Smash!

di Saruwatari_Asuka
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Genesi ***
Capitolo 2: *** 2. Rimettere ordine (forse) ***
Capitolo 3: *** 3. Perplessità ***
Capitolo 4: *** 4. Scambi di opinioni ***
Capitolo 5: *** 5. In Camera (parte 1.) ***
Capitolo 6: *** 6. In Camera (Parte 2.) ***
Capitolo 7: *** 7. Risvegli traumatici (Parte 1.) ***
Capitolo 8: *** 8. Risvegli traumatici (Parte 2.) ***
Capitolo 9: *** 9. L'incubo continua ad occhi aperti ***
Capitolo 10: *** 10. Voce ***
Capitolo 11: *** 11. Guai ***
Capitolo 12: *** 12. Non così duro. ***
Capitolo 13: *** 13. Tentar non nuoce. ***
Capitolo 14: *** 14. Confessioni. ***
Capitolo 15: *** 15. Annuncio. ***
Capitolo 16: *** 16. Preparativi. ***
Capitolo 17: *** 17. Risultati esplosivi. ***
Capitolo 18: *** 18. E' qui la festa? ***
Capitolo 19: *** 19. Inside all the people ***
Capitolo 20: *** 20. Dolore, dolore, solo dolore ***
Capitolo 21: *** 21. Contagion ***
Capitolo 22: *** 22. What the f***? ***
Capitolo 23: *** 23. It burns ***
Capitolo 24: *** 24. L'eroe della trapunta ***
Capitolo 25: *** 25. Fiori di mandorlo e ramoscelli d'ulivo ***
Capitolo 26: *** 26. Sincerità ***
Capitolo 27: *** 27. L'insostenibile leggerezza dell'essere Shouto Todoroki ***
Capitolo 28: *** 28. La luce in fondo al tunnel (forse) ***
Capitolo 29: *** 29. Remix (tutto è bene quel che finisce) ***
Capitolo 30: *** 30. Kacchan non lo deve sapere ***
Capitolo 31: *** 31. Goodnight. And thanks ***
Capitolo 32: *** 32. Everything will be ***
Capitolo 33: *** 33. Crack, boom ***
Capitolo 34: *** 34. Fa bei sogni ***
Capitolo 35: *** 35. Tutti al manicomio ***
Capitolo 36: *** 36. Normalità, dolce normalità ***
Capitolo 37: *** 37. Siamo tutti fottuti ***
Capitolo 38: *** 38. ...O forse no? ***
Capitolo 39: *** 39. La voce della coscienza ***
Capitolo 40: *** 40. Non scapperai! ***
Capitolo 41: *** 41. L'amore rende stupidi ***
Capitolo 42: *** 42. Epilogo. ***



Capitolo 1
*** 1. Genesi ***


1.      Genesi

 

 

L’urlo disumano straccia il silenzio di piombo calato sull’intera sezione A della Yuuei.

Un grido che a sentirlo altrimenti avrebbe fatto accorrere una frotta di Eroi, poliziotti, giornalisti e semplici curiosi.

Bakugō Katsuki serra il pugno.

Prova il bisogno fisico di far andare in frantumi qualcosa. Qualunque cosa.

E la frustrazione devastante di non poterlo fare.

Ma c’è di peggio.

Quel grido gli echeggia nelle orecchie rintoccandogli nel cervello e spappolandoglielo come ci avessero assestato un pugno micidiale.

Tipo, un One for All al cento per cento.

Tra le palpebre socchiuse vede quel perdente di Deku guardarsi e sgranchirsi le mani quasi gli abbia letto in testa e voglia davvero fargli quel favore.

Dall’altro lato vede Jirou irrigidire le dita come i gatti e portarsele alle tempie con un sibilo disperato.

La scimmia che si fissa incredulo la coda, piantata a terra come l’avessero inchiodata.

Faccia da Scemo sembra piombato in trance, non fosse per l’espressione attonita e non rincoglionita penserebbe che si è mandato in blackout da solo per l’ennesima volta.

Ashido ha perso i sensi. Faccia Tonda e la ragazza Rospo le stanno intorno nel tentativo di farle riprendere conoscenza, ma senza risultato.

Poi si gira alle sue spalle.

Il bastardo a metà e Faccia da Cadavere sono sul limite del percorso, interdetti. Fissano di rimando i compagni, inebetiti, come se non credessero ai loro occhi.

Non tanto Shinsou, quanto Todoroki pare essere stato colpito da un fulmine. La faccia a mezzo di quello stronzo si è congelata in un’espressione che gli fa prudere i palmi dalla voglia di andare lì e scartavetrargliela con un’esplosione.

Ma non ne è in grado.

E non solo perché la sua mano si è ridotta ad essere meno della metà.

Non può più usare il suo quirk.

Però in compenso può ancora ricorrere alla voce. “Cazzo, bastardo, la pianti di fissarmi cosi? Devo venire a prenderti a calci in culo, stronzo?!”, si sforza di gridare fino a sentirsi salire in bocca le tonsille.

Inutilmente.

No, non fa lo stesso effetto.

Tant’è che Todoroki fa una smorfia esterrefatta. “Ba-Bakugō?!”.

“Sì, hai capito bene, sono io, coglione. Che hai da guardarmi a quel modo?”

Effettivamente abbassa lo sguardo.

E Katsuki invece di calmarsi perde il lume della ragione.

Ammesso che ne conservasse abbastanza anche prima di … questo.

Gli va sotto, afferrandolo per la collottola e scuotendolo.

Una vecchia abitudine ormai. “Apri bene le orecchie, se solo ti azzardi a …”

Bakugō! Lascialo, subito!” strilla Dekumerda con i miseri pugnetti serrati.

Oh, cazzo. Porca puttana.

“Momo?” chiede Todoroki ancora a mezz’aria.

“Sì, sono io. Hai sentito, Bakugō? Mettilo giù! Non ti permetto di maltrattare il mio ...”

Non la fa finire, quelle chiacchiere lo annoierebbero a prescindere, anche senza essere proferite dalla faccia da cazzo di Merdeku.

“Ringrazia che ti è andata bene.” Lo mette giù con malagrazia, spintonandolo all’indietro.

Gesù. Questa poi …

Non poteva capitargli di peggio.

Abbassa finalmente gli occhi su di sé, sentendo salire il sangue nelle sclere.

Due enormi bozzi gli occludono la visuale. E quando dice enormi vuol dire davvero “enormi”.

Bakugō Katsuki nel corpo di Yaoyorozu.

Se esiste un Dio, e inizia a dubitarne seriamente a questo punto, sarebbe bene gli tiri addosso un meteorite all’istante.

Perché non potrà garantire delle sue reazioni da qui in avanti.

Faccia da Cadavere è accanto alla scimmia, prova a scuoterlo dal torpore.

Jirou gli gironzola intorno, con fare fin troppo sospetto.

Va sotto di loro. “Ehi, idioti, voi chi cazzo siete?”

Earphone alza la mano. “Ojiro”, mormora, e Shinsou gli- le? Boh!- scocca un’occhiata assolutamente vomitevole.

“E la scimmia allora?”

Kaminari.”

“E in Faccia da Scemo chi cazzo c’è allora?”

“Sono io, Kyoka,” mormora il biondo appena intelligibilmente, quasi non osando respirare.

“Uh .”

Anche se non lo ammetterà mai, inizia ad avvertire una vaga ansia stretta alla bocca dello stomaco.

E quelle due tette gigantesche non aiutano certo.

Facendo due conti, mancano all’appello due persone.

MerDeku e Occhi da Procione, ammesso che non siano rimasti coinvolti altri imbecilli in quel casino.

E nessuna delle due ipotesi lo rassicura.

Essere finito nel corpo di Deku … piuttosto si farebbe sparare alla schiena.

O si farebbe dar fuoco da quell’altro stoccafisso del cazzo.

D’altro canto, finire sotto la pelle fuxia di quell’altra schizzata … non è cosa che lo faccia sentire a proprio agio.

Specie per un piccolo, fottutissimo dettaglio.

Merda. “Ehi Faccia Tonda, chi cazzo è quella?”

Uraraka rialza lo sguardo. E’ duro, determinato. “Potresti quanto meno essere un po’ più educato, Bakugō-kun. Non ci perderesti nulla comunque.”

Fa un verso scocciato. “A parte il tempo. Avanti, chi cazzo è?”

Uraraka corruccia le labbra, forse sta per chiarirglielo quando un altro grido risuona dallo spogliatoio.

“Mina! Torna qui, per l’amor di Dio! Mina!” urla Capelli di Merda.

Dietro il suo culo.

Coperto solo dai boxer. “Mina, dannazione, vuoi tornare dentro? Ti prego! Vieni qui!”

“Ma assolutamente no! Ragazze, guardate!” strilla, la sua voce sempre secca e ruvida ora suona acuta.

Gli ridurrà le corde vocali a brandelli, come minimo.

E non solo quelle. “Ho un pene! Volete vederlo?” cinguetta ancora, afferrando l’elastico sui fianchi.

“No!” Uraraka, Asui, Ka … ehm, Jirou,  e De… cazzo, Yaoyorozu si portano la mano agli occhi in sincrono.

Anche lui in realtà.

Il suo uccello sta per essere sputtanato davanti a mezza classe. 

“Mina!” Per fortuna Kirishima l’ha serrata tra le braccia, irrobustendole per evitare di muoversi.

Eiji! Dai, mettimi giù! Devo mostrare il mio nuovo amichetto  alle ragazze! Dai!”

Bakugō non riesce a proferire verbo.

“Comunque …” mormora la voce del bastardo, alle sue spalle.

Deve aver ripreso animo. E certo, si è fatto parare il culo dalla sua donna … che si ritrova il culo di Deku.

Okay, cazzo, non fa tanta differenza, alla fine. Non se si tratta di quell’idiota.

“Se la tocchi, ti rinchiudo in un blocco di ghiaccio finché questa faccenda non sarà sistemata, Bakugō. Sono stato chiaro?”

Sta per tatuargli un’altra cicatrice sull’occhio destro quando l’urletto di Ashido – con la sua voce- lo distrae.

“Dai Tooru vieni!” trilla – ma si può dire così? – afferrando Hagakure e trascinandosela dietro.

“Mina!” fa Capelli di merda, tentando di riagguantarla, fallendo e lanciandosi al suo inseguimento. “Aspetta, Mina!”

Bakugō inspira con forza.

Non sarebbe poi una così cattiva idea.

 

 

ANGOLINO AUTRICE:

Salve!
Ritorno prima del solito con una nuova storia. Anya non vedeva l’ora di pubblicarla e quindi ECCOLA.
La follia nata da una e poi due dieci venti serate in totale follia. Voi non avete idea di quanto ci siamo divertite a scriverla x°°D
Spero che quel divertimento possa arrivare a voi anche solo un po’.
Godetevi la nostra piccolina.

Appuntino!

I capitoli sono scritti uno da lei e uno da me, alternati. Abbiamo cercato di apparare i nostri diversi stili di scrittura ma se trovate incongruenze, è per quello.
Iniziamo con questo capitolo di Anya –un po’ corretto, scusami tesoro- per poi proseguire col mio e così via alternandosi!

Un bacione,
Asu

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Capitolo 2
*** 2. Rimettere ordine (forse) ***


2. Rimettere Ordine (forse)

 

 

La situazione è assurda. Più la guarda e più è assurda.
Sero ride così forte ormai che non sente neanche le voci dei suoi amici. C’è una confusione così grande che fa fatica a identificare chi è chi.

A parte Mina. Lei è Bakugou. Cioè, Bakugou è lei. O meglio...boh, non ne ha idea. Comunque è Bakugou quello che sta correndo con Tooru e Kirishima alle calcagna, una divertita e l’altro disperato.

Mai visto Kirishima non quella faccia in vita sua.

“Ma che diamine succede qua?” ride, piegato in avanti e con le lacrime agli occhi.

Kamina...no, Jirou, gli scocca un’occhiataccia, “Smettila di ridere Sero! Non è divertente!”

“Oh, oh sì che lo è!”

“Non...no, non lo è!” sbotta Ojiro, disperato.

No, aspetta, non è Ojiro. “Aspetta. Chi eri tu?!”

Kaminari, Kaminari!” urla, sbattendo la coda a terra, “Ahia, cazzo! Come fai a combatterci? Fa malissimo!”

Sero ride, se possibile, ancora più forte.

Jirou, che poi è...chi è? Ojiro, sì, Ojiro, lo guarda malissimo, prima di tornare a rivolgersi a Kaminari nel suo corpo.

Deve essere strano guardarsi dall’esterno, sapendosi nel corpo di un altro, e vedere qualcun altro muovere il tuo corpo.

“Mi spieghi di che ti lamenti? A te è andato anche bene! Guarda Mina e Bakugou!” esclama Sero, divertito, indicando Bakugou. Perché Mina, nel suo corpo, è sparita, e con lei Kirishima.

Chissà dove sono finiti.

“Mi è andata bene? Pesa così tanto sta cosa che non riesco manco a stare in piedi! Ho mal di schiena!”

Ji-Ojiro sospira, “Tienila giù o trascinatela dietro,” mormora, massaggiandosi l’attaccatura del naso.

Shinsou, accanto a lui (o lei?) gli massaggia la schiena, “Tutto bene?”

“No!”

“Ignora i suoni,” consiglia Jirou, “Prima o poi ti abitui,” annuisce.

Ojiro si afferra tutti e due i jack come se così potesse smettere di sentire, “E prima del prima o poi? Perché io ho già mal di testa!”

Jirou, però, non fa neanche in tempo a rispondere di nuovo prima che Mina e Tooru risbuchino dal nulla, ridendo come pazze.

La faccia di Bakugou ormai è paonazza.

“Cosa...cosa cazzo avete fatto?!”

“Oh, stellina, tranquillo! E’ un segreto!” ammicca Mina.

Kirishima, dietro di loro, congiunge le mani fra di loro, “Perdonami, bro, te lo giuro non è come pensi!”

“E come cazzo sarebbe allora?!”

“Smettila si parlare in quel modo con la mia faccia,” pigola Momo, poco distante, “E’ strano!”

“Non me ne frega un cazzo se è strano! Cosa cazzo hai fatto, occhi da procione?!”

Mina muove l’indice davanti al suo naso, “No, no. Ora non sono più occhi da procione, gioia mia, ora sono capelli a porcospino. I tuoi!”

Bakugou si blocca un secondo. Si guarda intorno, Mina...cioè, Deku che ancora è con Uraraka e Asui, e sta appena riprendendo i sensi. E poi guarda Capelli di Merda che, dietro, continua a pregarlo di perdonarlo a mani giunte.

“Cazzo...”

“No, non hai sentito Momo-chan? Smetti di parlare in quel modo con la sua faccia, altrimenti dirò a tutti quello che ho visto!”

“Che...che cazzo...che cazzo hai visto occhi da...fanculo! Ashido, vaffanculo!”

Mina sorride di un sorriso così raggiante che Bakugou stesso rimane ammaliato dal suo stesso volto. Ah, quindi le sa fare certe espressioni.

No, ma diamine, non è quello che deve pensare! Ashido non deve azzardarsi a fare certe facce con la sua faccia!

“Ti faccio fuori! Ti ammazzo, Ashido, hai capito?”

“Ma non puoi, è il tuo corpo!”

“Ti ammazzo appena torni nel tuo! Anzi, fanculo, ti ammazzo adesso, così prendo due piccioni con una fava, te e MerDeku!”

Uraraka si piazza subito davanti al corpo dell’amica, ovvero Deku, ma è Kirishima a fermare l’avanzata dell’amico.

Piazzandogli le mani sul petto.

Come avrebbe fatto di solito.
Solo che...

“Oddio!” sbotta, rosso come i suoi capelli, o forse di più, “Ti prego, Momo, mi dispiace, non ci ho pensato, l’ho fatto in automatico! Non lo farei mai, Todoroki, lo giuro!”

Momo arrossisce, e per fortuna non è così strano vedere il volto di Midoriya così paonazzo d’imbarazzo, o tutta quella storia sarebbe stata ancora più assurda. “No, non...non importa. So che non volevi, Kirishima-kun.”

“Sì, te lo giuro!” deglutisce Kirishima, “E...e...e Bakugou. Smettila, okay? Ti assicuro che Mina non ha visto niente! L’ho bendata e l’ho vestita io!”

Bakugou, però, non riesce neanche a rilassare le spalle, “E allora di che cazzo stava parlando?”

“Ma niente, ti prendeva in giro. Credimi, amico!”

“Ma Kirishima mi ha promesso che stanotte mi farà vedere come funzionano alcune cose! Vero, Eiji?!”

Kirishima rabbrividisce, alle parole di Mina, e la faccia di Momo diventa così livida di rabbia che per la prima volta da quando la conosce, Kirishima ha seriamente paura di lei. No, lui. Però è strano che basta un cambio di personalità per rendere tutto così diverso.

Il volto così grazioso di Momo in mano a Bakugou fa paura quasi più di quello di Bakugou stesso.

Ki-ri-shi-ma...sei morto.”

“No! Non...Sono l’unico che può tenere a bada Mina!”

“Non ci riesci per un cazzo! Vorrà dire che la chiuderò in stanza a chiave fino alla fine di tutto!”

“Oh, no!” borbotta Mina da dietro, “Mi togli tutto il divertimento così...”

“Mina!” il coro di voci di Uraraka, Kirishima, Asui e Yaoyorozu fa rabbrividire Ojiro fino alle punte dei piedi, “Taci!”

Mina, per tutta risposta, sbuffa, “Okay, okay. Che antipatici però.”

Shinsou alza la mano giusto per  attirare silenziosamente l’attenzione, “Non dovremmo tentare di fare qualcosa, invece di stare a litigare? Forse dirlo ad Aizawa non è una cattiva idea.”

Uraraka annuisce, “Sì, sono d’accordo. Se capiamo cosa è andato storto forse capiamo come risolvere!”

Mina incrocia le braccia sul petto muscoloso di Bakugou poi, quasi come se lo notasse in quel momento, si palpa i pettorali a piene mani, “Oh caspita! Io non voglio tornare normale così in fretta!”

“Mina!”

“Scusate...”

“Cerchiamo Aizawa,” ripete Jirou, “E speriamo che non venga un colpo anche a lui.”

“Come se Morto di Sonno possa aiutarci.”

“Ma è l’unico adulto che può darci una mano,” rincarò Todoroki, “E smettila, Bakugou, sul serio.”

Fanculo pure a te, stronzo a metà.”

“Possiamo andarci in silenzio?” pigola Ojiro, le mani sulle orecchie, “Per favore?”

 

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Capitolo 3
*** 3. Perplessità ***


3. Perplessità

 

 

E’ peggio di quel che sembra. Aizawa è fermo da circa cinque minuti di fronte ai suoi allievi.

I colpiti dallo scambio sono in fila qualche passo avanti al resto della classe.

Jirou inizia a pensare che sia stato vittima di un qualche blocco cerebrale. Ha uno spasmo al lato della bocca, e la palpebra destra vibra paurosamente. Mai visto in quello stato. D’altronde, nemmeno lui deve aver visto qualcosa di simile in precedenza. E sì ch’è un Pro-Hero coi controfiocchi.

Sembra sul punto di farsene uno con le sue stesse bende. E impiccarcisi.

Pro… professore?” pigola piano Uraraka, dietro Mina- cioè, Midoriya nel corpo di Mina- pronta a scattare in caso a quel poveretto venga un altro collasso. Iida, accanto a Ochaco, è in maniche corte. Ha prestato la giacca della sua divisa a Izuku, per evitargli la vista del generoso decolleté della compagna color pesca. L’unica che non pare per nulla afflitta da quel delirio.

Ogni due secondi, con la scusa di rassettarsi i calzoni, si palpa dove capita. Kirishima sembra sul punto di bloccarle i polsi per farla smettere con quelle pratiche poco consone. Bakugō, invece, dopo lo sclero iniziale non ha più proferito verbo.

Jirou non crede che la minaccia di Todoroki abbia sortito quell’effetto: deve aver semplicemente ceduto allo shock, iniziando a realizzare.

Ehhhh …” Oh, il primo segno di vita da parte del sensei. Non abbastanza per dire che si stia riprendendo, ma quanto meno è già qualcosa.

“Professore, cosa facciamo?” Yaomomo, nel corpo di Midoriya è sicuramente quella più propensa a proporre qualche soluzione.

Shouto, il suo ragazzo, continua a scoccarle occhiate perplesse con gli occhi eterocromi. Certo una bella sfiga. Stanno insieme da neanche tre settimane, dopo un “ corteggiamento” – se così può definirsi un susseguirsi infinito di lunghissimi silenzi e sguardi vacui- durato mesi. E adesso se la ritrova nelle sembianze del suo migliore amico.

Una situazione angosciante che è toccata anche ad Eijirō. Senza tener conto che nel prosperoso fisico di Yaoyorozu c’è uno dei suoi più agguerriti rivali. Ce n’è da far venire il mal di testa anche a un blocco di cemento.

Che arriva, appunto. Il professor Cementoss si precipita, seguito da Recovery Girl.

Nei primi istanti di panico Aizawa deve aver trovato modo di avvertirlo e condurre con sé la vecchietta miracolosa, sperando di risolvere quel guaio.

Aizawa. Ma che è successo?” domanda.

Ehhh .”

Cementoss li scruta uno per uno. “Ma stanno bene. Non sono feriti. Perché mi hai fatto portare Chiyo?” insiste.

“Perché non siamo noi,” afferma Oijiro – cioè, Kaminari nel corpo di Ojiro. E in quello di Denki c’è lei, Jirou. Non vuole pensarci. Perché se inizia a pensare si agita e se si agita troppo, poi le scappa la pipì. E se pensa anche a questo, fa la fine di Aizawa. O si ritrova fulminata a sollevare i pollici, pure lei.

La vecchina li squadra a sua volta. “Oh, cara. Hai mal di testa?” chiede rivolta al suo corpo in cui c’è Mashirao, un passo avanti a Shinsou.

“Caro, Recovery. Lui è Ojiro,” le fa notare Hitoshi in un filo di voce.

“Oh. Non avrete preso troppo sole, figlioli? Oggi fa molto caldo.” Infila la mano nella tasca bianca del camice, tira fuori un piccolo incarto verde. “Una caramella? Forse è un calo di zuccheri.”

“Calo di zuccheri un cazzo!” sbotta furibondo Bakugō - Momo.

Oijiro che gli è accanto arriccia le dita e strizza le palpebre. Cementoss e Recovery rimangono di sale. Aizawa invece pare ritrovare un minimo di contegno. “Ecco. Questo è quanto,” dice.

“Oh santo cielo. Ma come …?” fa Recovery Girl.

“Non lo sappiamo. Ci stavamo allenando e poi puff! E’ partito come una specie di botto,” spiega Kaminari- Ojiro. “E quelli che erano in campo si sono trovati mescolati.”

“Be’, è strano …”

Bakugō- Momo fa un verso scocciato. “Allora, vecchia, puoi fare qualcosa? Io non ci sto a portarmi in giro queste …”

Un indice infastidito si leva da sopra la spalla. “Bada a come parli, Bakugō,” lo redarguisce Todoroki, duro.

Ma Bakugō non si lascia intimidire, si volta e lo guarda male. Fa impressione vedere la dolce Momo con quell’espressione assassina in faccia. “Senti, bastardo del cazzo, stai cominciando a stufarmi!” gli urla senza ritegno.

Shouto, dai, lascialo stare!” interviene Momo- Deku, parandosi in mezzo. Accidenti come sembra piccino adesso, tra quei due.

“Ragazzi, per favore,” sussurra Shinsou, mentre Ojiro prova a respirare profondamente.

Poveraccio. Sa bene come si sente. Lei ha dovuto conviverci per anni, prima di imparare a dominare il fastidio che ogni rumore imprimeva ai suoi nervi uditivi. Le spiace davvero per Ojiro. Ma quanto meno, c’è Shinsou che si occupa di lui. E’ risaputo che stanno insieme. Non sono di quelli che si baciano ad ogni angolo, però sì.

E Kyoka smette di respirare. Oddio. Come faranno, adesso?

Vabbé. Ora torniamo a scuola, vediamo che si può fare. Shoji, puoi prendere As … ehm, Midoriya, per favore? Dubito sia in grado di camminare da solo,” osserva Aizawa. E poi, tra sé. “Ci mancava solo questa.”

Il compagno tentacoluto viene avanti, solleva il povero Midoriya che non ha aperto bocca da quando si è ripreso. “Gra-gra-grazie Shoji-kun,” balbetta battendo i denti come fosse gennaio e non giugno.

Gli altri si accodano in silenzio. Davanti ha Mina, che continua imperterrita a tirar su i calzoni. Sì. Ci mancava soltanto questa.

 

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Capitolo 4
*** 4. Scambi di opinioni ***


4. Scambi di opinione

 

 

 

Non si aspetta niente di diverso, Ojiro, quando Recovery li squadra ad uno ad uno e dice che no, non può farci proprio niente.

Non è nei suoi poteri fare cose come quelle, può solo curare malattie e ferite fisiche.

E loro fisicamente stanno bene.

Bene, certo.

A lui sta per scoppiare un embolo, Midoriya sembra sul punto di svenire ad ogni passo...anzi no, peggio, perché i passi non li fa neanche. Lo sta portando Shoji proprio per evitare che svenga.

Mina non fa che toccarsi il...pacco di Bakugou, e solo l’idea gli da i brividi, specie con davanti quella faccia terrificante che ha ora Momo, ovvero Bakugou. Fa quasi più paura di Bakugou stesso.

E continua ad urlare. Non fa che urlare. Urla di continuo.

Cos’ha da urlare sempre? Ma non gli fa male la gola? Possibile che la voce di Yaoyorozu sia persino più fastidiosa di quella di Bakugou?

Magari è lui.

“Guarda che se urli più forte del solito non risolvi la situazione, Bakugou!” esclama concisa Uraraka, battendo piccole pacche sulle spalle scosse dalle convulsioni –o qualcosa di molto simile- di Midoriya.

“Taci, Faccia Tonda. Vaffanculo a tutti quanti! Come cazzo è possibile che non ci sia un modo per tornare indietro adesso! Scuola di merda, fottuta scuola di merda!”

“Ma non è detto che sia colpa della scuola...” prova Kirishima, seduto accanto a Mina nel corpo di Bakugou che, per risposta, sogghigna. E fa meno impressione, vista così. Sembra già più Bakugou, magari un Bakugou ubriaco e tranquillo.

“Sai, stellina, dovresti vedere il lato positivo. Voglio dire, è una nuova esperienza. Potresti imparare a conoscere il corpo femminile così quando ti troverai una ragazza sarai un vero re! The Number One!”

“Mina!”

“Non t’azzardare!” avverte subito Todoroki, scattando in piedi, “Anche tu, Ashido, te lo chiedo per cortesia. Momo è tua amica, non dovresti suggerire certe cose!”

Mina scrolla le spalle, “Forse hai ragione. Ti chiedo scusa, Momo-chan!”

Momo, col corpo di Midoriya, abbozza il sorriso più falso che gli hanno mai visto addosso, “No, tranquilla. Cerchi di vedere il lato positivo, non è...sbagliato...”

“Ma porca di quella puttana laida-“

“Bakugou, di nuovo.”

Fanculo, zitto! Zitto cazzo! Cazzo, io non le voglio ste cose, pesano a merda, e vaffanculo non ce lo vedo un lato positivo, testa di cazzo che non sei altro! Quindi almeno chiudi quella fogna!”

Ojiro emette un sonoro gemito di dolore, e si accascia con la fronte sul banco fresco e di nuovo entrambe le mani a chiudersi le orecchie il più possibile. Ma è tutto inutile.

L’udito di Jirou è troppo fine e la voce di Momo troppo acuta.

Sero, dietro di loro, ridacchia, “Bakugou è diventato più sboccato o è una mia impressione?!”

Shinsou, invece, schiocca la lingua, “Bakugou è solo un gran cafone!” fa, e se si limita a sussurrare è solo per il bene di Ojiro, che sta soffrendo.

Gli accarezza piano la schiena sotto gli occhi attenti di Kaminari nel corpo di Ojiro neanche dovesse controllare che ha intenzione di fare, poi si allontana verso l’altra metà della classe.

Hey, Bakugou!” sbotta, avvicinandosi prepotentemente.

Bakugou, nel corpo di Momo, si gira con stizza e una vena così esposta sulla tempia che per un attimo teme possa esplodere in quell’esatto istante. “Cazzo vuoi pure tu, figlio di...”

Ma non conclude neanche la frase. Gli occhi si fanno vacui e drizza la schiena.

“Fa silenzio. Zitto e siediti!” ordina Shinsou, perentorio. Sotto il controllo del Brainwash, Bakugou esegue subito. “E rimarrai muto finché il professor Aizawa non ci dirà che cosa fare!” prosegue. Bakugou-Momo annuisce.

Lo fa anche Shinsou e poi si allontana di nuovo, senza neanche sentire la vocina sottile di Deku, ovvero Momo, che lo ringrazia di cuore.

Kirishima invece sospira, “Non è che puoi ipnotizzare anche Mina e farla stare ferma?”

“Non ci provare, sai! Io mi sto divertendo così tanto! Devo quasi fare pipì! Lì non mi potrete dire niente, devo per forza smanettare, no? Altrimenti che faccio, Eiji, amore? Me la faccio sotto?”

“No, vieni con me e ci penso io...anche se...mio dio. Che imbarazzo. Cavolo...”

“Che ti imbarazzi? Ce l’hai pure tu...”

“Ma che discorsi fai, Mina! Cioè non è il mio...cioè è Bakugou! Voglio dire, insomma...aah!”

“Ragazzi!” interviene Shinsou, “Se non abbassate la voce faccio il lavaggio del cervello a tutti quanti, a costo di dovermi sentire male!”

Kirishima alza subito le mani, “Oh, no. Scusami tu, hai ragione! Come sta Ojiro?”

“Sta male, perché voi non gli date il tempo di abituarsi,” interviene Jirou, nel corpo di Kaminari, “Ma non è niente di che. Mina, non so proprio come tu faccia,” mormora poi. Lei alla sola idea di fare pipì si sente male.

E la cosa peggiore è che più ci pensa, più gli viene di andarci.

Ma con che faccia si cala i pantaloni e guarda...è Denki! Qualunque altro avrebbe cercato di guardarlo con filosofia, anche se Mina è imbattibile, ma Denki...

Aizawa entra con Midnight, che sembra in brodo di giuggiole al solo guardarli, e altri professori. Li fissano tutti.

Hanno un’aria tra lo scocciato e non sa bene che altro.

“Non abbiamo ancora capito cosa sia successo, ma non sembra opera di un quirk,” afferma Aizawa, “Temo dobbiate avere qualche...giorno. Spero ora. Di pazienza.”

“Cosa?!”

Ooh, non sarà così traumatico! Per qualsiasi dubbio femminile o maschile potrete venire da me!” squittisce Midnight.

Peggio. Peggio che mai.

“Tornate al dormitorio. Ognuno nelle stanze del...beh...corpo che vi ospita, ecco.”

“Cazzo.”

Jirou?”

“Scusate.”

Adesso deve andare al bagno.

 

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Capitolo 5
*** 5. In Camera (parte 1.) ***


5. In Camera (parte 1.)

 

 

Momo cerca di farsi forza.

Todoroki la sta accompagnando nella sua camera, al dormitorio femminile.

Deve prendere alcune cose, il laptop, il caricabatterie del cellulare.

Si sente piccola, adesso, accanto a Shouto.

Tre centimetri sono diventati dieci, e la differenza si vede tutta.

Anche se probabilmente il fatto di provare quell’acuta sensazione di smarrimento contribuisce ancora di più a quest’effetto.

Se non altro da un certo punto di vista, è stata fortunata.

Midoriya in fondo è una delle persone con cui Shouto ha più confidenza. Gli sarà più facile avere a che fare con un amico, piuttosto che con un … Bakugō, ecco.

Non vuole pensare che ora il suo corpo è nelle mani esplosive del compagno.

Altrimenti dà di matto. E cercare di mantenere la calma è la cosa più saggia, adesso.

“Come ti senti?” le chiede, voltandosi a guardarla dopo essere saliti in ascensore.

“Be … bene. Fisicamente sto bene. Però mi fa strano, sì.”

“Dai. Vedrai che si risolverà presto.” La pacatezza di lui è un balsamo per la preoccupazione che prova a tenersi giù nello stomaco.

Vorrebbe che l’abbracciasse, o che quanto meno la tenesse per mano.

Ma sa che già con lei ha difficoltà a lasciarsi andare a certe effusioni. Hanno iniziato solo da poco a frequentarsi come coppia, e a parte qualche timido approccio, tipo qualche carezza sui capelli o baci sulle guance e a labbra chiuse, ancora non si sono addentrati nella conoscenza dell’altro.

Shouto ha bisogno dei suoi tempi.

Che ora si prolungheranno all’infinito, sicuro. “Oookay. Vado … vado a prendere le mie cose,” mormora piano aprendo la porta.

Le fa strano parlare con la voce di Midoriya.

“Ti aspetto qui.”

Entra, sale sul letto – enorme, prende tutto il posto nella stanza e raggiunge il comodino stretto tra il baldacchino e la parete.

Raccoglie quel che le serve, lo posa sul cuscino.

E una fitta alla pancia le fa aggrottare la fronte.

Mannaggia. Deve … andare in bagno.

In effetti sta trattenendo la pipì da ore, fin da prima che Recovery la visitasse.

E l’ansia non è certo un buon deterrente.

Oh mamma. Deve … deve proprio?

Lancia per un istante un’occhiata fuori dalla porta.

Oddio. Se ci pensa se la fa addosso, sul serio.

“Porca troia.” La sua stessa voce che impreca come uno scaricatore di porto la fa sussultare. “Che cazzo ci fai ancora qui, bastardo?”

“Momo sta prendendo le sue cose. Tu hai già fatto?”

“No, cazzo. C’è quella pazza nella mia stanza, ho detto a Capelli di merda di prenderle e portarmele lui, se ci tiene alla sua donna. Altrimenti la ammazzo, quella cretina.”

Da un lato lo compatisce.

Ha avuto decisamente meno fortuna di lei, Bakugō.

Mina è … appunto, una mina vagante. Appena ha saputo che lei e Todoroki stavano insieme ha iniziato a bersagliarla di domande, una più indiscreta ed esplicita dell’altra.

Kirishima deve avere una pazienza infinita, con lei.

Cosa che Katsuki invece non ha, con nessuno. “Senti, bastardo.”

“Dimmi.”

“Tu non mi vai a genio, e lo sai. Quindi non sto facendo un favore a te.”

Mhmm mhmm.”

“Però rispetto la tua ragazza, per cui non ti rodere il fegato pensando chissà che. Non sono quel genere di coglione, uh.”

Momo è colpita suo malgrado.

Non si aspettava che Bakugō … muovesse spontaneamente una dichiarazione simile.

Tanto più a Shouto.

“Ma appena riavrò il mio corpo ti farò a pezzi, stronzo. Quindi questa è solo una tregua per causa di forza maggiore.”

“Okay. Mi voglio fidare.”

Ora che sembra tutto sistemato, nei limiti del possibile quanto meno, Momo decide che è meglio tornare fuori, e dar modo a Bakugō di entrare.

Quando esce, fissa il compagno a braccia incrociate. “Bakugō …”

“Sì, sì, va bene, cazzo.” Le passa davanti, sbattendosi la porta alle spalle.

Momo guarda Shouto. Che abbozza un leggero sorriso. “Andiamo. Ti accompagno in camera di Midoriya.”

Tornano di sotto, cambiando lato. “Chissà se avrà ancora il Santuario ad AllMight, lì dentro,” osserva.

Todoroki alza le spalle. “Probabilmente sì. E’ fatto così lui.”

“Poverino. Dev’essere davvero un brutto colpo ritrovarsi nel corpo di Ashido. O di una ragazza in generale, lui ch’è così … timido.”

“Già.”

Nel corridoio del secondo piano incrociano Shoji, che parlotta con Tokoyami. “Oh, Todoroki, Yaoyorozu”, fa il compagno tentacoluto.

“Ragazzi,” saluta Momo. “Midoriya … è lì dentro?”

“Già. Penso non verrà fuori per un bel po’,” osserva Tokoyami pacifico. “Todoroki, forse dovresti parlarci.”

Shouto sospira piano. “Ci provo.” Bussa alla porta chiusa. “Midoriya? Sono io, Todoroki. Posso entrare?”

Mhmmm.”

Midoriya?”

Nessuna risposta.

“Dovremmo aprire? Magari si sente di nuovo male. Era pallido come un cencio quando l’ho accompagnato qui.”

“Okay. Lo faccio io.” Prende e abbassa la maniglia, gli altri si affacciano a spiare all’interno.

E’ tutto sprangato. Le finestre coperte dalle tende serrate. “Midoriya?”

Ahaaa, mhmm!”

Shouto guarda i compagni, poi entra.

Momo lo segue. “Midoriya, stai bene? Che hai?” chiede bussando anche alla porta del bagno.

Shouto, forse dovresti aprire. Magari non si sente bene sul serio.”

Todoroki spalanca la porta.

Accende la luce. “Oh. Oh, cavolo. Midoriya.”

“Che succede?”

“Penso sia meglio … ahaa. Dannazione.” Momo lo vede sparire dietro il muro.

Non osa affacciarsi. Non si sarà mica impiccato al soffione della doccia, vero?

Shoji!” chiama Shouto. “Vieni, penso occorra una mano.”

“Certo.” Momo si vede sfilare davanti Mezo.

Quando escono dal bagno, Midoriya- Mina non si vede, nascosto com’è tra le braccia moltiplicate di Shoji.

Todoroki è dietro, un’espressione indecifrabile. “Ma che è successo?” gli chiede.

“Penso abbia avuto un attacco di panico. Conviene tenerlo in infermeria, almeno per un po’.” Scuote la testa bicolore. “Rischia di prendersi un blocco renale, in questo stato.”

Momo avvampa. Abbassa lo sguardo, mentre i compagni portano il povero Izuku da Recovery e Shouto riapre le tende. 

Con l’inquietudine che si è presa la necessità fisiologica si fa sentire più forte, adesso.

Mannaggia. Sarebbe stato meglio farlo nel proprio bagno, quanto meno … sarebbe stato un ambiente familiare.

“Momo … senti,” la chiama. Anche lui ha gli zigomi leggermente arrossati.

Mhmm?”

“Non farmi preoccupare anche tu, va bene? Insomma … tocca adeguarsi. Non voglio che tu stia male come Midoriya, d’accordo?”

“Ma … ma … io …”

“Sono una persona ragionevole. E … ecco. Non penso … possa prendermela se …”

“Oddio, Shouto, basta per favore,” mormora nascondendo il viso tra le mani. “Ti prego. E’ già complicato così.”

Tacciono, per qualche istante. “Tu …” riprende Shouto, la voce ora strozzata. “Sai cosa aspettarti, vero, Momo? Dal … corpo di un … ragazzo adolescente, intendo.”

Ha gli zigomi dello stesso colore della cicatrice.

Momo sgrana gli occhioni. Di sicuro adesso sembra davvero Midoriya. “Oh … oh, santo … oddio, non …”

“Ma dobbiamo chiarire la questione. Hai sentito Aizawa. Potrebbe durare più di qualche giorno, e allora tanto vale farlo subito.”

Momo è esterrefatta.

Sa che il suo ragazzo è fondamentalmente timido però se ha da affrontare delle faccende è diretto e sbrigativo.

Pane al pane. Senza mezzi termini. “Non è una cosa volontaria. Ma può succedere di essere più sensibili … a certi stimoli. Quindi, insomma … può succedere che …”

Momo ascolta senza fiato. “Ma … con le ragazze, dici? Mamma mia …”

“Be’, no. Pare che la personalità non sia cambiata, quindi non credo. Ma se … per caso …” Deglutisce, e il pomo d’adamo nella curva della gola freme.

Yaoyorozu alza prontamente lo sguardo. Sì, Shouto ha sicuro ragione.

Avverte un certo pizzicorino, laggiù. E l’angoscia le fa salire le palpitazioni.

Senza contare che sta ancora trattenendo. “Inoltre … ci sono reazioni fisiologiche incontrollabili. Ad esempio … la mattina, ecco.” Ora è rosso come i capelli del lato sinistro, e ha gli occhi lucidi, febbricitanti dall’imbarazzo. “Te lo dico perché non voglio che ti spaventi e non sappia cosa fare.”

“E tu … cosa fai? Ossignore, scusa, scusa. Non voglio … impicciarmi degli affari tuoi.”

Shouto stira un sorriso. “Una doccia fredda aiuta sempre. Mi raccomando, prenditi cura di te. E se ti occorre qualcosa, sono di sopra.” Si avvicina, seppur esitante.

Le posa una leggera carezza sulla testa. “Ci vediamo dopo, Momo.”

Appena la lascia sola realizza che non può più trattenersi.

Entra nel bagno e chiude la porta.

A chiave.

Non è difficile. Ce la può fare.

Deve solo stare calma.

Si posiziona davanti al water, al buio.

Chiude gli occhi e abbassa i calzoni.

In fondo nessuno lo saprà, no? Non toglie dignità a Midoriya, anzi.

Anche lei rispetta il compagno. Tanto più che è amico di Shouto.

E si siede.

Fa la pipì. Quanto meno non è poi così strano, questo.

E adesso, però?

Sempre al buio, si spoglia tenendo addosso solo i boxer, apre a tentoni l’acqua nella doccia.

Involontariamente ripensa alle parole di Shouto e al leggero movimento nella sua gola.

Così vira al freddo.

Ecco. Così va meglio. Molto meglio.

Quando esce, si avvolge nell’accappatoio e torna in camera.

Le pare brutto frugare nei cassetti di Midoriya, un’indebita intrusione.

Ma è necessario.

Prende una tuta, dei boxer asciutti. Per un attimo si aspetta di ritrovare anche quelli con la stampa di AllMight.

Si mette a ridacchiare tra sé.

Ma è solo un modo per acquietare l’ansia mentre libera i fianchi da quelli bagnati e si cambia, attenta a non sfiorarsi.

Okay. Per adesso, tutto bene. Insomma, quasi.

Spera tanto non succeda nulla, la mattina dopo.

E poi ricorda una cosa, che la lascia senza respiro tanto che deve sedersi sul letto di Izuku.

Shouto le ha detto cosa deve aspettarsi dal corpo di un ragazzo.

Ma c’è anche chi ha fatto la trasformazione inversa. 

Oddio. Povero Bakugō.

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Capitolo 6
*** 6. In Camera (Parte 2.) ***


6. In Camera (Parte 2.)

 

 

Arrivano in stanza, lui e Ojiro, che Kaminari è già lì. Nel corpo del suo Ojiro.
E’ più strano del previsto, trovarseli così. Sa che quello affianco a lui, che ha accompagnato adesso a prendere le sue cose in stanza, è il suo ragazzo, anche se in un altro corpo, ma allo stesso tempo anche quello lì a terra è il tuo ragazzo. Il suo corpo, almeno.
Quindi ha al fianco il suo ragazzo, che adesso è una ragazza, e davanti il suo vicino di stanza, nel suo corpo, che ha su un’espressione che non ha mai visto ad Ojiro da quando stanno insieme.
E’ così spaesato, corrucciato e tenero al tempo stesso che ha di nuovo voglia di prenderlo e stringerlo.
Ma non può, perché quello è Kaminari.
E forse non può neanche stringere il suo vero ragazzo, perché quello è il corpo di Jirou.
E’ una pessima situazione.
Pessima.
“Sei già qui, Kaminari?”
“E dove dovevo andare?” borbotta quello, “Tanto la mia stanza è qui accanto, non ci metto niente a prendere le mie cose...”
“Giusto,” annuisce il vero Ojiro, prima di infilarsi nella stanza e prendere il cellulare e le poche cose che potrebbero servirgli mentre è...beh, nella stanza di Jirou. Di una ragazza.
Si ferma con il libro a mezz’aria.
A lui è sembrato ingiusto anche sbirciare nelle camere delle ragazze, il primo giorno lì al dormitorio. Adesso deve dormirci.
Peggio.
Deve prendere le sue cose! Avrebbe coperto tutti gli specchi. Assolutamente. Jirou l’avrebbe perdonato se i suoi capelli non sarebbero stati così perfettamente lisci in mano sua, ne è certo.
“Tutto okay, Mashi?”
“Ah, sì,” annuisce e continua a raccattare alcune delle sue cose. Solo poche, non ha roba altamente tecnologica e i vestiti ovviamente non gli servono. Solo il libro, il pc e il cellulare, nient’altro.
“Un consiglio,” fa poi, rivolto a Kaminari, “Dormi di fianco, qualsiasi altra posizione ti farà male alla schiena.”
“Okay,” pigola Kaminari, “Non pensavo che fosse così scomoda. E sensibile. Prima ho dato una botta e ho visto le stelle.”
“Per questo mi serve spazio,” sorride. Il minimal di quella stanza non è per quel motivo. Lui è semplicemente così, normale. Però comunque gli serve spazio, quindi avrebbe dovuto agire di conseguenza.
“Okay. E dove la metto nel frattempo?”
“Nel frattempo di cosa?”
“Nel mentre che dormo, dove la metto?!”
Ojiro ride appena, “Dove ti pare, Kaminari. Lungo il letto, intorno alla vita, sopra, è uguale. Fa tutto quello che dici tu.”
“Va bene,” annuisce ripetutamente Kaminari, “Va bene.”
Shinsou si avvicina di un paio di passi, “Non essere così terrorizzato, Kaminari, almeno tu sei ancora nel corpo di un uomo,” lo prende in giro con un sogghigno, “O a terrorizzarti è il fatto che nel tuo ci sia Jirou?”
La coda da una botta incontrollata sul pavimento e Shinsou sogghigna, “Lo immaginavo.”
Jirou non farà niente col tu corpo, ti rispetta,” sorride anche Ojiro.
Kaminari non dice niente. Si limita a borbottare qualcosa di non ben identificato, mentre gli altri due escono.
E’ tempo di andare nel dormitorio delle ragazze, per Ojiro. Anche se fa strano dirlo. Ma gli sta bene, la medicina per la testa che gli ha dato Recovery gli ha messo addosso sonnolenza e non vede l’ora di stendersi per bene e dormire.  Anche se prima deve andare al bagno.
Lui si fa sempre una doccia prima di dormire.
Sarà dura. Sarà molto dura.
Ojiro-kun?”
Si voltano entrambi, e sorridono a Kaminari. Cioè, Jirou.
“Ti consiglio di mettere della musica, non troppo alta, ascoltandola con i Jack. Attenuerà di rumori fuori e non ti sveglieranno di notte.”
“Ah. Grazie mille, Jirou.”
“Di niente. Senti...mh...Kaminari è in stanza già?”
“Sì.”
“Okay. Shinsou, non hai l’autorizzazione a toccarlo!”
Shinsou, a quella frase, sgrana gli occhi mentre le goti di Ojiro –quindi quelle di Jirou- virano pericolosamente ad un porpora acceso. “Ma...ma...”
“Lo dico per sicurezza!”
E Shinsou scoppia a ridere così di gusto da doversi piegare in avanti, quasi, “Tranquilla, non profanerò il tuo corpo. Te lo giuro.”
“Molto bene. Mi fido di voi, ragazzi!”
Li saluta con la mano mentre Shisnou lo accompagna anche nella sua nuova, momentanea camera, e lei invece bussa ed entra in quella di Ojiro, dove Kaminari è ancora seduto a terra.
Apre la bocca per parlare svariate volte, ne avrebbe di cose da dire. Deve andare al bagno da due ore, ma si vergogna a calarsi i pantaloni e farlo, anche se può sedersi, suppone.
Ma quello è Denki
Accidenti, proprio in Denki doveva finire? Chiunque altro sarebbe andato bene, ma proprio Denki?
Avrebbe avuto meno remore con gli altri, ma Denki...
S-senti...”
“Senti!”
Si guardano, fissi. Hanno parlato nello stesso momento e adesso tacciono.
“No, vai. Vai tu, Kaminari.”
“Ecco, sì, insomma...io volevo dirti che se....se...se domani mattina ti ritrovi...insomma, hai capito, no? Dai, hai capito! Non pensare male di me! E’ normale!”
Jirou sgrana gli occhi, “Lo-lo so che è normale. Se...se domani mattina mi capita farò una doccia fredda. Gelida. E non ne parleremo mai più, pikachu, intesi?”
“Intesi. Sì, ottimo.”
“Altre cose che magari devo...devo sapere?”
Kaminari serra le labbra. Sì, che quella stanza è un marciume e lei, adesso, non avrebbe voluto più saperne di lui se avesse anche solo un po’ fruganti nelle sue cose.
Dannazione.
“Niente. Solo, non frugarmi troppo in giro.”
“No, certo. E’ la tua privacy. Allora, buonanotte, Kaminari.”
“’notte.”
Jirou rientra in stanza, alza gli occhi quando sente un tonfo dal piano di sopra. Da Bakugou. Ovvero Mina.

Al piano di sopra, infatti, Kirishima ha gettato a terra la borsa con le poche cose di Bakugou che stava prendendo per portargliela e, alla svelta, si è gettato su Mina.
“Mina, ti prego, non farmi questo!” ululò, afferrandole entrambe le mani.
“Ma perché! Voglio vedere che cosa c’è! Te lo immaginavi che Bakugou avesse tutte queste cose di All Might? Guarda, fa concorrenza a Midoriya! Uh, e questo che cos’è? Ma ha così anche le mutande? Tanto domani me le devo mettere, quindi è inutile che mi blocchi, gioia mia. O vuoi dormire con me?”
Kirishima sospira, “No, ma...ma almeno abbi un po’ di rispetto per Bakugou, no?”
Mina sogghigna. Quell’espressione sta così bene sul volto di Bakugou che fa quasi impressione capire quanto quei due, seppur per motivi diversi, si somiglino.
E lo facessero uscire folle entrambi.
“Rispetto? Oh, ti amo, Kirishima, e amo la tua ingenua bontà...ma io ho intenzione di svelare tutti i più reconditi segreti di Bakugou! Smantellerò tutta la stanza se necessario!”
“Mina...”
“Lo faccio perché vi voglio bene!”
“Certo....”
“Beh, ti sto facendo portar via cellulare e computer, quelli sono al sicuro. Su, su, vai a portarglieli, io devo cercare le riviste porno! So che le ha! Chissà se è gay come Ojiro o se è etero anche lui, non l’ho mai capito! E’ tempo di svelare l’arcano! Mina Ashido non può non capire di certe cose!”
“Mina...”
“Sì, stellina, conosco il mio nome. Stai diventando un po’ ripetitivo. Su, su, vai!” fece, sfregandosi le mani, “A noi due, Bakugou!”

 

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Capitolo 7
*** 7. Risvegli traumatici (Parte 1.) ***


7. Risvegli traumatici (Parte 1.)

 

 

Fa caldo. Accidenti, se fa caldo.

Si sposta sull'altro fianco, in cerca di un po' di sollievo. Ma non ne trova, così prova a pancia in giù, scalciando via il lenzuolo.

Non ricorda di aver mai sentito tanto caldo in vita sua. Se è così a giugno non osa immaginare cosa farà ad agosto.

Innervosita, sfila la maglia. Tanto non deve dar conto a nessuno.

Tra uno sbuffo e un mugugno sfila anche i calzoni. Allarga le gambe e apre le braccia, forse sarebbe bene abbassare la temperatura del condizionatore...

Un tocco improvviso la fa sussultare. Lento, morbido, anche se è caldo non la infastidisce.

Vorrebbe voltarsi, aprire gli occhi.

Ma non occorre. Riconosce immediatamente la voce che le sussurra all'orecchio, appena percettibilmente: “Resta così.”

Kyoka obbedisce. Una lieve goccia di sudore si coagula sotto la sua nuca.

Si abbassa su di lei posandole un piccolo bacio proprio su di essa. E rabbrividisce, d'un tratto.

Poi realizza. “Denki...ma...”

“Shhhhh...”

“Sei nel...nel corpo di Ojiro! E io nel tuo, non...”

“Appunto. Tu non dovrai fare niente...solo io. E' come se mi stessi toccando da solo, no? Non c'è niente di male. Lo fanno tutti, i ragazzi...”

“Sì, ma...”. Quel lieve morso nel fianco le spezza le parole in bocca.

E' caldo sopra di lei. Anche lui.

Non sa da cosa dipenda, Ojiro non possiede un quirk termico o elettrico.

Forse è lei che sta friggendo come un uovo allora.

Le infila la mano sotto la pancia, intrappolata tra il materasso e la pelle.

E va giù. Piano. Con dolcezza.

Kyoka chiude gli occhi, inspira profondamente mentre la accarezza dov'è più sensibile...cioè, dove dovrebbe essere più sensibile lui, se fosse al suo posto...oddio, che casino.

Forse Kaminari ha ragione, non c'è nulla di sbagliato. In fondo è il suo corpo, no?

Le piace tanto, il suo corpo.

Le piace tanto lui, Denki. Non perché lo trovi buffo, anche se non riesce a fare a meno di scoppiare a ridere ogni qual volta si mandi in blackout da solo per l'abuso del quirk.

Le piace perché ci prova anche se forse non sarà una cima, ma cerca di impegnarsi a scuola, ce la mette tutta anche se non raggiungerà mai i livelli di Bakugō, Todoroki o Midoriya.

A volte straparla, ma solo perché è spontaneo. Non è sua intenzione ferire gli altri di proposito; tende a dire quel che gli passa per la testa e se fa male, poi chiede scusa.

Perché è un po' distratto, perché è un po' pigro.

Perché è un ragazzo tranquillo che vive la sua adolescenza serenamente, senza furie né drammi né desideri di mettersi in mostra o gettarsi nella mischia a qualunque costo, anche di lasciarci la pelle.

Perché la fa sentire una normale adolescente, anche lei.

Non che Kyoka non desideri essere un'Hero, certo che sì. Ma le sue capacità sono limitate rispetto a tanti altri, e sa che se ci si fissasse troppo, finirebbe col mandare tutto al diavolo alla fine.

Denki è il suo appoggio, anche se non lo sa.

Quanto meno Kyoka supponeva non lo sapesse.

Le piace perché è bello, perché i suoi occhi dorati le danno alla testa specie quando la guardano e poi sorride.

Denki...le piace.

Quello che le sta facendo, anche.

Tanto.

Sospira di pura beatitudine mentre l'accarezza...si accarezza. Di sicuro si conosce bene e sa dove mirare.

Le sfugge un ansito che soffoca nel cuscino, artiglia le dita.

Sì, non può esserci nulla di male in qualcosa di così bello.

Lo lascia fare.

Fino alla fine, quando un'onda calda le monta dalle reni, spezzandole, strappandole un gemito sonoro, profondo, con la voce di lui.

“Denki...” sussurra piano, inspirando e socchiudendo lentamente gli occhi.

E' luce. Parecchia luce.

Improvvisamente atterra nella realtà.

Stava sognando. Era soltanto un sogno, una fantasia che fino a questo momento non ha mai avuto il coraggio di realizzare coscientemente.

Adesso, però, l'ha fatto.

Ha dimenticato che non è la sua camera e quindi avrebbe dovuto puntare la sveglia anche qui.

Kaminari è un pigrone, sicuro ce l'avrà messa a dieci minuti scarsi dall'ora di presentarsi in classe.

Fa per mettersi seduta, ma d'un tratto si blocca, interdetta.

Ha qualcosa di fastidioso all'altezza delle cosce.

E...una mano posata sopra.

“Oh, cazzarola!”

Si alza rapida come una saetta, entra nel bagno del compagno e apre la doccia.

Vi si getta sotto, con ancora i boxer addosso.

Non è...possibile.

Cos'ha fatto...ha violato l'intimità di Denki.

Non di proposito, è vero. Tuttavia...Oddio.

Non può pensarci sia accaduto sul serio.

Si decide a spogliarsi, la biancheria è tutta appiccicata.

E non soltanto per l'acqua.

Li lascia in un angolo, poi afferra la bottiglia di bagnoschiuma e se ne versa addosso una generosa dose.

Però così non risolve. Sente la pelle tirare, deve per forza sfregare per mandarlo via.

Le cade l'occhio sulla spugna appesa all'anta.

Non ha altra scelta. Deve farlo.

La prende, sforzandosi di non tremare. Di non "sentire".

Raccoglie un po' di bagnoschiuma dal torso di Kaminari, ad occhi levati al soffitto la passa con energia sul bassoventre, nell'attaccatura delle cosce, e poi...lì.

Rabbrividisce. Quelle sensazioni le pungolano la base della schiena, appena si sfiora è tutto un carosello di leggere fitte piacevoli.

Che vergogna. Da ragazza...non l'ha mai fatto, mai, nemmeno quando si ritrovava da sola nel suo letto a pensare a lui per caso e adesso...

Gira la manopola. Fredda. Freddissima.

Riesce a resistere solo un paio di secondi senza gridare e gettarsi nell'altro angolo del box, con un tonfo secco.

Ma se non altro, va leggermente meglio.

Chiude l'acqua, esce e si avvolge nell'accappatoio. Si asciuga alla svelta, sfregando sulle braccia per scaldarsi.

Raccoglie la roba fradicia in punta di dita e la mette a scolare nel lavandino. Quindi prende coraggio e torna in camera, spalanca l'armadio e tira fuori l'uniforme di Kaminari.

E che il cielo la aiuti, pensa slegando la cintura di spugna arancione.

 

Quando scende in sala comune in parecchi sono già lì.

C'è Momo, nei panni di Midoriya. Che sembra tranquilla, cioè, per quanto può esserlo in una situazione del genere. Hagakure e Uraraka, con Tsuyu.

Manca Ashido, ma visto il casino che ha sentito provenire dalla camera di Bakugō fino a sera tardi probabilmente tirerà a letto un altro po'.

I ragazzi sono ancora tutti di sopra. Quanto meno lo spera, che ci rimangano a lungo.

Non avrebbe il coraggio di guardare Denki. Non dopo quel risveglio agitato.

Forse è accaduto perché era circondata dalle sue cose, dal suo odore e...quella reazione è stata spontanea.

D'altronde i ragazzi sono più sensibili a certe cose. “Ma cos'hai, Kyoka-chan?” le domanda Momo, gli occhioni verdi di Deku inquieti che si posano su di lei.

“Ni-niente. Sono ancora un po' ... spaesata, ecco.”

L'ascensore si apre. E ne viene fuori l'uragano Mina, più agitata che mai, con la camicia dell'uniforme di Bakugō ancora mezza slacciata e la giacca aperta. “Waaaa! Ragazze, non avete idea! Allora, come vi siete svegliate voi? Io come un pezzo di marmo! C'è voluto un sacco di tempo per farlo tornare giù, mi fanno male tutte le dita!”

Momo sprofonda la faccia tra le mani, rossa come un peperone. Le altre, allibite, tacciono. “Però, chi l'avrebbe mai detto, mica male Baku-bro.”

“Mina!” Kirishima arriva giù dalle scale come un tornado, ha la faccia pesta di chi non ha chiuso occhio tutta note, poveraccio. “Mina, per l'amor di Dio!”

Kyoka teme di dover essere sul punto di vomitare. Per via del mal di testa che le è esploso nel cervello.

E grazie al cielo adesso è Ojiro quello ad avere a che fare coi jack.

Scusa, Mashirao.

Morirà, se lo sente. Non sopravvivrà a quella storia.

 

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Capitolo 8
*** 8. Risvegli traumatici (Parte 2.) ***


8. Risvegli traumatici (Parte 2.)

 

 

Bussano.

Due volte. Tre.

Shinsou apre un occhio pigramente.

Kirishima! Amore, qua è tutto dritto! Vieni di qui, sbrigati! Che faccio?”

Cazzo. Mai avrebbe pensato di sentire una cosa simile con quella voce. E’ inquietante.

Kirishima è dall’altra parte, Ashido.”

Il silenzio regna per due secondi, poi qualcuno ride, “Oh, scusa Shinsou.”

Shinsou sbuffa, si gira dall’altra parte e ritorna a dormire. Ci prova, almeno. E’ duraletteralmente!- con quell’immagine in testa, accidente ad Ashido. Ma è un breve tempo, prima che qualcosa inizi a suonare piano dalla scrivania.

Dopo due minuti abbondanti è costretto ad aprire gli occhi e arrendersi.

Sono le sei e mezza. Chi cavolo lo chiama a quell’ora della mattina? Mashirao, forse? No, non lo fa mai.

Kaminari?” brontola, rispondendo.

Dall’altra parte a rispondergli è la voce pigolante di Ojiro, però, “Shi-shinsou!”

Si sveglia in un istante, sentendolo, “Che succede? Che...ah, no. Sei Kaminari. Giusto,” sbuffa. Per un attimo si è preoccupato, sentendo Ojiro lamentarsi così. Ma quello non è il suo Mashirao, lui è nel corpo di Jirou, nell’ala femminile.

, sono Kaminari! Non l’hai letto il nome sul cellulare?!”

Stavo dormendo, Kaminari. Che vuoi?”

“Mi devi aiutare! Non capisco più niente, qui! E’ il tuo ragazzo, no?”

Shinsou aggrotta le sopracciglia, “Che c’entra?”

C’entra! Non riesco e beccare il buco, non riesco a capire come infilarci...ah, cazzo, suona malissimo così. Senti, Sali e basta va bene? Dannata coda, la odio!”  e aggancia.

Shinsou fissa il cellulare a lungo, sbuffando e grattandosi la nuca. Che cosa c’è di difficile ad infilarsi i pantaloni? Sono pantaloni!

Si infila la divisa in fretta e furia, si sistema i capelli alla meno peggio e poi scende in camera di Ojiro. Non fa neanche in tempo a bussare che Kaminari l’ha già tirato dentro. Nudo. Neanche i boxer si è infilati, li ha solo buttati alla rinfusa sul letto.

Kaminari...questa non è la tua stanza. Dovresti...”

Metto tutto a posto, te lo giuro! Ma cazzo, come fa a vestirsi me lo spieghi?!”

Shinsou sospira, alza gli occhi al soffitto perché se li abbasse sul serio li punterebbe sul diddietro del corpo del suo ragazzo e in quel momento non gli sembra la scelta migliore. Perché dentro c’è Kaminari.

Non può saltargli addosso.

Oh, quanto vorrebbe.

Non può neanche correre a baciare Mashirao, perché è nel corpo di Jirou! Che situazione noiosa.

Qual è il problema?”

Kaminari prende la coda di peso con entrambe le mani, “C’è un buco di troppo! Ho capito che è per la coda ma come me li infilo?!”

“Okay. Ti vesto io, santa pazienza!” sbotta. Sono sicuramente scomodi da indossare, gli abiti su misura di Ojiro, anche lui ci ha messo un po’ a capire come diamine fare per spogliarlo, ma alla fine non è così complicato.

Ma poco male per lui. Almeno può tastare.

Stai toccando?”

“E’ il corpo di Ojiro,” sogghigna Shinsou.

Kaminari sgrana gli occhi, “Sei tremendo! Povero Ojiro!”

“Non credo sia povero. Lui è contento se...”

“No, no, no, no, non lo voglio sapere, blablabla, buuu.”

Shinsou scoppia a ridere, ma tace.

Scendono insieme, ma sotto c’è già una gran confusione. E non c’è ancora Bakugou. Denki cerca il suo corpo per prima cosa, ovvero Jirou, ma lei gli sfugge. Per qualche ragione non lo guarda.

Il panico lo coglie all’istante, la coda inizia a dimenarsi contro tutti quelli che gli passano vicino senza che neanche se ne renda conto, perché non la controlla affatto. Ha trovato qualcosa che non doveva? E’ arrabbiata con lui? Ha fatto qualcosa? No, non ha fatto niente, quello no.

Che ha nella sua stanza che potrebbe infastidirla? Però Jirou gli ha promesso che non avrebbe sbirciato fra le sue cose.

E Jirou le mantiene le promesse.

E allora...

Kaminari! Kaminari, fermo!”

Si ferma. Rabbrividisce fino alla punta del...di tutto. Qualcuno gli sta toccando la coda.

Quando si volta c’è Jirou, il suo viso bellissimo che lo guarda con stupore e gli accarezza la coda. E Kaminari arrossisce e...oh, cazzo.

Kaminari!” sbotta Ojiro –perché è Ojiro, non Jirou, Ojiro-, rosso in viso in maniera dolcissima. Il volto di Jirou arrossito è così bello...

Ojiro si guarda intorno con intenzione, “Che diamine stai facendo, Kaminari! TI prego!”

Kaminari borbotta per qualche istante, prima di riuscire a parlare, “Hai-hai ragione, Ojiro, scusa però....ecco,” si riprende la coda fra le mani, ben lontana da chiunque, “Vado...vado al bagno. Perdonami, amico mio, giuro che non l’ho fatto di proposito!”

“Si, si, va bene, sparisci! Povero me...” sospira, amareggiato.

Shinsou gli si avvicina con un sogghigno divertito. Lo ha visto, è sicuro che lo hanno visto in tanti. “Non dire niente,” gli sbotta contro, “Non osare!”

Lui alza le mani, “Okay. Com’è andato il risveglio, stamattina?”

Ojiro si stringe nelle spalle esili di Jirou. Si sente piccolissimo, in confronto a chiunque, in quel corpo. Non ci è abituato. L’altezza è quasi la stessa, ma Jirou è così esile e delicata, in confronto a lui. E persino in confronto a Shinsou.

“Ho coperto tutti gli specchi, ho fatto una doccia e mi sono vestito alla cieca,” spiega, “Fortuna che la divisa è uguale per tutti,” fa, tirandosi giù la gonna. Quella però è così scomoda, accidenti. E gli manca la coda. Si sente come se gli mancasse qualcosa di fondamentale sulla schiena, un peso che ormai è diventato rassicurante, crescendo.

E adesso non c’è.

“Ojiro-kun!” sobbalza al suono squillante della voce di Hakagure e per un attimo si copre le orecchie con una smorfia. “Oh, scusa! Ma perdonami se te lo dico, così non va bene per nulla! Cerca di pensare che quello è il corpo di Kyoka-chan!”

Pe-perché, che ho fatto?!”

Vieni subito con me!” sbotta la ragazza, trascinandolo via per un braccio. Un attimo dopo è fra lei e Mina-Bakugou, e gli stanno sistemando i capelli.

Ah, era quello. Solo i capelli. Pensava di aver fatto chissà che torto a Jirou, invece no. Per fortuna.

“Oh, santo cielo!”

Sobbalza di nuovo all’urlo di Mina-Bakugou. Per un attimo vede le stelle di tutti i firmamenti che conosce, prima di decidersi ad alzare gli occhi.

E’ sceso Bakugou, nel corpo di Momo. Ma il modo in cui si è vestito è disordinato e i capelli sono terribili, lo capisce anche lui.

Forse ha cercato di toccare il meno possibile, come ha fatto lui quando si è vestito alla cieca. Solo che con Momo è un popiù difficile, purtroppo.

Lei è...abbondante. In tutto.

Hagakure la –lo?- rapisce all’istante, con la scusa di dovergli dare una sistemata. Gli occhi di Momo emettono saette spaventose, verso quello euforico e assolutamente estasiato che ha Bakugou quella mattina. Ovvero Mina.

Che confusione.

Che cazzo volete voi matte? Levatemi le mani di dosso!”

Dobbiamo sistemare questo scempio, Momo non può andare in giro così!”

Allora andate a mettere due mollette in testa a quel cretino di Merdeku, non osate toccarmi!”

Stai fermo ti ho detto!” sbotta Hagakure, “Fatti sistemare e non ti daremo più fastidio!”

, infatti,” afferma Mina, “Oppure dirò a tutti cosa ho scoperto!”

Bakugou si blocca, “Cosa cazzo...cosa...Vaffanculo, Ashido. Hai sentito? Fanculo!”

Tanto ha già detto a tutti che la mattina sei duro come il marmo e duri un sacco,” fa Sero, passandogli accanto e dandogli una pacca sulla spalla, “Vedila così, amico, alle ragazze di solito queste cose piacciono!”

“A me tantissimo!” trilla Mina, “Vero Eiji, amore mio?!”

Kirishima si accascia sul divano, dal lato opposto della sala. “Non ce la faccio...”

 

 

Notine Autrice:

Questa volta voglio dire una cosine anche io xD

Innanzitutto perdonate il perenne grigino di sfondo nelle pagine, ma è successo un casino con il mio word mentre facevo copia incolla con i miei pezzi e quelli di Anya e boh, non riesco a toglierlo.

In second luogo, il motivo di queste notine:

SERO e MINA vi amo xD Scusami Kiriciccino (??) ma è troppo uno spasso muovere quei due xD
Ormai sono la mascotte di questa storia!

 

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Capitolo 9
*** 9. L'incubo continua ad occhi aperti ***


9. L’incubo continua ad occhi aperti

 

 

Midoriya riapre lentamente gli occhi.

La luce bianca, intensa del neon sopra la sua testa lo acceca, costringendolo a richiuderli quasi subito.

Sa già dove si trova: infermeria.

L’ha visitata un sacco di volte, da quando è alla Yuuei.

Per tanti motivi diversi.

Per un attimo nutre la speranza che si sia trattato di un sogno, un brutto sogno.

Poi si fida ad abbassare piano piano lo sguardo sul suo petto.

E lo rialza di scatto.

Oh, dannazione.

Sotto la canotta ha ancora le…le te…le bo…ecco, le…ma…ehm, i seni di Ashido.

Strizza forte le palpebre.

No, nessuna speranza che si trattasse di un incubo.

Non ricorda quasi niente di quel che è successo. Ha vaghi flash, disturbati, confusi di Todoroki e Shoji che lo tiravano fuori dal suo bagno. 

Uraraka e Tsuyu che lo sorreggevano, la riunione con Aizawa e Cementoss.

Kacchan nel corpo di Yaomomo che strillava come un ossesso e Ashido ghignante in quello di lui. Ojiro in quello di Jirou e lei in quello di Kaminari.

Nel suo c’era Yaoyorozu. Quanto meno di lei si fida, sa di poter stare tranquillo e poi è la ragazza di Todoroki, non farebbe mai niente di disdicevole.

Però…insomma.

Arriverà anche per lei il momento in cui avrà…quella necessità.

Oddio. Oddio.

Se ci pensa sviene di nuovo.

Si era preparato ad essere un Eroe, ad affrontare ogni sorta di rischi e ostacoli.

Ma non a questo.

Non…a questo. “Oh, ti sei svegliata…ehm, svegliato, giovanotto.” L’arzilla Recovery Girl gli viene accanto, blocco e penna nelle mani rugose, dalle dita striminzite eppure inaspettatamente vigorose.

Le ha provate parecchie volte quelle mani. Lo hanno fasciato, disinfettato, rimesso a posto. “Come ti senti, Midoriya?”

Mhmmm. Ho sete...” mormora senza pensarci.

Sente la bocca impastata, la gola secca. 

“E’ normale, è l’effetto del diuretico.”

“Ah. Diuretico?” esclama, balzando su a sedere.

“E certo. Visto che hai avuto un attacco di panico nel bagno, hanno detto i tuoi amici, ho pensato di aiutarti mentre eri incosciente.” Batte la penna sul blocco. “Ma non puoi fare così. Rischi un sacco di cose, giovanotto. Devi pensare anche al bene del corpo che ti ospita, eh? Non puoi fare di testa tua come al solito.”

M-ma io…ma io n-non…

“Ah, santa pazienza!” sbotta la vecchina. Va al tavolino e alza uno strumento, una sacca attaccata ad un lungo tubicino di plastica trasparente.

Izuku sente il sangue defluire dalle guance. La gola si serra del tutto e oltre all’acqua ora implora anche aria.

“Se non fai il bravo ti applico questo. Non ti devo spiegare come funziona, vero?” domanda agitando il catetere.

Le mani –manine, le sue non sono certo colossi ma quelle di Ashido sono affusolate, fuxia dalle unghie romanticamente dipinte a stelline dorate- si serrano intorno al lenzuolo che lo copre.

E un odore, un rumore sospetto si levano improvvisi. “Giovanotto!”

“Eh?” Midoriya guarda in basso, stacca di corsa i palmi osservando terrorizzato i buchi che ha ritagliato nel telo di cotone.

Aveva scordato il quirk di Ashido. Acido, appunto.

E sotto stress il quirk tende a venir fuori un po’ a casaccio. Come le cose nella sua testa al momento.

Specie se non è il proprio e non si ha imparato a controllarlo. Scu-scusi, Recovery Girl.”

Mhmm. Allora, ci siamo capiti?”

Midoriya non è tipo da cedere ai ricatti.

Abbassa di nuovo lo sguardo, e di nuovo le te…no, le bo…insomma, i “ cosi” di Ashido riempiono il suo campo visivo.

Non ha altre possibilità. “Adesso, lo vuoi quel bicchiere d’acqua?”

Ehm…sì.”

“Bravo giovanotto.” Gli porge il bicchiere, Midoriya beve a piccolissimi sorsi.

“Ora spogliati.”

Il sorsetto appena preso finisce sputato fuori. “CO-COSA!?”

“Non puoi restare in quelle condizioni, Midoriya. Non è igienico.” Recovery sospira, rassegnata. “Visto che sembri avere parecchi problemi con questo nuovo assetto, per stavolta potrei darti sempre una mano io, con delle spugnature.”

Deve concentrarsi per non sciogliere anche il bicchiere di carta. “N-no no, gra-grazie Recovery Girl ma…faccio la doccia. Davvero. Ora vado…in camera di A-Ashido e…faccio la doccia. Non si disturbi, eh…Faccio da solo, davvero, faccio da solo, promesso.” Sguscia fuori dal letto, recupera le pianelle e striscia lentamente all’indietro, le mani alzate davanti.

Midoriya?”

S-si?”

“Il bicchiere.”

“A-ah, sì. Già.” Prende e lo getta nel cestino, sempre strisciando all’indietro. “A-allora grazie Recovery Girl, io vado eh!”

Improvvisamente riacquista le forze, si precipita a rotta di collo fuori dalla scuola, diretto al dormitorio.

Il solo pensiero gli ha messo le ali ai piedi.

O per parafrasare Kacchan, “ il fuoco al culo”.

Quando mette piede nel dormitorio, per fortuna pare non esserci nessuno in giro.

Devono essere tutti a lezione. Non sa neanche che ora sia, in realtà.

Ashido…Ashido gli pare che sia al quarto, lo stesso di Kacchan e Kirishima dall’altro lato però.

Solo ora pensa che avrebbe dovuto chiamarla, per chiederle le chiavi.

Quando le porte dell’ascensore si aprono però nota che il battente della stanza è socchiuso.

Che l’abbia scordata così quando sarà passata a prendere le sue cose?

Probabile. Mina non è quella che si definirebbe una persona attenta.

Si avvicina.

“Oh, Midoriya! Ciao!” trilla Kacchan, balzandogli al collo.

Izuku rimane impietrito, i peli ritti sulla nuca come avesse preso una scossa elettrica.

Dio…Santo. Oddio. Oddio. “A-Ashi –Do…ehm…

“Oh, scusa gioia! Ancora non mi rendo conto di quanto siano forti!” si scusa.

Come se non fosse sufficiente il proprio trauma.

Ora anche quello di vedere Kacchan…così. Che lo strizza neanche fosse un peluche.

Oggesù.

“Allora, come ti trovi nel mio corpo? Bene vero? Guarda qui che po’ po’ di fisichino che ti ho dato…Non hai di che lamentarti, anche se non ho le bocce di Yaoyorozu ho delle belle chiappette sode anch’io!” cinguetta – con la voce roca di Kacchan, che impressione fa, mamma bella -  e mette una mano lì, palpando con forza.

Midoriya s’irrigidisce come gli abbiano puntato una pistola alla tempia. “Trattameli bene questi gioiellini, sai gioia? Che Eiji ci tiene!” Poi arriccia il naso, fiutando l’aria. “Ma cos’è questa puzza…Midoriya?!”

Ehhh?”

“Non avrai intenzione di portarmi in giro così! Ma non esiste proprio! Devi lavarti immediatamente! Sai di sudore stantio, brrr! Non sognarti che Mina Ashido sappia di borsone da ginnastica!”

A-Ashido…

Lo prende per un braccio, trascinandolo. “Vieni, ti lavo io! Ci ficchiamo sotto la doccia e ti insapono per bene, stellina! Così sarai tutto pulito e profumato!”

Il senso di quelle parole si fa prontamente breccia nella sua mente.

Mina – cioè Kacchan- e lui – cioè, Ashido, che tra l’altro è la ragazza di Kirishima- nudi sotto la doccia.

E tanto basta a farlo scattare. “Noooo! No, no per favore no NO NO!” strilla, provando a liberarsi dalla presa della ragazza.

Ma purtroppo sì, Kacchan ha davvero delle mani forti.

“Non fare storie Midoriya! Dai, in fondo Bakugō lo conosci! Chissà quante volte l’hai visto nudo in spogliatoio, no? Non hai motivo di vergognarti!”

“No Ashido no no no!”

“Mina!” Kirishima piomba nella stanza.

Sia lodato il cielo. “Che stai facendo? Lascia in pace Midoriya!”

Kacchan mette il broncio, mollando il suo polso per incrociare le braccia. “Ma non vuole lavarsi! Pretendi che lo faccia uscire così, eh? Che sembri un barbone?”

Poi li guarda entrambi.

E si illumina. “Ehi, puoi farlo tu!” esclama battendo le mani. “Tanto Kirishima è un ragazzo, no? Non ti formalizzi vero Midoriya? E poi ha già toccato tutto questo ben di Dio, quindi non c’è niente di strano!”

Sta per allungare di nuovo le mani, quando Eijirō la ferma, cingendole le spalle con un braccio. “Andiamo, per favore. Torniamo in camera…scusa Midoriya.”

Eh…N-non fa niente…

Escono, e Izuku corre a lanciarsi contro il battente per chiuderlo.

A chiave.

Con tre giri.

Sospira lasciandosi scivolare sul pavimento.

Dovrebbe…dovrebbe fare una chiamata, sì.

Ma proprio non ce la fa. Neanche a digitare un miserabile messaggio.

E’ già tanto che riesca a respirare, con quelle te…bo…eh, vabbé! Con quei seni che gli ingombrano la gabbia toracica.

Ne ha prese diverse in faccia nel corso del tempo; ma averle lui, proprio no, non ce la fa.

Fissa la porta del bagno. E un leggero crampo si fa sentire nella parte bassa della pancia.

Il diuretico continua a fare effetto.

Oh, maledizione.

 

 

Angolino Autrice:

Ne ha prese diverse in faccia nel corso del tempo; ma averle lui, proprio no, non ce la fa.” Un plauso ad Anya perché questa frase mi ha fatto morire definitivamente xDD E mi sono figurata tutte le tette in faccia che si è preso Midoriya x°°°D

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Capitolo 10
*** 10. Voce ***


10. Voce

 

 

Gli altri sono già andati tutti quanti in classe. Manca un po’, ma si sono già avviati. Sono rimasti indietro solo lui e Shinsou, e Kaminari è ancora al bagno. O quantomeno non lo ha visto uscire.

Oh, signore benedetto, ma che ha fatto di male anche lui per meritarsi questo? Non poteva finire nel gruppo di quelli a cui non è successo niente? Lo sa, lo sa che non dovrebbe lamentarsi, poteva andargli peggio.

Tipo Bakugou.

Però conoscendo Kaminari non è comunque del tutto tranquillo.

“Vado al bagno anche io. Ci vediamo in classe, ‘Toshi.”

Shinsou annuisce, “Va bene. Va a chiamare Kaminari, visto che ci sei, pare si sia perso.”

Ojiro abbozza un sorriso, ma lo sguardo di Shinsou invece è funereo. Ah, lo sapeva. Non gli sta bene che Kaminari stia smanettando, e neanche a lui, in verità.

Ma che ci possono fare? E’ successo.

Entra nel bagno dei maschi senza farsi troppi scrupoli, Jirou lo perdonerà e poi lì lo sanno tutti che è Ojiro in verità. Il gemito di frustrazione viene dalla seconda porta chiusa.

Fa così strano sentire la propria voce che...scuote il capo e bussa.

Kaminari? E’ tutto okay?”

Il tonfo sordo lo fa sobbalzare, “Ahia. Porca puttana. Cazzo, cazzo. Che cazzo ci fai qui?!”

Ojiro sospira, “Mi pare di star parlando con Bakugou. Sei tu sì?”

Kaminari tace per un attimo, poi sospira. E’ strano sentirli così forti, quei sospiri, come se gliele avessero fatti proprio nelle orecchie. Almeno non fa male come il resto, come i rumori del giorno prima.

“Scusa,” borbotta Kaminari, “Scusami, davvero amico, io...i-io non...cavolo, che situazione angosciante. Mi dispiace, io non avrei mai...spero che Shinsou non mi uccida.”

Nah, tranquillo. Lo capisce.”

Kaminari tace. E’ fermo adesso, la coda non fa rumore. Ma dura poco di nuovo.
S-senti...mi serve...mi serve un altro attimo.”

“Però...sei qui da mezz’ora.”

“...”

Ojiro stira le labbra, “E’ stata colpa mia. Per la coda.”

“Non so, voglio dire, cavolo io non pensavo che ti desse questa sensazione. Ti giuro, non lo farò mai più!”
“Ma no. Cioè, io ormai non ci faccio più caso. E’ successo perché...beh io credo che sia successo perché stavi pensando a Jirou, e poi ti sono arrivato io che ora ho la sua faccia e allora sei scattato...Non basta di solito che semplicemente mi si tocchi per...insomma, hai capito.”

S-sì.”

E’ dura capire quello che Ojiro ha appena detto. Lo sa. Sa che gli piace Jirou, ha capito che la stava guardando, e poi è arrivato lui...forse un’erezione gli sarebbe venuta comunque, anche con una pacca sulle spalle, altro che carezza confortante sulla coda. Quello era un’extra.

Solo che normalmente avrebbe già risolto. Invece adesso proprio non riesce a venire, e nemmeno a rilassarsi.

E si sentiva in colpa da morire per l’amico.

P-posso aiutarti?”

“Dio, Ojiro!”

“No, non...beh, sarebbe il mio corpo, eh! Ma non così. Però...è la voce di Jirou. Forse...se chiudi gli occhi e ti rilassi...”

“Ma come l’hai capito? E’...così lampante? Cavolo, che imbarazzo, davvero!”

“Non so. Prima non l’avrei mai notato. Ma da quando sto con Shinsou...e’ come se cogliessi meglio queste cose. Ti ho visto guardarla, qualche volta, non visto.”

Kaminari, nel bagno, sorride, “Shinsou ti ha svegliato, eh!” poi sospira. Cavolo, se è difficile. Ha l’erezione di un suo amico in mano, e non è il suo ragazzo, non è un gioco, in un certo senso non è nemmeno consenziente. Diamine, che situazione.

O-okay. Facciamolo.”

“Va bene. Cosa...cosa vuoi che ti dica?”

“Non so...”

Ojiro tace per un po’. Vorrebbe sotterrarsi, sta per morire d’imbarazzo, lo sente.

Se il pavimento si aprisse sotto i suoi piedi gli farebbe un favore.

“Hai fatto i compiti?”

“Beh, con il casino di ieri non ho ripassato molto storia ma...Ojiro ma che cazzo! Ma di che mi fai parlare?!”

“Scusa!” pigola lui, tappandosi le orecchie, “E’ che...è che non so che dire. E’...è difficile!”

“Lo so che è difficile cazzo!” sbotta di nuovo Kaminari, poi prende fiato e chiude gli occhi. “Che cos’hai addosso adesso? Intendo l’intimo.”

“Oh.” Ojiro si guarda da sotto in su, abbassando gli occhi. “Ehm...io veramente non saprei, ho spento tutte le luci e afferrato cose a caso, credo di aver anche messo la gonna al contrario e....”

“Cazzo Ojiro così non mi concentro! Vuoi aiutarmi o no, porca miseria?!”

“Scusa! Ma io cercavo di rispettare Jirou quindi non ho guardato!”

Kaminari sospira di nuovo. “Hai fatto bene,” ammette. Si sarebbe arrabbiato se avesse guardato, perché era geloso come non mai nei confronti di Jirou. Eppure, in quel momento gli avrebbe fatto di un comodo difficile da descrivere.

“Allora facciamo così,” inizia Ojiro. Kaminari tende le orecchie. La mano incriminata –ma non ha guardato, mai, quello mai, povero Ojiro, sta toccando ma non ha guardato- stringe la presa.

“Sì?”

“Chiudi gli occhi, Kaminari. Rilassati, okay? Devi...rilassarti. Sai, credo che a Jirou tu non sia indifferente. Non ho mai parlato con lei di questo, ma sono sicuro che tu gli piaccia. Forse quando tutta questa storia sarà finita potresti andare da lei, e dirle la verità. Adesso è nel tuo corpo, volente o nolente deve imparare a conoscerti. E ad apprezzarti ancora di più.”

Il respiro all’interno di quel bagno si sta facendo più rapido, frettoloso. Sa bene cosa significa.

Accidenti, che imbarazzo.

“Fareste una bella coppia. Io credo...che funzionerebbe davvero, fra voi.”

Il gemito diventa acuto e roco.

E’ venuto.

Lo sente finalmente accasciarsi sul pavimento.

La coda fino a quel momento ha fatto un fracasso bestiale, rinchiusa delle quattro strettissima mura del bagno, e gli sta già scoppiando di nuovo  la testa.

Sente la zip del pantaloni e il sospiro di Kaminari.

Sente tutto, in verità. Ogni cosa. Troppo.

“Okay, allora io ti precedo in classe.”

“Sì. Io....mi dispiace, amico.”

“Non fa niente. Però magari fallo rimanere fra di noi, okay?”
“Ma certo, sì, certo, non...hey, senti? Posso farti una domanda?”

“Cosa?”

“Pensi...davvero quello che hai detto prima? Di me e Jirou?”

Ojiro sorride, si sciacqua il volto con l’acqua gelida e, ancora col volto bagnato, si avvia verso la porta, “Sì. Lo penso davvero.”

 

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Capitolo 11
*** 11. Guai ***


11. Guai

 

 

 

Lo sa.

Lo sanno tutti e due anche se quello…stronzo fa finta di niente e continua a guardarsi le unghie, come niente fosse.

Non è abituato ad arrabbiarsi, Hitoshi.

Cioè, è frequente che se provocato provi una sorta di gelida irritazione, e se n’è fatto scudo e arma, l’ha sempre resa strumento atto a difendersi o ad attaccare.

Ma quella furia cupa e distruttiva che sente montare adesso nello stomaco è qualcosa che lo lascia senza fiato.

Se non fossero le mani di Ojiro gli spezzerebbe tutte le dita, una per una.

Anzi, lo ipnotizzerebbe e gliele farebbe rompere da solo, sarebbe una vendetta più giusta.

Proprio adesso che stava cominciando a vederlo davvero come un amico.

La dimostrazione che è meglio non fidarsi di nessuno.

Poi volta lo sguardo su Jirou, cioè Mashirao. Ha gli occhi bassi, già arrossisce facilmente di suo ma Kyoka ha la pelle più chiara e quindi gli zigomi sono avvampati come due tizzoni ardenti.

Sicuro deve aver sentito tutto. Probabilmente è dovuto restarsene fuori dal bagno mentre quello…stronzo si dava da fare con il suo…

Dannazione.

Non gli riesce nemmeno di ragionare che di certo stesse pensando a Jirou mentre si smanettava, perché adesso c’è comunque Mashirao nel suo corpo.

Che casino. Che fottutissimo casino di merda.

“Buongiorno, ragazzi.” Midnight entra in classe, va alla cattedra.

Li guarda per qualche istante, gli occhi celesti studiano la compagine degli alunni. Sembra provare a ricordare chi è chi adesso. “Be … bene. Direi che oggi interroghiamo, sì.” E abbassa lo sguardo sul registro anche se sanno tutti che spesso e volentieri si scorda di segnare. “Vediamo, ehm…Ashido, vieni?”

“Ma io sono già venuta, Midnight-san!” risponde quella sciroccata e Midnight trasecola, nel vedere la faccia di Bakugō sempre incazzata tutta felice e il tono trillante. “Lei forse non se lo ricorda, ma io sì! E’ stata lunghissima e durissima, per me!”

“Cazzo!” biascica quello a denti stretti, battendo la manina di Yaoyorozu sul banco.

Lui si è seduto al proprio posto, chiarendo subito le cose con un “è il mio cazzo di banco e non rompetemi i coglioni“ appena varcata la soglia. “Ehm…suppongo tu sia…Bakugō, quindi. Vuoi…venire tu?” azzarda la professoressa.

“Col cazzo che vengo in questo stato. Già non vengo mai quando sono normale, tsk.”

“Sì, ormai lo sappiamo tutti, Bakugō,” ghigna Sero.

La faccia di Yaoyorozu si fa spaventosa. Ora batte entrambi i pugni serrati, con un colpo che fa sobbalzare Midoriya-Ashido dietro di lui. “Faccia Piatta del cazzo ti distru…-

“Fermo Kacchan!” Midoriya  gli si abbarbica addosso, più per tenersi su lui stesso che per bloccare veramente Bakugō. 

Anche Deku si è infilato al proprio banco, e nessuno ha avuto il coraggio di farlo levare da lì; Yaoyorozu gli ha accennato un sorriso ed ha conservato il posto accanto a Todoroki, cosa di cui Shinsou ritiene non sia niente scontenta.

“Levati di dosso, Nerd di merda, mi stai appestando!” urla ancora Bakugō- Momo, scrollandoselo con uno spintone; e  Izuku si raggomitola di nuovo sulla sedia.

E’ un anima in pena, tutt’occhi neri e unghie smangiucchiate, ha i tremiti e di tanto in tanto trasale come se su quella sedia ci fossero le spine.

Poveraccio. Poveracci tutti.

Gli spiacerebbe anche di Kaminari se…be’.  Dannazione.”Allora, vediamo…ah, ecco, Ojiro…vieni tu?”

“Ehm, professoressa, io sono…Kaminari,” spiega quello stronzo, flebile flebile.

“Ah, be…se vuoi…comunque…venire…

Denki, cioè Ojiro, sbianca a quella parola. “Ehm, ma io sono già…ehm…sono già…venuto…” balbetta, cincischiando con le dita.

Quelle dita.

Le dita di Mashirao.

Quelle stesse dita con cui appunto è …

E quelle di Shinsou invece artigliano il banco, le tira come il graffio di un gatto.

Infame. Bastardo infame.

Alla faccia stranita di Midnight Kaminari specifica: “L’altra volta, sì, l’altra volta! All’interrogazione di settimana scorsa!” spiega, la faccia ora paonazza.

La faccia di Mashirao.

Oggesù.

Adesso sbarella. Un’altra parola e gli balza alla gola.

Le dita si serrano in due pugni.

No. Deve stare tranquillo.

E’ il corpo di Mashirao, non può fare del male al suo ragazzo.

Calmo. Deve stare calmo.

E’ stato un imprevisto.

“Ah, già, sì, ecco. Ecco qui, cinque,” si accerta Midnight, che pare sulle spine anche lei.

Certo che potrebbe anche fare un po’ più attenzione alle parole che usa.

E che cazzo, direbbe Bakugō. “Professoressa, sono io Ojiro,” pigola timidamente Mashirao, alzando la manina di Jirou.

“Ah, bene. Che fai, vieni?” Merda. Come non detto.

“Ehm , veramente, professoressa, avrei…molto mal di testa,” spiega. La voce gli trema, un po’ roca, incerta.

Sembra quasi vergognarsi di metterla fuori, dacché è così diversa dalla sua e chissà che effetto gli fa, con l’udito ultrasonico di Kyoka.

Ma quel mattino non era così. E nemmeno il giorno prima.

Parlava normale.

Cosa gli prende, allora? “…non so se riuscirei a reggere...l’interrogazione di storia,” conclude, e sembra annaspare, rosso come un pomodoro maturo.

“Oh, povero caro. Vuoi andare in infermeria a farti dare qualcosa?”

N-no…non c’è bisogno…credo che mi passerà se sto tranquillo.”

Shinsou fa una smorfia amara.

E come potrebbe, sapendo che c’è chi gioca col suo corpo senza alcun pudore?

“D’accordo. Ehm…non so…Jirou? Vuoi venire tu?” Midnight sembra stia cercando di orizzontarsi balzando di alunno in alunno.

Quelli sbagliati, però. “Nemmeno tu sei segnata qui, quindi non sei venuta, giusto?”

La faccia di Jirou-Kaminari avvampa, si guarda intorno smarrita. “Sì, in realtà…all’altra interrogazione ho… risposto…al posto di Kaminari…” China il capo sul banco.

“Ah okay, va bene comunque. Se hai risposto per lui…Midnight sembra perplessa, non sa più che

pesci prendere, è evidente.

Kaminari ma sicuro di non voler venire di nuovo?”

Dannazione ma si è fissata oggi? “Perché non è che la tua prestazione sia stata proprio eccellente eh! Guarda qua che voto, non fosse stato per Jirou, neanche te l’avrei data per buona!”

Kaminari – Ojiro, Ojiro-Kyoka e la stessa Jirou sembrano raggelare a quelle parole.

Shinsou si stropiccia gli occhi cerchiati,

“Professoressa, posso venire io?” si offre Momo, con un sospiro.

“Oh, Mido…ehm, sei Midoriya?”

“No, Midnight-san, sono Yaoyorozu.”

Ehm…ma sei già stata interrogata, hai anche un bel voto tu.”

Ah, ora si ricorda di cambiare verbo. E che cavolo. “Sì ma vengo comunque volentieri. Mi sono preparata, è un peccato altrimenti.”

“Come vuoi.”

Ma non fa in tempo a raggiungere la cattedra che sobbalzano tutti. “Kyoka-chan!” strilla Mina-Bakugō, balzando in piedi.

Anche Shinsou si mette in piedi d’istinto.

Jirou è caduta dalla sedia, sembra molto sofferente e l’odore di bruciato è uno schiaffo in pieno naso.

Kirishima fa per chinarsi a tirarla su.

“Non la toccate!” grida Kaminari, e vedere il pallore livido sul volto di Ojiro fa scordare a Hitoshi anche che lo voleva quasi strozzare, quel dannato Pikachu. “Dovete…aspettare che si ritiri l’elettricità. Potreste…folgorarvi anche voi, altrimenti.” Il tono angustiato, addolorato nella voce di Ojiro gli stringe lo stomaco in una morsa.

Kaminari sembra sul punto di piangere. Gli occhioni neri di Mashirao sono lucidissimi, gli si smuove tutta l’anima anche se sa che non è davvero lui. 

E non lo può abbracciare.

Maledizione, maledizione, mille volte maledizione. “Jirou? Jirou, mi senti?” mormora piano, la voce soffocata.

Mhmmm…

“Stai tranquilla. Non contrastarla…lasciala andare. Prendila come viene, okay? Non opporre resistenza, lasciala fluire…così. Piano. Brava. Respira piano. Sciogli i muscoli, lentamente.”

La ragazza pare eseguire, guidata da quella voce ipnotica.

Quella di Ojiro.

Shinsou sente involontariamente un fremito dietro la schiena. E’ ancora preoccupatissimo per Kyoka, ma il suo corpo…va da sé, e reagisce a modo suo.

Ossantocielo.

C’è Kaminari lì dentro. Kaminari, non Mashirao.

E’ Kaminari.

Ma se pensa questo gli scoppia la vena sulla tempia.

Per fortuna Kyoka riapre gli occhi. Sembra tornata in sé. “Mhmmm…” mugola, guardandosi intorno come a chiedersi cosa sia successo, perché sia sdraiata per terra.

“Accompagnatela in infermeria, per favore,” dice Midnight, visibilmente rassicurata dacché ha ripreso conoscenza.

Denki fa per avvicinarsi e aiutarla, ma Jirou spalanca gli occhi gialli e indietreggia d’impulso, come spaventata.

E’ chiaro. In un certo senso è colpa del quirk di Kaminari, se è finita così.

E lui lo capisce e resta paralizzato, sospeso.

Fa quasi pena.

A Hitoshi invece fa male. Quello sguardo tristissimo negli occhi che ama tanto gli spezza il cuore.

E Ojiro è quello che si fa avanti. “Ci…ci vado io,” mormora la voce piana, limpida di Jirou-Mashirao.

Anche sul viso di Kyoka c’è un’espressione sofferente.

E lui non può fare niente comunque, perché è il corpo di Jirou. “Temo…di dover prendere davvero qualcosa per il mal di testa, adesso.”

Midnight sospira. “Certo, Ji...Ojiro. Sì. Ojiro.” Si volta, fa per tornare alla cattedra. Si passa una mano sulla fronte con aria esausta, e la lezione non è nemmeno cominciata. “Anzi, giacché ci sei caro, porta qualcosa anche a me, quando torni. Grazie.”

Mentre i due escono, Kyoka che si regge ad Ojiro vacillando come un’ubriaca, Shinsou pensa che di certo, ne avrà bisogno anche lui, di un calmante.

Se quella storia non finisce in fretta dovranno fargliene un’intera flebo.

Lancia un’occhiata accanto.

Kaminari non si muove più.

Sembra quasi non respirare.

Ora ha le mani in grembo e la coda, bassa, malamente allacciata alle caviglie.

Pare quasi voglia provare a consolarsi.

E Hitoshi sente montare di nuovo l’irritazione, perché quella coda non gli appartiene, non ha alcun diritto di usarla, di muoverla a suo piacimento.

Gli spiace. Gli spiace infinitamente per Kyoka, tantissimo.

Ma ben gli sta a Denki.

Così impara a toccare ciò che non è suo.

 

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Capitolo 12
*** 12. Non così duro. ***


12. Non così duro.

 

 

 

Kirishima è quasi assente, mentre segue un Bakugou, che poi è Mina, particolarmente su di giri, che urla, ride, scherza e parla con tutti, come se non si ricordasse chi è veramente.

In quale corpo è.

Bakugou non si comporterebbe mai così e Mina lo sa bene, e a volte ha la sensazione che lo faccia di proposito. Quella mattina l’ha avuta, quella sensazione.

