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L’urlo disumano straccia il
silenzio di piombo calato sull’intera sezione A della Yuuei.
Un grido che a sentirlo
altrimenti avrebbe fatto accorrere una frotta di Eroi, poliziotti, giornalisti
e semplici curiosi.
BakugōKatsuki
serra il pugno.
Prova il bisogno fisico di far
andare in frantumi qualcosa. Qualunque cosa.
E la frustrazione devastante di
non poterlo fare.
Ma c’è di peggio.
Quel grido gli echeggia nelle
orecchie rintoccandogli nel cervello e spappolandoglielo come ci avessero
assestato un pugno micidiale.
Tipo, un OneforAll al cento per cento.
Tra le palpebre socchiuse vede
quel perdente di Deku guardarsi e sgranchirsi le mani
quasi gli abbia letto in testa e voglia davvero fargli quel favore.
Dall’altro lato vede Jirou irrigidire le dita come i gatti e portarsele alle
tempie con un sibilo disperato.
La scimmia che si fissa incredulo
la coda, piantata a terra come l’avessero inchiodata.
Faccia da Scemo sembra piombato
in trance, non fosse per l’espressione attonita e non rincoglionita penserebbe
che si è mandato in blackout da solo per l’ennesima volta.
Ashido ha perso i sensi. Faccia Tonda e
la ragazza Rospo le stanno intorno nel tentativo di farle riprendere
conoscenza, ma senza risultato.
Poi si gira alle sue spalle.
Il bastardo a metà e Faccia da
Cadavere sono sul limite del percorso, interdetti. Fissano di rimando i
compagni, inebetiti, come se non credessero ai loro occhi.
Non tanto Shinsou, quanto
Todoroki pare essere stato colpito da un fulmine. La faccia a mezzo di quello
stronzo si è congelata in un’espressione che gli fa prudere i palmi dalla
voglia di andare lì e scartavetrargliela con un’esplosione.
Ma non ne è in grado.
E non solo perché la sua mano si
è ridotta ad essere meno della metà.
Non può più usare il suo quirk.
Però in compenso può ancora
ricorrere alla voce. “Cazzo, bastardo, la pianti di fissarmi cosi? Devo venire
a prenderti a calci in culo, stronzo?!”, si sforza di gridare fino a sentirsi
salire in bocca le tonsille.
Inutilmente.
No, non fa lo stesso effetto.
Tant’è che Todoroki fa una
smorfia esterrefatta. “Ba-Bakugō?!”.
“Sì, hai capito bene, sono io,
coglione. Che hai da guardarmi a quel modo?”
Effettivamente abbassa lo
sguardo.
E Katsuki
invece di calmarsi perde il lume della ragione.
Ammesso che ne conservasse
abbastanza anche prima di … questo.
Gli va sotto, afferrandolo per la
collottola e scuotendolo.
Una vecchia abitudine ormai.
“Apri bene le orecchie, se solo ti azzardi a …”
“Bakugō!
Lascialo, subito!” strilla Dekumerda con i miseri pugnetti serrati.
Oh,
cazzo. Porca puttana.
“Momo?” chiede Todoroki ancora a
mezz’aria.
“Sì, sono io. Hai sentito, Bakugō? Mettilo giù! Non ti permetto di maltrattare il
mio ...”
Non la fa finire, quelle chiacchiere
lo annoierebbero a prescindere, anche senza essere proferite dalla faccia da
cazzo di Merdeku.
“Ringrazia che ti è andata bene.”
Lo mette giù con malagrazia, spintonandolo all’indietro.
Gesù. Questa poi …
Non poteva capitargli di peggio.
Abbassa finalmente gli occhi su
di sé, sentendo salire il sangue nelle sclere.
Due enormi bozzi gli occludono la
visuale. E quando dice enormi vuol dire davvero “enormi”.
BakugōKatsuki
nel corpo di Yaoyorozu.
Se esiste un Dio, e inizia a
dubitarne seriamente a questo punto, sarebbe bene gli tiri addosso un meteorite
all’istante.
Perché non potrà garantire delle
sue reazioni da qui in avanti.
Faccia da Cadavere è accanto alla
scimmia, prova a scuoterlo dal torpore.
Jirou gli gironzola intorno, con fare
fin troppo sospetto.
Va sotto di loro. “Ehi, idioti,
voi chi cazzo siete?”
Earphone alza la mano. “Ojiro”, mormora,
e Shinsou gli- le? Boh!- scocca un’occhiata assolutamente vomitevole.
“E la scimmia allora?”
“Kaminari.”
“E in Faccia da Scemo chi cazzo
c’è allora?”
“Sono io, Kyoka,”
mormora il biondo appena intelligibilmente, quasi non osando respirare.
“Uh .”
Anche se non lo ammetterà mai,
inizia ad avvertire una vaga ansia stretta alla bocca dello stomaco.
E quelle due tette gigantesche
non aiutano certo.
Facendo due conti, mancano
all’appello due persone.
MerDeku e Occhi da Procione, ammesso che
non siano rimasti coinvolti altri imbecilli in quel casino.
E nessuna delle due ipotesi lo
rassicura.
Essere finito nel corpo di Deku … piuttosto si farebbe sparare alla schiena.
O si farebbe dar fuoco da
quell’altro stoccafisso del cazzo.
D’altro canto, finire sotto la
pelle fuxia di quell’altra schizzata … non è cosa che
lo faccia sentire a proprio agio.
Specie per un piccolo,
fottutissimo dettaglio.
Merda. “Ehi Faccia Tonda, chi cazzo è
quella?”
Uraraka rialza lo sguardo. E’ duro,
determinato. “Potresti quanto meno essere un po’ più educato, Bakugō-kun. Non ci perderesti nulla comunque.”
Fa un verso scocciato. “A parte
il tempo. Avanti, chi cazzo è?”
Uraraka corruccia le labbra, forse sta
per chiarirglielo quando un altro grido risuona dallo spogliatoio.
“Mina! Torna qui, per l’amor di
Dio! Mina!” urla Capelli di Merda.
Dietro il suo culo.
Coperto solo dai boxer. “Mina,
dannazione, vuoi tornare dentro? Ti prego! Vieni qui!”
“Ma assolutamente no! Ragazze,
guardate!” strilla, la sua voce sempre secca e ruvida ora suona acuta.
Gli ridurrà le corde vocali a
brandelli, come minimo.
E non solo quelle. “Ho un pene!
Volete vederlo?” cinguetta ancora, afferrando l’elastico sui fianchi.
“No!” Uraraka,
Asui, Ka … ehm, Jirou,e De… cazzo, Yaoyorozu si portano
la mano agli occhi in sincrono.
Anche lui in realtà.
Il suo uccello sta per essere
sputtanato davanti a mezza classe.
“Mina!” Per fortuna Kirishima l’ha serrata tra le braccia, irrobustendole per
evitare di muoversi.
“Eiji!
Dai, mettimi giù! Devo mostrare il mio nuovo amichettoalle ragazze! Dai!”
Bakugō non riesce a proferire verbo.
“Comunque …” mormora la voce del
bastardo, alle sue spalle.
Deve aver ripreso animo. E certo,
si è fatto parare il culo dalla sua donna … che si ritrova il culo di Deku.
Okay, cazzo, non fa tanta
differenza, alla fine. Non se si tratta di quell’idiota.
“Se la tocchi, ti rinchiudo in un
blocco di ghiaccio finché questa faccenda non sarà sistemata, Bakugō. Sono stato chiaro?”
Sta per tatuargli un’altra
cicatrice sull’occhio destro quando l’urletto di Ashido – con la sua voce- lo distrae.
“Dai Tooru
vieni!” trilla – ma si può dire così? – afferrando Hagakure
e trascinandosela dietro.
“Mina!” fa Capelli di merda,
tentando di riagguantarla, fallendo e lanciandosi al suo inseguimento.
“Aspetta, Mina!”
Bakugō inspira con forza.
Non sarebbe poi una così cattiva
idea.
ANGOLINO AUTRICE:
Salve!
Ritorno prima del solito con una nuova storia. Anya
non vedeva l’ora di pubblicarla e quindi ECCOLA.
La follia nata da una e poi due dieci venti serate in totale follia. Voi non
avete idea di quanto ci siamo divertite a scriverla x°°D
Spero che quel divertimento possa arrivare a voi anche solo un po’.
Godetevi la nostra piccolina.
Appuntino!
I capitoli sono
scritti uno da lei e uno da me, alternati. Abbiamo cercato di apparare i nostri diversi stili di scrittura ma se trovate
incongruenze, è per quello.
Iniziamo con questo capitolo di Anya–un po’ corretto, scusami tesoro- per poi proseguire col
mio e così via alternandosi!
La situazione è assurda. Più la guarda e più è assurda. Sero ride così forte ormai che non sente neanche le
voci dei suoi amici. C’è una confusione così grande che fa fatica a
identificare chi è chi.
A parte Mina. Lei è Bakugou. Cioè, Bakugou è lei. O
meglio...boh, non ne ha idea. Comunque è Bakugou quello che sta correndo con Tooru e Kirishima alle calcagna,
una divertita e l’altro disperato.
Mai visto Kirishima non quella
faccia in vita sua.
“Ma che diamine succede qua?” ride, piegato in avanti e con
le lacrime agli occhi.
Kamina...no, Jirou, gli scocca
un’occhiataccia, “Smettila di ridere Sero! Non è
divertente!”
“Oh, oh sì che lo è!”
“Non...no, non lo è!” sbotta Ojiro, disperato.
No, aspetta, non è Ojiro. “Aspetta. Chi eri tu?!”
“Kaminari, Kaminari!”
urla, sbattendo la coda a terra, “Ahia, cazzo! Come fai a combatterci? Fa
malissimo!”
Sero ride, se possibile, ancora più forte.
Jirou, che poi è...chi è? Ojiro, sì, Ojiro, lo guarda malissimo,
prima di tornare a rivolgersi a Kaminari nel suo
corpo.
Deve essere strano guardarsi dall’esterno, sapendosi nel
corpo di un altro, e vedere qualcun altro muovere il tuo corpo.
“Mi spieghi di che ti lamenti? A te è andato anche bene!
Guarda Mina e Bakugou!” esclama Sero, divertito,
indicando Bakugou. Perché Mina, nel suo corpo, è sparita, e con lei Kirishima.
Chissà dove sono finiti.
“Mi è andata bene? Pesa così tanto sta cosa che non riesco
manco a stare in piedi! Ho mal di schiena!”
Ji-Ojiro sospira, “Tienila giù o trascinatela dietro,” mormora,
massaggiandosi l’attaccatura del naso.
Shinsou, accanto a lui (o lei?) gli massaggia la schiena,
“Tutto bene?”
“No!”
“Ignora i suoni,” consiglia Jirou,
“Prima o poi ti abitui,” annuisce.
Ojiro si afferra tutti e due i jack come se così potesse
smettere di sentire, “E prima del prima o poi? Perché io ho già mal di testa!”
Jirou, però, non fa neanche in tempo a rispondere di nuovo prima
che Mina e Tooru risbuchino dal nulla, ridendo come
pazze.
La faccia di Bakugou ormai è paonazza.
“Cosa...cosa cazzo avete fatto?!”
“Oh, stellina, tranquillo! E’ un segreto!” ammicca Mina.
Kirishima, dietro di loro, congiunge le mani fra di loro,
“Perdonami, bro, te lo giuro non è come pensi!”
“E come cazzo sarebbe allora?!”
“Smettila si parlare in quel modo con la mia faccia,”
pigola Momo, poco distante, “E’ strano!”
“Non me ne frega un cazzo se è strano! Cosa cazzo hai
fatto, occhi da procione?!”
Mina muove l’indice davanti al suo naso, “No, no. Ora non
sono più occhi da procione, gioia mia, ora sono capelli a porcospino. I tuoi!”
Bakugou si blocca un secondo. Si guarda intorno,
Mina...cioè, Deku che ancora è con Uraraka e Asui, e sta appena
riprendendo i sensi. E poi guarda Capelli di Merda che, dietro, continua a
pregarlo di perdonarlo a mani giunte.
“Cazzo...”
“No, non hai sentito Momo-chan?
Smetti di parlare in quel modo con la sua faccia, altrimenti dirò a tutti
quello che ho visto!”
“Che...che cazzo...che cazzo hai visto occhi da...fanculo! Ashido, vaffanculo!”
Mina sorride di un sorriso così raggiante che Bakugou
stesso rimane ammaliato dal suo stesso volto. Ah, quindi le sa fare certe
espressioni.
No, ma diamine, non è quello che deve pensare! Ashido non deve azzardarsi a fare certe facce con la sua
faccia!
“Ti faccio fuori! Ti ammazzo, Ashido,
hai capito?”
“Ma non puoi, è il tuo corpo!”
“Ti ammazzo appena torni nel tuo! Anzi, fanculo,
ti ammazzo adesso, così prendo due piccioni con una fava, te e MerDeku!”
Uraraka si piazza subito davanti al corpo dell’amica, ovvero Deku, ma è Kirishima a fermare
l’avanzata dell’amico.
Piazzandogli le mani sul petto.
Come avrebbe fatto di solito.
Solo che...
“Oddio!” sbotta, rosso come i suoi capelli, o forse di più,
“Ti prego, Momo, mi dispiace, non ci ho pensato, l’ho fatto in automatico! Non
lo farei mai, Todoroki, lo giuro!”
Momo arrossisce, e per fortuna non è così strano vedere il
volto di Midoriya così paonazzo d’imbarazzo, o tutta
quella storia sarebbe stata ancora più assurda. “No, non...non importa. So che
non volevi, Kirishima-kun.”
“Sì, te lo giuro!” deglutisce Kirishima,
“E...e...e Bakugou. Smettila, okay? Ti assicuro che Mina non ha visto niente!
L’ho bendata e l’ho vestita io!”
Bakugou, però, non riesce neanche a rilassare le spalle, “E
allora di che cazzo stava parlando?”
“Ma niente, ti prendeva in giro. Credimi, amico!”
“Ma Kirishima mi ha promesso che
stanotte mi farà vedere come funzionano alcune cose! Vero, Eiji?!”
Kirishima rabbrividisce, alle parole di Mina, e la faccia di Momo
diventa così livida di rabbia che per la prima volta da quando la conosce, Kirishima ha seriamente paura di lei. No, lui. Però è
strano che basta un cambio di personalità per rendere tutto così diverso.
Il volto così grazioso di Momo in mano a Bakugou fa paura
quasi più di quello di Bakugou stesso.
“Ki-ri-shi-ma...sei morto.”
“No! Non...Sono l’unico che può tenere a bada Mina!”
“Non ci riesci per un cazzo! Vorrà dire che la chiuderò in
stanza a chiave fino alla fine di tutto!”
“Oh, no!” borbotta Mina da dietro, “Mi togli tutto il
divertimento così...”
“Mina!” il coro di voci di Uraraka,
Kirishima, Asui e Yaoyorozu fa rabbrividire Ojiro fino alle punte dei piedi,
“Taci!”
Mina, per tutta risposta, sbuffa, “Okay, okay. Che
antipatici però.”
Shinsou alza la mano giusto perattirare silenziosamente l’attenzione, “Non
dovremmo tentare di fare qualcosa, invece di stare a litigare? Forse dirlo ad Aizawa non è una cattiva idea.”
Uraraka annuisce, “Sì, sono d’accordo. Se capiamo cosa è andato
storto forse capiamo come risolvere!”
Mina incrocia le braccia sul petto muscoloso di Bakugou
poi, quasi come se lo notasse in quel momento, si palpa i pettorali a piene
mani, “Oh caspita! Io non voglio tornare normale così in fretta!”
“Mina!”
“Scusate...”
“Cerchiamo Aizawa,” ripete Jirou, “E speriamo che non venga un colpo anche a lui.”
“Come se Morto di Sonno possa aiutarci.”
“Ma è l’unico adulto che può darci una mano,” rincarò
Todoroki, “E smettila, Bakugou, sul serio.”
“Fanculo pure a te, stronzo a
metà.”
“Possiamo andarci in silenzio?” pigola Ojiro, le mani sulle
orecchie, “Per favore?”
E’ peggio di quel che
sembra. Aizawa è fermo da circa cinque minuti di
fronte ai suoi allievi.
I colpiti dallo scambio
sono in fila qualche passo avanti al resto della classe.
Jirou inizia a pensare che sia stato vittima di un
qualche blocco cerebrale. Ha uno spasmo al lato della bocca, e la palpebra
destra vibra paurosamente. Mai visto in quello stato. D’altronde, nemmeno lui
deve aver visto qualcosa di simile in precedenza. E sì ch’è un Pro-Hero coi controfiocchi.
Sembra sul punto di
farsene uno con le sue stesse bende. E impiccarcisi.
“Pro…
professore?” pigola piano Uraraka, dietro Mina- cioè,
Midoriya nel corpo di Mina- pronta a scattare in caso
a quel poveretto venga un altro collasso. Iida,
accanto a Ochaco, è in maniche corte. Ha prestato la
giacca della sua divisa a Izuku, per evitargli la
vista del generoso decolleté della compagna color pesca. L’unica che non pare
per nulla afflitta da quel delirio.
Ogni due secondi, con la
scusa di rassettarsi i calzoni, si palpa dove capita. Kirishima
sembra sul punto di bloccarle i polsi per farla smettere con quelle pratiche
poco consone. Bakugō, invece, dopo lo sclero iniziale non ha più proferito verbo.
Jirou non crede che la minaccia di Todoroki abbia sortito
quell’effetto: deve aver semplicemente ceduto allo shock, iniziando a
realizzare.
“Ehhhh
…” Oh, il primo segno di vita da parte del sensei.
Non abbastanza per dire che si stia riprendendo, ma quanto meno è già qualcosa.
“Professore, cosa facciamo?”
Yaomomo, nel corpo di Midoriya
è sicuramente quella più propensa a proporre qualche soluzione.
Shouto, il suo ragazzo, continua a scoccarle occhiate
perplesse con gli occhi eterocromi. Certo una bella sfiga. Stanno insieme da
neanche tre settimane, dopo un “ corteggiamento” – se così può definirsi un
susseguirsi infinito di lunghissimi silenzi e sguardi vacui- durato mesi. E
adesso se la ritrova nelle sembianze del suo migliore amico.
Una situazione
angosciante che è toccata anche ad Eijirō. Senza
tener conto che nel prosperoso fisico di Yaoyorozu
c’è uno dei suoi più agguerriti rivali. Ce n’è da far venire il mal di testa
anche a un blocco di cemento.
Che arriva, appunto. Il
professor Cementoss si precipita, seguito da Recovery Girl.
Nei primi istanti di
panico Aizawa deve aver trovato modo di avvertirlo e
condurre con sé la vecchietta miracolosa, sperando di risolvere quel guaio.
“Aizawa.
Ma che è successo?” domanda.
“Ehhh
.”
Cementoss li scruta uno per uno. “Ma stanno bene. Non sono
feriti. Perché mi hai fatto portare Chiyo?” insiste.
“Perché non siamo noi,”
afferma Oijiro – cioè, Kaminari
nel corpo di Ojiro. E in quello di Denki c’è lei, Jirou. Non vuole pensarci. Perché se inizia a pensare si
agita e se si agita troppo, poi le scappa la pipì. E se pensa anche a questo,
fa la fine di Aizawa. O si ritrova fulminata a
sollevare i pollici, pure lei.
La vecchina li squadra a
sua volta. “Oh, cara. Hai mal di testa?” chiede rivolta al suo corpo in cui c’è
Mashirao, un passo avanti a Shinsou.
“Caro, Recovery. Lui è Ojiro,” le fa notare Hitoshi in un filo di
voce.
“Oh. Non avrete preso
troppo sole, figlioli? Oggi fa molto caldo.” Infila la mano nella tasca bianca
del camice, tira fuori un piccolo incarto verde. “Una caramella? Forse è un
calo di zuccheri.”
“Calo di zuccheri un
cazzo!” sbotta furibondo Bakugō - Momo.
Oijiro che gli è accanto arriccia le dita e strizza le
palpebre. Cementoss e Recovery
rimangono di sale. Aizawa invece pare ritrovare un
minimo di contegno. “Ecco. Questo è quanto,” dice.
“Oh santo cielo. Ma come
…?” fa Recovery Girl.
“Non lo sappiamo. Ci
stavamo allenando e poi puff! E’ partito come una
specie di botto,” spiega Kaminari- Ojiro. “E quelli
che erano in campo si sono trovati mescolati.”
“Be’, è strano …”
Bakugō- Momo fa un verso scocciato. “Allora, vecchia, puoi
fare qualcosa? Io non ci sto a portarmi in giro queste …”
Un indice infastidito si
leva da sopra la spalla. “Bada a come parli, Bakugō,”
lo redarguisce Todoroki, duro.
Ma Bakugō
non si lascia intimidire, si volta e lo guarda male. Fa impressione vedere la
dolce Momo con quell’espressione assassina in faccia. “Senti, bastardo del
cazzo, stai cominciando a stufarmi!” gli urla senza ritegno.
“Shouto,
dai, lascialo stare!” interviene Momo-Deku, parandosi in mezzo. Accidenti come sembra piccino
adesso, tra quei due.
“Ragazzi, per favore,”
sussurra Shinsou, mentre Ojiro prova a respirare profondamente.
Poveraccio. Sa bene come
si sente. Lei ha dovuto conviverci per anni, prima di imparare a dominare il
fastidio che ogni rumore imprimeva ai suoi nervi uditivi. Le spiace davvero per
Ojiro. Ma quanto meno, c’è Shinsou che si occupa di lui. E’ risaputo che stanno
insieme. Non sono di quelli che si baciano ad ogni angolo, però sì.
E Kyoka
smette di respirare. Oddio. Come faranno, adesso?
“Vabbé.
Ora torniamo a scuola, vediamo che si può fare. Shoji,
puoi prendere As … ehm, Midoriya, per favore? Dubito
sia in grado di camminare da solo,” osserva Aizawa. E
poi, tra sé. “Ci mancava solo questa.”
Il compagno tentacoluto viene avanti, solleva il povero Midoriya che non ha aperto bocca da quando si è ripreso. “Gra-gra-grazieShoji-kun,”
balbetta battendo i denti come fosse gennaio e non giugno.
Gli altri si accodano in
silenzio. Davanti ha Mina, che continua imperterrita a tirar su i calzoni. Sì.
Ci mancava soltanto questa.
Non si aspetta niente di
diverso, Ojiro, quando Recovery li squadra ad uno ad
uno e dice che no, non può farci proprio niente.
Non è nei suoi poteri
fare cose come quelle, può solo curare malattie e ferite fisiche.
E loro fisicamente
stanno bene.
Bene, certo.
A lui sta per scoppiare
un embolo, Midoriya sembra sul punto di svenire ad
ogni passo...anzi no, peggio, perché i passi non li fa neanche. Lo sta portando
Shoji proprio per evitare che svenga.
Mina non fa che toccarsi
il...pacco di Bakugou, e solo l’idea gli da i brividi, specie con davanti
quella faccia terrificante che ha ora Momo, ovvero Bakugou. Fa quasi più paura
di Bakugou stesso.
E continua ad urlare.
Non fa che urlare. Urla di continuo.
Cos’ha da urlare sempre?
Ma non gli fa male la gola? Possibile che la voce di Yaoyorozu
sia persino più fastidiosa di quella di Bakugou?
Magari è lui.
“Guarda che se urli più
forte del solito non risolvi la situazione, Bakugou!” esclama concisa Uraraka, battendo piccole pacche sulle spalle scosse dalle
convulsioni –o qualcosa di molto simile- di Midoriya.
“Taci, Faccia Tonda. Vaffanculo a tutti quanti! Come cazzo è possibile che non
ci sia un modo per tornare indietro adesso! Scuola di merda, fottuta scuola di
merda!”
“Ma non è detto che sia
colpa della scuola...” prova Kirishima, seduto
accanto a Mina nel corpo di Bakugou che, per risposta, sogghigna. E fa meno
impressione, vista così. Sembra già più Bakugou, magari un Bakugou ubriaco e
tranquillo.
“Sai, stellina, dovresti
vedere il lato positivo. Voglio dire, è una nuova esperienza. Potresti imparare
a conoscere il corpo femminile così quando ti troverai una ragazza sarai un
vero re! The NumberOne!”
“Mina!”
“Non t’azzardare!”
avverte subito Todoroki, scattando in piedi, “Anche tu, Ashido,
te lo chiedo per cortesia. Momo è tua amica, non dovresti suggerire certe
cose!”
Mina scrolla le spalle,
“Forse hai ragione. Ti chiedo scusa, Momo-chan!”
Momo, col corpo di Midoriya, abbozza il sorriso più falso che gli hanno mai
visto addosso, “No, tranquilla. Cerchi di vedere il lato positivo, non
è...sbagliato...”
“Ma porca di quella
puttana laida-“
“Bakugou, di nuovo.”
“Fanculo,
zitto! Zitto cazzo! Cazzo, io non le voglio ste cose,
pesano a merda, e vaffanculo non ce lo vedo un lato
positivo, testa di cazzo che non sei altro! Quindi almeno chiudi quella fogna!”
Ojiro emette un sonoro
gemito di dolore, e si accascia con la fronte sul banco fresco e di nuovo
entrambe le mani a chiudersi le orecchie il più possibile. Ma è tutto inutile.
L’udito di Jirou è troppo fine e la voce di Momo troppo acuta.
Sero, dietro di loro, ridacchia, “Bakugou è diventato
più sboccato o è una mia impressione?!”
Shinsou, invece,
schiocca la lingua, “Bakugou è solo un gran cafone!” fa, e se si limita a
sussurrare è solo per il bene di Ojiro, che sta soffrendo.
Gli accarezza piano la
schiena sotto gli occhi attenti di Kaminari nel corpo
di Ojiro neanche dovesse controllare che ha intenzione di fare, poi si
allontana verso l’altra metà della classe.
Bakugou, nel corpo di
Momo, si gira con stizza e una vena così esposta sulla tempia che per un attimo
teme possa esplodere in quell’esatto istante. “Cazzo vuoi pure tu, figlio
di...”
Ma non conclude neanche
la frase. Gli occhi si fanno vacui e drizza la schiena.
“Fa silenzio. Zitto e
siediti!” ordina Shinsou, perentorio. Sotto il controllo del Brainwash, Bakugou esegue subito. “E rimarrai muto finché
il professor Aizawa non ci dirà che cosa fare!”
prosegue. Bakugou-Momo annuisce.
Lo fa anche Shinsou e
poi si allontana di nuovo, senza neanche sentire la vocina sottile di Deku, ovvero Momo, che lo ringrazia di cuore.
Kirishima invece sospira, “Non è che puoi ipnotizzare anche Mina
e farla stare ferma?”
“Non ci provare, sai! Io
mi sto divertendo così tanto! Devo quasi fare pipì! Lì non mi potrete dire
niente, devo per forza smanettare, no? Altrimenti che faccio, Eiji, amore? Me la faccio sotto?”
“No, vieni con me e ci
penso io...anche se...mio dio. Che imbarazzo. Cavolo...”
“Che ti imbarazzi? Ce
l’hai pure tu...”
“Ma che discorsi fai,
Mina! Cioè non è il mio...cioè è Bakugou! Voglio dire, insomma...aah!”
“Ragazzi!” interviene
Shinsou, “Se non abbassate la voce faccio il lavaggio del cervello a tutti
quanti, a costo di dovermi sentire male!”
Kirishima alza subito le mani, “Oh, no. Scusami tu, hai
ragione! Come sta Ojiro?”
“Sta male, perché voi
non gli date il tempo di abituarsi,” interviene Jirou,
nel corpo di Kaminari, “Ma non è niente di che. Mina,
non so proprio come tu faccia,” mormora poi. Lei alla sola idea di fare pipì si
sente male.
E la cosa peggiore è che
più ci pensa, più gli viene di andarci.
Ma con che faccia si
cala i pantaloni e guarda...è Denki! Qualunque altro
avrebbe cercato di guardarlo con filosofia, anche se Mina è imbattibile, ma Denki...
Aizawa entra con Midnight, che
sembra in brodo di giuggiole al solo guardarli, e altri professori. Li fissano
tutti.
Hanno un’aria tra lo
scocciato e non sa bene che altro.
“Non abbiamo ancora
capito cosa sia successo, ma non sembra opera di un quirk,”
afferma Aizawa, “Temo dobbiate avere
qualche...giorno. Spero ora. Di pazienza.”
“Cosa?!”
“Ooh,
non sarà così traumatico! Per qualsiasi dubbio femminile o maschile potrete venire
da me!” squittisce Midnight.
Peggio. Peggio che mai.
“Tornate al dormitorio.
Ognuno nelle stanze del...beh...corpo che vi ospita, ecco.”
Todoroki la sta accompagnando nella sua camera, al dormitorio
femminile.
Deve prendere alcune cose, il laptop, il caricabatterie del
cellulare.
Si sente piccola, adesso, accanto a Shouto.
Tre centimetri sono diventati dieci, e la differenza si vede
tutta.
Anche se probabilmente il fatto di provare quell’acuta sensazione
di smarrimento contribuisce ancora di più a quest’effetto.
Se non altro da un certo punto di vista, è stata fortunata.
Midoriya in fondo
è una delle persone con cui Shouto ha più confidenza.
Gli sarà più facile avere a che fare con un amico, piuttosto che con un … Bakugō, ecco.
Non vuole pensare che ora il suo corpo è nelle mani esplosive del
compagno.
Altrimenti dà di matto. E cercare di mantenere la calma è la cosa
più saggia, adesso.
“Come ti senti?” le chiede, voltandosi a guardarla dopo essere
saliti in ascensore.
“Be … bene. Fisicamente sto bene. Però mi fa strano, sì.”
“Dai. Vedrai che si risolverà presto.” La pacatezza di lui è un
balsamo per la preoccupazione che prova a tenersi giù nello stomaco.
Vorrebbe che l’abbracciasse, o che quanto meno la tenesse per
mano.
Ma sa che già con lei ha difficoltà a lasciarsi andare a certe
effusioni. Hanno iniziato solo da poco a frequentarsi come coppia, e a parte
qualche timido approccio, tipo qualche carezza sui capelli o baci sulle guance
e a labbra chiuse, ancora non si sono addentrati nella conoscenza dell’altro.
Shouto ha
bisogno dei suoi tempi.
Che ora si prolungheranno all’infinito, sicuro. “Oookay. Vado … vado a prendere le mie cose,” mormora piano
aprendo la porta.
Le fa strano parlare con la voce di Midoriya.
“Ti aspetto qui.”
Entra, sale sul letto – enorme, prende tutto il posto nella stanza
e raggiunge il comodino stretto tra il baldacchino e la parete.
Raccoglie quel che le serve, lo posa sul cuscino.
E una fitta alla pancia le fa aggrottare la fronte.
Mannaggia. Deve … andare in bagno.
In effetti sta trattenendo la pipì da ore, fin da prima che Recovery la visitasse.
E l’ansia non è certo un buon deterrente.
Oh mamma. Deve …
deve proprio?
Lancia per un istante un’occhiata fuori dalla porta.
Oddio. Se ci pensa se la fa addosso, sul serio.
“Porca troia.” La sua stessa voce che impreca come uno scaricatore
di porto la fa sussultare. “Che cazzo ci fai ancora qui, bastardo?”
“Momo sta prendendo le sue cose. Tu hai già fatto?”
“No, cazzo. C’è quella pazza nella mia stanza, ho detto a Capelli
di merda di prenderle e portarmele lui, se ci tiene alla sua donna. Altrimenti
la ammazzo, quella cretina.”
Da un lato lo compatisce.
Ha avuto decisamente meno fortuna di lei, Bakugō.
Mina è … appunto, una mina vagante. Appena ha saputo che lei e
Todoroki stavano insieme ha iniziato a bersagliarla di domande, una più indiscreta
ed esplicita dell’altra.
Kirishima deve
avere una pazienza infinita, con lei.
Cosa che Katsuki invece non ha, con
nessuno. “Senti, bastardo.”
“Dimmi.”
“Tu non mi vai a genio, e lo sai. Quindi non sto facendo un favore
a te.”
“Mhmmmhmm.”
“Però rispetto la tua ragazza, per cui non ti rodere il fegato
pensando chissà che. Non sono quel genere di coglione, uh.”
Momo è colpita suo malgrado.
Non si aspettava che Bakugō …
muovesse spontaneamente una dichiarazione simile.
Tanto più a Shouto.
“Ma appena riavrò il mio corpo ti farò a pezzi, stronzo. Quindi
questa è solo una tregua per causa di forza maggiore.”
“Okay. Mi voglio fidare.”
Ora che sembra tutto sistemato, nei limiti del possibile quanto
meno, Momo decide che è meglio tornare fuori, e dar modo a Bakugō
di entrare.
Quando esce, fissa il compagno a braccia incrociate. “Bakugō …”
“Sì, sì, va bene, cazzo.” Le passa davanti, sbattendosi la porta
alle spalle.
Momo guarda Shouto. Che abbozza un
leggero sorriso. “Andiamo. Ti accompagno in camera di Midoriya.”
Tornano di sotto, cambiando lato. “Chissà se avrà ancora il Santuario
ad AllMight, lì dentro,” osserva.
Todoroki alza le spalle. “Probabilmente sì. E’ fatto così lui.”
“Poverino. Dev’essere davvero un brutto
colpo ritrovarsi nel corpo di Ashido. O di una
ragazza in generale, lui ch’è così … timido.”
“Già.”
Nel corridoio del secondo piano incrociano Shoji,
che parlotta con Tokoyami. “Oh, Todoroki, Yaoyorozu”, fa il compagno tentacoluto.
“Ragazzi,” saluta Momo. “Midoriya … è lì
dentro?”
“Già. Penso non verrà fuori per un bel po’,” osserva Tokoyami pacifico. “Todoroki, forse dovresti parlarci.”
Shouto sospira
piano. “Ci provo.” Bussa alla porta chiusa. “Midoriya?
Sono io, Todoroki. Posso entrare?”
“Mhmmm.”
“Midoriya?”
Nessuna risposta.
“Dovremmo aprire? Magari si sente di nuovo male. Era pallido come
un cencio quando l’ho accompagnato qui.”
“Okay. Lo faccio io.” Prende e abbassa la maniglia, gli altri si
affacciano a spiare all’interno.
E’ tutto sprangato. Le finestre coperte dalle tende serrate. “Midoriya?”
“Ahaaa, mhmm!”
Shouto guarda i
compagni, poi entra.
Momo lo segue. “Midoriya, stai bene? Che
hai?” chiede bussando anche alla porta del bagno.
“Shouto, forse dovresti aprire. Magari
non si sente bene sul serio.”
Todoroki spalanca la porta.
Accende la luce. “Oh. Oh, cavolo. Midoriya.”
“Che succede?”
“Penso sia meglio … ahaa. Dannazione.”
Momo lo vede sparire dietro il muro.
Non osa affacciarsi. Non si sarà mica impiccato al soffione della
doccia, vero?
“Shoji!” chiama Shouto.
“Vieni, penso occorra una mano.”
“Certo.” Momo si vede sfilare davanti Mezo.
Quando escono dal bagno, Midoriya- Mina
non si vede, nascosto com’è tra le braccia moltiplicate di Shoji.
Todoroki è dietro, un’espressione indecifrabile. “Ma che è
successo?” gli chiede.
“Penso abbia avuto un attacco di panico. Conviene tenerlo in infermeria,
almeno per un po’.” Scuote la testa bicolore. “Rischia di prendersi un blocco
renale, in questo stato.”
Momo avvampa. Abbassa lo sguardo, mentre i compagni portano il
povero Izuku da Recovery e Shouto riapre le tende.
Con l’inquietudine che si è presa la necessità fisiologica si fa
sentire più forte, adesso.
Mannaggia. Sarebbe stato meglio farlo nel proprio bagno, quanto
meno … sarebbe stato un ambiente familiare.
“Momo … senti,” la chiama. Anche lui ha gli zigomi leggermente
arrossati.
“Mhmm?”
“Non farmi preoccupare anche tu, va bene? Insomma … tocca
adeguarsi. Non voglio che tu stia male come Midoriya,
d’accordo?”
“Ma … ma … io …”
“Sono una persona ragionevole. E … ecco. Non penso … possa
prendermela se …”
“Oddio, Shouto, basta per favore,”
mormora nascondendo il viso tra le mani. “Ti prego. E’ già complicato così.”
Tacciono, per qualche istante. “Tu …” riprende Shouto,
la voce ora strozzata. “Sai cosa aspettarti, vero, Momo? Dal … corpo di un …
ragazzo adolescente, intendo.”
Ha gli zigomi dello stesso colore della cicatrice.
Momo sgrana gli occhioni. Di sicuro adesso
sembra davvero Midoriya. “Oh … oh, santo … oddio, non
…”
“Ma dobbiamo chiarire la questione. Hai sentito Aizawa. Potrebbe durare più di qualche giorno, e allora tanto
vale farlo subito.”
Momo è esterrefatta.
Sa che il suo ragazzo è fondamentalmente timido però se ha da
affrontare delle faccende è diretto e sbrigativo.
Pane al pane. Senza mezzi termini. “Non è una cosa volontaria. Ma
può succedere di essere più sensibili … a certi stimoli. Quindi, insomma … può
succedere che …”
Momo ascolta senza fiato. “Ma … con le ragazze, dici? Mamma mia …”
“Be’, no. Pare che la personalità non sia cambiata, quindi non
credo. Ma se … per caso …” Deglutisce, e il pomo d’adamo
nella curva della gola freme.
Yaoyorozu alza
prontamente lo sguardo. Sì, Shouto ha sicuro ragione.
Avverte un certo pizzicorino, laggiù. E l’angoscia le fa salire le
palpitazioni.
Senza contare che sta ancora trattenendo. “Inoltre … ci sono
reazioni fisiologiche incontrollabili. Ad esempio … la mattina, ecco.” Ora è
rosso come i capelli del lato sinistro, e ha gli occhi lucidi, febbricitanti
dall’imbarazzo. “Te lo dico perché non voglio che ti spaventi e non sappia cosa
fare.”
“E tu … cosa fai? Ossignore, scusa,
scusa. Non voglio … impicciarmi degli affari tuoi.”
Shouto stira un
sorriso. “Una doccia fredda aiuta sempre. Mi raccomando, prenditi cura di te. E
se ti occorre qualcosa, sono di sopra.” Si avvicina, seppur esitante.
Le posa una leggera carezza sulla testa. “Ci vediamo dopo, Momo.”
Appena la lascia sola realizza che non può più trattenersi.
Entra nel bagno e chiude la porta.
A chiave.
Non è difficile. Ce la può fare.
Deve solo stare calma.
Si posiziona davanti al water, al buio.
Chiude gli occhi e abbassa i calzoni.
In fondo nessuno lo saprà, no? Non toglie dignità a Midoriya, anzi.
Anche lei rispetta il compagno. Tanto più che è amico di Shouto.
E si siede.
Fa la pipì. Quanto meno non è poi così strano, questo.
E adesso, però?
Sempre al buio, si spoglia tenendo addosso solo i boxer, apre a
tentoni l’acqua nella doccia.
Involontariamente ripensa alle parole di Shouto
e al leggero movimento nella sua gola.
Così vira al freddo.
Ecco. Così va meglio. Molto meglio.
Quando esce, si avvolge nell’accappatoio e torna in camera.
Le pare brutto frugare nei cassetti di Midoriya,
un’indebita intrusione.
Ma è necessario.
Prende una tuta, dei boxer asciutti. Per un attimo si aspetta di
ritrovare anche quelli con la stampa di AllMight.
Si mette a ridacchiare tra sé.
Ma è solo un modo per acquietare l’ansia mentre libera i fianchi
da quelli bagnati e si cambia, attenta a non sfiorarsi.
Okay. Per adesso, tutto bene. Insomma, quasi.
Spera tanto non succeda nulla, la mattina dopo.
E poi ricorda una cosa, che la lascia senza respiro tanto che deve
sedersi sul letto di Izuku.
Shouto le ha
detto cosa deve aspettarsi dal corpo di un ragazzo.
Ma c’è anche chi ha fatto la trasformazione inversa.
Arrivano in stanza, lui e Ojiro, che Kaminari è già lì. Nel corpo del suo Ojiro.
E’ più strano del previsto, trovarseli così. Sa che quello affianco a lui, che
ha accompagnato adesso a prendere le sue cose in stanza, è il suo ragazzo,
anche se in un altro corpo, ma allo stesso tempo anche quello lì a terra è il
tuo ragazzo. Il suo corpo, almeno.
Quindi ha al fianco il suo ragazzo, che adesso è una ragazza, e davanti il suo
vicino di stanza, nel suo corpo, che ha su un’espressione che non ha mai visto
ad Ojiro da quando stanno insieme.
E’ così spaesato, corrucciato e tenero al tempo stesso che ha di nuovo voglia
di prenderlo e stringerlo.
Ma non può, perché quello è Kaminari.
E forse non può neanche stringere il suo vero ragazzo, perché quello è il corpo
di Jirou.
E’ una pessima situazione.
Pessima.
“Sei già qui, Kaminari?”
“E dove dovevo andare?” borbotta quello, “Tanto la mia stanza è qui accanto,
non ci metto niente a prendere le mie cose...”
“Giusto,” annuisce il vero Ojiro, prima di infilarsi nella stanza e prendere il
cellulare e le poche cose che potrebbero servirgli mentre è...beh, nella stanza
di Jirou. Di una ragazza.
Si ferma con il libro a mezz’aria.
A lui è sembrato ingiusto anche sbirciare nelle camere delle ragazze, il primo
giorno lì al dormitorio. Adesso deve dormirci.
Peggio.
Deve prendere le sue cose! Avrebbe coperto tutti gli specchi. Assolutamente. Jirou l’avrebbe perdonato se i suoi capelli non sarebbero
stati così perfettamente lisci in mano sua, ne è certo.
“Tutto okay, Mashi?”
“Ah, sì,” annuisce e continua a raccattare alcune delle sue cose. Solo poche,
non ha roba altamente tecnologica e i vestiti ovviamente non gli servono. Solo
il libro, il pc e il cellulare, nient’altro.
“Un consiglio,” fa poi, rivolto a Kaminari, “Dormi di
fianco, qualsiasi altra posizione ti farà male alla schiena.”
“Okay,” pigola Kaminari, “Non pensavo che fosse così
scomoda. E sensibile. Prima ho dato una botta e ho visto le stelle.”
“Per questo mi serve spazio,” sorride. Il minimal di quella stanza non è per
quel motivo. Lui è semplicemente così, normale. Però comunque gli serve spazio,
quindi avrebbe dovuto agire di conseguenza.
“Okay. E dove la metto nel frattempo?”
“Nel frattempo di cosa?”
“Nel mentre che dormo, dove la metto?!”
Ojiro ride appena, “Dove ti pare, Kaminari. Lungo il
letto, intorno alla vita, sopra, è uguale. Fa tutto quello che dici tu.”
“Va bene,” annuisce ripetutamente Kaminari, “Va
bene.”
Shinsou si avvicina di un paio di passi, “Non essere così terrorizzato, Kaminari, almeno tu sei ancora nel corpo di un uomo,” lo
prende in giro con un sogghigno, “O a terrorizzarti è il fatto che nel tuo ci
sia Jirou?”
La coda da una botta incontrollata sul pavimento e Shinsou sogghigna, “Lo
immaginavo.”
“Jirou non farà niente col tu corpo, ti rispetta,”
sorride anche Ojiro. Kaminari non dice niente. Si limita a borbottare
qualcosa di non ben identificato, mentre gli altri due escono.
E’ tempo di andare nel dormitorio delle ragazze, per Ojiro. Anche se fa strano
dirlo. Ma gli sta bene, la medicina per la testa che gli ha dato Recovery gli ha messo addosso sonnolenza e non vede l’ora
di stendersi per bene e dormire.Anche
se prima deve andare al bagno.
Lui si fa sempre una doccia prima di dormire.
Sarà dura. Sarà molto dura.
“Ojiro-kun?”
Si voltano entrambi, e sorridono a Kaminari. Cioè, Jirou.
“Ti consiglio di mettere della musica, non troppo alta, ascoltandola con i
Jack. Attenuerà di rumori fuori e non ti sveglieranno di notte.”
“Ah. Grazie mille, Jirou.”
“Di niente. Senti...mh...Kaminari
è in stanza già?”
“Sì.”
“Okay. Shinsou, non hai l’autorizzazione a toccarlo!”
Shinsou, a quella frase, sgrana gli occhi mentre le goti di Ojiro –quindi quelle di Jirou- virano
pericolosamente ad un porpora acceso. “Ma...ma...”
“Lo dico per sicurezza!”
E Shinsou scoppia a ridere così di gusto da doversi piegare in avanti, quasi,
“Tranquilla, non profanerò il tuo corpo. Te lo giuro.”
“Molto bene. Mi fido di voi, ragazzi!”
Li saluta con la mano mentre Shisnou lo accompagna
anche nella sua nuova, momentanea camera, e lei invece bussa ed entra in quella
di Ojiro, dove Kaminari è ancora seduto a terra.
Apre la bocca per parlare svariate volte, ne avrebbe di cose da dire. Deve
andare al bagno da due ore, ma si vergogna a calarsi i pantaloni e farlo, anche
se può sedersi, suppone.
Ma quello è Denki
Accidenti, proprio in Denki doveva finire? Chiunque
altro sarebbe andato bene, ma proprio Denki?
Avrebbe avuto meno remore con gli altri, ma Denki...
“S-senti...”
“Senti!”
Si guardano, fissi. Hanno parlato nello stesso momento e adesso tacciono.
“No, vai. Vai tu, Kaminari.”
“Ecco, sì, insomma...io volevo dirti che se....se...se domani mattina ti
ritrovi...insomma, hai capito, no? Dai, hai capito! Non pensare male di me! E’
normale!” Jirou sgrana gli occhi, “Lo-lo
so che è normale. Se...se domani mattina mi capita farò una doccia fredda.
Gelida. E non ne parleremo mai più, pikachu, intesi?”
“Intesi. Sì, ottimo.”
“Altre cose che magari devo...devo sapere?” Kaminari serra le labbra. Sì, che quella stanza è un
marciume e lei, adesso, non avrebbe voluto più saperne di lui se avesse anche
solo un po’ fruganti nelle sue cose.
Dannazione.
“Niente. Solo, non frugarmi troppo in giro.”
“No, certo. E’ la tua privacy. Allora, buonanotte, Kaminari.”
“’notte.” Jirou rientra in stanza, alza gli occhi quando sente
un tonfo dal piano di sopra. Da Bakugou. Ovvero Mina.
Al piano di sopra, infatti, Kirishima ha gettato a
terra la borsa con le poche cose di Bakugou che stava prendendo per
portargliela e, alla svelta, si è gettato su Mina.
“Mina, ti prego, non farmi questo!” ululò, afferrandole entrambe le mani.
“Ma perché! Voglio vedere che cosa c’è! Te lo immaginavi che Bakugou avesse
tutte queste cose di AllMight?
Guarda, fa concorrenza a Midoriya! Uh, e questo che
cos’è? Ma ha così anche le mutande? Tanto domani me le devo mettere, quindi è
inutile che mi blocchi, gioia mia. O vuoi dormire con me?” Kirishima sospira, “No, ma...ma almeno abbi un po’ di
rispetto per Bakugou, no?”
Mina sogghigna. Quell’espressione sta così bene sul volto di Bakugou che fa
quasi impressione capire quanto quei due, seppur per motivi diversi, si
somiglino.
E lo facessero uscire folle entrambi.
“Rispetto? Oh, ti amo, Kirishima, e amo la tua
ingenua bontà...ma io ho intenzione di svelare tutti i più reconditi segreti di
Bakugou! Smantellerò tutta la stanza se necessario!”
“Mina...”
“Lo faccio perché vi voglio bene!”
“Certo....”
“Beh, ti sto facendo portar via cellulare e computer, quelli sono al sicuro.
Su, su, vai a portarglieli, io devo cercare le riviste porno! So che le ha!
Chissà se è gay come Ojiro o se è etero anche lui, non l’ho mai capito! E’
tempo di svelare l’arcano! Mina Ashido non può non
capire di certe cose!”
“Mina...”
“Sì, stellina, conosco il mio nome. Stai diventando un po’ ripetitivo. Su, su,
vai!” fece, sfregandosi le mani, “A noi due, Bakugou!”
Si sposta
sull'altro fianco, in cerca di un po' di sollievo. Ma non ne trova, così prova
a pancia in giù, scalciando via il lenzuolo.
Non ricorda di aver
mai sentito tanto caldo in vita sua. Se è così a giugno non osa immaginare cosa
farà ad agosto.
Innervosita, sfila
la maglia. Tanto non deve dar conto a nessuno.
Tra uno sbuffo e un
mugugno sfila anche i calzoni. Allarga le gambe e apre le braccia, forse
sarebbe bene abbassare la temperatura del condizionatore...
Un tocco improvviso
la fa sussultare. Lento, morbido, anche se è caldo non la infastidisce.
Vorrebbe voltarsi,
aprire gli occhi.
Ma non occorre.
Riconosce immediatamente la voce che le sussurra all'orecchio, appena
percettibilmente: “Resta così.”
Kyoka obbedisce.
Una lieve goccia di sudore si coagula sotto la sua nuca.
Si abbassa su di
lei posandole un piccolo bacio proprio su di essa. E rabbrividisce, d'un
tratto.
Poi realizza.
“Denki...ma...”
“Shhhhh...”
“Sei nel...nel corpo
di Ojiro! E io nel tuo, non...”
“Appunto. Tu non
dovrai fare niente...solo io. E' come se mi stessi toccando da solo, no? Non
c'è niente di male. Lo fanno tutti, i ragazzi...”
“Sì, ma...”. Quel
lieve morso nel fianco le spezza le parole in bocca.
E' caldo sopra di
lei. Anche lui.
Non sa da cosa
dipenda, Ojiro non possiede un quirk termico o elettrico.
Forse è lei che sta
friggendo come un uovo allora.
Le infila la mano
sotto la pancia, intrappolata tra il materasso e la pelle.
E va giù. Piano.
Con dolcezza.
Kyoka chiude gli
occhi, inspira profondamente mentre la accarezza dov'è più sensibile...cioè,
dove dovrebbe essere più sensibile lui, se fosse al suo posto...oddio, che
casino.
Forse Kaminari ha
ragione, non c'è nulla di sbagliato. In fondo è il suo corpo, no?
Le piace tanto, il
suo corpo.
Le piace tanto lui,
Denki. Non perché lo trovi buffo, anche se non riesce a fare a meno di
scoppiare a ridere ogni qual volta si mandi in blackout da solo per l'abuso del
quirk.
Le piace perché ci
prova anche se forse non sarà una cima, ma cerca di impegnarsi a scuola, ce la
mette tutta anche se non raggiungerà mai i livelli di Bakugō, Todoroki o
Midoriya.
A volte straparla,
ma solo perché è spontaneo. Non è sua intenzione ferire gli altri di proposito;
tende a dire quel che gli passa per la testa e se fa male, poi chiede scusa.
Perché è un po'
distratto, perché è un po' pigro.
Perché è un ragazzo
tranquillo che vive la sua adolescenza serenamente, senza furie né drammi né
desideri di mettersi in mostra o gettarsi nella mischia a qualunque costo,
anche di lasciarci la pelle.
Perché la fa
sentire una normale adolescente, anche lei.
Non che Kyoka non
desideri essere un'Hero, certo che sì. Ma le sue capacità sono limitate
rispetto a tanti altri, e sa che se ci si fissasse troppo, finirebbe col
mandare tutto al diavolo alla fine.
Denki è il suo
appoggio, anche se non lo sa.
Quanto meno Kyoka
supponeva non lo sapesse.
Le piace perché è
bello, perché i suoi occhi dorati le danno alla testa specie quando la guardano
e poi sorride.
Denki...le piace.
Quello che le sta
facendo, anche.
Tanto.
Sospira di pura
beatitudine mentre l'accarezza...si accarezza. Di sicuro si conosce bene e sa
dove mirare.
Le sfugge un ansito
che soffoca nel cuscino, artiglia le dita.
Sì, non può esserci
nulla di male in qualcosa di così bello.
Lo lascia fare.
Fino alla fine,
quando un'onda calda le monta dalle reni, spezzandole, strappandole un gemito
sonoro, profondo, con la voce di lui.
“Denki...” sussurra
piano, inspirando e socchiudendo lentamente gli occhi.
E' luce. Parecchia
luce.
Improvvisamente
atterra nella realtà.
Stava sognando. Era
soltanto un sogno, una fantasia che fino a questo momento non ha mai avuto il
coraggio di realizzare coscientemente.
Adesso, però, l'ha
fatto.
Ha dimenticato che
non è la sua camera e quindi avrebbe dovuto puntare la sveglia anche qui.
Kaminari è un
pigrone, sicuro ce l'avrà messa a dieci minuti scarsi dall'ora di presentarsi
in classe.
Fa per mettersi
seduta, ma d'un tratto si blocca, interdetta.
Ha qualcosa di
fastidioso all'altezza delle cosce.
E...una mano posata
sopra.
“Oh, cazzarola!”
Si alza rapida come
una saetta, entra nel bagno del compagno e apre la doccia.
Vi si getta sotto,
con ancora i boxer addosso.
Non è...possibile.
Cos'ha fatto...ha
violato l'intimità di Denki.
Non di proposito, è
vero. Tuttavia...Oddio.
Non può pensarci
sia accaduto sul serio.
Si decide a
spogliarsi, la biancheria è tutta appiccicata.
E non soltanto per
l'acqua.
Li lascia in un
angolo, poi afferra la bottiglia di bagnoschiuma e se ne versa addosso una
generosa dose.
Però così non
risolve. Sente la pelle tirare, deve per forza sfregare per mandarlo via.
Le cade l'occhio
sulla spugna appesa all'anta.
Non ha altra
scelta. Deve farlo.
La prende,
sforzandosi di non tremare. Di non "sentire".
Raccoglie un po' di
bagnoschiuma dal torso di Kaminari, ad occhi levati al soffitto la passa con
energia sul bassoventre, nell'attaccatura delle cosce, e poi...lì.
Rabbrividisce.
Quelle sensazioni le pungolano la base della schiena, appena si sfiora è tutto
un carosello di leggere fitte piacevoli.
Che vergogna. Da
ragazza...non l'ha mai fatto, mai, nemmeno quando si ritrovava da sola nel suo
letto a pensare a lui per caso e adesso...
Gira la manopola.
Fredda. Freddissima.
Riesce a resistere
solo un paio di secondi senza gridare e gettarsi nell'altro angolo del box, con
un tonfo secco.
Ma se non altro, va
leggermente meglio.
Chiude l'acqua,
esce e si avvolge nell'accappatoio. Si asciuga alla svelta, sfregando sulle
braccia per scaldarsi.
Raccoglie la roba
fradicia in punta di dita e la mette a scolare nel lavandino. Quindi prende
coraggio e torna in camera, spalanca l'armadio e tira fuori l'uniforme di
Kaminari.
E che il cielo la
aiuti, pensa slegando la cintura di spugna arancione.
Quando scende in
sala comune in parecchi sono già lì.
C'è Momo, nei panni
di Midoriya. Che sembra tranquilla, cioè, per quanto può esserlo in una
situazione del genere. Hagakure e Uraraka, con Tsuyu.
Manca Ashido, ma
visto il casino che ha sentito provenire dalla camera di Bakugō fino a
sera tardi probabilmente tirerà a letto un altro po'.
I ragazzi sono
ancora tutti di sopra. Quanto meno lo spera, che ci rimangano a lungo.
Non avrebbe il
coraggio di guardare Denki. Non dopo quel risveglio agitato.
Forse è accaduto
perché era circondata dalle sue cose, dal suo odore e...quella reazione è stata
spontanea.
D'altronde i
ragazzi sono più sensibili a certe cose. “Ma cos'hai, Kyoka-chan?” le domanda
Momo, gli occhioni verdi di Deku inquieti che si posano su di lei.
“Ni-niente. Sono
ancora un po' ... spaesata, ecco.”
L'ascensore si
apre. E ne viene fuori l'uragano Mina, più agitata che mai, con la camicia dell'uniforme
di Bakugō ancora mezza slacciata e la giacca aperta. “Waaaa! Ragazze, non
avete idea! Allora, come vi siete svegliate voi? Io come un pezzo di marmo! C'è
voluto un sacco di tempo per farlo tornare giù, mi fanno male tutte le dita!”
Momo sprofonda la
faccia tra le mani, rossa come un peperone. Le altre, allibite, tacciono. “Però,
chi l'avrebbe mai detto, mica male Baku-bro.”
“Mina!” Kirishima
arriva giù dalle scale come un tornado, ha la faccia pesta di chi non ha chiuso
occhio tutta note, poveraccio. “Mina, per l'amor di Dio!”
Kyoka teme di dover
essere sul punto di vomitare. Per via del mal di testa che le è esploso nel
cervello.
E grazie al cielo
adesso è Ojiro quello ad avere a che fare coi jack.
Scusa, Mashirao.
Morirà, se lo
sente. Non sopravvivrà a quella storia.
“Kirishima! Amore, qua è tuttodritto! Vienidi
qui, sbrigati! Chefaccio?”
Cazzo. Mai avrebbepensatodisentireunacosa
simile con quella voce. E’ inquietante.
“Kirishima è dall’altra parte, Ashido.”
Il
silenzio regna per due secondi,
poi qualcuno ride, “Oh, scusa
Shinsou.”
Shinsou
sbuffa, sigiradall’altra parte e ritorna a dormire. Ciprova, almeno.
E’ dura –letteralmente!- con
quell’immagine in testa, accidente ad Ashido. Ma è un breve tempo, prima chequalcosainizi a suonare piano dallascrivania.
Dopo due minutiabbondanti è costretto ad apriregliocchi
e arrendersi.
Sono le sei e mezza. Chi cavolo lo chiama a quell’oradellamattina? Mashirao, forse? No, non lo famai.
“Kaminari?” brontola, rispondendo.
Dall’altra parte a rispondergli
è la voce pigolantedi
Ojiro, però, “Shi-shinsou!”
Si
sveglia in un istante, sentendolo, “Chesuccede? Che...ah, no. SeiKaminari. Giusto,”
sbuffa. Per un attimosi è preoccupato, sentendo Ojiro lamentarsicosì. Ma quello non è ilsuo Mashirao, lui è nelcorpodiJirou, nell’alafemminile.
“Sì, sonoKaminari!
Non l’hailettoilnomesulcellulare?!”
“Stavodormendo, Kaminari. Chevuoi?”
“Mi
deviaiutare! Non capiscopiùniente,
qui! E’ iltuoragazzo, no?”
Shinsou
aggrotta le sopracciglia, “Chec’entra?”
“C’entra! Non riesco e beccareilbuco,
non riesco a capire come infilarci...ah, cazzo, suonamalissimocosì. Senti, Sali
e bastavabene? Dannata coda, la odio!”e aggancia.
Shinsou
fissailcellulare a lungo, sbuffando e grattandosi la nuca. Checosac’èdidifficile
ad infilarsiipantaloni? Sonopantaloni!
Si
infila la divisa in fretta e furia, sisistemaicapelliallamenopeggio e poi scende in camera di Ojiro. Non faneanche in tempo a bussarecheKaminaril’hagiàtiratodentro. Nudo. Neanchei
boxer si è infilati, li ha solo buttatiallarinfusasulletto.
“Kaminari...questa non è la tua stanza. Dovresti...”
“Mettotutto a posto,
te lo giuro! Ma cazzo, come fa a vestirsi me lo spieghi?!”
Shinsou
sospira, alzagliocchi al soffittoperché se liabbassesulseriolipunterebbesuldiddietro del corpo del suoragazzo
e in quelmomento non glisembra la sceltamigliore. Perchédentroc’èKaminari.
Non
puòsaltargliaddosso.
Oh,
quantovorrebbe.
Non
puòneanchecorrere a baciare Mashirao, perché è nelcorpodiJirou! Chesituazionenoiosa.
“Qual è ilproblema?”
Kaminariprende
la coda di peso con entrambe
le mani, “C’è un bucoditroppo!
Ho capitoche è per la coda
ma come me liinfilo?!”
“Okay.
Ti vestoio, santapazienza!” sbotta. Sonosicuramentescomodidaindossare, gliabitisumisuradi Ojiro, ancheluici ha messo
un po’ a capire come diamine fare per spogliarlo, ma alla fine non è cosìcomplicato.
“No,
no, no, no, non lo vogliosapere,
blablabla, buuu.”
Shinsou
scoppia a ridere, ma tace.
Scendonoinsieme,
ma sotto c’ègiàunagranconfusione.
E non c’èancora Bakugou.
Denki cercailsuocorpo per prima cosa, ovveroJirou,
ma lei glisfugge. Per qualcheragione non lo guarda.
Il
panico lo coglieall’istante, la coda inizia a dimenarsicontrotuttiquellicheglipassanovicinosenzacheneanche se ne rendaconto, perché non la controllaaffatto. Ha trovatoqualcosache non doveva? E’ arrabbiata con lui? Ha fattoqualcosa? No, non ha fattoniente, quello
no.
Che ha nellasua stanza chepotrebbeinfastidirla? PeròJirougli
ha promessoche non avrebbesbirciatofra le sue cose.
E
Jirou le mantiene le promesse.
E
allora...
“Kaminari! Kaminari, fermo!”
Si
ferma. Rabbrividiscefinoallapunta
del...ditutto. Qualcunoglistatoccando la coda.
Quandosivoltac’èJirou,
ilsuovisobellissimoche lo guarda con stupore e gliaccarezza la coda. E Kaminariarrossisce e...oh, cazzo.
“Kaminari!” sbotta Ojiro –perché è Ojiro, non Jirou,
Ojiro-, rosso in viso in manieradolcissima. Il voltodiJirouarrossito è cosìbello...
Ojiro
siguardaintorno con intenzione, “Chediaminestaifacendo, Kaminari! TI prego!”
Kaminariborbotta
per qualcheistante, prima diriuscire a parlare,
“Hai-hairagione, Ojiro, scusaperò....ecco,”
siriprende la coda fra le mani, benlontanadachiunque, “Vado...vado al bagno. Perdonami, amicomio, giuroche
non l’hofattodiproposito!”
Shinsou
glisiavvicina
con un sogghignodivertito.
Lo ha visto, è sicuroche lo hannovisto
in tanti. “Non dire niente,”
glisbottacontro, “Non osare!”
Luialza le mani, “Okay. Com’èandatoilrisveglio,
stamattina?”
Ojiro
sistringenellespalleesilidiJirou. Si sentepiccolissimo, in confronto a chiunque, in quelcorpo. Non ci è abituato. L’altezza è quasi la stessa, ma Jirou è cosìesile
e delicata, in confronto a lui. E persino in confronto a Shinsou.
“Ho
copertotuttiglispecchi, ho fattounadoccia
e mi sonovestitoallacieca,” spiega,
“Fortuna che la divisa è uguale per tutti,” fa, tirandosigiù
la gonna. Quellaperò è cosìscomoda,
accidenti. E glimanca la coda. Si sente come se glimancassequalcosadifondamentalesullaschiena, un peso cheormai è diventatorassicurante, crescendo.
E
adesso non c’è.
“Ojiro-kun!”
sobbalza al suonosquillantedella voce diHakagure e per un attimosicopre
le orecchie con unasmorfia. “Oh, scusa! Ma perdonami se te lo dico, così non vabene per nulla!
Cercadipensarechequello
è ilcorpodiKyoka-chan!”
“Pe-perché, che ho fatto?!”
“Vienisubito con me!” sbotta la ragazza, trascinandolo via per un braccio.
Un attimodopo è fra lei e Mina-Bakugou, e glistannosistemandoicapelli.
Ah,
era quello. Solo icapelli. Pensavadi aver fattochissàchetorto a Jirou, invece no. Per fortuna.
“Oh,
santocielo!”
Sobbalzadinuovoall’urlodi Mina-Bakugou. Per un attimovede le stelledituttiifirmamenticheconosce, prima didecidersi ad alzaregliocchi.
E’
sceso Bakugou, nelcorpodiMomo.
Ma ilmodo in cui si è vestito è disordinato e icapellisonoterribili,
lo capisceanchelui.
Forse ha cercatoditoccareilmenopossibile,
come ha fattoluiquandosi è vestitoallacieca. Solo che con Momo è un po’ piùdifficile,
purtroppo.
Lei
è...abbondante. In tutto.
Hagakure la –lo?- rapisceall’istante, con la scusadidovergli dare unasistemata. GliocchidiMomoemettonosaettespaventose, verso quelloeuforico e assolutamenteestasiatoche ha Bakugou quellamattina. Ovvero Mina.
Checonfusione.
“Checazzovoletevoi matte? Levatemi le manididosso!”
“Dobbiamosistemarequestoscempio, Momo non puòandare
in girocosì!”
“Alloraandate a mettere due mollette in testa a quelcretinodiMerdeku, non osatetoccarmi!”
“Staifermoti
ho detto!” sbottaHagakure, “Fattisistemare e non tidaremopiùfastidio!”
“Sì, infatti,” afferma
Mina, “Oppuredirò a tutticosa ho scoperto!”
“Tanto ha giàdetto
a tuttiche la mattinaseiduro
come ilmarmo e duri un sacco,” faSero, passandogliaccanto e dandogliunapaccasullaspalla, “Vedilacosì, amico, alleragazzedisolitoquestecosepiacciono!”
“A
me tantissimo!” trilla
Mina, “Vero Eiji, amore mio?!”
Kirishimasiaccasciasuldivano,
dallatooppostodellasala.
“Non ce la faccio...”
NotineAutrice:
Questa voltavoglio
dire una cosine ancheioxD
Innanzituttoperdonateilperennegriginodisfondonellepagine,
ma è successo un casino con ilmio word mentrefacevocopiaincolla
con imieipezzi e quellidi Anya e boh, non riesco a toglierlo.
In second luogo, ilmotivodiquestenotine:
SERO e MINA vi amoxDScusamiKiriciccino
(??) ma è troppounospassomuoverequei due xD Ormaisono la mascottediquestastoria!
Capitolo 9 *** 9. L'incubo continua ad occhi aperti ***
9. L’incubo continua ad occhi aperti
Midoriya riapre
lentamente gli occhi.
La luce bianca, intensa del neon sopra la sua testa lo acceca,
costringendolo a richiuderli quasi subito.
Sa già dove si trova: infermeria.
L’ha visitata un sacco di volte, da quando è alla Yuuei.
Per tanti motivi diversi.
Per un attimo nutre la speranza che si sia trattato di un sogno,
un brutto sogno.
Poi si fida ad abbassare piano piano lo
sguardo sul suo petto.
E lo rialza di scatto.
Oh,
dannazione.
Sotto la canotta ha ancora le…lete…lebo…ecco, le…ma…ehm, i seni di Ashido.
Strizza forte le palpebre.
No, nessuna speranza che si trattasse di un incubo.
Non ricorda quasi niente di quel che è successo. Ha vaghi flash,
disturbati, confusi di Todoroki e Shoji che lo
tiravano fuori dal suo bagno.
Uraraka e Tsuyu che lo sorreggevano, la riunione con Aizawa e Cementoss.
Kacchan nel corpo
di Yaomomo che strillava come un ossesso e Ashido ghignante in quello di lui. Ojiro in quello di Jirou e lei in quello di Kaminari.
Nel suo c’era Yaoyorozu. Quanto meno di
lei si fida, sa di poter stare tranquillo e poi è la ragazza di Todoroki, non
farebbe mai niente di disdicevole.
Però…insomma.
Arriverà anche per lei il momento in cui avrà…quella
necessità.
Oddio.
Oddio.
Se ci pensa sviene di nuovo.
Si era preparato ad essere un Eroe, ad affrontare ogni sorta di
rischi e ostacoli.
Ma non a questo.
Non…a questo. “Oh,
ti sei svegliata…ehm, svegliato, giovanotto.”
L’arzilla Recovery Girl gli viene accanto, blocco e
penna nelle mani rugose, dalle dita striminzite eppure inaspettatamente
vigorose.
Le ha provate parecchie volte quelle mani. Lo hanno fasciato, disinfettato,
rimesso a posto. “Come ti senti, Midoriya?”
“Mhmmm. Ho sete...” mormora senza
pensarci.
Sente la bocca impastata, la gola secca.
“E’ normale, è l’effetto del diuretico.”
“Ah. Diuretico?” esclama, balzando su a sedere.
“E certo. Visto che hai avuto un attacco di panico nel bagno,
hanno detto i tuoi amici, ho pensato di aiutarti mentre eri incosciente.” Batte
la penna sul blocco. “Ma non puoi fare così. Rischi un sacco di cose,
giovanotto. Devi pensare anche al bene del corpo che ti ospita, eh? Non puoi
fare di testa tua come al solito.”
“M-maio…ma io
n-non…”
“Ah, santa pazienza!” sbotta la vecchina. Va al tavolino e alza
uno strumento, una sacca attaccata ad un lungo tubicino di plastica
trasparente.
Izuku sente il
sangue defluire dalle guance. La gola si serra del tutto e oltre all’acqua ora
implora anche aria.
“Se non fai il bravo ti applico questo. Non ti devo spiegare come
funziona, vero?” domanda agitando il catetere.
Le mani –manine, le sue non sono certo
colossi ma quelle di Ashido sono affusolate, fuxia dalle unghie romanticamente dipinte a stelline
dorate- si serrano intorno al lenzuolo che lo copre.
E un odore, un rumore sospetto si levano improvvisi. “Giovanotto!”
“Eh?” Midoriya guarda in basso, stacca
di corsa i palmi osservando terrorizzato i buchi che ha ritagliato nel telo di
cotone.
Aveva scordato il quirk di Ashido. Acido, appunto.
E sotto stress il quirk tende a venir
fuori un po’ a casaccio. Come le cose nella sua testa al momento.
Specie se non è il proprio e non si ha imparato a controllarlo. “Scu-scusi, Recovery Girl.”
“Mhmm.
Allora,
ci siamo capiti?”
Midoriya non è
tipo da cedere ai ricatti.
Abbassa di nuovo lo sguardo, e di nuovo le te…no,
le bo…insomma, i “ cosi” di Ashido
riempiono il suo campo visivo.
Non ha altre possibilità. “Adesso, lo vuoi quel bicchiere d’acqua?”
“Ehm…sì.”
“Bravo giovanotto.” Gli porge il bicchiere, Midoriya
beve a piccolissimi sorsi.
“Ora spogliati.”
Il sorsetto appena preso finisce sputato fuori. “CO-COSA!?”
“Non puoi restare in quelle condizioni, Midoriya.
Non è igienico.” Recovery sospira, rassegnata. “Visto
che sembri avere parecchi problemi con questo nuovo assetto, per stavolta
potrei darti sempre una mano io, con delle spugnature.”
Deve concentrarsi per non sciogliere anche il bicchiere di carta. “N-no no, gra-grazieRecovery Girl ma…faccio la
doccia. Davvero. Ora vado…in camera di A-Ashidoe…faccio la doccia. Non
si disturbi, eh…Faccio da solo, davvero, faccio da
solo, promesso.” Sguscia fuori dal letto, recupera le pianelle e striscia
lentamente all’indietro, le mani alzate davanti.
“Midoriya?”
“S-si?”
“Il bicchiere.”
“A-ah, sì. Già.” Prende e lo getta nel cestino, sempre strisciando
all’indietro. “A-allora grazie Recovery
Girl, io vado eh!”
Improvvisamente riacquista le forze, si precipita a rotta di collo
fuori dalla scuola, diretto al dormitorio.
Il solo pensiero gli ha messo le ali ai piedi.
O per parafrasare Kacchan, “ il fuoco al
culo”.
Quando mette piede nel dormitorio, per fortuna pare non esserci
nessuno in giro.
Devono essere tutti a lezione. Non sa neanche che ora sia, in
realtà.
Ashido…Ashido gli pare
che sia al quarto, lo stesso di Kacchan e Kirishima dall’altro lato però.
Solo ora pensa che avrebbe dovuto chiamarla, per chiederle le
chiavi.
Quando le porte dell’ascensore si aprono però nota che il battente
della stanza è socchiuso.
Che l’abbia scordata così quando sarà passata a prendere le sue
cose?
Probabile. Mina non è quella che si definirebbe una persona
attenta.
Si avvicina.
“Oh, Midoriya! Ciao!” trilla Kacchan,
balzandogli al collo.
Izuku rimane
impietrito, i peli ritti sulla nuca come avesse preso una scossa elettrica.
Dio…Santo. Oddio. Oddio. “A-Ashi–Do…ehm…”
“Oh, scusa gioia! Ancora non mi rendo conto di quanto siano forti!”
si scusa.
Come se non fosse sufficiente il proprio trauma.
Ora anche quello di vedere Kacchan…così.
Che lo strizza neanche fosse un peluche.
Oggesù.
“Allora, come ti trovi nel mio corpo? Bene vero? Guarda qui che
po’ po’ di fisichino che ti ho dato…Non
hai di che lamentarti, anche se non ho le bocce di Yaoyorozu
ho delle belle chiappette sode anch’io!” cinguetta –
con la voce roca di Kacchan, che impressione fa,
mamma bella -e mette una mano lì,
palpando con forza.
Midoriya
s’irrigidisce come gli abbiano puntato una pistola alla tempia. “Trattameli
bene questi gioiellini, sai gioia? Che Eiji ci tiene!”
Poi arriccia il naso, fiutando l’aria. “Ma cos’è questa puzza…Midoriya?!”
“Ehhh?”
“Non avrai intenzione di portarmi in giro così! Ma non esiste
proprio! Devi lavarti immediatamente! Sai di sudore stantio, brrr! Non sognarti che Mina Ashido
sappia di borsone da ginnastica!”
“A-Ashido…”
Lo prende per un braccio, trascinandolo. “Vieni, ti lavo io! Ci
ficchiamo sotto la doccia e ti insapono per bene, stellina! Così sarai tutto pulito
e profumato!”
Il senso di quelle parole si fa prontamente breccia nella sua
mente.
Mina – cioè Kacchan- e lui – cioè, Ashido, che tra l’altro è la ragazza di Kirishima-
nudi sotto la doccia.
E tanto basta a farlo scattare. “Noooo!
No, no per favore no NONO!”
strilla, provando a liberarsi dalla presa della ragazza.
Ma purtroppo sì, Kacchan ha davvero
delle mani forti.
“Non fare storie Midoriya! Dai, in fondo
Bakugō lo conosci! Chissà quante volte l’hai
visto nudo in spogliatoio, no? Non hai motivo di vergognarti!”
“No Ashido no nono!”
“Mina!” Kirishima piomba nella stanza.
Sia lodato il cielo. “Che stai facendo? Lascia in pace Midoriya!”
Kacchan mette il
broncio, mollando il suo polso per incrociare le braccia. “Ma non vuole lavarsi!
Pretendi che lo faccia uscire così, eh? Che sembri un barbone?”
Poi li guarda entrambi.
E si illumina. “Ehi, puoi farlo tu!” esclama battendo le mani. “Tanto
Kirishima è un ragazzo, no? Non ti formalizzi vero Midoriya? E poi ha già toccato tutto questo ben di Dio, quindi
non c’è niente di strano!”
Sta per allungare di nuovo le mani, quando Eijirō
la ferma, cingendole le spalle con un braccio. “Andiamo, per favore. Torniamo
in camera…scusaMidoriya.”
“Eh…N-non fa niente…”
Escono, e Izuku corre a lanciarsi contro
il battente per chiuderlo.
A chiave.
Con tre giri.
Sospira lasciandosi scivolare sul pavimento.
Dovrebbe…dovrebbe fare una
chiamata, sì.
Ma proprio non ce la fa. Neanche a digitare un miserabile
messaggio.
E’ già tanto che riesca a respirare, con quelle te…bo…eh, vabbé! Con quei seni
che gli ingombrano la gabbia toracica.
Ne ha prese diverse in faccia nel corso del tempo; ma averle lui,
proprio no, non ce la fa.
Fissa la porta del bagno. E un leggero crampo si fa sentire nella
parte bassa della pancia.
Il diuretico continua a fare effetto.
Oh,
maledizione.
Angolino Autrice:
“Ne ha prese diverse in
faccia nel corso del tempo; ma averle lui, proprio no, non ce la fa.” Un plauso
ad Anya perché questa frase mi ha fatto morire
definitivamente xDD E mi sono figurata tutte le tette
in faccia che si è preso Midoriya x°°°D
Gli altri sono già andati tutti quanti in
classe. Manca un po’, ma si sono già avviati. Sono rimasti indietro solo lui e
Shinsou, e Kaminari è ancora al bagno. O quantomeno
non lo ha visto uscire.
Oh, signore benedetto, ma che ha fatto di male
anche lui per meritarsi questo? Non poteva finire nel gruppo di quelli a cui
non è successo niente? Lo sa, lo sa che non dovrebbe lamentarsi, poteva
andargli peggio.
Tipo Bakugou.
Però conoscendo Kaminari
non è comunque del tutto tranquillo.
“Vado al bagno anche io. Ci vediamo in classe,
‘Toshi.”
Shinsou annuisce, “Va bene. Va a chiamare Kaminari, visto che ci sei, pare si sia perso.”
Ojiro abbozza un sorriso, ma lo sguardo di
Shinsou invece è funereo. Ah, lo sapeva. Non gli sta bene che Kaminari stia smanettando, e neanche a lui, in verità.
Ma che ci possono fare? E’ successo.
Entra nel bagno dei maschi senza farsi troppi
scrupoli, Jirou lo perdonerà e poi lì lo sanno tutti
che è Ojiro in verità. Il gemito di frustrazione viene dalla seconda porta
chiusa.
Fa così strano sentire la propria voce
che...scuote il capo e bussa.
“Kaminari? E’ tutto
okay?”
Il tonfo sordo lo fa sobbalzare, “Ahia. Porca
puttana. Cazzo, cazzo. Che cazzo ci fai qui?!”
Ojiro sospira, “Mi pare di star parlando con
Bakugou. Sei tu sì?”
Kaminari tace per un attimo, poi sospira. E’ strano sentirli così forti, quei
sospiri, come se gliele avessero fatti proprio nelle orecchie. Almeno non fa
male come il resto, come i rumori del giorno prima.
“Scusa,” borbotta Kaminari,
“Scusami, davvero amico, io...i-io non...cavolo, che situazione angosciante. Mi
dispiace, io non avrei mai...spero che Shinsou non mi uccida.”
“Nah, tranquillo. Lo
capisce.”
Kaminari tace. E’ fermo adesso, la coda non fa rumore. Ma dura poco di nuovo.
“S-senti...mi serve...mi serve un altro attimo.”
“Però...sei qui da mezz’ora.”
“...”
Ojiro stira le labbra, “E’ stata colpa mia. Per
la coda.”
“Non so, voglio dire, cavolo io non pensavo che
ti desse questa sensazione. Ti giuro, non lo farò mai più!”
“Ma no. Cioè, io ormai non ci faccio più caso. E’ successo perché...beh io
credo che sia successo perché stavi pensando a Jirou,
e poi ti sono arrivato io che ora ho la sua faccia e allora sei scattato...Non
basta di solito che semplicemente mi si tocchi per...insomma, hai capito.”
“S-sì.”
E’ dura capire quello che Ojiro ha appena
detto. Lo sa. Sa che gli piace Jirou, ha capito che
la stava guardando, e poi è arrivato lui...forse un’erezione gli sarebbe venuta
comunque, anche con una pacca sulle spalle, altro che carezza confortante sulla
coda. Quello era un’extra.
Solo che normalmente avrebbe già risolto.
Invece adesso proprio non riesce a venire, e nemmeno a rilassarsi.
E si sentiva in colpa da morire per l’amico.
“P-posso aiutarti?”
“Dio, Ojiro!”
“No, non...beh, sarebbe il mio corpo, eh! Ma
non così. Però...è la voce di Jirou. Forse...se
chiudi gli occhi e ti rilassi...”
“Ma come l’hai capito? E’...così lampante?
Cavolo, che imbarazzo, davvero!”
“Non so. Prima non l’avrei mai notato. Ma da
quando sto con Shinsou...e’ come se cogliessi meglio queste cose. Ti ho visto
guardarla, qualche volta, non visto.”
Kaminari, nel bagno, sorride, “Shinsou ti ha svegliato, eh!” poi sospira.
Cavolo, se è difficile. Ha l’erezione di un suo amico in mano, e non è il suo
ragazzo, non è un gioco, in un certo senso non è nemmeno consenziente. Diamine,
che situazione.
“O-okay. Facciamolo.”
“Va bene. Cosa...cosa vuoi che ti dica?”
“Non so...”
Ojiro tace per un po’. Vorrebbe sotterrarsi,
sta per morire d’imbarazzo, lo sente.
Se il pavimento si aprisse sotto i suoi piedi
gli farebbe un favore.
“Hai fatto i compiti?”
“Beh, con il casino di ieri non ho ripassato
molto storia ma...Ojiro ma che cazzo! Ma di che mi fai parlare?!”
“Scusa!” pigola lui, tappandosi le orecchie,
“E’ che...è che non so che dire. E’...è difficile!”
“Lo so che è difficile cazzo!” sbotta di nuovo Kaminari, poi prende fiato e chiude gli occhi. “Che cos’hai
addosso adesso? Intendo l’intimo.”
“Oh.” Ojiro si guarda da sotto in su,
abbassando gli occhi. “Ehm...io veramente non saprei, ho spento tutte le luci e
afferrato cose a caso, credo di aver anche messo la gonna al contrario e....”
“Cazzo Ojiro così non mi concentro! Vuoi
aiutarmi o no, porca miseria?!”
“Scusa! Ma io cercavo di rispettare Jirou quindi non ho guardato!”
Kaminari sospira di nuovo. “Hai fatto bene,” ammette. Si sarebbe arrabbiato se
avesse guardato, perché era geloso come non mai nei confronti di Jirou. Eppure, in quel momento gli avrebbe fatto di un
comodo difficile da descrivere.
“Allora facciamo così,” inizia Ojiro. Kaminari tende le orecchie. La mano incriminata –ma non ha guardato, mai, quello mai, povero Ojiro, sta
toccando ma non ha guardato- stringe la presa.
“Sì?”
“Chiudi gli occhi, Kaminari.
Rilassati, okay? Devi...rilassarti. Sai, credo che a Jirou
tu non sia indifferente. Non ho mai parlato con lei di questo, ma sono sicuro
che tu gli piaccia. Forse quando tutta questa storia sarà finita potresti
andare da lei, e dirle la verità. Adesso è nel tuo corpo, volente o nolente
deve imparare a conoscerti. E ad apprezzarti ancora di più.”
Il respiro all’interno di quel bagno si sta
facendo più rapido, frettoloso. Sa bene cosa significa.
Accidenti, che imbarazzo.
“Fareste una bella coppia. Io credo...che
funzionerebbe davvero, fra voi.”
Il gemito diventa acuto e roco.
E’ venuto.
Lo sente finalmente accasciarsi sul pavimento.
La coda fino a quel momento ha fatto un
fracasso bestiale, rinchiusa delle quattro strettissima mura del bagno, e gli
sta già scoppiando di nuovola testa.
Sente la zip del pantaloni e il sospiro di Kaminari.
Sente tutto, in verità. Ogni cosa. Troppo.
“Okay, allora io ti precedo in classe.”
“Sì. Io....mi dispiace, amico.”
“Non fa niente. Però magari fallo rimanere fra
di noi, okay?”
“Ma certo, sì, certo, non...hey, senti? Posso farti
una domanda?”
“Cosa?”
“Pensi...davvero quello che hai detto prima? Di
me e Jirou?”
Ojiro sorride, si sciacqua il volto con l’acqua
gelida e, ancora col volto bagnato, si avvia verso la porta, “Sì. Lo penso
davvero.”
Lo sanno tutti e due anche se quello…stronzo fa finta di niente e continua a guardarsi le
unghie, come niente fosse.
Non è abituato ad arrabbiarsi,
Hitoshi.
Cioè, è frequente che se
provocato provi una sorta di gelida irritazione, e se n’è fatto scudo e arma,
l’ha sempre resa strumento atto a difendersi o ad attaccare.
Ma quella furia cupa e
distruttiva che sente montare adesso nello stomaco è qualcosa che lo lascia
senza fiato.
Se non fossero le mani di Ojiro
gli spezzerebbe tutte le dita, una per una.
Anzi, lo ipnotizzerebbe e gliele
farebbe rompere da solo, sarebbe una vendetta più giusta.
Proprio adesso che stava
cominciando a vederlo davvero come un amico.
La dimostrazione che è meglio non
fidarsi di nessuno.
Poi volta lo sguardo su Jirou, cioè Mashirao. Ha gli occhi bassi, già arrossisce
facilmente di suo ma Kyoka ha la pelle più chiara e
quindi gli zigomi sono avvampati come due tizzoni ardenti.
Sicuro deve aver sentito tutto. Probabilmente
è dovuto restarsene fuori dal bagno mentre quello…stronzo
si dava da fare con il suo…
Dannazione.
Non gli riesce nemmeno di
ragionare che di certo stesse pensando a Jirou mentre
si smanettava, perché adesso c’è comunque Mashirao nel suo corpo.
Che casino. Che fottutissimo
casino di merda.
“Buongiorno, ragazzi.” Midnight entra in classe, va alla cattedra.
Li guarda per qualche istante,
gli occhi celesti studiano la compagine degli alunni. Sembra provare a ricordare
chi è chi adesso. “Be … bene. Direi che oggi interroghiamo, sì.” E abbassa lo
sguardo sul registro anche se sanno tutti che spesso e volentieri si scorda di
segnare. “Vediamo, ehm…Ashido, vieni?”
“Ma io sono già venuta, Midnight-san!” risponde quella sciroccata e Midnight trasecola, nel vedere la faccia di Bakugō sempre incazzata tutta felice e il tono
trillante. “Lei forse non se lo ricorda, ma io sì! E’ stata lunghissima e
durissima, per me!”
“Cazzo!” biascica quello a denti
stretti, battendo la manina di Yaoyorozu sul banco.
Lui si è seduto al proprio posto,
chiarendo subito le cose con un “è il mio cazzo di banco e non rompetemi i
coglioni“ appena varcata la soglia. “Ehm…suppongo tu sia…Bakugō, quindi. Vuoi…venire
tu?” azzarda la professoressa.
“Col cazzo che vengo in questo
stato. Già non vengo mai quando sono normale, tsk.”
“Sì, ormai lo sappiamo tutti, Bakugō,” ghigna Sero.
La faccia di Yaoyorozu
si fa spaventosa. Ora batte entrambi i pugni serrati, con un colpo che fa
sobbalzare Midoriya-Ashido dietro di lui. “Faccia Piatta
del cazzo ti distru…-”
“Fermo Kacchan!”
Midoriyagli
si abbarbica addosso, più per tenersi su lui stesso che per bloccare veramente Bakugō.
Anche Deku
si è infilato al proprio banco, e nessuno ha avuto il coraggio di farlo levare
da lì; Yaoyorozu gli ha accennato un sorriso ed ha
conservato il posto accanto a Todoroki, cosa di cui Shinsou ritiene non sia
niente scontenta.
“Levati di dosso, Nerd di merda,
mi stai appestando!” urla ancora Bakugō- Momo,
scrollandoselo con uno spintone; eIzuku si raggomitola di nuovo sulla sedia.
E’ un anima in pena, tutt’occhi
neri e unghie smangiucchiate, ha i tremiti e di tanto in tanto trasale come se
su quella sedia ci fossero le spine.
Poveraccio. Poveracci tutti.
Gli spiacerebbe anche di Kaminarise…be’.Dannazione.”Allora,
vediamo…ah, ecco, Ojiro…vieni
tu?”
“Ehm, professoressa, io sono…Kaminari,” spiega quello stronzo, flebile flebile.
“Ah, be’…sevuoi…comunque…venire…”
Denki, cioè Ojiro, sbianca a quella
parola. “Ehm, ma io sono già…ehm…sonogià…venuto…” balbetta, cincischiando con le dita.
Quelle dita.
Le dita di Mashirao.
Quelle stesse dita con cui
appunto è …
E quelle di Shinsou invece
artigliano il banco, le tira come il graffio di un gatto.
Infame.
Bastardo infame.
Alla faccia stranita di MidnightKaminari specifica: “L’altra
volta, sì, l’altra volta! All’interrogazione di settimana scorsa!” spiega, la
faccia ora paonazza.
La faccia di Mashirao.
Oggesù.
Adesso sbarella. Un’altra parola
e gli balza alla gola.
Le dita si serrano in due pugni.
No. Deve stare tranquillo.
E’ il corpo di Mashirao, non può
fare del male al suo ragazzo.
Calmo. Deve stare calmo.
E’ stato un imprevisto.
“Ah, già, sì, ecco. Ecco qui,
cinque,” si accerta Midnight, che pare sulle spine
anche lei.
Certo che potrebbe anche fare un
po’ più attenzione alle parole che usa.
E
che cazzo,
direbbe Bakugō. “Professoressa, sono io Ojiro,”
pigola timidamente Mashirao, alzando la manina di Jirou.
“Ah, bene. Che fai, vieni?” Merda. Come non detto.
“Ehm , veramente, professoressa, avrei…molto mal di testa,” spiega. La voce gli trema, un
po’ roca, incerta.
Sembra quasi vergognarsi di
metterla fuori, dacché è così diversa dalla sua e chissà che effetto gli fa,
con l’udito ultrasonico di Kyoka.
Ma quel mattino non era così. E
nemmeno il giorno prima.
Parlava normale.
Cosa gli prende, allora? “…non so se riuscirei a reggere...l’interrogazione di storia,”
conclude, e sembra annaspare, rosso come un pomodoro maturo.
“Oh, povero caro. Vuoi andare in
infermeria a farti dare qualcosa?”
“N-no…non
c’è bisogno…credo che mi passerà se sto tranquillo.”
Shinsou fa una smorfia amara.
E come potrebbe, sapendo che c’è
chi gioca col suo corpo senza alcun pudore?
“D’accordo. Ehm…nonso…Jirou? Vuoi venire tu?” Midnight
sembra stia cercando di orizzontarsi balzando di alunno in alunno.
Quelli sbagliati, però. “Nemmeno
tu sei segnata qui, quindi non sei venuta, giusto?”
La faccia di Jirou-Kaminari
avvampa, si guarda intorno smarrita. “Sì, in realtà…all’altra
interrogazione ho…risposto…al
posto di Kaminari…” China il capo sul banco.
“Ah okay, va bene comunque. Se
hai risposto per lui…” Midnight
sembra perplessa, non sa più che
pesci prendere, è evidente.
“Kaminari
ma sicuro di non voler venire di nuovo?”
Dannazione ma si è fissata oggi? “Perché
non è che la tua prestazione sia stata proprio eccellente eh! Guarda qua che
voto, non fosse stato per Jirou, neanche te l’avrei
data per buona!”
Kaminari – Ojiro, Ojiro-Kyoka
e la stessa Jirou sembrano raggelare a quelle parole.
Shinsou si stropiccia gli occhi
cerchiati,
“Professoressa, posso venire io?”
si offre Momo, con un sospiro.
“Oh, Mido…ehm,
sei Midoriya?”
“No,
Midnight-san, sonoYaoyorozu.”
“Ehm…ma
sei già stata interrogata, hai anche un bel voto tu.”
Ah, ora si ricorda di cambiare
verbo. E che cavolo. “Sì ma vengo comunque volentieri. Mi sono preparata, è un
peccato altrimenti.”
“Come vuoi.”
Ma non fa in tempo a raggiungere
la cattedra che sobbalzano tutti. “Kyoka-chan!”
strilla Mina-Bakugō, balzando in piedi.
Anche Shinsou si mette in piedi
d’istinto.
Jirou è caduta dalla sedia, sembra
molto sofferente e l’odore di bruciato è uno schiaffo in pieno naso.
Kirishima fa per chinarsi a tirarla su.
“Non la toccate!” grida Kaminari, e vedere il pallore livido sul volto di Ojiro fa
scordare a Hitoshi anche che lo voleva quasi strozzare, quel dannato Pikachu. “Dovete…aspettare che si
ritiri l’elettricità. Potreste…folgorarvi anche voi,
altrimenti.” Il tono angustiato, addolorato nella voce di Ojiro gli stringe lo
stomaco in una morsa.
Kaminari sembra sul punto di piangere.
Gli occhioni neri di Mashirao sono lucidissimi, gli
si smuove tutta l’anima anche se sa che non è davvero lui.
E non lo può abbracciare.
Maledizione,
maledizione, mille volte maledizione.
“Jirou? Jirou, mi senti?”
mormora piano, la voce soffocata.
“Mhmmm…”
“Stai tranquilla. Non contrastarla…lasciala andare. Prendila come viene, okay?
Non opporre resistenza, lasciala fluire…così. Piano.
Brava. Respira piano. Sciogli i muscoli, lentamente.”
La ragazza pare eseguire, guidata
da quella voce ipnotica.
Quella di Ojiro.
Shinsou sente involontariamente
un fremito dietro la schiena. E’ ancora preoccupatissimo per Kyoka, ma il suo corpo…va da sé,
e reagisce a modo suo.
Ossantocielo.
C’è Kaminari
lì dentro. Kaminari, non Mashirao.
E’ Kaminari.
Ma se pensa questo gli scoppia la
vena sulla tempia.
Per fortuna Kyoka
riapre gli occhi. Sembra tornata in sé. “Mhmmm…”
mugola, guardandosi intorno come a chiedersi cosa sia successo, perché sia
sdraiata per terra.
“Accompagnatela in infermeria,
per favore,” dice Midnight, visibilmente rassicurata
dacché ha ripreso conoscenza.
Denki fa per avvicinarsi e aiutarla,
ma Jirou spalanca gli occhi gialli e indietreggia
d’impulso, come spaventata.
E’ chiaro. In un certo senso è
colpa del quirk di Kaminari,
se è finita così.
E lui lo capisce e resta
paralizzato, sospeso.
Fa quasi pena.
A Hitoshi invece fa male. Quello
sguardo tristissimo negli occhi che ama tanto gli spezza il cuore.
E Ojiro è quello che si fa
avanti. “Ci…ci vado io,” mormora la voce piana,
limpida di Jirou-Mashirao.
Anche sul viso di Kyoka c’è un’espressione sofferente.
E lui non può fare niente
comunque, perché è il corpo di Jirou. “Temo…di dover prendere davvero qualcosa per il mal di
testa, adesso.”
Midnight sospira. “Certo, Ji...Ojiro. Sì. Ojiro.” Si volta, fa per tornare alla
cattedra. Si passa una mano sulla fronte con aria esausta, e la lezione non è
nemmeno cominciata. “Anzi, giacché ci sei caro, porta qualcosa anche a me,
quando torni. Grazie.”
Mentre i due escono, Kyoka che si regge ad Ojiro vacillando come un’ubriaca,
Shinsou pensa che di certo, ne avrà bisogno anche lui, di un calmante.
Se quella storia non finisce in
fretta dovranno fargliene un’intera flebo.
Lancia un’occhiata accanto.
Kaminari non si muove più.
Sembra quasi non respirare.
Ora ha le mani in grembo e la
coda, bassa, malamente allacciata alle caviglie.
Pare quasi voglia provare a
consolarsi.
E Hitoshi sente montare di nuovo
l’irritazione, perché quella coda non gli appartiene, non ha alcun diritto di
usarla, di muoverla a suo piacimento.
Gli spiace. Gli spiace
infinitamente per Kyoka, tantissimo.
Kirishima è quasi assente, mentre segue un Bakugou, che poi è Mina,
particolarmente su di giri, che urla, ride, scherza e parla con tutti, come se
non si ricordasse chi è veramente.
In quale corpo
è.
Bakugou non si
comporterebbe mai così e Mina lo sa bene, e a volte ha la sensazione che lo
faccia di proposito. Quella mattina l’ha avuta, quella sensazione.
La ama,
immensamente, da quando si sono messi insieme ha fatto di tutto per lei, e non
smetterebbe mai, ma la trova ingiusta in quel frangente. Nei confronti di
Bakugou. Non ha rispetto per lui e, di conseguenza, per chi gli è intorno.
Non è carino da
parte sua.
Come quella
mattina.
Si è svegliato perché hanno battuto forte contro la sua parete. Due volte. E’
il messaggio che hanno lui e Bakugou da quando sono lì al dormitorio, da dopo
il rapimento. E’ Kirishima di solito a battere due
volte, e Bakugou dopo un po’ risponde.
Per sapere che
è lì. Per far sapere che c’è ancora.
Dopo un anno
ormai sono tranquilli, Kirishima non ha più paura che
possa succedere qualcosa, incubi, insonnia, altri rapimenti o cose simili. Ma
il vizio è rimasto.
Solo che inizia
sempre lui per primo. Per questo quando sente bussare si alza di botto, allarmato,
quasi spaventato.
“Eiji, Bakugou ha avuto un alzabandiera con i controfiocchi!
Mi daresti una mano, amore?!”
E lì si è
ricordato che dentro Bakugou c’è Mina. La sua ragazza, e si è ributtato sul
letto, più tranquillo.
Per un attimo.
Il tempo di rendersi conto di quello che Mina ha appena detto.
Si è alzato di
scatto e, ancora in mutande, ha lasciato la sua stanza e si è fiondato in
quella di Bakugou.
“Mina!” l’ha
trova con una mano nei pantaloni e l’altra a tenere aperto l’elastico per
sbirciare.
“Oh.”
“Oh cosa? Oddio
non lo voglio sapere! Cosa stai facendo?!”
Mina ha sorriso,
“Beh, sono una ragazza ma so come funziona! Vieni qui, Eiji,
ho bisogno di te! Da sola mi sembra troppo strano!”
Kirishima è impallidito, a quella visione.
Cazzo, gli è sembrato di violare l’intimità di Bakugou come mai
in vita sua. E’ il suo migliore amico ma di quelle cose neanche parlano, Kirishima non è nemmeno sicuro che Bakugou le faccia, a
differenza sua, strano com’è.
E se l’è
trovato lì che si masturbava. Cioè, non lui, ma Mina, però...
“Mio...No!
Mina! Ti prego! E’ il mio migliore amico!”
“Ma appunto,
stellina, meglio no? Non ti avrebbe fatto più strano fosse stato Todoroki?”
“Merda!”
“Beh, se
proprio non vuoi posso fare da me, credo. Su e giù, come quando lo faccio a te.
Gioia, però così non mi aiuti, togliti la maglietta da bravo che così mi
rifaccio gli occhi! Anche se beh...” ha riabbassato i suoi sull’erezione di
Bakugou.“Eiji,
sei geloso?”
“Co-cosa?”
“Sì, dico, se
mi masturbo guardando Bakugou è come se ti tradissi, credo...”
“Ma tu sei
Bakugou, adesso!”
“Beh ma che
c’entra! Tu sei il mio ragazzo!”
Kirishima ha taciuto. Avrebbe voluto strapparsi i capelli a uno a
uno. Ha sperato ardentemente che Bakugou non lo venisse mai, mai e poi mai a
sapere. Lo ucciderebbe.
E stavolta
avrebbe anche ragione a farlo.
Vedere il suo
volto...non ce la può fare. No davvero.
“Oh, suvvia
insomma una mossa! Mi si ammoscia così!”
“Sì! Sì,
diamine, deve ammosciarsi! Bakugou, ti prego, perdonami!” quasi ha urlato, poi
si è ricordato di Shinsou nella stanza accanto ed ha abbassato subito la voce,
mentre si è fiondato quasi di peso su Mina prendendola per le spalle, “Adesso
andiamo al bagno!”
“E perché? La
doccia me la faccio dopo!”
“No, te la fai adesso e stai zitta, che svegli Shinsou di là!”
