M.A.R.A.U.D.E.R.S.

di Giglian
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giuro solennemente di non avere buone intenzioni. ***
Capitolo 2: *** Snakes and Griffins. ***
Capitolo 3: *** A glass of red wine. ***
Capitolo 4: *** Morsi. ***
Capitolo 5: *** Unexpected moment. ***
Capitolo 6: *** Who I am. ***
Capitolo 7: *** La partita di Quidditch. ***
Capitolo 8: *** Figli del nemico. ***
Capitolo 9: *** Hellebore's Petals ***
Capitolo 10: *** Disappearance. ***
Capitolo 11: *** La paura debole. ***
Capitolo 12: *** Somnus. ***
Capitolo 13: *** Baci. ***
Capitolo 14: *** I'm on the Highway to Hell. ***
Capitolo 15: *** Halloween! ***
Capitolo 16: *** Necronomicon. ***
Capitolo 17: *** Discorde. ***
Capitolo 18: *** Fate is blood. ***
Capitolo 19: *** Prince is not always dressed in blue. ***
Capitolo 20: *** Il Ballo delle Debuttanti. ***
Capitolo 21: *** Tra il bene e il male. ***
Capitolo 22: *** Leave a light on. ***
Capitolo 23: *** Leonidi e Brucafelci! ***
Capitolo 24: *** Le chat Noir! ***
Capitolo 25: *** We are meant to be together. ***
Capitolo 26: *** The devil always comes back. ***
Capitolo 27: *** La radura delle fate. ***
Capitolo 28: *** Il destino che cade dal cielo. ***
Capitolo 29: *** Preparativi di Natale. ***
Capitolo 30: *** Perchè la amo. ***
Capitolo 31: *** What a dangerous night to fall in love. ***
Capitolo 32: *** I'm your pet boy. ***
Capitolo 33: *** My crazy stupid heart. ***
Capitolo 34: *** Arrivo ad Abbotts Grange. ***
Capitolo 35: *** Una balbettante bambocciona banda di babbani. ***
Capitolo 36: *** Il processo. ***
Capitolo 37: *** La regola del topo. ***
Capitolo 38: *** Just a Quiet morning. ***
Capitolo 39: *** Who killed Santa Claus? Part I. ***
Capitolo 40: *** Who killed Santa Claus? Part II. ***
Capitolo 41: *** Who killed Santa Claus? Part III. ***
Capitolo 42: *** Il modo migliore per farla incazzare. ***
Capitolo 43: *** What a waste of a lovely night. Part I ***
Capitolo 44: *** What a waste of a lovely night. Part II ***
Capitolo 45: *** What a waste of a lovely night. Part III ***
Capitolo 46: *** Una verifica a sopresa! ***
Capitolo 47: *** Invasion! ***
Capitolo 48: *** Under my skin. ***
Capitolo 49: *** Nelle notti di luna piena. ***
Capitolo 50: *** L'inizio di una nuova vita! ***
Capitolo 51: *** Rita Skeeter, inviato speciale! ***
Capitolo 52: *** BON BON TON! ***
Capitolo 53: *** And so it went. ***
Capitolo 54: *** Il principe di vetro. ***
Capitolo 55: *** Occlumancy. ***
Capitolo 56: *** Saint Valentine's Decode ***
Capitolo 57: *** Saint Valentine Decode part II. ***
Capitolo 58: *** Malicious. ***
Capitolo 59: *** Malicious II. ***
Capitolo 60: *** Malicious III. ***
Capitolo 61: *** La strigora ***
Capitolo 62: *** Villa Malfoy ***
Capitolo 63: *** Scacchi e Pedine ***
Capitolo 64: *** About Time ***



Capitolo 1
*** Giuro solennemente di non avere buone intenzioni. ***




Questa è una Fanfiction che scrissi tanto tempo fa,praticamente quando ancora era una ragazzina.
Sono molto legata ad essa. Ho deciso di pubblicare nuovamente, legata alla dolcezza del suo ricordo, e di modificare, tagliare, ripredisporre i capitoli con lo sguardo di una donna più adulta e matura.
Ciò nonostante, tengo molto al cuore di questa trama e tengo anche a preservare quella che a tutti gli effetti era la mia adolescenza, per cui, cercherò di non stravolgere l'anima di questa avventura.
Ripenso a quando la scrivevo nella mia gioventù, le dita fredde, la scomodità della scrivania. A quante vicissitudini spiacevoli, a quante emozioni, a come tutto questo mi allontanava dal mondo. Spero di trasmettere la stessa incredibile sensazione a chi vorrà, nuovamente, rileggere Le Avventure dei Malandrini.
Ora scrivo dal mio divano, nella mia casa, con il mio cane e quello che probabilmente diventerà mio marito che cercano di stuzzicarmi.
Questa è una storia d'amore, una storia che parla di amicizia, di lealtà, di coraggio. Sono felice di sapere che, dopo tanti anni, certi sentimenti non siano cambiati dentro di me.
Mi scuso per eventuali errori che cercherò di correggere, non sono più molto esperta nel pubblicare fanfiction.
Non vado oltre con i miei sentimentalismi e vi lascio alla lettura.
Signori, è un piacere tornare tra voi.
Sarah.








 
Se c'era qualcosa che chiunque poteva annunciare con la più assoluta certezza, era questo: i maghi sognano di più. 
Nessuno era mai riuscito con precisione a capire come fosse possibile quella sottile differenza, ma le persone che riuscivano a manipolare le arti magiche avevano quella piccola e incredibilmente scontata sfera del cervello, quella zona viscida, nevrotica e grigiastra che è collegata al mondo dei sogni, decisamente più pronunciata dei loro colleghi babbani. 
Qualche millimetro. 
Solo qualche millimetro in più bastava a sugellare una tra le tante diversità che da parecchio tempo a quella parte stavano dividendo il mondo, rosicchiandolo lentamente.
Durante i sonni di alcuni maghi, accadevano davvero le cose più disparate: le finestre tremavano, gli oggetti galleggiavano, qualcosa scoppiettava, le lenzuola cambiavano improvvisamente colore… e quello che sarebbe diventato a tutti gli effetti un capitolo decisivo per la storia dei maghi iniziò proprio con uno di essi.
Un sogno…ed un frullar d’ali.
La notte che Lily Evans stava vivendo era particolarmente pulita: non c’era la luna ma c'erano solo le stelle, senza limiti, calde, soffici, che trapuntavano ogni cosa.
E c'era qualcosa che volava.
Pigramente, lentamente…scivolando lungo la sua immaginazione.
Ciò che la stava trasportando da qualche minuto a quella parte a sfiorare il cielo era una immensa civetta bianca, sul cui dorso si aggrappavano morbidamente le sue gambe sottili.
Sotto le sue gigantesche ali tutto sembrava come una mappa dispiegata ma ciò che era davvero incredibile non era la terra ormai lontana e neanche la dimensione dell'animale.
Erano le vertigini. Finalmente, dopo quella che poteva definire tutta la sua vita, Lily Evans non aveva le vertigini. 
E lassù, a cavallo del vento, ogni paura, ogni pensiero opprimente, ogni sensazione di vuoto, scompariva.
Semplicemente...non c'era più.
Si stava crogiolando in quella che era la sensazione più incredibile della sua vita quando, proprio nel momento in cui le sembrava di raggiungere il punto più alto e le sue lenzuola si stavano dipingendo di un tenue blu scuro, accadde.
Quel punto non lo raggiunse mai. Perché era arrivato il destino.
“Fa’ piano, accidenti!”
Voci.
In quel silenzio languido vi era un rumore di sottofondo, sempre più insistente. 
Qualcosa ticchettava. 
Qualcuno parlava.
“Ma sentite come russano queste qui. E dire che alcune di loro fanno tanto le sostenute. Cazzo, ma la femminilità dove l’hanno lasciata?!"
E con questa perla il sogno si sgretolò.
La civetta sembrò dissolversi così come era arrivata e quello che fino a quel momento era un sogno piacevole si tramutò ben presto in un incubo terrificante.
Le stelle e i prati furono avvolti dal buio, come se qualcuno avesse azionato un interruttore.
Il vento le graffiava il viso con rabbia e lei stava…
...Stava precipitando...
Le vertigini tornarono, potenti, viscerali. Il suo cuore rischiava di staccarsi dal petto e l’aria non riusciva più a riempirle i polmoni. 
Il terreno si faceva sempre più vicino. Sempre più vicino. 
Sempre più...
Un urlo riempì la Camera di Grifondoro mentre Lily Evans apriva gli occhi di botto, senza battere le ciglia. Balzò a sedere nel suo letto…ritrovandosi faccia a faccia con il più brutto lupo mannaro che avesse mai visto.
“AAAAAAAH!!!”
Sopra la sponda del letto c'erano due fauci aperte e ricoperte di bava puzzolente pronte a falciarle la gola e fu solo con tutto il briciolo di autocontrollo rimasto che riuscì a non tirare una poderosa testata all'asta dorata che reggeva le tende a baldacchino.
Ancora in preda ai residui di un sonno strappato via, nel panico più totale, cercò a tentoni il profilo duro della bacchetta sotto il cuscino, mentre con l'altra mano sollevava la coperta fin sopra la punta del naso.
Per un confuso istante non capì esattamente dove si trovava, dov'era finita la civetta, cosa ci faceva un mostro davanti a lei.
Poi, non appena la patina dei sogni scivolò via dagli occhi, rilasciò tutta l'aria che aveva trattenuto nei polmoni.
Attaccati alle orecchie, c'erano due fili di seta. 
Quella era una testa finta. Un fantoccio.
“Ben svegliata, Evans.”
 
La sua voce.
 
Si girò di scatto facendo danzare i suoi capelli lunghissimi, mentre qualcuno rideva nell’angolo della stanza.
E si trovò faccia a faccia con quella che probabilmente era la persona più boriosa, più arrogante, più idiota, più testa di cazzo che esisteva sul pianeta terra. 
“POTTER!!!”
Eh sì. A volte il Destino si fa beffa dei maghi. E con Lily Evans, organizzava la beffa più grande di tutte.
La Grifoncina balzò all’indietro appena in tempo, visto che il viso di quello stronzo era così vicino che le punte dei loro nasi si erano quasi sfiorate. Ma lui non si era mosso.
Il mago che si ritrovò davanti al letto scoppiò in una risata leggera.
Alto e snello, con una capigliatura volutamente scompigliata, ghignava come una iena ed il suo sguardo scintillava.
Uno sguardo dorato. Uno sguardo che era leggenda.
Aveva gli occhi d’oro, James Potter. Era difficile da descrivere a parole, in verità. Era un oro così vivido da sembrare quello delle monete liquide. Il tipo di gioiello che un drago proteggerebbe ferocemente.
Eppure, nonostante fosse incredibilmente luccicante, su di lui non sembrava finto. Nessuno avrebbe mai potuto dire che indossasse delle lenti a contatto o che si fosse fatto un qualche tipo di incantesimo estetico.
Ma d’altronde nessuno avrebbe messo in dubbio alcunché: quello era il marchio dei Potter.
Una delle famiglie più potenti della Gran Bretagna. E tutti gli uomini di quella famiglia, da quel che si sapeva, avevano quel colore assurdo piantato tra le ciglia.
La rossina Grifondoro non nascose la smorfia disgustata che le era appena spuntata sul volto. 
Detestava quel colore. Detestava ogni cosa che appartenesse a lui.
Se la stava godendo un mondo, oh, questo era certo.
Il leader dei Marauders aveva quel suo dannato sorriso da gatto che partiva da un orecchio all’altro e la mano che scattava a frizionarsi i capelli, rendendoli ancora più adorabilmente disordinati.
C’era qualcosa di magnetico nel suo viso, nel suo modo di fare, che attirava flotte di ragazze ai suoi piedi. Forse l’incoscienza. Il modo in cui tuffava quei suoi occhi così strani in quelli altrui con l’arroganza di uno che sa di essere di una bellezza stratosferica, magari.
O di essere ricco sfondato. O di avere lo stesso sangue dei due più famosi Auror Leggendari nel mondo magico, il ché rendeva lui un mago incredibilmente potente.
Una delle tre.
Eppure, non c’era traccia di… epicità, leggenda o rigore in lui. Anzi, era tutto il contrario!
Ogni cosa di James Potter trasudava un grido: niente regole. 
A partire dalla cravatta mezza sciolta sulla camicia stropicciata e arrotolata sugli avambracci fino ad arrivare alla bacchetta scheggiata con cui sapeva rendere la vita altrui infernale.
Potter era da sempre stato la dannazione di Hogwarts ed in sette anni si era aggiudicato a pieno titolo la fama di pericolo pubblico, oltre che esserne diventato il padrone indiscusso.
Era bello. Bello come tutto ciò che è libero. Libero e indomabile.
La sua popolarità, l’assenza totale di paura, combinata con quegli assurdi e bollenti occhi d'oro, i denti bianchi e la pelle abbronzata dal Quidditch, aveva fatto girare la testa alla fazione femminile di diverse Casate e c'era una vecchia lezioncina che ogni ragazzino, superati i dodici anni di età, impara: tutte le ragazze amano chi fa il bastardo. Quindi… James faceva il bastardo.
Ma ce n’era una, in quella scuola, che sembrava confermare che ad ogni regola vi è sempre un’eccezione e che adesso lo fissava come avrebbe fissato uno scarafaggio repellente.
Ed era lei.
Ossì.
Lily Evans non si sarebbe mai piegata. Mai.
“Non dovresti urlare così.” Le fece notare, massaggiandosi un orecchio. “Te l’ho sempre detto, tesoro.”
Balzò indietro, evitando per un pelo il cartone che gli stava arrivando sui denti.
Ma ce l’aveva un dannato difetto, quel demonio?! Dannato lui e i suoi riflessi da Super Giocatore di Quidditch! Oltre ad essere un ottimo mago, era anche un Cercatore mostruosamente bravo, con una carriera praticamente certa in qualsiasi squadra avesse scelto dopo gli studi!
I-n-s-o-p-p-o-r-t-a-b-i-l-e!
La Grifoncina si massaggiò le tempie, assottigliando gli occhi in modo pericoloso. Dio, era un incubo! Già il primo giorno!
"Tu, tu…"
"Riattacca la cornetta, rossa. Sembri un telefono occupato."
Lui le sorrise ancora con fare quasi amichevole, mentre la ragazza con la quale litigava ogni santissimo giorno da sette anni a quella parte lo fissava con una vena pericolosamente gonfia sul collo.
Era probabilmente uno dei pochi a potersi permettere di dare fastidio a una Prefetto. Una che tra l’altro, non cercava altro che un modo per farlo espellere!
Ma James non aveva paura…lui non sembrava avere mai paura di niente, e a ben vedere, visto che aveva le spalle più che coperte!
Ad Hogwarts, la Scuola di Magia e Stregoneria della Gran Bretagna, esisteva un regolamento severo ma probabilmente la prima e probabilmente la più importante regola al suo interno era : Mai intralciare il cammino di James Potter e della sua banda.
In sette anni, il capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro poteva bellamente affermare senza mentire che quella scuola era praticamente sua, che lui ne era il re e che chiunque avesse provato a mettergli i bastoni tra le ruote, Prefetto che fosse, non avrebbe fatto una fine piacevole.
Ma Lily Evans, diciassette anni, non era solo una Prefetto e una studentessa modello. Non era soltanto una ragazza fissata con le regole, lo studio o anche semplicemente la banale decenza… lei era una Grifondoro.
E James Potter aveva imparato a sue spese a non dimenticare quel fondamentale dettaglio. Tutto ciò che apparteneva a quella dannata ragazza sembrava essere fatto per essere la nemesi di tutto ciò che apparteneva a lui… e tutto ciò che era lei contrastava con la stessa energia tutto ciò che era lui, quasi che fossero gli estremi di due poli opposti costretti a stare troppo vicini!
Sempre, ovunque, Lily Evans e James Potter sembravano provare un perverso piacere nel mettersi i bastoni tra le ruote.
Era un curioso caso del destino che fossero capitati nella stessa Scuola, nello stesso anno e nella stessa dannata Casata, quasi che fosse un gioco di equilibrio universale!
"Che cosa diavolo ci fai, qui, tu, razza di...?"
“Te l'avevo detto che l'avresti pagata, Evans, per quei punti che ci hai tolto sul treno. Un bel modo per iniziare l'anno, hn?” 
“Sei stato tu!” sibilò quella, con occhi dardeggianti. “Una testa di mannaro? Davvero? E ci hai pensato tutto da solo a questo scherzo da dodicenni?”
Ma figurarsi.
Manco a dirlo, qualcuno le rispose alla sua sinistra.
“L’abbiamo aiutato noi.”
Non c’era nemmeno bisogno di guardare, perché sapeva che erano lì anche loro.
Assurdo come quei quattro sembrassero legati da un filo invisibile, da una sinistra fratellanza rimasta intaccata nel tempo nonostante fossero praticamente l’uno l’antitesi dell’altro.
C’erano altri tre ragazzi in quella stanza.
Il primo, quello che aveva parlato, le rivolse un saluto con la mano.
Discepolo di una delle più potenti e pericolose caste di purosangue, anche Sirius Black possedeva una bellezza a dir poco esagerata ma a differenza di James, nonostante i suoi sforzi per darsi anche lui un tono ribelle, l’eleganza gli trasudava praticamente da tutte le parti.
Era il più alto, ed il più ben messo per quello che riguardava i muscoli, cosa che, unita al senso di pericolosità che emanava ogni centimetro della sua faccia, lo rendeva assolutamente spaventoso. Ma anche incredibilmente affascinante. Il fascino dei predatori.
I folti e lucenti capelli neri gli ricadevano sulle spalle e sugli occhi in ciocche distratte conferendo allo sguardo un’aria sfuggente, impreziosita da due iridi nere senza sfumature, da lunghe ciglia e da sopracciglia oblique che arricciava nel tipico modo dei Black, il modo in cui un gigante guarderebbe delle formiche.
Snob. Stronzo fino al midollo. Quasi feroce.
Il secondo invece era praticamente il suo opposto: basso e paffuto, era un esserino tremolante dai capelli color topo e piccoli occhietti acquosi, un tipetto nervoso e timido. Quando Lily lo guardò si fece piccolo piccolo, stiracchiando un sorriso meno sicuro di sé.
A Peter Minus non piaceva destare attenzione. Ma a Peter Minus piaceva James, oh, se gli piaceva.
James era il suo dio e ogni cosa che faceva sembrava farlo emozionare ed elettrizzarlo come un bambino quando arriva Natale.
Diede una leggera pacca al terzo ragazzo, che a differenza degli altri aveva stampata in faccia un’aria decisamente seccata.
Occhi azzurri e malinconici, lineamenti efebici e morbidi capelli biondo cenere, Remus Lupin possedeva da sempre il comportamento composto e distaccato di un freddo principino davanti alla sua corte.
Non fissava gli altri con aria di superiorità ma al contempo…sembrava sempre lontano.
Ma essere nemici di Lupin era impossibile. Aveva una bellezza gentile, cortese, educata, ed era sempre di una calma senza pari. Tutto ciò che non poteva essere più lontano dal Malandrino modello eppure, per chissà quale strano gioco del caso, eccolo là.
Erano tutti lì, davanti al suo letto. La squadra al completo!
C’era chi avrebbe pagato lì dentro per un simile onore, c’era da ammetterlo!
“Potter, questa me la paghi!” la Prefetto ruggì, scagliando un cuscino proprio sulla faccia del Grifondoro. “E stai lontano da me!”
“HEY!” esclamò il ragazzo barcollando, mentre le risate simili a latrati di Sirius aumentavano di volume.
James gli gettò una occhiata omicida ma lui continuò a fregarsene bellamente a sghignazzarsela da bravo bastardo.
Ma tu guarda quella piccola insolente…
Stava per replicare ma ad un tratto, il cervello del signor Potter andò in black out. La stava sovrastando ma lei non era il tipo da farsi parlare in testa.
E quando Lily Evans si alzò in piedi costringendolo a retrocedere, fasciata nella sua camicia da notte estiva, il Malandrino si sentì mozzare il fiato. Come sempre. 
E tutto parve spegnersi…
Perché Potter, il re di Hogwarts, aveva una colossale debolezza, e questa debolezza diventava ogni giorno più evidente a tutti: il suo tallone d'achille era lei e non sembrava esserci soluzione.
La detestava. Ma la voleva. Dio, se la voleva. E non riusciva mai a raggiungerla.
Il Boccino d’oro più sfuggente di tutta la sua vita.
La sua più acerrima nemica...ma anche la sua tentazione più grande…
Il mago scosse la testa, sbuffando con irritazione come ogni qualvolta che si fermava a pensarci.
Ok, la maledetta era bella - sconslusionatamente bella - e solo il fatto di averle messo addosso il suo timbro le aveva impedito di venire circondata da altri maghi bavosi ad ogni passo che faceva a scuola.
Ce n’erano di più appariscenti, lì dentro? Certo. Suscitavano in lui un briciolo dell’eccitazione, dell’elettricità nel petto che gli faceva provare lei? Merda, no.
Per parecchi anni James Potter si era tormentato in proposito domandandosi perché, perché cazzo desiderasse così tanto portarsi a letto una che al contempo avrebbe sparato nello spazio con un missile di sola andata.
Lily non era sensuale nel porsi e di certo non era dolce – perlomeno non con lui - ma aveva lineamenti regolari, capelli rosso fuoco assurdamente lunghi fino alla vita e un fisichino alto e sottile che era veramente da mordere.
Ma ciò che toglieva segretamente il respiro al maghetto erano i suoi occhi: probabilmente quell’arpia possedeva il paio di occhi verdi più espressivo che James avesse mai visto al mondo.
E in quel momento urlavano guerra.
La sua grifoncina adorata avanzò di un passo, arricciando il naso e schioccando le labbra, pronta a sparargliene di tutti i colori.
“Si può sapere come diavolo hai fatto a eludere la sorveglianza?!”
Le rispose Black, già annoiato dalla situazione visto che lo scherzo del bentornato era stato un fallimento su tutti i fronti. Indicò delle scope fiammanti appoggiati al muro.
“Abbiamo usato quelle, Evans. E per le tue amiche abbiamo usato l'incantesimo di Insonorizzazione così che non si svegliassero durante lo scherzo...ma su di te purtroppo ci siamo dimenticati di applicarlo. O meglio, UNO di noi si è dimenticato.”
E piantò gli occhi stizzosi su Ramoso.
Seh, come no. Dimenticato un paio di palle. L’aveva fatto apposta, lo stronzo. Proprio non ci riusciva a non litigare con lei almeno per un giorno! Era diventata una dannata droga!
“Proprio così, Rossa.” esclamò quello, cercando di evitare lo sguardo di Felpato e riservandole il solito nomignolo che la irritava come non mai. “Dovresti saperlo: questo posto non ha porte chiuse per me. Io ho le ali.”
Ed eccolo lì. Era il modo in cui lei si incazzava con lui a dargli i veri brividi. Quei suoi occhi indignati e colmi di sfida che nessuna avrebbe mai avuto il coraggio di piantargli addosso. Quella sua arietta altezzosa, fastidiosamente perfettina che non faceva altro che fargli venir voglia di prenderla, punirla per la sua insolenza e costringerla a supplicarlo di…
Remus tossicchiò mestamente, interrompendo il flusso delle sue fantasie. Messaggio ricevuto.
Ma era inutile. Adorava quella sua espressione. Adorava di lei tutto quello che avrebbe potuto fargli più male.
“Oh beh, grazie tante Potter, davvero maturo! Uno scherzo proprio da diciassettenni! Tu! Tu sei l'essere più odioso, più stupido, più...”
“Hey!” protestò ad un tratto il Grifondoro. “Vorrei ricordarti che sei stata tu a cominciare.”
“IO?!”
“Esatto, rossa. Ci hai tolto dei punti, questa mattina sul treno, ricordi? Cristo santo Evans, non era neanche il primo giorno e già mi pianti delle grane.”
Ed eccoli arrivati all’altro punto dolente. Perché Lily aveva difeso una persona in particolare. Il pomo della discordia, se così si poteva dire…
"Io sono una Prefetto del settimo anno. Forse pensi che mi piaccia togliere punti alla mia Casata inimicandomela ogni maledettissimo giorno, ma oh, evidentemente non è così divertente come allagare uno scomparto del treno." Mormorò la ragazza con voce dura.
“Ma era uno scherzo da fare a Mocciosus!” 
Lily serrò le mandibole a quel nome, irrigidendosi in modo quasi doloroso.
Ora veramente lo ammazzava.
Eh sì. Lo difendeva ancora. Anzi, James la costringeva a difenderlo ancora. Quando avrebbe solo voluto dimenticare.
Ma come sempre, finse che non facesse assurdamente male sentire il nome di Severus calarle addosso.
"Era una cosa stupida, pericolosa ed irresponsabile, e tanto per la cronaca a Piton non farebbe male avere un po' di tregua dalle tue idiozie."
Bam! Pensò Sirius, iniziando a trovare interessante la situazione e cambiando leggermente posizione, sporgendosi in avanti.
Eccoli lì, vicini all’esplosione.
“Evans...è di Piton che stiamo parlando!” esclamò il suo migliore amico, facendo un passo avanti senza accorgersene. “Serpeverde, futuro criminale…ti ricordi come ti ha trattata, vero? Stai veramente difendendo ANCORA quel verme?”
“Per quanto tu possa ritenerlo impossibile, anche Piton è un essere umano.” Sottolineò quella, acidamente. “Ed è mio dovere impedire disordini. Sono PREFETTO. L’hai afferrato o devo stamparmelo in faccia?!”
“Ripulire la scuola da certe piaghe non è mica metterla in disordine, cocca.”
“Quanto sei bambino.” frecciò la ragazza. “Quando imparerai a crescere?”
L'aveva pizzicato. Sirius Black si lasciò sfuggire un singhiozzo sommesso e sorrise di sbieco. Faceva il duro ma l’aveva pizzicato. Quando Lily Evans difendeva Piton, il suo amato Ramoso diventava uno svalvolato.
“Quando ti toglieranno la scopa dal didietro, Evans. Potresti provare, lo troveresti piacevole, sai?” lo sentì ribattere sardonico, ma Black notò il suo pugno serrarsi contro i jeans. E lo percepì.
Percepì un’ondata di odio.
Passò da James a lui come se fosse collegata ad un filo invisibile sospeso fra loro.
"Sempre meglio che essere un povero idiota in cerca di attenzioni!"
“Evans, il problema fondamentale è che il tuo essere stata nominata Prefetto ti ha dato alla testa. Come se potessi davvero fare qualcosa, capisci.”
“Quel qualcosa si chiamano castigo, punti in meno alla tua cara Grifondoro ed ennesima macchia sul curriculum scolastico, e sono cose che nemmeno le tue tasche piene di soldi possono riuscire a comprare! Hai voglia di iniziare l’anno di nuovo in questo modo? Perché non chiedo di meglio!”
James si chinò su di lei, sfiorandole quasi il naso.
Ora la bacia, pensò per un secondo Black. Ora la bacia e quella ci fa espellere per davvero.
Sentiva i sentimenti di James mutare. Era ora eccitato, euforico, nervoso.
Loro sentivano. Sempre.
E il contatto non si sarebbe mai spezzato.
“Perché non ci provi?"
Oh, quanto amava sfidarla. L'aveva sfidata praticamente in ogni cosa in quegli ultimi tempi. Era il suo hobby preferito…e c’era da dire che nemmeno quella pazza si tirava mai indietro.
Lily infatti sostenne lo sguardo, fiera come una leonessa.
“Poverino, ti compatisco Potter. Hai qualche difficoltà a collegare il cervello con il fisico.”
Il sorriso di lui si fece più ampio e malizioso.
“Dì un po', Evans...” cinguettò allegro, puntandole un dito sulla fronte. “...com'è che quando tiri in ballo il mio fisico, mi accorgo di una nota di desiderio nella tua voce?”
Si poterono sentire i denti della ragazza stridere tra di loro.
“Oh, te lo sogni Potter.” Ringhiò lei, sorridendo istericamente. “Non provo il minimo interesse per un idiota come te.”
“Ma davvero? Guarda caso non ci credo. Io ti piaccio, Evans. Ammettilo!”
“Ma…ma nemmeno per sogno!”
Fu repentino il cambiamento nell’espressione del maghetto. Un secondo prima ridacchiava come un idiota, e il secondo dopo il sorriso...divenne un enigma.
Si chinò su di lei all’improvviso, così veloce che Lily cadde di nuovo sul letto. La mano di lui si agganciò al materasso, vicina al suo fianco. Sentì il calore del suo braccio – così vicino -trapassale il tessuto della camicia da notte.
La camicia gli si aprì di più con un fruscio sulle clavicole e un odore invase le narici della Grifoncina prima che potesse impedirlo.
Era… buono. Ma anche strano. Indefinibile.
Non… era un normale profumo. Era… l’odore che si può sentire in un bosco molto profondo. O in cima ad una scopa da Quidditch, quando si è vicini alle nuvole.
Ne rimase per qualche istante imbambolata e fu troppo tardi quando si accorse che quell’aroma proveniva da James, dal suo collo, dai suoi dannati capelli. Sentì improvvisamente le guance pulsare d’imbarazzo… e seppe, con assoluta, dolorosa precisione, che la pelle degli zigomi le si stava arrossando.
E lo notò anche Potter. L’oro delle iridi di James si fece più sottile quando il nero della pupilla si dilatò all’inverosimile.
Ogni centimetro del corpo di Lily parve paralizzarsi quando, lentamente, un angolo di quella dannata bocca si arcuò all’insù in quel modo così sfacciatamente seduttivo che sapeva fare solo lui.
Certi particolari non sfuggono. Eppure, in un qualche modo, le sembrò di vedere la sua mandibola serrarsi appena, come se si stesse sforzando.
"Bersaglio colpito." le sussurrò, sardonico. La presenza della sua mano, del suo pollice così vicino alla sua coscia, divenne presente in un angolo sua testa in modo quasi fisico. Era ad un passo dallo sfiorarle la pelle della gamba.
Lei tentò di mantenere la mente fredda, non lasciarsi provocare, ma il suo aplomb parve vacillare pericolosamente mentre lui cominciò a lambire ogni parte del suo viso, quel suo dannato viso rosso e traditore, con il calore dei suoi occhi.
“Te lo sogni.” lo sfidò a voce bassa, fingendo un controllo apparente. I suoi occhi verdi divennero lucidi specchi di ghiaccio, ma lui non si schiodò dalla sua posizione. Era chinato su di lei come un felino pronto a divorare la sua preda e farla a pezzi, con il ginocchio appoggiato al materasso per sentirsi stabile, sfiorante il suo, lasciato nudo dalla caduta.
“Ammettilo. Vuoi infilarti nel mio letto esattamente come le ragazze che tanto disprezzi con la tua puzza sotto il naso.”
“La puzza sotto al naso ce l'hanno loro, ed è il tanfo della tua boria.”
"Belle parole. Ma lo noto, sai?" Sorrise di nuovo. Infido. Ammaliatore. "Lo noto, mentre sono circondato dai miei amici. Quando ti fisso nel tuo bel angoletto, sola con la tua supponenza, il tuo delicato musetto si colora di rosso. Proprio come… " finse di accorgersene solo in quel momento. “…ora.”
Lei fece per scattare all’indietro, trovare lontananza da quella vicinanza tossica, ma lui la seguì a ruota con un colpo del busto. Si ritrovò allora quasi sdraiata sul letto, un solo gomito a sostenere la schiena. E lui a incombere sopra di lei, ad un passo dal caderle addosso eppure ben saldo sui palmi.
Qualcuno, da qualche parte della stanza, sibilò un avvertimento che sapeva tanto di velata minaccia.
“James.”
Non riuscì a vedere Remus in faccia ma riconobbe la sua voce, e quel tono di finta e altera calma che nascondeva ben altro. Lupin era decisamente protettivo con lei.
Ma non era necessario che lui si arrabbiasse. Bastava la sua, di rabbia.
“Cosa. Cavolo. Pensi. Di. Fare.” scandì a denti stretti, mentre il ragazzo la sovrastava. La sua mano allora scivolò di lato fino a che le sue dita toccarono il legno liscio della sua bacchetta.
“E chi lo sa, Rossa?” cinguettò lui, di nuovo allegro. “Magari voglio baciarti!”
I centimetri che li separavano improvvisamente diventarono un falò pronto a prendere fuoco alla prima scintilla e lei una fiamma viva e pulsante. La punta della bacchetta scintillò in modo decisamente poco sicuro.
Ma James adorava tutto ciò che era pericoloso… e si concesse di rimanere così un secondo in più.
Le indicò le guance sempre più paonazze con un dito e Lily si morse le labbra, istintivamente.
Allora Potter inarcò un sopracciglio ed estese il ghigno, gettandole uno sguardo eloquente con lo stesso fare di uno che getterebbe un guanto in faccia al nemico. La sua voce si abbassò di nuovo e i suoi occhi diventarono crudeli.
“… O magari voglio solo dimostrarti che non sei diversa dalle altre.”
Ma. Che. Stronzo.
Gli piantò una mano sul petto e riuscì a spingerlo all’indietro con la sola forza della sua incazzatura – o forse era lui che si era tirato via? Quella posizione scomoda doveva averlo in qualche modo stancato perché per alcuni istanti le era parso quasi… affaticato – e fece l’ultima cosa che ci si aspettava da lei in quel momento.
Buttò la testa all’indietro e rise di gusto, disgustata.
Dio, la sua presunzione non avrebbe mai avuto fine!
"L'unico motivo per cui mi vedi arrossire, idiota, è per il fastidio che la tua presenza provoca alla mia vista!” sbottò, piantando un piede dopo l’altro fino a costringerlo ad arretrare di qualche passo. “E sei veramente fuori di testa se pensi che io sia come quelle galline senza cervello che ti leccano i piedi!”
“Oddio, questi non la smettono più!” bisbigliò improvvisamente Peter da un lato della bocca.
“E VOI!” abbaiò improvvisamente la Evans, puntando l'indice sui tre, che sobbalzarono. “Figuriamoci se non vi ci trascinava dietro anche questa volta! Riuscite a fare qualcosa singolarmente una volta tanto o vi tenete la manina anche alla toilette?!”
“Hey!” protestò Lupin, alzando le mani in segno di resa (mentre Black alzava il medio con molta delicatezza). “Io non c’entro, non volevo nemmeno fartelo questo scherzo. Sai che non volevo.”
Lily tentennò, trattenendosi dal sospirare esasperata. Remus era il secondo Prefetto di Hogwarts, lavoravano sodo assieme…una persona corretta e pulita.
Erano amici, in qualche modo.
Sapeva che si stava veramente incazzando prima per l’atteggiamento di James, e che era ad un passo dall’intervenire non appena lui avesse osato troppo. Lui era buono ma… ma quando stava con Potter…
Era inutile. Proprio non ci riusciva a non farsi corrompere da quel demente…
“Perché non prendete esempio? E’ certamente più vicino di voi a farsi un cervello tutto suo, perlomeno!” esclamò nel contempo che Sirius lanciava al biondino una occhiataccia che quello ricambiò con piacere.
James alzò gli occhi al cielo.
Era vero che avevano trascinato lì Remus con la forza, nonostante lui gridasse di lasciarlo andare, tuttavia…
“Perché se no non ci divertiremmo. Ti basta?” rispose, in tono secco ma la streghetta si ammutolì di colpo. Improvvisamente le era venuto sonno. Dio, se aveva sonno…
“Che c'è Rossa? Hai finito le scorte di veleno?”
L’adrenalina che le era corsa delle vene era finita tutta di botto, lasciandole addosso una stanchezza abissale.
“Sai che ti dico? Siete stati piuttosto stupidi, perché adesso vi beccherete una punizione coi fiocchi. E vediamo di finirla qui.” sospirò solo, massaggiandosi le palpebre.
“Sai, a dire la verità, il piano non prevedeva che ti svegliassi...” disse James pensieroso.
“Hm...già...dovevi trovartelo stamattina il mostro...” disse Sirius.
Entrambi, sveglioni, deglutirono.
“Quindi addio!” esclamarono in coro, dandole le spalle.
Sirius, James e Peter se la stavano già filando, ma anche la Evans aveva un bel paio di riflessi, in occasioni particolari. Oh no, col cavolo che se la fuggivano adesso!
Levicorpus!”
Una forza invisibile le attraversò piacevolmente il braccio e attraversò la sua bacchetta fino a colpire le loro schiene sotto forma di fascio di luce. Li sollevò da terra lasciandoli a penzoloni come salami.
Peter prese a piagnucolare, disperato, Black gli scoccò un’occhiata alla “come hai osato” e Potter tentò ancora di correre.
Remus sospirò, osservando i suoi compagni.
Era rimasto esattamente nella stessa posizione di prima: schiena contro il muro e braccia conserte.
Si era sempre chiesta come facesse un ragazzo così brillante a stare con quei tre deficienti ma ora non aveva importanza, perché, ossì, perché ora erano davvero nelle sue mani.
Sorrise, spietatamente angelica. Adesso si sarebbe divertita.
James Potter le aveva reso una vita d’inferno, a scuola. Ma ora basta. 
“Non fai più tanto lo sbruffone, hm?”
Avvicinò il suo viso a quello capovolto di James.
Gli occhi di lui si strinsero, in un modo che urlava PERICOLO a caratteri cubitali.
"Fammi scendere." ordinò, secco. "Ora."
"No."
"Te ne pentiresti."
"Io non credo."
Il viso assurdamente perfetto del mago si aprì in un ghigno spietato.
"Io credo di sì."
La stava facendo infuriare. Bene.
"Le cose cambieranno, Potter." ringhiò lei, digrignando i denti. "Ci puoi giurare."
"Aspetta, in quale parte dovrei avere paura?"
"Io ti odio."
E il ghigno di lui si spense lentamente. Nei suoi occhi d'oro brillò qualcosa, in un istante…qualcosa di potente. Qualcosa di destabilizzante, terrificante. Qualcosa che le esplose sotto pelle come una scarica elettrica.
E la schiena improvvisamente le si riempì di sudore freddo.
Che cosa…diavolo…?
Lui la guardò come un serpente fissa un topolino prima di mangiarselo e, sotto la potenza di quegli occhi ora seri e penetranti, accadde qualcosa che nessuno si sarebbe mai aspettato dall'agguerrita prefetto Grifondoro: impallidì e chiuse il becco.
Beato silenzio! Pensò Remus. Ma ora c’era una strana tensione…
James non fece nulla, non cambiò espressione per un istante ancora, poi il suo viso tornò normale e le fece la linguaccia.
“Fai la brava bambina, rossa, e forse arriveremo ad un accordo!”
Per tutta risposta lei rilasciò l'aria che aveva trattenuto nei polmoni, ascoltando il cuore che le batteva furiosamente contro le costole tornare piano piano ad un ritmo decente.
Batté le palpebre, confusa.
Cosa...cos'è successo? Quella paura cieca, quegli occhi ...quelli non erano occhi normali.
Aveva avuto paura. Aveva davvero avuto paura di lui…di quella sua occhiata.
C’erano parecchie cose che fanno incazzare una Grifondoro: ma nulla, nulla è equiparabile alla vergogna di sentirsi inermi o spaventate. Nulla è paragonabile a uno smacco sull’orgoglio. Orgoglio…l’orgoglio era tutto ciò che avevano di più prezioso al mondo. Tutto ciò che spingeva i Grifondoro al baratro.
“Niente accordi.” Mormorò, con la voce insolitamente roca e fece una cosa che non aveva mai fatto. Proprio per orgoglio. “Ora la Mcgranitt avrà un bel da fare con voi.”
Ottenne un silenzio allibito.
Sì. Lily Evans voleva fare la spia. Correre alla gonnella dei professori. Una cosa considerata umiliante praticamente da chiunque. Un vero e proprio tabù sociale tra gli studenti, un disonore, un’onta irreparabile!
Ma ne aveva veramente abbastanza. Magari era la volta buona che lo espellevano!
Peter uggiolò infine come un cucciolo.
“COSA?! LA MCGRANITT?! No, Evans non capisci, ci spellerà vivi!”
Suppliche vane. Lei riprese il suo solito piglio.
“Ma guardateli, i grandi Malandrini, sconfitti da una ragazza!” ridacchiò con perfidia degna di una Serpeverde.
Ma era carina anche così, dio! Riflettè James, scandalizzato da quella mossa. Era fortunata…perché era proprio quello a salvarla da sorti ben peggiori…
Nessuno in sette anni aveva mai osato andare a piangere dai prof. Nessuno.
“Lo sapevo che sarebbe andata a finire così, cristo.” sospirò Remus, quasi sconsolato. Si passò una mano sul viso pallido. “Lily, per favore, potresti...”
“Tu puoi filartela, Lupin.”
“I Malandrini non si abbandonano l'un l'altro.” s'intromise Sirius, solenne, per quanto solenne potesse essere un tale a testa in giù.
“Cinque punti in meno a Grifondoro, Black.”
“Evans, la tua perfidia non avrà mai fine...”
“Non mi toccano le tue dolci parole, Potter…altri cinque punti.”
Iniziava a prenderci gusto quando una presenza apparve alle loro spalle trasportando una bora gelida… e un ruggito che scompigliò loro i capelli.
 
“COSA SUCCEDE QUI?!”
 
Se c’era qualcuno in grado di spappolarti un timpano, oltre a Lily Evans, era la cara professoressa di Trasfigurazione.
Sulla trentina, anche se dimostrava qualcosa di più, era una donna dura, scorbutica e severa fino alla psicosi.
La sua voce superò pure l'incantesimo Insonorus, e le ragazze Grifondoro si svegliarono di botto. E così chiamarla non era necessario: quella ormai fiutava le stronzate come un segugio.
I gemiti di Peter aumentarono di volume, e nel mentre ci fu un baccano tremendo di tende spostate, di ciabatte infilate e gridolini.
Non capitava tutte le notti di trovarsi i Malandrini in camera, a penzoloni come dei salami… e con le camicie sollevate fino al mento, per giunta. Le ragazze scoppiarono in una risata un po’ bastarda e partirono fischi degni di uno stadio.
Ah, le Grifondoro. Le amavano.
“Siete sempre i soliti!” se la ghignarono alcune. “Dai Lily, lasciali giù, non vedi che aria depressa? Non ti tocca nemmeno un pochino?”
“Potevi perlomeno denudarli un po’ di più…”
Lily stava per rispondere che l’aria depressa non la toccava proprio per niente, ma fu interrotta dal più odioso dei Malandrini.
“Mica c’è bisogno di un incantesimo per questo, Bell! Quando vuoi!”
Ma lo smagliante sorriso di James svanì quando sentì il ruggito della Mcgranitt alle sue spalle e il suo fiato sul collo.
“Me lo dovevo aspettare..." La sua mano scattò sulle loro nuche quasi contemporaneamente, facendole scoccare come birilli. "SIETE I SOLITI IRRESPONSABILI!” 
Labbra finissime e uno sguardo omicida, li sondò uno ad uno come un avvoltoio che pregusta la carne umana. Erano veramente cavoli amari.
Svegliare la cara Mcgranitt dal suo riposo non era qualcosa da fare. Semplicemente, non si poteva.
E, così come la Evans, quella donna sembrava pronta a tener battaglia per far trascorrere l'ultimo anno in pace.
James, ancora capovolto, il viso un po’ rosso per il flusso del sangue al cervello, deglutì.
“ ‘sera , prof…”
"Nel dormitorio delle ragazze..." ringhiò quella, incazzata come una biscia. "A fare chissà cosa, a dare fastidio...non mi lasciate tregua neanche il primo giorno...giuro su dio che questa me la pagate."
Poi la professoressa, più dolce, si voltò verso Lily.
"Ora puoi metterli giù, cara.”
“Ora puoi metterli giù, cara!” le fece il verso James, sottovoce, mentre cadeva di sedere sul pavimento freddo.
“Spero che ti sia spaccato qualcosa…” gli sussurrò la Prefetto.
“Con un incantesimo dei tuoi? Rossa, tranquilla…magari la prossima volta ti insegno a farne uno come si deve…”
“Facendomi da cavia per i Cruciatus? Quando vuoi…”
Ma lo scambio di carinerie bisbigliate tra i denti finì lì perché la Professoressa si piazzò in mezzo a loro.
“Voi. Subito nel mio ufficio. O-R-A.”
Come controbattere? Sembrava pronta a mangiarseli in un boccone. La seguirono, avendo il buon gusto di stare zitti per una volta.
La prima notte del settimo anno e la bella Evans aveva vinto. Ma la cosa non sembrava esserle particolarmente di conforto.
Era incazzata e imbarazzata e umiliata…
James si voltò, sfiorò le sue labbra con due dita della mano e le soffiò un bacio volante.
Per tutta risposta, ebbe un “Vaffanculo”.
Ma aveva i capelli arruffati e gli apparve come la creatura più incantevole della storia. Una matassa enorme di capelli rossi, un rosso stranamente senza sfumature che come una coperta avvolgeva il profilo del suo corpo. Gli occhi gonfi, le labbra umide, e quella cazzo di camicia da notte sottile…
Sembrava più agguerrita degli anni scorsi. E anche più donna. 
Un fremito percorse il gruppo. James Potter emanava una euforia incontrollabile.
Loro sentivano
Ridacchiò piano, passando il braccio attorno alle spalle dei suoi amici.
“Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.”

"Io ti odio."

No, pensò James Potter, accogliendo l'aria della notte sul viso. Non sarebbero state affatto buone intenzioni.

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Capitolo 2
*** Snakes and Griffins. ***


 
 
Salve gente! Sono rimasta molto sorpresa dal numero di persone che si sono ricordate di questa storia e che mi ha scritto. Vi ringrazio enormemente e sono felice di risentire gente che ho "conosciuto" più di dieci anni fa. Piccola precisazione, che intendo scrivere per una questione di trasparenza, soprattutto per chi è invece un nuovo arrivato. Questa Fanfiction la scrissi tanto tempo fa, facendomi aiutare da un'altra utente che, per svariati motivi, finì per inserire dei pezzi che non erano originali ma rubati ad un'altra autrice, Axia. Ai tempi ero piccolina, non c'era tutta questa informazione sui Fake. Ora sto riscrivendo la fanficton ripulendola ma, per forza di cose, ci sarà sicuramente qualche elemento vago che trae ispirazione dalla sua saga e che non posso cambiare per motivi di trama (ovviamente i pezzi copiati/incollati dall'altra utente sono stati tolti, scrivo ciò perché sicuramente è rimasta qualche similitudine). Per cui, volevo semplicemente mettere un avviso e invitarvi anche a leggere la sua fanfic, in modo da avere più chiarezza. Essendo passato tanto tempo da quando scrissi questa storia, laddove troviate qualcosa di sospetto, vi prego di avvisarmi. Mi premurerò di tagliare o mettere un avviso.

 
 
"Statemi bene a sentire."
La McGranitt aveva agguantato Sirius e James per un'orecchio.
"Questo sarà forse l'ultimo anno in cui potremo stravincere a Quidditch e non permetterò, ripeto, non permetterò..." tirò ancora più forte. "...che voi due beoti mandiate all'aria tutto quanto facendovi sbattere fuori. Sono perfettamente consapevole che i cognomi che portate su quei due testoni sono importanti ma giuro su dio che se non la piantate di darmi delle grane vi trascino io stessa fuori di qui a calci nel didietro."
No, non l'avrebbe fatto. Remus Lupin lo seppe ancor prima che iniziasse a parlare. Quei due erano dei privilegiati e non si sarebbero certo rovinati i rapporti con due delle più potenti famiglie di Londra sbattendoli fuori quando mancava così poco per farli diplomare. 
Anche lui stesso, pensò, e non senza un guizzo di amarezza. Anche lui era un privilegiato.
"Mentre tu, Minus." gli occhi di falco della donna si strinsero sugli ultimi due malandrini, mentre teneva i primi, parecchio incazzati e lacrimanti, ancora per i lobi. "Hai delle insufficenze che devi al più presto cancellare dal tuo curriculum scolastico, e per quanto riguarda lei signor Lupin, lei è veramente un pazzo scatenato se pensa di perdere tempo e mandare all'aria la sua intera carriera scolastica gironzolando nei dormitori femminili a fare scherzi di pessimo gusto."
Il bel lupetto incassò le spalle, in silenzio, avendo la decenza di fissarsi le punte delle scarpe. La strega lasciò i suoi due amici e quei due sospirarono, ma se pensavano che era finita, sbagliavano di grosso. 
Il sole nacque, quel giorno, con placida tranquillità. Seguito dagli occhi gonfi di quattro poveracci.
La Mcgranitt li aveva tenuti svegli per tutta la notte, e questa volta nemmeno la faccia angelica di Remus J. Lupin, molto bravo a tirarli fuori da quei casini, era bastata a placarla. 
Servì solo ad aumentare il numero di zenzerotti dentro i loro stomaci.
A quanto pare la professoressa di Trasfigurazione, che in quei sette anni si era ammazzata di emicrania a furia stare dietro a quei teppisti, s’era fatta, come la Evans, un bel programmino su tutti e quattro, che prevedeva fiato sul collo ventiquattr’ore su ventiquattro e un rigoroso sistema di sfinimento iniziale.
La prassi era prevedibile e scontata: una noiosissima e severa lezione sui poteri dei giovani maghi e sulla loro responsabilità, e ovviamente l’appioppo ad ognuno di loro di un bel castigo. 
Li lasciò andare, sadicamente, solo a inizio lezioni.
Sperando che sarebbe bastato a tenerli buoni almeno per un giorno.
E mentre, fasciata in una vestaglia dorata, li vedeva allontanarsi con la flemma di quattro zombie, sospirò.
Sembrava ieri che erano entrati nella scuola di Magia. 
Li ricordava perfettamente e si chiese davvero in che modo l'amicizia agisse nel mondo. 
Mai si sarebbe sognata che quei quattro mondi così differenti tra di loro potesero unirsi in quello che erano ora.
Sirius Orion Black, un bambino perennemente imbronciato, discendente da un casato potente e pericoloso.
Remus John Lupin, un esserino educato ma troppo freddo e solitario per la sua età. 
Peter Minus, timido e spaurito in mezzo agli altri. Un maghetto con la paura di essere notato.
E infine lui, James F. Potter. L'erede ribelle di due degli Auror più in gamba che si fossero mai visti da cent'anni a questa parte. Nato per essere un leader. In gamba. Dal carisma naturale.
E ce l'aveva fatta, pensò sedendosi stancamente sulla sedia. Era davvero riuscito a tenerli legati per ben sette anni.
Chissà quali altre diavolerie le avrebbero combinato. Quattro diciassettenni scalmanati ed incuranti delle regole, al loro ultimo anno di scuola.
“Cielo, dovrò rifornire la mia scorta di Valeriana”.
 
 
Le lezioni ad Hogwarts iniziavano presto, e non c’era un solo mago né una sola strega che non si lasciasse trascinare dalla calca pensando al caldo letto lasciato da poco, ma quella mattina James e la sua cricca superavano tutti.
Remus sbuffava di tanto in tanto, seccato. Quando poi notò che Potter non aveva neanche la forza di salutare le miagolanti streghette che gli facevano gli occhi dolci, si spazientì del tutto.
“Insomma.” Sbottò, passandosi una mano sulla faccia. “Ce lo siamo meritati, anzi… a dire il vero, VE lo siete meritati. Perciò basta con questi musi lunghi.”
James si voltò a guardarlo. Per un istante Remus pensò che mettesse il broncio. 
“HAI RAGIONE!” ruggì invece. “Architetteremo una bella lezione per la nostra adorabile Evans.”
“Aspettavo che lo dicessi.” Tubò estasiato Black, scuotendo la chioma di velluto e passandogli un braccio attorno al collo. “Col cavolo che ci passo un'altra notte insieme a quella mummia per colpa sua. Il mio orecchio non tornerà più come prima.”
“Veramente...non era quello che intendevo... “ balbettò il povero Lunastorta, ma Sirius e James erano già coinvolti in una fitta discussione su come farla pagare alla ragazza.
“Mmm...potremmo...e poi potremmo...” bisbigliava Sirius, e James annuiva con vigore.  
“ Bella idea Felpato! E poi magari...”
“Per favore, ragazzi, ve lo chiedo per favore. Lasciatela in pace!” supplicò Lupin, attirandosi le attenzioni del drago.
James si voltò verso di lui, lento. Si passò una mano nei capelli e lo fulminò.
“Cos'è, ti piace la Evans?” chiese spiccio, con voce dura.
“Ehhh? Ti piace?” fece eco Peter, con un ghigno largo da un orecchio all'altro.
“Che sciocchezze!” esclamò quello, alzando gli occhi al cielo. 
James inarcò un sopraciglio. "Stammi a sentire, razza di caprone. Lily è un'amica. E quest'anno ci sono i M.A.G.O.,quindi ti prego, abbassa la cresta e lasciale fare il suo dovere."
Era sincero mentre parlava della bella Evans. A Remus non dava così tanto fastidio, anzi, la trovava piacevole e provava per lei un affetto sincero.
E poi...cercò di dissimulare la piega amara che aveva preso la sua bocca con un colpetto di tosse.
Avrebbe dovuto saperlo che Remus Lupin non avrebbe potuto MAI mischiarsi ad una umana.
"Umana..."
James si sarebbe arrabbiato sapendo che continuava a chiamarli così. James non voleva capire. 
Il volto del Malandrino in questione si era fatto più rilassato, e anche se cercò di non darlo a vedere, gli altri percepirono ugualmente i suoi sentimenti.
C'era un motivo, forse, per il quale quell'amicizia così intensa non si era dissipata negli anni. Loro si avvertivano. Sempre.
E con un legame del genere, le parole spesso non avevano bisogno di uscire fuori dalla bocca.
A volte basta questo per volersi bene davvero.
Sirius, ignorando i battibecchi, gettò uno sguardo sul corridoio.
“Ed eccoci di nuovo qui, per l'ultima volta. La scuola di magia più bella del mondo."
Dopo sei anni passati a fare follie lì dentro, i quattro potevano dire di conoscere ogni suo angolo. Non era sempre stato facile e non sempre senza pericoli, ma Hogwarts non aveva più segreti.
Le sue scale matte, i suoi arazzi, i pinnacoli appuntiti, i suoi prati, tutto di quel castello emanava un senso di casa e di quella sensazione, chi per un motivo e chi per l'altro, ne avevano sempre avuto un disperato bisogno. 
L’ingresso della Sala Grande si stagliò imponente davanti a loro, e i Malandrini entrarono per l’abituale colazione. Quattro file di panche imbandite di squisitezze e il calore soffice della candele sopra le loro teste, furono sufficienti a far fare loro le fusa. 
James e Sirius in particolar modo, camminarono trionfanti come se avessero vinto una partita importante, come sempre. 
Un gruppetto di Grifondoro li attendeva. Geky Bell scosse la zazzera nera che aveva in testa.
"Sessanta punti solo il primo giorno è veramente un record." chiosò, incrociando le braccia al petto.
"Santo cielo, vedo la Coppa delle case già in mano alle vipere." si aggiunse Frank Paciock, con il braccio avvolto attorno alle spalle della sua fidanzata di sempre, Alice. 
"Non diciamo sciocchezze." Sirius Black lanciò una occhiataccia al tavolo verde argento, facendo una smorfia di fronte ai loro bei sorrisoni. "Piuttosto la distruggo."
"Sarà." proseguì l'altro, passandosi una mano sulla faccia. "Sta di fatto che quelli se la stanno godendo davvero un mondo."
James Potter si stiracchiò.
"Abbiate fede, ragazzi. E' solo un incidente di percorso." e stampò i suoi bei occhioni d'oro sull'unica cosa che sembrasse importargli davvero.
Lily Evans era seduta composta e s'imburrava una fetta di pane, i capelli tenuti compostamente dietro le orecchie. Aveva due occhiaie da far spavento. Le sbatté i libri di fianco, sul tavolo, e prese una sedia.
“Salve Evans, ti stai godendo la colazione?”
“Potter, non ti è bastata la lezione di ieri sera?” sibilò lei. “Non ho voglia di sentirti. Gira al largo!”
“Non hai MAI voglia di sentirmi, se per questo.”
“Appunto...perciò squagliati.”
“Sei sempre cosi simpatica...cosi affabile...” cinguettò quello, sarcastico. Le fissò il profilo. La nottata doveva aver lasciato qualche segno.
“Ti avverto: non ho dormito e oggi sono pericolosamente isterica.” la voce di lei tremolò minacciosamente.
“Capisco."  "Volevo solo avvertirti, nel caso tu non lo sappia, che nessun Prefetto può toglierci punti e pensare di passarla liscia. Capisci, è la regola.” tubò lui, deliziato. “Terribili scherzi si abbatteranno su di te....oppure no? Se esci con me, forse ti lascerò in pace.”
Com'era bella quando s'imbestialiva. Girava la testa di scatto ed i suoi capelli le danzavano sulle spalle, mentre gli occhi lanciavano saette verdi.
“Per l'ultima volta Potter, la risposta è no. Non ci esco con te, preferirei uscire con una piovra gigante! E prova a farmi qualche altro stupido scherzo e saranno le punizioni che si abbatteranno su di te ad essere terribili.”
“Già le immagino le tue punizioni. Qualche punto in meno, che paura, Evans...” la schernì lui, a voce bassa. 
Lei conficcò il coltello pericolosamente vicino alla mano di James e afferrò il pane.
“Devo considerarla una sfida? Saprai veramente mettere nei casini la tua adorata Grifondoro solo per starmi con il fiato sul collo?”
Lo guardò intensamente, prese la fetta di pane imburrato e...gliela spiaccicò in faccia. Dal tavolo dei Serpeverde si levò un coro da stadio.
“Si.” rispose Lily, incurante degli occhi di tutta Hogwarts puntati su di lei. Si alzò, si spazzolò la gonna e attraversò dignitosamente la Sala Grande.
James Potter si ripulì il viso col tovagliolo e la fissò fino a quando non scomparve. Era tremendamente divertito. 
“Hey, Evans sembra più agguerrita che mai a metterti i bastoni fra i piedi.” sghignazzò Sirius Black, sedendosi vicino a lui. Lo guardò con i suoi occhi neri e penetranti e si chiese se non fosse compassione quella che gli vedeva spiaccicata dentro lo sguardo.
Dannato cane. Si stampò in faccia un'aria sostenuta. 
“Meglio cosi, Fido. Sarà più divertente.” sorrise, pulendosi con un tovagliolo la marmellata dalla faccia.
La sedia dove stava un attimo prima la Prefettina era insopportabilmente vuota.
Scappava da lui. Come aveva sempre fatto.
Quella frase della notte scorsa gli ronzava in testa come una nenia. Lo odiava. Lo odiava veramente.
Ma era davvero scorcentante riconoscere, dentro se stesso, come a quell'odio stesse finendo seriamente per affezionarsi.
 
Le lezioni proseguirono lente come al solito e solo Lupin fu attento alle spiegazioni.
Vituos, un professore di origini nanesche, stava spiegando ignaro un incantesimo del fuoco. Così come altrettanto ignara lo seguiva Lily Evans, attenta e concentrata come se da quell’incantesimo dipendesse la sua vita.
Era sempre la solita…non era cambiata per niente.
Sospirando, si girò a guardare preoccupato i suoi tre amici che sghignazzavano. Sirius e James stavano ai banchi davanti a quelli di lui e Peter, e i loro occhi scintillavano.
Razza di babbei.
“Siete crudeli.” Sibilò. “E siete nel torto.”
“A cuccia, lupetto.” Sussurrò in risposta James. “Lascia fare ai grandi.”
Lui distolse lo sguardo, roteando gli occhi.  
“Affari vostri, sia chiaro. Stamattina ho mal di testa.”
“Bene, significa che ti sono arrivate.” Sbuffò dolcemente Black, mentre Peter ridacchiava. “Ecco perché rompi le palle più del solito.”
“Dai Rem, non stanno facendo niente di male.” pigolò Minus, tutto uno zucchero.
“E tu non stare sempre a difenderli!” rimbeccò Lupin, esasperandosi.
Quei tre babbei avevano in mente qualcosa. Come se non fossero bastati tutti i castighi già subiti.
E poi Lily aveva fatto solo il suo dovere.
Oh, ma questa volta non ci sarebbe cascato. Oh no, col cavolo.
Non lo avrebbero coinvolto. Bastava negare e avere polso fermo. Chinandosi, iniziò a prendere appunti e si estraniò dai loro discorsi.
Ma il pericolo era incombente e, come Remus aveva previsto, James lo raggiunse appena suonata la campanella. Abbrancandolo per la spalla e buttandogli in faccia il suo migliore sorriso da iena.
Lo abbracciò come un bambino, posandogli il mento sui capelli e schiacciandogli l'occhio.
Sirius gli si spiaccicò sulla spalla destra, puntando un dito sulle fossette di Potter.
"Guarda che sorriso ebete." constatò, con la sua voce perennemente maliziosa.
"Quando fa così ha in mente qualcosa di diabolico." trillò Peter, piazzandosi alla sua spalla sinistra.
Maledizione, era braccato.
"Beh, quel sorriso a me non piace." bofonchiò alzando gli occhi su James.
“Lunastorta!” miagolò suadente quello. “Lunastorta."
"So come mi chiamo, grazie."
"Volevo dare più enfasi."
"Arriva al punto, idiota."
"Mai avuto problemi d'isteria, tu? Sei sempre così scorbutico."
Remus gli agguantò letteralmente il naso e iniziò a tirare.
"AHIA! NO...NO! VA BENE... TE LO DICO!" Glielo lasciò.
Lui riprese fiato e si ricompose. "Allora. Oggi abbiamo architettato questo piano per la Evans…”
Eccoli arrivati al punto dolente.
“No!” esclamò esasperato Lupin, alzando le mani.
Bene Remus, stai andando bene.
“Ah no, basta sono stufo, non mi coinvolgerete una altra volta!”
Continua così e vedrai che stavolta la scampi.
“Finiremo nei guai, assolutamente, la mia risposta è...”
 
