Flown away, fallen apart

di Striginae
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Flown away, fallen apart

Prologo



Londra, 10:30 a.m., 7 Luglio 2019

Chi sei?
“Sono una parte di quella forza che eternamente vuole il male ed eternamente opera il bene.”[1]


Che cosa ne sanno gli umani di noi demoni, si domandava Crowley leggendo tale presuntuosa asserzione. Aveva intravisto quella frase nella quarta di copertina di un tomo enorme, più simile ad un mattone che ad un libro che aveva trovato casualmente a casa. Non ricordava nemmeno di avere una cosa del genere, non era certo un amante della lettura, il demone. E aveva anche le sue buone ragioni, visto come lo facevano irritare certi scritti.
Fatto sta, che quello stupidissimo aforismo era uno smacco per tutti i demoni. Un insulto bello e buono! Ridicolizzava il loro (suo) lavoro, sottolineava quanto fossero inutili tutti i loro (suoi) sforzi nel compiere la cosa sbagliata. Li riduceva a delle semplici pedine del grandioso piano divino, buoni solamente a fare risplendere ancora di più la magnifica vittoria del Bene sul Male. Insomma, tanta fatica solo per rimpinguare ancor di più l’ego di qualche borioso angelo? Inaudito!
Ciò che faceva saltare ancor di più i nervi al demone era la consapevolezza che in fondo in fondo, quella maledetta affermazione quasi profetica, era corretta. Lui, un dannatissimo demone dell’Inferno, aveva operato il bene dell’Umanità quando insieme ad un certo angelo aveva evitato l’Apocalisse.
Forse è vero che alcuni umani ne sanno una più del diavolo, rifletteva Crowley, stizzito per i sentimenti contradditori che gli suscitava la spinosa questione. Meglio per lui tornare alle sue demoniache occupazioni.
 


Durante la sua lunga permanenza sulla Terra, Aziraphale aveva imparato una cosa sugli esseri umani: amavano scrivere di mondi post-apocalittici e distopici. Aveva letto qualcuno di quei libri, rimanendo affascinato dalla fantasia che quegli esseri mortali dimostravano di possedere… zombie, mutazioni genetiche dovute a scorie nucleari, complotti di stato, profezie Maya e chi più ne ha più ne metta!
Chissà  come reagirebbero se solo sapessero che vivono già in un mondo post-Apocalittico, si domandava Aziraphale, seduto dietro il bancone della sua libreria, guardando di sottecchi i pochi clienti che ancora si ostinavano a tornare nonostante tutti i tentativi dell’angelo di distogliergli dall’idea di comprare i suoi preziosi volumi.
Certo, è vero, l’Apocalisse era fallita ma c’era pur sempre stata, in teoria. Fortunatamente il giovane Adam Young era riuscito a rimettere tutto a posto. Nonostante l’angelo fosse sinceramente sollevato per aver impedito la distruzione della Terra e per essere riuscito a scampare alla punizione del Paradiso, era inquieto. Aveva disobbedito ai suoi superiori e li aveva ingannati con qualche sotterfugio per giunta ma, lo aveva fatto per il bene dell’Umanità ed è questo che un angelo dovrebbe fare, non è così? Non avrebbero dovuto condannarlo per aver compiuto la cosa giusta!
Non ebbe tempo di interrogare ulteriormente il suo animo tormentato dall’incertezza che un cliente minacciava d’acquistare uno dei suoi libri preferiti. Aziraphale non ci pensò due volte a raggiungerlo per sventare il pericolo imminente.
 


Londra, 11:30 a.m., 21 Luglio 2019


«Oggi è una giornata splendida, non trovi?»
Mentre parlava l’angelo non degnò il demone di uno sguardo, concentrato com’era su St. James Park, invaso da turisti rumorosi e allegri. Aziraphale lanciò qualche briciola alle pasciute papere del parco che facevano a gara per accaparrarsi i pezzi di pane più grossi.

«A me sembra una giornata come tante altre.»
Il demone squadrò con astio prima le papere e poi i turisti, vagamente risentito per la mancanza di attenzioni da parte dell’angelo. Si schiarì la gola per convogliare l’attenzione di Aziraphale su di sé, aveva qualcosa da proporgli.

«Sai, ultimamente non si fa altro che parlare dell’allunaggio. Che ne dici di una gita sulla luna, noi due insieme? Dicono che sia magnifica in questo periodo dell’anno.»
Tentò Crowley, ostentando sicurezza. Quando mesi prima aveva proposto ad Aziraphale di scappare verso Alpha Centauri la situazione era ben diversa. C’era il destino del mondo in gioco e la sua era stata una richiesta disperata, un tentativo come un altro per disperdere le loro tracce. Forse era rimasto ferito dal rifiuto dell’angelo, quella volta. Ma adesso, non c’era alcun motivo di temere un “no” da parte sua. Si trattava di una semplice vacanza e Crowley non desiderava altro che un po’ d’intimità per lui e Aziraphale.

«Oh. Be’, se la metti così… Non credo di poter rifiutare!»
Rispose Aziraphale, non provando nemmeno a nascondere il proprio entusiasmo. Gli esseri umani in quel periodo dell’anno sono soliti prendersi del tempo per se stessi. Perché mai lui e Crowley non dovrebbero fare lo stesso? Inoltre, Aziraphale era sicurissimo che in tutti quei lunghi seimila anni, non si erano mai presi una pausa. Era arrivato il momento di fare nuove esperienze, perché non cominciare proprio da un breve soggiorno sulla luna?

«Allora è deciso. Partiamo questa notte, ci vediamo qui. Ci stai, angelo?»

«E sia. Non mancherei per nessun motivo al mondo.»


Londra, Mezzanotte, 22 Luglio 2019

A St. James Park, quella notte, nessun angelo e nessun demone si videro.
Nessuno andò sulla luna.
Entrambe le parti non avevano considerato l’unico motivo al mondo che li avrebbe costretti a rimandare il loro incontro.



[1]: La pronuncia Mefistofele, nel Faust di Goethe. L’idea di questa “storia” è venuta proprio leggendo questa frase. Spero tanto che Goethe mi perdoni.


Note finali
Uh, la mia seconda fanfiction su Good Omens. Questa volta a più capitoli, cosa che non è assolutamente da me. Il primo capitolo l'ho già scritto, penso di aggiornare molto presto infatti. Non ho resistito all'idea di postare questa schifezza di prologo, quindi eccomi qua! 
Come già detto è una Reverse!What if, dato che ultimamente la mia dash su Tumblr ne è invasa, ho deciso di cimentarmi a modo mio in questa piccola impresa. 
Ringrazio tantissimo chiunque abbia letto fino a qui :) 
A presto! 

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Capitolo I
 
Londra, 09:30 p.m., 21 Luglio 2019

Aziraphale aveva appena chiuso la porta della sua libreria e riposto con cura la chiave nel taschino interno del cappotto. Specchiandosi nella vetrina del negozio si concesse un’ultima occhiata per controllare che non avesse nulla fuori posto e allargò un sorriso.
Pronto!
Si sentiva leggero come una piuma, felice come un bambino. Quel pomeriggio lo aveva dedicato a se stesso. Aveva tenuto la libreria chiusa, non voleva clienti in giro, doveva prepararsi per il breve viaggio sulla luna insieme a Crowley e non voleva sfigurare per nessun motivo davanti agli occhi del demone! Doveva essere perfetto.
Alzò lo sguardo al cielo, osservando la luna parzialmente nascosta dai fumi dei gas di scarico di Londra. Il cuore gli martellava nel petto al sol pensiero che tra qualche ora avrebbe ammirato una parte dell’universo da una nuova prospettiva. Insieme a Crowley.
Rapito dalle proprie fantasticherie, con un sorrisetto inebetito in faccia e ancora con il naso puntato verso l’alto Aziraphale aveva svoltato l’angolo, andando a cozzare contro qualche povero malcapitato.
E il sogno si era infranto.

«Ah, mi scusi! Non guardavo dove mettevo i piedi, mi perdoni e… cosa ci fate voi qui?»
La voce di Aziraphale si spezzò. Di fronte a lui, Belzebù in persona e un altro demone dall’aria alquanto viscida (Hastur, forse?) gli sbarravano la strada.

L’angelo fece istintivamente un balzo indietro. I due demoni lo guardavano con aria scocciata.

«Seguici e non fare storie.»
Aveva intimato il più alto con un brusco cenno del capo, senza troppe cerimonie.

«Cosa… no

Rispose, atterrito da quell’assurda richiesta. Aziraphale era sicuro che ormai sia i demoni che gli angeli avessero deciso di lasciare in pace lui e Crowley, una volta per tutte. Eppure due demoni erano lì di fronte a lui e il suo istinto gli diceva di darsela a gambe il più velocemente possibile.

«Per l’ultima volta. Seguici e non useremo le maniere forti.»
Questa volta a intervenire era stato Belzebù, lo sguardo torvo e il tono di chi non ammetteva repliche.

Aziraphale cercò di analizzare la situazione. Doveva elaborare un piano e alla svelta. Due contro uno. Se fosse riuscito a prendere tempo e a distrarli magari sarebbe riuscito a sfuggire alle loro demoniache grinfie. Deglutì, torcendosi nervosamente le mani.

«Che cosa volete? Sapete, sono già in ritardo, non posso proprio fermarmi a parlare…»
Cominciò ad indietreggiare ma non distolse lo sguardo dai demoni. Ogni fibra del suo corpo gli gridava di squagliarsela e Aziraphale non voleva sfidare la sorte, non di nuovo.
Infatti, quella non doveva essere la sua serata fortunata.
Per la seconda volta in meno di cinque minuti, sbatté nuovamente contro qualcuno, questa volta di spalle. Voltò appena il capo e sentì un tuffo al cuore quando con la coda dell’occhio vide altri demoni che lo accerchiavano da dietro.

«Prendetelo!»
All’ordine di Belzebù, tutti i demoni presenti si lanciarono su di lui e Aziraphale seppe di non avere più scampo.

«Questa volta non verrà nessuno ad aiutarti, neanche quel traditore del tuo amichetto.»
La voce melliflua apparteneva ad uno dei demoni presenti, ma l’angelo non riuscì ad identificarlo. Tutti gli altri intorno scoppiarono a ridere, come se quella fosse la battuta più divertente che avessero mai sentito. Forse per alcuni era davvero così.
Aziraphale chiuse gli occhi. Aveva sentito dire che gli umani prima di morire vedevano scorrere delle immagini della loro vita davanti agli occhi, come il trailer di un film. Non fu così per lui. L’angelo vide solo il volto di Crowley. Niente altro, solo Crowley.

Crowley…

In un ultimo attimo di lucidità, Aziraphale sperò che il suo demone fosse al sicuro.

In una placida notte di luna calante, un angelo veniva risucchiato nelle viscere della terra… scivolava in basso, in caduta libera, in attesa dell’inevitabile schianto.  

Una meteora attraversò il cupo cielo di Londra, ma nessuno se ne accorse.




«Per quanto sia increscioso e imbarazzante ammetterlo, abbiamo commesso un madornale, imperdonabile errore.»
Aveva esordito l’Arcangelo Gabriele, con aria compunta. Prima che il suo interlocutore avesse il tempo di aprire bocca per obiettare, l’Arcangelo sollevò una mano per farlo tacere. Non amava essere interrotto, soprattutto in circostanze così gravi.

«Ovviamente mi riferisco a noi Schiere Angeliche, l’Onnipotente come sai, è infallibile. Ma ahimè, la burocrazia è fallace benché divina. Ma veniamo a noi. Michele mi ha dettagliatamente riferito quanto è accaduto… Laggiù. E d’altro canto, io stesso sono testimone di ciò che si è verificato proprio in questa stanza. Avrei ritenuto folle chiunque mi avesse riportato la vicenda, se non lo avessi visto con questi stessi occhi.»
Gabriele fece una lunga pausa drammatica, non abbandonando ancora il suo cipiglio austero. Un silenzio tombale cadde nella luminosa sala paradisiaca. Solitamente Gabriele amava circondarsi degli altri Arcangeli, immancabili erano Michele e Sandalphon, talvolta accompagnati da Uriel. Questa volta, tuttavia, data la straordinaria importanza dell'incontro, era fondamentale una discussione a quattr’occhi senza nessun altro in mezzo ai piedi. Quando fu sicuro che le sue parole fossero state recepite correttamente e sedimentate a dovere nell’animo della sua controparte, Gabriele continuò con il suo monologo.

«Fortunatamente, siamo giunti a capo dell’errore e abbiamo intenzione di porre rimedio a questo spiacevole accaduto e ricominciare da capo. Com’è che dicono gli umani in queste circostanze… ah sì, metterci una pietra sopra. Che strana immagine. Ad ogni modo, spero che questo possa sancire un nuovo inizio per tutti noi. Sentiti libero di esprimere ogni tuo pensiero, Crowley.»

Crowley, che sapeva sempre cosa dire, era senza parole. Seduto di fronte a Gabriele che troneggiava su di lui, aveva la sensazione di star assistendo ad una scena surreale. Era spettatore più che partecipante attivo dell’azione, nonostante qualsiasi-cosa-stesse-accadendo lo riguardasse in prima persona.

«Cosa… Che diav… che cosa significa tutto questo?»
Avrebbe voluto urlarlo in faccia a Gabriele, ma grazie a… a… a Qualcuno, era riuscito a trattenersi e mantenere uno tono fermo, ma nondimeno carico di perplessità.

Dov’è Aziraphale?, era la vera domanda che rimbombava nella mente del demone. Avrebbe dovuto incontrarlo di lì a poco, invece era a discutere con Gabriele di qualcosa che a Crowley stesso sfuggiva. Aveva un brutto presentimento e temeva che anche Aziraphale fosse nei pasticci.

«Significa che sei il benvenuto in Paradiso, ovviamente! Stare con… Quelli Laggiù ti ha reso più lento.»
Il tono saccente di Gabriele fece venire voglia a Crowley di sferrargli un pugno dritto sul naso. Ancora una volta, riuscì a trattenersi. Si stupì del suo stesso autocontrollo.

«Vi ha dato di volta il cervello? Io sono un demone! I demoni non stanno in Paradiso.»
Crowley si sentiva estremamente stupido per aver fatto notare al fottuto Arcangelo Gabriele una tale ovvietà, ma che poteva farci se nessuno lì sembrava capirlo? Che fossero impazziti tutti quanti? Era uno scherzo di dubbio gusto, quello che gli stavano tirando?

Gabriele però, era serissimo. Scosse il capo con impazienza malcelata, sfoggiando un sorrisetto di circostanza.
«Giù hai fatto un bagno nell’acqua santa. E non in un’acqua santa qualsiasi, ma nella più santa in assoluto. Eppure, eccoti ancora qui. Non un graffio, non una bruciatura. Converrai con me nel dire che per i demoni l’acqua santa è letale. Così non è stato per te. Ergo non sei un demone. E se non sei un demone, sei un angelo. Ovvio, no?»

Il demone era letteralmente pietrificato. Quella che stava vivendo doveva essere un’allucinazione, un incubo, ma non la realtà. Lo scambio di corpo con Aziraphale si stava rivelando un colossale errore, ma era stato il loro unico modo di salvarsi! Come avrebbero potuto prevedere delle ripercussioni tali? Non voleva crederci, le orecchie gli fischiavano fastidiosamente. Scattò in piedi, fronteggiando Gabriele.

«Ovvio?! No che non è ovvio, per niente! Ne ho abbastanza di questa storia, non è divertente. Dov’è?»
La sua voce era ridotta ad un sibilo, dei più minacciosi che avesse mai prodotto.

Gabriele assunse un’aria falsamente addolorata, rivolgendogli un’occhiata impietosa ma non rispose. Aveva chiaramente capito a chi si stesse riferendo il demone.

All’Inferno ovviamente, suggerì una vocina crudele nella mente di Crowley.

Il demone girò sui tacchi, non aveva intenzione di perdere un minuto di più. Aziraphale doveva essere nei guai fino al collo e lui non aveva intenzione di stare con le mani in mano.

«Ah, Crowley, ti consiglio caldamente di non pensare più a quella mezza calzetta di angelo. Provvederemo a fartelo dimenticare. Umh, adesso capisco come mai fosse così incompetente, era un demone. Avrei dovuto capirlo fin da subito.»

Gabriele non si era scomposto, rimanendo a fissare Crowley con quella sua costante aria di superiorità. Se Crowley non avesse avuto una fretta del diavolo si sarebbe assicurato con le sue stesse mani di fargli perdere quella maledetta aria strafottente. Come pensava quel pallone gonfiato di Gabriele di insultare il suo angelo di fronte a lui senza dover affrontare le conseguenze?

«Senti, sono un po’ di fretta adesso, indicami da dove si esce e finiamola qua.»

Prima ancora che avesse concluso la frase, il demone aveva già avvistato l’uscita che raggiunse a lunghe falcate. Non aveva intenzione di perdere un solo istante di più.

«Ma Crowley, tu non andrai da nessuna parte.»

Ignorando le parole dell’Arcangelo, Crowley spalancò la porta e, mentre la luce più accecante lo travolgeva facendogli perdere i sensi, l’amata voce di Aziraphale gli risuonò nella mente ricordandogli che l’Onnipotente agisce per vie ineffabili.

Mi piacerebbe tanto capirci qualcosa, almeno per una volta.





Una delle differenze principali tra angeli e demoni è questa: i demoni non si perdono in chiacchiere. Belzebù non si prese la briga di spiegare all’angelo che cosa stesse succedendo. Perché mai avrebbe dovuto farlo, poi?
Dopo una caduta del genere il Principato non avrebbe ricordato nulla e Belzebù, che era sempre stato un tipo pratico, non vedeva l’utilità di perdere tempo in queste formalità. Già aveva le sue rogne, ci mancava solamente scoprire che quello che era chiaramente un angelo caduto fosse sfuggito all’occhio attento dell’Inferno per tutto quel tempo. Perché quello era sicuramente un demone.

«Se un angelo non brucia nelle fiamme infernali, è un demone.»
Punto, fine della questione.
Semplice, no?

Senza contare che, in questo modo, Belzebù aveva preso due piccioni con una fava. Una faccia nuova all’Inferno non fa mai male, ricorda agli altri demoni che nonostante i secoli, gli angeli continuano a cadere e a peccare. E soprattutto, si era tolto dalle scatole quel piantagrane di Crowley.
Meglio di così? Gli era andata di lusso.

Magari quell’ex-angelo sarebbe stato più bravo di quella vipera di Crowley.
Solo il tempo avrebbe dato ragione o avrebbe provveduto a smentire Belzebù.
Fino ad allora, non vedeva perché preoccuparsene.




Londra, 10:30 a.m., 22 Luglio 2020

La storia si sa, è ciclica.
Quello che è avvenuto una volta può accadere ancora e ancora e ancora.
Quando le forze infernali avevano mandato il loro demone a tentare i mortali avevano considerato che le forze celestiali avrebbero inviato il loro angelo per dissuadere gli esseri umani dal peccato.
Inferno e Paradiso tuttavia, non avevano ancora fatto i conti con il Piano Ineffabile.

Nessuna forza, ultraterrena o no che sia, ha il potere di separare due anime unite per volontà divina. L’ulteriore controprova non tardò ad arrivare.

In una soleggiata mattinata di luglio, un angelo aveva appena investito accidentalmente un demone nel bel mezzo di Soho.

Ancora una volta, il piano divino stava per compiersi per vie imperscrutabili.



Note finali
Ed ecco il primo capitolo, dal prossimo si enterà finalmente nel vivo dell'azione. Diciamo che questo capitolo è una specie di seconda parte del prologo, per questo ho cercato di aggiornare più in fretta possibile. 
Comunque, dal prossimo capitolo i ruoli finalmente cambiano. Entrambi non ricorderanno nulla perciò... sarà una specie di primo incontro? 
Grazie mille a chiunque lascerà una recensione e chiunque abbia letto fino a questo punto.
Passo e chiudo, a presto! 

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Capitolo II

Londra, 08:30 a.m., 22 Luglio 2020

Nel cuore di Londra un angelo si svegliava di buon mattino, pronto ad affrontare una nuova giornata. Sgusciò via dal letto, sollevando le tapparelle della camera che presto venne rischiarata dalla tenue luce dei raggi solari.

Gli angeli non hanno bisogno di dormire ma, affinché la sua integrazione con gli umani fosse totale, aveva ritenuto saggio apprenderne le abitudini. Quello era il suo primo incarico sulla Terra e sebbene fossero trascorsi solamente due mesi dall’inizio del suo lavoro sul pianeta, aveva trovato estremamente facile ambientarsi. Come se da sempre vi vivesse!

Dopo essersi rinfrescato velocemente in bagno ed essersi ordinato i folti capelli rossi in un codino alto, lasciando che parte dei morbidi ricci ricadesse con naturalezza sulle spalle, indossò il suo completo preferito, così bianco da risultare quasi accecante.
Crowley si lisciò con meticolosa cura le pieghe del vestito. Era da sempre sua prerogativa apparire al meglio in qualsiasi situazione, anche la più banale.

Quel giorno avrebbe dovuto aprire il suo vivaio, l’Earthly Heaven, con almeno un’ora di ritardo. Doveva ritirare alcuni articoli per il negozio e gli sarebbe servito un po’ di tempo per sistemare tutto. Controllò l’orologio, era ancora troppo presto per pensarci.
Piuttosto, aveva ancora del tempo per curare le piante che teneva nel suo appartamento.

Crowley era affezionatissimo ai suoi fiori. Crescevano rigogliosi e ogni giorno diventavano più belli. Il suo segreto? Dare alle piante tutto l’amore e la comprensione di cui avevano bisogno… e intimorirle con qualche velata minaccia. Ma solo ogni tanto e se strettamente necessario! Senza dubbio è importante essere gentili con ogni creatura ma non bisogna farsi mettere i piedi in testa. Il ragionamento era valido più che mai per delle piante d’appartamento, metaforicamente parlando.
Solo dopo essersi occupato di loro, Crowley ritenne fosse arrivato il momento di cominciare ufficialmente la sua mattinata di lavoro.

Afferrò le chiavi della sua auto, una Bentley 1930, anch’essa bianca come i vestiti che l’angelo era solito indossare.
La Bentley non era una macchina come le altre.
L’angelo l'aveva vista la prima volta su un marciapiede vicino casa sua, polverosa e immobilizzata da delle ganasce alle ruote posteriori. Gli era sembrata così triste. Doveva essere da molto lì, abbandonata. Spinto da un’eccessiva curiosità, aveva chiesto ad un vigile di pattuglia come mai nessuno provvedesse a spostarla da una zona vietata. La risposta fu inaspettata: il proprietario del veicolo era impossibile da rintracciare e i responsabili del comune di Londra da un anno intero provavano in tutti i modi a sbarazzarsene. Tuttavia, quella macchina sembrava essere posseduta dal demonio e nonostante tutti i mezzi impiegati per rimuoverla, l’auto non si era mossa nemmeno di un misero millimetro. Alla fine, avevano desistito.
Una storia così bizzarra non aveva fatto altro che aumentare l’interesse dell’angelo verso la vettura. Doveva esserci uno zampino diabolico dietro la vicenda. Fu Crowley che con l’aiuto di un piccolo miracolo, volenteroso di compiere una buona azione verso la comunità londinese, spostò l'automobile dall’area interdetta.
A questo punto avrebbe dovuto portare l’auto al centro di rottamazione ma, avendola presa in simpatia, non ebbe cuore di lasciarla al suo destino. Ne divenne il nuovo  proprietario.
L’unico problema era rappresentato dalla vernice nera della macchina. Era buona norma che un angelo utilizzasse quasi esclusivamente dei colori chiari, perciò, più per senso del dovere che per sua reale volontà, la carrozzeria della Bentley passò da nera a bianca.
Guidandola quotidianamente scoprì in fretta che suoi sospetti si rivelarono fondati. Non si sbagliava nel sostenere che l’auto fosse appartenuta ad un demone o chissà quale altra forza sovrannaturale. Infatti la Bentley tendeva a prendere fin troppe iniziative senza che le si desse il consenso. Ciò nondimeno possedeva svariati pregi, il migliore tra tutti: riprodurre alla radio quasi esclusivamente canzoni dei Queen.
Per lo meno il proprietario precedente aveva buon gusto in fatto di musica, si diceva Crowley quando la voce di Freddie Mercury risuonava potente nell’abitacolo.


Uscito di casa, Crowley raggiunse la Bentley con il suo incedere ondeggiante che lo distingueva da tutti gli altri spiriti celesti. Gabriele aveva insistito molto per raddrizzare quell’andatura rozza, come usava definirla l’Arcangelo. Tutti gli sforzi di Crowley erano risultati vani, non riusciva a camminare diversamente. A suo dire era un tratto che lo contraddistingueva dagli altri, non ne andava fiero ma neanche lo disprezzava, come voleva che credessero i suoi fratelli angeli su in Paradiso.
Purtroppo Lassù… l’eccentricità non era vista di buon occhio.

Ancora immerso nei suoi pensieri salì in macchina, sgommando a tutta birra per le strade londinesi. Aveva parecchio da fare ed era meglio sbrigarsi, non amava perdere tempo.
 

Un’ora e mezza dopo, Crowley aveva terminato le sue commissioni e, a bordo della sua fidata Bentley, attraversava a gran velocità l’incrocio di Piccadilly Circus diretto verso il suo negozio a Soho.
La mattinata scorreva serenamente e l’angelo si sentiva in pace con il mondo.

Fu proprio quell’apparente calma a trarlo in inganno. Forse aveva distolto un attimo lo sguardo dalla strada o forse era stata la Bentley a non accettare che lui frenasse, sta di fatto che di punto in bianco fu sbalzato in avanti e all’impatto seguì un violento urto.
Gli si gelò il sangue nelle vene.

Merd… oh Cielo.

Aveva investito un passante!
Si catapultò giù dalla macchina per soccorrere l’uomo che aveva tamponato, rivolgendo preghiere a tutti i santi che conosceva. I quali, per inciso, erano parecchi.

