7
*** Teso quanto te ***


 

L’irriverenza di Ryuk era nota nel regno degli Shinigami. 

La sua imperitura voglia di divertirsi e di combattere la noia lo aveva indotto a gettare il proprio Death Note sulla Terra,  per giunta nel cortile di un liceo. Aveva imbrogliato il grande re degli Shinigami, aveva infranto almeno una decina di regole e si era divertito da impazzire di fianco al brillante Light Yagami. Non poteva sperare in un detentore migliore di lui.

Ma ora il vento dello spasso soffiava altrove, per la precisione nei pressi di un appartamento al quindicesimo piano sito nel centro di Tokyo, e Ryuk non si faceva alcuno scrupolo nel seguirlo.

Egli era amorale, a stento distingueva il bene dal male, e si era da sempre professato neutrale: a differenza di Rem, egli non stava dalla parte di Light, né di nessun altro.

Non per niente, ora si trovava nel covo segreto di Watari, col sorriso grottesco e imperituro dipinto sulle labbra viola. Aveva disseppellito il proprio Death Note e lo aveva portato ai due ragazzini più bizzarri e intelligenti che avesse mai visto: Nate River e Mihael Kheel.

Questi due giovani, insieme al vecchio Watari, ora erano davanti a lui e lo fissavano sconvolti.

In ordine, il dio della morte aveva rivelato loro che:

 

1 La regola dei tredici giorni era falsa.

 

2 Rem si era affezionata a Misa.

 

3 Light Yagami era Kira.

 

 

-Dobbiamo subito dirlo a L!- esclamò Watari, angustiato.

-C’è un problema però- lo bloccò Near -Se glielo diciamo, Rem ci ucciderà tutti, vero?-

Ryuk ridacchiò, addentando tutto contento l’ottava mela rossa della giornata -Eh sì…-

-E allora? Come diavolo facciamo?- esclamò Mello, frustrato -Ingaggiamo un sicario per uccidere Light?-

-Io sono un cecchino- esclamò Watari, teso -Per L sono disposto a questo e ad altro-

-Meglio restarne fuori e pagare qualcuno di esterno- lo confutò Mello, riflessivo.

-No, l’essere bianco ci troverebbe comunque e ci ucciderebbe. Ricordatevi che è pur sempre un dio della morte. E poi… Sono certo che L non voglia questo. Lui non ama uccidere in questo modo barbaro-

-L, L, L!- sbottò Mello, infastidito -Tu non sei L, Near, impara a ragionare con la tua testa-

-So di non essere L- si difese il ragazzino, assottigliando lo sguardo -Ma ciò non mi impedisce di imparare da lui-

-Tanto non sarai mai alla sua altezza- 

-Parli tu, che non sei nemmeno alla mia-

-ORA BASTA!- li interruppe Watari, facendo ridere Ryuk -Smettetela di bisticciare, sembrate due bambini dell’asilo! Quanto a te- si rivolse allo Shinigami -Esiste un modo per ingannare il Death Note?-

Ryuk ciondolò, dando un bel morso alla mela -Forse un modo ci sarebbe…-

-E quale sarebbe?-

Il sorriso grottesco del demone si allargò -Che cosa mi date in cambio?-

 

 


 

 

-Cosa mi dai in cambio?-

-Non è divertente, Light-

Light aveva un luccichio spaventoso negli occhi, sicuramente lo stesso che aveva quando scriveva i nomi nel Death Note.

L invece era immobile, ammanettato coi polsi sulla sponda del letto. Ecco cosa succedeva a fidarsi di un killer psicopatico. Le manette che gli avevano tenuti uniti per tutti quei mesi e che L qualche ora fa aveva deciso di togliere, adesso gli tenevano le braccia sollevate contro il letto.

Ma quando il gioco si fa particolarmente duro, L tira fuori gli attributi.

-Avanti, rispondimi- esclamò, accarezzandogli il busto da sopra la maglietta bianca e basica -Che cosa mi dai in cambio, Lawliet?-

-Il mio nome è L, non so più come dirtelo-

Ma Light lo interruppe con un bacio, solo che L scalciò come un cavallo imbizzarrito.

-Che ti prende?-

-Liberami, ora-

-Te l’ho già detto, voglio qualcosa in cambio. Ti desidero, ma sarò sincero. È la mia prima volta con un uomo. So per sentito dire… Insomma, so ciò che sanno tutti. Tu hai ben sette anni in più di me e hai sempre saputo di amare gli uomini. Saprai qualcosa in più-

“Che bastardo” pensò L.

-Se magari mi togli le manette, possiamo anche discuterne- gli disse, cercando di mantenere il sangue freddo -Non mi sento a mio agio così, Light-

-Ma a me piace vederti così, in balia delle mie decisioni…- gli diede un bacio, spingendo il ginocchio tra le sue gambe, facendogli montare quella ben nota sensazione di languore e spine allo stomaco.

-Sei uno psicopatico. La tua mente è perversa- 

-La mia? Parla quello che mi spiava mentre facevo la doccia- 

-Credi che lo facessi per ammirare il tuo bel fisico?- gli rispose L, con la sua solita voce piatta e apparentemente tranquilla -Fatti un bagno di umiltà, Light, perché sei solo un assassino. E se hai smesso momentaneamente di uccidere, è solo per merito mio-

-Non sono un assassino- gli sussurrò assertivo, guardandolo negli occhi.

-Sì, che lo sei- lo contraddisse il detective, sicuro.

-E perché mi hai baciato, allora?-

-Perché credevo e credo tuttora di stare per morire- gli rispose L, sincero.

-E quindi?- gli rispose Light, sorridendo -Non è una giustificazione. A meno che non fosse stato il tuo primo bacio, ma voglio ben sperare di no-

L lo guardò, sostenuto -Ognuno ha le proprie priorità. Da quando avevo quattordici anni, ho risolto ventotto cold case, ho sventato sette attentati e salvato approssimativamente mezzo milione di persone. E chissà quante altre ne salverò, quando riuscirò a comprovare la tua colpevolezza-

-Quindi sono stato il tuo primo bacio- concluse Light -Davvero deprimente, Lawliet-

-Tu non sai neanche cosa vuol dire l’aggettivo deprimente- gli rinfacciò L.

-Quanto ti sbagli. La mia vita era la quintessenza della depressione, prima che…

-Prima che?- esclamò subito il detective, severo -Prima che trovassi il Death Note, per caso ?-

Light sorrise “Perspicace, ma non abbastanza…”

-Prima che incontrassi te- mentì, furbo -Sei riuscito a vedere al di là della mia maschera e all’inizio questo mi innervosiva, tu mi innervosivi, ma poi ho capito che avevo un disperato bisogno di qualcuno che riuscisse a farlo, di qualcuno che fosse alla mia altezza. Perché per una volta non provi a lasciarti andare? Chiudi gli occhi-

Gli posò una mano su quegli occhi perennemente aperti e vigili e lo baciò sulla bocca.

La bellezza di L e del suo essere diverso andava al dì là dei suoi modi goffi e strambi. Non era da tutti risultare attraenti senza alcun tipo di accorgimento, con una sindrome dello spettro autistico e moltissime ore di insonnia alle spalle.

Light gli slacciò il bottone dei pantaloni e gli calò la cerniera, ignorando i suoi “no” di protesta. Non sapeva bene neanche lui cosa fare -O meglio, come fare- ma alla fine si rese conto che quello era come se fosse il suo corpo, solo dai colori più pallidi e le ossa più sporgenti. Gli abbassò l’elastico dei boxer, ma L sbottò.

-Non farlo, ho detto! Ti prego, non farlo- lo supplicò, sollevando energicamente le ginocchia contro il petto.

-Perché? Lasciami provare…-

-Non farlo. Non voglio, ti prego-

Light non sapeva cosa pensare. Le sue mani formicolavano dalla voglia di accarezzarlo e gli era venuta perfino l’acquolina in bocca, ma non volle insistere ulteriormente. In fondo, era molto teso anche lui, pur non dandolo a vedere.

-Preferisci farlo tu a me?-

-Non ne sono capace- gli rispose subito L, sgranando gli occhi.

-Ma sì che lo sei- lo confutò Light, nervoso -Tutti lo siamo-

-Light liberami, ti prego-

Il giovane abbassò lo sguardo e gli obbedì, tristemente. Gli tolse le manette dal letto e rimase inerte, osservandolo mentre balzava in piedi e si chiudeva con ansia i pantaloni.

-Pensavo di piacerti…- gli disse, incupito.

-Ma tu mi piaci-

-E allora? Qual è il problema, allora?- insistette Light, imbarazzato.

-Io sono L, Light, e credo fermamente che tu sia Kira. Non mi sentirò mai a mio agio con te-

-Ma guardami, ti sembro un bruto? Un violento?- gli domandò, esasperato -Non vedi che sono teso quanto te?-

-Preferisco un bruto a un assassino- gli rispose il detective, perentorio -Mi dispiace, Light-

-Come preferisci- esclamò Light, freddo ma ferito nel profondo -Tanto sei tu a perderci, non io-

-Non lo metto in dubbio- convenne L, docilmente -Ora è meglio che vada-

Light istintivamente fece per alzarsi dal letto, ma poi si ricordò che non avevano più le manette e che non c’era bisogno che si muovessero in coppia. Si sdraiò sul fianco, verso il muro, cercando di chiudere gli occhi e di fingersi calmo.