 
 
“Sì...maledizione, ci sono cascato un'altra volta!” 
Percorrendo in preda alla nevrosi il corridoio che portava ad Erbologia, Remus J. Lupin si stava praticamente dannando l’esistenza.
Inutile. Quando James sbatteva quei suoi occhioni d'oro nessuno sapeva resistere. E Sirius Black sapeva parlare, dio, se sapeva essere convincente. Per non dire dello sguardo insopportabilmente deluso di Minus, che sfoggiava fuori ogni qual volta che Remus cercava di tirarsene fuori.
Nulla da fare, dir loro di no era impossibile.
La giornata non era ancora arrivata al mezzogiorno e lui aveva già una bella emicrania con i fiocchi e stramaledì il giorno in cui quegli infami lo avevano avvolto nelle loro spire malefiche.
Non si accorse nemmeno che stava andando a sbattere contro una persona, fino a quando non scorse un filo serico di capelli biondo platino sfiorargli la spalla.
“Ti conviene fare attenzione.”
Odore di freddo.
Una colonia che sapeva di veleno.
Voltandosi, Lupin si stampò in faccia la scocciatura più totale. Normalmente avrebbe chiesto scusa, ma non a lui.
Avrebbe riconosciuto ovunque la voce strascicata di Lucius Malfoy, settimo anno, ricco sfondato e re dei Serpeverde. 
Si ritrovò faccia a faccia con due occhi, gelidi come scaglie d'inverno, e un viso lungo e affilato come il taglio di una spada, bianco come la neve.
Se c'era qualcosa che Lucius Malfoy sapeva fare bene, era trasmettere un vago senso di disagio a chi gli stava di fronte.
Portava la lunga chioma bionda legata in un codino basso, trattenuta con un filo di seta pura, dalla quale sfuggivano delle ciocche che andavano ad accarezzare gli zigomi. Un'acconciatura antica, da cavaliere.
Ma era un cavaliere che nascondeva veleno, sotto l'armatura: tratti demoniaci contornati da un sorriso sgradevole, non si allargava mai agli occhi.
“Ma tu guarda, salve Lupin.”.
Il re delle Serpi era affiancato da altre due persone, che ora guardavano il Malandrino come si guarda una caramella dolce. Uno era un ragazzo pallido, dalla faccia storta e volgare, con una cortina di capelli neri e ondulati che creavano una perfetta riga centrale, e si dividevano sulla fronte in due riccioli.
L'altro, rimaneva in silenzio, lo sguardo sprezzante, i capelli neri e unticci che sfioravano le spalle ossute, un naso adunco e due occhi neri come il dorso d’uno scarafaggio.
Antonin Dolohov e niente meno che Severus Piton in persona, il peggior nemico di James e spalla destra di Lucius Malfoy.
“L'anno è appena iniziato e già abbiamo il piacere di rivederci.” Lucius sorrise con inquietante dolcezza.
“Il piacere è tutto tuo, Malfoy.”
“Via, Remus. Non è il caso di proseguire di questo passo. Siamo persone ragionevoli, giusto, Antonin?”
Il secondo simulò la parodia di un sorriso.
“Potrei esserlo.” aveva una voce che sembrava un fischio tra i denti. “Ma ho ancora da schiacciare le ultime pustole che quel parassita di Potter mi ha attaccato sul didietro. Ho saputo che la Evans l'ha spedito in bianco anche stanotte.”
“Oh.” Lucius si finse pensieroso. “A quanto pare, ci avete già fatti incazzare. Tu che dici, Severus?”
Il ragazzo guardò Remus con uno sguardo che avrebbe gelato l'inferno, ma rimase in silenzio.
“Non è di tante parole, oggi.” constatò il biondo. “Devi perdonare la sua scortesia, Lunastorta.”
Remus sentì le braccia irrigidirsi. Lui se ne accorse.
“Oh, domando perdono.” sussurrò, lentamente. “Quel nome lo possono usare solo poche persone. Sai, mi sono sempre chiesto che significato avesse.”
Ed ecco dove doveva arrivare. Il Malandrino sospirò, stancamente.
Se solo quella maledetta sera Sirius non avesse organizzato quello scherzo a Piton. Rabbrividì al solo pensiero.
Severus aveva scoperto il suo segreto al Quinto anno, e l’imposizione di Silente di tenere la bocca chiusa gli era dolorosa come acido. 
Quella notte, qualcosa si era rotto. Si erano sempre stati sulle palle ma quella notte avevano superato tutti un limite che non sarebbe mai stato dovuto superare.
E quel tipo era infido come un ragno e, di certo, a furbizia mangiava loro in testa.
Stando attento a non parlare mai a faccia aperta, aveva messo una pulce nell’orecchio ai membri della sua Casata. Una frecciatina, una domanda velata, un commento al momento giusto. E Lucius era caduto nella rete.
C'era mancato veramente poco che li scoprissero, l'anno scorso, e quanto pareva l'estate non aveva fatto passare la smania.
“E' buffo.” Proseguì, con occhi persi. “Un gruppo così popolare con nomi e comportamenti a volte, così misteriosi.”
“Quello che è buffo Malfoy...” Remus rispose con la sua solita tranquillità. “E’ come sia tecnicamente possibile che i tuoi capelli, dopo tanta Brillantina, siano ancora attaccati alla testa.”
Il sorriso sgradevole non si interruppe, come se nulla di quello che Remus aveva detto lo avesse turbato.
“Circolano strane voci, sul tuo conto. Non sono tipo da prestare orecchio ai pettegolezzi, ma se fossi in te starei attento. Qualcuno ha iniziato a chiedersi perché ogni tanto sparisci per settimane e compari in sala Grande coperto di lividi e graffi.”
“Sta' calmo, Remus.”
“Non so di cosa parli.” Replicò gelidamente.
E Severus si scostò dalla colonna, e spezzò il suo silenzio.
“Ho notato che accade spesso quando c'è luna piena.”
Un attacco così diretto lo lasciò completamente spiazzato. Piton non era mai arrivato a tanto.
Probabilmente Lucius nemmeno ci aveva fatto caso.
Ma stava giocando col fuoco. E negli occhi celesti di Lunastorta s'infiammò una luce pericolosa.
“Ora basta, Malfoy.” ringhiò, estraendo la bacchetta e puntandola a mo' di spada sul ragazzo. “Non farmi perdere la pazienza.”
La reazione fu repentina. Antonin sfilò la sua dalla tasca e gliela puntò sulla tempia. Lucius rimase immobile.
L'aria si caricò di uno strano silenzio, denso come burro. Remus poteva sentire il proprio cuore battere contro le costole.
Stava perdendo il controllo. Non era da lui.
Ma la luna era così vicina. Così vicina. La luna piena gli scompigliava il cervello.
“Sono un lupo mannaro.” pensò, caricandosi di un gelido furore. “Sono un mangiatore di uomini. Posso sentire il sapore del vostro sangue nella bocca.”
A quel pensiero, la gola sembrò gorgogliare. Le orecchie ronzavano.
Era così vicina...
“Abbassa la bacchetta, schifoso Grifondoro.” Antonin ringhiò come un cane. “Vediamo di farti abbassare la cresta.”
La bacchetta magica scintillò. Poi, improvvisa, una voce si levò alle loro spalle.
“Io non lo farei, se fossi in te.”
Sirius, Peter e James erano arrivati. Remus non ne fu sorpreso.
Loro erano un branco.
Loro capivano quando qualcuno del branco era nei guai.
In quel momento, Sirius aveva abbandonato lo spazzolino da denti sul lavandino. James e Peter avevano fermato la loro partita a Gobbiglie. Si erano guardati negli occhi, scossi da un brivido comune.
E avevano capito.
Gli occhi di James si scontrarono in quelli di Piton, ed entrambi sembrarono trattenersi a stento dal prendersi a pugni.
Un antico odio, antico quanto Hogwarts, si riaccese per l'ennesima volta.
Severus e James si detestavano. Sirius affermava che il motivo era semplicemente che Piton fosse un pidocchioso pezzo di merda.
Ma Remus sapeva che cosa li accendesse di rabbia.
Era lei.
James aveva rubato a Piton l'unica cosa a cui lui tenesse davvero. E anche Piton, a suo modo, l'aveva sempre tenuta lontana da James.
Il fatto che Severus volesse proteggere Lily Evans da lui, aveva lo aveva sempre fatto impazzire.
“L'allegra combriccola...San Potter e la cavalleria sono qui.” sibilò Malfoy, con una smorfia. “Sempre pronti a soccorrere gli amichetti, hn?”
“Sparite.” Grugnì Sirius.
“Black, il diseredato. Le tue parole hanno così poco valore che mi rovinano il vestito.”
“E i miei pugni ti rovineranno il naso, se non ti levi dalle palle.”
“Hey, che succede qui?”
Una voce arrivò alle spalle del gruppetto e James, nonostante la rabbia, si sentì fremere.
Lily Evans era appena arrivata, pronta a metter fine a quella che doveva essere una delle innumerevoli risse "Grifoni VS Serpi".
“E per finire in bellezza Lily Evans...” Antonin rise.
Il viso di Piton scattò verso la ragazza e i suoi occhi, sempre vacui, si accesero. Potevano sentire il rumore della sua mascella nel contrarsi.
La ragazza non lo degnò di uno sguardo, ma le mani le tremarono.
Piton era stato suo amico, in passato. Uno dei migliori che avesse mai avuto. Eppure, continuava ad insultarla. A umiliarla
Ingoiò il rospo, come al solito, e puntò dritto negli occhi del capo. Severus era un problema del quale non era più intenzionata a preoccuparsi da tempo.
“Ho chiesto che cosa succede.”
Cristo santo, pensò Potter. Quel suo tono supponente era assurdamente e adorabilmente irritante e si chiese come diamine avesse fatto a sopravvivere fino a quel momento. Lily Evans viveva davvero in un mondo tutto suo.
Lucius la fissò come si può squadrare un verme. Il fatto che la Evans, una figlia di babbani, osasse sfidarlo, lo faceva ribollire. E per la prima volta perse il suo sorriso affabile.
“Nulla che ti riguardi, sporca Mezzosangue.” 
James Potter avanzò di un passo.
“Malfoy, rivolgiti ancora alla Evans con quel tono e sarà l'ultima cosa che farai.”
“Questo è amore.” fece Malfoy a Antonin, ed entrambi sogghignarono. 
Lui rimase impassibile.
“Che c’è? Invidiosi? Si dice che le Serpeverdi siano terribilmente fredde."
“Smettila, Potter.” S’intromise subito la Grifoncina: L'ultima cosa che voleva era che lui raccontasse fatti privati (e fasulli) a quei Serpeverde perfidi e pettegoli.
"Disse quello che è andato in bianco." berciò il biondastro. "Hai dimenticato le palle sotto la sua gonnella, ma è evidente che alla nostra cara Prefetto non importi avere un cagnolino."
Uno sbuffo alla loro sinistra. Severus si lasciò sfuggire una mezza risata.
Gli occhi di James si accesero.
“Hai qualcosa da dire?”
“E' solo interessante vedere come difendi i tuoi amici.”sibilò quello. “Quando l'unico pericolo per la scuola ce l'hai al fianco.”
Sirius lo fissò con una freddezza glaciale.
“Ti conviene chiudere la bocca, Mocciosus.” mormorò. “Stai tirando una corda che ti si legherà al collo.”
Ma lui osservava Lupin.
“Non sei adatto a Grifondoro.” sorrise, malevole. “Dovrebbero fare una casata speciale solo per te.”
James camminò. Lentamente.
Superò tutti.
Gli arrivò a un palmo dal naso.
“Continua.” sussurrò.
“E avrei già in mente il nome.” Severus era coraggioso, c'era da ammetterlo. “Qualcosa che abbia a che fare con il puzzo di cane.”
“Vai avanti. Ti prego, vai avanti a parlare.”
Gli occhi di James erano così accesi che ci si chiese come i peli delle sopracciglia di Piton non andassero a fuoco.
Lupin ebbe il buon senso di farsi avanti.
“Lascia stare.” borbottò. “Andiamo via. James, lascia stare.”
E poi, Piton lo disse. Lo sussurrò talmente piano che solo le orecchie del capo dei Malandrini percepirono il suo disgusto.
“Pensi di essere un cavaliere, Potter? Mi fai ridere. Tu, finirai per ammazzarla."
Il rumore del pugno fu sordo, arrivò alle orecchie di tutti prima che vedessero il braccio del Grifondoro scattare contro la faccia del Serpeverde. 
“JAMES, NO!” strillò Lily, mentre Malfoy estrasse frettoloso la bacchetta e fece per intervenire. Nemmeno il tempo di rialzarsi, e il corridoio si divise in due. James e Piton si saltarono al collo, volò qualche schiantesimo nell'aria e tutto parve precipitare.
Sirius si parò davanti a Lucius con un sorrisetto, piazzandoli il palmo della mano sull’addome. 
“Via…non può divertirsi solo James, ti pare, Malf?” ridacchiò, mentre Lily e Remus riuscirono a prendere per le braccia il ragazzo e allontanarlo da Severus.
“Tu...porco schifoso...” Il viso del futuro professore di Pozioni era feroce, le guance chiazzate di rosso.
“Va tutto bene, James!” ansimò Lupin, lottando per tenerlo fermo. “Non mi sono offeso...calmati!”
“Ok…sono...sono calmo...” ansimò Potter.
Squadrò Severus con occhi fiammeggianti che quello ricambiò con piacere.
“Non hai idea di quanto tu mi faccia schifo, Potter.” 
“La cosa è reciproca, Mocciosus.” 
“ORA BASTA!” tuonò Lily, a metà tra le due compagini. "Sono maledettamente stufa di dover sempre risolvere le vostre beghe! Mettetevi in tasca il testosterone e tornatevene a lezione, abbiamo ben altri problemi a cui pensare tutti."
“Non sei tu quella che mi dice cosa devo o non devo fare, stupida Grifondoro!” Ruggì Antonin, perdendo le staffe.
“IO INVECE LO SONO!” 
La professoressa Mcgranitt comparve dietro ai ragazzi come un fantasma, ammazzandoli di spavento.
Nessuno seppe mai da quanto fosse stata lì e da quanto stesse udendo le loro conversazioni, sta di fatto che i suoi occhi ardevano, ed erano come profondi pozzi in cui nessuno vi avrebbe mai voluto sprofondare.
Calò un silenzio impietrito.
“Via. Di. Qui.” La professoressa era così incazzata che si mangiava le parole.” In tutta la mia vita, non ho mai...mai...Ne riparlerò al professore della vostra casata, statene certi. 50 punti in meno a Serpeverde. Piton, si metta in Infermeria.”
Lucius Malfoy fece un inchino che sembrò toccare terra.
“Sono profondamente mortificato, Professoressa Mcgranitt. Tutto questo è stato davvero disdicevole. Non accadrà mai più.”
Ma sotto la cortina di capelli biondi, si intravide un sorriso beffardo.
Prima di allontanarsi, Piton si voltò a fissare James. I due si augurarono a vicenda una morte lenta e dolorosa.
“E voi…” frecciò la Mcgranitt, rivolgendosi ai Malandrini. “Avete la settimana di castigo duplicata. Cinquanta punti in meno a Grifondoro e grazie tante. E ora via da questo corridoio. Immediatamente, o vi espello da Hogwarts con le mie mani.”
Aveva le labbra strette e finissime, tanto che i ragazzi ebbero il buon gusto di filarsela ancora prima che avesse terminato la frase. Fare incazzare due volte nella stessa giornata Minerva era come uscire vivi dopo un Bombarda: meglio non ritentare.
“Hey Evans…” James si avvicinò all'orecchio. “Ho notato, sai? Mi hai chiamato per nome… è la prima volta…”
La sua rossina preferita diventò di un delicato color porpora e valutò seriamente l'idea di tirargli un pugno in faccia. 
“Questo non vuol dire nulla, Potter.” ringhiò, allontanandosi velocemente come se le avessero lanciato un incantesimo. "E ti faccio anche i miei complimenti, ci stai facendo perdere la Coppa delle case."
Appena Evans fu sparita, calò il silenzio.
“Siete stati imprudenti.” disse Lupin, con voce ferma. 
“Hn.” James fece un versetto indistinto, con lo sguardo fisso al pavimento. Un rivolo di sangue gli colava dal naso.
“Io vi ho trovati grandiosi.” cinguettò Peter. Era incredibile come il suo sorriso carico di ammirazione potesse risollevare il morale del gruppo. “Avete visto come Ramoso ha placcato Piton?”
I due amici si scambiarono un ghigno perfido e tutto fu di nuovo normale. 
“Dato...che siamo in argomento.” mormorò Lupin, imbarazzato. “Questo Venerdì…c’è luna piena.”
Sirius gli passò un braccio attorno al collo.
“Ci saremo come sempre.”
Il ragazzo sorrise, rassicurato dall’idea che nemmeno quella volta i Malandrini lo avrebbero abbandonato.
“Grazie.” mormorò, grato della loro amicizia.
Ma una stretta al cuore gli si era formata nel petto. 
Ogni volta che chiedeva ai suoi amici di accompagnarlo al loro rifugio...di sapere che doveva ritrasformarsi in quella…quella cosa... ogni volta che si sentiva attratto e innamorato della luna, ma allo stesso tempo la odiava.
E ogni volta che aveva fame.
E pensava agli studenti, al loro caldo sangue umano. 
Un blocco all'altezza del cuore, pesante come un macigno, un macigno che nessuno oltre a lui poteva sostenere. 
Anche se sapeva che i suoi amici rendevano la cosa molto più divertente, non riusciva a non pensare con orrore che forse quella era la volta giusta. 
Che avrebbe morso qualcuno...e magari ucciso.
La promessa fatta a suo padre.
“Se un giorno dovessi uccidere qualcuno, mi toglierò la vita.” 
Un brivido scosse il gruppo.
"Tutto bene, Lunastorta?" borbottò Peter, stringendosi le braccia al petto. "Mi è appena arrivata una scarica di sentimenti negativi addosso da far paura."
"Dovremo proprio cercare di cambiarla, questa cosa." berciò Sirius. "Non è molto piacevole, ogni volta. Possiamo sapere che ti prende adesso?"
Il lupetto scosse la testa e mise sotto chiave il suo tormento. Era diventato bravo a farlo. 
"Va tutto bene."
Mentiva, mentiva sempre.
Quelli, erano segreti che nemmeno gli amici più cari potevano conoscere.
E stampandosi in faccia il sorriso più candido che riuscì a trovare, continuò a camminare accanto ai suoi compagni di vita fino alla prossima lezione.
 
 
 
 
 
 
La sera, solo il caldo fuoco che brillava in Sala Comune scaldava gli animi intorpiditi dallo studio. 
Quello, e l'eccitazione per l'aver preso a pugni quelle serpi maledette.
La casa comune era in fermento e volarono anche dei bicchierini di Wisky Incendiario.
Lily Evans stava seduta sulla sedia e fissava con sguardo assente James Potter, che ridacchiava assieme ai suoi amici, circondato come sempre da una mandria di persone.
Sembrava che non fosse mai da solo. Sembrava un sole, che come una calamita risucchiava tutto il resto fino a tenerselo ben stretto sotto il braccio.
Nonostante fosse parecchio incazzata per essere stata trascinata in una delle loro idiozie,e anche perché nessuno stava pensando ai punti tolti a causa loro facendogliela passare liscia come ogni dannata volta, alcune parole di quella gentaglia continuavano a ronzavarle nelle orecchie.
“L'unico pericolo ce l'hai al fianco.”
Chissà che diavolo nascondevano quei quattro. Ma l'avrebbe scoperto, pensò, stringendo gli occhi verso le fiamme. Fosse l'ultima cosa che faceva.
“Ma che aria assorta! Pensi a me, vero?”
La testa sorridente di James, obliqua sul suo campo visivo, le fece prendere il secondo infarto della giornata.
“Potter!!! Accidentaccio a te!” 
“Che caratterino!” esclamò James. “E io che mi preoccupavo per te.”
“Ah, sì?”
“Certo, dolcezza.” il miagolio del Grifondoro era più caldo del caminetto. “Ero preoccupato perché oggi non mi hai ancora detto quanto sono stato affascinante nell'averti difesa a spada tratta. Sei per caso ammalata?”
Si potevano vedere i nervi saettare sulla sua tempia. 
“Sei un presuntuoso, arrogante, stupido ragazzo che si crede chissà chi e mai mi sognerò di...”
“Ok, ok!” Si arrese James, alzando le mani. “Ma come siamo permalosette, Evans.”
“Devi dirmi qualche cosa in particolare o hai solo voglia di rompermi le scatole?”
“Ti volevo solo dire che sei seduta sulla MIA poltrona.”
“Non ci vedo scritto il tuo nome!” ribatté quella, scattando come una iena.
“Spostati Lily, sei sul trono del re.”
I Grifondoro presenti risero di gusto.
Inutile stare a discutere.
Lily Evans quella notte voleva dormire tranquilla e senza mal di testa.
Si alzò, fiera e orgogliosa come solo lei sapeva essere.
“Bene, spero ci sia uno spuntone che ti punga il …”
“Eddai Evans…” soffiò morbidamente lui, avvicinandosi. “Non sai quante ragazze vorrebbero essere al tuo posto.”
“Lo so eccome.” Sibilò lei. “Sono stata costretta per sette anni a sentire i vaneggiamenti di quelle galline che ti porti appese al collo, ogni santo giorno. E sai cosa usciva dalla loro labbra, Potter? Soltanto stronz…”
“Non stanno bene parole come queste nella tua bella boccuccia, Evans. Riempile di qualcos’altro.”
“La tua lingua, magari?”
“E’ una proposta?”
“Va al diavolo.” Ringhiò la Prefetto, arricciando le labbra. “Non sei cambiato di una virgola.”
“No, ti sbagli.” I suoi occhi d’oro fuso, bollenti, la inchiodarono per la tanta serietà che emanarono. “Non hai idea di quanto sia mutato, al contrario.”
“Hn, d’accordo Potter. Quando ti vedrò diventare un Troll me ne farò una.”
Fece per spostarsi, ma James le bloccò la strada con un movimento fulmineo.
Nella Sala Comune scese un istantaneo silenzio pieno di tensione, mentre la ragazza stringeva gli occhi pericolosamente.
“Spostati.” Ringhiò a voce bassa, ma lui le rinfacciò quel sorriso sghembo che nessun altro riusciva mai ad imitare.
“Sono riuscito in tutto ciò che mi sono prefissato, mia cara Prefetto. Tienilo bene a mente.” Sussurrò, con voce soffice che le sfiorò la pelle del viso. “Gloria, fama, amore…tutto.”
“Amore? Tu non conosci questa parola, non farmi ridere.” Lo beffeggiò lei.
“A me non è mai servito.” Ridacchiò lui, piano, pericoloso e abile. “E a te, Evans?”
“Potter, ho detto di scansarti.”
Lo vide avvicinarsi e i suoi pugni si chiusero di scatto, impercettibilmente.
Stava tirando fuori le unghie, constatò James con un sorriso, così vicino al suo viso che sarebbe bastato solo chinarsi in avanti per sfiorare quelle labbra velenose.
“Stai attenta, Evans. Perché mi sono stancato di giocare…e…” si chinò di più piano, in modo che solo le sue orecchie potessero sentire. Sentiva la sua bocca contro la guancia. “…E non sono intenzionato a perdere nessuna sfida, con te.”
Al posto d’infuriarsi, lei sospirò, stanca.
“Non c’è mai stata nessuna sfida, Potter. Non c’è mai stato niente se non il reciproco disprezzo, tra noi.”
Disprezzo?  
Se il fuoco che James Potter sentiva scorrergli per le vene, liquido e incandescente, era disprezzo, allora…ne voleva ancora, fino a nausearsi.
“Beh, io ti ho avvisato.” Concluse, tornando allegro come sempre. “Se mi metto in testa una cosa, niente può riuscire a impedirmi d’ottenerla. E se vuoi proprio andare a dormire nel tuo freddo – ahimè troppo freddo – letto…se ci tieni, dolcezza, spostati tu.”
Avrebbe voluto ucciderlo, strangolarlo con le sue stesse mani, e per un attimo fu davvero tentata.
Poi, fissando il suo sorriso, decise che non valeva la pena sporcarsi le dita e si limitò a fulminarlo.
Ma aveva sonno ed era stanca: una piccola sfida, quella sera, l’avrebbe vinta lui.
“Io non ti sopporto James Potter!” esclamò quindi, e dirigendosi a passo di generale nel suo dormitorio. “E se intendi farmi un altro scherzo mentre dormo, sappi che hanno aumentato le protezioni e messo incantesimi nel dormitorio femminile!” sbottò, sulla soglia.
Osservando che lo sguardo di James era puntato senza alcun pudore sul suo grazioso fondoschiena s'infuriò ancora di più.
“E SMETTILA DI GUARDARMI!!!” strillò istericamente, e gli sbatté la porta in faccia con tanta violenza che caddero un paio di quadri.
Ma tu guarda che tipa!” pensò James Potter, sedendosi in mezzo ai Malandrini sghignazzanti.
Ma tu guarda che tipo!” pensò Lily Evans sdraiandosi sul letto morbido.
E' insopportabile!” pensarono entrambi, e la notte li avvolse.
Ma quel fuoco che aveva iniziato a scorrere nelle vene di James non voleva proprio saperne di sparire e, il Malandrino ne era certo, avrebbe continuato a bruciarlo.
Spettava a lui decidere se lasciarsi consumare fino a diventare cenere o estinguerlo una volta per tutte.

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Capitolo 3
*** A glass of red wine. ***


C'era una sola notte in grado di far vibrare il mondo, e quella  era la notte della luna piena.
Era sempre stato certo, anche se mai capito fino in fondo, che quando l'astro era gonfio nel cielo, la magia ne risentiva nel profondo, l'intero creato sembrava sprigionare una forza incommensurabile e ciò che fino a quel momento era inanimato pareva svegliarsi in una strana eccitazione.
Le fate danzavano sotto il cielo d’Inghilterra, attorno a cerchi di funghi e fiori in cui era meglio non addentrarsi. I centauri si radunavano attorno alle querce sacre, osservando il cielo con pesanti calici di vino, infinitamente saggi e infinitamente dispotici, e sotto una sorta di malia, cercavano le loro risposte tra le stelle. Gli unicorni, creature solitamente schive, uscivano dalle loro tane, per trovare il proprio compagno di vita.
Ma non erano solo le cose pure ad essere pervase dalla sacralità del bianco astro.
Nella foresta proibita, anche le oscure forze che si annidavano negli angoli più putridi si svegliavano e il buio aguzzava il muso verso il cielo, assaggiando un pezzetto di potere.
E nel cuore puro di un ragazzo c'era un'ombra che si agitava, liberata dalle catene.
Una dannazione che bruciava con tutta la sua forza.
La Creatura.
La sentiva muoversi dietro i pensieri, irrequieta, emozionata, una bestia immonda che sapeva di poter uscire allo scoperto.
In queste notti, accompagnato da tre compagni, il Malandrino era costretto a rifugiarsi lontano da tutti….perfino lontano da sé stesso.
E un bisbiglio, nella notte, dentro il punto più intimo del suo essere, ridacchiava costantemente.
“Sto arrivando, Remus Lupin.”
 
 
 
 
 
 
 
Una leggera brezza penetrò le delicate tende di seta del letto di Lily Evans, scompigliandole un poco i capelli e svegliandola dolcemente.
La ragazza liberò un mugolio. La finestra era stata lasciata aperta.
La luna piena si stagliava indomabile da quello spiraglio, bella come in un dipinto. La notte era avvolta dal silenzio ma uno strano freddo le rizzava i peli sul collo.
Si alzò in un fruscio di ciabattine, allungando un braccio verso l'inferriata.
Solo allora sentì le voci.
C'era qualcuno che gemeva, nelle ombre, accanto al Platano Picchiatore.
“Studenti fuori, nonostante il coprifuoco. Gli sono troppo vicini, si faranno ammazzare.”
Lily Evans storse il naso. Sarebbe dovuta scendere, infilarsi un mantello infreddolito, sciabattare nel fango del giardino a ripescare quattro idioti.
Senza contare il dover svegliare la McGranitt. Per la seconda notte consecutiva.
Fece per agguantare la prima camicetta che le capitava a tiro, quando una delle ombre si mise ad urlare.
Il braccio si immobilizzò a mezz'aria e un manto di freddo l'avvolse come una coperta.
Il primo pensiero irrazionale della notte le torse lo stomaco.
“Sono Mangiamorte.”
Afferrò la bacchetta magica, con il cuore in gola, e si affacciò alla finestra accostandosi alla tenda.
Come avevano fatto ad entrare?
“Calmati.”
Doveva ritrovare la lucidità. Le protezioni di Hogwarts erano alte. Nessuno era mai riuscito a penetrarle.
La figura al centro urlò di nuovo, un grido che sembrò lacerare il silenzio. C'era qualcosa li stava agitando e...la streghetta strinse gli occhi. Possibile che una di quelle ombre stesse diventando più alta?
"Tienilo!” qualcun'altro stava urlando. “Non siamo ancora arrivati!”
Lily Evans si girò di scatto verso le compagne. La scuola rimaneva in totale silenzio. Com'era possibile che non sentissero? Stavano facendo un baccano da spaccare i timpani.
“Ragazze, svegliatevi!”
Le compagne non si mossero.
Una nebbiolina dorata aleggiava nell'aria.
“Un incantesimo. Qualcuno ha gettato un incantesimo sulla scuola.”
E poi, improvvisamente, si sentì afferrare una mano. Lily urlò, divincolandosi. Il tappeto le slittò via dai piedi e lei finì a gambe per aria.
"Pro...professoressa Mcgranitt?!”
Contro la luna, gli occhiali da lettura della donna scintillavano. Aveva il viso pallido come la neve e la fissava, in silenzio.
“E' tutto a posto.” disse. “Torna pure a letto.”
“Professoressa.” ansimò la ragazza. “Qualcuno...di sotto...”
La donna rimase impassibile.
“E' tutto a posto. Torna a letto.”
“Non capisce! Loro...” Lily si fiondò alla finestra ma il giardino era tornato nella sua solitudine. Non c'era nessuno. “Professoressa. C'era qualcuno lì, e stava...”
La donna le aveva voltato le spalle. C'era qualcosa di sinistro nel biancore della sua pelle.
“E' solo un'esercitazione. Torna a letto immediatamente.”
"Ma!”
“Buonanotte.”
La strega scese di sotto, congedando la ragazza senza una spiegazione, in piedi, al centro della stanza. Nella Sala Grande, le candele si erano ormai consumate su loro stesse e vomitavano sottili fili di fumo.
La professoressa attraversò il quadro. Letteralmente.
Fuori, nel buio, c'era un ragazzo.
Un movimento di bacchetta e la donna scomparve in uno scintillio vivace.
Severus Piton respirava così lentamente da sembrare morto. Gettò un'occhiata alla stanza.
Tutta la scuola era caduta addormentata, ma qualcuno aveva un'indole troppo forte per cadere nel trucchetto.
Gli altri suoi professori fantocci avevano rimesso a posto i ribelli. Sapeva che Lei sarebbe stata uno di loro. Lei non si piegava mai.
“Stupida.” bisbigliò, con occhi persi.
E stupidi quei quattro, ad avere la presunzione di riuscire ad essere talmente forti da imbrigliare un'intera scolaresca con le loro bacchette. Si chiese che cosa accidenti stesse facendo Silente, nel suo studio. Era chiaro che lui non stesse dormendo. Eppure, gli lasciava l'onere di risolvere i pasticci di coloro che odiava. Una prova? Un test? Era veramente più sciocco di quanto pensasse.
Un gufo pigolò nell'aria. Severus si rimise il mantello.
Eppure...
Si voltò a guardare la Signora in Rosa, che riposava nella sua cornice. Eppure era lì, a creare fantocci.
Per chi? Per chi si ostinava a lottare?
Una smorfia sul suo viso. Il gufo pigolava ancora, infastidito di essere stato disturbato.
“Tu finirai per ammazzarla, James Potter.”
 
 
 
 
 
Quella mattina, James Potter e i malandrini non erano a lezione.
Lily Evans si lasciò andare ad uno sbuffo seccato. D'altronde, che le importava: era meglio cosi.
Di solito facevano sempre troppo chiasso. Che continuassero pure di quel passo, fino alla bocciatura: non avrebbe gradito di meglio.
Le spiaceva solo per Remus, trascinato senza freni in contesti da teppista dove c'entrava come un pesciolino nel deserto.
La testa le doleva. Non aveva assolutamente scordato gli strani avvenimenti dell'altra notte e la cosa più bizzarra era che tutti gli studenti si erano svegliati in botta. Letteralmente devastati, come se si fossero presi tutti una sbronza colossale.
Qualcosa non quadrava.
Ma la professoressa Mcgranitt sapeva cos'era e sembrava così sicura di sé. Non era nella sua indole mettersi a discutere contro chi aveva il comando. Quella era una cosa da Potter. Potter... ma dove cavolo era Potter?
"Lily Evans, vuole stare attenta?" tuonò il supplente di pozioni e la giovane sobbalzò, lasciando cadere molte gocce di liquido verde dentro un calderone ribollente. La pozione, da color mattone quale doveva diventare, diventò giallo canarino.
“Maledizione.”
Il professore, un uomo alto e smilzo dal naso lungo e all’insù, la guardò con una smorfia.
“Stava pensando ad altro o sbaglio? Le pozioni non sono giocattoli. Serve concentrazione.”
Al contrario del buon Lumacorno, il supplente non sembrava covare simpatia per la prefettina.
Osteggiava un comportamento quasi sprezzante nei suoi confronti, non volendo riconoscere che una ragazza di diciassette anni era decisamente più in gamba di lui. Lily Evans era una vera bomba in pozioni. E l’invidia era una bruttissima bestia, difficile da scacciare… Lumacorno aveva scelto certo il giorno perfetto per farsi invitare ad Hollywood da chissà quale amica attrice. Era fuggito via talmente in fretta che sembrava gli avessero punto il sedere, non appena ricevuta la lettera d'oro. Non accadeva di rado.
La rossa fissò sconsolata il filtro ormai dannosamente rovinato.
Stupido Potter...le aveva fatto sbagliare tutto e avrebbe preso la prima "S" della sua vita per colpa sua.
La campanella soffocò la sua imprecazione leggermente poco femminile. Si alzò borbottando come una teiera incandescente, uscendo dall'aula.
I corridoi trasudavano di polvere magica.
Gufi planavano sulle teste lanciando acuti striduli. Scansò, masticando una mela, una Lettera Volante e saltò un manico di scopa che voleva farle lo sgambetto, adocchiando la lista degli orari.
Incantesimi. Serviva una provetta di Assenzio.
Improvvisamente, si ritrovò davanti all'infermeria, e a due sederi alquanto graziosi che la fissavano con fare impudico.
"Lily!"
Il sedere di destra si voltò, rivelando un sorriso lentigginoso munito di apparecchio e una folta chioma di riccioli castani.
“Che state facendo, Monique? Perché spiate Madama Chips?” chiese la rossa, vagamente divertita.
“Oh, Catley aveva voglia di pettegolezzi.” minimizzò quella, mentre la seconda ragazza si raddrizzava, portando il dito alla bocca e facendo un sonoro “shht! Ci sente!”.
Tassorosso, bassa, una corta zazzera bionda, e due occhi simpatici, incredibilmente grandi. Le strizzò l'occhio.
“Ci sono i Malandrini in Infermeria. Malconciati.”
Black out.
Ma solo per un istante.
“Potter sarà caduto dalla scopa, forse la forza di gravità ha capito di non poter reggere il peso del suo ego.”
Le due ridacchiarono.
“Sei irrecuperabilmente acida, Evans.”
“Ma sei anche tremendamente curiosa...” Monique le si avvicinò miagolando. “Ed è tuo dovere di Prefetto sapere che cosa è successo, o sbaglio?”
“Esatto! TU, puoi entrare.”
“Oh, per l'amor del cielo.”
"Fai un favore a due amiche."
Loro non erano sue amiche. Lo pensò in un istante, senza aver il tempo di riflettere. Qualcosa di spiacevole le colò giù per lo stomaco. Ora che ci pensava, lei non aveva più nessuno da considerare amico da quando Piton l'aveva abbandonata. Chiacchierava e rideva con le compagne di corso ma...
Una immagine le arrivò in testa prima che potesse fermarla. Potter, circondato di persone. Potter, che tutti sembravano amare alla follia. Potter, pieno di amici.
Mentre tu te ne stai sola nel tuo angolino con la tua supponenza...
"Evans? Yuhu?"
Sbattè le palpebre, mentre quelle due la fissavano in attesa. Cristo, era veramente assurdo.
"Non alimenterò mai la vostra sete di scemenze."
La riccia la fissò sorridente. Poi, con un lieve colpetto, le fece cadere di mano la provetta di assenzio, che si sfracellò al suolo con un suono desolato.
“Hey!”
“Ops.” la guardarono, diaboliche. “Che sbadate. Ora dovrai proprio chiedere a Madama Chips di dartene un'altra.”
“Siete pessime.” ringhiò la grifoncina, trasfigurando i resti. "Veramente pessime, ragazze."
Quelle si stamparono in faccia il più angelico dei sorrisi. Sapevano con assoluta certezza che anche l'altezzosa Prefetto di Grifondoro si sarebbe fatta mangiare viva dalla curiosità. E così effettivamente fu.
"Allora ci vediamo più tardi, Lily."
Avevano appena vinto un match.
 
 
 
La porta dell’Infermeria si aprì, cigolando...e lei che non voleva fare rumore!
Maledisse mentalmente le due streghette che, da fuori, se la stavano godendo come dannate.
In realtà, chi voleva prendere in giro?, pensò di malavoglia. Voleva delle risposte anche lei.
Nella stanza c'era un piacevole silenzio, interrotto dal rumore di qualche contagocce. Prese in mano distrattamente una fiala di assenzio, posandola in borsa e allungando il naso.
James Potter stava dormendo. Negli altri letti, i Malandrini ronfavano separati da delicate tendine.
Uno sguardo più attento e il suo respiro fischiò, trattenuto tra i denti.
Ma che accidenti aveva combinato?
Il Grifondoro era ricoperto di graffi e puzzava di terriccio. Sempre se fosse terriccio, quello. Un grosso livido gli deturpava lo zigomo sinistro. Sulla fronte, un taglio da almeno cinque punti. Le braccia erano una mappatura di ematomi violacei.
Senza rendersene nemmeno conto, si era avvicinata.
Quando dormiva, Potter teneva le labbra leggermente aperte. Una gocciolina di saliva brillava sul labbro inferiore.
Il suo respiro era...lento. Calmo, piacevole da ascoltare.
Sembrava decisamente innocente.
Senza nemmeno accorgersene era chinata su James ad osservarlo meglio… che silenzio c'era nella stanza... le labbra carnose di lui erano così invitanti...veniva voglia di toccarle con un dito…
Ed improvvisamente quello aprì gli occhi, di scatto, come una bambola. Una mano le passò, rapida, sul viso, l'altra le cinse la vita.
"Buongiorno, Evans!"
L'urlo che uscì dalla bocca di Lily Evans fu abbastanza elevato da svegliare tutti quelli presenti in stanza, e forse anche qualcuno fuori.
“Maledizione, POTTER!” ululò, furiosa. "La vuoi piantare di fare così?!"
"Sei incredibile, rossa, ci caschi a ogni scherzo che ti faccio.”
"Fi…fingevi di dormire?!"
Una solare risata come risposta. Il cuore le rimbombava nel petto come un tamburo.
Sentiva ancora il suo tocco sulla guancia, rapido, leggero. Incandescente.
"Potter...io ti..."
"Sei venuta a trovarmi. Allora di tieni a me, eh, Evans?"
"Eh?! Ma che diavolo vai a pensare!" la voce della povera grifoncina si fece molto acuta.
Peter sorrideva e Sirius, più cafone, sghignazzava.
Come al solito la metteva in imbarazzo davanti a tutti. Sembrava non saper fare altro.
"ERO VENUTA PER PRENDERE UNA COSA DALLA INFERMIERA, NON CERTO PER TE!" La sua voce avrebbe spaccato i vetri.
James smise di ridere.
"Guarda che scherzavo!" esclamò stupito.
Lily si morse il labbro inferiore.
"Sì beh...ora lo sai."
Ansimava, sentiva il viso in fiamme. Si rese conto di apparire vagamente isterica e cercò di calmarsi.
Era come al solito sotto i riflettori, e lo detestava. I malandrini la fissavano con tanto d'occhi e fu solo il notare che uno di loro non le prestava attenzione che la tolse d'impiccio.
Lupin le dava le spalle, immobile. Il suo respiro era regolare. Poi, si grattò un orecchio, con un movimento nervoso. Non stava dormendo, quindi.
James colse lo sguardo di Lily ed improvvisamente nella sua voce ci fu una vena di disagio: “Meglio che vai Evans...hai lezione, no?"
"Che? Oh già..."
La ragazza scattò verso la porta, desiderosa di andarsene in fretta.
"Aspetta! Ma prendi ciò che ti serve?" le gridò dietro James, perplesso.
"Cosa devo...? Oh ...giusto!" La rossa agguantò una cosa a caso dall’armadietto, senza neppure guardare e, notando che il rossore sul viso aumentava, corse fuori come una furia. Travolse letteralmente le due compagne che, inebetite, si fissarono l'un l'altra con un grande punto di domanda in testa.
James fissò perplesso la porta da dove era schizzata fuori.
Quella ragazza a volte era davvero troppo svalvolata.
Era ancora fisso sulla porta quando sulla nuca gli arrivò una pallina di carta. Sirius lo fissava, accanto alla finestra. Il suo dito indicava silenziosamente qualcuno che non aveva ancora aperto bocca dalla scorsa notte.
Se ne stava girato di schiena sul suo materasso, l’ultimo della fila, a fissare il muro, ostinatamente.
Lo sguardo perso, vacuo.
Come quello di un sonnambulo.
“Remus.”
La voce di James uscì più dura di quanto non desiderasse.
Un muro di silenzio ad accoglierla.
“Eddai.” Sirius Black sospirò, a metà tra il seccato e l’imbarazzato. “Falla finita, imbecille.”
Nessuna risposta.
"Senti...guarda che…" cominciò James, con una mano dietro la nuca, ma Lupin lo zittì.
"Mi dispiace."
Remus Lupin balzò a sedere, tra le sopracciglia una riga aggrottata. Si guardò le mani.
“Ho perso il controllo. E a causa mia siete finiti qui, ricoperti di ferite.”
Black sghignazzò, indicandosi un lungo graffio sulla guancia.
“Vorrà dire che ripagherai, quando sarò messo meglio.”
“E’ sempre uno scherzo per voi?” la voce di Lupin si alzò di qualche ottava. Arrossì, le braccia tremavano.
Rabbia. Ribollente.
“Non arrabbiarti, Remus.” ridacchiò Minus, nervoso. “Non è successo nulla in fondo.”
“Poteva capitare di tutto.” Il ragazzo esplose. Un vaso si frantumò contro il vetro. “Potevo schiacciarvi, mutilarvi...farvi diventare... come... me.”
“Diventare un rompipalle precisino? Piuttosto mi farei mordere da un lupo mannaro.”
Si voltarono tutti verso Potter, che sorrideva, sornione. Remus era così sorpreso che non seppe replicare.
“Parliamoci chiaro, una volta per tutte.” il capo dei Malandrini si alzò e, lentamente, raccolse i cocci del vaso distrutto. Uno ad uno, con delicatezza. “Sappiamo benissimo quali rischi corriamo.”
“No, non lo sapete.” ora la voce di Lupin era desolante, desolata. “Non voglio svegliarmi la mattina dopo e sapere di avervi fatto a pezzi. Non voglio più essere accompagnato.”
"Non dirlo nemmeno per scherzo!" esclamò Sirius.
"Esatto! A noi fa...piacere!" aggiunse Peter.
"Ma per la miseria, Minus, ti trasformi in un topo! Come potrebbe farti piacere? Potrei schiacciarti! E non che voi due altri siate messi tanto meglio, visto il modo in cui siete conciati. Sentite...lo so che a voi sembra che vada tutto bene, che sia addirittura incredibile e sicuramente ora avete delle fantastiche e lodevoli intenzioni ma, credetemi, tutto questo non durerà. Non sarà sempre tutto rosa e fiori e non accetterete per sempre di dedicarmi una notte al mese della vostra vita, rischiando magari di crepare perché sbaglio qualche calcolo di astronomia. E' una partita troppo rischiosa quella che giochiamo e non voglio né mi sento in diritto di chiedervi tutto questo."
Come tutta risposta gli arrivò un cuscino in faccia. Ora li ammazzava sul serio.
"Senti..." Ramoso aveva occhi che bollivano tutto intorno. Lo fissò talmente serio che finalmente Remus ammutolì. "Forse la luna stavolta ti ha fritto il cervello e bruciato gli occhi ma visto che non te ne sei ancora accorto, noi siamo ancora qui, non ci hai fatto nulla. Ci siamo capiti? E’ decisamente inutile piangere sul latte versato. Siamo usciti troppo tardi dalla scuola, l’ansia ha giocato il brutto scherzo e hai solo risentito della tensione. Oppure, sì, dannazione, probabilmente hai sbagliato qualche calcolo, probabilmente il grande Remus Lupin dopo diversi anni si è concesso il lusso di fare un errore. Ma quello che so per certo è che non capiterà mai più. E non permetterti nemmeno di poter stabilire quando e come levarci dai piedi, perché non accadrà. Che siamo molto più di un gruppo questo è ormai palese, e se posso ascoltare i battiti del cuore di Sirius mentre fa sesso a chilometri di distanza, di certo posso anche sopportare qualche graffietto.”
“Io non...”
“Tu non hai potere decisionale su questo.” finì James. “E’ tardi per cambiare idea. Anche volendo, non riusciremmo a rimanere separati. L’abbiamo accettato anni fa. Si prosegue, come è sempre stato.”
Silenzio.
"Che dire?" Black alzò le spalle. "Sono d'accordo con lui."
"Credo che non ci sia una sola volta in cui io non sia d'accordo con Ramoso." trillò Peter, estasiato.
Remus si passò una mano sul viso, stanco.
“Non c’è proprio verso di farvelo entrare in testa, eh.” Si lasciò andare ad un sorriso sbieco. “Siete peggio dei muli.”
“Non è così facile disfarsi di noi. E soprattutto...” Sirius gli agguantò un orecchio, strattonando. “Non-è-colpa-tua-REM!!!"
“Ok, ok, basta.” il biondino ridacchiò. Alzò lo sguardo, negli occhi d’oro del suo amico. Del suo compagno.
Un calore intenso sciolse il dolore che gli si annidava nel petto.
“Grazie. James.”
E, tirando un interiore ed egoistico sospiro di sollievo, seppe finalmente che non sarebbe stato lasciato solo.
Qualunque fosse il prezzo da pagare.
 
 
 
Quel pomeriggio non c’era un solo mago all’interno di Hogwarts che non sbirciasse torbidamente la porta dell’infermeria, ma questa rimaneva categoricamente chiusa. I malandrini rimasero ancora un paio di ore a gongolare dell’assenza di lezioni, prima che Madama Chips perdesse le staffe per il fastidio che le procuravano e li cacciasse fuori a calci.
“Se avete tutta questa voglia di distruggermi la stanza significa che state bene.” Sibilò, in un travaso di bile, dopo che tre dei suoi quattro adorati pazienti avevano tirato fuori da chissà dove una pluffa e cominciato una partita all’ultimo sangue. Remus, nel tentativo di farli smettere, aveva fatto il resto: inciampando in una tenda, aveva graziosamente rovesciato un bel po’ di provette che rompendosi emanarono gas voluminosi generando il panico più totale.
La Sala Grande li accolse in modi differenti, ma perlopiù i loro compagni li avvolsero con il loro solito e caloroso modo di fare.
“Dimmi che hai pestato ancora qualche stronzo verdeargento.” Implorò Paciock con aria sognante, agguantando Black. “Fammelo sentire con le mie orecchie.”
“A me sembra più che le abbiano prese.” Frecciò malignamente Nott, sventolando orgogliosamente la sciarpa Serpeverde sotto i loro nasi.
“Impiccati, stupido pollo.” Ringhiettò Geky Bell, alzando il medio. “Piuttosto voi, siamo davvero taaanto contenti che qualcuno tipo Nott abbia qualche livido in più ma ci manca tanto così che alla McGranitt prenda un colpo.”
“Senza contare la Coppa delle case.” Tubò Arthur Weasley, un rosso tutto lentiggini che aveva sempre il buon umore. “Sono in testa i tassorosso, ed è tutto dire.”
“Che hanno fatto i Corvonero?” si stupì James, posizionandosi al solito posto della tavolata e spargendo compiti tutt’attorno.
“Si dice che la Chang abbia organizzato un festino. Gazza li ha beccati in pieno mentre spacciavano erbe non propriamente legali.”
“La Chang?” Black si grattò il mento. “Non è la coreana con cui hai avuto una tresca al quarto, Ramoso?”
“Sì, ricordo anche io. Si è infilata nella nostra sala comune per un paio di settimane.” Aggiunse Peter.
“E’ cinese.” Corresse blandamente lui. “In ogni caso, non abbiamo di che preoccuparci. L’anno nuovo è appena iniziato, o sbaglio?”
“Appunto. C’è ancora un anno intero per farci rovinare la faccia dalle vostre cazzate.”
“Grazie della fiducia! E, tanto per la cronaca, non ci ha beccato nessuno. Siamo solo finiti troppo vicini a quel Platano della malora. Niente punti in meno.”
“Prima o poi lo brucio, quel coso.” Sibilò Alice, scuotendo la lunga coda di cavallo. “E’ un attentato alla salute pubblica.”
“E’ un albero secolare di immensa importanza storica.” Giuly Spinnet,  nera e altissima, alzò gli occhi al cielo. “E comunque mi chiedo che cosa ci sia di così grandioso nel venire premiati per essere stati dei bravi bambini. A me sa un po’ di sfigato.”
“Miele per le mie orecchie.” Tubò ramoso, cingendole un braccio intorno alle spalle e strizzandole l’occhio. “Finalmente qualcuno che l’ha capito. La coppa delle case non è così importante. Anzi, che se la tengano i Tassorosso.”
“Così alla nostra Prefetto viene un infarto.” Ridacchiò Peter. “A proposito, dov’è? Stamattina era davvero strana.”
“La piantate di molestarla?” frecciò Geky, notando come Potter girasse la testa e stringesse gli occhi nel “tentativo di beccarla. “Vi siete infilati in camera sua,  razza di maniaci.”
“Hey!” Sirius mise le mani in avanti. “Guarda che era solo uno scherzo. Non era certamente per infilarci nel suo letto. Non siamo mica dei pervertiti.”
“Parla per te…” se la ghignò James.
“Tu hai una bella ossessione che ti devi far curare. Quella ti farà finire male, se continui così.”
Era come parlare con un muro, perché quello nemmeno lo stava più ascoltando. Fissava la bella rossa che, solitaria, sistemava alcuni compiti accanto al caminetto. Settembre quell’anno si era rivelato particolarmente freddo e le fiamme lambivano già gli infreddoliti studenti ingobbiti sulle pergamene.
“Arrivano i gufi.” Mormorò Remus, quando una ventina di pennuti chiacchieroni planò oltre la finestra. Alcuni studenti si coprirono le teste con le borse. Meglio prepararsi ad ogni evenienza.
C’era sempre un brivido freddo ultimamente, quando la posta arrivava da casa. Non erano solo i mezzosangue a rabbrividire. C’era qualcosa di veramente marcio nella società, e quel qualcosa stava iniziando a piantare semi.
Erano lontani i tempi in cui la peggior notizia che una lettera potesse trasmettere fosse che erano finiti i fondi per comprare una scopa volante.
Rimanere lì, chiusi in quella bella bolla magica che era Hogwarts, spesso faceva loro dimenticare come stava andando il mondo. L’arrivo dei gufi sembrava riportarli alla fredda realtà.
Quello che fece incuriosire James Potter fu che la sua mezzosangue preferita non ebbe un brivido uguale a quello degli altri.  Una lettera le cadde vicino, e lei strinse i pugni. I suoi occhi diventarono freddi.
La vide portarsi al petto quel pezzo di carta e chiudere le palpebre per qualche istante.  Si alzò, si intascò la busta, diede un distratto buffetto al gufo reale e uscì dalla stanza.
Gli occhi vacui. Occhi persi in altro. Quasi…svuotati.
“Se ti dico che le rane sono pronte, la smetti di fissarla? Sembri davvero un maniaco.” Sirius lo riportò alla realtà. “Remus non dovrebbe scoprirlo. Si incazzerebbe un sacco.”
James sorrise.  Si incazzerà anche lei.
“Scommetto che si metterà a strillare.”
“Sai, Ramoso? Un tempo gli strilli femminili che ti eccitavano erano ben altri.” Sospirò Black, scuotendo i capelli. “E alle donne facevi altro, e non certo rovesciare loro in testa una secchiata di rane viscide e bavose.”
“Hey!” protestò  quello, indignato. “Non ho mica cambiato gusti, se per quello.”
“Ah sì?” gli occhi commiserevoli di Felpato erano sempre irritanti. “Davvero? Quand’è stata l’ultima volta che ti sei portato a letto una ragazza?”
Silenzio.
“Ecco, appunto. Guarda che stai peggiorando. Quella ti farà finire male.”
“Le uniche a finire male saranno quelle povere rane che le piomberanno in testa.” Sbottò James, colto sul vivo. “E ti assicuro che la mia vita sessuale non ha a che fare con Evans. Va più che bene.”
Se ne andò, mollando Sirius che gli aveva risposto con una sonora risata. Quel tipo era maledettamente sveglio, e sembrava conoscerlo meglio di chiunque altro.
Ma non aveva centrato il punto, non stavolta. Solo che… James ripensò seriamente alla sua vita al di sotto delle lenzuola. Nemmeno se ne era accorto che il suo letto era rimasto vuoto a lungo, negli ultimi tempi.
“Che bastardo.” Sibilò tra i denti, con un diavolo per capello.
Non voleva dire nulla, pensò, scivolando per i corridoi con in mano una certa mappa della scuola che a distanza di anni si sarebbe rivelata fondamentale per il mondo intero.
Non voleva dire proprio nulla.
 
 
 
“Dovevi proprio nominare la sua astinenza degli ultimi mesi?” Remus Lupin sospirò, schioccando a Black uno sguardo severo. “Ora chissà chi ci porta in camera.”
“A me non dispiacerebbe trovare qualche bella ragazza che gironzola nuda per la stanza.” Ridacchiò Minus. “A volte ti lamenti delle cose più strane, Rem Rem.”
“Non chiamarmi Rem Rem, tu!”
Sirius prese posto davanti ai compiti, sbuffando. Portava la camicia scollata e più di una streghetta ci avrebbe volentieri fatto un tuffo tra quei bottoni.
“Sta seriamente cominciando a preoccuparmi.”
“Oh, ma certo. Rischia l’osso del collo un giorno sì e l’altro pure ma quello che ti preoccupa è che non fa sesso.” Frecciò il lupetto, acido.
“Per carità.” Rimbeccò lui, sornione. “Già devo cercare di fermare la TUA, di astinenza.”
Remus arrossì come una ragazzina, ammutolendo.
“Oh, sì, non pensare che mi dia per vinto.” Tubò Black, ammaliatore. “La troverò prima o poi una che ti farà perdere la testa.”
“Se è come quelle che frequenti tu…” berciò Remus. “Sprechi solo il tuo tempo.”
“A volte non ti capisco, Lunastorta. Veramente. Potresti davvero davvero davvero divertirti, inizio a pensare che ti piacciano i ragazzi.”
“E io inizio a pensare che tu voglia una bella botta in testa.”
Non c’era proprio verso, pensò il malandrino, versandosi da bere. Uno aveva una ossessione feticista per l’unica ragazza che mai nella sua vita si sarebbe infilata nel suo letto e l’altro scappava  via ogni qualvolta provava un’emozione umana e normale.
Si ricordò di certi avvenimenti, che a saperlo un Serpeverde ci avrebbe fatto delle belle ghignate. Remus Lupin scappava dalle ragazze come se fossero fuoco vivo. Aveva infranto il cuore di più di una streghetta ma a quanto pare il principino portava una bella e indistruttibile cintura di castità che non avrebbe tolto nemmeno sotto tortura.
“Ti diventerà di piombo, se continui così.”
Si chiedeva veramente come facesse a resistere alle tentazioni. Lui non era mai stato capace di trattenersi e la lista delle signorine che facevano avanti e indietro dal suo letto sembrava non finire mai.
Improvvisamente, una lettera gli cadde sulle ginocchia e nel tavolo dei Grifondoro calò un silenzio carico di significati.
“Questa poi.” Si lasciò sfuggire Peter, adocchiando la bella scrittura che rilegava la busta. “La tua famiglia ti ha scritto.”
Il tavolo rosso e oro tremò. Sirius Black lo fece tremare solo con la forza della propria furia.
Fu un istante, e poi tornò tutto normale. Ma, sentiva addosso gli sguardi dei suoi compagni.
E non solo.
Stirò un sorriso diabolico e la lettera prese letteralmente fuoco tra le sue mani.
“Che spreco di tempo.”
“Stai bene?” Remus gli scoccò addosso uno dei suoi soliti sguardi da mamma apprensiva e Black si sentì soffocare.
Soffocava mentre tutti gli puntavano gli occhi addosso. Soffocava mentre la lettera si accartocciava su se stessa.
Non avevano ancora smesso di rompergli le palle, a quanto vedeva. E la cosa gli avrebbe rovinato l’intera giornata. Quasi rimpianse di non aver seguito James nel suo scherzo.
Scoppiò in una risata, battendo una mano sulla spalla dei suoi due compagni. Ma dentro tremava e, lo sentiva.
Al tavolo dei Serpeverde due bei paio di occhi lo fissavano in silenzio. Due freddi e grigi come la polvere, gli altri neri come carbone e incendiati di furore. Li avvertiva sulla schiena, implacabili.
E la distanza tra le due tavolate non gli sembrò mai così tanto breve.
 
 
Camminava con almeno una cinquantina di ranocchie che galleggiavano sopra la testa, stando attento a non incrociare nessun professore.
James Potter appariva ben strano, con il naso spiccicato sulla mappa del Malandrino e cinquanta esserini gracidanti che si beavano un bel giretto peri corridoi di Hogwarts.
La Prefetto gli aveva dato un bel da fare, visto che la stava seguendo da mezz’ora nel tentativo di beccarla in un posto che non fosse assediato dai professori.
Improvvisamente la vide svoltare nella guferia e un bel ghigno gli si affacciò sulle labbra.
In trappola, Evans.
Ed improvvisamente il suo cuore si mise a battere sul serio e fu solo con un immenso sforzo di volontà che si convinse che fosse solamente per l’ansia di fargliela pagare.
Salì le scale in preda a pensieri e sensazioni contrastanti, lottando contro se stesso come ogni qualvolta che gli capitava di trovarsi da solo con quella bellezza, quando qualcosa lo bloccò di colpo.
Stava immobile, affacciata alla finestra. Fissava il vuoto, tra le mani una lettera stropicciata.
Aveva gli occhi inondati di lacrime e per un istante James Potter credette davvero che lo stomaco gli si fosse strizzato dentro.
Piangeva.
Lily Evans piangeva veramente.
Era così preso di contropiede che il ginocchio gli si schiantò contro il rastrello che Gazza usava per pulire gli escrementi di gufo, facendogli uscire prima di accorgersi dell’errore, una imprecazione che fece scandalizzare tutti i pennuti lì vicino.
Mentre quelli iniziavano a tubare come dei pazzi, la bella rossa si voltò di scatto e nei suoi occhi sgranati ci fu qualcosa che gli fece perdere il senso delle cose.
L’incantesimo si interruppe e cinquanta rane gli piovvero in testa con un rumore viscido, inondandolo di bava.
“Oh, cazzo. OH, CAZZO.” James Potter saltellò su un piede solo, scrollandosi di dosso le ultime rane rimaste, rendendosi conto di apparire immensamente ridicolo e ringraziando il cielo di non essere in pubblico.
“P-Potter.”
Rimase immobile, con una rana sulla testa, a fissare Lily Evans e la sua espressione indecifrabile. Le lacrime le rigavano ancora il viso, e i suoi begli occhioni erano due palle verdi talmente erano spalancati.
Doveva sembrarle incredibilmente deficiente.
Trasfigurò le rane e la bava, tirando giù le peggio bestemmie, ma a quanto pare tirar fuori la bacchetta in quel momento non fu una delle sue idee più geniali perché la rossa sibilò come una gatta incazzata e lo schiantò al terreno con un incantesimo.
Si ritrovò a gambe per aria nel giro di due minuti ma non era certo uno che si faceva schiantare in quel modo.
Con un colpo di reni si risollevò in aria e parò un altro incantesimo che gli stava finendo dritto nello stomaco.
Lily Evans aveva gli occhi freddi.
“Ma cosa diavolo ti è preso?!” gli ringhiò contro il malandrino, mentre quella ansimava.
“Che cosa accidenti ci fai qui?” la voce della Evans avrebbe gelato l’inferno e per un istante lo paralizzò. Era rabbia, rabbia pura.
“Io…” Potter balbettò. Il grande James Potter che balbettava. “Io ti stavo cercando e…ti ho vista piangere...”
Mossa sbagliata.
“Mi stavi cercando?” la rossa gli scacciò contro un ghigno amaro e gelido. “Vuoi farmi un altro scherzo idiota, James Potter? Pensi davvero che non abbia la forza per spedirti da dove sei venuto?”
“Io…no! Cioè, sì, era uno scherzo ma…”
“D’altronde io sono questo per te, no?” la voce della Evans salì di qualche ottava. “Una sporca mezzosangue, una che non vale nulla!”
Black out.
Cosa?!
“Non ho bisogno di te e nemmeno delle tue cretinate!” Lily Evans iniziò a strillare. “Pensi di potermi battere come se fossi una bambina, pensi che solo perchè io sia una mezzosangue tu possa davvero fare di me ciò che desideri…” Alzò il braccio, perdendo il controllo. La sua bacchetta scintillò. “BEH, ORA LO VEDRAI.”
James Potter scattò senza pensare. Buttò la bacchetta a terra, le corse incontro. Le afferrò il braccio nel giro di pochi secondi, e un incantesimo sfrecciò verso il lampadario, facendo esplodere le sue lampadine.
La schiantò contro la parete bloccandole le braccia e immobilizzandola con il suo corpo.
Lily Evans rimase ferma, assurdamente sorpresa. Ansimarono entrambi e si fissarono negli occhi ma…
Non si mossero.
James poteva sentire ogni centimetro del corpo della Grifoncina pigiato contro di lui. Ma lei non si muoveva. Non si ribellava più. Le lacrime le si stavano asciugando sulle guance, creando striscioline salate sulla pelle.
Il suo cuore batteva all’impazzata. Lo sentiva attraverso la sua camicetta.
Rimasero così, fermi, ansimanti. Si fissavano negli occhi e per un folle momento il mondo parve girare al contrario.
Poi sentì sotto le dita lo stropiccio della lettera. Lei sgranò gli occhi, e improvvisamente si fece fredda.
James si allontanò da lei. Nelle mani stringeva la busta.
“Dammela subito.”
“No.”
Perché aveva detto no? Non si era neanche accorto di avercela tra le mani. Ma ora era lì, e qualcosa gli ronzava nella testa. Lei fece per afferrarla ma lui meccanicamente alzò il braccio.
Gli occhi di lei si fecero di nuovo rossi e James Potter si maledì per quel gesto da bastardo. Ma, era più forte di lui.
“Fa come ti pare.” Gli sibilò la rossa, superandolo e sbattendosi la porta alle spalle.
Le aveva fatto del male. Se ne rese conto appena la sentì fuggire via. La lettera che l’aveva letteralmente distrutta sembrava scottare tra le sue mani. Perché l’aveva presa? Perché non gliel’aveva ridata?
La fissò con una strana sensazione. Disagio, sconfitta. Vuoto dentro.
L’aveva ferita, pensò, fissando la porta da dove era scomparsa. Sembrava non saper fare altro che ferirla.
 
