Un uomo tra tanti (Resident Evil 2/3)

di FreddyOllow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Prologo ***
Capitolo 2: *** II. Capitolo ***
Capitolo 3: *** III. Capitolo ***
Capitolo 4: *** IV. Capitolo ***
Capitolo 5: *** V. Capitolo ***
Capitolo 6: *** VI. Capitolo ***
Capitolo 7: *** VII. Capitolo ***
Capitolo 8: *** VIII. Capitolo ***
Capitolo 9: *** IX. Capitolo ***
Capitolo 10: *** X. Capitolo ***
Capitolo 11: *** XI. Capitolo ***
Capitolo 12: *** XII. Capitolo ***
Capitolo 13: *** XIII. Capitolo ***
Capitolo 14: *** XIV. Capitolo ***
Capitolo 15: *** XV. Capitolo ***
Capitolo 16: *** XVI. Capitolo ***
Capitolo 17: *** XVII. Capitolo ***
Capitolo 18: *** XVIII. Capitolo ***
Capitolo 19: *** XIX. Capitolo ***
Capitolo 20: *** XX. Capitolo ***
Capitolo 21: *** XXI. Epilogo ***



Capitolo 1
*** I. Prologo ***


- Non dirlo a nessuno. -
- Perché dovrei? -
Oliver si grattò il mento. Spostò il cellulare da un orecchio all'altro. - Promettimelo. -
Lara sospirò. Il respirò picchiò contro il microfono del telefono, producendo un lieve disturbo. - Va bene. -
- Dico sul serio, Lara. - Oliver strinse con una mano il manubrio dell'auto. - Quella gente non scherza. Se verranno a... -
- Ho capito, Oliver. Sarà il nostro segreto. -
Oliver non rispose, mentre la pioggia martellava il tetto della macchina. - Forse era meglio... -
- Mi hai detto tu di dirci tutto. Non volevi segreti tra noi. -
- Già... E' colpa mia. - Oliver udì nuovamente il respiro di Lara sul microfono del cellulare. Ma prima che lei potesse replicare, le disse: - Come va l'asma? -
- Sto bene. Non far caso al mio respiro. -
- E' difficile non farci caso. -
Rimasero a lungo in silenzio. Oliver vide un fulmine squarciare il cielo avvolto dalle tenebre, seguito da un forte boato.
- Lara. -
- Sì, Oliver? -
- Io ti... - Oliver non finì la frase che qualcosa urtò dietro il portabagagli. Si voltò di scatto. Vide una sagoma, le mani poggiate sul cofano. I rivoli di acqua sul parabrezza gli impedivano chiaramente di vedere chi o cosa fosse.
- Oliver. - 
- Lara. Credo che... - Si zittì. Non sapeva cosa dire. - C'è qualcuno nel parcheggio. Forse... Forse è un mio collega. -
La sagoma si avvicinò a Oliver seduto sul posto del guidatore, le mani correvano sul fianco della macchina. Un altro tuono trafisse il cielo notturno. - Aspetta un attimo, Lara. - Aprì la portiera. Quando uscì, una mano gli serrò l'avambraccio. Oliver sussultò. Ma prima che potesse vederlo in faccia, la cosa scivolò in ginocchio. Un altro lampo spaccò il cielo, illuminando il volto putrefatto dell'essere; gli occhi infossati, la pelle grigiastra, secca, smorta e lacerata. - Oh mio dio! -
Lo zombie cercò di addentargli una caviglia, ma Oliver gli sferrò un debole calcio in faccia come se volesse scacciarlo. Indietreggiò, finché andò a sbattere le spalle contro un altro auto.
- Oliver? Tutto bene? - La voce di Lara era bassa e il respiro s'infrangeva sul microfono del cellulare.
Oliver guardò il cellulare, poi lo zombie che si stava lentamente alzando in piedi. Lo sentì gemere, battere i denti. Barcollò verso di lui. - Lara. Non so... - Oliver si sentì afferrare da una spalla. Cercò di voltarsi, ma chi gli cingeva le spalle cercava di tirarlo indietro. Con difficoltà si levò dalla presa e fece un scatto di lato. C'era un altro uomo ridotto come il primo, eccetto per il ventre lacerato da cui pendevano le viscere. Avanzavano goffi verso di lui. Gemevano e allungavano le loro mani verso l'uomo. 
- Oliver! Che succede? - Urlò Lara, anche se dal tono della sua voce gli mancavano le forze per farlo. - Mi stai facendo preoccupare. -
- Non... - La pioggia picchiava prepotente sulla sua testa. - Devo avvisare... - Oliver era sotto shock. - Lara, io devo avvisarli. -
- Chi? Ma che succede? - Lara era molto preoccupata.
Un altro tuono si propagò sul firmamento oscurato dalle nuvole. I due zombie erano a pochi passi da lui. Oliver corse dietro la macchina, frapponendo l'auto tra sé e i due zombie. Si asciugò la faccia bagnata con la manica della giacca fradicia di pioggia. Vide la sua auto alle spalle dei due zombie.
- Oliver! Dannazione, rispondi? Devo chiamare la polizia? Che succede? -
L'uomo non fece caso alle parole della sua fidanzata. Scattò tra le macchine nel parcheggio, e si diresse alla sua auto. I due zombie lo seguirono. Si precipitò dentro, getto il cellulare sul sedile accanto e cercò di accendere il motore. Gli zombie batterono le mani sul finestrino, le loro facce insanguinate, mangiucchiate picchiarono contro il vetro. Le bocche si spalancavano per addentarlo, grattavano il finestrino. 
- Oliver! - Urlò Lara quasi in lacrime. Il suo respiro era diventato molto affannoso.
Oliver non rispose. Girò le chiavi freneticamente, finché sentì il rombo del motore. Uno zombie spaccò il finestrino, lo prese per un braccio. Totalmente nel panico, Oliver ingranò la retromarcia e andò a schiantarsi contro il muso di macchina. I due zombie andarono a sbattere contro la macchina parcheggiata affianco. L'allarme dell'auto iniziò a suonare. Gemendo, i due zombie si alzarono lentamente in piedi. Oliver mise la prima e si allontano dall'incidente. Guardò dallo specchiettò retrovisore interno i due zombie che s'incamminavano verso di lui e farsi sempre più piccoli. Uscì dal parcheggio e svoltò in una strada che si addentrava nella foresta. 

Poco dopo si ricordò del cellulare e guardò sul sedile accanto. Non c'era niente. Rallentò un poco e guardò sotto il portaoggetti. Vide il cellulare. Avevo lo schermo rotto. Lo afferrò. - Lara. Mi senti? - Nessuna risposta. Capì che era spento. Cercò di accenderlo, ma senza successo. - Merda! - Gettò il cellulare sul sedile accanto.

Quando arrivò alle porte di Raccon City non notò nulla di strano, almeno finché non girò l'angolo di un largo palazzo. Allora vide l'inferno. Moltissime auto erano ammucchiate al centro della strada; le portiere aperte, i vetri imbrattati di sangue. Sul marciapiede e sull'asfalto c'era sangue dappertutto. I cadaveri di un centinaio di persone erano sparse un po' ovunque. Si fermò dietro un grosso furgone e scese dall'auto. La strada era bloccata dalle autovetture. Poi si ricordò nuovamente del cellulare, così aprì la portiera e lo prese. Tentò di accenderlo, ma inutilmente. Si asciugò un altra volta il viso bagnato, anche se era del tutto inutile con la forte pioggia che piombava dal cielo.
S'incamminò tra le auto. Guardò i corpi dilanati di molta gente, le viscere sparse e mezze divorate. Alcuni giacevano dentro le auto, altri a terra sul fianco, supini o in pancia in giù. Solo pochi erano crivellati da proiettili; ed erano quelli vicino alle due macchine della polizia che bloccavano la strada, oltre a sette transenne. Accanto alle ruote c'erano dei bossoli.

Un lampo squarciò il cielo.
Oliver udì degli spari. Superò il blocco stradale e girò l'angolo. Lo stesso massacro si ripeteva anche qui, ma in modo diverso. Infondo alla strada notò tre furgoni della swat. Un auto era finita dentro la vetrata di un negozio. Altre macchine erano state abbandonate a casaccio, e alcuni di esse si erano scontrate. Mentre Oliver camminava, vide molta gente riempita di pallottole, quasi ammucchiati a formare una piccola pila. Poi sentì di nuovo degli spari che provenivano da un vicolo alla sua destra. 
Corse verso il suono, ma quando sbucò l'angolo andò addosso a qualcuno. Era uno zombie. Quello si voltò cercando di afferrarlo, ma Oliver si scansò in tempo. E fu lì che si rese conto che davanti a lui c'erano una cinquantina di zombie che si erano appena voltati. Quelli davanti invece, barcollavano verso chi sparava. 
Un lacerante urlo di dolore provenne oltre il piccolo gruppo di non-morti. Chi sparava era stato preso. Divorato vivo. 
Oliver indietreggiò, si guardò intorno. Poi fuggì a gambe levate senza una meta precisa. Non si fermò finché non sentì i polmoni bruciargli. Allora si fermò, si piegò per riprendere fiato. Quando alzò la testa, vide la canna di un fucile d'assalto puntata contro il suo viso.



 

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Capitolo 2
*** II. Capitolo ***


Oliver alzò le mani. - Non sparare! -
L'uomo con il fucile d'assalto lo guardò oltre il mirino posto sulla canna. Vide che non era uno zombie e abbassò l'arma. Poi si voltò, facendo per allontanarsi.
- Ehi! Aspetta. - Oliver lo raggiunse.
- Stammi lontano! - Tuonò l'uomo armato. Sotto a un giubbotto antiproiettile, indossava una tuta di combattimento nera, non troppo stretta. Un casco nero e degli stivali dello stesso colore. Vicino al fianco, nella fondina, una pistola, forse una berretta, e un coltello da caccia. Dietro la schiena la scritta SWAT.
La pioggia continuava a martellare l'ambiente e i due uomini. 
- Ma... - Oliver non sapeva cosa dire. - Sai cosa è... -
- Sparisci, prima che ti ficchi una pallottola nel cervello! - L'uomo armato gli lanciò un occhiata poco benevola. Poi si voltò e se ne andò.
Oliver rimase fermo per un poco. Non capiva più niente. La periferia di Raccoon City era nel caos più totale. Le strade erano imbrattate di sangue e i cadaveri giacevano ovunque. Guardò il cellulare, cercò un altra volta di accenderlo, ma inutilmente. Probabilmente il cellulare era rotto. Lo mise in tasca. Era zuppo di pioggia, ma poco gli importava. Poi si ricordò di Lara.
Un pensiero orrendo gli passò per la testa: "E se... E se fosse morta?" Sentì un colpo al cuore, preceduto da una fitta al ventre. Corse verso la fine della strada, superò un altro posto di blocco fatto di transenne e furgoni degli Swat. Vide alcuni poliziotti con la carne lacerata, divorata e gli arti strappati. Scie di sangue si diradavano in ogni direzione, sopratutto dove la pioggia non batteva. Poco distanti da loro, una dozzina di persone; uomini e donne, anziani e bambini. Tutti riversi a terra, ammucchiati o isolati. I negozi erano stati presi d'assalto dalla gente o dall'esercito dei non-morti, e quasi tutti erano stati saccheggiati o dati alle fiamme chissà per quale ragione.

Mentre correva, alternando la corsa con una camminata veloce, il massacro si ripeteva ad ogni angolo di strada. Doveva arrivare al più presto al distretto di Uptown dove abitava Lara, e per farlo, doveva passare per Raccoon Street.
Quando giunse l'arteria di Raccoon Street, le cose erano molto più problematiche. C'era un infinità di auto, furgoni e camion. Ogni 100 metri, un posto di blocco militare. Le transenne erano state sostituite con blocchi e mura di cemento. Del filo spinato correva da un lato all'altro della strada, con qualche recinzione di ferro alta quattro metri. I militari erano stati rapidi a mettere la città in quarantena, o almeno, nelle arterie principali della città. Inoltre, c'era un passaggio attraverso la recinzione, e accanto, una piccola torretta sul cui corrimano penzolava un militare con la schiena dilaniata.
La strage era molto più ampia, numerosa e in alcuni punti le pila di cadaveri ostruiva il passaggio tra le autovetture. Vicino al posto di blocco, una centinaio di zombie marciavano e gemevano senza una direzione precisa. Si scontravano tra loro, cadevano, si rialzavano, urtavano contro le autovetture, le pareti, finivano impigliati sul filo spinato. Tra loro, Oliver vide Swat, poliziotti e militari, medici con le tute protettive rotte o ancora pressurizzate e anziani, uomini, donne e bambini. Tutti ammucchiati. Raramente si allontanavano, e se lo facevano, presto tornavano a immergersi nell'orda come se fossero programmati per restare insieme.
Oliver si accostò alla parte anteriore di un furgone, spiò con calma, mentre il suo cuore batteva impazzito. "Non riuscirò mai a passare il posto di blocco." Pensò a Lara. Non voleva credere che fosse morta. La sua Lara era coraggiosa, una donna forte e combattiva. Non si sarebbe fatta prendere dal panico. Avrebbe lottato. Era emotivamente più forte di Oliver, e lui lo sapeva bene.

Salì sul furgone e strisciò sul tettuccio. Vicino al posto di blocco notò un camion e delle casse militari. "Potrò salire lì sopra e superare il posto di blocco." Ma ancora una volta si chiese come avrebbe fatto a superare l'orda di non-morti. Poi pensò che poteva correre sui tetti delle auto e arrivare così fino al camion. Ma anche così, non avrebbe superato i non-morti se non si fosse lanciato con un gran salto sopra il camion, che aveva per giunta, il tetto scivoloso per la pioggia. 

Non poteva fare altrimenti.
Decise di saltare da un tettuccio all'altro, cercando di non scivolare. Gli zombie sul limitare dell'orda presto si accorsero di lui. Dieci zombie marciarono goffamente nella sua direzione. Quando Oliver arrivò quasi vicino al posto di blocco, quasi tutta l'orda aveva percepito la sua presenza. Allora saltò, corse sui tettucci e per poco non finì inghiottito dall'orda. Arrivò sopra un furgone, mentre i non-morti accerchiarono il mezzo. Picchiavano le mani sulla carrozzeria, addentavano l'aria in direzione di Oliver, nella speranza di strappargli la carne. Ora Oliver doveva fare un lungo salto, e se non ci fosse riuscito, i non-morti l'avrebbero spolpato fino all'osso.

Un tuono squarciò il cielo notturno, la pioggia stava lentamente calando d'intensità.
Oliver guardò le facce grigiastre, i grumi di sangue sulle ferite aperte. Fissò i loro occhi vitrei. Non ci vide nulla di umano. Cominciò a pensare che non vedessero, che lo percepivano con un altro senso. Un senso di cui ignorava l'esistenza. Voltò la testa verso il camion, guardò le casse militari. "Posso farcela. Devo solo saltare."
Iniziò a respirare profondamente, sciolse i muscoli delle gambe, gonfiò e sgonfiò il petto. "Posso farcela."
Prese la rincorsa per quanto gli poteva consentire la lunghezza del furgone, e saltò.
Fu un salto eterno. Vedeva i suoi piedi a mezz'aria sotto l'orda di non-morti che allungavano le braccia per afferrarlo. Vide i loro visi smorti, le mascelle contrarsi, il gemito profondo assordargli le orecchie. Poi d'un tratto il tempo sembrò velocizzarsi. Finì con tutto il corpo sul parabrezza del camion che si ruppe un poco, l'impatto fu violento, ma per puro caso si mantenne con le mani a qualcosa di solido ancorato sopra il tetto del camion. Se non avesse trovato quell'oggetto solido, sarebbe precipitato tra le braccia della morte. Una mano ossuta gli afferrò un piede; altre si serrarono attorno alle sue gambe. Oliver aveva il cuore in gola. Cercò di alzarsi, facendosi leva sull'oggetto solido, ma le mani degli zombie cercavano di tirarlo giù. Perse una scarpa, ma in cambio, riuscì a sollevarsi, a mettersi seduto sul tettuccio del camion. Si guardò il calzino nero al piede. Poi guardò giù. Vide un zombie con la sua scarpa bloccata in una mano. 
Rise. Trovò quella scena molto comica. Poi la sua risata diventò isterica e scoppiò in un pianto. 
Rimase lì, le gambe penzoloni sul tettuccio. Fissava gli zombie che si accalcavano sotto di lui, allungavano le mani per strapparlo alla vita, graffiavano con le unghie mezze spaccate la carrozzeria del camion. Alcuni vennero calpestati da altri. Poi si riprese. 
La pioggia cessò. Altri lampi s'intravidero in lontananza, sopra i tetti degli edifici, illuminando per un tratto grossi nuvoloni.
Quando cercò di scendere dall'altra parte del posto di blocco, i suoi occhi si sbarrarono. In mezzo alla strada, tra una lunga e interminabile fila di macchine, c'erano centinaia di non-morti ovunque il suo occhi si posava. Oliver si pietrificò all'istante. Le mani cominciarono a tremargli, le gambe cedettero e cadde sedere sul tettuccio. "Non... Non può essere... E' un incubo. Sto sognando..." Ma quello non era un sogno. Era la realtà. Tutta Raccoon City era inghiottita dalla morte, e la morte non lasciava superstiti.

- Ehi tu! - Urlò una voce dopo mezz'ora.
Oliver non la sentì. I gemiti dei non-morti erano troppo forti e attutivano quasi ogni rumore esterno. Ormai pensava che tutti fossero morti, e che lui era l'unico sopravvissuto. 
- Ehi! - Urlò la stessa voce.
Oliver non poteva sentirla.
Poco dopo qualcosa colpì il bicipite di Oliver, infrangendosi in mille pezzi quando si schiantò sul tettuccio del camion. Sussultò dallo spavento. Vide che era un bicchiere, o quel che ne rimaneva. Si guardò attorno. Notò una donna alla finestra del terzo piano che scuoteva una mano in aria. Oliver si issò in piede, incredulo. Scosse anche lui mano in aria per farla capire che l'aveva vista.
La donna gli fece cenno di venire.
- Non posso. Sono bloccato! - Urlò Oliver più forte che poté, indicando i non-morti ai suoi piedi.
La donna disse qualcosa, ma Oliver non riuscì a sentirla per via del frastuono di gemiti. Allora la donna indicò qualcosa in basso. Oliver scrutò attentamente il punto in cui indicava la donna e vide una finestra aperta. "Com'è che non l'ho vista prima?" Poteva essere raggiunta tramite le casse dei militari. 
- Arrivo! - Gridò Oliver, ma sicuramente la donna non riuscì a sentirlo. 
Oliver saltò sulle casse militari e per poco non cadde. Gli zombie lo seguirono in massa, ma l'uomo svanì oltre la finestra del condominio.

Oliver si ritrovò nel soggiorno di un piccolo appartamento. La stanza sembrava in ordine; un divano e un tappetto largo ai piedi, una TV su un piccolo comò e un armadio dalle portelle vetrate con all'interno della cristalleria. Camminò circospetto, guardando le due entrate della stanza. Poteva esserci uno o più zombie la dentro, perciò cercò di fare attenzione. Ma quando fu all'uscita della appartamento, si rese conto che non c'era nessuno. Inoltre, quell'appartamento fungeva da entrata dall'esterno. Se ne accorse quando una volta uscito nel corridoio, notò che l'entrata principale che conduceva dentro il condominio era stata sbarrata con mobili e sedie, divani e lavatrici, armadi e poltrone. Un uomo calvo e grasso era seduto vicino a quell'assembramento, assorto in chissà sa quali pensieri. Non si accorse di Oliver finché non gli fu a pochi passi. Allora balzò in piedi terrorizzato e puntò tremante una .9mm contro Oliver.
Oliver fece per parlare, ma quello, spaventato, lasciò partire un colpo. Il proiettile centrò Oliver a una scapola, uscendo dall'altra parte; non era un ottimo tiratore. Oliver cadde a terra. L'uomo calvo e grasso non sapeva cosa fare. Si guardò intorno con gli occhi spalancati, come se fosse alla ricerca di qualcuno che potesse aiutarlo. Poi la .9mm gli scivolò dalla mano e cadde sul pavimento. L'urto fece partire un altro sparo che colpì la spalliera di una poltrona nello sbarramento. Guardò Oliver che si copriva il braccio ferito e insanguinato con una mano. L'uomo calvo e grasso si chinò lentamente verso di lui.
Oliver cercò di smorzare un grido, ma il dolore era troppo intenso e si lasciò sfuggire alcuni gemiti che si persero in echi lontani nel corridoio.
L'uomo grasso sussultò. - Scusa, io non... -
- Che cosa è successo? - Disse una voce da donna preoccupata che lo raggiunse. 
L'uomo calvo e grasso alzò la testa. - Io... E' sbucato dal nulla... Io... -
- Dannazione, Livio! - Ringhiò la donna. - Non devi sparare a tutto ciò che si muove. -
- Non volevo... Davvero, io... -
- Taci! - Urlò la donna. - Spera per il tuo bene che gli zombie non abbiano sentito gli spari, sennò... - Si zittì di colpo.
Oliver fissò la donna. Indossava una felpa marrone sporca di sangue raggrumato e un jeans poco largo. Portava i capelli marroni legati a coda di cavallo e un viso ovale, dalle labbra sottili, un naso aquilino e l'iride marrone scuro. Poi il volto della donna cominciò a sgranarsi, finché le tenebre presero il sopravvento.

 

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Capitolo 3
*** III. Capitolo ***


Oliver aprì lentamente gli occhi. La stanza, dapprima sgranata, diventò via via più nitida. Era steso sul divano. La scapola dove era stato colpito, fasciato da alcuni pezzi di vestiti. Accanto a lui, sedeva la donna che guardava oltre la finestra. I gemiti dei non-morti arrivavano come suoni lontani, appena udibili. 
Oliver alzò piano il busto; sentì una fitta dolorosa alla scapola e smorzò un gemito. 
La donna si voltò verso di lui. Rimasero a guardarsi per un attimo. 
- Grazie... - Disse Oliver indicando la ferita. - Grazie per avermi fasciato la ferita. -
La donna non rispose subito: - Non dovresti ringraziarmi. Per poco mio marito non ti ha fatto fuori. -
Oliver si guardò il lembo di maglietta che aveva attorno alla scapola. - Be', grazie ugualmente. -
La donna si alzò in piedi. - Mi chiamo Petra Klain. - Poi si girò alla sua sinistra. Indicò qualcuno appoggiato alla soglia della porta. - Quello è mio marito: Livio Klain. -
- Oliver... - Smorzò un altro gemito. - Oliver Butch. -
Livio si avvicinò loro. - Mi dispiace. Non volevo spararti. -
Oliver alzò una mano e scacciò l'aria come a dire: non è nulla di grave.
- Davvero. Mi dispiace tanto e solo che... -
- Non preoccuparti. - Rispose Oliver. 
Ma Livio stava per scusarsi di nuovo, con le stesse identiche parole, come se non fosse sicuro di averlo fatto, quando sua moglie Petra gli disse: - Non tartassarlo con le tue scuse. Lascialo riposare. -
Livio si zittì.
- Non posso riposare. - Aggiunse Oliver. - Devo... - Serrò la mascella. La ferita alla scapola iniziò a dolergli molto.
- Stenditi. - Disse Petra. - Vado a prenderti un antidolorifico. Credo di avere qualcosa da parte. -
- Non abbiamo più medicine. - Disse Livio. - Ricordi Jerry? Prima di scappare quel figlio di puttana l'ha rubate tutte. -
Petra aggrottò le sopracciglia furiosa. - E vieni a dirmelo solo adesso? -
- Mi... Mi sono dimenticato. - Livio abbassò gli occhi.
- Come hai fatto a dimenticare una cosa simile? - Gli occhi della donna lanciavano fiamme. 
- Te l'ho detto, io... -
Petra sbuffò irata.
- Sentite. - Disse Oliver. - Non voglio essere fonte di litigi. -
- Non sei tu il problema. - Ringhiò la donna con un tono di voce quasi sofferente. 
Oliver rimase in silenzio. Dentro la stanza si respirava una brutta aria. 
Senza dire una parola, Livio andò via come se non fosse successo nulla. Petra si affacciò alla finestra, guardò giù nella strada.
Oliver si mise seduto sul divano, la mano sulla ferita come se toccarla potesse alleviargli il bruciore.
- Mio marito... - Disse Petra senza voltarsi. Rimase muta per un momento. - Mio marito non sta bene. La sua memoria... Vacilla. - Si girò verso Oliver - Magari non sembra, ma ogni giorno peggiora. Si dimentica le cose, del perché è lì... A volte anche quello che c'è la fuori. -
- Mi dispiace. - Rispose Oliver, pensando a Livio che gli ripeteva le stesse scuse come se non si ricordasse di averlo fatto. - Per questo mi ha sparato? -
- Forse. - Petra guardò l'arco della porta da dove era uscito Livio. - Ormai mi nasconde tutto. Non so più quello che pensa. Capita spesso di vederlo seduto con la mente altrove. E in casi più rari, lo vedo vagabondare da un appartamento all'altro. Ma più delle volte se ne sta vicino allo sbarramento. E non so perché. E quando glielo domando, non ha risposte da darmi. Rimane lì a parlare con la sua pistola o con sé stesso. Poi quando ritorna lucido si dimentica di averlo fatto. -
- Parlare con sé stessi è normale. Lo fanno un po' tutti, anche io. -
Petra scosse la testa contrariata, ma non rispose. Poi si girò verso la finestra e guardò giù in strada. - Tu non capisci. Non dovevo parlatene... Scusa. -
- Va tutto bene. - Disse Oliver che in effetti non capiva. Livio gli sembrava leggermente matto, ma pur sempre normale. C'era di peggio in giro, ma Oliver non aveva compreso a pieno le parole di Petra che si era confidata con lui, uno estraneo.
Rimasero per un lungo momento in silenzio. Poi Petra disse: - Vado a controllare mio marito. - E lasciò la stanza, anche se Oliver sapeva che era una scusa per restare da sola.
Petra era una donna forte, proprio come la sua Lara. E iniziava a credere che forse non l'avrebbe più rivista. Le probabilità di trovarla viva erano veramente esigue.
Oliver prese il cellulare dalla tasca e cercò di accenderlo per tre volte. Sapeva che non si sarebbe acceso, ma ci sperava. Desiderava chiamare Lara; dirle che stava bene, di non spaventarsi e che presto l'avrebbe raggiunta, ma sopratutto, dirle che era in compagnia di due persone che l'avevano salvato da una morte atroce.

Mise il cellulare in tasca e si alzò.
Andò alla finestra. Centinaia di zombie erano ammassati in strada. I loro cadaveri inghiottivano auto, transenne, casse militari e qualsiasi oggetto che non fosse più alto di loro. Oliver vide il tettuccio del camion. Pensò a quanto era stata fortunato a non finire nelle grinfie di quei mostri. Poi guardò il cielo. Si accorse che stava spuntando l'alba. Si allontanò dalla finestra e andò alla ricerca di Petra. Doveva salutarla prima di partire. 
Cercò in ogni stanza dell'appartamento, ma non la trovo. Così si diresse in corridoio, e anche qui non c'era. Allora scese al secondo piano e la vide in fondo alle scale. Era seduta sul primo gradino, le mani sulla fronte e le dita nei capelli sciolti che ricadevano sul viso. 
- Petra. - Oliver scese con lentezza le scale.
La donna non rispose. 
- Ehi. - Le mise una mano sulla spalla.
La donna si divincolò. - Lasciami da sola, Oliver. - 
Oliver capì dalla voce che stava piangendo prima del suo arrivo. - Va bene. - Le disse. Scese l'ultimo gradino e si mise di fronte a lei. - Volevo salutarti prima di andare. E ringraziarti per avermi salvato da quei mostri e... Per aver curato la mia ferita. -
- Non ti ho curato. Ho solo fermato il sangue. - Rimase per un poco in silenzio. - Dovresti trovare al più presto un antibiotico. C'è il rischio che la ferita s'infetti. -
Rimasero a lungo in silenzio. Poi Oliver disse: - Allora... Buona fortuna. -
- Anche a te. -

Oliver scese al primo piano. Livio sedeva vicino allo sbarramento e parlava alla sua .9mm. Davanti all'uomo, sul pavimento, c'era il sangue raggrumato di Oliver.
Invece di avvicinarsi all'uomo, Oliver si mise dietro la soglia di una porta. Temeva che l'uomo potesse sparargli un altra volta per errore. Poi disse: - Livio. -
Livio si alzò spaventato e la .9mm gli scivolò dalla mano. Ma questa volta non partì un colpo appena toccò il pavimento. L'uomo aveva inserito la sicura o forse era stata Petra poco prima. O forse, era scarica.
Oliver uscì sotto l'arco della porta e andò da lui. - Sono io; Oliver. Sono venuto per salutarti. -
Livio lo squadrò diffidente. Aggrottò la fronte per ricordare. - Ti conosco? -
Oliver capì in quel momento che Livio aveva seri vuoti di memoria. Forse Petra piangeva per questo sulle scale del secondo piano. E comprese tutto quello che gli aveva confidato.
Poi alle sue spalle sentì la voce di Petra - Livio. E' L'uomo a cui hai sparato. - E li raggiunse, indicando a Livio il sangue raggrumato sul pavimento.
Livio spalancò gli occhi, terrorizzato - Io... - Guardò il sangue. - Sì, io... Mi dispiace tanto. Non volevo farlo. -
- Lo sa, Livio. - Petra posò con estrema dolcezza una mano sulla spalla del marito. - Lui lo sa. - E con gli occhi arrossati dal pianto, guardò Oliver. 
Livio si ammutolì e guardò il sangue.
- Serve a ricordare. - Aggiunse Petra a Oliver, anche se non aveva parlato. - Per mio marito è importante ricordare. Per questo non ho lavato via il sangue dal pavimento. -
Oliver non capiva. - Il sangue..? Non capisco. -
Livio si allontanò da loro. Andò a sedersi e si guardò le mani. Si accorse di non avere la .9mm. Preso dal panico, scattò a guardare in tutte le direzione, finché non la trovò a pochi centimetri dai suoi piedi. La prese con un sorriso. Poi si sedette e barbottò qualcosa alla canna della pistola.
- Non è facile da spiegare. - Disse Petra.  - Mio marito ricorda alcune delle cose che ritiene importanti come quella pistola. Ma nel tuo caso, il tuo sangue, gli ha ricordato cosa ti aveva fatto. Ma non dura a lungo come puoi vedere, e alle volte nemmeno funziona. -
- E ora? - Oliver indicò Livio che parlava con la .9mm come se loro non ci fossero.
- Ora è più la, che qua. - Rispose Petra con una nota di sofferenza.
- Da quando... -
Petra lo interruppe. - Da quando è scoppiato questo casino. Lui è... - Si zittì per un poco. - Lui è impazzito. Un giorno è tornato a casa con la maglietta sporca di sangue. Piangeva con in mano la .9mm. Diceva in continuazione 'scusa', finché ho capito che aveva ucciso Derrick, il suo migliore amico. Poi lui... - Il viso di Petra si rigò di lacrime, ma cercò di trattenerle. - Voleva togliersi la vita. Spararsi in testa. Se non avessi tolto i proiettili... - Non riuscì più a trattenersi ed esplose in un pianto.
Oliver non seppe cosa fare. Guardò Petra che si girò di spalle per non farsi vedere mentre singhiozzava. Voleva abbracciarla, darle conforto, ma non lo fece. Rimase fermo dov'era.
Dopo un lungo momento, Petra si girò verso Oliver e disse: - Scusami. - 
- Non preoccuparti. - Le rispose.
Livio non si era accorto di nulla. Era rimasto seduto e sussurrava qualcosa alla canna della pistola. Poi d'un tratto parlò ad alta voce: - Lo sai, Derrick. L'altro giorno Micheal è sceso in città. Dovevi vedere la sua faccia. Non riconosceva più Raccoon City. - Livio rise alla battuta di qualcuno che sentì solo lui. - Sì, hai ragione. E' rimasto senza parole quando ha visto che Raccoon City era diventata una metropoli durante la sua assenza. - Rise di nuovo. - Ti ricordi cosa disse prima di partire? - Rimase in silenzio come se aspettasse la replica di qualcuno. Ma non arrivò. - No? Non ricordi? Disse così: 'Questo posto è un letamaio. La gente fa schifo e voi siete stupidi. Come fate a non vedere tutto questo? Io voglio andarmene da questo posto di merda. Mi sembra di vivere nel pieno medioevo. Fattorie, campi e bestie ovunque.' - Livio rise ancora. - Micheal era proprio divertente... - D'un tratto si ammutolì, guardò perplesso la canna della pistola come se si fosse appena destato da un lungo sogno. Poi si voltò verso Oliver e Petra che lo stavano guardando. - E' lui chi è? -  
Petra sospirò. - Un vecchio amico. - Gli indicò con un dito le macchie di sangue raggrumato sul pavimento. 
Livio sbarrò gli occhi, lanciò un occhiata alla pistola. - Oh scusami. Io non... -
Oliver provò pietà per Petra che doveva sopportare tutto questo da sola. La guardò mentre gli occhi della donna puntati sul marito ritornarono ad arrossarsi, ma non pianse.

Quando Livio ritornò a essere preso dai suoi pensieri totalmente estranei al mondo reale, Oliver e Petra tornarono al terzo piano. La donna salì i gradini quasi strascicando i piedi. Era distrutta e sofferente. Oliver comprese che questa situazione non poteva durare a lungo. Primo o poi i non-morti sarebbero entrati dentro l'edificio, distrutto lo sbarramento e... Oliver cercò di non pensarci. Lui doveva raggiungere Lara. Non poteva far nulla per aiutarli. Ma capì che il suo ragionamento era puramente egoistico. Petra gli aveva salvato la vita per ben due volte, e il minimo che poteva fare era aiutarli. Lara avrebbe capito, anzi, lo avrebbe rimproverato se li avesse abbandonati a sé stessi. Raccoon City era un luogo di morte. Bisognava restare uniti per sopravvivere, e Oliver lo sapeva bene, o almeno credeva che doveva essere così in queste situazioni. Sempreché, nel frattempo, Livio non sarebbe peggiorato, e magari si sarebbe gettato tra gli zombie credendoli vecchi amici o chissà chi, condannando Oliver e Petra a morte certa.
Cacciò l'ultimo pensiero e lanciò un occhiata al viso triste di Petra, mentre raggiunsero il terzo piano. Ma d'un tratto un pensiero gli balenò in mente; l'uomo della SWAT. Era stato tutto, fuorché un incontro amichevole. Anzi, lo aveva minacciato di morte. Allora si chiese se il governo aveva preparato un piano di evacuazione per i sopravvissuti della città. Ma più pensava all'uomo della SWAT, e più diventava chiaro che erano rimasti da soli in quell'inferno chiamato Raccoon City.

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Capitolo 4
*** IV. Capitolo ***


- E' resistente la barriera al primo piano? - Disse Oliver a Petra.
La donna andò a sedersi sulla poltrona. I raggi del sole filtravano debolmente attraverso i tendaggi appesi sulla finestra del soggiorno. - Perché? -
- Livio è da solo laggiù, non vorrei che... - Oliver si zittì un momento. - Credo che dovrebbe stare con noi, e non da solo. Voglio dire, potrebbe essere capace di tutto. Dobbiamo tenerlo d'occhio. Evitare che si faccia del male o... -
Petra corrugò la fronte. Non si aspettava che Oliver fosse preoccupato per Livio. - Ho già tentato in passato. Mio marito scende sempre di sotto, e se lo chiudi nell'appartamento diventa violento e pericoloso. L'ultima volta voleva lanciarsi dalla finestra. - Si alzò dalla poltrona e andò a bussare con le nocche sulla spessa vetrata della finestra. - Vedi? E' resistente. - Poi fece scivolare un dito verso una scheggia. - Qui è dove si lanciò mio marito. Sbatté la testa e rimase incosciente per due ore. - Poi andò a sedersi di nuovo alla poltrona. - Chiunque abitava qui, ha messo questo vetro ad ogni finestra. E se non bastasse, ho trovato un piccolo arsenale nell'armadio della camera da letto; roba vecchiotta, credo. -
Oliver aggrottò le sopracciglia. - Che armi? - Chiese frettoloso.
- Due mitra, tre pistole e un machete. - Rispose Petra con aria incerta. - In effetti non saprei se fosse un machete o una piccola spada antica. Non m'intendo di armi e non so distinguerle. Non so nemmeno i loro nomi. - Poi si ammutolì un attimo. - Comunque non sono più qui. -
- E dove sono? -
- Non lo so. - Petra abbassò lo sguardo - Prima eravamo in molti. Io e mio marito non eravamo gli unici a vivere qui. C'era altra gente. Molta gente. - Sospirò. - Molti sono morti e sono là fuori. -
Oliver lanciò uno sguardo verso la finestra.
Petra continuò: - Prima di costruire lo sbarramento al primo piano, molta gente si riversò nell'edificio in cerca di aiuto. Tutti fuggivano da qualcosa, ma non sapevo cosa. Parlavano di morti che si rianimavano e aggredivano i vivi. Per me sembravano solo sciocchezze, in un primo momento. Roba da cinema, insomma. Pensavo che... - Rimase per un attimo in silenzio. - Pensavo fosse scoppiata un epidemia, o qualcosa del genere. E invece... - Petra guardò Oliver negli occhi - Ricordi i mostri che volevano divorarti quando eri sul camion..? Quelli erano i sopravvissuti di questo condominio, o almeno la maggior parte. Riconosco molti dei loro volti, o ciò che ne rimane. - La donna chiuse gli occhi. Provò una fitta dolorosa al ventre. - E' tutta colpa mia. Se avessi taciuto, a quest'ora sarebbero vivi tutti. -
Oliver si inginocchiò davanti a lei, le prese le mani, ma lei se le tolse subito. L'uomo non cercò di forzarla, ma rimase seduto sui talloni. - Cosa è successo? -
Petra non rispose subito. - Li ho condannati a morire. -
- Non è colpa tua. - Disse Oliver cercando di rassicurarla.
- Tu non sai niente. Non sai come sono andate le cose. Io... - Balbettò, mentre a stento tratteneva le lacrime. - Li ho fatti morire... Tutti. -
Oliver rimase in silenzio. Ascoltò il pianto sommesso di Petra. Non sapeva cosa fare. Non era bravo a confortare la gente, e si sentiva a disagio.
Poi Petra si alzò. Raggiunse la finestra e guardò fuori, mentre Oliver si issò in piedi a guardarla. - Ogni giorno vengo qui. Guardo i loro visi e chiedo loro di perdonarmi. Ogni giorno mi domando se mi hanno perdonata... Ma so che non lo faranno mai. - Si ammutolì. - Ho mandato a morire intere famiglie. E loro mi hanno maledetta. Livio... Lui è così per colpa mia. Dio ha ascoltato le loro sofferenze e mi ha punito in questo modo. -
Oliver pensava che Petra stesse delirando. Ma le faceva tanta pena. Era totalmente distrutta dal peso delle sue azioni, dal suo passato, che ora sembrava inghiottita dall'oscurità. Ma non rispose. Ascoltò in silenzio.
- Da quando sono morti tutti... Livio è peggiorato. - Petra guardò il volto di uno zombie ammucchiato nell'orda che ingorgava la strada. Riconobbe il volto mezzo divorato di Mark, lembi di pelle gli penzolavano dalla guancia. Era stato un uomo sulla quarantina che aveva salvato un intero orfanotrofio di diciannove bambini, tra maschi e femmine. Lui ci lavorava come inserviente, e quando il caos dilagò a Raccoon City, tutti quei bambini furono lasciati da soli e rinchiusi a chiave nella sala da pranzo. Quando li trovò, li liberò e li condusse alla cieca nelle strade tumultuose di Raccoon City con la speranza di trovare aiuto. Poi incrociò il cammino di Livio che si era messo in testa di salvare la gente dai demoni, perché Derrek gli aveva detto così. Petra non voleva che Livio girasse per le strade con la mente stralunata, ma non sapeva ancora che Livio era quasi del tutto impazzito. Le persone che salvò, non avevano mai pensato che il loro salvatore era mezzo matto. 
Livio aveva condotto molta gente nel suo condominio; quarantotto persone in tutto. 
I sopravvissuti vivevano un po' ovunque dentro l'edificio, finché la situazione nelle strade peggiorò in poche ore. Allora un orda di non-morti si accalcò davanti al portone dell'edificio, e una volta che l'abbatterono, entrarono, divorarono e integrarono nell'esercito delle tenebre quelli che vivevano al piano terra. Le scale, strette e con un pianerottolo che svoltava a destra, bloccarono l'avanzata per un po'. Gli zombie si ammassarono così stretti, che non riuscivano più a muoversi. Poi alcuni riuscirono a salire quasi al primo piano, e due uomini li spinsero via con lunghi manici di scopa, facendoli ruzzolare giù dalle scale. La gente si riunì al primo piano e iniziò frettolosamente ad ammassare oggetti lungo le scale; divani e sedie, poltrone e armadi, letti ed altro ancora, tutto ciò che poteva impedire agli zombie di salire. Svuotarono i quattro appartamenti del primo piano per innalzare un alto sbarramento di diversi metri. La scala era del tutto ostruita, così come metà corridoio del primo piano.
Dopo un ora i non-morti furono attratti da qualcosa. Fuori dall'edificio la polizia aveva costruito un posto di blocco, mentre gli SWAT sparavano a vista coperti dietro a sacchi di sabbia. Molti zombie furono crivellati dalle pallottole delle armi automatiche, ma continuavano ad alzarsi, alcuni silenti, alcuni gemendo, e marciavano verso di loro. Gli SWAT cominciarono a sparare persino alle gente che tentava di trovare rifugio dietro il posto di blocco, pensando che fossero lì per aiutarli. I sopravvissuti del palazzo rimasero scioccati alla vista di quella carneficina, e in breve tempo, il posto di blocco fu sommerso da un mare di non-morti e inghiottito nei suoi abissi. 
Petra si girò verso Oliver e disse: - L'aver salvato della gente lo stava aiutando. Parlava molto meno con la sua pistola, perché era sempre impegnato a discutere con gli altri. Ero così contenta. Sembrava quasi che stesse guarendo da quel terribile trauma, e poi... - Sospirò e lanciò un occhiata dietro le sue spalle, fuori dalla finestra. - Poi qualcuno disse che i militari stavano allestendo un centro evacuazione, non poco lontano da qui. Noi tutti sentivamo gli elicotteri dirigersi da quella parte e sparire tra i grattacieli. Così ho pensato che Alphonse aveva ragione, che c'erano veramente i militari che stavano aiutando i superstiti a lasciare la città. Ma gli altri non volevano rischiare le loro vite e lasciare l'edificio, perché si sentivano protetti quassù. Alcuni di loro dicevano che presto una squadra militare sarebbe giunta per liberarli, e che dovevano solo pazientare. Io non la pensavo così, e nemmeno Alphonse. Poi lui, Jerry e un altro uomo, rubarono le armi che trovai in questa stanza, e lasciarono il palazzo tramite la finestra da cui sei entrato. E da quanto hai sentito da mio marito, Jerry ha rubato anche tutte le medicine. - Fece una pausa. - Oltre il posto di blocco la strada era deserta, e gli zombie erano stati bloccati dal cancello che la polizia aveva costruito per controllare e bloccare la via. Li vidi sparire dietro l'angolo della farmacia, e non tornarono mai più. - Poi il viso di Petra si rabbuiò - All'inizio pensavo che... Pensavo che Alphonse c'è l'aveva fatta, che si era messo in salvo. Continuavo a vedere molti elicotteri sorvolare il cielo. Così un pomeriggio sono salita sul terrazzo, e vedevo che gli elicotteri atterravano sempre dietro i lontani grattacieli di Downtown. Pensavo davvero che evacuassero i superstiti, perché poco dopo prendevano il volo e svanivano all'orizzonte, verso la foresta. Poi pensai che forse gli elicotteri appartenevano ai ricchi, che evacuassero solo le loro famiglie e i loro beni... Avevo una miriade di pensieri in testa, che non sapevo più cosa pensare. - Sospirò e lanciò un occhiata alla finestra. Si udivano deboli gemiti provenire dalla strada. 
Oliver ascoltava. Era preso da ciò che le stava confidando Petra, ma sapeva che non era arrivata al fulcro del discorso. Così sedette su una sedia.
Petra gli diede le spalle. Guardò giù in strada e rimase a lungo in silenzio, finché disse: - Quando sono scesa, ho cominciato a convincere la gente a lasciare il condominio. Ho mentito, persino, detto loro che avevo sentito in lontananza un megafono che diceva che stavano evacuando i sopravvissuti dalla città, ma non è servito. Nessuno voleva andarsene... - Petra cominciò a piangere. - Così ho convinto mio marito che aveva un forte ascendente su tutti loro. Li aveva salvati... - Singhiozzò per un momento, il petto faceva su e giù freneticamente. - Mark è stato il primo a schierarsi dalla sua parte. Chi aveva una famiglia, invece, non voleva andarsene. Volevano proteggere i lori figli. Li capivo... O almeno pensavo di capirli. - Rimase a piangere per un pezzo, finché non si calmò da sola. Oliver non poté fare altro che ascoltare. Poi Petra continuò. - Mark li convinse. Non so come, ma tutti loro accettarono di seguire mio marito. Io ero felice... Che stupida! - Batté un pugno a martello sulla finestra. - Che stupida egoista che sono stata. Pensavo solo a me. Volevo abbandonare Raccoon City a tutti costi. Ero terrorizzata da quei mostri là fuori. Sono stata una stupida. Stupida! - Sferrò più volte pugni a martello sulla finestra per cacciare via i sensi di colpa che le assillavano la mente, finché non si mise improvvisamente a piangere.
- Hai fatto ciò che ritenevi più giusto. - Disse Oliver che era deciso a confortarla.
- Sono morti a causa mia! - Esplose Petra, girandosi verso di lui. - Tutti loro! - Indicò con un dito gli zombie nelle strade. - Se non avessi convinto Livio, nessuno di loro sarebbe morto. Sarebbero tutti al sicuro. Qui dentro. E mio marito sarebbe guarito... -
Oliver si chiese come mai lei e suo marito non fossero morti insieme agli altri. Ma rimase in silenzio. Era inutile domandarlo, pensò.
Ma Petra glielo lesse negli occhi, e aspettò un momento prima di parlare: - Ero stata l'ultima a lasciare il condominio. Tutti erano usciti dalla finestra e si erano messi lungo le mura del palazzo, vicino al posto di blocco. Dietro di loro gli zombie si ammassavano contro la recinzione, ma... - Rimase in silenzio per un poco. - Quando vidi che il cancello stava per cedere, ero già sul tetto del camion, proprio dove sei stato tu. Ero pronta a scendere... Poi il cancello cedette, e gli zombie si riversarono come un fiume in piena. Tutti fuggirono terrorizzati verso la direzione dove era sparito Alphonse, compreso mio marito. Io ero rimasta sul tetto del camion paralizzata dalla paura. Ero circondata e non potevo raggiungerli. E'... E' successo tutto così in fretta. Li vidi svoltare l'angolo della farmacia, mentre i non-morti l'inseguivano. Poi fu assordata dai gemiti. Mi accasciai e piansi perché ero rimasta da sola e mio marito mi aveva abbandonata. Qualche minuto dopo sentii degli spari in quella direzione. Vidi Livio e altre undici persone tornare indietro. Mio marito sparava contro il resto dei sopravvissuti. Solo che... Erano morti tutti, ed altri seguivano alle spalle. Tra loro mi pare di aver visto Alphonse, ma non ne sono sicura. Tutti loro erano circondati da entrambi i lati dagli zombie, ma solo Livio riuscì a mettersi in salvo arrampicandosi sul tetto di una grossa jeep. Un uomo disperato e in lacrime gli porse il figlio di due anni, ma mio marito... Non lo prese. Ricordo ancora quella scena. Quel bambino... Le urla... Mi perseguita ancora. - Pianse di nuovo per un lungo momento, ma in modo del tutto incontrollato. - ...Poi vidi mio marito aggrapparsi a un ramo di un albero e raggiungere il balcone di una casa. Da lì proseguì sui tetti. Quando mi raggiunse, non era più lo stesso. -
Oliver rimase senza parole. In realtà non sapeva cosa dire. Petra si era salvata per puro caso. Ma Livio... Perché non ha salvato quel bambino? Si chiese Oliver. Cosa gli costava?

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Capitolo 5
*** V. Capitolo ***


- Petra. - Disse Livio sotto la soglia del soggiorno. - E lui chi è? -
Oliver lo guardò con un velato odio negli occhi. L'aver appreso che Livio non aveva aiutato quel bambino, l'aveva scombussolato e distrutto quel poco di pietà che nutriva per quell'uomo.
- E' Oliver. - Rispose Petra. - L'hai già conosciuto. - Sospirò con tristezza. Capiva che Livio non aveva colpe. Era la malattia o quel dannato trauma a renderlo così.
Livio corrugò le sopracciglia e lo squadrò per un poco. Poi notò la ferita sul suo braccio e disse sorpreso: - Non... Non volevo spararti, io... -
Oliver si assorbì di nuovo le miriade di scuse che gli porgeva Livio. Ma ormai non gli facevano più effetto. Provava un odio crescente per quell'uomo, anche se non sapeva perché Livio non aveva salvato il bambino. Poi quel pensiero crebbe a dismisura, finché fu impossibile non dargli voce. - Perché lo hai abbandonato? Perché? - Disse pieno di risentimento.
Livio si ammutolì. Petra, che aveva gli occhi sbarrati, guardò dapprima Oliver e poi suo marito. Rimasero a lungo in silenzio, mentre il volto di Oliver cambiò del tutto; i suoi occhi sprizzavano fiamme.
- Quale bambino? - Chiese Livio confuso.
Petra non aiutò il marito a ricordare. Si girò verso la finestra e guardò gli zombie in strada.
- Quello che hai abbandonato a quei mostri là fuori. - Ringhiò Oliver puntando il dito verso la finestra. - Come hai potuto fare una cosa del genere? Come? -
- Io... Non ricordo... - Livio era talmente confuso, che guardò la canna della .9mm come se questa potesse dargli una risposta.
Oliver sbuffò irato. Era sul punto di esplodere.
- Il bambino era stato morso. - Disse d'un tratto Petra. - Non poteva salvarlo. -
- Morso? - Sottolineò Oliver. Si accarezzò il mento con fare nervoso. - E tu come lo sai? Ti fidi di un uomo che non sa nemmeno dove si trova o cosa ha fatto un minuto fa? -
Petra si girò di colpo. I suoi occhi iniettati di odio trafissero quelli di Oliver. - Cosa hai detto? -
Oliver comprese di essersi esposto troppo. Era pur sempre suo marito, e da come si era voltata, l'avrebbe difeso a spada tratta. Ma a Oliver gli bastò adocchiare Livio per farsi tornare quella sensazione di disprezzo. - Non sta bene con la testa. Potrebbe mentire. Averti detto menzogne per giustificare ciò che ha fatto. -
Petra rimase in silenzio con la mascella contratta, stringendo un mano a mo' di pugno per la rabbia.
Livio era ancora confuso. Aspettava invano una risposta dalla sua pistola. 
D'un tratto si udì un elicottero sorvolare l'edificio. Poi il rumore si perse in lontananza e fu del tutto sommerso dai gemiti degli zombie nella strada. 
Petra serrò gli occhi: - Io non ho mai dubitato delle parole di mio marito. Non mi ha mai mentito. - Si avvicinò a Oliver. - E tu... - Lo guardò da capo a piede. - Dovevo lasciarti morire dissanguato. Mio marito ha fatto bene a spararti! - La donna lo fissò con tale odio e risentimento, che per un attimo Oliver temette che ordinasse a suo marito di sparargli.
- Il bambino... - Disse Livio quasi un bisbiglio. - Io non volevo. Lui... Era stato morso. Non aveva più la mano e sanguinava. Quell'uomo... - Livio guardò la finestra. - Lui aveva preso il bambino in braccio, dopo che... Che il bambino era svenuto. Lo zombie gli ha staccato metà della mano a morsi. Io... - Buttò la .9mm sul pavimento. 
Petra comprese subito le sue intenzione. - NO! -
Livio si lanciò contro la finestra. Una corsa rapida, di pochi passi. Schiantò violentemente la testa contro la finestra. Un crepa si fece largo nel vetro, poi altre ancora si biforcarono e l'intera vetrata si frantumò in mille pezzi. Livio cadde sul pavimento, di spalle, la testa insanguinata, il viso trafitto da piccole schegge di vetro.
Oliver rimase sorpreso e spaventato dalla scena, anche perché Petra gli aveva detto che quel vetro era resistente.
Petra si precipitò addosso al marito. - No, no, no. - Gli tolse di dosso i vetri, guardò la faccia del marito in una maschera di vetri e sangue. Poi incrociò lo sguardo di Oliver. Si accigliò e i suoi occhi non promisero nulla di buono. Si alzò e corse verso la pistola. Oliver la guardò afferrare la .9mm, e comprese le sue intenzioni. Quando fece per voltarsi, un colpo gli fischiò vicino all'orecchio facendo un buco nel muro. Oliver uscì dal soggiorno, mentre una raffica di pallottole si schiantarono sulle pareti dietro di lui. Corse a perdi fiato nel corridoio, saltò cinque gradini atterrando sul pianerottolo e si diresse al primo piano. Quando lo raggiunse, guardò per un momento le quattro porte lungo il corridoio e si precipitò verso l'ultima. Ma prima di entrare, scivolò sul pavimento e udì uno sparo. Il proiettile si conficcò nel telaio della porta. 
Oliver guardò il foro, e comprese di essersi salvato per puro caso o forse, era merito della Dea bendata. Se non fosse scivolato, quella pallottola lo avrebbe centrato dritto in testa o nel collo. Poi lanciò un occhiata terrorizzata a Petra che teneva la pistola puntata contro di lui. Si alzò velocemente in piedi. Un altro colpo lo mancò per poco. Oliver entrò nell'appartamento, si diresse in bagno e scavalcò velocemente fuori dalla finestra. Si ritrovò sulle casse militari, mentre i non-morti si ammassavano sotto di lui. Guardò dietro di sé, vide dapprima i capelli sciolti di Petra e poi la sua faccia emergere dalla finestra e prendere la mira. Oliver reagì istintivamente, saltò sull'altro lato del posto di blocco atterrando sul tetto in legno di una guardiola. Ma i suoi pantaloni rimasero impigliati nel filo spinato che correva sulla recinzione di ferro. Percepì un forte dolore alla caviglia, e presto l'indumento in cotone s'impregnò di sangue. Un proiettile forò il muro della guardiola, mancando l'avambraccio. Spaventato, Oliver non badò più al dolore, e tirò via la gamba. Pezzi di stoffa si strapparono dal pantalone e rimasero impigliati nel filo spinato. Oliver gettò un occhiata a Petra che cercava di sparare, ma non aveva più munizioni. La donna colpiva l'arma con un mano come se questa si fosse inceppata. E quando comprese che la pistola non aveva più proiettili, lanciò un occhiata malevola a Oliver e tirò giù la tapparella, cosicché nessuno potesse più entrare nel condominio.
Oliver rimase seduto sulla guardiola con la caviglia dolorante. Fissò il pantalone insanguinato, pensando al peggio. Si fece coraggio e ne sollevò un lembo. Si accorse che la ferita era meno grave di quanto pensasse. Era una piccola ferita, ma non capiva perché uscisse tutto quel sangue. D'un tratto il tetto in legno della guardiola cedette un poco. Oliver sussultò terrorizzato. Si guardò tra le gambe; vide una piccola fessura attraverso le assi del tetto, e le facce mezze divorate degli zombie che lo guardavano con occhi vitrei o con orbite vuote e nere. Oliver comprese che, se non si fosse spostato, sarebbe finito dritto tra le braccia di quei mostri. Mostri che l'avrebbero accolto ben volentieri strappandogli la carne accaldata dalle ossa.
Si guardò intorno. Non poteva andare da nessuna parte. L'unica possibilità era passare sopra la sottile e piccola sbarra di ferro posta sopra il cancello abbattuto. Doveva restare in equilibrio, così da raggiungere il furgone della SWAT. Ma se fosse precipitato...
Si fece coraggio. Pensò a Lara, al suo sorriso, alle sue labbra carnose, ai suoi occhi grigiastri. Si diresse carponi vicino alla lunga sbarra, si alzò e posò un piede. Caricò su di esso tutto il peso del corpo per vedere se era abbastanza robusto da reggerlo. I non-morti cominciarono ad accalcarsi sotto il cancello, le mani ossute, mozzate o dilaniate protese verso di lui. Oliver fece un lungo respiro e cominciò a camminare. Il filo spinato che gli correva vicino, sfiorava il pantalone. Aprì le braccia per mantenere l'equilibrio. Sotto, gli zombie gemevano e battevano i denti pregustando il sapore della sua carne. Oliver mise un piede nel vuoto e quasi cadde, ma per fortuna si mantenne in equilibrio. Sentì il cuore martellargli il petto. Guardò davanti a sé, verso una finestra che aveva sul davanzale un vaso di fiori appassiti. Poi arrivò a un passo dalla fine, e facendosi leva con un piede, saltò sul furgone della SWAT. Si schiantò di petto sul tetto, e per un momento si sentì mancare il fiato. Poi lentamente si mise in piede. Gli zombie avanzavano verso la parte posteriore del furgone della SWAT, ma nella parte anteriore non c'era nessuno. Sbarrò gli occhi sorpreso. Poi lanciando un occhiata agli zombie, si precipitò a scendere. 
I suoi piedi toccarono l'asfalto pregno dal sangue raggrumato. Corse a perdi fiato lungo la via, adocchiando cadaveri divorati, veicoli abbandonati e arti mozzati. Poi si ricordò quello che le aveva detto Petra mentre gli raccontava cosa era successo al gruppo di sopravvissuti; che dietro l'angolo c'era una farmacia. Si guardò la ferita alla scapola coperta da stracci e intriso di sangue coagulato. Doveva medicarsi e cambiare gli stracci attorno alla ferita. Si fermò, e gettò un occhiata alle sue spalle; i non-morti avanzavano goffi verso di lui. Poi si guardò intorno e notò un insegna; Farmacia di Raccoon City. Si precipitò verso l'edificio. Quando sbucò dietro a due macchine che si erano scontrate, si fermò di colpo. L'entrata era sbarrata da una robusta serranda. Ai suoi piedi, giacevano ammucchiati dodici persone crivellate da proiettili di grosso calibro. Trasalì inorridito. Poi pensò a come avrebbe fatto a entrare nella farmacia.
Alzò lo sguardo sopra l'insegna, e seguì con gli occhi le finestre dell'edificio, le cui stanze, erano immerse nell'oscurità. Poi vide uno stretto vicolo costeggiare la farmacia. Un grosso e pesante cassonetto dell'immondizia era messo di traverso per bloccare il passaggio. Oliver però, poteva passarci sopra. Da quanto aveva capito, gli zombie non riuscivano ad arrampicarsi, ma erano in grado di strisciare o strascicarsi sulle scale, come era successo nel condominio di Petra e Livio. 
Balzò sul bidone e proseguì lungo il vicolo. Un attimo dopo, i non-morti si bloccarono davanti al bidone con le braccia tese verso Oliver, come se questo bastasse ad afferrarlo. Poi l'uomo si fermò davanti a una porta di ferro; l'unica porta in quel vicolo cieco tappezzato da spazzatura, bidoni e cassonetti. Cercò di girare la maniglia, ma era chiusa. Allora batté disperato i pugni a martello sulla porta. Gridò, ma dall'altra parte non ebbe nessuna risposta. Così guardò ai lati dell'ingresso. In alto, vide una piccola finestra. Si arrampicò sopra un cassonetto e spaccò il vetro con il gomito protetto dalla giacca, stando attendo a non ferirsi la mano. Sulla finestra però, erano rimasti appese delle punte di vetro, che potevano ferirlo se avesse tentanto di oltrepassarla. Allora scese, prese il coperchio di un bidone, tornò sul cassonetto e tolse via tutti i piccoli vetri appesi alla finestra. Quando ebbe finito, strisciò dentro la piccola finestra con il coperchio in mano e con un tonfo, cadde dall'altra parte, sul fianco. Si trovava nell'entrata della farmacia.
- Fermo! - Gridò una voce rauca e minacciosa.
Oliver sollevò la testa, e vide un uomo barbuto che gli puntava addosso una Glock. Istintivamente si portò il coperchio a protezione della testa, e l'uomo barbuto, credendo che Oliver stesse estraendo un arma, fece per sparare ma si fermò quando capì che non stava tirando nulla fuori.
- Non uccidermi. - Disse Oliver con la faccia coperta dietro il coperchio, come se questo potesse fermare le pallottole. - Sono disarmato. Non sparare. -
- Abbassa quel coso. - Rispose l'uomo barbuto con i nervi al massimo. 
Lentamente, Oliver mise a terra il coperchio e alzò le mani in aria.
L'uomo barbuto lo raggiunse con la pistola puntata verso la faccia e gli ronzò intorno per un momento. Poi si mise alle sue spalle e con una mano iniziò a perquisirlo. Quando finì, tornò davanti a Oliver. - Come te la sei fatta? - Indicò la ferita alla scapola con la canna della Glock. Ma lasciò perdere quella alla caviglia, poiché era visibile.
- Mi hanno sparato. -
- Chi? Gli SWAT? - L'uomo barbuto serrò gli occhi sospettoso.
- No. -
- Allora chi? -
- E' stato un incidente. - Oliver non sapeva se raccontargli tutta la verità, o una mezza bugia. Ma forse non era il caso di raccontare menzogne a un uomo armato. - Sono entrato in un condominio, e un uomo mi ha sparato. E' stata colpa mia. L'ho spaventato. Non l'ha fatto apposta. -
L'uomo barbuto abbassò lievemente l'arma. - Chi mi dice che non sei stato morso? -
- No, non è un morso. Guarda! - Oliver fece per togliersi la benda dalla ferita, quando sentì una fitta dolorosa proprio in quel punto. Smorzò un gemito.
- Fermo e... -
D'un tratto una bambina sbucò dietro una porta e corse felice verso l'uomo barbuto. Quando vide Oliver, si fermò come se avesse visto qualcosa di mostruoso. Rimase ferma con gli occhi sbarrati dal terrore e le esili ginocchia che le tremavano.
- Torna di là. - Aggiunse l'uomo barbuto con voce autorevole. La bambina aveva troppa paura e non si mosse. Poi l'uomo barbuto lanciò un occhiataccia a Oliver. - Cosa hai da guardare? -
- Io... Niente. - Oliver levò subito lo sguardo dalla bambina e fissò il pavimento. 
- Michelle! - Tuonò l'uomo barbuto alla bambina.
La bambina sparì da dove era venuta, mentre Oliver gettò una rapida occhiata intorno a sé. Molti scaffali erano sul pavimento, alcuni distrutti e altri interi. Solo tre di essi si mantenevano in piedi ed erano vuoti. I medicinali erano sparsi un po' ovunque, ed erano stati svuotati o calpestati. C'erano grumi di sangue dappertutto, sui muri, sul pavimento, sugli scaffali e sui banconi, ma nessun cadavere. Oliver capì che la farmacia era stata saccheggiata, e che forse, era persino scoppiato un sanguinoso scontro là dentro per strappare i farmaci dalle mani di altra gente.
- Chi ti ha sparato? - Domandò l'uomo barbuto.
- Te l'ho detto. -
- Voglio sapere il nome! -
- Livio, ma... -
- Quel fottuto figlio di puttana! - Urlò l'uomo barbuto con occhi pregni di rabbia.
Oliver guardò il suo volto tramutarsi in una bestia assettata di sangue. Arretrò spaventato finché urtò le spalle contro la parete, e sussultò.
Il viso paonazzo dell'uomo barbuto, cominciò a rigarsi di lacrime. Puntò la Glock contro la testa di Oliver deciso a fargli saltare le cervella una volta per tutte.