“Oh, è già
sveglio,” ha squittito tutta allegra, “Pensavo fossi a destra e ho sbagliato
parete! Mi ha anche risposto, poverino!”
“...non ci
credo. E’ un incubo...”
“Che
esagerato,” ha riso Mina, mentre si toglieva i vestiti e si esaminava i muscoli
allo specchio, “Per così poco. Certo che guarda qui, che fisico!”
Kirishima ha alza gli occhi al cielo, “Ficcati in doccia e zitta!” ha
sbottato, aprendo il getto freddo.
Mina ha urla,
ed è stato certo che lo abbia sentito Shoji
dall’altra parte e chissà chi altri. “E’ fredda! Ma sei matto?!”
“E’ così che
funziona! Entra e ti fai una doccia fredda, ti si ammoscia e la finiamo co sta storia!”
“Ma io volevo
provare!”
“No!” ha pigola
Kirishima, staccandosi le sue mani di dosso.
Ma Mina non ha
demorso, è tornata a palpargli i glutei sodi a piene mani.
Per quanto sapesse
che lì dentro ci sia la sua ragazza, Kirishima ha avuto
un brivido lungo tutta la schiena. E non di piacere.
Possibile che
non lo capisca? Lei vede lui, sì, ma lui vede il suo migliore amico. Non è
attratto, neanche un po’. Non ha mai provato nient’altro che amicizia nei
confronti di Bakugou, anche se qualcuno direbbe che non è così.
Ma Bakugou è
come un fratello per lui. Gli vuole bene e lo stima, null’altro.
“Mina, ti
prego, è il corpo di Bakugou!”
“Lo so. E’ per
questo...”
“No! No,
diamine, per favore Mina. E’ Bakugou. Lo sai cosa provo per lui. E’ troppo
strano! Pensa un po’ a me, amore, per favore!”
Mina, a quel
punto, ha sospira. D’accordo, forse stava
esagerando.
Ma era così
divertente!
“E va bene. Per
stamattina, però. Dai, mi faccio la doccia, posso farlo da sola.”
“Non...se ti
lascio da sola fai casino...”
“Bene, allora
preparati ad essere toccato ovunque!”
“No! No, no,
no, no! Me ne vado, ciao! Ci vediamo fra dieci minuti!” ha sbottato, ed è
scappa prima di poter fare qualsiasi altra cosa.
Non
sopporterebbe di essere toccato così da Bakugou un istante in più, è troppo
strano, troppo.
E’ corso di
nuovo nella sua stanza, si è dato una sistemata e si è veste. A lui l’erezione
mattutina Mina l’ha fatta passare così veloce che quando ha messo il secondo
piede fuori dal letto già non c’era più.
Lei invece è stata
persistente.
Gli ha dato
dieci minuti ma quando lui è esciuto preparato per la
scuola, lei era ancora dentro.
E’ uscita quasi
venti minuti dopo, ben preparata. Almeno ha avuto la decenza di non devastare
troppo il look di Bakugou.
“Perché ci hai
messo tanto?”
“Beh, è stata
più dura del previsto!”
Kirishima è arrossito di botto. “Cosa...cosa è stato dura?!”
“Ah, non lo
vuoi sapere, tesorino!” e gli ha scocca un bacio sulla guancia.
E già questo è
strano.
Quando poi sono
scesi e Mina ha detto quella frase a tutti, con Sero
che gli è sbucato da dietro mentre se la rideva della grossa, ha capito subito.
Che si è toccata sotto la doccia, e per questo ci ha messo tanto.
Non avrebbe
dovuto lasciarla sola.
Non avrebbe
dovuto.
Accidenti a
lei. A lui. Alla situazione. A tutto.
In classe,
Bakugou, nel corpo di Momo, non riesce neanche a guardarlo. Ma tanto lui è così
furioso, perché ha sentito tutto quello che ha detto Mina, che neanche ci fa
caso.
E Midnight, con le sue frasi involontariamente a doppio
senso, non aiuta minimamente. Vorrebbe morire, sotterrarsi.
E non sembra
essere l’unico, solo che lui lo nota appena, Ojiro farsi piccolo piccolo o Kaminari, lì davanti,
guardarsi le mani, sfregarsele sui pantaloni come a pulirle, sospirare.
E Jirou, davanti a lui, nel corpo di Kaminari,
è ancora più strana.
E’ su di lei
che si calamita la sua attenzione, dopo l’intervento con la professoressa.
Perché Mina si è sporta verso di lei.
“Kyoka-chan, hai provato anche tu, vero? Io lo avrei fatto
subito, nella tua situazione!”
Kirishima sgrana gli occhi. Mina ha appena fatto in tempo a finire
di parlare che Kyoka precipita a terra e la scena
seguente ha del surreale.
Non riesce ad
impedirselo. Nella confusione generale, e approfittando della distrazione della
professoressa, prende Mina e la sbatte al muro. Bakugou lo perdonerà se
maltratta un pochetto il suo corpo, anche se forse
non lo ha neanche visto.
“Mina!
Maledizione!”
“Non...non
volevo, io...”
“Ma lo vuoi
capire che è difficile, per noi, per gli altri? Non tutti l’hanno presa come
te! Non è il tuo corpo, non è il loro corpo!”
“Ma...ma non ho
fatto nulla! Jirou non controlla il quirk di Kami, tutto qui!”
“Ti ho sentito!
Ho capito cos’hai fatto nel bagno, stamattina! Basta! Basta, Mina...sul serio.”
“Mi...mi
spiace...”
Kirishima la lascia, si azzarda a farle una piccola carezza sulla guancia,
“Brava. Lascia in pace gli altri, almeno.”
“Non pensavo
che Kyoka svenisse. Era uno scherzo. Starò buona con
gli altri, lo prometto.”
“E anche con
Bakugou?”
Mina lì per lì
tace, fissa Ojiro, nel corpo di Jirou, trascinare via
la sua amica verso l’infermeria. Le dispiace immensamente. Non voleva scatenare
quella reazione eccessiva.
Lui è stato fortunato, in un certo senso. E’
rimasto indenne dallo scambio dei corpi, quando è successo il casino era già in
spogliatoio, a batterlo palmo palmo alla ricerca di
altri spiragli su quello delle ragazze, lì accanto.
Dall’altro, è una vera ingiustizia però.
Dice un proverbio che il pane finisce sempre a
chi non ha i denti.
Ad esempio, quel rozzo di Bakugō.
Che è finito, beato lui, nelle tette di Yaoyorozu.
E non pare apprezzare la fortuna sfacciata che
ancora una volta l’ha accompagnato nella vita.
Cioè, ma come si fa? Fosse toccato a lui… non avrebbe fatto altro che toccarle, appunto.
Quelle splendide, grosse, soffici tette, ahaaaa.
E quello non fa altro che lamentarsi. “Porca
troia. Mi verrà un’ernia, a furia di portarmi dietro sti
cosi, e che cazzo,” ha borbottato proprio mentre Minoru
gli passa vicino, nell’entrare in classe.
Involontariamente – è una parola grossa, pure
questa – gli era caduto lo sguardo sui “cosi” incriminati. Oddio, più che
cadere lo ha alzato, dacché è basso quanto basta per sbirciare sotto le gonne
delle compagne.
Giacché c’è…tanto
valeva dare un’occhiata anche lì.
Bakugō però se n’era accorto. “E tu che cazzo hai da
guardare, pidocchio?” lo interpella, un’espressione assassina incisa sulla faccia.
Anche così restava bellissima. Una dea. “Ohhhh...”
Un leggero filo di saliva gli era colato dalla
bocca. “Ehi, idiota, sto parlando con te. Cazzo guardi?” ha rimarcato,
chinandosi come fa lui di solito, lo zaino tenuto dietro la spalla con una mano
e il braccio sollevato.
Sempre come al suo solito non portava la
cravatta, e il colletto era slacciato come la giacca.
E non si era reso conto che così facendo il
bottone della camicia aveva aperto uno spiraglio sul Paradiso delle tette.
Mineta non aveva spiccicato verbo.
Non riusciva nemmeno a battere le palpebre.
Però ad allungare il braccino, stringendo le ditine bramose, sì. “Dai Bakugō,
fammi toccare …” aveva sibilato.
“Uh?” le sopracciglia perfette si erano
inarcate, un angolo della bocca levato in una specie di ringhio.
“Dai, fammi toccare…
tanto non sono tue, che ti frega…” aveva sbavato Minoru, arrivando quasi a sfiorare il magnifico decolleté
di Yaomomo.
Più che abbatterlo sul pavimento, il colpo che
si era preso dalla bianca manina di Bakugō-Momo quasi ce lo aveva incastonato dentro.
Acc…era forte come al solito, lo stronzo esplosivo. “Vedi
di piantarla, coglione di merda! Se ci tieni alla salute, stammi il più lontano
possibile, o ti ammazzo, perdente del cazzo!” aveva sbraitato, passandogli sopra.
Gli occhietti di Mineta
si erano illuminati.
Era riuscito a scorgere un lampo bianco, sotto
la gonna.
Non era stata del tutto una sconfitta, anche
se Katsuki l’ha riciclato a tappetino per pulirsi i
piedi.
Ma, come si è già detto, Bakugō
non capisce niente. Un’occasione d’oro così, sprecata.
Sì, davvero la vita è ingiusta, certe volte. “Ehi,
Mineta, lucidi il pavimento?” aveva domandato Serofermandoglisi davanti.
“Idiota,” Minoru si
era tirato su, congiungendo le mani. “Sono riuscito a guardare sotto la gonna…”
“A chi?”
“A Yaoyotette…” Si era
asciugato la bocca, con un sospirone.
Sero gli aveva scoccato un’occhiata poco convinta.
Poi aveva guardato dentro, dove Bakugō aveva
appena annunciato che si sarebbe messo al suo posto e il primo che rompeva lo avrebbe
preso a calci in culo, con un’espressione terribile.
Pareva volesse fare a pezzi qualcosa.
Ma era sempre…ahaaa, stupenda. “Ma…
lo sai che quello è Bakugō adesso no?” aveva
sentenziato Hanta schioccando la lingua.
Mineta aveva assunto un’aria sussiegosa. “Certo che
lo so.”
“E ci provi uguale? Che, sarai mica omosessuale
represso, vero Mineta?”
“Macché dici?” aveva strillato esterrefatto.
Omosessuale a lui? Bisognerebbe essere degli
sfigati come Ojiro per farsi piacere un maschio.
A lui piacciono le donne. Oh sì! “Che c’entra?
Tanto il corpo…” e aveva deglutito, lanciando
un’altra occhiata a Bakugō svaccato nella sedia.
“… è sempre quello, eh!”
“Non è un ragionamento che mi sento di
appoggiare, Mineta. Fossi in te ci penserei bene,
prima di finire di nuovo a limonare il pavimento,” aveva concluso Hanta passandogli davanti ed entrando in classe.
Ma lui non è disposto ad arrendersi.
E’ un aspirante Eroe, no? Questo insegnano.
A non mollare.
Quando si era ritrovato davanti Ashido, invece che Midoriya- o
meglio, Midoriya nel corpo di Ashido,
piuttosto che Yaoyorozu nel corpo di Midoriya- aveva capito che qualcuno ci tiene a lui, da
qualche parte. “Ehi, pssss, Midoriya?”
Quello si era voltato appena. Sembrava appena uscito
da una sala cinema in cui davano un film dell’orrore spaventoso. “S-si?”
“Come sono?”
“Co-cosa?”
“Le tette di Ashido!
Non le hai toccate?”
Midoriya aveva dato un balzo così forte che quasi si
era aggrappato al soffitto, a testa in giù come Spiderman. “Mi-Mineta,
ma che dici?” lo aveva rimbrottato in un soffio.
“Dai, non sarai anche tu come quello scemo di Bakugō! Ma possibile che nessuno di voi capisce che
fortuna ha avuto? Tutta quella ricchezza tra le mani e nemmeno una palpatina?” Aveva
fatto uno sguardo sapiente. “Se vuoi te la do io…”
“Smettila Mineta!”
lo aveva sgridato Momo dal banco dietro. “Smettila subito di importunarlo!”
Ahhh, non è la stessa cosa di quando è nel suo
corpo.
Di fatti quando si era alzata per andare
volontaria all’interrogazione di storia nemmeno l’aveva degnata di un’occhiata.
Poi era scoppiato un casino, Jirou nel corpo di Kaminari era finita
abbattuta dal quirk di quest’ultimo.
E Ojiro, in quello di lei, l’aveva accompagnata
in infermeria.
Minoru si agita, ma non troppo. Solo perché è una
compagna di classe e poi diciamoci la verità, ha fatto prendere un accidente a
tutti, sia mai perdesse del tutto il controllo e finisse col folgorarli in
massa su due piedi.
Kyoka non è mai rientrata nella lista dei suoi
bersagli preferiti. Piatta come un’asse da stiro, dai fianchi pressoché
inesistenti, quasi non sembra neppure una ragazza.
Non di quelle che piace guardare a lui, quanto
meno.
Midoriya è ancora rannicchiato nel banco. Bakugō invece si è girato sulla sedia, non si alza,
non si avvicina al gruppetto raccolto intorno a Jirou-Kaminari
ma fissa la scena con sguardo inebetito.
Oh, è così carina Yaomomo
quando fa quel faccino …
E un altro colpo gli si abbatte sulla nuca,
spedito da Yaoyorozu di ritorno al proprio posto.
Preso com’era a fissare le sue bocce in delega
a Bakugō non si è accorto che si è fatta strada
tra i banchi ed è andata dritta dritta da lui.
“Finiscila di guardarmi, Mineta!”
sbotta, con la voce di Midoriya.
E anche la mano che gliel’ha suonata, è sua.
Mineta si massaggia la testa, mette su una faccia
con cui spera di impietosirla, almeno un po’. “Ma non stavo facendo niente!”
piagnucola, voltandosi verso di lei.
E incrociando lo sguardo di Todoroki, l’altro
fortunato baciato dalla sorte che ce l’ha come fidanzata, quello splendore, e
può affondarci come e quando gli pare in quelle bocce stratosferiche, anche di
faccia, beato lui.
Che lo squadra riducendo in due fessure gli
occhi spaiati.
Oh no. Quello è pericoloso. Di brutto.
Non si stima assolutamente in grado di
vedersela con lui. Lo ridurrebbe per metà in una poltiglia ghiacciata e metà in
un arrosticino, altroché.
Così torna a voltarsi e si rassegna, battuto
ma non vinto.
E’ soltanto l’inizio. Prima o poi, qualcuna ci
cascherà.
Come si è già detto, MinetaMinoru non si arrende. Non se ci sono tette di mezzo.
“Psss, Midoriya? Me le fai
toccare?”
Ojiro l’ha lasciata lì a riposare ed è uscito
dopo aver preso qualcosa per il mal di testa e qualcosa da portare anche alla
professoressa, come gli ha chiesto Midnight. Jirou ne approfitta senza troppi problemi per dormire.
Si sente il cervello vuoto e si stupisce di non
ritrovarsi a fare “weei” anche lei come succede
sempre a Kaminari. Forse la scossa non è stata molto
forte, ma lei non ci è abituata e il risultato è stato quello. E’ terribile la
sensazione di vuoto che sente in testa.
Se Kaminari si sente
così ogni volta...anzi forse persino peggio...
Non lo prenderà mai più in giro così tanto per
via di quello che gli succede quando esagera con i voltaggi.
Anzi, si pente di non essere mai stata più
comprensiva in passato, di aver riso di lui invece di occuparsene. Di
confortarlo un po’, magari. Non ha neanche in mente in che modo potrebbe farlo,
magari in futuro. Anche se non ha quella confidenza, con lui. E forse non ce
l’avrà mai.
Dopo quello che ha fatto, non ha nemmeno il
coraggio di guardarlo in faccia. Sa bene che è sembrato ben altro, visto il
modo in cui si è scansata in classe, ma non è quello. E’ lei, il problema.
Quello che ha fatto.
E’ contro se stessa che ce l’ha.
Forse dormiva, e quindi non dovrebbe prenderla
così male, ma come fa? Un conto è fare dei sogni...su Denki,
più o meno innocenti, nella sua stanza e nel suo corpo. E un conto è farli nel
corpo del diretto interessato, e ritrovarsi con...con la mano...
Senza contare che lei quel corpo maschile non
lo controlla! E se Kaminari la toccasse, anche se
adesso è nel corpo del povero Ojiro, e lei reagisse...beh, fisicamente? Ora
capisce quanto sia comodo essere una donna, come non mai.
Nessuno se ne accorgerebbe, anche se
succedesse.
Adesso è tutto plateale, invece. I pantaloni
sono anche stretti!
Oh, come fa? Come fa a tornare in classe?
A guardare di nuovo Denki.
Si sente anche in colpa, per lui, perché è come
se lo avesse violato. Molestato. Sì, lo ha praticamente molestato.
E’ per quello che ha reagito così a Mina, e
alla sua dannata battuta. Non faceva ridere per nulla, è andata su di giri e ha
sentito il corpo invaso dall’elettricità. Si è irrigidita in automatico, non
sapendo come muoversi, reagire, e il risultato è stato quello.
Chissà se succedeva anche a Denki,
quando era più piccolo? Aveva fatto male, anche fisicamente. Se era successo
anche al piccolo Denki...quella di Kaminari non deve essere stata un’infanzia facilissima, da
dopo la manifestazione del quirk.
Poverino.
E povera lei. Come fa adesso? Succederà ogni
volta che è troppo tesa? Quindi se ne accorgeranno sempre tutti.
E farà preoccupare sempre tutti.
Quando finisce tutta quella storia? Spera più
che presto. Non ne può più.
“Kyoka-chan?”
Sobbalza così tanto al suono della vocina timida
di Midoriya che per poco non cade dal letto. Una
scena degna di Kaminari, ma non di lei.
Sospira pesantemente, “Oh, Momo. Vieni.”
“Come ti senti?”
“Molto meglio, ti ringrazio. Mi dispiace di
aver creato problemi con la lezione.”
“Oh, non te ne preoccupare. Non...non stava
andando bene. E poi, sai, prima o poi avremmo tutti a che fare con le
conseguenze di questi quirk, se non ci siamo
abituati...Credo.”
Jirou annuisce, “Già e...e di questi corpi.”
“Già.”
Il silenzio che deriva da quel breve scambio è pesante.
Quasi soffocante.
Nessuna delle due dice niente, anche se Momo
sembra abbastanza tranquilla. In apparenza, quantomeno.
Lei ha Todoroki. Per sua fortuna.Un po’, in quel momento, la invidia.
Jirou stava già iniziando a pensare che non sarebbero mai arrivati da
nessuna parte e che non avrebbero ricominciato a parlare, ma sarebbero rimaste
così a guardarsi, quando Mina arriva come il tifone che è, solo che nel corpo
di Bakugou fa ancora più danni del normale.
Buttando giù tutto quello che si trova nel suo
cammino.
“Kyoka-chan! Mi
dispiace tanto!” esclama, buttandogli le braccia al collo, “Mi dispiace
tantissimo, non volevo innervosirti così tanto!”
“Non...non fa niente, Mina-chan.
Lo capisco. Me lo sarei dovuta immaginare.”
“Davvero? Perché io sono solo curiosa, lo sai!”
“Lo so. Non preoccuparti, sto bene.”
“Ragazze,” mormora piano Momo, “Non dovremmo
essere più composte? Siamo in infermeria, i ragazzi non si comporterebbero
così, credo..”
“Oh, sì,” fa Mina, mettendosi seduta. Poi si
ricorda, in apparenza, in chi è e stravacca le gambe, masticando aria, “Hey, Pikachu, sei uno scemo!”
Jirou scoppia a ridere, non può evitarselo, “Quasi convincente!”
“Vero?” trilla Mina, “Oh, scusate!
“Mina! Mina dove sei? Non fare danni, Mina, ti
prego!” la voce del povero Kirishima, proprio fuori
dall’infermeria, le fa ridere tutte e tre. Mina, in particolare, deve
asciugarsi gli occhi. “Mina!”
Momo si porta la mano grande di Midoriya davanti alla bocca, ridendo con educazione come
suo solito, “Povero Kirishima. Lo stai facendo
diventar matto.”
“Oh, ma è giusto così! Gli uomini devono
imparare fin da subito a stare al loro posto!”
“Ma Kirishima è un bravo ragazzo!”
“Lo so, e lo adoro!”
“Mina! Mina!”
Jirou sorride, “Che fai, lo lasci lì a tribolare?”
“Vorrei. Ma penso che andrò da lui perché...in
fondo lo amo immensamente!” esclama lei, alzandosi di botto, “Kiri stellina amore sono qui!”
Momo e Jirou drizzano
la schiena all’unisono, “Sei Bakugou, Mina!”
“Oh, sì. Capelli di merav...merda!
Sono qui, acc...cazzo! Mannaggia, quant’è
difficile...Ci vediamo, ragazze! A dopo!”
La salutano entrambe, sperando ardentemente che
nessuno lo abbia visto. Se così fosse stato la reputazione di Bakugou sarebbe
stata rovinata, già se lo immaginano a saltare allegramente addosso a Kirishima, come Bakugou non farebbe mai e poi mai.
Finalmente sole, Momo si volta verso l’amica e
sorride, “Senti, Kyoka...non vorrei essere troppo
invadente, però, ecco...cosa ti ha detto Mina, prima? Ti ha chiesto scusa come
se fosse stato quello a farti sentire male...”
Jirou deglutisce, “Beh, io...ecco...”
“Scusami, non volevo essere invadente.
Ignorami, sono fatti tuoi!”
Jirou stira le labbra. Sì, lo sono. Anche perché c’entra anche Kaminari e non è giusto.
Ma se non lo dice a qualcuno sarebbe impazzita e
Momo, almeno, di lei sapeva di potersi fidare.
E’ la sua migliore amica e la sua confidente
più fidata.
Se non a lei, a chi?
Deve togliersi quel fardello.
“Stamattina ho....mi...insomma...”
Momo arrossisce prima ancora che Jirou possa finire. “Anche io,” fa subito, interrompendola,
“E’...è normale. Sì. Fisiologico.”
“Sì,” annuisce Jirou,
“Però io...io...voglio dire io...Io l’ho fatto! Okay, pensando a lui, l’ho
fatto!”
“Hai...fatto cosa, Kyoka-chan?”
“Momo...non ho fatto una doccia fredda per
sistemare...il danno. Non solo. Ecco. Mettiamolo così.”
“Oh.”
Già, oh. Le guanciotte
di Midoriya sono rosse come un pomodoro maturo, il
problema è che anche quelle di Kaminari lo sono
adesso, e se ci pensa sente di nuovo un’onda di piacevole elettricità
percorrerle tutto il colpo.
Cielo, che imbarazzo.
“Lascia stare. Scusa, Momo, dimentica quello
che ho detto! Dimenticalo, davvero!”
“Oh, Kyoka-chan...”
Momo giunge le mani fra loro. Le dispiaceva così tanto per la sua amica.
Aveva capito quanto le piacesse Kaminari, che fosse interessata a lui quantomeno, e visto
che è stata anche Jirou ad aiutarla con Todoroki,
anche lei si è detta che un giorno avrebbe fatto lo stesso.
Solo che quella situazione è così strana.
E’ nel corpo del ragazzo che le piace, in
fondo. Lei cosa avrebbe fatto se fosse stata nel corpo di Todoroki?
Oh, no. Solo l’idea...arrossiva solo all’idea.
No, no. Povera Kyoka.
“Sono terribile. Ho violato in tutti i modi
l’intimità di Kaminari, proprio io! Non volevo,
ma...glielo avevo anche promesso...”
“Ma non lo hai fatto di proposito, Kyoka-chan.”
“Forse, ma l’ho fatto,” sospira lei. Come devo
fare? Non riesco più neanche a guardarlo...”
“Forse ti serve tempo,” sorride comprensiva
Momo, “Per capire. A te...a te Kaminari-kun piace,
vero? Serve a tutti tempo, Kyoka-chan. Non prenderla
troppo a male.”
Jirou non riesce neanche a sorridere, a quella frase. Certo, ha ragione.
Ma le viene difficile anche solo pensarlo.
Capirlo e poi farlo è oltre ogni immaginazione, adesso, per lei.
“Forse potresti trovare qualcosa di positivo in
questa storia. Forse riuscirai a capire cosa provi e quando torneremo normali,
spero presto, avrai un coraggio nuovo, per parlargli e affrontarlo.”
Vorrebbe poter pensare ad uno
scherzo di cattivo gusto, ma purtroppo non lo è.
Sono tre giorni che la 2-A si
ritrova a fronteggiare quella stranezza più strana del solito.
E non hanno ancora idea di come
uscirne.
AllMight, raggiunto telefonicamente
poiché è in ferie forzate per motivi di salute, ed è andato a curarsi a Shikoku, ha pensato di contattare il suo amico scienziato
ad I-Island, che ha promesso di raggiungerli il prima
possibile e vedere se è nelle sue possibilità fare qualcosa per mettere fine a
quel dannato casino.
Purtroppo sta lavorando ad un
progetto importantissimo e non può piantare tutto a mezzo per correre da loro.
Fino ad allora, possono solo
sperare bene.
Ma non se la sente di vederla in
questo modo.
Ora che ce li ha tutti davanti,
meno che mai.
Jirou, nel corpo di Kaminari, ha due occhiaie da far concorrenza alle sue. E’
tutta un tic, al pari di Midoriya che ha la faccia
perennemente accesa e sudata dacché porta un’enorme felpa di pesante pile e
l’odore che emana, un miscuglio sospetto di sudore e deodorante, si sente quasi
fin dalla cattedra.
Non pensa non si lavi affatto, Aizawa, ma sicuro si butta sotto la doccia per qualche
minuto e rimane lì immobile, senza insaponarsi.
E’ stato altre quattro volte in
infermeria da quando ha avuto l’attacco di panico in bagno. Se continua così si
giocherà un rene, o meglio lo farà giocare ad Ashido.
L’unica che ci sguazza in quella
situazione. Senza pudore com’è, si porta in giro il corpo di Bakugō come nulla fosse, incurante di quel povero
cristo del suo fidanzato che ha la faccia di chi è sopravvissuto ad una
catastrofe nucleare e ora è sempre in allarme per spiare gli eventuali effetti
delle radiazioni.
In perenne stato di ansia e
shock, in pratica.
Dal canto suo Bakugō
è più incazzato che mai. Lui non rischia un blocco renale ma un ictus, la
faccia di Yaoyorozu è perennemente ingrugnita e quella poveretta, nel corpo di Midoriya, si dispera perché semmai tornerà in possesso del
proprio dovrà iniziare ad usare una crema antirughe prima del tempo.
Non si sente di dar torto a Katsuki, a nessuno farebbe piacere sentir decantare le
proprie doti fisiche davanti a tutto il dormitorio; anche se un po’ se lo
merita, dacché spesso se la canta e se la suona da solo anche se in altri
sensi.
Viene davvero da pensare al
karma, in questo caso.
E a proposito di karma Todoroki
ha lo sguardo più perso che mai. Per una volta che si dava una svegliata fuori
dal campo ecco che finiva puntualmente colpito dalla iella. La sua ragazza ora
ha il cervello del suo più agguerrito avversario, anche se sembra abbiano
raggiunto una sorta di tregua per riguardo alla situazione.
Dev’essere nato proprio sotto
cattiva stella, quel disgraziato. Così fortunato da un lato e così segnato
dall’altro: mai una volta che gliene vada bene una.
E come a lui, anche a Hitoshi.
Aizawa non fa realmente preferenze tra
i suoi alunni, per lui sono tutti uguali e tiene a loro come fossero tutti
figli suoi.
Ma quella di Hitoshi è una
situazione un po’ particolare.
E’ entrato al secondo anno, nella
sezione Eroi, dopo innumerevoli tentativi e difficoltà. Si è inserito in una
classe già compatta, che le vicissitudini del primo anno ha legato a doppio
filo malgrado gli attriti presenti, logici date le differenze di personalità –
leggi: Bakugō- e che nonostante l’avesse accolto
gentilmente, anche con reiterate offerte di amicizia, come quelle avanzate da Kaminari o Midorya, un po’ lo
temeva per il suo potere.
Soprattutto da chi ci era venuto
a contatto durante il precedente Festival Sportivo, come Ojiro.
Che si manteneva vagamente ostile
nei confronti del nuovo arrivato.
Senza contare il fatto che
Hitoshi stesso, forse mettendo le mani avanti per non sentirsi tagliato fuori
avesse deciso di tenersi neutrale nei confronti dei suoi nuovi compagni in modo
scoraggiante.
Per quello non poteva fare un
granché, essendo lui stesso un solitario.
Aveva però provveduto a lui
diversamente.
Non possedendo Shinsou un quirk fisico, si è sentito in dovere di aiutarlo
istruendolo nell’arte di maneggiare le bende, oltre che ad incoraggiarlo a
sviluppare il proprio quirk, il brainwash.
Si racconta ch’è perché un potere
come il suo è meglio averlo dalla parte dei buoni, piuttosto che da quella
sbagliata.
La realtà è che lo considera un
po’ come un suo nipote. Gli si è affezionato, lo ha sempre spinto a non farsi
limitare dalle sue scarse competenze nella lotta e nell’integrarsi con gli
altri.
Se c’era riuscito Todoroki, a
socializzare, poteva farlo anche lui.
E con meraviglia di Shouta il ragazzo aveva seguito prontamente quel consiglio.
Quando poche settimane dopo la ripresa delle lezioni i suoi onnipresenti robottini avevano catturato l’immagine di lui ed Ojiro Mashirao
che si baciavano in un angolo dietro gli spogliatoi, pensando di essere fuori
vista, aveva ghignato.
Ma
guarda.
Bravo,
Shinsou. Bravo.
E’ fierissimo dei suoi progressi,
su ogni fronte. Anche del fatto che non si sia vergognato per nulla della sua
relazione con Ojiro: non ha messo i manifesti, però appena la voce si è sparsa
– ad opera di Ashido e Hagakure,
quando mai- non ha fatto una piega. Anche se la loro situazione avrebbe potuto
essere un tantino delicata – per gli altri, non certo per Aizawa,
che lui a ste cose non fa proprio caso e non gli
cambia nulla se una persona ha questo o quell’orientamento, l’unica cosa a cui
guarda è la capacità di impegnarsi a sfruttare le proprie capacità- essendo
l’unica coppia gay dichiarata della classe e dell’intera scuola, al momento,
l’hanno affrontata con grande disinvoltura. Non hanno provato a negare, a
nascondersi: l’hanno ammesso subito e se non scambiano effusioni in pubblico è
solo perché lui è discreto e Mashirao è timido, tutto qui.
Guarda caso, il fato non ha
voluto favorire neppure lui.
Nel corpo di Ojiro adesso c’è Kaminari. E se da un lato Hitoshi lo stava iniziando a
considerare un amico, dall’altro è cosa risaputa che Denki
non sia certo uno stinco di santo. Non arriva ai livelli di Mineta
e le sue sono più chiacchiere che altro, tuttavia è complicato comunque.
Quando il giorno prima, al
termine delle lezioni l’ha fatto convocare e se l’è visto arrivare in ufficio
con la faccia ancora più distrutta del solito, una palpebra che vibrava
paurosamente e le occhiaie ancora più scavate, dopo qualche domanda in generale
su come stessero procedendo le cose in dormitorio, non ha potuto esimersi dal
chiederglielo. “E tu, come stai, Shinsou?”
“Boh. Non lo so,” ha ammesso
semplicemente.
“E’ successo qualcosa in particolare?”
Silenzio. Per nulla rassicurante.
Gli occhi viola si sono richiusi
un istante. “Preferirei non parlarne.”
Impossibile non capire che la
cosa lo toccasse molto da vicino. “Kaminari sta facendo
casino? Vuoi per caso …” e si era bloccato subito.
Cosa? Non poteva fare nulla. Non
poteva certo rispedirlo dai suoi genitori col corpo di un altro; e nemmeno
mandarlo dagli zii di Ojiro, sennò a quelli sarebbe preso un colpo e avevano
già abbastanza gatte da pelare anche senza quell’ulteriore sconvolgimento.
Anche se gli avesse concesso un
permesso per assentarsi dalle lezioni – e non soltanto come favore a Hitoshi ma
anche a Denki stesso, che si portava dietro
l’espressione di un moribondo e la coda penzoloni come non avesse la forza di
tenerla su-comunque avrebbero dovuto
avere a che fare in dormitorio. E porca paletta, essendo comunque nel corpo di
un ragazzo non poteva neppure andare a rintanarsi in quello delle donne.
Che cazzo di casino. “No.
Preferisco averlo davanti, almeno posso…controllarlo…meglio,”
aveva soffiato piano Shinsou, chinando il capo per non rialzarlo più.
Aizawa aveva creduto di capire cosa
fosse accaduto.
E aveva schioccato la lingua, ma
soltanto per vincere l’imbarazzo della faccenda.
Lui è uno molto metodico: ad
inizio anno scolastico, notato lo sbocciare di simpatie tra i suoi allievi e la
loro età maledetta, in cui gli ormoni la fanno da padrone aveva creduto bene
fosse il caso di prendere provvedimenti. Non poteva certo fare come alla Shiketsu e impedire loro di avere relazioni: in primo luogo
non appoggiava personalmente quel modo di fare, in secondo per alcuni proibire
qualcosa serve solo a spingerli a farla più in fretta e poi la Yuuei era una scuola libera; così, anche se Yaoyorozu quel giorno era assente giustificata per malattia
– ma tanto sicuro lei, intelligente e colta com’era era già a parte della
faccenda, sicuro - aveva pensato di tener loro un discorsetto educativo,
invitandoli alla discrezione e pregandoli, se proprio non potevano fare a meno
di … avere contatti ravvicinati quanto meno di proteggersi.
E qui l’intervento di Ashido era stato memorabile.
Come la reazione dell’intera
classe, tutti sconcertati ad eccezione di Kirishima
che se ne fosse stato in grado si sarebbe scavato una fossa e ci sarebbe
saltato dentro.
Aizawa ancora non ci poteva pensare che
gli veniva il mal di testa.
Come adesso.
Aveva ragione Midnight,
poveraccia. Quando l’altro giorno è entrata in sala professori buttando giù una
pasticca, Aizawa l’ha guardata stranita.
E si è fatto raccontare tutto.
Non serviva un genio per capire
cosa stesse succedendo nella 2-A.
Stava andando tutto come doveva
andare.
Cioè, malissimo.
Hitoshi aveva soltanto confermato
ciò ch’era stato facile supporre, anche se il sensei
sperava che almeno lui la vedesse un po’ più stoicamente…ma
non è comunque semplice, essendoci in gioco i suoi sentimenti.
E il corpo di Mashirao.
E ora lui sta per aggiungerci il
carico a coppe.
Perché al peggio non c’è mai
fine, oh yeah,
direbbe PresentMic.
“Allora, professore? Non ci tenga
sulle spine.” E’ Momo a parlare, con la vocina timida di Midoriya.
La sua invece, squisitamente
femminile, impreca. “Che cazzo, allora, siete arrivati da qualche parte?”
“No, purtroppo. Il dottor Shield non potrà essere qui in tempi brevi, dovremmo…continuare ad arrangiarci come possibile.”
“Dannazione!” Il banco di Bakugō quasi salta per aria, anche se il suo
possessore ora si ritrova privato del proprio quirk
deflagrante. “Ma come cazzo è possibile? Questa storia non può andare avanti
così! Io ho un mal di schiena assurdo, da sopra si è spostato anche a sotto, non
dormo più neanche la notte!”
Yaoyorozu sembra farsi piccina piccina, più del corpo che la ospita, nel banco.
E avvampa, come se una fiammata
le avesse investito la faccia lentigginosa.
“Lo so che avete i vostri guai, Bakugō,” sentenzia osservando Jirou
– Ojiro- che mette silenziosamente in bocca quella
che sembra una caramella, ma è una pillola per il mal di testa.
Poveraccio, il quirk di Kyoka non è quel che si
definisce un toccasana.
Specie con tutta quella gente che
gli urla intorno.
E se Bakugō
ha un umore da cane arrabbiato, Shinsou ha una tetraggine cupa da far spavento.
Come anche Kaminari.
“Ma noi non possiamo fare miracoli.”
“Tsk. E
quando mai,” sbotta quello, facendo per svaccarsi
nella sedia ma ricordando in tempo la gonna.
Grazie al cielo. Forse non sarà
così drammatica, allora.
Quanto meno se lo augura. “E’ che… abbiamo ricevuto un invito per il gala che si terrà
domani sera. E’ un evento ufficiale, non potremo accampare alcuna scusa per non
presentarci.”
Tutta la classe pietrifica, di
colpo.
Ci vuole qualche istante perché
mostrino di nuovo segnali di relativa vita.
E come al solito il primo viene
dal banco di Ashido.
“Waaaaaaaaa!
SARA’ FICHISSIMO!” trilla quasi balzando in piedi e battendo le mani di Bakugō.
Tutti indietreggiano di scatto.
Per fortuna, anche il quirk di Ashido
è nei palmi, per cui quanto meno saprà controllarle quanto basta a reprimere il
potere e non far saltare tutto in aria. “Midoriya, ho
già il vestito per te! L’ho comprato giusto prima del casino, c’è ancora
attaccato il cartellino!” grida ancora senza ritegno, e Ojiro si prende le
orecchie nelle mani.
Ma non è l’unica vittima dello sbrocco di Mina: Midoriya si fa
invisibile nella felpa, sbiancando come se gli avessero proposto chissà quale
indegnità.
Forse è il caso di far parlare Toshinori con lui, appena torna. “MINA!” la rimbrotta Kirishima, ad un passo dal crollo nervoso.
“Oh ma dai! E’ solo un vestito,
mica gli ho proposto chissà che! Bakugō, tu ce
l’hai qualcosa di carino da mettere?”
“Chiudi il becco, squinternata!”
la redarguisce Bakugō-Momo.
Uhm. Forse non sarà così facile.
No, non lo sarà davvero per
niente. “Ehm, Todoroki…”
“Ah?” Shouto
rialza lo sguardo, fin lì puntato nel vuoto.
“Ci sarà…
anche tuo padre, ovviamente. Non so se ti avesse già avvisato…”
Dalla faccia che ha fatto, più bianca dei capelli dal lato destro, direbbe di
no. Sicuro no. “Ma credo sia opportuno… tu prenda le
dovute contromisure.”
Ora Todoroki annaspa, come gli
mancasse l’aria. Ma solo un attimo, poi si placa.
“Ah,” è tutto quel che commenta
infine.
Bakugō, invece, ch’era rimasto di sale
ora ritrova la facoltà di parola. Anzi, di urlo. “Che significa, CONTROMISURE,
EH?” grida e si gira verso Todoroki. “Ohi bastardo, non ti sognare cose strane
sennò ti smonto le ossa!”
“Bakugō,
cerca di stare calmo,” fa Yaoyorozu alle spalle di Mido-statua di gesso qual è diventato.
I suoi genitori quanto meno non
saranno presenti, sono impegnati in una missione fuori città, almeno lei da
quel punto di vista è salva.
Da quello soltanto, però. “Calmo
un cazzo! Io a questa porcata non mi ci presto, nossignore! FATE IL CAZZO CHE VI PARE MA NON MI COINVOLGETE!”
“E’ così che pretendi di
diventare Hero, Bakugō
?” lo folgora Aizawa, e quello resta di sasso neanche
lo avesse privato del quirk. “Essere un Eroe non vuol
dire solo far saltare in aria e prendere a calci i cattivi, cosa credi?
Significa anche fronteggiare qualsiasi situazione d’emergenza possa venire a
crearsi. Ora, cosa vogliamo fare? Lo diciamo a tutto il mondo, con le logiche
conseguenze, o cerchiamo di mantenere i nervi saldi e ci comportiamo a modo? Tu
cosa proponi? Se hai un’idea migliore, sono qui ad ascoltarti.”
Katsuki rimane a fissarlo con gli occhi
neri di Momo, sgranati. “No. Fanculo,” conclude con
un calcio al tavolino.
Momo sembra sul punto di dire
qualcosa, ma alla fine sceglie di tacere.
E’ più saggio, di sicuro. Già Bakugō di solito è intrattabile, da quando è successo
il delirio lo è ancora di più e oggi poi sembrava proprio ingestibile, ancora
prima di quella notizia.
“Dai, quante storie, Bakugō! Per una festa! Kiri
tesoruccio, tu ballerai con me, eh eh? Lo sai che
adoro ballare!” esclama Ashido e Kirishima
sparisce quasi dietro il libro farfugliando un: “Oddio…”
“CAPELLI DI
MERDA, FAI STARE ZITTA QUELLA PAZZA!” sbroccaBakugō rivolto all’amico.
L’unico, amico.
Che sembra pericolosamente in
bilico tra il dover scegliere tra l’uno e l’altra.
Aizawa ha già scelto, invece.
Bakugō ha ragione, non può dire di no.
Già è un disastro di per sé, avere
da sopportare anche le uscite di Ashido… uhm. Ci
vuole fegato.
Persino il suo ragazzo, che se
l’è presa a mente lucida, pare si stia quasi pentendo di quella decisione
sconsiderata.
“Basta, Ashido,
contieniti,” osserva, per compassione di Bakugō o
meglio di Yaoyorozu dacché quello sembra sul punto di
sferrare una craniata nel muro. “Ricordati in che
corpo sei. Niente situazioni imbarazzanti che possano danneggiare la reputazione
della scuola.” Detta così pare che il fatto che due uomini che ballano assieme
possano essere considerati “ imbarazzanti”.
Merda. “…o
i vostri compagni, per cortesia. Cercate di mantenere un contegno adatto alla
vera personalità del corpo che vi ospita, come se fosse tutto regolare.”
Okay, così va meglio.
Per averne la certezza ora guarda
Shinsou, che ha i pugni serrati sul banco.
Al suo fianco Kaminari
ha la faccia ancora più da funerale. Jirou, dietro
stringe i denti come se temesse di andare di nuovo in corto circuito.
E Ojiro ha ancora le mani alle
tempie, gli occhi chiusi.
Starà pregando che l’analgesico
faccia effetto presto.
Già. E’ bello quando basta una
pillola a rimettere le cose a posto.
Midoriya sprofonda ancora di più nella felpa che indossa, alle
parole di Aizawa.
E’ un incubo. Sicuro.
In verità è ancora addormentato in
infermeria e quello è tutto un brutto, orrendo sogno. Sì. Si sveglierà e non ci
sarà alcuna feste, gala, eroi da tutte le parti, altri alunni magari anche di
altre scuole, niente. Non ci sarà niente.
Niente.
E’ un incubo.
“Yu-huu, Midoriya, mi senti?!”
La mano di Kacchan
gli sventola davanti, e ci mette un po’ a ricordarsi che non è Bakugou. Ma
Mina. Anche se la voce acutissima e squillante su Bakugou stona così tanto...A
volte la spensieratezza e l’esuberanza di Mina lo fanno tornare indietro nel
tempo, a quando erano bambini e giocavano insieme. A prima che Bakugou
iniziasse a trattarlo male, a picchiarlo e scansarlo.
Gli ricorda la risata frizzante del
piccolo Kacchan, che lo prendeva per la manica e lo
tirava davanti alla tv per vedere la nuova impresa di AllMight e poi, insieme, lo imitavano come potevano.
Il sorriso di Mina glielo
ricordava, quello del piccolo Kacchan. E che
nostalgia che gli da.
Adesso Bakugou non sorride mai e
mai a lui, comunque.
“S-sì, Ashido-san?”
“Domani pomeriggio, nella stanza di
Hagakure. E non puoi fuggire!”
“C-cosa...cosa...?”
“E anche tu, Ojiro! Non credere di
scappare!”
Ojiro si ferma di botto, sulla
soglia della porta. Si volta meccanicamente verso la ragazza e guarda Jirou, nel corpo di Kaminari, che
sembra quasi dispiaciuta. Ma ha ragione Mina, lui non saprebbe cosa mettersi,
come, quindi è meglio se ci pensano le ragazze.
“Okay. Mi affido a voi.”
“Bravo, Ojiro-kun!
Proprio così! Hagakure, vieni, andiamo a cercare
Bakugou!”
“Mina!” sbotta Kirishima,
placcandola per le spalle, “Ferma, dove vai! Sei nel corpo di Bakugou,
possibile che tu te lo scordi sempre?!”
“Oh, già...”
Hagakure alza le manine invisibile e afferra sia Ochako che Tsuyu, “Andiamo noi a
cercarlo!” esclama lei, probabilmente alzando i pollici verso l’amica che
ricambia immediatamente il gesto.
“Dovrete essere bellissime, splendide!”
sta intanto fantasticando Ashido, gli occhi rossi di
Bakugou che brillano di gioia. Poi, all’improvviso, lancia un urlo da brividi,
“Eiji, stellina, ma voi non avete nulla da mettere!”
“Noi...noi chi?”
“Tu e Bakugou! Dobbiamo rimediare!”
“Ma no. Credo che uno smoking lo
dovrei avere. Forse...”
“Dobbiamo uscire subito! Andiamo a
chiedere il permesso di andare ad affittarne uno. O due. Kaminari,
vieni pure tu! E Jirou, soprattutto tu, Jirou! Forza, forza, andiamo!”
“Ma...”
--
A giudicare da borse, borsoni,
buste, abiti e altre cose che Midoriya trova in camera
di Hagakure quando si decide a raggiungere le
ragazze, devono aver comprato un bel po’ di roba anche per loro. Cioè, per i
loro corpi. Insomma, per lui e Ojiro, che è già lì.
Bakugou ancora non lo vede, ma
dubita fortemente che non ci sarebbe stato. Yaoyorozu
deve forzatamente fare bella figura, quella sera, perché ci saranno anche i
genitori di Todoroki. E’ escluso che avrebbero permesso a Bakugou di andarsene
in giro come pareva a lui.
Tanto più che non vede neanche il
suo corpo, quindi Momo, ed è praticamente certo che ci fosse una bella disputa
in corso da qualche altra parte.
Non ha neanche il tempo di vestirsi
che Kacchan...no, Mina, praticamente in boxer ancora,
lo trascina in bagno e lo spoglia.
“Adesso non hai scuse! Stai zitto!”
“No, oddio Mina ti-ti prego i-io
posso p-posso fare da so...”
“Sì, sì, certo, come hai fatto solo
fino ad ora, giusto?! Non te lo permetto!” sbotta lei e, per una volta, l’espressione
sul suo volto sembra molto più simile a quella di Bakugou di quanto non lo
fosse da giorni, oramai. “Ti ho permesso tutto, di andare in giro in felpa a
nascondere questo ben di Dio perché, a differenza di quello che dice Kiri, lo capisco che ti senti a disagio. Ma non puzzerai
come uno scarpone nel mio corpo, Midoriya! Non
stasera! Stasera devi far svenire tutti quelli che ti guardano, hai capito?!”
“S-sìm-ma...”
“Zitto! E’ il mio corpo, posso
farlo! Chiudi gli occhi, stellina,” prosegue poi, addolcendo alla fine il tono,
“E rilassati per un paio d’ore.”
Midoriya, a malincuore, è costretto a tacere.
Sa che Mina ha ragione, da più di
un punto di vista. Ed è anche la prima volta che ha ragione da quando è
successo tutto quel fattaccio, però non può darle torto. E’ il suo corpo, è su
di lei che si manterrebbe la figura barbina che rischierebbe di fare se facesse
da solo.
E non è giusto.
Deve essere la stessa cosa che ha
pensato Ojiro, per quello si è presentato senza fare una piega e adesso, ad
occhi chiusi per non sbirciare il corpo di Jirou, si
sta facendo vestire e truccare.
Gli da fastidio tutto, dal vestito
che stringe in vita, alle gambe scoperte, e il...il...davanzale. Il...come si
chiama? Il decolté, ecco, sì, fin troppo scoperto per i suoi gusti. E poi i
pennelli che gli solleticano la faccia, i capelli tirati di lato a cui Mina
applica un fermaglio.
Non ha quasi il coraggio di aprire
gli occhi, quando gli dice che è pronta. Cioè, pronto.
Anche Ojiro è pronto, e Jirou è splendida nell’abito che si è scelta, e il trucco
leggero ma luminoso. Se ne sta seduto sul letto accanto a Kaminari,
dentro cui c’è la vera Jirou, che sta dando gli
ultimi ritocchi al suo corpo. O forse gli sta dicendo qualcosa, tipo che se
qualcuno allunga le mani deve infilzarli coi Jack perché lei farebbe così.
A vederli vicini, i corpi di Kaminari e Jirou, tirati a lucido
e che chiacchierano amabilmente, danno proprio un bell’effetto. Quello di una
coppia affiatata.
Stanno bene, l’uno accanto
all’altra.
Se non fosse che dentro il corpo di
Jirou c’è Ojiro, che le ha già regalato due zigomi
ardenti d’imbarazzo.
Come i suoi, ma grazie al colore
della pelle di Mina la stessa riesce un po’ a mascherarlo col trucco.
“Non stare lì a fissare i futuri
piccioncini, gioia,” fa Mina, sogghignando, “Ah, aspetta che ognuno torni al
suo corpo e poi vedrai, vedrai come faccio diventare questo quadretto un’opera
fissa! Scommettiamo, Midoriya?”
“Eh? N-non
mi sembra il caso, veramente.”
“Peccato. Comunque, dai, abbiamo
finito. Oooh, sei bellissima, sono bellissima, che
schianto, che spettacolo! Quando Eijirou mi vedrà non
potrà resistere! Tenterò di tenertelo lontano!” ride.
Midoriya, invece, sospira. Ha la sensazione che non sarà Kirishima quello che devono tenergli lontano, anzi, lui
poverino sta facendo di tutto e di più per tenere Mina al suo posto. Ma pare
impossibile.
“Metti queste e abbiamo finito.”
Midoriya abbassa gli occhi. “C-cosa
sono?”
“Scarpe, stellina. Solo scarpe.”
“Ma...ma...ma Ojiro indossa...”
“Misere ballerine, lo so, ho detto
a Jirou di osare ma lei non ha voluto! Che spreco, è
così bella!”
“Ma io...”
“Dai, che non ho tanto tempo! Devo
ancora vestirmi io e devo andare a controllare che combina Kirishima,
Kaminari e pure Sero!
Devono essere tutto splendidi, te l’ho detto! Specie Ojiro, per Shinsou sai, ho
avuto la sensazione che fosse un po’ nervoso negli ultimi giorni, povero caro!”
“Ma Ashido-san
io...io non so camminarci su quei cosi!”
“Non sono così alti! Li ho scelti
apposta!”
“Ma non so usarli!” ribatte per
l’ennesima volta, “Rischio di cadere. Rischio di farti fare brutta figura!”
“Tranquillo, stellina, ho già
pronto tutto. Ti accompagnerà Eijirou e poi sei
autorizzato a fare lo snob per tutta la sera. Ma sarai la snob migliore di
tutte!”
“Ma...ma io...”
“Coraggio, non avere paura! Ochako-chan potrebbe renderti leggero così fluttueresti di
qua e di là e non rischi di cadere troppo. Ma non eccessivamente, altrimenti
poi è peggio. Su, mettitele!”
Midoriya si sente svenire per l’ennesima volta.
Morirà. O si romperà un piede, che
poi è il piede di Mina.
Che deve fare?!
Alza gli occhi su Ojiro in cerca di
aiuto, ma quello si limita ad un sorriso rammaricato. “Mi spiace, Midoriya...”
E’ appena uscita dal bagno, dopo una lunga,
calda, profumata doccia rilassante.
Oddio, rilassante si fa per dire. Con tutto il
delirio che sta andando verificandosi in classe – e di conseguenza in
dormitorio- c’è davvero poco di che rilassarsi, è già un miracolo se non sono
andati in blackout tutti, uno dopo l’altro, come Kyoka.
Non fa in tempo ad infilare la biancheria
adagiata sul letto assieme all’abito che indosserà per la serata che un tonfo
terribile le fa alzare di scatto la testa ancora avvolta nell’asciugamano e
temere che non le crolli il soffitto addosso.
Ma che diamine è stato?
Forse sarà caduto qualcosa al piano di sopra.
Può succedere.
Ma quando quel tonfo si ripete, ancora, e poi
di nuovo pensa sia bene andare a dare un’occhiata, forse.
E d’un tratto realizza.
Oh, mamma.
Mette su un vestitino di quelli che porta in
dormitorio e corre al quinto piano.
Era intuibile.
Yaoyorozu – cioè, Bakugō-
sta avendo una crisi isterica in piena regola. Sbraita, lancia tutto quello gli
capita a tiro- i cuscini, prima, ma Ochaco non crede
siano stati loro a fare tutto quel baccano-nel corridoio e davanti alla porta spalancata ci sono Kirishima, Tooru, e Deku- Momo, tutti impotenti davanti a quella furia
scatenata.
“Ma, Bakugō …”
tenta quest’ultima, alzando una mano.
“LEVATEVI DAI PIEDI! HO DETTO CHE VENGO MA NON
MI FACCIO IMPALARE DA VOI!”
Ochaco deve chiudersi le orecchie. ma le onde sonore
si propagano comunque fino alla scatola cranica, minacciando di farla
esplodere.
E’ furibondo. Sarà impossibile convincerlo a
cedere, in quello stato.
Accidenti.
Momo scuote la testa prima di chinarla,
arresa. Gli occhioni verdi sono lucidi, quasi sul
punto di piangere. “Oh, Ochaco-chan,”
mormora nel vederla.
“Ciao, Momo-chan.”
Le urla intanto continuano, terribili. “Che succede?”
“Lo vedi da te. Si rifiuta di … farsi
sistemare per il gala. Ho provato a convincerlo a lasciarsi aiutare da me ma …”
E certo. Se già l’idea non gli sorrideva
figurarsi quanto poteva farlo quella di farsi dare una mano da Deku, anche se sapeva che non si trattava davvero di lui.
Ochaco sospira. Sa che Momo ci tiene un sacco, ci
sarà anche Endeavor e questa sarà l’occasione per
farsi conoscere dal padre del suo fidanzato. “E’ quasi un’ora che fa così.
Abbiamo mandato anche a chiamare Kirishima-kun ma
come vedi, senza effetto.”
“Avanti Baku-bro,
non puoi fare questo a Yaomomo!” prova Kirishima, beccandosi in pieno stomaco un libro.
Ah. Dev’essere stato
uno di quelli a far rumore prima, allora. “VAFFANCULO! PERCHE’ NON TE NE VAI,
EH?”
“Certo che questa storia l’ha innervosito
anche più del solito, eh?” mormora Uraraka.
“Ehhhh. In realtà,
non è solo questa storia.” Yaoyorozu fa
un’espressione strana, e le guance lentigginose arrossiscono leggermente.
Si abbassa sul suo orecchio. E le sussurra una
cosa che le fa spalancare gli occhioni. “Oh no!”
“E già.”
Nel mentre arriva Mina-Bakugō,
quasi saltellando.
In mutande.
Uraraka e Momo portano le mani davanti agli occhi di
scatto. Oddio, certo che Ashido le sta provando
proprio tutte per mettere esca al fuoco.
Ora saranno dolori. Come se fin qui fossero
state gioie. “Kiri, amore, ma che stai facendo? Sono
venuta lì da te ma Sero mi ha … oh cavolo. Che sta
succedendo qui?!”
“Eh … un attimo di nervosismo,” dichiara Kirishima, un occhio socchiuso e la mano sullo stomaco.
Non deve aver fatto in tempo a ricorrere al quirk, poveretto.
Senza alcuna remora Mina si affaccia. “Bakugō-kun! Cos’hai fatto alla mia stellina!”
Dalla stanza arriva di nuovo la voce di Bakugō, che pareva essersi placato un attimo.
O forse aveva solo finito le riserve di fiato.
Povera Yaoyorozu. Si
ritroverà con le corde vocali lacerate, alla fine di questa storia. “Cazzo! Ma
ti vuoi coprire razza di sciroccata di merda? Non ti sei ancora stancata di
mettermi il culo in piazza, porca puttana?”
“Oh, Bakugō-kun,
quanto la fai lunga!”
“PORTATELA VIA, CRISTO! HAI SENTITO CAPELLI DI MERDA? SE CI TIENI LEVAMELA DAVANTI
E NON VI FATE VEDERE!”
“Vieni, Mina, tesoro, lascialo sfogare. Magari
se si calma ritrova un secondo di lucidità e torna in sé,” fa Kirishima, e quelle sue ultime parole sembrano una
preghiera affinché divenga realtà quel pio desiderio, e non sia solo un modo di
dire.
Lui d’altronde non sta avendo affatto vita
facile. A gestirne due così uscirebbe pazzo chiunque.
“Ma cavolo però, quante storie! Midoriya ho appena finito di sistemarlo, se non lo palpi
almeno una volta stasera la riterrò un’offesa personale, Kiri
bello!”
L’espressione di Kirishima
adesso è quella di chi si è preso nello stomaco un’intera biblioteca. “Oddio, Mina… andiamo, cammina, vieni a vestirti.” Se la trascina dietro
che ancora cinguetta. “Ehi, ragazze, noi ci vediamo dopo!”
Si mettono al riparo, mentre Bakugō impreca ancora contro Hagakure,
che alla fine cede.
“Ciao, Ochaco-chan.
Niente, è troppo incavolato, non mi ha fatto neanche parlare,” dichiara
sconsolata.
“Vado a prepararmi.” Si allontana verso le
scale, povera Tooru.
Così Ochaco prende
fiato. “Va’ a prepararti pure tu, Yaomomo. Credo che
avrai il tuo bel daffare,” osserva piano, e il faccino di Deku
si fa scarlatto.
“Be’, s-sì…Ma…”
“Ci penso io.”
“Davvero?”
“Sì.”
“Allora buona fortuna Ochaco.”Mogia mogia, Momo
si avvia lungo il corridoio, verso l’ascensore.
Bene. Ora tocca a lei.
“Bakugō-kun,”
esordisce, piantandosi davanti al rettangolo della porta, pugni chiusi e
un’aria determinata, la stessa che aveva al Festival Sportivo.
“Uh?” Bakugō si
volta, guardandola stranito.
E’ scarmigliatissimo,
i lunghi capelli neri di Momo sono tutti su come se ci avesse passato le mani
cento volte. Le guance sono paonazze dal tanto urlare e quel poco che c’è nella
stanza, quasi completamente occupata dall’enorme letto, è tutto sossopra. “E tu
che vuoi, Faccia Tonda?”
“Possiamo parlare un attimo, io e te da soli?”
“Se hai intenzione di…”
“Voglio solo parlare. Posso entrare?”
Lui ci pensa, sembra titubante. “E va bene,
cazzo,” sbotta infine, un po’ più calmo.
“Grazie.” Chiude la porta, viene avanti
schivando gli oggetti sparsi sul poco pavimento calpestabile.
“Siediti,” gli dice, sforzandosi di non farlo
suonare come un ordine. “Ascolta, Bakugō. Io… capisco che non è facile, e hai ragione. E’ un brutto
momento e questo proprio non ci voleva. Ma prova a riflettere.” Inspira, si sta
giocando il tutto per tutto.
E’ un argomento rischioso, può persuaderlo
come farsi cacciare anche lei a male parole.
Ma non ha molto su cui puntare. E deve
provarci. “Anche altri sono nei tuoi stessi panni. Ma nessuno si è tirato
indietro. Vuoi farlo proprio tu? Anche Ojiro e Deku-kun…
hanno indossato dei vestiti e si sono fatti acconciare e truccare. Per cui…”
Ora ribatterà che loro sono dei “ cazzo di
smidollati”.
Invece la fissa per qualche istante, in
silenzio.
Con gli occhi neri di Momo.
Che però non hanno mai avuto quello sguardo.
Ochaco si sente quasi avvampare, nonostante sia una
sua amica a scrutarla in quel modo. “E va bene, fanculo,
vado a fare la doccia. Ma non far entrare nessuno.”
“No. Sta’ tranquillo.”
Nel frattempo che Bakugō
è in bagno lei mette un po’ di senso in quella povera camera.
Sul letto non c’è alcun abito. Chiaro che Katsuki non avesse alcuna intenzione di prepararne;
dovrebbe domandare a Mina se ci ha pensato lei ma…
col casino che c’è ha paura di uscire da quella porta.
Potrebbe voltargli di nuovo il cervello e
rifiutarsi di farla entrare, se si sposta.
Dovrà arrangiarsi con quel che c’è.
Non dovrebbe essere un problema in fondo.
Probabilmente Yaoyorozu ne possiede già e basterà
solo trovare quello più adatto.
Si avvicina con timore reverenziale
all’armadio. Ne apre un’anta, e inizia a scorrere tra i mucchi di tulle, raso,
seta con circospezione, storcendo le labbra.
Sono tutti colori accesi, vividi. Troppo.
Per quanto Katsukisia… esplosivo, difficilmente si piegherà ad indossare
qualcosa di sgargiante.
Così tira fuori quello che sembra di un tono
accettabile, un abitino di un beige abbastanza neutro. Semplice e raffinato, e
anche accollato.
Sarà meglio non porre troppo l’accento sul… decolleté, in effetti.
L’ha appena posato sul letto sconvolto che la
porta del bagno si apre. “Ecco.” In accappatoio e lunghi capelli gocciolanti,
ne viene fuori Katsuki.
Il primo istinto di Uraraka
è domandarsi se lui… si lavi. In senso, se s’insapona
sotto la doccia e non si limita a starsene come uno stoccafisso sotto il getto.
E avvampa ancora più forte. Ma che razza di pensieri… Momo è la ragazza di Todoroki-kun,
e se non si preoccupa lui non vede perché diamine debba farlo lei, cavolo.
“Be’, ti sei incantata?” l’apostrofa in tono davvero più pacato, non proprio
gentile ma quasi, almeno per gli standard di Bakugō.
Ogni cosa non contempli un insulto o una
minaccia è già un riguardo. “Oh, scusa, pensavo che…”
Non riesce a terminare la frase.
“Ti volti? O devo venirci in accappatoio?”
Ochaco trasale, stupita.
Lei ha visto un sacco di volte Yaomomo nuda. Chiaro che fra ragazze abituate a vivere
insieme l’imbarazzo si riduce quasi a zero.
Perciò non si aspettava che le chiedesse di
girarsi.
Lo fa immediatamente, un leggero sorriso sulle
labbra.
Rispettoso è rispettoso, sì. Sa che comunque
non è il suo corpo. “Oh, sì. Certo.”
Il rumore di un cassetto che si apre e richiude,
qualche altro istante. “Fatto. Puoi guardare.”
Il giunonico fisico di Yaoyorozu
adesso ha su reggiseno e slip. Coordinati anche, un punto a favore.
Ma si sta energicamente sfregando i capelli
con un asciugamano. Dieci a sfavore.
“Nooo! Non così!”
sbotta Ochaco esterrefatta. “Lascia, per favore.
Faccio io.” Si avvicina, con cautela gli toglie il telo di mano e tampona le
ciocche corvine con delicatezza. “Altrimenti ci vorrà un sacco a passarli con
spazzola e phon, dopo.”
“Uh.” Bakugō
non protesta, la lascia fare. Si china, per darle modo di arrivare fino alle
radici. “Senti… ti arrabbi se ci metto un po’ di
balsamo? Momo –chan avrà sicuramente qualcosa,
nell’armadietto di là. Posso, Bakugō?”
“Fa’ quel che ti pare.”
Quando entra nel bagno un’onda di vapore
caldissimo e delicatamente profumato la investe, facendole girare la testa.
Sembra di stare in una sauna.
Ed è tutto in perfetto ordine.
Si aspettava di trovare il delirio tipico del
bagno di un ragazzo dopo la doccia, mutande sul pavimento allagato, prodotti
sparsi a destra e sinistra riversi e senza tappo come povere vittime colpite a
morte.
O quanto meno è così che lo immagina lei, non
ha esperienza diretta.
Invece a parte quel calore nulla indica che
qualcuno ci si sia appena lavato lì dentro.
Apre l’armadietto, prende un flacone di
maschera per capelli senza curiosare.
Ma distratta com’è le sfugge di mano, cade e
rotola fin davanti alla doccia.
Dal box socchiuso intravede un lavaschiena gocciolante appeso alla manopola.
Nulla di straordinario, ce l’ha anche lei.
Però la fa sorridere.
Sa come se gliel’avessero detto ch’è
l’espediente usato dal ragazzo per lavarsi senza toccare il corpo della
compagna a mani nude.
Ma di che si meraviglia? E’ acuto,
intelligente e strategico di natura, KatsukiBakugō.
Se è in grado di ragionare freddamente durante
una battaglia o una prova, figurarsi tra sé e sé.
Anche in quelle circostanze.
E questo pensiero un po’ la inquieta.
Se rispetta tanto Momo e le sue cose, allora
devono averlo fatto sbarellare davvero di brutto per mettersi a lanciare
oggetti fuori dalla camera.
Dovrà usare molta, molta cautela.
Esce, trovandolo seduto sul letto, con il
cellulare in mano, che digita furibondamente.
Chissà a chi starà scrivendo. “Ehm, Bakugō, posso?”
“Uh,” borbotta senza rialzare la testa.
Sembra parecchio concentrato.
Ochaco si arma di pazienza, sale sul letto
ginocchioni scansando il vestito e gli passa dietro le spalle.
Non è educato e lo sa. Ma appena inizia a
passargli il balsamo tra i capelli, l’occhio le cade sullo schermo del
telefono.
Sta semplicemente giocando con un videogioco.
Tutto qui.
Appena finisce glieli lega in una treccia,
fissandoli sulla nuca. “Ora li lasciamo così. Perché intanto non ti provi
l’abito? Lo tiriamo su da sotto così non si macchia.”
“ Momo” lancia un’occhiataccia. “Scordatelo
che porti le cosce in bella vista anche qui, ragazzina.”
“Per favore, Bakugō…
provalo soltanto. Non è poi così corto.”
“Uff. E che palle.” Però si alza, mette il
gioco in stand-by e lo infila.
La lunghezza sembra giusta, arriva proprio al
ginocchio.
Il problema sorge da un’altra parte, appena
chiude i bottoncini a forma di perla sul davanti. “Cazzo!” sbotta lottando con
quelli sul seno.
Certo, anche il fatto che tenti di allacciarli
fissando il soffitto e in punta di polpastrelli, senza sfiorarsi non aiuta. “Vuoi… vuoi che ti aiuti?”
“No. Ce la faccio…
merda.”
Tira. Parecchio. In effetti sembra debba
esplodere anche senza quirk, tutto quel rigoglio.
E Ochaco si morde il
labbro. “No, cazzo, fa male. Ma fanno sempre questo male boia? Come diavolo fate
a sopportarlo voi femmine?”
Lì per lì è tentata di spiegargli perché gli
dolgano tanto.
Ma poi decide ch’è meglio non rimettere guerra
dentro quella testa calda. “Be’… se sei teso è facile che…
reagiscano così.” Una piccola bugia, scusabilissima.
“Uh. Cazzo. Ma comunque tira un fottio, non ci
riesco.” Riapre tutto e lo sfila di nuovo, posandolo sul letto con una certa
cura.
Si sta impegnando, a modo suo.
“Vedo se trovo qualcos’altro.” Torna a frugare
nell’armadio, finché non s’imbatte in una lunga custodia nera, chiusa.
Che cavolo sarà?
Lo porta sul letto e abbassa la zip.
Batte le palpebre. Una volta, due.
Le sfugge un verso di genuino stupore.
Caspita.
Alle sue spalle la voce di Momo ora suona
incredula. “No… oh no cazzo, io quello non…”
Ma Ochaco è decisissima
a non sentire ragioni. “Ascoltami. Vuoi essere il numero Uno, giusto? Be’,
almeno per stasera, in un certo modo, lo sarai. Con questo.”
Per un attimo si aspetta che dimentichi di
avere a che fare con una ragazza e la faccia volare fuori dalla porta.
Poi sospira. “Okay, dannazione. Ma prima fammi
finire la partita.”
Dopo, quando i capelli sono stati
risciacquati, asciugati, stirati con spazzola e phon- con accompagnamento di
imprecazioni soffocate più o meno malamente-, passati con la piastra e
acconciati con così tante molle da bastare ad un esercito di parrucchieri, Uraraka si dedica al trucco.
Stavolta Katsuki non
ci prova nemmeno a protestare. Si limita a lamentarsi di tanto in tanto, che si
sente come “un cazzo di pollo da preparare per la griglia”.
Mentre
tiene la testa reclinata, a occhi chiusi Ochaco
inizia ad avvertire un leggero imbarazzo.
“Sai, Bakugō.
Io credo… tu sia… molto
coraggioso in fondo.”
Inarca un sopracciglio. Per fortuna sta ancora
stendendo il velo di fondotinta che neppure servirebbe, dacché Momo ha la
carnagione perlacea e perfetta.
Ma Katsuki tende ad
arrossarsi facilmente. Si inalbera, si agita, impreca e batte i pugni, i piedi.
Quindi è un lievissimo tocco di fard quasi neutro quello che passa sugli
zigomi.
Sorride tra sé, continuando a parlare mentre
passa all’ombretto. Un leggero strato bianco glaciale. “Sì, insomma. Stai… affrontando qualcosa che ti ha sbalzato completamente
fuori da te stesso, ti ha messo in questa situazione. E nonostante i tuoi logici
scatti… te la stai cavando bene. Davvero.” Posa il
pennello, sfuma appena con la punta dei polpastrelli il grigio scuro che ha
applicato all’angolo delle palpebre. E prende l’eye-liner, ripassando la linea
delle ciglia, nere e folte. “Io al posto tuo forse non ce l’avrei fatta. Me se
sarei rimasta rinchiusa in camera a piangere finché non fosse finita. Certo,
dirai, anche Ojiro e Deku-kun sono così ora, l’ho
detto prima io stessa ma…” Perdonatemi ragazzi. “Be’, loro sono un po’ diversi da te. Sì,
ecco, sono anche loro uomini, ci mancherebbe, tuttavia…loro… loro... non sono…
come te.”
Passa l’ultimo tocco di gloss
delicatamente rosato, scintillante sulle labbra. Ha delle belle labbra Momo,
morbide e carnose.
Anche se… pure
quelle di Katsuki non scherzano. “E poi Momo-chan è una bellissima ragazza. Poteva andarti peggio”,
cerca di rimediare. Sente gli zigomi andare in fiamme. “Ecco. Ho finito. Puoi
guardarti,” farfuglia mettendo via rapidamente le cose per riportarle nel
bagno.
Ma la mano di Yaoyorozu
le blocca il polso.
Ochaco alza lentissimamente lo sguardo sull’amica.
Ora la uccide. Sta per dirgliene quattro, se
lo sente. “Hai fatto un buon lavoro, Faccia Tonda.”
“Gra-grazie…Bakugō.” E’ sconvolta. Non se l’aspettava. “Ora se non
ti spiace, ti do una mano con il vestito e poi vado via, altrimenti non
riuscirò mai a sbrigarmi. E’ già tardi.”
“Ti ho fatto perdere un sacco di tempo, uh.”
“Ma no. L’ho fatto volentieri. Sul serio.”
Lo aiuta a chiudere la zip sulla schiena,
lasciando poi spiovere i lunghi capelli tirati su solo per metà, pettinati
all’indietro per non nascondere niente del suo bellissimo viso e appuntati
all’indietro in un finto disordine di piccoli arabeschi intrecciati.
Può essere davvero soddisfatta del suo lavoro.
E’ più che splendida. Una vera dea. Ammira la
sua opera con un’ultima occhiata. “Penso farai davvero una grande impressione,
stasera. Capisco che possa importartene poco dacché ecco, non sei tu, ma è
sempre bello suscitare ammirazione, non pensi?” Riabbassa lo sguardo, quasi
timida. “A me… non capita mai.”
“Cazzo dici. Il fatto che ti capiti gente che
non capisce una sega e non te lo dice in faccia per com’è, quello è un altro
discorso. Ma non vuol dire che non te lo meriti, porca miseria,” ribatte Katsuki in tono serio.
“Ehm, Bakugō…
grazie. Ma… evita le parolacce, se ci riesci.” Con un
ultimo piccolo sorriso gli accenna alle scarpe. Hanno appena tre centimetri di
tacco, Momo è già alta di suo e con quelli raggiunge giusto giusto
Todoroki.
La gonna dietro termina in un piccolo
strascico e le nasconde, ha potuto approfittarsene per tenersi limitata.
Così non dovrà imprecare troppo, Bakugō. I suoi stivali da Hero
hanno la suola anche più alta.
Avrebbe dovuto consigliargli delle
autoreggenti ma non se l’è sentita. E poi fa un sacco di caldo, le gambe nude
vanno bene uguale, specie quelle lunghe e sinuose di Yaoyorozu.
Ossignore. Se qualcuno le spiasse in testa penserebbe
che è attratta dalla sua compagna di classe. “Devo scappare. Ci vediamo dopo di
sotto!” E fugge via.
Purtroppo Bakugō
aveva ragione, ha trascorso – no, perso no, è brutto da dire così- un sacco da
lui e per rimediare deve correre lei.
Ma poco male. Non dev’essere
al centro dell’attenzione, non ha alcun fidanzato stupendo accanto a cui
brillare e nessun parente importante di questi da ammaliare.
Perciò sì, va benissimo così.
Si da’ un’altra sciacquata, dopo la sudata in
camera di Momo, infila veloce l’abitino color glicine, l’unico che possiede per
le occasioni importante e si trucca in piedi, davanti allo specchio.
Tanto per lei basta poco, non ama granché
truccarsi. Passa la piastra nei capelli perché stiano al loro posto, afferra le
scarpe basse e si fionda di sotto.
E’ in tremendo ritardo. Spera soltanto che non
stiano aspettando tutti lei.
Quando esce dall’ascensore quasi si scapicolla
per andare in sala comune.
Sono quasi tutti lì. C’è Asui
in bianco che parlotta con Hagakure in viola e Kaminari-Kyoka – sedute su uno
dei divanetti, Shinsou con Kyoka-Ojiro-
seduti sull’altro insieme a Tokoyami, Shoji, Aoyama e Koda. Sato è piedi davanti alla porta del cucinotto.
I ragazzi sono tutti in smoking.
Anche Todorokie Deku- Momo, che discorrono in un angolo, da
soli. La loro sembra una conversazione piuttosto tesa, quanto meno da parte di
lei. Cioè lui. Oddio, insomma, Momo.
Non osa avvicinarsi, non vuole disturbare.
Così va dalle amiche. “Ehi, ragazze.”
Sono tutte in tiro, anche Jirou
nonostante abbia su un completo da uomo è bellissima.
In fondo Kaminari è
un bel ragazzo. “Ciao, Ochaco-chan!” la salutano in
coro.
Anche Ojiro-kun è all’apice dello splendore. Indossa un abitino blu
porcellana di raso, ha raccolto i corti capelli di Kyoka
e ha un velo leggero, luminoso di trucco.
Si sente un tantino inadeguata. Ma cerca di
non pensarci. “Ma… dove sono gli altri?”
“Boh!”
“Mineta è in bagno
da mezz’ora. Non è difficile capire perché,” sentenzia Hagakure
con aria rassegnata.
Dai bagni viene fuori Mina- Deku, in un vestito corto e bellissimo, di un intenso verde
petrolio. E’ truccato con maestria e i corti ricci di Mina sono sapientemente
fermati da una molla luccicante. “Oh, Deku-kun!”
esclama, fiondandosi su di lui.
Che è rosso come una brace. “Stai benissimo, Deku-kun! Mina ha fatto proprio un ottimo lavoro!” dice
convinta.
E il povero Deku si
fa ancora più rosso. “Ehh…sì…
anche tu sei molto carina, O... Uraraka-san.”
Lei abbozza un sorriso condiscendente. “Sì ma
tu di più. Farai fare un figurone a Kirishima-kun!”
“Vero che sono stata brava, ah? Vero? Te
l’avevo detto, Kiri tesoruccio, non ce la farai a
resistermi, stasera!” trilla alle sue spalle la voce di Mina- Bakugō.
Che li raggiunge saltellando assieme a Eijirō, Sero e Kaminari- Ojiro. “Sto sudando sensualità da tutti i pori,
non trovi Ochaco-chan? Ma almeno questo non si sente,
eh! Si vede e basta!”
Midoriya impallidisce, si vede che se non temesse di
rovinare il trucco si nasconderebbe la faccia tra le mani.
E Ochaco con lui.
Kirishima però non ha di questi problemi. “Mina, santo
Dio, ti prego, cerca di controllarti. Ti prego, ti prego…”
“Dai, anche così rimango un bel maschione, eh!
Guarda che fico spaventoso che sono, mi spiace ragazzi ma si fionderanno tutte
su di me stasera! E voi a stecchetto!” E ride, di pancia, divertendosi un mondo
a spese del suo povero ragazzo.
Be’… non è che abbia poi tutto questo torto.
L’alta tenuta dona a Bakugō,
cioè, al suo corpo.
Anche gli altri sono bellissimi, ma lui…lui… non è…
come loro. “Ehi, Ochaco-chan, ma dov’è Bakugō?” domanda Mina, traendola alla contemplazione
in cui è sprofondata suo malgrado.
Lei si guarda intorno, spaesata.
In effetti, ancora non c’è.
E ora manca solo lui.
Oddio.
Trema, sente il cuore fibrillare paurosamente.
Che lasciato da solo abbia cambiato idea e
mandato all’aria tutto il suo lavoro? Non vuole pensarci.
“Un attimo che lo chiamo.” Kirishima
prende il cellulare, compone il numero.
In quel momento l’ascensore manda un
tintinnio. E la suoneria del cellulare di Bakugō
risuona da dietro le porte. “Oh, è arrivato.”
“Ti prego, non guardare!” sente dire alla voce
di Midoriya, quindi Momo, sicuramente rivolta a
Todoroki.
Eijirō rimette il telefono in tasca, sorridendo.
Sorriso che prontamente svanisce.
Diventando stupore, shock, meraviglia sul
volto del ragazzo, e quello di tutti gli altri.
“Oh cazzo!” E per una volta ad imprecare non è
stato lui.
Viene avanti piano, reggendosi la lunga gonna
con le mani.
Come una vera signora.
Peccato che distrugga l’impressione sbottando
con un: “Be’, che avete da guardare? Continuate a fare quel che stavate
facendo, idioti,” appena arriva in mezzo agli altri.
“Caspita, Bakugō-kun…
che schianto. Porca miseria,” si lascia sfuggire Kirishima.
“Sì sì, dacci un taglio,” borbotta Katsuki distogliendo lo sguardo.
Persino Mina non riesce a spicciare verbo,
resta impalata per qualche secondo. “Wow! Oddio Bakugō!
Sei…sei… una strafica! Oggesù! Posso toccarti? Ma sei vera? Oddio, waaaaa!”
“Stammi lontana, pazza! Piuttosto, vedi di non
fare casino col mio corpo, demente!”
Malgrado gli strilli Uraraka
è orgogliosissima. Se loro che sanno come stanno le cose hanno avuto quella
reazione, figurarsi chi non lo sa.
Sono increduli. Estasiati.
Shinsou-kun le arriva alle
spalle. “A questo punto devo ammetterlo. Il mio brainwash
non è poi così temibile, se tu che non lo possiedi sei stata in grado di operare… questa cosa. Cioè, ma come hai fatto?”
“Mah, niente di che. Ho solo continuato a
parlare per distrarlo.”
“Come le bestie feroci,” ghigna Sero, le mani in tasca.
Bakugō si volta, il viso perfettamente truccato si
irrigidisce in una smorfia. “Che cazzo vai dicendo, Faccia Piatta di merda?” Fa
per andargli sotto a muso duro.
“Il vestito!” urlano tutte le ragazze in coro.
“A questo punto dovremmo andare,” si fa avanti
Tokoyami. “Se torna Mineta.”
“OhhhhMineta lasciatelo pure lì,” ridacchia Sero.
“Ehi sono qui! Dove andate, aspettatemi!” urla
il piccoletto trotterellando sulle gambine.
Anche lui è in smoking, ma no, non fa proprio
lo stesso effetto dei suoi compagni.
Specie di Todoroki, nota Uraraka.
Che adesso ha acquistato l’immobile perfezione delle sculture, gli occhi
spaiati fissi su Bakugō.
Ovvero, sulla sua ragazza.
Che al momento però è appena dietro di lui. “Bastardo?”
fa Katsuki, inarcando un sopracciglio.
“Ah?”
“Oi, bastardo, ci
sei?”
Shouto pare riscuotersi dal trance. “Ah. Sì. Stai… molto bene, Bakugō.”
“Ah sì? Tu invece sembri un dannato pinguino,
stronzo a metà. Non ti azzardare a prendermi per il culo.” Quando Todoroki fa
per porgergli il braccio, Bakugō tira avanti
dritto. “E stammi lontano, cazzo!” Ma non fa nemmeno venti metri, che inciampa
nella lunga gonna dell’abito e tira via un santo di passaggio. “Che cazzo stai
facendo, idiota? Vieni qui e dammi una mano, maledizione!”
Se non fosse che Momo ora accanto a lei si sta
mangiucchiando tutte le unghie di Midoriya, Ochaco si metterebbe a ridere.
Il tragitto in autobus è piuttosto tranquillo.
Persino Mina sembra placata; o forse sta soltanto tenendo da parte le energie
per la serata.
Yaoyorozu è ancora accanto a lei. Ochaco
cerca di farle coraggio come può.
Si sente quasi in colpa adesso, anche se ha
cercato di fare tutto per il meglio dell’amica, nelle proprie intenzioni.
Ma quel miscuglio di inquietudine e rammarico
che avverte tormentare Momo la rattrista.
Dev’essere ben difficile guardare il proprio
fidanzato che accompagna qualcun altro, ma di peggio forse c’è solo il proprio
ragazzo che accompagna un’altra che è lei, ma al contempo non lo è.
E dover pregare che quello non la metta in
imbarazzo.
Appena giungono al Palazzo dove si tiene il
gala, proprio ai piedi della scalinata Bakugō
inciampa una volta di troppo; l’istinto di Todoroki è di parargli un braccio
davanti.
Con le logiche conseguenze. “Ah. Scusa Bakugō,” mormora, mortificato.
“Fottiti. E non starmi così appiccicato, fanculo! Mi stai facendo sudare con quel dannato braccio!”
lo rimbrotta Katsuki sibilando.
E’ sceso guardandosi già intorno, Kaminari. In verità, l’unica cosa che voleva era evitare Jirou, quindi il suo stesso corpo, perché aveva avuto la
sensazione che Jirou non lo volesse neanche guardare,
ormai.
Nonostante questo, i suoi occhi sono stati calamitati
all’istante dalla figura seduta sul divano, fra Shinsou e Tokoyami,
che le parlavano.
O meglio, parlavano con Ojiro ma...quello era
il corpo di Jirou.
Ed è bellissima.
L’abito che indossa la fascia perfettamente; le
curve del suo corpo sono poche, appena accennate, eppure le sta così bene.
Lui la trova perfetta.
Anche il trucco, gli occhi così luminosi, le
guance accese dall’imbarazzo del povero Ojiro, che doveva sentirsi
completamente inadeguato in quella situazione.
Sarebbe voluto andare lì a dirgli che è
bellissimo, ma sarebbe stato perché lo stava dicendo al corpo di Jirou; e non può andare neanche a dirlo a lei, per prima
cosa probabilmente non vuole vederlo e poi sarebbe strano, no?
Lei è nel suo corpo. E sì, sta facendo i complimenti
al corpo di Jirou, ma ...
Detto così suona male.
E poi c’è Shinsou, che lo guarda con sguardo
assassino da giorni e forse è meglio se sta lontano da tutti.
Aah,
che brutta sensazione. Bruttissima.
Non vede l’ora che tutto torni normale.
E’ rimasto in disparte, con Kirishima
e gli altri. Hanno alzato gli occhi solo quando è arrivata Momo, cioè Bakugou.
“Cazzarola,” si + lasciato
scappare.
Se sta zitto non sembra neanche Bakugou.
Momo è bella sempre, ma forse per via del fatto
che lì dentro c’è Bakugou quella sera risplende ancora di più.
Probabile sia un ragionamento che non ha senso,
eppure è così.
Perché quella bellezza vale il doppio, ci sono
dentro anche i sacrifici di Bakugou.
“Ricordati di stare più zitto che puoi,
Bakugou!” gli ha urlato dietro Sero, ridendo sotto i
baffi all’ennesima imprecazione smorzata di Katsuki
che ha inciampato nel salire il gradino dell’autobus.
“Taci, Faccia piatta! Giuro che ti farò pagare
tutte queste risate che ti stai facendo, sculato del
cazzo!”gli ha urlato Bakugou,
facendogli il dito medio.
Sero si è piegato in
avanti appoggiandosi a lui, ridendo ancora più forte.
Già, Sero se la ride.
Aah,
lui non ha idea di quanto sia difficile.
E lo è anche per Denki
malgrado sia rimasto comunque in un corpo maschile.
Si sente gli occhi di Shinsou addosso quasi
tutto il tempo e non perché pensa che Ojiro sia bello quella sera. No. Sono gli
occhi di qualcuno che se potesse lo ucciderebbe, e che non lo fa solo perché
quello è il corpo di Ojiro.
Il che per ora è una fortuna.
Ma poi? Non vuole neanche pensarci.
Quando sono arrivati al gala, la confusione è
stata tanta. Niente di eccessivo e eclatante, ma c’è talmente tanta gente,
borbottio, e da dentro anche la musica da sala, che si sente anche da fuori.
Ojiro si è fermato fuori e ha fatto una
smorfia. “Sarà una brutta serata,” ha sussurrato.
Avrebbe voluto restarne fuori, ma non era nel
suo corpo e non era giusto impedire a Jirou di
andare.
E’ lì, così vestito, solo per lei.
Ha detto a Jirou che,
con tutte le buone intenzioni di quel mondo, non è certo di reggere. Non sa
proprio come facesse lei, a dover essere sincero. Insomma, non le da fastidio,
sapeva come ignorare i rumori molesti e non ritrovarsi ad ascoltare ogni minima
cosa le succedeva intorno. Ma lui no.
Lui sente tutto, anche quello che non vuole.
Anche troppo, sentiva.
E gli fa già male la testa.E la pancia.
Jirou gli ha sorriso con
comprensione quel pomeriggio, nella camera di Hagakure,
mentre lo preparava e dopo, anche. Gli ha detto che è tutto nella norma.
Lui di resistenza al dolore l’aveva, come tutti
lì, era un aspirante eroe. Ma adesso gli sembra tutto accentuato.
Non sa se è davvero normale, ma si sente così. E
non era neanche entrato.
Adesso che si accinge ad entrare è anche peggio.
“Hey, Mashi, tutto bene?”
Si volta verso Shinsou, che lo guarda con
apprensione. Prima, in sala comune gli è scappato con lui che non si sentiva in
forma smagliante e il risultato è che adesso Hitoshi sembra preoccupato e del
tutto intenzionato a non perderlo di vista. Ma insomma, almeno non è
arrabbiato, come è parso in quegli ultimi giorni, a causa di quello che è
successo con Kaminari.
Se ci pensa, si sente di nuovo in imbarazzo.
E’ dal giorno prima che non parla con Denki proprio per quel motivo, e un po’ in verità gli
dispiace, perché Kaminari sembra davvero soffrirne.
Per Jirou, più che
altro.
“Sì, sì. Sto bene. Sta tranquillo, ‘Toshi. Resisterò stanotte, poi domani mi chiuderò in stanza
a dormire tutto il giorno!” scherza. O forse no.
Il silenzio assoluto, la quiete della sua
stanza...un sogno.
Non vede l’ora. Chissà se Aizawa
glielo concederebbe, dopo quella serata?
Shinsou abbozza appena un sorriso, tiratissimo,
e d’istinto gli poggia una mano sulla testa, avvicinandolo a sé e scoccandogli
un bacio sulla fronte. Ojiro è solo pochi centimetri più alto di Jirou, quindi è perfetto. Se chiude gli occhi può quasi
pensare di aver sfiorato la fronte di Mashirao, anche se la sensazione dei
capelli sotto le dita è ben diversi. Quelli di Mashirao sono cortissimi, e un
po’ più crespi.
“Ma...Hitoshi! Dai...”
“Che c’è?” fa quello, sogghignando e scrollando
le spalle, “E’ solo un bacio sulla fronte. Dai, andiamo dentro.”
Ojiro sospira. Sì, è vero che è sulla fronte,
però...cerca Jirou con gli occhi, ma non la vede.
Evidentemente è già entrata insieme alle ragazze.
Si decide a seguire Shinsou, e la musica gli da
subito alla testa.
Le luci sono soffuse, la musica non è
assordante, quello è un gala di classe e non una discoteca, eppure a lui pare
tutto eccessivo. Ai suoi sensi, almeno.
Il chiacchiericcio, poi, lo trova terribilmente
fastidioso, anche se normalmente non lo avrebbe mai notato.
Fra tanta gente, è ovvio che si formino dei
gruppetti di persone che parlano. Scorge infatti i propri compagni più in là,
alcuni ragazzi che ha visto di altre scuole, o Hero
importanti. C’è Endeavor, Hawks.
E voci, voci, voci.
Troppe voci.
Ma deve resistere.
Per questo motivo appena entra nella sala cerca
di rendersi il più invisibile possibile, in un angolino accanto alla colonna.
Lontano dal palco in cui probabilmente qualcuno prima o poi dovrà fare un
qualche discorso e dalla pista da ballo dove tutti quanti si muovevano sinuosi
e aggraziati.
Lui è un palo, quindi per il bene di Jirou spera ardentemente che gli stiano tutti lontani.
Lontanissimi. Come se avesse la peste.
A parte Shinsou. Se non lo conoscesse ormai
benissimo penserebbe che stia facendo un enorme sacrificio a stare lì a fargli
compagnia, ma sa bene che quel genere di cose a lui non piacciono. Non è un
festaiolo, non c’è abituato neanche lui.
Se è lì è solo perché Aizawa
ha detto che dovevano esserci tutti, era un invito ed era il caso di
presiedere, perché ci saranno tutti quanti.
Ed in effetti, a parte pochi eroi tra cui i
genitori di Yaoyorozu, ci sono davvero tutti.
Compreso FatGum e
Ryukyu, che se non sbaglia sono stati i tutor di Kirishima
e Uraraka l’anno precedente.
“Oh, ma guarda un po’ chi c’è!” squittisce la
voce di qualcuno che non vorrebbe mai incontrare in quella situazione.
Invece è lì, a soli venti minuti dal loro
ingresso al gala. Monoma.
“Oh, ti prego. Sparisci, non è il momento,” gli
risponde Shinsou, già innervosito.
“Come, Shinsou? Sei nervoso stasera?” ride, ma
con una compostezza strana.
Forse gli hanno detto di darsi un contegno
almeno lì. “Ero certo che ti avrei trovato con lo scimmione, ma forse ti sei
deciso di dedicarti a qualcuno di meno patetico?”
Ojiro sgrana gli occhi, afferrando il polso di
Shinsou prima che possa dire qualsiasi cosa. Ma è già tardi.
“Smettila. Lascialo!”
“E perché dovrei? Mi ha risposto a suo rischio
e pericolo, prima. Potrei fargli qualcosa di più leggero, tipo fargli
rovesciare qualcosa addosso. Vino rosso, magari.”
“Dai, Shinsou. Sii superiore.”
“Oggi non mi va,” brontola lui, incrociando le
braccia. “Vacci a prendere da bere, Monoma.”
“Ma Shinsou!”
Shinsou, per risposta, alza le spalle, “Lo
sfrutto solo un po’ e poi lo lascio andare,” sogghigna. Monoma
torna due minuti dopocon due bicchieri,
e Ojiro afferra subito il suo.
“Okay. Adesso smettila di controllarlo.”
“Rilassati, Mashi. Non
gli faccio fare niente di eclatante. Prometto,” fa, incrociando le dita da
sopra il bicchiere, “Adesso vediamo, Monoma...”
“Oh, ragazzi!”
Shinsou sobbalza, sentendo la voce di Kendo, e
scioglie il brainwash su Monoma
l’attimo prima che lei li raggiunga. Gli sta simpatica e non vorrebbe
litigarci, anche se lei di certo capirebbe. Sa quanto Monoma
sia irritante.
“Kendo-san! Sei
bellissima!” esclama Ojiro, guardandola con stupore.
Splendida, lì dentro era paragonabile solamente
a Momo, per altro i capelli rossicci sciolti e lasciati morbidi sulle spalle le
danno un’aria regale, quasi.
“Ti ringrazio, Jirou-san,
anche tu sei incantevole” sorride cordiale, “Monoma
vi stava dando fastidio?”
“Io non....”
“Oh, no,” ghigna Shinsou, scoccando un’occhiata
a Monoma che, sorprendentemente, tace. “Abbiamo già
chiarito.”
“Meno male,” annuisce gentilmente Kendo, “Se vi
da fastidio liberi di fare quello che ritenete più opportuno. Ma vi prego di
ricordare che Monoma non è così cattivo, tutto
sommato.”
Ojiro è tentato di mettersi a ridere, ma poi si
ricorda di essere nel corpo di Jirou e si limita a
sventolare la mano davanti al volto con noncuranza, “E’ tutto okay, Kendo-san. Abbiamo già risolto.”
Kendo annuisce, voltandosi verso Monoma, “Allora andiamo, Monoma?”
Monoma schiocca la lingua,
sembra sul punto di rispondere male a Shinsou ma poi ingoia tutto, “Sì, sì.
Andiamo.”
Ojiro aspetta giusto che i due si allontanino,
prima di voltarsi verso Shinsou, “Non avresti dovuto, Hitoshi!”
Shinsou, per tutta risposta, sbuffa, “E che
gusto c’è ad avere il lavaggio del cervello come quirk
se non posso togliermi di mezzo gente come Monoma?
Non gli ho neanche fatto fare chissà che.”
“Solo perché è arrivata Kendo,” soffia Ojiro,
massaggiandosi l’attaccatura del naso.
Male. Gli fa male la testa.
“Sì beh...non avrei esagerato. Hey, stai bene? Hai preso la medicina?”
“Sì ma...” scuote il capo, ma piano, “Sto bene,
tranquillo. Sicuro che non vuoi buttarti in pista?”
“Ma se non ti senti bene,” lo rimbecca Shinsou,
“E poi con chi? Kaminari?”
“Ancora? Gli terrai il muso per sempre?”
“Finché lo riterrò necessario.”
“Ma ‘Toshi...non è
stato...voglio dire lui...oh, andiamo! Cerca di capire.”
Shinsou scuote il capo, “Capisco tutto,
credimi,” fa, “Ma solo finché è tollerabile.”
Ojiro non ribatte. Non ha la forza di iniziare
una conversazione simile e finirebbero per litigare, se lo facesse. Perché
finirebbe per difendere Kaminari, e chissà come la
prenderebbe Shinsou, visto com’è il suo umore in quei giorni. Di conseguenza,
teme sia meglio tacere.
Spera solo che alla fine di tutta quella storia
tutto questo finisca nel dimenticatoio, perché non ne può più. Gli dispiace
vedere Kaminari così triste e non vuole che Shinsou
mantenga da lui le distanze. Stavano diventando amici.
Guarda il display del cellulare, ma la sola
idea che siano passati appena settanta minuti gli mette i brividi.
“Senti, ‘Toshi?”
“Sì?”
“Credi che Aizawa si
arrabbierebbe tanto se gli chiedo di tornare in dormitorio?”
“Ne dubito,” afferma lui, sfiorandogli la
guancia con appena le nocche della mano. E’ freddo. “Stai male? Vado a dirlo ad
Aizawa, se vuoi.”
“Forse sì. Intanto...credo di dover andare al
bagno. Anche se...” gli serviva Jirou. Subito. In
quel momento esatto. La cerca con gli occhi ma non riesce a trovarlo,
purtroppo, “Vado. Forse se mi do una rinfrescata...sperando di non rovinare
tutto quanto. Sai, essere una ragazza è più scomodo di quello che pensassi.”
Shinsou sbuffa una risata, “Spero di non
provarlo mai. Ti aspetto qui quando hai finito, vado a dirlo ad Aizawa.”
Ojiro annuisce appena, prima di allontanarsi
nella direzione opposta. Cerca i bagni, in un primo momento, ma ha davvero
bisogno di Jirou.
Gli fa anche male lo stomaco e ha una brutta,
orrida sensazione.
In mezzo alle gambe.
Ma la sola idea di andare al bagno da solo gli
mettere la nausea. O forse è panico.
Gli serve Jirou,
subito. E’ il suo corpo, quello, che deve fare? E poi, può andare? Ha resistito
più che ha potuto, ma non ne può più. Non ne può più per davvero. Ha superato
la sua soglia massima del dolore, ha bisogno di un posto silenzioso, e buio, di
qualcosa di fresco da bere e di un letto in cui buttarsi e sprofondare fino a
data da destinarsi.
L’unico che intravede, però, è Kaminari, quindi gli si avvicina in fretta,
picchiettandogli sulla spalla per attirare la sua attenzione. Kaminari si volta subito, ma rimane interdetto per alcuni
istanti.
“Oddio, Ojiro hai...una pessima cera, amico,”
soffia. E fa male vedere il volto di Jirou così
pallido e sofferente.
Lo sa, Kaminari, che
non è Jirou a stare male, bensì il povero Ojiro, ma è
il viso di Jirou quello che lo mostra e gli fa un
certo effetto vederla così.
Cioè, vederlo.
“Già. Sentì hai...visto Jirou?”
Kaminari stira le labbra.
“Con...le ragazze, credo. Non lo so, lei...” si blocca, come se non riuscisse a
dirlo. Non mi parla, lei, questo
voleva dire. Mi sta ben lontana, nemmeno
mi guarda, e chissà per quale motivo.
Ci ha pensato, in quei giorni. Però, per quanto
sia non esattamente uno stinco di santo, è quasi certo di non avere niente in
camera di così terribile da spingere una persona ad odiarlo. Insomma, lì per lì
ci stava, crede. Ma adesso si sta prolungando troppo.
E lui è sempre più nervoso per quella storia.
“Okay...” Ojiro strizza un secondo gli occhi,
desideroso di stropicciarsi la faccia. Ma non può, con tutto il trucco.
Renderebbe Jirou uno spaventapasseri.
Sospira, cercando le ragazze. Le ha viste
prima, almeno aveva intravisto Ochaco e Asui. O almeno gli era sembrato.
“Ojiro, amico?” Sero,
che è con Kaminari, gli sventola una mano davanti al
viso, “Sicuro di esserci?”
Ojiro annuisce con appena un movimento del
capo. Impercettibile, ma gli basta per avere la scomoda sensazione di
mancamento. E’ ancora in piedi, ma praticamente per miracolo.
“Senti, Ojiro,” Kaminari
gli va praticamente sotto, guardandolo per bene dall’alto al basso, “Vuoi che
ti accompagniamo un attimo fuori al balcone? Mi sembra che tu abbia bisogno di
un po’ d’aria. Eh, Sero?” Sero scrolla le spalle, “Sì, tanto non ho niente da
fare. Mina è con Kiri...o Mido
è con Kiri, boh, non ci sto capendo niente. Vado a
prendere da bere, che dici? Mi sa che un bicchiere d’acqua fresca non ti
farebbe male.”
“Io...”
“Sì?”
Ojiro non dice niente, si aggrappa solo al
braccio della prima persona che si ritrova accanto, ovvero Kaminari,
che fa appena in tempo a circondarlo con le braccia e, d’istinto, la coda,
prima che il corpicino sottile di Jirou gli si
accasci contro.
E lo sa, lo sa che è Ojiro lì dentro e sarebbe
dovuto essere preoccupato per lui, e non per lei, ma non ce la fa.
Vedere il volto di Jirou
cereo, privo di sensi, lo uccide.
“Jirou...” soffia Kaminari, ma per sua fortuna la voce di Sero,
accanto a lui, copre quel lieve sospiro.