 
 
 
 
 
Il fuoco brulicava nel caminetto. Ondate di lava si riverberavano sul volto asettico di una stanza raffinatamente intagliata nel marmo. Pesanti tende color porpora, qualche comodino di pregiata fattura.
Il buio creava solchi difficili da ignorare. Il buio era ovunque, in piccoli filamenti di seta nera. Sui muri, sui freddi quadri.
Un bicchiere scintillava tra due mani pallide. Mani di donna.
Il rossore del vino che sorseggiava come una vampira era pari a quello della bocca rigida, severa. C'era una pienezza sensuale in quella bocca, ma era dissipata da rughe sottili attorno alle guance.
Appoggiò il vino sul tavolo, stringendosi il colletto in pizzo attorno ad un collo. Occhi bruni, sadici. Vacui come quelli di un ragno.
E come un ragno, l'uomo al suo fianco tesseva le sue ragnatele attorno al pallido spettro che era diventata Hogwarts.
Il suo compagno era avanti con l'età, ciò nonostante conservava ancora soffici capelli neri, tagliati corti, qualche filo bianco sulle tempie. Aveva il corpo rigido come uno stocco, ed occhi freddi che sapevano di pioggia, di quel tipo di pioggia che fa annegare i bambini.
Il signor Black non era mai stato mal vestito. Mai.
C'era un sottile gioco nel mondo, e lui sapeva coglierlo: abiti costosi promettevano costosi affari. E lui la conservava bene quell'immagine velata di sé, di eleganza, alterigia, tanto che gli era rimasta appiccicata fino al letto, quando la sera si coricava.
Indossava in quel frangente una morbida tunica di seta blu, intarsiata di filamenti verde rame.
Walburga era invece un bozzolo di compostezza. Una veste neutra rigidamente allacciata, capelli raccolti in una stretta crocchia.  Solo la bocca dava ancora l'immagine della strepitosa e florida bellezza del suo passato. Ora era lo spettro di quei tempi: lo sguardo arricciava e si infiammava come quello di una folle, in modo così sottile che solo avvicinandosi se ne aveva la percezione.
Ma quella sera, era più acceso che mai.
"Giochi un gioco pericoloso." sibilò.
Il marito non diede segno di averla sentita. Fissava il fuoco, assorto. All'ultimo istante, le rivolse un pigro sguardo.
"Sulla scacchiera ci sono stato messo a forza."
"Ciò non toglie che ti piaccia."
"Piace ad entrambi, mia cara. Sapevamo che sarebbe accaduto."
"Consiglierei solo di usare prudenza." la donna mosse piano la testa, come un serpente. "Non è gente con cui si può agire d'impulso. Ti stai facendo nemici pericolosi."
"Quella gente sarà cenere prima che possa anche solo sfiorare la mia veste."
"E chi sarà ad accendere la miccia?"
Un brivido intenso. Sapevano chi sarebbe stato. Lo sapevano da tempo.
Lui.
"Lui...non si può deludere." Il signor Black parlò piano. Quel nome andava sussurrato piano.
"E quando il mondo andrà in fiamme, sarà bene essere dall'altra parte dell'incendio."
Walburga scrollò il capo all'indietro e scoppiò a ridere. C'era una presenza strana nella sua risata. Walburga sembrava costantemente infuriata.
"E finalmente non sentirò più quel terribile fetore!"
"Il fetore dei babbani scomparirà anche prima di quello dei nemici." Orion Black ghignò. "Sono bestie al macello."
La risata di lei finì.
"In ogni caso..." una voce fredda. Quella di una donna morta. "Sarà bene eliminare dal nostro cammino...inconvenienti spiacevoli."
Un guizzo di odio, fastidio e rammarico negli occhi placidi del marito. Non le rispose ma la donna non aveva voglia di chiudere ancora il becco su quell'argomento.
"Ti ricordo che tu hai altri figli. Non credo nel tuo piano, mio caro. Quel ragazzo è perduto."
Lui si alzò, solleticandole il mento.
"A volte mi domando di chi tu sia figlia. Di un demonio." Ma lo disse con un sorriso ghiotto, di chi scopre le caramelle più buone nella zuccheriera. Lei sorrise brevemente. Una parodia di felicità.
"Da quando ti importa di un traditore? Non farmi una paternale inutile, perchè provi quello che provo anche io. Non devi provare, e di certo non provi, sentimenti nel petto verso chi ti ha sputato in faccia il tuo nome come se fosse sterco."
"Ciò non di meno, mi importa proprio di quel nome. Saperlo in uno schieramento...inadeguato...è per me motivo di imbarazzo. Sono delicate situazioni, mia cara. Basta un leggero tocco di ali per uccidere una falena."
La mano si strinse attorno al bicchiere.
"Il nome dei Black dev'essere sempre sulla bocca di chi ci teme. Non tollero che sia inquinato da azioni sconsiderate. E poi..." La rivolse una gelida carezza. "E' dal tuo grembo che è uscito. Deve avere, da qualche parte, il tuo temperamento. Quello di cui abbiamo bisogno." La carezza si irrigidì sulla gota bianca della donna. "E glielo tirerò fuori. Dovessi strappargli il cuore."
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Morsi. ***


 
 
 
-A volte non riesco a capire se tu sia illusa o semplicemente stupida, Lily.
Ma io non ho tempo da perdere. Mi pareva di essere stata abbastanza chiara, no? Ti ho già detto che per me non esisti ma a quanto pare non riesci a cogliere il messaggio. Ho dovuto pulire sterco di gufo per due giorni interi ma, dio, ancora sono qui a supplicarti di lasciarmi in pace. Abbiamo chiuso, ho chiuso con ogni cosa che riguarda te, che riguarda quel mondo orribile nel quale ti sei immersa e che mi ha solo fatto del male, ha sempre e solo complicato le cose.
Sei in una gabbia di…di mostri. E se si sapesse in giro…Se lo sapesse Vernon.
Te l’avevo detto di non andare in quella scuola, te l’avevo detto di dimenticare quello schifo. Forse ai nostri genitori potrà fare impazzire ma io, oh, io lo so cosa sei. Frequentare mostri ti fa diventare un mostro e di certo non sei più mia sorella, perché mia sorella non avrebbe buttato tutta la sua vita al vento per seguire quell’immondezzaio che chiami mondo magico. Non voglio avere a che fare con cose di quel genere.
Vorrei che tu rispettassi la mia decisione, e la smettessi di tormentarmi. Smettila di perdere tempo con la sciocca, banale, Petunia, con la sua sciocca e banale vita. Perché quella vita per me è importante e sono consapevole che in famiglia tutto ciò che è sempre contato sei tu, e che forse ti è difficile capirmi. Ma stai mettendo in pericolo tutto ciò che amo e per l’ennesima volta ti prego di smetterla. Ignoriamoci e basta.
A volte vorrei che tu non fossi nata. Sarebbe stato tutto più semplice.
Ciao, sorellina. Mi dispiace che le cose siano andate così, ma ti assicuro che non l’ho voluto io. E credo non ci sia altro da dire.
Petunia. –
 
 
 
 
 
 
 
 
 
"Come?”
Sirius Black quella mattina era particolarmente di malumore. La lettera che gli era bellamente finita in grembo non era passata inosservata, ed ogni suo passo era stato pedinato da mormorii e sussurri.
Non gli era mai dispiaciuto essere al centro dell’attenzione ma per una maledetta volta ne avrebbe fatto volentieri a meno. Senza contare che si era ritrovato Potter in camera con un umore ancora più nero del solito e senza le burrobirre che gli aveva promesso. Potter che andava a letto alle dieci di sera era un avvenimento ben strano ma lo fu ancora di più quello che gli uscì di bocca il giorno dopo.
Gli passò per un istante tutta l’incazzatura e iniziò a sospettare che c’era veramente qualcosa che non quadrava.
“Avete capito bene. Niente più scherzi a Lily Evans. Voglio lasciarla un po’ in pace.”
Il bel moretto si era aspettato perlomeno un sospiro di sollievo da Lunastorta ma anche il loro angelo custode pareva rimasto senza parole.
Come tutta risposta, Peter cadde dalla sedia e Black gli puntò la bacchetta alla gola.
"Hey, bastardo d'un Serpeverde, ti ho scoperto."
Ma che carino quel ragazzo.
"Paddy, e dire che dovresti saper riconoscere il mio odore, oramai." Berciò acidamente.
“Cristo, sei proprio tu.”
"Posso sapere cosa è successo?" s'intromise Lupin, guardandolo in modo strano. “Non le avrai fatto qualcosa di brutto, spero. Ti spaccherei la faccia, James.”
James Potter si sollevò dal letto, dove era rimasto a braccia incrociate…praticamente per tutta la notte.
“No.” Sorrise, e fece per filarsela. Lupin, calmo e sereno da fare schifo, gli puntò la bacchetta alle gambe e lo sollevò di peso, copiando in modo molto poco leale la mossa della Evans.
“Ok.” James Potter stava per esplodere. Lottando contro i fili invisibili che l’avevano ridotto ad un prosciutto, cercò di contare fino a dieci prima di agire e stranamente questa volta ci riuscì. Remus sorrideva mentre Black e Minus avevano su un broncio che avrebbe fatto invidia a una scolaresca di dieci anni senza caramelle. “Baratto il silenzio sulla faccenda con una gran bella mossa. Una rivalsa contro le serpi.”
“Capirai.” Sbuffò Black, ma i suoi occhi presero a brillare. “Come se non ci ammazzassimo già tutti i giorni.”
“Voi non cambierete davvero mai.” Borbottò Remus, lasciando andare Ramoso. “E preferirei sapere che con Lily non hai esagerato.”
“Non ho esagerato con la Evans, piantala.” Borbottò lui, sentendosi inconsciamente un totale parassita. Forse Lupin pensava ad una molestia di troppo o a un incantesimo riuscito molto male ma…la verità era che nemmeno lui sapeva bene cosa aveva combinato, in principio. L’aveva compreso perfettamente quando, sentendosi ancora più un parassita, aveva sbirciato la lettera della bella Grifondoro e una strizza amara gli aveva avvolto lo stomaco. Non aveva fatto nulla di diverso dal solito eppure…eppure sembrava che fosse cambiato tutto. “E non pensavo ad una rissa, ma a qualcosa di più grande.”
“Ora ti riconosco.” Trillò Peter, eccitato come al solito. “Spara.”
“Con calma, topastro.” Potter si lasciò andare ad un ghigno dei soliti anche se dentro qualcosa continuava a dargli una spiacevole sensazione. “Le cose belle vanno gustate con calma e ho proprio l’impressione che i Serpeverde stiano dando un po’ troppe grane per essere solo ai primi giorni.”
Come no. Remus gli scoccò un’occhiata di traverso.
James aveva saputo della lettera a Black e nessuno poteva toccargli Black. Ci usciva letteralmente pazzo se la famiglia di Sirius provava a contattarlo e si incazzava il doppio se i Serpeverde ci mangiavano sopra, perché sapevano tutti che nonostante l’aria spavalda, qualsiasi accenno alle sue radici sconvolgeva Sirius nel profondo. Per non parlare di…sospirò debolmente. Per non parlare di Lucius, di Piton e di tutta quella brutta faccenda che lo riguardava in prima persona.
Quella rivalsa non era certo per qualche scaramuccia tra case ma una vendetta personale bella e buona.
Quasi erano prevedibili, le loro mosse. Minus e Black eccitati come bambini e il Malandrino per eccellenza se li giostrava come una maestra con i suoi alunni preferiti. Avrebbero passato le successive ore a ghignare e pianificare.
Nessuno poteva toccare il suo branco e se non poteva svolazzare fino a Black’s Manor a tirare un po’ di calci in culo ai genitori di Felpato, se la sarebbe presa con i pupilli della casa Verdeargento che tra l’altro, vantava diversi esponenti di quella famiglia.
Eppure James era strano e qualcosa doveva essergli capitato ma, come al solito, non sembrava mai voler parlare di ciò che lo turbava.
Si chiese con amarezza quando avrebbe smesso di proteggerli in quel modo e soprattutto, quando avrebbe lasciato che fossero loro a farlo con lui.
Forse quello sarebbe stato anche il giorno in cui avrebbe messo da parte l’orgoglio e affrontato faccia a faccia ciò che provava per una certa Grifondoro.
 
 
 
 
 
 
 
Lily Evans aveva la faccia affondata nel cuscino e la voglia di urlare. Avrebbe avuto davvero una voglia esagerata di dimenarsi e far sbocciare fuori tutto l’intruglio di sentimenti oscuri che si avvinghiavano dentro la sua testa ed il suo cuore ma l’unica cosa che riusciva a fare era starsene mollemente contro le lenzuola ad attendere di alzarsi nuovamente per proseguire la giornata.
Si sentiva…apatica. Ed infelice, profondamente infelice.
Non le importava dove fosse quella lettera in quel momento. Quando accadevano certe cose sembrava non importarle più nulla.
Ciò nonostante un pensiero strano ed ambiguo aveva stuzzicato la sua testa per tutta la notte e non era il dolore per ferite del passato, bensì…un odore.
James Potter aveva un odore particolare e quando l’aveva afferrata quell’odore le era entrato dentro.
La sensazione dei suoi fianchi premuti contro il bacino sembrava non volerla abbandonare e quell’odore era diventato talmente intenso dentro la sua memoria che le sembrava di non essersi mai staccata da lui.
Era tutto caotico e strano e Lily Evans non amava le cose caotiche e strane.
Lily Evans amava l’ordine, le regole, la tranquillità. E amava sua sorella.
L’amava dal profondo del suo cuore, nonostante tutto.
Nonostante tutto…sorrise debolmente, stringendosi i pugni contro i fianchi. Sua sorella la considerava un mostro. Un essere disgustoso.
Aveva sempre cercato di meritarsi l’affetto di Petunia, fin da quando era nata. Meritare qualcosa che dovrebbe essere dato di propria spontanea volontà.
E cosa aveva ottenuto? Si sentiva sporca ed inadeguata in ogni luogo dove fosse andata. Non era più una babbana e di certo non sarebbe mai stata considerata una strega.
Una mezzosangue. Qualcuno che errava tra due mondi che non la desideravano.
Ma non poteva lasciare Hogwarts, né la magia, come invece aveva abbandonato Londra. Era stato qualcosa di così primordiale, la prima volta che era successo. Qualcosa di così radicato dentro.
C’era qualcosa in lei, laddove nella sorella c’era un vuoto. E quel vuoto era diventato incolmabile. Sempre più profondo.
Lily si domandò se davvero fosse morta Petunia ne sarebbe stata felice.
Erano stati il suo abbandono e la sua incomprensione a spingerla tra le braccia di Severus Piton, e quando anche lui l’aveva lasciata andare qualcosa sembrava essersi spezzato dentro.
Ed era stata tutta colpa di…
Ancora quell’odore. L’odore di Potter dentro il naso, dentro i ricordi.
Si alzò lentamente e si asciugò gli occhi con un gesto stizzito.
C’era qualcosa di piacevole in quell’odore e la cosa la mandava letteralmente in bestia.
“Hai un aspetto di merda.” Decretò Monique, salendo improvvisamente le scale. “Va tutto bene, cara?”
La ragazza agguantò la sua borsa a tracolla e infilò la camicia bianca. I capelli le colorarono la seta di un rosso rubino.
“Ho dormito molto male. Ma ora è passato.”
Certo che sarebbe passato. Lei era Lily Evans e Lily Evans poteva sopportare ogni cosa.
Ogni…cosa…
Ma quell’odore continuava a bruciarle dentro e sembrava non esserci soluzione.
Scendendo le scale con l’umore sempre più nero, affrettò il passo velocemente per non incrociare nessuno – per non incrociare lui – e
aprendo il quadro della sala comune si ritrovò faccia a faccia con le ultime due persone che mai si sarebbe aspettata di vedere davanti alla Signora in rosa.
“Che cosa ti avevo detto?” Una ragazza alta la fissò con occhi grandi come pozzi neri, tenendo fermamente per il braccio un’altra. “Da questo buco esce soltanto feccia.”
La ragazza che tratteneva si liberò con un movimento elegante e si ricompose i capelli pallidi contro un viso ancora più pallido, scoccandole una occhiata gelida e vuota come quella di un cadavere.
Narcissa Black era bella e fredda come un fiocco di neve. Aveva un corpicino delicato e sottile, fasciato in modo perfetto da camicie di preziosa fattura, un viso bianco come il latte e affilato come una spada.
Non era alta, ma al contempo non appariva fragile e nei suoi occhi azzurri c’era l’inverno. Mosse un poco i capelli che, dritti e morbidi, le arrivavano scalati oltre le spalle, e continuò a fissarla in silenzio.
Bellatrix Black le prese la mano, la bella bocca piena e rossa piegata in una smorfia di disprezzo puro.
Al contrario della sorella, portava lunghi e boccolosi capelli neri e una scollatura voluttuosa che faceva girare la testa a non pochi maghi, quale che fosse la casata. Era alta, e incantevole, ma qualcosa in lei trasmetteva disagio, come le spine di una bella rosa.
Nel fondo dei suoi occhi neri si agitava una belva feroce che faceva paura. Quegli occhi fissarono Lily e si strinsero appena.
“La prefetto di Grifondoro con gli occhi rossi di pianto.” Narcissa le era vicina e con un dito gelido le aveva sfiorato la guancia. Sussultò a quel contatto, scostandosi da lei istintivamente.
“Giù le mani.”
La bella Grifondoro si stampò in faccia il suo solito piglio testardo e la Serpeverde più chiara le sorrise senza un particolare interesse. Quel modo di squadrarla, come se fosse niente più che un animaletto strano, stava iniziando a mandarla su di giri.
Nulla sembrava mai interessare più di tanto Narcissa Black. Al contrario di Bellatrix, che non aveva gradito quel contatto.
“Ma che fai…” sibilò, mettendosi in mezzo tra le due. “Ora ti metti pure a toccarli.”
Toccarli?” scattò la Grifondoro, inalberandosi. “Come osi…!”
Avanzò di un passo e quella sembrò sorpresa. Indignata. Furiosa.
“Come osi tu, a permetterti anche solo di guardarmi negli occhi.” Ringhiò, stringendo la bacchetta fra le mani e puntandogliela al collo. “Lo sapevo che venire fino a qui era una perdita di tempo. Almeno da noi quelle come te stanno al loro posto, schifosa mezzosangue.”
“Metti giù la bacchetta, Bellatrix.” Celiò Narcissa, annoiata, mentre le due quasi si saltavano al collo. “Probabilmente piange perché non ha preso la solita E in Trasfigurazione.”
“Ma chi se ne importa del perché frigna!”
“In ogni caso.” Mormorò bella bionda, puntando lo sguardo oltre la Grifondoro. “Riconosco che probabilmente è stata una perdita di tempo. Lui non scende.”
“Alla buon’ora.” Le sibilò la sorella. “Forse la smetterai prima o poi di avere idee così malsane.”
“Le mie idee non sono mai malsane. A differenza tua, che vuoi fare rissa con una Prefetto.”
La Black scosse i capelli neri e scoppiò in una risata crudele, fissando Lily che, rigida, sostenne lo sguardo.
“Mi sporcherei solo le mani. E poi, ha già le lacrime agli occhi, non ci sarebbe gusto. Un brutto voto, dici? O forse piange perché Potter è stato troppo violento.”
Un attimo di vuoto. La Evans le restituì uno sguardo spaesato e la Black sembrò bearsene.
“Non lo sai, Cissa? Stai parlando nientemeno con la principessina di Grifondoro. Nientemeno che con il giocattolino di quel bastardo.”
Quello sembrò accendere la curiosità della bionda. I suoi occhi si accesero e la guardò con più attenzione.
“Interessante.” Mormorò.
“Io non sono il giocattolino di nessuno!” Lily Evans s’incendiò, stufa di starle a sentire. “E ora lasciatemi passare, razza di arpie. Sono la Prefetto di Grifondoro e se pensate che rimarrò qui a farmi insultare…”
“Una Prefetto aggressiva.” Narcissa le si fece vicina. La sposina di Malfoy aveva una voce sempre bassa e vellutata. Bisognava avvicinarsi per capire a volte ciò che diceva. Eppure, nessuno lo faceva mai. Nessuno poteva avvicinarsi a Narcissa Black senza subire le conseguenze. “Lascia che ti chieda di fare una cosa per me. Non importa affatto in quali contesti tu riesca ad avvicinarti a James Potter ma se per caso ci finisci a letto…mordilo.”
Le sue parole, il modo in cui le aveva dette, gelavano il sangue. Bellatrix aveva occhi che sapevano di buio e mentre la sorella le voltava le spalle, incamminandosi verso la sua Casata, le scoccò una occhiata golosa e finì ciò che la prima aveva cominciato, prima di andarsene a sua volta con una risata diabolica.
“Mordilo, strazialo fino a strappargli la pelle. Mordilo fino a fargli uscire il sangue. Digli che questo è il morso dei Black. E che il resto non tarderà ad arrivare.”
 
 
 
 
 
 
 
 
Settembre era particolarmente tiepido quell’anno. Non che in Inghilterra ci fosse mai stato chissà che calura, ma quella volta il vento si era come raffreddato prima del tempo, ed i primi baci di ottobre cominciavano a solleticare le punte dei nasi e delle dita. Nuvole gonfie di pioggia si addensavano sul campo da Quidditch, promettendo raffreddori a chiunque piazzasse il piede fuori dalle stanze.
Sirius Black si strofinò le dita lunghe contro il cappotto, incassando la testa tra le spalle. Il freddo non gli era mai piaciuto. Ricordava…casa.
“Che meteo del cavolo.” Sbottò Geky Bell, tirandosi sulle dita i guanti di cuoio. “Qualcuno mi spiega perché Potter smania per trovare subito dei sostituti?”
“E soprattutto, perché ci ha trascinato tutti?” concluse Alice, con una smorfia. “Questo dovrebbe essere il compito del Capitano.”
Lei, Geky e Giuly Spinnet erano le tre imbattibili cacciatrici di Grifondoro. Una squadra parecchio al femminile ma se c’era qualcosa che avevano imparato le altre Casate, era che le Grifoncine sapevano sbranare.
Oltre a loro c’era Arthur Weasley, il portiere, e quel tipo era così strambo che era impossibile non volergli bene. Era di dieci anni più grande ma, come malignamente non smettevano di far notare i Serpeverde, la sua famiglia era così povera che prima di potersi iscrivere a scuola e permettersi il materiale aveva dovuto lavorare.
Nonostante probabilmente vivesse più difficoltà di tutti, Weasley aveva sempre un sorriso smagliante, e sembrava che niente potesse rattristarlo. Amava dire che la sua spruzzata di lentiggini confondeva gli avversari quando dovevano segnare. Sirius Black e Franck Paciock invece erano i battitori. Black aveva la vista di un falco e Paciock un bel paio di braccia che avrebbero staccato la testa a un toro.
Oltre ad Arthur, nessuno era felice di starsene la fuori ma quella testa dura di James non aveva voluto sentir ragioni ed ora eccoli tutti lì, in fila sotto vento mentre colui che avrebbero amabilmente strozzato analizzava le mosse di un gruppetto di ragazzini.
Alcuni non erano male, ma dall’espressione di Ramoso dubitava che negli anni avvenire Grifondoro avrebbe fatto particolari successi.
Non importa, tanto non ci sarebbe stato.
Ed eccoli lì, i pensieri, di nuovo. La percezione di un futuro ambiguo, che si infiltrava nella sua testa come stava facendo ottobre con l’estate.
Quello era l’ultimo anno e Sirius Black avrebbe dovuto affrontare grane non da ridere una volta messo il regale piede fuori da Hogwarts.
Sentiva ancora il puzzo della lettera dei Black, quel tanfo freddo di fiori secchi che aveva sempre il potere di rovinargli l’umore.
Strinse le mani sotto le ascelle e il suo viso divenne più cupo ma fu solo questione di un attimo perché dopo venne letteralmente travolto da una ragazza che ridacchiando gli stampò un malizioso quanto sgradito bacio sul collo.
“Siry!” trillò quella che probabilmente era la sua decima conquista da tre giorni a quella parte.  “Che muso lungo, non sei felice di vedermi?”
“Guarda che non puoi stare sul campo.” Fece notare lui, mentre la brunetta si stampava in faccia il broncio. Avevano fatto sesso qualche giorno prima e ad essere sincero non era stato male.
Lui impazziva per le brune. E lei era veramente prosperosa, peccato non fosse per una voce stridula che spaccava i timpani e che aveva costretto il ragazzo a sbatterle senza tanta eleganza la testa sotto ad un cuscino.
“Hey.” James Potter arrivò di gran carriera e dalla faccia capirono subito che le selezioni non stavano andando affatto bene. “Tu sei di Corvonero. Non puoi stare qui.”
“Oh, per l’amor del cielo, cosa vuoi che mi importi.” Bofonchiò lei, scuotendo i boccoli. “Tenetevi pure i vostri segreti, siamo all’ultimo anno e di certo non tornerò a scuola per spifferare la cosa ai futuri Corvi.”
E James non fece in tempo a fiatare che una sfilata di ragazze salì ridacchiando gli spalti e non ci fu verso di cacciarle via. Tra di loro c’era una ragazza orientale che si mangiava Potter con gli occhi e a Black parve di conoscerla, prima di ricordare che il suo amato Malandrino ci aveva fatto i salti mortali l’anno scorso. Lui non se n’era accorto perché era tornato con un diavolo per capello dai futuri giocatori, uno dei quali stava usando la scopa al contrario.
“Ottimo, il fan club.” Berciò Alice, acidamente. “Ci mancava solo questa.”
“Guarda che c’è anche il tuo.” Rimbeccò Black e non fece in tempo a finire che una ricciolina tutta lentiggini si fiondò sulla bella Cacciatrice a ricoprirla di abbracci e gridolini. Alice traballò e Paciock si rabbuiò, alzando gli occhi al cielo.
“Come mai quella faccia?” s’incuriosì Geky, osservandole allontanarsi.
“Quella tizia è strana.” Borbottò Franck, irritato. “E’ diventata la migliore amica di Alice l’anno scorso e da allora la pedina dovunque. Senza contare che le sto sulle palle. Credo che sia gelosa.”
“Siamo tutte un po’ gelose delle nostre migliori amiche.” Cercò di ammansirlo Giuly. Il suo sorriso era bianchissimo contro la pelle nera e lucida.
“Non in quel modo.” Franck ciccò per terra, mentre la sua fidanzata veniva trascinata sugli spalti a chiacchierare. “Quella è morbosa. Non sembra molto sano.”
“Un po’ come i Malandrini.” Ridacchiò la conquista di Sirius e quello si sentì punto sul vivo.
“Che vorresti dire, scusa?”
“Beh…” borbottò lei, avvampando. “…E’ che state davvero SEMPRE assieme. Guarda, sono venuti anche Lupin e Minus.” E indicò con la mano gli altri due che, seduti a prender freddo, parlottavano del più e del meno.
“Che c’entra…” Black guardò altrove, imbarazzato. “Siamo amici. Gli interessa della Squadra.”
“A proposito di amici.” Una ragazza Corvonero scese tra di loro e James Potter non ci vide più. Maledì tutti quanti e incazzato come una biscia si rinchiuse negli spogliatoi, mentre il resto della squadra non fece fatica a trattenere la gioia. “Avete sentito della nostra nuova arrivata?”
“No. C’è una nuova arrivata?” chiese Arthur, gentile.
Quelle due ridacchiarono. Black iniziava a trovarle irritanti.
“C’è una ragazza da noi, è arrivata qualche giorno fa. E’ carina. Però sembra che non sappia stare al mondo.”
“Che significa?”
“E’ come se…non fosse abituata a stare in mezzo alle persone. Se ne sta sempre per conto suo. Abbiamo provato a parlarci ma non c’è stato nulla da fare. E’ un po’ strana.”
“Non lo sai?” la ragazza orientale che predava James si unì al gruppetto. Chang, ora ricordava Sirius. Si chiamava Liu Chang. “Si dice che fosse molto malata. Non credo sia uscita granché di casa. Credo che questo sia suo.”
E successe una cosa veramente strana. Quella tirò fuori di tasca un fazzoletto e Black fu investito da una ondata di profumo. Non era qualcosa di invadente, ma i suoi sensi da cane si acuirono e…captarono qualcosa di dolce.
Quel fazzoletto sapeva in modo eccezionale  di margherite fresche e per un istante immaginò quell’odore delicato sopra il corpo di una fanciulla e il suo cuore mancò un colpo.
A casa sua c’erano un sacco di fiori confezionati dall’odore freddo e Sirius detestava ogni cosa che fosse presente a Black’s Manor ma quello era proprio buono. Chissà se sulla pelle nuda lo fosse ancora di più…
Liu Chang lo riportò alla realtà. La ragazza era proprio un bel vedere, nulla da dire. Aveva una pelle di burro, occhi a mandorla e una cortina di capelli neri e lucenti, dritti come spaghetti.
A James piacevano molto le ragazze particolari, esotiche. Diverse dal solito.
“Scusa, non ho sentito.” Rispose, accorgendosi in quell’istante che le stava fissando le gambe.
Lei non ci fece caso o forse sì, ma comunque passò oltre.
“James torna qui, dopo? Non lo vedo da un po’ e mi sarebbe piaciuto salutarlo.”
E mentre la sua compagna di corso gli sbatteva il petto sul braccio facendo le fusa, Sirius trovò l’occasione giusta per filarsela.
“Se vuoi te lo chiamo.” Disse, liberandosi da quella piovra e raggiungendo la sua squadra sotto gli spalti.
James era seduto sulle panche e si stava sfilando le scarpe.
“Hey.”
“Hey.” Lui sospirò, passandosi una mano tra i capelli. “Che disastro. Non ce n’era uno che sapesse agguantare un boccino. Credo che Grifondoro la vedrà grigia i prossimi anni.”
“Non sarai qua a vederla fallire, perlomeno.”
“Certo che non sarò qua, se ci fossi non fallirebbe di certo.”
Black tirò fuori di tasca una sigaretta e quello saltò in piedi cominciando con la sua solita menata.
“Quella roba ti ammazza, almeno puoi evitare di affumicarmi in uno spazio chiuso?”
“Che palle, sei peggio di tua madre.” Black la rimise dentro con un gesto stizzito. “E comunque, c’è quella che ti sei portato a letto due anni fa che molto probabilmente vuole un secondo round. Forse è la volta buona che ti scordi la Evans, visto che è uno schianto.”
“Chi?”
“Liu Chang.”
“Ah.” Potter non sembrava molto interessato. “Non ci sono finito a letto.”
“Prego?”
“Non ci sono finito a letto. La ricordavo una brava ragazza, sai, di quelle super timide. Non me la sono sentita.”
“Sei proprio un coglione. E sembrava tutto tranne che timida.”
“Allora forse parliamo di due ragazze diverse. Che ne sai, magari la piantavo e si impiccava da qualche parte. Sei tu quello che spezza i cuori a tutte. Io sono un’anima candida.”
“Certo.” Berciò Black, ironicamente. “Un’anima candida che ha fatto piangere mezza sezione femminile di Tassorosso. Hai sulla coscienza le due sorelle Harris e probabilmente tutto l’intero clima di famiglia, visto che ti sei fatto entrambe e quelle ora non si parlano più. Proprio un bravo bambino.”
“Bei tempi. E gli Harris sono degli stronzi, se lo meritavano. Comunque, non ho tempo per salutare nessuno e nemmeno tu, quindi non azzardarti ad incollarti alla tizia di poco fa perché mi servi.”
James ghignò. Sembrava che il malumore della mattina gli fosse passato e Black sapeva perfettamente il motivo.
“E’ tutto pronto. Di sotto. Peter ci aspetta qua fuori e Remus sarà impegnato con due matricole che ho agganciato per farlo stare fuori dai piedi.” I suoi occhi brillarono. Sirius Black ricambiò il ghigno. Ora si giocava davvero. “Mi aiuti a consegnare un regalo di inizio anno?”
“E chi rifiuterebbe mai. Ma facci attenzione, quelle cose mordono da far paura.”
Potter gli fece l’occhiolino e scoperchiò un armadietto, rivelando quattro scatole che fremevano e che promettevano nulla di buono.
“E’ quello che spero.”
 
 
 
 
 
Lily Evans stava correndo nei sotterranei maledicendo praticamente chiunque. La strada per il dormitorio Serpeverde era un vero e proprio labirinto e l’umidità che c’era la sotto era veramente pazzesca.
Doveva trovare l’entrata del dormitorio e se c’era qualcosa di più spiacevole ancora dell’aver a che fare con quegli stronzi era doverlo fare in quella sottospecie di gelida cella mortuaria dove gli spifferi le stavano facendo venire i brividi da mezz’ora.
Era accaduto che, mentre stava sistemando alcune pergamene che aveva in consegna lunedì, si era ritrovata davanti una vera e propria folla Verdeargento bagnata fradicia che con un ululato collettivo di panico puro aveva travolto sedie e tavoli nel tentativo di togliersi di dosso i ragni più grossi che avesse mai visto.
Nott quasi la travolse bestiemmiando come un pazzo, seguito da Mulciber e Dolohov che urtarono la Spinnet e Paciock che a loro volta risposero senza tante cerimonie con uno Schiantesimo e degenerando il tutto nella solita rissa da ultras che sia Lily che Remus fecero parecchia fatica a far finire.
In tutto quel caos finalmente riuscì a capire che cosa diavolo stava succedendo e un secondo dopo il dovere le impose di andare a risolvere quello era probabilmente era il casino più grande accaduto nei sotterranei da qualche anno a quella parte.
Perché il caro James aveva appena rovesciato quattro interi scatoloni di ragni vivi catturati dalle scorte di Hagrid ma quello che probabilmente non sapeva era che quelli non erano insetti normali bensì Ragni Goccia, esseri geneticamente modificati che a contatto con l’acqua crescevano come palloni diventando parecchio pericolosi.
Quei cosi avevano seminato il panico fin da subito perché avevano un morso che bruciava più dell’inferno ma non appena erano entrati in contatto con l’umidità del posto avevano iniziato a crescere fino a diventare grandi come cagnolini di piccola taglia e successivamente, quando non contento Potter aveva allagato l’intero dormitorio, erano diventati grossi come cinghiali.
Erano volati incantesimi, maledizioni, mele, libri, candelabri ma quelle bestiacce non ne volevano sapere di mollare e l’intera scolaresca VerdeArgento era stata costretta a una fuga indegna e impanicata mentre Ramoso se ne stava bene in alto vicino agli ingressi, avvolto nel mantello dell’invisibilità assieme ai agli altri due compari, a godersi gli sviluppi inaspettati del suo gesto.
Stava sghignazzando come un dannato quando vide la Evans sfrecciargli accanto diretta nel caos seguita da un ignaro Lunastorta che non sentì i richiami allarmati dei suoi tre amici.
“Cazzo!” Black sbucò da sotto la stoffa. “Dobbiamo andare a recuperare Remus!”
Sgusciarono alla luce e partirono all’inseguimento mentre Lily e il povero Lunastorta si ritrovarono davanti uno scenario di devastazione pura.
Imprecando tra i denti iniziarono a schiantare tutti i ragni che gli capitavano sotto tiro, fortunatamente rimasti in pochi, mentre ai piani di sopra i professori facevano lo stesso con quelli che erano evasi dal dormitorio, invadendo la Sala Grande.
Proprio mentre i Malandrini stavano per raggiungerli, Lily colpì Remus con una pacca sulla schiena dicendogli che avrebbe controllato le vie laterali e si ritrovò sola in un dedalo di scalini e corridoi poco illuminati.
Il suo compagno di sventure invece si trovò davanti quei tre deficienti dei suoi amici e ci mancò veramente poco perché non saltasse loro al collo.
“Razza di imbecilli, pregate solo di essere fuori di qui prima che arrivino i professori, cristo santo, guarda qua che macello!”
“Eddai Remus, lo sapevi che gliel’avremmo fatta pagare.” Se la rise Potter, beccandosi un cartone sulla testa.
“TU NON HAI IL MINIMO SENSO DI RESPONSABILITA’!!!”
“Ok, sentite, io metterei un attimino da parte le sfuriate.” Li interruppe Peter, nervosamente. “Quei cosi potrebbero essere ancora in giro e farei volentieri a meno dei gibboni dovuti ai loro morsi.”
“Non possiamo andarcene, io devo dare una mano a sistemare e aiutare le persone che sono rimaste qua dentro.” Sibilò istericamente Remus, con un travaso di bile.
“Aiutare i Serpeverde? Che schifezza!”
“Sono un Prefetto, idiota. Anche io ne farei volentieri a meno ma…”
“Ma.” Si intromise James, piazzandogli un braccio intorno al collo, tranquillo da fare schifo. “Lascia che siano i professori e quei viscidoni a risolversi le grane, e se proprio non riesci a fare a meno di fare il tuo dovere, di sopra c’è un casino peggio che qua dentro.”
“Gazza questa volta si suicida…” mormorò quello, sconsolato, mentre i loro piedi sciabattavano in dieci centimetri d’acqua. “E comunque, Lily è ancora qua in mezzo.”
“Giusto! La Evans.” Esclamò Sirius, agguantando la mappa del Malandrino. “Anche se qualche ragnetto le farebbe passare la voglia di rompere le palle, rimane pur sempre una Grifondoro e questo è uno scherzo esclusivamente pensato per i Serpeverde.”
“Hey, guardate. E’ vicino a Piton.” Aggiunse Minus, puntando il dito contro un sottile nome che camminava a pochi passi dalla Evans.
Ancora un pochi metri e si sarebbero incrociati.
Alcuni bicchieri esplosero di colpo, con un frastuono pazzesco. Quando si voltarono verso James, quello era già sparito dietro l’angolo.
 
 
La Grifoncina in questione si stava strizzando l’angolo del mantello, con le saette verdi che le uscivano da tutte le parti. Accidenti a lei quando aveva accettato il ruolo di Prefetto al quinto anno, si rimbrottò interiormente.
L’aveva fatto perché sperava di contenere quello stronzo di Potter ma a quanto pare i suoi guai non avevano fatto altro che aumentare.
Qualcosa sciabordò nell’acqua.
Alzò lo sguardo verso il corridoio, dove i suoi piedi immersi in quel lago furono sfiorati dolcemente da cerchi concentrici che si espandevano sulla superficie.
Non c’era nulla. Fece per rimettere a posto la bacchetta quando avvertì un rumore alla sinistra.
Si girò di scatto, facendo danzare i capelli oltre alle spalle. Davanti a lei comparve Severus, con in mano la testa di un ragno morto e negli occhi un’espressione di sorpresa.
Rimase in silenzio, mentre il suo cuore perdeva dei colpi e quello che un tempo era un caro amico si paralizzò sul posto.
“Evans.” Gli sfuggì di bocca. “Cosa…?”
Di nuovo uno sciabordio. Qualcosa di scuro scattò dal soffitto, alla sua destra. Vide Severus sgranare gli occhi.
“Lily, attenta!”
Si girò, troppo lentamente, e fece appena in tempo a notare il ragno che cercò di colpirla con le zampe a forma di artiglio. Severus lanciò uno incantesimo mentre lei urlava ma quest’ultimo lo mancò di un soffio e si infranse con una luce nera contro la parete. Nel medesimo istante, qualcuno le si parò davanti.
James Potter le strinse le spalle con un braccio e con un movimento di bacchetta tramutò il ragno in pietra.
Quello si schiantò a terra con un rumore tremendo, ancor prima che il mantello del mago tornasse al suo posto.
Calò uno strano silenzio, mentre l’acqua continuava a formare cerchi asimmetrici. Sentiva il braccio di James sulle spalle. Il suo odore, di nuovo.
Non riusciva a muoversi. A parlare.
“Woah! Appena in tempo!” Peter, Remus e Sirius arrivarono di gran carriera. “Ramoso, sei stato grande!”
“Salvata all’ultimo secondo, Evans.” Esclamò Black, ansimando e sorridendo al contempo. “Io ora un bacio glielo darei.”
Solo in quel momento la Grifoncina si accorse che era ancora avvinghiata al Malandrino e avvampando si staccò di botto, come ustionata.
Severus Piton rinfoderò la bacchetta, con nello sguardo qualcosa di strano. Aveva guardato James e James aveva guardato lui, in silenzio, ed impercettibilmente aveva stretto di più Lily, mentre quella era troppo occupata ad avere la tremarella per accorgersi di quella strana atmosfera.
Stringersela contro fu qualcosa di istintivo. Naturale. Probabilmente infantile, ma ora gli occhi di Piton scintillavano e sul suo viso comparve una smorfia.
Remus era serio, rigido, e gli scoccò un’occhiata fredda.
“State tutti bene?”
“Stavo meglio prima di vedervi.” Sibilò lui.
“Quell’incantesimo…” Remus era gelido. “…Quello che hai lanciato contro il ragno.”
“Che aveva di strano l’incantesimo, oltre a fare schifo?” sbottò Sirius. “L’hai mancato di mezzo metro, Mocciosus.”
“Era magia oscura.” Finì Lunastorta e Lily si sentì gelare dentro. Fissò Piton con una strana sensazione addosso mentre lui sorrideva cupamente.
“Vi conviene risalire. Qui non siete nel vostro territorio. I Grifoni non sopravvivono al freddo.”
Scomparve nel buio, e per un folle istante avrebbe voluto dirgli di aspettare e ringraziarlo per aver tentato di difenderla, per averci provato, per averne avuto l’intenzione. Ma le parole le morirono in gola e la rabbia crebbe dentro. Magia nera, magia oscura. Incantesimi proibiti.
Sperare che un solo gesto bastasse a riportare in vita il ragazzo mite e timido a cui aveva voluto bene era fuori discussione. Quella era una persona sconosciuta. Una persona buia.
“Lo lasciamo andare così?” Si stupì Sirius. “Neanche un Cruciatus? Nemmeno uno?”
“Falla finita.” Berciò Remus, massaggiandosi le tempie. “Torniamo indietro. Mi verrà di nuovo l’emicrania.”
“Guarda che lo sapevi anche tu del piano!”
“Eh no, non giocartela così!” abbaiò lui. “Sapevo che c’era un piano, non QUESTO piano!”
Qualcosa scattò nella testa di Lily e fissò James.
“Digli che è il morso dei Black…”
“Sei stato tu?” esclamò freddamente, ma questa volta era diverso. Questa non era una delle solite manfrine. “Non cambi proprio mai, vero?”
E con gran sorpresa di tutti, Potter rimase in silenzio. Lei gli scoccò un’occhiata disgustata e superò il gruppetto, sparendo dietro l’angolo.
“Beh?!”
Si voltarono tutti verso Black, che proprio ne aveva le scatole piene di quella tensione.
“Beh cosa?” saltò su James, sorpreso.
"Non le dici nulla?"
"Che devo...?"
“Si può sapere che t’è preso? Sembra che ti abbia cagato in testa un troll!”
“In effetti, non è da te farti zittire dalla Evans.”  Borbottò Peter, fissandolo con tanto d’occhi. “E nemmeno farti sfuggire un’occasione per farla pagare a Piton.”
Ok, ora ne aveva veramente le scatole piene. Si voltò verso Lupin con le saette che uscivano dagli occhi.
“Hai qualcosa da dirmi pure tu?”
Ma si pentì subito di quella sparata perché Rem lo fissava esasperato e con gli occhi profondi di quando doveva uscirsene con qualche verità assoluta. E lo era sempre, la verità.
“Ha ragione. Non cambierete mai. Voi due siete irrecuperabili.”
“Voi due?”
“Tu e Piton!” sbottò quello, alzando gli occhi al cielo.
“Cos…mi stai veramente paragonando a Piton in qualcosa?!”
“Fine di un’amicizia.” Bisbigliò Sirius a Peter, che soffocò la faccia nella sciarpa per non farsi beccare a ridacchiare. “Tieni, godiamoci la scena.” E trasfigurò dal nulla due Burrobirre.
Remus nel frattempo si era piazzato davanti a Potter e niente e nessuno stavolta gli avrebbe impedito di sbattergli su quella sua stupida faccia la realtà.
“Sai benissimo in cosa tu e Piton siete uguali.”
“No, di grazia, non lo so proprio. Non riesco a trovare una sola singola caratteristica che mi paragoni a quell’essere untuoso e viscido e…”
“Lui non ha avuto il fegato di dirglielo e ora non lo stai avendo nemmeno tu.”
James si bloccò.
“Ma di che accidenti stai parlando?”
E Remus lo inchiodò con i suoi bei occhi chiari. E sparò la bomba.
“Nessuno dei due ha mai avuto il coraggio di dire alla Evans che l’amava.”
Ci fu un pppffft sincronizzato e Peter e Sirius sputarono fuori la Burrobirra con una mossa plateale assolutamente pianificata. Erano in tre a sapere esattamente che cosa Lupin avrebbe detto ma volevano veramente godersela per bene e si stamparono in faccia delle espressioni sconvolte mentre Ramoso barcollava all’indietro come colpito da un pugno in faccia.
“Amare? Amare?!” biascicò, sgranando gli occhi. “La luna deve averti bruciato il cervello davvero!”
“Certo, come no. Tu devi proprio imparare a crescere.”
"Ma che diavolo ti salta in mente! Come diavolo fai a pensare che io sia..." si sforzò di avere una faccia disgustata mentre guardava di sottecchi il punto dove Lily era scomparsa. "...innamorato…”
“Non credo che ci sia nulla di male.” S’intromise Minus, dopo aver finito di ridacchiare sotto i baffi. “Anche se la Evans ha un carattere terribile.”
“Calma, calma. Voi non potete fare sul serio.” James li guardò uno ad uno. “Io la detesto, Lily Evans. Sono stato abbastanza chiaro? Detesto lei e la scopa nel didietro che le hanno infilato nella culla, detesto il modo in cui mi fissa credendosi migliore di tutti noi e l’unico motivo per cui le do corda è che voglio farle passare la voglia di rompere, e magari infilarmi nel suo letto. Forse avete scordato con chi state parlando.” E scoppiò in una risata che non convinse nessuno. “No, sono serio, fatevi passare questa idiozia dalla testa perché l’unica cosa che mi spinge è darle una bella lezione.”
Sirius Black sospirò, passandosi una mano sugli occhi.
“Io avrei aspettato ancora un po’ a dirglielo.” Ghignò, fissando Remus. “Dopo il quarto mese che uno infila nel suo letto solo il pigiama, dovrebbe arrivarci da solo che è cotto di qualcuno.”
“Questo qui non ci arriva nemmeno se gli sbattessimo in faccia un filtro.” Rispose lui, e fece il secondo sospiro.
“E poi Lily non mi sembra proprio una che cede facilmente. Non ha ceduto per cinque anni, non credo ci sia stato un solo giorno in cui le sia venuto in testa di venire a letto con te. Credo che il tuo corteggiamento punitivo faccia acqua da tutte le parti.” Finì Minus e Potter non ci vide più.
Li maledisse in ogni lingua possibile e frizionandosi in modo isterico i capelli li mollò su due piedi, mentre quelli sghignazzavano da brave carogne.
Caricò la Sala Grande a passo di marcia fissandosi la punta delle scarpe, schivando solo per miracolo maledizioni e incantesimi vari mentre i ragni generavano il caos, saltò un paio di Tassorosso stesi a terra senza neanche farci caso, abbassò la testa sempre digrignando i denti per non essere steso da un cazzotto volante, evitò scartando a sinistra un Serpeverde e un Grifondoro che si stavano strangolando e si recò nell’unico posto in cui poteva veramente sfogare il nervoso, ovvero il campo da Quidditch.
Si infilò senza tante cerimonie la scopa tra le gambe, liberò il suo solito boccino portafotuna e passò il restante pomeriggio sotto la pioggia, che tanto di lezioni con quel degenero non se ne sarebbero viste fino all’indomani.
 
Andò a finire che entro sera era fradicio, mezzo assiderato e con un principio di polmonite. Il vento gli aveva letteralmente congelato i polmoni ma nonostante ciò, volare gli aveva liberato i pensieri e sentire il temporale ad un passo dalle dita gli aveva trasmesso calma.
Amare Lily Evans, che gran cazzata.
Ossessionato da lei, forse. Desideroso di sentirla gemere e implorare, forse. Ma amare…James Potter era il Malandrino per eccellenza e amare era roba da sfigati.
Soprattutto quell’altezzosa sotuttoio, sposata con le regole e paladina dei professori. Una vera piaga.
Eppure…pensò il suo cervello, gran traditore. Eppure vederla assieme a Piton ti fa letteralmente impazzire e quando te la stringi contro il tuo cuore suona la tarantella.
Ancora più incazzato perché la sua vocina interiore non migliorava le cose, si ritrovò senza riflettere davanti al bagno dei Prefetti.
Una porta dorata con una elegante targhetta, a colpo d’occhio chiusa a chiave. Un bagno caldo sarebbe stato l’ideale e Remus gli aveva spifferato le password praticamente da due anni. Entrò, ritrovandosi in un incanto fatto di schiuma colorata, marmo bianco e rifiniture in platino. La vasca da bagno poteva considerarsi una piscina termale fatta e finita, e grazie a dio era vuota.
Non che i Prefetto osassero dirgli qualcosa, ma fare il bagno assieme ai bravi bambini non era esattamente quello che James intendeva per relax. Palare di regolamenti e compiti non era ciò che faceva per lui.
Togliendosi i vestiti fradici, strizzò l’occhio alla bella sirenetta dai boccoli biondi dipinta sulla vetrata che ridacchiò in modo malizioso e si appollaiò meglio sul suo scoglio.
Non c’era un solo calzino che non fosse fradicio e immergersi nell’acqua calda fu un balsamo per i suoi muscoli indolenziti dall’allenamento.
Non si era nemmeno accorto che le sue dita erano violacee. Quando volava non si accorgeva più di nulla.
Si sedette al bordo, con le mani dietro la nuca e quasi faceva le fusa mentre l’acqua era così morbida da sembrare velluto.
La cosa durò esattamente cinque secondi. Poi si sentì osservato.
I suoi sensi si acuirono e Potter aprì gli occhi d’oro.
“Salve!”
Davanti a lui c’era un fantasma che se lo mangiava con lo sguardo e lui fece un salto di due metri. Un braccio le trapassò il gomito e un brivido freddo gli corse per tutta la schiena. Era talmente colto di sorpresa che disse la cosa più cretina di tutte.
“Mirtilla! Sono senza vestiti!”
La ragazza morta stirò un sorrisetto, dall’alto dei suoi occhiali rotondi. Volteggiava pigramente sopra l’acqua, facendo scivolare i capelli oltre al naso.
“Tu non puoi stare qui. Non sei un Prefetto.” Cinguettò.
James si risistemò nell’acqua, fissandola.
“Non andrai a fare la spia, mi auguro.”
Quella ridacchiò.
“No, non andrò a fare la spia. Sei proprio un bel vedere da nudo.”
Ecco, pensò Potter, ora la giornata era veramente al completo. Molestato da un morto.
Si batté le mani sugli occhi e con un sospiro gigantesco si accasciò contro il bordo, dannando il mondo, l’esistenza e la vita oltre.
Non si accorse di nulla, e nemmeno Mirtilla, impegnata a passare il tempo con lui. Qualcosa, dietro di loro, si muoveva nell’oscurità con un movimento viscido.
Qualcosa pronto ad attaccare. Qualcosa pronto a mordere.

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Capitolo 5
*** Unexpected moment. ***


Quella fantasmina non la piantava più di parlare. Stava seriamente pensando a come levarsela di torno nel modo più carino possibile quando Mirtilla Malcontenta trovò la frase perfetta, una delle poche frasi che facevano diventare James Potter un cubetto di ghiaccio. Una frase apparentemente innocua.
Ma non per lui.
“Hai degli occhi fantastici, sai?” miagolò, con una voce triste.
Il ragazzo sollevò il capo dal bordo. Lentamente. Rimase in silenzio.
“Sembrano due lingotti appena forgiati dagli elfi della Gringott. Non sono mica normali, eh? Oh, ma io lo so cosa sono.” Lo guardò impietosita. James Potter rabbrividiva. “So che cosa promettono due occhi d’oro, COSI’ d’oro. Mi dispiace tanto tanto. Tu…”
“Basta. Smettila.” La voce di Ramoso uscì fuori più dura di quanto non volesse. Bastò quello per far intirizzire una permalosissima ragazza morta in un cesso pubblico. Si gonfiò come un tacchino, e gli parve di vedere del pallore – rossore? – accumularsi sulle gote. Seriamente, si era gonfiata come una palla.
“CHE MODI!” sbraitò. “Volevo solo consolarti!”
E bellamente, non si saprà mai in che modo, James Potter si ritrovò inondato dalla testa ai piedi.
“Hey!”
“Se ti do tanto fastidio me ne vado!” strillò quella, spappolandogli un timpano. “Tanto lo so che sei innamorato perso per la Prefetto di Grifondoro e che non te ne fai nulla di una lagnosa come me!” E con uno ululato da sirena si cacciò nel tubo di scarico.
No, quello era davvero troppo. Anche i fantasmi, adesso?! Era assurdo!
“HEY!” Sclerò Potter, balzando in piedi e cercando goffamente di afferrarla, schizzando schiuma dappertutto. “IO NON SONO INNAMORATO DELLA EVANS! MI HAI SENTITO?! IO NON SONO…!”
Fu in quel momento, l’esatto secondo prima, in cui i suoi sensi si acuirono ed il suo istinto gli gridò una cosa che aveva già sentito parecchie volte da quando era diventato un Animagus.
Pericolo. Pericolo. Pericolo.
Fu esattamente un attimo prima. La percezione di qualcosa nell’aria che non doveva esserci. Di qualcosa pronto a farlo diventare una preda. Qualcosa pronto a mangiarlo.
Poi, fu acqua.
Non capì inizialmente cosa gli afferrò il collo, stringendo come un tentacolo. In un istante, James Potter fu scaraventato contro il fondale della vasca.
Non fece in tempo a prendere fiato e, quando aprì la bocca in un moto istintivo, un fiotto di schiuma e balsamo gli finì in gola, bruciando come il fuoco.
Iniziò a tossire, divincolandosi. La testa era ancora rimasta a poco prima, quando stava strillando come un idiota che non amava Lily. Quando era in salvo.
Scioccato, realizzò che qualcuno, qualcosa, stava cercando di affogarlo.
Le mani si afferrarono il collo cercando di allentare la presa ma affondarono, perché ciò che l’aveva avvinghiato non era nulla di materiale: era acqua, acqua che scorreva, e stringeva, e soffocava…
Il suo ginocchio scattò contro la parete. Fece perno con il piede ma tutto quello che riuscì a fare fu tirare una poderosa testata contro la parete opposta e la vista iniziò a farsi buia.
Cristo, si sentiva il capo spaccato in due.
Il buio…l’avvolgeva…
No!”
Tirò un ultimo strattone, e le sue mani si aggrapparono al bordo, emergendo dalle bolle. Cercò di issarsi fuori dall’acqua, ma quella forza era immensa e lo trascinava giù.
Ossigeno, aveva bisogno di respirare e subito.
“Cristo! Non ce la faccio…”
Le dita scivolavano sulla cornice dorata. Il braccio perdeva potenza.
I polmoni stavano urlando.
E per un folle momento James Potter pensò che fosse veramente arrivata la fine.
Poi, qualcosa si mosse dietro le sue ciglia semi chiuse, ed i suoi occhi incoscienti ripresero lucidità, misero a fuoco.
Sulle piastrelle della vasca c’era la sirena che prima stava appollaiata sulle vetrate.
I suoi occhi grandi lo fissarono, e la bocca si aprì in uno strillo disumano, come una gigantesca onda sonora.
L’acqua si aprì in due, come spazzata via, e la presa sulla sua gola si dissolse.
James si arrampicò sul bordo e tirò il più grande respiro della sua vita.
“Ahhh!”
L’aria entrò ruvida, facendolo tossire. Gli venne un conato ma decise di non vomitare sull’essere che gli aveva appena salvato la vita.
Gli occhi bruciavano, i polmoni urlavano e la testa gli faceva un male cane ma, ossigeno! Puro, fresco, delizioso ossigeno!
Strisciò fuori, senza forze, boccheggiando, e agguantò un asciugamano. La sirena ritornò nella sua postazione di prima.
“G-grazie.” Tossì Potter, e quella sorrise, dolcemente.
Si appoggiò dolorante al muro, cercando di non pensare al bel rivolo di sangue che gli stava colorando la vista di rosso.
Qualcuno voleva ucciderlo. Afferrò la bacchetta, indossando il mantello con l’altra mano. Poteva essere ancora nei paraggi e di certo non aveva le energie per resistere una seconda volta. Doveva rimanere sveglio.
Chi?
Chi diavolo era stato, e perché? Qualcosa non quadrava. I Black? Non aveva senso. I Black erano controllati a vista, non potevano esercitare incantesimi oscuri. Silente…Silente se ne sarebbe accorto.
Qualche loro sottoposto? Erano davvero capaci di tanto? Ma era l’ultimo anno e fino a quel momento erano stati con la testa bassa. Perché attaccarlo l’ultimo anno di scuola, rischiando l’espulsione, quando potevano fargli la festa una volta finito tutto?
Si portò una mano alla fronte, che pulsava in modo osceno, e il sangue gli colò tra le dita.
“Merda…”
"James!"
Una voce dall’altra parte del corridoio. Si lasciò cadere oltre la porta, certo che due braccia lo avrebbero afferrato e così fu.
James Potter alzò il capo e vide lo sguardo sbarrato di Sirius Black.
"Ma cosa diavolo ti è successo?!"
"Non...non lo so...mi hanno aggredito mentre facevo il bagno…”
“Tu…CHE COSA?!”
“Hanno cercato di affogarmi, Felpato. Qualcuno…non ho visto chi. L’acqua…La sirena…”
“Piano, piano, ma di che accidenti stai parlando?”
“Te lo spiego dopo.” Borbottò lui, lasciandosi trascinare via. “Che ci fai qui?"
“Io…eh.” Sirius Black si interruppe di colpo, fermandosi. “Avevo dimenticato il libro di Divinazione e stavo andando a riprenderlo. Ho sentito un urlo. Ti porto in Infermeria.”
“Lascia perdere. E’stato solo un taglio, il sangue si è già fermato. Portami piuttosto in camera, dobbiamo parlarne con gli altri.”
"Fa vedere!" disse brusco Black e contemplò la ferita alla testa. Sembrò convincersi che fosse tutto a posto. Rimasero in silenzio e il corridoio si popolò di ombre.
“Chi pensi che sia stato?” il mormorio di Black avrebbe tagliato l’acciaio. “Sei certo che volessero ammazzarti?”
“Certissimo.”
“James…pensi che…?” Ancora silenzio. Il cuore di Sirius Black si colorò di un sentimento buio e ribollente e James lo percepì, rabbrividendo come ogni volta che venivano colpiti da emozioni così forti. Sapeva che li avrebbe ammazzati, se avesse potuto. Tutta la sua famiglia. Dal primo all’ultimo. Li avrebbe fatti fuori e non avrebbe provato rimpianti.
“Non lo so.” Ci andò giù cauto. “Mi sembra davvero strano che siano stati loro, voglio dire, perché ora e perché in questo modo? Tutti i Serpeverde poi erano in Sala Grande a vedersela con i ragni, potrei sbagliarmi ma sono quasi certo che non mancasse nessuno all’appello. Ma preferisco sentire prima Lunastorta. E’ lui quello riflessivo.”
“Tu li sottovaluti.” Black lo disse senza guardarlo in faccia. Guardava l’oscurità, serio, la mascella di granito. “Lo hai sempre sottovalutato. Quello di cui sono capaci.”
“E tu li vedi ovunque.” Rimbeccò Potter, con un sospiro. “Ma, mai dire mai, no? Non lascerei nessuna opzione scartata e no, non li sottovaluto. So di che gran pezzi di merda stiamo parlando. Potrebbe essere. Potrebbero averlo fatto. Non so come e perché, ma so che non vedrebbero l’ora.”
“Già.” Sospirò Black, con ancora nel petto un macigno pesante e doloroso. “E ti giuro che se è così, gli presenterò il conto. E questa volta niente potrà ripagarlo.”
Arrivarono in camera e a Minus quasi prese un colpo, mentre Lunastorta si fiondò ad aiutarli, sbiancando. Parlarono, parlarono tutta la notte ma la sensazione che qualcosa di malvagio stesse per alzare la testa non passò.
La sensazione che quell’anno tutto sarebbe cambiato. E che la realtà che tanto temevano si avvicinava più velocemente del previsto.
Hogwarts, la scuola di magia e stregoneria più famosa al mondo, non era più sicura.
 
 
 
 
 
 
 
La mattina arrivò tiepida e nuvolosa. Qualcuno aprì gli occhi prima degli altri, due grandi occhi dolci.
Una ragazza si alzò lentamente dal letto, indossando la camicetta, lavandosi il viso e cercando di essere il più silenziosa possibile.
Una ragazza profumata come le margherite.
La sala di Corvonero era splendente ed incantevole come al solito, con il  cielo stellato a ricoprire la moquette ed il soffitto in una illusione che l’aveva tenuta sveglia tutta la prima notte. Ad ammirare, a sognare, a calcolare il tragitto dei pianeti. Ad immaginare di essere una di quelle stelle. In fuga, per sempre.
Beccò una primina e cercò di svignarsela prima di essere abbordata, ma quella aveva tutta l’aria di essere finita sotto le grinfie della Chang o di qualche sua adulante sottoposta e non parve darle troppo peso, impegnata a staccarsi una cicca dai capelli e a tirare insulti al muro. Corvonero non era poi così splendida, dopo tutto.
Scese le scale con i libri sottobraccio e per l’ennesima volta fu veramente tentata di rendersi invisibile con un incantesimo, se solo fosse stato possibile. A casa lo faceva sempre, e usciva in giardino, sola, al sicuro.
La ragazza che sapeva di margherite masticava una mela e stava per affrontare il primo compito della giornata, trasfigurazione, quando un gruppetto di Tassorosso l’assediò.
Si sentì soffocare ed avvampò, come sempre quando accadevano cose di quel tipo, ma quelle non erano lì per fare amicizia con lei: ridacchiando le davano le spalle e fissavano un punto oltre la sua testa.
Decise di scavalcarle con tutta la delicatezza di cui era capace e manco a dirlo, qualcosa quasi la travolse.
“Dio mio, questo sì che è un bel risveglio.” Sospirò una Tassorosso al suo fianco. “Quello me lo mangerei davvero come brioche.”
“Quello ti usa e ti strapazza come un asciugamano, scema.” La rimbeccò un’altra, maliziosa. “E poi ti butta via. Lo fa sempre.”
Iniziarono una accanita discussione mentre la ragazza puntò gli occhi sul mago che stava creando il caos.
Era già lontano, e portava tra le mani un vassoio pieno di dolcetti. Un ragazzo. Correva da qualche parte come una furia. Non l’aveva guardato bene ma aveva percepito eleganza, un buon odore e qualcosa di indefinito, un fascino sfuggente. Un principe nero.
Stava ancora pensandoci quando qualcuno le posò delicatamente la mano sulla spalla.
Una mano gentile.
“Professor Silente.”
Il vecchio mago le stirò un sorriso e già aveva in testa quello che le avrebbe detto. Ma questa volta non le andava di sentire la ramanzina.
“Ho bisogno di studiare e ci riesco meglio da sola.”
“Mia cara.” Quello sospirò, e i suoi incantevoli occhi azzurri la sondarono dentro. “Prima o poi dovrai prendere coraggio e affrontare la tua nuova vita.”
“La sto affrontando! Davvero.” La ragazza arrossì. “Ma ci sono davvero tanti compiti. E a me piace il silenzio.”
“A te piacciono le persone.” Controbatté lui, scompigliandole i capelli. “La solitudine ha le sbarre. E tu sei appena scappata da una gabbia, e di certo non per chiuderti in un’altra.”
“Io…io qui sto bene. Mi sento finalmente libera, e non smetterò mai di ringraziarla per questo. La gabbia di cui parla ha la porta aperta, sono sincera.”
“Oh, ma io non sto parlando di un posto fisico.” L’uomo le puntò l’indice contro il petto, delicatamente. “Datti una possibilità. Provaci. Solo allora ne sarai veramente al di fuori.”
 