“Chi se ne frega. Ma chi lo vuole ” si diceva, sentendo la porta che si chiudeva “Non è nemmeno normale, non mi merita. Diavolo, se non mi merita”

Eppure sentiva un profondo dolore dentro, un vuoto frustrante e pesante come un macigno, che gli mozzava il respiro. Si asciugò le lacrime con uno scatto rabbioso, sentendosi terribilmente patetico e debole.

Lo avrebbe amato, ecco la verità. Lo avrebbe amato lentamente, dolcemente, sinceramente… Non come con Misa.

Light strinse forte i pugni. L avrebbe pagato caro questo affronto. Carissimo, in un modo che non poteva neanche immaginare.

Ogni minima goccia delle sue lacrime sarebbe stata vendicata, ogni minimo, addolorato…

-Kira?-

Il giovane Yagami sussultò dalla sorpresa e si voltò di scatto, trovandosi proprio L, ancora L, di fronte a sé. Il giovane torreggiava nel buio con gli occhi ben aperti, gli ricordava quasi uno zombie. 

-Kira- ripeté L con un filo di voce, svuotato -Potresti toccarmi, per favore?-

Light dischiuse le labbra, ma notò subito la grossa erezione che svettava dai jeans del suo sedicente nemico.

Inutile dire che Kira sorrise.

 



 

“Death Eraser”. 

Gli occhi di Near sfavillavano. 

Non aveva neanche mai pensato a un’eventualità del genere, non gli era nemmeno vagamente occorsa per la mente, eppure ora che lo sapeva, gli pareva ovvio.

Una sorta di gomma che cancella i nomi scritti nel Death Note e che riporta in vita le vittime secondo determinate regole.

Ryuk aveva spiegato loro che più che una gomma era una sorta di gemma di cristallo nero che, se passata sopra al nome, lo faceva svanire, come se l’inchiostro sublimasse verso l’esterno. Ovviamente doveva seguire delle regole precise: la vittima non doveva essere morta da più di un’ora, e il suo corpo doveva essere ancora integro, in modo da permettere il ripristino delle funzioni vitali minime. Chi viene carbonizzato e ridotto in cenere in un incendio, ad esempio, non può tornare in vita.

Near teneva ben stretto tra le piccole mani il prezioso manufatto ultraterreno, e lo esaminava con occhi curiosi. A vederlo, sembrava proprio un bambino…

Qualcuno, però, suonò al campanello.

-Chi può essere a quest’ora?- domandò Watari, allarmato. 

-Vado io- soggiunse Mello con un ghigno, mettendosi una pistola tra i pantaloni di pelle. Near si nascose dietro a Watari e Mello con irruenza e coraggio spalancò la porta, solo che, invece di trovarsi un nemico come segretamente sperava, si trovò L, un pallidissimo e inzuppato L.

-E tu che cosa ci fai qui?- gli domandò malamente, appoggiandosi allo stipite.

-L!- esclamarono Watari e Near in coro, andando verso di lui -È pericoloso, non puoi stare qui!-

-Scusami, Watari- gli rispose L, contrito, mentre Near gli andava incontro.

-Ho scoperto tantissime cose- lo informò il piccoletto con orgoglio, stringendolo forte.

-Abbiamo- lo corresse Mello, ingelosito.

-Bravi- sussurrò L, accarezzando i capelli argentati di Near.

-L Lawliet!?- lo chiamò Watari, severamente -Perché sei venuto qui!? Light Yagami…-

-È Kira- disse subito Mello, attirando lo sguardo esausto del detective -E abbiamo le prove-

Il cuore di L perse un battito.

-A-avete le prove?- balbettò, con un filo di voce. Near gli sorrise e gli mostrò il Death Note sconosciuto, quello che fino a quel momento era rimasto segreto.

-Questo è il quaderno che ha usato Light Yagami nelle vesti di primo Kira- gli spiegò Near, serio -Dalla calligrafia dei nomi segnati si può facilmente risalire a lui. Se inoltre leggi il regolamento, noterai che la regola dei tredici giorni non c’è, per cui abbiamo una prova concreta della sua natura fittizia. Inoltre, il Death Note che avete voi nel Quartier Generale è quello appartenuto a Misa Amane, il secondo Kira-

-Proprio come avevo pensato fin dall’inizio- sussurrò L, incredulo ma sconfortato. Near annuì, abbacinato dalla sua bravura, Watari gli sorrise.

-Sei davvero un mago, ragazzo mio- lo elogiò Watari, orgoglioso più che mai -Un fenomeno-

Come L toccò il Death Note, gli apparve alla vista Ryuk, seduto con una cassa di mele sul grembo e un ghigno orribilmente divertito.

-Un altro Shinigami…- sussurrò L, più a se stesso che agli altri. Poi aprì il quaderno e lesse gli ultimi nomi scritti in bella calligrafia…

 

Kuro Otoharada

Shibuimaru Takuo

Lind L. Taylor

Kiichiro Osoreda

Raye Penber

Naomi Misora

Beyond Birthday

Kyosuke Higuchi

Wedy

Aiber

Kanichi Takimura

 

Light era Kira oltre ogni ragionevole dubbio, tutto tornava, tutto quadrava. Il caso era risolto ma nel suo cuore, L sentiva di essere morto. Aveva sempre saputo che Light fosse Kira, eppure nel suo cuore una piccola fiamma di speranza era rimasta accesa, lo aveva confortato, illuso, riscaldato… Ma ora c’era solo il gelo della realtà e la consapevolezza di essersi innamorato di un assassino destinato a morire.

-Capisco- sussurrò L, chiudendo il quaderno e cercando vanamente di sorridere -Dovevo aspettarmelo da voi due, siete… Siete bravissimi. Insieme diventate più bravi di me-

L aveva la voce rotta, gli occhi lucidi e un’espressione addolorata. Near indietreggiò appena per guardarlo in viso, perplesso.

-Cosa c’è che non va, figliolo?- si preoccupò subito Watari, vedendo la sua espressione prossima alle lacrime.

L scosse la testa -Niente- sussurrò, ma proprio mentre diceva così, una lacrima gli solcò il viso. Mello e Near si scambiarono un’occhiata confusa, e Ryuk fece la sua iconica risatina -L non sembra molto contento di avere vinto…- esclamò, divertito.

-L’essere mi ha tolto le parole di bocca- concordò Mello, sottovoce.

-Oh, L- lo confortò dolcemente Watari, abbracciandolo. Il detective rimase rigido, con le braccia abbandonate lungo i fianchi -Vedrai, andrà tutto bene-

-Non andrà tutto bene. Va tutto male, Watari- gli sussurrò debolmente, restando di pietra mentre le lacrime gli solcavano velocemente le guance.

-Perché dici così? Il caso è risolto e tu non morirai- cercò di consolarlo -Light non era tuo amico, L, non lo è mai stato. Ci ha ingannato tutti-

L annuì -Lo so, l’ho sempre saputo. Ma è stato il primo amico che abbia mai avuto-

-E il primo con cui sei andato a letto- lo corresse Mello, cinico ma sveglio -Ecco perché stai piangendo-

Watari sgranò gli occhi e guardò Mello come se fosse impazzito.

-Che orrore- esclamò Near -Questo è uno dei tanti motivi per cui voglio restare bambino per sempre-

-Nate!- lo richiamò severamente Watari.

-Suvvia, L, guarda il lato positivo- lo consolò Mello -Puoi sempre venire a letto con me e Matt, se vuoi-

-Mihael!-

Ryuk rise, ma l’espressione di L non mutò di una virgola. Era strano vederlo piangere, il suo viso restava pallido e le labbra rimanevano serrate, solo gli occhi lacrimavano copiosamente. Sospirò e si allontanò dall’abbraccio confortante di Watari.

-So cosa fare, ora. Grazie per il vostro aiuto, ragazzi- si rivolse a Near e Mello -Se sono vivo, è solo per merito vostro-

-Per te questo e altro, L- gli disse Near, Mello invece minimizzò alzando le spalle.

-Quindi? Cosa pensi di fare ora?- gli chiese Watari.

-Semplice- esclamò L, atono -Vado ad arrestare Light-
















Note
C'è nessuuuuuuuno?  xD
Hello? Is there anyone here??
Ho fatto la doppietta dello 0, un mio nuovo record devo dire, ma eppure ci siete! Lo vedo che visualizzate!!! 
Ve ne approfittate perché non conosco i vostri nomi e non posso vedere i vostri visi, dite la verità...
Comunque, sappiate che siamo alla fine. Il prossimo capitolo potrebbe essere l'ultimo o il penultimo, dipende da quanto viene lungo. E niente, spero che vi sia piaciuto!







 

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Capitolo 8
*** Sono io, Kira ***


 

Il rumore del temporale era quasi assordante. La pioggia aveva iniziato la sua discesa scrosciante dalla notte prima e pareva non voler cessare mai.