“Hey, hey!” sbotta Sero,
inginocchiandosi a sua volta, “Che diamine, ma così? Cioè...vado a chiamare i
professori?!”
“Non so, io...non...”
“Beh, non iniziare pure tu, eh, Kaminari? Vado a chiamare Aizawa!”
“Okay. Io la porto fuori, forse ha bisogno di
aria. Lo. Lo porto fuori,” si corregge subito dopo, mordendosi la lingua.
Maledizione. E’ Ojiro, non Jirou,
possibile che non riuscisse ad infilarselo in testa, quella sera?
E’ ancora a terra, nonostante si fosse detto e
ripetuto che fosse il caso di alzarsi e magari farlo uscire, che Sero torna indietro con Jirou e
Shinsou.
Proprio Shinsou...
Non riesce neanche ad alzare gli occhi. Jirou va bene, è il suo corpo quello e se sta male lo deve
sapere, ma Shinsou poteva pure lasciarlo a crogiolare nel suo brodo, ovunque
fosse. Perché se Ojiro, poverino, è venuto a cercare lui per trovare Jirou nonostante non si sentisse bene, pare evidente che
fosse perché Shinsou l’aveva lasciato da solo.
Ma è un pensiero assurdo.
Shinsou è innamorato perso di Ojiro, non gli
avrebbe mai fatto torto volutamente.
E’ stato strano scoprirlo, che non solo a uno
come Shinsou piacessero i ragazzi, ma che gli piacesse proprio Ojiro, ma è
diventato ben presto la normalità, in classe. Nemmeno Bakugou aveva avuto
battute da fare. Mineta aveva fatto una smorfia ma
aveva avuto quantomeno la decenza di tacere.
Dopotutto che potevi dire? Prenderlo in giro
perché gli piacevano i maschi?
Sì, certo, avrebbero potuto. Ma che eroi
sarebbero stati, se non avevano neanche l’apertura mentale di accettare
qualcosa di così piccolo e meraviglioso? Shinsou guardava Ojiro con amore
assoluto e totale devozione.
Non c’è niente che gli si potesse dire contro.
Anche adesso è lo stesso, anche se c’è lui nel
suo corpo e quello svenuto è quello di Jirou.
“Che cosa...è successo?” sbotta Shinsou,
avvicinandosi quasi di corsa.
Kaminari stringe appena il
corpo di Jirou a sé, ma dura solo un secondo, poi si
sforza di mantenere la calma. Almeno un po’.
“Non so,” mormora, “Cercava te, Jirou, ma poi mi è collassato davanti.”
Shinsou indurisce lo guardo davanti ai gesti di
Kaminari. Lo sa che è per Jirou,
ma lì dentro c’è Ojiro, dannazione.
Non riesce a far finta di niente. Non ci
riesce. Non dopo quello che ha fatto Kaminari.
Difficilmente potrà passarci sopra, e non certo
se Kaminari si stringe così a lui.
“Ha bisogno di silenzio,” esclama la voce di Kaminari, ovvero Jirou, “E’ stata
la confusione! C’è troppo rumore qui, e poi oggi è anche...poverino, portiamolo
fuori, lontano dal caos!”
Kaminari annuisce, ci ha già
pensato ma forse è anche il caso di andare a chiamare un professore e chiedere
se possono tornare in dormitorio. O almeno portarlo sul buss,
e aspettare lì la fine della serata per gli altri. Almeno l’avrebbero fatto
stare tranquillo.
Nel momento in cui fa per portare un braccio
sotto le ginocchia di Ojiro per tirarlo su, però, Shinsou lo scansa di
malagrazia. E’ il corpo di Ojiro, e ha fatto attenzione a non dargli una botta
troppo forte, ma quello non glielo permette. E’ Shinsou a prendere il corpicino
di Jirou, che mugugna appena e finalmente schiude gli
occhi, e tirarlo su.
“Se vuoi renderti utile va a dire ad Aizawa che porto Ojiro fuori perché non si sente bene.”
“O-okay.”
“Vengo anche io,” mormora Jirou,
scoccando a Kaminari appena un’occhiata dispiaciuta.
Fa pena, è terribile vederlo così. Ma preferisce non fare niente, in quel
momento.
Anche Shinsou per un attimo sembra faticare a
lasciar allontanare Kaminari, Jirou
ha quasi l’impressione che sia sul punto di fermarlo per scusarsi, pur di non
vederlo andare via in quel modo. Non tanto per Kaminari,
ma è dura vedere gli occhioni nerissimi di Ojiro
farsi così lucidi, e la coda piantata tristemente verso il basso rende
impossibile non capire subito come Kaminari si senta.
E fa male vedere Ojiro così, tanto.
Ma il vero Ojiro, anche se nel corpo di
un’altra, ce l’ha fra le braccia, e sta male, quindi non può mettersi a pensare
a quelle cose.
Kaminari sa di aver
sbagliato, per questo non dice niente e, silenzioso, si allontana.
A cuor pesante, e stringendo con dolcezza Ojiro
fra le braccia, Shinsou si dirige subito verso l’uscita del balcone e
occhieggia in fretta una panchina su cui stenderlo.
“Ojiro?”
“Mh?” Shinsou stringe
le labbra, sentendo il tono così fiacco.
Lo fa subito sedere sulla panchina, Jirou gli si siede accanto, carezzandogli con movimenti
circolari la schiena e porgendogli il bicchiere d’acqua che si è portata dietro.
Ojiro lo accetta subito, con le manine piccole di Jirou
che ancora tremano lievemente.
Si è a malapena accorto di quello che è
successo. Non pensava che sarebbe venuto giù così, come un sacco svuotato.
Avrebbe dovuto farsi accompagnare subito fuori.
“Mi dispiace tanto, Jirou-san.
Ti ho fatto fare una pessima figura,” soffia Ojiro, scuotendo piano la testa.
Fa ancora male, gli batte proprio in mezzo alla fronte con la violenza di un
martello pneumatico e non pare avere molto voglia di passare in fretta.
Ma adesso che sono fuori, almeno, la situazione
sembra andare un po’ meglio. Niente rumore, disordine, voci che si accavallano,
non deve stare concentrato, cercare di evitare il mal di testa, il mal di
stomaco. Può rilassarsi un po’.
“Ma ti pare!” esclama Jirou,
“Non devi preoccuparti di una cosa simile, Ojiro! Può capitare a tutti, non hai
fatto brutta figura. Ti sei solo sentito male. Succede.”
“Come ti senti?” s’intromette Shinsou,
sfiorandogli la fronte. Poi si ricorda che lì c’è Jirou,
e che quello è il suo corpo, e ritira subito.
Ma Jirou sorride,
addolcendo l’espressione di Kaminari e facendo
brillare i suoi occhi dorati sotto il chiarore lunare. “Sì, giusto. Come ti
senti?”
“Molto meglio, qui in silenzio.”
“Immaginavo che il problema fosse stato quello,”
annuisce Jirou, “Penso che ad Aizawa
non disturberà troppo se la tua serata finisce qui. Anche se non possiamo
tornare in dormitorio è meglio se rimani qui fuori: c’è silenzio.”
Ojiro annuisce a sua volta, “Sì, non ho molta
voglia di rientrare a prescindere. Anche se mi dispiace per te.”
“Oh, tranquillo. Io non sono come Mina, se
fossi stata nel mio corpo me ne sarei comunque rimasta tranquilla in un
angolino,” sorride la ragazza, “Non è poi così diverso da quello che avrei
fatto io.”
“Sicura?”
“Ma sì,” conferma, “Sta tranquillo. Adesso
conta solo che tu ti riprenda un pochettino. Anzi,
perché non lo accompagni sul pullman, Shinsou-kun?
Credo sia meglio.”
Shinsou non risponde neanche, ci stava già
pensando anche lui. E’ ovvio che lo avrebbe portato fuori di lì, non è posto
adatto a lui adesso con l’iperudito di Jirou fuori controllo.
Jirou–la
vera Jirou- si alza, passandosi una mano fra i
capelli biondi di Kaminari e per qualche motivo, a
quel gesto così semplice, arrossisce di botto, scostando subito la mano.
L’arrivo come un uragano di Aizawa la salva da
qualsiasi cosa Ojiro stesse per dire, aprendo la bocca, lasciando nell’aria
l’insinuazione che stava per fare. Del tutto intenzionato a capire se fosse
successo qualcosa, fra i due.
Ma forse sarebbe stato meglio farlo in un altro
momento.
“Che cos’è successo?” gli chiede subito il
professore, squadrandolo per bene.
Aizawa fa sempre un certo
effetto, tirato a lucido. Senza barba, coi capelli raccolti e lo smoking nero,
come lo hanno visto solo in tv.
“Niente, Aizawa-sensei,”
mormora timidamente Ojiro, “E’ che...che non mi sono sentito troppo bene, lì
dentro. Ci ho provato ma i rumori erano troppi e troppo forti e...”
“Ah già. I rumori,” annuisce Aizawa. Giusto, avrebbe dovuto pensarci anche lui.
Aveva fatto attenzione principalmente a
pericoli costanti come Mina Ashido nel corpo e nel quirk di Bakugou, quella sera, o a Midoriya
nel corpo e nel quirk acido di Ashido,
che potevano creare un vero danno, e si è per un breve momento dimenticato di Ojiro,
perché lui non rischiava di far danni a chi gli passava incurante accanto.
Per fortuna che con Mina c’è Kirishima. Con tutte e due, corpo e mente. Tiene d’occhio
Mina impedendole di fare follie nel corpo di Bakugou e cerca di alleviare i
timori di Midoriya in modo che non rischi di
sciogliere tutto quello che tocca.
Gli darà un buon voto, alla fine di tutta
quella faccenda. Per la pazienza.
“Non ti preoccupare, va bene. Se ti senti
meglio qui puoi restare, non c’è necessità che tu rientri a forza a rischio di
sentirti male.”
“Qui appena si apre la porta si sente comunque
troppo rumore,” fa notare Shinsou, “Pensavamo di andare ad aspettarvi sul
pullman, appena si sente meglio. Lo accompagno io.”
Aizawa assottiglia appena
gli occhi, “Shinsou...”
“Lo so.”
“Va bene,” acconsente quindi Aizawa, “Potete andare.”
E che gliela mandassero buona, questa volta.
Almeno per una sera gli piacerebbe che il malore di Ojiro fosse l’unico
problema da affrontare.
Non sono ancora entrati e già ha
voglia di prendere e mandare tutto affanculo.
In primis, il bastardo al suo
fianco che non gli si leva un attimo dalle palle.
Potendo lo avrebbe preso a calci
in culo, altro che no.
E non soltanto perché gli sta
sull’anima a prescindere.
Sa che è il corpo della sua
ragazza, e di certo lei non se la sarebbe presa per niente al posto suo ma
prima quando l’ha sfiorato ha avvertito un brivido lungo la schiena che l’ha
fatto balzare su neanche avesse preso una scossa da quel coglione di Faccia da
Scemo.
E l’occhiata con cui l’ha
guardato quel demente, sia pure di sfuggita, non gli è andata a genio nemmeno
un po’.
Cioè, diavolo, vero che Yaoyorozu non passa inosservata, e quella sera, grazie agli
sforzi di Faccia Tonda – sforzi perché aveva a che fare con lui, non certo per
via di Momo- ancora di meno;
però un po’ di ritegno, porca
troia. Tanto più che quella poveretta era dietro di loro, e si stava mangiando
le mani dall’angoscia- vabbé, le mani di Dekumerda, in realtà, ma fa lo stesso-, e ti metti a fare
il pesce lesso proprio davanti a lei?
Non gliel’ha insegnato quel
coglione di suo padre che le donne si guardano negli occhi? Tsk.
Fosse stato lui a fare qualcosa
di simile, sua madre l’avrebbe preso a legnate, e di corsa anche.
Quando però si è trovato sulla
soglia, e due cazzo di pinguini più vecchi hanno aperto loro le porte, un
attimo di strizza gli era preso comunque.
Respira,
Bakugō. Respira.
Okay.
E’ soltanto un diavolo di gala,
nulla di che.
Può farcela.
Le parole di Faccia Tonda hanno
sortito il loro effetto suo malgrado.
Vuoi
farti indietro soltanto tu?
Oh,
no, cazzo, non se ne parla proprio.
Dovrà spaccare stasera.
O non si chiama più BakugōKatsuki … cioè … vabbé. Fa lo
stesso.
E poi tutto quell’incoraggiamento
mentale era finito dritto nel cesso, appena aveva sentito la sua voce trillare:
“AHHHHH! Che posto fantastico!”.
Ashido era da qualche parte lì alle sue
spalle.
“Mina! Dai!”, aveva sibilato
appena percettibilmente Capelli di merda.
“Ma è tutto stramitico qui! Come
pretendi che me ne stia ferma e buona? Ahhhh, che
spettacolo!”.
Non doveva voltarsi. Se lo faceva
era la volta buona che la ammazzava.
Appena a qualche passo aveva
avvertito la voce di Faccia Tonda, che provava a consolare Yaoyorozu.
La sala era gremitissima.
C’era un fottuto delirio di gente, musica, voci; anche quelli dello Shiksetsu, che non è che abbiano mai riscosso le sue
simpatie.
A momenti gli veniva la nausea.
Lui detesta queste cose. Gli
danno il prurito, tutte quelle riverenze e scappellate e sorrisi e battutine.
Vicino ad un crocchio di
deficienti ha intravisto Endeavor, e poco distante da
lui Hawks, che si prestava a selfie
e ciarle da ricevimento; all’improvviso mormorio levatosi da quelli che li
hanno visti entrare, si erano girati osservandoli con curiosità malcelata.
Merda.
Il suo unico desiderio in quel
momento è stato correre via anni luce da lì; ma a parte quel vestito della
malora, non è proprio il caso di mettersi a fare il remake di Cenerentola con
tanto di Principe Azzurro rintronato.
Meglio gettarsi avanti, come un
vero Hero.
In prima linea e armato fino ai
denti, di buone maniere e sorriso accondiscendente – grrrr. “Ehi, non è tuo padre quello?”, ha sbottato rivolto al bastardo
che gli stava accanto, ma senza porgergli il braccio.
Sennò glielo avrebbe spezzato,
dannazione. Già il pensiero di doverlo avere intorno tutta la sera gli dava la
gastrite.
E l’emicrania.
Specie se lo guardava con quella
faccia, ancora. “Oi, ma cazzo mi ascolti?”.
“Eh … sì, Bakugō.
Ti sto ascoltando”.
Ma non era parso granché
convinto.
Cristo, se lo avesse beccato di
nuovo a fissargliele lo avrebbe ammazzato. Avrebbe creato qualcosa, tipo una
spranga d’acciaio e gliela avrebbe aperta davvero a metà, quella testa vuota. “Senti,
ci leviamo questo dannato pensiero subito? Così magari vediamo di mettere un
po’ di posto tra me e il tuo cazzo di culo, idiota”.
“Sì. Credo sia preferibile”.
Bleah.
Aveva sollevato la gonna perché
non spazzasse il pavimento tirato a lucido, consapevole delle risatine dei
compagni alle sue spalle.
Dannati tutti. Gliel’avrebbero
pagata salata marcia, li avrebbe ridotti a pezzettini una volta che fosse
tornato in possesso del suo quirk.
Aveva già stilato una bella
lista. Restava solo da definire in quale ordine avrebbe fatto pulizia nella
classe. “Ehm … papà?”.
Todoroki senior si è voltato, la
solita espressione arcigna sulla faccia da cazzo simile a quella del figlio.
Fa finta di niente, lui.
Che il diavolo se lo portasse. “Oh,
Shouto. Salve, signorina”.
Bakugō ha fatto ricorso a tutte le sue
forze per non inarcare un sopracciglio.
O di non spaccarne uno a qualcun
altro, più che altro.
Vedi
che qui se c’è una signorina quella è tuo figlio, vecchio, è stato sul punto di sbottare.
Ma non può certo farlo. “Papà,
lei è … Momo Yaoyorozu. La mia … fidanzata”.
“Sei la figlia di Quick Drive?”.
Ah?
Quick che?
Mai sentito un HeroName così patetico. Che
cazzo era, una lavatrice?
Doveva essere fuori dalle due
cifre, sicuro. Non gli suonava familiare, e immaginarsi se andava a domandare a
Yaoyorozu vita morte e miracoli dei suoi.
Calmo,
Katsuki. Conta fino a cinque, ammicca piano, tieni lo
sguardo basso.
Gesù. “Ehm … sì”.
“Mhmm.
Capisco. Come mai i tuoi genitori non sono presenti?”.
Perché
hanno da lavorare, mica come te che stai qui a grattartelo, idiota. “Be’ … insomma, avevano cose da
sbrigare, i vec… ehm, cioè, intendo, mamma e papà,
sì. Mamma e papà”. Porca puttana.
“Bene. Capisco”.
Qui ha aggrottato la fronte.
Ma vanno a copioni fissi in
quella cazzo di casa? Il figlio ripete sempre “ ah”, il padre “ capisco”,
figurarsi che bei discorsi.
Vabbé che non si parlano, quasi.
Bakugō non riesce proprio a capire, per
rimanere in tema, perché ci tenga tanto all’opinione di quello stronzo, Metà e
metà.
Al posto suo lui l’avrebbe
mandato a stracatafottersi. E pure più avanti, giusto
per sicurezza.
E la sua opinione non è certo stata
migliorata dall’uscita seguente: “Sei stato bravo, Shouto.
Hai … scelto una ragazza di ottima famiglia e con un quirk
eccezionale. Bravo, mi congratulo con te”.
“Ehm … grazie”, ha mormorato
quello scemo.
Sì,
grazie al cazzo.
Si è morso la lingua, digrignando
i denti.
E’ stato tutto quel che si è
concesso in termini di reazione.
Non gli passa nemmeno per la
testa al grande Endeavor che sia stata lei a
scegliere lui, semmai.
Che poi è proprio quello che è
accaduto. Perché se aspettava che quello stoccafisso si dava una mossa lui
aspettava fino all’avvento del millennio prossimo venturo.
Non che a Bakugō
freghi nulla, oh, badiamo bene. Figurarsi se si impiccia dei cazzi di quei
perdenti, lo sa soltanto perché quella sciroccata di Occhi da Procione ha messo
i manifesti, un attimo dopo.
Ma ‘sto stronzo è uno sciovinista
fatto e finito. Le donne non hanno voce in capitolo, con lui.
Tuttavia è toccato a Katsuki distrarsi, perché se ci pensava addio. “Ehi, Shouto!”.
Il numero Due, Hawks, si è liberato dalla sua schiera di fan adoranti per
venire a impicciarsi dei fatti del boss.
Ah,
questo ci mancava, è
sbottato mentalmente al vedersi puntati addosso gli occhi da dietro le lenti
gialle. “Ma che, è la tua
fidanzatina?”.
Uhm…mhpf…“Eh
… già. Sì”.
“Ma tu guarda. Stiamo crescendo,
eh? E tu invecchi, caro Endeavor. Mi raccomando, Shouto, attento a non renderlo nonno troppo presto!”.
Okay.
Ora basta. “Allora
… Endeavor-san”. Stronzo.
“Con permesso”.
Ha afferrato il polso di Todoroki
e quasi se l’è trascinato via raggiungendo uno dei tavolini, perché non è
troppo sicuro che non potesse voltargli il cervello da un attimo all’altro.
E il bastardo sembra averlo
capito. Almeno per questo ci è arrivato. “Perdonalo, Bakugō.
Lui … è un tantino … retrogrado, in termini di mentalità.
Tsk. Retrogrado. Si dice così adesso. “Mica l’ho
fatto per te, bastardo. Solo mi spiace per quella poveretta che si sta
mangiando le mani fin da quando siamo arrivati”.
“Scusa comunque, per tutto
l’incomodo che ti sto dando”.
“Sì, vabbé,
piantala ora, cazzo. Accompagnami a sedermi”.
A quel punto un coro di mormorii
li ha fatti voltare entrambi. Il Nerd di Merda, nel corpo di Occhi da Procione,
è steso lungo sulla palladiana come lo stronzo che è.
Impercettibilmente Katsuki ha ghignato in modo feroce.
Almeno una cosa buona, quella
sera. “Midoriya … dannazione”.
“Che ti aspettavi da Dekumerda? E’ sempre il solito coglione che non è capace
neppure di reggersi in piedi”.
“Forse … conviene vada a dare
un’occhiata”.
“Tsk.
Fa’ pure”. Bakugō si è seduto, abbastanza
decentemente, osservando Todoroki che si appressava al capannello dei loro
compagni raccolti intorno a Capelli di merda che tirava su Deku.
Incomodo, ha detto.
Imbecilli.
Tutti e due, padre e figlio.
Poveraccia, gli è venuto da pensare.
Se Todopirla
non cambia modo di fare, almeno su questo punto di vista, non avrebbe avuto
granché da star tranquilla in quella famiglia di matti.
Momo non riesce a distogliere un
istante lo sguardo da lei e Shouto.
Le pare siano trascorse ore da
quando lei e Ochaco-chan si sono sedute a quel
tavolo. Il piccolo incidente di Izuku è servito a
distrarle per qualche minuto, ma nulla di più.
Ora Shouto
non la degna neppure più di un’occhiata.
Si sente venir meno la terra
sotto i piedi ad ogni passo che compie.
Si chiede di cosa stessero
parlando, con Endeavor- san, prima.
Si chiede cosa avrà detto Bakugō.
Erano distanti e di spalle, e poi
lei non possiede il quirk della sua amica Jirou o di Shoji-kun.
E’ terrorizzata, a dir poco. Se
quel rozzo le fa fare brutta figura … non le basterà una vita a riabilitarsi
agli occhi del padre di Shouto.
Oltre che a quelli di tutti i
presenti.
L’espressione di Shouto la irrita oltre ogni dire.
Si è scordato forse che non è
lei, davvero?
In verità anche l’atteggiamento
che ha avuto appena Bakugō è arrivato di sotto
l’ha parecchio indisposta. Vero, è il suo corpo, il suo viso.
Forse indirettamente voleva
omaggiare lei, il suo ragazzo.
Eppure … le ha dato comunque
fastidio.
Perché lei in quel modo non l’ha
guardata mai.
Mai, come adesso sta facendo con Bakugō. Quasi … incantato. “Momo-chan?”,
la chiama Uraraka, scuotendola da quei tristi
pensieri.
“Oh, sì, Ochaco-chan?”.
“Dai, stai tranquilla. Vedrai che
Bakugō-kun non ti farà fare brutta figura. Abbi
un po’ di fiducia in lui”.
“Uhm”.
D’ un tratto vedono Inasa, il gigante della Shiksetsu,
avvicinarsi a Shouto e Bakugō,
e s’inchina rivolgendo i suoi omaggi alla finta Yaoyorozu.
“Non è facile, vero?”, sfugge a Uraraka.
“Cosa?”.
“Dover stare qui. Insomma, lo
capisco. Vorresti essere con lui ma ti tocca stare qui con me”.
Momo riduce gli occhioni di Midoriya-kun in due
fessure.
Si è spesso domandata la natura
della simpatia di Ochaco-chan per il compagno dai
capelli verdi. Per tutto il primo anno non faceva che fluttuare e avvampare,
quando gli stava vicino.
Quest’anno in realtà le è parso
che sia diventata un tantino più controllata. Ma non è detto che sia passata.
Nel frattempo, vedono anche Bakugō – cioè, Mina – trascinato in mezzo alla pista
da Utsushimi, la compagna di classe di Inasa, che gli si avvinghia addosso come dovesse
soccorrerla durante un’operazione di recupero piuttosto che farla danzare e
basta.
E’ un tantino eccessiva, anche
nell’abito che ha scelto, con uno spacco che ad ogni passo mostra chiaramente
l’intera coscia e il decolleté strizzato nel corsetto a cuore.
Che ora sta spalmando addosso
alla povera Ashido, per nulla contenta, pare.
E certo. Certe cose sembrano
sempre disdicevoli quando sono gli altri a farle con noi, e non viceversa.
Infatti Shouto
non si sta facendo scrupolo di continuare a fissarla, malgrado non abbia la
scollatura di Camie.
E questo la rende pungente. Forse
troppo. “Mi pare che questo discorso valga anche per te, Ochaco-chan”,
osserva in tono un po’ aspro.
Lei avvampa furiosamente d’un
tratto. “N-non capisco cosa tu voglia dire … insomma,
Momo-chan …”.
Una voce familiare le interrompe.
“Midoriya!”.
Oddio.Melissa-san
… ma che ci fa qui?
E certo. In qualità di figlia di
uno dei più importanti scienziati era scontato fosse invitata anche lei.
Vorrà certo salutare i suoi
amici. Il suo Eroe. “Melissa- san … che piacere … rivederti”, abbozza Momo-Deku, non sapendo che pesci prendere.
“Ah sì? Allora perché non hai
risposto ai miei messaggi? Alle mie chiamate? Ho provato ad avvisarti che sarei
stata qui, stasera”. I grandi occhi azzurri della ragazza sono lucidi, dietro
le lenti. “Ti … ho fatto forse qualcosa?”. Poi si gira verso Uraraka, ch’è rimasta di sasso.
E la sua espressione si fa ancora
più mesta. “Ma … forse … ho capito …”. E ora pare davvero sul punto di
piangere.
Oh
cavolo.
Questa faccenda è più complicata
del previsto.
E’ evidente che suo padre non le
ha detto nulla di quello che è successo a quasi metà 2-A.
Se non l’ha fatto il professor Shield, è evidente che avrà avuto le sue buone ragioni.
Perciò non possono farlo nemmeno loro; e non ha idea di cosa inventarsi per
giustificare il vero Midoriya.
Né per consolare la povera
Melissa.
E intanto, deve tenere d’occhio
anche quegli altri due.
Che pasticcio. Che enorme,
maledetto pasticcio.
“Sarebbe bastato che me lo
dicessi, non c’era bisogno che mi ignorassi, ero preoccupata che fosse successo
qualcosa”.
“Ehm, Melissa-san,
non è assolutamente come pensi!”, fa Ochaco, alzando
le manine e scuotendole in aria. “Vieni, prendiamo qualcosa da …”.
Non fa in tempo a finire la frase, che arriva Ashido come un ciclone. “Ochaco-chan,
salvami! Difendimi tu!”. La afferra per un polso e la tira via, trascinandosela
dietro: una scena inquietante oltre che assurda, per chi non sa che nel corpo
di Bakugō c’è Mina.
Ma l’amica è troppo presa dal suo
dramma personale per farci caso. “Potevi dirmelo. Senza tanti problemi. In
fondo se ha sbagliato qualcuno, quella sono io”, conclude con un’espressione
infelice, girando sui tacchi e allontanandosi prima che possa replicare in
qualche modo.
Ma forse è meglio così. Non le
viene nulla in testa, a parte il principio di un’emicrania accecante.
Cerca d’istinto con gli occhi Ojiro-Kyoka, per chiedergli una
pastiglia.
Ma non lo vede da nessuna parte.
Dove sarà finito?
Sarà scappato, di sicuro. Con la
scusa del quirk sensibile dev’essersela
filata a nascondersi da qualche parte.
E non vede nemmeno Shinsou-kun.
Probabilmente sono insieme.
E non può fare a meno di sentire
una leggera fitta d’invidia.
Beati
loro.
Forse ha sbagliato, con Shouto. Forse … le ha detto di sì perché gli sarebbe parso
indelicato opporle un rifiuto, probabilmente è attratto da lei ma non al punto
da essere innamorato.
Lo cerca di nuovo con lo sguardo
e vede Camie, piantata in asso da Mina che si è
avvicinata a conversare amabilmente con lui.
E le parole di Melissa-san le paiono più adatte che mai.
Non trova dove mettere le mani.
Anche perché al momento non è
sicura di riuscire a controllare il suo quirk, per
cui, se non vuole far ritrovare l’amica galleggiante a mezz’aria ad attirare
nuovamente l’attenzione di tutti i presenti, preferisce tenerle staccate.
Mamma
mia. Che vergogna.
Camie è stupenda, ha un corpo
magnifico che stasera è messo sapientemente in risalto da un abito di un vivido
arancio dorato, cangiante sotto le luci, con un decolletè
evidenziato dal bustino a coppe e uno spacco che arriva a più di metà coscia.
Non proprio paragonabile al suo
vestito da centro commerciale di un pallido lilla smorto.
Prova un improvviso senso
d’inadeguatezza, ad essere adesso lei, al posto di Camie.
Assurdo, inspiegabile.
Anche perché ci aveva già fatto
la croce sopra, che non sarebbe stata all’altezza delle altre.
Da sempre è abituata a fare la “
comparsa”, come direbbe Bakugō.
Ma adesso … adesso …
E’ anche peggio.
Si figura i paragoni che staranno
sorgendo inevitabilmente tra la precedente dama di Katsuki,
e lei.
Avrebbe dovuto rifiutarsi, ma
Mina non gliene ha lasciato la possibilità.
Ha fatto appena in tempo a
mordersi le labbra, ricordando che è Bakugō
davanti agli altri, non Mina.
E questo … questo non va bene.
Tanto più ricordarlo anche
adesso, che la prende e la stringe fin troppo forte, posandole la faccia
accanto all’orecchio.
Ochaco s’irrigidisce. E’ solo un modo
per sussurrare non vista, che di quirk percettivi ce
ne sono un’infinità. “Quella è una pazza!”, sbotta Mina-chan.
“Eh … sì, Mina, ma non stringere
così … mi stai soffocando!”.
“E’ una maniaca! Ha tentato di
rifilarmi il suo numero di telefono e mi ha palpato il culo! Ma ti rendi conto?”.
“Sì, Mina-chan,
ma fammi respirare …”.
“Oh, scusa Ochaco-chan!
Mi scordo sempre quanto sono forti queste braccia!”, sbotta, ritrovando la
propria disinvoltura.
E affossando quella di Uraraka, che già non è ne abbia poi tanta.
Deglutisce. Anche se è Mina-chan, e lo sa, il suo profumo è lo stesso.
Le sue mani, che la stringono con
la confidenza dettata dall’amicizia, sono quelle di lui.
Rialza di scatto lo sguardo per
non pensare col rischio di schiacciare i piedi a Mina, e incrocia lo sguardo di
Momo.
Cioè, Bakugō
nel corpo di Momo, che la fissa perplesso.
E avvampa, irresistibilmente. A
momenti si mette a fluttuare anche se ciò che vorrebbe è sotterrarsi.
Ossignore, che finisca in fretta. “Ops”.
“Che … che c’è?!”.
“Devo fare la pipì!”, annuncia
tranquilla come dicesse che va a prendere da bere.
Sbarra gli occhioni
nocciola. “Ehm … Mina, Mina-chan …”.
“Non ti spiace se ti riaccompagno
al tavolo, vero? Qui non possiamo tenerci le porte a vicenda come alle medie!”.
Uraraka si forza di non crollare la
faccia tra le mani.
Oddio. Morirà, se lo sente.
Non può pensare che Deku-kun è finito in infermeria per questa ragione. E lei
invece … con tutta quella … nonchalanche …
Vabbé che a paragone a quel che ha
sbandierato fin qui come nulla fosse, non solo a parole, è una goccia nel mare.
La accompagna da Yaoyorozu, addirittura tetra, adesso. “Ohhhh,
ma come sono carini!”, sbotta Mina voltandosi a guardare Bakugō
e Todoroki che hanno catalizzato l’attenzione.
E cerca di buttare acqua sul fuoco.
“Mina-chan, non mi pare il caso di …”.
“E dai, Ochaco,
non essere noiosa! Guardali. Sono fatti l’uno per l’altra!”.
“Mina-chan,
io sono qui eh!”, fa Yaomomo.
Effettivamente, sembrano davvero
… veri, sì.
Anche Momo se n’è accorta. E il
faccino di Deku si è allungato ancora di più.
Povera
Momo-chan.
Le pare brutto mollarla, ma visto che al momento non è troppo in sé è meglio se
le sta lontana per un po’, finché non ritrova un po’ di lucidità. “Senti …
forse è il caso che vada a vedere come sta Midoriya,
sì?”.
Lei fa appena un cenno con la
mano, prima di portarla alla fronte.
Ochaco non perde tempo. Raggiunge il
compagno a distanza di qualche tavolino da loro, dovrebbe esserci Kirishima con lei ma sembra svanito nel nulla anche lui. “Deku-kun, come ti senti?”.
“Ehhh …
insomma”.
“Vuoi che chiami Todoroki-kun? Mettiamo un altro po’ di ghiaccio?”. Anche se
in realtà servirebbe a lei, si sente la faccia ardere.
“No, no! Non lo disturbare.
Sembrano … così belli!”, nota Midoriya sorridendo con
la faccia di Mina, truccata e avvampata.
Forse ha messo su un po’ troppo
fard, Ashido.
O forse è solo che non è abituata
a vedere arrossire la compagna fuxia. A differenza di
Izuku. “Hai per caso visto Melissa-san,
qui in giro?”.
Ecco, infatti. Il poveretto
prende letteralmente fuoco, si agita tanto che quasi si ribalta dalla sedia. “Melissa-san?! Oh, mamma. Dov’è?”.
“Non saprei, stavamo parlando con
lei quando è arriva Mina-chan come una furia e mi ha
portato … lì in mezzo, sì”.
“Oh, merda. Uh, scusa, Uraraka-san …”.
“Dovresti mandarle un messaggio,
quanto meno”.
“Uraraka-san,
va … tutto bene?”.
No.
“Sì. Vado a
cercare Kyoka-chan, non la vedo da un po’ e sono in
pensiero”. Poi si rende conto di essere stata forse un po’ dura. Lei non sa
come stiano le cose tra loro due, perciò non ha alcun diritto di prendersela
con Deku. “E comunque … credo che ti perdonerà. Se le
fai capire che tieni davvero a lei, lo farà”.
Porca
paletta.
Non solo quel demente di Inasa, ora gli tocca anche ballare con quest’altro.
Alla fine l’incidente di Dekumerda si è rivelata la solita botta di culo sfacciato.
Si è mezzo spezzato una caviglia appena entrato e quindi, niente ballo per lui.
Avrebbe potuto farlo anche Bakugō, certo. Fingere una storta.
Ma non se l’è sentita di dare il
colpo di grazia a quella povera disgraziata di Yaoyorozu.
Che ha una faccia anche più appesa del solito Deku
quand’è lui.
E poi ha visto quella scriteriata
di Occhi da procione invitare Uraraka, per sfuggire
alle grinfie di quell’altra sua degna pari di Utsushimi.
E … gli ha fatto uno strano
effetto. Sembrava così piccina, così delicata tra le sue braccia … tutta rossa
in volto, sicuro per colpa delle porcate che le stava mormorando Ashido.
C’è mancato tanto così perché non
piantasse quel bestione che continuava a mormorare che piedini leggeri
possedesse- e sì che non ha fatto altro che pestarglieli tutto il tempo, ma
quello neanche per un cazzo- e andasse a staccarla da Faccia Tonda quando si è
accorto che Utsushimi, mollata aveva rivolto le
proprie attenzioni a quel baccalà di Todoroki, col rischio che finisse pure col
darle retta, il coglione.
E
no, cazzo. Tu non mi fai fare di queste figure, stronzo.
Così ha scansato abilmente tutti
i coglioni che si precipitavano a chiederle il prossimo ballo, tra cui quell’Awase della 2-B, l’ennesima comparsa; ed ha tirato dritto
fino al suo tavolo, afferrandolo per un polso e trascinandolo quasi di peso in
mezzo alla pista.
Dannazione, cosa tocca fare per
avere un po’ di pace.
Cristo. Ma perché le sfighe
vengono sempre due a due? “Ashido si sta divertendo
un sacco, mi pare”.
“Chiudi il becco, idiota a metà”.
Le molle gli stanno praticando una craniotomia, ha i piedi in fiamme e la schiena
lo sta tormentando dalle prime alle ultime vertebre.
Se non altro però il bastardo gli
ha lasciato abbastanza spazio di manovra. Il davanzale di Momo è ben a distanza
dal torace del pinguino impagliato.
“Senti, Bakugō
…”, mormora quello d’un tratto, la voce appena un filo sottile abbondantemente
sorpassato dalla musica.
Porcate coi violini, tanto per
cambiare. Maledizione.
Non hanno mai sentito parlare dei
Metallica questi idioti? Degli AC-DC?
Manco a pagarli. Oltre che ai
piedi, alla schiena e alla testa, anche le orecchie devono violentargli,
puttana la morte. “Uh?”.
“Non volevo mancarti di rispetto
dando a Inasa il permesso di ballare con te. Ho solo
pensato che magari poteva darti meno fastidio che farlo con me, ecco tutto”.
“Ma ti sei rincoglionito? Con
quello scimunito?”, lo rimbecca, secco. “Spiegami una cosa. Cioè ma come fa a
sopportarti la tua donna? No, non sono cazzi miei lo so ma a sto punto me lo
devi proprio dire, perché io non ci arrivo. E credimi è preoccupante”.
“Immagino sia … perché le piaccio”.
“Credimi, l’attrazione non basta
a giustificare una tale pazienza. Dev’essersi persa
di brutto qualche rotella per te, ma di brutto proprio”.
“Ah”. Todoroki abbassa lo
sguardo, quasi compunto.
“Oi,
che è? T’è morto il gatto? Che cazzo, dovresti fare i salti di gioia”. Inarca
un sopracciglio. “Oh, non sarà veramente che te la sei tenuta per quel che dice
il tuo vecchio, vero?”.
“No, certo che no”.
“Ah, be’,
pensavo”.
“E’ solo che … mi sento confuso.
Ecco tutto”.
“Confuso in che senso?”, fa Bakugō, improvvisamente sospettoso.
“Che … io non so come comportarmi
con lei. Sinceramente. Io non sono bravo in queste cose. Ho sempre paura di
sbagliare”.
Ah ecco di che parlava. Perché
già stava partendo una testata.
Non che lui abbia problemi, non
gliene importa un accidente dell’orientamento che uno ha. Se uno è un coglione
resta tale a prescindere che gli piacciano i maschi o le femmine.
Ma almeno prima di prendere per
il culo una povera ragazza innocente, fatti due esperimenti con qualcuno di
consenziente.
Dovrebbe lavarsene le mani, tutti
quegli ormoni femminili però gli stanno sbiellando il cervello e non ce la fa.
Quella faccia così rammaricata
gli mette quasi compassione. E’ a dir poco … patetico. “Però ti piace, no? Dico,
provi qualcosa per lei”.
“Sì. Penso di sì”.
“Pensi? Oh merda. Sei un fottuto
disastro, bastardo. Che vuol dire penso? Non lo sai?”.
“Be’ …”.
“Ma non ti tira qualcosa, quando
pensi a lei, quando stai con lei? Insomma, qua, nella testa, nel cuore, e dove
sai, non ti tira?”.
“Bakugō?!”.
“Shhhhh!
E chiudi il becco deficiente. Insomma, sì o no?”.
“Sì”.
“E che aspetti a farglielo
capire, che arrivi Natale?”.
“Ma … scusa, fin qui hai parlato
di rispetto e ora …”.
“Rispetto ho capito, ma porca
troia non puoi mica aspettare che ti venga sempre sotto lei! E dattela sta
mossa, cazzo. Hai visto quanti moscerini le ronzano attorno, no? Può avere chi
vuole e ha scelto te. Dimostrale che non è stato un tragico errore. E comunque
chiederle di fare qualcosa insieme non è sconveniente, a differenza dal
fissarle il balcone”. Sospira.
Troppo la sta prendendo a cuore
quella causa persa, è bene ridefinire un po’ di limiti. “Tra parentesi, se lo
fai di nuovo ti ammazzo, stronzo. Ricordati sempre che potrò anche essere in questa
situazione del cazzo, ma ce l’ho più grosso del tuo”.
Faccia di pirla a metà sobbalza,
quasi gli avessero ficcato un dito … be’ sì, lì. “E
questo che c’entra?!”.
“Nulla. Mi piace rimarcare il
concetto giusto per evitare ti vengano idee strane in quella testa di cazzo a
metà. E adesso chiudi il becco e balla. Ma stammi lontano”.
Mina si richiude dietro la porta
della toilette degli uomini, scuotendo la testa bionda.
Pazza.
E’ da ricovero, di quelli urgenti
con le cinghie, quella squinternata di Utsushimi.
Ha cercato disperatamente l’aiuto
di Kiri, ma quello scemo non è in sala, chissà dove
sarà finito.
Gliela pagherà, oh se gliela
pagherà. Ha intenzione di dirgliene quattro appena torneranno in dormitorio,
non si fa così.
In fondo Bakugō
è un suo amico, non è giusto che l’abbia piantato in asso.
Bussa piano alla porta del bagno
chiuso. “Occupato”, gracchia una voce all’interno.
Caspita. Ma lei non resiste
proprio, sta per farsela addosso quasi.
Per fortuna fuori non c’è nessuno.
Può sbrigarla in quattro e
quattr’otto.
Tira giù la lampo, slacciando il
bottone e prendendo in mano il “piccolo Bakubro”,
come ha preso a chiamarlo.
Be’, insomma. Piccolo per modo di
dire.
Vero che non ha grandi termini di
confronto. A dispetto del suo modo di fare, Eijirō
è stato il suo primo uomo. L’unico che ha toccato, quanto meno fin qui.
E le viene da ghignare.
Non è cattiveria la sua, solo
curiosità. Bakugō è così strano che davvero non
saprebbe dirsi se gli piace qualcuna. O qualcuno, eh! Mica ci sarebbe nulla di
male.
Ma sarebbe una gran perdita per
il popolo femminile, quello sì.
Possibile che non abbia nessuna
simpatia, lui? Davvero nessuna nessuna? Anche fuori
dalla loro classe?
Camie sembrava piuttosto espansiva con
lui. Chissà cos’hanno combinato ai tempi dell’esame di recupero.
Probabilmente nulla, conoscendo Katsuki.
E anche Camie
non fa testo, lei è così un po’ con tutti.
“Bakugō-kun!”.
Il colpo è così imprevisto che la fa sobbalzare.
Come si chiama quel tizio … ah,
sì, Inasa.
“Bakugō-kun!”.
Oddio. Cosa farebbe Bakugō … “Cazzo vuoi?”.
“Nulla, ci tenevo solo a
salutarti visto che prima non ho potuto farlo!”.
“Ah”. No, mannaggia, questo è
Todoroki, non Bakugō. “Be’? Ora mi hai salutato,
levati di tor … ehm, di torno, no?”.
“Eh, ma non sono certo venuto qui
per niente! Non ti vergognerai di farla in presenza di qualcun altro, no?”.
“Uh, veramente …”.
“Momenti tra maschi.
Cementificano le amicizie!”, tuona tutto tranquillo mentre si avvicina e tira
giù la sua lampo. Così, senza problemi.
Mina guarda in alto, sentendo la
faccia andarle in cenere.
Sono tutti pazzi, non solo Camie.
Ma che problemi hanno alla Shiksetsu? Quella scuola dovrebbe essere chiusa, altro che
no.
Con tutti gli studenti dentro.
Non dovrebbero lasciarli a piede libero, assolutamente. “Bakugō-kun!”.
Trasale, a momenti sbaglia anche
la mira. “Che … ehm, che cazzo c’è adesso, idiota?”.
“Non me lo sarei mai aspettato!
Cioè, io so di essere grande e grosso, insomma … ma …”. D’un tratto prende e si
inchina.
Mina è incredula. “I miei
rispetti!”.
Appena quello stramboide
esce, richiude la propria lampo senza nemmeno fare pipì, e va a lavarsi le
mani.
Questo è meglio non lo sappia
davvero mai, Bakugō.
La festa è finita.
Ringraziando il cielo. Sono
ancora tutti vivi, anche se Ojiro ha il colore della calce, abbandonato contro
il sedile con gli occhi chiusi: più che addormentato sembra morto, poveretto.
Kaminari invece è sveglio anche se ha
un’espressione vacua.
Shinsou è quello che sembra un
filo più rilassato. Ma le occhiaie sono più pronunciate che mai, e sospira,
tratto tratto.
Chi più chi meno sonnecchiano
tutti.
Midoriya sembra essere entrato in stato
comatoso. Kirishima, seduto accanto a lui, gli lancia
occhiate inquiete.
A lui e a Mina nel corpo di Bakugō. Lei è l’unica che continua a ciarlare; non dev’essere stato poi un trauma così grande, quello subito a
causa di Utsushimi. E in ogni caso ha un’ottima
capacità di ripresa.
Kyoka è cerea, nei panni di Kaminari. Fissa la strada oltre il finestrino, non spiccica
verbo; e come lei anche Momo.
Melissa non si è più fatta
vedere, dopo essere fuggita via dalla sala. Ochaco è
in pena, le sta simpatica la ragazza, e il fatto che abbia frainteso la
situazione la fa sentire in colpa anche se non ha fatto niente.
Si volta, cercando con lo sguardo
Todoroki.
Lui ha sempre la stessa
espressione. Si domanda oziosamente cosa abbia detto a suo padre e Hawks; non pare preoccupato, anzi.
Davanti a lui Bakugō
ronfa della grossa, svaccato nel sedile.
Ochaco non vuole pensare agli attimi in
cui l’imbarazzo quasi l’ha soffocata, grazie a Mina.
“Okay, siamo arrivati”, sentenzia
Aizawa con l’aria di chi ha un mal di testa
lancinante. “Scendete e andatevene a dormire”.
Li molla, seguito da gran parte
della classe.
Kirishima scuote piano Midoriya,
che non reagisce. Allora fa passare un braccio del compagno sulle spalle,
issandolo sulla schiena. “Mina, vieni ad aiutarmi?”.
“Certo, puccio!
Anche se non lo meriteresti, mi hai piantato come una scema”.
“Ahhhhh
… Ero con FatGum e Tetsutetsu,
stavamo discutendo riguardo l’addestramento!”.
“Sì, sì, e di tutte quelle cose
da uomini ardenti e virili, certo …”. Mina-Bakugō
alza gli occhi al cielo. “Vabbé, andiamo!”. Si
trascinano via Midoriya, lasciando gli altri ancora
sull’autobus.
“Ehi, Bakugō?
Bakugō?”. Sero lo
scuote, ma Bakugō non dà segni di vita. “Macché.
Non si sveglia”.
“Devi averlo sfinito, Todoroki-kun. L’hai fatto ballare tutta la sera, altroché!”,
sentenzia Tooru.
“Potresti fare come Kirishima-kun, cra”, suggerisce Asui.
“Ah. Già”. Fa per issarselo in
spalla, ma l’abito è troppo lungo e lo impaccia.
Così non ci pensa granché, e lo
prende in braccio.
Ochaco sgrana gli occhi.
Se Bakugō-kun lo sapesse … oh
cielo.
Lo strozzerebbe sicuro. E poi lo
farebbe saltare in aria.
Ma sembra tanto tenero e
tranquillo. Svegliarlo sarebbe un vero delitto.
Si avviano tutti assieme
all’entrata dell’HeightAlliance.
Entrano, in silenzio, togliendosi le scarpe. “Grazie a Dio, non ne potevo più!”,
si lamentano in coro.
Todoroki va dritto davanti
all’ascensore. Fa per tendere una mano e chiamarlo, poi pare ravvedersi di
qualcosa e si volta verso le ragazze. “Ehm … qualcuna di voi … dovrebbe venire
… a svestirlo, però”, osserva rivolto alle compagne che già entrano
precedendolo, ansiose di liberarsi dalle loro trappole femminili.
Segnatamente, lei. “Eh … sì,
certo”. Ochaco si gira verso Momo, che ha un’aria più
sconsolata e malinconica che mai. “Momo-chan?”.
“Va’ pure, Ochaco-chan.
Se l’hai aiutato a vestirsi tanto vale che lo aiuti anche a spogliarsi”. Gli occhioni di Midoriya si puntano
sulle scarpe del ragazzo.”Vado a farmi un tè prima di tornare in stanza.
Buonanotte”.
“Oh …”. Non sale insieme a loro,
gira sui tacchi – metaforici in questo caso- e si dirige al cucinotto della
sala comune.
E’ amareggiata, tantissimo. Ha
trascorso l’intera serata seduta in un angolo, dimenticata dall’unica persona
che avrebbe voluto accanto, anche solo per un istante.
Uraraka si sente male per lei. “Uraraka-san? Pesa”, la incita Shouto,
accennando alla Bella Addormentata tra le sue braccia.
Forse semplicemente non ci
arriva, il suo fidanzato. E’ fatto così, lo sanno tutti ma … dà comunque
fastidio.
Persino a lei, che non c’entra
proprio nulla e non ha alcuna voce in capitolo. “Oh, sì, scusami Todoroki-kun”. Preme il pulsante, entrano nell’ascensore.
Nessuna parola sfugge loro
durante la salita. E nemmeno nel corridoio: si avviano in silenzio, è Ochaco ad aprire la porta della camera di Yaoyorozu.
Todoroki entra, posa Bakugō sul letto. “Allora vado anch’io. Buonanotte e …
grazie”.
“Di nulla. Oh, Todoroki-kun”.
“Sì?”.
“Penso … penso dovresti … parlare
con Momo-chan, prima di andare a letto”, mormora. Poi
pare rendersi conto di quel che le è sfuggito, più che altro di come sia fraintendibile,
e alza le manine. “Cioè, in senso … lei è stata molto triste stasera”.
“Ah. Sì, penso tu abbia ragione, Uraraka-san. Ora vado, così puoi … sbrigare la faccenda.
Buonanotte”.
“‘Notte”.
Appena Shouto
chiude la porta, Ochaco si accinge a scostare di lato
il corpo di Momo profondamente addormentato.
Ma è inamovibile. Così lo tocca
per farlo fluttuare. “Mhmm”.
“Shhhh
… dormi, Bakugō-kun”. Slaccia la zip, in poche
mosse lo libera dall’abito, lasciandolo in biancheria.
E distoglie lo sguardo,
sentendosi andare gli zigomi in fiamme.
Erano proprio una bella coppia,
hanno praticamente eclissato tutti gli altri.
A parte gli attimi in cui Mina ha
ballato con Camie.
Potevano non avere forse
l’eleganza e la delicatezza di Todoroki e Yaoyorozu,
ma anche loro due … erano stupendi. Un piacere per gli occhi.
Camie è molto bella, sì. E sexy e un
po’ selvaggia, potrebbe essere la ragazza perfetta per Bakugō.
Poi rivede se stessa tra le sue
braccia, cioè vabbé, quelle di Mina.
E’ stato così strano.
Ma via. E’ passata, non pensarci più.
Rilascia, afferra la coperta dai
piedi del lettone di Yaoyorozu e gliela tende
addosso. Domani avrà un mal di testa tremendo con tutte quelle molle nei
capelli, ma non ce la fa a slegarglieli adesso.
E’ sfinita, anche lei. Spegne la
luce, e si avvia alla porta richiudendola dietro con cura.
Capitolo 20 *** 20. Dolore, dolore, solo dolore ***
20. Dolore,
dolore, solo dolore
Il mattino dopo.
Ojiro si rigira nel letto per l’ennesima volta,
la borsa dell’acqua calda –bollente- piazzata sulla
pancia da almeno un’ora. Glielo ha consigliato Jirou
stessa, e gli ha anche detto di prendere le pillole che sono nell’armadietto in
bagno, se si sentiva, e che lui per privacy non aveva neanche aperto. Dentro
c’è una scatolina rosa con un antidolorifico adatto... ai dolori mestruali.
Mestruali.
Quando era tornato in stanza e si era calato,
ad occhi chiusi, le mutandine per farsi una doccia, dopo tutto quello che era
successo quella notte, e per sbaglio gli era caduto l’occhio sulla macchia
rossa, per poco non si era messo a piangere.
In effetti si era seduto in vasca ed era rimasto lì, sotto al getto, le
ginocchia al petto, con solo il pezzo sopra dell’intimo.
E Jirou lo avrebbe
perdonato per questo, ne è certo, ma diamine non ce la può fare.
Non urla solo perché non ne ha davvero la
forza.
Il ciclo.
Lui.
E’ un uomo. E adesso si deve anche
prendere...quello. Oddio. Non ce la può fare. Non ce la può fare davvero.
E’ troppo.
Aveva cercato a testoni il vestito, ancora
bagnato, e con un sospiro aveva notato che almeno quello si era salvato e non
pareva sporco, poi aveva contattato Jirou. Si era
presentata Hagakure, perché Jirou
nel corpo di Kaminari non poteva salire nell’ala
femminile, giustamente.
Era stata Hagakure ad
aiutarlo, o quantomeno a tranquillizzarlo un po’, poi gli aveva prestato degli
assorbenti. Esterni. Aveva preso un po’ anche dei suoi, perché Jirou usava...gli altri. Ma lui quello no, non lo poteva
fare davvero
No.
Gli ha anche tenuto compagnia un poco, Hagakure, gentilissima e comprensiva, finché le medicine
non hanno fatto effetto.
Non ha mai visto Tooru
così seria e poco incline allo scherzo. Doveva aver avuto davvero una pessima
cera, la sera precedente.
Tanto più che anche quella mattina gli bussa
alla porta, e quando apre ancora in pigiama se la ritrova davanti, già in divisa.
Lui invece è ancora sfattissimo.
Povera Jirou che
figura le sta facendo fare.
“Come ti senti, Ojiro-kun?”
“Credo di aver dormito un poco,” fa, evitando
la domanda.
Hagakure pare capire al volo,
così lo porta dentro tenendolo dolcemente per mano. “Stai tranquillo, è
normale. Sono sicura che starai meglio già domani!”
Ojiro, per tutta risposta, incassa la testa
nelle spalle, “Non urlare, Hagakure-san,” borbotta,
quasi piagnucolando. “Devo aspettare forse domani? Solo forse?”
Contegno,
Ojiro. Contegno, continua a ripetersi. Non metterti a piangere.
“Oh, scusami!” mormora subito Tooru, abbassando immediatamente la voce, “Vuoi che ti dia
una mano? Ti serve qualcosa?”
Ojiro arrossisce di botto, nonostante Tooru apparentemente non abbia detto nulla di strano, “I-io, ecco...” deglutisce, indicando il bagno a testa
bassa.
“La doccia?” chiede Tooru,
ma lui scuote il capo e lei per un attimo rimane ferma a guardarlo. Poi
schiocca le ditine invisibili, “Gli assorbenti! Ci
penso io, non ti preoccupare! A Jirou non da
fastidio, glielo ho già chiesto. Ha detto che posso aiutarti in tutto, se ne
hai il bisogno, quindi...”
“No, il resto...il resto dovrei riuscire a
farlo da solo...”
Scende in sala comune che gli altri sono già
andati tutti via, a parte Tooru che è rimasta con lui
e gli sta ancora carezzando la schiena e Shinsou, che lo sta aspettando e,
appena lo vede, gli si avvicina immediatamente.
“Mashi...stai bene?
Buongiorno, Hagakure.”
“Buongiorno a te, Shinsou-kun!”
“Sto bene, sto bene,” mormora invece Mashirao.
E’ vero che sta bene, ma solo perché ha preso la medicina e stanno facendo pian
piano effetto.
Jirou lo odierà, quando
tornerà nel suo corpo. Le sta rovinando lo stomaco, con tutte quelle medicine e
analgesici.
O forse è per lo stress che ha sempre mal di
pancia, ultimamente.
O forse...l’altro.
Sospira, cosa che non passa inosservato a
nessuno dei due presenti.
“Forse potremmo dire ad Aizawa-san
che non sei ancora in forma, Ojiro-kun?” gli chiede Hagakure, “Non gli diciamo perché, gli diciamo solo che è
meglio se oggi stai in camera, no?”
“Perché non dovresti dirglielo? Aizawa sa che sei stato male ieri, non credo avrà da
ridire.”
“Sì ma non è per quello che dovrebbe rimanere
in stanza, Shinsou-kun!” esclama subito Hagakure, “E’ per una cosa da ragazze!”
Shinsou sgrana gli occhi un istante, “Oh,” è
l’unica cosa che esce dalla sua bocca, prima di tacere.
Certo, giusto, quello è il corpo di Jirou quindi risultava normale. Il fatto che dentro ci fosse
la mente di Ojiro non toglie niente ad un corpo femminile così come è lo stesso
al contrario.
Ora capisce perché è stato tanto male, la sera
prima, al gala, tanto da svenire. E anche sul pullman non è stato bene, e a
tratti si era lamentato di dolori lombari e addominali sparsi. E di dover
andare in bagno, cosa che alla fine non aveva voluto comunque fare finché non
era tornato al dormitorio. E lì aveva dovuto trovare la sorpresa.
Lo guarda un attimo con la coda dell’occhio,
rosso come un peperone per l’imbarazzo, e nonostante questo si nota comunque il
pallore malaticcio.
“Non c’è bisogno!” sbotta alla fine, “Posso
resistere, sto bene. Vi prego, andiamo a lezione?”
Shinsou si limita ad annuire, sfiorandogli
appena la punta delle dita e prendendo poi a camminargli accanto. Hagakure, invece, gli va subito vicino e gli prende la mano
fra le sue invisibili, “Va bene, Ojiro-kun, ma se ti
serve qualsiasi cosa non esitare, okay? Sta tranquillo, per le ragazze non è
strano che vadano in bagno in due, quindi non hai di che temere per Kyoka-chan!”
Se sentiva le guance in fiamme già da prima,
adesso sta letteralmente andare a fuoco, Ojiro. Non sopravvivrà mai a quella
giornata.
Mai.
“O-okay, Hagakure-san...”
Ha la sensazione che, a costo di trattenerla
finché non sono di ritorno nel dormitorio, non andrà al bagno quella mattina.
In classe, l’attenzione si sposta in fretta sia
su Ojiro che su Bakugou, quando entrano. Anche quella di Aizawa,
che li guarda a lungo, fissandoli con intenzione.
Ojiro si gira appena verso Bakugou, ma dura due
secondi, poi l’occhiataccia di fuoco che gli lancia lo convince a tornare al
suo posto. E’ solo curioso di vedere perché fissavano anche lui. Insomma, Ojiro
sa bene di non avere una bella cera, dal giorno prima, anzi da quando è nel
corpo di Jirou. Ogni rumore gli da fastidio e adesso quello non lo aiuta affatto.
Ma Bakugou rabbia a parte stava bene.
Quella mattina, però, no. Anche lui ha una
pessima cera, come se non avesse dormito.
O forse altro. Momo, con gli occhioni di Midoriya, continua a
guardarlo a intervalli, come se fosse preoccupata o spaventata o chissà che
altro.
Jirou gli batte sulla
spalla, attirando la sua attenzione, “E’ tutto okay, Ojiro-kun?”
“Sì, sto bene, Jirou-san,”
si sforza di sorridere.
“Ti chiedo scusa, sai, avrei dovuto pensarci.
Con tutto quello che è successo lo avevo scordato, e ieri non mi sono posta il
problema.”
“Non fa niente, penso che il mal di testa mi
sarebbe venuto lo stesso, ieri.”
“Sì, quello forse sì,” sorride Jirou, “Ad ogni modo non ti preoccupare. A me di
norma...beh di norma dura poco.”
Ojiro abbozza un sorriso scorgendo il lieve
imbarazzo nel volto di norma sempre allegro e leggiadro di Kaminari,
“Meno male. Sai, Jirou-san? Non pensavo che fosse
così, è una tortura. Eppure riuscite ad allenarvi con noi come niente fosse. Tu
e le altre siete fantastiche!”
Jirou si ritrova ad
arrossire di nuovo, “Beh...grazie.”
E’ un peccato che quella cosa fosse successa a
qualcuno che già è dolce e rispettoso come Ojiro, lui non se lo merita. Invece
qualcuno come Mineta e Kaminari,
loro sì che si sarebbero meritati a dovere quella sofferenza e quell’enorme
fastidio. Soprattutto Mineta.
Anche se lui di certo avrebbe trovato qualcosa
di positivo anche nei dolori mestruali, tipo poter toccare le tette di
qualcuna.
Quindi forse, tutto sommato, è meglio così.
“Possiamo avere la vostra attenzione o è
troppo, Jirou e Ojiro?”
I due diretti interessati, al richiamo di Aizawa, scattano sull’attenti, le goti e le orecchie in
fiamme.
“S-scusi professore.”
In mensa, a pranzo, Kaminari
si guarda intorno con fare annoiato, spizzicando il pranzo. Per non far
sembrare le cose troppo strane, da quando si sono scambiati i corpi si sono
sforzati di non sedersi in maniera troppo diversa dal solito e al massimo
occupare i tavoli più grandi e fare gruppi più ampi.
Quella situazione sta iniziando a stargli
stretta.
Va bene vedere il suo corpo così vicino a
quello di Jirou, visto che i due stanno parlando e
forse lei lo sta tranquillizzando di qualcosa, ma il fatto che non sia davvero
lui...è geloso. Perché quella scena così, proprio così, con quella confidenza e
dolcezza, la vorrebbe vivere. Non vederla.
Non è giusto, tutto quello.
Anche se non dovrebbe essere invidioso di Ojiro
che sta male, e ne stava vedendo di tutti i colori in quei giorni, eppure è
così.
Si sarebbe preso i suoi mal di testa per avere
tutto quello. O anche solo per evitare che Jirou lo
ignori ancora.
Ojiro, in fondo, ha già Shinsou, no?
“Vabbeh. Io vado al
bagno,” borbotta alla fine, alzandosi in piedi. Concentrato com’è a tirar per
bene su la coda e poggiarsela sulla spalla, come fa di norma Ojiro –e smettere di trascinarsela dietro, visto che fino a quel
momento l’ha tenuta a terra-, non nota l’occhiataccia di Shinsou, ma poco
importa.
Ha cose più importanti a cui pensare.
Tipo la scomodità di quella dannata coda. Ecco,
sì, penserà a quello. Così forse gli tornerà un po’ di buon umore.
Ma non pare davvero la sua giornata, quella.
Neanche un poco.
Con un sospiro esasperato, si sforza di restare
nel personaggio, ovvero Ojiro, meglio che può, ma dopo la pessima giornata che è
stata quella del Gala della sera precedente ha voglia di tutto tranne che di
vedere Monoma. Che invece si sta dirigendo dritto
verso di lui a passo di marcia e un sorriso tutt’altro che rassicurante.
“Hey, Ojiro,” lo
saluta.
Kaminari alza spaventosamente
un sopracciglio. Ojiro? E da quando in qua Monoma li
chiama per nome? Anzi, in generale, da quando il qua li chiama? Ma deve
mordersi la lingua, perché Ojiro non farebbe mai quelle domande.
Ma quanto ne avrebbe voglia!
“Che dia...fai. Che fai qui, Monoma?”
“Ecco, ci ho pensato molto, ma alla fine mi
sono detto che fosse il caso tu lo sapessi...perché Shinsou è il tuo compagno,
no? Girava la voce, tempo fa.”
Kaminari storce la bocca.
Quindi la chiacchiera, vera, della storia fra quei due a causa di Ashido e Hagakure è uscita dalla
2-A. Quelle due sono pessime. Sanno tutti quanti che non lo fanno con
cattiveria, ma certe cose è giusto rimanessero private o, quantomeno, fra
persone fidate. Monoma non è una persona fidata.
Chissà quanto li avrà perculati
per quella storia.
“Sì, e allora?”
“Beh, al gala mi pare che fosse molto impegnato
in altro, e proprio sotto i tuoi occhi. Sgradevole.”
“Con Jirou, lo so.
Ripeto, e allora?”
“Ah, lo sai? Anche del fatto che se l’è portata
a limonarsela sul vostro Pullman?”
Kaminari sgrana gli occhi, e
anche se il ghigno soddisfatto e ferino di Monoma
indicava quanto tutto quella sorpresa lo rendesse orgoglioso e che quindi,
forse, era tutta una bufala per far soffrire Ojiro, Kaminari
non riesce a ragionarci.
Stava baciando Jirou?
Cioè Ojiro, ma è il corpo di Jirou.
La sua Jirou! E il
suo primo bacio...voleva darglielo lui. O forse non era il suo primo bacio, ma
che importanza ha adesso? Prendere e baciare Jirou
solo perché dentro c’è Ojiro è una mancanza di rispetto enorme verso Jirou stessa, che si fidava dell’amico.
E si sorprende soprattutto di Ojiro. Non lo
credeva capace di tanto!
Bastardi. Tutti e due.
“Li hai visti?”
“Temo di sì. Mi dispiace molto.”
“Sì, certo, ti dispiace,” sbotta Kaminari, senza più preoccuparsi di fingersi l’amico.
Amico. Non sa neanche più se può considerarlo
tale.
“Togliti dalle palle.”
“Hey, hey, hey, come siamo diventati
aggressivi!”
Kaminari lo afferra per il
bavero, per poi spingerlo ben lontano da sé, “Ho detto di toglierti dalle palle
” ripete, per poi essere lui a lasciare la mensa, senza neanche mangiare.
Ch’era una fottuta giornata di
merda l’aveva capito appena aperti gli occhi, quel mattino.
Già il fatto di essersi svegliato
con un mal di testa allucinante gli aveva fatto tirare via tutti i santi di
passaggio.
I ferretti che Faccia Tonda aveva
usato per tenergli su i capelli si erano conficcati nel cranio e sembravano sul
punto di praticargli una lobotomia. Non riusciva quasi a tenere gli occhi aperti
dal dolore che sentiva.
Per non parlare della schiena,
martoriata dai crampi.
Aveva fatto per raddrizzarsi, con
cautela; non era servito a niente, ogni movimento gli provocava fitte
lancinanti in ogni parte del corpo.
Merda.
Dannazione.
Aveva scostato la trapunta con
lentezza e con altrettanta attenzione si era messo in piedi, portando d’istinto
una mano alla natica per grattarsi.
E si era fermato appena in tempo
ricordando che quel corpo non era il suo.
Fanculo.
Quindi era entrato nel bagno, aprendo
l’acqua nella doccia.
Doveva anche andare al cesso, in
realtà. Da giorni evitava sia di mangiare che di bere, per limitare al minimo
gli stimoli fisiologici; e se poteva approfittarne sotto la doccia, quanto meno
per pisciare, tanto di guadagnato.
Non se la sarebbe presa a male,
Momo. In fondo era per riguardo a lei.
E poi tanto lavava tutto col
detersivo.
Sforzandosi di non pensare a cosa
cazzo combinava quella pazza di Ashido col suo …
ecco, appunto.
E ancora mezzo addormentato aveva
portato una mano alla schiena per slacciare la cerniera.
Al che tutti i suoi processi
mentali si erano avviati di scatto.
Dove cazzo era finito il
vestito???
Si era guardato addosso,
realizzando di essere solo in reggiseno e slip.
E la voglia di spaccare qualcosa
era montata come un ciclone.
Chi? Chi cazzo era stato a
mettergli le mani … cioè, insomma, a mettere le mani addosso a Yaoyorozu?
Dal momento in cui era salito
sull’autobus non rammentava più una sega, segno che doveva essere andato in
coma poco dopo.
Poteva essere che una delle
femmine si fosse presa la briga di farlo lei. Yaoyorozu
era alta e formata, non doveva essere semplice per una come la ranocchia, o
Faccia Tonda prenderla in spalla.
A meno che non fosse stato la
scimmia, che tanto non destava preoccupazioni e non solo perché adesso era nel
corpo del Walkman in gonnella.
Ma quello sembrava stesse
crepando in diretta tanto che ad un certo punto era sparito dalla sala.
E non poteva essere stato neppure
il Nerd di merda, ch’era azzoppato.
A meno che non fosse stata Occhi
da procione. Che avrebbe potuto benissimo farlo dacché era nel suo corpo.
Oh
be’. Poco male.
Rassicurato almeno in parte, si
era ficcato sotto il getto – gelato, certe abitudini sono dure a morire-con la biancheria addosso.
Aveva sfilato i ferretti uno per
uno, e le bestemmie proferite in quei momenti si erano lasciate dietro anni
luce tutte le imprecazioni uscite dalla sua bocca fin lì.
Quell’acconciatura era bellissima
a vedersi, ma dagli effetti letali.
Un po’ come … chi ci aveva
lavorato su con tanta dedizione.
Ma che pensieri del cazzo.
Tolto l’ultimo pugnale che gli
stava trapanando il cervello aveva fatto lo shampoo ed era uscito dal box,
infilando l’accappatoio spalle allo specchio, con una serie di dannate manovre da
contorsionista non proprio benefiche per quei dolori alle reni.
Dannati tacchi.
Poi in punta di dita aveva
sfilato gli slip, asciugandosi alla bell’e meglio.
Con quel rovello si era vestito
ed era sceso, con un umore tempestoso.
Nemmeno aveva attraversato la
soglia dell’ascensore, che quel pirla di Faccia Piatta lo aveva salutato con
un: “Buongiorno, principessina!” che gli aveva fatto venir voglia di dargli da
ingoiare tutti i denti.
“Levati dal cazzo, imbecille di
merda”.
“Ahhh,
sei tornato il solito rozzo. Peccato perché eri proprio caruccio,
tra le braccia di Todoroki …”.
In due secondi, era andato sotto
quel demente minacciandolo con un pugno. “Vedi di piantarla o ti sotterro,
idiota. Ci ho dovuto ballare perché altrimenti avrei dovuto prendere a calci
nel culo tutti gli stronzi che mi venivano sotto e Morto di sonno non avrebbe
approvato di certo”.
“Ma io parlo di quando ti ha
portato in braccio in camera”.
Qui Bakugō
aveva avuto un moto di stupore. “CHE … COSA?”.
“Massì,
dormivi come un angioletto e ti ha portato lui in stanza al dormitorio … non ti
sei accorto di niente? Cazzo, dormivi proprio pesante allora”.
Lì qualcosa gli era andato in
blackout dentro la testa.
Fare due più due in questo caso
più che semplice era doveroso.
Se l’aveva portato in camera lui,
doveva anche averlo spogliato lui.
E sicuro che se l’aveva
spogliato, quello stronzo di merda, probabilmente doveva averne approfittato
per palpare qualcosa, visto il modo in cui l’aveva consumato a furia di sguardi
tutta la sera.
Magari vedendo che non si
ribellava – ovviamente, perché dormiva- poteva aver pensato di toccare più di
qualcosa.
To-do-ro-ki … brutto figlio di
puttana bastardo di merda.
Ora l’avrebbe ammazzato, senza se
e senza ma.
Quindi le porte dell’ascensore si
erano aperte, e ne era uscito giustappunto quel maledetto.
“BASTARDO DEL CAZZO!”. Gli era
piombato addosso con la veemenza di un tornado, afferrandolo per la giacca e
scuotendolo. “SEI UN PERVERTITO DI MERDA! CHE CAZZO MI HAI FATTO, EH?”.
“Bakugō
non capisco di cosa …”.
“NON CAPISCI, AH? NON CAPISCI?
ORA TI FACCIO CAPIRE IO, STRONZO!”. E giù un pugno, dritto sulla faccia del
maledetto a metà, ch’era finito col culo a terra.
“Oh, oh, Bakugō!”.
Faccia Piatta e Tentacolo lo avevano afferrato per le braccia e tenuto
indietro, che sennò l’avrebbe smontato a calci. “Si può sapere che cazzo ti
prende? Ma sei impazzito?”.
“NO che non sono impazzito!”, ha
spiegato, anche se quegli stronzi non se la meritavano affatto stavolta sapeva
di essere nel giusto, più del solito. “Stamattina mi sono svegliato ed ero
nudo, che cazzo dovevo pensare, eh?”.Aveva fatto per liberarsi, non riuscendoci era ricorso nuovamente alla voce,
per dare su Todoroki.“QUESTO TI E’
PIACIUTO, MALATO DEL CAZZO? VISTO CHE NON SEI BUONO A FAR LE COSE CON LA TUA
DONNA DA SVEGLIA HAI PENSATO DI APPROFITTARNE MENTRE
DORMIVO?? IO TI DISTRUGGO!”.
Il bastardo continuava a fissarlo
dal pavimento, esterrefatto.
Poi forse per effetto del pugno
ricevuto avevano iniziato a schiarglisi le idee,
perché aveva aperto bocca.
Solo per dire: “Ah”.
“E NON DIRE AH, CRISTO! O TI
FACCIO SPUTARE LO STOMACO, PEZZO DI MERDA!”.
Quello si era rialzato,
portandosi la destra allo zigomo che cominciava a gonfiarsi mentre lo
trafiggeva con uno sguardo gelido, tagliente che contrastava con la faccia
arrossata.
“Credo che tu sia un po’ confuso,
Bakugō”. Senza aggiungere altro aveva girato sui
tacchi.
“TORNA QUI, BASTARDO! DOVE PENSI DI ANDARE?”.
Mentre continuava ad agitarsi
aveva sentito qualcosa di caldo scorrergli in mezzo alle cosce.
Non ci voleva un genio per capire
di cosa potesse trattarsi.
Porco
cazzo. Dannato il mondo.
Meno male che non era sceso
ancora nessun altro.
Immediatamente i due idioti lo
avevano messo giù, allontanando le mani neanche fosse rovente.
Se n’erano accorti pure loro,
maledizione. “Ehm … Bakugō dovresti … tornare in
camera, penso”, aveva osservato Shoji, sforzandosi di
mantenere un tono neutro.
“Chiudi il becco, polpo del
cazzo! Se vi azzardate a dirlo a qualcuno vi stacco la testa e ci gioco a
basket!”. Serrando le ginocchia era tornato all’ascensore, pregando chiunque
brigasse per fargliene capitare una peggio dell’altra che almeno gli
risparmiasse questa.
Fortunatamente era riuscito a
raggiungere la stanza di Yaoyorozu senza ulteriori
casini. Aveva rovistato un po’ nel suo armadietto, ma quando era riuscito a
trovare quel che cercava, aveva sgranato gli occhi fino a tirarseli fuori dalle
orbite.
Merda.
Merda. Merda.
Ma
mi prendete per il culo, per caso?
No, questo no.
A nessun costo sarebbe ricorso a
quella roba.
Nemmeno se l’avessero legato,
imbavagliato e sottoposto a torture indicibili l’avrebbe fatto.
Merda … e lui che pensava che
essere finito in mano dei Villan fosse la cosa peggiore capitatagli in tutta la
vita.
Quello non era neanche
lontanamente paragonabile a questo casino del cazzo.
Quindi, che poteva fare adesso?
Chiedere aiuto era fuori
discussione. Farsi truccare e pettinare okay, ma questa era un’altra storia e
si rifiutava categoricamente di tirare in mezzo chicchessia.
Si era guardato allo specchio.
Aveva una faccia tremenda.
Poi gli era venuto in mente che
forse non poteva essere tanto complicato.
Yaoyorozu possedeva un quirk
con cui poteva creare gli oggetti. Insomma, se era stata capace di tirar fuori
da lì un cannone, quanto poteva essere difficile farlo con un pacco di
assorbenti?
Doveva solo concentrarsi.
Ma aveva scordato che per farlo,
Momo attingeva al suo grasso corporeo.
E lui non si nutriva a dovere da
giorni.
Il risultato era stato che era
svenuto, battendo anche la testa contro il bordo della tazza. Non forte, ma
abbastanza da procurargli un’emicrania ancora peggiore.
Era pericolosamente vicino al
punto di non ritorno.
Appena era stato capace di
mettersi in piedi, aveva tirato fuori una salvietta dal cassetto, sfilato gli
slip macchiati gettandoli nel cestino e infilato un paio di quelli puliti.
Glieli avrebbe ricomprati, poco
male.
E fanculo
anche a quello stronzo a metà se si offendeva perché regalava mutande alla sua
donna.
Non poteva farcela con le sue
sole forze. Quindi si era rassegnato a chiedere aiuto.
Sul suo stesso piano c’era la
ranocchia. Non aveva confidenza con lei, cioè oddio non ce l’aveva con nessuna,
anche se il giorno prima aveva instaurato una sorta di qualche genere di
rapporto con Faccia Tonda; del tutto passeggero, certo.
Forse avrebbe dovuto chiedere
aiuto a lei. Ma arrivare in fondo al corridoio sembrava già un’impresa quasi
impossibile.
Se non altro, dopo questo delirio
avrebbe potuto ricominciare a mangiare. O così o si faceva ricoverare dalla
vecchia come quel fesso di Dekumerda, era già
abbastanza indebolito senza quelle cose e il patetico tentativo di utilizzare
il quirk della compagna.
Strisciando appoggiandosi al muro
– che gli girava la testa da pazzi, porco diavolo- era andato a bussare.
Niente, la ranocchia era già
uscita.
Allora stringendo i denti si era
spinto fino al piano di sotto, ma anche quell’altra era già fuori.
Merda.
Merda.
Rassegnato, ch’era quasi ora di
lezione, era sceso di nuovo ed era uscito, bestemmiando tutto il creato e
camminando – più che altro, trascinandosi- fino a scuola.
Appena entrato nell’atrio, aveva
sentito una voce familiare trillare. “Oh, Yaoyorozu!
Ciao!”.
Lì per lì non si era nemmeno
girato.
Poi il suo cervello esausto aveva
ricominciato a collegare i puntini, e aveva incrociato gli occhi verdi di
Kendo.
Ma che voleva pure quest’altra?
Cazzo. Ce l’avevano tutti con lui, sicuro. “Ts … ehm,
ciao, Kendo-san”, aveva esalato in un filo di voce.
Ora i crampi si stavano
scatenando alla grande. Gli pareva di avere un tritacarne nella pancia che gli
stava macinando le budella. “Stai bene, Momo? Mi sembri pallida … cos’hai?”.
“Ehhhh
…”.
“Capisco. Ciclo, giusto?”.
“Mhmmmhmm”.
“Oh cara … sembra che tu stia
soffrendo molto”.
Hai
voglia, cazzo.
“Vieni, ti accompagno in
infermeria”, aveva fatto quella, in tono amorevole. “Forse Recovery
potrà fare qualcosa per te”.
Ormai annientato, Bakugō si era fatto trascinare dall’alunna della 2-B
fino all’infermeria.
Grazie al cielo Kendo era una
tipa discreta. Aveva bussato, poi si era scusata e se n’era tornata da dove
cazzo era venuta.
Una volta dentro, la vecchia
l’aveva fissato con un’occhiata perplessa. “E tu sei …”.
“Bakugō”,
aveva gracchiato con una vocina sfiatata, sedendosi, appena era stato sicuro
che Kendo si fosse allontanata.
“Che ti succede, caro?”.
“Le cose. Sì, insomma, le cose
delle femmine”.
“Ahaaaaaa
… le mestruazioni, insomma”.
“Sì, sì, quelle robe lì. Mi puoi
dare qualcosa per levarmele dal cazzo?”.
La vecchiaccia gli aveva scoccato
un’occhiata tenera che gli aveva fatto salire la voglia di farle ingoiare la
dentiera. “Oh no, mi dispiace, io non posso interferire con la natura in tal
senso”.
“Come cazzo è possibile? Aggiusti
le fratture, ora vorresti dire che non puoi fermare questa cosa?”.
“E no. Posso darti qualcosa per
alleviare il dolore, ma non posso certo bloccarlo. E’ la natura, Bakugō”.
“Fanculo,
natura di merda”.
Gli aveva dato una pillola, e una
caramella. “Tieni, caro, hai bisogno di zuccheri. Non hai un bell’aspetto”.
Senti da che pulpito.
Mai Bakugō
aveva tanto rimpianto il proprio quirk. Ma forse si
era rivolto alla persona sbagliata: doveva non avere più a che fare
personalmente con certe cose dal Triassico, la vecchia rinsecchita.
Al che avevano bussato alla
porta. “Scusi, Recovery … oh. Ka- Kacchan …”.
Oggesù.
Qualcuno doveva aver deciso di
fargli scontare i suoi peccati tutti insieme, oggi. “Che cazzo ci fai qui, Nerd
di Merda?”.
“Eh- eh .. io … sono venuto a
farmi dare un’occhiata alla … alla caviglia”, aveva balbettato quel coglione
ora fuxia.
Il solo ripensare a dove fosse la
proprietaria di quel corpo in quel momento lo aveva fatto inferocire quasi più
che se avesse davvero visto la faccia da cazzo di Dekumerda.
“E … e tu … Kacchan
… stai bene? Perché sei qui?”.
“Non sono cazzi tuoi, idiota”. Si
era messo giù dalla brandina, imprecando a mezza voce.
Ma quanto cazzo ci metteva a fare
effetto quel dannato antidolorifico?
“Oh, caro, prima che tu vada …
penso dovresti un attimo entrare in bagno”.
“E perché mai?”.
“Perché non è il caso che entri
in classe conciato così”.
La vena sulla tempia era arrivata
a tanto così da non l’esplodere. Sul serio.
Ma non era proprio il caso di
contribuire con altri spargimenti di sangue … Cristo.
Recovery aveva tirato fuori qualcosa da
un armadietto, e gliel’aveva porto. “Tieni, caro. Sai come fare, o vuoi che ti
aiuti io?”.
L’esasperazione di Katsuki aveva raggiunto un livello tale da annichilirlo.
Non gli era riuscito di dire niente, aveva afferrato il pacchettino ed era
andato ad asserragliarsi nel bagno dell’infermeria.
Forse avrebbe dovuto
semplicemente provvedere con quel che aveva trovato di sopra, e basta.
Ma nemmeno per scherzo avrebbe
messo qualcosa nella … ehm, nel … insomma, nel corpo della donna del bastardo.
Tanto meno in un punto così delicato: ci mancava solo che facesse danno e
quello lo accusasse di avergli … incasinato la ragazza.
Anche se forse sarebbe stato
quello l’unico modo in cui quella poveraccia aveva qualche speranza di dire
addio al suo status di vergine, visto l’elemento che era andata a caricarsi
sulla schiena.
E poi onestamente l’idea di
ficcarsi lui qualcosa non gli sorrideva proprio per niente.
Piuttosto si sarebbe ammazzato,
prima.
Alla fine era riuscito ad andare
in classe.
Appena aveva aperto la porta,
senza sferrarle il solito calcio a mò di buongiorno,
i suoi compagni lo avevano fissato tutti allibiti.
Sero e Shoji,
e anche Occhi da Procione/Merdeku un po’ più degli
altri.
Forse si aspettavano se ne fosse
rimasto in dormitorio, o in infermeria. “Be’, cazzo avete da guardare, stronzi?
Trovatevi da fare”, aveva sputato fuori.
Ma era appena un gracchio
sfiatato.
Merda. Doveva mettere qualcosa
sotto i denti al più presto, o sarebbe collassato daccapo.
La faccia da cazzo del nerd lo
scrutava con evidente inquietudine.
E questo l’aveva messo
sull’attenti.
Quella … bastarda lo sapeva. Non
poteva essere diversamente, tutte le femmine sanno quand’è il periodo.
Solo la temporanea impotenza lo
aveva fatto desistere dall’andarla a prendere per la gola.
Il suo caro beneamato invece non
lo guardava affatto. Era l’unico che tenesse quegli occhi del cazzo spaiati
abbassati su un libro, ma Bakugō era pronto a
scommetterci le palle che al momento non non lo
facesse certo per ripassare.
Aveva osservato il segno che gli
aveva lasciato sullo zigomo con un piacere perverso.
Oh quanti altri gliene avrebbe
tatuati addosso appena fosse rientrato in possesso delle proprie facoltà.
Lo aspettava una batosta coi fiocchi,
allo stronzo a metà.
Intanto era andato a sedersi.
A stento si reggeva in piedi, non
era il caso di far altre figure di merda.
Ma una volta che aveva buttato
giù un po’ di questo e quello, si sentiva già un po’ più stabile.
Così appena aveva intravisto
Faccia Tonda seduta accanto a quell’altra, durante quella genialata
di lezione in palestra, non ci aveva pensato due volte.
Aveva preso e tirato dritto verso
di loro.
“Bakugō,
scusami …”, aveva esordito pronta Momo, confermando la sua intuizione.
“Zitta. Non dire un cazzo. Ti sei
scordata o cosa? Dico, dannazione, potevi anche avvisarmi no? lo sapevi,
immagino, perché diavolo non me l’hai detto?”.
“Io … io non sapevo come … come …”.
Al che era scattata Faccia Tonda,
balzando su e chiudendo i pugni. “Ora basta, Bakugō,
smettila! Momo ha già i suoi problemi, non ti ci mettere anche tu!”.
“E cos’è, colpa mia se sta con un
coglione, eh? O se si dimentica di dirmi certe cose?”.
“No, ma non è nemmeno colpa sua
se tu sei un cretino che parte in quarta senza riflettere!”. D’un tratto si era
portata le manine alle labbra. “Mi … mi dispiace …”.
Era rimasto di sasso.
Però. Aveva fegato la piccoletta.
Non che fosse una novità.
In un altro momento forse
l’avrebbe ammirata per quella presa di posizione.
Ma non adesso che aveva voglia di
sbriciolare qualcosa. A morsi. “Comunque anche Ojiro-kun
… ha il tuo stesso problema, già da ieri sera alla festa. E non la fa tanto
lunga come te, sai?”.
“Cazzi suoi. Magari non gli
spiace nemmeno tanto a lui, uh”.
Faccia Tonda aveva
sistematicamente ignorato il suo commento fuori luogo.
In compenso, era intervenuta Casper con le tette.“Anche tu ce l’hai, Bakugō?”, aveva
trillato con quella sua vocina immensamente fastidiosa.
“Taci, deficiente!”.
Ma quella non se n’era data per
inteso. “Effettivamente ha anche un senso. Insomma, visto che dicono che le
ragazze che passano molto tempo insieme tendono a sincronizzarsi …”.
“Che? Che cazzo significa?”.
Momo e Uraraka
erano trasalite. “Be’, sì insomma, può capitare che se una ragazza … ha le sue
cose, gli ormoni delle altre ne vengano influenzati e si sincronizzi, ecco”.
Era la scintilla
che mancava per far detonare quel barile di tritolo che era già.
Lo sguardo
assassino con cui punta Oijiro-Jirou precede di pochi
attimi la sua strategia.
“Bastardo di un
caudato”, soffia tra i denti. “Ti ammazzo”.
L’idea di Aizawa di
mantenere le apparenze e portarli in palestra per allenarsi non è stata ben
accolta da nessuno di loro. Anche se il docente ha concesso esercizi semplici,
niente cose strane, niente utilizzo del quirk per chi
non è nel proprio corpo e non lo controlla.
Però ci tiene a fare le cose per bene, per
questo li ha comunque fatti andare lì e gli ha detto di allenarsi.
Poi è sparito, quando Midnight
è venuta a chiamarlo con una certa urgenza. Che ci siano novità su quella
dannata situazione? Lo sperava.
Anche perché altrimenti Aizawa
non li avrebbe mai lasciati da soli.
Invece adesso sono lì, divisi in gruppetto e
ognuno per conto provo, a fare esercizi di stretching semplici e nient’altro.
Ma è dannatamente dura mantenere la calma in
mezzo a tutta la confusione della classe dopo quello che gli ha detto Monoma a mensa.
Sa di non dovergli dare troppo retta, perché
diamine quel tipo è completamente pazzo, lo sanno tutti.
Però più guarda Shinsou così appiccicato a Jirou...cioè, a Ojiro, più gli entra il testa quello che
gli ha detto quel pazzo. E se un bacio fosse scappato? Magari senza pensarci?
Ojiro stava male, Shinsou era preoccupato, erano soli...
Peccato che non riuscisse proprio ad
accettarlo. Nemmeno un po’.
Quello è il corpo di Jirou,
non di Ojiro. Se anche è successo nell’impeto, non è giusto. Per niente.
E lui, poi, è geloso marcio.
Sposta l’attenzione su altro, su Momo che parla
con Bakugou, per qualche ragione astrusa, in modo molto concitato. Lei, col
faccino di Midoriya tutto teso, sembra
particolarmente in imbarazzo. Bakugou, invece, è incazzato e nervoso.
Ah, quanto lo capisce.
Poi quel giorno sembra persino peggio, chissà
perché?
Non ha neanche il tempo di ragionarci su,
giusto per pensare a qualcosa che non c’entrasse nulla con Shinsou che sta
appiccicato a Jirou, che Bakugousi scaglia di peso su Ojiro, prendendolo per
il bavero della giacca della tuta della yuuei.
“Brutto bastardo infame!” sbotta, la vocina di
Momo è così graffiante che viene mal di gola solo ad ascoltarlo.
“Ba-Bakugou!
Che...cosa...” prova a chiedere Ojiro, ma il risultato è pessimo. Serve solo a
far incazzare ancora di più Katsuki.
“Me l’hai attaccato tu, brutto figlio...”
“Hey!” lo blocca
Shinsou, prendendogli il polso con più garbo che può. Sente gli occhi di
Todoroki sulla nuca, ma nel frattempo il corpo della sua ragazza sta strozzando
il suo, di ragazzo. Invece di stare lì a guardare potrebbe pure intervenire, lo
stronzo a metà. “Lascialo, Bakugou. Di che stai parlando?”
Ma Bakugou non risponde. Incazzato lo è, ma
scemo no. Sa che se gli dice anche solo di tacere, Shinsou non si farà problemi
ad attivare il quirk e spedirlo chissà dove. E non ne
ha intenzione.
“Ti ammazzo, scimmione!”
“Non...se ho capito di cosa parli, non funziona
esattamente così, Bakugou...”
“Fanculo, non me ne frega
un cazzo di come funziona!”
“Ma di che state parlando?” sbotta anche Kaminari, che insieme a Kirishima
ha afferrato Bakugou per le spalle, con tutto il rispetto per il corpo di Momo,
e lo hanno tirato via. “Che cos’è che gli hai attaccato?”
E’ Tooru a
rispondere, arrivandoci di punto in bianco con uno schiocco delle ditine invisibile. Ma è l’unica cosa che potrebbe essere,
no? Di certo non gli ha attaccato il raffreddore.
Shinsou storce le labbra, mentre praticamente
se lo portano via. “Dategli un calmante, a quel pazzo!” sbotta a sua volta. Già
gli stava antipatico normalmente, Bakugou, ma da quando è iniziata quella
storia inizia a sopportarlo sempre meno.
Non è l’unico che ha problemi, Ojiro sta male
da quando è stato scambiato e dalla sera prima ha una cera orrida, e adesso ci
manca solo quel pazzo psicotico che oltre ad attaccarlo gli urla anche in
faccia. Non fosse già abbastanza sensibile a causa dell’udito di Jirou.
In quella classe l’unico verso stronzo è lui,
senza dubbio.
Si volta verso Ojiro, che ha visto cadere con
la coda dell’occhio, spinto via da Bakugou, ma quando vede Kaminari
inginocchiato accanto a lui che gli porge la mano non ci vede più.
Magari un calmante serve anche a lui, anzi di
sicuro non gli farebbe per nulla male...ma quello è troppo.
Troppo.
Non c’è bisogno di toccarlo così per aiutarlo a
rimettersi in piedi, non serve né che gli accarezzi la schiena né che gli tenga
ancora le mani.
Si avvicina a lui e lo afferra sgarbatamente
per la maglia all’altezza della spalla, forte anche dei dieci centimetri di
altezza di differenza, e lo scosta da Ojiro, che per un attimo rimane
interdetto.
“Shinsou...?”
“Dovresti imparare a tenere le mani in tasca, Kaminari.”
Kaminari, di risposta,
indurisce lo sguardo e gli butta le mani al collo. “Oh, questo non me lo dovevi
dire, Shinsou!” sbotta in risposta. “Le mani in tasca io? E tu hai mai pensato
di tenere la bocca al suo posto, stronzo?”
Shinsou per un attimo rimane interdetto, come
se non capisse a cosa si stesse riferendo. E forse è così. O forse a stranirlo è
solo l’essere appellato in quel modo e attaccato in quel modo dal corpo e dalla
voce del suo compagno.
“Io tengo la bocca dove deve stare, tu ti
dimentichi un po’ troppo spesso che quello non è il tuo corpo! E che quella non
è Jirou!”
“E’ per questo che l’hai baciato? Perché te ne
freghi e tanto lì dentro c’è Ojiro?”
“Cosa?!” la voce di Kaminari
risulta agghiacciante quando Jirou urla in quel modo,
guardando Ojiro e Shinsou e Kaminari a intervalli,
come se non credesse a quello che ha appena sentito. E che non avrebbe voluto
sentire.
Ma è un po’ dura non sentire, visto che quei
due stanno urlando come folli.
“No, non...Kaminari,
per favore! Non è come pensi, hai capito male!”prova a fermarlo Ojiro, ma la voce di Jirou
così tremante non fa altro che innervosire ancora di più il compagno, che si
impone di non colpirlo solo perché quello è il corpo di Kyoka.
Ma quanto avrebbe voluto tirargli un cazzotto
in faccia. Non fosse che adesso si farebbe male lui, se lo tirerebbe da solo.
“Tu stai zitto! Pensavo che almeno di te ci si
potesse fidare, ti sei scordato che quello è il corpo di Jirou?”
“No, non l’ho scordato!” pigola ancora Ojiro,
ma pare non ci sia verso di riuscire a separare Kaminari
da Shinsou.
E per colpa degli ormoni si sente
così...così...essere una ragazza è terrificante. Lui non ha mai visto Jirou piangere, e non si accorgeva neanche di quando sono
in quel periodo del mese, eppure gli ormoni che ha in circolo e che gli danno
alla testa sono quelli di Jirou.
O forse è lui e basta che se ne sente piegato.
“Eppure vi hanno visti!”
“No!” ripete per l’ennesima volta, amareggiato,
Poi si volta verso Jirou, perché anche per lei deve
essere tutt’altro che facile e lei tutt’altro che felice di quella storia. Se
fosse stata la verità anche lui sarebbe stato furioso, al posto di Jirou.
Eppure, nonostante avesse la coscienza pulita, si
sentd tremendamente male.
E non è il ciclo, il mal di pancia o il mal di
testa.
Avrebbe pianto volentieri, se fosse stato nella
sua stanza.
“Jirou, te lo giuro,
non l’ho baciato,” esclama, “Non l’avrei mai fatto. E’ il tuo corpo, lo so!”
Jirou si stringe nelle
spalle, le labbra ormai una linea piatta.
E’ rimasta così scioccata da quella litigata
scoppiata all’improvviso che non è riuscita a fare niente. E’ passata per il
dispiacere e la preoccupazione per Ojiro, che sta male anche quel giorno, all’irritazione
verso quest’ultimo. E non pensava che fosse possibile che fosse proprio Ojiro
ad irritarla.
Proprio lui che è sempre così dolce e
rispettoso con tutte loro, che fosse per la sua inclinazione sessuale –come dice Tooru- o altro.
Jirou si stringe nelle
spalle, respira a pieni polmoni come se si dovesse calmare, allontanando anche
Momo, nel corpo di Midoriya, quando le si avvicina
per rassicurarla. Chissà se ha di nuovo paura di farsi scappare qualche scossa
non voluta? Come è successo in classe qualche giorno prima.
Deve essere dura. Anche Ojiro si sentirebbe
così se scoprisse che Kaminari ha baciato qualcuno
con il suo corpo, per questo non lo farebbe mai e poi mai. E’ già stata dura
permettere a Kaminari di...toccarlo. Toccarsi.
“Sicuro non l’abbia fatto lui? Tu stavi
malissimo, magari ne ha approfittato,” mormora pianissimo Jirou,
guardandolo. Gli occhioni dorati di Kaminari fanno impressione, sembrano più scavati del
normale e il senso di colpa per un attimo fa precipitare Ojiro nello sconforto.
“Non Shinsou! Lo sapete che non è così. Mi ha
solo dato un bacio sulla fronte, mi ha tenuto compagnia perché non mi sentivo
bene. Kaminari, per favore!”
Ma Kaminari, per
tutta risposta, schiocca la lingua, “E tu che ne sai? Non è mai stato uno stinco
di santo! Quando siamo arrivati noi altri sul pullman tu dormivi, non mi
sorprenderebbe se ne avesse approfittato!”
“Ah, quindi è questo che pensate di me? Che
potrei fare una cosa simile? Avrei dovuto immaginarlo. Siete come tutti gli
altri, in fin dei conti. Proprio tu poi non dovresti parlare, bastardo! Beh, ti
svelo un segreto, non me ne frega un cazzo del corpo della tua ragazza, a
differenza tua che a quanto pare ti stai divertendo un po’ troppo a infastidire
quello di Ojiro! Ti sei dimenticato, eh? Non mi hai risposto, fai lo gnorri? Ti
sei dimenticato di quello che hai fatto?! E che quello non è il tuo corpo?!”
“Non rigirare la frittata a tuo favore! Quello
è stato un incidente, e mi dispiace, l’ho già detto ad Ojiro! Sei tu quello che
allunga le mani e mi tocca il culo, mi pare, o sbaglio?”
“Quello non è il tuo...non è questo il punto!”
“Sì che lo è! Mi hai toccato il culo, ma io non
sono Ojiro, quindi perché dovresti avere remore solo perché Jirou
normalmente non te lo fa alzare? Eh?”
“Kami, Shinsou!
Andiamo ragazzi! Lo sapete che non è vero, state delirando!” esclama Kirishima, irrobustendosi per poter riuscire a dividere di
forza i due amici. Non gli piace vedere i suoi amici litigare seriamente, a
quei livelli non è mai successo neanche con Bakugou in mezzo, e lui lo sanno
tutti quanto è attaccabrighe.
Se non si sono ancora presi a pugni è solo
perché Kaminari non è nel suo corpo, lo sa.
“Non mi pare proprio una bugia, quanto più che
finalmente è uscito quello che pensate di me!” urla Hitoshi, furioso, ma alla
fine è costretto a lasciarlo andare perché la forza di Kirishima
gli è superiore.
“Shinsou...”
Si volta di scatto verso Ojiro, ancora livido
di rabbia. Ma cambia subito espressione quando vede il volto dell’altro.
Cereo lo è da quella mattina ma adesso
sembra...arrabbiato anche lui. Gli occhi scuri di Jirou
brillano di irritazione, nervosismo e qualcosa che non le ha mai visto addosso.
Delusione.
“C-che...”
“Hai toccato Kaminari?”
Shinsou assottiglia le labbra, “Mi aveva
chiesto aiuto per infilarti...infilargli i tuoi pantaloni, perché da solo non
ci riusciva. E’ il tuo corpo!”
“Ma la mente è di Kaminari!”
esclama Ojiro, e stavolta è lui ad urlare, nonostante il mal di testa, “Hai
avuto la faccia tosta di tenere il muso ed essere nervoso per giorni per quello
che era successo al bagno quando quello è stato davvero un incidente e Kaminari non voleva, si è scusato per giorni, e invece tu
lo molesti e adesso vuoi anche farlo passare per una cosa normale!”
“Un incidente?” ripete Shinsou, “Quello lo
chiami incidente?!”
“Che diamine è successo al bagno?” gracchia la
voce di Kaminari, Jirou
pare seriamente scioccata. Kirishima non ha mai visto
il volto di Kaminari così pallido. “Che diavolo è
successo al bagno?!”
“I-io...”
“Kaminari?!”
“E’ una cosa...personale!”
“Personale? Quello è il mio corpo!”
“Non ho fatto niente, Jirou-san!”
esclama subito Ojiro, rosso fino alla punta dei capelli, “Niente, giuro. Ho
solo parlato. Ka-Kaminari a-aveva bisogno
di...un...aiuto. Capito?”
“Dio...” brontola Kaminari,
accasciandosi a terra. “Cazzo...”
“E...” Jirou
deglutisce, guarda i visi di Kaminari-Ojiro e il suo
stesso volto e arrossisce a sua volta. Aveva solo parlato, dice Ojiro.
Sarà vero, però? Se Kaminari
ha avuto bisogno di un aiuto per via, forse, del fatto che quello non è il suo
corpo...l’idea che Ojiro avesse dovuto...ma poi perché parlare? A che serviva
parlare e basta? Perché lei?