 
 
 
 
 
Sirius Black piazzò il vassoio sulla pancia di Potter con la delicatezza di un elefante e quello protestò come un bambino.
“Per il duca!” se la ghignò. “Non porto la colazione a letto nemmeno alle mie fidanzate, sappilo Potter.”
“So di essere la tua preferita.” Tubò quello, agguantando un biscotto allo zenzero. “Ma sui modi avrei un po’ da ridire.”
“Mi auguro che tu non salti un’altra lezione.” Sbottò Remus, piazzandosi inferocito sulle sue ginocchia e facendogli sfuggire un gemito. “Ne hai saltate troppe, e non hai nulla.”
“Oh, dolcetti!” trillò Minus, travolgendolo per accaparrarsene uno.
“Insomma!” sbraitò Potter, sollevando il vassoio per aria per evitare le grinfie del suo topastro preferito. “C’è qualcuno qui che sappia cosa significhi delicatezza? Hanno cercato di ammazzarmi, per Merlino!”
“Ma vuoi abbassare la voce? Abbiamo concordato di non parlarne con nessuno, per ora!” sbottò Lupin, afferrando il vassoio e donando la felicità a Peter. “E ribadisco l’obbligo di andare a lezione perché stai alla grande.”
“Oh, non so, sai?” Peter sputacchiò briciole tutt’attorno, le guance gonfie come un criceto. “Io lo vedo pallido, secondo me dovrebbe riposare.”
“Eccola, la mia seconda fidanzata.” Sorrise Potter, afferrandolo. “Sentito, Rem Rem? Loro sì che mi vogliono bene.”
Ma il sorriso scomparve non appena si infilò la mano in tasca.
“Tutto bene? I postumi di ieri sera?” ghignò Black, ma poi lo squadrò bene. “Oh, ma che ti prende? Devi aver preso davvero una botta più forte di quanto pensassimo.”
“Io…” Potter si strinse il pugno contro i jeans. “Ho perso una cosa. Credo ieri sera. Una lettera. Hai visto per terra una lettera, Sirius?”
“Una lettera? E di chi?” s’incuriosì Peter.
“Non ci ho fatto molto caso.” Chiosò Black, con un’alzata di spalle. “Hey, ma dove corri adesso?”
“Devo sistemare una cosa!” esclamò James, e si fiondò fuori dalla porta con lo stomaco attorcigliato.
Lei non era in Sala Comune.
E mentre correva alla sua ricerca con una strana sensazione dentro, accadde una cosa particolare. Ricordava perfettamente il viso che aveva visto nella sua testa quando quel tentacolo d’acqua lo stava per portare a salutare il diavolo. Aveva pensato ad una faccia sola, prima che arrivasse il buio. Nella sua mente, nei suoi ricordi.
E probabilmente le aveva appena spezzato il cuore perché se quella lettera fosse finita nelle mani sbagliate, per lei sarebbe stata dura. Molto dura.
Ne ebbe la conferma quando, con un tuffo al petto, vide Lily Evans con il viso impietrito mentre un paio di Serpeverde, ridacchiando, la stavano salutando sventolando quella che era stato il loro personale pomo della discordia.
Una lettera piena di insulti ed intimità rigorosamente Grifondoro in mano alla Casata più stronza della storia.
E James Potter si sentì una merda colossale. Una grande, enorme e puzzolente cacca di Troll.
Non solo l’aveva ferita, ma aveva appena perso quella che era una pistola carica, come un coglione. E con Lily nel mirino.
Per quanto lui e la Evans si stessero sulle palle, quello era un colpo basso anche per loro due.
La bella rossa lo guardò, in silenzio. Sospirò, massaggiandosi gli occhi stancamente, e si accostò alla finestra.
Non l’aveva cacciato a calci e quello era già un inizio, pensò James, appoggiandosi accanto a lei.
Rimasero in silenzio per un po’ e a pensarlo solo qualche giorno prima, lo avrebbe trovato impossibile. Lui e Lily, insieme, affacciati alla finestra senza mettersi le mani al collo.
Solo che non sapeva cosa cazzo dirle, stavolta. La lingua gli si era incollata al palato.
Il suo profilo era splendido e bianco come la luna. La bocca morbida, il naso dritto e gli occhi che come due pietre sondavano l’orizzonte. Quel viso, fisso, nella sua testa, mentre pensava di morire. Chissà perché.
“Lily.” Trovò la forza di dire, non avendo le palle di guardarla. “Io…cavolo. Te lo giuro, non gliel’ho data io. Non con intenzione, almeno. E…beh, mi dispiace, rossa.”
Lei rimase per un po’ zitta e per un istante si aspettò un cartone sui denti. Lo avrebbe preferito alla malinconia che c’era nella sua voce.
“Lo so.” Mormorò. “Ti sarà caduta o una cosa così. So che non l’hai fatto con intenzione. Ci speravo, perlomeno. Strano.” Sorrise amaramente. “Chissà perché lo speravo. Non ha molto senso, no?”
“Ci sono cose che non hanno senso e non l’avranno mai, immagino.”
Il giardino di Hogwarts si stava popolando in fretta. La giornata era nuvolosa e presagiva qualche goccia di pioggia. Erbologia si preannunciava una palla, quel giorno. Si sarebbero inzuppati di fango appena messo piede fuori.
“Mi odia.” Glielo disse così, come se fosse normale. Come se fossero…amici. Ma non lo guardava. Continuava a fissare un punto lontano. “Petunia è mia sorella. Mi odia veramente.”
Si attorcigliò una ciocca di capelli ad un dito, e la sua voce continuava ad essere così tranquilla e triste, che Potter avvertì un nodo, da qualche parte dentro di sé. Un nodo che si stringeva.
“Ad alcuni non piacciono proprio coloro che sono diversi.” Proseguì lei, cercando di rendere la sua voce leggera. “A volte mi chiedo se non facessi bene a dividermi in due. Sarebbe tutto molto più semplice. Ma a quanto pare mi tocca rimanere questa cosetta tutta intera, metà e metà, vagabondare tra due mondi senza mai appartenere a nessuno dei due. Non so nemmeno perché ti sto dicendo queste cose.”
Ora veramente impazziva. Non tollerava più quella voce. Quell’apatia, quello sguardo. C’erano volte in cui Lily Evans era insopportabile ma avrebbe dato veramente via un braccio per farsi rompere le palle invece che guardare quella ragazzina devastata da qualcosa di cui lui non era mai stato al corrente.
Gli mancavano, si rese conto sorpreso, mentre le afferrava un braccio in modo brusco. Gli mancavano quelle rotture di palle, gli strilli e gli schiantesimi in mezzo al naso. Assurdo.
“Stammi bene a sentire.” Le abbaiò ad un palmo dal naso. “Lo so io perché mi stai dicendo queste cose! Ed è perché non sei in cerca di qualcuno che ti consoli e ti coccoli promettendoti che andrà tutto per il meglio, ma perché stai cercando l’unica persona qua dentro in grado di sbatterti su quella maledettissima faccia la verità, e la verità è che stai dicendo un mucchio di cazzate, che tua sorella è una stronza inutile di cui puoi fare a meno e che tu non sei per niente sopportabile mentre fai la lagna!”
Lei lo fissò con la sorpresa più totale spiaccicata in faccia. E poi glielo vide. Di nuovo quello sguardo, quello scintillio.
“Lagna?!” sbottò, incazzata come una biscia. “Oh ma certo, al Signor James sonounfigo Potter non piacciono le ragazze che si lamentano! Devo starmene in piedi, cucirti i calzini e stamparmi un bel sorriso sul muso! Pronta a servirti e riverirti!”
“Sarebbe sempre meglio che sentirti autocommiserarti come se fossi l’unica mezzosangue sul pianeta, ti do una notizia bomba, i fratelli e le sorelle si odiano dall’alba dei tempi, il mondo fa schifo e fai parte della categoria sfigata della società assieme ad un altro migliaio di persone, così è la vita ma sei davvero troppo carina per non tirare dritto per la tua strada, che è esattamente la seconda camera a sinistra, letto firmato JAMES POTTER. E ti assicuro che se tu fossi un MOSTRO come dice quella ciabatta isterica che hai per sorella, sarebbe decisamente diversa.”
“Tu…tu…OOOH!” Lily Evans si girò di scatto verso la finestra, fumando dalle orecchie. “Tu sei impossibile!”
James sorrise e si appoggiò al muro, fissandola di sottecchi. Lei guardava ostinatamente fuori, digrignando i denti.
“Sai.” Fu qualcosa nella voce di James a farla girare di nuovo. Lily Evans lo fissò e qualcosa di caldo le colò dentro perché in quel momento, per un folle istante, James le sembrò…impacciato. In un modo dolce, positivo e strano. Si grattava la nuca e trovava estremamente interessante una ragnatela. “Io…non le ho mai pensate quelle cose, di te. Quello che mi hai detto alla guferia. Che sei inferiore e tutto il resto.” La fissò negli occhi, e ghignò. Ma qualcosa era diverso, stavolta. “Sei una arpia snob, Lily Evans, ed è solo per questo che non ti sopporto.”
E fu lì che accadde ciò che fino a quel momento sarebbe stato impossibile per chiunque, persino per loro due. Qualcosa di miracoloso e speciale.
Lily Evans gli sorrise.
Non era un sorriso acido, non era una smorfia e nemmeno un ghigno compiaciuto. Era un sorriso vero.
E gli scivolò sulla schiena come una carezza, mentre il suo cuore iniziò a suonare un vero e proprio concerto.
“Grazie, James.”
E se in futuro avrebbero mai pensato ad un momento in particolare, al momento che aveva segnato l’inizio di tutto ciò che sarebbe avvenuto poi, avrebbero pensato a quel momento.
Non lo sapevano ancora, non ne erano consapevoli e non lo sarebbero stati a lungo. Ma in quel momento nacque qualcosa.
E, se non era amicizia, gli ci si avvicinava molto.
 
 
 
Se c’era una cosa che potevano notare tutti, in quegli ultimi giorni della settimana, fu che Lily Evans e James Potter bisticciavano più del solito. Non passava pomeriggio in cui non si sentissero gli strilli della Prefetto e le sghignazzate del Malandrino, ma, nonostante questo, chiunque fosse più vicino ad entrambi poteva notare come un qualcosa, una sorta di distensione. Si percepiva nell’aria, nella famigliarità di quelle discussioni, nel sorriso a trentadue denti del capitano di Quidditch e nella morbidezza con cui la Evans toglieva punti a chi faceva qualche sgarro.
Come se tutto fosse tornato normale.
Alla domenica, fu proprio in questo clima che i Malandrini si piazzarono sul prato a godersi gli ultimi raggi di sole dell’estate, mettendo a tacere, come un silenzioso accordo, gli oscuri avvenimenti degli ultimi tempi.
Era una giornata soleggiata e si stava troppo bene per pensare a quanto
La situazione si stesse facendo strana.
Ciò nonostante, i degni compari di Potter avevano notato un suo strano atteggiamento. A tratti scompariva dalla Sala comune di Grifondoro e nella Mappa del Malandrino lo si trovava sempre nei pressi di qualche gruppetto Serpeverde, che tra l’altro avevano preso particolarmente di mira Lily Evans.
Ma se l’altezzosa Prefetto di Grifondoro, come suo solito, si dimostrava superiore, James Potter sembrava non vedere l’ora di impiastricciarsi con i membri Verde Argento. Più del solito, almeno.
Ci misero davvero poco a capire che stava cercando qualcosa, ma stranamente il loro Ramoso sviava sempre il discorso.
Remus Lupin, dopo l’ennesimo tentativo di scoprire quello che stava tramando, decise che era tempo di pensare a cose importanti e sbatté sulle loro ginocchia alcune pergamene di Storia della Magia.
“Stai scherzando, mi auguro!” saltò su Black, sconvolto. “Abbiamo avuto una valangata di compiti per tutta la settimana, puoi darci tregua almeno oggi?”
“No.” Sorrise tranquillamente quello. “Settimana prossima avremo senza dubbio la relazione sulle proprietà della coclearia e vi assicuro che non basteranno tre giorni. Quindi ci dovremo portare avanti.”
“Remus.” Sospirò Potter, che era particolarmente impegnato a fissare un punto sulle rive del lago dove una certa rossina Grifondoro stava giocando con i piedi nell’acqua assieme ad alcune compagne. “Remus, Remus, Remus. Quando capirai che quella roba è inutile? La legge sui Beni non commerciabili di classe C? Ma andiamo! A cosa serve sapere che i Semi di Tentacula Velenosa sono fuori legge? Ti salverà le palle quando avrai di fronte un vampiro?”
“Guarda che essere maghi non significa solo fare incantesimi…” berciò Lupin, acidamente. “E ti farebbe bene farti entrare nella zucca che ci sono cose che NON puoi fare, per quanto divertenti ti possano sembrare.”
“Non c’è nulla che non si possa fare, basta usare la testa.” E quello gli strizzò l’occhiolino mentre il lupastro sospirava e si tuffava nella lettura di un noiosissimo capitolo della loro storia.
Ma quei quattro non ne avevano abbastanza di rompergli l’anima e sembravano diabolicamente divertiti nel mettergli ogni volta i bastoni tra le ruote ogni qualvolta che si incamminava nella strada per i bravi ragazzi.
“Hey, Rem…” pigolò Peter, tutto uno zucchero. “Non è che mi faresti copiare almeno un capitolo?”
“Scordatelo.”
“Eddai! Sai bene che Ruf è ad un passo così dallo sbattermi fuori!”
“Imparavi a seguire quello zuccone al posto di studiare.”
E quello si mise a fare i suoi soliti occhietti da criceto, qualcosa di così adorabile che nemmeno un demone avrebbe potuto dirgli di no.
Stava cercando di resistergli in tutti i modi, quando qualcuno li interruppe.
Una ragazza si avvicinò a James Potter e scuotendo la chioma morbida come seta gli si appollaiò accanto.
“James?” sorrise Liu Chang, in una nuvola di profumo. “Ciao. Posso sedermi qui?”
Lui la squadrò in un modo strano e per un folle istante l’attenzione dei Malandrini fu catturata dai sentimenti assurdi che gli uscirono dal petto ed entrarono nella testa del gruppo come dei fulmini.
Imbarazzo? Agitazione? E qualcosa come…paura…
“Liu Chang! Da quanto tempo.” Le sorrise, nella voce la gentilezza ma nel cuore qualcosa di misterioso. “Hai bisogno di qualcosa in particolare?”
“Solo salutarti! Non ci vediamo da un sacco!” Lei ricambiò il sorriso e ci si mise davvero poco a capire che se lo mangiava con gli occhi e che lo avrebbe piazzato su un piedistallo senza tante cerimonie. O dentro ad un letto. “E, anzi, in realtà c’è qualcosa che vorrei da te.”
Sirius stava già ghignando. Remus si rituffò nel libro arrossendo e Peter allungò in modo molto discreto il collo.
Lily Evans aveva smesso di giocare nell’acqua.
Liu Chang ridacchiò e gli passò una mano sul braccio. Gli occhi di Potter scintillarono.
“Ripetizioni.” Miagolò quella, e questa sì che era davvero la scusa più cretina del mondo per abbordare Ramoso. A Remus venne quasi una sincope per evitare di tossire in modo isterico.
“Ri-Ripetizioni?” balbettò James, preso in contropiede.
“Sei un asso in Difesa contro le arti oscure.” Liu gli si fece più vicina. “Io invece rischio l’insufficienza. Non sono proprio capace negli incantesimi di combattimento!”
“Io…beh…”
“Certo che ti farà ripetizioni!” saltò su Black, passandogli un braccio attorno al collo. “Sentito, Potter? Ripetizioni. Ripeeeetizioni…” e lo guardò in modo abbastanza eloquente.
“Sì.” Rispose James. “Cercherò di fare del mio meglio, Liu, anche se devo ammettere che il mio è un talento naturale.”
“Meno modesto la prossima volta…” sibilò da qualche parte dietro ad un libro Remus. “Rischi di passare per uno che si sottovaluta, poi.”
“So che sei bravo.” Ribatté quella, con una strana luce negli occhi. “Lo sai cosa ne penso delle tue capacità, te lo dissi qualche tempo fa, ricordi?”
“Ricordo.” Sussurrò James ed il gruppo sobbalzò perché da quel ragazzo era appena partita una scarica di adrenalina.
Liu non sembrò preoccuparsene ed anzi, era davvero al settimo cielo e non ci mise tanto a nasconderlo.
“Oh, sono sicura che sarai un maestro formidabile!” cinguettò e, senza tanti pudori, gli schioccò un leggero bacio sulla guancia. “Ti ringrazio infinitamente, mi salvi la vita e saprò come ripagarti!”
Si alzò e si unì ad un gruppetto di graziose Corvonero che l’accolse con gridolini eccitati e risatine.
“Quella vuole chiuderti in una stanza e non farti uscire fino al giorno dopo.” Se ne uscì Sirius, soddisfatto. “Altro che ripetizioni. Che tipetto pepato!”
“Ma era la tua ragazza?” saltò su Minus. “Sembra conoscerti bene.”
“No, mi faceva il filo qualche tempo fa. Ma non c’è mai stato nulla. Onestamente la ricordavo molto diversa da com’è adesso.” Borbottò Potter ed esasperato Black notò che sembrava tutto meno che contento di quella nuova situazione.
James si era fatto pensieroso.
Un tempo questo lo avrebbe piacevolmente divertito.
Invece ora…
Guardò di nuovo in direzione di Lily Evans.
Stava camminando stizzosamente verso il castello, nella direzione opposta.
Remus e Peter erano sorpresi: di solito il rampollo iniziava a sogghignare quando una bella ragazza gli faceva capire in modo cosi esplicito le sue intenzioni.
"Il nostro James preferirebbe che un'altra ragazza gli chiedesse ripetizioni." se ne uscì Lupin, in modo dolce.
"Eh?!” Potter saltò su come punto da un porcospino. “Ma figurati! Ti ho già detto che Lily Evans non mi interessa!"
"Ma io non ho fatto il suo nome."
Ecco, si era fregato da solo. Stava per ribattere quando a toglierlo dall’impiccio fu un Serpeverde che, sogghignando, sventolò in modo malizioso quello che Potter stava cercando disperatamente da due giorni a quella parte.
Nott si indirizzò con Lucas Gibbon e Thorfinn Rowle dietro il colonnato, con in mano la lettera di Lily Evans e senza dubbio intenzioni sgradevoli. Quello schifo era arrivata fino alla feccia ma Potter ne aveva abbastanza.
Si alzò con un sospiro e stirò un sorriso ai compari.
“Scusatemi un attimo.” E li mollò su due piedi, seguendo i tre bastardi fino all’altra parte del giardino.
Li trovò a sogghignare e non ci vide più.
“Hey, schifezze.” Esclamò a voce alta. “Ce ne avete messo davvero poco di tempo per farmi girare le palle una seconda volta. Quella roba mi appartiene, quindi tornate a cuccia nelle vostre tane e mollatela.”
“Questa roba appartiene alla vostra Prefetto.” Ribatté Nott, altissimo e già con un principio di scogliosi, lisci capelli neri a coprire la fronte. “E devo dire che non sono forse l’unico Serpeverde a cui non è ancora passata in mano, la cosa mi incuriosisce parecchio. Faresti meglio a girare al largo, Potter.”
“Anzi no, rimani.” Ringhiò Gibbon, sfregandosi le nocche. “Quei ragni mi hanno morso le chiappe e non mi sono potuto sedere per ventiquattrore. Ti renderò il favore, schifoso Babbanofilo.”
“Vaffanculo Gibbon, ti ho fatto solo un favore, grasso come sei.”
“Ma tu guarda come corre dietro alla gonnellina della rossa.” Nott gli si parò davanti, ghignando. “Ti ha mandato lei a recuperare la roba? Ma quanto sei sotto, Potter?”
“Devo ricordarti di come strillavi quando i ragni hanno invaso la tua stanza, Nott? Neanche una ragazzina farebbe di quegli acuti. Levati dalle palle, non fai paura a nessuno.”
“Oh, di paura ne avrai eccome.” Il sorriso di quello divenne largo. “Ti ricordo che qui siamo in tre.”
E James Potter sorrise, sorrise dal cuore. Lo squadrò eccitato come un bambino e quel sorriso parve mettere del disagio ma non fecero in tempo a concepire che probabilmente Potter non vedeva l’ora che il primo pugno volò nell’aria.
Quando tornò due ore dopo a lezione, Potter aveva un occhio nero che fece sbarrare gli occhi praticamente a metà classe ma a quanto pare il professore di Storia, oltre ad essere rincoglionito, era diventato post morte pure cecato perché Ruf non si accorse nemmeno della sua entrata in classe e tirò dritto con la lezioncina.
Quello sorrise tranquillo fino al suono della campanella, ignorando i bisbigli di Black e le palline di carta di Peter.
Nella tasca stringeva la lettera di Lily Evans e a parte un leggero giramento di testa, tutto sembrava procedere per il migliore dei modi.
Alla fine della lezione si alzò come un fulmine, fece  per raggiungerla, sfiorarle una spalla e sbatterle tra le mani quello che le spettava di diritto quando la testa iniziò a girare veramente, stavolta.
Se Potter pregustava già un abbraccio da parte della bella Grifoncina, dovette accontentarsi di quello di Peter perché, mentre il corridoio aveva iniziato a fare la hola davanti ai suoi occhi, i piedi persero l’equilibrio e tutto si fece buio.
Gli svenne praticamente addosso e non aprì gli occhi se non quando si trovò, un’ora dopo, in infermeria, con Madama Chips che sclerava.
Tutto quello che riuscì a sognare furono labbra morbide, pelle di burro e una liscia chioma rosso sangue.
L’aveva fregato, rifletté sdraiato a letto, ancora mezzo intontito. Quel sorriso l’aveva proprio fregato.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Who I am. ***


Eccomi qui, tornata ad augurarvi un felice anno nuovo con il prossimo capitolo. Mi si scalda il cuore nel vedere quanti di voi sono tornati a leggere Le Avventure dei Malandrini che, per i novelli lettori, era il titolo originario di questa Fanfiction, nata molti anni fa.
Ho in testa un progetto ben preciso per questa storia e cercherò di soddisfare chi di voi è nuovo ma anche chi di voi è un fedele e vecchio amico, introducendo nuove avventure e dando un nuovo aspetto anche per chi sa già come andrà a finire questa storia.
Vi abbraccio tutti e colgo l’occasione per ringraziare ancora per le vostre recensioni.
Sarah
 
 
 
 
 

 
 

 
 

 
 

 
 
Madama Chips gli sbatté senza tante cerimonie un intruglio disgustoso davanti al naso.
“Ha picchiato più volte la testa, in questi ultimi giorni, signor Potter?”
La nottata con Remus sotto il platano.
I pugni di Severus.
L’attentato in bagno.
La rissa con Nott.
“Non ricordo con precisione, Madama Chips.”
“Beh, lei ha avuto una parvenza di commozione cerebrale quindi suggerirei di tenere la testa a posto. In tutti i sensi.”
L’infermeria era stata stranamente tranquilla ma a quanto pareva James Fleamont Potter non aveva proprio intenzione di lasciarla in pace. Fissava lo schifo che gli aveva rifilato in mano con un’espressione che la diceva lunga.
“Devo berla?”
“Fino all’ultima goccia. E’ un insieme di ossofast, valeriana e sciroppo di cavolo mordente. Oh, e sì, è disgustoso.” E se la ghignò da bella bastarda mentre il teppista che le creava sempre qualche guaio finalmente forse ci avrebbe pensato due volte prima di venirla a trovare di nuovo.
Nel frattempo davanti alla porta si era formata una vera e propria folla di ragazze con il complesso da crocerossina e Lily Evans, passando per puro caso di lì, fu sorpresa di beccarci in mezzo Arthur Weasley e Molly Prewett.
“Oh, Lily.” La ragazza, piccola, rotondetta e dal sorriso dolce, praticamente promessa sposa di Weasley fin da quando, da bambini, pomiciavano sotto i meli, le sorrise calorosamente. “Cara, sei venuta per James?”
“Potter è in infermeria?” chiese lei. “Ancora?!”
“Ma come!” si stupì Arthur, scuotendo la zazzera pel di carota. “Non lo sai? Qualcuno gli ha tirato un cazzotto.”
“Davvero? Chi è? Vorrei avere un suo autografo!” sogghignò Lily, ma vedendo lo sguardo scandalizzato del compagno, assunse una espressione sorpresa.
“Un momento, ma parli sul serio?”
“Certo che sì, Lily!” Weasley ridacchiò, dolce come sempre. “Ma dove hai la testa? A Storia della magia è entrato con un occhio pesto!”
“E ti è svenuto dietro.” Continuò Molly, scuotendo i boccoli rosso rame ed alzando gli occhi al cielo. “Questa volta letteralmente.”
La Evans aveva tanto d’occhi. Non si era accorta di nulla, perché la lezione di Ruf l’aveva trasportata su di un altro pianeta. Le battaglie del passato l’affascinavano e lei era l’unica studentessa della scuola a prestare veramente attenzione alle parole del fantasma.
Ma forse doveva rivisitare un attimo la sua dedizione allo studio perché iniziava a pensare non fosse mica normale.
“Io…non me ne sono proprio accorta. Ero un po’ distratta.”
“Dovresti distrarti un po’ più spesso.” Molly le accarezzò la mano e se al contatto fisico solitamente Lily si irrigidiva come una statua, quello fu piacevole e materno. Dormivano assieme da sette anni e Molly era sempre stata affettuosa e premurosa nei suoi confronti. Avrebbero potuto essere molto più amiche ma il problema fondamentale era che la ragazza era la fidanzata storica di Arthur e anche se il rossino le andava a genio, purtroppo frequentava quasi sempre Potter, da cui la Evans si era sempre tenuta ben alla larga, o almeno ci aveva provato. “Alla nostra età farebbe bene un po’ di svago.”
Fece per rispondere ma furono interrotti dalla creatura più malefica della scuola, al cui passaggio si creò un baratro e quasi percepirono il freddo che portava nel cuore.
“Una fila di sceme urlanti e Lily Evans. Ci scommetto che è Potterino!"
E Bellatrix Black scoppiò in una risata sguaiata che fece rabbrividire praticamente chiunque. Al suo fianco spiccavano come al solito Nott, Avery, quella orribile creatura femminea che era Alecto Carrow e niente di meno che il principe Serpeverde, Lucius Malfoy, il quale si appoggiò ad una colonna sorridendo in modo sinistro.
Nott, che aveva il volto a dir poco pesto e non sembrava particolarmente felice, riuscì a stirare un ghigno. “Devo averlo colpito più forte del previsto.”
Se ci fosse stato chiunque altro, al posto di Arthur Weasley, gli avrebbe risposto di guardarsi in uno specchio e di sparire a nascondersi per l’umiliazione.
Avrebbe estratto fuori la bacchetta e non se ne sarebbe lasciata sfuggire una.
Ma Weasley non era il tipo.
“Andiamocene, Lily.”
E poi Malfoy parlò. Non c’erano molti Grifondoro in giro e di certo non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione. E poi...guardò Lily Evans, il giocattolino di James Potter e decise che glielo avrebbe rotto. Ci avrebbe giocato e poi glielo avrebbe spezzato sotto i piedi. E già pregustava il suo rompersi.
“Scappi a fare colletta, Weasley?” sussurrò, malefico e freddo. “Gli stracci che indosserete al matrimonio non si pagano certo da soli.”
Lily Evans ebbe il buon senso di afferrargli il gomito, mentre la Carrow scoppiava a ridere in modo stridulo.
“Falla finita, Malfoy!” Sibilò, stringendo gli occhi verdi. “Forse devo ricordarti per l’ennesima volta che sono una Prefetto.”
Quello si staccò dalla parete. Lentamente. Si arrotolò le maniche bombate della sua firmatissima camicia in seta e come una serpe strisciante le arrivò ad un palmo dal naso.
Odore di freddo. Occhi che ricordavano la pioggia, una di quelle pestilenziali dove i fiori muoiono.
“E forse io dovrei ricordarti con quale rango stai parlando, Evans.” Glielo disse in modo così gentile da risultare inquietante. “E’ la seconda volta che mi guardi in quel modo e per quanto mi riguarda, puoi anche togliermi mille punti e spedirmi a pulire cacca di troll ma ti avverto. Fuori dalla scuola le spille servono a poco.”
E, per quanto detestasse quel lato del suo carattere che la metteva sempre in guai seri, Lily Evans tenne testa. Continuò a fissarlo negli occhi, senza retrocedere. Una Grifondoro indomita, anche se le tremavano le gambe.
“Fuori dalla scuola non mi servirà nessuna spilla per metterti al tuo posto, Malfoy!”
Il biondo era sorpreso, ma in modo piacevole. Non sarebbe stato divertente se il giocattolo fosse rimasto inanimato. Ed era tempo di ricordare ai mezzosangue dove dovevano rimanere.
“Forse conta sul sostegno del suo fidanzato.” Ridacchiò Alecto, piccola e tarchiata, con il viso schiacciato. “Pensa che sbattersi Potter abbia dei vantaggi.”
“Potter non è…!” scattò quella, avvampando, ma Malfoy le tagliò la strada.
“Allora dev’essere decisamente disperata per contare sull’aiuto di Potter, il cui esercito si forma di pezzenti, babbanofili e purosangue disonorati. Ma si sa che tra perdenti ci si va in coppia, lo confermi, vero Weasley?”
Lily guardò Molly, che tremava indignata, con gli occhi rossi e i denti che si sentivano a tre metri di distanza da quanto sfrigolavano.
Erano troppi, e nessuno delle altre casate li avrebbe aiutati. Erano troppi e avrebbero dovuto andarsene. Ma quegli occhi rossi…non li poteva sopportare.
“Che strano…” disse, gelidamente. “Mi pare che il ... ‘perdente’ ti abbia sempre battuto, Malfoy."
Il biondo smise di sorridere e nei suoi occhi scattò una scintilla. Gli aveva appena servito ciò di cui aveva bisogno e se ne accorse quando sentì la sensazione che sentono i topi nelle zampe del gatto.
“Ti credi furba, non è vero, sporca Mezzosangue?"
“Non chiamarmi così!” la voce le salì di due ottave. Lo odiava, lo detestava. Le aveva portato via Severus. Il dolce, gentile e premuroso Severus…ridotto ad un fantoccio vuoto, corrotto dal torbidume. Lucius distruggeva ogni cosa che toccava. Lo faceva…marcire. “Credi di essere migliore di me solo perché hai il sangue puro? Non chinerò mai la testa davanti ad uno come te, Malfoy, mai nemmeno per un istante penserò di esserti inferiore! Il modo in cui tratti le persone e in cui ti fai proteggere dalla tua scorta…sei disgustoso! Potter almeno non ha bisogno di circondarsi di persone quando deve affrontare qualcuno! Quindi chiudi la bocca e cogli l’esempio, perché Potter è senza dubbio migliore di te!”
Si stupì perfino lei delle sue stesse parole e capì di avere osato troppo quando i candelabri tremolarono. Il sorriso ammaliatore di Bellatrix Black si ampliò. I Serpeverde si zittirono. Gli occhi di Malfoy persero la freddezza e un lampo sembrò folgorarli.
"Piccola… insolente... Mezzosangue…" sussurrò a denti stretti ma fece appena in tempo a muovere i muscoli delle braccia, che la bacchetta di Weasley gli si piazzò in mezzo alla gola.
“Lasciala in pace, Malfoy.” Ringhiò Arthur, “Non azzardarti a toccarla o giuro che ti polverizzo la testa.”
“Quello schifo che chiami bacchetta è talmente scadente che rischia di esploderti in mano, spiantato. Sei la vergogna di tutta la razza magica.”
“Stai zitto! Stai zitto Lucius o…!”
“Sta zitto tu.” E Bellatrix, splendida, gli si appoggiò alla spalla, puntandogli la bacchetta alla tempia. Silenziosa e velenosa come una vipera, gli era strisciata al fianco. “O mi divertirò io. O forse…” e la puntò su Molly, passandosi la lingua sulla bocca. “…Potrei divertirmi con lei.”
“Infilatela dove dico io e vedrai che divertimento!” esplose la Prewett, con i capelli crespi dalla rabbia. “Giù le mani da Arthur, vipera!”
Ma finì che rimasero tutti immobili, le bacchette puntate le une contro le altre. In stallo.
La tensione era insopportabile e soprattutto, Arthur la stava letteralmente schiacciando contro il Principe Serpeverde. Sentiva l’odore della sua colonia, intenso, soffocante.
“Ecco una cosa in cui potresti essere brava.” Sibilò quello, perfido. “Quello per cui dovrebbero essere nate le persone come te.”
“Preferirei finire a letto con un vero serpente.” rimbeccò la Evans a voce bassa, e la punta della sua bacchetta gli creò una bruciatura nella camicia da tanto scintillava. “Sarebbe meno schifoso.”
Malfoy le strinse l’avambraccio. Arthur gli infilò ancora di più la bacchetta nelle clavicole ma quello non mollò la presa.
“Ti ho detto che non devi toccarla!”
“Evans, tu non hai potere, e faresti bene ad accorgetene, lo dico per la tua salvezza. Io potrei sbatterti dentro la camera di Potter e lui nemmeno se ne accorgerebbe.”
“MALFOY IO TI…!”
Una voce annoiata interruppe il grido furioso del rossino, comparendo alle spalle della "allegra" combriccola.
"Tsk. Expelliarmus."
E in un istante, Malfoy venne scaraventato all’indietro. Finì addosso a Nott, probabilmente spaccandogli il naso appena riparato perché quello lanciò un ululato degno di un mannaro.
Come un principe ribelle, le ciocche disordinate che gli cadevano distrattamente davanti al viso, Sirius Black scoppiò in una risata leggera.
“Sirius! Tu…” alla sua vista la Black sembrò perdere letteralmente la testa e gli sparò contro uno schiantesimo, che venne prontamente deviato. Lo fissava con occhi pieni di odio, e le sue unghie perfettamente curate le si piantarono nei palmi quando strinse i pugni contro i bei fianchi.
“Ma tu guarda.” Ghignò lui. “La mia adorabile cuginetta.”
“Verme…” ringhiò lei di rimando. “Come osi chiamarmi in quel modo? Il solo sapere di essere imparentata con te mi disgusta…” gli si avvicinò e, senza tante cerimonie, gli sputò sul viso. “Sporco traditore del tuo stesso sangue!”
Sirius non parve darci troppo peso. La squadrò come si guarderebbe un insetto e se prima Bellatrix rappresentava una dea dalla troppa bellezza, ora il suo viso si era trasformato, arrivando a diventare quasi brutto da quanto era grottesca e macabra la sua espressione.
Erano così vicini che avrebbero potuto darsi un bacio ma l’espressione di entrambi non presagiva nulla di così romantico.
“Stai attenta, strega. Non me ne importa un cazzo che sei una donna.”
“Pensi di potermi sfiorare con un dito?” lei improvvisamente attaccò a ridere. “Sei nelle nostre mani, cane. Mi divertirò a sbudellarti io stessa se commetterai un solo passo falso.”
“Fallo adesso.” Sirius Black fece tremare l’intero corridoio senza muovere la bacchetta. I suoi occhi diventarono due pozzi neri e profondi. “Non aspettiamo oltre. Attacca, Bellatrix, e spera di ammazzarmi perché quando ti pianterò le mani addosso io non sarà così veloce.”
“Ma sì, perché no?”  le sue unghie salirono sul collo del ragazzo e graffiarono piano. Lui non si mosse ma, si percepiva elettricità. E lei era talmente folle che addirittura Malfoy ebbe il buon senso di intervenire.
“Bellatrix, ricordati quello che ti è stato detto di fare. Ricordati DOVE lo stai facendo.”
“Me ne sbatto. Finiamola adesso, qui, sentiamo che odore ha il sangue Black una volta versato sulle piastrelle.”
Si sarebbero ammazzati sul serio se, improvvisamente, la Chips non avesse messo fuori il naso dalla porta.
“Ma si può sapere cos’è questo fracasso?” abbaiò, raggiungendoli e tutti quanti parvero risvegliarsi come da un sogno. “ALLORA?!”
Bellatrix e Sirius erano ancora vicini ma la ragazza parve recuperare il controllo e gli sorrise in modo angelico. Qualsiasi uomo avrebbe tremato sotto al suo fascino ma Black sembrava avere la nausea.
Si scostò con l’aria di uno a cui viene il vomito e cercò di sorridere affabilmente fissando l’infermiera con tutta la malia di cui era capace.
“Non succede assolutamente nulla." disse, tranquillo. “Stavo solo andando a trovare Potter.”
“E allora vacci!” gracchiò quella, troppo esasperata e sfinita per sgridarli ancora. “E voi schiodatevi da qua! TUTTI voi!”
E fu incredibile accorgersi solo in quel momento che tutta la folla davanti all’infermeria aveva creato un cerchio attorno a loro e li scrutava con gli occhi a palla. Malfoy ridacchiò come uno stronzo e, mentre Nott quasi scaraventava via una primina che gli bloccava la strada, sparì dietro il corridoio insieme a tutta la cricca.
Molly Prewett tirò un sospiro grande come una casa e si piazzò la mano sul cuore. Dopo, si incollò alle labbra di Arthur come una piovra.
“TU! STUPIDO SCEMO!” ululò. “Non fare mai più l’eroe. Mai più!”
“Guarda che avevi la bacchetta alzata anche tu.” Borbottò il rosso, ancora mezzo sconvolto per quel bacio appassionato. “Ma se questo è il ringraziamento…” e mentre quelli iniziarono a montare su un mezzo porno, il giovane rampollo dei Black si girò verso Lily, e, incredibilmente, le sorrise. Ok, ora il mondo stava veramente impazzendo. Da quando Sirius Black le sorrideva?!
“Vieni Lily?" disse quest’ultimo e lei cadde dalle nuvole.
“Prego?!”
“A trovare James. Vieni?”
Ed ecco un’immagine dentro la sua testa, nitida, chiara e precisa. Liu Chang che baciava James sulla guancia.
Lei era in guerra coi Malandrini. E poi lei era… accidenti, se era imbarazzata! E quando lo era iniziava a parlare a sproposito.
“E perchè dovrei venire io da Potter?” attaccò su. “Portaci la sua amichetta Corvonero! Quella Chang! A quella lì sicuramente farà piacere, a me no di certo! Io ho cose più importanti da fare e senza dubbio…!”
Sirius interruppe quel fiume di parole prendendole il polso con gentilezza e quel contatto fu così sfrontato che finalmente la rossina chiuse il becco.
“A James farebbe molto piacere che venissi TU.”
E tanto era sorpresa che si lasciò guidare, docile come un cucciolo, addossandosi parecchie occhiate infuocate dalle crocerossine disperse dalla Chips.
Ma prima di sorpassare tutte, si voltò verso Arthur, sorridendogli dolcemente.
Portò una mano alla bocca e gli sussurrò parole flebili e riconoscenti.
“Grazie…”
 
 
 
Nell’altro gruppo non ci fu la stessa riconoscenza. Bellatrix Black schiantò Malfoy contro una colonnata, afferrandogli il bavero e arrivandogli ad un palmo dal naso.
Furiosa. Lei lo era sempre. La principessa dei Black covava dentro di sé un animale feroce, pronto a sbranare.
“Cosa accidenti credevi di fare?” ringhiò, scuotendo la chioma.
Malfoy strinse lo sguardo di metallo e dalle sue labbra uscì un fischio sommesso.
“Lasciami.” Sibilò, gelido. “Ti ha dato di volta il cervello?”
“L’ho visto, come la guardavi.” Continuò lei, rossa in viso. “Ti è saltato in testa di dare spettacolo, Malfoy? Dev’essere estremamente allettante per te mettere le grinfie sulla puttanella di Potter, ma non credevo arrivassi addirittura a ingolosirti per una sporca Mezzosangue.”
Quello le staccò le mani senza tanti complimenti.
“Sei gelosa, Bellatrix?”
“Vaffanculo.” Glielo sputò addosso come veleno, quell’insulto. La sua rabbia sembrava crescere a dismisura ogni giorno che passava. Una rabbia senza logica, senza sentimento.  “Puoi sbatterti chi ti pare e quando ti pare per quel che mi riguarda, puoi incatenarla al tuo letto e divertirti a torturarla fino a farla implorare, ma ti avverto. Non tirare la corda, Malfoy.”
“Black, tu fai le moine praticamente a mezza scuola pur di ottenere quello che vuoi e a volte, nemmeno per uno scopo preciso. Lo fai e basta, perché sei una insaziabile egocentrica. O devo ricordarti come ti sei incollata addosso a Weasley?” Malfoy era stizzito. Si controllò le maniche della camicia, sistemandosele in modo rapido. “Quindi, esattamente, che diavolo vuoi?”
“Voglio ricordarti solamente la tua posizione.” Lei miagolò, viscidamente. “In questa scuola sei un principe, Malfoy, ma fuori sei un vassallo. La tua famiglia ha potere, e ne otterrà ancora di più grazie a chi ti porterai sull’altare ma sei davvero un pazzo se pensi che io rimarrò in silenzio a guardarti disonorare mia sorella. Non siete così indispensabili, faresti bene a ricordartelo. E io, a differenza tua, posso fare ciò che mi pare e lo posso fare pubblicamente.”
“Crepa, Bellatrix.” Le ringhiò, scollandosela di dosso. “Sei una cretina se pensi che metterei Narcissa su un livello così basso ed indegno. Il suo onore è ciò che più conta al mondo.”
“Molto romantico, Lucius, per uno che si sbatte mezza scuola.”
“Oh, come siete diverse, voi due.” Lui stirò un sorriso a trentadue denti.
“Diverse?”
“A differenza tua, Narcissa ha un cervello. Pensi che non sappia di chi mi porto a letto? Ma lei lo sa che la mia anima è sua e a che livello arriva la mia devozione nei suoi confronti. Per cui vai a fare la sorellina protettiva altrove.”
Bellatrix scosse i capelli, neri, pura seta contro la schiena alabastrina. Boccoli perfetti e una bocca fatta per baciare. Ma gli occhi erano duri e freddi e folli.
“Oh, no, no, no, non hai centrato il punto. Sono consapevole che mia sorella sappia della natura dei tuoi divertimenti, lo sa da molto tempo e la cosa non turba proprio nessuno. Quello che non ti è chiaro che la tolleranza di mia sorella verso certi atteggiamenti pubblici ha un limite.” Sibilò, divertita. “Pensi che il suo silenzio basti a farti fare ciò che vuoi ma ti informo di una cosa. Stai dando troppo spettacolo, Malfoy, e la cosa non è gradita a nessuno, tantomeno a lei. E se io sono qui a farti la cortesia di dirti queste cose, lei non avrà la stessa premura. Per Narcissa, l’onore non ha prezzo. Tu invece ce l’hai eccome.”
“Sarebbe una minaccia?”
“Sarebbe un consiglio.” Lei gli voltò le spalle, facendo rintoccare i tacchi contro la pietra. “Fai quello che ti pare con chi ti pare ma fallo in segreto. Non creare imbarazzo a mia sorella. Non fare incazzare me. Cose terribili succedono a chi infastidisce un Black. Anche ad un Malfoy.”
Sparì dietro l’angolo, una venera nera e l’eco della sua voce incantevole. Lucius rimase in silenzio, si accese una sigaretta con lo sguardo fisso nel vuoto.
Subito dopo, la spense nella sua stessa mano, digrignando i denti per l’odore della carne bruciata, per il suono del mozzicone che gli sfrigolava sulla pelle. La gettò a terra con uno scatto e la calpestò con il tacco della scarpa, con tutta la forza che aveva. Sulla mano, una macchiolina rossa iniziò a sanguinare.
 
 
 
 
 
 
 
Aveva ancora il polso racchiuso nella mano di Sirius Black. Arrossì, sentendosi tesa come la corda di un violino. Che accidenti stava facendo…
Stavano in silenzio, camminando piano attraverso la calca di persone davanti all’ingresso. Poi Black la guardò, insolitamente serio.
“Che cosa vogliono da te i Serpeverde, Evans? E’ da tanto che Malfoy ed i Black ti stanno dando fastidio?”
“Io…oh, non mi importa di loro.”
“Me lo fai un favore? Chiamami, se ricapita. Fai in modo che io sia avvertito. Fa un incantesimo o un allarme di qualche tipo… ed io arriverò.”
Ok, quello le fece veramente spalancare gli occhi. Incredula, si rese conto che diceva sul serio. Sirius Black le stava offrendo…protezione?!
“Ecco…non...non c’è bisogno che ti disturbi!” mormorò, avvampando.
“Figurati, Evans!” lui ghignò, tornando strafottente come sempre ma c’era qualcosa di strano nella sua espressione e, notò Lily, le mani gli tremavano un poco. “Mi serve solo l'occasione per dare una bella lezione ai Black.”
Lily annuì, imbarazzata. Non sapeva bene cosa rispondere.
Ora che ci pensava, non conosceva per niente Sirius Black.
Tanti anni a urlargli dietro, tanti anni passati a litigarci….e solo ora si rendeva conto che l’aveva sempre visto come l’amico dongiovanni di Potter, mai nulla di più. Non sapeva che possedeva un lato nascosto, sotto la sua maschera da ribelle ma ora era lampante che Sirius Black aveva un volto segreto.
Anche James…ne possedeva uno?
I suoi pensieri furono interrotti poiché entrarono finalmente nella Infermeria.
Il Malandrino in questione guardò Lily Evans, a dir poco estasiato.
“Rossa!” ululò, alzando il pugno in aria in segno di vittoria. “Sei venuta a trovarmi!"
Lily sbuffò in risposta e si sedette accanto al suo letto.
“Allora, si può sapere come stai?” mugugnò, infastidita.
"Benone!" disse lui, ignorando i suoi toni taglienti.
La porta si aprì di nuovo e Remus Lupin e Peter Minus fecero ingresso nella stanza: il primo preoccupato, l’altro praticamente nel panico più puro.
“JAMES! Come stai?!” squittì disperato Minus, e appena lo ebbe individuato si fiondò sul letto dello sfortunato Malandrino e iniziò a scuoterlo violentemente come se volesse sentire l’anima sbatacchiare dentro al corpo.
“Ahi! Hey...hey hey! Sto bene Peter, finiscila!” esclamò Ramoso, confuso, iniziando ad avere forti giramenti di testa per via di quello strapazzamento fin troppo affettuoso.
“Puoi smetterla di rischiare ogni volta la vita, James Potter? Sto avendo a che fare con la Chips più che con i miei parenti.” Sospirò Lupin. “…ciao Lily" disse poi, accorgendosi solo in quell’istante di lei. I suoi occhi dolci brillarono nel vederla.
 “Ci-ciao..”
Quella era veramente la situazione più assurda che le fosse capitata da qualche anno a quella parte. Lei, seduta accanto al letto di James Potter, circondata dai Malandrini.
Non si era mai trovata sola con loro. O almeno, non senza che partissero schiantesimi.
Una normale chiacchierata coi MALANDRINI?! Le sembrava ancora impossibile, eppure era quello che stava accadendo.
All’improvviso, le labbra di James si trovarono a pochi centimetri dalle sue.
“Se mi dessi un bacio mi sentirei meglio…”
Lily Evans strillò, levandoselo di dosso.
“Potter, razza di pervertito!”
James fece il suo solito sorriso sghembo che nessuno riusciva ad imitare. La fissò soddisfatto e Lily si accorse che quella sensazione di disagio era completamente scomparsa.
Che James…l’avesse fatto apposta?
“Potter, io un giorno di questi ti…” Iniziò arrabbiata, ma poi gli venne in mente una idea. “Dei Serpeverde sicuro!”
“Eh?”
“Hai fatto a pugni con dei Serpeverde.”
“Che acume, Evans, e dire che non era mai capitato in sette anni.”
“Non capisci.” La Grifoncina gli sfiorò la fronte con un dito e Potter perse un attimino l’uso della parola. “Domani hai la partita, no? Non è stata una rissa casuale, anzi, scommetto che hanno iniziato loro. Volevano metterti K.O.!”
“Veramente l’ho iniziata io…ma devo ammettere che i pretesti li avevo tutti e…un momento, che hai detto?!”
“Che…domani hai la partita…?”
“Accidenti!” saltò su James, e tutti trasalirono. “Me ne ero completamente dimenticato! Cazzo, cazzo, CAZZO!”
“Di cosa ti preoccupi Ramoso? Sei il miglior cercatore della scuola.” disse Peter, e quei gongolamenti parvero rimetterlo tranquillo.
 
Arrogante, cafone, borioso, idiota…
 
Eppure…
 
“Potter è molto migliore di te, Malfoy…”
 
Le sue ultime parole le comparvero alla mente. Aveva davvero avuto il coraggio di fare un complimento a Potter?!
“A proposito, ho sentito baccano...cos’è successo là fuori?" chiese James incuriosito, prima di cambiare totalmente espressione e puntare i suoi occhi d’oro su Lily e Sirius, trucidandoli con lo sguardo.  “E che ci facevate voi due là fuori INSIEME?”
“Ma cosa te ne importa?!” scattò la rossa, mentre Felpato sorrideva.
“Nulla, Ramoso. Abbiamo dato una lezione a delle Serpi. Vero, Lily?"
Lily sorrise di rimando. Lo fece senza pensarci. Sirius aveva un sorriso bello, non si vedeva spesso sul suo viso. E la sua gentilezza…era strana, ma piacevole. L’aveva colpita.
Era evidente che la situazione della sua famiglia aveva il potere di cambiarlo radicalmente. Di…fargli perdere la maschera. Perfino lei era a conoscenza dei Black, della loro nomea, e di come Sirius Black fosse fuggito da loro. L’unico Black Grifondoro. Un rinnegato.
Provò una fitta di pietà per il ragazzo: anche lei sapeva cosa voleva dire non essere apprezzati da un componente della famiglia. Da qualcuno che dovrebbe amarti e proteggerti. Ma la vita con sua sorella non doveva essere così male, in confronto a quella vissuta da Sirius.
“Chissà quanto deve avere sofferto…”
James, visibilmente più tranquillo, si stese di nuovo sul letto.
“Malfoy, immagino.”
“E mia cugina.” Completò Sirius, con una smorfia.
“Ah!” cinguettò James. “Le simpaticone, vero? Bellatrix è segretamente innamorata di me. Le piacciono talmente tanto i miei occhi che vorrebbe strapparmeli dalla faccia.”
“Gli hai soffiato via il principino qui presente come se fosse un boccino.” Disse Peter, non senza una punta d’orgoglio. “James Potter, quello che ha messo in imbarazzo i Black.”
Ramoso gli sorrise, divertito come il demonio.
Il sorriso di Sirius era leggermente più tirato.
La cosa a James non importava, ma era ovvio che a Felpato pesava moltissimo. Lily vide il suo volto oscurarsi.
“Meglio che dormi." disse il moro, alzandosi. “Domani abbiamo la partita e voglio vedere la nostra Casa stravincere.”
“Tsé, Felpato, sarà un giochetto!”
“Posso...chiedervi una cosa?” disse ad un tratto Lily, curiosa. “I vostri nomi...cioè, oltre ad essere un po’ stupidi…” - (James e Sirius lanciarono un verso offeso) - “…sono molto particolari. Ma ve li siete dati a caso?”
Con stupore di Lily, un fremito percorse i quattro ragazzi, come una ventata d’aria gelida.
“Per fantasia...ovvio.” esclamò James, distogliendo lo sguardo. La voce gli si era fatta altissima.
“Non c’è bisogno di scaldarti! Hey, ma stai per vomitare?” Potter era diventato pallidino.
“Sto benissimo!”
Anche gli altri avevano occhi allarmati e sembravano enormemente a disagio, ma nessuno come Lupin. L’amico aveva abbassato lo sguardo, e il suo viso si era adombrato inquietantemente. Aveva toccato un tasto scoperto, si rese conto, ma non riusciva a capire che cosa potesse aver detto di tanto impanicante.
“Hey! Ma che sta...” saltò su, insospettita, ma Sirius le prese il polso per la seconda volta nella giornata e la trascinò verso la porta.
“Meglio andare Evans!”esclamò frettoloso. “James non sta bene e ha bisogno di riposare!”.
Ma quando fece per aprire la porta, questa si spalancò di scatto e sulla soglia comparve una graziosa ragazza dai capelli lucenti e neri, occhi scuri e penetranti.
Liu Chang si trovò faccia a faccia con Lily Evans e se prima aveva un sorriso ammaliante, questo le scivolò giù dalla faccia come un rossetto bagnato.
“La Prefetto di Grifondoro?” le scappò di bocca, in tono ben poco amichevole. “E tu che ci fai qui?”
Che sguardo fastidioso. Lily Evans si sentì i suoi occhi piantati addosso, indagatori, ostili.                
La stava esaminando quasi come…una rivale. Era abituata alle occhiatacce delle galline di Potter ma quello sembrava essere diverso. Provocante, freddo.
“Ecco…ero venuta a trovare James.” Borbottò, troppo orgogliosa per abbassare lo sguardo.
La cinese la fissò ancora per un istante, poi decise di non calcolarla. Cosa che la mandò in bestia.
“Oh!”
Lo sguardo della ragazza scorse su James e si fece all’istante più dolce.
“James!” esclamò, sorridente come la primavera, e si sedette senza tanti complimenti ai piedi del suo letto. “Scusa per questa improvvisata, ma quando ho saputo che ti eri fatto male...non importa. Stai bene, è questo che conta. Credevo di aver perso per sempre il mio futuro maestro!”
Ridacchiò, chinandosi su di lui.
“Ti infastidisce che sia venuta?”
Quello fissò entrambe abbastanza spaesato. C’era una strana tensione…
“No, Liu, anzi, sei stata molto carina, grazie. Il maestro è ancora tutto intero.”
E poi si zittì perché quella gli passò le braccia intorno al collo. No, decisamente non era più la ragazzina timida che aveva conosciuto all’inizio.
“Ora stai meglio, vero Jam? Non ti hanno...” lo sguardo di lei si posò su Lily, spudorato. “…disturbato?”
“Sto…sto meglio, Liu. Nessun disturbo.”
“Meglio che vada.” disse sempre più fredda Lily, voltando lo sguardo alla compagnia. Qualcosa le aveva appena fatto saltare la mosca al naso e non si capacitava di ciò. Non si aspettava di essere difesa, e poi difesa da cosa?
Ma…oh, non sapeva nemmeno lei cosa si aspettava da James.
Di nascosto, fece ruotare la punta della bacchetta, formulando un incantesimo nella mente.
“AHI!”
Una vespa era entrata nella stanza e aveva punto il Malandrino proprio sul collo.
Il ragazzo si voltò di scatto verso Lily, che lo guardò a sua volta, diabolicamente divertita.
Poi la Grifondoro uscì sbattendo la porta.
E adesso che accidenti le è preso?!” Pensò Ramoso, massaggiandosi la zona dolorante dove la Vespa l’aveva punto, ora misteriosamente scomparsa. Chi capiva quella ragazza meritava veramente un premio.
 
 
 
 
Hagrid sembrava essere sempre più grande ogni giorno che passava. Lily Evans si sedette sulla solita poltrona ricoperta di pelo di castoro, mentre nel calderone bolliva qualcosa dal profumino delizioso.
“Ti ringrazio.” Gli sorrise in modo dolce, mentre il giovane guardiacaccia fuori taglia le passava un calice abbozzato nel legno con dentro una tisana alle rose.
Capitava spesso che Lily Evans si rifugiasse da lui. Un paio di volte ci aveva beccato anche Potter, e altre volte Remus, Sirius, addirittura Peter. Hagrid sembrava trovare in tutti loro qualcosa di bello e passare i pomeriggi dentro la sua casa era piacevole.
Thor le mordicchiava la punta delle scarpe, un cucciolo nero fuori misura come il suo padrone, con un grosso e vaporoso fiocco blu attorno al collo.
“Di nulla, principessa. Prima o poi gli metterò un collare borchiato, a questo cosino.” Affermò il mezzogigante, in modo premuroso, sollevando il cagnolino per la collottola. “Ma ora…guardalo! Non fa paura nemmeno ad una mosca.”
Lily rise, prendendoselo in braccio. Da quando aveva preso quel batuffolo pieno di rughette, stare lì era ancora più bello. Thor portava allegria e in un istante, l’incazzatura verso la Chang e il modo in cui aveva fatto la oca le passò. Anzi, le sembrò quasi una cosa stupida.
Non ci pensava proprio a mettersi in competizione, per Potter poi, figuriamoci. Già le bastava il corteo di adulanti streghette che la voleva sbranare viva. Ma…quello sguardo era stato veramente sgradevole.
Aveva visto negli occhi di Liu una strana cattiveria.
“Non devi prendertela per come ti ha trattata Malfoy. A quelli lì passa sempre il marcio in testa.” Disse Hagrid, mescolando il calderone di tanto in tanto. “Non permettere a certa gentaglia di farti  credere il contrario. I Malfoy sono una brutta razza. Corre voce che vogliano unirsi con i Black e diventare ancora più schifosamente ricchi. Matrimoni combinati, puah! Roba da medioevo.”
“Non ha importanza ciò che dice Lucius.” Mormorò lei. “Anche se a volte è difficile chiudere le orecchie di fronte alla verità.”
“La verità?” lui le passò una manona sulla spalla. “La verità è che questa storia dei mezzosangue sta facendo impazzire tutti quanti. La fuori qualcosa sta andando in malora, da retta a me. Ci sono brutte storie in ballo. Ma tu rimarrai sempre una strega maledettamente in gamba, è questa l’unica verità che conosco io.”
La Evans sorrise, mestamente.
“Grazie, Hagrid.”
“E invece, delle spasimanti di Potter, che mi dici? Ti danno ancora noia?”
“A dire il vero, oggi c’è stato un avvenimento fastidioso ma preferisco non parlarne. A volte mi sembrano tutti matti.”
“Il mondo intero è matto.” Hagrid stirò una risata leggera. “Devi prenderlo per come viene! Camminare dritto anche se gira al contrario! E con la testa alta, sempre!”
“Oh, su quello non c’è dubbio!”
Sorseggiava la sua tisana fissando fuori dalla finestra, dove il cielo dava qualche raggio di sole. Thor aveva preso a giocare con alcuni rospi blu, grandi come cestini, i quali non sembravano gradire molto le attenzioni del cane. Il guardiacaccia le parlò del più e del meno e solo più tardi si accorse che qualcosa non quadrava.
Era decisamente inquieto e squadrava sempre fuori dalla finestra.
“Hagrid, va tutto bene?”
Lui parve risvegliarsi come da un sogno, lasciando cadere il piatto di larve che stava per dare ai rospi, messi prontamente al sicuro dai dentacci di Thor.
“Scusami, Lily. E’ che nella Foresta Proibita ultimamente sta accadendo qualcosa di strano.”
“Qualcosa di strano?”
“Già. I Centauri sono inquieti e ho come la sensazione che qualcosa mi osservi mentre faccio la ronda. E’ come se tutto ciò che c’è di oscuro stesse alzando il muso, capisci cosa intendo?”
La ragazza si strinse nelle spalle, rabbrividendo.
“Ultimamente nel mondo magico stanno accadendo tanti incidenti strani. Forse la Foresta Proibita risente del clima degli ultimi tempi.”
“Ci puoi scommettere la scopa.” Borbottò lui, pensieroso. “E’ come se le forze oscure stessero cercando di allearsi in qualche modo, dopo anni passati qui dentro riesco quasi a sentirlo sulla pellaccia. Ne sono accadute di cose brutte in passato, Lily, ed ogni volta ho avuto questa sensazione. Ma non voglio spaventarti.” La guardò allarmato nel notare di averla turbata. “Qui siete al sicuro e ti assicuro che sotto al mio naso non passerà nulla. Oh, guarda un po’ chi c’è!”
James Potter balzò sull’ingresso come un grillo, sfoderando un sorrisone a trentadue denti.
“Heylà!”
“Oh, ma è una persecuzione!” sbottò la rossa, alzando gli occhi al cielo. “Si può sapere cosa ci fai, qua?”
“Ecco, da quello che ho sentito dovresti essere in Infermeria!” Hagrid incrociò le braccia al petto, sorridendo in modo bonario. “Ti crescerà qualche corno con tutte le botte che ti prendi.”
“Pausa, pausa.” James rise. “Tornerò presto dalle amorevoli cure della Chips, che tra l’altro non sa che sono qui e gradirei non lo sapesse. Ti cercavo, Lily.”
“Mi cercavi? E come mai sei venuto proprio qui?”
Era assurdo ma ogni volta che James la cercava, sembrava sapere sempre dove trovarla. Sembrava avere un sinistro sesto senso.
“Ho seguito l’odore incantevole che emana la tua acidità.” Tubò lui, prima di frugarsi nel mantello. “Ah, e ho una richiesta da farti.”
“E sarebbe?” Lily non riuscì a trattenere un sorriso ironico.
“Vieni a vedermi alla partita. Tifa per me.”
Ecco, ora le aveva sentite proprio tutte. Lily Evans era forse l’unica strega a detestare il Quidditch. Le lezioni con Madama Bump l’avevano traumatizzata, da bambina. Le scope sembravano odiarla e, soprattutto, non appena si alzava di solo qualche metro le vertigini arrivavano come delle bombe e le scombinavano lo stomaco ed il respiro.
No, l’aria non faceva proprio per lei.
Quindi si alzò, gli andò sotto il naso e lo sfidò con lo occhi.
“E mi spieghi, di grazia, perché mai dovrei farlo?”
Lui sorrise, e le sventolò sotto il naso…Lily Evans sbarrò gli occhi. La lettera.
La sua lettera.
Tutto quanto sembrò scomparire e nel cervellino della rossina iniziarono ad ingranare i primi passaggi.
L’occhio nero del Malandrino, l’aria vendicativa dei Serpeverde, Nott con la faccia pesta.
James…James aveva fatto a botte per recuperare la sua lettera?
Ed eccola di nuovo. Quella maledetta sensazione, un tepore dentro al petto che l’aveva tenuta sveglia per notti intere da quando James l’aveva consolata, crucciando i suoi pensieri e scardinando certezze.
Le sorrideva ancora quando le sue mani si chiusero finalmente sulla lettera di sua sorella. Forse nemmeno lo sapeva che significato avesse per lei. Non lo sapeva quando gliel’aveva presa e non lo sapeva quando gliel’aveva restituita. Ma ora era lì, tra le sue mani. Finalmente a casa.
E le parole le uscirono di bocca senza nemmeno pensarci, in un mormorio confuso.
“Affare fatto, James. Verrò alla partita.”
Si guardarono in silenzio, con qualcosa dentro che non sapevano decifrare. Una…carezza, dentro al petto.
Fino a quando Hagrid, con un ghigno tanto, non tossicchiò, riportandoli alla realtà.
“Credo che ci sia una sola cosa da fare, alla luce di quanto mi hai raccontato in questi giorni.” Annunciò solennemente. “Se quella è veramente un’altra lettera di tua sorella, come penso che sia, sai già cosa ti ho consigliato di fare. Te lo sto raccomandando da tanto tempo, piccola.”
Lily Evans tornò decisa e sicura di sé. Afferrò la bacchetta e fissò solennemente quel pezzo di carta.
Non era nient’altro, decise dentro, con un moto di selvaggia euforia. Non era nient’altro che inutile carta.
Incendio.”
Non le avrebbe mai più permesso di dirle chi era davvero.
 

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Capitolo 7
*** La partita di Quidditch. ***


 
 
 
 
 
La candela creava ombre sinistre sul viso di Narcissa Black, che fissava il languire delle fiamme con una immobilità tale da sembrare morta.
Una mano sul grembo, l’altra a sostenere il mento con il dorso.
Bella ed elegante come poche, fasciata nella sua vestaglia di seta bianca, talmente esile da potersi spezzare: la principessina dei Black immersa nella notte e nel silenzio della Sala Verde-argento sembrava un dipinto.
Un fruscio spezzò la quiete, e la porta che conduceva al loro antro si spalancò, mentre un mago entrava togliendosi la polvere dal mantello.
Aveva il viso coperto dal cappuccio ma la biondina sapeva bene di chi erano le fredde labbra che si erano appena posate sulla sua mano.
Lucius Malfoy la fissò come se fosse una caramella gustosa. Uno sguardo da avvoltoio…
“Hai risolto l’inconveniente?” gli domandò. Voce bassa, occhi vacui.
Lui fece un risolino.
“Facile come bere un bicchier d’acqua. Eri in pensiero?”
“Vorrei evitare di diventare vedova ancor prima di essermi sposata.”
Lucius sorrideva ancora ma nei suoi occhi c’era un tremolio. Si trasfigurò un bicchiere di liquore che buttò giù senza neanche prendere fiato.
Aveva visto cose tremende, pensò Narcissa. Chissà quali oscurità si celavano dietro la Foresta Proibita di quei tempi…ed improvvisamente si ritrovò a pensare al buio la fuori con un moto di assurdo desiderio.
Quanto avrebbe voluto vederle, rifletteva. Quanto avrebbe voluto essere in pericolo… almeno una volta, solo una.
“Silente ci sta col fiato sul collo ma ci sono cose che nemmeno lui può notare.” Gracchiò Lucius, con la voce roca. “Sta di fatto che non è stato piacevole e questa notte penso proprio che mi sbronzerò.”
“L’importante è che sia entrato.” Mormorò lei. “Con l’aiuto delle ombre.”
Lui notò l’invidia che trapelava nella sua voce e gli occhi accesi di quella maledetta. Bramava cose che una normale ragazza non osava nemmeno guardare.
La strinse a sé con un moto istintivo e la sentì irrigidirsi appena.
Cristo se era fredda, pensò, eppure così bella e irraggiungibile da togliere il fiato. Narcissa gli aveva avvelenato il cuore.
“Lo sai che ci sono cose oscene la dentro. Creature malvagie senza le quali nulla sarebbe potuto passare. Io non ho dovuto fare quasi niente, solo aspettare e osservare.”
“Lo so, Lucius.”
“Sono ombre potenti e pericolose quelle di cui parli e nessuno permetterà mai che Narcissa Black rischi il suo bel faccino. Ma ti assicuro che è meglio così.” E sbiancò. “Ho visto cose disgustose, questa notte. E quando è così, a volte mi chiedo se facciamo bene a seguire certi cammini. Ogni giorno che passa sembra farsi sempre più pesante e torbido…”
La Black gli accarezzò la guancia, sfiorando le sue labbra con le proprie. Lo amava, in un certo senso, ma a volte si chiedeva che cosa sarebbe capitato se al suo posto ci fosse stata Bellatrix. Bellatrix venduta come un pezzo di carne. Bellatrix tenuta sottochiave nella sfera di cristallo. Dio, se  si sentiva in gabbia…e forse la follia della sorella stava aumentando proprio perché sentiva le stesse cose.
Sarebbe impazzita anche lei? No, decise in un istante, lei era troppo calcolatrice e pretenziosa per finire a farsi divorare dalla rabbia.
Eppure…ripensò alle ombre nella Foresta, al pericolo, alla voglia di farsi male. Guardò la mano di Malfoy, dove si era bruciato con una sigaretta.
Sì, tutto si era fatto torbido e cominciavano a risentirne davvero. Tutti. Chi in un modo e chi nell’altro.
“Sarò sempre con te, amore mio.” Sussurrò. “Quale che sia il torbidume, io sarò al tuo fianco.”
Lui le apparve grato e per quel breve istante comparve di nuovo il sentimento, o la parvenza del sentimento, che li aveva uniti tutto quel tempo. Un blando moto di affetto, stima e rispetto. Non avevano bisogno di altro.
“Perlomeno…” biascicò Lucius, con la bocca premuta contro la sua spalla sottile. “…Perlomeno avrò il gusto divedere la feccia rimessa al posto che le spetta. Sotto le nostre scarpe. Divorata.”
Non avevano bisogno di altro amore, pensò Narcissa Black, con un sorriso. Perché era altro ciò che li saziava…e presto, come parassiti, sarebbero tornati a nutrirsene.
 