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Capitolo 6
*** VI. Capitolo ***


- Zio Tom! - Gridò spaventata la bambina coprendosi la bocca con le mani. 
L'uomo barbuto si voltò con il viso bagnato dalla lacrime; teneva la Glock puntata addosso a Oliver. - Vai lì dentro, Michelle. -
Oliver era contro il muro, il petto che faceva su e giù freneticamente.
- Quel signore parla. Forse non è un mostro. - Disse la bambina con gli occhi sgranati.
- Vai lì dentro, ti ho detto! - L'uomo barbuto si girò verso Oliver - Sei amico di quel figlio di puttana? - Ringhiò con gli occhi arrossati e pieni di risentimento.
Oliver non rispose. Pensava che se avesse detto 'sì' o 'no', lui l'avrebbe ucciso ugualmente.
- RISPONDI! -
- No. - Rispose Oliver con il cuore in gola.
L'uomo barbuto spostò la canna della Glock verso la testa di Oliver. La sua mano tremava, mentre i suoi occhi erano completamente rossi dalla furia. 
- Zio Tom. - Disse la bambina con un lieve tono di supplica.
Rimasero a lungo in un tetro silenzio. Poi Oliver udì qualcosa.
- Tom... - Disse una flebile voce da donna provenire da dentro un gabbiotto; un tempo lì erano riposti la maggior parte dei medicinali o quelli più costosi. 
- La mamma, zio Tom. - Disse Michelle. Corse verso il gabbiotto, spalancò la porta rinforzata in ferro e si precipitò sul giaciglio fatto di cartoni e indumenti laceri dove era sdraiata sua madre.
L'uomo barbuto di nome Tom, si voltò disperato e lasciò perdere del tutto Oliver, raggiungendo la bambina. 
Oliver rimase spiaccicato alla parete. Si guardò i pantaloni credendo di essersi pisciato addosso dalla paura, ma erano solo sporchi di sangue. Poi realizzò solo in quel momento che Tom era sparito. Si guardò attorno, in un angolo, vide una porta in ferro rinforzato che conduceva in un gabbiotto il cui bancone era protetto da una pesante serranda. Prima non ci aveva fatto caso, perché era concentrato sull'uomo barbuto, che su altro. Allora si staccò dalla parete, e con passo cauto, si avvicinò loro. Poi nella mente di Oliver si fece strada l'idea che se si fosse avvicinato troppo, l'uomo barbuto l'avrebbe sparato seduta stante. Si fermò a pochi metri dalla porta del gabbiotto. L'interno non era a soqquadro come l'entrata della farmacia. Oliver comprese che forse la gente non era riuscita ad entrare; poi si chiese come aveva fatto Tom ad entrare? L'uomo barbuto, che non aveva più di cinquant'anni, aveva una corporatura impressionate; alto, spalle larghe e forti e un massiccio collo taurino. Le sue mani erano piccole, callose e robuste. Aveva un viso burbero e grandi occhi verdi con un naso a patata. Indossava una camicia a quadri verde con righe nere, pantaloni grigi e scarpe da lavoro antinfortunistiche. Era un uomo imponente, pensò Oliver. Non avrebbe avuto problemi ad abbattere una porta, ma una porta in ferro rinforzato?
Oliver osservò Michelle e Tom chini su una donna dai capelli color corvino. Era pallidissima in viso, gli occhi cerchiati in nero, e labbra bluastre. Guardava Michelle, le sorrideva. Tom le sorreggeva la nuca con una mano. La bambina tratteneva le lacrime a stento. Tom faceva lo stesso, ma era più bravo a trattenerle, anche se era scoppiato davanti a Oliver. Forse perché Michelle non lo stava vedendo.
La donna voltò la testa verso Tom. - Fa male, Tom. Fa molto male. -
- Devi riposarti, Lili. Hai bisogno di riposo. -
- Non ci riesco... - La donna tossì. - Il braccio mi fa male. Non riesco a dormire. Faccio solo incubi. Non voglio dormire. -
- Sono solo sogni, Lili. - Disse Tom con un lieve sorriso triste. - Nessuno può farti del male. Ci sono io a proteggervi. - Guardò la bambina e poi Lili. 
- Ma... - Lili tossì più volte. - Con chi stavi parlando? Con Max? -
Tom abbassò lo sguardo. Sapeva che Lili si stava riprendendo da un lungo sonno e non era completamente lucida.
Michelle disse alla madre: - Non era papà. Era un signore. Aveva paura di zio Tom. Ma non è un mostro. I mostri sono cattivi e puzzano e hanno la pelle brutta. Perché zio Tom voleva sparargli? - La bambina si girò verso l'uomo barbuto. - Zio Tom tu sei cattivo? Perché i cattivi sparano alle persone buone, mi hai detto. E le persone buone ai mostri. - Poi rimase in silenzio per un istante come se non si ricordasse cosa voleva dirgli. - Zio Tom. Perché volevi sparare a una persona, e non a un mostro? Sei cattivo? -
Tom guardò la bambina, ma non rispose.
Lili sorrise a Michelle. - Lo zio vuole solo proteggerci. Non... - Tossì e questa volta cominciò a sputare sangue e a vomitarlo. 
Tom si allertò, alzò il busto della donna per farla stare seduta, così da non farla affogare nel suo stesso sangue.
Michelle scoppiò a piangere presa dal panico, coprendosi la faccia con le mani.
Quando finirono i conati di vomito, e Lili si asciugò le labbra con uno straccio datogli da Tom, guardò Michelle che era spaventata. - Non preoccuparti, bambina mia. La mamma sta bene. E' solo una piccola malattia. Passerà. -
- E quando passerà? - Domandò Michelle con voce rauca dal pianto.
- Molto presto. - La madre le sorrise.
Tom afferrò una pila di indumenti e bende prese da chissà dove, e pulì il sangue dal pavimento. 
Oliver era proprio di fronte a loro, oltre la porta. Ma Tom sembrava non averlo visto. Quello che stava facendo era molto più urgente. Nemmeno Michelle e Lili si erano accorti della sua presenza.
Tom gettò gli stracci in un angolo e tornò da loro. - Come ti senti? - Chiese a Lili.
- Sempre meglio. - Gli disse, ma sorrise a Michelle per farle capire che presto sarebbe stata bene.
- Davvero davvero? - Domandò contenta Michelle con il muco che le colava dal naso.
- Certo. - Lili spalancò le braccia. - Adesso dammi un abbraccio così guarirò più in fretta. -
Michelle l'abbracciò felice e la strinse così forte, che non l'avrebbe mai più lasciata. Ma in quel gesto amorevole, si nascondeva la speranza di poter guarire la madre all'istante, come se l'intensità dell'abbraccio fosse il fulcro di tutto.
Tom si alzò di scatto, e diede loro le spalle. Era scoppiato in un pianto sommesso vedendo quella scena. Cercava di contenersi e di non far capire dagli scatti improvvisi delle spalle, che stava singhiozzando.
Oliver rimase con un vuoto nella pancia. Pensò che era così triste che una bambina doveva assistere a cose così orrende. Alla sua età doveva giocare con i suoi amici, divertirsi, burlare gli adulti, fare marachelle, litigare per cose innocenti e fare di nuovo pace un minuto dopo.
Poi Lili cercò di sciogliere l'abbraccio, ma Michelle non mollò la presa e disse: - Se ti stringo forte guarirai, mamma. Rimaniamo così finché guarisci. - Poi lanciò un occhiata a suo zio. - Non è vero, zio Tom? -
L'uomo barbuto non rispose, anzi, il pianto si rinforzò e si udì qualche singhiozzo, mentre cercava di sembrare impassibile come se stesse guardando qualcosa al di là della serranda del gabbiotto.
Sua madre si mise a ridere e i suoi occhi diventarono lucidi. - Ora che mi hai dato un forte abbraccio, devi lasciare che faccia effetto. -
La bambina si staccò lentamente dall'abbraccio con un espressione triste. - Magari devo abbracciarti più forte, mamma? Ti ho stretto forte forte, ma non sei guarita subito. Forse ho sbagliato. -
- No, bambina mia. - Le sorrise la madre. - Ora non sento più dolore. - Mentì - Sta funzionando. -
- Davvero davvero? - Disse Michelle eccitata, sgranando gli occhi verdi.
- Sì. - Quando Lili fece per alzare debolmente il braccio indolenzito e fasciato, incrociò lo sguardo di Oliver. La donna trasalì spaventata, lasciandosi sfuggire un lieve urlo.
Tom si girò di colpo. Vide Oliver poco oltre la soglia della porta. Corrugò la fronte e si diresse minaccioso verso di lui. Oliver indietreggiò, inciampò su uno scaffale steso sul pavimento e ci cadde dentro.  
Tom gli arrivò vicino e gli puntò la Glock in faccia.
- No! - Disse Oliver proteggendosi la faccia con le braccia.
- Zio Tom. -  Urlò la bambina dal gabbiotto.
L'uomo barbuto lanciò un occhiata alle sue spalle, vide il viso di Michelle bagnato di lacrime.
- Tom... - Disse Lili con voce debole. - Non farlo. C'è già abbastanza morte là fuori. -
Tom serrò la mascella, abbassò la Glock.
Oliver sospirò, ma rimase con le braccia a protezione del viso.
- Zio Tom. - La bambina lo raggiunse. - Tu mi hai detto che non si uccidono le persone buone. - Gli prese la mano e sorrise allo zio. 
- Lo so. - Rispose Tom accarezzandole i riccioli neri.
Ma Oliver sapeva che l'uomo barbuto non si era per niente calmato. I suoi occhi erano ancora iniettati di sangue mentre lo guardava sottecchi.
- Fallo venire qui. - Disse Lili tossendo di nuovo.
Michelle sussultò spaventata, lasciò la mano delle zio e si precipitò da sua madre. - Mamma. Mi hai detto che stavi meglio. -
- Sto bene, bambina mia. - Lili le sfiorò la guancia con un dito.
- Non è vero. - Michelle mise il broncio - Non è vero, non è vero, non è vero. -
Tom guardò Oliver e disse: - Su alzati. -
Raggiunsero Michelle e Lili che squadrò Oliver con difficoltà. Non riusciva a vederlo bene, poiché aveva la vista quasi del tutto offuscata.
Michelle incrociò le braccia e mantenne il broncio alla madre.
- Qual è il tuo nome? - Chiese Lilli a Oliver.
- Oliver Butch. -
- Quindi ho pensato male. Non sei Livio? -
Oliver non capì.
- Non è lui. - Rispose Tom ringhiando tra i denti. - Però dice che gli ha sparato per errore. - Lanciò un occhiata minacciosa a Oliver. - Potrebbe essere suo amico per quanto ne so. -
Oliver non capiva perché Tom si comportava male con lui.
- Se fosse suo amico... - Lilli tossì sangue. 
Michelle sbarrò gli occhi e il broncio andò via in un attimo. - Mamma! -
- Non è niente, bambina mia. - Disse Lili. - E' l'effetto della guarigione. -
Michelle non sapeva se crederle o meno. Ma siccome la mamma era sempre stata buona con lei, allora gli credette.
- Tutto bene? - Chiese Tom.
- Sì. - Rispose Lili, poi guardò Oliver. - Hai conosciuto Livio? E sua moglie Petra? -
Oliver annuì, e guardò di sfuggita la ferita alla scapola.
La donna lo vide, anche se vedeva tutto offuscato. - Ti ha sparato lì? -
- Sì. - 
- Ti sei medicato da solo? -
Oliver non sapeva se dirle la verità. A quanto capiva Livio e forse Petra, non erano amati da Tom. E non voleva far irritare o infuriare l'uomo barbuto per paura di essere ucciso. Poi si chiese se loro avevano fatto parte del gruppo di sopravvissuti di Livio e Petra.
- Allora? - Disse Lili.
- Rispondi! - Ruggì Tom.
- Non essere maleducato, zio Tom. - Gli rispose la bambina.
- Mi ha medicato Petra... - Disse Oliver temendo la reazione brutale di Tom. Così parlò a raffica per allontanare la paura. Raccontò come era stato salvato da Petra quando era sul tetto del camion, fino a quando aveva tentato di ucciderlo. Ma non aveva detto nulla di Lara o di come era stato attaccato dai non-morti nel parcheggio.
Tom scosse la testa e disse. - Non mi sorprende affatto. Quella donna è più pazza del marito. E' colpa sua se quello stronzo è combinato male. -
- Tom! - Disse Lili fulminandolo con lo sguardo. - Modera il linguaggio. C'è mia figlia qui. -
- Io non sono una bambina! - Disse Michelle. - Sono grande. Guarda. - Si mise vicino al bancone, facendo notare che era un poco più alta. - Hai visto? Sono grande. - Si sollevò in punta di piedi per guadagnare altri due centimetri, sperando di ingannarli tutti.
Lili, Oliver e Tom sorrisero, ma lo zio burbero cercò di smorzare subito la risata, senza successo.
- Quindi sei fuggito. - Aggiunse Lili che si toccò l'avambraccio dal dolore. 
Tom sbuffò irato: - Quello stronz... -
- Di nuovo! - Tuonò debolmente Lili.
Tom abbassò gli occhi.
- Cos'è uno stronzo? - Disse Michelle con curiosità. - Un mostro? -
- Michelle! - La rimproverò la madre mentre soffocava un principio di tosse. - Non ripetere quella parole mai più, intesi? -
La bambina incrociò le mani sul ventre e si dondolò. - Va bene, mamma. -
- Quante persone ci sono nel condominio? - Chiese improvvisamente Tom a Oliver.
Oliver fu colto alla sprovvista. Non si aspettava una domanda da parte di Tom. Poco prima voleva fargli saltare la testa, e ora gli aveva chiesto qualcosa. - Ci sono solo loro. -
Lili e Tom si guardarono nello stesso istante. La donna aveva gli occhi spalancati. - Oh mio Dio. - Disse - Sono morti tutti. -
- Anche Alfred? - Rispose Michelle che tratteneva le lacrime. - E Sofia? Pablo? Jessica e tutti gli altri bambini? - Scese il silenzio nel gabbiotto. - Solo i grandi muoiono. I bambini sono forti. Più forti dei mostri. - Disse Michelle come se fosse a conoscenza di una verità che altri ignoravano.
La madre la guardò con una nota di tristezza, ma non rispose. Tom fece altrettanto.
Oliver comprese che la maggior parte degli zombie là fuori, compresi i bambini, erano loro amici.
- Signore. Dove sono i miei amici? - Chiese Michelle a Oliver con una nota di speranza negli occhi.
Oliver non sapeva cosa dire. Guardò Lili e poi Tom in cerca di una risposta. 
- Signore? - Insistette la bambina. - Dove sono i miei amici? Posso incontrarli? Posso giocare con loro? Sono sempre sola qua dentro. Non ho nessuno con cui giocare. Voglio vedere i miei amici, signore. Ti prego, dimmi dove sono. Sono là fuori? Giocano a nascondino? Forse mi stanno aspettando per iniziare a giocare? Io sono sempre stata brava a nascondino. - Si voltò verso Tom. - Dillo, zio Tom. Non sono brava a nascondino? Loro si sono nascosti, sai. Aspettano che io li trovi. Sì, dev'essere così, zio Tom. Sono tanto intelligente, io. Dillo, zio Tom. Non sono intelligente? -

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Capitolo 7
*** VII. Capitolo ***


- Bambina mia. - Disse Lili. - Vieni qui. Dammi le mani. Sì, così, brava. I tuoi amici sono là fuori. Si sono nascosti per non farsi trovare dai mostri. - Le sorrise.
- Davvero davvero, mamma? - Chiese Michelle con gli occhi sgranati.
- Certo, bambina mia. Anche noi ci siamo nascosti dai mostri. Chi resta più tempo nascosto vince un... Mmmh... - Lili guardò Tom in cerca di una risposta. Ma quello non disse nulla.
- Molte caramelle. - Disse d'un tratto Oliver tenendo d'occhio Tom che si voltò accigliato verso di lui. Le parole gli erano uscite di bocca da sole. Non riusciva a capacitarsene.
La bambina gettò un occhiata disgustata a Oliver: - A  me non piacciono le caramelle. Mamma dice che fanno male ai denti. -
Oliver guardò dapprima Lili che gli sorrise e poi il volto irritato di Tom. Poi Lili disse: - Il premio lo sceglierai tu, bambina mia. Ce ne sono tantissimi, di tutti i gusti. - 
- Voglio una casa delle bambole, e... e... - Michelle ci pensò su. - E una peluche grande così: - La bambina alzò le mani il più possibile, sollevandosi persino sulle punte dei piedi per farlo sembrare enorme.
- E lo avrai. - Le sorrise la madre. - Ma devi rimanere qui. Fare la brava. E ubbidire a zio Tom che ti vuole tanto bene. Solo così puoi vincere il premio. - Dal naso le uscì del sangue, che prontamente pulì con il dorso della mano senza allertare gli altri.
Michelle si girò verso lo zio con un grande sorriso e l'abbracciò. Tom si commosse, ma cercò di non darlo a vedere mantenendo una falsa aria da duro.
Poi Lili iniziò a tossire, a sputare sangue e si portò le mani al collo perché il sangue la stava soffocando. Michelle si staccò dallo zio e si precipitò da lei. - Mamma, mamma! -
Lili vomitò sangue e bile, mentre il viso le diventò ancora più pallido e gli occhi incerchiati di nero le fuoriuscirono quasi dalle orbite.
Tom si spaventò, strinse con tutte le forze la Glock, mentre Oliver era confuso.
- Mamma! - Urlò Michelle terrorizzata. - Hai detto che stavi bene, che il mio abbraccio ti aveva curata. -
Lili si accasciò sul fianco, le palpebre si chiusero lentamente; vide il volto di sua figlia sgranarsi mentre le tenebre calavano su di lei.
- Allontanati, Michelle. - Disse Tom con voce rauca e sofferente.
- NO! - Urlò la bambina, abbracciando la mamma - E' colpa mia. Non l'ho abbracciata forte, e ora sta male. Devo abbracciarla forte. Così guarisce. -
Tom afferrò con forza sua nipote che si dimenava e gli tirava pugni e schiaffi sul petto.
Lili rimase immobile, le palpebre quasi del tutto socchiuse. Oliver pensava che fosse morta, finché la donna allungò le dita verso la figlia come se volesse abbracciarla un'ultima volta.
Tom sussultò e indietreggiò con in braccio Michelle che continuava a martellargli il petto.
- Lei è... - Balbettò Oliver.
Tom gli lanciò uno sguardo torvo. - Taci! -
Lili brontolò qualcosa alla figlia con fare affettuoso, ma nessuno comprese le parole. Poi la mano cadde sul pavimento cosparso di bile e sangue, il suo petto fu percorso da lunghi fremiti, finché cessò improvvisamente.
Tom stringeva tremante la Glock. Michelle si liberò dalla presa e corse da sua madre. - Mamma! - Ma quando fece per toccarla, Lili spalancò gli occhi vitrei e si buttò addosso a Michelle, cercando di addentarla. Tom rimase con la pistola puntata verso sua sorella. Tremava. Non aveva il coraggio di fare quello che Lili gli aveva chiesto qualora si fosse trasformata.
Istintivamente, Oliver scattò in avanti e afferrò Michelle, prima che le pallide mani di sua madre la strappassero alla vita.
 - Mamma! - Urlò la bambina. - Lasciami andare! -
Oliver guardò Tom che aveva la faccia stravolta. Lili si alzò lentamente, facendosi leva prima sui palmi delle mani e poi sulle ginocchia. Quando fu in piedi, fissò il volto terreo di Tom che mirava alla sua testa. 
- No, zio Tom! - Urlò Michelle. - Non uccidere la mamma! Lei non è cattiva. E' la mia mamma, zio Tom. - Si dimenò tra le braccia di Oliver che la teneva ben stretta.
Tom guardò con gli occhi arrossati dal pianto sua nipote, poi voltò la testa verso sua sorella. Lili camminava scalza nel suo vomito, incerta, goffa e con gli occhi che non avevano nulla di umano. Tom cercò inutilmente il suo sguardo, un suo gesto, una sua parola, un suo sorriso, ma Lili marciò nella sua direzione battendo i denti. Poi la benda che fasciava il suo braccio cadde, scoprendo un profondo e orribile morso. Allungò le braccia per afferrare Tom, ma qualcosa la colpì in pieno. Lili sbatté la testa sul pavimento, e Tom, spaventato, si lasciò scappare un colpo di pistola. Il proiettile centrò un calendario appeso alla parete. Michelle corse dalla madre.
Tom lanciò un sguardo incerto a Oliver. Poi vide Lili distesa pancia in giù, e poco distante, un registratore di cassa. Capì che Oliver aveva salvato la vita sia a lui che a sua nipote. 
- Mamma! - Gridò Michelle mentre Lili si alzava lentamente. 
Tom ritornò lucido. Sapeva cosa fare. Si avvicinò a Michelle, la tolse da sua madre con l'aiuto di Oliver e sparò in testa a sua sorella. Il suono della Glock gli risuonò nel cervello come un eco assordante. Una parte di lui era morta per sempre. Aveva ucciso sua sorella. L'aveva fatto. La pistola gli scivolò di mano, ma non partì nessun colpo quando si schiantò sul pavimento. Michelle scoppiò in lacrime, mentre Oliver la teneva stressa. 
- Hai ucciso la mamma! - Gridò isterica la bambina con il viso immerso nelle lacrime. - Ti odio! Ti odio! Ti odio, zio Tom! -
Oliver guardò Tom che fissava incredulo il foro nella testa di Lili. 
Poi Tom cadde in ginocchio e scoppiò a piangere, con la testa dentro le spalle che sussultavano e le mani sul viso.
Oliver non sapeva cosa fare. Era successo tutto così in fretta. Non aveva avuto modo di conoscere Lili, anche se le sembrava una brava persona e un ottima madre. Poi pensò a Lara. Si chiese se stesse bene o...
- Perché zio Tom, perché? - Urlò Michelle.
Tom non rispose.
Oliver voleva rassicurarla, ma non sapeva come fare. Non aveva figli e non sapeva come trattare una bambina in quella situazione. Ma la tenne stretta a sé, mentre Michelle le piangeva sull'avambraccio della giacca, impregnandolo di lacrime e muco.
D'un tratto una dozzina di non-morti si schiantarono contro la serranda esterna della farmacia. Avevano udito gli spari. In pochi attimi la facciata dell'edificio fu sommersa dagli zombie che allungavano le mani ossute e lacerate oltre la saracinesca.
Michelle e Tom non sembravano curarsene, mentre Oliver guardò con il cuore in gola gli zombie. La serranda era robusta, ma non avrebbe retto ancora per molto. Prima o poi i non-morti l'avrebbero abbattuta e dilagato nella farmacia. Poi si udirono una raffica di spari. Tutti i non-morti si voltarono e strascicarono via, lasciando per ricordo alcuni arti incastrati nella saracinesca.
Tom e Michelle piansero e borbottarono per molto tempo. Oliver non poté fare altro che ascoltare.
Quando Tom tornò in sé, prese la pistola pregna di bile e sangue e raggiunse Oliver, senza guardarlo in faccia. Posò una mano sulla spalla di Michelle che si strinse con forza alla vita di Oliver. Poi Michelle disse: - Lasciami stare! Tu hai ucciso la mamma, zio Tom! -
Tom non sapeva cosa rispondere in un primo momento, poi aggiunse: - La mamma era malata. Molto malata. -
- Non è vero. La mamma stava bene. Io l'ho abbracciata, l'ho curata. Me l'ha detto lei che stava bene. Sei un bugiardo, zio Tom. -
Oliver sentì se stesso dire: - Non è colpa sua. Tua madre... - Michelle sollevò gli occhi arrossati e lacrimati verso di lui. - Tuo zio ha ragione... -
Michelle si staccò da Oliver. - Siete tutte e due bugiardi! - Si precipitò sul corpo della madre, e pianse, macchiandosi tutti i pantaloni di sangue e bile.
Oliver abbassò lo sguardo, mentre Tom sospirò con sofferenza. Poi Tom disse: - Grazie per prima. - Ma la frase gli uscì come un rantolo forzato, come se gli costasse molto.
Oliver annuì. 
- Sei venuto per le medicine, no? - Disse poco dopo Tom guardando gli stracci attorno alla scapola di Oliver. - Sono là. - Indicò un cassetto in fondo alla parete.
Oliver rimase spiazzato da quel gesto. Prima voleva ucciderlo e ora lo voleva aiutare. Ripensò a Petra e Livio, sperando di non dover fuggire questa volta dalle pallottole di Tom. - Grazie. - Disse. E andò vicino al cassetto.
Tom guardò Michelle che piangeva e abbracciava con forza la madre, come se quel gesto potesse riportarla in vita. 
Oliver aprì il cassetto pieno di vari medicinali, prese una bottiglietta di disinfettante e delle bende. Poi si levò lentamente gli stracci dalla ferita, mentre serrava la mascella per non gridare. Un odore acre si librò sotto il suo naso e vide del pus; la ferita si stava infettando, e se non l'avesse curata... Posò sul bancone gli stracci, afferrò la bottiglietta e versò il liquido sulla ferita. Lanciò un urlo di dolore, che cercò subito di smorzare. Michelle e Tom si voltarono verso di lui. La ferita bruciava come se stesse prendendo fuoco, e il pus sembrava ribollire sul disinfettante. Poi prese una benda e cominciò a togliere il pus, mentre cercava di non urlare. Quando ebbe finito, si versò altro disinfettante e la fasciò.
- Anche tu morirai come mamma? - Disse Michelle a Oliver con il muco che le colava dal naso.
- E' solo una ferita. -
- Anche la mamma era ferita. -
Oliver rimase in silenzio.
Michelle si girò e posò il viso sul freddo petto della madre, come se sperasse di sentir battere il suo cuore.
Oliver si guardò la ferita alla caviglia. Si buttò del disinfettante, e provò quasi gli stessi dolori della ferita alla scapola. Ma non urlò. Per sicurezza bendò anche quella ferita. Poi mise la bottiglietta e le bende pulite nel cassetto. 
- Ti consiglio di portarti appresso quella roba. - Disse Tom avvicinandosi a lui. - Non sai mai quando può tornarti utile. -
Oliver comprese che Tom non lo voleva lì con loro. - Va bene. - 
- Allora... - Continuò Tom. - Sei entrato di soppiatto, e per giunta, sei amico di Petra e Livio. -
- Non sono un loro amico. Petra ha cercato di uccidermi. -
- Questa è la tua versione. - Ringhiò Tom, ma si controllò e guardò Michelle e sua sorella. - Ti consiglio di andartene. Non c'è posto per te, qui. -
Oliver non capiva, ma del resto, sarebbe andato via ugualmente. Doveva raggiungere Lara, perciò non chiese il motivo. Aveva salvato lui e Michelle quando Lili si era trasformata, e Tom gli aveva detto chiaramente di andarsene. Forse era un ingrato, pensò Oliver. Ma con Michelle, Tom era un altra persona. Così si disse che sbagliava a giudicarlo male. Voleva proteggere Michelle e Lili, ed ora, le era rimasta solo sua nipote.
- Quella è la porta. - Tom la indicò con il dito. - Esce nel retro della farmacia. Là non ci sono zombie. Ho bloccato tutto il vicolo. Ma non andare né a destra, né a sinistra. Salì sulla scala antincendio, cammina sui tetti e scendi dall'altra parte dell'isolato. Lì una volta c'erano meno zombie, parlo di un giorno fa, ma ora... Non lo so. E se ti vedo camminare di fronte alla farmacia, capirò che hai mentito e sei amico di quei due psicopatici. E non credere che non ti sparerò se tornerai con loro, o da solo. Ora vattene. - 
Oliver prese la bottiglietta disinfettante e alcune bende. Poi andò alla porta. Era inutile controbattere. Tom era troppo cocciuto e sospettoso, e per niente riconoscente.
- Dove vai? - Disse la bambina a Oliver. - Li ci sono i mostri. La mamma ha detto di restare nascosti. - Guardò la madre, e scoppiò a piangere.
Oliver sospirò, mentre Tom lo teneva d'occhio. Girò la maniglia e uscì dalla farmacia. Quando fu fuori, sentì qualcosa di pesante urtare contro la porta. Tom l'aveva bloccata con una spranga di ferro che Oliver non aveva visto mentre usciva. Ora non poteva più entrare. Si guardò attorno, credendo che Tom avesse mentito; ma le sue parole si rivelarono vere. I due accessi al vicolo erano ostruiti da grossi cassonetti e macchine. Oliver vide la scala antincendio e ci salì. Le finestre sopra la farmacia erano tutte rotte o bloccate. Oliver temeva che qualche zombie potesse uscire da lì e afferrarlo, ma arrivò sul tetto senza alcun problema. 
Il sole filtrava timido tra le chiazze di nuvole sparse in cielo. Si rese conto che era mattina. Guardò i tetti che confinavano con la farmacia; li seguì, tenendo d'occhio le porte chiuse che portavano sulla terrazza. Poco dopo arrivò sull'ultimo edificio, adocchiò la scala antincendio e scese stando attento alle finestre che erano tutte chiuse.
Si ritrovò in un largo vicolo, gettò un occhiata intorno e si diresse verso Uptown.
Una decina di zombie erano sparsi un po' ovunque e vagavano nelle strade. Ma erano davvero pochi rispetto a quelli che aveva incontrato nei pressi del condominio. Si nascose dietro le auto, passando da una macchina all'altra senza farsi vedere o udire. Poi vide che la strada era bloccata da un posto di blocco. Non poteva passare da lì. Non poteva superarlo come aveva fatto precedentemente, ma solo aggirarlo. Così s'infilò in un vicolo e vide alcuni corpi con le viscere sparse a terra. Cercò di non farci caso, ma sopratutto, di non respirare, poiché la puzza era talmente insopportabile, che istintivamente cercò di vomitare e tossire. Quando svoltò l'angolo, con la manica della giacca sul naso per non sentire l'odore, si schiantò contro qualcuno. Ma prima di vederlo in viso, il suo sguardo fu catturato da alcune parole sull'uniforme blu scuro; R.P.D.

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Capitolo 8
*** VIII. Capitolo ***


- Ehi! - Gridò l'uomo puntandogli una pistola Magnum in faccia. 
- Non sono uno zombie! - Urlò Oliver proteggendosi la testa con le braccia.
- Oh... - L'uomo abbassò l'arma. - Scusami. Pensavo che... Non importa. -
Quando Oliver alzò gli occhi per guardarlo meglio, si rese conto che era un membro del R.P.D. Indossava un uniforme blu scuro e un giubbotto antiproiettile. Aveva i capelli castani con un taglio a caschetto; il viso squadrato, dagli occhi verdi tendenti all'azzurro e labbra sottili. Oliver pensò che non fosse un uomo minaccioso, poiché indossava la divisa da poliziotto e proteggeva la gente. Poi si ricordò della SWAT, dell'uomo che l'aveva quasi ucciso, delle parole di Petra su ciò che avevano fatto ai sopravvissuti. Così prese le distanze. 
- Sei da solo? - Gli chiese l'uomo.
- Sì... E tu? -
- Anche io. Perché correvi? Fuggivi dagli zombie? - L'uomo gettò uno sguardo dietro le spalle di Oliver, ma non vide nessuno a parte i cadaveri.
- Dalla puzza. -
- Be', le strade sono pieno di quell'odore. -
- Già. -
- Mi chiamo Leon Scott Kennedy. - L'uomo allungò una mano.
Oliver gliela strinse. - Oliver Butch. -
- Sono diretto al dipartimento di polizia. Puoi venire con me, se vuoi. -
- Grazie, ma non posso. -
- Saresti al sicuro, là. -
- Nessun posto è sicuro. -
- La centrale è difesa da un recinzione perimetrale. Almeno così ho visto da alcune foto prima di venire in città... Non credo che gli zombie siano riusciti ad entrare. Forse ci sarà altra gente. -
- Forse... - Sospirò Oliver. - Ma non posso venire, perché... - Si domandò se faceva bene a dirgli di Lara, ma non ci pensò troppo. - Devo cercare la mia fidanzata. -
- Capisco. - Leon annuì. - Sei sicuro che sia ancora viva? Magari è alla centrale di polizia? -
Oliver sfiorò con le dita la tasca dove teneva il cellulare rotto. - E' viva, e non credo sia lì. Ora devo andare. -
- Se cambi idea, mi troverai là. - Disse Leon. Poi guardò di sfuggita le mani di Oliver. - Non hai armi? -
- No. -
Leon si voltò e indicò una porta in fondo al vicolo. - Lì c'è un armeria. - Si girò verso Oliver. - Il proprietario è... morto. Ho ucciso gli zombie che l'hanno divorato. Ora l'armeria è un luogo sicuro. Prendi un arma, meglio una pistola di piccolo calibro se non hai mai sparato, o la balestra che impugnava quell'uomo. E' facile da usare e non ha il rinculo. Basta caricarla ad ogni colpo. -
Oliver non capiva perché Leon si preoccupava tanto per lui. - In realtà so usare il fucile. Mio padre mi portava spesso a tiro al piattello. Ma non ho mai sparato con una pistola. -
- La pistola è più facile da usare rispetto a un fucile. - Sorrise Leon. - Ma se non vuoi attirare gli zombie, la balestra andrà più che bene. Ma ti consiglio ugualmente una pistola. Non si sa mai. -
- Be', grazie del consiglio. -
Leon gli fece l'occhiolino. - Spero di incontrarti di nuovo. - E andò via.
Oliver guardò l'armeria, si avvicinò di soppiatto e fece per girare la maniglia, ma la porta era socchiusa e si aprì da sola. Sul pavimento, in un lago di sangue, giaceva il proprietario con la schiena squarciata e le viscere nelle mani cadaveriche degli zombie. La balestra era poco distante dal corpo con un dardo in carica. I non-morti erano entrati rompendo la grande vetrata dell'ingresso e l'uomo, che era di spalle durante l'attacco, non aveva avuto la possibilità di difendersi. Oliver notò che il proprietario aveva un foro nel cervello, e pensò a Leon; sicuramente lo aveva ucciso per non farlo trasformare mentre veniva divorato o forse, lo aveva fatto prima che i non-morti lo divorassero. Ma poi comprese che non aveva senso quello che pensava, visto che gli zombie erano stati uccisi con un colpo in testa. 
Scacciò via i pensieri, prese la balestra e la scrutò. Era in ottime condizione, anche se non s'intendeva molto di armi di quel genere per dirlo chiaramente. Quando si voltò, vide una carabina appesa alla parete; M1 Carbine. Era la sua preferita, poiché gli ricordava i momenti passati con suo padre a sparare bottiglie di vetro, scatole vuote o piattelli, quando il padre aveva il denaro per andarci. 
Non resistette alla tentazione di prenderla, posò la balestra sul bancone di vetro e l'afferrò. Con le dita accarezzò il telaio dell'arma, poi fece per mirare. Non era un arma da esposizione. Era per davvero un fucile. Così cercò in giro le cartucce, mettendo a soqquadro l'armeria che fin ad allora era inverosimilmente pulita e ordinata; eccetto per il proprietario morto, i cinque zombie ai suoi piedi, e ovviamente, la grande vetrata del tutto in frantumi.
Trovò le munizioni; .30 carbine. Mise un proiettile nell'arma e mirò di nuovo alla vetrata rotta. Non voleva sparare, ma l'idea di farlo l'aveva quasi convinto. Afferrò velocemente altre munizioni e si riempì le tasche vuote. D'un tratto si fermò. Si sentì stupido nel fare quel che faceva. Non doveva andare in guerra, anche se le strade di Raccoon City erano pressoché tali, con zombie da una parte e SWAT e squilibrati dall'altra. Ormai non sapeva più chi fosse il nemico o l'alleato. Poi pensò a quanto era stato fortunato a non venir ammazzato da quell'uomo della SWAT, forse, non erano tutti così, forse, alcuni erano contrari a uccidere civili. 
Ma scacciò anche questo pensiero. Prendendo venti cartucce, mise dieci di questi nel caricatore e uscì dall'armeria impugnando felice e fiero la sua M1 Carbine. Lo confortava il fatto di avere un arma, ma nello stesso tempo, Oliver sperava di non doverla usare contro i vivi, pazzi o sani che fossero. Poi pensò a quell'uomo; Leon. Era stato troppo gentile e cortese con lui, nessuno lo faceva senza chiedere nulla in cambio. Ma forse sbagliava ad essere cinico. Magari Leon voleva solo aiutarlo. E anche questa volta, scacciò via i pensieri.
Era di nuovo nel vicolo. Si guardò intorno e si diresse a destra. Doveva superare quel posto di blocco, e chi l'aveva costruito, non aveva pensato di sbarrare i vicoli tra i palazzi e le case; forse per un errore o stupidità, o tutte due le cose. Forse il capo della polizia era stato del tutto incapace nel gestire un tale evento, pensò Oliver. Ma qualcosa nel profondo gli diceva che non era stato tutto un grosso errore di logistica.
Arrivò in strada. Ora si trovava nell'arteria di Raccoon Street, che a destra conduceva alla farmacia e a sinistra verso Uptown. Il paesaggio si ripeteva all'infinito; macchine e posti di blocco, negozi saccheggiati e case depredate, pile di zombie e sopravvissuti, e tra loro, qualche SWAT o poliziotto. Oliver rimase orrendamente sorpreso nel vedere che ogni posto di blocco aveva il cancello distrutto o spalancato, come se qualcuno volesse che i non-morti inghiottissero la città nel più profondo e oscuro abisso, per sempre. Forse un orda di zombie si era diretta al distretto di Uptown e...
Sentì una fitta allo stomaco. Non voleva crederci. Lara era troppo intelligente e sveglia per morire. Iniziò a sudare freddo, ma cercò di calmarsi. Strinse con forza il suo fucile, mentre sentiva il cuore implodergli nel petto. Poi udì una raffica di colpi; gli stessi suoni che aveva sentito alla farmacia. Si nascose dietro un furgone bianco con la scritta Umbrella Corporation. Era la stessa compagnia per cui Oliver lavorava come tecnico addetto alla manutenzione, ma spaventato com'era, non fece caso alla scritta. Vide sei uomini della SWAT, armati con fucili d'assalto, correre verso la sua direzione e sparare alla cieca alle loro spalle. Oliver non riusciva a vedere a chi o a cosa sparassero. Ma notò che le canne dei fucili erano piantate in basso, sul marciapiede. Poi gli uomini della SWAT si fermarono davanti a un negozio di ferramenta. Uno di loro cercò di aprire la porta, ma per la fretta, la chiave gli scivolò di mano. Gli altri uomini della SWAT continuarono a sparare, finché Oliver vide a cosa sparavano. Erano cani. Cani zombie. Gli occhi dall'iride bianca, la pelle putrefatta da cui sporgevano ossa e lembi di muscoli. Come saette nel cielo, Oliver vide tre cani zombie avventarsi su due uomini della SWAT; sbranando, divorando, facendo a pezzi i due uomini con tale ferocia, che i due uomini morirono ancor prima di urlare dal dolore. I restanti quattro uomini, spararono inutilmente contro i cani zombie così agili e veloci. Poi altri cinque cani zombie si aggiunsero al branco, correndo e saltando da una macchina all'altra, e quando li raggiunsero, per gli SWAT non c'era più niente da fare. Il branco si gettò su di loro, azzannando braccia, gambe e gole. Strapparono le interiora ancora calde dal corpo, le divorarono avidamente, contendendosi ogni pezzo. Solo un uomo della SWAT riuscì a mettersi in salvo mentre i suoi compagni venivano sbranati dal branco. Aveva aperto la porta, e una volta dentro, l'aveva chiusa a chiave, lasciando a morire i suoi compagni che, con le viscere che penzolavano di fuori, gli imploravano di aprire.
Oliver aveva assistito alla scena stringendo con forza il suo fucile. Temeva che quei cani zombie potessero fiutarlo, vederlo o sentirlo, perciò rimase immobile. Smise quasi di respirare per non farsi udire. Ma i cani zombie erano troppo impegnati a divorare le loro prede per far caso a lui. D'un tratto il branco si mise a ringhiare verso la porta della ferramenta. Spalancarono le fauci, abbaiarono, alcuni di loro iniziarono a girare in tondo e dopo qualche tempo, guairono e filarono via come se stessero fuggendo da qualcosa che non potevano affrontare, qualcosa di mostruoso. 
Oliver guardò perplesso la facciata della ferramenta. Le finestre erano sbarrate dalle serrande, forse per questo i cani zombie si erano allontanati, pensò stupidamente. Ma si sbagliava.
Improvvisamente udì una raffica di spari provenire da là dentro, poi tutto tornò alla quiete. Oliver attese. Non sapeva se dar voce alla sua curiosità e quindi, andare a controllare, oppure allontanarsi in fretta. Ma non ebbe molto tempo per pensarci. Qualcosa colpì la porta dall'interno come un colpo di cannone, sradicandola e facendola volare per diversi metri, mentre la cosa che l'aveva colpita, si schiantò contro la portella di un auto, distruggendola del tutto. Era l'uomo della SWAT con la testa ridotta in poltiglia. Oliver fissò l'ingresso della ferramenta con il volto totalmente terreo. D'un tratto, la facciata esplose e i detriti delle mura schizzarono in ogni direzione, colpendo auto, cadaveri, finestre e forando persino i muri. Oliver sussultò, le orecchie gli fischiarono, mentre una pietra gli sfiorò la guancia. Ritirò rapidamente la testa dietro il furgone, mentre una nube di polvere si addensava dapprima a ridosso della ferramenta, poi sulla strada, sommergendo ogni cosa al suo passaggio. Non riusciva più a sentire niente, oltre al fischio assordante. Oliver tossì. Sentì bruciare i polmoni. Si alzò per allontanarsi, mentre con l'avambraccio si copriva bocca e naso. Non vedeva nulla sotto quella coltre di polvere. Urtò contro la fiancata di un auto, inciampò su un cadavere e si mantenne a stento in equilibrio. Poi il fischio assordante cominciò ad affievolirsi, e quello che udì, non gli piacque per niente; i non-morti erano vicini. I loro gemiti lo attorniavano, e li sentiva quasi accanto alle orecchie. Lentamente la polvere iniziò a dissiparsi, e Oliver cominciò a distinguere quasi ogni sagoma. Si fermò vicino al cofano di un auto, tossì per liberarsi i polmoni dalla polvere. Una fitta dolorosa lo colpì alle costole per quanto forte tossiva, mentre gli occhi cominciarono a lacrimare. 
Poi udì qualcosa, come dei tonfi, ma erano troppo duri e pesanti per essere simili a quelli degli zombie che lo circondavano. Credeva di essersi immaginato il rumore, che la polvere gli aveva offuscato la mente, finché dalla facciata distrutta della ferramenta, immerso in una coltre di polvere, intravide un'immensa forma astratta troneggiare sopra le macerie.
Oliver sbarrò così tanto gli occhi, che quasi schizzarono fuori dalle orbite, e il fucile, pregno del sudore delle mani di Oliver, gli scivolò leggermente di mano. 
- STARS! - Tuonò l'essere.

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Capitolo 9
*** IX. Capitolo ***


Oliver indietreggiò, mentre una mano si serrò sulla sua spalla e cercò di tirarlo a terra. Si girò di scatto. Vide la faccia putrefatta del non-morto, le orbite vuote, nere, la pelle squarciata da cui s'intravedeva la mascella. Lo zombie cercò di addentargli il collo, ma Oliver si spostò in tempo. Altri non-morti barcollarono verso di lui. Colpì lo zombie con il calcio del fucile, ma un altra mano affondò le dita ossute nella sua giacca, lacerandola un poco. Oliver sussultò, e voltandosi, mirò allo zombie. Era pronto a sparare, quando udì i passi pesanti e duri di quell'essere mostruoso. Oliver lanciò un occhiata verso la ferramenta, mentre teneva il fucile puntato verso la testa dello zombie. Vide il corpo rigido del Nemesis scendere dal mucchio di macerie e muoversi verso di lui. Indossava un lungo impermeabile nero che nascondeva le mostruosità che si celavano sotto di esso, oltre a stivali e un pantalone nero; nella mano destra aveva quelli che sembravano tentacoli. Il suo viso, un ammasso di carne deforme con occhi piccoli e denti sporgenti.
Lo zombie si aggrappò con le mani alla canna del fucile. Oliver trasalì e lasciò partire un colpo. Il proiettile si conficcò nel petto dello zombie, ma non lo uccise. Il non-morto tirò a sé il fucile come se volesse appropriarsene. Oliver gli sferrò un calcio nello stomaco eviscerato e lo zombie cadde di spalle. Guardò lo zombie sull'asfalto, poi gettò uno sguardo intorno. Era completamente attorniato dai non-morti. 
Il Nemesis, imponente e dal viso mostruoso, continuava a camminare nella sua direzione, finché iniziò a schiacciare gli zombie sotto i suoi stivali o lanciarli in aria a suon di pugni. Troneggiava sulle teste di un centinaio di zombie e spazzava via qualunque cosa si trovasse sulla sua strada, comprese le auto, i furgoni e persino i camion. Grazie al caos che dilagava, Oliver individuò un vicolo tra due palazzi, che poco prima era stato coperto dalla carcassa carbonizzata di un furgone. Corse in quella direzione, stringendo sul petto il fucile. Quando arrivò, gettò un occhiata alle sue spalle e vide che un orda di zombie lo stava inseguendo, mentre altri volavano in aria lanciati dal Nemesis e atterravano sui crani di altri non-morti. Oliver deglutì, gli occhi totalmente sbarrati per la forza sovrumana di quell'essere mostruoso che sembrava uscito dal più profondo inferno. Poi corse per il vicolo sperando di non incontrare altri non-morti.
Non fece molti metri, poiché svoltato l'angolo, si ritrovò davanti un muro di sette metri; era un vicolo cieco. Ai piedi di esso, non c'era niente che poteva usare per arrampicarsi e saltare dall'altra parte. Si girò e guardò l'angolo da dove era venuto. Sentiva i gemiti dei non-morti sovrastare qualsiasi suono. Non poteva tornare indietro. Poi si guardò attorno, cercò di aprire tre porte, ma erano tutte bloccate o chiuse a chiave, e l'unica scala antincendio era crollata al suolo. Era nel panico. Si asciugò il volto pregno di sudore con la manica della giacca, mentre le sue gambe iniziarono a tremare. Poi, con la coda dell'occhio, vide un tubo pluviale d'acciaio salire fino al tetto di un edificio di tre piani che aveva le finestre frantumate. Non ci pensò due volte, e si precipitò a salire. Ma quando arrivò vicino al tubo, si fermò, posò le mani su di esso e iniziò a scuoterlo. Non era danneggiato. Avrebbe retto il suo peso. Ma non poteva salire con un fucile in mano, così, con grande rammarico, lo posò a terra e iniziò la salita; una mano dopo l'altra, susseguito da un piede dopo l'altro. Non arrivò nemmeno a metà strada, quando vide sbucare una decina di zombie che camminavano alla cieca nello spiazzo. Poi se ne aggiunsero degli altri, finché diventarono un agglomerato di teste dalla pelle grigia e lacerata e denti sporgenti. Poco dopo vide il Nemesis che si fermò alle spalle degli zombie. Rimase immobile, senza muovere un muscolo, mentre gli zombie camminavano e si scontravano tra loro. D'un tratto il Nemesis alzò di scatto la testa e fissò Oliver. L'uomo sussultò dallo spavento, e quasi perse la presa dal tubo pluviale. Ricominciò a salire, anche se era diventato difficile mantenersi, poiché le mani stavano diventando via via più sudaticce, ed era costretto ad asciugarsele sui vestiti. 
D'un tratto percepì il tubo tremare. Guardò in basso. Gli zombie si erano accalcati sotto di lui e sferravano pugni e schiaffi sul tubo. Nel frattempo, il Nemesis si avvicinava con passo meccanico e minaccioso, colpendo gli zombie sulla sua strada oppure schiacciandoli sotto il peso dei suoi stivali. Oliver affrettò la salita, quando il tubo si staccò dalla parte superiore. L'uomo precipitò aggrappandosi al tubo e chiuse gli occhi, preparandosi a morire, mentre il vento gli sferzava la nuca.
Improvvisamente il tubo si fermò di colpo, ondeggiando a diversi metri dal terreno. Oliver rimase con le gambe penzoloni, ma con le mani ben serrate attorno al tubo. I non-morti si allontanarono dalla base del tubo pluviale e si riversarono sotto i suoi piedi. Allungarono le mani per afferrarlo o divorarne i piedi. I gemiti diventarono più intesi. Il Nemesis arrivò quasi vicino a Oliver, quando il tubo si inclinò di lato e Oliver precipitò oltre il muro che bloccava il vicolo. Si schiantò sul parabrezza di un auto; il tubo gli mancò di poco le gambe, ma se le avesse centrate, gliele avrebbe spezzate. Per un istante, si sentì mancare il fiato nei polmoni, mentre la vista si offuscava. Guardò il muro sgranarsi lentamente; i gemiti gli assordavano le orecchie. 
Attimi dopo, udì qualcuno o qualcosa afferrarlo e metterselo di peso sulle spalle. Vide il retro della camicia a quadri verde con righe nere, deformarsi e poi tornare normale. La vista diventava via via più sfocata. D'un tratto il muro che bloccava il vicolo esplose in mille pezzi. Oliver vide una nube di polvere avanzare sulla strada, mentre gli zombie scendevano dalle macerie. Chi l'aveva afferrato si fermò dopo aver camminato per un po'. Sentì il cigolio di una porta. Poi lanciò un ultima occhiata al muro distrutto e vide il profilo del Nemesis immobile come una statua, mentre la coltre di polvere gli avvolgeva lentamente le spalle. Poi tutto diventò scuro.