La risata di Mineta è
così fastidiosa che per un attimo rimane interdetta e non riesce neanche a
ricordarsi di dire qualcosa, qualsiasi cosa. Qualcosa deve dire no?
“Che scemi! Sentito, Midoriya?
E tu che non mi volevi far toccare le bocce di Ashido
perché sono di Ashido! Qua nessuno ha rispetto del
corpo di nessuno!” ride, “Che poi, Kirishima, che fai
lì a fare da divisore? Tu sei quello a cui puntare il dito più di tutti! E
anche Ashido! Midoriya,
fammi toccare le bocce di Ashido, per punirla!”
La lingua di Asui
sferza con cattiveria, inchiodandolo al pavimento, “Di che parli?”
“Lo sapete,” brontola Mineta,
ormai tutt’uno con il pavimento, “Ashido ve l’ha
raccontato quello che hanno fatto!”
Bakugou, legato dal nastro di Sero per tenerlo buono, scatta in piedi, “Che cazzo sta
dicendo, Capelli di merda?” Ashido è il suo corpo.
Qualsiasi cosa ci fosse in mezzo c’entra il suo corpo. Il suo corpo!
Li avrebbe ammazzati! Tutti! Tutti quanti li
avrebbe ammazzati!
Ma Kirishima non gli
risponde, invece si scaglia su Mina nel corpo di Bakugou. “Mina! Che cosa vai
in giro a raccontare?!”
“Ma io non ho fatto niente, Kiriamoruccio!”
“Bugiarda!” trilla Mineta,
“L’ho sentito, l’ho sentito! L’ho sentito che gli hai infilato due dita nel
cu...”
Il cazzotto di Sero
gli fa mordere la lingua, impedendogli di proseguire. Ma ormai è andato.
Quando alza gli occhi, Bakugou ha la faccia di
qualcuno che sta per compiere una strage e Kirishima
non l’ha mai visto così. Persino Mina cerca di tirarsi indietro, spaventata.
“Ti avevo detto che devi piantarla con quella
tua linguaccia lunga!” sbotta Kirishima, “E non
guardarmi con la faccia di Bakugou in quel modo, cazzo, Ashido!”
“Ma...Kiri amore...”
“No! Me l’avevi promesso, Mina! E’ il corpo di
Bakugou quello, me l’avevi promesso!”
“Che cazzo hai fatto con il mio culo, fottuto
stronzo?!”
“Ragazzi...” tenta Uraraka,
e con lei Sero, che ancora tiene legato Bakugou,
anche se con estrema fatica visto il modo in cui l’altro si dimena.
“Se continua così mi scappa!” fa sapere. “Fate
qualcosa!”
“Adesso state tutti calmi!” esclama anche Iida, il sudore freddo a bagnargli la fronte. “Dobbiamo
mantenere la calma e parlarne civilmente! Sono certo che chiarendoci da persone
adulte riusciremo a...”
“Vaffanculo,
quattrocchi del cazzo, togliti dai coglioni! Capelli di Merda, ti ammazzo, a te
e alla tua cazzo di fidanzata fulminata di merda! Hai capito? Dimmi che cazzo
avete fatto!”
“Jirou-san? Jirou-san stai bene?”
Stavolta è la voce di Ojiro ad urlare, “Non
andarle vicino!” riesce solo a dire, allungando il braccio per fargli intendere
di stare al suo posto, quando l’elettricità lascia il corpo di Kaminari e, incontrollata come all’inizio del primo anno,
si estende in tutta la palestra senza un bersaglio preciso.
Jirou ha liberato il quirk di Kaminari, mettendo tutti
in serio pericolo.
Senza por tempo in mezzo,
Todoroki batte il piede sul terreno, creando uno scudo di ghiaccio e tentando
di tenere a freno l’onda elettrica pronta ad investire chicchessia.
Ma è già partita, e alcuni
vengono colpiti comunque.
Inoltre ha anche un altro serio
problema da affrontare.
Bakugō sta per uccidere Kirishima, gli occhi neri di Momo iniettati di sangue e
furia.
Ashido si para nel mezzo, d’istinto,
per difendere il suo ragazzo dagli istinti omicidi di quel pazzo.
E i suoi palmi alzati si scaldano
fino a divenire incandescenti.
Merda.
L’impulso è di saltare. E’ più
forte di lui, tende il braccio destro nel tentativo disperato di proteggere il
compagno nel corpo della sua ragazza.
Il ghiaccio va in pezzi senza
remissione. L’onda d’urto è così forte che tutto ciò che gli riesce di fare è
serrarsi Momo addosso, finendo col rotolare lontano.
Appena si fermano, riapre gli
occhi.
Quelli di Yaoyorozu
sono ancora chiusi. Un piccolo graffio si tende dalla tempia allo zigomo, spera
che il braccio con cui le ha trattenuto la testa per evitare traumi a viso e
collo – il sinistro- sia servito a qualcosa.
“Bakugō?
Ehi, Bakugō? Tutto bene?”, sussurra, inquieto.
Deve andare a vedere cosa diavolo
è successo dall’altra parte. Se stanno tutti bene.
Ma adesso la cosa più urgente da
fare è accertarsi delle condizioni di lei, cioé di
lui. Oh, dannazione, insomma. “Bakugō?”.
La linea delle ciglia di Momo
trema. Uno spicchio bianco si delimita tra le congiuntive, a fatica.
A contatto con il suo corpo
riesce quasi a percepire il battito del cuore. E’ lento, nonostante la scarica
di adrenalina che deve averlo investito poco prima di sclerare
come un pazzo.
E’ stremato. Solo adesso che lo
guarda tanto da vicino realizza i segni scuri sotto gli occhi, che il sapiente
tocco di Ochaco aveva mascherato sotto il fondotinta.
Per un attimo prova qualcosa di
simile alla pena per il compagno.
Deve essere terribilmente
difficile per lui, convivere con quella situazione. Un corpo che non è il suo,
femminile per giunta, quella dannata festa.
Lui e suo padre.
E adesso … tutto questo. Perché
non tutti sono capaci di portare rispetto ai loro compagni, e il disastro
appena verificatesi lo ha ampiamente dimostrato.
Di tutti quelli coinvolti in
quella storia la maggior parte ha trafficato in qualche modo.
Ma … Ashido
è senza dubbio quella che ha esagerato di più.
Il rancore per essere stato
ingiustamente accusato da lui quel mattino, per il pugno in faccia che si era
preso è già svanito.
Sta tenendo botta, Bakugō. Di brutto.
E questo lo innalza
automaticamente nella sua stima.
Ancora di più che dopo i suoi
consigli sia pure sui generis. In fondo … aveva solo cercato di aiutarlo, a
modo suo; senza che gliene venisse nulla in tasca. “Bakugō,
per favore riprenditi”.
Finalmente apre gli occhi neri.
Ci mette qualche istante a metterlo a fuoco. “Uh?”, mugola, strizzando le
palpebre. Poi aggrotta la fronte di Momo. “Levati di dosso, bastardo!”.
Todoroki scatta, liberandolo
subito. “Scusa. Non sapevo come …”.
Bakugō lo ignora, cercando di mettersi
a sedere e portando una mano al fianco, con una smorfia di dolore.
L’istinto è quello di afferrarlo
per un gomito e tirarlo su. “Stai bene?”.
L’altro ritrae il braccio, lo
scuote, neanche gliel’avesse scottato, con un’espressione furibonda tatuata sui
tratti sempre dolci di Momo. “Le.Va.Ti. Adesso”.
D’un tratto sembra prenderlo un
leggero mancamento; Shouto lo vede chiaramente
rabbrividire, portarsi una mano alla tempia, strizzare forte gli occhi.
Vederlo in quello stato gli mette
angoscia.
Il bel viso di Momo pallido,
tirato, sofferente … Vorrebbe poter fare qualcosa.
Ma non ha idea di cosa.
Ha ragione, altroché no.
Una cosa del genere avrebbe mandato
fuori di testa chiunque.
Anche uno più pacato di Bakugō.
Che ci mette poco a riaversi.
Serra il pugno di Yaoyorozu, e gira sui tacchi pronto
a scattare come un razzo; sembra debba crollare da un istante all’altro ma
probabilmente ha tanta di quell’adrenalina in circolo da riuscirci e farsene
avanzare un po’ per smontare qualcosa, o qualcuno; quindi non ci riflette
granché, lo raggiunge e lo afferra da dietro, impedendogli di proseguire. “Bakugō no. Fermo. Calmati. Calmati, okay? Respira”.
Katsuki inizia a strattonare, provando a
trascinarlo.
E’ come Todoroki immaginava:
anche se sfinito non demorde.
Deve lottare, per evitare di
farsi tramutare in un’ancora mezzo sepolta nel terreno da allenamento.
“Toglimi le mani di dosso!”, urla
Bakugō, dimenandosi come un ossesso. “Devo
andare a rompere la faccia a quei due bastardi! LASCIAMI MALEDETTO META’ E
META’!”.
“STA’ FERMO, CAZZO!”, sbotta di
rimando lui, esasperato.
La sorpresa è così grande che Katsuki cede. Si ammorbidisce nella stretta, placandosi di
scatto; e ansima forte, come l’avesse colpito in faccia invece che gridare e
basta.
Quasi come un giocattolo a
batteria che ha esaurito la carica.
Gli si affloscia contro, deve far
forza per sorreggerlo.
I seni di Momo gli toccano le
braccia, i suoi lunghi capelli neri in disordine assoluto gli sventagliano sul
viso.
Si rende conto di una cosa.
Il suo calore.
E’ più intenso, dacché il moto –
e la furia- gli ha scaldato la pelle.
O forse semplicemente non ci
aveva mai fatto caso.
Tuttavia non è questo che
realizza, sentendosi venire meno per qualche istante la determinazione. “Calmati.
Non costringermi a ricorrere al quirk”, gli
bisbiglia, ma è chiaro che tanto non andrà più da nessuna parte.
“Lasciami andare, coglione a mezzo”,
lo insulta quello di rimando.
Ma la voce pare non uscirgli.
E’ roca, spezzata. Graffia però
in modo diverso.
Sembra quasi … “Bakugō, stai bene?”.
“Fanculo”.
Si scansa brutalmente, allontanandosi e voltandogli le spalle.
Che fremono, anche se
impercettibilmente. “Bakugō?”.
Ma prima che possa fermarlo, è
già corso via.
Forse con un ultimo sprazzo di
energie, raccolte a fatica.
Vorrebbe pensare “povero Bakugō”, ma sa che lui non apprezzerebbe. Non se ne
farebbe nulla della sua compassione; anzi, ricomincerebbe ad urlare, gli
darebbe contro senza misericordia.
Rialza lo sguardo bicolore sugli
altri.
Sembrano tutti stare bene.
Tranne lui.
E’ bene andare a dare
un’occhiata.
Non ha avuto esitazioni quando si
è trovato davanti alla porta dello spogliatoio: ha preso e imboccato quello
delle femmine.
Sbatte la porta, se potesse la
farebbe saltare in aria insieme a tutta quella fottuta scuola e i bastardi che
ci stanno dentro.
E’ riuscito a scappare prima di
mettersi a scoppiare davanti a tutti, specialmente allo stronzo a metà che
sembrava non mollarlo un attimo.
Anche senza il suo quirk.
La furia che gli monta dentro è
una cosa viva che implora di trovare sfogo in qualche modo. Sta odiando
ferocemente Kirishima, una cosa del genere non se la
sarebbe mai aspettata proprio da lui.
Okay, va bene. La sua donna è una
pervertita del cazzo, la versione femminile di quel coglione di Mineta e per quello non ci poteva fare nulla, Bakugō lo sa.
Ma ciò non toglie che insomma,
aveva fatto una cosa davvero, davvero brutta.
Quello che gli fa più male è il
tradimento. Lo considerava un po’ il suo migliore amico, e quello pur di tenere
contenta quella sciroccata di merda non aveva esitato a …
Cristo, non ci poteva nemmeno
pensare.
Si lascia scivolare contro la
parete. Merda. Quelle tette enormi
non lo fanno respirare, e ora sono più sensibili che mai, fanno un male cane e
gli viene da sbattere via tutti i santi perché ora gli tocca pure…
Impiccarsi al soffione della
doccia non gli sembra poi tanto brutto. Senza scherzi.
Due colpi alla porta lo fanno
trasalire. Gli pare che ogni vibrazione anche minima gli riverberi nello
stomaco, e peggio di tutto nella pancia stimolando i nodi pulsanti di
sofferenza all’interno.
L’effetto dell’antidolorifico dev’essere passato.
E ci credeva, con tutte quelle merdate che aveva dovuto subire, anche un sedativo per
cavalli avrebbe perso efficacia, porca puttana. “Bakugō,
sono io, Todoroki”.
Alza gli occhi al cielo.
Dannazione, anche quelli gli fanno un male cane.
Per le lacrime che è riuscito ad
ingoiare. Sono ancora lì, cristallizzate sotto le congiuntive.
No, il bastardo adesso non lo
potrebbe reggere proprio. “Vattene! Hai sentito? Levati dal cazzo una buona
volta, stronzo!”, gli urla.
Ma quello non se ne dà ragione. “Senti,
Bakugō…
mi spiace … per quello che è capitato … al tuo corpo”.
E certo.
Figurarsi che spasso per lui
adesso, dopo il pugno che si era rimediato in dormitorio.
Una bella vendetta prenderlo
adesso per il cu … ehm, per i fondelli, pensa un po’. “Vaffan
… fot … CREPA, BASTARDO!”.
Niente. E’ un osso duro, altro
che no.
O forse solo un cretino che non
tiene alla propria salute. “Dai, fatti accompagnare in camera, devo andare a
vedere come sta Yaoyorozu”, insiste.
“Ma va’ pure dove cazzo ti pare,
ci torno da solo in camera! LASCIAMI IN PACE!”.
“Bakugō,
apri questa porta! Oh, Jir... ehm, Ojiro”.
Ah ecco, ci mancava anche
quest’altro.
“Come sta Bakugō?”,
sente domandare alla vocina della secca.
“Immagina. Tu?”.
“Sto bene. Shinsou … mi ha
impedito di prendere la scossa in pieno, sono solo un po’ stordito”.
“E perché non sei con lui?”.
“Perché … perché si sta riprendendo
e gli serve tranquillità”.
“Ah”.
Un attimo di tregua. “Tu perché
non sei da Yaoyorozu?”.
“Perché voglio accertarmi che Bakugō torni sano e salvo al dormitorio e non combini
altre sciocchezze”, replica pronto il bastardo.
A Bakugō
monta di nuovo la mosca al naso nel sentirgli quel tono così neutro. “SCIOCCHEZZE?
MA COME TI VEDI, STRONZO A META’? SE TI AVESSERO FICCATO LE DITA NEL … LE CHIAMERESTI
SCIOCCHEZZE? CRISTO!”.
“Bakugō
… dai. Ehi, in fondo … non è … una tragedia, sai? Insomma, voglio dire … io non
me ne intendo, però so che lo fanno anche … tra ragazzi e ragazze, e …”, fa il
caudato.
Immaginarsi anche lui che
goduria, dopo l’attacco che aveva subito.
L’embolo minaccia pericolosamente
di sfondare le pareti del cervello. “MA CHE CAZZO DICI! SE STA BENE A TE NON LO
STA A ME! NON MI VA CHE MI
SI FICCHINO COSE NEL CULO, PORCA MERDA!”.
Non ha nemmeno finito di
schiarire le idee a quel deficiente che un’altra voce si aggiunge al coro. “BAKUGŌ!”.
Ossignore.
Ora li ammazza. Spazza via quella
porta e li uccide, a cominciare da quel ... quel … “VATTENE, INFAME DI MERDA! NON FARTI PIU’ VEDERE DA ME IN GIRO O TI AMMAZZO!”.
“Bakugō,
mi dispiace! Per favore, perdonami, fratello, perdonami!”.
“FRATELLO UN CAZZO, A TUO
FRATELLO NON FICCHI LE DITA IN CULO, STRONZO!”.
“NON HO FATTO NIENTE, TE LO
GIURO!”.
“E TI ASPETTI CHE IO CI CREDA? MI CREDI COSI’ COGLIONE?!”.
Un attimo di silenzio. E poi di
nuovo Kirishima, che urla così forte che pare possano
sentirlo anche dalla fottuta sala professori. “Bakubro,
se vuoi puoi ficcarmele tu! COSI’ SIAMO PARI!”.
“SPARISCI, CAPELLI DI MERDA!ANDATEVENE
TUTTI AL DIAVOLO, LEVATEVI DAL CAZZO O VI UCCIDO QUANDO
ESCO!”. Sferra un pugno tremendo contro il pavimento, il dolore gli riverbera
fino al cervello, per un istante lo paralizza come una fiammata.
Poi rammenta che quel corpo non è
il suo.
E controlla la mano dolorante.
Si è spezzato un’unghia.
Un’unghia, sissignore.
Non ce la fa più. la rabbia, lo
sgomento lo soffocano del tutto.
E sbrocca.
Si raggomitola su se stesso e comincia a piangere. Di brutto. Con le tette di Yaoyorozu che ad ogni singhiozzo gli sbattono sulle
ginocchia.
E fanno male. Quasi quanto la
pancia, che adesso pare si strizzi e si aggrovigli in una morsa d’acciaio. “Tette
di merda, stronzi di merda, scuola di merda! Vaffanculo,
vaffanculo, vaffanculo!”.
D’un tratto un tocco gentile
sulla sua testa lo fa scattare.
Rialza lo sguardo arrossato, sfocato.
“Cazzo vuoi pure tu, eh, Faccia Tonda? Ti diverti a spiare?”.
La ragazza trasale. Abbassa gli occhioni nocciola, si mordicchia il labbro. “No … ero solo… solo venuta a prendere … un bicchiere d’acqua per De… ehm, Momochan, quando … sei
entrato. Non volevo origliare, perdonami”.
“Certo. Nessuno vuole mai fare
niente qui. Stronzi tutti quanti”. Tira su col naso, ci passa la mano stretta a
pugno.
Uraraka gli porge un fazzoletto.
“Ormoni del cazzo. Stupidi ormoni
del cazzo”, sbotta, soffiandoci dentro.
“E’ normale essere … più emotivi
quando è … quel periodo. Succede … succede anche a me, sai?”, spiega Faccia
Tonda.
E’ avvampata come un peperone.
Ma comunque non abbassa lo sguardo.
“Sì, certo. Come no. Ma questa non è roba mia, porca puttana. Come non era
nemmeno … cazzo. Vaffanculo, Capelli di merda, vaffanculo. Perché non te ne vai?”.
“Sì. Ora … ora vado. “Bakugō … semmai … avessi bisogno di qualcosa … puoi sempre
contare su di me”.
“Uh. Ora ho bisogno di stare da
solo”.
Appena Faccia Tonda esce
richiudendosi dietro la porta, si prende la testa tra le mani.
I capelli gli danno fastidio, e
quel poco che ha mangiato a pranzo gli si è piantato sullo stomaco.
Si sente come fosse rimasto solo
al mondo.
Non può nemmeno chiamare i suoi.
E l’unico che forse considerava
suo amico l’ha pugnalato alle spalle, anzi, un poco più giù.
E’ tutto uno schifo.
Afferra un asciugamano dalla
panca, lo posa sotto la testa e ce la poggia, voltandosi sul fianco con
cautela.
Fa male. Porca puttana se fa
male. Come cazzo fanno le femmine ad allenarsi quando ce l’hanno?
Gli pare di doversi dissanguare
da un istante all’altro.
E’ una vera merda. Tutta una
merda.
Vorrebbe solo morire.
Non è possibile, che BakugōKatsuki abbia … il
ciclo.
E che … il suo fondoschiena …
Cristo.
Angolino Asu:
Devo dirlo: dopo questo capitolo
di Anya ho avuto pena per Bakugou! Qualcuno lo
coccoli! (E detto da me vale doppio, eh Baku, quindi zitto e porta a casa!)
Molto lentamente. Midoriya ha già
capito chi è e non gli piace.
Dopo quello che ha visto e sentito non vuole neanche
rischiare. Lui è stato fortunato, il corpo di Mina Ashido
non ha ancora deciso di odiarlo tanto da regalargli l’incubo del ciclo anche
adesso che dentro ha lui, Midoriya.
A differenza del povero Ojiro e di Kacchan,
naturalmente.
Ma dopo aver sentito che a volte capita che quando più
ragazze stanno insieme a lungo viene a tutte più o meno nello stesso momento, è
fuggito. Ochaco ha anche provato a fermarlo ma poi si
è scatenata l’apocalisse e ha cambiato priorità.
Lui non sa neanche con certezza quello che è successo.
Ha solo sentito qualcosa, ma da lontano.
Erano tutti quanti fuori quindi a lui, che si è chiuso in
palestra, è andata anche benone, tutto sommato. Non se ne può lamentare.
E’ ancora al sicuro, nella sua safe
zone.
Forse se riesce a stare lontano da tutte quante le ragazze
per due o tre giorni è salvo.
Sì, vuole pensarla così. Vuole credere davvero che sarà
salvo.
Ci crede davvero.
Se ci crede andrà proprio così.
“Deku? Sei qui?”
Oh no!
Oh, no!
Quella è la voce di una ragazza!
Non è di una della sua classe, ma è una ragazza!
Ne è certissimo.
Trattiene il fiato e fa silenzio più che può, ma non
ottiene nient’altro che farsi comunque tradire dal fumo che esce dalla trapunta
che ha usato per nascondersi e che adesso si sta pian piano sciogliendo.
Sciogliendo?
“ODDIO!” urla, tirandosi su di scatto.
L’acido di Ashido! Se ne è
scordato completamente. Accidenti a lui.
“Ah, sei lì, Deku!”
Melissa. Perché Melissa è lì?
Oh, no! Anche se è Melissa è pur sempre una ragazza!
No, no! Non va bene per nulla!
“No, no, no! Non ti avvicinare!”
Melissa si ferma di scatto, sentendo la vocina di Ashido così tremolante e gracile. Lei non la conosce bene Ashido, ma è comunque strano sentirla così, ne è certa.
“Perché, Deku? Voglio solo
aiutarti!”
“No, no! Non ti avvicinare ho detto! Non voglio a-a-avere il c-ci...no!”
“Ma...”
“Midoriya-Shonen! La giovane
Melissa è venuta qui per cercare di aiutarci, oggi,” la voce di AllMight è gentile, e Midoriya si azzarda a mettere fuori il capo per guardarli.
I capelli rosa di Mina sono scarmigliati al massimo e i
corni sul suo capo lievemente verso l’ingiù.
“A-AllMight...”
“Coraggio, giovane Midoriya! Che
cosa ci fai lì nascosto?”
“N-no, è solo che...che
Melissa...”
“Senti Deku...non è che stai
cercando di dirmi che...che non vuoi più stare con me, vero? Anche alla festa
ho avuto un po’ quest’impressione, ho pensato che fosse perché cercavi di non
farti scoprire ma....io...”
“NO! Nononononono, Melissa-san, No! Mai, io...mai...solo...”
“Giovane Midoriya...dovresti
cercare di essere sincero. Forse...vi lascio un po’ da soli, d’accordo?”
“NO! All...AllMight ti prego non mi abbandonare!”
“Ma è un discorso che dovete far da soli, Giovane Midoriya.”
“S-s-sì ma...non è...io non
voglio...” come fare a dir loro che non c’entra niente tutto quello ma che il
problema principale è che non vuole rischiare per nessuna ragione al mondo di
farsi contagiare dagli ormoni femminili?
Sa che sembra una cosa fuori dalla logica, ma che può
farci?
Non riesce a non pensare a quello che ha detto Kacchan e al fatto che non vuole assolutamente che capiti a
lui.
“Forse dovrei andarmene, AllMight. Magari ha bisogno...di pensarci. Ci vediamo dopo, Deku.”
“No Melissa-san, aspetta, ti
prego! E-esco...” riesce a dire alla fine.
Melissa si ferma sulla soglia della palestra, mentre Midoriya si libera della trapunta sotto cui si era nascosto
ed esce allo scoperto.
Coraggio.
Vuole essere un eroe, no?
E allora che faccia l’eroe! Deve prendere esempio da Ojiro,
che non si lamenta!
Sì. Ecco. Farà così.
Terrà duro.
“Ti chiedo scusa, Melissa-san.
Non è per te, credimi. E’...per quello che è successo qui fuori prima. Kacchan e Ojiro-kun e...e magari
ti spiego dopo, va bene? Con pazienza.”
Melissa annuisce, voltandosi verso di lui, “Sei sicuro, Deku?”
“Assolutamente sì.”
Melissa sorride, fiduciosa, ma quando fa per abbracciarlo Midoriya si ritira indietro riportandosi la trapunta sulla
testa, “M-m-magari i contatti fisici quando torno nel
mio corpo, eh? Che ne dici, Melissa-san?”
“Oh...oh, beh, certo, per rispetto ad Ashido-san.Hai ragione, Deku.”
Midoriya ride nervosamente. Sì, questione di rispetto.
In fondo non occorre che Melissa sappia tutta tutta la verità.
“Ma...ma hai detto che sei qui per cercare di risolvere?
Pensi di poterlo fare, Melissa-san?”
“Lo spero. Mi servono solo delle altre informazioni, ma
sono venuta per questo. Devo parlare anche con gli altri e mettere insieme i
pezzi!”
“Oh, meno male! Andiamo allora! Dobbiamo sbrigarci!”
“Ah, sì però...aspetta, Deku!
Vengo anche io!”
Angolino
Asu:
Vi
chiedo scusa per questo capitolo che lascia intendere tutto e non spiega
neanche come ha fatto Melissa a sapere tutta la storia. Mi farò perdonare molto
presto :D
Capitolo 25 *** 25. Fiori di mandorlo e ramoscelli d'ulivo ***
25. Fiori di mandorlo e
ramoscelli d’ulivo
Esita.
Andare a vedere come stava Bakugō è stata soltanto un’ottima scappatoia, quando
chi era in grado di muoversi aveva accompagnato i colpiti dalla scarica
elettrica di Jirou-san in infermeria.
E’ arrabbiato. E confuso.
Shinsou è stato imperdonabile. Si
era tanto incazzato per via di una sciocchezza – e non del genere che aveva
fatto sfollare Bakugō- in cui aveva avuto solo
una minima parte, e gli aveva taciuto di aver palpato Kaminari.
Forse dovrebbe andare a
controllare prima se si sia ripresa Kyoka-chan. In
fondo è nel suo corpo che si trova; e lei è stata quella che ha subito il danno
maggiore, sarebbe bene informarsi della sua salute.
Fa per voltarsi e sbatte appunto
in Denki. Sussultano entrambi, si staccano alla
velocità della luce.
Kaminari distoglie lo sguardo. E’
innaturalmente rosso. “Ehi, oh … Ojiro”, fa in un soffio di voce.
“Ehi, Kaminari-kun.
Stai bene?”.
“Sì, sì, oddio, sì. Insomma. Todoroki-kun mi ha impedito di prendere la scossa. E tu?”.
“Shinsou … si è parato davanti a
me”, spiega piano, vergognandosi quasi. E subito cambia discorso. “Sono andato
a vedere … come sta … Bakugō-kun”.
“E’ stato colpito?”.
“E affondato direi”. Si morde il
labbro. “Oddio, mi spiace”.
Kaminari scuote piano la testa dai corti
capelli biondi. E’ evidente che ha sentito anche lui del casino incorso a Bakugō. “Be’ … se non altro magari potrebbe diventare
un pochino più … elastico, riguardo certe cose … oh merda”.
Si coprono entrambi la faccia, anche
se sotto stanno ghignando.
Poi Denki
torna serio. “Tu … sei arrabbiato con me, Ojiro?”.
“N-no.
Tu sei … quello che è stato molestato, in fin dei conti. E immagino non me l’abbia
detto per ovvie ragioni”.
“Già”.
“Tu perché sei qui?”.
“Oh, be’
ecco io … io …”.
“Volevi sapere come sta Jirou, vero?”.
All’improvviso Kaminari si prende le tempie tra le mani. “Mi ucciderà. Me
lo sento. Stavolta mi ammazzerà e il peggio è che … ha ragione. Io sono una
schifezza, Ojiro. Quel che ho fatto … in quel bagno … è solo la punta
dell’iceberg”.
“Io penso di no, sai Kaminari-kun?”. Mashiaro sospira.
“Penso che se le spieghi come stanno le cose … lei possa … capirti. In fondo
adesso è nel tuo corpo e … credimi, questo rende DAVVERO più elastici riguardo
certe cose”.
“Non queste, Ojiro. Tu non ti sei
incazzato con Shinsou?”.
“Sì, lì per lì”, ammette
Mashirao. “Ma più che altro perché l’ha fatta tanto lunga per la storia del
bagno quando neppure lui … ecco. Quanto meno io ti ho soltanto parlato ed ero
comunque d’accordo, perché non potevi certo andartene in giro in quello stato.
Lui invece ha allungato le mani e basta, senza nessuna giustificazione. Anche
se era il mio corpo … mi ha comunque dato fastidio, ecco”.
“Immagino debba essere
lusinghiero. Potresti interpretarla come il fatto che malgrado sapesse che
siamo tutti incasinati, ti desidera moltissimo, Ojiro. Tanto da non riuscire a
stare fermo”.
Ora è Mashirao che avvampa. O
meglio Jirou.
E da come brillano i suoi occhi neri,
gli occhi di Mashirao in cui dentro c’è Denki, è facile
capire cosa stia vedendo. “Dovresti davvero dirglielo, Kaminari.
Come lo hai detto a me. E’ … difficile controllarsi, quando hai davanti la
persona che ti piace. Lo stiamo scoprendo a nostre spese”.
“E se la prendesse male?”.
“Non credo proprio. Kyoka-chan è … una ragazza dolcissima e comprensiva. Mi ha
aiutato un sacco in questi giorni, io sarei crollato senza di lei, anche perché
Hitoshi non mi ha aiutato granché. Oddio, non che non ci abbia provato, ma si è
lasciato sviare e ha finito col farmi sentire peggio. Perciò, non ti
preoccupare”.
“Sì, però non avercela con lui,
okay? Non è stato chissà che. Mi ha solo palpato un po’ le chiappe mentre mi
chiudeva i calzoni … oddio, detta così sembra terribile, lo so”.
Ojiro/Jirou
si mette a ridere. Povero Kaminari, se non fosse che
è così “leggero” sarebbe rimasto come minimo traumatizzato, a venire
palpeggiato da un altro ragazzo che per giunta è amico suo.
E sarebbe un tremendo sbaglio se
quel rapporto s’incrinasse. Lui ama Hitoshi, ma Denki
è un loro amico, è stato uno dei primi ad accogliere senza alcuna remora il
nuovo arrivato e lavorare per farlo sentire a suo agio.
“Vedremo. Ma … penso tu debba
andare da lei, adesso”.
Kaminari abbassa di nuovo lo sguardo
nero.
“Avanti. Se devo chiarire io devi
farlo anche tu. Vediamo di rimettere un po’ le cose in sesto, prima che vadano
ancora peggio di così”.
“Perché, che altro potrebbe succedere
secondo te?”.
“Onestamente spero nulla. Ma
ormai sono preparato a tutto”.
Denki sospira platealmente. Poi rialza
un’occhiata maliziosa. “Sì, ma niente oh. Badate bene”.
“Sta’ tranquillo, Kaminari. L’unico che corre il rischio di venire toccato
saresti tu”.
“Ah ah”.
Ojiro coglie il movimento
ondeggiante della coda.
Esita anche Kaminari.
Ha paura, altroché se ce l’ha.
Ma devono. Entrambi. “Mettiti
vicino alla porta di Jirou. Io resto qui. Al tre, le
apriamo insieme”.
“Oh. Ma …”. Subito i suoi tratti
si distendono. E il pennacchio biondo inizia a scrollarsi festoso.
“Grazie, Ojiro-kun.
Be’ … per tutto”.
Mashirao gli batte una mano sulla
spalla, e le guance gli si arrossano leggermente.
E’ proprio cotto perso, Kaminari.
Se non ce la fa stavolta lo
aiuterà lui, decide Ojiro. Così, sui due piedi di Kyoka-chan.
Denki va a sistemarsi davanti alla
porta.
Mashirao tende il braccio e chiude
le dita sulla manopola. “Uno. Due. Tre”.
Dentro, l’odore di mandorlo in
fiore è come al solito avvolgente.
Recovery ci tiene un sacco alla sua
infermeria. Detesta l’odore dei disinfettanti, così ci tiene sempre qualche
aggeggio per profumare l’aria.
Hitoshi è sdraiato sul letto.
Sembra stare bene, le palpebre sono abbassate sulle iridi viola ma al rumore le
riapre di scatto. “Ma … ehm, Mashirao”, mormora piano, raddrizzandosi a sedere.
E’ un po’ pallido. “Ciao, Hitoshi”.
Stira un sorriso timido, fa un gesto come con la mano per afferrare qualcosa ma
subito realizza che la coda è rimasta in dotazione a Kaminari.
Cavolo. Chissà quando la riavrà.
Con lei è più facile, farsi comprendere senza dover parlare. “Come ti senti?”.
“Bene. Solo un po’ stordito, ma
sto bene”. Si pizzica la radice del naso, strizzando gli occhi. “Tu come stai?”.
“Bene. Io sto bene”, risponde
convinto Ojiro. E subito aggiunge: “Grazie a te”.
Shinsou annuisce.
Per un istante cala il silenzio,
l’unico di cui si ode la voce è quel profumo dolce e invitante.
“Senti …”, esordiscono insieme, e
si mettono a ridere.
“Prima tu”, fa Ojiro.
“No, prima tu”.
“Okay. Grazie … per avermi
protetto. Mi dispiace se … ho perso il controllo, prima”.
“Dispiace anche a me, Mashi”. Shinsou si sistema meglio sul letto, gli fa segno
di andare a sederglisi accanto.
Ojiro sospira. Avanza lentamente-
accidenti, col delirio esploso poco prima aveva quasi scordato i crampi alla
pancia, ma adesso tornano a farsi sentire- e si accomoda.
Ancora cerca accanto a sé.
Vorrebbe la sua coda, adesso.
Vorrebbe stringerla e accarezzarla per rassicurarsi, come con un peluche o la
copertina di quand’era bambino.
Vorrebbe accarezzare e stringere
Shinsou.
Ma non può. E’ il corpo di Jirou, ha appena finito di parlare con Kaminari
e non potrebbe mai.
Però… gli manca così tanto. Davvero.
La sera prima, quando erano
sull’autobus stava da schifo.
Eppure quella vaga sensazione di
… desiderio lo aveva investito comunque.
D’un tratto sente di non sapere
più chi è. Prima di Shinsou … era un ragazzo come tanti, aspirante eroe, con un
quirk “normale”, una faccia normale e un nome
normale.
Da quando c’è lui invece … si
sente diverso. Pieno. Amato. Compreso fino in fondo.
Gli fa male rammentare i suoi
baci, e averlo così vicino senza poterli assaporare di nuovo.
E sicuramente fa male anche a lui.
Per questo ha tastato Kaminari: è l’istinto, puro e
semplice, di voler sentire la persona che si ama.
Ecco cosa ha davvero disastrato
tutte le cose.
L’amore.
Kaminari, per amore di Kyoka non era riuscito a controllare il proprio corpo. Il
suo, anzi.
Shinsou, per amor suo ha perso la
bussola e mandato sul filo del rasoio un’amicizia.
Kirishima per far felice la sua ragazza ha
fatto finire in malora un legame che sembrava indistruttibile…be’, okay. Lui forse ha po’ esagerato. Un tantino
tanto, in realtà.
Mashirao avrebbe dovuto sentirsi
offeso dalla reazione di Bakugō, da quelle
parole taglienti, brutali.
Tutto ciò che però aveva provato
era stata una pena infinita, e non riusciva ad avercela con lui per davvero.
Midoriya e Yaoyorozu
sembrano gli unici ad essere scampati. Izuku non gli
risulta stia con qualcuno, e Momo ha Todoroki.
L’unico forse che sta prendendo
la faccenda col suo consueto stoicismo. Anche se probabilmente Bakugō è parte del problema: nessuno che sia sano di
mente si farebbe venire strani impulsi sapendo di incorrere nelle sue ire.
Però … la sera prima si è comportato
bene. Almeno per quel che ha potuto vedere è rimasto tranquillo, ha accettato
di fare la conoscenza di Endeavor e ha persino
ballato con Shouto.
Una cosa decisamente strana,
considerato il caratteraccio del compagno.
Okay. Basta. Si è distratto
troppo.
Abbastanza da sentirsi meno
disperatamente attirato da quegli occhi profondi, dalle mani grandi e le labbra
socchiuse del suo ragazzo. “Mi manchi”, mormora Shinsou, muovendole piano.
“Anche tu”.
Si sdraia, Hitoshi. Si volta sul
fianco, portando un braccio sotto la testa a mò di
cuscino.
Mashirao lo imita.
Certo che se entrasse qualcuno
adesso e li vedesse chissà che delirio.
Ma … non è che gliene importi
tanto in realtà.
Ci sono cose più serie da
affrontare al riguardo. “‘Toshi”.
“Dimmi, Mashirao”.
“Se non dovessimo più tornare
normali, ci hai pensato?”, gli sfugge.
Shinsou continua a fissarlo. Ci
medita un solo istante. “Be’. Suppongo potrei adeguarmi”.
“Davvero?”.
“Per te potrei. Se … questa
dovesse essere la tua forma definitiva … se sapessi … che non ci sarebbe modo
di riaverti indietro così come ti ho conosciuto … così come … sei … allora lo
farei. Diverrebbe irrimediabile e allora dovrei rassegnarmi, non sarebbe più la
stessa cosa ma … per quanto ami il tuo corpo, Mashi,
amo di più te”.
Gli occhi scuri di Jirou si riempiono di lacrime. “Non hai visto prima? Il mio
primo istinto non è stato proteggere il tuo corpo, ma proteggere te. Se così
fosse avrei pensato a Kaminari, no? Non avrei nemmeno
posto caso al fatto che stavo quasi per saltargli alla gola. Sì, mi fa
impazzire il fatto che ti abbia toccato, non posso farci nulla, è più forte di
me. Non avrei mai creduto di poter essere … così geloso. Ma … nonostante questo
… tu sei più di un corpo, Mashirao”.
Shinsou sospira. Forte. Ha gli
occhi lucidi, si sta sforzando di non cedere anche lui alla cappa di amarezza
che quell’ipotesi ha gettato su entrambi. “Certo, mi mancherebbero i tuoi
occhi, il tuo sorriso, la tua coda, e … tante altre cose. Ma poi mi ci
abituerei, perché sentirei te, bacerei te e … quei centimetri in più o in meno
da qualche parte … in fin dei conti, hanno poco senso se vuoi davvero qualcuno.
Anche adesso sto morendo dalla voglia di toccarti, è soltanto per Jirou che non lo faccio”.
Mashirao abbozza un sorriso
triste, un patetico tentativo di farsi coraggio.
Ma una lacrima rotola fuori
comunque, cadendo sul cuscino.
Poi un’altra. “Ma io rivoglio il
mio corpo”, pigola piano.
Accidenti. Dev’essere
ancora preda delle fluttuazioni ormonali.
“E’ normale, Mashirao”.
“Ma a me va bene lo stesso … mi
piace essere normale”.
Shinsou lo fissa in un modo
strano.
E si morde un labbro. Cerca di
trattenere un ghigno ma alla fine non ci riesce. “Volevo dire che … è ovvio che
tu rivoglia il tuo corpo”.
Ojiro spalanca gli occhi. E tra
le guance rigate di Jirou spunta un sorriso.
Dio, quanto vorrebbe potergli
prendere la mano, adesso.
Ha promesso a Kaminari
che non sarebbe accaduto nulla.
E quasi leggendogli nel pensiero,
è Hitoshi ad allungarla verso la sua. Quella di Jirou.
Ojiro la ritrae. “‘Toshi …”.
“Eddai,
e che cavolo. E’ soltanto una mano, si dà anche ad un estraneo la mano, in
Occidente”.
“‘Toshi”,
ripete in tono più convinto.
“E va bene”, sbuffa. “Neanche due
dita?”.
Ora Mashirao scoppia a ridere.
Mette entrambe le mani davanti al viso, la sua stessa risata gli fa venire una
fitta lancinante alla tempia, si vergogna da matti ma non ce la fa a smettere. “Oddio,
Hitoshi!”.
Shinsou assume la sua espressione
più tipica, quella sussiegosa. “E’ brutto che io lo dica, perché così
sembrerebbe che sia una cosa disdicevole e assolutamente non lo, ma se lo
merita un po’. Non ha avuto un attimo di rispetto per nessuno, mai, se avessi
potuto l’avrei lasciato sotto brainwash fin adesso,
che forse sarebbe stata la cosa migliore. Non ha fatto che sbraitare e rompere
tutto il tempo, anche con te oggi. Non fosse stato per Yaoyorozu
l’avrei picchiato anche lui, te lo giuro”.
Mashirao non si sente totalmente
d’accordo col parere di Hitoshi.
L’ha pensato giusto poco prima.
Ma d’altronde, Shinsou guarda solo ciò che viene fatto a Ojiro, e null’altro.
“A me comunque dispiace per lui.
Sono …. Andato a vedere come stava, prima, tanto qui non mi avrebbero fatto
entrare”. Saggiamente sorvola sulle parole che Bakugō
gli ha urlato contro. “Credo gli sia venuta una crisi di nervi, poveraccio”.
“Torno a dire, gli sta bene.
Anche se io non ci crederò mai. Kirishima non può
aver fatto questo a Bakugō. Semplicemente, non
può”. Hitoshi scuote la testa, i capelli sono più scompigliati del solito. “Ma
sono affari loro”.
Ojiro lo guarda. Allunga piano
anche lui la mano di Jirou, sfiora appena la punta
delle dita di Hitoshi, solo con il piccolissimo spicchio di pelle della punta. “Sai,
qui accanto da Jirou c’è Kaminari.
L’ho incoraggiato a parlare con lei”.
“Ah sì?”.
“Sì. Spero tanto che vada bene”.
Si raddrizza, mettendosi a fissare il soffitto bianco percorso dai fasci di
luce della finestra. Inizia ad imbrunire.
Un’altra notte da trascorrere in
un corpo non suo.
Chissà quante ancora ne
passeranno. “Lo perdonerai, ‘Toshi?”.
“Ci sto ancora pensando”.
“Se tu non lo perdoni, io non
perdono te”.
“Parli sul serio?”. Shinsou è
stupito. “Oh, e va bene”.
“Grazie”.
Hitoshi sbuffa. “Di certo c’è da
dire che se restassero … davvero tutti così non invidierei certo Todoroki. Lui
è quello messo peggio da un certo punto di vista. Ha presentato Yaoyorozu a suo padre, quindi si è sputtanato. Con che
faccia potrebbe presentarsi a casa con Midoriya?
All’Eroe numero Uno verrebbe un colpo come minimo”.
Kaminari abbassa la maniglia
nello stesso momento in cui lo fa anche Ojiro. E spariscono entrambi.
Solo che Kaminari si
ritrova davanti Jirou, e per un attimo gli manca la
terra sotto i piedi.
Cosa le deve dire adesso? E poi, accidenti, è
così difficile parlare con la ragazza che gli piace mentre, per di più, ha la
sua faccia!
E’ doppiamente strano. Assurdo.
E ancora di più quando Jirou
alza gli occhi su di lui e subito li riabbassa.
Ecco.
E’ la fine.
La coda continua a fare avanti e indietro e a
sbattere dappertutto e non riesce minimamente a fermarla. Ormai fa tutto da sé.
Stupida coda. E’ stato tutto per colpa sua, o
meglio di Shinsou, di Monoma. E della gelosia.
No, non è vero. E’ stata anche colpa sua, non
può fare scaricabarile di continuo. E’ stato un po’ tutto.
Deve prendersi le sue responsabilità.
“Jirou...ciao.”
“Ciao, Kaminari.”
Kaminari stira le labbra,
“Ecco...mh...stai bene?”
“Sì. Mi sto riprendendo, grazie.”
“Mi...mi dispiace. E’ stato il mio quirk, a volte è ingestibile e...ma mi fa piacere che tu
stia meglio, adesso...”
Jirou abbozza un sorriso,
“Sì, beh, non credo che sia colpa tua. L’importante è che non si è fatto male
nessuno, no?”
“Immagino di sì.”
Abbassano entrambi gli occhi e per un po’,
forse per troppo tempo, rimangono in silenzio.
Kaminari sente parlare dalla
stanza accanto, quella dove sono Shinsou e Ojiro nel corpo di Jirou, e la tentazione di andare da loro a chiedere
manforte o, meglio ancora, andarsene e basta, è tanta.
Ma non lo fa.
Per qualche motivo non si muove. I piedi non lo
ascoltano. La coda continua a sbattere ovunque.
Ed è quella che attira l’attenzione di Jirou, che incrocia le braccia strette al petto.
“Senti...” inizia, a disagio, “Quello che vi
siete sputati addosso prima, tu e Shinsou...”
Kaminari arrossisce fino alla
punta dei capelli cortissimi di Ojiro, la coda plana a terra con una forza tale
che gli si rizzano per un attimo i peli dietro la nuca. “Ignora tutto. Fai finta
che non abbiamo detto nulla! Non è una cosa...importante.”
“Ma a me sembra di sì, invece!” esclama,
risoluta, “In che cosa ti ha aiutato, Ojiro? Che avete fatto in quel bagno?
Cioè voglio dire...è super fraintendibile e...”
Kaminari è costretto a
prendere la coda con tutte e due le mani per tenerla ferma e non rischiare di strozzarcisi. Il corpo di Ojiro si sta opponendo con tutto
se stesso. E se non è possibile a lui sembra comunque così.
“Mi fai paura, così...”
“M-Ma no, Jirou-san...comprendimi, non è facile da dire!”
Jirou ha un brivido.
L’elettricità statica le percorre tutto il corpo, “-San? Allora è grave!”
“No!” sbotta Kaminari,
pieno fino a scoppiare, “Ma, ecco...beh, ecco...Cazzo! E tu, allora? Tu perché
hai iniziato ad ignorarmi?!”
Il cambio di argomento è così brusco e netto
che Jirou si ritrova spiazzata. Ma non è abbastanza
fredda in quel momento da farglielo notare e basta. “Io...beh, io mi
vergognavo!”
“Di...di cosa?”
Jirou deglutisce, “Beh
io...io ho...”
“S-sì?”
“Accidenti! Non ci riesco!”
E Kaminari, da quando
è entrato in quella stanza, abbozza appena un sorriso, “Non è facile da dire
eh? Adesso puoi capirmi.”
“Cosa dovrei capire, Kaminari?!”
Kaminari si morde la lingua.
Giocato con le sue stesse mani.
Continuare così è ridicolo. Tanto valeva essere
onesti, anche perché girarci intorno in quel modo fa male ad entrambi.
“Io...capire che, insomma...cazzo...ecco...-”
“Insomma io ero sola!” lo interruppe lei, “Non
ho coinvolto nessuno a parte te! Cioè...me...insomma...oh cazzo!” sbotta, per
poi sospirare, “Dovremmo smetterla di dirlo....”
Kaminari sgrana appena gli
occhi, “Sì ma non..cioè non...Ojiro non ha fatto niente, voglio
dire...era...fuori....non riuscivo, solo, perché ero nervoso, voglio
dire...uffa, che palle!”
Jirou si copre il volto
con le mani, ormai al colmo del rossore, “Dovremmo davvero finirla, Kaminari. Anche se....beh sì. Diciamo che ti capisco,
ecco.”
“Sì. Hai ragione,” annuisce anche Kaminari, tirandosi su la coda fino praticamente a sparirci
dietro.
“Il fatto è che mi sentivo in colpa per Ojiro
quella mattina! Poveretto gli ho anche fatto fare una figura di mer...ehm, pessima figura e poi c’eri tu che...”
“In fondo era il corpo di Ojiro-kun
e...”
“...che mi avevi negato il saluto e...”
“Aspetta! Che c’entro io adesso, scusa?!”
Kaminari si blocca, “Ma come,
non l’hai ancora capito?”
“No! Cosa dovrei capire?!”
Accidenti. Si è fregato da solo.
Se solo fosse stato zitto, forse...
Ma ormai è tardi. Ormai ha parlato.
Che fare? Uscire e andarsene significa anche
rischiare di non avere più un’occasione con Jirou.
Restare vuol anche dire spifferarle tutto e
rischiare, però.
E’ abbastanza eroe da rischiare? E’ questo che
deve chiedersi.
Ma in fondo è una domanda inutile.
Per Jirou farebbe
tutto.
“Non...è che Ojiro mi ha aiutato perché era il
suo corpo. E’ stato perché...insomma, perché era te. La tua...la tua voce. E’
per questo anche che...insomma...oh, al diavolo! Stavo pensando a te!” sbotta
alla fine, tutto d’un fiato.
E’ la verità.
Inutile nascondersi.
“A...a me?”
“S-sì.”
“E...perché?”
Kaminari sgrana gli occhi.
Oh, andiamo! Possibile mai!
Jirou è intelligente!
Entrare nel suo corpo deve avergli fatto male sul serio se si ritrova a non
capire cose così palesi!
“P-perché mi piaci,
okay? P-p-per questo mi...mi è...ti prego dimmi che
hai capito perché sennò ti giuro che mi butto dalla finestra e tanti saluti a
tutti quanti!”
“E’ il corpo di Ojiro...”
“Eh,” sospira.
Anche Jirou sospira,
ma stavolta sorride anche. Timida, appena. “Anche tu mi piaci, Kaminari. E...e anche io stavo...stavo...” deglutisce.
Dirlo. Deve dirlo. Kaminari l’ha fatto. E’ stato
onesto. “Anche io stavo pensando a te, quando...Quando ho...fatto...”
Ma Kaminari ormai ha
già staccato la spina.
Non è sicuro di aver capito.
Anzi, sì. Ha capito che sta sognando. Ad occhi
aperti. Presto si sveglierà e sarà nel suo letto, e tutta quella storia di
scambi e erezioni non volute e altre cose imbarazzanti saranno...sparite.
Volatilizzate nel nulla.
Per forza. Deve essere così per forza.
“Cos’è che hai...detto?”
“Ho detto che...non è stato perché è normale.
Io...ero nel tuo letto, fra le tue cose, e...e il tuo odore. E mi
sono...agitata. Ecco. E’ andata così!”
Ojiro lo perdonerà se adesso sviene. Gli ha
perdonando l’imperdonabile, un bernoccolo non può essere così grave, tutto
sommato.
“Oddio! Pichacku!”
Dall’urlo, probabilmente è svenuto sul serio.
E’ strano, però. La coda continua a fare come
gli pare. Scodinzola bellamente come una forsennata.
Di sicuro non sa nascondere la sia felicità. Né
la coda né Kaminari.
Due colpi contro la porta lo
fanno trasalire. Riapre gli occhi di scatto, spaesato, non ha idea di cosa sia
successo.
Realizza soltanto adesso che ha
dormito. Non sa quanto. “Bakugō, apri questa
porta”. La voce di Morto di sonno-sensei.
Si porta la mano alla fronte.
Sembra debba scoppiargli il cervello. “E’ già aperto”, gracchia.
Ha scordato di chiuderla a chiave
quando è uscita Uraraka.
Aizawa schiude il battente. Insinua
dentro lo sguardo apparentemente neutro ma acutissimo, senza però azzardarsi ad
entrare.
In un altro momento avrebbe
odiato quel riguardo, senza scherzi.
Eppure adesso si sente
spaventosamente vulnerabile.
“Stai bene, Bakugō?”,
domanda Aizawa.
Dio Santo, quella domanda. Era
già inutile prima per Katsuki, ora è addirittura
pleonastica se non offensiva.
Può forse andare tutto bene,
ridotto com’è? Scempio del suo corpo, scempio della sua mente e ora anche dell’esistenza
come stava forse imparando ad apprezzare fin qui, quel non dover per forza
essere un asociale del cavolo, quei tentativi di stringere legami che andassero
oltre il temerlo per la sua potenza.
Avrebbe fatto meglio a continuare
come ha sempre fatto.
Ora starebbe meno di merda,
sicuro. Si sarebbe rinfrancato col pensiero di ammazzare quei due bastardi,
appena fosse stato in grado di reggersi in piedi senza vacillare. “Uh”.
“Ti serve aiuto per tornare in
dormitorio?”.
“No”. Si rimette faticosamente
eretto, la schiena urla esattamente come fa lui.
A passo di tartaruga si avvia
verso l’uscita, lasciando anche il borsone.
Quando esce trova due sorprese,
nessuna delle due gradita.
Uno, ha iniziato a far buio.
Due, Aizawa
non è da solo.
C’è quel demente di Todoroki con
lui. “Tu che cazzo ci fai ancora qui? Ti avevo detto …”.
“Non potevo andarmene sapendo che
eri lì da solo”, replica quello in tono pacato, tranquillo come se avesse
schiacciato un pisolino anche lui, riposandosi dopo la fatica di ridergli
dietro.
Inizia a pulsargli qualcosa,
dentro la tempia.
Oltre che nel basso ventre.
Fa un male boia. E non poter
spaccare qualcosa – qualcuno- lo fa sentire anche più da cani di quanto già non
stesse.
E quello … quel bastardo maledetto
lo fissa con stampata sulla faccia a metà un’espressione che Santo Dio, a
poterlo fare gli frantumerebbe la spina dorsale a pedate.
Sembra impietosito, più che
inquieto adesso.
Come se gli spiacesse davvero per
lui.
E questo pensiero sbatte Bakugō fuori dalla residua grazia divina – molto,
molto poca, visto quello che gli stava capitando- che ancora potesse serbare.
Come cazzo gli salta in mente a quello là di provare pena per lui?
Che
… ma che cazzo …
“Todoroki, lo accompagni tu?”.
“Sì, sensei”.
Katsuki alza immediatamente le mani,
portandole avanti. “Non ci pensare. Stammi almeno a cento metri, idiota”. Lo
sorpassa e cammina a passo marziale, per quanto gli sia concesso dai crampi.
Fanculo. Fanculo. Fanculo.
Sta odiando il mondo. La vita.
Todoroki, soprattutto. Che gli
sta appiccicato al culo finché non arriva in dormitorio, davanti all’ascensore.
Grazie a Dio la sala comune è
vuota. Sono tutti esauriti, gli stronzi.
E pensare che alla maggior parte
di loro non è capitato proprio un bel cazzo di niente, altroché.
E hanno il coraggio di
lamentarsi. “Non puoi salire qui, cretino”.
“Ti accompagno soltanto fino alla
porta. Voglio essere tranquillo”, replica ancora, con un coraggio che sfiora
l’imprudenza.
O l’istinto suicida, probabile.
Forse sta iniziando ad elaborare il trauma, pure lui, e ha deciso che è meglio
crepare piuttosto che darci ancora dentro con la sua patetica esistenza. “Be’,
sì cazzo, sai, piacerebbe anche a me”.
Lo accompagna imperterrito fino
alla porta di Coda di cavallo.
Certo che per essere resistente
lo è. Anche troppo.
“Bakugō?”,
lo chiama il bastardo a metà, appena apre il battente.
Vorrebbe solo fare una doccia
calda e scordare tutto. Dimenticarsi di quella giornata da incubo, e quelle
precedenti. “Cazzo vuoi ancora, bastardo?”.
“Cerca di riposarti e prenderti
cura di te. Buonanotte”, mormora quello, girando sui tacchi e dirigendosi verso
l’ascensore come nulla fosse.
Già.
Lui può fare finta che non sia
accaduto nulla.
Ma per Katsuki
…niente sarà più come prima.
Chiude la porta, leva l’uniforme
attento a non toccarsi.
Anche il suo migliore amico l’ha
tradito. Ha … preferito dar retta a quella scoppiata, piuttosto che tenere fede
alla loro amicizia, al loro legame.
Non gli è rimasto più nessuno.
E’ da solo. A parte la pietà di
Faccia Tonda e del dannato a metà, che gli consiglia di “prendersi cura di sé”,
quel pezzo di … vabbé.
Cose di cui farebbe volentieri a
meno.
Tsk.
Quando torna di sotto, dopo
essersi accertato che il compagno fosse al sicuro nella camera di Momo, inclina
leggermente la schiena stiracchiandosi.
Ha chiesto gentilmente a Shoji, ancora sotto shock per la lite di quel mattino, se
poteva portargli la cartella lasciata in classe prima della lezione di ginnastica.
Aveva immaginato che sarebbe andata per le lunghe, e non voleva rischiare di
dover rimandare tutto a quando Bakugō si sarebbe
deciso a venire fuori da lì.
E ha avuto ragione.
A stare seduto lì per terra gli è
venuto un pungolo all’osso sacro, fastidiosissimo.
Ma certo non è nulla in confronto
a quel che sta passando Bakugō.
Non ha avuto cuore di piantarlo
lì da solo.
Quando Uraraka
è uscita di corsa, ore prima, ha tentato di domandarle come stesse.
Ma non si era lasciata parlare,
era scappata come avesse i diavoli alle calcagna e Shouto
non era riuscito a spiegarsene il motivo.
In compenso aveva letto “Guerra e
Pace”, come si riproponeva di fare da mesi. Per tre quarti.
Se non fosse arrivato Aizawa probabilmente avrebbe finito.
A differenza di questa storiaccia
che sembra prendere pieghe sempre peggiori, persino più di un romanzo di
milleseicento pagine, proprio come il libro che ha quasi portato a termine.
Qui invece non c’è ancora una
soluzione al casino scatenato da una causa ancora del tutto sconosciuta, e
nessuno è in grado di sapere quanto ancora durerà.
E se la pace è ben lontana da
essere raggiunta, la guerra al contrario è ben aperta, adesso.
Attende che si aprano le porte
dell’ascensore. E quando lo fanno spunta fuori giusto Ochaco.
“Ah, Todoroki-kun, ciao”.
“Buonasera a te, Uraraka-san”. Sembra un po’ impacciata nel trovarlo
nell’ala femminile, così spiega subito: “Ho appena riaccompagnato Bakugō in camera”.
“Sì? E … come sta?”.
“Fisicamente sembra così così. Ma … mentalmente credo sia a pezzi. Probabilmente
quando questa storia finirà gli servirà un periodo di riposo, oggi è stato il
colpo di grazia”.
“Già. Io … andavo da Tsuyu-chan, mi ha chiesto se guardiamo insieme un film. E
sinceramente sento proprio la necessità di staccare un po’, anch’io”.
“Ti capisco”. Poi, rammentando
che Ochaco era insieme a Yaoyorozu
prima che partisse la sarabanda, le chiede: “Sai dov’è Momo?”.
“In camera sua … cioè, quella di Deku-kun, l’ho accompagnata subito dopo … il disastro e
dopo i compiti sono tornata a vedere come stava. Era molto agitata per via di
quello ch’è successo, ma sta bene, non è stata colpita”.
“E tu, tutto
bene?”.
Uraraka abbassa piano lo sguardo, le sue
guance tonde sembrano colorirsi un po’, d’imbarazzo. “Ehhh
… sì”. Poi però cambia tono. Si fa determinata, e rialza lo sguardo colmando
tutti quei venti centimetri di differenza tra loro due. “A questo proposito …
ascolta Todoroki-kun, devo dirti una cosa. Ho cercato
di fartelo capire ieri sera, con garbo, ma … a quanto pare non sono stata
compresa. Perdona la franchezza ma … io credo tu stia esagerando. Sul serio”.
Gli occhi spaiati di Shouto la fissano assenti, senza capire. “Con Momo-chan. La stai davvero mettendo troppo da parte … lei
si sente ferita, capisci? Stai sempre intorno a Bakugō,
e … be’, lei … anche lei ha bisogno di comprensione.
In fondo anche lei è in questa stessa situazione”, sbotta Ochaco.
Lì per lì tace, sentendosi messo
sotto processo.
Ma il disappunto per
l’ingiustizia di quell’accusa ci mette poco a farsi sentire.
Cioè … seriamente? E’ diventato
un casino della malora, tutti hanno rimestato a casaccio, tradito amicizie,
mandato a monte relazioni e … l’unico a finire alla sbarra è proprio lui?
E no, caspita. Può anche essere
un cavaliere, ma a tenersi questa non ci sta.
Anche se è una ragazza a
puntargli contro l’indice. “Tu credi, Uraraka? Io no.
Momo è una persona intelligente e razionale. Io mi fido di lei, sa
perfettamente come controllare le proprie azioni e reazioni per non trovarsi in
difficoltà. Inoltre so che conta su di me perché mi prenda cura del suo corpo,
perché nessuno di coloro che sono in questo impiccio può utilizzare il quirk, hai visto cos’è successo prima, no? Quindi tocca a
me, farmi carico di quest’impegno verso la mia ragazza. Non posso certo
chiederlo a qualcun altro. Inoltre Bakugō è
preso su più fronti, a differenza di Momo. Sta affrontando più guai di tutti
quanti gli altri”.
“Ma …”.
“Sì, è vero. Ojiro e Shinsou
hanno anche loro la loro dose di mal di testa, ma possono sempre contare l’uno
sull’altro. Nonostante la lite, Shinsou ha protetto Ojiro dalla scossa. Jirou ha voi ragazze, Kaminari
può fare affidamento su Sero e gli altri. Bakugou
aveva soltanto Kirishima, e questo deve dividersi tra
il suo amico e la sua fidanzata. Che non è certo una persona ragionevole, e i
fatti lo hanno dimostrato”, sentenzia, in tono fermo anche lui. “Per questo non
mi sento di darti ragione. Momo lo sa che tengo a lei, ma adesso il mio dovere
è vigilare sull’incolumità del suo corpo. E sono sicurissimo che quel che tu
ritieni così grave è soltanto un momento di stress dovuto a questa assurda
circostanza. Appena torneranno ognuno al loro posto, si sistemerà tutto”. Poi,
quasi come si sia reso conto di aver messo troppa enfasi nella propria difesa,
abbozza un’espressione conciliante. “Ma credo comunque che tu abbia ragione. Andrò
da lei”.
“Bene”. Ochako,
che si era già ammorbidita, ora stira un sorriso. “Allora buonanotte, Todoroki-kun”.
“Buonanotte, Uraraka-san”.
La guarda allontanarsi lungo il
corridoio, bussare alla porta di Asui-san.
Lui entra in ascensore e scende a
piano terra,con l’intento ad andare a trovare Yaoyorozu.
Ma avverte dei rumori nel
cucinotto, e per un istante si domanda se non sia appunto lei ch’è scesa per
prepararsi un tè.
Così va a controllare. “Oh, Kirishima”.
“Ehi, ciao, Todoroki”.
Ha una faccia da funerale. Lunga
e pallida e con una piega amara della bocca sempre sorridente. “Vuoi una tazza
di latte caldo?”.
“Veramente …”. Dovrebbe andare da
Yaoyorozu, già.
Ma Kirishima
sembra davvero un’anima in pena. Pare stia sul punto di mettersi a piangere,
anche lui.
Lo hanno lasciato tutti, e non è
difficile capire perché.
Ha sbagliato. In pieno. Non è
stato l’unico, ormai è cosa risaputa ma sicuramente è stato quello che l’ha
combinata più grossa.
“Massì.
Penso che ne abbiamo bisogno un po’ tutti dopo oggi”.
Eijirō prende un’altra tazza, ci versa
dentro il latte dal bollitore. “Abbiamo rotto”.
“Ah?”.
“Io e Ashido.
L’ho lasciata”.
Todoroki sgrana gli occhi,
interdetto. “Ma … perché?”.
“Perché quel che è successo oggi
… è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Io … oggesù,
io la amo. Ma mi sta facendo impazzire e ora come ora mi pare di non poter
sopportare più niente. Bakugō non vorrà più
vedermi nemmeno dipinto, c’è da scommetterci, e la cosa peggiore è che anche se
ti sembrerà impossibile da credere, io non ho fatto niente”.
“Non ti seguo”.
“Ieri sera, quando siamo tornati
dalla festa, no? Ho portato Midoriya in camera,
assieme a Mina”, spiega. “Lo ha spogliato, lo ha messo a letto mentre io
aspettavo fuori, quindi siamo tornati nel dormitorio maschile. E lei mi ha
chiesto se non le mancassi nemmeno un po’, se … non mi mancasse fare certe cose
con lei. Vorrai scherzare, le ho detto. Ma non potevamo certo, no? Sono giorni
che le corro dietro in lungo e in largo dappertutto per evitare che si cacci nei
guai, o che ci cacci Bakugō”. Sospira, forte. “E
così … ha iniziato a fare discorsi strani. Cioè, più strani ancora dei suoi
soliti. Su … quanto … insomma … be’ sai, no? Cose da
maschi”.
Todoroki è sempre più perplesso.
No, non sa.
Cioè, oddio, qualcosina
sì. In fondo ha una ragazza. E alcuni … eventi si verificano anche nel suo
corpo, quindi fino ad un certo punto lo comprende. “Voleva … ah. Cazzo. Scusa
Todoroki, non ci riesco a parlarne con te”.
“Non mi pare che io non sia un
maschio. Capisco che le cose siano un po’ confuse ma almeno noi due siamo a
posto”.
Kirishima stira un sorriso depresso. “Ti
sembra che siamo a posto? Vabbé che tu hai Yaoyorozu. Con lei è tutta un’altra storia, di sicuro”.
Eh già. Yaoyorozu
che dovrebbe andare a vedere come sta.
Ma … ora è vagamente curioso. Non
è nella sua natura, ma vuole vederci chiaro in quella storia.
Se Kirishima
ha detto di essere innocente, vuol dire che hanno frainteso tutti quel che ha
sbandierato quel linguacciuto di Mineta.
E a lui non piace essere
pregiudizievole. Se esiste un modo per recuperare le cose, salvarle prima che
vengano distrutte del tutto, allora è suo dovere intervenire.
D’altronde è anche per questo che
si prodiga un Eroe, no? “Tempo fa mi ha … confidato di aver girato un po’ in
rete. Così, giusto per curiosità. Ha letto che … ecco … quella roba … della
prostata, sì”. Eijirō ha la faccia in fiamme
come i capelli, pare stia annegando l’imbarazzo nella tazza.
“Mio nonno aveva la prostata”,
ribatte pronto Shouto.
Kirishima sgrana gli occhi. E malgrado
tutto ridacchia. “Non ce l’aveva solo tuo nonno, Todoroki. Ce l’abbiamo tutti,
eh. Forse vuoi dire che aveva un’infiammazione della prostata. Capita, specie
dopo una certa età. Ma quella … be’, ce l’abbiamo
tutti noi uomini, e pare sia … un po’ come il Santo Graal. Hai presente? La
devi cercare bene bene e se la trovi … BOOM. Un po’ come
il punto G delle ragazze”.
Ora è Todoroki quello in
imbarazzo.
Che lingua sconosciuta sta parlando
Kirishima? Lui non ci sta capendo quasi niente.
Chi,
cosa, dove?
No,
dove no. O sì? “Non
mi guardare così, prima di Mina anch’io sapevo solo … ecco, insomma, quelle
quattro cose in croce. Il minimo sindacale, e mi stavano bene quelle. Ma a lei
piace sperimentare, e onestamente a me pure. Solo che su certe cose ho sempre
messo il veto. Ogni tanto va tenuta al guinzaglio, sennò chissà fin dove è
capace di spingersi. A volte fa paura perfino a me”. Beve un sorso, e Shouto fa altrettanto.
Probabilmente dà per scontato che
anche lui, con Momo … abbia fatto roba.
Quanto meno quella ordinaria.
Se non altro perché stanno
insieme da tre mesi.
E c’era anche lui il giorno in
cui durante il discorso di AizawaAshido
si era alzata in piedi trillando:“Oh,
grazie prof! Kiri, ciccio,
quando torniamo al dormitorio ho un paio di cose da farti vedere!”.
Tutti avevano preso fuoco neanche
avesse sventagliato lui il suo mezzo quirk.
Aizawa compreso, che aveva tossicchiato
e borbottato qualcosa tipo un: “Ashido, siediti e sta’
zitta, per favore”.
Ed era stato … sollevato che Momo
fosse assente. Non stavano ancora insieme, tuttavia col senno di poi ci aveva
riflettuto spesso, su quell’episodio.
“Più di una volta mi ha chiesto
se … potevamo provare. A cercarla, intendo. Ovviamente riferito a me. E non ho
mai voluto, insomma, dai, cazzo. Un conto è una ragazza, tutta delicata e
profumata e via dicendo. Ma … infilare … qualcosa nel … ehm, nel fondoschiena
di un ragazzo … dai. Siamo uomini, per la miseria. Non che io abbia pregiudizi,
eh! Figurati. Non si tratta di quello. Solo … bah. Io non ce la faccio. Non ci
riesco proprio”.
“Mhmmmhmm”.
“Stavolta … ha cominciato ad
insistere. E non la smetteva, tant’è che alla fine mi sono spazientito e me ne
sono andato sbattendo la porta, sono tornato in camera mia. L’ho minacciata
dicendole che se combinava qualcosa l’avrei comunque saputo, perché non esiste
che lei faccia qualcosa e poi non si metta in piazza da sola. Possibile che non
lo capisse, santa miseria? Era il corpo di Bakugō.
Lo stesso Bakugō che siamo andati a recuperare
da quei bastardi, con cui a fatica sono riuscito a costruire un rapporto di
amicizia, con cui ne abbiamo passate di tutti i colori. Io non potevo fargli
questo, nemmeno per compiacere lei”.
Pur nebuloso, un vago pensiero si
delinea nella mente di Shouto. “Ma … voleva, per caso
…”.
“Oh, no. Quello assolutamente
mai. Ma … insisteva dicendo che in fondo poi sarebbe tornata una donna, e
allora … ecco … non avrebbe più potuto provare … se è vero o no quel che dicono”.
Si passa una mano sulla fronte aggrottata. “Stamattina mi ha chiesto scusa, ha
detto che forse tutto quel disastro di ieri sera le aveva un po’ annebbiato il
cervello, e che in fondo stava scherzando, voleva soltanto provocarmi visto che
non … ci diamo dentro da un po’, e le manco. Probabilmente non è del tutto
vero, ma non è successo niente e se quel pervertito di Mineta
ha colto qualche frase di sfuggita ha frainteso il senso di quel che stavamo
dicendo. Ma è stato sufficiente a scatenare un putiferio”.
Todoroki è un tantino scosso da
tutto quel discorso.
Ma ciò ch’è chiaro, alla fine, è
che in realtà non è successo nulla. “Dovresti dirglielo, Kirishima”.
“Sì, certo. Adesso proprio poi. Ahhh, mi ammazzerebbe. E la tua donna si farebbe trent’anni
di galera senza aver altra colpa di essere finita assieme a tutti noi in questo
casino”.
Oddio, Yaoyorozu.
“A proposito, dovrei … andare. Penso sia bene andare a vedere come sta. Anche
lei è rimasta scossa da oggi, e credo abbia bisogno di me”.
“Be’, se non altro tu non rischi
col ritrovarti di certe richieste”. Poi si pizzica il labbro. “Scusa. Sto
andando nel pallone, non so nemmeno cosa dico”.
“Ma no. Non ti preoccupare”.
Prova ad abbozzare un sorriso rassicurante, allunga la mano a posargliela sulla
spalla. Un gesto gentile per il compagno angustiato. “Dai, Kirishima.
Sono sicuro che ti perdonerà, appena avrete chiarito. Potrei dirglielo io. Male
che vada picchierebbe me, anzi quasi sicuramente”.
Eijirō fa una faccia strana. Diversa.
Quasi … contenta? “Potrebbe anche ascoltarti. Pare quasi … inizi ad aprirsi nei
tuoi riguardi. Vi ho visti … abbastanza affiatati ieri sera. E oggi ho notato
come ha reagito quando gli hai impedito di venire a fare a pezzettini me e
Mina. Di solito non ascolta nessuno, a parte me, e nemmeno sempre. A proposito,
grazie”.
“Non c’è di che. E poi … dovevo
proteggere il corpo di Momo”, mormora, posando la propria tazza quasi del tutto
intonsa, da cui manca meno di un sorso.
In effetti non è che gli andasse
granché. Avrebbe di gran lunga preferito del tè verde.
Ma l’ha accettata giusto per far
sfogare Eijirō. “Kirishima,
non farlo. Non lasciarla. Cioè … magari potresti prenderti del tempo, finché
questa situazione non sarà finita. Ma Ashido ha
bisogno di te, e tu di lei. Capisco che magari sia un po’ strana, ma è semplicemente
fatta a modo suo. Non è un male, anche se a volte può essere ingestibile … be’. Stare insieme è anche questo. Ci si comprende e
perdona da parte a parte. Altrimenti non ha senso. Se tieni davvero a lei, e
immagino sia così, non puoi abbandonarla quando ha più necessità del tuo
sostegno e conforto”.
Kirishima pare pensarci un po’ su. Poi
annuisce. “Hai ragione, Todoroki. Ma stasera … è meglio che la lasci a cuocere
nel suo brodo. Così magari ci pensa un attimo prima di mettermi in questi casini.
Sai, pensavo che è forse un bene, che sia finita proprio nel corpo di Baku-bro. Fosse stato … un altro … che ne so, forse alla
fin fine avrei anche rischiato col cedere a qualcosa. Cioè non che non abbia
rispetto di tutti voi altri, ci mancherebbe. Ma sai com’è. Quando il sangue ribolle, dà al cervello, e magari non riesci a rimanere
tanto saldo e lucido. Siamo uomini, no? Ardenti e virili. E infondo non sarebbe stato diverso … dal
toccarsi da soli. Capiamoci, a tutti piace fare un po’ di lavori manuali, di
tanto in tanto. Ma non significa certo che siamo dell’altra sponda, sempre con
rispetto parlando. Mi segui, no?”.
“Ah ah”.
“Ma non avrei mai potuto far
questo a Bakugō. Per me è come un fratello. E …
quasi mi fa male che abbia potuto credere che davvero … possa averlo potuto
violare in questo modo. Cazzo, io ci ho quasi rimesso le penne per lui”.
“Dai, Kirishima.
Davvero, ci parlo io. Anzi sai cosa? Magari ci vado adesso. Se è ancora
intontito dagli antidolorifici magari è più malleabile”.
Povero Kirishima,
pensa allontanandosi dalla sala comune.
Poveraccio davvero.
Entra in ascensore, sale al terzo
piano.
Le luci sono ancora accese.
D’altronde il coprifuoco scatta alle nove e mezza, il fatto che non ci sia
nessuno di sotto a parte Eijirō è solo per via
del fatto che è stata una giornata davvero da incubo, e chi più chi meno hanno
il terrore di ritrovarsi ancora in qualche altro casino.
Chissà se basterà questo, a
sgretolare la loro classe.
Si ferma davanti alla porta di Midoriya. Bussa piano. “Momo, sono Shouto.
Sei sveglia? Volevo parlare un po’ con te”.
Nessuna risposta.
Che sia sotto la doccia? O magari
si è addormentata, una volta andata via Uraraka?
Probabile. Doveva essere davvero
stanchissima.
E lui … be’.
Lui si sente sfinito. Ha aspettato per ore che Bakugō
si decidesse ad uscire dallo spogliatoio, è stato costretto a tornarsene al
dormitorio senza aver nemmeno reindossato l’uniforme,
ha ancora la tuta regolamentare addosso.
Solo per farsi mandare al diavolo
e ordinare di non azzardarsi a seguirlo a meno di cento metri di distanza.
No, non è davvero facile avere a
che fare con Bakugō.
Kirishima deve avere un sangue freddo
eccezionale per sopportare sia lui che Ashido.
O forse è solo troppo buono di
cuore.
Si reca in camera propria, chiude
la porta a chiave e tira fuori il futon dall’armadio.
Si spoglia, e dopo una rapida
doccia infila la tuta che porta in camera e si sdraia.
Accidenti, però. I discorsi di Eijirō.
Adesso che è da solo, e non deve
preoccuparsi delle proprie reazioni davanti all’amico, lo fanno arrossire.
Non avrebbe mai pensato che
alcuni tra i suoi compagni fossero tanto … scafati, per dirla tutta.
Certo non tutti arrivavano ai
livelli di quei due. Ma … il delirio scoppiato dopo mensa lasciava intendere –
e neppure velatamente- che bene o male avessero un po’ in tanti le mani in
pasta in certe faccende.
Si volta sul fianco, ritrovandosi
a fissare la finestra. Fuori è buio.
E si domanda se non ci sia
realmente qualcosa di sbagliato in lui.
La sera precedente Bakugō l’ha ripreso più volte perché stava guardando
il décolleté della sua fidanzata. E la cosa bella è che lui stesso non se n’era
neppure reso conto, solo … lo sguardo correva lì e lì rimaneva, dopo che
l’aveva sfiorato per caso nell’impedire a Bakugō
di cadere.
E quel giorno, quando gli era
finito addosso, e poi l’aveva ripreso per evitare che corresse a scannare Kirishima, lo aveva addirittura sentito contro di sé.
E gli aveva fatto un’impressione
strana.
Ma … pensare di … provare
consapevolmente a toccarlo … lo faceva sentire come se stesse compiendo
qualcosa di riprovevole.
Eppure è la sua donna. Una
bellissima donna.
Persino suo padre lo ha notato.
Aveva caldamente approvato.
Anche se in fondo … a lui non frega
poi granché.
E’ per Momo che ci aveva tenuto
tanto. Perché sapeva com’è fatta, lei avrebbe avuto un colpo al cuore, se Enji non l’avesse considerata all’altezza di suo figlio.
Ma tanto aveva i tacchi.
Oh,
guarda, una battuta.
Forse avrebbe soltanto dovuto
impegnarsi un po’ di più. Quando la guarda vede una brava ragazza, di buona
famiglia, e le sarebbe parso di farle uno sgarbo se solo avesse azzardato
qualcosa di meno che educato.
In effetti solo da quando c’è Bakugō la tocca senza avvertire quel senso di
angoscia.
Forse perché appunto sa che lui
si sarebbe incazzato ma solo perché già nel suo corpo detestava i contatti e li
evitava sempre.
E poi perché appunto è un uomo.
E inoltre, Todoroki gli sta sulle
scatole.
Shouto si morde il labbro. E’ vero quel
che ha detto Kirishima? Che inizia forse … ad aprirsi
un po’, con lui?
Magari potrebbe essere un buon
modo per cominciare ad instaurare qualche sorta di legame.
Chissà.
Il mattino dopo, in classe,
trovano una sorpresa.
Melissa, la figlia di David Shield, è accanto ad AllMight.
Sono tutti sbattuti come uova
alla piastra.
Momo è torva. Nessuno ricorda di
aver mai visto sul faccino puccioso, lentigginoso di Midoriya un’espressione tanto cupa e tempestosa.
Un altro po’ e sembra più Bakugō. Che in compenso pare assente, c’è col corpo –
ma non con la mente. Ha lo sguardo vitreo, le palpebre gonfie e sembra che
abbia trascorso la notte in una stazione degli autobus, in pieno Dicembre. Non
spiccica verbo, da quando è entrato si è seduto e tiene lo sguardo fisso
davanti a sé senza vedere nulla sul serio, però.
O almeno questa è l’impressione
che dà.
Midoriya di tanto in tanto viene assalito
da un tic. Ashido non osa alzare lo sguardo dal
banco, e fa impressione vedere Bakugō a capo
chino con l’aria di chi non sa neanche cosa dire.
Quelli che sembrano passersela un filo meglio sono i restanti tre. Ojiro- cioè Kaminari- scocca di
tanto in tanto occhiate a se stesso, avvampando.
Lui, Kaminari
– cioè, Kyoka – stira un sorriso timido, affondando
con le spalle.
Anche Mashirao sembra in forma.
Con Shinsou dev’essere tornato il sereno, le occhiaie
di quest’ultimo sono meno scavate. Di tanto in tanto sorride a labbra chiuse,
poi si volta verso Kaminari e gli scocca qualche
occhiata poco convinta, ma molto meno minacciosa.
“Allora, ragazzi. Il professor Shield purtroppo non può raggiungerci, è impegnato in un
progetto della massima importanza. Ha però dato istruzioni chiare a me e a sua
figlia, Melissa-san, che si trovava già a Tokyo”.
“Siccome
è necessario conoscere i dettagli di quel che vi ha scambiati di corpo, per
poter attivare il procedimento inverso, ora vorrei che qualcuno di voi mi
spiegasse con calma cosa ricordate dei momenti immediatamente precedenti lo
scambio”.
Capitolo 28 *** 28. La luce in fondo al tunnel (forse) ***
28.La
luce in fondo al tunnel (forse)
La Yuuei è davvero
enorme, non può che notarlo mentre percorre i corridoi verso il reparto
tecnologico con AllMight e
Midoriya. Nel corpo di un’altra. Di Mina Ashido.
Quando lo ha scoperto, quella mattina, ha
faticato a crederlo.
Su I-island quando si
erano conosciuti Midoriya gli aveva parlato molto dei
suoi compagni di classe e anche Ochako, e le sfuggiva
che qualcuno di loro avesse un potere simile a quello che AllMight le aveva descritto.
E poi, Momo non le era sembrata così diversa.
Era bellissima come sempre, cordiale, anche se non ci aveva parlato di persona,
aveva ballato tutta la sera. Come avrebbe fatto la vera Momo.
Eppure ci aveva creduto subito. Non poteva
essere altrimenti.
Solo nel caso di un’emergenza simile Midoriya avrebbe potuto essere così cattivo con lei.
Dopo la festa, in cui si era sforzata il più
possibile di mantenere una facciata accettabile, era tornata in albergo in
lacrime, confusa, delusa e ferita. Era stata così felice di dover prendere il
posto di suo padre in quella festosa riunione fra eroi e aspiranti tali fra
tutte le migliori scuole del Giappone. Proprio perché avrebbe significato poter
andare a Tokyo e rivedere Midoriya.
Da quando si sono conosciuto, e lui aveva
salvato suo padre, si erano sentiti spessissimo. All’inizio solo per messaggio,
poi avevano iniziato a chiamarsi e a video-chiamarsi sempre più spesso. Midoriya le piace, le piace tanto, davvero. Ma per impegni
inderogabili dell’uno o dell’altra non si sono più potuti vedere.
E adesso, dopo un anno, l’occasione.
Era euforica, e euforica aveva preso
quell’aereo.
Glielo aveva anche detto, ma lui non le aveva
risposto. E poi, la delusione della festa.
Che colpo per lei!
Dopo aver atteso con speranza e pazienza!
E forse per questo AllMight, quando l’aveva chiamato in lacrime, non si era
saputo esimere dallo spiegarle tutto quanto.
“Non sappiamo ancora che cosa sia successo di preciso. Ci
stiamo lavorando e con Hatsume del dipartimento
supporto stiamo anche cercando di risolvere il danno. Non avercela con il
giovane Midoriya: era così scioccato di trovarsi nel
corpo della giovane Ashido che non ha più pensato a
nulla!”
“Oh, povero Deku! Io...hey, ho un’idea!”
“Un’idea?”
“Sì! Pensi che possa venire alla Yuuei
a parlare con i ragazzi, zio Might? E...vedere se
posso aiutare questa Hatsume del dipartimento
supporto?”
AllMight non ci pensa due volte,
“Sarebbe fantastico! Il tuo genio e quello di HatsumeMei insieme potrebbero compiere davvero il miracolo!”
“Prendo subito il treno, zio Might!
Arrivo in un lampo!”
E adesso è lì, con Deku
che per qualche ragione che ancora non ha capito le tiene le distanze.
Ma è felice di vederlo, anche se a conti
fatti...quello che vede è il volto di Mina Ashida,
che lei ha conosciuto solo di sfuggita. Ma dentro c’è Deku,
quindi va bene anche così. Almeno per il momento.
Dopo i pianti della sera prima, aveva bisogno
di vederlo. O meglio...a questo punto è il caso di dire parlargli.
“A proposito, ma allora chi c’è nel tuo corpo, Deku?”
“Ah, ecco...Yaoyorozu-san.”
Melissa giunge le mani fra loro, “Poverina,
Momo, ieri devo averla messa davvero in imbarazzo, Più tardi quando andrò a
parlarle le chiederò scusa del disagio. Però, Deku, avresti
potuto dirmelo. Avrei capito e ieri sera mi sarei risparmiata la pessima figura
fatta con Momo!”
“Mi...mi dispiace. E’ solo che...pensavo che
fosse meglio non lo sapesse nessuno. Non sarebbe stato semplice da spiegare
e....insomma...c’era un sacco di gente...”
“Certo, capisco, è solo che...” è solo che io ci sono rimasta così male...
Ma non è a quello che deve pensare. In fondo,
se riesce a far tornare tutto com’è normale che stia non dovrà più pensare a
quella storia. Avrà di nuovo un Midoriya tranquillo
con cui poter parlare serenamente.
“Deku sei...sicuro di
star bene?”
“A-ah....s-s-sì
certo. P-peròMelissa-san
ecco....magari....potresti stare di là?! Ecco!”
“Di...là? Dall’altro lato di zio Might? Perché?”
“Solo...ti prego!”
“Oh. Beh...okay.”
Che strano comportamento. Nemmeno il fatto che
sia nel corpo di una donna che per altro è una sua amica giustifica il fatto
che la voglia così lontano. Forse...forse c’ha visto giusto, la sera prima?
Forse tutto sommato quella storia ha solo fatto venir fuori la verità.
Che Deku è stanco di
avere a che fare con lei.
Che per telefono è tutto perfetto, ma poi dal
vivo le cose cambiano.
O forse che lei ha frainteso. Che a Midoriya piace Uraraka come lei
ha sempre pensato dopo averli conosciuti e che innamorandosi di lui lei ha
preso solo un abbaglio, destinato a spezzarle il cuore.
Vorrebbe solo...essere sicura dei suoi
sentimenti per lui come lo era quando è atterrata in Giappone, due giorni
prima.
Invece adesso non è più sicura di nulla.
A parte voler aiutare i suoi amici. Quello sì,
sempre.
“Pensi che possa riuscire a parlare con gli
altri ragazzi, zio Might?”
AllMight si porta la mano sottile
al mento appuntito, mentre ancora cammina, come pensieroso. “In effetti
potrebbe essere un problema. Più che altro, per il giovane Bakugou. Non so se
sarebbe disposto.”
“Beh, per uno penso che non cambi molto. Ho
bisogno di sapere molto bene cosa stavate facendo, dov’eravate e se ricordate
qualcosa di particolare. Poi ho bisogno di sapere quali sono i vostri quirk, così da escludere qualunque altra cosa. Midoriya, vuoi dirmi qualcosa tu per iniziare? Così inizio
a farmi un’idea. Che ne pensi?”
“Beh...dunque, eravamo in palestra, nella
palestra 2 per esattezza. E ci stavamo semplicemente allenando. Poi, dunque...è
stata una cosa strana. Ho sentito come una scarica in tutto il corpo e ho
vi...-” Midoriya si blocca, sia nel parlare che nel
camminare.
Aveva visto una cosa, dopo i brividi.
Oddio. Come ha fatto a scordarselo? Quello che
ha visto...non è la prima volta.
E’ già successo. Più di una volta e sempre con
lo stesso problema successivo.
Oddio.
Oddio.
“Oddio...”
“Giovane Midoriya, va
tutto bene?”
“Midoriya?!”
“Io...io ho bisogno di parlare con AllMight da....solo. Sì, da
solo. Melissa perché nel frattempo non vai avanti? Noi ti raggiungiamo poi!”
“Ma non so neanche dove...aspetta! Midoriya!”
Melissa rimane lì, a guardare il dormitorio
della A lì davanti a lei, le mancavano pochi metri per arrivare. Ma pensava di
varcare la soglia con Midoriya.
Invece è fuggito.
Iniziava a credere che...no. No, non ci deve
pensare. Non è giusto. Deve essere stata sicuramente qualcosa di importante, in
fondo. Altrimenti non se ne sarebbe mai andato. Ma perché farsi tutti questi
problemi? Non è da lei.
Adesso ha un compito. A quello e basta deve
pensare.
Per sentire tutti, compreso chi ha avuto la
fortuna di non finire in quel pasticcio, Melissa ci mette quasi tutto il
pomeriggio. Alla fine Bakugou non è disponibile, non scende affatto a parlare
con lei, proprio come ha temuto AllMight. Ma in fondo va bene lo stesso e poi anche se non
sono stati scambiati alla fine erano presenti anche gli altri.
Voleva farsi un’idea più chiara possibile di
questo fattaccio, invece ottiene solo più confusione.
I racconti sono tutti uguali e nessuno combacia
con parte di quello dato da Midoriya.
Nessuno ha sentito brividi o scariche e nessuno
ha visto niente, anche se lì Midoriya non ha finito
di parlare, quindi Melissa non ha idea di cosa possa aver visto.
Ma qualcosa ha visto, lo stava dicendo, prima
di trascinarsi via AllMight.
Che c’entrasse proprio questo?
Ma gli altri le hanno detto tutti che è stato
improvviso e basta. Una forte luce che li ha costretti a chiudere gli occhi e
poi, riaprendoli, si sono trovati scambiati.
Che fosse questo che stava per dire Midoriya? Di aver visto una forte luce? Perché non l’aveva
detto allora?
Eppure non le è sembrato, lì per lì.
Senza contare che quando si è fatta dire
dov’erano al momento dell’incidente, tutti quelli coinvolti si trovavano vicini
fra di loro. A guardare bene, ad essere precisi, Midoriya
era più o meno al centro, e tutti quelli coinvolti gli erano intorno.
A Melissa questo puzza tutto di strano.
Non che volesse dubitare di Midoriya,
mai l’avrebbe fatto, ma...è strano, no?
Ad ogni modo, non l’hanno portata a nulla di
realmente utile, per questo raggiunge HatsumeMei molto presto, la mattina dopo, prima ancora dell’inizio
delle lezioni, e parla a lungo con lei sul macchinario che si è inventata.
E’ straordinaria, quella ragazza. Una mente
acuta, anche se un po’ eccessivamente esuberante.
Ha perso tutta la mattina a parlare con lei, e
probabilmente potrebbe farlo per altre ore. All’infinito.
Hatsume la capisce, coglie tutto quello che dice, può usare
termini tecnici e non deve spiegarsi,e poi ha le sue stesse idee!
Più o meno.
“Io penso che dovresti modificare il progetto
di un paio di punti per evitare che la struttura sia troppo ingombrante e che
rallenti i movimenti dell’eroe che la indossa!” le disse, entusiasta, “Io farei
così, almeno!”
“Ma che idea grandiosa!” squittisce Mei, “Melissa, io e te andremo di sicuro d’accordo!”
“Potreste andare d’accordo mentre cercate di
fare quello che vi è stato chiesto?!” la voce di Aizawa
è lapidaria. Si sente chiara e tonda ancora prima che apra la porta.
Melissa drizza subito la schiena.
L’hanno scordato. Cioè, ad un certo punto si
sono messe a parlare di altri meccanismi di supporto e quelli sono passati in
secondo piano. Una carenza di appena un paio d’ore. Niente che non possano
riuscire a recuperare entro la fine della giornata.
“Oh, ma quello è già bello che pronto, professore.
Non è vero Melissa?”
“Sì. Sì, credo. Mancano solo gli ultimi
ritocchi.”
“E pensate che funzionerà?”
“Beh...” Melissa si sistema gli occhiali sul
naso, gli occhi azzurri dietro le lenti brillano, “Stiamo andando completamente
alla cieca visto che gli altri, con cui ho parlato, non hanno notato alcun
dettaglio che possa aiutarci a studiare il fatto. L’unica cosa certa è che non
possa essere stato il quirk di nessuno, perché non
combacia con nessuno della classe, a meno che qualcuno non si sia intrufolato,
ma...”
“Va bene, va bene, ho capito,” sospira Aizawa massaggiandosi la base del naso, “Fate solo quello
che dovete, e fatelo in fretta, per carità. Quando potete iniziare?”
“Beh, ad occhio penso...-”
“Stasera!”
Melissa alza gli occhi su Hatsume,
“Non credi che sia un po’ presto?”
“Andrà benissimo!”
“Ah. Beh...posso rivedere il progetto e il
macchinario, prima?”
“Ma certo!”
Aizawa sospira di nuovo. Quella sera.
Sì quella sera sarà tutto finito.
Lo spera almeno.
Melissa non sembra del tutto convinta me Mei è euforica. Anche se MeiHatsume è sempre euforica.
“Ma dov’è finito AllMight,” brontola, lasciando l’aula con quelle due dentro e
trascinandosi dietro il sacco a pelo giallo.
Ha bisogno di dormire.
Quando arrivano alla sera, nel dipartimento
supporto, anzi più in particolare nella stanza adibita a laboratorio dove
quelli del dipartimento supporto –eMei- e il docente responsabile –di
solito con Mei fra i piedi- si occupano di creare le
divise e i supporti richiesti dagli studenti, la situazione è tesa.
Tesissima, anzi.
Melissa lo nota subito, E non è molto
piacevole.
Le dispiace per loro, devono essere tutti
nervosi e preoccupati. Lo capisce, ma più di quello che ha fatto con HatsumeMei non può fare.
“Mi sembra una macchina di tortura,” brontola Kaminari, guardandosi intorno, “Siamo sicuri che funziona?
Cioè non è che ci fulminate?”
“Proprio tu lo dici, Kami?”
“Beh, in questo momento non ne sarei immune!
Cioè, mi fa piacere che lo sei tu, Jirou, ma....”
“Oh, beh, non abbiamo molte alternative se
vogliamo tornare nei nostri corpi!” sentenzia frettolosa Momo. Il visetto di Midoriya che tanto piace a Melissa è teso e pallido. Momo,
per qualche ragione, sembra di cattivo umore.
Mai quanto Bakugou, ad ogni modo.
Ojiro invece sembra solo malaticcio.
“Ad ogni modo come dice Momo non abbiamo altri
piani,” fa Melissa, guardando Mina. O meglio, il volto di Mina, sì, ma dentro
cui c’è Midoriya. Non la guarda, non guarda nessuno.
Fissa il pavimento e si tortura le mani.
“Sì, ti prego, Melissa-san.
Facciamo in fretta!” mormora anche Ojiro.
Melissa annuisce, li fa avvicinare tutti alla
macchina e poi posiziona un elettrodo sulla tempia destra di tutti.
“D’accordo!” trilla Hatsume,
elettrizzata solo all’idea di iniziare, saltellando sul posto, carica più che
mai. “Siamo tutti pronti a partire?!”
Mina sospira, “A me un po’ dispiace! Ma non si
può stare...-“
“Ashido! Taci!”
“Ma, Kiriciccino...”
“3...2...1...ORA NON SI TORNA PIU’ INDIETRO!
VIA!”
Angolino Autrici:
Io e Anya ci siamo rese conto troppo tardi che da qui
in poi ci saranno SPOILER ENORMI sul OneforAll dal manga, se non siete
in pari.
Ho aggiunto l’avvertenza, ma lo scrivo e lo ribadisco perché mi sembra giusto.
Se non siete in pari e avete comunque letto ci scusiamo immensamente della
svista che abbiamo avuto.
Perdono =(
Un bacione, spero non sia stato un problema troppo grosso. Asu
Capitolo 29 *** 29. Remix (tutto è bene quel che finisce) ***
29.Remix (tutto è bene quel che finisce)
Lo scoppio è stato tremendo, si dev’essere sentito un botto fino all’altro capo della città
come minimo.
Appena si è diradato il fumo il
primo pensiero è stato controllare che stessero tutti quanti bene.
Zio AllMight, accanto a lei aveva sospirato. Sicuramente stava
pensando la stessa cosa.
Quello che - Melissa ci metterebbe
la mano sul fuoco- hanno pensato tutti quanti.
Dovevano immaginarlo che Hatsume non fosse proprio la persona più qualificata per un
esperimento del genere.
Sarà anche piena di inventiva. Ma
sottovalutare i rischi fa parte del suo carattere, e tiene più alle sue
creature che ai poveretti che le collaudano.
Melissa l’aveva vista correre
incontro al macchinario a velocità di crociera, un missile impazzito. “LA MIA
BAMBINA! LA MIA BELLISSIMA BAMBINA!”, ed era scoppiata a piangere, abbracciando
quel che restava del marchingegno da cui usciva ancora del fumo.
“Hatsume-san,
non avvicinarti! Potrebbe essere pericoloso!”, le aveva gridato dietro Iida. Ma la rosa non gli aveva dato retta, era rimasta a
singhiozzare sulle ferraglie come avesse perduto qualcosa di molto caro anche
mentre il resto della 2-A si avviava a liberare i compagni svenuti, e portarli
in infermeria per accertarsi sulle loro condizioni; la bionda figlia del
professor Shield, accompagnata da Tsuyu-chan,
ha seguito il corteo in silenzio, con il sottofondo delle urla di Mei e dei tentativi di Tenya di
staccarla da lì.
E’ trascorsa circa mezz’ora. Non
sono entrati tutti, solo Kirishima, Todoroki, Uraraka, Shinsou, insomma coloro che hanno un legame … più
stretto con i coinvolti nella faccenda; gli altri, insieme ai professori
aspettano fuori.
Melissa è ancora sconvolta sì, ma
più che altro è preoccupata; sfila e pulisce gli occhiali ogni due minuti, è
ansiosissima.
Avrà funzionato? A giudicare
dalla reazione della macchina, direbbe proprio di no.
Eppure ce l’ha messa tutta a
progettarlo nei minimi particolari.
Certo, sapere cosa ha scatenato
quel delirio l’avrebbe aiutata un po’ di più.
“Melissa-san,
dici che saranno tornati “normali”?”, fa eco al suo pensiero Ochaco, che le punta addosso gli occhioni
lucidi nel camerone dove sono stati sistemati gli incoscienti: è praticamente
inutile cercare di operare distinzioni tra ragazzi e ragazze, così li hanno
accorpati tutti assieme.
E poi aspettano i risultati.
Quasi si trattasse di una malattia, e vogliano sapere tutti se c’è stata la
guarigione oppure no.
“Lo spero tanto …”. Appena
sentono un lamento provenire dal corpo di Deku/Momo,
la prima che pare stia riprendendo conoscenza si avviano verso di lei,
timorose.
Sta scuotendo la testa ricciuta. Sembra
stordita, si augura solo non sia rimasta ferita. “Yaoyorozu-san?”.
I grandi occhi di smeraldo la
fissano, e per un attimo il fiato le si spezza in gola.
“Me … Melissa- san…”, la chiama, e basta tanto così a tranquillizzarla.
Se non altro non hanno subito
traumi cerebrali. E’ già una cosa. “Mhmm … dove mi
trovo?”.
“Sei nell’infermeria, Momo-chan”.
“Ma … perché continui a chiamarmi
così? C’è … Kacchan nel corpo di Yaoyorozu
… e lei … lei è nel mio e…”. Qualcosa si attiva di
colpo, il ragazzo si mette immediatamente a sedere sul letto, spalanca gli
occhi, si guarda le mani sfregiate. “Sono
… sono io …”.
Non vuole crederci.
E nemmeno lei, ci crede ancora.
La sua voce è un filo sottile quando
pronuncia il nome “giusto”. “I…Izuku?”.
“Deku-kun?”,
fa piano Uraraka, battendo le palpebre.
“Mhm…
oddio, ODDIO! SONO IO!”. Le dita coperte di cicatrici si chiudono in due pugni
vittoriosi. “SONO IO! SONO TORNATO!”.
“Vuoi piantarla di strillare, per
favore?”. Jirou, ch’è nel letto accanto si massaggia
la tempia, impossibile dire chi ci sia adesso nel corpo della ragazza.
“Kyoka-chan,
sei tu?”, domanda Uraraka, speranzosissima.
“Sì … ah, che mal di testa
infernale …”. Si guarda intorno, realizza che ha riavuto il suo aspetto
originale. E subito cerca con gli occhi Kaminari,
ancora privo di conoscenza.