 
 
 
 
 
 
 
Il tempo era ottimo per volare e bisognava dire che nessuno ci avrebbe scommesso un centesimo.
Quella notte un freddo allucinante era entrato dalle fessure di Hogwarts e un vento che presagiva temporali aveva sbattuto violentemente contro la scuola per ore intere. Tassorosso e Corvonero avevano tirato un generale sospiro di sollievo mentre Grifondoro e Serpeverde iniziavano a macerare bestemmie perché nessuno avrebbe voluto giocare sotto un tempaccio simile.
Eppure, il giorno dopo, il sole splendeva vivace ma nonostante ciò era nascosto da qualche nuvola. Perfezione pura per chi doveva usare bene gli occhi.
James Potter era in piena forma e quando si sedette a tavola fu accolto da un’ovazione generale.
I Serpeverde, squadra avversaria, iniziarono a fischiare e insultare ma quello si limitò a fargli il medio e ad imburrarsi una brioches.
“Facciamogli il culo.” Decretò molto poco signorilmente Geky Bell, sedendosi al suo fianco. Piccola, bassa e con corti capelli neri, la graziosa Cacciatrice si era già infilata la divisa e aveva già dovuto sorbirsi qualche battutaccia.
“Ci puoi scommettere le palle che non hai.” Disse Sirius, sbattendosi dall’altra parte del tavolo. “Non vedo l’ora di sbatterne un po’ in Infermeria. Ieri hanno appeso Peter alla torre ovest.”
“E a me hanno detto che sono una nana da giardino!”
“Questo sì che è un affronto.” La consolò Black, con un ghigno. “Peter ha avuto la meglio, allora.”
“Non te la prendere, nanerottola.” Ridacchiò Arthur, strofinandole la testa. “Scendi in campo e falli sentire come Biancaneve con la mela in bocca.”
“E chi sarebbe Biancaneve? La pianti di leggerti stronzate babbane?” rise Geky, ma aveva già cambiato umore. Arthur non sembrava avere mai ansia e sentirlo vicino era un toccasana quando la tensione iniziava a salire.
“Sicuro di stare meglio, Jam?” chiese quest’ultimo, voltandosi verso il capitano. “Ti sei scollato di dosso la Chang, eh?”
“Non farmene parlare…” borbottò quello. Liu Chang gli era stata appiccicata tutto il giorno e doveva ammettere che era davvero una scocciatura. Erano bastate tre parole a fargli capire che nel tempo si era completamente rincretinita.
Proprio in quel momento, la Corvonero, incrociando il suo sguardo, gli rivolse un sorriso.
James lo distolse in fretta, cercando un altro sguardo...uno più luminoso, più pulito, più verde...ma Lily Evans non c'era.
Lei si svegliava sempre prima degli altri, e faceva colazione in fretta, allenata fin da bambina a sfuggire dalle sue grinfie.
Con uno strano sentimento nel petto ricordò lo sguardo che gli aveva rivolto quando le aveva ridato la lettera. Dio, se era bello.
“Affare fatto, James. Verrò alla partita.”
Si era giocato il tifo della Evans e l’aveva vinto. Lei, sugli spalti, lo avrebbe guardato ed improvvisamente si sentì un brivido potente addosso.
Di solito non veniva mai, diceva che il Quidditch era uno sport troppo rozzo e violento. Diceva che era da stupidi e che quindi capiva perfettamente come mai James fosse tanto bravo.
Ma ora aveva promesso e sarebbe stata tutta sua. La immaginava negli spalti, avvolta dal rosso e dall’oro, con il vento che le scompigliava i capelli color sangue e solo con un grande moto di amor proprio decise che quell’emozione era data solamente dal fatto che l’aveva obbligata a tifare per lui. Come se fosse…una sua sconfitta.
E con lo stesso guizzo d’orgoglio decise che non era invidia quando videro Molly Prewett con la faccia dipinta da leonessa già in posizione per tifare l’amore della sua vita. Lei veniva sempre, unita da un legame impossibile da spiegare.
“Potrebbero anche accenderlo il riscaldamento, ogni tanto.” Si lagnò Black, quando aprirono le porte degli spogliatoi.
“Non ci basta già il tuo fascino a scaldarci tutti?” pigolò Frank, scuotendo i ricci castani. Il secondo battitore si era già infilato la divisa ed i muscoli sembravano scoppiargli sotto la maglietta.
“Vedi di coprirmi le spalle, tu.” Ghignò Sirius, togliendosi la giacca. “Dobbiamo buttarne a terra almeno la metà e la volta scorsa Nott mi ha quasi disarcionato.”
Black mezzo nudo era veramente un bel vedere ma Potter si stupì lo stesso quando vide la Bell farci più di un’occhiatina.
“Geky, pensavo di conoscerti!” le sussurrò fingendosi sconvolto, mentre la Cacciatrice arrossiva sotto lo sguardo ingenuo di Sirius, voltatosi verso di lei.
“Oh, pensa a prendere il boccino e non rompere.” Borbottò lei, infilandosi la maglia grande almeno il triplo e tuffandoci la faccia scarlatta.
Felpato, che non aveva capito una bega, fece le spallucce e ritornò da James, battendogli il cinque.
Si scambiarono una occhiata che valeva più di qualsiasi augurio. James Potter non aveva mai temuto con il suo fedele compagno a guardargli le chiappe.
Si girò verso la squadra, conscio che avrebbe dovuto dire qualcosa.
Le cacciatrici erano belle e sorridenti, Alice alta e slanciata, con la sua lunga coda di cavallo castana, Geky, bassa e scarmigliata e Giuly, con la pelle nera come il carbone e gli occhi saggi. Tre donne a cui nessuno avrebbe mai rotto le palle, pena ritrovarsele staccate dal corpo.
Al loro fianco, Frank, Sirius e Arthur, scope scintillanti in palla. Quella di Arthur era un po’ spelacchiata ma per parare la rete non servivano grandi attrezzature.
“Bene, so che non abbiamo avuto modo di fare chissà quanti allenamenti.” Cominciò. “Ma mi aspetto che disarcioniate quei bastardi dalle loro scope a calci in culo. E questo è il mio discorso.”
“Che poesia.” Tubò Weasley, fingendosi commosso. “Ho i brividi.”
Continuarono a menargliela, a ridere e scherzare anche quando uscirono sul campo, circondati da un boato.
Gli spalti scintillavano. Da una parte c'era una marmaglia rossa e oro, invece dall'altra, in perfetto contrasto, verde e argento.
Madama Bumb era al centro del campo, fischietto al lato della bocca, gli occhi da falco che guardavano tutto, attenti e sospettosi.
“Capitani, datevi la mano.” Disse, autoritaria.
James sorrise e si avvicinò al Capitano della squadra di Serpeverde.
Lucius Malfoy, ovviamente.
Era anche lui Cercatore e, ogni volta, la sfida tra Grifondoro e Serpeverde diventava una sfida personale ma stavolta c’era, se possibile, ancora più tensione. Gli aveva toccato la Evans.
Non aveva dimenticato.
Malfoy lo fissò arrogante come al solito, l’ombra di un sorriso finto ad illanguidire il volto ma stavolta, il capitano notò due borse sotto gli occhi da far paura.
Potter gli ghignò in faccia e i loro occhi si sondarono dentro, così diversi. Da una parte uno sguardo dorato e scintillante, dall’altro due occhi color della pioggia, freddi ma stranamente stanchi.
Si strinsero le mani, ognuno stringendo forte come a voler spezzare le dita dell'altro.  
“Pronto a perdere, Potterino?” sibilò Malfoy, con un ghigno perfido.
“E tu?” rispose James, sempre a bassa voce. “Hai fatto nottata, Malfoy? Ti vedo stanchino.”
“Se fossi in te farei poco lo spiritoso. ” ribatté l’altro. “Ho l’impressione che ti farai male, oggi.”
“Se tu fossi in me, io sarei brutto, Malfoy.”
Lucius lo ricambiò con una occhiata sprezzante.
“Quando avete finito con lo sfoggio di virilità, qui vorremmo giocare.” Sbottò Alice, ad un tratto.
“Non preoccuparti.” Cinguettò Nott. “Sarai la prima a cui spezzerò le braccia con il mio bolide.”
“Prima dovrai sistemarti il naso dal mio, coglione.” Ringhiò Paciock.
“Mi raccomando...” borbottò Madama Bumb, già allarmata dalla voglia di ammazzarsi che avevano quelli. “Voglio un gioco pulito.”
Le due squadre si divisero.
Nott era in gamba e Thorfinn era un ammasso di muscoli ma Black era abile e Paciock aveva la fidanzata in campo, cosa da non sottovalutare.
Alecto Carrow probabilmente ne avrebbe parata qualcuna, grassa com’era, ma Mcnair era un idiota con la fissa per gli animali impagliati e Alice se lo mangiava in un soffio. Dolohov invece sarebbe stata la solita piaga nel sedere.
Ma ciò che contava veramente era il Cercatore e Malfoy non sembrava in forma. Sembrava…distratto. Sfinito.
“Mirate tutti a Potter, mi raccomando…” sibilò quest’ultimo alla squadra, abbastanza forte per far si che James lo sentisse.
Madama Bumb fischiò, e i ragazzi si librarono in aria, James e Lucius più in alto di tutti, alla ricerca del boccino.
Il vento li avvolse in modo dolce ed il resto del mondo sembrò scomparire.
“Ed ecco che inizia il gioco.” Tuonò la voce del cronista, più alta delle nuvole. “Serpeverde e Grifondoro nella prima partita del torneo. Gli animi sembrano essere già surriscaldati!”
Sirius, la cui passione nel gioco era colpire più Serpeverdi possibili, si era già dato alla carica.
La palla rimbalzò tra Mcnair e Amycus, venne colpita con forza da Dolohov, ma Arthur la parò con facilità.
“Si entra già nel vivo, con un quasi punto!” abbaiò il cronista. “Neanche un minuto e già ci si scontra sul pezzo forte, signori!”
Intanto, mentre James non aveva ancora perlustrato bene il campo, sentì un bolide sfrecciare vicinissimo al suo orecchio sinistro, mirato da un battitore Serpeverde.
Per schivarlo fu costretto a fare un’abile capriola.
“Scusa Jam!” disse Sirius parandosi davanti a lui e colpendo di risposta un altro bolide. “Mi ero distratto!”
“Figurati Felpato!” sorrise James. “Mi piace il sadomaso.”
“Sbaglio o i bolidi stanno mirando sempre a Potter?” chiese il cronista, accolto da una serie di fischi rosso oro.
E in effetti i Serpeverde avevano preso in parola il loro Capitano, rompendogli particolarmente le palle.
Frank non ci stava. Gli si piazzò di fianco e iniziò una vera e propria trafila di parate, deciso a mettere bene le cose in chiaro. Dopo qualche minuto, i battitori puntarono agli altri e James fu libero di cercare il boccino.
Gli sembrò di vedere uno scintillio d'oro, ma era solo l'orologio svizzero che aveva al polso Narcissa Black, seduta pigramente all’angolo degli spalti.
La partita proseguì quasi alla pari, con Grifondoro leggermente in vantaggio. I Serpeverde si erano allenati bene, durante le vacanze.
Probabilmente Malfoy li aveva minacciati delle peggio torture se fossero andati male.
Stava sondando il campo come un falco quando lo vide.
Scintillante sopra la sua testa di ribelli capelli neri, piccola come una noce, la pallina d'oro che svolazzava rapida e a scatti a un palmo dal suo naso.
Ti ho trovato, bimba.” Le sussurrò, e partì all’inseguimento del boccino.
Subito Lucius Malfoy notò la sua brusca partenza verso l'alto e iniziò a seguirlo, spronando disperatamente la sua scopa.
Il boccino sfrecciava veloce e James faticava a stargli dietro.
Malfoy all’improvviso gli spuntò al fianco, tirandogli anche una possente spinta laterale. La mano gli si chiuse sulla punta della sua Comet e iniziò a strattonare.
“Sempre corretto tu, eh, Malf?” gli urlò di rimando James, accelerando il più possibile e levandoselo di torno.
Sentiva ora il vento che gli soffiava nelle orecchie e gli sferzava il viso. Potente. Aggressivo. Brutale.
Esattamente come piaceva a James. Un vento libero.
All’improvviso il biondastro lo colpì violentemente di lato, spingendolo un po’ più in là, proprio mentre allungava la mano.
“Razza di...!” ringhiò James, spintonandolo a sua volta.
“Niente vittoria per te, Potterino!” ghignò Malfoy, allungando la mano, pronto e prendere il boccino…
“Col cavolo!” E gli tirò una spallonata tale che fece strillare Madama Bumb come un’indemoniata.
“A quanto pare la partita sta entrando nella fase finale! O forse no? Il Boccino sembrerebbe essere duro da acciuffare!” si sgolò il cronista. “A proposito, ma che cazzo di freddo è sceso?!”
Pure James sentì il suono dello scapellotto della Mcgranitt ma il ragazzo aveva ragione: stava scendendo uno strano gelo…
Con un brusco movimento che spiazzò anche il giovane Potter, il boccino d'oro cambiò rotta e al posto di salire, sfrecciò verso il basso come se stesse precipitando.
Anche James virò in quella direzione ed eccolo lì, ritrovandosi nella sua corsa verso il basso, con la sensazione pressante di precipitare.
Malfoy fu un po’ più lento di lui  ma gli rimase sempre alle calcagna, fastidioso come un insetto.
Il vento che sfrecciava violentemente nelle orecchie dei due Cercatori oscurò il resto dei rumori.
Oramai erano a cinque metri di altezza...quattro...tre...uno...
“Cazzo, quelli vogliono suicidarsi!” ma Minerva questa volta si dimenticò di pestarlo, immobilizzata anche lei con gli occhi a palla, la sciarpa rosso e oro scivolata di traverso.
Ma si erano dimenticati che James Potter e il Boccino erano una cosa sola: il Cercatore sapeva bene che la pallina d’oro non si sarebbe mai schiantata al suolo e dopo appena pochi centimetri da terra rialzò la punta della scopa, rimettendosi in posizione orizzontale ed evitando di schiantarsi.
Un tonfo sordo alle sue spalle e il ragazzo capì che Malfoy non era stato altrettanto veloce nel rimettersi in posizione orizzontale, e fu con una goduria senza fine che lo sentì sfracellarsi per terra. Fanculo, magari era la volta buona che schiattava.
Ma il bel Serpeverde non era passato a miglior vita: Silente, con ancora il dito puntato su di lui, gli aveva rallentato la caduta.
Il mago lanciò uno sguardo sfuggente a Potter, immenso nella sua vestaglia blu.
Più avanti, tutti avrebbero riso della scena fantastica: perfino il preside aveva capito che Malfoy era un coglione e aveva salvato lui al posto del Grifondoro, fidandosi ciecamente delle sue manovre. Non avrebbe chiesto di meglio e si lasciò andare ad una colossale risata.
Mentre ancora sghignazzava come un bastardo, e mentre il Cercatore veniva sostituito tra le peggio bestemmie dei Serpeverde, James Potter si ritrovò catturato da due occhioni verdi e sgranati che lo fissavano tra la marmaglia.
Il suo cuore mancò un battito.
Lily era venuta a vederlo davvero ed era lì, ancora in piedi, il cappotto scivolato di tre quarti sulla spalla e l’espressione allarmata ancora spiaccicata in faccia che per Potter fu meglio di qualsiasi coro da stadio.
Lily Evans. I capelli nel vento e gli occhi a palla. Lily Evans preoccupata per lui.
Oh, se gliel’avrebbe rinfacciato a vita.
La vista della Grifoncina parve rinvigorirlo come una scossa elettrica e partì a razzo come mai aveva fatto prima, falciandosi dietro il sostituto di Malfoy.
Di nuovo l’odiosa pallina d'oro salì verso l'alto, nel cielo fattosi stranamente plumbeo. Gli sfilò dietro come una scheggia, salendo, salendo…fino a che non sentì le nuvole sfiorargli la faccia.
Era talmente concentrato sul boccino, sempre in testa, che non sentì il freddo.
Una sottile brina bianca iniziò a percorrere la punta della sua scopa, come una ragnatela vivente.
Era quasi vicino. Allungò la mano, sentendolo sotto le unghie…ed improvvisamente qualcosa di nero gli comparve alle spalle, appena nella coda dell’occhio.
Si voltò di scatto, perplesso. Non c’era nulla ma ora il freddo lo sentiva eccome. La Comet si stava irrigidendo sotto le sue gambe, ricoperta di un sottile strato ghiacciato. Il respiro iniziò a condensarsi davanti al suo naso.
La faccenda non gli piaceva per niente.
Si voltò in avanti. Il Boccino gli slittò sull’orecchio e con uno scatto istintivo cercò di afferrarlo ma all'improvviso il respiro gli si mozzò in gola ed il braccio rimase fermo a mezz’aria. Il Boccino si era congelato e quasi non muoveva più le ali.
La nebbia lo avvolse e con stupore si accorse che non era una nuvola: era proprio nebbia, densa, fredda e amarognola.
“Che diavolo…”
Poi lo vide e una mano gelida gli colò dentro la pelle mentre i capelli gli si rizzarono in testa.
Nero e… terrificante.
Era rara la paura, per lui.
La paura vera.
Ma quella che gli aveva colpito il cuore come un macigno non poteva essere altro che puro terrore.
Non era possibile. Non lì, ad Hogwarts…
Era coperto interamente di un lungo mantello nero di seta, con un solo buco per la bocca, una mano putrida che gli spuntava da sotto la veste, il respiro raschioso...
Il Dissennatore girò il capo verso di lui, spettrale e potente come un angelo della morte.
Pronto a succhiargli via l’anima.
 
 
 
 
Hagrid si stava sorseggiando la sua bella tisana al cavolo rosso quando alla finestra della sua casetta comparve l’essere che meno di tutti si sarebbe aspettato di vedere agli inizi della Foresta Proibita.
Con giusto un brividino di angoscia pura quasi si smaterializzò fuori e si trovò faccia a faccia con un centauro.
“Per la barba di un Troll!” sbottò, incredulo. “E tu che accidenti ci fai qui?”
Quello gli scoccò un’occhiata profonda e seria ed ora il brividino si era fatto veramente forte.
“Qualcosa ha superato la Foresta Proibita.” Disse la creatura, raschiando per terra con lo zoccolo argentato. “E’ entrato qualcosa ad Hogwarts e sono sicuro che sta entrando anche qualcos’altro.”
“Ma che assurdità vai dicendo?” Hagrid stava diventando verde. “Non ho visto nulla passare da qua, e poi…come ha fatto ad eludere le vostre difese?”
Il centauro fissò il cielo, lentamente. Era una bella creatura, dal manto color pioggia ed i capelli del medesimo colore.
“Ha volato.” Disse, indicando il cielo. “E noi non abbiamo potuto fermarlo.”
Ok, ora era veramente spaventato. Nulla riusciva a passare sotto il naso dei centauri, che proteggevano la scuola dalle oscurità della Foresta Proibita, ma ora gli stava dicendo che non solo l’avevano fatto passare, ma che non avevano neppure provato a fermarlo…
“Devo avvisare Silente.”
“Hagrid.” Lo fermò l’altro, pensieroso. “Qualcosa sta uscendo dalla Foresta Proibita. Tutto il mio branco è impegnato a combattere contro Creature Oscure di ogni tipo e anche tutte le altre creature benigne stanno dando una mano. Ma…non sono quelle a cui siamo abituati. Vengono da fuori. La Foresta sta subendo un attacco oscuro esterno.”
“Non è possibile…nulla passa le barriere di Hogwarts…” si sentiva mancare.
“C’è qualcosa, umano.” Continuò l’altro, incurante della sua aria verdognola. “Qualcosa sta facendo passare le Creature oscure attraverso la barriera. Prima o poi ce ne sfuggirà qualcuna e attaccheranno la scuola. Una di esse lo sta già facendo.”
Scosse la testa, con occhi cupi.
“La Foresta è nostra, e Silente ha promesso che sarebbe rimasta tale.”
“Silente non mancherà alla parola data. Dovete solo resistere!”
“Combatteremo fino a quando sarà necessario ma avvisa Silente. Se quel varco non verrà chiuso, e se continueremo a ricevere attacchi con questa frequenza, il branco sarà costretto ad andarsene. Lo faranno anche gli unicorni e tutti gli altri. E allora non resterà più nulla a difendervi da ciò che c’è la dentro.”
Se ne andò via, al trotto, lasciando il Guardiacaccia con il cuore tremante.
 
 
 
 
“NOOOO!”
James virò bruscamente per non andare addosso al Dissennatore, e sentì il suo alito putrido e gelato sul collo.
Gli venne la nausea, si sentì subito male. Il respiro lo aveva solo sfiorato ma un’ondata di oscurità sembro salirgli dentro.
Il familiare senso di tristezza, potere del Dissennatore, lo pervase.
Pensieri felici, pensieri felici…
Scappava come una scheggia, ma il gelo stava facendo perdere velocità alla sua scopa. Era come un motore ghiacciato. Fermo. Morto.
Ed inoltre…
“No, no!”
Stava perdendo la speranza. La speranza di poter fuggire, di poter vivere, la voglia di fare qualsiasi cosa, perché quel maledetto era troppo vicino e la negatività gli piombò addosso come una belva feroce.
La veste nera del Dissennatore gli sfiorò la faccia come una carezza di morte. La vicinanza con quella creatura orribile era al di sopra di ogni disgusto…cancellava tutto.
Ogni cosa sembrava svanire.
La mano putrida della creatura scivolò fuori dal mantello e gli strinse con una sinistra delicatezza il collo. Non si era nemmeno accorto di essersi fermato.
Quel tocco era quasi blasfemo. Viscido, putrido ed insidioso, stringeva la gola con esasperante gentilezza.
Poi il Dissennatore aprì la bocca ed il buio lo avvolse.
 
 
Il nulla.
Ecco dove si trovava.
Circondato da un buio profondo, come galleggiante dentro un limbo di petrolio vischioso.
Sentiva la mente stranamente intorpidita ed i sensi erano come annacquati. Poi il Dissennatore parlò.
"James Potter….”
Una voce sibilante gli entrò nella testa, pungendo come tante api. Gli pareva tanto impossibile…eppure era vero.
Il Dissennatore gli stava veramente parlando.
“Questo è il tuo futuro.”  
Immagini confuse invasero gli invasero la testa, violente e sfuocate come un filmino mal girato.
Si trovava in una casa, c’era un bel giardino… ed un mago dalle veste nera puntava la bacchetta su di lui. Tutto era appannato, come se fosse altrove. La sensazione di perdere qualcosa, di sentirsi spezzato.
Dita scheletriche e bianche come ragni.
“Avada Kedavra.”
“James! No! NO!”
Una donna strillava, da qualche parte. Un urlo straziante, l’urlo di qualcuno dilaniato dal dolore. Qualcosa esplose, dentro la casa. Rumore di vetri rotti.
“No! No, ti prego, TI PREGO! Harry no! HARRY NO!”
Quelle grida erano insopportabili. Voleva farle smettere, ma non riusciva a muoversi. Sentiva solo le voci, le grida, le esplosioni.
Qualcosa gli stava ferendo l’anima. James Potter si sentiva risucchiato, mentre il suo cuore esplodeva in una disperazione incomprensibile.
Una luce verde invase ogni cosa. La sensazione…di vuoto…di aver perso qualcosa di importante, di essenziale.
Sirius…riuscì a stringere i pugni. Sirius stava piangendo, da qualche parte. Sirius stava urlando di dolore. Stava male fisicamente e mentalmente, lo sapeva. Qualcuno lo stava torturando. A quell’urlo si unì la voce di Remus, il suo ululato verso la luna. Qualcosa che sapeva di solitudine. E poi Peter, il rumore delle sue unghie mangiate a sangue.
Dov’erano? Il suo branco stava soffrendo immensamente e James Potter, forse per la prima volta, non riusciva a raggiungerli.
A cosa serviva tutto questo, se non riusciva a proteggere le persone che amava? James Potter, il grande James Potter. Il grande, inutile James Potter…rimasto… solo.
Questo è il tuo futuro. Lo sai fin da quando sei nato. Fin da quando hai guardato per la prima volta in uno specchio.”
No, non doveva dirlo, pensò improvvisamente. Il panico lo avvolse. Perché sapeva, sapeva cosa stava per dire. Lo aveva sempre saputo. Lo sapeva ogni volta che guardava il riflesso del suo sguardo. In cui fissava le monete d’oro stringendole fino a farsi sbiancare le nocche. Lo sapeva quando guardava suo padre.
“Tu morirai, James Potter.”
 
 
“NNNOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!”
 
Questa volta James urlò veramente e la sua voce squarciò l’aria. Sbarrò gli occhi, accorgendosi di precipitare. Qualcosa di argenteo galoppò nel cielo, scontrandosi contro il Dissennatore. Ci fu un ululato e per un istante il ghiaccio sembrò spezzargli l’aria nei polmoni. Il cielo si oscurò. Qualcosa lampeggiò di nuovo, ci un boato, il rumore di un incantesimo potentissimo.
Il Dissennatore scomparve dalla sua visuale ma non aveva la forza di gioirne. Non aveva più nulla nel suo corpo.
Precipitava come un involucro vuoto, inanimato.
“JAAAMEEES!”
All’improvviso sentì una mano afferrare il suo braccio e un grande strattone gli fece scattare i denti. La sua folle corsa nel vuoto si troncò di botto. Il vento smise di urlargli nelle orecchie.
Aprì gli occhi.
Sirius Black era sulla scopa, ad almeno sei metri di altezza, e lo aveva afferrato per il braccio: il suo viso era una maschera di dolore, e la spalla aveva assunto una strana angolatura.
“Aiutami!” ululò a qualcuno. “Aiutami, cazzo! Mi sta scivolando! Cristo, mi si è rotta la spalla!”
Arthur Weasley, bianco come un cadavere, gli sfrecciò accanto, afferrando James per la divisa. Paciock corse a sollevargli le gambe e, mentre Black urlava di dolore, lo adagiarono sul campo.
La realtà sembrò tornare a schiaffeggiarlo in faccia: i suoni, gli odori, tutto gli ripiombò addosso.
C’era un boato, e qualcosa stava bruciando da qualche parte. La folla urlava come un’ossessa, qualcuno stava lanciando incantesimi.
L’erba gli sfiorava il collo, fradicio di sudore. Sirius gli si schiantò affianco, e gli piazzò le mani sulle spalle.
“James! Mi senti?! JAMES!”
Black lo fissava con gli occhi sgranati, terrorizzato a morte.
“Respira!” lo afferrò Arthur. “Sta respirando! E’ vivo!”
Ma Felpato continuava ad impallidire, e a fissarlo. Le mani gli tremavano. Doveva avere qualcosa in faccia, rifletté dal nulla, qualcosa in faccia, come…un’espressione spaventosa, che lo stava ammazzando di paura.
Doveva sembrargli…morto…
 
“Questo è il tuo futuro, James Potter. Tu morirai.”
 
E, improvvisamente, James Potter iniziò ad urlare.

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Capitolo 8
*** Figli del nemico. ***


 
 
 
 
 
James Potter continuava ad urlare. Urlava e si dimenava come se qualcuno lo avesse maledetto con un Cruciatus.
Sirius Black per un istante dimenticò la spalla rotta, il rumore assordante, l’odore del fumo e dell’erba bruciata dagli incantesimi che avevano messo in fuga quell’essere mostruoso…con le mani piantate contro le spalle del suo migliore amico, inchiodato a terra, lo fissava e il suo cuore perdeva battiti ad ogni suo grido.
“James! Calmati!” Arthur Weasley gli si era schiantato sulle gambe e la faccia era scarlatta dalla fatica di tenerlo fermo. “Ma che cosa succede?!”
Erano sconvolti. Gli studenti fuggivano dentro la scuola, urlando, abbandonando scope e gendarmi.
Nel cielo era scoppiato un vero e proprio finimondo. Silente ed i professori avevano attaccato il Dissennatore con tutta l’energia di cui erano capaci, e questi era fuggito, lanciando un grido in grado di sferzare le nuvole. Tutto si era fatto ghiacciato…e un attimo dopo Potter precipitava verso di loro, mentre di quella creatura non rimaneva più traccia.
Qualcosa bruciava in lontananza, l’erba era ancora ricoperta di brina…e Potter continuava ad urlare con tutto il fiato che aveva in gola. E nel branco non si avvertiva nient’altro che terrore dalla sua mente, un terrore senza fine, che mozzava il respiro a tutti loro.
Remus Lupin gli si piazzò accanto, afferrandogli la testa, la sciarpa di traverso ed il cuore in gola. Minus gli afferrò la mano, pallido come un morto, gli occhi chiari spalancati come due biglie lucide.
“Ramoso.” Remus cercò di usare il tono più fermo che possedeva ma la voce gli tremava. “Ramoso, sono io. Siamo noi! Calmati! Basta!”
Potter non sentiva. Strillava e si divincolava, cercando di liberarsi da quelle braccia che lo tenevano immobilizzato all’erba. Non sentiva più nessuno di loro. Era lontano. Solo…
“Non riesco a farlo stare giù! Sirius!”  
Black sollevò la  mano pronto a tirargli un ceffone di quelli buoni come ultimo disperato tentativo, quando…
“James.”
Il Grifondoro si immobilizzò di botto, chiudendo la bocca.
Lily Evans comparve sopra la spalla di Remus, ammazzata di spavento. I capelli le volavano come una frusta attorno al viso, pallido e contratto, ansimante dopo la corsa furibonda giù dagli spalti.
Gli si sedette vicina e qualcosa nell’espressione di Potter le fece venire le lacrime agli occhi. Sembrava…morto…
“Si può sapere…che ti prende…razza di stupido…?”
Era allarmata e, come gli altri, non sapeva cosa fare ma quando l’aveva visto precipitare qualcosa le era scattato dentro e aveva cominciato a correre.
Si zittì di colpo ed il cuore le balzò in gola, perché il ragazzo sollevò un braccio e, nel silenzio più assoluto, le sfiorò la guancia con la mano.
Rimase così, immobile, avvolto dalla sua cortina di capelli rossi…la fissava, sotto lo sguardo sbalordito di mezza squadra. Una carezza…le stava facendo una carezza e Lily Evans si sentì paralizzata sotto quel tocco leggero.
Un istante dopo, James Potter si accasciò, privo di sensi.
“Potter!”
“VIA! VIA SPOSTATEVI!”
La Mcgranitt e Silente sbucarono dal cerchio di persone che si erano riunite attorno a loro. La professoressa era stralunata, si inginocchiò con la bocca così serrata da sembrare una lama sottile e tastò delicatamente la giugulare del suo Cercatore. Da Silente proveniva un’energia così intensa che fece fare a tutti istintivamente un passo indietro.
Gli occhi chiari del mago, di solito così dolci, ardevano come fiamme vive e dalla punta della sua bacchetta dardeggiavano ancora le scintille.  Senza dire una parola si inginocchiò assieme alla Mcgranitt, passò una mano nell’aria e chiuse le palpebre per qualche istante.
“Sta bene.” annunciò infine. “Ma bisogna portarlo in Infermeria.”
“Se n’è andato?” esplose Paciock, madido di sudore. “Quel coso…è sparito davvero?”
“Minerva, faccia rientrare tutti gli studenti nel castello. Dica a Gazza di inviare un gufo al Ministero.” Continuò il preside, senza prestargli attenzione. “La partite e le lezioni sono sospese fino a data da definirsi. Ho bisogno di tutti i professori nel mio ufficio tra un’ora.”
Mosse la bacchetta di nuovo e dalla terra uscì, pigramente, un grosso Gargoyle fatto di muschio. Prese delicatamente James Potter tra le braccia e ciondolò verso il castello.
Il preside guardò i suoi studenti, tornando per la prima volta gentile.
“Devo chiedervi di rimanere confinati nelle vostre Sale Comuni fino a nuova disposizione. I Prefetti di Grifondoro dovranno avvisare quelli delle altre Casate. Nessuno deve uscire.” Quelli ricambiarono lo sguardo con la faccia di chi ha appena preso un pugno in faccia. Silente sorrise dolcemente. “Per favore.”
Entro il giro di un’ora erano tutti rintanati nei dormitori, con il cuore in gola e la testa piena di domande.
Il vento sbatacchiava contro le finestre, creando rumori angoscianti…e le ombre sembrarono di colpo più oscure che mai.
 
 
 
 
In un punto della Foresta proibita, la luce aveva cessato di brillare.
Qualcosa si muoveva, senza sosta, nell’aria…qualcosa di oscuro, attorno al quale tutto sembrava marcire. Piccole rose avevano cominciato a crescere ovunque, sui rami degli alberi, sulle rocce, rose belle e dal profumo freddo.
Nel baratro nero che si era creato, qualcosa respirava, e sghignazzava, e ringhiava…qualcosa premeva per uscire, per dilaniare e mordere.
Un unicorno uscì dagli alberi, seguito da altri, furono sempre di più, con i corni argentati che brillavano. Fecero per attaccare, ma il buco nero si richiuse con uno schiocco. Era la seconda volta che accadeva, e le creature nitrirono, frustrate. La pazienza stava esaurendosi. Tornarono docilmente alle loro riserve, frementi di paura, di fastidio, consci che sarebbero stati attaccati di nuovo. Cadde il silenzio, la quiete prima di una tempesta.
Rimasero le rose, grondanti di rugiada. Il loro profumo stava diventando sempre più forte.
 
 
 
 
 
Sirius Black scagliò un calice contro il muro, con un urlo di rabbia che ben presto si tramutò in una bestemmia ben poco signorile quando si ricordò per l’ennesima volta che aveva una spalla fracassata.
Nel casino che era successo aveva scordato di avvisare che aveva necessità della Chips anche lui e Molly Prewett gli aveva fatto una fasciatura di fortuna.
“Ci credo che te la sei rotta! Afferrare un corpo che cade da quell’altezza...è già tanto che non ti abbia portato via il braccio!” aveva esclamato quella.
Ora erano chiusi lì, angosciati, frustrati…e la Signora in Rosa rifiutava di aprire il varco.
“Non è giusto!” sclerò il bel moretto, agitandole un dito sotto al naso. “Laggiù c’è il mio migliore amico e devo stargli vicino! Non potete rinchiuderci qui come prigionieri!”
Il quadro, che già ne aveva le palle piene di quella situazione, alzò per l’ennesima volta gli occhi al cielo e valutò seriamente di andarsi a sbronzare con qualche sua amica mollando quei dannati Grifondoro lì, con le loro manie di protagonismo. Aveva praticamente contenuto una mezza rivolta. Si chiese se nelle altre Casate ci fosse lo stesso baccano…perché era evidente che i Rosso-oro avevano il dente parecchio avvelenato.
“Questi sono ordini di Silente, giovanotto.” Rimbrottò. “Fattene una ragione e tranquillizzati!”
“Fammi passare o giuro che ti rovescio addosso della cera…” ringhiò quello tra i denti, beccandosi in risposta un dito medio in faccia e tanti cari saluti all’eleganza dell’era barocca.
Prese a fare su e giù per la stanza come un’anima in pena, dandosi il cambio con Minus che iniziò una interminabile supplica lagnosa. Quello era pure peggio del resto e la Signora Grassa decise di togliere le tende.
Lupin rimaneva in silenzio, meditabondo. Sedeva accanto a Lily Evans, e nessuno dei due aveva ancora spiaccicato una parola.
“Una mano sarebbe anche utile!” sfasò Black, piazzandosi davanti a lui. “Ti ricordo che non abbiamo notizie di Ramoso da oltre due ore!”
“Ragazzi, qui la situazione è seria.” Disse Paciock, teso. “Hogwarts ha subito un attacco, e parecchio pesantino anche.”
“Già…e la soluzione è stata quella di sbatterci qua, dove siamo inutili!” sbottò la Bell.
“Certo, perché la fuori saresti stata una salvezza, eh?” frecciò Molly, ironica. “Ma l’avete visto quel coso? Era il Dissennatore più grande che abbia mai visto.”
“Molly, amore, non credo tu ne abbia visti così tanti da poter fare paragoni…”
“Invece ha ragione.” Lupin saltò su, facendoli sobbalzare. “Io di Dissennatori ne ho visti parecchi, e quello non era normale.”
“Che intendi dire?” chiese Lily.
“Non ci avete fatto caso? Non aveva il mantello nero. Era un grigio scuro.”
“E quindi? Si sarà scolorito…” minimizzò Minus, beccandosi un’occhiataccia.
“Se solo avessi a portata di mano la biblioteca…sono sicuro che c’è qualcosa di strano sotto.”
“Me ne frego del colore di quello stronzo! James è la fuori e…” Sirius non seppe finire la frase e continuò a fare il solco.
Si sentiva chiuso in gabbia e non gli faceva affatto bene. Anni ed anni a vivere in una gabbia…e una parte del suo cuore non poteva fare a meno di pensare alla sua famiglia, a tutto ciò che c’era dietro.
Ne sapevano qualcosa, ne era convinto. E James c’era andato di mezzo…ancora risentiva le sue urla nella testa.
“Piantala.” Se ne uscì Lupin a bassa voce, fissandolo con occhi seri. “Sento il senso di colpa fin da qui e non aiuta.”
“Tra tutti, il Dissennatore ha attaccato proprio lui. Qualcuno ha cercato di farlo fuori anche pochi giorni fa…non può essere un caso.”
“Forse, o forse James si trovava semplicemente più vicino a lui in quel momento.” Remus gli mise una mano sulla spalla e finalmente Sirius si fermò. “Qualunque sia la situazione, non dobbiamo perdere il controllo. Faremmo il loro gioco, e lo sai bene.”
“Non capisci.” Sospirò, cupo. “Vi ho sempre messo un mirino in fronte.”
“E io rischio di ammazzarvi ad ogni luna piena.” Mormorò quello, facendogli alzare gli occhi dalle sue scarpe. “Senza contare che il mirino in fronte ce l’abbiamo già. O ti devo ricordare di chi è figlio James? O di chi sono figlio io? Saremmo i primi che verrebbero a cercare comunque, se dovesse degenerare tutto. Forse l’unico che se la cava in tutta questa faccenda è Peter, qui.”
“Oh, non saprei.” Sorrise mestamente quello. “Mio padre una volta ha dato fastidio ad un marciotto.”
Quella battuta ebbe il potere di farli sorridere un poco, ma si leggeva l’ansia sui loro visi. Finalmente, dopo una ventina di minuti, comparve alla porta la McGranitt.
“La situazione è più stabile.” Mormorò, sfinita. “Potete uscire.”
Nemmeno aveva finito la frase che l’intera casata si era letteralmente fiondata fuori dal varco.
Volevano tutti sapere di Potter ma una volta giunti all’Infermeria trovarono il Malandrino chiuso in un assoluto mutismo.
Fissava un punto nel vuoto…non sembrava nemmeno più lui. Madama Chips spiegò che sarebbe rimasto in quelle condizioni per un po’.
“Non ha avuto un incontro semplice. Dategli aria per qualche ora.”
“Ma siamo sicuri che non sia tocco?” uscì fuori Arthur, beccandosi una gomitata da Molly. “Ahi! No, cioè, è che i Dissennatori a volte fanno impazzire la gente…”
Madama Chips aveva l’aria vagamente a disagio, come di chi sa qualcosa che non può rivelare. Ma a nulla valsero proteste, lagne, minacce varie e finalmente la Casata si arrese, decidendo di aspettare ancora un po’.
Vennero sospinti fuori dall’Infermiera.
“La sua anima è a posto. Il Dissennatore non ne ha mangiata nemmeno un pezzetto. E’ solo un po’ spaventato, tutto qui.”
“Che cazzata.” Bisbigliò Minus. “Niente spaventa James. Se lo conoscesse, lo saprebbe. E’ strano che faccia così.”
“A quest’ora dovrebbe vantarsi di quanto sia stata figa la caduta e tutto il resto.” Si aggiunse Sirius.
Remus fece un enorme sospiro e decise che avrebbe passato il resto del pomeriggio a fare ricerche e fu con suo enorme stupore che vide Lily Evans farglisi appresso.
“Aspetta, Remus. Vengo anche io.” Si mise la borsa in spalla e lo guardò, seria. “Anche io ho notato qualcosa di sospetto e voglio arrivare a fondo alla faccenda. Ti dispiace se rimango con te?”
“No, certo che no. Anche se non so da dove cominciare.”
“Io sì.” Lily Evans si fece dura come non lo era mai stata e c’era un fuoco determinato nel suo sguardo. “Si parte dalla Sezione proibita.”
“Questa poi.” Sirius la guardò perfidamente. “Sta uscendo un lato malvagio di Lily Evans o cosa? La tua moralità immacolata sta venendo contaminata, Prefetto?”
Ma la Evans ormai sapeva come giocarsela, con lui. Gli si fece vicino, battendogli una mano sul braccio.
“Se non l'avessi preso…” disse, con un bellissimo sorriso sulla faccia. “…James sarebbe certamente morto. Ti deve la vita, Sirius. Sei stato eroico.”
Ed ecco che il bel Malandrino chiuse il becco, arrossendo. Distolse lo sguardo e borbottò qualcosa.
Remus ghignò. Faceva tanto il duro ma poi in fondo, aveva il cuore tenero, soprattutto di fronte ad una fanciulla, e Lily Evans aveva delle belle carte da giocare.
Sirius Black era quel tipo di ragazzo che si trovata più a suo agio tra gli insulti piuttosto che tra i complimenti.
Messo fuori gioco il suo sferzante sarcasmo, Lily si dedicò nuovamente a lui.
“E comunque, la mia moralità sta bene così come sta.”
“E come pensi di accedervi?” le chiese il bel biondino.
Ora fu lei ad arrossire un poco ma non era il momento per vergognarsi degli altarini scoperti.
“Ho avuto un accesso facilitato dalla McGranitt. Per via dei miei voti. Posso scegliere un libro al mese, e solo tra quelli selezionati da lei, ma sono sicura che ci sarà qualcosa di utile.”
“Sì. Lo sarà anche per James, ne sono certo.”
Lily Evans non rispose. Non sapeva cosa pensare ma sapeva con certezza una cosa sola.
Ricordava ancora il tocco leggero della mano di James sulla guancia. Le aveva veramente fatto una carezza…quindi la situazione doveva essere più grave di quanto pensasse.
 
 
 
 
 
 
Harold Minchum sembrava dimagrito ancora. Fumava come una teiera dalle orecchie e passeggiava su e giù da parecchi minuti. Nell’ufficio di Silente era finalmente sceso il silenzio ma era la tipica quiete prima della tempesta e Minerva McGranitt lo sapeva con certezza, così come sapeva con certezza anche un’altra cosa: quell’uomo non era fatto per combattere guerre.
Le era bastata un’occhiata ai vestiti logori, alle occhiaie e alle unghie morsicate fino all’osso per capire che il loro Ministro era quasi sull’orlo di un esaurimento nervoso.
Ma era questo che lo rendeva terribilmente pericoloso: Minchum era come una bestia che, messa contro un muro, sfodera gli artigli anche a costo di ammazzare la sua stessa prole.
In quegli ultimi anni, dove l’orlo della guerra sembrava diventare più prepotente che mai, aveva aumentato a dismisura il numero dei Dissennatori, quindi il fatto che proprio uno di quei mostri avesse attaccato Hogwarts, e non solo, avesse ferito il pupillo dei Potter, significava una sola cosa: guai.
Per tutti.
“Gli Auror stanno pattugliando tutto il perimetro.” Sbottò quello, all’improvviso. Parlava con un accento masticato e fastidioso. “Lo prenderanno di certo.”
“Oh, come no.” Rispose acidamente la McGranitt. “Così come è entrato, quell’orrendo essere sarà sicuramente ripartito per gli inferi e tanti cari saluti.”
“Già, a proposito…” Minchum era paonazzo e digrignava i denti. “Come accidenti è riuscito ad entrare qui dentro?!”
“Forse, se ce ne fossero di meno…!”
“Minerva, mia cara.” Silente la trattenne con delicatezza, mentre quella voleva cavargli gli occhi. Il Ministro si sistemò il colletto, furibondo.
“Mi pare ne avessimo già discusso, Silente.” Sbottò. “Sai cosa sta succedendo là fuori. Sai che i Dissennatori ci servono. Non farò marcia indietro su questo.”
“Sarei curioso di sapere cosa ne pensano i Potter, dopo di oggi!” frecciò Vituos, saltando giù dalla sua solita pila di libri che usava come sedia. “Non mi pare che il Ministero sappia tenere a bada i suoi mostri!”
“Come osate!” esplose quello. “Tutto quello che faccio è per il bene della comunità!”
“E in ogni caso…” sussurrò Silente, morbido come al solito, zittendoli tutti. “…Su un punto devo dare ragione al nostro Ministro. Quello non era un Dissennatore regolare. Non faceva parte delle guardie.”
Calò un silenzio teso ed i professori si guardarono in faccia.
“In che senso, Albus?” chiese Aurora Sinistra, professoressa di Astronomia.
“Era un Rinnegato.”
“Stai scherzando, mi auguro!” Harold gli si fece appresso, con una strana luce negli occhi. Fu con disgusto che il Preside di Hogwarts ci vide dentro, oltre alla preoccupazione, anche una scintilla di felicità.
“Oh, ne saresti deluso se così fosse.” Gli sibilò, gelido. “L’intera tua campagna elettorale basata sui Dissennatori rimane in piedi, purtroppo.”
“Mi spiegate cosa avete che non va, in questa scuola?” replicò quello, punto sul vivo. “Stanno spuntando Mangiamorte ovunque. OVUNQUE! I Dissennatori sono forse l’unico  vero scudo contro le Forze Oscure.”
“I Dissennatori SONO le Forze oscure.” Ribadì Silente, per l’ennesima volta. Ne aveva le palle piene di quel demente radicale. Quasi rimpiangeva l’ex ministra Eugenia Jenkins, che a suo dire non era stata nemmeno tanto incompetente nel gestire quel casino. “Cammini sulla lama di un rasoio sottile, Harold. Ti si rivolteranno contro.”
Non lo stava nemmeno più ascoltando. Gli importava solamente una cosa: un valido alibi contro la furia gelida di Euphenia Potter, che, oh, era certo, non sarebbe tardata ad arrivare. Era già strano che la Sensitiva non fosse venuta di persona qualche ora prima, data la sua capacità di prevedere il futuro. Di solito, quando si trattava di suo figlio, quella strega premoniva sempre. E quando si trattava di litigare con i politici, allisciava il tacco del suo stivale, felice di prendere a calci in culo. Essere stata una degli Auror più forte in circolazione, assieme al marito, le aveva dato un bel po’ di potere…e quella donna si mangiava gente come Minchum a colazione.
“Idiozie. Abbiamo il totale controllo. Dagli anime da mangiare e quelli se ne stanno buoni.”
“Lei mi disgusta, Ministro.” Ringhiò Minerva, orripilata.
“Quello che suscito nei professori di Hogwarts non mi interessa. I tempi sono cambiati.” Chiosò quello, scuotendo una mano. “Stiamo qui da ore a parlare del mio modo di operare ma vogliamo dire qualcosa del vostro? La famosa barriera di Hogwarts è stata oltrepassata come se fosse fatta di gelatina.”
“Perfino un Rinnegato non ne sarebbe capace.” Sospirò Albus, ed eccoli arrivati al punto dolente. Al casino vero. “Non sarà il solo essere infernale che visiterà la scuola, purtroppo. Qualcuno ha aperto una Stella del Diaspro nella Foresta Proibita.”
Ecco, sganciata la bomba. Calò un po’ di silenzio prima del caos più totale.
Il Ministro si afflosciò su una morbida poltrona, mentre i professori iniziarono a parlare tutti assieme, tra chi strillava, chi imprecava e chi iniziava seriamente a pregare.
“Ne…ne sei certo?” Il Ministro quasi lo supplicò.
“Lo hanno visto i Centauri, prima che scomparisse. Perché come sai, la Stella del Diaspro si può intercettare e chiudere solo in un modo.”
“Attraverso qualcuno che abbia compiuto di recente una azione orribile.” Harold si allisciò i baffetti color topo, continuando a rimanere accasciato. "Ed i Centauri sono creature immacolate, per cui…immagino che ogni volta che trovino quel portale maledetto, quello scompaia e ricompaia altrove. Oh, dio, è molto furbo. Ma...quel tipo di varco si può creare solo con…con…”
“Con l’unione della magia demoniaca e quella dei giganti. Proprio così, Ministro…” Silente era amaro, mentre quello sbiancava. “…tre anni fa hanno associato alle loro file alcuni demoni, ed ora sono arrivati addirittura ai giganti. E lei è veramente un pazzo furioso se pensa che prima o poi non riusciranno ad arruolare anche i suoi preziosi Dissennatori. E allora le anime con cui banchetteranno saranno le nostre.”
Era quasi pietoso il modo in cui lo guardava. Minerva McGranitt non riusciva però a provare compassione. Quell’uomo era un debole. Un verme. Quell’uomo non era fatto per le guerre.
“Che cosa…facciamo?”
“Ci lavoreremo.” Albus fissava lontano. Vederlo così turbato metteva ancora più angoscia. I suoi dolci occhi celesti si perdevano…e per la millesima volta ci si chiese come si era arrivati fino a quel punto.
Fino all’orlo del precipizio.
Un gufo li interruppe, picchiettando educatamente contro il vetro. Tutti sobbalzarono.
“Dio abbia pietà di me!” si lagnò Harold. “La lettera dei Potter!”
“Già, siamo contenti di vedere quanto si sia interessato alle condizioni di James, Ministro.” Frecciò la McGranitt, acidamente. “Per quanto i Potter sembrino farle paura…!”
“Minerva, giuro su dio, un’altra parola ancora e la farò rinchiudere!”
“Eh allora lo faccia! Tanto mi basterà dare alle sue preziose guardie un po’ di anime per stare a posto, no?! Oh, le dica che suo figlio sta bene, per l’amor del cielo!”
Quello balzò in piedi, con occhi spiritati.
“Che nessuno parli della Stella del Diaspro. Se i genitori dovessero venire a conoscenza che Hogwarts non è più sicura…”
“Hogwarts è ancora sicura.” Silente si erse in tutta la sua grandezza. “La Stella del Diaspro è un portale in grado di superare molte barriere, ma è debole. Sono poche le creature che potranno passare, e di certo non senza fatica. Saremo pronti ad attenderle, fino a che non riusciremo a chiuderlo. Non permetterò che la vita dei miei studenti venga messa in pericolo.”
“E cosa farai? Assolderai qualche assassino recente per ricucire il buco? Perché ti do una notizia, mio caro Albus, gli assassini che circolano al giorno d’oggi sono Mangiamorte, pazzi fanatici decisamente poco disposti a trattare un prezzo! E non credo proprio che saranno ben disposti a darti una mano…devo ricordarti che la persona in questione DEVE volerlo. Di sua spontanea volontà!”
“Le persone come te, mio caro Harold, difficilmente lo capirebbero. Ma il mondo non è solo bianco o nero. Non ci sono solo santi ed assassini. Troveremo il modo. L’animo umano è complicato…ma adesso non è il momento di discuterne.” Silente indossò la vestaglia. Appariva incredibilmente stanco. “Se volete scusarmi, devo far visita al mio studente.”
 
 
 
 
 
Lily Evans aveva la testa che esplodeva ma finalmente, lei e Remus erano riusciti ad ottenere informazioni. Avevano preso in prestito il più grosso volume sulle Creature oscure che erano riusciti a trovare, dopo aver evitato di essere morsi, bruciati o strangolati da altri simpatici tomi della collezione proibita. Ora erano seduti alla luce di una candela, in un angolo lontano, anche se, con tutto quello che era successo, in Biblioteca non c’era anima viva.
“Un Dissennatore dal mantello grigio…” lesse, a voce bassa. “E’ un Dissennatore che si è nutrito dell’anima rimasta in corpo di un mezzo demone, assorbendo parte dei suoi poteri, che possono essere tra i più svariati. Divinatori, elementali, psichici… In tale modo, egli diventa un non-essere unico nella sua specie, e viene di frequente isolato dai suoi simili, che non lo riconoscono più. Tale creatura assume il nome di Rinnegato e vaga per la terra con una fame ancora più vorace. Oh, cavolo!”
“C’è scritto il modo in cui si sconfigge?” chiese Remus, in un sussurro.
“Credo che lo si sconfigga nello stesso modo degli altri…Silente ha usato un patronus per scacciarlo.”
“L’ha scacciato, ma non l’ha eliminato.”
“Qui non c’è scritto molto di più. Sono creature estremamente rare…” Lily Evans gemette e si appoggiò alla sedia, strofinandosi gli occhi.
Il mondo stava diventando un posto davvero buio. Ed i suoi preziosi libri sembravano non avere molte risposte…cosa che per lei era delirante a dir poco.
Anche Remus sembrava molto turbato. Guardava le sue mani affusolate e belle, accarezzando distrattamente l’orlo della camicia all’altezza dell’avambraccio.
Non aveva mai visto Remus a maniche corte, ora che ci pensava…no, un attimo, ma che pensieri faceva?!
Quello non sembrò accorgersi del suo imbarazzo, e le chiese gentilmente il libro, tuffandocisi dentro. Lei e Remus avevano avuto sempre uno strano rapporto. Sarebbero potuti diventare grandi amici, se non fosse stato per James…James, che le aveva accarezzato la guancia.
Ancora sentiva le sue dita contro lo zigomo…i suoi occhi profondi e sgranati che le fissavano il viso con qualcosa di indefinibile dentro.
Ci avrebbe pensato tutta la notte.
Avrebbe pensato al batticuore, alla paura di vederlo morire…al calore dentro di qualche giorno prima, quando le aveva restituito la lettera.
Era per questo che voleva chiudersi in biblioteca: non voleva pensare. Pensare a quelle sensazioni le scardinava il mondo intero e, per la prima volta in vita sua, Lily Evans aveva paura.
“Credo che sia stato un attacco dei Mangiamorte.” Chiuse Remus, in tono serio. “Non riesco a capire come sia stato possibile ma…quel Rinnegato è entrato ad Hogwarts e ha attaccato gli studenti.”
“Credi che siamo in pericolo?”
“Beh…” Remus sembrava a disagio e la grifoncina sorrise amara.
“Oh, su Remus, dillo pure. Pensi che i Mezzosangue presenti ad Hogwarts siano il motivo per il quale la scuola ha subito un attacco.”
“Mezzosangue, figli di auror…” Remus sorrise di rimando. “Non sei l’unica ad essere in pericolo, Lily Evans. La mia famiglia, quella di James, i Paciock…ci sono tanti figli del nemico, qui.”
“Ho…paura.” Ammise la rossa, lasciandolo sorpreso. “Questa cosa sta…diventando così seria.”
“Hey.” Remus si alzò e le mise una mano sulle spalle. “Silente non permetterà mai che capiti qualcosa di male alla sua promessa in pozioni.”
“Una promessa in pozioni mezzosangue…”
“Una promessa in pozioni brillante ed in gamba, Lily.” Remus era deciso come non mai. “Non dimenticare chi sei. Quello che fai. Me ne frego di cosa dice qualche idiota Serpeverde…sei una strega fantastica. Nessuno può impedirti di essere ciò che sei solo perché sei nata da genitori babbani. So bene cosa si provi a sentirsi diversi…”
“Tu, il geniale Remus Lupin?” Lily era colpita. “Sei il principino di Grifondoro, fai parte dei Malandrini. Non riesco ad immaginarti in certe condizioni!”
“Già…” Remus ridacchiò. “Dobbiamo sembrarti proprio dei bambini viziati, eh?”
Lily arrossì, imbarazzata.
“Io…scusami, Remus. Non era questo che…tu mi stavi consolando e io…a volte sono proprio antipatica.”
“Non importa. A volte lo siamo stati davvero, dei bambini viziati…” Remus guardava lontano. “Ma c’è stato tanto altro, in noi. Tanto dolore…solitudine…e l’unica persona che ci abbia salvati da tutto questo è inchiodata nel letto dell’Infermeria.”
James…li aveva salvati? Lo fissò intensamente e fu con sorpresa che vide negli occhi malinconici del bel Remus Lupin un velo di vuoto. Gli afferrò la mano, in uno scatto istintivo. Lui si irrigidì, avvampando, ma non la tolse. Era la seconda volta che faceva arrossire un Malandrino, quel giorno!
“Starà bene.” Disse, cercando di sembrare convincente. “Ne sono certa.”
“Sì.” Le sorrise, grato. “Ma mi domando che cosa sia successo sulle nuvole. James sembra sotto shock. E’ così…distante.”
“Sai…a volte ne parlate come se poteste sentirlo.”
“Io…beh, sono suo amico…” eccolo di nuovo. Remus a disagio. Remus scostante… “A proposito! Ho notato un certo affetto sul campo, Prefetto Evans. Devo sapere qualcosa?”
Lily praticamente balzò su dalla sedia.
“Ma che assurdità vai dicendo!” stava decisamente strillando. “Potter era fuso, fuori come un balcone! Mi avrà scambiata per la scopa! Le cose non sono cambiate affatto, rimane un pervertito anche col cervello in fumo!”
Accorgendosi di essere color pomodoro, afferrò le sue cose alla bell’e meglio.
“Beh…Ora devo andare! Tanto non caveremo molto di più…e poi ho i compiti…!”
Se la filò verso la porta, afferrando la maniglia.
“Lily.”
Si fermò, senza voltarsi. Le batteva ancora forte il cuore…
“Non perdere questa grinta. Non avere mai paura.” Le sorrise, quando si voltò verso di lui. “Avremo bisogno di tutto il coraggio possibile, d’ora in avanti. Anche del tuo.”
Lei gli sorrise di rimando. Fu quasi un ghigno. La rese tuttavia incredibilmente bella, e fiera.
“Io sono la Prefetto di Grifondoro!” Rispose, orgogliosamente. “Forse non sarò popolare come voi nella mia Casata, ma è mio dovere difendere i miei compagni. Mezzosangue o no, io non mancherò mai al mio dovere.”
Scomparve oltre l’uscio, lasciando Lupin con il cuore più sereno. Lily Evans era speciale, rifletté. Se solo quell’idiota se ne fosse accorto…
 
 
“Apri gli occhi, James…”
Il Grifondoro lo fissava con uno sguardo vacuo. Silente scartò una Cioccorana con tutta la calma possibile, sedendosi accanto al letto.
I suoi occhiali a mezzaluna scintillavano alla luce della candela.
Poi Potter stirò il primo ghigno della giornata.
Aveva riflettuto a lungo, durante quel pomeriggio. Aveva visto…e capito.
E sapeva anche che cosa era venuto a fare il Preside Albus Silente.
“Lei lo sa, vero?”
“Lo immagino.” Rispose lui, calmo. “Sei stato fortunato, nonostante tutto.”
“Già…” lui fissava ora il soffitto, stranamente tranquillo. “La fortuna a volte è strana. La esaurirò molto presto…se non l’ho già esaurita del tutto.”
“La fortuna serve a poco. Hai il potere di decidere del tuo destino.”
Lui scosse la testa.
“Non questa volta.”
“Avrai capito che quello non era un Dissennatore normale. E se vedo giusto, e mi tocca ammettere di vedere giusto spesso, ti ha fatto vedere il futuro.”
“Tsk.” Potter era amaro. Ghignò, in modo quasi crudele. “Come se ci volesse un Dissennatore. So il mio futuro da tempo. La conosce, no? La mia storia…quello che mi aspetta.”
“Tuo padre è ancora vivo, mi sembra.”
“Già…per quanto?” si mise a ridere, freddamente. “Fa ridere, non dovrei avere avuto così tanta paura. Convivo con la spada di Damocle sulla testa da quando sono bambino…tutto quello che ho fatto…tutto quello che ho pensato…era per non sentire il peso del suo metallo tra i capelli. Ma era lì, e quell’essere ha sprecato tempo a farmi vedere qualcosa che già so. Eppure…non ho mai avuto tanta paura in tutta la mia vita.”
“Sai…” Silente era infinitamente dolce, nonostante le sue parole sferzanti. Sapeva che non erano per lui. Quel ragazzo covava dentro un macigno pesante quanto il mondo intero. “…Vedere il futuro, senza essere un Veggente, come tua madre, e senza l’aiuto di sfere di vetro, ha la conseguenza di spegnere ogni cosa dentro la tua testa. Di farti impazzire, di farti perdere nei meandri del tempo…è una intrusione nell’universo, dove si rimane intrappolati per sempre.”
“E come ho fatto a sopravvivere? Ho fatto il test per Veggenti molto tempo fa. Non ho il dono di mia madre.”
“Ad un certo punto, mentre la tua mente stava per perdere il controllo…il tuo cuore deve aver battuto molto forte. E’ stato questo che ti ha salvato la vita, anche se forse non te lo ricordi. Questa, mio giovane amico, è fortuna. Non ti ha abbandonato.”
“Silente…io morirò.” James lo disse con un filo di voce. Senza guardarlo. Quasi…imbarazzato.
“No.”
“E’ stato scritto.”
“Cambierò il tuo destino.”
“Non può nemmeno lei.”
Gli occhi del vecchio mago erano lucidi. Quello, se possibile, lo mise ancora più in imbarazzo. Gli veniva da piangere…assurdo. Quello che sarebbe morto era lui, e a piangere era Albus Silente. Ma non c’era tempo per quello. Lo sapeva. Doveva dire ciò che aveva pensato per tutta la giornata.
“Mi deve ascoltare. Ci sarà un’ombra scura, su di noi.” Si alzò in piedi, deciso come mai prima d’ora. “Dovrà agire. Dovrà fermarla, Silente. O moriranno tutti.”
“James Potter, farò quello che è in mio potere per farti sopravvivere al tuo destino. E per salvare tutti quelli che mi sono nel cuore.”
“Di me non m’importa.” Potter chiuse gli occhi. “Non faccia morire…lui.”
Ora Silente lo fissava, intensamente. Quasi sorpreso, ma non lo dava a vedere.
“Di chi stai parlando?”
“Se è il mio destino morire, il suo sarà quello di vegliare su ciò che lascerò alle mie spalle. In vita. So che nessuno vuole sapere quale sarà il suo scopo nel mondo ma credo che arrivati a questo punto è necessario anticiparle quali saranno le sue prossime mosse, Silente. Quali dovranno essere.”
Occhi d’oro…occhi d’oro liquido. Il marchio dei Potter. Occhi che stavano ardendo come fiamme vive…occhi che erano cambiati, occhi che avevano visto.
Non erano più gli occhi di un ragazzino. Avevano perduto quella luce…per ritrovarne una nuova, più saggia, più anziana.
“Deve proteggere Harry. Deve proteggere mio figlio.”
Cadeva un silenzio leggero, quella sera di ottobre. Leggero come brina. Il destino non fa rumore. Arriva, semplicemente. Arriva e non ce lo si toglie più di dosso.
“Mostrami.”
James Potter allungò la mano. Sfiorò quella del vecchio preside…e i vetri delle finestre tremarono, mentre una corrente elettrica si gonfiò tra i loro corpi così diversi.
Albus aggrottò le sopracciglia. Quando aprì gli occhi, non era turbato. Non esteriormente.
“Farò ciò che mi dici, James. Qui, ora, io te lo prometto.”
Le candele lambivano i loro volti, avvolgevano il loro silenzio denso di tutto.
Il preside puntò la propria bacchetta sulla nuca. Ne uscì fuori un filo argentato, che fluttuava nell’aria. Mise quel ricordo in una ampolla di argilla.
“Lo custodirò in segreto.”
“Sì.”
“Voglio essere sincero con te, James, visto che tu lo sei stato con te. Cancellerò ogni ricordo di questa esperienza dalla tua mente. Non farà male. Ma sarà inevitabile.”
“Lo so. E’ giusto. Potrei cercare di combattere quel fato, e le conseguenze…sarebbero terribili.”
Aveva paura. Silente si sentì il cuore in pezzi. Quel giovane ragazzo...quel ragazzo arrogante, viziato, spensierato. Aveva la voce ferma ma le mani tremavano. Sentiva quasi il cuore esplodergli nel petto.
“Io non mi arrenderò, James.” Disse, in un mormorio. “Se ci sarà qualcosa, qualsiasi cosa, che sarà in mio potere…ti toglierò quella spada dalla testa.”
Lui sorrise. Si sforzò di farlo.
“Ci vediamo alla prossima, Silente.”
“Dormi, adesso. Al tuo risveglio, nulla di tutto questo sarà mai esistito. Scordati del tuo futuro e vivi i tuoi giorni di ragazzo nella semplicità della gioventù.”
Un bagliore…la bacchetta di Silente illuminò tutta la stanza. Ed il destino rimase solo in un filo argentato, chiuso in una ampolla di argilla…che nessuno avrebbe mai più aperto.
“Perché è nella gioventù che riponiamo sempre la speranza…”
 
 
 
 
 