«Oh per l’amor di… sta bene?»
Crowley si era inginocchiato per accettarsi delle condizioni del pedone ancora a terra. A parte l'espressione stravolta e una scheggiatura sugli spessi occhiali scuri dell’incidentato, l’angelo non rilevò alcuna frattura. Se non fosse stato per il sollievo, Crowley avrebbe trovato una tale fortuna quasi sfacciata.
Trascurando la domanda dell’angelo, l’uomo si portò una mano ai lati della testa per massaggiarsi una tempia. Sembrava angosciato da altri pensieri.

«Oh no, proprio il primo giorno, se lo sapessero gli altri… non posso farmi investire proprio il primo giorno, che figuraccia…»

«Lasci che le dia una mano… ah

Nella foga del momento, Crowley non si era reso conto di avere a che fare con un demone. Se ne accorse troppo tardi, quando gli poggiò le mani sulle spalle per aiutarlo a sollevarsi. La sorpresa fu tale che lasciò la presa all’improvviso, come se fosse rimasto scottato dal contatto, facendo cadere nuovamente la creatura occulta che con un tonfo sbatté sul duro asfalto.

«Che diamin… insomma, ma le sembra questo il modo? Non le era bastato travolgermi con quell’affare? Era necessario anche questo

Il demone stava dando in escandescenze. Si rimise in piedi goffamente da solo, rassettandosi il lungo cappotto di tartan nero. Si era deciso alla buon’ora di rivolgere la parola a Crowley e ce la mise tutta per far trasparire l’indignazione nei suoi confronti.


Dietro di loro, i nervosi automobilisti londinesi stavano cominciando a perdere la pazienza. Visto che nessuno si era fatto male, era tempo di liberare la careggiata. I clacson iniziarono a strombazzare, sovrastando le poco cortesi richieste dei conducenti di togliersi dal bel mezzo del percorso.
Il demone non ne sembrava impressionato, imprecazioni e invocazioni a Satana erano all’ordine del giorno per lui. Era più interessato all’uomo che lo aveva colpito. Aggrottò le sopracciglia, non aveva smesso di esaminarlo nemmeno per un secondo.
Infine, l’epifania.

«Un angelo? Sono stato investito da un angelo? Impossibile, che io sia dannato!»

«Non lo sei già?»

Rispose Crowley con una vaga nota di sarcasmo, notando la fila spaventosamente lunga dietro la Bentley che si era formata in pochi minuti. Uno dei più arditi guidatori li superò a gran velocità, mostrando il medio e non risparmiandosi degli improperi.

«Sai, credo sia il caso di spostarci e continuare altrove questa conversazione.»

«Potresti almeno chiedermi scusa!»

Obiettò il demone che, con una certa petulanza, non accennava a muoversi. Crowley sospirò. Per quanto fosse scocciante da ammettere, il demone aveva ragione. Lo aveva pur sempre investito, gli doveva delle scuse. Da bravo angelo, Crowley non poteva che assumersi le sue responsabilità e agire correttamente anche nei riguardi del nemico.

«Va bene, certo. Posso farmi perdonare offrendoti un passaggio?»

L’angelo allargò le braccia, indicando all’altro la Bentley che di sua spontanea volontà aveva aperto entrambi gli sportelli, come se li stesse invitando a saltar su.

Crowley prese posto sul sedile del guidatore, sbirciando con la coda dell’occhio i movimenti del demone che con incertezza lo aveva seguito all’interno dell’auto. Quest’ultimo non sembrava molto convinto, dentro di sé era già arrivato alla conclusione che Crowley guidasse come un indemoniato.
Il che è paradossale se si parla di un angelo.

«Dove si va?»

«A Soho.»

Il demone diede l’indirizzo a Crowley, portandosi la mano destra sulla stanghetta degli occhiali. Con un veloce miracolo demoniaco sistemò la crepa sulle lenti e in un batter d’occhio tornarono come nuove.
L’angelo si stupì nell’apprendere che entrambi erano diretti verso medesima destinazione, ma non fece alcun commento al riguardo. Doveva trattarsi di una semplice casualità.
Nessuno dei due parlò durante il tragitto mentre Freddie Mercury intonava le note di You’re my best friend.



Oh, you're the best friend that I ever had
I've been with you such a long time
You're my sunshine and I want you to know
That my feelings are true
I really love you




Una volta arrivati al centro di Soho, l’angelo parcheggiò la Bentley a cavallo con il marciapiede di fronte la libreria che l’inconsueto passeggero gli aveva indicato. Subito corse a controllare le condizioni del paraurti della macchina, tra una cosa e l’altra non ne aveva ancora avuto la possibilità. Abbozzò un sorriso, nessun danno.

Il demone nel frattempo si era già avviato verso l’edificio e dava le spalle a Crowley.
«Be’, suppongo che sia in debito con te per il passaggio, emh…»

«Non dirlo neanche, se lo sapessero Lassù ne farebbero una tragedia. Ad ogni modo, io sono Crowley.»
Suggerì l’angelo, realizzando di non essersi ancora presentato.

Appoggiato alla Bentley a braccia incrociate Crowley scrutava il demone, teso come una corda di violino. Lo adocchiò mentre armeggiava furiosamente con il meccanismo della serratura che non voleva saperne di aprirsi, doveva essersi inceppato. Vide la creatura occulta irrigidirsi, pareva abbastanza apprensivo.

Un demone con l’ansia?

«Crowley? Non è un nome molto angelico.»
Osservò il demone dopo essere riuscito ad aprire la porta della libreria, sbloccatasi grazie ad un più che gradito intervento miracoloso.
È pur sempre compito di un angelo aiutare le persone in difficoltà, giusto?

«Mi è sembrato di capire che questo è il tuo primo giorno sulla Terra?»

Crowley cambiò discorso, mentre il demone varcava l’ingresso della libreria. Senza stare troppo a rifletterci lo seguì all’interno.

Davanti ai suoi occhi si estendeva un ampio locale che una volta rimesso in ordine si sarebbe potuto definire come accogliente. Era arredato con gusto e raffinatezza, con svariate file di scaffali pieni di libri di tutti i generi: libri spessi come un’enciclopedia e sottili come degli opuscoli, rivestiti con eleganti copertine in pelle incise con intricate lettere dorate e dei coloratissimi quanto elementari libri per bambini. Oltre ai libri, Crowley riuscì ad intravedere addirittura un grammofono.
La libreria dava l’idea di non essere stata frequentata da un po’ a giudicare dall’aria pesante che vi si respirava e dal pulviscolo che fluttuava nell’ambiente statico. Non riusciva a capire, ma sentiva qualcosa di profondamente sbagliato in quel luogo. Non un solo telo copriva i mobili e alcuni libri dall’aspetto decisamente antico erano stati abbandonati alla rinfusa senza alcuna cura. Che razza di libraio lascerebbe tutti quei testi in condizioni così precarie?

«Sì e oserei dire che è cominciato con il botto. Oh, ma guarda qui che disordine.»

Crowley colse la frecciatina e non riuscì a trattenersi dal sollevare le iridi dorate al soffitto.  

«Dai, ti ho detto che mi dispiace. Potevi almeno guardare prima di attraversare!»

«Io pensavo che mi avessi visto! Sai quanti richiami avrei ricevuto se fossi morto? Per non parlare delle carte da riempire per avere di nuovo un corpo.»
Si giustificò il demone, quasi rammaricato, sparendo nel retrobottega.

Crowley rimase immobile ad aspettarlo, continuando la sua esplorazione del negozio con lo sguardo. In parte era affascinato dal locale. Sembrava quasi che il tempo in quella stanza si fosse fermato agli anni ’50 e non era solo il gradevole arredamento rétro ad evocare quella sensazione. L’unico computer presente doveva essere andato fuori produzione almeno vent’anni prima e su un mobiletto era presente un telefono fisso a rotella, accanto ad esso una rubrica con dei numeri segnati a mano.
Ma in fondo, chi era Crowley per giudicare qualcosa vintage, essendo lui il primo a circolare con una macchina d’epoca?

«Sul retro è ancora più disordinato che qui, da non credere.»
Annunciò il demone, riemergendo dall’angusta porta dietro la cassa, con una catasta di libri voluminosi stretti al petto.

«Hai scelto tu il nome? A.Z.Fell?»
Fece l’angelo, con disinvoltura. Aveva letto il nome prima di entrare nella libreria.
A.Z.Fell&Co. recitava la targa a grandi lettere.

«Oh, no. Prima di trasferirmi a tempo indeterminato sulla Terra ho cercato un luogo in cui stabilirmi e ho trovato questa libreria. A… a dire il vero sono stati i burocrati dell’Inferno ad assegnarmi qui, pareva che questa fosse l’unica sede disponibile. A.Z.Fell deve essere il nome del vecchio detentore. Penso che lo terrò invariato, potrebbe andare bene anche per me, mi si addice.»

«Ti si addice, perché? Come ti chiami, Azifell?»
Crowley si stupì per la facilità con cui riusciva a parlare al demone. Non lo stava davvero provocando, era solo contento di parlare con qualcuno che non fosse umano. Incredibilmente si sentiva a suo agio più con un demone che con un mortale.   

«No, non mi chiamo Azifell. Non è nemmeno un nome! Se proprio ci tieni a saperlo, mi chiamo Azrael[1]

«Azrael? Azrael, Azifell… sono quasi uguali! Tanto vale combinarli e chiamarti Azirafell. No?»
A ripensarci, Crowley forse un pochino lo stava provocando sebbene fosse in buona fede. Assolutamente in buona fede.

Frattanto, il demone non aveva perso tempo e stava già riponendo alcuni libri al loro posto. Mentalmente stava stilando la lista delle cose da fare, prima fra tutte, catalogare da capo tutti i testi presenti. Montagne di libri attendevano di essere ordinati, il sol pensiero lo faceva fremere. All'Inferno i libri erano ben pochi e ancor meno quelli scritti da esseri umani. Una vera disgrazia per un amante della letteratura come lui.

Le parole di Crowley ridestarono la sua attenzione. Si fermò per rivolgere all’angelo uno sguardo indagatore, celato dietro le lenti scure.
Azirafell.
Il nomignolo suonava così bene alle sue orecchie.
Azirafell.
Ci pensò su un momento prima di dare il verdetto finale.

«È orecchiabile, te lo concedo.»

Crowley allargò un sorrisetto trionfante. Quando un demone te la dà vinta su qualcosa è sempre bene rallegrarsene. Azirafell comunque non si accorse dell’espressione dell’angelo. Per sminuire la questione gli aveva già voltato le spalle con affettata compostezza.

Per Crowley comunque era arrivata l’ora di salutare. Vedere il demone affaccendato gli aveva fatto tornare in mente che anche per lui quella era una giornata di lavoro.

«Bene, Azirafell. È stato un piacere parlare con te ma, adesso devo proprio andare.»

Andare semplicemente qualche metro più in là, dato che il suo negozio si trovava alla fine della strada.

Fece per uscire, arrestandosi dopo qualche passo. Si voltò un’ultima volta verso Azirafell, come se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa.

«Israfel[2], comunque.»

«Prego?»

«Israfel. È il mio vero nome. Chiamami Crowley, lo preferisco. Ciao

Ancheggiando, Crowley uscì dal negozio.


Azirafell non riuscì a staccare gli occhi dall’angelo fino a quando non sparì oltre la soglia. Solo allora si riscosse. Di angeli ne aveva conosciuti ben pochi ma non poté fare a meno di considerare che quel Crowley dovesse essere assolutamente unico nel suo genere.

Sperava quasi di rivederlo.



 
[1] Azrael: nell’Islam è il nome attribuito all’Angelo della Morte. In questa storia Aziraphale è più ispirato ad Asmodeo, un angelo caduto della religione ebraica/islamica/cristiana che alcuni identificano con il serpente che tentò Eva. Ho scelto il nome Azrael (piuttosto che Asmodeo) per Aziraphale per pura assonanza tra i due nomi e permettere il gioco di parole con Azirafell, perdonatemi la piccola imprecisione! 

[2] Israfel: uno dei quattro Archangeli più importanti dell’Islam, insieme a Gabriele, Michele e Azrael. Nella religione cristiana Israfel corrisponde a Raffaele che, tra le tante cose, fu incaricato da Dio di combattere Asmodeo. Inoltre secondo wikipedia.en Aleister Crowley ha scritto un libro intitolato Liber Israfel e questo è il motivo principale per cui ho associato il nome a Crowley.



Note finali
ALT. Prima che mi si puntino torce e forconi contro, voglio dare qualche ulteriore precisazione. 
Prima di tutto, i nomi. Ho pensato fosse altamente improbabile che Inferno e Paradiso non li "ribattezzassero", viste le circostanze. Anche se insomma, come al solito Aziraphale e Crowley fanno di testa loro. Per Crowley non c'è stato alcun problema, è come se stesse "omaggiando" A. Crowley per aver scritto un libro con il suo nome da angelo in pratica. E Azirafell suona come Aziraphale, anche se sono cosciente che sia scontatissimo. Pardon! 
In secondo luogo, anche il loro aspetto ora è un po' diverso. Crowley non ha gli occhi da serpente e ha i capelli lunghi, più o meno come quando lo si vede nell'Eden durante il primo episodio. E sì, Aziraphale ha gli occhiali da sole! Ho invertito qualcuna delle loro caratteristiche, sì. 
L'obiettivo di questa storia è adattarli ai loro ruoli attuali e nel frattempo rimanere IC. Non so quanto ci sia riuscita, ma ci ho davvero provato! 
Ringrazio per le recensioni e ancora una volta chiunque sia arrivato a leggere fino a qui!
Chiudo qui prima che queste note diventino più lunghe del capitolo stesso, a presto! 

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


Capitolo III

Inferno, qualche mese prima

Sull’Inferno e sui suoi diavoli se ne sono dette di tutti i colori fin dalla notte dei tempi.
Alcune di queste dicerie non sono del tutto false, ad esempio è vero che Laggiù è quasi sempre buio, umido e puzzi di zolfo e che i demoni abbiano un senso dell’umorismo un po’ deviato, se non del tutto assente. Tuttavia, sostenere che l’Inferno sia un abisso disorganizzato e caotico, be’, è solamente un’irriguardosa menzogna.

A dirla tutta Laggiù erano piuttosto efficienti, sfiorando addirittura livelli maniacali. D’altronde, esiste una tortura peggiore dell’essere assillati dalla burocrazia? L’Inferno la sua nomina di luogo di eterna pena e dannazione se lo era guadagnato anche a colpi di vessazione amministrativa e fiscalismo.

Azirafell aveva avuto modo di scoprirlo qualche tempo prima di trasferirsi sulla Terra, quando si era rivolto ai funzionari infernali. Malgrado fosse restio all’idea di parlare faccia a faccia con i suoi superiori dell’Ufficio Infernale di Reclamo non aveva potuto fare a meno di esternare le sue insicurezze.

Era risaputo che i demoni fossero in grado di trasformarsi in alcuni particolari animali, solitamente i più viscidi e infidi.
Se si credeva però che ogni demone potesse scegliere liberamente il proprio animale preferito, si sbagliava di grosso. Assegnare una bestia ad un demone era una procedura molto delicata, che seguiva un iter burocratico preciso. Esistevano principi ben definiti, il più importante: variare quanto più possibile la scelta delle creature per non fare avere ad ogni diavolo la medesima rappresentazione. E come quasi ogni demone sapeva, raramente era possibile dissentire.

Per questo ciascun demone aveva il proprio animale: Hastur era in grado di trasfigurarsi in un enorme sciame di larve, Belzebù era rinomato con il titolo di Signore delle Mosche e altri ancora erano in grado di assumere le sembianze più svariate.
Anche Azirafell aveva un animale che lo rappresentava: la capra.

I problemi erano sorti quando gli era stato comunicato che avrebbe preso servizio a Londra. Doveva trasferirsi a tempo indeterminato… che nel linguaggio dei demoni stava ad indicare qualcosa di molto vicino al “per sempre” degli esseri umani.

Azirafell, maledettamente pignolo com’era, aveva preso l’incarico forse con eccessiva serietà e aveva cominciato fin da subito a informarsi sui mortali e sulla geografia terrestre.
Aveva scoperto, prima di tutto, che gli umani avevano la superbia di credersi i padroni del loro pianeta e questo spiegava come mai l’Inferno (proprio come la Terra!) doveva costantemente fare i conti con la grana della sovrappopolazione.
Inoltre, continuando con la sua ricerca, aveva appreso che non tutti gli animali si potevano trovare con la stessa frequenza in un determinato luogo. I leoni si trovavano nella savana, i pinguini al polo sud, le pecore e le capre nelle zone di campagna o rurali.
Questa particolare informazione lo spinse a riflettere.

Londra era una metropoli immensa, sarebbe stato fin troppo inusuale se una capra fosse andata in giro saltellando liberamente per le strade della frequentatissima capitale britannica! Fosse stato ancora sulle Alpi svizzere… ma a Londra sarebbe stato impossibile circolare. Gli umani erano ciechi, ma non fino a quel punto. Senza considerare la difficoltà nel nascondere costantemente le corna.
Urgeva un rinnovamento radicale.
 
Sebbene la prospettiva non lo entusiasmasse, al demone non rimaneva altra possibilità che richiedere un colloquio con Dagon, il Signore dei Documenti.

Da un lato l’idea di protestare apertamente con un suo superiore lo intimoriva, dall’altro lato però il sol pensiero di non fare un buon lavoro e deludere i capi era ancora più frastornante.

Dagon, perciò, lo aveva ispezionato con fare annoiato e aveva tirato fuori un modulo da compilare e firmare per la richiesta. Dopodiché aveva informato Azirafell che lo avrebbe ricontattato dopo aver discusso del suo caso con Belzebù.

Come si è detto, i demoni sono famosi per il loro senso dell’umorismo un po’ macabro.
Belzebù non faceva eccezione.

Quando Dagon gli aveva riferito la questione, Belzebù era arrivato ad una conclusione.
Vuoi per farsi beffe fino in fondo di quell’ingenuo ex-angelo, vuoi per tormentarlo con una sorta di pena del contrappasso, vuoi per banale sadismo, fu il Principe Infernale in persona ad assegnare al demone la creatura che lo avrebbe rappresentato da lì in avanti.
Il serpente.

Azirafell era stato preso in contropiede da quella decisione. Il serpente era l’animale più inopportuno che ci fosse per lui! Come era saltato in mente a Belzebù di assegnargli proprio un rettile? Non riusciva a capacitarsene. Che lo stesse punendo per aver osato reclamare?

A tal proposito, Dagon non era stato granché d’aiuto.
Si è liberato da poco il posto, lo aveva messo al corrente il demone, con un’espressione che Azirafell non era stato in grado di decifrare.
Impossibile obiettare oltre.

Ad Azirafell non restava altro che accettare la proposta, anche se con riluttanza.

Gli era stato necessario un po’ di tempo prima di adattarsi ad essere un rettile e imparare correttamente a tramutarsi.
Anche il suo aspetto aveva subito dei mutamenti. In particolare, gli occhi avevano assunto delle evidenti connotazioni serpentine. Le pupille si erano allungate e assottigliate, al contrario le iridi celesti si erano dilatate fino a far sparire completamente la sclera.
Azirafell sapeva fosse possibile ridimensionare le iridi, quanto meno per dare ai suoi occhi un aspetto lontanamente umano, ma per raggiungere quel risultato avrebbe avuto bisogno di molta pratica.
Al momento gli risultava troppo difficoltoso riuscire ad avere il pieno controllo della sua nuova natura.
Avrebbe comunque tenuto i suoi occhi nascosti alla vista degli umani, avrebbe escogitato qualcosa.

Per lo meno, camuffarsi sarebbe stato molto più semplice. Un serpente ha molte più possibilità di passare inosservato rispetto che ad una capra.
 


Londra, 12:45 a.m., 25 Luglio 2020
 

«Penso che prenderò questa!»
Cinguettò una signora di mezz’età pesantemente truccata, sfarfallando le lunghe ciglia e chinandosi per analizzare un vasetto di fiori.

«Non sa quanto io le sia grata per i suoi consigli, signor Crowley.»

L’orario di chiusura pomeridiano si avvicinava e all’Heartly Heaven non era presente nessun altro oltre che la cliente ingioiellata e il proprietario.

La signora si era rivelata particolarmente difficile da accontentare. Era entrata richiedendo un certo esemplare di pianta e dopo quasi tre quarti d’ora di assillo, tra sorrisi frivoli, sguardi languidi e costanti richieste d’aiuto rivolte all’esasperato Crowley, finalmente sembrava avesse trovato ciò che cercava.
Fingersi un’amante dei fiori era una scusa perfetta. La verità era che la donna aveva fatto di tutto pur di trattenersi fino all’orario di chiusura per rimanere da sola con l’angelo ed averlo tutto per sé.

L’unticcia signora però, non aveva notato che non erano così soli come pesava. Mentre si abbassava per spostare il vaso e prendere i fiori, infatti, si era ritrovata faccia a faccia con un serpente, candido come la neve, che per tutto quel tempo era rimasto nascosto dietro le fioriere esposte nel negozio.

«Un serpente!»

Presa alla sprovvista la donna balzò all’indietro inorridita e, dopo aver cacciato un urlo terrorizzato e frantumato il vaso sul pavimento in legno, scappò via sconvolta dal negozio.


Che ci faceva un serpente in un negozio di piante e fiori? Semplice.
Azirafell conosceva Crowley da meno di una settimana ma da quando aveva scoperto di essere suo vicino di casa, aveva preso l’abitudine di trascorrere parecchio tempo in sua compagnia.
E quel giorno aveva imparato un'altra cosa sugli umani: tendevano a fare tanto rumore per nulla.

«Dopo tutti gli sforzi per far crescere quei fiori guarda che fino hanno fatto!»

Il rettile oscillò la testa verso la voce contrariata dell’angelo.
Con un miracolo Crowley aveva già riparato il vaso e guarito la piantina strapazzata.

Azirafell vide l’angelo borbottare qualcosa e chinarsi poi di fronte a lui. Crowley gli stava porgendo una mano e il demone non esitò ad avvicinarsi.

Era stata una sorpresa scoprire che Crowley non fosse disgustato dai serpenti. Quando Azirafell aveva chiesto spiegazioni, Crowley si era limitato a fare spallucce e li aveva definiti addirittura delle “creature affascinanti”.
Quell’angelo era certamente fuori dagli schemi.

Il demone si avvolse al suo avambraccio, risalendo sulle spalle e per tutta risposta si limitò a sibilare. Gli piaceva acciambellarsi sull’angelo. Crowley era una piacevole fonte di calore per un animale a sangue freddo come lui.

«Dimmi un po’, non dovresti lavorare anche tu a quest’ora?»
Chiese l’angelo, passando un dito sul capo del serpente.

Crowley non sembrava arrabbiato per l’incidente di poco prima. Anzi, Azirafell era quasi sicuro di averlo visto sghignazzare quando la donna era corsa via urlando.

Doveva aver sicuramente visto male.

Ad essere onesti, non era nei piani del demone far scappare la signora, si era spaventato più lui che la donna.

Oltre che per la compagnia, c'era un altro motivo per cui Azirafell si trovava lì. Aveva deciso fare mezzo orario per ridurre al minimo il rischio di vendere i suoi libri. A suo dire, era un ottimo modo per compiere la cosa sbagliata.
Intralciava la diffusione della cultura! Non poteva esserci nulla di più malvagio.
 
Con ancora Azirafell avvinghiato sulle spalle, Crowley aveva chiuso finalmente il negozio. Una volta sicuri di non essere più disturbati, il demone scivolò sull’altro braccio dell’angelo, strisciando fino a terra per prendere di nuovo forma umana.

«Emh, per motivi personali ho deciso di aprire solamente di pomeriggio. E solo affinché tu lo sappia, quella donna era una… una… lussuriosa!»
Azirafell incespicò sull’ultima parola, non sapendo quale altro termine utilizzare. Non gli piaceva essere scurrile. Era un demone ma era comunque bene educato.

«Una lussuriosa?»
Alla domanda dell’angelo, il demone annuì.

«Stava pensando a commettere atti impuri
Il demone si sentiva un po’ a disagio nel parlare di atti impuri con un angelo. Crowley invece sembrava piuttosto tranquillo.

«Atti impuri… ci sarà lo zampino di qualche tuo collega. O è forse opera tua?»

«Non è opera mia! Anzi ti dico che… i pensieri impuri di quella donna riguardavano te!»

«Me? Sono un angelo, non posso essere la causa di pensieri impuri. Non sono io il tentatore!»

«Alcuni esseri umani tendono a reagire in questo modo quando si trovano davanti ad una persona attraente e….»
Azirafell si rese conto troppo tardi di aver appena dato ad intendere di trovare Crowley attraente. Conscio del suo errore diede un colpo di tosse, sperando di sviare il discorso e rimediare alla gaffe.

«E comunque trovo davvero ingiusto che siate sempre voi angeli quelli considerati perfetti. Anche nell’iconografia e nei dipinti, avete tutte le fortune. Quando mai si è visto un angelo brutto! E tutto questo solo perché siete voi quelli buoni. Belli e anche buoni!»
A quel punto Azirafell si era scavato la fossa con le sue stesse mani. Tacque, ben deciso a non guardare l’angelo negli occhi, per evitare ulteriore imbarazzo.

«Non tutti gli angeli sono belli come dici.»
Anche se Azirafell non poteva saperlo, Crowley stava immaginando Sandalphon e quanto “bello” fosse la parola più sbagliata per descriverlo. Il pensiero del suo collega gli fece storcere le labbra in una smorfia. Per dimenticarsi dell’Arcangelo, Crowley tornò a concentrarsi sul demone che aveva di fronte.

Se solo Crowley non fosse stato a conoscenza della sua vera natura, non avrebbe mai detto che Azirafell fosse un demone. Troppo pulito, troppo educato, troppo gentile, troppo puro.
L’angelo si chiese che genere di peccato avesse compiuto per finire in quel buco maleodorante dell’Inferno.