Gli Shinigami non erano infastiditi dall’acqua, né dal freddo o dal caldo. Si può dire che nemmeno si accorgevano dei cambiamenti del clima terrestre.

Ryuk e Rem non avevano particolari difficoltà a volare nell’atmosfera nuvolosa e carica di pioggia. Il problema riguardava l’argomento della loro conversazione, che come al solito aveva fatto infuriare la morigerata e compassata Rem.

-Come hai potuto rivelare l’esistenza della Death Eraser agli umani? Avevi giurato che non l’avresti più fatto!- lo rimproverò Rem, indignata.

-Suvvia, non lo scoprirà nessuno…- minimizzò quello sbruffone Ryuk.

-Gli umani non sono in grado di gestire l’equilibrio tra la vita e la morte. Ti costerà caro, il Grande Re si infurierà-

Ryuk ridacchiò -Non essere così pessimista. Non lo saprà mai, se tu non glielo dirai-

-E cosa ti fa credere che io tacerò, Ryuk?-

Il mostro la guardò negli occhi vuoti con un ghigno -Il fatto che non sopravviverai abbastanza a lungo per poterlo dire-

Rem non si scompose né cambiò espressione, in attesa di ulteriori spiegazioni da parte del suo simile.

-L Lawliet conosce la verità su Light e Misa-

-Che cosa!? Non è possibile- gli rispose subito Rem, angosciata.

-Invece sì, visto che gliel’ho detta io- le sorrise il dio, impertinente. La Shinigami si fermò di scatto e lo guardò con odio.

-Allora ucciderò L Lawliet- sentenziò con tono fermo -Non permetterò a nessuno di fare del male a Misa-

-Ma così facendo, tu morirai-

-Non morirò, se Light Yagami scriverà il suo nome al posto mio-

-È vero- concordò Ryuk, sogghignando al pensiero che Light e L erano coinvolti sentimentalmente.

Tutto stava diventando più divertente del previsto.

 

 



 

 

Light non aveva toccato cibo, aveva lo stomaco completamente chiuso. Si guardava intorno con circospezione e osservava gli altri uomini della squadra investigativa, chiedendosi lucidamente se qualcuno sospettasse qualcosa oppure no.

Tutto sembrava normale, tutti si comportavano come al solito, con la disinvoltura di chi ha a che fare con la routine quotidiana.
Light sorrise, l’adorabile L non aveva detto nulla, proprio come immaginava.

Lo aveva in pugno e chissà, magari sarebbe diventato anche un suo alleato. Con L al suo fianco, avrebbe scalato la vetta dell’Olimpo. 

Faticò a non sorridere e a comportarsi come se nulla fosse.

Cercò di distrarsi focalizzando le sue attenzioni su un’altra questione spinosa: l’omosessualità. A Light, l’idea di essere omosessuale non piaceva affatto, la considerava come un’onta alla sua connaturata perfezione.

Si chiese se davvero trovava attraenti o sessualmente invitanti gli uomini che erano lì.

La risposta era rigorosamente negativa.
La semplice idea di baciare Matsuda o di masturbare Mogi gli faceva venire la nausea.

E allora perchè avvampava all’idea di toccare di nuovo L? Perché voleva rivederlo mezzo nudo, eccitato, arrabbiato, privo finalmente delle barriere che lui stesso aveva eretto intorno al suo corpo?

L era intelligente e interessante, ma il fascino mentale rende più che altro simpatici, non sessualmente appetibili…
Light imprecò mentalmente e scosse la testa. La sessualità era qualcosa di troppo complesso e stravagante per poter essere compreso o banalizzato. Se nella mente alberga una vena masochistica o perversa, perfino ciò che si considera repellente finisce per diventare attraente.

Perversione, ecco la parola giusta. Desiderare L, il suo avversario, nonché la persona più stramba che avesse mai conosciuto, era semplicemente un bisogno dettato da una animalesca sete di perversione.

No, non era omosessuale.

Quell’inetto di Matsuda gli faceva proprio schifo, e anche tutti gli altri.

Stupidi, inetti esseri inferiori.

L non era stupido e neanche inetto. L era geniale e pieno di risorse nascoste. Detta in altri termini, L non era un essere inferiore. A Light piaceva soprattutto il suo cervello, e forse quello che aveva tra le gambe era passato in secondo piano.

Beh, più o meno

A conti fatti, quello di ieri era stato in assoluto il sesso migliore della sua vita… Sempre se si possa considerare “sesso” quella sorta di ruvida e disperata lotta che avevano improvvisato tra le lenzuola. Più che un amplesso, gli era sembrata una delle numerose risse che avevano combattuto. Violenta, sudata, disperata. Non aveva mai visto L così arrabbiato...

“Sei tu Kira, maledetto bastardo. Dimmelo, Light, dimmelo, ti prego!” 

Ed era stato in quel momento, nel bel mezzo di un violento e spasmodico orgasmo, che Light aveva ceduto ed era uscito definitivamente allo scoperto.

-Sì. Sono io, Kira- gli aveva sussurrato all’orecchio, proprio mentre i loro corpi sudati tremavano di piacere.

In quel momento aveva sentito chiaramente le mani di L serrarsi contro le sue spalle e il suo seme inzuppargli il ventre piatto.

Probabilmente, quello era stato il momento più bello della sua vita. Non aveva mai percepito così tanto potere e così tanto trionfo come in quell’attimo. Era stato totalizzante e inebriante.

E si era forse pentito Light di avere fatto a L una simile rivelazione? Risposta: no.

Lo avrebbe rifatto cento volte.

-Sono perfettamente in grado di fermarli-

-Non sottovalutarli-

-Ho tutto sotto controllo- ribadì Light, accarezzandogli il ciuffo.

-No, Kira. Non hai tutto sotto controllo-

Light aveva accennato un sorriso -Sì, invece. Ho pur sempre il migliore detective del mondo dalla mia parte… Tu mi proteggerai, vero L?-

 

 

 


 



 

-Vado ad arrestare Light-

 

-Cosa? Non puoi andare da solo, figlio mio!- escalmò Watari, convinto e preoccupato.

-È la cosa giusta da fare- ripeté L, con gli occhi spalancati e le guance ancora bagnate dalle lacrime -Lui si fida di me-

-Perché dovrebbe fidarsi di te?- si era intromesso Near, con gli occhi ridotti a due fessure -Come fai a esserne sicuro?-

-Perché mi ha confessato espressamente di essere Kira- rispose loro, lasciandoli senza fiato dalla sorpresa.

-Impossibile!- esclamò Mello con tono assertivo e perentorio -È semplicemente impossibile. Abbiamo studiato Light Yagami, abbiamo tracciato il suo profilo criminale e ti posso garantire con certezza che si farebbe ammazzare piuttosto che dire la verità-

-Mello ha ragione- convenne Near, per una volta d'accordo col suo amico -È semplicemente impossibile. O forse tu non sei stato del tutto sincero con noi?-

L guardò Watari, il quale sollevò le sopracciglia, senza sapere cosa dire o cosa aspettarsi.

-L-lo chiamò con tono incoraggiante -Puoi fidarti di noi, noi siamo dalla tua parte. Non hai alcun motivo di tenerci all'oscuro di qualcosa, qualunque cosa essa sia-

-Light ha confessato mentre...- esitò, ricordando con grande imbarazzo quel momento -Mentre eravamo a letto insieme-

Dopo un attimo di turbamento iniziale, Mello scoppiò fragorosamente a ridere.

-DIMMI CHE È UNO SCHERZO!- esclamò divertito, mentre Watari osservava il detective con aria allibita -Ancora una volta, le scopate si dimostrano il sistema più veloce ed efficace per ottenere le informazioni! Mi chiedo solo perché tu non l'abbia fatto prima!-

-Mihael, non esagerare- lo rimproverò Watari.

-Tutto il mondo è paese, Watari- gli rispose Mello, con un ghigno -Non mi sorprendo affatto che Light Yagami abbia confessato. Ciò che però mi chiedo è se l'hai fatto a posta oppure no, L- Mello si rivolse al giovane, assottigliando gli occhi già di per sé sottili -Allora, 
L!? Te lo sei scopato per farlo confessare o per... Qualcos'altro?-

-Certo che l’ho fatto a posta- sibilò L, gelido. Mello e Ryuk sorrisero, divertiti più che mai, ma lo stesso non si poteva dire di Near e Watari.

-L? Stai parlando sul serio?- gli chiese l’anziano, interdetto. Il giovane lo guardò tristemente e annuì.

-Non giudicarmi, per favore-

-Non ti giudico, ragazzo mio. Ma… Ce n’era davvero bisogno?-



 


 

-Aizawa, hai visto L?-

-No, Light. Non ho idea di dove sia-

Il giovane forzò un sorriso -Va bene, grazie comunque- gli rispose gentilmente, mettendosi a sedere nella sua postazione. Il posto libero di L, proprio di fianco al suo, gli dava l'impressione di essere sulle pendici di una voragine, una sensazione di vuoto e solitudine che non aveva mai sperimentato prima. Forse, dopo mesi passati con le manette, uno attaccato all'altro come gemelli siamesi, quella separazione improvvisa era stata ancor più netta e incisiva di quello che in realtà era. Chissà se anche L aveva provato la stessa cosa...