La ama, immensamente, da quando si sono messi insieme ha fatto di tutto per lei, e non smetterebbe mai, ma la trova ingiusta in quel frangente. Nei confronti di Bakugou. Non ha rispetto per lui e, di conseguenza, per chi gli è intorno.

Non è carino da parte sua.

Come quella mattina.
Si è svegliato perché hanno battuto forte contro la sua parete. Due volte. E’ il messaggio che hanno lui e Bakugou da quando sono lì al dormitorio, da dopo il rapimento. E’ Kirishima di solito a battere due volte, e Bakugou dopo un po’ risponde.

Per sapere che è lì. Per far sapere che c’è ancora.

Dopo un anno ormai sono tranquilli, Kirishima non ha più paura che possa succedere qualcosa, incubi, insonnia, altri rapimenti o cose simili. Ma il vizio è rimasto.

Solo che inizia sempre lui per primo. Per questo quando sente bussare si alza di botto, allarmato, quasi spaventato.

Eiji, Bakugou ha avuto un alzabandiera con i controfiocchi! Mi daresti una mano, amore?!”

E lì si è ricordato che dentro Bakugou c’è Mina. La sua ragazza, e si è ributtato sul letto, più tranquillo.

Per un attimo. Il tempo di rendersi conto di quello che Mina ha appena detto.

Si è alzato di scatto e, ancora in mutande, ha lasciato la sua stanza e si è fiondato in quella di Bakugou.

“Mina!” l’ha trova con una mano nei pantaloni e l’altra a tenere aperto l’elastico per sbirciare.

“Oh.”

“Oh cosa? Oddio non lo voglio sapere! Cosa stai facendo?!”

Mina ha sorriso, “Beh, sono una ragazza ma so come funziona! Vieni qui, Eiji, ho bisogno di te! Da sola mi sembra troppo strano!”

Kirishima è impallidito, a quella visione.

Cazzo, gli è sembrato di violare l’intimità di Bakugou come mai in vita sua. E’ il suo migliore amico ma di quelle cose neanche parlano, Kirishima non è nemmeno sicuro che Bakugou le faccia, a differenza sua, strano com’è.

E se l’è trovato lì che si masturbava. Cioè, non lui, ma Mina, però...

“Mio...No! Mina! Ti prego! E’ il mio migliore amico!”

“Ma appunto, stellina, meglio no? Non ti avrebbe fatto più strano fosse stato Todoroki?”

“Merda!”

“Beh, se proprio non vuoi posso fare da me, credo. Su e giù, come quando lo faccio a te. Gioia, però così non mi aiuti, togliti la maglietta da bravo che così mi rifaccio gli occhi! Anche se beh...” ha riabbassato i suoi sull’erezione di Bakugou.  Eiji, sei geloso?”
Co-cosa?”

“Sì, dico, se mi masturbo guardando Bakugou è come se ti tradissi, credo...”

“Ma tu sei Bakugou, adesso!”

“Beh ma che c’entra! Tu sei il mio ragazzo!”

Kirishima ha taciuto. Avrebbe voluto strapparsi i capelli a uno a uno. Ha sperato ardentemente che Bakugou non lo venisse mai, mai e poi mai a sapere. Lo ucciderebbe.

E stavolta avrebbe anche ragione a farlo.

Vedere il suo volto...non ce la può fare. No davvero.

“Oh, suvvia insomma una mossa! Mi si ammoscia così!”

“Sì! Sì, diamine, deve ammosciarsi! Bakugou, ti prego, perdonami!” quasi ha urlato, poi si è ricordato di Shinsou nella stanza accanto ed ha abbassato subito la voce, mentre si è fiondato quasi di peso su Mina prendendola per le spalle, “Adesso andiamo al bagno!”

“E perché? La doccia me la faccio dopo!”
“No, te la fai adesso e stai zitta, che svegli Shinsou di là!”

“Oh, è già sveglio,” ha squittito tutta allegra, “Pensavo fossi a destra e ho sbagliato parete! Mi ha anche risposto, poverino!”

“...non ci credo. E’ un incubo...”

“Che esagerato,” ha riso Mina, mentre si toglieva i vestiti e si esaminava i muscoli allo specchio, “Per così poco. Certo che guarda qui, che fisico!”

Kirishima ha alza gli occhi al cielo, “Ficcati in doccia e zitta!” ha sbottato, aprendo il getto freddo.

Mina ha urla, ed è stato certo che lo abbia sentito Shoji dall’altra parte e chissà chi altri. “E’ fredda! Ma sei matto?!”

“E’ così che funziona! Entra e ti fai una doccia fredda, ti si ammoscia e la finiamo co sta storia!”

“Ma io volevo provare!”

“No!” ha pigola Kirishima, staccandosi le sue mani di dosso.

Ma Mina non ha demorso, è tornata a palpargli i glutei sodi a piene mani.

Per quanto sapesse che lì dentro ci sia la sua ragazza, Kirishima ha avuto un brivido lungo tutta la schiena. E non di piacere.

Possibile che non lo capisca? Lei vede lui, sì, ma lui vede il suo migliore amico. Non è attratto, neanche un po’. Non ha mai provato nient’altro che amicizia nei confronti di Bakugou, anche se qualcuno direbbe che non è così.

Ma Bakugou è come un fratello per lui. Gli vuole bene e lo stima, null’altro.

“Mina, ti prego, è il corpo di Bakugou!”

“Lo so. E’ per questo...”

“No! No, diamine, per favore Mina. E’ Bakugou. Lo sai cosa provo per lui. E’ troppo strano! Pensa un po’ a me, amore, per favore!”

Mina, a quel punto, ha sospira. D’accordo, forse stava esagerando.

Ma era così divertente!

“E va bene. Per stamattina, però. Dai, mi faccio la doccia, posso farlo da sola.”

“Non...se ti lascio da sola fai casino...”

“Bene, allora preparati ad essere toccato ovunque!”

“No! No, no, no, no! Me ne vado, ciao! Ci vediamo fra dieci minuti!” ha sbottato, ed è scappa prima di poter fare qualsiasi altra cosa.

Non sopporterebbe di essere toccato così da Bakugou un istante in più, è troppo strano, troppo.

E’ corso di nuovo nella sua stanza, si è dato una sistemata e si è veste. A lui l’erezione mattutina Mina l’ha fatta passare così veloce che quando ha messo il secondo piede fuori dal letto già non c’era più.

Lei invece è stata persistente.

Gli ha dato dieci minuti ma quando lui è esciuto preparato per la scuola, lei era ancora dentro.

E’ uscita quasi venti minuti dopo, ben preparata. Almeno ha avuto la decenza di non devastare troppo il look di Bakugou.

“Perché ci hai messo tanto?”

“Beh, è stata più dura del previsto!”

Kirishima è arrossito di botto. “Cosa...cosa è stato dura?!”

“Ah, non lo vuoi sapere, tesorino!” e gli ha scocca un bacio sulla guancia.

E già questo è strano.

Quando poi sono scesi e Mina ha detto quella frase a tutti, con Sero che gli è sbucato da dietro mentre se la rideva della grossa, ha capito subito. Che si è toccata sotto la doccia, e per questo ci ha messo tanto.

Non avrebbe dovuto lasciarla sola.

Non avrebbe dovuto.

Accidenti a lei. A lui. Alla situazione. A tutto.

In classe, Bakugou, nel corpo di Momo, non riesce neanche a guardarlo. Ma tanto lui è così furioso, perché ha sentito tutto quello che ha detto Mina, che neanche ci fa caso.

E Midnight, con le sue frasi involontariamente a doppio senso, non aiuta minimamente. Vorrebbe morire, sotterrarsi.

E non sembra essere l’unico, solo che lui lo nota appena, Ojiro farsi piccolo piccolo o Kaminari, lì davanti, guardarsi le mani, sfregarsele sui pantaloni come a pulirle, sospirare.

E Jirou, davanti a lui, nel corpo di Kaminari, è ancora più strana.

E’ su di lei che si calamita la sua attenzione, dopo l’intervento con la professoressa. Perché Mina si è sporta verso di lei.

Kyoka-chan, hai provato anche tu, vero? Io lo avrei fatto subito, nella tua situazione!”

Kirishima sgrana gli occhi. Mina ha appena fatto in tempo a finire di parlare che Kyoka precipita a terra e la scena seguente ha del surreale.

Non riesce ad impedirselo. Nella confusione generale, e approfittando della distrazione della professoressa, prende Mina e la sbatte al muro. Bakugou lo perdonerà se maltratta un pochetto il suo corpo, anche se forse non lo ha neanche visto.

“Mina! Maledizione!”

“Non...non volevo, io...”

“Ma lo vuoi capire che è difficile, per noi, per gli altri? Non tutti l’hanno presa come te! Non è il tuo corpo, non è il loro corpo!”

“Ma...ma non ho fatto nulla! Jirou non controlla il quirk di Kami, tutto qui!”

“Ti ho sentito! Ho capito cos’hai fatto nel bagno, stamattina! Basta! Basta, Mina...sul serio.”

“Mi...mi spiace...”

Kirishima la lascia, si azzarda a farle una piccola carezza sulla guancia, “Brava. Lascia in pace gli altri, almeno.”

“Non pensavo che Kyoka svenisse. Era uno scherzo. Starò buona con gli altri, lo prometto.”

“E anche con Bakugou?”

Mina lì per lì tace, fissa Ojiro, nel corpo di Jirou, trascinare via la sua amica verso l’infermeria. Le dispiace immensamente. Non voleva scatenare quella reazione eccessiva.

Lei lo trova così divertente...

“Lascerò stare gli altri.”

“E Bakugou!”

“Adesso dobbiamo tornare a posto, Eiji!”

“Sì ma...Mina!”

 

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Capitolo 13
*** 13. Tentar non nuoce. ***


13. Tentar non nuoce.

 

 

Mineta batte le palpebre.

Lui è stato fortunato, in un certo senso. E’ rimasto indenne dallo scambio dei corpi, quando è successo il casino era già in spogliatoio, a batterlo palmo palmo alla ricerca di altri spiragli su quello delle ragazze, lì accanto.

Dall’altro, è una vera ingiustizia però.

Dice un proverbio che il pane finisce sempre a chi non ha i denti.

Ad esempio, quel rozzo di Bakugō. Che è finito, beato lui, nelle tette di Yaoyorozu.

E non pare apprezzare la fortuna sfacciata che ancora una volta l’ha accompagnato nella vita.

Cioè, ma come si fa? Fosse toccato a lui… non avrebbe fatto altro che toccarle, appunto.

Quelle splendide, grosse, soffici tette, ahaaaa.

E quello non fa altro che lamentarsi. “Porca troia. Mi verrà un’ernia, a furia di portarmi dietro sti cosi, e che cazzo,” ha borbottato proprio mentre Minoru gli passa vicino, nell’entrare in classe.

Involontariamente – è una parola grossa, pure questa – gli era caduto lo sguardo sui “cosi” incriminati. Oddio, più che cadere lo ha alzato, dacché è basso quanto basta per sbirciare sotto le gonne delle compagne.

Giacché c’è…tanto valeva dare un’occhiata anche lì.

Bakugō però se n’era accorto. “E tu che cazzo hai da guardare, pidocchio?” lo interpella, un’espressione assassina incisa sulla faccia.

Anche così restava bellissima. Una dea. “Ohhhh...”

Un leggero filo di saliva gli era colato dalla bocca. “Ehi, idiota, sto parlando con te. Cazzo guardi?” ha rimarcato, chinandosi come fa lui di solito, lo zaino tenuto dietro la spalla con una mano e il braccio sollevato.

Sempre come al suo solito non portava la cravatta, e il colletto era slacciato come la giacca. 

E non si era reso conto che così facendo il bottone della camicia aveva aperto uno spiraglio sul Paradiso delle tette. 

Mineta non aveva spiccicato verbo.

Non riusciva nemmeno a battere le palpebre.

Però ad allungare il braccino, stringendo le ditine bramose, sì. “Dai Bakugō, fammi toccare …” aveva sibilato.

“Uh?” le sopracciglia perfette si erano inarcate, un angolo della bocca levato in una specie di ringhio. 

“Dai, fammi toccare… tanto non sono tue, che ti frega…” aveva sbavato Minoru, arrivando quasi a sfiorare il magnifico decolleté di Yaomomo.

Più che abbatterlo sul pavimento, il colpo che si era preso dalla bianca manina di Bakugō -Momo quasi ce lo aveva incastonato dentro.

Acc…era forte come al solito, lo stronzo esplosivo. “Vedi di piantarla, coglione di merda! Se ci tieni alla salute, stammi il più lontano possibile, o ti ammazzo, perdente del cazzo!” aveva sbraitato, passandogli sopra.

Gli occhietti di Mineta si erano illuminati.

Era riuscito a scorgere un lampo bianco, sotto la gonna.

Non era stata del tutto una sconfitta, anche se Katsuki l’ha riciclato a tappetino per pulirsi i piedi. 

Ma, come si è già detto, Bakugō non capisce niente. Un’occasione d’oro così, sprecata.

Sì, davvero la vita è ingiusta, certe volte. “Ehi, Mineta, lucidi il pavimento?” aveva domandato Sero fermandoglisi davanti.

“Idiota,” Minoru si era tirato su, congiungendo le mani. “Sono riuscito a guardare sotto la gonna…

“A chi?”

“A Yaoyotette…” Si era asciugato la bocca, con un sospirone.

Sero gli aveva scoccato un’occhiata poco convinta. Poi aveva guardato dentro, dove Bakugō aveva appena annunciato che si sarebbe messo al suo posto e il primo che rompeva lo avrebbe preso a calci in culo, con un’espressione terribile.

Pareva volesse fare a pezzi qualcosa.

Ma era sempre… ahaaa, stupenda. “Ma… lo sai che quello è Bakugō adesso no?” aveva sentenziato Hanta schioccando la lingua.

Mineta aveva assunto un’aria sussiegosa. “Certo che lo so.”

“E ci provi uguale? Che, sarai mica omosessuale represso, vero Mineta?”

“Macché dici?” aveva strillato esterrefatto.

Omosessuale a lui? Bisognerebbe essere degli sfigati come Ojiro per farsi piacere un maschio.

A lui piacciono le donne. Oh sì! “Che c’entra? Tanto il corpo…” e aveva deglutito, lanciando un’altra occhiata a Bakugō svaccato nella sedia. “… è sempre quello, eh!”

“Non è un ragionamento che mi sento di appoggiare, Mineta. Fossi in te ci penserei bene, prima di finire di nuovo a limonare il pavimento,” aveva concluso Hanta passandogli davanti ed entrando in classe.

Ma lui non è disposto ad arrendersi.

E’ un aspirante Eroe, no? Questo insegnano.

A non mollare.

Quando si era ritrovato davanti Ashido, invece che Midoriya- o meglio, Midoriya nel corpo di Ashido, piuttosto che Yaoyorozu nel corpo di Midoriya- aveva capito che qualcuno ci tiene a lui, da qualche parte. “Ehi, pssss, Midoriya?”

Quello si era voltato appena. Sembrava appena uscito da una sala cinema in cui davano un film dell’orrore spaventoso.  S-si?”

“Come sono?”

Co-cosa?”

“Le tette di Ashido! Non le hai toccate?”

Midoriya aveva dato un balzo così forte che quasi si era aggrappato al soffitto, a testa in giù come Spiderman. “Mi-Mineta, ma che dici?” lo aveva rimbrottato in un soffio.

“Dai, non sarai anche tu come quello scemo di Bakugō! Ma possibile che nessuno di voi capisce che fortuna ha avuto? Tutta quella ricchezza tra le mani e nemmeno una palpatina?” Aveva fatto uno sguardo sapiente. “Se vuoi te la do io…

“Smettila Mineta!” lo aveva sgridato Momo dal banco dietro. “Smettila subito di importunarlo!”

Ahhh, non è la stessa cosa di quando è nel suo corpo.

Di fatti quando si era alzata per andare volontaria all’interrogazione di storia nemmeno l’aveva degnata di un’occhiata.

Poi era scoppiato un casino, Jirou nel corpo di Kaminari era finita abbattuta dal quirk di quest’ultimo.

E Ojiro, in quello di lei, l’aveva accompagnata in infermeria.

Minoru si agita, ma non troppo. Solo perché è una compagna di classe e poi diciamoci la verità, ha fatto prendere un accidente a tutti, sia mai perdesse del tutto il controllo e finisse col folgorarli in massa su due piedi. 

Kyoka non è mai rientrata nella lista dei suoi bersagli preferiti. Piatta come un’asse da stiro, dai fianchi pressoché inesistenti, quasi non sembra neppure una ragazza.

Non di quelle che piace guardare a lui, quanto meno.

Midoriya è ancora rannicchiato nel banco. Bakugō invece si è girato sulla sedia, non si alza, non si avvicina al gruppetto raccolto intorno a Jirou-Kaminari ma fissa la scena con sguardo inebetito.

Oh, è così carina Yaomomo quando fa quel faccino …

E un altro colpo gli si abbatte sulla nuca, spedito da Yaoyorozu di ritorno al proprio posto.

Preso com’era a fissare le sue bocce in delega a Bakugō non si è accorto che si è fatta strada tra i banchi ed è andata dritta dritta da lui.

“Finiscila di guardarmi, Mineta!” sbotta, con la voce di Midoriya.

E anche la mano che gliel’ha suonata, è sua.

Mineta si massaggia la testa, mette su una faccia con cui spera di impietosirla, almeno un po’. “Ma non stavo facendo niente!” piagnucola, voltandosi verso di lei.

E incrociando lo sguardo di Todoroki, l’altro fortunato baciato dalla sorte che ce l’ha come fidanzata, quello splendore, e può affondarci come e quando gli pare in quelle bocce stratosferiche, anche di faccia, beato lui. 

Che lo squadra riducendo in due fessure gli occhi spaiati.

Oh no. Quello è pericoloso. Di brutto.

Non si stima assolutamente in grado di vedersela con lui. Lo ridurrebbe per metà in una poltiglia ghiacciata e metà in un arrosticino, altroché.

Così torna a voltarsi e si rassegna, battuto ma non vinto.

E’ soltanto l’inizio. Prima o poi, qualcuna ci cascherà.

Come si è già detto, Mineta Minoru non si arrende. Non se ci sono tette di mezzo. “Psss, Midoriya? Me le fai toccare?”

 

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Capitolo 14
*** 14. Confessioni. ***


14. Confessioni.

 

 

 

Ojiro l’ha lasciata lì a riposare ed è uscito dopo aver preso qualcosa per il mal di testa e qualcosa da portare anche alla professoressa, come gli ha chiesto Midnight. Jirou ne approfitta senza troppi problemi per dormire.

Si sente il cervello vuoto e si stupisce di non ritrovarsi a fare “weei” anche lei come succede sempre a Kaminari. Forse la scossa non è stata molto forte, ma lei non ci è abituata e il risultato è stato quello. E’ terribile la sensazione di vuoto che sente in testa.

Se Kaminari si sente così ogni volta...anzi forse persino peggio...

Non lo prenderà mai più in giro così tanto per via di quello che gli succede quando esagera con i voltaggi.

Anzi, si pente di non essere mai stata più comprensiva in passato, di aver riso di lui invece di occuparsene. Di confortarlo un po’, magari. Non ha neanche in mente in che modo potrebbe farlo, magari in futuro. Anche se non ha quella confidenza, con lui. E forse non ce l’avrà mai.

Dopo quello che ha fatto, non ha nemmeno il coraggio di guardarlo in faccia. Sa bene che è sembrato ben altro, visto il modo in cui si è scansata in classe, ma non è quello. E’ lei, il problema. Quello che ha fatto.

E’ contro se stessa che ce l’ha.

Forse dormiva, e quindi non dovrebbe prenderla così male, ma come fa? Un conto è fare dei sogni...su Denki, più o meno innocenti, nella sua stanza e nel suo corpo. E un conto è farli nel corpo del diretto interessato, e ritrovarsi con...con la mano...

Senza contare che lei quel corpo maschile non lo controlla! E se Kaminari la toccasse, anche se adesso è nel corpo del povero Ojiro, e lei reagisse...beh, fisicamente? Ora capisce quanto sia comodo essere una donna, come non mai.

Nessuno se ne accorgerebbe, anche se succedesse.

Adesso è tutto plateale, invece. I pantaloni sono anche stretti!

Oh, come fa? Come fa a tornare in classe?

A guardare di nuovo Denki.

Si sente anche in colpa, per lui, perché è come se lo avesse violato. Molestato. Sì, lo ha praticamente molestato. 

E’ per quello che ha reagito così a Mina, e alla sua dannata battuta. Non faceva ridere per nulla, è andata su di giri e ha sentito il corpo invaso dall’elettricità. Si è irrigidita in automatico, non sapendo come muoversi, reagire, e il risultato è stato quello.

Chissà se succedeva anche a Denki, quando era più piccolo? Aveva fatto male, anche fisicamente. Se era successo anche al piccolo Denki...quella di Kaminari non deve essere stata un’infanzia facilissima, da dopo la manifestazione del quirk.

Poverino.

E povera lei. Come fa adesso? Succederà ogni volta che è troppo tesa? Quindi se ne accorgeranno sempre tutti.

E farà preoccupare sempre tutti.

Quando finisce tutta quella storia? Spera più che presto. Non ne può più.

Kyoka-chan?”

Sobbalza così tanto al suono della vocina timida di Midoriya che per poco non cade dal letto. Una scena degna di Kaminari, ma non di lei.

Sospira pesantemente, “Oh, Momo. Vieni.”

“Come ti senti?”

“Molto meglio, ti ringrazio. Mi dispiace di aver creato problemi con la lezione.”

“Oh, non te ne preoccupare. Non...non stava andando bene. E poi, sai, prima o poi avremmo tutti a che fare con le conseguenze di questi quirk, se non ci siamo abituati...Credo.”

Jirou annuisce, “Già e...e di questi corpi.”

“Già.”

Il silenzio che deriva da quel breve scambio è pesante. Quasi soffocante.

Nessuna delle due dice niente, anche se Momo sembra abbastanza tranquilla. In apparenza, quantomeno.

Lei ha Todoroki. Per sua fortuna.  Un po’, in quel momento, la invidia.

Jirou stava già iniziando a pensare che non sarebbero mai arrivati da nessuna parte e che non avrebbero ricominciato a parlare, ma sarebbero rimaste così a guardarsi, quando Mina arriva come il tifone che è, solo che nel corpo di Bakugou fa ancora più danni del normale.

Buttando giù tutto quello che si trova nel suo cammino.

Kyoka-chan! Mi dispiace tanto!” esclama, buttandogli le braccia al collo, “Mi dispiace tantissimo, non volevo innervosirti così tanto!”

“Non...non fa niente, Mina-chan. Lo capisco. Me lo sarei dovuta immaginare.”

“Davvero? Perché io sono solo curiosa, lo sai!”

“Lo so. Non preoccuparti, sto bene.”

“Ragazze,” mormora piano Momo, “Non dovremmo essere più composte? Siamo in infermeria, i ragazzi non si comporterebbero così, credo..”

“Oh, sì,” fa Mina, mettendosi seduta. Poi si ricorda, in apparenza, in chi è e stravacca le gambe, masticando aria, “Hey, Pikachu, sei uno scemo!”

Jirou scoppia a ridere, non può evitarselo, “Quasi convincente!”

“Vero?” trilla Mina, “Oh, scusate!

“Mina! Mina dove sei? Non fare danni, Mina, ti prego!” la voce del povero Kirishima, proprio fuori dall’infermeria, le fa ridere tutte e tre. Mina, in particolare, deve asciugarsi gli occhi. “Mina!”

Momo si porta la mano grande di Midoriya davanti alla bocca, ridendo con educazione come suo solito, “Povero Kirishima. Lo stai facendo diventar matto.”

“Oh, ma è giusto così! Gli uomini devono imparare fin da subito a stare al loro posto!”
“Ma Kirishima è un bravo ragazzo!”

“Lo so, e lo adoro!”

“Mina! Mina!”

Jirou sorride, “Che fai, lo lasci lì a tribolare?”

“Vorrei. Ma penso che andrò da lui perché...in fondo lo amo immensamente!” esclama lei, alzandosi di botto, “Kiri stellina amore sono qui!”

Momo e Jirou drizzano la schiena all’unisono, “Sei Bakugou, Mina!”

“Oh, sì. Capelli di merav...merda! Sono qui, acc...cazzo! Mannaggia, quant’è difficile...Ci vediamo, ragazze! A dopo!”

La salutano entrambe, sperando ardentemente che nessuno lo abbia visto. Se così fosse stato la reputazione di Bakugou sarebbe stata rovinata, già se lo immaginano a saltare allegramente addosso a Kirishima, come Bakugou non farebbe mai e poi mai.

Finalmente sole, Momo si volta verso l’amica e sorride, “Senti, Kyoka...non vorrei essere troppo invadente, però, ecco...cosa ti ha detto Mina, prima? Ti ha chiesto scusa come se fosse stato quello a farti sentire male...”

Jirou deglutisce, “Beh, io...ecco...”

“Scusami, non volevo essere invadente. Ignorami, sono fatti tuoi!”

Jirou stira le labbra. Sì, lo sono. Anche perché c’entra anche Kaminari e non è giusto.

Ma se non lo dice a qualcuno sarebbe impazzita e Momo, almeno, di lei sapeva di potersi fidare.

E’ la sua migliore amica e la sua confidente più fidata.

Se non a lei, a chi?

Deve togliersi quel fardello.

“Stamattina ho....mi...insomma...”

Momo arrossisce prima ancora che Jirou possa finire. “Anche io,” fa subito, interrompendola, “E’...è normale. Sì. Fisiologico.”

“Sì,” annuisce Jirou, “Però io...io...voglio dire io...Io l’ho fatto! Okay, pensando a lui, l’ho fatto!”

“Hai...fatto cosa, Kyoka-chan?”

“Momo...non ho fatto una doccia fredda per sistemare...il danno. Non solo. Ecco. Mettiamolo così.”

“Oh.”

Già, oh. Le guanciotte di Midoriya sono rosse come un pomodoro maturo, il problema è che anche quelle di Kaminari lo sono adesso, e se ci pensa sente di nuovo un’onda di piacevole elettricità percorrerle tutto il colpo.

Cielo, che imbarazzo.

“Lascia stare. Scusa, Momo, dimentica quello che ho detto! Dimenticalo, davvero!”

“Oh, Kyoka-chan...” Momo giunge le mani fra loro. Le dispiaceva così tanto per la sua amica.

Aveva capito quanto le piacesse Kaminari, che fosse interessata a lui quantomeno, e visto che è stata anche Jirou ad aiutarla con Todoroki, anche lei si è detta che un giorno avrebbe fatto lo stesso.

Solo che quella situazione è così strana.

E’ nel corpo del ragazzo che le piace, in fondo. Lei cosa avrebbe fatto se fosse stata nel corpo di Todoroki?

Oh, no. Solo l’idea...arrossiva solo all’idea.

No, no. Povera Kyoka.

“Sono terribile. Ho violato in tutti i modi l’intimità di Kaminari, proprio io! Non volevo, ma...glielo avevo anche promesso...”

“Ma non lo hai fatto di proposito, Kyoka-chan.”

“Forse, ma l’ho fatto,” sospira lei. Come devo fare? Non riesco più neanche a guardarlo...”

“Forse ti serve tempo,” sorride comprensiva Momo, “Per capire. A te...a te Kaminari-kun piace, vero? Serve a tutti tempo, Kyoka-chan. Non prenderla troppo a male.”

Jirou non riesce neanche a sorridere, a quella frase. Certo, ha ragione.

Ma le viene difficile anche solo pensarlo. Capirlo e poi farlo è oltre ogni immaginazione, adesso, per lei.

“Forse potresti trovare qualcosa di positivo in questa storia. Forse riuscirai a capire cosa provi e quando torneremo normali, spero presto, avrai un coraggio nuovo, per parlargli e affrontarlo.”

 

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Capitolo 15
*** 15. Annuncio. ***


15. Annuncio.

 

 

 

Vorrebbe poter pensare ad uno scherzo di cattivo gusto, ma purtroppo non lo è.

Sono tre giorni che la 2-A si ritrova a fronteggiare quella stranezza più strana del solito.

E non hanno ancora idea di come uscirne.

AllMight, raggiunto telefonicamente poiché è in ferie forzate per motivi di salute, ed è andato a curarsi a Shikoku, ha pensato di contattare il suo amico scienziato ad I-Island, che ha promesso di raggiungerli il prima possibile e vedere se è nelle sue possibilità fare qualcosa per mettere fine a quel dannato casino.

Purtroppo sta lavorando ad un progetto importantissimo e non può piantare tutto a mezzo per correre da loro.

Fino ad allora, possono solo sperare bene.

Ma non se la sente di vederla in questo modo.

Ora che ce li ha tutti davanti, meno che mai.

Jirou, nel corpo di Kaminari, ha due occhiaie da far concorrenza alle sue. E’ tutta un tic, al pari di Midoriya che ha la faccia perennemente accesa e sudata dacché porta un’enorme felpa di pesante pile e l’odore che emana, un miscuglio sospetto di sudore e deodorante, si sente quasi fin dalla cattedra.

Non pensa non si lavi affatto, Aizawa, ma sicuro si butta sotto la doccia per qualche minuto e rimane lì immobile, senza insaponarsi.

E’ stato altre quattro volte in infermeria da quando ha avuto l’attacco di panico in bagno. Se continua così si giocherà un rene, o meglio lo farà giocare ad Ashido.

L’unica che ci sguazza in quella situazione. Senza pudore com’è, si porta in giro il corpo di Bakugō come nulla fosse, incurante di quel povero cristo del suo fidanzato che ha la faccia di chi è sopravvissuto ad una catastrofe nucleare e ora è sempre in allarme per spiare gli eventuali effetti delle radiazioni.

In perenne stato di ansia e shock, in pratica.

Dal canto suo Bakugō è più incazzato che mai. Lui non rischia un blocco renale ma un ictus, la faccia di Yaoyorozu è perennemente ingrugnita e quella poveretta, nel corpo di Midoriya, si dispera perché semmai tornerà in possesso del proprio dovrà iniziare ad usare una crema antirughe prima del tempo.

Non si sente di dar torto a Katsuki, a nessuno farebbe piacere sentir decantare le proprie doti fisiche davanti a tutto il dormitorio; anche se un po’ se lo merita, dacché spesso se la canta e se la suona da solo anche se in altri sensi.

Viene davvero da pensare al karma, in questo caso.

E a proposito di karma Todoroki ha lo sguardo più perso che mai. Per una volta che si dava una svegliata fuori dal campo ecco che finiva puntualmente colpito dalla iella. La sua ragazza ora ha il cervello del suo più agguerrito avversario, anche se sembra abbiano raggiunto una sorta di tregua per riguardo alla situazione.

Dev’essere nato proprio sotto cattiva stella, quel disgraziato. Così fortunato da un lato e così segnato dall’altro: mai una volta che gliene vada bene una.

E come a lui, anche a Hitoshi.

Aizawa non fa realmente preferenze tra i suoi alunni, per lui sono tutti uguali e tiene a loro come fossero tutti figli suoi.

Ma quella di Hitoshi è una situazione un po’ particolare.

E’ entrato al secondo anno, nella sezione Eroi, dopo innumerevoli tentativi e difficoltà. Si è inserito in una classe già compatta, che le vicissitudini del primo anno ha legato a doppio filo malgrado gli attriti presenti, logici date le differenze di personalità – leggi: Bakugō- e che nonostante l’avesse accolto gentilmente, anche con reiterate offerte di amicizia, come quelle avanzate da Kaminari o Midorya, un po’ lo temeva per il suo potere.

Soprattutto da chi ci era venuto a contatto durante il precedente Festival Sportivo, come Ojiro.

Che si manteneva vagamente ostile nei confronti del nuovo arrivato.

Senza contare il fatto che Hitoshi stesso, forse mettendo le mani avanti per non sentirsi tagliato fuori avesse deciso di tenersi neutrale nei confronti dei suoi nuovi compagni in modo scoraggiante.

Per quello non poteva fare un granché, essendo lui stesso un solitario.

Aveva però provveduto a lui diversamente.

Non possedendo Shinsou un quirk fisico, si è sentito in dovere di aiutarlo istruendolo nell’arte di maneggiare le bende, oltre che ad incoraggiarlo a sviluppare il proprio quirk, il brainwash.

Si racconta ch’è perché un potere come il suo è meglio averlo dalla parte dei buoni, piuttosto che da quella sbagliata.

La realtà è che lo considera un po’ come un suo nipote. Gli si è affezionato, lo ha sempre spinto a non farsi limitare dalle sue scarse competenze nella lotta e nell’integrarsi con gli altri.

Se c’era riuscito Todoroki, a socializzare, poteva farlo anche lui.

E con meraviglia di Shouta il ragazzo aveva seguito prontamente quel consiglio. Quando poche settimane dopo la ripresa delle lezioni i suoi onnipresenti robottini avevano catturato l’immagine di lui ed Ojiro Mashirao che si baciavano in un angolo dietro gli spogliatoi, pensando di essere fuori vista, aveva ghignato.

Ma guarda.

Bravo, Shinsou. Bravo.

E’ fierissimo dei suoi progressi, su ogni fronte. Anche del fatto che non si sia vergognato per nulla della sua relazione con Ojiro: non ha messo i manifesti, però appena la voce si è sparsa – ad opera di Ashido e Hagakure, quando mai- non ha fatto una piega. Anche se la loro situazione avrebbe potuto essere un tantino delicata – per gli altri, non certo per Aizawa, che lui a ste cose non fa proprio caso e non gli cambia nulla se una persona ha questo o quell’orientamento, l’unica cosa a cui guarda è la capacità di impegnarsi a sfruttare le proprie capacità- essendo l’unica coppia gay dichiarata della classe e dell’intera scuola, al momento, l’hanno affrontata con grande disinvoltura. Non hanno provato a negare, a nascondersi: l’hanno ammesso subito e se non scambiano effusioni in pubblico è solo perché lui è discreto e Mashirao è timido, tutto qui.

Guarda caso, il fato non ha voluto favorire neppure lui.

Nel corpo di Ojiro adesso c’è Kaminari. E se da un lato Hitoshi lo stava iniziando a considerare un amico, dall’altro è cosa risaputa che Denki non sia certo uno stinco di santo. Non arriva ai livelli di Mineta e le sue sono più chiacchiere che altro, tuttavia è complicato comunque.

Quando il giorno prima, al termine delle lezioni l’ha fatto convocare e se l’è visto arrivare in ufficio con la faccia ancora più distrutta del solito, una palpebra che vibrava paurosamente e le occhiaie ancora più scavate, dopo qualche domanda in generale su come stessero procedendo le cose in dormitorio, non ha potuto esimersi dal chiederglielo. “E tu, come stai, Shinsou?”

“Boh. Non lo so,” ha ammesso semplicemente.

“E’ successo qualcosa in particolare?”

Silenzio. Per nulla rassicurante.

Gli occhi viola si sono richiusi un istante. “Preferirei non parlarne.”

Impossibile non capire che la cosa lo toccasse molto da vicino. “Kaminari sta facendo casino? Vuoi per caso …” e si era bloccato subito.

Cosa? Non poteva fare nulla. Non poteva certo rispedirlo dai suoi genitori col corpo di un altro; e nemmeno mandarlo dagli zii di Ojiro, sennò a quelli sarebbe preso un colpo e avevano già abbastanza gatte da pelare anche senza quell’ulteriore sconvolgimento.

Anche se gli avesse concesso un permesso per assentarsi dalle lezioni – e non soltanto come favore a Hitoshi ma anche a Denki stesso, che si portava dietro l’espressione di un moribondo e la coda penzoloni come non avesse la forza di tenerla su-  comunque avrebbero dovuto avere a che fare in dormitorio. E porca paletta, essendo comunque nel corpo di un ragazzo non poteva neppure andare a rintanarsi in quello delle donne.

Che cazzo di casino. “No. Preferisco averlo davanti, almeno posso…controllarlo…meglio,” aveva soffiato piano Shinsou, chinando il capo per non rialzarlo più.

Aizawa aveva creduto di capire cosa fosse accaduto.

E aveva schioccato la lingua, ma soltanto per vincere l’imbarazzo della faccenda.

Lui è uno molto metodico: ad inizio anno scolastico, notato lo sbocciare di simpatie tra i suoi allievi e la loro età maledetta, in cui gli ormoni la fanno da padrone aveva creduto bene fosse il caso di prendere provvedimenti. Non poteva certo fare come alla Shiketsu e impedire loro di avere relazioni: in primo luogo non appoggiava personalmente quel modo di fare, in secondo per alcuni proibire qualcosa serve solo a spingerli a farla più in fretta e poi la Yuuei era una scuola libera; così, anche se Yaoyorozu quel giorno era assente giustificata per malattia – ma tanto sicuro lei, intelligente e colta com’era era già a parte della faccenda, sicuro - aveva pensato di tener loro un discorsetto educativo, invitandoli alla discrezione e pregandoli, se proprio non potevano fare a meno di … avere contatti ravvicinati quanto meno di proteggersi.

E qui l’intervento di Ashido era stato memorabile.

Come la reazione dell’intera classe, tutti sconcertati ad eccezione di Kirishima che se ne fosse stato in grado si sarebbe scavato una fossa e ci sarebbe saltato dentro.

Aizawa ancora non ci poteva pensare che gli veniva il mal di testa.

Come adesso.                            

Aveva ragione Midnight, poveraccia. Quando l’altro giorno è entrata in sala professori buttando giù una pasticca, Aizawa l’ha guardata stranita.

E si è fatto raccontare tutto.

Non serviva un genio per capire cosa stesse succedendo nella 2-A.

Stava andando tutto come doveva andare.

Cioè, malissimo.

Hitoshi aveva soltanto confermato ciò ch’era stato facile supporre, anche se il sensei sperava che almeno lui la vedesse un po’ più stoicamente…ma non è comunque semplice, essendoci in gioco i suoi sentimenti.

E il corpo di Mashirao.

E ora lui sta per aggiungerci il carico a coppe.

Perché al peggio non c’è mai fine, oh yeah, direbbe PresentMic.

“Allora, professore? Non ci tenga sulle spine.” E’ Momo a parlare, con la vocina timida di Midoriya.

La sua invece, squisitamente femminile, impreca. “Che cazzo, allora, siete arrivati da qualche parte?”

“No, purtroppo. Il dottor Shield non potrà essere qui in tempi brevi, dovremmo…continuare ad arrangiarci come possibile.”

“Dannazione!” Il banco di Bakugō quasi salta per aria, anche se il suo possessore ora si ritrova privato del proprio quirk deflagrante. “Ma come cazzo è possibile? Questa storia non può andare avanti così! Io ho un mal di schiena assurdo, da sopra si è spostato anche a sotto, non dormo più neanche la notte!”

Yaoyorozu sembra farsi piccina piccina, più del corpo che la ospita, nel banco.

E avvampa, come se una fiammata le avesse investito la faccia lentigginosa.

“Lo so che avete i vostri guai, Bakugō,” sentenzia osservando JirouOjiro- che mette silenziosamente in bocca quella che sembra una caramella, ma è una pillola per il mal di testa.

Poveraccio, il quirk di Kyoka non è quel che si definisce un toccasana.

Specie con tutta quella gente che gli urla intorno.

E se Bakugō ha un umore da cane arrabbiato, Shinsou ha una tetraggine cupa da far spavento.

Come anche Kaminari. “Ma noi non possiamo fare miracoli.”

Tsk. E quando mai,” sbotta quello, facendo per svaccarsi nella sedia ma ricordando in tempo la gonna.

Grazie al cielo. Forse non sarà così drammatica, allora.

Quanto meno se lo augura. “E’ che… abbiamo ricevuto un invito per il gala che si terrà domani sera. E’ un evento ufficiale, non potremo accampare alcuna scusa per non presentarci.”

Tutta la classe pietrifica, di colpo.

Ci vuole qualche istante perché mostrino di nuovo segnali di relativa vita.

E come al solito il primo viene dal banco di Ashido.

Waaaaaaaaa! SARA’ FICHISSIMO!” trilla quasi balzando in piedi e battendo le mani di Bakugō.

Tutti indietreggiano di scatto. Per fortuna, anche il quirk di Ashido è nei palmi, per cui quanto meno saprà controllarle quanto basta a reprimere il potere e non far saltare tutto in aria. “Midoriya, ho già il vestito per te! L’ho comprato giusto prima del casino, c’è ancora attaccato il cartellino!” grida ancora senza ritegno, e Ojiro si prende le orecchie nelle mani.

Ma non è l’unica vittima dello sbrocco di Mina: Midoriya si fa invisibile nella felpa, sbiancando come se gli avessero proposto chissà quale indegnità.

Forse è il caso di far parlare Toshinori con lui, appena torna. “MINA!” la rimbrotta Kirishima, ad un passo dal crollo nervoso.

“Oh ma dai! E’ solo un vestito, mica gli ho proposto chissà che! Bakugō, tu ce l’hai qualcosa di carino da mettere?”

“Chiudi il becco, squinternata!” la redarguisce Bakugō-Momo.

Uhm. Forse non sarà così facile.

No, non lo sarà davvero per niente. “Ehm, Todoroki…

“Ah?” Shouto rialza lo sguardo, fin lì puntato nel vuoto.

“Ci sarà… anche tuo padre, ovviamente. Non so se ti avesse già avvisato…” Dalla faccia che ha fatto, più bianca dei capelli dal lato destro, direbbe di no. Sicuro no. “Ma credo sia opportuno… tu prenda le dovute contromisure.”

Ora Todoroki annaspa, come gli mancasse l’aria. Ma solo un attimo, poi si placa.

“Ah,” è tutto quel che commenta infine.

Bakugō, invece, ch’era rimasto di sale ora ritrova la facoltà di parola. Anzi, di urlo. “Che significa, CONTROMISURE, EH?” grida e si gira verso Todoroki. “Ohi bastardo, non ti sognare cose strane sennò ti smonto le ossa!”

Bakugō, cerca di stare calmo,” fa Yaoyorozu alle spalle di Mido-statua di gesso qual è diventato.

I suoi genitori quanto meno non saranno presenti, sono impegnati in una missione fuori città, almeno lei da quel punto di vista è salva.

Da quello soltanto, però. “Calmo un cazzo! Io a questa porcata non mi ci presto, nossignore! FATE IL CAZZO CHE VI PARE MA NON MI COINVOLGETE!”

“E’ così che pretendi di diventare Hero, Bakugō ?” lo folgora Aizawa, e quello resta di sasso neanche lo avesse privato del quirk. “Essere un Eroe non vuol dire solo far saltare in aria e prendere a calci i cattivi, cosa credi? Significa anche fronteggiare qualsiasi situazione d’emergenza possa venire a crearsi. Ora, cosa vogliamo fare? Lo diciamo a tutto il mondo, con le logiche conseguenze, o cerchiamo di mantenere i nervi saldi e ci comportiamo a modo? Tu cosa proponi? Se hai un’idea migliore, sono qui ad ascoltarti.”

Katsuki rimane a fissarlo con gli occhi neri di Momo, sgranati. “No. Fanculo,” conclude con un calcio al tavolino.

Momo sembra sul punto di dire qualcosa, ma alla fine sceglie di tacere.

E’ più saggio, di sicuro. Già Bakugō di solito è intrattabile, da quando è successo il delirio lo è ancora di più e oggi poi sembrava proprio ingestibile, ancora prima di quella notizia.

“Dai, quante storie, Bakugō! Per una festa! Kiri tesoruccio, tu ballerai con me, eh eh? Lo sai che adoro ballare!” esclama Ashido e Kirishima sparisce quasi dietro il libro farfugliando un: “Oddio…

“CAPELLI DI MERDA, FAI STARE ZITTA QUELLA PAZZA!” sbrocca Bakugō rivolto all’amico.

L’unico, amico.

Che sembra pericolosamente in bilico tra il dover scegliere tra l’uno e l’altra.

Aizawa ha già scelto, invece.

Bakugō ha ragione, non può dire di no.

Già è un disastro di per sé, avere da sopportare anche le uscite di Ashido… uhm. Ci vuole fegato.

Persino il suo ragazzo, che se l’è presa a mente lucida, pare si stia quasi pentendo di quella decisione sconsiderata.

“Basta, Ashido, contieniti,” osserva, per compassione di Bakugō o meglio di Yaoyorozu dacché quello sembra sul punto di sferrare una craniata nel muro. “Ricordati in che corpo sei. Niente situazioni imbarazzanti che possano danneggiare la reputazione della scuola.” Detta così pare che il fatto che due uomini che ballano assieme possano essere considerati “ imbarazzanti”.

Merda. “…o i vostri compagni, per cortesia. Cercate di mantenere un contegno adatto alla vera personalità del corpo che vi ospita, come se fosse tutto regolare.”

Okay, così va meglio.

Per averne la certezza ora guarda Shinsou, che ha i pugni serrati sul banco.

Al suo fianco Kaminari ha la faccia ancora più da funerale. Jirou, dietro stringe i denti come se temesse di andare di nuovo in corto circuito.

E Ojiro ha ancora le mani alle tempie, gli occhi chiusi.

Starà pregando che l’analgesico faccia effetto presto.

Già. E’ bello quando basta una pillola a rimettere le cose a posto.

 

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Capitolo 16
*** 16. Preparativi. ***


16. Preparativi.

 

 

 

Midoriya sprofonda ancora di più nella felpa che indossa, alle parole di Aizawa.

E’ un incubo. Sicuro.

In verità è ancora addormentato in infermeria e quello è tutto un brutto, orrendo sogno. Sì. Si sveglierà e non ci sarà alcuna feste, gala, eroi da tutte le parti, altri alunni magari anche di altre scuole, niente. Non ci sarà niente.

Niente.

E’ un incubo.

Yu-huu, Midoriya, mi senti?!”

La mano di Kacchan gli sventola davanti, e ci mette un po’ a ricordarsi che non è Bakugou. Ma Mina. Anche se la voce acutissima e squillante su Bakugou stona così tanto...A volte la spensieratezza e l’esuberanza di Mina lo fanno tornare indietro nel tempo, a quando erano bambini e giocavano insieme. A prima che Bakugou iniziasse a trattarlo male, a picchiarlo e scansarlo.

Gli ricorda la risata frizzante del piccolo Kacchan, che lo prendeva per la manica e lo tirava davanti alla tv per vedere la nuova impresa di All Might e poi, insieme, lo imitavano come potevano.

Il sorriso di Mina glielo ricordava, quello del piccolo Kacchan. E che nostalgia che gli da.

Adesso Bakugou non sorride mai e mai a lui, comunque.

S-sì, Ashido-san?”

“Domani pomeriggio, nella stanza di Hagakure. E non puoi fuggire!”

C-cosa...cosa...?”

“E anche tu, Ojiro! Non credere di scappare!”

Ojiro si ferma di botto, sulla soglia della porta. Si volta meccanicamente verso la ragazza e guarda Jirou, nel corpo di Kaminari, che sembra quasi dispiaciuta. Ma ha ragione Mina, lui non saprebbe cosa mettersi, come, quindi è meglio se ci pensano le ragazze.

“Okay. Mi affido a voi.”

“Bravo, Ojiro-kun! Proprio così! Hagakure, vieni, andiamo a cercare Bakugou!”

“Mina!” sbotta Kirishima, placcandola per le spalle, “Ferma, dove vai! Sei nel corpo di Bakugou, possibile che tu te lo scordi sempre?!”

“Oh, già...”

Hagakure alza le manine invisibile e afferra sia Ochako che Tsuyu, “Andiamo noi a cercarlo!” esclama lei, probabilmente alzando i pollici verso l’amica che ricambia immediatamente il gesto.

“Dovrete essere bellissime, splendide!” sta intanto fantasticando Ashido, gli occhi rossi di Bakugou che brillano di gioia. Poi, all’improvviso, lancia un urlo da brividi, “Eiji, stellina, ma voi non avete nulla da mettere!”

“Noi...noi chi?”

“Tu e Bakugou! Dobbiamo rimediare!”

“Ma no. Credo che uno smoking lo dovrei avere. Forse...”

“Dobbiamo uscire subito! Andiamo a chiedere il permesso di andare ad affittarne uno. O due. Kaminari, vieni pure tu! E Jirou, soprattutto tu, Jirou! Forza, forza, andiamo!”

“Ma...”

 

--

 

A giudicare da borse, borsoni, buste, abiti e altre cose che Midoriya trova in camera di Hagakure quando si decide a raggiungere le ragazze, devono aver comprato un bel po’ di roba anche per loro. Cioè, per i loro corpi. Insomma, per lui e Ojiro, che è già lì.

Bakugou ancora non lo vede, ma dubita fortemente che non ci sarebbe stato. Yaoyorozu deve forzatamente fare bella figura, quella sera, perché ci saranno anche i genitori di Todoroki. E’ escluso che avrebbero permesso a Bakugou di andarsene in giro come pareva a lui.

Tanto più che non vede neanche il suo corpo, quindi Momo, ed è praticamente certo che ci fosse una bella disputa in corso da qualche altra parte.

Non ha neanche il tempo di vestirsi che Kacchan...no, Mina, praticamente in boxer ancora, lo trascina in bagno e lo spoglia.

“Adesso non hai scuse! Stai zitto!”

“No, oddio Mina ti-ti prego i-io posso p-posso fare da so...”

“Sì, sì, certo, come hai fatto solo fino ad ora, giusto?! Non te lo permetto!” sbotta lei e, per una volta, l’espressione sul suo volto sembra molto più simile a quella di Bakugou di quanto non lo fosse da giorni, oramai. “Ti ho permesso tutto, di andare in giro in felpa a nascondere questo ben di Dio perché, a differenza di quello che dice Kiri, lo capisco che ti senti a disagio. Ma non puzzerai come uno scarpone nel mio corpo, Midoriya! Non stasera! Stasera devi far svenire tutti quelli che ti guardano, hai capito?!”

S-sì m-ma...”

“Zitto! E’ il mio corpo, posso farlo! Chiudi gli occhi, stellina,” prosegue poi, addolcendo alla fine il tono, “E rilassati per un paio d’ore.”

Midoriya, a malincuore, è costretto a tacere.

Sa che Mina ha ragione, da più di un punto di vista. Ed è anche la prima volta che ha ragione da quando è successo tutto quel fattaccio, però non può darle torto. E’ il suo corpo, è su di lei che si manterrebbe la figura barbina che rischierebbe di fare se facesse da solo.

E non è giusto.

Deve essere la stessa cosa che ha pensato Ojiro, per quello si è presentato senza fare una piega e adesso, ad occhi chiusi per non sbirciare il corpo di Jirou, si sta facendo vestire e truccare.

Gli da fastidio tutto, dal vestito che stringe in vita, alle gambe scoperte, e il...il...davanzale. Il...come si chiama? Il decolté, ecco, sì, fin troppo scoperto per i suoi gusti. E poi i pennelli che gli solleticano la faccia, i capelli tirati di lato a cui Mina applica un fermaglio.

Non ha quasi il coraggio di aprire gli occhi, quando gli dice che è pronta. Cioè, pronto.

Anche Ojiro è pronto, e Jirou è splendida nell’abito che si è scelta, e il trucco leggero ma luminoso. Se ne sta seduto sul letto accanto a Kaminari, dentro cui c’è la vera Jirou, che sta dando gli ultimi ritocchi al suo corpo. O forse gli sta dicendo qualcosa, tipo che se qualcuno allunga le mani deve infilzarli coi Jack perché lei farebbe così.

A vederli vicini, i corpi di Kaminari e Jirou, tirati a lucido e che chiacchierano amabilmente, danno proprio un bell’effetto. Quello di una coppia affiatata.

Stanno bene, l’uno accanto all’altra.

Se non fosse che dentro il corpo di Jirou c’è Ojiro, che le ha già regalato due zigomi ardenti d’imbarazzo.

Come i suoi, ma grazie al colore della pelle di Mina la stessa riesce un po’ a mascherarlo col trucco.

“Non stare lì a fissare i futuri piccioncini, gioia,” fa Mina, sogghignando, “Ah, aspetta che ognuno torni al suo corpo e poi vedrai, vedrai come faccio diventare questo quadretto un’opera fissa! Scommettiamo, Midoriya?”

“Eh? N-non mi sembra il caso, veramente.”

“Peccato. Comunque, dai, abbiamo finito. Oooh, sei bellissima, sono bellissima, che schianto, che spettacolo! Quando Eijirou mi vedrà non potrà resistere! Tenterò di tenertelo lontano!” ride.

Midoriya, invece, sospira. Ha la sensazione che non sarà Kirishima quello che devono tenergli lontano, anzi, lui poverino sta facendo di tutto e di più per tenere Mina al suo posto. Ma pare impossibile.

“Metti queste e abbiamo finito.”

Midoriya abbassa gli occhi. “C-cosa sono?”

“Scarpe, stellina. Solo scarpe.”

“Ma...ma...ma Ojiro indossa...”

“Misere ballerine, lo so, ho detto a Jirou di osare ma lei non ha voluto! Che spreco, è così bella!”

“Ma io...”

“Dai, che non ho tanto tempo! Devo ancora vestirmi io e devo andare a controllare che combina Kirishima, Kaminari e pure Sero! Devono essere tutto splendidi, te l’ho detto! Specie Ojiro, per Shinsou sai, ho avuto la sensazione che fosse un po’ nervoso negli ultimi giorni, povero caro!”

“Ma Ashido-san io...io non so camminarci su quei cosi!”

“Non sono così alti! Li ho scelti apposta!”

“Ma non so usarli!” ribatte per l’ennesima volta, “Rischio di cadere. Rischio di farti fare brutta figura!”

“Tranquillo, stellina, ho già pronto tutto. Ti accompagnerà Eijirou e poi sei autorizzato a fare lo snob per tutta la sera. Ma sarai la snob migliore di tutte!”

“Ma...ma io...”

“Coraggio, non avere paura! Ochako-chan potrebbe renderti leggero così fluttueresti di qua e di là e non rischi di cadere troppo. Ma non eccessivamente, altrimenti poi è peggio. Su, mettitele!”

Midoriya si sente svenire per l’ennesima volta.

Morirà. O si romperà un piede, che poi è il piede di Mina.

Che deve fare?!

Alza gli occhi su Ojiro in cerca di aiuto, ma quello si limita ad un sorriso rammaricato. “Mi spiace, Midoriya...”

E’ la fine...

 

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Capitolo 17
*** 17. Risultati esplosivi. ***


17. Risultati esplosivi.

 

 

 

E’ appena uscita dal bagno, dopo una lunga, calda, profumata doccia rilassante.

Oddio, rilassante si fa per dire. Con tutto il delirio che sta andando verificandosi in classe – e di conseguenza in dormitorio- c’è davvero poco di che rilassarsi, è già un miracolo se non sono andati in blackout tutti, uno dopo l’altro, come Kyoka.

Non fa in tempo ad infilare la biancheria adagiata sul letto assieme all’abito che indosserà per la serata che un tonfo terribile le fa alzare di scatto la testa ancora avvolta nell’asciugamano e temere che non le crolli il soffitto addosso.

Ma che diamine è stato?

Forse sarà caduto qualcosa al piano di sopra. Può succedere.

Ma quando quel tonfo si ripete, ancora, e poi di nuovo pensa sia bene andare a dare un’occhiata, forse.

E d’un tratto realizza.

Oh, mamma.

Mette su un vestitino di quelli che porta in dormitorio e corre al quinto piano.

Era intuibile.        

Yaoyorozu – cioè, Bakugō- sta avendo una crisi isterica in piena regola. Sbraita, lancia tutto quello gli capita a tiro- i cuscini, prima, ma Ochaco non crede siano stati loro a fare tutto quel baccano-  nel corridoio e davanti alla porta spalancata ci sono Kirishima, Tooru, e Deku- Momo, tutti impotenti davanti a quella furia scatenata.

“Ma, Bakugō …” tenta quest’ultima, alzando una mano.

“LEVATEVI DAI PIEDI! HO DETTO CHE VENGO MA NON MI FACCIO IMPALARE DA VOI!”

Ochaco deve chiudersi le orecchie. ma le onde sonore si propagano comunque fino alla scatola cranica, minacciando di farla esplodere.

E’ furibondo. Sarà impossibile convincerlo a cedere, in quello stato.

Accidenti.

Momo scuote la testa prima di chinarla, arresa. Gli occhioni verdi sono lucidi, quasi sul punto di piangere. “Oh, Ochaco- chan,” mormora nel vederla.

“Ciao, Momo-chan.” Le urla intanto continuano, terribili. “Che succede?”

“Lo vedi da te. Si rifiuta di … farsi sistemare per il gala. Ho provato a convincerlo a lasciarsi aiutare da me ma …”

E certo. Se già l’idea non gli sorrideva figurarsi quanto poteva farlo quella di farsi dare una mano da Deku, anche se sapeva che non si trattava davvero di lui.

Ochaco sospira. Sa che Momo ci tiene un sacco, ci sarà anche Endeavor e questa sarà l’occasione per farsi conoscere dal padre del suo fidanzato. “E’ quasi un’ora che fa così. Abbiamo mandato anche a chiamare Kirishima-kun ma come vedi, senza effetto.”

“Avanti Baku-bro, non puoi fare questo a Yaomomo!” prova Kirishima, beccandosi in pieno stomaco un libro.

Ah. Dev’essere stato uno di quelli a far rumore prima, allora. “VAFFANCULO! PERCHE’ NON TE NE VAI, EH?”

“Certo che questa storia l’ha innervosito anche più del solito, eh?” mormora Uraraka.

Ehhhh. In realtà, non è solo questa storia.” Yaoyorozu fa un’espressione strana, e le guance lentigginose arrossiscono leggermente.

Si abbassa sul suo orecchio. E le sussurra una cosa che le fa spalancare gli occhioni. “Oh no!”

“E già.”

Nel mentre arriva Mina-Bakugō, quasi saltellando.

In mutande.

Uraraka e Momo portano le mani davanti agli occhi di scatto. Oddio, certo che Ashido le sta provando proprio tutte per mettere esca al fuoco.

Ora saranno dolori. Come se fin qui fossero state gioie. “Kiri, amore, ma che stai facendo? Sono venuta lì da te ma Sero mi ha … oh cavolo. Che sta succedendo qui?!”

“Eh … un attimo di nervosismo,” dichiara Kirishima, un occhio socchiuso e la mano sullo stomaco.

Non deve aver fatto in tempo a ricorrere al quirk, poveretto.

Senza alcuna remora Mina si affaccia. “Bakugō-kun! Cos’hai fatto alla mia stellina!”

Dalla stanza arriva di nuovo la voce di Bakugō, che pareva essersi placato un attimo.

O forse aveva solo finito le riserve di fiato.

Povera Yaoyorozu. Si ritroverà con le corde vocali lacerate, alla fine di questa storia. “Cazzo! Ma ti vuoi coprire razza di sciroccata di merda? Non ti sei ancora stancata di mettermi il culo in piazza, porca puttana?”

“Oh, Bakugō-kun, quanto la fai lunga!”

“PORTATELA VIA, CRISTO! HAI SENTITO CAPELLI DI MERDA? SE CI TIENI LEVAMELA DAVANTI E NON VI FATE VEDERE!”

“Vieni, Mina, tesoro, lascialo sfogare. Magari se si calma ritrova un secondo di lucidità e torna in sé,” fa Kirishima, e quelle sue ultime parole sembrano una preghiera affinché divenga realtà quel pio desiderio, e non sia solo un modo di dire.

Lui d’altronde non sta avendo affatto vita facile. A gestirne due così uscirebbe pazzo chiunque.

“Ma cavolo però, quante storie! Midoriya ho appena finito di sistemarlo, se non lo palpi almeno una volta stasera la riterrò un’offesa personale, Kiri bello!”

L’espressione di Kirishima adesso è quella di chi si è preso nello stomaco un’intera biblioteca. “Oddio, Mina… andiamo, cammina, vieni a vestirti.” Se la trascina dietro che ancora cinguetta. “Ehi, ragazze, noi ci vediamo dopo!”

Si mettono al riparo, mentre Bakugō impreca ancora contro Hagakure, che alla fine cede.

“Ciao, Ochaco-chan. Niente, è troppo incavolato, non mi ha fatto neanche parlare,” dichiara sconsolata.

“Vado a prepararmi.” Si allontana verso le scale, povera Tooru.

Così Ochaco prende fiato. “Va’ a prepararti pure tu, Yaomomo. Credo che avrai il tuo bel daffare,” osserva piano, e il faccino di Deku si fa scarlatto.

“Be’, s-sì…Ma…

“Ci penso io.”

“Davvero?”

“Sì.”

“Allora buona fortuna Ochaco.”  Mogia mogia, Momo si avvia lungo il corridoio, verso l’ascensore.

Bene. Ora tocca a lei.

Bakugō-kun,” esordisce, piantandosi davanti al rettangolo della porta, pugni chiusi e un’aria determinata, la stessa che aveva al Festival Sportivo.

“Uh?” Bakugō si volta, guardandola stranito.

E’ scarmigliatissimo, i lunghi capelli neri di Momo sono tutti su come se ci avesse passato le mani cento volte. Le guance sono paonazze dal tanto urlare e quel poco che c’è nella stanza, quasi completamente occupata dall’enorme letto, è tutto sossopra. “E tu che vuoi, Faccia Tonda?”

“Possiamo parlare un attimo, io e te da soli?”

“Se hai intenzione di…

“Voglio solo parlare. Posso entrare?”

Lui ci pensa, sembra titubante. “E va bene, cazzo,” sbotta infine, un po’ più calmo.

“Grazie.” Chiude la porta, viene avanti schivando gli oggetti sparsi sul poco pavimento calpestabile.

“Siediti,” gli dice, sforzandosi di non farlo suonare come un ordine. “Ascolta, Bakugō. Io… capisco che non è facile, e hai ragione. E’ un brutto momento e questo proprio non ci voleva. Ma prova a riflettere.” Inspira, si sta giocando il tutto per tutto.

E’ un argomento rischioso, può persuaderlo come farsi cacciare anche lei a male parole.

Ma non ha molto su cui puntare. E deve provarci. “Anche altri sono nei tuoi stessi panni. Ma nessuno si è tirato indietro. Vuoi farlo proprio tu? Anche Ojiro e Deku-kun… hanno indossato dei vestiti e si sono fatti acconciare e truccare. Per cui…

Ora ribatterà che loro sono dei “ cazzo di smidollati”. 

Invece la fissa per qualche istante, in silenzio.

Con gli occhi neri di Momo.

Che però non hanno mai avuto quello sguardo.

Ochaco si sente quasi avvampare, nonostante sia una sua amica a scrutarla in quel modo. “E va bene, fanculo, vado a fare la doccia. Ma non far entrare nessuno.”

“No. Sta’ tranquillo.”

Nel frattempo che Bakugō è in bagno lei mette un po’ di senso in quella povera camera.

Sul letto non c’è alcun abito. Chiaro che Katsuki non avesse alcuna intenzione di prepararne; dovrebbe domandare a Mina se ci ha pensato lei ma… col casino che c’è ha paura di uscire da quella porta.

Potrebbe voltargli di nuovo il cervello e rifiutarsi di farla entrare, se si sposta.

Dovrà arrangiarsi con quel che c’è.

Non dovrebbe essere un problema in fondo. Probabilmente Yaoyorozu ne possiede già e basterà solo trovare quello più adatto.

Si avvicina con timore reverenziale all’armadio. Ne apre un’anta, e inizia a scorrere tra i mucchi di tulle, raso, seta con circospezione, storcendo le labbra.

Sono tutti colori accesi, vividi. Troppo.

Per quanto Katsuki sia… esplosivo, difficilmente si piegherà ad indossare qualcosa di sgargiante.

Così tira fuori quello che sembra di un tono accettabile, un abitino di un beige abbastanza neutro. Semplice e raffinato, e anche accollato.

Sarà meglio non porre troppo l’accento sul… decolleté, in effetti.

L’ha appena posato sul letto sconvolto che la porta del bagno si apre. “Ecco.” In accappatoio e lunghi capelli gocciolanti, ne viene fuori Katsuki.

Il primo istinto di Uraraka è domandarsi se lui… si lavi. In senso, se s’insapona sotto la doccia e non si limita a starsene come uno stoccafisso sotto il getto.

E avvampa ancora più forte. Ma che razza di pensieri… Momo è la ragazza di Todoroki-kun, e se non si preoccupa lui non vede perché diamine debba farlo lei, cavolo. “Be’, ti sei incantata?” l’apostrofa in tono davvero più pacato, non proprio gentile ma quasi, almeno per gli standard di Bakugō.

Ogni cosa non contempli un insulto o una minaccia è già un riguardo. “Oh, scusa, pensavo che…

Non riesce a terminare la frase.

“Ti volti? O devo venirci in accappatoio?”

Ochaco trasale, stupita.

Lei ha visto un sacco di volte Yaomomo nuda. Chiaro che fra ragazze abituate a vivere insieme l’imbarazzo si riduce quasi a zero.

Perciò non si aspettava che le chiedesse di girarsi.

Lo fa immediatamente, un leggero sorriso sulle labbra.

Rispettoso è rispettoso, sì. Sa che comunque non è il suo corpo. “Oh, sì. Certo.”

Il rumore di un cassetto che si apre e richiude, qualche altro istante. “Fatto. Puoi guardare.”

Il giunonico fisico di Yaoyorozu adesso ha su reggiseno e slip. Coordinati anche, un punto a favore.

Ma si sta energicamente sfregando i capelli con un asciugamano. Dieci a sfavore.

Nooo! Non così!” sbotta Ochaco esterrefatta. “Lascia, per favore. Faccio io.” Si avvicina, con cautela gli toglie il telo di mano e tampona le ciocche corvine con delicatezza. “Altrimenti ci vorrà un sacco a passarli con spazzola e phon, dopo.”

“Uh.” Bakugō non protesta, la lascia fare. Si china, per darle modo di arrivare fino alle radici. “Senti… ti arrabbi se ci metto un po’ di balsamo? Momo –chan avrà sicuramente qualcosa, nell’armadietto di là. Posso, Bakugō?”

“Fa’ quel che ti pare.”

Quando entra nel bagno un’onda di vapore caldissimo e delicatamente profumato la investe, facendole girare la testa.

Sembra di stare in una sauna.

Ed è tutto in perfetto ordine.

Si aspettava di trovare il delirio tipico del bagno di un ragazzo dopo la doccia, mutande sul pavimento allagato, prodotti sparsi a destra e sinistra riversi e senza tappo come povere vittime colpite a morte.

O quanto meno è così che lo immagina lei, non ha esperienza diretta.

Invece a parte quel calore nulla indica che qualcuno ci si sia appena lavato lì dentro.

Apre l’armadietto, prende un flacone di maschera per capelli senza curiosare.

Ma distratta com’è le sfugge di mano, cade e rotola fin davanti alla doccia.

Dal box socchiuso intravede un lavaschiena gocciolante appeso alla manopola.

Nulla di straordinario, ce l’ha anche lei.

Però la fa sorridere.

Sa come se gliel’avessero detto ch’è l’espediente usato dal ragazzo per lavarsi senza toccare il corpo della compagna a mani nude.

Ma di che si meraviglia? E’ acuto, intelligente e strategico di natura, Katsuki Bakugō.

Se è in grado di ragionare freddamente durante una battaglia o una prova, figurarsi tra sé e sé.

Anche in quelle circostanze.

E questo pensiero un po’ la inquieta.

Se rispetta tanto Momo e le sue cose, allora devono averlo fatto sbarellare davvero di brutto per mettersi a lanciare oggetti fuori dalla camera.

Dovrà usare molta, molta cautela.

Esce, trovandolo seduto sul letto, con il cellulare in mano, che digita furibondamente.

Chissà a chi starà scrivendo. “Ehm, Bakugō, posso?”

“Uh,” borbotta senza rialzare la testa.

Sembra parecchio concentrato.

Ochaco si arma di pazienza, sale sul letto ginocchioni scansando il vestito e gli passa dietro le spalle.

Non è educato e lo sa. Ma appena inizia a passargli il balsamo tra i capelli, l’occhio le cade sullo schermo del telefono.

Sta semplicemente giocando con un videogioco. Tutto qui.

Appena finisce glieli lega in una treccia, fissandoli sulla nuca. “Ora li lasciamo così. Perché intanto non ti provi l’abito? Lo tiriamo su da sotto così non si macchia.”

“ Momo” lancia un’occhiataccia. “Scordatelo che porti le cosce in bella vista anche qui, ragazzina.”

“Per favore, Bakugō… provalo soltanto. Non è poi così corto.”

“Uff. E che palle.” Però si alza, mette il gioco in stand-by e lo infila.

La lunghezza sembra giusta, arriva proprio al ginocchio.

Il problema sorge da un’altra parte, appena chiude i bottoncini a forma di perla sul davanti. “Cazzo!” sbotta lottando con quelli sul seno.

Certo, anche il fatto che tenti di allacciarli fissando il soffitto e in punta di polpastrelli, senza sfiorarsi non aiuta. “Vuoi… vuoi che ti aiuti?”

“No. Ce la faccio… merda.”

Tira. Parecchio. In effetti sembra debba esplodere anche senza quirk, tutto quel rigoglio.

E Ochaco si morde il labbro. “No, cazzo, fa male. Ma fanno sempre questo male boia? Come diavolo fate a sopportarlo voi femmine?”

Lì per lì è tentata di spiegargli perché gli dolgano tanto.

Ma poi decide ch’è meglio non rimettere guerra dentro quella testa calda. “Be’… se sei teso è facile che… reagiscano così.” Una piccola bugia, scusabilissima.

“Uh. Cazzo. Ma comunque tira un fottio, non ci riesco.” Riapre tutto e lo sfila di nuovo, posandolo sul letto con una certa cura.

Si sta impegnando, a modo suo.

“Vedo se trovo qualcos’altro.” Torna a frugare nell’armadio, finché non s’imbatte in una lunga custodia nera, chiusa.

Che cavolo sarà?

Lo porta sul letto e abbassa la zip.

Batte le palpebre. Una volta, due.

Le sfugge un verso di genuino stupore.

Caspita.

Alle sue spalle la voce di Momo ora suona incredula. “No… oh no cazzo, io quello non…

Ma Ochaco è decisissima a non sentire ragioni. “Ascoltami. Vuoi essere il numero Uno, giusto? Be’, almeno per stasera, in un certo modo, lo sarai. Con questo.”

Per un attimo si aspetta che dimentichi di avere a che fare con una ragazza e la faccia volare fuori dalla porta.

Poi sospira. “Okay, dannazione. Ma prima fammi finire la partita.”

Dopo, quando i capelli sono stati risciacquati, asciugati, stirati con spazzola e phon- con accompagnamento di imprecazioni soffocate più o meno malamente-, passati con la piastra e acconciati con così tante molle da bastare ad un esercito di parrucchieri, Uraraka si dedica al trucco.

Stavolta Katsuki non ci prova nemmeno a protestare. Si limita a lamentarsi di tanto in tanto, che si sente come “un cazzo di pollo da preparare per la griglia”.

 Mentre tiene la testa reclinata, a occhi chiusi Ochaco inizia ad avvertire un leggero imbarazzo.

“Sai, Bakugō. Io credo… tu sia… molto coraggioso in fondo.”

Inarca un sopracciglio. Per fortuna sta ancora stendendo il velo di fondotinta che neppure servirebbe, dacché Momo ha la carnagione perlacea e perfetta.

Ma Katsuki tende ad arrossarsi facilmente. Si inalbera, si agita, impreca e batte i pugni, i piedi. Quindi è un lievissimo tocco di fard quasi neutro quello che passa sugli zigomi.

Sorride tra sé, continuando a parlare mentre passa all’ombretto. Un leggero strato bianco glaciale. “Sì, insomma. Stai… affrontando qualcosa che ti ha sbalzato completamente fuori da te stesso, ti ha messo in questa situazione. E nonostante i tuoi logici scatti… te la stai cavando bene. Davvero.” Posa il pennello, sfuma appena con la punta dei polpastrelli il grigio scuro che ha applicato all’angolo delle palpebre. E prende l’eye-liner, ripassando la linea delle ciglia, nere e folte. “Io al posto tuo forse non ce l’avrei fatta. Me se sarei rimasta rinchiusa in camera a piangere finché non fosse finita. Certo, dirai, anche Ojiro e Deku-kun sono così ora, l’ho detto prima io stessa ma…Perdonatemi ragazzi. “Be’, loro sono un po’ diversi da te. Sì, ecco, sono anche loro uomini, ci mancherebbe, tuttavia… loro… loro... non sono… come te.”

Passa l’ultimo tocco di gloss delicatamente rosato, scintillante sulle labbra. Ha delle belle labbra Momo, morbide e carnose.

Anche se… pure quelle di Katsuki non scherzano. “E poi Momo-chan è una bellissima ragazza. Poteva andarti peggio”, cerca di rimediare. Sente gli zigomi andare in fiamme. “Ecco. Ho finito. Puoi guardarti,” farfuglia mettendo via rapidamente le cose per riportarle nel bagno.

Ma la mano di Yaoyorozu le blocca il polso.

Ochaco alza lentissimamente lo sguardo sull’amica.

Ora la uccide. Sta per dirgliene quattro, se lo sente. “Hai fatto un buon lavoro, Faccia Tonda.”

Gra-grazie… Bakugō.” E’ sconvolta. Non se l’aspettava. “Ora se non ti spiace, ti do una mano con il vestito e poi vado via, altrimenti non riuscirò mai a sbrigarmi. E’ già tardi.”

“Ti ho fatto perdere un sacco di tempo, uh.”

“Ma no. L’ho fatto volentieri. Sul serio.”

Lo aiuta a chiudere la zip sulla schiena, lasciando poi spiovere i lunghi capelli tirati su solo per metà, pettinati all’indietro per non nascondere niente del suo bellissimo viso e appuntati all’indietro in un finto disordine di piccoli arabeschi intrecciati.

Può essere davvero soddisfatta del suo lavoro.

E’ più che splendida. Una vera dea. Ammira la sua opera con un’ultima occhiata. “Penso farai davvero una grande impressione, stasera. Capisco che possa importartene poco dacché ecco, non sei tu, ma è sempre bello suscitare ammirazione, non pensi?” Riabbassa lo sguardo, quasi timida. “A me… non capita mai.”

“Cazzo dici. Il fatto che ti capiti gente che non capisce una sega e non te lo dice in faccia per com’è, quello è un altro discorso. Ma non vuol dire che non te lo meriti, porca miseria,” ribatte Katsuki in tono serio. 

“Ehm, Bakugō… grazie. Ma… evita le parolacce, se ci riesci.” Con un ultimo piccolo sorriso gli accenna alle scarpe. Hanno appena tre centimetri di tacco, Momo è già alta di suo e con quelli raggiunge giusto giusto Todoroki.

La gonna dietro termina in un piccolo strascico e le nasconde, ha potuto approfittarsene per tenersi limitata.

Così non dovrà imprecare troppo, Bakugō. I suoi stivali da Hero hanno la suola anche più alta.

Avrebbe dovuto consigliargli delle autoreggenti ma non se l’è sentita. E poi fa un sacco di caldo, le gambe nude vanno bene uguale, specie quelle lunghe e sinuose di Yaoyorozu.

Ossignore. Se qualcuno le spiasse in testa penserebbe che è attratta dalla sua compagna di classe. “Devo scappare. Ci vediamo dopo di sotto!” E fugge via.

Purtroppo Bakugō aveva ragione, ha trascorso – no, perso no, è brutto da dire così- un sacco da lui e per rimediare deve correre lei.

Ma poco male. Non dev’essere al centro dell’attenzione, non ha alcun fidanzato stupendo accanto a cui brillare e nessun parente importante di questi da ammaliare.

Perciò sì, va benissimo così.

Si da’ un’altra sciacquata, dopo la sudata in camera di Momo, infila veloce l’abitino color glicine, l’unico che possiede per le occasioni importante e si trucca in piedi, davanti allo specchio.

Tanto per lei basta poco, non ama granché truccarsi. Passa la piastra nei capelli perché stiano al loro posto, afferra le scarpe basse e si fionda di sotto.

E’ in tremendo ritardo. Spera soltanto che non stiano aspettando tutti lei.

Quando esce dall’ascensore quasi si scapicolla per andare in sala comune.

Sono quasi tutti lì. C’è Asui in bianco che parlotta con Hagakure in viola e Kaminari- Kyoka – sedute su uno dei divanetti, Shinsou con Kyoka- Ojiro- seduti sull’altro insieme a Tokoyami, Shoji, Aoyama e Koda. Sato è piedi davanti alla porta del cucinotto.

I ragazzi sono tutti in smoking.

Anche Todoroki  e Deku- Momo, che discorrono in un angolo, da soli. La loro sembra una conversazione piuttosto tesa, quanto meno da parte di lei. Cioè lui. Oddio, insomma, Momo.

Non osa avvicinarsi, non vuole disturbare. Così va dalle amiche. “Ehi, ragazze.”

Sono tutte in tiro, anche Jirou nonostante abbia su un completo da uomo è bellissima.

In fondo Kaminari è un bel ragazzo. “Ciao, Ochaco-chan!” la salutano in coro.

Anche Ojiro- kun è all’apice dello splendore. Indossa un abitino blu porcellana di raso, ha raccolto i corti capelli di Kyoka e ha un velo leggero, luminoso di trucco.

Si sente un tantino inadeguata. Ma cerca di non pensarci. “Ma… dove sono gli altri?”

“Boh!”

Mineta è in bagno da mezz’ora. Non è difficile capire perché,” sentenzia Hagakure con aria rassegnata.

Dai bagni viene fuori Mina- Deku, in un vestito corto e bellissimo, di un intenso verde petrolio. E’ truccato con maestria e i corti ricci di Mina sono sapientemente fermati da una molla luccicante. “Oh, Deku-kun!” esclama, fiondandosi su di lui.

Che è rosso come una brace. “Stai benissimo, Deku-kun! Mina ha fatto proprio un ottimo lavoro!” dice convinta.

E il povero Deku si fa ancora più rosso. “Ehh… sì… anche tu sei molto carina, O... Uraraka-san.”

Lei abbozza un sorriso condiscendente. “Sì ma tu di più. Farai fare un figurone a Kirishima-kun!”

“Vero che sono stata brava, ah? Vero? Te l’avevo detto, Kiri tesoruccio, non ce la farai a resistermi, stasera!” trilla alle sue spalle la voce di Mina- Bakugō.

Che li raggiunge saltellando assieme a Eijirō, Sero e Kaminari- Ojiro. “Sto sudando sensualità da tutti i pori, non trovi Ochaco-chan? Ma almeno questo non si sente, eh! Si vede e basta!” 

Midoriya impallidisce, si vede che se non temesse di rovinare il trucco si nasconderebbe la faccia tra le mani.

E Ochaco con lui.

Kirishima però non ha di questi problemi. “Mina, santo Dio, ti prego, cerca di controllarti. Ti prego, ti prego…

“Dai, anche così rimango un bel maschione, eh! Guarda che fico spaventoso che sono, mi spiace ragazzi ma si fionderanno tutte su di me stasera! E voi a stecchetto!” E ride, di pancia, divertendosi un mondo a spese del suo povero ragazzo.

Be’… non è che abbia poi tutto questo torto.

L’alta tenuta dona a Bakugō, cioè, al suo corpo.

Anche gli altri sono bellissimi, ma lui… lui… non è… come loro. “Ehi, Ochaco-chan, ma dov’è Bakugō?” domanda Mina, traendola alla contemplazione in cui è sprofondata suo malgrado.

Lei si guarda intorno, spaesata.

In effetti, ancora non c’è.

E ora manca solo lui.

Oddio.

Trema, sente il cuore fibrillare paurosamente.

Che lasciato da solo abbia cambiato idea e mandato all’aria tutto il suo lavoro? Non vuole pensarci.

“Un attimo che lo chiamo.” Kirishima prende il cellulare, compone il numero.

In quel momento l’ascensore manda un tintinnio. E la suoneria del cellulare di Bakugō risuona da dietro le porte. “Oh, è arrivato.”

“Ti prego, non guardare!” sente dire alla voce di Midoriya, quindi Momo, sicuramente rivolta a Todoroki.

Eijirō rimette il telefono in tasca, sorridendo.

Sorriso che prontamente svanisce.

Diventando stupore, shock, meraviglia sul volto del ragazzo, e quello di tutti gli altri.

“Oh cazzo!” E per una volta ad imprecare non è stato lui.

Viene avanti piano, reggendosi la lunga gonna con le mani.

Come una vera signora.

Peccato che distrugga l’impressione sbottando con un: “Be’, che avete da guardare? Continuate a fare quel che stavate facendo, idioti,” appena arriva in mezzo agli altri.

“Caspita, Bakugō-kun… che schianto. Porca miseria,” si lascia sfuggire Kirishima.

“Sì sì, dacci un taglio,” borbotta Katsuki distogliendo lo sguardo. 

Persino Mina non riesce a spicciare verbo, resta impalata per qualche secondo. “Wow! Oddio Bakugō! Sei… sei… una strafica! Oggesù! Posso toccarti? Ma sei vera? Oddio, waaaaa!”

“Stammi lontana, pazza! Piuttosto, vedi di non fare casino col mio corpo, demente!”

Malgrado gli strilli Uraraka è orgogliosissima. Se loro che sanno come stanno le cose hanno avuto quella reazione, figurarsi chi non lo sa.

Sono increduli. Estasiati.

Shinsou- kun le arriva alle spalle. “A questo punto devo ammetterlo. Il mio brainwash non è poi così temibile, se tu che non lo possiedi sei stata in grado di operare… questa cosa. Cioè, ma come hai fatto?”

“Mah, niente di che. Ho solo continuato a parlare per distrarlo.”

“Come le bestie feroci,” ghigna Sero, le mani in tasca.

Bakugō si volta, il viso perfettamente truccato si irrigidisce in una smorfia. “Che cazzo vai dicendo, Faccia Piatta di merda?” Fa per andargli sotto a muso duro.

“Il vestito!” urlano tutte le ragazze in coro.

“A questo punto dovremmo andare,” si fa avanti Tokoyami. “Se torna Mineta.”

Ohhhh Mineta lasciatelo pure lì,” ridacchia Sero.

“Ehi sono qui! Dove andate, aspettatemi!” urla il piccoletto trotterellando sulle gambine.

Anche lui è in smoking, ma no, non fa proprio lo stesso effetto dei suoi compagni.

Specie di Todoroki, nota Uraraka. Che adesso ha acquistato l’immobile perfezione delle sculture, gli occhi spaiati fissi su Bakugō.

Ovvero, sulla sua ragazza.

Che al momento però è appena dietro di lui. “Bastardo?” fa Katsuki, inarcando un sopracciglio.

“Ah?”

Oi, bastardo, ci sei?”

Shouto pare riscuotersi dal trance. “Ah. Sì. Stai… molto bene, Bakugō.”

“Ah sì? Tu invece sembri un dannato pinguino, stronzo a metà. Non ti azzardare a prendermi per il culo.” Quando Todoroki fa per porgergli il braccio, Bakugō tira avanti dritto. “E stammi lontano, cazzo!” Ma non fa nemmeno venti metri, che inciampa nella lunga gonna dell’abito e tira via un santo di passaggio. “Che cazzo stai facendo, idiota? Vieni qui e dammi una mano, maledizione!”

Se non fosse che Momo ora accanto a lei si sta mangiucchiando tutte le unghie di Midoriya, Ochaco si metterebbe a ridere.

Il tragitto in autobus è piuttosto tranquillo. Persino Mina sembra placata; o forse sta soltanto tenendo da parte le energie per la serata.

Yaoyorozu è ancora accanto a lei. Ochaco cerca di farle coraggio come può.

Si sente quasi in colpa adesso, anche se ha cercato di fare tutto per il meglio dell’amica, nelle proprie intenzioni.

Ma quel miscuglio di inquietudine e rammarico che avverte tormentare Momo la rattrista.

Dev’essere ben difficile guardare il proprio fidanzato che accompagna qualcun altro, ma di peggio forse c’è solo il proprio ragazzo che accompagna un’altra che è lei, ma al contempo non lo è.

E dover pregare che quello non la metta in imbarazzo.

Appena giungono al Palazzo dove si tiene il gala, proprio ai piedi della scalinata Bakugō inciampa una volta di troppo; l’istinto di Todoroki è di parargli un braccio davanti.

Con le logiche conseguenze. “Ah. Scusa Bakugō,” mormora, mortificato.

“Fottiti. E non starmi così appiccicato, fanculo! Mi stai facendo sudare con quel dannato braccio!” lo rimbrotta Katsuki sibilando.

Sì, ci sta provando con tutte le sue forze.

Speriamo continui a farlo anche dopo, si augura.

 

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Capitolo 18
*** 18. E' qui la festa? ***


18. E’ qui la festa?

 

 

 

E’ sceso guardandosi già intorno, Kaminari. In verità, l’unica cosa che voleva era evitare Jirou, quindi il suo stesso corpo, perché aveva avuto la sensazione che Jirou non lo volesse neanche guardare, ormai.

Nonostante questo, i suoi occhi sono stati calamitati all’istante dalla figura seduta sul divano, fra Shinsou e Tokoyami, che le parlavano.

O meglio, parlavano con Ojiro ma...quello era il corpo di Jirou.

Ed è bellissima.

L’abito che indossa la fascia perfettamente; le curve del suo corpo sono poche, appena accennate, eppure le sta così bene.

Lui la trova perfetta.

Anche il trucco, gli occhi così luminosi, le guance accese dall’imbarazzo del povero Ojiro, che doveva sentirsi completamente inadeguato in quella situazione.

Sarebbe voluto andare lì a dirgli che è bellissimo, ma sarebbe stato perché lo stava dicendo al corpo di Jirou; e non può andare neanche a dirlo a lei, per prima cosa probabilmente non vuole vederlo e poi sarebbe strano, no?

Lei è nel suo corpo. E sì, sta facendo i complimenti al corpo di Jirou, ma ...

Detto così suona male.

E poi c’è Shinsou, che lo guarda con sguardo assassino da giorni e forse è meglio se sta lontano da tutti.

Aah, che brutta sensazione. Bruttissima.

Non vede l’ora che tutto torni normale.

E’ rimasto in disparte, con Kirishima e gli altri. Hanno alzato gli occhi solo quando è arrivata Momo, cioè Bakugou.

Cazzarola,” si + lasciato scappare.

Se sta zitto non sembra neanche Bakugou.

Momo è bella sempre, ma forse per via del fatto che lì dentro c’è Bakugou quella sera risplende ancora di più.

Probabile sia un ragionamento che non ha senso, eppure è così.

Perché quella bellezza vale il doppio, ci sono dentro anche i sacrifici di Bakugou.

“Ricordati di stare più zitto che puoi, Bakugou!” gli ha urlato dietro Sero, ridendo sotto i baffi all’ennesima imprecazione smorzata di Katsuki che ha inciampato nel salire il gradino dell’autobus.

“Taci, Faccia piatta! Giuro che ti farò pagare tutte queste risate che ti stai facendo, sculato del cazzo!”  gli ha urlato Bakugou, facendogli il dito medio.

Sero si è piegato in avanti appoggiandosi a lui, ridendo ancora più forte.

Già, Sero se la ride.

Aah, lui non ha idea di quanto sia difficile.

E lo è anche per Denki malgrado sia rimasto comunque in un corpo maschile.

Si sente gli occhi di Shinsou addosso quasi tutto il tempo e non perché pensa che Ojiro sia bello quella sera. No. Sono gli occhi di qualcuno che se potesse lo ucciderebbe, e che non lo fa solo perché quello è il corpo di Ojiro.

Il che per ora è una fortuna.

Ma poi? Non vuole neanche pensarci.

 

Quando sono arrivati al gala, la confusione è stata tanta. Niente di eccessivo e eclatante, ma c’è talmente tanta gente, borbottio, e da dentro anche la musica da sala, che si sente anche da fuori.

Ojiro si è fermato fuori e ha fatto una smorfia. “Sarà una brutta serata,” ha sussurrato.

Avrebbe voluto restarne fuori, ma non era nel suo corpo e non era giusto impedire a Jirou di andare.

E’ lì, così vestito, solo per lei.

Ha detto a Jirou che, con tutte le buone intenzioni di quel mondo, non è certo di reggere. Non sa proprio come facesse lei, a dover essere sincero. Insomma, non le da fastidio, sapeva come ignorare i rumori molesti e non ritrovarsi ad ascoltare ogni minima cosa le succedeva intorno. Ma lui no.

Lui sente tutto, anche quello che non vuole. Anche troppo, sentiva.

E gli fa già male la testa.  E la pancia.

Jirou gli ha sorriso con comprensione quel pomeriggio, nella camera di Hagakure, mentre lo preparava e dopo, anche. Gli ha detto che è tutto nella norma.

Lui di resistenza al dolore l’aveva, come tutti lì, era un aspirante eroe. Ma adesso gli sembra tutto accentuato.

Non sa se è davvero normale, ma si sente così. E non era neanche entrato.

Adesso che si accinge ad entrare è anche peggio.

Hey, Mashi, tutto bene?”

Si volta verso Shinsou, che lo guarda con apprensione. Prima, in sala comune gli è scappato con lui che non si sentiva in forma smagliante e il risultato è che adesso Hitoshi sembra preoccupato e del tutto intenzionato a non perderlo di vista. Ma insomma, almeno non è arrabbiato, come è parso in quegli ultimi giorni, a causa di quello che è successo con Kaminari.

Se ci pensa, si sente di nuovo in imbarazzo.

E’ dal giorno prima che non parla con Denki proprio per quel motivo, e un po’ in verità gli dispiace, perché Kaminari sembra davvero soffrirne.

Per Jirou, più che altro.

“Sì, sì. Sto bene. Sta tranquillo, ‘Toshi. Resisterò stanotte, poi domani mi chiuderò in stanza a dormire tutto il giorno!” scherza. O forse no.

Il silenzio assoluto, la quiete della sua stanza...un sogno.

Non vede l’ora. Chissà se Aizawa glielo concederebbe, dopo quella serata?

Shinsou abbozza appena un sorriso, tiratissimo, e d’istinto gli poggia una mano sulla testa, avvicinandolo a sé e scoccandogli un bacio sulla fronte. Ojiro è solo pochi centimetri più alto di Jirou, quindi è perfetto. Se chiude gli occhi può quasi pensare di aver sfiorato la fronte di Mashirao, anche se la sensazione dei capelli sotto le dita è ben diversi. Quelli di Mashirao sono cortissimi, e un po’ più crespi.

“Ma...Hitoshi! Dai...”

“Che c’è?” fa quello, sogghignando e scrollando le spalle, “E’ solo un bacio sulla fronte. Dai, andiamo dentro.”

Ojiro sospira. Sì, è vero che è sulla fronte, però...cerca Jirou con gli occhi, ma non la vede. Evidentemente è già entrata insieme alle ragazze.

Si decide a seguire Shinsou, e la musica gli da subito alla testa.

Le luci sono soffuse, la musica non è assordante, quello è un gala di classe e non una discoteca, eppure a lui pare tutto eccessivo. Ai suoi sensi, almeno.

Il chiacchiericcio, poi, lo trova terribilmente fastidioso, anche se normalmente non lo avrebbe mai notato.

Fra tanta gente, è ovvio che si formino dei gruppetti di persone che parlano. Scorge infatti i propri compagni più in là, alcuni ragazzi che ha visto di altre scuole, o Hero importanti. C’è Endeavor, Hawks.

E voci, voci, voci.
Troppe voci.

Ma deve resistere.

Per questo motivo appena entra nella sala cerca di rendersi il più invisibile possibile, in un angolino accanto alla colonna. Lontano dal palco in cui probabilmente qualcuno prima o poi dovrà fare un qualche discorso e dalla pista da ballo dove tutti quanti si muovevano sinuosi e aggraziati.

Lui è un palo, quindi per il bene di Jirou spera ardentemente che gli stiano tutti lontani. Lontanissimi. Come se avesse la peste.

A parte Shinsou. Se non lo conoscesse ormai benissimo penserebbe che stia facendo un enorme sacrificio a stare lì a fargli compagnia, ma sa bene che quel genere di cose a lui non piacciono. Non è un festaiolo, non c’è abituato neanche lui.

Se è lì è solo perché Aizawa ha detto che dovevano esserci tutti, era un invito ed era il caso di presiedere, perché ci saranno tutti quanti.

Ed in effetti, a parte pochi eroi tra cui i genitori di Yaoyorozu, ci sono davvero tutti.

Compreso FatGum e Ryukyu, che se non sbaglia sono stati i tutor di Kirishima e Uraraka l’anno precedente.

“Oh, ma guarda un po’ chi c’è!” squittisce la voce di qualcuno che non vorrebbe mai incontrare in quella situazione.

Invece è lì, a soli venti minuti dal loro ingresso al gala. Monoma.

“Oh, ti prego. Sparisci, non è il momento,” gli risponde Shinsou, già innervosito.

“Come, Shinsou? Sei nervoso stasera?” ride, ma con una compostezza strana.

Forse gli hanno detto di darsi un contegno almeno lì. “Ero certo che ti avrei trovato con lo scimmione, ma forse ti sei deciso di dedicarti a qualcuno di meno patetico?”

Ojiro sgrana gli occhi, afferrando il polso di Shinsou prima che possa dire qualsiasi cosa. Ma è già tardi.

“Smettila. Lascialo!”

“E perché dovrei? Mi ha risposto a suo rischio e pericolo, prima. Potrei fargli qualcosa di più leggero, tipo fargli rovesciare qualcosa addosso. Vino rosso, magari.”

“Dai, Shinsou. Sii superiore.”

“Oggi non mi va,” brontola lui, incrociando le braccia. “Vacci a prendere da bere, Monoma.”

“Ma Shinsou!”

Shinsou, per risposta, alza le spalle, “Lo sfrutto solo un po’ e poi lo lascio andare,” sogghigna. Monoma torna due minuti dopo  con due bicchieri, e Ojiro afferra subito il suo.

“Okay. Adesso smettila di controllarlo.”

“Rilassati, Mashi. Non gli faccio fare niente di eclatante. Prometto,” fa, incrociando le dita da sopra il bicchiere, “Adesso vediamo, Monoma...”

“Oh, ragazzi!”

Shinsou sobbalza, sentendo la voce di Kendo, e scioglie il brainwash su Monoma l’attimo prima che lei li raggiunga. Gli sta simpatica e non vorrebbe litigarci, anche se lei di certo capirebbe. Sa quanto Monoma sia irritante.

Kendo-san! Sei bellissima!” esclama Ojiro, guardandola con stupore.

Splendida, lì dentro era paragonabile solamente a Momo, per altro i capelli rossicci sciolti e lasciati morbidi sulle spalle le danno un’aria regale, quasi.

“Ti ringrazio, Jirou-san, anche tu sei incantevole” sorride cordiale, “Monoma vi stava dando fastidio?”

“Io non....”

“Oh, no,” ghigna Shinsou, scoccando un’occhiata a Monoma che, sorprendentemente, tace. “Abbiamo già chiarito.”

“Meno male,” annuisce gentilmente Kendo, “Se vi da fastidio liberi di fare quello che ritenete più opportuno. Ma vi prego di ricordare che Monoma non è così cattivo, tutto sommato.”

Ojiro è tentato di mettersi a ridere, ma poi si ricorda di essere nel corpo di Jirou e si limita a sventolare la mano davanti al volto con noncuranza, “E’ tutto okay, Kendo-san. Abbiamo già risolto.”

Kendo annuisce, voltandosi verso Monoma, “Allora andiamo, Monoma?”

Monoma schiocca la lingua, sembra sul punto di rispondere male a Shinsou ma poi ingoia tutto, “Sì, sì. Andiamo.”

Ojiro aspetta giusto che i due si allontanino, prima di voltarsi verso Shinsou, “Non avresti dovuto, Hitoshi!”

Shinsou, per tutta risposta, sbuffa, “E che gusto c’è ad avere il lavaggio del cervello come quirk se non posso togliermi di mezzo gente come Monoma? Non gli ho neanche fatto fare chissà che.”

“Solo perché è arrivata Kendo,” soffia Ojiro, massaggiandosi l’attaccatura del naso.

Male. Gli fa male la testa.

“Sì beh...non avrei esagerato. Hey, stai bene? Hai preso la medicina?”

“Sì ma...” scuote il capo, ma piano, “Sto bene, tranquillo. Sicuro che non vuoi buttarti in pista?”

“Io? Ma figurati!”

Ojiro ride appena, “Immaginavo. Forse vorrebbe Jirou...”

“Ma se non ti senti bene,” lo rimbecca Shinsou, “E poi con chi? Kaminari?”

“Ancora? Gli terrai il muso per sempre?”

“Finché lo riterrò necessario.”

“Ma ‘Toshi...non è stato...voglio dire lui...oh, andiamo! Cerca di capire.”

Shinsou scuote il capo, “Capisco tutto, credimi,” fa, “Ma solo finché è tollerabile.”

Ojiro non ribatte. Non ha la forza di iniziare una conversazione simile e finirebbero per litigare, se lo facesse. Perché finirebbe per difendere Kaminari, e chissà come la prenderebbe Shinsou, visto com’è il suo umore in quei giorni. Di conseguenza, teme sia meglio tacere.

Spera solo che alla fine di tutta quella storia tutto questo finisca nel dimenticatoio, perché non ne può più. Gli dispiace vedere Kaminari così triste e non vuole che Shinsou mantenga da lui le distanze. Stavano diventando amici.

Guarda il display del cellulare, ma la sola idea che siano passati appena settanta minuti gli mette i brividi.

“Senti, ‘Toshi?”
“Sì?”

“Credi che Aizawa si arrabbierebbe tanto se gli chiedo di tornare in dormitorio?”

“Ne dubito,” afferma lui, sfiorandogli la guancia con appena le nocche della mano. E’ freddo. “Stai male? Vado a dirlo ad Aizawa, se vuoi.”