Improvvisamente Oliver aprì gli occhi. Sentiva fitte di dolore alla testa e alla schiena, ma tutto sommato stava bene. Si trovava sdraiato a terra, in quello che doveva essere un magazzino. Molti scaffali e scatole di cartone riempivano quella stanza debolmente illuminata da raggi solari che filtravano attraverso le finestre polverose. Quando si mise seduto sul freddo pavimento, gli sembrò di vedere Tom con le braccia conserte vicino alla finestra con delle sbarre di ferro. Perplesso, cercò di alzarsi in piedi. Tom si voltò verso di lui. 
Era proprio Tom, pensò Oliver. 
- Ma... - Farfugliò Oliver.
- Dov'è Michelle? - Gli chiese Tom.
- Michelle? - Oliver si avvicinò. Vide che non aveva in mano la Glock, ma forse, c'è l'aveva nascosta. - Non era con me... Voglio dire, ricordo che era con te prima che tu mi chiudessi fuori. -
- Eri tu quello che voleva andarsene. -
- Veramente mi hai cacciato. - Ringhiò Oliver, che stranamente non si sentiva più minacciato dalla possanza fisica di Tom. Forse il mal di testa lo rendeva più audace o più stupido.
Tom serrò gli occhi, ma non rispose. Poi ripeté di nuovo: - Dov'è Michelle? -
- Non lo so. - Rispose confuso Oliver.
Tom lo scrutò, cercando una falla nel suo viso, ma non la trovò. 
- E scappata? -
- Già. - Rispose Tom voltando la testa altrove.
- Non sai dov'è andata? -
- Ho pensato che era con te. -
Oliver fece una pausa. - No... Io non l'ho vista. Spero che... -
- La speranza lasciala agli idioti. Mia nipote sta bene. Ne sono certo. -
Nessuno dei due parlò per un lungo momento. Poi Oliver disse: - Com'è successo? -
Oliver lo guardò. - E' scappata. Non c'è niente da capire. -
- Ha visto sua madre morire. Era triste, molto triste. Per una bambina di quell'età e... -
- Non farmi la predica! - Tom mise una mano sul fianco.
Oliver comprese che teneva lì la Glock. - Non lo sto facendo. E' solo che... Non riesco a parlarti. Ogni volta che parliamo finisce che tu mi punti la pistola o mi vuoi ammazzare. - 
- Cos'è? Gli zombie ti hanno reso più coraggioso? - Lo sbeffeggiò Tom. - Non eri così eloquente l'ultima volta che ti ho visto. -
Improvvisamente Oliver si ricordò di quell'orrendo mostro e si affrettò a dire: - Tu l'hai visto? -
- Chi? - Si accigliò Tom.
- Quella cosa alta con l'impermeabile nero. -
- Quella cosa? Ti riferisci agli zombie? -
- No a... - Oliver sbuffò dal nervoso. - Lascia stare. L'esplosione l'hai sentita? -
- Non sono sordo. - Rispose Tom con una nota di scherno - Certo che l'ho sentita. -
- E'... E' opera di quel mostro. Lui è... -
- Ma quale mostro, e mostro. Sono stati gli SWAT. Quei figli di puttana vogliono distruggere l'intera città per ciò che è successo. Pensi che ci salveranno? Sono qui per farci fuori tutti. Potremo saltare in aria da un momento all'altro. E tu parli di mostri. Ma sei proprio rincoglionito. -
Oliver si sentì insultato, ma non gli diede corda: - Io l'ho visto. Devi credermi. -
- Eri svenuto quando ti ho trovato. Te lo sei immaginato. -
- No. L'ho visto con i miei occhi. E' reale. -
- Reale un cazzo! - Ruggì Tom con gli occhi che sprizzavano fiamme. Poi si calmò. - Non voglio star qui a parlare con un pazzo. Devo trovare mia nipote. - Si diresse alla porta.
- Io non posso aiutarti. - Disse Oliver a malincuore, pensando a Lara.
- Non ho chiesto il tuo aiuto, e né mi aspettavo che tu mi aiutassi. In queste occasioni ognuno pensa a sé. Tutto diventa bianco o nero; tutti egoisti o tutti buoni. - Tom si fermò davanti alla porta. - Però ora siamo pari. -
- Pari? -
- Ti ho salvato la vita, idiota. Chi pensi ti abbia portato qui? - Tom inclinò leggermente la testa di lato con fare dubbioso. - E poi perché ti sei lanciato dall'edificio? Volevi morire? -
- Non mi sono lanciato. Sono caduto per superare il muro. -
- Certo, come no. -
- Lo vedi? Non si può parlare con te. -
- Sei tu che non sai parlare. -
- Quindi è mia la colpa? -
- Di certo non è mia. - Tom estrasse la Glock. - E comunque non mi frega un cazzo di te e della tua inutile vita. - Gesticolò con la pistola in mano. - Se vuoi ammazzarti, fallo pure. E Non provare a seguirmi o giuro che ti ammazzo. Anzi, ti sparo alle gambe e lascio che siano gli zombie a farti fuori, o... - Tom scoppiò in una grassa risata di scherno. - O magari lo farà quel fantomatico mostro di cui parli tanto. - Ridendo, aprì la porta e uscì, sbattendola alle sue spalle.
Oliver rimase in piedi, circondate da casse di cartoni e scaffali.

Quando uscì fuori dal magazzino, controllò che non ci fosse il Nemesis. Le strade parevano deserte, il ché lo turbò non poco. Si mise dietro il portabagagli di una macchina, aspettando per un po'. Tutto sembrava tranquillo. Così si diresse al muro distrutto per riprendere il fucile. Alcuni zombie giacevano a terra. Molti di loro erano stati schiacciati da un grosso stivale, e altri avevano le cervella sparse sull'asfalto. Poi, tra le auto, Oliver cominciò a vedere alcuni zombie che strisciavano con i gomiti verso di lui, mentre altri cercavano inutilmente di mettersi in piedi. In tutto erano una ventina. Oliver poteva gestirli poiché non erano pericolosi per come stavano messi. Quando arrivò di fronte al muro distrutto, vide il tubo rotto sull'asfalto. Poi cercò di guardare dall'altra parte del muro. Non vide nessuno, oltre agli zombie uccisi dal Nemesis. Così lo superò, e andò verso il tubo pluviale. Vide il suo fucile e sorrise nel constatare che non era stato calpestato da quell'essere terrificante. Afferrò il fucile, accarezzò il telaio con un dito e mirò alla parete di fronte. Voleva sparare per vedere se effettivamente l'arma funzionava, ma non lo fece. Avrebbe attirato altri zombie, e magari il Nemesis. Allora superò nuovamente il muro distrutto, e si diresse a sinistra. Ormai era vicino al distretto di Uptown. Doveva solo camminare per qualche isolato. E più si avvicinava, più temeva di trovare Lara morta.

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Capitolo 10
*** X. Capitolo ***


Alla fine dell'arteria di Raccoon Street, Oliver non vide altro che desolazione. Gli zombie non erano così tanti, e la maggior parte di essi, giaceva sull'asfalto crivellati di proiettili. Anche i muri degli edifici erano forati ovunque. Sui marciapiedi s'intervallavano ogni quindici metri sacchi di sabbia e casse militari, mentre i posti di blocco distavano l'uno dall'altro sessanta metri. Ormai era nel distretto di Uptown. Qui la situazione era meno tragica rispetto al resto della città, poiché per qualche strana ragione che Oliver non sapeva spiegarsi, c'erano pile e pile di non-morti ovunque. La difesa di questo quartiere era stata ben organizzata, pensò Oliver. Ogni vicolo era sbarrato da una recinzione di ferro alta sette metri, e in più, i portoni di ogni edificio erano stati sbarrati con assi di legno o sacchi di sabbia. Se negli altri quartieri in cui era passato vigeva il caos più assoluto, oltre a una disorganizzazione quasi totale da parte della SWAT, qui era tutto l'opposto. Forse perché i residenti di Uptown erano molto ricchi? Pensò Oliver. Inoltre, non vide nessun cadavere della SWAT tra gli zombie, ma solo quelli che sembravano militari, almeno così la pensava Oliver, finché non vide il logo dell'Umbrella Corporation sul fianco di un furgone nero. Si fermò a guardarlo. 
Lui lavorava per loro; era un tecnico addetto alla manutenzione. Sul contratto che aveva firmato sei anni prima, non si capiva bene cosa doveva fare o a cosa servissero i macchinari che aggiustava o controllava, poiché era sempre affiancato da qualcuno che lo controllava a vista quando metteva le mani sui quegli aggeggi, che sembravano tutto fuorché innocui computer. Una volta che finiva, l'uomo lo accompagnava fuori dal laboratorio, che per Oliver erano tutti uguali. Un giorno, parlò di questo a un suo collega davanti a una birra in un pub di Raccoon City. Il giorno dopo, fu trasferito altrove. 
Non si occupava più di macchinari, ma di generatori e strani tubi che si inabissavano nelle profondità della città. Forse il suo collega aveva riferito tutto ai supervisori, oppure, cosa che Oliver reputava inverosimile o rasentava la paranoia, qualcuno aveva origliato la loro discussione. Non perse il lavoro, ma credeva di essere seguito durante la giornata, e spesso, di notte, vedeva fuori dalla finestra del suo appartamento una berlina grigia parcheggiata alla fine della strada. Così una notte si avvicinò e vide all'interno una donna con gli occhiali neri. Appena Oliver fece per bussare al finestrino, la Berlina partì. Non la vide più, ma al suo posto, c'era un altra macchina. Allora lasciò perdere tutto. Che lo seguissero, si disse. Un mese dopo, la macchina scomparve così come la sensazione paranoica di essere seguito. 
Scoprì in seguito, tramite Morrison, un amico che condivideva con lui le stranezze di quei laboratori dell'Umbrella Corporation e che amava i complotti più della sua stessa vita, che il cellulare era stato effettivamente sotto sorveglianza. Morrison era un ottimo Hacker, e spesso entrava nel database del pentagono spulciando dossier pieni di stranezze, ma non l'avevano mai preso, poiché si limitava a guardare, non a rubare informazioni. L'ultima volta però, osò di più, almeno secondo Oliver che credeva che l'Umbrella fosse molto più pericolosa del Governo. Morrison fu localizzato mentre scaricava i dati dell'Umbrella, e fu anche l'ultima volta che Oliver lo vide. 
Un giorno prima della sparizione di Morrison, si ritrovò misteriosamente il cellulare fuori uso, dopo che Morrison gli aveva passato delle foto scaricate dal database dell'Umbrella in cui si vedevano due figure umanoidi dall'aspetto mostruoso. Collegò subito il fatto con ciò che aveva fatto Morrison. Dovette comprare un altro cellulare di seconda mano, per paura che i servizi segreti o chiunque fosse dietro l'Umbrella identificasse il suo cellulare tramite i dati d'acquisto. Una teoria che Morrison riteneva inutile, perché anche se il cellulare era stato in teoria acquistato da un altro, il Governo o l'Umbrella poteva localizzarlo e identificarlo senza alcun problema, sopratutto se fosse stato una reale minaccia per loro. Poi, per concludere il discorso in maniera del tutto paranoica, gli disse che se lo volevano morto, questi 'uomini in nero' l'avrebbero ucciso tramite un innocuo incidente; Overdose di pillole, un finto incidente stradale per aver bevuto troppo, una finta rapina andata a male e via dicendo. Oliver odiava Morrison quando faceva così, ma sapeva che, sotto sotto, c'era del vero nelle sue parole. 
Non fece parola a nessuno di questo fatto, nemmeno con Lara. Aveva paura che questi 'uomini in nero' potessero ricattarlo o rapire Lara e farle del male, o qualsiasi cosa facesse l'Umbrella per proteggere i suoi interessi. Quando Morrison scomparve, Oliver pensò che era morto o che era stato reclutato tra le fila della CIA, o dell'Umbrella o da qualche agenzia segreta, poiché lo stesso Morrison parlava spesso dei suoi amici Hacker spariti nel nulla. Una volta gli raccontò di come aveva incontrato un suo vecchio amico a Detroit, scomparso cinque anni prima dal New Jersey, e che ora, faceva finta di non riconoscerlo. Morrison aveva insistito e alla fine il suo amico gli diede un bigliettino con su scritto 'Il cielo vede e provvede.' Parole che confermavano ciò che Morrison diceva: - i Servizi segreti sono ovunque, Oliver. Persino Lara, la tua ragazza, può essere una di loro. - 
Ma Oliver non gli credeva. Lara aveva problemi di asma, e fisicamente non era adatta a un lavoro del genere, e poi, gli diceva sempre la verità. Era del tutto impossibile. Ma Morrison gli rispondeva sempre così: - lascia una porta aperta per ogni eventualità, Oliver. I Servizi Segreti tessono ragnatele invisibili, e quando ci finisci dentro, non hai più scampo. Perciò, osserva, ascolta e mostra, ma non parlare. - 
Quando poi scomparve, Oliver cercò di dimenticare tutto ciò. Ma era difficile, poiché lavorava proprio per l'Umbrella Corporation, che fino ad allora, non gli avevano torto un capello. E poi se anche avesse chiesto aiuto o denunciato la sparizione di Morrison o di ciò che sapeva, nessuno gli avrebbe creduto, perché l'Umbrella aveva dato un forte impulso economico a Raccoon City, trasformandola da una comunità rurale, in una città industrializzata e prospera. Nessuno si sarebbe messo contro il colosso farmaceutico, che aveva i suoi tentacoli in ogni settore della città. Oliver andò avanti con la sua vita, e non rivide mai più Morrison.
Quando si destò dal suo ricordo, si accigliò. Si chiese cosa facesse un furgone nero dell'Umbrella nel distretto di Uptown? La sede farmaceutica era nel distretto più industrializzato della città, e i loro furgoni si limitavano a passare nella periferia che si estendeva a Nord e a Est, dove il traffico era molto meno intenso. Spesso erano scortati da guardie private, con qualche poliziotto al seguito per proteggere i farmaci o qualunque cosa trasportassero. 
Fece il giro del furgone, e si fermò nella parte posteriore. Quando aprì i portelli del veicolo, dentro c'era una vero e proprio arsenale di armi. Oliver rimase stupefatto. Guardò il suo fucile, poi i fucili d'assalto, le mitragliatrici, le pistole e le granate appese su due rastrelliere ai lati del furgone. Inizialmente non capì perché ci fossero tanti armi in un mezzo dell'Umbrella, giacché trattava farmaci. Poi quando si girò, i suoi dubbi furono spazzati via.
C'era un uomo vicino la fiancata di un auto con le viscere di fuori. Indossava una tuta nera, quasi aderente; stivali e guanti neri, e un casco nero con il visore notturno alzato sopra la testa. Sul suo giubbotto antiproiettile strappato a metà dalle dita dei non-morti, proprio all'altezza del petto macchiato di sangue raggrumato, c'era la scritta U.S.S. 
Oliver non capì chi o cosa rappresentasse quell'uomo, finché per pura curiosità, si mise a tastare il corpo dell'uomo. Fino ad allora non l'aveva mai fatto per paura che i cadaveri si rianimassero, ma ora era troppo curioso per non farlo. Dalla tasca del pantalone dell'uomo prese un foglietto che lesse subito dopo.



UMBRELLA SECURITY SERVICE

IMPORTANTE:
Attivare i cordoni di sicurezza attorno al distretto di Uptown. Preparare e concentrare le difese sui punti focali. Non fate distinzioni tra vivi e morti; eliminate chiunque. Nessuno può entrare o uscire dal cordone. Ogni settore è diviso da un unità di U.S.S. che ha ordini e obiettivi differenti. Chiunque entra nel settore di un altra unità, va eliminato sul posto. Mantenere la posizione fino a nuovo ordine. Se il cordone cede, ritirarsi nel punto A. Se il punto A è compromesso, ritirarsi al punto B, facendo terra bruciata attorno. Attendere i rinforzi o nuovi ordini. 

I dettagli della missione vi verranno comunicati durante il Briefing.



Oliver serrò gli occhi perplesso, poi lanciò un occhiata intorno. Non erano stati i militari a innalzare le difese di Uptown, bensì l'Umbrella, o meglio l'Umbrella Security Service. Allora perché volevano difendere Uptown, mentre il resto della città, compresa la parte più industrializzata dove aveva la sede l'Umbrella Corporation, era stata lasciata a sé? Non aveva senso, pensò Oliver.   
Il foglietto che aveva letto non diceva tutto, lo sapeva, anzi, era molto sbrigativo e non diceva nulla. Oliver lo attorcigliò e se lo mise in tasca. Pensò a Morrison. A lui sarebbe piaciuto leggerlo, magari avrebbe teorizzato assurdità da quella manciata di parole, anche se, ora come ora, le assurdità circondavano Oliver da tutti i lati, e forse Morrison, avrebbe avuto la risposta a tutto questo.
Poi si ricordò del Nemesis, di come assomigliasse a quei terrificanti mostri che Morrison aveva rubato dal database dell'Umbrella. E se il Nemesis fosse lo stesso mostro? Pensò Oliver. Forse l'Umbrella aveva a che fare con tutto questo? Poi si chiese perché non l'aveva pensato prima, quando aveva letto il foglietto e veduto le foto dei due mostri con Morrison.
Poi udì di nuovo quei passi duri e pesanti. Si voltò e lo vide in fondo alla strada che camminava rigido nella sua andatura. Oliver si mise dietro la macchina e spiò. Il Nemesis distava novanta metri, e sembrava deciso su dove andare. Era imponente e mostruoso, mentre schiacciava sotto il peso del suo stivale gli zombie che strisciavano sull'asfalto.
Oliver decise di non muoversi. Strinse con forza il suo fucile. Questa volta l'avrebbe usato. Magari se avesse sparato in testa a quel mostro, quello sarebbe certamente morto, pensò. 
Quando il Nemesis fu vicino, improvvisamente si fermò di colpo. Oliver lo intravide attraverso il lunotto dell'auto. 
Il mostro fissò il vuoto davanti a sé per qualche istante, poi con voce gutturale, disse: - STARS! - E si voltò a destra, schiacciando il cofano di un auto. Arrivò davanti al vicolo sbarrato da una recinzione di ferro, e sferrò un violento pugno che dilaniò il ferro. Poi ci passò attraverso.
Oliver aveva assistito alla scena con il cuore in gola e le mani tremanti. Il Nemesis non l'aveva visto. Perché il mostro diceva STARS? Si chiese Oliver. Ma non ci pensò a lungo, perché decise di darsela a gambe prima che il mostro lo percepisse.

Svoltato l'angolo, si ritrovò finalmente davanti casa di Lara, che viveva ancora con i suoi genitori. Guardò la facciata dell'edificio, scrutando le finestre intatte su cui s'infrangeva il cielo azzurro. Tutto sembrava tranquillo. Quando arrivò davanti ai gradini che conducevano alla porta, notò grumi di sangue a terra. Oliver trattenne il fiato. Il suo cuore fu come colpito da cento lame diverse. Deglutì e si preparò mentalmente a ciò che vi avrebbe trovato. Girò la maniglia della porta ed entrò. Stranamente non era chiusa a chiave, e questo non prometteva nulla di buono. 
L'entrata era in ordine, tranne per la striscia di sangue che andava a sinistra, in un altra stanza. La seguì, e si ritrovò nel soggiorno con al centro un cadavere. Era un bambino, forse di sei anni, con i vestiti strappati in diversi punti. Era posto su un tappeto pregno di sangue raggrumato. Aveva diversi morsi alle caviglie e uno al fianco. Oliver si avvicinò cauto, mirando alla testa. Il bambino fissava con occhi vitrei il soffitto. Poi si chinò; vide la parte destra del cranio in frantumi, e poco più distante, un martello macchiato di sangue e pezzi di cervella. 
Se non lo avesse guardato, non avrebbe mai visto il secondo cadavere dietro le due poltrone scarlatte. Si vedevano solo due piedi pallidi e scalzi. Oliver aggirò le poltrone con un vuoto nello stomaco, pregando e sperando che non fosse Lara. Era una donna con le braccia piene di graffi. Aveva anche lei diversi morsi alle caviglie. Inoltre, aveva un buco nello stomaco. Forse gli avevano sparato. Quando Oliver stava per guardarla in faccia, trattenendo il fiato per l'ansia, vide che la testa era stata mozzata. D'un tratto sentì un flebile gemito susseguito da un battere di denti. Oliver si guardò attorno circospetto, puntando il fucile verso l'entrata del soggiorno. Poi si accorse che era la testa della donna a fare quel suono. Inizialmente non ci aveva fatto caso, poiché aveva visto la testa mozzata dalla parte posteriore, ma ora che aveva il viso putrefatto di fronte, rimase inorridito e felice nel scoprire che non era Lara, ma una donna sulla quarantina. Espirò tutta l'aria dai polmoni, sentendo il cuore martellargli il petto. Certo, era addolorato per quella donna che assomigliava vagamente al bambino disteso sul tappeto. Poi pensò alla testa mozzata. Come poteva essere ancora in vita? Forse gli zombie morivano solo se gli spaccavi la testa, non se la mozzavi, si disse. Così prese un coltello da cucina e glielo infilò nel cranio. La testa smise di gemere e battere i denti, confermando la sua tesi, e quella di Morrison; fan sfegatato degli zombie, sia veloci che lenti, ma che definiva mutanti quelli veloci. 
Poi si chiese cosa facessero madre e figlio in casa dei genitori di Lara? Magari erano stati aiutati da loro o attaccati? Uscì dal soggiorno e andò in cucina. Sul tavolo c'erano piatti e posate sporche, e nel lavello i piatti che forse Lara stava lavando. Ma tutto sommato, era una cucina come le altre. Improvvisamente sentì lo stomaco brontolare, e l'immagine di Lara scomparve dalla sua testa. Da quando era scoppiata l'epidemia, almeno così la chiamava Oliver, non aveva avuto il tempo di mangiare. Così lasciò il fucile sul bancone della cucina, aprì il frigorifero e cercò qualcosa da mangiare. Acchiappò del formaggio e lo addentò avidamente. Lo deglutì senza nemmeno masticarlo un po'. Sentì i grossi pezzetti di formaggio scivolare nella gola e poi giù nell'esofago. Poi afferrò tre Yogurt; si mise a leccarli con la punta della lingua, divorò l'affettato, bevve un po' di latte, poi l'acqua. Infine, aprì una scatoletta di tonno e la mangiò frettolosamente con le mani, finché percepì una fitta dolorosa allo stomaco. Dopo un momento, vomitò tutto quello che aveva mangiato sul pavimento, schizzandosi le scarpe di pezzi di formaggio e tonno. Tossì forte e sputò a terra. Poi mentre si sciacquò la bocca con l'acqua e ne bevette un poco, sentì un rumore provenire dal piano di sopra. Oliver si bloccò, il collo della bottiglia di vetro pigiato sulle sue labbra. 

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Capitolo 11
*** XI. Capitolo ***


Posò la bottiglia di vetro sul bancone della cucina e afferrò il fucile M1 Carbine. Si diresse verso le scale, e una volta lì, cercò di guardare in alto, al piano superiore. Non vide nessuno. Salì i gradini con il fucile puntato davanti a sé, mentre il legno scricchiolava sotto le sue scarpe. C'era un tetro silenzio che aleggiava nell'aria. 
Arrivato al piano superiore, vide che il corridoio era in ordine; eccetto per un quadro caduto i cui vetri erano sul pavimento. C'erano quattro porte; due per lato. Avanzò verso la prima a destra che era aperta. Nel bagno non c'era nessuno, così uscì e andò a sinistra. Nella stanza degli ospiti era lo stesso. Niente faceva intuire che lì c'era qualcuno. Quando uscì di nuovo nel corridoio, guardò le due porte, in fondo. Sospirò per l'ansia, estrasse il caricatore dal fucile e si accertò che all'interno ci fossero le munizioni. 
Camminò lungo il corridoio, lanciò un occhiata al quadro che raffigurava un vascello in mare sotto un cielo nuvoloso, e lo sorpassò. La porta chiusa a sinistra conduceva nella stanza di Lara, quella a destra, che era aperta, nella camera da letto dei suoi genitori. Respirò lentamente e, con il fucile puntato davanti a sé, si avvicinò cauto verso destra. Entrò nella stanza. Non c'era nessuno. Il letto matrimoniale era sfatto e sul comodino c'era un pacco di sigarette vuoto e un portacenere con molte cicche. Oliver si guardò intorno e andò alla finestra. Gettò un occhiata in strada; vide tre non-morti vagare sul marciapiede. Si girò e uscì dalla camera. 
Ora era di fronte alla porta di Lara. Fece un respiro profondo, e all'improvviso sentì la pelle raggelarsi. Girò la maniglia, ma la porta rimase chiusa. Allora cercò di forzarla, ma non concluse niente. D'un tratto udì un gemito dietro la porta. Si fermò e rimase ad ascoltare. Pensò di aver sentito male, finché qualcosa urtò contro la porta. Oliver indietreggiò con il cuore in gola. Non voleva credere che fosse Lara. Gli occhi si lacrimarono, quando udì un altro gemito assieme al primo. Oliver si accigliò confuso. Poi furono in due a battere contro la porta. Ora li udì perfettamente. Erano due non-morti.
Non sapeva a cosa credere. Forse erano i genitori di Lara? O era Lara e qualcun'altro? Per un momento gli passò per la mente che Lara poteva averlo tradito. Ma poi ricacciò quei pensieri assurdi. Lei non l'avrebbe mai fatto. Lo amava troppo. 
Rimase immobile non sapendo cosa fare. La porta era stata chiusa a chiave; l'unico modo per entrare era abbatterla. Poteva sfondarla con un calcio o con la spalla. Voleva assolutamente vedere chi ci fosse dietro quella porta. Ma qualcosa lo fermò. L'idea di ritrovarsi davanti Lara ridotta a uno zombie, gli pietrificò il corpo. Cosa avrebbe fatto? si chiese. Le avrebbe sparato un colpo in testa? Avrebbe avuto questa freddezza? Oppure sarebbe rimasto impalato, mentre Lara lo faceva a pezzi? E poi non era nemmeno certo chi fosse il secondo zombie. Mentre teorizzava, qualcosa si posò sulla sua spalla. 
Oliver si girò di scatto spaventato, facendo partire un colpo. Il proiettile sfiorò il bicipite della donna, conficcandosi nell'armadio della camera da letto. I due zombie intensificarono i pugni sulla porta.
La donna cadde sul pavimento, la mano sulla ferita. 
Con gli occhi sbarrati dal terrore, Oliver la guardò in viso; era Lara. Poi fissò il fucile, che si lasciò scivolare dalle mani per il senso di colpa. 
- Ma sei uno stronzo! - Disse Lara tra i denti. Si guardò la mano piena di sangue. 
Oliver comprese che non stava sognando, e si precipitò da lei. Le guardò dapprima il viso, poi la ferita sul bicipite. - Mi dispiace, io... -
- Mi hai quasi uccisa. -
- Non volevo. E' stato un incidente. - Oliver la guardò negli occhi; istintivamente si spinse in avanti per baciarla.
Lara scostò la testa di lato. - Ma che diavolo fai? -  
- Non...- Balbettò Oliver. - Non lo so... Volevo... -
- Anche io sono felice di vederti, ma non è il momento di smancerie, non credi?. - Indicò con la testa la ferita che aveva sul bicipite. - Mi hai quasi uccisa, dannazione. E tu che fai, mi baci. - Sbuffò con un mezzo sorriso.
- Ma... Ma io non volevo. -
- Si, ok, ho capito. - Lara si guardò la ferita, poi si voltò verso Oliver, vedendo che aveva la scapola fasciata. - Ti hanno sparato? -
- Sì. - Oliver si guardò la ferita. - Ma sta guarendo. -
- E quella sulla caviglia? -
- E' solo un graffio, nulla di serio. -
Lara serrò la mascella per il dolore. - Oliver. -
- Dimmi. -
- Vai in bagno. Sul lavandino c'è un armadietto a specchio. Aprilo. Dentro ci sono delle garze e dell'alcol etilico. Prendile e vieni qui. - Quando Oliver fece per andare, Lara gli disse: - Ti amo! -
Oliver si voltò. - Anche io.- E uscì dalla stanza. 
Era ancora frastornato. Pensava di stare sognando. Mentre correva verso il bagno, gettò un occhiata alle sue spalle. Vide le scarpe di ginnastica di Lara fuoriuscire dalla soglia della camera da letto dei suoi genitori. Oliver sorrise. Non stava sognando. Ma quel sorriso sparì subito dopo, poiché si rese conto di aver quasi ucciso la persona che amava. Provò un forte imbarazzo e si sentì uno stupido.
Entrò in bagno e aprì l'armadietto a specchio; prese garze e alcool etilico, dopodiché uscì. Ma rimase pietrificato quando non vide né il fucile, né le scarpe di Lara sul pavimento. Sentì un vuoto allo stomaco. Guardò garze e alcool etilico. Che si fosse immaginato tutto? Pensò. Poi si diresse dove le aveva sparato. Aveva il cuore in gola. 
Quando svoltò per entrare, la vide seduta sul letto matrimoniale, la mano sulla ferita. Oliver fece un largo sorriso. 
Lara aveva ventotto anni, due in meno di Oliver. Portava i capelli castani con un chignon alto, su un piccolo viso ovale, dall'iride grigia e labbra carnose; un naso un po' a patata e zigomi poco pronunciati. Come sempre, era struccata si rese conto Oliver. Sapeva che Lara non amava truccarsi, se non per qualche evento importante, ma il trucco gli cambiava poco o niente il viso. Inoltre, indossava una felpa grigia, su un leggins nero e scarpe da ginnastica. Amava i leggins, che era l'unico vestito aderente che le piaceva indossare. Ma adorava ancor di più le felpe, le camice di Oliver e le magliette, tutte rigorosamente larghe. Oliver amava Lara così com'era. Non l'avrebbe mai cambiata con nessuna al mondo.
Lara corrugò la fronte. - Che c'è? Hai visto un fantasma? -
Oliver non rispose e la raggiunse. Adocchiò il fucile sopra il comodino, e si sentì incolpa. - Non volevo spararti. -
- Lo so. Aiutami a sollevare la felpa. Non ci riesco con un braccio solo. - Guardò Oliver. - Allora. Vuoi farmi morire dissanguata? - Si slegò i capelli che cascarono sulle sue spalle.
Oliver l'aiutò a sollevare la felpa, mentre Lara si lasciò scappare qualche flebile grido di dolore. I due zombie battevano rumorosamente contro la porta; i loro gemiti diventavano sempre più rumorosi. Poi si ricordò che nella tasca aveva una bottiglietta di disinfettante e delle bende che aveva preso dalla farmacia. Le uscì e le posò sul letto. Sono uno stupido, pensò Oliver. Però Tom aveva avuto ragione quando gli disse che li sarebbero tornati utili.
- Dove l'hai prese? - Gli domandò Lara.
Quando Oliver sollevò lo sguardo, notò che Lara era nuda sotto la felpa; fissò dapprima il suo rigoglioso seno a goccia con l'areola bruna un po' larga, poi i capezzoli turgidi. Sapeva che Lara non aveva mai il reggiseno quando indossava qualcosa di largo. Ma per lui era sempre come la prima volta.
Lara si accorse dove Oliver stava guardando e accennò un lieve sorriso. Poi disse: - Visto che non vuoi rispondermi, versami un po' d'alcool sulla ferita. - E afferrò la felpa con una mano.
- Da una farmacia. L'ho prese da là. - Rispose Oliver, distogliendo lo sguardo dal suo seno. - E' una lunga storia. -
Lara non rispose. Si portò la felpa sulle labbra, e quando il liquido toccò la ferita, ci urlò sopra per attutire le grida.  
Oliver prese la garza, gliela avvolse due volte attorno alla ferita, mentre sfiorò con il gomito il seno di Lara.
- Va bene così. - Aggiunse Lara. Poi prese la mano di Oliver e se la mise sulla guancia. - Sono così felice di vederti. - Disse con un sorriso.
- Anche io. - Oliver le accarezzò la guancia con un dito, anche se inconsciamente l'occhio gli cadeva ogni tanto giù. - Ti aiuto a mettere la felpa. -
- E' inzuppata di sangue. - Lara si alzò, e il seno le traballò. 
Oliver cercò di non guardare. - Ti prendo qualcosa. - 
Quando Oliver fece per andare nella camera di Lara, Lara gli disse. - Ci sono i miei. -
Oliver si fermò di colpo. Lanciò un occhiata alla porta che veniva colpita incessantemente da quattro mani. Poi si ricordò che era chiusa a chiave. - Mi dispiace. -
- Già. - Lara si coprì il seno con la felpa mentre si sedette sul letto matrimoniale.
Oliver andò da lei, si chinò e le prese le mani. - Come ti senti? -
- Come vuoi che mi senta. -
- Se vuoi parlare... -
- Ho versato così tante lacrime, che ora non riesco neppure a piangere. - Lara lo guardò negli occhi. - Ma grazie, Oliver. Per me sei molto importante. - Gli sorrise.
- Anche tu per me. - Con affetto, Oliver le baciò le mani. - Vuoi che... -
- No. - Rispose Lara. - Forse posso salvarli. Forse c'è una cura. -
Oliver si ricordò del foglietto che aveva letto. Levò una mano dalle mani di Lara, prese il foglietto e lo mostrò a Lara. 
Lara serrò gli occhi confusa, poi prese il foglietto. Quando finì di leggerlo, lo buttò a terra, si alzò e andò alla finestra, mentre il sangue gocciolava sul pavimento dalla manica della felpa. - Non erano qui per aiutarci. -
Oliver la raggiunse e le posò una mano sulla sua spalla nuda. - No. -
- Jessica aveva ragione. -
A Oliver gli balenò in mente la testa mozzata. - Chi è Jessica? -
- Una mia vicina... Mio padre l'ha uccisa. - Lara si scrollò di dosso la mano di Oliver.
- Era... -
- Sì, uno zombie. - Lara si girò a guardarlo, gli occhi rossi e secchi. - Ha dovuto ucciderla. -
- Anche il bambino? -
Lara si accigliò. - Li hai visti quando sei entrato? -
- Sì. Ma la donna non era morta... -
- Cosa? - Esclamò Lara incredula.
- Voglio dire, era morta, ma la sua testa no. -
Lara inclinò la testa ancora più confusa. 
- L'ho uccisa, comunque. - 
- Ero... Ero davanti quando mio padre l'ha... L'ha decapitata. -
- Muoiono solo se ammazzi la testa. -
- Lo so. Per questo... - Lara si ammutolì di colpo, ricordandosi del figlio di Jessica. Poi disse. - E' il bambino? Era... Era vivo, cioè... -
- L'ho trovato morto. Qualcuno gli ha spaccato la testa. -
- Sono stata io. -
Oliver sbarrò gli occhi sorpreso, ma non disse nulla.
- Jessica mi ha implorato. - Lara si voltò per non farsi guardare da Oliver. - Non voleva che il figlio si trasformasse... Mi ha supplicato di farlo. Quando poi è morto per via delle ferite... Be', ho fatto quello che andava fatto. -
Oliver fece per toccarle la spalla, ma lei si divincolò. - Non toccarmi! - Urlò. Poco dopo scoppiò a piangere. Allora Oliver l'abbracciò da dietro. Poi lei si voltò e gli pianse sul petto. Rimasero così per un lungo momento.
Quando Lara smise di piangere, si staccò da lui. - Forse è meglio uccidere i miei. -
- Sei sicura? -
- Sì. - Lara si asciugò le lacrime con la parte pulita della felpa. - Devi farlo tu. Io non ci riesco. Li ho chiusi in camera mia per guadagnare tempo. Volevo farlo io, ma... Pensavo che ci fosse una cura, che dovevo aspettare i militari, i medici, quelli che si occupano di epidemia, insomma. -
- Tranquilla. - Oliver prese il fucile. 
- No. -
Oliver la guardò.
- Non usare il fucile. Attirerai altri zombie. -
- Ma prima non è successo, quando ti ho... -
- Mi hai sparato, lo so. E' stato un incidente. Ma per fortuna lo sparo non li ha attirati. Almeno credo. - Lara andò alla finestra, guardò in strada per trovare conferme. Non vide nessuno. 
- Lara. -
La donna si voltò. - Sì? -
- Intendi restare qui? -
- Che vuoi dire? -
- Dopo che avrò... - Oliver accennò con la testa la porta della camera da letto di Lara. 
- Non lo so. -
- Dovremo andarcene da qui. Lasciare la città. -
Lara lo guardò negli occhi. - Lo so. -
Dopo qualche istante Oliver disse: - Aspettami qui. -
- Va bene. - Lara si sedette sul letto,  lo sguardo perso nel vuoto.

Oliver si fermò davanti alla camera da letto di Lara. Sciolse i muscoli delle gambe, delle braccia e del collo. Fece un respirò profondo e sferrò un potente calcio accanto alla maniglia della porta, che si spalancò di colpo. I genitori di Lara, ridotti a zombie, e a ridosso della porta, caddero sul pavimento. Oliver sapeva che doveva essere rapido. Non poteva farli rialzare, poiché sarebbe stato più difficile affrontarli. Entrò nella stanza, mirò alla testa della madre settantenne dai corti capelli neri a boccoli e una ragnatela di rughe, e le sparò in testa. Lo sparò fece vibrare i vetri della camera. Il padre, ottantenne, si alzò quasi in piedi, quando Oliver mirò alla sua faccia. Aveva bianchi capelli stempiati e una grigia barba reale. Il proiettile lo centrò di poco sopra il sopracciglio sinistro. 
Oliver era stato veloce. Non si sarebbe aspettato una velocità del genere. Non sparava da qualche anno, e si rese conto che le sue doti non erano per nulla calate. Quando si voltò, vide Lara sotto la soglia della porta. Guardava i genitori con gli occhi sbarrati e sofferenti.
Oliver andò da lei per abbracciarla, ma Lara corse verso i genitori e pianse sui loro corpi. Oliver la guardò, ma non fece nulla.
Qualche minuto dopo si udì un rumore al pianterreno. 
Spaventata, Lara si girò verso Oliver che le disse: - Rimani qui. Vado a vedere. -
- Aspetta! - Lara baciò sulle guance i suoi genitori, tolse il lenzuolo dal suo letto e lo mise sopra a sua madre. Poi prese un altro lenzuolo dall'armadio e lo posò sul padre.
Di sotto i rumori s'intensificarono. Oliver sentì gli zombie sferrare pugni alla porta dell'entrata, che per sua fortuna, aveva chiuso bene quando era entrato.
- Sbrigati! - Disse Oliver.
Lara si voltò verso di lui con fare irritato. Oliver deviò lo sguardo.
Lara prese una mano da entrambi i genitori e le unì. Poi le baciò. - Vi voglio bene e ve ne vorrò sempre - E si alzò mentre piangeva.
Oliver guardò dapprima Lara, poi i due corpi coperti dalle lenzuola che si tenevano per mano.
Lara andò al suo armadio, gettò la felpa sporca di sangue sul pavimento e prese una larga maglietta verde scuro, che aveva come logo la sagoma di un orso nero e sotto la scritta Bear, in bianco. - Aiutami, Oliver. - Gli disse.
Oliver gettò un occhiata nervosa verso le scale, poi andò da lei. L'aiutò con delicatezza a indossare la maglietta, mentre il suo sguardo vagò per un momento sul suo seno. 
D'un tratto si sentì un forte tonfo e dei vetri in frantumi. Dal piano di sotto iniziarono ad arrivare gemiti assordanti.
- Merda! - Disse Oliver dallo sguardo terrorizzato. - Sono entrati. Vado a dare un occhiata alle scale. Aspettami qua. -
Lara annuì, e si legò i capelli con una coda alta.
Oliver si precipitò verso le scale e guardò giù. Uno zombie saliva le scale, strisciando sui gradini; dietro di lui altri non-morti. Oliver mirò alla testa pronto a sparare, poi si fermò. Non poteva sparare, si disse. Forse ne avrebbe attirati degli altri. Così lasciò perdere e tornò indietro. Lara lo stava aspettando dove l'aveva lasciata.
- Non possiamo scendere. Sono sulle scale. - Si affrettò a dire Oliver.
Lara si guardò attorno, non sapendo cosa fare. Poi disse: - La mia finestra. Possiamo scendere di là. -
- E come? Se saltiamo ci slogheremo una gamba. -
- Non dobbiamo saltare. - Lara andò alla finestra, l'aprì. - Forza seguimi! -
Prima di raggiungerla, Oliver gettò un occhiata alle scale; vide che uno zombie strisciava nel corridoio, e molti altri si accodavano. 
Lara uscì dalla finestra e mise i piedi sul tetto del portico della casa. Poi si girò verso Oliver che era dall'altra parte della finestra. - Dai! - 
Oliver scavalcò la finestra. 
- Per di qua. - Lara raggiunse un traliccio per piante rampicanti che scendeva al lato del portico. Poi si voltò verso Oliver. - Ricordi quando ti arrampicavi per entrare nella mia camera? - Sorrise al ricordo. 
- Sì, certo. - Oliver accennò un sorriso, ricordando la prima volta in cui si era arrampicato e per poco non era caduto spezzandosi l'osso del collo. - Quasi ogni notte salivo da te e... -
D'un tratto una mano pallida e scarnificata sbucò fuori dalla finestra. Lara e Oliver sobbalzarono spaventati, e Lara si lasciò sfuggire un piccolo urlo. 
- Scendiamo. - Lara iniziò a scendere lentamente il traliccio con una mano.
Uno zombie uscì fuori dalla finestra. Oliver gli puntò in testa il fucile, mentre aspettava che Lara scendesse. Il non-morto si alzò in piedi, ma quando fece per camminare, barcollò in avanti e scivolò sul tetto del portico. Precipitò giù; la testa si sfracellò sul sentiero in cemento che conduceva alla porta della casa. Le cervella si schizzarono ogni dove, assieme a pezzi di cranio.
Il suono dello schianto fu così forte e secco, che Oliver sentì un brivido corrergli lungo la schiena. 
Un altro zombie stava uscendo sul tetto del portico. Oliver guardò giù. Lara lo aspettava circospetta e nascosta tra gli arbusti che suo padre amava tanto curare.
- Lara. - Le disse. - Afferra il fucile. -
Lara si sporse dagli arbusti con le mani in aria.
Oliver le lanciò il fucile, lei lo prese al volo. Gli sorrise e tornò tra gli arbusti.
Oliver cominciò a scendere. Quando arrivò a metà, vide volare giù un altro zombie. Si schiantò di lato sul cemento; l'osso del bracciò gli fuoriuscì dal gomito, ma non morì. Si alzò lentamente e barcollò verso Lara. Oliver si affrettò a scendere. 
Non sapendo cosa fare, Lara cercò di mirare alla testa dello zombie. Posizionò il calcio del fucile contro il petto per tenerlo dritto e con un mano premette il grilletto. La pallottola colpì la staccionata alle spalle del non-morto. Il calcio del fucile la colpì alla mascella per via del forte rinculo, e per il dolore, fece cadere il fucile a terra. 
Vedendo ciò, Oliver saltò giù e atterrò sui cespugli. Lo zombie era vicino a Lara, che con un mano si lisciava la mandibola dolorante. Oliver cercò rapidamente di mettersi in piedi e corse verso lo zombie che in quel momento stava afferrando Lara. Lo colpì con una spallata e quello cadde a terra.
- Presto! - Oliver prese per mano Lara e la condusse in strada.
Gli zombie si accalcarono sotto la soglia dell'entrata della casa. Erano così tanti, che alla fine si bloccarono sotto la porta. 
Oliver guardò le mani di Lara. - Dov'è il fucile? - 
- Mi è caduto. -
- Perché non l'hai preso?-
Lara lo guardò torvo, mentre si massaggiava la mandibola. 
Oliver smise di parlare, lasciò la mano di Lara e fece per andare a cercare il fucile. D'un tratto, dalla porta della casa, uscirono un fiotto di zombie. Si riversarono a dozzine sul sentiero.
- Dannazione! - Imprecò Oliver.
- E' uno stupido fucile. - Rispose Lara accigliata.
Oliver non rispose, tornò indietro e si guardò intorno. - Andiamo da quella parte, verso la periferia. -
Corsero a perdifiato. Lara era molto più veloce e allenata di Oliver, e le toccava diminuire l'andatura per stare al suo passo. Sorpassarono un posto di blocco e a sessanta metri, si ritrovarono davanti un orda di zombie; erano a centinaia. Oliver credette di vedere il Nemesis troneggiare sulle teste dei non-morti in fondo all'orda, ma non ne era sicuro.
Videro una donna sparare contro i non-morti e correre zigzagando tra i veicoli. Era molto abile, pensò Oliver. Ogni proiettile che sparava in corsa, centrava il cranio di uno zombie. Oliver rimase quasi a bocca aperta dal suo talento. Nemmeno lui e suo padre erano capaci di fare una cosa del genere.
La donna aggirò un auto della polizia, finendo quasi addosso loro. Per lo spavento, la donna puntò la pistola ai due. Ma prima che Oliver potesse parlare, la donna abbassò subito l'arma e gettò una rapida occhiata dietro le sue spalle. Poi voltandosi, disse: - Seguitemi, se non volete morire! -

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Capitolo 12
*** XII. Capitolo ***


Oliver e Lara seguirono la donna, mentre l'orda dei non-morti marciava alle loro spalle. La donna svoltò l'angolo, si fermò e si guardò intorno. - Là. - Indicò la porta di un negozio con la pistola. I tre zigzagarono tra i veicoli e arrivarono di fronte al negozio. La donna batté il calcio della pistola contro la porta, e attese un momento. Dall'angolo della strada proveniva un assordante gemito che si faceva sempre più vicino.
Poi Oliver udì dei passi pesanti. - Oh no! - Disse - Quella cosa... Quella cosa è tra loro. -
Lara si girò verso di lui, anche la donna fece lo stesso. La donna disse: - Quale cosa? -
- Il mostro. Quell'enorme mostro. -
- L'ho visto anche io. - Rispose lei. - 
Oliver rimase incredulo del fatto che la donna avesse visto il Nemesis, ma anche un po' sollevato perché non era l'unico ad aver visto quella cosa. Tempo prima, stava cominciando a pensare che fosse il frutto della sua immaginazione, che stava lentamente impazzendo.
Lara che non sapeva di cosa parlavano, rispose: - Quale mostro? - Ma nessuno gli rispose.
Quando la donna capì che non c'era nessuno oltre la porta, l'aprì ed entrarono dentro.
Si trovavano in un negozio di giocattoli messo a soqquadro. Grumi di sangue macchiavano il pavimento. Ai piedi di un bancone, tre donne giacevano crivellate di pallottole. 
La donna si avvicinò cauto, la pistola puntata verso i cadaveri. Si chinò e si accertò che fossero morti. Le due grandi finestre poste all'entrata illuminavano debolmente l'ingresso. La donna accese la torcia posta sotto la pistola, mentre Oliver e Lara la guardavano. Il fascio di luce della torcia squarciò l'oscurità che si protraeva in fondo alla stanza. A ridosso di una porta erano stati accatastati molti scaffali e giocattoli. La donna si accigliò quando vide, accanto a un altra porta, una dozzina di bambini morti ammucchiati uno sopra l'altro. Lara spalancò gli occhi inorridita, mentre Oliver rimase turbato.
La donna si avvicinò alla pila di corpi.
- Sono.... Sono... - Balbettò Lara.
- Morti. - Disse la donna quasi in un bisbiglio. Si piegò sui corpi, ne esaminò uno. Era un bambino che non aveva più di quattro anni. Non aveva morsi sul corpo. Da quel che intuiva, erano stati fucilati e poi ammassati.
Oliver la raggiunse. Lara lo fece con fare incerto, mentre si teneva una mano sulla mandibola dolorante. 
La donna illuminò il volto di qualche bambino. Tutti avevano un buco in testa, e tutti, erano crivellati di colpi.
- Non erano zombie. - Disse Oliver che si accorse solo in quel momento che i bambini non avevano morsi.
- No. - Rispose la donna.
- Oh mio dio! - Esclamò Lara smorzando le lacrime.
D'un tratto udirono un tonfo sulla porta del negozio. I tre si girarono di scatto all'unisono. Cinque non-morti sferravano pugni sulla porta. La donna deviò il raggio della torcia sul pavimento. Poi altri se ne aggiunsero alle loro spalle. L'orda si radunava con lentezza davanti alla facciata del negozio. 
- Cosa facciamo? - Disse Lara, che non riusciva a distogliere lo sguardo dalla pila di bambini, ormai inghiottiti dall'oscurità.
La donna illuminò di nuovo il mucchio di bambini morti. - Quella porta conduce nel retro. Dobbiamo spostare i corpi. -
- Come lo sai? - Chiese Oliver. - Sei già stata qui? -
La donna lo fissò negli occhi, ma non rispose.
- Io non posso. - Disse Lara abbassando lo sguardo sul pavimento raggrumato di sangue. - Non... Non ce la faccio. -
La donna la guardò per un istante, poi si voltò verso Oliver. - Forza, aiutami a spostarli. -
Si avvicinarono ai corpi. Tolsero uno a uno i bambini che ostruivano il passaggio. Oliver si accorse che i loro busti erano ridotti in poltiglia. Chi li aveva uccisi, aveva scaricato loro addosso più di un caricatore come se si fosse divertito nel farlo. Erano fori di un grosso calibro; armi che aveva trovato in quel furgone dell'Umbrella o tra gli SWAT che sparavano ai cani zombie, e prima ancora, lo SWAT che gli aveva puntato alla testa il fucile d'assalto. Sentì un formicolio in testa; era la rabbia che si insinuava nella sua mente. La donna invece, pareva assente. Guardava in faccia i volti pallidi dei bambini, ma nei suoi occhi non traspariva nessun emozione. Forse era brava a fingere, pensò Oliver, perché se non provava nulla, non li avrebbe aiutati.
Lara li guardava spostare i bambini con la coda dell'occhio. Non voleva guardarli direttamente, ma non voleva nemmeno guardare la marea di zombie a ridosso dell'entrata. I vetri del negozio erano resistenti, ma non a prova di pallottole o... 
D'un tratto i zombie davanti alla finestra furono spazzati via da qualcosa. Uno di loro si schiantò contro la finestra, frantumandola. Tutti e tre si girarono spaventati. 
- STARS! - Il Nemesis spazzò via con un pugno altri zombie che si ammassavano e sbattevano contro le sue gambe, cercando di entrare.
- Maledizione! - Imprecò la donna. 
Oliver cercò d'istinto il fucile, ma si accorse solo in quel momento di averlo perduto. Lara corse dietro di loro con il volto terreo dal terrore.
- Andiamo! - La donna spalancò la porta. I tre uscirono dall'entrata, mentre il Nemesis ci stava entrando. Percorsero un lungo corridoio, intervallato ai lati da due grandi saracinesche. Lungo le mura, scaffali pieni di cartoni, buste di plastica e vari giocattoli di diverse dimensioni.
- Dannazione! E' ovunque! - Pensò la donna a voce alta.
Lara non udì le parole della donna, ma Oliver sì: - Che vuoi dire? -
La donna lo guardò, ma non rispose.
Lara, che correva come un ghepardo, raggiunse la porta in fondo al corridoio in una manciata di secondi. Quando fece per aprirla, la porta non si aprì. Presa dal panico, si girò verso i due che la raggiunsero in quel momento. Lara disse: - E' chiusa a chiave! -
D'un tratto nella mente di Oliver gli balenarono le parole di Morrison: "I Servizi segreti sono ovunque, Oliver. Persino Lara, la tua ragazza, può essere una di loro." Quella frase gli venne in mente proprio mentre guardava Lara negli occhi. Lei soffriva di asma eppure, era più veloce di lui e della donna. Sapeva che le piaceva restare in forma, come sapeva che non poteva compiere grossi sforzi. Allora perché era così veloce, ma sopratutto, perché non ne risentiva a livello respiratorio? Inoltre, dov'era finita la sua asma? Come aveva fatto a non pensarci prima, mentre fuggivano dalla casa dei suoi genitori? Pensò.
Poi Il muro in fondo al corridoio esplose in mille pezzi. La polvere avvolse il Nemesis che entrava pesantemente in quel momento. Voltò la testa di scatto verso loro. - STARS! -
- Oh no, moriremo tutti! - Urlò Lara del tutto in panico.
La donna gettò uno sguardo al Nemesis, poi mirò alla maniglia della porta e fece partire un colpo. La maniglia saltò e cadde sul pavimento. 
Oliver aprì la porta prima che potesse farlo la donna. Lara non si era accorta di nulla, poiché guardava il Nemesis con le gambe tremanti, incredula a quel che vedeva.
- Andiamo, Lara! - Gridò Oliver, mentre la donna era già uscita.
Lara non lo udì, così Oliver la strattonò via. 
Quando Oliver e Lara uscirono nel retro, la donna era sparita. Perplesso, Oliver si guardò intorno. Che li avesse abbandonati? Pensò.
Il Nemesis si mise a correre nel corridoio, il terreno tremava un poco sotto i suoi stivali. Oliver si voltò a guardarlo. Non l'aveva mai visto correre ed era anche veloce, molto veloce per la sua stazza. 
- Per di qua! - Urlò la donna. 
Oliver si girò, alzò la testa e la vide sopra la scala antincendio di un edificio. Lara fu la prima a raggiungere la scala pieghevole, Oliver aspettò che ci salisse.
Sì udì un potente ruggito, poi il muro nel retro del negozio esplose. Una scheggia colpì Oliver all'avambraccio, altre forarono i muri alle sue spalle. Se lo guardò, e capì che non era nulla di grave. 
- STARS! - Il Nemesis fuoriuscì dalla nube di polvere con passo rigido, il suo impermeabile nero imbrattato di cemento. Guardò in alto, verso la donna. Sembrava quasi ignorare gli altri due. - STARS! - Bisbigliò con voce rauca.
Lara stava ancora salendo, quando il Nemesis, con una veloce falcata, coprì quindici metri in un secondo. Oliver, stupefatto dalla sua rapidità, se lo ritrovò quasi a un palmo dal naso.
- NO! - Urlò Lara, che era arrivata sul primo pianerottolo della scala antincendio.
Oliver alzò la testa più che poté; vide la faccia deforme del Nemesis troneggiare minaccioso su di lui. Un occhio era parzialmente coperto dalla carne che si protraeva da sotto il sopracciglio, ma l'altro era visibile, dall'iride azzurra. Per un istante, Oliver credette di vedere dell'umanità dentro quell'essere. 
Poi il Nemesis gli sferrò una violenta manata e lo fece volare per diversi metri. Si schiantò contro un bidone. Poi l'essere mostruoso guardò la donna. - STARS! -
- Oliver! - Urlò Lara con le lacrime agli occhi. 
La donna l'afferrò per un braccio e se la tirò a sé. - Dobbiamo andare! MUOVITI! -
- NO! - Gridò Lara isterica. - Non lo lascio qui! -
- STARS! - Bisbigliò rauco il Nemesis.
- Non puoi più far niente per lui. E' morto! - Tuonò la donna.
Lara si girò verso di lei, il viso pallido, la bocca tremante. - Non... -
- Andiamo! - La donna la trascinò via e continuarono a salire la scala antincendio. Lara la seguì con sguardo assente.
Il Nemesis mise una grassoccia mano sulla scala pieghevole, e quando fece per salirci, quella si spezzò in mano per via del suo peso. La scala antincendio tremò per un istante, ma ormai la donna e Lara avevano raggiunto il quinto piano dell'edificio ed erano entrati attraverso una finestra. Il Nemesis lanciò via il pezzo di scala che si conficcò contro il muro alla sua destra. - STARS! -

La donna e Lara si ritrovarono dentro la camera da letto che era appartenuta ad una adolescente. C'erano molti post di cantanti famosi lungo le pareti verde acqua. Sopra la scrivania, di fronte alla finestra, una pila di libri e quaderni. Il letto era sfatto, ma la stanza era in ordine.
La donna si girò verso Lara. - Mi dispiace per il tuo amico. -
- Era il mio ragazzo. - Rispose Lara tra i denti.
La donna arricciò le labbra, non sapendo cosa dire. Poi estrasse il caricatore dalla Magnum e controllò i proiettili; ne contò cinque. Rimise il caricatore.
Lara si affacciò alla finestra da dove erano entrati per vedere Oliver.
- Rientra! - Urlò la donna.
Lara si voltò verso la donna che la strattonò via dalla finestra. Istanti dopo, qualcosa trafisse il telaio della finestra, penetrando il muro. Era una sbarra di ferro. 
Lara sbarrò gli occhi terrorizzata, mentre da fuori si udì una voce rauca. - STARS! -
- Ma... - Sussurrò Lara spaventata. 
- Dobbiamo andarcene. - Disse la donna. - Sicuramente sta trovando un modo per raggiungerci. Come ti chiami? -
- Lara Hill - Rispose Lara ancora in stato confusionale.
- Jill Valentine. -

Quando Oliver aprì gli occhi, non c'era più traccia del Nemesis. Sentiva il petto dolergli come se un carro armato gli fosse passato sopra. Tossì per un momento, poi si alzò lentamente in piedi. Gli girava la testa e si mantenne con una mano sul bidone dove si era schiantato. Vide che il bidone era rovesciato. Era finito dritto tra l'immondizia che aveva attutito gran parte dell'urto. Comprese che se il bidone fosse stato in piedi, la parte metallica del bidone gli avrebbe fatto implodere i polmoni e fermato il cuore. Frastornato che era, ringraziò mentalmente chiunque l'avesse capovolto. Poi con le dita si toccò le costole, non sembravano rotte e non gli dolevano molto. Sicuramente il Nemesis non aveva usato tutta la potenza per colpirlo, anche se era stato un colpo violento. 
Guardò in alto, verso la scala antincendio, che ora giaceva a pezzi nel vicolo. Buona parte del ferro era conficcato attorno alla finestra del quinto piano. Era opera del Nemesis. Pensò subito a Lara, ma non sapeva che era entrata da quella finestra. Percepì un vuoto allo stomaco. Si mise a setacciare tutto il vicolo, sperando di non trovare il corpo di Lara.
Poi arrivò davanti al retro del negozio di giocattoli ridotto in macerie. Udì qualcosa sotto le pietre, e ben oltre i detriti. Pensò fosse Lara, ma quando fece per sollevare una grossa pietra, una faccia pallida e lacerata sbucò fuori. Batté i denti a un palmo dalla sua mano. Oliver la ritirò istintivamente e indietreggio, finché non inciampò in ciò che rimaneva della scala antincendio. Capì che l'orda di zombie era stata fermata dal crollo provocato dal Nemesis. Se quella parte di corridoio non fosse venuta giù, gli zombie sarebbero usciti e avrebbero banchettato con il suo corpo privo di sensi dentro l'immondizia. Involontariamente, il Nemesis l'aveva salvato. 
Al solo pensiero di essere divorato, percepì un brivido salirgli lungo la schiena. Quando fece per alzarsi, la sua mano toccò qualcosa. Era una lunga sbarra di ferro di settanta centimetri appartenuta alla scala pieghevole. La prese e si alzò. L'esaminò per un momento. Era un poco pesante, ma lunga e sottile; ideale per tener lontano gli zombie. 
Poi improvvisamente si ricordò che Lara e la donna stavano salendo sulla scala antincendio, e forse erano entrati nell'edificio che ora aveva di fronte. Lanciò intorno un occhiata nervosa, poi guardò la finestra in alto - Lara! - Urlò. Ma nessuno rispose. Poi urlò ancora più forte. Dalle macerie del negozio di giocattoli si sollevarono gemendo tre zombie cosparsi di polvere. Barcollarono verso Oliver, che girandosi, sferrò una sprangata in faccia al primo. La sbarra gli scivolò quasi di mano. 
D'un tratto il cumulo di macerie che copriva il retro del negozio, venne giù come una piccola valanga. Un coro di gemiti lo assordò per un istante. Un centinaio di zombie erano ammassati lungo tutto il corridoio. Si arrampicarono sopra le macerie, mentre altri scendevano da esso, calpestando i non-morti che strisciavano fuori. Oliver guardò per l'ultima volta la finestra, poi saltò tra i detriti della scala antincendio e corse verso la fine del vicolo, mentre i non-morti lo inseguivano lentamente. 