Notò che sul banco c’era ancora un piattino e una forchettina da dolci, usati e ancora sporchi di crema dalla sera prima. Light afferrò la forchettina e se la mise in bocca, succhiandola e passandola bene sopra alla lingua.

-Light?- lo chiamò duramente suo padre.

-Papà…- esclamò, togliendosi la forchetta di bocca.

-Noto con piacere che tu e Ryuzaki non indossate più le manette- constatò, rigido.

Light gli rivolse uno dei suoi sorrisi ipocriti -No, infatti. Ryuzaki finalmente si è deciso a lasciarmi andare. Gli è occorso del tempo, ma meglio tardi che mai-

-Quindi, suppongo che adesso potete anche dormire in una stanza separata, dico bene?-

Light lo guardò negli occhi, reprimendo l’impulso di mandarlo al diavolo.

-Ma certo- gli rispose calmo, gentile, mentre tutti tacevano.

-Bene-

Light si risiedette nella sua postazione e guardò il suo fidato l’orologio. Erano le 9 di mattina e di L ancora nessuna traccia.

Dove poteva essersi cacciato quel bocconcino? Non che Light fosse preoccupato, però…

Prese il cellulare e compose subito il numero di Misa.

Ovviamente la ragazza gli rispose dopo neanche due squilli, entusiasta.

-Light!- esclamò, incredula che il suo “fidanzato” l’avesse chiamata di sua iniziativa -Buongiorno, amore!-

-Ciao, Misa. Ascolta, ti volevo chiedere una cosa- le disse, calmo -Rem è con te, vero?-

-No, non è con me-

Light aggrottò le sopracciglia e si irrigidì, allarmato -Come no?- esclamò duramente, con un sorriso nervoso -Deve essere con te per forza, Misa-

La ragazza si fece spaventata -Ehm, no… Light, non è qui-

Il giovane si alzò di scatto dalla sedia ma proprio in quel momento vide L entrare dalle porte scorrevoli, sempre con le mani in tasca, l’espressione vuota e gli occhi cerchiati di nero.

-Light? Light, sei ancora lì?-

-Non importa, ci sentiamo a dopo- la liquidò velocemente, senza staccare gli occhi dall’amato. Anche L aveva posato lo sguardo su di lui.

-L! Abbiamo novità sul caso Kira!- lo salutò Matsuda, andandogli incontro con entusiasmo.

Matsuda iniziò a fare il resoconto parlando a raffica, ma il detective non lo stava realmente ascoltando. Guardava Light con un’espressione indecifrabile e Light ricambiava il suo sguardo con un sorriso appena accennato, ma beffardo, divertito.

-…E questo è quanto- terminò Matsuda -Siamo sempre più convinti che Kira si trovi in un altro continente. Secondo l’FBI potrebbe nascondersi negli Stati Uniti, o magari in Canada-

-Va bene, basta così- lo interruppe L, monocorde come al solito.

-Ryuzaki, posso parlarti un attimo in privato?-

-Devo lavorare, Light

-Insisto- ribadì Light, con un tono di voce esigente -Per favore, Ryuzaki-

L annuì appena e lo seguì, davanti alle espressioni scandalizzate degli altri membri investigativi. Il padre di Light era sempre più infastidito dal loro rapporto pressoché simbiotico.

-Sono diventati molto amici…- mormorò Matsuda, guardandoli mentre si appartavano fuori dalla stanza

-Già, molto- convenne il padre di Light, con lo sguardo cupo e fisso sullo schermo.

 

-Finalmente. Stavo iniziando a preoccuparmi…- Light lo baciò sulle labbra screpolate, tirandogli al contempo indietro le spalle.

L rimase pressoché immobile tra le sue braccia, come un fantoccio inanimato.

-Dove sei stato?- continuò Light, con ancora le mani strette nelle sue spalle.

-Non sono affari tuoi-

-Da Watari?- indovinò subito Light, baciandolo ancora. L era sporco di zucchero a velo, il che rendeva le sue labbra ancora più appetibili… E sublimi.

-Può darsi- borbottò, con gli occhi fissi a terra e le mani in tasca.

-Hai delle novità da raccontarmi?-

-Sembri preoccupato, Kira-

-Lo sono, infatti. C’è qualcosa che non mi torna- gli sussurrò, giocando a carte scoperte come al solito -Come mai Rem non è qui, nel luogo dove dovrebbe essere conservato il suo Death Note?-

L a quel punto sollevò lo sguardo su di lui. Kira aveva un’espressione tesa, agitata, anche se non voleva darlo a vedere.
-Hai appena saputo che Rem non è con Misa, non è vero?- azzardò L, piatto ma come sempre assertivo -Avevi visto che il Death Note non era più conservato nelle nostre casseforti e hai dato per scontato che Rem l'avesse riportato nelle mani di Misa, il secondo Kira, nonché l'essere umano che ama. Mi dispiace informati che non è così-

Light sgranò gli occhi, la sua espressione si fece allarmata.

-Te l’ho detto che non hai tutto sotto controllo- continuò il detective -Devi andartene, Kira-

-Io non vado proprio da nessuna parte- esclamò Light con un sorriso nervoso, ma preda di un'angoscia senza precedenti -Cosa stai cercando di fare? Vuoi provocarmi? Farmi arrabbiare? Eccitare, magari?-
L non gli rispose. Il maestoso cervello di Light, intanto, aveva iniziato a elaborare tutte le informazioni. Ecco perché Misa non aveva ancora parlato con Rem! La Shinigami non era con lei perché la ragazza non era più la vera proprietaria del secondo Death Note! Ma quelle morti nelle americhe? Quegli stupratori uccisi proprio come lui le aveva ordinato? E poi… A che scopo espropriarla del Death Note? Per darlo a chi, poi, posto che comunque quei criminali sono stati uccisi ugualmente? E poi, come diavolo faceva L a sapere che Rem si era innamorata di Misa!? No, c'era qualcosa che non tornava, qualcosa che gli sfuggiva.

Light guardò l’amato con rabbia.

-Se credi di spaventarmi, sbagli di grosso. Guardami, Lawliet, guarda fin dove sono arrivato- gli sussurrò, incatenandolo nei suoi occhi esagitati -Io sono un genio, sono un dio, sono Kira! E non sarà certo una sciocchezza del genere a fermarmi-
-Vedi, è qui che sbagli- gli rispose L, calmo ma allo stesso tempo duro e severo -E il tuo comportamento è stato così prevedibile e scontato, che mi sento quasi deluso da te. Credevo fossi diverso dagli altri criminali megalomani con cui ho avuto a che fare in passato, e invece no. Commettete tutti lo stesso, identico errore-

-E quale sarebbe?-

-Presto lo capirai da solo. Mi dispiace, Light Khun- 

L fece per dargli le spalle e andarsene, ma Light gli afferrò forte un braccio.

-Lawliet, per favore- lo supplicò Light -Non farmi questo-

-L, il mio nome è L. Non sai nemmeno come mi chiamo-

-Sì che lo so, me lo hai detto tu. Ti chiami Lawliet-

-Non mi chiamo Lawliet- lo sorprese il detective -Il mio nome è L, Lawliet è il mio cognome. Ed è per questo che sono ancora vivo, vero? Perché non avevi capito che L era effettivamente il nome?-

-Sei vivo perché ti amo- gli rispose Kira.












 



Note
Forse ho una vena sadica, ma fare impanicare quel gradasso di Light mi riempe di gioia. Così impara.
Non so se il plot vi sta diventando chiaro, ammetto che si è molto più complicato del previsto ( e certo, il fatto che sono stata 6 mesi senza aggiornare suppongo non aiuti). Se avete qualche buco di trama basta chiedere...

Spero di non averli resi OOC. D'altronde, gestire una storia d'amore tra L e Light credo comporti inevitabilmente uno strabordamento dagli argini. Però io credo fermamente che tra loro due, nell'anime-manga, ci fosse una tensione sessuale molto forte e resto convinta del fatto che si piacessero, segretamente. Qui ho solo cercato di mettere per iscritto e giustificare questa mia convizione, spero in maniera efficace. A presto con quello che sarà, molto probabilmente, l'ultimo capitolo.





 

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Capitolo 9
*** L’ultimo colpo di Kira ***



Subito dopo che L se ne fu andato per fare ritorno alla base investigativa, Watari si era dato prontamente da fare.

Con una telefonata aveva radunato le forze speciali che lo avevano accompagnato in Giappone, quelle segrete, che conosceva personalmente e che avevano da sempre collaborato a stretto contatto con L.

Infatti, solo pochi eletti erano stati informati della verità, ossia del fatto che Light Yagami, il giovane, promettente e gentile figlio del commissario, fosse Kira.

E ora L e Kira erano ripresi negli schermi del loro computer, in atteggiamenti intimi, o presunti tali. Sicuramente si erano baciati in bocca.