Incrocia lo sguardo con Shinsou,
le cui iridi viola fremono di muta speranza. E’ accanto al corpo di Denki, è evidente che lui non ci ha creduto neanche un
istante che potesse funzionare ma adesso è costretto a rivedere le proprie
posizioni.
E lo fa, passando accanto al
letto in cui è sdraiato il corpo di Ojiro, mentre Jirou
balza giù dal letto e prende il posto di Hitoshi; allunga le dita magre sul
viso del biondo elettrico. “Ehi, sveglia, sveglia!”.
Ma gli occhi di Melissa restano
fissi sul viola. Lo vede chinarsi piano sul biondo, carezzargli delicatamente
la fronte, scostare i ciuffi dorati ricaduti sugli occhi.
Impossibile non comprendere
quanto sia forte il sentimento che li lega. E … si augura con tutto il cuore
che abbiano presto il loro lieto fine, come Deku e Kyoka.
Volta appena lo sguardo azzurro
per guardare con tenerezza il capo smeraldo che si scuote di meraviglia, nel
vedersi tornato “normale”.
E un attimo dopo un urlo squarcia
l’atmosfera gioiosa che si era creata nello stanzone asettico. “CAZZO FAI,
FACCIA DA MORTO?!”.
Trasalgono, nell’udire quelle
parole inconfondibili .
Appena sentono la voce pacata di
Ojiro imprecare sgranano tutti gli occhi in sincrono.
Le due cose unite sono
inammissibili.
E’ … è … oh, porca miseria. “Huh?”. Gli occhi neri si squadrano le mani, le gambe, volta
la testa per spiarsi il retro.
Questa è
da manicomio.
Nel corpo di Mashirao c’è finito Bakugō. Che non la prende niente bene. “MA DANNATA LA
PUTTANA! CHE CAZZO AVETE TUTTI COL MIO CULO EH!”.
Hitoshi trasale, solleva le
braccia, si allontana. La delusione sul volto pallido e segnato da profonde
occhiaie è palpabile. “Scusa, Bakugō”.
“SCUSA UN CAZZO, PERVERTITO! Non
le sai tenere proprio le mani lontane dalle chiappe del tuo ragazzo, eh! Ma
vedi di cambiare musica, o ti impicco con quelle bende del cazzo, stronzo!”.
Ochaco posa una mano sul polso di
Melissa e si allontana, raggiungendo il teatro di quella tragicommedia gridata.
“Bakugō … calmati, per favore”.
“CALMATI UNA SEGA! VORREI VEDERE
TE AL POSTO MIO, MALEDETTO IL MONDO! Prima mi tocca la tettona,
mò il … il …”. E no, non aggiunge altro, complice lo
sguardo letale di Shinsou, che lo fissa come volesse ordinargli di mordersi la
lingua finchè non se la stacca, se solo si azzarda a
pronunciare qualche parola poco consona.
Todoroki intanto è accanto al
corpo di Yaoyorozu. E’ ancora incosciente,
impossibile dire chi sia, adesso che Bakugō è dentro
Ojiro –oddio, certo che detta così, insomma- ; sicuro
si augura che a Momo sia toccata la stessa fortuna di Midoriya
e Jirou.
La scruta con attenzione, cerca
di intuire qualcosa. Gli occhi spaiati fissano il volto della ragazza con
un’intensità maniacale, quasi che basti questo a farla rinvenire.
“Mhmm?”.
Le ciglia di Momo sfarfallano, le palpebre si sollevano e mentre mette a fuoco,
Todoroki avvicina ancora di più la faccia a quella di lei.
“Mhmm? Mhmm … AHH! Todoroki-kun!”, gli strilla tutto d’un colpo, perforandogli un
timpano probabilmente.
Il povero bicolore cade sul sedere,
colto alla sprovvista. “Ma che, volevi svegliarmi con un bacio? Grazie del
pensiero, ma io sono fedele al mio Kiriciccino anche
se non stiamo più insieme! E poi non vorrai che pensino male di te e Bakubro no?”.
Non c’è modo di sbagliarsi su chi
abbia assunto le sembianze di Yaoyorozu.
Kirishima, in piedi accanto al corpo della
sua ex-fidanzata, si gratta la tempia. E’ evidente che anche lui … sperava
fosse tornata normale, almeno lei, se non altro per la pace di tutti.
Che davvero abbiano chiuso,
Melissa non ci crede. Gli occhi vermigli di Eijirō
erano colmi di troppa pena, mentre aspettava che si svegliasse.
Chissà se riusciranno a chiarirsi
presto. “E allora tu …”.
“Kirishima?
Kirishima!”. “Ashido” butta
le braccia al collo al rosso, lo strizza, se non sapessero che non è davvero
Mina verrebbe da pensare sia tornata al suo posto. “Sono vivo! Ti vedo
fratello, ti vedo!”.
“Kaminari?”.
“SI!”. E piange Denki, come fosse vittima di una crisi isterica.
Sì, davvero non fa poi così
differenza, per lo meno per quel che ha potuto sentire fin qui di lei Melissa.
Nel frattempo, pungolato da Kyoka, anche il corpo di Kaminari
si rianima, torna alla vita. “Ji …”. Il ragazzo
tossisce, prova a tirarsi su a sedere.
Pare confuso a morte, si porta
una mano alle testa fissando la ragazza abbassata davanti a lui. “Ji…Jirou-san?”, riprova, con
voce rochissima.
“Ojiro?”.
“Sì … ma … non sono più nel tuo
corpo … non … ma tu sei …”.
“Io sono a posto, Ojiro. Ma tu … ehm… sei in quello di Kaminari”.
I grandi occhi gialli si
sgranano, solo per richiudersi un istante dopo.
E una certa elettricità statica
inizia a diffondersi nell’aria. “NO NO NONO! Calma, calma!”, strilla Kyoka,
portandogli le mani sulle spalle.
Shinsou, rimasto in disparte, in
attesa, ora si avvicina al letto giusto, tende la mano a “Kaminari”
cingendolo con un braccio per impedirgli di schiantarsi sul materasso mentre Kyoka gli sorride.
“Va tutto bene, Mashirao”, mormora
Hitoshi con tono paziente, calmo.
Non così Kaminari,
dentro Ashido. “Oddio. Ho le tette. Cioè, io. Ho. Le.
Tette.”. Sembra sul punto di collassare di nuovo, Eijirō
lo afferra al volo cingendogli i fianchi e Jirou è
costretta a lasciare Hitoshi e Mashirao per andare da lui.
“Sì, e non hai il permesso di
toccarle”, chiarisce immediatamente.
“Jirou
… tu sei … sei …”.
“Sì”.
“BELLISSIMA!”. Denki si libera di Kirishima e la
abbraccia stretta stretta, il faccino di Kyoka affonda nel davanzale di Ashido.
“Che bello vederti di nuovo …”.
“Ka…Kaminari … mi stai … strozzando … lasciami! Oh. Anche io
sono felice di vederti, temevo uscissi più fulminato del solito da questo
esperimento”. Una mano della ragazza si posa con dolcezza sulla testa fuxia di Ashido, poi Jirou se ne rende conto e cerca lo sguardo di Mina, nel
corpo di Momo.
“Va’ tranquilla, Kyoka-chan! Anzi se ne volessi approfittare fa pure! In
fondo te lo devo!”, trilla questa mettendo le mani a coppa davanti alla bocca.
Gli zigomi di Earphone
si fanno scarlatti.
“MINA!”.
E’ Kirishima
che ha gridato. E questo, unito all’esclamazione di poco prima della ragazza
rosa, fa intuire che in un modo o nell’altro non sia realmente finita tra quei
due.
“Be’, stellina, non stiamo più
insieme io e te. Quindi nessuno impedisce a Kyoka-chan
di fare un po’ di esperimenti, se le va”.
“MINA! MA INSOMMA VUOI SMETTERLA?”.
“Che c’è, sei geloso, Kiriciccio? Spiacente, quel bel corpicino non è più tua
proprietà. Quindi posso farne quello che voglio”, sentenzia la ragazza nelle
sembianze di Momo, e fa una leggera impressione vedere Yaoyorozu
esibire tanta disinvoltura.
Non che le stia male, eh.
Kirishima si porta le mani nei capelli. “Ahhh, e che diavolo! Va bene, all’inferno, stiamo ancora
insieme io e te! Ma piantala di mettere in imbarazzo tutti!”.
Mina/Momo ridacchia, a metà tra
divertita e deliziata. “Va bene, la smetto”.
Sono una comica quei due. Fanno
ridere chiunque anche se la situazione non è del tutto sistemata, tranne Bakugō che con gli occhi neri di Mashirao li fissa
come se volesse sbranarli vivi.
Ochaco, con un faccino rosso come un
peperone la sera prima le ha spiegato a grandi linee assieme a Tsuyu e Izuku – che continuava a
mantenersi ad almeno un metro di distanza da qualsiasi creatura di sesso
femminile, e ci mancava tanto così non indossasse guanti e mascherina, nemmeno
si trovassero in piena pandemia- cosa è accaduto prima che arrivasse lei
assieme a zio Might.
E … be’.
Anche se con molti omissis aveva colto comunque il succo del discorso.
E le era spiaciuto per lui. Oltre
che per Kirishima, nonostante le riuscisse difficile
prendere per vera quella storia.
Sicuro c’è stato qualche grosso
equivoco. Non ha conosciuto Mina ad I-Island, ma conosce
Kirishima ed è certa si trattasse di una persona
affidabile.
Come Iida,
Todoroki e gli altri.
Ah, già. Todoroki.
Melissa si volta adesso nella sua
direzione.
Da qualche minuto ha lasciato
“Momo” alle cure di Kirishima per avvicinarsi a Bakugō. O meglio, al corpo di Bakugō.
Che ha gli occhi rossi pieni di lacrime amare, e da quel che riesce a capire
nessuno mai, in quella classe, li ha mai visti così.
Shouto le stringe la mano nella
propria, deglutendo.
Povera Momo. Da un trauma
all’altro, e questo forse è anche peggiore del primo.
Scoprire di non aver riavuto le
proprie sembianze è già brutto. Ma essere finita lei in quelle del biondo esplosivo
adesso …
“PORCO CAZZO!”, sbotta di nuovo
Ojiro, cioè Bakugō. Si getta praticamente giù
dal letto, inciampa nell’appendice che costituisce il quirk
della sua nuova identità. “Merda, dannata coda …”, impreca.
Ma non si ferma. E’ inferocito, e
punta il dito contro Shouto. “Non ti azzardare a
toccarmi, bastardo!”.
Uraraka prova a porsi nel mezzo, gli
afferra il pennacchio dorato della coda sforzandosi di strattonarlo
all’indietro, minacciando di fargli perdere l’equilibrio già precario. “Bakugō, smettila!”.
“Mollami Faccia Tonda,
dannazione!”.
E’ Todoroki a prendere in mano la
situazione. Sfila il palmo dalle dita di Momo/Bakugō,
va a piantarsi davanti al biondino isterico senza alcuna remora.
Melissa ascolta in religioso
silenzio, assieme agli altri, il tono glaciale, risoluto del ragazzo a metà.
Non le è nuovo, sa quanto Shouto sappia essere freddo
e determinato nelle situazioni di emergenza.
Questa, senza ombra di dubbio, lo
è. “Bakugō. Ascoltami bene. Fin qui mi sono
preso cura del corpo della mia ragazza, perché non potevi difenderti, non
sapendo padroneggiare il suo quirk. Adesso è tempo
che mi occupi di lei spiritualmente … che ti piaccia o no”.
Tra un po’ l’intero pavimento
dell’infermeria sarà coperto dai bulbi oculari dei presenti.
Hanno di nuovo tutti gli occhi
spalancati.
Compresi i diretti interessati, Bakugō e Momo.
Probabilmente nessuno mai ha
ammirato lo sguardo di Bakugō esprimere tanta
devozione per qualcuno. Men che mai, se quel qualcuno
è Todoroki Shouto.
D’altro canto nessuno deve
nemmeno aver visto gli occhi sempre teneri, dolci di Mashirao saettare di
istinti omicidi.
I pugni si serrano. Ochaco stringe la coda con più forza in previsione di
doverlo far galleggiare a mezz’aria, sia mai si getti alla gola di Shouto e lo ammazzi in diretta davanti ai compagni
sconvolti.
“Io … Io … GRR! FANCULO BASTARDO!”.
Gira sui tacchi trascinandosi dietro Uraraka,
voltando le spalle all’eterno rivale a metà.
Ochaco deve staccare i palmi, per non
finire faccia a terra. la sua espressione è mesta, preoccupata e afflitta, è
chiaro che anche lei aveva sperato in qualcosa di diverso.
“Bakugō”,
riprende Todoroki, più pacato.
“Che c’è ancora?”.
“Quando hai un momento dovrei
parlarti, se non ti dispiace”.
“Io non ho un cazzo da dirti”.
“Ma io sì”.
Bakugo/Ojiro si gira, lo fissa per
qualche secondo, con aria concentrata. “Tsk”, sputa
infine.
E riprende la sua marcia fino
alla porta, sbattendola con foga.
Lì fuori sono raccolti Aizawa-sensei, zio Might e Midnight. Dalle loro facce si capisce che hanno sentito
tutto, e subito dopo odono la voce del professor Mic,
che probabilmente è rimasto fuori dal campo visivo. “State tutti bene, yeah!”.
“Ma levati, idiota”.
Aizawa scuote il capo, zio Might gli posa una mano sulla spalla. “Tranquillo, Aizawa. Ne verremo fuori, prima o poi”.
Capitolo 30 *** 30. Kacchan non lo deve sapere ***
30. Kacchan non lo deve sapere
“Tranquillo,
Aizawa. Ne verremo fuori
prima o poi.”
Aizawa fissa ancora la scena in
silenzio.
Non risponde ad All Might, non
guarda Bakugou andarsene, non si rivolge nemmeno a Hizashi che è arrivato in un
secondo momento e se ne è uscito con quella frase infelice.
Altro che stanno bene.
O meglio, stanno bene, sì, ma non
sono dove dovrebbero essere. Non tutti, per lo meno. Alcuni sono ancora nel
corpo sbagliato. E per di più, lo scambio sembra essere avvenuto fra i peggiori
di tutti.
Ojiro nel corpo di Kaminari, dopo
i dissapori fra lui e Shinsou, era l’ultima cosa che si augurava.
Momo nel corpo di Bakugou,
neanche dovesse vendicarsi, non ci vuole neanche pensare.
Gli altri erano fattibili, per
quanto potesse essere fattibile quella situazione. Poco.
Niente anzi.
Guarda finalmente Shinsou, che si
è seduto sul letto in cui è Ojiro nel corpo di Kaminari. Ha la faccia
sconvolta, delusa come non gliel’ha vista addosso nemmeno il giorno del
Festival Sportivo, quando ha deciso che puntare su di lui era una buona idea.
A dire la verità, gli dispiace
per quei ragazzini.
In fondo, anche se lo fanno
penare, e a volte vorrebbe piacchiarli a sangue –e alcuni di loro a tratti
ucciderli-, lui è lì per prepararli e proteggerli e vorrebbe davvero che
rimanessero protetti.
Ma questa cosa non poteva
prevederla. Non ha neanche capito cos’è successo.
“Cosa? Kaminari nel corpo di
Ashido?!”
Aizawa ha un tic all’occhio, I suoi
pensieri, per quanto confusi, disturbati da Mineta, che fino a quel momento era
stato zitto. Doveva immaginare che
sarebbe scoppiato presto.
Figurarsi se davanti ad una
simile situazione che coinvolge Kaminari, poi, che gli sta sempre dietro nel
peggiore dei modi, potesse evitarsi di dire la sua, per quanto quell’opinione
non fosse nient’affatto richiesta.
Lui ne avrebbe fatto a meno.
Ecco, Mineta è uno di quelli che
picchierebbe a sangue anche adesso –spesso insieme a Kaminari stesso e a
Bakugou, ma quei due in quell momento gli fanno troppa pena. E gli dispiace per
loro, davvero, Bakugou ha una faccia pessima e una cera se possible persino
peggiore, e sul viso di solito così colorito di Ojiro si nota ancora di più.
Ma possibile che non capiscano
quando è il caso di tacere? Almeno adesso?
Insomma, sono amici no? Almeno
per Kaminari, potrebbe pure sforzarsi.
Non che dubiti che sia
effettivamente preoccupato per gli amici, alla fine un cuore suppone ce l’abbia
anche lui.
Ma accidenti, se almeno fosse in
grado di legarsi la lingua!
Calma, Shota, calma.
“Non è assolutamente giusto che
Kaminari abbia le tette! Maledizione, la vita fa schifo! Kaminari, fammele
toccare!”
Non gli da neanche il tempo di
muoversi verso la porta dell’infermeria. Ancora in silenzio, usa le bende per
legarlo dalla testa ai piedi, stretto come mai.
“Non è carino quello che hai
detto, Mineta-kun!” brontola la diretta interessata, nel corpo di Momo, “E poi
sei arrivato tardi. Adesso che sto di nuovo insieme a Kiriciccino le mie tette
sono solo sue!”
“Ashido, non dargli corda,” borbotta
Aizawa, flemmatico, massaggiandosi la base del naso.
Mal di testa. Ha un gran mal di
testa.
Present Mic gli mette una mano
sulla spalla e stringe la presa, amichevile, “Buono, Shota. Ti ricordi? Gli
eroi non uccidono, nemmeno Mineta.”
Aizawa ringhia, letteralmente,
come un animale.
Ah sì, gli eroi non uccidono, lo
sa benissimo. Poi gli dispiacerebbe anche farlo.
Voleva bene a quelle teste calde.
Ma la lingua, però, ci teneva a
ribadirlo, ad alcuni di loro l’avrebbe tagliata volentieri, in mancanza della
possibilità di legarla.
Libera Mineta, poi schiocca la
lingua e gira sui tacchi, avviandosi nel corridoio.
“Aizawa-san?”
“Sho-ota!” ulula anche la voce
altisonante di Mic, “Dove vai? Don’t move! Dovremmo fare forse qualcosa?!”
“Io me ne vado. Nella mia stanza.
A dormire. E guai a te se mi segui, Yamada!”
“Wait, Shota! Shota!”
“Aizawa-san?” All Might lo chiama
una seconda volta, ma Aizawa lo ignora di nuovo.
Tanto, comunque le lezioni non possono
riprendere in quelle condizioni. Ci hanno provato in tutti i modi, ma sono
sempre finite male. I poteri non li possono usare, e lui l’emicrania già ce
l’ha, non ha voglia di fare la stessa esperienza di Midnight. I suoi colleghi
lo sanno già, che per la sezione A finché la situazione non si rimette le
lezioni le fanno a loro rischio e pericolo.
Il secondo giorno Cementos ci ha
provato, gli pare. Ma non è andato bene.
E chi è lui per andare contro al
karma.
Basta lezioni, basta tutto.
Con Present Mic alle calcagne,
arriva al dormitorio degli insegnati e sale a grandi falcate fino alla sua
stanza, dove si chiude dentro. E’ certo che la porta abbia cozzato poco
gentilmente sul naso di Mic, a sentire l’urlo –nella sua bocca ultrasonico- che
ha lanciato l’amico.
Poco male.
Chiude tutte le persiane e le
tende e si infila nel sacco a pelo.
C’è anche un letto, ovviamente,
nella sua stanza, e il materasso è anche morbid e comodo, le coperte sono
gialle come il sacco a pelo –gliele ha regalate Mic, in verità-. Ma lui, per
qualche ragione, alla fine usa quello quando è davvero stanco, sfinito, o
quando per qualche ragione le cose non vanno come dice lui.
Come quell giorno, quando l’unica
cosa di cui ha bisogno è calma, buio, pace, tranquillità, sacco a pelo e sonno.
Sì, del sacco a pelo, che è come
un abbraccio e lo scalda e culla molto più di quanto potrebbe fare un letto.
Lo sa che è assurdo, anche Yamada
glielo dice di continuo, ed è per quello per altro che gli ha regalato quella
trapunta gialla.
E forse effettivamente è strano
lui e basta.
Ma ad ogni modo, non importa.
Yamada se ne è fatto una ragione e a parte lui non c’è nessun’altro di cui gli
importi qualcosa. L’unica altra persona che rientra in questo gruppo ormai è
morta, anni prima, così tanti che a volte ha la sensazione di non ricordare più
il suo volto, la sua voce. Il suo sorriso.
Sospira.
Perché adesso gli sta venendo in
mente questo?
Non è il momento.
Adesso ha mal di testa. Quindi,
sì, deve dormire. E basta.
Forse.
Se glielo permettessero.
Infatti bussano, due volte, con
insistenza. Sa già che è Hizashi. Lo ignora.
“Shota?”
Bussa di nuovo.
“Shota?”
E bussa ancora.
L’idea è alzarsi, legarlo,
imbavagliarlo e tornare a dormire. Ma si ferma.
La vocina di Eri, piccola e
fragile, si sente appena dalla porta.
“Aizawa-san sta male?”
“Ooooh, Erichan! Stai tranquilla,
va tutto bene! E’ tutto nella norma!”
“Però sono giorni che sta spesso
chiuso in camera…”
“E’ una situazione un po’…difficult!”
“Oh…perché è ammalato?”
Con un sospiro contrariato,
Aizawa apre la porta e fissa la bambina, “Sto bene, Eri. Ho solo mal di testa.”
“Chiamo Recovery-san?”
“No. Dormo. Buonanotte.”
“Ma è mezzogiorno, Shota!”
“Buonanotte ho detto!” sbottà,
poi sbatte di nuovo la porta e chiude a chiave.
“Andiamo a mangiare, Present
Mic-san?” sente dire a Eri.
“Oh beh. Andiamo, piccola Eri.
Go!”
“Portiamo qualcosa anche a
Aizawa-san?”
“Che bambina carina! Va bene,
portiamo qualcosa anche a Shota.”
Eri bussa piano alla porta,
“Buonanotte, Aizawa-san.”
Aizawa, da oltre la porta,
sbuffa. “Sì, sì. Grazie.”
E’ quello a fregarlo, ogni volta.
Sta diventando troppo buono, con
quei ragazzi. Si sta addolcendo troppo. Prima non era così.
E’ sempre stato il docente più
cattivo della Yuuei, la sua fama lo ha preceduto ad un livello tale che persino
All Might stesso era preoccupato per i ragazzi. Ha sempre e solo cercato di
proteggerli, in verità, ma lo ha fatto con il pugno di ferro.
Quella classe invece ha un potere
fin troppo negative su di lui.
O forse è la vecchiaia.
Sta diventando vecchio e si sta
quindi addolcendo, vede in quei ragazzini cose che negli altri non ha mai
visto.
Ha sempre cercato di far
diventare tutti eroi degni di Shirakumo, e ha dovuto faticare per gran parte
delle altre classe.
Ma la sezione A di quell’anno è
diversa, alcuni di loro sono diversi.
Shinsou, in primis, ma non è l’unico.
E questo evidentemente sta
intaccando il suo cervello.
O questo, o è malato. Per forza.
Adesso, poi, ci si mette anche
Eri-chan. A lei proprio non può dire no, e come si fa ad essere severo? Non ce
ne è neanche bisogno, in verità, è educate e ascolta attentamente tutto quello
che le si dice.
Non c’è proprio niente da fare.
Sta invecchiando.
Altrimenti non si spiega perché è
uscito dal sacco a pelo, si è rimesso le scarpe ed è sceso nella mensa, dove ha
trovato subito Mic e Eri, grazie ai rumori emessi da quest’ultimo.
“Oh, look who’s here! Shota, ti è
passato il mal di testa?!”
“No. Quindi non urlare.”
“Aizawa-san, mangia con noi?”
“Sì,” mormora alla bambina,
abbozzando un sorriso e mettendole una mano sulla testa, carezzandole i capelli
dolcemente, “Ma poi me ne vado a letto per davvero. E non mi interessa che ora
è.”
“E’ sicuro che non vuole andare a
farsi dare qualcosa dalla nonnina?”
“La nonnina sarebbe Chiyo? Non
chiamarla così davanti a lei.”
“Scusa…”
“Non è sbagliato. Solo che le fa
dispiacere quando le si fa notare la sua…età.”
“Oh,” mormora Eri, annuendo, “Giusto.
Allora, solo Recovery-san.”
“Brava. Comunque non mi serve. Mi
serve solo di andare a dormire.”
Mic non commenta, annuisce solo
tutto contento, mentre continua a mangiare.
--
All Might, a malincuore, li
guarda lasciare l’infermeria ad uno ad uno, demoralizzati. Anche chi è tornato
nel suo corpo, come Midoriya e Jirou, non sembrano felici.
Midoriya è sereno, parla poco con
Melissa e poi, scarlatto in volto, le porge la mano e le chiede se vuol venire
con lui. Lei accetta, naturalmente. Eppure, nonostante questo, è con tristezza
che guarda i suoi compagni. Soprattutto Bakugou, nel corpo di Ojiro.
Jirou, dal canto suo, pur avendo
riavuto il suo corpo, non può dire lo stesso di Kaminari, a cui si è avvicinata
con affetto. Toshinori non ha idea di che cosa ci sia fra i due, ma qualsiasi
cosa sia sembra essersi fatta ancora più forte.
Non può che sospirare anche lui,
e chiudersi la porta alle spalle dopo aver guardato per un attimo Chiyo,
crucciata e ancora seduta a braccia incrociate sulla sua sedia.
Ha ancora in mente le parole del giovane Midoriya, e non può che chiedersi se
significa qualcosa.
Sa bene che non tutti i poteri
dei suoi predecessori, possessori del One for All, fossero dei quirk degni di
nota. Addirittura ha pensato più d’una volt ache dei due di cui non sanno
niente potessero non sapere per il mero fatto di essere stati quirkless come
loro, prima di quel potere che gli era stato donato.
Invece, a quanto pare, no.
E se quello che ha detto Midoriya
è vero, beh, c’è la possibilità che nessuno di loro riuscirà a tornare più
normale finché Izuku non fosse stato in grado di controllare quell potere.
Sarebbe stato tremendo, per loro.
Potevano volerci settimane.
L’ultima volta, Midoriya c’ha
messo più di tre settimane a controllare vagamente il nuovo potere e due mesi
per domarlo del tutto.
Quando ha sbloccato il potere
della sua maestro, infatti, Nana Shimura, all Might ha pensato realmente che
potesse essere più semplice che con gli altri. Essendo un potere meno aggressive
e pericoloso poteva cercare di allenarlo con tranquillità.
Invece proprio questa mancanza di
pericolosità lo ha reso tremendo. Midoriya continuava a svolazzarsene ovunque
ed era arrivato persino a far fatica a rimanere coi piedi ben ancorati a terra.
Se non ci fosse stato il giovane Bakugou ad aiutarlo –aiuto provvidenziale in
questo caso-, sarebbe stato davvero difficile uscire da quella situazione.
Per fortuna, quella volta non
avevano granché fretta.
Adesso invece sì.
Due mesi in quelle condizioni,
per loro…come l’avrebbero presa? Sarebbero riusciti a superare la cosa, ad
abituarsi?
Ma perché dare il One for All a
qualcuno con un potere simile?
Beh, è una domanda sciocca.
Forse, conscio di non poter combinare niente con un Quirk così ambiguo ma
inutile in battaglia, aveva incontrato il predecessore ed era poi venuto in
possesso del Potere. Anche per lui, quirkless, è stato così, idem Midoriya.
Quindi ha senso.
Eppure…deve parlare di nuovo con
il giovane Midoriya. Devono trovare un modo per risolvere la cosa, in fretta, e
senza destare il sospetto del giovane Bakugou.
Lui non lo deve sapere.
Anche perché in verità, per
quanto le cose combaciassero alla perfezioni, non hanno la totale certezza che
tutto sia partito proprio da Midoriya e dall’One for All.
Anche se sembra ovvio sia così.
Le cose combaciano.
“Giovane
Midoriya, come mai mi hai trascinato via in quel modo? E’ forse successo
qualcosa?”
“All
Might, io…ecco…ti devo dire una cosa.”
“Dimmi,
ragazzo. Ti ascolto. Andiamo nel mio ufficio, ti preparo del te.”
Midoriya
lo segue a testa bassa, guardando le ginocchia fucsia di Mina muoversi per permettergli
di camminare. Se quello che pensa è vero, è la fine.
E’ tutta
colpa sua.
Kacchan
non lo doveva scoprire. Mai. Con tutto quello che sta passando, lo avrebbe
ucciso. E avrebbe avuto pure ragione, stavolta.
Una
volta nell’ufficio di All Might, si fa piccolo piccolo sul divano, e sospira.
Si stringe le gambe di Mina al petto, tirando la gonna della divisa più che gli
è possibile per coprire quanto più gli è possibile, e sospira di nuovo.
E di
nuovo.
“Giovane
Midoriya…che cosa succede?”
“E’…che
è…temo sia colpa mia.”
“Che
cosa?”
“Tutto
questo.”
Toshinori
gli mette davanti il té, ma Midoriya neanche lo tocca. Ha la nausea.
Spera
solo sia l’ansia e non….non…quell’altra cosa. Ecco.
Lo spera
ardentemente.
“Come
può essere colpa tua, giovane Midoriya?”
“Beh, è
che…li ho visti. Stavo per dirlo a Melissa, ma mi sono fermato per tempo. Il
punto è…che li ho visti. I predecessori. Questa volta non mi hanno detto nulla,
non come l’altra volta. Ma…ho visto...li ho visti, All Might. Proprio come le
altre volte in cui si è poi risvegliato un nuovo quirk legato al One For All.”
Toshinori
si porta la mano sul mento, pensieroso.
Interessante.
Fa capire,
una scoperta simile, come ci sono anche quirk…particolari, di difficile
utilizzo per un eroe, molto più della capacità di levitare della sua maestro
Nana.
Un Quirk
che è in grado di scambiare il corpo di due o più persone è interessante. Ma
anche abbastanza…inutile, teme.
A meno
di non far guai, come è successo a loro.
Di certo
contro un Villan tornerebbe poco utile nella stragrande maggioranza dei casi.
Almeno, a lui non viene in mente un modo intelligente in cui usarlo.
Ma forse
tutto sta esclusivamente nell’essere creative. Nessun quirk può davvero limitare
un animo fortemente desideroso di essere un eroe, così come non può farne l’assenza
totale, e lui e Midoriya ne sono un esempio vivente.
Per
questo non gli viene così strano pensare che qualcuno possa aver creduto in una
persona dotata di un potere simile, così come Nana ha creduto in lui e lui in
Midoriya.
“Raccontami
quello che ricordi, giovane Midoriya.”
Midoriya
annuisce, tornando a quel giorno.
Il nuovo
colpo che stava cercando di imparare a lui sembrava andasse bene, non aveva
niente che non andasse. Riusciva ad utilizzare tutti e due i quirk che ora
controlla alla perfezione, e unendolo alla capacità di levitare che sta
controllando sempre meglio gli sembrava perfetto.
Tanto d’accordo, però, non era stato Bakugou che,
invece, gli era andato contro impettito.
“E che
cazzo, Deku merda, così siamo buoni tutti!” aveva sbottato.
Midoriya
aveva inclinato il capo, “Cosa vuoi dire, Kacchan?”
“Che
così son buoni tutti, come ho detto!” aveva continuato, “Usi sempre gli stessi
colpi, le stesse tecniche. Cazzo, Deku, hai un quirk che ti permetterebbe di
tutto, e tu sei ripetitivo al cazzo! Sei diventato peggio del bastarlo, quello
almeno un passo Avanti l’ha fatto! Mi fai di una rabbia che ti farei saltare in
aria adesso, seduta stante, cazzo! Hai di queste possibilità, e stai sempre a
tirare calci e pugni all’aria!”
Deku aveva
inarcato le sopracciglia, “Ma, Kacchan, cerca di capire! Io non ho ancora
capito come attivare gli altri che non sono mai comparsi e poi…insomma, se
facessi del male a qualcuno? Se perdessi di nuovo il controllo com’è già
successo la prima volta?”
“Cazzate.
Sei sempre il solito nerd di merda. Tanto valeva che rimanessi il quirkless che
eri!”
“Scusa,
Kacchan, tu cosa faresti al mio posto?!”
“Che
domanda del cazzo! Io di sicuro non mi porrei alcun fottuto problema, saprei di
certo usare qualsiasi tipo di quirk che non sia il mio, da quello della tettona
a quell’inutile coda dello scimmione! E adesso levati di mezzo, che IO mi devo
allenare!”
Deku lo aveva
guardato andar via, perplesso dalle sue parole.
Usare
qualsiasi tipo di quirk, anche oltre quello a cui si è abituati.
Qualsiasi
tipo, anche quelli che non sembrano compatibili con te.
Qualsiasi,
anche qualcosa a cui non avrebbe mai potuto pensare. Come l’acido di Ashido, o
peggio, qualcosa che non saprebbe mai usare, come gli Earphone Jack,
l’ellettricità di Kaminari, o le stesse esplosioni di Bakugou.
Quasiasi
quirk.
Il
problema è: come fare?
“E’
andata così,” conclude il racconto Midoriya, “Ero così concentrato su come
attuare quello che aveva detto Kacchan, come riuscire a controllare i quirk del
One for All che ancora non avevo scoperto…è successo come quando ho perso il
controllo durante il test di Shinsou, quando ero così furioso con Monoma, e
desideravo un potere che mi potesse essere utile. Anche quella volta, poi, sono
comparsi loro, e un nuovo quirk. E anche questa volta io…io…li ho visti. E poi,
un lampo di luce. E un attimo dopo, l’urlo di Kacchan…e io….ero….beh,
Ashido-san.”
Toshinori
lo guarda, a lungo, in silenzio.
Un
lungo, infinito, silenzio.
Poi un
sospiro.
“Questo
non me l’aspettavo.”
Quindi adesso il problema
rimaneva, e grande anche.
Non possono chiedere realmente
aiuto a nessuno, perché nessuno deve sapere dell’One for All. Certo, potevano
farne parola con Chiyo, ma lei non può annullare gli effetti di un quirk.
E visto come pareva funzionare,
dubitava anche ci potesse riuscire l’Erasure di Aizawa, che comunque non deve
saperlo.
Quindi, non possono risolverlo. A
meno che non abbia un tempo limitato, e lo spera ardentemente, non possono fare
nulla.
Solo aspettare di capire come
funziona e controllarlo.
Lui può aiutare il Giovane
Midoriya, ma fino ad un certo punto.
E questa volta, non possono
contare su All Might.
Pena una morta precoce, teme.
Angolino Autrici:
ECCOMI ANZI
ECCOCI SIAMO TORNATEEEEEEE
Vi eravamo mancate, vero??
Vi era mancato questo delirio, vero?
E tranquille. Andrà sempre peggio :D
Un bacione forte,
Asu e Anya
Si
respira un’atmosfera pesante, nella sala comune della Height Alliance. Sono
tutti depressi, nessuno ha voglia di chiacchierare. Nemmeno la torta a cui
Satou ha lavorato per metà del pomeriggio, e con cui sperava di risollevare gli
animi affranti è servita granché.
Metà
della classe si è già ritirata. Alcuni sono seduti ai divanetti a guardare la
tivù, altra gente va e viene.
Nessuno
parla.
Hagakure
batte le carte dell’”Uno” da mezz’ora, ma sembra quasi voglia leggerci i
tarocchi e prevedere il futuro piuttosto che mettere insieme il gruppo per una
partita.
Nessuno
sa più quando e come finirà.
Iniziano
a dubitare anche del “sé”, ormai.
Hanno
portato tutte le loro cose da una stanza all’altra, attraverso il dormitorio,
di nuovo. Una transumanza di spiriti demoralizzati e facce lunghe, l’unica che
come al solito non l’ha presa troppo male è Mina, ma lei non fa più testo e poi
se ne sta buona buona accanto a lui sul divano, sapendo che nonostante tutto ci
sono cose che ancora non sono state risolte, per il suo ritrovato fidanzato.
Gli
occhi rossi si alzano di tanto in tanto su Ojiro, cioè Bakugō, seduto sul
pavimento, in disparte all’altro capo del salottino, lo sguardo nero di
Mashirao fisso sul televisore che manda una vecchia serie poliziesca trita e
ritrita, e gli pare quasi di sentire gli ingranaggi del suo cervello muoversi,
stridere, Eijirō non riesce a capire perché diversamente dal solito se ne
stia lì con loro e non sia salito in camera; non certo perché tema nuovi
assalti, più o meno reali, al suo corpo.
Ed
è a questo che corrono più spesso gli occhi scarlatti, cioè a Yaoyorozu. E alla
fine si posano anche su Momo, cioè Mina, che sfoglia una rivista.
Vista
così, si direbbe sul serio l’educata Creati.
Si
sta comportando bene. Di sicuro ci tiene a non combinare altri casini, ora che
sono tornati insieme; è così da quando sono usciti dallo stanzone
dell’infermeria.
“Gesù
Bambino!”, aveva sbottato Sero nel vederli sfilare uno per uno, una volta che
Recovery aveva dato l’okay per i rimanenti sei, dopo la fuga di Katsuki. “Chi è
chi, adesso? Io non ci capisco più niente.”
Con
santissima pazienza, quella che credeva fosse esaurita ma riusciva sempre a
grattare anche dal fondo più cupo del barile, Eijirō si era messo a
spiegargli che adesso Momo era Ashido e non più Bakugō; che Bakugō
era Ojiro e non più Mina, e Mina era Kaminari, nel cui corpo c’era Ojiro, e gli
unici tornati al loro posto erano Jirou e Midoriya.
E
Sero aveva fatto una faccia che nemmeno al test di storia. “Facciamo una cosa,
segnameli su un foglio, Kiribro”.
Tokoyami,
uno dei pochi ad aver mantenuto un ferreo stoicismo fin lì, si era lasciato
sfuggire un’espressione più consona ad un Katsuki in gran spolvero. Shoji
accanto a lui aveva sgranato gli occhi e così Koda, che si era tappato le
orecchie.
“Je
suis trop fatigue”, aveva mugugnato invece Aoyama portandosi la mano alla
fronte, e Tsuyu accanto a lui aveva inclinato la testa dai lunghi capelli,
guardando la sua amica Uraraka venire fuori afflitta da quel camerone.
“Che
gran casino, cra. A questo punto sarebbe stato meglio lasciare le cose come
stavano”.
Eh
già. Facile da dire adesso.
Ma
non voleva venire in urto anche con Tsuyu. Lei è fatta così, dice quel che
pensa, non lo fa per ferire le persone.
Ha
ancora in mente i pianti che si era fatta dopo il rapimento di Bakugō.
L’unica
fortuna, se così può chiamarla Kirishima, è che almeno con Todoroki le cose
siano chiare. E’ lieto che giusto il giorno prima abbia parlato a lungo con il
compagno, e che abbia stabilito certi punti: così potrà stare tranquillo,
Shouto.
Difatti
è tranquillissimo, o almeno così pare. E’ seduto accanto alla sua ragazza, che
non alza lo sguardo dal tavolino. Lo fissa come potesse farlo levitare, nemmeno
abbia mutuato il quirk da Ochaco e non da Bakugō.
“Kiriciccino?
Io vado in stanza”, lo avvisa piano Mina, d’un tratto, distraendolo dalle sue
cogitazioni.
“Mhmm?
Come mai?”.
“Be’.
Sai”.
Eijirō
per un attimo la guarda intimorito, spera non debba ricominciare la trafila dei
deliri dei giorni precedenti. Poi ricorda, collega i puntini e quasi si sente
in colpa per aver pensato male di nuovo.
Ma
non è colpa sua. Gli viene naturale, non osa sperare nella quiete mentre la
tempesta è ancora in corso.
“Ah
già. Andiamo. Ti accompagno”. Fa per alzarsi ma prima lancia un’altra occhiata
a Shouto, che guarda le mani di Momo come volesse tenerne una nella propria.
Ma
se soltanto ci prova di nuovo è facile che Bakubro lo strangola, e stavolta
sarebbe peggio che con le lunghe mani delicate di Yaoyorozu.
Poveraccio.
Meno male che Todoroki è uno tosto, qualcun altro sarebbe già crollato o quanto
meno sarebbe sul punto di farlo.
Come
Shinsou, ad esempio. Che ha una faccia ancora più cadaverica del solito, e se
perlomeno Shouto è stato in grado di “badare” a Bakugō in un modo o
nell’altro, riuscendo anche ad instaurare con lui un qual certo rapporto
diverso dal: “ti faccio saltare in aria stronzo” , a Hitoshi era andata male al
primo e peggio al secondo giro di giostra.
Con
certe persone il Fato si diverte proprio, è il caso di dire.
O
forse è solo che Shinsou non è in grado di gestire il carico di stress che gli
è caduto tra capo e collo tutto assieme.
Bakugō
è insopportabile, vero. Ci vuole un fegato grosso come una casa solo per
doverlo tenere vicino, e non necessariamente in senso amichevole, ma proprio
spaziale.
Ma
è leale. A livelli che rasentano l’incredibile, lo sanno tutti e
paradossalmente Shinsou pare molto più rassicurato di quando nel corpo del suo
ragazzo c’era Kaminari.
Quello
che non gli va davvero giù è che Mashirao sia adesso in quello di Denki, a
parere di Kirishima. Kaminari gli ha spiegato un po’ come sono andate le cose,
mentre lui – molto poco onorevolmente, ma non poteva agire in modo diverso in
quel momento- andava a chiudersi in camera come un appestato dopo aver cazziato
Mina e averla mollata, per uscirne solo quando era ormai certo non ci fosse più
nessuno in giro, nel dormitorio.
Jirou
è tornata normale, Denki è nelle sembianze di Mina. Kirishima in realtà non si
sente più in ansia ora di quanto non fosse quando c’era Midoriya.
Anche
perché, siamo onesti. Denki non potrebbe combinare più danni di quanti non ne
farebbe la stessa Ashido.
E
poi adesso c’è Kyoka. Che lo scruta di sottecchi con un sorrisino sardonico,
va’ a sapere perché; ma ciò che conta è che Kaminari dovrà stare molto attento
a non sfiorarsi nemmeno per sbaglio, se ci tiene alla salute. “Todoroki?”.
Gli
occhi eterocromi si rialzano, incrociano i suoi. Sembra abbia sonno, lo vede un
tantino perso ma è evidente che non vuole lasciare da sola Momo. “Dimmi,
Kirishima?”.
“E’
un problema se accompagno … Mina in stanza?”.
Il
compagno a metà abbozza un sorriso. “Ma no, certo che no. Buonanotte, ragazzi”.
Salgono,
Eijirō e Mina. Entrano nella camera di Momo, dove già hanno spostato le
cose di Mina da quella di Bakugō … in realtà è stata Uraraka ad
incaricarsi di quella bisogna, che Kirishima aveva il terrore di dover entrare,
anche se la chiave l’aveva ancora Ashido.
Non
lo ha guardato neppure una volta, neppure per sbaglio, Katsuki. Lo ha
completamente tagliato fuori, come non esistesse più per lui; il che è
infinitamente peggio dell’essere “maltrattato”.
Forse
è per questo che ha scelto di non salire subito in camera Bakugō: per
farglielo pesare meglio.
Leale
sì, vendicativo anche di più.
Si
fida di Todoroki, ma non può certo sperare in un miracolo da parte sua: se
Bakugō non vorrà perdonarlo Shouto potrà sdilinquirsi fino a perdere la
voce, non caverà un ragno dal buco.
Cazzo. Forse non è proprio una delle
espressioni più felici da usare, in questo momento.
Non
vuole più sentir parlare di … buchi per un pezzo, almeno. A meno che non si
tratti di quello in cui dovrà andare a seppellirsi una volta che le cose
saranno tornate al loro posto, e Katsuki andrà a cercarlo per spaccargli le
corna.
Aspetta
che Mina sia uscita dal bagno, con addosso il pigiama di raso rosa pallido di
Momo.
Se
non altro ora si copre, grazie al cielo. “Come va, tutto bene?”.
“Sì,
sì. Il primo giorno di solito è il peggiore, quindi tutto regolare”.
Kirishima
annuisce soltanto. Quel primo giorno è stato il peggiore su parecchi fronti,
altroché.
“Eiji?”.
“Sì?”.
“Posso
farti una domanda?”.
“Dimmi”.
Ashido
abbassa lo sguardo sul decolleté, sigillato fino all’ultimo bottone. “Secondo
te Yaomomo le ha più belle delle mie?”.
“Dannazione,Mina … non farmi pentire di essere tornato
con te”.
“Ma
no, sciocchino. E’ solo un’opinionequella che ti sto chiedendo. Cioè … insomma. Sono più grandi”.
“A
me piacciono le tue”.
“Kiri
…”. Mina fa per abbracciarlo, ma si ferma a metà del gesto. “Okay. Niente
contatti”.
“Brava”.
Mina
va a sedersi sull’enorme letto di Yaoyorozu, afferra la spazzola e comincia a
pettinare i lunghi capelli corvini.
Sì,
finalmente sembra che si possa cominciare a respirare un po’ di pace, quantomeno
da questo punto di vista. “Sai che Momo-chan è ancora vergine?”.
Kirishima
si strozza, quasi.
Forse
ha parlato troppo presto. “Mina non credo che …”.
“Non
è una cosa strana?”, osserva lei, in tono pacato però.
E’
solo una conversazione come un’altra, alla fin fine. Di qualcosa devono pur
parlare, e della loro situazione attuale non vogliono farlo, non sarebbe
salutare.
Così
come di quella con Bakugō. “Non vedo perché. Ognuno ha i suoi tempi, non
sono tutti come noi”.
“Ma
sì, questo lo capisco. Però … cioè, non so. Mi pare curioso. Cioè, se fosse
single okay, ovviamente capirei. Ma sta da tre mesi con Todoroki … cioè, dai, Eiji,
lo sai che ho occhi solo per te tesoruccio, ma … wow. TO-DO-RO-KI”, scandisce
piano.
A
Kirishima scappa una risatina, che fortunatamente riesce a mascherare con un
colpo di tosse. “Appunto”.
“Eh?
Che vuoi dire?”.
Accidenti.
Ora
che ha tirato la pietra, sa che Mina non gli darà pace finché non avrà mostrato
la mano. “Ho … avuto una conversazione … piuttosto intima con lui, ieri sera. E
mi è parso un filo spaesato, non solo su cose particolari ma un tantino in
generale. Come stesse cadendo dalle nuvole insomma. Certo può anche essere che
fosse fuori bussola per via del casino successo, o che semplicemente … non sia
abituato a parlare di certe faccende con altri. In fondo non siamo nemmeno così
in confidenza, noi due. Ma ho avuto quest’impressione, tutto qui”. Osserva
Mina, gli occhi neri di Momo fattisi pensierosi. “Che c’è?”.
“Che
se davvero è così forse dovremmo dargli una mano …”.
“Mina?”.
“Ma
no, scemo. Dicevo in senso … buttare lì qualche dritta. Non pensare sempre male
di me, stellina. Sai che amo solo te”.
Kirishima
si scioglie.
E’
una delle doti di Mina. E’ una casinista, distrugge tutto quel che tocca ma sa
essere anche capace di slanci di generosità e sentimenti purissimi. “Anche io.
Ma è bene che si gestiscano le loro faccende personali da soli”.
“Ma
semmai Yaomomo venisse a chiedermi consigli … potrei dargliene?”.
Kirishima
tace, ponderando bene la risposta da darle.
E’
decisamente improbabile che la dolce, timida Yaoyorozu elegga proprio lei come
confidente, specie dopo tutto quello che va accadendo di questi tempi.
Tuttavia
è bene non essere troppo sicuri di niente. “Vedremo”.
“Grazie,
Eiji”. Mina posa la spazzola, batte le mani e si mette sulle ginocchia. “Però
adesso mi devi dire cosa vi siete detti con Todoroki!”.
“Ma
niente di speciale. Cose da ragazzi. E tu non lo sei più”.
Ashido
mette su un finto broncio, che si addice ai lineamenti di Momo. “Uff. E va
bene”.
“Dormi
bene, Mina”.
“Notte
Eiji!”.
Una
volta fuori Kirishima espira di sollievo.
Se
non altro almeno qualcosa, ora, è più gestibile.
E
… ad essere sincero gli mancava questo lato di Mina. La sua dolcezza.
Si
dirige alla scalinata, e sul pianerottolo si imbatte in Uraraka. Che ha l’aria
di essere sfinita, e a ragione: è praticamente tutto il giorno che fa avanti e
indietro, non l’ha vista nemmeno sedersi in sala comune con gli altri, solo
passare di volata con i capelli umidi. “Ehi, Uraraka. Torni in stanza?”.
“Macché.
Venivo solo a prendere il mio cellulare, l’ho lasciato prima sottocarica. Vado
a vedere come sta Momo-chan, l’ho vista molto abbattuta”.
“Non
finisce mai eh?”.
Lo
sguardo di Ochaco è quello di una povera martire rassegnata. “Se non altro,
almeno adesso qualcosina è meno peggio di prima, quanto meno per alcuni. Ma non
voglio cantare vittoria troppo presto”.
“Già.
Be’, allora …”.
Ochaco
indugia ancora, però. E la piccola fronte si aggrotta.
Non
è difficile capire che abbia ancora qualcosa da dire, Uravity. “Kirishima …
posso chiederti … una cosa?”.
“So
già cosa vuoi sapere. E no. Si è trattato di un malinteso, l’ho già spiegato a
Todoroki ieri sera”.
Uraraka
sospira di sollievo. “Meno male”. Poi d’un tratto avvampa, fino alla cima dei
capelli. “Cioè, voglio dire … insomma, per voi eh! Cioè alla fine sono cose che
non mi riguardano … io … desidero solo che … si sistemi tutto in fretta e
torniamo a starcene in santa pace, se è stato solo un equivoco meglio così, no?
Bakugō … non ha niente di cui preoccuparsi, alla fin fine”.
Se
non fosse che la questione lo tocca tanto da vicino, scoppierebbe a ridere
Kirishima.
L’espressione
di Ochaco è così confusa che mette tenerezza.
Ed
è chiaro che non si tratti di mero imbarazzo per l’argomento delicato. “Todoroki
ha detto che parlerà con lui, proverà a spiegargli le cose. Io ci spero, ma lo
sai com’è fatto Bakugō. E’ … terribilmente testardo”.
“Io
… be’, non garantisco nulla. Ma anche io … farò la mia parte, se serve”.
“Grazie,
Ochaco”.
“Di
niente. Mina-chan dorme?”.
“Sì,
l’ho appena messa a letto. Almeno lei sembra abbastanza in pace con se stessa …
e più disposta a lasciare in pace noi, ora che non ha più da portare le grazie
di Bakubro in giro per i corridoi della Yuuei”.
Uraraka
sobbalza. Eh sì.
E’
talmente evidente che gli pare inverosimile che nessuno, nemmeno la sua Mina
che ha le antennine per certe cose, se ne sia accorta.
Vabbé
ch’è troppo presa dalle proprie. E inoltre … è sempre stata fermamente convinta
di una cosa su Uraraka: e per quanto sia attenta, è difficile cambiare punto di
vista da un giorno all’altro, per lei.
Ma
Kirishima, forse perché la vede in modo “pulito”, chiaro, senza pregiudizi di
sorta se n’è reso conto.
Stanno accadendo cose strane, e non solo
in senso negativo. “Allora … vado da Yaomomo”.
“D’accordo. Buonanotte, Uraraka”.
-
Ojiro
posa il cellulare sul ripiano del lavandino nel bagno di Kaminari, sotto
carica.
E’
stata Jirou ad occuparsi delle sue cose. Le ha trasferite dalla propria camera
a quella … di Kaminari, e probabilmente lei è l’unica che lo potesse fare senza
problemi visto il suo tour de force fisico. “Starai bene, Ojiro-kun?”.
Mashirao
per un attimo ha scordato la cautela e l’ha abbracciata. Jirou è stata così
buona con lui, così dolce… “Oh, scusa Jirou-san, perdonami”. Si è ritratto
immediatamente, ma la ragazza gli ha sorriso.
“Tranquillo.
Ci sono stata io dove sei tu adesso. Non serve nemmeno che ti dica che mi fido
ciecamente di voi, vero?”. Un leggero rossore si è sparso sugli zigomi di
Kyoka, è sempre comunque il corpo di Kaminari, in fondo.
E
dev’essere un sollievo esserne fuori, è sembrato dicessero quegli occhi blu scuro.
Anche se la voce ha taciuto.
In
effetti non dev’essere stato per niente facile, per Kyoka. Almeno finché non ha
chiarito con Denki.
Ma
adesso che guarda il volto teso, pallido di Hitoshi inizia a rendersi conto che
forse esiste qualcosa di peggio che ritrovarsi nel corpo di qualcuno che
malauguratamente ti piace.
Essere
dentro … un amico con cui hai avuto da ridire.
Non
è per nulla stupido Mashirao, no. Hitoshi ha serbato uno stoico mutismo fin da
quando si sono destati in infermeria, lui dentro Denki e Bakugō dentro di
lui.
E
… paradossalmente la delusione, l’afflizione di Shinsou erano molto meno legate
a quest’ultima faccenda di quanto non fossero dovute alla prima.
Eppure
gli aveva detto che lo avrebbe perdonato. Che … non gli avrebbe portato rancore
per quello che era accaduto.
Ma
l’istinto è una forza a cui non si può comandare tanto facilmente.
E
Hitoshi … almeno per quanto lo conosce lui … ultimamente ne è spesso preda.
A
voler essere sincero, nemmeno lui è felice di essere finito proprio nel corpo
di Kaminari; potendo scegliere, avrebbe preferito riavere il proprio.
Ma
non è andata così, non si poteva certo ammazzare, o disperare.
Quanto
meno non è più soggetto a quei crampi, a quella debolezza che nemmeno lo
facevano stare in piedi.
A
quel mal di testa che sembrava aver messo le tende dentro il suo cervello.
Anche
se ora … doveva affrontare il rischio di folgorare – e folgorarsi.
E
quella riprovazione silenziosa, ma non per questo meno dolorosa.
“Ti
accompagno … Mashirao”, ha detto subito dopo che Kirishima e Ashido hanno
lasciato la sala comune.
Oijiro
ha annuito appena, attendendo che anche il suo fidanzato si fosse messo in
piedi, si è avviato verso l’ascensore e ha premuto il pulsante del terzo piano.
Non
gli è sfuggito il sospiro di Shinsou, la sua aria abbattuta quando sono entrati
tutti e due nella cabina.
Mashirao
è una persona dolce e gentile. Pacata.
Però
ha un brutto difetto.
L’orgoglio.
Non
gli piace che lo si prenda in giro, non gli è mai andato a genio.
A
Hitoshi ha perdonato quel che è accaduto l’anno prima. Quella era stata una
situazione stringente, e nonostante tutto gli ci era voluto un bel po’ per
farsela passare.
Ma
questo, con tutto l’amore che gli porta, e tutta la comprensione di cui è
capace, no.
Proprio
non gli va giù.
Non
l’ha deciso lui di finire dentro Kaminari. E che ora Hitoshi debba farglielo
pesare, invece di provare a confortarlo, di tentare di metterlo a proprio agio
… e che diavolo, direbbe Bakugō.
Bakugō
che adesso ha il corpo di Mashirao.
E
che nonostante tutto, ma non è una novità, si sta comportando meglio del suo
ragazzo.
Davanti
alla stanza di Kaminari, Shinsou ha sospirato con forza. Ojiro ha finto di non
sentire ed ha aperto, seguito da Hitoshi.
Senza
dir nulla è entrato nel bagno di Denki, si è spogliato e si è rivestito con una
maglietta e un paio di pantaloni della tuta che il compagno usa per dormire, e
che Kyoka gli ha lasciato piegati sulla sedia.
Sarebbe
quasi riposante per lui avere a che fare con questo corpo dopo essersi giostrato
malamente con quello di una ragazza.
Se
non fosse per Toshi.
Quando
esce, lo trova che osserva con una piega torva della fronte le cose di
Kaminari. “Guarda che non sei obbligato a restare”.
Gli
occhi viola si sgranano. Lo fissano, d’un tratto attoniti. “Ma … che dici,
Mashi?”.
“La
verità. E’ tutto questo pomeriggio che non fai altro che farmi venire la
depressione”.
Lo
sguardo di Shinsou è quello di un cane bastonato. E Mashirao, invece che
sentirsene ammorbidito, si sente urtato.
E’
di nuovo lui, in quella situazione del cavolo. Lui, quello che deve affrontare
tutto da capo, imparare a gestire un altro corpo, un altro quirk.
Non
ha un minimo di empatia Hitoshi, è costretto ad ammetterlo. L’egoismo di cui
sta dando prova adesso è ancora più offensivo dopo quel discorso del giorno
prima in infermeria. “Scusa. Ma non pretenderai certo che faccia i salti di
gioi”", replica duro, infatti.
“E
certo. Perché il tuo unico problema è che io sia finito proprio nel corpo di
Kaminari, che guarda un po’, avevi promesso di perdonare. Se non fosse che sono
io a patirne le pene maggiori direi che ti sta proprio bene Hitoshi, così
impari a mentire”.
“Mentire?!”.
“Si!
Perché ne stai facendo un dramma. Tu, e non io, che rischio di finire fulminato
e fulminare altra gente, altre persone a me care, che ancora non posso tornare
a casa, che non posso nemmeno telefonare ai miei. E tu sei incazzato perché
adesso ho la faccia di Denki”.
“Ma
Ojiro porca miseria cerca di ragionare …”.
“SEI
TU CHE DEVI RAGIONARE! Io ne ho abbastanza, capito, abbastanza di dovermi
sentire in colpa quando sono la vittima! Sono stufo di dover sempre chinare il
capo davanti alle tue azioni! Invece di aiutarmi, non hai fatto altro che
mettermi in difficoltà, fin dal primo momento in cui mi sono ritrovato in
questa situazione. E io non penso che … siamo poi fatti per stare insieme, io e
te”.
Shinsou
tace, deglutisce a fatica. Un suono che fa male a Mashirao, ma non può cedere.
E’
troppo deluso, anche lui. Arrabbiato, e continuare così significherebbe
soltanto continuare a distruggere quel rapporto che soltanto il giorno prima
sembrava essersi rinsaldato.
Ma
non era colpa sua, no. E’ Hitoshi, per quanto gli costi ammetterlo, è a causa
sua se è tutto così complicato. “No Mashirao no …”, lo supplica, la voce
infranta.
“Mi
dispiace. Ma è l’unica cosa che sento giusta adesso … e devo farlo. Vorrei
pregarti di uscire”.
Sa
che le mani di Hitoshi si sono richiuse in due pugni. Che … vorrebbe poterlo
toccare e non lo può fare, ma non perché sia rispettoso del corpo di Kaminari,
soltanto perché prova … fastidio, che sia proprio quello del compagno.
Ed
è questo che non gli fa rialzare lo sguardo dal pallone da basket parcheggiato
in un angolo della camera pacchianissima.
“Va
… va bene. Come vuoi, Mashirao”.
Esce
piano, chiudendosi la porta alle spalle.
Ojiro
si siede con cautela sul letto di Denki. Si sdraia, fissando la parete.
Non
vuole ascoltare quel dolore al petto, nel cuore, che pulsa come una cosa viva.
Tanto
più che non è nemmeno il suo.
Ma
fa tanto male uguale.
-
Okay.
Gli
si è intorpidito abbastanza il culo a star lì seduto e non fare niente,
fingendo di seguire quella fottuta serie tivù di cui non ha colto nemmeno mezza
virgola.
Perché?
Perché aveva un po’ di cose da fare, e la prima della lista era far venire le
angosce esistenziali a quel maledetto di Capelli di merda.
Sì,
ce l’ha ancora con lui. E non gli passerà tanto in fretta: non lo può
perdonare, quel che ha fatto è gravissimo e ha tutta l’intenzione di fargli il
culo, appena se ne presenterà l’occasione.
Per
adesso si è accontentato di ignorarlo sistematicamente, quel … quel … quello
schifoso traditore di amici e violatore di corpi altrui.
E’
meglio che non ci ripensi troppo, dannazione.
Ma
non è solo per questo che è ancora lì.
Si
potrebbe quasi dire che è il karma, con tutto quello che gli è capitato adesso è
andato a finire giustappunto … nel corpo di uno degli unici gay della scuola, o
quanto meno uno dei due dichiarati.
Ma
onestamente a lui non frega un cazzo se allo scimmione piace … ecco sì, quello.
Problemacci suoi, in barba a tutte le offese che gli ha rovesciato addosso –
meritate, perché no, i cazzi suoi quello non se li poteva fare, doveva anche
andare a consolarlo, tsk - non gli interessa minimamente se propende da questa
o quella parte.
Ma
porca puttana, c’erano stati già abbastanza casini per colpa di quei dementi di
Faccia da Scemo e Occhi da Procione. E … non l’avrebbe mai ammesso del tutto,
ma se restava lì a farsi vedere Faccia da Morto quanto meno avrebbe avuto di
che stare sereno, su un fronte.
Un
po’ come lui.
D’
accordo, aveva gridato dietro a Todoroki, ma solo perché era incazzato a bestia
che il solito nerd di Merda avesse riavuto il proprio corpo e lui invece no.
La
Secca non lo infastidiva allo stesso modo e poi lo spasso che ora toccasse a
Kaminari – perché bisognava essere scemi per non capire che quei due avevano
qualche mezza tresca assieme - avere tette e ovaie gliel’aveva fatta perdonare
più in fretta.
Bakugō
si augura solo che abbia anche lui … le cose delle femmine. Quanto meno
potrebbe imparare ad avere un po’ più di rispetto per le donne, che non sono
solo pezzi di carne buttati lì per essere guardati da lui e quell’altro
pervertito di Mineta - che dopo le minacce di Aizawa ha pensato bene di rintanarsi
in camera- ; dalla faccia di Jirou ha il sospetto che la tipa ne sappia
qualcosa. Lui resterà in ascolto, aspettando gli sviluppi.
Ma
non stasera.
Non
vede l’ora di andarsene a dormire.
Faccia
Tonda ha fatto il lavoro sporco per lui, dopo aver spostato le cose di quella
fulminata di Ashido dalla sua camera, previa il suo permesso – è praticamente
l’unica a potergli parlare senza che gli scoppi un embolo, a Katsuki- dopo si è
anche offerta di andare a prendere le sue cose dalla stanza di Momo per
portarle in quella di Ojiro.
Non
c’è da stupirsi che non abbia ancora posato il fondoschiena sulla sedia. Ha
continuato a fare avanti e indietro come una dannata, non ha nemmeno asciugato
i capelli e le prenderà un accidente, se continua così.
Sarebbe
bene che mandasse tutti a farsi fottere e si ritirasse in camera.
E
anche lui, in realtà.
Quella
stramaledetta coda gli pesa un fottio, quasi quanto il davanzale di Yaoyorozu.
Che all’improvviso si alza.
Fa
un effetto strano vedere il suo stesso sguardo fissarlo come vedesse il vuoto.
Ha
mai avuto quell’espressione così … dannatamente vacua, lui?
Mah.
Non lo sa. Quanto meno non se lo ricorda.
Ma
non gli piace.
E’
anche per questo che indugia ancora. Non che lui possa farci nulla, non sono
fatti suoi, anche se è stato nel suo corpo non si può certo dire che abbiano
una qualche sorta di rapporto loro due.
Gli
fa un po’ pena, Yaoyorozu. Le concede questo lusso perché sa che da lei non ha nulla
da temere, che lo rispetterà molto di più di quanto non abbia fatto quella
dannata Occhi da Procione.
Che
adesso è nei panni della giunonica Creati.
Se
fosse un figlio di buona donna fino al midollo spererebbe davvero tanto che
quello stronzo di Kirishima e la sua degna metà combinino qualche casino anche
adesso, così il bastardo a metà avrebbe pure lui di che suonargliele di santa
ragione. Ma non lo è, e sa che se soltanto ci pensa, Capelli di merda, sarà
proprio Bakugō a dargliene di secche anche per Momo nonostante tutto.
Può
essere nato male, incazzoso, arrogante, avere un sacco di tratti che per la
gente comune sono difetti e lui valuta come pregi, su di sé.
Ma
quello no, non ce l’ha. E il solo pensiero che qualcuno sminuisca le donne
riducendole a meri oggetti sessuali gli brucia il cervello, gli fa venir voglia
di prenderli tutti a calci nel sedere e rompergli i denti.
Sua
madre gliel’ha inculcato ben bene fin da piccolo. “ Prendi pure a mazzate tutti
quelli che ti pare, ma tocca una ragazza in modo men che rispettoso e come ti
ho fatto, così ti distruggo, Katsuki Bakugō”.
E
per quanto tolleri poco la vecchia, e altrettanto poco le dia retta, i suoi
insegnamenti non riesce a levarseli dalla testa.
“Torni
in camera, Momo?”, sente domandare a Todopirla cavalier servente pronto
all’attacco.
Quanto
meno non deve più averlo tra i piedi e questo è già un sollievo.
Anche
se in fondo in fondo, e nemmeno questo confesserà mai, non è poi così male.
E
… pare anche aver ritrovato finalmente un briciolo di buon senso, occupandosi
della sua fidanzata, dandole le attenzioni che quella povera disgraziata si
merita.
“Mhmm
mhmm. Sì, Shouto”.
Gli
occhi spaiati si voltano verso di lui. “Bakugō, posso … “.
“Perché,
se dico di no cambia qualche cazzo? Vai”.
“Grazie”.
“Uh”.
Aspetta
che siano fuori portata, e poi, a fatica, si mette in piedi anche lui. “Be’, io
me ne vado”, annuncia.
“Ti
serve qualcuno per tenerti la coda, Bakugō?”, fa Faccia Piatta, che fin
qui se n’è rimasto zitto a farsi i cazzi suoi.
“No,
ma se non chiudi il becco servirà qualcuno a te per portarti le ossa, idiota”.
Trascinando quel fardello va verso l’ascensore, preme il terzo e ci si ficca
dentro.
Che
giornate del cavolo.
Appena
giunge nel corridoio si imbatte in Faccia da Morto. Più morto che mai, è il
caso di dire. “Ohi”.
Shinsou
nemmeno alza lo sguardo. Sembra che l’abbiamo picchiato. “Ba … Bakugō”.
“Cazzo
ti piglia?”. Domanda del tutto pleonastica, non è niente contento e non serve
mica un genio per capirlo.
Deve
guardare la faccia di quello che … ha messo impunemente le mani sul suo
fidanzato.
Lui
una ragazza non ce l’ha, manco la vuole, e in questo momento è più che mai
strafelice di non dover avere a che fare con qualche femmina “legata a lui
sentimentalmente”, uh.
La
dimostrazione che la vita di un Eroe è fatta per essere solitaria. All Might
non ha mai mica avuto una compagna, e che cavolo.
“Nulla,
Bakugō. Scusa. Vado in camera. Buonanotte”.
“Ehi,
demente, fermo qui. Pensavo fosse chiaro ma in caso non ti ci arrivi il
cervello vedi che io non ci combino casino col corpo del tuo scimmione”.
“Non
…”. Faccia da morto china ancora di più la testa, tira su col naso. “… E’ più
il mio scimmione”.
Katsuki
rimane per un attimo interdetto. “Che significa?!”.
“Che
mi ha piantato. Ma non voglio parlarne, scusami. Buonanotte”. Entra
nell’ascensore e le porte si richiudono, tagliandolo fuori.
Le
palpebre di Ojiro sbattono su due occhi che fissano allibiti il piano
metallico.
Ahhh, e che cazzo.
Ancora
casini.
Con
un piglio irritato va ad aprire la camera dello scimmione. Sbatte la porta, ma
non è un gesto voluto.
Se
n’è piene le scatole di tutto quel bordello.
Li
sta distraendo da quello che è il loro obiettivo principale: diventare degli
Eroi.
Da
quando è iniziata questa storia di merda non ha più fatto un allenamento come
si deve, e anche per questo gli dà fastidio ogni mosca che passa, ogni disastro
che non lo tocca direttamente.
Si
spoglia, piano. Bestemmiando nel lottare con la coda, è quasi peggio delle
tette atomiche di Yaoyorozu: almeno quelle erano sul davanti e anche se era
complicato poteva gestirle meglio di quel malloppo sulle chiappe.
Ha
appena finito con i suoi contorcimenti simil-yoga che di meditativo e
rilassante avevano ben poco, quando bussano alla porta.
E
Santo Dio. Adesso chi cazzo è?
E’
tentatissimo di mandare affanculo chicchessia. Però poi riflette sul fatto che
possa trattarsi di Uraraka, che magari è passata a chiedergli se ha bisogno di
qualcosa.
Sì,
ha troppo buon cuore quella ragazzina. Finirà con l’ammalarsi … e Bakugō
pensa di aver capito cosa l’ha spinta a darsi da fare tutto il giorno senza
trovare requie.
Il
pidocchio verde si è fatto un’amichetta. E non è certo un segreto che Faccia
Tonda avesse una cotta sviscerata per quel coglione.
Quei
due erano andati a chiudersi in camera appena rientrati al dormitorio. E …
porco diavolo, per quanto stimi deficiente Deku, è tornato normale –fottuto
bastardo- e non occorre avere la bacchetta magica per capire che ne starà
bellamente approfittando.
Tanto
più che quella Melissa è pure graziosa. E intelligente, anche se il piano era
andato a puttane quanto meno ci aveva provato, con quell’altra pazza di
Hatsume.
Lui
si è rifiutato di parlarle, ma non certo perché abbia qualcosa di personale
contro la biondina.
Non
era proprio in condizione di parlare con nessuno.
Non
lo sarebbe nemmeno ora in realtà, ma non può fare questo sgarbo a chi si è
spremuto tanto per lui senza ragione alcuna; per cui va ad aprire, tirandosi
addosso la maglia di Ojiro.
Ma
appena vede chi c’è oltre la soglia gli viene da bestemmiare daccapo. “Oddio,
ma non era finita questa storia che mi stai sempre tra le palle?”.
Gli
occhi spaiati del pirla a metà lo fissano senza battere ciglio. “Ti avevo detto
che dovevamo parlare, io e te”.
“E
io ti ho detto che non abbiamo un cazzo da dirci. Vai a vigilare su quella
pazza di Occhi da Procione e quel pezzo di merda del suo fidanzato, con quelli
hai davvero di che preoccuparti, tsk”.
“In realtà è giusto riguardo a questo, che
dobbiamo discutere. Io ho … parlato con Kirishima, ieri sera”.
L’irritazione
monta prima che Todoroki possa dire altro. “Non me ne frega un cazzo di quel
traditore di merda. Vedi di andartene”. E fa per sbattergli la porta in faccia.
Ma
Shouto infila il piede nello spiraglio.
Non
è disposto ad arrendersi. “Non è successo nulla. E’ stato solo un equivoco.
Posso assicurartelo”.
“Certo.
Parli proprio tu di equivoci. Che non capisci un cazzo”.
Faccia
a Metà tira un sospiro. Quando lo guarda di nuovo ha messo su un’espressione
sussiegosa che t’oh, lo fa sembrare quasi intelligente.
“Fino
a prova contraria sei stato tu quello che mi ha tirato un pugno perché credeva
gli avessi messo le mani addosso”.
Bakugō
schiocca la lingua tra i denti di Ojiro.
Ha
ragione Todoroki.
E’
un cretino, ma non un bugiardo. Non è proprio il tipo, esattamente come lui
stesso: non le concepiscono proprio le menzogne, non sanno che farsene, il loro
cervello non è programmato per dirne, oltre che per sentirne.
Katsuki
sbuffa. “E va bene, entra, cazzo”. Toglie la zeppa e Shouto si infila dentro,
chiudendo la porta.
Sembra
davvero afflitto. “So che non è facile, ma parla con lui. Sta soffrendo. Aveva
… lasciato Ashido per te, sul serio, l’hai sentito anche tu in infermeria. E
sai quanto ci tiene a lei … però tiene anche a te. Non puoi aver dimenticato
quanto gli devi. Io ero con lui in quei giorni del tuo rapimento, gli sono
stato accanto ogni momento, da quando abbiamo deciso di venire a recuperarti.
L’ho visto … devastato. Non puoi davvero mandare a monte tutto solo per un
malinteso”.
Uff… stronzo.
E’
proprio un bastardo Todoroki. Ha pescato quel nervo e sapendolo sensibile ci
sta premendo sopra senza pietà, la dimostrazione che l’abilità strategica non
gli difetta, malgrado la scemenza per tutto il resto.
Non
gli darà scampo finché non cederà. Allora tanto vale farlo subito. “Ahhhhhh e
va bene, ho capito, porca troia. Falla finite”.
L’ombra
di un sorriso si tende sulle labbra di Metà e metà.
Ha
vinto. “E che cazzo, però”.
Todoroki
si fa serio, adesso. Concentrato. “Per quanto riguarda quell’altro discorso …
non cambia niente, Bakugō. Puoi stare tranquillo. Momo è la mia ragazza,
lo sai, ma …”.
“Ma
se non la tocchi quando è nel suo corpo figuriamoci nel mio. Certo”.
E’
uno spasso vederlo perdere tutto quel contegno per avvampare fino alla cima dei
capelli.
E
Katsuki ridacchia.
Uno
pari. “Va bene, bastardo, mi voglio fidare. E vedi che mi costa, dopo tutti sti
casini. Perciò vedi di non farne altri … ma capisco anche che sta di merda, uh,
eccome se non la capisco. Non è giusto che quello stronzo di Deku abbia riavuto
il suo corpo e noi no, ma okay. Facciamocene una cazzo di ragione”. Sbadiglia, stiracchiandosi
con cautela. “Io me ne vado a letto. Se non altro spero di riuscire a chiudere
occhio, almeno stanotte, senza quei fottuti crampi”.
“Fa
davvero così male?”.
“E
lo chiedi a me? Domandalo alla tua donna. E’ lei che ci passa ogni mese.
Possibile tu non lo sappia?”.
Ora
è ancora più rosso. Quasi violaceo in effetti.
Due
a uno. Così si ragiona. “Be’ … io non le ho mai fatto di queste domande”.
“Torno
a dire, perché non capisci un cazzo. Dovresti prenderti cura di lei quando sta
così. Perché credimi, è una vera merda. Io non ci metterei certo la firma. Sono
stato meno peggio quando ero con quei pezzi di stronzi dei Villan. E adesso
levati dalle scatole”.
“Uhm.
Sì”. Shouto si volta per andarsene, ma sulla soglia si ferma.
E
lo chiama di nuovo. “Bakugō?”.
Katsuki
alza gli occhi al cielo.
Ora
lo mena. Non può usare la coda e non c’è nulla in quella stanza da lanciargli
contro ma le mani gli funzionano bene, quanto meno. “Che tu sia dannato, che
vuoi ancora?”.
“Grazie.
Per tutto. Anche per come … hai salvaguardato la dignità di Momo”.
“Sì,
sì, va bene. Levati dall’anima, adesso”.
“Sì,
andavo giusto da Midoriya in verità. Vorrei discutere con lui riguardo la
faccenda”.
“Se
ti fa entrare. Visto che è da quando siamo tornati che è chiuso dentro con la
biondina”.
“Ma
…”. Saggiamente Todoroki lascia cadere il discorso.
E’
meglio non mettersi in mezzo a certe cose. Soprattutto lui poi. “Buonanotte,
Bakugō”.
“Uh.
Buonanotte”.
Non
è del tutto persuaso dell’utilità di ciò che sta per fare.
A
lui però i casini danno fastidio. Quasi quanto Metà e metà.
E’
solo per puro senso del dovere che riapre e si dirige all’ascensore.
Per
puro senso del dovere che sale al quarto.
E
quando esce, trova il polpo nel corridoio. “Bakugō”, lo saluta quello, la
bocca sulla mano.
“Mhmm”.
Non
può certo dire che sia suo amico, Shoji.
Ma
… se non altro ha tenuto il becco chiuso riguardo la faccenda della mattina
prima.
E’
uno di cui fidarsi, anche lui.
Forse
troppo, dacché fin qui si è fatto alla grandissima i cazzi suoi.
Però
… è uno col cervello, pure questo.
E
poi è amico della scimmia. Non è difficile immaginare che si sia allegramente
tenuto in disparte per non fomentare altri puttanai. “Va tutto bene?”.
“Insomma.
Mica tanto. Il tuo amico, ha piantato il suo ragazzo”.
Gli
occhi lasciati scoperti dalla fascia elastica sulla faccia si sgranano. “Co…”.
“Sì,
hai capito bene. Ho appena incontrato Faccia da Morto che sembrava volesse
andare ad impiccarsi con le bende. Quindi … che so, magari vedi te. Oh e che
palle, non posso fare tutto io in questa dannata scuola, cazzo. C’ho pure io i
miei problem”.
Il
polpo si ammorbidisce. La bocca sulla mano sembra stirarsi in una specie di
sorriso.
Raccapricciante.
Ma pur sempre un sorriso. “Grazie, Bakugō. Vado subito da lui”.
“Sì
ma non dire che te l’ho detto io. Che sennò rompono il cazzo a me”.
“Non
ti preoccupare. Farò finta di voler fare due chiacchere con lui”.
“Bravo”.
Lo
vede dirigersi verso l’ascensore, apprezza il fatto che non gli abbia domandato
cosa ci fa al quarto piano.
Sì,
Shoji i fatti suoi se li sa fare benissimo.
Almeno
uno, ancora c’è.
Prende
fiato e bussa.
Se
ha da togliersi questo dente tanto vale farlo subito. Prima che scoppi qualche
altra storia del piffero e faccia finire per davvero tutti al manicomio.
Non
avrebbe mai pensato di poterlo dire, ma si stava meglio quando si stava peggio.
Quando
tutte le persone che non sopportava ugualmente se ne stavano per lo meno ognuna
al suo posto. “Sì?”.
“Apri
questa dannata porta”.
Un
rumore sospetto come di qualcosa che cade. Rimesso a posto frettolosamente.
Non
sarà che è con quella pazza no?
Forse
ha sbagliato ad andarci adesso Katsuki, perché se scopre che davvero … sta
incasinando il corpo della tettona, dopo che lui si è fatto un … sedere così
per tenerlo oltre che al sicuro … lo ammazza, Cristo se lo ammazza.
Il
battente si schiude.
Kirishima
ha gli occhi rossi, non nel senso di iridi ma di sclera.
Stava
… e che cazzo, stava piangendo? “Kam … ehm. Bakugō”.
La
voce è leggermente strozzata.
Sì.
Sicuro stava piangendo. E quell’altra non c’è, quanto meno non sembra esserci.
“Levati e fammi entrare, Capelli di merda”.
“S-sì”.
Entra
in camera di Kirishima, tira un profondo respiro. “Senti”.
“S-sì”.
“E
non dire sempre sì, cazzo! Oh”.
“S.sì,
cioè okay, Bakugō”.
“Un
uccellino mi ha detto che non mi hai davvero infilato le dita … lì”.
Kirishima
sbianca. Forse non è stato proprio il modo migliore per intavolare la
conversazione.
Ma
fanculo, è già tanto che sia lì. “Dio, Bakugō … certo che non l’ho fatto.
Ho spiegato … a Todoroki che …”.
“Fammi
il favore di non nominarmelo. Quando questa storia sarà finita, dovrò dargli
tanti di quei calci in culo da non farlo sedere per un mese”.
I
capelli scarlatti di Eijirō, ora abbassati, si raccolgono tutti su una
spalla. Ha inclinato la testa e lo sta fissando con curiosità. “Ti piace”.
Katsuki
fa un salto, riesce a trattenere per miracolo la coda prima che sbatta contro
il piede di ferro della panca per addominali di quello scemo. “Uh?! Hai
intenzione di prenderteli tu adesso, idiota? Che cazzo vai …”.
“Ma
che hai capito! Non intendevo in quel senso. Volevo dire, magari esiste la possibilità
che diventiate amici?”, azzarda timidamente.
“Io
e quel bastardo a metà non saremo mai amici”.
“Okay.
Solo … be’, si è prodigato parecchio per te. E’ stato … carino”.
“Dopo
che gli metterò le mani su quella faccia da pirla vedremo se sarà ancora
‘carino’.E comunque attento al cazzo
che combini con la sua donna, perché sennò vedrai che non sarà carino proprio
per un accidente”, borbotta mostrando di non fare caso al sorrisetto da squalo
del rosso
“Ma
no. Bakugō … vale anche per Mina, vero? Cioè … non sei arrabbiato con lei
per quel che è …”.
“Quello
è un altro paio di maniche. Però sì, okay. Le darò un’altra possibilità”.
“Grazie,
Bakubro ...posso chiamarti di nuovo
così no?”.
“In
realtà non te l’ho mai permesso io. Ma vabbé”.
Eijirō
si avvicina e fa per abbracciarlo. Ma si trattiene a metà. “Giusto. Niente …
contatti”.
Katsuki
alza gli occhi di Ojiro al soffitto. “Finalmente c’è riuscito a capirlo. Ci
sarebbe da festeggiare”, mugugna furbo.
E
tende la mano.
Il
rosso resta perplesso per qualche momento, pare … non comprendere la natura di
quel gesto.
Poi
nota la piega delle labbra di Bakugō. E batte il palmo contro quello di
lui … ovvero di Mashirao.
“Vedi
che questa è l’ultima però. Poi, vero o non vero la prossima volta prima ti ammazzo
e dopo ti chiedo scusa”.
“Okay”.
Sorride, Capelli di merda.
Se
non altro almeno un’altra cosa è andata al suo posto. “Ma vedi di tenere le
mani a cuccia”.
“Assolutamente.
Te lo giuro su ciò che ho di più caro al mondo”.
“Uh.
Vabbé. Non ti chiederò cos’è”. Alza le spalle. “Allora, buonanotte”.
“Buonanotte,
Bakubro”.
-
E’
difficile.
Difficile
frenare il pianto di un compagno, che si sta spezzando tra le tue braccia.
Ed
è lieto di averne tante Mezo.
Due
non sarebbero bastate ad accogliere quel profluvio di lacrime disperate, amare,
trattenute male e scoppiate a dirotto appena la porta della stanza di Kaminari
era chiusa dietro Shoji.
“Ojiro-kun”,
mormora battendogli la mano sulla spalla.
E’
vero, in realtà non dovrebbero avere contatti fisici. Ma Mashirao è così
affranto che nessuno, nemmeno lo stesso Denki troverebbe il coraggio di
indignarsi per quell’abbraccio fraterno.
Ha
mantenuto la parola data, nonostante dire bugie gli costi non voleva
‘inguaiare’ anche Bakugō, tanto più che non è per nulla sua abitudine
prendersi pena per gli altri, e soprattutto per certe cose.
In
realtà è in pensiero anche per Shinsou. Ma malgrado gli arti moltiplicabili non
è in grado di sdoppiarsi e non può trovarsi in due posti contemporaneamente.
E
inoltre Ojiro è suo amico da più tempo. Ha trascorso con lui l’intero primo
anno, ha imparato a conoscere il suo modo di agire.
Shoji
Mezo è un ragazzo molto empatico, nonostante non parli molto capisce
perfettamente come stiano gli altri, soprattutto i suoi amici più stretti.
Ha
compreso bene cosa quel pomeriggio ha portato Tokoyami a sbottare con quel:
“Vaffanculo!” sulla porta dell’infermeria, davanti ai professori che per
fortuna erano troppo sconvolti per prendersi la briga di punirlo.
La
stessa cosa che ha messo in petto a lui il timore che le cose fossero peggio di
prima, per alcuni degli ‘scambiati’.
Tokoyami
più che empatico è preveggente.
Gli
ha sussurrato mentre erano nel cucinotto che quei due non sarebbero durati, non
con Mashirao nel corpo di Kaminari.
E
dannazione se ci aveva visto giusto.
Mezo
aveva tanto sperato che non andasse così, e invece no.
Però
… sa anche che forse si può ancora recuperare. Se ha intuito anche lui cosa
davvero ha spinto Ojiro, sia pure sotto la sferza dell’irritazione, a prendere
quella decisione allora non è poi così grave.
“Ojiro-kun.
Non fare così, dai. Sta su”. Gli passa una mano sulla testa bionda, dalle
ciocche un po’ scomposte.
“Ma
… io …”. Singhiozza fuori controllo, povero.
“Hai
sicuramente fatto la cosa più giusta. Non devi rimproverarti. Hai bisogno di
prenderti cura di te stesso in questo momento, tanto più che il quirk di
Kaminari è decisamente più pericoloso di quello di Jirou-san. Devi stare
tranquillo. E … probabilmente Shinsou-kun adesso non è la persona più adatta”.
“Non
ha fatto altro … che farmi sentire peggio. E dire che mi sono illuso che …
potesse accettarlo anche questo, alla fine, quando mi si è avvicinato in
infermeria … ma poi ho visto il suo sguardo. Ed era centomila volte più triste
di quando ero … Jirou”.
“Ma
è anche ovvio, Ojiro … era deluso. Ha visto che Midoriya e Jirou erano tornati
normali, ci ha sperato, ed è stato un brutto colpo per lui”.
“Sì,
questo l’ho capito … e infatti lì per lì non gliene ho fatta una colpa. Però …
poi ho visto come si comportavano gli altri … cioè persino Todoroki non si è
spostato un attimo da Yaoyorozu, nonostante le minacce di Bakugō. E io …
io … mi sono sentito … messo da parte”.
“Ma
è normale. Anche io al tuo posto mi sarei sentito così”.
“E
allora … ho pensato … che non poteva proprio sopportarlo. Che avessi questo
aspetto qui, questa faccia qui … che … se per disgrazia questa storia non
finisse, io … lui … non potrebbe mai … adeguarsi. Per lui … Kaminari è un
amico. Cioè, ci pensi? E’ come se per me lui fosse finito … nel tuo corpo. Io
non avrei mai potuto …. adeguarmi, sapendo che … tu non sei così. Oddio, scusa,
non so più cosa dico, dannazione”. E giù un nuovo fiotto di lacrime, che si
riversano sulla spalla amica del compagno tentacoluto.
Ecco.
Aveva
letto bene.
Peccato
non possa sentirsene felice, Shoji.
Un
suo amico fidato sta male. E si sente dannatamente impotente, nonostante il suo
potere e la sua stazza.
Può
solo confortarlo, fino alla fine. Perché ci dev’essere una fine, non è
possibile che le cose restino in quel modo.
“Cerca
di stare calmo, Ojiro. O finirai col prenderti un malanno. Prenditi cura di te
… e sii forte. Prima o poi tornerà tutto al suo posto, lo so”. Gli batte una
delle mani sulla schiena.
Ojiro
è stato uno dei primi ad accettarlo così com’è. A … legarsi a lui, nonostante
quel suo aspetto minaccioso e strambo.
Nessuno
ha mai saputo quanto l’amore per la bellezza di Mezo sia stato frustrato
innanzi tutto dal suo stesso quirk.
Ha
sempre ritenuto … sciocco confidare una simile debolezza finanche allo
specchio, ogni volta in cui si guardava.
Per
questo alla fine ha scelto di coprirsi il volto. Non era poi così più strano o
deforme di tanti altri; molti quirk storpiavano i tratti del viso o le forme
del corpo del suo possessore.
Eppure
è triste.
Ojiro,
in fondo è un bel ragazzo. Anche Kaminari lo è.
Forse
non lo saranno ai livelli di Todoroki, o di Bakugō – che ha sempre in
faccia quell’espressione mortificante, altrimenti lo sarebbe molto anche lui,
bello -. Ma sono molto carini.
E
per quanto possa immedesimarsi nelle ragioni di Shinsou, si domanda cos’avrebbe
fatto se ad Ojiro fosse toccato in sorte un aspetto come quello che ha lui.
Non
avrebbe preferito forse doversi … adeguare a Kaminari, piuttosto che ad … un
mostro?
Quanto
meno la bocca di Denki non ispirava tanta repulsione quanto la propria.
E’
tutto un gran casino, sono pensieri sterili, che non servirebbero comunque
adesso.
Mashirao
deve stare tranquillo. Punto. “Shoji-kun … grazie”.
“Ma
figurati. Gli amici servono a questo, no?”.
Già.
Gli amici … servono a questo.
A
darti il conforto che latita quando la persona che ami ti delude.
-
L’istinto
si sa è una brutta bestia.
La
compassione e l’affetto poi non ne parliamo proprio.
Ochaco
è stremata. L’inquietudine, lo spavento, la speranza prontamente spezzatasi a
metà come un filo troppo teso, la fatica fatta a scarpinare da un piano
all’altro per trasferire la roba dei compagni, la doccia che ha fatto talmente
al volo che non ha potuto nemmeno asciugarsi i capelli, solo per continuare a
trottare e sudare da capo l’hanno ridotta a poco più che uno straccio; non
riesce più nemmeno a fare le scale – di solito le usa sempre, come allenamento
extra- così ha preso l’ascensore, per arrivare al quarto piano del dormitorio
maschile.
Ma
non può fermarsi adesso.
Ha
visto con che espressione Momo è rimasta seduta accanto a Todoroki per metà
della serata. Lui non le si è staccato un solo momento di dosso, l’ha seguita
per tutto il tempo e anche se non l’ha più sfiorata ha continuato a farle
sentire la propria presenza.
Eppure
lei non cessava di avere quel volto amareggiato.
E
Uraraka si sente in dovere di raccogliere il suo sfogo, quale che sia.
E’
… curioso che Momo sia finita proprio nel corpo di Bakugō. Una strana
coincidenza.
Ma
a lei non deve importare.
E’
sempre la sua amica Yaomomo, e spera di riuscire a rincuorarla; tanto più che
nonostante sia esausta si sente rinfrancata dal discorso avuto con Kirishima. E
le viene spontaneo dirsi che la tristezza di Momo nasce solo dalla stanchezza
di quella situazione indefinita.
Fino
al giorno prima era Deku. E già non doveva essere semplice adattarsi.
Ma
adesso ch’è … nel corpo di Bakugō … insomma.
Dev’essere
un trauma non indifferente dover imparare a convivere con …
Bussa.
“Yaomomo?”.
La
voce soffocata, pacata di Bakugō non manca di farla trasalire.
Se
non altro Ashido ha mantenuto il suo tono squillante, che seppure completamente
diverso dalla vocalità roca, graffiata e perennemente ruvida di Katsuki era pur
sempre meno sconvolgente della nota malinconica che ha assunto adesso. “Ochaco-chan.
Entra”.
Uraraka
apre, si guarda intorno.
Si
aspettava che la ragazza fosse in compagnia di Shouto. Invece è sola, seduta
alla scrivania di Bakugō su cui la stessa Ochaco ha portato alcuni dei
libri di Yaoyorozu prima.
Uno
è aperto. Ma Momo non ha l’aria di essere granché presa dalla lettura. “E …
Todoroki-kun? Non c’è?”.
Momo
rialza lo sguardo dal libro che ha aperto sul ripiano.
Da
vicino fa ancora più impressione quello sguardo appannato. “E’ … andato un
attimo da Midoriya. Voleva parlare con lui”.
“Ah”.
“In
realtà è un sollievo che non sia qui”, aggiunge quasi subito Yaoyorozu,
tornando a guardare il volume.
La
castana trasale. Che significa questo, adesso? “Ma… Momo?”.
“Scusa
Ochaco, mi spiace che debba fare sempre tu le spese del mio malumore. Ma
capirai bene che mi sento confusa come non mai, adesso”. Momo porta le mani
alla fronte. Sembra avere un gran mal di testa.
L’ha
vista spessissimo, la fronte di Bakugō aggrottata a quel modo.
Eppure
adesso le spiace un po’ di più non poter far nulla. Perché sa che è causato da
un malessere interiore e non da una semplice irritazione costante. “Inizio a
preoccuparmi”.
“E
di che?”.
Lo
sguardo di Momo – di Bakugō- è così eloquente che anche uno scemo
capirebbe.
E
Uraraka non è affatto una scema. “ODDIO MOMO-CHAN! Non dici sul serio”, è la
sua reazione immediata.
Tuttavia
lo sguardo rosso è così addolorato che deve contenersi. Anche se le pare
un’ipotesi più che campata in aria. “Sul serio?”.
“E
che ne so. Ma … è ben strano che Shouto abbia iniziato … a starmi addosso da
oggi, no?”.
La
testolina di Uraraka si scuote con forza.
E’
un’assurdità. Cioè, oddio, anche ammesso non ci sarebbe nulla di male … lei è
stata una delle prime in assoluto ad appoggiare la storia di Ojiro e Shinsou,
difendendoli a spada tratta da qualsiasi seccatore avesse da dire la propria.
Ma
questo si rifiuta proprio di accettarlo. Non per pregiudizio o cattiveria, ma
soltanto perché la mente di Yaoyorozu si sta involando per una strada che non
porta da nessuna parte se non a complicare ancora di più le cose.
E
sa il cielo se non è proprio il momento per altri disastri. “Momo, perdonami se
te lo dico, ma stai diventando un filo paranoica”.
L’amica
però non le dà retta. “Continuo a chiedermi cosa sarebbe successo se fossi
finita in un altro corpo. E credimi, ho paura di darmi una risposta”.
Uraraka
si avvicina, appoggia una delle manine sul ripiano della scrivania e si abbassa
davanti all’amica che sembra sul punto di scoppiare a piangere.
No.
Ha già visto Bakugō in lacrime, anche se aveva l’aspetto di Yaomomo.
Vedere
gonfie di pianto quelle iridi adesso è qualcosa che la getterebbe del tutto in
ginocchio e non può concederselo questo lusso, non può cedere allo sconforto
anche lei.
Solo
dopo realizza che è … una cosa senza senso anche questa.
Però
ora non ha il tempo di rifletterci su. “Momo-chan. Capisco tu sia … inquieta,
al tuo posto io sarei andata fuori di testa del tutto. Ma ti stai sbagliando.
Todoroki-kun ha spiegato chiaramente anche a me come stavano le cose, ieri
sera, e le sue azioni non sono che la conseguenza naturale di quello che sta
accadendo. Dovresti essere felice di avere un ragazzo che tiene tanto a te.
Okay, è un po’ … strano, sono d’accordo con te. Ma è fatto così. Ognuno a suo
modo, no? Lo dici sempre tu. Ho avuto anche lo stesso tuo dubbio, che stesse
dando più corda a Bakugō trascurando te, ma dopo averci parlato ho capito
che aveva assolutamente ragione. Se sei tu la prima a non capire che lo fa per
te, allora, forse, non te lo meriti”.
Le
è scappato. Forse ha esagerato, è stata un po’ troppo dura con lei.
Ma
… si sente ancora in colpa per il rimprovero mosso a Todoroki, che come Uraraka
è uno di quelli che sta impattando più di molti altri per tenere compatta la
classe impedendo che si sgretoli, seminando pezzi per strada.
E’
la verità. Per brutto che sia dirlo … la maggior parte del gruppo non sta
muovendo un dito, per fermare la catastrofe, anzi.
Ce
l’ha anche un po’ con la sua amica Asui. Che fin qui se n’è lavata le mani, e
basta.
Come
tanti altri.
Si
sente davvero sconfitta Uraraka. E’ bastato così poco a mandare tutto a gambe
all’aria.
E
adesso sul punto di piangere c’è lei.
“Ochaco
…”.
“Scusa.
Ma tu … non sai come ci si sente al mio posto”, mormora alzando appena la
testa.
Gli
sguardi si incrociano, ed è quello di Momo- Bakugō- a sembrare in pena per
lei.
E’
un istante in cui le braccia dell’amica le si stringono intorno. La soffocano
quasi, perché neppure lei si rende conto della forza che possiede Bakugō.
Uraraka
vorrebbe non arrossire. Ma le sale il sangue agli zigomi e non può nasconderlo.
E’
la seconda volta che qualcuno la stringe con il corpo di Katsuki.
E
.. è la seconda volta che percepisce quanto di caldo. Come sia odoroso di
resina, come le faccia trattenere il fiato e tremare le dita, quando ce l’ha
addosso.
“Scusa
tu. Non ho pensato che …”. La testa bionda si muove in cenno negativo. “Questa
storia mi sta rendendo egoista come mai”.
“Ma
no, cosa dici, Yaomomo. E’ solo che è un brutto momento. Passerà”.
“Me lo auguro”.
Le
gambe di Ochaco tremano quando si rimette in piedi. Deglutisce, a stento. “Io …
vado”.
“Okay,
Ochaco-chan. Grazie. E buonanotte”.
Scappa
quasi via dalla stanza, e senza accorgersene sbatte contro Ojiro, che era sulla
soglia della camera di Kirishima.
Per
un attimo non connette, un pezzo del suo cervello pare essersi fulminato
anch’esso, nonostante non sia affatto venuta a contatto con … Kaminari che
adesso è … oddio, chi?
E’
stordita. Il senso di vacuità diventa malessere fisico e ha quasi la nausea.
Sono
le braccia di Ojiro-kun a tenerla su.
Ojiro
che non è Ojiro e nemmeno Kaminari in questo momento, ricorda tutto d’un
tratto. “Ohi. Che ti piglia, Faccia Tonda?”.
Deve
trattenersi per non sussultare.
Gli
ha tenuto la coda, prima in infermeria. Le è venuto naturale, se non altro per
impedirgli di spedire Todoroki al Creatore.
Ma
adesso … è un’altra situazione.
E
lei si sentiva già scossa. Peggio di un terremoto.
E’
sul punto di crollare, e quell’abbraccio anche se involontario invece di
rincuorarla ora la fa sentire ancora più debole. “Io … sono un po’ stanca di
questa situazione”, ammette piano.
Ma
subito ci pensa e si morde un labbro.
Sta
parlando proprio con shi forse ne ha passate più di tutti gli altri, fino ad
oggi.
Ha
scelto proprio la persona sbagliata con cui andare a lamentarsi. “Oddio mi
spiace, non ho il diritto di dirlo, voi ci siete dentro e io non sono che una
semplice spettatrice ed è assurdo che sia io a dirlo cioè …”, sputa fuori tutto
d’un fiato.
“Hai
ingoiato una macchinetta?”.
“Eh?
No”.
Bakugō
ghigna. E lei avvampa, congiungendo le manine mentre Katsuki abbassa le
braccia.
Il
volto di Mashirao torna serio. Dolce, quasi.
Ma
di sicuro è merito dei tratti del compagno, che conservano quasi sempre
quell’espressione. “Ti stai facendo il mazzo peggio di tanti che ci stanno
dentro, in questo casino. Hai tutto il diritto di essere stanca, e che cazzo”.
Ochaco
si azzittisce.
E’
lo stesso pensiero che ha avuto lei, prima. E se n’è pentita, dacché le
sembrava poco ortodosso.
Ma
sentirlo proferire dalle labbra di qualcun altro … forse non è tanto in errore,
allora. “Vai giù?”, domanda Bakugō, infilando le mani nelle tasche.
“Io
… sì, scendevo”.
“Andiamo,
allora”.
Si
avviano per il corridoio, e solo ora Uraraka realizza dove ha incontrato il
compagno. “Sei stato da Kirishima- kun?”.
“Uh.
Sì”.
“E
avete chiarito?”.
“Mhmm”.
“Sono
contenta”.
“Pure
io, quanto meno avrò almeno un attimo di tregua. Anche quell’altro fesso di
Todoroki è venuto a dirmelo. E’ evidente che nemmeno fuori dal corpo di
Yaoyorozu sono destinato a trovare pace da quel cretino a metà”, borbotta con
un tono irritato che sembra buffissimo, nella voce di Ojiro.
Ovvero
sembrerebbe, se Ochaco non sentisse un vago rimprovero diretto anche a lei in
quelle parole. “E da me”, le sfugge, abbassando un po’ la testa.
Bakugō
le scocca un’occhiata obliqua. “Tu non mi dai poi così fastidio”.
E’
stato un commento buttato là.
Ma
Ochaco non se lo aspettava.