 
Madama Chips venne svegliata all’alba e tanti cari saluti a quella che voleva essere una giornata riposante. Ma ne aveva mai avute, lei, di giornate così? Maledisse il giorno in cui aveva accettato quell’incarico, perché se il destino le avesse rivelato chi c’era dentro quella scuola e che esaurimento le avrebbe fatto venire, col cavolo che ci sarebbe andata.
Non c’era galeone che teneva, no signore.
Digrignando i denti, aprì la porta a niente di meno che ad un Sirius Black sbronzo marcio.
“Tu…” ringhiò, indecisa se strangolarlo o meno. “…Giuro che se non la piantate di fare salotto qui dentro, tu ed i tuoi compagni, questa volta ad attentare alla vostra vita sarò io. Farete a meno dell’Infermeria…PER SEMPRE!”
James Potter si svegliò meravigliosamente bene e la scena che gli si presentò davanti lo fece stare ancora meglio.
Sirius Black, talmente era preso dall’ansia, aveva dato per scontato che la fasciatura di Molly Prewett bastasse a rinsaldare la sua regale spalla, perché sì, la spalla di un Black si deve saldare da sola, cazzo!
Così, mentre la sera scendeva e il dolore non faceva altro che aumentare, quel totale coglione aveva avuto la bella pensata di ubriacarsi e fumare certe erbette per non sentirlo più, certo che l’indomani mattina sarebbe stato meglio.
Morale della favola: ora aveva la spalla gonfia come un pallone e stava sbiascicando alla sua “amica Ships” tutta la sua situazione, compresa pure di quando si era sbucciato il ginocchio a dodici anni, mentre quella si sgolava peggio di una Banshee.
Stava ancora ridendo, alla mattina, anche se era convinto che avrebbe riso di meno la sua casata, con un cinquantino di punti in meno nella bisaccia. Prevedeva già un linciaggio pubblico…e Sirius Black non faceva altro che lamentarsi e vomitare rendeva il tutto ancora più spassoso.
Si sentiva…euforico.
Tutti erano incazzati e spaventati a morte per quello che era successo, cosa di cui lui non ricordava assolutamente nulla, ma James Potter non era mai stato così bene.
Anzi, non capiva perché lo tenessero ancora lì. (“Perché tanto ci ritorneresti dopo due ore”, aveva detto tra i denti Madama Chips). Inoltre, quella mattina presto, era venuta a trovarlo Lily Evans…lui stava dormendo come un ghiro, ma c’era nell’aria il suo profumo.
Quello che non sapeva era che la Grifondoro l’aveva fissato, in silenzio, seduta al bordo della sedia pensando che mentre dormiva, quello stronzo sembrava veramente innocente e…sì, cavolo, era bello da stare male.
Mentre la rossa faceva per tirarsi da sola un ceffone, lui si era mosso, aveva borbottato parole strane…e poi aveva detto il suo nome nel sonno, afferrandole la mano.
C’era voluto tutto l’autocontrollo della Evans per non strappargli via il braccio, e per qualche interminabile minuto era rimasta lì, mano nella mano con l’uomo che detestava, senza sapere cosa cavolo fare. A svegliarlo neanche a parlarne, visto che poi chissà cosa andava a pensare!
Si era liberata con movimenti e giramenti che neanche un contorsionista, dileguandosi e dannandosi l’anima, ma quel tocco leggero avevano avuto un effetto positivo su Potter ed il giorno dopo era più entusiasta che mai.
“La pianti di sorridere, cazzone?” gli ringhiò dietro Black, un tantino meno contento. “Dovevo lasciarti a quel Dissennatore, razza di stronzo.”
“Ti amo anche io, Felpato…ah, hey!” lo fissò con tanto d’occhi. “Stando ai tuoi racconti, mi hai salvato la vita.”
“Sai che novità…”
“Baciami, stupido, ti ripagherò in natura…”
“EH DAI!” Black se lo levò di dosso, mentre quello fingeva di volerlo molestare. “Levati o giuro che ti incenerisco! Imbecille!”
Tutto era tornato alla normalità, anche se ad un certo punto finirono inevitabilmente per riparlare di quanto era accaduto.
“Silente era furioso quando ha visto il dissennatore, faceva gelare il sangue.” poi Sirius abbassò la voce, serio. “…parlavano di Voldemort. A quanto pare, sta diventando ancora più potente.”
“Scherzi?!” saltò James.
“Magari! Ho sentito un auror che ne parlava con la Mcgranitt. Il Ministero è in allarme. Non sono riuscito a capire bene…ma c’è un problema, qui a scuola.”
“Pensi che ci sarà veramente una guerra?"
“Ne siamo certi.
“Allora faremmo meglio ad affrettare le cose che richiedono tempo!” finì Potter, con semplicità. “Vivere alla giornata…e smetterla di dannarsi per essere un Black, ad esempio.”
“Cose tipo… che ne so...baciare la Evans...fidanzarti con la Evans....sposarti con la Evans..."
"Hey!" Potter gli lanciò un cuscino in faccia. “Finitela con questa storia! Farmela e basta, chiaro il concetto?”
Sirius rise, con la sua risata simile ad un latrato, e si ricacciò sul cuscino di piuma morbido e soffice.
“Grazie...comunque.” disse Ramoso, ora in imbarazzo. “Per esserti sfasciato una spalla, dico.”
“Figurati! Se tu morivi con chi facevo gli scherzi a Mocciosus? Peter si caga sotto, e Remus…quel bravo bambino di Remus… non oso nemmeno immaginare che inferno sarebbe.”
Risero, felici, spensierati…senza sapere che un pezzetto di destino, quel giorno, avrebbe bussato alla porta.
Infatti, due scale furbette avevano fatto perdere la strada all’unica ragazza di Hogwarts che non sapeva ancora orientarsi…e due belle scarpette firmate finirono inesorabilmente davanti alla porta di ingresso dell’Infermeria.
“James Potter sei veramente ...veramente...”
Ma James non seppe mai cos’era veramente, perché Sirius non finì mai la frase.
La porta si era aperta, e sulla soglia c’era una studentessa, piccola ed esile da apparire quasi malata.
Portava la gonna a vita alta, insolitamente lunga e una camicetta di raso particolarmente costosa.
Aveva il viso a cuore, pallido, lentigginoso, ed i capelli scuri acconciati in boccoli curati, con una frangia dritta e liscia.
Era davvero una cosina, pensò James, fissandola mentre quella si bloccava e arrossiva. E non gli pareva di conoscerla…che strano.
“Buongiorno!” le disse, cercando di sorridere in modo accogliente. La ragazza sembrava quasi spaventata dalla sua stessa ombra, sì, era questa l’impressione che dava. Qualcosa di fragile… E di certo non si aspettava di trovarsi lì, perché si guardava intorno con fare spaesato, sbattendo le ciglia sugli occhioni color miele.
La moretta arrossì appena e si portò dietro l'orecchio indietro una ciocca di capelli.
“Scusate.” Disse, con la voce in un mormorio. “Devo essermi persa.”
James Potter era un tantino perplesso ma in un istante perse di vista la cosa perché da Sirius Black era appena partito un sentimento che…oh, cazzo, odiava quando capitava. Odiava sentire certe cose.
Lo fissò con un ghigno, mentre quello non sembrava avere altri occhi che per quella ragazza sulla porta.
Nell’aria, c’era odore di margherite…

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Capitolo 9
*** Hellebore's Petals ***


“Immagino che questa non sia l’aula di Incantesimi.”
Che strano modo di approcciarsi, pensò James. Sembrava che fosse caduta nel tranello delle scale al secondo piano. Ma praticamente chiunque lì dentro sapeva, già passato il primo anno, che bisognava saltare il terzo gradino per evitare che si muovessero.
Black era impalato come una statua e sulle guance della ragazza erano comparsi due pomelli rossi. Oh, che situazione scema.
“No, esatto.” Rispose, tirando una gomitata al suo compagno per farlo ripigliare. “Sei di Corvonero?”
“Già. D-da cosa lo hai capito?”
“Forse dal fatto che sembri una Corvonero…o forse per la spilla che porti sul petto!”
James sorrise, ed era impossibile resistere al sorriso di James, a meno di non chiamarsi Lily Evans. La brunetta gli sorrise di rimando, timidamente, e parve sciogliersi un poco.
 “E voi siete…?”
“Grifondoro. Io sono James Potter e lui è Sirius Black. Non mi pare di averti mai vista, qui.”
“No, infatti.” Rispose lei, sempre pacata. “Mi chiamo Cristhine Mcranney. Sono entrata ad Hogwarts solo quest’anno.”
Ok, Sirius doveva piantarla. James Potter gli lanciò un’occhiataccia e lui cadde dalle nuvole.
“Che c’è?” bisbigliò, sulla difensiva.
“C’è che devi contenere l’ormone, dannato cane.” Sibilò l’altro. “Sto sentendo tutto, cazzo.”
Quello rimase stranamente in silenzio…senza capire che cosa cavolo gli stesse capitando. Quell’odore…quell’odore delizioso nell’aria…oh, cavolo, lo stava fregando davvero.
“Ah, sei la ragazza nuova! Ne ho sentito parlare. Ma dove hai studiato fino ad ora?”
Cristhine si morse un labbro e Potter per poco non cadde dalla sedia per via dell’ondata di sensazioni che gli aveva appena trasmetto Felpato.
E dire che non sembrava affatto il suo tipo…
Nel frattempo, quella sembrava di nuovo essersi irrigidita come una statua. Gli occhi le si fecero cupi.
“Ho studiato a casa.” Rispose, con la voce ancora più bassa. “Mi ha insegnato una maestra privata.”
Oh, quello sì che era bizzarro…ma Potter non fece in tempo a curiosare che la ragazza, in modo agitato, li salutò prima di volatilizzarsi via.
Puff, smaterializzata. Che strano tipo.
Ma ora veniva il bello.
“Ah-hem.”
Black sussultò, girandosi verso James…che lo guardava, divertito come il demonio.
“Beh?!”
“Questa me la devi spiegare, Paddy. Oh, me la devi proprio spiegare.”
“Non c’è nulla da…”
“Sei rimasto immobile. Immobile e zitto, con i tuoi begli occhioni neri spalancati. O ti è partito un neurone, oppure non sai più come si seduce una donna.”
“Oh, ma non dire idiozie!”
“Cos’è, ti ha fulminato?”
Black guardò altrove…immusonendosi. Era imbarazzato. Oh, Potter non ci riusciva a credere.
Sirius Black imbarazzato.
“Ha un buon odore.” Borbottò quello, punto sul vivo.
“Ha un buon…un buon…” il compare iniziò a sghignazzare, beccandosi una cuscinata in faccia.
“James ti avverto, adesso le prendi!”
“Ma che paura! Sirius mi minaccia, aiutoooo...aiuto! Sirius mi vuole picchiareeee! AAAIUUUUTOOOO! Aiut...”
Non fini la frase che Sirius gli tirò in faccia un altro cuscino, non esattamente con gentilezza.
Cadde all’indietro sul letto e continuò a ridere.
“Sei insopportabile, Ramoso.” ringhiò Black, steso sul letto, girandosi dall’altra parte.
“E tu hai fatto la figura del fesso. Te ne rendi conto, vero? Non hai detto una parola, ma nemmeno una. Sembravi tocco.”
“Io…non…!”
“Non credevo che ti piacesse…quel tipo di fanciulla.” James stava amando quel momento come nient’altro. “Ci mancava solo che ti mettevi a scodinzolare. Il grande seduttore Sirius Black che rimane folgorato davanti a due begli occhioni.”
“Vaffanculo, Potter. Ok?”
“In ogni caso.” Il Malandrino si stiracchiò nel sole che filtrava dalla finestra. “Nasconde qualcosa. Te ne sei reso conto, o eri troppo impegnato ad avere l’ormone a palla?”
“Ma che te ne frega? Avrete scambiato due parole in croce.”
“Ma come, non le chiedi di uscire? E poi questa cosa che ha studiato a casa…è ambiguo.”
“Era cagionevole di salute.” Ricordò improvvisamente Black. “Ricordo che ne parlavano sul campo da Quidditch, qualche tempo fa.”
“Questo spiega perché sembra sul punto di rompersi.” James lo fissò con quella sua aria compassionevole. “So che non è bello che i tuoi migliori amici sentano quello che provi per qualcuno…ma è così tra di noi, ormai. E, alla luce di quanto mi hai fatto sfortunatamente sentire, so che ti piace. Dovresti chiederle di uscire.”
“Dovrei chiederle di mettersi nel mio letto, altro che uscire.” Black scosse la testa, stirando un ghigno. “Potrei romperla davvero, una così.”
“Iniziare il primo anno di Hogwarts nel letto di Sirius Black. Non male. Ma ti do una dritta, la prossima volta due parole magari dille.”
“Vaffanculo. Vaffanculo, vaffanculo e vaffanculo. Vuoi andare avanti a lungo?”
Cominciarono di nuovo a battibeccare…mentre l’odore continuava a rimanere nell’aria.
Chissà cosa gli era preso, pensò Black. Forse lo aveva stregato, o messo un filtro da qualche parte. Ma, non sembrava proprio il tipo.
Sembrava più il tipo che…vuole fuggire lontano. Forse era quello che l’aveva colpito tanto.
Il suo sguardo…c’era qualcosa di triste. C’era come l’impressione di una solitudine sconfinata.
Quella ragazza doveva essersi già spezzata, rifletté sorpreso. Quella ragazza era come lui.
 
 
 
 
 
Quando uscirono finalmente da quella benedetta Infermeria, si aspettavano di essere accolti con il solito caloroso benvenuto, perlomeno dalla propria Casata, ed invece trovarono la Sala Grande nel delirio più totale.
I loro compagni non se li cagarono di striscio e continuarono a parlottare come dei pazzi sopra dei calici di idromele ancora pieni.
“Stiamo bene, grazie tante.” Sbottò Potter, schiantandosi accanto a Paciock. “Mi spiegate che succede?”
“Oh.” Franck gli scoccò un’occhiata, scostando i suoi bei riccioli castani. “Non l’hai saputo? E’ scomparsa una professoressa. Una supplente, era nuova nuova. Ignatia Mumps, mi pare.”
“Come è scomparsa!”
Leavy Bones, Prefetto di Tassorosso, li raggiunse concitata. Era lentigginosa e aveva una matassa di ricci color rame che sparavano dappertutto.
“Gente, ho sentito la McGranitt che stava litigando con uno degli Auror del Ministro.”
“Sono ancora qui?” Black fece una smorfia. Non amava molto gli Auror, anche se probabilmente sarebbe diventato uno di loro a breve. Avevano il brutto vizio di guardarlo storto e allisciare le bacchette ogni volta che lo incrociavano.
“Non penso se ne andranno tanto in fretta…” Leavy scoccò un’occhiata in giro. “Infatti a Serpeverde sono incazzati neri.”
“Ci credo, metà dei loro genitori sono crim…” Peter si bloccò di botto, scoccando un’occhiata a Sirius.
Che palle.
“Sono criminali.” Concluse lui, senza recriminare. “Si staranno mangiando la coda.”
“Spero che ci si soffochino.” Celiò Potter. “Non può essere che sia semplicemente uscita da Hogwarts? Che ne so, la paga non le andava bene o cose così.”
Mandy Harpies, sempre Tassorosso, si unì al gruppetto scuotendo la chioma color miele. Era un’oca, ma aveva l’orecchio lungo per i pettegolezzi.
“E’ quello che dicevano gli Auror. Anzi.” Abbassò la voce. “Dicevano addirittura che fosse invischiata in quella storia del Dissennatore…”
“Sì. E’ vero.” Confermò la sua Prefetto. “In effetti è strana la sua sparizione dopo così poco tempo da quanto è successo. Però la McGranitt si è infuriata, anche perché non stanno facendo molto per trovarla. Diceva che la Mumps è una brava persona, una buona insegnante.”
“Forse è semplicemente uscita?” continuò Minus. “Magari James ha ragione. I professori possono uscire senza dire niente a nessuno.”
Lily Evans si sedette tra James e Peter, sbattendo alcuni libri sul tavolo.
“Che scemenza.” Sbottò. “Nessun professore uscirebbe mai dalla scuola senza avvisare, dopo quello che è successo. E non credo nemmeno che c’entri qualcosa. Ignatia Mumps non insegnava spesso, ma spesso faceva da portavoce nel consiglio dei genitori, fa volontariato al San Mungo ed è sempre stata irreprensibile.”
“Sono sempre le brave bambine a nascondere i lati più turbolenti, piccola.” James Potter voleva veramente dare un tono serio alla cosa ma averla seduta di fianco gli aveva appena migliorato la giornata. Quella gli scoccò un’occhiataccia.
“Non chiamarmi piccola!”
“Perché tutto questo astio, Prefetto Evans?” miagolò Mandy Harpies, maliziosa. “Ci è sembrato che sul campo ti sei preoccupata parecchio per Potter.”
Prima che la Evans potesse aprire bocca, si accorse che mezza Sala Comune li stava fissando e parlottava nelle orecchie al compagno di fianco.  Ma non stavano scappando tutti, quel giorno?!
Arrossì, indignata, quando James le passò un braccio intorno alle spalle con un ghigno largo da iena.
“Già. Mi ama, infatti faremo l’amore a breve.”
Lily in tutta risposta gli cacciò una gomitata nello stomaco mica da ridere, facendolo boccheggiare non poco.
“Bisognerebbe occuparsi di cose un po’ più importanti che di qualche pettegolezzo idiota.” Frecciò con alterigia, riprendendosi le sue cose e filandosela.
“Quella ragazza dovrebbe rilassarsi un po’.” Ridacchiò la Tassorosso. “Forse qualche altra carezza potrebbe…Hey! Non ci credo! Guarda un po’ chi c’è…”
E agguantò la sua Prefetto per un braccio, che tra l’altro ne aveva le palle piene dei suoi pettegolezzi, essendo una persona abbastanza misurata e a modo. Eppure anche Leavy si fece sfuggire un “ohh” sorpreso.
Sirius Black non aveva neanche bisogno di girarsi a vedere chi era appena entrato in stanza, perché di nuovo, il suo fiuto da cane gli fece sfiorare il paradiso con un buonissimo profumo di margherite.
E, di nuovo, si inchiodò sul posto.
Cristhine McRanney aveva sempre quell’aria abbastanza serena ma, notò, teneva i libri stretti al petto fino a farsi sbiancare le nocche.
“Beh?” Franck fissò le due Tassorosso, avendo seguito la linea del loro sguardo. “Che avete da fissare tanto?”
“Oh, niente…” ridacchiò Mandy. “E’ quella nuova. Non era mai scesa qui…”
Ed in effetti, Cristhine McRanney avrebbe voluto tirarsi una pedata da sola perché si ritrovò gli occhi di svariati curiosi puntati addosso.
Troppa gente…sentiva già l’aria mancarle.
Non capiva cosa l’avesse spinta a scendere…eppure le sembrava che dovesse cercare qualcuno, che avesse voglia di vedere una persona. Ma non sapeva chi, era assurdo!
Si sedette nel punto più isolato possibile, aprendo un libro e sperando che nessuno venisse a romperle le scatole.
Forse venire ad Hogwarts non era stata una buona idea.
Con tutta quella gente che la squadrava, nemmeno si era resa conto del tenebroso Black che, di nuovo, la scannerizzava in silenzio.
Era carina, decise tra sé. Non aveva tante curve, ma aveva quell’aria timida e pulita che era veramente da rapirla e portarsela via.
“Legge. Legge! E’ un’altra Lily Evans.” Potter gli si appollaiò sulla spalla come un avvoltoio. “Salutala, no?”
“Hm.”
“Sai, di norma, per portarsi a letto qualcuno bisogna perlomeno dirsi ciao.”
“Hm…”
“SIRIUUUUS! AUSTON! MI RICEVI?!”
Ma oramai era tardi, la ragazza, stufa marcia degli sguardi e sempre più nel panico, se ne era andata di nuovo, filandosela come se avesse il diavolo alle calcagna.
“Tu. Sei. Senza. Speranza.” Potter gli tirò una manata in testa.
“Ahia! Ma ti sei rincretinito?”
“Io? Io?! La vuoi piantare di impallarti? Ma che ti prende, si può sapere? Ne hai conquistate a centinaia, Black, mi spieghi perché sembri rimbambito tutto d’un colpo?”
“Muoviamoci...” mormorò Sirius cupo, finendo il boccale. “Abbiamo lezione.”
Quando entrarono in Aula di pozioni, Remus fiutò il suo malumore senza nemmeno alzare la faccia dal suo calderone, dove stava facendo cadere con precisione millimetrica alcune gocce di distillato, rosso per la concentrazione.
“Ben tornati fra i vivi. Che ha Felpato?”
“Oh nulla, è innamorato…” disse James e Remus sobbalzò, lasciando cadere praticamente tutta la boccetta. La pozione divenne marrone al posto che verde acido. La guardò dispiaciuto, prima di concentrarsi sull’amico.
“Innamorato?” gli venne da ridere. “Un Black che si innamora. Fantastico.”
“Sta zitto, Potter.” Sirius Black lasciò cadere la borsa. “Sta solo zitto. Remus, James è un coglione.”
“Ricevo e sottoscrivo. Quindi la pietra nera che hai al posto del cuore, continua a rimanere fredda?”
“Oh, non ti ci mettere, eh?! Parli tu che hai le mutande di piombo!”
“Beh, perlomeno Sirius, prima di spezzare loro il cuore, almeno glielo smolla.” Frecciò James, mentre quell’altro alzava gli occhi al cielo, deciso a non dare corda neanche stavolta alle pressione di quei tre. “Ma qualcuno deve avergli fatto dimenticare come ci si prova.”
Il dito medio fu interrotto da Lumacorno che, entrando e ridacchiando, glielo abbassò con la manina senza nemmeno un’ammonizione.
Era se possibile ancora più ingrassato e tra una leccata di culo e l’altra a gente più o meno importante, riuscì a richiamare i primi entrati all’attenzione.
“Quest’oggi farete lezione con i Corvonero, invece che con i Serpeverde.” Annunciò, mentre i primi mantelli neri e blu entravano in aula. “Come ben sapete, la Professoressa Ignatia Mumps è momentaneamente irraggiungibile, e abbiamo dovuto apportare alcune modifiche al piano lezioni.”
“Oh, cazzo.” Borbottò Weasley. “I Corvonero sono dei secchioni. Ci faranno sfigurare come al solito.”
“Faranno sfigurare te, semmai.” Se la ghignò Potter, che, con profondo odio di chi lo conosceva, riusciva ad essere bravo praticamente in tutto con il minimo sforzo. Anche se in pozioni era stranamente surclassato da Piton e dalla Evans, cosa che gli faceva girare non poco le palle.
“Professore, avete saputo qualcosa della professoressa Mumps?” disse quest’ultima, sedendosi nell’angolo più lontano dal Malandrino.
Quello le rivolse un sorriso gigantesco, a detta di Potter un po’ troppo viscido, anche se un po’ tirato.
“E’ ammirevole la sua preoccupazione, signorina Evans, ma vedrà che la professoressa avrà solo avuto qualche piccolo inconveniente.”
“Ma…!”
“Sta benissimo. Tornerà a breve.”
Certo, come no, pensò Black in modo cupo. Quell’uomo non poteva stargli più sulle palle. Non fiutava l’odore di Mangiamorte nemmeno sotto incantesimo e non faceva altro che adorarlo per il cognome che portava sopra la testa. Lo apprezzava per la parte più oscura di lui…assurdo.
In quei giorni non facevano altro che capitare cose strane e la gente non faceva altro che fissarlo. Sirius Black, il diseredato. Essere stato preso a calci in culo per tutta la vita dalla sua famiglia non pareva bastare a dissipare i sospetti dei suoi cari compagni, che aspettavano solo che da un momento all’altro gli comparisse un marchio nero sopra l’avambraccio.
Ma smise di pensare alle occhiatacce quando la visione di prima entrò in aula assieme ai compagni della sua Casata.
Cristhine Mcranney varcò la soglia di ingresso, ondeggiando i boccoli neri sopra le spalle.
“Bene, dovremmo esserci tutti a quanto pare.” Lumacorno si allisciò i baffoni da tricheco. Sembrava stranamente sulle nuvole, come se, dietro l’aria spavalda, se la stesse facendo nei pantaloni. Chissà cosa diamine stava succedendo! “La lezione di oggi verterà su una pozione che potrebbe tornarvi utile in vista degli esami finali, ovvero il Distillato della pace. E’ un piacevole intruglio che ha l’effetto di calmare l’ansia ma vi avverto, eccedere con il dosaggio di biancospino potrebbe risultare particolarmente pericoloso. Ci sono maghi che sono caduti in un sonno perpetuo, e dal momento in cui è decisamente facile aggiungere qualche milligrammo di troppo e finire con la testa sul cuscino per sempre, vi disporrò in gruppi da tre, in modo che possiate controllarvi a vicenda.”
James gli si fece stranamente vicino, con un sorrisone angelico…
“Oh.” Lumacorno si grattò il mento, fissando la McRanney che pareva volersi sotterrare in quel momento. “Dimenticavo che abbiamo una nuova compagna di classe, c’è una persona in più. Qualcuno vuole unirsi a lei?”
Ed ecco che Potter gli tirò la più poderosa pedata sull’alluce che avesse mai sentito, facendogli vedere le stelle e facendolo balzare in piedi come una molla.
“PORCA PUTTANA! MA CHE CAZZO FAI?!”
“Black!” Lumacorno gli sorrise. “Lieto di vedere la sua collaborazione. Problema risolto. Prego, accomodatevi!”
“Co…cosa?” Sirius rimase immobile, con ancora il pugno sollevato verso la testa di quello stronzo che con il suo solito sorrisetto da micio si accomodò con Peter e Remus, lasciandolo in una insolita situazione.
Gli lanciò un’occhiata velenosa e si sedette accanto alla Corvoncina, che nel frattempo aveva estratto in silenzio i misurini. Sembrava stranamente turbata.
Si ripresentò con voce piatta, anche se educata…questa era bella! Non l’aveva nemmeno riconosciuto. Sirius Black invisibile. Ma, perlomeno, non lo fissava come se fosse un  pericolo pubblico…anzi, iniziò a trascrivere le spiegazioni di Lumacorno senza degnarlo di uno sguardo. Non era abituato ad essere ignorato dalle donne ma forse per quel giorno andava bene così, ne aveva abbastanza.
Quando la pallosa spiegazione fu terminata, Sirius non aveva ascoltato mezza parola. Conosceva bene la Pozione della pace. Gli era servita per molto tempo, quando di notte, rinchiuso in quella prigione che era Black’s Manor, non riusciva a prendere sonno.
Quando le ombre si allungavano verso il suo letto…e sua madre non ascoltava i suoi pianti, lasciandolo solo nel terrore che forse, quella volta, la nera figura all’angolo della stanza non era l’accappatoio ma una creatura oscura serva di suo padre, sfuggita al suo controllo e pronta a ghermirlo.
Quando, crescendo, non aspettava nient’altro che sentire la lama fredda della daga di sua madre contro la gola, pronta ad ucciderlo.
Spesso, l’unico modo che aveva per non pensare e prendere sonno era drogarsi di quella roba. Spesso, prima di conoscere James, prima di essere salvato, la sua mano rimaneva sospesa nell’aria, indecisa se aggiungere qualche milligrammo di biancospino in più.
Erano altri tempi, pensò con un moto di amarezza. Ma ricordava quello sguardo che vedeva riflesso nello specchio e quegli occhi, quel vuoto, erano gli stessi che aveva ora quella ragazza.
Era quello ad attirarlo tanto. E…beh, carina era carina, nulla da dire. Aveva la bocca umida e quei boccoli neri e profumati che le accarezzavano le spalle sottili…sembravano di velluto.
La fissava in silenzio da qualche minuto, e forse le stava anche dando fastidio – impossibile che non se ne fosse accorta – ma non riusciva a smettere.
Si agitò sulla sedia, sminuzzando l’Elloboro senza prestarci attenzione.
“Mi raccomando.” Disse Lumacorno. “Questo pomeriggio dovrete andare a cogliere le giunchiglie sul lago, ma andranno aggiunte solo la sera tardi.”
“Ci mancava solo sprecare l’ora libera per raccogliere fiori.” Borbottò da qualche parte Paciock, abbastanza astioso. “Non poteva semplicemente prenderli essiccati?!”
“Fresche sono meglio.” Borbottò Alice. “Essiccate rischiano di far malfunzionare la pozione.”
Beh, ora aveva una scusa per rivolgerle la parola.
“Voi di Corvonero avete l’ora buca, no?”
“Sì.” Rispose lei, maneggiando con cura il biancospino. “Ma posso andare da sola, se desideri passare il tempo a fare qualcos’altro.”
“No. Certo che no, voglio dire, ti aiuto volentieri.”
Lei finalmente alzò lo sguardo, fissandolo. Poi, in modo gentile, indicò l’elloboro.
“Lo stai tagliando male.”
“Prego?”
“L’elloboro. Taglialo così.” E senza tante cerimonie si chinò accanto a lui facendogli partire un battito.
Cristo santo Sirius, calmati.
Dall’altra parte della stanza, i Malandrini saltarono sulla sedia. Ci mancavano pure le occhiatacce di Remus…che colpa ne aveva, se era un essere umano normale?!
Cercò di concentrarsi su quello che stava facendo. Toglieva ai fiori bianchi oltre al fusto anche il bulbo centrale, facendo attenzione a non staccare i petali.
“Faccio questa pozione da parecchio tempo.” Disse, un po’ burberamente. “Non penso che tu abbia ragione.”
Per essere una che sembrava terrorizzata dalla sua stessa ombra, non si fece particolarmente impressionare. Anzi, la trovava stranamente concentrata e sicura di sé.
“L’elloboro è una pianta velenosa.” Spiegò, in tono mite. “Sai, il nome deriva dal greco. Significa contemporaneamente ‘Far morire’ e ‘Nutrimento’. Togliendo la parte centrale del fiore, quella da dove si nutre, il fiore deperisce più in fretta. Muore esattamente come è scritto nel suo nome. Ho notato che in questo modo rilascia un odore gradevole, che rende il Distillato più buono. E’ come se…fosse il suo destino.” I suoi occhi erano intensi, mentre parlava. Sembrava incantata da ciò che stava facendo…mentre Sirius Black era assurdamente incantato da lei. “E’ come se morisse più dolcemente, accettando il suo fato.”
Si rese conto del suo sguardo e avvampò improvvisamente.
“S-scusa.” Mormorò. “A volte mi lascio trasportare. E’ che mi piacciono molto le pozioni.”
Ed era vero, notò Sirius Black, mentre lavoravano assieme. Era incredibilmente brava…quasi come Lily Evans.
Notò il modo in cui lavorava, quel modo delicato che aveva di muovere le mani, la scrittura precisa, come mangiucchiava la punta della penna senza pensarci.
Alla fine della lezione il loro distillato era uno dei più belli della classe, lui che di pozioni non ci aveva mai capito molto!
“Sei stata davvero in gamba, Cristhine Mcranney.” Si complimentò, in modo sincero. Lei arrossì di nuovo, guardando altrove.
Era bello il modo in cui lo faceva. Pulito.
“Devo essere stata fastidiosa.” Gli disse,  mettendo via i libri. “Non sono abituata a lavorare con qualcuno.”
“A casa preparavi le pozioni da sola?”
Lei annuì.
“Ho avuto modo di sperimentare molto, da sola. Vorrei diventare una MediStrega.”
“Beh.” Sirius si grattò la nuca. “Non sei stata fastidiosa. Anzi, probabilmente con il mio impiccio sarebbe venuta male.”
Sentiva lo sguardo da avvoltoio di Potter sulla schiena ma decise di non darci peso.
“Ci vediamo alle due, allora. E’ stato un piacere.” Le sorrise in modo affascinante, e questa volta riuscì a tornare il Sirius Black di una volta. Bello da togliere il fiato, sicuro di sé…eppure quella ragazza abbassò lo sguardo, anzi, parve quasi chiudersi.
Lo piantò in asso con un frettoloso assenso, scappando via. Strana era strana.
Raggiunse gli altri, mentre Remus gli lanciava il suo solito sguardo saggio e indagatore.
“Quella ti frega.” Sentenziò.
“Scusa?”
“Le abbiamo sentite, le tue sensazioni.” Si aggiunse Minus. “Belle forti, anche!”
“Scusate.” Black si sforzò di ghignare.
“Sembravi un allupato. Volevo gridarle che era in pericolo da tutta la lezione.” Borbottò Remus, fissandolo di sottecchi.
“Remus Lupin, il cavaliere senza macchia a difesa delle virtù femminili!”
“Guarda che non funziona così.” Continuò Lupin, e ricambiò il ghigno in modo furbetto. “L’hai vista bene? E’ una brava ragazza.”
“Può essere. E allora?”
“E allora fare il seduttore non funzionerà, caro il mio Sirius. E’ troppo timida e seria per queste stronzate, lo si vede lontano un chilometro.”
“Mi stai sfidando, per caso? Perché potrei vincere.”
“Questa volta devo dare ragione al nostro lupetto.” Sghignazzò James, piazzandogli un braccio attorno alla spalla. “Sei abituato a tutt’altro tipo, Black. Signorine dure, ribelli…e pervertite.”
“Guarda che quelle sono le più difficili da conquistare! Ti ci devi mettere in gioco.”
“Dacci retta.” Tubò quello, sbattendo le ciglia. “Ti frega.”
“Oh, ma cosa ascolto a fare i consigli di uno che sbava per la Evans da sette anni?”
“A proposito di Evans.” E basta, quello cominciò con il suo solito stalkeraggio cercando di beccare la rossina Grifondoro che se l’era prontamente filata, e anzi, dall’accadimento sul campo la bella Lily si era se possibile ancora più isolata.
Le persone chiacchieravano parecchio di quella carezza e la Prefettina sembrava sull’orlo di una crisi di nervi.
Lasciato il rampollo intento a cercare la sua preda, tornò a squadrare Remus, che gli sorrise compassionevole.
Stava per mandarlo al diavolo quando Liu Chang gli si fece appresso, intenta a stalkerare a sua volta Potter che -  quella doveva proprio spiegargliela - sembrava particolarmente attento a non ritrovarsela tra i piedi.
Il mondo filava proprio al rovescio, pensò, dirigendosi a Trasfigurazione.
Potter che fuggiva dalle donne e Black che non sapeva più conquistarne una!
 
 
 
 
 
Lily Evans avrebbe volentieri strangolato qualcuno. Si era ritrovata all’angolo senza sapere come diavolo era possibile, con il nasino incipriato di Mandy Harpies, la biondina Tassorosso, a pochi centimetri dal suo.
“Per la ventesima volta…” ribadì, cercando di mantenersi calma. “…La risposta è no!”
“Non ti ho ancora fatto nessuna domanda!” ridacchiò quella, tranquilla da fare schifo.
“Non ce n’è bisogno…” ridacchiò di rimando la Evans, un tantino più istericamente. “…E tu smettila con quell’affare!” abbaiò poi, spettinando con la sola forza dell’ugola Patrick Chilton, pischellino del terzo anno di Corvonero, con una macchina fotografica più grossa della sua faccia, che da cinque minuti a quella parte aveva preso a tempestarla di fotografie.
Il Comitato giornalistico fondatore de “La gazzetta di Hogwarts” non le stava dando tregua da quando era capitato quel caos. Naturalmente era capitanato dalla biondina… anche se c’era qualcuno di quel gruppetto che non era male, come ad esempio la prefetto di Corvonero, Laverne McLaird, che si ostinava a rimanere dentro la testata per riuscire a ricavarne qualcosa di meglio che qualche pettegolezzo da strapazzo.
Avrebbe tanto voluto starsene in biblioteca a studiare il da farsi, perché col cavolo che se ne stava buona come aveva suggerito Lumacorno, ma tra quella oca della Harpies ed i suoi scagnozzi e Potter, starsene in pace era davvero più dura del previsto.
Quella dannata carezza…non c’era matricola che non la fissasse, già tutte bene informate da quello stupido giornaletto che non sembrava fare altro che inventare idiozie sul presunto rapporto tra lei e Potter!
Al posto di parlare del Rinnegato e di quello che stava succedendo, come avrebbe voluto ad esempio Laverne, si erano fissati su quello che probabilmente era stato solo un gesto istintivo, senza un perché. Ed intanto era sparita una Professoressa!
“Mi stai veramente dicendo che non c’è stato nulla?” continuò quella, facendola imprecare mentalmente. “Sembravate molto presi!”
“Harpies, tra me e James Potter non c’è niente…era fuori di testa sul campo, non sapeva nemmeno cosa stesse facendo. Contenta ora?!”
“Forse lui sarà anche stato esaurito…ma tu ti sei fiondata sul posto come se avessi avuto un fulmine sotto al didietro…” insinuò quella, che a demordere manco ci pensava.
“Sono una Prefetto!” Quasi la ammazzava, diventando rossa in faccia. “Era mio dovere!"
E pensava davvero di averla convinta almeno un pochino quando un demonio comparve da dietro e se la strinse contro con un ghigno da iena.
“Non crederle.” Se la godette James Potter, con gli occhi d’oro che brillavano. “Facciamo un sacco di sesso.” E avendo imparato la lezione della volta scorsa, parò la gomitata che la Evans gli stava tirando nuovamente sullo stomaco.
L’avrebbe volentieri pestato ancora, ma quello ridendo le afferrò il polso e la trascinò come un tornado via dal corridoio, quasi facendola volare.
“Hey! FERMI!” La Tassorosso, dopo un attimo di esitazione, prese a rincorrerli assieme alla sua equipe ma il Malandrino l’aveva letteralmente sbattuta dietro una statua che, dopo averle tirato il naso, si era spostata di tre quarti, nascondendoli alla vista.
Le tappò la bocca con la mano e sorridendo cercò di tenerla ferma, cosa ben difficile visto che quella maledetta si era messa a scalciare come una matta. Ma più si agitava, più sentiva ogni centimetro del suo corpo contro il mantello…
“POTTER!” Strillò, una volta che si trovarono da soli.
“Heylà Evans!” lui era un raggio di sole, come al solito. “Salvata appena in tempo!”
“Salvata?! Non fai altro che alimentare le loro dicerie!”
“Perché? Dire il contrario servirebbe forse a qualcosa?” disse quello, rimettendo a posto la statua del troll. “Ti do una notizia, tesoro: la verità è quella che decidono di scrivere sui giornali.”
“Molto saggio…potrei anche crederti, se non fosse che è quella verità che ti fa comodo!”
“Ah sì?” lui la guardò intensamente, sardonico. “E così pensi che io ci guadagni qualcosa con te al mio fianco? Non ti facevo così vanitosa, rossa.”
“Di certo non è il contrario!” frecciò lei, punta sul vivo. “E non rigirare la frittata! Non ho detto questo, solo…non mi va che vengano fuori notizie senza fondamento!”
“Ohhh, povera, immacolata Lily Evans…sarebbe una tragedia per la tua reputazione se si venisse a sapere che te la fai con questo demone puro!” fece James, finto melodrammatico. “Niente lode alla fine della carriera scolastica, per le cattive bambine.”
“Ma tu guarda, fa anche finta di offendersi.” La bella Grifoncina ne aveva le scatole davvero piene. “Quel Dissennatore poteva sbaciucchiarti un po’ di più, sai? Sembri in cerca di affetto!”
“A proposito di affetto…” lui si avvicinò come un predatore.
“Non cominciare nemmeno…”
“…Volevo solo ringraziarti per essere corsa sul campo…la prima della fila a vedere come stavo…”
“…Il primo della fila era Sirius, che ti stava per prendere a sberle. Cosa che non sembrava affatto una cattiva idea.”
“Ammettilo, Evans. Eri preoccupata per me.”
Lily fece un sorrisino acido…non retrocedendo di un millimetro, anche se James era pericolosamente vicino. Se sperava di intimorirla sbagliava di grosso.
“Puoi vederci quello che ti pare in quello, ma sta di fatto che quando il dovere mi chiama, a differenza tua so cosa devo fare.”
“Anche io so cosa si deve fare. Correre il più lontano possibile e non voltarsi indietro. Il dovere è per gli sfigati, Evans! E comunque il tuo nobile gesto ti ha messo i riflettori addosso perché quando si parla di me, non c’è Dissennatore al mondo che freni la curiosità…quindi non ti lamentare se ora la gente ti sta addosso.”
Che voglia che aveva di colpirlo su quella sua stupida faccia! Gli agguantò il bavero della camicia pronta a strangolarlo.
“Guarda che è stato il TUO gesto a mettermi i riflettori addosso!”
“Che? Quale gesto?”
Lily Evans si bloccò sul posto. Cosa? Non se lo ricordava?!
“Mi prendi in giro?!”
“Ho un buco nero di quello che è successo. Cosa avrei fatto, di grazia?”
“Tu…” ecco. Ora la Evans era arrossita davvero. Si schiarì la gola, senza sapere nemmeno come dirglielo. Che situazione assurda. “…Ecco…mi hai fatto una…una carezza.”
Era ancora vicina al suo viso, e vide i suoi occhi d’oro stringersi un poco e poi allargarsi…James Potter non disse una parola, e quel modo di fissarla in silenzio iniziava a metterla a disagio.
Improvvisamente si fece guardingo e le afferrò una spalla, portandosela ancora più vicina. Che intenzioni aveva?!
Fece per ribellarsi quando lui le mise un dito sulla bocca, con un’espressione decisamente seria.
“Shht.”
Tenendosela ancora stretta, infilò la mano nel mantello ed estrasse la bacchetta, guardando in direzione delle scale.
“C’è qualcosa là.” Le sussurrò tra i capelli, facendole balzare il cuore in gola.
“Ma che stai dicendo?”
Il corridoio era deserto…tutti erano andati a lezione. Eppure Potter lo percepiva…c’era qualcosa che respirava, appena oltre i gradini. Aveva l’odore di un predatore…ma non riusciva a vederlo.
Improvvisamente qualcosa, sul soffitto, fece tintinnare i lampadari. Lily Evans sguainò la sua bacchetta, puntandola assieme a quella di Potter sulle arcate, ma tutto quello che vide fu una lunga coda nera a squamosa che scompariva oltre la finestra.
“Ma che accidenti …!” corse ad aprire le vetrate.
“Lily, no! Aspetta!”
Ma la rossa si era già affacciata. Nulla. Qualunque cosa fosse, era scomparsa.
“Ma che diavolo era?!” si girò verso James, sconvolta. “L’hai vista anche tu?!”
“Sembrava…una grossa lucertola…”
“Come hai fatto ad accorgertene?”
Lui si frizionò i capelli, improvvisamente a disagio. Guardò altrove, senza risponderle…davvero strano.
“Dobbiamo avvisare i professori.”
“Forse era una creatura di Hagrid…”
“Può essere. Ma non è che la cosa sia rassicurante!” James gettò un’ultima occhiata fuori. “Per prima cosa, mi leverei di torno. Non sappiamo cosa sia e di certo non potremmo fare molto di meglio di una McGranitt.”
“James Potter che segue il buon senso?” Quello era ancora più sorprendente di quanto avevano appena visto. “Cosa ti è successo?”
Lui continuò a non rispondere, e così alla Grifoncina non toccò che seguirlo, chiedendosi che cosa accidenti gli fosse preso.
Ma la verità era che l’incontro con il Dissennatore gli aveva dato ben da pensare, perché quella carezza era l’unica cosa che ricordava. La paura di perderla…il cuore che batteva come un tamburo…l’odore del suo capelli contro la guancia.
Un sentimento che cercava di scacciare gli stava crescendo dentro…qualcosa che era rimasto latente per tutti quei sette anni.
Altro che Creature Oscure, pensava, accanto a quella maledetta.
C’erano problemi che proprio non sapeva come affrontare.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sirius Black adocchiò il tempo fuori dalle arcate chiedendosi perché mai dio ce l’avesse tanto con lui. Pioveva da fare schifo.
Aveva un appuntamento – oh beh, insomma, quello che era-  con una favola di Corvonero ed al posto di godersi un piacevole sole primaverile, avrebbe raccolto i fiori nel fango, inzuppandosi…sempre che la McRanney avesse voglia di farlo. Aveva delle scarpette decisamente costose…e Black aveva occhio per certe cose.
Stramalediceva Lumacorno e la sua idea malsana, mentre, camminando, superava starnuti e bestemmie da parte di un gruppetto di Tassorosso a cui era toccata la sfiga di fare Erbologia.
Uno di essi gli scoccò un’occhiata intensa…cercò di non badarci ma quel giorno i guai non avevano voglia di lasciarlo in pace, perché, impegnato com’era a squadrarlo male, andò a sbattere niente di meno che contro un Auror.
“Cazzo.”
“Fa attenzione, ragazzo. E modera la lingua.”
L’uomo lo squadrò dall’alto dei suoi baffi, un bestione panciuto con una enorme spada alla cintura. Accanto a lui c’era un altro Auror, più giovane e snello.
Black borbottò una scusa ad occhi bassi, fece per spostarsi ma quest’ultimo piantò il piede contro lo stipite con uno schianto, bloccandogli il passaggio.
Gelo.
Sirius Black alzò lo sguardo. Lentamente.
“Questi sono proprio gli occhi di chi non permette certe offese.” Ghignò quello, serrando la mandibola. “Gli occhi di un Black oltraggiato sono distinguibili ovunque.”
“Un Black, hm?” L’omone accarezzò la spada. “Ecco perché mi pizzicavano le nocche.”
“Sirius, giusto?” proseguì l’altro, mellifluo. “L’unico ad avere lo stemma di Grifondoro.”
Lui rimase in silenzio, gli occhi cupi.
“Ti ha fatto una domanda, ragazzino.”
“Ho sentito.” E li guardò col suo solito modo altezzoso che gli era costato più di un pugno, in passato. “La mia risposta è vaffanculo.”
Non aspettavano altro. L’enorme manona dell’Auror più adulto gli calò sulla spalla come un macigno.
Gli si avvicinò ad un palmo dal naso, mentre rimaneva immobile, a squadrarlo con disgusto.
“Non avevo dubbi.” Gli sorrise. “Lo sguardo schifato è tipico della tua famiglia, Black. E anche i modi. Potrai vestirti di oro, ma dentro rimani uno di quei parassiti e devo dire che sono stanco di vedervi gironzolare dove non dovreste. Forse una visitina al Ministero per oltraggio ad un pubblico ufficiale ti farebbe passare l’alterigia.”
“Non è colpa mia se la mia famiglia vi pianta delle grane.” Sibilò Sirius. “Siete così ottusi da non capire che stiamo dalla stessa parte…”
Una botta, ed eccolo inchiodato al muro. Nulla, non c’era verso. Quella gente lo odiava…chissà quanti ne avevano persi, di compagni, per colpa del suo cognome…
“Non starò mai dalla stessa parte di un Black.”
“Art, calmati.” Intervenne rudemente l’altro. “Siamo comunque sotto la giurisdizione di Silente.”
“Silente ha permesso a questa feccia di entrare.” Ringhiò l’altro. “Scommetto un occhio della testa che questi qui c’entrano qualcosa con quanto sta succedendo…dì un po’, Black, dov’è il resto della famiglia? So che ce ne siete un po’, qua dentro. Dove stanno?”
“A crepare, mi auguro.”
“Le piante cattive non crepano mai.”
“Si può sapere che cazzo volete da me?”
“Ti spaventiamo, ragazzino? Guarda che noi siamo i buoni…” Improvvisamente, sulla soglia del corridoio apparve Cristhine McRanney, che si bloccò con la mela ancora in bocca a squadrarli.
L’Auror lo lasciò lentamente andare, anche per rassicurarla. Le fece un sorriso forzato.
“E’ tutto a posto, signorina.”
Sirius si pulì i vestiti, con dentro…rabbia, un sentimento oscuro che gli contorceva le viscere.
Poteva essere finita lì…ma quello tornò indietro, accostandosi al suo orecchio.
“Ti terremo d’occhio, Sirius Black. Forse sei davvero convinto di non essere marcio dentro…ma è colpa tua se la famiglia Wassall è scomparsa. Non lo dimenticare.”
Capì di aver osato troppo quando dentro gli occhi neri d quel ragazzo si agitò come una belva feroce…un vuoto che per un breve istante gli congelò le membra, nonostante fosse il doppio di lui e con una spada grande quanto il suo braccio.
La mascella di quell’uomo era quasi morbida sotto il pugno di Sirius…godette nel sentire l’impatto. Le orecchie fischiavano, il braccio si era mosso da solo. Tutto degenerò in un istante.
Cristhine lanciò un grido.
Un istante, e l’altro Auror lo schiantò a faccia per terra, agguantandogli le braccia con un sorriso largo.
“Ora credo proprio che il Ministero non sia più un’opzione.” Rise, soddisfatto, mentre quello ansimava contro le piastrelle. “E magari anche Azkaban.”
“Fermi!” la Corvonero gli si agganciò al braccio, allarmata. “Così gli spaccherete le costole! Siete impazziti?”
“Fuori dalle scatole, ragazzina. Stai intralciando la giustizia.”
“Art, stai bene?”
“Mai stato meglio.” Ghignò quello, tirando in piedi Black in modi tutt’altro che delicati. Quello lo fissò astioso come un cane ma ormai ce l’aveva in pugno.
“Lo sapevo che non eri chi dici di essere. Hai il sangue nero.”
“Vaffanculo.” Ringhiò Sirius, dando uno strattone. “Se speri di farmi paura…”
“Given, avvisa Silente. Avrà uno studente in meno, a lezione.”
“Ma questo è abuso di potere!” Cristhine era sbalordita. Indignata. Voleva solo raccogliere quei benedetti fiori in pace, e si era appena ritrovata invischiata in quel casino…sembrava un film anni settanta.
Il ragazzo con cui aveva fatto lezione la fissò di sfuggita...aveva i capelli spettinati sul viso, le labbra serrate…e due occhi che per un istante le fecero paura.
Fece per dire ancora qualcosa, quando un gufo picchiettò sulla finestra, e tutto sembrò fermarsi. Gli Auror sbiancarono, fissando alle sue spalle.
Si girò, vedendo un bel volatile di uno strano piumaggio dorato, con gli occhi rossi come il sangue. Era il gufo più grosso che avesse mai visto.
Picchiettò ancora, educatamente, contro il vetro. Alle zampe portava una lettera.
“Oh, porca puttana!” sbraitò il primo Auror, dimenticandosi di immobilizzare Sirius, ma ormai non ce n’era più bisogno: il Malandrino attaccò a ridere.
Ma erano tutti fuori di testa?
“Non azzardarti ad aprire!” ululò il secondo, additandola.
Cristhine rimase immobile solo un istante…poi, con un cipiglio furbetto e battagliero che nessuno le aveva mai visto in faccia, fece l’esatto opposto ed il volatile fece cadere la lettera sopra le loro teste.
Quelli saltarono all’indietro come se fossero davanti ad una bomba ad orologeria…ma la lettera si librò a mezz’aria e ne uscì del fumo verde.
“Ciao, dolcezza!” ridacchiò una voce, mentre il fumo si modellò fino a formare una indistinta figura umana. Una donna, senza dubbio…ma era come se avessero appena visto il diavolo.
“Ciao, Euphemia.” Ghignò Sirius, di colpo allegro come pochi. “Come te la passi?”
“Alla grande, dolcezza. James? Sta meglio?”
“Oh, una pacchia. Tuo figlio riprende sempre…dovresti saperlo.”
“Signora Potter…” azzardò il primo Auror, con la tremarella. La figura fumosa si girò verso di lui e, anche se il viso non era ben distinguibile, Cristhine vi intravide un ghigno feroce.
“Art Walker. I miei poteri non sono più quelli di una volta, se ho lasciato che mettessi le tue manacce indegne su questo gioiellino.”
“Signora Potter, noi…noi non sapevamo che…”
“…Questa lettera doveva arrivare cinque minuti fa, ma non ho previsto la pioggia. Scusami dolcezza." Continuò quella, rivolta a Sirius.
Oh, quanto cazzo amava quella donna.
“Non c’è problema, Euphemia. Ti saluterò James.”
“Sì, per favore. Digli di evitare il purea di patate a cena, se puoi. Gli elfi lo faranno troppo liquido e ci si soffocherà dentro. Quel cretino non sa proprio mangiare.”
La McRanney guardò da uno all’altro con gli occhi a palla, mentre quelli iniziavano a parlare del più e del meno e i due Auror si facevano piccoli piccoli in un angolo.
Con una ulteriore ghignata di Black, la donna ordinò loro di levarsi dai piedi ed incredibilmente quelli lo fecero, senza neanche troppo obiettare!
“Dolcezza, io vado. Fleamont sta distruggendo la cucina…si è messo in testa che vuole cucinare e vorrei evitare. Quei due dementi non ti daranno più fastidio.”
“Ti ringrazio, Eu.”
“Non ci pensare troppo.” Attaccò lei, improvvisamente più dolce. “A certa gente passa l’aria tra le orecchie. E state attenti. E’ da un po’ di tempo che avverto energie negative attorno alla vostra scuola…tienimi d’occhio James, ti prego, mi verrà mal di testa a furia di predire tutte le stronzate in cui si ficca. Ormai ho più a che fare con Silente che con mio padre.”
Scomparve con un piccolo pop, mentre Black continuava a ridacchiare.
Forse non era tanto normale.
“Hey…tutto bene?” si azzardò a chiedergli.
“Era la madre del mio migliore amico. Mi tira spesso fuori da guai.”
“Conosci veramente Euphemia Potter?” chiese quella, sgranando gli occhi. “E’ una leggenda vivente!”
Sirius Black si ricompose…negli occhi, quel buio era passato. Anzi, era decisamente più sereno.
“Vivo da loro. Sono come…” guardò altrove, quasi malinconico. “…diciamo che sono la mia famiglia.”
“Mi dispiace per quanto accaduto.” Mormorò lei, improvvisamente imbarazzata.
“Già.” Black sembrava non volerne parlare. “Non sto molto simpatico agli Auror.”
Camminarono in silenzio, pensando…pensando a ciò che li metteva in fuga…
“Sicuro di stare bene?” chiese la Corvoncina, anche per rompere quel silenzio teso.
“Mai stato meglio. Anzi. Ti ringrazio per essere intervenuta!” Lui le rivolse un sorriso che avrebbe fatto sciogliere praticamente chiunque e per la ventesima volta in quella giornata, alla bella McRanney passò di testa che la bellezza di quel tizio non sembrava affatto normale.
Era…troppa. E sembrava assurdamente interessato a lei…per tutta la lezione, non aveva fatto altro che fissarla.
Ma forse…forse perché sapeva, pensò tristemente. Sapeva cosa li univa…e se per lei non era un problema, forse lo era per lui.
Allora perché chiederle di raccogliere quei fiori? Perché sembrava ruotarle attorno da tutta la giornata?
Si interruppe di botto, perché vide un folto gruppetto di persone sotto le arcate, tutte con i guanti di gomma per raccogliere le giunchiglie e tutte che squadravano la pioggia con aria decisamente incazzosa.
Tutta quella gente…
Sirius Black si voltò indietro, fissandola sorpreso mentre i suoi piedi si bloccavano sul posto.
“Stai bene? Sei sbiancata.”
“Io…” mormorò Cristhine, tenendosi il petto. “Io non sono molto a mio agio in mezzo alla folla.”
Lui allargò gli occhi, senza dire una parola. La ragazza era pallida…e tremava. Qualcosa la stava spaventando…anche se non capiva cosa. Prima era sembrata così coraggiosa, così battagliera!
Poi si voltò verso i suoi compagni, proprio ripensando a come aveva rischiato la fedina penale per difendere quello che era a tutti gli effetti uno sconosciuto. Solo per fare ciò che le sembrava giusto.
“Hey voi! Fuori dai coglioni!” tubò ad alta voce, con la finezza di un comodino.
Cristhine gli si aggrappò al braccio, diventando viola in faccia.
“Ma…ma che fai!”
“Ti rendo il favore.” Le sorrise di nuovo, caldo come l’estate. “Un Black non vuole mai avere debiti, Cristhine McRanney.”
E senza tante cerimonie praticamente spodestò la fila di gente creando un varco, utilizzando, questa volta non senza un certo piacere, la sua nomea…quando un Black ti dice di levarti dalle palle, tu ti levi dalle palle.
Fuori la pioggia scrosciava come una dannata.
“Ci beccheremo una polmonite.” Sentenziò, seccato. “Ecco perché stanno tutti qua fermi. Aspettano che passi.”
Immaginò che la ragazza si tirasse indietro…invece, fece qualcosa che lo lasciò incantato.
Cristhine McRanney alzò la bacchetta, e, affiancandola ad una mano nuda, fece dei movimenti talmente delicati che sembravano il volare di una farfalla.
Le gocce d'acqua cominciarono ad andare in obliquo, scivolando come su uno specchio invisibile e formando un passaggio asciutto in mezzo alla tempesta.
Un corridoio nella pioggia…che iniziò a riempirsi di piccoli arcobaleni per via dell’umidità. Lui se ne era sempre sbattuto dei panorami ma doveva ammettere che era davvero uno spettacolo.
La ragazza gli sorrise di rimando, timidamente, e si girò a fissarlo, visto che era rimasto letteralmente imbambolato.
“Vieni?”
Quella ragazza iniziava a piacergli un sacco, pensò Black, affiancandola con una risata leggera. E gli piacque ancora di più quando, immersi con le caviglie nel lago, si ritrovò a farci delle interminabili chiacchierate.
Era sveglia, intelligente e sembrava vedere il mondo in un modo più sensibile degli altri.
“Trovata!” esultò Black alla fine, agguantando la prima giunchiglia, aggrappata saldamente al fondo fangoso.
La Corvoncina si sporse un po’ per vedere, ma nell’entusiasmo il suo piede scivolò e cadde in avanti, non prima di aver afferrato istintivamente la camicia di Black che si ritrovò trascinato a peso morto nell’acqua, con ancora un punto di domanda in testa.
“Oh no! Sono fradicia!” Cristhine fece un salto di due metri, guardandosi i capelli, gocciolanti, e le vesti completamente bagnate.
“Accidenti!” esclamò Sirius, scattando a sedere. “Ho fango ovunque!”
“Oddio! Scusa! Non volevo far cadere anche te, Black!” e, nel panico, afferrò un fazzoletto, fradicio, e senza un minimo di senso iniziò a tamponargli l’orlo della giacca.
Accorgendosi poi dell’assurdità della cosa, si bloccarono. E scoppiarono a ridere.
Sì, gli piaceva, pensò nuovamente Black, lacrimando e ululando con lei. Le ragazze di quasi tutte le aule assistettero con gli occhi a palla il famoso ed irraggiungibile Sirius Black ridere come un pazzo accanto alla tizia strana che nessuno aveva avuto modo di conoscere…e le voci iniziarono a correre, soprattutto quando, il giorno dopo, il letto della McRanney fu inondato di curiosi fiori di Elloboro tenuti assieme da quello che senza dubbio era il velluto nero dei Black.
Ma per il momento, nessuno dei due pensava a quello. Per il momento c’erano solo due tizi strani che ululavano e si schizzavano come due bambini. Forse Hogwarts non era tanto male, pensò Cristhine, accogliendo le risate come se fossero ossigeno fresco, deliziose risate che da tanto non avevano avuto modo di uscire.
Non si rese nemmeno conto che la sensazione di pressione al petto non c’era più…e che bastava solamente farsi una risata assieme ad un suo coetaneo per farsi scivolare di dosso tutto quanto.
Forse, in fondo, aveva sempre avuto ragione Silente: forse la sua fuga era davvero finita.

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Capitolo 10
*** Disappearance. ***


“Allora, Cristhine McRanney.”
Sirius Black sorrise, accendendosi una sigaretta. Si erano seduti sulle sponde del lago, con le bacchette puntate su di loro a generare una piacevole aria calda. La pioggia stava per finire e le nuvole si rincorrevano pigramente, disegnando ombre sui loro visi, mentre i vestiti lentamente si asciugavano loro addosso.
“Cosa fai nella vita? Oltre a far cadere persone nei laghi, difenderle dagli Auror e a chiudere fuori i tuoi compagni dai tuoi corridoi magici?”
Lei arrossì appena, guardando altrove.
“L’hai notato, eh?”
“Beh.” Black aspirò lentamente, divertito sotto i baffi. “Mi piacerebbe poterti dire che le altre persone non si sono avvicinate per il mio avvertimento, ma la verità è che nemmeno un Black può allontanarle da un passaggio caldo e asciutto in mezzo alla pioggia.”
Scoccò un’occhiata alle loro spalle. Il passaggio che Cristhine aveva creato si era prontamente chiuso, creando una bolla attorno a loro che andava via via sparendo mano a mano che la pioggia si diradava.
Nessun loro compagno ci era entrato, e li fissavano dall’altra sponda abbastanza astiosi, fradici ed infangati.
“Penserai che io sia una altezzosa…” La Corvonero guardò verso di loro, malinconica. “La verità è che…stare con le altre persone mi terrorizza. E’da quando sono qui che scappo da loro.”
“Non capisco. Hai paura degli estranei? E come hai fatto con i tuoi amici?”
Si pentì subito di quella sparata perché la ragazza gli riservò un sorriso triste. Stava seduta e tra le mani aveva una bella piuma bianca, che aveva estratto dalla tasca della camicetta e che stava asciugando con cura maniacale.
“A dire il vero, sei la prima persona con cui parlo da…settimane.”
Già, pensò la ragazza, sentendo un colpo nel petto. La prima persona con cui parlava e…doveva essere proprio lui…il destino giocava davvero brutti scherzi.
Cercò di non concentrarsi troppo sul modo in cui la camicia bagnata gli aderisse al petto…sensazioni nuove, che mai aveva provato, la stavano confondendo. Eppure…eppure quello che li univa…quell’oscuro, torbido fatto…davvero lui non ne era a conoscenza?
“Non devi vergognartene.” Borbottò Sirius. “Neanche a me piacciono molto le persone.”
“Ma come!” Lei lo guardò, colpita. “Anche se sono fuori dal mondo, ho sentito anche io parlare di te e della tua cricca. Siete i re di questa scuola.”
“Oh.” Black sogghignò, nuovamente cupo. “Quello che amano tutti quanti è James, in realtà. Lui ha…una luce dentro, non so se mi spiego. Ha fatto parecchio il bastardo durante questi anni ma nonostante questo, è stato impossibile non volergli bene. Crea ammirazione, come se gli fosse naturale.”
“In effetti…in Infermeria mi ha fatto la stessa impressione.”
“Già. Mentre io sono quello di cui tutti hanno segretamente paura, in fondo. Anche se lui mi ha salvato.” Black guardò in alto, sorridendo piano. “Sarei stato da solo, se non avessi avuto lui al fianco. Credo che lo saremmo stati tutti…non so nemmeno perché ti dico queste cose. E’ bello parlare con te, Cristhine. Dovresti dare questa possibilità a tutti gli altri.”
“Dovrei.” Anche lei guardava in alto, tristemente. “Ma certe abitudini sono dure da scacciare.”
“Potresti parlarmene. Chi meglio di un estraneo può darti un valido consiglio?”
Lei continuò a pulire la piuma, rimanendo un poco in silenzio. I boccoli le gocciolavano ancora, poco poco, sulle spalle, generando un buon profumo. Aveva ancora la bocca umida, e le guance accaldate…
“Sono stata da sola per…” scosse la testa, quasi divertita. “…Credo per tutta la mia vita. Ho avuto una malattia, e fino a qualche tempo fa, sembrava che non ci fosse cura. Così, ho passato tutta la mia infanzia e la mia adolescenza a guardare dalla finestra di casa, a chiedermi che cosa ci fosse oltre le punte dei pini, oltre al cadere del sole…fino a qualche mese fa, la sola idea di varcare quel confine mi appariva impossibile, visto che la mia malattia ha un potere tremendo, oltre ad essere una tra le più contagiose del pianeta. Poi…” strinse appena un po’ la piuma tra le dita candide, tremando. “…Poi c’è stata lei. Una strega…una tra le streghe più potenti della Gran Bretagna. Ha trovato la cura e non capirò mai come Silente sia riuscito ad ottenerla, visto che quella strega da tempo si è resa introvabile. Fatto sta che mi ha liberato.”
Sirius Black la fissava in silenzio…intensamente. Aspirò ancora dalla sigaretta, concentrato. Serio. Bastò un’occhiata a come si frizionava il polso, senza pensarci, per capire. E gelare.
“Hai avuto la Fiaba di Eva.”
“Eh già.” La risata di lei cercò di apparire leggera. “Vivevo con mio padre e con mia sorella, che sono immuni. Può comparire solo in un membro della famiglia, ad ogni generazione. Eravamo noi tre, sempre, soli… li amo con tutto il mio cuore. Ma fissavo l’orizzonte e desideravo solo scappare.”
Lui le prese il braccio, senza pensare. Lei si zittì, mentre le accarezzava la pelle del polso…quella malattia compariva nel più crudele dei modi.
Assieme al neonato, nasceva anche un piccolo serpente bianco, tatuato poco sopra i palmi. Con il passare degli anni, questo diventava sempre più grande, correndo su tutto il braccio, raggiugendo la spalla, il petto… e quando arrivava all’altezza del cuore la persona moriva. Non prima di aver perso ogni energia, ogni potere magico…si chiese cosa si provasse a vivere con la propria condanna a morte incisa sulla pelle.
La consapevolezza che fuggire non potrà salvarti. Vivere con il ticchettio dell’orologio.
“E’ pazzesco. Dev’essere stato difficile.”
La pelle ora era bianca, liscia e perfetta. Nessun segno del morbo, come se non fosse mai esistito.
“Anche io fatico a crederci.” Disse lei. “A volte mi tocco il braccio e immagino di rivederlo ancora. Stare senza è come essere nuda. Era riuscito ad arrivare quasi al gomito. So a memoria ogni suo movimento…” e con il dito, tracciò una spirale invisibile lungo la pelle. “Pensavo che sarei stata finalmente libera. La porta della gabbia era aperta, ho iniziato a correre…ma la verità è che non riesco a smettere di farlo, ora. Non mi sono mai più fermata. Non sono abituata a stare con le altre persone, ho paura per loro. Ho paura di condannarle, perché sono stata abituata fin da bambina a scappare dagli altri, per proteggerli, ed ora non riesco a smettere.”
“Eppure…sei qui.” Le disse Black. “Con me.”
“Già.” Cristhine sorrise, in modo dolce questa volta. “Anche con te è piacevole parlare.”
Lui si alzò, porgendole la mano.
“Beh, McRanney…non starai più da sola, d’ora in poi.”
Lei rimase ferma solo un istante, prima di porgere la sua. Sirius Black aveva le mani fredde, eppure sembravano scottare. Che sensazione strana…di calore, quasi. Un calore dentro, sconosciuto…come se ci fosse qualcosa che le stringeva lo stomaco. Però era al contempo bello…
“Beh, faremo meglio a sbrigarci! Abbiamo una pozione da finire, compagno.”
“Puoi dirlo forte.” Sirius Black stirò il primo sorriso della giornata. Un sorriso vero, non un ghigno. “Compagna.”
 