-Cosa diavolo sta facendo, L!?- gridò Mello, addentando con nervosismo la sua barretta di cioccolato -Cosa aspetta ad arrestarlo!? Stai a vedere che si è innamorato di lui sul serio. Cazzo, perché ho sempre ragione?-

-Fai silenzio, lasciami ascoltare!- lo rimproverò duramente Watari, avvicinando le orecchie quanto più possibile al pc.


-L, il mio nome è L. Non sai nemmeno come mi chiamo-

 

-Gli ha detto il suo nome!?- ribadì il giovane, sconvolto, accompagnando la frase con un’altra imprecazione.

 

-Sì che lo so, me lo hai detto tu. Ti chiami Lawliet-

-Non mi chiamo Lawliet. Il mio nome è L, Lawliet è il mio cognome. Ed è per questo che sono ancora vivo, vero? Perché non avevi capito che L era effettivamente il nome?-

-Sei vivo perché ti amo-

 

 

I due sbarrarono gli occhi, increduli da quello che avevano appena sentito.

-Passami un cellulare- esclamò subito Watari, angosciato, senza distogliere lo sguardo dallo schermo -Subito!-

Mello obbedì celermente e l'anziano compose in fretta il numero di L, che ovviamente sapeva a memoria. Il telefono squillava, ma da quanto emergeva dallo schermo, L sembrava non averlo con sé. O forse lo stava semplicemente ignorando.

-Avanti, rispondi, ragazzo mio...- lo supplicò Watari, guardando dallo schermo il suo viso sconvolto.



 

-Sei vivo perché ti amo-

 

L non si intendeva molto di criminologia, era un aspetto del suo lavoro che non aveva mai realmente approfondito.

Lui risolveva i casi basandosi sulle evidenze scientifiche e sul metodo deduttivo, poco gli interessavano i moventi o i deficit relazionali, emotivi o sociali, che spingevano il reo a delinquere. Lui doveva solo trovare il colpevole e fermarlo prima che commettesse altri danni, punto.

Ma con Light questo suo modo di ragionare, così logico e freddo, si era dimostrato inadeguato. L aveva pertanto del tutto ribaltato il suo modus indagandi e si era affidato in primo luogo all’intuito e poi anche all’istinto. L aveva come percepito che in Light ci fosse qualcosa di sospetto fin dal primo sguardo. Era troppo perfetto, troppo gentile, la sua condotta era troppo pulita e inappuntabile… Non era normale. E poi il suo sguardo calcolatore, ingegnoso e a tratti perfino beffardo, il suo modo di osservare gli altri, di muoversi silenziosamente come un predatore, lo avevano del tutto convinto della bontà delle sue supposizioni.

Si vedeva a occhio nudo che Light era Kira, ma era come provare l’esistenza di un virus senza il microscopio: impossibile.

E ora che L sapeva con assoluta certezza la verità, si sentiva perso, angosciato dai suoi stessi sentimenti.

Lo odiava con tutto stesso, ma al tempo stesso lo amava, nel senso romantico del termine. Gli serbava una stima quasi viscerale, perché Light aveva compiuto quella notevole impresa tutto da solo, dimostrando un sangue freddo e una genialità stupefacenti. Allo stesso modo, le menzogne e la scaltrezza diabolica con cui aveva agito, raggirato e tessuto le trame dei suoi piani erano sintomatiche di una personalità deviata e pericolosamente criminale. L non si sentiva di escludere che lo stesse ingannando anche in quel momento, al solo scopo di ingraziarselo e annebbiargli il cervello.

“Ti amo” gli aveva detto. Ma c’era da credergli?

-C’è mai stata una volta in cui hai detto la verità?- gli rispose infatti, severamente, ignorando il cellulare che vibrava nella tasca.

-Ti sto dicendo solo la verità!- esclamò Light, estenuato -L, ti prego, guardami negli occhi e dimmi se ti sto mentendo- lo esortò, convincente -Noi due non possiamo farci la guerra, non lo capisci? Non vedi quanto siamo simili e superiori rispetto a tutti gli altri? Io e te insieme potremo diventare invincibili! Potremo regnare su un mondo nuovo e depurato dal male come due vere e proprie divinità. Devi solo unirti a me e sposare la mia causa-

-Light! Cosa diavolo state facendo!?- esclamò la voce di Soichiro Yagami, interrompendoli bruscamente -Perché ovunque io mi volta, trovo voi due insieme?-

Light mollò subito le spalle di L e lo fulminò con lo sguardo -Papà ho diciannove anni. Lasciami in pace-

-No, ragazzino, io non ti lascio in pace! Perché tu sei mio figlio e almeno quando siamo in servizio, esigo che tu ti comporta in modo dignitoso!-

-Dignitoso!? Io e Ryuzaki stavamo parlando di lavoro!- mentì furente, con la faccia di bronzo degna di un criminale -Sei tu che ci hai interrotto!-

-E perché non condividete con noi ciò che sapete? Anche noi stiamo lavorando per il caso Kira!-

Light alzò gli occhi al cielo e si voltò verso L come per cercare un appoggio, solo che il detective si era già dileguato. 

Si era infilato dentro l'ascensore, non abbastanza in fretta per evitare di sentire i richiami di Light, ed era salito fino al dodicesimo piano. C'era una stanza in quell'area del palazzo pressoché inutilizzata, una stanza che gli aveva predisposto Watari e che non aveva mai potuto raggiungere, a causa della convivenza forzata con Light. Dentro a questa stanza c'era solo un pianoforte.

L suonava il pianoforte quando la sofferenza o la paura prendevano il sopravvento su di lui. Aveva imparato a suonarlo alla Wammy House, in un tempo relativamente breve, ed era bravo, ma non amava esibirsi in pubblico. Lo suonava solo quando aveva la certezza di essere solo e lontano da orecchie discrete, come in quel momento. O quanto meno, lontano da orecchie umane.

-Non ti permetterò di fare del male a Misa- gli aveva ultimato Rem -Giurami che non la coinvolgerai nelle indagini-

L non smise di suonare -Mi dispiace, ma ti giurerei il falso- 

Rem torreggiò su di lui, minacciosa -O fai come ti dico, o io ordinerò a Light Yagami di ucciderti-

-Non mi importa- le rispose L, alzando il suo sguardo triste su di lei -Non ho più niente da perdere, ormai-

-La tua vita non ha alcun valore?-

-Ora non più- le rispose L, abbassando lo sguardo. Prese il proprio cellulare dalla tasca e cominciò a digitare un messaggio.

 

L’arresto di Light avverrà oggi alle 14. Puoi iniziare ad avvertire le autorità.


Watari lesse il messaggio a voce alta di fronte ai due giovani detective.

Era fatta, avevano vinto.



 

 

Ore 13:48

 

Pioveva, ancora.

Il tempo ultimamente era dei peggiori. Temporali, vento, pioggia battente e un freddo decisamente non stagionale, visto che era primavera.

Ryuk e Rem erano sospesi in cielo e osservavano da lontano quei due ragazzi in piedi sotto la pioggia.

Ryuk sogghignava ormai da dieci minuti, incessantemente. Vedeva a occhio nudo i cecchini di Watari appostati nel palazzo adiacente e alcuni uomini dei servizi segreti perfino sul tetto insieme a loro.

-Cosa dici che accadrà, adesso?- domandò a Rem, divertito.

-Uno dei due sta per morire. Lo percepisci anche tu-

-Sì, hai ragione… Però aspetta, lasciami guardare cosa fanno. Gli umani sono sorprendenti!-

 

 

 

-Che cosa stai facendo qui sopra, L?-

L era in piedi sotto la pioggia, sul tetto calpestabile del palazzo. Il volto era malinconicamente rivolto verso il cielo e i vestiti, completamente inzuppati, aderivano sul suo corpo scarno ma ben fatto. Se avesse avuto una buona postura e avesse curato un minimo il suo aspetto, L sarebbe risultato davvero bello, forse anche più di me, giudicò Light. Peccato solo che si guardava allo specchio saltuariamente e praticamente si vestiva al buio.

-L!- gridò più forte, cercando di sovrastare il rumoroso scroscio della pioggia. L’altro si voltò e un fulmine di tristezza passò nel suo sguardo, tra le sue ciglia bagnate. Gli accennò comunque un sorriso e gli fece segno di non aver sentito, e quindi Kira decise di raggiungerlo, a malincuore sotto il temporale.

-Mi spieghi cosa ci fai qui?- gli domandò amichevolmente.

-Pensavo- borbottò L, continuando a guardare il cielo plumbeo.

-Alla proposta che ti ho fatto?-

-Light, io…-

-Tu mi piaci- lo interruppe bruscamente quest’ultimo -Senti, so che sono Kira e che i nostri trascorsi non sono stati dei migliori, però io sono Light prima di tutto e tu prima di tutto sei L, non un detective, dico bene?-

L non rispose ma il suo sguardo segnato parlava per lui. Mani in tasca, spalle e collo ricurvi, occhi svuotati: con quella postura sembrava che lo guardasse dal basso, pur essendo perfino più alto di lui.