“Forse sì. Intanto...credo di dover andare al bagno. Anche se...” gli serviva Jirou. Subito. In quel momento esatto. La cerca con gli occhi ma non riesce a trovarlo, purtroppo, “Vado. Forse se mi do una rinfrescata...sperando di non rovinare tutto quanto. Sai, essere una ragazza è più scomodo di quello che pensassi.”

Shinsou sbuffa una risata, “Spero di non provarlo mai. Ti aspetto qui quando hai finito, vado a dirlo ad Aizawa.”

Ojiro annuisce appena, prima di allontanarsi nella direzione opposta. Cerca i bagni, in un primo momento, ma ha davvero bisogno di Jirou.

Gli fa anche male lo stomaco e ha una brutta, orrida sensazione.

In mezzo alle gambe.

Ma la sola idea di andare al bagno da solo gli mettere la nausea. O forse è panico.

Gli serve Jirou, subito. E’ il suo corpo, quello, che deve fare? E poi, può andare? Ha resistito più che ha potuto, ma non ne può più. Non ne può più per davvero. Ha superato la sua soglia massima del dolore, ha bisogno di un posto silenzioso, e buio, di qualcosa di fresco da bere e di un letto in cui buttarsi e sprofondare fino a data da destinarsi.

L’unico che intravede, però, è Kaminari, quindi gli si avvicina in fretta, picchiettandogli sulla spalla per attirare la sua attenzione. Kaminari si volta subito, ma rimane interdetto per alcuni istanti.

“Oddio, Ojiro hai...una pessima cera, amico,” soffia. E fa male vedere il volto di Jirou così pallido e sofferente.

Lo sa, Kaminari, che non è Jirou a stare male, bensì il povero Ojiro, ma è il viso di Jirou quello che lo mostra e gli fa un certo effetto vederla così.
Cioè, vederlo.

“Già. Sentì hai...visto Jirou?”

Kaminari stira le labbra. “Con...le ragazze, credo. Non lo so, lei...” si blocca, come se non riuscisse a dirlo. Non mi parla, lei, questo voleva dire. Mi sta ben lontana, nemmeno mi guarda, e chissà per quale motivo.

Ci ha pensato, in quei giorni. Però, per quanto sia non esattamente uno stinco di santo, è quasi certo di non avere niente in camera di così terribile da spingere una persona ad odiarlo. Insomma, lì per lì ci stava, crede. Ma adesso si sta prolungando troppo.

E lui è sempre più nervoso per quella storia.

“Okay...” Ojiro strizza un secondo gli occhi, desideroso di stropicciarsi la faccia. Ma non può, con tutto il trucco. Renderebbe Jirou uno spaventapasseri.

Sospira, cercando le ragazze. Le ha viste prima, almeno aveva intravisto Ochaco e Asui. O almeno gli era sembrato.

“Ojiro, amico?” Sero, che è con Kaminari, gli sventola una mano davanti al viso, “Sicuro di esserci?”

Ojiro annuisce con appena un movimento del capo. Impercettibile, ma gli basta per avere la scomoda sensazione di mancamento. E’ ancora in piedi, ma praticamente per miracolo.

“Senti, Ojiro,” Kaminari gli va praticamente sotto, guardandolo per bene dall’alto al basso, “Vuoi che ti accompagniamo un attimo fuori al balcone? Mi sembra che tu abbia bisogno di un po’ d’aria. Eh, Sero?”
Sero scrolla le spalle, “Sì, tanto non ho niente da fare. Mina è con Kiri...o Mido è con Kiri, boh, non ci sto capendo niente. Vado a prendere da bere, che dici? Mi sa che un bicchiere d’acqua fresca non ti farebbe male.”

“Io...”

“Sì?”

Ojiro non dice niente, si aggrappa solo al braccio della prima persona che si ritrova accanto, ovvero Kaminari, che fa appena in tempo a circondarlo con le braccia e, d’istinto, la coda, prima che il corpicino sottile di Jirou gli si accasci contro.

E lo sa, lo sa che è Ojiro lì dentro e sarebbe dovuto essere preoccupato per lui, e non per lei, ma non ce la fa.

Vedere il volto di Jirou cereo, privo di sensi, lo uccide.

Jirou...” soffia Kaminari, ma per sua fortuna la voce di Sero, accanto a lui, copre quel lieve sospiro. 

Hey, hey!” sbotta Sero, inginocchiandosi a sua volta, “Che diamine, ma così? Cioè...vado a chiamare i professori?!”

“Non so, io...non...”

“Beh, non iniziare pure tu, eh, Kaminari? Vado a chiamare Aizawa!”

“Okay. Io la porto fuori, forse ha bisogno di aria. Lo. Lo porto fuori,” si corregge subito dopo, mordendosi la lingua.

Maledizione. E’ Ojiro, non Jirou, possibile che non riuscisse ad infilarselo in testa, quella sera?

E’ ancora a terra, nonostante si fosse detto e ripetuto che fosse il caso di alzarsi e magari farlo uscire, che Sero torna indietro con Jirou e Shinsou.

Proprio Shinsou...

Non riesce neanche ad alzare gli occhi. Jirou va bene, è il suo corpo quello e se sta male lo deve sapere, ma Shinsou poteva pure lasciarlo a crogiolare nel suo brodo, ovunque fosse. Perché se Ojiro, poverino, è venuto a cercare lui per trovare Jirou nonostante non si sentisse bene, pare evidente che fosse perché Shinsou l’aveva lasciato da solo.

Ma è un pensiero assurdo.

Shinsou è innamorato perso di Ojiro, non gli avrebbe mai fatto torto volutamente.

E’ stato strano scoprirlo, che non solo a uno come Shinsou piacessero i ragazzi, ma che gli piacesse proprio Ojiro, ma è diventato ben presto la normalità, in classe. Nemmeno Bakugou aveva avuto battute da fare. Mineta aveva fatto una smorfia ma aveva avuto quantomeno la decenza di tacere.

Dopotutto che potevi dire? Prenderlo in giro perché gli piacevano i maschi?

Sì, certo, avrebbero potuto. Ma che eroi sarebbero stati, se non avevano neanche l’apertura mentale di accettare qualcosa di così piccolo e meraviglioso? Shinsou guardava Ojiro con amore assoluto e totale devozione.

Non c’è niente che gli si potesse dire contro.

Anche adesso è lo stesso, anche se c’è lui nel suo corpo e quello svenuto è quello di Jirou.

“Che cosa...è successo?” sbotta Shinsou, avvicinandosi quasi di corsa.

Kaminari stringe appena il corpo di Jirou a sé, ma dura solo un secondo, poi si sforza di mantenere la calma. Almeno un po’.

“Non so,” mormora, “Cercava te, Jirou, ma poi mi è collassato davanti.”

Shinsou indurisce lo guardo davanti ai gesti di Kaminari. Lo sa che è per Jirou, ma lì dentro c’è Ojiro, dannazione.

Non riesce a far finta di niente. Non ci riesce. Non dopo quello che ha fatto Kaminari.

Difficilmente potrà passarci sopra, e non certo se Kaminari si stringe così a lui.

“Ha bisogno di silenzio,” esclama la voce di Kaminari, ovvero Jirou, “E’ stata la confusione! C’è troppo rumore qui, e poi oggi è anche...poverino, portiamolo fuori, lontano dal caos!”

Kaminari annuisce, ci ha già pensato ma forse è anche il caso di andare a chiamare un professore e chiedere se possono tornare in dormitorio. O almeno portarlo sul buss, e aspettare lì la fine della serata per gli altri. Almeno l’avrebbero fatto stare tranquillo.

Nel momento in cui fa per portare un braccio sotto le ginocchia di Ojiro per tirarlo su, però, Shinsou lo scansa di malagrazia. E’ il corpo di Ojiro, e ha fatto attenzione a non dargli una botta troppo forte, ma quello non glielo permette. E’ Shinsou a prendere il corpicino di Jirou, che mugugna appena e finalmente schiude gli occhi, e tirarlo su.

“Se vuoi renderti utile va a dire ad Aizawa che porto Ojiro fuori perché non si sente bene.”

O-okay.”

“Vengo anche io,” mormora Jirou, scoccando a Kaminari appena un’occhiata dispiaciuta. Fa pena, è terribile vederlo così. Ma preferisce non fare niente, in quel momento.

Anche Shinsou per un attimo sembra faticare a lasciar allontanare Kaminari, Jirou ha quasi l’impressione che sia sul punto di fermarlo per scusarsi, pur di non vederlo andare via in quel modo. Non tanto per Kaminari, ma è dura vedere gli occhioni nerissimi di Ojiro farsi così lucidi, e la coda piantata tristemente verso il basso rende impossibile non capire subito come Kaminari si senta. E fa male vedere Ojiro così, tanto.

Ma il vero Ojiro, anche se nel corpo di un’altra, ce l’ha fra le braccia, e sta male, quindi non può mettersi a pensare a quelle cose.

Kaminari sa di aver sbagliato, per questo non dice niente e, silenzioso, si allontana.

A cuor pesante, e stringendo con dolcezza Ojiro fra le braccia, Shinsou si dirige subito verso l’uscita del balcone e occhieggia in fretta una panchina su cui stenderlo.

“Ojiro?”

Mh?” Shinsou stringe le labbra, sentendo il tono così fiacco.

Lo fa subito sedere sulla panchina, Jirou gli si siede accanto, carezzandogli con movimenti circolari la schiena e porgendogli il bicchiere d’acqua che si è portata dietro. Ojiro lo accetta subito, con le manine piccole di Jirou che ancora tremano lievemente.

Si è a malapena accorto di quello che è successo. Non pensava che sarebbe venuto giù così, come un sacco svuotato. Avrebbe dovuto farsi accompagnare subito fuori.

“Mi dispiace tanto, Jirou-san. Ti ho fatto fare una pessima figura,” soffia Ojiro, scuotendo piano la testa. Fa ancora male, gli batte proprio in mezzo alla fronte con la violenza di un martello pneumatico e non pare avere molto voglia di passare in fretta.

Ma adesso che sono fuori, almeno, la situazione sembra andare un po’ meglio. Niente rumore, disordine, voci che si accavallano, non deve stare concentrato, cercare di evitare il mal di testa, il mal di stomaco. Può rilassarsi un po’.

“Ma ti pare!” esclama Jirou, “Non devi preoccuparti di una cosa simile, Ojiro! Può capitare a tutti, non hai fatto brutta figura. Ti sei solo sentito male. Succede.”

“Come ti senti?” s’intromette Shinsou, sfiorandogli la fronte. Poi si ricorda che lì c’è Jirou, e che quello è il suo corpo, e ritira subito.

Ma Jirou sorride, addolcendo l’espressione di Kaminari e facendo brillare i suoi occhi dorati sotto il chiarore lunare. “Sì, giusto. Come ti senti?”

“Molto meglio, qui in silenzio.”

“Immaginavo che il problema fosse stato quello,” annuisce Jirou, “Penso che ad Aizawa non disturberà troppo se la tua serata finisce qui. Anche se non possiamo tornare in dormitorio è meglio se rimani qui fuori: c’è silenzio.”

Ojiro annuisce a sua volta, “Sì, non ho molta voglia di rientrare a prescindere. Anche se mi dispiace per te.”

“Oh, tranquillo. Io non sono come Mina, se fossi stata nel mio corpo me ne sarei comunque rimasta tranquilla in un angolino,” sorride la ragazza, “Non è poi così diverso da quello che avrei fatto io.”

“Sicura?”

“Ma sì,” conferma, “Sta tranquillo. Adesso conta solo che tu ti riprenda un pochettino. Anzi, perché non lo accompagni sul pullman, Shinsou-kun? Credo sia meglio.”

Shinsou non risponde neanche, ci stava già pensando anche lui. E’ ovvio che lo avrebbe portato fuori di lì, non è posto adatto a lui adesso con l’iperudito di Jirou fuori controllo.

Jirou –la vera Jirou- si alza, passandosi una mano fra i capelli biondi di Kaminari e per qualche motivo, a quel gesto così semplice, arrossisce di botto, scostando subito la mano. L’arrivo come un uragano di Aizawa la salva da qualsiasi cosa Ojiro stesse per dire, aprendo la bocca, lasciando nell’aria l’insinuazione che stava per fare. Del tutto intenzionato a capire se fosse successo qualcosa, fra i due.

Ma forse sarebbe stato meglio farlo in un altro momento.

“Che cos’è successo?” gli chiede subito il professore, squadrandolo per bene.

Aizawa fa sempre un certo effetto, tirato a lucido. Senza barba, coi capelli raccolti e lo smoking nero, come lo hanno visto solo in tv.

“Niente, Aizawa-sensei,” mormora timidamente Ojiro, “E’ che...che non mi sono sentito troppo bene, lì dentro. Ci ho provato ma i rumori erano troppi e troppo forti e...”

“Ah già. I rumori,” annuisce Aizawa. Giusto, avrebbe dovuto pensarci anche lui.

Aveva fatto attenzione principalmente a pericoli costanti come Mina Ashido nel corpo e nel quirk di Bakugou, quella sera, o a Midoriya nel corpo e nel quirk acido di Ashido, che potevano creare un vero danno, e si è per un breve momento dimenticato di Ojiro, perché lui non rischiava di far danni a chi gli passava incurante accanto.

Per fortuna che con Mina c’è Kirishima. Con tutte e due, corpo e mente. Tiene d’occhio Mina impedendole di fare follie nel corpo di Bakugou e cerca di alleviare i timori di Midoriya in modo che non rischi di sciogliere tutto quello che tocca.

Gli darà un buon voto, alla fine di tutta quella faccenda. Per la pazienza.

“Non ti preoccupare, va bene. Se ti senti meglio qui puoi restare, non c’è necessità che tu rientri a forza a rischio di sentirti male.”

“Qui appena si apre la porta si sente comunque troppo rumore,” fa notare Shinsou, “Pensavamo di andare ad aspettarvi sul pullman, appena si sente meglio. Lo accompagno io.”

Aizawa assottiglia appena gli occhi, “Shinsou...”

“Lo so.”

“Va bene,” acconsente quindi Aizawa, “Potete andare.”

E che gliela mandassero buona, questa volta. Almeno per una sera gli piacerebbe che il malore di Ojiro fosse l’unico problema da affrontare.

Non chiede altro, Aizawa. Solo quello.

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Capitolo 19
*** 19. Inside all the people ***


19. Inside all the people

 

 

 

Cazzo.

Non sono ancora entrati e già ha voglia di prendere e mandare tutto affanculo.

In primis, il bastardo al suo fianco che non gli si leva un attimo dalle palle.

Potendo lo avrebbe preso a calci in culo, altro che no.

E non soltanto perché gli sta sull’anima a prescindere.

Sa che è il corpo della sua ragazza, e di certo lei non se la sarebbe presa per niente al posto suo ma prima quando l’ha sfiorato ha avvertito un brivido lungo la schiena che l’ha fatto balzare su neanche avesse preso una scossa da quel coglione di Faccia da Scemo.

E l’occhiata con cui l’ha guardato quel demente, sia pure di sfuggita, non gli è andata a genio nemmeno un po’.

Cioè, diavolo, vero che Yaoyorozu non passa inosservata, e quella sera, grazie agli sforzi di Faccia Tonda – sforzi perché aveva a che fare con lui, non certo per via di Momo- ancora di meno;

però un po’ di ritegno, porca troia. Tanto più che quella poveretta era dietro di loro, e si stava mangiando le mani dall’angoscia- vabbé, le mani di Dekumerda, in realtà, ma fa lo stesso-, e ti metti a fare il pesce lesso proprio davanti a lei?

Non gliel’ha insegnato quel coglione di suo padre che le donne si guardano negli occhi? Tsk.

Fosse stato lui a fare qualcosa di simile, sua madre l’avrebbe preso a legnate, e di corsa anche.

Quando però si è trovato sulla soglia, e due cazzo di pinguini più vecchi hanno aperto loro le porte, un attimo di strizza gli era preso comunque.

Respira, Bakugō. Respira.

Okay.

E’ soltanto un diavolo di gala, nulla di che.

Può farcela.

Le parole di Faccia Tonda hanno sortito il loro effetto suo malgrado.

Vuoi farti indietro soltanto tu?

Oh, no, cazzo, non se ne parla proprio.

Dovrà spaccare stasera.

O non si chiama più Bakugō Katsuki … cioè … vabbé. Fa lo stesso.

E poi tutto quell’incoraggiamento mentale era finito dritto nel cesso, appena aveva sentito la sua voce trillare: “AHHHHH! Che posto fantastico!”.

Ashido era da qualche parte lì alle sue spalle.

“Mina! Dai!”, aveva sibilato appena percettibilmente Capelli di merda.

“Ma è tutto stramitico qui! Come pretendi che me ne stia ferma e buona? Ahhhh, che spettacolo!”.

Non doveva voltarsi. Se lo faceva era la volta buona che la ammazzava.

Appena a qualche passo aveva avvertito la voce di Faccia Tonda, che provava a consolare Yaoyorozu.

La sala era gremitissima. C’era un fottuto delirio di gente, musica, voci; anche quelli dello Shiksetsu, che non è che abbiano mai riscosso le sue simpatie.

A momenti gli veniva la nausea.

Lui detesta queste cose. Gli danno il prurito, tutte quelle riverenze e scappellate e sorrisi e battutine.

Vicino ad un crocchio di deficienti ha intravisto Endeavor, e poco distante da lui Hawks, che si prestava a selfie e ciarle da ricevimento; all’improvviso mormorio levatosi da quelli che li hanno visti entrare, si erano girati osservandoli con curiosità malcelata.

Merda.

Il suo unico desiderio in quel momento è stato correre via anni luce da lì; ma a parte quel vestito della malora, non è proprio il caso di mettersi a fare il remake di Cenerentola con tanto di Principe Azzurro rintronato.

Meglio gettarsi avanti, come un vero Hero.

In prima linea e armato fino ai denti, di buone maniere e sorriso accondiscendente – grrrr. “Ehi, non è tuo padre quello?”, ha sbottato rivolto al bastardo che gli stava accanto, ma senza porgergli il braccio.

Sennò glielo avrebbe spezzato, dannazione. Già il pensiero di doverlo avere intorno tutta la sera gli dava la gastrite.

E l’emicrania.

Specie se lo guardava con quella faccia, ancora. “Oi, ma cazzo mi ascolti?”.

“Eh … sì, Bakugō. Ti sto ascoltando”.

Ma non era parso granché convinto.

Cristo, se lo avesse beccato di nuovo a fissargliele lo avrebbe ammazzato. Avrebbe creato qualcosa, tipo una spranga d’acciaio e gliela avrebbe aperta davvero a metà, quella testa vuota. “Senti, ci leviamo questo dannato pensiero subito? Così magari vediamo di mettere un po’ di posto tra me e il tuo cazzo di culo, idiota”.

“Sì. Credo sia preferibile”.

Bleah.

Aveva sollevato la gonna perché non spazzasse il pavimento tirato a lucido, consapevole delle risatine dei compagni alle sue spalle.

Dannati tutti. Gliel’avrebbero pagata salata marcia, li avrebbe ridotti a pezzettini una volta che fosse tornato in possesso del suo quirk.

Aveva già stilato una bella lista. Restava solo da definire in quale ordine avrebbe fatto pulizia nella classe. “Ehm … papà?”.

Todoroki senior si è voltato, la solita espressione arcigna sulla faccia da cazzo simile a quella del figlio.

Fa finta di niente, lui.

Che il diavolo se lo portasse. “Oh, Shouto. Salve, signorina”.

Bakugō ha fatto ricorso a tutte le sue forze per non inarcare un sopracciglio.

O di non spaccarne uno a qualcun altro, più che altro.

Vedi che qui se c’è una signorina quella è tuo figlio, vecchio, è stato sul punto di sbottare.

Ma non può certo farlo. “Papà, lei è … Momo Yaoyorozu. La mia … fidanzata”.

“Sei la figlia di Quick Drive?”.

Ah? Quick che?

Mai sentito un Hero Name così patetico. Che cazzo era, una lavatrice?

Doveva essere fuori dalle due cifre, sicuro. Non gli suonava familiare, e immaginarsi se andava a domandare a Yaoyorozu vita morte e miracoli dei suoi.

Calmo, Katsuki. Conta fino a cinque, ammicca piano, tieni lo sguardo basso.

Gesù. “Ehm … sì”.

Mhmm. Capisco. Come mai i tuoi genitori non sono presenti?”.

Perché hanno da lavorare, mica come te che stai qui a grattartelo, idiota. “Be’ … insomma, avevano cose da sbrigare, i vec… ehm, cioè, intendo, mamma e papà, sì. Mamma e papà”. Porca puttana.

“Bene. Capisco”.

Qui ha aggrottato la fronte.

Ma vanno a copioni fissi in quella cazzo di casa? Il figlio ripete sempre “ ah”, il padre “ capisco”, figurarsi che bei discorsi.

Vabbé che non si parlano, quasi.

Bakugō non riesce proprio a capire, per rimanere in tema, perché ci tenga tanto all’opinione di quello stronzo, Metà e metà.

Al posto suo lui l’avrebbe mandato a stracatafottersi. E pure più avanti, giusto per sicurezza.

E la sua opinione non è certo stata migliorata dall’uscita seguente: “Sei stato bravo, Shouto. Hai … scelto una ragazza di ottima famiglia e con un quirk eccezionale. Bravo, mi congratulo con te”.

“Ehm … grazie”, ha mormorato quello scemo.

Sì, grazie al cazzo.

Si è morso la lingua, digrignando i denti.

E’ stato tutto quel che si è concesso in termini di reazione.

Non gli passa nemmeno per la testa al grande Endeavor che sia stata lei a scegliere lui, semmai.

Che poi è proprio quello che è accaduto. Perché se aspettava che quello stoccafisso si dava una mossa lui aspettava fino all’avvento del millennio prossimo venturo.

Non che a Bakugō freghi nulla, oh, badiamo bene. Figurarsi se si impiccia dei cazzi di quei perdenti, lo sa soltanto perché quella sciroccata di Occhi da Procione ha messo i manifesti, un attimo dopo.

Ma ‘sto stronzo è uno sciovinista fatto e finito. Le donne non hanno voce in capitolo, con lui.

Tuttavia è toccato a Katsuki distrarsi, perché se ci pensava addio. “Ehi, Shouto!”.

Il numero Due, Hawks, si è liberato dalla sua schiera di fan adoranti per venire a impicciarsi dei fatti del boss.

Ah, questo ci mancava, è sbottato mentalmente al vedersi puntati addosso gli occhi da dietro le lenti gialle. “Ma che, è la tua fidanzatina?”.

Uhm… mhpf… “Eh … già. Sì”.

“Ma tu guarda. Stiamo crescendo, eh? E tu invecchi, caro Endeavor. Mi raccomando, Shouto, attento a non renderlo nonno troppo presto!”.

Okay. Ora basta. “Allora … Endeavor-san”. Stronzo. “Con permesso”.

Ha afferrato il polso di Todoroki e quasi se l’è trascinato via raggiungendo uno dei tavolini, perché non è troppo sicuro che non potesse voltargli il cervello da un attimo all’altro.

E il bastardo sembra averlo capito. Almeno per questo ci è arrivato. “Perdonalo, Bakugō. Lui … è un tantino … retrogrado, in termini di mentalità.

Tsk. Retrogrado. Si dice così adesso. “Mica l’ho fatto per te, bastardo. Solo mi spiace per quella poveretta che si sta mangiando le mani fin da quando siamo arrivati”.

“Scusa comunque, per tutto l’incomodo che ti sto dando”.

“Sì, vabbé, piantala ora, cazzo. Accompagnami a sedermi”.

A quel punto un coro di mormorii li ha fatti voltare entrambi. Il Nerd di Merda, nel corpo di Occhi da Procione, è steso lungo sulla palladiana come lo stronzo che è.

Impercettibilmente Katsuki ha ghignato in modo feroce.

Almeno una cosa buona, quella sera. “Midoriya … dannazione”.

“Che ti aspettavi da Dekumerda? E’ sempre il solito coglione che non è capace neppure di reggersi in piedi”.

“Forse … conviene vada a dare un’occhiata”.

Tsk. Fa’ pure”. Bakugō si è seduto, abbastanza decentemente, osservando Todoroki che si appressava al capannello dei loro compagni raccolti intorno a Capelli di merda che tirava su Deku.

Incomodo, ha detto.

Imbecilli. Tutti e due, padre e figlio.

Poveraccia, gli è venuto da pensare.

Se Todopirla non cambia modo di fare, almeno su questo punto di vista, non avrebbe avuto granché da star tranquilla in quella famiglia di matti.

 

 

 

Momo non riesce a distogliere un istante lo sguardo da lei e Shouto.

Le pare siano trascorse ore da quando lei e Ochaco-chan si sono sedute a quel tavolo. Il piccolo incidente di Izuku è servito a distrarle per qualche minuto, ma nulla di più.

Ora Shouto non la degna neppure più di un’occhiata. 

Si sente venir meno la terra sotto i piedi ad ogni passo che compie. 

Si chiede di cosa stessero parlando, con Endeavor- san, prima.

Si chiede cosa avrà detto Bakugō.

Erano distanti e di spalle, e poi lei non possiede il quirk della sua amica Jirou o di Shoji-kun.

E’ terrorizzata, a dir poco. Se quel rozzo le fa fare brutta figura … non le basterà una vita a riabilitarsi agli occhi del padre di Shouto.

Oltre che a quelli di tutti i presenti.

L’espressione di Shouto la irrita oltre ogni dire.

Si è scordato forse che non è lei, davvero?

In verità anche l’atteggiamento che ha avuto appena Bakugō è arrivato di sotto l’ha parecchio indisposta. Vero, è il suo corpo, il suo viso.

Forse indirettamente voleva omaggiare lei, il suo ragazzo.

Eppure … le ha dato comunque fastidio.

Perché lei in quel modo non l’ha guardata mai.

Mai, come adesso sta facendo con Bakugō. Quasi … incantato. “Momo-chan?”, la chiama Uraraka, scuotendola da quei tristi pensieri.

“Oh, sì, Ochaco-chan?”.

“Dai, stai tranquilla. Vedrai che Bakugō-kun non ti farà fare brutta figura. Abbi un po’ di fiducia in lui”.

“Uhm”.

D’ un tratto vedono Inasa, il gigante della Shiksetsu, avvicinarsi a Shouto e Bakugō, e s’inchina rivolgendo i suoi omaggi alla finta Yaoyorozu. “Non è facile, vero?”, sfugge a Uraraka.

“Cosa?”.

“Dover stare qui. Insomma, lo capisco. Vorresti essere con lui ma ti tocca stare qui con me”.

Momo riduce gli occhioni di Midoriya-kun in due fessure.

Si è spesso domandata la natura della simpatia di Ochaco-chan per il compagno dai capelli verdi. Per tutto il primo anno non faceva che fluttuare e avvampare, quando gli stava vicino.

Quest’anno in realtà le è parso che sia diventata un tantino più controllata. Ma non è detto che sia passata.

Nel frattempo, vedono anche Bakugō – cioè, Mina – trascinato in mezzo alla pista da Utsushimi, la compagna di classe di Inasa, che gli si avvinghia addosso come dovesse soccorrerla durante un’operazione di recupero piuttosto che farla danzare e basta.

E’ un tantino eccessiva, anche nell’abito che ha scelto, con uno spacco che ad ogni passo mostra chiaramente l’intera coscia e il decolleté strizzato nel corsetto a cuore.

Che ora sta spalmando addosso alla povera Ashido, per nulla contenta, pare.

E certo. Certe cose sembrano sempre disdicevoli quando sono gli altri a farle con noi, e non viceversa.

Infatti Shouto non si sta facendo scrupolo di continuare a fissarla, malgrado non abbia la scollatura di Camie.

E questo la rende pungente. Forse troppo. “Mi pare che questo discorso valga anche per te, Ochaco-chan”, osserva in tono un po’ aspro.

Lei avvampa furiosamente d’un tratto. “N-non capisco cosa tu voglia dire … insomma, Momo-chan …”.

Una voce familiare le interrompe. “Midoriya!”.

Oddio. Melissa-san … ma che ci fa qui?

E certo. In qualità di figlia di uno dei più importanti scienziati era scontato fosse invitata anche lei.

Vorrà certo salutare i suoi amici. Il suo Eroe. “Melissa- san … che piacere … rivederti”, abbozza Momo-Deku, non sapendo che pesci prendere.

“Ah sì? Allora perché non hai risposto ai miei messaggi? Alle mie chiamate? Ho provato ad avvisarti che sarei stata qui, stasera”. I grandi occhi azzurri della ragazza sono lucidi, dietro le lenti. “Ti … ho fatto forse qualcosa?”. Poi si gira verso Uraraka, ch’è rimasta di sasso.

E la sua espressione si fa ancora più mesta. “Ma … forse … ho capito …”. E ora pare davvero sul punto di piangere.

Oh cavolo.

Questa faccenda è più complicata del previsto.

E’ evidente che suo padre non le ha detto nulla di quello che è successo a quasi metà 2-A.

Se non l’ha fatto il professor Shield, è evidente che avrà avuto le sue buone ragioni. Perciò non possono farlo nemmeno loro; e non ha idea di cosa inventarsi per giustificare il vero Midoriya.

Né per consolare la povera Melissa.

E intanto, deve tenere d’occhio anche quegli altri due.

Che pasticcio. Che enorme, maledetto pasticcio.

“Sarebbe bastato che me lo dicessi, non c’era bisogno che mi ignorassi, ero preoccupata che fosse successo qualcosa”.

“Ehm, Melissa-san, non è assolutamente come pensi!”, fa Ochaco, alzando le manine e scuotendole in aria. “Vieni, prendiamo qualcosa da …”.

 Non fa in tempo a finire la frase, che arriva Ashido come un ciclone. “Ochaco-chan, salvami! Difendimi tu!”. La afferra per un polso e la tira via, trascinandosela dietro: una scena inquietante oltre che assurda, per chi non sa che nel corpo di Bakugō c’è Mina.

Ma l’amica è troppo presa dal suo dramma personale per farci caso. “Potevi dirmelo. Senza tanti problemi. In fondo se ha sbagliato qualcuno, quella sono io”, conclude con un’espressione infelice, girando sui tacchi e allontanandosi prima che possa replicare in qualche modo.

Ma forse è meglio così. Non le viene nulla in testa, a parte il principio di un’emicrania accecante.  

Cerca d’istinto con gli occhi Ojiro- Kyoka, per chiedergli una pastiglia.

Ma non lo vede da nessuna parte.

Dove sarà finito?

Sarà scappato, di sicuro. Con la scusa del quirk sensibile dev’essersela filata a nascondersi da qualche parte.

E non vede nemmeno Shinsou-kun.

Probabilmente sono insieme.

E non può fare a meno di sentire una leggera fitta d’invidia.

Beati loro.

Forse ha sbagliato, con Shouto. Forse … le ha detto di sì perché gli sarebbe parso indelicato opporle un rifiuto, probabilmente è attratto da lei ma non al punto da essere innamorato.

Lo cerca di nuovo con lo sguardo e vede Camie, piantata in asso da Mina che si è avvicinata a conversare amabilmente con lui. 

E le parole di Melissa-san le paiono più adatte che mai.

 

Non trova dove mettere le mani.

Anche perché al momento non è sicura di riuscire a controllare il suo quirk, per cui, se non vuole far ritrovare l’amica galleggiante a mezz’aria ad attirare nuovamente l’attenzione di tutti i presenti, preferisce tenerle staccate.

Mamma mia. Che vergogna.

Camie è stupenda, ha un corpo magnifico che stasera è messo sapientemente in risalto da un abito di un vivido arancio dorato, cangiante sotto le luci, con un decolletè evidenziato dal bustino a coppe e uno spacco che arriva a più di metà coscia.

Non proprio paragonabile al suo vestito da centro commerciale di un pallido lilla smorto.

Prova un improvviso senso d’inadeguatezza, ad essere adesso lei, al posto di Camie. Assurdo, inspiegabile.

Anche perché ci aveva già fatto la croce sopra, che non sarebbe stata all’altezza delle altre.

Da sempre è abituata a fare la “ comparsa”, come direbbe Bakugō.

Ma adesso … adesso …

E’ anche peggio.

Si figura i paragoni che staranno sorgendo inevitabilmente tra la precedente dama di Katsuki, e lei.

Avrebbe dovuto rifiutarsi, ma Mina non gliene ha lasciato la possibilità.

Ha fatto appena in tempo a mordersi le labbra, ricordando che è Bakugō davanti agli altri, non Mina.

E questo … questo non va bene.

Tanto più ricordarlo anche adesso, che la prende e la stringe fin troppo forte, posandole la faccia accanto all’orecchio.

Ochaco s’irrigidisce. E’ solo un modo per sussurrare non vista, che di quirk percettivi ce ne sono un’infinità. “Quella è una pazza!”, sbotta Mina-chan.

“Eh … sì, Mina, ma non stringere così … mi stai soffocando!”.

“E’ una maniaca! Ha tentato di rifilarmi il suo numero di telefono e mi ha palpato il culo! Ma ti rendi conto?”.

“Sì, Mina-chan, ma fammi respirare …”.

“Oh, scusa Ochaco-chan! Mi scordo sempre quanto sono forti queste braccia!”, sbotta, ritrovando la propria disinvoltura.

E affossando quella di Uraraka, che già non è ne abbia poi tanta.

Deglutisce. Anche se è Mina-chan, e lo sa, il suo profumo è lo stesso.  

Le sue mani, che la stringono con la confidenza dettata dall’amicizia, sono quelle di lui.

Rialza di scatto lo sguardo per non pensare col rischio di schiacciare i piedi a Mina, e incrocia lo sguardo di Momo.

Cioè, Bakugō nel corpo di Momo, che la fissa perplesso.

E avvampa, irresistibilmente. A momenti si mette a fluttuare anche se ciò che vorrebbe è sotterrarsi.

Ossignore, che finisca in fretta. “Ops”.

“Che … che c’è?!”.

“Devo fare la pipì!”, annuncia tranquilla come dicesse che va a prendere da bere.

Sbarra gli occhioni nocciola. “Ehm … Mina, Mina-chan …”.

“Non ti spiace se ti riaccompagno al tavolo, vero? Qui non possiamo tenerci le porte a vicenda come alle medie!”.

Uraraka si forza di non crollare la faccia tra le mani.

Oddio. Morirà, se lo sente.

Non può pensare che Deku-kun è finito in infermeria per questa ragione. E lei invece … con tutta quella … nonchalanche

Vabbé che a paragone a quel che ha sbandierato fin qui come nulla fosse, non solo a parole, è una goccia nel mare.

La accompagna da Yaoyorozu, addirittura tetra, adesso. “Ohhhh, ma come sono carini!”, sbotta Mina voltandosi a guardare Bakugō e Todoroki che hanno catalizzato l’attenzione.

E cerca di buttare acqua sul fuoco. “Mina-chan, non mi pare il caso di …”.

“E dai, Ochaco, non essere noiosa! Guardali. Sono fatti l’uno per l’altra!”.

Mina-chan, io sono qui eh!”, fa Yaomomo.

Effettivamente, sembrano davvero … veri, sì.

Anche Momo se n’è accorta. E il faccino di Deku si è allungato ancora di più.

Povera Momo-chan. Le pare brutto mollarla, ma visto che al momento non è troppo in sé è meglio se le sta lontana per un po’, finché non ritrova un po’ di lucidità. “Senti … forse è il caso che vada a vedere come sta Midoriya, sì?”.

Lei fa appena un cenno con la mano, prima di portarla alla fronte.

Ochaco non perde tempo. Raggiunge il compagno a distanza di qualche tavolino da loro, dovrebbe esserci Kirishima con lei ma sembra svanito nel nulla anche lui. “Deku-kun, come ti senti?”.

Ehhh … insomma”.

“Vuoi che chiami Todoroki-kun? Mettiamo un altro po’ di ghiaccio?”. Anche se in realtà servirebbe a lei, si sente la faccia ardere.

“No, no! Non lo disturbare. Sembrano … così belli!”, nota Midoriya sorridendo con la faccia di Mina, truccata e avvampata.

Forse ha messo su un po’ troppo fard, Ashido.

O forse è solo che non è abituata a vedere arrossire la compagna fuxia. A differenza di Izuku. “Hai per caso visto Melissa-san, qui in giro?”.

Ecco, infatti. Il poveretto prende letteralmente fuoco, si agita tanto che quasi si ribalta dalla sedia. “Melissa-san?! Oh, mamma. Dov’è?”.

“Non saprei, stavamo parlando con lei quando è arriva Mina-chan come una furia e mi ha portato … lì in mezzo, sì”.

“Oh, merda. Uh, scusa, Uraraka-san …”.

“Dovresti mandarle un messaggio, quanto meno”.

Uraraka-san, va … tutto bene?”.

No. “Sì. Vado a cercare Kyoka-chan, non la vedo da un po’ e sono in pensiero”. Poi si rende conto di essere stata forse un po’ dura. Lei non sa come stiano le cose tra loro due, perciò non ha alcun diritto di prendersela con Deku. “E comunque … credo che ti perdonerà. Se le fai capire che tieni davvero a lei, lo farà”.

 

 

Porca paletta.

Non solo quel demente di Inasa, ora gli tocca anche ballare con quest’altro.

Alla fine l’incidente di Dekumerda si è rivelata la solita botta di culo sfacciato. Si è mezzo spezzato una caviglia appena entrato e quindi, niente ballo per lui.

Avrebbe potuto farlo anche Bakugō, certo. Fingere una storta.

Ma non se l’è sentita di dare il colpo di grazia a quella povera disgraziata di Yaoyorozu. Che ha una faccia anche più appesa del solito Deku quand’è lui.

E poi ha visto quella scriteriata di Occhi da procione invitare Uraraka, per sfuggire alle grinfie di quell’altra sua degna pari di Utsushimi.

E … gli ha fatto uno strano effetto. Sembrava così piccina, così delicata tra le sue braccia … tutta rossa in volto, sicuro per colpa delle porcate che le stava mormorando Ashido.

C’è mancato tanto così perché non piantasse quel bestione che continuava a mormorare che piedini leggeri possedesse- e sì che non ha fatto altro che pestarglieli tutto il tempo, ma quello neanche per un cazzo- e andasse a staccarla da Faccia Tonda quando si è accorto che Utsushimi, mollata aveva rivolto le proprie attenzioni a quel baccalà di Todoroki, col rischio che finisse pure col darle retta, il coglione.

E no, cazzo. Tu non mi fai fare di queste figure, stronzo.

Così ha scansato abilmente tutti i coglioni che si precipitavano a chiederle il prossimo ballo, tra cui quell’Awase della 2-B, l’ennesima comparsa; ed ha tirato dritto fino al suo tavolo, afferrandolo per un polso e trascinandolo quasi di peso in mezzo alla pista.

Dannazione, cosa tocca fare per avere un po’ di pace.

Cristo. Ma perché le sfighe vengono sempre due a due? “Ashido si sta divertendo un sacco, mi pare”.

“Chiudi il becco, idiota a metà”. Le molle gli stanno praticando una craniotomia, ha i piedi in fiamme e la schiena lo sta tormentando dalle prime alle ultime vertebre.

Se non altro però il bastardo gli ha lasciato abbastanza spazio di manovra. Il davanzale di Momo è ben a distanza dal torace del pinguino impagliato.

“Senti, Bakugō …”, mormora quello d’un tratto, la voce appena un filo sottile abbondantemente sorpassato dalla musica.

Porcate coi violini, tanto per cambiare. Maledizione.

Non hanno mai sentito parlare dei Metallica questi idioti? Degli AC-DC?

Manco a pagarli. Oltre che ai piedi, alla schiena e alla testa, anche le orecchie devono violentargli, puttana la morte. “Uh?”.

“Non volevo mancarti di rispetto dando a Inasa il permesso di ballare con te. Ho solo pensato che magari poteva darti meno fastidio che farlo con me, ecco tutto”.

“Ma ti sei rincoglionito? Con quello scimunito?”, lo rimbecca, secco. “Spiegami una cosa. Cioè ma come fa a sopportarti la tua donna? No, non sono cazzi miei lo so ma a sto punto me lo devi proprio dire, perché io non ci arrivo. E credimi è preoccupante”.

“Immagino sia … perché le piaccio”.

“Credimi, l’attrazione non basta a giustificare una tale pazienza. Dev’essersi persa di brutto qualche rotella per te, ma di brutto proprio”.

“Ah”. Todoroki abbassa lo sguardo, quasi compunto.

Oi, che è? T’è morto il gatto? Che cazzo, dovresti fare i salti di gioia”. Inarca un sopracciglio. “Oh, non sarà veramente che te la sei tenuta per quel che dice il tuo vecchio, vero?”.

“No, certo che no”.

“Ah, be’, pensavo”.

“E’ solo che … mi sento confuso. Ecco tutto”.

“Confuso in che senso?”, fa Bakugō, improvvisamente sospettoso.

“Che … io non so come comportarmi con lei. Sinceramente. Io non sono bravo in queste cose. Ho sempre paura di sbagliare”.

Ah ecco di che parlava. Perché già stava partendo una testata.

Non che lui abbia problemi, non gliene importa un accidente dell’orientamento che uno ha. Se uno è un coglione resta tale a prescindere che gli piacciano i maschi o le femmine.

Ma almeno prima di prendere per il culo una povera ragazza innocente, fatti due esperimenti con qualcuno di consenziente.

Dovrebbe lavarsene le mani, tutti quegli ormoni femminili però gli stanno sbiellando il cervello e non ce la fa.

Quella faccia così rammaricata gli mette quasi compassione. E’ a dir poco … patetico. “Però ti piace, no? Dico, provi qualcosa per lei”.

“Sì. Penso di sì”.

“Pensi? Oh merda. Sei un fottuto disastro, bastardo. Che vuol dire penso? Non lo sai?”.

“Be’ …”.

“Ma non ti tira qualcosa, quando pensi a lei, quando stai con lei? Insomma, qua, nella testa, nel cuore, e dove sai, non ti tira?”.

Bakugō?!”.

Shhhhh! E chiudi il becco deficiente. Insomma, sì o no?”.

“Sì”.

“E che aspetti a farglielo capire, che arrivi Natale?”.

“Ma … scusa, fin qui hai parlato di rispetto e ora …”.

“Rispetto ho capito, ma porca troia non puoi mica aspettare che ti venga sempre sotto lei! E dattela sta mossa, cazzo. Hai visto quanti moscerini le ronzano attorno, no? Può avere chi vuole e ha scelto te. Dimostrale che non è stato un tragico errore. E comunque chiederle di fare qualcosa insieme non è sconveniente, a differenza dal fissarle il balcone”. Sospira.

Troppo la sta prendendo a cuore quella causa persa, è bene ridefinire un po’ di limiti. “Tra parentesi, se lo fai di nuovo ti ammazzo, stronzo. Ricordati sempre che potrò anche essere in questa situazione del cazzo, ma ce l’ho più grosso del tuo”.

Faccia di pirla a metà sobbalza, quasi gli avessero ficcato un dito … be’ sì, lì. “E questo che c’entra?!”.

“Nulla. Mi piace rimarcare il concetto giusto per evitare ti vengano idee strane in quella testa di cazzo a metà. E adesso chiudi il becco e balla. Ma stammi lontano”.

 

 

Mina si richiude dietro la porta della toilette degli uomini, scuotendo la testa bionda.

Pazza.

E’ da ricovero, di quelli urgenti con le cinghie, quella squinternata di Utsushimi.

Ha cercato disperatamente l’aiuto di Kiri, ma quello scemo non è in sala, chissà dove sarà finito.

Gliela pagherà, oh se gliela pagherà. Ha intenzione di dirgliene quattro appena torneranno in dormitorio, non si fa così.

In fondo Bakugō è un suo amico, non è giusto che l’abbia piantato in asso.

Bussa piano alla porta del bagno chiuso. “Occupato”, gracchia una voce all’interno.

Caspita. Ma lei non resiste proprio, sta per farsela addosso quasi.

Per fortuna fuori non c’è nessuno.

Può sbrigarla in quattro e quattr’otto. 

Tira giù la lampo, slacciando il bottone e prendendo in mano il “piccolo Bakubro”, come ha preso a chiamarlo.

Be’, insomma. Piccolo per modo di dire.

Vero che non ha grandi termini di confronto. A dispetto del suo modo di fare, Eijirō è stato il suo primo uomo. L’unico che ha toccato, quanto meno fin qui.

E le viene da ghignare.

Non è cattiveria la sua, solo curiosità. Bakugō è così strano che davvero non saprebbe dirsi se gli piace qualcuna. O qualcuno, eh! Mica ci sarebbe nulla di male.

Ma sarebbe una gran perdita per il popolo femminile, quello sì.

Possibile che non abbia nessuna simpatia, lui? Davvero nessuna nessuna? Anche fuori dalla loro classe?

Camie sembrava piuttosto espansiva con lui. Chissà cos’hanno combinato ai tempi dell’esame di recupero.

Probabilmente nulla, conoscendo Katsuki.

E anche Camie non fa testo, lei è così un po’ con tutti.

Bakugō-kun!”. Il colpo è così imprevisto che la fa sobbalzare.

Come si chiama quel tizio … ah, sì, Inasa.

Bakugō-kun!”.

Oddio. Cosa farebbe Bakugō … “Cazzo vuoi?”.

“Nulla, ci tenevo solo a salutarti visto che prima non ho potuto farlo!”.

“Ah”. No, mannaggia, questo è Todoroki, non Bakugō. “Be’? Ora mi hai salutato, levati di tor … ehm, di torno, no?”.

“Eh, ma non sono certo venuto qui per niente! Non ti vergognerai di farla in presenza di qualcun altro, no?”.

“Uh, veramente …”.

“Momenti tra maschi. Cementificano le amicizie!”, tuona tutto tranquillo mentre si avvicina e tira giù la sua lampo. Così, senza problemi.

Mina guarda in alto, sentendo la faccia andarle in cenere.

Sono tutti pazzi, non solo Camie.

Ma che problemi hanno alla Shiksetsu? Quella scuola dovrebbe essere chiusa, altro che no.

Con tutti gli studenti dentro. Non dovrebbero lasciarli a piede libero, assolutamente. “Bakugō-kun!”.

Trasale, a momenti sbaglia anche la mira. “Che … ehm, che cazzo c’è adesso, idiota?”.

“Non me lo sarei mai aspettato! Cioè, io so di essere grande e grosso, insomma … ma …”. D’un tratto prende e si inchina.

Mina è incredula. “I miei rispetti!”.

Appena quello stramboide esce, richiude la propria lampo senza nemmeno fare pipì, e va a lavarsi le mani.

Questo è meglio non lo sappia davvero mai, Bakugō.

 

 

 

La festa è finita.

Ringraziando il cielo. Sono ancora tutti vivi, anche se Ojiro ha il colore della calce, abbandonato contro il sedile con gli occhi chiusi: più che addormentato sembra morto, poveretto.

Kaminari invece è sveglio anche se ha un’espressione vacua.

Shinsou è quello che sembra un filo più rilassato. Ma le occhiaie sono più pronunciate che mai, e sospira, tratto tratto.

Chi più chi meno sonnecchiano tutti.

Midoriya sembra essere entrato in stato comatoso. Kirishima, seduto accanto a lui, gli lancia occhiate inquiete.

A lui e a Mina nel corpo di Bakugō. Lei è l’unica che continua a ciarlare; non dev’essere stato poi un trauma così grande, quello subito a causa di Utsushimi. E in ogni caso ha un’ottima capacità di ripresa.

Kyoka è cerea, nei panni di Kaminari. Fissa la strada oltre il finestrino, non spiccica verbo; e come lei anche Momo.

Melissa non si è più fatta vedere, dopo essere fuggita via dalla sala. Ochaco è in pena, le sta simpatica la ragazza, e il fatto che abbia frainteso la situazione la fa sentire in colpa anche se non ha fatto niente.

Si volta, cercando con lo sguardo Todoroki.

Lui ha sempre la stessa espressione. Si domanda oziosamente cosa abbia detto a suo padre e Hawks; non pare preoccupato, anzi.

Davanti a lui Bakugō ronfa della grossa, svaccato nel sedile.

Ochaco non vuole pensare agli attimi in cui l’imbarazzo quasi l’ha soffocata, grazie a Mina.

“Okay, siamo arrivati”, sentenzia Aizawa con l’aria di chi ha un mal di testa lancinante. “Scendete e andatevene a dormire”.

Li molla, seguito da gran parte della classe.

Kirishima scuote piano Midoriya, che non reagisce. Allora fa passare un braccio del compagno sulle spalle, issandolo sulla schiena. “Mina, vieni ad aiutarmi?”.

“Certo, puccio! Anche se non lo meriteresti, mi hai piantato come una scema”.

Ahhhhh … Ero con FatGum e Tetsutetsu, stavamo discutendo riguardo l’addestramento!”.

“Sì, sì, e di tutte quelle cose da uomini ardenti e virili, certo …”. Mina-Bakugō alza gli occhi al cielo. “Vabbé, andiamo!”. Si trascinano via Midoriya, lasciando gli altri ancora sull’autobus. 

“Ehi, Bakugō? Bakugō?”. Sero lo scuote, ma Bakugō non dà segni di vita. “Macché. Non si sveglia”.

“Devi averlo sfinito, Todoroki-kun. L’hai fatto ballare tutta la sera, altroché!”, sentenzia Tooru.

“Potresti fare come Kirishima-kun, cra, suggerisce Asui.

“Ah. Già”. Fa per issarselo in spalla, ma l’abito è troppo lungo e lo impaccia.

Così non ci pensa granché, e lo prende in braccio.

Ochaco sgrana gli occhi.

Se Bakugō -kun lo sapesse … oh cielo.

Lo strozzerebbe sicuro. E poi lo farebbe saltare in aria.

Ma sembra tanto tenero e tranquillo. Svegliarlo sarebbe un vero delitto.

Si avviano tutti assieme all’entrata dell’Height Alliance. Entrano, in silenzio, togliendosi le scarpe. “Grazie a Dio, non ne potevo più!”, si lamentano in coro.

Todoroki va dritto davanti all’ascensore. Fa per tendere una mano e chiamarlo, poi pare ravvedersi di qualcosa e si volta verso le ragazze. “Ehm … qualcuna di voi … dovrebbe venire … a svestirlo, però”, osserva rivolto alle compagne che già entrano precedendolo, ansiose di liberarsi dalle loro trappole femminili.

Segnatamente, lei. “Eh … sì, certo”. Ochaco si gira verso Momo, che ha un’aria più sconsolata e malinconica che mai. “Momo-chan?”.

“Va’ pure, Ochaco-chan. Se l’hai aiutato a vestirsi tanto vale che lo aiuti anche a spogliarsi”. Gli occhioni di Midoriya si puntano sulle scarpe del ragazzo.”Vado a farmi un tè prima di tornare in stanza. Buonanotte”.

“Oh …”. Non sale insieme a loro, gira sui tacchi – metaforici in questo caso- e si dirige al cucinotto della sala comune.

E’ amareggiata, tantissimo. Ha trascorso l’intera serata seduta in un angolo, dimenticata dall’unica persona che avrebbe voluto accanto, anche solo per un istante.

Uraraka si sente male per lei. “Uraraka-san? Pesa”, la incita Shouto, accennando alla Bella Addormentata tra le sue braccia.

Forse semplicemente non ci arriva, il suo fidanzato. E’ fatto così, lo sanno tutti ma … dà comunque fastidio.

Persino a lei, che non c’entra proprio nulla e non ha alcuna voce in capitolo. “Oh, sì, scusami Todoroki-kun”. Preme il pulsante, entrano nell’ascensore.

Nessuna parola sfugge loro durante la salita. E nemmeno nel corridoio: si avviano in silenzio, è Ochaco ad aprire la porta della camera di Yaoyorozu.

Todoroki entra, posa Bakugō sul letto. “Allora vado anch’io. Buonanotte e … grazie”.

“Di nulla. Oh, Todoroki-kun”.

“Sì?”.

“Penso … penso dovresti … parlare con Momo-chan, prima di andare a letto”, mormora. Poi pare rendersi conto di quel che le è sfuggito, più che altro di come sia fraintendibile, e alza le manine. “Cioè, in senso … lei è stata molto triste stasera”.

“Ah. Sì, penso tu abbia ragione, Uraraka-san. Ora vado, così puoi … sbrigare la faccenda. Buonanotte”.

“‘Notte”.

Appena Shouto chiude la porta, Ochaco si accinge a scostare di lato il corpo di Momo profondamente addormentato.

Ma è inamovibile. Così lo tocca per farlo fluttuare. “Mhmm”.

Shhhh … dormi, Bakugō-kun”. Slaccia la zip, in poche mosse lo libera dall’abito, lasciandolo in biancheria.

E distoglie lo sguardo, sentendosi andare gli zigomi in fiamme.

Erano proprio una bella coppia, hanno praticamente eclissato tutti gli altri.

A parte gli attimi in cui Mina ha ballato con Camie.

Potevano non avere forse l’eleganza e la delicatezza di Todoroki e Yaoyorozu, ma anche loro due … erano stupendi. Un piacere per gli occhi.

Camie è molto bella, sì. E sexy e un po’ selvaggia, potrebbe essere la ragazza perfetta per Bakugō.

Poi rivede se stessa tra le sue braccia, cioè vabbé, quelle di Mina.

E’ stato così strano.

Ma via. E’ passata, non pensarci più.

Rilascia, afferra la coperta dai piedi del lettone di Yaoyorozu e gliela tende addosso. Domani avrà un mal di testa tremendo con tutte quelle molle nei capelli, ma non ce la fa a slegarglieli adesso.

E’ sfinita, anche lei. Spegne la luce, e si avvia alla porta richiudendola dietro con cura.

Buonanotte, Bakugō.

 

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Capitolo 20
*** 20. Dolore, dolore, solo dolore ***


20.  Dolore, dolore, solo dolore

 

 

 

 

Il mattino dopo.

Ojiro si rigira nel letto per l’ennesima volta, la borsa dell’acqua calda –bollente- piazzata sulla pancia da almeno un’ora. Glielo ha consigliato Jirou stessa, e gli ha anche detto di prendere le pillole che sono nell’armadietto in bagno, se si sentiva, e che lui per privacy non aveva neanche aperto. Dentro c’è una scatolina rosa con un antidolorifico adatto... ai dolori mestruali.

Mestruali.

Quando era tornato in stanza e si era calato, ad occhi chiusi, le mutandine per farsi una doccia, dopo tutto quello che era successo quella notte, e per sbaglio gli era caduto l’occhio sulla macchia rossa, per poco non si era messo a piangere.
In effetti si era seduto in vasca ed era rimasto lì, sotto al getto, le ginocchia al petto, con solo il pezzo sopra dell’intimo.

E Jirou lo avrebbe perdonato per questo, ne è certo, ma diamine non ce la può fare.

Non urla solo perché non ne ha davvero la forza.

Il ciclo.

Lui.

E’ un uomo. E adesso si deve anche prendere...quello. Oddio. Non ce la può fare. Non ce la può fare davvero.

E’ troppo.

Aveva cercato a testoni il vestito, ancora bagnato, e con un sospiro aveva notato che almeno quello si era salvato e non pareva sporco, poi aveva contattato Jirou. Si era presentata Hagakure, perché Jirou nel corpo di Kaminari non poteva salire nell’ala femminile, giustamente.

Era stata Hagakure ad aiutarlo, o quantomeno a tranquillizzarlo un po’, poi gli aveva prestato degli assorbenti. Esterni. Aveva preso un po’ anche dei suoi, perché Jirou usava...gli altri. Ma lui quello no, non lo poteva fare davvero

No.

Gli ha anche tenuto compagnia un poco, Hagakure, gentilissima e comprensiva, finché le medicine non hanno fatto effetto.

Non ha mai visto Tooru così seria e poco incline allo scherzo. Doveva aver avuto davvero una pessima cera, la sera precedente.

Tanto più che anche quella mattina gli bussa alla porta, e quando apre ancora in pigiama se la ritrova davanti, già in divisa. Lui invece è ancora sfattissimo.

Povera Jirou che figura le sta facendo fare.

“Come ti senti, Ojiro-kun?”

“Credo di aver dormito un poco,” fa, evitando la domanda.

Hagakure pare capire al volo, così lo porta dentro tenendolo dolcemente per mano. “Stai tranquillo, è normale. Sono sicura che starai meglio già domani!”

Ojiro, per tutta risposta, incassa la testa nelle spalle, “Non urlare, Hagakure-san,” borbotta, quasi piagnucolando. “Devo aspettare forse domani? Solo forse?”

Contegno, Ojiro. Contegno, continua a ripetersi. Non metterti a piangere.

“Oh, scusami!” mormora subito Tooru, abbassando immediatamente la voce, “Vuoi che ti dia una mano? Ti serve qualcosa?”

Ojiro arrossisce di botto, nonostante Tooru apparentemente non abbia detto nulla di strano, “I-io, ecco...” deglutisce, indicando il bagno a testa bassa.

“La doccia?” chiede Tooru, ma lui scuote il capo e lei per un attimo rimane ferma a guardarlo. Poi schiocca le ditine invisibili, “Gli assorbenti! Ci penso io, non ti preoccupare! A Jirou non da fastidio, glielo ho già chiesto. Ha detto che posso aiutarti in tutto, se ne hai il bisogno, quindi...”

“No, il resto...il resto dovrei riuscire a farlo da solo...”

Scende in sala comune che gli altri sono già andati tutti via, a parte Tooru che è rimasta con lui e gli sta ancora carezzando la schiena e Shinsou, che lo sta aspettando e, appena lo vede, gli si avvicina immediatamente.

Mashi...stai bene? Buongiorno, Hagakure.”

“Buongiorno a te, Shinsou-kun!”

“Sto bene, sto bene,” mormora invece Mashirao. E’ vero che sta bene, ma solo perché ha preso la medicina e stanno facendo pian piano effetto.

Jirou lo odierà, quando tornerà nel suo corpo. Le sta rovinando lo stomaco, con tutte quelle medicine e analgesici.

O forse è per lo stress che ha sempre mal di pancia, ultimamente.

O forse...l’altro.

Sospira, cosa che non passa inosservato a nessuno dei due presenti.

“Forse potremmo dire ad Aizawa-san che non sei ancora in forma, Ojiro-kun?” gli chiede Hagakure, “Non gli diciamo perché, gli diciamo solo che è meglio se oggi stai in camera, no?”

“Perché non dovresti dirglielo? Aizawa sa che sei stato male ieri, non credo avrà da ridire.”

“Sì ma non è per quello che dovrebbe rimanere in stanza, Shinsou-kun!” esclama subito Hagakure, “E’ per una cosa da ragazze!”

Shinsou sgrana gli occhi un istante, “Oh,” è l’unica cosa che esce dalla sua bocca, prima di tacere.

Certo, giusto, quello è il corpo di Jirou quindi risultava normale. Il fatto che dentro ci fosse la mente di Ojiro non toglie niente ad un corpo femminile così come è lo stesso al contrario.

Ora capisce perché è stato tanto male, la sera prima, al gala, tanto da svenire. E anche sul pullman non è stato bene, e a tratti si era lamentato di dolori lombari e addominali sparsi. E di dover andare in bagno, cosa che alla fine non aveva voluto comunque fare finché non era tornato al dormitorio. E lì aveva dovuto trovare la sorpresa.

Lo guarda un attimo con la coda dell’occhio, rosso come un peperone per l’imbarazzo, e nonostante questo si nota comunque il pallore malaticcio.

“Non c’è bisogno!” sbotta alla fine, “Posso resistere, sto bene. Vi prego, andiamo a lezione?”

Shinsou si limita ad annuire, sfiorandogli appena la punta delle dita e prendendo poi a camminargli accanto. Hagakure, invece, gli va subito vicino e gli prende la mano fra le sue invisibili, “Va bene, Ojiro-kun, ma se ti serve qualsiasi cosa non esitare, okay? Sta tranquillo, per le ragazze non è strano che vadano in bagno in due, quindi non hai di che temere per Kyoka-chan!”

Se sentiva le guance in fiamme già da prima, adesso sta letteralmente andare a fuoco, Ojiro. Non sopravvivrà mai a quella giornata.

Mai.

O-okay, Hagakure-san...”

Ha la sensazione che, a costo di trattenerla finché non sono di ritorno nel dormitorio, non andrà al bagno quella mattina.

 

In classe, l’attenzione si sposta in fretta sia su Ojiro che su Bakugou, quando entrano. Anche quella di Aizawa, che li guarda a lungo, fissandoli con intenzione.

Ojiro si gira appena verso Bakugou, ma dura due secondi, poi l’occhiataccia di fuoco che gli lancia lo convince a tornare al suo posto. E’ solo curioso di vedere perché fissavano anche lui. Insomma, Ojiro sa bene di non avere una bella cera, dal giorno prima, anzi da quando è nel corpo di Jirou. Ogni rumore gli da fastidio e adesso quello non lo aiuta affatto.

Ma Bakugou rabbia a parte stava bene.

Quella mattina, però, no. Anche lui ha una pessima cera, come se non avesse dormito.

O forse altro. Momo, con gli occhioni di Midoriya, continua a guardarlo a intervalli, come se fosse preoccupata o spaventata o chissà che altro.

Jirou gli batte sulla spalla, attirando la sua attenzione, “E’ tutto okay, Ojiro-kun?”

“Sì, sto bene, Jirou-san,” si sforza di sorridere.

“Ti chiedo scusa, sai, avrei dovuto pensarci. Con tutto quello che è successo lo avevo scordato, e ieri non mi sono posta il problema.”

“Non fa niente, penso che il mal di testa mi sarebbe venuto lo stesso, ieri.”

“Sì, quello forse sì,” sorride Jirou, “Ad ogni modo non ti preoccupare. A me di norma...beh di norma dura poco.”

Ojiro abbozza un sorriso scorgendo il lieve imbarazzo nel volto di norma sempre allegro e leggiadro di Kaminari, “Meno male. Sai, Jirou-san? Non pensavo che fosse così, è una tortura. Eppure riuscite ad allenarvi con noi come niente fosse. Tu e le altre siete fantastiche!”

Jirou si ritrova ad arrossire di nuovo, “Beh...grazie.”

E’ un peccato che quella cosa fosse successa a qualcuno che già è dolce e rispettoso come Ojiro, lui non se lo merita. Invece qualcuno come Mineta e Kaminari, loro sì che si sarebbero meritati a dovere quella sofferenza e quell’enorme fastidio. Soprattutto Mineta.

Anche se lui di certo avrebbe trovato qualcosa di positivo anche nei dolori mestruali, tipo poter toccare le tette di qualcuna.

Quindi forse, tutto sommato, è meglio così.

“Possiamo avere la vostra attenzione o è troppo, Jirou e Ojiro?”

I due diretti interessati, al richiamo di Aizawa, scattano sull’attenti, le goti e le orecchie in fiamme.

S-scusi professore.”

 

In mensa, a pranzo, Kaminari si guarda intorno con fare annoiato, spizzicando il pranzo. Per non far sembrare le cose troppo strane, da quando si sono scambiati i corpi si sono sforzati di non sedersi in maniera troppo diversa dal solito e al massimo occupare i tavoli più grandi e fare gruppi più ampi.

Quella situazione sta iniziando a stargli stretta.

Va bene vedere il suo corpo così vicino a quello di Jirou, visto che i due stanno parlando e forse lei lo sta tranquillizzando di qualcosa, ma il fatto che non sia davvero lui...è geloso. Perché quella scena così, proprio così, con quella confidenza e dolcezza, la vorrebbe vivere. Non vederla.

Non è giusto, tutto quello.

Anche se non dovrebbe essere invidioso di Ojiro che sta male, e ne stava vedendo di tutti i colori in quei giorni, eppure è così.

Si sarebbe preso i suoi mal di testa per avere tutto quello. O anche solo per evitare che Jirou lo ignori ancora.

Ojiro, in fondo, ha già Shinsou, no?

Vabbeh. Io vado al bagno,” borbotta alla fine, alzandosi in piedi. Concentrato com’è a tirar per bene su la coda e poggiarsela sulla spalla, come fa di norma Ojiro –e smettere di trascinarsela dietro, visto che fino a quel momento l’ha tenuta a terra-, non nota l’occhiataccia di Shinsou, ma poco importa.

Ha cose più importanti a cui pensare.

Tipo la scomodità di quella dannata coda. Ecco, sì, penserà a quello. Così forse gli tornerà un po’ di buon umore.

Ma non pare davvero la sua giornata, quella. Neanche un poco.

Con un sospiro esasperato, si sforza di restare nel personaggio, ovvero Ojiro, meglio che può, ma dopo la pessima giornata che è stata quella del Gala della sera precedente ha voglia di tutto tranne che di vedere Monoma. Che invece si sta dirigendo dritto verso di lui a passo di marcia e un sorriso tutt’altro che rassicurante.

Hey, Ojiro,” lo saluta.

Kaminari alza spaventosamente un sopracciglio. Ojiro? E da quando in qua Monoma li chiama per nome? Anzi, in generale, da quando il qua li chiama? Ma deve mordersi la lingua, perché Ojiro non farebbe mai quelle domande.

Ma quanto ne avrebbe voglia!

“Che dia...fai. Che fai qui, Monoma?”

“Ecco, ci ho pensato molto, ma alla fine mi sono detto che fosse il caso tu lo sapessi...perché Shinsou è il tuo compagno, no? Girava la voce, tempo fa.”

Kaminari storce la bocca. Quindi la chiacchiera, vera, della storia fra quei due a causa di Ashido e Hagakure è uscita dalla 2-A. Quelle due sono pessime. Sanno tutti quanti che non lo fanno con cattiveria, ma certe cose è giusto rimanessero private o, quantomeno, fra persone fidate. Monoma non è una persona fidata.

Chissà quanto li avrà perculati per quella storia.

“Sì, e allora?”

“Beh, al gala mi pare che fosse molto impegnato in altro, e proprio sotto i tuoi occhi. Sgradevole.”

“Con Jirou, lo so. Ripeto, e allora?”

“Ah, lo sai? Anche del fatto che se l’è portata a limonarsela sul vostro Pullman?”

Kaminari sgrana gli occhi, e anche se il ghigno soddisfatto e ferino di Monoma indicava quanto tutto quella sorpresa lo rendesse orgoglioso e che quindi, forse, era tutta una bufala per far soffrire Ojiro, Kaminari non riesce a ragionarci.

Stava baciando Jirou? Cioè Ojiro, ma è il corpo di Jirou.

La sua Jirou! E il suo primo bacio...voleva darglielo lui. O forse non era il suo primo bacio, ma che importanza ha adesso? Prendere e baciare Jirou solo perché dentro c’è Ojiro è una mancanza di rispetto enorme verso Jirou stessa, che si fidava dell’amico.

E si sorprende soprattutto di Ojiro. Non lo credeva capace di tanto!

Bastardi. Tutti e due.

“Li hai visti?”

“Temo di sì. Mi dispiace molto.”

“Sì, certo, ti dispiace,” sbotta Kaminari, senza più preoccuparsi di fingersi l’amico.

Amico. Non sa neanche più se può considerarlo tale.

“Togliti dalle palle.”

Hey, hey, hey, come siamo diventati aggressivi!”

Kaminari lo afferra per il bavero, per poi spingerlo ben lontano da sé, “Ho detto di toglierti dalle palle ” ripete, per poi essere lui a lasciare la mensa, senza neanche mangiare.

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Capitolo 21
*** 21. Contagion ***


21. Contagion

 

 

 

 

Ch’era una fottuta giornata di merda l’aveva capito appena aperti gli occhi, quel mattino.

Già il fatto di essersi svegliato con un mal di testa allucinante gli aveva fatto tirare via tutti i santi di passaggio.

I ferretti che Faccia Tonda aveva usato per tenergli su i capelli si erano conficcati nel cranio e sembravano sul punto di praticargli una lobotomia. Non riusciva quasi a tenere gli occhi aperti dal dolore che sentiva.

Per non parlare della schiena, martoriata dai crampi.

Aveva fatto per raddrizzarsi, con cautela; non era servito a niente, ogni movimento gli provocava fitte lancinanti in ogni parte del corpo.

Merda. Dannazione.

Aveva scostato la trapunta con lentezza e con altrettanta attenzione si era messo in piedi, portando d’istinto una mano alla natica per grattarsi.

E si era fermato appena in tempo ricordando che quel corpo non era il suo.

Fanculo.             

Quindi era entrato nel bagno, aprendo l’acqua nella doccia.

Doveva anche andare al cesso, in realtà. Da giorni evitava sia di mangiare che di bere, per limitare al minimo gli stimoli fisiologici; e se poteva approfittarne sotto la doccia, quanto meno per pisciare, tanto di guadagnato.

Non se la sarebbe presa a male, Momo. In fondo era per riguardo a lei.

E poi tanto lavava tutto col detersivo.

Sforzandosi di non pensare a cosa cazzo combinava quella pazza di Ashido col suo … ecco, appunto.

E ancora mezzo addormentato aveva portato una mano alla schiena per slacciare la cerniera.

Al che tutti i suoi processi mentali si erano avviati di scatto.

Dove cazzo era finito il vestito???

Si era guardato addosso, realizzando di essere solo in reggiseno e slip.

E la voglia di spaccare qualcosa era montata come un ciclone.

Chi? Chi cazzo era stato a mettergli le mani … cioè, insomma, a mettere le mani addosso a Yaoyorozu?

Dal momento in cui era salito sull’autobus non rammentava più una sega, segno che doveva essere andato in coma poco dopo.

Poteva essere che una delle femmine si fosse presa la briga di farlo lei. Yaoyorozu era alta e formata, non doveva essere semplice per una come la ranocchia, o Faccia Tonda prenderla in spalla.

A meno che non fosse stato la scimmia, che tanto non destava preoccupazioni e non solo perché adesso era nel corpo del Walkman in gonnella.

Ma quello sembrava stesse crepando in diretta tanto che ad un certo punto era sparito dalla sala.

E non poteva essere stato neppure il Nerd di merda, ch’era azzoppato.

A meno che non fosse stata Occhi da procione. Che avrebbe potuto benissimo farlo dacché era nel suo corpo.

Oh be’. Poco male.

Rassicurato almeno in parte, si era ficcato sotto il getto – gelato, certe abitudini sono dure a morire-  con la biancheria addosso.

Aveva sfilato i ferretti uno per uno, e le bestemmie proferite in quei momenti si erano lasciate dietro anni luce tutte le imprecazioni uscite dalla sua bocca fin lì.

Quell’acconciatura era bellissima a vedersi, ma dagli effetti letali.

Un po’ come … chi ci aveva lavorato su con tanta dedizione.

Ma che pensieri del cazzo.

Tolto l’ultimo pugnale che gli stava trapanando il cervello aveva fatto lo shampoo ed era uscito dal box, infilando l’accappatoio spalle allo specchio, con una serie di dannate manovre da contorsionista non proprio benefiche per quei dolori alle reni.

Dannati tacchi.

Poi in punta di dita aveva sfilato gli slip, asciugandosi alla bell’e meglio.

Con quel rovello si era vestito ed era sceso, con un umore tempestoso.

Nemmeno aveva attraversato la soglia dell’ascensore, che quel pirla di Faccia Piatta lo aveva salutato con un: “Buongiorno, principessina!” che gli aveva fatto venir voglia di dargli da ingoiare tutti i denti.

“Levati dal cazzo, imbecille di merda”.

Ahhh, sei tornato il solito rozzo. Peccato perché eri proprio caruccio, tra le braccia di Todoroki …”.

In due secondi, era andato sotto quel demente minacciandolo con un pugno. “Vedi di piantarla o ti sotterro, idiota. Ci ho dovuto ballare perché altrimenti avrei dovuto prendere a calci nel culo tutti gli stronzi che mi venivano sotto e Morto di sonno non avrebbe approvato di certo”.

“Ma io parlo di quando ti ha portato in braccio in camera”.

Qui Bakugō aveva avuto un moto di stupore. “CHE … COSA?”.

Massì, dormivi come un angioletto e ti ha portato lui in stanza al dormitorio … non ti sei accorto di niente? Cazzo, dormivi proprio pesante allora”.

Lì qualcosa gli era andato in blackout dentro la testa.

Fare due più due in questo caso più che semplice era doveroso.

Se l’aveva portato in camera lui, doveva anche averlo spogliato lui. 

E sicuro che se l’aveva spogliato, quello stronzo di merda, probabilmente doveva averne approfittato per palpare qualcosa, visto il modo in cui l’aveva consumato a furia di sguardi tutta la sera.

Magari vedendo che non si ribellava – ovviamente, perché dormiva- poteva aver pensato di toccare più di qualcosa.

To-do-ro-ki … brutto figlio di puttana bastardo di merda.

Ora l’avrebbe ammazzato, senza se e senza ma.

Quindi le porte dell’ascensore si erano aperte, e ne era uscito giustappunto quel maledetto.

“BASTARDO DEL CAZZO!”. Gli era piombato addosso con la veemenza di un tornado, afferrandolo per la giacca e scuotendolo. “SEI UN PERVERTITO DI MERDA! CHE CAZZO MI HAI FATTO, EH?”.

Bakugō non capisco di cosa …”.

“NON CAPISCI, AH? NON CAPISCI? ORA TI FACCIO CAPIRE IO, STRONZO!”. E giù un pugno, dritto sulla faccia del maledetto a metà, ch’era finito col culo a terra.

“Oh, oh, Bakugō!”. Faccia Piatta e Tentacolo lo avevano afferrato per le braccia e tenuto indietro, che sennò l’avrebbe smontato a calci. “Si può sapere che cazzo ti prende? Ma sei impazzito?”.

“NO che non sono impazzito!”, ha spiegato, anche se quegli stronzi non se la meritavano affatto stavolta sapeva di essere nel giusto, più del solito. “Stamattina mi sono svegliato ed ero nudo, che cazzo dovevo pensare, eh?”.  Aveva fatto per liberarsi, non riuscendoci era ricorso nuovamente alla voce, per dare su Todoroki.  “QUESTO TI E’ PIACIUTO, MALATO DEL CAZZO? VISTO CHE NON SEI BUONO A FAR LE COSE CON LA TUA DONNA DA SVEGLIA HAI PENSATO DI APPROFITTARNE MENTRE DORMIVO?? IO TI DISTRUGGO!”.

Il bastardo continuava a fissarlo dal pavimento, esterrefatto. 

Poi forse per effetto del pugno ricevuto avevano iniziato a schiarglisi le idee, perché aveva aperto bocca.

Solo per dire: “Ah”.

“E NON DIRE AH, CRISTO! O TI FACCIO SPUTARE LO STOMACO, PEZZO DI MERDA!”.

Quello si era rialzato, portandosi la destra allo zigomo che cominciava a gonfiarsi mentre lo trafiggeva con uno sguardo gelido, tagliente che contrastava con la faccia arrossata.

“Credo che tu sia un po’ confuso, Bakugō”. Senza aggiungere altro aveva girato sui tacchi.

“TORNA QUI, BASTARDO! DOVE PENSI DI ANDARE?”.

Mentre continuava ad agitarsi aveva sentito qualcosa di caldo scorrergli in mezzo alle cosce.

Non ci voleva un genio per capire di cosa potesse trattarsi.

Porco cazzo. Dannato il mondo.

Meno male che non era sceso ancora nessun altro.

Immediatamente i due idioti lo avevano messo giù, allontanando le mani neanche fosse rovente.

Se n’erano accorti pure loro, maledizione. “Ehm … Bakugō dovresti … tornare in camera, penso”, aveva osservato Shoji, sforzandosi di mantenere un tono neutro.

“Chiudi il becco, polpo del cazzo! Se vi azzardate a dirlo a qualcuno vi stacco la testa e ci gioco a basket!”. Serrando le ginocchia era tornato all’ascensore, pregando chiunque brigasse per fargliene capitare una peggio dell’altra che almeno gli risparmiasse questa.

Fortunatamente era riuscito a raggiungere la stanza di Yaoyorozu senza ulteriori casini. Aveva rovistato un po’ nel suo armadietto, ma quando era riuscito a trovare quel che cercava, aveva sgranato gli occhi fino a tirarseli fuori dalle orbite.

Merda. Merda. Merda.

Ma mi prendete per il culo, per caso?

No, questo no.

A nessun costo sarebbe ricorso a quella roba.

Nemmeno se l’avessero legato, imbavagliato e sottoposto a torture indicibili l’avrebbe fatto.

Merda … e lui che pensava che essere finito in mano dei Villan fosse la cosa peggiore capitatagli in tutta la vita.

Quello non era neanche lontanamente paragonabile a questo casino del cazzo.

Quindi, che poteva fare adesso?

Chiedere aiuto era fuori discussione. Farsi truccare e pettinare okay, ma questa era un’altra storia e si rifiutava categoricamente di tirare in mezzo chicchessia.

Si era guardato allo specchio.

Aveva una faccia tremenda.

Poi gli era venuto in mente che forse non poteva essere tanto complicato.

Yaoyorozu possedeva un quirk con cui poteva creare gli oggetti. Insomma, se era stata capace di tirar fuori da lì un cannone, quanto poteva essere difficile farlo con un pacco di assorbenti?

Doveva solo concentrarsi.

Ma aveva scordato che per farlo, Momo attingeva al suo grasso corporeo.

E lui non si nutriva a dovere da giorni.

Il risultato era stato che era svenuto, battendo anche la testa contro il bordo della tazza. Non forte, ma abbastanza da procurargli un’emicrania ancora peggiore.

Era pericolosamente vicino al punto di non ritorno.

Appena era stato capace di mettersi in piedi, aveva tirato fuori una salvietta dal cassetto, sfilato gli slip macchiati gettandoli nel cestino e infilato un paio di quelli puliti.

Glieli avrebbe ricomprati, poco male.

E fanculo anche a quello stronzo a metà se si offendeva perché regalava mutande alla sua donna.

Non poteva farcela con le sue sole forze. Quindi si era rassegnato a chiedere aiuto.

Sul suo stesso piano c’era la ranocchia. Non aveva confidenza con lei, cioè oddio non ce l’aveva con nessuna, anche se il giorno prima aveva instaurato una sorta di qualche genere di rapporto con Faccia Tonda; del tutto passeggero, certo.

Forse avrebbe dovuto chiedere aiuto a lei. Ma arrivare in fondo al corridoio sembrava già un’impresa quasi impossibile.

Se non altro, dopo questo delirio avrebbe potuto ricominciare a mangiare. O così o si faceva ricoverare dalla vecchia come quel fesso di Dekumerda, era già abbastanza indebolito senza quelle cose e il patetico tentativo di utilizzare il quirk della compagna.

Strisciando appoggiandosi al muro – che gli girava la testa da pazzi, porco diavolo- era andato a bussare.

Niente, la ranocchia era già uscita.

Allora stringendo i denti si era spinto fino al piano di sotto, ma anche quell’altra era già fuori.

Merda. Merda.

Rassegnato, ch’era quasi ora di lezione, era sceso di nuovo ed era uscito, bestemmiando tutto il creato e camminando – più che altro, trascinandosi- fino a scuola.

Appena entrato nell’atrio, aveva sentito una voce familiare trillare. “Oh, Yaoyorozu! Ciao!”.

Lì per lì non si era nemmeno girato.

Poi il suo cervello esausto aveva ricominciato a collegare i puntini, e aveva incrociato gli occhi verdi di Kendo.

Ma che voleva pure quest’altra? Cazzo. Ce l’avevano tutti con lui, sicuro. “Ts … ehm, ciao, Kendo-san”, aveva esalato in un filo di voce.

Ora i crampi si stavano scatenando alla grande. Gli pareva di avere un tritacarne nella pancia che gli stava macinando le budella. “Stai bene, Momo? Mi sembri pallida … cos’hai?”.

Ehhhh …”.

“Capisco. Ciclo, giusto?”.

Mhmm mhmm”.

“Oh cara … sembra che tu stia soffrendo molto”.

Hai voglia, cazzo.

“Vieni, ti accompagno in infermeria”, aveva fatto quella, in tono amorevole. “Forse Recovery potrà fare qualcosa per te”.

Ormai annientato, Bakugō si era fatto trascinare dall’alunna della 2-B fino all’infermeria.

Grazie al cielo Kendo era una tipa discreta. Aveva bussato, poi si era scusata e se n’era tornata da dove cazzo era venuta.

Una volta dentro, la vecchia l’aveva fissato con un’occhiata perplessa. “E tu sei …”.

Bakugō”, aveva gracchiato con una vocina sfiatata, sedendosi, appena era stato sicuro che Kendo si fosse allontanata.

“Che ti succede, caro?”.

“Le cose. Sì, insomma, le cose delle femmine”.

Ahaaaaaa … le mestruazioni, insomma”.

“Sì, sì, quelle robe lì. Mi puoi dare qualcosa per levarmele dal cazzo?”.

La vecchiaccia gli aveva scoccato un’occhiata tenera che gli aveva fatto salire la voglia di farle ingoiare la dentiera. “Oh no, mi dispiace, io non posso interferire con la natura in tal senso”.

“Come cazzo è possibile? Aggiusti le fratture, ora vorresti dire che non puoi fermare questa cosa?”.

“E no. Posso darti qualcosa per alleviare il dolore, ma non posso certo bloccarlo. E’ la natura, Bakugō”.

Fanculo, natura di merda”.

Gli aveva dato una pillola, e una caramella. “Tieni, caro, hai bisogno di zuccheri. Non hai un bell’aspetto”.

Senti da che pulpito.

Mai Bakugō aveva tanto rimpianto il proprio quirk. Ma forse si era rivolto alla persona sbagliata: doveva non avere più a che fare personalmente con certe cose dal Triassico, la vecchia rinsecchita.

Al che avevano bussato alla porta. Scusi, Recovery … oh. Ka- Kacchan …”.

Oggesù.

Qualcuno doveva aver deciso di fargli scontare i suoi peccati tutti insieme, oggi. “Che cazzo ci fai qui, Nerd di Merda?”.

“Eh- eh .. io … sono venuto a farmi dare un’occhiata alla … alla caviglia”, aveva balbettato quel coglione ora fuxia.

Il solo ripensare a dove fosse la proprietaria di quel corpo in quel momento lo aveva fatto inferocire quasi più che se avesse davvero visto la faccia da cazzo di Dekumerda.

“E … e tu … Kacchan … stai bene? Perché sei qui?”.

“Non sono cazzi tuoi, idiota”. Si era messo giù dalla brandina, imprecando a mezza voce.

Ma quanto cazzo ci metteva a fare effetto quel dannato antidolorifico?

“Oh, caro, prima che tu vada … penso dovresti un attimo entrare in bagno”.

“E perché mai?”.

“Perché non è il caso che entri in classe conciato così”.

La vena sulla tempia era arrivata a tanto così da non l’esplodere. Sul serio.

Ma non era proprio il caso di contribuire con altri spargimenti di sangue … Cristo.

Recovery aveva tirato fuori qualcosa da un armadietto, e gliel’aveva porto. “Tieni, caro. Sai come fare, o vuoi che ti aiuti io?”.

L’esasperazione di Katsuki aveva raggiunto un livello tale da annichilirlo. Non gli era riuscito di dire niente, aveva afferrato il pacchettino ed era andato ad asserragliarsi nel bagno dell’infermeria.

Forse avrebbe dovuto semplicemente provvedere con quel che aveva trovato di sopra, e basta.

Ma nemmeno per scherzo avrebbe messo qualcosa nella … ehm, nel … insomma, nel corpo della donna del bastardo. Tanto meno in un punto così delicato: ci mancava solo che facesse danno e quello lo accusasse di avergli … incasinato la ragazza.

Anche se forse sarebbe stato quello l’unico modo in cui quella poveraccia aveva qualche speranza di dire addio al suo status di vergine, visto l’elemento che era andata a caricarsi sulla schiena.

E poi onestamente l’idea di ficcarsi lui qualcosa non gli sorrideva proprio per niente.

Piuttosto si sarebbe ammazzato, prima.

Alla fine era riuscito ad andare in classe.

Appena aveva aperto la porta, senza sferrarle il solito calcio a di buongiorno, i suoi compagni lo avevano fissato tutti allibiti.

Sero e Shoji, e anche Occhi da Procione/Merdeku un po’ più degli altri.

Forse si aspettavano se ne fosse rimasto in dormitorio, o in infermeria. “Be’, cazzo avete da guardare, stronzi? Trovatevi da fare”, aveva sputato fuori.

Ma era appena un gracchio sfiatato.

Merda. Doveva mettere qualcosa sotto i denti al più presto, o sarebbe collassato daccapo.

La faccia da cazzo del nerd lo scrutava con evidente inquietudine.

E questo l’aveva messo sull’attenti.

Quella … bastarda lo sapeva. Non poteva essere diversamente, tutte le femmine sanno quand’è il periodo.

Solo la temporanea impotenza lo aveva fatto desistere dall’andarla a prendere per la gola.

Il suo caro beneamato invece non lo guardava affatto. Era l’unico che tenesse quegli occhi del cazzo spaiati abbassati su un libro, ma Bakugō era pronto a scommetterci le palle che al momento non non lo facesse certo per ripassare.

Aveva osservato il segno che gli aveva lasciato sullo zigomo con un piacere perverso.

Oh quanti altri gliene avrebbe tatuati addosso appena fosse rientrato in possesso delle proprie facoltà.

Lo aspettava una batosta coi fiocchi, allo stronzo a metà.

Intanto era andato a sedersi.

A stento si reggeva in piedi, non era il caso di far altre figure di merda.

Ma una volta che aveva buttato giù un po’ di questo e quello, si sentiva già un po’ più stabile.

Così appena aveva intravisto Faccia Tonda seduta accanto a quell’altra, durante quella genialata di lezione in palestra, non ci aveva pensato due volte.

Aveva preso e tirato dritto verso di loro.

Bakugō, scusami …”, aveva esordito pronta Momo, confermando la sua intuizione.

“Zitta. Non dire un cazzo. Ti sei scordata o cosa? Dico, dannazione, potevi anche avvisarmi no? lo sapevi, immagino, perché diavolo non me l’hai detto?”.

“Io … io non sapevo come … come …”.

Al che era scattata Faccia Tonda, balzando su e chiudendo i pugni. “Ora basta, Bakugō, smettila! Momo ha già i suoi problemi, non ti ci mettere anche tu!”.

“E cos’è, colpa mia se sta con un coglione, eh? O se si dimentica di dirmi certe cose?”.

“No, ma non è nemmeno colpa sua se tu sei un cretino che parte in quarta senza riflettere!”. D’un tratto si era portata le manine alle labbra. “Mi … mi dispiace …”.

Era rimasto di sasso.

Però. Aveva fegato la piccoletta.

Non che fosse una novità.

In un altro momento forse l’avrebbe ammirata per quella presa di posizione.

Ma non adesso che aveva voglia di sbriciolare qualcosa. A morsi. “Comunque anche Ojiro-kun … ha il tuo stesso problema, già da ieri sera alla festa. E non la fa tanto lunga come te, sai?”.

“Cazzi suoi. Magari non gli spiace nemmeno tanto a lui, uh”.

Faccia Tonda aveva sistematicamente ignorato il suo commento fuori luogo.

In compenso, era intervenuta Casper con le tette.  “Anche tu ce l’hai, Bakugō?”, aveva trillato con quella sua vocina immensamente fastidiosa.

“Taci, deficiente!”.

Ma quella non se n’era data per inteso. “Effettivamente ha anche un senso. Insomma, visto che dicono che le ragazze che passano molto tempo insieme tendono a sincronizzarsi …”.

“Che? Che cazzo significa?”.

Momo e Uraraka erano trasalite. “Be’, sì insomma, può capitare che se una ragazza … ha le sue cose, gli ormoni delle altre ne vengano influenzati e si sincronizzi, ecco”.

Era la scintilla che mancava per far detonare quel barile di tritolo che era già.

Lo sguardo assassino con cui punta Oijiro-Jirou precede di pochi attimi la sua strategia.

“Bastardo di un caudato”, soffia tra i denti. “Ti ammazzo”.

 

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Capitolo 22
*** 22. What the f***? ***


22. What the f***?

 

 

 

 

L’idea di Aizawa di mantenere le apparenze e portarli in palestra per allenarsi non è stata ben accolta da nessuno di loro. Anche se il docente ha concesso esercizi semplici, niente cose strane, niente utilizzo del quirk per chi non è nel proprio corpo e non lo controlla.

Però ci tiene a fare le cose per bene, per questo li ha comunque fatti andare lì e gli ha detto di allenarsi.

Poi è sparito, quando Midnight è venuta a chiamarlo con una certa urgenza. Che ci siano novità su quella dannata situazione? Lo sperava.

Anche perché altrimenti Aizawa non li avrebbe mai lasciati da soli.

Invece adesso sono lì, divisi in gruppetto e ognuno per conto provo, a fare esercizi di stretching semplici e nient’altro.

Ma è dannatamente dura mantenere la calma in mezzo a tutta la confusione della classe dopo quello che gli ha detto Monoma a mensa.

Sa di non dovergli dare troppo retta, perché diamine quel tipo è completamente pazzo, lo sanno tutti.

Però più guarda Shinsou così appiccicato a Jirou...cioè, a Ojiro, più gli entra il testa quello che gli ha detto quel pazzo. E se un bacio fosse scappato? Magari senza pensarci? Ojiro stava male, Shinsou era preoccupato, erano soli...

Peccato che non riuscisse proprio ad accettarlo. Nemmeno un po’.

Quello è il corpo di Jirou, non di Ojiro. Se anche è successo nell’impeto, non è giusto. Per niente.

E lui, poi, è geloso marcio.

Sposta l’attenzione su altro, su Momo che parla con Bakugou, per qualche ragione astrusa, in modo molto concitato. Lei, col faccino di Midoriya tutto teso, sembra particolarmente in imbarazzo. Bakugou, invece, è incazzato e nervoso.

Ah, quanto lo capisce.

Poi quel giorno sembra persino peggio, chissà perché?

Non ha neanche il tempo di ragionarci su, giusto per pensare a qualcosa che non c’entrasse nulla con Shinsou che sta appiccicato a Jirou, che Bakugou  si scaglia di peso su Ojiro, prendendolo per il bavero della giacca della tuta della yuuei.

“Brutto bastardo infame!” sbotta, la vocina di Momo è così graffiante che viene mal di gola solo ad ascoltarlo.

Ba-Bakugou! Che...cosa...” prova a chiedere Ojiro, ma il risultato è pessimo. Serve solo a far incazzare ancora di più Katsuki.

“Me l’hai attaccato tu, brutto figlio...”

Hey!” lo blocca Shinsou, prendendogli il polso con più garbo che può. Sente gli occhi di Todoroki sulla nuca, ma nel frattempo il corpo della sua ragazza sta strozzando il suo, di ragazzo. Invece di stare lì a guardare potrebbe pure intervenire, lo stronzo a metà. “Lascialo, Bakugou. Di che stai parlando?”

Ma Bakugou non risponde. Incazzato lo è, ma scemo no. Sa che se gli dice anche solo di tacere, Shinsou non si farà problemi ad attivare il quirk e spedirlo chissà dove. E non ne ha intenzione.

“Ti ammazzo, scimmione!”

“Non...se ho capito di cosa parli, non funziona esattamente così, Bakugou...”

Fanculo, non me ne frega un cazzo di come funziona!”

“Ma di che state parlando?” sbotta anche Kaminari, che insieme a Kirishima ha afferrato Bakugou per le spalle, con tutto il rispetto per il corpo di Momo, e lo hanno tirato via. “Che cos’è che gli hai attaccato?”

E’ Tooru a rispondere, arrivandoci di punto in bianco con uno schiocco delle ditine invisibile. Ma è l’unica cosa che potrebbe essere, no? Di certo non gli ha attaccato il raffreddore.

“Il cicl...”

“Non dirlo, stronza invisibile!” ulula Bakugou, “Maledizione lasciatemi! Subito! Stronzi, tutti quanti!”

Shinsou storce le labbra, mentre praticamente se lo portano via. “Dategli un calmante, a quel pazzo!” sbotta a sua volta. Già gli stava antipatico normalmente, Bakugou, ma da quando è iniziata quella storia inizia a sopportarlo sempre meno.

Non è l’unico che ha problemi, Ojiro sta male da quando è stato scambiato e dalla sera prima ha una cera orrida, e adesso ci manca solo quel pazzo psicotico che oltre ad attaccarlo gli urla anche in faccia. Non fosse già abbastanza sensibile a causa dell’udito di Jirou.

In quella classe l’unico verso stronzo è lui, senza dubbio.

Si volta verso Ojiro, che ha visto cadere con la coda dell’occhio, spinto via da Bakugou, ma quando vede Kaminari inginocchiato accanto a lui che gli porge la mano non ci vede più.

Magari un calmante serve anche a lui, anzi di sicuro non gli farebbe per nulla male...ma quello è troppo.

Troppo.

Non c’è bisogno di toccarlo così per aiutarlo a rimettersi in piedi, non serve né che gli accarezzi la schiena né che gli tenga ancora le mani.

Si avvicina a lui e lo afferra sgarbatamente per la maglia all’altezza della spalla, forte anche dei dieci centimetri di altezza di differenza, e lo scosta da Ojiro, che per un attimo rimane interdetto.

“Shinsou...?”
“Dovresti imparare a tenere le mani in tasca, Kaminari.”

Kaminari, di risposta, indurisce lo sguardo e gli butta le mani al collo. “Oh, questo non me lo dovevi dire, Shinsou!” sbotta in risposta. “Le mani in tasca io? E tu hai mai pensato di tenere la bocca al suo posto, stronzo?”

Shinsou per un attimo rimane interdetto, come se non capisse a cosa si stesse riferendo. E forse è così. O forse a stranirlo è solo l’essere appellato in quel modo e attaccato in quel modo dal corpo e dalla voce del suo compagno.

“Io tengo la bocca dove deve stare, tu ti dimentichi un po’ troppo spesso che quello non è il tuo corpo! E che quella non è Jirou!”

“E’ per questo che l’hai baciato? Perché te ne freghi e tanto lì dentro c’è Ojiro?”

“Cosa?!” la voce di Kaminari risulta agghiacciante quando Jirou urla in quel modo, guardando Ojiro e Shinsou e Kaminari a intervalli, come se non credesse a quello che ha appena sentito. E che non avrebbe voluto sentire.

Ma è un po’ dura non sentire, visto che quei due stanno urlando come folli.

“No, non...Kaminari, per favore! Non è come pensi, hai capito male!”  prova a fermarlo Ojiro, ma la voce di Jirou così tremante non fa altro che innervosire ancora di più il compagno, che si impone di non colpirlo solo perché quello è il corpo di Kyoka.

Ma quanto avrebbe voluto tirargli un cazzotto in faccia. Non fosse che adesso si farebbe male lui, se lo tirerebbe da solo.

“Tu stai zitto! Pensavo che almeno di te ci si potesse fidare, ti sei scordato che quello è il corpo di Jirou?”

“No, non l’ho scordato!” pigola ancora Ojiro, ma pare non ci sia verso di riuscire a separare Kaminari da Shinsou.

E per colpa degli ormoni si sente così...così...essere una ragazza è terrificante. Lui non ha mai visto Jirou piangere, e non si accorgeva neanche di quando sono in quel periodo del mese, eppure gli ormoni che ha in circolo e che gli danno alla testa sono quelli di Jirou.

O forse è lui e basta che se ne sente piegato.

“Eppure vi hanno visti!”

“No!” ripete per l’ennesima volta, amareggiato, Poi si volta verso Jirou, perché anche per lei deve essere tutt’altro che facile e lei tutt’altro che felice di quella storia. Se fosse stata la verità anche lui sarebbe stato furioso, al posto di Jirou.

Eppure, nonostante avesse la coscienza pulita, si sentd tremendamente male.

E non è il ciclo, il mal di pancia o il mal di testa.

Avrebbe pianto volentieri, se fosse stato nella sua stanza.

Jirou, te lo giuro, non l’ho baciato,” esclama, “Non l’avrei mai fatto. E’ il tuo corpo, lo so!”

Jirou si stringe nelle spalle, le labbra ormai una linea piatta.

E’ rimasta così scioccata da quella litigata scoppiata all’improvviso che non è riuscita a fare niente. E’ passata per il dispiacere e la preoccupazione per Ojiro, che sta male anche quel giorno, all’irritazione verso quest’ultimo. E non pensava che fosse possibile che fosse proprio Ojiro ad irritarla.

Proprio lui che è sempre così dolce e rispettoso con tutte loro, che fosse per la sua inclinazione sessuale –come dice Tooru- o altro.

Jirou si stringe nelle spalle, respira a pieni polmoni come se si dovesse calmare, allontanando anche Momo, nel corpo di Midoriya, quando le si avvicina per rassicurarla. Chissà se ha di nuovo paura di farsi scappare qualche scossa non voluta? Come è successo in classe qualche giorno prima.

Deve essere dura. Anche Ojiro si sentirebbe così se scoprisse che Kaminari ha baciato qualcuno con il suo corpo, per questo non lo farebbe mai e poi mai. E’ già stata dura permettere a Kaminari di...toccarlo. Toccarsi.

“Sicuro non l’abbia fatto lui? Tu stavi malissimo, magari ne ha approfittato,” mormora pianissimo Jirou, guardandolo. Gli occhioni dorati di Kaminari fanno impressione, sembrano più scavati del normale e il senso di colpa per un attimo fa precipitare Ojiro nello sconforto.

“Non Shinsou! Lo sapete che non è così. Mi ha solo dato un bacio sulla fronte, mi ha tenuto compagnia perché non mi sentivo bene. Kaminari, per favore!”

Ma Kaminari, per tutta risposta, schiocca la lingua, “E tu che ne sai? Non è mai stato uno stinco di santo! Quando siamo arrivati noi altri sul pullman tu dormivi, non mi sorprenderebbe se ne avesse approfittato!”