Al quinto e al quarto piano, Jill e Lara trovarono le porte degli appartamenti chiuse a chiave. Avevano controllato di sfuggita solo l'appartamento in cui erano entrati, e non avevano trovato traccia né di sopravvissuti, né di zombie. Poi, mentre scendevano per il secondo piano, Lara credette di sentire la voce di Oliver che la chiamava.
- Hai sentito? - Disse Lara a Jill.
- Cosa? -
- Credo sia Oliver. - Lara spalancò gli occhi speranzosa, ma non durò molto.
- Il tuo ragazzo è morto. -
- Non è vero! -
- Hai visto come l'ha colpito quel mostro? Nessuno sopravvive a un colpo del genere. -
Lara non rispose. 
- Andiamo. - 

Oliver arrivò in fondo al vicolo, quando sentì qualcuno piangere. Confuso, si fermò ad ascoltare. Il pianto proveniva dalla strada. Superato l'angolo del vicolo, si guardò attorno. Credette di vedere qualcuno a cento metri o più, vicino al posto di blocco. Non barcollava come una zombie, ma pensò fosse uno di loro e non si soffermò a scrutarlo. 
Poi voltandosi a sinistra, intravide una sagoma tra i cespugli di un piccolo giardino. Il pianto veniva da lì. Oliver si avvicinò cauto stringendo la sbarra con due mani. Una volta vicino, allungò il collo oltre gli arbusti, mentre alzò la sbarra sopra la testa pronto a colpire. Ma quando fece per farlo, vide Michelle. 
La bambina urlò spaventata e Oliver si fermò di colpo.
Michelle lo guardò con gli occhi arrossati, il viso pregno di lacrime e le labbra immerse nel muco.
- Non... - Oliver non finì la frase che venne colpito dietro la testa. Cadde faccia a terra, stordito dal colpo. Vide Michelle alzarsi con fare sorpreso e protrarre le mani verso qualcuno. - No! Non è uno zombie. E' il signore della farmacia! - 
- Brutto stronzo! - Urlò una voce da uomo carica di rabbia che Oliver sentì distorta - Figlio di puttana! - L'uomo iniziò a tartassarlo di calci. Colpiva alla cieca ma con violenza, come se fosse totalmente accecato dall'ira. - Bugiardo pezzo di merda! Ti ammazzo, stronzo! Ti ammazzo! - Furono le ultime parole che udì Oliver.

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Capitolo 13
*** XIII. Capitolo ***


Jill e Lara si fermarono di colpo al secondo piano. Jill si girò verso Lara. - Hai sentito? -
- E' un pianto, credo. -
Jill annuì. - Stai dietro di me. -
Scesero al primo piano con cautela, controllando le quattro porte lungo il pianerottolo. Tutte erano chiuse a chiave. Arrivarono al piano terra.
- Aspetta qui. - Disse Jill a Lara.
Jill si diresse verso il portone che era aperto, ma sotto la soglia sacchi di sabbia impedivano di uscire fuori. 
- Ma come è uscita la gente? - Disse Lara.
Jill si voltò. - Sono stati evacuati. -
- Lo sapevo. Avevo visto degli elicotteri sorvolare questa parte della città.
- Non è come pensi. -
Lara si accigliò confusa. - Che vuoi dire? -
- Gli elicotteri erano dell'Umbrella. Non servivano per l'evacuazione, ma per far atterrare... - Jill non sapeva se continuare a parlare. - E' meglio che tu rimanga all'oscuro di questa faccenda. -
- Riguarda quei tizi... L'Umbrella security... qualcosa? - 
- Come sai il nome dell'unità? - Jill serrò gli occhi con fare sospettoso. 
- Oliver. Lui mi ha dato un foglietto. - Disse Lara. - C'erano scritti degli ordini... una roba del genere. -
- Ordini?- Rispose Jill con tono grave. - Seguiva degli ordini? Dov'è questo... foglietto? -
- L'ho buttato. - Lara guardò la pistola di Jill e indietreggiò impaurita verso le scale. 
Jill si accorse che Lara si era spaventata. 
Lara si accasciò sui gradini, si sentì mancare il fiato.
- Cos'hai? - Rispose Jill preoccupata.
Lara cercò di respirare, ma guardava la pistola di Jill, mentre il viso le diventava paonazzo.
Jill fissò la pistola per un istante, poi la mise nella fondina e andò da Lara. - Sei asmatica? -
Lara annuì con gli occhi rossi. 
- Siediti. Sì, così, brava. Fai dei respiri profondi. Brava. Continua. - Lara le posò una mano sulla schiena. 
Lara arricciò le labbra mentre espirava per rallentare la fuoriuscita dell'aria.
- Non hai l'inalatore? - 
Lara scosse la testa. Lentamente stava tornando a respirare con normalità.
- Stai meglio? - Le chiese Jill.
- Sì. -
- Riesci ad alzarti? -
Lara annuì. Jill l'aiuto ad alzarsi.
D'un tratto udirono le urla di una bambina fuori dal condominio. Jill si girò di scatto e corse verso l'uscita. Con un calcio fece cadere a terra i sacchi sabbia. Alcuni si ruppero e sollevarono in aria della polvere. Jill si voltò a sinistra; vide un uomo barbuto sferrare calci a quello che gli sembrava il ragazzo di Lara. Rimase confusa, perché era sicura che fosse morto. Poi si riprese quando udì la bambina che piangeva e cercava di allontanare l'uomo barbuto dal ragazzo di Lara.
- Ehi! - Jill estrasse con rapidità la magnum e la puntò verso l'uomo barbuto. Quello non sembrava essersi accorto di lei. La bambina invece sì, e la indicò all'uomo barbuto. Ma anche così quello continuava a sferrare calci al ragazzo di Lara. 
Jill corse verso di lui e quando gli fu vicino, lo colpì alla nuca con il calcio della pistola. L'uomo barbuto cadde in avanti, nei cespugli, rigido come una statua.
La bambina guardò spaventata Jill, poi la sua pistola. 
- Non ti farò del male. - Le disse Jill con voce dolce.
La bambina indietreggiò da lei, e raggiunse l'uomo barbuto. - Zio Tom! - 
Jill aggirò il ragazzo di Lara che giaceva in posizione fetale per guardarlo in faccia. Aveva il viso insanguinato. Jill si chinò verso di lui. Le sembrava che l'uomo non respirasse.
Poi Lara uscì timidamente dal portone del condominio. Si sentì gelare le carni quando vide Oliver disteso a terra. Non fece caso a tutti gli altri. Camminò verso Oliver con una fitta allo stomaco. Lo guardò e si sentì mancare il fiato. Cadde in ginocchio, mentre cercava di fare respiri profondi. 
Jill si precipitò da lei. - Va tutto bene, Lara. Respira. -
Michelle alzò lo sguardo verso loro, non capendo cosa avesse la donna. Poi guardò il viso di suo zio che lentamente stava aprendo gli occhi. 
- Ma che... - Bisbigliò Tom toccandosi la nuca. - Chi cazzo mi ha... -
Quando alzò la testa, si vide la canna della pistola a un palmo dagli occhi. 
- Perché l'hai fatto? - Disse Jill corrugando le sopracciglia.
- Quello... Quello stronzo ha... -
Lara si girò verso Tom, prese la sbarra di ferro e si lanciò contro di lui. 
Jill le bloccò la strada. - Non farlo, Lara! -
- Ha... - Scoppiò a piangere. - Ha ucciso Oliver... -
Tom spalancò gli occhi sorpreso, poi gettò uno sguardo a Oliver.
 - Perché hai ucciso il signore della farmacia, zio Tom? - Disse Michelle con le lacrime agli occhi. 
Tom si accigliò confuso. - Mi... Mi ha detto che... Che non aveva vista mia nipote. E poi... - Tutti lo stavano guardando. Lara aveva intenzione di spaccargli la faccia. - E poi scopro che non è vero, che... Che la stava per uccidere. -
- Non voleva uccidermi. - Disse Michelle. 
- E tu come lo sai? - Le chiese Tom. 
- Perché lo so. -
- L'ho visto alzare la sbarra per colpirti. -
- NO! - Urlò Michelle. - Il signore della farmacia non voleva uccidermi! -
- Sei piccola per capire certe cose. - Rispose Tom.
- Oliver non avrebbe mai fatto una cosa del genere. - Ruggì Lara che strinse con forza la sbarra.
- Sei sicuro? - Domandò Jill a Tom. 
- L'ho visto con i miei occhi. -
- No, no, no! - Gridò Michelle con la faccia rossa dalla rabbia. - Mi voleva aiutare, e tu l'hai ucciso, zio Tom! Sei cattivo! Hai ucciso anche la mamma! Non voglio più stare con te! Sei più cattivo dei mostri! -
Jill era confusa. - Hai ucciso sua madre? -
- Era uno zombie. - 
- Non è vero! - Urlò Michelle. 
- Era stata morsa, Michelle. - Rispose Tom. - Non voleva che tu lo scoprissi. -
- Bugiardo! Bugiardo! - Si rannicchiò e pianse.
- Sparagli! - Disse tra i denti Lara a Jill. - O lo uccido io! -
- No. - Rispose Jill con tono deciso.   
- Ha ucciso Oliver! - Tuonò Lara disperata, mentre lanciò la sbarra sul marciapiede con tutta la violenza che aveva in corpo. 
Tom guardò oltre le spalle di Jill. - Ma... Ma cos'è quella cosa..? - Alzò il dito verso il posto di blocco.
Tutti si girarono a guardare. 
- STARS! - Si udì tra le auto. Il Nemesis era a settanta metri da loro, e troneggiava sui veicoli.
- Dannazione! - Imprecò Jill. 
Michelle sbarrò gli occhi terrorizzata, e indietreggiò verso Lara. Quando ci sbatté contro, si girò e l'abbracciò ai fianchi, affondando il viso nel suo addome. Lara guardò dapprima il Nemesis poi Michelle che piangeva sotto di lei.
Tom si alzò velocemente in piedi, e perse l'equilibrio, finendo di nuovo tra i cespugli. - Cazzo... Mi fa male la testa. -
Il Nemesis iniziò a marciare rigido verso loro, schiacciando auto e lanciando in aria quelle che ostruivano il suo passaggio.
- Fuggite! - Urlò Jill.
- No! - Lara si tolse dal grembo Michelle e andò da Oliver. - Non lo lascio da solo! -
Michelle rimase a piangere da sola con le mani sul viso.
- E' morto, Lara! - Disse Jill.
Tom prese in braccio Michelle e si dileguò, mentre la bambina piangeva e gli sferrava calci e pugni per liberarsi dalla sua presa.
Jill lo guardò allontanarsi. Non le piaceva l'idea di lasciare una bambina così fragile con uno psicotico, pur essendo suo zio. Poi afferrò Lara per l'avambraccio. - Andiamo! -
- Prima hai detto che era morto... - Disse Lara, scacciando via la mano di Jill. - E ti sbagliavi. E ora ti sbagli di nuovo. -
Jill sbuffò dal nervoso, mentre vide il Nemesis farsi sempre più vicino.
- Ti ucciderà! -
- Che mi uccida. - Rispose Lara. - Non m'importa più di niente. -
Jill cercò di strattonarla, ma fu del tutto inutile. 
Il Nemesis era a venti metri da loro due e stava iniziando a correre. 
Jill la guardò per l'ultima volta; Lara abbracciava Oliver da dietro le spalle, accarezzandogli i capelli sporchi di sangue. Poi Jill corse via. 
Il Nemesis era ormai a un passo dalle spalle di Lara. - STARS! -
Lara sussultò e chiuse gli occhi.
Il Nemesis la guardò con la coda dell'occhio, e anziché colpirla o semplicemente schiacciarla sotto i suoi stivali, proseguì inseguendo Jill tra i veicoli. - STARS! -
Lara rimase con gli occhi chiusi, sentendo tremare leggermente la terra sotto di sé. Poi i rumori scomparvero. Aprì gli occhi e si guardò attorno. Non vide nessuno. Quel mostro era sparito, così come tutti gli altri. Guardò il viso di Oliver, gli mise due dita al collo. Sentì una lieve pulsazione. Lara si sentì felice di non averlo abbandonato. Sorrise e gli diede sulle labbra tumefatte un bacio a stampo. 
Poi però pensò a quel mostro, e si chiese perché non l'aveva uccisa? Inoltre, quando erano sulla scala antincendio, il mostro non faceva altro che guardare Jill e ripetere 'STARS'. Che Jill sapesse qualcosa? O forse le parole che ripeteva quel mostro erano solo frutto della sua immaginazione?
D'un tratto udì dei gemiti provenire dietro il vicolo da cui era uscito Oliver. Lara si alzò in piedi, prese Oliver da sotto le braccia e con gran fatica, lo trascinò dietro i cespugli. Il piccolo giardino aveva molti arbusti, con una grande quercia rossa al centro e un muretto di marmo che la cingeva. Lara si mise proprio dietro a questo e spiò attraverso i cespugli. 
Un centinaio di non-morti sbucarono dal vicolo, barcollando un po' ovunque. Lara non si mosse. Lanciò un occhiata a Oliver, e riguardò di nuovo la strada. Gli zombie si raggrupparono in massa, e d'un tratto cominciarono a marciare all'unisono verso la direzione in cui aveva sentito sparire il mostro. Non sapeva da quale parte era andato, ma gli zombie sembravano seguire il suo stesso percorso. Poi sparirono tutti dietro l'angolo. 
Lara guardò il viso di Oliver. - Mi senti? -
Nessuna risposta. 
Rimase a lungo nascosta dietro il muretto, protetta dai cespugli. Nessuno la poteva vedere da lì, ma lei poteva vedere chiunque fosse arrivato per quella strada. Si appoggiò al muro dell'edificio che aveva alle spalle, si mise la testa di Oliver sul suo grembo e lentamente, senza nemmeno accorgersene, prese sonno.

Si svegliò di colpo. Guardò il cielo che lentamente imbruniva e si fece prendere dal panico. Il cuore le martellava il petto e fece dei respiri profondi per calmarsi. Non poteva avere un attacco d'asma in quel momento. Lasciò Oliver disteso a terra e andò di soppiatto in strada. Non vedeva molto, ma per sua fortuna la luna era molto luminosa, anche se non era ancora in alto. Inoltre, lungo la strada alcuni lampioni erano accesi, ma la maggior parte di essi erano danneggiati o fulminati. Quello vicino a Lara lampeggiava o rimaneva acceso per qualche secondo prima di spegnersi.
Non sapeva se allontanarsi da Oliver e cercare rifugio nel condominio da cui era uscita, oppure passare la notte dietro quel muretto. Così decise di andare a controllare il condominio, sperando che non ci fosse entrato nessuno zombie. 
Entrò nell'ingresso e non pareva che ci fosse qualcuno. Allora pensando a ciò che aveva fatto Jill al negozio di giocattoli, batté tre volte i pugni sul muro. Attese, ma non udì nulla. Uscì dal condominio. Poco distante dal giardino, dove Oliver giaceva inerme, vide una sagoma celata dall'oscurità. Il lampione là vicino era spento. Lara trasalì, e senza pensarci due volte, corse verso la sagoma che la notò subito. Chiunque fosse, le stava puntando contro una pistola. Lara non rallentò, ma proseguì decisa. Forse era Jill, pensò.
- Fermati! - Gridò la voce di un uomo. 
Lara rallentò un poco. Non era Jill.
- Fermati o sparo! - La minacciò l'uomo.
Lara si fermò di colpo e iniziò a camminare. Cominciò a pensare che fosse il tizio che aveva massacrato di botte Oliver, ma non vide la bambina con lui.
D'un tratto Lara fu accecata da una luce. L'uomo gli aveva puntato addosso una torcia. 
Lara si coprì gli occhi, poi la luce scomparve.
- Bene. Non sei uno zombie. - Disse l'uomo con tono amichevole.
Lara gli si avvicinò. Sul suo petto vide la scritta RPD. E subito si precipitò su Oliver, proteggendolo con il corpo. Pensava che l'uomo fosse lì per ucciderli, perché si ricordava bene le parole lette sul foglietto che Oliver gli aveva dato.
- Lo conosci? - Disse l'uomo.
- E' il mio ragazzo. - Rispose Lara riluttante.
- Capisco. Anche io lo conosco. L'ho incontrato in un vicolo dietro l'armeria. -
Lara si accigliò. - E perché non eri con lui? -
- Io ero diretto al dipartimento di polizia. Gli ho detto di venire con me, ma non ha voluto. - L'uomo fece una pausa. - Ora che ricordo, disse che doveva cercare la sua ragazza. Quindi vedo che ti ha trovata. -
Lara non sapeva se credergli o meno, e in quell'istante si accese il lampione alle spalle dell'uomo. Ora poteva vederlo bene. A Lara il suo viso non le sembrava minaccioso, anzi, tutt'altro.
- E' messo male. - Disse l'uomo, guardando Oliver. - Ma non male come sembra. -
- Che vuoi dire? -
- Avrà qualche livido, ma nulla di più. Se la caverà. -
Lara serrò gli occhi: - E tu come lo sai? -
- Ho visto di peggio. -
- Ma tu non sei un dottore. Come fai a dirlo? - Ringhiò Lara.
- Ehi, tranquilla. - Disse l'uomo. - Sei libera di non credermi. -
 Rimasero per un po' in silenzio.
- E' meglio che ti cerchi un riparo. - Disse l'uomo. - Non siete al sicuro qua fuori. -
- E' quello che stavo facendo, prima di vederti vicino al mio ragazzo. - Lara lo guardò con fare minaccioso.
- Sei protettiva, lo capisco. Ma sai meglio di me che ho ragione. - L'uomo fece per avvicinarsi.
- Stacci lontano! -
L'uomo alzò le mani in segno di resa. - Voglio solo aiutare. -
- Non mi serve il tuo aiuto. -
- Va bene. Ho capito. Sei una dura. -
- Che succede? - Disse una voce da donna dietro le spalle dell'uomo.
Quello si girò di scatto puntandole la pistola, la donna fece altrettanto. Rimasero per un po' con le pistole puntate uno contro l'altra, guardandosi dritto negli occhi. Poi Lara disse: - Jill! -
- Stai bene? - Le chiese Jill.
- Sì. Sto bene. -
- Vi conoscete, quindi. - Disse l'uomo, squadrando Jill da capo a piede. La donna aveva un viso ovale, dai lunghi capelli castani fin sotto l'orecchio, e l'iride azzurra con labbra a forma di cuore. Indossava un top blu sotto a una minigonna nera con un maglione bianco avvolto intorno alla vita.
- Chi sei? - Gli disse Jill.
L'uomo abbassò la pistola, ma Jill non lo fece. - Leon Scott Kennedy. -
Jill gli guardò la scritta sull'uniforme. - Sei uno poliziotto? -
- Una recluta. Ieri è stato il mio primo giorno. -
Jill abbassò la Magnum. - E' anche l'ultimo. -
- Tu come ti chiami? - Le chiese Leon.
- Jill Valentine. - Jill lo ignorò e si avvicinò a Lara. 
- Oliver è vivo. - Disse Lara a Jill.
- Mi dispiace per prima. -
- Non fa niente. -
- Pensavo che... - Jill non finì la frase.
- Lo so a cosa pensi. - Rispose Lara. - Non parliamone. -
- Di cosa parlate? - Chiese Leon perplesso.
Jill si girò verso di lui. - Non credo capiresti. -
- Mettimi alla prova. -
- Hai presente gli zombie? - Gli disse Jill del tutto svogliata.
Leon annuì, ma intuì subito dove voleva arrivare. - Parli di quell'essere alto due metri? -
Jill spalancò gli occhi sorpresa, stessa cosa fece Lara che disse: - L'hai visto? -
- Sì. Era alla centrale di polizia, nel giardino. L'ho scambiato per una persona, quando... -
- Per una persona? - Domandò Jill alzando un sopracciglio; Lara lo guardò con la stessa espressione.
- Certo. - Disse Leon. - E' uguale a una persona qualunque. E'... E' identico in tutto per tutto, tranne... tranne per qualche dettaglio. -
- E sarebbe? - Domandò Lara.
- Ha una forza sovrumana. E' in grado di distruggere muri, di fare a pezzi qualsiasi cosa. Ed è anche molto veloce. -
- Ma hai detto che ha l'aspetto di una persona. - Aggiunse Jill.
Leon annuì: - Fisicamente è uguale. -
- Ma non è uguale a quel mostro. - Rispose Lara. - Quelli lì è mostruoso. Ha la faccia... mostruosa. E' un vero mostro. Non assomiglia per niente a una persona. -
Leon non capiva. - Ma è lo stesso, no? -
- Ripeteva qualche frase? - Chiese Jill a Leon.
- No. -
- Allora non è lui. -
- Questo... Questo mostro ripete sempre 'STARS'. - Disse Lara, guardando Jill. - Ma non ne sono sicura, voglio dire, sembra che ripeta solo quella parola. -
- No. - Rispose Leon. - Non ha mai parlato. La sua faccia è sempre... - Fece una pausa, cercando di trovare le parole giuste. - Avete presente il volto di una statua? Quella cosa è così. E' inespressivo, inquietante. -
- Ma se non è quel mostro... - Disse Jill corrugando la fronte. - Allora chi è? -
Tutti e tre si guardarono tra loro confusi.

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Capitolo 14
*** XIV. Capitolo ***


I quattro trovarono rifugio nel condominio. Leon aveva abbattuto con un calcio la porta di un appartamento al primo piano, e il resto del gruppo era entrato dentro. Nell'ingresso c'erano tre valigie, e chiunque ci viveva, aveva avuto intenzioni di andarsene. Man mano che ispezionarono le quattro stanze, scoprirono che l'appartamento era abitato da una famiglia. 
Adagiarono Oliver sul divano, e Leon disse loro per l'ennesima volta che presto si sarebbe ripreso. Ma Jill non ne era tanto convinta, e Lara taceva.
Qualche tempo dopo, Leon tornò nel soggiorno, guardando le foto di famiglia appese al muro. L'uomo nella cornice, doveva avere quarantanni, la donna trenta e il bambino non più di dieci. Erano in un parco, seduti su un verdeggiante prato mentre facevano picnic. 
Jill gli si avvicinò alle spalle.
- E' sorprendente come le cose possano cambiare da un momento all'altro. - Disse Leon. 
- Già. - Rispose Jill.
Dopo un breve pausa Leon disse: - Non sembri un civile. Sei un poliziotto? - 
- Qualcosa di simile. -
Leon si girò. - Lavori sotto copertura? -
- Cos'è? Un terzo grado? - Si accigliò Jill.
- E' un modo per conoscerci. - Disse Leon con un lieve sorriso.
- Per conoscere me, vuoi dire. -
- 'Qualcosa di simile'. - Sottolineò Leon sorridendo.
Jill sbuffò e andò da Lara, che sedeva affianco a Oliver e gli puliva la faccia con un panno bagnato. - Come ti sembra Leon? -
Lara alzò il viso, guardandola negli occhi. - Che vuoi dire? -
- A te come sembra? - Insistette Jill.
Lara lanciò uno sguardo a Leon che era di spalle mentre guardava le foto appese al muro. - Mi sembra un bravo ragazzo. -
- Appunto. - Disse Jill. - Troppo amichevole. Troppo altruista. Non mi piace. -
- Cosa c'è di male in questo? -
- Nulla, e che... - Jill fece una pausa, guardando sottecchi Leon che si era girato in quell'istante. - Non mi fido di gente così. -
- Ma perché? - Le chiese Lara, tornando a pulire il viso sporco di sangue di Oliver.
- Sono prevenuta con gente del genere. Molti di loro si sono rivelati l'opposto di ciò che erano. -
- Io non sbaglio quasi mai sulle persone. - Disse Lara. - Se fosse... Se avesse cattive intenzioni, le avrei percepite... - Si zittì un attimo. - Non so come spiegartelo, ma certe cose le sento dentro. Non so se... - Lara si ammutolì di colpo.
- Come sta, Oliver? - Disse Leon che li raggiunse.
- Non lo so. - Rispose Lara. 
Leon si avvicinò al viso di Oliver, lo scrutò un poco e si allontanò. - Per me sta dormendo. -
- Dormendo? - Ribadì Jill scettica. - E' stato pestato a sangue. -
- Lo so. - Aggiunse Leon. - Ma come ho già detto a Lara; ho visto di peggio. -
- Ma che vuol dire; 'ho visto di peggio?'. - Disse Jill irritata.
- Credo di non piacerti. - Le disse Leon.
Jill non rispose.
Lara scosse la testa. - Sembrate due bambini. -
Leon sorrise, si avvicinò di nuovo a Oliver e gli mollò un ceffone in faccia. 
Oliver si svegliò di soprassalto, spaventato e confuso.
- Visto! - Disse Leon a Jill, e si allontanò da loro. 
Lara rimase spiazzata da quel gesto. Non sapeva se urlare contro Leon o ringraziarlo.
Jill serrò gli occhi irritata e lo guardò.
- Dove... - Mormorò Oliver del tutto confuso. - Aaaah... Mi fa male dappertutto, e mi gira la testa. -
Leon andò in cucina e si sedette su una sedia, guardandoli da là. 
- Stai bene? - Chiese Lara a Oliver. 
- Sì... - 
Lara l'abbracciò per la felicità, e Oliver urlò di dolore. - Oh scusami, Oliver, non... Non volevo... -
- Non fa niente. - Le sorrise Oliver.
- Dovrai stare fermo per almeno quattro giorni. - Disse Leon a Oliver. 
- Ma tu... - Disse Oliver cercando di ricordare. - Tu sei Scott. -
- Puoi chiamarmi Leon. -
- Sono... - Oliver non finì la frase che vide Jill dietro le spalle di Lara. - E tu sei... -
- Jill Valentine. - Disse Jill con voce poco irritata, che non riuscì per nulla a nascondere.
- Io... - Oliver era troppo confuso per ricordare. 
Lara gli prese le mani e gli sorrise. 
- Dov'è la bambina? Michelle? - Chiese Oliver a tutti tre.
- Che bambina? - Rispose Leon perplesso.
- Quell'uomo l'ha presa. - Aggiunse Lara. 
- Chi? - Oliver si mise seduto sul divano, mentre teneva una mano sotto il fianco dolorante.
- Credo che si chiamasse Tom. - Disse Jill. - La bambina lo chiamava zio. E' veramente suo zio? -
- Sì... Almeno credo. - Rispose Oliver. - Li ho incontrati in una farmacia. Cercavo qualcosa per curare la ferita... Qui. - Indicò la scapola, ma subito dopo sentì una fitta di dolore alla schiena.
- Non ti sforzare. - Gli disse Lara.
- Quel tipo diceva che tu volevi uccidere sua nipote. - Aggiunse Jill. - E che gli avevi mentito su qualcosa... -
- Non ho mentito. - Rispose Oliver.
- Ma cos'è? Un interrogatorio? - Disse Lara con tono stizzito a Jill.
- A quanto pare. - Rispose Leon con sarcasmo.
Jill lo fulminò con gli occhi.
Leon alzò le mani come per dire; non lo faccio più.
- Volete sapere la verità? - Disse Oliver. Tutti lo guardarono. Oliver raccontò tutto quello che era successo con Tom e Michelle.
- Quindi non ha ucciso sua sorella? - Chiese infine Jill.
- No... Voglio dire, Lili era infetta, ma l'ha uccisa quando si è trasformata. Michelle non lo sapeva, ma credo che hanno sbagliato a tenerla all'oscuro. -
- Già. - Ribadì Jill.
- Ma come potevano dire a una bambina che sua madre stava per morire? - Disse Lara. 
- Si sarebbe preparata. - Rispose Leon. - Avrebbe avuto tempo per... per accettare la sua morte. -
- La penso allo stesso modo. - Gli disse Oliver.
- E' una bambina. - Aggiunse Jill. - E con suo zio non è al sicuro. E' uno psicotico. - 
- E' un uomo che si scalda facilmente. - Confermò Oliver.
- Ho visto di peggio. - Disse Leon. 
Jill si girò verso di lui. - Ma non sai dire altro? -
- E' la verità. - Continuò Leon. - Ho visto uomini della SWAT uccidere a sangue freddo chi voleva salvarsi. Strani tizi a Uptown massacrare un intero quartiere. -
- Quelli erano dell'Umbrella Security Service. - Gli disse Oliver.
Jill lo guardò sottecchi. - Come lo sai? Lara mi ha detto che avevi trovato un foglietto con degli ordini. -
A Oliver non piacque affatto lo sguardo sospettoso di Jill. - Infatti. -
- E allora?  Che c'era scritto? - Jill si avvicinò a Oliver. - Dov'è il foglietto? - 
Jill fece per frugargli le tasche, ma Lara si mise in mezzo. - Lascialo stare! -
- Sei troppo tesa, Jill. - Leon si alzò dalla sedia e andò da loro.
Jill lo ignorò.
- Non ce l'ho qui con me. - Rispose Oliver.
- E dov'è? - Gli domandò Jill corrugando le sopracciglia.
- Non lo so. -
- E' in casa dei miei. - Aggiunse Lara. - L'ho gettato sul pavimento. Ero sconvolta da quello che avevo letto. -
- Perché ci tieni tanto a leggerlo, Jill? - Disse Leon.
- Fatti gli affari tuoi. -
Tutti la stavano guardando confusi. Non capivano perché si stava comportando in modo così sgradevole.
- Dov'è la casa? - Domandò Jill a Lara che non rispose. - Allora? - Urlò Jill.
- Ehi! - Tuonò Oliver in difesa di Lara. Poi tossì per via dei dolori al petto.
- Rilassati, Jill. - Disse Leon che le posò una mano sulla spalla.
Jill si girò di scatto e lo spinse via. - Non toccarmi! -
- Va bene. - Rispose Leon alzando le mani.
- Ventunesima strada di Uptown. - Disse Oliver. - Numero diciassette. -
- Perché gliel'hai detto? - Gli rispose Lara un po' irritata.
Oliver non rispose.
Jill guardò Oliver, e senza dire una parola, uscì dall'appartamento. Quando Leon fece per seguirla, Jill spuntò di nuovo sotto la soglia della porta. - Non seguirmi! O ti ammazzo! -
Leon annuì. Ma non capiva perché voleva a tutti costi leggere quel foglietto.
- Pensavo fosse mia amica. - Disse Lara a Oliver.
- Certe persone sono imprevedibili. - Le rispose Oliver accarezzandole una mano.
- Da quanto la conoscete? - Domandò loro Leon.
- Poche ore. - Aggiunse Lara.
- Si è sempre comportata così? -
- No. -
- Capisco. -
- Perché? - Gli domandò Lara incuriosita.
Leon si avvicinò loro. - Non sono sicuro, ma quando ha sentito Oliver dire dell'Umbrella, Jill è cambiata. Ve ne siete accorti anche voi? -
- Be', non proprio. - Rispose Lara. - Si stava già comportando male con te, ancor prima che Oliver le dicesse di quel dannato foglietto. -
- Ma sei stata tu a parlargliene. - Disse Oliver. - Lo ha detto lei. -
Lara lo guardò in malo modo, ma non rispose.
- Non importa chi gliel'ha detto. - Aggiunse Leon. - Ho la sensazione che Jill c'entri qualcosa con tutto questo. -
Lara inclinò la testa confusa. - Che vuoi dire? -
- Non lo so con certezza, ma non mi piace il suo comportamento. -
Lara si ricordò del Nemesis che fissava spesso Jill: - Sai qualcosa sulla parola STARS? -
Leon corrugò le sopracciglia. - Non che io sappia... Aspetta un momento... - Leon abbassò lo sguardo per ricordare. - Come ho fatto a non pensarci prima. - Schioccò le dita. - Quel nome l'ho letto nel dipartimento di polizia. Era scritto sul muro. Sì, proprio in quella stanza. - Guardò Oliver e Lara come se avesse un rivelazione. - Lì ho trovato il diario di un certo Chris... Non posso dirvi cosa c'era scritto, perché sono informazioni riservate, ma là sopra c'era il nome di Jill. Inoltre, in una delle scrivanie, ho trovato una foto dei membri della STARS, e indovinate un po'; Jill era fra loro. -
- Sicuro che sia la stessa persona? - Chiese Oliver.
- Più che sicuro. Era lei. -
- Ma... Ma poteva essere qualcuno che le assomigliava. - Rispose Lara. - E poi perché non puoi dirci cosa c'era scritto? -
- Perché sono informazioni riservate. - Rispose Leon.
Lara voleva una risposta, ma comprese che era inutile insistere, così scelse di rimanere in silenzio. 
- Quindi la parola STARS, cos'è? - Domandò Oliver a Leon. - Una divisione? O qualcosa di simile? -
- Era una divisione della polizia. - Confermò Leon. - Un unità speciale. Credo sia stata sciolta dal capo della polizia, Brian Irons, e sostituita con la SWAT. -
Oliver corrugò la fronte: - Per quale ragione è stata sciolta? -
- Dovresti chiederlo a Jill. -
- Non credo che tornerà. -
- Lo farà, invece. - Rispose Lara. - Quando lei è scappata da quel mostro, dopo è tornata a cercarmi. -
- Oppure lo farà per saperne di più su voi due. - Disse Leon.
Oliver si accigliò. - E cosa vorrebbe mai da noi? -
- Non lo so. -
- Noi non sappiamo nulla. - Rispose Lara. 
- Io sì, però. - Aggiunse Oliver, mentre Leon e Lara lo guardavano perplessi. - Lavoravo per l'Umbrella come tecnico addetto alla manutenzione. Forse lei... -
- Mezza città lavorava per quella corporazione, per quanto ne so. - Lo interruppe Leon. - A meno che tu non sappia qualcosa su di loro. Inoltre, non siamo sicuri che l'Umbrella c'entri qualcosa. - 
- Leon ha ragione. - Rispose Lara. 
- Solo Jill conosce le risposte. - Disse Leon. - Almeno per ora. - Nel suo tono deciso si celava la voglia di saperne di più.

Passarono tre giorni in quel condominio, ma Leon se ne era andato il giorno successivo, dicendo che aveva visto una certa Claire in strada, e che doveva incontrarla. Lara e Oliver non sapevano chi era Claire, e Leon non si dilungò nel dare spiegazioni. 
Lara si occupò di Oliver, che il giorno dopo si era già messo in piedi. Gli faceva male ogni parte del corpo, ma il viso era stato quello meno colpito durante il pestaggio. Portava sì, il volto tumefatto, ma non gli faceva poi tanto male. L'unico dolore insopportabile era alla schiena, e sulla scapola ferita. 
Lara trovò dei medicinali rovistando negli appartamenti del terzo piano, e Oliver si maledisse per non aver portato con sé i farmaci che aveva lasciato a casa di Lara. 
Tutto sommato, Lara e Oliver si sentivano al sicuro in quell'appartamento. I non-morti camminavano spesso lungo la strada, ma non erano mai entrati nel palazzo. Inoltre, udivano spesso degli spari in lontananza, e si domandavano se fossero Leon o Jill a sparare. Poi il terzo giorno, quando Oliver decise di mettersi in marcia per lasciare la città, Jill comparve nel loro appartamento come un fantasma.
Lara la guardò con fare sospettoso, mentre Oliver era seduto vicino alla finestra che dava sulla strada con in mano una brioche. 
- E' questo il foglietto? - Disse Jill alzandolo in aria con una mano.
- Vediamo. - Disse Oliver, mordendo un pezzo della brioche.
Jill lo raggiunse e gli diede il foglietto. Oliver lo lesse di sfuggita mentre masticava. - Sì, e questo. -
- Perché sei qui? - Le chiese Lara con tono sgradevole.
- Volevo accertarmi che stavate bene. -
- E' una battuta? - Rispose Lara. - Perché non fa ridere. -
Jill non rispose.
- Ti sei comportata male con noi, e ora vieni qua e dici che volevi accertati che... -
- Lara. - Aggiunse Oliver in tono pacato, tentando di tranquillizzarla. 
- Non si trattano così le persone. - Disse Lara tra i denti. 
- Sono una frana, lo so. - Ammise Jill. - Ma... -
- Non puoi nasconderti sempre dietro a stupide giustificazioni. -
Jill non rispose, e le allungò qualcosa. Lara vide che aveva un inalatore in mano. - E... E questo cosa significa? -
- Nulla. - Le rispose Jill. - Ho pensato che ti servisse. -
Oliver era confuso dal gesto di Jill.
- Dove l'hai preso? - Chiese Lara.
- Dalla tua casa. Era sopra il comodino. -
Lara la guardò, ma non prese l'inalatore.
- Avanti. - Aggiunse Jill. - Prendilo. -
Lara lo afferrò. - Ma questo non cancella quello che hai fatto. -
Oliver sorrise. Capì in quell'istante che Jill era una brava ragazza, forse Lara doveva sbollirsi per comprenderlo, ma sapeva che era una persona molto emotiva. E poi, non credeva che fosse realmente arrabbiata con Jill, poiché aveva un talento innato nel distinguere una persona buona da una cattiva. 
Lara prese una bottiglietta di disinfettante dal tavolo e lo versò sul muso dell'inalatore. - Grazie. - Disse quasi mormorando.
Jill annuì e fece per uscire dall'appartamento.
- E ora dove vai? - Le chiese Lara.
- Ho delle faccende da sbrigare. -
- Riguarda la STARS? - Disse Oliver. 
Jill corrugò le sopracciglia, lo guardò, ma non disse nulla. 
- Leon ci ha detto che lavori per l'unità speciale della STARS. - Aggiunse Lara. - E' vero? -
Jill si guardò attorno alla ricerca di Leon, e si rese conto solo in quell'istante che l'uomo non c'era. - Lui dov'è? -
- Non lo so. - Rispose Oliver. - E' andato via ieri. Ha detto di aver visto una donna e... - Socchiuse gli occhi per spremere le meningi. - Com'è che si chiamava..? -
- Claire. - Disse Lara.
- Ah giusto! - Rispose Oliver. - Abbiamo cercato di farci dire di più, ma non ha parlato. -
- Cosa vi ha detto su di me? - Domandò Jill.
Oliver le disse tutto quello che Leon sapeva sul suo conto.
- Quindi sa chi sono. -
- Pare di sì. -
- Ci ha detto solo che lavori per la divisione STARS. - Sottolineò Lara.
- Lavoravo. - Rispose Jill. - Brian Irons ha sciolto l'unità e la sostituita con la SWAT. -
- Sì, ci ha detto anche questo Leon. - Confermò Oliver.
- Allora forse sa tutto... Vi ha detto solo una minima parte di chi sono. Devo trovarlo. - Uscì dall'appartamento ancor prima che i due potessero dire qualcosa.

Due ore dopo, verso mezzogiorno, Lara e Oliver uscirono dal condominio. Lara aveva sulle spalle uno zaino con su disegnati alcuni personaggi dei cartoni, con dentro acqua, cibo e medicinali. Oliver invece, aveva costruito una lancia rudimentale con tre cacciaviti legati con degli stracci attorno alla parte superiore della sbarra di ferro. Poi vedendo quanto era ridicola un arma del genere, confermata più volte anche da Lara, buttò sul marciapiede i tre cacciaviti borbottando fra sé, e scelse d'impugnarla a due mani, come fosse un mazza da baseball. 
Le strade erano deserte, a parte il ronzio delle mosche sulle putrescenti pile di cadaveri disseminate ovunque. I lontananza, si udivano gli ululati dei cani zombie.
- Hai sentito? - Disse Lara con gli occhi sgranati dalla felicità. - Ci sono dei cani. -
- Non sono cani. Non più. - Rispose Oliver. 
Lara non capì.
- Sono zombie, Lara. - Sottolineò Oliver. - Non ti farebbe per niente piacere incontrarne uno, fidati. -
Lara rimase un poco scioccata, ma non disse nulla.
Svoltarono a destra, e proseguirono lungo la strada che portava alla periferia di Raccoon City. C'erano almeno quaranta isolati da percorrere, tra strade infestate da zombie e posti di blocco che avrebbero costretto i due a cambiare tragitto. 
- Se prendiamo l'Ennerdale Street, arriveremo prima. - Disse Lara.
- Lo so. - Rispose Oliver. - Ma dovremmo proseguire lungo il cavalcavia dell'autostrada che passa sopra il quartiere industrializzato. Non so quanto ci conviene farlo. Quel quartiere potrebbe essere un covo di zombie. -
- Perché? - Aggiunse Lara con tono incerto. - Gli zombie sono ovunque, no? -
- Lo so, ma... - Oliver si zittì un attimo. - Va bene, dai. Andiamo per di là. -
Lara vedeva Oliver zoppicare, aiutandosi di volta in volta con la sbarra per poter proseguire, e questo, le faceva una gran pena. Se avessero incontrato i non-morti, per Oliver sarebbe stata la fine. Inoltre, Lara si chiese se Oliver fosse in grado di usare l'arma che lo aiutava a sostenersi, visto le sue pessime condizioni, ma decise di scacciare i cattivi pensieri e di essere fiduciosa. Magari sopra il cavalcavia avrebbero proseguito senza problemi, o magari, avrebbero trovato un auto con cui percorrere tutto il tragitto. Lara ci sperava. Almeno per questa volta.

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Capitolo 15
*** XV. Capitolo ***


Salirono sul cavalcavia, tenendosi vicino alla banchina della strada. Quando arrivarono sull'autostrada, che passa sopra la zona industriale e termina nel limitare dei quartiere di Downtown e Uptown, si accorsero che c'erano dozzine e dozzine di auto incolonnate. 
Lara ebbe quasi un mancamento. Sperava di poter prendere un auto e guidare fino alla periferia. Rimase ferma a guardare i veicoli dalle portiere aperte, o dal sangue raggrumato sui finestrini infranti o intatti delle auto. 
Oliver la raggiunse poco dopo, zoppicando e facendosi leva sulla sua sbarra di ferro. Le posò una mano sulla spalla. - A quanto pare, non eravamo gli unici a voler fuggire dalla città. -
Lara non rispose, ma gli posò una mano sulla sua, accarezzandola e stringendola.
Oliver le si affiancò. - Non vedo zombie. -
- Nemmeno io. - 
- Teniamoci sul fianco della strada. Proseguire al centro è pericoloso. -
- E' pericoloso anche sul lato della strada, Oliver. -
- Lo so, ma potremmo evitare gli zombie... Quelli che strisciano, insomma. - Le disse Oliver con un sorriso.
Lara annuì. - Hai ragione. Non ci avevo pensato.  -
S'incamminarono lungo il parapetto di cemento sul fianco della strada. Alcuni corpi giacevano dentro i veicoli, in parte divorati, in parte crivellati di pallottole. Raggrumi di sangue pennellavano l'asfalto un po' ovunque.
Oliver vide un altro furgone nero dell'Umbrella. Non disse nulla a Lara delle armi che aveva trovato in un altro furgone, ma nemmeno si avvicinò a questo. Anche se ebbe una mezza idea di prendere le armi, e proteggersi con quelle. Poi pensò che fosse troppo pericoloso. Gli spari avrebbero attirato l'attenzione e lui, visto le sue condizioni, non poteva permetterselo. Inoltre, non era sicuro che all'interno ci fossero delle armi.
Passarono dritto, senza soffermarsi quasi su nulla. Nell'aria c'era un silenzio spettrale, quasi insopportabile, inquietante. Il vento a Est, alitava gelido sui loro visi, mentre a Sud, nuvoloni plumbei si addensavano minacciosi all'orizzonte. 
Oliver era alle spalle di Lara che si accertava che nessun zombie sbucasse da dietro i paraurti delle macchine. Seguirono l'autostrada che si curvava lentamente a sinistra. 
Poi videro una dozzina di auto, furgoni e due camion che si erano schiantati tra di loro frontalmente, ed altri che si erano incanalati al seguito. Lo spartitraffico era distrutto in alcuni punti, notò Oliver.
- Ecco perché c'erano tante auto. - Disse Lara indicando l'incidente.
- Può essere. -  Rispose Oliver. - Ma quando la gente prova a fuggire... Be', il risultato è caos. -
Lara si voltò verso di lui. - Che vuoi dire? -
- Che un incidente era inevitabile. Ognuno tenta di fuggire come può. Le regole non contano più. - Si avvicinò allo spartitraffico distrutto come se volesse esaminarlo. - Conta sopravvivere, in un modo o nell'altro. -
Raggiunsero le carcasse dei veicoli. Molti di essi erano state divorate dalle fiamme, così come i loro passeggeri. Oliver si guardò attorno e non vide nessun camion dei pompieri. Potevano essere venuti e poi fuggiti, oppure non erano venuti affatto. Si ricordò che quattro giorni prima, forse cinque, ormai non ricordava più perché gli sembrava che fosse passata un eternità, aveva piovuto. Era stata la pioggia a spegnere le fiamme, si disse.
Lara si avvicinò a un auto. Nei sedili posteriori, c'era un corpo carbonizzato che sembrava essere un bambino, e affianco, ciò che rimaneva di una navicella per neonati. Davanti, i due cadaveri carbonizzati dei genitori. Lara si coprì la bocca con una mano. Aveva le lacrime agli occhi, ma cercò di non piangere. Oliver se ne accorse, ma decise di non confortarla. Forse avrebbe solo peggiorato le cose, pensò.
L'aria era pregna di un forte odore di carne bruciata, anche se erano passati giorni dalla loro morte.
Nelle altre vetture, intravidero altri cadaveri. L'incidente era stato brutale, e molta gente non era morta sul colpo. La maggior parte, incastrata tra i rottami, era stata divorata dal propagarsi delle fiamme. 
Poco dopo superarono l'incidente e proseguirono, lenti e con le menti annebbiate da ciò che avevano provato. La strada si apriva verso le due corsie laterali che scendevano nella zona industriale; la prima serviva per entrare in autostrada, la seconda per uscirne. 
I veicoli diminuivano man mano che si avvicinavano alla corsia di sinistra, e l'odore di carne scomparve quasi del tutto. In lontananza, fulmini silenti e rossastri squarciavano il cielo, ramificandosi in varie direzioni. 
- Presto pioverà. - Disse Oliver. 
- Lo so. - Rispose Lara. - Non serve un genio per capirlo. -
Oliver smorzò un sorriso.
Discesero lentamente la corsia del cavalcavia, ritrovandosi nella zona industriale. Fino ad allora non avevano incontrato nessun non-morto, il ché era strano, pensò Oliver. Ma quando si voltarono a destra, verso un enorme edificio grigio, videro un infinità di zombie bloccati dentro la recinzione perimetrale alta due metri; la base era fatta in cemento, e la parte superiore in metallo a forma di griglia. Qualcuno li aveva ammassati lì, o forse, si erano radunati lì per puro caso. 
Lara e Oliver rimasero scioccati da quella visione. Oliver non ne aveva mai visto così tanti. Non poteva credere che il loro numero poteva essere così abnorme. Aveva visto sì, un orda, ma quella in confronto a questa non era nulla. Forse aveva persino sbagliato a pensare che erano centinaia, forse erano migliaia o milioni. 
I non-morti erano stretti gli uni agli altri; chi era vicino alla recinzione, veniva schiacciato da quelli dietro. Parti di cervella penzolavano dalla griglia metallica, e alcune teste erano implose contro la recinzione sotto la pressione di altri non-morti. Sul piccolo prato smorto, al di là della griglia, c'erano un mucchio di occhi vitrei schizzati fuori dalle orbite. 
La cosa più sconcertante per Oliver, e che nessuno dei non-morti gemeva. Per questo non li aveva sentiti. Se ne stavano con la testa china, silenti nello sbattere uno contro l'altro, cercando inutilmente di muoversi.
Gli zombie non li avevano visti, o non sembravano darlo a vedere. Oliver toccò la spalla di Lara che sussultò. - Dannazione! -
- Allontaniamoci, Lara. -
Proseguirono nella direzione opposta, camminando sul marciapiede. La zona industriale era tappezzata di edifici diroccati ed enormi strutture che troneggiavano su quelle più basse o più elementari. Le strade erano larghe; tubi di ferro corrosi dalla ruggine correvano sopra le teste di Lara e Oliver, finendo negli edifici accanto, o continuando sopra ai marciapiedi, perdendosi chissà dove. Tutto il paesaggio era giallastro, privo di vita. In alcuni punti, l'erbaccia che cresceva affianco ai marciapiedi era alta fin sopra il ginocchio, e più in profondità, era alta quasi quanto un uomo. Molti furgoni erano parcheggiati, ed altri ancora erano stati abbandonati davanti ai semafori o in mezzo alla strada. 
Non incontrarono nessun posto di blocco, nessun cadavere in strada. Eppure poco prima, si disse Oliver, aveva visto con i suoi occhi un numero impressionante di zombie. Che fossero tutti gli operai che lavoravano in questa zona? E poi perché erano rinchiusi nello spiazzo di quell'enorme edificio? Pensò.
- Perché non prendiamo un furgone. - Disse Lara. - Così potremmo andarcene dalla città. Le strade sono libere. -
- Sai accendere un veicolo senza le chiavi? - Le domandò Oliver. 
- No. -
- Allora è inutile. -
- Potremo rubarlo. - Lara si avvicinò a un furgone bianco con il logo Carpentier industries impresso sulla fiancata. Era in mezzo alla strada con la portiera del guidatore aperta. - Ci sono ancora le chiavi. Dai. Sali a bordo. Guido io. -
Oliver era titubante. - Ma sai guidare un furgone? -
Lara che si stava sedendo per guidare, si fermò e lo guardò male. - Ti sei dimenticato il furgone di mio padre? - Inclinò la testa quasi assorta dai pensieri. - Il viaggio nell'Indiana? Volevamo passare una settimana immersi nella natura. Ti sei scordato? Ho rubato il suo furgone per stare più comodi, anche se mi sono sentita in colpa perché... -
- Sì... ricordo. - Disse Oliver abbassando gli occhi. - Abbiamo fatto l'amore così tante volte vicino a quella piccola cascata che... -
D'un tratto udirono dapprima il guaito di un cane poi un singolo abbaio. Oliver si girò, guardò verso la direzione del suono. Poi girandosi nuovamente, disse. - Sali! Sali! - Fece leva sulla sbarra per portarsi il più velocemente possibile al posto del passeggero. Quando ci arrivò, aprì la portiera e con la coda dell'occhio, vide un branco di cani zombie correre verso di lui. Non abbaiavano; si sentivano solo le loro zanne grattare sull'asfalto. I loro occhi bianchi, le putride fauci spalancate, la pelle scarnificata, fecero rabbrividire Oliver.
- Merda! - Gridò Oliver lasciando cadere la sbarra di ferro e mettendosi a sedere.
Lara girò la chiave del motore che emise un rantolo, senza accendersi. Oliver chiuse la portiera, e in quell'istante un cane ci si lanciò contro. La portella vibrò. Entrambi sussultarono dallo spavento, e la chiave scivolò dalla mani di Lara, cadendo sul tappetino.
- Che aspetti! Accendi questo catorcio! - Urlò Oliver, mentre i cani si schiantavano contro il furgone, facendolo dondolare.
Lara non rispose. Non lo aveva neanche sentito. Afferrò la chiave, la mise nel blocchetto e la girò. Il motore emise uno sbuffo, ma non partì. I cani zombie continuarono a tartassare il furgone, mentre i due venivano sballottati uno addosso all'altro. 
Un cane si piazzò davanti al furgone, accucciandosi. Oliver lo vide;  gli sembrava che lo stesso guardando con i suoi occhi bianchi. Lara era troppo presa nel cercare di far accendere il furgone per notarlo. Il cane zombie si alzò, mostrò i denti aguzzi e ringhiò. Tutto il branco smise di infierire sulla carrozzeria ammaccata e graffiata. Due lo raggiunsero alle spalle. Poi uno di loro scattò in avanti, lanciandosi verso il parabrezza del furgone. Lara lo vide all'ultimo momento, e si tirò indietro urtando la nuca contro schienale del sedile. Oliver invece, mise la testa tra le gambe, proteggendola con le sue braccia. Il centro del parabrezza si ruppe. Il cane zombie si squarciò il collo, rimanendo incastrato. 
- Cazzo! - Imprecò Oliver, mentre i denti aguzzi del cane scattavano per divorargli la faccia. - Accendi questo fottuto furgone! -
Lara non lo sentì, guardando in faccia il cane zombie che la ignorava. Gli occhi bianchi fissavano la ferita alla scapola di Oliver. Gli stracci erano un po' sporchi di sangue. Forse era stato quello ad aver attirato il branco? Pensò Oliver.
- Che cazzo stai aspettando! - Tuonò Oliver. 
Le zanne del cane zombie scivolarono sul cofano, grattando e graffiando per trovare un appiglio. D'un tratto il cane zombie scattò in avanti. Oliver si piegò indietro, spiaccicandosi al finestrino, mentre si abbassava più che poté sotto il vano portaoggetti. - Cazzo! -
Le fauci del cane ora, scattavano a un palmo dalla sua testa, le pupille bianche puntavano la ferita sulla scapola. 
Sì udì uno sbuffo, poi un rombo del motore. Oliver gettò uno sguardo a Lara che aveva le pupille dilatate dal terrore. Il furgone partì, le ruote anteriori fischiarono e i cani zombie guairono spostandosi dalla traiettoria del mezzo. Il cane zombie incastrato nel parabrezza, continuava a serrare la mascella sopra la testa di Oliver. 
Lara adocchiò dapprima il cane zombie, poi Oliver. - Tieni duro! -
- Mi vuole staccare la testa, cazzo! - Imprecò Oliver.
Il branco di cani zombie si misero al loro inseguimento. Lara svoltò a sinistra,e continuò dritto verso un incrocio a T, serpeggiando tra i veicoli in mezzo alla strada. Tutto il branco era rimasto indietro, ma solo uno di loro non mollava, ed era lo stesso che si era accucciato dinanzi al furgone; il capo branco. Quando Lara fece per svoltare di nuovo, il capo branco si lanciò contro la fiancata posteriore del furgone, facendolo sbandare. Lara frenò, e il cane zombie che era incastrato nel parabrezza, schizzò fuori fracassandosi la testa contro un muro. Lara urtò con violenza la fronte contro il manubrio, perdendo i sensi. Oliver invece, arricciato sotto il vano porta oggetti, non subì nessun colpo.
Si mise subito a sedere, guardando il sangue sulla fronte di Lara. Poi guardò il parabrezza. Se Lara non avesse frenato, si sarebbero schiantati contro il muro e a quella velocità, sarebbero morti. Oliver si girò, guardò lo specchio retrovisore esterno. Vide il capo branco inerme sull'asfalto. Allora si voltò verso Lara, le scrutò la piccola ferita sulla fronte, e con molta delicatezza, la mise al suo posto, mentre lui si mise sul sedile del guidatore. Non aveva mai guidato un furgone. Ma in quella situazione, non doveva avere paure o incertezze. Guardò lo specchio retrovisore interno, e ingranò la retromarcia. Il furgone indietreggiò rapidamente. 
In quell'istante, con molta fatica, il capo branco cercò di alzarsi sulle sue zampe, e quando i suoi occhi bianchi si voltarono, una ruota gli frantumò il cranio, implodendo in una poltiglia di cervella, carne e ossa. Un occhio bianco rotolò brevemente sull'asfalto. 
- Beccati questo, stronzo! - Urlò Oliver con foga. Si affacciò dal finestrino, guardando la carcassa. - Mi piacciono gli animali, ma tu eri un cazzo di abominio! - Non sapeva spiegarsi del perché aveva detto quelle parole, se non per un flebile senso di colpa. Credeva di aver ucciso un cane, quando in realtà aveva ucciso qualcosa che era tutto fuorché un cane. 
Ingranò la prima, e si dirisse verso la periferia a Nord-Est. Sfiorò con un dito le guance di Lara, mentre zigzagava tra i veicoli. - Lara. Mi senti? - Cercò di scuoterla, ma non si svegliò. 
Si fermò davanti a un incrociò. Un incidente tra una dozzina di macchine, ostruiva la strada al centro e a sinistra. Poteva solamente andare a destra, ma così facendo doveva fare almeno il giro di un isolato. Abbassò la testa per guardare meglio. Nell'isolato che doveva aggirare, c'era una fabbrica. Era un lungo pezzo di terra di settecento metri, susseguito da veri edifici appartenenti alla stessa azienda. Non c'erano stradine nel mezzo, perciò doveva per forza fare il giro. Nella fuga, pensò Oliver, Lara si era diretta inconsciamente nella direzione giusta. 
Mentre girava a destra, guardando lo specchietto retrovisore esterno, adocchiò il branco di cani zombie in fondo alla strada; correvano verso di lui con le fauci aperte. Sentì un pugno allo stomaco. - Ma non mollano mai! -
Proseguì a tutto gas lungo il rettilineo, lasciandosi alle spalle il branco di cani zombie che si andavano via via rimpicciolendosi. Poi li vide fermarsi e tornare indietro. Oliver lanciò un urlo di felicità, battendo i pugni sul manubrio. 
In quell'istante, confusa e frastornata, si svegliò Lara. Si toccò la testa dolorante, e quando l'abbassò, sbarrò gli occhi alla visione del sangue sulle sue mani.
- Ehi... - Disse Oliver con un sorriso. - Abbiamo seminato quei bastardi! Tu... Tu stai bene? -
Lara lo fissò per un momento, oscurandosi in viso: - E tu chi sei? -

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Capitolo 16
*** XVI. Capitolo ***


Quando Oliver accostò lentamente il furgone sul lato della strada, Lara fece per scendere frettolosamente dal furgone, ma Oliver l'afferrò per l'avambraccio. - Ehi, dove vuoi andare? -
Lara si divincolò dalla sua presa. - Lasciami! -
- Lara, sono io. Oliver. - Disse. - Non mi riconosci? -
Lara lo fissò per un attimo. - Voglio andarmene! - Aprì la portiera del furgone, ma Oliver la fermò nuovamente.
- Non puoi uscire. Dobbiamo lasciare la città. -
- Io non so chi sei! - Urlò Lara graffiandogli il dorso della mano. Poi uscì dal furgone, e corse in strada presa dal panico, lanciando occhiate alle sue spalle. 
Oliver ingranò la prima e la raggiunse, affiancandosi a lei.
- Vattene via! - Gridò Lara che si sentiva del tutto impotente.
- Lara, ascoltami. - Oliver abbassò lievemente la testa per guardare oltre il finestrino. - Hai battuto la testa, per questo non ricordi nulla. -
Lara lo guardò perplessa, cercando di ricordare, poi iniziò ad accelerare. 
- Fermati! - Oliver continuò a seguirla col furgone.
Fecero diversi metri, finché Lara cascò di colpo a terra. Oliver fermò subito il furgone, aprì la portiera e si precipitò da lei. Lara era con la faccia sull'asfalto. Oliver la girò lentamente, vedendo il naso che le sanguinava. 
- Maledizione! - Borbottò fra sé. Afferrò Lara tra le sue braccia e la mise sul sedile del passeggero. Poi aprì il vano portaoggetti, e con suo grande stupore vide dei fazzoletti. Ne prese due; con il primo asciugò il sangue dal naso di Lara, con il secondo, quello sulla fronte. In quell'istante Lara aprì lentamente gli occhi. - Oliver... - Biascicò lei.
- Lara. - Oliver le sorrise. - Stai... Stai bene? -
- Mi fa male la testa. - 
- Hai sbattuta la testa contro il manubrio. - 
- Non me lo ricordo. - Lara si toccò la fronte con una mano.
Rimasero per un po' in silenzio. Poi Oliver disse: - Qual è il tuo ultimo ricordo? -
Lara spalancò gli occhi terrorizzata. - Il... - Guardò il centro del parabrezza infranto. - Il cane... Quello... - Cercò di alzarsi, ma Oliver la tenne ferma. 
- Tranquilla. - Le rispose Oliver. - Siamo al sicuro. -
- Voglio andarmene, Oliver. -
- Lo faremo. - Le accarezzò una guancia con un dito. - Ora riposati. Guiderò io. Lasceremo la città prima che faccia notte. -
Lara annuì, mentre Oliver le mise la cintura di sicurezza.