Light gli si avvicinò -Tu mi piaci davvero. Non so dirti il perché e non so nemmeno se i miei sentimenti sono qualcosa di puro o perverso, ma sta di fatto che li provo- gli accennò un sorriso -Ed è la prima volta che mi succede-

La pioggia batteva inesorabile, senza sosta. Light iniziava a sentire freddo, l’acqua lo aveva raggiunto in ogni anfratto del suo corpo lasciato scoperto dai vestiti. Si sporse verso di lui e lo baciò sulle labbra. Per la prima volta, L chiuse gli occhi e non si irrigidì.

-Mi dispiace tanto, Light- gli disse sinceramente dopo che si staccarono, col cuore ridotto a un fagotto di dolore.

-Ti dispiace di cosa?- gli chiese l’altro, intuendo il pericolo.

-Mi dispiace, ma tu sei prima di tutto Kira e io sono prima di tutto un detective- gli rivelò, guardandolo negli occhi -Sei ufficialmente in arresto, Light Yagami-

Light gli sorrise, incredulo -Sono cosa?-

-Sei in arresto per omicidio plurimo aggravato!- dissero delle voci alle sue spalle. A Light si gelò il sangue nelle vene. Degli uomini armati e comparsi dal nulla gli bloccarono velocemente le braccia dietro la schiena e lo costrinsero a inginocchiarsi per terra. Altri armati fino ai denti gli puntarono una luce contro, e c’erano perfino due elicotteri in avvicinamento.

Light faticò a comprendere cosa era appena accaduto, tanto era sconvolto. Ma quando lo capì, la furia di Kira imperversò dentro di lui.

-L!- gridò a gran voce -TU NON HAI LE PROVE! NON PUOI INCASTRARMI!-

Ma L si sollevò la maglietta e gli mostrò il Death Note nascosto in mezzo a pantaloni, il primo Death Note, quello che aveva posseduto e trovato per la prima volta nel cortile del suo liceo. Light sgranò gli occhi.

-Non è possibile- esclamò, agghiacciato.

-Avrei tanto voluto che le cose andassero diversamente, Light. Il caso Kira è ufficialmente chiuso-

Altri uomini in divisa, comparsi da chissà dove, iniziarono ad applaudire e osannare L, gli elicotteri intanto li avevano ormai raggiunti. A Light girava la testa.

Cosa diavolo stava succedendo? Come aveva potuto trovare quel quaderno, visto che era seppellito sotto terra?

“Ryuk” realizzò subito. Quel bastardo lo aveva tradito!

-L!- gridò disperatamente, prossimo a una crisi di nervi -L! Ti prego!-

Ma il detective gli dava le spalle, accerchiato dalle sirene della polizia, dai motori rumorosi degli elicotteri, dagli applausi e dalle lodi degli uomini dell’intelligence. Ignorava del tutto le loro pacche sulla spalla o i loro tentativi di stringergli la mano, L, troppo impegnato com'era a guardare il cielo per l'ultima volta.

Light, o meglio, Kira, intanto continuava a gridare il suo nome e a ribellarsi, finché non fu trasportato altrove.

 

-Ora tocca a te- esclamò Ryuk a Rem.

 

 




Light aprì gli occhi e subito iniziò a tossire, sentendosi soffocare come se avesse un cappio al collo. Sembrava che a ogni colpo di tosse gli arrivasse una pugnalata tra le costole, non c’era un solo osso o un solo muscolo che non gli facesse male.

Il suo volto era tumefatto e la stanza in cui era segregato era molto angusta, isolata, chiusa da un pesante portone blindato.

Respirava a fatica e in tutto il corpo sentiva un grande, insopportabile dolore. 

“Sono morto?” pensò subito, ma poi si rese conto che no, non era morto: era semplicemente in galera. Ma sarebbe morto presto. I detenuti nel braccio della morte giapponese duravano sì e no un mese, giusto il tempo per fissare la data e sbrigare tutte le faccende burocratiche.

Poteva considerarsi morto, praticamente. Ma questa non era neanche la parte peggiore, perché la morte pura e semplice non lo intimoriva, in verità. Il problema vero e spinoso si poneva ora, su questa terra: vivere la sconfitta e mostrare al pubblico ludibrio il proprio fallimento. Vedere l’espressioni inorridite dei suoi genitori, degli amici, del FBI e del mondo intero. Accettare la sconfitta ed essere sbeffeggiato, maledetto e assalito dalla gogna mediatica.

La morte, in confronto a ciò, era solo un piacevole epilogo.

Light cercò di alzarsi in piedi dalla branda, ma le ginocchia non lo ressero e perciò rovinò al suolo. la testa gli girava, la manica della propria camicia nuova era stata brutalmente strappata. “Mi hanno sedato” collegò subito il suo cervello, sveglio malgrado la tortura subita.

Light si mosse, cercando di ricordare, o meglio realizzare bene cosa fosse successo.

L

I poliziotti.

L’elicottero.

I pugni, i calci, il sangue.

L

L

L.

All’improvviso, piombò dal soffitto della cella un quaderno nero, sottile, che cadde per terra proprio ai suoi piedi. La scritta “Death Note” era stranamente in rosso.

-Ciao, Light- lo salutò una voce gelida alle sue spalle. Light non trasalì né sussultò, si voltò solo verso Rem. La mise a fuoco a fatica, aveva gli occhi molto arrossati -Dunque hai perso la guerra. L ha vinto-

-No, non... Non è così- rantolò, strisciando verso di lei -Io sono un dio, sono Kira, non posso…- tossì forte, sputò sangue -…Perdere-

-Tu non sei un dio, Light Yagami, sei solo uno dei tanti uomini illusi che hanno vissuto in questo pianeta- gli rispose duramente Rem, senza un briciolo di pietà -Ma io voglio darti un’altra possibilità-

Light sollevò faticosamente gli occhi su di lei, sorpreso.

-Puoi ancora vincere, se lo vuoi- ribadì Rem -Devi solo scrivere il suo nome in quel Death Note. Scrivi il nome di L e vincerai-

Light afferrò con mani agitate il Death Note, in mezzo c’era perfino una matita tutta nera, con la punta affusolata.

Ma esitò.

-Che cosa aspetti, Light?- lo spronò il dio -Guarda come ti ha ridotto: ferito, imprigionato, umiliato…-

-Smettila- sussurrò lui, sporcando di sangue il foglio.

-Ti ha privato della tua dignità-

-Basta!-

-Scrivi il suo nome- gli ordinò Rem, calma ma inesorabile.

-No…-

-Scrivilo adesso. Mostragli chi sei-

-Mostrargli chi sono, hai detto?- ripeté Light, i suoi occhi si illuminarono di un bagliore di trionfo -Sì, hai ragione. Gli mostro chi sono, chi sono veramente-

Rem non sorrise e guardò severamente Light mentre racimolava le sue ultime forze per impugnare la matita extraterrestre e scrivere. Con un ultimo, estenuante sforzo, scrisse il nome e poi lasciò cadere il quaderno a terra, come a volersene disfare, liberare del tutto.

Sul suo viso si era dipinto un sorriso esultante e un po' malato. Rem lo studiò col capo piegato di lato e afferrò il quaderno. Sgranò gli occhi magici quando lesse cosa aveva scritto.

-Oh, Light. Da te questo non me lo aspettavo- gli disse Rem, sorpresa, chiudendo il quaderno -Ha proprio ragione Ryuk. Voi umani sapete essere sorprendenti-

-Consideralo come l’ultimo, grande colpo di Kira- le sussurrò Light, trionfante. 

E infatti, sulle pagine ingiallite del quaderno della morte, c'era scritta in bella calligrafia la seguente frase:

 

Light Yagami, morto per amore.








 




Note
Cari lettori silenziosi, questo è quanto... MA non è finita, la situazione potrebbe ancora ribaltarsi...
Appuntamento all'epilogo, con una sorpresa ;)
Intanto voglio dedicarvi la canzone che ha ispirato questa storia e che per me è legata indissolubilmente a L e Light: "Crown of Love", degli Arcade Fire.






 

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Capitolo 10
*** Sono io, la Giustizia ***


"La giustizia suppone già molto amore".
Frederick Ozanam

 

 







-NON PUOI FARMI QUESTO! NON PUOI FARMI QUESTO! NO!-

-Per favore… Non avrei mai pensato che Light arrivasse a tanto. Devi credermi-

-NON PUOI, NON PUOI, NON PUOI!-

Gridava con tutto il fiato che aveva in corpo. Degli urli disumani, che avrebbero fatto venire la pelle d’oca anche a un dio della morte.

-Misa, ti prego- la supplicò Rem, ma la ragazza era fuori di sé, letteralmente. Aveva rovesciato tutta l’argenteria a terra, si era strappata i capelli e se l’era presa con lei, rabbiosa.

-RIPORTALO INDIETRO, RIPORTALO INDIETRO!!-

-Non posso riportarlo indietro…-

-Sì CHE PUOI!- ruggì la ragazza, con gli occhi rossi e gonfi di pianto -SEI UN DIO DELLA MORTE O NO!? RIPORTALO INDIETRO!-

-Misa… Puoi sempre rinunciare alla proprietà del Death Note, così non ricorderai più niente- le propose Rem, dispiaciuta.