“Ah, quindi è questo che pensate di me? Che potrei fare una cosa simile? Avrei dovuto immaginarlo. Siete come tutti gli altri, in fin dei conti. Proprio tu poi non dovresti parlare, bastardo! Beh, ti svelo un segreto, non me ne frega un cazzo del corpo della tua ragazza, a differenza tua che a quanto pare ti stai divertendo un po’ troppo a infastidire quello di Ojiro! Ti sei dimenticato, eh? Non mi hai risposto, fai lo gnorri? Ti sei dimenticato di quello che hai fatto?! E che quello non è il tuo corpo?!”

“Non rigirare la frittata a tuo favore! Quello è stato un incidente, e mi dispiace, l’ho già detto ad Ojiro! Sei tu quello che allunga le mani e mi tocca il culo, mi pare, o sbaglio?”

“Quello non è il tuo...non è questo il punto!”

“Sì che lo è! Mi hai toccato il culo, ma io non sono Ojiro, quindi perché dovresti avere remore solo perché Jirou normalmente non te lo fa alzare? Eh?”

Kami, Shinsou! Andiamo ragazzi! Lo sapete che non è vero, state delirando!” esclama Kirishima, irrobustendosi per poter riuscire a dividere di forza i due amici. Non gli piace vedere i suoi amici litigare seriamente, a quei livelli non è mai successo neanche con Bakugou in mezzo, e lui lo sanno tutti quanto è attaccabrighe.

Se non si sono ancora presi a pugni è solo perché Kaminari non è nel suo corpo, lo sa.

“Non mi pare proprio una bugia, quanto più che finalmente è uscito quello che pensate di me!” urla Hitoshi, furioso, ma alla fine è costretto a lasciarlo andare perché la forza di Kirishima gli è superiore.

“Shinsou...”

Si volta di scatto verso Ojiro, ancora livido di rabbia. Ma cambia subito espressione quando vede il volto dell’altro.

Cereo lo è da quella mattina ma adesso sembra...arrabbiato anche lui. Gli occhi scuri di Jirou brillano di irritazione, nervosismo e qualcosa che non le ha mai visto addosso. Delusione.

C-che...”

“Hai toccato Kaminari?”

Shinsou assottiglia le labbra, “Mi aveva chiesto aiuto per infilarti...infilargli i tuoi pantaloni, perché da solo non ci riusciva. E’ il tuo corpo!”

“Ma la mente è di Kaminari!” esclama Ojiro, e stavolta è lui ad urlare, nonostante il mal di testa, “Hai avuto la faccia tosta di tenere il muso ed essere nervoso per giorni per quello che era successo al bagno quando quello è stato davvero un incidente e Kaminari non voleva, si è scusato per giorni, e invece tu lo molesti e adesso vuoi anche farlo passare per una cosa normale!”

“Un incidente?” ripete Shinsou, “Quello lo chiami incidente?!”

“Che diamine è successo al bagno?” gracchia la voce di Kaminari, Jirou pare seriamente scioccata. Kirishima non ha mai visto il volto di Kaminari così pallido. “Che diavolo è successo al bagno?!”

I-io...”

Kaminari?!”

“E’ una cosa...personale!”

“Personale? Quello è il mio corpo!”

“Non ho fatto niente, Jirou-san!” esclama subito Ojiro, rosso fino alla punta dei capelli, “Niente, giuro. Ho solo parlato. Ka-Kaminari a-aveva bisogno di...un...aiuto. Capito?”

“Dio...” brontola Kaminari, accasciandosi a terra. “Cazzo...”

“E...” Jirou deglutisce, guarda i visi di Kaminari-Ojiro e il suo stesso volto e arrossisce a sua volta. Aveva solo parlato, dice Ojiro.

Sarà vero, però? Se Kaminari ha avuto bisogno di un aiuto per via, forse, del fatto che quello non è il suo corpo...l’idea che Ojiro avesse dovuto...ma poi perché parlare? A che serviva parlare e basta? Perché lei?

La risata di Mineta è così fastidiosa che per un attimo rimane interdetta e non riesce neanche a ricordarsi di dire qualcosa, qualsiasi cosa. Qualcosa deve dire no?

“Che scemi! Sentito, Midoriya? E tu che non mi volevi far toccare le bocce di Ashido perché sono di Ashido! Qua nessuno ha rispetto del corpo di nessuno!” ride, “Che poi, Kirishima, che fai lì a fare da divisore? Tu sei quello a cui puntare il dito più di tutti! E anche Ashido! Midoriya, fammi toccare le bocce di Ashido, per punirla!”

La lingua di Asui sferza con cattiveria, inchiodandolo al pavimento, “Di che parli?”

“Lo sapete,” brontola Mineta, ormai tutt’uno con il pavimento, “Ashido ve l’ha raccontato quello che hanno fatto!”

Bakugou, legato dal nastro di Sero per tenerlo buono, scatta in piedi, “Che cazzo sta dicendo, Capelli di merda?” Ashido è il suo corpo. Qualsiasi cosa ci fosse in mezzo c’entra il suo corpo. Il suo corpo!

Li avrebbe ammazzati! Tutti! Tutti quanti li avrebbe ammazzati!

Ma Kirishima non gli risponde, invece si scaglia su Mina nel corpo di Bakugou. “Mina! Che cosa vai in giro a raccontare?!”

“Ma io non ho fatto niente, Kiri amoruccio!”

“Bugiarda!” trilla Mineta, “L’ho sentito, l’ho sentito! L’ho sentito che gli hai infilato due dita nel cu...”

Il cazzotto di Sero gli fa mordere la lingua, impedendogli di proseguire. Ma ormai è andato.

Quando alza gli occhi, Bakugou ha la faccia di qualcuno che sta per compiere una strage e Kirishima non l’ha mai visto così. Persino Mina cerca di tirarsi indietro, spaventata.

“Ti avevo detto che devi piantarla con quella tua linguaccia lunga!” sbotta Kirishima, “E non guardarmi con la faccia di Bakugou in quel modo, cazzo, Ashido!”

“Ma...Kiri amore...”

“No! Me l’avevi promesso, Mina! E’ il corpo di Bakugou quello, me l’avevi promesso!”

“Che cazzo hai fatto con il mio culo, fottuto stronzo?!”

“Ragazzi...” tenta Uraraka, e con lei Sero, che ancora tiene legato Bakugou, anche se con estrema fatica visto il modo in cui l’altro si dimena.

“Se continua così mi scappa!” fa sapere. “Fate qualcosa!”

“Adesso state tutti calmi!” esclama anche Iida, il sudore freddo a bagnargli la fronte. “Dobbiamo mantenere la calma e parlarne civilmente! Sono certo che chiarendoci da persone adulte riusciremo a...”

Vaffanculo, quattrocchi del cazzo, togliti dai coglioni! Capelli di Merda, ti ammazzo, a te e alla tua cazzo di fidanzata fulminata di merda! Hai capito? Dimmi che cazzo avete fatto!”

Jirou-san? Jirou-san stai bene?”

Stavolta è la voce di Ojiro ad urlare, “Non andarle vicino!” riesce solo a dire, allungando il braccio per fargli intendere di stare al suo posto, quando l’elettricità lascia il corpo di Kaminari e, incontrollata come all’inizio del primo anno, si estende in tutta la palestra senza un bersaglio preciso.

Fino a scaricarsi.

 

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Capitolo 23
*** 23. It burns ***


23. It burns...

 

 

 

 

La situazione ha del paradossale.

Jirou ha liberato il quirk di Kaminari, mettendo tutti in serio pericolo.

Senza por tempo in mezzo, Todoroki batte il piede sul terreno, creando uno scudo di ghiaccio e tentando di tenere a freno l’onda elettrica pronta ad investire chicchessia.

Ma è già partita, e alcuni vengono colpiti comunque.

Inoltre ha anche un altro serio problema da affrontare.

Bakugō sta per uccidere Kirishima, gli occhi neri di Momo iniettati di sangue e furia.

Ashido si para nel mezzo, d’istinto, per difendere il suo ragazzo dagli istinti omicidi di quel pazzo.

E i suoi palmi alzati si scaldano fino a divenire incandescenti.

Merda.

L’impulso è di saltare. E’ più forte di lui, tende il braccio destro nel tentativo disperato di proteggere il compagno nel corpo della sua ragazza.

Il ghiaccio va in pezzi senza remissione. L’onda d’urto è così forte che tutto ciò che gli riesce di fare è serrarsi Momo addosso, finendo col rotolare lontano.

Appena si fermano, riapre gli occhi.

Quelli di Yaoyorozu sono ancora chiusi. Un piccolo graffio si tende dalla tempia allo zigomo, spera che il braccio con cui le ha trattenuto la testa per evitare traumi a viso e collo – il sinistro- sia servito a qualcosa.

Bakugō? Ehi, Bakugō? Tutto bene?”, sussurra, inquieto.

Deve andare a vedere cosa diavolo è successo dall’altra parte. Se stanno tutti bene.

Ma adesso la cosa più urgente da fare è accertarsi delle condizioni di lei, cioé di lui. Oh, dannazione, insomma. “Bakugō?”.

La linea delle ciglia di Momo trema. Uno spicchio bianco si delimita tra le congiuntive, a fatica.

A contatto con il suo corpo riesce quasi a percepire il battito del cuore. E’ lento, nonostante la scarica di adrenalina che deve averlo investito poco prima di sclerare come un pazzo.

E’ stremato. Solo adesso che lo guarda tanto da vicino realizza i segni scuri sotto gli occhi, che il sapiente tocco di Ochaco aveva mascherato sotto il fondotinta.

Per un attimo prova qualcosa di simile alla pena per il compagno.

Deve essere terribilmente difficile per lui, convivere con quella situazione. Un corpo che non è il suo, femminile per giunta, quella dannata festa.

Lui e suo padre.

E adesso … tutto questo. Perché non tutti sono capaci di portare rispetto ai loro compagni, e il disastro appena verificatesi lo ha ampiamente dimostrato.

Di tutti quelli coinvolti in quella storia la maggior parte ha trafficato in qualche modo.

Ma … Ashido è senza dubbio quella che ha esagerato di più.

Il rancore per essere stato ingiustamente accusato da lui quel mattino, per il pugno in faccia che si era preso è già svanito.

Sta tenendo botta, Bakugō. Di brutto.

E questo lo innalza automaticamente nella sua stima.

Ancora di più che dopo i suoi consigli sia pure sui generis. In fondo … aveva solo cercato di aiutarlo, a modo suo; senza che gliene venisse nulla in tasca. “Bakugō, per favore riprenditi”.

Finalmente apre gli occhi neri. Ci mette qualche istante a metterlo a fuoco. “Uh?”, mugola, strizzando le palpebre. Poi aggrotta la fronte di Momo. “Levati di dosso, bastardo!”.

Todoroki scatta, liberandolo subito. “Scusa. Non sapevo come …”.

Bakugō lo ignora, cercando di mettersi a sedere e portando una mano al fianco, con una smorfia di dolore.

L’istinto è quello di afferrarlo per un gomito e tirarlo su. “Stai bene?”.

L’altro ritrae il braccio, lo scuote, neanche gliel’avesse scottato, con un’espressione furibonda tatuata sui tratti sempre dolci di Momo. “Le.Va.Ti. Adesso”.

D’un tratto sembra prenderlo un leggero mancamento; Shouto lo vede chiaramente rabbrividire, portarsi una mano alla tempia, strizzare forte gli occhi.

Vederlo in quello stato gli mette angoscia.

Il bel viso di Momo pallido, tirato, sofferente … Vorrebbe poter fare qualcosa.

Ma non ha idea di cosa.

Ha ragione, altroché no.

Una cosa del genere avrebbe mandato fuori di testa chiunque.

Anche uno più pacato di Bakugō.

Che ci mette poco a riaversi. Serra il pugno di Yaoyorozu, e gira sui tacchi pronto a scattare come un razzo; sembra debba crollare da un istante all’altro ma probabilmente ha tanta di quell’adrenalina in circolo da riuscirci e farsene avanzare un po’ per smontare qualcosa, o qualcuno; quindi non ci riflette granché, lo raggiunge e lo afferra da dietro, impedendogli di proseguire. “Bakugō no. Fermo. Calmati. Calmati, okay? Respira”.

Katsuki inizia a strattonare, provando a trascinarlo.

E’ come Todoroki immaginava: anche se sfinito non demorde.

Deve lottare, per evitare di farsi tramutare in un’ancora mezzo sepolta nel terreno da allenamento.

“Toglimi le mani di dosso!”, urla Bakugō, dimenandosi come un ossesso. “Devo andare a rompere la faccia a quei due bastardi! LASCIAMI MALEDETTO META’ E META’!”.

“STA’ FERMO, CAZZO!”, sbotta di rimando lui, esasperato.

La sorpresa è così grande che Katsuki cede. Si ammorbidisce nella stretta, placandosi di scatto; e ansima forte, come l’avesse colpito in faccia invece che gridare e basta.

Quasi come un giocattolo a batteria che ha esaurito la carica.

Gli si affloscia contro, deve far forza per sorreggerlo.

I seni di Momo gli toccano le braccia, i suoi lunghi capelli neri in disordine assoluto gli sventagliano sul viso.

Si rende conto di una cosa.

Il suo calore.

E’ più intenso, dacché il moto – e la furia- gli ha scaldato la pelle.

O forse semplicemente non ci aveva mai fatto caso.

Tuttavia non è questo che realizza, sentendosi venire meno per qualche istante la determinazione. “Calmati. Non costringermi a ricorrere al quirk”, gli bisbiglia, ma è chiaro che tanto non andrà più da nessuna parte.

“Lasciami andare, coglione a mezzo”, lo insulta quello di rimando.

Ma la voce pare non uscirgli.

E’ roca, spezzata. Graffia però in modo diverso.

Sembra quasi … “Bakugō, stai bene?”.

Fanculo”. Si scansa brutalmente, allontanandosi e voltandogli le spalle.

Che fremono, anche se impercettibilmente. “Bakugō?”.

Ma prima che possa fermarlo, è già corso via.

Forse con un ultimo sprazzo di energie, raccolte a fatica.

Vorrebbe pensare “povero Bakugō”, ma sa che lui non apprezzerebbe. Non se ne farebbe nulla della sua compassione; anzi, ricomincerebbe ad urlare, gli darebbe contro senza misericordia.

Rialza lo sguardo bicolore sugli altri.

Sembrano tutti stare bene.

Tranne lui.

E’ bene andare a dare un’occhiata.

 

Non ha avuto esitazioni quando si è trovato davanti alla porta dello spogliatoio: ha preso e imboccato quello delle femmine.

Sbatte la porta, se potesse la farebbe saltare in aria insieme a tutta quella fottuta scuola e i bastardi che ci stanno dentro.

E’ riuscito a scappare prima di mettersi a scoppiare davanti a tutti, specialmente allo stronzo a metà che sembrava non mollarlo un attimo.

Anche senza il suo quirk.

La furia che gli monta dentro è una cosa viva che implora di trovare sfogo in qualche modo. Sta odiando ferocemente Kirishima, una cosa del genere non se la sarebbe mai aspettata proprio da lui.

Okay, va bene. La sua donna è una pervertita del cazzo, la versione femminile di quel coglione di Mineta e per quello non ci poteva fare nulla, Bakugō lo sa.

Ma ciò non toglie che insomma, aveva fatto una cosa davvero, davvero brutta.

Quello che gli fa più male è il tradimento. Lo considerava un po’ il suo migliore amico, e quello pur di tenere contenta quella sciroccata di merda non aveva esitato a …

Cristo, non ci poteva nemmeno pensare.

Si lascia scivolare contro la parete. Merda. Quelle tette enormi non lo fanno respirare, e ora sono più sensibili che mai, fanno un male cane e gli viene da sbattere via tutti i santi perché ora gli tocca pure…

Impiccarsi al soffione della doccia non gli sembra poi tanto brutto. Senza scherzi.

Due colpi alla porta lo fanno trasalire. Gli pare che ogni vibrazione anche minima gli riverberi nello stomaco, e peggio di tutto nella pancia stimolando i nodi pulsanti di sofferenza all’interno.

L’effetto dell’antidolorifico dev’essere passato.

E ci credeva, con tutte quelle merdate che aveva dovuto subire, anche un sedativo per cavalli avrebbe perso efficacia, porca puttana. “Bakugō, sono io, Todoroki”.

Alza gli occhi al cielo. Dannazione, anche quelli gli fanno un male cane.

Per le lacrime che è riuscito ad ingoiare. Sono ancora lì, cristallizzate sotto le congiuntive.

No, il bastardo adesso non lo potrebbe reggere proprio. “Vattene! Hai sentito? Levati dal cazzo una buona volta, stronzo!”, gli urla.

Ma quello non se ne dà ragione. “Senti, Bakugō  … mi spiace … per quello che è capitato … al tuo corpo”.

E certo.

Figurarsi che spasso per lui adesso, dopo il pugno che si era rimediato in dormitorio.

Una bella vendetta prenderlo adesso per il cu … ehm, per i fondelli, pensa un po’. “Vaffan … fot … CREPA, BASTARDO!”.

Niente. E’ un osso duro, altro che no.

O forse solo un cretino che non tiene alla propria salute. “Dai, fatti accompagnare in camera, devo andare a vedere come sta Yaoyorozu”, insiste.

“Ma va’ pure dove cazzo ti pare, ci torno da solo in camera! LASCIAMI IN PACE!”.

Bakugō, apri questa porta! Oh, Jir... ehm, Ojiro”.

Ah ecco, ci mancava anche quest’altro.

“Come sta Bakugō?”, sente domandare alla vocina della secca.

“Immagina. Tu?”.

“Sto bene. Shinsou … mi ha impedito di prendere la scossa in pieno, sono solo un po’ stordito”.

“E perché non sei con lui?”.

“Perché … perché si sta riprendendo e gli serve tranquillità”.

“Ah”.

Un attimo di tregua. “Tu perché non sei da Yaoyorozu?”.

“Perché voglio accertarmi che Bakugō torni sano e salvo al dormitorio e non combini altre sciocchezze”, replica pronto il bastardo.

A Bakugō monta di nuovo la mosca al naso nel sentirgli quel tono così neutro. “SCIOCCHEZZE? MA COME TI VEDI, STRONZO A META’? SE TI AVESSERO FICCATO LE DITA NEL … LE CHIAMERESTI SCIOCCHEZZE? CRISTO!”.

Bakugō … dai. Ehi, in fondo … non è … una tragedia, sai? Insomma, voglio dire … io non me ne intendo, però so che lo fanno anche … tra ragazzi e ragazze, e …”, fa il caudato.

Immaginarsi anche lui che goduria, dopo l’attacco che aveva subito.

L’embolo minaccia pericolosamente di sfondare le pareti del cervello. “MA CHE CAZZO DICI! SE STA BENE A TE NON LO STA A ME! NON MI VA CHE MI SI FICCHINO COSE NEL CULO, PORCA MERDA!”.

Non ha nemmeno finito di schiarire le idee a quel deficiente che un’altra voce si aggiunge al coro. “BAKUGŌ!”.

Ossignore.

Ora li ammazza. Spazza via quella porta e li uccide, a cominciare da quel ... quel … “VATTENE, INFAME DI MERDA! NON FARTI PIU’ VEDERE DA ME IN GIRO O TI AMMAZZO!”.

Bakugō, mi dispiace! Per favore, perdonami, fratello, perdonami!”.

“FRATELLO UN CAZZO, A TUO FRATELLO NON FICCHI LE DITA IN CULO, STRONZO!”.

“NON HO FATTO NIENTE, TE LO GIURO!”.

“E TI ASPETTI CHE IO CI CREDA? MI CREDI COSI’ COGLIONE?!”.

Un attimo di silenzio. E poi di nuovo Kirishima, che urla così forte che pare possano sentirlo anche dalla fottuta sala professori. “Bakubro, se vuoi puoi ficcarmele tu! COSI’ SIAMO PARI!”.

“SPARISCI, CAPELLI DI MERDA!  ANDATEVENE TUTTI AL DIAVOLO, LEVATEVI DAL CAZZO O VI UCCIDO QUANDO ESCO!”. Sferra un pugno tremendo contro il pavimento, il dolore gli riverbera fino al cervello, per un istante lo paralizza come una fiammata.

Poi rammenta che quel corpo non è il suo.

E controlla la mano dolorante.

Si è spezzato un’unghia.

Un’unghia, sissignore.

Non ce la fa più. la rabbia, lo sgomento lo soffocano del tutto. 

E sbrocca. Si raggomitola su se stesso e comincia a piangere. Di brutto. Con le tette di Yaoyorozu che ad ogni singhiozzo gli sbattono sulle ginocchia.

E fanno male. Quasi quanto la pancia, che adesso pare si strizzi e si aggrovigli in una morsa d’acciaio. “Tette di merda, stronzi di merda, scuola di merda! Vaffanculo, vaffanculo, vaffanculo!”.

D’un tratto un tocco gentile sulla sua testa lo fa scattare.

Rialza lo sguardo arrossato, sfocato. “Cazzo vuoi pure tu, eh, Faccia Tonda? Ti diverti a spiare?”.

La ragazza trasale. Abbassa gli occhioni nocciola, si mordicchia il labbro. “No … ero solo… solo venuta a prendere … un bicchiere d’acqua per De… ehm, Momochan, quando … sei entrato. Non volevo origliare, perdonami”.

“Certo. Nessuno vuole mai fare niente qui. Stronzi tutti quanti”. Tira su col naso, ci passa la mano stretta a pugno.

Uraraka gli porge un fazzoletto.

“Ormoni del cazzo. Stupidi ormoni del cazzo”, sbotta, soffiandoci dentro.  

“E’ normale essere … più emotivi quando è … quel periodo. Succede … succede anche a me, sai?”, spiega Faccia Tonda.

E’ avvampata come un peperone.

Ma comunque non abbassa lo sguardo. “Sì, certo. Come no. Ma questa non è roba mia, porca puttana. Come non era nemmeno … cazzo. Vaffanculo, Capelli di merda, vaffanculo. Perché non te ne vai?”.

“Sì. Ora … ora vado. “Bakugō … semmai … avessi bisogno di qualcosa … puoi sempre contare su di me”.

“Uh. Ora ho bisogno di stare da solo”.

Appena Faccia Tonda esce richiudendosi dietro la porta, si prende la testa tra le mani.

I capelli gli danno fastidio, e quel poco che ha mangiato a pranzo gli si è piantato sullo stomaco.

Si sente come fosse rimasto solo al mondo.

Non può nemmeno chiamare i suoi.

E l’unico che forse considerava suo amico l’ha pugnalato alle spalle, anzi, un poco più giù.

E’ tutto uno schifo.

Afferra un asciugamano dalla panca, lo posa sotto la testa e ce la poggia, voltandosi sul fianco con cautela.

Fa male. Porca puttana se fa male. Come cazzo fanno le femmine ad allenarsi quando ce l’hanno? 

Gli pare di doversi dissanguare da un istante all’altro.

E’ una vera merda. Tutta una merda.

Vorrebbe solo morire.

Non è possibile, che Bakugō Katsuki abbia … il ciclo.

E che … il suo fondoschiena …

Cristo.

 

 

Angolino Asu:

Devo dirlo: dopo questo capitolo di Anya ho avuto pena per Bakugou! Qualcuno lo coccoli! (E detto da me vale doppio, eh Baku, quindi zitto e porta a casa!)

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Capitolo 24
*** 24. L'eroe della trapunta ***


24. L’eroe della trapunta

 

 

 

 

La porta si apre lentamente.

Molto lentamente. Midoriya ha già capito chi è e non gli piace.

Dopo quello che ha visto e sentito non vuole neanche rischiare. Lui è stato fortunato, il corpo di Mina Ashido non ha ancora deciso di odiarlo tanto da regalargli l’incubo del ciclo anche adesso che dentro ha lui, Midoriya.

A differenza del povero Ojiro e di Kacchan, naturalmente.

Ma dopo aver sentito che a volte capita che quando più ragazze stanno insieme a lungo viene a tutte più o meno nello stesso momento, è fuggito. Ochaco ha anche provato a fermarlo ma poi si è scatenata l’apocalisse e ha cambiato priorità.

Lui non sa neanche con certezza quello che è successo.

Ha solo sentito qualcosa, ma da lontano.

Erano tutti quanti fuori quindi a lui, che si è chiuso in palestra, è andata anche benone, tutto sommato. Non se ne può lamentare.

E’ ancora al sicuro, nella sua safe zone.

Forse se riesce a stare lontano da tutte quante le ragazze per due o tre giorni è salvo.

Sì, vuole pensarla così. Vuole credere davvero che sarà salvo.

Ci crede davvero.

Se ci crede andrà proprio così.

Deku? Sei qui?”

Oh no!

Oh, no!

Quella è la voce di una ragazza!

Non è di una della sua classe, ma è una ragazza!

Ne è certissimo.

Trattiene il fiato e fa silenzio più che può, ma non ottiene nient’altro che farsi comunque tradire dal fumo che esce dalla trapunta che ha usato per nascondersi e che adesso si sta pian piano sciogliendo.

Sciogliendo?

“ODDIO!” urla, tirandosi su di scatto.

L’acido di Ashido! Se ne è scordato completamente. Accidenti a lui.

“Ah, sei lì, Deku!”

Melissa. Perché Melissa è lì?

Oh, no! Anche se è Melissa è pur sempre una ragazza!

No, no! Non va bene per nulla!

“No, no, no! Non ti avvicinare!”

Melissa si ferma di scatto, sentendo la vocina di Ashido così tremolante e gracile. Lei non la conosce bene Ashido, ma è comunque strano sentirla così, ne è certa.

“Perché, Deku? Voglio solo aiutarti!”

“No, no! Non ti avvicinare ho detto! Non voglio a-a-avere il c-ci...no!”

“Ma...”

Midoriya-Shonen! La giovane Melissa è venuta qui per cercare di aiutarci, oggi,” la voce di All Might è gentile, e Midoriya si azzarda a mettere fuori il capo per guardarli.

I capelli rosa di Mina sono scarmigliati al massimo e i corni sul suo capo lievemente verso l’ingiù.

A-All Might...”

“Coraggio, giovane Midoriya! Che cosa ci fai lì nascosto?”

N-no, è solo che...che Melissa...”

“Senti Deku...non è che stai cercando di dirmi che...che non vuoi più stare con me, vero? Anche alla festa ho avuto un po’ quest’impressione, ho pensato che fosse perché cercavi di non farti scoprire ma....io...”

“NO! Nononononono, Melissa-san, No! Mai, io...mai...solo...”

“Giovane Midoriya...dovresti cercare di essere sincero. Forse...vi lascio un po’ da soli, d’accordo?”

“NO! All...All Might ti prego non mi abbandonare!”

“Ma è un discorso che dovete far da soli, Giovane Midoriya.”

S-s-sì ma...non è...io non voglio...” come fare a dir loro che non c’entra niente tutto quello ma che il problema principale è che non vuole rischiare per nessuna ragione al mondo di farsi contagiare dagli ormoni femminili?

Sa che sembra una cosa fuori dalla logica, ma che può farci?

Non riesce a non pensare a quello che ha detto Kacchan e al fatto che non vuole assolutamente che capiti a lui.

“Forse dovrei andarmene, All Might. Magari ha bisogno...di pensarci. Ci vediamo dopo, Deku.”

“No Melissa-san, aspetta, ti prego! E-esco...” riesce a dire alla fine.

Melissa si ferma sulla soglia della palestra, mentre Midoriya si libera della trapunta sotto cui si era nascosto ed esce allo scoperto.

Coraggio.

Vuole essere un eroe, no?

E allora che faccia l’eroe! Deve prendere esempio da Ojiro, che non si lamenta!

Sì. Ecco. Farà così.

Terrà duro.

“Ti chiedo scusa, Melissa-san. Non è per te, credimi. E’...per quello che è successo qui fuori prima. Kacchan e Ojiro-kun e...e magari ti spiego dopo, va bene? Con pazienza.”

Melissa annuisce, voltandosi verso di lui, “Sei sicuro, Deku?”

“Assolutamente sì.”

Melissa sorride, fiduciosa, ma quando fa per abbracciarlo Midoriya si ritira indietro riportandosi la trapunta sulla testa, “M-m-magari i contatti fisici quando torno nel mio corpo, eh? Che ne dici, Melissa-san?”

“Oh...oh, beh, certo, per rispetto ad Ashido-san.  Hai ragione, Deku.”

Midoriya ride nervosamente. Sì, questione di rispetto.

In fondo non occorre che Melissa sappia tutta tutta la verità.

“Ma...ma hai detto che sei qui per cercare di risolvere? Pensi di poterlo fare, Melissa-san?”

“Lo spero. Mi servono solo delle altre informazioni, ma sono venuta per questo. Devo parlare anche con gli altri e mettere insieme i pezzi!”

“Oh, meno male! Andiamo allora! Dobbiamo sbrigarci!”

“Ah, sì però...aspetta, Deku! Vengo anche io!”

 

 

Angolino Asu:

Vi chiedo scusa per questo capitolo che lascia intendere tutto e non spiega neanche come ha fatto Melissa a sapere tutta la storia. Mi farò perdonare molto presto :D

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Capitolo 25
*** 25. Fiori di mandorlo e ramoscelli d'ulivo ***


25. Fiori di mandorlo e ramoscelli d’ulivo

 

 

 

 

 

Esita.

Andare a vedere come stava Bakugō è stata soltanto un’ottima scappatoia, quando chi era in grado di muoversi aveva accompagnato i colpiti dalla scarica elettrica di Jirou-san in infermeria.

E’ arrabbiato. E confuso.

Shinsou è stato imperdonabile. Si era tanto incazzato per via di una sciocchezza – e non del genere che aveva fatto sfollare Bakugō- in cui aveva avuto solo una minima parte, e gli aveva taciuto di aver palpato Kaminari.

Forse dovrebbe andare a controllare prima se si sia ripresa Kyoka-chan. In fondo è nel suo corpo che si trova; e lei è stata quella che ha subito il danno maggiore, sarebbe bene informarsi della sua salute.

Fa per voltarsi e sbatte appunto in Denki. Sussultano entrambi, si staccano alla velocità della luce.

Kaminari distoglie lo sguardo. E’ innaturalmente rosso. “Ehi, oh … Ojiro”, fa in un soffio di voce.

“Ehi, Kaminari-kun. Stai bene?”.

“Sì, sì, oddio, sì. Insomma. Todoroki-kun mi ha impedito di prendere la scossa. E tu?”.

“Shinsou … si è parato davanti a me”, spiega piano, vergognandosi quasi. E subito cambia discorso. “Sono andato a vedere … come sta … Bakugō-kun”.

“E’ stato colpito?”.

“E affondato direi”. Si morde il labbro. “Oddio, mi spiace”.

Kaminari scuote piano la testa dai corti capelli biondi. E’ evidente che ha sentito anche lui del casino incorso a Bakugō. “Be’ … se non altro magari potrebbe diventare un pochino più … elastico, riguardo certe cose … oh merda”.

Si coprono entrambi la faccia, anche se sotto stanno ghignando.

Poi Denki torna serio. “Tu … sei arrabbiato con me, Ojiro?”.

N-no. Tu sei … quello che è stato molestato, in fin dei conti. E immagino non me l’abbia detto per ovvie ragioni”.

“Già”.

“Tu perché sei qui?”.

“Oh, be’ ecco io … io …”.

“Volevi sapere come sta Jirou, vero?”.

All’improvviso Kaminari si prende le tempie tra le mani. “Mi ucciderà. Me lo sento. Stavolta mi ammazzerà e il peggio è che … ha ragione. Io sono una schifezza, Ojiro. Quel che ho fatto … in quel bagno … è solo la punta dell’iceberg”.

“Io penso di no, sai Kaminari-kun?”. Mashiaro sospira. “Penso che se le spieghi come stanno le cose … lei possa … capirti. In fondo adesso è nel tuo corpo e … credimi, questo rende DAVVERO più elastici riguardo certe cose”.

“Non queste, Ojiro. Tu non ti sei incazzato con Shinsou?”.

“Sì, lì per lì”, ammette Mashirao. “Ma più che altro perché l’ha fatta tanto lunga per la storia del bagno quando neppure lui … ecco. Quanto meno io ti ho soltanto parlato ed ero comunque d’accordo, perché non potevi certo andartene in giro in quello stato. Lui invece ha allungato le mani e basta, senza nessuna giustificazione. Anche se era il mio corpo … mi ha comunque dato fastidio, ecco”.

“Immagino debba essere lusinghiero. Potresti interpretarla come il fatto che malgrado sapesse che siamo tutti incasinati, ti desidera moltissimo, Ojiro. Tanto da non riuscire a stare fermo”.

Ora è Mashirao che avvampa. O meglio Jirou.

E da come brillano i suoi occhi neri, gli occhi di Mashirao in cui dentro c’è Denki, è facile capire cosa stia vedendo. “Dovresti davvero dirglielo, Kaminari. Come lo hai detto a me. E’ … difficile controllarsi, quando hai davanti la persona che ti piace. Lo stiamo scoprendo a nostre spese”.

“E se la prendesse male?”.

“Non credo proprio. Kyoka-chan è … una ragazza dolcissima e comprensiva. Mi ha aiutato un sacco in questi giorni, io sarei crollato senza di lei, anche perché Hitoshi non mi ha aiutato granché. Oddio, non che non ci abbia provato, ma si è lasciato sviare e ha finito col farmi sentire peggio. Perciò, non ti preoccupare”. 

“Sì, però non avercela con lui, okay? Non è stato chissà che. Mi ha solo palpato un po’ le chiappe mentre mi chiudeva i calzoni … oddio, detta così sembra terribile, lo so”.

Ojiro/Jirou si mette a ridere. Povero Kaminari, se non fosse che è così “leggero” sarebbe rimasto come minimo traumatizzato, a venire palpeggiato da un altro ragazzo che per giunta è amico suo.

E sarebbe un tremendo sbaglio se quel rapporto s’incrinasse. Lui ama Hitoshi, ma Denki è un loro amico, è stato uno dei primi ad accogliere senza alcuna remora il nuovo arrivato e lavorare per farlo sentire a suo agio.

“Vedremo. Ma … penso tu debba andare da lei, adesso”.

Kaminari abbassa di nuovo lo sguardo nero.

“Avanti. Se devo chiarire io devi farlo anche tu. Vediamo di rimettere un po’ le cose in sesto, prima che vadano ancora peggio di così”.

“Perché, che altro potrebbe succedere secondo te?”.

“Onestamente spero nulla. Ma ormai sono preparato a tutto”.

Denki sospira platealmente. Poi rialza un’occhiata maliziosa. “Sì, ma niente oh. Badate bene”.

“Sta’ tranquillo, Kaminari. L’unico che corre il rischio di venire toccato saresti tu”.

“Ah ah”.

Ojiro coglie il movimento ondeggiante della coda.

Esita anche Kaminari. Ha paura, altroché se ce l’ha.

Ma devono. Entrambi. “Mettiti vicino alla porta di Jirou. Io resto qui. Al tre, le apriamo insieme”.

“Oh. Ma …”. Subito i suoi tratti si distendono. E il pennacchio biondo inizia a scrollarsi festoso.

“Grazie, Ojiro-kun. Be’ … per tutto”.

Mashirao gli batte una mano sulla spalla, e le guance gli si arrossano leggermente.

E’ proprio cotto perso, Kaminari.

Se non ce la fa stavolta lo aiuterà lui, decide Ojiro. Così, sui due piedi di Kyoka-chan.

Denki va a sistemarsi davanti alla porta.

Mashirao tende il braccio e chiude le dita sulla manopola. “Uno. Due. Tre”.

Dentro, l’odore di mandorlo in fiore è come al solito avvolgente.

Recovery ci tiene un sacco alla sua infermeria. Detesta l’odore dei disinfettanti, così ci tiene sempre qualche aggeggio per profumare l’aria.

Hitoshi è sdraiato sul letto. Sembra stare bene, le palpebre sono abbassate sulle iridi viola ma al rumore le riapre di scatto. “Ma … ehm, Mashirao”, mormora piano, raddrizzandosi a sedere.

E’ un po’ pallido. “Ciao, Hitoshi”. Stira un sorriso timido, fa un gesto come con la mano per afferrare qualcosa ma subito realizza che la coda è rimasta in dotazione a Kaminari.

Cavolo. Chissà quando la riavrà. Con lei è più facile, farsi comprendere senza dover parlare. “Come ti senti?”.

“Bene. Solo un po’ stordito, ma sto bene”. Si pizzica la radice del naso, strizzando gli occhi. “Tu come stai?”.

“Bene. Io sto bene”, risponde convinto Ojiro. E subito aggiunge: “Grazie a te”.

Shinsou annuisce.

Per un istante cala il silenzio, l’unico di cui si ode la voce è quel profumo dolce e invitante.

“Senti …”, esordiscono insieme, e si mettono a ridere.

“Prima tu”, fa Ojiro.

“No, prima tu”.

“Okay. Grazie … per avermi protetto. Mi dispiace se … ho perso il controllo, prima”.

“Dispiace anche a me, Mashi”. Shinsou si sistema meglio sul letto, gli fa segno di andare a sederglisi accanto.

Ojiro sospira. Avanza lentamente- accidenti, col delirio esploso poco prima aveva quasi scordato i crampi alla pancia, ma adesso tornano a farsi sentire- e si accomoda.

Ancora cerca accanto a sé.

Vorrebbe la sua coda, adesso. Vorrebbe stringerla e accarezzarla per rassicurarsi, come con un peluche o la copertina di quand’era bambino.

Vorrebbe accarezzare e stringere Shinsou.

Ma non può. E’ il corpo di Jirou, ha appena finito di parlare con Kaminari e non potrebbe mai.

Però… gli manca così tanto. Davvero.

La sera prima, quando erano sull’autobus stava da schifo.

Eppure quella vaga sensazione di … desiderio lo aveva investito comunque.

D’un tratto sente di non sapere più chi è. Prima di Shinsou … era un ragazzo come tanti, aspirante eroe, con un quirk “normale”, una faccia normale e un nome normale.

Da quando c’è lui invece … si sente diverso. Pieno. Amato. Compreso fino in fondo.

Gli fa male rammentare i suoi baci, e averlo così vicino senza poterli assaporare di nuovo.

E sicuramente fa male anche a lui. Per questo ha tastato Kaminari: è l’istinto, puro e semplice, di voler sentire la persona che si ama.

Ecco cosa ha davvero disastrato tutte le cose.

L’amore.

Kaminari, per amore di Kyoka non era riuscito a controllare il proprio corpo. Il suo, anzi.

Shinsou, per amor suo ha perso la bussola e mandato sul filo del rasoio un’amicizia.

Kirishima per far felice la sua ragazza ha fatto finire in malora un legame che sembrava indistruttibile… be’, okay. Lui forse ha po’ esagerato. Un tantino tanto, in realtà.

Mashirao avrebbe dovuto sentirsi offeso dalla reazione di Bakugō, da quelle parole taglienti, brutali.

Tutto ciò che però aveva provato era stata una pena infinita, e non riusciva ad avercela con lui per davvero.

Midoriya e Yaoyorozu sembrano gli unici ad essere scampati. Izuku non gli risulta stia con qualcuno, e Momo ha Todoroki.

L’unico forse che sta prendendo la faccenda col suo consueto stoicismo. Anche se probabilmente Bakugō è parte del problema: nessuno che sia sano di mente si farebbe venire strani impulsi sapendo di incorrere nelle sue ire.

Però … la sera prima si è comportato bene. Almeno per quel che ha potuto vedere è rimasto tranquillo, ha accettato di fare la conoscenza di Endeavor e ha persino ballato con Shouto.

Una cosa decisamente strana, considerato il caratteraccio del compagno.

Okay. Basta. Si è distratto troppo.

Abbastanza da sentirsi meno disperatamente attirato da quegli occhi profondi, dalle mani grandi e le labbra socchiuse del suo ragazzo. “Mi manchi”, mormora Shinsou, muovendole piano.

“Anche tu”.

Si sdraia, Hitoshi. Si volta sul fianco, portando un braccio sotto la testa a di cuscino.

Mashirao lo imita.

Certo che se entrasse qualcuno adesso e li vedesse chissà che delirio.

Ma … non è che gliene importi tanto in realtà.

Ci sono cose più serie da affrontare al riguardo. “‘Toshi”.

“Dimmi, Mashirao”.

“Se non dovessimo più tornare normali, ci hai pensato?”, gli sfugge.

Shinsou continua a fissarlo. Ci medita un solo istante. “Be’. Suppongo potrei adeguarmi”.

“Davvero?”.

“Per te potrei. Se … questa dovesse essere la tua forma definitiva … se sapessi … che non ci sarebbe modo di riaverti indietro così come ti ho conosciuto … così come … sei … allora lo farei. Diverrebbe irrimediabile e allora dovrei rassegnarmi, non sarebbe più la stessa cosa ma … per quanto ami il tuo corpo, Mashi, amo di più te”.

Gli occhi scuri di Jirou si riempiono di lacrime. “Non hai visto prima? Il mio primo istinto non è stato proteggere il tuo corpo, ma proteggere te. Se così fosse avrei pensato a Kaminari, no? Non avrei nemmeno posto caso al fatto che stavo quasi per saltargli alla gola. Sì, mi fa impazzire il fatto che ti abbia toccato, non posso farci nulla, è più forte di me. Non avrei mai creduto di poter essere … così geloso. Ma … nonostante questo … tu sei più di un corpo, Mashirao”.

Shinsou sospira. Forte. Ha gli occhi lucidi, si sta sforzando di non cedere anche lui alla cappa di amarezza che quell’ipotesi ha gettato su entrambi. “Certo, mi mancherebbero i tuoi occhi, il tuo sorriso, la tua coda, e … tante altre cose. Ma poi mi ci abituerei, perché sentirei te, bacerei te e … quei centimetri in più o in meno da qualche parte … in fin dei conti, hanno poco senso se vuoi davvero qualcuno. Anche adesso sto morendo dalla voglia di toccarti, è soltanto per Jirou che non lo faccio”.

Mashirao abbozza un sorriso triste, un patetico tentativo di farsi coraggio.

Ma una lacrima rotola fuori comunque, cadendo sul cuscino.

Poi un’altra. “Ma io rivoglio il mio corpo”, pigola piano.

Accidenti. Dev’essere ancora preda delle fluttuazioni ormonali.

“E’ normale, Mashirao”.

“Ma a me va bene lo stesso … mi piace essere normale”.

Shinsou lo fissa in un modo strano.

E si morde un labbro. Cerca di trattenere un ghigno ma alla fine non ci riesce. “Volevo dire che … è ovvio che tu rivoglia il tuo corpo”.

Ojiro spalanca gli occhi. E tra le guance rigate di Jirou spunta un sorriso.

Dio, quanto vorrebbe potergli prendere la mano, adesso.

Ha promesso a Kaminari che non sarebbe accaduto nulla.

E quasi leggendogli nel pensiero, è Hitoshi ad allungarla verso la sua. Quella di Jirou.

Ojiro la ritrae. “‘Toshi …”.

Eddai, e che cavolo. E’ soltanto una mano, si dà anche ad un estraneo la mano, in Occidente”. 

“‘Toshi”, ripete in tono più convinto.

“E va bene”, sbuffa. “Neanche due dita?”.

Ora Mashirao scoppia a ridere. Mette entrambe le mani davanti al viso, la sua stessa risata gli fa venire una fitta lancinante alla tempia, si vergogna da matti ma non ce la fa a smettere. “Oddio, Hitoshi!”.

Shinsou assume la sua espressione più tipica, quella sussiegosa. “E’ brutto che io lo dica, perché così sembrerebbe che sia una cosa disdicevole e assolutamente non lo, ma se lo merita un po’. Non ha avuto un attimo di rispetto per nessuno, mai, se avessi potuto l’avrei lasciato sotto brainwash fin adesso, che forse sarebbe stata la cosa migliore. Non ha fatto che sbraitare e rompere tutto il tempo, anche con te oggi. Non fosse stato per Yaoyorozu l’avrei picchiato anche lui, te lo giuro”.

Mashirao non si sente totalmente d’accordo col parere di Hitoshi.

L’ha pensato giusto poco prima. Ma d’altronde, Shinsou guarda solo ciò che viene fatto a Ojiro, e null’altro.

“A me comunque dispiace per lui. Sono …. Andato a vedere come stava, prima, tanto qui non mi avrebbero fatto entrare”. Saggiamente sorvola sulle parole che Bakugō gli ha urlato contro. “Credo gli sia venuta una crisi di nervi, poveraccio”.

“Torno a dire, gli sta bene. Anche se io non ci crederò mai. Kirishima non può aver fatto questo a Bakugō. Semplicemente, non può”. Hitoshi scuote la testa, i capelli sono più scompigliati del solito. “Ma sono affari loro”.

Ojiro lo guarda. Allunga piano anche lui la mano di Jirou, sfiora appena la punta delle dita di Hitoshi, solo con il piccolissimo spicchio di pelle della punta. “Sai, qui accanto da Jirou c’è Kaminari. L’ho incoraggiato a parlare con lei”.

“Ah sì?”.

“Sì. Spero tanto che vada bene”. Si raddrizza, mettendosi a fissare il soffitto bianco percorso dai fasci di luce della finestra. Inizia ad imbrunire.

Un’altra notte da trascorrere in un corpo non suo.

Chissà quante ancora ne passeranno. “Lo perdonerai, ‘Toshi?”.

“Ci sto ancora pensando”.

“Se tu non lo perdoni, io non perdono te”.

“Parli sul serio?”. Shinsou è stupito. “Oh, e va bene”.

“Grazie”.

Hitoshi sbuffa. “Di certo c’è da dire che se restassero … davvero tutti così non invidierei certo Todoroki. Lui è quello messo peggio da un certo punto di vista. Ha presentato Yaoyorozu a suo padre, quindi si è sputtanato. Con che faccia potrebbe presentarsi a casa con Midoriya? All’Eroe numero Uno verrebbe un colpo come minimo”.

“Già. Povero Todoroki”.

 

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Capitolo 26
*** 26. Sincerità ***


26. Sincerità

 

 

 

 

Kaminari abbassa la maniglia nello stesso momento in cui lo fa anche Ojiro. E spariscono entrambi.

Solo che Kaminari si ritrova davanti Jirou, e per un attimo gli manca la terra sotto i piedi.

Cosa le deve dire adesso? E poi, accidenti, è così difficile parlare con la ragazza che gli piace mentre, per di più, ha la sua faccia!

E’ doppiamente strano. Assurdo.

E ancora di più quando Jirou alza gli occhi su di lui e subito li riabbassa.

Ecco.

E’ la fine.

La coda continua a fare avanti e indietro e a sbattere dappertutto e non riesce minimamente a fermarla. Ormai fa tutto da sé.

Stupida coda. E’ stato tutto per colpa sua, o meglio di Shinsou, di Monoma. E della gelosia.

No, non è vero. E’ stata anche colpa sua, non può fare scaricabarile di continuo. E’ stato un po’ tutto.

Deve prendersi le sue responsabilità.

Jirou...ciao.”

“Ciao, Kaminari.”

Kaminari stira le labbra, “Ecco...mh...stai bene?”

“Sì. Mi sto riprendendo, grazie.”

“Mi...mi dispiace. E’ stato il mio quirk, a volte è ingestibile e...ma mi fa piacere che tu stia meglio, adesso...”

Jirou abbozza un sorriso, “Sì, beh, non credo che sia colpa tua. L’importante è che non si è fatto male nessuno, no?”

“Immagino di sì.”

Abbassano entrambi gli occhi e per un po’, forse per troppo tempo, rimangono in silenzio.

Kaminari sente parlare dalla stanza accanto, quella dove sono Shinsou e Ojiro nel corpo di Jirou, e la tentazione di andare da loro a chiedere manforte o, meglio ancora, andarsene e basta, è tanta.

Ma non lo fa.

Per qualche motivo non si muove. I piedi non lo ascoltano. La coda continua a sbattere ovunque.

Ed è quella che attira l’attenzione di Jirou, che incrocia le braccia strette al petto.

“Senti...” inizia, a disagio, “Quello che vi siete sputati addosso prima, tu e Shinsou...”

Kaminari arrossisce fino alla punta dei capelli cortissimi di Ojiro, la coda plana a terra con una forza tale che gli si rizzano per un attimo i peli dietro la nuca. “Ignora tutto. Fai finta che non abbiamo detto nulla! Non è una cosa...importante.”

“Ma a me sembra di sì, invece!” esclama, risoluta, “In che cosa ti ha aiutato, Ojiro? Che avete fatto in quel bagno? Cioè voglio dire...è super fraintendibile e...”

Kaminari è costretto a prendere la coda con tutte e due le mani per tenerla ferma e non rischiare di strozzarcisi. Il corpo di Ojiro si sta opponendo con tutto se stesso. E se non è possibile a lui sembra comunque così.

“Mi fai paura, così...”

M-Ma no, Jirou-san...comprendimi, non è facile da dire!”

Jirou ha un brivido. L’elettricità statica le percorre tutto il corpo, “-San? Allora è grave!”

“No!” sbotta Kaminari, pieno fino a scoppiare, “Ma, ecco...beh, ecco...Cazzo! E tu, allora? Tu perché hai iniziato ad ignorarmi?!”

Il cambio di argomento è così brusco e netto che Jirou si ritrova spiazzata. Ma non è abbastanza fredda in quel momento da farglielo notare e basta. “Io...beh, io mi vergognavo!”

“Di...di cosa?”

Jirou deglutisce, “Beh io...io ho...”

S-sì?”

“Accidenti! Non ci riesco!”

E Kaminari, da quando è entrato in quella stanza, abbozza appena un sorriso, “Non è facile da dire eh? Adesso puoi capirmi.”

“Cosa dovrei capire, Kaminari?!”

Kaminari si morde la lingua. Giocato con le sue stesse mani.

Continuare così è ridicolo. Tanto valeva essere onesti, anche perché girarci intorno in quel modo fa male ad entrambi.

“Io...capire che, insomma...cazzo...ecco...-”

“Insomma io ero sola!” lo interruppe lei, “Non ho coinvolto nessuno a parte te! Cioè...me...insomma...oh cazzo!” sbotta, per poi sospirare, “Dovremmo smetterla di dirlo....”

Kaminari sgrana appena gli occhi, “Sì ma non..cioè non...Ojiro non ha fatto niente, voglio dire...era...fuori....non riuscivo, solo, perché ero nervoso, voglio dire...uffa, che palle!”

Jirou si copre il volto con le mani, ormai al colmo del rossore, “Dovremmo davvero finirla, Kaminari. Anche se....beh sì. Diciamo che ti capisco, ecco.”

“Sì. Hai ragione,” annuisce anche Kaminari, tirandosi su la coda fino praticamente a sparirci dietro.

“Il fatto è che mi sentivo in colpa per Ojiro quella mattina! Poveretto gli ho anche fatto fare una figura di mer...ehm, pessima figura e poi c’eri tu che...”

“In fondo era il corpo di Ojiro-kun e...”

“...che mi avevi negato il saluto e...”

“Aspetta! Che c’entro io adesso, scusa?!”

Kaminari si blocca, “Ma come, non l’hai ancora capito?”

“No! Cosa dovrei capire?!”

Accidenti. Si è fregato da solo.

Se solo fosse stato zitto, forse...

Ma ormai è tardi. Ormai ha parlato.

Che fare? Uscire e andarsene significa anche rischiare di non avere più un’occasione con Jirou.

Restare vuol anche dire spifferarle tutto e rischiare, però.

E’ abbastanza eroe da rischiare? E’ questo che deve chiedersi.

Ma in fondo è una domanda inutile.

Per Jirou farebbe tutto.

“Non...è che Ojiro mi ha aiutato perché era il suo corpo. E’ stato perché...insomma, perché era te. La tua...la tua voce. E’ per questo anche che...insomma...oh, al diavolo! Stavo pensando a te!” sbotta alla fine, tutto d’un fiato.

E’ la verità.

Inutile nascondersi.

“A...a me?”

S-sì.”

“E...perché?”

Kaminari sgrana gli occhi. Oh, andiamo! Possibile mai!

Jirou è intelligente! Entrare nel suo corpo deve avergli fatto male sul serio se si ritrova a non capire cose così palesi!

P-perché mi piaci, okay? P-p-per questo mi...mi è...ti prego dimmi che hai capito perché sennò ti giuro che mi butto dalla finestra e tanti saluti a tutti quanti!”

“E’ il corpo di Ojiro...”

“Eh,” sospira.

Anche Jirou sospira, ma stavolta sorride anche. Timida, appena. “Anche tu mi piaci, Kaminari. E...e anche io stavo...stavo...” deglutisce. Dirlo. Deve dirlo. Kaminari l’ha fatto. E’ stato onesto. “Anche io stavo pensando a te, quando...Quando ho...fatto...”

Ma Kaminari ormai ha già staccato la spina.

Non è sicuro di aver capito.

Anzi, sì. Ha capito che sta sognando. Ad occhi aperti. Presto si sveglierà e sarà nel suo letto, e tutta quella storia di scambi e erezioni non volute e altre cose imbarazzanti saranno...sparite.

Volatilizzate nel nulla.

Per forza. Deve essere così per forza.

“Cos’è che hai...detto?”

“Ho detto che...non è stato perché è normale. Io...ero nel tuo letto, fra le tue cose, e...e il tuo odore. E mi sono...agitata. Ecco. E’ andata così!”

Ojiro lo perdonerà se adesso sviene. Gli ha perdonando l’imperdonabile, un bernoccolo non può essere così grave, tutto sommato.

“Oddio! Pichacku!”

Dall’urlo, probabilmente è svenuto sul serio.

E’ strano, però. La coda continua a fare come gli pare. Scodinzola bellamente come una forsennata.

Di sicuro non sa nascondere la sia felicità. Né la coda né Kaminari.

 

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Capitolo 27
*** 27. L'insostenibile leggerezza dell'essere Shouto Todoroki ***


27. L’insostenibile leggerezza dell’essere Shouto Todoroki

                                 

 

 

 

Due colpi contro la porta lo fanno trasalire. Riapre gli occhi di scatto, spaesato, non ha idea di cosa sia successo.

Realizza soltanto adesso che ha dormito. Non sa quanto. “Bakugō, apri questa porta”. La voce di Morto di sonno-sensei.

Si porta la mano alla fronte. Sembra debba scoppiargli il cervello. “E’ già aperto”, gracchia.

Ha scordato di chiuderla a chiave quando è uscita Uraraka.

Aizawa schiude il battente. Insinua dentro lo sguardo apparentemente neutro ma acutissimo, senza però azzardarsi ad entrare.

In un altro momento avrebbe odiato quel riguardo, senza scherzi.

Eppure adesso si sente spaventosamente vulnerabile.

“Stai bene, Bakugō?”, domanda Aizawa.

Dio Santo, quella domanda. Era già inutile prima per Katsuki, ora è addirittura pleonastica se non offensiva.

Può forse andare tutto bene, ridotto com’è? Scempio del suo corpo, scempio della sua mente e ora anche dell’esistenza come stava forse imparando ad apprezzare fin qui, quel non dover per forza essere un asociale del cavolo, quei tentativi di stringere legami che andassero oltre il temerlo per la sua potenza.

Avrebbe fatto meglio a continuare come ha sempre fatto.

Ora starebbe meno di merda, sicuro. Si sarebbe rinfrancato col pensiero di ammazzare quei due bastardi, appena fosse stato in grado di reggersi in piedi senza vacillare. “Uh”.

“Ti serve aiuto per tornare in dormitorio?”.

“No”. Si rimette faticosamente eretto, la schiena urla esattamente come fa lui.

A passo di tartaruga si avvia verso l’uscita, lasciando anche il borsone.

Quando esce trova due sorprese, nessuna delle due gradita.

Uno, ha iniziato a far buio.

Due, Aizawa non è da solo.

C’è quel demente di Todoroki con lui. “Tu che cazzo ci fai ancora qui? Ti avevo detto …”.

“Non potevo andarmene sapendo che eri lì da solo”, replica quello in tono pacato, tranquillo come se avesse schiacciato un pisolino anche lui, riposandosi dopo la fatica di ridergli dietro.

Inizia a pulsargli qualcosa, dentro la tempia.

Oltre che nel basso ventre.

Fa un male boia. E non poter spaccare qualcosa – qualcuno- lo fa sentire anche più da cani di quanto già non stesse.

E quello … quel bastardo maledetto lo fissa con stampata sulla faccia a metà un’espressione che Santo Dio, a poterlo fare gli frantumerebbe la spina dorsale a pedate.

Sembra impietosito, più che inquieto adesso.

Come se gli spiacesse davvero per lui.

E questo pensiero sbatte Bakugō fuori dalla residua grazia divina – molto, molto poca, visto quello che gli stava capitando- che ancora potesse serbare.

Come cazzo gli salta in mente a quello là di provare pena per lui?

Che … ma che cazzo … “Todoroki, lo accompagni tu?”.

“Sì, sensei”.

Katsuki alza immediatamente le mani, portandole avanti. “Non ci pensare. Stammi almeno a cento metri, idiota”. Lo sorpassa e cammina a passo marziale, per quanto gli sia concesso dai crampi.

Fanculo. Fanculo. Fanculo.

Sta odiando il mondo. La vita.

Todoroki, soprattutto. Che gli sta appiccicato al culo finché non arriva in dormitorio, davanti all’ascensore.

Grazie a Dio la sala comune è vuota. Sono tutti esauriti, gli stronzi.

E pensare che alla maggior parte di loro non è capitato proprio un bel cazzo di niente, altroché.

E hanno il coraggio di lamentarsi. “Non puoi salire qui, cretino”.

“Ti accompagno soltanto fino alla porta. Voglio essere tranquillo”, replica ancora, con un coraggio che sfiora l’imprudenza.

O l’istinto suicida, probabile. Forse sta iniziando ad elaborare il trauma, pure lui, e ha deciso che è meglio crepare piuttosto che darci ancora dentro con la sua patetica esistenza. “Be’, sì cazzo, sai, piacerebbe anche a me”.

Lo accompagna imperterrito fino alla porta di Coda di cavallo.

Certo che per essere resistente lo è. Anche troppo.

Bakugō?”, lo chiama il bastardo a metà, appena apre il battente.

Vorrebbe solo fare una doccia calda e scordare tutto. Dimenticarsi di quella giornata da incubo, e quelle precedenti. “Cazzo vuoi ancora, bastardo?”.

“Cerca di riposarti e prenderti cura di te. Buonanotte”, mormora quello, girando sui tacchi e dirigendosi verso l’ascensore come nulla fosse.

Già.

Lui può fare finta che non sia accaduto nulla.

Ma per Katsuki  niente sarà più come prima.

Chiude la porta, leva l’uniforme attento a non toccarsi.

Anche il suo migliore amico l’ha tradito. Ha … preferito dar retta a quella scoppiata, piuttosto che tenere fede alla loro amicizia, al loro legame.

Non gli è rimasto più nessuno.

E’ da solo. A parte la pietà di Faccia Tonda e del dannato a metà, che gli consiglia di “prendersi cura di sé”, quel pezzo di … vabbé.

Cose di cui farebbe volentieri a meno.

Tsk.

 

 

 

Quando torna di sotto, dopo essersi accertato che il compagno fosse al sicuro nella camera di Momo, inclina leggermente la schiena stiracchiandosi.

Ha chiesto gentilmente a Shoji, ancora sotto shock per la lite di quel mattino, se poteva portargli la cartella lasciata in classe prima della lezione di ginnastica. Aveva immaginato che sarebbe andata per le lunghe, e non voleva rischiare di dover rimandare tutto a quando Bakugō si sarebbe deciso a venire fuori da lì.

E ha avuto ragione.

A stare seduto lì per terra gli è venuto un pungolo all’osso sacro, fastidiosissimo.

Ma certo non è nulla in confronto a quel che sta passando Bakugō.

Non ha avuto cuore di piantarlo lì da solo.

Quando Uraraka è uscita di corsa, ore prima, ha tentato di domandarle come stesse.

Ma non si era lasciata parlare, era scappata come avesse i diavoli alle calcagna e Shouto non era riuscito a spiegarsene il motivo.

In compenso aveva letto “Guerra e Pace”, come si riproponeva di fare da mesi. Per tre quarti.

Se non fosse arrivato Aizawa probabilmente avrebbe finito.

A differenza di questa storiaccia che sembra prendere pieghe sempre peggiori, persino più di un romanzo di milleseicento pagine, proprio come il libro che ha quasi portato a termine.

Qui invece non c’è ancora una soluzione al casino scatenato da una causa ancora del tutto sconosciuta, e nessuno è in grado di sapere quanto ancora durerà.

E se la pace è ben lontana da essere raggiunta, la guerra al contrario è ben aperta, adesso.

Attende che si aprano le porte dell’ascensore. E quando lo fanno spunta fuori giusto Ochaco. “Ah, Todoroki-kun, ciao”.

“Buonasera a te, Uraraka-san”. Sembra un po’ impacciata nel trovarlo nell’ala femminile, così spiega subito: “Ho appena riaccompagnato Bakugō in camera”.

“Sì? E … come sta?”.

“Fisicamente sembra così così. Ma … mentalmente credo sia a pezzi. Probabilmente quando questa storia finirà gli servirà un periodo di riposo, oggi è stato il colpo di grazia”.

“Già. Io … andavo da Tsuyu-chan, mi ha chiesto se guardiamo insieme un film. E sinceramente sento proprio la necessità di staccare un po’, anch’io”.

“Ti capisco”. Poi, rammentando che Ochaco era insieme a Yaoyorozu prima che partisse la sarabanda, le chiede: “Sai dov’è Momo?”.

“In camera sua … cioè, quella di Deku-kun, l’ho accompagnata subito dopo … il disastro e dopo i compiti sono tornata a vedere come stava. Era molto agitata per via di quello ch’è successo, ma sta bene, non è stata colpita”.

“E tu, tutto bene?”.                         

Uraraka abbassa piano lo sguardo, le sue guance tonde sembrano colorirsi un po’, d’imbarazzo. “Ehhh … sì”. Poi però cambia tono. Si fa determinata, e rialza lo sguardo colmando tutti quei venti centimetri di differenza tra loro due. “A questo proposito … ascolta Todoroki-kun, devo dirti una cosa. Ho cercato di fartelo capire ieri sera, con garbo, ma … a quanto pare non sono stata compresa. Perdona la franchezza ma … io credo tu stia esagerando. Sul serio”.

Gli occhi spaiati di Shouto la fissano assenti, senza capire. “Con Momo-chan. La stai davvero mettendo troppo da parte … lei si sente ferita, capisci? Stai sempre intorno a Bakugō, e … be’, lei … anche lei ha bisogno di comprensione. In fondo anche lei è in questa stessa situazione”, sbotta Ochaco.

Lì per lì tace, sentendosi messo sotto processo.

Ma il disappunto per l’ingiustizia di quell’accusa ci mette poco a farsi sentire.

Cioè … seriamente? E’ diventato un casino della malora, tutti hanno rimestato a casaccio, tradito amicizie, mandato a monte relazioni e … l’unico a finire alla sbarra è proprio lui?

E no, caspita. Può anche essere un cavaliere, ma a tenersi questa non ci sta.

Anche se è una ragazza a puntargli contro l’indice. “Tu credi, Uraraka? Io no. Momo è una persona intelligente e razionale. Io mi fido di lei, sa perfettamente come controllare le proprie azioni e reazioni per non trovarsi in difficoltà. Inoltre so che conta su di me perché mi prenda cura del suo corpo, perché nessuno di coloro che sono in questo impiccio può utilizzare il quirk, hai visto cos’è successo prima, no? Quindi tocca a me, farmi carico di quest’impegno verso la mia ragazza. Non posso certo chiederlo a qualcun altro. Inoltre Bakugō è preso su più fronti, a differenza di Momo. Sta affrontando più guai di tutti quanti gli altri”.

“Ma …”.

“Sì, è vero. Ojiro e Shinsou hanno anche loro la loro dose di mal di testa, ma possono sempre contare l’uno sull’altro. Nonostante la lite, Shinsou ha protetto Ojiro dalla scossa. Jirou ha voi ragazze, Kaminari può fare affidamento su Sero e gli altri. Bakugou aveva soltanto Kirishima, e questo deve dividersi tra il suo amico e la sua fidanzata. Che non è certo una persona ragionevole, e i fatti lo hanno dimostrato”, sentenzia, in tono fermo anche lui. “Per questo non mi sento di darti ragione. Momo lo sa che tengo a lei, ma adesso il mio dovere è vigilare sull’incolumità del suo corpo. E sono sicurissimo che quel che tu ritieni così grave è soltanto un momento di stress dovuto a questa assurda circostanza. Appena torneranno ognuno al loro posto, si sistemerà tutto”. Poi, quasi come si sia reso conto di aver messo troppa enfasi nella propria difesa, abbozza un’espressione conciliante. “Ma credo comunque che tu abbia ragione. Andrò da lei”.

“Bene”. Ochako, che si era già ammorbidita, ora stira un sorriso. “Allora buonanotte, Todoroki-kun”.

“Buonanotte, Uraraka-san”.

La guarda allontanarsi lungo il corridoio, bussare alla porta di Asui-san.

Lui entra in ascensore e scende a piano terra,con l’intento ad andare a trovare Yaoyorozu.

Ma avverte dei rumori nel cucinotto, e per un istante si domanda se non sia appunto lei ch’è scesa per prepararsi un tè.

Così va a controllare. “Oh, Kirishima”.

“Ehi, ciao, Todoroki”.

Ha una faccia da funerale. Lunga e pallida e con una piega amara della bocca sempre sorridente. “Vuoi una tazza di latte caldo?”.

“Veramente …”. Dovrebbe andare da Yaoyorozu, già.

Ma Kirishima sembra davvero un’anima in pena. Pare stia sul punto di mettersi a piangere, anche lui.

Lo hanno lasciato tutti, e non è difficile capire perché.

Ha sbagliato. In pieno. Non è stato l’unico, ormai è cosa risaputa ma sicuramente è stato quello che l’ha combinata più grossa.

Massì. Penso che ne abbiamo bisogno un po’ tutti dopo oggi”.

Eijirō prende un’altra tazza, ci versa dentro il latte dal bollitore. “Abbiamo rotto”.

“Ah?”.

“Io e Ashido. L’ho lasciata”.

Todoroki sgrana gli occhi, interdetto. “Ma … perché?”.

“Perché quel che è successo oggi … è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Io … oggesù, io la amo. Ma mi sta facendo impazzire e ora come ora mi pare di non poter sopportare più niente. Bakugō non vorrà più vedermi nemmeno dipinto, c’è da scommetterci, e la cosa peggiore è che anche se ti sembrerà impossibile da credere, io non ho fatto niente”.

“Non ti seguo”.

“Ieri sera, quando siamo tornati dalla festa, no? Ho portato Midoriya in camera, assieme a Mina”, spiega. “Lo ha spogliato, lo ha messo a letto mentre io aspettavo fuori, quindi siamo tornati nel dormitorio maschile. E lei mi ha chiesto se non le mancassi nemmeno un po’, se … non mi mancasse fare certe cose con lei. Vorrai scherzare, le ho detto. Ma non potevamo certo, no? Sono giorni che le corro dietro in lungo e in largo dappertutto per evitare che si cacci nei guai, o che ci cacci Bakugō”. Sospira, forte. “E così … ha iniziato a fare discorsi strani. Cioè, più strani ancora dei suoi soliti. Su … quanto … insomma … be’ sai, no? Cose da maschi”.

Todoroki è sempre più perplesso. No, non sa.

Cioè, oddio, qualcosina sì. In fondo ha una ragazza. E alcuni … eventi si verificano anche nel suo corpo, quindi fino ad un certo punto lo comprende. “Voleva … ah. Cazzo. Scusa Todoroki, non ci riesco a parlarne con te”.

“Non mi pare che io non sia un maschio. Capisco che le cose siano un po’ confuse ma almeno noi due siamo a posto”.

Kirishima stira un sorriso depresso. “Ti sembra che siamo a posto? Vabbé che tu hai Yaoyorozu. Con lei è tutta un’altra storia, di sicuro”.

Eh già. Yaoyorozu che dovrebbe andare a vedere come sta.

Ma … ora è vagamente curioso. Non è nella sua natura, ma vuole vederci chiaro in quella storia.

Se Kirishima ha detto di essere innocente, vuol dire che hanno frainteso tutti quel che ha sbandierato quel linguacciuto di Mineta.

E a lui non piace essere pregiudizievole. Se esiste un modo per recuperare le cose, salvarle prima che vengano distrutte del tutto, allora è suo dovere intervenire.

D’altronde è anche per questo che si prodiga un Eroe, no? “Tempo fa mi ha … confidato di aver girato un po’ in rete. Così, giusto per curiosità. Ha letto che … ecco … quella roba … della prostata, sì”. Eijirō ha la faccia in fiamme come i capelli, pare stia annegando l’imbarazzo nella tazza.

“Mio nonno aveva la prostata”, ribatte pronto Shouto.

Kirishima sgrana gli occhi. E malgrado tutto ridacchia. “Non ce l’aveva solo tuo nonno, Todoroki. Ce l’abbiamo tutti, eh. Forse vuoi dire che aveva un’infiammazione della prostata. Capita, specie dopo una certa età. Ma quella … be’, ce l’abbiamo tutti noi uomini, e pare sia … un po’ come il Santo Graal. Hai presente? La devi cercare bene bene e se la trovi … BOOM. Un po’ come il punto G delle ragazze”.

Ora è Todoroki quello in imbarazzo.

Che lingua sconosciuta sta parlando Kirishima? Lui non ci sta capendo quasi niente.

Chi, cosa, dove?

No, dove no. O sì? “Non mi guardare così, prima di Mina anch’io sapevo solo … ecco, insomma, quelle quattro cose in croce. Il minimo sindacale, e mi stavano bene quelle. Ma a lei piace sperimentare, e onestamente a me pure. Solo che su certe cose ho sempre messo il veto. Ogni tanto va tenuta al guinzaglio, sennò chissà fin dove è capace di spingersi. A volte fa paura perfino a me”. Beve un sorso, e Shouto fa altrettanto.

Probabilmente dà per scontato che anche lui, con Momo … abbia fatto roba.

Quanto meno quella ordinaria.

Se non altro perché stanno insieme da tre mesi.

E c’era anche lui il giorno in cui durante il discorso di Aizawa Ashido si era alzata in piedi trillando:  “Oh, grazie prof! Kiri, ciccio, quando torniamo al dormitorio ho un paio di cose da farti vedere!”.

Tutti avevano preso fuoco neanche avesse sventagliato lui il suo mezzo quirk.

Aizawa compreso, che aveva tossicchiato e borbottato qualcosa tipo un: “Ashido, siediti e sta’ zitta, per favore”.

Ed era stato … sollevato che Momo fosse assente. Non stavano ancora insieme, tuttavia col senno di poi ci aveva riflettuto spesso, su quell’episodio.

“Più di una volta mi ha chiesto se … potevamo provare. A cercarla, intendo. Ovviamente riferito a me. E non ho mai voluto, insomma, dai, cazzo. Un conto è una ragazza, tutta delicata e profumata e via dicendo. Ma … infilare … qualcosa nel … ehm, nel fondoschiena di un ragazzo … dai. Siamo uomini, per la miseria. Non che io abbia pregiudizi, eh! Figurati. Non si tratta di quello. Solo … bah. Io non ce la faccio. Non ci riesco proprio”.

Mhmm mhmm”.

“Stavolta … ha cominciato ad insistere. E non la smetteva, tant’è che alla fine mi sono spazientito e me ne sono andato sbattendo la porta, sono tornato in camera mia. L’ho minacciata dicendole che se combinava qualcosa l’avrei comunque saputo, perché non esiste che lei faccia qualcosa e poi non si metta in piazza da sola. Possibile che non lo capisse, santa miseria? Era il corpo di Bakugō. Lo stesso Bakugō che siamo andati a recuperare da quei bastardi, con cui a fatica sono riuscito a costruire un rapporto di amicizia, con cui ne abbiamo passate di tutti i colori. Io non potevo fargli questo, nemmeno per compiacere lei”.

Pur nebuloso, un vago pensiero si delinea nella mente di Shouto. “Ma … voleva, per caso …”.

“Oh, no. Quello assolutamente mai. Ma … insisteva dicendo che in fondo poi sarebbe tornata una donna, e allora … ecco … non avrebbe più potuto provare … se è vero o no quel che dicono”. Si passa una mano sulla fronte aggrottata. “Stamattina mi ha chiesto scusa, ha detto che forse tutto quel disastro di ieri sera le aveva un po’ annebbiato il cervello, e che in fondo stava scherzando, voleva soltanto provocarmi visto che non … ci diamo dentro da un po’, e le manco. Probabilmente non è del tutto vero, ma non è successo niente e se quel pervertito di Mineta ha colto qualche frase di sfuggita ha frainteso il senso di quel che stavamo dicendo. Ma è stato sufficiente a scatenare un putiferio”.

Todoroki è un tantino scosso da tutto quel discorso. 

Ma ciò ch’è chiaro, alla fine, è che in realtà non è successo nulla. “Dovresti dirglielo, Kirishima”.

“Sì, certo. Adesso proprio poi. Ahhh, mi ammazzerebbe. E la tua donna si farebbe trent’anni di galera senza aver altra colpa di essere finita assieme a tutti noi in questo casino”.

Oddio, Yaoyorozu. “A proposito, dovrei … andare. Penso sia bene andare a vedere come sta. Anche lei è rimasta scossa da oggi, e credo abbia bisogno di me”.

“Be’, se non altro tu non rischi col ritrovarti di certe richieste”. Poi si pizzica il labbro. “Scusa. Sto andando nel pallone, non so nemmeno cosa dico”.

“Ma no. Non ti preoccupare”. Prova ad abbozzare un sorriso rassicurante, allunga la mano a posargliela sulla spalla. Un gesto gentile per il compagno angustiato. “Dai, Kirishima. Sono sicuro che ti perdonerà, appena avrete chiarito. Potrei dirglielo io. Male che vada picchierebbe me, anzi quasi sicuramente”.

Eijirō fa una faccia strana. Diversa. Quasi … contenta? “Potrebbe anche ascoltarti. Pare quasi … inizi ad aprirsi nei tuoi riguardi. Vi ho visti … abbastanza affiatati ieri sera. E oggi ho notato come ha reagito quando gli hai impedito di venire a fare a pezzettini me e Mina. Di solito non ascolta nessuno, a parte me, e nemmeno sempre. A proposito, grazie”.

“Non c’è di che. E poi … dovevo proteggere il corpo di Momo”, mormora, posando la propria tazza quasi del tutto intonsa, da cui manca meno di un sorso.

In effetti non è che gli andasse granché. Avrebbe di gran lunga preferito del tè verde.

Ma l’ha accettata giusto per far sfogare Eijirō. “Kirishima, non farlo. Non lasciarla. Cioè … magari potresti prenderti del tempo, finché questa situazione non sarà finita. Ma Ashido ha bisogno di te, e tu di lei. Capisco che magari sia un po’ strana, ma è semplicemente fatta a modo suo. Non è un male, anche se a volte può essere ingestibile … be’. Stare insieme è anche questo. Ci si comprende e perdona da parte a parte. Altrimenti non ha senso. Se tieni davvero a lei, e immagino sia così, non puoi abbandonarla quando ha più necessità del tuo sostegno e conforto”.

Kirishima pare pensarci un po’ su. Poi annuisce. “Hai ragione, Todoroki. Ma stasera … è meglio che la lasci a cuocere nel suo brodo. Così magari ci pensa un attimo prima di mettermi in questi casini. Sai, pensavo che è forse un bene, che sia finita proprio nel corpo di Baku-bro. Fosse stato … un altro … che ne so, forse alla fin fine avrei anche rischiato col cedere a qualcosa. Cioè non che non abbia rispetto di tutti voi altri, ci mancherebbe. Ma sai com’è. Quando il sangue ribolle, dà al cervello, e magari non riesci a rimanere tanto saldo e lucido. Siamo uomini, no? Ardenti e virili. E in  fondo non sarebbe stato diverso … dal toccarsi da soli. Capiamoci, a tutti piace fare un po’ di lavori manuali, di tanto in tanto. Ma non significa certo che siamo dell’altra sponda, sempre con rispetto parlando. Mi segui, no?”.

“Ah ah”.

“Ma non avrei mai potuto far questo a Bakugō. Per me è come un fratello. E … quasi mi fa male che abbia potuto credere che davvero … possa averlo potuto violare in questo modo. Cazzo, io ci ho quasi rimesso le penne per lui”.

“Dai, Kirishima. Davvero, ci parlo io. Anzi sai cosa? Magari ci vado adesso. Se è ancora intontito dagli antidolorifici magari è più malleabile”.

“No, dai. E’ meglio che tu vada da Yaoyorozu”.

Ah, già. Yaoyorozu. Cavolo. “Sì. Certo. Be’ … allora … buonanotte”.

“‘Notte”.

Povero Kirishima, pensa allontanandosi dalla sala comune.

Poveraccio davvero.

Entra in ascensore, sale al terzo piano.

Le luci sono ancora accese. D’altronde il coprifuoco scatta alle nove e mezza, il fatto che non ci sia nessuno di sotto a parte Eijirō è solo per via del fatto che è stata una giornata davvero da incubo, e chi più chi meno hanno il terrore di ritrovarsi ancora in qualche altro casino.

Chissà se basterà questo, a sgretolare la loro classe.

Si ferma davanti alla porta di Midoriya. Bussa piano. “Momo, sono Shouto. Sei sveglia? Volevo parlare un po’ con te”.

Nessuna risposta.

Che sia sotto la doccia? O magari si è addormentata, una volta andata via Uraraka?

Probabile. Doveva essere davvero stanchissima.

E lui … be’. Lui si sente sfinito. Ha aspettato per ore che Bakugō si decidesse ad uscire dallo spogliatoio, è stato costretto a tornarsene al dormitorio senza aver nemmeno reindossato l’uniforme, ha ancora la tuta regolamentare addosso.

Solo per farsi mandare al diavolo e ordinare di non azzardarsi a seguirlo a meno di cento metri di distanza.

No, non è davvero facile avere a che fare con Bakugō.

Kirishima deve avere un sangue freddo eccezionale per sopportare sia lui che Ashido.

O forse è solo troppo buono di cuore.

Si reca in camera propria, chiude la porta a chiave e tira fuori il futon dall’armadio.

Si spoglia, e dopo una rapida doccia infila la tuta che porta in camera e si sdraia.

Accidenti, però. I discorsi di Eijirō.

Adesso che è da solo, e non deve preoccuparsi delle proprie reazioni davanti all’amico, lo fanno arrossire.

Non avrebbe mai pensato che alcuni tra i suoi compagni fossero tanto … scafati, per dirla tutta.

Certo non tutti arrivavano ai livelli di quei due. Ma … il delirio scoppiato dopo mensa lasciava intendere – e neppure velatamente- che bene o male avessero un po’ in tanti le mani in pasta in certe faccende.

Si volta sul fianco, ritrovandosi a fissare la finestra. Fuori è buio.

E si domanda se non ci sia realmente qualcosa di sbagliato in lui.

La sera precedente Bakugō l’ha ripreso più volte perché stava guardando il décolleté della sua fidanzata. E la cosa bella è che lui stesso non se n’era neppure reso conto, solo … lo sguardo correva lì e lì rimaneva, dopo che l’aveva sfiorato per caso nell’impedire a Bakugō di cadere.

E quel giorno, quando gli era finito addosso, e poi l’aveva ripreso per evitare che corresse a scannare Kirishima, lo aveva addirittura sentito contro di sé.

E gli aveva fatto un’impressione strana.

Ma … pensare di … provare consapevolmente a toccarlo … lo faceva sentire come se stesse compiendo qualcosa di riprovevole.

Eppure è la sua donna. Una bellissima donna.

Persino suo padre lo ha notato. Aveva caldamente approvato.

Anche se in fondo … a lui non frega poi granché.

E’ per Momo che ci aveva tenuto tanto. Perché sapeva com’è fatta, lei avrebbe avuto un colpo al cuore, se Enji non l’avesse considerata all’altezza di suo figlio.

Ma tanto aveva i tacchi.

Oh, guarda, una battuta.

Forse avrebbe soltanto dovuto impegnarsi un po’ di più. Quando la guarda vede una brava ragazza, di buona famiglia, e le sarebbe parso di farle uno sgarbo se solo avesse azzardato qualcosa di meno che educato.

In effetti solo da quando c’è Bakugō la tocca senza avvertire quel senso di angoscia.

Forse perché appunto sa che lui si sarebbe incazzato ma solo perché già nel suo corpo detestava i contatti e li evitava sempre.

E poi perché appunto è un uomo.

E inoltre, Todoroki gli sta sulle scatole.

Shouto si morde il labbro. E’ vero quel che ha detto Kirishima? Che inizia forse … ad aprirsi un po’, con lui?

Magari potrebbe essere un buon modo per cominciare ad instaurare qualche sorta di legame.

Chissà.

 

 

Il mattino dopo, in classe, trovano una sorpresa.

Melissa, la figlia di David Shield, è accanto ad All Might.

Sono tutti sbattuti come uova alla piastra.

Momo è torva. Nessuno ricorda di aver mai visto sul faccino puccioso, lentigginoso di Midoriya un’espressione tanto cupa e tempestosa.

Un altro po’ e sembra più Bakugō. Che in compenso pare assente, c’è col corpo – ma non con la mente. Ha lo sguardo vitreo, le palpebre gonfie e sembra che abbia trascorso la notte in una stazione degli autobus, in pieno Dicembre. Non spiccica verbo, da quando è entrato si è seduto e tiene lo sguardo fisso davanti a sé senza vedere nulla sul serio, però.

O almeno questa è l’impressione che dà.

Midoriya di tanto in tanto viene assalito da un tic. Ashido non osa alzare lo sguardo dal banco, e fa impressione vedere Bakugō a capo chino con l’aria di chi non sa neanche cosa dire.

Quelli che sembrano passersela un filo meglio sono i restanti tre. Ojiro- cioè Kaminari- scocca di tanto in tanto occhiate a se stesso, avvampando.

Lui, Kaminari – cioè, Kyoka – stira un sorriso timido, affondando con le spalle.

Anche Mashirao sembra in forma. Con Shinsou dev’essere tornato il sereno, le occhiaie di quest’ultimo sono meno scavate. Di tanto in tanto sorride a labbra chiuse, poi si volta verso Kaminari e gli scocca qualche occhiata poco convinta, ma molto meno minacciosa.

“Allora, ragazzi. Il professor Shield purtroppo non può raggiungerci, è impegnato in un progetto della massima importanza. Ha però dato istruzioni chiare a me e a sua figlia, Melissa-san, che si trovava già a Tokyo”.

“Siccome è necessario conoscere i dettagli di quel che vi ha scambiati di corpo, per poter attivare il procedimento inverso, ora vorrei che qualcuno di voi mi spiegasse con calma cosa ricordate dei momenti immediatamente precedenti lo scambio”.

 

 

 

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Capitolo 28
*** 28. La luce in fondo al tunnel (forse) ***


28.  La luce in fondo al tunnel (forse)

 

 

 

 

 

La Yuuei è davvero enorme, non può che notarlo mentre percorre i corridoi verso il reparto tecnologico con All Might e Midoriya. Nel corpo di un’altra. Di Mina Ashido.

Quando lo ha scoperto, quella mattina, ha faticato a crederlo.

Su I-island quando si erano conosciuti Midoriya gli aveva parlato molto dei suoi compagni di classe e anche Ochako, e le sfuggiva che qualcuno di loro avesse un potere simile a quello che All Might le aveva descritto.

E poi, Momo non le era sembrata così diversa. Era bellissima come sempre, cordiale, anche se non ci aveva parlato di persona, aveva ballato tutta la sera. Come avrebbe fatto la vera Momo.

Eppure ci aveva creduto subito. Non poteva essere altrimenti.

Solo nel caso di un’emergenza simile Midoriya avrebbe potuto essere così cattivo con lei.

Dopo la festa, in cui si era sforzata il più possibile di mantenere una facciata accettabile, era tornata in albergo in lacrime, confusa, delusa e ferita. Era stata così felice di dover prendere il posto di suo padre in quella festosa riunione fra eroi e aspiranti tali fra tutte le migliori scuole del Giappone. Proprio perché avrebbe significato poter andare a Tokyo e rivedere Midoriya.

Da quando si sono conosciuto, e lui aveva salvato suo padre, si erano sentiti spessissimo. All’inizio solo per messaggio, poi avevano iniziato a chiamarsi e a video-chiamarsi sempre più spesso. Midoriya le piace, le piace tanto, davvero. Ma per impegni inderogabili dell’uno o dell’altra non si sono più potuti vedere.

E adesso, dopo un anno, l’occasione.

Era euforica, e euforica aveva preso quell’aereo.

Glielo aveva anche detto, ma lui non le aveva risposto. E poi, la delusione della festa.

Che colpo per lei!

Dopo aver atteso con speranza e pazienza!

E forse per questo All Might, quando l’aveva chiamato in lacrime, non si era saputo esimere dallo spiegarle tutto quanto.

 

“E questo è tutto, Melissa.”

“Ma...ma com’è possibile, zio Might? Voglio dire...chi?”

“Non sappiamo ancora che cosa sia successo di preciso. Ci stiamo lavorando e con Hatsume del dipartimento supporto stiamo anche cercando di risolvere il danno. Non avercela con il giovane Midoriya: era così scioccato di trovarsi nel corpo della giovane Ashido che non ha più pensato a nulla!”

“Oh, povero Deku! Io...hey, ho un’idea!”

“Un’idea?”

“Sì! Pensi che possa venire alla Yuuei a parlare con i ragazzi, zio Might? E...vedere se posso aiutare questa Hatsume del dipartimento supporto?”

All Might non ci pensa due volte, “Sarebbe fantastico! Il tuo genio e quello di Hatsume Mei insieme potrebbero compiere davvero il miracolo!”

“Prendo subito il treno, zio Might! Arrivo in un lampo!”

 

E adesso è lì, con Deku che per qualche ragione che ancora non ha capito le tiene le distanze.

Ma è felice di vederlo, anche se a conti fatti...quello che vede è il volto di Mina Ashida, che lei ha conosciuto solo di sfuggita. Ma dentro c’è Deku, quindi va bene anche così. Almeno per il momento.

Dopo i pianti della sera prima, aveva bisogno di vederlo. O meglio...a questo punto è il caso di dire parlargli.

“A proposito, ma allora chi c’è nel tuo corpo, Deku?”

“Ah, ecco...Yaoyorozu-san.”

Melissa giunge le mani fra loro, “Poverina, Momo, ieri devo averla messa davvero in imbarazzo, Più tardi quando andrò a parlarle le chiederò scusa del disagio. Però, Deku, avresti potuto dirmelo. Avrei capito e ieri sera mi sarei risparmiata la pessima figura fatta con Momo!”

“Mi...mi dispiace. E’ solo che...pensavo che fosse meglio non lo sapesse nessuno. Non sarebbe stato semplice da spiegare e....insomma...c’era un sacco di gente...”

“Certo, capisco, è solo che...” è solo che io ci sono rimasta così male...

Ma non è a quello che deve pensare. In fondo, se riesce a far tornare tutto com’è normale che stia non dovrà più pensare a quella storia. Avrà di nuovo un Midoriya tranquillo con cui poter parlare serenamente.

Deku sei...sicuro di star bene?”

“A-ah....s-s-sì certo. P-però Melissa-san ecco....magari....potresti stare di là?! Ecco!”

“Di...là? Dall’altro lato di zio Might? Perché?”

“Solo...ti prego!”

“Oh. Beh...okay.”

Che strano comportamento. Nemmeno il fatto che sia nel corpo di una donna che per altro è una sua amica giustifica il fatto che la voglia così lontano. Forse...forse c’ha visto giusto, la sera prima? Forse tutto sommato quella storia ha solo fatto venir fuori la verità.

Che Deku è stanco di avere a che fare con lei.

Che per telefono è tutto perfetto, ma poi dal vivo le cose cambiano.

O forse che lei ha frainteso. Che a Midoriya piace Uraraka come lei ha sempre pensato dopo averli conosciuti e che innamorandosi di lui lei ha preso solo un abbaglio, destinato a spezzarle il cuore.

Vorrebbe solo...essere sicura dei suoi sentimenti per lui come lo era quando è atterrata in Giappone, due giorni prima.

Invece adesso non è più sicura di nulla.

A parte voler aiutare i suoi amici. Quello sì, sempre.

“Pensi che possa riuscire a parlare con gli altri ragazzi, zio Might?”

All Might si porta la mano sottile al mento appuntito, mentre ancora cammina, come pensieroso. “In effetti potrebbe essere un problema. Più che altro, per il giovane Bakugou. Non so se sarebbe disposto.”

“Beh, per uno penso che non cambi molto. Ho bisogno di sapere molto bene cosa stavate facendo, dov’eravate e se ricordate qualcosa di particolare. Poi ho bisogno di sapere quali sono i vostri quirk, così da escludere qualunque altra cosa. Midoriya, vuoi dirmi qualcosa tu per iniziare? Così inizio a farmi un’idea. Che ne pensi?”

“Beh...dunque, eravamo in palestra, nella palestra 2 per esattezza. E ci stavamo semplicemente allenando. Poi, dunque...è stata una cosa strana. Ho sentito come una scarica in tutto il corpo e ho vi...-” Midoriya si blocca, sia nel parlare che nel camminare.

Aveva visto una cosa, dopo i brividi.

Oddio. Come ha fatto a scordarselo? Quello che ha visto...non è la prima volta.

E’ già successo. Più di una volta e sempre con lo stesso problema successivo.

Oddio.

Oddio.

“Oddio...”

“Giovane Midoriya, va tutto bene?”

Midoriya?!”

“Io...io ho bisogno di parlare con All Might da....solo. Sì, da solo. Melissa perché nel frattempo non vai avanti? Noi ti raggiungiamo poi!”

“Ma non so neanche dove...aspetta! Midoriya!”

Melissa rimane lì, a guardare il dormitorio della A lì davanti a lei, le mancavano pochi metri per arrivare. Ma pensava di varcare la soglia con Midoriya.

Invece è fuggito.

Iniziava a credere che...no. No, non ci deve pensare. Non è giusto. Deve essere stata sicuramente qualcosa di importante, in fondo. Altrimenti non se ne sarebbe mai andato. Ma perché farsi tutti questi problemi? Non è da lei.

Adesso ha un compito. A quello e basta deve pensare.

 

Per sentire tutti, compreso chi ha avuto la fortuna di non finire in quel pasticcio, Melissa ci mette quasi tutto il pomeriggio. Alla fine Bakugou non è disponibile, non scende affatto a parlare con lei, proprio come ha temuto All Might. Ma in fondo va bene lo stesso e poi anche se non sono stati scambiati alla fine erano presenti anche gli altri.

Voleva farsi un’idea più chiara possibile di questo fattaccio, invece ottiene solo più confusione.

I racconti sono tutti uguali e nessuno combacia con parte di quello dato da Midoriya.

Nessuno ha sentito brividi o scariche e nessuno ha visto niente, anche se lì Midoriya non ha finito di parlare, quindi Melissa non ha idea di cosa possa aver visto.

Ma qualcosa ha visto, lo stava dicendo, prima di trascinarsi via All Might. Che c’entrasse proprio questo?

Ma gli altri le hanno detto tutti che è stato improvviso e basta. Una forte luce che li ha costretti a chiudere gli occhi e poi, riaprendoli, si sono trovati scambiati.

Che fosse questo che stava per dire Midoriya? Di aver visto una forte luce? Perché non l’aveva detto allora?

Eppure non le è sembrato, lì per lì.

Senza contare che quando si è fatta dire dov’erano al momento dell’incidente, tutti quelli coinvolti si trovavano vicini fra di loro. A guardare bene, ad essere precisi, Midoriya era più o meno al centro, e tutti quelli coinvolti gli erano intorno.

A Melissa questo puzza tutto di strano.

Non che volesse dubitare di Midoriya, mai l’avrebbe fatto, ma...è strano, no?

Ad ogni modo, non l’hanno portata a nulla di realmente utile, per questo raggiunge Hatsume Mei molto presto, la mattina dopo, prima ancora dell’inizio delle lezioni, e parla a lungo con lei sul macchinario che si è inventata.

E’ straordinaria, quella ragazza. Una mente acuta, anche se un po’ eccessivamente esuberante.

Ha perso tutta la mattina a parlare con lei, e probabilmente potrebbe farlo per altre ore. All’infinito.

Hatsume la capisce, coglie tutto quello che dice, può usare termini tecnici e non deve spiegarsi,e poi ha le sue stesse idee!

Più o meno.

“Io penso che dovresti modificare il progetto di un paio di punti per evitare che la struttura sia troppo ingombrante e che rallenti i movimenti dell’eroe che la indossa!” le disse, entusiasta, “Io farei così, almeno!”

“Ma che idea grandiosa!” squittisce Mei, “Melissa, io e te andremo di sicuro d’accordo!”

“Potreste andare d’accordo mentre cercate di fare quello che vi è stato chiesto?!” la voce di Aizawa è lapidaria. Si sente chiara e tonda ancora prima che apra la porta.

Melissa drizza subito la schiena.

L’hanno scordato. Cioè, ad un certo punto si sono messe a parlare di altri meccanismi di supporto e quelli sono passati in secondo piano. Una carenza di appena un paio d’ore. Niente che non possano riuscire a recuperare entro la fine della giornata.

“Oh, ma quello è già bello che pronto, professore. Non è vero Melissa?”

“Sì. Sì, credo. Mancano solo gli ultimi ritocchi.”

“E pensate che funzionerà?”

“Beh...” Melissa si sistema gli occhiali sul naso, gli occhi azzurri dietro le lenti brillano, “Stiamo andando completamente alla cieca visto che gli altri, con cui ho parlato, non hanno notato alcun dettaglio che possa aiutarci a studiare il fatto. L’unica cosa certa è che non possa essere stato il quirk di nessuno, perché non combacia con nessuno della classe, a meno che qualcuno non si sia intrufolato, ma...”

“Va bene, va bene, ho capito,” sospira Aizawa massaggiandosi la base del naso, “Fate solo quello che dovete, e fatelo in fretta, per carità. Quando potete iniziare?”

“Beh, ad occhio penso...-”

“Stasera!”

Melissa alza gli occhi su Hatsume, “Non credi che sia un po’ presto?”

“Andrà benissimo!”

“Ah. Beh...posso rivedere il progetto e il macchinario, prima?”

“Ma certo!”

Aizawa sospira di nuovo. Quella sera.

Sì quella sera sarà tutto finito.

Lo spera almeno.

Melissa non sembra del tutto convinta me Mei è euforica. Anche se Mei Hatsume è sempre euforica.

“Ma dov’è finito All Might,” brontola, lasciando l’aula con quelle due dentro e trascinandosi dietro il sacco a pelo giallo.

Ha bisogno di dormire.

 

Quando arrivano alla sera, nel dipartimento supporto, anzi più in particolare nella stanza adibita a laboratorio dove quelli del dipartimento supporto –e Mei- e il docente responsabile –di solito con Mei fra i piedi- si occupano di creare le divise e i supporti richiesti dagli studenti, la situazione è tesa.

Tesissima, anzi.

Melissa lo nota subito, E non è molto piacevole.

Le dispiace per loro, devono essere tutti nervosi e preoccupati. Lo capisce, ma più di quello che ha fatto con Hatsume Mei non può fare.

“Mi sembra una macchina di tortura,” brontola Kaminari, guardandosi intorno, “Siamo sicuri che funziona? Cioè non è che ci fulminate?”

“Proprio tu lo dici, Kami?”

“Beh, in questo momento non ne sarei immune! Cioè, mi fa piacere che lo sei tu, Jirou, ma....”

“Oh, beh, non abbiamo molte alternative se vogliamo tornare nei nostri corpi!” sentenzia frettolosa Momo. Il visetto di Midoriya che tanto piace a Melissa è teso e pallido. Momo, per qualche ragione, sembra di cattivo umore.

Mai quanto Bakugou, ad ogni modo.

Ojiro invece sembra solo malaticcio.

“Ad ogni modo come dice Momo non abbiamo altri piani,” fa Melissa, guardando Mina. O meglio, il volto di Mina, sì, ma dentro cui c’è Midoriya. Non la guarda, non guarda nessuno. Fissa il pavimento e si tortura le mani.

“Va tutto bene, Midoriya?”

“Eh? Ah....sì. Sì, certo! Possiamo...possiamo iniziare?”

“Sì, ti prego, Melissa-san. Facciamo in fretta!” mormora anche Ojiro.

Melissa annuisce, li fa avvicinare tutti alla macchina e poi posiziona un elettrodo sulla tempia destra di tutti.

“D’accordo!” trilla Hatsume, elettrizzata solo all’idea di iniziare, saltellando sul posto, carica più che mai. “Siamo tutti pronti a partire?!”

Mina sospira, “A me un po’ dispiace! Ma non si può stare...-“

Ashido! Taci!”

“Ma, Kiri ciccino...”

“3...2...1...ORA NON SI TORNA PIU’ INDIETRO! VIA!”

 

 

Angolino Autrici:
Io e Anya ci siamo rese conto troppo tardi che da qui in poi ci saranno SPOILER ENORMI sul One for All dal manga, se non siete in pari.
Ho aggiunto l’avvertenza, ma lo scrivo e lo ribadisco perché mi sembra giusto.
Se non siete in pari e avete comunque letto ci scusiamo immensamente della svista che abbiamo avuto.
Perdono =(

Un bacione, spero non sia stato un problema troppo grosso.
Asu

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Capitolo 29
*** 29. Remix (tutto è bene quel che finisce) ***


29.  Remix (tutto è bene quel che finisce)

 

 

 

 

Lo scoppio è stato tremendo, si dev’essere sentito un botto fino all’altro capo della città come minimo.

Appena si è diradato il fumo il primo pensiero è stato controllare che stessero tutti quanti bene.

Zio All Might, accanto a lei aveva sospirato. Sicuramente stava pensando la stessa cosa.

Quello che - Melissa ci metterebbe la mano sul fuoco- hanno pensato tutti quanti.

Dovevano immaginarlo che Hatsume non fosse proprio la persona più qualificata per un esperimento del genere.