 
 
 
 
La professoressa McGranitt scoccò l’ennesima occhiata stizzita, al di sopra dei suoi occhiali da lettura a forma di stella.
Gli unici due studenti che mai si sarebbe sognata di vedere assieme nel suo ufficio ricambiarono lo sguardo, ansimanti e paonazzi.
“Potete ripetere?”
“Una lucertola…” soffiò Lily Evans, tenendosi il fianco.
“…Gigantesca…” ansimò Potter, mano sul cuore.
“…Corridoio…James l’ha fatta scappare…”
“…Brillava in modo strano!”
“Era nera…”
“Ma quale nera, era verde scuro!”
“Ma piantala! Era nera.”
“Oh, ma certo, miss occhioni giganti vedrà sicuramente meglio del campione di Grifondoro!”
“Perché devi sempre tirare in mezzo il tuo ruolo a Quidditch?!”
E presero a bisticciare, mentre la strega valutava veramente di tirar loro qualcosa in testa.
“SILENZIO!” Tuonò, spettinandoli con la forza dell’ugola. “Vi premerà sapere che abbiamo ben altro a cui pensare, in questo momento!”
“Ma professoressa!” scattò su la Evans, allarmata. “Potrebbe essere una creatura oscura! Potrebbe essere responsabile della recente sparizione!”
“Signorina Evans, le uniche lucertole giganti che conosco io si chiamano draghi, e di certo non sono in questa scuola. Sarà senza dubbio una creatura di Hagrid a cui qualcuno ha fatto un incantesimo Inflatus per scherzo. Le assicuro che Ignatia avrebbe reso pan per focaccia ad un semplice rettile…”
“Anche perché sarebbe rimasto qualche resto, se quella cosa se la fosse mangiata.” James si grattò il mento, incurante di Lily che sbiancava.
“Grazie per l’affascinante immagine, Signor Potter.” La McGranitt si massaggiò le tempie. “In ogni caso, informerò i Prefetti di questo nuovo grattacapo, ma non avete di che preoccuparvi. Di solito gli incantesimi gonfianti scadono dopo qualche minuto. Piuttosto, Potter…ne sa qualcosa?”
Quello ridacchiò, divertito, sotto il suo sguardo che si stringeva come un falco.
“Non è assolutamente mia abitudine dare fastidi quando ci sono già così tanti problemi.”
“Come no…” sibilò quella. “…O forse sai bene che tuo padre potrebbe decidere di fare un giretto da queste parti, a controllare i suoi Auror. Fatto sta che abbiamo veramente un gran daffare, quindi, se avete finito…” appioppò loro in mano qualche biscotto zuccheroso di quelli buoni e senza tante cerimonie li sbatté fuori dalla stanza.
“Secondo me non dorme da due giorni.”
Lily lo guardò acidamente.
“Ma possibile che non ti preoccupi nemmeno un pochino?!” e gli piazzò il dito contro il naso. “Sei stato aggredito, la scuola pullula di Auror eppure è sparita una professoressa! E tu te ne stai lì a…” e lo guardò, senza sapere bene come finire la frase.
“Hai sentito l’arpia, no? Era solo uno scherzo.”
“E perché brillava?”
“Qualcuno gli avrà versato addosso un po’ di polvere magica.”
“Hmmm…” e la Grifoncina prese a rimuginare. Ma perché se la prendeva tanto, poi?! Eppure, sapere che quella scuola stesse subendo altre calamità oltre a Potter e alla sua banda, la mandava davvero su di giri.
Forse era così in panico perché…perché se fosse successo qualcosa di grave e l’avessero chiusa…lei sarebbe dovuta tornare a casa. A casa, ricoperta dai silenzi di sua sorella…no, non poteva nemmeno pensarci!
“Evans? Yuhuu?”
I bei occhioni d’oro di James la riportarono alla realtà. Era davvero strano trovarsi davanti all’ufficio della McGranitt con lui. In realtà, ultimamente si stavano frequentando anche fin troppo!
“Hai presente quando hai qualcosa in testa ma non riesci a ricordare cosa?”  chiese pensierosa, mentre quello si batteva la mano sulla fronte.
“Ti prego, dimmi che non ti chiuderai di nuovo in biblioteca…”
“E’ proprio quello che farò.” Decise lei, senza degnarlo più di un’occhiata, borbottando tra sé e sé. Aveva qualcosa in testa, e picchiettava…un ricordo importante, un dettaglio che le sfuggiva…
James la vide sparire dietro l’angolo con il fumo che le usciva dalle orecchie per quanto stava rimuginando.
Alla sera, tornando da un festino niente male nella Stanza delle Necessità, la ritrovò in stato comatoso sui libri, in Sala Comune.
Bocca leggermente aperta e capelli sugli occhi, respirava in modo pesante, con una guancia spiaccicata contro una macchia di inchiostro ancora fresca sulla pergamena.
Era proprio un caso perso… e proprio nel momento in cui Sirius Black inondava la Sala Comune di Corvonero di fiori di Elloboro, James Potter, mezzo sbronzo e mezzo traballante, trasfigurò una coperta e gliela mise sulle spalle…ma non prima di averle disegnato dei grossi baffi con i rimasugli dell’inchiostro versato sul tavolo.
 
 
 
 
Cristhine McRanney si era svegliata letteralmente inondata di fiori e la notizia non era passata certo inosservata…tant’è che praticamente tutti sapevano chi era stato a mandarglieli visto che ad ogni mazzo pendeva un nastro di velluto nero che, a quanto pare, era riconducibile solo ad una persona.
Le sue compagne l’avevano squadrata con tanto d’occhi quando, spaesata, aveva accarezzato i petali morbidi dei fiori senza sapere bene cosa pensare.
Un ragazzo…che le faceva la corte. A lei!
Era una cosa veramente nuova, da aggiungere a quell’anno iniziato zeppo a dir poco di novità.
Nel giro di poche settimane era uscita di casa, aveva scoperto l’intero mondo, era stata sbattuta in una scuola piena di altre persone ed ora c’era qualcuno che la stava corteggiando, in modo anche abbastanza palese.
Troppo in una volta…chissà che accidenti gli era venuto in mente. Forse era abituato a fare così, con le ragazze…persino Cristhine, che aveva la conoscenza umana pari a quella di un comodino, doveva riconoscere che quel tizio era di una bellezza irreale.
Il modo in cui si muoveva, come se danzasse, lo sguardo imbronciato e duro, i capelli che gli ricadevano sugli occhi…sembrava possedere una eleganza innata. Era stato bello parlare con lui, l’aveva fatta ridere e quando aveva visto il suo dono qualcosa dentro l’aveva fatta sentire felice.
Non sapeva come sentirsi ora, però. Infilò le sue ciabattine e scavalcò con non poche difficoltà i fiori, cercando i suoi vestiti in mezzo a quel caos. Era stata sicuramente una mossa galante ma decisamente poco pratica.
In silenzio, rossa in viso, decise di eclissarsi dalle occhiate silenziose delle altre ragazze e di chiudersi in qualche posto sperduto…non l’avesse mai fatto!
L’intera scuola si girava verso di lei, bisbigliando, sgranando le palpebre.
Cristhine Mcranney, la ragazza nuova che non dava confidenza a nessuno, corteggiata da niente meno che Sirius Black.
La notizia iniziò a circolare con la velocità di una bomba e c’era chi insinuava malignamente che la Corvoncina gli avesse rifilato un filtro d’amore, e le occhiatacce di tutta la compagine femminile non tardarono a farsi sentire sulle sue spalle.
Avrebbe voluto sotterrarsi! Ma che accidenti gli era passato per la testa?! – pensava verso mezzogiorno, esaurita da tutta quell’attenzione indesiderata – le aveva messo un mirino in fronte!
Decise di sbattersi in biblioteca, ma appena voltato l’angolo si paralizzò sul posto perché incappò in una mezza rissa.
Liu Chang sorrideva in modo maligno, scuotendo i lucenti capelli neri, su una ragazzina Tassorosso che si ripuliva i capelli da un bicchiere di Bollasoda che rotolò fino ai suoi piedi.
La ragazza che le aveva appena rovesciato il liquido addosso rideva sguaiatamente.
Elidora Blake, Corvonero del sesto anno, bruna e tutta curve, praticamente la spalla destra della Chang.
La ragazzina piangeva e digrignava i denti, umiliata, i capelli gocciolanti e appiccicosi.
Vattene.” Pensò Cristhine, sentendosi già mancare il respiro per via della loro vicinanza. “Vattene e fai un’altra strada.”
“Sei debole.” Sussurrò la cinese, stringendo gli occhi neri. Era seduta come una regina su un tavolo appoggiato al muro, a fissare la scena con disgusto. “Se fossi una vera strega ti alzeresti e le daresti una lezione.”
“Ma figuriamoci!” sghignazzò Elidora. “Ha fatto la spia ai professori sul nostro festino, Liu. Una vermicola del genere agisce sempre quando non la si può colpire.”
La ragazzina continuò a singhiozzare, avvampando.
“I professori mi avevano messo alle strette.” Balbettò. “Cosa avrei dovuto fare?”
“Avresti dovuto tacere.” Sibilò Liu, freddamente. “Detesto le persone senza spina dorsale. Hai fatto perdere punti a tutta la Casata. Forse ti faceva comodo, chissà quante lodi a Tassorosso per averci superato.”
La ragazzina era piccola come sua sorella, pensò Cristhine. Non doveva avere più di quattordici anni.
Oh, accidenti!”
Elidora stava per gettarle addosso un altro bicchiere quando si bloccò, vedendola avanzare lentamente.
Senza dire una parola, Cristhine si chinò sulla ragazzina e le porse un fazzolettino, tirando un gigantesco sospiro mentale per la sua testaccia.
“E tu chi accidenti sei?”
“Cristhine McRanney.” Liu Chang scese dal tavolo, con gli occhi che scintillavano. “Sei del nostro anno, giusto?”
“Sono del vostro anno.” Replicò lei, mestamente. “Sono entrata qualche settimana fa.”
“Ah, la tipa strana!” si lasciò sfuggire la Blake, senza il minimo tatto. Liu le lanciò un’occhiata a metà tra il divertito e il severo, poi tornò a guardarla, mettendosi le mani sui fianchi.
“Beh, ti farà piacere sapere che abbiamo scoperto chi ha fatto la spia con i professori, facendoci perdere punti!”
“Penso che sia stata punita abbastanza.” Replicò lei, dura. “Con permesso, la porto nella sua Casata.”
Fece per voltarle le spalle ma Liu le fece il giro attorno, piazzandosi davanti a lei con una strana espressione.
Era troppo vicina…
Cristhine mosse istintivamente un passo indietro, serrando i denti. Troppo vicina. Troppo…
“Sirius Black ti sta facendo la corte, ho sentito.” Disse quella, senza peli sulla lingua, fissandola intensamente. Elidora sputò fuori la bollasoda.
“Cosa?!” strillò, con voce stridula. “Che storia è?!”
“Perché ti incazzi? Pensavi di starci assieme?” Liu Chang rise, leggera. “Sei più ingenua di quanto pensassi, El. Al campo da Quidditch ti ha praticamente lanciato via di dosso.”
Quella arrossì indignata, scoccando alla McRanney una occhiata di fuoco. Ecco, ci mancava pure un’amante gelosa…
“Cosa c’entra questo?” esclamò, arrossendo.  Liu riportò la sua attenzione su di lei.
“Sono solo curiosa.” Disse con uno strano sorriso. “Ci passi un pomeriggio assieme e la sera stessa ti ritrovi la camera piena di fiori. Non è da Black agire in questo modo.”
“Che ne sai tu di come agisce Sirius Black?”
“Tutti conoscono il modo in cui agisce Sirius Black. Sono praticamente i padroni di Hogwarts…e senza offesa, ma non sei esattamente il suo tipo. Quindi, come hai fatto?”
Ora la strangolava! Ma che accidenti voleva?!
“Non mi pare siano affari tuoi! Se ti interessa tanto sapere che cosa gli passa per la testa, chiedilo direttamente a lui!”
“Ah, qualche spiegazione me la dovrà dare di certo…” ringhiò Elidora di sottofondo, incazzata come una biscia.
“E’ veramente strano…una ragazza che non parla con nessuno che finisce per attirare l’attenzione di uno dei Malandrini…”
“Attenzione?!” l’altra quasi strillava. “Ti ha dato qualche fiore, non pensare di montarti la testa!”
“Eppure a te non ne ha mai dati.” Ridacchiò la Chang, stronzissima. Al posto di prendersela con chi continuava ad infierire, quella decise di incazzarsi con la fonte della sua gelosia.
Stava per tirare fuori la bacchetta quando la porta della Biblioteca si aprì di botto schiantandosi contro la sua schiena e facendola ruzzolare per almeno due metri.
Se l’espressione di Liu era divertita e leggera, ora si strinse in un gelo profondo mentre una ragazza dai lunghi capelli rossi si bloccava sull’uscio.
A Lily Evans bastò dare un’occhiata alla Tassorosso in lacrime e al rossore sul viso della ragazza riccia per capire che qualcosa non quadrava.
“Che accidenti succede, qui?!”
“Oh, ci mancava un Prefetto…” rognò Elidora, guardandola di traverso.
“Nulla che ti riguardi, Evans.” Sibilò Liu, con odio. “Quella scema di Tassorosso è caduta sul suo stesso bicchiere. E noi della nostra Casata stavamo facendo una chiacchierata.”
“Non mi sembra proprio solo una chiacchierata.” Sibilò Lily, ricambiando l’occhiataccia. Quella tipa iniziava a detestarla davvero.
La ragazzina annusò aria di guai e pensò bene di filarsela.
“Hey! Aspetta!”
“Visto, Evans? Solo una scema che inciampa dappertutto.”
Liu afferrò il bicchiere caduto, giocandoselo tra le mani. Era sceso uno strano gelo, notò Cristhine…guardava la ragazza con i capelli rossi come se la volesse vedere stecchita.
“Stare qui mi annoia… d’altronde ci sono persone così noiose.” Mugugnò, prima di guardarla di nuovo, malignamente. “Goditi le attenzioni di Black, fino a che durano. Come puoi vedere, sono volubili.”
“Non so cosa ti sei messa in testa, ma…”
“Oh, te l’ho detto, era solo curiosità. Devi essere davvero tanto masochista per apprezzare l’interesse proprio di quella persona.”
Lily Evans guardò la ragazza di Corvonero, sorpresa. Non la conosceva, ma appena sentito il nome di Black puntò le antenne. Cosa stava combinando, quell’idiota?
La Corvoncina sbiancò visibilmente, stringendosi le braccia al petto, mentre Liu sembrò bearsi di ciò che aveva provocato.
“Già, sono poche le cose che non conosco. Per questo ero curiosa, McRanney…quale strana morbosità c’è dietro? Tra tutti i ragazzi che potevano esserci…proprio lui?”
“Sta zitta!” La Corvoncina era dello stesso colore dei cadaveri ma la fissò piena di rabbia. “Non sai nemmeno di cosa parli…”
“Come vuoi.” Quella ridacchiò ancora, prima di voltare loro le spalle. “Ma farei bene a scegliermi meglio le mie amicizie, se fossi in te. O a curarmi questa strana Sindrome di Stoccolma.”
Lily guardò da una all’altra senza capirci nulla. Sindrome di stoccolma? Black…era suo amico?
Senza riuscire a farci nulla, si ritrovò a guardare la ragazza che aveva davanti. Aveva uno dei visi più puliti e dolci che si potessero avere, una borsa colma di libri, ed era così magra da sembrare di vetro.
Tremava e fissava un punto nel vuoto, con gli occhi lucidi. Non sembrava affatto il tipo ideale di Black…che le avesse fatto qualcosa di male?!
“Hey, stai bene?” le si avvicinò e fece per metterle una mano sulla spalla ma quella si allontanò con uno scatto come se avesse preso fuoco. Rimasero in silenzio a fissarsi, senza sapere bene cosa dire.
“S-scusa.” Balbettò infine, imbarazzata. “Mi viene istintivo. Non sono abituata a…ecco, non mi piace molto il contatto fisico.”
“Oh! Io…”
“Grazie per essere intervenuta.” Mormorò la mora, abbassando lo sguardo. “F-figurati…la Chang ti dà fastidio da tanto? Dovresti parlarne con la Prefetto di Corvonero!”
Cristhine scosse il capo.
“Non ci ho mai avuto a che fare. Ho solo visto che c’era qualcuno che aveva bisogno di una mano…non che io sia il massimo, come cavaliere.”
“Beh…” Lily cercò di sorriderle, incoraggiante. La ragazza continuava a tremare. “…è stato bello da parte tua. Non tutti hanno il fegato di farsi avanti. Mi chiamo Lily Evans.”
“Cristhine McRanney.” L’altra sorrise di rimando, un po’ rincuorata.
Stinse la sua mano dopo qualche secondo di esitazione, prendendo un lungo respiro.
Nessuna delle due sapeva che aveva appena stretto la mano a quella che sarebbe diventata la propria migliore amica…e nessuna delle due sapeva che di lì a poco avrebbero affrontato la loro prima avventura assieme. Quando si dice il destino…
 “Non so come sia stato possibile che Liu Chang non sia finita a Serpeverde…è tremenda. Anche se ha la tipica vena creativa dei Corvonero, infatti dipinge veramente bene.”
Liu Chang dipingeva?! Ora le aveva sentite proprio tutte.
“Anche a me non sembra il massimo.” Si lasciò sfuggire, con una smorfia. “Prendersela con una ragazzina…che codarde.”
“Ti stava guardando davvero male.” Fece notare Cristhine. “Fossi in te fare attenzione. Sembra che ti odi veramente.”
“Già…come se non avessi altro a cui badare! A proposito…” Lily Evans la squadrò, di colpo sospettosa. “…Non per farmi i fatti tuoi, ma ho sentito che parlavate di Black!”
“Oh…sì.” Cristhine arrossì e cercò stranamente di tenersi sul vago. “Ci ho fatto amicizia ieri…è simpatico.”
Simpatico…simpatico! Sirius Black simpatico…oh, doveva assolutamente proteggere quella poveretta dalle grinfie di quel maniaco! Stava per iniziare una tirata delle sue contro i Malandrini, quando la Corvoncina sbiancò, fissando un punto alle sue spalle.
“Lily…ATTENTA!”
La Grifondoro si voltò di scatto, sentendo una strana presenza dietro di sé…e si ritrovò faccia a faccia con la lucertola gigante.
Solo che c’era qualcosa di strano…nei suoi occhi che sembravano sempre più grandi vorticava una luce bluastra.
E mentre le due streghette iniziarono ad urlare, quella creatura aprì le fauci…la stanza si illuminò come una torcia incandescente.
Un secondo dopo, le due ragazze erano scomparse.
 
 
 
 
 
Remus Lupin fissò James Potter stringendo appena gli occhi chiari.
“No.” Disse, lapidario.
Il Malandrino gli rivolse un sorriso sghembo e determinato.
“Sai di non potermi fermare.”
“Vaffanculo, James.” Il lupetto balzò in piedi pronto a sparargliene una delle sue. “E’ già tanto che non abbia fiatato sul fatto che vi siate messi a studiare per diventare Animagi a mia insaputa, ma se pensi che vi permetterò di utilizzare la trasformazione per i vostri comodi…”
“Ah, perché fare baldoria per le campagne di Hogsmeade con te che ululi non è farlo per i nostri comodi, vero?” frecciò Black, tirandosi su il colletto che gli nascondeva il bel viso.
“Non è la stessa cosa.” Decretò l’altro, anche se più incerto. “Qua si parla del Ministero, di Auror.”
“Proprio per questo.” James si tirò su dalla sua poltrona, piantandogli gli occhi addosso. Quei cazzo di occhi ammaliatori… “Senti Remus, è chiaro che sta succedendo qualcosa di ambiguo e se permetti questa è l’unica possibilità di saperne qualcosa.”
“Ma non puoi chiedere semplicemente a tuo padre?”
Il ragazzo distolse lo sguardo, senza rispondere…anche se Remus sapeva che era un caso perso in partenza. Non avrebbe mai chiesto a suo padre…anzi, era da tempo che lui e suo padre si scambiavano qualcosa come due parole in tutta la giornata, oltre al buongiorno e al buonasera.
Razza di testoni, tutti e due…doveva essere una prerogativa dei Potter avere la tara nel cervello.
“E’pericoloso. Spiare le conversazioni quando ci sono di mezzo gli Auror…potrebbero esserci i peggio incantesimi in quell’ufficio.”
“Il ché sarebbe un problema.” Borbottò Potter. “Perché Peter è già in azione.”
“CHE COSA?!” Lupin non ci poteva credere. Quei tre deficienti! “Ma sei scemo?! Che cosa cazzo ti passa per la testa, si può sapere?!”
“Donne e Quidditch, eccoti servito.” Abbassò la testa per evitare di essere preso in faccia da un portacenere di marmo bello pesante. “Non ti incazzare! Abbiamo già fatto un sopralluogo, è sicuro. Sai che non metterei mai Peter in pericolo…” e schivò il secondo portacenere.
“Porca puttana James Potter, tu NON FAI ALTRO che metterlo in pericolo!”
Remus fissò tra i due compagni con una vena gonfia sul collo. “Vi è mai passato per l’anticamera del cervello che state parlando di Auror esperti?! Di gente professionista?!”
“Nah.” Black intervenne prima che lo strangolasse. “Non so perché ma ti assicuro che gli imbecilli che hanno spedito a dare un’occhiata non valgono un’unghia di un qualsiasi professore. A quanto pare il Ministro è incazzato con Silente e gli ha spedito la peggio feccia della Lega.”
Ed infatti un certo topolino stava percorrendo le massicce infrastrutture di legno che sorreggevano le eleganti arcate senza un solo problema al mondo.
Aguzzò il nasino e si piazzò bello rotondetto sulla trave portante dell’ufficio della Bumb, che era stato adibito a una sorta di quartier generale per il ritrovo degli Auror presenti ad Hogwarts.
Non che gli andasse molto a genio il rischiare la pellaccia, ma a James Peter Minus non sapeva proprio dire di no. Come aveva calcolato il suo idolo, quei cretini non avevano protetto né i muri, né il soffitto, permettendo all’Animagus di passare oltre le barriere magiche.
La stanzetta era stracolma di scope vecchie e boccini rotti, carte e oggettini strani che venivano usati per calcolare le distanze di lancio.
C’erano tre Auror, di cui uno svaccato sulla poltrona a fumarsi una pipa, mentre gli altri due erano gli stessi che avevano aggredito Black.
Fissavano un camino, aspettando qualcosa che non tardò ad arrivare. Le fiamme guizzarono e una figura comparve nel fuoco, anche se Peter non riuscì a capire le fattezze.
“Novità?” chiese la voce nel fuoco, una voce giovane, da ragazzo.
“Capo.” Borbottò il primo auror, con voce roca. “Come amano dire i ragazzini di qui, un beneamato cazzo.”
“E’ un modo carino per dire che avrò delle rotture di palle, Given?”
“E’ un modo per dire che da quando siamo qui, non c’è stato verso di rintracciare quel Dissennatore fottuto. E’ sparito nel nulla, volatilizzato…e se non parliamo dei mocciosi di Serpeverde che ci fissano incazzati, qua non si sente volar mosca. Niente di niente, nessuna creatura oscura, neanche un folletto.”
“Eppure è sparita una donna.” Frecciò la figura nel fuoco, pensierosa. “Il Ministero non ha più tracce di lei da quattro giorni, ormai.”
“Quella ha preso baracca e burattini e si è levata di torno prima che la situazione degeneri…” borbottò il secondo Auror, un omone panciuto. “Non è tanto sicuro essere amici di Albus Silente, con l’avvento dei Mangiamorte.”
“No, conosco Ignatia, non è da lei. E’ una brava persona.” La testa nel fuoco si grattò il mento. “E che mi dite dei Black?”
“Che ti dobbiamo dire dei Black? Ne stavamo sbattendo uno dentro, se quella stronza della Potter non si fosse messa in mezzo…”
“Siete due idioti.” Sentenziò la testa, con voce improvvisamente dura. “Con tutti i Black che ci sono lì, andate a rompere le palle all’unico che li ha mandati affanculo. Non ho molta voglia di sentire menate da Fleamont, quindi vedete di tenere le mani a posto.”
“Puah! Nessuno manda a fanculo i Black senza rimetterci la testa. C’è stato mica quello zio strano…? Quello che hanno fatto saltare per aria. E poi Andromeda Black, che deve vivere sotto copertura…e mi fai credere che quel moccioso se ne vada in giro beato senza un graffio dopo averli traditi? Quello ha il sangue più nero di tutti e magari è stato proprio lui ad aprire la Stella del Diaspro!”
Peter Minus allungò le orecchie, facendo vibrare un poco i baffi. Stella del Diaspro?!
“Mi fido di Fleamont e di Euphemia. Hanno raccomandato Black e tanto mi basta. Piuttosto, notizie su quel cazzo di varco?”
“Un buco nell’acqua. I Centauri e gli unicorni stanno collaborando, ma non riescono a rintracciarlo. Sparisce e riappare…e a quanto si dice, sono comparsi degli strani fiori nella Foresta Proibita…”
“Questa è una bella rottura di palle. Quel varco dà diretto passaggio al Necromicon. Ci potrebbe uscire qualsiasi cosa.”
“Già…e solamente qualcuno che si recentemente è macchiato l’anima con una azione malvagia può chiuderlo…e di sua spontanea volontà, pure.”
“Il chè significa che non posso corrompere qualche detenuto, e tantomeno trascinare qualche anima malvagia per le palle fino a quel varco e obbligarla a farlo chiudero. Il Primo Ministro sta dando di matto.”
“Si fotta! Voglio un aumento, capo, se devo stare qua ad aspettare di essere attaccato da non si sa nemmeno che cosa…magari un altro Rinnegato, o magari un demone puro…visto che si parla di casa loro.”
“Dubito che i demoni puri si scomodino dal Necromicon.” Borbottò quello. “In ogni caso, tenete gli occhi aperti. Fiato sul collo ai Black…mentre cerco di trovare una soluzione.”
“Capo…!”
“E’ un ordine.”
E l’Auror ammutolì, mentre la testa del fuoco sparì con un “pop”. Peter era tanto preso dalla corsa che inciampò praticamente in tutte le cavolo di ragnatele, ma alla fine raggiunse i suoi compagni e ansimando raccontò tutto quanto.
“Necromicon?!” Lupin quasi si strozzò con la burrobirra. “Hanno aperto una Stella del diaspro…sul Necromicon?!”
“Volevamo saperne di più…ma questa è proprio una bomba che non mi aspettavo…”
“Che cos’è?” chiese Minus, che ci aveva capito ben poco. Remus era pallido come un cadavere. Anche Black e perfino James erano turbati.
“E’ un portale, o per meglio dire, una ferita dello spazio-tempo.” Spiegò Lunastorta, picchiando un pugno sul tavolo. “Apre un passaggio in qualsiasi barriera magica…ma è quasi impossibile da attuare. Tant’è che in tanti pensano sia solo una leggenda…”
Fece a fare su e giù, mangiandosi le nocche… si sentiva il suo cervello sfrigolare.
“Si crea unendo la magia dei Giganti con quella demoniaca. Solo che…un demone si vaporizza nel crearlo perché apre le porte di casa ed è un disonore pagato con la morte. Inoltre i Giganti non si sono mai uniti sotto la causa di qualcuno…ma a quanto pare, qualcuno è riuscito a convincerne due abbastanza pazzi da invischiarsi nelle faccende umane.”
“Un momento…” sbiancò Minus. “…hai detto che…apre le porte di casa?!”
“Il Necromicon è…” Remus cercò le parole adatte prima che gli prendesse un colpo ma doveva ammettere che anche a lui si era gelato il cuore. “…diciamo che è il luogo dove si riuniscono le forze oscure. E’ paragonabile all’inferno.”
 
 
 
Calò un silenzio teso.
“Siamo nella merda.” Se ne uscì fuori Black, fissando fuori dalla finestra…dove le ombre ancora non avevano fatto capolino, ma attendevano, in agguato.
Remus fece per dire qualcosa, ma fu interrotto dalla Bell che gli afferrò il braccio con aria particolarmente seria.
“Remus, non riesco a trovare la Evans.” Disse, tesa. “Ma i Prefetti sono chiamati in riunione. E’ sparita una ragazza.”
“Cosa?”
La Grifondoro annuì, stringendosi le braccia al petto.
“E’ da ieri che una Tassorosso è sparita. Le sue amiche pensavano che fosse in Infermeria…”
Ci sarebbe mai stato un anno normale? Pensava Lupin, togliendosi dalla testa quello che avevano appena recepito e precipitandosi in corridoio.
La situazione stava degenerando…e qualcuno lì dentro aveva creato tutto quello. Stavano giocando come il gatto con il topo…
I professori erano spaventati a morte e non si fecero tante remore nel tenerlo nascosto ai propri studenti, a parte la McGranitt che come al solito era di granito.
Diedero loro il compito di sospendere tutte le lezioni e  far rientrare gli studenti nelle aule, cosa che impegnò le successive due ore, tra chi si imboscava negli angoli e chi si perdeva nel panico generale, senza contare gli Auror.
Non riusciva a trovare Lily Evans e stava seriamente pensando di tornare indietro ed usare la mappa del Malandrino quando improvvisamente si sentì pedinato.
Si voltò di scatto, annusando nell’aria un odore strano…di pericolo. Tirò fuori la bacchetta.
Il corridoio era deserto, buio…eppure c’era qualcosa. Lo sentiva.
Stava per creare un incantesimo quando dall’alto qualcosa gli cadde addosso. Due giganti occhi lo fissarono, emanando una luce verdognola…qualcosa soffiò, aprendo una bocca vicino al suo viso. Il corridoio si illuminò di colpo e sul ragazzo calò il buio...mentre, nella Sala Comune di Grifondoro, i Malandrini furono scossi da un brivido così potente che sembrò di essere stati trapassati dalla corrente elettrica.

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Capitolo 11
*** La paura debole. ***


Buongiorno a tutti, perdonate il ritardo. Questi capitoli sono totalmente ex novo e quindi, ci metto un po’ di più a scrivere, oltre ad aver avuto anche alcuni impegni abbastanza impellenti che mi hanno tenuta lontana, mentalmente e fisicamente, dalla tastiera.
Vi ringrazio nuovamente per tutto il sostegno che mi avete dato e vi lascio alla lettura di questo nuovo capitolo.
Sarah
 
 
 
 
 
 
 
C’era qualcuno…
Remus Lupin aprì piano gli occhi chiari, con un gemito.
Gli ci volle almeno qualche minuto per realizzare dove si trovava, visto che un’emicrania pazzesca gli stava spaccando il cervello e gli impediva di pensare, oltre al fatto che la vista gli andava e veniva in modo abbastanza inquietante.
Cercò di muoversi, e l’aria si riempì di un tintinnio metallico.
Aveva le mani legate sopra la testa da pesanti catene. Si rese vagamente conto di essere a torso nudo e di avere le ginocchia che poggiavano su qualcosa di morbido.
Finalmente l’emicrania passò, come se qualcuno avesse spento un interruttore, ed i primi sensi iniziarono ad acuirsi.
La vista gli si fece meno sfocata…e poté realizzare di trovarsi in una sfarzosa stanza da letto, appeso per i polsi al centro di un suntuoso letto a baldacchino.
La camera era in una leggera penombra, candele, una mobiglia quasi leziosa, piena di pizzi e merletti. C’erano numerose cassettiere, un armadio aperto e vuoto, e qualche abatjour. Una gigantesca tenda di velluto copriva l’unica finestra, ma sospettava che fosse notte.
Che accidenti era successo?! Che cos’era quel posto?!
Ricordava di aver perduto i sensi, e poi…il buio.
Cercò di reggersi sulle gambe ma si scoprì incredibilmente debole, come se avesse corso.
Improvvisamente, qualcosa di mosse in un angolino buio, facendolo sussultare. Non era solo.
Girò la testa oltre la spalla, sentendo una risatina feroce.
Seduta su uno sgabello, c’era una ragazza.
“Hey!” strattonò le catene, digrignando successivamente i denti per il dolore ai muscoli intorpiditi. “Chi sei? Sai cosa sta succedendo? Puoi liberarmi?”
La ragazza continuava a sorridere…e c’era qualcosa di strano in quel ghigno, era troppo largo e i denti…sembravano aguzzi…
La fanciulla venne alla luce delle candele. Era esile, con dei capelli crespi come il pelo di una bestia feroce che sparavano dappertutto, sulle spalle. Un viso grottesco, lupino, e due occhi rossi come il sangue che sembravano brillare di luce propria.
E i denti…oh dio, quei denti aguzzi…quel ghigno affamato…
“Mi sembri spaventato.” Sussurrò, divertita, mentre il ragazzo si irrigidiva impercettibilmente. Aveva la voce roca e inumana. “Ti faccio paura, Remus Lupin?”
Gli si avvicinò lentamente. L’odore che aveva era…era insopportabile, per lui...
Si gettò istintivamente all’indietro, facendo tintinnare le catene. La fanciulla saltò sul letto, appoggiò la mano sul suo petto ed improvvisamente quel tocco sembrò bruciare come acido.
“Chi sei?” gridò, dando un altro strattone per sottrarsene. Ma non poteva andare molto lontano, appeso come un salame.
La ragazza continuava ad accarezzarlo…le sue dita corsero sul profilo delle cicatrici sulle sue braccia, quelle che tanto abilmente teneva nascoste a tutti. Aveva il viso vicino ed un respiro affannoso.
Si chinò vicino ad un vecchio taglio che gli segnava la clavicola ed improvvisamente appoggiò le sue labbra sulla sua pelle.
Un brivido intenso gli corse lungo la schiena. Terrore…ma anche…desiderio…? Un desiderio sporco, indegno e sbagliato, che gli fece venire la nausea.
“No!”
Strinse i pugni, girando la testa, mentre la lingua di quella sconosciuta risaliva il suo collo in modo lascivo. Continuava a ridacchiare, divertita dai suoi brividi.
“Chi sei?! Smettila!”
La ragazza gli afferrò il mento, graffiandogli la mandibola con un fare improvvisamente violento e lui smise di agitarsi, perché qualcosa iniziò a montargli nel petto, la sensazione di essere perduto.
“Io lo so, che cosa vuoi davvero.” Ringhiò piano. Il suo alito aveva un sapore metallico, come di…sangue… “Tu lo sai chi sono io. Hai il mio nome inciso sulla pelle, in queste cicatrici…Remus…mio amato Remus…”
No, non poteva essere, pensò lui, sbiancando. Non poteva essere…lei…
“Sono la creatura.” Sorrise la ragazza. “Sono il lupo. Sono tutto ciò che ami.”
 
 
 
 
 
Il sole era pieno, quel pomeriggio. Filtrava docilmente dalle fronde degli alberi del loro maniero, accarezzando la pelle.
I raggi che fluttuavano tra i rami le ricordavano gli occhi di sua madre. Occhi dolci, color miele, che la fissavano sereni. Sua madre le assomigliava, aveva lo stesso viso a cuore, gli stessi delicati boccoli che sfioravano le spalle, anche se i suoi erano di un biondo dorato.
Accarezzava una piuma, divertendosi a solleticarle il naso.
La bambina rideva, sulle sue gambe, alzando le manine per afferrarla.
“Me la regali?”
La donna sorrise di nuovo.
“Solo se mi prometti di conservarla perfettamente.”
“Perché la tieni sempre vicina?”
La bambina fissava la piuma con desiderio. Era soffice e bianca, un po’ usurata dal tempo. Sua madre la portava sempre in un sacchettino di velluto, e l’accarezzava quando si sentiva triste. Lo faceva in un modo istintivo, come se si sentisse rassicurata. I suoi occhi si alzarono al cielo, persi nell’osservare le nuvole.
“Perché questa è la piuma più importante dell’universo.”
“Esiste una piuma più importante di altre?”
“Ossì.” La donna la fissò di nuovo, accarezzandole il viso con una mano tiepida. “Un giorno tanto lontano, quando tu non eri altro che una stella nel cielo, un cigno reale planò sul laghetto vicino Main street, in Inghilterra. Era inusuale in quella stagione, perché a dire di tuo padre, quell’elegante animale avrebbe dovuto migrare in tutt’altra direzione. Era una specie particolarmente rara e lui, a quei tempi, aveva colto l’occasione per scattare una fotografia, dato che, come ben sai, è un grande appassionato di volatili. Appena l’aveva visto, mentre mangiava il suo panino, era corso a casa a prendere la sua macchina fotografica, correva talmente velocemente che rischiò quasi di essere investito da un’automobile babbana. Proprio mentre era sulla via del ritorno, il cigno si beccò con alcune anatre che volevano difendere i propri piccoli ed il proprio territorio, e stridendo se ne svolazzò via prima che potesse conservare sul rullino quel momento. Beccandosi, alcune piume svolazzarono nel vento…e una di queste si incastrò in un ramo. In quel momento, io stavo attraversando la strada…volevo godermi una bella passeggiata nel parco, aveva appena finito di studiare. Il vento fece oscillare il ramo, proprio nel momento in cui stavo attraversando…la piuma mi passò davanti al viso, come una carezza. Sentii troppo tardi lo stridio dei freni, distratta com’ero da quella sensazione. Tuo padre si lanciò in mezzo, mi afferrò tra le braccia e mi salvò la vita.”
“E’così che vi siete conosciuti?”
“Proprio così.” La donna ridacchiò, furbetta. “Lui era vestito come al solito in modo strampalato, con quella grossa macchina fotografica che gli ballava sul petto e le gambe che tremolavano dalla fatica di reggere il mio peso, che a mia difesa, non era certo molto eccessivo. Però, nonostante pesassi, mi mantenne ferma tra le sue braccia. ‘Tutto bene, signorina?’ mi disse. Non disse nient’altro. Mi guardava meravigliato ed in quel momento capii. Fu davvero strano, ma non so spiegarlo in altro modo. Capii che quello sconosciuto sarebbe stato l’uomo che avrebbe passato con me la vita. Lo capimmo entrambi, sai? Lui disse, molto tempo dopo avermi invitato a bere il primo caffè, che in quell’istante aveva sentito un profumo di margherite.”
“Me lo ricordo, questo.” La bambina rise. “La nonna diceva sempre che quando un uomo ci annusa e sente l’odore dei fiori, significa che saremo il suo vero amore.”
“Capisci, piccola mia, perché questa piuma è tanto importante?” la mise giù dalle gambe, e gliela mise tra le mani. “Quante probabilità ci sono che un appassionato di cigni veda apparirsi davanti una specie rara, nella stagione sbagliata? Quante probabilità ci sono che un ramo si muova proprio in quel momento, facendo cadere una piuma sul viso di una fanciulla? Se quel giorno, in quell’istante, quel cigno non si fosse sentito stanco e non avesse litigato con le anatre, se quel piccolo soffio di vento non avesse smosso gli alberi, tuo padre non mi avrebbe preso tra le braccia. Per gli altri può sembrare una banale piuma, ma per me, è la piuma più importante dell’universo. E ora la cedo a te.”
Le accarezzò i capelli, e subito dopo si toccò la pancia, già gonfia come un piccolo palloncino. Ogni tanto, la bambina sentiva sua sorella scalciare, dentro il ventre di sua madre.
“Da questa piuma nacque l’amore. Da questa piuma nascerà la tua sorellina.” Disse sua madre. “Da questa piuma sei nata tu, mia cara, mia dolce, piccola…”
 
 
 
 
“…Cristhine.”
La ragazza aprì piano gli occhi, mugolando. Cos’era successo? Ricordava una luce…una bestia squamata che usciva dalle ombre. Si sentiva così confusa…la vista le si faceva sfocata. Strizzò le palpebre, sentendo sotto la guancia il freddo delle piastrelle…ed un rumore sibilante.
La vista le tornò lucida improvvisamente. Era sdraiata sul fianco su un pavimento freddo. Qualcosa si muoveva sul suo braccio disteso…qualcosa di umido e viscido.
Mise a fuoco e poi sbarrò gli occhi. Sul suo braccio si muoveva un serpente.
Un serpente bianco, con gli occhi rossi…che risaliva la sua pelle.
Cacciò un grido, balzando a sedere e levandosi l’animale di dosso. La testa le girò vorticosamente.
Si guardò in giro, allarmata, ed un secondo dopo ritirò le gambe contro il suo petto, schiacciandosi contro la parete con tutta la forza che aveva.
Si trovava in una cucina dalle pareti rosate, con un elegante tavolo imbandito. Non si accorse subito che il cibo nei piatti era di plastica, e nemmeno che le candele non si muovevano, perché la sua attenzione fu catturata dai serpenti.
Erano bianchi, e strisciavano vicino ai suoi piedi, alle sue mani, si attorcigliavano sulle piastrelle. Bianchi, con gli occhi rossi come il sangue.
Fece per urlare di nuovo, sbiancando, quando colui che l’aveva svegliata la richiamò di nuovo.
Stava seduto sul bancone, con una gamba piegata contro dei fornelli che avevano tutta l’aria di essere disegnati. Il lungo mantello nero, che aveva appoggiato su di una spalla, penzolava oltre il bordo, sfiorando le bestie che continuavano a sibilare.
La guardò con gli occhi scuri, scostandosi delle ciocche di capelli dagli occhi. Una bellezza difficile da dimenticare.
“Sirius!”
La ragazza balzò in piedi, ma i serpenti sibilarono di nuovo, furibondi.
“Sirius Black.” Ghignò quello. “Esatto.”
“Che…che cosa succede?” la ragazza si schiacciò contro il muro, di nuovo, adocchiando preoccupata i serpenti. “Dove siamo?”
“Beh.” Lui sorrise, guardandosi attorno. “In un bel posto, no? Un po’ troppo femminile, per i miei gusti, ma è carino.”
La guardava enormemente divertito. Negli occhi…c’era qualcosa di malvagio.
“Dobbiamo andarcene da qui. Ah, aspetta! Lily Evans! Era con me!”
“Sì…” lui si guardò le unghie, poco interessato. “E’ al piano di sopra.”
“Cosa…” La McRanney lo guardò, confusa. “Come…come lo sai?”
Lui rise di nuovo. Non era la risata che ricordava. Era più aspra, quasi crudele.
“Oh, beh, mia cara, ce l’ho portata io.”
Cristhine si fece più seria. Il ragazzo aveva gli occhi più scuri di quanto ricordasse, e lineamenti più inumani.
“Tu…tu non sei Sirius Black.”
“Tombola!” esultò quello, balzando in piedi e fissandola meravigliato. “Ci hai messo poco, Cristhine McRanney…non per niente sei una Corvonero.”
“Chi sei?” la ragazza gelò. “Dove siamo?”
“Oh, dolcezza.” Black, o meglio, il finto Black, scosse la testa. “Non deludermi proprio adesso. Guardati attorno, prova a darti una risposta da sola.”
La Corvoncina scoccò un’occhiata alla mobiglia, tesa. Le pentole appese ai ganci della cucina erano di carta. I fornelli disegnati. Il cibo sulla tavola era di plastica.
“Non è una vera cucina…sembra…sembra una cucina da casa delle bambole.”
“Ottima deduzione.”
“I serpenti…” la ragazza fece un passo più in là, cercando di non calpestarli. La fissavano, bramosi, affamati. “I Serpenti sono per me, non è così?”
“Tutto ciò che vedi è per te.” Il finto Black spalancò le braccia, sardonico. “Sei la protagonista indiscussa di questa stanza.”
“Sono per farmi paura.” Pensare la faceva stare meglio. Le trasmetteva più coraggio…e piano piano, la bella Corvonero sembrò ritrovare la lucidità che la contraddistingueva. “Sono uguali al serpente della mia malattia. Vuoi spaventarmi.”
“Sei in gamba, mia cara. Il fantasma della tua Casata sarebbe fiero di te.” Sirius si mosse, verso di lei.
“Hey! Che intenzioni hai?!”
La Corvoncina cercò disperatamente la sua bacchetta. Non l’aveva addosso…era rotolata oltre il tavolo.
I serpenti sibilavano in modo assordante, ora.
“Ma ora dimmi, Cristhine McRanney…” Sirius Black sorrideva in modo spietato. Le si fece vicino…sempre più vicino…appoggiò una mano contro il muro, intrappolandola in un angolo. Aveva il respiro freddo, le graffiava quasi il viso. Sentii il proprio cuore iniziare a martellarle nel petto. “Dimmi.” Le mormorò all’orecchio. “Come mai io sono qui?
 
 
 
 
 
 
“Porca di quella puttana!”
Peter Minus abbassò la testa, schivando un pesante tomo di storia della magia.
“Potter, cristo santo! Ma è mai possibile che non si trova mai un cazzo in camera tua?!”
Codaliscia schivò anche un candelabro, lanciato questa volta da Black, scartando agilmente di lato. I suoi sensi di topo l’avevano reso particolarmente agile.
“Black, non cominciare a rompere le palle, eh?!  Che qua la situazione è seria!”
A parlare era il deretano di James, che aveva la testa ficcata nel baule nel quale stava trafficando da cinque minuti buoni bestemmiando in dieci lingue.
“Ma dove diavolo è?!”
Sirius Black riemerse da un cumulo di vestiti con il dente parecchio avvelenato.
“Ma come cazzo si fa a perdere una cosa così importante?!” sbraitò. “Hai il senso dell’ordine di un troll!”
“Non l’ho persa!” sfasò Potter, sradicando un paio di jeans. “E’ qua da qualche parte!”
“Sì, in mezzo a questo casino! Ci vorranno secoli!”
“Senti un po’, mister sangue blu, non mi pare che tu sia tanto meglio! Sbaglio o gli elfi domestici ti pulivano il culo fino a dodici anni?!”
Mentre quelli si urlavano addosso, stranamente Peter era calmo. Forse era lo shock di ciò che avevano sentito, ovvero il fatto che Remus fosse…sparito. Puff. Avevano avvertito un brivido, un campanello d’allarme grande come una casa, e poi…il silenzio. Remus era scomparso dal branco.
E mentre quei due sfogavano il panico urlando e lanciando cose contro i muri, Peter si sentiva semplicemente bloccato. Di una calma innaturale.
Passeggiò pigramente tra i cumuli di abiti, fogli, penne e boccini rubati, in una camera di Grifondoro che in quel momento assomigliava più alla casa di un terremotato, fino a quando il suo piede puntò proprio su quello che stavano cercando.
“Ragazzi…”
“Giuro, giuro su dio James Potter, che se non impari a dare una sistemata, il culo te lo pulisco io a suon di calci!”
“Ragazzi…”
“ERA QUA, CAZZO! TI DICO CHE ERA QUA IN GIRO!”
“Ragazzi!”
I due si voltarono all’unisono, con occhi spiritati.
“Che c’è?!”
Peter, ancora frastornato, sollevò la mano che reggeva una pergamena ingiallita.
“L’ho trovata.” Disse semplicemente.
Gli si fiondarono addosso che nemmeno due leoni su una gazzella.
“Cristo Peter, cosa cazzo aspettavi a darcela?!” sbottò Black, strappandogliela di mano. “Avanti, com’è che era la frase?!”
“Ma è possibile che ancora non te la ricordi dopo sette anni?! Fatto il misfatto! FATTO IL MISFATTO!”
E la fedele Mappa del Malandrino si districò sotto i loro occhi spaventati…svelando un intreccio di nomi tra i quali cercarono avidamente come degli assetati nel deserto.
Remus, Remus…dove cazzo era? Non poteva essere sparito così. Non poteva…
“E…se fosse…?”
“Non terminare nemmeno la frase, Codaliscia.” Lo ammonì James, ma si vedeva che era spaventato. E vedere James in quelle condizioni era destabilizzante. James era il capo. James sapeva sempre cosa fare. James non aveva mai paura ma se ora anche il suo amato Potter aveva quello sguardo, forse tutto era veramente perduto…pensava questo Peter, fino al momento in cui non beccarono il nome di Lupin.
“Eccolo!” strillò, puntando il dito contro la carta quasi a perforarla.
Era al terzo piano. Ma c’era qualcosa di strano: il nome appariva e scompariva.
“Come è possibile?!” sbottò Black, sbiancando. “Che storia è?”
“Si è rotta?” chiese Minus, con un filo di voce.
“No.” Disse James, senza ombra di dubbio. “La mappa non si può rompere. Di questo sono certo.”
“Hey, ci sono altri nomi.” Mormorò Black, ed improvvisamente gli si serrò la mascella. “C’è Cristhine con lui.”
“E anche la Evans…e…la tizia di Tassorosso! E la professoressa Mumps!” continuò Minus. Anche quei nomi apparivano e scomparivano, incessantemente.
Poi Peter vide l’espressione di quei due e iniziò a sudare freddo davvero.
“Dobbiamo avvisare Silente.”
“Certo.” Frecciò James, ironico. “Vaglielo a spiegare tu, della Mappa.”
“James ha ragione.” Fece Sirius, serio. “Non possiamo contare sul loro aiuto.”
“Sapete che vi odio, vero?” lagnò Minus, ma si trasformò in un topo senza aggiungere altro. James se lo piazzò in testa, prima di afferrare il suo mantello dell’invisibilità che, grazie al cielo, riuscì a trovare al primo colpo.
Remus era nei guai. Su quello non c’erano dubbi.
Ma era vivo, pensò, con un grande sospiro. Lui, la Evans, Cristhine…erano vivi.
E avevano bisogno di loro.
 
 
 
 
“AH!”
La terza a svegliarsi fu Lily Evans, con un sussulto. Balzò a sedere, cercando freneticamente la bacchetta. Era ancora viva? Tutta intera?
Prese a tastarsi il corpo, quasi sorpresa di ritrovarsi gli arti tutti attaccati.
Quella lucertola...le aveva attaccate! Ma non ricordava altro. Buio totale.
Qualcuno emise un gemito, davanti a lei, catturando la sua attenzione.
Si trovava in un salotto, sdraiata morbidamente su un comodo divano imbottito, pieno di pizzi e perline. La stanza era ampia, con un soffitto pieno di arcate e volumi, lunghe tende color porpora.
Avrebbe certamente notato la stranezza della carta da parati, piena di cuoricini, ma i suoi occhi verdissimi si puntarono inesorabilmente su ciò che c’era al centro…ed il suo cuore perse un battito.
“PETUNIA!”
Balzò in piedi, correndo verso il grande altare lavorato sul quale giaceva la ragazza. Era pallida, priva di sensi, all’interno di una gigantesca clessidra trasparente. Sulla sua testa, un mare di sabbia immobile.
“No…no!” 
Lily Evans colpì il vetro con i pugni, sentendosi gelare, ma l’unico effetto che fece fu un sottile pss…e con orrore vide la sabbia cominciare a cadere lentamente sulle scarpette ben lustre di sua sorella.
“Petunia! PETUNIA!!!”
Come ci era finita lì?! Che cos’era quel posto?!
Il cuore le batteva come un tornado contro le costole, il panico minacciava di afferrarla…iniziò a tempestare di pugni la clessidra, sperando di fracassarla. La sabbia cadeva, cadeva…aumentava assieme al volume delle sue grida.
Fu quando iniziò a singhiozzare che comparve Severus Piton.
“E’ inutile.”
Venne avanti dalle ombre, come un fantasma. Nei suoi occhi neri vorticava qualcosa di indefinito, mentre la sua espressione era gelida.
“Se…Severus…”
Si era accasciata alla base, perché improvvisamente le forze le erano venute a mancare, e ricambiò quello sguardo freddo con due occhi sbarrati e sperduti. Sarebbe stata tenera se non fosse stato per l’angoscia sul suo viso.
“Severus…dove siamo?”
Lui si guardò attorno, tranquillo. La sabbia continuava a cadere, piano piano, un sottile filo dorato. Iniziava a creare delle piccole conchette attorno alle pieghe dei vestiti.
“Non ha molta importanza, no?”
No, non ne aveva. Non con sua sorella rinchiusa lì dentro.
“Aiutami!” lo guardò, disperata. “Aiutami, non so cosa è successo, non so perché si trovi qui…ma devo tirarla fuori! Dammi una mano!”
Piton non si mosse, mentre lei si aggirava frenetica intorno a quella trappola mortale, come un animaletto in gabbia.
“Non è quello che hai sempre fatto? Cercare di tirarla fuori.”
Lily Evans si bloccò. I lunghi capelli rossi le danzarono sulla schiena.
“Cosa?”
“Forse se lo merita, no?” Il ragazzo venne avanti, con un mezzo sorriso. “Ti ha sempre trattato come sterco, Lily. E tu ti sei sempre affannata attorno al pezzo di vetro che ha al posto del cuore…elemosinando un po’ di carezze, di affetto…hai sempre cercato di tirare fuori la Petunia che vedevi tu dalla Petunia che era davvero. Questo mi ha sempre fatto incazzare.” Le si avvicinò ancora, ed improvvisamente le accarezzò la guancia. Quel tocco le fece provare un lungo brivido. Non riusciva a muoversi…non capiva. “Al posto di essere grata per avere accanto qualcuno di così speciale, si è lasciata divorare dall’invidia. Ha cercato di distruggerti, pezzo per pezzo, mentre tu meritavi solo di splendere. Lontana da lei. Dal suo essere inferiore.”
La Grifoncina strinse gli occhi, improvvisamente furiosa. Allontanò con uno schiaffo la sua mano.
“Tu non sai niente di lei, Severus.” Ringhiò, sentendosi strana…era come se più le montasse la rabbia, più salisse la paura, e più si sentisse stanca.
“Sei tu che non hai mai saputo nulla di tua sorella, Lily. Io invece lo vedevo.”
“Smettila! Devo tirarla fuori di qui, non c’è tempo per…!”
“Di tempo ce n’è eccome. E comunque non riuscirai a salvarla. Stai cercando di tirare fuori una persona che non esiste.”
“Tu…” che cos’era quella sensazione? Quello…quello era davvero Severus? Perché le stava dicendo quelle cose?
“E’ per questo che ho cercato Serpeverde. E’ per questo che ho iniziato a pensare che forse…forse è tempo che chi è diverso la smetta di nascondersi come un topo di fogna. Sono i lupi che mangiano le pecore, sono le pecore che devono scappare. Perché allora è il contrario? Non è giusto, non lo capisci?”
“Smettila.” Lily Evans si alzò in piedi, tremando. “Smettila. Tu…tu non eri così. Tu non sarai mai così.”
“Non capisci, Lily?” Piton ridacchiò. “Sei tu che mi hai fatto arrivare a questa consapevolezza. Devo ringraziarti, Lily, perché senza di te, che ti affannavi così penosamente per qualche briciola di amore, non avrei mai capito quale sarebbe stata la mia strada.”
Era così? Era davvero così? Si sentiva il cuore in pezzi. Severus…Severus se ne era andato via per sempre…per colpa sua?
“La mia strada è quella che spazzerà via la feccia dal mondo.” Continuò lui, incurante del suo dolore, e del suo indebolirsi sempre di più. “Io fermerò le ingiustizie e darò ai maghi il posto che gli spetta. Non ci saranno mai più piccole maghe costrette a nascondersi dalle bambine babbane solo perché diverse. Non ci saranno mai più caccia alle streghe. Mai più paura di essere quello che siamo. Di fare magie alla luce del sole. Ed è merito tuo, Lily, solo tuo! Li spazzeremo via, vedrai. Li faremo scomparire.”
“No…Severus…” Lily Evans mormorava, ormai. Le energie…le energie stavano diminuendo  sempre di più… “Quello che stai dicendo…è sbagliato…tu…non puoi essere così…”
Improvvisamente, qualcuno parlò alle sue spalle.
“Bla, bla, bla.” Sghignazzò James Potter, uscendo dall’oscurità. “Quante chiacchiere, Mocciosus. Sei così irritante quando parli!”
Agitò la bacchetta, e Piton si ritrovò appeso a testa in giù.
“James!” Lily Evans si allontanò da Piton, come scottata. Il ragazzo ricambiò il suo sguardo. Gli occhi dorati brillavano come non mai.
“Lasciami andare!” gridò Piton, ed improvvisamente il suo viso si fece disperato. Era di nuovo il viso gentile del Piton che conosceva…del Piton a cui voleva bene.
Ma James Potter continuava a ghignare e iniziò a muovere la bacchetta. Piton iniziò a girare su se stesso come una trottola, sempre più veloce, mentre il Malandrino continuava a ridere in modo leggero.
“Chi vuole vedermi togliere le mutande a Mocciosus?”
“Ora basta.” Lily si alzò, afferrandogli il braccio. “Basta! Non è il momento…!”
“E’ sempre il momento, per punire questo bastardo.” Rispose di rimando lui, ed il suo viso diventò…crudele. Mosse il braccio e Piton picchiò la testa contro una colonna.
“No! Smettila!” Lily iniziò ad urlare, piantandogli le unghie nella camicia. “Così gli fai male! METTILO GIU’!”
“Dì che sei mia.” Lui la fissò sardonico e le agguantò il mento con due dita. “Digli che sei mia e lo farò smettere.”
“Ma sei impazzito?!”
“Risposta sbagliata, Evans.”
Severus tirò un’altra testata. Riusciva quasi a sentire le risate. Non era solo James a ridere: sentiva anche Sirius, Peter, gli altri compagni. Erano tutti lì, di nuovo. Di nuovo a guardare chi aveva osato sfidare il grande James Potter…e la fine che faceva chiunque si permettesse di avvicinarsi a lei. Lei, che doveva essere sua.
Si sentiva soffocare. Il panico iniziò a crescere. Ed improvvisamente le gambe le cedettero. Cadde a terra, e notò un lampo di trionfo negli occhi di James…ma anche in quelli di Severus.
Qualcosa non andava.      Ma per la prima volta in vita sua, Lily Evans non aveva le forze di ribellarsi.
 
 
 
 
 
“Come mai io sono qui?”
Sirius Black era tremendamente divertito. Cristhine si appiccicò al muro, sbiancando.
“Non…non so di cosa tu stia parlando.” Mormorò, ma sapevano entrambi  che non era vero.
Black appoggiò le braccia attorno al suo viso, chinandosi...il suo respiro era come velluto sul viso.
“Sei patetica.” Sussurrò, con un sorriso. “Te ne rendi conto?”
La McRanney chiuse gli occhi. Cercava disperatamente una via di fuga, ma Black la inchiodava al muro. Aveva le labbra quasi contro la sua guancia. Sentiva sulla pelle la forma di quella bocca e nonostante tutto, arrossiva.
“La povera, piccola Cristhine McRanney.” Ridacchiò. “Costretta a vivere una vita in gabbia. Ed ora…ora sento il desiderio disperato che hai di me…”
“Smettila…” La Corvoncina iniziò a sentirsi debole. Sarebbe caduta, se Black non le avesse afferrato una spalla.
“Sono qui perché sono ciò di cui hai più paura, stupida ragazzina.” Sussurrò il mago. “…E sono anche la tentazione più grande che potresti mai avere.”
“Accio…bacchetta…”
“Sta zitta!” Le afferrò l’altra spalla, improvvisamente violento. “Pensi di poterti ribellare? Davvero? Tu?” scoppiò a ridere. La sua voce sembrava entrarle dentro, scavare a fondo. Sentiva solo la sua voce, ed il rumore assordante del suo cuore nelle orecchie. “Tu sei debole, McRanney. Lo sei sempre stata, e lo sarai sempre. Non hai la minima forza. Sei così debole che hai paura perfino della libertà che tanto hai bramato…non sei riuscita nemmeno a gestire la porta spalancata. Sei nel mondo vero, bambina mia, e pensavi veramente che saresti stata capace di affrontarlo? Pensi davvero di essere capace di affrontare me, quando non riesci nemmeno a sederti in un tavolo con più di due persone?”
“Tu…non sei…Sirius Black…”
“Già.” Lui scosse la testa, rovesciando i capelli all’indietro.     Sentiva il suo profumo. “Eppure sono qui, Cristhine, e se tu non hai abbastanza fegato per dirmene il motivo, vorrà dire che te lo dirò io.”
Le accarezzò il mento, piano. Il dito le scivolò sulla mandibola, come un punto gelido sull’epidermide…qualcosa di freddo e caldo.
“Avevi così disperatamente bisogno di contatto umano che ti andava bene qualsiasi persona ti avesse sorriso.” Le sorrise. “Cristhine McRanney, così tanto disperatamente sola da desiderare con tutta se stessa qualcuno che dovrebbe disprezzare. E’ stato davvero bizzarro che proprio la prima persona che abbia provato ad avvicinarsi a te, il primo a tentare di esserti amico, sia proprio colui che avresti dovuto tenere alla larga più di tutti. Ma la solitudine fa male, vero? E così è bastata una risata…una semplice risata sul lago…e mi sei caduta ai piedi come un frutto. Ti sei forse presa una cotta? Lo sento, sai? Eri così lusingata di avere quei fiori in camera, nonostante tutto. Ed ora stai tremando…ma non è solo la paura.”
“No!”
“Che cosa ti ha spinto? La voglia di avere qualcuno vicino…o forse è qualcosa di più profondo? Forse sei stata attirata a me come una calamita, come se ne sentissi il bisogno sfrenato. Il desiderio di oscurità…di meritarselo, questo dolore…perché per una volta, sei tu stessa a procurartelo: non la malattia, non il lutto, non la prigionia. Sei tu a volerti fare male, ora. Sei come una drogata, in astinenza di sofferenza. E sei così tanto legata alla tristezza che l’unico modo che hai per sentirti finalmente indipendente è quello di farti del male di tua spontanea volontà. E’ patetico.”
Piangeva, ora. E più piangeva, più la bella Corvonero si sentiva mancare. Aveva ragione: era debole. Sapeva cosa stava accadendo, ma non aveva le forze per reagire. Non le avrebbe mai avute…
Piano piano, scivolò contro il muro, accasciandosi contro il pavimento. Il Malandrino, o meglio, quello che stava raffigurando il Malandrino, si chinò con lei, lentamente.
Era quasi gentile ma le sue parole erano coltelli affilati.
“L’hai tradita, McRanney.” Sussurrò, mentre la vista le si annebbiava ed il cuore le esplodeva di dolore. “Ti porti quella piuma addosso come un amuleto ma sono bastati due begli occhioni tristi a farti disonorare la memoria di tua madre.”
Mamma…” Non riusciva più a parlare ma i suoi pensieri erano ancora vigili. Lucidi e pieni di disperazione. L’aveva tradita, l’aveva tradita… Il buio stava iniziando ad avvolgerla…
“I Black hanno ammazzato tua madre.” Sorrise Sirius Black. “E tu, farai la stessa fine.”
 
 
 
 
 
 
Fu l’urlo di Remus a risvegliare Lily Evans dal torpore che la stava avvolgendo. Da qualche parte, il ragazzo stava urlando a pieni polmoni, come se avesse visto il demonio in persona.
Si puntellò sulle mani, cercando di schiarirsi la vista.
“Ma tu guarda.” James Potter si inginocchiò accanto a lei, fissandola curioso come un gatto. “Hai ancora la forza di resistere. Sei la più ostinata di tutti, rossa.”
“Va all’inferno…”
Potter rise.
“Sei tu che sei all’inferno. Tua sorella sta per morire. Severus Piton è nelle mie mani. E lo sei anche tu. Lo sei sempre stata.”
“Ti sbagli!” ringhiò Lily, sollevandosi in piedi a fatica. “Non so che cosa vi sta passando per la testa, se vi hanno fatto un maleficio o se non siete reali, ma è chiaro che qualcosa non quadra e non mi lascerò sconfiggere da te, Potter.”
“Ti ho già sconfitta, Evans.” Sussurrò lui, morbido e serio. “Non lo vedi? E’ per causa mia che hai perso l’unica persona a cui tenevi. E’ per causa mia che sei sola. Eppure mi invidi, Lily, perché io sono il sole di questa scuola, e attiro tutti quanti. Tutti mi amano, ogni cosa della mia vita è perfetta…nonostante io abbia fatto così tanto il bastardo. Non riesci ad accettarlo, eh? E’ per questo che non vuoi fare altro che sfidarmi, che sconfiggermi.”
“Tu…stai mentendo…”
Il ragazzo notò l’incertezza nella sua voce ed il suo ghigno si ampliò.
“Dev’essere così frustrante, vedere che non c’è posto per la giustizia. Sentirti così sola, così inutile…abbandonata da chi amavi, nonostante i tuoi immensi sforzi, nonostante le ore passate a studiare, nonostante tutto quello che fai per cercare di mettere le cose a posto. Mentre io sono pieno di persone che mi amano senza muovere un dito…”
Le afferrò il viso, mentre il suo cuore iniziava a battere più forte. Aveva paura, constatò dentro di se, con un moto di angoscia. Aveva paura di lui.
“Se solo lasciassi da parte l’orgoglio, mia cara. Saresti stata la regina di questa scuola. Devi solo dire che sei mia. Che appartieni a ME. Il giocattolino di James Potter…”
Stava perdendo.
Lily Evans stava perdendo. Lo sentiva dentro, mentre le forze la abbandonavano e le lacrime iniziavano a pizzicarle gli occhi.
James Potter, che la tormentava per la scuola.
James Potter, che aveva perseguitato Severus.
James Potter, circondato di persone…mentre lei rimaneva sola. Mentre lei veniva abbandonata.
James Potter…ed il suo giocattolino.
Gli cadde addosso, sentendosi sconfitta. Le palpebre erano così pesanti, e le gambe così molli…ma forse lasciarsi andare, smettere di combattere…non era tanto male. Aveva combattuto per avere un posto nel mondo da troppi anni. Era così stanca.
 