«Se proprio vuoi saperla tutta, per essere un demone io ti trovo grazioso.»

Grazioso?

Senza che Azirafell potesse impedirlo, una tenue sfumatura rosa gli aveva tinto le guance.

«Non essere ridicolo, non possono essere… grazioso! Se solo sapessi il modo in cui porto sulla cattiva strada gli umani ti rimangeresti tutto!»
Nonostante l’imbarazzo e la fretta di negare le parole dell’angelo, il complimento lo aveva quasi lusingato. Non volendo fare notare a Crowley il suo stato d’animo, dal nulla il demone fece apparire un quotidiano, sfogliandolo fino a trovare l’articolo desiderato.
Lo mostrò a Crowley.

«”La terra è piatta! 66+6 prove definitive che la scienza ci sta ingannando.” Sei stato tu?»
Crowley lesse il titolo ad alta voce, restituendo il giornale al demone che con uno schiocco delle dita lo fece sparire nuovamente.

«Sì! Che ne pensi?»
Chiese Azirafell, quasi speranzoso di ricevere approvazione da parte dell’angelo.

«Ti dirò, l’idea non è male, ma sono pochi gli umani che leggono i giornali al giorno d’oggi. È internet la fonte delle notizie!»

«Come sarebbe a dire? Oh… Maledizione
Azirafell si corrucciò, aveva ancora così tanto da imparare sui mortali. A volte fare la cosa sbagliata si rivelava incredibilmente difficile.

Rivolgendogli uno sguardo solidale, Crowley superò il demone e si diresse verso l’uscita. Aprì la porta, invitando Azirafell a precederlo fuori dal vivaio.

«Devi cominciare ad usare la tecnologia se vuoi attirare l’attenzione degli umani. Piuttosto, posso offrirti il pranzo?»

 
Quindici minuti più tardi, Azirafell e Crowley erano seduti uno di fronte all’altro nel tavolo di un piccolo ristorante giapponese e la conversazione si era spostata su altre questioni.

«Pensi che sia vero quello che si dice sull’Apocalisse?»
Chiese Azirafell, staccando le bacchette con un colpo secco.

«Che ne faranno un’altra?»
Stravaccato sullo schienale della sedia, Crowley sorseggiava il suo sakè.

«No! Cioè… sì, anche. Intendevo, credi sia vero che sia fallita perché un angelo e un demone si sono ribellati?»
Azirafell abbassò la voce, temendo che qualcuno origliasse la loro conversazione. Farsi vedere in compagnia di un angelo era già abbastanza rischioso, non voleva aggravare ancor di più la situazione.
Si guardò intorno per accertarsi che nessuno li avesse sentiti, anche i muri avevano occhi e orecchie. Poi continuò.

«Laggiù non ne parlano mai. Ho sentito che il demone si sia macchiato di tradimento, uccidendo addirittura un Duca infernale.»
Azirafell era evidentemente turbato. Uccidere un Duca dell’Inferno non era un’impresa semplice, il traditore doveva essere un demone molto potente.

«Ne sono poco, ai Piani Alti è un tabù. Solo una volta ne ho sentito parlare da Gabriele ed era fuori di sé, uno spettacolo orribile, non lo avevo mai così. A quanto ho capito, l’angelo ha perso la sua spada e disobbedito agli ordini. Francamente, io non ricordo niente di quell’Apocalisse, ero ancora in Paradiso.»
Crowley finì la sua bevanda, ma la sua mente era lontana. A suo avviso, tutti stavano cercando di insabbiare l’insuccesso dell’Armageddon. Peccato che non avesse alcun ricordo dell’evento.  

Proprio in quel momento, il cameriere arrivò con le loro ordinazioni e il demone lo ringraziò con un sorriso cortese.

«Capisco. Ad essere onesto, neanche io ricordo granché degli avvenimenti dell’anno scorso. O del periodo precedente all’anno scorso.»
Confessare una cosa del genere lo metteva a disagio. Era giusto aprirsi con un angelo, un suo nemico?

«Dici sul serio?»
Crowley si raddrizzò, facendosi attento.

«Sì. Una volta ho chiesto spiegazioni a Belzebù. Ha detto che la causa è l’Anticristo, alleato dei ribelli. Cercando di portare tutto com’era prima e sventare l’Apocalisse, ha cancellato accidentalmente i ricordi degli ultimi secoli ad alcuni di noi, per questo abbiamo le idee confuse.»
Avere le idee confuse era riduttivo, spesso Azirafell si sentiva avvolto dalla nebbia più fitta.

«Già. Anche Gabriele mi ha detto lo stesso. Vedo che abbiamo parecchio in comune.»
Crowley si fece serio. Quella storia non riusciva a convincerlo del tutto, sentiva che gli sfuggiva qualcosa di estremamente importante.

«Sai, mi domando solo cosa ne sia stato dei disertori. Dubito che i nostri superiori li abbiano lasciati andare.»
Riprese Azirafell. Non aveva mai avuto il coraggio di porre quella domanda ai suoi compagni demoni. L’Apocalisse era un argomento da evitare a tutti i costi, il destino dei traditori ancor di più.

«Lo credo anch’io. Come minimo li avranno banditi… se non peggio.»

«Oh. Non penserai ad una… esecuzione

Quella discussione aveva creato una certa tensione. Sebbene Azirafell non avesse conosciuto il demone incriminato, il pensiero di un suo collega liquefatto nell’acqua santa lo faceva rabbrividire.

Abbassò lo sguardo sul suo piatto, non aveva ancora toccato nulla. Si chiese cosa avesse spinto un angelo e un demone ad agire in modo così sconsiderato. Perché voltare le spalle a Paradiso e Inferno?

 Titubante, si portò un boccone di sushi alle labbra e assaggiandolo, ritrovò il buonumore.

«Caro mio dovresti assaggiare questo sushi, è delizioso!»

 
Londra, 06:15 p.m., 25 Luglio 2020

Chi non muore si rivede è un detto molto in voga tra gli esseri umani.

Il Sergente Shadwell senza dubbio non era morto e la sua salute era piuttosto buona, era logico quindi che prima o poi sarebbe tornato a farsi vivo.

Da un anno viveva in un adorabile bungalow (Shangri-La, come lo aveva rinominato) insieme a Madame Tracy, Gezabele, conducendo una vita più che dignitosa nella campagna inglese.

Sebbene fosse passato un anno, il Sergente Shadwell non aveva dimenticato i fattacci dell’anno precedente. Ancora non riusciva a pensarci senza arrabbiarsi! Nonostante avesse scongiurato la minaccia costituita da streghe e altre creature con più di due capezzoli, ritiratosi in pensione il Sergente Shadwell si era un po’ risentito quando il soldato Pulsifer si era completamente scordato di lui per andare a rincorrere una fighetta qualsiasi.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma si era affezionato a quel ragazzo.

Il motivo per cui si trovava a Londra tuttavia, non era collegato all’assenza del soldato Pulsifer e ai sentimentalismi.

Il Sergente Shadwell era un uomo puntuale e pensò che per arrotondare le entrate fosse arrivato il momento di far valere i propri diritti e chiedere la sua pensione a quel losco individuo, la checca del Sud. Aveva perso i contatti con l’altro suo compare, Mr Crowley, ma sapeva benissimo dove trovare la checca.
Non lo temeva né gli interessava che fosse una creatura occulta, lui era abituato alle streghe più malvagie ed era ancora in possesso della sua arma segreta.
Il suo dito indice.

Senza esitazioni il Sergente Shadwell entrò nella libreria, tenendosi forte il polso, l’indice e il pollice a formare una pistola.

«Vile creatura, ci rivediamo!»

Azirafell che stava cercando di tentare un cliente e corromperlo ad acquistare uno scadente libro erotico invece che la prima edizione del Ritratto di Dorian Gray, fissò stupito l’uomo. Anche Crowley, appartato tra alcuni scaffali intento ad esaminare alcuni vinili, scrutò il nuovo arrivato.

«Posso fare qualcosa per lei?»
Chiese educatamente Azirafell, seguendo con lo sguardo il cliente con cui stava trattando qualche momento prima. Probabilmente scambiando il Sergente Shadwell per un pazzo aveva preferito svignarsela di gran carriera e con lui era andato in fumo anche il tentativo del demone di portare sulla cattiva strada un mortale. Di nuovo.
 
Incurante, il Sergente Shadwell non abbassò il dito, guardando il demone con aria di sfida.

«Vedo che finalmente hai adattato il tuo abbigliamento alla tua vera natura. Nero come si addice al demonio!»

Azirafell abbassò lo sguardo sul raffinato abito di satin nero. Non gli sembrava aver indossato qualcosa di diverso negli ultimi giorni. Si chiese piuttosto come quell’uomo fosse riuscito a scoprire la sua copertura così in fretta.

Il Sergente Shadwell avanzò, adesso minaccioso. Non aveva staccato gli occhi dal demone nemmeno un attimo, non accorgendosi neppure della presenza di Crowley.

«Nonostante io disprezzi i satanassi come te, penso che sia vantaggioso per entrambi arrivare ad un compromesso. Dammi il mio meritato stipendio e io non ti esorcizzerò. L’ho fatto una volta e posso farlo ancora, ricordalo!»

Azirafell guardò oltre la spalla dell’uomo e cercò di incrociare lo sguardo con Crowley che ricambiò l’occhiata.

Lo conosci?, sembrava domandargli l’angelo, alzando un sopracciglio.

Mai visto prima, faceva cenno di diniego il demone.


«Oh, ma… ma certo! Aspetti qui, le darò quanto le devo!»
Azirafell poteva sentire nell’aria che quell’uomo covava rancore, senza dubbio doveva trattarsi di un iracondo. Essendo un demone, non poteva fare altro che incoraggiarlo a peccare, quindi gli sembrò giusto incentivarlo allungandogli qualche banconota.

Il Sergente Shadwell abbassò finalmente la mano e fece frusciare le sterline tra le dita. Sorrise sotto i baffi, aveva vinto nuovamente contro il diavolo!

Ottenuto quanto desiderato, non restava altro che andarsene. Prima però, volle dare un ultimo avvertimento alla malefica creatura.

«E non osare più avvicinarti alla mia donna! Ti sarebbe andata molto peggio se quel ragazzino diabolico non ti avesse restituito il corpo. Alla larga da Miss Tracy o non esiterò a rispedirti all’Oltretomba!»



«Idiota.»
Diceva il Sergente Shadwell uscendo dalla libreria, soddisfatto. Era proprio facile farsi beffe di quella checca!



«Che voleva da te quel tipo?»
Crowley, rimasto in disparte fino a quel momento, si era avvicinato al demone.

Azirafell scosse il capo, un po’ turbato. Non capiva neanche lui.
«Temo di non averne la minima idea.»

La libreria era vuota, erano rimasti soli.



Madame Tracy? Ragazzino diabolico? Restituito il corpo?

Azirafell non capiva. Quell’uomo non poteva averlo scambiato per qualcun altro, era troppo sicuro di sé. Eppure, per il demone era impossibile aver vissuto sulla Terra prima d’ora, all’Inferno glielo avrebbe sicuramente detto, era una cosa troppo importante per essere omessa!

Che importa che hai fatto prima? Concentrati su cosa fare adesso, Azrael, erano state le parole di Belzebù quando una volta il demone aveva chiesto delucidazione sugli eventi passati da lui oramai dimenticati.

Il demone aveva piena fiducia nell’Inferno, però

Azirafell sobbalzò quando Crowley gli poggiò una mano sulla spalla, distogliendolo dai suoi pensieri.

«Tutto bene?»
Crowley si voltò verso di lui e gli rivolse un mezzo sorriso.

Probabilmente la cosa migliore da fare era non pensare più a quello strano incontro. E poi il sorriso dell’angelo sebbene fosse appena accennato, era così bello che fece scordare ad Azirafell tutti i suoi problemi.



Poco più tardi, quella sera stessa

«Passiamo la serata insieme? Ho sentito che gli umani hanno creato una cosa che si chiama cibo da asporto. Che ne diresti di provarlo?»

Crowley accettò di buon grado. In soli quattro giorni, quella era già la terza volta in cui passava la serata con il demone.

Era una bella sensazione avere un nuovo amico.






Note finali
Salve a tutti! Ci ho messo davvero tanto ad aggiornare, sono stata in vacanza e internet non voleva saperne di collaborare!
Questo capitolo è uscito fuori più lungo del previsto. Ora, non so se all'Inferno hanno un ufficio di reclamo o come funzionino le cose, non riesco a ricordare se nella serie/libro ne parlino, ma visto che nominano spesso la burocrazia... perché no?
Comunque, grazie mille a chiunque sia arrivato a leggere fino a qui, a chiunque segua questa storia e per tutte le recensioni! Grazie davvero! 
Se tutto va bene, nel prossimo capitolo due personaggi di nostra conoscenza torneranno a farsi vivi.
Ci si vede, a presto! 

P.S. Non prendetevela con me se Aziraphale adesso è un serpente, è colpa di Belzebù.

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


Capitolo IV

All’entrata dell’Inferno e del Paradiso, oggi

Esistevano diversi modi per raggiungere l’Inferno e il Paradiso.

La maggior parte degli angeli e dei demoni preferiva usare strade più veloci piuttosto che passare per la formale entrata principale, riservata alle grandi occasioni e visite strettamente ufficiali.

La via più gettonata per raggiungere i rispettivi luoghi di lavoro era un ascensore che metteva in collegamento i due mondi [1]. Infatti, non erano sporadiche le volte in cui angeli e demoni si ritrovavano nella stessa cabina, scambiandosi occhiate bieche nell’attesa di raggiungere il proprio piano.

Anche le alte cariche, come gli Arcangeli e i Principi Infernali, spesso prediligevano il ben più pratico ascensore piuttosto che le lunghe e lente scale mobili, infernali o paradisiache che fossero. Anzi, spesso lo stretto cubicolo si era rivelato il luogo perfetto per aggiornarsi l’un l’altro in maniera ufficiosa.

Quando Gabriele pigiò il tasto per chiamare il mezzo che poco dopo gli spalancò gli sportelli e gli permise d’entrare, vi trovò all’interno Belzebù, a braccia incrociate e accigliato.

Gabriele lo affiancò, guardandolo dall’alto in basso.

«Come vanno le cose Giù da te?»
Domandò l’Arcangelo, imperturbabile.

«Male, com’è giusto che vadano da noi. E Su
Anche Belzebù pareva stesse affrontando una normale conversazione, limitandosi a ispezionare Gabriele con la coda dell’occhio. Non voleva dargli troppa importanza. 

«Mai andate meglio di così. È tutto molto più semplice quando non si deve lavorare con degli incompetenti.»
Gabriele cercò di mantenere un certo contegno mentre si sventolava una mano davanti al viso, nel tentativo di allontanare un fastidiosissimo moscerino che non smetteva di ronzargli intorno. Questo era il classico inconveniente che si verificava quando si condivideva uno spazio ristretto con Belzebù, che come al solito era circondato da quelle insopportabili mosche.

«Se posso chiedere, come se la cava il mio vecchio sottoposto all’Inferno?»
A Gabriele, Aziraphale non mancava neanche un po’. Chiedeva solo per ficcare il naso negli affari di Belzebù.  

«Se la cava. E invece, il neo-angioletto?»
Belzebù non aveva alcuna intenzione di informare Gabriele dell’occupazione del suo nuovo demone. Non c’era alcun bisogno di rivelare al nemico di aver mandato l’ex-angelo sulla Terra. Erano problemi dell’Inferno.

«È perfetto per il suo nuovo ruolo.»
Rispose l’Arcangelo, sicuro. La frase non corrispondeva al vero, Gabriele trovava Crowley fin troppo stravagante per essere un angelo. In tutta onestà, l’Arcangelo lo aveva spedito sulla Terra solo per toglierselo di torno, lui e le sue stramberie. Ma questo non era necessario che lo sapesse Belzebù.

«Bene.»

«Fortunatamente ci siamo sbarazzati di quegli scocciatori. Si sono perfino bevuti la storia dell’incidente della perdita di memoria a causa dell’Anticristo, non lo avrei mai detto!»

Gabriele sembrava gongolare, Belzebù invece si chiedeva perché l’Arcangelo fosse sempre così logorroico. Era intollerabile. Si costrinse a fare finta di nulla.

«Appunto. Piuttosto, novità sul prossimo Armageddon?»
Belzebù sapeva bene che organizzare una nuova Apocalisse avrebbe richiesto parecchie energie e risorse. La Fine del Mondo non si poteva preparare dall’oggi al domani. Nonostante ciò, né Inferno né Paradiso avevano messo da parte il progetto. Alcuni direbbero che non si trattava altro che della quiete prima della tempesta.
Secondo Belzebù, comunque, non tutto il male vien per nuocere. Grazie al loro innegabile fallimento avevano aperto gli occhi e non avrebbero più permesso a nessuno di fregarli.
Non avrebbero commesso lo stesso errore due volte.

«Se tutto andrà bene, penso che sarà pronto per il prossimo millennio. Sarà uno spasso vedere quei due sempliciotti combattersi l’un l’altro. Mi sembra un ragionevole castigo per la loro slealtà.»
Gabriele non sopportava i traditori. Era lecito credere che dopo la caduta di Aziraphale e l’ascensione di Crowley, l’Arcangelo avesse ritenuto definitivamente concluse le loro vicissitudini e li compatisse. Il perdono è pur sempre divino. Tuttavia Gabriele era di un’altra scuola di pensiero, altrettanto sacra sotto certi aspetti: chi sbagliava doveva essere punito.
Una mosca gli si poggiò su una guancia. Con un gesto stizzito la scacciò.

«Un anglo e un demone che fraternizzano è inammissibile, saremmo dovuti intervenire molto prima e… potresti smetterla

«Smetterla di far cosa?»

Questa volta Belzebù sollevò gli occhi sull’Arcangelo, con un’espressione di calcolata innocenza. Vedere Gabriele tormentato dalle sue mosche che si affollavano dinanzi a quel volto angelico era estremamente appagante. Belzebù non riuscì a trattenere un sorrisetto diabolico di fronte al tono furibondo dell’altro.

Prima che Gabriele avesse il tempo di inveire contro il suo demoniaco collega, le porte dell’ascensore si aprirono con uno squillante ding.

Gli occhi dell’Arcangelo mandarono un lampo. Rivolgendo un’ultima occhiata di rimprovero al demone, uscì con dignità esacerbata, felice di aver raggiunto le Porte del Paradiso. Era terribilmente stufo di quei maledetti demoni.


Lentamente le porte dell’ascensore si richiusero, celando così il malevolo ghigno del diavolo.

Belzebù 1 – Gabriele 0


Londra, 03:55 a.m., 6 Agosto 2020

È normale per i demoni soffrire di emicrania?

Azirafell sentiva la testa esplodere.
Seduto nel retrobottega della sua libreria, il demone consultava dei libri alla ricerca di una cura per attenuare il dolore. Cercò di sistemarsi meglio sulla poltrona, concedendosi un tremulo sospiro di avvilimento.


Tutto era cominciato la settimana precedente, a causa delle ciance dell’uomo che era piombato nella sua libreria. Il demone si era ripromesso di non rimuginare più sull’incontro ed era stato facile, fino a quando Crowley si era trattenuto in sua compagnia. Tuttavia, una volta rimasto solo con i suoi pensieri, non aveva potuto fare a meno di porsi delle domande.

Azirafell voleva capire.
Razionalmente, le informazioni che l’uomo si era lasciato sfuggire per il demone non significavano nulla. Erano solo assurdità, il delirio di un matto. Non avrebbe dovuto permettere che delle insensatezze tali avessero un ascendente così forte su di lui.
Il suo sesto senso però, lo metteva in guardia dell’esatto opposto e lui voleva vederci chiaro.

Aveva un nome da cui cominciare: Madame Tracy.

Sfogliando l’elenco telefonico era riuscito ad ottenere un indirizzo. Non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione di incontrare la donna, magari avrebbe saputo spiegargli quando e come si erano incontrati! 
Ovviamente, il demone partiva del presupposto che quanto detto dall’uomo corrispondesse al vero. Ad ogni modo, non aveva nulla da perdere e fare un tentativo non costava nulla.

Effettivamente, si era recato sul posto. Era stata una delusione scoprire tramite il vicino di casa di Madame Tracy che da circa un anno la donna si era trasferita fuori città insieme al suo coinquilino, un tale Sergente Shadwell.
Azirafell aveva fatto un buco nell’acqua, ma qualcosa di interessante l’aveva comunque appresa. Secondo il vicino, Madame Tracy diceva di essere una medium e il signor Shadwell era arruolato in un esercito di caccia alle streghe. Nessuno dei due era quindi nuovo al soprannaturale.
Azirafell ringraziò tutti i nove cerchi dell’Inferno per l’esistenza dei vicini di casa impiccioni e pettegoli.

Sulla via del ritorno, un inspiegabile senso di déjà-vu si era fatto strada nell’animo del demone. Solo per attimo, era riuscito a visualizzare nella sua mente il volto di una donna dai capelli rossi e una genuina sensazione di familiarità gli suggeriva di aver già conosciuto Madame Tracy.
Che avesse parlato con lei durante una seduta spiritica quando era all’Inferno? Era riuscito addirittura a rammentare la sua faccia, doveva per forza aver stabilito una sorta di legame con lei! E se la avesse posseduta durante una manifestazione spiritica? Avrebbe anche spiegato perché il Sergente Shadwell minacciasse di esorcizzarlo nuovamente! Ah sì, doveva essere andata in quel modo, era l’unica spiegazione plausibile.
Era soddisfatto. Almeno un mistero era riuscito a risolverlo.


Azirafell si stropicciò gli occhi. L’unica fonte di luce nella camera era l’abat-jour sulla scrivania. La finestra aperta permetteva il ricircolo d’aria e ai rumori della strada di arrivare fin dentro la stanza.
Al demone piaceva Londra e la sua vivacità, lo mettevano di buon umore. Da lontano riuscì ad udire gli urletti di una ragazza ubriaca e delle risate festose, in netto contrasto con il silenzio pesante della sua libreria.
 
Tornò a sfogliare il libro.

Nonostante fosse venuto a capo della "questione medium", il demone aveva ben poco di cui rallegrarsi. Un’ulteriore preoccupazione aveva iniziato a tormentarlo: l’ansia di stare impazzendo.

Dopo aver "visto" la medium, Azirafell aveva cominciato a sentire delle voci nella sua testa. Delle voci che erano state solo un mormorio in principio ma che diventavano di giorno in giorno più veementi. Non poteva essere un buon segno, neppure per un demone.

Un dettaglio specialmente lo ossessionava. Inizialmente era stato impossibile distinguere i suoni, ma si era reso conto fin troppo presto che ciò che sentiva ogni volta quando chiudeva gli occhi era una voce paurosamente simile a quella di Crowley.

Gli parlava con frasi sconnesse, criptiche alle orecchie del demone.

“Sarebbe curioso se entrambi avessimo sbagliato, eh? Se io avessi fatto la cosa giusta e tu quella sbagliata, eh?”

Era letteralmente impossibile che Crowley gli avesse detto una cosa del genere. Lo conosceva da poco e ricordava ogni loro conversazione, certamente quelle domande non erano mai state poste. Inoltre, non avevano alcun senso.
Un angelo fa sempre la cosa giusta.

Azirafell tornò a pensare alle parole del Sergente Shadwell. A rifletterci meglio, nemmeno il suo nome era del tutto nuovo per il demone… doveva godere di una certa notorietà come cacciatore di streghe, evidentemente!

Ad ogni modo, il Sergente aveva alluso a qualcosa di molto interessante, a proposito di un ragazzo.
Azirafell si era interrogato a lungo sull’identità di quel “ragazzino diabolico”. Purtroppo su di lui non aveva alcun indizio, ma per avergli restituito il proprio corpo, come sosteneva il Sergente, doveva trattarsi per forza di una creatura dotata di abilità soprannaturali molto potenti. Sicuramente un demone a giudicare dall’attributo scelto.

Un demone dalle sembianze di un bambino… non lo aveva mai incontrato all’Inferno. Era piuttosto raro che i demoni assumessero delle sembianze eccessivamente giovanili, solitamente si preferiva utilizzare il corpo di un adulto, per questioni di pura comodità.
Da quel poco che Azirafell sapeva, l’ultimo demone nato sotto forma di bambino vero e proprio era l’Anticristo.

Che fosse una mera casualità?

Azirafell ricacciò indietro i dubbi. Stava lavorando troppo di fantasia.

Afferrò la tazza di fianco a sé e ingollò un sorso di cioccolata, ormai fredda. Anche la banalissima tazza che stava utilizzando ormai gli sembrava ambigua. Aveva delle ali d’angelo come impugnatura! Chi diavolo era il proprietario precedente? Un prete?
Ormai cominciava ad avere le traveggole su tutto.

Se solo la vocina nella sua testa fosse rimasta in silenzio, sarebbe stato molto più facile affrontare la situazione.


“Non sono sicuro che tu sia capace di compiere il male.”

Azirafell si rese conto che neppure quell’affermazione gli era estranea. Era come se la avesse già sentita, molti anni prima. Se solo fosse riuscito a ricordarsene!

Si concentrò.

Incapace di compiere il male… il demone chiuse gli occhi e si abbandonò alla propria coscienza.
Per un po' non accadde nulla ma, quando era sul punto di cominciare ad appisolarsi, vide qualcosa.


Doveva essere in un sogno. Crowley gli parlava, gli sorrideva, ma Azirafell avvertiva un cambiamento in lui, eppure non riusciva a capire cosa ci fosse di sbagliato.
Si trovavano in un giardino a giudicare dalla lussureggiante vegetazione. Erano scalzi su delle mura, da cui potevano godere di un panorama mozzafiato. Azirafell riusciva a scorgere all’orizzonte addirittura due umani che combattevano contro un leone. Crowley continuava a conversare con lui, ma il demone non riusciva a comprendere nulla di ciò che gli diceva, come se parlasse in una lingua sconosciuta.
Cominciò a piovere, ma il demone a stento lo notò. Era rapito dallo sguardo dell’angelo. Due grandi occhi gialli, da rettile, sembravano leggergli l’anima, delle luminose iridi a cui era abituato non ne era rimasto nulla. All’improvviso Azirafell si sentì a disagio.
Vedeva l’angelo, vestito con una lunga tunica nera ad ali spiegate. Ali scure, nere come la pece, che poco si adattavano alla sua natura angelica. Quello non poteva essere il Crowley che conosceva.
Quello che gli stava di fronte era un demone.