Come
non si aspettava di provare quello strano disagio. Lo stesso, che gli è
sovvenuto quando è stata tra le braccia di Ashido … le sue, alla festa.
E
tra quelle di Momo, sempre le sue, poco prima.
E
quelle di Ojiro, ma che al momento appartengono a lui. mannaggia. Che disastro.
“Oh. Be’ … grazie”.
Le
porte dell’ascensore si aprono, Bakugō aspetta che sia entrata prima lei e
la segue, premendo il pulsante del terzo e subito dopo, quello del piano terra.
“Tu tornavi da Yaoyorozu, no?”.
“Sì”,
mormora piano.
Teme
che Bakugō le dica qualcosa perché … insomma. Momo è lui, adesso.
Magari
non gradisce che ci stia tanto a contatto.
E
questo pensiero le incendia le guance ancora di più.
La
faccia di Ojiro-kun si fa pensierosa. Pare stia valutando se metterla al corrente
di qualcosa o meno. “Mhmm. Ecco, giacché ci stai, visto che è amica tua, butta
un occhio al mio corpo”, replica infine Bakugō.
E
quella frase la lascia basita.
Soprattutto
dopo la conversazione con Yaoyorozu. “Ma Bakugō, Todoroki-kun non …”.
“Non
capire male. Di quel coglione a mezzo mi fido, nonostante tutto, se non altro
perché è uno scemo. Ma non vorrei la sua donna si tagliasse le vene. Non aveva
una bella faccia, stasera”.
“Era
la tua”, sbotta spontanea Ochaco, mordendosi la lingua un attimo dopo.
Non
sa più cosa dice. Lo sforzo di trovare le parole giuste per tutti, per Momo, le
ha annebbiato la lucidità, è evidente.
Katsuki
però scoppia a ridere. E lei si sente un po’ più serena, forse. “Ben detto
Faccia Tonda. Ben detto”. L’ascensore si ferma, le porte si aprono. “Vabbé. Ci
si vede”. Fa per muovere un passo, ma il pennacchio dell’appendice è piantato
per terra e Bakugō non pensa a scostarla.
“Bakugō,
la co …”, tenta di avvisarlo.
Ma
è già tardi.
Il
compagno ci è inciampato dentro ed è quasi finito muso al pavimento. Ci ha
pensato lei a trattenerlo, per un riflesso incondizionato ha teso le mani e l’ha
toccato, evitando si schiantasse sul pavimento.
Ma
ora fluttua a mezz’aria.
“Dannata
scimmia”, ringhia Bakugō, esasperato. “Prima tirava avanti, ora tira
dietro. Mi ritroverò con un mal di schiena fottuto, quando questa storia di
merda sarà finita. Se finisce”.
Ochaco
evita di fargli presente che una volta riottenuto il suo corpo spariranno tutti
i fastidi.
Può
avere un caratteraccio, essere sboccato e irritabile e avere tanti, tanti altri
difetti.
Tuttavia
come ha detto Todoroki è quello che era messo peggio. Ha avuto tutto il
sacrosanto diritto di avercela col mondo per una ragione sensata, e anzi sicuro
ce l’ha ancora adesso ma paradossalmente è il solo che stia dando un qualche
valore alle sue azioni.
Che
l’abbia incoraggiata … e sì, a modo suo anche consolata. “Finirà. Ne sono
sicura. Andrà tutto bene”.
Angolino Autrici:
Un capitolo MOOOOOOLTO lungo per farci perdonare della lunga assenza.
Ricco ma carico d’eventi e POV.
Spero possa piacervi. Fateci sapere.
Le cose degenerano!
Un bacione,
Asu e Anya
Iida
si avvicina ad Hatsume Mei con più tatto possibile. A differenza
degli altri, che se ne sono già andati tutti quanti ormai, seguendo i feriti in
infermeria insieme ai docenti e a Melissa, Hatsume è rimasta lì, a piangere
sulla sua creatura.
Non
è la prima volta che reagisce così, in verità lo fa ogni volta che qualche sua
creazione esplode, cosa che succede abbastanza frequentemente.
Hatsume
è un genio, ma spesso agisce d’istinto nella costruzione dei suoi aggeggi.
Iida
non ci capisce molto, quindi di certo non sa dire dov’è che sbaglia, ma di
certo è innegabile che Mei ci mette ogni volta tutta se stessa in quello che
fa. Anche quando sembra assurdo.
“Hatsume?”
Lei
alza su di lui due occhi enormi, carichi di lacrime. Non sapesse che piange per
un macchinario che a conti fatti neanche funzionava, si sarebbe dispiaciuto
davvero per lei.
Per
fortuna, per quanto pianga, sa che non è nulla di davvero grave.
Però
lei non l’ha presa molto bene. Deve essersi impegnata davvero molto più del
solito questa volta. Quindi, il fallimento fa ancora più male.
La
capisce fin troppo bene, in verità.
Fin
da quando l’ha fregato durante il Festival Sportivo del primo anno gli è stato
abbastanza chiaro che tipo di persona fosse Mei. Si buttava a capofitto nei
suoi progetti e non ne usciva finché non si riteneva soddisfatta.
E
quando falliva, si faceva il suo pianto e poi si rialzava, per ricominciare da
zero se necessario.
E
questo era da stimare.
“Senti
tu!”
Iida
quasi sobbalza, mentre Mei si alza asciugandosi le lacrime. Si sistema gli
occhiali sul naso e allunga il braccio verso di lei, “Posso fare qualcosa per
te?”
“Senti…almeno
il sacrificio del mio bambino è servito, vero?!”
Iida
è costretto ad abbassare il braccio, “In realtà non lo so. Non ho seguito gli
altri per verificarlo.”
Hatsume
sospira, “Ero così sicura che andasse alla grande! I dati erano tutti perfetti,
anche Melissa era d’accordo! Non capisco che cosa possa essere fallito!”
“Con
un po’ di fortuna, non è stato del tutto un fallimento,” afferma deciso Iida,
“Coraggio, vieni! Andiamo in infermeria dagli altri!”
Mei
annuisce, non sembra convinta ma alla fine si alza, sposta in un angolo quel
che resta del macchinario usato e esce dal laboratorio, chiudendosi per bene la
porta alle spalle.
Dopo
sarebbe ritornata lì, e avrebbe controllato i danni per bene. Chissà che non
fosse, dopotutto, possibile recuperare qualcosa di utile per qualche altro
macchinario?
Melissa
le aveva mostrato parecchi progetti molto interessanti, fra cui un paio di
guanti nuovi per Midoriya ma quello era ovvio, gran parte delle cose progettate
da Melissa erano per Midoriya, in fondo stavano insieme.
Lei,
però, aveva altre idée.
Quello
che attirava di più la sua attenzione era la tuta di Iida.
Desiderava
metterci le mani e renderla ancora più tecnologica, poteva aggiungerci dei
raffreddamenti utili per i motori sulle gambe o del propulsori extra per
renderlo ancora più veloce di come già non fosse.
Già
aveva in mente di come usare alcune parti.
Se
erano intere come sperava, sarebbe stato fattibile e in pochissimo tempo.
“Sei
stato molto carino ad aspettarmi invece di seguire i tuoi amici!” esclama di punto
in bianco Mei.
“Mi
sembra il minimo. E’ mio compito anche questo!”
“Non
proprio, visto che non sei il mio rappresentante. Ma tu sembri una persona
incredibilmente ligia al dovere!”
“Certo
che sì!”
La
mano tesa quasi la colpisce sulla testa, ma Iida è più attento del previsto e
neanche la tocca. Hatsume però approfitta subito, gli afferra quella mano a
taglio e la stringe forte fra entrambe le sue, portandosela al petto.
Neanche
nota quanto il volto di Iida sia diventato innaturalmente rosso.
Non
nota mai certe cose, Mei. Nella scuola sa che spesso quelli come lei vengono
presi in giro per questo.
Pensano
solo alla tecnologia e non vedono altro.
Ma
nella sua classe sono tutti quanti così. In fondo il loro compito è importante
quanto quello degli eroi e solo perché gli altri non sono in grado di
comprenderlo, solo perché a volte neanche gli eroi stessi lo capiscono, non
rende il loro compito meno gravoso o eroistico.
Hatsume
lo capisce eccome. E ci mette anima e corpo per questo.
Se
i suoi supporti smettessero di funzionare o si rompessero in combattimento, in
fondo, che ne sarebbe dell’eroe che li sta usando? Potrebbe rimanere ferito, o
perfere la vita.
Lei
non lo vuole.
Anche
se sembra che abbia occhio e cuore solo per i suoi arnesi, se ci si mette con
così tanto amore è anche per questo.
E
poi anche perché è una cosa che ama.
La
diverte e la trova soddisfacente e meraviglioso.
“Per
farmi tornare il buon umore avrò davvero bisogno di mettere mano a qualche
progetto ancora più grande!”
“A-ah.
Okay…”
“Proverai
i miei bambini?”
“Ah,
beh, ma…”
“Oppure
avevo pensato di modificare la tua armatura! Vedrai, la renderò ancora più
importante e forte!”
“Beh…in
verità non mi servono migliorie.”
“Non
ti rendi conto della cosa ma in realtà ti servono! Eccome se ti servono!
Servono sempre!”
Iida
si guarda intorno nervoso, ma sembra impossibile trovare una via di fuga dalle
follie di Mei.
Gli
sta simpatica, non dice di no, non lo direbbe mai perchè sarebbe una menzogna.
Ma non vuole nemmeno saltare in aria anche lui un’altra volta.
E
di rado gli esperimenti di Mei funzionano alla prima botta.
Midoriya,
poverino, ne ha fatto le spese più d’una volta.
Poi
lo vede. La sagoma di alcuni compagni a distanza.
La
sua via di fuga.
“E’
il caso di riparlarne più avanti, Hatsume-san! Adesso vediamo come stanno gli
altri!”
“Oh!
Giusto! Sono certa che il sacrificio del mio bambino non sia stato vano! Ne
sono certissima!” e lo lascia lì, azzerando le distanze con gli altri e
piombando in infermeria.
Per
fortuna.
Lui
arriva con più calma, ma nota subito che qualcosa non va.
Gli
animi sembrano a terra, alcuni sono già andavi via, anche Aizawa e Mic sono
spariti.
C’è
solo All Might dei docenti, che sta parlando con Recovery Girl. Eppure, ha una
brutta sensazione.
Non
è andato bene. Lo sente.
Iida
cerca inizialmente di avvicinarsi in silenzio a quel che resta del gruppo.
Dentro, sono rimasti solamente Mina e Kaminari e Jirou, fra gli scambiati. O
almeno, quelli che dovrebbero essere loro due.
Ma
forse non è così, considerando che Kirishima non c’è.
Certo,
gli è sembrato di capire tristemente che quei due avessero litigati di brutto,
dopo quanto successo il giorno prima, ma gli dispiacerebbe sinceramente anche
scoprire che si siano lasciati.
“Allora?!”
trilla d’improvviso Hatsume “Il mio bambino ha fatto quel che doveva? Mh? Ma
dov’è Melissa?”
“Melissa
è già andata via con Midoriya,” le risponde pacatamente Jirou.
Iida
alza le antenne. Midoriya era nel corpo di Mina, che è ancora nella stanza. Se
Jirou –ammesso che sia Jirou davvero- ha detto la verità, allora quella Mina
nella stanza non è più Midoriya. O perché dire che era andata via con lui?
“Quindi
ha funzionato, giusto?!”
Jirou
stavolta non risponde. Invece, abbassa appena il capo verso Mina accanto a lei.
“Beh, con me sì,” ammette, “E anche con Midoriya.”
“E’
fantastico!” sbotta Iida, allungando il braccio davanti a sé, “Finalmente le
cose si sono…-”
“Solo
con loro.”
“Eh?”
Stavolta
è Kaminari a parlare, un sorriso sghembo sulle labbra. Shinsou, che è seduto
accanto a lui, guarda ancora fisso il pavimento.
Ah,
aspetta.
Shinsou.
Ojiro non c’è nella stanza, quindi…
“Kaminari…no.
Sei Ojiro-kun?”
Quello
ride appena, “Che intuizione!”
“Oh.
Quindi non ha funzionato con tutti? Che peccato,” mormora Hatsume. Era comunque
abbastanza soddisfatta, perché almeno in parte il suo piccolino si era
sacrificato con uno scopo. Le dispiaceva, però, che avesse funzionato solo con
due di loro.
Anche
perché le loro facce erano così deprimenti...
“Se
volete posso provare a riparare il mio bambino. La prossima volta funzionerà su
tutti! Ormai abbiamo capito come funziona, almeno in parte! Che ne dite?!”
Mina
–o chiunque ci sia dentro di lei- sbianca, “Oddio, moriremo…”
“Maddai,
Kaminari!” ride Jirou, “Comunque, ecco, Hatsume-san…non credo serve. Voglio
dire, mi pare evidente non sia la soluzione.”
“Ma
con te ha funzionato!”
Vero,
con lei aveva funzionato. Certo che sì. Ma aveva la vaga –nemmeno troppo vaga-
sensazione che la cosa non sarebbe riandata bene così facilmente e che
soprattutto non era stato quello a risolvere, seppur parzialmente, la situazione.
Insomma, se fosse stato il macchinario, avrebbe fatto tornare tutti quanti
normali, no?
E
poi perchè Midoriya era scappato in quel modo?
Perché
era scappato, era palese. Lampante. Solo che lì tutti erano così giù di corda che
nessuno ci aveva fatto caso.
Ma
lei, e il suo udito che tanto aveva rimpianto e tanto le era mancato, avevano
sentito palesemente le lamentele di Melissa, e le sue perplessità, mentre
Midoriya la portava via mano nella mano.
“Comunque
scusami se pongo questa domanda,” interviene dopo un po’ Iida, “Ma quindi che è
successo?”
“Ah,
adesso ti facciamo un riassunto, capoclasse,” sbiascica la vocina di Mina,
demoralizzata, “Anzi chiedi a Kiribro, tanto mi sa che ha già fatto la lista
per quel traditore di Sero.”
“Che
depressione qui,” mormora Hatsume, “Beh, io vado a raccattare i pezzi del mio
bambino. Mi spiace molto per come sono andate le cose.”
“Non
importa. Grazie infinite per averci provato, Hatsume-san,” affera Kaminari
–cioè Ojiro.
“Figurati.
Richiamatemi se vi succedono altre cose interessanti come queste, mi
raccomando.”
Shinsou
sbuffa, “Io spero mai più. Mai, mai più.”
“Beh,
non si sa mai. Voi richiamatemi!”
Lei
alza la mano, saluta, si volta e fa per andarsene. Poi sembra ricordarsi
qualcosa, Iida trema mentre gli va di nuovo sotto al naso, “E tu mi raccomando
eh! Ci conto!”
“Eh?”
Iida rimane per un attimo interdetto.
Contava?
Su cosa contava? Oh, no, non le modifiche alla sua divisa da eroe, non quello!
“Hatsume-san,
mi rincresce dire che…”
“Allora
vado, ciao!”
“Aspetta,
Hatsume-san!”
“Devi
essere più conciso quando vuoi dire di no a qualcuno, Capoclasse,” borbotta
Shinsou, sfilandogli davanti insieme a Ojiro, “Con una pazza con quella ci
rimetti, altrimenti.”
“Non
è carino definire pazza una propria compagna di studi, Shinsou-kun!”
“Sì,
sì,” sbuffa, “Comunque rimane pazza.”
“Dai,
‘Toshi, almeno ha cercato di aiutarci, lei.”
“Eh.
Era meglio di no.”
Iida
si sistema gli occhiali sul naso a dita ben tese. La faccia che ha fatto Ojiro
–cioè la faccia di Kaminari- alle parole di Shinsou è palesemente contrariata,
ma l’altro non ci fa caso. Troppo giù di tono, si limita a sbuffare per
l’ennesima volta mentre segue il compagno fuori dall’infermeria e poi
probabilmente verso il dormitorio.
Però,
alla fine Shinsou ha detto quello che pensano tutti, lì, lui compreso: era meglio
non fare niente, con quel risultato.
Ma
dopotutto, non potevano saperlo all’epoca, e avevano tutte le buone intenzioni
del mondo.
Quindi,
tutto sommato, non potevano lamentarsi.
Ci
avevano provato. Se non l’avessero fatto, si sarebbero pentiti anche di quello.
Era un circolo vizioso.
Potevano
solo sperare finisse in fretta.
“Cosa
fai, Iida-kun? Rimani qui tu?”
Iida
si riscuote, guarda Mina –che non ha ancora capito chi è- e Jirou, gli ultimi a
lasciare l’infermeria, ora vuota, “Torniamo al dormitorio!” ordina, il braccio
teso davanti a sé.
Iida
è rimasto fin troppo nel salotto comune con tutti gli altri. Quella situazione
si stava rivelando davvero pesante e in tutto questo il fatto che lui non
potesse fare nulla lo metteva davvero di cattivo umore.
Non
quanto chi lo stava vivendo, questo era ovvio, ma non gli piaceva doversene
stare con le mani in mano mentre i suoi amici soffrivano, e non avere la
possibilità di aiutarli per quanto lui si potesse impegnare a farlo.
Quindi,
alla fine si alza anche lui e se ne va, anche se è fra gli ultimo a farlo.
Quando
si alza lui, sui divani ci sono solo Tsuyu e Tokoyami ormai, che stanno
parlando. Tutti gli altri, stanchi o demoralizzati, sono tornati nelle loro
stanze e lui non ha potuto fare altro che augurare loro la buona notte e
sperare che andasse tutto quanto nel migliore dei modi.
Tutta
quella situazione si stava rivelando peggiore del peggior attacco Villan che
avessero mai affrontato, e ne avevano affrontati tutti quanti parecchi di
attacchi. Eppure, forse il fatto di non sapere che cosa l’avesse causato, stava
scoraggiando anche i più determinate di loro.
Non
aveva mai visto Bakugou in quello stato, per non parlare della povera
Yaoyourozu. E anche Ochaco sembrava sfinita. Shinsou aveva una pessima cera e
Ojiro portava la faccia di Kaminari a livelli di depressione mai visti prima.
Ma
per rispetto delle condizioni di tutti loro che soffrivano, era rimasto lì fino
alla fine.
Solo
che passarci la notte, se gli altri non c’erano, è inutile. Solo per questo
imbocca l’ascensore e sale al suo piano.
E’
proprio uscendo da lì che vede Shoji chiudersi alle spalle la porta della
stanza di Kaminari, dove adesso è Ojiro. Se ha capito bene lo schema che gli ha
fatto Kirishima, ovvio.
Ormai
è più confuso che mai!
“Shoji-kun!”
Shoji
sobbalza, ancora con la mano sul pomello della porta della stanza accanto a
quella di Iida, quella di Denki. Nel cui corpo adesso c’è Ojiro.
Probabilmente,
è stato con lui fino a quel momento, non trova altre spiegazioni. In fondo, sa
bene che sono amici intimi.
Quello
che trova strano è che ci sia lui, e non Shinsou.
Anche
se Iida non è certamente un esperto in quell’ambito, lo sa e neanche gli
interessa diversamente, si rende ben conto che in un momento così delicato
Ojiro avrebbe dovuto volere accanto il suo compagno, no? Tanto più che fino a
quel momento è stato così.
E
allora perché Shoji ha quella faccia da funerale, in tutto questo?
“Va
tutto bene, Shoji-kun? Sai bene che se ci fosse qualche problema non devi
esitare a parlarmene! In qualità dì…”
“No,
no,” lo interrompe mollemente Shoji. Sembra fiacco, spompato. “Va tutto bene.”
“Sei
sicuro?”
Shoji
sospira, ha gli occhi stanchi e la bocca che compare sul suo tentacolo è
stranamente all’ingiù, “Per me è tutto a posto. E’ Ojiro che non…diciamo che
non sta troppo bene. E’ stata una giornata lunga.”
“Lo
immagino,” annuisce Iida, grave, “Non deve essere facile. Sei un buon amico ad
essere rimasto a fargli compagnia fino ad ora!”
“In
verità, col tuo permesso capoclasse, volevo solo andare a prendere qualcosa di
caldo da bere. Penso che passerò la notte qui.”
“Oh,
beh. Non vedo quale sia il problema. C’è anche Shinsou?”
“No.
Shinsou non c’è. Non…se la sentiva,” mente, “Voleva stare un po’ da solo.”
“Capisco.
Auguro la buona notte ad entrambi. Ricordatevi di non esitare assolutamente a
contattarmi e a bussare alla mia porta, se vi occorresse!”
Shoji
si limita ad annuire, poi torna verso l’ascensore con cui scendere nel cucinotto
della sala comune.
Iida
ha la tentazione di bussare alla porta di Denki per vedere come sta Ojiro.
Sente che c’è qualcosa che non va e vuole controllare.
L’istinto
gli dice che deve. Dovebbe, per lo meno.
Ma
alla fine non lo fa. Non sono fatti suoi. Ojiro deve essere giù di morale, e
quello è normale, ma non c’è certamente bisogno che lui si impicci oltre, e lo
metta magari ancora più di cattivo umore.
In
fondo, se gli serve sa che è alla porta accanto. Come sempre, visto che ancora
la stanza di Ojiro è su quel piano.
Ah.
Già.
Quindi
c’è anche Bakugou.
Dovrebbe
andare a controllare almeno come sta lui, visto tutto quello che è successo?
No, forse no. Rischia una sfuriata e di saltare in aria.
Anche
se il suo lavoro di capoclasse è controllare che i suoi compagni stiano bene, è
suo dovere anche non disturbarli quando non occorre, in momenti delicati. E
quello è senz’alcun dubbio un momento delicato.
Quindi
lo lascerà dormire in pace e gli chiederà come sta il giorno dopo, con calma.
Shoji
arriva nella sala comunque che ormai è vuota, e si dirige immediatamente nel
cucinotto, prende la teiera e mette a scaldare l’acqua.
A
Ojiro serve davvero qualcosa di caldo da bere, e anche a lui se vuole passarci
tutta la notte per tenergli compagnia.
Ojiro
è il suo migliore amico, e gli piange il cuore a vederlo stare così male, per
quanto con la faccia di Kaminari risulti solo…strano. Non avrebbe mai pensato
di poter vedere Kaminari così disperato un giorno.
Fa
un certo effetto.
Vorrebbe
andare anche da Shinsou, ma ancora non cede alla tentazione.
Ojiro
ha comunque la precedenza.
“Shoji,
sei ancora sveglio?”
Shoji
allunga una delle sue appendici fino alla porta d’ingresso del cucinotto,
scorgendo subito la figura dell’amico Tokoyami. Non l’ha sentito arrivare se
non quando è arrivato vicino alla porta, ma era così concentrato nei suoi
pensieri che non è neanche riuscito a riconoscere la falcate leggera.
Normalmente
avrebbe capito subito che si trattava di lui.
“Ciao,
Tokoyami. Sì, credo che stasera non si dormirà. Vale anche per te?”
“Io
stavo andando in camera, in verità. Sono rimasto con gli altri fino alla fine.
Tsuyu è salita per ultima pochi minuti fa,” spiega. In effetti, erano saliti a
scaglioni, quando la serata si era fatta troppo pesante da sostenere, anche se
tutti insieme.
Quando
si erano seduti in sala comune aveva pensato che l’idea fosse di rimanere tutti
insieme, per far più che altro compagnia ai poveretti scambiati. Ed in effetti,
l’idea generale forse era stata quella, silenziosa ma pensata da tutti.
Ma
poi Momo era andata via, e subito dopo Mina.
Bakugou
non si era fatto attendere, ma su di lui non contava troppo.
Quando
anche Ojiro e Kaminari erano andati via, però, era stato abbastanza ovvio che
restare non sarebbe servito a nulla. Tokoyami, però, aveva comunque aspettato
che se ne andassero tutti quanti.
Per
un po’ è rimasto a parlare da solo con Tsuyu, erano entrambi convinti che se le
cose fossero rimaste così molti guai sarebbero solo che peggiorati, anche se
sembravano aver trovato un equilibrio quel nuovo cambio aveva causato altre
crisi. Forse persino peggiori delle precedenti.
Alla
fine anche Tsuyu è salita in camera e lui ha pensato di andare a bersi un
bicchiere d’acqua prima di recarvisi a sua volta.
E
c’ha trovato Shoji con una faccia davvero cupa. Quasi peggiore di quella che
potrebbe fare lui.
“Vuoi
del tè? Lo stavo facendo per Ojiro, ma penso che lo rifarò.”
“Volentieri,”
accetta Tokoyami, sedendosi sul divano accanto a Shoji, entrambi con la tazza
alla mano. “Non dormirai, hai detto. E’ successo qualcosa?”
“Ah,
già. Se sei stato qui con gli altri non lo sai.”
“So
cosa? Oh…no…”
Shoji
sospira, “Già. Avevi ragione.”
Tokoyami
schiocca la lingua, “Non sono durati.”
“No.
Non sono durati. Ojiro sta malissimo e avevo pensato di fargli compagnia.”
Fumikage
annuisce. Sì, è una buona idea. Non che Ojiro farebbe mai niente, anche solo
per rispetto al corpo di Kaminari che –si spera temporaneamente- lo sta
ospitando.
“Speravo
non fosse così repentino. Sapevo che se fosse durato sarebbe successo il
peggio, ma il secondo scambio è stato solo questa mattina…”
“Lo
so,” mormora Shoji, “Ha fatto tutto Ojiro. In realtà, lo ha fatto per Shinsou.
Volevo andare a vedere come stava anche lui.”
“Lascia
stare. Non credo che voglia vedere qualcuno.”
“Sì.
Forse hai ragione.”
“Ad
ogni modo, spero che questa storia duri il meno possibile,” ragiona Tokoyami,
“Ma più passa il tempo, più temo che nessun macchinario li salverà. Se non
capiamo da cosa è iniziato tutto questo, non cambierà niente.”
“E
come possiamo capirlo. Non abbiamo indizi.”
“E’
questo il punto. Non abbiamo alcun indizio e questo non è possibile. Ci manca
un tassello importante. E se non lo troviamo…”
Shoji
scuote piano la testa, la bocca su una delle sue appendici stira le labbra per
un attimo, “Non dirlo neanche. Anzi, non pensarlo neppure. Non può essere definitivo.”
“Ma
se lo fosse, invece? Dobbiamo vagliare qust’ipotesi. Non tutti i quirk sono
reversibili.”
“Ma
come può essere un quirk? Nessuno dei presenti ha un quirk anche solo
lontanamente simile a questo. E non c’era nessuno oltre a noi.”
“Non
visibile ai nostri occhi.”
“Che
vuoi dire?”
Per
un lungo attimo, Tokoyami tace. Poi semplicemente scuote il capo, “Non lo so.
Sto solo pensando ad alta voce.”
“Ma
se ci fosse stato qualcun’altro, o qualcosa di simile, Aizawa lo saprebbe.”
“Non
sono più sicuro di cosa dovrei pensare. So solo che questa situazione non mi
piace affatto, e che invece di migliorare le cose sembrano andare sempre
peggio.”
“Su
questo hai ragione.”
Il
silenzio che cala pare infinito. Nessuno dei due dice nulla, nessuno dei due ha
effettivamente niente da dire.
Si
potrebbe provare a cambiare discorso, ma in quel momento a nessuno dei due, e
probabilmente a nessuno della classe, potrebbe venire qualcosa di divertente di
cui parlare, o anche solo leggero.
Forse
solo a Mina. Ma anche lei quella volta sembrava così tranquilla che Shoji, per
un lungo istante dopo che si era svegliata, aveva pensato che forse si era
stancata.
Anche
per Mina doveva essere complicato. Aveva cercato di vedere il lato positivo
della cosa, aveva giocato –forse esagerando più d’una volta- approfittando di
quello che era successo. Ma adesso anche lei doveva provare di nuovo il
desiderio di riavere il suo corpo. Se non altro, per poter riabbracciare in
santa pace Kirishima.
Certo
che se iniziava a deprimersi anche Mina, era davvero la fine di tutto.
Non
dovevano arrivare a quel punto.
Doveva
finire tutto prima.
“Io
vado a fare dell’altro té e torno da Ojiro.”
“Buona
idea. Io penso che andrò a letto. Cerca di non farlo deprimere troppo.”
“Ci
proverò. Buonanotte, Tokoyami.”
--
Nell’ala
delle ragazze, intanto, nella stanza di Mina era in corso qualcosa di molto
simile all’apocalisse.
Ma
Jirou se la sta ridendo della grossa da almeno mezzora, ormai, tanto che le
facevano male gli addominali.
Kaminari,
invece, nel corpo di Mina non è affatto dello stesso avviso.
Anzi,
per una volta nella sua vita non era neanche strano che piangesse, visto che
era nel corpo di una ragazza, piegato dai dolori del ciclo.
Gli
sembrava una storia già vista.
Dopo
aver visto passare Ojiro e Bakugou, considerando che Midoriya se l’era
svangata, sperava che andasse bene anche a lui. Insomma, dai, non poteva andare
bene solo a Midoriya, e che diamine!
Non
era mica giusto!
“La
vita ce l’ha con me! Cos’ho fatto di male!”
Jirou
si stende sul divano, la trapunta nera e fucsia di Mina è caldissima e già
ridere in quel modo la sta facendo sudare come poche volte, ormai. “Oh, suvvia,
Kaminari!”
“No!
Come puoi ridere! Jirou aiutami!”
“Ma
non posso aiutarti, Denki!”
“Perché!
Perché quando c’era Midoriya qua dentro non è successo niente e adesso a me
sì?! Perché?!”
Jirou
ride ancora più forte, se possibile. E’ sempre stata una ragazza molto tranquilla,
composta, ma in quel momento le è impossibile.
Forse
è su di giri per via di quello che sta succedendo intorno a lei.
Per
essere tornata nel suo corpo. Per essere riuscita a confessarsi a Denki.
Quindi,
alla fine, è così felice che proprio non riesce a contenersi.
Le
dispiace che Denki stia male, ma proprio pochi giorni prima aveva pensato che
fosse il caso che anche uno col suo carattere finalmente capisse che cosa
significasse essere donna, molto più di Ojiro e Bakugou, e qualcuno lassù
l’aveva ascoltata, evidentemente.
Per
il dispiacere di Denki.
“Smettila
di disperarti, Denki! Non è niente di così terrificante.”
“Cosa?
Come fai a dire una cosa simile?”
“Lo
dico perché lo vivo tutti i mesi. Su, vieni qui!”
Denki,
con il faccino di Mina, mette il broncio. Kyoka riderebbe ancora se non fosse
che in fondo le dispiace davvero per il suo…neo-fidanzato? Può definirlo il
suo…fidanzato?
Insomma,
si sono dichiarati. E’ stata una dichiarazione sicuramente atipica per svariati
motivi, ma lo è stata.
Se
non se lo fossero detti, in fondo, lei non sarebbe lì a mezzanotte passata, con
lui, in pigiama nella stanza di Mina. Non che sia la prima volta che sta in
pigiama nella stanza di Mina, ma di solito ci sono anche le altre, e stanno
facendo un pigiama party. E soprattutto, di solito Mina è Mina e non Denki.
Questa
storia stava decisamente sfuggendo loro di mano e, anche se in quel preciso
momento trovava le lamentele di Denki divertenti, sperava comunque che tutto
tornasse normale.
Rivoleva
anche lei il suo Denki. Nel suo corpo.
Adesso
che finalmente era il suo Denki, lo rivoleva più che mai.
“Tieni,
Denki. Prendi queste,” gli dice alla fine, porgendogli un paio degli
antidolorifici che di solito usa anche lei in quei periodi del mese. Lui
l’accetta subito, lo manda giù praticamente senz’acqua, ne beve un sorso
appena.
Poi
va di nuovo al bagno, brontolando ancora.
Quando
rientra in stanza, Jirou ha già preparato il letto, ma come si sono accordati è
ancora lì, e col permesso di Mina, a cui l’ha chiesto prima di salire, ci
rimarrà tutta la notte.
Non
può mica lasciarlo da solo così proprio quella sera. Non tanto perché non si
fida di lui e di dove metterà le mani –anche un po’ quello, a dover essere
onesta- ma anche e soprattutto per via della situazione un po’ delicata, per
Denki, che sta affrontando di punto in bianco.
Se
prima ha avuto problemi ed era nel corpo di un suo amico, figurarsi adesso che
era in quello di una ragazza.
“Vieni
qui, Pikachu. Ho sonno quindi smettila di fare avanti e indietro di continuo
dal bagno.”
“Ma…”
“Non
succederà nulla. Puoi sdraiarti e dimenticartene per qualche ora? Andrà
benone.”
“Sei
sicura?”
“Certo,”
gli sorride.
Denki
brontola ancora, ma alla fine accetta e si stende accanto a lei.
L’unica
fortuna di quella situazione, adesso che ci pensa, è che Mina e Jirou sono
amiche, e che Mina non si fa problemi di sorta con loro, quindi Kyoka non è
obbligata a farsene in quel momento. Se fosse stato ancora nel corpo di Ojiro,
per rispetto non si sarebbero potuti toccare.
In
fondo, Shinsou non aveva sfiorato Kyoka neanche una volta, se non forse per
darle un bacio sulla fronte, quindi soprattutto dopo la scenata fatta –rivelatasi
poi inutile perché non era succeso niente- glielo doveva.
Ma
adesso era nel corpo di Mina Ashido, che era la prima a toccare le sue amiche
senza alcun pudore, con la scusa che erano tutte donne.
Almeno
quello.
Jirou
gli passa una mano fra i corti capelli rosa di Mina, andando a stuzzicare le
cornine dell’amica.
Sa
benissimo che a lei da fastidio, se lo si fa senza chiederle prima il permesso,
ma le piace tantissimo quando lo fa Hagakure, invece, mentre le accarezza il
cuoio capelluto.
Quindi,
lei ripete il gesto immediatamente, e l’espressione che fa Denki è esattamente
la stessa che fa Mina quando capita a lei, e per un attimo quasi si dimentica
che lì dentro non c’è davvero Ashido.
“Adesso
rilassati e dormi, d’accordo?” sussurra, a bassa voce per non disturbarlo e,
anzi, conciliare il sonno.
Sa
che Denki è stanco, e non ci vorrà molto per farlo addormentare.
“Mh…”
“Il
mal di pancia ti passerà in un attimo. Non ti preoccupare, Denki. Andrà tutto
bene. Buonanotte…”
“Meno
male che ci sei tu, Kyoka…”
Kyoka
sorride, avrebbe così tanto la tentazione di baciarlo! Ma anche se è il corpo
di Mina, un bacio sulle labbra è escluso. Si accontenterà di sognarlo, di
sognare di baciare Denki.
E
stavolta senza brutte conseguenze al suo risveglio.
--
“Izuku-kun!
Ma perché ce ne siamo andati in quel modo, prima? Forse potevamo rimanere con
gli altri!”
Midoriya
sbuffa, si accascia finalmente sul letto della sua stanza, finalmente di nuovo
la sua stanza, e si prende la testa fra le mani.
Poco
prima è passata da lui Ochaco restituendogli le sue poche cose rimaste nella
stanza di Mina, ha sentito che si è anche fermata un po’ a parlare con Melissa
e anche lui ha capito che l’idea generale era di rimanere insieme agli altri in
sala comunque.
Ma
non è comunque sceso, e alla fine neanche Melissa lo ha fatto, pur avendogli
chiesto più d’una volta se ne aveva intenzione. Ma non lo ha abbandonato,
nonostante lui non abbia certo bisogno di supporto.
Lui
è tornato normale. Nel suo corpo. Che è di nuovo suo.
Non
come gli altri.
Ed
è proprio questo a disperarlo, in verità!
Lui
è tornato normale, e si sente ferocemente in colpa perché gli altri invece sono
ancora nel bel mezzo di quel casino assurdo, ed è tutta colpa sua!
Solo
che come, come, come fa a sistemare tutto?!
“Izuku,
ma va tutto bene?” Melissa alla fine gli si siede accanto, carezzandogli la
schiena in modo circolare, come se volesse consolarlo al meglio delle sue
possibilità.
“Melissa-san…io…credo…”
No. No fermo.
Cosa
sta facendo?
Non
può dire la verità a Melissa. Certo, si fida ciecamente di lei ed è certo, più
che certo, che non lo dirà a nessuno. Per altro suo padre, il dottor Shield, sa
la verità per bocca di All Might, quindi se si è fidato del padre perché non
fidarsi della figlia?
Senza
contare, poi, che Melissa è…beh…la sua fidanzata.
Arrossisce
fino alla punta dei capelli solo al pensiero di una cosa simile! Poi non si
sono neanche mai b…baciati…
“Wah!
Deku! Non ti senti bene?!”
“N-no,
Melissa-san….s-s-sto b-b-bene…”
No,
a quello era meglio se non ci pensava.
Sennò
finiva di svenire.
Deve
fare altro, piuttosto. Vale la pena dirlo a Melissa?
Può
farlo? Dovrebbe chiedere a All Might prima, forse?
Ma
il One for All adesso è suo, ha libertà di scelta adesso? O forse no?
Non
lo sa. E’ talmente confuso che non sa più niente.
Vorrebbe
chiedere consiglio a Melissa. Dirle che sì, quello che è successo ai ragazzi è
colpa sua ed è per questo che sta così. Che no, per quanto lei si possa
impegnare nelle sue invenzioni insieme ad Hatsume tanto non otterrà un bel
nulla.
Ma
alla fine, anche se glielo avesse detto, rompendo quindi la promessa fatta ad
All Might, che cosa sarebbe cambiato? Melissa non può aiutarlo neanche con uno
dei suoi aggeggi tecnologici.
Deve
essere lui a trovare una soluzione.
Deve
essere lui, assolutamente, a capire come risolvere tutto quello.
Solo
che deve anche metterci meno tempo possibile, per evitare che davvero Kacchan
–e gli altri- si rovinino l’esistenza. E questa pressione di certo non lo
aiuta.
“Scusami,
Melissa, è che è stata una giornata lunga e faticosa. Anche se sono tornato nel
mio corpo…anzi, forse proprio per quello,” sospira.
Melissa
annuisce, “Ti senti in colpa, vero? Di essere tornato tu mentre i tuoi amici
non hanno avuto la stessa fortuna. Anche io mi sento in colpa…non capisco
davvero perché non abbia funzionato con tutti!”
“Non
è stata certo colpa tua, Melissa. Tu ce l’hai messa tutta.”
“Allora
non è stata neanche colpa tua, Izuku,” ribatte lei, posando dolcemente una mano
su quella di Deku, poggiata sul letto, e stringendola, “Ce l’abbiamo messa
tutti tutta.”
“Non
che fosse qualcosa che potevamo cambiare con la nostra volontà…”
“Infatti.
Esula da noi tutto questo. Possiamo solo sperare che vada tutta bene, Izuku. Io
so che andrà tutto bene.”
Il
sorriso di Melissa gli scalda il cuore, riesce a risollevargli, seppur di poco,
l’umore.
E’
così bella, lei.
E
si fida di tutti loro. E di lui.
Se
solo sapesse la verità. Che non è questione di sperare.
Che
se non trova lui una soluzione, non andrà tutto bene un bel niente.
L’unica
cosa che lui, nel suo piccolo, può sperare, è che gli effetti di quel quirk
prima o poi scemino e scompaiano.
In
quell caso, forse, gli basterà non utilizzarlo mai, mai più. Non finché non
trova come controllarlo, almeno.
Lo
spera.
“Ti
lascio riposare, Izuku. Va bene? Io torno al dormitorio dei professori, zio
Might mi ha detto che mi hanno preparato una stanza lì, per stanotte.”
“Oh…”
Midoriya alza su di lei due occhioni enormi, più verdi che mai.
Melissa,
però, è già in piedi, si sistema gli occhiali sul naso e si avvicina alla porta
quasi senza più guardarlo.
Non
sa come gli sia venuto in mente, cosa stesse pensando.
Ma
la prima cosa che gli viene in mente di fare è alzarsi e afferrarle il polso.
“M-Melissa.
Aspetta.”
Non
vuole mandarla via così, anche se è stata una giornata pesante. Alla fine si sta
comportando in un modo fraintendibile, pareva che desse la colpa a lei se le
cose erano andate male e invece non era affatto così.
E’
lui il colpevole.
Accidenti.
Non ne combina una giusta.
Cosa
deve fare? Non può nemmeno chiedere consiglio.
Forse,
Todoroki che è fidanzato avrebbe potuto aiutarlo?
“Sì.
Dimmi, Deku…Izuku-kun…”
Midoriya
abbassa piano il capo, prendendo un enorme respiro, “Non vorrei che…che
pensassi che ce l’ho con te, Melissa. E’ solo che sono un po’…ecco…demoralizzato.
Ma se non fosse stato per te non riavrei il mio corpo neanche io, quindi devo
ringraziarti, Melissa. Non l’ho ancora fatto, e mi dispiace. Sono stato davvero
pessimo, oggi, con te. Ti chiedo scusa.”
Gli
occhi azzurri di Melissa si fanno lucidi, ma sorride serena, “Lo so, Izuku. Lo
capisco, non ti preoccupare, non c’è bisogno né che tu ti scusi né che mi
ringrazi.” E’ lei a prendergli ora
entrambe le manifra le sue e stringerle
forte, “Adesso devi cercare di dormire, d’accordo Izuku? Io ti prometto che
penserò ancora ad una soluzione! Sentirò anche Hatsume-san e vedrò se riusciamo
a fare qualcosa! Farò di tutto, te lo prometto!”
“Melissa-san…”
“Andrà
tutto bene, Izuku! Ne sono certa!” fa un passo in avanti, come se volesse fare
qualcosa.
Ma
alla fine si tira indietro di nuovo. Izuku è così timido ed insicuro su quelle
cose e non vuole assolutamente metterlo a disagio.
C’era
tempo per quelle cose, no?
Eppure,
Midoriya riesce a stupirla ancora una volta.
All’improvviso,
e impacciatamente, e forse un po’ rudemente, azzera le distanze fra loro e le
da un bacio. Sulle labbra.
Midoriya
ha percepito chiaramente il movimento di Melissa di solo pochi secondi prima.
Il modo in cui si era quasi sporta verso di lui era lampante, anche se poi si è
ritirata indietro.
E
quindi, di nuovo, ha seguito il cuore anziché la testa.
In
fin dei conti, è per quello che All Might l’aveva scelto fra tanti, no? Perché
come ogni buon eroe, segue l’istinto e il cuore se capisce che questo possa
salvare e rendere felice una persona.
E
la stessa cosa ha fatto adesso.
Ha
intuito il movimento di Melissa, la sua perplessità.
Così,
ha agito di conseguenza.
E
l’ha baciata.
Non
si sono mai baciati, loro due. Mai neanche una volta.
E’
il suo primo bacio, e crede anche quello di Melissa.
Forse
per questo risulta impacciato come lui, timido. Non approfondiscono più di tanto
il contatto, le loro labbra si schiudono appena, le lingue si sfiorano quasi
per sbaglio.
Quanso
si staccano, Midoriya è così rosso in viso che Melissa ha quasi paura stia per
svenire.
Ma
sorride lo stesso. E’ euforica.
Si
sono baciati.
Meglio
ancora, l’ha baciata lui!
“Izuku-kun?”
lo chiama di nuovo, ma lui riesce appena ad alzare il volto su di lei.
Al
solo guardarla si sente la terra mancargli sotto i piedi.
“S-sì?”
“Buonanotte,
Izuku,” mormora, e lo bacia di nuovo.
Stavolta
lei, ed è decisamente più sicura di quello che fa.
Poi
lo lascia lì, imbambolato, uscendo dalla stanza per andare a dormire.
E
Midoriya rimane così, in piedi, da solo. Prima che le gambe gli cedano,
facendolo crollare a terra.
Porca
della miseria. Maledetta la vita. Odio il mondo. Dannata Yuuei.
Fottuta coda.
La litania di Bakugō
sta andando avanti da quando ha aperto gli occhi, circa mezz’ora prima: è
sempre la stessa, con un’unica leggera variazione sull’ultimo capoverso che
prima era “fottute tette”.
Non ha mentito dicendo che quanto
meno adesso non avrebbe più dovuto lottare contro le cose delle femmine.
Tuttavia non aveva fatto bene i
suoi conti, perché quella maledetta cosa attaccata al culo non gli aveva fatto
chiudere occhio tutta notte, e solo poco prima dell’alba, quando la sveglia
mostrava già un bel 3:28, ha perso i sensi più che addormentarsi.
Per svegliarsi con le reni
intorpidite, neanche un pezzo di granito ghiacciato.
Come cazzo fa la scimmia a
dormire con quel fastidio? Di lato tira, sulla schiena non ci si può neppure
pensare a star dritti.
L’unica è a pancia in giù. Ma Katsuki così si sente soffocare e inoltre gli dà noia
tenere le chiappe rivolte verso l’alto.
E’ una posizione che lo irrita
fin da quando era bambino. Mai rivolgere le spalle al nemico, anche se
immaginario.
E’ scomoda al cazzo, la coda.
Deve trascinarla di peso fuori dalla doccia, perché col pennacchio fradicio
sollevarla quel tanto che basta ad oltrepassare il piccolo gradino è un’impresa
impossibile.
E deve pure pettinarlo, quel
coso. E phonarlo, come si trattasse di una
stramaledetta parrucca.
Inizia a capire com’è non ha mai
avuto un animale domestico.
Non ha già pazienza con i propri,
di capelli. Quando ha finito di lavarli li scuote col telo e pace amen.
La stessa cosa che ha fatto con
quelli di Yaoyorozu, quasi ogni giorno a parte quando
ci hanno messo mano le scriteriate e … Uraraka.
Che scriteriata non lo è affatto,
anzi.
Yaoyorozu che a differenza sua deve aver
dormito come su un letto di piume, nel corpo di Bakugō.
E di certo si starà svegliando
placida e tranquilla.
Anche se mai quanto Deku maledetto.
Il pensiero si fa largo immediato
nella sua testa, come un ceffone suonato a mano aperta.
Quel bastardo adesso potrà
ricominciare ad allenarsi.
E lui invece è bloccato, resterà
indietro rispetto a lui e a Todoroki. Appena riavrà il proprio corpo dovrà
mettersi sotto quattro volte di più per recuperare, che non sarà in grado
nemmeno di reggere due giri di corsa.
Sì,
ma quando?
Quando loro saranno già così avanti che mangerà la loro polvere.
Possiedono già due quirk a testa, e maledizione, non lo ammetterà mai, per
quanto sembri sempre il solito Bakugō ha
iniziato a soffrire la concorrenza da un pezzo.
Finché anche Dekumerda
era incasinato nel corpo di Ashido non si è posto il
problema, Todoroki da solo granché strada non ne fa, è risaputo.
Ma ora …
La sera prima hanno confabulato
quei due. E Katsuki sarebbe pronto a giocarsi una
gamba – non lo farebbe solo perché non è sua- che non avranno mancato di
prendere accordi per allenarsi assieme, il broccolo è di certo impaziente di
testare se è tornato proprio tutto tutto alla
normalità; tanto più che durante l’ultima esercitazione, quella dove poi era
scoppiato il delirio, lo aveva visto un sacco concentrato e determinato quel
figlio di una buona donna, con rispetto per Inko
poveraccia che già aveva dovuto sorbirselo una vita intera, quel quirkless del piffero.
Adesso, però , un quirk ce l’aveva. E che quirk,
dannazione.
Cazzo,
no. Non può
assolutamente permettere a quei due di fottergli il posto, deve rialzare il
tiro e tenersi su, anche se il corpo dello scimmione è totalmente diverso dal
proprio e come giustamente Faccia Tonda gli ha fatto notare la sera prima,
ognuno si riprenderà finalmente i propri pregi, i propri difetti e i propri
guai alla fine di quel casino.
Ma adesso che ha realizzato
questa stronzata il suo stato mentale è pericolosamente sul punto di fare: “boom, crack!”, proprio come nei fumetti.
No. Non ce la fa a stare
rinchiuso tra quattro pareti, non con quel mostro che gli divora il cervello.
E appena si mette a litigare con
quell’appendice, imprecando nell’infilarla nel suo apposito alloggiamento in
mutande e richiudendo i bottoni sul retro, capisce che o si dà una mossa, o
strangola qualcuno.
In fondo Ojiro si allena come un
matto, no? Il suo potere è soltanto quella cazzo di coda, non fosse per la sua
approfondita conoscenza di vari stili di combattimento non l’avrebbero mai
preso alla Yuuei.
Non può essere un gran male
fargli fare qualche giro di corsa, un po’ di flessioni e qualche colpo in aria,
così.
Perché altrimenti ne esce pazzo,
era quasi meglio quando aveva il corpo di Momo, che sentiva più vulnerabile
malgrado sia una tosta, e il fatto che abbia tanto fegato con il pirla lo
dimostra chiaro; e la apprezza molto di più ora che ha scoperto cosa si prova a
dover dare il massimo mentre i crampi ti squassano la pancia.
Intanto però ha qualcosa di
urgente da fare: il bucato.
Kaminari è un lercio. Ha lasciato il
secchio della biancheria colmo fino a scoppiare, l’odore di calzini sporchi e
maglie sudate impesta il bagno e che Dio lo stramaledica, non si è degnato
neppure di metterle nel cesto.
Ora deve toccare quel casino.
Chissà se lo scimmione ha un paio
di guanti di lattice da qualche parte.
E magari anche una mascherina,
uh.
Con aria rassegnata, afferra il
bidone dal fondo e lo svuota nella cesta. Non vuole neppure soffermarsi a
pensare o rischia che gli scoppi un embolo del cazzo.
Finché si tratta di prendere in
mano roba pulita okay. Ma … le mutande che ha portato Kaminari
… sapendo i suoi precedenti …
Cristo.
Si sente sempre più incline a dar
ragione a Faccia da Morto. Un sacco di ragione.
Annaspa fino all’ascensore con
quel fardello olezzante, bestemmiando contro Faccia da Scemo ogni tre secondi
netti nel dover barcollare come un ubriaco per tutto il corridoio, scostando
quella maledetta appendice ad ogni passo e vanificando del tutto lo shampoo che
le ha fatto prima, visto che la sta usando come piumino per raccogliere la
polvere dal pavimento.
Con Yaoyorozu
non ha avuto tanti problemi, a parte quella spiacevole faccenda del ciclo; la
ragazza è ordinata, ci tiene alle sue cose e quel poco che Katsuki
ha indossato l’ha lavato a mano.
Sì, se non si sfoga in qualche
modo darà i numeri.
In quello stato d’animo, e con la
tentazione di legarsi la coda ai fianchi con una corda, scende al piano di
sotto, in sala comune.
E’ deserta. Ma ovviamente sono
soltanto le sei meno un quarto del mattino, sono ancora tutti in camera loro.
Si trascina fino al corridoio
della lavanderia, posa quell’ammasso di roba fetida recuperando la vista e il
fiato. “Fanculo”, mormora a denti stretti.
Appena vede il suo stesso corpo
davanti ad una delle asciugatrici accesa sul lato opposto, che fissa il
cellulare come indecisa se metterci dentro pure quello o meno,scuote la testa.
Non si è nemmeno accorta di lui. “Ohi”.
Yaoyorozu si volta, trasale evidentemente
e avvampa come le avessero infilato la faccia in un forno, mentre distoglie gli
occhi rossi da lui.
Sembra un tantino meno depressa
della sera prima, ma ora in compenso è smarrita e tesa come paventasse di
prendere una scossa elettrica con tutto quello che tocca.
E meno male che il quirk di Faccia da Scemo è capitato a Ojiro. A meno che non
abbia fifa dell’elettrodomestico. “Buon … ehm, buon … buongiorno … Bakugō”, biascica, arrossendo fin quasi alle lacrime.
Che
le piglia di nuovo a quest’altra, mò? “Uh. Sarà davvero un buongiorno
quando questa storia del cazzo sarà finita”, sbotta, irritato. Apre il cestello
della propria lavatrice, reprimendo l’impulso di riempirla con la coda anche
perché lui non è proprio in grado di maneggiarla, si limita a trascinarsela
dietro cercando di non inciamparci come la sera precedente, quando solo
l’intervento di Uraraka l’ha salvato dal dover imporre
a Ojiro la visita urgente da un dentista, o da un chirurgo.
La ragazza dentro di lui invece
sembra abbisognare della consulenza di uno psicologo. “Allora, come ti trovi
nel mio corpo?”.
Momo sussulta, il telefonole cade di mano. Si china a raccoglierlo e il pomo
d’Adamo nella gola ballonzola, come avesse difficoltà a deglutire. “Be …. Bene.
Sì, bene. E tu … va tutto … bene, Bakugō?”.
“Sono stato meglio”. In realtà
gli bruciano i piedi dalla smania di cominciare ad esercitarsi, ma la ragazza è
in evidente agitazione e non gli garba di lasciarla da sola.
Ha come il sospetto che sia stata
la sua apparizione improvvisa a metterla in quello stato, perché fino ad un
attimo prima fissava lo schermo con un’espressione talmente concentrata da
volerlo quasi far esplodere solo con uno sguardo.
Che messaggiasse
col pirla a metà? “Dov’è finito il tuo prode cavaliere dalla scintillante
armatura?”.
Lei trasale di nuovo. “Oh … è in camera sua, adesso”, biascica
piano, infilando appena la grande mano nella tasca della felpa per riporre il
telefono; l’altra la porta al viso a coprirsi l’occhio sinistro in un gesto che
è gli è familiare.
E il destro è lucido. Come se
stesse per scoppiare a piangere. “Che hai? Stai bene?”.
“Sì, sì. E’ … il calore che mi dà
… fastidio agli occhi”, sussurra piano, accennando all’asciugatrice.
Bakugo si fa sospettoso. Non sarà
capitato qualcosa pure a ‘sti due, no?
Lui sa del segreto di Todoroki. Di cosa gli ha lasciato in faccia quella
chiazza ustionata, delle ripercussioni che questo ha avuto sulla sua famiglia e
la sua stessa esistenza.
Ed è matematico che lo abbia
confidato anche alla sua donna, il bastardo.
La questione gli piace sempre
meno. Avesse un pizzico più di confidenza con Yaoyorozu
glielo chiederebbe direttamente cosa cazzo non va.
Le domanderebbe più o meno le
stesse cose che ha chiesto al pirla a metà, alla festa.
Perché porca miseria se n’è pieno
le palle di tutti quegli intrecci degni di una serie televisiva di
quart’ordine. Segreti non tanto segreti, bugie, disastri, relazioni che vanno a
donne di malaffare, riappacificazioni e via con un altro giro di giostra, senza
nemmeno aver pagato il biglietto.
Ma come si è già detto non è sua
competenza, e inoltre ha “affidato” alla piccoletta il compito di vigilare
sulla sua amica.
Però è anche vero che non può
starle appiccicata addosso h24.
Probabilmente Uraraka
andrà a casa, oggi. E’ sabato, e siccome non ha mai saltato una visita ai suoi
e vorrà anche riposarsi un po’, sicuro lo farà.
Se non altro per non dover avere
davanti agli occhi la biondina e il Nerd di merda.
E ora che ci pensa, a proposito,
è facile che anche Todoroki voglia andare a trovare sua madre. E non può certo
portarsi dietro Momo nel corpo di un maschio, altrimenti quella poveraccia
potrebbe pensare di essere davvero ammattita del tutto.
O che le sia ammattito pure il
figlio. “Sta preparando le cose … per uscire questo pomeriggio”, aggiunge Momo,
facendosi amara.
Ecco. Come aveva previsto.
E Yaoyorozu
di certo non ne sarà felice. Lei non può andare a trovare i suoi, non può
nemmeno chiamarli, forse prima fissava il cellulare per questo.
Bakugō non ha di questi problemi,
chiama poco e ogni volta la vecchia gli urla nel cervello di non fare casino.
Se li contatta una volta ogni quindici venti giorni è già sufficiente: e se è
torna a casa una volta al mese, giusto per far vedere i progressi che ha
compiuto.
Progressi che al momento sembrano
disastrosamente rimandati a data da destinarsi.
D’un tratto gli passa un’idea per
il cervello, la dimostrazione che anche a furia di cambiare corpo almeno
qualcosa è rimasto intatto, là dentro.
E’ … un tanto rischioso in
effetti. Ma si conosce, sa di poter essere molto convincente se vuole,
nonostante sia una dote che non mette spesso in campo, perché non gli serve.
Ma l’arte della persuasione torna
sempre utile. E … se riesce a toccare i tasti giusti, può prendere due piccioni
con una fava. “Senti, Yaoyorozu”, si sente dire con
la voce di Ojiro.
“Ah?”.
“Mi sembri un tantino messa male.
Capisco che la situazione non sia delle migliori, ritrovarsi daccapo in questo
pandemonio quando sembravamo ad un passo dall’uscirne non favorirebbe la sanità
mentale di nessuno, nemmeno quella di una equilibrata come te”.
Momo batte le palpebre, più
volte.
Gli fa un tantino di impressione
udirsi parlare a se stesso con un tono così pacato. “Ahaaa.
Già”.
“Che ne dici di concederti una
tregua?”.
“Ah?”.
“E’ sabato, oggi finiamo prima.
Nessuno di noi quattro può andare a casa, siamo bloccati in questo posto. E io
sinceramente non ne posso più. Pensavo giusto di andare ad allenarmi, prima di
iniziare a dare i numeri. Devo metterla fuori un po’ di questa smania, almeno
per quel che posso in questo corpo. Ma capisco anche che non sono il solo a
trovarmi in queste condizioni, adesso”.
“Ma … ma … Bakugō
… io sono … nel tuo corpo ecco … insomma … io non … Aizawa – sensei non me lo concederà mai …”.
“Be’, non devi per forza
dirglielo. Fondamentalmente non può negare il permesso di uscire per
provvedersi di cose necessarie. E da quel che mi ricordo di aver lasciato in
bagno, e sapendo che quella sciroccata deve aver combinato un dannato casino,
sospetto che mi serva un po’ di roba, uh”.
Ora Momo impallidisce. “Ma … si
dà il caso che al momento … non mi … occorra … nulla …”.
Dannazione se è ostinata.
Che a stare nel suo corpo abbia
preso anche qualcosa del suo cervello, per caso? Certo è stato ben immediato
allora, perché in Deku non era così … era soltanto
giù di corda, cosa del tutto comprensibile. “Ahhh,
non la fare tanto lunga. Se ti dico che puoi, puoi. Te lo sto chiedendo io … ah
e cazzo credimi, non sono tipo da cedere tanto in fretta su certe cose. Anzi
sai che? Devi. Hai un bisogno estremo di allentare la tensione prima che ti
mangi viva. Dio solo sa se non sto per scoppiare anche io, c’ho una voglia …
che … sto bruciando tutto dalla smania di darmi da fare, almeno con le mani. Ma
… dannazione non posso, non è il mio corpo e devo starmene buono buono a cuccia, anche se il pensiero che Deku e il tuo bastardo possano spremersi finché non gli vengono
i calli alle dita e io mi devo accontentare di starmene sotto l’acqua fredda a
smaltire i bollori, per non ammazzare nessuno. Almeno … finché ero te era più
facile. Con una femmina … certe necessità è difficile si facciano sentire, per
quanto io non faccia distinzioni e se una ha quell’istinto e sa come sfogarlo ben
venga. Solo che onestamente non mi sarei mai azzardato a farlo col tuo corpo,
anche perché se avessi in qualche modo compromesso la tua integrità Todoroki mi
avrebbe spezzato qualcosa come minimo.
Ma adesso che mi ritrovo in
questo dannato scimmione controllarmi è impossibile, è così irrigidito che mi
stanno uscendo gli occhi dalla testa, se non faccio qualcosa mi esploderà un
embolo. Quindi fammi questo maledetto favore”. Alza le braccia artigliando
l’aria con le dita, più si fa vedere devastato, meglio è. “Trovati un angolo in
cui non ci veda nessuno di questi scimuniti, e tira fuori tutto quello che ti
sta pungolando finché non rimani senza fiato. E se accetti un consiglio non
essere delicata. Anzi. Più ci dai dentro meglio è. Non mi stremo da un bel po’,
sicuro devo avere i palmi incandescenti ed essere duro come una fottuta lastra
di marmo, dubito che quella maledetta Occhi da Procione possa avermi fatto fare
una sessione di allenamento come si deve, anche se per darsi da fare s’è data
da fare, fulminata del cavolo”.
Quando la guarda, in attesa, Momo
è rimasta a bocca spalancata, gli zigomi repentinamente in fiamme e le pupille
sono capocchie di spillo nelle iridi scarlatte.
E’ una faccia davvero strana da
vedersi addosso.
Ma certo non si aspettava di
sentirsi parlare a quel modo proprio da lui.
E dal bravo stratega sopraffino
che è, intravede la possibilità di coglierne addirittura tre, di piccioni. “Ti
lascio sola a pensarci. Se decidi fammi sapere, che ti do una mano io. Anzi, se
vuoi vengo anche io. Così ti controllo io o magari se vuoi ti mostro come fare.
Tanto quei due pare abbiano chiuso, quindi lo sciroccato di Faccia da Morto non
può trovare nulla da ridire”.
Ops.
Forse non avrebbe dovuto darle
quella notizia così come niente fosse.
Ma ormai gli è scappata.
Chiude l’oblò, prende il
detersivo e riempie l’alloggiamento apposito.
Solo adesso adocchia il flacone
rimasto sulla lavatrice che deve aver usato Momo per lavare i suoi vestiti.
Ammorbidente alla rosa e lavanda.
Oh,
merda. Adesso sì
che saprà come un cavolo di … di … ah, al diavolo. “Ba … Bakugō
…”.
“Ehi, tranquilla. In fondo è il mio
corpo quello no? Nessuno meglio del sottoscritto può sapere di cosa ha bisogno
per stare bene. Ah. E prima che me ne scordi … penso sia meglio tu non lo dica
nemmeno a Todoroki. Non penso la prenderebbe troppo bene, sai … in fondo sei
pur sempre la sua ragazza, si preoccuperebbe un sacco se sapesse che stai per
mettere mano a qualcosa che non hai mai fatto prima, tanto più se approfittando
del fatto che lui non c’è. Sarà il nostro segreto, se ci stai”. Aziona la
lavatrice, e subito dopo infila le mani nelle tasche. “E … se posso chiederti
una cortesia … non mettere l’ammorbidente nel mio bucato, la prossima volta”.
“Ahn …”.
“Vado a cambiarmi, nel frattempo.
Ci vediamo”. Improvvisamente la voglia di darsi da fare si è placata, per il
momento.
Sicuro ci è riuscito. Gli è
bastato vedere la fiammella nelle sue stesse iridi, si conosce bene, sa cosa
vuol dire.
La ragazza sta … esplodendo dalla
voglia di darsi da fare.
E lui è più che pronto a cogliere
l’occasione al volo.
--
Ah, che esasperazione.
Quando Ochaco
riapre gli occhi, si sente più stanca della sera prima, se è possibile.
Ha fatto sogni strani, contorti,
assurdi. Non ne ricorda nemmeno mezzo, ma dall’affaticamento che le tende le
membra non è difficile immaginarlo.
Per fortuna oggi andrà a casa. Si
sente … egoista, quasi come se stesse scappando da quella situazione: ma
cavolo, è allo stremo, sta per avere un esaurimento nervoso e se non si concede
almeno una pausa, sia pure soltanto di un pomeriggio, finisce al manicomio.
Il suo secondo pensiero va a Momo.
Chissà se si è calmata almeno un po’ … era proprio fuori come un balcone la
sera prima.
E si sente moralmente obbligata
ad andare a vedere come sta. Perché okay che Jirou è
la sua migliore amica … ma Kyoka, ahimé,
ha un caratterino particolare, non che non sia comprensiva ma sa essere
tagliente, se le gira.
E poi …
Non è stupida Ochaco.
Ha notato l’improvvisa confidenza sorta tra Earphone
e Kaminari. E conosce anche quest’ultimo.
Se ha ben visto, la ragazza sarà
di sicuro impegnata a vigilare sulle manine del compagno elettrico. Già il
giorno prima in infermeria gliel’ha sbattuto tondo in faccia, vista la reazione
di Denki al risvegliarsi nel corpo di Mina.
E dopo il casino scoppiato l’altro
giorno ancora … è abbastanza ovvio che le mani al loro posto Kaminari non le sa tenere.
A differenza di Bakugō.
Avvampa improvvisamente a quel
pensiero. Balza su dal letto come una molla, si sente spinta da una forza senza
nome, fa la doccia e si veste in fretta ignorando il calore che le è esploso
sulle guanciotte piene.
E’ stato … gentile, la sera
prima.
“Tu
non mi dai poi così fastidio”.
Nel complicato gergo di Katsuki era un complimento. Ed era stata lì lì per mettersi a fluttuare, sorpresa, leggera, pensava di
essere diventata troppo molesta nei confronti del biondo e invece …
Esce dalla stanza coi capelli
ancora bagnati. Sta diventando un’abitudine, e se fosse inverno si sarebbe già
buscata qualche malanno.
Quando scende di sotto per
cambiare ala, però, avverte dei rumori nel cucinotto. E l’impulso di andare a
controllare chi c’è le risparmia un’altra corsa.
Ma in compenso le fa fluire una
nuova ondata di sangue agli zigomi. “Yao…Yaomomo?”.
“Ochaco?!”.
“Va … tutto bene?”.
“Ehm … sì. Sì, grazie Ochaco-chan, benissimo”.
“Sono contenta”.
C’è un bollitore sul fornello,
una teiera da cui spuntano due codine con dei quadratini azzurri di carta e una
tazza elegantemente sistemata su un piattino con un cucchiaino posato sul
bordo, ancora intonsa. “Stavo … preparando del tè … se ne vuoi è lì, è … caldo.
Non l’ho … ancora toccato, scottava troppo e così … ho pensato di piegare i
panni nel frattempo. Penso … si sia freddato un po’”.
Ochaco prende un’altra tazza dal
ripiano, un cucchiaino dal cassetto osservando la compagna con la coda
nell’occhio.
E’ strana, Momo. Stranissima,
afferra i panni con una foga che non le è usuale, tra indice e pollice e li
sbatte con energia per poi richiuderli rapidamente, posandoli nel lato vuoto
della cesta.
Sbatte tutto. anche i boxer. “Si… sicura di stare bene?”.
Ma è nervosissima, e appena sfiora
la tazza vuota questa si rovescia, minacciando di rotolare sul pavimento.
Uraraka la acchiappa al volo. La rimette
a posto, e rialza decisa lo sguardo verso l’amica, che commenta. “Che … sbadata.
Pare quasi non sappia più usare … le mani”, fa Yaoyorozu,
serrando i palmi l’uno contro l’altro.
Ma certo.
Il quirk
di Bakugō le è estraneo. Sicuro Momo deve avere
un terrore cieco dei palmi umidi, sapendo come funziona il potere del compagno.
Non deve essere facile per lei, trovarsi ad avere a che fare con una forza
esplosiva e hanno tutti ben presente cos’è accaduto a Jirou
con qualcosa di così pressante che non era in grado di controllare.
Forse è anche per questo che non
vuole Todoroki intorno. Teme per lui. “Credo sia meglio lo versi io”, propone Ochaco, conciliante.
“Sì”.
Riempie anche l’altra tazza, e Momo
pare esitare parecchio prima di portare la propria alle labbra.
“Yaomomo,
cosa c’è che non va? Per favore non farmi agitare, sono già …”.
“Oddio. Non … non ne … non so se
… ne voglio parlare. E’ già abbastanza … imbarazzante così”.
“Ti prego. Noi siamo amiche, non
può esserci nulla di così imbarazzante più di …”.
“E’ … Bakugō”,
sussurra pianissimo, guardando la porta.
Ochaco si azzittisce tutto d’un tratto.
Cosa può mai essere accaduto, di
cui lei non è a conoscenza? Sembrava così tranquillo la sera precedente … persino
preoccupato per Yaoyorozu.
Abbassa la cesta sul mucchietto
di biancheria da piegare, da cui emana un profumo inusuale per il biondo;
troppo dolce, decisamente femminile.
Ah, la forza dell’abitudine.
Difficile mandarla via, soprattutto
quando sembra l’unica cosa in grado di tenerci ancorati alla normalità. “Yaomomo, ti assicuro che Bakugō
si … è parecchio ammorbidito, di questi ultimi tempi, specie da quando … è
stato dentro di te. Anche se non mi credi … davvero”.
“Ci … ci siamo … parlati, poco fa.
In lavanderia”.
Le sopracciglia della bassina si aggrottano, le arrivano fin quasi
all’attaccatura dei capelli.
Ah. Be’, questo cambia un po’ le
cose allora.
Quasi intuendo il suo pensiero
Momo alza le braccia muscolose, scuotendole in aria come le dolessero, o
bruciassero. “Non mi ha fatto nulla, assolutamente nulla, anzi è stato molto
gentile. Inaspettatamente … gentile. Sono io che … be’.
Mi sento … a disagio … con lui”.
Lo sguardo che Momo le scocca,
con quelle iridi rosse brillanti, fa fremere Uraraka.
Ma Yaoyorozu
non le dà tregua. “Tu non capisci, Ochaco-chan. Non
parlo del suo carattere … parlo … del suo … corpo”, mormora piano, come temesse
di dire una sconvenienza.
“Eh?”.
“Quella cosa lì. Quella con cui …
si svegliano i ragazzi. Ochaco-chan, dai, c’eri anche
tu quando Mina-chan ha detto quella cosa in sala
comune, dannazione!”, e batte la mano sul ripiano.
Uraraka sussulta.
Ora più che mai, Yaoyorozu è simile al vero Bakugō.
Non l’ha … mai vista alterarsi a questo modo.
Prova a raccogliere le parole,
quanto meno per sputarne fuori qualcuna che valga a far tener du … ehm, cioè, rincuorare e incoraggiare la compagna di
classe. “Ehmmmmmm … sì, Momo-chan,
ma perdonami … insomma … sei già stata dentro Midoriya
… non può essere così … così … differente, cioè …”.
“Oh, fidati Ochaco.
Lo è eccome”. Rossa come un lampione Yaoyorozu
annuisce gravemente.
Altrettanto rossa Uraraka tenta di trovare qualcosa di sensato con cui
ribattere.
Ma non ce la fa. I pensieri, già
sconvolti, adesso volteggiano come impazziti nella scatola cranica: li sente
quasi sbattere come uccellini in gabbia, farsi male e cadere tramortiti sul
pavimento.
Oggesù. “E …”.
“Ora capisci, perché non … non
posso avere intorno Shouto? Cioè, prima … okay. Era
comunque … pesante. Ma … ora è molto, molto, molto peggio, Ochaco-chan.
Con Midoriya … in qualche modo riuscivo a farci
fronte. Ma se soltanto Shouto mi sfiora adesso …
parto in quarta. Anzi in quinta. Anzi … non lo so più. Il solo pensiero di …
sentire il suo profumo … di … averlo vicino … mi fa smaniare. E questo corpo
non riesco a controllarlo, stamattina non so quanta acqua gelida ho consumato.
E’ … Dio, Uraraka. E’ … è …”. Sembra tremare, esitare.
“Maschio. Nel senso più pieno e duro … Cavolo, puro … del termine. E ho il
terrore che se davvero … oddio”. Pare voglia scoppiare a piangere, Momo.
Uraraka ha la bocca impastata, non
riesce a proferire verbo. “Mo… mo. Stai … stai calma”.
Non è proprio una conversazione
sana da avere di prima mattina. “E … e adesso dov’è …”.
“Fuori. E’ andato a fare …
quattro passi, ha detto. Sta cercando di … abituarsi al suo nuovo corpo”.
“Ah”.
“Ehi, ragazze! Buongiorno!”. Il
trillo di Mina le distrae da quel discorso.
Meno male. Perché Ochaco sente di aver perso la funzionalità di almeno un
ventricolo.
Oltre che di un’area del suo
cervello. “Allora, com’è stata la tua prima notte nel corpo di Bakugō, Momo-chan?”.
Nessuno apre bocca.
Si sentirebbe una mosca volare,
in quel silenzio di tomba.
“Pe …
ehm, benissimo, Mina-chan, grazie”. Oddio. “E … e tu nel mio …?”.
“Molto bene, grazie”. Sorride,
Mina, con la faccia di Momo che invece sembra voler saltare nel forno a
microonde.
Egoismo.
A volte ti salva la vita. “Vado …
vado a …”. Non sa neppure lei dove andare adesso. “A vedere … come sta Kyoka-chan”, conclude a stento Ochaco,
cercando di non fissare la cesta ora piena di indumenti piegati.
“Eh, lei bene sicuro!”, ghigna Ashido. Con un’occhiata luccicante nello sguardo nero di Yaoyorozu.
Che sospira, sbuffa quasi, come
il vero Bakugō. “Penso sia ora di andare a
mettere a posto questi panni”, annuncia.
Inutile dire che anche il suo tè
è rimasto intonso. “Senti, hai finito il balsamo, Momo-chan.
Posso andare a comprarlo con Kiriciccino, questo
pomeriggio?”.
“Ma … ma certo Mina-chan. E … e …. Etciù!”.
“Oh, cara … tieni”. Mina le porge
il fazzoletto che Momo tiene sempre in tasca con sé, per ogni evenienza. “Ti capisco.
Ti capisco, Yaomomo”. (**)
--
E’ stata un’alba triste, questa.
Già insonne di suo, Shinsou ha
trascorso l’intera notte a fissare quei numerini
scambiarsi di posto sul quadrante.
10: 12, 11:20, 12:01, 01: 21,
02:11.
Alla fine l’ha buttata giù dal
ripiano, che guardarla lo faceva sentire soltanto peggio.
Ore di più senza Mashirao.
E’ vero. Non stanno insieme … da
un’infinità di tempo, da quando il corpo del suo fidanzato è divenuto ostaggio
di quell’assurdo scambio, esattamente come le cifre della sveglia.
Ma almeno una volta al giorno
quelle maledette tornano esattamente al punto di partenza.
Ojiro, invece, no.
Ha pensato a lui ogni istante.
Ogni momento di quella lunghissima notte più in bianco delle altre, persino più
lunga di quella che ha trascorso a mangiarsi le unghie dall’ansia, sapendo quel
che gli pungolava il petto e temendo, disperando di poterlo mettere fuori, che
non aveva la minima idea di come sarebbe stato accolta quella rivelazione
dall’interessato.
Ma alla fine non ha più retto. Ha
scelto di esporsi, a suo rischio e pericolo e poco male se si fosse preso una codata in faccia, e non metaforica.
Onestamente? Non si aspettava di
vedere gli occhi di Mashirao allargarsi. Le pupille ingoiare le sclere, le sue
spalle forti abbassarsi di colpo come se qualcuno le avesse gravate di un peso
invisibile; ed era rimasto a bocca aperta.
No, nemmeno Ojiro se l’aspettava,
una cosa simile.
“
Io … sono innamorato di te. E non è uno scherzo, Ojiro “.
Erano stati minuti molto lunghi,
anche quelli.
Eppure, ad un certo punto
quell’espressione disarmante si era rianimata. Negli occhi era tornato lo
scintillio vitale, le braccia si erano sollevate.
Le labbra si erano mosse. E
avevano compitato lentamente quelle sillabe.
“A … Anche io. Lo … lo sono
anch’io”. Poi d’un tratto gli zigomi si erano fatti porpora. “Cioè di te!
Perché … per come l’ho detto può sembrare che sia inna
… innamorato di me … e insomma, cioè, non è così … cioè non si può essere
innamorati di se stessi … a parte forse Aoyama … be’, lui magari un po’ narcisista lo è e …”.
Hitoshi aveva sorriso di quella
sua confusione, così calda e tenera.
Non ci aveva pensato due volte.
Aveva preso e si era chinato su Mashirao, posando la bocca sulla sua.
Era stato il loro primo bacio.
Sono passati … quanto? Due mesi e
mezzo?
Sembra una vita.
E insieme sembra ieri.
E sembra così poco, il tempo che
hanno trascorso insieme.
Eppure è da tanto che non riprova
quell’emozione, sentire la bocca di Mashirao contro la propria. Sospirare piano
nel passargli la mano magra sotto la maglia, palpare i suoi muscoli solidi,
inspirare il suo profumo farsi sempre più dolce e più intenso.
Infilare il naso tra i corti
capelli dorati, e sfregarlo. Per sentire come pungono, e come odorano di buono.
Giocherellare con il soffice
pennacchio della coda. Avvertirlo solleticargli le linee della schiena e
strappargli brividi lenti e profondi.
Non può essere finito tutto così.
In una manciata di secondi. Meno
del tempo che ha impiegato quella maledetta sveglia a girare l’ultima delle sue
cifre rosse a stuzzicadenti.
E soltanto perché … non era
riuscito a nascondere meglio il suo disappunto davanti a quella nuova
delusione.
Shinsou conosce bene il
significato della parola “pazienza”.
Ha dovuto portarne tanta, per
anni. Andare avanti quando tutto sembrava remargli contro, compatto come una
muraglia più che come un’onda.
E alla fine ce l’ha fatta. E’
dove ha sempre voluto essere, incamminato sulla strada per divenire un Pro-Hero.
E sa che non è ancora finita,
anzi non è nemmeno all’inizio. Che mancano ancora due anni, suppergiù, e
infinite prove per poter ottenere quel diploma.
Allora perché è bastato così
poco, adesso, a piegarlo?
Non si è mai stimato geloso, lui.
Ha sempre creduto di essere una persona distaccata, forse persino troppo per
gli standard comuni. Troppo stoico, scettico, incapace di concepire una
sensazione di quel genere; non che non ami Mashirao, ma proprio perché lo ama
ha sempre stimato indegno covare un tale sentimento nei suoi confronti.
A mente fredda non può dire di
temere davvero Kaminari come rivale, no. Sa benissimo
che il compagno non ha quella tendenza, che a Mashirao non interessa in quel
senso e l’intermezzo accaduto in quel bagno alla fine non è stato più che un
mero sfogo fisiologico, non c’era amore, non c’era passione, desiderio, ovvero
sì ma per tutt’altra persona, che solo incidentalmente era la legittima
proprietaria del corpo in cui al momento era ospitato lo spirito di Ojiro: una
sfortunata casualità, tutto qui.
Se solo ci ripensa, però, gli si
chiude di nuovo lo stomaco.
Ma aveva promesso a Mashirao di
perdonare Denki. E l’ha fatto, davvero, era
prontissimo a lasciarsi quella faccenda alle spalle e sperare che finisse tutto
presto nel migliore dei modi.
Per un attimo o poco più ci ha
creduto sul serio. Che fosse tornato tutto alla normalità: e incoraggiato,
quasi, dallo sguardo di Melissa Shield, di Uraraka e della stessa Kyoka si
era fiondato su Mashirao, posandogli una mano sul fianco che era rapidamente
scivolata sulla coda, per destarlo.
Ma l’urlo di Bakugō
aveva riportato a zero il contascatti. Quel timer era tornato al punto di
partenza, con un nuovo corpo e sì, era proprio quello di Denki.
La verità spassionata? Non è
tanto per quella storia che l’ha presa così male, Shinsou.
E’ stata l’incertezza del non
sapere quando sarebbe finita.
E’ … un pensiero terribilmente
egoista, per nulla eroico.
Ma … il solo sperare di riavere
il suo Mashirao tutto per sé lo aveva già infiammato.
Certo, anche altri si sono
trovati nella sua stessa triste situazione: Kirishima,
Todoroki, anche loro probabilmente soffrono nel non poter abbracciare la
persona amata, nel non poter dimostrare alle proprie compagne l’amore che
provano nei riguardi di esse.
Tuttavia, come gli ha insegnato
la sua saggia nonnina, che adesso non c’era più, “quando hai i tuoi guai non
pensi più a quelli degli altri, Hitoshi”.
Ed è andata proprio così.
Adesso che si è vestito, e non sa
che fare, la cosa migliore è uscire a prendere un po’ d’aria.
Quelle quattro mura lo soffocano.
Al lato c’è la camera di Bakugō, cioè Yaoyorozu
adesso.
Nemmeno lei se la deve passare
troppo bene, poveraccia.
La sera prima aveva
un’espressione da far paura. Le mancavano solo gli spiritelli intorno e voilà,
come direbbe Aoyama, le jeux son fait.
Gli è parso di sentire parlottare
mentre era in bagno a fare la doccia, ma non ha ben distinto la voce. Ma o è
stata solo la sua immaginazione, oppure Todoroki, altro povero cristo è sceso a
controllare che non si sia strangolata col tubo pieghevole.
Lui sì che ne ha di sangue
freddo. Ma è vero anche che possiede un quirk che lo
coadiuva parecchio in questo.
Si chiude dietro la porta. Il
corridoio è tranquillo, si dirige all’ascensore e va al piano terra col cesto
della roba da lavare sottobraccio.
Ad accoglierlo sono i bisbigli di
Momo e Ochaco dal cucinotto.
Probabilmente Yaoyorozu
non ha chiuso occhio nemmeno lei, e Uraraka sta
facendo del suo meglio per incoraggiarla a tenere duro.
Povera Uravity,
lei è una di quelle con la vera vocazione da eroe. O da martire, forse è il
caso di dire.
In ogni caso, sono sicuramente
affari intimi in cui lui non ha nulla a che spartire.
Così zampetta non visto fino alla
lavanderia.
Entra, si avvicina alla lavatrice
e inizia a riempirla.
Ce n’è già un’altra azionata, le
mancano circa cinque minuti al termine. E appena lo sguardo viola intravede un
cappuccio grigio terribilmente familiare, quasi si riempie di lacrime.
La riconosce. E’ di Mashirao.
Gliel’ha vista addosso tante
volte, gli ha anche detto che è una delle sue preferite. E proprio per questo
Ojiro la indossava tanto spesso, quando erano da soli in stanza.
Non rammenta di averla vista
addosso a Kaminari, però.
Forse era nel secchio da prima, e
Denki non si è degnato di fare il bucato, dopo che
aveva provveduto così generosamente a sporcare …
No,
cazzo, no. no.
Se ricomincia è davvero finita, per lui.
Perché qualcos’altro è finito
già.
Chiude l’oblò, mette il detersivo
nell’alloggiamento e avvia il lavaggio.
Sono quarantacinque minuti. Non
farà in tempo, potrà solo metterli in asciugatrice e poi tornare a prenderli
dopo le lezioni, per piegarli nel pomeriggio.
Tanto non avrà niente altro da
fare.
“Buon …”. Una gola che si
schiarisce. “Giorno”.
Shinsou si gira di scatto.
Gli si spezza il cuore, nell’incrociare
lo sguardo dorato di Denki abbassarsi sulla cesta che
ha tra le braccia; ha colto comunque che è gonfio, gl’incavi sotto gli zigomi
leggermente violacei, come i suoi quasi.
Non ha dormito, Mashirao. Non ha
dormito, ha pianto e Dio, vorrebbe poterlo abbracciare, o quanto meno
consolarlo a parole e no, non può fare nulla di tutto questo.
Gli attimi in infermeria adesso
gli appaiono ancora più preziosi. La quiete, prima della nuova tempesta, quasi
più devastante della precedente. “Com … come stai, M
… Ojiro?”.
“Bene, Shinsou. Grazie”. Si
avvicina all’apparecchio, apre l’oblò e inizia a metterci dentro i vestiti di Kaminari.
Non sono tantissimi. Kyoka è una ragazza che ci tiene, deve averglieli lavati
lei mentre era nel corpo di Denki.
Anzi strano non continui a farlo
ancora, visto che quei due adesso …
Cazzo. E che strazio, maledizione.
Comincia a capire Bakugō e il suo linguaggio. Probabilmente è karma,
gliene ha dette un po’ troppe davanti e dietro negli ultimi tempi e adesso si
ritrova lui a combattere con quella stessa impotenza e frustrazione.
Addosso Ojiro ha una maglia nera
con su scritto “High Voltage” in giallo smagliante, e
un paio di calzoni da tuta grigio chiaro; si raddrizza chiudendo la finestrella
tonda e Shinsou ha un brivido davvero elettrico su per la schiena. Una reazione
per cui si odia e si prenderebbe a schiaffi, se non sapesse che non è dovuta
alle grazie del Pikachu, per niente. “Tu stai bene?”,
gli chiede Mashirao, senza guardarlo.
Che domanda.
No.
Per niente. Non starò più bene senza di te, Mashirao. “Abbastanza”.
La voce di Momo, insolitamente
trillante li raggiunge dalla sala comune. “Ashido è
di buon umore stamattina”, commenta Ojiro, voltando lo sguardo giallo verso la
porta.
“Lei lo è sempre. Quanto la
invidio”.
Gli occhi di Kaminari
si induriscono, nel tornare a guardare lui. “E’ perché sa anche di poter
contare su Kirishima, nonostante tutto”, sentenzia
Mashirao, facendosi d’un tratto severo. “Anche nei guai che combina”.
Hitoshi accusa il colpo. China il
capo, mentre il suo ex ragazzo chiude l’oblò e carica la lavatrice col
detersivo.
Il silenzio che cala, pesante,
soffocante viene spezzato dal trillo dell’apparecchio che ha terminato.
Si voltano entrambi a fissarla.
Il cappuccio grigio che tante volte ha visto sui capelli dorati è lì in bella
mostra, spiaccicato contro il vetro.
Come il cuore di Shinsou, che
ancora una volta è finito per sbattere contro la giusta irritazione di Mashirao.
“Ah, ma sono i miei indumenti, quelli”, osserva questi, avvicinandosi.
Apre l’oblò, svuota il cestello e
li porta dentro un’asciugatrice. Regola temperatura e timer, preme il pulsante.
Se solo riuscisse anche lui a
toccare il tasto giusto dentro Ojiro … se potessero far pace anche loro come Ashido e Kirishima che le ha
tenuto il muso un solo giorno …
Deve almeno provarci. Non può
lasciare che finisca tutto alle ortiche, altrimenti non è degno di essere
chiamato allievo Eroe.
Un eroe non molla. E lui è stato
capace di non farlo, quando si è trattato della scuola.
Mashirao gli sta altrettanto
caro. “Senti, Oji …”.
“Ohi. Che, vi siete dati
appuntamento in lavanderia?”, sbotta Bakugō
torvo, entrando nello stanzone e guardandolo in faccia, senza troppi
complimenti.
E Shinsou trasale.
C’è … qualcosa di insolito negli
occhi neri del ragazzo, l’unico a sapere della loro rottura per il momento.
Come se fosse … dispiaciuto? Di
aver magari interrotto un possibile chiarimento?
E … con un pizzico di compassione
per lui, Shinsou?
Ma chi, Bakugō?
Nah. Impossibile.
Dev’essere lui che sta iniziando a
dare i numeri. Probabilmente è l’espressione che vorrebbe vedere davvero in
quegli occhi scurissimi e dolcissimi, tornati finalmente al loro legittimo
proprietario, come la coda.
Che Katsuki
sta trascinando per terra, non essendo in grado di dominarla alla perfezione come
Ojiro; e vorrebbe quasi urlargli dietro, che già Kaminari
ne ha fatto scempio e almeno lui dopo un paio di giorni aveva imparato a
tenerla sollevata, chissà quante ne sta subendo quella tenera appendice e …
Oddio.
Shinsou si blocca, è meglio che
non apra bocca per nessuna ragione al mondo in questo momento.
Paradossale, no? Di solito sono
gli altri a farlo con lui.
E’ davvero karma. Deve aver
commesso qualche crimine spaventoso in una vita precedente per meritarsi
questo.
E’ Ojiro a rispondere per primo. “No,
è stata una pura casualità, Bakugō-kun.
Buongiorno”, e gli rivolge un breve sorriso, ma caldo, sincero di cui Hitoshi,
sissignore, è geloso.
Dio, quanto gli manca.
Sono passate meno di dodici ore e
gli manca da morire.
Come farà? “Uh”, borbotta quello
fissando l’oblò lasciato socchiuso da Mashirao.
“Ho fatto io, Bakugō.
Sono i miei vestiti, in fondo”.
Il volto di Mashirao si contrae
in una smorfia. “Tsk. A saperlo ti chiamavo prima. Il
corpo di quello stronzo si sarebbe meritato di tenersi addosso il tanfo della
roba che ha lasciato a marcire nel secchio, idiota”.
“Grazie”.
“Vabbé,
giacché ti sei messo portali di sopra, dopo. Che io quasi mi sono spezzato
l’osso del collo a scenderli giù”.
“Certo. Te li lascio davanti alla
porta della mia … ehm, tua … sì, insomma, della camera. Tanto siamo sullo
stesso corridoio”.
“Uhm”. Senza salutare Bakugō gira sui tacchi, si dirige probabilmente in
sala comune a fare colazione.
A Hitoshi si è chiuso lo stomaco,
invece.
“Vado a fare colazione”, annuncia
anche Mashirao, posando la cesta sopra la lavatrice appena azionata.
E non è un invito, non gli terrà
il posto accanto a lui, non gli scoccherà quei piccoli, timidi sguardi
innamorati di cui Shinsou fa tesoro.
Faceva, anzi. “A dopo, allora”. Appena
il biondo esce, lasciandolo da solo Shinsou va a sedersi davanti all’asciugatrice,
con un sospiro amaro.
Resta a fissare i panni di Ojiro,
domandandosi quando potrà sfilarglieli ancora di dosso, annegare nel profumo
del suo ammorbidente e della sua pelle mischiati assieme.
Anzi. “Se”, non più “quando”,
rammenta posando lo zigomo sul ginocchio, la schiena alla parete e gli occhi
voltati verso l’enorme finestrone.
Il cielo limpido preannuncia
un’altra bella giornata, almeno meteorologicamente parlando.
Piega le braccia, le infila a mò di cuscino sotto la guancia: una delle sue posizioni
preferite, con Mashirao, solo che al posto dei suoi stessi avambracci c’era la
coda di lui.
Ha deciso, anche lui.
Andrà a casa. Ha bisogno di stare
da solo, di riflettere.
Di potersene stare in pace a
piangere, chiuso nella propria stanza, con la sola compagnia del suo gatto.
Angolino Autrici:
(**) Niente di tutto questo vuole
minare la mascolinità di Midoriya, giuriamo x°D
Fan di Deku, non odiateci, gli vogliamo bene anche
noi! Ma Bakubro su certe cose vince sempre, no?? X°°D
Basta non abbiamo altro da dire xD
ALLA PROSSIMA, Asu&Anya
Gran
parte della classe sarebbe tornata a casa propria, forse tutti pur d’evitare
ancora la pesantezza di quello che stava succedendo. Lui l’avrebbe fatto, con tutto
l’affetto e la voglia di aiutare i suoi amici che poteva avere –e non ne aveva
molta neanche da giovane.
Con
un po’ di fortuna e con così pochi studenti nel dormitorio, forse sarebbe stato
tutto tranquillo per un po’.
Forse
avrebbe potuto rilassarsi anche lui, per bene.
Ne
ha fortemente bisogno.
Forse
più tardi avrebbe potuto passare nel dormitorio degli studenti, giusto per
controllare chi è andato via. Ha ricevuto le richieste, ovviamente, come ogni
fine settimana. Ma è stato un mese così infinitamente lungo, e quell’ultima
settimana così infinita e carica, che non se lo ricorda.
Di
solito, anche Ojiro torna a casa tutti i weekend, per altro, e anche Yaoyorozu.
Doveva essere duro per loro che non vedevano né sentivano i propri cari ormai
da troppo tempo.
E’
suo compito andare a controllare come stavano, anche se lui non è certo bravo
in quelle cose.
Fa
l’insegnante, non lo psicologo.
Fra
l’altro, un insegnante con una pessima reputazione alle spalle.
Quindi,
non crede che qualcuno si sarebbe stupito se non fosse stato poi granché in
grado di tenere a bada gli stati d’animo depressivi e scoraggianti, dei suoi
studenti, tanto più che non c’entrava niente neanche il lato tecnico, l’unico
in cui si sentiva in grado di mettere le mani.
Per
quelle cose c’erano Midnight. Massimo Present Mic.
Se
erano disperati potevano sempre chiedere a All Might.
A
lui no di certo.
Esce
dalla stanza tutt’altro che allegro, anche se quella mattina è stata una delle
poche volte in cui non ha avuto lezioni con la 2-A, e quindi non ha dovuto
vedere il marasma degli studenti, comunque non può dimenticarlo.
Cerca
Hizashi con gli occhi, giù nella sala comune degli insegnanti, ma non c’è.
Non
vuole nemmeno sapere che fine ha fatto.
Le
lezioni ormai dovrebbero essere finite, questo è certo, forse è ancora in sala
insegnanti.
L’unica
che vede, lì, è la piccola Eri, seduta a terra e curva sul tavolino.
Si
mette lì a fare i compiti, di solito aiutata da qualcuno di loro –Tredici o
Toshinori, il più delle volte- e si alza solo quando è sicura di aver finito
tutto, chiedendo il permesso di andare a giocare un po’.
E’
una bambina molto diligente, non si può negare.
Inizialmente,
non era molto concorde con il parere di Toshinori e del preside nel mandarla a
scuola, ma alla fine ha ceduto.
Eri
ha già sette anni, è già in ritardo rispetto agli altri bambini della prima
elementare e se non vuole che venga presa in giro e che per lei sia ancora più
difficile ambientarsi, era una buona idea mandarla subito a scuola.
L’unica
cosa di cui aveva paura, e che teme ancora un po’, è che possa perdere il
controllo del suo potere. Sarebbe un disastro e, anche se è migliorata
nell’autocontrollo personale, lui stesso non ha ancora trovato un modo per
insegnarle a gestirlo.
Dopotutto,
il suo potere ha effetto solo sugli esseri viventi. E chi mai poteva voler
essere una cavia, seppur con tutte le migliori intenzioni del mondo, di un
potere che poteva farti sparire completamente?
Ma
ci ha rimuginato troppo, su quella storia, perché a due mesi e mezzo
dall’inizio dell’anno Eri è serena, non è mai tornata in dormitorio di cattivo
umore o in lacrime, l’accompagna lui tutte le mattine a scuola e la va a
riprendere e anche quando la lascia, gli sembra contenta.
A
volte gli racconta di quello che fanno a scuola e dei suoi nuovi amici, e il
fatto che se ne stia facendo lo rasserena.
I
bambini sanno essere cattivi, e aveva paura che le cose potessero andare male.
Ma per ora non è così.
E
ne è contento, per lei.
Se
lo merita.
Eri,
nei suoi appena sette anni, ha già visto troppo il brutto del mondo.
E’
giusto che si goda un po’ di quello che c’è di bello.
“Ahm…Aizawa-san?”
Aizawa
alza gli occhi su di lei, che adesso lo sta guardando.“Dimmi, Eri.”
Eri
si alza dal pavimento, prende il quadernino rosa con i gattini in copertina che
le ha comprato lui e glielo passa, “Oggi non c’era nessuno, quindi ho fatto da
sola. Però non so se è giusto.”
“Perché
non mi hai chiamato? A differenza degli altri, ero nella mia stanza.”
“Mic-san
ha detto che dovevi riposarti un po’. E poi, ieri non stavi tanto bene.”
Aizawa
abbozza un sorriso sghembo, posando una mano sul capo di Eri per carezzarle
brevemente i capelli.
E’
una brava bambina. Pensa agli altri prima che a se stessa nonostante tutto
quello che le è successo.
“Vediamo
insieme,” le dice, sedendosi accanto a lei sul divano. Eri pare per un attimo
indecisa se rimanere lì o sedersi sulle sue ginocchia come fa sempre con
Toshinori, ma alla fine non lo fa.
Però
Aizawa le circonda le spalle con un braccio, mettendo in mezzo il quaderno in
modo che lo possano vedere entrambi.
In
verità è stata bravissima, gli errori sono pochi e non ha niente da ridirle, ma
le corregge comunque quelle poche cose errate, correggendole la scrittura.
“Sbaglio
ancora…”
“Sei
migliorata molto, invece,” la incoraggia Aizawa, “Partivi da zero, e sei a
livello degli altri bambini della tua classe.”
“Ma
sono più grande di loro…”
“Sì,
sei più matura di tutti loro. Ma non devi preoccuparti del resto. Anche la tua
calligrafia adesso è pressapoco perfetta. Non ti crucciare per questo,
Erichan,”
Eri
annuisce piano, non sembra molto convinta ma alla fine gli sorride. “Mi
impegnerò tantissimo!” esclama poi, chiudendo le manine a pugni davanti al
volto, “Sia con il mio potere che a scuola!”
“Anche
la scuola ti aiuterà con il tuo potere.”
“Davvero?”
“Certo.
Allora, hai finite tutti i compiti?”
“Sì!
Posso andare a giocare?!”
Aizawa
si limita ad annuire, ed Eri corre verso uno degli angoli della sala comune del
dormitorio dei docenti dove le hanno detto di posare i suoi giochi quando non
li usa.
In
verità non sono molti. I colori e i peluche, infatti, li ha in camera, e anche
se a volte li porta giù alla mattina poi ricorda sempre di riporli in camera
alla sera, per andare a letto.
Le
si avvicina quando vede che è tornata a sedersi al tavolino, stavolta con un
mucchio di colori davanti a sé e un foglio bianco, oltre al peluche del gatto
che le ha comprato lui sulle gambe.
“Non
dovevi andare a giocare?”
“Sto
facendo un disegno! Per Lemillion e Deku!”
“Ah.”
“Dopo
glielo possiamo portare?”
“Mh.
Togata è tornato a casa, questo weekend, ma Midoriya è in dormitorio. Quindi
sì.”
“Okay!”
Eri
sta ancora disegnando quando la voce di Mic rompe quel meraviglioso silenzio.
Avrebbe
voluto non sentirla per il resto della giornata. Ma alla fine non ha scampo.
Sapeva
che sarebbe tornato.
E
che avrebbe fatto confusione.
“SHOTA!”
Aizawa
sbuffa. Che vuole adesso? Almeno lui perché non lo lascia in pace?
“ERICHAN!”
Eri
si alza subito, contenta afferra Sushi –il gatto- che le stava camminando
affianco e corre da Mic, che le scompiglia teneramente i capelli.
Fa
un sacco di casino, è un confusionario all’ennesima potenza. Ma è inutile
negare che coni bambini ci sa fare.
Insomma, proprio perchè è allegro sa come attirare l’attenzione.
Sushi
si fa sentire, invece. A lui non piace il chiasso di Mic, gli si avvicina solo
quando c’è da mangiare o sta zitto. E poi ormai è un gatto vecchio, l’unica
cosa che vuol fare è dormire.
Eri
è costretta a metterlo a terra, e Sushi viene subito a rintanarsi sul divano
comune accanto a lui, che gli accarezza il pelo rossiccio e striato.
A
distanza, sente Mic ancora confabulare allegramente con Eri, e questa cosa gli
mette ansia.
Non
sa perché, ma ha la sensazione che non gli piacerà.
No.
“SHOTA!
Vestiti, mettiti qualcosa di decente! Stasera usciamo!”
“No.”
“Non
ha chiesto il tuo parere,” trilla la voce allegra di Midnight, “usciamo e
basta!”
“No.”
“Shota.
Ne hai bisogno.”
“Devo
ripetermi?”
“Non
hai molte alternative, Shota!”
Aizawa
sbuffa. Ecco, lo sapeva che non gli sarebbe piaciuto.
Perché
adesso volevano uscire, quei due? Va bene che è sabato, e a volte è successo
che si fermassero a bere qualcosa in qualche bar in cui lo trascinavano senza
stare troppo a chiedere il suo permesso, ma quella sera proprio no.
Dopo
tutto quello che è successo, l’unica cosa che vuole è dormire.
Per
tutto il giorno.
E’
sceso solo per Eri, o sarebbe rimasto nel suo sacco a pelo fino alla mattina
dopo.
Ha
mal di testa solo a pensare a quei due che lo portano in giro peri karaoke e poi a bere.
Perché
tanto sarebbe finito così, come sempre.