I fulmini silenti, lasciarono spazio a tuoni assordanti e violente tempeste di fulmini, mentre nuvoloni neri avvolsero la città, scatenando un forte acquazzone. La pioggia entrava dal foro nel parabrezza, bagnando sia Oliver che Lara. E a peggiorare le cose, il vento sferzava vigoroso tutt'attorno.
- A volte mi sembra che c'è qualcuno che non vuole che lasciamo la città. Ogni cosa va a male. Qualunque cosa faccia. - Disse Oliver.
- Già. - Rispose Lara. 
Il furgone svoltò a sinistra, proseguì per sessanta metri e girò a destra. La zona industriale era enorme, e tra le strade non incontrarono zombie. Alcuni veicoli erano ribaltati, ed altri si erano scontrati tra loro o erano finiti dritti contro il muro degli edifici o recinzioni. Tutte le strade che percorsero erano deserte, mentre la pioggia scrosciava sul furgone. 
- Dovresti rallentare, Oliver. - Gli disse Lara. - Non si vede nulla con questa pioggia. -
- Lo so. Non preoccuparti. - Le rispose un po' irritato, cercando di guardare dove andava. Il forte acquazzone picchiava sul parabrezza di per sé già danneggiato. Poi un lato si staccò, e infine l'intero parabrezza scivolò sul cofano e finì sotto il furgone, forando le ruote che scoppiarono. 
D'un tratto il furgone cominciò a sbandare, e Oliver cercò inutilmente di raddrizzarlo. Si cappottarono per tre volte sul fianco, schiantandosi infine contro il cofano di un grosso pick-up nero a cabina singola. L'allarme del pick-up iniziò a suonare ininterrottamente. Poi delle fiamme si levarono dal cofano del furgone, mentre la pioggia continuava scendere. 
Lara tossì e sputò sangue. Era in testa in giù, incastrata nella cintura di sicurezza. Si voltò verso Oliver, ma non lo trovò. Il posto del guidatore era vuoto. Sentì una fitta allo stomaco, quando qualcosa le si posò sulla spalla. Lara si girò spaventata e vide Oliver che si puliva la faccia insanguinata con la manica della giacca. Ma invece di rallegrarsi, Lara disse: - Ci hai quasi uccisi... -
Oliver non rispose, e iniziò a liberarla dalla cintura di sicurezza. Improvvisamente le fiamme si rizzarono, e uno sbuffo di vapore e fumo nero entrò nella cabina del veicolo. Oliver trascinò Lara da sotto il furgone, facendosi leva sulla gamba meno dolorante per non cadere. Quando si allontanarono di tre metri, il furgone saltò in aria e con esso, anche il pick-up nero. L'onda d'urto li raggiunse e li smosse un poco. Dell'intenso fumo nero s'innalzò in aria, mentre le fiamme divoravano le carcasse dei due veicoli. 
Lara guardò Oliver. - Ora come faremo a lasciare la città? - Poi gli tirò un debole pugno sul bicipite. - Te l'avevo detto di rallentare! -
Oliver lanciò un urlo di dolore, massaggiandosi il bicipite già dolorante dal pestaggio di Tom.  

Trovarono rifugio in una capanna di tronchi abbandonata da anni, circondata da terra fangosa e giallastre erbacce alte quanto un uomo. Si trovava vicino alla recinzione di una fabbrica di mobili. La capanna aveva tre camere, che erano per lo più stanzette. Entrarono d'impeto dentro la capanna, senza controllare chi ci fosse. Ma per loro fortuna non c'erano zombie. 
Erano bagnati fradici, e faceva freddo. Lara si sedette in un angolo, mentre fulmini rombavano e squarciavano il cielo.
Oliver si guardò intorno. La stanza era vuota, eccetto per qualche vecchio giornale, un tavolo rotto e un lampadario sul pavimento. Si controllò le tasche, ma trovò solo il suo cellulare, e guardò Lara pensando a tutto quello che aveva passato per andare a cercarla. 
- Vado a controllare le altre camere. - Disse Oliver. 
Lara annuì, stringendo le braccia attorno alle ginocchia. 
Oliver entrò nella camera da letto. Non c'era nient'altro che una rete metallica al centro della stanza, oltre all'abbondante muschio che cresceva tra le fessure di legno del pavimento. Andò in cucina, mettendosi a cercare un accendino o qualcosa di simile nei cassetti dei banconi. Ma fu inutile.
Tornò nel soggiorno, guardando Lara rannicchiata sul pavimento. Per un istante Oliver credette che era morta, ma Lara voltò la testa verso di lui e si calmò. La raggiunse, e si mise al suo fianco. Restarono abbracciati, scaldandosi con il calore dei loro corpi, mentre il vento ululava tra le fessure del tetto, facendo scricchiolare le assi di legno della capanna di tronchi. 

Quando la tempesta si placò, Oliver non sapeva per quanto tempo erano rimasti in quella capanna. Lara dormiva abbracciata a lui che era rimasto per tutto quel tempo con gli occhi fissi sulla porta dell'ingresso. Anche se non aveva incontrato zombie, eccetto per quell'orda rinchiusa nella recinzione di quell'enorme edificio, non voleva farsi cogliere impreparato. Ma non temeva loro, ma i cani zombie. Anche se ammise, che poteva fare ben poco se il branco li avesse sorpresi proprio là, bloccati tra le quattro mura.
Oliver si levò dolcemente dall'abbraccio di Lara, e uscì zoppicando fuori dalla capanna. Le scarpe sguazzarono nel fango, impantanandosi spesso. Alzò lo sguardo, e vide il cielo schiarirsi a sud. Forse era passato un'ora, si disse. Forse due.
Tornò nella capanna, e svegliò delicatamente Lara. - Ehi... -
Lara aprì gli occhi assonnati. - Mi... Mi sono addormentata. Scusa... -
Oliver le sorrise. - Dobbiamo andare. -
- Ma non abbiamo più il furgone, e tu... tu zoppichi. -
- Troveremo un altro mezzo, se siamo fortunati. -
Lara si mise seduta sul pavimento. - La fortuna non sa nemmeno della nostra esistenza. - Disse scherzando.
Oliver smorzò una risata, aiutandola ad alzarsi. Si rese conto che i dolori erano diminuiti rispetto a prima. Forse il fatto di essere rimasto fermo era stato un beneficio, anche se la gamba destra gli doleva un poco. 

Quando uscirono fuori, Lara cercò di evitare di sporcarsi le scarpe, ma fu del tutto inutile. Arrivarono sul marciapiede con le scarpe e le caviglie dei pantaloni imbrattati di fango. 
- Ora che facciamo? - Disse Lara, cercando di levarsi il fango dalla pianta delle scarpe. - Non sono mai venuta da queste parti. -
- Io sì. - Le rispose Oliver, guardando il furgone e il pick-up carbonizzati da cui s'innalzavano esili fumi. Poi si voltò a sinistra. - Andiamo di là. -
Camminarono per diversi minuti, finché raggiunsero la cancellata di una fabbrica di scarpe. 
- Li vedi? - Disse Oliver.
- Chi? - Lara guardò oltre il cancello, ma vide solo dozzine di furgoni marroni tutti uguali parcheggiati in uno spiazzo.
- I furgoni. -
Lara si voltò confusa verso Oliver. - I furgoni..? -
- Possiamo prenderne uno. -
- E come? Hai le chiavi? - 
- No, ma forse le troveremo nel magazzino. -
- Ma come fai ad esserne sicuro? -
- Perché sono parcheggiati. Le chiavi devono essere nella fabbrica. -
- Sarebbe fatica sprecata. - Disse una fredda e seducente voce femminile dietro alle loro spalle.
Lara e Oliver sussultarono, voltandosi lentamente. Videro una donna dai capelli neri tagliati fin sopra il mento, con una carnagione chiara e occhi castani a mandorla. Indossava un lungo vestito rosso fin sopra le ginocchia, con una calzamaglia nera e tacchi dello stesso colore. Era una donna snella, attraente, che ad Oliver trasmetteva una forte femminilità ed eleganza. 
La donna li guardava con fare distaccato e una mano sul fianco. 
Oliver si accorse solo in quel momento che la donna aveva con sé una .9mm. Guardò dapprima la pistola, poi lei.
- State cercando di fuggire, non è vero? - Disse la donna aggiustandosi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. Poi guardò oltre la cancellata. - Non andrete molto lontani su una di quelle. - 
Oliver voleva risponderle, ma non sapeva come, perché non riusciva a parlare. Allora ci pensò Lara: - Anche tu stai facendo la stessa cosa. -
- Io..? - Rispose la donna con un lieve sorriso freddo. Poi fece per andare via.
- Aspetta. - Le disse Lara.
La donna si fermò, gettò un occhiata dietro le sue spalle. 
- Stai sbagliando strada. Di là si va in città. -
- Infatti. - Le rispose freddamente la donna, allontanandosi con movimenti eleganti e femminili.
Oliver la guardò andare via, quando Lara gli disse: - Ma è matta? -
- E io che ne so. - Oliver fece spallucce.
Rimasero per un po' in silenzio, finché Lara aggiunse: - Hai sentito che ha detto? -
- Certo, ero qui. -
- Tu le credi? - 
Oliver arricciò le labbra del tutto confuso. 
- Comunque a me non piace la tua idea. - Lara gli accennò con la testa la fabbrica di scarpe. - E poi come apriamo i cancelli? E ci tocca anche scavalcare. Senza contare il fatto che le porte di quell'edificio potrebbero essere chiuse. E meglio cercare una macchina abbandonata. -
Ma più che ascoltarla, Oliver stava guardando di sfuggita la sagoma della donna in rosso, che si andava rimpicciolendosi strada facendo. Per quel poco che l'aveva sentita parlare, gli sembrò che la donna fosse simile a Leon. Aveva lo stesso atteggiamento sicuro, pensò Oliver.

Si allontanarono dalla fabbrica, mentre Lara sparlava sulla donna in rosso. 
- Non mi piace. - Disse Lara. - Hai visto come se ne va in giro? -
- Magari... Insomma... - Oliver non sapeva cosa dirle.
- Potevo mettermi anch'io un vestito simile e invece, mi sono messa questa felpa. E poi fa freddo, mica è estate. E poi non mi piacciono i vestiti aderenti. -
- Lo so. -
Lara lo fissò irritata. - Tu cosa ne pensi? -
- Non saprei... -
- Come 'non saprei?' - Si accigliò Lara.
- Magari era vestita così quando... quando è scoppiato questo caos. - Aggiunse Oliver non capendo dove Lara volesse arrivare.
- Be', certo. La città va in pezzi, e lei se ne va in giro come se dovesse andare a un gala. -
- Aveva una pistola. L'hai vista? - Le chiese Oliver per cambiare discorso.
- E quindi? - Lara incrociò le braccia, mentre svoltarono a destra, seguendo una lunga recinzione di cemento. 
- Magari... - Oliver pensò a Leon. - Magari è come Leon. -
- Leon? - Sbuffò Lara. - Leon aveva una divisa. E' un poliziotto. -
- E Jill? - Disse Oliver. - Anche lei era vestita come quella donna. -
- Ma è diverso. -
Oliver aggrottò la fronte perplesso. - Cosa è diverso? - 
Lara fece per parlare ma non trovò le parole o forse non sapeva come rispondere. 
- Quindi sono simili? - La incalzò Oliver.
- No! - Tuonò Lara infastidita, mettendo il broncio.
Oliver decise non continuare il discorso.

Dopo aver seguito la recinzione di cemento, s'imbatterono in un nuovo incidente. Tre auto si erano scontrato al centro di un incrocio. Questa parte della zona industriale era in condizione pessime. Gli edifici erano decadenti, pieni di crepe e tetti crollati, le recinzioni metalliche distrutte o lacerate, le finestre infrante. Ai bordi dei marciapiedi, era facile incontrare carcasse di auto arrugginite inghiottite dall'erbaccia da chissà quanto tempo, insieme a lavatrici, frigoriferi e diversa spazzatura disseminata ovunque sul terreno. Inoltre, c'era forte un odore nauseabondo che costrinse Oliver e Lara a tapparsi il naso. Sembrava che nell'aria aleggiasse un intensa puzza di muffa e putrefazione. Oliver cercò con lo sguardo degli zombie, ma non ne vide. Non sapeva spiegarsi il penetrante odore di marcio, visto che non c'erano né cadaveri, né zombie.
Poi, per puro caso, intravidero un auto abbandonata con due portiere aperte in mezzo alla strada. Lara guardò Oliver con un grande sorriso stampato in faccia, e si precipitò verso l'auto. Oliver gli zoppicò dietro, anche se riusciva quasi a camminare normalmente.
Quando Lara fece per entrare nel posto del guidatore, vide una donna che cercava qualcosa nel vano portaoggetti. Lara indietreggiò, e la donna si voltò di scatto verso di lei con la pistola puntata in faccia: - Non ti muovere. -
Lara alzò le mani. Oliver che la stava per raggiungere, non capì il suo gesto: - Che succede, Lara? 
Ma Lara non rispose, guardando terrorizzata la pistola.
Oliver la raggiunse, appoggiando una mano sulla fiancata dell'auto perché la gamba gli doleva. E in quell'istante, vide una pistola uscire lentamente da dentro l'auto. Oliver sbarrò gli occhi, mentre la donna si metteva in piedi.
- P... Petra. - Balbettò Oliver.
Petra lo guardò, facendo un sorriso di circostanza. - Ma guarda un po', il mio caro e amato Holly. Sono felice che tu sia vivo... dico davvero. - Aggiunse Petra con un freddo sorriso. Si avvicinò verso di lui, ignorando del tutto Lara. Gli accarezzò dolcemente la guancia e le labbra con l'indice. - Sai, da quando ho cercato di ammazzarti, qualcosa dentro di me è... cambiata. Le tue parole mi hanno fatta riflettere. Ho visto la mia situazione da un altra prospettiva. Il mio rapporto con Livio... Be', è cambiato. E' cambiato drasticamente. Vedevo che soffriva, che... - Fece una pausa. - Non lo considero più mio marito, perché tu mi hai illuminata. Mi hai ascoltata, mi hai confortata, mi hai apprezzata, hai sempre cercato di farmi sentire bene. Questo l'ho capito dopo, quando ho cercato di ammazzarti. - Fece una risatina quasi isterica. - E' lì ho capito. L'epidemia è stata una benedizione, perché mi ha fatto incontrare te. Quando sei fuggito, sono stata male. Ho pianto. Ti ho maledetto, ma ti volevo con me. E poi quando ho finito le lacrime, ho sparato in testa a Livio. E' stato così... appagante. Mi sono sentita rinata. Adesso non ho più un marito. - Gli sorrise sbaciucchiandogli il collo, e premendogli la canna della pistola contro il suo petto. 
Lara era troppo terrorizzata per capire cosa stava succedendo.
Oliver rimase immobile, sentendo le umide labbra di Petra baciargli il collo fino alla mandibola. 
- Tu mi hai fatto sentire viva. - Disse Petra baciando le labbra serrate di Oliver. - Ed ora resterai con me per sempre! Sei mio! - Gli morse un labbro, facendolo sanguinare e guizzare un grido di dolore. Poi Petra si girò di scatto verso Lara, puntandole la pistola.
Lo sparo echeggiò nella strada deserta.
- NO! - Urlò Oliver.

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Capitolo 17
*** XVII. Capitolo ***


Lara spalancò gli occhi, mentre Oliver strappò la pistola dalla mano di Petra che cadde in ginocchio, tenendosi le mani sullo stomaco. Oliver confuso, guardò dapprima la pistola, poi Petra con lo sguardo vacuo e le mani insanguinate. Poi alzò gli occhi verso Lara che era in piedi e lo fissava coprendosi la bocca con le mani.
D'un tratto Oliver udì il rumore dei tacchi dietro alle sue spalle. Si voltò; vide la donna in rosso che li raggiunse con la .9mm in mano. Petra cadde in avanti con un tonfo, mentre guardava Oliver. 
- Ti ho trovata, finalmente. - Disse la donna in rosso a Petra. Le aveva parlato con un tono dolce, nascondendo appena il suo risentimento. - Questa volta sono stata più veloce di te. -
Petra non rispose, continuando a guardare Oliver.
Lara si avvicinò lentamente ad Oliver, nascondendosi dietro le sue spalle.
La donna in rosso si chinò verso Petra. - Perché hai cercato di uccidermi? -
Petra la guardò con gli occhi iniettati di odio. - Ti ho... Ti ho vista seguire Oliver... Alla farmacia... -
Oliver aggrottò la fronte, cercando di ricordare la donna in rosso, ma fu inutile.
- Quindi eri tu alla finestra... - Le rispose la donna in rosso. Poi lanciò un occhiata distratta a Oliver. - Sarebbe lui? -
Petra non rispose. 
- L'ho visto correre fuori dalla finestra, mentre tu cercavi di ucciderlo. Perché? -
Petra ancora una volta non rispose.
Lara posò una mano sulla spalla di Oliver, e lo guardò negli occhi in attesa di una spiegazione, ma lui deviò lo sguardo.
- Allora? - La incitò la donna in rosso.
- Lui è mio! - Urlò Petra con un rantolò di voce, e si mise a tossire.
Lara sussultò, e con la mano sulla spalla di Oliver, lo forzò a girarsi. - Ma chi è questa qui? -
- Nessuno. - Rispose Oliver istintivamente.
Lara gli tirò uno schiaffo in faccia, diventando rossa dalla gelosia. - E' la tua amante, giusto? Non mentirmi! -
La donna in rosso si girò verso loro, mentre Petra serrò la mascella con lo sguardo omicida. Aveva provato una forte rabbia quando aveva visto Oliver venire colpito da Lara. L'avrebbe uccisa e fatta soffrire per questo.
- No, ma che dici! Suo marito mi ha sparato. - Rispose Oliver frettolosamente. Non capiva perché Lara pensasse una cosa simile. Amava solo lei, e non aveva occhi per nessun'altra. - Lei mi ha soccorso. Ha curato la mia ferita. - Oliver indicò con un dito la ferita sulla scapola. 
Lara si accigliò. Non sapeva se credergli. 
Petra cercò di alzarsi, ma cadde sull'asfalto. Tutti si voltarono verso di lei che disse. - Oliver è mio. Non lo toccare o ti ammazzo puttana! - Ringhiò verso Lara che sbarrò gli occhi come colpita in pieno da una palla di cannone. Con una rapidità assurda, strappò la pistola dalla mano di Oliver e sparò verso Petra. I proiettili le fischiarono accanto senza colpirla, mentre il volto di Lara si rigava di lacrime. Poi la donna in rosso scattò in avanti, afferrò Lara per un polso e glielo torse, prendendole la pistola. 
Oliver aveva assistito a quella scena surreale come se fosse uno spettatore.
Petra si mise a ridere, e strisciò a gomitate verso Oliver. Quello indietreggiò, urtando contro il bagagliaio dell'auto. 
Lara si divincolò dalla presa della donna in rosso, corse verso Petra e con un grande calcio la colpì al lato della testa come fosse un pallone. Sì udì un forte scricchiolio, e la testa di Petra rimase attaccata all'asfalto con gli occhi aperti a guardare per l'ultima volta Oliver. Poi Lara si mise a correre lontano da loro, mentre Oliver le zoppicò dietro per un po', finché si accasciò a terra per il lancinante dolore alla gamba. 
Con il volto immerso tra le lacrime, Lara gettò un occhiata alle sue spalle; vide Oliver a terra, ma non si fermò. Fuggì, addentrandosi tra le alte erbacce giallastre.
La donna in rosso gettò uno sguardo al collo rotto di Petra. Infine gli si avvicinò, porgendogli la pistola che aveva tolto a Lara. - Potrebbe tornarti utile. -
Oliver guardò la pistola, poi la donna in rosso. I suoi occhi erano freddi, distaccati, sembrava del tutto estranea a quello che era successo o forse non dava modo di pensarlo, si disse Oliver, afferrando la pistola.
Poi così com'era venuta, si allontanò da lui con passo femminile ed elegante.
- Ehi! - Disse Oliver. 
La donna in rosso si voltò verso di lui. - Se fossi in te me ne andrei da qui. Non senti questo odore? -
Oliver annusò l'aria, anche se sentiva da un bel pezzo un forte fetore putrescente. - Sì... Ma l'ho sentivo già da prima. -
- Stanno arrivando. -
- Chi? -
La donna in rosso sorrise, e andò via. 
- Aspetta! - Oliver fece per alzarsi, ma ricadde di nuovo a terra con la gamba dolorante.
La donna in rosso svanì dietro l'angolo della recinzione in cemento.
Oliver rimase da solo in mezzo alla strada. Cercò nuovamente di alzarsi sulla gamba sana, e saltando su quella, si diresse all'auto. Vide il corpo di Petra con il braccio allungato verso di lui, come se volesse raggiungerlo. Provò una forte pena per lei, anche se poco prima aveva tentato di uccidere Lara. Pensò a quanto fosse stupido a non riuscire a provare rancore per chi gli faceva del male. Non riusciva mai a provare odio; credeva di provarne, ma non era né odio, né rancore, bensì qualcosa che si auto-infliggeva, qualcosa per cui aggrapparsi e non dimenticare, ma sapeva che cercava inutilmente di sabotare la sua coscienza. Questi trucchetti non funzionavano, poiché sembrava immune a queste emozioni, almeno non con le stessa intensità delle altre persone. Il suo odio era sempre superficiale, marginale, ma non era in grado di alimentare il fuoco della vendetta. Era del tutto incapace di farlo, forse perché era ingenuo, si disse? O forse perché era troppo buono? O forse perché dietro una tragedia, un comportamento, un gesto c'era sempre una verità celata che la maggior parte della gente era incapace di vedere? La sofferenza dell'anima che supplica aiuto in diversi modi?
Si chinò verso Petra, e le chiuse delicatamente le palpebre. Poi entrò nell'auto, mise la pistola nel vano portaoggetti e cercò le chiavi ovunque, ma non le trovò. Infine, si affacciò fuori, spaventato da ciò che le aveva detto la donna in rosso. Rimase così per un poco, guardando il viso di Petra, finché ebbe l'illuminazione. 
Saltellò da Petra, e tastò il suo corpo dappertutto, trovando le chiavi nella tasca posteriore. Tornò in macchina e accese il motore che emise un forte borbottio. E quando partì, non vide Lara sbucare dall'erbaccia e gridargli di fermarsi a squarciagola. Oliver svoltò a sinistra all'incrocio a T, sperando di intercettare Lara; senza aspettarsi invece, che quella le correva dietro come una disperata, pressando l'avambraccio contro i seni. Poi Lara si fermò col fiatone, guardando l'auto di Oliver farsi sempre più piccola in fondo alla strada, mentre il panico cercava di insinuarsi nella sua testa. Iniziò a mancarle il fiato, prese l'inalatore e cominciò a respirare.

Minuti dopo, Oliver proseguì lentamente lungo il marciapiede, finché si mise costeggiare l'erbaccia. Poi cominciò setacciare la zona con i suoi occhi, ma ovunque volgesse lo sguardo, non vide altro che desolazione. Ogni tanto prestò orecchio al silenzio che aleggiava da quelle parti, sperando di captare i passi di Lara o i gemiti degli zombie. 
La donna in rosso non era stata chiara, ma Oliver associò: "stanno arrivando" agli zombie ammassati nello spiazzo dell'enorme edificio. Forse avevano rotto la recinzione, o trovato un modo per uscire, pensò. Sempre se qualche pazzo non li avesse fatti uscire.
Ma non passò molto tempo, quando la realtà plasmò i suoi pensieri. Dall'angolo di un edificio abbandonato di due piani, sbucarono fuori centinaia di zombie; l'orizzonte della strada ne fu interamente inghiottito. Oliver trasalì e fece subito retromarcia. Quando partì a tutto gas, Lara uscì da un incrocio, piangendo e gridando a squarciagola verso Oliver. Ma il motore dell'auto era troppo rumoroso e Oliver non la sentì.
Poi Lara, respirando dall'inalatore e con la testa che le formicolava dal panico, si voltò, assordata dai gemiti dei non-morti che marciavano verso di lei. Trasalì dal terrore, e si mise a correre verso la direzione di Oliver. 

Non sapeva quanti metri aveva fatto, quando Lara si accasciò sul marciapiede per un grampo al polpaccio. Aveva il fiatone ed era stanca. Sentiva bruciare i polmoni, e le gambe le dolevano dallo sforzo. Si mise seduta, e guardò nella direzione da cui era venuta. Non sentiva più i gemiti, ma l'intenso fetore emanato da tutti quegli zombie era insopportabile. Sapeva che erano vicini, anche se non li sentiva. 
Si alzò in piedi, e s'incamminò zoppicando per un po'. Si pentì di essere fuggita da Oliver, di avergli tirato quello schiaffo, di averlo accusato. Magari Oliver diceva il vero. Si era fatta prendere dall'emozione. Petra era solo una stronza innamorata di Oliver, si disse. Voleva credere che Oliver non stesse con lei, che lui le aveva detto il vero. E poi pensò a quella donna in rosso, magari adesso è con lui, e si fece di nuovo prendere dalla gelosia, ma restò calma. Si sentiva impazzire, le sue emozioni cercavano di prendere il sopravvento come sempre, doveva restare calma, pensò.

Nel frattempo Oliver si era distanziato molto dall'esercito dei non-morti, ma era stato costretto a ritornare indietro. Le strade sul limitare della zona industriale erano tutte sbarrate da una alta recinzione di cemento. Non c'erano cancelli. Chi l'aveva innalzati, si era preoccupato di non far entrare o uscire nessuno dalla zona industriale. Doveva tornare sul cavalcavia, e proseguire lungo la superstrada che gli avrebbe fatto fare un giro lunghissimo per arrivare a nord-est della periferia. Ma senza Lara, non sarebbe andata da nessuna parte.
Ritornò indietro, e vide un infinità di zombie alla sua destra. Il rumoroso motore attutiva i loro gemiti, ma sapeva che presto o tardi sarebbe stato circondato da loro, che tutti quegli zombie si sarebbero sparpagliati nella zona industriale, bloccando ogni strada. 
Quando fece per partire, la portiera del passeggero si spalancò ed entrò Lara, che gli tirò un pugno sul bicipite. - Stronzo! - Gli urlò. - Ti ho urlato dietro e tu non ti sei fermato! Perché? Perché? -
Oliver non bado né al suo gesto, né alle sue parole; preso dalla felicità di rivederla viva, le rubò un bacio, prima che lei tornasse nuovamente a lamentarsi. Ma invece di farlo, Lara lo prese per il colletto della giacca e lo tirò sé, baciandolo a lungo con passione. 
Quando si staccarono uno dalle labbra dell'altro, l'auto era attorniata dagli zombie, che graffiavano e battevano le mani contro i finestrini, cercando di addentare l'aria.
Oliver e Lara si guardarono negli occhi, e il motore si spense di colpo, mentre uno zombie strisciò a fatica sul cofano.
- E' questa la fine? - Gli disse Lara con gli occhi pieni di lacrime.
- Non lo so... - Le rispose Oliver, tenendola per le mani.
Rimasero a lungo a guardarsi negli occhi, mentre l'auto venne inghiottita interamente dai corpi putrescenti dei non-morti che si ammassavano uno sopra l'altro sul tetto della macchina.
Poi furono avvolti dall'oscurità, e Lara e Oliver non videro più i loro visi. Solo le loro mani si toccavano, si sfioravano, si accarezzavano, e si strinsero in un ultimo abbraccio, mentre l'assordante gemito divorava avidamente ogni parola bisbigliata dai due. 
Poco dopo, un fioco fascio di luce filtrò nuovamente nell'abitacolo, e Oliver e Lara si staccarono dall'abbraccio. Increduli, videro che gli zombie si allontanavano dalla macchina. Si dirigevano lontani sotto un prefabbricato di quattro piani, sui cui c'erano ancora le impalcature lasciate dagli operai. 
Oliver si accorse che i non-morti allungavano le loro braccia in alto, così come le loro teste lacerate. Abbassò la testa, e vide una donna sul tetto del prefabbricato con una pistola puntata al cielo come se stesse sparando. Lara invece, non perse tempo e uscì dalla macchina, accorgendosi solo in quel momento di Jill sul tetto del prefabbricato. Agitò un braccio per farsi notare, ma Jill l'aveva già scorta e le fece segno di scappare. 
Oliver uscì dalla macchina, e salutò Jill con un cenno della mano. Poi Jill si girò e sparì dalla loro vista. Gli zombie si girarono nuovamente verso i due.
- Entra in macchina! - Gridò Oliver a Lara.
- No! - Gli rispose. - Scappiamo a piedi. -
- Non posso correre. Mi fa male la gamba. -
- Anche a me. -
- Dai entra! -
- No! - E Lara si mise a camminare lontano da lui, ma tenendolo d'occhio.
Oliver le andò a pressò, saltellando su una gamba. 
Lara smorzò una risata, vedendolo saltellare verso di lei. Ma comprese che la situazione era gravissima. Oliver non poteva saltellare per sempre, primo o poi si sarebbe stancato e gli zombie l'avrebbero raggiunto. Era questione di tempo.
- Forse ho capito perché non vuoi andare in macchina. - Gridò Oliver per farsi udire da Lara, giacché i gemiti erano assordanti. - Pensi che vada a schiantarmi di nuovo. -
- Già. - Rispose Lara. - Non intendo mettere alla prova la nostra fortuna, che è quella che è. - Proseguirono lungo il marciapiede; Lara zoppicando un po', Oliver saltellando su una gamba, mentre con una mano si teneva sulla spalla di lei. I non-morti seguivano lentamente dietro.
- Però prima sei entrata in macchina. -
- Ma che c'entra, Oliver? L'ho fatto perché per ben due volte ti ho incrociato, e tu non ti sei mai fermato. Ho persino gridato a squarciagola, ma è stato inutile. -
- Ma io non ti ho né vista, né sentita. -
- E grazie, con quel motore che fa più rumore di un razzo, è logico che non mi hai sentita. -
Oliver rimase per un po' in silenzio. - Se lo sai perché mi accusi? E poi sei stata tu a fuggire da me. -
Lara gli lanciò un occhiataccia, mentre riemergeva il ricordo di Petra. - Quella stronza chi era per te? -
- Nessuno. - Rispose Oliver. - Era fuori di testa. Ha sparato a suo marito per stare con me, ma io nemmeno... nemmeno la conosco bene. - 
Lara non rispose, ma continuò a fissarlo negli occhi, mettendolo a soggezione. Aveva capito solo che Petra era morta, ma non sapeva che l'aveva uccisa lei con quel calcio carico di violenza. Ed era talmente concentrato su di lei, che si era scordata totalmente della donna in rosso.
- Lara... Voglio dire... Passava un brutto momento... -
Lara si fermò di colpo; la mano di Oliver scivolò dalla spalla di lei, facendolo barcollare appena. 
- Non possiamo fermarci. - Oliver guardò gli zombie a quaranta metri da loro.
- Cosa vuoi dire con: 'passava un brutto momento?' -
- Che... Che suo marito era impazzito. - Rispose frettolosamente Oliver. - Che si sentiva sola, triste e... -
- Oliver... Cosa stai cercando di dirmi... - Lara serrò gli occhi che sprizzavano fiamme, inclinando leggermente la testa. Si stava preparando mentalmente a subire il colpo finale.
- No, non è quello che pensi. -
Gli zombie erano a trenta metri da loro.
Oliver deglutì, guardandoli farsi sempre più vicini. - Non ci ho fatto sesso, ok? - Tagliò corto Oliver.
Lara sospirò di rabbia, si mise sulla spalla la mano di Oliver e continuarono a camminare, distanziandosi dai non-morti.

Venti minuti dopo, Jill sbucò fuori da un edificio diroccato, spaventando Lara e Oliver che le puntò subito la pistola.
- Abbassa quell'arma. Sono io, Jill. - Disse la donna.
- Scusami. - Rispose Oliver.
- Sei stata tu ad aiutarci, non è vero? - Le domandò Lara.
- Entrate qui dentro, presto! - Jill spalancò la porta da dove era uscita, guardandosi nervosamente intorno. 
Vi erano moltissimi scatoloni, blocchi in cemento, pale e collinette di tufo disseminati nella grande stanza polverosa e grigia. Jill sbarrò la porta con una pala.
- Questo posto è sicuro? - Disse Lara a Jill.
- Non dobbiamo restare qui. - Le rispose Jill. - Avanti, seguitemi. -
Lasciarono la grande stanza e scesero una stretta scaletta che conduceva in un piccolo seminterrato, totalmente immerso nell'oscurità. Jill accese la torcia posta sotto la pistola, e percorse la piccola stanza. Nell'angolo, dopo aver sceso tre gradini, c'era una piccola sezione di muro che copriva una porta di ferro. Quando Jill l'aprì, la porta stridette echeggiando a lungo dall'altra parte. I tre si tapparono le orecchie per un istante.
- Forza! - Disse Jill ai due. Poi quando furono dall'altra parte, Jill richiuse la pesante porta di ferro.
- Cos'è questa puzza? - Lara si coprì il naso.
Ad Oliver gli venne quasi da vomitare.
- Siamo nelle fogne. - Tagliò corto Jill, illuminando con la torcia parte del condotto.
- Cosa? - Lara alzò un sopracciglio. - Perché ci hai portato nelle fogne? - Si guardò i piedi come se vedesse già i topi squittire e guizzare davanti ai suoi piedi.
- E' l'unico modo per lasciare la zona industriale. L'Umbrella ha sigillato ogni accesso. Non si può uscire dalla zona industriale, se non dalla superstrada. -
Oliver aggrottò la fronte: - Per questo c'erano così tanto zombie intrappolati nella recinzione di quell'edificio? L'hai visto? -
Jill non sapeva se dirglielo o meno. - Quell'edificio era un laboratorio dell'Umbrella. Non posso dirti di più. -
Oliver non capì, anche se aveva già iniziato da tempo a sospettare che ci fosse l'Umbrella dietro a tutto questo: - Cosa c'entra il laboratorio dell'Umbrella? E poi era un edificio abbandonato. -
- E' meglio che non sai. - Gli disse Jill. - Ora muoviamoci. -
S'incamminarono lungo il canale fognario, ma per loro fortuna non sguazzarono nella melma. Proseguirono lungo la pedana di cemento posta ai lati. Dopo un po', tutti furono costretti a coprirsi il naso per non vomitare.
- Come hai fatto a trovarci? - Le domandò Lara, mentre imboccarono il condotto a destra che era più stretto.
- Ho seguito le vostre tracce. -
- Come un segugio? - Rise Oliver.
- Più o meno. - Rispose Jill con tono serio.
- Alla fine hai trovato Leon? - Le chiese Lara. 
- No. -
- Sai, non mi sono dimenticata di come mi hai trattato la volta scorsa. -
Jill non rispose.
- Non hai niente da dire? -
- A volte... A volte sono un po' estrema. - Jill illuminò con la sua torcia la melma sul fondo del canale.
- Be'... Ci sono rimasta male. -
Oliver guardò Lara. - Non credo sia il momento giusto per parlare di questo. -
- Per te non è mai il momento giusto. - Lara incrociò le braccia.
- Perché illumini quella schifezza? - Le domandò Oliver, mettendo il broncio.
Jill non rispose, e Oliver non insistette.

Camminarono per altri sessanta metri, quando sbucarono in una grande canale largo dieci metri e lungo chissà quanto con il tetto altissimo. La torcia di Jill non riusciva a squarciare la profondità di quelle tenebre. Poco prima del tetto, vi erano delle ampie finestre con delle sbarre di ferro arrugginite. Da dietro le finestre, proveniva un intesa luce rossa, mentre lungo le mura, percorse da lunghe crepe e da fori scavati dai topi, correvano delle fioche luci che non illuminavano un bel niente.
- Perfetto. - Disse Lara, indicando la melma che ricopriva interamente quel canale. - Immagino che dovremmo sguazzare nei rifiuti -
- Sbagliato, nella merda. - Rispose Oliver facendo una battuta a cui rise solo lui. Lara lo guardò a malo modo, ma non disse nulla.
- Attenti a dove mettete i piedi. - Aggiunse Jill, affondando un piede nel pantano che le arrivava fin sotto le ginocchia. 
Oliver la seguì per primo, poi Lara che quando mise un piede nella melma, vomitò bile. 
- Non guardare là. Guarda me, ok? - Le disse Oliver.
- Ma come faccio a non guardare? - Gli rispose Lara stizzita. - Anche se non guardo, ci sei tu che saltelli e sguazzi su queste... su queste schifezze. Il suono mi fa vomitare. - S'inclinò in avanti come se dovesse vomitare.
- Allora vai davanti a me. Io proseguo lungo il muro. Mi appoggio lì. -
- Muovetevi! - Aggiunse Jill. - Non è sicuro restare qui. Tra venti metri c'è una svolta. Dovremmo proseguire da lì, e trovare una piccola saletta. Poi raggiungeremo Downtown. -
Lara si accigliò. - Non dirmi che gli zombie sono anche qua sotto? -
Ma Jill non ebbe il tempo di rispondere, perché d'un tratto la melma sotto i loro piedi iniziò dapprima a ondeggiare, poi a tremare. Da lontano sì udì un forte tremulo quasi come un ruggito abominevole che echeggiò nel condotto fognario.
- Correte! - Urlò Jill. - Se non arriviamo in quel canale, siamo spacciati! -
- Ma che succede? - Gridò Lara, sforzandosi di aumentare la velocità, e tenendo d'occhio Oliver alle sue spalle. - Cos'è? E' quella creatura con l'impermeabile nero? Non dirmi che è lui. Quello ti insegue ovunque. Ma perché? Cosa vuole da te? Jill! Cosa vuole? Rispondimi! -
Jill non rispose. 
Quando arrivarono tutti e tre nell'altro condotto, Jill si voltò e illuminò l'ampio canale da cui erano arrivati. Il rumore era cessato. Tutto era tornato tranquillo. Poi gradualmente, oltre il fascio di luce della torcia, venne fuori un lungo ed enorme muso rettiliano, che lentamente spalancò le fauci, alitando miasma sui loro visi. 

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Capitolo 18
*** XVIII. Capitolo ***


- Scappate! - Urlò Jill. 
Tutti e tre fuggirono nell'unica direzione possibile, mentre l'enorme alligatore scattò la mascella a un passo da loro. La mostruosa creatura, che era grossa quasi quanto tutto il canale, s'insinuò a gran fatica nel condotto, allargando le fauci ed emanando miasmi insopportabili.
Oliver saltellò più veloce che poté, aiutato da Lara. Ma non fece molta strada. L'alligatore riuscì a infilarsi nel canale, e con rapide falcate, si mise al loro inseguimento.
Jill arrivò davanti alla porta di ferro, l'aprì e si girò verso Oliver e Lara. Vide l'alligatore che, correndo, sguazzava nella bassa melma, schizzando rifiuti organici sulle mura. Ormai era prossimo a Oliver che sentì il suo alito putrescente sfiorargli la nuca. 
- Avanti! - Gridò Jill sparando al muso del rettile su cui le pallottole rimbalzavano.
- Ti amo! - Disse Oliver a Lara, e la spinse via da lui. 
Lara urtò la schiena al muro con gli occhi sbarrati; le fauci dell'alligatore si spalancarono sopra alle spalle di Oliver che le sorrideva con una mano sulla parete.
Jill raggiunse velocemente Lara, che cercò di divincolarsi dalla sua presa. - No! Oliver! - E venne trascinata via trascinata via da Jill, che una volta al sicuro, chiuse la porta di ferro alle sue spalle. 
La porta vibrò per il tremulo emesso dal mostruoso alligatore. 
Poi una forte esplosione piegò lievemente la porta di ferro, facendo cadere del calcestruzzo dal soffitto della piccola stanzetta in cui si trovavano le due donne.
Lara cadde in ginocchio, si portò le mani sul viso e cominciò a piangere a singhiozzi.
- Ma... - Rispose Jill, cercando di aprire la porta da cui erano entrati, ma risultò incastrata. Così si mise a tirarla con tutte le sue forze, e quando ci riuscì, vide che la soglia della porta era sbarrata dalle macerie del tetto del canale. Jill si accigliò confusa. - Ma cosa diamine è esploso..? - Si chiese fra sé.
Poi si girò verso Lara che era piegata su sé stessa a piangere: - Dobbiamo muoverci. -
Lara non rispose.
Jill la guardò per un po'. - Non possiamo fare più nulla per Oliver. Mi dispiace. -
- E' tutta colpa mia... -
- No, Lara. - Jill si chinò al suo fianco, e rimasero così finché Lara lentamente smise di singhiozzare.

Salirono la piccola scalinata che portava a un altra stanza. Lungo le mura, c'erano dozzine di quadri elettrici illuminati da piccole luci. Jill e Lara percorsero la stanza che si protraeva per cinquanta metri, adocchiando scrivanie con pile di fogli, attrezzi da manutenzione, qualche giacca appesa sugli attaccapanni e caschi bianchi da operaio.
Lara continuava a piangere, singhiozzando ogni tanto, mentre seguiva Jill che, con la torcia, illuminava i punti bui della stanza. 
Quando arrivarono in fondo alla camera, svoltarono a sinistra, salirono una manciata di gradini e si ritrovarono in un lungo corridoio, nel quale correvano accanto al muro tre tubi arrugginiti, a qualche centimetro dal soffitto. Una debole luce illuminava il centro del corridoio, mentre le altre quattro luci lampeggiavano prima di spegnersi, per poi ricominciare. 
Jill lanciò uno sguardo a Lara, poi s'incamminarono. I loro passi echeggiavano tra le pareti, quando la porta in fondo al corridoio si aprì e si richiuse. L'uomo che era entrato si appoggiò di spalle alla porta con il fiatone. La luce lampeggiante lo illuminava intermittente. Non si accorse di Lara e Jill, fin quando la porta alle sue spalle fu colpita con violenza, e l'urto lo spinse via. Si accollò di nuovo con le spalle alla porta, finché i suoi occhi non furono abbagliati da una luce. Subito si portò la mano sulla Magnum, puntandola verso la fonte di luce, che deviò il suo fascio in quell'istante.
- Leon. - Disse Jill. 
- Jill. - Leon abbassò la pistola, venendo nuovamente sbalzato via dalla porta da chi la picchiava. Ma si rimise nuovamente al suo posto.
Jill inclinò la testa perplessa. - Dov'è la tua uniforme? -
Leon sorrise divertito. - L'ho persa strada facendo. - Aveva guanti mezze dita neri alle mani, una aderente canottiera blu, sotto un largo pantalone verde militare e anfibi neri. In testa, un capello nero con su scritto in bianco RPD che celava di poco il suo sguardo.
- Con tutto quello che sta succedendo, hai avuto anche il tempo di cambiarti ? -
- Sai com'è, la divisa mi andava stretta. - Rispose Leon smorzando un sorriso.
Jill scosse la testa, quando a un tratto la porta si spalancò, sbalzando Leon addosso a Jill. 
Sulla soglia atterrò una creature orrenda che ruggì al soffitto; era senza pelle, con grossi muscoli esposti e il cervello fuori dal cranio; una lunghissima e ruvida lingua che schioccava come una frusta sul pavimento, sul muro e sul tetto. La mostruosa creatura poggiava su quattro zampe, da cui fuoriuscivano enormi artigli affilati. Su tutto il suo corpo luccicava del sangue.
Lara lanciò un urlo, scappando via da loro. La creatura inclinò la testa, schioccò la lingua e balzò sul muro, lanciandosi rapidamente all'inseguimento.
Leon e Jill aprirono il fuoco. I proiettili crivellarono la schiena del Licker, ma quello saltò sulle spalle di Lara, atterrandola con la faccia a terra. Il Licker ruggì eccitato allungando la lingua in alto, e quando fece per squartarle la schiena con i suoi artigli, Leon si gettò addosso, colpendolo con una spallata. Il Licker fu sbalzato via, piantando i suoi artigli nel pavimento per fermarsi. Ruggì un altra volta, lanciandosi nuovamente verso Lara con l'intenzione di portarsela viva nella sua tana.
Jill e Leon spararono a raffica, centrando in pieno il cervello del Licker che schizzò pezzi di cervella ovunque. Ma quello continuò la sua corsa, finché improvvisamente rallentò, barcollando e accasciandosi a un passo da Lara che era rannicchiata su sé stessa.
Leon le allungò una mano. Lara gliela strinse, e Leon la tirò su, mentre Jill girava intorno al Licker, accertandosi che fosse morto. Il sangue del Licker andava lentamente spargendosi sul pavimento. Jill gli sparò un colpo in testa.
- E' morto. - Disse Leon. - Hai sprecato una pallottola. -
- Meglio esserne sicuri. - Rispose Jill. - Di questi tempi, i morti non sono mai morti. -
- Grazie per avermi salvato la vita. - Aggiunse Lara a Leon. 
Leon annuì con un mezzo sorriso.
- Hai trovato Claire? - Le chiese Jill.
Leon si accigliò insospettito. - Come fai a sapere il suo nome, e che la sto cercando? -
Jill lanciò un occhiata a Lara con gli occhi arrossati.
- Capisco. - Disse Leon cambiando il caricatore della sua magnum. - Comunque sono fatti miei. -
- Fatti tuoi? - Jill alzò un sopracciglio.
- Già. -
- Cosa sai dell'Umbrella? - Tagliò corto Jill.
Leon la squadrò un poco. - Perché? -
- Tu cosa sai? - 
- E tu invece? -
Rimasero per un po' a guardarsi negli occhi come se si stessero sfidando, finché Lara disse: - Lei chi è? -
Sulla soglia della porta, c'era una donna dalla carnagione chiara, capelli castani legati in una coda con due ciuffi che ricadevano fin sotto la mascella e occhi verde chiaro. Aveva un viso ovale, dai lineamenti delicati e femminili. Indossava una maglietta nera, sopra a un gilet rosso scarlatto, con dei cortissimi pantaloncini di jeans e stivali marroni. Si appoggiò sul telaio della porta, incrociando le braccia. - Dov'eri finito, Leon? 
Leon si voltò con un sorriso. - Claire. - Poi si girò verso Lara e Jill, presentandoli alla donna.
- Quindi sei tu Claire? - Disse Jill scrutandola guardinga da capo a piede.
Claire serrò gli occhi infastidita dall'atteggiamento della donna e guardò Leon.
- Non risponderle. - Disse Leon.
Jill aggrottò le sopracciglia irritata. - Come scusa? -
Claire fece due passi in avanti, e dietro di lei zoppicò fuori Oliver. Gli occhi di Lara si spalancarono di gioia, il suo cuore esplose quasi dal petto. Si sentì così felice che le mancò l'aria, e cadde in ginocchio, prendendo l'inalatore dalla sua tasca.
- Sei vivo. - Disse Jill incredula.
- Grazie a loro due. - Oliver indicò con uno sguardo e un sorriso Leon e Claire, saltellando su una gamba verso Lara che lo fissava felice con le lacrime agli occhi. Oliver era totalmente pregno di sangue raggrumato e brandelli di carne, che emanava un tanfo orrendo.
Jill arricciò il naso per l'odore. Poi guardò Leon. - Come avete fatto a salvarlo? Ho visto quel... quell'alligatore gigante dietro di lui. E'... E' impossibile... - Guardò nuovamente Oliver che abbracciava Lara.
- Per sua fortuna c'erano dei barili esplosivi. - Rispose Leon affiancandosi a Claire. - E' stata Claire a vederli. - La guardò con un sorriso.
- L'alligatore è morto? -
- Non credo. - Rispose Claire. - Gli è saltata una zampa, quella anteriore, ed è fuggito da dove era venuto. -
Jill si accigliò confusa. - Ma... Il condotto non aveva finestre o altre uscite. -
- Sì, invece. - Aggiunse Leon. - Dovevi guardare due metri più in là alle spalle di Oliver. Lì c'era una piccola nicchia con dei barili esplosivi. - 
- Ma voi due dove eravate? -
- Dietro quella nicchia. - Disse Claire. - Il muro era per metà distrutto. Là c'era un Licker aggrappato al tetto. Sicuramente avrà sfondato il muro perché attirato dalle vostre grida. Le abbiamo udite anche noi, per questo eravamo là. -
Jill si voltò verso il Licker disteso a terra. - Sarebbe questa cosa? -
- Già. - Rispose Leon. - Se l'alligatore non vi avesse trovati, sicuramente quel Licker vi avrebbe fatto a pezzi. Siete stati fortunati a ritrovarvi l'alligatore alle spalle, perché ha spaventato il Licker che è fuggito nella nostra direzione, ignorando persino la nostra presenza. -
- Ecco perché quell'esplosione... - Disse Jill quasi fra sé.
- Tu l'hai abbandonato. - Le disse Lara tra i denti che aveva ascoltato tutto.
Jill la guardò. - Non sapevo che... -
- Va tutto bene. - Disse Oliver a Lara. - Non è colpa sua. -
- Sì, invece. Non voglio più stare con lei. - 
- Se Jill non ti avesse salvata, a quest'ora saresti morta sotto le macerie, e io non ti avrei mai più rivista. -
Lara abbassò gli occhi. 