Come se stesse riemergendo da una lunga apnea, Azirafell riaprì gli occhi ed esalò un respiro che non si era reso conto di star trattenendo. Il demone si passò una mano tra i morbidi capelli biondi, mentre una sgradevole sensazione di nausea gli chiudeva la bocca dello stomaco.

Chiuse il libro con uno scatto.
Lo stress stava avendo la meglio su di lui, neanche la lettura riusciva a distrarlo.


Meccanicamente, il demone sollevò lo sguardo verso il cielo notturno che intravedeva fuori dalla finestra e pensò a Crowley.
Chissà cosa si provava ad essere un angelo. Doveva essere bello. Essere una creatura celeste era molto più semplice che essere un demone, ne era sicuro.  
Per lo meno gli spiriti celesti avevano sempre qualcuno a cui rivolgersi, quando si sentivano smarriti bastava che pregassero l’Onnipotente per ritrovare la retta via. Un po’ li invidiava e per un attimo, prese in considerazione l’idea di fare come loro.
Azirafell però non era un angelo e Lassù nessuno lo avrebbe ascoltato.

Tutto d’un tratto, si sentì estremamente solo.


Londra, 04:50 p.m., 06 Agosto 2020

«Sei sicuro che vada tutto bene?»
Crowley squadrò con scetticismo il demone.

Non era necessario uno spiccato senso d’osservazione per capire che qualcosa lo preoccupasse. Solitamente Azirafell era sempre cordiale e anche piuttosto chiacchierone. Invece quel pomeriggio sembrava… assente.

Come per sottolineare la distanza tra loro portava addirittura gli occhiali scuri che di solito indossava solo quando usciva. Crowley non ne faceva un mistero, era un po’ allarmato.

«Magnificamente bene! Ho solo un leggero mal di testa.»
Azirafell assunse un tono allegro, per non insospettire ulteriormente Crowley. Non stava certo mentendo. Ciò non di meno, non voleva condividere le sue incertezze con l’angelo. Non perché non si fidasse di lui, anzi. Semplicemente non avrebbe saputo da dove iniziare. Era già inquietante per lui, figuriamoci per Crowley.

«È da una settimana che hai mal di testa!»
Contestò l’angelo, spazientito. Crowley non era uno stupido, aveva intuito che qualcosa non andasse nel suo amico. Ovviamente aveva cercato cavargli fuori la verità in tutti i modi, ma il demone si era rivelato particolarmente bravo con le sue risposte evasive. Era inutile insistere oltre.

«Be’… mi passerà, vedrai.»
Il demone rivolse un sorriso tirato all’angelo, sperando di convincerlo.

«Certo, come no.»


La A.Z.Fell&Co. non aveva aperto neanche quel giorno.
Il suo proprietario non se la sentiva di parlare con degli eventuali clienti. Non aveva alcun interesse nel guadagnare qualcosa né aveva bisogno di denaro. Il lato buono del lavorare in proprio era la possibilità di gestire gli orari nel modo in cui si preferiva, senza dare conto a nessuno.

Anche il mal di testa di Azirafell non accennava a passare. A dire il vero, le voci nella sua testa sembravano non dargli tregua. Era come se gli martellassero nella mente per sfondargli il cranio. Pure in quel momento, mentre parlava con Crowley, continuava a sentirle.

«Crowley, vorrei chiederti una cosa…»

«Cosa?»
Incalzò l’angelo. Che il demone avesse deciso di spiegargli finalmente che cosa gli fosse successo?

Azirafell si mordicchio nervosamente l’interno della guancia e cambiò idea.
«Lascia perdere, era una domanda sciocca.»

«Non dirai sul serio! Non puoi lanciare il sasso e nascondere la mano, ormai devi dirmi di che cosa si tratta, che ti piaccia o no!»
Questa volta Crowley non avrebbe accettato niente che non fosse una risposta soddisfacente. Anche a costo di tirargli fuori la verità con le maniere forti.

Anche Azirafell parve comprenderlo. Considerò l’idea di raccontargli tutto davanti ad una bottiglia di pregiato vino italiano. Sapeva che l’alcool aiutava gli umani ad aprirsi con gli altri, forse sarebbe stato così anche per lui. Non gli sarebbe dispiaciuto degustare del buon vino e lasciarsi inebriare dal suo sapore. Magari Crowley sarebbe stato d’accordo con lui e gli avrebbe tenuto buona compagnia. È sempre meglio bere con gli amici piuttosto che da soli.

Al pensiero di una bottiglia di vino, la vocina nella sua testa si sentì in diritto di dire la sua.

Il fatto è… il fatto che voglio evidenziare sono i delfini.

Azirafell cercò di ignorare i suoi stessi pensieri. Avrebbe detto la verità a Crowley e si sarebbe tolto lo scrupolo di nascondere qualcosa al suo amico. Prese un bel respiro e…

«Lasciati tentare e vieni a pranzo con me.»
Azirafell sgranò gli occhi. Crowley lo fissava confuso, non era quello che si aspettava.

Cazzo.

Senza volerlo il demone aveva ripetuto ad alta voce i pensieri che continuavano a vorticargli in testa. Azirafell si lasciò andare ad una risatina nervosa. Quella situazione lo stava sfinendo.

«Credo sia un po’ tardi per un pranzo. Ma siamo in perfetto orario per un the.»
Le parole erano amichevoli, ma il tono dell’angelo era glaciale. Per lui, quello non era altro che l’ennesimo tentativo d’evitare l’argomento. 

Per lo meno, Crowley aveva dato una scusa al demone per sparire per un paio di minuti e smaltire l’imbarazzo.  



Mentre Azirafell si dileguava per preparare il the, per ingannare l'attesa l’angelo si ritrovò ad esaminare i libri antichi presenti nel negozio. Nessuno riusciva a catturare la sua attenzione, la lettura non lo entusiasmava in alcun modo.
Si avvicinò al grammofono. Gli piaceva, quello era l’angolo della libreria che più lo attraeva. Crowley amava la musica e non seppe resistere all’innocua tentazione di curiosare un po’ tra i vari LP. Ne inserì uno nel giradischi. Si trattava di musica classica certo, ma avrebbe comunque contribuito a rendere il pomeriggio più gradevole. E magari avrebbe distratto il demone dai suoi tormenti.
La musica è la miglior cura per un animo afflitto.

Nell’aria si diffusero le note della Water Music di Händel [2].

Quando Azirafell tornò con due tazzine di the e qualche biscotto, si illuminò riconoscendo la melodia.

«Ottima scelta! Non pensavo che questo fosse il tuo genere.»
Commentò Azirafell, finalmente rilassandosi.

«Per chi mi hai preso, so apprezzare la buona musica!»
Rispose Crowley, senza alcuna modestia e con il sorrisetto di uno che se ne intende. 

La musica aveva reso il clima più leggero. Sorseggiarono il loro the, Azirafell ondeggiando la testa a ritmo e Crowley studiando di sottecchi il demone. Non aveva ancora rinunciato ad affrontare la questione.

Il demone riusciva a sentire gli occhi dell’angelo su di sé. Sollevò lo sguardo e lo incrociò con quello di Crowley, rivolgendogli un sorriso timido.

«Crowley?»

«Sì?»

«Balliamo!»
Ancora una volta, l’angelo si stupì delle parole del demone.

Azirafell gli tese una mano.

«Sai che teoricamente gli angeli non ballano?»

«Nessuno ti impedisce di provare!»

L’angelo roteò gli occhi ma alla fine si convinse e accettò la mano dell'altro.
Tanto non li avrebbe visti nessuno e non voleva negare un ballo al demone, se ciò lo avrebbe reso contento.

Azirafell lo guidò fino al centro della sala.

Crowley non aveva mai ballato insieme a qualcuno. Non poteva negare che quando ascoltava del travolgente rock ‘n roll improvvisava qualche passo di danza e spesso quando era a bordo della Bentley cantava a squarcia gola insieme a Freddie Mercury, ma era sempre stato rigorosamente da solo. Ballare su una base di musica classica insieme ad un demone era diverso!
Ignorò il batticuore, giustificandolo con della banale… ansia da prestazione.

L’angelo avvertì il demone poggiargli una mano dietro la schiena, un po’ esitante. Crowley realizzò che forse non era l’unico a sentirsi nervoso. Non che fosse semplice capirlo, quando non poteva guardare negli occhi il suo cavaliere per colpa degli occhiali da sole che si ostinava a portare.

L’angelo addolcì la sua espressione e i tratti spigolosi del suo viso si ammorbidirono. Posò con inaspettata delicatezza le mani sul volto del demone e con cura e deliberata lentezza, gli sfilò le lenti che poggiò al sicuro su un mobiletto.

«Così va molto meglio.»
Disse un soffio. Se proprio dovevano ballare un lento, voleva farlo bene e senza alcuno schermo tra loro.

Il demone era rimasto letteralmente imbambolato. Con uno sforzo cercò di tornare con i piedi per terra. Strinse la mano destra dell’angelo nella sua, cominciando a muovere i primi passi.

Crowley si affidò al demone, lasciando che fosse lui a dirigere le danze.
Un angelo che si fida di un demone… se lo avessero scoperto ai Piani Alti lo avrebbero incenerito. Ma per una volta, Crowley avrebbe corso il rischio.

Ballare insieme fu estremamente imbarazzante all’inizio. Nessuno dei due sapeva dove posare gli occhi e più di una volta si erano pestati i piedi. Crowley andava troppo veloce, normalmente preferiva musiche molto più movimentate su cui scatenarsi e Azirafell confondeva i passi del lento con quelli della gavotta, di cui aveva scoperto essere un appassionato.
Ciò nonostante, non ci volle molto affinché entrambi trovassero la giusta sincronia.

«Non ce la caviamo poi così male.»

«No. Siamo solo terribili

Al demone scappò una leggera risatina che lo liberò dalla tensione accumulata. Probabilmente Crowley aveva ragione, ma era sicuro che sotto sotto pure l’angelo si stesse divertendo.

Anche l’atmosfera tra di loro era cambiata. Con il passare dei minuti, la danza si era fatta più lenta e i loro corpi si erano avvicinati, in una posizione intima e rassicurante. A tempo di musica dondolavano cullati in un abbraccio, al centro della sala della grande libreria.

Il disco continuava a girare, ma Azirafell non ascoltava più. Il suo sguardo si era perso in quello dell’angelo, in quelle iridi che sembravano oro fuso. Erano così diverse da quelle del demone che aveva visto la notte precedente.  

Si rese conto di essere a pochi centimetri dal viso dell’angelo, così prossimo da riuscire a sentire il suo respiro infrangersi su di sé. I loro nasi si sfiorarono. Eppure, l’improvvisa vicinanza non lo metteva in soggezione.
Gli venne naturale abbassare lo sguardo sulle sue labbra, incredibilmente vicine alle proprie e si accorse di desiderarle più di qualsiasi altra cosa al mondo. Notò che anche Crowley lo guardava con una nuova luce negli occhi. Che provasse lo stesso?
Con lentezza la sua mente registrava gli eventi. Gli sarebbe bastato così poco per colmare le distanze e baciarlo.
Socchiuse gli occhi.

Al diavolo tutto...



«Azrael! Azrael!»

Un gran fracasso proveniente dall’esterno li colse impreparati e il loro bel momento fu irrimediabilmente rovinato.
Si staccarono bruscamente l’uno dall’altro ed entrambi volsero lo sguardo verso l’entrata.

«Azrael! Vuoi aprire o no questa maledetta porta?»
Hastur batté i pugni contro la vetrina, evidentemente alterato.

«Aspetti visite?»
Crowley cercò di sdrammatizzare, ma evitò bene di guardare il demone negli occhi.

Visto tutte le cose che erano accadute, il demone si era completamente scordato che proprio quel pomeriggio avrebbe dovuto incontrare il suo superiore per fargli rapporto del suo lavoro sulla Terra! Se lo era del tutto tolto dalla testa.

«È Hastur!»
Bisbigliò il demone, quasi strozzandosi. Era nel panico. Se lo avessero visto con un angelo, un suo nemico… ah, non osava nemmeno pensare alle conseguenze!

«Devi andare, ora
Afferrò la mano dell’angelo, trascinandolo il più lontano possibile dall’ingresso.

«Okay, okay! Vado
Disse l’angelo, aspro. Crowley si liberò dalla presa del demone, un po’ piccato per venir cacciato in quel modo. Con uno schiocco delle dita sparì dalla libreria.


«Con chi stai parlando? Sbrigati, sono stufo di aspettarti!»
Azirafell non ebbe tempo per indugiare oltre e corse verso l’entrata, trovandosi di fronte uno più che spazientito Hastur.

«Era ora!»
Hastur non aspettò l’invito di Azirafell. Lo spinse da parte e entrò. Francamente, al demone non era mancato neanche un po’ il suo superiore.

«Cos’è questa lagna?»
Criticò Hastur, scontroso, mentre si guardava in giro con circospezione.

«Musica! Händel…»
Fece Azirafell, vago. Solo poco prima stava ballando con Crowley sulle note di quella musica. Oh, non solo. Lo aveva quasi baciato sulle note di quella musica.
Il ricordo fece andare a fuoco le guance del demone.

«Huh. Allora, dov’è?»

«Chi?»
Alle domanda di Hastur, la voce di Azirafell si era incrinata. Li aveva visti? Com’era possibile? Le finestre erano chiuse, le serrande erano abbassate, come aveva fatto a scoprirli?

Hastur sbuffò, tediato da tutte quelle ciarle.

«Il rapporto, ovviamente! Svegliati, non ho tempo da perdere!»
Nonostante il sollievo, Azirafell non era mai riuscito a capire perché Hastur fosse sempre così scorbutico con lui. Certo, nemmeno gli altri demoni godevano delle simpatie del Duca Infernale, ma Azirafell doveva essere proprio sulla sua lista nera.

«Giusto, il rapporto! Sì. Vado… vado a prenderlo.»

Fortunatamente Azirafell aveva finito di scrivere quella relazione qualche giorno prima, chissà cosa gli avrebbe fatto Hastur se lo avesse trovato a mani vuote.
Gliela tese.

Il Duca Infernale glielo strappò dalle mani, evidentemente non era in vena di chiacchiere.

«Se è tutto, me ne vado. Vedi di essere puntuale anche con il prossimo e mandalo tu da solo, non ho alcuna intenzione di fare tutta questa strada per ogni stupido rapporto.»

Azirafell rimase in silenzio, limitandosi ad annuire agli ordini ricevuti.

Hastur gli voltò le spalle, non lo sopportava proprio quel demonietto da quattro soldi. Era quasi arrivato all’uscita quando si sentì chiamare.

«No, no aspetta… Hastur!»

Hastur aggrottò le sopracciglia, fulminando con lo sguardo il sottoposto. Che fastidio!

«Posso farti qualche domanda… sull’Anticristo?»

Azirafell sapeva di starsi addentrando in campo minato. Temeva Hastur, ma tra tutti i demoni dell’Inferno, era forse quello con cui si poteva ragionare maggiormente. E questo era dire tanto.

«No.»

«Ma è importante! Non ti tratterrò a lungo, te lo assicuro!»

«Da dove nasce tutta questa curiosità?»
Chiese Hastur, con una nota di sospetto.

Azirafell deglutì, aveva già la bocca secca. Questa era la sua unica occasione, doveva giocarsela bene.
«Voglio solo capire perché non si sia alleato con noi! Puro interesse, emh, accademico.»

«E che vorresti sapere, con esattezza?»
Hastur continuava ad osservare Azirafell con aria inquisitoria.

Il demone si fece coraggio. Che fosse riuscito a convincerlo?
«Per esempio, come è arrivato sulla Terra?»

«Da un convento di suore sataniste a Tadfield. Eh, io stesso mi sono occupato del loro licenziamento, se capisci che cosa intendo. Non hai idea di quanto io mi sia dato da fare per quel mocciosetto ingrato!»
Hastur si rabbuiò. Se solo quel bambinetto viziato dell’Anticristo non avesse voltato le spalle all’Inferno, a quest’ora l’Apocalisse sarebbe già stata fatta e finita da un bel pezzo.

«Mocciosetto?»
Azirafell chiese, sforandosi di non far trasparire il proprio interesse.

«Era in fasce quando è arrivato sulla Terra, l’ho dato io stesso nelle mani di quell’idiota!»
Se fosse stato possibile, Hastur si sarebbe messo a fumare per la rabbia. Azirafell aveva notato che quella doveva essere una faccenda delicata per il collega.

«Intendi dire… il traditore?»
Anche se Azirafell non ricordava assolutamente nulla dell’Armageddon, era chiaro che Hastur serbava odio nei confronti del demone che si era ribellato all’Inferno.

«Proprio lui. Ha mandato tutto all’aria! Era suo compito occuparsi dell’Anticristo per preparalo a ricevere il Cerbero per il suo undicesimo compleanno. Invece sai che succede? Non solo mi presento sull’altopiano di Megiddo, mi trovo anche il bambino sbagliato! Niente cane, niente Anticristo, niente Apocalisse. Solo un marmocchio presuntuoso che mi trova puzzolente. Pensi che io puzzi?»
Hastur per un lungo anno aveva trattenuto la frustrazione della mancata Apocalisse dentro di sé e ora, tutta la sua rabbia stava esplodendo. Non badava più nemmeno alla discrezione, il bisogno di sfogarsi era ormai improrogabile.

«Oh no, tutt’altro! Gli umani non riescono a capire certe, umh, fragranze demoniache! E quindi, il traditore… si era davvero alleato con un angelo?»
Ad Azirafell non restava altro che assecondare Hastur. A volte offrire una valvola di sfogo era la cosa migliore da fare. Funzionava anche con i demoni!

«Non nominare quel dannato ancora una volta davanti a me! Dopo quello che ha fatto al mio amico, avrei dovuto ucciderlo con le mie stesse mani! Lo odio! Hai idea di quanto mi manchi Ligur? Ed è tutta colpa sua! Tradire l’Inferno e salvare il mondo solo per amore di uno stupido angelo! Ah, ma avuto quello che si meritava quel traditore, maledetto Crowley!»

«Crowley..?»
Azirafell perse un battito.

Hastur si interruppe. Con il suo sproloquio aveva rivelato più del dovuto. Puntò il dito contro il sottoposto, il viso distorto dalla rabbia.

«Ti ho detto fin troppo. Parlane a qualcuno e te la vedrai con me.»
Con un’ultima minaccia come congedo, il Duca Infernale sparì.

Azirafell, travolto dalla scoperta, si sentì mancare il fiato.


Era passata circa un’ora dalla visita di Hastur.
Azirafell aveva pensato che prendere una boccata d’aria lo avrebbe aiutato a ragionare. Impossibile rimanere tra le quattro mura della sua libreria, doveva scaricare il nervosismo e camminare.
Aveva preso in considerazione l’idea di parlarne con Crowley, ma nello stato di totale confusione in cui versava, aveva immediatamente bocciato l’idea. Inoltre, dopo quanto successo quel pomeriggio, non se la sentiva di affrontarlo.

Aveva cercato di non saltare a confusioni affrettate ma l’angoscia gli rodeva l’anima. Anche la voce che lo tormentava si era fatta più forte, più morbosa e più prepotente.

“Può anche darsi che tutto questo non serva effettivamente a mettere alla prova il mondo.”

Ad Azirafell girava la testa.
A stento si rendeva conto degli edifici che lo circondavano, della strada e delle persone che con incuranza gli passavano accanto.

Era impossibile che Hastur parlasse dello stesso Crowley che conosceva, dell’angelo. Azirafell si rifiutava di credere ad una cosa del genere, non poteva semplicemente essere possibile.

A sprazzi nella sua mente si susseguivano immagini, momenti della sua vita di cui il demone non aveva più memoria, ricordi cancellati che tentavano di riaffiorare.

Azirafell vide se stesso impugnare una spada fiammeggiante e stringere la mano di un bambino e dall’altro lato, lo stesso faceva Crowley.
E quello non era un bambino qualsiasi. Quel ragazzino aveva sconfitto Satana in persona.
L’Anticristo, Adam Young, aveva appena salvato il mondo.


Azirafell aveva la vista sfocata. Gli sudavano le mani e il cuore picchiava contro le costole. Non riusciva più ad avere il controllo di se stesso. Voleva solo che finisse, gli sembrava di diventare matto.

“Un piccolo miracolo demoniaco da parte mia. Un passaggio?”

Qualcosa si sbloccò all’internò della sua mente.

In una visione, più vivida della stessa realtà, Crowley lo aveva appena salvato dalle spie tedesche. Aveva attraversato un suolo consacrato solo per venirlo ad aiutare. Aveva dirottato delle bombe solo per lui, affinché non si cacciasse nei guai con i nazisti.
La chiesa era crollata, intorno a loro solo macerie. Se non fosse stato per Crowley, anche i suoi amati libri sarebbero andati bruciati.
E così, Crowley gli aveva consegnato la valigetta, sana e salva.
Mentre guardava Crowley allontanarsi, sentì le farfalle nello stomaco.


Azirafell tremava. Sostenendosi contro il muro, riuscì ad intrufolarsi in uno squallido vicoletto poco frequentato. Appoggiò la schiena contro i mattoni, le gambe gli formicolavano, se non si fosse fermato sarebbe certamente crollato a terra.


“Angelo.”

In una panchina di St. James Park vide se stesso seduto insieme a Crowley. Parlavano di un libro, Le belle e accurate profezie di Agnes Nutter, profetessa. Ad un tratto si diedero la mano e assunsero l’uno le sembianze dell’altro.
Inferno e Paradiso li avevano condannati, ma grazie ad Agnes, erano riusciti a salvarsi. Non erano più dalla parte di nessuno.
Erano liberi.

“Ho perso il mio migliore amico.”

L’ambiente intorno a loro cambiò. Crowley non c’era più e Azirafell si trovava di fronte la sua libreria. Avrebbe dovuto incontrarsi con il suo demone tra qualche minuto, li attendeva una vacanza solo per loro due ed era impaziente di partire. Si sentiva così bene.
Durò poco la sua felicità.
Quando svoltò l’angolo non trovò Crowley ad aspettarlo, ma i demoni più potenti dell’Inferno.
Cadde.



Si sentiva irreale, come se la mente si fosse intorpidita. Aveva perso il senso del tempo. Con la sensazione di essere rinchiuso in una bolla, guardò davanti a sé e riuscì ad intravedere un riflesso nella vetrina opaca di un negozio abbandonato.

Ciò che vide lo spaventò enormemente.

Una figura vestita in nero lo fissava con due enormi occhi da serpente, una smorfia di terrore ne distorceva i lineamenti soffici.

Non si riconobbe. Rifiutava di credere che quel demone non potesse essere lui. Eppure, non riusciva a distogliere lo sguardo dalla figura.


No, no, no…



Fu una folgore a ciel sereno.

Con una forza indomabile i ricordi lo travolsero, come l’acqua che straripa da una diga con violenza distruttiva.
Impossibile frenarne il flusso.

Ricordò le profezie di Agnes Nutter, l’Inferno, il Paradiso, l’Apocalisse, ogni evento dei seimila anni passati su quel pianata. Ricordò Crowley. Ricordò chi fosse lui stesso.
Le immagini gli vorticavano nella testa, ogni tassello del puzzle finalmente al posto giusto.

Ricordava tutto.  



Senza alcun preavviso, come tutto era iniziato, tutto finì.


Aveva di nuovo i suoi ricordi. Eppure, Aziraphale si sentì terribilmente vuoto.



[1] : In una scena del copione originale, Aziraphale e Crowley usano un ascensore per raggiungere l’Inferno e il Paradiso, e siccome anche nella serie si dice che ci sono molti modi per raggiungere l’entrata dei due regni, ho pensato fosse abbastanza plausibile che esistesse davvero.

[2]:La Water Music di Händel, nel libro, è quella che ascoltano Aziraphale e Crowley quando tornano a Londra dopo l’Apocalisse.  




Note finali
Be' eccoci al quarto capitolo! 
Non ho granché da dire su questo capitolo, semplicemente che almeno in parte, adesso le cose si sono sbloccate! 
Ringrazio tantissimo chiunque sia arrivato a leggere fin qui, chi ha inserito la storia tra le seguite/preferite e per tutte le recensioni! Mi rendono felicissima! 
Al prossimo capitolo :) 

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


Capitolo V


Londra, 01:10 p.m., 9 Agosto 2020

«Io proprio non li capisco i demoni.»

Crowley aveva ormai perso il conto delle volte in cui aveva ripetuto quella frase solo in una mattinata. Perfino le piante del suo vivaio si erano afflosciate, stufe di ascoltare l’angelo rimuginare sempre sulla medesima questione. Sembrava si fosse trasformato in un disco rotto.

«No, proprio non li capisco.»

Raccolto nei suoi pensieri, Crowley si aggirava con fare intimidatorio tra i vasi ordinati nel vivaio con il fido spruzzino stretto in mano. Stava cercando di salvaguardare le sue povere piante dalla calura estiva e nel frattempo dava voce ai suoi problemi.

Le piante erano le migliori delle confidenti. Sapevano ascoltare e sapevano come mantenere un segreto.
In una parola, erano affidabili.
Per questo motivo Crowley si sentiva libero di parlare con loro di qualsiasi argomento, senza peli sulla lingua.

Inutile aggiungere che avesse parlato loro anche dell’inconsueto comportamento del suo amico e della piega inaspettata che avevano preso gli eventi.