Sarà anche piena di inventiva. Ma sottovalutare i rischi fa parte del suo carattere, e tiene più alle sue creature che ai poveretti che le collaudano.

Melissa l’aveva vista correre incontro al macchinario a velocità di crociera, un missile impazzito. “LA MIA BAMBINA! LA MIA BELLISSIMA BAMBINA!”, ed era scoppiata a piangere, abbracciando quel che restava del marchingegno da cui usciva ancora del fumo.

Hatsume-san, non avvicinarti! Potrebbe essere pericoloso!”, le aveva gridato dietro Iida. Ma la rosa non gli aveva dato retta, era rimasta a singhiozzare sulle ferraglie come avesse perduto qualcosa di molto caro anche mentre il resto della 2-A si avviava a liberare i compagni svenuti, e portarli in infermeria per accertarsi sulle loro condizioni; la bionda figlia del professor Shield, accompagnata da Tsuyu-chan, ha seguito il corteo in silenzio, con il sottofondo delle urla di Mei e dei tentativi di Tenya di staccarla da lì.

E’ trascorsa circa mezz’ora. Non sono entrati tutti, solo Kirishima, Todoroki, Uraraka, Shinsou, insomma coloro che hanno un legame … più stretto con i coinvolti nella faccenda; gli altri, insieme ai professori aspettano fuori.

Melissa è ancora sconvolta sì, ma più che altro è preoccupata; sfila e pulisce gli occhiali ogni due minuti, è ansiosissima.

Avrà funzionato? A giudicare dalla reazione della macchina, direbbe proprio di no.

Eppure ce l’ha messa tutta a progettarlo nei minimi particolari.

Certo, sapere cosa ha scatenato quel delirio l’avrebbe aiutata un po’ di più.

Melissa-san, dici che saranno tornati “normali”?”, fa eco al suo pensiero Ochaco, che le punta addosso gli occhioni lucidi nel camerone dove sono stati sistemati gli incoscienti: è praticamente inutile cercare di operare distinzioni tra ragazzi e ragazze, così li hanno accorpati tutti assieme.

E poi aspettano i risultati. Quasi si trattasse di una malattia, e vogliano sapere tutti se c’è stata la guarigione oppure no. 

“Lo spero tanto …”. Appena sentono un lamento provenire dal corpo di Deku/Momo, la prima che pare stia riprendendo conoscenza si avviano verso di lei, timorose.

Sta scuotendo la testa ricciuta. Sembra stordita, si augura solo non sia rimasta ferita. “Yaoyorozu-san?”.

I grandi occhi di smeraldo la fissano, e per un attimo il fiato le si spezza in gola.

“Me … Melissa- san…”, la chiama, e basta tanto così a tranquillizzarla.

Se non altro non hanno subito traumi cerebrali. E’ già una cosa. “Mhmm … dove mi trovo?”.

“Sei nell’infermeria, Momo-chan”.

“Ma … perché continui a chiamarmi così? C’è … Kacchan nel corpo di Yaoyorozu … e lei … lei è nel mio e…”. Qualcosa si attiva di colpo, il ragazzo si mette immediatamente a sedere sul letto, spalanca gli occhi, si guarda le mani sfregiate.  “Sono … sono io …”.

Non vuole crederci.

E nemmeno lei, ci crede ancora.

La sua voce è un filo sottile quando pronuncia il nome “giusto”. “I… Izuku?”.

Deku-kun?”, fa piano Uraraka, battendo le palpebre.

Mhm… oddio, ODDIO! SONO IO!”. Le dita coperte di cicatrici si chiudono in due pugni vittoriosi. “SONO IO! SONO TORNATO!”.

“Vuoi piantarla di strillare, per favore?”. Jirou, ch’è nel letto accanto si massaggia la tempia, impossibile dire chi ci sia adesso nel corpo della ragazza.

Kyoka-chan, sei tu?”, domanda Uraraka, speranzosissima.

“Sì … ah, che mal di testa infernale …”. Si guarda intorno, realizza che ha riavuto il suo aspetto originale. E subito cerca con gli occhi Kaminari, ancora privo di conoscenza.

Incrocia lo sguardo con Shinsou, le cui iridi viola fremono di muta speranza. E’ accanto al corpo di Denki, è evidente che lui non ci ha creduto neanche un istante che potesse funzionare ma adesso è costretto a rivedere le proprie posizioni.

E lo fa, passando accanto al letto in cui è sdraiato il corpo di Ojiro, mentre Jirou balza giù dal letto e prende il posto di Hitoshi; allunga le dita magre sul viso del biondo elettrico. “Ehi, sveglia, sveglia!”.

Ma gli occhi di Melissa restano fissi sul viola. Lo vede chinarsi piano sul biondo, carezzargli delicatamente la fronte, scostare i ciuffi dorati ricaduti sugli occhi.

Impossibile non comprendere quanto sia forte il sentimento che li lega. E … si augura con tutto il cuore che abbiano presto il loro lieto fine, come Deku e Kyoka.

Volta appena lo sguardo azzurro per guardare con tenerezza il capo smeraldo che si scuote di meraviglia, nel vedersi tornato “normale”.

E un attimo dopo un urlo squarcia l’atmosfera gioiosa che si era creata nello stanzone asettico. “CAZZO FAI, FACCIA DA MORTO?!”.

Trasalgono, nell’udire quelle parole inconfondibili .

Appena sentono la voce pacata di Ojiro imprecare sgranano tutti gli occhi in sincrono.

Le due cose unite sono inammissibili.

E’ … è … oh, porca miseria. “Huh?”. Gli occhi neri si squadrano le mani, le gambe, volta la testa per spiarsi il retro.

Questa è da manicomio.                                          

Nel corpo di Mashirao c’è finito Bakugō. Che non la prende niente bene. “MA DANNATA LA PUTTANA! CHE CAZZO AVETE TUTTI COL MIO CULO EH!”.

Hitoshi trasale, solleva le braccia, si allontana. La delusione sul volto pallido e segnato da profonde occhiaie è palpabile. “Scusa, Bakugō”.

“SCUSA UN CAZZO, PERVERTITO! Non le sai tenere proprio le mani lontane dalle chiappe del tuo ragazzo, eh! Ma vedi di cambiare musica, o ti impicco con quelle bende del cazzo, stronzo!”.

Ochaco posa una mano sul polso di Melissa e si allontana, raggiungendo il teatro di quella tragicommedia gridata. “Bakugō … calmati, per favore”.

“CALMATI UNA SEGA! VORREI VEDERE TE AL POSTO MIO, MALEDETTO IL MONDO! Prima mi tocca la tettona, il … il …”. E no, non aggiunge altro, complice lo sguardo letale di Shinsou, che lo fissa come volesse ordinargli di mordersi la lingua finchè non se la stacca, se solo si azzarda a pronunciare qualche parola poco consona.

Todoroki intanto è accanto al corpo di Yaoyorozu. E’ ancora incosciente, impossibile dire chi sia, adesso che Bakugō è dentro Ojiro –oddio, certo che detta così, insomma- ; sicuro si augura che a Momo sia toccata la stessa fortuna di Midoriya e Jirou.

La scruta con attenzione, cerca di intuire qualcosa. Gli occhi spaiati fissano il volto della ragazza con un’intensità maniacale, quasi che basti questo a farla rinvenire.

Mhmm?”. Le ciglia di Momo sfarfallano, le palpebre si sollevano e mentre mette a fuoco, Todoroki avvicina ancora di più la faccia a quella di lei.

Mhmm? Mhmm … AHH! Todoroki- kun!”, gli strilla tutto d’un colpo, perforandogli un timpano probabilmente.

Il povero bicolore cade sul sedere, colto alla sprovvista. “Ma che, volevi svegliarmi con un bacio? Grazie del pensiero, ma io sono fedele al mio Kiriciccino anche se non stiamo più insieme! E poi non vorrai che pensino male di te e Bakubro no?”.

Non c’è modo di sbagliarsi su chi abbia assunto le sembianze di Yaoyorozu.

Kirishima, in piedi accanto al corpo della sua ex-fidanzata, si gratta la tempia. E’ evidente che anche lui … sperava fosse tornata normale, almeno lei, se non altro per la pace di tutti.

Che davvero abbiano chiuso, Melissa non ci crede. Gli occhi vermigli di Eijirō erano colmi di troppa pena, mentre aspettava che si svegliasse.

Chissà se riusciranno a chiarirsi presto. “E allora tu …”.

Kirishima? Kirishima!”. “Ashido” butta le braccia al collo al rosso, lo strizza, se non sapessero che non è davvero Mina verrebbe da pensare sia tornata al suo posto. “Sono vivo! Ti vedo fratello, ti vedo!”.

Kaminari?”.

“SI!”. E piange Denki, come fosse vittima di una crisi isterica.

Sì, davvero non fa poi così differenza, per lo meno per quel che ha potuto sentire fin qui di lei Melissa.

Nel frattempo, pungolato da Kyoka, anche il corpo di Kaminari si rianima, torna alla vita. “Ji …”. Il ragazzo tossisce, prova a tirarsi su a sedere.

Pare confuso a morte, si porta una mano alle testa fissando la ragazza abbassata davanti a lui. “Ji… Jirou-san?”, riprova, con voce rochissima.

“Ojiro?”.

“Sì … ma … non sono più nel tuo corpo … non … ma tu sei …”.

“Io sono a posto, Ojiro. Ma tu … ehm… sei in quello di Kaminari”.

I grandi occhi gialli si sgranano, solo per richiudersi un istante dopo.

E una certa elettricità statica inizia a diffondersi nell’aria. “NO NO NO NO! Calma, calma!”, strilla Kyoka, portandogli le mani sulle spalle.

Shinsou, rimasto in disparte, in attesa, ora si avvicina al letto giusto, tende la mano a “Kaminari” cingendolo con un braccio per impedirgli di schiantarsi sul materasso mentre Kyoka gli sorride.

“Va tutto bene, Mashirao”, mormora Hitoshi con tono paziente, calmo.

Non così Kaminari, dentro Ashido. “Oddio. Ho le tette. Cioè, io. Ho. Le. Tette.”. Sembra sul punto di collassare di nuovo, Eijirō lo afferra al volo cingendogli i fianchi e Jirou è costretta a lasciare Hitoshi e Mashirao per andare da lui.

“Sì, e non hai il permesso di toccarle”, chiarisce immediatamente.

Jirou … tu sei … sei …”.

“Sì”.

“BELLISSIMA!”. Denki si libera di Kirishima e la abbraccia stretta stretta, il faccino di Kyoka affonda nel davanzale di Ashido. “Che bello vederti di nuovo …”.

Ka… Kaminari … mi stai … strozzando … lasciami! Oh. Anche io sono felice di vederti, temevo uscissi più fulminato del solito da questo esperimento”. Una mano della ragazza si posa con dolcezza sulla testa fuxia di Ashido, poi Jirou se ne rende conto e cerca lo sguardo di Mina, nel corpo di Momo.

“Va’ tranquilla, Kyoka-chan! Anzi se ne volessi approfittare fa pure! In fondo te lo devo!”, trilla questa mettendo le mani a coppa davanti alla bocca.

Gli zigomi di Earphone si fanno scarlatti.

“MINA!”.

E’ Kirishima che ha gridato. E questo, unito all’esclamazione di poco prima della ragazza rosa, fa intuire che in un modo o nell’altro non sia realmente finita tra quei due.

“Be’, stellina, non stiamo più insieme io e te. Quindi nessuno impedisce a Kyoka-chan di fare un po’ di esperimenti, se le va”.

“MINA! MA INSOMMA VUOI SMETTERLA?”.

“Che c’è, sei geloso, Kiriciccio? Spiacente, quel bel corpicino non è più tua proprietà. Quindi posso farne quello che voglio”, sentenzia la ragazza nelle sembianze di Momo, e fa una leggera impressione vedere Yaoyorozu esibire tanta disinvoltura.

Non che le stia male, eh.

Kirishima si porta le mani nei capelli. “Ahhh, e che diavolo! Va bene, all’inferno, stiamo ancora insieme io e te! Ma piantala di mettere in imbarazzo tutti!”.

Mina/Momo ridacchia, a metà tra divertita e deliziata. “Va bene, la smetto”.

Sono una comica quei due. Fanno ridere chiunque anche se la situazione non è del tutto sistemata, tranne Bakugō che con gli occhi neri di Mashirao li fissa come se volesse sbranarli vivi.

Ochaco, con un faccino rosso come un peperone la sera prima le ha spiegato a grandi linee assieme a Tsuyu e Izuku – che continuava a mantenersi ad almeno un metro di distanza da qualsiasi creatura di sesso femminile, e ci mancava tanto così non indossasse guanti e mascherina, nemmeno si trovassero in piena pandemia- cosa è accaduto prima che arrivasse lei assieme a zio Might.

E … be’. Anche se con molti omissis aveva colto comunque il succo del discorso.

E le era spiaciuto per lui. Oltre che per Kirishima, nonostante le riuscisse difficile prendere per vera quella storia.

Sicuro c’è stato qualche grosso equivoco. Non ha conosciuto Mina ad I-Island, ma conosce Kirishima ed è certa si trattasse di una persona affidabile.

Come Iida, Todoroki e gli altri. 

Ah, già. Todoroki.

Melissa si volta adesso nella sua direzione.

Da qualche minuto ha lasciato “Momo” alle cure di Kirishima per avvicinarsi a Bakugō. O meglio, al corpo di Bakugō. Che ha gli occhi rossi pieni di lacrime amare, e da quel che riesce a capire nessuno mai, in quella classe, li ha mai visti così.

Shouto le stringe la mano nella propria, deglutendo.

Povera Momo. Da un trauma all’altro, e questo forse è anche peggiore del primo.

Scoprire di non aver riavuto le proprie sembianze è già brutto. Ma essere finita lei in quelle del biondo esplosivo adesso …

“PORCO CAZZO!”, sbotta di nuovo Ojiro, cioè Bakugō. Si getta praticamente giù dal letto, inciampa nell’appendice che costituisce il quirk della sua nuova identità. “Merda, dannata coda …”, impreca.

Ma non si ferma. E’ inferocito, e punta il dito contro Shouto. “Non ti azzardare a toccarmi, bastardo!”.

Uraraka prova a porsi nel mezzo, gli afferra il pennacchio dorato della coda sforzandosi di strattonarlo all’indietro, minacciando di fargli perdere l’equilibrio già precario. “Bakugō, smettila!”.

“Mollami Faccia Tonda, dannazione!”.

E’ Todoroki a prendere in mano la situazione. Sfila il palmo dalle dita di Momo/Bakugō, va a piantarsi davanti al biondino isterico senza alcuna remora.

Melissa ascolta in religioso silenzio, assieme agli altri, il tono glaciale, risoluto del ragazzo a metà. Non le è nuovo, sa quanto Shouto sappia essere freddo e determinato nelle situazioni di emergenza.

Questa, senza ombra di dubbio, lo è. “Bakugō. Ascoltami bene. Fin qui mi sono preso cura del corpo della mia ragazza, perché non potevi difenderti, non sapendo padroneggiare il suo quirk. Adesso è tempo che mi occupi di lei spiritualmente … che ti piaccia o no”.

Tra un po’ l’intero pavimento dell’infermeria sarà coperto dai bulbi oculari dei presenti.

Hanno di nuovo tutti gli occhi spalancati.

Compresi i diretti interessati, Bakugō e Momo.

Probabilmente nessuno mai ha ammirato lo sguardo di Bakugō esprimere tanta devozione per qualcuno. Men che mai, se quel qualcuno è Todoroki Shouto.

D’altro canto nessuno deve nemmeno aver visto gli occhi sempre teneri, dolci di Mashirao saettare di istinti omicidi.

I pugni si serrano. Ochaco stringe la coda con più forza in previsione di doverlo far galleggiare a mezz’aria, sia mai si getti alla gola di Shouto e lo ammazzi in diretta davanti ai compagni sconvolti.

“Io … Io … GRR! FANCULO BASTARDO!”. Gira sui tacchi trascinandosi dietro Uraraka, voltando le spalle all’eterno rivale a metà.

Ochaco deve staccare i palmi, per non finire faccia a terra. la sua espressione è mesta, preoccupata e afflitta, è chiaro che anche lei aveva sperato in qualcosa di diverso.

Bakugō”, riprende Todoroki, più pacato.

“Che c’è ancora?”.

“Quando hai un momento dovrei parlarti, se non ti dispiace”.

“Io non ho un cazzo da dirti”.

“Ma io sì”.

Bakugo/Ojiro si gira, lo fissa per qualche secondo, con aria concentrata. “Tsk”, sputa infine.

E riprende la sua marcia fino alla porta, sbattendola con foga.

Lì fuori sono raccolti Aizawa-sensei, zio Might e Midnight. Dalle loro facce si capisce che hanno sentito tutto, e subito dopo odono la voce del professor Mic, che probabilmente è rimasto fuori dal campo visivo. “State tutti bene, yeah!”.

“Ma levati, idiota”.  

Aizawa scuote il capo, zio Might gli posa una mano sulla spalla. “Tranquillo, Aizawa. Ne verremo fuori, prima o poi”.

 

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Capitolo 30
*** 30. Kacchan non lo deve sapere ***


30.  Kacchan non lo deve sapere

 

 

 

“Tranquillo, Aizawa. Ne verremo fuori prima o poi.”

Aizawa fissa ancora la scena in silenzio.

Non risponde ad All Might, non guarda Bakugou andarsene, non si rivolge nemmeno a Hizashi che è arrivato in un secondo momento e se ne è uscito con quella frase infelice.

Altro che stanno bene.

O meglio, stanno bene, sì, ma non sono dove dovrebbero essere. Non tutti, per lo meno. Alcuni sono ancora nel corpo sbagliato. E per di più, lo scambio sembra essere avvenuto fra i peggiori di tutti.

Ojiro nel corpo di Kaminari, dopo i dissapori fra lui e Shinsou, era l’ultima cosa che si augurava.

Momo nel corpo di Bakugou, neanche dovesse vendicarsi, non ci vuole neanche pensare.

Gli altri erano fattibili, per quanto potesse essere fattibile quella situazione. Poco.

Niente anzi.

Guarda finalmente Shinsou, che si è seduto sul letto in cui è Ojiro nel corpo di Kaminari. Ha la faccia sconvolta, delusa come non gliel’ha vista addosso nemmeno il giorno del Festival Sportivo, quando ha deciso che puntare su di lui era una buona idea.

A dire la verità, gli dispiace per quei ragazzini.

In fondo, anche se lo fanno penare, e a volte vorrebbe piacchiarli a sangue –e alcuni di loro a tratti ucciderli-, lui è lì per prepararli e proteggerli e vorrebbe davvero che rimanessero protetti.

Ma questa cosa non poteva prevederla. Non ha neanche capito cos’è successo.

“Cosa? Kaminari nel corpo di Ashido?!”

Aizawa ha un tic all’occhio, I suoi pensieri, per quanto confusi, disturbati da Mineta, che fino a quel momento era stato  zitto. Doveva immaginare che sarebbe scoppiato presto.

Figurarsi se davanti ad una simile situazione che coinvolge Kaminari, poi, che gli sta sempre dietro nel peggiore dei modi, potesse evitarsi di dire la sua, per quanto quell’opinione non fosse nient’affatto richiesta.

Lui ne avrebbe fatto a meno.

Ecco, Mineta è uno di quelli che picchierebbe a sangue anche adesso –spesso insieme a Kaminari stesso e a Bakugou, ma quei due in quell momento gli fanno troppa pena. E gli dispiace per loro, davvero, Bakugou ha una faccia pessima e una cera se possible persino peggiore, e sul viso di solito così colorito di Ojiro si nota ancora di più.

Ma possibile che non capiscano quando è il caso di tacere? Almeno adesso?

Insomma, sono amici no? Almeno per Kaminari, potrebbe pure sforzarsi.

Non che dubiti che sia effettivamente preoccupato per gli amici, alla fine un cuore suppone ce l’abbia anche lui.

Ma accidenti, se almeno fosse in grado di legarsi la lingua!

Calma, Shota, calma.

“Non è assolutamente giusto che Kaminari abbia le tette! Maledizione, la vita fa schifo! Kaminari, fammele toccare!”

Non gli da neanche il tempo di muoversi verso la porta dell’infermeria. Ancora in silenzio, usa le bende per legarlo dalla testa ai piedi, stretto come mai.

“Non è carino quello che hai detto, Mineta-kun!” brontola la diretta interessata, nel corpo di Momo, “E poi sei arrivato tardi. Adesso che sto di nuovo insieme a Kiriciccino le mie tette sono solo sue!”

“Ashido, non dargli corda,” borbotta Aizawa, flemmatico, massaggiandosi la base del naso.

Mal di testa. Ha un gran mal di testa.

Present Mic gli mette una mano sulla spalla e stringe la presa, amichevile, “Buono, Shota. Ti ricordi? Gli eroi non uccidono, nemmeno Mineta.”

Aizawa ringhia, letteralmente, come un animale.

Ah sì, gli eroi non uccidono, lo sa benissimo. Poi gli dispiacerebbe anche farlo.

Voleva bene a quelle teste calde.

Ma la lingua, però, ci teneva a ribadirlo, ad alcuni di loro l’avrebbe tagliata volentieri, in mancanza della possibilità di legarla.

Libera Mineta, poi schiocca la lingua e gira sui tacchi, avviandosi nel corridoio.

“Aizawa-san?”

“Sho-ota!” ulula anche la voce altisonante di Mic, “Dove vai? Don’t move! Dovremmo fare forse qualcosa?!”

“Io me ne vado. Nella mia stanza. A dormire. E guai a te se mi segui, Yamada!”

“Wait, Shota! Shota!”

“Aizawa-san?” All Might lo chiama una seconda volta, ma Aizawa lo ignora di nuovo.

Tanto, comunque le lezioni non possono riprendere in quelle condizioni. Ci hanno provato in tutti i modi, ma sono sempre finite male. I poteri non li possono usare, e lui l’emicrania già ce l’ha, non ha voglia di fare la stessa esperienza di Midnight. I suoi colleghi lo sanno già, che per la sezione A finché la situazione non si rimette le lezioni le fanno a loro rischio e pericolo.

Il secondo giorno Cementos ci ha provato, gli pare. Ma non è andato bene.

E chi è lui per andare contro al karma.

Basta lezioni, basta tutto.

Con Present Mic alle calcagne, arriva al dormitorio degli insegnati e sale a grandi falcate fino alla sua stanza, dove si chiude dentro. E’ certo che la porta abbia cozzato poco gentilmente sul naso di Mic, a sentire l’urlo –nella sua bocca ultrasonico- che ha lanciato l’amico.

Poco male.

Chiude tutte le persiane e le tende e si infila nel sacco a pelo.

C’è anche un letto, ovviamente, nella sua stanza, e il materasso è anche morbid e comodo, le coperte sono gialle come il sacco a pelo –gliele ha regalate Mic, in verità-. Ma lui, per qualche ragione, alla fine usa quello quando è davvero stanco, sfinito, o quando per qualche ragione le cose non vanno come dice lui.

Come quell giorno, quando l’unica cosa di cui ha bisogno è calma, buio, pace, tranquillità, sacco a pelo e sonno.

Sì, del sacco a pelo, che è come un abbraccio e lo scalda e culla molto più di quanto potrebbe fare un letto.

Lo sa che è assurdo, anche Yamada glielo dice di continuo, ed è per quello per altro che gli ha regalato quella trapunta gialla.

E forse effettivamente è strano lui e basta.

Ma ad ogni modo, non importa. Yamada se ne è fatto una ragione e a parte lui non c’è nessun’altro di cui gli importi qualcosa. L’unica altra persona che rientra in questo gruppo ormai è morta, anni prima, così tanti che a volte ha la sensazione di non ricordare più il suo volto, la sua voce. Il suo sorriso.

Sospira.

Perché adesso gli sta venendo in mente questo?

Non è il momento.

Adesso ha mal di testa. Quindi, sì, deve dormire. E basta.

Forse.

Se glielo permettessero.

Infatti bussano, due volte, con insistenza. Sa già che è Hizashi. Lo ignora.

“Shota?”

Bussa di nuovo.

“Shota?”

E bussa ancora.

L’idea è alzarsi, legarlo, imbavagliarlo e tornare a dormire. Ma si ferma.

La vocina di Eri, piccola e fragile, si sente appena dalla porta.

“Aizawa-san sta male?”

“Ooooh, Erichan! Stai tranquilla, va tutto bene! E’ tutto nella norma!”

“Però sono giorni che sta spesso chiuso in camera…”

“E’ una situazione un po’…difficult!”

“Oh…perché è ammalato?”

Con un sospiro contrariato, Aizawa apre la porta e fissa la bambina, “Sto bene, Eri. Ho solo mal di testa.”

“Chiamo Recovery-san?”

“No. Dormo. Buonanotte.”

“Ma è mezzogiorno, Shota!”

“Buonanotte ho detto!” sbottà, poi sbatte di nuovo la porta e chiude a chiave.

“Andiamo a mangiare, Present Mic-san?” sente dire a Eri.

“Oh beh. Andiamo, piccola Eri. Go!”

“Portiamo qualcosa anche a Aizawa-san?”

“Che bambina carina! Va bene, portiamo qualcosa anche a Shota.”

Eri bussa piano alla porta, “Buonanotte, Aizawa-san.”

Aizawa, da oltre la porta, sbuffa. “Sì, sì. Grazie.”

E’ quello a fregarlo, ogni volta.

Sta diventando troppo buono, con quei ragazzi. Si sta addolcendo troppo. Prima non era così.

E’ sempre stato il docente più cattivo della Yuuei, la sua fama lo ha preceduto ad un livello tale che persino All Might stesso era preoccupato per i ragazzi. Ha sempre e solo cercato di proteggerli, in verità, ma lo ha fatto con il pugno di ferro.

Quella classe invece ha un potere fin troppo negative su di lui.

O forse è la vecchiaia.

Sta diventando vecchio e si sta quindi addolcendo, vede in quei ragazzini cose che negli altri non ha mai visto.

Ha sempre cercato di far diventare tutti eroi degni di Shirakumo, e ha dovuto faticare per gran parte delle altre classe.

Ma la sezione A di quell’anno è diversa, alcuni di loro sono diversi.

Shinsou, in primis, ma non è l’unico.

E questo evidentemente sta intaccando il suo cervello.

O questo, o è malato. Per forza.

Adesso, poi, ci si mette anche Eri-chan. A lei proprio non può dire no, e come si fa ad essere severo? Non ce ne è neanche bisogno, in verità, è educate e ascolta attentamente tutto quello che le si dice.

Non c’è proprio niente da fare.

Sta invecchiando.

Altrimenti non si spiega perché è uscito dal sacco a pelo, si è rimesso le scarpe ed è sceso nella mensa, dove ha trovato subito Mic e Eri, grazie ai rumori emessi da quest’ultimo.

“Oh, look who’s here! Shota, ti è passato il mal di testa?!”

“No. Quindi non urlare.”

“Aizawa-san, mangia con noi?”

“Sì,” mormora alla bambina, abbozzando un sorriso e mettendole una mano sulla testa, carezzandole i capelli dolcemente, “Ma poi me ne vado a letto per davvero. E non mi interessa che ora è.”

“E’ sicuro che non vuole andare a farsi dare qualcosa dalla nonnina?”

“La nonnina sarebbe Chiyo? Non chiamarla così davanti a lei.”

“Scusa…”

“Non è sbagliato. Solo che le fa dispiacere quando le si fa notare la sua…età.”

“Oh,” mormora Eri, annuendo, “Giusto. Allora, solo Recovery-san.”

“Brava. Comunque non mi serve. Mi serve solo di andare a dormire.”

Mic non commenta, annuisce solo tutto contento, mentre continua a mangiare.

 

--

 

All Might, a malincuore, li guarda lasciare l’infermeria ad uno ad uno, demoralizzati. Anche chi è tornato nel suo corpo, come Midoriya e Jirou, non sembrano felici.

Midoriya è sereno, parla poco con Melissa e poi, scarlatto in volto, le porge la mano e le chiede se vuol venire con lui. Lei accetta, naturalmente. Eppure, nonostante questo, è con tristezza che guarda i suoi compagni. Soprattutto Bakugou, nel corpo di Ojiro.

Jirou, dal canto suo, pur avendo riavuto il suo corpo, non può dire lo stesso di Kaminari, a cui si è avvicinata con affetto. Toshinori non ha idea di che cosa ci sia fra i due, ma qualsiasi cosa sia sembra essersi fatta ancora più forte.

Non può che sospirare anche lui, e chiudersi la porta alle spalle dopo aver guardato per un attimo Chiyo, crucciata e ancora seduta a braccia incrociate sulla sua sedia.
Ha ancora in mente le parole del giovane Midoriya, e non può che chiedersi se significa qualcosa.

Sa bene che non tutti i poteri dei suoi predecessori, possessori del One for All, fossero dei quirk degni di nota. Addirittura ha pensato più d’una volt ache dei due di cui non sanno niente potessero non sapere per il mero fatto di essere stati quirkless come loro, prima di quel potere che gli era stato donato.

Invece, a quanto pare, no.

E se quello che ha detto Midoriya è vero, beh, c’è la possibilità che nessuno di loro riuscirà a tornare più normale finché Izuku non fosse stato in grado di controllare quell potere.

Sarebbe stato tremendo, per loro.

Potevano volerci settimane.

L’ultima volta, Midoriya c’ha messo più di tre settimane a controllare vagamente il nuovo potere e due mesi per domarlo del tutto.

Quando ha sbloccato il potere della sua maestro, infatti, Nana Shimura, all Might ha pensato realmente che potesse essere più semplice che con gli altri. Essendo un potere meno aggressive e pericoloso poteva cercare di allenarlo con tranquillità.

Invece proprio questa mancanza di pericolosità lo ha reso tremendo. Midoriya continuava a svolazzarsene ovunque ed era arrivato persino a far fatica a rimanere coi piedi ben ancorati a terra. Se non ci fosse stato il giovane Bakugou ad aiutarlo –aiuto provvidenziale in questo caso-, sarebbe stato davvero difficile uscire da quella situazione.

Per fortuna, quella volta non avevano granché fretta.

Adesso invece sì.  

Due mesi in quelle condizioni, per loro…come l’avrebbero presa? Sarebbero riusciti a superare la cosa, ad abituarsi?

Ma perché dare il One for All a qualcuno con un potere simile?

Beh, è una domanda sciocca. Forse, conscio di non poter combinare niente con un Quirk così ambiguo ma inutile in battaglia, aveva incontrato il predecessore ed era poi venuto in possesso del Potere. Anche per lui, quirkless, è stato così, idem Midoriya.

Quindi ha senso.

Eppure…deve parlare di nuovo con il giovane Midoriya. Devono trovare un modo per risolvere la cosa, in fretta, e senza destare il sospetto del giovane Bakugou.

Lui non lo deve sapere.

Anche perché in verità, per quanto le cose combaciassero alla perfezioni, non hanno la totale certezza che tutto sia partito proprio da Midoriya e dall’One for All.

Anche se sembra ovvio sia così. Le cose combaciano.

 

“Giovane Midoriya, come mai mi hai trascinato via in quel modo? E’ forse successo qualcosa?”

“All Might, io…ecco…ti devo dire una cosa.”

“Dimmi, ragazzo. Ti ascolto. Andiamo nel mio ufficio, ti preparo del te.”

Midoriya lo segue a testa bassa, guardando le ginocchia fucsia di Mina muoversi per permettergli di camminare. Se quello che pensa è vero, è la fine.

E’ tutta colpa sua.

Kacchan non lo doveva scoprire. Mai. Con tutto quello che sta passando, lo avrebbe ucciso. E avrebbe avuto pure ragione, stavolta.

Una volta nell’ufficio di All Might, si fa piccolo piccolo sul divano, e sospira. Si stringe le gambe di Mina al petto, tirando la gonna della divisa più che gli è possibile per coprire quanto più gli è possibile, e sospira di nuovo.

E di nuovo.

“Giovane Midoriya…che cosa succede?”

“E’…che è…temo sia colpa mia.”

“Che cosa?”

“Tutto questo.”

Toshinori gli mette davanti il té, ma Midoriya neanche lo tocca. Ha la nausea.

Spera solo sia l’ansia e non….non…quell’altra cosa. Ecco.

Lo spera ardentemente.

“Come può essere colpa tua, giovane Midoriya?”

“Beh, è che…li ho visti. Stavo per dirlo a Melissa, ma mi sono fermato per tempo. Il punto è…che li ho visti. I predecessori. Questa volta non mi hanno detto nulla, non come l’altra volta. Ma…ho visto...li ho visti, All Might. Proprio come le altre volte in cui si è poi risvegliato un nuovo quirk legato al One For All.”

Toshinori si porta la mano sul mento, pensieroso.

Interessante.

Fa capire, una scoperta simile, come ci sono anche quirk…particolari, di difficile utilizzo per un eroe, molto più della capacità di levitare della sua maestro Nana.

Un Quirk che è in grado di scambiare il corpo di due o più persone è interessante. Ma anche abbastanza…inutile, teme.

A meno di non far guai, come è successo a loro.

Di certo contro un Villan tornerebbe poco utile nella stragrande maggioranza dei casi. Almeno, a lui non viene in mente un modo intelligente in cui usarlo.

Ma forse tutto sta esclusivamente nell’essere creative. Nessun quirk può davvero limitare un animo fortemente desideroso di essere un eroe, così come non può farne l’assenza totale, e lui e Midoriya ne sono un esempio vivente.

Per questo non gli viene così strano pensare che qualcuno possa aver creduto in una persona dotata di un potere simile, così come Nana ha creduto in lui e lui in Midoriya.

“Raccontami quello che ricordi, giovane Midoriya.”

Midoriya annuisce, tornando a quel giorno.

 

Il nuovo colpo che stava cercando di imparare a lui sembrava andasse bene, non aveva niente che non andasse. Riusciva ad utilizzare tutti e due i quirk che ora controlla alla perfezione, e unendolo alla capacità di levitare che sta controllando sempre meglio gli sembrava perfetto.

Tanto  d’accordo, però, non era stato Bakugou che, invece, gli era andato contro impettito.

“E che cazzo, Deku merda, così siamo buoni tutti!” aveva sbottato.

Midoriya aveva inclinato il capo, “Cosa vuoi dire, Kacchan?”

“Che così son buoni tutti, come ho detto!” aveva continuato, “Usi sempre gli stessi colpi, le stesse tecniche. Cazzo, Deku, hai un quirk che ti permetterebbe di tutto, e tu sei ripetitivo al cazzo! Sei diventato peggio del bastarlo, quello almeno un passo Avanti l’ha fatto! Mi fai di una rabbia che ti farei saltare in aria adesso, seduta stante, cazzo! Hai di queste possibilità, e stai sempre a tirare calci e pugni all’aria!”

Deku aveva inarcato le sopracciglia, “Ma, Kacchan, cerca di capire! Io non ho ancora capito come attivare gli altri che non sono mai comparsi e poi…insomma, se facessi del male a qualcuno? Se perdessi di nuovo il controllo com’è già successo la prima volta?”

“Cazzate. Sei sempre il solito nerd di merda. Tanto valeva che rimanessi il quirkless che eri!”

“Scusa, Kacchan, tu cosa faresti al mio posto?!”

“Che domanda del cazzo! Io di sicuro non mi porrei alcun fottuto problema, saprei di certo usare qualsiasi tipo di quirk che non sia il mio, da quello della tettona a quell’inutile coda dello scimmione! E adesso levati di mezzo, che IO mi devo allenare!”

Deku lo aveva guardato andar via, perplesso dalle sue parole.

Usare qualsiasi tipo di quirk, anche oltre quello a cui si è abituati.

Qualsiasi tipo, anche quelli che non sembrano compatibili con te.

Qualsiasi, anche qualcosa a cui non avrebbe mai potuto pensare. Come l’acido di Ashido, o peggio, qualcosa che non saprebbe mai usare, come gli Earphone Jack, l’ellettricità di Kaminari, o le stesse esplosioni di Bakugou.

Quasiasi quirk.

Il problema è: come fare?

 

“E’ andata così,” conclude il racconto Midoriya, “Ero così concentrato su come attuare quello che aveva detto Kacchan, come riuscire a controllare i quirk del One for All che ancora non avevo scoperto…è successo come quando ho perso il controllo durante il test di Shinsou, quando ero così furioso con Monoma, e desideravo un potere che mi potesse essere utile. Anche quella volta, poi, sono comparsi loro, e un nuovo quirk. E anche questa volta io…io…li ho visti. E poi, un lampo di luce. E un attimo dopo, l’urlo di Kacchan…e io….ero….beh, Ashido-san.”

Toshinori lo guarda, a lungo, in silenzio.

Un lungo, infinito, silenzio.

Poi un sospiro.

“Questo non me l’aspettavo.”

 

Quindi adesso il problema rimaneva, e grande anche.

Non possono chiedere realmente aiuto a nessuno, perché nessuno deve sapere dell’One for All. Certo, potevano farne parola con Chiyo, ma lei non può annullare gli effetti di un quirk.

E visto come pareva funzionare, dubitava anche ci potesse riuscire l’Erasure di Aizawa, che comunque non deve saperlo.

Quindi, non possono risolverlo. A meno che non abbia un tempo limitato, e lo spera ardentemente, non possono fare nulla.

Solo aspettare di capire come funziona e controllarlo.

Lui può aiutare il Giovane Midoriya, ma fino ad un certo punto.

E questa volta, non possono contare su All Might.

Pena una morta precoce, teme.

 

 

Angolino Autrici:

ECCOMI ANZI ECCOCI SIAMO TORNATEEEEEEE
Vi eravamo mancate, vero??
Vi era mancato questo delirio, vero?
E tranquille. Andrà sempre peggio :D
Un bacione forte,
Asu e Anya

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Capitolo 31
*** 31. Goodnight. And thanks ***


31. Goodnight. And thanks…

 

 

 

Lo scoraggiamento è divenuto ormai generale.

Si respira un’atmosfera pesante, nella sala comune della Height Alliance. Sono tutti depressi, nessuno ha voglia di chiacchierare. Nemmeno la torta a cui Satou ha lavorato per metà del pomeriggio, e con cui sperava di risollevare gli animi affranti è servita granché.

Metà della classe si è già ritirata. Alcuni sono seduti ai divanetti a guardare la tivù, altra gente va e viene.

Nessuno parla.

Hagakure batte le carte dell’”Uno” da mezz’ora, ma sembra quasi voglia leggerci i tarocchi e prevedere il futuro piuttosto che mettere insieme il gruppo per una partita.

Nessuno sa più quando e come finirà.

Iniziano a dubitare anche del “sé”, ormai.

Hanno portato tutte le loro cose da una stanza all’altra, attraverso il dormitorio, di nuovo. Una transumanza di spiriti demoralizzati e facce lunghe, l’unica che come al solito non l’ha presa troppo male è Mina, ma lei non fa più testo e poi se ne sta buona buona accanto a lui sul divano, sapendo che nonostante tutto ci sono cose che ancora non sono state risolte, per il suo ritrovato fidanzato.

Gli occhi rossi si alzano di tanto in tanto su Ojiro, cioè Bakugō, seduto sul pavimento, in disparte all’altro capo del salottino, lo sguardo nero di Mashirao fisso sul televisore che manda una vecchia serie poliziesca trita e ritrita, e gli pare quasi di sentire gli ingranaggi del suo cervello muoversi, stridere, Eijirō non riesce a capire perché diversamente dal solito se ne stia lì con loro e non sia salito in camera; non certo perché tema nuovi assalti, più o meno reali, al suo corpo.

Ed è a questo che corrono più spesso gli occhi scarlatti, cioè a Yaoyorozu. E alla fine si posano anche su Momo, cioè Mina, che sfoglia una rivista.

Vista così, si direbbe sul serio l’educata Creati.  

Si sta comportando bene. Di sicuro ci tiene a non combinare altri casini, ora che sono tornati insieme; è così da quando sono usciti dallo stanzone dell’infermeria.

“Gesù Bambino!”, aveva sbottato Sero nel vederli sfilare uno per uno, una volta che Recovery aveva dato l’okay per i rimanenti sei, dopo la fuga di Katsuki. “Chi è chi, adesso? Io non ci capisco più niente.”

Con santissima pazienza, quella che credeva fosse esaurita ma riusciva sempre a grattare anche dal fondo più cupo del barile, Eijirō si era messo a spiegargli che adesso Momo era Ashido e non più Bakugō; che Bakugō era Ojiro e non più Mina, e Mina era Kaminari, nel cui corpo c’era Ojiro, e gli unici tornati al loro posto erano Jirou e Midoriya.

E Sero aveva fatto una faccia che nemmeno al test di storia. “Facciamo una cosa, segnameli su un foglio, Kiribro”.

Tokoyami, uno dei pochi ad aver mantenuto un ferreo stoicismo fin lì, si era lasciato sfuggire un’espressione più consona ad un Katsuki in gran spolvero. Shoji accanto a lui aveva sgranato gli occhi e così Koda, che si era tappato le orecchie.

“Je suis trop fatigue”, aveva mugugnato invece Aoyama portandosi la mano alla fronte, e Tsuyu accanto a lui aveva inclinato la testa dai lunghi capelli, guardando la sua amica Uraraka venire fuori afflitta da quel camerone.

“Che gran casino, cra. A questo punto sarebbe stato meglio lasciare le cose come stavano”.

Eh già. Facile da dire adesso.

Ma non voleva venire in urto anche con Tsuyu. Lei è fatta così, dice quel che pensa, non lo fa per ferire le persone.

Ha ancora in mente i pianti che si era fatta dopo il rapimento di Bakugō.

L’unica fortuna, se così può chiamarla Kirishima, è che almeno con Todoroki le cose siano chiare. E’ lieto che giusto il giorno prima abbia parlato a lungo con il compagno, e che abbia stabilito certi punti: così potrà stare tranquillo, Shouto.

Difatti è tranquillissimo, o almeno così pare. E’ seduto accanto alla sua ragazza, che non alza lo sguardo dal tavolino. Lo fissa come potesse farlo levitare, nemmeno abbia mutuato il quirk da Ochaco e non da Bakugō.

“Kiriciccino? Io vado in stanza”, lo avvisa piano Mina, d’un tratto, distraendolo dalle sue cogitazioni.

“Mhmm? Come mai?”.

“Be’. Sai”.

Eijirō per un attimo la guarda intimorito, spera non debba ricominciare la trafila dei deliri dei giorni precedenti. Poi ricorda, collega i puntini e quasi si sente in colpa per aver pensato male di nuovo.

Ma non è colpa sua. Gli viene naturale, non osa sperare nella quiete mentre la tempesta è ancora in corso.

“Ah già. Andiamo. Ti accompagno”. Fa per alzarsi ma prima lancia un’altra occhiata a Shouto, che guarda le mani di Momo come volesse tenerne una nella propria.

Ma se soltanto ci prova di nuovo è facile che Bakubro lo strangola, e stavolta sarebbe peggio che con le lunghe mani delicate di Yaoyorozu.

Poveraccio. Meno male che Todoroki è uno tosto, qualcun altro sarebbe già crollato o quanto meno sarebbe sul punto di farlo.

Come Shinsou, ad esempio. Che ha una faccia ancora più cadaverica del solito, e se perlomeno Shouto è stato in grado di “badare” a Bakugō in un modo o nell’altro, riuscendo anche ad instaurare con lui un qual certo rapporto diverso dal: “ti faccio saltare in aria stronzo” , a Hitoshi era andata male al primo e peggio al secondo giro di giostra.

Con certe persone il Fato si diverte proprio, è il caso di dire.

O forse è solo che Shinsou non è in grado di gestire il carico di stress che gli è caduto tra capo e collo tutto assieme.

Bakugō è insopportabile, vero. Ci vuole un fegato grosso come una casa solo per doverlo tenere vicino, e non necessariamente in senso amichevole, ma proprio spaziale.

Ma è leale. A livelli che rasentano l’incredibile, lo sanno tutti e paradossalmente Shinsou pare molto più rassicurato di quando nel corpo del suo ragazzo c’era Kaminari.

Quello che non gli va davvero giù è che Mashirao sia adesso in quello di Denki, a parere di Kirishima. Kaminari gli ha spiegato un po’ come sono andate le cose, mentre lui – molto poco onorevolmente, ma non poteva agire in modo diverso in quel momento- andava a chiudersi in camera come un appestato dopo aver cazziato Mina e averla mollata, per uscirne solo quando era ormai certo non ci fosse più nessuno in giro, nel dormitorio.

Jirou è tornata normale, Denki è nelle sembianze di Mina. Kirishima in realtà non si sente più in ansia ora di quanto non fosse quando c’era Midoriya.

Anche perché, siamo onesti. Denki non potrebbe combinare più danni di quanti non ne farebbe la stessa Ashido.

E poi adesso c’è Kyoka. Che lo scruta di sottecchi con un sorrisino sardonico, va’ a sapere perché; ma ciò che conta è che Kaminari dovrà stare molto attento a non sfiorarsi nemmeno per sbaglio, se ci tiene alla salute. “Todoroki?”.

Gli occhi eterocromi si rialzano, incrociano i suoi. Sembra abbia sonno, lo vede un tantino perso ma è evidente che non vuole lasciare da sola Momo. “Dimmi, Kirishima?”.

“E’ un problema se accompagno … Mina in stanza?”.

Il compagno a metà abbozza un sorriso. “Ma no, certo che no. Buonanotte, ragazzi”.

Salgono, Eijirō e Mina. Entrano nella camera di Momo, dove già hanno spostato le cose di Mina da quella di Bakugō … in realtà è stata Uraraka ad incaricarsi di quella bisogna, che Kirishima aveva il terrore di dover entrare, anche se la chiave l’aveva ancora Ashido.

Non lo ha guardato neppure una volta, neppure per sbaglio, Katsuki. Lo ha completamente tagliato fuori, come non esistesse più per lui; il che è infinitamente peggio dell’essere “maltrattato”.

Forse è per questo che ha scelto di non salire subito in camera Bakugō: per farglielo pesare meglio.

Leale sì, vendicativo anche di più.

Si fida di Todoroki, ma non può certo sperare in un miracolo da parte sua: se Bakugō non vorrà perdonarlo Shouto potrà sdilinquirsi fino a perdere la voce, non caverà un ragno dal buco.

Cazzo. Forse non è proprio una delle espressioni più felici da usare, in questo momento.

Non vuole più sentir parlare di … buchi per un pezzo, almeno. A meno che non si tratti di quello in cui dovrà andare a seppellirsi una volta che le cose saranno tornate al loro posto, e Katsuki andrà a cercarlo per spaccargli le corna.

Aspetta che Mina sia uscita dal bagno, con addosso il pigiama di raso rosa pallido di Momo.

Se non altro ora si copre, grazie al cielo. “Come va, tutto bene?”.

“Sì, sì. Il primo giorno di solito è il peggiore, quindi tutto regolare”.

Kirishima annuisce soltanto. Quel primo giorno è stato il peggiore su parecchi fronti, altroché.

“Eiji?”.

“Sì?”.

“Posso farti una domanda?”.

“Dimmi”.

Ashido abbassa lo sguardo sul decolleté, sigillato fino all’ultimo bottone. “Secondo te Yaomomo le ha più belle delle mie?”.

“Dannazione,  Mina … non farmi pentire di essere tornato con te”.

“Ma no, sciocchino. E’ solo un’opinione  quella che ti sto chiedendo. Cioè … insomma. Sono più grandi”.

“A me piacciono le tue”.

“Kiri …”. Mina fa per abbracciarlo, ma si ferma a metà del gesto. “Okay. Niente contatti”.

“Brava”.

Mina va a sedersi sull’enorme letto di Yaoyorozu, afferra la spazzola e comincia a pettinare i lunghi capelli corvini.

Sì, finalmente sembra che si possa cominciare a respirare un po’ di pace, quantomeno da questo punto di vista. “Sai che Momo-chan è ancora vergine?”.

Kirishima si strozza, quasi.

Forse ha parlato troppo presto. “Mina non credo che …”.

“Non è una cosa strana?”, osserva lei, in tono pacato però.

E’ solo una conversazione come un’altra, alla fin fine. Di qualcosa devono pur parlare, e della loro situazione attuale non vogliono farlo, non sarebbe salutare.

Così come di quella con Bakugō. “Non vedo perché. Ognuno ha i suoi tempi, non sono tutti come noi”.

“Ma sì, questo lo capisco. Però … cioè, non so. Mi pare curioso. Cioè, se fosse single okay, ovviamente capirei. Ma sta da tre mesi con Todoroki … cioè, dai, Eiji, lo sai che ho occhi solo per te tesoruccio, ma … wow. TO-DO-RO-KI”, scandisce piano.

A Kirishima scappa una risatina, che fortunatamente riesce a mascherare con un colpo di tosse. “Appunto”.

“Eh? Che vuoi dire?”.

Accidenti.

Ora che ha tirato la pietra, sa che Mina non gli darà pace finché non avrà mostrato la mano. “Ho … avuto una conversazione … piuttosto intima con lui, ieri sera. E mi è parso un filo spaesato, non solo su cose particolari ma un tantino in generale. Come stesse cadendo dalle nuvole insomma. Certo può anche essere che fosse fuori bussola per via del casino successo, o che semplicemente … non sia abituato a parlare di certe faccende con altri. In fondo non siamo nemmeno così in confidenza, noi due. Ma ho avuto quest’impressione, tutto qui”. Osserva Mina, gli occhi neri di Momo fattisi pensierosi. “Che c’è?”.

“Che se davvero è così forse dovremmo dargli una mano …”.

“Mina?”.

“Ma no, scemo. Dicevo in senso … buttare lì qualche dritta. Non pensare sempre male di me, stellina. Sai che amo solo te”.

Kirishima si scioglie.

E’ una delle doti di Mina. E’ una casinista, distrugge tutto quel che tocca ma sa essere anche capace di slanci di generosità e sentimenti purissimi. “Anche io. Ma è bene che si gestiscano le loro faccende personali da soli”.

“Ma semmai Yaomomo venisse a chiedermi consigli … potrei dargliene?”.

Kirishima tace, ponderando bene la risposta da darle.

E’ decisamente improbabile che la dolce, timida Yaoyorozu elegga proprio lei come confidente, specie dopo tutto quello che va accadendo di questi tempi.

Tuttavia è bene non essere troppo sicuri di niente. “Vedremo”.

“Grazie, Eiji”. Mina posa la spazzola, batte le mani e si mette sulle ginocchia. “Però adesso mi devi dire cosa vi siete detti con Todoroki!”.

“Ma niente di speciale. Cose da ragazzi. E tu non lo sei più”.

Ashido mette su un finto broncio, che si addice ai lineamenti di Momo. “Uff. E va bene”.

“Dormi bene, Mina”.

“Notte Eiji!”.

Una volta fuori Kirishima espira di sollievo.

Se non altro almeno qualcosa, ora, è più gestibile.

E … ad essere sincero gli mancava questo lato di Mina. La sua dolcezza.

Si dirige alla scalinata, e sul pianerottolo si imbatte in Uraraka. Che ha l’aria di essere sfinita, e a ragione: è praticamente tutto il giorno che fa avanti e indietro, non l’ha vista nemmeno sedersi in sala comune con gli altri, solo passare di volata con i capelli umidi. “Ehi, Uraraka. Torni in stanza?”.

“Macché. Venivo solo a prendere il mio cellulare, l’ho lasciato prima sottocarica. Vado a vedere come sta Momo-chan, l’ho vista molto abbattuta”.

“Non finisce mai eh?”.

Lo sguardo di Ochaco è quello di una povera martire rassegnata. “Se non altro, almeno adesso qualcosina è meno peggio di prima, quanto meno per alcuni. Ma non voglio cantare vittoria troppo presto”.

“Già. Be’, allora …”.

Ochaco indugia ancora, però. E la piccola fronte si aggrotta.

Non è difficile capire che abbia ancora qualcosa da dire, Uravity. “Kirishima … posso chiederti … una cosa?”.

“So già cosa vuoi sapere. E no. Si è trattato di un malinteso, l’ho già spiegato a Todoroki ieri sera”.

Uraraka sospira di sollievo. “Meno male”. Poi d’un tratto avvampa, fino alla cima dei capelli. “Cioè, voglio dire … insomma, per voi eh! Cioè alla fine sono cose che non mi riguardano … io … desidero solo che … si sistemi tutto in fretta e torniamo a starcene in santa pace, se è stato solo un equivoco meglio così, no? Bakugō … non ha niente di cui preoccuparsi, alla fin fine”.

Se non fosse che la questione lo tocca tanto da vicino, scoppierebbe a ridere Kirishima.

L’espressione di Ochaco è così confusa che mette tenerezza.

Ed è chiaro che non si tratti di mero imbarazzo per l’argomento delicato. “Todoroki ha detto che parlerà con lui, proverà a spiegargli le cose. Io ci spero, ma lo sai com’è fatto Bakugō. E’ … terribilmente testardo”.

“Io … be’, non garantisco nulla. Ma anche io … farò la mia parte, se serve”.

“Grazie, Ochaco”.

“Di niente. Mina-chan dorme?”.

“Sì, l’ho appena messa a letto. Almeno lei sembra abbastanza in pace con se stessa … e più disposta a lasciare in pace noi, ora che non ha più da portare le grazie di Bakubro in giro per i corridoi della Yuuei”.

Uraraka sobbalza. Eh sì.

E’ talmente evidente che gli pare inverosimile che nessuno, nemmeno la sua Mina che ha le antennine per certe cose, se ne sia accorta. 

Vabbé ch’è troppo presa dalle proprie. E inoltre … è sempre stata fermamente convinta di una cosa su Uraraka: e per quanto sia attenta, è difficile cambiare punto di vista da un giorno all’altro, per lei.

Ma Kirishima, forse perché la vede in modo “pulito”, chiaro, senza pregiudizi di sorta se n’è reso conto.

Stanno accadendo cose strane, e non solo in senso negativo. “Allora … vado da Yaomomo”.

“D’accordo. Buonanotte, Uraraka”.

 

-

 

Ojiro posa il cellulare sul ripiano del lavandino nel bagno di Kaminari, sotto carica.

E’ stata Jirou ad occuparsi delle sue cose. Le ha trasferite dalla propria camera a quella … di Kaminari, e probabilmente lei è l’unica che lo potesse fare senza problemi visto il suo tour de force fisico. “Starai bene, Ojiro-kun?”.

Mashirao per un attimo ha scordato la cautela e l’ha abbracciata. Jirou è stata così buona con lui, così dolce… “Oh, scusa Jirou-san, perdonami”. Si è ritratto immediatamente, ma la ragazza gli ha sorriso.

“Tranquillo. Ci sono stata io dove sei tu adesso. Non serve nemmeno che ti dica che mi fido ciecamente di voi, vero?”. Un leggero rossore si è sparso sugli zigomi di Kyoka, è sempre comunque il corpo di Kaminari, in fondo.

E dev’essere un sollievo esserne fuori, è sembrato dicessero quegli occhi blu scuro. Anche se la voce ha taciuto.

In effetti non dev’essere stato per niente facile, per Kyoka. Almeno finché non ha chiarito con Denki.

Ma adesso che guarda il volto teso, pallido di Hitoshi inizia a rendersi conto che forse esiste qualcosa di peggio che ritrovarsi nel corpo di qualcuno che malauguratamente ti piace.

Essere dentro … un amico con cui hai avuto da ridire.

Non è per nulla stupido Mashirao, no. Hitoshi ha serbato uno stoico mutismo fin da quando si sono destati in infermeria, lui dentro Denki e Bakugō dentro di lui.

E … paradossalmente la delusione, l’afflizione di Shinsou erano molto meno legate a quest’ultima faccenda di quanto non fossero dovute alla prima.

Eppure gli aveva detto che lo avrebbe perdonato. Che … non gli avrebbe portato rancore per quello che era accaduto.

Ma l’istinto è una forza a cui non si può comandare tanto facilmente.

E Hitoshi … almeno per quanto lo conosce lui … ultimamente ne è spesso preda.

A voler essere sincero, nemmeno lui è felice di essere finito proprio nel corpo di Kaminari; potendo scegliere, avrebbe preferito riavere il proprio.

Ma non è andata così, non si poteva certo ammazzare, o disperare.

Quanto meno non è più soggetto a quei crampi, a quella debolezza che nemmeno lo facevano stare in piedi.

A quel mal di testa che sembrava aver messo le tende dentro il suo cervello.

Anche se ora … doveva affrontare il rischio di folgorare – e folgorarsi.

E quella riprovazione silenziosa, ma non per questo meno dolorosa.

“Ti accompagno … Mashirao”, ha detto subito dopo che Kirishima e Ashido hanno lasciato la sala comune.

Oijiro ha annuito appena, attendendo che anche il suo fidanzato si fosse messo in piedi, si è avviato verso l’ascensore e ha premuto il pulsante del terzo piano.

Non gli è sfuggito il sospiro di Shinsou, la sua aria abbattuta quando sono entrati tutti e due nella cabina.

Mashirao è una persona dolce e gentile. Pacata.

Però ha un brutto difetto.

L’orgoglio.

Non gli piace che lo si prenda in giro, non gli è mai andato a genio.

A Hitoshi ha perdonato quel che è accaduto l’anno prima. Quella era stata una situazione stringente, e nonostante tutto gli ci era voluto un bel po’ per farsela passare.

Ma questo, con tutto l’amore che gli porta, e tutta la comprensione di cui è capace, no.

Proprio non gli va giù.

Non l’ha deciso lui di finire dentro Kaminari. E che ora Hitoshi debba farglielo pesare, invece di provare a confortarlo, di tentare di metterlo a proprio agio … e che diavolo, direbbe Bakugō.

Bakugō che adesso ha il corpo di Mashirao.

E che nonostante tutto, ma non è una novità, si sta comportando meglio del suo ragazzo.

Davanti alla stanza di Kaminari, Shinsou ha sospirato con forza. Ojiro ha finto di non sentire ed ha aperto, seguito da Hitoshi.

Senza dir nulla è entrato nel bagno di Denki, si è spogliato e si è rivestito con una maglietta e un paio di pantaloni della tuta che il compagno usa per dormire, e che Kyoka gli ha lasciato piegati sulla sedia.

Sarebbe quasi riposante per lui avere a che fare con questo corpo dopo essersi giostrato malamente con quello di una ragazza.

Se non fosse per Toshi.

Quando esce, lo trova che osserva con una piega torva della fronte le cose di Kaminari. “Guarda che non sei obbligato a restare”.

Gli occhi viola si sgranano. Lo fissano, d’un tratto attoniti. “Ma … che dici, Mashi?”.

“La verità. E’ tutto questo pomeriggio che non fai altro che farmi venire la depressione”.

Lo sguardo di Shinsou è quello di un cane bastonato. E Mashirao, invece che sentirsene ammorbidito, si sente urtato.

E’ di nuovo lui, in quella situazione del cavolo. Lui, quello che deve affrontare tutto da capo, imparare a gestire un altro corpo, un altro quirk.

Non ha un minimo di empatia Hitoshi, è costretto ad ammetterlo. L’egoismo di cui sta dando prova adesso è ancora più offensivo dopo quel discorso del giorno prima in infermeria. “Scusa. Ma non pretenderai certo che faccia i salti di gioi”", replica duro, infatti.

“E certo. Perché il tuo unico problema è che io sia finito proprio nel corpo di Kaminari, che guarda un po’, avevi promesso di perdonare. Se non fosse che sono io a patirne le pene maggiori direi che ti sta proprio bene Hitoshi, così impari a mentire”.

“Mentire?!”.

“Si! Perché ne stai facendo un dramma. Tu, e non io, che rischio di finire fulminato e fulminare altra gente, altre persone a me care, che ancora non posso tornare a casa, che non posso nemmeno telefonare ai miei. E tu sei incazzato perché adesso ho la faccia di Denki”.

“Ma Ojiro porca miseria cerca di ragionare …”.

“SEI TU CHE DEVI RAGIONARE! Io ne ho abbastanza, capito, abbastanza di dovermi sentire in colpa quando sono la vittima! Sono stufo di dover sempre chinare il capo davanti alle tue azioni! Invece di aiutarmi, non hai fatto altro che mettermi in difficoltà, fin dal primo momento in cui mi sono ritrovato in questa situazione. E io non penso che … siamo poi fatti per stare insieme, io e te”.

Shinsou tace, deglutisce a fatica. Un suono che fa male a Mashirao, ma non può cedere.

E’ troppo deluso, anche lui. Arrabbiato, e continuare così significherebbe soltanto continuare a distruggere quel rapporto che soltanto il giorno prima sembrava essersi rinsaldato.

Ma non era colpa sua, no. E’ Hitoshi, per quanto gli costi ammetterlo, è a causa sua se è tutto così complicato. “No Mashirao no …”, lo supplica, la voce infranta.

“Mi dispiace. Ma è l’unica cosa che sento giusta adesso … e devo farlo. Vorrei pregarti di uscire”.

Sa che le mani di Hitoshi si sono richiuse in due pugni. Che … vorrebbe poterlo toccare e non lo può fare, ma non perché sia rispettoso del corpo di Kaminari, soltanto perché prova … fastidio, che sia proprio quello del compagno.

Ed è questo che non gli fa rialzare lo sguardo dal pallone da basket parcheggiato in un angolo della camera pacchianissima.

“Va … va bene. Come vuoi, Mashirao”.

Esce piano, chiudendosi la porta alle spalle.

Ojiro si siede con cautela sul letto di Denki. Si sdraia, fissando la parete.

Non vuole ascoltare quel dolore al petto, nel cuore, che pulsa come una cosa viva.

Tanto più che non è nemmeno il suo.

Ma fa tanto male uguale.

 

-

 

Okay.

Gli si è intorpidito abbastanza il culo a star lì seduto e non fare niente, fingendo di seguire quella fottuta serie tivù di cui non ha colto nemmeno mezza virgola.

Perché? Perché aveva un po’ di cose da fare, e la prima della lista era far venire le angosce esistenziali a quel maledetto di Capelli di merda.

Sì, ce l’ha ancora con lui. E non gli passerà tanto in fretta: non lo può perdonare, quel che ha fatto è gravissimo e ha tutta l’intenzione di fargli il culo, appena se ne presenterà l’occasione.

Per adesso si è accontentato di ignorarlo sistematicamente, quel … quel … quello schifoso traditore di amici e violatore di corpi altrui.

E’ meglio che non ci ripensi troppo, dannazione.

Ma non è solo per questo che è ancora lì. 

Si potrebbe quasi dire che è il karma, con tutto quello che gli è capitato adesso è andato a finire giustappunto … nel corpo di uno degli unici gay della scuola, o quanto meno uno dei due dichiarati.

Ma onestamente a lui non frega un cazzo se allo scimmione piace … ecco sì, quello. Problemacci suoi, in barba a tutte le offese che gli ha rovesciato addosso – meritate, perché no, i cazzi suoi quello non se li poteva fare, doveva anche andare a consolarlo, tsk - non gli interessa minimamente se propende da questa o quella parte.

Ma porca puttana, c’erano stati già abbastanza casini per colpa di quei dementi di Faccia da Scemo e Occhi da Procione. E … non l’avrebbe mai ammesso del tutto, ma se restava lì a farsi vedere Faccia da Morto quanto meno avrebbe avuto di che stare sereno, su un fronte.

Un po’ come lui.

D’ accordo, aveva gridato dietro a Todoroki, ma solo perché era incazzato a bestia che il solito nerd di Merda avesse riavuto il proprio corpo e lui invece no.

La Secca non lo infastidiva allo stesso modo e poi lo spasso che ora toccasse a Kaminari – perché bisognava essere scemi per non capire che quei due avevano qualche mezza tresca assieme - avere tette e ovaie gliel’aveva fatta perdonare più in fretta.

Bakugō si augura solo che abbia anche lui … le cose delle femmine. Quanto meno potrebbe imparare ad avere un po’ più di rispetto per le donne, che non sono solo pezzi di carne buttati lì per essere guardati da lui e quell’altro pervertito di Mineta - che dopo le minacce di Aizawa ha pensato bene di rintanarsi in camera- ; dalla faccia di Jirou ha il sospetto che la tipa ne sappia qualcosa. Lui resterà in ascolto, aspettando gli sviluppi.

Ma non stasera.

Non vede l’ora di andarsene a dormire.

Faccia Tonda ha fatto il lavoro sporco per lui, dopo aver spostato le cose di quella fulminata di Ashido dalla sua camera, previa il suo permesso – è praticamente l’unica a potergli parlare senza che gli scoppi un embolo, a Katsuki- dopo si è anche offerta di andare a prendere le sue cose dalla stanza di Momo per portarle in quella di Ojiro.

Non c’è da stupirsi che non abbia ancora posato il fondoschiena sulla sedia. Ha continuato a fare avanti e indietro come una dannata, non ha nemmeno asciugato i capelli e le prenderà un accidente, se continua così.

Sarebbe bene che mandasse tutti a farsi fottere e si ritirasse in camera.

E anche lui, in realtà.

Quella stramaledetta coda gli pesa un fottio, quasi quanto il davanzale di Yaoyorozu. Che all’improvviso si alza.

Fa un effetto strano vedere il suo stesso sguardo fissarlo come vedesse il vuoto.

Ha mai avuto quell’espressione così … dannatamente vacua, lui?

Mah. Non lo sa. Quanto meno non se lo ricorda.

Ma non gli piace.

E’ anche per questo che indugia ancora. Non che lui possa farci nulla, non sono fatti suoi, anche se è stato nel suo corpo non si può certo dire che abbiano una qualche sorta di rapporto loro due.

Gli fa un po’ pena, Yaoyorozu. Le concede questo lusso perché sa che da lei non ha nulla da temere, che lo rispetterà molto di più di quanto non abbia fatto quella dannata Occhi da Procione.

Che adesso è nei panni della giunonica Creati.

Se fosse un figlio di buona donna fino al midollo spererebbe davvero tanto che quello stronzo di Kirishima e la sua degna metà combinino qualche casino anche adesso, così il bastardo a metà avrebbe pure lui di che suonargliele di santa ragione. Ma non lo è, e sa che se soltanto ci pensa, Capelli di merda, sarà proprio Bakugō a dargliene di secche anche per Momo nonostante tutto.

Può essere nato male, incazzoso, arrogante, avere un sacco di tratti che per la gente comune sono difetti e lui valuta come pregi, su di sé.

Ma quello no, non ce l’ha. E il solo pensiero che qualcuno sminuisca le donne riducendole a meri oggetti sessuali gli brucia il cervello, gli fa venir voglia di prenderli tutti a calci nel sedere e rompergli i denti.

Sua madre gliel’ha inculcato ben bene fin da piccolo. “ Prendi pure a mazzate tutti quelli che ti pare, ma tocca una ragazza in modo men che rispettoso e come ti ho fatto, così ti distruggo, Katsuki Bakugō”.

E per quanto tolleri poco la vecchia, e altrettanto poco le dia retta, i suoi insegnamenti non riesce a levarseli dalla testa.

“Torni in camera, Momo?”, sente domandare a Todopirla cavalier servente pronto all’attacco.

Quanto meno non deve più averlo tra i piedi e questo è già un sollievo.

Anche se in fondo in fondo, e nemmeno questo confesserà mai, non è poi così male.

E … pare anche aver ritrovato finalmente un briciolo di buon senso, occupandosi della sua fidanzata, dandole le attenzioni che quella povera disgraziata si merita.

“Mhmm mhmm. Sì, Shouto”.

Gli occhi spaiati si voltano verso di lui. “Bakugō, posso … “.

“Perché, se dico di no cambia qualche cazzo? Vai”.

“Grazie”.

“Uh”.

Aspetta che siano fuori portata, e poi, a fatica, si mette in piedi anche lui. “Be’, io me ne vado”, annuncia.

“Ti serve qualcuno per tenerti la coda, Bakugō?”, fa Faccia Piatta, che fin qui se n’è rimasto zitto a farsi i cazzi suoi.

“No, ma se non chiudi il becco servirà qualcuno a te per portarti le ossa, idiota”. Trascinando quel fardello va verso l’ascensore, preme il terzo e ci si ficca dentro.

Che giornate del cavolo.

Appena giunge nel corridoio si imbatte in Faccia da Morto. Più morto che mai, è il caso di dire. “Ohi”.

Shinsou nemmeno alza lo sguardo. Sembra che l’abbiamo picchiato. “Ba … Bakugō”.

“Cazzo ti piglia?”. Domanda del tutto pleonastica, non è niente contento e non serve mica un genio per capirlo.

Deve guardare la faccia di quello che … ha messo impunemente le mani sul suo fidanzato.

Lui una ragazza non ce l’ha, manco la vuole, e in questo momento è più che mai strafelice di non dover avere a che fare con qualche femmina “legata a lui sentimentalmente”, uh.

La dimostrazione che la vita di un Eroe è fatta per essere solitaria. All Might non ha mai mica avuto una compagna, e che cavolo.

“Nulla, Bakugō. Scusa. Vado in camera. Buonanotte”.

“Ehi, demente, fermo qui. Pensavo fosse chiaro ma in caso non ti ci arrivi il cervello vedi che io non ci combino casino col corpo del tuo scimmione”.

“Non …”. Faccia da morto china ancora di più la testa, tira su col naso. “… E’ più il mio scimmione”.

Katsuki rimane per un attimo interdetto. “Che significa?!”.

“Che mi ha piantato. Ma non voglio parlarne, scusami. Buonanotte”. Entra nell’ascensore e le porte si richiudono, tagliandolo fuori.

Le palpebre di Ojiro sbattono su due occhi che fissano allibiti il piano metallico.

Ahhh, e che cazzo.

Ancora casini.

Con un piglio irritato va ad aprire la camera dello scimmione. Sbatte la porta, ma non è un gesto voluto.

Se n’è piene le scatole di tutto quel bordello.

Li sta distraendo da quello che è il loro obiettivo principale: diventare degli Eroi.

Da quando è iniziata questa storia di merda non ha più fatto un allenamento come si deve, e anche per questo gli dà fastidio ogni mosca che passa, ogni disastro che non lo tocca direttamente.

Si spoglia, piano. Bestemmiando nel lottare con la coda, è quasi peggio delle tette atomiche di Yaoyorozu: almeno quelle erano sul davanti e anche se era complicato poteva gestirle meglio di quel malloppo sulle chiappe.

Ha appena finito con i suoi contorcimenti simil-yoga che di meditativo e rilassante avevano ben poco, quando bussano alla porta.

E Santo Dio. Adesso chi cazzo è?

E’ tentatissimo di mandare affanculo chicchessia. Però poi riflette sul fatto che possa trattarsi di Uraraka, che magari è passata a chiedergli se ha bisogno di qualcosa.

Sì, ha troppo buon cuore quella ragazzina. Finirà con l’ammalarsi … e Bakugō pensa di aver capito cosa l’ha spinta a darsi da fare tutto il giorno senza trovare requie.

Il pidocchio verde si è fatto un’amichetta. E non è certo un segreto che Faccia Tonda avesse una cotta sviscerata per quel coglione.

Quei due erano andati a chiudersi in camera appena rientrati al dormitorio. E … porco diavolo, per quanto stimi deficiente Deku, è tornato normale –fottuto bastardo- e non occorre avere la bacchetta magica per capire che ne starà bellamente approfittando.

Tanto più che quella Melissa è pure graziosa. E intelligente, anche se il piano era andato a puttane quanto meno ci aveva provato, con quell’altra pazza di Hatsume.

Lui si è rifiutato di parlarle, ma non certo perché abbia qualcosa di personale contro la biondina.

Non era proprio in condizione di parlare con nessuno.

Non lo sarebbe nemmeno ora in realtà, ma non può fare questo sgarbo a chi si è spremuto tanto per lui senza ragione alcuna; per cui va ad aprire, tirandosi addosso la maglia di Ojiro.

Ma appena vede chi c’è oltre la soglia gli viene da bestemmiare daccapo. “Oddio, ma non era finita questa storia che mi stai sempre tra le palle?”.

Gli occhi spaiati del pirla a metà lo fissano senza battere ciglio. “Ti avevo detto che dovevamo parlare, io e te”.

“E io ti ho detto che non abbiamo un cazzo da dirci. Vai a vigilare su quella pazza di Occhi da Procione e quel pezzo di merda del suo fidanzato, con quelli hai davvero di che preoccuparti, tsk”.

 “In realtà è giusto riguardo a questo, che dobbiamo discutere. Io ho … parlato con Kirishima, ieri sera”.

L’irritazione monta prima che Todoroki possa dire altro. “Non me ne frega un cazzo di quel traditore di merda. Vedi di andartene”. E fa per sbattergli la porta in faccia.

Ma Shouto infila il piede nello spiraglio.

Non è disposto ad arrendersi. “Non è successo nulla. E’ stato solo un equivoco. Posso assicurartelo”.

“Certo. Parli proprio tu di equivoci. Che non capisci un cazzo”.

Faccia a Metà tira un sospiro. Quando lo guarda di nuovo ha messo su un’espressione sussiegosa che t’oh, lo fa sembrare quasi intelligente.

“Fino a prova contraria sei stato tu quello che mi ha tirato un pugno perché credeva gli avessi messo le mani addosso”.

Bakugō schiocca la lingua tra i denti di Ojiro.

Ha ragione Todoroki.

E’ un cretino, ma non un bugiardo. Non è proprio il tipo, esattamente come lui stesso: non le concepiscono proprio le menzogne, non sanno che farsene, il loro cervello non è programmato per dirne, oltre che per sentirne.

Katsuki sbuffa. “E va bene, entra, cazzo”. Toglie la zeppa e Shouto si infila dentro, chiudendo la porta.

Sembra davvero afflitto. “So che non è facile, ma parla con lui. Sta soffrendo. Aveva … lasciato Ashido per te, sul serio, l’hai sentito anche tu in infermeria. E sai quanto ci tiene a lei … però tiene anche a te. Non puoi aver dimenticato quanto gli devi. Io ero con lui in quei giorni del tuo rapimento, gli sono stato accanto ogni momento, da quando abbiamo deciso di venire a recuperarti. L’ho visto … devastato. Non puoi davvero mandare a monte tutto solo per un malinteso”.

Uff… stronzo.

E’ proprio un bastardo Todoroki. Ha pescato quel nervo e sapendolo sensibile ci sta premendo sopra senza pietà, la dimostrazione che l’abilità strategica non gli difetta, malgrado la scemenza per tutto il resto.

Non gli darà scampo finché non cederà. Allora tanto vale farlo subito. “Ahhhhhh e va bene, ho capito, porca troia. Falla finite”.

L’ombra di un sorriso si tende sulle labbra di Metà e metà.

Ha vinto. “E che cazzo, però”.

Todoroki si fa serio, adesso. Concentrato. “Per quanto riguarda quell’altro discorso … non cambia niente, Bakugō. Puoi stare tranquillo. Momo è la mia ragazza, lo sai, ma …”.

“Ma se non la tocchi quando è nel suo corpo figuriamoci nel mio. Certo”.

E’ uno spasso vederlo perdere tutto quel contegno per avvampare fino alla cima dei capelli. 

E Katsuki ridacchia.

Uno pari. “Va bene, bastardo, mi voglio fidare. E vedi che mi costa, dopo tutti sti casini. Perciò vedi di non farne altri … ma capisco anche che sta di merda, uh, eccome se non la capisco. Non è giusto che quello stronzo di Deku abbia riavuto il suo corpo e noi no, ma okay. Facciamocene una cazzo di ragione”. Sbadiglia, stiracchiandosi con cautela. “Io me ne vado a letto. Se non altro spero di riuscire a chiudere occhio, almeno stanotte, senza quei fottuti crampi”.

“Fa davvero così male?”.

“E lo chiedi a me? Domandalo alla tua donna. E’ lei che ci passa ogni mese. Possibile tu non lo sappia?”.

Ora è ancora più rosso. Quasi violaceo in effetti.

Due a uno. Così si ragiona. “Be’ … io non le ho mai fatto di queste domande”.

“Torno a dire, perché non capisci un cazzo. Dovresti prenderti cura di lei quando sta così. Perché credimi, è una vera merda. Io non ci metterei certo la firma. Sono stato meno peggio quando ero con quei pezzi di stronzi dei Villan. E adesso levati dalle scatole”.

“Uhm. Sì”. Shouto si volta per andarsene, ma sulla soglia si ferma.

E lo chiama di nuovo. “Bakugō?”.

Katsuki alza gli occhi al cielo.

Ora lo mena. Non può usare la coda e non c’è nulla in quella stanza da lanciargli contro ma le mani gli funzionano bene, quanto meno. “Che tu sia dannato, che vuoi ancora?”.

“Grazie. Per tutto. Anche per come … hai salvaguardato la dignità di Momo”.                 

“Sì, sì, va bene. Levati dall’anima, adesso”.

“Sì, andavo giusto da Midoriya in verità. Vorrei discutere con lui riguardo la faccenda”.

“Se ti fa entrare. Visto che è da quando siamo tornati che è chiuso dentro con la biondina”.

“Ma …”. Saggiamente Todoroki lascia cadere il discorso.

E’ meglio non mettersi in mezzo a certe cose. Soprattutto lui poi. “Buonanotte, Bakugō”.

“Uh. Buonanotte”.

Non è del tutto persuaso dell’utilità di ciò che sta per fare.

A lui però i casini danno fastidio. Quasi quanto Metà e metà.

E’ solo per puro senso del dovere che riapre e si dirige all’ascensore.

Per puro senso del dovere che sale al quarto.

E quando esce, trova il polpo nel corridoio. “Bakugō”, lo saluta quello, la bocca sulla mano.

“Mhmm”.

Non può certo dire che sia suo amico, Shoji.

Ma … se non altro ha tenuto il becco chiuso riguardo la faccenda della mattina prima.

E’ uno di cui fidarsi, anche lui.

Forse troppo, dacché fin qui si è fatto alla grandissima i cazzi suoi.

Però … è uno col cervello, pure questo.

E poi è amico della scimmia. Non è difficile immaginare che si sia allegramente tenuto in disparte per non fomentare altri puttanai. “Va tutto bene?”.

“Insomma. Mica tanto. Il tuo amico, ha piantato il suo ragazzo”.

Gli occhi lasciati scoperti dalla fascia elastica sulla faccia si sgranano. “Co…”.

“Sì, hai capito bene. Ho appena incontrato Faccia da Morto che sembrava volesse andare ad impiccarsi con le bende. Quindi … che so, magari vedi te. Oh e che palle, non posso fare tutto io in questa dannata scuola, cazzo. C’ho pure io i miei problem”.

Il polpo si ammorbidisce. La bocca sulla mano sembra stirarsi in una specie di sorriso.

Raccapricciante. Ma pur sempre un sorriso. “Grazie, Bakugō. Vado subito da lui”.

“Sì ma non dire che te l’ho detto io. Che sennò rompono il cazzo a me”.

“Non ti preoccupare. Farò finta di voler fare due chiacchere con lui”.

“Bravo”.

Lo vede dirigersi verso l’ascensore, apprezza il fatto che non gli abbia domandato cosa ci fa al quarto piano.

Sì, Shoji i fatti suoi se li sa fare benissimo.

Almeno uno, ancora c’è.

Prende fiato e bussa.

Se ha da togliersi questo dente tanto vale farlo subito. Prima che scoppi qualche altra storia del piffero e faccia finire per davvero tutti al manicomio.

Non avrebbe mai pensato di poterlo dire, ma si stava meglio quando si stava peggio.

Quando tutte le persone che non sopportava ugualmente se ne stavano per lo meno ognuna al suo posto. “Sì?”.

“Apri questa dannata porta”.

Un rumore sospetto come di qualcosa che cade. Rimesso a posto frettolosamente.

Non sarà che è con quella pazza no?

Forse ha sbagliato ad andarci adesso Katsuki, perché se scopre che davvero … sta incasinando il corpo della tettona, dopo che lui si è fatto un … sedere così per tenerlo oltre che al sicuro … lo ammazza, Cristo se lo ammazza.

Il battente si schiude.

Kirishima ha gli occhi rossi, non nel senso di iridi ma di sclera.

Stava … e che cazzo, stava piangendo? “Kam … ehm. Bakugō”.

La voce è leggermente strozzata.

Sì. Sicuro stava piangendo. E quell’altra non c’è, quanto meno non sembra esserci. “Levati e fammi entrare, Capelli di merda”.

“S-sì”.

Entra in camera di Kirishima, tira un profondo respiro. “Senti”.

“S-sì”.

“E non dire sempre sì, cazzo! Oh”.

“S.sì, cioè okay, Bakugō”.

“Un uccellino mi ha detto che non mi hai davvero infilato le dita … lì”.

Kirishima sbianca. Forse non è stato proprio il modo migliore per intavolare la conversazione.

Ma fanculo, è già tanto che sia lì. “Dio, Bakugō … certo che non l’ho fatto. Ho spiegato … a Todoroki che …”.

“Fammi il favore di non nominarmelo. Quando questa storia sarà finita, dovrò dargli tanti di quei calci in culo da non farlo sedere per un mese”.

I capelli scarlatti di Eijirō, ora abbassati, si raccolgono tutti su una spalla. Ha inclinato la testa e lo sta fissando con curiosità. “Ti piace”.

Katsuki fa un salto, riesce a trattenere per miracolo la coda prima che sbatta contro il piede di ferro della panca per addominali di quello scemo. “Uh?! Hai intenzione di prenderteli tu adesso, idiota? Che cazzo vai …”.

“Ma che hai capito! Non intendevo in quel senso. Volevo dire, magari esiste la possibilità che diventiate amici?”, azzarda timidamente.

“Io e quel bastardo a metà non saremo mai amici”.

“Okay. Solo … be’, si è prodigato parecchio per te. E’ stato … carino”.

“Dopo che gli metterò le mani su quella faccia da pirla vedremo se sarà ancora ‘carino’.  E comunque attento al cazzo che combini con la sua donna, perché sennò vedrai che non sarà carino proprio per un accidente”, borbotta mostrando di non fare caso al sorrisetto da squalo del rosso

“Ma no. Bakugō … vale anche per Mina, vero? Cioè … non sei arrabbiato con lei per quel che è …”.

“Quello è un altro paio di maniche. Però sì, okay. Le darò un’altra possibilità”.

“Grazie, Bakubro ...  posso chiamarti di nuovo così no?”.

“In realtà non te l’ho mai permesso io. Ma vabbé”.

Eijirō si avvicina e fa per abbracciarlo. Ma si trattiene a metà. “Giusto. Niente … contatti”.

Katsuki alza gli occhi di Ojiro al soffitto. “Finalmente c’è riuscito a capirlo. Ci sarebbe da festeggiare”, mugugna furbo.

E tende la mano.

Il rosso resta perplesso per qualche momento, pare … non comprendere la natura di quel gesto.

Poi nota la piega delle labbra di Bakugō. E batte il palmo contro quello di lui … ovvero di Mashirao.

“Vedi che questa è l’ultima però. Poi, vero o non vero la prossima volta prima ti ammazzo e dopo ti chiedo scusa”.

“Okay”. Sorride, Capelli di merda.

Se non altro almeno un’altra cosa è andata al suo posto. “Ma vedi di tenere le mani a cuccia”.

“Assolutamente. Te lo giuro su ciò che ho di più caro al mondo”.

“Uh. Vabbé. Non ti chiederò cos’è”. Alza le spalle. “Allora, buonanotte”.

“Buonanotte, Bakubro”.

 

-

 

E’ difficile.

Difficile frenare il pianto di un compagno, che si sta spezzando tra le tue braccia.

Ed è lieto di averne tante Mezo.

Due non sarebbero bastate ad accogliere quel profluvio di lacrime disperate, amare, trattenute male e scoppiate a dirotto appena la porta della stanza di Kaminari era chiusa dietro Shoji.

“Ojiro-kun”, mormora battendogli la mano sulla spalla.

E’ vero, in realtà non dovrebbero avere contatti fisici. Ma Mashirao è così affranto che nessuno, nemmeno lo stesso Denki troverebbe il coraggio di indignarsi per quell’abbraccio fraterno.

Ha mantenuto la parola data, nonostante dire bugie gli costi non voleva ‘inguaiare’ anche Bakugō, tanto più che non è per nulla sua abitudine prendersi pena per gli altri, e soprattutto per certe cose.

In realtà è in pensiero anche per Shinsou. Ma malgrado gli arti moltiplicabili non è in grado di sdoppiarsi e non può trovarsi in due posti contemporaneamente.

E inoltre Ojiro è suo amico da più tempo. Ha trascorso con lui l’intero primo anno, ha imparato a conoscere il suo modo di agire.

Shoji Mezo è un ragazzo molto empatico, nonostante non parli molto capisce perfettamente come stiano gli altri, soprattutto i suoi amici più stretti.

Ha compreso bene cosa quel pomeriggio ha portato Tokoyami a sbottare con quel: “Vaffanculo!” sulla porta dell’infermeria, davanti ai professori che per fortuna erano troppo sconvolti per prendersi la briga di punirlo.

La stessa cosa che ha messo in petto a lui il timore che le cose fossero peggio di prima, per alcuni degli ‘scambiati’.

Tokoyami più che empatico è preveggente.

Gli ha sussurrato mentre erano nel cucinotto che quei due non sarebbero durati, non con Mashirao nel corpo di Kaminari.

E dannazione se ci aveva visto giusto.

Mezo aveva tanto sperato che non andasse così, e invece no.

Però … sa anche che forse si può ancora recuperare. Se ha intuito anche lui cosa davvero ha spinto Ojiro, sia pure sotto la sferza dell’irritazione, a prendere quella decisione allora non è poi così grave.

“Ojiro-kun. Non fare così, dai. Sta su”. Gli passa una mano sulla testa bionda, dalle ciocche un po’ scomposte.

“Ma … io …”. Singhiozza fuori controllo, povero.

“Hai sicuramente fatto la cosa più giusta. Non devi rimproverarti. Hai bisogno di prenderti cura di te stesso in questo momento, tanto più che il quirk di Kaminari è decisamente più pericoloso di quello di Jirou-san. Devi stare tranquillo. E … probabilmente Shinsou-kun adesso non è la persona più adatta”.

“Non ha fatto altro … che farmi sentire peggio. E dire che mi sono illuso che … potesse accettarlo anche questo, alla fine, quando mi si è avvicinato in infermeria … ma poi ho visto il suo sguardo. Ed era centomila volte più triste di quando ero … Jirou”.

“Ma è anche ovvio, Ojiro … era deluso. Ha visto che Midoriya e Jirou erano tornati normali, ci ha sperato, ed è stato un brutto colpo per lui”.

“Sì, questo l’ho capito … e infatti lì per lì non gliene ho fatta una colpa. Però … poi ho visto come si comportavano gli altri … cioè persino Todoroki non si è spostato un attimo da Yaoyorozu, nonostante le minacce di Bakugō. E io … io … mi sono sentito … messo da parte”.

“Ma è normale. Anche io al tuo posto mi sarei sentito così”.

“E allora … ho pensato … che non poteva proprio sopportarlo. Che avessi questo aspetto qui, questa faccia qui … che … se per disgrazia questa storia non finisse, io … lui … non potrebbe mai … adeguarsi. Per lui … Kaminari è un amico. Cioè, ci pensi? E’ come se per me lui fosse finito … nel tuo corpo. Io non avrei mai potuto …. adeguarmi, sapendo che … tu non sei così. Oddio, scusa, non so più cosa dico, dannazione”. E giù un nuovo fiotto di lacrime, che si riversano sulla spalla amica del compagno tentacoluto.

Ecco.

Aveva letto bene.

Peccato non possa sentirsene felice, Shoji.

Un suo amico fidato sta male. E si sente dannatamente impotente, nonostante il suo potere e la sua stazza.

Può solo confortarlo, fino alla fine. Perché ci dev’essere una fine, non è possibile che le cose restino in quel modo. 

“Cerca di stare calmo, Ojiro. O finirai col prenderti un malanno. Prenditi cura di te … e sii forte. Prima o poi tornerà tutto al suo posto, lo so”. Gli batte una delle mani sulla schiena.

Ojiro è stato uno dei primi ad accettarlo così com’è. A … legarsi a lui, nonostante quel suo aspetto minaccioso e strambo.

Nessuno ha mai saputo quanto l’amore per la bellezza di Mezo sia stato frustrato innanzi tutto dal suo stesso quirk.

Ha sempre ritenuto … sciocco confidare una simile debolezza finanche allo specchio, ogni volta in cui si guardava.

Per questo alla fine ha scelto di coprirsi il volto. Non era poi così più strano o deforme di tanti altri; molti quirk storpiavano i tratti del viso o le forme del corpo del suo possessore.

Eppure è triste.

Ojiro, in fondo è un bel ragazzo. Anche Kaminari lo è.

Forse non lo saranno ai livelli di Todoroki, o di Bakugō – che ha sempre in faccia quell’espressione mortificante, altrimenti lo sarebbe molto anche lui, bello -. Ma sono molto carini.

E per quanto possa immedesimarsi nelle ragioni di Shinsou, si domanda cos’avrebbe fatto se ad Ojiro fosse toccato in sorte un aspetto come quello che ha lui.

Non avrebbe preferito forse doversi … adeguare a Kaminari, piuttosto che ad … un mostro?

Quanto meno la bocca di Denki non ispirava tanta repulsione quanto la propria.

E’ tutto un gran casino, sono pensieri sterili, che non servirebbero comunque adesso.

Mashirao deve stare tranquillo. Punto. “Shoji-kun … grazie”.

“Ma figurati. Gli amici servono a questo, no?”.

Già. Gli amici … servono a questo.

A darti il conforto che latita quando la persona che ami ti delude.

 

-

 

L’istinto si sa è una brutta bestia.

La compassione e l’affetto poi non ne parliamo proprio.

Ochaco è stremata. L’inquietudine, lo spavento, la speranza prontamente spezzatasi a metà come un filo troppo teso, la fatica fatta a scarpinare da un piano all’altro per trasferire la roba dei compagni, la doccia che ha fatto talmente al volo che non ha potuto nemmeno asciugarsi i capelli, solo per continuare a trottare e sudare da capo l’hanno ridotta a poco più che uno straccio; non riesce più nemmeno a fare le scale – di solito le usa sempre, come allenamento extra- così ha preso l’ascensore, per arrivare al quarto piano del dormitorio maschile.

Ma non può fermarsi adesso.

Ha visto con che espressione Momo è rimasta seduta accanto a Todoroki per metà della serata. Lui non le si è staccato un solo momento di dosso, l’ha seguita per tutto il tempo e anche se non l’ha più sfiorata ha continuato a farle sentire la propria presenza.

Eppure lei non cessava di avere quel volto amareggiato.

E Uraraka si sente in dovere di raccogliere il suo sfogo, quale che sia.

E’ … curioso che Momo sia finita proprio nel corpo di Bakugō. Una strana coincidenza.

Ma a lei non deve importare.

E’ sempre la sua amica Yaomomo, e spera di riuscire a rincuorarla; tanto più che nonostante sia esausta si sente rinfrancata dal discorso avuto con Kirishima. E le viene spontaneo dirsi che la tristezza di Momo nasce solo dalla stanchezza di quella situazione indefinita.

Fino al giorno prima era Deku. E già non doveva essere semplice adattarsi.

Ma adesso ch’è … nel corpo di Bakugō … insomma.

Dev’essere un trauma non indifferente dover imparare a convivere con …

Bussa. “Yaomomo?”.

La voce soffocata, pacata di Bakugō non manca di farla trasalire.

Se non altro Ashido ha mantenuto il suo tono squillante, che seppure completamente diverso dalla vocalità roca, graffiata e perennemente ruvida di Katsuki era pur sempre meno sconvolgente della nota malinconica che ha assunto adesso. “Ochaco-chan. Entra”.

Uraraka apre, si guarda intorno.

Si aspettava che la ragazza fosse in compagnia di Shouto. Invece è sola, seduta alla scrivania di Bakugō su cui la stessa Ochaco ha portato alcuni dei libri di Yaoyorozu prima.

Uno è aperto. Ma Momo non ha l’aria di essere granché presa dalla lettura. “E … Todoroki-kun? Non c’è?”.

Momo rialza lo sguardo dal libro che ha aperto sul ripiano.

Da vicino fa ancora più impressione quello sguardo appannato. “E’ … andato un attimo da Midoriya. Voleva parlare con lui”.

“Ah”.

“In realtà è un sollievo che non sia qui”, aggiunge quasi subito Yaoyorozu, tornando a guardare il volume.

La castana trasale. Che significa questo, adesso? “Ma… Momo?”.

“Scusa Ochaco, mi spiace che debba fare sempre tu le spese del mio malumore. Ma capirai bene che mi sento confusa come non mai, adesso”. Momo porta le mani alla fronte. Sembra avere un gran mal di testa.

L’ha vista spessissimo, la fronte di Bakugō aggrottata a quel modo.

Eppure adesso le spiace un po’ di più non poter far nulla. Perché sa che è causato da un malessere interiore e non da una semplice irritazione costante. “Inizio a preoccuparmi”.

“E di che?”.

Lo sguardo di Momo – di Bakugō- è così eloquente che anche uno scemo capirebbe.                            

E Uraraka non è affatto una scema. “ODDIO MOMO-CHAN! Non dici sul serio”, è la sua reazione immediata.

Tuttavia lo sguardo rosso è così addolorato che deve contenersi. Anche se le pare un’ipotesi più che campata in aria. “Sul serio?”.

“E che ne so. Ma … è ben strano che Shouto abbia iniziato … a starmi addosso da oggi, no?”.

La testolina di Uraraka si scuote con forza.

E’ un’assurdità. Cioè, oddio, anche ammesso non ci sarebbe nulla di male … lei è stata una delle prime in assoluto ad appoggiare la storia di Ojiro e Shinsou, difendendoli a spada tratta da qualsiasi seccatore avesse da dire la propria.

Ma questo si rifiuta proprio di accettarlo. Non per pregiudizio o cattiveria, ma soltanto perché la mente di Yaoyorozu si sta involando per una strada che non porta da nessuna parte se non a complicare ancora di più le cose.

E sa il cielo se non è proprio il momento per altri disastri. “Momo, perdonami se te lo dico, ma stai diventando un filo paranoica”.

L’amica però non le dà retta. “Continuo a chiedermi cosa sarebbe successo se fossi finita in un altro corpo. E credimi, ho paura di darmi una risposta”.

Uraraka si avvicina, appoggia una delle manine sul ripiano della scrivania e si abbassa davanti all’amica che sembra sul punto di scoppiare a piangere.

No. Ha già visto Bakugō in lacrime, anche se aveva l’aspetto di Yaomomo.

Vedere gonfie di pianto quelle iridi adesso è qualcosa che la getterebbe del tutto in ginocchio e non può concederselo questo lusso, non può cedere allo sconforto anche lei.

Solo dopo realizza che è … una cosa senza senso anche questa.

Però ora non ha il tempo di rifletterci su. “Momo-chan. Capisco tu sia … inquieta, al tuo posto io sarei andata fuori di testa del tutto. Ma ti stai sbagliando. Todoroki-kun ha spiegato chiaramente anche a me come stavano le cose, ieri sera, e le sue azioni non sono che la conseguenza naturale di quello che sta accadendo. Dovresti essere felice di avere un ragazzo che tiene tanto a te. Okay, è un po’ … strano, sono d’accordo con te. Ma è fatto così. Ognuno a suo modo, no? Lo dici sempre tu. Ho avuto anche lo stesso tuo dubbio, che stesse dando più corda a Bakugō trascurando te, ma dopo averci parlato ho capito che aveva assolutamente ragione. Se sei tu la prima a non capire che lo fa per te, allora, forse, non te lo meriti”.

Le è scappato. Forse ha esagerato, è stata un po’ troppo dura con lei.

Ma … si sente ancora in colpa per il rimprovero mosso a Todoroki, che come Uraraka è uno di quelli che sta impattando più di molti altri per tenere compatta la classe impedendo che si sgretoli, seminando pezzi per strada.

E’ la verità. Per brutto che sia dirlo … la maggior parte del gruppo non sta muovendo un dito, per fermare la catastrofe, anzi.

Ce l’ha anche un po’ con la sua amica Asui. Che fin qui se n’è lavata le mani, e basta.

Come tanti altri.

Si sente davvero sconfitta Uraraka. E’ bastato così poco a mandare tutto a gambe all’aria.

E adesso sul punto di piangere c’è lei.

“Ochaco …”.

“Scusa. Ma tu … non sai come ci si sente al mio posto”, mormora alzando appena la testa.

Gli sguardi si incrociano, ed è quello di Momo- Bakugō- a sembrare in pena per lei.

E’ un istante in cui le braccia dell’amica le si stringono intorno. La soffocano quasi, perché neppure lei si rende conto della forza che possiede Bakugō.

Uraraka vorrebbe non arrossire. Ma le sale il sangue agli zigomi e non può nasconderlo.

E’ la seconda volta che qualcuno la stringe con il corpo di Katsuki.

E .. è la seconda volta che percepisce quanto di caldo. Come sia odoroso di resina, come le faccia trattenere il fiato e tremare le dita, quando ce l’ha addosso.

“Scusa tu. Non ho pensato che …”. La testa bionda si muove in cenno negativo. “Questa storia mi sta rendendo egoista come mai”.

“Ma no, cosa dici, Yaomomo. E’ solo che è un brutto momento. Passerà”.

 “Me lo auguro”.

Le gambe di Ochaco tremano quando si rimette in piedi. Deglutisce, a stento. “Io … vado”.

“Okay, Ochaco-chan. Grazie. E buonanotte”.

Scappa quasi via dalla stanza, e senza accorgersene sbatte contro Ojiro, che era sulla soglia della camera di Kirishima.

Per un attimo non connette, un pezzo del suo cervello pare essersi fulminato anch’esso, nonostante non sia affatto venuta a contatto con … Kaminari che adesso è … oddio, chi?

E’ stordita. Il senso di vacuità diventa malessere fisico e ha quasi la nausea.

Sono le braccia di Ojiro-kun a tenerla su.

Ojiro che non è Ojiro e nemmeno Kaminari in questo momento, ricorda tutto d’un tratto. “Ohi. Che ti piglia, Faccia Tonda?”.