Il gruppo risalì l'impianto fognario, svoltando per vari corridoi e piccole stanzette per la maggior parte avvolte dall'oscurità. Poi uscirono in una galleria della metropolitana, totalmente immersa nelle tenebre. 
Lara inciampò sui binari, scorticandosi i palmi delle mani. 
Oliver la tirò velocemente su: - Stai bene? -
- Sì. -
Le loro voci echeggiarono nella buia galleria, perdendosi in lontani meandri oscuri.
- Jill. - Disse Leon a bassa voce. - Vai avanti con Claire. Io resto di retroguardia. -
Formarono un triangolo invertito: Avanti Claire e Jill con le loro torce, in mezzo Lara che aiutava Oliver a camminare, e dietro Leon che copriva loro le spalle.
- Bisbigliate. - Disse Leon. - O i Licker ci sentiranno. -
Lara rabbrividì.
- Come sai che ci sono dei Licker? - Chiese Jill.
- Sono già passato di qui. - Le rispose Leon. - Il soffitto della galleria pullula di Licker. -
Jill sbarrò gli occhi sorpresa. - Cosa? - La sua voce echeggiò nella galleria.
- Sssh. Abbassa la voce. - Le disse Leon. 
Da lontano, nella profonda oscurità, si udirono dei ruggiti, susseguiti da uno zampettare rapido. Poco dopo sentirono un raschio continuo, come lo stridere di unghia sul muro.
- Non parlate. - Aggiunse Leon. 
Continuarono lentamente a muoversi. Il rumore diventò sempre più intenso, vicino, finché Claire illuminò con la sua torcia la schiena di un Licker immobile sul tetto della galleria. Quando spostò il fascio di luce, vide una decina di Licker ammassati all'angolo tra il soffitto e il muro.
Silenziosamente, Leon si spostò accanto a Claire, e girandosi poi verso gli altri, face segno di stare muti. 
Con molta lentezza e cautela, passarono sotto le lingue penzolanti dei Licker, che di tanto in tanto ruggivano, artigliandosi quando uno di loro invadeva lo spazio altrui. Lara si strinse sotto un braccio di Oliver, che cercò di camminare invece di saltellare, stringendo i denti per il dolore. Poi Claire si spostò dietro di loro, mentre Leon affiancò l'avanguardia del gruppo con Jill che aveva gli occhi sgranati per ciò che vedeva. 
Poi Oliver si lasciò sfuggire un piccolissimo gemito di dolore. Tutti i Licker ruggirono, muovendo le loro lunghe lingue e inclinando le loro teste in varie posizione per captare la provenienza del rumore.
Leon alzò lentamente una mano a mo' di pugno per fermare il gruppo.
Un grosso Licker scese lungo il muro, fermandosi sui binari quasi accanto a Oliver. La sua lingua roteò diverse volte, incrociando per sbaglio quella di un altro Licker; subito iniziarono ad azzuffarsi e a squartarsi tra loro, ruggendo e gemendo. Tutti gli altri Licker irrequieti da quei suoni, iniziarono a muoversi, scontrandosi e ferendosi. Poi uno di loro atterrò di fianco a Lara, sfiorandole un piede con la sua lunga lingua ruvida e bagnata. 
Lara urlò terrorizzata.
- Andiamo! Andiamo! - Tuonò Leon facendo passare avanti Lara e Oliver, mentre Claire e Jill lo affiancarono.
D'un tratto i Licker smisero di litigare tra loro, voltando contemporaneamente la testa verso Lara e Oliver. Ruggirono così forte, che l'eco assordò sia i loro timpani che quelli del gruppo.
Leon lo capì al volo, facendo segno a Claire e Jill di muoversi. I Licker girarono in tondo, confusi e frastornati dal potente suono emesso dalle proprie bocche, sbattendo e artigliandosi tra di loro.
Nel frattempo, il gruppo raggiunse la prima porta che trovarono, infilandocisi dentro. Così il piano di Leon andò in fumo; aveva in mente di uscire dalla galleria, seguendo il binario che portava in una fermata della metro. Ma dovette accontentarsi visto la situazione. 
Poco dopo i Licker iniziarono a lanciarsi contro la porta.
- Scendiamo le scale. - Disse Leon agli altri.
- Ma torneremo nelle fogne. - Gli rispose Lara.
- No. Usciremo nella stazione di Downtown, o almeno credo. -

Scesero i gradini, percorrendo un piccolo corridoio che lì portò in una grande camera. 
Tutti rimasero esterrefatti da ciò che videro. Grandi contenitori cilindrici di vetro svuotati, tavoli da laboratorio, ampolle e tantissimi altri oggetti da laboratorio disseminati in tutta la sala. Le ragnatele abbondavano ovunque, così come il nauseabondo odore di muffa.
Con un dito, Leon sfiorò la superficie di un tavolo coperto da un doppio strato di polvere.
- L'aria è irrespirabile. - Disse Lara tappandosi il naso. 
- E' un laboratorio abbandonato. - Aggiunse Jill guardandosi intorno, finché vide il logo dell'Umbrella. - Appartiene all'Umbrella. Guardate lì! -
Tutti guardarono il logo dell'Umbrella. 
- Quindi? - Rispose Lara.
- Lo sapevo! C'era un laboratorio segreto sotto la città. -
- Ma è abbandonato da chissà quanto tempo. - Aggiunse Leon. - Cosa speri di trovare qui? Non c'è nulla. -
- Delle prove. -
- Prove? - Rispose Claire alzando un sopracciglio. - A che ti servono delle prove? Lavori per il governo? -
Jill la guardò, ma non rispose. 
- E' ovvio che lavora per il governo. - Disse per lei Leon. - Basta guardarla. E poi faceva parte della STARS. Te l'ho detto prima, Claire. Te ne sei dimenticata? -
A Claire le si illuminarono gli occhi. - Ah sì, che stupida. Ora ricordo. Quindi conosci mio fratello? Chris Redfield? Tu eri nella foto con lui. Sì, eri proprio tu. Hai lo stesso viso di quella donna. -
Jill serrò gli occhi incerta. - Sì... -
- Dov'è, mio fratello? - Claire le si avvicinò a un palmo dal suo naso.
- Non lo so. -
Claire la fissò dritto negli occhi. - Dimmelo! -
- Forse... Forse è in Europa. - Le rispose Jill, che sapeva benissimo che Chris era lì. Così le disse la verità - Sta seguendo una pista sospetta sulle multinazionali europee dell'Umbrella. -
Claire sospirò. - Almeno è vivo... -
- Tuo fratello è un uomo forte. -
- Multinazionali? - Chiese Leon perplesso.
- Ho già detto troppo. - Le rispose Jill.
- Sono un poliziotto. - Disse Leon. - Devo sapere. -
- 'Eri un poliziotto'. E lo sei stato per quanto? Dieci minuti? -
Leon serrò gli occhi. - Sono una recluta della polizia di Raccoon City. Quindi sono un poliziotto. -
- Raccoon City non esiste più, così come il suo dipartimento di polizia. -
- E' tagliente quanto te, Leon. - Aggiunse Claire. - Ora capisco perché non facevi altro che parlare di lei. Vi portate del rancore, vedo. -
- Rancore? - Disse Leon. - Io non porto rancore per nessuno. -
- Nemmeno io. - Rispose Jill. 
Claire sorrise: - Entrambi affermate il contrario di quello che pensate. -
Leon e Jill la guardarono, ma nessuno dei due rispose.

Nel laboratorio non trovarono un granché. Era abbandonato da anni, e su questo Leon aveva ragione. Jill però, si mise inutilmente a frugare tra cassetti, ampolle, macchinari scientifici e addirittura nei grandi contenitori cilindrici di vetro, da cui penzolavano piccoli tubi biancastri.
Nel frattempo, Oliver si era seduto, mentre Lara gli toglieva il bendaggio dalla scapola.
- Dovresti disinfettarla. - Disse Leon avvicinandosi loro. - La ferita si può sempre infettare per qualche ragione, anche se ad occhio non si nota. - E se ne andò con un sorriso.
Lara ascoltò le sue parole, mettendosi a cercare bende e disinfettante o una bottiglia di Alcool qualora ce ne fosse stata una in quel laboratorio. Fu Jill a trovarle mentre rovistava in cerca di prove, borbottando fra sé.
Il pacchetto di bende caddero sul pavimento impolverato, così come il flacone disinfettante in plastica. Lara li raccolse e raggiunse Oliver. Stappò il flacone, preparandosi a versarlo sulla ferita, quando una mano si serrò attorno al suo avambraccio.
- Stai attenta. - Disse Claire a Lara. - Può non essere un disinfettante. -
Confusa, Lara guardò dapprima il flacone, poi Claire. - Che vuoi dire? -
- Guardati intorno. Siamo in un laboratorio segreto. Quello che vedi potrebbe non essere quello che sembra. -
- Lara. - Aggiunse Oliver. - E' meglio non rischiare. -
- Ma la tua ferita... -
- Tieni. - Disse Leon apparendo alle loro spalle come un ombra. - Questo andrà bene. - 
Lara prese dalla sua mano una bottiglia di Scotch quasi vuota.
- Dove l'hai presa? - Gli domandò Claire aggrottando la fronte.
- Da là. - Leon puntò il dito verso una porta alla sua destra. - E' una specie di sala ristoro. L'ho trovata in fondo a un cassetto. -
- Grazie. - Aggiunse Lara con sorriso.
- Grazie mille, Leon. - Disse Oliver chinando leggermente il capo.
- Sono qui per servire e proteggere. - Rispose Leon con tono scherzoso. 
- Sei proprio un poliziotto nato, eh? - Sorrise Claire.
- Avete finito di schiamazzare come galline, là? - Disse Jill sbucando sotto la soglia di una robusta porta di ferro rossa.
- E' tu hai finito di fare la psicopatica ossessiva? - Aggiunse Leon con un lieve sorriso.
- Ah! Che ridere. Davvero divertente. - Lo sbeffeggiò Jill. - Venite a vedere. -
Tutti rimasero fermi. Poi Claire disse: - Cosa hai trovato? -
Jill si irritò. - Ma che aspettate? Un invito? -
- Da sua maestà, la regina Jill. - Leon s'inchinò, mentre gli altri scoppiarono a ridere.
- Sei proprio infantile. - Rispose Jill scuotendo la testa, e sparendo oltre la porta.

Quando i quattro si decisero a varcare la porta rossa, si ritrovarono in una piccola sala. Una lampada appesa al soffitto illuminava il centro della stanza, mentre tutt'attorno regnavano le più impenetrabili tenebre. 
- Ma cos'è? - Disse Lara coprendosi la bocca con una mano.
Al centro della camera, legato su un grosso letto medico, c'era un uomo calvo, enorme, dal volto austero e grigiastro, con un lungo cappotto nero.
- E' simile a... - Leon si zittì, avvicinandosi all'uomo. - Ma è proprio... -
Il Tyrant spalancò gli occhi.

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Capitolo 19
*** XIX. Capitolo ***


Leon puntò la pistola verso il Tyrant che si mosse freneticamente sul letto medico. Tutto il gruppo indietreggiò spaventato, mentre Jill e Claire si affiancarono a lui. Poi il Tyrant richiuse gli occhi, cessando di muoversi. Quando tutti e tre abbassarono le pistole, il Tyrant riaprì gli occhi e, con una gran forza, strappò la cintura che gli legava il polso destro. Grugnì, allungando il braccio nella direzione di Claire.
- Uscite! - Urlò Leon, puntando la Magnum verso la testa calva del Tyrant.
Lara e Oliver uscirono per primi, mentre Claire e Jill li coprirono, aspettando Leon. 
Il Tyrant si strappò l'altra cintura dal polso, poi si liberò le caviglie, mettendosi in piedi.
Leon alzò la testa in alto, mentre il Tyrant troneggiava su di lui con volto austero.
- Ma che aspetti? - Gli gridò Claire.
Leon si girò verso di lei, e in quell'istante, una grossa manata lo colpì al fianco, lanciandolo addosso alle due donne. Quelle subito si rialzarono, mentre Leon sputò sangue, mettendosi una mano sotto la costola in cui era stato colpito.
Il Tyrant grugnì nuovamente, e con passo lento, rigido, iniziò a marciare verso di loro. Le due donne aprirono il fuoco, ma i proiettili rimbalzarono contro il suo giaccone nero. Leon si alzò in piedi, e aiutato dalle due donne che sparavano inutilmente contro il Tyrant, uscirono dalla stanza. Lara chiuse la robusta porta rossa alle loro spalle, mentre il pavimento tremava sotto gli stivali del Tyrant.
- Come stai, Leon? - Gli chiese Claire, mentre Lara e Oliver lo guardavano con gli occhi sgranati.
- Mai stato meglio. - Tossì Leon con un sorriso.
- Cos'era quella cosa? - Domandò Oliver.
- Un Tyrant. - Gli rispose Leon. - Ti ricordi della creatura di cui ti parlai l'altra volta? Be', è lo stesso identico... mostro. -
- Quindi... - Aggiunse Lara quasi tremando. - Quindi ce ne sono due? -
- Già. - Le rispose Leon.
Il gruppo fece in tempo ad allontanarsi di poco, quando la porta rossa venne sradicata, schiantandosi contro le scrivanie del laboratorio. Da dietro la porta uscì il Tyrant, piegando la testa per passare.
Il gruppo si precipitò nella direzione in cui erano venuti, mentre Oliver fu aiutato da Claire e Lara nel proseguire più velocemente.
Il Tyrant grugnì, guardandoli raggiungere l'uscita dal laboratorio.
- Un Nemesis, due Tyrant... - Disse Jill. - Ma quante di queste creature sono là fuori? -
- Non lo so. - Rispose Leon aprendo la porta del laboratorio per far uscire Oliver, Claire e Lara. 
Jill si fermò, dandogli le spalle. - Esci, ti copro io. - E si mise a sparare inutilmente contro il Tyrant, che grugnì infastidito dalle pallottole.

Salirono la scala; in avanti c'era Leon, in mezzo Oliver, sostenuto da Claire e Lara, e alle loro spalle Jill. Quando raggiunsero la porta della galleria da cui erano entrati per fuggire dai Licker, la trovarono abbattuta, ma di quelle orrende creature non c'era traccia. Leon sporse la testa dall'asse della porta, gettando un occhiata alla galleria silenziosa e buia. La sua torcia illuminò il muro, il soffitto, il binario e del sangue raggrumato che imbrattava ogni cosa. 
- Di chi è quel sangue? - Disse Lara, tenendosi stretta a Oliver.
- Dei Licker. - Rispose Leon, entrando nella galleria e guardandosi attorno. - Si sono feriti a vicenda... Ricordi quando si sono azzuffati..? Be', quella è... -
- Forza, uscite! - Disse Jill spingendo per le spalle gli altri tre.
- Oh, datti una calmata, Jill. - Aggiunse Claire irritata dalla sua spinta. - Oliver non può camminare, e nella galleria è buio pesto. -
- Lo so. Però datevi una mossa. Quel Tyrant è dietro di noi. -
Lara le lanciò un occhiata poco amichevole, mentre Oliver lasciò scorrere come sempre.
- Seguitemi. - Disse Leon. - I binari ci porteranno alla stazione di Downtown. -
Jill illuminò frettolosamente vari punti del soffitto vuoto della galleria.
- Ho già controllato. - Aggiunse Leon vedendo dove Jill puntava la torcia. - Non c'è nessun Licker. Non ti fidi di me? -
- No. - Rispose la donna. - Non è mai stata una mia grande qualità. -
- La tua grande qualità è irritare la gente. - Disse Claire.
Jill serrò gli occhi. 
- Non è meglio muoverci? - Aggiunse Oliver. 
- Stavolta mi hai tolto le parole di bocca, Claire. - Rispose Leon con un sorriso. - Jill vai avanti. Io resto di retroguardia. -
- No. - Disse Jill. - Non sei nella condizione di fare granché. Vi copro io le spalle. -
- Ho preso solo una botta, non è... -
- Fa' come dice, Leon. - Disse Oliver. - O non ci muoveremo mai di qua. -
Leon smorzò un sorriso, scuotendo la testa. 

Proseguirono lungo il binario, udendo i passi pesanti del Tyrant farsi sempre più lontani. L'intera galleria era silenziosa, oscura. Lungo i muri e sul soffitto, c'erano le impronta di sangue lasciate dagli artigli dei Licker. Oliver notò che erano tantissime, come se fossero fuggiti in gran massa nella direzione in cui si stavano dirigendo loro. Si domandò se Leon le avesse viste, pur avendole illuminate di sfuggita con la propria torcia. Ma la risposta a quella domanda la diede proprio Leon.
- Esattamente come quel Licker nel canale fognario. - Disse Leon. - Vedete quelle impronte? Sono stati spaventati da qualcosa. -
- Il Tyrant. - Rispose Jill. - Persino un idiota lo capirebbe. -
- Mi stai dicendo che sono un idiota? -
- Se lo pensi, vuol dire che lo sei. -
- Allora siamo in due ad esserlo. - Sorrise Leon.
- Certo... hai proprio ragione. -
- La smettete di litigare? - Disse Lara. - Da quando vi siete conosciuti non fate altro che odiarvi. -
- Non stanno litigando. - Rispose Oliver.
- Sì, che stanno litigando. -
- Questo qui non è litigare, Lara. -
- E cos'è, allora? Sentiamo. -
Oliver guardò Leon che si voltò in quell'istante. - Loro due sanno cos'è. -
- Ma io no. Allora? - Insistette Lara. 
Oliver fece un mezzo sorriso, ma non rispose. 
- Ti odio quando fai così. - Sbuffò Lara.
- Appunto. L'odio è l'altra faccia dell'amore. -
Lara sospirò frustrata, mentre Claire le bisbigliò qualcosa all'orecchio.
- Aaah, ora ho capito. - Disse Lara guardando con un sorriso affettuoso prima Leon, poi Jill che la fissò perplessa. - Sì, ora ha senso. -
- Che state complottando, là? - Chiese Jill, mostrando nel contempo stesso disinteresse.
- Un modo per assassinarti. - Le rispose scherzosamente Leon. 
- Che ridere. - 
Oliver si voltò verso Lara, e i due sorrisero.

Tempo dopo, in lontananza, videro lampeggiare una fioca luce. Leon fermò il gruppo, ordinando di spegnere le torce. - Jill. - Bisbigliò.
La donna lo raggiunse, mentre Claire si staccò da Lara e Oliver, mettendosi di poco alle loro spalle, e puntando la pistola nell'oscurità più totale.
- La vedi? - Le disse Leon.
- Sì. -
- Pensi quello che penso io? -
Jill annuì, anche se Leon non poté vederla.
- Perché abbiamo spento le torce? - Disse Lara.
- Avviciniamoci lentamente. - Rispose Leon. - Forse ci hanno visti arrivare. -
- Chi? Chi ci ha visti? - Gli domandò Lara.
- Accendiamo le torce. -
La fioca luce in lontananza si spense. 
- Sì, c'è qualcuno. - Disse fra sé Leon che fu udito dagli altri. 
- Chi credi che sia? - Le chiese Claire, tornando da Lara per aiutarla con Oliver.
Leon non rispose.
- Ma qualcuno vuole darmi una risposta? - Aggiunse Lara.
- Non so chi siano. - Rispose Leon. - Avviciniamoci in silenzio. -
Mentre proseguirono lungo la galleria, sul soffitto, notarono un grosso foro circolare scavato nella nuda roccia, e intorno, molteplici macchie di sangue. Capirono che i Licker erano fuggiti di là, e non verso i binari. Che si trovasse un enorme covo nel tetto della galleria? Pensò Leon. Lo stesso pensiero ebbe Oliver.
Quando il fascio di luce della torcia di Leon illuminò l'inizio della stazione, vide due uomini armati di pistola sopra la pedana. Alle loro spalle, c'erano delle deboli luci che proiettavano vari giochi di ombre sulle mura e sulle colonne della stazione in cui correva il binario.
- Siete solo voi cinque? - Disse l'uomo con il maglione marrone.
- Sì. - Rispose Leon, mentre Jill gli si affiancò.
L'altro uomo con il pizzetto nero saltò dalla pedana. - Siete stati morsi? - E puntò la torcia che aveva in mano dapprima sui loro visi, poi lungo tutto il loro corpo.
- No. - Aggiunse Jill, prima che Leon potesse parlare. - Chi siete? -
- Sopravvissuti. - La torcia dell'uomo illuminò la scapola ferita di Oliver. - Quella cos'è? -
L'uomo con il maglione marrone sulla pedana alzò a mezz'aria la pistola; Leon lo tenne d'occhio, posando una mano sul polso di Jill per non farle alzare la pistola.
- Mi hanno sparato. - Rispose Oliver.
L'uomo col pizzetto nero si girò verso il suo amico che annuì. Poi rigirandosi, disse: - Vediamo. -
- Fermo, Oliver. - Disse Lara. - Non levarti la benda, o il bendaggio sarà stato inutile. -
- Vediamo la ferita. - Lo incalzò l'uomo col pizzetto nero, puntando il fascio della torcia dapprima negli occhi di Oliver, poi sulla sua scapola.
- Non farlo. - Disse Lara.
- Non preoccuparti. - Rispose Oliver, togliendosi lentamente la benda sulla ferita, e serrando i denti per il dolore.
- E' a posto. - Aggiunse l'uomo con il pizzetto nero al suo amico.
- Salite sulla pedana. - Disse l'uomo con il maglione marrone.
- Aspetta! Là, sulla caviglia. Cos'hai? -
- Mi sono ferito sul filo spinato. - Rispose Oliver.
L'uomo col pizzetto nero si chinò illuminando la caviglia. Lara voleva dargli una ginocchiata sul muso, ma Oliver se ne accorse, stringendola affettuosamente sotto il suo braccio.
- Tutto a posto. - Disse l'uomo col pizzetto. 
- Bene. - Rispose l'uomo con il maglione marrone. - Ora seguitemi. -

Non credettero ai loro occhi, quando videro una quarantina di persone sparpagliate oltre la prima colonna a sinistra della stazione. Molti di loro erano a ridosso di candele, lanterne o sotto le verdi luci delle uscite di emergenza. Parlavano, barbottavano o bisbigliavano. C'erano bambini e adulti tra loro, e quelli più fortunati se ne stavano attaccati ai genitori o parenti. Ma erano davvero pochi, rispetto a quei bambini che singhiozzavano rannicchiati sul pavimento. Altri ancora, di minor numero, se ne stavano silenti con lo sguardo vacuo, e gli occhi completamente rossi e secchi. 
- Hai visto? - Disse Lara con le lacrime agli occhi, mentre seguivano i due uomini, facendosi strada tra la gente seduta. 
- Sì... - Rispose Oliver.
Jill si sforzò di non guardare i bambini, trattenendo le lacrime, mentre il viso di Claire ne era già pregno. 
Al loro passaggio, solo i bambini rimasti orfani volsero loro uno sguardo di speranza, ma non incontrarono gli occhi dei loro padri e madri e così, ritornarono nei loro silenzi o nei loro singhiozzi.
- E' così triste. - Disse Lara, stringendosi a Oliver.
- Lo so. - Le rispose Oliver.
Leon notò che tra la gente, c'erano uomini armati. Alcuni di loro erano appoggiati con la schiena al muro, altri sedevano sul pavimento e altri ancora erano in piedi. Li guardò di sfuggita, senza attirare i loro sguardi. 
Proseguirono lungo il corridoio, finché svoltarono a destra, infilandosi in un altro breve corridoio. In fondo, davanti alla porta, c'era un uomo armato con una mazza di legno rudimentale. Quando il gruppo si avvicinò a lui, quello disse: - Quel tipo è un poliziotto? - Puntò la punta della mazza verso il cappello di Leon.
L'uomo con il maglione marrone e l'uomo con il pizzetto nero si guardarono tra loro, poi si voltarono verso Leon. - Lo sei? - Gli chiese l'uomo con il maglione marrone.
- Sono una recluta. -
- Perché non gliel'hai domandato prima, Matt? - Disse l'uomo con la mazza a l'uomo con il maglione marrone.
- Pensavo fosse un stupido cappello, Erik. - Gli rispose Matt che si girò poi verso l'uomo con il pizzetto nero. - E tu Larry, perché non hai detto niente? -
- E cosa dovevo dire? - Aggiunse Larry.
- Sei tu che controlli chi viene in stazione. -
- E tu, Matt, sei quello che li fa entrare. -
- Ma qual è il problema? - Chiese loro Jill.
- I poliziotti non sono ammessi tra noi. - Rispose Erik con la mazza tra le mani.
Jill gettò un occhiata a Leon, poi disse: - Perché? -
- Vallo a dire a quei bambini che piangono da soli in stazione. -
- Già. - Concordò Larry grattandosi il pizzetto nero.
- Ma che volete dire? - Domandò Claire.
Ma prima che Erik potesse parlare, Oliver intervenne per primo: - La SWAT sparava alle persone. Le uccidevano. Forse intendono dire questo. -
- Cosa? - Esclamò Leon confuso.
- Proprio così. - Disse Matt sistemandosi il colletto del maglione marrone. - E non solo la SWAT, ma anche il dipartimento di polizia, e i tizi con le tute nere. Quelli erano davvero dei figli di puttana! -
Jill comprese che stava parlando dell'Umbrella Security Service. Stessa cosa pensò Oliver.
- Ma che state dicendo? - Rispose Claire.
- Lui non fa parte della SWAT. - Aggiunse Jill. - Ed è nuovo. E' un recluta. -
- Che differenza fa? - Le rispose Erik poggiando la mazza su una spalla.
- Leon non ammazza la gente, semmai l'aiuta. - Disse Claire parlando prima di Jill.
- Questo lo dici tu. -
Quando Claire fece per ribattere, Leon le posò una mano sull'avambraccio, scuotendo la testa.
- Perché ci avete portato qua? - Disse Lara.
Erik aprì la porta alle sue spalle. - Per farvi andare via. -

Il gruppo salì una quindicina di gradini, prima di ritrovarsi nel quartiere di Downtown, uscendo da una porta di servizio usata tempo prima dagli addetti alla manutenzione. Leon, come gli altri, si era dimenticato di informare i sopravvissuti che in quella galleria c'erano dozzine di Licker che li avrebbero fatti a pezzi, se li avessero trovati...
Quando si ritrovarono in strada, notarono con strano stupore, che la situazione era molto più tranquilla rispetto agli altri quartieri. Ovunque volgessero lo sguardo, tutto sembrava stranamente sereno, silenzioso. Non c'era traccia né di caos, né di non-morti e nell'aria, c'era un flebile ronzio che proveniva lontano alla loro destra.
- Surreale, direi. - Disse Oliver, appoggiandosi con una mano alla porta da cui erano usciti.
- Perché ci hanno fatto uscire da qui? - Chiese Claire, guardando le macchine di grossa cilindrata perfettamente parcheggiate lungo la strada.
- Me lo sono chiesto anch'io. - Le rispose Leon, fissando il cielo riflesso sul telaio di una macchina sportiva.
- Forse l'entrata nella metro è chiusa. - Aggiunse Jill, che senza aspettarsi una risposta, si diresse da sola verso la scalinata che scendeva nella metro.
- Dove vai? - Le domandò Lara.
Jill non rispose, ma quando arrivò davanti al parapetto della scala, vide che la porta della metro era chiusa da una robusta cancellata di metallo e che, ai suoi piedi, c'erano pile e pile di cadaveri su cui ronzavano intere colonie di mosche e vermi.
Jill si girò di colpo, portandosi una mano sulla bocca.
- Che succede? - Le disse Leon seguito dagli altri che volsero lo sguardo proprio lì.
Lara si piegò a vomitare bile, mentre Claire chiuse gli occhi, cercando di pensare ad altro. Oliver invece, rimase impalato a fissare i cadaveri senza battere ciglio.
Leon se ne accorse. - Non ti fa più effetto, eh? -
- Dopo un po' ti abitui a vedere morte ovunque. -
- Già. -
- Sono stati chiusi fuori. - Aggiunse Jill.
- Come lo sai? - Disse Claire sforzandosi di non guardare i cadaveri.
- I sopravvissuti. Sono stati loro. -
- Sì, ma come lo sai? -
- La cancellata è stata attivata da dentro, da una sala di controllo. -
- Ma non ha senso. - Rispose Lara. - Non ci hanno uccisi, ma cacciati. Quindi perché uccidere questi... Insomma, perché allora non uccidere anche noi? -
- Sei un po' confusa. - Disse Jill. - Guardali; secondo te quanti sono? -
Lara non li guardò. 
- Novantotto. - Aggiunse Claire. 
- Li hai contati? - Le chiese Leon sorpreso.
- Secondo voi novantotto persone come dovevano starci in quella stretta stazione? - Domandò Jill.
Nessuno parlò.
- Li hanno uccisi loro. - Continuò Jill. - Magari sono stati quei tre uomini. Certo, gran parte del lavoro l'avrà fatto la SWAT o gli zombie, ma sono stati loro tre ad abbandonarli fuori, quindi, è come se li avessero uccisi loro. -
- Vuoi dire che volevano cacciarci solo perché Leon era un poliziotto e poteva scoprire quello che avevano fatto? - Le chiese Oliver.
- Finalmente qualcuno sveglio. - Rispose Jill con un cenno di presunzione.
- Teorie. - Disse Leon. - Non hai le prove, Jill. -
- A che servono ormai le prove? - 
- Dici sul serio? Hai messo su un casino per trovare delle prove in quel laboratorio, e non credo tu le abbia trovate. Hai fatto solo incazzare un Tyrant che ci ha quasi uccisi. -
- Il Tyrant è una prova. - Aggiunse Jill con un piccolo sorriso di vittoria sulle labbra.
- Allora lo è per te anche il Nemesis. - Aggiunse Oliver. - Quindi non avevi bisogno di cercarle, quando quel coso ti inseguiva ovunque andassi ripetendo 'STARS'. -
- STARS? - Disse Claire aggrottando la fronte confusa. - Mio fratello è... -
- Il Nemesis è progettato per eliminare i membri della STARS. - Le rispose Jill.
Lara si accigliò. - Perché non ci hai detto niente? Oliver è quasi morto per colpa tua. -
Jill non rispose. 
- Allora mio fratello è in pericolo. - Aggiunse Claire sbarrando gli occhi.
- Quella in pericolo sono io, non tuo fratello. -
- E noi? Noi non corriamo nessun pericolo? Solo tu sei al centro di ogni cosa? - Le disse Leon che per la prima volta iniziava a irritarsi.
Jill sbuffò, e voltando le spalle, si allontanò da loro.
- E ora dove vai? - Le disse Claire.
- Lasciala andare. - Rispose Leon. 

Quando Jill sparì dietro l'angolo di un negozio alimentare, qualcosa urtò contro la cancellata dell'ingresso della Metro. Tutti si voltarono a guardare. C'era un bambino che batteva le mani sulla cancellata, susseguito da altri bambini che lo raggiunsero alle spalle: - Aiuto! - 
Leon scese velocemente i gradini, tappandosi il naso per il tanfo emanato dai cadaveri. - Che succede? -
- I mostri con le lingue lunghe. - Disse un bambino terrorizzato. - Stanno uccidendo tutti! - 
- I Licker... - Aggiunse Claire nel panico.
- Aiutateci! - Urlò il bambino, sovrastato dalle richieste di aiuto di altri bambini. Dietro le loro spalle cominciarono a sentirsi spari, ruggiti, urla di dolore e altre persone si aggiunsero dietro i bambini, calpestandoli.
- Oh mio Dio! - Disse Claire portandosi una mano davanti alla bocca. - Ma che cazzo fate? Sono bambini! -
Un uomo tirò una gomitata al bambino che aveva chiesto aiuto, allungando un braccio verso Leon. - Aiuto! Sono dietro di noi! -
Per un istante Leon ebbe un fremito omicida verso quell'uomo.
- Perché non escono da dove siamo usciti noi? - Urlò Oliver da sopra le scale.
- Oh no! - Gridò Lara indicando con un dito tremante la porta da cui era uscito il gruppo.
- Cosa c'è? - Le disse Claire risalendo rapidamente i gradini due alla volta.
Oliver volse lo sguardo in quella direzione; vide otto Licker sgusciare fuori e zampettare rapidamente lontano dall'uscita, arrampicandosi poi sulle mura degli edifici. Poco dopo, abbassando la testa, il Tyrant uscì lentamente dalla porta.
- Ci... Ci siamo dimenticati di avvisarli. - Disse Lara in lacrime, guardando donne, bambini e uomini riversarsi come un fiume in piena sulla cancellata. Molti dei bambini scomparvero sotto il peso di uomini e donne, schiacciati o soffocati dalla folla. Una folla che nella stazione non era sembrata così numerosa come questa.
- Ma da dove è uscita tutta questa gente... Sono a centinaia... - Si disse fra sé Leon.
La cancellata venne giù.

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Capitolo 20
*** XX. Capitolo ***


La cancellata cadde sulla pila di cadaveri a ridosso dell'entrata della metro, e i sopravvissuti ci si arrampicarono sopra. I bambini furono travolti, schiacciati, mentre un centinaio di persone fuggirono presi dal panico. 
Leon salì rapidamente la scalinata, si affiancò a Lara e Oliver. Claire puntò la pistola verso il Tyrant che, con passo lento e rigido, s'incamminò verso loro. Lungo le mura degli edifici, i Licker zampettarono veloci sui tetti, saltarono sulle auto, cominciarono a rincorrere le persone che si riversavano in strada. 
- Da dove esce tutta questa gente? - Chiese Oliver confuso.
- Me lo sto chiedendo anch'io. - Rispose Leon.
- Faremo meglio a muoverci. - Claire indicò il Tyrant con un dito.
- E i bambini? - Chiese Lara.
- Non possiamo far più nulla per loro. Sono tutti morti. - Le rispose Leon. 
Lara si portò le mani davanti alla bocca: - Come fai ad esserne sicuro? -
- Non possono essere sopravvissuti. La gente li ha schiacciati, non vedi?. -
- Ma potrebbero essercene degli altri, forse... -
Un auto volò in aria, schiantandosi contro la finestra del primo piano di un palazzo. Il Tyrant era quasi vicino loro.
- Dannazione! - Disse Oliver. - Andiamocene! - Quando si girò, un sopravvissuto lo fece cadere a terra con una spallata. Claire e Lara lo aiutarono ad alzarsi.
- State dietro di me! - Disse Leon ai tre.
Il fiume di gente continuava a uscire dall'entrare della Metro; altri Licker cominciarono a sbucare fuori dalla porta da cui era uscito il Tyrant. Le persone cominciarono a bloccarsi nella folla, mentre i Licker piombarono su di loro dall'alto, squartando, uccidendo, ferendo e fuggendo via con la proprie prede. Le grida di aiuto e di dolore si levarono alte nella strada. Il Tyrant iniziò a colpire con pugni e calci persone a caso.
Il gruppo rimase bloccato nella folla che, lentamente, cominciava a indietreggiare terrorizzata. Alcuni Licker ruggirono sui tetti delle auto, altri se ne stavano sui cornicioni delle terrazze a captare innumerevoli suoni.
- Siamo bloccati! - Lara si guardò attorno.
Leon non rispose, volse lo sguardo un po' ovunque, ma non vide altro che un ammasso di teste. 
- Perché non procediamo lungo gli edifici? - Chiese Lara.
- Vuoi finire dritto in pasto ai Licker? - Rispose Oliver. 
Lara abbassò gli occhi, si strinse sotto il braccio di Oliver.
- Guardate lassù! - Claire indicò una finestra del terzo piano di un Hotel.
- Ma è Jill. - Rispose Leon.
- Ci ha visti! Sta agitando la mano. -
- Come ha fatto a vederci in mezzo a tutta questa gente? -
- Non lo so, ma guarda nella nostra direzione. -
- Entriamo nell'Hotel. - Disse Oliver.
- Va bene. Restate dietro di me. - Rispose Leon.
Si fecero largo a suon di gomitate tra la folla che spintonava, calciava e urlava, arrivando così davanti all'ingresso dell'Hotel. Videro due Licker contendersi una donna. Era a terra, le viscere fuori dallo stomaco, le mani protese verso la folla. Cercava di strisciare, mentre i due Licker si artigliarono tra loro. Poi il primo recise la gola al secondo, e gli balzò sopra, dilaniandogli il petto con i suoi lunghi artigli. La donna continuò a strisciare lentamente verso la folla che si allontanava da lei come fosse la peste in persona. Poi il Licker, con una rapida falcata, la raggiunse, l'artigliò alla schiena e si arrampicò portandosela con sé lungo la facciata dell'Hotel. La donna gridò in un ultimo disperato rantolo di voce. 
- Che... Che morte orrenda. - Disse Lara.
- Ora! Corriamo verso la porta! - Urlò Leon.

Richiusero la porta d'ingresso alle loro spalle. La sala reception dell'Hotel era completamente a soqquadro. Tavoli, sedie, quadri e fogli erano rivoltati ogni dove. Sui muri e sul pavimento, schizzi di sangue. Ma di cadaveri e zombie nessuna traccia.
- Claire! - Disse Leon. - Aiutami a mettere il divano contro la porta. -
Lara e Oliver invece, si diressero al banco della reception. Videro Jill scendere l'ampia scala che conduceva al pianterreno.
- Il divano non servirà a nulla. - Disse Jill. 
Leon si voltò: - Li rallenterà. -
- Chi? I Licker o i sopravvissuti? -
- I Licker. -
Jill raggiunse Lara e Oliver, posò un gomito sul banco. - Bloccherai solo la gente che vorrebbe entrare. -
Leon si girò dapprima verso la porta d'ingresso, poi verso di lei. - Quale gente? Non c'è nessuno davanti alla porta. -
- Per adesso. -
- Dove vuoi arrivare, Jill? - Le chiese Claire.
- Da nessuna parte. -
- Allora perché parli? -
Jill sorrise. - Restare qui non è sicuro, e di certo quel divano non bloccherà i Licker o gli zombie. -
Leon e Claire si guardarono tra loro, ma non si mossero.
- Anche nei piani superiori non è sicuro. - Disse Leon. - I Licker possono entrare dalle finestre. -
- Giusta osservazione. - Rispose Jill. - Ma non intendo soggiornare in una delle lussuose suitè, ma andare sul tetto. -
- Sul tetto? - Le rispose Claire. - Ma sei impazzita? -
- C'è un elicottero sul tetto. -
Tutti si guardarono tra loro pieni di speranza. 
- Dici sul serio? - Il volto di Lara s'illuminò.
- Certo, ma c'è solo un problema. -
- Lo sapevo. - Sbuffò Leon.
- Che problema? - Domandò Claire.
- Dobbiamo fare il pieno all'elicottero. - Rispose Jill. - Ed eliminare una trentina di ricconi. Tranquilli, sono zombie. -
- E come intendi eliminarli? - Chiese Leon. - Le nostre munizioni non bastano per tutti loro. -
- Me ne occuperò io. -
Leon si accigliò. - E come? Lanciandoli dal terrazzo? -
- E' un idea. - Sorrise Jill. - Ma farò di meglio. -
Leon sbuffò nervoso. - Sarebbe a dire? -
- Tu vai a fare il pieno. Io mi occupo dei ricconi. -
Leon si avvicinò verso di lei irritato. - Ma come? Come lo farai? - 
- Lo vedrai. -
Leon serrò la mascella, mentre Jill gli voltò le spalle, lasciando nell'aria un dolce aroma che prima non aveva.
- Fai il pieno. - Jill si allontanò da loro.
- Ma si è impregnata di profumo? - Disse Oliver ai tre.
- A quanto pare. - Claire fece spallucce.
Jill salì i gradini, e quando arrivò al pianerottolo, si voltò verso di loro. - Fate presto. Appena comincerò a uccidere i ricconi, questo posto si riempirà di zombie e forse anche di Licker. -
- Ehi! - Disse Leon. - Aspetta! -
Jill s'incamminò lungo il pianerottolo, sfiorando con un dito la ringhiera. 
- Perché fa la misteriosa? - Disse Lara a Oliver. 
- E io che no so. - 
- Aspettate qui. - Aggiunse Leon. - Vado a parlarle. -
D'un tratto qualcuno urtò contro la porta d'ingresso. Tutti si girarono. Videro Tom e la piccola Michelle con gli abiti inzuppati di sangue.
- Ehi! - Urlò Tom senza riconoscerli. - Fateci entrare. - Coprì Michelle con il suo corpo, mentre alle sue spalle i Licker artigliavano i sopravvissuti.
Lara si scostò da Oliver, andò alla porta, spostò il divano senza riuscirci. - Che aspettate? Aiutatemi! -
Oliver zoppicò da lei, ma Leon lo fermò con una mano. - Riposati, ci penso io. Claire. Aiutaci con il divano. -
I tre mossero il divano verso destra e la porta si aprì. Michelle corse dentro, s'inginocchiò a un passo da Lara.
Tom richiuse la porta alle sue spalle. - Ma... Siete voi..? -
- Già. - Oliver lo guardò dritto negli occhi.
- Che bello! - Michelle abbracciò Lara sul fianco.
Oliver e Tom si lanciarono sguardi carichi di astio. Leon lo notò. - Mi sono perso qualcosa? -
- Quello là è il tizio che ha picchiato Oliver. - Disse Lara.
Leon lo squadrò. - Come mai? -
- Voleva uccidere mia nipote con una sbarra di ferro. - Rispose Tom.
Oliver corrugò le sopracciglia. - Ma che cazzo dici? -
- Mi hai mentito. - Tom si avvicinò a lui, ma Leon si mise tra loro.
- Mentito? Per cosa? -
- Mi hai detto che non avevi trovato mia nipote. -
- Infatti è così. -
- No. Tu eri di fronte a lei. Ti ho visto! Non mentire! -
Lara li raggiunse, mentre Claire posò una mano sulla spalla di Michelle.
- Ma tu sei fuori di testa. - Rispose Oliver.
Tom si fece paonazzo dalla rabbia. 
- Oliver è sempre stato con me. - Aggiunse Lara. - Non c'è mai stata nessuna bambina con noi. -
Tom si voltò verso la donna. 
- Te l'ho detto, zio Tom. - Disse Michelle. - Tu non mi credi mai. -
- L'hai picchiato a sangue solo per un sospetto? - Chiese Leon.
Tom sospirò dal nervoso.

Passarono due ore. Leon era andato su a parlare con Jill, ma non era ancora sceso. Tom sedeva sul divano che ostruiva l'entrata, mentre tutti gli altri erano vicino al banco della reception. Là fuori il caos era cessato. Sulle strade innumerevoli cadaveri dilaniati, auto ammaccate, distrutte. L'asfalto un manto di sangue. Dei Licker e del Tyrant nessuna traccia.
- Come va la gamba? - Disse Lara a Oliver.
- Riesco a camminarci su. Ma se corro... Be', mi fa male un po'. -
Lara gettò un occhiataccia a Tom che se ne stava con lo sguardo vacuo sul pavimento.
Claire estrasse la sua pistola, controllò il caricatore. - Vado a dare un occhiata di sopra. -
- E' successo qualcosa di brutto a quel signore con il cappello nero? - Le chiese Michelle.
- No. - Le sorrise Claire. - Vado solo a vedere come sta. -
Michelle sorrise a sua volta.
- Qualcuno dovrà fare il pieno all'elicottero. - Disse Oliver. 
- Lo so. - Rispose Claire, e andò via.
- Michelle. - Disse Lara. - Vieni con me. Magari troviamo un ricambio ai tuoi vestiti. -
Michelle se li guardò. - Cosa hanno i miei vestiti? -
- Sono sporchi di... - Lara le prese un lembo di maglietta. - Di rosso. Di pomodoro. -
- Non sono stata io. - Rispose Michelle. - A me piace il pomodoro. Non lo verserei mai sui miei vestiti. -
- Tranquilla. - Le sorrise Lara. - Vieni con me. Andiamo in lavanderia. Dev'essere quella porta laggiù, o forse l'altra, vediamo un po'... Mmmh... -
- C'è il cartello! - Michelle lo indicò con un ditino.
- Oh ma che brava. - Le rispose Lara.  - Non l'avevo proprio visto. -
Michelle ridacchiò.
- Vediamo un po' cosa troviamo. -
Michelle saltellò felice.
Tom la stava guardando. Provava una forte senso di colpo verso sua nipote. Da una parte era felice che finalmente vedesse Michelle ridere, ma dall'altra parte, comprese i suoi fallimenti. Da quando era morta Lili, Michelle si era chiusa in sé stessa. Non rideva, non giocava, non faceva altro che dormire o piangere, finché fuggì. Ed ora, finalmente la vedeva spensierata. E se questo significava starle lontano, l'avrebbe fatto. Lili avrebbe capito. Ma lui sarebbe riuscito a star lontano da sua nipote? Si disse.

Claire salì gli ultimi gradini del terzo piano. Il lungo corridoio era deserto, le porte chiuse e l'unico carrello di servizio era abbandonato dinanzi a una valigia. Le pareti erano pennellati di rosso, così come il pavimento. 
- Leon! - Urlò Claire, ma non ricevette risposta. 
Proseguì nel corridoio. Bussò ad ogni porta, tentò di aprile, finché arrivò in fondo al corridoio. Si fermò, guardò il numero 104 sulla porta. Girò la maniglia e la porta si aprì. Vicino alla grande vetrata, dall'altra parte della stanza, vide Leon e Jill. Erano vicini, si guardavano negli occhi. 
La porta cigolò. Jill e Leon si mossero rapidamente e puntarono le pistole verso Claire.
- Ehi, sono io. Claire. - Disse la donna. 
I due abbassarono le armi. 
- Cosa state facendo? -
Jill e Leon si lanciarono delle occhiate imbarazzate. Poi Jill si diresse dietro il letto matrimoniale sfatto, aprì un contenitore nero.
- Ma quelle sono armi. - Aggiunse Claire.
- Oh ma guarda un po'. Non le avevo proprio notate. - Rispose Jill.
Claire serrò gli occhi infastidita. 
- Jill ha messo da parte un piccolo arsenale. - Disse Leon avvicinandosi al contenitore. 
- Come ha fatto? - Chiese Claire.
- Sono un ex membro della STARS. - Aggiuse Jill. - E poi vivo qui da qualche settimana. -
- Quindi? -
Jill scosse la testa e posò tre granate sul letto.
- Io e Jill ci occuperemo dei non-morti sul tetto. - Disse Leon. 
- Chi si occuperà della benzina? -
- Tu. - Rispose Jill.
Claire la ignorò. - Leon. -
- Sì? -
- Non dovevi occuparti tu di fare il pieno all'elicottero? -
- Il piano è cambiato. -
Claire si accigliò. - Allora perché ci avete lasciati alla reception? Sono passate due ore. Cosa avete fatto per tutto questo tempo? -
Jill e Leon si guardarono per un attimo. 
Claire incrociò le braccia, li squadrò.
- Stavamo parlando. - Disse Leon.
- Sì, è così. - Confermò Jill.
Claire sbuffò. - Oliver aveva ragione su voi due. -

Alla Reception, Oliver guardava fuori dalla finestra, accanto alla porta d'ingresso, mentre Tom sedeva ancora sul divano. Un tetro silenzio albergava in strada, interrotto sporadicamente da schiamazzi in lontananza, attutiti poco dopo da ruggiti.
- Tom. - Disse Oliver senza voltarsi. - Perché Michelle è fuggita? -
Tom diventò rosso, ma non rispose.
Oliver rimase in silenzio per qualche secondo. Poi aggiunse: - Mi hai salvato la vita quel giorno. So che non sei solo un fottuto bastardo pieno di rabbia. -
Tom si voltò di scatto verso di lui. - E tu che cazzo ne sai? -
Oliver non rispose. 
Rimasero in silenzio per un altro po'. 
- Senti. - Oliver si voltò verso di lui. - Non so cosa ti frulla in mente, ma capisco quello che hai fatto. Poteva sembrarti una situazione ambigua. Specialmente se non credi nelle coincidenze. -
Tom aggrottò le sopracciglia, ma non rispose. 
- Lo avrei fatto anch'io. Magari non con tale violenza, ma sicuramente avrei reagito così. -
- Cosa stai cercando di dirmi? -
- Che capisco il tuo gesto. -
- Sei suonato per caso? - Sbuffò Tom.
Oliver si accigliò.
- Una persona normale non mi avrebbe mai detto questo. Anzi, avrebbe fatto: occhio per occhio, dente per dente. -
- Sono ateo. - Oliver tornò a guardare fuori.
- Non serve essere credenti per fare o non fare certe cose. -
Rimasero in silenzio per un momento.
- Ma devo ammettere che... - disse Oliver. - che avrei voluto ucciderti quando ti ho visto entrare. -
Tom smorzò un sorriso.

La lavanderia era un unica grande stanza, divisa in due camera da un muretto di cartongesso di tre metri. Nella prima, grandi lavatrici, tavoli con sopra panni sporchi e due mensole con varie detersivi. Nella seconda, assi da stiro, panni puliti e piccole carrozze di servizio. Un porta conduceva in un piccolo giardino nel retro dove erano appesi lenzuola, vestiti e asciugamani.
- Dove sono i vestiti per bambine? - Disse Michelle a Lara.
- Mmmh, vediamo un po'. -
Si misero a frugare tra i vestiti, ma non trovarono niente di adatto a una bambina.
Michelle si rattristì.
- Troveremo qualcosa. - Le disse Lara. 
Frugarono in tutte le carrozze di servizio, sui vestiti ancora stesi sull'asse da stiro. Poi Lara si ritrovò in mano un largo maglione con su impresso il collo e la faccia di una giraffa. - Ti piace, Michelle? -
- Ma è troppo grande per me. - La bambina arricciò le labbra.
- Possiamo accorciarlo. Che ne pensi? -
- Sì, che bello. - Michelle fece un largo sorriso.
- Dobbiamo trovare una macchina da cucire. -
- Cos'è? Com'è fatta? - Michelle si guardò attorno.
- Vediamo... - Lara posò il maglione sull'asse da stiro. Poi, prendendo per mano Michelle, andarono nella stanza adiacente. Gettò uno sguardo intorno. - Non credo sia qui. -
Michelle si voltò verso Lara. - E ora cosa facciamo? -
- Magari è da un altra parte. -
- Forse... - La bambina si ammutolì.
- Sì? -
- Forse è all'entrata. - Disse contenta Michelle.
- Alla reception, dici? -
La bambina annuì.
- Allora andiamo a controllare. - Le sorrise Lara.

Claire stava per scendere i gradini, quando vide Lara e Michelle dirigersi verso la reception. Tom se ne stava seduto sul divano, mentre Oliver era appoggiata con un gomito sul banco della reception. Scese gli scalini e andò da loro.
- Qui non c'è niente. - Disse Michelle.
- Forse è lì. - Rispose la bambina.
- Dove? -
- Là, vicino alla porta. -
La bambina corse verso la porta con su scritto staff dall'altra parte dell'ingresso. 
- Aspettami! - Lara le corse dietro.
Quando Lara e Michelle si allontanarono, Claire disse a Oliver: - Ho parlato con Leon e Jill. Il piano è cambiato. -
Oliver aggrottò la fronte: - Cambiato? In che senso? -
- Loro si occuperanno degli zombie sulla terrazza. Noi della benzina. -
- Non era compito di Leon? -
- Posso farlo io. - Tom si alzò dal divano e li raggiunse.
- No, devo occuparmene io. - Gli rispose Claire.
- Posso coprirti le spalle. -
Oliver lo guardò perplesso. - Da quando aiuti le persone? -
- Da quando ho visto quella donna aiutare mia nipote. -
- Quella donna è la mia ragazza. Si chiama Lara. -
- Lo so. -
- Hai una pistola? - Chiese Claire a Tom che la estrasse in quell'istante.  
- Lo fai venire con te? - Le domandò Oliver.
- Una pistola in più fa comodo. -
- Hai detto che volevi andare da sola. -
- No. Ho detto che era compito mio. -
- Okay. - Aggiunse Oliver. - Allora resto di guardia. -
- Fatti dare un arma da Jill. -
- Perché Jill ha delle armi? -
- Ha un arsenale di sopra. -
- Cosa? -
- Fai come dico. -

Uscirono dall'Hotel, mentre Oliver, molto lentamente e con gran fatica, cercava di sbarrare l'entrata con il divano. La strada brulicava di morte, e le mosche cominciavano a infestare i corpi. In lontananza, i soliti schiamazzi, susseguiti da ruggiti. Vicino alla scala della metro, una piccola collina di corpi squarciati, decapitati e con le viscere esposte. 
- Quello si sta rialzando. Là, vicino all'auto. - Tom gli puntò la pistola.
- Non sparare. - Claire posò una mano sulla sua pistola, e l'uomo barbuto l'abbassò.
- Tra poco qui ci sarà l'inferno. - Sbuffò Tom.
- Come se non ci fossimo già dentro. -
- Ma non potremmo più entrare di qua. -
- Troveremo una soluzione. - Claire si guardò intorno.
- Non mi piace improvvisare. -
- Nemmeno a me, ma in queste situazioni l'improvvisazione è tutto. - Claire s'incamminò alla sua destra. 
Proseguirono per un centinaio di metri, finché svoltarono l'angolo di un edificio. La strada da questa parte era immacolata. Non c'erano tracce né di sangue, né di cadaveri.
- La stazione di benzina più vicina è dall'altra parte. - Disse Tom.
- Lo so. - Rispose Claire. - Ma tu non sai che è saltata in aria. -
- Ah... Quindi stiamo andando alla stazione di benzina vicino alla centrale di polizia? -
- Indovinato. -
- Ma non abbiamo una tanica. Dove metteremo la benzina? -
- Smettila di preoccuparti. -
Tempo dopo costeggiarono una fila di villette. Tutte erano in perfetto stato. L'erba sul davanti delle case era ben tagliata, alcune macchine familiari erano parcheggiati davanti ai garage o al bordo della strada. Poi le villette lasciarono il posto ai grattacieli. 
- Guarda là. - Disse Tom.
- Dietro la macchina. Presto! - Claire si trascinò Tom per un braccio.
Un branco di cani zombie camminava verso l'entrata di un ristorante. 
- Cosa fanno? - Le chiese Tom.
- Secondo te? -
Tom non rispose. Dopo un po' disse: - Ne ho visti tanti di quei figli di puttana. Forse anche troppi. -
- Di cani zombie? -
- Sì. -
- E' sei ancora vivo? -
- Già... -
Claire lo guardò aspettandosi una risposta che non arrivò.
- Ma che fanno, adesso? - Disse Tom.
- Infiliamoci in quel vicolo. -
Claire fece per andare, ma Tom le strinse il polso. - No! -
- Lasciami! Mi fai male. -
Tom allentò la presa e deviò lo sguardo dal suo. - Guarda. - Indicò con la pistola il ristorante.
- Cosa trascinano? -
- Un cadavere, penso. -
Improvvisamente il branco di cani zombie smise di trascinare il busto mangiucchiato. Alzarono i musi in cielo, annusarono l'aria. Poi uno di loro si voltò verso i due, e Claire e Tom trasalirono.
- Cazzo! - Imprecò Tom. - Sanno che siamo qui. -
Claire si girò confusa verso di lui.
Tom si alzò, strattonò per l'avambraccio Claire. - Scappiamo! -
Il cane che aveva voltato loro la testa si mise ad abbaiare.

Lara e Michelle cercarono su ogni scaffale, ma oltre le tute degli inservienti non trovarono nulla. Lo stanzino, che piccolo non era, era una camera né grande né piccola, illuminata da due lampadari appesi al soffitto. 
- Forse è nascosta. - Disse Michelle. - Sì, dev'essere nascosta come il tesoro dei pirati. -
Lara sorrise. - Proprio così, Michelle. -
- Allora dobbiamo scavare. -
- Ma questa non è terra. -
- Il tesoro dei pirati è nascosto sottoterra, però... però qui dentro manca una palma. -
Lara rise. - Non sempre è sotto un palma. -
- Ma, ma... Ma io ho letto così. -
- A volte un tesoro si nasconde in posti impensabili. -
Gli occhi della bambina s'illuminarono. - Allora dobbiamo cercarlo. - Si guardò intorno. - Magari è sotto quella sedia. -
- Potrebbe anche non essere sotto qualcosa. -
Michelle corrugò fronte. - Dove può essere? -
- Per questo è nascosto. La macchina da cucire è un tesoro. -
- Mi ero dimenticata della macchina da cucire... - La bambina guardò in basso.
Lara le sorrise: - Solo così potremo accorciare quel bel maglione con la giraffa. -
- Siii. - La bambina saltò in aria per la felicità. - Ecco perché dobbiamo cercarla. Magari troveremo anche un vero tesoro. Siii! Evviva! -

Claire e Tom fuggirono per uno stretto vicolo maleodorante in cui abbondava la spazzatura, mentre il branco di cani zombie abbaiava al loro inseguimento. Corsero per un paio di metri e si ritrovarono di fronte a una recinzione di metallo reticolare. 
- Di là. - Tom indicò un grosso bidone.
Tom fece salire Claire, che si arrampicò sulla recinzione e saltò dall'altra parte. Quando Tom salì sul bidone, il branco sbucò dall'angolo. - Merda! - Si arrampicò in fretta, mentre un cane zombie gli si avventò sul piede; Claire gli sparò in testa. 
Tom saltò dall'alta parte. Subito dopo il branco si lanciò contro la recinzione, abbaiando, mordendo.
- Grazie. - Disse Tom a Claire che annuì.
Quando si voltarono, videro altri quattro cani zombie alla fine del vicolo. Si avvicinarono, ringhiarono e partirono alla carica. I due aprirono il fuoco. Claire centrò un cane zombie in un occhio bianco, Tom ne prese due; una alla gola e l'altro alla zampa sinistra. 
L'ultimo si avventò su Tom. - Cazzo! -
Il cane zombie scattò la mascella a un dito dalla faccia di Tom, e Claire sparò in testa al cane zombie. Quando la donna fece per girarsi, il cane zombie con la gola squarciata le balzò sopra, ma Tom fu rapido a centrarlo sul fianco. Il cane zombie cadde a terra, e Claire lo finì. Quello ferito alla zampa si era già dato alla fuga con un guaito sottomesso. 
Tom si rimise in piedi. - Grazie... di nuovo. -
Il branco alle loro spalle continuò a lanciarsi contro la recinzione, fin quando dilaniarono una parte della rete. Le fauci di un cane zombie si serrarono a un passo dal polpaccio di Claire, ma Tom la tirò a sé appena in tempo.
- Ora siamo pari. - Disse Claire. Poi sparò in testa al cane zombie che bloccò il passaggio al branco con il suo corpo. 
Lasciarono il vicolo, e camminarono sul marciapiede, mentre il branco abbaiava alle loro spalle. In fondo alla strada videro la centrale di polizia cinta da un basso muretto in marmo e sbarre di ferro. I grattacieli si facevano sempre più imponenti. Cominciarono a spuntare furgoni, auto della polizia e un posto di blocco elementare. Un corpo di un poliziotto penzolava sullo spartitraffico in cemento con la schiena dilaniata. Oltre le quattro auto della polizia poste in orizzontale, dozzine e dozzine di cadaveri crivellati da proiettili. Poliziotti, civili, SWAT, zombie e persino un Licker. Un vero massacro che abbondava strada facendo.
Una volta che raggiunsero il cancello della centrale di polizia, Claire guardò a sinistra. Vide la stazione di benzina. Molte macchine erano state abbandonate davanti alle pompe. I cadaveri puntellavano quasi ogni centimetro di quel posto. Persino sul parabrezza e sul tetto delle auto c'erano corpi mezzi divorati. 
Raggiunsero la stazione di benzina con molta cautela.
- L'aria è irrespirabile... Vedo se ci sono taniche. - Disse Tom.
- E' una pompa di benzina. Ci sono per forza delle taniche. Guarda là! Vicino a quell'auto, ce n'è una. -
Tom prese la tanica, l'agitò. - E' quasi piena. -
- Sicuro che sia benzina? -
Tom tolse il tappo e inspirò. - E' benzina. -
- Riempila. Io ne prendo un altra per sicurezza. -
- Che vuoi dire? -
- Se uno di noi... Be', dovesse morire, almeno una tanica raggiungerà l'hotel. -
- Davvero un pensiero ottimista... - Sbuffò Tom.