Dopo il loro ultimo incontro, avvenuto tre giorni prima, Crowley aveva constatato che il demone era diventato ancora più sfuggente della settimana precedente.

Per cominciare, Azirafell non gli aveva fatto visita in negozio come gli altri giorni. Ormai era diventata un’abitudine passare la mattinata insieme all’Heartly Heaven e la mancanza di Azirafell risultava quasi intollerabile all’angelo.

Probabilmente è impegnato, si diceva Crowley, cercando di non crucciarsene più del dovuto.

Quando il demone non si presentò neppure il giorno successivo, Crowley non era riuscito a fermarsi e  l’aveva raggiunto alla libreria poco più tardi, solo per ricevere un’immensa delusione.
Azirafell gli aveva sbattuto con malagrazia la porta in faccia con la giustificazione di avere molto da fare.

Da fare che cosa poi? si era chiesto l’angelo, visto che il demone si era rintanato nella sua libreria e non aveva più messo il naso fuori.

Non che Crowley lo stesse spiando! Semplicemente, dal vivaio riusciva ad intravedere l’entrata della A.Z.Fell&Co. ed era pronto a mettere la mano sul fuoco, nessuno era entrato né uscito da quella libreria. Era da tre giorni che il demone aveva chiuso i battenti e non usciva, che razza di incombenza poteva tenerlo chiuso in una libreria senza fargli prendere neanche una pausa? Gli aveva addirittura telefonato per provare ad invitarlo a cena ed aveva rifiutato!
Non è che lo stesse tenendo d’occhio… Crowley era solo preoccupato per il suo amico!


Tutto quel teatrino stava cominciando a diventare estremamente mortificante.
Sebbene fosse un angelo, Crowley non amava dare libero sfogo alle proprie emozioni. Non era rigido, ma gli piaceva avere il controllo su di sé. Infatti, sulle prime aveva provato con tutte le sue forze a comportarsi con indifferenza davanti allo stravagante atteggiamento del demone, ma davanti all’evidenza anche Crowley si era ormai arreso.

Azirafell gli stava nascondendo qualcosa. Non si trattava più di una sua impressione, era palese che fosse così e lui non sopportava di starsene con le mani in mano.

«E state dritte voi altre! Non costringetemi a mostrarvi cosa accade alle scansafatiche, non vi piacerebbe.»

L’angelo apostrofò le piante, l’afa non era una buona scusa per mancare alle proprie mansioni. E le mansioni delle sue piante consistevano nell’essere floride e gradevoli alla vista. Su questo Crowley non transigeva.

Al richiamo le piante si raddrizzarono, come un plotone obbediente richiamato all’ordine. Mai disobbedire alle disposizioni dell’angelo, sapevano che non c’era da scherzare con lui.

«Vedo che ci siamo capiti.»

In qualsiasi altra occasione, Crowley si sarebbe inorgoglito per l’autorità che mostrava di possedere sulle sue belle piante, ma in quel momento, la faccenda cadeva in secondo piano. Aveva altri pensieri per la testa.


In verità, Crowley si era fatto un’idea riguardo la causa scatenante della strana tensione che si era creata con il suo demoniaco amico e stava cominciando addirittura a darsi la colpa.

Il comportamento di Azirafell doveva essere una reazione a qualcosa che lo aveva infastidito, era arrivato ad ipotizzare l’angelo.
Per tre giorni interi aveva  provato a capire che cosa avesse fatto di sbagliato o se avesse perpetrato un torto, anche involontario, nei confronti del demone.
Non gli era venuto in mente nulla.
Tuttavia, era impossibile che il demone si comportasse in quel modo senza una motivazione, per evitarlo come la peste doveva pur avergli fatto qualcosa!

Ed effettivamente, qualcosa tra di loro era quasi successo.
Azirafell aveva cominciato ad schivarlo dopo la sua ultima visita, in cui… al sol pensiero il suo cuore iniziò a battere più forte.

Il suo amico, un demone, lo aveva quasi baciato.

Per un qualsiasi altro angelo, il sol pensiero sarebbe risultato ributtante sotto ogni punto di vista, oltre che immorale.
Un angelo non avrebbe dovuto fare amicizia con un demone.
Un angelo non dovrebbe desiderare di baciare un demone.
Era semplicemente sbagliato.

Crowley però non poteva mentire a se stesso. Quando si era trovato solo a pochi centimetri dal demone, nonostante la parte ragionevole di se stesso gli dicesse di spostarsi, non era stato abbastanza forte da resistere.
Voleva quel bacio.

Crowley sapeva di star commettendo un errore, ma ciò che si prospettava era troppo allettante per potervi rinunciare.
Che fosse quella la sensazione che si provava quando si era tentati?

Paradossalmente quando l’altro demone, Hastur, si era presentato senza preannuncio a battere i pugni sulla porta, aveva salvato Crowley dal peccare. Un demone che sventava una tentazione!
Ironia della sorte, come dicevano gli umani.

Crowley ci aveva riflettuto lungamente.
Riusciva a capire come mai i mortali trovassero così difficile sottrarsi ai vizi e ai peccati. Faceva parte del Piano Divino che il Demonio fosse così forte rispetto all’Umanità? Lui stesso, un angelo, aveva trovato difficile resistervi e nonostante tutto, non aveva alcun rimorso.

Eppure, Crowley doveva essere l’unico a pensarla in quella maniera. Azirafell non si era più fatto vivo e cercava ogni scusa per non parlare con lui, era chiaro che cercasse di tenerlo alla larga.

L’angelo non sapeva che conclusioni trarne. Gli sembrava una reazione forse esagerata, in fin dei conti non era successo nulla. Inoltre, c’era qualcosa che continuava a non convincerlo del tutto.
Che tutto fosse legato alla storia di quell’incessante mal di testa?
In quel caso, Crowley non poteva esserne il responsabile in alcun modo, quindi era scagionato. 
L’unica certezza che aveva era che continuava a non capire niente e la preoccupazione non faceva altro che aumentare.

Com’era stato possibile affezionarsi con così tanta facilità al proprio nemico? Avrebbe dovuto odiarlo!

Crowley sorrise amaramente. Odiarlo? Come avrebbe potuto odiare la creatura più gentile che avesse mai conosciuto? Neanche in Paradiso aveva mai incontrato qualcuno così buono come quel demone.
I suoi compagni angeli erano un branco di invasati intolleranti che prendevano per verità assoluta qualsiasi idea propagandistica gli si rifilasse. L’unica motivazione che il Paradiso dava a Crowley per odiare Azirafell era piuttosto discutibile: il suo vicino era un demone e in quanto angelo, Crowley avrebbe dovuto odiarlo solo per la sua natura.
 
In tutta franchezza, l’angelo trovava estremamente stupida la questione degli schieramenti. Ai superiori piaceva farsi la guerra a vicenda e né lui né il suo amico demone avevano voce in capitolo.
Per quanto gli riguardava, per Crowley i loro capi potevano continuare ad odiarsi tra di loro. Non voleva essere coinvolto in quella vecchia faida, né tanto meno gli interessava.
Non aveva intenzione di perdere un amico solo per una stupida ideologia.

L’angelo mise finalmente da parte lo spruzzino e osservò il proprio lavoro. Aveva innaffiato tutte le piante, poteva ritenersi soddisfatto.

Per forza dell’abitudine, lanciò una veloce occhiata fuori dalla vetrata verso la libreria, notando l’ombra di una figura che in fretta e furia si allontanava dalla finestra e si rintanava all’interno del negozio.

Troppo tardi, Crowley aveva riconosciuto il demone.
Che diamine stava combinando Azirafell?

Improvvisamente l’angelo si sentì furioso. Non ci pensò due volte.
Lasciò il vivaio e attraversò la strada senza nemmeno guardare, schioccando le dita con indifferenza per evitare che un’auto lo travolgesse.
Raggiunto l’altro capo del marciapiede inspirò per recuperare la calma.


«So che ci sei , Azrael.»

Crowley aveva bussato, attendendo con trepidazione che qualcuno gli aprisse.
Era la prima volta che utilizzava il vero nome del demone, invece che il nomignolo che gli aveva affibbiato quando lo aveva conosciuto. E questo non è mai un buon segno.

«Non c’è nessuno, riprova più tardi!»
La già flebile voce del demone arrivò attutita alle orecchie dell’angelo. Per tutta risposta, Crowley bussò più forte. Era stufo e poco in vena di scherzare.

«Non ho la minima intenzione di andare via!»
Aveva replicato Crowley, rivolto alla porta.

L’angelo si mise in ascolto. Poteva sentire i passi svelti all’interno della libreria, davano l’impressione che il demone stesse camminando avanti e indietro. Anche se non poteva vederlo, riusciva a percepire fin da lì il nervosismo dell’amico.

Incrociò le braccia. Non si sarebbe mosso di lì, anche se avesse dovuto aspettare per l’intera giornata. Non aveva alcun impegno, aveva chiuso il negozio e si era già occupato delle piante.

 Il demone non  aveva ancora risposto ma con titubanza aveva aperto la porta e questo a Crowley bastava.

«Oh, Crowley? Mi spiace, siamo chiusi, non posso proprio…»
Dallo spiraglio che si era dischiuso, l’angelo riusciva ad intravedere solo metà del viso del demone che già stava tentando di richiudere l’uscio. Crowley lo anticipò, mettendo il piede nell’interstizio per evitare l’ennesima porta in faccia.

«Dobbiamo parlare.»
L’angelo appariva irremovibile. Si scambiarono una lunga occhiata, come se si stessero studiando a vicenda. Alla fine, il primo a distogliere lo sguardo fu il demone che non senza qualche remora capitolò e lasciò libera la soglia. 

«Be’ se insisti… prego, accomodati.»

Crowley entrò.

Non era cambiato nulla all’interno della A.Z.Fell&Co.. Tutti i libri erano dispsoti sugli scaffali, i dischi e il grammofono erano al loro solito posto, tutto era perfettamente ordinato così come si ricordava dall’ultima volta che vi era stato.

Peccato che lo stesso non si potesse dire del suo gestore.
Crowley lo aveva avvertito fin da subito, il demone era cambiato.

Lo squadrò con attenzione. Niente occhiali e il solito soprabito nero era stato sostituito da un cappotto e un panciotto più sulle tonalità del beige che gli conferivano una certa luminosità, quasi angelica.

Non si trattava solo di un fattore estetico, l’angelo percepiva qualcosa che solo dopo aver incrociato lo sguardo con il demone riuscì ad identificare.

Riusciva a fiutarlo sospeso nell’aria…

Amore. Amore con la “A” maiuscola, un genere di sentimento che andava al di là dell’umano. Un sentimento così disinteressato e autentico da definirsi etereo. L’angelo ne era quasi inebriato.
Crowley qualcosa del genere non lo aveva mai sentito neppure in Paradiso, se non nei Cieli più alti, in cui raramente si avventurava. 

Era rimasto così sorpreso da quell’emozione che aleggiava nella stanza che sembrava perfino essersi scordato del vero motivo per cui si trovasse lì.

«Quindi, di che cosa vorresti parlare..?»
Lo sollecitò il demone. Al contrario, per lui quel silenzio stava diventando insostenibile.

Crowley trascurò la domanda, non avendola neppure ascoltata.

«Riesci a sentirlo? Posso percepire… amore, nell’aria.»
Gli occhi dell’angelo si soffermarono sull’unica altra creatura presente nella stanza, quasi in attesa di una spiegazione.

«Amore? Io non sento niente. Assolutamente niente!»
Il demone non era riuscito a nascondere la sua agitazione. Non gli piaceva per nulla dove Crowley stava per andare a parare.

«Ma c’è! Solo che non riesco a capire chi...»
Crowley si zittì, rendendosi conto di cosa implicassero le sue parole.

«E viene da te
Crowley guardava l’amico con tanto d’occhi. Era sicurissimo che fosse il demone la fonte del sentimento che sentiva così distintamente nella libreria. Anche perché, a meno che Azrael non tenesse un’alta carica angelica nascosta nello sgabuzzino, non poteva esserne nessun altro l’origine.

In un qualsiasi altro contesto, quello sarebbe stato l’inizio perfetto di una barzelletta. Un demone che prova amore. Gli angeli su in Paradiso si sarebbero fatti grasse risate al sol pensiero.

«Devi essere stanco mio caro, è impossibile, ti starai confondendo con la mia nuova colonia! Non… ancora non mi hai detto di che volevi parlarmi?»
Sebbene il demone non volesse davvero affrontare quella discussione, cercò comunque di riportare il discorso sulla questione principale. Le insinuazioni dell’angelo erano troppo pericolose.

Crowley inarcò un sopracciglio. La colonia?
No, impossibile non si sarebbe mai sbagliato.

Un altro segreto da aggiungere alla lista.

Azirafell aveva ragione, dovevano affrontare un’altra discussione. Crowley decise di lascar perdere, era meglio affrontare tutto un passo alla volta.
 
«Mi stai evitando.»
Era andato dritto al punto, senza giri di parole.

«Non ti sto evitando!»
Azirafell cercò di difendersi, spostando il peso da un piede all’altro, evidentemente a disagio.

«No? Praticamente due minuti fa mi hai detto che non c’eri per farmi andare via!»
Crowley provò a mantenere la calma. Era davvero arrabbiato con il demone, nonostante stesse facendo di tutto per dimostrare il contrario.

Il demone faceva di tutto per non guardare Crowley.
Mormorando qualche scusa, si spostò verso uno scaffale con il pretesto di doverlo spolverare, nonostante non fosse presente il benché minimo granello di polvere. Per lo meno aveva trovato qualcosa da fare che gli permettesse di non guardare l’angelo negli occhi. Se lo avesse fronteggiato apertamente avrebbe finito per dirgli tutta la verità.
Aziraphale non era sicuro che quella fosse la cosa giusta. Troppe erano le incognite e troppi i rischi.

«Te l’ho detto, è che sono… ho molti pensieri per la testa. Mi dispiace.»
Azirafell parlava in modo pacato ma qualcosa nel suo tono tradiva una nota di tristezza. Odiava non dire la verità a Crowley e ancor di più sfuggirgli come aveva fatto in quei giorni.
Non se la sentiva di avere un confronto con lui. E se avesse continuato a non ricordare dopo avergli detto tutta la verità? E se non gli avesse creduto? E anche se avesse ricordato, quanto tempo ci avrebbero messo i loro superiori prima di scoprirli di nuovo e cancellare ancora i loro ricordi?
Aziraphale si trovava in un vicolo cieco da cui non poteva uscire, ogni scelta era quella sbagliata.

Aziraphale riusciva a sentire lo sguardo di Crowley su di sé.
Perdonami, Crowley.

Crowley invece, era indeciso. O il demone era estremamente bravo a mentire o gli stava dicendo la verità.

«È per quello che è successo l’altro giorno?»
Azzardò mentre si avvicinava al demone per costringerlo a guardarlo, poggiando una mano sulla mensola del mobile in legno, tamburellando le dita sul ripiano. Finalmente l’angelo era riuscito ad esternare i suoi dubbi. Si sentiva un po’ sciocco a rivangare quella storia, ma non c’era nessun altro motivo che potesse giustificare il comportamento del demone ai suoi occhi.

«Cosa?»
Azirafell sembrava stesse cadendo dalle nuvole. Sollevò di scatto lo sguardo sull’angelo, osservandolo con aria interrogativa. Prima che Crowley potesse aggiungere altro, colto dall’illuminazione, il demone aveva già capito a che cosa stesse alludendo l’amico.

«Oh, no, no! Non è assolutamente per… quel motivo lì. Come puoi credere che sia per quello
Crowley vide il demone arrossire.

Certamente era contento di sapere che qualsiasi cosa fosse accaduta tra di loro non era la causa delle stranezze del demone, ciò non di meno, la confusione aumentava. Adesso era ripiombato nel buio più totale.

«Si può sapere allora cosa ti sta succedendo?»
Normalmente, Crowley non avrebbe insistito così tanto ma non poteva far finta di niente. Si trattava del suo primo vero amico, non poteva abbandonarlo nel momento del bisogno. Che razza di angelo sarebbe stato altrimenti?

«Io… non posso, Crowley.»
Azirafell aveva mormorato, con mestizia.

«Perché no? Voglio solo darti una mano!»
Obiettò l’angelo, cercando di incrociare lo sguardo con il suo.
Era come se un muro altissimo si frapponesse tra di loro e lui non riuscisse a scavalcarlo, Crowley riusciva a sentire quanto il demone fosse distante in quel momento.   

«Apprezzo che tu mi voglia aiutare, ma non devi preoccuparti. Io sto bene.»
Persino alle orecchie di del demone quella suonava come una bugia bella e buona. Come poteva stare bene, quando il suo migliore amico non si ricordava di lui?
 
«Mi spieghi come potrei non preoccuparmi? Sono un angelo, è ovvio che mi preoccupi per te!»
Aveva sbottato Crowley, alzando un po’ la voce, colto dall’esasperazione. Da più di una settimana il demone sviava le sue domande, era stanco di sentire scuse.

«Credi che sia solo una caratteristica angelica, per caso?»
Anche il demone aveva alzato i toni. Aziraphale se ne stupì, mai in tutta la sua vita aveva alzato la voce.
Si maledisse. Era pur sempre un demone ed era normale che fosse più incline di prima ai cattivi sentimenti, complice anche lo stato d’animo alterato.  

Neanche Crowley si aspettava una risposta tale. Cominciava a perdere il filo del discorso.

«Probabilmente anche voi demoni vi preoccupate, non lo so! Non sono un demone, non posso dirti come agirei se lo fossi!»

«Anche i demoni provano dei sentimenti, te lo posso assicurare adesso. Ti preoccupi per me solo perché sei un angelo, Crowley?»
E questa volta, era stato lo sguardo di Aziraphale ad inchiodare Crowley sul posto.

«Mi preoccupo per te perché sei mio amico… e perché sono un angelo. Entrambe le cose, è nella mia natura.»

«Giusto. È nella natura di un angelo.»
Aveva ripetuto Azirfell, con un’espressione che Crowley non riusciva a comprendere. Un sorriso malinconico e uno sguardo sconfitto, perso in chissà quali pensieri.

«Potresti per favore spiegare anche a me quello che ti passa per la testa?»
Crowley non era lì per litigare ma improvvisamente era come non stesse più parlando con il demone che aveva conosciuto ma con qualcuno che gli somigliasse fisicamente. Non sembrava più lui.

Il demone si era riscosso e guardava Crowley con un’espressione impenetrabile.

 
«Davvero non ricordi nulla dell’Apocalisse?»
Aveva chiesto il demone, cupo. Dopo seimila anni insieme possibile che Crowley non ricordasse proprio nulla? Tutto quello che avevano passato insieme era stato così semplice da eliminare?
Stava rischiando ma non riusciva più a convivere con quel peso. Doveva sapere se il suo migliore amico ricordasse anche il più insignificante dettaglio o meno.

A Crowley invece la domanda causò ulteriore insoddisfazione. Non era quello che si aspettava né che voleva sentire.

«Oh Cielo, cosa c’entra questo? E te l’ho già detto, non ricordo nulla dell’Apocalisse, sono nella tua stessa situazione!»


Ci fu silenzio.
Un silenzio di realizzazione per Crowley e carico di apprensione per il demone che si allontanò alla svelta dall’angelo.

Finalmente Crowley aveva capito che cosa ci fosse che non andava nel suo amico.

«Oh no. Tu ricordi
Disse Crowley, in tono quasi accusatorio. Cominciava a capire che cosa gli stesse nascondendo il demone.
Ora i conti cominciavano a tornare.
 
«No, no, assolutamente no! Non ricordo nulla, niente di niente!»
Si era affrettato a rispondere il demone, in preda a sentimenti contraddittori che si agitavano in lui.

«Dimmelo

«No!»

Prima che l’angelo avesse la possibilità di incalzare il demone con altre domande, Azirafell aveva capitolato.
Gli doveva una spiegazione. Non poteva continuare ad evitare l’angelo per sempre.

«Crowley, io non posso! Ci ho pensato a lungo in questi giorni. Ricordo che cosa è successo durante l’Apocalisse, hai ragione. Se lo sapessero Laggiù… oh, non oso immaginare. Tu non ricordi nulla e credimi, è la cosa migliore. Cosa cambierebbe se ti dicessi la verità? E se continuassi a non ricordare nulla? E anche se ti ricordassi, sappiamo entrambi che non si può scappare dai nostri superiori. Basta Crowley. Tu sei un angelo e io un demone. Non dovremmo nemmeno essere amici!»
Faceva male ad Aziraphale fare un discorso del genere. Avevano già litigato una volta, ripeterlo era mille volte peggio. E pensare che Crowley nemmeno se ne ricordava.

«Sono cambiate troppe cose. Cancellami dalla tua vita, dalla tua memoria, da tutto. È la cosa migliore.»
Aziraphale si costrinse a mantenere lo sguardo alto.
Lo stava facendo per lui, per non coinvolgerlo in altri guai.
Voleva solo proteggere Crowley, tutto qui.

Crowley lasciò che le parole del demone riecheggiassero nell’aria.

«Va bene, Azrael. Non mi lasci altra scelta.»

Crowley aveva già preso la sua decisione.

«Che intendi dire? Crowley! Che cosa vuoi fare?»
Chiese il demone agitandosi, mentre Crowley usciva in fretta e furia dalla libreria. Dovette rincorrerlo per stare al suo passo.

«Lo scoprirai presto!»
Disse l’angelo, attraversando la strada fino a raggiungere l’altro marciapiede senza voltarsi nemmeno a guardare il demone.  

«Crowley! Aspetta, Crowley!»

Aziraphale vide Crowley saltare a bordo della Bentley e allontanarsi a tutta velocità.  
Sperò che l’angelo non avesse in mente niente di pericoloso. In cuor suo però, sapeva che si trattava solamente di una speranza vana.



A passi veloci Crowley raggiunse la Bentley bianca, posteggiata dall’altro lato del marciapiede. Si mise comodo sul sedile, accese le radio e con un rombo del motore sgommò via.

Azirafell non voleva dargli risposte? Se le sarebbe cercate da solo. Avrebbe scoperto il perché di quei misteri, a tutti i costi.

Si sintonizzò sulla sua stazione radio preferita e la Bentley, come sempre, iniziò a trasmettere le canzoni dei Queen.


I never thought that this could happen to me
In only seven days
It would take a hundred or more
For memories to fade



«Freddie non ti ci mettere anche tu!»
Sbuffò Crowley, ascoltando i versi della canzone [1]. Perché improvvisamente sembravano tutti quanti fissati con quella storia della perdita della memoria? Anche la sua macchina pareva gli volesse comunicare qualcosa!

Francamente, Crowley non riusciva ancora a legare i puntini. Perché nessuno parlava chiaro? Non le sopportava più tutte quelle mezze verità e parole non dette.
L’unica cosa certa era che Azirafell aveva ricordato quanto successo l’anno precedente. Aveva insistito sulla faccenda dell’Apocalisse ed era evidente l’inquietudine nel suo comportamento. Che fosse in qualche modo coinvolto nella grande disfatta dell’Armageddon?

Non poteva averne certezza, per questo Crowley decise di non saltare a conclusioni affrettate.

Che cosa ricordava lui invece, si interrogò Crowley.

Niente, si rispose. Ogni volta che cercava di ricordare cosa fosse accaduto l’anno precedente, riusciva a vedere solo una luce accecante.

Con un’avventata manovra riuscì ad evitare per un pelo un pedone di cui si era accorto all’ultimo minuto.
Era estremamente frustrante, ma lui non riusciva a ricordare assolutamente nulla.

Sarebbe durato ancora per poco. Sapeva dove trovare le sue risposte, anche se ciò significava giocare il tutto per tutto.

Mentre Freddie Mercury continuava a cantare, Crowley aveva già raggiunto una delle tante entrate che collegano la Terra al Paradiso.


Ripensandoci meglio, quella era una follia. Nemmeno Crowley poteva sostenere il contrario.

Era salito in Paradiso e subito qualcuno dei suoi colleghi lo aveva fermato per parlare con lui della situazione sulla Terra, della presunta difficoltà del lavorare a stretto contatto con i mortali e quanto dovesse essere stressante cercare di fermare l’operato demoniaco. Crowley aveva fatto letteralmente slalom tra tutte quelle questioni, giustificandosi di doversi affrettare poiché doveva parlare con urgenza al Grande Capo.

No, non l’Onnipotente, sia chiaro. Crowley si riferiva a Gabriele.

L’idea gli era venuta mentre parlava con Azirafell.
Da qualche parte lì in Paradiso doveva pur trovarsi un fascicolo con tutta la questione dell’Armageddon. Erano così precisi Lassù che era altamente improbabile che non avessero speso fiumi di inchiostro per motivare il loro fallimento per poi studiarselo mille volte per evitare di cadere in fallo per la seconda volta.

Esistevano gli archivi paradisiaci, aperti a tutti, ma Crowley dubitava che una faccenda segreta come quella potesse essere di libero accesso ad ogni angelo. Immaginava più una cartellina con una scritta in rosso recitante TOP SECRET, come quelle che aveva visto nelle serie tv giù sulla Terra.
Conoscendo la scarsa fantasia dei suoi compagni angeli, non era neppure un’ipotesi da escludere.

Comunque, Crowley pensava di sapere dove poter trovare la fatidica cartellina: nell’ufficio di Gabriele, ovviamente!

Era fuori discussione chiedere all’Arcangelo apertamente di consegnargliela, aveva visto una volta soltanto Gabriele fuori di sé e guarda caso, la causa della sua ira riguardava proprio l’Apocalisse.

Crowley avrebbe semplicemente… preso in prestito il fascicolo. Una volta letto lo avrebbe restituito e nessuno si sarebbe accorto di nulla. Non poteva essere un furto se poi lo avrebbe restituito!
Doveva solo infiltrarsi nell’ufficio di Gabriele.
Piano semplice quanto rischioso.

Si fermò davanti la porta dell’ufficio del superiore. Bussò per accertarsi che non ci fosse e infatti, non ricevette alcuna risposta. Aprì piano la porta, per dare un’occhiata all’interno.
Via libera.