Deve trattenersi per non sussultare.

Gli ha tenuto la coda, prima in infermeria. Le è venuto naturale, se non altro per impedirgli di spedire Todoroki al Creatore.

Ma adesso … è un’altra situazione.

E lei si sentiva già scossa. Peggio di un terremoto.

E’ sul punto di crollare, e quell’abbraccio anche se involontario invece di rincuorarla ora la fa sentire ancora più debole. “Io … sono un po’ stanca di questa situazione”, ammette piano.

Ma subito ci pensa e si morde un labbro.

Sta parlando proprio con shi forse ne ha passate più di tutti gli altri, fino ad oggi.

Ha scelto proprio la persona sbagliata con cui andare a lamentarsi. “Oddio mi spiace, non ho il diritto di dirlo, voi ci siete dentro e io non sono che una semplice spettatrice ed è assurdo che sia io a dirlo cioè …”, sputa fuori tutto d’un fiato.

“Hai ingoiato una macchinetta?”.

“Eh? No”.

Bakugō ghigna. E lei avvampa, congiungendo le manine mentre Katsuki abbassa le braccia.

Il volto di Mashirao torna serio. Dolce, quasi.

Ma di sicuro è merito dei tratti del compagno, che conservano quasi sempre quell’espressione. “Ti stai facendo il mazzo peggio di tanti che ci stanno dentro, in questo casino. Hai tutto il diritto di essere stanca, e che cazzo”.

Ochaco si azzittisce.

E’ lo stesso pensiero che ha avuto lei, prima. E se n’è pentita, dacché le sembrava poco ortodosso.

Ma sentirlo proferire dalle labbra di qualcun altro … forse non è tanto in errore, allora. “Vai giù?”, domanda Bakugō, infilando le mani nelle tasche.

“Io … sì, scendevo”.

“Andiamo, allora”.

Si avviano per il corridoio, e solo ora Uraraka realizza dove ha incontrato il compagno. “Sei stato da Kirishima- kun?”.

“Uh. Sì”.

“E avete chiarito?”.

“Mhmm”.

“Sono contenta”.

“Pure io, quanto meno avrò almeno un attimo di tregua. Anche quell’altro fesso di Todoroki è venuto a dirmelo. E’ evidente che nemmeno fuori dal corpo di Yaoyorozu sono destinato a trovare pace da quel cretino a metà”, borbotta con un tono irritato che sembra buffissimo, nella voce di Ojiro.

Ovvero sembrerebbe, se Ochaco non sentisse un vago rimprovero diretto anche a lei in quelle parole. “E da me”, le sfugge, abbassando un po’ la testa.

Bakugō le scocca un’occhiata obliqua. “Tu non mi dai poi così fastidio”.

E’ stato un commento buttato là.

Ma Ochaco non se lo aspettava.

Come non si aspettava di provare quello strano disagio. Lo stesso, che gli è sovvenuto quando è stata tra le braccia di Ashido … le sue, alla festa.

E tra quelle di Momo, sempre le sue, poco prima.

E quelle di Ojiro, ma che al momento appartengono a lui. mannaggia. Che disastro. “Oh. Be’ … grazie”.

Le porte dell’ascensore si aprono, Bakugō aspetta che sia entrata prima lei e la segue, premendo il pulsante del terzo e subito dopo, quello del piano terra. “Tu tornavi da Yaoyorozu, no?”.

“Sì”, mormora piano.

Teme che Bakugō le dica qualcosa perché … insomma. Momo è lui, adesso.

Magari non gradisce che ci stia tanto a contatto.

E questo pensiero le incendia le guance ancora di più.

La faccia di Ojiro-kun si fa pensierosa. Pare stia valutando se metterla al corrente di qualcosa o meno. “Mhmm. Ecco, giacché ci stai, visto che è amica tua, butta un occhio al mio corpo”, replica infine Bakugō.

E quella frase la lascia basita.

Soprattutto dopo la conversazione con Yaoyorozu. “Ma Bakugō, Todoroki-kun non …”.

“Non capire male. Di quel coglione a mezzo mi fido, nonostante tutto, se non altro perché è uno scemo. Ma non vorrei la sua donna si tagliasse le vene. Non aveva una bella faccia, stasera”.

“Era la tua”, sbotta spontanea Ochaco, mordendosi la lingua un attimo dopo.

Non sa più cosa dice. Lo sforzo di trovare le parole giuste per tutti, per Momo, le ha annebbiato la lucidità, è evidente.

Katsuki però scoppia a ridere. E lei si sente un po’ più serena, forse. “Ben detto Faccia Tonda. Ben detto”. L’ascensore si ferma, le porte si aprono. “Vabbé. Ci si vede”. Fa per muovere un passo, ma il pennacchio dell’appendice è piantato per terra e Bakugō non pensa a scostarla.

“Bakugō, la co …”, tenta di avvisarlo.

Ma è già tardi.

Il compagno ci è inciampato dentro ed è quasi finito muso al pavimento. Ci ha pensato lei a trattenerlo, per un riflesso incondizionato ha teso le mani e l’ha toccato, evitando si schiantasse sul pavimento.

Ma ora fluttua a mezz’aria. 

“Dannata scimmia”, ringhia Bakugō, esasperato. “Prima tirava avanti, ora tira dietro. Mi ritroverò con un mal di schiena fottuto, quando questa storia di merda sarà finita. Se finisce”.

Ochaco evita di fargli presente che una volta riottenuto il suo corpo spariranno tutti i fastidi.

Può avere un caratteraccio, essere sboccato e irritabile e avere tanti, tanti altri difetti.

Tuttavia come ha detto Todoroki è quello che era messo peggio. Ha avuto tutto il sacrosanto diritto di avercela col mondo per una ragione sensata, e anzi sicuro ce l’ha ancora adesso ma paradossalmente è il solo che stia dando un qualche valore alle sue azioni.

Che l’abbia incoraggiata … e sì, a modo suo anche consolata. “Finirà. Ne sono sicura. Andrà tutto bene”.

 

 

 

Angolino Autrici:
Un capitolo MOOOOOOLTO lungo per farci perdonare della lunga assenza.
Ricco ma carico d’eventi e POV.
Spero possa piacervi. Fateci sapere.
Le cose degenerano!
Un bacione,
Asu e Anya

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Capitolo 32
*** 32. Everything will be ***


32.  Everything will be

 

 

 

Iida si avvicina ad Hatsume Mei con più tatto possibile. A differenza degli altri, che se ne sono già andati tutti quanti ormai, seguendo i feriti in infermeria insieme ai docenti e a Melissa, Hatsume è rimasta lì, a piangere sulla sua creatura.

Non è la prima volta che reagisce così, in verità lo fa ogni volta che qualche sua creazione esplode, cosa che succede abbastanza frequentemente.

Hatsume è un genio, ma spesso agisce d’istinto nella costruzione dei suoi aggeggi.

Iida non ci capisce molto, quindi di certo non sa dire dov’è che sbaglia, ma di certo è innegabile che Mei ci mette ogni volta tutta se stessa in quello che fa. Anche quando sembra assurdo.

“Hatsume?”

Lei alza su di lui due occhi enormi, carichi di lacrime. Non sapesse che piange per un macchinario che a conti fatti neanche funzionava, si sarebbe dispiaciuto davvero per lei.

Per fortuna, per quanto pianga, sa che non è nulla di davvero grave.

Però lei non l’ha presa molto bene. Deve essersi impegnata davvero molto più del solito questa volta. Quindi, il fallimento fa ancora più male.

La capisce fin troppo bene, in verità.

Fin da quando l’ha fregato durante il Festival Sportivo del primo anno gli è stato abbastanza chiaro che tipo di persona fosse Mei. Si buttava a capofitto nei suoi progetti e non ne usciva finché non si riteneva soddisfatta.

E quando falliva, si faceva il suo pianto e poi si rialzava, per ricominciare da zero se necessario.

E questo era da stimare.

“Senti tu!”

Iida quasi sobbalza, mentre Mei si alza asciugandosi le lacrime. Si sistema gli occhiali sul naso e allunga il braccio verso di lei, “Posso fare qualcosa per te?”

“Senti…almeno il sacrificio del mio bambino è servito, vero?!”

Iida è costretto ad abbassare il braccio, “In realtà non lo so. Non ho seguito gli altri per verificarlo.”

Hatsume sospira, “Ero così sicura che andasse alla grande! I dati erano tutti perfetti, anche Melissa era d’accordo! Non capisco che cosa possa essere fallito!”

“Con un po’ di fortuna, non è stato del tutto un fallimento,” afferma deciso Iida, “Coraggio, vieni! Andiamo in infermeria dagli altri!”

Mei annuisce, non sembra convinta ma alla fine si alza, sposta in un angolo quel che resta del macchinario usato e esce dal laboratorio, chiudendosi per bene la porta alle spalle.

Dopo sarebbe ritornata lì, e avrebbe controllato i danni per bene. Chissà che non fosse, dopotutto, possibile recuperare qualcosa di utile per qualche altro macchinario? 

Melissa le aveva mostrato parecchi progetti molto interessanti, fra cui un paio di guanti nuovi per Midoriya ma quello era ovvio, gran parte delle cose progettate da Melissa erano per Midoriya, in fondo stavano insieme.

Lei, però, aveva altre idée.

Quello che attirava di più la sua attenzione era la tuta di Iida.

Desiderava metterci le mani e renderla ancora più tecnologica, poteva aggiungerci dei raffreddamenti utili per i motori sulle gambe o del propulsori extra per renderlo ancora più veloce di come già non fosse.

Già aveva in mente di come usare alcune parti.

Se erano intere come sperava, sarebbe stato fattibile e in pochissimo tempo.

“Sei stato molto carino ad aspettarmi invece di seguire i tuoi amici!” esclama di punto in bianco Mei.

“Mi sembra il minimo. E’ mio compito anche questo!”

“Non proprio, visto che non sei il mio rappresentante. Ma tu sembri una persona incredibilmente ligia al dovere!”

“Certo che sì!”

La mano tesa quasi la colpisce sulla testa, ma Iida è più attento del previsto e neanche la tocca. Hatsume però approfitta subito, gli afferra quella mano a taglio e la stringe forte fra entrambe le sue, portandosela al petto.

Neanche nota quanto il volto di Iida sia diventato innaturalmente rosso.

Non nota mai certe cose, Mei. Nella scuola sa che spesso quelli come lei vengono presi in giro per questo.

Pensano solo alla tecnologia e non vedono altro.

Ma nella sua classe sono tutti quanti così. In fondo il loro compito è importante quanto quello degli eroi e solo perché gli altri non sono in grado di comprenderlo, solo perché a volte neanche gli eroi stessi lo capiscono, non rende il loro compito meno gravoso o eroistico.

Hatsume lo capisce eccome. E ci mette anima e corpo per questo.

Se i suoi supporti smettessero di funzionare o si rompessero in combattimento, in fondo, che ne sarebbe dell’eroe che li sta usando? Potrebbe rimanere ferito, o perfere la vita.

Lei non lo vuole.

Anche se sembra che abbia occhio e cuore solo per i suoi arnesi, se ci si mette con così tanto amore è anche per questo.

E poi anche perché è una cosa che ama.

La diverte e la trova soddisfacente e meraviglioso.

“Per farmi tornare il buon umore avrò davvero bisogno di mettere mano a qualche progetto ancora più grande!”

“A-ah. Okay…”

“Proverai i miei bambini?”

“Ah, beh, ma…”

“Oppure avevo pensato di modificare la tua armatura! Vedrai, la renderò ancora più importante e forte!”

“Beh…in verità non mi servono migliorie.”

“Non ti rendi conto della cosa ma in realtà ti servono! Eccome se ti servono! Servono sempre!”

Iida si guarda intorno nervoso, ma sembra impossibile trovare una via di fuga dalle follie di Mei.

Gli sta simpatica, non dice di no, non lo direbbe mai perchè sarebbe una menzogna. Ma non vuole nemmeno saltare in aria anche lui un’altra volta.

E di rado gli esperimenti di Mei funzionano alla prima botta.

Midoriya, poverino, ne ha fatto le spese più d’una volta.

Poi lo vede. La sagoma di alcuni compagni a distanza.

La sua via di fuga.

“E’ il caso di riparlarne più avanti, Hatsume-san! Adesso vediamo come stanno gli altri!”

“Oh! Giusto! Sono certa che il sacrificio del mio bambino non sia stato vano! Ne sono certissima!” e lo lascia lì, azzerando le distanze con gli altri e piombando in infermeria.

Per fortuna.

Lui arriva con più calma, ma nota subito che qualcosa non va.

Gli animi sembrano a terra, alcuni sono già andavi via, anche Aizawa e Mic sono spariti.

C’è solo All Might dei docenti, che sta parlando con Recovery Girl. Eppure, ha una brutta sensazione.

Non è andato bene. Lo sente.

Iida cerca inizialmente di avvicinarsi in silenzio a quel che resta del gruppo. Dentro, sono rimasti solamente Mina e Kaminari e Jirou, fra gli scambiati. O almeno, quelli che dovrebbero essere loro due. 

Ma forse non è così, considerando che Kirishima non c’è.

Certo, gli è sembrato di capire tristemente che quei due avessero litigati di brutto, dopo quanto successo il giorno prima, ma gli dispiacerebbe sinceramente anche scoprire che si siano lasciati.

“Allora?!” trilla d’improvviso Hatsume “Il mio bambino ha fatto quel che doveva? Mh? Ma dov’è Melissa?”

“Melissa è già andata via con Midoriya,” le risponde pacatamente Jirou.

Iida alza le antenne. Midoriya era nel corpo di Mina, che è ancora nella stanza. Se Jirou –ammesso che sia Jirou davvero- ha detto la verità, allora quella Mina nella stanza non è più Midoriya. O perché dire che era andata via con lui?

“Quindi ha funzionato, giusto?!”

Jirou stavolta non risponde. Invece, abbassa appena il capo verso Mina accanto a lei. “Beh, con me sì,” ammette, “E anche con Midoriya.”

“E’ fantastico!” sbotta Iida, allungando il braccio davanti a sé, “Finalmente le cose si sono…-”

“Solo con loro.”

“Eh?”

Stavolta è Kaminari a parlare, un sorriso sghembo sulle labbra. Shinsou, che è seduto accanto a lui, guarda ancora fisso il pavimento.

Ah, aspetta.

Shinsou. Ojiro non c’è nella stanza, quindi…

“Kaminari…no. Sei Ojiro-kun?”

Quello ride appena, “Che intuizione!”

“Oh. Quindi non ha funzionato con tutti? Che peccato,” mormora Hatsume. Era comunque abbastanza soddisfatta, perché almeno in parte il suo piccolino si era sacrificato con uno scopo. Le dispiaceva, però, che avesse funzionato solo con due di loro.

Anche perché le loro facce erano così deprimenti...

“Se volete posso provare a riparare il mio bambino. La prossima volta funzionerà su tutti! Ormai abbiamo capito come funziona, almeno in parte! Che ne dite?!”

Mina –o chiunque ci sia dentro di lei- sbianca, “Oddio, moriremo…”

“Maddai, Kaminari!” ride Jirou, “Comunque, ecco, Hatsume-san…non credo serve. Voglio dire, mi pare evidente non sia la soluzione.”

“Ma con te ha funzionato!”

Vero, con lei aveva funzionato. Certo che sì. Ma aveva la vaga –nemmeno troppo vaga- sensazione che la cosa non sarebbe riandata bene così facilmente e che soprattutto non era stato quello a risolvere, seppur parzialmente, la situazione. Insomma, se fosse stato il macchinario, avrebbe fatto tornare tutti quanti normali, no?

E poi perchè Midoriya era scappato in quel modo?

Perché era scappato, era palese. Lampante. Solo che lì tutti erano così giù di corda che nessuno ci aveva fatto caso.

Ma lei, e il suo udito che tanto aveva rimpianto e tanto le era mancato, avevano sentito palesemente le lamentele di Melissa, e le sue perplessità, mentre Midoriya la portava via mano nella mano.

“Comunque scusami se pongo questa domanda,” interviene dopo un po’ Iida, “Ma quindi che è successo?”

“Ah, adesso ti facciamo un riassunto, capoclasse,” sbiascica la vocina di Mina, demoralizzata, “Anzi chiedi a Kiribro, tanto mi sa che ha già fatto la lista per quel traditore di Sero.”

“Che depressione qui,” mormora Hatsume, “Beh, io vado a raccattare i pezzi del mio bambino. Mi spiace molto per come sono andate le cose.”

“Non importa. Grazie infinite per averci provato, Hatsume-san,” affera Kaminari –cioè Ojiro.

“Figurati. Richiamatemi se vi succedono altre cose interessanti come queste, mi raccomando.”

Shinsou sbuffa, “Io spero mai più. Mai, mai più.”

“Beh, non si sa mai. Voi richiamatemi!”

Lei alza la mano, saluta, si volta e fa per andarsene. Poi sembra ricordarsi qualcosa, Iida trema mentre gli va di nuovo sotto al naso, “E tu mi raccomando eh! Ci conto!”

“Eh?” Iida rimane per un attimo interdetto.

Contava? Su cosa contava? Oh, no, non le modifiche alla sua divisa da eroe, non quello!

“Hatsume-san, mi rincresce dire che…”

“Allora vado, ciao!”

“Aspetta, Hatsume-san!”

“Devi essere più conciso quando vuoi dire di no a qualcuno, Capoclasse,” borbotta Shinsou, sfilandogli davanti insieme a Ojiro, “Con una pazza con quella ci rimetti, altrimenti.”

“Non è carino definire pazza una propria compagna di studi, Shinsou-kun!”

“Sì, sì,” sbuffa, “Comunque rimane pazza.”

“Dai, ‘Toshi, almeno ha cercato di aiutarci, lei.”

“Eh. Era meglio di no.”

Iida si sistema gli occhiali sul naso a dita ben tese. La faccia che ha fatto Ojiro –cioè la faccia di Kaminari- alle parole di Shinsou è palesemente contrariata, ma l’altro non ci fa caso. Troppo giù di tono, si limita a sbuffare per l’ennesima volta mentre segue il compagno fuori dall’infermeria e poi probabilmente verso il dormitorio.

Però, alla fine Shinsou ha detto quello che pensano tutti, lì, lui compreso: era meglio non fare niente, con quel risultato.

Ma dopotutto, non potevano saperlo all’epoca, e avevano tutte le buone intenzioni del mondo.

Quindi, tutto sommato, non potevano lamentarsi.

Ci avevano provato. Se non l’avessero fatto, si sarebbero pentiti anche di quello. Era un circolo vizioso.

Potevano solo sperare finisse in fretta.

“Cosa fai, Iida-kun? Rimani qui tu?”

Iida si riscuote, guarda Mina –che non ha ancora capito chi è- e Jirou, gli ultimi a lasciare l’infermeria, ora vuota, “Torniamo al dormitorio!” ordina, il braccio teso davanti a sé.

 

Iida è rimasto fin troppo nel salotto comune con tutti gli altri. Quella situazione si stava rivelando davvero pesante e in tutto questo il fatto che lui non potesse fare nulla lo metteva davvero di cattivo umore.

Non quanto chi lo stava vivendo, questo era ovvio, ma non gli piaceva doversene stare con le mani in mano mentre i suoi amici soffrivano, e non avere la possibilità di aiutarli per quanto lui si potesse impegnare a farlo.

Quindi, alla fine si alza anche lui e se ne va, anche se è fra gli ultimo a farlo.

Quando si alza lui, sui divani ci sono solo Tsuyu e Tokoyami ormai, che stanno parlando. Tutti gli altri, stanchi o demoralizzati, sono tornati nelle loro stanze e lui non ha potuto fare altro che augurare loro la buona notte e sperare che andasse tutto quanto nel migliore dei modi.

Tutta quella situazione si stava rivelando peggiore del peggior attacco Villan che avessero mai affrontato, e ne avevano affrontati tutti quanti parecchi di attacchi. Eppure, forse il fatto di non sapere che cosa l’avesse causato, stava scoraggiando anche i più determinate di loro.

Non aveva mai visto Bakugou in quello stato, per non parlare della povera Yaoyourozu. E anche Ochaco sembrava sfinita. Shinsou aveva una pessima cera e Ojiro portava la faccia di Kaminari a livelli di depressione mai visti prima.

Ma per rispetto delle condizioni di tutti loro che soffrivano, era rimasto lì fino alla fine.

Solo che passarci la notte, se gli altri non c’erano, è inutile. Solo per questo imbocca l’ascensore e sale al suo piano.

E’ proprio uscendo da lì che vede Shoji chiudersi alle spalle la porta della stanza di Kaminari, dove adesso è Ojiro. Se ha capito bene lo schema che gli ha fatto Kirishima, ovvio.

Ormai è più confuso che mai!

“Shoji-kun!”

Shoji sobbalza, ancora con la mano sul pomello della porta della stanza accanto a quella di Iida, quella di Denki. Nel cui corpo adesso c’è Ojiro.

Probabilmente, è stato con lui fino a quel momento, non trova altre spiegazioni. In fondo, sa bene che sono amici intimi.

Quello che trova strano è che ci sia lui, e non Shinsou.

Anche se Iida non è certamente un esperto in quell’ambito, lo sa e neanche gli interessa diversamente, si rende ben conto che in un momento così delicato Ojiro avrebbe dovuto volere accanto il suo compagno, no? Tanto più che fino a quel momento è stato così.

E allora perché Shoji ha quella faccia da funerale, in tutto questo?

“Va tutto bene, Shoji-kun? Sai bene che se ci fosse qualche problema non devi esitare a parlarmene! In qualità dì…”

“No, no,” lo interrompe mollemente Shoji. Sembra fiacco, spompato. “Va tutto bene.”

“Sei sicuro?”

Shoji sospira, ha gli occhi stanchi e la bocca che compare sul suo tentacolo è stranamente all’ingiù, “Per me è tutto a posto. E’ Ojiro che non…diciamo che non sta troppo bene. E’ stata una giornata lunga.”

“Lo immagino,” annuisce Iida, grave, “Non deve essere facile. Sei un buon amico ad essere rimasto a fargli compagnia fino ad ora!”

“In verità, col tuo permesso capoclasse, volevo solo andare a prendere qualcosa di caldo da bere. Penso che passerò la notte qui.”

“Oh, beh. Non vedo quale sia il problema. C’è anche Shinsou?”

“No. Shinsou non c’è. Non…se la sentiva,” mente, “Voleva stare un po’ da solo.”

“Capisco. Auguro la buona notte ad entrambi. Ricordatevi di non esitare assolutamente a contattarmi e a bussare alla mia porta, se vi occorresse!”

Shoji si limita ad annuire, poi torna verso l’ascensore con cui scendere nel cucinotto della sala comune.

Iida ha la tentazione di bussare alla porta di Denki per vedere come sta Ojiro. Sente che c’è qualcosa che non va e vuole controllare.

L’istinto gli dice che deve. Dovebbe, per lo meno.

Ma alla fine non lo fa. Non sono fatti suoi. Ojiro deve essere giù di morale, e quello è normale, ma non c’è certamente bisogno che lui si impicci oltre, e lo metta magari ancora più di cattivo umore.

In fondo, se gli serve sa che è alla porta accanto. Come sempre, visto che ancora la stanza di Ojiro è su quel piano.

Ah. Già.

Quindi c’è anche Bakugou.

Dovrebbe andare a controllare almeno come sta lui, visto tutto quello che è successo? No, forse no. Rischia una sfuriata e di saltare in aria.

Anche se il suo lavoro di capoclasse è controllare che i suoi compagni stiano bene, è suo dovere anche non disturbarli quando non occorre, in momenti delicati. E quello è senz’alcun dubbio un momento delicato.

Quindi lo lascerà dormire in pace e gli chiederà come sta il giorno dopo, con calma.

 

Shoji arriva nella sala comunque che ormai è vuota, e si dirige immediatamente nel cucinotto, prende la teiera e mette a scaldare l’acqua.

A Ojiro serve davvero qualcosa di caldo da bere, e anche a lui se vuole passarci tutta la notte per tenergli compagnia.

Ojiro è il suo migliore amico, e gli piange il cuore a vederlo stare così male, per quanto con la faccia di Kaminari risulti solo…strano. Non avrebbe mai pensato di poter vedere Kaminari così disperato un giorno.

Fa un certo effetto.

Vorrebbe andare anche da Shinsou, ma ancora non cede alla tentazione.

Ojiro ha comunque la precedenza.

“Shoji, sei ancora sveglio?”

Shoji allunga una delle sue appendici fino alla porta d’ingresso del cucinotto, scorgendo subito la figura dell’amico Tokoyami. Non l’ha sentito arrivare se non quando è arrivato vicino alla porta, ma era così concentrato nei suoi pensieri che non è neanche riuscito a riconoscere la falcate leggera.

Normalmente avrebbe capito subito che si trattava di lui.

“Ciao, Tokoyami. Sì, credo che stasera non si dormirà. Vale anche per te?”

“Io stavo andando in camera, in verità. Sono rimasto con gli altri fino alla fine. Tsuyu è salita per ultima pochi minuti fa,” spiega. In effetti, erano saliti a scaglioni, quando la serata si era fatta troppo pesante da sostenere, anche se tutti insieme.

Quando si erano seduti in sala comune aveva pensato che l’idea fosse di rimanere tutti insieme, per far più che altro compagnia ai poveretti scambiati. Ed in effetti, l’idea generale forse era stata quella, silenziosa ma pensata da tutti.

Ma poi Momo era andata via, e subito dopo Mina.

Bakugou non si era fatto attendere, ma su di lui non contava troppo.

Quando anche Ojiro e Kaminari erano andati via, però, era stato abbastanza ovvio che restare non sarebbe servito a nulla. Tokoyami, però, aveva comunque aspettato che se ne andassero tutti quanti.

Per un po’ è rimasto a parlare da solo con Tsuyu, erano entrambi convinti che se le cose fossero rimaste così molti guai sarebbero solo che peggiorati, anche se sembravano aver trovato un equilibrio quel nuovo cambio aveva causato altre crisi. Forse persino peggiori delle precedenti.

Alla fine anche Tsuyu è salita in camera e lui ha pensato di andare a bersi un bicchiere d’acqua prima di recarvisi a sua volta.

E c’ha trovato Shoji con una faccia davvero cupa. Quasi peggiore di quella che potrebbe fare lui.

“Vuoi del tè? Lo stavo facendo per Ojiro, ma penso che lo rifarò.”

“Volentieri,” accetta Tokoyami, sedendosi sul divano accanto a Shoji, entrambi con la tazza alla mano. “Non dormirai, hai detto. E’ successo qualcosa?”

“Ah, già. Se sei stato qui con gli altri non lo sai.”

“So cosa? Oh…no…”

Shoji sospira, “Già. Avevi ragione.”

Tokoyami schiocca la lingua, “Non sono durati.”

“No. Non sono durati. Ojiro sta malissimo e avevo pensato di fargli compagnia.”

Fumikage annuisce. Sì, è una buona idea. Non che Ojiro farebbe mai niente, anche solo per rispetto al corpo di Kaminari che –si spera temporaneamente- lo sta ospitando.

“Speravo non fosse così repentino. Sapevo che se fosse durato sarebbe successo il peggio, ma il secondo scambio è stato solo questa mattina…”

“Lo so,” mormora Shoji, “Ha fatto tutto Ojiro. In realtà, lo ha fatto per Shinsou. Volevo andare a vedere come stava anche lui.”

“Lascia stare. Non credo che voglia vedere qualcuno.”

“Sì. Forse hai ragione.”

“Ad ogni modo, spero che questa storia duri il meno possibile,” ragiona Tokoyami, “Ma più passa il tempo, più temo che nessun macchinario li salverà. Se non capiamo da cosa è iniziato tutto questo, non cambierà niente.”

“E come possiamo capirlo. Non abbiamo indizi.”

“E’ questo il punto. Non abbiamo alcun indizio e questo non è possibile. Ci manca un tassello importante. E se non lo troviamo…”

Shoji scuote piano la testa, la bocca su una delle sue appendici stira le labbra per un attimo, “Non dirlo neanche. Anzi, non pensarlo neppure. Non può essere definitivo.”

“Ma se lo fosse, invece? Dobbiamo vagliare qust’ipotesi. Non tutti i quirk sono reversibili.”

“Ma come può essere un quirk? Nessuno dei presenti ha un quirk anche solo lontanamente simile a questo. E non c’era nessuno oltre a noi.”

“Non visibile ai nostri occhi.”

“Che vuoi dire?”

Per un lungo attimo, Tokoyami tace. Poi semplicemente scuote il capo, “Non lo so. Sto solo pensando ad alta voce.”

“Ma se ci fosse stato qualcun’altro, o qualcosa di simile, Aizawa lo saprebbe.”

“Non sono più sicuro di cosa dovrei pensare. So solo che questa situazione non mi piace affatto, e che invece di migliorare le cose sembrano andare sempre peggio.”

“Su questo hai ragione.”

Il silenzio che cala pare infinito. Nessuno dei due dice nulla, nessuno dei due ha effettivamente niente da dire.

Si potrebbe provare a cambiare discorso, ma in quel momento a nessuno dei due, e probabilmente a nessuno della classe, potrebbe venire qualcosa di divertente di cui parlare, o anche solo leggero.

Forse solo a Mina. Ma anche lei quella volta sembrava così tranquilla che Shoji, per un lungo istante dopo che si era svegliata, aveva pensato che forse si era stancata.

Anche per Mina doveva essere complicato. Aveva cercato di vedere il lato positivo della cosa, aveva giocato –forse esagerando più d’una volta- approfittando di quello che era successo. Ma adesso anche lei doveva provare di nuovo il desiderio di riavere il suo corpo. Se non altro, per poter riabbracciare in santa pace Kirishima.

Certo che se iniziava a deprimersi anche Mina, era davvero la fine di tutto.

Non dovevano arrivare a quel punto.

Doveva finire tutto prima.

“Io vado a fare dell’altro té e torno da Ojiro.”

“Buona idea. Io penso che andrò a letto. Cerca di non farlo deprimere troppo.”

“Ci proverò. Buonanotte, Tokoyami.”

 

--

 

Nell’ala delle ragazze, intanto, nella stanza di Mina era in corso qualcosa di molto simile all’apocalisse.

Ma Jirou se la sta ridendo della grossa da almeno mezzora, ormai, tanto che le facevano male gli addominali.

Kaminari, invece, nel corpo di Mina non è affatto dello stesso avviso.

Anzi, per una volta nella sua vita non era neanche strano che piangesse, visto che era nel corpo di una ragazza, piegato dai dolori del ciclo.

Gli sembrava una storia già vista.

Dopo aver visto passare Ojiro e Bakugou, considerando che Midoriya se l’era svangata, sperava che andasse bene anche a lui. Insomma, dai, non poteva andare bene solo a Midoriya, e che diamine!

Non era mica giusto!

“La vita ce l’ha con me! Cos’ho fatto di male!”

Jirou si stende sul divano, la trapunta nera e fucsia di Mina è caldissima e già ridere in quel modo la sta facendo sudare come poche volte, ormai. “Oh, suvvia, Kaminari!”

“No! Come puoi ridere! Jirou aiutami!”

“Ma non posso aiutarti, Denki!”

“Perché! Perché quando c’era Midoriya qua dentro non è successo niente e adesso a me sì?! Perché?!”

Jirou ride ancora più forte, se possibile. E’ sempre stata una ragazza molto tranquilla, composta, ma in quel momento le è impossibile.

Forse è su di giri per via di quello che sta succedendo intorno a lei.

Per essere tornata nel suo corpo. Per essere riuscita a confessarsi a Denki.

Quindi, alla fine, è così felice che proprio non riesce a contenersi.

Le dispiace che Denki stia male, ma proprio pochi giorni prima aveva pensato che fosse il caso che anche uno col suo carattere finalmente capisse che cosa significasse essere donna, molto più di Ojiro e Bakugou, e qualcuno lassù l’aveva ascoltata, evidentemente.

Per il dispiacere di Denki.

“Smettila di disperarti, Denki! Non è niente di così terrificante.”

“Cosa? Come fai a dire una cosa simile?”

“Lo dico perché lo vivo tutti i mesi. Su, vieni qui!”

Denki, con il faccino di Mina, mette il broncio. Kyoka riderebbe ancora se non fosse che in fondo le dispiace davvero per il suo…neo-fidanzato? Può definirlo il suo…fidanzato?

Insomma, si sono dichiarati. E’ stata una dichiarazione sicuramente atipica per svariati motivi, ma lo è stata.

Se non se lo fossero detti, in fondo, lei non sarebbe lì a mezzanotte passata, con lui, in pigiama nella stanza di Mina. Non che sia la prima volta che sta in pigiama nella stanza di Mina, ma di solito ci sono anche le altre, e stanno facendo un pigiama party. E soprattutto, di solito Mina è Mina e non Denki.

Questa storia stava decisamente sfuggendo loro di mano e, anche se in quel preciso momento trovava le lamentele di Denki divertenti, sperava comunque che tutto tornasse normale.

Rivoleva anche lei il suo Denki. Nel suo corpo.

Adesso che finalmente era il suo Denki, lo rivoleva più che mai.

“Tieni, Denki. Prendi queste,” gli dice alla fine, porgendogli un paio degli antidolorifici che di solito usa anche lei in quei periodi del mese. Lui l’accetta subito, lo manda giù praticamente senz’acqua, ne beve un sorso appena.

Poi va di nuovo al bagno, brontolando ancora.

Quando rientra in stanza, Jirou ha già preparato il letto, ma come si sono accordati è ancora lì, e col permesso di Mina, a cui l’ha chiesto prima di salire, ci rimarrà tutta la notte.

Non può mica lasciarlo da solo così proprio quella sera. Non tanto perché non si fida di lui e di dove metterà le mani –anche un po’ quello, a dover essere onesta- ma anche e soprattutto per via della situazione un po’ delicata, per Denki, che sta affrontando di punto in bianco.

Se prima ha avuto problemi ed era nel corpo di un suo amico, figurarsi adesso che era in quello di una ragazza.

“Vieni qui, Pikachu. Ho sonno quindi smettila di fare avanti e indietro di continuo dal bagno.”

“Ma…”

“Non succederà nulla. Puoi sdraiarti e dimenticartene per qualche ora? Andrà benone.”

“Sei sicura?”

“Certo,” gli sorride.

Denki brontola ancora, ma alla fine accetta e si stende accanto a lei.

L’unica fortuna di quella situazione, adesso che ci pensa, è che Mina e Jirou sono amiche, e che Mina non si fa problemi di sorta con loro, quindi Kyoka non è obbligata a farsene in quel momento. Se fosse stato ancora nel corpo di Ojiro, per rispetto non si sarebbero potuti toccare.

In fondo, Shinsou non aveva sfiorato Kyoka neanche una volta, se non forse per darle un bacio sulla fronte, quindi soprattutto dopo la scenata fatta –rivelatasi poi inutile perché non era succeso niente- glielo doveva.

Ma adesso era nel corpo di Mina Ashido, che era la prima a toccare le sue amiche senza alcun pudore, con la scusa che erano tutte donne.

Almeno quello.

Jirou gli passa una mano fra i corti capelli rosa di Mina, andando a stuzzicare le cornine dell’amica.

Sa benissimo che a lei da fastidio, se lo si fa senza chiederle prima il permesso, ma le piace tantissimo quando lo fa Hagakure, invece, mentre le accarezza il cuoio capelluto.

Quindi, lei ripete il gesto immediatamente, e l’espressione che fa Denki è esattamente la stessa che fa Mina quando capita a lei, e per un attimo quasi si dimentica che lì dentro non c’è davvero Ashido.

“Adesso rilassati e dormi, d’accordo?” sussurra, a bassa voce per non disturbarlo e, anzi, conciliare il sonno.

Sa che Denki è stanco, e non ci vorrà molto per farlo addormentare.

“Mh…”

“Il mal di pancia ti passerà in un attimo. Non ti preoccupare, Denki. Andrà tutto bene. Buonanotte…”

“Meno male che ci sei tu, Kyoka…”

Kyoka sorride, avrebbe così tanto la tentazione di baciarlo! Ma anche se è il corpo di Mina, un bacio sulle labbra è escluso. Si accontenterà di sognarlo, di sognare di baciare Denki.

E stavolta senza brutte conseguenze al suo risveglio.

 

--

 

“Izuku-kun! Ma perché ce ne siamo andati in quel modo, prima? Forse potevamo rimanere con gli altri!”

Midoriya sbuffa, si accascia finalmente sul letto della sua stanza, finalmente di nuovo la sua stanza, e si prende la testa fra le mani.

Poco prima è passata da lui Ochaco restituendogli le sue poche cose rimaste nella stanza di Mina, ha sentito che si è anche fermata un po’ a parlare con Melissa e anche lui ha capito che l’idea generale era di rimanere insieme agli altri in sala comunque.

Ma non è comunque sceso, e alla fine neanche Melissa lo ha fatto, pur avendogli chiesto più d’una volta se ne aveva intenzione. Ma non lo ha abbandonato, nonostante lui non abbia certo bisogno di supporto.

Lui è tornato normale. Nel suo corpo. Che è di nuovo suo.

Non come gli altri.

Ed è proprio questo a disperarlo, in verità!

Lui è tornato normale, e si sente ferocemente in colpa perché gli altri invece sono ancora nel bel mezzo di quel casino assurdo, ed è tutta colpa sua!

Solo che come, come, come fa a sistemare tutto?!

“Izuku, ma va tutto bene?” Melissa alla fine gli si siede accanto, carezzandogli la schiena in modo circolare, come se volesse consolarlo al meglio delle sue possibilità.

“Melissa-san…io…credo…”

No. No fermo.

Cosa sta facendo?

Non può dire la verità a Melissa. Certo, si fida ciecamente di lei ed è certo, più che certo, che non lo dirà a nessuno. Per altro suo padre, il dottor Shield, sa la verità per bocca di All Might, quindi se si è fidato del padre perché non fidarsi della figlia?

Senza contare, poi, che Melissa è…beh…la sua fidanzata.

Arrossisce fino alla punta dei capelli solo al pensiero di una cosa simile! Poi non si sono neanche mai b…baciati…

“Wah! Deku! Non ti senti bene?!”

“N-no, Melissa-san….s-s-sto b-b-bene…”

No, a quello era meglio se non ci pensava.

Sennò finiva di svenire.

Deve fare altro, piuttosto. Vale la pena dirlo a Melissa?

Può farlo? Dovrebbe chiedere a All Might prima, forse?

Ma il One for All adesso è suo, ha libertà di scelta adesso? O forse no?

Non lo sa. E’ talmente confuso che non sa più niente.

Vorrebbe chiedere consiglio a Melissa. Dirle che sì, quello che è successo ai ragazzi è colpa sua ed è per questo che sta così. Che no, per quanto lei si possa impegnare nelle sue invenzioni insieme ad Hatsume tanto non otterrà un bel nulla.

Ma alla fine, anche se glielo avesse detto, rompendo quindi la promessa fatta ad All Might, che cosa sarebbe cambiato? Melissa non può aiutarlo neanche con uno dei suoi aggeggi tecnologici.

Deve essere lui a trovare una soluzione.

Deve essere lui, assolutamente, a capire come risolvere tutto quello.

Solo che deve anche metterci meno tempo possibile, per evitare che davvero Kacchan –e gli altri- si rovinino l’esistenza. E questa pressione di certo non lo aiuta.

“Scusami, Melissa, è che è stata una giornata lunga e faticosa. Anche se sono tornato nel mio corpo…anzi, forse proprio per quello,” sospira.

Melissa annuisce, “Ti senti in colpa, vero? Di essere tornato tu mentre i tuoi amici non hanno avuto la stessa fortuna. Anche io mi sento in colpa…non capisco davvero perché non abbia funzionato con tutti!”

“Non è stata certo colpa tua, Melissa. Tu ce l’hai messa tutta.”

“Allora non è stata neanche colpa tua, Izuku,” ribatte lei, posando dolcemente una mano su quella di Deku, poggiata sul letto, e stringendola, “Ce l’abbiamo messa tutti tutta.”

“Non che fosse qualcosa che potevamo cambiare con la nostra volontà…”

“Infatti. Esula da noi tutto questo. Possiamo solo sperare che vada tutta bene, Izuku. Io so che andrà tutto bene.”

Il sorriso di Melissa gli scalda il cuore, riesce a risollevargli, seppur di poco, l’umore.

E’ così bella, lei.

E si fida di tutti loro. E di lui.

Se solo sapesse la verità. Che non è questione di sperare.

Che se non trova lui una soluzione, non andrà tutto bene un bel niente.

L’unica cosa che lui, nel suo piccolo, può sperare, è che gli effetti di quel quirk prima o poi scemino e scompaiano.

In quell caso, forse, gli basterà non utilizzarlo mai, mai più. Non finché non trova come controllarlo, almeno.

Lo spera.

“Ti lascio riposare, Izuku. Va bene? Io torno al dormitorio dei professori, zio Might mi ha detto che mi hanno preparato una stanza lì, per stanotte.”

“Oh…” Midoriya alza su di lei due occhioni enormi, più verdi che mai.

Melissa, però, è già in piedi, si sistema gli occhiali sul naso e si avvicina alla porta quasi senza più guardarlo.

Non sa come gli sia venuto in mente, cosa stesse pensando.

Ma la prima cosa che gli viene in mente di fare è alzarsi e afferrarle il polso.

“M-Melissa. Aspetta.”

Non vuole mandarla via così, anche se è stata una giornata pesante. Alla fine si sta comportando in un modo fraintendibile, pareva che desse la colpa a lei se le cose erano andate male e invece non era affatto così.

E’ lui il colpevole.

Accidenti. Non ne combina una giusta.

Cosa deve fare? Non può nemmeno chiedere consiglio.

Forse, Todoroki che è fidanzato avrebbe potuto aiutarlo?

“Sì. Dimmi, Deku…Izuku-kun…”

Midoriya abbassa piano il capo, prendendo un enorme respiro, “Non vorrei che…che pensassi che ce l’ho con te, Melissa. E’ solo che sono un po’…ecco…demoralizzato. Ma se non fosse stato per te non riavrei il mio corpo neanche io, quindi devo ringraziarti, Melissa. Non l’ho ancora fatto, e mi dispiace. Sono stato davvero pessimo, oggi, con te. Ti chiedo scusa.”

Gli occhi azzurri di Melissa si fanno lucidi, ma sorride serena, “Lo so, Izuku. Lo capisco, non ti preoccupare, non c’è bisogno né che tu ti scusi né che mi ringrazi.”  E’ lei a prendergli ora entrambe le mani  fra le sue e stringerle forte, “Adesso devi cercare di dormire, d’accordo Izuku? Io ti prometto che penserò ancora ad una soluzione! Sentirò anche Hatsume-san e vedrò se riusciamo a fare qualcosa! Farò di tutto, te lo prometto!”

“Melissa-san…”

“Andrà tutto bene, Izuku! Ne sono certa!” fa un passo in avanti, come se volesse fare qualcosa.

Ma alla fine si tira indietro di nuovo. Izuku è così timido ed insicuro su quelle cose e non vuole assolutamente metterlo a disagio.

C’era tempo per quelle cose, no?

Eppure, Midoriya riesce a stupirla ancora una volta.

All’improvviso, e impacciatamente, e forse un po’ rudemente, azzera le distanze fra loro e le da un bacio. Sulle labbra.

Midoriya ha percepito chiaramente il movimento di Melissa di solo pochi secondi prima. Il modo in cui si era quasi sporta verso di lui era lampante, anche se poi si è ritirata indietro.

E quindi, di nuovo, ha seguito il cuore anziché la testa.

In fin dei conti, è per quello che All Might l’aveva scelto fra tanti, no? Perché come ogni buon eroe, segue l’istinto e il cuore se capisce che questo possa salvare e rendere felice una persona.

E la stessa cosa ha fatto adesso.

Ha intuito il movimento di Melissa, la sua perplessità.

Così, ha agito di conseguenza.

E l’ha baciata.

Non si sono mai baciati, loro due. Mai neanche una volta.

E’ il suo primo bacio, e crede anche quello di Melissa.

Forse per questo risulta impacciato come lui, timido. Non approfondiscono più di tanto il contatto, le loro labbra si schiudono appena, le lingue si sfiorano quasi per sbaglio.

Quanso si staccano, Midoriya è così rosso in viso che Melissa ha quasi paura stia per svenire.

Ma sorride lo stesso. E’ euforica.

Si sono baciati.

Meglio ancora, l’ha baciata lui!

“Izuku-kun?” lo chiama di nuovo, ma lui riesce appena ad alzare il volto su di lei.

Al solo guardarla si sente la terra mancargli sotto i piedi.

“S-sì?”

“Buonanotte, Izuku,” mormora, e lo bacia di nuovo.

Stavolta lei, ed è decisamente più sicura di quello che fa.

Poi lo lascia lì, imbambolato, uscendo dalla stanza per andare a dormire.

E Midoriya rimane così, in piedi, da solo. Prima che le gambe gli cedano, facendolo crollare a terra.

Eh, sì.

Sarebbe andato tutto bene.

 

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Capitolo 33
*** 33. Crack, boom ***


33. Crack, boom

 

 

 

Porca della miseria. Maledetta la vita. Odio il mondo. Dannata Yuuei. Fottuta coda.

La litania di Bakugō sta andando avanti da quando ha aperto gli occhi, circa mezz’ora prima: è sempre la stessa, con un’unica leggera variazione sull’ultimo capoverso che prima era “fottute tette”.

Non ha mentito dicendo che quanto meno adesso non avrebbe più dovuto lottare contro le cose delle femmine.

Tuttavia non aveva fatto bene i suoi conti, perché quella maledetta cosa attaccata al culo non gli aveva fatto chiudere occhio tutta notte, e solo poco prima dell’alba, quando la sveglia mostrava già un bel 3:28, ha perso i sensi più che addormentarsi.

Per svegliarsi con le reni intorpidite, neanche un pezzo di granito ghiacciato.

Come cazzo fa la scimmia a dormire con quel fastidio? Di lato tira, sulla schiena non ci si può neppure pensare a star dritti.

L’unica è a pancia in giù. Ma Katsuki così si sente soffocare e inoltre gli dà noia tenere le chiappe rivolte verso l’alto.

E’ una posizione che lo irrita fin da quando era bambino. Mai rivolgere le spalle al nemico, anche se immaginario.

E’ scomoda al cazzo, la coda. Deve trascinarla di peso fuori dalla doccia, perché col pennacchio fradicio sollevarla quel tanto che basta ad oltrepassare il piccolo gradino è un’impresa impossibile.

E deve pure pettinarlo, quel coso. E phonarlo, come si trattasse di una stramaledetta parrucca.

Inizia a capire com’è non ha mai avuto un animale domestico.

Non ha già pazienza con i propri, di capelli. Quando ha finito di lavarli li scuote col telo e pace amen.

La stessa cosa che ha fatto con quelli di Yaoyorozu, quasi ogni giorno a parte quando ci hanno messo mano le scriteriate e … Uraraka.

Che scriteriata non lo è affatto, anzi.

Yaoyorozu che a differenza sua deve aver dormito come su un letto di piume, nel corpo di Bakugō.

E di certo si starà svegliando placida e tranquilla.

Anche se mai quanto Deku maledetto.

Il pensiero si fa largo immediato nella sua testa, come un ceffone suonato a mano aperta.

Quel bastardo adesso potrà ricominciare ad allenarsi.

E lui invece è bloccato, resterà indietro rispetto a lui e a Todoroki. Appena riavrà il proprio corpo dovrà mettersi sotto quattro volte di più per recuperare, che non sarà in grado nemmeno di reggere due giri di corsa.

Sì, ma quando? Quando loro saranno già così avanti che mangerà la loro polvere.

Possiedono già due quirk a testa, e maledizione, non lo ammetterà mai, per quanto sembri sempre il solito Bakugō ha iniziato a soffrire la concorrenza da un pezzo.

Finché anche Dekumerda era incasinato nel corpo di Ashido non si è posto il problema, Todoroki da solo granché strada non ne fa, è risaputo.

Ma ora …

La sera prima hanno confabulato quei due. E Katsuki sarebbe pronto a giocarsi una gamba – non lo farebbe solo perché non è sua- che non avranno mancato di prendere accordi per allenarsi assieme, il broccolo è di certo impaziente di testare se è tornato proprio tutto tutto alla normalità; tanto più che durante l’ultima esercitazione, quella dove poi era scoppiato il delirio, lo aveva visto un sacco concentrato e determinato quel figlio di una buona donna, con rispetto per Inko poveraccia che già aveva dovuto sorbirselo una vita intera, quel quirkless del piffero.

Adesso, però , un quirk ce l’aveva. E che quirk, dannazione. 

Cazzo, no. Non può assolutamente permettere a quei due di fottergli il posto, deve rialzare il tiro e tenersi su, anche se il corpo dello scimmione è totalmente diverso dal proprio e come giustamente Faccia Tonda gli ha fatto notare la sera prima, ognuno si riprenderà finalmente i propri pregi, i propri difetti e i propri guai alla fine di quel casino.

Ma adesso che ha realizzato questa stronzata il suo stato mentale è pericolosamente sul punto di fare: “boom, crack!”, proprio come nei fumetti.

No. Non ce la fa a stare rinchiuso tra quattro pareti, non con quel mostro che gli divora il cervello.

E appena si mette a litigare con quell’appendice, imprecando nell’infilarla nel suo apposito alloggiamento in mutande e richiudendo i bottoni sul retro, capisce che o si dà una mossa, o strangola qualcuno.

In fondo Ojiro si allena come un matto, no? Il suo potere è soltanto quella cazzo di coda, non fosse per la sua approfondita conoscenza di vari stili di combattimento non l’avrebbero mai preso alla Yuuei.

Non può essere un gran male fargli fare qualche giro di corsa, un po’ di flessioni e qualche colpo in aria, così.

Perché altrimenti ne esce pazzo, era quasi meglio quando aveva il corpo di Momo, che sentiva più vulnerabile malgrado sia una tosta, e il fatto che abbia tanto fegato con il pirla lo dimostra chiaro; e la apprezza molto di più ora che ha scoperto cosa si prova a dover dare il massimo mentre i crampi ti squassano la pancia. 

Intanto però ha qualcosa di urgente da fare: il bucato.

Kaminari è un lercio. Ha lasciato il secchio della biancheria colmo fino a scoppiare, l’odore di calzini sporchi e maglie sudate impesta il bagno e che Dio lo stramaledica, non si è degnato neppure di metterle nel cesto.

Ora deve toccare quel casino.

Chissà se lo scimmione ha un paio di guanti di lattice da qualche parte.

E magari anche una mascherina, uh.

Con aria rassegnata, afferra il bidone dal fondo e lo svuota nella cesta. Non vuole neppure soffermarsi a pensare o rischia che gli scoppi un embolo del cazzo.

Finché si tratta di prendere in mano roba pulita okay. Ma … le mutande che ha portato Kaminari … sapendo i suoi precedenti …

Cristo.

Si sente sempre più incline a dar ragione a Faccia da Morto. Un sacco di ragione.

Annaspa fino all’ascensore con quel fardello olezzante, bestemmiando contro Faccia da Scemo ogni tre secondi netti nel dover barcollare come un ubriaco per tutto il corridoio, scostando quella maledetta appendice ad ogni passo e vanificando del tutto lo shampoo che le ha fatto prima, visto che la sta usando come piumino per raccogliere la polvere dal pavimento.

Con Yaoyorozu non ha avuto tanti problemi, a parte quella spiacevole faccenda del ciclo; la ragazza è ordinata, ci tiene alle sue cose e quel poco che Katsuki ha indossato l’ha lavato a mano.

Sì, se non si sfoga in qualche modo darà i numeri.

In quello stato d’animo, e con la tentazione di legarsi la coda ai fianchi con una corda, scende al piano di sotto, in sala comune.

E’ deserta. Ma ovviamente sono soltanto le sei meno un quarto del mattino, sono ancora tutti in camera loro.

Si trascina fino al corridoio della lavanderia, posa quell’ammasso di roba fetida recuperando la vista e il fiato. “Fanculo”, mormora a denti stretti.

Appena vede il suo stesso corpo davanti ad una delle asciugatrici accesa sul lato opposto, che fissa il cellulare come indecisa se metterci dentro pure quello o meno,scuote la testa.

Non si è nemmeno accorta di lui. “Ohi”.

Yaoyorozu si volta, trasale evidentemente e avvampa come le avessero infilato la faccia in un forno, mentre distoglie gli occhi rossi da lui.

Sembra un tantino meno depressa della sera prima, ma ora in compenso è smarrita e tesa come paventasse di prendere una scossa elettrica con tutto quello che tocca.

E meno male che il quirk di Faccia da Scemo è capitato a Ojiro. A meno che non abbia fifa dell’elettrodomestico. “Buon … ehm, buon … buongiorno … Bakugō”, biascica, arrossendo fin quasi alle lacrime.

Che le piglia di nuovo a quest’altra, ? “Uh. Sarà davvero un buongiorno quando questa storia del cazzo sarà finita”, sbotta, irritato. Apre il cestello della propria lavatrice, reprimendo l’impulso di riempirla con la coda anche perché lui non è proprio in grado di maneggiarla, si limita a trascinarsela dietro cercando di non inciamparci come la sera precedente, quando solo l’intervento di Uraraka l’ha salvato dal dover imporre a Ojiro la visita urgente da un dentista, o da un chirurgo.

La ragazza dentro di lui invece sembra abbisognare della consulenza di uno psicologo. “Allora, come ti trovi nel mio corpo?”.

Momo sussulta, il telefonole cade di mano. Si china a raccoglierlo e il pomo d’Adamo nella gola ballonzola, come avesse difficoltà a deglutire. “Be …. Bene. Sì, bene. E tu … va tutto … bene, Bakugō?”.

“Sono stato meglio”. In realtà gli bruciano i piedi dalla smania di cominciare ad esercitarsi, ma la ragazza è in evidente agitazione e non gli garba di lasciarla da sola.

Ha come il sospetto che sia stata la sua apparizione improvvisa a metterla in quello stato, perché fino ad un attimo prima fissava lo schermo con un’espressione talmente concentrata da volerlo quasi far esplodere solo con uno sguardo.

Che messaggiasse col pirla a metà? “Dov’è finito il tuo prode cavaliere dalla scintillante armatura?”.

Lei trasale di nuovo.  “Oh … è in camera sua, adesso”, biascica piano, infilando appena la grande mano nella tasca della felpa per riporre il telefono; l’altra la porta al viso a coprirsi l’occhio sinistro in un gesto che è gli è familiare.

E il destro è lucido. Come se stesse per scoppiare a piangere. “Che hai? Stai bene?”.

“Sì, sì. E’ … il calore che mi dà … fastidio agli occhi”, sussurra piano, accennando all’asciugatrice.

Bakugo si fa sospettoso. Non sarà capitato qualcosa pure a ‘sti due, no?

Lui sa del segreto di Todoroki.  Di cosa gli ha lasciato in faccia quella chiazza ustionata, delle ripercussioni che questo ha avuto sulla sua famiglia e la sua stessa esistenza.

Ed è matematico che lo abbia confidato anche alla sua donna, il bastardo.

La questione gli piace sempre meno. Avesse un pizzico più di confidenza con Yaoyorozu glielo chiederebbe direttamente cosa cazzo non va.

Le domanderebbe più o meno le stesse cose che ha chiesto al pirla a metà, alla festa.

Perché porca miseria se n’è pieno le palle di tutti quegli intrecci degni di una serie televisiva di quart’ordine. Segreti non tanto segreti, bugie, disastri, relazioni che vanno a donne di malaffare, riappacificazioni e via con un altro giro di giostra, senza nemmeno aver pagato il biglietto.

Ma come si è già detto non è sua competenza, e inoltre ha “affidato” alla piccoletta il compito di vigilare sulla sua amica.

Però è anche vero che non può starle appiccicata addosso h24.

Probabilmente Uraraka andrà a casa, oggi. E’ sabato, e siccome non ha mai saltato una visita ai suoi e vorrà anche riposarsi un po’, sicuro lo farà.

Se non altro per non dover avere davanti agli occhi la biondina e il Nerd di merda.

E ora che ci pensa, a proposito, è facile che anche Todoroki voglia andare a trovare sua madre. E non può certo portarsi dietro Momo nel corpo di un maschio, altrimenti quella poveraccia potrebbe pensare di essere davvero ammattita del tutto.

O che le sia ammattito pure il figlio. “Sta preparando le cose … per uscire questo pomeriggio”, aggiunge Momo, facendosi amara.

Ecco. Come aveva previsto.

E Yaoyorozu di certo non ne sarà felice. Lei non può andare a trovare i suoi, non può nemmeno chiamarli, forse prima fissava il cellulare per questo.

Bakugō non ha di questi problemi, chiama poco e ogni volta la vecchia gli urla nel cervello di non fare casino. Se li contatta una volta ogni quindici venti giorni è già sufficiente: e se è torna a casa una volta al mese, giusto per far vedere i progressi che ha compiuto.

Progressi che al momento sembrano disastrosamente rimandati a data da destinarsi.

D’un tratto gli passa un’idea per il cervello, la dimostrazione che anche a furia di cambiare corpo almeno qualcosa è rimasto intatto, là dentro.

E’ … un tanto rischioso in effetti. Ma si conosce, sa di poter essere molto convincente se vuole, nonostante sia una dote che non mette spesso in campo, perché non gli serve.

Ma l’arte della persuasione torna sempre utile. E … se riesce a toccare i tasti giusti, può prendere due piccioni con una fava. “Senti, Yaoyorozu”, si sente dire con la voce di Ojiro.

“Ah?”.

“Mi sembri un tantino messa male. Capisco che la situazione non sia delle migliori, ritrovarsi daccapo in questo pandemonio quando sembravamo ad un passo dall’uscirne non favorirebbe la sanità mentale di nessuno, nemmeno quella di una equilibrata come te”.

Momo batte le palpebre, più volte.

Gli fa un tantino di impressione udirsi parlare a se stesso con un tono così pacato. “Ahaaa. Già”.

“Che ne dici di concederti una tregua?”.

“Ah?”.

“E’ sabato, oggi finiamo prima. Nessuno di noi quattro può andare a casa, siamo bloccati in questo posto. E io sinceramente non ne posso più. Pensavo giusto di andare ad allenarmi, prima di iniziare a dare i numeri. Devo metterla fuori un po’ di questa smania, almeno per quel che posso in questo corpo. Ma capisco anche che non sono il solo a trovarmi in queste condizioni, adesso”.

“Ma … ma … Bakugō … io sono … nel tuo corpo ecco … insomma … io non … Aizawa – sensei non me lo concederà mai …”.

“Be’, non devi per forza dirglielo. Fondamentalmente non può negare il permesso di uscire per provvedersi di cose necessarie. E da quel che mi ricordo di aver lasciato in bagno, e sapendo che quella sciroccata deve aver combinato un dannato casino, sospetto che mi serva un po’ di roba, uh”.

Ora Momo impallidisce. “Ma … si dà il caso che al momento … non mi … occorra … nulla …”.

Dannazione se è ostinata.

Che a stare nel suo corpo abbia preso anche qualcosa del suo cervello, per caso? Certo è stato ben immediato allora, perché in Deku non era così … era soltanto giù di corda, cosa del tutto comprensibile. “Ahhh, non la fare tanto lunga. Se ti dico che puoi, puoi. Te lo sto chiedendo io … ah e cazzo credimi, non sono tipo da cedere tanto in fretta su certe cose. Anzi sai che? Devi. Hai un bisogno estremo di allentare la tensione prima che ti mangi viva. Dio solo sa se non sto per scoppiare anche io, c’ho una voglia … che … sto bruciando tutto dalla smania di darmi da fare, almeno con le mani. Ma … dannazione non posso, non è il mio corpo e devo starmene buono buono a cuccia, anche se il pensiero che Deku e il tuo bastardo possano spremersi finché non gli vengono i calli alle dita e io mi devo accontentare di starmene sotto l’acqua fredda a smaltire i bollori, per non ammazzare nessuno. Almeno … finché ero te era più facile. Con una femmina … certe necessità è difficile si facciano sentire, per quanto io non faccia distinzioni e se una ha quell’istinto e sa come sfogarlo ben venga. Solo che onestamente non mi sarei mai azzardato a farlo col tuo corpo, anche perché se avessi in qualche modo compromesso la tua integrità Todoroki mi avrebbe spezzato qualcosa come minimo.

Ma adesso che mi ritrovo in questo dannato scimmione controllarmi è impossibile, è così irrigidito che mi stanno uscendo gli occhi dalla testa, se non faccio qualcosa mi esploderà un embolo. Quindi fammi questo maledetto favore”. Alza le braccia artigliando l’aria con le dita, più si fa vedere devastato, meglio è. “Trovati un angolo in cui non ci veda nessuno di questi scimuniti, e tira fuori tutto quello che ti sta pungolando finché non rimani senza fiato. E se accetti un consiglio non essere delicata. Anzi. Più ci dai dentro meglio è. Non mi stremo da un bel po’, sicuro devo avere i palmi incandescenti ed essere duro come una fottuta lastra di marmo, dubito che quella maledetta Occhi da Procione possa avermi fatto fare una sessione di allenamento come si deve, anche se per darsi da fare s’è data da fare, fulminata del cavolo”.

Quando la guarda, in attesa, Momo è rimasta a bocca spalancata, gli zigomi repentinamente in fiamme e le pupille sono capocchie di spillo nelle iridi scarlatte.

E’ una faccia davvero strana da vedersi addosso.

Ma certo non si aspettava di sentirsi parlare a quel modo proprio da lui.

E dal bravo stratega sopraffino che è, intravede la possibilità di coglierne addirittura tre, di piccioni. “Ti lascio sola a pensarci. Se decidi fammi sapere, che ti do una mano io. Anzi, se vuoi vengo anche io. Così ti controllo io o magari se vuoi ti mostro come fare. Tanto quei due pare abbiano chiuso, quindi lo sciroccato di Faccia da Morto non può trovare nulla da ridire”.

Ops.

Forse non avrebbe dovuto darle quella notizia così come niente fosse.

Ma ormai gli è scappata.

Chiude l’oblò, prende il detersivo e riempie l’alloggiamento apposito.

Solo adesso adocchia il flacone rimasto sulla lavatrice che deve aver usato Momo per lavare i suoi vestiti. Ammorbidente alla rosa e lavanda.

Oh, merda. Adesso sì che saprà come un cavolo di … di … ah, al diavolo. “Ba … Bakugō …”.

“Ehi, tranquilla. In fondo è il mio corpo quello no? Nessuno meglio del sottoscritto può sapere di cosa ha bisogno per stare bene. Ah. E prima che me ne scordi … penso sia meglio tu non lo dica nemmeno a Todoroki. Non penso la prenderebbe troppo bene, sai … in fondo sei pur sempre la sua ragazza, si preoccuperebbe un sacco se sapesse che stai per mettere mano a qualcosa che non hai mai fatto prima, tanto più se approfittando del fatto che lui non c’è. Sarà il nostro segreto, se ci stai”. Aziona la lavatrice, e subito dopo infila le mani nelle tasche. “E … se posso chiederti una cortesia … non mettere l’ammorbidente nel mio bucato, la prossima volta”.

Ahn …”.

“Vado a cambiarmi, nel frattempo. Ci vediamo”. Improvvisamente la voglia di darsi da fare si è placata, per il momento.

Sicuro ci è riuscito. Gli è bastato vedere la fiammella nelle sue stesse iridi, si conosce bene, sa cosa vuol dire.

La ragazza sta … esplodendo dalla voglia di darsi da fare.

E lui è più che pronto a cogliere l’occasione al volo.

 

--

 

Ah, che esasperazione.

Quando Ochaco riapre gli occhi, si sente più stanca della sera prima, se è possibile.

Ha fatto sogni strani, contorti, assurdi. Non ne ricorda nemmeno mezzo, ma dall’affaticamento che le tende le membra non è difficile immaginarlo.

Per fortuna oggi andrà a casa. Si sente … egoista, quasi come se stesse scappando da quella situazione: ma cavolo, è allo stremo, sta per avere un esaurimento nervoso e se non si concede almeno una pausa, sia pure soltanto di un pomeriggio, finisce al manicomio.

Il suo secondo pensiero va a Momo. Chissà se si è calmata almeno un po’ … era proprio fuori come un balcone la sera prima.

E si sente moralmente obbligata ad andare a vedere come sta. Perché okay che Jirou è la sua migliore amica … ma Kyoka, ahimé, ha un caratterino particolare, non che non sia comprensiva ma sa essere tagliente, se le gira.

E poi …

Non è stupida Ochaco. Ha notato l’improvvisa confidenza sorta tra Earphone e Kaminari. E conosce anche quest’ultimo.

Se ha ben visto, la ragazza sarà di sicuro impegnata a vigilare sulle manine del compagno elettrico. Già il giorno prima in infermeria gliel’ha sbattuto tondo in faccia, vista la reazione di Denki al risvegliarsi nel corpo di Mina.

E dopo il casino scoppiato l’altro giorno ancora … è abbastanza ovvio che le mani al loro posto Kaminari non le sa tenere.

A differenza di Bakugō.

Avvampa improvvisamente a quel pensiero. Balza su dal letto come una molla, si sente spinta da una forza senza nome, fa la doccia e si veste in fretta ignorando il calore che le è esploso sulle guanciotte piene.

E’ stato … gentile, la sera prima.

“Tu non mi dai poi così fastidio”.

Nel complicato gergo di Katsuki era un complimento. Ed era stata lì per mettersi a fluttuare, sorpresa, leggera, pensava di essere diventata troppo molesta nei confronti del biondo e invece … 

Esce dalla stanza coi capelli ancora bagnati. Sta diventando un’abitudine, e se fosse inverno si sarebbe già buscata qualche malanno.

Quando scende di sotto per cambiare ala, però, avverte dei rumori nel cucinotto. E l’impulso di andare a controllare chi c’è le risparmia un’altra corsa.

Ma in compenso le fa fluire una nuova ondata di sangue agli zigomi. “Yao…Yaomomo?”.

Ochaco?!”.

“Va … tutto bene?”.

“Ehm … sì. Sì, grazie Ochaco-chan, benissimo”.

“Sono contenta”.

C’è un bollitore sul fornello, una teiera da cui spuntano due codine con dei quadratini azzurri di carta e una tazza elegantemente sistemata su un piattino con un cucchiaino posato sul bordo, ancora intonsa. “Stavo … preparando del tè … se ne vuoi è lì, è … caldo. Non l’ho … ancora toccato, scottava troppo e così … ho pensato di piegare i panni nel frattempo. Penso … si sia freddato un po’”.

Ochaco prende un’altra tazza dal ripiano, un cucchiaino dal cassetto osservando la compagna con la coda nell’occhio.

E’ strana, Momo. Stranissima, afferra i panni con una foga che non le è usuale, tra indice e pollice e li sbatte con energia per poi richiuderli rapidamente, posandoli nel lato vuoto della cesta.

Sbatte tutto. anche i boxer. “Si… sicura di stare bene?”.

Mhmm mhmm. Ah ah. Sì. Sicuro. Tranquilla. Prendiamoci questo tè”, abbozza sorridendo.

Ma è nervosissima, e appena sfiora la tazza vuota questa si rovescia, minacciando di rotolare sul pavimento.

Uraraka la acchiappa al volo. La rimette a posto, e rialza decisa lo sguardo verso l’amica, che commenta. “Che … sbadata. Pare quasi non sappia più usare … le mani”, fa Yaoyorozu, serrando i palmi l’uno contro l’altro.

Ma certo.

Il quirk di Bakugō le è estraneo. Sicuro Momo deve avere un terrore cieco dei palmi umidi, sapendo come funziona il potere del compagno. Non deve essere facile per lei, trovarsi ad avere a che fare con una forza esplosiva e hanno tutti ben presente cos’è accaduto a Jirou con qualcosa di così pressante che non era in grado di controllare.

Forse è anche per questo che non vuole Todoroki intorno. Teme per lui. “Credo sia meglio lo versi io”, propone Ochaco, conciliante.

“Sì”. 

Riempie anche l’altra tazza, e Momo pare esitare parecchio prima di portare la propria alle labbra.

Yaomomo, cosa c’è che non va? Per favore non farmi agitare, sono già …”.

“Oddio. Non … non ne … non so se … ne voglio parlare. E’ già abbastanza … imbarazzante così”.

“Ti prego. Noi siamo amiche, non può esserci nulla di così imbarazzante più di …”.

“E’ … Bakugō”, sussurra pianissimo, guardando la porta.

Ochaco si azzittisce tutto d’un tratto.

Cosa può mai essere accaduto, di cui lei non è a conoscenza? Sembrava così tranquillo la sera precedente … persino preoccupato per Yaoyorozu.

Abbassa la cesta sul mucchietto di biancheria da piegare, da cui emana un profumo inusuale per il biondo; troppo dolce, decisamente femminile.

Ah, la forza dell’abitudine.

Difficile mandarla via, soprattutto quando sembra l’unica cosa in grado di tenerci ancorati alla normalità. “Yaomomo, ti assicuro che Bakugō si … è parecchio ammorbidito, di questi ultimi tempi, specie da quando … è stato dentro di te. Anche se non mi credi … davvero”.

“Ci … ci siamo … parlati, poco fa. In lavanderia”.

Le sopracciglia della bassina si aggrottano, le arrivano fin quasi all’attaccatura dei capelli.

Ah. Be’, questo cambia un po’ le cose allora.

Quasi intuendo il suo pensiero Momo alza le braccia muscolose, scuotendole in aria come le dolessero, o bruciassero. “Non mi ha fatto nulla, assolutamente nulla, anzi è stato molto gentile. Inaspettatamente … gentile. Sono io che … be’. Mi sento … a disagio … con lui”.

Lo sguardo che Momo le scocca, con quelle iridi rosse brillanti, fa fremere Uraraka.

Ma Yaoyorozu non le dà tregua. “Tu non capisci, Ochaco-chan. Non parlo del suo carattere … parlo … del suo … corpo”, mormora piano, come temesse di dire una sconvenienza.

“Eh?”.

“Quella cosa lì. Quella con cui … si svegliano i ragazzi. Ochaco-chan, dai, c’eri anche tu quando Mina-chan ha detto quella cosa in sala comune, dannazione!”, e batte la mano sul ripiano.

Uraraka sussulta.

Ora più che mai, Yaoyorozu è simile al vero Bakugō. Non l’ha … mai vista alterarsi a questo modo.

Prova a raccogliere le parole, quanto meno per sputarne fuori qualcuna che valga a far tener du … ehm, cioè, rincuorare e incoraggiare la compagna di classe. “Ehmmmmmm … sì, Momo-chan, ma perdonami … insomma … sei già stata dentro Midoriya … non può essere così … così … differente, cioè …”.

“Oh, fidati Ochaco. Lo è eccome”. Rossa come un lampione Yaoyorozu annuisce gravemente.

Altrettanto rossa Uraraka tenta di trovare qualcosa di sensato con cui ribattere.

Ma non ce la fa. I pensieri, già sconvolti, adesso volteggiano come impazziti nella scatola cranica: li sente quasi sbattere come uccellini in gabbia, farsi male e cadere tramortiti sul pavimento.

Oggesù. “E …”.

“Ora capisci, perché non … non posso avere intorno Shouto? Cioè, prima … okay. Era comunque … pesante. Ma … ora è molto, molto, molto peggio, Ochaco-chan. Con Midoriya … in qualche modo riuscivo a farci fronte. Ma se soltanto Shouto mi sfiora adesso … parto in quarta. Anzi in quinta. Anzi … non lo so più. Il solo pensiero di … sentire il suo profumo … di … averlo vicino … mi fa smaniare. E questo corpo non riesco a controllarlo, stamattina non so quanta acqua gelida ho consumato. E’ … Dio, Uraraka. E’ … è …”. Sembra tremare, esitare. “Maschio. Nel senso più pieno e duro … Cavolo, puro … del termine. E ho il terrore che se davvero … oddio”. Pare voglia scoppiare a piangere, Momo.

Uraraka ha la bocca impastata, non riesce a proferire verbo. “Mo… mo. Stai … stai calma”.

Non è proprio una conversazione sana da avere di prima mattina. “E … e adesso dov’è …”.

“Fuori. E’ andato a fare … quattro passi, ha detto. Sta cercando di … abituarsi al suo nuovo corpo”.

“Ah”.

“Ehi, ragazze! Buongiorno!”. Il trillo di Mina le distrae da quel discorso.

Meno male. Perché Ochaco sente di aver perso la funzionalità di almeno un ventricolo.

Oltre che di un’area del suo cervello. “Allora, com’è stata la tua prima notte nel corpo di Bakugō, Momo-chan?”.

Nessuno apre bocca.

Si sentirebbe una mosca volare, in quel silenzio di tomba.

Pe … ehm, benissimo, Mina-chan, grazie”. Oddio. “E … e tu nel mio …?”.

“Molto bene, grazie”. Sorride, Mina, con la faccia di Momo che invece sembra voler saltare nel forno a microonde.

Egoismo.

A volte ti salva la vita. “Vado … vado a …”. Non sa neppure lei dove andare adesso. “A vedere … come sta Kyoka-chan”, conclude a stento Ochaco, cercando di non fissare la cesta ora piena di indumenti piegati.

“Eh, lei bene sicuro!”, ghigna Ashido. Con un’occhiata luccicante nello sguardo nero di Yaoyorozu.

Che sospira, sbuffa quasi, come il vero Bakugō. “Penso sia ora di andare a mettere a posto questi panni”, annuncia.

Inutile dire che anche il suo tè è rimasto intonso. “Senti, hai finito il balsamo, Momo-chan. Posso andare a comprarlo con Kiriciccino, questo pomeriggio?”.

“Ma … ma certo Mina-chan. E … e …. Etciù!”.

“Oh, cara … tieni”. Mina le porge il fazzoletto che Momo tiene sempre in tasca con sé, per ogni evenienza. “Ti capisco. Ti capisco, Yaomomo”. (**)

 

--

 

E’ stata un’alba triste, questa.

Già insonne di suo, Shinsou ha trascorso l’intera notte a fissare quei numerini scambiarsi di posto sul quadrante.

10: 12, 11:20, 12:01, 01: 21, 02:11.

Alla fine l’ha buttata giù dal ripiano, che guardarla lo faceva sentire soltanto peggio.

Ore di più senza Mashirao.

E’ vero. Non stanno insieme … da un’infinità di tempo, da quando il corpo del suo fidanzato è divenuto ostaggio di quell’assurdo scambio, esattamente come le cifre della sveglia.

Ma almeno una volta al giorno quelle maledette tornano esattamente al punto di partenza.

Ojiro, invece, no.

Ha pensato a lui ogni istante. Ogni momento di quella lunghissima notte più in bianco delle altre, persino più lunga di quella che ha trascorso a mangiarsi le unghie dall’ansia, sapendo quel che gli pungolava il petto e temendo, disperando di poterlo mettere fuori, che non aveva la minima idea di come sarebbe stato accolta quella rivelazione dall’interessato.

Ma alla fine non ha più retto. Ha scelto di esporsi, a suo rischio e pericolo e poco male se si fosse preso una codata in faccia, e non metaforica.

Onestamente? Non si aspettava di vedere gli occhi di Mashirao allargarsi. Le pupille ingoiare le sclere, le sue spalle forti abbassarsi di colpo come se qualcuno le avesse gravate di un peso invisibile; ed era rimasto a bocca aperta.

No, nemmeno Ojiro se l’aspettava, una cosa simile.

“ Io … sono innamorato di te. E non è uno scherzo, Ojiro “.

Erano stati minuti molto lunghi, anche quelli.

Eppure, ad un certo punto quell’espressione disarmante si era rianimata. Negli occhi era tornato lo scintillio vitale, le braccia si erano sollevate.

Le labbra si erano mosse. E avevano compitato lentamente quelle sillabe.

“A … Anche io. Lo … lo sono anch’io”. Poi d’un tratto gli zigomi si erano fatti porpora. “Cioè di te! Perché … per come l’ho detto può sembrare che sia inna … innamorato di me … e insomma, cioè, non è così … cioè non si può essere innamorati di se stessi … a parte forse Aoyamabe’, lui magari un po’ narcisista lo è e …”.

Hitoshi aveva sorriso di quella sua confusione, così calda e tenera.

Non ci aveva pensato due volte. Aveva preso e si era chinato su Mashirao, posando la bocca sulla sua.

Era stato il loro primo bacio.

Sono passati … quanto? Due mesi e mezzo?

Sembra una vita.

E insieme sembra ieri.

E sembra così poco, il tempo che hanno trascorso insieme.

Eppure è da tanto che non riprova quell’emozione, sentire la bocca di Mashirao contro la propria. Sospirare piano nel passargli la mano magra sotto la maglia, palpare i suoi muscoli solidi, inspirare il suo profumo farsi sempre più dolce e più intenso.

Infilare il naso tra i corti capelli dorati, e sfregarlo. Per sentire come pungono, e come odorano di buono.

Giocherellare con il soffice pennacchio della coda. Avvertirlo solleticargli le linee della schiena e strappargli brividi lenti e profondi.

Non può essere finito tutto così.

In una manciata di secondi. Meno del tempo che ha impiegato quella maledetta sveglia a girare l’ultima delle sue cifre rosse a stuzzicadenti.

E soltanto perché … non era riuscito a nascondere meglio il suo disappunto davanti a quella nuova delusione. 

Shinsou conosce bene il significato della parola “pazienza”.

Ha dovuto portarne tanta, per anni. Andare avanti quando tutto sembrava remargli contro, compatto come una muraglia più che come un’onda.

E alla fine ce l’ha fatta. E’ dove ha sempre voluto essere, incamminato sulla strada per divenire un Pro-Hero.

E sa che non è ancora finita, anzi non è nemmeno all’inizio. Che mancano ancora due anni, suppergiù, e infinite prove per poter ottenere quel diploma.

Allora perché è bastato così poco, adesso, a piegarlo?

Non si è mai stimato geloso, lui. Ha sempre creduto di essere una persona distaccata, forse persino troppo per gli standard comuni. Troppo stoico, scettico, incapace di concepire una sensazione di quel genere; non che non ami Mashirao, ma proprio perché lo ama ha sempre stimato indegno covare un tale sentimento nei suoi confronti. 

A mente fredda non può dire di temere davvero Kaminari come rivale, no. Sa benissimo che il compagno non ha quella tendenza, che a Mashirao non interessa in quel senso e l’intermezzo accaduto in quel bagno alla fine non è stato più che un mero sfogo fisiologico, non c’era amore, non c’era passione, desiderio, ovvero sì ma per tutt’altra persona, che solo incidentalmente era la legittima proprietaria del corpo in cui al momento era ospitato lo spirito di Ojiro: una sfortunata casualità, tutto qui. 

Se solo ci ripensa, però, gli si chiude di nuovo lo stomaco.

Ma aveva promesso a Mashirao di perdonare Denki. E l’ha fatto, davvero, era prontissimo a lasciarsi quella faccenda alle spalle e sperare che finisse tutto presto nel migliore dei modi.

Per un attimo o poco più ci ha creduto sul serio. Che fosse tornato tutto alla normalità: e incoraggiato, quasi, dallo sguardo di Melissa Shield, di Uraraka e della stessa Kyoka si era fiondato su Mashirao, posandogli una mano sul fianco che era rapidamente scivolata sulla coda, per destarlo.

Ma l’urlo di Bakugō aveva riportato a zero il contascatti. Quel timer era tornato al punto di partenza, con un nuovo corpo e sì, era proprio quello di Denki.

La verità spassionata? Non è tanto per quella storia che l’ha presa così male, Shinsou.

E’ stata l’incertezza del non sapere quando sarebbe finita.

E’ … un pensiero terribilmente egoista, per nulla eroico.

Ma … il solo sperare di riavere il suo Mashirao tutto per sé lo aveva già infiammato.

Certo, anche altri si sono trovati nella sua stessa triste situazione: Kirishima, Todoroki, anche loro probabilmente soffrono nel non poter abbracciare la persona amata, nel non poter dimostrare alle proprie compagne l’amore che provano nei riguardi di esse.

Tuttavia, come gli ha insegnato la sua saggia nonnina, che adesso non c’era più, “quando hai i tuoi guai non pensi più a quelli degli altri, Hitoshi”.

Ed è andata proprio così.

Adesso che si è vestito, e non sa che fare, la cosa migliore è uscire a prendere un po’ d’aria.

Quelle quattro mura lo soffocano.

Al lato c’è la camera di Bakugō, cioè Yaoyorozu adesso.

Nemmeno lei se la deve passare troppo bene, poveraccia.

La sera prima aveva un’espressione da far paura. Le mancavano solo gli spiritelli intorno e voilà, come direbbe Aoyama, le jeux son fait.

Gli è parso di sentire parlottare mentre era in bagno a fare la doccia, ma non ha ben distinto la voce. Ma o è stata solo la sua immaginazione, oppure Todoroki, altro povero cristo è sceso a controllare che non si sia strangolata col tubo pieghevole.

Lui sì che ne ha di sangue freddo. Ma è vero anche che possiede un quirk che lo coadiuva parecchio in questo.

Si chiude dietro la porta. Il corridoio è tranquillo, si dirige all’ascensore e va al piano terra col cesto della roba da lavare sottobraccio.

Ad accoglierlo sono i bisbigli di Momo e Ochaco dal cucinotto.

Probabilmente Yaoyorozu non ha chiuso occhio nemmeno lei, e Uraraka sta facendo del suo meglio per incoraggiarla a tenere duro.

Povera Uravity, lei è una di quelle con la vera vocazione da eroe. O da martire, forse è il caso di dire.

In ogni caso, sono sicuramente affari intimi in cui lui non ha nulla a che spartire.

Così zampetta non visto fino alla lavanderia.

Entra, si avvicina alla lavatrice e inizia a riempirla.

Ce n’è già un’altra azionata, le mancano circa cinque minuti al termine. E appena lo sguardo viola intravede un cappuccio grigio terribilmente familiare, quasi si riempie di lacrime.

La riconosce. E’ di Mashirao.

Gliel’ha vista addosso tante volte, gli ha anche detto che è una delle sue preferite. E proprio per questo Ojiro la indossava tanto spesso, quando erano da soli in stanza.

Non rammenta di averla vista addosso a Kaminari, però.

Forse era nel secchio da prima, e Denki non si è degnato di fare il bucato, dopo che aveva provveduto così generosamente a sporcare …

No, cazzo, no. no. Se ricomincia è davvero finita, per lui.

Perché qualcos’altro è finito già.

Chiude l’oblò, mette il detersivo nell’alloggiamento e avvia il lavaggio.

Sono quarantacinque minuti. Non farà in tempo, potrà solo metterli in asciugatrice e poi tornare a prenderli dopo le lezioni, per piegarli nel pomeriggio.

Tanto non avrà niente altro da fare.

“Buon …”. Una gola che si schiarisce. “Giorno”.

Shinsou si gira di scatto.

Gli si spezza il cuore, nell’incrociare lo sguardo dorato di Denki abbassarsi sulla cesta che ha tra le braccia; ha colto comunque che è gonfio, gl’incavi sotto gli zigomi leggermente violacei, come i suoi quasi.

Non ha dormito, Mashirao. Non ha dormito, ha pianto e Dio, vorrebbe poterlo abbracciare, o quanto meno consolarlo a parole e no, non può fare nulla di tutto questo.

Gli attimi in infermeria adesso gli appaiono ancora più preziosi. La quiete, prima della nuova tempesta, quasi più devastante della precedente. “Com … come stai, M … Ojiro?”.

“Bene, Shinsou. Grazie”. Si avvicina all’apparecchio, apre l’oblò e inizia a metterci dentro i vestiti di Kaminari. 

Non sono tantissimi. Kyoka è una ragazza che ci tiene, deve averglieli lavati lei mentre era nel corpo di Denki.

Anzi strano non continui a farlo ancora, visto che quei due adesso …

Cazzo. E che strazio, maledizione.

Comincia a capire Bakugō e il suo linguaggio. Probabilmente è karma, gliene ha dette un po’ troppe davanti e dietro negli ultimi tempi e adesso si ritrova lui a combattere con quella stessa impotenza e frustrazione.

Addosso Ojiro ha una maglia nera con su scritto “High Voltage” in giallo smagliante, e un paio di calzoni da tuta grigio chiaro; si raddrizza chiudendo la finestrella tonda e Shinsou ha un brivido davvero elettrico su per la schiena. Una reazione per cui si odia e si prenderebbe a schiaffi, se non sapesse che non è dovuta alle grazie del Pikachu, per niente. “Tu stai bene?”, gli chiede Mashirao, senza guardarlo.

Che domanda.

No. Per niente. Non starò più bene senza di te, Mashirao. “Abbastanza”.

La voce di Momo, insolitamente trillante li raggiunge dalla sala comune. “Ashido è di buon umore stamattina”, commenta Ojiro, voltando lo sguardo giallo verso la porta.

“Lei lo è sempre. Quanto la invidio”.

Gli occhi di Kaminari si induriscono, nel tornare a guardare lui. “E’ perché sa anche di poter contare su Kirishima, nonostante tutto”, sentenzia Mashirao, facendosi d’un tratto severo. “Anche nei guai che combina”.

Hitoshi accusa il colpo. China il capo, mentre il suo ex ragazzo chiude l’oblò e carica la lavatrice col detersivo.

Il silenzio che cala, pesante, soffocante viene spezzato dal trillo dell’apparecchio che ha terminato.

Si voltano entrambi a fissarla. Il cappuccio grigio che tante volte ha visto sui capelli dorati è lì in bella mostra, spiaccicato contro il vetro.

Come il cuore di Shinsou, che ancora una volta è finito per sbattere contro la giusta irritazione di Mashirao. “Ah, ma sono i miei indumenti, quelli”, osserva questi, avvicinandosi.

Apre l’oblò, svuota il cestello e li porta dentro un’asciugatrice. Regola temperatura e timer, preme il pulsante.

Se solo riuscisse anche lui a toccare il tasto giusto dentro Ojiro … se potessero far pace anche loro come Ashido e Kirishima che le ha tenuto il muso un solo giorno …

Deve almeno provarci. Non può lasciare che finisca tutto alle ortiche, altrimenti non è degno di essere chiamato allievo Eroe.

Un eroe non molla. E lui è stato capace di non farlo, quando si è trattato della scuola.

Mashirao gli sta altrettanto caro. “Senti, Oji …”.

“Ohi. Che, vi siete dati appuntamento in lavanderia?”, sbotta Bakugō torvo, entrando nello stanzone e guardandolo in faccia, senza troppi complimenti.

E Shinsou trasale.

C’è … qualcosa di insolito negli occhi neri del ragazzo, l’unico a sapere della loro rottura per il momento.

Come se fosse … dispiaciuto? Di aver magari interrotto un possibile chiarimento?

E … con un pizzico di compassione per lui, Shinsou?

Ma chi, Bakugō?

Nah. Impossibile.

Dev’essere lui che sta iniziando a dare i numeri. Probabilmente è l’espressione che vorrebbe vedere davvero in quegli occhi scurissimi e dolcissimi, tornati finalmente al loro legittimo proprietario, come la coda.

Che Katsuki sta trascinando per terra, non essendo in grado di dominarla alla perfezione come Ojiro; e vorrebbe quasi urlargli dietro, che già Kaminari ne ha fatto scempio e almeno lui dopo un paio di giorni aveva imparato a tenerla sollevata, chissà quante ne sta subendo quella tenera appendice e …

Oddio.

Shinsou si blocca, è meglio che non apra bocca per nessuna ragione al mondo in questo momento.

Paradossale, no? Di solito sono gli altri a farlo con lui.

E’ davvero karma. Deve aver commesso qualche crimine spaventoso in una vita precedente per meritarsi questo.

E’ Ojiro a rispondere per primo. “No, è stata una pura casualità, Bakugō-kun. Buongiorno”, e gli rivolge un breve sorriso, ma caldo, sincero di cui Hitoshi, sissignore, è geloso.

Dio, quanto gli manca.

Sono passate meno di dodici ore e gli manca da morire.

Come farà? “Uh”, borbotta quello fissando l’oblò lasciato socchiuso da Mashirao. 

“Ho fatto io, Bakugō. Sono i miei vestiti, in fondo”.

Il volto di Mashirao si contrae in una smorfia. “Tsk. A saperlo ti chiamavo prima. Il corpo di quello stronzo si sarebbe meritato di tenersi addosso il tanfo della roba che ha lasciato a marcire nel secchio, idiota”.

“Grazie”.

Vabbé, giacché ti sei messo portali di sopra, dopo. Che io quasi mi sono spezzato l’osso del collo a scenderli giù”.

“Certo. Te li lascio davanti alla porta della mia … ehm, tua … sì, insomma, della camera. Tanto siamo sullo stesso corridoio”.

“Uhm”. Senza salutare Bakugō gira sui tacchi, si dirige probabilmente in sala comune a fare colazione.

A Hitoshi si è chiuso lo stomaco, invece.

“Vado a fare colazione”, annuncia anche Mashirao, posando la cesta sopra la lavatrice appena azionata.

E non è un invito, non gli terrà il posto accanto a lui, non gli scoccherà quei piccoli, timidi sguardi innamorati di cui Shinsou fa tesoro.

Faceva, anzi. “A dopo, allora”. Appena il biondo esce, lasciandolo da solo Shinsou va a sedersi davanti all’asciugatrice, con un sospiro amaro.

Resta a fissare i panni di Ojiro, domandandosi quando potrà sfilarglieli ancora di dosso, annegare nel profumo del suo ammorbidente e della sua pelle mischiati assieme.

Anzi. “Se”, non più “quando”, rammenta posando lo zigomo sul ginocchio, la schiena alla parete e gli occhi voltati verso l’enorme finestrone.

Il cielo limpido preannuncia un’altra bella giornata, almeno meteorologicamente parlando.

Piega le braccia, le infila a di cuscino sotto la guancia: una delle sue posizioni preferite, con Mashirao, solo che al posto dei suoi stessi avambracci c’era la coda di lui.

Ha deciso, anche lui.

Andrà a casa. Ha bisogno di stare da solo, di riflettere.

Di potersene stare in pace a piangere, chiuso nella propria stanza, con la sola compagnia del suo gatto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolino Autrici:

(**) Niente di tutto questo vuole minare la mascolinità di Midoriya, giuriamo x°D
Fan di Deku, non odiateci, gli vogliamo bene anche noi! Ma Bakubro su certe cose vince sempre, no?? X°°D

Basta non abbiamo altro da dire xD
ALLA PROSSIMA,
Asu &Anya

 

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Capitolo 34
*** 34. Fa bei sogni ***


34. Fa bei sogni.

 

 

E’ finalmente sabato.

Gran parte della classe sarebbe tornata a casa propria, forse tutti pur d’evitare ancora la pesantezza di quello che stava succedendo. Lui l’avrebbe fatto, con tutto l’affetto e la voglia di aiutare i suoi amici che poteva avere –e non ne aveva molta neanche da giovane.

Con un po’ di fortuna e con così pochi studenti nel dormitorio, forse sarebbe stato tutto tranquillo per un po’.

Forse avrebbe potuto rilassarsi anche lui, per bene.

Ne ha fortemente bisogno.

Forse più tardi avrebbe potuto passare nel dormitorio degli studenti, giusto per controllare chi è andato via. Ha ricevuto le richieste, ovviamente, come ogni fine settimana. Ma è stato un mese così infinitamente lungo, e quell’ultima settimana così infinita e carica, che non se lo ricorda.

Di solito, anche Ojiro torna a casa tutti i weekend, per altro, e anche Yaoyorozu. Doveva essere duro per loro che non vedevano né sentivano i propri cari ormai da troppo tempo.

E’ suo compito andare a controllare come stavano, anche se lui non è certo bravo in quelle cose.

Fa l’insegnante, non lo psicologo.

Fra l’altro, un insegnante con una pessima reputazione alle spalle.

Quindi, non crede che qualcuno si sarebbe stupito se non fosse stato poi granché in grado di tenere a bada gli stati d’animo depressivi e scoraggianti, dei suoi studenti, tanto più che non c’entrava niente neanche il lato tecnico, l’unico in cui si sentiva in grado di mettere le mani.

Per quelle cose c’erano Midnight. Massimo Present Mic.

Se erano disperati potevano sempre chiedere a All Might.

A lui no di certo.

Esce dalla stanza tutt’altro che allegro, anche se quella mattina è stata una delle poche volte in cui non ha avuto lezioni con la 2-A, e quindi non ha dovuto vedere il marasma degli studenti, comunque non può dimenticarlo.

Cerca Hizashi con gli occhi, giù nella sala comune degli insegnanti, ma non c’è.

Non vuole nemmeno sapere che fine ha fatto.

Le lezioni ormai dovrebbero essere finite, questo è certo, forse è ancora in sala insegnanti.

L’unica che vede, lì, è la piccola Eri, seduta a terra e curva sul tavolino.

Si mette lì a fare i compiti, di solito aiutata da qualcuno di loro –Tredici o Toshinori, il più delle volte- e si alza solo quando è sicura di aver finito tutto, chiedendo il permesso di andare a giocare un po’.

E’ una bambina molto diligente, non si può negare.

Inizialmente, non era molto concorde con il parere di Toshinori e del preside nel mandarla a scuola, ma alla fine ha ceduto.

Eri ha già sette anni, è già in ritardo rispetto agli altri bambini della prima elementare e se non vuole che venga presa in giro e che per lei sia ancora più difficile ambientarsi, era una buona idea mandarla subito a scuola.

L’unica cosa di cui aveva paura, e che teme ancora un po’, è che possa perdere il controllo del suo potere. Sarebbe un disastro e, anche se è migliorata nell’autocontrollo personale, lui stesso non ha ancora trovato un modo per insegnarle a gestirlo.

Dopotutto, il suo potere ha effetto solo sugli esseri viventi. E chi mai poteva voler essere una cavia, seppur con tutte le migliori intenzioni del mondo, di un potere che poteva farti sparire completamente?

Ma ci ha rimuginato troppo, su quella storia, perché a due mesi e mezzo dall’inizio dell’anno Eri è serena, non è mai tornata in dormitorio di cattivo umore o in lacrime, l’accompagna lui tutte le mattine a scuola e la va a riprendere e anche quando la lascia, gli sembra contenta.

A volte gli racconta di quello che fanno a scuola e dei suoi nuovi amici, e il fatto che se ne stia facendo lo rasserena.

I bambini sanno essere cattivi, e aveva paura che le cose potessero andare male. Ma per ora non è così.

E ne è contento, per lei.

Se lo merita.

Eri, nei suoi appena sette anni, ha già visto troppo il brutto del mondo.

E’ giusto che si goda un po’ di quello che c’è di bello.

“Ahm…Aizawa-san?”

Aizawa alza gli occhi su di lei, che adesso lo sta guardando.  “Dimmi, Eri.”

Eri si alza dal pavimento, prende il quadernino rosa con i gattini in copertina che le ha comprato lui e glielo passa, “Oggi non c’era nessuno, quindi ho fatto da sola. Però non so se è giusto.”

“Perché non mi hai chiamato? A differenza degli altri, ero nella mia stanza.”

“Mic-san ha detto che dovevi riposarti un po’. E poi, ieri non stavi tanto bene.”

Aizawa abbozza un sorriso sghembo, posando una mano sul capo di Eri per carezzarle brevemente i capelli.

E’ una brava bambina. Pensa agli altri prima che a se stessa nonostante tutto quello che le è successo.

“Vediamo insieme,” le dice, sedendosi accanto a lei sul divano. Eri pare per un attimo indecisa se rimanere lì o sedersi sulle sue ginocchia come fa sempre con Toshinori, ma alla fine non lo fa.

Però Aizawa le circonda le spalle con un braccio, mettendo in mezzo il quaderno in modo che lo possano vedere entrambi.

In verità è stata bravissima, gli errori sono pochi e non ha niente da ridirle, ma le corregge comunque quelle poche cose errate, correggendole la scrittura.

“Sbaglio ancora…”

“Sei migliorata molto, invece,” la incoraggia Aizawa, “Partivi da zero, e sei a livello degli altri bambini della tua classe.”

“Ma sono più grande di loro…”

“Sì, sei più matura di tutti loro. Ma non devi preoccuparti del resto. Anche la tua calligrafia adesso è pressapoco perfetta. Non ti crucciare per questo, Erichan,”

Eri annuisce piano, non sembra molto convinta ma alla fine gli sorride. “Mi impegnerò tantissimo!” esclama poi, chiudendo le manine a pugni davanti al volto, “Sia con il mio potere che a scuola!”

“Anche la scuola ti aiuterà con il tuo potere.”

“Davvero?”

“Certo. Allora, hai finite tutti i compiti?”

“Sì! Posso andare a giocare?!”

Aizawa si limita ad annuire, ed Eri corre verso uno degli angoli della sala comune del dormitorio dei docenti dove le hanno detto di posare i suoi giochi quando non li usa.

In verità non sono molti. I colori e i peluche, infatti, li ha in camera, e anche se a volte li porta giù alla mattina poi ricorda sempre di riporli in camera alla sera, per andare a letto.

Le si avvicina quando vede che è tornata a sedersi al tavolino, stavolta con un mucchio di colori davanti a sé e un foglio bianco, oltre al peluche del gatto che le ha comprato lui sulle gambe.

“Non dovevi andare a giocare?”

“Sto facendo un disegno! Per Lemillion e Deku!”

“Ah.”

“Dopo glielo possiamo portare?”

“Mh. Togata è tornato a casa, questo weekend, ma Midoriya è in dormitorio. Quindi sì.”

“Okay!”

 

Eri sta ancora disegnando quando la voce di Mic rompe quel meraviglioso silenzio.

Avrebbe voluto non sentirla per il resto della giornata. Ma alla fine non ha scampo.

Sapeva che sarebbe tornato.

E che avrebbe fatto confusione.

“SHOTA!”

Aizawa sbuffa. Che vuole adesso? Almeno lui perché non lo lascia in pace?

“ERICHAN!”