Leon e Jill, armati di MP5 e granate, salirono le scale di emergenza fino al ventiduesimo e ultimo piano.
- Gli zombie sono dietro quella porta. - Jill puntò la mitragliatrice in quella direzione.
Percorsero il lungo corridoio, puntellata da quadri e vasi di piante. L'illuminazione era debolissima. 
Leon bussò alla porta con il calcio del fucile. Non si udì nulla per un momento. Poi qualcosa sbatté sulla porta di ferro. 
- Okay. - Aggiunse Jill. - Appena raggiungo la fine del corridoio, tu apri la porta e corri verso di me. Io farò fuori più zombie possibili prima che possa sparare anche tu. -
Leon annuì. 
Quando Jill si posizionò al suo posto, Leon aprì la porta e si mise a correre. Gli zombie vestiti con costosi e raffinati abiti, si riversarono nel corridoio. Jill fece fuoco. I proiettili fischiarono accanto a Leon, colpendo i non-morti alle sue spalle.
Leon l'affiancò e cominciò a sparare. I ricconi furono annientati, ma altri zombie sbucavano fuori dalla porta. Al centro del corridoio si era formata una montagna di corpi che sfiorava il soffitto.
- Da dove escono quelli? - Le chiese Leon.
- Non lo so. -
- Come non lo sai? -
- Non c'erano quando sono venuta quassù. -
- Allora da dove sono usciti? -
La punta della montagna di cadaveri iniziò a franare. I corpi rotolarono verso Jill e Leon, mentre i non-morti si arrampicavano sopra.
- Devo usare le granate. - Disse Jill. - Andiamo dietro la porta! -
La donna lanciò una granata che colpì il petto di un non-morto. Poco dopo si udì un tremendo boato, e il pavimento vibrò. Jill aprì la porta. L'interno del corridoio era un mattatoio. Ovunque c'erano pezzetti di carne, arti amputati, teste mozzate e fracassate. Un fetore intenso li colpì entrambi in pieno viso. 
Leon si tappò il naso. - Cazzo che tanfo... -
- Continuano ad arrivare! - Jill sparò ai non-morti che varcavano la porta del terrazzo.
- Quante granate hai? - Le chiese Leon mentre sparava.
- Quattro. -
- Appena si forma un altra pila, usale. -
- Lo so. Non sono mica scema. -
Leon le sorrise. - Forse un po'. -
Jill gli tirò un cazzotto sul bicipite, e Leon smorzò una risata.

Oliver, Lara e Michelle che si trovavano nella reception, udirono il boato.
- Cos'è stato? - Michelle si strinse al fianco di Lara.
- Nulla. - Le rispose Lara.
- Dov'è, zio Tom? -
Lara guardò Oliver in attesa di una risposta. Poi lui disse: - E' uscito. Verrà presto. -
- Dov'è andato? - Michelle stava quasi per piangere.
Oliver non sapeva cosa dire.
- E' andato a cercare il tesoro dei pirati. - Aggiunse Lara.
- Davvero davvero? - Le domandò la bambina sgranando gli occhi.
- Certo. Non è così, Oliver? -
- Ehm... Sì... -
Michelle sorrise. 
- Visto? - Disse Lara.
- Ma... Ma se zio Tom trova il tesoro prima di noi cosa succede? -
- Non lo troverà mai, perché noi due lo troveremo prima di lui. -
- Siii. Andiamo, andiamo! - La bambina si trascinò dietro di sé Lara.
Oliver la guardò, e lei gli sorrise.

Claire entrò in un piccolo negozio della stazione di benzina dalle finestre frantumate. Sul pavimento, strisce di sangue serpeggiavano dietro gli scaffali. Una .9mm e dei bossoli erano appoggiati sul banco, vicino alla cassa.
Claire diede un occhiata in giro. Non vide cadaveri, ma solo tanto sangue a ridosso di una porta grigia. L'aprì lentamente. La stanza era buia, e la luce alle spalle di Claire illuminò un tavolo e un computer. Claire accese la torcia. Vide cinque taniche rosse accanto a un mobiletto con le ante aperte. Poi due mani le afferrarono l'avambraccio destro. Claire indietreggiò e la sua torcia illuminò il volto lacero e scarnificato del non-morto. Sbatté la schiena sulla porta, mentre lo zombie scattò la mascella a tre dita dalla sua gola. La donna cercò di spintonarlo via, quando il cranio del non-morto esplose. Pezzi di cervella e ossa schizzarono sul volto di Claire, mentre lo zombie cadeva di spalle.
- Dannazione, Tom! - Disse Claire. Poi andò a pulirsi il viso sul giubbotto arancione appeso sull'attaccapanni. E quando la donna si girò, non trovò Tom.
Claire si accigliò, prese una tanica vuota e uscì dalla stanza. Nel negozio non c'era nessuno. Poi Tom aprì la porta con fare spaventato.
- Sei stato tu a sparare? - Le chiese Tom.
- No... - Claire aggrottò le sopracciglia. - Ma non eri qui? -
- In che senso qui? -
- Sono stata aggredita da uno zombie. Qualcuno gli ha sparato in testa. -
- Non sono stato io. -
- Be', questo l'ho capito adesso. -
- Allora chi è stato? -
Claire si guardò attorno: - Non hai visto uscire nessuno? -
- No. Ero davanti alla porta. Me ne sarei accorto. -
- Forse è ancora qui... -
Tom allungò uno sguardo incerto tra gli scaffali. 
- Tu di là. Io di qua. - Claire andò a sinistra. 
Perlustrarono ogni centimetro del negozio, ma fu inutile. 
- Sei sicuro di non aver visto nessuno? -
Tom diventò paonazzo dalla rabbia. - Ti ho detto di sì! -
Claire si voltò verso l'ufficio in cui era stata aggredita. - Se non è qui, forse è là dentro. -
Tom si affiancò a Claire, e lentamente, si avvicinarono alla porta dell'ufficio. Tom pigiò più volte il bottone per accendere la luce, ma Claire gli indicò con il fascio della torcia i vetri del lampadario sul pavimento raggrumato di sangue. Ispezionarono l'ufficio, e anche qui non trovarono nulla. 
- Sei sicuro di non aver sparato tu? - Le chiese Claire.
- Perché dovrei mentirti? - Serrò gli occhi l'uomo barbuto.
Tom aprì le tende veneziane per far entrare la luce del sole, quando vide una donna in rosso camminare verso gli abeti, a venti metri dalla finestra. - Quella chi è? - 
Claire lo raggiunse alle spalle, sbirciò dalla finestra. - Forse è lei che mi ha salvato la vita... - E si precipitò fuori dal negozio, seguita da Tom.
Una volta all'esterno, la donna in rosso era sparita. Tom e Claire setacciarono inutilmente le pompe di benzina.
- Ma perché è andata via..? - Disse fra sé Claire.
- Vallo a sapere. -
- Non stavo parlando con te. -
Il viso di Tom diventò rosso.

Gli zombie continuavano a riversarsi nel corridoio, mentre Leon e Jill sparavano senza sosta. 
- Lanciala ora! - Disse Leon.
Jill sbuffò irritata, e lanciò la granata. Si ripararono dietro la porta, quando l'esplosione nel corridoio la sradicò completamente. I due vennero colpito in pieno.
- Merda! - Imprecò Leon massaggiandosi la testa dolorante.
- E' inutile. - Disse Jill. - Sono troppi. Le granate non fanno più effetto. -
- Dobbiamo indietreggiare. -
- No. -
- Se non lo facciamo ci uccideranno, Jill. -
- Ma non potremo usare l'elicottero. -
Leon rimase in silenzio. Poi cominciò a sparare ai non-morti che barcollavano sui cadaveri fatti a pezzi dalle granate.
Jill guardò Leon: - Forse hai ragione. Scendiamo le scale. Li affronteremo al piano di sotto. -
- No. Rimaniamo qui. -
- Ci raggiungeranno quando finiremo le munizioni, Leon. Ci uccideranno. L'hai detto anche tu. -
Per un momento Leon parve indeciso: - Okay. Andiamo! -
Scesero al piano di sotto, ma quando Jill fece per entrare nel corridoio, Leon le posò una mano sulla spalla. - Aspetta, Jill! - Indicò le scale alle sue spalle. - Gli zombie possono scendere fino al pianterreno. Forse è meglio affrontarli nelle scale. -
- Non avremo una buona visuale. -
- Ma se scendono di sotto... -
- Non fa differenza, Leon. L'intero Hotel presto sarà infestato dagli zombie. - 
Leon trasalì, e si chiese come diavolo aveva fatto a ignorare una cosa così banale.
- Gli spari e l'esplosioni avranno attirati altri zombie verso l'Hotel, sempre se non ci sono Licker e cani zombie tra loro. -
- Dobbiamo avvertire Oliver e gli altri. -
- Vai tu. Io terrò a bada questi dannati zombie! -
Leon la guardò per un istante, e l'abbracciò. Lei cercò falsamente di divincolarsi dall'abbraccio. - Stai attenta. Tornerò presto! -
Jill deviò il suo guardo e cominciò a sparare ai primi zombie che scendevano o cadevano dalle scale fino al pianerottolo.

Michelle si aggrappò alla gamba di Lara. - Ma cosa sono questi spari? -
- Qualcuno si è dimenticato la televisione ad alto volume. - Le rispose Lara.
La bambina alzò la testa verso di lei. - Zio Tom vedeva sempre film di guerra. -
- Sarà un film del genere. -
Michelle abbassò lo sguardo con gli occhi lacrimati. - Alla mia mamma non piacevano... -
Lara le accarezzò i capelli. 
- Zio Tom ha ucciso la mamma... - Michelle scoppiò a piangere. 
Lara la strinse a sé. - Va tutto bene. Ci sono io con te. -
- Mi manca tanto la mamma... - Affondò il viso nella felpa di Lara.
La donna continuò ad carezzarle i capelli, quando con la coda dell'occhio vide la macchina da cucire sopra a un comodino. - Guarda, Michelle. -
La bambina si voltò lentamente con il volto pregno di muco e lacrime. - Cosa c'è? -
- Abbiamo trovato il tesoro. - Lara la prese per mano e raggiunsero la macchina da cucire. 
Michelle guardò dapprima lei, poi la macchina da cucire. - Cos'è? Non sembra un forziere dei pirati? E poi... E poi un tesoro non si trova in una camera. - Indicò con il ditino il letto matrimoniale, i mobili, il tavolo. - Si trova sempre su un isola dove c'è solo una palma. -
Lara le sorrise, le asciugò le lacrime con il tovagliolo preso da sopra un tavolo. - Ti ricordi cosa ti ho detto? -
- Che... - Michelle socchiuse gli occhi, sforzandosi di ricordare. - Che non sempre i tesori sono sottoterra, però... però io avevo letto così. -
- Lo so. Si trovano sia su un isola deserta che..? - Lara cercò di farle continuare la frase.
La bambina la guardò perplessa. - Che..? -
- ...In posti impensabili. -
- Siii, è vero. - Abbracciò Lara sul fianco. Poi si girò verso la macchina da cucire, la toccò con un ditino. - Perché... Perché è qui sopra? Non dovrebbe essere nascosta? -
Lara guardò i tacchi ai piedi del letto matrimoniale: - Magari la signora la stava per nascondere. -
Michelle si voltò confusa verso di lei. - Quindi non è una donna pirata? -
- Certo, Michelle. Solo che non vuole farlo sapere a nessuno. -
La bambina ci pensò su. - E' bello essere un pirata. Perché si nasconde? E ora dov'è? E' nascosta in quell'armadio? -
Lara le sorrise. - Forse è su un grande vascello. -
- Ma non ha nascosto il tesoro? -
- Certo che sì. In questo Hotel ci sono tante camere, e noi abbiamo trovato quella giusta. -
- Ma... - Michelle arricciò le labbra. - E' un nuovo modo per nascondere i tesori? -
- Secondo te, Michelle? -
- Sì. Dev'essere così. Evviva! Ho trovato un tesoro! - La bambina si mise a correre per tutta la stanza, saltando e gridando di gioia.

Oliver si avvicinò alla porta di ingresso dell'Hotel. Fuori, i cadaveri si rialzavano e barcollavano senza meta. Poi alla sua sinistra, dietro le auto parcheggiate, intravide un centinaio di zombie. D'un tratto gli si parò davanti un viso di uno zombie ridotto a brandelli. Oliver sussultò e indietreggiò. Il non-morto gemette e picchiò le mani contro la grande vetrata.
- Ehi, Oliver! - Gridò Leon, scendendo le scale.
- Gli spari. - Rispose Oliver. - Li hanno attirati. -
- Lo so, per questo sono qui. - Leon si guardò intorno. - Dove sono gli altri? -
- Lara e Michelle sono di sopra. Tom e Claire sono là fuori a procurarsi la benzina. -
- Hai una pistola? - Gli chiese Leon.
- No, ma Claire mi ha detto che... -
- Tieni. Prendo questo mitra. Lo sai usare, vero? -
- So usare un fucile. -
- Allora non avrai problema con questo affare. - Leon fece per andare.
- Ma dove vai? -
- A prendere un arma. -
- E' un Hotel, mica un armeria. E poi dove hai preso questo mitra, Leon? -
- Non c'è tempo per spiegarti. Aspettami qui. Vado a prendere un arma. -
- Se incontri Lara, dille di non scendere. -
- Dobbiamo andarcene da qui, Oliver. -
- Cosa? -
Leon salì due alla volta gli scalini e scomparve oltre la ringhiera.
Oliver sospirò: - Che sfiga del cazzo... -
Cinque minuti dopo, Michelle e Lara, che aveva una macchina da cucire in mano, scesero i gradini. La bambina urlò dallo spavento quando vide lo zombie davanti alla vetrata.
- Ma... Ma quello... - Michelle si aggrappò alla felpa di Lara.
- Cosa succede? E dove hai preso quel mitra? - Disse la donna a Oliver.
- Dobbiamo abbandonare l'Hotel, Lara. -
- Hanno fatto il pieno all'elicottero? -
- No. Presto l'Hotel diventerà un covo di zombie. -
Lara rimase scioccata e in silenzio per un po'. Poi disse: - E' colpa... -
- ...Degli spari. Non so cosa diavolo è successo di sopra, ma sembra che le cose siano andate a puttane. -
- Oliver! C'è una bambina qui. -
Oliver sbuffò, si lisciò il mento. - Dobbiamo restare qui. Leon verrà presto. -
- E Jill? E'... -
- Non lo so, Lara. Non lo so. -
Davanti alla facciata dell'Hotel si andava ammassando un folto gruppo di zombie.
- Ma da dove escono tutti questi zombie? - Chiese Lara. -Prima non c'erano in strada. -
Oliver stava per risponderle, quando comparve Leon con in mano due pistole Beretta. - Jill sta trattenendo gli zombie di sopra. Dobbiamo lasciare l'Hotel. -
- E come? - Lara accennò con lo sguardo i non morti a ridosso dell'ingresso dell'Hotel.
- Maledizione... - Aggiunse Leon. - Siamo bloccati. -
Michelle scoppiò a piangere, mentre Lara le accarezzò il viso.
- Non facciamoci prendere dal panico. - Aggiunse Oliver.
- Pensi ad alta voce? - Gli rispose Leon. - Comunque dobbiamo trovare un modo per lasciare l'Hotel. -
- Il tetto. - Disse Lara.
- E da lì che vengono gli zombie. Per questo non riuscivamo a fermarli. Sembrano apparsi dal nulla. -
- Jill aveva parlato di una trentina di zombie, Leon. -
- Be', si sbagliava. Sono molti di più, e non so da dove saltano fuori. -
- Anche quelli là fuori. -
- Come faranno Claire e Tom a raggiungerci? - Domandò Oliver.
- Non lo faranno. - Gli rispose Leon. - Si terranno lontani quando vedranno cosa sta succedendo qui. -
- Zio Tom non lo farà. - Disse Michelle in lacrime. - Non mi lascerà mai. -
- Conoscendo Claire, nemmeno lei lo farà. -
Rimasero in silenzio per un po'. Poi la vetrata andò in frantumi. Il gruppo sussultò, e una decina di zombie si riversarono nell'ingresso
Lara lanciò la macchina da cucire in testa a uno zombie. Poi prese in braccio Michelle, che teneva gli occhi chiusi come se volesse svegliarsi da un incubo.
- Correte! - Leon iniziò a sparare, seguito da Oliver.
Alcuni non-morti furono falciati dalle pallottole dei mitra, mentre salirono rapidamente la scalinata.
- Dove andiamo? - Urlò Lara.
- Di là. - Leon puntò il dito verso una porta di metallo.
Gli zombie entrarono a frotte, mentre la seconda vetrata andò in frantumi.
- Stanno salendo! - Gridò Oliver, mentre la reception diventava una accozzaglia di non-morti. 
Quando Lara aprì la porta, trasalì vedendosi davanti Jill.
Leon gettò un occhiata a Lara: - Che succede? -
Tre zombie vennero crivellati dalle pallottole e rotolarono giù dai gradini, scontrandosi contro altri non-morti che caddero come birilli.
- Spostati! - Disse Jill a Lara.
- Non ho più munizioni! - Urlò Oliver a Leon che non gli rispose.
Lara si scansò e guardò Jill correre verso Leon.
- Hai liberato le scale? - Le chiese Leon.
- Le hanno invase. - Rispose Jill. - Andiamo all'ala Est dell'Hotel. -
- Hai un caricatore, Leon? - Gli domandò Oliver. 
- No. Segui Jill. - Gli disse. Poi si voltò: - Lara! Vieni qua! -
Gli zombie continuavano a salire i gradini.

Claire e Tom si allontanarono dalla stazione di benzina, mentre la donna gettava frequenti occhiate alle sue spalle come se si sentisse seguita. 
- Cosa c'è? - Le disse Tom.
- Niente. -
- Perché continui a voltarti? E per quella donna? -
- No. Ora fa' silenzio. -
Tom serrò la mascella. 
Dieci minuti dopo svoltarono l'angolo di un grattacielo, e rimasero pietrificati quando videro in lontananza un infinità di non-morti a ridosso dell'Hotel.
- Ma che cazzo... - Imprecò Tom.
- Come... - Claire spalancò gli occhi. - Come è possibile? Le strade erano deserte. -
- Forse vengono da un altra parte. -
- Da dove? -
- Non chiederlo a me. -
Rimasero per un po' in silenzio, guardando l'ammasso di zombie accalcarsi nella strada. 
D'un tratto Tom sbarrò gli occhi. - Michelle... - E si mise a correre verso gli zombie.
- Dove vai? -
Tom non le rispose, e si mise a sparare ai non-morti che gli davano le spalle - Fottuti bastardi! -
Claire gli corse dietro, l'afferrò per una spalla e l'uomo barbuto le tirò una gomitata in faccia. Claire cadde sul marciapiede, e Tom si voltò a guardarla con il volto arrossato e gli occhi iniettati di sangue. Poi si girò nuovamente e continuò a sparare.
Claire si alzò in piedi. - Non è così che salverai Michelle, idiota! -
Tom cessò di sparare, si girò, mentre gli zombie si muovevano alle sue spalle. Entrambi si fissarono per un po' negli occhi. 
Poi l'uomo barbuto le andò incontro. - Portami da mia nipote. - Disse fra i denti quasi come fosse un ordine.

Leon e Jill, seguiti dagli altri, si diressero lungo la balconata che dava sull'ingresso. Raggiunsero l'ala Est dell'Hotel, aprirono la porta e corsero lungo il corridoio. Si ritrovarono nel ristorante dell'Hotel. La maggior parte dei tavoli e delle sedie erano ribaltate, e il sangue tappezzava i muri, il pavimento e le tende viola. Ovunque, erano disseminati piatti, posate, carrelli di servizio e bottiglie di vino e di acqua.
- Anche nella reception c'era tutto questo sangue. - Disse Jill. - E anche lì non c'era nessun cadavere. -
- Che vuoi dire? - Le chiese Leon.
- Che forse qualcuno ha trasportato i corpi di sopra. -
- Come diavolo hanno fatto? - Disse Oliver.
- Non lo so. - Rispose Jill. - Andiamo nelle cucine. Magari troveremo un uscita. -
- Eri qui prima di noi. - Aggiunse Leon. - Non ti sei mai accorta di niente? -
Jill si voltò verso di lui: - Sono ritornata da poco, qui. Da quando tu mi hai cacciata. -
- Cacciata? Io non ti ho cacciata. Sei stata tu ad andartene. -
- Come se non lo volevate. -
- Io non lo volevo. -
Jill lo fissò negli occhi.
- Nemmeno io. - Le rispose Lara. - Certo, fai di tutto per irritarci, ma non volevo che te ne andassi. -
- Io non vi lascerò mai. - Aggiunse Michelle in braccio a Lara.
Jill rimase in silenzio.
Arrivarono in fondo alla sala e Leon aprì le due porta a chiusura automatica. Nella cucina trovarono lo stesso panorama della sala da pranzo. I fornelli erano ancora accesi sotto le padelle annerite, la carne ridotta a carbone. Un forte odore di ferro bruciato impregnava la stanza. 
Leon chiuse il gas dei fornelli.
- Potevamo saltare in aria da un momento all'altro. - Disse Lara tappandosi il naso.
Jill si mosse verso l'unica porta alla sua destra. Quando l'aprì, sussultò e puntò la pistola davanti a sé.
- Claire. - Disse Lara meravigliata.
Tom spintonò Claire e Jill che lo guardarono torvo. Poi l'uomo barbuto prese in braccio Michelle. - Stai... Stai bene? - Esaminò Michelle da capo a piede.
- Sta bene. - Aggiunse Lara incrociando le braccia.
- Sì, zio Tom. Io e Lara abbiamo giocato a cerca il tesoro dei pirati. Abbiamo vinto noi! Tu hai perso zio Tom! Però... Però Lara ha lanciato il tesoro in testa a un mostro cattivo... -
Tom guardò Lara, poi abbassò lo sguardo.
- Cos'è questa puzza? - Chiese Claire a Leon.
- Le padelle. Qualcuno si è scordato il gas acceso. -
- Usciamo da qui. - Disse Jill.
- Dove avete preso quelle armi? - Domandò Claire.
- Sono di Jill. - Rispose Leon. - Dovresti vedere l'arsenale nella sua camera. - Sorrise.

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Capitolo 21
*** XXI. Epilogo ***


- Dobbiamo andarcene. Subito! - Disse Jill.
- Ehi, aspetta un momento. - Le rispose Claire. - Che diavolo sta succedendo? -
- Non hai visto cosa c'è là fuori? -
- Certo, ma pensavo che... -
- Andiamo! - Jill diede una piccola spinta a Claire che le sbarrava la strada.
Uscirono fuori dall'Hotel, e corsero verso la fine del vicolo. 
- Dove stiamo andando? - Chiese Michelle.
Jill la guardò senza risponderle.
- Ma cosa faccio con questo mitra? - Aggiunse Oliver. - Non ho munizioni. -
- Tienilo. - Le rispose Jill stizzita.
Il gruppo giunse in strada. Nessun non-morto in vista, ma in lontananza, videro un orrenda creatura uscita dagli abissi infernali.
- Ma... Ma è lo stesso mostro? - Indicò Lara con un dito tremante.
- Cazzo! - Imprecò Tom.
Michelle chiuse gli occhi.
- Pensavo di averlo ucciso... - Jill corrugò la fronte.
- Cosa? - Rispose Leon. - Quando? -
Tutti guardarono Jill perplessi.
- Quando sono venuta a cercarti... Mi trovavo nei giardini della torre dell'orologio. Il Nemesis è sbucato dal nulla. Mi ha quasi uccisa. - Fece una piccola pausa. - L'ho riempito di pallottole. L'ho visto accasciarsi nelle fiamme. Come... come diavolo è sopravvissuto..? -
Tutti si scambiarono delle occhiate, mentre il Nemesis si fermò di colpo.
- Ma sei sicura? - Le domandò Oliver. - Quello è senza impermeabile. Ed è il doppio di... di... -
Jill si girò verso di lui. - Ha mutato. Non so come, ma l'ha fatto. -
Michelle si mise a piangere, si tolse dall'abbraccio di Tom e corse da Lara.
Tom cercò di riprendersela, ma Michelle si divincolò dalle sua mani: - Lasciami! -
Lara lanciò uno sguardo torvo a Tom che diventò paonazzo, ma non fece nulla.
Il Nemesis, che era mutato in un imponente bestione dal busto prorompente e lunghi tentacoli che fuoriuscivano mani, cominciò nuovamente a camminare. L'asfalto tremò, gli allarmi delle auto suonarono, e in breve tempo, il gruppo si ritrovò un orda smisurata di zombie alle proprie spalle.
- Cazzo! - Imprecò Tom.
- Ma non sai dire altro? - Gli rispose Claire.
Tom sbuffò dal nervoso: - Siamo nella merda! -
- Lo siamo da quanto è scoppiato questo casino. -
- Possiamo tornare indietro. - Aggiunse Lara. - Nell'Hotel. -
- E' troppo pericoloso. - Disse Jill. 
- Allora che cazzo facciamo? - Tom si accarezzò i capelli con fare nervoso.
Jill non gli rispose, anche perché aveva intuito che parlare con Tom non serviva a nient'altro che a peggiorare le cose.
- L'hotel è invaso da zombie, ormai. - Gli rispose Leon. - E poi, non possiamo arrivare sul tetto. Le scale... Be', i non-morti hanno invaso pure quelle. -
Il Nemesis si stava avvicinando.
Il gruppo era quasi circondato a sinistra dagli zombie, a destra dal Nemesis.
D'un tratto Tom provò a togliere Michelle dalle braccia di Lara, ma quella gli sferrò un calcio sul ginocchio.
- Stupida put... -
Oliver lo colpì in faccia con il calcio del fucile a mo' di mazza da baseball.
Tom cadde a terra privo di sensi.
- Ehi! - Gridò Leon senza capire che diavolo fosse successo.
Oliver alzò l'arma per colpirlo ancora, ma Leon gli torse un braccio, passandolo dietro la schiena. 
- Stai fermo! - Gridò Leon. 
Jill era rimasta a osservare la scena con totale indifferenza. Sapeva che Tom da lì a breve avrebbe fatto di nuovo qualche cazzata, ed eccola che era appena successa.
Claire si piegò su Tom, gli aprì le palpebre. - E' svenuto. -
Michelle si voltò timidamente verso di lui. - Zio Tom. -
- Ora ci si mette pure lui a complicare le cose. - Aggiunse Jill. 
In quel istante Tom riaprì gli occhi del tutto confuso. 
- Si è ripreso. - Disse Claire.
- Non siamo ciechi. - Le rispose Jill.
Claire serrò gli occhi.
- Stiamo perdendo tempo. - Leon lasciò andare Oliver che fissò Tom con un sguardo carico di violenza. 
- Proviamo ad entrare in quel bar! - Disse Claire.
Tom si rialzò stordito, e il gruppo procedette spedito dall'altra parte della strada. 

D'un tratto una voce infernale tuonò nella via: - STARS! - Fu così forte, che assopì per un istante persino i gemiti di una infinità di non-morti che erano a novanta metri dal gruppo.
Tutti sussultarono, e Michelle affondò il viso nella felpa di Lara.
Il Nemesis schiacciò una macchina sotto il suo stivale, e si mise a camminare sul marciapiede, creando piccoli crateri al suo passaggio.
- Non mi lascerà mai andare. - Disse Jill, non appena Leon sfondò la porta con due calci ben piazzati contro la maniglia.
Tutti la guardarono.
- Dovete procedere senza di me. -
- Ma sei impazzita? - Le disse Lara.
- Fatelo! Non posso portavi dietro quel coso. E' troppo pericoloso per voi! -
- Jill. - Leon si avvicinò a un passo dal suo viso. - Lo affronteremo insieme. -
Lara si accigliò vedendo i loro occhi che si incrociavano come se il mondo là fuori non esistesse più. Poi si voltò verso Oliver per avere risposte, ma quello fece spallucce.
- Lasciamoli soli. - Disse Claire.
Tutti entrarono nel bar. Era un piccolo locale dalla pianta rettangolare con un biliardo all'angolo, e qualche tavolino lungo le mura. Molte bottiglie di birra e di liquori puntellavano il bancone. Sembrava più un ritrovo di ubriaconi, che un normale bar. 
Poi Tom si avvicinò a Michelle, mentre Lara indietreggiava tenendola in braccio. Oliver era pronto a colpirlo di nuovo, quando vide Tom accarezzare il viso di sua nipote. Le baciò la fronte, le sussurrò qualcosa all'orecchio e infine, con il volto pieno di lacrime, si avvicinò a Oliver. Gli tese una mano. Oliver pensò che volesse scusarsi, ma appena gliela strinse, Tom gli tirò un cazzotto in faccia, gli rubò il mitra e corse fuori. Lara e Claire rimasero spiazzati da quel gesto, e si precipitarono da Oliver.
Appena Tom si ritrovò fuori, vide Leon e Jill che si abbracciavano e, con un forte spintone, li fece cadere dentro il bar. Leon, arrabbiato e confuso, cerco di rialzarsi, ma Tom chiuse la porta, pensando di poterla sbarrare. Ma l'uomo barbuto si era dimenticato che Leon aveva distrutto la serratura, così Leon uscì puntandogli la pistola: - Ma che cazzo fai? -
Tom si slacciò la corda legata in obliquo attorno al busto, si mise a cospargere l'asfalto di benzina e posò la tanica ai suoi piedi. Poi, scoprendo con suo rammarico che il mitra non aveva munizioni, lo lanciò addosso a Leon, che si abbassò per non venire colpito.
- EHI! - Urlò Leon.
Tom estrasse la pistola e la puntò contro Leon. - Levati dal cazzo! -
Gli zombie a sinistra erano quasi a ridosso dell'uomo barbuto, mentre il Nemesis proseguiva rigido verso di loro, anche se era ancora lontano.
Leon lanciò una rapida occhiata attorno: - Entra dentro! -
- Sparisci! - Gli urlò Tom con le lacrime agli occhi.
Tutti si misero sotto la soglia della porta a guardare la scena. Michelle iniziò a singhiozzare e allungò le manine verso suo zio. 
- Falla entrare! - Gridò Tom a Lara. - Lei non deve guardare! -
Leon guardò dapprima il viso arrossato dell'uomo barbuto, poi la tanica di benzina. - Dannazione! Tutti nel bar! - Si precipitò addosso al gruppo e li spinse dentro. 
Tom corse brevemente dall'altra parte della strada e sparò contro l'asfalto pregno di benzina. Le fiamme si propagarono sulla strada, e gli zombie furono inghiottiti dal fuoco. Poco dopo un auto saltò in aria, e la porta del bar venne scaraventata via dall'esplosione, colpendo la schiena di Oliver che andava dietro il bancone.
Un nauseabondo odore di carne bruciata li raggiunse, così come un denso fumo nero.
- Oliver! - Urlò Lara.
Leon tolse la porta da sopra Oliver.
- Volevo solo farmi un goccio, dannazione! - Oliver tossì.
Leon e Claire lo aiutarono ad alzarsi.
- Claire. - Disse Jill. - Dammi la tua tanica. -
Claire la guardò sospettosa: - Cosa vuoi fare? Vuoi darti fuoco anche tu? -
- Zio Tom non è morto. - Disse Michelle. - Lui non mi lascerà mai. L'ha promesso alla mamma tante volte così. - Mostrò a Claire tutte e dieci le piccole dita. Poi scoppiò a piangere pensando a sua madre.
- Sei davvero così stupida da non capire cosa ha fatto Tom? - Chiese Jill a Claire.
Claire serrò la mascella.
- Ci ha salvati tutti. Certo, poteva evitare di fare tutta questa sceneggiata. Va bene che è un completo idiota, ma uccidersi? No, non è così stupido. E poi l'ho visto allontanarsi prima di sparare. Ora dammi la tanica. -
Claire gettò uno sguardo a Leon che annuì come a darle il suo consenso. Si sfilò la corda e diede la tanica a Jill che, senza dire nulla, iniziò a cospargere di benzina il pavimento di legno del bar.
Leon la guardò con fare perplesso, mentre Claire guardava lui in attesa di una risposta.
- Ma che vuoi fare? - Disse Lara a Jill.
- Bruciare quel figlio di puttana di un Nemesis! - 
Lara non rispose subito. - Ma la fuori c'è il fuoco. Dovrà passare da lì. -
Jill si voltò verso di lei. - Non è stupido. Non quanto Tom, almeno. -
- E' un mostro! - Disse Oliver. - Come quei cosi là fuori. Non sono intelligenti. -
In quel momento la parete alla loro destra esplose in mille pezzi. Alcuni detriti colpirono il gruppo, ma senza grossi danni.
Dalla nube di polvere si materializzò lentamente la sagoma del Nemesis: - STARS! -
Tutti lo guardarono confusi e frastornati, tossendo sia per il fumo che andava aumentando, che per la polvere.
- Fuggite nel retro! - Urlò Jill che continuò a cospargere di benzina il pavimento di legno.
- Dai, andate! - Leon affiancò Jill.
- STARS! - Il Nemesis disintegrò una parte del bancone con un calcio.
Leon fece fuoco, e i proiettili rimbalzarono sulla carne del Nemesis. 
- Attento a dove spari! - Urlò Jill.
Quando Claire, Lara, Michelle e Oliver furono usciti, Jill e Leon corsero alla porta, mentre il Nemesis non staccava gli occhi di dosso dalla donna. Poi si udì uno sparo; il pavimento prese fuoco, e il Nemesis fu avvolto dalle fiamme che tentò inutilmente di spegnere.
Jill vide ardere il Nemesis come un ciocco di legno nel camino. Il Nemesis cadde dapprima sulle ginocchia con un tonfo, infine cascò di faccia a terra. - STAAARSSS... -

Jill e Leon raggiunsero gli altri nel retro del bar. Si trovavano in un vicolo con un furgone beige messo di traverso che bloccava l'accesso dietro di loro. L'unica strada percorribile era quella di fronte a Lara.
- E' morto? - Chiese Claire e Jill.
- Sì. - Le rispose invece Leon.
Jill gettò uno sguardo infastidito a Leon. Poi si rivolse a Claire: - Forse. -
- Come sarebbe a dire 'forse?' - Aggiunse Oliver che era appoggiato alla saracinesca di un garage.
- L'ho visto accasciarsi nelle fiamme già una volta. Non sono sicura che stavolta funzionerà. -
- Abbiamo sprecato una tanica. - Disse Claire. - Poteva servirci per quell'elicottero. -
- L'elicottero? - Le rispose Jill. - Dimenticati di quell'elicottero. Non possiamo più prenderlo. -
- Forse abbiamo una possibilità ora che gran parte dei non-morti sono... -
- Morti? Come fai ad esserne sicura? Hai visto quanti erano? Credi davvero che... -
- Non mi pare il momento di discutere. - S'intromise Leon. - E' meglio allontanarci da qui. Il tetto del bar sta crollando. -

Seguirono il vicolo, e si ritrovarono in un parco giochi. Le altalene dondolavano al vento, una palla rotolava vicino a un cespuglio. Sotto uno scivolo, rannicchiata con le braccia attorno alle ginocchia, videro una bambina.
Claire sgranò gli occhi: - Sherry! - E corse da lei.
La bambina si voltò, sorrise di gioia. - Claire! -
I due si abbracciarono forte e a lungo, mentre il resto del gruppo li raggiungeva.
Poi Sherry si tolse dall'abbraccio di Claire, e vide Leon. - Ci sei anche tu! - E andò ad abbracciarlo. Leon sorrise.
Improvvisamente, si udirono dei ruggiti alle spalle del gruppo.
- Licker! Sui tetti! - Urlò Jill.
Leon prese in braccio Sherry, e tutti insieme fuggirono verso il primo edificio di fronte, mentre i ruggiti si moltiplicavano minacciosi.

Entrarono nell'ingresso di un condominio dopo aver corso sessanta metri. Oliver fu l'ultimo ad arrivare e chiuse il portone alle sue spalle. Ci si appoggiò per riprendere fiato.
Lara si accasciò sul pavimento. Le mancava l'aria. 
- Cosa ti succede? - Disse Michelle.
Oliver si precipitò da lei: - Hai un attacco d'asma? -
Lara cercò di prendere l'inalatore dalla tasca del pantalone, ma le costava un gran sforzo. Gli occhi le diventarono rossi, le vene si gonfiarono sul collo e sul viso.
Michelle si mise le mani in bocca terrorizzata.
Oliver frugò nelle tasche della sua ragazza, prese l'inalatore e lo portò alle labbra di Lara che cominciò a riprendere fiato, mentre gli occhi le lacrimarono.
Michelle abbracciò forte Lara che tossì per la forza esercitata dalla bambina. E vedendo ciò, la bambina arretrò un poco spaventata pensando di averle fatto del male. Ma Lara la presa per una mano e le sorrise.
- Non sapevo che soffrissi d'asma. - Aggiunse Claire. - Ci hai superati tutti nella corsa poco fa, con tutto che avevi Michelle in braccio. -
- La mia ragazza è una tipa tosta. - Le rispose Oliver.
- Già. - Sorrise Claire.
Lara si alzò in piedi. - Mi tengo in forma. - Inalò l'aria. - I miei attacchi d'asma sono improvvisi, e certe volte sono anche rari. Ma ultimamente stanno peggiorando. -
- Sei soltanto sotto stress. - Le disse Oliver.
- Lo spero. -
- Forse se ti abbraccio forte guarirai. - Aggiunse Michelle. - Ma, ma... ma con la mia mamma non ha funzionato... - Si coprì gli occhi con le mani per non farsi vedere piangere da Sherry.
Lara l'abbracciò.
Jill intanto, si stava guardando attorno: - Siamo in trappola. -
- Sei sicura che ci hanno visti? - Le chiese Oliver. 
- Visti? - Gli rispose Jill alzando un sopracciglio. - Loro non vedono. Ma ci sentono benissimo. E grazie a questo se riescono a captare ogni minimo rumore. -
Oliver si accigliò.
Leon fece scendere Sherry dalle sue braccia. La bambina iniziò a guardare timidamente Michelle, che nascose un occhio arrossato sotto una manica pregna di sangue raggrumato, mentre con l'altro la guardava. Poi Sherry le si avvicinò con la manica della camicia in bocca. 
Michelle andò subito a nascondersi alle spalle di Lara. Le due bambine si fissarono incuriosite, smorzando di volta in volta qualche innocente sorriso.
Poi Oliver fu sbalzato via dal portone e cadde di faccia sul pavimento: - Merda! -
Leon, Claire e Jill puntarono le armi verso il portone.
Lara si chinò su di lui: - Tutto bene? -
- Sì... E che caz... - Si zittì quando vide lo sguardo grave di Lara che accennava alle bambine. - Tutte a me capitano... -
Leon gli tese una mano e lo aiutò ad alzarsi.
Sherry si strinse a Claire, mentre Michelle a Lara.
- Dobbiamo distrarli. - Disse Jill, mentre di sopra si udirono i vetri delle finestre andare in frantumi.
- Sono entrati! - Aggiunse Lara.
- Nella portineria! - Leon aprì la porta, ma qualcosa gli afferrò un piede. I denti del portinaio stavano per affondare nel suo polpaccio, quando il cranio del portinaio esplose, schizzando di cervella il pantalone di Leon. Quello si girò e vide Jill con la pistola puntata verso la testa del portinaio: - Grazie. -
Jill non gli rispose: - Su entrate! -
I ruggiti fuori dal palazzo aumentarono di intensità.

Il gabbiotto aveva solo una piccola finestra che dava all'ingresso, ma era chiusa da una saracinesca reticolare. Una volta entrati, Jill si mise a frugare dappertutto.
- Che stai cercando? - Le disse Leon. 
Sherry e Michelle finalmente si stavano avvicinando timidamente per parlare.
Jill non rispose.
Lara guardò Oliver che fece spallucce.
Claire osservò Jill mettere a soqquadro l'intera portineria; udirono dei colpi sul portone dell'entrata e di sopra, i Licker stavano distruggendo tutto.
Poi Jill si fermò, rimase per un attimo ferma e infine, andò alla porta.
Leon la fermò per un polso, ma la donna lo spinse addosso a Oliver che urtò contro lo schienale di una sedia d'ufficio. Leon le corse dietro, ma Jill gli chiuse la porta in faccia. Poi si udì un CLICK! Leon sbarrò gli occhi e capì. Girò la maniglia più volte, battendo i pugni sulla porta: - JILL! - Urlò. - JILL! -
- Ci ha chiusi dentro? - Aggiunse scioccata Lara.
Sherry e Michelle si spaventarono e si strinsero l'un l'altra superando ogni timidezza.
Leon puntò la pistola alla maniglia, quando la mano di Claire si posò sulla sua Magnum: - Non farlo, Leon. -
Leon guardò dapprima davanti a sé, poi Claire. Infine, abbassò la pistola.
- Perché ci ha chiusi dentro? - Disse Lara. - Vuole farci morire, per caso? -
Claire si voltò a guardarla: - Ci ha salvato, invece. -
- Come... Come zio Tom..? - Disse Michelle e scoppiò a piangere, mentre Sherry non sapeva cosa fare e guardava Claire.
Lara abbracciò Michelle che le affondò il viso nella felpa. Ormai era l'unico modo per calmare la bambina. 
D'un tratto udirono un gran zampettare lungo i muri e sul pavimento del piano di sopra, susseguiti da ruggiti e spari.
Leon appoggiò l'avambraccio sulla porta, chinò la testa; Claire gli posò una mano sulla spalla.
Gli spari, divenute raffiche di mitra, continuarono fuori dall'edificio, così come i ruggiti dei Licker. Poi non si udì più nulla.
Oliver cinse con un braccio la spalla di Lara, mentre questa teneva sotto di sé sia Michelle che Sherry. Nella stanza scese un tetro silenzio. Nessuno osava parlare.

Una quarto d'ora dopo, Leon si avvicinò alla piccola finestra chiusa con la saracinesca. Premette un bottone sul muro, e lentamente, stridendo un po', la saracinesca si alzò. 
Claire gli si avvicinò: - Vuoi andare a controllare? -
Leon le gettò uno sguardo, annuì.
Claire si voltò verso gli altri: - Vado con Leon. Aspettateci qui. -
- No, non andare via, Claire. - Sherry corse verso di lei e l'abbracciò.
- Non vado via. Tornerò presto. -
- Rimani qui. - Aggiunse Leon. - Sono disarmati. Proteggili tu. -
Claire voleva ribattere, ma rimase in silenzio.
Quando Leon scavalcò la piccola finestra, si guardarono per un secondo, dopodiché Claire premette il bottone e la saracinesca, sempre lentamente e stridendo un po', si abbassò.
Leon diede un occhiata attorno; vide diverse crepe sul muro provocate dagli artigli dei Licker. Qualche macchia di sangue tappezzava le pareti e il pavimento. Era sicuro che quel sangue non apparteneva a Jill. I Licker avevano la carne esposta e spesso, mentre si muovevano, imbrattavano ogni cosa con il loro sangue. Varcò il portone che era stato abbattuto, e lungo il vialottolo da cui era venuto il gruppo, notò tre Licker riversi sul tappeto erboso. Si avvicinò cauto alle loro carcasse, diede un calcio al primo, mentre gli puntava la pistola al suo cervello esposto. La creatura non si mosse. Leon, con la punta del piede, girò sulla schiena la creatura che era crivellata da proiettili. Lo fissò per un istante, poi si guardò attorno come se sperasse di vedere spuntare Jill da dietro un cespuglio o un albero. Ma non udì altro che il frusciare del vento tra le fronde. Quando si rimise a camminare verso il parco giochi, un centinaio di zombie costeggiarono il muretto di cemento alto mezzo metro che circondava il parco. Ammucchiati come una sola massa di carne putrida, entrarono dalla cancellata di ferro, e dilagarono per tutto il prato.
Leon tornò indietro, mentre gli zombie si stavano di nuovo radunando nel sentire i suoi passi. Ma quando sorpassò un alta siepe fiorata, mancò poco che un non-morto gli dilaniasse il braccio. Trasalì, tirò un calcio frontale contro lo stomaco dello zombie e indietreggiò. Si accorse che un orda di zombie era entrata dall'altra parte del parco giochi. Gettò uno sguardo oltre le numerosissime teste putrescenti, e vide che la facciata dell'edificio in cui si erano rifugiati, stava per essere invasa.
- CLAIRE! - Urlò.
L'unica risposta che ottenne fu quella di attirare su di sé tutti gli zombie che, anche se marciavano lentamente, l'avevano quasi del tutto attorniato inconsapevolmente. Ed ora, che si era messo a urlare nuovamente, il cerchio diventava si restringeva. 
Leon sapeva di non poter tornare indietro ad avvisarli, perciò lanciò una rapida occhiata intorno. Alla sua sinistra, il muretto di cemento si andava rialzando fino a raggiungere due metri, e finiva contro il muro di un attico. Corse in quella direzione, finché alcuni zombie gli bloccarono il passaggio. Leon puntò la pistola verso di loro e sparò in testa a cinque non-morti. Improvvisamente si aprì un varco. Ci si infilò dentro alla massima velocità, e quando giunse a un passo dal muretto, la mano ossuta di uno zombie lo afferrò per una caviglia. Leon si schiantò con la faccia sul prato, mentre dalla pistola partì un colpo che forò la corteccia di un albero. 
Il non-morto affondò i denti nella suola dei suoi stivali; Leon gli mollò un calciò in piena fronte, e l'osso del collo scricchiolò. Cercò di rialzarsi, ma due zombie lo afferrarono per i piedi. Leon tentò di divincolarsi dalla presa, quando dozzine di zombie stavano per chiudersi sopra di lui. Si girò e sparò in testa ai due zombie. Si rialzò velocemente, balzò sopra il muretto, e mentre una gamba era già sopra di esso, l'altra fu afferrata da un non-morto. Leon prese la mira, ma non riuscì a vedere il non-morto sotto di lui. Poi quello si aggrappò alla sua gamba per tirarlo giù, altre mani putride si serrarono sul suo pantalone, finché lo stivale scivolò via dal piede. Nel cadere, lo zombie morse il cuoio e scomparve sotto l'orda. 
Leon si mise in piedi sul muretto, mentre centinaia di zombie allungarono le braccia verso di lui. Dall'altra parte del muretto, a trenta metri da lui, vide una donna con una lunga veste rossa. Camminava con movenze eleganti accanto alla facciata di una sala da bowling. Era del tutto indifferente ai gemiti e agli zombie alle sue spalle.
- ADA! - Gridò Leon.
La donna si fermò, si voltò nella sua direzione. Poi gettando un occhiata alle sue spalle, attraversò la strada e lo raggiunse: - Che ci fai lì sopra? -
- E tu che ci fai qua? -
Ada fece un sorriso di circostanza: - Piacere di averti rivisto. - E fece per andare via.
- Aspetta! -
La donna si girò e indicò i non-morti dietro di sé: - Vorrei fermarmi a parlare, davvero, ma non posso. - Disse con un falso tono di piacere.
- Finiscila. - Le rispose Leon. - Seguimi. -
- I miei obiettivi sono altri. - Ada riattraversò la strada.
Leon sbuffò irritato: - Perché fai così? -
Ma la donna non gli rispose, e giunta davanti alla sala da Bowling, aprì la porta, diede un ultima occhiata a Leon e la chiuse alle sue spalle.
Leon rimase a fissare la porta per un istante, mentre gli zombie che seguivano la donna, vedendola svanire, si diressero verso Leon: - Perfetto... -
Leon proseguì lungo il muretto e, arrivato a ridosso dell'attico, scavalcò la ringhiera di pietra. Sul terrazzo, erano ribaltate varie sedie, e le vetrate della camera di fronte erano infrante. Le piante lungo la ringhiera di pietra, imbrattate di sangue. Un cadavere sedeva a terra con le spalle poggiate al muro esterno della camera. Aveva metà volto squarciato, il braccio strappato dal gomito in giù e un proiettile nella tempia. Leon si guardò attorno, poi diede un occhiata giù dalla ringhiera in cui gli zombie lentamente si stavano ammassando. Credette di vedere un Licker arrampicarsi lungo il muro, ma non ne era sicuro. Quando si girò, vide un fucile d'assalto M4 puntato contro la sua faccia. Leon sgranò gli occhi e dal fucile partì un colpo.

Nella portineria, Lara sedeva sul divano assieme a Sherry e Michelle. Le due bambine stavano parlando di tantissime cose; discorsi perlopiù scollegati tra loro. Lara li ascoltava e sorrideva. Poi si voltò verso Claire, e vide la sua mano posata su quella di Oliver. Arrossì per la gelosia, e stava per parlare, quando Michelle l'abbracciò senza motivo.
- Siii. - Disse Sherry. - Tanti abbracci a Lara che ci ha fatti incontrare. -
Le due bambine strinsero così forte Lara, che quasi la strozzarono. Ma la donna pur elargendo carezze e sorrisi, non distolse lo sguardo da quella mano. 
Poi Oliver si voltò con un sorriso, e appena incrociò gli occhi minacciosi di Lara, si accigliò confuso.
Lara accennò con lo sguardo alla mano di Claire. Oliver voltò lentamente la testa come se ci fosse qualcosa di mostruoso ad aspettarlo, e vide la mano di Claire sulla sua. Levò subito la mano, e Claire si girò perplessa verso di lui che sorrise imbarazzato.
- Forse dovrei andare a controllare. - Disse Claire senza badare né alle occhiatacce di Lara, né all'imbarazzo di Oliver. - Leon manca da un bel po'. -
- Posso venire con te, Claire? - Le chiese Sherry.
- No, resta qui. Fai amicizia con Michelle. -
- Io e Michelle siamo migliori amiche. -
Michelle l'abbracciò e le due bambine ritornarono alle loro chiacchiere e giochi.
Claire fece per pigiare il bottone per alzare la saracinesca, quando udì dei gemiti dall'altra parte. Aggrottò la fronte, e mise l'orecchio contro la saracinesca. Poi qualcosa la urtò, e Claire indietreggiò con una mano sul timpano che le fischiava.
- Cosa è stato? - Lara balzò in piedi, barcollò; vide puntini rossi davanti agli occhi e cascò sul divano. 
Le due bambine si spaventarono e Michelle lanciò un piccolo grido. Dall'altra parte della saracinesca i gemiti diventarono più forti. Gli zombie iniziarono a picchiare le mani contro di esso, facendo un gran chiasso.
Oliver si precipitò da Lara, e senza dirle niente, le prese l'inalatore dalla tasca.
- Un'altro attacco d'asma? - Disse Claire, mentre teneva sott'occhio la porta chiusa a chiave.
Oliver non rispose, e Lara cominciò a respirare dall'inalatore.
- Va tutto bene. - Oliver posò una mano sulla sua, ma la donna la scacciò via. 
Le due bambine si chinarono su Lara con gli occhi sgranati dal terrore.
Claire continuava a guardare la porta, e si accorse che i non-morti non erano ancora giunti di là, il ché la turbò. Così andò alla porta, e fece cenno agli altri di raggiungerla.
- Cosa vuoi fare? - Le chiese Oliver. - Siamo circondati dai... - Guardò le bambine, poi bisbigliò: - ...dai non morti. -
- Dobbiamo andarcene ora. Non hanno ancora circondato il gabbiotto. - Spinse piano Oliver, puntò la pistola alla maniglia è sparò. La porta si spalancò di colpo, e Claire uscì puntando l'arma davanti a sé. Vide un zombie svoltare l'angolo della portineria, accanto alla saracinesca. Gli sparò dritto in fronte. Forti gemiti si levarono in aria, assordando per un istante il gruppo.
- Forza, uscite! Andate su per le scale! - Urlò Claire.
Lara prese le due bambine per le mani e corse verso le scale, seguito da Oliver. Claire sparò agli zombie che si avvicinavano all'uomo, e quando i quattro salirono su per le scale, Claire li seguì. Raggiunsero l'ultimo piano il più in fretta possibile, mentre i non-morti iniziavano a salire i gradini. Lara si accasciò in ginocchio, respirò a fatica dall'inalatore.
Le bambine scoppiarono a piangere. 
Oliver cercò di tranquillizzare Lara in piena crisi respiratoria. Gli occhi rosso sangue, le mani sul collo, la bocca aperta, le due vene gonfie in mezzo alla fronte. L'inalatore non sembrava più sufficiente, e il viso di Oliver si rigò di lacrime.
Claire, che era vicino al parapetto di metallo delle scale, guardava giù. Gli zombie erano saliti al terzo piano. - Maledizione, sono troppo veloci... - Disse fra sé. Si voltò, andò dalle due bambine e le trascinò con forza verso la terrazza. 
Oliver la vide allontanarsi, mentre lei gli lanciò un ultima occhiata come a dire: perdonami.

Leon si abbassò. La pallottola colpì il cervello esposto del Licker che era balzato in quel momento verso le spalle dell'uomo.
- Che riflessi, amico! Ora entra dentro! - Disse un uomo con i capelli castani.
Leon gettò un occhiata alle spalle e vide il Licker disteso in una pozza di sangue.
- Che stai aspettando? - Disse l'uomo con i capelli castani. - Un invito a cena? Mi spiace per te, ma amo troppo le donne, e loro amano me. - Sorrise e si mise il fucile d'assalto in spalla. Poi notò che Leon aveva un piede scalzo. - Attento ai vetri, a meno che tu non sia una specie di masochista. - Sorrise di nuovo.
Leon si accigliò confuso e, alzando il piede scalzo, lo seguì dentro l'attico. 
- Scusa il disordine. - Disse l'uomo con i capelli castani. - Ho chiamato la donna delle pulizie, ma sai com'è, una cosa tira l'altra, e si è dimenticata di pulire. - Lanciò un sorriso e uno sguardo eloquente a Leon. - Capisci cosa intendo, no? - 
- Credo... Credo di sì. -
- Sono Carlos Oliveira. - Gli tese una mano.
Leon gliela strinse. - Leon Scott Kennedy. Ma chiamami pure Leon. E... Grazie per prima. -
Carlos scacciò l'aria con una mano come a dire; non è niente.
- Vivi da solo? - 
- Veramente non abito qui. - Carlos si sedette sulla poltrona e appoggiò le gambe sul basso tavolino pieno di buste di patatine vuote.
- Capisco. -
- Era di una donna di nome... - Carlos corrugò la fronte e si mise una mano sul mento per pensare. - Una certa Nicole, o forse era Yara... Be', non ricordo. Comunque una delle due. -
Leon annuì.
- Ma sono stato con tutte due, amico. - Continuò Carlos. - Donne con la D maiuscola. Regine a letto. Fantastiche. Poi un giorno mi sono detto: perché non fare una cosa a tre. - Smorzò un sorriso al ricordo. - Le donne di qui sono snob. Raccoon City è una bella città, ma le ragazze sono... come posso dire, viziate, acide. Quindi mi aspettavo un rifiuto, ma invece è andato tutto liscio. Poi non so come si sono innamorate una dell'altra, e hanno preteso che diventassi il loro giocattolo sessuale, che uscissi con tutte due e stronzate varie. E sai com'è finita? -
Leon che non lo stava ascoltando, si voltò e disse azzeccando la parola: - Cosa? Come? -
- Mi hanno rinchiuso in quella cazzo di stanza! - Indicò Carlos. - Sono rimasto chiuso per un mese. Mi hanno minacciato di uccidermi con la mia stessa pistola. Sono stato un coglione a lasciarla in cucina. -
- Eh... Capisco. - Gli rispose Leon distratto, osservando le foto appese ai muri.
- Anche a te è capitato? - Ma prima che Leon potesse rispondere, Carlos continuò: - Io sono un uomo che sa difendersi, ma quelle erano delle psicopatiche. Una volta hanno persino minacciato di tagliarmi l'uccello mentre dormivo. Poi mi sono liberato, e sono fuggito con l'uccello in piena vista. - Scosse la testa sorridendo. - Là fuori c'è un parco giochi. Quando sono fuggito sono andato proprio in quella direzione. Ma non l'ho fatta apposta.... Poi gli sbirri sono arrivati e mi hanno preso a manganellate. Mi hanno pestato come fossi un cazzo di pedofilo! Io gli ho detto che due pazze mi tenevano segregato in una stanza, ma non mi hanno creduto... - Fece una pausa mentre sbuffava di rabbia. - Comunque ho pagato la cauzione, e una volta fuori, mi sono ritrovato davanti alla centrale di polizia quelle due psicopatiche. Solo che erano diventati dei cazzo di non-morti, amico. -
- Brutta storia... - Rispose Leon che non aveva ascoltato nemmeno un quarto della storia.
- Tu sei uno sbirro, no? - 
Leon si voltò. - Una recluta. -
- Hai proprio la faccia da sbirro. -
- E tu di uno che non sembra così ingenuo da farsi rapire da due donne. -
Carlos sorrise e allargò le braccia. - E va bene, un po' mi piaceva quella situazione. Ma che ci posso fare se le donne arrivano addirittura a segregarmi in casa pur di non farmi guardare dalle altre. - 
- Dove hai preso quel fucile? - Gli domandò Leon continuando a guardare le foto delle due donne appese al muro.
- E' una lunga storia, amico. -
- Sei dell'esercito? - Leon prese una foto dal muro in cui c'era pure Carlos.
- Qualcosa del genere. - Carlos si alzò dalla poltrona. - Ora ti metti a fare il terzo grado? -
- No, semplice curiosità. -
- Disse la recluta. - Lo canzonò Carlos.
Leon sorrise e rimise la foto al muro.