-Non voglio dimenticare Light- le rispose, furibonda -Io lo voglio vivo, adesso! Ho rinunciato a metà della mia vita per lui e quella metà, l’ho ulteriormente dimezzata! Perché lo amo! Non puoi venirmi a dire che si è suicidato- pianse disperata, lasciandosi cadere sulle ginocchia -Ti prego, Rem. Ti prego, fa’ qualcosa o io mi uccido, adesso-

-Vuoi davvero che lo riporti in vita?-

-Sì- esclamò lei, sicura, annuendo vigorosamente -Scambia la mia vita con la sua, se è necessario-

-No, non è necessaria la tua vita- le rispose Rem, guardando Ryuk che volteggiava di fronte alla finestra, divertito.

“Basta solo la mia”

 

 


 

 

L sembrava più tranquillo. Era seduto vicino alla finestra a gambe incrociate, e guardava fuori. Le auto che passavano, le fronde degli alberi che danzavano a ritmo del vento, i passanti ignari, e la vita, che continuava e che sarebbe continuata. Ora che stava per andarsene, per L tutto aveva acquisito una nuova bellezza, un nuovo sapore. Ora capiva perché l'Entità Superiore che li aveva creati si ostinava a mantenere l'ordine: il mondo era bello, la vita valeva la pena di essere vissuta e gli esseri umani... Beh, gli esseri umani erano speciali e meritavano di essere protetti. L non aveva mai riposto particolare fiducia in loro, forse perché il proprio lavoro lo aveva posto in contatto con i più abbietti e spietati individui della società, forse perché non era stato particolarmente fortunato dal punto di vista famigliare, ma ora che la sua vita stava giungendo al termine, aveva come aperto gli occhi. Il mondo era bello, le persone non erano semplici vittime o pedine sacrificabili. Anzi, il valore di una vita, una sola, bastava per darne un senso a un'altra. 
L sapeva che presto sarebbe morto, e infatti in quelle poche ore successive all'arresto di Light, aveva cercato di risolvere tutto il più velocemente possibile, senza lasciare faccende in sospeso.

In quelle poche ore, infatti, il comunicato di Watari sull’arresto di Kira aveva fatto il giro del mondo. E L aveva ricevuto così tante mail entusiaste da parte dell'FBI, così tanti tentativi di connessione dall’Interpol e dai capi di stato di altri paesi che aveva spento il computer.

Tutti si complimentavano senza sosta, tutti cercavano di contattare Watari per parlare col detective e chiedergli delle delucidazioni in merito all’irrisolvibile e controverso caso Kira. Tra i servizi segreti c’era un fermento e un dibattito senza precedenti. Non aveva tempo per queste cose.

In compenso, in accordo con i suoi stretti collaboratori, L aveva deciso di mantenere segreta la storia del Death Note e degli Shinigami. La società non era pronta per conoscere una verità del genere, ci sarebbe stato troppo scompiglio, l’esistenza degli Shinigami avrebbe innestato troppa angoscia tra i civili e troppe conseguenze religiose, sociali ed economiche in tutto il mondo. Per questo, le autorità giapponesi si erano  limitate a parlare di Kira come di un’enorme associazione a delinquere con numerosi affigliati, che operava in tutto il mondo e che era appunto capeggiata da Light Yagami.

Questa era l’unica forma di verità sostenibile per le persone.

Pochissimi sapevano la verità… E chi non la sapeva, aveva come intuito che c’era sotto qualcosa, qualcosa di non detto.

Lo stesso governo giapponese, all’oscuro della reale vicenda, aveva accreditato a L in yen l’equivalente di due milioni di euro “Per i servizi resi all’Impero”, come se avesse intuito che genere di grave pericolo ci fosse stato in realtà. 

Inutile dire che il più felice di tutti fu Mello, che era rimasto a gioire al telefono con Matt per circa un’ora.

A L invece quell’inaspettato bonifico non aveva sfiorato minimamente. Anzi, gli era dispiaciuto che il Giappone si fosse privato di una cifra tanto ingente. D’altronde, lui aveva fatto solo il suo dovere, ciò per cui era nato, e poi, onestamente, non esisteva niente al mondo capace di sostituire ciò che aveva perso a causa di questo caso.

C’era solo un'ultima questione rimasta aperta, ovvero Misa.
Il problema di fondo non era piccolo, perché inserirla nelle indagini avrebbe comportato, automaticamente, la morte sua, di Watari, di Near e di Mello per mano di Rem.

L sapeva che il dio li avrebbe uccisi tutti, indistintamente. E un conto era la sua vita, che ormai era spacciata, un conto era quella delle persone che amava. Watari non si era espresso sul punto, ma Mello e Near si erano spaventati ed erano stati fermamente contrari sul fatto di coinvolgerla. Non volevano morire per nessuna ragione al mondo e L non poteva dare loro torto. E poi Misa non era un soggetto socialmente pericoloso, lasciarla a piede libero non avrebbe comportato alcun pericolo per le persone, di nessun genere… E tecnicamente ciò sarebbe valso anche per Light.

Light senza Death Note non avrebbe più ucciso né nociuto a nessuno. Non era un bruto o un violento, come lui stesso si era definito il giorno in cui avevano…

L si afferrò le ginocchia e se le strinse forte al petto, come a voler colmare il vuoto che sentiva dentro. 

Guardò di nuovo l’orologio, contò fino a quaranta secondi un’altra volta, ma invano: il suo cuore continuava a battere.

Se era vero che presto sarebbe morto, se la minaccia di Rem era fondata, allora questo strazio sarebbe finalmente finito. Ormai era da due ore che contava fino a quaranta inutilmente, e questo indugio protratto era strano.

Certo, se ne sarebbe andato conscio di aver svolto il proprio lavoro. Gli dispiaceva solo per Watari, lui avrebbe sofferto. E forse anche Near e Mello avrebbero pianto la sua dipartita. Ecco, questo gli dispiaceva molto, L non voleva far soffrire proprio nessuno.

E, forse, starsene su quella sedia a poche ore -o magari minuti- dalla propria morte non era una gran bella idea.

L si alzò in piedi, col pensiero di chiudersi a chiave in un bagno così da prevenire eventuali shock post traumatici ai suoi collaboratori. Solo che, come si alzò e si volse, Watari lo chiamò.

-L- lo raggiunse, facendolo irrigidire -C’è il capo di stato francese in diretta su Skype. Vorrebbe complimentarsi con te-

L aggrottò stancamente le sopracciglia e Watari capì al volo.

-I servizi investigativi privati mi hanno recapitato dei pasticcini- aggiunse, dolcemente -Non si sa come, ma sono venuti a sapere che tu ami i dolci-

-Abbiamo una talpa- scherzò L, pregando l’universo di non farlo morire proprio adesso.

Watari gli sorrise e si sedette di fronte a lui, sporgendosi dalla sua parte.

-Come stai? Vuoi che parliamo un po’?- gli chiese sottovoce.

Ma L scosse la testa, intrecciandosi un elastico per capelli tra le dita. Un elastico rosa, sicuramente appartenuto a Misa.

-Passerà, figliolo-

-Temo di no-

-Oh, via. Quante ne abbiamo passate?- cercò vanamente di consolarlo -Hai fatto la scelta giusta. Vivi con la consapevolezza di incarnare la giustizia, di essere la mano della legge. Molte persone devono la vita a te, non dimenticarlo mai- 

Ma L, da questo punto di vista, era un muro di gomma.

-Quando hanno fissato l’esecuzione di Light?- gli chiese infatti con tono monocorde, come se l’altro non avesse detto niente.

-Tra tre settimane- gli rispose Watari, sinceramente.

-Gli hanno fatto del male?- domandò di nuovo, senza nemmeno battere le palpebre.

-Temo di sì-

L smise di tirare l’elastico con le dita. Era in apnea, non respirava.

-Posso fare qualcosa per aiutarti?- gli chiese istintivamente Watari, e L sollevò gli occhi grandi e irrimediabilmente lucidi su di lui. Inaspettatamente, gli rivolse uno dei suoi rarissimi ma calorosi sorrisi.

-Grazie, Watari- gli disse solo, sincero.

-Per che cosa?- gli rispose l’anziano, colto di sorpresa.

-Per esserti comportato come un padre- aggiunse L, timidamente -Se ne avessi avuto uno, avrei voluto che fosse come te. Volevo che lo sapessi-

Per Watari l’emozione fu talmente grande che non realizzò subito la portata di quell’affermazione. Rimase senza parole e, commosso, abbracciò L, forte.

 

 


 

 

-Devi muoverti, Rem, ti restano solo otto minuti per salvare Light…-

-Il tempo degli umani si può facilmente raggirare- gli rispose lei, duramente.