Non c’era nemmeno da stupirsi che la porta non fosse chiusa a chiave. Erano in Paradiso! Gli angeli non rubano! Né ficcano il naso dove non dovrebbero. Tranne Crowley, a quanto pare.

Una volta dentro si mise a cercare ovunque, assicurandosi poi con dei veloci miracoli di rimettere tutto in ordine.
Doveva fare in fretta, se Gabriele lo avesse colto con le mani nel sacco sarebbe stata la fine per lui.

Il fascicolo sembrava non essere da nessuna parte. Aveva svuotato i  cassetti, cercato nella piccola libreria dietro la scrivania, nel cestino e perfino nel distruggi documenti. Nulla! Che si fosse sbagliato e che il fascicolo non fosse lì? O che addirittura non esistesse del tutto?
Crowley cercò di ricacciare indietro lo sconforto.

Va tutto bene. Va tutto bene.

In quel momento, lo sguardo gli cadde su un’imponente Bibbia, messa in bella vista sulla scrivania, aperta sul libro della Genesi.

Ma certo!

Con fare sicuro, Crowley la sfogliò, trovando finalmente quanto cercava.
Bingo!

Dove altro avrebbe potuto nascondere Gabriele un fascicolo sull’Apocalisse, se non tra le pagine dell’Apocalisse di Giovanni?
Avrebbe dovuto pensarci immediatamente!

Senza ulteriore indugio lo infilò all’interno della giacca e controllando che tutto fosse in ordine, lasciò l’ufficio.

Era arrivato quasi alla fine del corridoio. Tirò un sospiro di sollievo. Non lo aveva scoperto nessuno.
Era salvo.


«Israfel, che sorpresa vederti quassù. Non dovresti essere sulla Terra?»

Aveva parlato troppo presto.

Meccanicamente Crowley si girò, vedendo Gabriele approcciarsi a lui con il suo solito sorriso saccente stampato in viso.

«Già. Guarda caso è lì che sto andando!»

Crowley riusciva a percepire lo sguardo impenetrabile dell’Arcangelo su di sé. Cercò di apparire tranquillo, non poteva trasmettere l’idea di voler andar via a gambe levate. Gabriele non era una cima a suo dire, ma neanche così stupido.

«Ho sentito dagli altri angeli che volevi parlare con me?»

Crowley annuì alle parole dell’Arcangelo, fortunatamente aveva preparato una scusa abbastanza convincente.

«Ah sì. Volevo semplicemente chiedere se potevo avere a disposizione qualche miracolo in più! Sai, ho un demone da contrastare adesso, devo usare tutte le mie forze per sventare le sue malefatte e nefandezze.»

Crowley sperò con tutto se stesso che Gabriele se la bevesse.

La sua era una richiesta abbastanza realistica tutto sommato. Anche se era un angelo non poteva abusare dei miracoli, ma era lecito chiederne qualcuno in più.

Gabriele continuava ad osservarlo come se stesse cercando di leggergli nel pensiero. Fortunatamente non poteva farlo, altrimenti sarebbero stati guai per Crowley.

«E sia! Andiamo nel mio ufficio, hai da firmare il documento.»

Acconsentì alla fine Gabriele, dirigendosi nell’ufficio che poco prima Crowley aveva rovistato a sua insaputa. Una volta dentro, Gabriele gli fece segno di accomodarsi sulla sedia di fronte la scrivania.

Crowley obbedì, stravaccandosi sulla sedia. Nonostante fosse appena tornato sul “luogo del delitto” dava l’idea di essere senza alcuna colpa. Era sempre stato un ottimo attore.

«Ogni cosa pur di contrastare il maligno, dico bene Israfel?»

Chissà per quale motivo, ma Gabriele aveva dato una strana inflessione a quelle parole mentre gli passava la scartoffia da firmare.

«Certamente, è per questo che sono venuto fin Quassù

Una volta firmata ogni clausola, Crowley gli riconsegnò il documento. 

«Huh, buon lavoro allora.»

Per Crowley quella frase poneva fine alla discussione. Si alzò, allargando un sorriso affettato che Gabriele ricambiò con uno smagliante dei suoi.

«Ah, Israfel. Sta’ attento ai demoni, non si può sapere mai cosa abbiano in mente. Scegli con cura i tuoi alleati.»

Detto ciò, Gabriele lo congedò.


Crowley si scrollò di dosso l’inquietudine, l’Arcangelo sapeva essere velatamente minaccioso e questo a Crowley non piaceva affatto.

Fortuna che stava per tornare sulla Terra.
 

Londra, 23:15 p.m., 9 Agosto 2020

Blindato nel suo appartamento, Crowley aveva finito di leggere l’intero fascicolo.
Lo ripose con cura in cassaforte.


Aziraphale aveva davvero molte cose da spiegargli.



[1]: In Only Seven Days, Queen. Mi sembrava adatta alla situazione.



Note finali
Io non so davvero come chiedere scusa per l'immenso ritardo. Chiedo umilmente perdono! 
Quindi... questo è il capitolo! Avevo finito di scriverlo ad agosto e se non l'ho pubblicato prima... era perché davvero non mi convinceva. Non mi convince neanche adesso a dire il vero, temo di essere andata totalemente OOC e in questo caso, chiedo nuovamente scusa. Ho cercato di fare del mio meglio, ahimè. 
Non so quando uscirà il prossimo capitolo. Sono in piena sessione e il tempo è veramente poco, ma spero di non far passare mesi come questa volta. Ci proverò, non ho intenzione di lasciare in sospeso questa storia, anche perché nella mia testa è tutto ben definito, devo solo avere il coraggio di scriverlo. 
Ho anche un sacco di ff da recuperare e recensire, in questi giorni cercherò di darmi una mossa. 
A presto e grazie a tutti per aver letto fin qui! <3

P.S. Ho cambiato nickname, sì. Quello di prima non mi piaceva proprio più. 
P.P.S. Scusate ancora per l'attesa!

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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


Capitolo VI
 

Londra, pochi minuti prima della mezzanotte, 9 Agosto 2020


Aziraphale era un tipo ansioso.
In un modo o nell’altro trovava sempre qualcosa su cui rimuginare, soprattutto quando era ben consapevole di aver fatto qualcosa di sbagliato.
 
Gli sarebbe piaciuto tornare indietro nel tempo e provare a rimediare e trovare altre parole da rivolgere a Crowley.  
 
O forse sarebbe bastato rimanere in silenzio. Se fosse stato zitto, probabilmente l’ex demone non se ne sarebbe andato in quella maniera.
Fatto stava che Aziraphale era davvero preoccupato per il suo amico. Crowley era da sempre un gran combina guai, era impossibile prevedere cosa gli passasse per la testa.

Da quando qualche ora fa, l'angelo aveva lasciato la libreria senza uno straccio di spiegazione
 Aziraphale aveva continuato ad interrogarsi su cosa fare.
Considerata la situazione non era rimasto con le mani in mano e, dato che un po’ di tempo prima Crowley gli aveva dato l’indirizzo del suo appartamento, quel pomeriggio Aziraphale era andato a cercarlo fin lì, ottenendo scarsi risultati: in casa non c’era nessuno.
 
Aveva dunque valutato le sue opzioni.
Cercare ancora o aspettare?
Sarebbe stato tutto più semplice se solo avesse saputo da dove cominciare ma Crowley non rispondeva neppure alle sue chiamate!

Dove poteva essersi cacciato?
Aziraphale temeva che lamico si fosse ficcato in una brutta situazione e a dirla tutta, aveva tutte le ragioni per esserne convinto. Crowley era come una bomba ad orologeria, un’incognita, non aveva idea che diavolo potesse inventarsi pur di raggiungere i suoi scopi.

La verità era che voleva almeno accertarsi che fosse ancora tutto intero!
Ormai tutte quelle emozioni contrastanti lo stavano sfinendo, riducendolo ad un ammasso di nervi e ansia.

E pensare che fino al giorno prima aveva provato in tutti i modi ad evitare l’angelo! Aziraphale sorrise amaramente, proprio adesso che gli eventi stavano precipitando di Crowley non vi era alcuna traccia.


Abbattuto, il demone lanciò una veloce occhiata all’orologio. Le lancette stavano quasi per segnare la mezzanotte in punto.
Aziraphale sospirò, davvero la su unica opzione era quella di aspettare la mattina e intercettare Crowley prima che aprisse l’Heartly Heaven?


Un pensiero terribile gli attraversò la mente: e se non si fosse presentato il giorno dopo?
O peggio, se gli fosse accaduto qualcosa?

No, Crowley sa come badare a se stesso! Abbi fede in lui.
Ripeteva Aziraphale tra sé e sé come un mantra, mentre per tenersi impegnato sorseggiava una rilassante camomilla dall’ormai familiare tazza con le ali da angelo.


I venticinque minuti successivi furono i più tormentati di tutta la sua vita.
Mai come prima avrebbe voluto essere ancora in possesso de Le Belle e Accurate Profezie di Agnes Nutter, Profetessa.
Agnes sì che possedeva tutte le risposte!
 
Finì la camomilla, poggiando la tazza sul banco della cassa.
Oltre all’assenza di Crowley, qualcos’altro impediva ad Aziraphale di restare tranquillo.
 
C’era qualcosa che non tornava, di ancora inspiegabile.
Perché aveva ricordato? E perché non lo aveva fatto anche Crowley?
 
Non importa quanto ci riflettesse, non riusciva a trovare la risposta a tale dilemma.
Aziraphale non aveva fatto assolutamente nulla di intenzionale o fuori dalla norma per rievocare quelle immagini sopite dentro di sé, che non sapeva neppure di possedere.
Che fosse stato merito dell’ambiente familiare dato dai suoi libri?
No, lo escluse.
Anche Crowley aveva passato parecchio alla A.Z.Fell&Co. eppure sembrava che non ricordasse niente lo stesso. Era pure stato alla guida della sua storica Bentley ma, nessun ricordo gli era tornato alla mente.


Che fosse tutto uno scherzo del destino? Che per una volta fosse Aziraphale quello che correva troppo?
Che ironia, certo che l’Onnipotente aveva davvero dei gusti singolari quando si trattava di scrivere piani, ineffabili o meno che fossero.  
 

Aziraphale si sentiva un po’ come il protagonista di una sceneggiatura grottesca, in costante attesa che qualcosa accadesse, di un segno qualsiasi che gli facesse comprendere quell’immenso puzzle ineffabile.

Per scacciare quei vorticosi pensieri Aziraphale si destò e si avvicinò alla vetrata della libreria, con la malcelata speranza che Crowley si materializzasse lì davanti come per magia.
 
Non era ancora sicuro che rivelare a Crowley di aver recuperato la memoria fosse stata la mossa giusta. Ma come avrebbe mai potuto nascondergli qualcosa di così importante?
Aziraphale si torse le mani. Anche se l’angelo non si ricordava di lui, rimaneva pur sempre il suo migliore amico. Non sarebbe riuscito a fare finta di nulla e prima o poi qualcosa se la sarebbe lo stesso lasciata scappare.
Avrebbe solo voluto evitare di litigare con lui.
 
Aziraphale continuò ad osservare la strada, cercando di ignorare il proprio riflesso sulla vetrata. Involontariamente colse il guizzo dei suoi occhi serpentini, così simili a quelli che una volta appartenevano a Crowley.
Appoggiò la mano sul vetro freddo, colpendolo debolmente. Non riusciva a capacitarsi di essere davvero un demone.
Non riusciva a credere di essere davvero caduto.

Perché l’Onnipotente lo stava mettendo così duramente alla prova? O forse doveva accettare che quella non fosse altro che la sua punizione per aver voltato le spalle al Paradiso?
 
Aziraphale stava quasi per allontanarsi dalla vetrina quando due fari in lontananza catturarono la sua attenzione.
Per un attimo credette che fossero di un qualsiasi abitante della metropoli britannica ma, quando gli abbaglianti si fecero più vicini e il familiare rombo della Bentley giunse alle sue orecchie, quasi non riuscì a credere ai suoi stessi occhi.

Crowley!

A passi rapidi e frettolosi uscì dalla libreria, avventurandosi nel freddo della notte per bloccare langelo che, dopo essersi cimentato in un parcheggio piuttosto estroso, stava scendendo dallauto.

«Crowley!»
Proruppe Aziraphale, in un genuino moto di gioia.

Era un sollievo vederlo, aveva già immaginato il peggio. Per fortuna Crowley sembrava ancora tutto d’un pezzo.

«Mi stavi aspettando?»
Langelo lo salutò con un gesto della mano, facendo riferimento con la sua domanda alla velocità con cui il demone lo aveva raggiunto all’esterno.
Nel frattempo Aziraphale con i suoi strani occhi da rettile lo esaminò silenziosamente.

«Ecco... sì. È da tutto il pomeriggio che cerco di rintracciarti! Te ne sei andato così in fretta, volevo accertarmi che stessi bene, pensavo che ne avessi combinata un’altra delle tue.»
Aziraphale si schiarì la gola con un lieve colpetto di tosse, per cercare di ritrovare il proprio contegno.

«Io sto bene. Cosa poteva essermi successo? Un angelo come me non si caccerebbe mai nei guai, ti pare?»
Commentò Crowley, non senza un pizzico di sarcasmo, dando una particolare inflessione alla parola “angelo”.
Ironia, forse?


Aziraphale però non sapeva delle informazioni in possesso dell’amico e non diede peso a quel piccolo dettaglio, dato che altri pensieri gli affollavano la mente.

«Crowley, ecco… volevo parlarti di una cosa.»
Si morse l’interno della guancia, scegliendo con accuratezza le parole. Poi sospirò sconsolato e si rivolse nuovamente all’angelo.

«Non è stato per niente piacevole il mio comportamento di poco fa, ti chiedo scusa.»
Ammise timidamente il demone, scandendo lentamente ogni termine. Si vergognava un po’ per aver perso a quel modo la calma.


Da Crowley non ottenne altro che un cenno dassenso poco convincente.

«Non fa niente, anche io ho alzato un po’ troppo i toni. Non c’è bisogno di chiedermi scusa.»

«Ma io voglio scusarmi! Non mi sembra corretto da parte mia averti trattato male a quel modo. Volevo solo mettere a posto le cose tra di noi.»
Si lagnò il demone che provava un sincero senso di colpa. Gli fu perfino necessario fare una breve pausa, per tradurre in parole sensate i pensieri sempre più caotici.
 
Crowley non disse nulla, facendo calare tra di loro un gelido silenzio.
 
Il comportamento dell’angelo era bizzarro, ma il demone ipotizzò che fosse solo arrabbiato. Non poteva certo biasimarlo.

Aziraphale spostò lo sguardo verso langelo e gli rivolse un lieve sorriso malinconico, che sapeva tanto di commiato.

«Allora… questo è tutto, sì! Forse è meglio che torni all’interno, si è fatto abbastanza tardi.»


Aziraphale sentì il cuore sprofondargli. Poi fece dietrofront, diretto al suo fedele rifugio, la libreria.



Aziraphale però non aveva messo in conto che Crowley aveva intenzioni ben diverse.
 
«Non mi chiedi neanche che ci faccio qui a quest’ora?»
Lo provocò quest’ultimo, che non si era mica fatto tutta quella strada per niente.
Aziraphale era l’unico che poteva dargli delle risposte. E poi... diamine, voleva bene al demone, era il suo unico e vero amico! Voleva che tra di loro non ci fossero incomprensioni di nessun genere.
 
Aziraphale si voltò di scatto verso l’angelo.
Crowley sollevò un sopracciglio, rivolgendogli un sogghigno.

Effettivamente era fin troppo strano che Crowley nel bel mezzo della notte si fosse presentato alla libreria, Aziraphale avrebbe dovuto subito sospettare che qualcosa bolliva in pentola.
Un pensiero colpì il demone: era così scontato, sicuramente Crowley voleva parlargli di qualcosa!
 
«Forse... è il caso che ti faccia entrare.»
 
Prima ancora che Aziraphale avesse avuto il tempo di concludere Crowley aveva già varcato la soglia, spostandosi nel retrobottega senza neppure aspettare che il padrone di casa lo precedesse.
Non c’era tempo per i convenevoli, Aziraphale lo avrebbe perdonato per la sua mancanza di buone maniere.

«Crowley, aspettami!»
Squittì Aziraphale, che arrancava dietro l’angelo.
Sarebbe stato molto più veloce anche lui se solo avesse avuto delle gambe lunghe come quelle del suo amico. Non commentò neppure le maniere discutibili dell’altro. Doveva avere le sue ragioni, lo giustificò Aziraphale, comprensivo.
 

«Crowley non capisco, puoi spiegarmi che succede?»
 
Aziraphale si zittì quando Crowley sbatté brutalmente sulla scrivania un fascicolo che aveva tirato fuori dall’interno della candida giacca, come il migliore degli 007.
Quello sul tavolo non era altro che lo stesso fascicolo che aveva “preso in prestito” da Gabriele qualche ora prima.
L’angelo aveva deciso di portare con sé i documenti, ritenendo che in quella maniera la scottante cartellina fosse più al sicuro.
 
A quella visione, Aziraphale diventò pallido come un cencio.
 
«È... è... Crowley, ma sei del tutto impazzito?!»
 
Aziraphale era stato un angelo per seimila lunghi anni. Avrebbe riconosciuto una cartellina paradisiaca tra mille.
Quando la afferrò, le mani quasi gli tremavano.
La aprì, la sfogliò e la richiuse subito dopo aver sbirciato tra le righe delle prime pagine.
Non aveva bisogno di leggere un dossier sull’Apocalisse visto che lui stesso vi aveva partecipato attivamente.

«Sai com’è, a mali estremi... volevo le mie risposte.»
Si difese Crowley, non degnando più di uno sguardo l’incartamento ormai abbandonato sulla superficie legnosa dello scrittoio.

Per la prima volta vide Aziraphale scoccargli uno sguardo di rimprovero.

«Riportala subito dove l’hai presa! Hai idea di cosa ti succederebbe se Gabriele se ne accorgesse? Non c’è da scherzare con quello là, oh Cielo! Volevo dire… per tutti i diavoli

«Lascia perdere Gabriele, gli stai dando più credito di quanto non si meriti, quell’angelico pallone gonfiato. Il punto è, perché non me lo hai detto? Questa cosa riguarda te tanto quanto riguarda me!»

Crowley allargò le braccia, rivolgendo uno sguardo incredulo all’angelo. Non lo avrebbe mai ammesso, neppure sotto tortura, ma era rimasto ferito da tutte quelle mezze verità. Era suo diritto sapere, né Aziraphale, né l’Inferno né tanto meno il Paradiso potevano celargli il suo stesso passato.
Continuò.

«Ho letto quello che c’è lì dentro, ma non mi basta. Voglio conoscere la realtà dei fatti, non leggerla dalle pagine scritte da Gabriele! Tu sei l’unico che può dirmi la verità, Aziraphale.»

Il demone evitò lo sguardo dell’angelo e un brivido gli percorse la schiena. Gli sembrava fosse passata una vita dall’ultima volta che qualcuno lo aveva chiamato con il suo vero nome, senza alcuna storpiatura.
Invece era passato solo un anno.

Messo metaforicamente con le spalle al muro, qual era il punto nel nascondersi ancora dietro un dito?

«Che cosa sai?»
Chiese Aziraphale in un soffio.

«Tutto. Di come abbiamo fermato l’Apocalisse, del mio processo Laggiù e del tuo Lassù, di come l’abbiamo scampata e di come i nostri superiori ci abbiano cancellato la memoria. Non era colpa dell’Anticristo, dunque!»  
Rispose Crowley, dapprima un po' risentito e man mano più infervorato.

«Invece, dimmi come ci siamo riusciti! È vero quello che pensano i nostri capi?»
Nemmeno lui capiva come Paradiso e Inferno avessero fatto a scambiarli per così tanto tempo. Insomma, lui doveva essere per forza un angelo, altrimenti non sarebbe sopravvissuto all’acqua santa!

Crowley rimase sbigottito quando vide Aziraphale celare una mezza risata, come se gli avesse appena raccontato una barzelletta!

Aziraphale nel frattempo fece apparire due morbidi pouf dal nulla, sedendosi sopra uno di essi.
Crowley emulò i suoi movimenti ma non riusciva ancora a spiegarsi l’ilarità dell’altro.

«Oh no, il nostro processo non è stato altro che una superba prova di recitazione da parte nostra.»

Spiegò brevemente Aziraphale e tornò serio.
Prese un respiro.

«Va bene ti dirò tutto. Ma comincerò dal Principio... quando ancora il Giardino dell’Eden era abitato dagli umani e il Mondo aveva solo sette giorni. Sai che la Terra è Bilancia?»
 
Crowley scosse la testa. Pendeva dalle labbra del demone.
 
«Ti avverto Crowley, è una storia lunga.»

«Ho tutto il tempo che vuoi, diavoletto





Londra, 01: 55 a.m., 10 Agosto 2020

Hastur si reputava un demone piuttosto intelligente. Oltre che molto potente.

Infatti, dopo essersene tornato all’Inferno aveva ripensato all’insolita discussione avuta con Azrael la settimana precedente riguardo l’Anticristo.
Non riusciva a capire il perché di quella malsana curiosità e soprattutto, solo dopo si era reso conto di essersi lasciato sfuggire fin troppe informazioni. Non che reputasse quel demone da quattro spicci una minaccia, ma non gli andava giù che fosse stato raggirato dalla parlantina di quell’ex angelo.

Assurdo, quell’Azrael si era rivelato persino peggio di quella vipera di Crowley! Per lo meno con Crowley si era certi fin da subito di parlare con un tipaccio poco raccomandabile. Invece Azrael aveva la tipica espressione da santarellino e l’altrettanto tipico atteggiamento da traditore che ti pugnala alle spalle!
E Hastur disprezzava oltre ogni limite questo genere di demoni, così subdoli e repressi, a suo dire di seconda categoria. 

Per questo, dopo aver a lungo rimuginato sulla faccenda, era giunto alla conclusione di dover prendere la situazione in mano.


Quella notte era ritornato sulla Terra più incattivito che mai, per mettere definitivamente le cose in chiaro con quel demone da strapazzo. Se avesse rivelato a chiunque anche solo una una parola della loro conversazione gli avrebbe staccato personalmente la lingua a morsi, così gli avrebbe tappato una volta per tutte quella boccaccia!

Il piano di Hastur era semplice. Contava di prendere il sottoposto di sorpresa, presentandosi da lui senza alcun preavviso.


Così, quando il Duca infernale arrivò di fronte la libreria non fece caso al fatto che la porta non fosse chiusa a chiave, né tanto meno si accorse della Bentley bianca posteggiata lì davanti. Non si fece domande, troppo accecato dai suoi intenti vendicativi per prestare attenzione ad un simile dettaglio.

Una volta dentro non si annunciò, non volendo rovinare il tanto ricercato effetto sorpresa.

Tuttavia si meravigliò di non trovare Azrael nella sala principale della libreria, magari a leggere uno di quei noiosissimi libri umani. A confermare la presenza del demone, Hastur aveva trovato solo una tazza, ancora tiepida.
Decise quindi di addentrarsi  tra le fila di scaffali, ma ancora una volta non riuscì a scorgere il demone da nessuna parte.

Hastur però, amava definirsi come un tipo perseverante e non si diede per vinto.
Infatti, anche se ancora non aveva individuato Azrael, ora riusciva a sentire delle voci indistinte, provenienti dal retro.
Quindi il demone doveva trovarsi per forza lì dentro!

Hastur si chiese cosa stesse architettando Azrael. Persino lui sapeva che di notte gli umani non andavano in libreria, non poteva essere perciò in compagnia di un cliente. Con chi stava parlando allora?

Silenzioso come un ladro, Hastur percorse il corridoio che lo portò fino alla porta che dava sul retro della libreria e questa volta, acquattandosi dietro l’unica porta socchiusa da cui passava uno spiraglio di luce artificiale, riuscì addirittura a distinguere le parole che le due voci si stavano scambiando.

«Quindi mi stai dicendo… che è stato tutto merito di Agnes Nutter?»

«Proprio così, se non ci fosse stata lei, a quest’ora chissà che fine avremmo fatto! Anche se certo, anche il giovane Adam e i suoi amici hanno fatto la loro parte per evitare che il Mondo terminasse.»

Hastur spiò attraverso la fessura con i suoi occhi vacui e per poco non gli venne un colpo.

Azrael era insieme ad un’altra persona…

«Be’ sì, l’Anticristo avrà i suoi meriti, ma noi non siamo stati da meno da quel che mi stai dicendo!»

… Crowley.

Il maledetto traditore che aveva liquefatto il suo migliore amico Ligur!

Senza che Hastur se ne rendesse conto, un’ira inesorabile e micidiale montò nel suo animo.
Al diavolo la sua copertura, al diavolo ogni cosa!

Con un miracolo demoniaco fece esplodere la porta di fronte a sé, facendo sobbalzare i due all’interno.

Hastur si chiese come avesse fatto a non pensarci prima, era tutto così chiaro! Quei due dovevano essere in qualche modo in combutta, per questo quel buono a nulla di Azrael gli aveva fatto tutte quelle domande! Lui e Crowley dovevano aver trovato il modo per liberarsi dalla perdita di memoria e stavano raccogliendo informazioni per ricongiungersi all’Anticristo per prendere possesso nuovamente di Inferno e Paradiso.
Hastur li maledisse dentro di sé, non pensando neanche per un secondo di aver preso fischi per fiaschi.


Vedendolo fare irruzione, Aziraphale impallidì e cominciò a sudare freddo.
Crowley invece squadrò il nuovo arrivato infastidito. Aveva interrotto la storia proprio sul più bello!
Troncare le conversazioni altrui doveva essere brutto vizio di quel demone, si disse Crowley, ricordandosi dell’occasione in cui aveva quasi baciato Aziraphale.

Crowley però era l’unico ad aver mantenuto i nervi saldi.
Nella stanza infatti l’aria si era fatta pesante, chiaramente minacciosa.