Oliver sferrò due calci all'ultima porta del corridoio che si spalancò. Gettò un rapido sguardo all'interno e poi ritornò da Lara. La donna cercava di respirare dall'inalatore, mentre il suo viso le era diventato quasi bianco. Oliver la prese in braccio e la portò nell'appartamento, dopodiché bloccò la porta con due mobili. In quell'istante cominciò a sentire dei gemiti nel corridoio. Rimase fermo con le orecchie tese, e capì che i non-morti stavano invadendo il corridoio.
Così raggiunse Lara distesa su un letto matrimoniale, e bloccò anche quella stanza con un grosso mobile che trascinò a gran fatica. Poi si sedette sul letto, mentre i gemiti inghiottivano ogni rumore, persino le parole che Oliver le stava sussurrando.
Una decina di minuti dopo, la crisi respiratoria di Lara diminuì. La donna provò a respirare senza inalatore, mentre Oliver le teneva per mano. Nel frattempo, i gemiti degli zombie sembravano arrivare proprio da dietro la porta della camera da letto. Oliver si alzò e andò a dare un occhiata. Spostò leggermente l'armadio, e non vide nessuno nel soggiorno. L'udito gli stava giocando brutti scherzi, pensò.
Lara si alzò dal letto, provò a camminare e arrivò davanti alla finestra. Ebbe quasi una nuova crisi quando notò il parco giochi totalmente invaso dai non-morti. Se ne stavano tutti ammucchiati con le teste chine, e i più dondolavano urtandosi tra loro. Sul cornicione in lontananza, due Licker muovevano la testa in varie direzione come se captassero qualcosa.
- Oliver... - Disse Lara.
Ma quello non la sentì, mentre rimetteva l'armadio davanti alla porta. Poi Oliver si girò e vide che Lara lo stava guardando. 
Lara gli fece cenno con la mano di venire.
Quando Oliver la raggiunse, rimase pietrificato alla visione di tantissimi non-morti tutti ammassati.
Gli occhi di Lara si riempirono di lacrime, e Oliver l'abbracciò dolcemente come se un abbraccio troppo forte potesse scatenarle una nuova crisi.
Poi, con la coda dell'occhio, Oliver intravide un elicottero in cielo. Sussultò, si avvicinò alla finestra e notò che l'elicottero stava atterrando sopra un grattacielo a due isolati da loro.
- Lara, guarda! - Oliver puntò il dito verso l'elicottero.
Il viso di Lara s'illuminò di gioia, e si mise a ridere e sorridere, baciando e abbracciando Oliver. - Forse potremo raggiungerlo. -
- Ma... Come? -
Lara non rispose.
Gli zombie nel parco giochi si voltarono lentamente, e barcollarono verso la direzione in cui era atterrato l'elicottero.
- Si stanno muovendo. - Disse Oliver.
- Forse... Forse... -
- Ci sono altri non-morti nel corridoio. - La interruppe Oliver. 
- Smettila di essere negativo! - Lara gli diede le spalle.
- Non... - Si zittì. Guardò il tetto del grattacielo da cui s'intravedevano due eliche dell'elicottero. - Pensi che Claire l'abbia visto? -
Lara si voltò di scatto con fare irritato: - Perché ti interessa saperlo? -
Oliver si sentì a disagio sotto quello sguardo: - Michelle e Sherry sono con lei. -
- Lo so. -
Rimasero in silenzio un momento. - Non vuoi riabbracciarle? - Le disse.
- Certo che sì, ma stanno meglio con lei che con me. -
Oliver si accigliò: - Perché dici questo? -
Lara non rispose, e mostrò l'inalatore. 
- E questo cosa significa? -
- Lo sai bene cosa significa. -
Oliver sapeva a cosa si riferiva, ma non lo diede a vedere. - No, dimmelo tu. -
- Un altro attacco, anche debole, è morirò. Ecco cosa significa. - Lara andò a sedersi sul letto.
Rimasero a lungo in silenzio, poi Oliver disse: - Se riuscissimo a lasciare la città, tu riceverai le cure adatte. -
- E questo cosa c'entra? -
- Che non devi mollare. -
Lara aggrottò le sopracciglia. - Ma che stai dicendo? -
- Ti sei presa cura di Michelle da quando è arrivata all'hotel. Poi tutto a un tratto, parli di lasciarla con Claire. -
- Lei potrà difenderla, io no. -
- Non è a questo che mi riferisco. -
- Allora a cosa? -
- Stai mollando, Lara. Tu non te ne rendi conto, ma lo stai facendo. Un momento prima gioisci per quell'elicottero, ed ora sei tornata di nuovo a dire che morirai. -
- Non ho detto questo. - Lara abbassò lo sguardo.
- Ma è quello che hai lasciato intendere. -
Lara rimase in silenzio, si alzò dal letto e andò alla finestra. Il parco giochi era quasi vuoto, eccetto per qualche non-morto solitario. Poi alzò la testa verso il cornicione; notò che le due creature erano sparite. Quando guardò il grattacielo, vide una trentina di Licker arrampicarsi rapidi sulla facciata di vetro dell'edificio, lasciandosi dietro una scia di sangue.

Claire era con le spalle contro la porta della terrazza, mentre gli zombie la picchiavano con gran fracasso. Michelle e Sherry, che si trovavano di fronte alla donna, erano strette l'un l'altra con il viso pregno di lacrime.
D'un tratto Claire vide un elicottero sorvolare il cielo per poi atterrare su un grattacielo. Rimase scioccata nel vederlo, mentre le bambine non compresero che poteva essere un modo per fuggire dalla città. Non sapendo cosa fare, si guardò attorno. Non poteva restare lì per sempre. - Michelle! Sherry! Venite qui -
Le bambine si avvicinarono lentamente. 
- Li vedete quei mattoni? -
Le bambine annuirono.
- Portateli qui. Fate alle svelta. -
Sherry e Michelle raggiunsero un cumulo di mattoni che serviva per ristrutturare una parte del parapetto del terrazzo. Si guardarono tra loro e, stando attente a non schiacciarsi le dita, presero un mattone e lo trasportarono da Claire.
- Mettetelo lì in basso. Sì, brave. Contro la porta. -
- Ora che facciamo? - Chiese Sherry.
Improvvisamente Claire fu sbalzata un po' dalla porta, ma prima che gli zombie entrassero, Claire si rimise al suo posto
Le due bambine indietreggiarono spaventate.
- Andate a prenderne degli altri. Vi dirò io basta. -
Sherry e Michelle andarono di corsa al cumulo di mattoni, e in una manciata di minuti, misero undici mattoni contro la porta, formando più o meno un triangolo rettangolo. 
Claire si allontanò lentamente dalla porta, felice nel vedere che gli zombie non riuscivano a smuoverla. - Ottimo lavoro! -
Le due bambine sorrisero di gioia e si abbracciarono.
La donna andò verso il cumulo di mattoni; rimase stupefatta nel vedere che c'era una cortissima passerella che collegava il palazzo con un edificio ancora in fase di costruzione. Non perse tempo, e tenendo per mano le due bambine, camminarono sulla passerella. Poi Sherry mise un piede nel vuoto, ma Claire l'afferrò appena in tempo. 
Quando arrivarono dall'altra parte, Claire vide pile di tufo, mattonelle e diverse pale e picconi. Un giubbotto catarifrangente era posato su un piccolo muretto non del tutto costruito. Non sapeva dirsi in che stanza si trovava, anche perché, avanzando, le camere parevano tutte uguali. Polvere e cartongesso erano ovunque, così come alcuni sezioni di muri spogli.
Discesero i piani con calma e attenzione, mentre le due bambine si tenevano le mani sulla bocca come se questo potesse servire a non farle sentire dai non-morti.
Arrivati al piano terra, Claire si accorse che l'entrata era chiusa con due robuste ante di legno e un grosso catenaccio. Cercò di tirarlo via, ma non servì. Così ci riprovò colpendolo con un piccone, ma niente. Allora puntò la pistola e sparò. Il primo colpo lo scalfì, ma non lo ruppe. Il secondo invece, lo spezzò in due. Il rumore dei due spari assordarono lievemente le due bambine, che ora si pigiavano il trago delle orecchie nella speranza di far sparire il fastidiosissimo fischio. 
Appena Claire aprì un anta, un non-morto le si gettò sopra, e prima di cadere, la lacerò un poco il gilè rosso. Sherry e Michelle gridarono, mentre Claire gli sferrò un calcio nel cranio. CRACK! Lo stivale di Claire rimase per un attimo impantanato nella cervella putrescenti dello zombie. Un altro non-morto stava entrando, quando cadde improvvisamente a terra. Alle spalle del cadavere c'era Jill.
- JILL! - Gridò Michelle e andò ad abbracciarla.
Sherry invece, si avvicinò a Claire, senza distogliere lo sguardo da Jill che, bagnata fradicia di sangue dalla testa ai piedi, la intimoriva.

Carlos andò in camera da letto e rimase lì per un po', mentre Leon si era seduto, chiedendosi se Oliver e gli altri stessero bene. Poco dopo Carlos uscì dalla camera con due paia di scarpe.
- Be', non sono comodi, - Disse Carlos. - Ma almeno non avrai quel piede di fuori. -
Leon si mise in piedi, lo raggiunse e prese le scarpe: - Grazie, ma... -
- Lascia stare. Tanto sapevo che primo o poi me l'avresti chiesto. E comunque, quelle sono le mie uniche scarpe. Se le perderai, be'... -
- Rimarrò scalzo. - Sorrise Leon e guardò le scarpe. - Forse mi andranno un po' grandi. -
- Passa solo questo in convento. -
- Convento? - Si accigliò confuso Leon.
- E' un battuta. Dalle mie parti si dice così quando non c'è altro. -
Quando Leon si mise le scarpe e le provò camminando, Carlos aprì un armadio nel soggiorno e ci frugò dentro. Poco dopo posò delle munizioni di M4 sul tavolino. 
Leon si avvicinò, guardò i proiettili. - Hai detto che non è tua la casa. -
- Ci vivevo. -
- Ora mi spiego perché quelle due ti hanno minacciato con un arma. -
Carlos si voltò verso di lui. - Loro non erano a conoscenza di questo piccolo scompartimento. Vieni, amico. Dai un occhiata... Visto? E' nascosto tra i miei vestiti. Quelle due non aprivano mai il mio armadio. - Tolse il caricatore dal fucile d'assalto, mise cinque pallottole all'interno, dopodiché lo rimise nell'arma. - Non te l'ho detto prima, ma stavo per andarmene quando quell'orda di zombie ha invaso il parco giochi e... -
D'un tratto udirono le eliche di un elicottero. I due uomini corsero fuori nel terrazzo, e lo videro atterrare su un grattacielo. 
- E' arrivato! - Disse Carlos.
Leon lo guardò perplesso. - Chi? Conosci il pilota dell'elicottero? -
- Certo, amico. E' qui per prelevarmi. -
Leon sgranò gli occhi sorpreso. - Dici... Dici sul serio? -
- Ti sembro uno che racconta stronzate? -
A Leon pareva che un po' lo fosse, ma lo vedeva dal suo sguardo che diceva la verità: - No. Ti credo. -
- Allora andiamo. Dobbiamo raggiungere una fabbrica nella zona industriale. -
- Cosa? L'elicottero è su quel grattacielo. -
- Lo so, ma è lì per fare benzina. Partirà tra un momento. -
- E tu come lo sai? -
Carlos non rispose, andò in cucina e poco dopo ritornò con un walkie talkie. Lo agitò davanti a Leon: - Ho parlato con Barry, il pilota. Mi ha detto che l'elicottero era quasi a secco. Così gli ho detto di andare su quel grattacielo e che avrebbe trovato tre taniche di benzina. -
- Le hai lasciate tu? -
- Vedi forse qualcun'altro? - Carlos allargò le braccia. - Ho dovuto salire quarantatré piani con tre taniche pesanti quasi quanto un blocco di cemento. Doveva prelevarmi lì, quando sono stato assalito da un gruppo di Licker. Così sono corso giù e ho fatto perdere le mie tracce. Poi sono venuto qui per vedere se Barry aveva capito su quale grattacielo atterrare. Certo, potevo andare sul tetto di quel bowling laggiù che è molto più alto di questo terrazzo, ma qui mi sarei trovato più comodo. E poi dovevo tornarci per forza. Avevo l'M4 scarico. -
- Ma i Licker possono essere... -
- Guarda! - Carlos puntò il dito sulla facciata di vetro del grattacielo.
- Quelli sono Licker! -
- Barry! - Disse Carlos con tono preoccupato al Walkie Talkie. - Mi ricevi? Passo. -
Il Walkie Talkie emise un lungo fruscio di sottofondo, mentre i Licker scalvano il grattacielo.
- Barry! Mi ricevi? Passo. -
Dopo un altro lungo fruscio, Barry rispose: - Ti sento forte e chiaro, Carlos. Passo. -
- Ti ho visto atterrare sul grattacielo. Alcuni Licker stanno per raggiungerti. Sbrigati a fare carburante. Passo. -
- Santo Cielo... Ho quasi finito. Ti aspetto allo smaltimento di rifiuti. Passo e chiudo. -
Attimi dopo, l'elicottero si elevò in cielo e un Licker ci balzò contro, ma non riuscendo a raggiungerlo, precipitò giù dal grattacielo. Gli altri Licker sui cornicioni ruggirono verso l'elicottero che si diresse verso la zona industriale. 
- Cazzo! Ce l'ha fatta! - Urlò Carlos felice. - Ora andiamo alla fabbrica. -
- Aspetta. - Gli rispose Leon. - Prima devo accertarmi di una cosa. -
Carlos aggrottò la fronte. 
- Devo trovare gli altri del mio gruppo. -
- Sei in un gruppo? Perché non me l'hai detto prima? -
- Non ho avuto il tempo. Sono in quell'edificio laggiù. Non so se sono... ancora vivi. Voglio credere che lo siano. -
Carlos gli diede un pacca sulla spalla. - Se sono come te, allora stanno bene. E poi se ci sono delle donne, be' come posso rifiutare di salvarle. - Sorrise malizioso.
 Leon scosse la testa e smorzò un sorriso. 

Lara vide l'elicottero ripartire e allontanarsi dal grattacielo. - Se ne sta andando. -
Oliver le si affiancò. - Va verso la zona industriale. -
- Perché? Perché  se ne va? - 
- Non lo so. -
- E' tutto inutile. -
- Lasceremo la città in un modo o nell'altro. Ti ricordi che eravamo diretti in periferia? -
- Sì... -
- Andremo di là, e lasceremo finalmente Raccoon City. Devi fidarti di me. -
- E gli altri..? - 
- Lì troveremo. -
Lara non rispose, si allontanò dalla finestra. 
- Sono ancora vivi, Lara. Lo so che tu... tu non vuoi soffrire. Non vuoi ritrovarteli... -
- Basta. Non dire altro. -
Rimasero per un po' in silenzio, poi Oliver andò vicino al mobile, lo spostò leggermente, e mise un orecchio sulla porta. Non udì nulla. - Forse se ne sono andati. -
Lara si guardò attorno, notò una mazza da Golf vicino alla tenda e la prese. - Tieni. Prendi questa. -
- Da dove spunta fuori questa mazza? -
Lara fece spallucce. - Era lì. Dietro quella tenda. -
Oliver aprì lentamente la porta. Non vide nessuno nel soggiorno. Fece cenno a Lara di chiudersi in camera de letto. Poi si mise a perlustrare la cucina, il bagno e infine l'entrata. Lì trovò un zombie con la fronte poggiata sul muro. Oliver gli si avvicinò cauto, e improvvisamente quello indietreggiò. Quando incrociò gli occhi di Oliver, la mazza da golf gli si piantò nel cranio. Il non-morto gemette, e allungò le mani verso Oliver che, arretrando, inciampò sull'angolo del muro e cadde sul pavimento. La mazza da Golf rimase piantata nel cranio dello zombie, mentre Oliver strisciava all'indietro nel soggiorno. Si rialzò rapidamente e, prendendo da sopra un comodino un portacenere sporco di cenere e cicche di sigaretta, colpì il non non-morto alla testa. Quello cascò di lato e si fracassò la testa contro la parete. La mazza da Golf si piegò e si spezzò in due. 
Lara uscì dalla porta con il cuore il gola, ma tirò un sospiro di sollievo quando vide Oliver in piedi.
- Devo ancora controllare il corridoio là fuori. - Le disse Oliver. Poi senza aspettare una sua risposta, raggiunse l'ingresso e sbirciò fuori dalla porta. Nel corridoio vide due zombie distesi a terra. Erano immobili. Oliver batté una nocca sul telaio della porta, ma quelli non si alzarono. Allora lo batté più forte, ma i due zombie rimasero a terra. Così si avvicinò circospetto ai due, e notò che avevano il cranio ridotto a un poltiglia di cervella e ossa. 
- Sono stati calpestati... - Si disse fra sé Oliver.
- Tutto bene? -
Oliver trasalì appena udì la voce di Lara quasi vicino al suo orecchio. - Dannazione, Lara. Mi hai fatto prendere un colpo. -
- Scusa. -
- Seguimi. Andiamo sul terrazzo. Claire è andata lì. -
- Ancora con Claire. - Disse stizzita Lara.
Oliver si fermò a guardarla. - Ma cos'hai contro Claire? -
- Vi ho visto nella portineria. Lei aveva messo una mano sulla tua. -
- E con questo? -
Lara serrò gli occhi irritata. - Perché l'ha fatto? -
- Perché le ho parlato di te. Le ho detto quello che ho dovuto affrontare per raggiungerti. -
Lara non rispose, lo fissò negli occhi.
- Ecco perché ha messo la mano. Io nemmeno me ne sono accorto. - Rimasero brevemente in silenzio. Poi Oliver aggiunse: - Ora andiamo a vedere se stanno bene. -
Lara lo seguì.
Quando raggiunsero la stretta scala che portava sul terrazzo, nella penombra, videro uno zombie picchiare la fronte sulla porta. 
- Stai indietro. - Disse Oliver a Lara.
- Vuoi colpirlo con un portacenere? -
- Ha funzionato con quell'altro zombie. -
- Ma quello si trova sui gradini. Come farai a colpirgli la testa. -
- Lo farò scendere nel corridoio. - Oliver batté il portacene sul muro. 
Lo zombie si voltò, mise un piede in fallo e rotolò giù dalle scale. Oliver e Lara si scansarono prima di essere travolti, e quando lo zombie fece per alzarsi, Lara gli sferrò un calcio sulla tempia. Lo zombie le afferrò il piede. Lara gridò terrorizzata, mentre il non-morto affondò i denti sulla punta della sua scarpa. Oliver lo colpì frettolosamente con la pianta del piede, finché lo zombie smise di muoversi con la bocca attaccata alla scarpa della donna. Terrorizzata, Lara appoggiò la schiena contro il muro.
- Ti ha... Ti ha morso? - Le chiese Oliver con gli occhi sbarrati dalla paura di perderla.
- Non... - Lo sguardo di Lara vagava un po' ovunque.
Oliver si piegò, prese il piede di Lara e lo tirò fuori dalla bocca dello zombie. Poi la fissò in viso per un momento, dopodiché tolse la scarpa dal suo piede. Sospirò nel vedere che non era stata ferita. - Stai bene, Lara. Stai bene. -
Lara lo guardò confusa e ancora nel panico, e l'Oliver l'abbracciò. 
Poco dopo raggiunsero la porta del terrazzo. Oliver girò la maniglia, ma la porta sembrava bloccata. - Stai indietro. - Disse a Lara, poi colpì la porta con una spallata. Quella si aprì un poco, e Oliver notò un mattone sul pavimento. Allora diede altre tre spallate, e la porta si aprì. 
Giunti sul terrazzo, si guardarono attorno. Poi Oliver andò ad affacciarsi dal cornicione. Rimase stupito nel vedere Claire, Jill, Michelle e Sherry camminare lungo il prato del parco giochi, punteggiato di Licker e zombie morti. - EHI! - Gridò. Lara lo raggiunse non capendo perché gridasse.
Michelle si fermò e si guardò intorno, mentre gli altri tre la guardarono perplessi. Disse qualcosa che Oliver non sentì.
- EHI! - Urlò. - Sono quassù! - Oliver agitò le mani in aria.
Tutti e quattro alzarono gli sguardi verso di lui e Michelle sollevò una mano. Poi si mise a correre verso l'entrata del palazzo, seguita dagli altri. 
Quando Oliver e Lara raggiunsero l'ingresso, Michelle si precipitò da Lara, e la strinse più forte che poté. Claire incrociò lo sguardo di Oliver; si sentì un po' a disagio per averli abbandonati nel corridoio.
Oliver fece finta di nulla, ma appena Lara si staccò da Michelle le disse: - Perché ci hai abbandonati? -
Jill guardò Claire perplessa.
- Dovresti saperlo. - Aggiunse Claire.
- No, non lo so. - Rispose Lara
- Lara... - Le disse Oliver.
- Non cominciare, Oliver. Questa volta non puoi far finta di niente. Ci ha abbandonati quando ne avevamo più bisogno. -
- E' così? - Chiese Jill a Claire.
- Non avevo scelta. Dovevo salvare Michelle e Sherry. Gli zombie erano quasi arrivati all'ultimo piano e... -
- E non hai pensato minimamente di aiutare me e Oliver. - Lara serrò gli occhi.
- Se mi... Se mi fossi fermata ad aiutarvi, Lara, gli zombie ci avrebbero presi tutti. -
- Questo lo dici tu! Oliver mi ha trascinata nell'appartamento. Ha dovuto fare tutto da solo e... -
- Lara... - Aggiunse Oliver per cercare di placare il battibecco.
- Stai zitto, Oliver! Se quella porta non si fosse aperta, io e lui saremmo diventati il pasto di quei mostri. -
- Ho scelto le bambine, e lo rifarei ancora. -
Lara stava per tirarle uno schiaffo, quando Oliver le bloccò le braccia attorno alla schiena.
- Calmati. - Le sussurrò Oliver.
- NO! Deve pagare! -
Le bambine scoppiarono a piangere, e Jill non sapeva bene cosa fare.
Claire rimase immobile. Poi andò dalle bambine.
Dopo un po' Lara scoppiò in un pianto sommesso, e Oliver l'abbracciò: - Tranquilla. - Le accarezzò il viso. 
D'un tratto udirono qualcuno entrare nel palazzo. Tutti si voltarono e videro un Leon stupefatto di vederli in vita, e un Carlos che sbarrò gli occhi davanti a Jill.
- Carlos! - Disse Jill. - Che bello rivederti. -
- Anche per me. Ma vedo che ti sei fatta una doccia nel sangue. - Sorrise, guardandola avidamente da capo a piede. Poi posò lo sguardo su Claire, e la divorò con gli occhi. 
Le bambine corsero a salutare Leon, ma si tennero lontane da Carlos. 
- E tu chi saresti per accecarmi con la tua bellezza? - Disse Carlos a Claire con un mezzo sorriso malizioso. 
- Mi chiamo... -
- Non dargli corda, Claire. - Aggiunse Jill. - Carlos è un... -
- ...Uomo che ti renderà felice. - Sorrise Carlos divertito.
Claire scosse la testa, e ascoltò il consiglio di Jill.
- Non mi sembra il luogo adatto per corteggiare una donna. - Gli disse Leon. - Carlos può farci uscire da qui. -
Tutti lo guardarono speranzosi, ma si tennero bene dall'esultare visto com'era andata l'ultima volta.
- Come farai? - Chiese Jill a Carlos.
- Un tuo amico, Barry Burton. Ci aspetterà su un elicottero sopra la fabbrica di smaltimento rifiuti nella zona industriale. -
- Barry..? Ma... Ma come hai fatto a... -
- Contattarlo? Be', è stato semplice. - Tirò fuori il Walkie Talkie. - L'ho sentito che parlava di te. Disse che poteva tirarti fuori da questo casino. Io gli ho detto che ti conoscevo, ma... diciamo che è stato un po' diffidente all'inizio. Ma infine l'ho convinto. -
 - Davvero davvero lasceremo la città? - Domandò Michelle nascondendosi dietro Claire.
- Sì. - Rispose Carlos.
- E... E zio Tom? -
Carlos guardò gli altri confuso. Non sapeva chi fosse Tom. 
- Lui starà bene. - Le disse Lara che la raggiunse, guardando in malo modo Claire.
- E dov'è? -
- Ti ricordi la caccia al tesoro? -
La bambina annuì. 
- Lui ha perso, mentre noi due abbiamo vinto. Quindi siamo passati a un tesoro molto più grande e... -
Carlos si accigliò, non sapendo se mettersi a ridere per quello che stava dicendo la donna.
- Posso partecipare anch'io? - Chiese Sherry a Lara.
- Certo. Così vinceremo di sicuro. -
Le due bambine fecero un largo sorriso e saltellarono sul posto felici tenendosi per mano.
- Allora... - Disse Carlos guardandosi perplesso in giro. - Direi di andare. -

Lasciarono il parco giochi, mentre Leon guardava la porta d'ingresso della sala Bowling. Si era messo alle spalle del gruppo, ma Carlos si accorse dove stava guardando.
- Cosa guardi? - Gli disse.
Leon fu sorpreso della domanda di Carlos. - Nulla. -
- Speri di vedere quella donna, eh? Un bel pezzo di donna, direi. -
Leon si accigliò. - A chi ti riferisci? -
- A una donna vestita di rosso. Mi pare avesse un veste con un spacco sulla gamba. -
Leon non rispose subito. - Tu come lo sai? L'hai vista? -
- Te l'ho appena detto che lo vista, amico. - Sorrise Carlos. - Ti dirò, l'ho incontrata la prima volta mentre mi dirigevo a casa. Era circondata da quattro uomini vestiti di nero. Credo fossero militari o una roba del genere. Insomma, pensavo fosse spacciata, amico, quando invece ha fatto fuori quei quattro in un lampo. Roba di mezzo secondo, ed erano morti. Non ho mai visto una cosa del genere, ed io credimi, ne ho viste di cose, amico. Poi mi sono allontanato. Tempo dopo ebbi l'impressione di essere seguito. Non so, ma mi sentivo gli occhi addosso. E' difficile spiegarlo a parole. Comunque, l'indomani  me la ritrovai in casa a frugare tra le mie cose. Quel vetro spaccato nell'attico, ricordi? Be', è stata lei a farlo, quando mi ha visto entrare in casa. E' fuggita via saltando dall'attico e non so come, non si è nemmeno rotta una gamba, amico. Poi l'ho vista gironzolare nei paraggi, finché è sparita. Ed oggi l'ho rivista di nuovo che parlava con te. - Carlos si avvicinò all'orecchio di Leon con fare divertito. - Sai se è single? Una come lei...
- Ehi! - Leon si fermò e puntò un dito contro di lui. - Dimenticala, ok? - Disse con tono brusco.
Tutto il gruppo si girò.
Carlos guardò dapprima le facce perplesse del gruppo, poi quella di Leon. Alzò le mani in segno di resa: - Va bene, amico. Non ti scaldare. La vuoi tutta per te. Mi sta bene. -
Leon sbuffò irritato, ma si mantenne nel dire altre parole. 
- C'è qualche problema? - Chiese Jill ai due.
- No. - Disse Leon.
Poco dopo Carlos si affiancò a Claire, le parlò, ma la donna non fu molto loquace. Così rimase affianco a lei, senza aggiungere nient'altro.
S'incamminarono nella strada da cui erano venuti. Videro gli zombie ammassati sotto il grattacielo, ma i non-morti non videro loro. Così si diressero verso la metro, dove l'asfalto era puntellata da viscere, testa fracassate, corpi squartati e qualche zombie calpestato. I sopravvissuti avevano infoltito il già numeroso esercito di non-morti. 
Proseguirono molto lentamente, evitando di passare al centro della strada, di sbucare un angolo senza averci sbirciato prima, ma sopratutto evitando di parlare. Jill aveva chiaramente detto di non farlo, poiché i Licker captavano anche il più piccolo suono. E Carlos, forse per contraddirla oppure per chiarezza, disse che i Licker avrebbero sentito anche il suono dei loro respiri o il pompare del loro cuore. E così facendo, non fece altro che spaventare Michelle e Sherry che scoppiarono in un pianto sommesso. Ma per loro fortuna, nessun Licker li sentì, o almeno così credettero inizialmente.
Giunsero davanti alla scalinata che scendeva giù nella metro. 
- I sopravvissuti, giusto? - Chiese Carlos che guardava i corpi senza vita.
- Non parlare. - Rispose Jill.
- Io li avevo avvertiti. -
Tutti lo guardarono.
- Su cosa? - Domandò Oliver incuriosito.
- Che c'era un laboratorio segreto nella galleria della Metro. E che poteva risultare pericoloso per loro. -
- Sapevi del laboratorio? - Gli disse Jill sorpresa. - Perché non mi hai informata? -
- E come? Tu eri sparita, e poi l'ho trovato quando ci siamo separati. Non mi sono messo a indagare, ma la polvere che ho visto sul pavimento mi ha fatto capire che era stato abbandonato per una ragione. -
- Quale? -
- Chi lo sa. Inoltre, c'erano dei Licker nelle gallerie. Ne ho viste una decina infilarsi in uno squarcio nel soffitto. -
Leon non riuscì a stare zitto. - Chi sei in realtà? Un agente governativo? Lavori per la STARS come Jill oppure sei... -
- Lavora per UBCS - Disse Jill. 
- Umbrella Biohazard Countermeasure Service. - Sottolineò Carlos.
- Ecco perché hai quell'arma. -
- 'Lavoravo' per loro, Jill. Ora non più. -
- Che vuoi dire? - Domandò Oliver.
- E' una lunga storia. -
- Già. - Aggiunse Jill. - E noi non abbiamo tempo per parlare. Guardate! In fondo alla strada. -
Una centinaio di Licker correvano lungo le facciate degli edifici, e alcuni di loro sull'asfalto e sui tetti.
- La solita fortuna del cazzo! - Esclamò Oliver.
- Andate nella metro! - Disse Jill.
- Cosa? - Le rispose Claire. - E' troppo pericoloso. Quei mostri vivevano là sotto. Te ne sei dimenticata? - 
Ma ancor prima di fare un passo, si ritrovarono altri Licker spuntare da tutte le parti. Le due bambine si misero a piangere e si aggrapparono a Claire che era di fianco loro. Poi due Licker balzarono tra loro e divisero Oliver e Lara dal resto del gruppo. 
- Fuggite! - Urlò Leon, mentre scendeva a saltelli la scalinata della metro coprendo le spalle agli altri.
Oliver e Lara scapparono dall'altra parte e s'infilarono dentro una videoteca. Per sua fortuna la gamba di Oliver sembrava essere guarita, ma se non lo fosse stato...
Oliver chiuse la porta, mentre un Licker ci si schiantò sopra, facendo rimbalzare lievemente l'uomo. Nel negozio non si vedeva nulla a parte una piccola luce verde d'emergenza che indicava l'uscita. Lara inciampò tra le videocassette e i CD sparsi per terra e finì contro un cartellone che raffigurava un non-morto. Urlò quando vide la faccia dello zombie ritratto sul cartone come fosse reale. Oliver si voltò spaventato, pensando che ci fossero non-morti all'interno. Poi udì Lara scoppiare in una risata isterica.
- Non ridere. - Le bisbigliò Oliver.
Il Licker aumentò la forza dei colpi contro la porta.
Lara continuò a ridere, e Oliver dovette metterle una mano davanti alla bocca: - Zitta! Vuoi attirarli tutti qui? -
- Là fuori ci sono zombie, e qua... - Lara cercò di trattenersi dal ridere, ma non ci riusciva. - E' qua c'è un cartone con raffigurato uno zombie e il nome del film: La notte dei morti viventi. Non è demenziale tutto questo? - E rise ancora più forte, mentre la porta lentamente si piegava sotto i colpi del Licker, che per loro fortuna non era facile da abbattere. 
Oliver le bloccò di nuovo la bocca, la fece alzare e la portò all'uscita d'emergenza. Affianco alla porta di ferro, illuminato dalla luce d'emergenza, vide un poster con un teschio, una mano che usciva da sotto terra e tre zombie sullo sfondo e il nome in giallo; La notte dei morti viventi. Oliver si accigliò confuso. Aprì lentamente la porta, mentre alle loro spalle l'altra vibrava sotto i colpi dei Licker. Non vide nessuno nel vicolo, così uscirono dalla videoteca. Udirono dei ruggiti tutt'attorno, ma nessun Licker in vista.
Lara aveva smesso di ridere e ora sembrava a un passo dallo scoppiare a piangere. Oliver la prese per mano, e silenziosi come gatti, sgattaiolarono fino alla fine del vicolo, costeggiato da auto e bidoni. Quando svoltarono l'angolo, sentirono un forte tonfo come se qualcosa di pesante avesse colpito un muro, susseguito da un ruggito. Lara stava per parlare, quando Oliver le fece cenno di rimanere in silenzio. 
Corsero a lungo tra i vicoli e le strade, senza incontrare nessuno. I posti di blocco si fecero più frequenti, e le colline di cadaveri ostacolavano la loro fuga. Poi Lara si fermò di colpo con il fiato corto, prese l'inalatore e si mise a respirare. Erano nascosti dietro a due furgoni. Oliver si guardò attorno circospetto. Teneva sott'occhio i parapetti delle terrazze e le mura degli edifici.
- Stai bene? - Le bisbigliò Oliver.
Lara annuì.
D'un tratto udirono una moltitudine di ruggiti. Un branco di cani zombie si mise ad abbaiare e subito dopo a guaire. Oliver si abbassò assieme a Lara in un angolo. Una piccola sezione di muro dell'edificio li nascondeva dallo sguardo di chi sarebbe giunto verso destra. Poco dopo videro da quella direzione, dozzine di cani zombie correre lungo la strada; un istante dopo, comparvero centinaia di Licker al loro inseguimento. Oliver e Lara sussultarono a quella scena inquietante. I Licker continuavano a sbucare fuori e correre come una mandria di buffali.
Oliver coprì Lara con il proprio corpo, pensando che fossero spacciati. Il tutto durò una manciata di minuti, e ben presto nell'aria regnò il silenzio, interrotto dal fruscio del vento tra le fronde e il ronzare delle mosche. La strada, così come tutto ciò che avevano calpestato i Licker, era diventata un enorme tappeto di sangue.
Rimasero lì per un po', poi con cautela, si misero a camminare in silenzio. 
Costeggiarono gli edifici, finché lasciarono Downtown ed entrarono a Uptown. Non potevano tornare indietro, e tentare di trovare il resto del gruppo, anche perché non sapevano se fossero ancora vivi, ma sopratutto dove si trovassero ora. Oliver aveva sentito Jill dire di rifugiarsi nella galleria; poteva forse tentare di ritornare indietro e provare a cercarli, ma poi si ricordò che nella galleria vivevano i Licker. Così lasciò che i pensieri scivolassero via.
- Forse è meglio tornare indietro. - Bisbigliò Lara. - Forse ci stanno aspettando. -
- No. Proseguiamo. -
- Non possiamo lasciarli indietro. -
- Downtown è un covo di Licker e cani zombie. Se restiamo qui, moriremo. -
Lara mise l'inalatore nella tasca. - Loro non ci avrebbero abbandonati e... - Si zittì pensando a Claire. - Però Claire l'ha fatto... -
- Ha dovuto farlo. - Le rispose Oliver. - Non la sto giustificando, ma rifletti un po'. Avresti lasciato morire Claire per salvare Michelle e Sherry? -
Lara non rispose, anche se voleva dire un sì secco.
Camminarono in silenzio, mentre Oliver vide un furgone bianco dell'Umbrella ribaltato su un fianco. Lentamente i cadaveri cominciarono a diminuire, così come il tanfo che seguiva i due da giorni ormai. Si erano persino abituati a quel rivoltante odore, che quando l'aria si fece più fresca e profumava di foglie, si misero a tossire per un po'.
- Dove siamo diretti? - Gli disse Lara.
- Alla periferia. Ricordi? -
- Sì... Mi sento in colpa per aver lasciato indietro Michelle e Sherry. -
- Saranno al sicuro con Leon e gli altri. -
- Lo so, e solo che... Mi ero affezionata. -
Oliver le cinse la spalla con un braccio e lei posò la testa sul suo petto. Proseguirono così, stretti l'uno all'altra mentre il cielo, lungo l'arteria di Mission street, imbruniva all'orizzonte.
Un ora dopo il firmamento fu tempestato di stelle, e i due trovarono riparo in una piccola edicola. 
- Non trovi che sia strano che non abbiamo incontrato neanche un zombie? - Gli disse Lara.
- Un po', ma credo che tutti i non-morti si siano diretti a Downtown. L'elicottero ha fatto molto rumore. Persino i Licker sono aumentati nelle strade. -
- Perché non proviamo ad andare alla fabbrica? -
- La strada che stiamo seguendo porta lì, oltre che in periferia. -
Lara aggrottò le sopracciglia: - Perché non me l'hai detto prima? -
- Pensavo l'avessi intuito. -
Rimasero per un po' in silenzio, poi Lara sbadigliò. 
- Dormi, Lara. Farò io la guardia. -
- No, voglio rimanere sveglia. -
- Hai bisogno di risposarti. Sei esausta. -
- Magari chiudo soltanto gli occhi. -
Oliver sorrise. Un momento dopo Lara cascò nel mondo dei sogni. Anche lui aveva sonno, e si forzò di tenere gli occhi aperti. Così prese una rivisita storica e lesse qualche pagina. Ma gli occhi gli bruciavano e la vista si appannava sempre più. Allora si mise a guardare le immagini, finché prese sonno con la rivista in mano.
Sognò di essere su una brulla collina. Davanti a lui, a due chilometri di distanza, si estendeva luminosa Raccoon City sotto un cielo azzurro. Sentiva il suono dei motori delle auto, il clacson, il vociferare delle persone, l'abbaiare dei cani, una cantilenante canzone di un gruppo di bambini e altri suoni che non riusciva a distinguere. Li sentiva dietro l'orecchio, anche se era solo su quella brulla collina. Poi vide un bagliore nel cielo; lo seguì con lo sguardo finché cadde sulla città. Udì un forte boato, e da sopra gli edifici, si elevò un enorme fungo atomico che raggiunse un altezza infinità. Quando Oliver abbassò gli occhi sulla città, una sfera di fuoco avanzava rapidissima verso di lui, ma prima che lo carbonizzasse, una forte onda d'urto lo travolse.
Sì svegliò di colpo con il viso pregno di sudore. Lara dormiva rannicchiata sotto di lui. Oliver comprese che si era svegliata, e quando l'aveva visto dormire, si era stretta tra le sue braccia. 
Oliver si alzò senza far rumore e aprì lentamente la porta dell'edicola. Il cielo lentamente schiariva sopra i tetti degli edifici, mentre una folata di vento gelido lo colpì in viso. Chiuse la porta, si rimise vicino a Lara e chiuse gli occhi. Non voleva dormire, ma restare così per un po'. A contemplare il silenzio dopo giorni di caos.
Un ora dopo Lara aprì gli occhi. Vide Oliver immerso nella lettura di una rivista storica. 
- E' mattina? - Gli disse.
- Sì. -
- Perché non mi hai svegliata?
Oliver sollevò gli occhi da sopra la rivista. - Perché aspettavo che il sole si alzasse almeno un po'. -
Lara si mise in piedi, aprì la porta e guardò il cielo. 
- La strada è ancora un po' ombrata. - Disse Oliver arrivandole alle spalle. 
- Vedo. -
- Ci metteremo in marcia tra poco. -
Mezz'ora dopo s'incamminarono lungo la strada. Oliver sentì lo stomaco brontolare mentre Lara, che camminava con gli occhi ancora assonnati, si teneva una mano sull'addome.
- Hai fame? - Le disse.
- Credo che tu sia più affamato di me. -
Oliver sorrise. - Più avanti c'è un supermercato. Forse c'è qualcosa. -
- Sempre se non l'hanno saccheggiato. -
- Qualcosa sarà rimasta per forza. -
Superarono un altro posto di blocco, e dietro una macchina della polizia, appoggiato di spalle contro la portiera, un poliziotto con il petto dilaniato. Oliver si chinò verso il cadavere.
- Cosa fai? - Le chiese Lara.
- Gli prendo la pistola. Tanto a lui non serve più. -
Lara si guardò attorno, si accorse che non c'erano molti veicoli. - Forse possiamo proseguire in auto. -
Oliver si voltò a guardarla. - Non siamo ancora lontani dai Licker. Non voglio rischiare. Il motore li attirerà. -
- Ma non manca molto alla zona industriale. -
- Lo so, ma... -
- Ma? -
- Mettiamo il caso che una volta arrivati non ci troviamo nessuno, che magari sono già fuggiti. -
Lara sbarrò gli occhi incredula al solo pensiero: - Non... non è possibile. Ci aspetteranno. -
- Forse, ma gli altri non sanno che siamo ancora vivi. E noi non sappiamo se loro lo siano. -
Lara non parlò più. 
Oliver si sentì in colpa per aver detto ciò, ma ormai pensava solo a lasciare la città ad ogni costo. Poi disse: - Per questo ho preso questa strada, così se... se le cose non vanno come immaginiamo, possiamo andare dritti per la periferia e andarcene. -
Ma Lara non gli rispose nemmeno questa volta, e così, stando in silenzio, proseguirono fino al limitare di Uptown. 
Poco dopo giunsero vicino al supermercato. Oliver andò all'ingresso, mentre Lara rimase al centro del marciapiede. All'interno tutto era sotto sopra, e la maggior della stanza era illuminata dalle finestre poste sul soffitto. Vicino alla cassa c'erano quattro cadaveri, e altri se ne vedevano accanto agli scaffali per la maggior parte svuotati. Delle scie di sangue si perdevano lungo tutto il pavimento. Oliver rimase fermo, batté con il calcio della pistola sul bancone della cassa. Non udì nulla. Per sicurezza lo fece di nuovo, ma anche stavolta niente. Così, con molta attenzione, si mise a frugare tra gli scaffali. Non trovò nulla di commestibile. L'intero negozio alimentare era stato saccheggiato, e quando fece per andarsene, colpì con la punta del piede una scatoletta di manzo. Quella andò a sbattere contro il bancone e il rumore echeggiò per tutto il negozio. Dei quattro cadaveri all'entrata, ne vide alzarsi due. Oliver spalancò gli occhi. Come poteva essere? Aveva fatto rumore con il calcio della pistola e quelli non si erano svegliati, pensò.
D'un tratto si sentì afferrare un piede. Oliver sussultò e diede un calcio all'indietro, colpendo qualcosa. Si mise a correre verso il bancone, prese la scatoletta di manzo e si precipitò fuori.
Lara lo guardò spaventata vedendolo arrivare di fretta: - Cosa è successo? -
- Svelta! Corriamo! -
Corsero per un bel pezzo, finché si fermarono a riprendere fiato. Oliver si voltò, e da lontano, non vide nessuno uscire dal negozio alimentare. Lara si mise a respirare dall'inalatore. Oliver le allungò la scatoletta di manzo, e Lara gli sorrise.
- Faremo a metà. - Disse la donna.
- Non volevi mica mangiartela tutta tu? - Sorrise Oliver.
Lara aprì la scatoletta, ne mangiò un po' e poi lo passò a Oliver che, una volta finito di mangiare, lasciò la scatoletta sul tettuccio di una macchina.
Si allontanarono, e dopo aver superato due isolati, si trovarono davanti a un posto di blocco che sbarrava l'accesso alla zona industriale. Oliver osservò l'intera muretto di cemento sui cui correva del filo spinato. - Passiamo per quella porta. - Disse. 
- E' chiusa. - Gli rispose Lara.
- Posso abbatterla. -
- Ma farai rumore. E poi non sappiamo chi c'è dietro quella porta. -
- Non c'è nessuno. E' una casa abbandonata. -
L'edificio, un tempo una piccola casa, aveva molte crepe sul muro in cui cresceva del muschio. Il tetto invece, era crollato anni a dietro. La porta era sbarrata da tre assi di legno, ma erano marce e un po' danneggiate. A Oliver bastò un debole calcio frontale per far cadere tutto a terra. Si sollevò una nube di polvere che fece tossire i due. Quando entrarono, Oliver notò una finestra chiusa da altre assi di legno che dava sulla zona industriale. Prese una grossa pietra che una volta faceva parte del tetto, e la tirò contro la finestra. Alcune assi si ruppero. Così ci riprovò altre due volte e infine, una volta distrutto l'ostacolo, passarono dall'altra parte. 
Misero i piedi sull'erbaccia che cresceva a ridosso della casa, e proseguendo nel mezzo di essa per un po', si ritrovarono di nuovo sulla strada. Oliver vide alcune zombie alla sua sinistra. Erano lontani, ma già la loro presenza gli fece intuire che ben presto ne avrebbe incontrati molto di più. Poi Lara gli batté una mano sulla spalle, e girandosi, notò un centinaia di zombie che marciavano nella loro direzione. Per un attimo, Oliver si fece prendere dal panico, ma poi si riprese. Si guardò attorno, e prendendo Lara per una mano, si diressero dentro l'alta erbaccia giallastra. Continuarono alla cieca, con l'ansia di venir afferrati da uno zombie sbucato all'improvviso, mentre i fili d'erba schiaffeggiavano i loro visi.
D'un tratto misero un piede nel vuoto e rotolarono giù in un avvallamento, finendo contro dei cespugli dalle foglie rinsecchite.
- Stai bene, Lara? - Disse Oliver che si alzò e si pulì la terra dai vestiti.
- Sì. -
Oliver l'aiutò ad alzarsi, poi si guardò attorno. Erano finiti dentro un fosso che si estendeva orizzontalmente in due direzione. Quella a sinistra era sbarrata da una fitta vegetazione fatta di erbacce, cespugli e qualche erica. Quella a destra invece, proseguiva senza interruzioni fin sotto un piccolo ponte di pietra. Sopra di esso, Oliver vide il cornicione della fabbrica di smaltimento rifiuti. 
- Guarda, Lara! La fabbrica! -
Lara sgranò gli occhi.
- Proseguiamo lungo il fossato. Forse ci porterà lì. -
Lo seguirono, e s'inoltrarono sotto il breve cunicolo del ponte che era completamente buio. Appena giunsero alla fine dal fossato, di fronte loro, videro una canale fognario al di là di un acquitrino. Delle sbarre di ferro chiudevano il condotto, ma di lato, c'era una piccola scalinata di cemento che saliva fin sopra il canale. Inizialmente, i due non sentirono il fetore emanato dagli acquitrini, finché non provarono ad aggirarlo. E quando lo fecero, Lara vomitò pezzetti di manzo dentro l'acqua, mentre Oliver si tappò il naso sentendo un rigurgito salire fin nella gola.
Da sotto le acque melmose, Oliver intravide una sagoma. Sussultò e indietreggiò turbato, mentre Lara se ne accorse subito dopo. Si voltò verso Oliver che le fece cenno di allontanarsi. I due costeggiarono l'acquitrino, e intravidero altre sagome nella melma, fino a che non videro un Licker morto vicino al canale. I due si scambiarono un occhiata, ma non parlarono. 
Quando salirono i gradini, riuscirono finalmente a dare un volto alle sagome. Lara rabbrividì. Videro Licker e altri esseri mostruosi e deformi punteggiarne l'acquitrino che si disperdeva tra le canne. Dovevano essere più di un centinaio, e tutti erano ammassati sul fondo del pantano.
D'un tratto sentirono il rumore di un elicottero. I due, incrociando lo sguardo per un momento, salirono rapidamente i gradini, e quando giunsero alla fine, videro l'elicottero prendere quota.
- EHI! - Gridò Oliver, accompagnato da Lara.
L'elicottero si fermò in cielo per un attimo, poi roteò a sinistra e si allontanò verso l'orizzonte.
- EHI! - Continuò a urlare Lara disperata.
Oliver abbassò gli occhi. Leon e gli altri se ne erano andati senza di loro. Forse li credevano morti? Si chiese. Ma si rese contò che era inutile rimuginare sui perché. Loro erano andati via. Bastava questo come spiegazione.
Lara continuò ad urlare, finché l'elicottero diventò solo un minuscolo puntino nel cielo. Poi Oliver udì dei gemiti, e si voltò a sinistra, vedendo un orda di zombie vicino alla recinzione di cemento della fabbrica. - Oh no. -
Lara si voltò verso di lui. - Che c'è? -
- Andiamo via! - La prese per un mano e, superato un breve sentiero sterrato, si ritrovarono in strada. Gli zombie erano a qualche metro da loro, e inizialmente non si erano accorti dei due, finché non se li ritrovarono davanti. Si levò un assordante gemito, mentre videro una cinquantina di Licker scalare le mura della fabbrica diretti sul tetto.
Lara si strinse a Oliver che, senza pensarci due volte, fuggì a sinistra. I Licker non si accorsero dei due. I gemiti degli zombie coprivano ogni rumore.
Lara e Oliver svoltarono l'angolo della recinzione della fabbrica, notando una macchina parcheggiata sotto un ottano. I due si guardarono per un attimo, e si diressero alla macchina. Non avevano nemmeno preso in considerazione il fatto che non avessero le chiavi per entrare, e così, quando furono vicini, si fermarono di colpo. 
Una dozzina di zombie svoltò l'angolo della recinzione.
- Ora le... - Balbettò Oliver.
- Senza le chiavi non possiamo entrare. - Gli rispose Lara che si guardava nervosamente intorno.
- Restiamo calmi. Non facciamoci prendere dal panico... -
I due rimasero in silenzio per un po'. Poi Lara disse: - Troviamo un auto abbandonata. -
- Perderemo solo tempo. Forse è meglio proseguire fino alla periferia. - Gettò uno sguardo in fondo alla strada. - Da qui mancano otto isolati. -
- Ok, allora andiamo! - Spinse Oliver per farlo partire.
Proseguirono a dritto per tre isolati, poi dovettero svoltare a destra, poi a sinistra e infine sempre dritto. C'erano soltanto edifici diroccati, e altri resti scheletrici di fabbriche chiusa da tempo. L'erbaccia cresceva ovunque, e proseguendo nel loro tragitto, non incontrarono né zombie né veicoli. Poi svoltando a sinistra, si ritrovarono davanti un posto di blocco con una piccola torretta. Non era ostruita da un lungo muretto di cemento come tutte le altre attorno alla zona industriale, ma aveva una porta che era stata abbattuta. Sulla ringhiera della torretta penzolava un cadavere con un uniforme nera. Ai piedi della recinzione, erano accalcati altri corpi tutti crivellati di proiettili. 
Superarono il posto di blocco e, affianco a un gazebo militare al cui interno c'era un tavolo con delle armi, notarono una Jeep militare con la portiera del guidatore aperta. Si avvicinarono cauti. Un uomo giaceva sul sedile con le gambe fuori dalla Jeep e le viscere esposte. Oliver si tappò il naso, e così fece anche Lara. Poi Oliver trascinò l'uomo per le gambe.
- Guido io. - Disse Lara.
- Va bene... Vedo se ha le chiavi addosso. - Oliver frugò nelle tasche del cadavere, e si ritrovò in mano una foto. Era l'uomo con una donna che teneva in braccio un neonato. Oliver guardò la faccia putrescente dell'cadavere, e gli mise la foto sul petto.
- L'ho trovate! - Aggiunse Lara. - Erano nel vano portaoggetti. - Fece una breve pausa. - Ma cosa fai? -
Oliver si voltò. - Niente. - Poi salì sul sedile del passeggero, e partirono. 
Lara portava la Jeep come se l'avesse già guidata prima d'ora. Oliver l'osservava in silenzio, mentre superarono l'ultimo isolato ed entrarono nella periferia. 
Seguirono la strada per un po', intravedendo case bruciate, incidenti, posti di blocco improvvisati, cadaveri ai bordi delle strade e veicoli carbonizzati. Non videro non-morti, ma solo un branco di cani zombie che si contendevano un cadavere in un vicolo. Rimase spiazzato dal fatto che il branco di cani zombie non si era messo al loro inseguimento. Lo capì solo un attimo dopo, quando udì un urlo di dolore. I cani zombie non si contendevano un cadavere, ma bensì una persona viva. Lara stava per fermarsi, quando Oliver le fece cenno di continuare a guidare. 
Dopo un po' svoltarono a destra. Le case erano tutte raggruppate, quasi una sopra l'altra, e molte di loro erano in pessimo stato. Le case popolari invece, si ergevano grigie e apatiche su tutto il paesaggio. Una di loro aveva otto piani totalmente immerse nelle fiamme; lingue di fuoco fuoriuscivano dalle sue finestre. La periferia era stata lasciata a morire, eppure, Oliver udiva degli spari in lontananza. Segno che c'erano superstiti. Li aveva incontrati solo nella metro, e solo per un momento. E infine, li aveva visti morire, divorati dai Licker. Ma non era certo che fossero sopravvissuti, potevano essere uomini della SWAT o unità dell'Umbrella Security Service.
- Li senti anche tu? - Gli chiese Lara.
- Sì, ma non possiamo fare nulla per loro. -
- Potremo provarci. -
- No. Continua a guidare. -
- Ma Oliver... -
- Guida! -
Lara si girò stizzita, ma capiva l'atteggiamento di Oliver. Ne aveva abbastanza di tutto ciò. Voleva lasciare per sempre Raccoon City, e anche Lara desiderava tutto questo. 
Costeggiarono la stazione di pompieri, e videro due autopompe divorate dalle fiamme. Otto pompieri erano davanti all'entrata con le schiena forate dalle pallottole. Udirono altri spari, delle grida, e infine, senza neanche accorgersene arrivarono sul limitare della periferia. Davanti a loro, la strada era bloccata da numerosissimi veicoli, perlopiù furgoni.
- Non possiamo proseguire con la Jeep. - Gli disse Lara.
- Vai attraverso i campi. La Jeep è adatta per quel terreno. -
La jeep fece retromarcia, e distrutto il guardrail, proseguirono sui campi. Non fecero molta strada, poiché il bosco impediva alla Jeep di andare oltre. Così Lara si limitò a guidare parallelamente al bosco. Una manciata di minuti dopo, avvistarono una stradina sterrata.
- Finalmente. - Disse Oliver.
Lara posò una mano sulla sua. Poi guardarono per l'ultima volta Raccoon City, e seguirono il sentiero che si perdeva nei boschi. La Jeep ondeggiò diverse volta per via delle buche, e poco dopo, la stradina si fece più strette e in salita. Lara guidò con prudenza, finché il sentiero si allargò e gli alberi lasciarono spazio a una brulla collina. 
Oliver ebbe come un déjà vu, susseguito da una strana sensazione di malessere. Percepì un vuoto allo stomaco.
Lara se ne accorse. - Cosa c'è, Oliver? -
- Parti... -
- Sei sicuro di star bene? -
- Parti ti ho detto! - Urlò.
Lara serrò gli occhi arrabbiata.
D'un tratto in cielo apparve un bagliore.
- No, no, no... - Oliver si mise le dita nei capelli. - E'... E' come nel sogno che ho fatto. -
Lara non capì. - Ma è una meteora, quella? -
- Cazzo! Parti, Lara! Parti! - Gridò Oliver come preso dal panico.
Lara si spaventò, ingranò la prima e la Jeep continuò il suo percorso. Dopo un po' udirono un assordante boato, e per un momento il paesaggio attorno a loro si illuminò di una intensissima
 luce bianca. Il terreno iniziò a tremare, e Lara cercò di non sbandare con la Jeep. Poi Oliver, dallo specchietto retrovisore interno, vide un enorme fungo atomico levarsi in cielo dalla città.
- Accelera! - Disse Oliver.
- Lo sto già facendo. -
Poi dalla densa nube nera che sovrastava la città, una sfera di fuoco si espanse tutt'attorno a una velocità impressionante. Ogni cosa al suo passaggio bruciava e veniva spazzata via. Stava quasi per raggiungerli, quando lentamente la sfera rallentò la sua andatura. La Jeep sfrecciò fuori dalla stradina sterrata e, facendo una derapata per non finire contro una sequoia gigante, si fermò su una strada asfaltata. Lara prese l'inalatore e se lo portò alle labbra. Oliver sentiva il cuore esplodergli quasi dal petto. All'orizzonte un densissimo fumo nero ricopriva lentamente il cielo azzurro. Poi la Jeep ripartì in direzione Stone-Ville, la città più vicina a Raccoon City; l'unico percorso che potevano fare. 
Oliver sistemò lo specchietto retrovisore interno, e alle sue spalle, in fondo alla strada, intravide un posto di blocco militare. Stropicciò gli occhi come se fosse frutta della sua immaginazione, ma la Jeep correva sull'asfalto, e quel posto di blocco sparì tra gli alberi, lasciandogli addosso solo dubbi. Se erano dei militari perché non li avevano fermati? Si disse. Poi pensò al fatto che erano su una Jeep militare. Magari pensavano fosse una squadra di ricognizione o una roba del genere, pensò. Ma ora cominciava a dubitare anche del fatto di aver visto il posto di blocco. Magari era solo un allucinazione dovuta alla troppa adrenalina in circolo. Poi cercò di non pensarci, e si chiese se Leon e gli altri stessero bene. Se anche loro pensavano a lui e a Lara, e se un giorno, li avrebbe rincontrati. Ma sopratutto, se tutti loro erano saliti sull'elicottero. Potevano essersi divisi, vuoi per i Licker, vuoi per altro. Proprio com'era capitato a lui e a Lara. Magari si erano salvati, ma in modi del tutto differenti. Forse li avrebbe rivisti tutti a Stone-Ville, o forse, in un altra vita.

 

FINE.

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