Eri si alza subito, contenta afferra Sushi –il gatto- che le stava camminando affianco e corre da Mic, che le scompiglia teneramente i capelli.

Fa un sacco di casino, è un confusionario all’ennesima potenza. Ma è inutile negare che con  i bambini ci sa fare. Insomma, proprio perchè è allegro sa come attirare l’attenzione.

Sushi si fa sentire, invece. A lui non piace il chiasso di Mic, gli si avvicina solo quando c’è da mangiare o sta zitto. E poi ormai è un gatto vecchio, l’unica cosa che vuol fare è dormire.

Eri è costretta a metterlo a terra, e Sushi viene subito a rintanarsi sul divano comune accanto a lui, che gli accarezza il pelo rossiccio e striato.

A distanza, sente Mic ancora confabulare allegramente con Eri, e questa cosa gli mette ansia.

Non sa perché, ma ha la sensazione che non gli piacerà.

No.

“SHOTA! Vestiti, mettiti qualcosa di decente! Stasera usciamo!”

“No.”

“Non ha chiesto il tuo parere,” trilla la voce allegra di Midnight, “usciamo e basta!”

“No.”

“Shota. Ne hai bisogno.”

“Devo ripetermi?”

“Non hai molte alternative, Shota!”

Aizawa sbuffa. Ecco, lo sapeva che non gli sarebbe piaciuto.

Perché adesso volevano uscire, quei due? Va bene che è sabato, e a volte è successo che si fermassero a bere qualcosa in qualche bar in cui lo trascinavano senza stare troppo a chiedere il suo permesso, ma quella sera proprio no.

Dopo tutto quello che è successo, l’unica cosa che vuole è dormire.

Per tutto il giorno.

E’ sceso solo per Eri, o sarebbe rimasto nel suo sacco a pelo fino alla mattina dopo.

Ha mal di testa solo a pensare a quei due che lo portano in giro per  i karaoke e poi a bere.

Perché tanto sarebbe finito così, come sempre.

“Andate a fare una passeggiata?”

“Oh, sì, tesoro!” trilla Midnight, “Per te è quasi ora della nanna, ma la prossima volta porteremo anche te!”

“Sì. Va bene! Però, prima, Aizawa-san aveva detto che potevo dare questo a Deku-san.”

“Certo, Aizawa ti accompagna. Ma poi, mi raccomando, fa in modo che torni qui! Conto su di te!”

Eri la guarda stupita, come se non avesse ben inteso quello che stava dicendo. Di sicuro, non ha capito che non è davvero seria, perché stringe le mani a pugno e annuisce con enfasi due volte. “Sì!”

“Brava piccola!”

Aizawa sbuffa.

Adesso aveva anche Eri contro. Ottimo.

Con ben poca voglia, comunque, si alza e va dalla bambina, che gli da la mano e con l’altra stringe il disegno e la letterina che ha fatto per Midoriya.

Non ci mettono niente ad arrivare al dormitorio, e si aspetta la quiete più assoluta e totale.

Gran parte della classe non è presente, ma si sente che c’è Mina in giro.

Sente confabulare e urlare, e la voce di Kirishima che deve essere rimasto per tenerla d’occhio che le va dietro. Non vuole neanche sapere che cosa sta dicendo. Si rifiuta di ascoltare.

Invece, guarda i presenti, ovvero Kaminari e Shoji. Cioè, no. Sono Ojiro e Shoji, giusto.

Shinsou non c’è, è tornato a casa, da quello che sa.

La faccia di Kaminari –in cui dentro c’è Ojiro- è tremenda. Fa invidia alla sua che va in giro con la testa spaccata da giorni e non dorme da altrettanti. Le occhiaie sono le stesse. Lo sguardo pure.

L’unica cosa in più è il rossore soffuso, come se non stesse bene.

Non ha mai visto la faccia di Kaminari in quello stato.

“Ojiro.”

Ojiro alza la testa di scatto, passandosi una mano sulla faccia come se questo potesse cancellare quello che ha già visto.

Cosa si è perso? Si è perso qualcosa.

Non è sicuro di volerlo sapere.

“P-professor Aizawa…ciao, Erichan!”

Eri li saluta con la manina ora libera dalla sua, mentre Aizawa assottiglia gli occhi, “Stai bene?”

“Sì. Sì, certamente.”

Ha risposto subito, quindi Aizawa annuisce. Ma non è per nulla convinto.

Nemmeno Ojiro lo sembra, infatti per un attimo guarda Shoji, che però non dice niente.

Si sente osservato. Ha la sensanzione che devono dirgli qualcosa ma non lo faranno. Dopotutto, sanno bene che non è tipo da dare consigli di genere diverso da quello eroistico, anche se si rende conto che a volte per un ragazzo sia ovvio cercare di chiedere un parere adulto anche per altro. Tipo l’amore o quelle cose lì.

 Ma non è lui l’adulto giusto.

“Che cosa ci fa qui, professor Aizawa? Ha…novità?!”

“No, mi spiace. Se ne avessi avuto, vi avrei già radunato.”

Ojiro sospira, non se ne lamenta ma è evidentemente deluso.

Gli dispiace, e parecchio, ma non può farci nulla. Non è in suo potere, anche se può sembrare strano.

“Midoriya è nella sua stanza?”

“Sì, credo. Non lo vediamo da un po’, in verità. Da quando c’è stato…l’altro disastro non esce spesso.”

“Non esce spesso?”

“No,” conferma Shoji, “Non sappiamo perché, non ci siamo premuniti di chiederglielo.”

“Ho capito. Erichan, puoi salire nella sua stanza, va da sola.”

“Sì,” trilla la bambina, “Torno subito,”

“Tranquilla.”

Aizawa la guarda correre verso le scale per poi sparire. Sa che la Shield dovrebbe essere ancora al dormitorio, non l’ha vista uscire e non sa se è con Midoriya, ma spera abbiano una certa decenza, in caso siano insieme.

Ma non si aspetta altro da Midoriya, in fondo. Non è sfacciato come Kaminari o Sero, è un bravo ragazzo.

Lui rimane lì fermo ad aspettarla, vorrebbe scappare in verità e magari andarsi a nascondere da qualche parte, infilarsi nel sacco a pelo e rimanere lì a dormire fino all’indomani mattina. Se non ci fosse la bambina, farebbe esattamente questo.

Ma ha lei di cui occuparsi e ormai viene prima di tutto il resto.

In fondo può farcela. Ignorerà il karaoke e poi tutto il resto. Si berrà il suo sake in santa pace e in silenzio assoluto e poi andrà a seppellirsi nella sua stanza.

Semplice.

Niente di più semplice.

“Ehm…Aizawa-sensei?”

“Mh…?” si riscuote, tornando a fissare i suoi studenti.

Va malissimo. Cosa sono quegli occhi disperati?

“Ecco…lei pensa…che ci voglia ancora molto?”

Aizawa stira le labbra. Bella domanda. “Non lo so, Ojiro. Non ho una risposta a nessuna domanda relative a tutto quello che sta succedendo.”

Non sa nemmeno perché sta succedendo. E’…un pessimo esempio per quei ragazzi, da questo punto di vista.

Dovrebbe prendersi cura di loro, i loro genitori glieli hanno affidati, e lui non sa fare altro che tergiversare senza sapere come risolvere. Non solo. Non sa neanche com’è iniziata.

E va avanti da giorni ormai.

Si massaggia la punta del naso, sospirando.

E’ esasperante, davvero. Gli fa di nuovo male la testa, lo sente benissimo.

Non resisterà mai ad un karaoke.

“Ragazzi, mi rendo conto che è complicato. Speravo in tutta sincerità che le cose si sarebbero risolte ieri, ma…Abbiate fede. Troveremo una soluzione.”

“Sì.” Il sorriso di Ojiro è così finto che ha quasi voglia di battergli anche lui una pacca sulla spalla, come sta facendo Shoji.

O forse è solo perché è strana, più che strana, quell’espressione così cupa e amara sul volto di solito solare di Kaminari. E’ abituato a vedergli addosso un’espressione più che altro stupida, e invece…

“Ragazzo…”

“Aizawa-san!”

La vocina di Erichan lo interrompe, ma meglio così. Non avrebbe detto niente di utile.

“Hai fatto?”

“Sì. Possiamo andare.”

Aizawa annuisce, riprende la bambina per mano e si avvia verso l’uscita. Lei si gira solo a salutare i presenti, che ricambiano il gesto, poi lo segue saltellando fino al dormitorio degli insegnanti.

Hizashi e Midnight sono ancora nel salotto comune, ma li ignora volutamente e sale fino al primo piano, dov’è la sua stanza e accanto quello di Eri. La aiuta a mettere il pigiama, le prepara lo sgabellino che usa sempre per arrivare al lavandino e poi la mette a letto, rimboccandole le coperte. Sushi si sdraia accanto a lei e Eri subito lo abbraccia.

Gatto profittatore.

“Anche Sushi ha sonno,” ride Eri.

Aizawa abbozza un sorriso, “Sushi ha sempre sonno. Ormai è vecchio.”

“Quanti anni ha?”

“Quindici,” non ha bisogno di pensarci, per saperlo.

In fondo, l’anno in cui hanno trovato Sushi è lo stesso in cui ha perso Shirakumo.

“Aizawa-san?”

“Mh? Dimmi.”

“Stai ancora male come ieri? Anche Deku-san era un po’ triste oggi.”

“Ah sì? Eppure dovrebbe essere quello più contento,” sbiascica Aizawa, “No, comunque. Sto bene. Non ti crucciare per queste cose.”

“Stasera devi divertirti, così poi starai bene per forza!”

Oh beh, e a questo come doveva rispondere? Non è decisamente abituato a tutto quello.

In generale, non è abituato a quella situazione. Ancora meno lo è delle dolci attenzioni di quella bambina.

Rischia  di ammorbidirsi troppo, ma con Eri è inevitabile.

Infatti, d’istinto le da un bacio sulla fronte, sistemandole meglio le coperte. Non lo fa quasi mai, non è proprio sua abitudine.

“Farò del mio meglio anche io.”

“Sì!”

 

Come da programma, Aizawa si impegnò, come ha promesso ad Eri. Ma a differenza di quello che aveva detto a lei, l’unica cosa su cui si concentrò fu di ignorare i deliri di onnipotenza canora di Present Mic.

Hizashi e Midnight si stanno decisamente divertendo più di lui. E di sicuro stanno cantando più di lui.

A due ore lì al karaoke Aizawa ha passato almeno venti minuti con il microfono in mano, in silenzio assoluto, mentre le parole andavano avanti sullo schermo e Hizashi cantava al posto suo.

Non ha intenzione di spiccicare parola, e non lo fa.

Però, accetta i bicchieri di sake che Midnight gli mette davanti di tanto in tanto, ascolta quello che dicono e, se si tratta di parlare, a volte interviene anche.

Ma cantare no. Quello, proprio, non può farlo.

Ormai è anche bravo a rimanere fermo col microfono in una mano e il sake in un’altra, così tanto che Yamada ha smesso di chiedergli di sciogliersi un po’. Anche se teme ancora che Hizashi stia aspettando sia l’alcool a scioglierlo.

Illuso.

Anche se non sembra, e non lo fa spesso, Aizawa regge l’alcool sicuramente meglio dell’amico. E’ sempre stato così.

Non lo dimostra, e Hizashi per questo i primi anni ci perdeva sempre.

Ordinava a dismisura credendo che, tanto, sarebbe crollato prima di lui. Invece, era sempre il contrario e, in più, era Aizawa poi che doveva trascinarselo fino a casa di peso.

Ormai avrebbe dovuto saperlo, ma forse perché è un anno che non lo fanno più, non insieme –è sicuro che Hizashi sia uscito a bere spesso insieme a questa o quella ragazza-, deve esserselo scordato.

In verità, se c’è un motivo per il quale, in situazioni normali e in passato, accettava sempre di uscire con loro, oltre al bere gratis perché finiva sempre per offrire tutto un ubriachissimo Yamada, era proprio lo spasso del suo amico.

Hizashi, infatti, regge l’alcool come lo reggerebbe un astemio alla prima volta: assolutamente zero.

E di solito, per questo, fa di tutto per evitare di bere.

Midnight, però, non lascia scampo.

Ricorda ancora la prima volta che sono andati a bere tutti e tre insieme, con anche All Might e alcuni colleghi, all’inizio dell’anno scorso.

Per poco Midnight non lo aveva fatto bere con la forza, ingozzandolo, mentre Yamada cercava in tutti i modi di fuggire.

Non c’era riuscito.

A fine serata lui e Midnight erano completamente cotti, e lui e All Might avevano dovuto portarli via in braccio.

Sembrava assolutamente meschino ridere –internamente- delle disgrazie di un collega.

Ma tant’è.

“Tutto quello che sta succedendo alla 2-A,” trilla all’improvviso Hizashi, ormai praticamente andato, “Sono sicuro che sia opera della 2-A.”

“Deliri già, Yamada?”

“Ma no, ma no!”

“Ma sì,” ride anche Midnight, ma anche lei ormai parecchio brilla.

“Ascoltate!” sbotta Present Mic, “E’ ovvio che sia un problema interno! Uh, singhiozzo.”

Aizawa sghignazza, “Singhiozzo certo. Ora si dice così.”

“Zitto, Sho! Non sai cosa dici!”

“E tu sì!”

“Sempre!” afferma, “Sempre. Insomma, quei ragazzi sono strani. Secondo me, nascondono qualcosa.”

“E cosa, un altro quirk?”

“E chi lo sa!”

“Non ha senso,” scuote il capo Aizawa. Certo, è l’unica spiegazione fattibile, un quirk. Ma nessuno di loro ne possiede uno simile e anche se non è stupido e si è reso ormai conto che il potere di Midoriya è diverso dagli altri, una cosa del genere è infattibile.

E’ troppo diverso dalla linea su cui si è tenuto fino a quel momento.

E a parte lui, nessuno è sospetto.

“Sei solo ubriaco, Yamada.”

“Sono ubriaco,” annuisce Mic, “Ma non da delirare.”

“Se lo dici tu…”

“Tirati su, Shota!” esclama di nuovo Midnight, mettendogli davanti un altro bicchiere, “L’istinto mi dice che presto tornerà tutto normale!”

“Vedremo. Ma intanto non abbiamo ancora capito che cosa sia successo.”

“Oh, sono solo dettagli! E’ il dolce profumo dell’adolescenza che porta a guai di ogni natura, ma alla fine tutto torna come prima e li lascierà più forti e innamorati!”

“Non è un film.”

“E’ meglio ancora di un film! E’ la vita!”

Aizawa storce le labbra, “Mah.”

Se lo dice Midnight, ci crede ancora meno. Ma non ha molto altro in mano.

Quindi, gli starebbe bene anche che tornasse tutto normale senza dargli una spiegazione.

Basta che tutto torni normale. Solo questo, pensa, mentre scola l’ennesimo bicchiere.

Solo questo.

 

--

 

“Hai fatto un bel casino, eh ragazzino?”

E’ di nuovo bloccato nel nero. Ha liberi solo gli occhi, ormai conosce bene quella tremenda sensazione, ci si è abituato.

Sa che cosa vuol dire: i predecessori del One for All stanno cercando di mettersi in contatto con lui.

Di solito non presagisce niente di buono.

Di solito porta solo guai.

Non può muoversi, comunque. E’ totalemente bloccato. Quindi li osserva e ascolta.

Davanti a lui ha, se non sbaglia, il secondo possessore del One for All in ordine cronologico. Colui che ha ricevuto il potere, quasi cent’anni prima, direttamente dal fratello di All for One.

Non gli ha mai parlato, neanche quando per la prima volta si è manifestato quel nuovo –inutile, direbbe Bakugou- potere. Forse stavolta non avrebbe tutti i torti.

Ad ogni modo, la prima volta ha avuto solo un flash. Un gioco di luci, ha intravisto quegli occhi scuri che lo guardavano accusatori in mezzo a tutti gli altri predecessori, ma nulla più.

Non ha parlato.

Quella voce Midoriya è certo di non averla mai sentita. Quel tono canzonatorio e allo stesso tempo divertito, un po’ strascicato, gli è nuovo.

Però a quella frase vorrebbe rispondere, urlargli che non l’ha fatto di proposito, non era certo sua intenzione e come poteva, poi, sapere che era un quirk dalla durata così lunga? Perché aveva un limite, vero? Sarebbe tornato tutto normale?

Ti prego, dimmi di sì!

Vorrebbe urlargli anche quello.

Ma non può dire nulla. Fare nulla. Niente.

“Non è così che andrebbe usato quel Quirk, per renderlo efficace, lo sai? Adesso come intendi mettere tutto a posto?”

Quindi si può? Si può far tornare tutto quanto al suo posto?

Devi dirmi come. Dimmi come!

Lo pensa così intensamente che ad un certo punto è anche convinto che l’altro l’abbia sentito, anche se sa che quello non è davvero un sogno quanto più una visione, e che loro non possono sentirlo. Né lui può parlare.

“Lo Swarp non lo puoi più controllare tu, ragazzino, se può consolarti. Sei tu a decidere quando scambiare i due corpi ma torneranno normali solo quando i diretti interessati –o almeno uno dei due- avranno cessato di avere problemi l’uno con l’altro.”

Midoriya sgrana gli occhi.

No, un attimo, in che senso?

Insomma, lui allora perché è tornato? E Jirou? Perché solo loro?

Insomma, lui non aveva nulla contro Ashido e Jirou aveva chiarito con Kaminari, quindi era quello? Ma gli altri, allora?

Vuole forse dire che Kaminari ha ancora qualcosa contro Ojiro? E Ojiro con lui? E Ashido con Momo? E Bakugou? Non ha senso.

“Se non avesse tentato di accellerare le cose, sarebbe tornato tutto al suo posto a tempo debito, appena tu ti fossi tranquillizzato e avessi ripreso il controllo di te, cosa che ti avrebbe fatto tornare nel tuo corpo, visto che avevi problemi più con te stesso che con quella ragazzina.”

Quindi adesso mettendoci le mani avevano scombinato tutto quanto inavvertitamente?

Se Hatsume e Melissa non avessero provato a salvarli, facendo chiarezza fra di loro Ojiro, Kaminari e Jirou sarebbero tornati normali da soli? Idem per lui. E Yaoyorozu? Forse il problema sarebbe stato Bakugou, che ce l’aveva sempre con tutti e anche se Momo non gli aveva fatto niente non era detto che sarebbe stato semplice far tornare tutto a posto.

Ma gli altri sì, perché a parte la litigate fra Ojiro e Kaminari e l’incomprensione amorosa fra Kaminari e Jirou, che problema avevano gli altri?

Nessuno.

E invece, mettendoci le mani avevano fatto un gran caos e anche il quirk, che lui comunque non controllava affatto, aveva finito per svalvolare.

Questo non avrebbe mai dovuto dirlo a Melissa. Ci sarebbe rimasta troppo male.

Solo che adesso c’è comunque ancora il problema di trovare una soluzione.

Adesso che ci hanno messo le mani loro, sarebbe comuque tornato tutto quanto alla normalità da solo? O non sarebbe più stato possibile?

“Sta tranquillo, marmocchio. Si risolverà tutto. Se c’è una cosa che mi è sempre dispiaciuto del mio quirk, è che non è perenne. Di ai tuoi amici di rilassarsi: avere rancorà allungherà solo i tempi.”

Midoriya vorrebbe deglutire, ma gli pare che non può fare neanche quello.

Dire loro di rilassarsi.

Facile, con gli altri. Ma a Kacchan una cosa del genere come faceva a fargliela sapere?!

 

 

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Capitolo 35
*** 35. Tutti al manicomio ***


35. Tutti al manicomio...

 

 

 

 

 

“Sei stanca?”.

N… no”.

Sono al decimo giro di corsa. Chiaro che ne tollerano molti di più di così di solito ma sono un filo fuori forma, basta un giorno senza allenarsi e ciao, si perde fiato.

Inoltre non sono nei loro corpi originari. Non sanno come gestirsi e questo rende tutto più difficile.

Il parco di Tokyo è un posto tranquillo. A quell’ora si incrocia appena qualche passante che fa jogging, nulla di che.

Momo alla fine si è pentita di aver avuto quel crollo con Uraraka, l’altra sera. 

Ma non ce la faceva più, quel dubbio le aveva messo radici in testa e se non se ne liberava, sarebbe soffocata.

Ora si sente più serena. Cioè, serena per quanto concerne la situazione.

Ha trascorso il pomeriggio del sabato a studiare, o meglio a fingere di farlo. E’ andata a letto con ancora quel rovello, e si è svegliata con la stessa cosa in testa. Quel dubbio. Quel “faccio bene o male?”.

Shouto è andato a trovare sua madre, il giorno prima, sabato. Di solito si trattiene lì anche gran parte della domenica e rientra prima del coprifuoco, alle nove e mezza.

Quindi, ecco sì. E’ bene che lo faccia anche stavolta.

Le servirà un bel po’ di tempo per smaltire la vergogna accumulata in un solo mattino.

Già dopo essersi svegliata, era andata incontro all’ormai familiare … “reazione” mattutina che aveva già sperimentato con Midoriya. E che pensava di poter gestire con una doccia.

E invece … non era andata proprio così.

Tanto per cominciare, le dimensioni.

Lei … non si intendeva di certe cose. Chiaro, aveva studiato, ma nella sua … ingenuità non si era mai posta di certe domande e inoltre non possedeva termini di paragone.

Adesso sì. Cavolo, sì. 

Bakugō era un tantino più … abbondante di Midoriya. Per dirla in termini spiccioli, era come riavere il suo … decolleté originario dopo essere stata dentro Mina o Ochaco.

E questo era soltanto l’inizio.

Aveva continuato con la sua sana abitudine di fare pipì seduta, dopo di che aveva indossato la canotta e i calzoncini che aveva trovato nel primo cassetto.

Un’altra cosa che l’aveva colpita quasi immediatamente, ma su cui non aveva avuto modo di soffermarsi finché non ci si era trovata da sola, era l’odore.

Shouto aveva un profumo buonissimo. Lei lo adorava, ogni volta che le era vicino inspirava a fondo e se ne riempiva i polmoni, era delicato e prezioso, sapeva di legni rari e quella fragranza le faceva battere forte forte il cuore. 

Ma quello di Bakugō … era diverso.

Era caldo. Penetrante, asprigno, entrava nelle narici e non le mollava.

E la faceva arrossire, senza che lo volesse.

Era una cosa … assurda. Assurda e senza senso, oltre che senza precedenti.

Come quello che era accaduto quando si era svegliata.

Era … Dio. Non si poteva descrivere l’effetto di quella sensazione, era spiacevolissima da affrontare e reprimere.

Pulsava nella pancia, dolorosamente.

Aveva iniziato a sentire caldo, sotto le lenzuola. Ricordava il discorso di Kyoka quando quella poverina si era folgorata da sola la prima volta, e Momo ne aveva provato tanta compassione.

Ora aveva la gola secca, e si sentiva terribilmente confusa.

A lei Bakugō non piaceva. Cioè, in senso, non lo aveva mai guardato come qualcosa di diverso da un qualunque compagno di classe, eccetto Shouto. Per Yaoyorozu era come Kirishima, Kaminari, Shoji o chiunque altro, non … sentiva nulla oltre che un certo senso di solidarietà e associazione.

Però non poteva negare fosse … un bel ragazzo. Peccato per il suo atteggiamento insopportabile, perché altrimenti aveva un bel viso, se non fosse stato sempre così ingrugnito, se non avesse sorriso sempre solo sadicamente e poi … be’.

Aveva un corpo scolpito, tonico. Cioè non era mica l’unico, anche Shouto aveva un  fisico atletico e inoltre più elegante, più affusolato di Eijirō o dello stesso Bakugō.

Però … boh.

L’aveva visto tante volte senza maglia, Katsuki.

Di recente poi grazie ad Ashido più spesso che mai.

Ma adesso c’era dentro, e questo dava tutta un’altra prospettiva.

Una grande differenza di prospettiva.

Non riusciva ad alzarsi dal letto. Sentiva quel peso bollente sui fianchi e non si azzardava nemmeno a respirare, ma al contempo non riusciva a stare a letto, il materasso sembrava coperto di spine e le reni erano tese da spezzarsi.

Però doveva. Avevano lezione quel mattino, non poteva rimanersene sotto le lenzuola tutto il giorno.

Aveva appena iniziato a prendere coraggio ed uscire, posato i piedi nudi sul pavimento senza abbassare la testa quando ad un tratto avevano bussato.

E si era rituffata sotto le coperte, di corsa. “Momo?”, aveva chiamato Todoroki.

Oh cielo. Oh mamma. “Ti prego Shouto non entrare”, aveva proferito in un filo di voce.

“Momo. Stai bene?”.

Mhmm sì. Sì certo, ma tu non entrare”.

“Perché?”.

Perché ho una … reazione grossa come una dannata casa.

Oddio. Stava iniziando perfino a parlare come Bakugō.  “Momo, così mi fai preoccupare. Che succede?”.

“Nulla, nulla Shouto, davvero. Sta’ tranquillo. Va tutto bene. Ci … vediamo dopo in classe …”.

“Fammi entrare, per favore. Non me ne vado da qui finché non sono certo che tu stia bene”.

Yaoyorozu sul momento si era irritata.

Adesso si ricordava di starle addosso. Ma tutto il resto della settimana dove diavolo era stato?

Eh. Difficile non dar la stura alle paranoie.

Poi aveva provato a placarsi, il discorso di Ochaco l’aveva rincuorata almeno in parte.

C’era di che capirla, poverina. Lei era stata … così cotta di Midoriya, e all’improvviso se l’era ritrovato tanto intimo di Melissa … Non doveva essere facile.

Per questo l’aveva abbracciata. “E … okay. Entra, Shouto”. Si era rintanata sotto la coperta, lasciando fuori solo il volto.

Todoroki era entrato chiudendo la porta, aveva ancora addosso i calzoni della tuta e la canotta che portava di solito in camera … o meglio, quando era da solo in camera, perché quando andava a trovarlo lei badava sempre ad infilare qualcosa sopra.

E … quelle braccia così tornite … i profili delle sue spalle …

Santo cielo. No no no … distraiti Momo, distraiti. “Scusa se ho insistito. Ieri sera eri così triste, ero in pensiero. Non sono riuscito nemmeno a dormire bene”.

Momo aveva scosso brevemente la testa bionda, sentendosi la faccia in fiamme. “Mi … mi dispiace … Shouto”.

Suonava così strano, detto con la voce di Bakugō.

Con quel tono.

Oddio, ammazzatemi.

Si era avvicinato di qualche altro passo. Stammi lontano. Ti prego. “Sicura che adesso stai bene?”.

“Sì, Shouto”, aveva pigolato appena. Non stava bene per niente, non capiva perché nel corpo di Midoriya quelle reazioni non fossero così … percettibili, e invece adesso sì.

Vai via, ti prego, va’ via. Perché se rimaneva ancora lì a farsi guardare chissà cosa sarebbe potuto succederle.

Era sul punto di svenire. I crampi nella pancia si erano fatti più taglienti ancora di quelli che di solito accompagnavano il ciclo; ma questi non erano spiacevoli, le percorrevano l’addome come un’onda calda ed elettrica che quando si ritraeva la riempiva di calore intenso.

“Senti … io ora vado. Manderò un messaggio a Fuyumi per dirle che impegni mi trattengono qui a scuola…”.

“No! Oddio no Shouto, non lo fare. Va’ pure, non devi preoccuparti per me”.

“Ma Momo”.

“Dico sul serio, sto bene. E poi ci sono gli altri … sto bene. Ero solo molto stanca e scoraggiata ieri sera, ma adesso è passato. Ne usciremo anche questa volta, ne sono convinta”.

Todoroki aveva abbozzato un leggero sorriso. “Mi fa piacere che il tuo morale si sia risollevato”.

Eh. Eccome no. “Sì … grazie, Shouto. Ci vediamo dopo in classe, allora”.

Mhm mhm”.

Grazie al cielo. “Allora a dopo”.

Aveva le mani così sudate, che la trapunta si stava lentamente intridendo di liquido esplosivo.

E lei stava sudando ancora di più, la gola le si era chiusa e vedere Shouto … con quell’aria così … morbida le faceva venire voglia di saltare sotto il letto e piangere.

Per le prossime due settimane, almeno.

Era prontissima a balzare fuori dall’intrico di coperte e correre in bagno sotto l’acqua fredda, quando Todoroki si era fermato sulla soglia, la mano sul pomello della porta. “Ah. Momo”.

“Sì?”.

“C’è … una cosa che devo confessarti. So che forse non è il momento migliore, che … dovrei aspettare. Ma … sono anche convinto che sia meglio … cominciare a prepararti, in fondo … è con te che sto parlando anche se adesso … non sei nel tuo corpo”.

Eh.

Oh, cielo. Santissimo benedettissimo cielo. “Ormai è da un po’ che stiamo insieme … e … non credo sia prematuro. Abbiamo anche … un età in cui è lecito pensare a queste cose, per non dire naturale. E poi i sentimenti che ci legano sono forti, intensi, quello che stiamo passando adesso ne è la prova”.

“Ah. Eh … sì, già”.

“Io mi sto trattenendo già da un po’ … fosse stato per me, non avrei atteso così a lungo. Ed è una cosa strana, dacché ho sempre avuto remore durissime riguardo a questa cosa. E’ qualcosa di me che non ho mai voluto dare a nessuno, non mi sentivo pronto a … condividerla. Anzi, io stesso ho cominciato da poco … a farlo da solo … e sì, è stato un sollievo. Oltre che una gioia immensa, mi ha scaldato l’anima nel profondo e credo sia giunto il momento di doverla condividerla anche con te. Non c’è … altra persona con cui vorrei farlo, non mi è mai passato per la mente … okay, forse l’anno scorso ho avuto delle incertezze al riguardo, c’è stato qualcuno con cui forse mi è passato per la testa di … ecco, esplorare questa eventualità, ma l’ho scartata quasi immediatamente. E sono felice di aver deciso così alla fine. Perché sono convinto sia tu quella giusta, e io davvero, vorrei … ci terrei così tanto che tu fossi … la prima”.

Era rimasta così sotto shock Yaoyorozu, che lì per lì non aveva neppure pensato a domandarsi chi fosse questa … altra “persona”.

 Non era stata più capace di pensare a nulla. Il suo cervello aveva smesso di funzionare, a differenza del suo corpo … del corpo di Bakugō cavolo!

“Momo. Quando tutto questo sarà finito …”.

“Sì?”.

“Vorresti …. Sì, insomma, vorresti … venire … a trovare mia madre con me?”.

Forse perché davvero le era andato qualche pezzo in blackout dentro alla testa non aveva immediatamente realizzato le parole di Todoroki.

Per un attimo si era ritrovata a metà anche lei. Divisa tra il desiderio di trarre un sospirone di sollievo e la voglia stringente di mandarlo af…

Cioè, dirlo senza tanti giri di parole no eh? Aveva deciso di sbarazzarsi di lei ammazzandola, santi numi? “Oddio, Shouto … sì, ma sì, naturalmente, certo … sarebbe … un … onore per me”, aveva cincischiato in risposta. 

Gli occhi spaiati si erano stretti in due fessure.  “Non mi sembri … troppo sicura. Vuoi rimandare ancora?”.

“Oh no no no. E’ solo che mi hai colta di sorpresa, non mi … aspettavo che me lo chiedessi … proprio in questo frangente”.

“Lo so. Scusami. Ma … era da un po’ che volevo chiedertelo, e adesso mi è venuto spontaneo. Ovvio che … sarà quando comunque avrai riavuto il tuo aspetto”.

“Ma … ma certo”.

“E poi … mio padre ha già conosciuto … te”, aveva mormorato facendosi torvo. “Bene. A dopo allora”.

“A .. a dopo”.

Quella porta maledetta si era finalmente chiusa alle sue spalle.

Quelle spalle che … mamma mia.

Shhh. Non doveva pensarci. Acqua gelata e tanto, tanto sano stoicismo, non doveva fermare la propria attenzione su …

E’ accaduto prima che potesse rendersene conto.

Appena aveva mollato la trapunta zuppa del sudore delle mani, i palmi avevano emanato una piccola esplosione.

Si era spaventata, aveva emesso un grido più di sorpresa che di timore in realtà.

Non poteva sapere che il suo ragazzo era ancora in corridoio. E l’aveva sentita. “Momo!”, aveva esclamato Shouto, aprendo la porta d’impeto.

Lei era ancora scioccata, i palmi spalancati, le dolevano leggermente ma non tanto. “E’ … partita …”.

“Stai bene?”.

“Ah. Ah, sì. Sto … sto bene”. Finché non aveva realizzato cosa stava vedendo Shouto. “Ti prego non guardare”. Avrebbe voluto sparire, si era voltata di schiena ma non le sarebbe stata sufficiente una fossa, per saltarci dentro e seppellirsi.

“Be’, è … una cosa … normale. Non è … una novità … per te”, aveva biascicato lui, in tono poco convinto.

“Eh. Eh”.

“Sai … sai cosa … fare, vero?”.

“Eh sì. Stavo giusto per andare a fare la doccia”.

“D’accordo … allora … ti lascio sola”.

Mhm  mhm”.

“Ci vediamo in classe”.

Aveva richiuso la porta.

Un istante dopo Momo era saltata a chiuderla con quattro giri di chiave. Quindi si era tuffata sotto la doccia, gelida, guardando il soffione, il tubo flessibile e si era domandata se non fosse davvero il caso di legarselo alla gola.

Che figura.

Quando era scesa nuovamente di sotto in sala comune non c’era nessuno. E si era resa conto di essere terribilmente in ritardo.

In aula gli occhi spaiati di Shouto l’avevano scrutata con preoccupazione. Ochaco aveva incrociato un attimo il suo sguardo e si era tuffata di nuovo nel quaderno d’inglese, avvampando fino alla cima dei capelli.

Bakugō invece l’aveva fissata interrogativo.

Aspettava una risposta, anche lui adesso.

E … Momo adesso non aveva dubbi su quale avrebbe dovuto dargli.

Era troppo tesa. Allenarsi l’avrebbe aiutata a scaricare il nervosismo, se si sfiniva abbastanza magari poi sarebbe stata più tranquilla.

Il tredicesimo giro termina, Momo ha il fiatone, chiaro che i pensieri non l’hanno aiutata a mantenere la respirazione regolare. “Ora facciamo un po’ di flessioni”, annuncia Bakugō, fresco ed energico come se l’allenamento piuttosto che sfinirlo l’abbia rinvigorito.

E certo. Lui ha avuto finalmente un corpo maschile, chiaro che queste cose le sa gestire.

Momo porta la mano al petto. Ma subito la toglie. Piegandosi sulle ginocchia. “Ba … Bakugō … credo di essere … un po’ … fuori forma”.

“E’ ovvio. Dai, un po’ di allungamenti allora”.

Yaoyorozu freme solo a sentire quella parola. “Io … penso che me ne resterò un po’ seduta …”.

Ahh, cazzo, Yaoyorozu. Non ci credo. Porca miseria, sei una dura tu, non puoi mollare così alla prima botta. Sicuro che se ci metti un po’ di buona volontà vedi che puoi continuare alla grande, non puoi andare giù così facilmente. E dai …”.

Ahn …”.

D’un tratto gli occhi neri di Mashirao assumono un’espressione furba. “Vuoi provare com’è?”.

Grazie al cielo aveva stretto le mani in due pugni un secondo prima.

Ma per caso è giornata? O è quel corpo che le fa venire gli incubi? “Ah?”.

“Il mio quirk. Vorresti provarlo? Secondo me ti piacerà un fottio. Non c’è niente di più … appagante che farla esplodere libera, tutta quella potenza. Sentirla com’è nella tua mano mentre si carica … e poi boom, rilasciarla tutto d’un colpo, quella luce che ti acceca e poi si fa tutto nero … Tutto il tuo corpo si distende e si rilassa, soddisfatto. Non c’è niente di meglio che quella sensazione di estasi dopo aver tirato fuori ...”.

E no. E adesso basta.

Questo deve aver pensato il subconscio di Yaoyorozu.

E questo deve aver spinto i suoi palmi a fare quanto Bakugō le stava amorevolmente suggerendo.

Un colpo così forte che uno stormo di gabbiani spicca il volo e copre il cielo.

Momo è stordita. Per un attimo ha davvero visto tutto nero, adesso prova a mettere a fuoco.

L’ha scaraventato lontano. “AHH! AHH, CAZZO!”.

“BAKUGŌ! Oddio Bakugō!”. Gli corre accanto, prova a capire quanti e quali danni possa avergli causato, quell’esplosione involontaria. “Bakugō oddio mi dispiace così tanto … santo cielo … non … mi è scappata…”.

Ahh, dacci un taglio. Non è stata colpa tua … merda”. Prova a mettersi seduto, ma lo sguardo di Ojiro è appannato di lacrime di sofferenza fisica. “Dove ti fa male?”.

“Cazzo ne so … tutto, penso”.

“Dai, ti aiuto”. Porta un braccio sotto la sua ascella, prova a tirarlo su nonostante i polsi stiano urlando di dolore, peggio di quanto non faccia Katsuki, fiottando un’imprecazione peggio dell’altra.

La coda penzola miseramente, in qualche punto vicino alla base è graffiata. Ma il ginocchio è gonfissimo.

“Cazzo …”.

“Dovremmo steccarlo”. Momo si guarda attorno, raccoglie un ramo che sembra abbastanza resistente.

Ma non ha nulla con cui legarlo all’arto.

A parte la maglia. “Bakugō, posso prendere un pezzo della tua maglietta?”.

“Fa’ quello che ti pare … Santo Dio, questa cazzo di … cosa è davvero una dannazione”. Pare stia soffrendo tantissimo, e Yaoyorozu si sente male da morire.

Se Bakugō ch’è uno capace di resistere al dolore sta reagendo così dev’essere immane.

Straccia tutta una fascia dalla maglia, tanto sopra ha la felpa leggera a coprirla. Sforzandosi di non muoverlo troppo avvolge la stoffa intorno al ramo e poi ferma tutto con un nodo resistente ma non troppo serrato.

“Però. Te la cavi con queste cose”, borbotta Katsuki, con una smorfia.

Momo lo solleva, è pesante ma il suo “nuovo” fisico lo sostiene abbastanza bene. “Riesci a camminare?”, gli domanda.

“Sì. Ah … Cristo, che male però”.

“Dai. Ti aiuto io … Cavolo, cavolo, cavolo!”, mastica tra sé, sorreggendo il torso del compagno con un braccio dietro la schiena, e avanzando al ritmo di un passo ogni mezzo minuto.

Fino alla Yuuei … è un bel po’ la strada da fare.

Ah, no, mannaggia. Recovery non c’è, è fuori per un corso di aggiornamento, così ha sentito. E lei non ha la competenza per stabilire se Katsuki ha necessità di qualche trattamento oppure basta un antidolorifico e un po’ di riposo.

Fino all’ospedale più vicino è comunque una scarpinata.

E lei si sente già distrutta, non solo fisicamente.

Se pensava fosse impossibile potesse andare peggio di così, il fato le sta dimostrando apertamente quanto si fosse sbagliata.

 

--

 

Non è stata una buona idea, tornare a casa.

Per tutto il giorno se n’è rimasto in camera, con l’unica compagnia del suo gatto e del computer, a guardare un episodio dietro l’altro della sua serie preferita, di cui non ha capito un tubo. Suo padre era fuori città per lavoro, sua mamma gli ha chiesto più volte cosa avesse ma lui ha addebitato tutto alla stanchezza, non aveva voglia di parlare.

Anche perché i suoi genitori ancora non lo sanno, che … gli piacciono i ragazzi.

Che ne ha … aveva, uno. E come aveva sperato di presentarlo a casa, da lì a breve, quando Mashirao sarebbe stato pronto a fare altrettanto con gli zii che lo hanno in tutela.

Adesso invece …

La sua mente era fissa su quelle ultime parole del suo … ex ragazzo.

Sui loro momenti felici.

Su come tutto sia andato in fumo, solo perché Shinsou Hitoshi è uno stronzo e non sa nasconderlo.

Come non saprà nascondere la sua devastazione, adesso che sta rientrando al dormitorio.

Attraversa il cancello con il cuore a pezzi, non vuole pensare a come si sentirà nel ritrovarsi insieme a lui e agli altri, forse dovrebbe chiudersi in camera anche qui e non uscire finché non sarà finita.

Vorrebbe parlare con Aizawa. Ma cosa potrebbe mai dirgli, il sensei? E’ già abbastanza esaurito, poveretto, e Shinsou non si sente proprio di sovraccaricarlo anche con le proprie pene.

I lamenti di dolore che provengono dall’interno attirano immediatamente la sua attenzione. E gli occorre davvero poco, per riconoscere la voce … di Ojiro.

Col cuore in gola corre in direzione del suono. Sa che non è davvero Mashirao, ma l’istinto fattosi affinatissimo se ne frega e segue solo quella voce.

E’ comunque il suo corpo. E se si trova in difficoltà, in pericolo, qualsiasi cosa allora è suo dovere accorrere.

Non solo di Eroe, ma di uomo.

Anche … se non stanno più insieme.

Una volta lì, infatti, il primo impulso è di abbassarsi davanti al ferito e controllare i suoi parametri vitali, come da regola.

Ma quando gli si avvicina e si accorge della coda fasciata, della gamba ingessata e della stampella nell’erba la rabbia prende il sopravvento e non ci pensa nemmeno più.

Possibile che quello stupido isterico non sia nemmeno capace di stare in piedi senza far danni? “BAKUGŌ, CHE CAZZO HAI COMBINATO?!”.

“VAFFANCULO FACCIA DA MORTO, SONO CADUTO!”, lo rimbrotta Bakugo/Ojiro, tenendosi le mani sul ginocchio. “Tu non cadi mai? O sei come i fottuti gatti, eh?”.

“Sta’ zitto, Bakugō. Perché non siete andati in infermeria?”.

“La vecchia non c’è, genio, doveva decidere proprio adesso di prendersi il week-end per andare a fare il corso di aggiornamento, tsk. Cosa cazzo dovrà aggiornarsi che ha un piede nella fossa”.

Accidenti. Questa davvero non ci voleva. “Ma come diamine hai fatto a cadere? Cioè non ha senso, per farti male al ginocchio dovresti essere caduto in avanti, ma così la coda non avrebbe dovuto subire danni ...”.

“Ah, abbiamo un dottore qui. Perché non ti prescrivi due cazzo di sonniferi e te ne vai al diavolo, se non hai intenzione di aiutarmi? Questa poveraccia mi ha trascinato qui dal parco, non so se mi spiego”.

“Parco? E tu che ci facevi al parco?”. Rialza lo sguardo viola sulla compagna nel corpo di Bakugō.

Sembra stia lì per scoppiare in lacrime. “Shinsou … perdonami, non volevo … davvero, non volevo giuro…”.

“Perché? Che c’entri tu?”. Il silenzio è più eloquente di qualunque spiegazione.

L’espressione di Momo poi equivale ad un’accusa spontanea.

E … adesso che guarda meglio e nota le bruciature sui calzoni di Ojiro, i pezzi vanno ognuno al loro posto.

Quei due si sono allenati, di sicuro. Perché nient’altro oltre il quirk di Bakugō potrebbe spiegare quei segni nerastri dove la stoffa si è rattrappita. “MA MI SPIEGHI PERCHE’ DIAVOLO AVETE FATTO UNA COSA SIMILE?!”.

“E TU MI SPIEGHI PERCHE’ NON TI FAI I CAZZI TUOI?”.

“PERCHE’ QUELLO NON E’ IL TUO CORPO, DANNAZIONE! CHI TI HA DATO IL DIRITTO DI FARE UNA COSA DEL GENERE?  DIAMINE VOLEVI FARE COL CORPO DI OJIRO, MALATO MENTALE DEL CAVOLO?”.

“Chiudi quella bocca del cazzo, idiota! E’ stato un incidente, okay? Stronzo …”.

Hitoshi ha le mani che tremano. Deve chiuderle in due pugni pregando che non ne finisca qualcuno in faccia a quel maledetto, perché sarebbe il volto di Ojiro … ma avrebbe una voglia di spaccargli il naso da farlo inverdire dalla bile.

Come ha osato? Perché non ci crederà mai e poi mai che si sia trattato di un semplice incidente. Sicuro deve aver spinto Momo ad usare il quirk, per chissà quale cavolo di ragione da pazzo qual era lui, e lei poveretta non padroneggiandolo dev’essere finita col colpirlo involontariamente.

Poteva ammazzarlo. Cioè, per come stanno adesso le cose Hitoshi lo ucciderebbe volentieri lui Bakugō, ma quello è il corpo di Ojiro e non … doveva permettersi, cazzo.

Come ha fatto quell’idiota a perdersi tutto il rispetto per il corpo altrui che ha predicato fin qui, trattando quello di Yaoyorozu come fosse fatto di cristallo? Forse che con Ojiro non vale perché è un maschio? O forse lo considera di minor pregio rispetto alla compagna?

Le dita si fanno artigli. O se ne va, o lo strangola sul serio senza nemmeno rendersene conto.

Ma qualcosa lo tiene inchiodato lì.

Quella ferita che ancora sanguina, e non si rimarginerà per un pezzo. Un lungo pezzo, di sicuro.

In quel mentre arriva un altro spettatore, e Yaoyorozu impallidisce con una forza che a Shinsou farebbe quasi pietà, se non fosse nel corpo di quello che ha azzoppato il suo fi … ehm, ex-fidanzato e non avesse già il proprio fardello da sopportare.

Ora saranno guai. Guai grossissimi. “Ma che è successo?!”.

“Dammi una mano invece di parlare a vanvera, Metà e metà”.

Todoroki si avvicina, si china davanti a Ojiro – Bakugō- e lo scruta con un’intensità quasi clinica.  “Perché sei … ingessato?”.

“Perché ho voluto provare a ballare la macarena ma con questa cazzo di coda andavo male e sono inciampato. Ma che cazzo di domanda è?!”.

Gli occhi spaiati si voltano verso di lui, con sguardo interrogativo. “Posso, Shinsou?”.

Hitoshi ha una fitta al petto. Deve posarci una mano e massaggiarselo per qualche istante, prima di ricordarselo. “Fa’ … fa’ pure, Todoroki”.

Pronto, Shouto si abbassa per aiutarlo ad alzarsi.

Ahhhhh … dannazione, fa un male boia”, borbotta Bakugo/Ojiro, rovesciando gli occhi neri nelle palpebre per il sollievo.

Quella stessa espressione che Hitoshi gli ha visto fare … in tutt’altro genere di occasioni. Quando sfinito, sudato, allacciato saldamente a lui, Mashirao … buttava fuori quegli stessi versi, e …

No. Non deve più pensare a questo.

Con piglio brusco discosta lo sguardo. 

“Riesci a camminare, Bakugō?”, domanda Shouto.

E Hitoshi raggela nel profondo nel sentire la voce di Ojiro urlare e stridere. “MI PARE OVVIO CHE NO, RAZZA DI DEMENTE A MEZZO!”.

“Puoi aiutarmi, Shinsou?”.

“Io … mi dispiace, Todoroki”. E corre via, come l’ultimo dei miserabili.

Forse avevano ragione a dire che non è buono per essere un Eroe.

Uno che si lascia coinvolgere- e sconvolgere- tanto dai sentimenti … da abbandonare dei compagni in difficoltà … non è adatto per questo mestiere.

 

 

Mannaggia la lingua che ha, mannaggia.

Non gli riesce proprio di tacere. E adesso deve solo pregare di non finire in casini ancora peggiori di un ex piantato e geloso marcio, che lo sa già il demonio quanto cazzo possa essere pericoloso, quel deficiente.

Ma questo è peggio. E meno male che è tardo. “Che gli è preso?”, mormora Todoroki, stupito da quel gesto.

“Gli è preso che Oijiro l’ha mollato, ecco che gli è preso”.

“Davvero?”.

“Sì ma fanculo ti pare il momento di impicciarti dei cazzi di tutta la scuola? Dammi una mano, cazzo”.

Todoroki prova a tirarlo su, ma dalla coda solo fasciata si dipana una serie di fitte così dolorose che gli viene da vomitare.

Adesso che il sangue ha iniziato a raffreddarsi, e le zone colpite a gonfiarsi è molto più difficile tenere duro. E l’antidolorifico che gli hanno somministrato in ospedale non ha ancora fatto effetto oppure è stato troppo blando.

“Non ce la faccio a tenere anche la coda. Momo, dammi una mano, per favore”, la prega Metà e metà.

Bakugō avverte un leggero brivido dietro la schiena malandata.

Yaoyorozu ha dovuto gettare la spugna appena oltre il cancello della Height Alliance perché le braccia non le tenevano più. Non è abituata ai crampi del suo quirk, e l’esplosione è stata abbastanza seria perché le dolgano per un pezzo.

Anche se Bakugō si è aiutato con la stampella che gli hanno dato in ospedale, la coda comunque andava retta. E quell’ammasso di muscoli era difficile da tenere su in quelle condizioni.

Le ha ordinato di sparire, di lasciar lui a sbrogliarsela. Ma quella, testarda come un mulo, ha voluto aspettare di riprendere fiato, per accompagnarlo almeno in camera visto che la vecchia scimunita non c’era.

Avrebbe dovuto dargli retta. Quel suo fare l’eroina sta per incasinarli anche peggio di quanto già non stiano.

“Lasciala stare”, borbotta, sperando che lo stronzo a metà se la beva e attribuisca quel rifiuto per una qualche specie di pudore a lasciarsi toccare da lei.

Vero, è solo questione di tempo prima che Faccia da Morto lo dica in lungo e in largo cos’è successo. Ma se guadagnano almeno qualche ora, è meglio. “Bakugō guarda non c’è problema, davvero. Puoi aiutarmi Momo?”.

“Io …  io sì, okay …”. Prova ad allungare le braccia, ma come era prevedibile si paralizza a metà del movimento. “Ah, cavolo …”.

“Momo? Cos’hai, anche tu?”.

“Ti ho detto di lasciarla stare”, insiste Bakugō, ma è già tardi.

Todoroki funziona a corrente alternata.

Disgraziatamente l’aria della clinica deve avergli svegliato la metà acuta. Perché stringe gli occhi in due fessure mentre si raddrizza e fissa la sua ragazza con uno sguardo che Katsuki non gli vedeva sulla faccia a mezzo da un botto di tempo.

Gelido. Fa ghiacciare il sangue nelle vene, solo a vederlo.

E quando apre bocca il suo tono è così glaciale che non gli servirebbe nemmeno il suo mezzo quirk per raggelare chiunque. “Non ci credo”.

Yaoyorozu più che pallida è livida. Bakugō è quasi sicuro di non aver mai avuto quella faccia, solo in qualche rarissima occasione, forse. Di quelle veramente gravi. “Shouto … non è …”.

“Dimmi che non l’avete fatto. Dimmi che mi sto sbagliando e sto fraintendendo tutto”.

Shouto ….”.

E’ chiaro che lo stronzo non è deciso a cedere.

E Bakugō non è tipo da lasciare che quella si prenda tutta la colpa. Anche perché appunto, cazzo, è stato un incidente. “Ehi, Metà e metà, dacci un taglio. Le ho detto io che potevamo. Era gonfia come una pentola a pressione, cazzo, stava scoppiando. O così o finiva in manicomio”.

Ma Todoroki non dà segno di averlo ascoltato.

Dopo il gelo arriva il fuoco. E infatti si fa rosso, la faccia fa il paio con i capelli del lato sinistro. “COME HAI POTUTO, MOMO? IO MI FIDAVO DI TE, CREDEVO FOSSI UNA PERSONA RAGIONEVOLE!”.

“La pianti di prendertela con lei? Aiuta me, piuttosto, coglione a mezzo!”.

Il pirla a metà mette su una faccia che a vederla fa senso anche più di prima.

Non dice nulla. Non fa nemmeno mostra di averlo sentito, neppure adesso, fissa Yaoyorozu con uno sguardo che forse solo Endeavor si è mai beccato fin qui da lui.

Momo tace. Non ha il coraggio di dire una parola, e se Bakugō non fosse sofferente come un cane lo prenderebbe a codate in faccia, quel cretino.

Ma ora gli serve, dannata la miseria. “Penso sia meglio tu rientri, prima di fare altri danni, Yaoyorozu”, osserva freddamente.

Sì, fa proprio strano vedersi correre via. Lui che non è mai scappato davanti a nulla, tanto meno che a Todoroki.

Gonfia finché quello non apre la porta della stanza dello scimmione, al terzo piano. Fortuna che in mezzo all’anima in sala comune non c’era nessuno, altrimenti Bakugō non avrebbe potuto garantire delle proprie reazioni.

Vabbé che nemmeno adesso.

Appena Shouto lo adagia con cautela sul giaciglio di Ojiro, cercando  una posizione comoda, o quanto meno accettabile per gli arti dolenti sbotta: “Levati dal cazzo. E ringrazia che non ti meno”.

Ah, adesso rimette su l’espressione da imbecille, spalancando gli occhi spaiati e fissandolo come l’ebete che è in realtà. “Perché? Che ho fatto?”.

“COME, PERCHE’? Hai già disattivato il cervello sano? Ammesso che si possa dire sano, cazzo. Dico, ma che razza di modo è di parlare alla tua donna, eh? Non l’ha fatto apposta. E tu l’hai trattata come fosse una criminale di guerra. Capisco che ti sia saltato al naso che ti ha tenuto nascosto il fatto che siamo andati ad allenarci assieme, ma credimi, io mi conosco, e so come reagisce il mio corpo se non sfoga l’adrenalina in circolo. Sono andato insieme a lei solo perché in caso contrario non l’avrebbe mai fatto, da sola. Quindi se ti vuoi incazzare con qualcuno fallo con me, ma lasciala in pace. Sta già di merda e non ha alcun bisogno che le urli contro pure tu”.

Shouto espira con forza. Raccoglie la sedia dalla scrivania di Ojiro, la avvicina al letto e ci si lascia cadere sopra, come avesse perso anche l’ultima speranza

Mette le mani davanti alla faccia. Sembra un tantino esaurito, anche lui. “E’ che … ho … come l’impressione che Momo non mi voglia intorno, adesso. Che … le dia … fastidio”.

“E certo. E siccome le cose stanno già rose e fiori mettiamoci una palata di letame, che non guasta”.

“Anche l’altra sera, quando sono venuto a parlare con te … mi è sembrata sollevata quando sono uscito dalla stanza. E ieri mattina … non voleva farmi entrare da lei. Anche se quello forse era dovuto a tutt’altra questione”.

“Quale questione? Che sei un cretino?”.

Quella questione. Quella con cui ogni uomo si ritrova ad avere a che fare al mattino”.

Ahaa”. Di colpo gli sovviene quello di cui sta blaterando Metà e metà.

E spera di aver capito male. Malissimo. “Uh?”.

“Be’, stamattina … ha avuto un altro scoppio involontario. Sono entrato e … non era esattamente presentabile con decoro”.

Oddio. Ma come cazzo parla questo scemo? “Ma vuoi parlare come ti ha fatto tua madre, imbecille? Cazzo significa ‘presentabile con decoro?’”.

“Che aveva un altro genere di reazione incontrollabile, Bakugō”.

Ah. Aveva capito bene allora.

Porco cazzo. Porco, porco, porco … cazzo.

Che Dio lo fulmini, non ci aveva minimamente pensato a quello.

Okay. Cerchiamo di stare calmi.

Prima di lui, in fondo, è stata nei panni di Deku. Quindi si è già svegliata in quella condizione.

Ma … a meno di non volersi sputare in faccia da solo, e dirsi che era la stessa cosa, è obbligato a tenersi quell’angoscia esistenziale che il karma ha deciso di rigirargli come premio per aver voluto fare il buono la sera precedente.

E inoltre … be’.

Del coso di Merdeku non gliene frega nulla. E a voler essere proprio brutalmente onesto, ma veramente brutale e veramente onesto, a parte il lecito fastidio che il suo “birillo” fosse in mani estranee – e che mani santo Dio- e che Ashido lo scarrozzasse ovunque coperto solo dai boxer, e minacciasse di abbassarsi anche quelli come niente fosse, se non altro non era una pudica fanciullina e aveva decisamente parecchia esperienza nella faccenda, quindi non rischiava di traviare nessuno.

Ma che una ragazza … ehm, inviolata qual era Yaoyorozu, e il suo … ehm, membro virile …

Porca puttana laida.

Non ci aveva pensato neppure alla propria di … “reazione”, anche perché quello dopo la doccia appena tiepida se n’era stato giù cheto cheto neanche avesse sentito a distanza la plausibile disperazione del suo legittimo proprietario e non abbia di che essere allegro; e neppure Katsuki stesso aveva granché per stare su, biologia a parte.

Ma per parafrasare quello stronzo di Faccia Piatta, che il diavolo se lo porti, “ci metti un casino e sei duro come il marmo”.

E può soltanto immaginare cosa abbia passato quella poveretta, in aggiunta a tutti i suoi guai.

Senza contare … quel discorso a dir poco ambiguo che le aveva tenuto nella lavanderia.

Per tacere quello che le aveva detto poco prima che scoppiasse, per l’appunto.

Cristo.

Chi aveva parlato di cose che quanto meno vanno a posto doveva essere drogato.

O lo era prima, oppure avrebbero dovuto farlo ora, per impedirgli di buttare fuori altre cazzate del genere.

Era bene che la vecchia tornasse presto e mettesse mano alla sua farmacia, e distribuisse dosi di calmanti a tutti.

A lui per primo.

E non soltanto per quel dolore allucinante al ginocchio e alla coda.

Altrimenti in condizioni normali non si sarebbe mai azzardato a porre quella domanda. “Todoroki?”.

Uhmh?”.

“Non … è successo niente, vero?”.

Gli occhi spaiati lo squadrano per un secondo. “Non vedo cosa potrebbe essere successo, Bakugō”, lo rimbecca improvvisamente neutro.

Mhm. Senti ma come ha fatto per …”.

“Acqua fredda”.

Mhm”.

“Tanta, acqua fredda”.

Mhm”.

Silenzio. Per nulla tranquillizzante. “Metà e metà?”.

Mhm?”.

“Mi spiace … che la tua ragazza sia in questa situazione del ca … volo”.

Mhm”.

“Però se non altro … ehm, non è il primo che vede”.

Mhm”.

“C’era Deku prima di me”.

Mhm”.

Non pare per nulla riappacificato con l’esistenza.

Sicuro gli brucia. Eccome se gli brucia. “Macché, sei … geloso?”.

Shouto sbuffa, una leggera nuvoletta fredda gli ondeggia intorno alla faccia ma gli zigomi sono arrossati entrambi.

. E’ proprio geloso.

Ecco perché è sfollato a quel modo.

Deve star ingoiando da un bel pezzo, il Todopirla. Vuole fare quello razionale e saldo ma sotto sotto in fondo è tale e quale quell’altro mentecatto di Faccia da Morto, forse di Bakugō si è fidato perché sa che in fondo i casini non gli piacciono ma adesso che è la sua donna a trovarsi nel corpo di Katsuki … si cagando in mano al pensiero degli inevitabili confronti.

E scoprire che Momo si è data appuntamento con lui di nascosto … anche se per un motivo del tutto innocente gli ha stuzzicato la possessività.

Peccato l’abbia dimostrato nel modo più sbagliato che potesse.

Però è già una cosa.

Bravo a mezzo, rincoglionito.

Bakugō, no. Nessuno ha scelto questa cosa, okay? E’ successo”, e pare stia provando a convincersi da solo. 

“Però ti scoccia, ammettilo. Adesso che sa … be’. Le verrà facile fare paragoni”.

Mhm”.

“E visto che già hai parecchi punti di demerito, se continui a fare lo stronzo vedi che fai la fine di Shinsou. Vai a chiederle scusa, imbecille”.

“Non mi vorrà vedere”.

“Mandale un fottuto messaggio. Oh ma vi devo dire tutto io? Dove cazzo avete il cervello. Chiedile scusa, sii un attimo romantico. Le femmine amano queste cose”.

“Dici?”.

“Dico, dico. Avanti. Prendi sto cellulare”.

Todoroki tira fuori il telefono dalla tasca dei calzoni. “Che devo scrivere?”.

“Sei serio?”. Sì purtroppo, lo è. Ormai Katsuki lo sa quanto sia imbranato. “Vabbé. Ti detto io. Tu scrivi”.

“Okay”.

“ ‘Cara Momo’ … no, cazzo, così non va bene. Sembra tu stia scrivendo ad un’amica immaginaria. “ Momo, mi dispiace. Siamo tutti tesi in questa situazione, non credere. Non volevo sbottare con te, scusami, ma penso tu possa capire cosa io stia passando a non poterti tenere per mano, a non poterti baciare. A non poterti stringere a me. Capisco che sei tu quella … più toccata da questa situazione, ma anche per me è difficile. Mi manchi così tanto … e non vedo l’ora sia finita, per poterti dimostrare i miei sentimenti pienamente. Scusa, se prima sono stato … distante, mi conosci, sono una testa di cazzo e’…-”.

Bakugō?”.

“Ah già.  ‘Sono uno stupido, Non ho fatto altro che ferirti, ma ti prometto che da oggi in avanti sarò un fidanzato migliore, per te. Fammi sapere, se possiamo parlarne. Ti ’”. E si blocca, d’un tratto.

E no, cazzo. Va bene fare il Cyrano de Bergerac dei poveri, anzi dei ricchi rimbambiti, però eddai.

Non pronuncerebbe quelle parole nemmeno se avesse di nuovo tutti i Villan asserragliati intorno.

“Ti …?”.

“Ti auguro una buonanotte”. Oh. E basta.

Che a fare il santo protettore dei disperati già gli è andata a schifo. E’ bene tornare alle vecchie sane abitudini, o invece di coda e ginocchio si fotterà il cervello, altroché.

“Sei bravo con queste cose. Non l’avrei mai detto”, dichiara Shouto, infilando di nuovo il cellulare in tasca.

Tsk. Cazzo ci vuole? Bisogna essere tonti come te per non sapere come far piacere ad una femmina”.

“Saresti un bravo fidanzato, Bakugō. Senza dubbio migliore di me”.

“Sai che novità. Io sono migliore di te in tutto, Mezzo e mezzo”.

Mhm”.

“E comunque io non li voglio di questi casini. Guarda voi come vi siete ridotti, uh”. Gli scocca un’occhiata di traverso. “Ma ora che stai aspettando?”.

“Non lo so. Forse un miracolo”.

“Be’ e vallo ad aspettare in camera tua”.

“Non mi sento tranquillo a lasciarti da solo”.

Mhmm. Dove cazzo potrei andare? Di questo passo soltanto al manicomio. La prossima volta che vai da tua madre chiedi se hanno una stanza libera”.

Shouto tace, e Bakugō spera che la frecciata sia sufficiente a levarselo di torno, una buona volta.

Ma quello si sistema meglio nella sedia, incrocia le braccia e allarga le gambe, mettendosi comodo. “Ho come l’impressione che tra poco ci finiremo tutti lì”, osserva serio.

Katsuki lo squadra. E sospira.

Quando mai ne ha detta una buona, il Metà e metà.

Perché nessuno ne uscirà senza qualche danno mentale, questo è poco ma sicuro.

A cominciare proprio da Bakugō stesso forse.

Dannazione.

 

--

 

“Su … per favore, Momo-chan, calmati”.

Ochaco non sa più che fare. Ormai è un pezzo che Yaoyorozu è buttata sul letto di Katsuki, a piangere come una disperata.

E’ mancata dal dormitorio sì e no un pomeriggio e il primo pensiero è stato andare a sincerarsi delle condizioni della compagna.

E ha trovato servito un disastro.

E’ in pensiero anche per Bakugō, vorrebbe andare a vedere come sta. Recovery è assente, da quel che ha capito, quindi se ne parlerà lunedì prima che il compagno riceva assistenza medica adeguata.

Deve star soffrendo da morire, poveretto.

Ma anche Momo è messa malissimo, non riesce a lasciarla da sola, tanto più che ora Kyoka è dietro Kaminari, ma Uraraka non saprebbe dire se per poca fiducia nei riguardi del compagno o nel tentativo di distrarlo dai suoi mali.

L’amica ha la faccia affondata nel cuscino e singhiozza da spezzare il cuore, ad ogni singulto le spalle sobbalzano, e Ochaco ne osserva la linea solida, forte.

Avvampa tutto d’un tratto. “Io … non volevo … giuro, non era mia intenzione …”, farfuglia appena intelligibilmente dal guanciale che sta stritolando con le grandi mani di Bakugō.

Uraraka sospira. Vorrebbe poter capire meglio cosa sia successo, da quel poco che Momo ha provato a spiegarle si sente in colpa in un modo esasperato per aver ferito - sia pure involontariamente- Katsuki col suo stesso quirk.

Ma è stato un incidente in fin dei conti, sempre stando a quel che le ha detto la stessa Yaoyorozu. E oddio, gli incidenti capitano. Specie se nella loro situazione, con poteri che non sono in grado di controllare.

Non sarebbe certo la prima di tutti quelli coinvolti. “Avanti … ti verrà il mal di testa se continui così. Sono certa che Bakugō-kun … non ce l’ha con te”.

“Lo so!”, strilla d’un tratto Momo, tirandosi su dal materasso come una galvanizzata, quasi le mette paura.

Oddio fa così … strano vedere il corpo di Bakugō reagire a quel modo … come fosse preda di un attacco isterico.

E non dovrebbe, dacché quello è il mood abituale del compagno esplosivo. Un chihuahua mestruato, l’ha spesso sentito soprannominare da Sero-kun.

E lei aveva ghignato impunemente a quella definizione, salvo rimangiarsi tutto quando l’aveva visto in quelle condizioni, con … il ciclo per davvero.

Sospira di nuovo, sistemandosi la gonna sulle ginocchia.

E’ maledettamente difficile trovare qualcosa di sensato da dire per confortarla, ancora una volta. “E allora, perché fai così?”.

“Perché … perché è Shouto che si è arrabbiato”. Yaoyorozu si tira su, singhiozza. Porta le mani di Katsuki agli occhi rossi, non solo di iridi ma anche di sclere. “Mi ha … rimproverata. E … io lo so che ha ragione, dannazione, lo so … ho sbagliato. Ma … ero così tesa … non ce la facevo più. In quel momento mi è parsa l’unica via d’uscita .. e io …”.

Uraraka non riesce a dar troppa retta alle giustificazioni della compagna, no. Le è già salito l’embolo, non può credere che davvero Shouto abbia alzato la voce, con lei.

Può comprendere che fosse alterato. Che fosse preoccupato. Ma … no, che l’abbia sgridata, mentre è in quelle condizioni no. Possibile non abbia un minimo di empatia? “Vado a parlargli …”.

“NO!”, strilla Momo. “No, Ochaco-chan, per favore … non peggiorare la situazione. Rimani qui con me … per favore. Non mi lasciare da sola”. E la stringe, Momo, con le braccia di Katsuki. Come fosse un peluche.

Uraraka non riesce a reagire. Il profumo che la avvolge … cavolo, è quello di Bakugō. La soffoca, quasi.

“Non mi lasciare Ochaco”, la prega con quel tono roco, infranto di lacrime.

Non sa cosa fare. Vorrebbe … sì, vorrebbe andare a cantargliene quattro a Todoroki … ma in questo momento proprio non se ne può andare.

Posa delicatamente una mano sul capo biondo irto di spunzoni. E lo accarezza, in un gesto consolatore, dolce, affettuoso. “Non me ne vado”.

 

 

Angolito Autrice: (ASU)

IO MI DISSOCIO DA TUTTO QUESTO CHE LO SAPPIA ANCHE ANYA!
Ho corretto il capitolo ma per tutto il tempo avevo voglia di prenderli tutti a sberle in faccia vi prego DITEMI CHE NON SONO L’Unica
Scusate i titoli.
Ormai quelli rappresentano il mood nostro e dei personaggi.
Noi li adoriamo.
Un bacione enorme,
Asu (E Anya)

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Capitolo 36
*** 36. Normalità, dolce normalità ***


36.  Normalità, dolce normalità

 

 

 

 

 

 

Quando si è addormentato, quella domenica sera, Ojiro era tranquillo.

Il venerdì sera lo ha passato sveglio insieme a Shoji, che gli ha fatto il favore di fargli compagnia. Sabato notte era da solo, ma non è riuscito a dormire. Non che non fosse abituato a dormire da solo, figurarsi, ma era strano.

Non era la sua stanza, il suo letto, il suo corpo, ed era la prima notte solo da quando aveva mollato Shinsou.

Quindi ha pensato. Ha pensato tanto, inevitabilmente ha rimuginato tutta la notte.

E alla fine ha dormito poco, e male.

Quella domenica però gli è andata bene. Shinsou non c’è stato tutto il giorno, è tornato a casa sua. Quindi non lo ha visto. Temeva gli sarebbe mancato da morire –ed è così, ovvio gli manchi- ma non averlo intorno gli ha fatto bene. Non ha dovuto vedere il suo sguardo rammaricato cercarlo di soppiato, non ha dovuto sentire la sua voce così monocorde e fiacca.

Si è distratto, a dirla breve, ha potuto pensare a sé e non alla situazione né a Shinsou e questo gli ha fatto bene. Erano rimasti in pochi quella domenica ma è persino riuscito a farsi una risata liberatoria con Kaminari e Kirishima.

E’ andato a letto presto, non si è chiesto dove fosse il suo corpo –Bakugou- perchè vuol fidarsi di lui. Si è comportato bene con Momo e non vuol dubitare del compagno di classe. E poi, forse è in camera, non è certo stato a controllarlo tutto il giorno.

Ha dormito placidamente tutta la notte, a pancia in su –se torneranno normali, quella sarà l’unica, unicissima, cosa che gli mancherà: poter dormire a pancia in giù o in su senza avere dolori lancinanti alla schiena-. Ma è proprio questo che ora non capisce, adesso che il sonno lo sta abbandonando.

I dolori.

Non ne ha mai avuti nel corpo di Denki. Eppure ha dolore.

Non capisce bene dove, lì per lì, ma gli fa male.

Sente anche qualcuno parlare, all’inizio è solo un sussurro sbiascicato, ma è una voce che conosce e non sa identificare. Solo che lui era solo in stanza, quando è andato a letto, ne è certo. E’ talmente annebbiato dal sonno e dal dolore che all’inizio non riesce a capire che cosa sta succedendo intorno a sé.

Che cosa sta…sentendo.

“Aspetta, Bakugou, non muoverti,” gli dice la voce, mettendogli anche una mano sul fianco per evitargli di finire a pancia in sù. E fa bene, perché appena fa il movimento, appena ci prova, per un attimo gli manca il fiato.

“Stai bene?”

“Mmh.”

Ah sì. Adesso l’ha riconosciuta, la voce. E pure la stanza, gli pare che quel poster sia il suo. Deve essere nella sua stanza, nella sua vera stanza, con Todoroki.

Anche se…perchè gli fa male tutto il corpo? E, sopratutto, che ci fa lì Todoroki?

Non ha capito se è il corpo di Denki o se è tornato nel suo. Ma forse il suo.

Riconosce la sensazione della coda, la pesantezza sulla schiena. Però gli fa male, perché gli fa male?

Dannazione, che ha fatto Bakugou?

No, aspetta.

Aspetta!

Ma quindi sono tornati normali? Lui è tornato normale?!

Davvero?!

Non importa, non importa quello che ha fatto Bakugou, qualsiasi cosa sia la supererà! E’ tornato nel suo corpo!

Finalmente…il suo corpo…

“Bakugou?”

Todoroki lo prende per la spalla, lo fa girare appena appena verso di sè. Tiene un ginocchio sul letto e l’altra mano è sul cuscino.

Per un attimo gli manca il fiato, a Ojiro.

Todoroki lo sta sovrastando e quando lui, in imbarazzo, si volta di scatto per chiedergli se può cortesemente lasciarlo, le loro labbra sono ad un soffio. Ed è proprio il suo fiato che Ojiro percepisce così…vicino.

Sul volto.

“Bakugou…”

Oh, merda.

Cosa. Sta. Succedendo?

Cosa…

“WAH TODOROKI-KUN!” urla, in preda al panico, “T-ti prego, Todoroki-kun, non sono Bakugou okay? Potresti…a-allontanarti un attimo?!”

Todoroki si blocca, sorpreso. Non ha la faccia di qualcuno che è stato colto a fare qualcosa che non dovrebbe fare, è solo sorpreso.

“Ojiro?”

“S-sì…”

Ojiro vorrebbe sparire, vorrebbe sprofondare in quel momento esatto nel letto e non uscire più o, meglio ancora, andarsene dalla stanza.

Ma non può. Ora che è perfettamente sveglio si rende conto che non può muovere la gamba sinistra. E’ ingessata.

Perché la sua gamba è ingessata?

Che è successo? Quando?

“Vado a dirlo al professor Aizawa.”

“Eh?” il tempo di nuovo di alzare gli occhi e Todoroki è già alla porta, che ha aperto e si è richiusa alle spalle.

Ma…è confuso. Molto.

 

A fatica, alla fine, dopo essere rimasto ancora per un lunghissimo istante sdraiato sul letto, Ojiro è riuscito a trovare le stampelle e a raggiungere l’armadio. Se c’è una cosa positiva di Bakugou è che è ordinato, e tutti i suoi vestiti sono perfettamente al loro posto. Nel secchio dei panni sporchi, che raggiunge a fatica in bagno, c’è solamente la tuta da ginnastica. Deve averla usata il giorno prima.

Perché immagina che sia per quello che è ridotto così.

Dubita sia caduto dalle scale per via della coda anche se, in verità, a conti fatti sarebbe anche fattibile. Ma per qualche motivo, e sperava quasi fosse così altrimenti si sarebbe per sempre sentito in colpa per aver pensato così male del compagno, creda che non siano le scale i responsabili di quel disastro.

E poi, perché era ridotto in quello stato? Dov’era Recovery Girl? Forse non c’era.

Sicuro Bakugou doveva aver pensato di andare da lei, figurarsi. Quindi forse non l’aveva trovata.

Gli pareva di ricordare, in effetti, che Aizawa avesse detto che non c’era e per questo anche l’allenamento della B era stato posticipato alla settimana che stava iniziando. Sì, quindi Recovery non c’era, ecco perché lui adesso stava così.

Dannazione.

Vuol provare davvero a non avercela con Bakugou, davvero, ma non ce la fa.

Perché diamine non se ne è stato fermo al suo dannato posto?

Poteva capire tante cose, anche che col suo corpo facesse meno attenzione perchè, alla fine, lui è un uomo. Non doveva avere i riguardi avuti –onorevolmente- con Momo. Ma visto che sai che non sai neanche scendere le scale, con la coda, come gli aveva fatto intendere quando l’aveva incontrato in lavanderia, perché diamine vai ad allenarti? Anche avesse solo deciso di fare una corsa, e non credeva si fosse azzardato a molto altro, era una libertà che non si sarebbe dovuto prendere.

Poi era inutile che chiedeva aiuto a Todoroki per…beh. No. Forse quello non l’aveva voluto Bakugou. Non ce lo vedeva.

Accidenti, se ci ripensava…

“Ojiro?”

“Oh cazzo!” la voce di Shoji, fuori dalla porta, lo coglie di sorpresa. Sobbalza e la stampella su cui si stava poggiando traballa. Non è niente che normalmente gli darebbe problemi, nemmeno con una gamba completamente fuori uso come ora: non potrebbe combattere ma muoversi normalmente sì, anche con una sola stampella.

Questo perché normalmente userebbe la coda per quasi tutto.

Ed è quello che fa anche questa volta, d’istinto. E’ abituato così e non può farci niente.

Peccato che anche la coda sia ridotta male, non che sia rotta perchè non la terrebbe libera ma il dolore appena la usa è lancinante e per un attimo ha la sensazione di  dover vomitare.

Piuttosto che trovare un altro appiglio, preferisce lasciarsi cadere a terra con un gemito che Shoji deve aver sentito, perché senza attendere oltre entra nella sua stanza. Ad occhio, Todoroki ha lasciato la porta aperta.

Appena lo vede, bianco come un lenzuolo e coi sudori freddi, l’amico va subito ad aiutarlo.

“Ojiro! Stai bene?!”

“Non…sono sicuro…”

“Aspetta, ti aiuto.”

Non perde tempo a tirarlo su, sta attento anche a toccare la coda perché ha capito –piena di escoriazioni com’è, basta guardarla- che non sta bene neanche quella. Sembra appena uscito da una battaglia con qualche Villan, invece è stato solo Bakugou.

La cosa, per quanto Shoji abbia un carattere di norma tranquillo, non può che farlo innervosire.

Una cosa sola doveva fare Bakugou, ma evidentemente era chiedere troppo. Come se fosse stato lui l’unico a soffrire dello scambio di corpi.

“Ecco…Ora ho capito perchè Shinsou mi ha chiesto di venire a vedere se stavi bene,” sospira Shoji, accompagnandolo in camera e chiudendosi con una terza mano la porta del bagno alle spalle.

“Shinsou?” mormora Ojiro, guardando l’amico da sotto in su.

Shoji annuisce, “Sì. E’ scesa Mina urlando a pieni polmoni che era tornata nel suo corpo e fiondandosi sul povero Kirishima, che comunque mi è sembrato abbastanza felice. E poi è arrivato anche Kaminari. E visto che tu eri nel suo corpo Shinsou ha pensato che anche tu, forse…beh, mi pare avesse ragione.”

“Già,” annuisce. Quindi Shinsou lo sapeva. Perché?

Per saperlo dovrebbe chiederglielo e non è sicuro di voler parlare. D’altro canto, adesso che è tornato normale potrebbe anche decidere di dirgli la verità sul perché lo ha mollato e…no.

No, Shinsou deve pensare –penare- un altro po’.

Lui ha altre cose di cui occuparsi adesso.

“Io vorrei davvero sapere che cosa diamine ha fatto Bakugou ieri sera!” sbotta alla fine, cedendo all’esasperazione e buttando sul letto i pantaloni della divisa scolastica. Sono immettibili con quell’aggeggio sulla gamba, non riuscirà mai ad infilarli.

“Forse non l’ha fatto apposta,” prova Shoji, poco convinto lui per primo, passandogli i calzoncini di jeans che ad occhio sono lì da un bel po’, ma che adesso sono l’unica cosa che potrebbe riuscire a mettere.

Ojiro li afferra con stizza, infila la gamba ingessata e poi l’altra, e quando li tira su e fa per allacciarsi il bottone sopra la base della coda per tenerli su ha un brivido di dolore lungo tutta la schiena. Per un attimo ha voglia di vomitare davvero, e Shoji deve averlo notato perché fa per andare al bagno a prendergli una bacinella. Ma alla fine è Ojiro a scuotere la mano e buttare giù bile.

“Già, lui non fa mai niente apposta,” brontola, “Intanto fa sempre un mare di guai e non viene mai ripreso, con questa scusa.”

Shoji tace. Non può dire che Ojiro non abbia ragione, anche solo un po’.

“Chissà se Recovery è già tornata…”

“Temo che Aizawa avesse accennato sarebbe stata di ritorno stasera o domani mattina…”

“Ah. Fantastico.”

“Per il momento pensi di farcela a scendere a fare colazione? Ti do una mano.”

“Grazie, Shoji. Davvero, non so cos’avrei fatto se non ci fossi stato tu in questo periodo.”

 

--

 

Dopo essere scappato via in quel modo, il giorno prima, davanti all’amichevolissima richiesta di Todoroki di poter aiutare Ojiro, Shinsou si sente decisamente poco in forma quella mattina.

Ovviamente, non ha dormito affatto quella notte.

Si chiede perchè non sia tornato a scuola direttamente il lunedì mattina, invece di ritrovarsi in mezzo a quella pessima situazione la sera prima. Non che a casa sia riuscito a riposarsi più di tanto, ovviamente. Ma, almeno, aveva dormito.

Era stato…abbastanza tranquillo, ecco. Quello sì.

Invece rivedere Ojiro, per altro ferito, e non poterlo aiutare in primis perché non era davvero Ojiro e in secondo luogo, cosa per lui più importante di tutti, perchè non era più il fidanzato di nessuno, lo aveva distrutto.

Si era sentito…avrebbe pianto, ma si sentiva troppo sfibrato anche per quello.

Motivo per cui la gioia sul volto di Mina, quando la vede scendere a colazione, lo irrita.

Vorrebbe prendere Kaminari e riempirlo di schiaffi, perché è anche colpa sua –indirettamente o meno che sia- se Ojiro l’ha lasciato.

Poi, però, Mina si butta addosso a Kirishima e lo bacia.

Lo bacia così intensamente che arrossisce anche lui, Midoriya che è appena arrivato per poco non sviene sul posto. Quasi riesce a vedergli le tonsille a Kirishima, se fosse stato più vicino.

“KAMINARI!” urla Jirou, alzandosi di scatto e anche lei rossa come un peperone, “Ma che diavolo fai?!”

“Oh, tranquilla Kyoka-chan!” trilla Mina, attaccandosi al collo di un Kirishima ancora basito, anche se aveva risposto al bacio di prima, “E’ tornato tutto al suo posto. Lo hai notato, vero Kiri amoruccio mio?”

“M-Mina? Sei tornata normale?!”

“Sì! Non è fantastico?”

Kirishima la afferra per i fianchi e la tira su senza problemi, Shinsou si aspetta ormai la faccia anche girare su se stessa ma per il momento non lo fa. “E’ meraviglioso! Finalmente non dovrò più inseguirti ovunque!”

Mina mette su un broncio adorabile, “Ma come, sei felice solo per quello?!”

Kirishima ride, “Ma certo che no. Sono felice e basta, Mina,” le dice, con un tono di voce decisamente più intenerito, accarezzandole i capelli.

Mina, sorridente, sta per dire qualcosa quando la voce squillante –e irritante, per lui- di Kaminari l’anticipa, tanto forte da far quasi vibrare i muri.

“Porca miseria sono io!” urla, scendendo le scale a due a due e inciampando sull’ultimo gradino, cosa che lo fa finire naso a terra. Ma non se ne preoccupa, euforico com’è, “Sono tornato! Sono di nuovo io! Non ho più le tette ma almeno non ho nemmeno il ciclo! Qualcuno lassù mi ama! Jirou, sono tornato normale!”

Jirou si nasconde dietro la mano, apparentemente in imbarazzo, ma sta sorridendo, “Ho visto, Den…ehm, Kaminari. Ho visto.”

“Tranquilla, Kyoka-chan. Tanto l’abbiamo capito tutti che c’è del tenero!” punzecchia Hagakure.

A quella frase, Jirou arrossisce davvero fino alla punta dei capelli.

Shinsou invece smette di ascoltare. Kaminari e Ashido sono tornati normali, e anche se Yaoyorozu e Bakugou ancora non ci sono, a meno che non si sono scambiati di nuovo loro tre, anche Ojiro deve essere tornato normale.

Di norma sarebbe anche felice, quantomeno sollevato, perché forse adesso che è tornato normale –si spera- potrebbe riuscire a parlare di nuovo con lui e, quindi, forse a trovare una soluzione. Forse a tornare insieme.

Ma questo perde completamente importanza davanti alla consapevolezza del modo in cui deve essere svegliato, il suo Mashirao. Mezzo rotto e dolorante a causa di quell cafone di Bakugou.

Ed è anche gentile che invece di andare a picchiare direttamente lui si avvicini a Shoji.

“Shoji, penso che dovresti andare a controllare se anche Ojiro è tornato normale. Potrebbe aver bisogno di aiuto.”

“Di aiuto?”

“Sì. Tu va e basta. Non…,” sbuffa, Shinsou, “Niente, lascia stare. Ci vediamo dopo.”

Shoji lo guarda solo un po’, forse perplesso, poi imbocca le scale per salire.

 

Alla fine è rimasto a fissare la porta dell’ascensore per tutto il tempo della colazione, ha visto passare Todoroki e lui si è anche fermato a parlargli, ma a parte quando gli ha confermato che Ojiro è tornato nel suo corpo non lo ha più ascoltato.

Per un attimo, giusto un secondo, si è chiesto come diamine lo sapesse.

Poi si è detto che doveva essere passato a controllare come stesse quella mattina, visto che sapeva la situazione, lui che poteva. E non si è più posto il problema. Nè di questo né del perché Momo non sia ancora scesa.

Bakugou l’ha volutamente evitato di cercare anche solo con gli occhi. Se lo vede, lo sfonda di mazzate.

Quando le porte dell’ascensore si aprono ed escono Ojiro, con le stampelle e la coda mollemente poggiata sulla spalla, e Shoji, che lo segue come se fosse preoccupato potesse cadere da un momento all’altro, è il primo a vederli.

Vorrebbe alzarsi e andare, se non a baciarlo appassionatamente come ha fatto Ashido, quantomeno ad abbracciarlo.

Ma sa che non può, non può, non può.

Quindi rimane al suo posto. Si alza invece Kaminari e subito dopo Jirou, che subito gli vanno incontro.

“Oh mio dio, Ojiro-kun, ma cos’è successo?!”

“Non lo so,” quasi ringhia Ojiro, “Vorrei molto saperlo, Kaminari, ma non lo so.”

“Non posso crederci,” mormora anche Jirou, “Bakugou era stato così attento con Momo che avevo quasi pensato…aah, che disastro! Quell’idiota non cambierà mai!”

“Beh, dai, vedi il lato positivo: sei tornato nel tuo corpo con la tua coda, che ti prometto solennemente non toccherò mai più senza il tuo permesso! Parola di Scout!”

Ojiro sorride, “Grazie Kaminari. Ci conto.”

“Ti ci voleva di finire nel suo corpo per capire che quando una persona dice no è no, Denki?”

“Di sicuro dopo quello che ho passato non metterò mai più in dubbio questo concetto!”

Ojiro sbuffa divertito, “Neanche avessi vissuto l’inferno! Quanto mai potrà essere difficile essere me?!”

“Te hai dieci chili di carne attaccati alla schiena! E senti ogni minima cosa che la tocca!”

“Non pesa così tanto…”

“Però scommetto che se fossero stati dieci chili di seno non ti saresti lamentato,” infierisce anche Jirou, le braccia incrociate al petto.

Ecco, quello è un momento indispensabile. La risposta sbagliata avrebbe potuto rovinare per sempre il loro rapporto, lo sentiva.

Kaminari ne è certo.

E forse ce l’ha scritto in faccia perché sia Jirou che Ojiro scoppiano a ridere, e anche Shoji pare contenersi appena.

“Non spremere troppo le meningi, Kaminari: non vorrei ti si friggesse il cervello!”

“Cerca di non andare in surriscaldamento, Kaminari. In questi giorni te l’abbiamo fatto usare troppo, potrebbe andare in contocircuito!”

Stavolta Shoji smette di trattenersi e ride a sua volta.

Kaminari è così sconvolto che non riesce neanche a parlare. Alla fine, comunque, esplode. “Ma Ojiro a te ha fatto malissimo stare nel corpo di Jirou! Siete dei mostri!”

“Che dite di divertente liggù?!” urla Ashido dal tavolo delle colazioni.

Ojiro alza gli occhi per cercarla, anche se non ha niente di particolare da dirle, ma l’unica cosa che vede è Shinsou. Incontra il suo sguardo e per un attimo si ammutolisce, smette di ridere e quando Shinsou abbassa gli occhi sul suo piatto lui si limita a sospirare.

Shoji lo guarda con la coda dell’occhio ma tace.

Kaminari non deve essersi accorto di niente, perché ancora brontola.

Jirou, invece, gli sfiora il braccio, più accorta e attenta. “Tutto bene fra voi due?”

Ojiro non risponde. Guarda Kaminari che si è appunto avvicinato a Shinsou per dirgli qualcosa sul fatto che il suo fidanzato, ovvero lui, fosse troppo cattivo.

Vorrebbe fermare Kaminari e dirgli di non infierire, di non girare il coltello nella piaga.

Si stavano divertendo e adesso, così all’improvviso, è di nuovo giù di morale.

Ma si volta comunque verso Jirou e sorride, “Non stiamo più insieme,” afferma solo, risoluto, poi zompetta con le stampelle fino al tavolo.

Vorrebbe sedersi perché gli fa male la gamba, deciso come mai ad ignorare lo sguardo di fuoco di Jirou sulla nuca, a cui ha stroncato ogni parola e non ha dato neanche il tempo di replicare dopo quella notizia.

Ci prova, a sedersi.

Ma a due passi scarsi dal tavolino Todoroki Shoto fa la sua comparsa, con Aizawa alle calcagne.

Lì per lì si impegna ad ignorarlo, ma in mancanza di Momo in sala Todoroki viene diritto verso di lui, inizialmente.

“Stai bene, Ojiro? Ti chiedo scusa per stamattina, non volevo affatto spaventarti.”

Ojiro cerca con tutte le sue forze di mantenere il controllo, ma il risultato è misero.

Ad averlo di nuovo così vicino, arrossisce fino alle orecchie. Il ricordo del suo alito sul volto –sulle labbra- è ancora troppo vivido e fresco. “T-Todoroki-kun non…non fa niente, è colpa mia, non…” fa un passo indietro, quantomeno ci prova. Dimentica di usare le stampelle e il gesso scivola sul parquet.

Ma non cade a terra.

Sente invece le mano di Todoroki sorreggerlo dalle braccia. Shoji quasi lo tira su di peso subito dopo.

“Le stampelle proprio non ti piacciono, eh, Ojiro-kun?”

“S-scusami, Shoji. Grazie, a tutti e due…”

“Fa attenzione. Se cadessi, sarebbe un disastro.”

Ojiro deglutisce, “S-sì. Grazie T-Todoroki…kun…”

Aizawa ha un tic all’occhio che nota solo in quel momento, mentre gli avvicina una sedia per farlo sedere e lo guarda.

A guidicare dalla sua espressione non sapeva che Bakugou lo avesse ferito.

E’ talmente furioso che attiva l’erasur anche se non ce ne sarebbe alcun bisogno, visto che non ha poteri da cancellare attualmente.

Midoriya, che fino a quel momento è rimasto piccolino nel suo angolo, deglutisce così sonoramente che lo sente anche Shinsou, che torna a sedersi.

Non ha detto nulla, ma ha visto tutto.

E non gli è piaciuto niente.

Niente.

“Che. Cosa. E’. Successo?!” sbotta Aizawa, “Cosa diamine è successo qui?!”

“Non lo so, professor Aizawa, lo giuro,” mormora Ojiro, stringendosi nelle spalle neanche fosse davvero colpa sua, “Mi sono svegliato già così.”

“Dov’è Ka…no. Chi diamine c’era nel tuo corpo, ieri?!”

“Bakugou, professore.”

“Lui. Sempre lui. Se c’è qualcosa che non va, lui è sempre in mezzo. Lui e tu, Midoriya! Dov’è Bakugou?”

Midoriya trasale, “Non…non so dove sia Kacchan, professore. Non lo vedo…da venerdì.”

“Fatico a crederlo. Iida, vallo a chiamare. Cercalo dappertutto, se necessario. Lo voglio nel mio ufficio prima di subito, sono stato chiaro?!”

“Chiarissimo! Corro subito a chiamarlo, professore!” afferma Iida, braccio alzato verso il soffitto. Poi corre verso il piano di sopra, nell’ala maschile.

Aizawa chiude gli occhi, annullando il suo potere e lasciando che i capelli ricadano morbidi sulle spalle, e si passa una mano sul volto.

Todoroki lo ha colto in contropiede, quella mattina presto, durante la colazione, fiodandosi nel dormitorio degli insegnanti. Era già pronto a punirlo quando ha detto che tutti erano tornati normali, e che le cose si erano finalmente sistemate, anche se non avevano idea di come e perché. Lo aveva seguito esultando internamente, aspettandosi confusione e tripudio di gioia in tutto il dormitorio A.

E in effetti la confusione l’aveva trovata.

Anche i guai, però.

Momo e Bakugou non c’erano. Shinsou aveva l’aria da cane bastonato invece di essere felice e poi Ojiro. Ingessato.

E lui non era nemmeno stato avvertito.

Questa Bakugou non la passa liscia. Assolutamente no.

La sospensione sarebbe stata la cosa più gradita di tutta la punizione che avrebbe inferto a quel dannato, stupido, problematico ragazzino.

“Professor Aizawa, con permesso. Non è stato…-”

“Non voglio sapere niente, Todoroki. Capito? Niente. Bakugou questa non la passa liscia,” sbotta, poi sospira di nuovo, “Per il resto, per quanto tutto questo sia folle…sono molto felice che siate tornati normali. Ovviamente faremo altri controlli a tutti quanti, per cercare di capire cosa ha provocato il disastro e cercare di non farlo mai più accadere. Non ne voglio più sapere niente. Tenetevi disponibili.”

“Sì, professore…”

“Non siete esonerati dalle lezioni, ma fate con calma. Non c’è fretta, per oggi. Tu sì, Ojiro. Se vuoi tu sei esonerato,” sospira per l’ennesima volta, massaggiandosi la base del naso, “Appena ritorna Recovery Girl te la mando.”

Ojiro annuisce. Non dice nient’altro, Aizawa sembra così esausto che persino Ashido tace, adesso.

“Sta bene, professor Aizawa?” tenta Uraraka, preoccupata.

Aizawa non alza neanche gli occhi, stavolta, “Sì. Vado. Ci vediamo in classe. Non fate guai. Se vi becco, vi espello tutti. Non ho più voglia di starvi dietro. Non fatemi sapere niente perché non voglio sentire più niente. Tenetevi lontani dai guai o da me mentre siete nei guai per almeno una vita.”

Continua a borbottare anche mentre lascia il dormitorio della A.

Non l’hanno mai visto così, nessuno di loro, nemmeno quando è stato rapito Bakugou e l’hanno messo sotto torchio con i giornalisti.

Sembra davvero sfinito.

“Povero prof,” mormora Ashido, “Gli facciamo un regalo per farci perdonare?”

“Tu dovresti pensare a farne uno enorme a Kirishima che ti è stato dietro tutto il tempo.”

“Oh, tranquillo Sero. A Kirishima ne farò uno grande grande!”

“Forse non voglio saperlo…”

 

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Capitolo 37
*** 37. Siamo tutti fottuti ***


37. Siamo tutti fottuti

 

 

 

 

 

É... Caldo.

A Katsuki, é sempre stato il freddo a dare fastidio, mai il caldo. Odia l'inverno, la neve gli fa girare le palle, le temperature polari gli fanno salire il sangue alla testa. Ma in questo momento a seccargli é la sensazione di calore che lo fa sudare da morire. Gli secca la gola, lo fa sbuffare e rigirare nel leggero dormiveglia, sente le fitte provenire dalla zona del suo corpo sotto la vita, tenta di scrollare il bacino, di scrollarsi di dosso le impressioni soffocanti del corpo -ferito- di un altro.

Sarà un cazzo di casino di merda, lo sa già. Quello scemo di Metà e metà gli ha dato da pensare, ma gliene dà di più il fatto che appena tornerà la vecchia, il Morto di Sonno senior verrà a conoscenza della faccenda e gli andrà bene se non lo prenderà a calci nel culo, con tutti gli arretrati.

Porca miseria. Che poi, la scimmia è l'amichetto del Morto di Sonno junior. Sicuro Aizawa si divertirà un sacco a fargli pagare di aver rotto il compagnuccio di giochi al suo protetto. E persino nel dormiveglia affannoso gli viene l'ennesimo mal di testa.

Fa per muoversi, voltarsi sull'altro fianco. E se sogna o é soltanto il peso opprimente dei suoi stessi pensieri non può dirlo ma sa che si sente costretto. Legato, quasi. E se é uno scherzo del subconscio traumatizzato glielo presenta proprio per bene, come fosse reale.

È in una situazione fottuta e non sa come uscirne. Intrappolato in membra che non sono le sue. E se é sempre meglio che convivere con tette di marmo e crampi massacranti, d'altro canto non è ancora il SUO di corpo. E che diamine, non capisce nemmeno più se lo ama o no, sa solo che gli manca la sua pelle. La sua intimità. Che poi sfrutti o meno non è rilevante ma rivuole la sua carne. La sua vita. E se non cede all'impulso di piangere di nuovo come una fontana è solo perchè non ha più la scusa delle robe da femmine. Oltre che per il fatto che non serve ad una mazza. Se solo quella sciroccata di Hatsume avesse fatto qualcosa di meglio che incasinare ancora di più le cose ...

Ih. Ma che è?

Gli sembra di avvertire -di pancia più che di orecchie, una sorta di eco dalle viscere che risale attraverso gli strati confusi della coscienza- dei rumori molto forti. E una voce familiare, eppure distante che chiama il suo nome. Ma sogna oppure è sveglio?

"BAKUGOU! BAKUGOU, APRI O MI SENTIRÒ’ AUTORIZZATO A FARLO IO!". Ma é ovattato, come impastato. "Bakugou!"

"Mhmm...". Non proviene da lui, no. E ne é sicuro, perchè ha socchiuso gli occhi a quel richiamo assordante -e scocciante- anche se non del tutto sveglio e cosciente comunque sicuro non ha fatto alcun verso.

E sicuro non si è tirato un calcio in un punto decisamente delicato del corpo da solo.

Anzi una ginocchiata. Che gli fa finalmente sollevare le palpebre e scattare come un gatto che rizza il pelo e si attacca al soffitto.

O in questo caso, butta l'ignara compagna di letto giù dal materasso. E incontra quei grandi occhi castano dorato che si spalancano, si spannano in pochi istanti e lo mettono a fuoco come se non capisse.

E nemmeno Bakugou capisce. Si é... Addormentato in camera dello scimmione, con una coda floscia e un ginocchio dolorante oltre che in compagnia di quel maledetto Metà e metà. Ora apre gli occhi che é in camera sua, circondato dopo quelli che gli sono parsi secoli dai suoi oggetti, i suoi vestiti, le sue cose.

È nel suo letto, e in compagnia di Faccia Tonda. Che lo fissa anche lei senza capire, e sembra aspettare qualcosa da lui. Un segno, manco fosse Gesù Cristo.