-Quindi, cancellerai davvero il nome di Light dal Death Note? Ma così facendo, tu morirai. Gli Shinigami non possono allungare la vita degli umani, tanto meno riportali in vita-

-Ti stai divertendo, Ryuk?- gli chiese lei, mentre atterravano sul tetto della prigione giapponese -Sai che non ho altra scelta-

Il mostro sogghignò -Reeem? Spiegami una cosa… Perché ami tanto quella ragazza?-

-Quella ragazza?- ripeté lei, indignata -Non amo quella ragazza-

Ryuk rimase sorpreso. La sua espressione divenne grottescamente ottusa -Ah, no?-

-No, sciocco. Lo faccio solo per onorare una promessa che avevo fatto a Jealous. Possibile che tu abbia dimenticato il suo sacrificio? Egli ha dato la vita per salvare Misa Amane, e ha chiesto a me di fare altrettanto-

Ryuk le fece un sorriso diabolico -E allora? Io non lo farei, se fossi in te-

-So bene che tu non hai alcun un codice d’onore- gli rispose Rem -Ma non stupirti se gli altri non si comportano così-

I due mostri attraversarono le spesse pareti della cella dove giaceva il cadavere di Light, riverso a terra con un inquietante sorriso di vittoria congelato sul volto.

Nessuna delle guardie carcerarie se n’era ancora accorta, supposero. E in fondo non era nemmeno trascorsa un’ora dalla sua dipartita, non c'era da stupirsi.

Ryuk ridacchiò appena e guardò Rem mentre faceva comparire tra le dita di ossa la Death Eraser.

-Ryuk?- lo chiamò Rem, aprendo il quaderno -Dopo che io sarò morta, porta questo quaderno a Misa. Quella ragazza ha diritto di sapere che Light non l’ha mai amata, né mai lo farà-

Il dio sogghignò e annuì -A Misa, come desideri-

E così la Shinigami Rem sacrificò se stessa, cancellando il nome di Light dalle pagine del quaderno. L’inchiostro si sollevò dalla carta e sublimò in aria, trasformandosi in fumo denso e nero proprio davanti agli occhi ridenti di Ryuk. 

Rem cadde a terra e si decompose velocemente, e nello stesso istante Light Yagami sbarrò gli occhi e trasse un profondo, rumoroso sospiro. Si alzò a sedere, rigenerato, stupito, impressionato. Non aveva più nemmeno un graffio, la costola rotta e gli ematomi erano tutti completamente guariti.

-Bentornato, Light- lo salutò Ryuk, divertito -Avevo detto che sarei stato io l'unico destinato a ucciderti!-

Il giovane lo ignorò, strisciò solo verso la collinetta di polvere che aveva formato la decomposizione di Rem e ne trasse fuori il Death Note. Lo scrollò dalla polvere e l’aprì.

-Ma dimmi un po’- gli chiese ancora Ryuk, guardandolo mentre sorrideva -Sapevi fin dall’inizio che saresti tornato in vita, vero? Sapevi che lei ti avrebbe salvato?-

Il giovane alzò gli occhi su di lui e gli sorrise.

-Non dire sciocchezze, Ryuk, come avrei potuto saperlo?- gli rispose Kira, con aria innocente e insinuante a un tempo -Piuttosto… Sai a chi portarlo, vero?-

Ryuk prese il Death Note e lo aprì. Notò che era rimasta solo una scritta molto sbiadita, evidentemente cancellata, ma decisamente leggibile. 

Il mostro sorrise a Light e annuì, allegro.

Oh, sì. Sapeva a chi doveva portarlo…

E infatti lasciò cadere quel quaderno proprio sopra a un tavolino, a pochi chilometri di distanza dalla prigione, di fronte a un ragazzo che continuava ad aspettare con impazienza la propria imminente morte… O presunta tale.

L si alzò in piedi, e con molta calma lo raccolse e lo aprì. Ne lesse il contenuto, riconobbe la calligrafia, notò che era mezzo cancellato e sollevò lo sguardo, il suo cervello iniziò a correre e galoppare, a comprendere e ad analizzare.

Sorrise. Light riusciva sempre a sorprenderlo.

-L!?- sentì una voce amichevole chiamarlo -Ma sei ancora qui?-

-Sì, Watari- esclamò il detective, con un sorriso allietato -Sono ancora qui-



 

 

 

Parigi, 10 anni dopo.
 

 

Un uomo vestito in abito da sera camminava in silenzio per i quartieri alti di Parigi. 

Era molto elegante, i capelli scuri erano ben pettinati indietro, l’abito di alta sartoria che indossava era cucito su misura e il suo portamento ricordava quello di un principe.

-Vi distanziano solo dodici minuti di cammino- gli sussurrò una voce dal minuscolo e invisibile auricolare che aveva incastrato nell’orecchio sinistro -Tieniti pronto-

-Dodici minuti? Quindi potrei anche fermarmi a prendere una scatola di macarons- constatò costui tra i denti, fermandosi al semaforo dei pedoni.

-L, resta concentrato, grazie- lo rimproverò duramente Near dal ricevitore -Stai per incontrare la ricercata numero uno al mondo, non sei un turista in villeggiatura-

-Per me una ventina al cioccolato- si intromise la voce di Mello.

-Per me 4 al pistacchio e 4 alla vaniglia- aggiunse quella beffarda di Matt, da lontano.

L trattenne un sorriso e finalmente scattò il semaforo verde. Si rendeva conto che vestito così, tutto elegante e pettinato, attirava lo sguardo della gente come se avesse una freccia rossa puntata sopra la testa. Le parigine, poi, gli sorridevano. 

Cosa che odiava, tra l’altro.

Ma la gente è fatta così, ama ciò che luccica, si fa abbagliare dall’apparenza e non distingue ciò che è veramente luminoso da ciò che è solo superficialmente luccicante. 

Gli stessi champs elysee erano un’area votata al consumismo e all’apparenza. L non vedeva tutto questo fascino così decantato e celebrato dalla gente. Ma la veuve noir, ossia la pericolosa pluriomicida che era sul punto di incontrare, amava questi luoghi, adorava lo sfarzo, i soldi e l’eccesso. Per L invece erano tutte sciocchezze. Quell’abito costosissimo, che gli aveva procurato in gran segreto il governo francese, per lui erano soldi buttati. Anche lo sforzo di camminare tutto dritto e impettito - neanche avesse avuto una scopa ficcata in una certa parte del corpo- era da lui reputato come una velleità inutile. 

-Si è appena seduta alla Laudree Royal. E tu sei in ritardo- gli fece sapere Near, sempre dall’auricolare.

-Non farti venire l’ansia, amore- aggiunse la voce di Mello.

-L’ansia? Sono la voce della ragione, Mihael! Se voi tre idioti siete ancora vivi, è solo merito mio-

-Hai bisogno di farti una scopata-

-Non ho bisogno…!-

L si tolse l’auricolare dall’orecchio e se lo mise in tasca.

Parigi era molto allegra a quell’ora della sera, e brulicava di persone. Gente che usciva dal lavoro, turisti in posa che si scattavano le foto, ricche signorine che prendevano l’aperitivo nelle costosissime pasticcerie… C’era di tutto, tutto e niente al contempo.

Solo che poi si bloccò di scatto. In mezzo a tutta quella fanfara di gente c’era un ragazzo che lo stava fissando. Era dimesso, con la barba cresciuta di qualche mese e un cappellino in testa a celarne la vera identità.

L gli accennò solo un sorriso, per poi voltarsi e continuare imperterrito il suo cammino, la sua missione.

-Bonsoir, madame. Désolé, je suis en retard- salutò gentilmente la presunta assassina, sedendosi a tavola con lei.

L, dopotutto, era la giustizia.

 

 

 

 

 

 


 

 



 

Note
Eccoci arrivati alla fine, una fine in cui i nostri Lawlight SONO VIVI, TUTTI E DUE.
L infatti ha capito tutto, ha capito che Light si è suicidato con la consapevolezza di tornare in vita, ha capito che l'unica che è morta è stata Rem e che Light l'ha fatto anche e soprattutto per proteggerlo, perché in fondo in suoi sentimenti per lui erano reali. E poi a entrambi piace stupire l'altro, tanto che L stesso, per amore e per riconoscenza, ha impedito che Light fosse condannato a morte (non ho scritto come ha fatto, però sono certa che il nostro amato L avrebbe trovato un modo molto veloce e ingegnoso, tipo uno scambio di corpi o similia). E così il loro scontro si è chiuso in parità, come sarebbe stato giusto.  <3
Devo dirlo, scrivere questa storia è stata una scalata dura, ci sono stati molti imprevisti negativi e devo dire mortificanti (4 recensioni cancellate, sono stata a un pelo dal rimuovere la storia), MA sono ancora qui e sono estremamente contenta di averla finita, anche perché questo è esattamente il finale che avrei voluto, ed essere riuscita a metterlo per iscritto (ovviamente con tutti i miei limiti) mi ha reso felice. Perché vi dirò, in questo fandom non mi sento molto a mio agio, però amo così tanto L, ma così tanto, che potrei anche tornare con qualcosa di nuovo, magari con un Crossover un po' particolare…
Chissà ;)
Intanto grazie per avere letto e spero che la storia nel suo complesso vi sia piaciuta.
A presto,
Ecate
 

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