«Hastur!»
Strillò quasi strozzandosi Aziraphale, che con orrore si rese conto che sia lui che Crowley erano appena finiti in un mare di guai.

«Crowley!»
Ringhiò Hastur, ignorando del tutto Aziraphale. Adesso che aveva il traditore davanti non se lo sarebbe fatto scappare per nessun motivo al mondo, anche a costo di scatenare una guerra con il Paradiso.

«Aziraphale! Perché questo tipo deve sempre interromperc-»
Crowley non riuscì a terminare la frase che Hastur si era già avventato su di lui, aggredendolo con irripetibili improperi e stringendo con forza le mani intorno al collo sottile dell’angelo.
Questa volta Hastur se lo sarebbe portato all’Inferno, ad ogni costo.

Preso alla sprovvista Crowley si divincolò senza sosta, provando a liberarsi dalla presa ferrea dell’altro. Anche se non poteva morire, non aveva voglia di richiedere un corpo nuovo solo perché quel tipo voleva farlo fuori.
Sarebbe stato un affronto!

«Io lo avevo sempre sostenuto che non c’era da fidarsi di voi!»
Stava urlando Hastur, posseduto da una furia cieca.

«Hastur per favore… proviamo a parlarne!»
Si intromise Aziraphale, nel panico.

Sia Crowley che Hastur non lo presero neppure in considerazione.
Crowley infatti, nonostante la brutta situazione in cui si trovava, stava rivolgendo un ghigno meschino ad Hastur, che ancora non mollava la presa su di lui.

«Niente acqua santa a salvarti Crowley. Questa volta sarò io con le mie stesse mani a gettarti nelle fiamme dell’Inferno.»
Minacciò a denti stretti Hastur, sputacchiando sul viso dell’angelo e stringendo ancora di più la presa intorno al suo collo.

«Ah, capisco! Tu devi avercela con me per quello che è successo l’anno scorso con il tuo amico.»
Biascicò Crowley, che con una spinta, costatagli parecchia fatica, era finalmente riuscito ad allontanare Hasur da sé e farlo sbattere contro una mensola.
Aveva letto di quell’incidente nel fascicolo, non ci voleva molto a fare due più due. Inoltre, non era riuscito a resistere alla tentazione di provocare l’altro demone, era stato più forte di lui.

Se possibile, Hastur si infuriò ancora di più, facendo per avventarsi ancora una volta sull’angelo.

«Non osare nemmeno nominarlo, lurido traditore!»

Questa volta però, prontamente Aziraphale si frappose tra i due.

«Basta così, o finirete per ammazzarvi sul serio!»

Anche se, Aziraphale temeva che fosse proprio quello l’intento, almeno da parte di Hastur che continuava a fissare con odio Crowley, che si stava ancora massaggiando il collo.

«Togliti di mezzo!»

Ringhiò il duca infernale che con un semplice schioccò delle dita riuscì a far schiantare l’altro dall’altra parte della stanza. Non avrebbe lasciato che niente e nessuno si frapponesse fra lui e la sua vendetta.

Aziraphale gemette, accusando il colpo. Hastur era pur sempre un suo superiore, faceva abbastanza male essere colpiti da lui.


«Ehi tu, vacci piano!»

Strepitò Crowley che raggiunse di corsa Aziraphale, per accertarsi che stesse bene, dimenticandosi persino di Hastur, passato momentaneamente in secondo piano.

«Stai bene, Aziraphale?»
Chiese Crowley, con una nota di apprensione nella voce.

«Tutto bene, sono solo un po’ ammaccato e… Crowley, attento!»

Con un rapido miracolo dei suoi, Aziraphale spinse sia se stesso che Crowley in due direzioni opposte così da evitare che entrambi venissero colpiti da Hastur, che si era impossessato di un pesante soprammobile e aveva cercato di frantumarlo in testa all’angelo.

«Senti e se ne parlassimo davanti una birra?»
Lo schernì Crowley mentre cercava di rimettersi in piedi.

Hastur stranamente questa volta non ripose alla provocazione.

Ancora un po' stordito, Crowley si voltò velocemente verso di lui, credendo che l’altro stesse cercando un modo per attaccarlo.

Hastur però stava sorridendo con una smorfia maniacale.

Crowley guardò un pochino più in là e questa volta, anche in lui si fece strada una rabbia furibonda.

Sfruttando la confusione che lui stesso aveva creato, Hastur doveva aver immobilizzato Aziraphale con delle corde e una benda sulla bocca per non farlo parlare grazie a qualche suo trucchetto da demone.

Aziraphale si agitò, facendo a Crowley segno di scappare con il capo.

Crowley però non si mosse di un millimetro.

«Credevo che ce l’avessi con me. Lascia in pace Aziraphale, sono io che ho ucciso il tuo amico, non lui!»

Dichiarò Crowley, prendendosi le proprie responsabilità, sebbene non ne conservasse ricordo. Hastur però continuava a rivolgergli quel sorriso malsano.

«No, certo. Ma sto per ripagarti con la stessa moneta, goditi lo spettacolo mentre vedi il tuo amico sprofondare con me all’Inferno! Sai, Laggiù io sono un professionista nelle torture.»

Senza dare a Crowley il tempo di replicare o fare qualsiasi altra cosa, Hastur schioccò per l’ennesima volta le dita e la terra iniziò a tremare.
Lo spazio intorno a loro si dilatò e una voragine apparve sotto i piedi di Aziraphale, incominciando a risucchiarlo verso il basso. Inutili erano tutti i tentativi dell’ex-angelo di liberarsi per sfuggire al suo destino.
Più si muoveva e più in fretta sembrava essere risucchiato, come se fosse stato imprigionato nelle sabbie mobili.

Crowley però ragionò in fretta. Questa volta era il suo turno di compiere un miracolo, infatti non indugiò.

Con uno schiocco delle dita fece schiantare Hastur contro il muro, lontano da Aziraphale. L’esplosione però fu tale che in parte coinvolse anche Aziraphale che venne sbattuto dall’altro lato della stanza rispetto ad Hastur, scampando dal buco infernale che stava cercando di inghiottirlo.

«Aziraphale!»

Crowley corse verso di lui per accertarsi delle sue condizioni. Le corde che lo immobilizzavano erano sparite, così come la voragine si era richiusa, facendo tornare la camera alla normalità.
Crowley si voltò verso Hastur, che doveva aver perso la coscienza a causa della botta.

«Crowley! Mi hai salvato la vita! Cielo, pensavo di finire Laggiù e…»

«Ne parliamo dopo, adesso andiamo, prima che quello là si svegli più incazzato di prima.»


Crowley gli offrì una mano e aiutò l’amico a sollevarsi.



«La prossima volta ricorda di immobilizzare anche me, se non vuoi essere fregato.»   

Disse Crowley, rivolto ad un incosciente Hastur, prima di sparire insieme ad Aziraphale dalla libreria.






You will remember
When this is blown over
Everything's all by the way

When I grow older
I will be there at your side to remind you
How I still love you

(I still love you)


I still love you [1]


Né Crowley né Aziraphale parlarono molto durante il tragitto sulla Bentley, solo le note malinconiche di Freddie Mercury in sottofondo resero più lieto l’itinerario.
Aziraphale non aveva neppure fatto commenti sullo stile di guida spericolato dell’angelo, ancora scosso dai recenti avvenimenti per dar peso a tutto il resto.


«Siamo arrivati.»

Annunciò Crowley, facendo stridere il freno e arrestandosi bruscamente davanti un edificio.
Aziraphale lo riconobbe, era il palazzo in cui viveva Crowley.

Nonostante avessero raggiunto la loro destinazione, nessuno dei due scese dalla Bentley.  

«Sai che è solo questione di tempo, prima che ci vengano a cercare, vero? E questa volta non ci lasceranno andare fino a quando non ci vedranno in polvere. Non ci rimane più molto tempo.»

Disse Aziraphale, rassegnato.
Si fece sprofondare sul sedile della vettura, quante possibilità avevano di scampare per la seconda volta ad Inferno e Paradiso, senza neppure usufruire le profezie di Agnes?

«Possiamo scappare fino a quando non smetteranno di cercarci.»
Propose Crowley, voltandosi verso l’amico, con aria combattiva.

«Non possiamo vivere per sempre come due fuggitivi!»
 

Aziraphale chiuse gli occhi e sospirò.

«Mi dispiace. Tu non ricordi nulla e ti era stata concessa una seconda opportunità per vivere tranquillo in Paradiso.»

Avrebbe voluto proteggere Crowley, almeno per una volta. 

«Se sei nei guai è solo colpa mia, Crowley.»

Riprese agitato Aziraphale, fronteggiando l'angelo.

Crowley scosse il capo e poggiò una mano su quella del demone, che al suo tocco sembrò calmarsi, percependo il calore dell'angelo come una fonte di conforto.

«Non è detto che sia colpa tua. Magari anche questo rientra nel Grandioso Piano Divino. E poi il Paradiso nemmeno mi piace, è terribilmente noioso.»

Crowley si strinse nelle spalle, con disinteresse.
Il Paradiso non era mai stato il suo posto e adesso ne capiva finalmente il motivo.


Per qualche minuto, nessuno dei due parlò né si mosse.
Entrambi condividevano l’irrazionale sensazione che l’abitacolo della Bentley fosse al momento il luogo più sicuro al mondo.



Di tanto in tanto qualche macchina passava loro vicina, rendendo il silenzio successivo ancora più pesante. 



Fu Crowley a spezzare quell'innaturale mutismo.

«Prima dicevi che non ci rimane più molto tempo…»
Abbassò la voce, riducendola ad un mormorio.

«Allora dovremmo vivere questa notte come se fosse l’ultima.»

Riprese con semplicità, stringendo maggiormente la mano del demone che non aveva ancora lasciato andare.


«Crowley…»

Aziraphale alzò lo sguardo e puntò i propri occhi serpentini in quelli dorati dell’angelo. Sorrise timidamente quando si accorse che il viso di lui si trovava solo a pochi centimetri dal suo.

Fu Aziraphale a colmare le distanze, a chiudere gli occhi e abbandonarsi alle dolci labbra dell’angelo.





«… Se amarti è una colpa, allora avrò sempre una ragione per peccare.»








[1]: “Love of my life”, Queen



Note finali
Oddio, penso che ormai nessuno si aspetta più aggiornamenti da parte mia. E invece eccomi qua con un nuovo capitolo! 
Allora, grande annuncio: questo è il penultimo capitolo (manca solo il prossimo capitolo e un piccolo epilogo), dunque ci avviciniamo alla conclusione! Anticipo che nel prossimo aggiornamento tutti i nodi verrano al pettine e tutte le domande avranno risposta (che poi siano soddisfacenti o meno è da vedere, ma tant'è). Comunque, secondo voi, perché Zira ricorda e Crowley no? Si accetanno scommesse! 
Che dire, sarò sincera, non sono molto sicura della buona riuscita di questo capitolo, ma mi ci sono davvero impegnata! Spero che non sia uscito fuori troppo male. 
Altro annuncio! Questa storia da domani sarà in revisione, sia per sistemare l'HTML sia per correggere gli errori di battitura che mi lascio alle spalle, ahimè. 
Ad ogni modo, ringrazio sempre tantissimo chiunque sia arrivato a leggere fino a qui, chi ha recensito fino ad adesso, chi ha inserito la storia tra le seguite e chiunque lascerà un commentino per dirmi cosa ne pensa! 
Ci vediamo al prossimo capitolo (che ormai non prometto neanche più quando uscirà, shame on me)
Alla prossima <3 

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Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


Capitolo VII


Inferno, quella notte stessa

«Esigo una spiegazione!»

Belzebù cercò di trattenere uno sospiro rassegnato non appena la voce incollerita dellarcangelo Gabriele giunse alle sue demoniache orecchie.

Se è proprio lui in persona è sceso fin Quaggiù deve averla presa peggio del previsto, rifletté tra sé e sé il demone, per nulla entusiasta di vedere il suo collega”.

I guai per Belzebù erano iniziati ufficialmente solo un paio dore prima quando un Hastur in evidente stato confusionale si era presentato delirando improperi irripetibili. Aveva chiesto udienza a Belzebù dichiarando che si trattasse di una questione della massima urgenza.
Ed effettivamente, quando il Principe Infernale era venuto a conoscenza della faccenda era quasi saltato su dalla sedia sulla quale era accomodato.


Quello che gli aveva raccontato Hastur non poteva essere vero! Stentava davvero a credere alle parole dell’altro demone, ma conoscendo quella vipera di Crowley e quel finto tonto di Aziraphale, Belzebù aveva ormai imparato a credere perfino all’impossibile.

Aveva quindi fatto lunica cosa ragionevole: aveva lasciato che Hastur scrivesse un rapporto dettagliato dellaccaduto per poi mandarlo su in Paradiso, in modo tale da avvertire Gabriele.

Ad essere sincero, Belzebù si aspettava che larcangelo gli rispondesse mandandogli uno dei suoi soliti intermediari, Michele o Sandalphon, non che si presentasse di persona.


«Gradirei una risposta!»    
Insistette Gabriele, che molto poco ironicamente sembrava avere un diavolo per capello.

«Non lo hai letto il resoconto che ti ho mandato? Che te lavrei scritto a fare?»

«Oh ma lho letto eccome, santissimo D…»
Gabriele si interruppe bruscamente, giusto in tempo prima di peccare verbalmente. Giunse le mani, chiuse gli occhi e inspirò, prendendo nuovamente controllo di se stesso.

«Forse non mi sono espresso abbastanza chiaramente. Mi piacerebbe tanto capire come abbiano fatto a ricordare. Mi sembrava che gli accordi fossero chiari, avremmo cancellato la memoria ad entrambi quegli impiastri proprio per evitare questo genere di problemi. Non è così, Belzebù
Gabriele scandì ogni parola, lentamente, più per controllare la furia ribollente del suo animo che per evitare di non essere compreso.

«Già, queste erano le condizioni. Vorresti insinuare che lInferno non abbia mantenuto i patti?»
Ribatté il demone, già sul piede di guerra.

«Non ho detto nulla del genere, eppure guarda la situazione... non starai certo dubitando dellonestà del Paradiso, nevvero? O devo ricordarti che siete voi demoni quelli famosi per le truffe?»

«LInferno non sarebbe mai sceso a patti col Paradiso solo per infrangerli. Non ne sarebbe valsa neppure la pena.»

«Ah, quindi io dovrei... fidarmi di te solo perché tu mi stai dicendo così?»

«Esatto.»

Larcangelo e il demone si guardarono in cagnesco.
La tensione tra i due era talmente alta che persino laria stantia dellInferno sembrava essere diventata elettrica tuttad un tratto.

Poi, improvvisamente, con un sorriso mefistofelico, Belzebù fece comparire dal nulla una cartelletta, schiaffandola non senza malevolo godimento sotto il naso dellarcangelo.

«Eppure, guarda un po’ cosa abbiamo trovato. La stavano leggendo i due traditori prima che Hastur intervenisse.»

Gabriele sgranò gli occhi di ametista, riconoscendo subito i documenti, senza neppure avere il bisogno di leggerli.

«Impossibile! Questa è…»

«Già. Non immaginavo che voi Lassù lasciaste nelle mani sbagliate documenti di una tale importanza. E poi parlate per noi demoni! Huh, com’è che si dice? Ah sì, scagli la prima pietra chi è senza peccato. Non è così, Gabriele

Gabriele non rispose, ancora troppo sconcertato dalla notizia.
Sfogliò le carte in cui si narrava nel dettaglio dellApocalisse-che-non-ci-fu, dato che ancora non riusciva a credere ai suoi occhi.
Non si era neppure accorto del furto... fino a quel momento, ovviamente.


Belzebù squadrò di sottecchi l’arcangelo.
Indubbiamente Gabriele stonava come una mosca bianca lì all’Inferno e vederlo ammutolito in quella maniera era ancora più insolito.

Tuttavia, sebbene avesse appena ottenuto una vittoria schiacciante su quellarrogante di Gabriele, Belzebù continuava a non capire.
Sentiva che qualcosa gli sfuggiva.

Quando Hastur era tornato, gli aveva detto molto chiaramente che sembrava che fosse proprio Aziraphale a raccontare a Crowley la vicenda e ciò significava che il novello demone avesse in qualche modo recuperato i ricordi.

«Ecco perché quella volta Crowley si trovava Lassù…»
Sussurrò Gabriele, mentre la comprensione per lo strano comportamento di Crowley si faceva spazio sul viso del bellarcangelo.

Belzebù lo ignorò.

Non cera dubbio che Crowley avesse rubato i documenti, ma quel che Belzebù non capiva era come avesse fatto Aziraphale a ricordare tutto.


Prima che Gabriele arrivasse, Belzebù aveva ordinato di controllare tutti i documenti dellarchivio infernale. Era un lavoro mastodontico, eppure Dagon con la solita efficienza era riuscito in tempo a esaminare il tutto e aveva assicurato al Signore delle Mosche che tutto si trovava al suo posto.
Belzebù non aveva ragione per non credere a Dagon. Inoltre, Aziraphale non si faceva vedere allInferno da quando lo aveva spedito sulla Terra.
Era escluso dunque che avesse potuto attingere dalle loro informazioni.

Belzebù aggrottò le sopracciglia, come se fosse appena giunto a capo dell’inghippo.
Da quando lo avevano spedito sulla Terra…, ripeté fra sé e sé.

Che sia perché..?

Belzebù si irrigidì.
 
Prima di spedire Aziraphale sulla Terra, lInferno aveva commesso forse il peccato classico per eccellenza: aveva sopravvalutato superbamente le proprie capacità.

Quando Belzebù per sfizio personale aveva assegnato il serpente ad Aziraphale, lanimale totem di Crowley, non aveva tenuto conto del profondo legame che univa i due traditori e delle tracce che la bestia portava con sé.
Dal Giardino dellEden fino a poco più che un anno prima, Crowley non solo rappresentava il serpente, ma lui stesso era ormai diventato il serpente per eccellenza. Non poteva che averlo insozzato con le sue memorie, che a propria volta si erano riversate su Aziraphale, il nuovo serpente.  

Non poteva esserci altra spiegazione.

«Cosa proponi, dunque? Dobbiamo risolvere una volta per tutta la questione.»

La voce di Gabriele spezzò il filo dei pensieri del Principe Infernale, che alzò lo sguardo su di lui, senza dare a vedere alcuna particolare emozione.

Belzebù valutò le proprie possibilità. Non era necessario condividere ciò che sapeva con Gabriele e rischiare di farlo adirare ancora di più. Inoltre, era molto più comodo sia per Belzebù che per l’Inferno far ricadere tutta la colpa sul Paradiso, dato che per una volta vi era la possibilità.

«Quello che avremmo dovuto fare fin dallinizio.»

Rispose Belzebù, deliziato dal sorriso diabolico sul viso dellarcangelo.

«Li facciamo fuori, definitivamente


Londra, 12:00 a.m., 10 Agosto 2020

Molto raramente Aziraphale aveva visto un sole così caldo da riuscire addirittura a illuminare il plumbeo cielo di Londra con i suoi raggi radiosi e brillanti.

Normalmente, sarebbe stata la giornata perfetta per invitare Crowley a passeggiare a Saint James Park, magari gustando un gelato per rinfrescarsi da quella calura dovuta al surriscaldamento globale. Quella però, era una giornata tutt’altro che come nella norma. 

«Tra quanto tempo pensi che arriveranno?»
Chiese invece Aziraphale, allontanandosi dalla finestra dellappartamento di Crowley e dirigendosi verso questultimo, che a pochi metri da lui dava una spuntatina alle foglie delle sue piante.

«Non saprei. Dipende da cosa hanno in mente.»

Dopo essere scappati da Hastur solo poche ore prima, Crowley aveva invitato Aziraphale a trascorrere la notte con lui ben sapendo che quella non poteva che essere lultima opportunità per loro.
E quando quella mattina, dopo una notte damore, Crowley si era svegliato accanto ad Aziraphale, non aveva potuto fare a meno che pensare che per quella visione celestiale in fondo valeva la pena mettersi contro Paradiso e Inferno.

Di comune accordo, dopo la colazione, avevano deciso di passare la giornata insieme e non recarsi ai rispettivi posti di lavoro.

«Francamente, penso che siamo ancora in tempo per scappare. Stare con le mani in mano e aspettarli è snervante!»

Considerò Crowley, decisamente più propenso allazione che allidea di dover aspettare in santa pace che i loro superiori decidessero cosa fare di loro.

«Anche se scappassimo ci troverebbero! Sarebbe solo questione di tempo e rimandare linevitabile.»
Sospirò Aziraphale, che parlava con la calma dellaccettazione.
Sapeva che questa volta non sarebbe stato semplice porre rimedio alla situazione. Non potevano cercare di fregare di nuovo Inferno e Paradiso. Non avrebbe funzionato anche una seconda volta.

«E come vorresti fare per salvarci? Aspettare non risolverà nulla!»

Aziraphale pensò bene a cosa dire. Sentiva gli occhi di Crowley su di sé, il respiro sospeso e speranzoso. Purtroppo però, Aziraphale non possedeva alcuna soluzione. La sua risposta perciò non poteva che essere una sola.

«Fede. Non ci resta che avere fede.»

Crowley sbuffò amaramente.

«Hai ragione. Avremmo bisogno di un miracolo per uscirne vivi.»

Crowley posò lattrezzatura da giardinaggio e, dopo essersi girato, si ritrovò a fronteggiare gli occhi lucidi di Aziraphale, che lo fissavano con aria di rimprovero.
 
Crowley si mordicchiò l’interno della guancia.
 
«Scusa. È che non fare nulla mi fa uscire fuori di testa!»
 
Aziraphale sospirò e addolcì lo sguardo. Riusciva a comprendere lo stato d’animo di Crowley, rivivere per una seconda volta quell’incubo era abbastanza per far innervosire chiunque.
 
Aziraphale si stropicciò gli occhi.
Quando tornò a guardare Crowley uno sguardo risoluto illuminava il volto del demone.


Questa volta non avrebbe combattuto per sventare l’Apocalisse, non c’era nessun bene superiore in ballo. Questa volta avrebbe combattuto con le unghie e con i denti per se stesso e Crowley.
Il suo era puro egoismo e nulla più.
Che male c’era?

«Crowley, caro... ce la faremo. Insieme ce labbiamo sempre fatta.»

Aziraphale gli sorrise e Crowley lo imitò, quasi di riflesso.

«Spero proprio che tu abbia ragione.»



Londra, 03:33 p.m., 17 Agosto 2020

Dopo una snervante settimana di attesa, sia Aziraphale che Crowley erano giunti alla conclusione che lInferno e il Paradiso stavano giocando con loro ad una guerra di logoramento psicologico.
Dai loro corrispettivi luoghi di lavoro, quelli veri Lassù e Laggiù,  non era giunta neppure una voce, nessun avvertimento.
 
Tutto taceva come se nulla fosse mai successo.

Eppure, Aziraphale sapeva che loro sapevano. Ne era la prova la scomparsa del fascicolo confidenziale sullApocalisse che Crowley aveva sottratto al Paradiso, perso durante la notte del fattaccio.

Ma, nonostante le prove più che schiaccianti a loro carico, ancora nessuno era venuto a prenderli.
Aziraphale, molto ottimisticamente, stava davvero cominciando a pensare che si fossero oramai scordati di loro.


Quando confidò i propri pensieri a Crowley, purtroppo non ricevette consolazione.

«Ho i miei dubbi al riguardo. Secondo me, stanno solo aspettando il momento giusto per agire.»

Gli rispose Crowley con un certo pessimismo, facendo aumentare lo sconforto di Aziraphale.

Seduti su una panchina a Berkeley Square i due si tenevano per mano, godendosi semplicemente la reciproca compagnia.

«Ancora non ricordi nulla?»
Chiese Aziraphale, cambiando del tutto argomento.

Piano piano si stava ormai rassegnando allidea che Crowley non avrebbe più recuperato la memoria. Ma, cercando di trovare una piccola consolazione, era giunto alla conclusione che quello rappresentava comunque un nuovo inizio per loro.
Che ricordasse o meno, che fosse un angelo o un demone, Crowley rimaneva pur sempre se stesso e per Aziraphale andava bene.
Si amavano e ciò era tutto ciò che contava.  

«No.»

Aziraphale non poteva certo dirsi stupito per la risposta.

«Non importa. Va bene così.»

Crowley annuì. Anche se cercava di non mostrarlo, lidea di non aver ancora riacquistato i propri ricordi gli dava una certa noia. Se solo avesse saputo come potersene riappropriare sarebbe stato tutto molto più facile.

La sua non era solo una questione sentimentale ma, soprattutto, si trattava di giustizia. Il Paradiso lo aveva privato dei suoi ricordi, aveva cancellato il suo vissuto ed era un torto che difficilmente riusciva ad accettare.
Se solo la situazione fosse stata meno critica, avrebbe reagito con più forza. Ma, sotto consiglio di Aziraphale, aveva deciso di mantenere un basso profilo. Ritornare in Paradiso per far valere i propri diritti non sarebbe stata una mossa molto sveglia da parte sua.
E, senza dubbio, Crowley non era uno stupido.
Non poteva permettersi di rischiare così tanto.


Come spesso accade a Londra, il cielo si rannuvolò.
Crowley sollevò lo sguardo, prendendo in considerazione l’idea di usufruire di un miracolo per schiarire il cielo, almeno per il tempo necessario affinché lui e Aziraphale concludessero la loro passeggiata.

Crowley però non aveva preso in considerazione i piani divini che proprio in quel momento stavano per compiersi.

«Crowley!»

Il singulto improvviso di Aziraphale giunse forte e chiaro alle orecchie di Crowley che si voltò prontamente verso di lui per accertarsi che stesse bene.

«Che succede, Aziraphale?»

«Lo hai sentito anche tu?»

«Eh?»
 
«Eccolo, di nuovo!»
 
Gli occhi vigili di Aziraphale lo fissavano con trepidante attesa e Crowley tese lorecchio. Oltre le chiacchiere dei passanti e una lontana melodia proveniente dal Ritz non riusciva a sentire nulla.