“Andate
a fare una passeggiata?”
“Oh,
sì, tesoro!” trilla Midnight, “Per te è quasi ora della nanna, ma la prossima
volta porteremo anche te!”
“Sì.
Va bene! Però, prima, Aizawa-san aveva detto che potevo dare questo a
Deku-san.”
“Certo,
Aizawa ti accompagna. Ma poi, mi raccomando, fa in modo che torni qui! Conto su
di te!”
Eri
la guarda stupita, come se non avesse ben inteso quello che stava dicendo. Di
sicuro, non ha capito che non è davvero seria, perché stringe le mani a pugno e
annuisce con enfasi due volte. “Sì!”
“Brava
piccola!”
Aizawa
sbuffa.
Adesso
aveva anche Eri contro. Ottimo.
Con
ben poca voglia, comunque, si alza e va dalla bambina, che gli da la mano e con
l’altra stringe il disegno e la letterina che ha fatto per Midoriya.
Non
ci mettono niente ad arrivare al dormitorio, e si aspetta la quiete più
assoluta e totale.
Gran
parte della classe non è presente, ma si sente che c’è Mina in giro.
Sente
confabulare e urlare, e la voce di Kirishima che deve essere rimasto per
tenerla d’occhio che le va dietro. Non vuole neanche sapere che cosa sta
dicendo. Si rifiuta di ascoltare.
Invece,
guarda i presenti, ovvero Kaminari e Shoji. Cioè, no. Sono Ojiro e Shoji,
giusto.
Shinsou
non c’è, è tornato a casa, da quello che sa.
La
faccia di Kaminari –in cui dentro c’è Ojiro- è tremenda. Fa invidia alla sua
che va in giro con la testa spaccata da giorni e non dorme da altrettanti. Le
occhiaie sono le stesse. Lo sguardo pure.
L’unica
cosa in più è il rossore soffuso, come se non stesse bene.
Non
ha mai visto la faccia di Kaminari in quello stato.
“Ojiro.”
Ojiro
alza la testa di scatto, passandosi una mano sulla faccia come se questo
potesse cancellare quello che ha già visto.
Cosa
si è perso? Si è perso qualcosa.
Non
è sicuro di volerlo sapere.
“P-professor
Aizawa…ciao, Erichan!”
Eri
li saluta con la manina ora libera dalla sua, mentre Aizawa assottiglia gli
occhi, “Stai bene?”
“Sì.
Sì, certamente.”
Ha
risposto subito, quindi Aizawa annuisce. Ma non è per nulla convinto.
Nemmeno
Ojiro lo sembra, infatti per un attimo guarda Shoji, che però non dice niente.
Si
sente osservato. Ha la sensanzione che devono dirgli qualcosa ma non lo
faranno. Dopotutto, sanno bene che non è tipo da dare consigli di genere
diverso da quello eroistico, anche se si rende conto che a volte per un ragazzo
sia ovvio cercare di chiedere un parere adulto anche per altro. Tipo l’amore o
quelle cose lì.
Ma non è lui l’adulto giusto.
“Che
cosa ci fa qui, professor Aizawa? Ha…novità?!”
“No,
mi spiace. Se ne avessi avuto, vi avrei già radunato.”
Ojiro
sospira, non se ne lamenta ma è evidentemente deluso.
Gli
dispiace, e parecchio, ma non può farci nulla. Non è in suo potere, anche se
può sembrare strano.
“Midoriya
è nella sua stanza?”
“Sì,
credo. Non lo vediamo da un po’, in verità. Da quando c’è stato…l’altro
disastro non esce spesso.”
“Non
esce spesso?”
“No,”
conferma Shoji, “Non sappiamo perché, non ci siamo premuniti di chiederglielo.”
“Ho
capito. Erichan, puoi salire nella sua stanza, va da sola.”
“Sì,”
trilla la bambina, “Torno subito,”
“Tranquilla.”
Aizawa
la guarda correre verso le scale per poi sparire. Sa che la Shield dovrebbe
essere ancora al dormitorio, non l’ha vista uscire e non sa se è con Midoriya,
ma spera abbiano una certa decenza, in caso siano insieme.
Ma
non si aspetta altro da Midoriya, in fondo. Non è sfacciato come Kaminari o
Sero, è un bravo ragazzo.
Lui
rimane lì fermo ad aspettarla, vorrebbe scappare in verità e magari andarsi a
nascondere da qualche parte, infilarsi nel sacco a pelo e rimanere lì a dormire
fino all’indomani mattina. Se non ci fosse la bambina, farebbe esattamente
questo.
Ma
ha lei di cui occuparsi e ormai viene prima di tutto il resto.
In
fondo può farcela. Ignorerà il karaoke e poi tutto il resto. Si berrà il suo
sake in santa pace e in silenzio assoluto e poi andrà a seppellirsi nella sua
stanza.
Semplice.
Niente
di più semplice.
“Ehm…Aizawa-sensei?”
“Mh…?”
si riscuote, tornando a fissare i suoi studenti.
Va
malissimo. Cosa sono quegli occhi disperati?
“Ecco…lei
pensa…che ci voglia ancora molto?”
Aizawa
stira le labbra. Bella domanda. “Non lo so, Ojiro. Non ho una risposta a
nessuna domanda relative a tutto quello che sta succedendo.”
Non
sa nemmeno perché sta succedendo. E’…un pessimo esempio per quei ragazzi, da
questo punto di vista.
Dovrebbe
prendersi cura di loro, i loro genitori glieli hanno affidati, e lui non sa
fare altro che tergiversare senza sapere come risolvere. Non solo. Non sa
neanche com’è iniziata.
E
va avanti da giorni ormai.
Si
massaggia la punta del naso, sospirando.
E’
esasperante, davvero. Gli fa di nuovo male la testa, lo sente benissimo.
Non
resisterà mai ad un karaoke.
“Ragazzi,
mi rendo conto che è complicato. Speravo in tutta sincerità che le cose si
sarebbero risolte ieri, ma…Abbiate fede. Troveremo una soluzione.”
“Sì.”
Il sorriso di Ojiro è così finto che ha quasi voglia di battergli anche lui una
pacca sulla spalla, come sta facendo Shoji.
O
forse è solo perché è strana, più che strana, quell’espressione così cupa e
amara sul volto di solito solare di Kaminari. E’ abituato a vedergli addosso
un’espressione più che altro stupida, e invece…
“Ragazzo…”
“Aizawa-san!”
La
vocina di Erichan lo interrompe, ma meglio così. Non avrebbe detto niente di
utile.
“Hai
fatto?”
“Sì.
Possiamo andare.”
Aizawa
annuisce, riprende la bambina per mano e si avvia verso l’uscita. Lei si gira
solo a salutare i presenti, che ricambiano il gesto, poi lo segue saltellando
fino al dormitorio degli insegnanti.
Hizashi
e Midnight sono ancora nel salotto comune, ma li ignora volutamente e sale fino
al primo piano, dov’è la sua stanza e accanto quello di Eri. La aiuta a mettere
il pigiama, le prepara lo sgabellino che usa sempre per arrivare al lavandino e
poi la mette a letto, rimboccandole le coperte. Sushi si sdraia accanto a lei e
Eri subito lo abbraccia.
Gatto
profittatore.
“Anche
Sushi ha sonno,” ride Eri.
Aizawa
abbozza un sorriso, “Sushi ha sempre sonno. Ormai è vecchio.”
“Quanti
anni ha?”
“Quindici,”
non ha bisogno di pensarci, per saperlo.
In
fondo, l’anno in cui hanno trovato Sushi è lo stesso in cui ha perso Shirakumo.
“Aizawa-san?”
“Mh?
Dimmi.”
“Stai
ancora male come ieri? Anche Deku-san era un po’ triste oggi.”
“Ah
sì? Eppure dovrebbe essere quello più contento,” sbiascica Aizawa, “No,
comunque. Sto bene. Non ti crucciare per queste cose.”
“Stasera
devi divertirti, così poi starai bene per forza!”
Oh
beh, e a questo come doveva rispondere? Non è decisamente abituato a tutto
quello.
In
generale, non è abituato a quella situazione. Ancora meno lo è delle dolci
attenzioni di quella bambina.
Rischiadi ammorbidirsi troppo, ma con Eri è
inevitabile.
Infatti,
d’istinto le da un bacio sulla fronte, sistemandole meglio le coperte. Non lo
fa quasi mai, non è proprio sua abitudine.
“Farò
del mio meglio anche io.”
“Sì!”
Come
da programma, Aizawa si impegnò, come ha promesso ad Eri. Ma a differenza di
quello che aveva detto a lei, l’unica cosa su cui si concentrò fu di ignorare i
deliri di onnipotenza canora di Present Mic.
Hizashi
e Midnight si stanno decisamente divertendo più di lui. E di sicuro stanno
cantando più di lui.
A
due ore lì al karaoke Aizawa ha passato almeno venti minuti con il microfono in
mano, in silenzio assoluto, mentre le parole andavano avanti sullo schermo e
Hizashi cantava al posto suo.
Non
ha intenzione di spiccicare parola, e non lo fa.
Però,
accetta i bicchieri di sake che Midnight gli mette davanti di tanto in tanto,
ascolta quello che dicono e, se si tratta di parlare, a volte interviene anche.
Ma
cantare no. Quello, proprio, non può farlo.
Ormai
è anche bravo a rimanere fermo col microfono in una mano e il sake in un’altra,
così tanto che Yamada ha smesso di chiedergli di sciogliersi un po’. Anche se
teme ancora che Hizashi stia aspettando sia l’alcool a scioglierlo.
Illuso.
Anche
se non sembra, e non lo fa spesso, Aizawa regge l’alcool sicuramente meglio
dell’amico. E’ sempre stato così.
Non
lo dimostra, e Hizashi per questo i primi anni ci perdeva sempre.
Ordinava
a dismisura credendo che, tanto, sarebbe crollato prima di lui. Invece, era sempre
il contrario e, in più, era Aizawa poi che doveva trascinarselo fino a casa di
peso.
Ormai
avrebbe dovuto saperlo, ma forse perché è un anno che non lo fanno più, non
insieme –è sicuro che Hizashi sia uscito a bere spesso insieme a questa o
quella ragazza-, deve esserselo scordato.
In
verità, se c’è un motivo per il quale, in situazioni normali e in passato,
accettava sempre di uscire con loro, oltre al bere gratis perché finiva sempre
per offrire tutto un ubriachissimo Yamada, era proprio lo spasso del suo amico.
Hizashi,
infatti, regge l’alcool come lo reggerebbe un astemio alla prima volta:
assolutamente zero.
E
di solito, per questo, fa di tutto per evitare di bere.
Midnight,
però, non lascia scampo.
Ricorda
ancora la prima volta che sono andati a bere tutti e tre insieme, con anche All
Might e alcuni colleghi, all’inizio dell’anno scorso.
Per
poco Midnight non lo aveva fatto bere con la forza, ingozzandolo, mentre Yamada
cercava in tutti i modi di fuggire.
Non
c’era riuscito.
A
fine serata lui e Midnight erano completamente cotti, e lui e All Might avevano
dovuto portarli via in braccio.
Sembrava
assolutamente meschino ridere –internamente- delle disgrazie di un collega.
Ma
tant’è.
“Tutto
quello che sta succedendo alla 2-A,” trilla all’improvviso Hizashi, ormai
praticamente andato, “Sono sicuro che sia opera della 2-A.”
“Deliri
già, Yamada?”
“Ma
no, ma no!”
“Ma
sì,” ride anche Midnight, ma anche lei ormai parecchio brilla.
“Ascoltate!”
sbotta Present Mic, “E’ ovvio che sia un problema interno! Uh, singhiozzo.”
Aizawa
sghignazza, “Singhiozzo certo. Ora si dice così.”
“Zitto,
Sho! Non sai cosa dici!”
“E
tu sì!”
“Sempre!”
afferma, “Sempre. Insomma, quei ragazzi sono strani. Secondo me, nascondono
qualcosa.”
“E
cosa, un altro quirk?”
“E
chi lo sa!”
“Non
ha senso,” scuote il capo Aizawa. Certo, è l’unica spiegazione fattibile, un
quirk. Ma nessuno di loro ne possiede uno simile e anche se non è stupido e si
è reso ormai conto che il potere di Midoriya è diverso dagli altri, una cosa
del genere è infattibile.
E’
troppo diverso dalla linea su cui si è tenuto fino a quel momento.
E
a parte lui, nessuno è sospetto.
“Sei
solo ubriaco, Yamada.”
“Sono
ubriaco,” annuisce Mic, “Ma non da delirare.”
“Se
lo dici tu…”
“Tirati
su, Shota!” esclama di nuovo Midnight, mettendogli davanti un altro bicchiere,
“L’istinto mi dice che presto tornerà tutto normale!”
“Vedremo.
Ma intanto non abbiamo ancora capito che cosa sia successo.”
“Oh,
sono solo dettagli! E’ il dolce profumo dell’adolescenza che porta a guai di
ogni natura, ma alla fine tutto torna come prima e li lascierà più forti e
innamorati!”
“Non
è un film.”
“E’
meglio ancora di un film! E’ la vita!”
Aizawa
storce le labbra, “Mah.”
Se
lo dice Midnight, ci crede ancora meno. Ma non ha molto altro in mano.
Quindi,
gli starebbe bene anche che tornasse tutto normale senza dargli una
spiegazione.
Basta
che tutto torni normale. Solo questo, pensa, mentre scola l’ennesimo bicchiere.
Solo
questo.
--
“Hai fatto un bel casino, eh
ragazzino?”
E’
di nuovo bloccato nel nero. Ha liberi solo gli occhi, ormai conosce bene quella
tremenda sensazione, ci si è abituato.
Sa
che cosa vuol dire: i predecessori del One for All stanno cercando di mettersi
in contatto con lui.
Di
solito non presagisce niente di buono.
Di
solito porta solo guai.
Non
può muoversi, comunque. E’ totalemente bloccato. Quindi li osserva e ascolta.
Davanti
a lui ha, se non sbaglia, il secondo possessore del One for All in ordine cronologico.
Colui che ha ricevuto il potere, quasi cent’anni prima, direttamente dal
fratello di All for One.
Non
gli ha mai parlato, neanche quando per la prima volta si è manifestato quel
nuovo –inutile, direbbe Bakugou- potere. Forse stavolta non avrebbe tutti i
torti.
Ad
ogni modo, la prima volta ha avuto solo un flash. Un gioco di luci, ha
intravisto quegli occhi scuri che lo guardavano accusatori in mezzo a tutti gli
altri predecessori, ma nulla più.
Non
ha parlato.
Quella
voce Midoriya è certo di non averla mai sentita. Quel tono canzonatorio e allo
stesso tempo divertito, un po’ strascicato, gli è nuovo.
Però
a quella frase vorrebbe rispondere, urlargli che non l’ha fatto di proposito,
non era certo sua intenzione e come poteva, poi, sapere che era un quirk dalla
durata così lunga? Perché aveva un limite, vero? Sarebbe tornato tutto normale?
Ti prego, dimmi di sì!
Vorrebbe
urlargli anche quello.
Ma
non può dire nulla. Fare nulla. Niente.
“Non è così che andrebbe usato
quel Quirk, per renderlo efficace, lo sai? Adesso come intendi mettere tutto a
posto?”
Quindi
si può? Si può far tornare tutto quanto al suo posto?
Devi dirmi come. Dimmi come!
Lo
pensa così intensamente che ad un certo punto è anche convinto che l’altro
l’abbia sentito, anche se sa che quello non è davvero un sogno quanto più una
visione, e che loro non possono sentirlo. Né lui può parlare.
“Lo Swarp non lo puoi più
controllare tu, ragazzino, se può consolarti. Sei tu a decidere quando
scambiare i due corpi ma torneranno normali solo quando i diretti interessati
–o almeno uno dei due- avranno cessato di avere problemi l’uno con l’altro.”
Midoriya
sgrana gli occhi.
No,
un attimo, in che senso?
Insomma,
lui allora perché è tornato? E Jirou? Perché solo loro?
Insomma,
lui non aveva nulla contro Ashido e Jirou aveva chiarito con Kaminari, quindi
era quello? Ma gli altri, allora?
Vuole
forse dire che Kaminari ha ancora qualcosa contro Ojiro? E Ojiro con lui? E
Ashido con Momo? E Bakugou? Non ha senso.
“Se non avesse tentato di
accellerare le cose, sarebbe tornato tutto al suo posto a tempo debito, appena
tu ti fossi tranquillizzato e avessi ripreso il controllo di te, cosa che ti
avrebbe fatto tornare nel tuo corpo, visto che avevi problemi più con te stesso
che con quella ragazzina.”
Quindi
adesso mettendoci le mani avevano scombinato tutto quanto inavvertitamente?
Se
Hatsume e Melissa non avessero provato a salvarli, facendo chiarezza fra di
loro Ojiro, Kaminari e Jirou sarebbero tornati normali da soli? Idem per lui. E
Yaoyorozu? Forse il problema sarebbe stato Bakugou, che ce l’aveva sempre con
tutti e anche se Momo non gli aveva fatto niente non era detto che sarebbe
stato semplice far tornare tutto a posto.
Ma
gli altri sì, perché a parte la litigate fra Ojiro e Kaminari e l’incomprensione
amorosa fra Kaminari e Jirou, che problema avevano gli altri?
Nessuno.
E
invece, mettendoci le mani avevano fatto un gran caos e anche il quirk, che lui
comunque non controllava affatto, aveva finito per svalvolare.
Questo
non avrebbe mai dovuto dirlo a Melissa. Ci sarebbe rimasta troppo male.
Solo
che adesso c’è comunque ancora il problema di trovare una soluzione.
Adesso
che ci hanno messo le mani loro, sarebbe comuque tornato tutto quanto alla normalità
da solo? O non sarebbe più stato possibile?
“Sta tranquillo, marmocchio. Si
risolverà tutto. Se c’è una cosa che mi è sempre dispiaciuto del mio quirk, è
che non è perenne. Di ai tuoi amici di rilassarsi: avere rancorà allungherà
solo i tempi.”
Midoriya
vorrebbe deglutire, ma gli pare che non può fare neanche quello.
Dire
loro di rilassarsi.
Facile,
con gli altri. Ma a Kacchan una cosa del genere come faceva a fargliela
sapere?!
Sono
al decimo giro di corsa. Chiaro che ne tollerano molti di più di così di solito
ma sono un filo fuori forma, basta un giorno senza allenarsi e ciao, si perde
fiato.
Inoltre
non sono nei loro corpi originari. Non sanno come gestirsi e questo rende tutto
più difficile.
Il
parco di Tokyo è un posto tranquillo. A quell’ora si incrocia appena qualche
passante che fa jogging, nulla di che.
Momo
alla fine si è pentita di aver avuto quel crollo con Uraraka,
l’altra sera.
Ma
non ce la faceva più, quel dubbio le aveva messo radici in testa e se non se ne
liberava, sarebbe soffocata.
Ora
si sente più serena. Cioè, serena per quanto concerne la situazione.
Ha
trascorso il pomeriggio del sabato a studiare, o meglio a fingere di farlo. E’
andata a letto con ancora quel rovello, e si è svegliata con la stessa cosa in
testa. Quel dubbio. Quel “faccio bene o male?”.
Shouto è andato a trovare sua madre, il
giorno prima, sabato. Di solito si trattiene lì anche gran parte della domenica
e rientra prima del coprifuoco, alle nove e mezza.
Quindi,
ecco sì. E’ bene che lo faccia anche stavolta.
Le
servirà un bel po’ di tempo per smaltire la vergogna accumulata in un solo
mattino.
Già
dopo essersi svegliata, era andata incontro all’ormai familiare … “reazione”
mattutina che aveva già sperimentato con Midoriya. E
che pensava di poter gestire con una doccia.
E
invece … non era andata proprio così.
Tanto
per cominciare, le dimensioni.
Lei
… non si intendeva di certe cose. Chiaro, aveva studiato, ma nella sua …
ingenuità non si era mai posta di certe domande e inoltre non possedeva termini
di paragone.
Adesso
sì. Cavolo, sì.
Bakugō era un tantino più … abbondante di Midoriya. Per dirla in termini spiccioli, era come riavere
il suo … decolleté originario dopo essere stata dentro Mina o Ochaco.
E
questo era soltanto l’inizio.
Aveva
continuato con la sua sana abitudine di fare pipì seduta, dopo di che aveva
indossato la canotta e i calzoncini che aveva trovato nel primo cassetto.
Un’altra
cosa che l’aveva colpita quasi immediatamente, ma su cui non aveva avuto modo
di soffermarsi finché non ci si era trovata da sola, era l’odore.
Shouto aveva un profumo buonissimo. Lei lo
adorava, ogni volta che le era vicino inspirava a fondo e se ne riempiva i
polmoni, era delicato e prezioso, sapeva di legni rari e quella fragranza le
faceva battere forte forte il cuore.
Ma
quello di Bakugō … era diverso.
Era
caldo. Penetrante, asprigno, entrava nelle narici e non le mollava.
E
la faceva arrossire, senza che lo volesse.
Era
una cosa … assurda. Assurda e senza senso, oltre che senza precedenti.
Come
quello che era accaduto quando si era svegliata.
Era
… Dio. Non si poteva descrivere l’effetto di quella sensazione, era
spiacevolissima da affrontare e reprimere.
Pulsava
nella pancia, dolorosamente.
Aveva
iniziato a sentire caldo, sotto le lenzuola. Ricordava il discorso di Kyoka quando quella poverina si era folgorata da sola la
prima volta, e Momo ne aveva provato tanta compassione.
Ora
aveva la gola secca, e si sentiva terribilmente confusa.
A
lei Bakugō non piaceva. Cioè, in senso, non lo
aveva mai guardato come qualcosa di diverso da un qualunque compagno di classe,
eccetto Shouto. Per Yaoyorozu
era come Kirishima, Kaminari,
Shoji o chiunque altro, non … sentiva nulla oltre che
un certo senso di solidarietà e associazione.
Però
non poteva negare fosse … un bel ragazzo. Peccato per il suo atteggiamento
insopportabile, perché altrimenti aveva un bel viso, se non fosse stato sempre
così ingrugnito, se non avesse sorriso sempre solo
sadicamente e poi … be’.
Aveva
un corpo scolpito, tonico. Cioè non era mica l’unico, anche Shouto
aveva unfisico atletico e inoltre più
elegante, più affusolato di Eijirō o dello
stesso Bakugō.
Però
… boh.
L’aveva
visto tante volte senza maglia, Katsuki.
Di
recente poi grazie ad Ashido più spesso che mai.
Ma
adesso c’era dentro, e questo dava tutta un’altra prospettiva.
Una
grande differenza di prospettiva.
Non
riusciva ad alzarsi dal letto. Sentiva quel peso bollente sui fianchi e non si
azzardava nemmeno a respirare, ma al contempo non riusciva a stare a letto, il
materasso sembrava coperto di spine e le reni erano tese da spezzarsi.
Però
doveva. Avevano lezione quel mattino, non poteva rimanersene sotto le lenzuola
tutto il giorno.
Aveva
appena iniziato a prendere coraggio ed uscire, posato i piedi nudi sul
pavimento senza abbassare la testa quando ad un tratto avevano bussato.
E
si era rituffata sotto le coperte, di corsa. “Momo?”, aveva chiamato Todoroki.
Oh cielo. Oh mamma.
“Ti prego Shouto non entrare”, aveva proferito in un
filo di voce.
“Momo.
Stai bene?”.
“Mhmm sì. Sì certo, ma tu non entrare”.
“Perché?”.
Perché ho una … reazione grossa come
una dannata casa.
Oddio. Stava
iniziando perfino a parlare come Bakugō.“Momo, così mi fai preoccupare. Che succede?”.
“Nulla,
nulla Shouto, davvero. Sta’ tranquillo. Va tutto
bene. Ci … vediamo dopo in classe …”.
“Fammi
entrare, per favore. Non me ne vado da qui finché non sono certo che tu stia bene”.
Yaoyorozu sul momento si era irritata.
Adesso
si ricordava di starle addosso. Ma tutto il resto della settimana dove diavolo
era stato?
Eh.
Difficile non dar la stura alle paranoie.
Poi
aveva provato a placarsi, il discorso di Ochaco
l’aveva rincuorata almeno in parte.
C’era
di che capirla, poverina. Lei era stata … così cotta di Midoriya,
e all’improvviso se l’era ritrovato tanto intimo di Melissa … Non doveva essere
facile.
Per
questo l’aveva abbracciata. “E … okay. Entra, Shouto”.
Si era rintanata sotto la coperta, lasciando fuori solo il volto.
Todoroki
era entrato chiudendo la porta, aveva ancora addosso i calzoni della tuta e la
canotta che portava di solito in camera … o meglio, quando era da solo in
camera, perché quando andava a trovarlo lei badava sempre ad infilare qualcosa
sopra.
E
… quelle braccia così tornite … i profili delle sue spalle …
Santo cielo. No nono … distraiti Momo, distraiti.
“Scusa se ho insistito. Ieri sera eri così triste, ero in pensiero. Non sono riuscito
nemmeno a dormire bene”.
Momo
aveva scosso brevemente la testa bionda, sentendosi la faccia in fiamme. “Mi …
mi dispiace … Shouto”.
Suonava
così strano, detto con la voce di Bakugō.
Con
quel tono.
Oddio, ammazzatemi.
Si
era avvicinato di qualche altro passo. Stammi
lontano. Ti prego. “Sicura che adesso stai bene?”.
“Sì,
Shouto”, aveva pigolato appena. Non stava bene per
niente, non capiva perché nel corpo di Midoriya
quelle reazioni non fossero così … percettibili, e invece adesso sì.
Vai via, ti prego, va’ via. Perché
se rimaneva ancora lì a farsi guardare chissà cosa sarebbe potuto succederle.
Era
sul punto di svenire. I crampi nella pancia si erano fatti più taglienti ancora
di quelli che di solito accompagnavano il ciclo; ma questi non erano
spiacevoli, le percorrevano l’addome come un’onda calda ed elettrica che quando
si ritraeva la riempiva di calore intenso.
“Senti
… io ora vado. Manderò un messaggio a Fuyumi per
dirle che impegni mi trattengono qui a scuola…”.
“No!
Oddio no Shouto, non lo fare. Va’ pure, non devi
preoccuparti per me”.
“Ma
Momo”.
“Dico
sul serio, sto bene. E poi ci sono gli altri … sto bene. Ero solo molto stanca
e scoraggiata ieri sera, ma adesso è passato. Ne usciremo anche questa volta,
ne sono convinta”.
Todoroki
aveva abbozzato un leggero sorriso. “Mi fa piacere che il tuo morale si sia
risollevato”.
Eh. Eccome no.
“Sì … grazie, Shouto. Ci vediamo dopo in classe,
allora”.
“Mhmmhm”.
Grazie al cielo. “Allora
a dopo”.
Aveva
le mani così sudate, che la trapunta si stava lentamente intridendo di liquido
esplosivo.
E
lei stava sudando ancora di più, la gola le si era chiusa e vedere Shouto … con quell’aria così … morbida le faceva venire
voglia di saltare sotto il letto e piangere.
Per
le prossime due settimane, almeno.
Era
prontissima a balzare fuori dall’intrico di coperte e correre in bagno sotto
l’acqua fredda, quando Todoroki si era fermato sulla soglia, la mano sul
pomello della porta. “Ah. Momo”.
“Sì?”.
“C’è
… una cosa che devo confessarti. So che forse non è il momento migliore, che …
dovrei aspettare. Ma … sono anche convinto che sia meglio … cominciare a
prepararti, in fondo … è con te che sto parlando anche se adesso … non sei nel
tuo corpo”.
Eh.
Oh, cielo. Santissimo benedettissimo cielo. “Ormai è
da un po’ che stiamo insieme … e … non credo sia prematuro. Abbiamo anche … un
età in cui è lecito pensare a queste cose, per non dire naturale. E poi i
sentimenti che ci legano sono forti, intensi, quello che stiamo passando adesso
ne è la prova”.
“Ah.
Eh … sì, già”.
“Io
mi sto trattenendo già da un po’ … fosse stato per me, non avrei atteso così a
lungo. Ed è una cosa strana, dacché ho sempre avuto remore durissime riguardo a
questa cosa. E’ qualcosa di me che non ho mai voluto dare a nessuno, non mi
sentivo pronto a … condividerla. Anzi, io stesso ho cominciato da poco … a
farlo da solo … e sì, è stato un sollievo. Oltre che una gioia immensa, mi ha
scaldato l’anima nel profondo e credo sia giunto il momento di doverla
condividerla anche con te. Non c’è … altra persona con cui vorrei farlo, non mi
è mai passato per la mente … okay, forse l’anno scorso ho avuto delle
incertezze al riguardo, c’è stato qualcuno con cui forse mi è passato per la
testa di … ecco, esplorare questa eventualità, ma l’ho scartata quasi
immediatamente. E sono felice di aver deciso così alla fine. Perché sono
convinto sia tu quella giusta, e io davvero, vorrei … ci terrei così tanto che
tu fossi … la prima”.
Era
rimasta così sotto shock Yaoyorozu, che lì per lì non
aveva neppure pensato a domandarsi chi fosse questa … altra “persona”.
Non era stata più capace di pensare a nulla.
Il suo cervello aveva smesso di funzionare, a differenza del suo corpo … del
corpo di Bakugō cavolo!
“Momo.
Quando tutto questo sarà finito …”.
“Sì?”.
“Vorresti
…. Sì, insomma, vorresti … venire … a trovare mia madre con me?”.
Forse
perché davvero le era andato qualche pezzo in blackout dentro alla testa non
aveva immediatamente realizzato le parole di Todoroki.
Per
un attimo si era ritrovata a metà anche lei. Divisa tra il desiderio di trarre
un sospirone di sollievo e la voglia stringente di mandarlo af…
Cioè,
dirlo senza tanti giri di parole no eh? Aveva deciso di sbarazzarsi di lei
ammazzandola, santi numi? “Oddio, Shouto … sì, ma sì,
naturalmente, certo … sarebbe … un … onore per me”, aveva cincischiato in
risposta.
Gli
occhi spaiati si erano stretti in due fessure.“Non mi sembri … troppo sicura. Vuoi rimandare ancora?”.
“Oh
no nono. E’ solo che mi
hai colta di sorpresa, non mi … aspettavo che me lo chiedessi … proprio in
questo frangente”.
“Lo
so. Scusami. Ma … era da un po’ che volevo chiedertelo, e adesso mi è venuto
spontaneo. Ovvio che … sarà quando comunque avrai riavuto il tuo aspetto”.
“Ma
… ma certo”.
“E
poi … mio padre ha già conosciuto … te”, aveva mormorato facendosi torvo.
“Bene. A dopo allora”.
“A
.. a dopo”.
Quella
porta maledetta si era finalmente chiusa alle sue spalle.
Quelle
spalle che … mamma mia.
Shhh.
Non doveva pensarci. Acqua gelata e tanto, tanto sano stoicismo, non doveva
fermare la propria attenzione su …
E’
accaduto prima che potesse rendersene conto.
Appena
aveva mollato la trapunta zuppa del sudore delle mani, i palmi avevano emanato
una piccola esplosione.
Si
era spaventata, aveva emesso un grido più di sorpresa che di timore in realtà.
Non
poteva sapere che il suo ragazzo era ancora in corridoio. E l’aveva sentita.
“Momo!”, aveva esclamato Shouto, aprendo la porta
d’impeto.
Lei
era ancora scioccata, i palmi spalancati, le dolevano leggermente ma non tanto.
“E’ … partita …”.
“Stai
bene?”.
“Ah.
Ah, sì. Sto … sto bene”. Finché non aveva realizzato cosa stava vedendo Shouto. “Ti prego non guardare”. Avrebbe voluto sparire, si
era voltata di schiena ma non le sarebbe stata sufficiente una fossa, per
saltarci dentro e seppellirsi.
“Be’,
è … una cosa … normale. Non è … una novità … per te”, aveva biascicato lui, in
tono poco convinto.
“Eh.
Eh”.
“Sai
… sai cosa … fare, vero?”.
“Eh
sì. Stavo giusto per andare a fare la doccia”.
“D’accordo
… allora … ti lascio sola”.
“Mhmmhm”.
“Ci
vediamo in classe”.
Aveva
richiuso la porta.
Un
istante dopo Momo era saltata a chiuderla con quattro giri di chiave. Quindi si
era tuffata sotto la doccia, gelida, guardando il soffione, il tubo flessibile
e si era domandata se non fosse davvero il caso di legarselo alla gola.
Che
figura.
Quando
era scesa nuovamente di sotto in sala comune non c’era nessuno. E si era resa
conto di essere terribilmente in ritardo.
In
aula gli occhi spaiati di Shouto l’avevano scrutata
con preoccupazione. Ochaco aveva incrociato un attimo
il suo sguardo e si era tuffata di nuovo nel quaderno d’inglese, avvampando
fino alla cima dei capelli.
Bakugō invece l’aveva fissata
interrogativo.
Aspettava
una risposta, anche lui adesso.
E
… Momo adesso non aveva dubbi su quale avrebbe dovuto dargli.
Era
troppo tesa. Allenarsi l’avrebbe aiutata a scaricare il nervosismo, se si
sfiniva abbastanza magari poi sarebbe stata più tranquilla.
Il
tredicesimo giro termina, Momo ha il fiatone, chiaro che i pensieri non l’hanno
aiutata a mantenere la respirazione regolare. “Ora facciamo un po’ di
flessioni”, annuncia Bakugō, fresco ed energico
come se l’allenamento piuttosto che sfinirlo l’abbia rinvigorito.
E
certo. Lui ha avuto finalmente un corpo maschile, chiaro che queste cose le sa
gestire.
Momo
porta la mano al petto. Ma subito la toglie. Piegandosi sulle ginocchia. “Ba … Bakugō … credo di essere … un po’ … fuori forma”.
“E’
ovvio. Dai, un po’ di allungamenti allora”.
Yaoyorozu freme solo a sentire quella parola.
“Io … penso che me ne resterò un po’ seduta …”.
“Ahh, cazzo, Yaoyorozu. Non ci
credo. Porca miseria, sei una dura tu, non puoi mollare così alla prima botta.
Sicuro che se ci metti un po’ di buona volontà vedi che puoi continuare alla
grande, non puoi andare giù così facilmente. E dai …”.
“Ahn …”.
D’un
tratto gli occhi neri di Mashirao assumono un’espressione furba. “Vuoi provare
com’è?”.
Grazie
al cielo aveva stretto le mani in due pugni un secondo prima.
Ma
per caso è giornata? O è quel corpo che le fa venire gli incubi? “Ah?”.
“Il
mio quirk. Vorresti provarlo? Secondo me ti piacerà
un fottio. Non c’è niente di più … appagante che farla esplodere libera, tutta
quella potenza. Sentirla com’è nella tua mano mentre si carica … e poi boom,
rilasciarla tutto d’un colpo, quella luce che ti acceca e poi si fa tutto nero
… Tutto il tuo corpo si distende e si rilassa, soddisfatto. Non c’è niente di
meglio che quella sensazione di estasi dopo aver tirato fuori ...”.
E no. E adesso basta.
Questo
deve aver pensato il subconscio di Yaoyorozu.
E
questo deve aver spinto i suoi palmi a fare quanto Bakugō
le stava amorevolmente suggerendo.
Un
colpo così forte che uno stormo di gabbiani spicca il volo e copre il cielo.
Momo
è stordita. Per un attimo ha davvero visto tutto nero, adesso prova a mettere a
fuoco.
L’ha
scaraventato lontano. “AHH! AHH, CAZZO!”.
“BAKUGŌ!
Oddio Bakugō!”. Gli corre accanto, prova a capire
quanti e quali danni possa avergli causato, quell’esplosione involontaria. “Bakugō oddio mi dispiace così tanto … santo cielo …
non … mi è scappata…”.
“Ahh, dacci un taglio. Non è stata colpa tua … merda”. Prova
a mettersi seduto, ma lo sguardo di Ojiro è appannato di lacrime di sofferenza
fisica. “Dove ti fa male?”.
“Cazzo
ne so … tutto, penso”.
“Dai,
ti aiuto”. Porta un braccio sotto la sua ascella, prova a tirarlo su nonostante
i polsi stiano urlando di dolore, peggio di quanto non faccia Katsuki, fiottando un’imprecazione peggio dell’altra.
La
coda penzola miseramente, in qualche punto vicino alla base è graffiata. Ma il
ginocchio è gonfissimo.
“Cazzo
…”.
“Dovremmo
steccarlo”. Momo si guarda attorno, raccoglie un ramo che sembra abbastanza
resistente.
Ma
non ha nulla con cui legarlo all’arto.
A
parte la maglia. “Bakugō, posso prendere un
pezzo della tua maglietta?”.
“Fa’
quello che ti pare … Santo Dio, questa cazzo di … cosa è davvero una
dannazione”. Pare stia soffrendo tantissimo, e Yaoyorozu
si sente male da morire.
Se
Bakugō ch’è uno capace di resistere al dolore
sta reagendo così dev’essere immane.
Straccia
tutta una fascia dalla maglia, tanto sopra ha la felpa leggera a coprirla. Sforzandosi
di non muoverlo troppo avvolge la stoffa intorno al ramo e poi ferma tutto con
un nodo resistente ma non troppo serrato.
“Però.
Te la cavi con queste cose”, borbotta Katsuki, con
una smorfia.
Momo
lo solleva, è pesante ma il suo “nuovo” fisico lo sostiene abbastanza bene. “Riesci
a camminare?”, gli domanda.
“Sì.
Ah … Cristo, che male però”.
“Dai.
Ti aiuto io … Cavolo, cavolo, cavolo!”, mastica tra sé, sorreggendo il torso
del compagno con un braccio dietro la schiena, e avanzando al ritmo di un passo
ogni mezzo minuto.
Fino
alla Yuuei … è un bel po’ la strada da fare.
Ah,
no, mannaggia. Recovery non c’è, è fuori per un corso
di aggiornamento, così ha sentito. E lei non ha la competenza per stabilire se Katsuki ha necessità di qualche trattamento oppure basta un
antidolorifico e un po’ di riposo.
Fino
all’ospedale più vicino è comunque una scarpinata.
E
lei si sente già distrutta, non solo fisicamente.
Se
pensava fosse impossibile potesse andare peggio di così, il fato le sta
dimostrando apertamente quanto si fosse sbagliata.
--
Non
è stata una buona idea, tornare a casa.
Per
tutto il giorno se n’è rimasto in camera, con l’unica compagnia del suo gatto e
del computer, a guardare un episodio dietro l’altro della sua serie preferita,
di cui non ha capito un tubo. Suo padre era fuori città per lavoro, sua mamma
gli ha chiesto più volte cosa avesse ma lui ha addebitato tutto alla
stanchezza, non aveva voglia di parlare.
Anche
perché i suoi genitori ancora non lo sanno, che … gli piacciono i ragazzi.
Che
ne ha … aveva, uno. E come aveva sperato di presentarlo a casa, da lì a breve,
quando Mashirao sarebbe stato pronto a fare altrettanto con gli zii che lo
hanno in tutela.
Adesso
invece …
La
sua mente era fissa su quelle ultime parole del suo … ex ragazzo.
Sui
loro momenti felici.
Su
come tutto sia andato in fumo, solo perché Shinsou Hitoshi è uno stronzo e non
sa nasconderlo.
Come
non saprà nascondere la sua devastazione, adesso che sta rientrando al
dormitorio.
Attraversa
il cancello con il cuore a pezzi, non vuole pensare a come si sentirà nel
ritrovarsi insieme a lui e agli altri, forse dovrebbe chiudersi in camera anche
qui e non uscire finché non sarà finita.
Vorrebbe
parlare con Aizawa. Ma cosa potrebbe mai dirgli, il sensei?
E’ già abbastanza esaurito, poveretto, e Shinsou non si sente proprio di
sovraccaricarlo anche con le proprie pene.
I
lamenti di dolore che provengono dall’interno attirano immediatamente la sua
attenzione. E gli occorre davvero poco, per riconoscere la voce … di Ojiro.
Col
cuore in gola corre in direzione del suono. Sa che non è davvero Mashirao, ma
l’istinto fattosi affinatissimo se ne frega e segue
solo quella voce.
E’
comunque il suo corpo. E se si trova in difficoltà, in pericolo, qualsiasi cosa
allora è suo dovere accorrere.
Non
solo di Eroe, ma di uomo.
Anche
… se non stanno più insieme.
Una
volta lì, infatti, il primo impulso è di abbassarsi davanti al ferito e
controllare i suoi parametri vitali, come da regola.
Ma
quando gli si avvicina e si accorge della coda fasciata, della gamba ingessata
e della stampella nell’erba la rabbia prende il sopravvento e non ci pensa
nemmeno più.
Possibile
che quello stupido isterico non sia nemmeno capace di stare in piedi senza far
danni? “BAKUGŌ, CHE CAZZO HAI COMBINATO?!”.
“VAFFANCULO
FACCIA DA MORTO, SONO CADUTO!”, lo rimbrotta Bakugo/Ojiro,
tenendosi le mani sul ginocchio. “Tu non cadi mai? O sei come i fottuti gatti,
eh?”.
“Sta’
zitto, Bakugō. Perché non siete andati in infermeria?”.
“La
vecchia non c’è, genio, doveva decidere proprio adesso di prendersi il week-end
per andare a fare il corso di aggiornamento, tsk.
Cosa cazzo dovrà aggiornarsi che ha un piede nella fossa”.
Accidenti.
Questa davvero non ci voleva. “Ma come diamine hai fatto a cadere? Cioè non ha
senso, per farti male al ginocchio dovresti essere caduto in avanti, ma così la
coda non avrebbe dovuto subire danni ...”.
“Ah,
abbiamo un dottore qui. Perché non ti prescrivi due cazzo di sonniferi e te ne
vai al diavolo, se non hai intenzione di aiutarmi? Questa poveraccia mi ha
trascinato qui dal parco, non so se mi spiego”.
“Parco?
E tu che ci facevi al parco?”. Rialza lo sguardo viola sulla compagna nel corpo
di Bakugō.
Sembra
stia lì lì per scoppiare in lacrime. “Shinsou …
perdonami, non volevo … davvero, non volevo giuro…”.
“Perché?
Che c’entri tu?”. Il silenzio è più eloquente di qualunque spiegazione.
L’espressione
di Momo poi equivale ad un’accusa spontanea.
E
… adesso che guarda meglio e nota le bruciature sui calzoni di Ojiro, i pezzi
vanno ognuno al loro posto.
Quei
due si sono allenati, di sicuro. Perché nient’altro oltre il quirk di Bakugō potrebbe
spiegare quei segni nerastri dove la stoffa si è rattrappita. “MA MI SPIEGHI PERCHE’ DIAVOLO AVETE FATTO UNA COSA SIMILE?!”.
“E
TU MI SPIEGHI PERCHE’ NON TI FAI I CAZZI TUOI?”.
“PERCHE’
QUELLO NON E’ IL TUO CORPO, DANNAZIONE! CHI TI HA DATO IL DIRITTO DI FARE UNA COSA DEL GENERE?DIAMINE VOLEVI FARE COL CORPO DI OJIRO, MALATO MENTALE DEL CAVOLO?”.
“Chiudi
quella bocca del cazzo, idiota! E’ stato un incidente, okay? Stronzo …”.
Hitoshi
ha le mani che tremano. Deve chiuderle in due pugni pregando che non ne finisca
qualcuno in faccia a quel maledetto, perché sarebbe il volto di Ojiro … ma
avrebbe una voglia di spaccargli il naso da farlo inverdire dalla bile.
Come
ha osato? Perché non ci crederà mai e poi mai che si sia trattato di un
semplice incidente. Sicuro deve aver spinto Momo ad usare il quirk, per chissà quale cavolo di ragione da pazzo qual era
lui, e lei poveretta non padroneggiandolo dev’essere
finita col colpirlo involontariamente.
Poteva
ammazzarlo. Cioè, per come stanno adesso le cose Hitoshi lo ucciderebbe
volentieri lui Bakugō, ma quello è il corpo di
Ojiro e non … doveva permettersi, cazzo.
Come
ha fatto quell’idiota a perdersi tutto il rispetto per il corpo altrui che ha
predicato fin qui, trattando quello di Yaoyorozu come
fosse fatto di cristallo? Forse che con Ojiro non vale perché è un maschio? O
forse lo considera di minor pregio rispetto alla compagna?
Le
dita si fanno artigli. O se ne va, o lo strangola sul serio senza nemmeno
rendersene conto.
Ma
qualcosa lo tiene inchiodato lì.
Quella
ferita che ancora sanguina, e non si rimarginerà per un pezzo. Un lungo pezzo,
di sicuro.
In
quel mentre arriva un altro spettatore, e Yaoyorozu
impallidisce con una forza che a Shinsou farebbe quasi pietà, se non fosse nel
corpo di quello che ha azzoppato il suo fi … ehm,
ex-fidanzato e non avesse già il proprio fardello da sopportare.
Ora
saranno guai. Guai grossissimi. “Ma che è successo?!”.
“Dammi
una mano invece di parlare a vanvera, Metà e metà”.
Todoroki
si avvicina, si china davanti a Ojiro – Bakugō-
e lo scruta con un’intensità quasi clinica.“Perché sei … ingessato?”.
“Perché
ho voluto provare a ballare la macarena ma con questa cazzo di coda andavo male
e sono inciampato. Ma che cazzo di domanda è?!”.
Gli
occhi spaiati si voltano verso di lui, con sguardo interrogativo. “Posso,
Shinsou?”.
Hitoshi
ha una fitta al petto. Deve posarci una mano e massaggiarselo per qualche istante,
prima di ricordarselo. “Fa’ … fa’ pure, Todoroki”.
Pronto,
Shouto si abbassa per aiutarlo ad alzarsi.
“Ahhhhh … dannazione, fa un male boia”, borbotta Bakugo/Ojiro, rovesciando gli occhi neri nelle palpebre per
il sollievo.
Quella
stessa espressione che Hitoshi gli ha visto fare … in tutt’altro genere di
occasioni. Quando sfinito, sudato, allacciato saldamente a lui, Mashirao …
buttava fuori quegli stessi versi, e …
No.
Non deve più pensare a questo.
Con
piglio brusco discosta lo sguardo.
“Riesci
a camminare, Bakugō?”, domanda Shouto.
E
Hitoshi raggela nel profondo nel sentire la voce di Ojiro urlare e stridere. “MI PARE OVVIO CHE NO, RAZZA DI
DEMENTE A MEZZO!”.
“Puoi
aiutarmi, Shinsou?”.
“Io
… mi dispiace, Todoroki”. E corre via, come l’ultimo dei miserabili.
Forse
avevano ragione a dire che non è buono per essere un Eroe.
Uno
che si lascia coinvolgere- e sconvolgere- tanto dai sentimenti … da abbandonare
dei compagni in difficoltà … non è adatto per questo mestiere.
Mannaggia
la lingua che ha, mannaggia.
Non
gli riesce proprio di tacere. E adesso deve solo pregare di non finire in
casini ancora peggiori di un ex piantato e geloso marcio, che lo sa già il
demonio quanto cazzo possa essere pericoloso, quel deficiente.
Ma
questo è peggio. E meno male che è tardo. “Che gli è preso?”, mormora Todoroki,
stupito da quel gesto.
“Gli
è preso che Oijiro l’ha mollato, ecco che gli è preso”.
“Davvero?”.
“Sì
ma fanculo ti pare il momento di impicciarti dei
cazzi di tutta la scuola? Dammi una mano, cazzo”.
Todoroki
prova a tirarlo su, ma dalla coda solo fasciata si dipana una serie di fitte
così dolorose che gli viene da vomitare.
Adesso
che il sangue ha iniziato a raffreddarsi, e le zone colpite a gonfiarsi è molto
più difficile tenere duro. E l’antidolorifico che gli hanno somministrato in
ospedale non ha ancora fatto effetto oppure è stato troppo blando.
“Non
ce la faccio a tenere anche la coda. Momo, dammi una mano, per favore”, la
prega Metà e metà.
Bakugō avverte un leggero brivido dietro
la schiena malandata.
Yaoyorozu ha dovuto gettare la spugna appena
oltre il cancello della HeightAlliance
perché le braccia non le tenevano più. Non è abituata ai crampi del suo quirk, e l’esplosione è stata abbastanza seria perché le
dolgano per un pezzo.
Anche
se Bakugō si è aiutato con la stampella che gli
hanno dato in ospedale, la coda comunque andava retta. E quell’ammasso di
muscoli era difficile da tenere su in quelle condizioni.
Le
ha ordinato di sparire, di lasciar lui a sbrogliarsela. Ma quella, testarda
come un mulo, ha voluto aspettare di riprendere fiato, per accompagnarlo almeno
in camera visto che la vecchia scimunita non c’era.
Avrebbe
dovuto dargli retta. Quel suo fare l’eroina sta per incasinarli anche peggio di
quanto già non stiano.
“Lasciala
stare”, borbotta, sperando che lo stronzo a metà se la beva e attribuisca quel
rifiuto per una qualche specie di pudore a lasciarsi toccare da lei.
Vero,
è solo questione di tempo prima che Faccia da Morto lo dica in lungo e in largo
cos’è successo. Ma se guadagnano almeno qualche ora, è meglio. “Bakugō guarda non c’è problema, davvero. Puoi aiutarmi
Momo?”.
“Io
…io sì, okay …”. Prova ad allungare le
braccia, ma come era prevedibile si paralizza a metà del movimento. “Ah, cavolo
…”.
“Momo?
Cos’hai, anche tu?”.
“Ti
ho detto di lasciarla stare”, insiste Bakugō, ma
è già tardi.
Todoroki
funziona a corrente alternata.
Disgraziatamente
l’aria della clinica deve avergli svegliato la metà acuta. Perché stringe gli
occhi in due fessure mentre si raddrizza e fissa la sua ragazza con uno sguardo
che Katsuki non gli vedeva sulla faccia a mezzo da un
botto di tempo.
Gelido.
Fa ghiacciare il sangue nelle vene, solo a vederlo.
E
quando apre bocca il suo tono è così glaciale che non gli servirebbe nemmeno il
suo mezzo quirk per raggelare chiunque. “Non ci credo”.
Yaoyorozu più che pallida è livida. Bakugō è quasi sicuro di non aver mai avuto quella
faccia, solo in qualche rarissima occasione, forse. Di quelle veramente gravi. “Shouto … non è …”.
“Dimmi
che non l’avete fatto. Dimmi che mi sto sbagliando e sto fraintendendo tutto”.
“Shouto ….”.
E’
chiaro che lo stronzo non è deciso a cedere.
E
Bakugō non è tipo da lasciare che quella si
prenda tutta la colpa. Anche perché appunto, cazzo, è stato un incidente. “Ehi,
Metà e metà, dacci un taglio. Le ho detto io che potevamo. Era gonfia come una
pentola a pressione, cazzo, stava scoppiando. O così o finiva in manicomio”.
Ma
Todoroki non dà segno di averlo ascoltato.
Dopo
il gelo arriva il fuoco. E infatti si fa rosso, la faccia fa il paio con i
capelli del lato sinistro. “COME HAI POTUTO, MOMO? IO MI
FIDAVO DI TE, CREDEVO FOSSI UNA PERSONA RAGIONEVOLE!”.
“La
pianti di prendertela con lei? Aiuta me, piuttosto, coglione a mezzo!”.
Il
pirla a metà mette su una faccia che a vederla fa senso anche più di prima.
Non
dice nulla. Non fa nemmeno mostra di averlo sentito, neppure adesso, fissa Yaoyorozu con uno sguardo che forse solo Endeavor si è mai beccato fin qui da lui.
Momo
tace. Non ha il coraggio di dire una parola, e se Bakugō
non fosse sofferente come un cane lo prenderebbe a codate
in faccia, quel cretino.
Ma
ora gli serve, dannata la miseria. “Penso sia meglio tu rientri, prima di fare
altri danni, Yaoyorozu”, osserva freddamente.
Sì,
fa proprio strano vedersi correre via. Lui che non è mai scappato davanti a
nulla, tanto meno che a Todoroki.
Gonfia
finché quello non apre la porta della stanza dello scimmione, al terzo piano.
Fortuna che in mezzo all’anima in sala comune non c’era nessuno, altrimenti Bakugō non avrebbe potuto garantire delle proprie
reazioni.
Vabbé che nemmeno adesso.
Appena
Shouto lo adagia con cautela sul giaciglio di Ojiro,
cercandouna posizione comoda, o quanto
meno accettabile per gli arti dolenti sbotta: “Levati dal cazzo. E ringrazia
che non ti meno”.
Ah,
adesso rimette su l’espressione da imbecille, spalancando gli occhi spaiati e
fissandolo come l’ebete che è in realtà. “Perché? Che ho fatto?”.
“COME,
PERCHE’? Hai già disattivato il cervello sano? Ammesso che si possa dire sano,
cazzo. Dico, ma che razza di modo è di parlare alla tua donna, eh? Non l’ha
fatto apposta. E tu l’hai trattata come fosse una criminale di guerra. Capisco
che ti sia saltato al naso che ti ha tenuto nascosto il fatto che siamo andati
ad allenarci assieme, ma credimi, io mi conosco, e so come reagisce il mio
corpo se non sfoga l’adrenalina in circolo. Sono andato insieme a lei solo
perché in caso contrario non l’avrebbe mai fatto, da sola. Quindi se ti vuoi
incazzare con qualcuno fallo con me, ma lasciala in pace. Sta già di merda e
non ha alcun bisogno che le urli contro pure tu”.
Shouto espira con forza. Raccoglie la
sedia dalla scrivania di Ojiro, la avvicina al letto e ci si lascia cadere
sopra, come avesse perso anche l’ultima speranza
Mette
le mani davanti alla faccia. Sembra un tantino esaurito, anche lui. “E’ che …
ho … come l’impressione che Momo non mi voglia intorno, adesso. Che … le dia …
fastidio”.
“E
certo. E siccome le cose stanno già rose e fiori mettiamoci una palata di
letame, che non guasta”.
“Anche
l’altra sera, quando sono venuto a parlare con te … mi è sembrata sollevata
quando sono uscito dalla stanza. E ieri mattina … non voleva farmi entrare da
lei. Anche se quello forse era dovuto a tutt’altra questione”.
“Quale
questione? Che sei un cretino?”.
“Quella questione. Quella con cui ogni
uomo si ritrova ad avere a che fare al mattino”.
“Ahaa”. Di colpo gli sovviene quello di cui sta blaterando
Metà e metà.
E
spera di aver capito male. Malissimo. “Uh?”.
“Be’,
stamattina … ha avuto un altro scoppio involontario. Sono entrato e … non era
esattamente presentabile con decoro”.
Oddio.
Ma come cazzo parla questo scemo? “Ma vuoi parlare come ti ha fatto tua madre,
imbecille? Cazzo significa ‘presentabile con decoro?’”.
“Che
aveva un altro genere di reazione incontrollabile, Bakugō”.
Ah.
Aveva capito bene allora.
Porco cazzo. Porco, porco, porco …
cazzo.
Che
Dio lo fulmini, non ci aveva minimamente pensato a quello.
Okay. Cerchiamo di stare calmi.
Prima
di lui, in fondo, è stata nei panni di Deku. Quindi
si è già svegliata in quella condizione.
Ma
… a meno di non volersi sputare in faccia da solo, e dirsi che era la stessa
cosa, è obbligato a tenersi quell’angoscia esistenziale che il karma ha deciso
di rigirargli come premio per aver voluto fare il buono la sera precedente.
E
inoltre … be’.
Del
coso di Merdeku non gliene frega nulla. E a voler
essere proprio brutalmente onesto, ma veramente brutale e veramente onesto, a
parte il lecito fastidio che il suo “birillo” fosse in mani estranee – e che
mani santo Dio- e che Ashido lo scarrozzasse ovunque
coperto solo dai boxer, e minacciasse di abbassarsi anche quelli come niente
fosse, se non altro non era una pudica fanciullina e aveva decisamente
parecchia esperienza nella faccenda, quindi non rischiava di traviare nessuno.
Ma
che una ragazza … ehm, inviolata qual era Yaoyorozu,
e il suo … ehm, membro virile …
Porca puttana laida.
Non
ci aveva pensato neppure alla propria di … “reazione”, anche perché quello dopo
la doccia appena tiepida se n’era stato giù cheto cheto
neanche avesse sentito a distanza la plausibile disperazione del suo legittimo
proprietario e non abbia di che essere allegro; e neppure Katsuki
stesso aveva granché per stare su, biologia a parte.
Ma
per parafrasare quello stronzo di Faccia Piatta, che il diavolo se lo porti,
“ci metti un casino e sei duro come il marmo”.
E
può soltanto immaginare cosa abbia passato quella poveretta, in aggiunta a
tutti i suoi guai.
Senza
contare … quel discorso a dir poco ambiguo che le aveva tenuto nella
lavanderia.
Per
tacere quello che le aveva detto poco prima che scoppiasse, per l’appunto.
Cristo.
Chi
aveva parlato di cose che quanto meno vanno a posto doveva essere drogato.
O
lo era prima, oppure avrebbero dovuto farlo ora, per impedirgli di buttare
fuori altre cazzate del genere.
Era
bene che la vecchia tornasse presto e mettesse mano alla sua farmacia, e
distribuisse dosi di calmanti a tutti.
A
lui per primo.
E
non soltanto per quel dolore allucinante al ginocchio e alla coda.
Altrimenti
in condizioni normali non si sarebbe mai azzardato a porre quella domanda. “Todoroki?”.
“Uhmh?”.
“Non
… è successo niente, vero?”.
Gli
occhi spaiati lo squadrano per un secondo. “Non vedo cosa potrebbe essere
successo, Bakugō”, lo rimbecca improvvisamente
neutro.
“Mhm. Senti ma come ha fatto per …”.
“Acqua
fredda”.
“Mhm”.
“Tanta,
acqua fredda”.
“Mhm”.
Silenzio.
Per nulla tranquillizzante. “Metà e metà?”.
“Mhm?”.
“Mi
spiace … che la tua ragazza sia in questa situazione del ca
… volo”.
“Mhm”.
“Però
se non altro … ehm, non è il primo che vede”.
“Mhm”.
“C’era
Deku prima di me”.
“Mhm”.
Non
pare per nulla riappacificato con l’esistenza.
Sicuro
gli brucia. Eccome se gli brucia. “Macché, sei … geloso?”.
Shouto sbuffa, una leggera nuvoletta
fredda gli ondeggia intorno alla faccia ma gli zigomi sono arrossati entrambi.
Sì
sì. E’ proprio geloso.
Ecco
perché è sfollato a quel modo.
Deve
star ingoiando da un bel pezzo, il Todopirla. Vuole
fare quello razionale e saldo ma sotto sotto in fondo
è tale e quale quell’altro mentecatto di Faccia da Morto, forse di Bakugō si è fidato perché sa che in fondo i casini non
gli piacciono ma adesso che è la sua donna a trovarsi nel corpo di Katsuki … si cagando in mano al pensiero degli inevitabili
confronti.
E
scoprire che Momo si è data appuntamento con lui di nascosto … anche se per un
motivo del tutto innocente gli ha stuzzicato la possessività.
Peccato
l’abbia dimostrato nel modo più sbagliato che potesse.
Però
è già una cosa.
Bravo a mezzo, rincoglionito.
“Bakugō, no. Nessuno ha scelto questa cosa, okay? E’
successo”, e pare stia provando a convincersi da solo.
“Però
ti scoccia, ammettilo. Adesso che sa … be’. Le verrà
facile fare paragoni”.
“Mhm”.
“E
visto che già hai parecchi punti di demerito, se continui a fare lo stronzo
vedi che fai la fine di Shinsou. Vai a chiederle scusa, imbecille”.
“Non
mi vorrà vedere”.
“Mandale
un fottuto messaggio. Oh ma vi devo dire tutto io? Dove cazzo avete il
cervello. Chiedile scusa, sii un attimo romantico. Le femmine amano queste cose”.
“Dici?”.
“Dico,
dico. Avanti. Prendi sto cellulare”.
Todoroki
tira fuori il telefono dalla tasca dei calzoni. “Che devo scrivere?”.
“Sei
serio?”. Sì purtroppo, lo è. Ormai Katsuki lo sa
quanto sia imbranato. “Vabbé. Ti detto io. Tu scrivi”.
“Okay”.
“
‘Cara Momo’ … no, cazzo, così non va bene. Sembra tu stia scrivendo ad un’amica
immaginaria. “ Momo, mi dispiace. Siamo tutti tesi in questa situazione, non
credere. Non volevo sbottare con te, scusami, ma penso tu possa capire cosa io
stia passando a non poterti tenere per mano, a non poterti baciare. A non
poterti stringere a me. Capisco che sei tu quella … più toccata da questa
situazione, ma anche per me è difficile. Mi manchi così tanto … e non vedo
l’ora sia finita, per poterti dimostrare i miei sentimenti pienamente. Scusa,
se prima sono stato … distante, mi conosci, sono una testa di cazzo e’…-”.
“Bakugō?”.
“Ah
già. ‘Sono uno stupido, Non ho fatto
altro che ferirti, ma ti prometto che da oggi in avanti sarò un fidanzato
migliore, per te. Fammi sapere, se possiamo parlarne. Ti …’”.
E si blocca, d’un tratto.
E
no, cazzo. Va bene fare il Cyrano de Bergerac dei
poveri, anzi dei ricchi rimbambiti, però eddai.
Non
pronuncerebbe quelle parole nemmeno se avesse di nuovo tutti i Villan
asserragliati intorno.
“Ti
…?”.
“Ti
auguro una buonanotte”. Oh. E basta.
Che
a fare il santo protettore dei disperati già gli è andata a schifo. E’ bene
tornare alle vecchie sane abitudini, o invece di coda e ginocchio si fotterà il
cervello, altroché.
“Sei
bravo con queste cose. Non l’avrei mai detto”, dichiara Shouto,
infilando di nuovo il cellulare in tasca.
“Tsk. Cazzo ci vuole? Bisogna essere tonti come te per non
sapere come far piacere ad una femmina”.
“Saresti
un bravo fidanzato, Bakugō. Senza dubbio
migliore di me”.
“Sai
che novità. Io sono migliore di te in tutto, Mezzo e mezzo”.
“Mhm”.
“E
comunque io non li voglio di questi casini. Guarda voi come vi siete ridotti,
uh”. Gli scocca un’occhiata di traverso. “Ma ora che stai aspettando?”.
“Non
lo so. Forse un miracolo”.
“Be’
e vallo ad aspettare in camera tua”.
“Non
mi sento tranquillo a lasciarti da solo”.
“Mhmm. Dove cazzo potrei andare? Di questo passo soltanto al
manicomio. La prossima volta che vai da tua madre chiedi se hanno una stanza
libera”.
Shouto tace, e Bakugō
spera che la frecciata sia sufficiente a levarselo di torno, una buona volta.
Ma
quello si sistema meglio nella sedia, incrocia le braccia e allarga le gambe,
mettendosi comodo. “Ho come l’impressione che tra poco ci finiremo tutti lì”,
osserva serio.
Katsuki lo squadra. E sospira.
Quando
mai ne ha detta una buona, il Metà e metà.
Perché
nessuno ne uscirà senza qualche danno mentale, questo è poco ma sicuro.
A
cominciare proprio da Bakugō stesso forse.
Dannazione.
--
“Su
… per favore, Momo-chan, calmati”.
Ochaco non sa più che fare. Ormai è un
pezzo che Yaoyorozu è buttata sul letto di Katsuki, a piangere come una disperata.
E’
mancata dal dormitorio sì e no un pomeriggio e il primo pensiero è stato andare
a sincerarsi delle condizioni della compagna.
E
ha trovato servito un disastro.
E’
in pensiero anche per Bakugō, vorrebbe andare a
vedere come sta. Recovery è assente, da quel che ha
capito, quindi se ne parlerà lunedì prima che il compagno riceva assistenza
medica adeguata.
Deve
star soffrendo da morire, poveretto.
Ma
anche Momo è messa malissimo, non riesce a lasciarla da sola, tanto più che ora
Kyoka è dietro Kaminari, ma
Uraraka non saprebbe dire se per poca fiducia nei
riguardi del compagno o nel tentativo di distrarlo dai suoi mali.
L’amica
ha la faccia affondata nel cuscino e singhiozza da spezzare il cuore, ad ogni
singulto le spalle sobbalzano, e Ochaco ne osserva la
linea solida, forte.
Avvampa
tutto d’un tratto. “Io … non volevo … giuro, non era mia intenzione …”,
farfuglia appena intelligibilmente dal guanciale che sta stritolando con le
grandi mani di Bakugō.
Uraraka sospira. Vorrebbe poter capire
meglio cosa sia successo, da quel poco che Momo ha provato a spiegarle si sente
in colpa in un modo esasperato per aver ferito - sia pure involontariamente- Katsuki col suo stesso quirk.
Ma
è stato un incidente in fin dei conti, sempre stando a quel che le ha detto la
stessa Yaoyorozu. E oddio, gli incidenti capitano.
Specie se nella loro situazione, con poteri che non sono in grado di
controllare.
Non
sarebbe certo la prima di tutti quelli coinvolti. “Avanti … ti verrà il mal di
testa se continui così. Sono certa che Bakugō-kun
… non ce l’ha con te”.
“Lo
so!”, strilla d’un tratto Momo, tirandosi su dal materasso come una
galvanizzata, quasi le mette paura.
Oddio
fa così … strano vedere il corpo di Bakugō
reagire a quel modo … come fosse preda di un attacco isterico.
E
non dovrebbe, dacché quello è il mood abituale del compagno esplosivo. Un
chihuahua mestruato, l’ha spesso sentito soprannominare da Sero-kun.
E
lei aveva ghignato impunemente a quella definizione, salvo rimangiarsi tutto
quando l’aveva visto in quelle condizioni, con … il ciclo per davvero.
Sospira
di nuovo, sistemandosi la gonna sulle ginocchia.
E’ maledettamente difficile trovare
qualcosa di sensato da dire per confortarla, ancora una volta. “E allora,
perché fai così?”.
“Perché
… perché è Shouto che si è arrabbiato”. Yaoyorozu si tira su, singhiozza. Porta le mani di Katsuki agli occhi rossi, non solo di iridi ma anche di
sclere. “Mi ha … rimproverata. E … io lo so che ha ragione, dannazione, lo so …
ho sbagliato. Ma … ero così tesa … non ce la facevo più. In quel momento mi è
parsa l’unica via d’uscita .. e io …”.
Uraraka non riesce a dar troppa retta alle
giustificazioni della compagna, no. Le è già salito l’embolo, non può credere
che davvero Shouto abbia alzato la voce, con lei.
Può
comprendere che fosse alterato. Che fosse preoccupato. Ma … no, che l’abbia
sgridata, mentre è in quelle condizioni no. Possibile non abbia un minimo di
empatia? “Vado a parlargli …”.
“NO!”,
strilla Momo. “No, Ochaco-chan, per favore … non
peggiorare la situazione. Rimani qui con me … per favore. Non mi lasciare da
sola”. E la stringe, Momo, con le braccia di Katsuki.
Come fosse un peluche.
Uraraka non riesce a reagire. Il profumo
che la avvolge … cavolo, è quello di Bakugō. La
soffoca, quasi.
“Non
mi lasciare Ochaco”, la prega con quel tono roco,
infranto di lacrime.
Non
sa cosa fare. Vorrebbe … sì, vorrebbe andare a cantargliene quattro a Todoroki
… ma in questo momento proprio non se ne può andare.
Posa
delicatamente una mano sul capo biondo irto di spunzoni. E lo accarezza, in un
gesto consolatore, dolce, affettuoso. “Non me ne vado”.
Angolito Autrice: (ASU)
IO MI DISSOCIO DA TUTTO QUESTO CHE
LO SAPPIA ANCHE ANYA!
Ho corretto il capitolo ma per tutto il tempo avevo voglia di prenderli tutti a
sberle in faccia vi prego DITEMI CHE NON SONO L’Unica x°
Scusate i titoli.
Ormai quelli rappresentano il mood nostro e dei personaggi.
Noi li adoriamo.
Un bacione enorme, Asu (E Anya)
Quando
si è addormentato, quella domenica sera, Ojiro era tranquillo.
Il
venerdì sera lo ha passato sveglio insieme a Shoji, che gli ha fatto il favore
di fargli compagnia. Sabato notte era da solo, ma non è riuscito a dormire. Non
che non fosse abituato a dormire da solo, figurarsi, ma era strano.
Non
era la sua stanza, il suo letto, il suo corpo, ed era la prima notte solo da
quando aveva mollato Shinsou.
Quindi
ha pensato. Ha pensato tanto, inevitabilmente ha rimuginato tutta la notte.
E
alla fine ha dormito poco, e male.
Quella
domenica però gli è andata bene. Shinsou non c’è stato tutto il giorno, è
tornato a casa sua. Quindi non lo ha visto. Temeva gli sarebbe mancato da
morire –ed è così, ovvio gli manchi- ma non averlo intorno gli ha fatto bene.
Non ha dovuto vedere il suo sguardo rammaricato cercarlo di soppiato, non ha
dovuto sentire la sua voce così monocorde e fiacca.
Si
è distratto, a dirla breve, ha potuto pensare a sé e non alla situazione né a
Shinsou e questo gli ha fatto bene. Erano rimasti in pochi quella domenica ma è
persino riuscito a farsi una risata liberatoria con Kaminari e Kirishima.
E’
andato a letto presto, non si è chiesto dove fosse il suo corpo –Bakugou-
perchè vuol fidarsi di lui. Si è comportato bene con Momo e non vuol dubitare
del compagno di classe. E poi, forse è in camera, non è certo stato a
controllarlo tutto il giorno.
Ha
dormito placidamente tutta la notte, a pancia in su –se torneranno normali,
quella sarà l’unica, unicissima, cosa che gli mancherà: poter dormire a pancia
in giù o in su senza avere dolori lancinanti alla schiena-. Ma è proprio questo
che ora non capisce, adesso che il sonno lo sta abbandonando.
I
dolori.
Non
ne ha mai avuti nel corpo di Denki. Eppure ha dolore.
Non
capisce bene dove, lì per lì, ma gli fa male.
Sente
anche qualcuno parlare, all’inizio è solo un sussurro sbiascicato, ma è una
voce che conosce e non sa identificare. Solo che lui era solo in stanza, quando
è andato a letto, ne è certo. E’ talmente annebbiato dal sonno e dal dolore che
all’inizio non riesce a capire che cosa sta succedendo intorno a sé.
Che
cosa sta…sentendo.
“Aspetta,
Bakugou, non muoverti,” gli dice la voce, mettendogli anche una mano sul fianco
per evitargli di finire a pancia in sù. E fa bene, perché appena fa il
movimento, appena ci prova, per un attimo gli manca il fiato.
“Stai
bene?”
“Mmh.”
Ah
sì. Adesso l’ha riconosciuta, la voce. E pure la stanza, gli pare che quel
poster sia il suo. Deve essere nella sua stanza, nella sua vera stanza, con
Todoroki.
Anche
se…perchè gli fa male tutto il corpo? E, sopratutto, che ci fa lì Todoroki?
Non
ha capito se è il corpo di Denki o se è tornato nel suo. Ma forse il suo.
Riconosce
la sensazione della coda, la pesantezza sulla schiena. Però gli fa male, perché
gli fa male?
Dannazione,
che ha fatto Bakugou?
No,
aspetta.
Aspetta!
Ma
quindi sono tornati normali? Lui è tornato normale?!
Davvero?!
Non
importa, non importa quello che ha fatto Bakugou, qualsiasi cosa sia la
supererà! E’ tornato nel suo corpo!
Finalmente…il
suo corpo…
“Bakugou?”
Todoroki
lo prende per la spalla, lo fa girare appena appena verso di sè. Tiene un
ginocchio sul letto e l’altra mano è sul cuscino.
Per
un attimo gli manca il fiato, a Ojiro.
Todoroki
lo sta sovrastando e quando lui, in imbarazzo, si volta di scatto per
chiedergli se può cortesemente lasciarlo, le loro labbra sono ad un soffio. Ed
è proprio il suo fiato che Ojiro percepisce così…vicino.
Sul
volto.
“Bakugou…”
Oh,
merda.
Cosa.
Sta. Succedendo?
Cosa…
“WAH
TODOROKI-KUN!” urla, in preda al panico, “T-ti prego, Todoroki-kun, non sono
Bakugou okay? Potresti…a-allontanarti un attimo?!”
Todoroki
si blocca, sorpreso. Non ha la faccia di qualcuno che è stato colto a fare
qualcosa che non dovrebbe fare, è solo sorpreso.
“Ojiro?”
“S-sì…”
Ojiro
vorrebbe sparire, vorrebbe sprofondare in quel momento esatto nel letto e non
uscire più o, meglio ancora, andarsene dalla stanza.
Ma
non può. Ora che è perfettamente sveglio si rende conto che non può muovere la
gamba sinistra. E’ ingessata.
Perché
la sua gamba è ingessata?
Che
è successo? Quando?
“Vado
a dirlo al professor Aizawa.”
“Eh?”
il tempo di nuovo di alzare gli occhi e Todoroki è già alla porta, che ha
aperto e si è richiusa alle spalle.
Ma…è
confuso. Molto.
A
fatica, alla fine, dopo essere rimasto ancora per un lunghissimo istante
sdraiato sul letto, Ojiro è riuscito a trovare le stampelle e a raggiungere
l’armadio. Se c’è una cosa positiva di Bakugou è che è ordinato, e tutti i suoi
vestiti sono perfettamente al loro posto. Nel secchio dei panni sporchi, che
raggiunge a fatica in bagno, c’è solamente la tuta da ginnastica. Deve averla
usata il giorno prima.
Perché
immagina che sia per quello che è ridotto così.
Dubita
sia caduto dalle scale per via della coda anche se, in verità, a conti fatti
sarebbe anche fattibile. Ma per qualche motivo, e sperava quasi fosse così
altrimenti si sarebbe per sempre sentito in colpa per aver pensato così male del
compagno, creda che non siano le scale i responsabili di quel disastro.
E
poi, perché era ridotto in quello stato? Dov’era Recovery Girl? Forse non
c’era.
Sicuro
Bakugou doveva aver pensato di andare da lei, figurarsi. Quindi forse non l’aveva
trovata.
Gli
pareva di ricordare, in effetti, che Aizawa avesse detto che non c’era e per
questo anche l’allenamento della B era stato posticipato alla settimana che
stava iniziando. Sì, quindi Recovery non c’era, ecco perché lui adesso stava
così.
Dannazione.
Vuol
provare davvero a non avercela con Bakugou, davvero, ma non ce la fa.
Perché
diamine non se ne è stato fermo al suo dannato posto?
Poteva
capire tante cose, anche che col suo corpo facesse meno attenzione perchè, alla
fine, lui è un uomo. Non doveva avere i riguardi avuti –onorevolmente- con
Momo. Ma visto che sai che non sai neanche scendere le scale, con la coda, come
gli aveva fatto intendere quando l’aveva incontrato in lavanderia, perché
diamine vai ad allenarti? Anche avesse solo deciso di fare una corsa, e non
credeva si fosse azzardato a molto altro, era una libertà che non si sarebbe
dovuto prendere.
Poi
era inutile che chiedeva aiuto a Todoroki per…beh. No. Forse quello non l’aveva
voluto Bakugou. Non ce lo vedeva.
Accidenti,
se ci ripensava…
“Ojiro?”
“Oh
cazzo!” la voce di Shoji, fuori dalla porta, lo coglie di sorpresa. Sobbalza e
la stampella su cui si stava poggiando traballa. Non è niente che normalmente
gli darebbe problemi, nemmeno con una gamba completamente fuori uso come ora:
non potrebbe combattere ma muoversi normalmente sì, anche con una sola
stampella.
Questo
perché normalmente userebbe la coda per quasi tutto.
Ed
è quello che fa anche questa volta, d’istinto. E’ abituato così e non può farci
niente.
Peccato
che anche la coda sia ridotta male, non che sia rotta perchè non la terrebbe
libera ma il dolore appena la usa è lancinante e per un attimo ha la sensazione
didover vomitare.
Piuttosto
che trovare un altro appiglio, preferisce lasciarsi cadere a terra con un
gemito che Shoji deve aver sentito, perché senza attendere oltre entra nella
sua stanza. Ad occhio, Todoroki ha lasciato la porta aperta.
Appena
lo vede, bianco come un lenzuolo e coi sudori freddi, l’amico va subito ad
aiutarlo.
“Ojiro!
Stai bene?!”
“Non…sono
sicuro…”
“Aspetta,
ti aiuto.”
Non
perde tempo a tirarlo su, sta attento anche a toccare la coda perché ha capito
–piena di escoriazioni com’è, basta guardarla- che non sta bene neanche quella.
Sembra appena uscito da una battaglia con qualche Villan, invece è stato solo
Bakugou.
La
cosa, per quanto Shoji abbia un carattere di norma tranquillo, non può che
farlo innervosire.
Una
cosa sola doveva fare Bakugou, ma evidentemente era chiedere troppo. Come se
fosse stato lui l’unico a soffrire dello scambio di corpi.
“Ecco…Ora
ho capito perchè Shinsou mi ha chiesto di venire a vedere se stavi bene,”
sospira Shoji, accompagnandolo in camera e chiudendosi con una terza mano la
porta del bagno alle spalle.
“Shinsou?”
mormora Ojiro, guardando l’amico da sotto in su.
Shoji
annuisce, “Sì. E’ scesa Mina urlando a pieni polmoni che era tornata nel suo
corpo e fiondandosi sul povero Kirishima, che comunque mi è sembrato abbastanza
felice. E poi è arrivato anche Kaminari. E visto che tu eri nel suo corpo
Shinsou ha pensato che anche tu, forse…beh, mi pare avesse ragione.”
“Già,”
annuisce. Quindi Shinsou lo sapeva. Perché?
Per
saperlo dovrebbe chiederglielo e non è sicuro di voler parlare. D’altro canto,
adesso che è tornato normale potrebbe anche decidere di dirgli la verità sul
perché lo ha mollato e…no.
No,
Shinsou deve pensare –penare- un altro po’.
Lui
ha altre cose di cui occuparsi adesso.
“Io
vorrei davvero sapere che cosa diamine ha fatto Bakugou ieri sera!” sbotta alla
fine, cedendo all’esasperazione e buttando sul letto i pantaloni della divisa
scolastica. Sono immettibili con quell’aggeggio sulla gamba, non riuscirà mai
ad infilarli.
“Forse
non l’ha fatto apposta,” prova Shoji, poco convinto lui per primo, passandogli
i calzoncini di jeans che ad occhio sono lì da un bel po’, ma che adesso sono
l’unica cosa che potrebbe riuscire a mettere.
Ojiro
li afferra con stizza, infila la gamba ingessata e poi l’altra, e quando li
tira su e fa per allacciarsi il bottone sopra la base della coda per tenerli su
ha un brivido di dolore lungo tutta la schiena. Per un attimo ha voglia di
vomitare davvero, e Shoji deve averlo notato perché fa per andare al bagno a
prendergli una bacinella. Ma alla fine è Ojiro a scuotere la mano e buttare giù
bile.
“Già,
lui non fa mai niente apposta,” brontola, “Intanto fa sempre un mare di guai e
non viene mai ripreso, con questa scusa.”
Shoji
tace. Non può dire che Ojiro non abbia ragione, anche solo un po’.
“Chissà
se Recovery è già tornata…”
“Temo
che Aizawa avesse accennato sarebbe stata di ritorno stasera o domani mattina…”
“Ah.
Fantastico.”
“Per
il momento pensi di farcela a scendere a fare colazione? Ti do una mano.”
“Grazie,
Shoji. Davvero, non so cos’avrei fatto se non ci fossi stato tu in questo periodo.”
--
Dopo
essere scappato via in quel modo, il giorno prima, davanti all’amichevolissima
richiesta di Todoroki di poter aiutare Ojiro, Shinsou si sente decisamente poco
in forma quella mattina.
Ovviamente,
non ha dormito affatto quella notte.
Si
chiede perchè non sia tornato a scuola direttamente il lunedì mattina, invece
di ritrovarsi in mezzo a quella pessima situazione la sera prima. Non che a
casa sia riuscito a riposarsi più di tanto, ovviamente. Ma, almeno, aveva
dormito.
Era
stato…abbastanza tranquillo, ecco. Quello sì.
Invece
rivedere Ojiro, per altro ferito, e non poterlo aiutare in primis perché non
era davvero Ojiro e in secondo luogo, cosa per lui più importante di tutti,
perchè non era più il fidanzato di nessuno, lo aveva distrutto.
Si
era sentito…avrebbe pianto, ma si sentiva troppo sfibrato anche per quello.
Motivo
per cui la gioia sul volto di Mina, quando la vede scendere a colazione, lo
irrita.
Vorrebbe
prendere Kaminari e riempirlo di schiaffi, perché è anche colpa sua –indirettamente
o meno che sia- se Ojiro l’ha lasciato.
Poi,
però, Mina si butta addosso a Kirishima e lo bacia.
Lo
bacia così intensamente che arrossisce anche lui, Midoriya che è appena
arrivato per poco non sviene sul posto. Quasi riesce a vedergli le tonsille a
Kirishima, se fosse stato più vicino.
“KAMINARI!”
urla Jirou, alzandosi di scatto e anche lei rossa come un peperone, “Ma che
diavolo fai?!”
“Oh,
tranquilla Kyoka-chan!” trilla Mina, attaccandosi al collo di un Kirishima
ancora basito, anche se aveva risposto al bacio di prima, “E’ tornato tutto al
suo posto. Lo hai notato, vero Kiri amoruccio mio?”
“M-Mina?
Sei tornata normale?!”
“Sì!
Non è fantastico?”
Kirishima
la afferra per i fianchi e la tira su senza problemi, Shinsou si aspetta ormai
la faccia anche girare su se stessa ma per il momento non lo fa. “E’
meraviglioso! Finalmente non dovrò più inseguirti ovunque!”
Mina
mette su un broncio adorabile, “Ma come, sei felice solo per quello?!”
Kirishima
ride, “Ma certo che no. Sono felice e basta, Mina,” le dice, con un tono di
voce decisamente più intenerito, accarezzandole i capelli.
Mina,
sorridente, sta per dire qualcosa quando la voce squillante –e irritante, per
lui- di Kaminari l’anticipa, tanto forte da far quasi vibrare i muri.
“Porca
miseria sono io!” urla, scendendo le scale a due a due e inciampando
sull’ultimo gradino, cosa che lo fa finire naso a terra. Ma non se ne
preoccupa, euforico com’è, “Sono tornato! Sono di nuovo io! Non ho più le tette
ma almeno non ho nemmeno il ciclo! Qualcuno lassù mi ama! Jirou, sono tornato
normale!”
Jirou
si nasconde dietro la mano, apparentemente in imbarazzo, ma sta sorridendo, “Ho
visto, Den…ehm, Kaminari. Ho visto.”
“Tranquilla,
Kyoka-chan. Tanto l’abbiamo capito tutti che c’è del tenero!” punzecchia Hagakure.
A
quella frase, Jirou arrossisce davvero fino alla punta dei capelli.
Shinsou
invece smette di ascoltare. Kaminari e Ashido sono tornati normali, e anche se
Yaoyorozu e Bakugou ancora non ci sono, a meno che non si sono scambiati di
nuovo loro tre, anche Ojiro deve essere tornato normale.
Di
norma sarebbe anche felice, quantomeno sollevato, perché forse adesso che è
tornato normale –si spera- potrebbe riuscire a parlare di nuovo con lui e,
quindi, forse a trovare una soluzione. Forse a tornare insieme.
Ma
questo perde completamente importanza davanti alla consapevolezza del modo in
cui deve essere svegliato, il suo Mashirao. Mezzo rotto e dolorante a causa di
quell cafone di Bakugou.
Ed
è anche gentile che invece di andare a picchiare direttamente lui si avvicini a
Shoji.
“Shoji,
penso che dovresti andare a controllare se anche Ojiro è tornato normale.
Potrebbe aver bisogno di aiuto.”
“Di
aiuto?”
“Sì.
Tu va e basta. Non…,” sbuffa, Shinsou, “Niente, lascia stare. Ci vediamo dopo.”
Shoji
lo guarda solo un po’, forse perplesso, poi imbocca le scale per salire.
Alla
fine è rimasto a fissare la porta dell’ascensore per tutto il tempo della
colazione, ha visto passare Todoroki e lui si è anche fermato a parlargli, ma a
parte quando gli ha confermato che Ojiro è tornato nel suo corpo non lo ha più
ascoltato.
Per
un attimo, giusto un secondo, si è chiesto come diamine lo sapesse.
Poi
si è detto che doveva essere passato a controllare come stesse quella mattina,
visto che sapeva la situazione, lui che poteva. E non si è più posto il
problema. Nè di questo né del perché Momo non sia ancora scesa.
Bakugou
l’ha volutamente evitato di cercare anche solo con gli occhi. Se lo vede, lo
sfonda di mazzate.
Quando
le porte dell’ascensore si aprono ed escono Ojiro, con le stampelle e la coda
mollemente poggiata sulla spalla, e Shoji, che lo segue come se fosse
preoccupato potesse cadere da un momento all’altro, è il primo a vederli.
Vorrebbe
alzarsi e andare, se non a baciarlo appassionatamente come ha fatto Ashido, quantomeno
ad abbracciarlo.
Ma
sa che non può, non può, non può.
Quindi
rimane al suo posto. Si alza invece Kaminari e subito dopo Jirou, che subito
gli vanno incontro.
“Oh
mio dio, Ojiro-kun, ma cos’è successo?!”
“Non
lo so,” quasi ringhia Ojiro, “Vorrei molto saperlo, Kaminari, ma non lo so.”
“Non
posso crederci,” mormora anche Jirou, “Bakugou era stato così attento con Momo
che avevo quasi pensato…aah, che disastro! Quell’idiota non cambierà mai!”
“Beh,
dai, vedi il lato positivo: sei tornato nel tuo corpo con la tua coda, che ti
prometto solennemente non toccherò mai più senza il tuo permesso! Parola di
Scout!”
Ojiro
sorride, “Grazie Kaminari. Ci conto.”
“Ti
ci voleva di finire nel suo corpo per capire che quando una persona dice no è
no, Denki?”
“Di
sicuro dopo quello che ho passato non metterò mai più in dubbio questo
concetto!”
Ojiro
sbuffa divertito, “Neanche avessi vissuto l’inferno! Quanto mai potrà essere
difficile essere me?!”
“Te
hai dieci chili di carne attaccati alla schiena! E senti ogni minima cosa che
la tocca!”
“Non
pesa così tanto…”
“Però
scommetto che se fossero stati dieci chili di seno non ti saresti lamentato,”
infierisce anche Jirou, le braccia incrociate al petto.
Ecco,
quello è un momento indispensabile. La risposta sbagliata avrebbe potuto
rovinare per sempre il loro rapporto, lo sentiva.
Kaminari
ne è certo.
E
forse ce l’ha scritto in faccia perché sia Jirou che Ojiro scoppiano a ridere,
e anche Shoji pare contenersi appena.
“Non
spremere troppo le meningi, Kaminari: non vorrei ti si friggesse il cervello!”
“Cerca
di non andare in surriscaldamento, Kaminari. In questi giorni te l’abbiamo
fatto usare troppo, potrebbe andare in contocircuito!”
Stavolta
Shoji smette di trattenersi e ride a sua volta.
Kaminari
è così sconvolto che non riesce neanche a parlare. Alla fine, comunque,
esplode. “Ma Ojiro a te ha fatto malissimo stare nel corpo di Jirou! Siete dei
mostri!”
“Che
dite di divertente liggù?!” urla Ashido dal tavolo delle colazioni.
Ojiro
alza gli occhi per cercarla, anche se non ha niente di particolare da dirle, ma
l’unica cosa che vede è Shinsou. Incontra il suo sguardo e per un attimo si
ammutolisce, smette di ridere e quando Shinsou abbassa gli occhi sul suo piatto
lui si limita a sospirare.
Shoji
lo guarda con la coda dell’occhio ma tace.
Kaminari
non deve essersi accorto di niente, perché ancora brontola.
Jirou,
invece, gli sfiora il braccio, più accorta e attenta. “Tutto bene fra voi due?”
Ojiro
non risponde. Guarda Kaminari che si è appunto avvicinato a Shinsou per dirgli
qualcosa sul fatto che il suo fidanzato, ovvero lui, fosse troppo cattivo.
Vorrebbe
fermare Kaminari e dirgli di non infierire, di non girare il coltello nella
piaga.
Si
stavano divertendo e adesso, così all’improvviso, è di nuovo giù di morale.
Ma
si volta comunque verso Jirou e sorride, “Non stiamo più insieme,” afferma
solo, risoluto, poi zompetta con le stampelle fino al tavolo.
Vorrebbe
sedersi perché gli fa male la gamba, deciso come mai ad ignorare lo sguardo di
fuoco di Jirou sulla nuca, a cui ha stroncato ogni parola e non ha dato neanche
il tempo di replicare dopo quella notizia.
Ci
prova, a sedersi.
Ma
a due passi scarsi dal tavolino Todoroki Shoto fa la sua comparsa, con Aizawa
alle calcagne.
Lì
per lì si impegna ad ignorarlo, ma in mancanza di Momo in sala Todoroki viene
diritto verso di lui, inizialmente.
“Stai
bene, Ojiro? Ti chiedo scusa per stamattina, non volevo affatto spaventarti.”
Ojiro
cerca con tutte le sue forze di mantenere il controllo, ma il risultato è
misero.
Ad
averlo di nuovo così vicino, arrossisce fino alle orecchie. Il ricordo del suo
alito sul volto –sulle labbra- è ancora troppo vivido e fresco. “T-Todoroki-kun
non…non fa niente, è colpa mia, non…” fa un passo indietro, quantomeno ci
prova. Dimentica di usare le stampelle e il gesso scivola sul parquet.
Ma
non cade a terra.
Sente
invece le mano di Todoroki sorreggerlo dalle braccia. Shoji quasi lo tira su di
peso subito dopo.
“Le
stampelle proprio non ti piacciono, eh, Ojiro-kun?”
“S-scusami,
Shoji. Grazie, a tutti e due…”
“Fa
attenzione. Se cadessi, sarebbe un disastro.”
Ojiro
deglutisce, “S-sì. Grazie T-Todoroki…kun…”
Aizawa
ha un tic all’occhio che nota solo in quel momento, mentre gli avvicina una
sedia per farlo sedere e lo guarda.
A
guidicare dalla sua espressione non sapeva che Bakugou lo avesse ferito.
E’
talmente furioso che attiva l’erasur anche se non ce ne sarebbe alcun bisogno,
visto che non ha poteri da cancellare attualmente.
Midoriya,
che fino a quel momento è rimasto piccolino nel suo angolo, deglutisce così
sonoramente che lo sente anche Shinsou, che torna a sedersi.
Non
ha detto nulla, ma ha visto tutto.
E
non gli è piaciuto niente.
Niente.
“Che.
Cosa. E’. Successo?!” sbotta Aizawa, “Cosa diamine è successo qui?!”
“Non
lo so, professor Aizawa, lo giuro,” mormora Ojiro, stringendosi nelle spalle
neanche fosse davvero colpa sua, “Mi sono svegliato già così.”
“Dov’è
Ka…no. Chi diamine c’era nel tuo corpo, ieri?!”
“Bakugou,
professore.”
“Lui.
Sempre lui. Se c’è qualcosa che non va, lui è sempre in mezzo. Lui e tu,
Midoriya! Dov’è Bakugou?”
Midoriya
trasale, “Non…non so dove sia Kacchan, professore. Non lo vedo…da venerdì.”
“Fatico
a crederlo. Iida, vallo a chiamare. Cercalo dappertutto, se necessario. Lo
voglio nel mio ufficio prima di subito, sono stato chiaro?!”
“Chiarissimo!
Corro subito a chiamarlo, professore!” afferma Iida, braccio alzato verso il
soffitto. Poi corre verso il piano di sopra, nell’ala maschile.
Aizawa
chiude gli occhi, annullando il suo potere e lasciando che i capelli ricadano
morbidi sulle spalle, e si passa una mano sul volto.
Todoroki
lo ha colto in contropiede, quella mattina presto, durante la colazione,
fiodandosi nel dormitorio degli insegnanti. Era già pronto a punirlo quando ha
detto che tutti erano tornati normali, e che le cose si erano finalmente
sistemate, anche se non avevano idea di come e perché. Lo aveva seguito
esultando internamente, aspettandosi confusione e tripudio di gioia in tutto il
dormitorio A.
E
in effetti la confusione l’aveva trovata.
Anche
i guai, però.
Momo
e Bakugou non c’erano. Shinsou aveva l’aria da cane bastonato invece di essere
felice e poi Ojiro. Ingessato.
E
lui non era nemmeno stato avvertito.
Questa
Bakugou non la passa liscia. Assolutamente no.
La
sospensione sarebbe stata la cosa più gradita di tutta la punizione che avrebbe
inferto a quel dannato, stupido, problematico ragazzino.
“Professor
Aizawa, con permesso. Non è stato…-”
“Non
voglio sapere niente, Todoroki. Capito? Niente. Bakugou questa non la passa
liscia,” sbotta, poi sospira di nuovo, “Per il resto, per quanto tutto questo
sia folle…sono molto felice che siate tornati normali. Ovviamente faremo altri
controlli a tutti quanti, per cercare di capire cosa ha provocato il disastro e
cercare di non farlo mai più accadere. Non ne voglio più sapere niente.
Tenetevi disponibili.”
“Sì,
professore…”
“Non
siete esonerati dalle lezioni, ma fate con calma. Non c’è fretta, per oggi. Tu
sì, Ojiro. Se vuoi tu sei esonerato,” sospira per l’ennesima volta,
massaggiandosi la base del naso, “Appena ritorna Recovery Girl te la mando.”
Ojiro
annuisce. Non dice nient’altro, Aizawa sembra così esausto che persino Ashido
tace, adesso.
“Sta
bene, professor Aizawa?” tenta Uraraka, preoccupata.
Aizawa
non alza neanche gli occhi, stavolta, “Sì. Vado. Ci vediamo in classe. Non fate
guai. Se vi becco, vi espello tutti. Non ho più voglia di starvi dietro. Non
fatemi sapere niente perché non voglio sentire più niente. Tenetevi lontani dai
guai o da me mentre siete nei guai per almeno una vita.”
Continua
a borbottare anche mentre lascia il dormitorio della A.
Non
l’hanno mai visto così, nessuno di loro, nemmeno quando è stato rapito Bakugou
e l’hanno messo sotto torchio con i giornalisti.
Sembra
davvero sfinito.
“Povero
prof,” mormora Ashido, “Gli facciamo un regalo per farci perdonare?”
“Tu
dovresti pensare a farne uno enorme a Kirishima che ti è stato dietro tutto il
tempo.”
“Oh,
tranquillo Sero. A Kirishima ne farò uno grande grande!”
A
Katsuki, é sempre stato il freddo a dare fastidio, mai il caldo. Odia
l'inverno, la neve gli fa girare le palle, le temperature polari gli fanno
salire il sangue alla testa. Ma in questo momento a seccargli é la sensazione
di calore che lo fa sudare da morire. Gli secca la gola, lo fa sbuffare e
rigirare nel leggero dormiveglia, sente le fitte provenire dalla zona del suo
corpo sotto la vita, tenta di scrollare il bacino, di scrollarsi di dosso le
impressioni soffocanti del corpo -ferito- di un altro.
Sarà
un cazzo di casino di merda, lo sa già. Quello scemo di Metà e metà gli ha dato
da pensare, ma gliene dà di più il fatto che appena tornerà la vecchia, il
Morto di Sonno senior verrà a conoscenza della faccenda e gli andrà bene se non
lo prenderà a calci nel culo, con tutti gli arretrati.
Porca
miseria. Che poi, la scimmia è l'amichetto del Morto di Sonno junior. Sicuro
Aizawa si divertirà un sacco a fargli pagare di aver rotto il compagnuccio di
giochi al suo protetto. E persino nel dormiveglia affannoso gli viene
l'ennesimo mal di testa.
Fa
per muoversi, voltarsi sull'altro fianco. E se sogna o é soltanto il peso
opprimente dei suoi stessi pensieri non può dirlo ma sa che si sente costretto.
Legato, quasi. E se é uno scherzo del subconscio traumatizzato glielo presenta
proprio per bene, come fosse reale.
È
in una situazione fottuta e non sa come uscirne. Intrappolato in membra che non
sono le sue. E se é sempre meglio che convivere con tette di marmo e crampi
massacranti, d'altro canto non è ancora il SUO di corpo. E che diamine, non
capisce nemmeno più se lo ama o no, sa solo che gli manca la sua pelle. La sua
intimità. Che poi sfrutti o meno non è rilevante ma rivuole la sua carne. La
sua vita. E se non cede all'impulso di piangere di nuovo come una fontana è
solo perchè non ha più la scusa delle robe da femmine. Oltre che per il fatto
che non serve ad una mazza. Se solo quella sciroccata di Hatsume avesse fatto
qualcosa di meglio che incasinare ancora di più le cose ...
Ih.
Ma che è?
Gli
sembra di avvertire -di pancia più che di orecchie, una sorta di eco dalle
viscere che risale attraverso gli strati confusi della coscienza- dei rumori
molto forti. E una voce familiare, eppure distante che chiama il suo nome. Ma
sogna oppure è sveglio?
"BAKUGOU!
BAKUGOU, APRI O MI SENTIRÒ’ AUTORIZZATO A FARLO IO!". Ma é ovattato, come
impastato. "Bakugou!"
"Mhmm...".
Non proviene da lui, no. E ne é sicuro, perchè ha socchiuso gli occhi a quel
richiamo assordante -e scocciante- anche se non del tutto sveglio e cosciente
comunque sicuro non ha fatto alcun verso.
E
sicuro non si è tirato un calcio in un punto decisamente delicato del corpo da
solo.
Anzi
una ginocchiata. Che gli fa finalmente sollevare le palpebre e scattare come un
gatto che rizza il pelo e si attacca al soffitto.
O
in questo caso, butta l'ignara compagna di letto giù dal materasso. E incontra
quei grandi occhi castano dorato che si spalancano, si spannano in pochi
istanti e lo mettono a fuoco come se non capisse.
E
nemmeno Bakugou capisce. Si é... Addormentato in camera dello scimmione, con
una coda floscia e un ginocchio dolorante oltre che in compagnia di quel
maledetto Metà e metà. Ora apre gli occhi che é in camera sua, circondato dopo
quelli che gli sono parsi secoli dai suoi oggetti, i suoi vestiti, le sue cose.
È
nel suo letto, e in compagnia di Faccia Tonda. Che lo fissa anche lei senza
capire, e sembra aspettare qualcosa da lui. Un segno, manco fosse Gesù Cristo.
Ma
forse solo per capire chi diamine abbia davanti, ovvio. E per capire se
sentirsi più imbarazzata per aver dormito abbarbicata ad un'amica che si é
svegliata con l'alzabandiera o se vergognarsi di più per aver stretto un
compagno di classe dell'altro sesso che ha avuto una normalissima reazione
fisiologica.
In
ogni caso le sue guance morbide sono infocatissime. E quel rumore molesto alla
porta si rivela essere Quattrocchi, che sbraita nel tono riservato solo alle
occasioni speciali.
In
questo istante gli è quasi grato, Bakugou. Perchè quella pesante presa di
possesso della realtà gli impedisce di andare in panico, di cominciare a farsi
domande, di mettersi a piangere di sollievo davvero come un idiota, di dar
spiegazioni a Faccia Tonda seduta sul parquet come ci fosse nata e cresciuta
che lo fissa come un prodigio. "BAKUGOU, IO APRO!". E dire e fare non
hanno in mezzo alcun mare, la porta si spalanca e quel demente di Iida appare,
in tuta e non in uniforme, sulla soglia.