Ma forse solo per capire chi diamine abbia davanti, ovvio. E per capire se sentirsi più imbarazzata per aver dormito abbarbicata ad un'amica che si é svegliata con l'alzabandiera o se vergognarsi di più per aver stretto un compagno di classe dell'altro sesso che ha avuto una normalissima reazione fisiologica.

In ogni caso le sue guance morbide sono infocatissime. E quel rumore molesto alla porta si rivela essere Quattrocchi, che sbraita nel tono riservato solo alle occasioni speciali.

In questo istante gli è quasi grato, Bakugou. Perchè quella pesante presa di possesso della realtà gli impedisce di andare in panico, di cominciare a farsi domande, di mettersi a piangere di sollievo davvero come un idiota, di dar spiegazioni a Faccia Tonda seduta sul parquet come ci fosse nata e cresciuta che lo fissa come un prodigio. "BAKUGOU, IO APRO!". E dire e fare non hanno in mezzo alcun mare, la porta si spalanca e quel demente di Iida appare, in tuta e non in uniforme, sulla soglia.

Si deve aggiustare gli occhiali a culo di bottiglia sul naso, nervosamente, nel vedere Uraraka che d'impulso tira su le bretelline del top -perfettamente al loro posto già prima- e si tiene le braccia davanti al seno. "Questa poi...", bofonchia come se la scopa che solitamente ha su per il culo si fosse conficcata fino alla laringe.

Ma si riprende abbastanza in fretta, ligio al suo dovere di rompipalle e rappresentante di classe. I suoi occhi azzurro piombo dietro le lenti sono come canne di un fucile e sono puntati dritti su di lui, Katsuki. Che si gratta la scapola per decenza, quando in realtà vorrebbe "riabbracciare" il suo ... Coso, laggiù. E non in senso sentimentale, ma solo per una grattata tipo "batti il cinque". Così.

"Be'? Che vuoi?" sbotta rochissimo. E non gli pare vero di sentire di nuovo la SUA voce. Con quell'inflessione sempre stizzita.

Iida non ci pensa due volte a puntargli il dito contro. Neanche fosse un Villan, e che diamine. "Aizawa-sensei ha da parlarti, e con molta urgenza anche. Per cui dovresti recarti da lui".

"Embè? E non sapeva mandarlo un messaggio?".

"Il tuo cellulare ce l’ha Ojiro-kun".

Cazzo. Già. "Be' comunque ora ci vado, puoi levarti di torno Quattrocchi”.

Iida lo guarda durissimo. Poi guarda ancora Ochaco. "Da te non me lo sarei mai aspettato, Uraraka-san".

La ragazza trasale, ancora non si è mossa dal pavimento. Impossibile capire cosa pensi, forse nulla e sta solo cercando di venire a patti con quel che sta succedendo adesso.

"Ohi". Non si alza dal letto Katsuki. Cioè di farsi vedere "allegro" da quel cretino impagliato non gliene frega nulla, anzi. Ma non davanti ad Uraraka. "Ti ho detto che puoi levarti di torno, idiota. Non costringermi ad alzarmi", sbotta e solleva una mano. Non é sicuro di riuscire a far scoppiare neanche un chicco di mais in popcorn adesso, ma come minaccia psicologica é sufficiente.

"Non fare tardi", conclude Iida girando sui tacchi e chiudendo la porta. Con forza, in effetti.

"Tsk. Coglione".

É adesso che si degna di guardare Faccia Tonda. Che sembra aver ripreso un attimo i sensi, gli occhi sono meno vitrei e più presenti ma le guance sono ancora rossissime.

Dovrebbe dire qualcosa. E cosa? Okay, fra loro due sembrava essersi instaurato un qualche rapporto. Ma era una situazione eccezionale, adesso finalmente si è ripreso le sue sembianze, basta, chiuso. Non hanno più nulla da dirsi adesso.

E Ochaco sembra capirlo. Perchè si mette in piedi, spolvera immaginaria polvere dal retro dei calzoncini. A testa bassa.

"Allora... Vado eh", mormora appena. E Katsuki la guarda camminare fino alla porta, mettere la mano sulla maniglia.

Prima di darsi del cretino. Certo che ha qualcosa da dirle. "Faccia Tonda?".

Lei trasale. "Sî?".

"Il cellulare, portalo alla tua amica per favore".

"Ahhh...". Uraraka torna indietro, lo afferra da sopra la scrivania. Non dice altro nel richiudersi dietro la porta.

 

--

 

Nonostante quello che ha detto Aizawa, Ojiro decide comunque di andare in classe. Stampelle, ginocchio rotto e coda dolorante non lo fermeranno, non ha mai perso una lezione e non inizierà adesso per una cosa che non dipende da lui.

Non è nelle condizioni di permetterselo.

E non vuole nemmeno. E’ arrabbiato per come Bakugou ha trattato il suo corpo, è arrabbiato perché non ha nemmeno avuto la decenza adesso di prendentarsi lì e dirgli che ha fatto una cazzata. Non si aspetta nemmeno del tutto una scusa, da Bakugou, figurarsi. Ma almeno che scenda e lo guardi.

Invece Iida torna da solo, ha una faccia strana ma non fa domande, Ojiro.

Furibondo, ma cercando di non mostrarlo, Ojiro si alza dalla sedia e afferra le stampelle, ricordandosi di doverle usare.

“Amico?”

“Vado a mettere la divisa,” brontola, e Jiro nota subito il tono funebre, “Ci vediamo in classe, Kaminari?”

“Sei sicuro di voler venire?”

“Certo!”

“Ma…”

“Denki,” gli mette una mano sulla spalla Jiro, scuotendo poi il capo, “Lascialo stare. Tanto è nervoso, non ti darebbe retta.”

“Mh.”

Lo guarda comunque andare verso l’ascensore, chiedendosi se comunque non sia il caso di andare da lui giusto per dargli una mano. Cerca anche Shinsou con gli occhi, per spronarlo a farlo lui.

E’ stupido? Perché non ne approfitta? Mashirao sarà anche nero di rabbia ma è anche talmente evidente che abbia bisogno di una mano che fa male al cuore vederlo andare via da solo, così. Potrebbe seguirlo, essere gentile, rabbonirlo, parlare, fare la pace!

Invece no. Sta lì. Lo guarda con la coda dell’occhio, gioca col cibo. Ma niente.

Dopo andrà a dirgliene quattro. Mille. Di più. Prima la sua idea sarebbe quella di raggiungere Ojiro, ma Shoji gli indica col capo il corridoio.

In effetti si era chiesto perché Shoji non gli fosse stato alle calcagne fin da subito.

Todoroki è stato semplicemente più veloce.

“Aspe…Todoroki? Ma che…?”

 

Todoroki entra in ascensore con Ojiro, ma non gli serve più aiutarlo, tiene già l’equilibrio perfettamente. Nonostante non possa usare la coda, quella aiuta comunque, e tanto.

Ojiro, però, all’improvviso si sente più nervosa che arrabbiato.

Todoroki che vuole da lui adesso? Non ha più da stargli dietro per chissà quale motivo, come prima. O no?

“Volevo chiederti scusa, Ojiro-kun.”

Ojiro sobbalza, per poco non cade di nuovo, è rosso come i capelli di Kirishima quando si volta verso di lui e se lo ritrova –di nuovo!- così vicino alla sua faccia. “C-cosa…”

“Scusami, pensavo stessi cadendo,” afferma l’altro, allontanandosi, “Ti vedo un po’ instabile. Ti do una mano, se vuoi.”

“I-io sto bene. Ce…ce la faccio,” Ojiro sospira, prende un lungo respiro e cerca di nuovo di calmarsi, “Non c’è bisogno di scusarsi per stamattina, comunque. Eri lì per aiutare Bakugou, no?”

Todoroki annuisce, “Sì, ma…non è solo quello. E’ colpa di Momo se si è fatto…cioè se ti sei fatto male. Quindi…”

“E tu cosa c’entri?”

“Come?”

“Voglio dire, non so cosa c’entri Momo, ma meno ancora te. C’eri anche tu?”

“No. Ovviamente. Non lo avrei permesso.”

“E allora? E’ perché Momo è la tua fidanzata?”

“Mh.”

Ojiro sospira di nuovo, raggiunge la sua stanza e apre la porta. Fa entrare anche Todoroki, poi chiude la porta.

“Tu però non sei responsabile delle azioni di un’altra persona solo perché ci stai insieme, Todoroki,” afferma, mentre si toglie i pantaloni. Nessuno dei due fa caso alla cosa: si spogliano di continuo insieme nello spogliatoio, e anche se ora sono solo loro due nella stessa stanza sembra stranamente normale, tanto più che Todoroki lo sta fissando dritto negli occhi e non guarda nient’altro.

Ha avuto così ansia mentre ce l’aveva vicino al volto, proprio perché quegli occhi bicolore lo fissavano così intensamentre, e adesso che è in mutande davanti a lui e litiga coi pantaloni della tuta –perchè giusto quelli può riuscire a mettersi- non prova niente.

Chissà perché si è agitato tanto prima.

Forse…per Shinsou? Forse la sorpresa. Chi può dirlo.

“Lo so,” annuisce Todoroki, “Ma credo sia colpa mia se Momo era così nervosa, e se ha accettato la folle idea di Bakugou forse è stato proprio perché era così arrabbiata con me. Penso si volesse sfogare, o avesse bisogno di…”

“Non importa, non è comunque colpa tua, Todoroki-kun,” sorride Ojiro, decidendo di arrotolare la gamba del pantalone. Funziona, e finalmente riesce a tirarli su, anche se all’altezza della fasciatura li sente terribilmente stretti. “Se adesso Shinsou uscisse e decidesse di fare una strage perché è arrabbiato con me, che cosa ci potrei fare, io?”

“Non è la stessa cosa, credo.”

“Sì che lo è. Ti ringrazio molto per la premura, ma non serve che tu resti qui con me perchè ti senti in colpa per quello che ha fatto Momo. Innanzitutto, in qualche modo starò bene, me la cavo da solo e devo solo avere pazienza fino a domani, no? E poi, non sei stato tu a fare danni, quindi non mi devi nulla.”

Todoroki annuisce. In un qualche modo, quello che ha detto Ojiro ha senso, anche se lui non sa se ne è del tutto convinto.

“E poi credo che tu sia qui perché stai scappando.”

Stavolta, è Todoroki che sobbalza. Guarda Ojiro e quel sorriso che non sa decifrare e aggrotta le sopracciglia. “Fuggire? Io?”

“Già.”

“E…da chi starei fuggendo?”

Ojiro scrolla le spalle, “Da Momo, direi.”

Todoroki abbassa lo sguardo, “No. In verità, le ho scritto ieri, ma non mi ha ancora risposto. Quindi immagino che…”

“Le hai dato il tempo?”

“Come?”

“Di risponderti, dico, le hai dato il tempo? E’ tornata nel suo corpo all’improvviso, stamattina, e magari deve riprendersi. Non è nemmeno scesa a far colazione, stamattina, o almeno io non l’ho vista. Non dovresti essere con lei, adesso, invece che qui con me?”

“Tu…credi, Bakugou?”

“Eh?”

Todoroki sgrana gli occhi. “Scusami, Ojiro, volevo dire…Ojiro”

“Sei fuso anche tu, eh?” ride Ojiro.

Todoroki annuisce, ma non è per quello che ha sbagliato. E’ impressionante come quei due, Ojiro e Bakugou, fossero caratterialmente diversi eppure…eppure lui è più che certo che Bakugou gli avrebbe detto esattamente le stesse cose che gli ha detto Ojiro. Anche se forse con un altro tono. Decisamente con un altro tono, lo sa.

Eppure sentirlo parlare così lo ha catapultato per un attimo alla sera prima, quando Bakugou gli ha dato tutti quei consigli su Momo addirittura suggerendogli cosa scrivere.

Momo non ha ancora risposto, ma è vero anche quello che ha detto ora Ojiro: non ha avuto modo, forse. Se è tornata nel suo corpo, ora non ha più il cellulare. Forse non ha nemmeno letto, a ben pensarci.

Forse è davvero ora che vada da lei, e che dia retta sia ai consigli di Bakugou che a quelli di Ojiro.

“Forse hai ragione. Vado a vedere se riesco ad incontrarla prima delle lezioni.”

Ojiro annuisce, “Bravo. Buona fortuna, Todoroki-kun.”

Todoroki si avvia verso la porta, prende la maniglia e apre. Ma non esce subito.

“Posso farti una domanda, Ojiro?”

“Mh? Sì.”

“Perché hai lasciato Shinsou?”

Ojiro sorride, “Perché era meglio così.”

“Per chi?”

“Per lui.”

“Non penso di aver capito. Ma adesso che siete tornati normali, non dovresti parlarci di nuovo anche tu?”

“Immagino…di sì.”

Todoroki lo guarda di nuovo,  ma sembra stranito quando si volta di nuovo verso il corridoio esterno, come se avesse visto qualcosa che non si aspettava di vedere. O qualcuno.

Alla fine si volta di nuovo verso di lui, “Dovresti davvero.”

“Ci penserò.”

“D’accordo. Stai attento, con quelle.”

Ojiro ride, “Non ti preoccupare, Todoroki-kun, non cadrò più!”

 

--

 

Bakugou non ha alcun modo di sfuggire a quella merdosa situazione.

Prima delle lezioni, si presenta nell’ufficio di Aizawa proprio come gli ha detto di fare Iida.

Sa già quello che succederà e la cosa gli rompe più che mai. Non è certo di voler sentire.

Per la prima volta, Bakugou Katsuki è preoccupato. Cazzo, se è preoccupato. Questa volta l’ha fatta grossa, anche se lì per lì non gli è parso.

“Fanculo tutti,” borbotta, prima di bussare ed entrare.

Gli occhi di Aizawa sono di fuoco. Letteralmente, perché ha attivato subito il quirk quando l’ha visto.

È durato un attimo, sì, ma la sensazione atroce del fuoco furioso di Aizawa c’è ancora.

Che cazzo, però, alla fine non ha ammazzato nessuno! Nella situazione di merda in cui erano tutti, potrebbero pure fargliela passare, sta storia.

“Sai perché sei qui?” gli chiede Aizawa, girando la sedia per poterlo guardare. Lo studia dall’alto al basso e forse quello che vede lo fa arrabbiare ancora di più perché invece di calmarsi, possibilmente si infiamma ancora di più.

“Sì che lo so,” sbotta Bakugou. Mica è stupido.

Ovvio che lo sa. Il dannato scimmione ha una gamba rotta. Non passa certo inosservato.

“Bakugou,” inizia, e sembra per la prima volta stanco. Sfinito. “Sono…raccapricciato da quello che ho visto questa mattina. Fin’ora non ti è stato detto nulla, hai fatto quello che volevi fare, te le ho fatte passare tutte! Ho pensato che fosse complicato per te, che tutto sommato ti stavi comportando bene con Yaoyorozu. Ci ho quasi sperato. Ma questo è inammissibile. Hai mancato di rispetto a tutti i sani principi che dovrebbero muovere un eroe, tutti! Posso farti passare la rivalità eccessiva con Midoriya, posso farti passare l’eccessiva aggressività verbale o fisica in combattimento. Posso accettare il tuo caratteraccio, i tuoi modi di fare contro ogni principio morale. Tutto. E tutto ti ho fatto passare fin’ora. Forse è stato questo il mio sbaglio,” sospira, “Ho avuto la mano troppo leggera, su di te. Hai creduto di poter fare tutto quello che ti passava per la testa senza che nessuno ti dicesse nulla. Tanto da passare sopra al corpo di un tuo compagno, che si fidava di te e te lo aveva affidato, finendo per ferirlo tanto gravemente da rompergli un ginocchio. Se fosse stato in combattimento, in allenamento, o in un qualsiasi altro momento della vostra vita al dormitorio, forse ti avrei solo sospeso. Ma che tu abbia avuto l’indecenza, agghiacciante, di usare il suo corpo come se ti appartenesse di diritto, ferendolo e nemmeno riferendoglielo…senza riferirlo neanche a me! Questa non posso fartela passare liscia. Credevo stessi crescendo ma questa situazione mi ha dato conferma che sei solo ancora un ragazzino viziato che di eroico non ha ancora neanche un Hero Name. Hai toccata il fondo, Bakugou. Sei fuori dalla Yuuei.”

Bakugou trattiene il fiato, ma è ancora abbastanza orgoglioso da tacere.

Sì, questa volta tace, Bakugou, e la cosa sorprende Aizawa per primo, già pronto com’era a legarlo e placarlo col quirk.

Invece, Bakugou tace.

Che forse abbia dato una punizione troppo grande? Che forse, in verità, abbia capito da solo il suo errore?

“Okay.”

“Prego?”

Bakugou scrolla le spalle, “Beh? Che cazzo vuole che dica? Non la pregherò di certo.”

“Non servirebbe,” schiocca la lingua Aizawa, al colmo dell’esasperazione. “Adesso vai a preparare le tue cose.”

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Capitolo 38
*** 38. ...O forse no? ***


38. ...O forse no?

 

 

 

Prima delle lezioni,Midoriya, appena visto tutti i compagni di classe finalmente al loro posto, non aveva neanche finito la colazione. Appena Aizawa aveva lasciato la sala, lui era corso via.

Doveva vedere All Might e adesso è lì, davanti al suo ufficio, sperando che Melissa non sia lì.

Non che non volesse vederla prima della sua partenza, tutt’altro, non vede l’ora di vederla e gli dispiace l’idea di doverla salutare proprio adesso, ma ha bisogno di parlare con All Might di quello che è successo.

E lei non sa dell’One for All.

Quando entra nell’ufficio, però, lei è lì. È seduta sul divanetto e beve il tè, parlando con lui.

Midoriya diventa subito rosso come un peperone, “B-b-buongiorno, Melissa-san!”

“Deku-san!” esclama anche lei, “Ti stavo aspettando! Sono così felice che tu sia passato di qui, temevo di dover aspettare la fine delle lezioni per vederti!”

“Ah. A-anche io sono felice e…”

“Ho saputo che tutto sta tornando normale! Sono felice che non ci sia bisogno di nuovo di qualche macchinario, visto che io e Hatsume stavamo andando alla cieca! A questo punto, in effetti, presto tornerò a casa…” mormora Melissa dopo un po’ “E vorrei…insomma, dopo le lezioni, ti va di passare il pomeriggio con me, Midoriya?”

“Ma…ma certo che sì! Sì sì certo! Volentieri, M-Melissa-san!”

“E’ fantastico! Allora vado subito a finire di preparare i bagagli. Così dopo sarò libera! Zio Might, noi ci vediamo dopo, giusto?”

“Sì, certo, Melissa. Ho lezione solo per le prime due ore, oggi.”

“Perfetto!”

 Melissa lascia la stanza come un uragano, non così felice di dover tornare a casa, ma euforica all’idea di avere per tutto il pomeriggio Midoriya per sé.

Sa già che non faranno molto, forse parleranno e basta. Lei spera di scoccargli un altro bacio, prima di partire.

 

Una volta soli, comunque, Midoriya si volta verso All Might che gli fa cenno di sedersi.

Sa bene di cosa vuole parlare, ha visto Aizawa quella mattina e sembrava furioso, quindi l’ha fermato e hanno parlato brevemente. Gli è bastato per capire.

Per questo, quando passa la tazza di tè a Midoriya gli rivolge un gran sorriso.

“Ho saputo che è tornato tutto normale, giovane Midoriya! Devi essere felice!”

“Sì, lo sono,” annuisce Midoriya, con un sospiro, “E’ solo che…”

“Che?”

“Beh, non capisco. Il predecessore aveva detto che tutto dipendeva da chi si era scambiato, e non da me, giusto? Eppure la situazione non è migliorata. Anzi, volendo è peggiorata. Penso che ci siano problemi anche fra Shinsou-kun e Ojiro-kun, quindi non vedo come possano aver chiarito con Kaminari-kun. Senza contare Kacchan,” sospira, “E quello che ha fatto a Ojiro-kun. E sono proprio i loro corpi ad essersi scambiati. Capisco meglio Momo e  Ashido. Ma non ha senso.”

“In effetti, è strano. Ma tu sei certo di sapere le dinamiche fra loro? Forse i problemi di cui dovresti tener conto sono quelli del primo scambio, calcolando che il secondo è stato indotto da Melissa e Hatsume-san.”

Midoriya ci pensa un attimo. Forse, effettivamente, All Might non ha tutti i torni.

Lo scambio inziale è avvenuto solo per colpa sua. Ma successivamente chi non è tornato normale era chi si portava ancora gli strascichi di quello che era successo precedentemente.

Ovvero Momo, Kacchan e Ojiro con Kaminari a causa di Shinsou.

Non capisce Ashido che c’entri, in tutto questo, ma di sicuro Momo e Bakugou, da quando Momo è finita nel suo corpo, si sono molto avvicinati. Dopo per altro che lui è stato nel corpo di lei, creando non pochi problemi al povero Todoroki.

E proprio la sera dopo l’incidente con il corpo di Ojiro, tutti sono tornati normali.

Non può essere una coincidenza.

Ma Ojiro e Kaminari, allora? Non che a lui risulti che i due abbiano litigato. Forse, i problemi con Shinsou che ha notato persino uno come lui sono nati proprio dal fatto che i due si sono riavvicinati? Qualsiasi cosa fosse successa, che lui non sa.

O forse il discorso è molto più semplice di così.

Bakugou aveva problemi con tutti, e questo scambio invece gli ha permesso di avvicinarsi, che lui lo volesse ammettere o meno, a più di una persona.

E poi, ci sono Kaminari e Jirou, che non ammettevano i loro sentimenti e che adesso stanno insieme. Grazie a Ojiro.

Lui è tornato nel suo corpo a causa del quirk, che è il suo.

Jirou deve aver fatto pace molto più in fretta con se stessa e con quello che prova di quanto l’abbia fatto Kaminari.

Ecco perché sono tornati solo loro due, e non tutti.

E il secondo scambio ha complicato le cose, ma i problemi sono rimasti gli stessi.

Quindi è ovvio pensare che avvicinandosi tanto a Momo da allenarsi con lei, Bakugou abbia risolto una parte della sua asocialità.

E allontanando Shinsou –forse, forse hanno solo discusso, forse se l’è sognato, non ha chiesto informazioni, in verità, non gli sembrava il caso- Ojiro è riuscito a mettersi il cuore in pace anche con Kaminari.

E Kaminari stesso ormai sta con Jirou, e di sicuro ora è sereno.

E Ashido? Lei è l’unica che proprio non si spiega, che è finita in mezzo forse puramente per caso. Che forse non sia potuta tornare nel suo corpo per colpa sua, visto che è con lui che si è scambiata all’inizio? E quindi, supponendo questo,  il fatto che lei sia tornata normale è dovuto al fatto che lui sta cercando di allenarsi, cercando di non creare più problemi.

Visto da questo punto di vista, può immaginare che le cose siano andate effettivamente così, anche se in verità non lo sa e non lo saprà mai. Come potrebbe? Non è nella testa di nessuno di loro e non conosce i loro dilemmi personali.

“Forse hai ragione, All Might. Immagino comunque che l’unica cosa che conti sia che tutto è tornato normale.”

“Esatto, giovane Midoriya. Tutto è bene quel che finisce bene. E cerchiamo di evitare che il giovane Bakugou lo scopra.”

Midoriya, solo a quell’idea, rabbrividisce, “Kacchan mi ucciderebbe.”

“Rimarrà un segreto fra me e te.”

“S-sì. Assolutamente.”

 

--

 

A lezione quella mattina Bakugou non è in classe.

E sembra strano a tutti, perché ha partecipato nel corpo di qualcun altro, adesso che è finalmente tornato nel suo è assurdo che si sia dato alla macchia, perdendo preziose ore di lezione.

Quindi, esattamente cosa sta succedendo?

Kirishima, il più vicino a Bakugou da sempre dopo Midoriya, non sa nulla. E nemmeno Midoriya stesso.

Quando Aizawa entra in aula, però, è palese che qualcosa sappia. Guarda il banco di Bakugou, sospira, e poi fa l’appello saltando il suo nome, senza chiedere dove sia.

È chiaro a tutti che Aizawa sappia.

E se Aizawa sa, non sono buone notizie. Non lo sono affatto.

È per questo che Kirishima si fa prendere quasi dal panico, e a nulla servono le parole di conforto o le manine di Mina strette nelle sue.

Persino Ojiro è un po’ a disagio, mentre di tanto in tanto si gira a fissare il banco di Bakugou. Che c’entri lui? Ha la sensazione di sì, o più che altro quel gesso che lo rende così impacciato nei movimenti.

Ne ha maggior conferma quando torna in dormitorio, da solo, perché il resto della classe è in palestra per l’ultima ora di allenamento ma lui, tanto, per quel giorno, deve rinunciarvi. Sperando che Recovery torni il giorno successivo, ovviamente.

Quindi saltella con le stampelle fino alla sua stanza, usando ovviamente l’ascensore, ma fuori dalla porta c’è Bakugou.

Di tutti quelli che si sarebbe aspettato.

Eppure, per un qualche motivo si mette subito sulla difensiva.

“Che vuoi?” esclama, forse un pelo troppo eccessivo, “Levati. Faccio già fatica senza che mi stai in mezzo alla strada.”

Bakugou si scosta.

Si. Scosta.

Ojiro quasi non cade per la sorpresa. E Bakugou addirittura lo afferra quando lo vede traballare.

Lo aiuta.

“Ti…ti senti bene, Bakugou? Non…non mi dici che non devo darti ordini?”

Bakugou gli molla subito il braccio e infila le mani nelle tasche dei pantaloni. “Non devi darmi ordini a cazzo, infatti.”

“Ah. Ecco.”

“Però ero in mezzo.”

Ojiro sente il bisogno di sedersi, “Ossignore, allora è grave. Forse Recovery deve venire prima da te.”

“Non dire cazzate.”

“Ma…”

“Senti non rompermi i coglioni e fammi parlare che perdo il filo.”

Ojiro annuisce. Ora lo riconosce un po’ di più.

Anche se gli sembra comunque strano, ecco.

“Non volevo usare il tuo cazzo di corpo come se fosse il mio. Ad essere onesti, ho avuto la sensazione che anche tu fossi piuttosto sfrustrato, ed è vero che non so usare quella cazzo di coda di merda, ma ci sono stato attento. Non pensavo che potesse succedere quello che è successo. Non volevo fare altro che un po’ di ginnastica per bene, e mi sembra che il tuo corpo ci sia abituato eccome. Come facevo a sapere che sarebbe successo il delirio!? E non ho nemmeno avuto tempo per dirlo a nessuno, cazzo, perché è successo tutto tardi e troppo in fretta! E che diamine! Quindi…”

“Stai cercando di scusarti?”

“Non interrompermi!”

“…s-scusa.”

“Non sono così coglione da farmi influenzare da maschio e femmina! Delle cose che non sono mie ho rispetto a prescindere! Pensavo solo che potesse essere più semplice in un corpo simile al mio che a uno con quel peso del cacchio sul davanti e…e tutto il resto,” finisce in un brontolio, ma è ovvio si stia riferendo al ciclo, “E poi se non lo facevamo Yaoyorozu sarebbe comunque esplosa in classe, o chissà dove, magari si sarebbe fatta più male ancora da sola. Conosco il mio corpo.”

Bakugou a quel punto tace. E anche Ojiro, che cerca di raccimolare tutto quello che ha scoperto.

In effetti, dal suo non esattamente lineare punto di vista, Bakugou non ha fatto niente di male. Ha cercato di aiutare Momo. E se stesso, anche, ma quello è normale, in fondo.

“Avresti dovuto chiedermelo. Avrei detto di sì.”

“E quindi non sarebbe cambiato un cazzo, no?”

“Sì, invece. Sarebbe cambiato che non avresti fatto la parte dell’irrispettoso di turno. Che ti avrei coperto, e non sarei stato così arrabbiato. Non sarei sceso a colazione, mi sarei inventato una scusa e Aizawa non mi avrebbe visto. Ti ha messo in  punizione, vero? È per questo che non eri a lezione?”

“Mh.”

“Va bene. Se stavi cercando di chiedermi scusa, ti perdono, Bakugou. A patto che tu me lo dica.”

“E’ quello che ho fatto.”

“No. Ci hai girato intorno. Non è chiedere scusa, quello, diamine! Anche se volevi aiutare Momo, mi hai massacrato. Era il mio corpo e non me l’hai nemmeno chiesto!”

“Ma se hai appena detto che avresti detto di sì!”

“Ma non me l’hai chiesto, cazzo!”

Bakugou per un attimo tace. È la prima volta che lo sente usare certe parole. Per un attimo ghigna.

Poi sospira. Cazzo, è dannatamente difficile. Neanche a quel coglione di nerd ha mai chiesto scusa, ancora.

Fanculo.

“Mi dispiace.”

E di solito non basterebbe. Insomma, difficile dire che non sia una presa per il culo.

Ma Bakugou non chiede scusa nemmeno per finta.

Se lo ha fatto, è sincere. Ojiro crede di conoscerlo almeno un poco, ormai.

Sorride, “Perdonato. Ma la prossima volta ricordati che anche se credi di saper usare una cosa che non è tua devi comunque chiedere al legittimo proprietario!”

“Non farmi la cazzo di romanzina anche tu, scimmione del cazzo!”

“Ma sono le basi dell’educazione!” sospira Ojiro, scuotendo il capo.

È più difficile del previsto avere a che fare con Bakugou, da quando tutto questo è successo, eppure allo stesso tempo più semplice. Perché è vero che è molto più nervoso, e risponde peggio che mai, ma ha imparato ad ascoltare.

Si è dimostrato più educato e rispettoso del previsto, a voler essere onesti.

Anche se in un modo molto alla Bakugou.

“Tanto ormai è tardi,” borbotta Bakugou mentre lo supera per avviarsi verso le scale.

Ojiro incline appena il capo, ci mette un po’ a girarsi e quando lo fa Bakugou è già sceso di due scalini. “Tardi per cosa? Bakugou?” lì per lì non gli risponde, ma si ferma. Aspetta che lo raggiunga con la lentezza che lo caratterizza adesso.

Ma non si gira. “Sono espulso.”

“Cosa?!”

 

Kirishima fa le scale a due a due, ma quando arriva nella stanza di Ojiro e bussa non risponde nessuno.

Ha provato anche nella stanza di Bakugou, ma ovviamente anche se era dentro lui non ha risposto affatto. Immaginava non l’avrebbe fatto.

Ha parlato con Aizawa, e lui non ha rivelato assolutamente niente, anche se ha insistito.

È stato Ojiro a scrivergli, invece, dicendogli che Bakugou gli ha detto che Aizawa l’aveva cacciato. Per questo sperava di trovarlo in camera, ma non c’è.

Non può  crederci che Bakugou sia stato esplulso.

È assurdo.

È sempre stato uno studente problematico, più di altri di certo, ma non merita l’espulsione per quello che è successo.

Non se lo merita.

“Shinsou!”  sbotta quando lo vede, quasi in panico, “Dov’è Ojiro? L’ho cercato dappertutto ma non lo trovo da nessuna parte, accidenti!”

“E perché dovrei saperlo io?”

“Eh? E scusa e chi se non…oh,” Kirishima prende il cellulare, legge in fretta il messaggio, annuisce a sè stesso, “E’ da Todoroki,” gli dice come se credesse fosse giusto dirglielo, poi corre via.

E lo lascia lì. Shinsou rimane a lungo interdetto.

Perchè Ojiro è da Todoroki? Non che sia più un suo problema, a conti fatti, perché non lo è più. Lo sa.

Ma perché da Todoroki?

Il modo in cui si stanno comportando è così sospetto! O forse è lui che vede cose che non esistono?

Eppure, ai suoi occhi ci sono eccome.

Dovrebbe preoccuparsi di che cosa sta succedendo, perchè sembra ci sia un po’di trambusto e lui non ha diritto, lo sa, non ha più alcun diritto su Ojiro. Ed è colpa sua.

Ma gli fa comunque rabbia.

 

In camera di Todoroki Kirishima arriva di corsa.

La porta è aperta, evidentemente lo stavano aspettando, quindi entra trafelato.

Non si chiede nemmeno perché Todoroki sia lì e non con Momo. O perché Ojiro sia lì, poggiato al muro e la gamba gessata ben tesa.

“Ragazzi! Che cosa vuol dire il messaggio che mi hai mandato?!”

Ojiro sospira, “Sei stato da Bakugou?”

“Non mi ha fatto entrare. Ma c’era, perchè sentivo rumori.”

“Prima Bakugou è stato da me. Mentre vi allenavate. Mi ha chiesto scusa. Beh, a modo suo,” spiega Ojiro.

Questa volta è Todoroki ad annuire, “Bakugou non l’ha fatto con cattive intenzioni.”

“Lo so,” sorride Ojiro, “L’ho capito. Aizawa-sensei no, però, perché mi ha detto che l’ha espulso.”

Kirishima si lascia cadere sulle ginocchia, le mani fra i capelli, molto vicino alla disperazione.

“Non se lo merita! Non sarà il migliore del mondo, lo so, però…”

“Sta migliorando pian pianino,” ridacchia Ojiro, “Comunque, volevo andare a parlare con il professor Aizawa. Visto che è stato cacciato per me, forse se mi invento qualcosa potrebbe chiamare idea.”

“Non credo che Aizawa potrebbe cambiare idea.”

“Perché no! Sarebbe ragionevole pensare che ha esagerato un po’!”

“Aizawa è famoso per espellere la gente,” fa Todoroki, “Ricordate il primo anno?”

“Sì ma poi vengono spesso reintegrate,” nota anche Kirishima, “No? O non esisterebbero le classi successive alla nostra.”

“Comunque sia, io ci vado domani, dopo essere stato da Recovery,” afferma Ojiro, “Magari se mi vede intero gli migliora l’umore.”

“Vengo anche io! È il mio migliore amico!”

“Vorrei venire anche io,” mormora Todoroki.

Ojiro ridacchio, “Sono venuto qui apposta! Anche per chiederti se potevi dirlo a Momo.”

“Sì. Ci penso io.”

“Quindi avete chiarito?”gli chiede Mashirao, aprendosi in un gran sorriso quando Todoroki annuisce.

“Abbiamo parlato. È stato più semplice…di quanto pensassi.”

“Mi fa piacere!”

 

--

 

Todoroki era stato da Momo l’attimo dopo aver lasciato la stanza di Ojiro, quella mattina, prima delle lezioni.

Quando è arrivato, ha incrociato appena Uraraka e la sua cera non gli è sembrata della migliori, sembrava particolarmente giù di tono, ma ha fatto finta di nulla ed è andato comunque a bussare alla sua fidanzata.

L’ha trovata che stava ancora leggendo il messaggio che le aveva mandato la sera prima con l’aiuto di Bakugou e che non poteva aver letto prima perché dopo lo scambio avvenuto di notte non aveva con sé il suo cellulare.

“E’ vero quello…che mi hai scritto?”

Todoroki fa mente locale, ricorda bene tutte le parole dettate da Bakugou e trascritte da lui. Annuisce subito, “Ogni singola parola.”

“Oh Shoto, io…” Momo sospira pesantemente, “Capisco il motivo per cui mi hai sgridata, ieri. Mi dispiace così tanto, per Ojiro-kun! Ma…”

“Ma?”

“Ma io non sapevo che cosa fare! Ero così arrabbiata, e frustrate, e triste, E il corpo di Bakugou sembrava così…così…”

“Così?”

Momo lo guarda. Sospira, “Beh…Teso. Quanto me. E non riuscivo a sopportarlo.”

Todoroki annuisce, “Credo che sia colpa mia se stavi così. Mi dispiace molto, Momo. Il fatto è che io…che nemmeno io sapevo bene come comportarmi, in quella situazione. Prima, dovevo proteggerti. Poi…poi…”

“Poi era Bakugou quello che aveva bisogno di aiuto, vero?”

Todoroki tace. Potrebbe dire che la verità era che non sapeva come gestire la sua ragazza proprio nel corpo del ragazzo a cui si era avvicinato tanto e in fretta, a causa di quella situazione. Stava iniziando a conoscerlo e vedere Momo dentro di lui l’aveva destabilizzato.

“Forse è stato quello. Io non sono bravo in queste cose, lo sai. A parlare con gli altri e a interagire e…e questa situazione mi ha messo in crisi. So che era così anche per te, ma eri in mani migliori con Uraraka, io credo. Però adesso sei tornata, e…e mi manchi.”

Momo si asciuga gli occhi, annuisce, si allunga a prendergli la mano e la stringe. È stata così stupida a dubitare di lui. Uraraka aveva ragione, glielo ha detto in tutti i modi. Avrebbe dovuto ascoltarla.

“Saresti venuto anche se non fossimo tornati ognuno nei propri corpi, vero Shoto?”

“Ma certo che sì. Stavolta sì.”

“Meno male,” singhiozza lei, “Sono così felice.”

“Possiamo…stare un po’insieme? Non abbiamo molto tempo prima delle lezioni ma…dopo. Alla pausa pranzo?”

“Ne sarei…ne sarei felice, Shoto,” sussurra lei, avvicinandosi a lui di un passo. Shoto tentenna appena, la guarda stretta nelle spalle e in lacrime. E alla fine l’abbraccia, carezzandole i capelli.

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Capitolo 39
*** 39. La voce della coscienza ***


CAP 39. La voce della coscienza

 

 

 

Ojiro riesce ad andare da Recovery Girl poco prima della pausa pranzo, il giorno successivo. L’anziana rientra alla Yuuei solo quella mattina, infatti, ma non volendo perdere le lezioni deve accontentarsi..

Bakugou non c’è neanche quel giorno, e questa volta anche Midoriya e Uraraka se ne preoccupano. Li sente parlare con Todoroki, e sa di certo che verranno anche loro due.

Forse è meglio così. Più sono, meglio è. Più hanno possibilità di convincere Aizawa.

Almeno, lo spera.

Recovery, quando si presenta, accompagnato da Shoji, lo fissa un po’, come se si stesse chiedendo cosa fosse successo mentre lei non c’era.

“E’ stato un incidente. È caduto dalle scale. Bakugou, dico,” inventa Ojiro, perché non vuole domande. Non è il momento e non hanno tempo!

“Ah, già. Lo scambio,” mormora Recovery, come se se ne fosse ricordata in quel preciso istante.

Subito dopo, lo cura e poi lo libera finalmente dal gesso e dalle fasciature.

Ojiro prova a muovere la coda per la prima volta da quando è tornato nel suo corpo, assorbe quella meravigliosa sensazione d’appartenenza e pesantezza che gli regala.

Ora sì che sente di essere tornato nel proprio corpo, accidenti.

“Grazie mille!” esclama subito dopo, poi apre la porta e corre via, con Shoji alle calcagna.

Gli altri li aspettano fuori dall’ufficio insegnanti dove, di sicuro, c’è anche Aizawa.

Non pensava che si sarebbe mai ritrovato a fare una cosa simile per qualcuno come Bakugou, che non è mai stato gentile con lui. Nemmeno durante quello scambio è stato gentile col suo corpo. Ma lo è stato, in altre situazioni, a modo suo durante quel periodo apparentemente lunghissimo.

E, a prescindere, non meritava l’espulsione.

È un suo compagno e, anche se è scorbutico e antipatico, si merita di stare alla Yuuei. Sta migliorando, e si merita di poter continuare quel percorso insieme a loro, di continuare a dimostrare che sa essere anche una persona migliore, se si impegna.

Di diventare un eroe.

 

“Eccoci!”

“Ah, finalmente!” esclama Kirishima, “Stai bene, Ojiro? Come ti senti?”

“Bene,” annuisce Ojiro, saltellando un po’ sulle gambe come a provarlo, “Alla grande.”

Shoji gli mette una mano sulla spalla, spingendolo un po’ avanti verso Todoroki e Momo, “Bussa tu,” gli dice.

Ojiro annuisce. Non gli piace essere in prima linea su certe cose, tipo quelle, non è abituato a guidare un gruppo. Non è mai stato un leader, nemmeno un braccio destro, lui è quello che normalmente sta dietro, copre le spalle o chiude le linee. Quello su cui si può contare ma che non sceglieresti mai come cardine del piano.

Perché è così normale. Ha solo la coda, un quirk così debole e a tratti patetico.

E Bakugou è sempre stato il primo a ricordarglielo. Così come Shinsou invece gli ha sempre detto il contrario.

Già, Shinsou. Che non c’è, anche se Kirishima ha detto di avergli parlato.

Non tutta la classe lo sa, ma solo perché non potevano venire in venti, avrebbero intasato il corridoio.

Ad ogni modo, non è a Shinsou che deve pensare. Visto che comunque anche se gli ha mandato Shoji ad aiutarlo, non si è nemmeno fatto vedere né sentire. Eppure, l’ha visto com’era ridotto.

L’ha visto e l’ha ignorato.

E adesso forse non c’è proprio perché è un idiota, e ce l’ha con Bakugou, ma con che diritto? Visto che non gli ha mai nemmeno chiesto come stava, in quelle quasi quarantotto ore?

Scuote la testa. Non è il momento.

Alza il braccio e bussa, ma apre prima che qualcuno da dentro risponda. “Professor Aizawa? Dobbiamo parlare con lei!”

Aizawa, che effettivamente è dentro, sospira. Accanto a lui, Mic gli tira una gomitata, “Te l’avevo detto che sarebbero venuti, darling!”

“Taci, Hizashi,” sbotta Aizawa, alzandosi. Ma poi, per andare dove?.

“Ascoltali. Dammi retta, Shota. Cambia idea.”

“Taci, ho detto,” brontola, “Cosa volete.”

“Siamo qui per Bakugou,” afferma Ojiro “Sappiamo dell’espulsione.”

Aizawa lo squadra, ben lieto che finalmente può smettere di pensare a quella storia, visto che il ragazzo sta bene.

E invece no. Adesso è accerchiato.

“Allora sapete anche che se non filate via gli farete tutti quanti compagnia.”

“Non puoi espellerli tutti, Shota!”

“Fa silenzio, Mic, faccio quello che mi pare e dovreste saperlo tutti.”

“Allora ci espella pure tutti quanti,” fa Todoroki, risoluto, facendo un passo avanti, “Pare che non le importi nulla di aver commesso un’ingiustizia!”

“Ingiustizia?” alza un sopracciglio Aizawa, “Mi state insinuando che ho commesso un errore?”

“Sì!” trilla Kirishima, “Sappiamo tutti quanti che Bakugou non è l’immagine del santo eroe, ma non merita nemmeno questo!”

“Kacchan si sta impegnando davvero per cambiare. E lei questo lo sa.”

“Ha commesso un errore, ed è giusto punirlo, ma questo è troppo, Aizawa-sensei. E, inoltre, se punisce in questo modo lui, deve cacciare anche me…”

“…Momo, no!”

“...Sì invece! Perché sono stata io a ferire il corpo di Ojiro, è stata tutta colpa mia. E, Ojiro, non mi sono ancora scusata con te, mi dispiace immensamente!”

“E’ stato un incidente,” sorride Ojiro, “Un incidente, Aizawa-sensei. Non può espellere qualcuno per un incidente, anche se grave.”

Aizawa sospira, massaggiandosi la base del naso. “Cosa ti fa parlare così, dopo ieri mattina?”

Ojiro abbassa lo sguardo per un attimo, poi torna a guardare il suo insengnate, “E’ venuto a scusarsi ieri dopo le lezioni e a spiegare quello che è successo. Ero arrabbiato ieri mattina ma nemmeno sapevo quello che era successo. Adesso lo so, e forse Bakugou non si è comportato nel modo migliore, ma l’ha fatto perchè voleva aiutare Yaomomo e questo non può essere punito, le pare? Non si può punire una persona che cerca di aiutarne un’altra, è questo il compito di un eroe, no?”

Aizawa, stavolta, alza entrambe le sopracciglia, “Yaoyorozu?”

“S-sì! È la verità!” esclama lei, irrigidendo la schiena. Todoroki gli prende la mano, la stringe e lei riesce finalmente a rilassare un po’ le spalle, “E’ così. Ero nervosa, e tesa. Rischiavo di perdere il controllo del suo quirk. Ne avevo paura, dopo quello che è successo a Jirou mentre era Kaminari. Non l’ho detto, ma Bakugou deve…deve averlo capito. Forse perché era il suo corpo,” non è del tutto la verità, c’era tanto dietro quello che è successo, una situazione che stava estenuando sia Bakugou che Yayorozu stessa.

E la verità è che se le cose fossero andate come da programma, e non fosse successo nulla di brutto, le cose sarebbero veramente potute migliorare.

“E secondo voi, se fosse vero e quindi io dovessi credervi, perché Bakugou stesso non me ne ha fatto parola?”

“In che senso?”

“Ha accettato l’espulsione senza far lamentele, Kirishima.”

“COME?”
“A maggior ragione!” esclama Uraraka, prendendo parola per la prima volta, “Bakugou non avrebbe mai accettato se non si sentisse in colpa e non fosse dispiaciuto per quello che è successo! Se non si è lamentato,se non ha urlato…vero, Deku-kun?”

“Sì, lo penso anche io,” annuisce Midoriya, “Anche il fatto che sia andato da Ojiro-kun senza che nessuno glielo facesse notare…Vuol dire davvero che sa che l’ha combinata grossa e si sente in colpa.”

“Ma anche così, professore, punirlo con l’espulsione è eccessivo!”

“La prego, sia ragionevole!”

“Per favore!

Aizawa sospira. Sente chiaramente Mic ridacchiare alle sue spalle e ha così tanta vogli di picchiarlo che gli tremano le mani, motivo per cui le caccia subito in tasca.

“Prendo atto di quello che avete detto,” sospira, “Adesso filate in dormitorio e studiate.”

“Aizawa-sensei…”

“Filate. Via. Subito!” sbotta, chiudendo loro la porta in faccia.

Gli fa male di nuovo la testa.

“Tanto non avevi davvero voglia di mandarlo via.”

“Sta zitto, Hizashi, o mi sfogo su di te.”

Present Mic alza le mani, ridendo divertito, “Okay, okay.”

“L’avrei fatto invece. Per quello che avevo visto, era inaccettabile. Ma a questo punto mi cambiano tutte le carte in tavola.”

“Ieri eri arrabbiato,” sogghigna Mic, “Ma lo sai che se quel ragazzino non ha spiccicato parola è perché c’è qualcosa che non va.”

“Lo sospendo per un mese.”

“Oooh, anche questo è una brutta punizione.”

“Non posso mica cancellargli tutto come se niente fosse.”

“Una settimana? Un mese è really much!”

“Tre.”

“Due.”

“Venti giorni e mi spieghi perchè stai intervenendo per lui?”

Hizashi scrolla le spalle, “Sono la voce della tua coscienza, Shota.”

Aizawa alza gli occhi al cielo, “Va al diavolo, Hizashi!”

 

--

 

Con l’animo un po’ più leggero, all’idea di aver fatto la cosa giusta, anche se non è certo di quale sarà la decisione di Aizawa, Ojiro si dirige subito verso la sua stanza.

Per qualche motivo è certo che andrà bene. Che le loro parole hanno raggiunto Aizawa.

Il suo sguardo è cambiato mentre parlavano e spiegavano. Se prima era arrabbiato poi si è fatto comprensivo, a tratti annoiato. Insomma, quasi come ogni giorno.

Spera che prenderà la decisione giusta.

L’espulsione di Bakugou non è ancora ufficiale, e spera che non lo diventi affatto.

Adesso, l’unica cosa a cui vuole pensare è recuperare tutto il tempo perso in quel periodo di scambi. Non a livello scolastico, perché non ha mai smesso di studiare e di stare attento alle lezioni, a parte i primi due giorni nel corpo di Jirou –essenzialmente perché non si sentiva bene. Più che altro, a livello fisico.

Kaminari non si è certo allenato e Bakugou quando ci ha provato gli ha spaccato una gamba. Quindi, sono più di due settimane che il suo corpo è fermo, e lui non ci è abituato.

Fin da bambino ha sempre praticato sport, molteplici tipi di arti marziali e anche altro, quindi adesso ne sente davvero fisicamente il bisogno.

Lui non ha un quirk di cui possa perdere il controllo o che possa rischiare di ferire per sbaglio. Ma sente la tensione dei muscoli e la rigidità della coda.

Ha bisogno di muoversi.

Ha davvero bisogno di allenarsi.

Quando arriva nella sua stanza, però, si blocca.

C’è Shinsou. Lì, poggiato allo stupide della sua porta come se lo aspettasse, le braccia incrociate, e sembra anche nervoso.

“Che…ci fai, qui?” mormora Ojiro, annunciando la sua presenza.

Shinsou di risposta sobbalza, lo guarda di sfuggita ma mai direttamente negli occhi. Eppure sembra arrabbiato, anche, stringe i pugni nascosti sotto le braccia incrociate sul petto.

Si chiede se qualcuno l’abbia costretto a stare lì, gli sembra assurdo ma allo stesso tempo non tanto. Non sa che cosa sia successo mentre lui, Todoroki e gli altri erano dal professore.

Sa che Kaminari lo farebbe, lo spingerebbe a parlargli, anche solo per ricambiargli il favore avuto con Jirou, anche se l’ha fatto per amicizia. Forse anche Shoji lo farebbe, anche solo nella speranza che possa far bene ad entrambi, ma era con lui e quindi non possono aver parlato.

Ad ogni modo decide di tacere, e aspettare.

Shinsou ci mette un po’, ma alla fine parla lui.

“Che succede con Todoroki?”

Ojiro sbatte le palpebre, perplesso, “In…in che senso?” è questo quello che vuole chiedergli? Solo questo?

“Nel senso di che succede! Ti sei comportato in modo strano con lui, l’ho visto seguirti in camera e ieri eri tu nella sua.”

Ojiro drizza la schiena, “Che fai, mi controlli?”

“No. Ero preoccupato.”

“E allora bussi alla porta e mi parli, non mi segui di nascosto!”

“Quindi è successo davvero qualcosa.”

“Non essere stupido! Todoroki-kun sta con Momo, non lo farei mai!”

“E allora perché ti stava praticamente appiccicato?”

Ojiro sgrana gli occhi, “Ora fai anche il geloso?”

“Io sono geloso!” sbotta Shinsou, “E voglio sapere, a costo di usare il brainwash!”

“Non oseresti! Me lo hai promesso…”

“Lo hai detto tu che non stiamo più insieme.”

Ojiro fa un passo indietro, sembra sconvolto e per un istante Shinsou si pente del tono a cui è arrivata quella conversazione. Ma deve sapere.

“Quindi mi useresti contro il lavaggio del cervello? Ti fidi così poco di me? Pensi che ti ami così poco da provarci con un altro, per altro Todoroki cazzo che sta con Momo, solo dopo due giorni?!”

A Shinsou si stringe per un attimo lo stomaco, gli occhi di Mashirao sono lucidi e sembrano sul punto di scoppiare a piangere. Anche se non versa nemmeno una lacrima.

E’ orgoglioso Mashirao. Lo ama anche per quello.

“Mi…ami?”

“Sì, maledizione!” sbotta anche Ojiro, incrociando le braccia al petto e stringendosi nelle spalle, “Purtroppo sì. Todoroki voleva solo scusarsi per quello che era successo e aiutare. A differenza tua. Vattene via, adesso.”

“Mashirao…”

“Non chiamarmi per nome!” gli  urla contro, sconvolto e arrabbiato “Sì, ti amo ancora, ma sono incazzato nero e se non ti togli dalla mia vista adesso Shinsou giuro che ti picchio!”

Ma Shinsou non si muove. Resta lì e lo guarda.

“Te ne vai o no?”

“No.”

“Shinsou…ti giuro…”

“Picchiami. Me lo merito, lo so. Mi sono comportato come un idiota da quando è iniziata tutta questa storia, sono stato un pessimo compagno e invece di aiutarti ti ho dato ancora più problemi. Ma adesso che mi hai detto che mi ami ancora, non mi muovo più di qui finché non mi dai modo di farmi perdonare.”

Ojiro praticamente trema di rabbia, e frustrazione, e forse altro. Sembra ancora sul punto di piangere, e Shinsou si sente in colpa per questo.

E’ ancora più dell’idea di non muoversi affatto di lì.

“Ma tu veramente…tu davvero pensavi che solo perché ti avevo mollato…”

“Non so cosa pensassi. Anzi, probabilmente non pensavo.”

Il pugno cozza con violenza inaudita contro la mascella di Shinsou, Ojiro non ha affatto contenuto la sua forza e Shinsou finisce contro il muro, la bocca e il naso che sanguinano.

“Allora continua a non pensare, ma lontano dai miei occhi!” urla Ojiro, scavalcandolo per aprire la porta della stanza e chiudendosela dietro subito dopo.

 

Kaminari si affaccia con cautela. Ha sentito solo le ultime battute di Ojiro, perché stava urlando, non sa cosa gli ha detto Shinsou però che invece parlava in maniera più contenuta. Però se lo ritrova lì, in mezzo al corridoio del loro piano, a terra, la testa incassata nelle spalle e la faccia mezza pesta.

È indeciso se farsi i fatti suoi o no, ma non può farlo sul serio. Loro lo hanno aiutato così tanto, specie Mashirao. Però Ojiro ha chiuso la porta a chiave e poi ha davanti Shinsou, non può ignorarlo.

“O-oi, amico, ma…”

“Sta zitto!” sbotta Shinsou, alzandosi. Non ce l’ha con Kaminari, ma non ha voglia di sentire anche lui. “Non ho bisogno della romanzina anche da te.”

“Io non faccio romanzine,” brontola Kaminari, “Non sono abbastanza intelligente per le romanzine. Volevo chiederti come stai.”

Shinsou non risponde. Come vuole che stia? Ha litigato di nuovo con Mashirao, stavolta di brutto, e si è preso pure un cazzotto atroce da lui. Che fa male. Brucia come l’inferno ma non per il labbro spaccato, no.

Quello lo sopporterebbe.

È il suo significato che fa male.

Ha sbagliato. Forse stavolta è davvero tutto finito.

“Senti…magari vuoi…”

“No. Vado…in camera mia.”

Kaminari fa un passo in avanti, del tutto intenzionato a seguirlo. Mica lo può mollare così, no? Cioè, s’è preso un cazzotto dal suo ragazzo…ex…quello che è. Lui morirebbe se succedesse con Jirou. Quello che sa è che si amano ancora. E forse uno come lui non è abbastanza sveglio da capire quale cavolo sia il problema.

Si amano e sanno di amarsi.

Lui aveva paura di dirlo a Jiro perché era certo che non lo ricambiasse. Ma loro lo sanno!

E quindi che diavolo stava succedendo?

Jiro sbuca in quel momento, è scalza e lo guarda con fare accusatorio. “Denki, perché sei ancora lì?”

“Non so se seguirlo…”

Lei alza gli occhi al cielo, “Va da Ojiro!”

“Ma Shinsou sanguinava. Magari dovrebbe andare da Recovery?”

“Shinsou se lo meritava.”

“Hai origliato!”

Kyoka arrossisce appena, poi scuote il capo, “Urlavano. Non mi serviva attaccarmi al muro. Sei tu che sei sordo.”

“Io…io ero distratto…sai com’è…”

E Jiro avvampa, gli tira un calcio sugli stinchi per punizione pentendosi di essere scalza e poi va a bussare con forza alla porta di Ojiro.

“Vai via!” si sente urlare da dentro, “Vattene!”

Jiro sospira, “Sono Kyoka. Con Denki.”

Nella stanza cala il silenzio per un po’, Jiro sente chiaramente scorrere l’acqua del bagno ma anche se deve essersi lavanto il volto, quando apre la porta Ojiro ha un aspetto orrendo e gli occhi quasi pesti dal pianto.

“Abbiamo sentito…qualcosa.”

“Immagino.”

“Va tutto bene, Ojiro-kun?”

Ojiro abbozza un sorriso, è così tirato che nemmeno uno come Kaminari potrebbe crederci. Jiro no di certo. “Va tutto bene, sì. Scusate se vi ho dato fastidio.”

“Ma ti pare. Sei sicuro che va tutto bene?”

“Sì, Jiro-san.”

“Ma si può sapere che è successo?!”

“Denki!”

Kaminari salta indietro per evitare i jack, “Scusa ma…prima ho incrociato Shinsou. GLi hai spaccato mezza faccia.”

“Bene,” afferma Ojiro, e nonostante la voce tremolante è così perentorio che fa paura.

“Ma come bene…”

“Se non avessi volute fargli male non gli avrei tirato un pugno. E’ uno stupido, se lo merita, non voglio più parlarne, né di lui né con lui.”

“Però…”

“Denki smettila,” sbotta Jiro, “Senti, Ojiro-kun, vuoi…un po’ di compagnia?”

“Non sarei molto di compagnia.”

“Non importa,” sorride Jirou, comprensiva, “Ma non mi sentirei bene con me stessa se ti lasciassi da solo.”

Ojiro abbassa gli occhi per un istante, poi ricambia il sorriso, si passa una mano sugli occhi anche se in quel momento sono perfettamente asciutti, e alla fine annuisce, “Grazie.”

 

 

--

 

 

Quando, il giorno dopo, Bakugou comunque non è in classe, l’umore generale è basso.

Non possono credere che sia stato tutto inutile, non poi dopo aver fatto l’errore di credere di avercela fatta.

E non è stata una bella mossa, Aizawa se ne accorge subito quando entra in classe. Eppure ha il suo sogghigno inquietante sul volto quando si posiziona dietro la cattedra.

“Aizawa-sensei,” inizia Ojiro, ma Aizawa gli rivolge un’occhiata che lo raggela sul posto.

Poi sogghigna di nuovo.

Midoriya rabbrividisce visibilmente.

“La sospensione di Bakugou si alza di un giorno ogni volta che osate di nuovo infastidirmi con questa storia.”

“Sospensione? Ma…ma quindi…”

“Siamo già a ventuno giorni, Kirishima.”

Kirishima sobbalza, “No, no, per carità! Ecco, mi metto qui, non dico più niente. Muto.”

“Bravo. Voi altri?”

Ojiro si siede subito, e gli altri ne seguono l’esempio subito dopo. Ma sorridono.

Lo sapevano che Aizawa non poteva essere così cattivo da non capire quello che gli avevano detto.

Momo alza timidamente la mano, “Possiamo dire una sola cosa, senza intaccare la punizione di Bakugou?”

Aizawa sospira, “Una sola, Yaoyorozu.”

Momo annuisce, si alza, “A nome di tutta la classe, Professor Aizawa,” inizia, poi si inchina, “Grazie. Non solo per Bakugou, ma per il suo aiuto durante questa situazione surreale. Grazie, professore!”

“Ma, perché, che era successo a Bakugou? Di che parlate? Eh?”

Ojiro si gira verso Kaminari e si mette l’indice sulle labbra, “Ssh, te lo spiego dopo, Kaminari, okay?”

“Ma…”

“Un’ottima idea, Ojiro. Perché se non inizio la lezione entro dieci secondi, trovo anche una punizione per voi,” sbotta Aizawa, ma non sembra davvero arrabbiato, in fin dei conti, “Siediti, Yaoyorozu. Non serve che ringrazi. È il mio lavoro. E adesso, iniziamo la lezione.”

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Capitolo 40
*** 40. Non scapperai! ***


CAP 40.  Non scapperai!

 

 

 

 

 

 

 

 

Alla fine della lezione, seguita in totale silenzio e finta attenzione, Ojiro non alza nemmeno gli occhi dal quaderno. Lo chiude, lo infila nello zaino, fa lo stesso con l’astuccio. Pulisce polvere che non c’è dal tavolo.  

Sta aspettando che Shinsou, di cui sente gli occhi addosso, se ne vada, così da poterlo fare anche lui.

Ma Shinsou rimane .

Anzi, ha persino la faccia tosta di provare ad avvicinarsi a lui, guardarlo. Bussa sul tavolo come se fosse una porta, come se serve attirare la sua attenzione, come se credesse che non l’ha visto.

Ma l’ha visto eccome.

Senti, Ojiro, possiamo…”

Ojiro lo interrompe alzandosi, e nel farlo è evidente che cerca di fare più rumore possibile con la sedia.

Jirou, a malincuore, coglie la richiesta. Si affaccia di nuovo nell’aula e lo guarda, “Ojiro-kun,” lo chiama, “Vuoi venire a pranzo con noi?”

, grazie,” afferma subito l’altro.

Kaminari le tira la manica, “Perché ti impicci? Forse se parlavano…”

“Shinsou ha sbagliato di brutto. Lascialo penare un po’.”

“Ma, Kyoka…”

Jirou sospira, prendendogli la mano, “Se gli parla adesso, Ojiro non lo perdona. Devi lasciarlo sbollire, calmarsi, capire che gli manca. D’accordo? Fidati di me, Denki. Nemmeno a me piace vederli così.”

Non tanto perché pensa che debbano stare insieme per forza, a lei non cambia nulla se Ojiro decide che con Shinsou è finite per sempre e basta.

Però, il punto è che non è finita affatto.

Ojiro ci sta male, quella notte, quando l’hanno lasciato solo per dormire, si è permessa di poggiare i jack al muro ed è certa di averlo sentito piangere. Senza contare, infatti, lo sguardo arrossato di quella mattina.

Vuole che parlino, almeno per chiarire. Se poi decidono di tornare insieme o no, di rimanere solo amici, a lei non importa.

Basta che non stiano più così.

 

Per questo anche nei due giorni successive Jirou, e Shoji quando lei glielo chiede, diventano l’ancora di salvezza di Ojiro.

Jirou sa benissimo che Shinsou probabilmente li sta odiando, ma sente ancora che è giusto così.

Ojiro è ancora troppo arrabbiato. È ancora più arrabbiato che triste, o pentito, o nostalgico.

Lo sa, lo vede da come guarda Shinsou le poche volte che lo guarda, da come lo evita quando Shinsou chiama il suo nome, da come lascia la stanza quando entra Shinsou, a colazione e cena, quando mangiano in dormitorio.

È così palese che persino Kirishima, e alcuni altri che non sanno cosa è successo tra loro, iniziano a fare domande.

Anche perché ormai è l’unica cosa interessante rimasta nella classe.

Tutti gli altri problemi, improvvisamente, sembrano essersi volatilizzati. Tutto e tutti sono tornati in perfetti rapporti.

Kirishima e Mina, Kirishima e Bakugou, Todoroki e Momo.

Forse, gli unici ancora in sospeso sono Bakugou e Ochako.

Jirou l’ha notato da tempo, che fra i due in quel periodo si sono molto avvicinati ma, da quando è stato sospeso, Bakugou si fa vedere pochissimo da loro.

Non li ha nemmeno ringraziati. O, meglio, pare, a sentire Kirishima, che si sia fatto dire da lui solo i nomi di quelli che effettivamente sono andati a parlare con Aizawa e che sia andato da loro porta a porta.

Ma non sa che cosa ha detto.

Non ce lo vede a ringraziare. Non persone come Midoriya, poi.

Comunque, sa che c’era anche Ochako, quel giorno. Quindi, insomma, qualcosa devono essersi detti, no?

Ochako-chan, perché non vai tu a portare il quaderno degli appunti a Bakugou?”

Ochako sobbalza, a quelle parole, “Eh? Io?”

Beh, . Qualcuno deve, no?”

Perché non Kirishima?”

Beh, pensavo che ti facesse piacere, vederlo. Mi è sembrato che ultimamentesai…”

Ochako scuote con forza il capo, “Volevo solo aiutare lui e Momo-chan. Nient’altro. Non c’è nient’altro.”

Jiro sa che sta mentendo. Lo percepisce chiaramente.

“Okay, beh, qualcuno comunque li deve portare e io volevo andare da Denki.”

Behva bene. Da pure a me, Kyoka-chan.”

“Grazie mille!”

Ochako quindi afferra il quaderno e si avvia verso le scale nella parte maschile del dormitorio.

Non è sicura di voler vedere Bakugou. Non…no, anzi, lo sa che non vuole vederlo.

Perché può solo rimanere ferita da quello che potrebbe succedere, qualcosiasi cosa sia.

In quelle settimane si è avvicinata tanto a Bakugou, e non può negare di provare qualcosa per lui, o di iniziare a provare qualcosa. Però è anche abbastanza certa che per Bakugou non sia lo stesso. È stato gentile, anche attento a lei, ma totalmente indifferente.

O almeno, è la sensazione che ha avuto anche la mattina in cui sono tornati normali, quando gli si è svegliato accanto.

Non le è parso provasse granché.

Quindi deve smetterla. Di sperarci, di pensarlo.

È solo un amico. Solo un amico.

Nient’altro.

E lei, comunque, l’ha fatto per Momo. , per Momo, che era trascurata anche da Todoroki.

Non per Bakugou.

Che cazzo fai , faccia tonda?”

Ochako sobbalza, si gira di scatto. Bakugou è , con una cesta di panni freschi di lavatrice fra le braccia.

“I…io ero venuta…per questo…”

Bakugou fissa il quaderno, poi di nuovo lei, poi la porta della stanza. “Puoi entrare. È aperta.”

“A-ah…okay…” Ochako apre la porta, la camera di Bakugou è perfettamente in ordine, se c’era una valigia in mezzo per l’espulsione, è sparita di nuovo.

L’odore di Bakugou è ovunque.

Ad Ochako per un attimo gira la testa.

“Si può sapere che cazzo hai? Posalo sul tavolo, no?”

“G-giusto.”

Bakugou sospira. Non è stupido, dannazione, lo avrebbe capito anche Todoroki, che vive col prosciutto sugli occhi e nelle orecchie. È impossibile non capire che Ochako è cotta.

A puntino.

Forse persino più di quando lo era per Midoriya.

E non è che Bakugou è cieco anche da non dire che Ochako è uno schianto ed è forte, ed ha tutto quello che cerca in una donna.

Solo che non è il cazzo di momento.

Adesso, poi, meno che mai.

Senti, Uraraka,” mette la cesta sul letto, la lascia ma per un attimo continua a guardarla, senza voltarsi.

“S-?”

“So che c’eri anche tu quando siete andati a parlare con faccia da morto.”

, beh…era il minimo. Io…”

, vabbeh, comunque non è questo il punto. Tu sei quella che mi ha aiutato più di tutti in questa situazione, indirettamente o meno. Anche se mi comportavo di merda.”

Eri nervoso,” sorride Ochako, “Comprensibile.”

“Non dire cazzate,” alza gli occhi al cielo. Senza contare, poi, che aveva pianto davanti a lei.

Pianto.

Pianto!

Ecco quella forse era l’unica cosa per cui poteva dare la colpa al nervosismo. E ai dannati ormoni.

“Ti devo una serie di favori non indifferenti. E a dover essere onesto non capisco che cazzo di gusti di merda hai per innamorarti prima di quel nerd di merda e poi di me…”

Ochako diventa paonazza all’istante, “C-c-cosa…”

Bakugou sogghigna, “Fai schifo a nascorderlo. Giusto merdeku poteva non capirlo.”

“Ma…ma io…no, no, hai frainteso! Io non volevoio non….”

“Come ti pare. Anzi, meglio. Perché io non ho tempo per queste cose. Questa situazione del cazzo e adesso la sospensione mi faranno perdere un sacco di tempo, porca puttana, e non accetto di rimanere dietro a voi perdenti. Quindi meglio se ho capito male. Bene, ti ho detto quello che dovevo.”

Ochako rimane a lungo ferma.

In un qualche modo, non è ferita dal discorso di Bakugou. Non l’ha rifiutata. Le ha solo detto che….che non è tempo.

E anche lei lo pensa. Lo ha pensato per molto tempo.

Ha rinunciato e poi perso Deku per questo, perché per lei era ed è più importante la scuola per adesso. E se l’è preso Melissa.

“Lo capisco,” afferma Ochako, e stavolta è seria. Rossa, , ma determinata.

Bakugou la guarda, e quegli occhi grandi e profondi per un attimo gli fanno battere il cuore.

Ma è sicuro di quello che ha detto.

Non cambierà idea ora.

Nemmeno io ho intenzione di rimanere dietro te e Deku-kun. Diventerò un eroe e questo è l’unica cosa su cui mi voglio concentrare, mi sono già fatta questa promessa una volta. Ma posso dire una cosa, Bakugou-kun?”

Cosa?”

Stavolta non mi farò nemmeno battere sul tempo da qualcun altra!”

Bakugou la guarda mentre se ne va, lasciandolo di nuovo solo nella stanza. Ha la testa alta, le spalle ben dritte. Non la vede in volto ma sa che sta sorridendo.

Si ritrova a sorridere anche lui.

Bene.

Perché quando sarà tempo nemmeno lui se la farà scappare.

 

 

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Capitolo 41
*** 41. L'amore rende stupidi ***


CAP 41. L’amore rende stupidi.

 

 

 

Più si guarda intorno, più Shinsou ha la netta sensazione che tutti siano d’improvviso felici.

Le coppiette sono tutte innamorate, si tengono la manina, chiacchierano, Kirishima e Mina li ha beccati a limonare in cucina solo quella mattina, con la scusa che erano tutti a far colazione e non pensavano li vedesse nessuno.

Jiro passa più tempo nella stanza di Denki che nella sua.

Momo e Todoroki sono più discreti e rispettosi l’uno dell’altra, ma si lanciano occhiate e sorrisi che lasciano tutto dire.

Ochako non l’ha più vista vicino a Bakugou, ma è così serena e luminosa mentre parla con Momo e Tsuyu che deve essere per forza successo qualcosa di bello.

E lui li odia.

Tutti.

Anche se è colpa sua se la sua situazione è una merda. Li odia comunque.

Odia tutto quell’amore, tutta quella felicità.

Che cazzo. Lui con Ojiro non è ancora riuscito nemmeno a parlare. O lo ignora, o fugge con Jiro e Shoji.

E l’unica volta che è riuscito ad impedirgli la fuga immediata, gli ha urlato in faccia di sparire e lasciarlo in pace. Ha urlato che era uno stronzo finché non è apparso Bakugou all’angolo.

Bakugou.

Chi cazzo se aspettava che l’angelo aalvatore potesse essere proprio quel maledetto?

“Che cazzo succede?”

“Fatti i cazzi tuoi.”

“Difficile, se date spettacolo senza far pagare il biglietto,” sogghigna Bakugou.

Ojiro ne aveva approfittato, l’ha spinto via e si è defilato.

“Andiamo, Bakugou.”

“Non darmi ordini.”

“Allora resta tu a litigare. Buon divertimento.”

Bakugou si era voltato appena verso di lui, alzando le sopracciglia, “Patetico. Lo dovresti conoscere meglio di chiunque e non l’hai capito che attaccarlo non lo farà calmare?”

“Non era quello che stavo facendo!”

“Invece si. Inchiodarlo al muro non è la soluzione. Eddai, strizzacervelli, la prossima mossa qual è, usargli contro il quirk? Così hai chiuso per sempre.”

“Io non…”

“Tu non un sacco di cose che poi fai comunque. E male. Lascialo in pace. Fallo sbollire.”

“Ma tu che cazzo ne sai? Non sono nemmeno sicuro che tu conosca il suo nome!”

“Lo conosco. E a quanto pare non solo il suo nome, visto come ti stai comportando. Se fossimo a Tokyo scatterebbe subito l’arresto per stalking, sai? Non gli stai nemmeno dando il tempo di ragionare. Gli stai sempre addosso. Non è così che si fa.”

“E tu da quando sei esperto?”

“Non lo sono. È pura logica, poi fai quello che ti pare, sono cazzi tuoi.”

Lo ha lasciato lì, così, dopo avergli detto quelle cose.

E, dannazione, Shinsou sa che ha ragione. E la cosa gli da fastidio.

E aumenta tutto il suo odio verso quella felicità immotivata, mentre lui rode dentro e Ojiro…lo vede che è triste. Lo vede che non è felice.

È solo per questo che insiste.

Se lo vedesse felice…sì, forse se ne farebbe una ragione.

Ma non lo è.

Ha il viso segnato di chi dorme male, a lezione si distrae facilmente.

Lo ha visto guardarlo, ma appena è lui a farlo, se ne va. Fugge.

Sa di essere uno stronzo. Ma è il suo stronzo e vorrebbe solo chiedergli scusa. Non gli sta concedendo nemmeno quello.

E fa male.

Ma lo fa comunque, alla fine. Lo lascia sbollire, come ha detto Bakugou.

Smette di provare a parlargli, è il primo che lascia la classe, cerca di non guardarlo più. Di certo, non lo molesta più.

Non sa quanto durerà. Ma tanto vale provarci.

 

A malincuore, Shinsou alla fine segue il consiglio di Bakugou, e smette di insistere.

È complicate, per lui.

È davvero difficile, perché ogni volta che lo vede vorrebbe andare da lui. Vorrebbe scusarsi.

Vorrebbe che tutto tornasse come prima.

Gli manca anche solo parlare con lui, carezzarlo, baciarlo. Gli manca tutto, e da settimane, e adesso è finalmente tornato nel suo corpo, adesso che potrebbe davvero…

Sospira. È colpa sua, quindi è giusto che ne paghi le conseguenze.

Sì. È giusto.

“Ehm…amico?”

Shinsou alza il capo, guardando Kaminari come se nemmeno lo vedesse. “Cosa?”

“Vuoi venire a pranzo con noi?”

Shinsou sospira, “Non ho fame.”

“Va bene, ma…un po’ dovresti sforzarti secondo me. Non sei venuto a cena ieri. Sono preoccupato per te.”

“Non c’è bisogno.”

“No senti,” insiste Kaminari, bloccandogli il passaggio, “Sì che c’è bisogno. Ojiro mi ha aiutato con Jirou, ma anche tu l’hai fatto e sei mio amico. E quindi c’è bisogno. Se non vuoi vedere Ojiro, possiamo prendere qualcosa e andare altrove.”

Shinsou sospira di nuovo, guarda il banco di Ojiro che è già vuoto, perché si è allontanato per primo con Shoji, per andare a pranzo. C’era anche Tokoyami. Parlottavano strettamente e Ojiro teneva il capo chino.

“E’ lui che non vuole vedere me.”

Stavolta è il turno di Kaminari di sospirare. “Dagli tempo. Secondo me gli manchi. È solo che è arrabbiato.”

“Già.”

“Senti. Io non ho sentito bene che è successo e perché stavate litigando, quindi non lo so di chi è la colpa, però…”
“E’ mia. La colpa è mia. Ho fatto una cazzata.”

“Beh, il fatto che tu lo sappia…penso sia positivo, no?”

“Non cambia niente.”

Kaminari sbuffa, gli prende lo zaino prima che Shinsou possa fare la sua mossa e si avvia verso la porta, “Va bene, sarai depresso davanti ad un piatto caldo in mensa. Muoviti, dai! O ti trascino, giuro!”

“Non è che se mi prendi la borsa mi hai costretto, sai?”

“Che palle, amico! Non è nemmeno che puoi fare, che ne so, lo sciopero della fame finché Ojiro non si decide a parlarti? Lascialo sbollire! Gli manchi, quindi prima o poi troveremo il modo di convincerlo ad ascoltarti! Perché ti assicuro che vuole farlo! Ti do una mano io, lo devo a tutti e due! È anche un po’ colpa mia se avete litigato…”

Shinsou scuote il capo, “No, quello…era una cazzata che potevamo risolvere facilmente.”

“Beh, ad ogni modo, ti aiuto! In qualche modo.”

Shinsou alla fine sospira per l’ennesiva volta. Ma sorride, “Va bene.”

Non ha fame e non ha voglia di mangiare, ma è vero che ha già saltato la cena del giorno prima, dopo le parole di Bakugou, perché per non vederlo non è nemmeno sceso.

Quindi, alla fine lo segue. In fondo, basta sedersi ben lontani.

E non disturbarlo, come gli stanno dicendo tutti.

E sperare. Sperare che sia vero, come dice Kaminari, che tutto sommato gli serve solo un po’ di tempo.

 

--

 

“Non hai proprio intenzione di perdonarlo?”

“Ti prego! Non ti ci mettere anche tu!”

“Io non te l’ho mai chiesto.”

Ojiro sospira, “Hai ragione. Scusa,” borbotta, “E’ che Kaminari continua a chiedermelo, ogni volta che mi passa vicino.”

Shoji annuisce, comprensivo.

Comprende davvero. Sono passati quattro giorni da quando Shinsou ha smesso di provare a farsi ascoltare, però lo vede che lo guarda di continuo. E vede anche Ojiro che sospira, di continuo.

Lui è rimasto indietro, non sa che altro è successo ma sa che non è più per la storia iniziale che Ojiro fa così. Prima, gli aveva ammesso di averlo fatto per proteggere la psiche di Shinsou, perché convinto che non ce la potesse fare a stare con lui se era nel corpo di un suo caro amico.

E all’epoca l’aveva capito.

Ma adesso è certo di essersi perso un pezzo importante.

Ma, quando l’ha visto così abbattuto, non ha avuto il coraggio di chiedere altri dettagli.

“Lo sai? Quando sono tornato nel mio corpo, ero felice sul serio. Ho pensato che finalmente potessimo parlare, che si sarebbe risolto tutto quanto e che l’avrei tirato per le orecchie da Kaminari per sistemare tutto anche con lui, se per caso qualcosa ancora non andava. E poi…” sospira di nuovo, Ojiro. Shoji non gli chiede niente, non insiste.

Aspetta che sia l’amico a parlare di nuovo, sa perfettamente che lo farà.

“E poi Todoroki è stato così gentile da aiutarmi. E lui mi ha fatto una scenata stupida.”

Shoji sgrana gli occhi, “Shinsou? Di gelosia?”

“Già. Non mi ha mai fatto pesare la mia amicizia con nessuno di voi. E adesso osa insinuare…con Todoroki poi!”

Shoji per un attimo rimane interdetto, facendo mente locale.

Ora sì che è tutto chiaro. Anche l’ira di Ojiro, che non ama essere controllato in nessun modo.

Ma nonostante tutto, si ritrova a sorridere, “Non si è mai sentito attaccato da noi.”

“Eh? In che senso?”

“Io sono un mostro, Tokoyami ha un aspetto molto particolare, idem Koda, e Sato non è proprio il tuo tipo mi sa…”

“La smetti di dire che sei un mostro? Shoji, non è affatto vero. Tu sei una persona meravogliosa.”

“Ti ringrazio,” sorride l’amico, “Ma il mio aspetto è oggettivamente…”

“…normale!”

“…terrificante. Sii oggettivo, Ojiro.”

“Lo sono! In questo nostro mondo non sei più strano di tanti altri. Ormai sono in pochi a fermarsi all’aspetto, e sono in pochi ad avere un aspetta totalmente umano. Sii tu oggettivo! Se Shinsou non si sentiva attaccato da voi perché pensi che vi considerasse brutti, allora è più stupido e superficiale di quello che pensavo e non lo perdonerò mai!”

“No, no, no!” esclama subito Shoji, muovendo due mani davanti al viso e prendendo quelle di Ojiro con altre due, “Non è quello che volevo dire! Ascoltami, okay? Mi sono sicuramente spiegato male.”

Ojiro stira le labbra, “Solo se ritiri quello che ti sei detto prima. Shoji, tu sei una persona bellissima, e mi dispiace che non hai ancora trovato nessuno che ti ami in quel modo, però anche così…”

“Non ho bisogno di qualcuno che mi ami in quel modo con amici come te o Tokoyami,” lo interrompe Shoji, sorridendo, “Lo so. Ti ringrazio.”

Ojiro annuisce, stringendogli le mani e ricambiando quella stretta, “Ti voglio bene,  Shoji, lo sai. Sei il mio migliore amico. Non mi piace sentirti parlare così, lo so che anche se ci scherzi è un argomento che ti fa male.”

“Scusa, Ojiro,” mormora ancora, “Però, comunque. Insomma, stavi con lui, è ovvio che il nostro aspetto…particolare?”

“Particolare va già meglio.”

“Bene. Era ovvio non rientrasse nei tuoi gusti.”

“Nemmeno Todoroki. Che poi è etero, quindi…”

“Ma hanno un carattere molto simile.”

“Solo superficialmente.”

“E sono due bei ragazzi.”

“Sì ma in modo diverso.”

“Non credo che Shinsou sia in gradi di fare tutte queste diversificazioni in questo momento. Gli manchi e si sente attaccato da qualsiasi cosa. Scommetto che se entrasse adesso se la prenderebbe anche con me, perché ti sto tenendo le mani.”

“Sarebbe davvero stupido.”

“L’amore non rende stupidi?”

Ojiro stira le labbra, “Ma perché dovrei stare con una persona che…che…”

“Non devi,” lo interrompe Shoji, comprensivo, “Ma eri così felice quando stavi con lui, ti si illuminavano gli occhi ogni volta che lo guardavi, e lui è sempre stato così accorto con te, no? E adesso invece sei sempre triste. Quindi, è vero che non devi. Ma vuoi o no?”

Ojiro non risponde, abbassa invece gli occhi, che si fanno lucidi.

È vero e lo sa. Gli manca, o non lo guarderebbe di nascosto, non piangerebbe. Però è arrabbiato.

È così arrabbiato…è normale che lo sia, no? Tutto quello che ha fatto nell’ultimo periodo è imperdonabile.

Tutto.

Eppure…gli manca così tanto.

“Lo ascolterò.”

“Bravo.”

 

--

 

Si presenta quindi da lui, la sera dopo.

Poteva andarci subito dopo la conversazione di Shoji, era anche già una settimana che lo faceva penare senza rivolgergli neanche un’occhiata  -o, meglio, senza farsi vedere.

Tutta quella situazione era folle.

Bussa con forza, di modo che non avrebbe potuto ignorarlo in nessun modo. Non che pensasse che potesse davvero ignorarlo. O volesse farlo.

Quando la porta si apre, Shinsou ha un’espressione infastidita e irritata che, però, sparisce immediatamente quando vede che è lui, sostituito da sorpresa e…ansia forse? Preoccupazione? O forse un pelo di speranza?

“Mas-…Ojiro. Scusa. Cosa…?”

Ojiro scuote il capo, “Non fa niente. Posso?”

“Certo.”

Gli fa spazio e Ojiro si infila subito nella sua stanza, poi chiude lui la porta. Come se fosse il padrone di casa. Come se non fosse cambiato nulla.

“Ti ascolto,” gli dice solo Ojiro. Non aggiunge altro e per un lungo istante Shinsou rimane in silenzio.

Ojiro l’ha evitato per giorni.

E adesso è lì. Forse, tutto sommato, deve ringraziare Kaminari per averlo distratto in quei due giorni e avergli impedito di tartassare Ojiro, e di dargli un attimo di tregua.

Quand’è che è diventato così, poi? Non lo è mai stato e pensava che non si sarebbe mai ritrovato in una simile situazione, e invece Ojiro lo fa uscire di testa.

Non è mai stato così geloso, ma da quando Ojiro l’ha lasciato ha visto in tutto e tutti una minaccia.

“Quando mi hai lasciato sono andato fuori di testa, okay? Vedevo una minaccia in chiunque.”

“In Todoroki.”

“Sì. Non solo lui. Mi rendo perfettamente conto che sia una follia, ma non controllavo i miei pensieri. So che Todoroki voleva solo aiutare, non ha fatto altro che cercare di aiutare chiunque da quando è iniziata questa storia, anche male a volte,” sospira, “Ma ci ha provato. Io no. Non abbastanza. All’inizio pensavo fosse semplice, non mi interessava dove fossi, purché fossi tu. Però…poi mi hai mollato. Ero arrabbiato anche io e ho iniziato a sragionare.”

Ojiro scuote il capo, “L’ho fatto perché…” abbassa gli occhi, “L’ho fatto perché pensavo che per te fosse troppo. Kaminari è tuo amico, stavate facendo pace in quel momento, e se fossi rimasto nel suo corpo come avresti fatto? Eri così giù che ho pensato fosse meglio allontanarsi per qualche giorno.”

Shinsou sgrana gli occhi, a quelle parole.

Certo, come aveva fatto a non pensarci? Se non fosse scappato a casa dai suoi genitori quel weekend, forse avrebbe visto che Ojiro era triste e amareggiato tanto quanto lui e forse avrebbe capito che c’era qualcosa sotto, che non l’aveva lasciato solo perché deluso da lui.

Che stupido.

“Mi sarebbe passata. Ero solo deluso dagli eventi.”

“Anche io ero deluso e tu me lo facevi pesare.”

“Mi dispiace. Davvero. Io non…sono stato un pessimo compagno e una pessima persona. Lo so. Mi sentivo…schiacciato da tutto quello che stava succedendo e in colpa perché diavolo, tra tutti voi sono l’ultimo che dovrebbe sentirsi così, e lo so. Lo so, però…”

“Come hai potuto pensare,” lo interrompe Ojiro, con la voce gracchiante e tremante, “Che non mi potesse più importare niente dopo così poco tempo, o che…o che non ti amassi più!”

“Io non…non credevo davvero…tu ti comportavi in modo strano con Todoroki! E pure lui…”

“Perché mi aveva colto di sorpresa, va bene? Mi sono svegliato nel mio corpo e c’era lui, ero in tremendo imbarazzo! Ma lui stava solo aiutando Bakugou! E poi scappando da Momo, perché è più idiota di te, dannazione! Ma almeno lui ha avuto il coraggio di andare da lei a parlare e a chiarirsi, almeno lui in questa situazione ha provato ad aiutare come poteva tutti quelli che poteva!”

“Io ho provato a parlarti…”

“Non dare la colpa a me!” gracchia Ojiro, asciugandosi velocemente la guancia, “Quando sei venuto ti ho fatto parlare e tu mi hai puntato il dito contro!” urla.

“Hai…hai ragione…”

“Non mi serve avere ragione!” sbotta, prima di scoppiare a piangere, così forte che quei singhiozzi scuotono anche Shinsou, quando lo abbraccia.

Adesso non ha la scusa degli ormoni fuori posto di Jiro, né altro.

Però, comunque non riesce a smettere.

La rabbia, la frustrazione, e anche il sollievo adesso, è l’unico modo in cui riesce a tirarli fuori.

Non si allontana nemmeno da quell’abbraccio. Potrebbe, ne avrebbe tutto il diritto. Avrebbe il diritto di prenderlo a codate in quel momento. Ma non lo fa.

Perché ha bisogno di quell’abbraccio, da settimane lo brama.

E anche se è arrabbiato, è anche terribilmente innamorato.

“Scusa, Mashi, mi dispiace tanto.”

“Spero…spero di averti fatto male.”

Shinsou sorride, “Sì. Un bel po’.”

Ojiro tira su col naso, stringendoglisi contro, “Bene.”

“Mi dispiace tanto.”

“Sono ancora arrabbiato.”

“Okay.”

“Molto.”

“Lo capisco.”

“Hai fatto pace con Kaminari?”

“Ho passato gli ultimo due giorni con lui, credo di sì.”

“Ti perdono, ma se sbagli di nuovo ti picchio e ti scarico.”

Shinsou ride piano, “Okay.”

“Non ridere. Sono serio.”

“Va bene. È giusto.”

“Sei uno stupido idiota.”

“Hai ragione. Mi dispiace.”

Ojiro scuote il capo “…mi lasci adesso?”

“No. Aspetto di abbracciarti da settimane. Su questo non patteggio.”

Stavolta Ojiro sorride, ricambia l’abbraccio e sospira, ma di sollievo.

In fondo, aspetta anche lui da settimane.

 

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Capitolo 42
*** 42. Epilogo. ***


EPILOGO

 

 

 

Aizawa ha la forza di tornare nel dormitorio A solo mesi dopo.

Dopo mesi di pace, assenza quasi totale di problemi e comunque problemi che non hanno raggiunto lui. Ha visto All Might e Present Mic correre di qui e di lì appresso ai normali danni che possono combinari normali studenti.

Ma lui si è rifiutato categoricamente di muoversi.

“Se mi alzo vi giuro che non avremo una 3A,” gli è bastato dire così, quirk attivo ed espressione omicida, e nessuno dei due gli ha mai più chiesto niente.

Se dovevano chiedere il permesso di fare qualcosa, i ragazzi sapevano di dover chiedere a All Might.

Se succedeva qualcosa, se qualcuno si sentiva male o si faceva male o qualcosa di simile, Recovery o Mic direttamente.

Aizawa ha passato quei mesi con Eri.

Vedeva quei devastanti ragazzini solo durante le lezioni.

Si sente ringiovanito, finalmente rilassato, come se fosse andato in vacanza.

Ora si che può dire che lo pagano abbastanza.

Ad ogni modo, quel giorno non può esimersi. Per quanto abbia imposto di comportarsi come se lui non esistesse e non fargli sapere niente, è pur sempre il docente responsabile di quella scapestrata sfortunata sezione di ragazzini problematici, e soprattutto Eri voleva andarci e lui non riesce a dire di no a quella bambina.

È l’unica che sa come farlo cedere.

Per sua fortuna non si immischia nei guai degli adulti, spesso non capisce i dettagli di quel poco che sente e, soprattutto, sa farsi i fatti suoi. È una bambina intelligente e lui è molto fiero di lei.

Per questo, quando gli dice di voler –per favore- partecipare alla festicciola di natale della classe, visto che l’anno prima si è divertita tanto, ha imparato cose nuove e ha ricevuto un regalo così bello anche se l’ha perso (in verità, Aizawa si è limitato a nasconderla e a maledire Tokoyami che ha avuto la brillante idea di mettere una spada fra i regali. Alta quanto Eri stessa, poi. Forse gliela ridarà quando sarà più grande, se capirà che le potrebbe servire per proteggersi).

Quindi Aizawa ha acconsentito.

Chi è lui per negare una festa alla sua bambina il giorno di natale. Diavolo, ha persino ceduto all’idea folle di Mic di vestirsi da Babbo Natale, per lei.

Resistere alla follia della 2A è il minimo sindacale.

 

Tutto sommato, la situazione gli sembra comunque tranquilla.

I ragazzi sembrano tutti quanti sereni. Tutti hanno chiarito i problemi con tutti e, per quanto sia assurdo, è da un bel po’ che nemmeno Bakugou crea danni.

Anche in quel momento è seduto sui divani con Todoroki, Yaoyorozu e Uraraka. Non si sta lamentando del fatto che Todoroki lo sta infastidendo, parlando con lui, e si è fatto pure mettere giacca e cappello da Ashido, in quel momento dall’altra parte della stanza con Kirishima.

Sposta per un attimo gli occhi su di loro. Kirishima le tiene un braccio intorno alle spalle, ridono e scherzano al tavolo e crede di aver capito che stiano facendo qualche gioco di quelli per cui lui dovrebbe arrabbiarsi, ma finge di non vedere.

Torna a guardare i quattro sul divano. Adesso che lo nota, la mano di Todoroki è ben stretta a quella di Yaoyorozu, che di tanto in tanto cerca il suo sguardo, lo trova sempre e sorride.

Uraraka non guarda mai Bakugou, invece, ancora meno quando viene raggiunta da Tsuyu con un paio di bicchieri pieni spera di succo di frutta e si mette a parlare con lei.

Bakugou, invece, sì che la guarda. La guarda e sogghigna.

Non gli risulta che stiano insieme, ufficialmente, ma chissà, forse si è perso qualcosa.

Cerca gli altri giusto per correttezza. Ojiro è con Shinsou, ovviamente, che da quando si sono rimessi insieme sta facendo di tutto per non dargli alcun tipo di dispiacere e farsi perdonare anche l’imperdonabile. Però Ojiro lo sta palesemente ignorando a favore di Shoji e Tokoyami.

Bravo ragazzo.

Infrattati all’ombra della scalinata che porta ai piani superiori, verso i dormitori, ci sono Jiro e Kaminari. Aizawa è già lì lì per puntargli il dito contro e fargli la romanzina su sesso, protezioni e attenzioni, ma poi si rende conto che non sono fatti suoi e che di sicuro Jiro lo sa. Kaminari non ne è sicuro, ma di Jiro si fida.

E poi ci sono loro.

Melissa, tornata per un paio di giorni solo per stare col suo fidanzato a Natale, e Midoriya, appunto. In quel momento, Eri è con loro. Ride con Melissa, che sembra saperci fare con i bambini, accetta il dolcino tipico che le ha passato Midoriya che poi guarda Melissa, carezza la testa della bambina e sorride.

Sembrano veramente una famiglia.

Ma in verità sono ancora solo dei bambini. Si vede da come Midoriya arrossisce ancora, anche se Melissa è molto più audace.

 

“Ma che tu sappia,” mormora ad un certo punto Kirishima alla fidanzata, guardando con la coda dell’occhio il suo migliore amico, “Con Uraraka va tutto bene? Io ero certo che si sarebbero messi insieme, invece nemmeno adesso stanno parlando…”

Mina ridacchia, gli avvolge le braccia intorno al collo e lo bacia, “Sei così caro ciccino mio. Non vedi come si guardano? Bruciano con la forza di un sole!”

“Beh ma allora…non capisco…”

“Perché sei ancora un cucciolo, amore mio!” anche se in verità, ma non l’avrebbe mai ammesso, Ashido aveva posto le stesse domande all’amica. E aveva insistito, ancora e ancora.

Finché Uraraka non aveva ceduto.

“Voglio stare con Bakugou, Mina-chan! E lo farò! Ma non adesso. Per il bene di entrambi, ecco.”

Ashido sul momento non aveva capito.

Era andata da Bakugou e se l’era presa persino con lui, “Dopo tutto il tempo che sono stata te, so benissimo che il tuo cosino vuole Ochako-chan! Perché non te la prendi?!”

Bakugou si era alzato, l’aveva guardata e Ashido era stata certa che potendo l’avrebbe presa a pugni, “Uraraka non è una cosa, non va presa. Fatti i fatti tuoi e campa cent’anni, occhi da procione, e soprattutto non rompermi il cazzo!”

“Hai detto Uraraka.”

“Embè?”

“Non faccia tonda.”

“Ma vaffanculo!”

E lì, persino Ashido aveva capito. Quei due erano innamorati tanto quanto dannatamente ostinati verso i propri sogni, e si rispettavano con una purezza assurda. Sarebbero stati così belli!

“Aspetta il diploma, Kiriciccino,” esclama quindi, risoluta, “E poi vedrai se non esploderanno per davvero, quei due!”

“Se lo dici tu…”

“Assolutamente! E adesso, Tooru-chan!”

“Pronta!” esclama di rimando la ragazza invisibile, attaccandosi subito dopo al braccio di Satou, “portiamo tutto al tavolino davanti ai divani! Tutto il cibo!”

“Ah. Okay. Perché?”

“Perché quest’anno, prima dello scambio casuale dei regali…faremo pausa cinema!”

Mina annuisce, “Guarderemo un film a tema Natale dalla riproduzione casuale che abbiamo scaricato da internet, così che neanche noi due sappiamo cosa ci sia dentro. E, mi raccomando, non potete tirarvi indietro!”

Bakugou alza gli occhi al cielo, “Che coglioni.”

“Ssh…almeno a Natale, Kacchan!”

“Tu taci, nerd. Che cazzo vuoi, non ti vorrai sedere qui! Levati dalle palle!”

“Oh, non litigate già adesso voi due!” esclama Sero.

“Beh, allora mi siedo io,” fa Uraraka, accomodandosi.

“Che vuoi tu?”

“Beh, non vuoi Deku, quindi mi siedo io. No?”

Bakugou tace un po’, poi scrolla le spalle, “Come ti pare.”

E Mina, a quel consenso, reprime un urlo, “Lo sapevo! Lo sapevo!”

“Ssh,” le fa l’occhiolino Tooru. Lei si accomoda accanto a Ojiro, che è seduto sul pavimento ma sta poggiato a Shinsou che gli siede dietro, sui divani, accanto a Shoji da un lato e Momo dall’altro.

“Spero che almeno abbiate fatto scelte decenti,” brontola.

Mina quasi gli ficca un dito in un occhio nella foga, scatenando le risa di Ojiro, “Ho detto che non sappiamo cosa c’è dentro! A sorpresa! E’ Natale!”

“Sì sì,” bofonchia Shinsou, massaggiandosi la parte lesa, “E tu che ridi?” fa poi verso Ojiro, che di risposta ride ancora più forte. Shinsou sbuffa, ma alla fine sorride.

Mina aspetta che anche Kaminari e Jirou li raggiungano, e visto che non c’è spazio lei si siede sulle gambe di Kaminari, che arrossisce ma se la stringe stretta.

Mina è esaltata. Vede amore ovunque e questo la rende felice.

Fa partire il film con il cuore gonfio di gioia.

E tutto si ghiaccia quando legge il titolo del film.

Scambio di Natale. Due donne che si scambiano di corpo e…

“Beh, magari il prossimo.”

“Sì, sì, sono d’accordo,” annuisce Tooru, speranzosa.

Mina riclicca sul pulsante.

Che poi, sia chiaro, lei lo guarderebbe anche. Ma ha sentito un brontolio sospetto di protesta alle sue spalle.

Brontolio che si ripete l’attimo successivo.

Uno scambio per Natale, dice il titolo.

“Ma che cazzo è, una maledizione?!” è l’urlo di Bakugou.

Mina non può dargli torto, “Ops?”

“Ma se giocassimo a Monopoli, tipo?” buttà lì Shinsou, indicando il gioco da tavolo abbandonato da Eri, Melissa e Midoriya, che ci stavano giocando poco prima.

“Mi sembra una splendida idea!”

“Sì, facciamo un torneo!”

“Ci sto!”

“Posso giocare anche io?” alza la manina Eri.

Mina la stringe in un abbraccio, “Ma certo, tesoro!”

 

Aizawa li guarda cambiare postazione, dai divani al tavolo, dividersi in gruppi che avrebbero deciso chi era il miglior giocatore di Monopoli della classe. Vede anche Bakugou urlare quando decidono a tavolino di far vincere Eri e Sero tappargli saggiamente la bocca col nastro adesivo.

Sorride quando Midoriya dice che Eri non ha bisogno di favoritismi, che si sarebbe divertita anche perdendo o giocando una volta sola e che, comunque, non dovevano sottovalutarla perché a quel gioco è forte davvero.

È tutto sereno, tranquillo e rilassato.

Non avrebbe potuto chiedere un Natale migliore di quello.

Pace.

Gradita normalità.

Finalmente.

 

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