«Sentire cosa, esattamente?»
Crowley si accigliò, continuando a non sentire alcun rumore fuori dalla norma.



«Il latrato del cerbero!»
 
Sussurrò concitato Aziraphale che si guardava intorno, incapace di comprendere da dove provenisse il verso del cane demoniaco.
 
«Cosa?! Ne sei sicuro?»


Come Aziraphale, anche Crowley si mise in allarme.

Aziraphale sentì le viscere contorcersi, mentre lululato del cane infernale si faceva sempre più vicino. Sapeva che lInferno non avrebbe mai rinunciato a prendersi una vendetta su di lui.
 
«Sono qui, Crowley, sono venuti per portarmi Laggiù
 
Aziraphale scattò in piedi.
 
«Fatevi vedere!»
Intimò allora il demone, anche se né il suo tono né altro risultarono davvero minacciosi. Non ottenne altro che qualche occhiata incuriosita e perplessa da parte delle altre persone lì vicino.

«Io non sento nulla!»
Sbottò Crowley che nonostante gli sforzi non percepiva nessun guaito.

Non lasciò tuttavia ad Aziraphale il tempo di rispondere. Doveva prendere la situazione in mano una volta per tutte.

«Da dove lo senti arrivare?»
Chiese, con serietà. Se davvero i demoni dellInferno erano arrivati fin là, cera da tenere gli occhi aperti.

Senza parlare, Aziraphale indicò un punto di fronte a loro, distante parecchi metri nei pressi di un enorme albero secolare, le cui spesse radici erano ben visibili e a tratti affondavano in profondità nel terreno.

Crowley aggrottò le sopracciglia, alzandosi con eleganza dalla panchina. Aziraphale lo guardò con tanto docchi.

«Che stai facendo, Crowley?!»

«Vado a dare unocchiata. Tu resta qua, potrebbe essere pericoloso.»

«Non se ne parla nemmeno, non ti lascio andare da solo! Vengo... vengo con te!»

«No, vado da solo. Fidati di me, daccordo?»

Crowley gli scoccò un’occhiata che non ammetteva repliche. Suo malgrado, Aziraphale si ritrovò ad annuire.

«Faattenzione.»

«Come sempre, diavoletto

Tornatosi a sedere, Aziraphale osservò con apprensione ogni passo di Crowley. Trattene il fiato quando sparì dietro il tronco per almeno due minuti buoni ma ritornò a sorridere quando lo vide riapparire, sano e salvo.

Solo allora notò che gli infernali latrati erano cessati.

Quando si fece più vicino, Aziraphale si accorse che Crowley non era solo: teneva infatti tra le mani un cagnolino nero, dallaria alquanto incattivita.

«Era questo il terribile cerbero che sentivi?»
Lo prese bonariamente in giro Crowley, tornandosi a sedere accanto a lui.

«Oh... forse mi sono lasciato trasportare un podallimmaginazione.»
 
Si scusò Aziraphale, un po’ imbarazzato e Crowley roteò gli occhi, sedendosi nuovamente sulla panchina.
 
«Non voleva farsi prendere, il fellone!»
Spiegò l’angelo, osservando infastidito il cagnolino che aveva cominciato ad abbaiare nuovamente.
 
«Fellone?»
Ridacchiò Aziraphale. Allungò una mano verso la bestiola ma la ritirò appena in tempo per evitare un morso.
 
«Come altro vorresti definirlo? Guarda quanto è incollerito!»
 
Effettivamente Aziraphale non poteva che convenirne.
 
«Be’... sì! Però guarda com’è carino, non trovi anche tu caro? E guarda qua! Ha la medaglietta.»
 
Aziraphale provò a calmare il cagnolino, con scarsi risultati. Ebbe bisogno dell’aiuto riluttante di Crowley per riuscire a leggere il nome sulla medaglietta.
 
Fido.
Il padrone del cane non doveva essere un tipo troppo fantasioso.
 
«Credi si sia perso?»
Domandò Aziraphale, che aveva fatto apparire dei biscottini per cani che Fido stava masticando con gusto. Era stato l’unico modo per tranquillizzarlo.
 
«Forse. Considerando il caratterino di questa bestia potrebbe pure essere scappato.»


Entrambi osservarono il cane che aveva ripreso a ringhiare.
 
Poi, in lontananza, sentirono la voce di una donna che urlava a gran voce.


«Fido
 
Sentendo quel nome, l’angelo e il demone si voltarono verso la voce. Essa apparteneva ad una donnina, bassa e gracile, che a passo svelto e nervoso si dirigeva dalla loro parte.
 
«Fido dove sei? Fido!»
 
Riconoscendo il proprio nome, Fido cominciò ad abbaiare più forte.
 
«Quella deve essere la sua padrona!»
Esclamò Aziraphale. Crowley, non troppo impressionato, annuì.
 
«Torno subito!»
Sempre volenteroso di fare una buona azione, Aziraphale prese in braccio Fido, stranamente molto più docile rispetto a prima e a passetti veloci raggiunse la donna per restituirle il cagnolino.
 
Una volta di ritorno, un gran sorriso illuminava il viso pieno e gioviale del demone.
 
«Che signorina gentile! Era così preoccupata per Fido, le era scappato durante la passeggiata!»
Spiegò il demone, ancora elettrizzato per aver compiuto del bene.
 
«Sei così grazioso quando fai qualcosa di buono, Aziraphale.»
Tubò Crowley che con quelle parole fece arrossire il demone, che nonostante l’imbarazzo appariva lusingato dall’apprezzamento, sebbene gli sembrasse un po’ buttato là per caso, quasi fuori luogo.
 
«Tu avresti fatto lo stesso!»
Gli mormorò in risposta Aziraphale, cercando di nascondere un sorrisino compiaciuto.
Crowley nel frattempo si avvicinò a lui.
 
«Sì, sì, certo.»
 
Crowley non diede il tempo al demone di rispondere che già lo stava baciando, pressando quasi prepotentemente le labbra sulle sue.
Aziraphale, un po’ preso alla sprovvista da tale veemenza, ricambiò comunque il bacio e chiuse gli occhi.
 
Sentì la mano dell’angelo sulla sua schiena che lo spingeva più vicino a lui senza troppa delicatezza e Aziraphale si stupì di come quel bacio a labbra serrate gli apparisse forzato.

Cosa sta succedendo?

Aprì gli occhi e cercò di allontanarsi per chiedere spiegazioni ma una fitta lancinante all’altezza dello stomaco gli spezzò il fiato.

Il suo cuore iniziò a battere più forte, contraendosi in maniera dolorosa, che nulla aveva a che fare con le farfalle nello stomaco che aveva ogni volta che parlava con Crowley.


Una sensazione di paura lo attanagliò sul posto.
Non voleva guardare, sapeva che quello che avrebbe visto non gli sarebbe per nulla piaciuto.
Ma si fece forza e abbassò lo sguardo lo stesso.

Quello che vide gli frantumò il cuore in mille pezzi, surclassando addirittura il dolore fisico.


Una lama angelica conficcata nell’addome, l’impugnatura di essa ancora tenuta stretta dalla mano di Crowley.
 
«Crowley...»
 
Riuscì a esalare il demone mentre calde lacrime gli scorrevano sul viso.

Crowley con indifferenza tolse la lama dalla ferita, lasciando che il sangue defluisse copiosamente.
 
«Avrei dovuto farlo fin dall’inizio.»
Commentò con freddezza Crowley, ripulendo la lama insanguinata sui vestiti dell’ex angelo, che riusciva a stare dritto solo perché ancora appoggiato a lui.

«... perché?»
Tossì il demone, sputando sangue e macchiando i vestiti immacolati dell’angelo.

La sua mente non riusciva a realizzarlo.
Crowley non poteva avergli fatto questo.
Non poteva accettarlo.

Crowley non lo avrebbe mai tradito.
Con il respiro pesante, portò il proprio sguardo sull’angelo.

Quest’ultimo con uno schioccò di dita rivelò la sua vera natura e immediatamente Aziraphale capì.



«Gabriele



Aziraphale non riusciva a credere ai suoi stessi occhi.
Cercò di tamponarsi la ferita con la mano, senza riuscire a fermare il flusso di sangue.
Ne stava perdendo troppo e, a causa di ciò a cui aveva appena assistito, si sentì ancora più debole e impotente.
 
Crowley… dov'è Crowley?
 
Quasi gli avesse letto nel pensiero, Gabriele finalmente si alzò, voltando lo sguardo verso l’albero dove poco prima aveva recuperato Fido.


Accanto ad esso giaceva il corpo di Crowley ai piedi della signorina a cui Aziraphale aveva restituito Fido.

Sebbene Aziraphale non riuscisse a vedere bene, gli sembrò che anche Crowley fosse ferito.

Provò ad alzarsi per raggiungere il suo corpo ma, indebolito dalla ferita, cadde a terra sbattendo dolorosamente contro il terreno polveroso del parco.

Senza mai staccare gli occhi da Crowley, Aziraphale non si rese conto che attorno a loro il tempo sembrava come cristallizzato, nessuno si muoveva né parlava, immobili come statue.

Con fatica, Aziraphale strisciò verso Crowley, lasciando una scia di sangue lungo il percorso.

Chiamò l’angelo per nome, ma inutilmente.
Crowley non gli rispondeva.

Le lacrime gli offuscavano lo sguardo, impedendogli di vedere chiaramente le condizioni in cui versava Crowley.

Solo quando gli fu accanto si rese conto che anche Crowley doveva essere stato pugnalato, la ferita all’altezza del cuore non lasciava spazi ad ulteriori dubbi.

«Crowley...»
Aziraphale singhiozzò, facendo sbuffare sonoramente la padrona del cagnolino, che fino a quel momento aveva assistito alla penosa scena senza dire nulla.

«Dagli il colpo di grazia, non ne posso più di questi piagnistei.»
Disse questa, rivolta a Gabriele.

Stringendosi nelle spalle, l’arcangelo raggiunse il gruppo, finendo finalmente Aziraphale con un colpo deciso della sua lama angelica.


«Va meglio adesso?»

La donna annuì e, come poco prima aveva fatto Gabriele, rivelò le sue vere sembianze.

Belzebù.

«Decisamente.»
Belzebù osservò i corpi immobili di Aziraphale e Crowley, spingendoli con la punta del piede giusto per accertarsi che fossero morti davvero.

Nel frattempo, Gabriele si passò una mano sulla bocca, con un certo sdegno.

«Un lavoro sporco senza dubbio, ma finalmente giustizia è stata fatta.»
Commentò l’arcangelo. Gli era sempre piaciuta la filosofia del “fine che giustifica i mezzi”.

«È stata un’ottima idea quella di usare il cerbero per attirare uno dei due, prenderne le sembianze e poi far fuori l’altro.»
Continuò Gabriele che non riusciva più a celare la propria soddisfazione.

Belzebù aveva portato il Cerbero e grazie ad un piccolo miracolo dei suoi, Gabriele aveva fatto in modo che i latrati non arrivassero alle orecchie di Crowley. Poi, una volta che uno dei due traditori si era avvicinato, senza alcun indugio lo aveva infilzato con la sua spada divina per poi sostituirsi ad esso.

Affrontarli separatamente era stata la mossa migliore, ma non si aspettava davvero che tutto scorresse così bene.

Liscio come l’olio.

«Modestamente.»
Rispose Belzebù, accigliandosi subito dopo.

«Potevi almeno darmi lo sfizio di eliminare Crowley, dopo tutti i problemi che mi ha dato.»
Rimbeccò, puntando un dito accusatorio contro Gabriele.

«Non volermene, ma non ho saputo resistere.»

Gabriele guardò i corpi dei loro ex sottoposti, che piano piano stavano cominciando a sparire.

«Il nostro lavoro qui è fatto. Propongo di tornarcene a casa e rivederci solo tra altri mille anni per organizzare il prossimo Armageddon.»

«Non potevo chiedere di meglio.»

Senza perdere tempo a salutarsi, l’arcangelo Gabriele e il Principe Infernale Belzebù si incamminarono per due strade opposte, ben decisi a porre fine una volta per tutte a quella improbabile alleanza.




Poi, accade qualcosa di inaspettato.

Una goccia di pioggia bagnò la fronte di Gabriele, che si voltò verso Belzebù.
Gli sembrava di essere stato chiaro: il tempo non avrebbe ripreso il suo corso fino a quando entrambi non sarebbero spariti. Dallo sguardo perplesso di Belzebù però, Gabriele intuì che quella pioggia non fosse opera sua.

Una seconda e una terza goccia caddero e ben presto si trasformarono in una pioggerellina fitta. Nubi apparsero nel cielo e nascosero il sole dalla vista delle due creature ultraterrene. Il vento sferzò i loto volti, fino a quando una voce tonante, che sembrava provenire da ben oltre le nuvole temporalesche, spezzò il silenzio.

«”Avete inteso che fu detto:
Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici.
Sorge il Sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa avete fatto di straordinario?
Voi, dunque, siate perfetti
.”»

«Metatron.»

Gabriele riconobbe immediatamente il portavoce di Dio, così come identificò subito il passo del vangelo che l’altro arcangelo aveva recitato.

«Matteo 5, 43-48.»

Belzebù non era ancora intervenuto, ma quella situazione non gli piaceva per nulla.

«L’Onnipotente è molto in collera con voi due.»

Riprese l’arcangelo Metatron, che con il suo occhio severo scrutava Gabriele e Belzebù.

«Abbiamo solo eliminato dei traditori.»
Rispose cauto Belzebù.

«Dovremmo essere lodati per le nostre azioni!»
Aggiunse Gabriele, senza mezzi termini.

Metatron tacque a lungo.
Attorno a Gabriele e Belzebù imperversava la tempesta, le nubi nere di poco prima avevano oscurato del tutto il cielo, facendo calare le tenebre.

Era ormai impossibile dire se si trovassero ancora a Berkeley Square o altrove.

«La vostra vendetta non è mai stata gradita a Lei, che ama il perdono.»

Proclamò Metatron, unica fonte di luce in quel buio spesso e imperscrutabile.

«L’Onnipotente gradirebbe che voi rifletteste a lungo su ciò che avete or ora inteso.»

Gabriele e Belzebù non capivano. Dio in persona voleva che loro interpretassero il vangelo di Matteo? Voleva offrire loro una lezione di catechismo?

«In che modo?»
Domandò allora Belzebù, non senza perplessità.

«Vedrete. Dio agisce per vie imperscrutabili.»

Poi, come tutto era cominciato, tutto finì.

Il tempo riprese a scorrere, il silenzio venne riempito da voci allegre e festose, il cielo si rasserenò.

A Berkeley Square non era rimasta alcuna traccia di Gabriele, di Belzebù e di Metatron, né del sangue che era stato versato dall’arcangelo e dal demone.


Tutto sparito.


Un raggio di sole riuscì a passare oltre le fronde degli alberi, illuminando il viso di un angelo e di un demone, seduti per terra e con la schiena appoggiata al tronco di un enorme albero secolare, spalla contro spalla.

Quando Aziraphale aprì gli occhi fu come svegliarsi da un lungo e tormentato sonno.

Si voltò, incontrando gli occhi naturalmente serpentini di Crowley che risplendevano di una nuova luce.

Nessuna ferita dilaniava il petto di Aziraphale che sorrise a Crowley.

Per la prima volta dopo mesi, sentiva che finalmente tutto andava bene.


Note finali
Be' che dire. Scusate ancora per il ritardo. 
Ho deciso di chiamare il cagnolino Fido perché è uno dei nomi più semplici che ci siano, così per sottolineare che Beelz e Gabriele non sono molto originali.
Non voglio aggiungere nulla per quanto riguarda il capitolo. Specifico solo che per l'idea della spada che riesce ad ammazzare angeli/demoni mi sono un po' ispirata a Supernatural (che ho smesso di vedere alla 13 stagione ma ho comunque visto gli spoiler del finale della serie e oddio. Ma questa è un'altra storia). Spero solo non vi abbia deluso. 
Ad ogni modo, il prossimo sarà l'epilogo! 
Ringrazio con tutto il cuore chi ha la pazienza di aspettare gli aggiornamenti di questa storia, chi la segue, chi l'ha messa tra le preferite, chi la commenta e anche chi la legge silenziosamente. 
Ma, per i veri ringraziamenti ci vedremo al prossimo (e ultimo) capitolo. 
Se volete, ditemi le vostre impressioni <3 
A prestissimo! 

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Capitolo 9
*** Epilogo ***


Epilogo 
 
Londra, 09:30 a.m., 21 Agosto 2020
 
Crowley guardò per l’ennesima volta l’orologio, non riuscendo ad evitare di alzare gli occhi al cielo.
Aveva detto ad Aziraphale che si sarebbe presentato alla sua libreria alle nove in punto esatte e che non avrebbe ammesso neanche un minuto di ritardo. Evidentemente non poteva che trattarsi di una speranza vana.
Infatti, eccolo lì appoggiato alla carrozzeria sfavillante della Bentley, nuovamente nera com’era giusto che fosse, ad attendere che Aziraphale finisse di preparare la valigia.
 
«Fortuna che non abbiamo fretta, a quest’ora non si dovrebbero trovare né sonde spaziali mandate dagli umani né ippogrifi verso la Luna.»[1]
Borbottò tra sé Crowley, che comunque stava facendo solo scena. Per quanto ci provasse, non riusciva davvero ad arrabbiarsi con Aziraphale.
 
Tornò ad incrociare le braccia al petto.
Dopo essersi risvegliati a Berkeley Square, di comune accordo avevano deciso che staccare la spina per un po’ era più che necessario. Crowley non sapeva spiegarsi bene come ma, sembrava che come per miracolo tutto fosse tornato alla normalità.
Finalmente aveva ricordato tutto: del modo in cui il Paradiso lo aveva reso un angelo e privato dei suoi ricordi, di quei mesi passati sulla Terra, dell’incontro con Aziraphale diventato demone, dell’orribile vernice bianca sulla sua Bentley e, ultimo ricordo che aveva prima di perdere i sensi, della pugnalata al cuore che gli aveva inflitto Gabriele. Dopodiché, ricordava solo di essersi risvegliato accanto ad Aziraphale e di essere tornato se stesso.
 
Scosse il capo, non voleva neppure pensarci ancora. Qualsiasi cosa fosse successa dopo, era felice che fosse accaduta. Neppure Aziraphale possedeva la risposta a quegli interrogativi, ma Crowley era troppo stanco per occuparsi ancora di misteri.
Non ne poteva proprio più.


«Crowley caro! Scusa per il ritardo, ma il bagaglio non voleva proprio saperne di chiudersi. Ho pure provato a sedermici di sopra ma alla fine mi sono dovuto servire di un miracolo!»
 
Crowley non ebbe neppure il tempo di obiettare che Aziraphale lo aveva già travolto con il suo entusiasmo e baciato sulle labbra per salutarlo.
Crowley sorrise tra sé e sé.
Considerando il lato positivo della faccenda, quei mesi avevano portato a qualcosa di buono. Certo, per ammettere i propri sentimenti per Aziraphale era stato necessario tribolare in quel modo ma, dato il risultato finale, non poteva nemmeno lamentarsi più di tanto.
 
Tuttavia, non volendo dare l’impressione di aver perso la sua aria da duro, Crowley si affrettò a controbattere.
 
«Che te ne fai di un bagaglio? Ti basta schioccare le dita per far apparire tutto quello che vuoi!»
 
Aziraphale sorrise con aria colpevole.
 
«Non potevo proprio separarmi da loro, li devo per forza portare con me!»
 
Crowley non capì ma fece spallucce.
 
«Se lo dici tu.»
 
Fece per prendere il bagaglio e posarlo sul sedile posteriore dell’auto, ma la pesantezza della valigia lo colse di sorpresa.
 
«Di cosa l’hai riempita questa valigia? È un macigno!»
 
Aziraphale ridacchiò, sedendosi al posto del passeggero e lasciando Crowley alle prese con il bagaglio.
 
«Sono i miei libri più rari! Non me la sentivo di lasciarli qui, pensa se entrasse qualche ladro e li rubasse! O se dovesse allagarsi la libreria! O...»
 
«Va bene, va bene! Ho capito. I libri vengono con noi.»
 
Crowley si mise finalmente al posto di guida e partì in quarta. Era da più di un anno che aspettava di godersi quella gita sulla Luna, non voleva attendere più. Se l’erano promesso! Ed are arrivato il momento di rispettare l’impegno.
 
Crowley aveva deciso che avrebbero raggiunto la Luna con la Bentley. L’idea gli era venuta guardando un film su un certo maghetto che raggiungeva la sua scuola di magia a bordo di una macchina volante. Alla fine, non ci voleva nulla a far volare una macchina nello spazio! E poi il viaggio era abbastanza breve, non ci sarebbero stati problemi.

Aziraphale accanto a lui canticchiava sottovoce. Poi, all’improvviso si interruppe. Doveva comunicare al suo demone qualcosa che senza dubbio gli interessava sapere.


«Crowley? Hai sentito le ultime notizie?»
 
Il demone si voltò verso Aziraphale, che lo guardava con un sorriso allegro.
 
«A che ti riferisci angelo?»
 
Aziraphale ridacchiò.
 
«Pare che Gabriele e Belzebù siano stati tolti dalle loro mansioni d’ufficio e li abbiano mandati qui sulla Terra. Non ti saprei dire bene come o perché ma… devono averli retrocessi!» 

Crowley esibì un ghigno. Non si poteva dire dispiaciuto per loro, anzi, era particolarmente soddisfatto della punizione. Ai piani alti dovevano essersi accorti che l’arcangelo e il principe infernale si erano spinti troppo oltre, questa volta.
 
«E tu come fai a sapere tutte queste cose?»
 
Domandò Crowley, guardando l’angelo con la coda dell’occhio. Aziraphale si limitò a fare spallucce, non volendo ammettere ad alta voce di essere un po’ un pettegolo.
 
«Speriamo solo non combinino guai! Chissà in che zona della Terra sono.»
 
«Spero il più lontano possibile da noi... ah! Mi sono appena ricordato di una cosa!»
 
Crowley piantò una frenata, evitando per miracolo di investire due bambini che correvano sulle strisce pedonali, strappando ad Aziraphale un gridolino di protesta.
 
«Non ho innaffiato le piante!»
 
Con un’azzardatissima inversione ad U, Crowley partì nuovamente alla volta del suo appartamento.
 
«Torno subito angelo!»
 
In men che non si dica, il demone era salito fino a casa e stava velocemente occupandosi delle piante. Sarebbe mancato qualche giorno, non poteva rischiare di lasciarle assetate prima di partire.
 
Crowley si passò una mano tra i capelli, ora di nuovo corti, tirando un sospiro di sollievo. Adesso che le piante erano a posto, poteva tornare finalmente dal suo angelo.
 
Fece per andarsene, ma un libro in particolare appoggiato in un angolino del tavolo del salotto attirò la sua attenzione.
 
Lo afferrò e scosse il capo. Ricordava di quel libro, gli era capitato sotto gli occhi poco più che un anno prima. Possibile che in tutto quel tempo non lo avesse mai rimesso a posto?
Probabilmente i pensieri che aveva avuto in quei mesi erano troppi e troppo importanti, per badare ad un semplice libro fuori posto.
 
Che strana coincidenza ritrovarlo proprio quando stava per partire.
Lo sfogliò brevemente, giusto il tempo di leggere qualche riga, e lo richiuse subito. La molesta sensazione di fastidio quando lo leggeva non era per nulla cambiata dall’ultima volta.
 
«Al diavolo!»
 
Dato che aveva cose molto più importanti a cui pensare e non voleva fare attendere oltre Aziraphale, lasciò cadere il libro sul tavolino del soggiorno, esattamente dove lo aveva trovato, non curandosi nemmeno di richiuderlo.
 
Infilò le chiavi nella toppa della serratura e uscì.
Qualche secondo dopo, la Bentley sgommò via, sollevando una folata di vento e polvere.
 
Crowley, che non voleva che godersi la sua agognata vacanza con Aziraphale, si era già dimenticato delle frasi che distrattamente aveva letto nel libro.
 
Non era poi così importante.
E il suo non era altro che un déjà-vu.


«Ci sarà da divertirsi angelo

«Non vedo l’ora, caro



 
“Quello che è inattingibile qui diviene evidenza.
Quello che è indicibile qui si è adempiuto.”[2]



[1]
: Citazione all’Orlando Furioso, quando Astolfo usa un ippogrifo per raggiungere il paradiso terrestre e poi, con un carro, la luna. Datemela per buona, non ho saputo resistere.
[2]: Citazione di Goethe, presa dal Faust.


Note finali
Questa storia è iniziata citando Goethe, finirà citando Goethe.
Eccoci quindi arrivati alla fine, certo non senza intoppi, considerando i miei aggiornamenti non molto costanti, per usare un eufemismo.
Mi viene quasi da ridere se penso che ho inziato questa storia nel 2019, l'ho ambientata nell'estate 2020 e l'ho finita a dicembre del medesimo anno. Sono un fulmine, eh?
Ad ogni modo, probabilmente tornerò a scrivere in questo fandom. Guardando tra le mie bozze, ho trovato una mezza idea per una piccola shot AU, credo proprio che cercherò di sviluppare bene l'idea perché scrivere di Crowley e Aziraphale è fin troppo divertente. 
Ma, adesso, passiamo alle cose importanti. 
Ringrazio di cuore tutte le persone che hanno lasciato una recensione a questa storia, non avete idea di quanto i vostri commenti mi abbiano incoraggiata. Ringrazio tutti coloro che hanno inserito questa storia tra le seguite/preferite/ricordate, è sempre bello vedere che qualcuno mette quello che scrvi in una di queste categorie. Ringrazio anche gli eventuali lettori silenziosi, spero che la storia vi sia piaciuta! In poche parole, grazie a tutti <3 
Spero di rivedervi presto, magari con una prossima storia!  
Ci vediamo alla prossima, 

Rhurab 

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