Si
deve aggiustare gli occhiali a culo di bottiglia sul naso, nervosamente, nel
vedere Uraraka che d'impulso tira su le bretelline del top -perfettamente al
loro posto già prima- e si tiene le braccia davanti al seno. "Questa
poi...", bofonchia come se la scopa che solitamente ha su per il culo si
fosse conficcata fino alla laringe.
Ma
si riprende abbastanza in fretta, ligio al suo dovere di rompipalle e
rappresentante di classe. I suoi occhi azzurro piombo dietro le lenti sono come
canne di un fucile e sono puntati dritti su di lui, Katsuki. Che si gratta la
scapola per decenza, quando in realtà vorrebbe "riabbracciare" il suo
... Coso, laggiù. E non in senso sentimentale, ma solo per una grattata tipo
"batti il cinque". Così.
"Be'?
Che vuoi?" sbotta rochissimo. E non gli pare vero di sentire di nuovo la
SUA voce. Con quell'inflessione sempre stizzita.
Iida
non ci pensa due volte a puntargli il dito contro. Neanche fosse un Villan, e
che diamine. "Aizawa-sensei ha da parlarti, e con molta urgenza anche. Per
cui dovresti recarti da lui".
"Embè?
E non sapeva mandarlo un messaggio?".
"Il
tuo cellulare ce l’ha Ojiro-kun".
Cazzo.
Già. "Be' comunque ora ci vado, puoi levarti di torno Quattrocchi”.
Iida
lo guarda durissimo. Poi guarda ancora Ochaco. "Da te non me lo sarei mai
aspettato, Uraraka-san".
La
ragazza trasale, ancora non si è mossa dal pavimento. Impossibile capire cosa
pensi, forse nulla e sta solo cercando di venire a patti con quel che sta
succedendo adesso.
"Ohi".
Non si alza dal letto Katsuki. Cioè di farsi vedere "allegro" da quel
cretino impagliato non gliene frega nulla, anzi. Ma non davanti ad Uraraka.
"Ti ho detto che puoi levarti di torno, idiota. Non costringermi ad
alzarmi", sbotta e solleva una mano. Non é sicuro di riuscire a far
scoppiare neanche un chicco di mais in popcorn adesso, ma come minaccia
psicologica é sufficiente.
"Non
fare tardi", conclude Iida girando sui tacchi e chiudendo la porta. Con
forza, in effetti.
"Tsk.
Coglione".
É
adesso che si degna di guardare Faccia Tonda. Che sembra aver ripreso un attimo
i sensi, gli occhi sono meno vitrei e più presenti ma le guance sono ancora
rossissime.
Dovrebbe
dire qualcosa. E cosa? Okay, fra loro due sembrava essersi instaurato un qualche
rapporto. Ma era una situazione eccezionale, adesso finalmente si è ripreso le
sue sembianze, basta, chiuso. Non hanno più nulla da dirsi adesso.
E
Ochaco sembra capirlo. Perchè si mette in piedi, spolvera immaginaria polvere
dal retro dei calzoncini. A testa bassa.
"Allora...
Vado eh", mormora appena. E Katsuki la guarda camminare fino alla porta,
mettere la mano sulla maniglia.
Prima
di darsi del cretino. Certo che ha qualcosa da dirle. "Faccia
Tonda?".
Lei
trasale. "Sî?".
"Il
cellulare, portalo alla tua amica per favore".
"Ahhh...".
Uraraka torna indietro, lo afferra da sopra la scrivania. Non dice altro nel
richiudersi dietro la porta.
--
Nonostante
quello che ha detto Aizawa, Ojiro decide comunque di andare in classe.
Stampelle, ginocchio rotto e coda dolorante non lo fermeranno, non ha mai perso
una lezione e non inizierà adesso per una cosa che non dipende da lui.
Non
è nelle condizioni di permetterselo.
E
non vuole nemmeno. E’ arrabbiato per come Bakugou ha trattato il suo corpo, è
arrabbiato perché non ha nemmeno avuto la decenza adesso di prendentarsi lì e
dirgli che ha fatto una cazzata. Non si aspetta nemmeno del tutto una scusa, da
Bakugou, figurarsi. Ma almeno che scenda e lo guardi.
Invece
Iida torna da solo, ha una faccia strana ma non fa domande, Ojiro.
Furibondo,
ma cercando di non mostrarlo, Ojiro si alza dalla sedia e afferra le stampelle,
ricordandosi di doverle usare.
“Amico?”
“Vado
a mettere la divisa,” brontola, e Jiro nota subito il tono funebre, “Ci vediamo
in classe, Kaminari?”
“Sei
sicuro di voler venire?”
“Certo!”
“Ma…”
“Denki,”
gli mette una mano sulla spalla Jiro, scuotendo poi il capo, “Lascialo stare.
Tanto è nervoso, non ti darebbe retta.”
“Mh.”
Lo
guarda comunque andare verso l’ascensore, chiedendosi se comunque non sia il
caso di andare da lui giusto per dargli una mano. Cerca anche Shinsou con gli
occhi, per spronarlo a farlo lui.
E’
stupido? Perché non ne approfitta? Mashirao sarà anche nero di rabbia ma è
anche talmente evidente che abbia bisogno di una mano che fa male al cuore
vederlo andare via da solo, così. Potrebbe seguirlo, essere gentile,
rabbonirlo, parlare, fare la pace!
Invece
no. Sta lì. Lo guarda con la coda dell’occhio, gioca col cibo. Ma niente.
Dopo
andrà a dirgliene quattro. Mille. Di più. Prima la sua idea sarebbe quella di
raggiungere Ojiro, ma Shoji gli indica col capo il corridoio.
In
effetti si era chiesto perché Shoji non gli fosse stato alle calcagne fin da
subito.
Todoroki
è stato semplicemente più veloce.
“Aspe…Todoroki?
Ma che…?”
Todoroki
entra in ascensore con Ojiro, ma non gli serve più aiutarlo, tiene già
l’equilibrio perfettamente. Nonostante non possa usare la coda, quella aiuta
comunque, e tanto.
Ojiro,
però, all’improvviso si sente più nervosa che arrabbiato.
Todoroki
che vuole da lui adesso? Non ha più da stargli dietro per chissà quale motivo,
come prima. O no?
“Volevo
chiederti scusa, Ojiro-kun.”
Ojiro
sobbalza, per poco non cade di nuovo, è rosso come i capelli di Kirishima
quando si volta verso di lui e se lo ritrova –di nuovo!- così vicino alla sua
faccia. “C-cosa…”
“Scusami,
pensavo stessi cadendo,” afferma l’altro, allontanandosi, “Ti vedo un po’
instabile. Ti do una mano, se vuoi.”
“I-io
sto bene. Ce…ce la faccio,” Ojiro sospira, prende un lungo respiro e cerca di
nuovo di calmarsi, “Non c’è bisogno di scusarsi per stamattina, comunque. Eri
lì per aiutare Bakugou, no?”
Todoroki
annuisce, “Sì, ma…non è solo quello. E’ colpa di Momo se si è fatto…cioè se ti
sei fatto male. Quindi…”
“E
tu cosa c’entri?”
“Come?”
“Voglio
dire, non so cosa c’entri Momo, ma meno ancora te. C’eri anche tu?”
“No.
Ovviamente. Non lo avrei permesso.”
“E
allora? E’ perché Momo è la tua fidanzata?”
“Mh.”
Ojiro
sospira di nuovo, raggiunge la sua stanza e apre la porta. Fa entrare anche
Todoroki, poi chiude la porta.
“Tu
però non sei responsabile delle azioni di un’altra persona solo perché ci stai
insieme, Todoroki,” afferma, mentre si toglie i pantaloni. Nessuno dei due fa
caso alla cosa: si spogliano di continuo insieme nello spogliatoio, e anche se
ora sono solo loro due nella stessa stanza sembra stranamente normale, tanto
più che Todoroki lo sta fissando dritto negli occhi e non guarda nient’altro.
Ha
avuto così ansia mentre ce l’aveva vicino al volto, proprio perché quegli occhi
bicolore lo fissavano così intensamentre, e adesso che è in mutande davanti a
lui e litiga coi pantaloni della tuta –perchè giusto quelli può riuscire a
mettersi- non prova niente.
Chissà
perché si è agitato tanto prima.
Forse…per
Shinsou? Forse la sorpresa. Chi può dirlo.
“Lo
so,” annuisce Todoroki, “Ma credo sia colpa mia se Momo era così nervosa, e se
ha accettato la folle idea di Bakugou forse è stato proprio perché era così
arrabbiata con me. Penso si volesse sfogare, o avesse bisogno di…”
“Non
importa, non è comunque colpa tua, Todoroki-kun,” sorride Ojiro, decidendo di
arrotolare la gamba del pantalone. Funziona, e finalmente riesce a tirarli su,
anche se all’altezza della fasciatura li sente terribilmente stretti. “Se
adesso Shinsou uscisse e decidesse di fare una strage perché è arrabbiato con
me, che cosa ci potrei fare, io?”
“Non
è la stessa cosa, credo.”
“Sì
che lo è. Ti ringrazio molto per la premura, ma non serve che tu resti qui con
me perchè ti senti in colpa per quello che ha fatto Momo. Innanzitutto, in
qualche modo starò bene, me la cavo da solo e devo solo avere pazienza fino a
domani, no? E poi, non sei stato tu a fare danni, quindi non mi devi nulla.”
Todoroki
annuisce. In un qualche modo, quello che ha detto Ojiro ha senso, anche se lui
non sa se ne è del tutto convinto.
“E
poi credo che tu sia qui perché stai scappando.”
Stavolta,
è Todoroki che sobbalza. Guarda Ojiro e quel sorriso che non sa decifrare e
aggrotta le sopracciglia. “Fuggire? Io?”
“Già.”
“E…da
chi starei fuggendo?”
Ojiro
scrolla le spalle, “Da Momo, direi.”
Todoroki
abbassa lo sguardo, “No. In verità, le ho scritto ieri, ma non mi ha ancora
risposto. Quindi immagino che…”
“Le
hai dato il tempo?”
“Come?”
“Di
risponderti, dico, le hai dato il tempo? E’ tornata nel suo corpo all’improvviso,
stamattina, e magari deve riprendersi. Non è nemmeno scesa a far colazione,
stamattina, o almeno io non l’ho vista. Non dovresti essere con lei, adesso,
invece che qui con me?”
“Tu…credi,
Bakugou?”
“Eh?”
Todoroki
sgrana gli occhi. “Scusami, Ojiro, volevo dire…Ojiro”
“Sei
fuso anche tu, eh?” ride Ojiro.
Todoroki
annuisce, ma non è per quello che ha sbagliato. E’ impressionante come quei
due, Ojiro e Bakugou, fossero caratterialmente diversi eppure…eppure lui è più
che certo che Bakugou gli avrebbe detto esattamente le stesse cose che gli ha
detto Ojiro. Anche se forse con un altro tono. Decisamente con un altro tono,
lo sa.
Eppure
sentirlo parlare così lo ha catapultato per un attimo alla sera prima, quando
Bakugou gli ha dato tutti quei consigli su Momo addirittura suggerendogli cosa
scrivere.
Momo
non ha ancora risposto, ma è vero anche quello che ha detto ora Ojiro: non ha
avuto modo, forse. Se è tornata nel suo corpo, ora non ha più il cellulare.
Forse non ha nemmeno letto, a ben pensarci.
Forse
è davvero ora che vada da lei, e che dia retta sia ai consigli di Bakugou che a
quelli di Ojiro.
“Forse
hai ragione. Vado a vedere se riesco ad incontrarla prima delle lezioni.”
Todoroki
si avvia verso la porta, prende la maniglia e apre. Ma non esce subito.
“Posso
farti una domanda, Ojiro?”
“Mh?
Sì.”
“Perché
hai lasciato Shinsou?”
Ojiro
sorride, “Perché era meglio così.”
“Per
chi?”
“Per
lui.”
“Non
penso di aver capito. Ma adesso che siete tornati normali, non dovresti
parlarci di nuovo anche tu?”
“Immagino…di
sì.”
Todoroki
lo guarda di nuovo,ma sembra stranito
quando si volta di nuovo verso il corridoio esterno, come se avesse visto
qualcosa che non si aspettava di vedere. O qualcuno.
Alla
fine si volta di nuovo verso di lui, “Dovresti davvero.”
“Ci
penserò.”
“D’accordo.
Stai attento, con quelle.”
Ojiro
ride, “Non ti preoccupare, Todoroki-kun, non cadrò più!”
--
Bakugou
non ha alcun modo di sfuggire a quella merdosa situazione.
Prima
delle lezioni, si presenta nell’ufficio di Aizawa proprio come gli ha detto di
fare Iida.
Sa
già quello che succederà e la cosa gli rompe più che mai. Non è certo di voler
sentire.
Per
la prima volta, Bakugou Katsuki è preoccupato. Cazzo, se è preoccupato. Questa
volta l’ha fatta grossa, anche se lì per lì non gli è parso.
“Fanculo
tutti,” borbotta, prima di bussare ed entrare.
Gli
occhi di Aizawa sono di fuoco. Letteralmente, perché ha attivato subito il
quirk quando l’ha visto.
È
durato un attimo, sì, ma la sensazione atroce del fuoco furioso di Aizawa c’è
ancora.
Che
cazzo, però, alla fine non ha ammazzato nessuno! Nella situazione di merda in
cui erano tutti, potrebbero pure fargliela passare, sta storia.
“Sai
perché sei qui?” gli chiede Aizawa, girando la sedia per poterlo guardare. Lo
studia dall’alto al basso e forse quello che vede lo fa arrabbiare ancora di
più perché invece di calmarsi, possibilmente si infiamma ancora di più.
“Sì
che lo so,” sbotta Bakugou. Mica è stupido.
Ovvio
che lo sa. Il dannato scimmione ha una gamba rotta. Non passa certo
inosservato.
“Bakugou,”
inizia, e sembra per la prima volta stanco. Sfinito. “Sono…raccapricciato da
quello che ho visto questa mattina. Fin’ora non ti è stato detto nulla, hai
fatto quello che volevi fare, te le ho fatte passare tutte! Ho pensato che
fosse complicato per te, che tutto sommato ti stavi comportando bene con
Yaoyorozu. Ci ho quasi sperato. Ma questo è inammissibile. Hai mancato di
rispetto a tutti i sani principi che dovrebbero muovere un eroe, tutti! Posso
farti passare la rivalità eccessiva con Midoriya, posso farti passare
l’eccessiva aggressività verbale o fisica in combattimento. Posso accettare il
tuo caratteraccio, i tuoi modi di fare contro ogni principio morale. Tutto. E
tutto ti ho fatto passare fin’ora. Forse è stato questo il mio sbaglio,”
sospira, “Ho avuto la mano troppo leggera, su di te. Hai creduto di poter fare
tutto quello che ti passava per la testa senza che nessuno ti dicesse nulla.
Tanto da passare sopra al corpo di un tuo compagno, che si fidava di te e te lo
aveva affidato, finendo per ferirlo tanto gravemente da rompergli un ginocchio.
Se fosse stato in combattimento, in allenamento, o in un qualsiasi altro
momento della vostra vita al dormitorio, forse ti avrei solo sospeso. Ma che tu
abbia avuto l’indecenza, agghiacciante, di usare il suo corpo come se ti
appartenesse di diritto, ferendolo e nemmeno riferendoglielo…senza riferirlo
neanche a me! Questa non posso fartela passare liscia. Credevo stessi crescendo
ma questa situazione mi ha dato conferma che sei solo ancora un ragazzino
viziato che di eroico non ha ancora neanche un Hero Name. Hai toccata il fondo,
Bakugou. Sei fuori dalla Yuuei.”
Bakugou
trattiene il fiato, ma è ancora abbastanza orgoglioso da tacere.
Sì,
questa volta tace, Bakugou, e la cosa sorprende Aizawa per primo, già pronto
com’era a legarlo e placarlo col quirk.
Invece,
Bakugou tace.
Che
forse abbia dato una punizione troppo grande? Che forse, in verità, abbia
capito da solo il suo errore?
“Okay.”
“Prego?”
Bakugou
scrolla le spalle, “Beh? Che cazzo vuole che dica? Non la pregherò di certo.”
“Non
servirebbe,” schiocca la lingua Aizawa, al colmo dell’esasperazione. “Adesso
vai a preparare le tue cose.”
Prima
delle lezioni,Midoriya, appena visto tutti i compagni di classe finalmente al
loro posto, non aveva neanche finito la colazione. Appena Aizawa aveva lasciato
la sala, lui era corso via.
Doveva
vedere All Might e adesso è lì, davanti al suo ufficio, sperando che Melissa
non sia lì.
Non
che non volesse vederla prima della sua partenza, tutt’altro, non vede l’ora di
vederla e gli dispiace l’idea di doverla salutare proprio adesso, ma ha bisogno
di parlare con All Might di quello che è successo.
E
lei non sa dell’One for All.
Quando
entra nell’ufficio, però, lei è lì. È seduta sul divanetto e beve il tè,
parlando con lui.
Midoriya
diventa subito rosso come un peperone, “B-b-buongiorno, Melissa-san!”
“Deku-san!”
esclama anche lei, “Ti stavo aspettando! Sono così felice che tu sia passato di
qui, temevo di dover aspettare la fine delle lezioni per vederti!”
“Ah.
A-anche io sono felice e…”
“Ho
saputo che tutto sta tornando normale! Sono felice che non ci sia bisogno di
nuovo di qualche macchinario, visto che io e Hatsume stavamo andando alla
cieca! A questo punto, in effetti, presto tornerò a casa…” mormora Melissa dopo
un po’ “E vorrei…insomma, dopo le lezioni, ti va di passare il pomeriggio con
me, Midoriya?”
“Ma…ma
certo che sì! Sì sì certo! Volentieri, M-Melissa-san!”
“E’
fantastico! Allora vado subito a finire di preparare i bagagli. Così dopo sarò
libera! Zio Might, noi ci vediamo dopo, giusto?”
“Sì,
certo, Melissa. Ho lezione solo per le prime due ore, oggi.”
“Perfetto!”
Melissa lascia la stanza come un uragano, non
così felice di dover tornare a casa, ma euforica all’idea di avere per tutto il
pomeriggio Midoriya per sé.
Sa
già che non faranno molto, forse parleranno e basta. Lei spera di scoccargli un
altro bacio, prima di partire.
Una
volta soli, comunque, Midoriya si volta verso All Might che gli fa cenno di
sedersi.
Sa
bene di cosa vuole parlare, ha visto Aizawa quella mattina e sembrava furioso,
quindi l’ha fermato e hanno parlato brevemente. Gli è bastato per capire.
Per
questo, quando passa la tazza di tè a Midoriya gli rivolge un gran sorriso.
“Ho
saputo che è tornato tutto normale, giovane Midoriya! Devi essere felice!”
“Sì,
lo sono,” annuisce Midoriya, con un sospiro, “E’ solo che…”
“Che?”
“Beh,
non capisco. Il predecessore aveva detto che tutto dipendeva da chi si era
scambiato, e non da me, giusto? Eppure la situazione non è migliorata. Anzi,
volendo è peggiorata. Penso che ci siano problemi anche fra Shinsou-kun e
Ojiro-kun, quindi non vedo come possano aver chiarito con Kaminari-kun. Senza
contare Kacchan,” sospira, “E quello che ha fatto a Ojiro-kun. E sono proprio i
loro corpi ad essersi scambiati. Capisco meglio Momo eAshido. Ma non ha senso.”
“In
effetti, è strano. Ma tu sei certo di sapere le dinamiche fra loro? Forse i
problemi di cui dovresti tener conto sono quelli del primo scambio, calcolando
che il secondo è stato indotto da Melissa e Hatsume-san.”
Midoriya
ci pensa un attimo. Forse, effettivamente, All Might non ha tutti i torni.
Lo
scambio inziale è avvenuto solo per colpa sua. Ma successivamente chi non è
tornato normale era chi si portava ancora gli strascichi di quello che era
successo precedentemente.
Ovvero
Momo, Kacchan e Ojiro con Kaminari a causa di Shinsou.
Non
capisce Ashido che c’entri, in tutto questo, ma di sicuro Momo e Bakugou, da
quando Momo è finita nel suo corpo, si sono molto avvicinati. Dopo per altro
che lui è stato nel corpo di lei, creando non pochi problemi al povero
Todoroki.
E
proprio la sera dopo l’incidente con il corpo di Ojiro, tutti sono tornati
normali.
Non
può essere una coincidenza.
Ma
Ojiro e Kaminari, allora? Non che a lui risulti che i due abbiano litigato.
Forse, i problemi con Shinsou che ha notato persino uno come lui sono nati
proprio dal fatto che i due si sono riavvicinati? Qualsiasi cosa fosse
successa, che lui non sa.
O
forse il discorso è molto più semplice di così.
Bakugou
aveva problemi con tutti, e questo scambio invece gli ha permesso di
avvicinarsi, che lui lo volesse ammettere o meno, a più di una persona.
E
poi, ci sono Kaminari e Jirou, che non ammettevano i loro sentimenti e che
adesso stanno insieme. Grazie a Ojiro.
Lui
è tornato nel suo corpo a causa del quirk, che è il suo.
Jirou
deve aver fatto pace molto più in fretta con se stessa e con quello che prova
di quanto l’abbia fatto Kaminari.
Ecco
perché sono tornati solo loro due, e non tutti.
E
il secondo scambio ha complicato le cose, ma i problemi sono rimasti gli
stessi.
Quindi
è ovvio pensare che avvicinandosi tanto a Momo da allenarsi con lei, Bakugou
abbia risolto una parte della sua asocialità.
E
allontanando Shinsou –forse, forse hanno solo discusso, forse se l’è sognato,
non ha chiesto informazioni, in verità, non gli sembrava il caso- Ojiro è
riuscito a mettersi il cuore in pace anche con Kaminari.
E
Kaminari stesso ormai sta con Jirou, e di sicuro ora è sereno.
E
Ashido? Lei è l’unica che proprio non si spiega, che è finita in mezzo forse
puramente per caso. Che forse non sia potuta tornare nel suo corpo per colpa
sua, visto che è con lui che si è scambiata all’inizio? E quindi, supponendo
questo,il fatto che lei sia tornata
normale è dovuto al fatto che lui sta cercando di allenarsi, cercando di non
creare più problemi.
Visto
da questo punto di vista, può immaginare che le cose siano andate
effettivamente così, anche se in verità non lo sa e non lo saprà mai. Come
potrebbe? Non è nella testa di nessuno di loro e non conosce i loro dilemmi
personali.
“Forse
hai ragione, All Might. Immagino comunque che l’unica cosa che conti sia che
tutto è tornato normale.”
“Esatto,
giovane Midoriya. Tutto è bene quel che finisce bene. E cerchiamo di evitare
che il giovane Bakugou lo scopra.”
Midoriya,
solo a quell’idea, rabbrividisce, “Kacchan mi ucciderebbe.”
“Rimarrà
un segreto fra me e te.”
“S-sì.
Assolutamente.”
--
A
lezione quella mattina Bakugou non è in classe.
E
sembra strano a tutti, perché ha partecipato nel corpo di qualcun altro, adesso
che è finalmente tornato nel suo è assurdo che si sia dato alla macchia,
perdendo preziose ore di lezione.
Quindi,
esattamente cosa sta succedendo?
Kirishima,
il più vicino a Bakugou da sempre dopo Midoriya, non sa nulla. E nemmeno
Midoriya stesso.
Quando
Aizawa entra in aula, però, è palese che qualcosa sappia. Guarda il banco di
Bakugou, sospira, e poi fa l’appello saltando il suo nome, senza chiedere dove
sia.
È
chiaro a tutti che Aizawa sappia.
E
se Aizawa sa, non sono buone notizie. Non lo sono affatto.
È
per questo che Kirishima si fa prendere quasi dal panico, e a nulla servono le
parole di conforto o le manine di Mina strette nelle sue.
Persino
Ojiro è un po’ a disagio, mentre di tanto in tanto si gira a fissare il banco
di Bakugou. Che c’entri lui? Ha la sensazione di sì, o più che altro quel gesso
che lo rende così impacciato nei movimenti.
Ne
ha maggior conferma quando torna in dormitorio, da solo, perché il resto della
classe è in palestra per l’ultima ora di allenamento ma lui, tanto, per quel
giorno, deve rinunciarvi. Sperando che Recovery torni il giorno successivo,
ovviamente.
Quindi
saltella con le stampelle fino alla sua stanza, usando ovviamente l’ascensore,
ma fuori dalla porta c’è Bakugou.
Di
tutti quelli che si sarebbe aspettato.
Eppure,
per un qualche motivo si mette subito sulla difensiva.
“Che
vuoi?” esclama, forse un pelo troppo eccessivo, “Levati. Faccio già fatica
senza che mi stai in mezzo alla strada.”
Bakugou
si scosta.
Si.
Scosta.
Ojiro
quasi non cade per la sorpresa. E Bakugou addirittura lo afferra quando lo vede
traballare.
Lo
aiuta.
“Ti…ti
senti bene, Bakugou? Non…non mi dici che non devo darti ordini?”
Bakugou
gli molla subito il braccio e infila le mani nelle tasche dei pantaloni. “Non
devi darmi ordini a cazzo, infatti.”
“Ah.
Ecco.”
“Però
ero in mezzo.”
Ojiro
sente il bisogno di sedersi, “Ossignore, allora è grave. Forse Recovery deve
venire prima da te.”
“Non
dire cazzate.”
“Ma…”
“Senti
non rompermi i coglioni e fammi parlare che perdo il filo.”
Ojiro
annuisce. Ora lo riconosce un po’ di più.
Anche
se gli sembra comunque strano, ecco.
“Non
volevo usare il tuo cazzo di corpo come se fosse il mio. Ad essere onesti, ho
avuto la sensazione che anche tu fossi piuttosto sfrustrato, ed è vero che non
so usare quella cazzo di coda di merda, ma ci sono stato attento. Non pensavo
che potesse succedere quello che è successo. Non volevo fare altro che un po’
di ginnastica per bene, e mi sembra che il tuo corpo ci sia abituato eccome.
Come facevo a sapere che sarebbe successo il delirio!? E non ho nemmeno avuto
tempo per dirlo a nessuno, cazzo, perché è successo tutto tardi e troppo in
fretta! E che diamine! Quindi…”
“Stai
cercando di scusarti?”
“Non
interrompermi!”
“…s-scusa.”
“Non
sono così coglione da farmi influenzare da maschio e femmina! Delle cose che
non sono mie ho rispetto a prescindere! Pensavo solo che potesse essere più
semplice in un corpo simile al mio che a uno con quel peso del cacchio sul
davanti e…e tutto il resto,” finisce in un brontolio, ma è ovvio si stia
riferendo al ciclo, “E poi se non lo facevamo Yaoyorozu sarebbe comunque esplosa
in classe, o chissà dove, magari si sarebbe fatta più male ancora da sola.
Conosco il mio corpo.”
Bakugou
a quel punto tace. E anche Ojiro, che cerca di raccimolare tutto quello che ha
scoperto.
In
effetti, dal suo non esattamente lineare punto di vista, Bakugou non ha fatto
niente di male. Ha cercato di aiutare Momo. E se stesso, anche, ma quello è
normale, in fondo.
“Avresti
dovuto chiedermelo. Avrei detto di sì.”
“E
quindi non sarebbe cambiato un cazzo, no?”
“Sì,
invece. Sarebbe cambiato che non avresti fatto la parte dell’irrispettoso di
turno. Che ti avrei coperto, e non sarei stato così arrabbiato. Non sarei sceso
a colazione, mi sarei inventato una scusa e Aizawa non mi avrebbe visto. Ti ha
messo inpunizione, vero? È per questo
che non eri a lezione?”
“Mh.”
“Va
bene. Se stavi cercando di chiedermi scusa, ti perdono, Bakugou. A patto che tu
me lo dica.”
“E’
quello che ho fatto.”
“No.
Ci hai girato intorno. Non è chiedere scusa, quello, diamine! Anche se volevi
aiutare Momo, mi hai massacrato. Era il mio corpo e non me l’hai nemmeno
chiesto!”
“Ma
se hai appena detto che avresti detto di sì!”
“Ma
non me l’hai chiesto, cazzo!”
Bakugou
per un attimo tace. È la prima volta che lo sente usare certe parole. Per un
attimo ghigna.
Poi
sospira. Cazzo, è dannatamente difficile. Neanche a quel coglione di nerd ha
mai chiesto scusa, ancora.
Fanculo.
“Mi
dispiace.”
E
di solito non basterebbe. Insomma, difficile dire che non sia una presa per il
culo.
Ma
Bakugou non chiede scusa nemmeno per finta.
Se
lo ha fatto, è sincere. Ojiro crede di conoscerlo almeno un poco, ormai.
Sorride,
“Perdonato. Ma la prossima volta ricordati che anche se credi di saper usare
una cosa che non è tua devi comunque chiedere al legittimo proprietario!”
“Non
farmi la cazzo di romanzina anche tu, scimmione del cazzo!”
“Ma
sono le basi dell’educazione!” sospira Ojiro, scuotendo il capo.
È
più difficile del previsto avere a che fare con Bakugou, da quando tutto questo
è successo, eppure allo stesso tempo più semplice. Perché è vero che è molto più
nervoso, e risponde peggio che mai, ma ha imparato ad ascoltare.
Si
è dimostrato più educato e rispettoso del previsto, a voler essere onesti.
Anche
se in un modo molto alla Bakugou.
“Tanto
ormai è tardi,” borbotta Bakugou mentre lo supera per avviarsi verso le scale.
Ojiro
incline appena il capo, ci mette un po’ a girarsi e quando lo fa Bakugou è già
sceso di due scalini. “Tardi per cosa? Bakugou?” lì per lì non gli risponde, ma
si ferma. Aspetta che lo raggiunga con la lentezza che lo caratterizza adesso.
Ma
non si gira. “Sono espulso.”
“Cosa?!”
Kirishima
fa le scale a due a due, ma quando arriva nella stanza di Ojiro e bussa non
risponde nessuno.
Ha
provato anche nella stanza di Bakugou, ma ovviamente anche se era dentro lui
non ha risposto affatto. Immaginava non l’avrebbe fatto.
Ha
parlato con Aizawa, e lui non ha rivelato assolutamente niente, anche se ha
insistito.
È
stato Ojiro a scrivergli, invece, dicendogli che Bakugou gli ha detto che
Aizawa l’aveva cacciato. Per questo sperava di trovarlo in camera, ma non c’è.
Non
puòcrederci che Bakugou sia stato
esplulso.
È
assurdo.
È
sempre stato uno studente problematico, più di altri di certo, ma non merita
l’espulsione per quello che è successo.
Non
se lo merita.
“Shinsou!”sbotta quando lo vede, quasi in panico,
“Dov’è Ojiro? L’ho cercato dappertutto ma non lo trovo da nessuna parte,
accidenti!”
“E
perché dovrei saperlo io?”
“Eh?
E scusa e chi se non…oh,” Kirishima prende il cellulare, legge in fretta il
messaggio, annuisce a sè stesso, “E’ da Todoroki,” gli dice come se credesse
fosse giusto dirglielo, poi corre via.
E
lo lascia lì. Shinsou rimane a lungo interdetto.
Perchè
Ojiro è da Todoroki? Non che sia più un suo problema, a conti fatti, perché non
lo è più. Lo sa.
Ma
perché da Todoroki?
Il
modo in cui si stanno comportando è così sospetto! O forse è lui che vede cose
che non esistono?
Eppure,
ai suoi occhi ci sono eccome.
Dovrebbe
preoccuparsi di che cosa sta succedendo, perchè sembra ci sia un po’di
trambusto e lui non ha diritto, lo sa, non ha più alcun diritto su Ojiro. Ed è
colpa sua.
Ma
gli fa comunque rabbia.
In
camera di Todoroki Kirishima arriva di corsa.
La
porta è aperta, evidentemente lo stavano aspettando, quindi entra trafelato.
Non
si chiede nemmeno perché Todoroki sia lì e non con Momo. O perché Ojiro sia lì,
poggiato al muro e la gamba gessata ben tesa.
“Ragazzi!
Che cosa vuol dire il messaggio che mi hai mandato?!”
Ojiro
sospira, “Sei stato da Bakugou?”
“Non
mi ha fatto entrare. Ma c’era, perchè sentivo rumori.”
“Prima
Bakugou è stato da me. Mentre vi allenavate. Mi ha chiesto scusa. Beh, a modo
suo,” spiega Ojiro.
Questa
volta è Todoroki ad annuire, “Bakugou non l’ha fatto con cattive intenzioni.”
“Lo
so,” sorride Ojiro, “L’ho capito. Aizawa-sensei no, però, perché mi ha detto
che l’ha espulso.”
Kirishima
si lascia cadere sulle ginocchia, le mani fra i capelli, molto vicino alla
disperazione.
“Non
se lo merita! Non sarà il migliore del mondo, lo so, però…”
“Sta
migliorando pian pianino,” ridacchia Ojiro, “Comunque, volevo andare a parlare
con il professor Aizawa. Visto che è stato cacciato per me, forse se mi invento
qualcosa potrebbe chiamare idea.”
“Non
credo che Aizawa potrebbe cambiare idea.”
“Perché
no! Sarebbe ragionevole pensare che ha esagerato un po’!”
“Aizawa
è famoso per espellere la gente,” fa Todoroki, “Ricordate il primo anno?”
“Sì
ma poi vengono spesso reintegrate,” nota anche Kirishima, “No? O non
esisterebbero le classi successive alla nostra.”
“Comunque
sia, io ci vado domani, dopo essere stato da Recovery,” afferma Ojiro, “Magari
se mi vede intero gli migliora l’umore.”
“Vengo
anche io! È il mio migliore amico!”
“Vorrei
venire anche io,” mormora Todoroki.
Ojiro
ridacchio, “Sono venuto qui apposta! Anche per chiederti se potevi dirlo a
Momo.”
“Sì.
Ci penso io.”
“Quindi
avete chiarito?”gli chiede Mashirao, aprendosi in un gran sorriso quando
Todoroki annuisce.
“Abbiamo
parlato. È stato più semplice…di quanto pensassi.”
“Mi
fa piacere!”
--
Todoroki
era stato da Momo l’attimo dopo aver lasciato la stanza di Ojiro, quella
mattina, prima delle lezioni.
Quando
è arrivato, ha incrociato appena Uraraka e la sua cera non gli è sembrata della
migliori, sembrava particolarmente giù di tono, ma ha fatto finta di nulla ed è
andato comunque a bussare alla sua fidanzata.
L’ha
trovata che stava ancora leggendo il messaggio che le aveva mandato la sera
prima con l’aiuto di Bakugou e che non poteva aver letto prima perché dopo lo
scambio avvenuto di notte non aveva con sé il suo cellulare.
“E’
vero quello…che mi hai scritto?”
Todoroki
fa mente locale, ricorda bene tutte le parole dettate da Bakugou e trascritte
da lui. Annuisce subito, “Ogni singola parola.”
“Oh
Shoto, io…” Momo sospira pesantemente, “Capisco il motivo per cui mi hai
sgridata, ieri. Mi dispiace così tanto, per Ojiro-kun! Ma…”
“Ma?”
“Ma
io non sapevo che cosa fare! Ero così arrabbiata, e frustrate, e triste, E il
corpo di Bakugou sembrava così…così…”
“Così?”
Momo
lo guarda. Sospira, “Beh…Teso. Quanto me. E non riuscivo a sopportarlo.”
Todoroki
annuisce, “Credo che sia colpa mia se stavi così. Mi dispiace molto, Momo. Il
fatto è che io…che nemmeno io sapevo bene come comportarmi, in quella
situazione. Prima, dovevo proteggerti. Poi…poi…”
“Poi
era Bakugou quello che aveva bisogno di aiuto, vero?”
Todoroki
tace. Potrebbe dire che la verità era che non sapeva come gestire la sua
ragazza proprio nel corpo del ragazzo a cui si era avvicinato tanto e in
fretta, a causa di quella situazione. Stava iniziando a conoscerlo e vedere
Momo dentro di lui l’aveva destabilizzato.
“Forse
è stato quello. Io non sono bravo in queste cose, lo sai. A parlare con gli
altri e a interagire e…e questa situazione mi ha messo in crisi. So che era
così anche per te, ma eri in mani migliori con Uraraka, io credo. Però adesso
sei tornata, e…e mi manchi.”
Momo
si asciuga gli occhi, annuisce, si allunga a prendergli la mano e la stringe. È
stata così stupida a dubitare di lui. Uraraka aveva ragione, glielo ha detto in
tutti i modi. Avrebbe dovuto ascoltarla.
“Saresti
venuto anche se non fossimo tornati ognuno nei propri corpi, vero Shoto?”
“Ma
certo che sì. Stavolta sì.”
“Meno
male,” singhiozza lei, “Sono così felice.”
“Possiamo…stare
un po’insieme? Non abbiamo molto tempo prima delle lezioni ma…dopo. Alla pausa
pranzo?”
“Ne
sarei…ne sarei felice, Shoto,” sussurra lei, avvicinandosi a lui di un passo. Shoto
tentenna appena, la guarda stretta nelle spalle e in lacrime. E alla fine l’abbraccia,
carezzandole i capelli.
Ojiro
riesce ad andare da Recovery Girl poco prima della pausa pranzo, il giorno
successivo. L’anziana rientra alla Yuuei solo quella mattina, infatti, ma non
volendo perdere le lezioni deve accontentarsi..
Bakugou
non c’è neanche quel giorno, e questa volta anche Midoriya e Uraraka se ne
preoccupano. Li sente parlare con Todoroki, e sa di certo che verranno anche
loro due.
Forse
è meglio così. Più sono, meglio è. Più hanno possibilità di convincere Aizawa.
Almeno,
lo spera.
Recovery,
quando si presenta, accompagnato da Shoji, lo fissa un po’, come se si stesse
chiedendo cosa fosse successo mentre lei non c’era.
“E’
stato un incidente. È caduto dalle scale. Bakugou, dico,” inventa Ojiro, perché
non vuole domande. Non è il momento e non hanno tempo!
“Ah,
già. Lo scambio,” mormora Recovery, come se se ne fosse ricordata in quel
preciso istante.
Subito
dopo, lo cura e poi lo libera finalmente dal gesso e dalle fasciature.
Ojiro
prova a muovere la coda per la prima volta da quando è tornato nel suo corpo,
assorbe quella meravigliosa sensazione d’appartenenza e pesantezza che gli
regala.
Ora
sì che sente di essere tornato nel proprio corpo, accidenti.
“Grazie
mille!” esclama subito dopo, poi apre la porta e corre via, con Shoji alle
calcagna.
Gli
altri li aspettano fuori dall’ufficio insegnanti dove, di sicuro, c’è anche
Aizawa.
Non
pensava che si sarebbe mai ritrovato a fare una cosa simile per qualcuno come
Bakugou, che non è mai stato gentile con lui. Nemmeno durante quello scambio è
stato gentile col suo corpo. Ma lo è stato, in altre situazioni, a modo suo
durante quel periodo apparentemente lunghissimo.
E,
a prescindere, non meritava l’espulsione.
È
un suo compagno e, anche se è scorbutico e antipatico, si merita di stare alla
Yuuei. Sta migliorando, e si merita di poter continuare quel percorso insieme a
loro, di continuare a dimostrare che sa essere anche una persona migliore, se
si impegna.
Di
diventare un eroe.
“Eccoci!”
“Ah,
finalmente!” esclama Kirishima, “Stai bene, Ojiro? Come ti senti?”
“Bene,”
annuisce Ojiro, saltellando un po’ sulle gambe come a provarlo, “Alla grande.”
Shoji
gli mette una mano sulla spalla, spingendolo un po’ avanti verso Todoroki e
Momo, “Bussa tu,” gli dice.
Ojiro
annuisce. Non gli piace essere in prima linea su certe cose, tipo quelle, non è
abituato a guidare un gruppo. Non è mai stato un leader, nemmeno un braccio
destro, lui è quello che normalmente sta dietro, copre le spalle o chiude le
linee. Quello su cui si può contare ma che non sceglieresti mai come cardine
del piano.
Perché
è così normale. Ha solo la coda, un quirk così debole e a tratti patetico.
E
Bakugou è sempre stato il primo a ricordarglielo. Così come Shinsou invece gli
ha sempre detto il contrario.
Già,
Shinsou. Che non c’è, anche se Kirishima ha detto di avergli parlato.
Non
tutta la classe lo sa, ma solo perché non potevano venire in venti, avrebbero
intasato il corridoio.
Ad
ogni modo, non è a Shinsou che deve pensare. Visto che comunque anche se gli ha
mandato Shoji ad aiutarlo, non si è nemmeno fatto vedere né sentire. Eppure,
l’ha visto com’era ridotto.
L’ha
visto e l’ha ignorato.
E
adesso forse non c’è proprio perché è un idiota, e ce l’ha con Bakugou, ma con
che diritto? Visto che non gli ha mai nemmeno chiesto come stava, in quelle
quasi quarantotto ore?
Scuote
la testa. Non è il momento.
Alza
il braccio e bussa, ma apre prima che qualcuno da dentro risponda. “Professor
Aizawa? Dobbiamo parlare con lei!”
Aizawa,
che effettivamente è dentro, sospira. Accanto a lui, Mic gli tira una gomitata,
“Te l’avevo detto che sarebbero venuti, darling!”
“Taci,
Hizashi,” sbotta Aizawa, alzandosi. Ma poi, per andare dove?.
“Ascoltali.
Dammi retta, Shota. Cambia idea.”
“Taci,
ho detto,” brontola, “Cosa volete.”
“Siamo
qui per Bakugou,” afferma Ojiro “Sappiamo dell’espulsione.”
Aizawa
lo squadra, ben lieto che finalmente può smettere di pensare a quella storia,
visto che il ragazzo sta bene.
E
invece no. Adesso è accerchiato.
“Allora
sapete anche che se non filate via gli farete tutti quanti compagnia.”
“Non
puoi espellerli tutti, Shota!”
“Fa
silenzio, Mic, faccio quello che mi pare e dovreste saperlo tutti.”
“Allora
ci espella pure tutti quanti,” fa Todoroki, risoluto, facendo un passo avanti,
“Pare che non le importi nulla di aver commesso un’ingiustizia!”
“Ingiustizia?”
alza un sopracciglio Aizawa, “Mi state insinuando che ho commesso un errore?”
“Sì!”
trilla Kirishima, “Sappiamo tutti quanti che Bakugou non è l’immagine del santo
eroe, ma non merita nemmeno questo!”
“Kacchan
si sta impegnando davvero per cambiare. E lei questo lo sa.”
“Ha
commesso un errore, ed è giusto punirlo, ma questo è troppo, Aizawa-sensei. E,
inoltre, se punisce in questo modo lui, deve cacciare anche me…”
“…Momo,
no!”
“...Sì
invece! Perché sono stata io a ferire il corpo di Ojiro, è stata tutta colpa
mia. E, Ojiro, non mi sono ancora scusata con te, mi dispiace immensamente!”
“E’
stato un incidente,” sorride Ojiro, “Un incidente, Aizawa-sensei. Non può
espellere qualcuno per un incidente, anche se grave.”
Aizawa
sospira, massaggiandosi la base del naso. “Cosa ti fa parlare così, dopo ieri
mattina?”
Ojiro
abbassa lo sguardo per un attimo, poi torna a guardare il suo insengnate, “E’
venuto a scusarsi ieri dopo le lezioni e a spiegare quello che è successo. Ero
arrabbiato ieri mattina ma nemmeno sapevo quello che era successo. Adesso lo
so, e forse Bakugou non si è comportato nel modo migliore, ma l’ha fatto perchè
voleva aiutare Yaomomo e questo non può essere punito, le pare? Non si può
punire una persona che cerca di aiutarne un’altra, è questo il compito di un
eroe, no?”
Aizawa,
stavolta, alza entrambe le sopracciglia, “Yaoyorozu?”
“S-sì!
È la verità!” esclama lei, irrigidendo la schiena. Todoroki gli prende la mano,
la stringe e lei riesce finalmente a rilassare un po’ le spalle, “E’ così. Ero
nervosa, e tesa. Rischiavo di perdere il controllo del suo quirk. Ne avevo
paura, dopo quello che è successo a Jirou mentre era Kaminari. Non l’ho detto,
ma Bakugou deve…deve averlo capito. Forse perché era il suo corpo,” non è del
tutto la verità, c’era tanto dietro quello che è successo, una situazione che
stava estenuando sia Bakugou che Yayorozu stessa.
E
la verità è che se le cose fossero andate come da programma, e non fosse
successo nulla di brutto, le cose sarebbero veramente potute migliorare.
“E
secondo voi, se fosse vero e quindi io dovessi credervi, perché Bakugou stesso
non me ne ha fatto parola?”
“In
che senso?”
“Ha
accettato l’espulsione senza far lamentele, Kirishima.”
“COME?”
“A maggior ragione!” esclama Uraraka, prendendo parola per la prima volta, “Bakugou
non avrebbe mai accettato se non si sentisse in colpa e non fosse dispiaciuto
per quello che è successo! Se non si è lamentato,se non ha urlato…vero,
Deku-kun?”
“Sì,
lo penso anche io,” annuisce Midoriya, “Anche il fatto che sia andato da
Ojiro-kun senza che nessuno glielo facesse notare…Vuol dire davvero che sa che
l’ha combinata grossa e si sente in colpa.”
“Ma
anche così, professore, punirlo con l’espulsione è eccessivo!”
“La
prego, sia ragionevole!”
“Per
favore!
Aizawa
sospira. Sente chiaramente Mic ridacchiare alle sue spalle e ha così tanta
vogli di picchiarlo che gli tremano le mani, motivo per cui le caccia subito in
tasca.
“Prendo
atto di quello che avete detto,” sospira, “Adesso filate in dormitorio e
studiate.”
“Aizawa-sensei…”
“Filate.
Via. Subito!” sbotta, chiudendo loro la porta in faccia.
Gli
fa male di nuovo la testa.
“Tanto
non avevi davvero voglia di mandarlo via.”
“Sta
zitto, Hizashi, o mi sfogo su di te.”
Present
Mic alza le mani, ridendo divertito, “Okay, okay.”
“L’avrei
fatto invece. Per quello che avevo visto, era inaccettabile. Ma a questo punto
mi cambiano tutte le carte in tavola.”
“Ieri
eri arrabbiato,” sogghigna Mic, “Ma lo sai che se quel ragazzino non ha
spiccicato parola è perché c’è qualcosa che non va.”
“Lo
sospendo per un mese.”
“Oooh,
anche questo è una brutta punizione.”
“Non
posso mica cancellargli tutto come se niente fosse.”
“Una
settimana? Un mese è really much!”
“Tre.”
“Due.”
“Venti
giorni e mi spieghi perchè stai intervenendo per lui?”
Hizashi
scrolla le spalle, “Sono la voce della tua coscienza, Shota.”
Aizawa
alza gli occhi al cielo, “Va al diavolo, Hizashi!”
--
Con
l’animo un po’ più leggero, all’idea di aver fatto la cosa giusta, anche se non
è certo di quale sarà la decisione di Aizawa, Ojiro si dirige subito verso la
sua stanza.
Per
qualche motivo è certo che andrà bene. Che le loro parole hanno raggiunto
Aizawa.
Il
suo sguardo è cambiato mentre parlavano e spiegavano. Se prima era arrabbiato
poi si è fatto comprensivo, a tratti annoiato. Insomma, quasi come ogni giorno.
Spera
che prenderà la decisione giusta.
L’espulsione
di Bakugou non è ancora ufficiale, e spera che non lo diventi affatto.
Adesso,
l’unica cosa a cui vuole pensare è recuperare tutto il tempo perso in quel
periodo di scambi. Non a livello scolastico, perché non ha mai smesso di
studiare e di stare attento alle lezioni, a parte i primi due giorni nel corpo
di Jirou –essenzialmente perché non si sentiva bene. Più che altro, a livello
fisico.
Kaminari
non si è certo allenato e Bakugou quando ci ha provato gli ha spaccato una
gamba. Quindi, sono più di due settimane che il suo corpo è fermo, e lui non ci
è abituato.
Fin
da bambino ha sempre praticato sport, molteplici tipi di arti marziali e anche
altro, quindi adesso ne sente davvero fisicamente il bisogno.
Lui
non ha un quirk di cui possa perdere il controllo o che possa rischiare di
ferire per sbaglio. Ma sente la tensione dei muscoli e la rigidità della coda.
Ha
bisogno di muoversi.
Ha
davvero bisogno di allenarsi.
Quando
arriva nella sua stanza, però, si blocca.
C’è
Shinsou. Lì, poggiato allo stupide della sua porta come se lo aspettasse, le
braccia incrociate, e sembra anche nervoso.
“Che…ci
fai, qui?” mormora Ojiro, annunciando la sua presenza.
Shinsou
di risposta sobbalza, lo guarda di sfuggita ma mai direttamente negli occhi.
Eppure sembra arrabbiato, anche, stringe i pugni nascosti sotto le braccia
incrociate sul petto.
Si
chiede se qualcuno l’abbia costretto a stare lì, gli sembra assurdo ma allo
stesso tempo non tanto. Non sa che cosa sia successo mentre lui, Todoroki e gli
altri erano dal professore.
Sa
che Kaminari lo farebbe, lo spingerebbe a parlargli, anche solo per
ricambiargli il favore avuto con Jirou, anche se l’ha fatto per amicizia. Forse
anche Shoji lo farebbe, anche solo nella speranza che possa far bene ad
entrambi, ma era con lui e quindi non possono aver parlato.
Ad
ogni modo decide di tacere, e aspettare.
Shinsou
ci mette un po’, ma alla fine parla lui.
“Che
succede con Todoroki?”
Ojiro
sbatte le palpebre, perplesso, “In…in che senso?” è questo quello che vuole
chiedergli? Solo questo?
“Nel
senso di che succede! Ti sei comportato in modo strano con lui, l’ho visto seguirti
in camera e ieri eri tu nella sua.”
Ojiro
drizza la schiena, “Che fai, mi controlli?”
“No.
Ero preoccupato.”
“E
allora bussi alla porta e mi parli, non mi segui di nascosto!”
“Quindi
è successo davvero qualcosa.”
“Non
essere stupido! Todoroki-kun sta con Momo, non lo farei mai!”
“E
allora perché ti stava praticamente appiccicato?”
Ojiro
sgrana gli occhi, “Ora fai anche il geloso?”
“Io
sono geloso!” sbotta Shinsou, “E
voglio sapere, a costo di usare il brainwash!”
“Non
oseresti! Me lo hai promesso…”
“Lo
hai detto tu che non stiamo più insieme.”
Ojiro
fa un passo indietro, sembra sconvolto e per un istante Shinsou si pente del
tono a cui è arrivata quella conversazione. Ma deve sapere.
“Quindi
mi useresti contro il lavaggio del cervello? Ti fidi così poco di me? Pensi che
ti ami così poco da provarci con un altro, per altro Todoroki cazzo che sta con
Momo, solo dopo due giorni?!”
A
Shinsou si stringe per un attimo lo stomaco, gli occhi di Mashirao sono lucidi
e sembrano sul punto di scoppiare a piangere. Anche se non versa nemmeno una
lacrima.
E’
orgoglioso Mashirao. Lo ama anche per quello.
“Mi…ami?”
“Sì,
maledizione!” sbotta anche Ojiro, incrociando le braccia al petto e
stringendosi nelle spalle, “Purtroppo sì. Todoroki voleva solo scusarsi per
quello che era successo e aiutare. A differenza tua. Vattene via, adesso.”
“Mashirao…”
“Non
chiamarmi per nome!” gliurla contro,
sconvolto e arrabbiato “Sì, ti amo ancora, ma sono incazzato nero e se non ti
togli dalla mia vista adesso Shinsou giuro che ti picchio!”
Ma
Shinsou non si muove. Resta lì e lo guarda.
“Te
ne vai o no?”
“No.”
“Shinsou…ti
giuro…”
“Picchiami.
Me lo merito, lo so. Mi sono comportato come un idiota da quando è iniziata
tutta questa storia, sono stato un pessimo compagno e invece di aiutarti ti ho
dato ancora più problemi. Ma adesso che mi hai detto che mi ami ancora, non mi
muovo più di qui finché non mi dai modo di farmi perdonare.”
Ojiro
praticamente trema di rabbia, e frustrazione, e forse altro. Sembra ancora sul
punto di piangere, e Shinsou si sente in colpa per questo.
E’
ancora più dell’idea di non muoversi affatto di lì.
“Ma
tu veramente…tu davvero pensavi che solo perché ti avevo mollato…”
“Non
so cosa pensassi. Anzi, probabilmente non pensavo.”
Il
pugno cozza con violenza inaudita contro la mascella di Shinsou, Ojiro non ha
affatto contenuto la sua forza e Shinsou finisce contro il muro, la bocca e il
naso che sanguinano.
“Allora
continua a non pensare, ma lontano dai miei occhi!” urla Ojiro, scavalcandolo
per aprire la porta della stanza e chiudendosela dietro subito dopo.
Kaminari
si affaccia con cautela. Ha sentito solo le ultime battute di Ojiro, perché stava
urlando, non sa cosa gli ha detto Shinsou però che invece parlava in maniera
più contenuta. Però se lo ritrova lì, in mezzo al corridoio del loro piano, a
terra, la testa incassata nelle spalle e la faccia mezza pesta.
È
indeciso se farsi i fatti suoi o no, ma non può farlo sul serio. Loro lo hanno
aiutato così tanto, specie Mashirao. Però Ojiro ha chiuso la porta a chiave e
poi ha davanti Shinsou, non può ignorarlo.
“O-oi,
amico, ma…”
“Sta
zitto!” sbotta Shinsou, alzandosi. Non ce l’ha con Kaminari, ma non ha voglia
di sentire anche lui. “Non ho bisogno della romanzina anche da te.”
“Io
non faccio romanzine,” brontola Kaminari, “Non sono abbastanza intelligente per
le romanzine. Volevo chiederti come stai.”
Shinsou
non risponde. Come vuole che stia? Ha litigato di nuovo con Mashirao, stavolta
di brutto, e si è preso pure un cazzotto atroce da lui. Che fa male. Brucia
come l’inferno ma non per il labbro spaccato, no.
Quello
lo sopporterebbe.
È
il suo significato che fa male.
Ha
sbagliato. Forse stavolta è davvero tutto finito.
“Senti…magari
vuoi…”
“No.
Vado…in camera mia.”
Kaminari
fa un passo in avanti, del tutto intenzionato a seguirlo. Mica lo può mollare
così, no? Cioè, s’è preso un cazzotto dal suo ragazzo…ex…quello che è. Lui
morirebbe se succedesse con Jirou. Quello che sa è che si amano ancora. E forse
uno come lui non è abbastanza sveglio da capire quale cavolo sia il problema.
Si
amano e sanno di amarsi.
Lui
aveva paura di dirlo a Jiro perché era certo che non lo ricambiasse. Ma loro lo
sanno!
E
quindi che diavolo stava succedendo?
Jiro
sbuca in quel momento, è scalza e lo guarda con fare accusatorio. “Denki,
perché sei ancora lì?”
“Non
so se seguirlo…”
Lei
alza gli occhi al cielo, “Va da Ojiro!”
“Ma
Shinsou sanguinava. Magari dovrebbe andare da Recovery?”
“Shinsou
se lo meritava.”
“Hai
origliato!”
Kyoka
arrossisce appena, poi scuote il capo, “Urlavano. Non mi serviva attaccarmi al
muro. Sei tu che sei sordo.”
“Io…io
ero distratto…sai com’è…”
E
Jiro avvampa, gli tira un calcio sugli stinchi per punizione pentendosi di
essere scalza e poi va a bussare con forza alla porta di Ojiro.
“Vai
via!” si sente urlare da dentro, “Vattene!”
Jiro
sospira, “Sono Kyoka. Con Denki.”
Nella
stanza cala il silenzio per un po’, Jiro sente chiaramente scorrere l’acqua del
bagno ma anche se deve essersi lavanto il volto, quando apre la porta Ojiro ha
un aspetto orrendo e gli occhi quasi pesti dal pianto.
“Abbiamo
sentito…qualcosa.”
“Immagino.”
“Va
tutto bene, Ojiro-kun?”
Ojiro
abbozza un sorriso, è così tirato che nemmeno uno come Kaminari potrebbe
crederci. Jiro no di certo. “Va tutto bene, sì. Scusate se vi ho dato fastidio.”
“Ma
ti pare. Sei sicuro che va tutto bene?”
“Sì,
Jiro-san.”
“Ma
si può sapere che è successo?!”
“Denki!”
Kaminari
salta indietro per evitare i jack, “Scusa ma…prima ho incrociato Shinsou. GLi
hai spaccato mezza faccia.”
“Bene,”
afferma Ojiro, e nonostante la voce tremolante è così perentorio che fa paura.
“Ma
come bene…”
“Se
non avessi volute fargli male non gli avrei tirato un pugno. E’ uno stupido, se
lo merita, non voglio più parlarne, né di lui né con lui.”
“Però…”
“Denki
smettila,” sbotta Jiro, “Senti, Ojiro-kun, vuoi…un po’ di compagnia?”
“Non
sarei molto di compagnia.”
“Non
importa,” sorride Jirou, comprensiva, “Ma non mi sentirei bene con me stessa se
ti lasciassi da solo.”
Ojiro
abbassa gli occhi per un istante, poi ricambia il sorriso, si passa una mano
sugli occhi anche se in quel momento sono perfettamente asciutti, e alla fine
annuisce, “Grazie.”
--
Quando,
il giorno dopo, Bakugou comunque non è in classe, l’umore generale è basso.
Non
possono credere che sia stato tutto inutile, non poi dopo aver fatto l’errore
di credere di avercela fatta.
E
non è stata una bella mossa, Aizawa se ne accorge subito quando entra in
classe. Eppure ha il suo sogghigno inquietante sul volto quando si posiziona
dietro la cattedra.
“Aizawa-sensei,”
inizia Ojiro, ma Aizawa gli rivolge un’occhiata che lo raggela sul posto.
Poi
sogghigna di nuovo.
Midoriya
rabbrividisce visibilmente.
“La
sospensione di Bakugou si alza di un giorno ogni volta che osate di nuovo
infastidirmi con questa storia.”
“Sospensione?
Ma…ma quindi…”
“Siamo
già a ventuno giorni, Kirishima.”
Kirishima
sobbalza, “No, no, per carità! Ecco, mi metto qui, non dico più niente. Muto.”
“Bravo.
Voi altri?”
Ojiro
si siede subito, e gli altri ne seguono l’esempio subito dopo. Ma sorridono.
Lo
sapevano che Aizawa non poteva essere così cattivo da non capire quello che gli
avevano detto.
Momo
alza timidamente la mano, “Possiamo dire una sola cosa, senza intaccare la
punizione di Bakugou?”
Aizawa
sospira, “Una sola, Yaoyorozu.”
Momo
annuisce, si alza, “A nome di tutta la classe, Professor Aizawa,” inizia, poi
si inchina, “Grazie. Non solo per Bakugou, ma per il suo aiuto durante questa
situazione surreale. Grazie, professore!”
“Ma,
perché, che era successo a Bakugou? Di che parlate? Eh?”
Ojiro
si gira verso Kaminari e si mette l’indice sulle labbra, “Ssh, te lo spiego
dopo, Kaminari, okay?”
“Ma…”
“Un’ottima
idea, Ojiro. Perché se non inizio la lezione entro dieci secondi, trovo anche
una punizione per voi,” sbotta Aizawa, ma non sembra davvero arrabbiato, in fin
dei conti, “Siediti, Yaoyorozu. Non serve che ringrazi. È il mio lavoro. E
adesso, iniziamo la lezione.”
Alla fine dellalezione, seguita in totalesilenzio e fintaattenzione, Ojiro non alzanemmenogliocchidalquaderno. Lo chiude, lo infilanellozaino,
fa lo stesso con l’astuccio. Puliscepolvereche non c’èdaltavolo.
Staaspettandoche Shinsou, di cui sentegliocchiaddosso, se ne vada, cosìdapoterlo
fare anchelui.
Ma
Shinsou rimanelì.
Anzi, ha persino la facciatostadiprovare ad avvicinarsi a lui, guardarlo. Bussasultavolo
come se fosse unaporta,
come se serve attirare la suaattenzione, come se credesseche non l’havisto.
Ma
l’havistoeccome.
“Senti, Ojiro, possiamo…”
Ojiro
lo interrompealzandosi, e nelfarlo è evidentechecercadi fare piùrumorepossibile con la sedia.
Jirou, a malincuore,
coglie la richiesta. Si affacciadinuovonell’aula e lo guarda, “Ojiro-kun,”
lo chiama, “Vuoi venire a pranzo con noi?”
“Sì, grazie,” affermasubitol’altro.
Kaminari le tira
la manica, “Perchétiimpicci? Forse
se parlavano…”
“Shinsou
ha sbagliatodibrutto. Lascialopenare un po’.”
“Ma,
Kyoka…”
Jirousospira,
prendendogli la mano, “Se gliparlaadesso,
Ojiro non lo perdona. Devi lasciarlosbollire, calmarsi, capirecheglimanca. D’accordo? Fidatidi me, Denki. Nemmeno a me piacevederlicosì.”
Non
tantoperchépensachedebbano
stare insieme per forza, a
lei non cambia nulla se Ojiro decide che con Shinsou è finite per sempre
e basta.
Però, ilpunto
è che non è finitaaffatto.
Ojiro
cista male, quellanotte, quandol’hannolasciato solo per dormire, si è permessadipoggiarei jack al muroed è certadiaverlosentitopiangere. Senzacontare, infatti, lo sguardoarrossatodiquellamattina.
Vuolecheparlino, almeno per chiarire. Se poi decidonoditornareinsieme
o no, dirimanere solo amici, a lei non importa.
Bastache
non stianopiùcosì.
Per
questoanchenei due giorni successive Jirou, e Shoji quando lei glielochiede, diventanol’ancoradisalvezzadi
Ojiro.
Jirousabenissimoche Shinsou probabilmentelistaodiando, ma senteancorache
è giustocosì.
Ojiro
è ancoratroppoarrabbiato. È ancorapiùarrabbiatochetriste, o pentito,
o nostalgico.
Lo
sa, lo vededa come guarda Shinsou le poche volte che lo guarda, da come lo evitaquando Shinsou chiamailsuonome, da come lascia la stanza quandoentra Shinsou, a colazione e cena, quandomangiano
in dormitorio.
È
cosìpalesechepersinoKirishima,
e alcunialtriche non sannocosa
è successotraloro, iniziano a fare domande.
Ancheperchéormai è l’unicacosainteressanterimastanellaclasse.
Tuttiglialtriproblemi, improvvisamente, sembranoessersivolatilizzati. Tutto e tuttisonotornati in perfettirapporti.
Kirishima e Mina, Kirishima
e Bakugou, Todoroki e Momo.
Forse, gliuniciancora in sospesosono Bakugou e Ochako.
Jiroul’hanotatoda tempo, chefrai
due in quelperiodosisono molto avvicinati
ma, daquando è statosospeso, Bakugou sifavederepochissimodaloro.
Non
li ha nemmenoringraziati. O, meglio, pare, a sentireKirishima, chesisiafatto dire dalui solo inomidiquellicheeffettivamentesonoandati a parlare
con Aizawa e chesiaandatodaloroporta a porta.
Ma
non sachecosa ha detto.
Non
ce lo vede a ringraziare. Non persone come Midoriya, poi.
“Ochako-chan, perché non vaitu a portareilquadernodegliappunti a Bakugou?”
Ochakosobbalza,
a quelle parole, “Eh? Io?”
“Beh, sì. Qualcunodeve, no?”
“Perché non Kirishima?”
“Beh, pensavochetifacessepiacere, vederlo. Mi è sembratocheultimamente…sai…”
Ochakoscuote
con forzail capo, “Volevo solo aiutarelui e Momo-chan. Nient’altro. Non c’ènient’altro.”
Jirosachestamentendo. Lo percepiscechiaramente.
“Okay,
beh, qualcunocomunquelideveportare e iovolevoandareda
Denki.”
“Beh…vabene.
Da pure a me, Kyoka-chan.”
“Grazie
mille!”
Ochakoquindiafferrailquaderno e siavvia
verso le scale nella parte maschile
del dormitorio.
Non
è sicuradivolervedere Bakugou. Non…no, anzi, lo sache
non vuolevederlo.
Perchépuò
solo rimanereferitadaquellochepotrebbesuccedere, qualcosiasicosasia.
In
quellesettimanesi è avvicinatatanto a Bakugou, e non puònegarediprovarequalcosa per lui, o diiniziare a provarequalcosa. Però è ancheabbastanzacertache per Bakugou non sia lo stesso. È stato gentile, ancheattento a lei, ma totalmenteindifferente.
O
almeno, è la sensazioneche ha avutoanche
la mattina in cui sonotornatinormali, quandoglisi
è svegliatoaccanto.
Non
le è parsoprovassegranché.
Quindidevesmetterla. Di sperarci, dipensarlo.
È
solo un amico. Solo un amico.
Nient’altro.
E
lei, comunque, l’hafatto per Momo. Sì, per Momo, che
era trascurataancheda Todoroki.
Non
per Bakugou.
“Checazzofailì, facciatonda?”
Ochakosobbalza,
sigiradiscatto. Bakugou è lì, con unacestadipannifreschidilavatricefra
le braccia.
“I…ioerovenuta…per
questo…”
Bakugou
fissailquaderno, poi dinuovo lei, poi la portadella stanza. “Puoientrare. È aperta.”
“A-ah…okay…”
Ochakoapre la porta, la camera di Bakugou è perfettamente in ordine, se c’eraunavaligia
in mezzo per l’espulsione, è sparitadinuovo.
L’odoredi
Bakugou è ovunque.
Ad
Ochako per un attimogira la testa.
“Si
puòsaperechecazzohai?
Posalosultavolo, no?”
“G-giusto.”
Bakugou
sospira. Non è stupido, dannazione, lo avrebbecapitoanche Todoroki, che vive col prosciutto sugliocchi e nelleorecchie. È impossibile non
capirecheOchako è cotta.
A
puntino.
Forsepersinopiùdiquando
lo era per Midoriya.
E
non è che Bakugou è ciecoancheda non dire cheOchako è unoschiantoed è forte, ed ha tuttoquellochecerca in una donna.
Solo
che non è ilcazzodimomento.
Adesso, poi, menochemai.
“Senti, Uraraka,” mette la cestasulletto, la lascialì ma per un attimo
continua a guardarla, senzavoltarsi.
“S-sì?”
“So
chec’erianchetuquandosieteandati a parlare con facciadamorto.”
“Sì, beh…era ilminimo. Io…”
“Sì, vabbeh, comunque
non è questoilpunto. Tuseiquellache mi ha aiutatopiùditutti in questasituazione, indirettamente o meno. Anche se mi comportavodimerda.”
“Erinervoso,” sorrideOchako, “Comprensibile.”
“Non
dire cazzate,” alzagliocchi al cielo.
Senzacontare, poi, cheavevapiantodavanti a lei.
Pianto.
Pianto!
Eccoquellaforse era l’unicacosa per cui poteva dare la colpa al nervosismo. E aidannatiormoni.
“Ti
devounaseriedifavori
non indifferenti. E a doveressereonesto non capiscochecazzodigustidimerdahai
per innamorarti prima diquel nerd dimerda
e poi di me…”
Ochakodiventapaonazzaall’istante, “C-c-cosa…”
Bakugou
sogghigna, “Fai schifo a nascorderlo. Giustomerdekupoteva non capirlo.”
“Ma…ma
io…no, no, haifrainteso! Io non volevo…io non….”
“Come
ti pare. Anzi, meglio. Perchéio non ho tempo per questecose. Questa situazione del cazzo e adesso la sospensione mi farannoperdere un saccodi tempo, porcaputtana, e non accettodirimaneredietro
a voiperdenti. Quindimeglio se ho capito male. Bene, ti ho dettoquellochedovevo.”
Ochakorimane
a lungoferma.
In
un qualchemodo, non è feritadaldiscorsodi Bakugou. Non l’harifiutata. Le ha solo dettoche….che non è tempo.
E
anche lei lo pensa. Lo ha pensato per molto tempo.
Ha
rinunciato e poi persoDeku per questo, perché per lei era ed è piùimportante la scuola per adesso. E se l’èpreso Melissa.
“Lo
capisco,” affermaOchako, e stavolta è seria. Rossa, sì,
ma determinata.
Bakugou
la guarda, e quegliocchigrandi e profondi per un attimoglifannobattereilcuore.
Ma
è sicurodiquelloche ha detto.
Non
cambierà idea ora.
“Nemmenoio ho intenzionedirimaneredietrote e Deku-kun.
Diventerò un eroe e questo è l’unicacosasu cui mi voglioconcentrare, mi sonogiàfattaquestapromessaunavolta. Ma posso
dire unacosa,
Bakugou-kun?”
“Cosa?”
“Stavolta non mi farònemmenobatteresul tempo daqualcunaltra!”
Bakugou
la guardamentre se ne va, lasciandolodinuovo solo nella
stanza. Ha la testaalta,
le spallebendritte. Non la vede in volto ma sachestasorridendo.
Si
ritrova a sorridereanchelui.
Bene.
Perchéquandosarà tempo nemmenolui se la faràscappare.
Più
si guarda intorno, più Shinsou ha la netta sensazione che tutti siano
d’improvviso felici.
Le
coppiette sono tutte innamorate, si tengono la manina, chiacchierano, Kirishima
e Mina li ha beccati a limonare in cucina solo quella mattina, con la scusa che
erano tutti a far colazione e non pensavano li vedesse nessuno.
Jiro
passa più tempo nella stanza di Denki che nella sua.
Momo
e Todoroki sono più discreti e rispettosi l’uno dell’altra, ma si lanciano
occhiate e sorrisi che lasciano tutto dire.
Ochako
non l’ha più vista vicino a Bakugou, ma è così serena e luminosa mentre parla
con Momo e Tsuyu che deve essere per forza successo qualcosa di bello.
E
lui li odia.
Tutti.
Anche
se è colpa sua se la sua situazione è una merda. Li odia comunque.
Odia
tutto quell’amore, tutta quella felicità.
Che
cazzo. Lui con Ojiro non è ancora riuscito nemmeno a parlare. O lo ignora, o
fugge con Jiro e Shoji.
E
l’unica volta che è riuscito ad impedirgli la fuga immediata, gli ha urlato in
faccia di sparire e lasciarlo in pace. Ha urlato che era uno stronzo finché non
è apparso Bakugou all’angolo.
Bakugou.
Chi
cazzo se aspettava che l’angelo aalvatore potesse essere proprio quel
maledetto?
“Che
cazzo succede?”
“Fatti
i cazzi tuoi.”
“Difficile,
se date spettacolo senza far pagare il biglietto,” sogghigna Bakugou.
Ojiro
ne aveva approfittato, l’ha spinto via e si è defilato.
“Andiamo,
Bakugou.”
“Non
darmi ordini.”
“Allora
resta tu a litigare. Buon divertimento.”
Bakugou
si era voltato appena verso di lui, alzando le sopracciglia, “Patetico. Lo
dovresti conoscere meglio di chiunque e non l’hai capito che attaccarlo non lo
farà calmare?”
“Non
era quello che stavo facendo!”
“Invece
si. Inchiodarlo al muro non è la soluzione. Eddai, strizzacervelli, la prossima
mossa qual è, usargli contro il quirk? Così hai chiuso per sempre.”
“Io
non…”
“Tu
non un sacco di cose che poi fai comunque. E male. Lascialo in pace. Fallo
sbollire.”
“Ma
tu che cazzo ne sai? Non sono nemmeno sicuro che tu conosca il suo nome!”
“Lo
conosco. E a quanto pare non solo il suo nome, visto come ti stai comportando.
Se fossimo a Tokyo scatterebbe subito l’arresto per stalking, sai? Non gli stai
nemmeno dando il tempo di ragionare. Gli stai sempre addosso. Non è così che si
fa.”
“E
tu da quando sei esperto?”
“Non
lo sono. È pura logica, poi fai quello che ti pare, sono cazzi tuoi.”
Lo
ha lasciato lì, così, dopo avergli detto quelle cose.
E,
dannazione, Shinsou sa che ha ragione. E la cosa gli da fastidio.
E
aumenta tutto il suo odio verso quella felicità immotivata, mentre lui rode
dentro e Ojiro…lo vede che è triste. Lo vede che non è felice.
È
solo per questo che insiste.
Se
lo vedesse felice…sì, forse se ne farebbe una ragione.
Ma
non lo è.
Ha
il viso segnato di chi dorme male, a lezione si distrae facilmente.
Lo
ha visto guardarlo, ma appena è lui a farlo, se ne va. Fugge.
Sa
di essere uno stronzo. Ma è il suo stronzo e vorrebbe solo chiedergli scusa.
Non gli sta concedendo nemmeno quello.
E
fa male.
Ma
lo fa comunque, alla fine. Lo lascia sbollire, come ha detto Bakugou.
Smette
di provare a parlargli, è il primo che lascia la classe, cerca di non guardarlo
più. Di certo, non lo molesta più.
Non
sa quanto durerà. Ma tanto vale provarci.
A
malincuore, Shinsou alla fine segue il consiglio di Bakugou, e smette di
insistere.
È
complicate, per lui.
È
davvero difficile, perché ogni volta che lo vede vorrebbe andare da lui.
Vorrebbe scusarsi.
Vorrebbe
che tutto tornasse come prima.
Gli
manca anche solo parlare con lui, carezzarlo, baciarlo. Gli manca tutto, e da
settimane, e adesso è finalmente tornato nel suo corpo, adesso che potrebbe
davvero…
Sospira.
È colpa sua, quindi è giusto che ne paghi le conseguenze.
Sì.
È giusto.
“Ehm…amico?”
Shinsou
alza il capo, guardando Kaminari come se nemmeno lo vedesse. “Cosa?”
“Vuoi
venire a pranzo con noi?”
Shinsou
sospira, “Non ho fame.”
“Va
bene, ma…un po’ dovresti sforzarti secondo me. Non sei venuto a cena ieri. Sono
preoccupato per te.”
“Non
c’è bisogno.”
“No
senti,” insiste Kaminari, bloccandogli il passaggio, “Sì che c’è bisogno. Ojiro
mi ha aiutato con Jirou, ma anche tu l’hai fatto e sei mio amico. E quindi c’è
bisogno. Se non vuoi vedere Ojiro, possiamo prendere qualcosa e andare
altrove.”
Shinsou
sospira di nuovo, guarda il banco di Ojiro che è già vuoto, perché si è
allontanato per primo con Shoji, per andare a pranzo. C’era anche Tokoyami.
Parlottavano strettamente e Ojiro teneva il capo chino.
“E’
lui che non vuole vedere me.”
Stavolta
è il turno di Kaminari di sospirare. “Dagli tempo. Secondo me gli manchi. È
solo che è arrabbiato.”
“Già.”
“Senti.
Io non ho sentito bene che è successo e perché stavate litigando, quindi non lo
so di chi è la colpa, però…”
“E’ mia. La colpa è mia. Ho fatto una cazzata.”
“Beh,
il fatto che tu lo sappia…penso sia positivo, no?”
“Non
cambia niente.”
Kaminari
sbuffa, gli prende lo zaino prima che Shinsou possa fare la sua mossa e si
avvia verso la porta, “Va bene, sarai depresso davanti ad un piatto caldo in
mensa. Muoviti, dai! O ti trascino, giuro!”
“Non
è che se mi prendi la borsa mi hai costretto, sai?”
“Che
palle, amico! Non è nemmeno che puoi fare, che ne so, lo sciopero della fame
finché Ojiro non si decide a parlarti? Lascialo sbollire! Gli manchi, quindi
prima o poi troveremo il modo di convincerlo ad ascoltarti! Perché ti assicuro
che vuole farlo! Ti do una mano io, lo devo a tutti e due! È anche un po’ colpa
mia se avete litigato…”
Shinsou
scuote il capo, “No, quello…era una cazzata che potevamo risolvere facilmente.”
“Beh,
ad ogni modo, ti aiuto! In qualche modo.”
Shinsou
alla fine sospira per l’ennesiva volta. Ma sorride, “Va bene.”
Non
ha fame e non ha voglia di mangiare, ma è vero che ha già saltato la cena del
giorno prima, dopo le parole di Bakugou, perché per non vederlo non è nemmeno
sceso.
Quindi,
alla fine lo segue. In fondo, basta sedersi ben lontani.
E
non disturbarlo, come gli stanno dicendo tutti.
E
sperare. Sperare che sia vero, come dice Kaminari, che tutto sommato gli serve
solo un po’ di tempo.
--
“Non
hai proprio intenzione di perdonarlo?”
“Ti
prego! Non ti ci mettere anche tu!”
“Io
non te l’ho mai chiesto.”
Ojiro
sospira, “Hai ragione. Scusa,” borbotta, “E’ che Kaminari continua a
chiedermelo, ogni volta che mi passa vicino.”
Shoji
annuisce, comprensivo.
Comprende
davvero. Sono passati quattro giorni da quando Shinsou ha smesso di provare a
farsi ascoltare, però lo vede che lo guarda di continuo. E vede anche Ojiro che
sospira, di continuo.
Lui
è rimasto indietro, non sa che altro è successo ma sa che non è più per la
storia iniziale che Ojiro fa così. Prima, gli aveva ammesso di averlo fatto per
proteggere la psiche di Shinsou, perché convinto che non ce la potesse fare a
stare con lui se era nel corpo di un suo caro amico.
E
all’epoca l’aveva capito.
Ma
adesso è certo di essersi perso un pezzo importante.
Ma,
quando l’ha visto così abbattuto, non ha avuto il coraggio di chiedere altri
dettagli.
“Lo
sai? Quando sono tornato nel mio corpo, ero felice sul serio. Ho pensato che
finalmente potessimo parlare, che si sarebbe risolto tutto quanto e che l’avrei
tirato per le orecchie da Kaminari per sistemare tutto anche con lui, se per
caso qualcosa ancora non andava. E poi…” sospira di nuovo, Ojiro. Shoji non gli
chiede niente, non insiste.
Aspetta
che sia l’amico a parlare di nuovo, sa perfettamente che lo farà.
“E
poi Todoroki è stato così gentile da aiutarmi. E lui mi ha fatto una scenata
stupida.”
Shoji
sgrana gli occhi, “Shinsou? Di gelosia?”
“Già.
Non mi ha mai fatto pesare la mia amicizia con nessuno di voi. E adesso osa
insinuare…con Todoroki poi!”
Shoji
per un attimo rimane interdetto, facendo mente locale.
Ora
sì che è tutto chiaro. Anche l’ira di Ojiro, che non ama essere controllato in
nessun modo.
Ma
nonostante tutto, si ritrova a sorridere, “Non si è mai sentito attaccato da
noi.”
“Eh?
In che senso?”
“Io
sono un mostro, Tokoyami ha un aspetto molto particolare, idem Koda, e Sato non
è proprio il tuo tipo mi sa…”
“La
smetti di dire che sei un mostro? Shoji, non è affatto vero. Tu sei una persona
meravogliosa.”
“Ti
ringrazio,” sorride l’amico, “Ma il mio aspetto è oggettivamente…”
“…normale!”
“…terrificante.
Sii oggettivo, Ojiro.”
“Lo
sono! In questo nostro mondo non sei più strano di tanti altri. Ormai sono in
pochi a fermarsi all’aspetto, e sono in pochi ad avere un aspetta totalmente
umano. Sii tu oggettivo! Se Shinsou non si sentiva attaccato da voi perché
pensi che vi considerasse brutti, allora è più stupido e superficiale di quello
che pensavo e non lo perdonerò mai!”
“No,
no, no!” esclama subito Shoji, muovendo due mani davanti al viso e prendendo
quelle di Ojiro con altre due, “Non è quello che volevo dire! Ascoltami, okay?
Mi sono sicuramente spiegato male.”
Ojiro
stira le labbra, “Solo se ritiri quello che ti sei detto prima. Shoji, tu sei
una persona bellissima, e mi dispiace che non hai ancora trovato nessuno che ti
ami in quel modo, però anche così…”
“Non
ho bisogno di qualcuno che mi ami in quel modo con amici come te o Tokoyami,” lo
interrompe Shoji, sorridendo, “Lo so. Ti ringrazio.”
Ojiro
annuisce, stringendogli le mani e ricambiando quella stretta, “Ti voglio
bene,Shoji, lo sai. Sei il mio migliore
amico. Non mi piace sentirti parlare così, lo so che anche se ci scherzi è un
argomento che ti fa male.”
“Scusa,
Ojiro,” mormora ancora, “Però, comunque. Insomma, stavi con lui, è ovvio che il
nostro aspetto…particolare?”
“Particolare
va già meglio.”
“Bene.
Era ovvio non rientrasse nei tuoi gusti.”
“Nemmeno
Todoroki. Che poi è etero, quindi…”
“Ma
hanno un carattere molto simile.”
“Solo
superficialmente.”
“E
sono due bei ragazzi.”
“Sì
ma in modo diverso.”
“Non
credo che Shinsou sia in gradi di fare tutte queste diversificazioni in questo
momento. Gli manchi e si sente attaccato da qualsiasi cosa. Scommetto che se
entrasse adesso se la prenderebbe anche con me, perché ti sto tenendo le mani.”
“Sarebbe
davvero stupido.”
“L’amore
non rende stupidi?”
Ojiro
stira le labbra, “Ma perché dovrei stare con una persona che…che…”
“Non
devi,” lo interrompe Shoji, comprensivo, “Ma eri così felice quando stavi con
lui, ti si illuminavano gli occhi ogni volta che lo guardavi, e lui è sempre
stato così accorto con te, no? E adesso invece sei sempre triste. Quindi, è
vero che non devi. Ma vuoi o no?”
Ojiro
non risponde, abbassa invece gli occhi, che si fanno lucidi.
È
vero e lo sa. Gli manca, o non lo guarderebbe di nascosto, non piangerebbe.
Però è arrabbiato.
È
così arrabbiato…è normale che lo sia, no? Tutto quello che ha fatto nell’ultimo
periodo è imperdonabile.
Tutto.
Eppure…gli
manca così tanto.
“Lo
ascolterò.”
“Bravo.”
--
Si
presenta quindi da lui, la sera dopo.
Poteva
andarci subito dopo la conversazione di Shoji, era anche già una settimana che
lo faceva penare senza rivolgergli neanche un’occhiata-o, meglio, senza farsi vedere.
Tutta
quella situazione era folle.
Bussa
con forza, di modo che non avrebbe potuto ignorarlo in nessun modo. Non che
pensasse che potesse davvero ignorarlo. O volesse farlo.
Quando
la porta si apre, Shinsou ha un’espressione infastidita e irritata che, però,
sparisce immediatamente quando vede che è lui, sostituito da sorpresa e…ansia
forse? Preoccupazione? O forse un pelo di speranza?
“Mas-…Ojiro.
Scusa. Cosa…?”
Ojiro
scuote il capo, “Non fa niente. Posso?”
“Certo.”
Gli
fa spazio e Ojiro si infila subito nella sua stanza, poi chiude lui la porta.
Come se fosse il padrone di casa. Come se non fosse cambiato nulla.
“Ti
ascolto,” gli dice solo Ojiro. Non aggiunge altro e per un lungo istante
Shinsou rimane in silenzio.
Ojiro
l’ha evitato per giorni.
E
adesso è lì. Forse, tutto sommato, deve ringraziare Kaminari per averlo
distratto in quei due giorni e avergli impedito di tartassare Ojiro, e di
dargli un attimo di tregua.
Quand’è
che è diventato così, poi? Non lo è mai stato e pensava che non si sarebbe mai
ritrovato in una simile situazione, e invece Ojiro lo fa uscire di testa.
Non
è mai stato così geloso, ma da quando Ojiro l’ha lasciato ha visto in tutto e
tutti una minaccia.
“Quando
mi hai lasciato sono andato fuori di testa, okay? Vedevo una minaccia in
chiunque.”
“In
Todoroki.”
“Sì.
Non solo lui. Mi rendo perfettamente conto che sia una follia, ma non
controllavo i miei pensieri. So che Todoroki voleva solo aiutare, non ha fatto
altro che cercare di aiutare chiunque da quando è iniziata questa storia, anche
male a volte,” sospira, “Ma ci ha provato. Io no. Non abbastanza. All’inizio
pensavo fosse semplice, non mi interessava dove fossi, purché fossi tu.
Però…poi mi hai mollato. Ero arrabbiato anche io e ho iniziato a sragionare.”
Ojiro
scuote il capo, “L’ho fatto perché…” abbassa gli occhi, “L’ho fatto perché
pensavo che per te fosse troppo. Kaminari è tuo amico, stavate facendo pace in
quel momento, e se fossi rimasto nel suo corpo come avresti fatto? Eri così giù
che ho pensato fosse meglio allontanarsi per qualche giorno.”
Shinsou
sgrana gli occhi, a quelle parole.
Certo,
come aveva fatto a non pensarci? Se non fosse scappato a casa dai suoi genitori
quel weekend, forse avrebbe visto che Ojiro era triste e amareggiato tanto
quanto lui e forse avrebbe capito che c’era qualcosa sotto, che non l’aveva
lasciato solo perché deluso da lui.
Che
stupido.
“Mi
sarebbe passata. Ero solo deluso dagli eventi.”
“Anche
io ero deluso e tu me lo facevi pesare.”
“Mi
dispiace. Davvero. Io non…sono stato un pessimo compagno e una pessima persona.
Lo so. Mi sentivo…schiacciato da tutto quello che stava succedendo e in colpa
perché diavolo, tra tutti voi sono l’ultimo che dovrebbe sentirsi così, e lo
so. Lo so, però…”
“Come
hai potuto pensare,” lo interrompe Ojiro, con la voce gracchiante e tremante,
“Che non mi potesse più importare niente dopo così poco tempo, o che…o che non
ti amassi più!”
“Io
non…non credevo davvero…tu ti comportavi in modo strano con Todoroki! E pure
lui…”
“Perché
mi aveva colto di sorpresa, va bene? Mi sono svegliato nel mio corpo e c’era
lui, ero in tremendo imbarazzo! Ma lui stava solo aiutando Bakugou! E poi
scappando da Momo, perché è più idiota di te, dannazione! Ma almeno lui ha
avuto il coraggio di andare da lei a parlare e a chiarirsi, almeno lui in
questa situazione ha provato ad aiutare come poteva tutti quelli che poteva!”
“Io
ho provato a parlarti…”
“Non
dare la colpa a me!” gracchia Ojiro, asciugandosi velocemente la guancia,
“Quando sei venuto ti ho fatto parlare e tu mi hai puntato il dito contro!”
urla.
“Hai…hai
ragione…”
“Non
mi serve avere ragione!” sbotta, prima di scoppiare a piangere, così forte che
quei singhiozzi scuotono anche Shinsou, quando lo abbraccia.
Adesso
non ha la scusa degli ormoni fuori posto di Jiro, né altro.
Però,
comunque non riesce a smettere.
La
rabbia, la frustrazione, e anche il sollievo adesso, è l’unico modo in cui
riesce a tirarli fuori.
Non
si allontana nemmeno da quell’abbraccio. Potrebbe, ne avrebbe tutto il diritto.
Avrebbe il diritto di prenderlo a codate in quel momento. Ma non lo fa.
Perché
ha bisogno di quell’abbraccio, da settimane lo brama.
E
anche se è arrabbiato, è anche terribilmente innamorato.
“Scusa,
Mashi, mi dispiace tanto.”
“Spero…spero
di averti fatto male.”
Shinsou
sorride, “Sì. Un bel po’.”
Ojiro
tira su col naso, stringendoglisi contro, “Bene.”
“Mi
dispiace tanto.”
“Sono
ancora arrabbiato.”
“Okay.”
“Molto.”
“Lo
capisco.”
“Hai
fatto pace con Kaminari?”
“Ho
passato gli ultimo due giorni con lui, credo di sì.”
“Ti
perdono, ma se sbagli di nuovo ti picchio e ti scarico.”
Shinsou
ride piano, “Okay.”
“Non
ridere. Sono serio.”
“Va
bene. È giusto.”
“Sei
uno stupido idiota.”
“Hai
ragione. Mi dispiace.”
Ojiro
scuote il capo “…mi lasci adesso?”
“No.
Aspetto di abbracciarti da settimane. Su questo non patteggio.”
Stavolta
Ojiro sorride, ricambia l’abbraccio e sospira, ma di sollievo.
Aizawa
ha la forza di tornare nel dormitorio A solo mesi dopo.
Dopo
mesi di pace, assenza quasi totale di problemi e comunque problemi che non
hanno raggiunto lui. Ha visto All Might e Present Mic correre di qui e di lì
appresso ai normali danni che possono combinari normali studenti.
Ma
lui si è rifiutato categoricamente di muoversi.
“Se
mi alzo vi giuro che non avremo una 3A,” gli è bastato dire così, quirk attivo
ed espressione omicida, e nessuno dei due gli ha mai più chiesto niente.
Se
dovevano chiedere il permesso di fare qualcosa, i ragazzi sapevano di dover
chiedere a All Might.
Se
succedeva qualcosa, se qualcuno si sentiva male o si faceva male o qualcosa di
simile, Recovery o Mic direttamente.
Aizawa
ha passato quei mesi con Eri.
Vedeva
quei devastanti ragazzini solo durante le lezioni.
Si
sente ringiovanito, finalmente rilassato, come se fosse andato in vacanza.
Ora
si che può dire che lo pagano abbastanza.
Ad
ogni modo, quel giorno non può esimersi. Per quanto abbia imposto di
comportarsi come se lui non esistesse e non fargli sapere niente, è pur sempre
il docente responsabile di quella scapestrata sfortunata sezione di ragazzini
problematici, e soprattutto Eri voleva andarci e lui non riesce a dire di no a
quella bambina.
È
l’unica che sa come farlo cedere.
Per
sua fortuna non si immischia nei guai degli adulti, spesso non capisce i
dettagli di quel poco che sente e, soprattutto, sa farsi i fatti suoi. È una
bambina intelligente e lui è molto fiero di lei.
Per
questo, quando gli dice di voler –per favore- partecipare alla festicciola di
natale della classe, visto che l’anno prima si è divertita tanto, ha imparato
cose nuove e ha ricevuto un regalo così bello anche se l’ha perso (in verità,
Aizawa si è limitato a nasconderla e a maledire Tokoyami che ha avuto la
brillante idea di mettere una spada fra i regali. Alta quanto Eri stessa, poi.
Forse gliela ridarà quando sarà più grande, se capirà che le potrebbe servire
per proteggersi).
Quindi
Aizawa ha acconsentito.
Chi
è lui per negare una festa alla sua bambina il giorno di natale. Diavolo, ha
persino ceduto all’idea folle di Mic di vestirsi da Babbo Natale, per lei.
Resistere
alla follia della 2A è il minimo sindacale.
Tutto
sommato, la situazione gli sembra comunque tranquilla.
I
ragazzi sembrano tutti quanti sereni. Tutti hanno chiarito i problemi con tutti
e, per quanto sia assurdo, è da un bel po’ che nemmeno Bakugou crea danni.
Anche
in quel momento è seduto sui divani con Todoroki, Yaoyorozu e Uraraka. Non si
sta lamentando del fatto che Todoroki lo sta infastidendo, parlando con lui, e
si è fatto pure mettere giacca e cappello da Ashido, in quel momento dall’altra
parte della stanza con Kirishima.
Sposta
per un attimo gli occhi su di loro. Kirishima le tiene un braccio intorno alle
spalle, ridono e scherzano al tavolo e crede di aver capito che stiano facendo
qualche gioco di quelli per cui lui dovrebbe arrabbiarsi, ma finge di non
vedere.
Torna
a guardare i quattro sul divano. Adesso che lo nota, la mano di Todoroki è ben
stretta a quella di Yaoyorozu, che di tanto in tanto cerca il suo sguardo, lo
trova sempre e sorride.
Uraraka
non guarda mai Bakugou, invece, ancora meno quando viene raggiunta da Tsuyu con
un paio di bicchieri pieni spera di succo di frutta e si mette a parlare con
lei.
Bakugou,
invece, sì che la guarda. La guarda e sogghigna.
Non
gli risulta che stiano insieme, ufficialmente, ma chissà, forse si è perso
qualcosa.
Cerca
gli altri giusto per correttezza. Ojiro è con Shinsou, ovviamente, che da
quando si sono rimessi insieme sta facendo di tutto per non dargli alcun tipo
di dispiacere e farsi perdonare anche l’imperdonabile. Però Ojiro lo sta
palesemente ignorando a favore di Shoji e Tokoyami.
Bravo
ragazzo.
Infrattati
all’ombra della scalinata che porta ai piani superiori, verso i dormitori, ci
sono Jiro e Kaminari. Aizawa è già lì lì per puntargli il dito contro e fargli
la romanzina su sesso, protezioni e attenzioni, ma poi si rende conto che non
sono fatti suoi e che di sicuro Jiro lo sa. Kaminari non ne è sicuro, ma di
Jiro si fida.
E
poi ci sono loro.
Melissa,
tornata per un paio di giorni solo per stare col suo fidanzato a Natale, e
Midoriya, appunto. In quel momento, Eri è con loro. Ride con Melissa, che
sembra saperci fare con i bambini, accetta il dolcino tipico che le ha passato
Midoriya che poi guarda Melissa, carezza la testa della bambina e sorride.
Sembrano
veramente una famiglia.
Ma
in verità sono ancora solo dei bambini. Si vede da come Midoriya arrossisce
ancora, anche se Melissa è molto più audace.
“Ma
che tu sappia,” mormora ad un certo punto Kirishima alla fidanzata, guardando
con la coda dell’occhio il suo migliore amico, “Con Uraraka va tutto bene? Io
ero certo che si sarebbero messi insieme, invece nemmeno adesso stanno
parlando…”
Mina
ridacchia, gli avvolge le braccia intorno al collo e lo bacia, “Sei così caro
ciccino mio. Non vedi come si guardano? Bruciano con la forza di un sole!”
“Beh
ma allora…non capisco…”
“Perché
sei ancora un cucciolo, amore mio!” anche se in verità, ma non l’avrebbe mai
ammesso, Ashido aveva posto le stesse domande all’amica. E aveva insistito,
ancora e ancora.
Finché
Uraraka non aveva ceduto.
“Voglio
stare con Bakugou, Mina-chan! E lo farò! Ma non adesso. Per il bene di
entrambi, ecco.”
Ashido
sul momento non aveva capito.
Era
andata da Bakugou e se l’era presa persino con lui, “Dopo tutto il tempo che
sono stata te, so benissimo che il tuo cosino vuole Ochako-chan! Perché non te
la prendi?!”
Bakugou
si era alzato, l’aveva guardata e Ashido era stata certa che potendo l’avrebbe
presa a pugni, “Uraraka non è una cosa, non va presa. Fatti i fatti tuoi e
campa cent’anni, occhi da procione, e soprattutto non rompermi il cazzo!”
“Hai
detto Uraraka.”
“Embè?”
“Non
faccia tonda.”
“Ma
vaffanculo!”
E
lì, persino Ashido aveva capito. Quei due erano innamorati tanto quanto
dannatamente ostinati verso i propri sogni, e si rispettavano con una purezza
assurda. Sarebbero stati così belli!
“Aspetta
il diploma, Kiriciccino,” esclama quindi, risoluta, “E poi vedrai se non
esploderanno per davvero, quei due!”
“Se
lo dici tu…”
“Assolutamente!
E adesso, Tooru-chan!”
“Pronta!”
esclama di rimando la ragazza invisibile, attaccandosi subito dopo al braccio
di Satou, “portiamo tutto al tavolino davanti ai divani! Tutto il cibo!”
“Ah.
Okay. Perché?”
“Perché
quest’anno, prima dello scambio casuale dei regali…faremo pausa cinema!”
Mina
annuisce, “Guarderemo un film a tema Natale dalla riproduzione casuale che
abbiamo scaricato da internet, così che neanche noi due sappiamo cosa ci sia
dentro. E, mi raccomando, non potete tirarvi indietro!”
Bakugou
alza gli occhi al cielo, “Che coglioni.”
“Ssh…almeno
a Natale, Kacchan!”
“Tu
taci, nerd. Che cazzo vuoi, non ti vorrai sedere qui! Levati dalle palle!”
“Oh,
non litigate già adesso voi due!” esclama Sero.
“Beh,
allora mi siedo io,” fa Uraraka, accomodandosi.
“Che
vuoi tu?”
“Beh,
non vuoi Deku, quindi mi siedo io. No?”
Bakugou
tace un po’, poi scrolla le spalle, “Come ti pare.”
E
Mina, a quel consenso, reprime un urlo, “Lo sapevo! Lo sapevo!”
“Ssh,”
le fa l’occhiolino Tooru. Lei si accomoda accanto a Ojiro, che è seduto sul
pavimento ma sta poggiato a Shinsou che gli siede dietro, sui divani, accanto a
Shoji da un lato e Momo dall’altro.
“Spero
che almeno abbiate fatto scelte decenti,” brontola.
Mina
quasi gli ficca un dito in un occhio nella foga, scatenando le risa di Ojiro,
“Ho detto che non sappiamo cosa c’è dentro! A sorpresa! E’ Natale!”
“Sì
sì,” bofonchia Shinsou, massaggiandosi la parte lesa, “E tu che ridi?” fa poi
verso Ojiro, che di risposta ride ancora più forte. Shinsou sbuffa, ma alla
fine sorride.
Mina
aspetta che anche Kaminari e Jirou li raggiungano, e visto che non c’è spazio
lei si siede sulle gambe di Kaminari, che arrossisce ma se la stringe stretta.
Mina
è esaltata. Vede amore ovunque e questo la rende felice.
Fa
partire il film con il cuore gonfio di gioia.
E
tutto si ghiaccia quando legge il titolo del film.
Scambio
di Natale. Due donne che si scambiano di corpo e…
“Beh,
magari il prossimo.”
“Sì,
sì, sono d’accordo,” annuisce Tooru, speranzosa.
Mina
riclicca sul pulsante.
Che
poi, sia chiaro, lei lo guarderebbe anche. Ma ha sentito un brontolio sospetto
di protesta alle sue spalle.
Brontolio
che si ripete l’attimo successivo.
Uno
scambio per Natale, dice il titolo.
“Ma
che cazzo è, una maledizione?!” è l’urlo di Bakugou.
Mina
non può dargli torto, “Ops?”
“Ma
se giocassimo a Monopoli, tipo?” buttà lì Shinsou, indicando il gioco da tavolo
abbandonato da Eri, Melissa e Midoriya, che ci stavano giocando poco prima.
“Mi
sembra una splendida idea!”
“Sì,
facciamo un torneo!”
“Ci
sto!”
“Posso
giocare anche io?” alza la manina Eri.
Mina
la stringe in un abbraccio, “Ma certo, tesoro!”
Aizawa
li guarda cambiare postazione, dai divani al tavolo, dividersi in gruppi che
avrebbero deciso chi era il miglior giocatore di Monopoli della classe. Vede
anche Bakugou urlare quando decidono a tavolino di far vincere Eri e Sero
tappargli saggiamente la bocca col nastro adesivo.
Sorride
quando Midoriya dice che Eri non ha bisogno di favoritismi, che si sarebbe
divertita anche perdendo o giocando una volta sola e che, comunque, non
dovevano sottovalutarla perché a quel gioco è forte davvero.
È
tutto sereno, tranquillo e rilassato.
Non
avrebbe potuto chiedere un Natale migliore di quello.