Sai. Io…non le ho mai pensate quelle cose, di te. Quello che mi hai detto alla guferia. Che sei inferiore e tutto il resto.”
 
 
Lily Evans sbarrò gli occhi, contro la camicia di James. Un ricordo…un ricordo stava affiorando.
Un sorriso sincero.
Un tepore dentro il petto, mai sentito prima.
James, che si grattava la nuca imbarazzato.
 
“Vieni a tifare per me, Lily.”
 
James, con un occhio pesto.
James, con in mano la sua lettera.
James, sul campo da Quidditch, che le accarezzava una guancia.
 
 
“Lo sai, Potter…” mormorò, stringendo i pugni contro il suo bavero. “…Ti ho davvero odiato un sacco. Non facevi altro che darmi fastidio.”
“Cosa succede?!” Il Malandrino sbarrò gli occhi dorati, e solo in quel momento Lily si accorse di due cose: Le energie stavano tornando. E quelli non erano gli occhi di James Potter. Non brillavano abbastanza.
Lentamente, si rimise sulle gambe, mentre il ragazzo cercò di staccarsela di dosso, con un modo improvviso di paura.
Gli rimase agganciata, senza fissarlo negli occhi.
“Ma per quanto tu sia odioso...ho capito che questo idiota che mi sta dando fastidio ora non sei tu. Buffo, eh? Ho trovato qualcuno ancora più irritante di te.”
Alzò il viso, mentre nel salotto iniziò un insolito tremore. Gli piantò gli occhi addosso ed improvvisamente tutta l’energia della Grifoncina parve esplodere.
“Tu non sei James Potter.” Ringhiò. “E in ogni caso, non esisterà mai un solo giorno in cui mi lascerò fare la ramanzina da lui.”
“NO!” l’essere strillò, mentre i primi quadri iniziavano a cadere a terra, scossi da un terremoto improvviso. Petunia era scomparsa. La clessidra era vuota. Non c’era più nemmeno Severus, ma non importava, perché ormai aveva capito il suo gioco. Quello riuscì a staccarsela di dosso, barcollando all’indietro come ubriaco. “Maledetta! MALEDETTA!”
“E sai cosa ti dico?” ansimò la Grifoncina, avanzando. “Ti ringrazio…ti ringrazio tanto, davvero, di avere assunto le sue sembianze.” Gli si fermò ad un passo di distanza, trionfante. “Perché c’è una cosa che voglio fare da praticamente sette anni, stronzo.”
E, senza aggiungere una sola parola, gli tirò un pugno in piena faccia con tutte le forze di cui era capace.
 
 
 
 
 
Remus Lupin, che si era accasciato agonizzante sotto le carezze di quello che era il suo peggiore incubo e al contempo, il suo più torbido desiderio, avvertì il terremoto prima di tutti. I suoi sensi da lupo si acuirono ed improvvisamente la Creatura, che aveva assunto la forma di una ragazza, parve farsi terrorizzata.
Sgranò gli occhi rosso sangue, gli occhi che tanto spesso aveva sognato nei suoi peggiori incubi, e…scomparve con un ululato agghiacciante.
Le energie tornarono tutte di colpo, facendolo sobbalzare.
Le colonne del suo letto vibravano tanto da incrinarsi e scheggiarsi…ed improvvisamente, il soffitto cedette e la casa parve esplodere.
Lily Evans sentì il pavimento crollare sotto i suoi piedi, e non trovò nulla a cui aggrapparsi. Cristhine McRanney ebbe appena il tempo di riaprire gli occhi inondati di lacrime, prima di precipitare.
Con un urlo, assieme a calcinacci e pezzi di legno, assieme al sofà del tavolo imbandito, che rotolarono fortunatamente oltre il bordo del materasso, le due streghette si ritrovarono a rimbalzare su di un letto a baldacchino. Cristhine riuscì ad aggrapparsi al lenzuolo, mentre Lily fece almeno due metri contro il pavimento, vedendo le stelle.
Tossendo, ancora sconvolta, sollevò il busto…e si ritrovò in una stanza da letto devastata.
Al centro, Remus Lupin, mezzo nudo e altrettanto stralunato, ricambiò il suo sguardo. E disse la cosa più cretina di tutte.
“Mi passeresti la maglietta, per favore?”
 
 
 

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Capitolo 12
*** Somnus. ***


Buongiorno!
Alcune piccole premesse prima di iniziare. Ci sarà una scena, più avanti, che è ispirata ad un episodio del Doctor Who. Non mi va di dire cosa e quale, perché farei spoiler, ma chiunque l’abbia visto riconoscerà di cosa sto parlando.
Mi scuso inoltre se questo capitolo sarà più lungo del solito, ma ho preferito tenerlo tutto unito per una questione di pathos.
Ne sono abbastanza soddisfatta, fatemi sapere che cosa ne pensate, leggere le vostre recensioni mi rende sempre felice e desiderosa di migliorare.
Un saluto a tutti,
Sarah
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Lily Evans non fece commenti a proposito delle cicatrici che correvano sulle sue braccia, e di questo, Remus Lupin le fu eternamente grato. Ciò nonostante, mentre gli passava la camicia e Cristhine McRanney lo aiutava a sciogliere le catene, i suoi intensi occhi verdi scintillarono e probabilmente il suo silenzio non sarebbe durato a lungo…sempre che fossero usciti vivi da lì.
“Dovrai comprarne una nuova.” Mormorò la Grifoncina, alludendo agli squarci nel tessuto. Quella bastarda si era divertita proprio bene, con lui. “Stai bene?”
“Potrei stare meglio.” Ammise Remus, mestamente. “Ma non è tempo di paralizzarci. Avete idea di cosa può essere capitato?”
“Eravamo assieme.” La Evans indicò la Corvonero, che si era chiusa in uno strano silenzio. “E quella specie di lucertola ci ha attaccate. Non ricordo altro. Mi sono svegliata in una stanza e…”
Si zittì di botto, turbata.
“Credo di poter rispondere io.” Bisbigliò Cristhine. “Oh, mi chiamo Cristhine McRanney.”
“Lieto di conoscerti. Sono Remus Lupin, il Prefetto di Grifondoro. Hai capito cosa ci è capitato?”
La Corvoncina si guardò attorno e per un attimo perse la sua espressione terrorizzata, concentrandosi.
“Se l’intuito non mi inganna, abbiamo tutti avuto a che fare con delle allucinazioni. E’ stato così anche per voi?” Gli altri due annuirono. “Come temevo. E immagino fosse qualcosa che riguardava le vostre paure più intime…”
“Hmmm…” Remus si guardò attorno, pensieroso. Erano proprio in un bel casino, e, cosa più orribile di tutte, non riusciva a percepire James, Sirius e Peter. Era solo…una sensazione che non provava da molto tempo.
La stanza era praticamente devastata, con tavoli e divani praticamente riversati alla rinfusa, anche se doveva ammettere che non sembravano particolarmente pesanti…come se fossero fatti di plastica, ed effettivamente, toccandoli, si accorse che lo erano!
Che razza di posto era mai quello?
“Dubito che sia un molliccio, anche se sembrerebbe l’ipotesi più probabile. Ma queste?” Constatò, sollevando le stoviglie finte. “Un molliccio ti fa vedere le tue paure più grandi, ma ricreare un intero habitat…tra l’altro, dobbiamo ancora capire dove cavolo siamo finiti!”
“Sembra una casa delle bambole formato gigante.” Disse Lily. “Quindi è della paura che stiamo parlando? A me i giochi da bambina non facevano impazzire, ma da qui ad averne paura…a meno che non sia una vostra fobia.”
“Non credo sia solo ciò che ci spaventa.” S’intromise la McRanney. Era inquieta, e si martoriava istintivamente le nocche. “Credo che si parli di qualcosa di più ampio. Il desiderio…i turbamenti. Ciò che bramiamo, ciò che ci terrorizza…ciò che ci ha fatto del male. Ciò che è nel profondo.”
Calò un ulteriore silenzio, visto che nessuno dei tre sembrava avere voglia di parlare di ciò che avevano vissuto.
“Credo ci sia ancora qualcosa che ci sfugge. Voi come vi siete salvate? Incantesimi, fiale…?” chiese Remus, all’improvviso, e Lily stirò il primo sorrisetto della giornata.
“Gli ho tirato un cazzotto in faccia.”
“Cos…un cazzotto a chi?!”
“Oh, l’importante è che siamo tutti interi.”  Glissò la rossina, agitando la mano. “Beh, gente! Non so voi ma io non ho molta voglia di rimanere qui. E lì ho visto una porta, credo fosse dietro il tavolo…mi dai una mano, Rem?”
Iniziarono a scavare tra i detriti, riuscendo poco dopo a scoprire una graziosa porta laccata in legno. Si aspettavano di trovarla ben chiusa, invece si aprì di colpo…e si affacciarono ad un corridoio lunghissimo, pieno di porte tutte uguali che finiva curvando di netto e impedendo la visuale. Al muro, pochi candelabri gettavano una luce soffusa sul pavimento a scacchi.
“Oh, cavolo.” Deglutì la Evans, gettandoci una occhiata. “Sembra la casa di Shining!”
“Che è Shining?!” Remus la fissò confuso.
“Lascia perdere…forse è meglio che non lo sai.” Ridacchiò lei, nervosamente. In effetti era parecchio inquietante, e filtrava uno strano gelo…
“Beh, sarà meglio che vada avanti io.” Sentenziò il malandrino, sospirando. “Per fortuna non ho perso la bacchetta, era nei jeans. Anzi, a proposito! Accio bacchette Lily e Cristhine!”
Grazie a dio non si erano rotte! Lily Evans strinse la sua, volatale nella mano, con un sospiro di sollievo. Ora si sentiva un po’ più sicura e sapere che con lei c’era Remus la faceva stare meglio.
Si voltò verso la McRanney e la trovò immobile, incredibilmente pallida.
“Io…” mormorò, facendo un passo all’indietro ma la Grifondoro le si fece vicina, sorridendo.
“Andrà tutto bene.” Le disse a bassa voce ma con negli occhi…qualcosa di rassicurante. Fu questo che pensò Cristhine, per la prima volta, fissando quel bel viso. Lily Evans aveva visibilmente paura ma qualcosa nel suo sorriso sapeva darti calore, trasmetterti dolcezza e forza.
“Scusatemi.” Sussurrò, abbassando lo sguardo e vergognandosi da morire. “Temo di non essere coraggiosa come voi...tutto questo è…diciamo che è nuovo, per me.”
La Grifondoro non perse il sorriso e le prese gentilmente le mani.
“Beh, vorrà dire che starai nel mezzo. Ti prometto che ti aiuterò io, d’accordo?”
Quel sorriso avrebbe rassicurato anche un morto, pensò Remus, mentre le due ragazze si stringevano vicine dietro di lui, bacchette alla mano.
Si inoltrarono nel corridoio, mentre le luci tremolarono, gettando ombre sinistre sul loro cammino.
 
 
 
 
 
 
 
Le tenebre si facevano dense anche nei corridoi dei Sotterranei, dove il freddo e l’umidità sembravano fare a botte con le candele accese.
Il fuoco tremolava creando sinistri riverberi sulle labbra rosse e voluttuose di Bellatrix Black, che sorseggiava del vino con un sorrisetto insolito, seduta come una regina sulla sua poltrona preferita.
“Piantala.” Frecciò acidamente Narcissa, sbattendosi accanto a lei con una smorfia. “Te lo si legge in faccia.”
“Me ne batto le palle.”
La biondina sollevò il colletto del morbido dolcevita bianco e si accoccolò sul cuscino, togliendole di mano il bicchiere.
“Dio, sono solo le tre di pomeriggio.”
“Sei una Serpeverde o cosa?!”
“Bisogna alcolizzarsi per essere tali?”
“Bisogna festeggiare la scomparsa dei nemici.” Berciò quella con un ghigno diabolico, scostando i boccoli neri dalle spalle. “Non potevo aspettarmi di meglio, come inizio. Quella sporca babbanofila della Mumps, una cretina Tassorosso mezzosangue e niente meno che la puttana di Potter.”
“E’ scomparso anche Lupin.” Lucius Malfoy si sedette davanti a loro ma a differenza della Black, sembrava più stanco che euforico. “E una ragazza di Corvonero. E comunque tua sorella ha ragione. Tieni un profilo basso o passeremo tutti dei guai.”
“Come se fossi l’unica a sorridere, stamattina…”
La sala Comune era zeppa, essendo quel coprifuoco assurdo ancora in vigore…niente lezioni e gente inutile che scompariva, niente di meglio per la Casata più oscura di quei tempi ad Hogwarts, se non della storia intera, soprattutto per la gente del settimo anno e anche qualcuno del sesto.
Nott, Lucas Gibbon e Thorfinn Rowle stavano scommettendo sulla prossima sparizione, seguiti a ruota da Alecto Carrow che ridacchiava in modo insopportabile, Dolohov, di un anno più giovane, e McNair che aveva inquietantemente una nuova pelliccia. Sembrava collezionarne una ogni settimana, per non parlare degli animali impagliati che si piazzava sopra la finestra in camera, ma negli ultimi tempi stava arrivando ad averne una ogni tre giorni.
“Di questo passo, scompariranno tutti i babbani in meno che non si dica.” Ridacchiò Thorfinn, un tizio asciutto, con i capelli castani tutti impiastricciati di gel, sparati in aria.
“Attento a non scomparire TU, Rowle.” Malignò la Carrow, sgranocchiandosi l’ennesima merendina.
“Ah, io ne dubito. Sono state toccate tutte le case ad eccezione della nostra.”
La ragazza fece per ribattere con un’altra battutina quando fu spintonata in malomodo da un ragazzo, che si piazzò con un libro sull’ultima poltrona rimasta.
“Tu di certo non spariresti nemmeno sotto malocchio, se continui a mangiare come un suino, Carrow.” Frecciò velenoso, affondando il naso tra le pagine.
Aveva morbidi e folti capelli castani, laccati all’indietro in una pettinatura elegante, freddi occhi chiari e un viso aguzzo, pallido, tutto sommato attraente.
Fu l’unico ad attirare le attenzioni dei Black, che alzarono i loro regali nasini dalle loro faccende e gli scoccarono un’occhiata penetrante.
“Aliaset.” Mormorò Narcissa, senza tono particolare. “Nuova lettura?”
“Mi piacerebbe.” Sibilò il ragazzo, senza nemmeno fissarla. “Se la smetteste tutti di fare questo cazzo di casino.”
Malfoy ridacchiò, per nulla intimorito da quel modo di fare ostile che aveva fatto fare brutte fini a tanti altri.
“Non potrai continuare a farti i cazzi tuoi in eterno, Michael.” Disse solo, accendendosi una sigaretta e accendendosela in barba al regolamento.
Lui rimase zitto, guardando altrove…poi decise di prendersela con una primina che aveva avuto l’ardire di fissarlo male un secondo di troppo.
“Che cazzo vuoi, tu?” e agitò le mani, dando l’ennesima mostra di ciò che aveva reso la sua famiglia famosa. Il bicchiere che la spocchiosa ragazzina aveva in mano si gonfiò come un tacchino, esplodendo, mentre la barriera protettiva che aveva creato con il solo pensiero si ripiegò su se stessa.
Michael Aliaset, settimo anno, uno dei tanti maghi arricchiti di recente. La sua famiglia viveva nel New Hampshire,  e si diceva fosse stata parecchio povera nonostante le origini…prima che il padre investisse qualche galeone fortunato nella finanza, facesse qualche giusto accordo e riscattasse finalmente l’illustre fama del suo cognome. Gli Aliaset erano fin dall’alba dei tempi dei Custos, maghi in grado di generare con il solo pensiero barriere protettive incredibilmente forti. Era una razza particolarmente potente nel medioevo, quando i castelli non avevano le difese che c’erano ora…ma con l’espansione della magia, il ruolo aveva assunto sempre meno importanza e di certo il vizietto di giocare d’azzardo di Philiphius Aliaset non aveva certo ingrossato le tasche, visto che aveva sperperato quasi tutto il patrimonio prima di rendersi conto che i soldi contavano più delle scommesse.
Il Serpeverde era un gran figlio di puttana, viziato e dispotico, ma per tutta la durata della scuola era stato uno dei pochi a tenersi abbastanza in disparte, snobbando le loro beghe.
Maledicendoli tutti, se ne tornò in camera sbattendo la porta, mentre Bellatrix perdeva il ghigno per qualche istante.
“Quel coglione tira troppo la corda.”
“La sua famiglia è importante, Bella.” Spiegò Narcissa con quel suo tono insopportabilmente paziente, come se stesse parlando ad una bambina scema.
“Nessuno è importante.” Ringhiò lei, accavallando le gambe snelle e facendoci svenire sopra almeno una decina di persone.
“La diplomazia non è il tuo forte.”
“Sei tu che permetti troppe cose a troppa gente.” Sibilò quella, velenosa. “Siamo gli unici qua dentro a mettersi in gioco davvero, forse è il caso che contribuiscano anche gli altri, al posto di godere delle nostre conquiste come parassiti. HEY NOTT!” lanciò il bicchiere contro il ragazzo, che lo trasfigurò con un abile colpo di bacchetta in tante foglie autunnali. “Che cazzo ridi? E’ il tuo compleanno, per caso?”
“Quando mi parli tu lo è sempre, principessa!”
“Bah, non vedo l’ora di uscire da questa fogna.” Rimbeccò Bella, disgustata. “Forse a breve, visto come vanno le cose.”
“Già…e forse passi direttamente ad Azkaban, se continui a vantarti e a parlare di quello che non dovresti.” La bionda Black si massaggiò le tempie, già esasperata da quella marmaglia di insetti che sembrava non fare altro che rovinarle l’umore…e sua sorella non faceva eccezione, con tutta quella boria incontenibile. Avere a che fare con lei era estenuante.
“In ogni caso, Michael Aliaset non sarà un problema da conquistare. Per gente che si vende facilmente basta avere la moneta giusta, no?” s’intromise Lucius, sereno. “E quella sua abilità di creare barriere può tornarci utile. Sono estremamente resistenti. Ma ecco qualcuno che sarà molto più difficile da tirare nelle nostre fila…” e sorrise ammaliante verso Piton che, incazzoso e taciturno, si fece vivo dopo parecchie ore di solitudine.
“Hey Sevvy!” ghignò Dolohov, passandogli un braccio sopra le spalle dal quale lui si divincolò in un nano secondo.
“Non chiamarmi Sevvy.”
“Cos’è, non sei contento? Questa scuola si sta riordinando un po’.”
“Non me ne potrebbe fregare di meno…” mormorò quello funereo, ma si bloccò perché vide negli occhi di Bellatrix una verità pericolosa.
“C’è anche la tua amichetta, tra la gente scomparsa, sai?” miagolò, seducente come una gatta. “Hai nulla da dire a riguardo?”
Lily?
Piton serrò le mascelle in modo impercettibile.
“La mia amichetta?”
“La prefettina di Grifondoro. Ti sei già dimenticato dei suoi begli occhioni?” Nott gli passò un bicchiere di vino che Piton strinse tra le mani un po’ troppo forte. “Cazzo, di lei mi è spiaciuto, in realtà. Ci avrei volentieri messo le zampe sopra. Hey, Piton, lo vuoi frantumare quel bicchiere?! Sarai mica geloso.”
“O magari solo preoccupato.” Bisbigliò Narcissa, fissandolo intensamente. “C’è ancora del tenero, Severus?”
Severus respirò più a fondo, poi sorrise affabilmente.
“Non potrebbe importarmene meno di così, lady Black. Anzi, qualsiasi cosa possa fare del male a quel coglione di Potter non può che rendermi felice.”
La biondina lo fissò ancora un attimo…poi decise che la sua riposta la soddisfaceva.
In realtà non avevano fatto granché, rifletteva, indifferente alle ciance e ai festeggiamenti. Solo supervisionato le azioni di qualcuno di più potente di loro…qualcuno che li usava come pedine sulla scacchiera. In ogni caso, poco le importava se qualcuno lì dentro non si immolava alla causa, a dire la verità anche a lei importava molto poco, ciò che contava era che il suo nome fosse rispettato e tanto bastava.
Lo stesso fratellino di Sirius Black sembrava avere reticenze, e anzi, non si era fatto vivo per tutta la mattinata. Ma tanto prima o poi tutti avrebbero dovuto prendere la loro parte in quella faccenda, quindi poco male.
Narcissa Black era quel tipo di strega poco idealista e molto pratica che tendeva a rimanere dalla parte del vincente…e a seguire con noia i comandi della sua famiglia.
Si domandò solamente se quella gente avesse tenuto in considerazione la loro sicurezza, se tutto fosse andato storto. La scacchiera iniziava a tremare…
La risposta l’avrebbe avuta solamente alla fine dell’anno, quando avrebbero capito finalmente chi sarebbe stato a fare scacco matto.
 
 
 
 
Peter Minus dovette usare tutta la forza delle sue zampette per rimanere ancorato alla capigliatura spettinata di Potter, che correva come un forsennato e nel frattempo battibeccava con Black a voce così alta che si chiese come cavolo facesse Gazza a non essere già alle loro calcagna.
Il corridoio dove doveva esserci Remus era deserto, vuoto.
“Questa cosa sta cadendo a pezzi.” Sentenziò Sirius, uscendo da sotto il mantello e sventolando la fedele Mappa del Malandrino. “E’rotta, Potter, ecco cosa vuol dire non avere cura delle proprie cose. Chissà che cazzo avrà visto…”
“Se non la pianti di dire stronzate vedrà anche di che colore ha il sangue un Black, Paddy!”
“Hey, questa me l’ha detta pure Bellatrix. Vi fate, per caso?”
“Oh certo, ci facciamo tutte le notti.” Tubò amabilmente James, beccandosi un pugno in testa che per poco non ammazzò Minus, che squittì come un forsennato. Si sbilanciò e cadde dalla testa del suo beniamino, aggrappandosi all’ultima ciocca e facendogli vedere le stelle.
“Ahia, Peter! Lo sai, devi decisamente dimagrire!”
Ma mentre quello penzolava nel vuoto, si accorse che…nel corridoio c’era qualcosa di strano.
Ritornò in forma umana e il suo naso iniziò a fare su e giù in modo vispo, un vizio che gli era rimasto da quando aveva cominciato a trasformarsi in topo.
“Questo muro non dovrebbe essere qui.” Sentenziò, aggrottando la fronte.
“Eh?”
“Il muro.” Peter indicò la parete. “E’ sbagliato.”
“E tu come fai a saperlo?” si stupì Black, squadrandolo da capo a piedi e facendolo arrossire.
“I topi sanno sempre qual è la via di fuga.” Si limitò a dire.
Aveva passato anni a sgattaiolare per le travi del castello e se c’era una cosa che Peter poteva affermare con certezza, è che uno dei suoi pochi talenti era il senso dell’orientamento…e la capacità a tirarsi fuori dai guai.
“Hey, è vero!” esclamò James, controllando la Mappa. “Qui c’è segnata una stanza.”
Revelio!” esclamò Black ed improvvisamente qualcosa parve tremare…mentre il muro si disfaceva in tanti pallini colorati.
“Porco mondo…” Peter sbarrò gli occhi, facendo istintivamente un passo indietro. Qualcosa nel suo istinto urlava pericolo…ma finalmente avevano trovato Remus.
La stanza era ovale, piccola, più un rientro del corridoio che un’aula vera e propria…e, all’altezza di due metri, contro il fondo c’erano tutti.
Remus, Lily, Cristhine, la Tassorosso e perfino Ignatia Mumps…volteggiavano ad occhi chiusi, avviluppati da degli strani filamenti luminosi, come se si trovassero sott’acqua. Ai loro piedi stavano sbocciando delle strane rose…erano tutte ancora chiuse, ma sembrava che respirassero e si muovessero verso di loro. Avevano un profumo così forte da dare la nausea.
“Rem!” urlarono i maghetti, correndogli incontro. Ma quando James fu a tanto così per toccarlo, qualcosa si staccò dal soffitto, atterrando tra di loro e facendogli fare un ruzzolone all’indietro.
La lucertola gigante li squadrò con aria crudele, soffiando come un gatto. Pronta a dare battaglia.
“E ora?” balbettò Minus, sbiancando.
Potter gli si fece davanti, sguainando la bacchetta.
Sirius già ghignava. Lo faceva in modo naturale, ogni volta che il pericolo, suo vecchio amico, tornava a cercarlo.
“Ora l’ammazziamo.”
Lo sapeva che andava a finire così…
 
 
 
 
 
Remus Lupin si fermò di scatto, facendo sbattere il naso a Lily e a Cristhine.
“Ahi! Remus, che cavolo fai?”
Stavano camminando da dieci minuti buoni in quello che sembrava a tutti gli effetti un labirinto.
Che strano…pensò Lupin. Per un attimo gli era parso di sentire James.
“Scusatemi.” Disse, gentile come al solito. “Ho avuto…una sensazione strana.”
“Spero che la tua sensazione ci dica dove svoltare…” mormorò la Evans, stringendosi le spalle. “Mi sembra sempre di tornare al punto di partenza. E’ in incubo!”
Ed ecco che, improvvisamente, a quelle parole ci fu un violento scossone.
“Hey, guardate.” Esclamò Cristhine. C’era una vecchia bambola ora sul pavimento. Era logora e non aveva un occhio, accasciata contro lo stipite di una porta.
La ragazza fece per toccarla, quando Lily urlò.
“Venite a giocare con noi…”
Davanti a loro comparvero altre tre bambole. A differenza della prima erano perfette in ogni dettaglio, sicuramente costose…la gioia di ogni bambina, se non fosse che si reggevano sulle gambe, erano alte un metro e ghignavano in modo decisamente inquietante.
Remus ne schiantò una, mentre quella spiccava un gran balzo, pronta a mordere. L’altra si arrampicò sul muro come se avesse delle ventose al posto delle mani e fece per attaccare Cristhine, che si coprì gli occhi con un grido.
“Attenta!” Lily si parò di mezzo. “Incendio!”
La bambola prese fuoco iniziando a strillare in modo osceno, e questo non fece altro che fare incazzare ancora di più l’ultima rimasta, che caricò come un toro.
Colpì Remus che perse l’equilibro, preso in contropiede, e si attaccò al collo di Lily con le sue piccole manine di ceramica, iniziando a stringere.
La McRanney balzò in piedi ma improvvisamente si sentì…come bloccata. Qualcosa continuava a risuonarle nella testa.
Debole, Debole…
Lily stava iniziando a vedere le stelle quando Lupin afferrò la testa della bambola con un’espressione mai vista prima…e con una mossa da manuale le staccò la testa dal corpo come se fosse fatta di carta.
La Grifondoro lo fissò, boccheggiando, e per un istante le parve di scoprire un lampo rosso nei suoi occhi chiari, un’espressione animalesca sul suo viso di solito delicato. L’aveva rotta a mani nude nonostante la sua forza immensa…e non ansimava nemmeno.
Il Malandrino l’aiutò ad alzarsi, dandosi mentalmente dell’idiota. Doveva stare più attento… a quella ragazza non sfuggiva nulla. Anche se per il momento, Lily sembrava più interessata ad altro.
“Ma che accidenti erano?!” strillò impanicata, togliendosi di dosso gli ultimi residui di quella manine demoniache che si sbriciolarono.
Non fecero in tempo a rispondere che alle loro spalle ne comparvero altre cinque, sei, sette…sembravano aumentare a dismisura.
“Oh, cavolo…siamo nei guai!”
“Via!” urlò Remus, afferrandole entrambe per le mani. “Sono troppe!”
Iniziarono a correre alla cieca, sperando con tutto il cuore di non imboccare la strada sbagliata…o sarebbe stata la fine!
 
 
 
 
“Peter…attento!”
Minus si abbassò di scatto, schivando un colpo di coda che come minimo gli avrebbe staccato la testa.
Stupeficium!” urlò, mentre la lucertola si agitava come un’invasata, cercando di colpirli con la coda, con le zampe e di azzannarli con quelle fauci orribili. L’incantesimo colpì a pochi passi dalla Professoressa Ignatia.
“Attento!” urlò Sirius, buttandosi di lato per evitare una zampata. “Rischiamo di colpire gli altri, così!”
Quella maledetta stava facendo un casino infernale…e sembrava troppo veloce e troppo forte, nonostante la sua stazza.
Si diede uno slancio immenso dal soffitto, arrivando con la bocca proprio su Black, ancora per terra.
James si parò davanti, agitando abilmente la bacchetta, occhi incendiati e capelli più disordinati del solito.
Impùlsus!”  tuonò, generando un potente getto d’aria che la scaraventò contro la parete opposta…senza però farle neanche un graffio.
“Molto galante, Ramoso, ma vedi di non farti ammazzare a causa mia…ti devo già dieci galeoni.”
“Erano undici, principessa…e tu vedi di non distrarti troppo!”
“Undici?!” sbraitò Felpato, balzando in piedi e schivando un altro attacco di coda, che li divise di qualche metro. “James Potter, razza di strozzino bastardo!”
“Impara a giocare a Poker, al posto di lagnarti! Gli interessi dove ce li metti, eh?! Me li dovevi dare il mese scorso!”
La lucertola cacciò un grido infernale, tra l’altro incazzata perché quei due non le stavano più prestando molta attenzione.
“Interessi, e che sei, la Gringott?!” berciò Sirius, lanciando un pietrificus totalus senza neanche guardarla. “E senti un po’, com’è che vinci sempre, eh?! Non è che è tua madre che ti spiffera tutto?!”
“Questo è razzismo, Black!”  berciò l’altro, parando un colpo che stava per polverizzare Peter. “Solo perché una è una Veggente non significa che bari necessariamente al gioco d’azzardo!”
“Non me la racconti giusta, razza di infame! C’è lo zampino di Euphemia, ne sono certo!”
“E ti ricordo che il mese sta scadendo…per cui tra poco saranno dodici!”
“Col cazzo, voglio la rivincita!”
“VOLETE PIANTARLA?!” Sfasò Minus, spettinandoli con la sola forza dell’ugola. “Vi ricordo che c’è un mostro che cerca di mangiarci!”
“Oh, mi hai proprio rotto tu!” e Potter senza tante cerimonie la colpì al collo con uno stupeficium, approfittò della sua caduta…e le balzò a cavalcioni sulla testa. Quella soffiò sconvolta da tanta impudenza e iniziò ad impennarsi come un cavallo imbizzarrito.
Forse non aveva fatto una gran mossa, pensò Potter, stringendo le gambe il più possibile. Tra l’altro era pure scivolosa!
“Una mano?!”
“Peter, e se trasfiguriamo una mangusta? Non era il loro nemico numero uno?” disse Black reggendosi un fianco, mentre James con urli apocalittici  veniva scrollato di qua e di là come un fazzolettino.
“Quello è il cobra…”
“Paddy! Ci sono!” ululò Potter, agganciandosi al collo di quella bestiaccia. “Usa l’incantesimo congelante! E’ un animale a sangue freddo, no?!”
“Va bene, però tu la smetti di giocare?” ghignò Black, agitando la bacchetta, mentre il Malandrino si aggrappò appena in tempo al gomito dell’animale prima di fare una brutta caduta. “Glacius!”
Quella lanciò un versaccio, mentre metà del suo corpo veniva congelato.
Glacius!” gridò Peter, e l’altra metà venne congelata.
Rimaneva solo la testa. Potter cadde di schiena, imprecando…e sollevando lo sguardo vide gli occhi iniettati di sangue della loro nemica ad un passo dalla sua faccia. Spalancò le fauci pronta a sferrare l’ultimo, micidiale attacco…e il leader dei Malandrini le sferrò in faccia il suo ghigno più bastardo, piantandole la bacchetta sotto il muso.
Glacius, brutta stronza!”
Un ultimo ruggito di sconfitta…e la lucertola si dissolse. Letteralmente.
Potter balzò in piedi, sudato di fatica.
“Quanto odio la magia Oscura.” Sibilò, con un tono particolarmente tagliente.
“Wuoah! Che figata.” Sirius Black era a dir poco estasiato. “Non mi divertivo così da tempo…”
“Parla per te…” borbottò Minus, gambe tremanti e faccia di uno che sta per vomitare. Ramoso gli tirò un bonario pugno sul braccio.
“Sei stato in gamba, Pet.”
“Ma mai quanto te.” Mormorò lui, con uno sguardo stranamente vacuo.
E poi arrivò quella voce…che congelò tutti sul posto.
“Siete stati bravi tutti, devo ammetterlo. Non ho dovuto nemmeno intervenire.”
I ragazzi iniziarono a sudare veramente freddo quando Albus Silente in persona avanzò verso di loro uscito non si sapeva bene da dove.
Il vecchio mago li sondò uno ad uno con i suoi buoni occhi azzurri…e tutti quanti deglutirono sonoramente.
Ecco, pensò Sirius, con il cuore in gola. Potevano anche dire addio ad Hogwarts, ora…
 
 
 
 
 
Un incantesimo sfrecciò sulla testa di Lily Evans, che correva a perdifiato tenendo per mano la Corvonero.
Una bambola saltò verso di loro sulla destra, ma venne colpita in pieno…ma non ebbero il tempo di esultare perché quelle maledette uscivano da ogni angolo.
Sembravano non finire mai e nella foga della corsa non si resero conto nemmeno di quanta strada avessero fatto. Quel maledetto labirinto pieno di porte sembrava non avere mai fine, ed entrare dentro a qualcuna di esse nemmeno a parlarne, visto che ogni volta che provavano ad aprirne una comparivano sempre nuove bambole.
Improvvisamente svoltarono a destra in un incrocio e fu la fine. Si bloccarono, ansanti, su una strada chiusa, composta da tre porte.
“Oh, no…”
Spalle al muro, si voltarono iniziando veramente a sudare ghiaccio perché si sentivano le gambette di quelle cose malefiche che si avvicinavano sempre di più.
“Siamo fregati.” Sibilò Remus, tenendo alta la bacchetta. “Lily, mettiti dietro di me.”
“Non ci penso nemmeno!” frecciò quella, affiancandolo, anche se le tremava la mano. “Hai un piano, piuttosto?”
“Mi dispiace.” Lui sorrise amaro. “Non ho idee.”
“Siamo i tre studenti più secchioni di Hogwarts, togliendo Severus Piton.” Sorrise di rimando Lily, con voce triste. “E’ già stato un traguardo arrivare fino a qui, no?”
Agitò la bacchetta, creando una potente muraglia di fuoco che iniziò a scaldare appena il gelido antro.
“Questo dovrebbe tenerle a bada per un po’. Cristhine, sigilla le porte dietro di noi!”
“Sì!” ansimò la Corvoncina, che di certo l’ultima cosa che aveva fatto nella sua vita era dello jogging e che stava praticamente sputando fuori un polmone.
Si voltò sentendosi a pezzi, nell’anima e nel corpo, ma decisa a dare una mano in qualche modo, seppur piccolo.
Le parole di Sirius Black continuavano a tormentarla…e a gelarle il cuore.
Debole…
Fece per sigillare la terza porta e quasi saltò per aria quando vide una delle bambole ricambiare il suo sguardo…fino a quando non si accorse che era una di quelle vecchie e logore.
Era immobile, e nonostante fosse identica alle altre, seppur più usurata, non si mosse. Ne aveva viste altre, accanto ad alcune porte, ma era così impegnata a correre che non si era resa conto che erano diverse. Perché quelle non si animavano? Il suo cervello da Corvonero iniziò ad arrovellarsi, quando, improvvisamente, un’altra voce si unì a quella gelida di Black, nella sua testa.
“Di qui.”
“Cosa?”
“Hai detto qualcosa?” chiese Lily, ma Cristhine non rispose. Lo aveva forse sognato? Una voce gentile e triste, che la chiamava…
Alzò il braccio come un automa, aggrottando le sopracciglia, e appoggiò la mano sulla maniglia. Per un istante, la bambola sembrò farle un sorriso.
“Hey! Cosa fai?” si allarmò Lupin. “Così ci attaccheranno su due fronti!”
Ma quando aprì la porta, non ci furono bambole assassine ad accoglierli…ma una cascata di farfalle, che si dissolse con uno scintillio dolce.
Entrarono di volata, ancora sorpresi, e si fermarono di botto trovandosi in una stanza vuota, con alte due porte.
Una bambola vecchia era adagiata su una di esse.
“Non mi piace.” Mormorò Lupin. “Sembra che ci stia indicando la strada ma potrebbe essere una trappola.”
“No.” Chiosò Cristhine, come in trance. “Ha paura. Vuole che andiamo a salvarla.”
“Di cosa parli?”
“Non la sentite anche voi?”
Remus e Lily aguzzarono le orecchie…e avvertirono come una voce. Una voce lontana, gentile ma spaventata.
Si guardarono in faccia e aprirono la porta presieduta dalla bambola, e così per altre due volte, fino a quando non aprirono l’ultima e la casa parve tremare, come imbestialita.
Non era una stanza. Era un antro…il soffitto era altissimo, e bianche colonne presiedevano a schiera l’ingresso.
In fondo, c’era un altare…e qualcosa che brillava. C’era una luce laggiù, e percepirono immediatamente la sua rabbia, mentre lunghi tentacoli luminescenti si arricciavano tutto attorno. Al di sotto, c’era…una culla da neonato?
“Remus!” esclamò Lily, puntando il dito alla sua sinistra. “Guarda!”
Intrappolate in lunghi filamenti, pallide come cadaveri, c’erano due streghe. La prima era giovane, spruzzata di lentiggini, mentre la seconda era messa peggio, con corti capelli biondi e delle occhiaie spaventose.
“Sono la Tassorosso e la Professoressa Mumps…”
Era come se…come se quelle luci le stessero facendo appassire, nutrendosi di loro. La professoressa, poi, era collegata direttamente a quel globo luminoso, mentre dalle sue mani partivano altri fili che legavano a lei vicina la ragazzina.
“Era lei che ci chiamava.” Disse all’improvviso Lily. “Era la voce della Professoressa. Io…oh!” si batté una mano sulla fronte. “Come ho fatto a non capirlo?! Stupida, stupida Lily Evans!”
“Di cosa parli?” chiese Cristhine e lei le piazzò addosso i suoi occhi intensi.
“So chi è il nostro nemico.”
 
 
 
 
 
“Professor Silente…noi…”
James Potter, forse per la prima volta nella sua vita, non sapeva bene che dire. Quell’accidenti di mago era l’unico a farlo sentire un tantino in imbarazzo, soprattutto perché aveva quel dannato sorrisetto serafico che sapeva sciogliere.
Aveva il classico viso di uno che si vuole solo far inorgoglire, e che quando era triste o deluso era peggio di una coltellata.
Ma Silente non sembrava arrabbiato, bensì, concentrato.
“Nonostante i vostri encomiabili sforzi, credo che dovrò approfondire io stesso la lezione.” Disse, mentre quei tre lo guardavano spaesati.
Lui indicò i filamenti che legavano i loro amici.
“Notate nulla di strano?”
“Hey, è vero.” Saltò su Minus, preoccupato. “Abbiamo sconfitto il mostro, ma loro sono ancora in quelle condizioni!”
“Per chi è giovane è difficile vedere dietro la luce. Ma è lì che si nascondono le ombre più cupe…” Albus Silente avanzò lentamente, calmo come al solito. Quando iniziava a parlare per enigmi, poi, sapeva mandarti in fumo il cervello.
Arrivò ad un passo dalle vittime, grattandosi il mento.
“Vi sono grato di aver trovato questa stanza, anche se non capisco come ci siate riusciti, visto che i migliori incantesimi di localizzazione non hanno funzionato…”
Oh cazzo. Ora gli scopriva la Mappa del Malandrino e magari, perché no, la trasformazione illegale in Animagus e non solo ciao ciao scuola, ma era probabile che Azkaban non sarebbe stata una soluzione tanto impossibile!
“Fortuna, immagino!” cinguettò però quello, che a quanto pare si stava divertendo a torturarli mentalmente. “I giovani ne sono pieni. Una caratteristica che ho sempre invidiato, assieme allo straordinario talento di creare nuove mode musicali.”
“Professor Silente…” continuò James. “Sarebbe fantastico parlare con lei dei nuovi gruppi emergenti, ma…”
“Ma abbiamo delle persone in difficoltà.” Finì lui, sorridendo. “E credo che il nemico vero non sia affrontabile da tre studenti del settimo anno.”
“Nemico vero?”
Il vecchio mago puntò la bacchetta contro le rose, bruciandole…e queste, come vive, si ritirarono con uno stridio. Nascosto all’interno di quell’intreccio di rami, c’era un pallido globo luminoso.
“E’ questo, il nemico vero. Ha capito cos’è, Signor Potter? E’ una fortuna che questo piccolo ingordo fosse pieno, altrimenti la lucertola non si sarebbe limitata ad attaccarvi…ma, da buona esca qual era, vi avrebbe inglobati dentro al suo delirio. O meglio…” e guardò la Professoressa, con una espressione triste. “…Dentro al suo.”
“Non…capisco…”
Silente puntò il dito contro il globo luminoso,dopo aver sistemato delle piccole candele tutt'attorno, mormorando alcune parole.
Lumen diem surgere a tenebris somniorum.”
Il globo cercò di colpirlo, allungando spirali luminose verso di lui, ma sembrava non sapere come toccarlo senza…ustionarsi. Con un gemito angosciante, si accartocciò su se stesso, diventando cenere nera.
“Il nostro più grande nemico è dentro di noi, signor Potter.” Mormorò, accarezzando dolcemente il viso di Ignatia. “E nessun altro a parte noi può sconfiggerlo. Bisogna solo ricordarsi…di aprire gli occhi. Anche quando ogni mattina sembra sempre più difficile svegliarsi.”
“Che cosa possiamo fare?” Sirius Black guardò Cristhine. Ciondolava ancora come gli altri, addormentata…sembrava impallidire sempre di più, ad ogni secondo che passava.
“Temo che noi non possiamo fare più nulla, Signor Black.” Rispose Silente, la cui voce sembrava lontana…come stesse cullando con le parole. “Il nemico è stato sconfitto, perlomeno, qui dentro. Ma qui…” e toccò la tempia di Ignatia, allargando la mano anche agli altri. “Qui dentro è una battaglia che chi è sveglio non potrebbe mai affrontare.”
“Sta dicendo che possiamo solo sperare che qualcuno di loro lo sconfigga…dove? Nella propria testa?!”
“Nei propri sogni.” Rispose lui. “O meglio, nel proprio…”
 
 
 
 
“…Incubo.”
Lily Evans accarezzò la mano della professoressa, trovandola mortalmente pallida.
“E’ un Incubo.” Ripeté, decisa. “Non capite? Gli Incubi si nutrono di ciò che ci fa più paura…dei nostri ricordi più dolorosi ed intensi. La Professoressa Mumps odiava le lucertole…ne aveva il terrore. E…” scoccò un’occhiata alla culla sotto la luce, mentre i primi fili iniziarono a scivolare contro di loro, come attratti e famelici. Il cuore di Lily si gonfiò di tristezza. “…Era incinta…”
Remus imprecò tra i denti.
“Ma certo…”
“Gli Incubi attaccano la persona più disperata, nutrendosi delle sue paure e dei suoi dolori. Credo che questo non sia un vero e proprio Incubo, perché è più famelico e potente, non si è fissato con una sola persona ma…ne ha rapite di altre. Penso che sia un…come posso chiamarlo?” era disgustata. “Un cucciolo. Se così posso dire.”
“Un Somnus! La fase embrionale degli Incubi!” Rispose Cristhine, rabbrividendo. “Ecco perché ha ricreato questo habitat e perché non ha nessuna forma. Ha usato Ignatia come esca, sfruttando la sua mente e le sue paure per riuscire a catturarne di altri! La lucertola, per riuscire ad inglobare vittime anche nella vita reale, dove è più indifeso. Mentre qui…dove è più forte…”
“E’ schifoso.” Lily strinse i pugni, sentendo una rabbia incontrollabile. “E’ schifoso…nutrirsi di qualcosa di tanto intimo…”
“Ignatia ha perso la bambina, vero?” concluse Remus, freddamente. “Il suo desiderio più grande era giocare con le bambole con sua figlia.” Si passò una mano sugli occhi, stanco. “Non c’è preda più disperata di una madre che perde il suo bambino. Nessun dolore è tanto grande…dev’essere stato un richiamo irresistibile, ma a quanto pare tutta questa sofferenza non gli è bastata.”
Serrò i pugni, avanzando. I fili strisciarono fino a lui.
“Remus! Che vuoi fare?!” Lily gli afferrò il polso, con il cuore in gola. Il ragazzo si staccò delicatamente da lei, nonostante digrignasse i denti per la rabbia. Avanzò ancora, lasciando che i fili gli toccassero la punta delle scarpe…risalissero…
“No!” urlò Lily, afferrandogli la camicia. “Smettila!”
“Non capisci, Lily?” sibilò lui, amaramente. “Ignatia è troppo debole e troppo disperata per potersi ribellare…le sue ultime forze le ha usate per farci venire fino a qui. Non possiamo attaccarlo con la magia, non qui…rischieremmo di ucciderla, perché siamo nella sua testa. C’è solo un modo…” Lo guardò con odio. “…Bisogna fargli dare di stomaco. Bisogna ingozzarlo fino a farlo esplodere…”
“Non dire sciocchezze!” Cristhine si fece avanti. “Vuoi sacrificarti?! Più si nutre del nostro dolore e più ci indeboliamo!”
Agitò la bacchetta, cercando nel suo cuore la forza…ma improvvisamente, la voce nella sua mente si fece assordante.
Debole…debole…DEBOLE…
“Ahh!” strillò, mettendosi le mani nei capelli e cadendo in ginocchio. Quella voce…le stava spezzando il cuore…e la testa…sarebbe impazzita…
“Cristhine!” Lily accorse, prendendola per le spalle. “Cristhine!”
“ANDIAMO!” Urlò Remus, togliendosi lentamente la camicia…rivelando le cicatrici. “ANDIAMO, BASTARDO! Hai ancora fame?! ALLORA HO PER TE TUTTO IL DOLORE CHE VUOI!”
I filamenti si aggrapparono alle sue braccia, quasi…leccando…in modo osceno tutti i segni sulla sua pelle candida. Il globo sembrò ingigantirsi, brillando come un piccolo sole, accecandoli.
“Remus…” Lily lo guardò, disperata, ma anche ipnotizzata da tutto quello.
Sembrava che la luce gli entrasse dentro. E forse era effettivamente così.
Le ferite, le ferite dell’anima, i tagli, che non erano solo incisi nella carne…qualcosa di grande, e profondo, che stava venendo risucchiato fuori.
Assieme al suo spirito.
Remus cadde in ginocchio, mentre quell’essere disgustoso si nutriva di tutto ciò che aveva subito.
“Buon…appetito…” sorrise teso. Le forze lo stavano abbandonando. Dannazione…non era abbastanza. Il suo dolore non era abbastanza. “Spero almeno che ti vada di traverso…”
La luna piena.
La promessa a suo padre.
Suo padre, il suo disgusto, il suo incredibile senso di colpa che non facevano altro che creare un muro insormontabile…
Due occhi gialli e crudeli…che affondavano il loro sguardo in un ragazzino…e lo marchiavano…
Le notti imprigionato nelle segrete della sua casa…in attesa di diventare il mostro…in attesa della Creatura…
La solitudine… sentirsi sporco, violato, abbandonato…
Il respiro di sua madre che abbandonava la terra…tutto quel sangue sul suo corpo… e tutta quella fame…aveva avuto fame del sangue di sua madre morente…
 
Remus urlò, al limite delle forze. Lily strinse inconsciamente a sé Cristhine, disperata, mentre la ragazza continuava ad agonizzare con le mani premute sulla fronte.
 
“Hai una storia davvero golosa, umano.”
 
Il globo sembrava esplodere, da quanto era sazio. La sua voce risuonò nelle loro teste, gelida, come il gracchiare di un corvo.
 
Era da tempo che non mi facevo una così bella mangiata. Hai sofferto l’indicibile…mi piace, mi piace…ma se speri che basti questo a farmi fare indigestione, sbagli di grosso. Per anni, dopo essere uscito dalla incubatrice umana fecondata da mio padre, mi sono nutrito del dolore e del desiderio delle razze più disparate...E’ vero, mi stai facendo faticare molto…sono quasi al limite, nutrirmi di te è quasi doloroso e se solo esagerassi, potrei morire. Ma avete finito le cartucce, e vi ricorderò solamente come il pasto più impegnativo della mia vita…fino ad ora, perlomeno...”
 
Un filo sfrecciò verso Lily, afferrandola per la gola.
 
“Tu sei quella più combattiva di tutti, vero? Nonostante tu sia molto più fragile di alcuni, sei comunque rimasta in piedi…orgoglio…ti tiene in piedi l’orgoglio. Ma presto ti renderò il pugno che mi hai tirato, ragazzina umana…e con gli interessi…”
 
“Lily…” soffiò Cristhine, accasciata a terra. I fili iniziarono ad andare anche verso di lei.
 
E tu, piccolo parassita?” ridacchiò il Somnus, beffardo. “Hai ancora le energie per piangere, eh? Ma tu sei debole…non sei un problema. Il dolore non ti ha mai reso forte, anzi…ti ha buttata nel baratro. Non sei stata capace nemmeno di salvare la tua nuova amichetta…mentre lei ti difendeva a costo della sua vita, quando è stata attaccata tu sei rimasta immobile, circondata da paure.”
 
“Ragazze…” Remus balbettava, ormai allo stremo. “Non abbiamo più dolore da donargli. Non basta. Dobbiamo pensare a qualcosa…oppure…Cristhine devi alzarti…”
“Non posso.” Singhiozzò improvvisamente la Corvonero. “Non posso! Ha ragione! Sono…sono debole…non sarei mai dovuta venire qui!”
“Cristhine.” Lily Evans, con le mani premute contro quei tentacoli luminosi che le toglievano il respiro, la fissò.
“NO!” Strillò lei, ormai soggiogata dal potere malefico del Somnus. “Non riesco nemmeno a sedermi in un tavolo senza avere paura! Non riesco neanche a toccare le persone! Come posso sconfiggere questo?! Io non riesco, non ce la faccio! Mi dispiace! MI DISPIACE!”
E la Grifondoro disse qualcosa che costrinse la ragazza ad alzare lo sguardo.
“Non è colpa tua.”
“Lily…” la McRanney tremava, ma qualcosa, nel sorriso della Evans, la costrinse a non abbassare il viso.
“Hai paura.” Mormorò lei, tossendo. “E’ normale avere paura.Ma…forse…forse ciò che ci spaventa e ci fa soffrire non ci rende solo delle prede…sai?”
 
            
“Sta zitta, stupida umana!”
 
I tentacoli si strinsero di nuovo, più forti, e la rossa urlò di dolore, mentre il mostro stava prosciugando anche le sue forze.
Improvvisamente, però, smise di nutrirsi.
“E’ al limite…” mormorò Remus, accasciandosi. Il mondo si stava facendo buio…era al limite anche lui. Stavano perdendo…
“Io…” continuò Lily, cercando di rimanere sveglia. “Io non credo che tu sia stata indebolita da quello che hai passato. Mi hai sentito, McRanney?! Sei forte! Hai solo bisogno di non sentirti più da sola…perché da soli, siamo tutti più deboli!”
Cristhine si sollevò in piedi, con le lacrime che le rigavano il volto, e scalciò via i tentacoli dalle sue scarpette.
“Io…non sono sola…?” mormorò, guardandola in un modo…quasi interrogativo.
“Certo che no.” Sorrise lei, chiudendo gli occhi lentamente. “Hogwarts non è un posto da cui fuggire…è una casa, anche per le streghe acide come me. Non sarai mai più da sola. Non lo permetteremo. Ma devi lasciare alle spalle il tuo passato.”
Lasciarsi alle spalle il passato…Cristhine si asciugò le lacrime, mettendo una mano nella tasca.
Oh, sarebbe stato così difficile fare quello…pensò disperatamente, ma poi sentì gemere Lily, Lily così orgogliosa, così coraggiosa e così forte…Lily che le aveva promesso che non sarebbe mai stata da sola. Era una sconosciuta, quasi, eppure…eppure nelle sue parole c’era qualcosa che sapeva di destino…
 
“COSA VUOI FARE, STREGA?!” Sbraitò il Somnus, quando Cristhine iniziò a camminare verso di lui.
E, in silenzio, tirò fuori una piuma bianca dalla tasca. Abbandonare il passato…
Il Somnus ridacchiò nella sua testa, beffardo, lasciandola passare. Sicuro di sé stesso.
Una piuma?” la sfidò. “E che cosa vuoi farmi, il solletico?
Ma poi si bloccò di bottosentendola.
“Non è una piuma normale.” Disse a bassa voce Cristhine McRanney, continuando ad avanzare.
“Che cosa…che cosa succede?! Sento come…sento come l’acquolina in bocca…è come se fosse viva…cosa stai facendo, stupida umana?!…”
“Da questa piuma mia madre ha conosciuto mio padre.” Spiegò la streghetta, con rinnovata forza. “Da questa piuma è nata mia sorella.” Un passo avanti, poi un altro… “Da questa piuma sono nata io. Questa piuma è tutta la mia vita…tutto ciò che ho di più caro. Questa…”
Cristhine McRanney spiccò un balzo, allungò la mano…e la piuma si ritrovò inglobata nel Somnus, ficcata in gola con la forza.
 
“QUESTA E’ LA PIUMA PIU’ IMPORTANTE DELL’UNIVERSO!”
 
Ci fu un tremolio assordante…il Somnus esplose in mille fasci di luce, dissipandosi. Il buio li avvolse…e quando Lily Evans aprì gli occhi verdi, stava precipitando.
Ma qualcuno l’afferrò al volo, prendendola tra le braccia con una presa d’acciaio. Alzò il viso, ancora confusa…e si specchiò negli occhi grandi e lucenti come monete di James Fleamont Potter.
“Heylà, rossa.” Sorrise lui, stringendosela contro. “Continui a cadere ai miei piedi, a quanto vedo…”
Si aspettava un urlo, uno schiantesimo…ma Lily Evans fece la cosa più sbalorditiva di tutte.
“Oh…” sorrise, con gli occhi lucidi. “Oh, sei tu…stupido, arrogante James Potter…”
E, senza dire un’altra parola, ancora mezza rincoglionita dal brusco risveglio, Lily Evans gli strinse le braccia al collo e gli regalò l’abbraccio più bello del mondo.
James Potter andò sulla luna praticamente il resto del pomeriggio…non ascoltò le sfuriate della McGranitt, non fece caso agli interrogatori degli Auror, si fece abbracciare da Ignatia Mumps in lacrime e ringraziare anche se aveva fatto ben poco, e solo vagamente gli parve che Silente gli avesse appioppato una svagonata di punti per “L’indomito coraggio”, facendo trasalire scandalizzata la Mc…
La mattina dopo si era mezzo ripreso da quell’abbraccio, ricapitolando tutto quello che era successo dalle spiegazioni di Remus, ancora molto scosso da ciò che aveva passato ma felice di sentirli di nuovo nella sua testa.
Loro solo, i Malandrini, potevano entrarci.
Scese il mattino dopo in Sala Grande, per la colazione, conscio che le lezioni erano riprese, e che la voce di come a soli diciassette anni tutti loro avessero sconfitto un cucciolo di Incubo fosse già passata di bocca in bocca.
Ma c’era qualcuno che gradiva sempre di meno le occhiatine ammirate…
Cristhine McRanney mangiava il suo abituale toast con marmellata di fragole sentendo un nodo nello stomaco, nodo che ormai stava diventando abbastanza frequente.
Aveva anche dolore alla gamba perché, nel cadere, una di quelle rose l’aveva punta ad un polpaccio e si era scordata di farsi vedere, nel trambusto che era seguito dopo. Era da sola al solito tavolo, con il solito malessere mischiato anche a qualche bel livido stavolta, quando Potter le si schiantò affianco con un ghigno.
“Heylà Mc!” disse ad alta voce, lasciandola senza parole. “Mi passi il burro?”
“Io…cos…?” La ragazza lo fissò spaesata, poi un incantevole profumo le arrivò alle narici e Sirius Black le si fece accanto sull’altra sedia.
“Undici Galeoni, strozzino maledetto.” Frecciò acidamente, sganciando sul tavolo un sacchetto pieno di monete. “E dire che ti ho anche salvato le chiappe…”
“Che rompipalle, ma se sei più ricco di un goblin!”
“POTTER!”
Lily Evans arrivò a passo di carica e si piazzò sulla sedia davanti a Cristhine, puntando la forchetta contro il Malandrino con fare bellicoso.
“Lo sapevo, stai dando fastidio a Cristhine?!”
“Ma che vuoi!”
“Non ti permetterò di molestare una mia amica…” sibilò quella.
“Guarda che è anche amica mia, razza di esaurita!” e quei due iniziarono a litigare come al solito. mentre qualcosa di caldo iniziava a scivolare dentro al petto della Corvonero.
Amica?
Remus Lupin si sedette davanti a loro, e indicò gentilmente il libro che aveva sul tavolo, mentre Peter ridacchiava e faceva lo stesso con l’altra sedia.
“Lo conosco, quello.” Sorrise gentile. “Come ti è sembrato?”
“Io…io…” Cristhine McRanney non aveva più parole, e si chiese da un lato se non fossero tutti pazzi in quella scuola. Erano lì…con lei. Tutti loro…come … come una famiglia…
Abbassò la testa mentre un candelabro colpiva Potter in faccia, ancora frastornata.
“Oh, ti ci abituerai.” Sorrise Sirius, sfiorandole delicatamente una spalla e facendola ardere dentro. “Litigano un sacco.”
Già, quei due litigavano davvero parecchio… e facevano proprio un gran baccano! Eppure…eppure qualcosa di caldo continuava a colarle sul cuore.
Una sensazione nuova. Sedie occupate ad un tavolo, un gruppo di pazzi a nasconderla dalle occhiate e dai pettegolezzi. Bastava poco, pensò la Corvonero, lasciandosi andare ad un sorriso.
Bastava poco per sentirsi finalmente felici.
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** Baci. ***


Ciao ragazzi! Scusate se ci ho messo tanto, ma ho affrontato delle gradevoli vacanze estive. Mi scuso anche perché questo capitolo sarà molto lungo, quasi il doppio di quelli normali, ma ho preferito tenerlo unito e non dividerlo a metà per non romperne il ritmo.
Buona lettura!
Sarah
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Signorina Evans, può confermare per iscritto che era un Incubo?”
 
“Su quale basi ha classificato la creatura come tale?”
 
“Ha mai avuto contatti con Mangiamorte o creature oscure?”
 
“Ha mai sentito parlare in modo ambiguo qualcuno dei suoi compagni?”
 
“Può ripetermi come avete sconfitto l’essere?”
 
Lily Evans stava seduta comodamente su una poltrona foderata di velluto, sorseggiando un tè al limone che non aveva voglia di bere. Tutte quelle domande quasi urlate in faccia la stavano stancando parecchio, e poi quello non era un argomento del quale aveva piacere a parlare.
La mano del preside Albus Silente era appoggiata delicatamente sulla sua spalla, trasmettendole dentro più calore della tazza fumante.
Il Ministro Minchum le scoccò un’occhiata veloce con i suoi piccoli e gelidi occhi celesti, prima di riprendere le sue tiritere da fanatico.
Quel giorno portava in bocca una pipa che emetteva bolle scure che masticava nervosamente più che aspirare, ed il taglio di capelli elegante, dalla fronte alta e ondulato sul lato, sembrava sul punto di cedere al disordine.
Era accompagnato da tre Auror e sembrava parecchio sul piede di guerra.
“Due mesi, Albus, due mesi soli dall’inizio della scuola ed è già il secondo attacco! Hanno rischiato di rimanerci secche cinque persone…”
“Veramente sette.” Celiò lui, con calma magistrale. “Sarebbe carino che ti ricordassi almeno del numero preciso, Harold.”
“Non perdiamoci in queste idiozie, per favore.” Rimbrottò lui. “Abbiamo bisogno di più guardie e lo sai bene.”
“E tu sai bene la mia risposta.” Continuò il preside, stringendo appena la presa sulla spalla di Lily. “Non metterò altri Dissennatori fuori dalle mura della scuola.”
L’Auror che stava alla destra del Ministro, un omone di colore con parecchi tatuaggi in faccia, tossicchiò cortesemente.
“Parli come se potessi dare ordini in merito, Albus.” Disse, serio. “Di Ministro ce n’è uno solo, mi auguro.”
“Lungi da me voler prenderne il posto. Ma in materia di Hogwarts e come membro del Winzegamot, oltre che come Preside, ho ancora qualche potere a riguardo.”
Lumacorno entrò in quel momento con dei pasticcini e…sì, cavolo, aveva veramente dei guanti da forno. La situazione era talmente assurda che le veniva quasi da ridere!
“Qualche dolcetto per alleggerire la tensione.” Trillò allegro. ”Albus, Harold, suvvia. Non c’è bisogno di essere tanto seri. Troveremo un accordo che vada bene a tutti!”
“L’accordo è che il vostro caro preside sia un po’ più collaborativo… visto che stiamo dalla stessa parte.”
“Saremo dalla stessa parte ma abbiamo idee molto diverse su come gestire la faccenda, temo…”
“Già, e come la stai gestendo? Sarebbe utile avere qualche informazione da te, Albus, ma stai facendo silenzio stampa da almeno due settimane.” Minchum finalmente si fermò, visto che stava facendo avanti e indietro da un sacco, sgranocchiando pasticcini e fumacchiando come un isterico. “Albus, non voglio fare la guerra con te. Ne ho una in corso e ormai tanto vale parlarci chiaro…ci stanno attaccando. Lo sapevamo e lo sappiamo ancora di più adesso, dopo che un fottuto cucciolo di Incubo stava per pranzare con gli studenti. Se non risolvi la situazione non saprò più che pesci pigliare per tenermi buono il Consiglio! Non potremo nascondere la cosa tanto a lungo, iniziano a volare gufi, arrivano le domande dei genitori…non vorrei essere costretto a chiudere Hogwarts!”
Stavano litigando da almeno mezz’ora, lasciandola sulla sedia e non squadrandola più manco di striscio dopo l’interrogatorio…quando Lily Evans ne ebbe abbastanza di essere ignorata.
“Io non credo che chiudere Hogwarts sia la soluzione.” Disse, facendoli saltare tutti per aria…tranne Silente, che iniziò a sorridere sotto i baffi.
“Credo che sia ora di far uscire questa ragazzina.” Tagliò corto il Ministro, prestandole l’attenzione che avrebbe prestato ad una formica.
“Io credo che invece la signorina Evans andrebbe ascoltata. Le avete fatto perdere due ore di Babbanologia per sottoporla a questo interrogatorio, e visto che ha affrontato l’Incubo in prima persona, forse quello che ha da dire potrebbe risultare interessante.” La difese immediatamente Silente.
“La mia studentessa più capace.” Miagolò Lumacorno, guardandola con affetto. "Prego, cara, dicci pure che cosa ne pensi.”
Lily, arrossendo un poco e sistemandosi meglio sulla sedia, guardò in faccia il Ministro.
“E’ vero, il Somnus ci ha colti di sorpresa.” Iniziò, seria e un po’ imbarazzata. “Ma non saremmo qui se non fossimo stati ad Hogwarts. Se non ci fosse stato il preside, o i nostri compagni…quello che voglio dire è che là fuori saremmo stati spacciati e se è vero che sta cominciando una guerra, credo che dovremo prepararci ad affrontarla…rimanendo uniti, non dividendoci!”
“Sciocchezze da studenti.” Borbottò Minchum, con sufficienza. “Non sa nemmeno di cosa parla.”
“So che a casa non avrei una sola possibilità contro un essere del genere.” Continuò la rossina, imperterrita. “E so che  abbiamo bisogno di essere tenuti più in considerazione! Non ci va di essere tenuti nella solita campana di vetro! Abbiamo bisogno di corsi più avanzati in Difesa contro le arti oscure, di saper duellare e sconfiggere quei cosi, di preparazione…inoltre abbiamo bisogno di essere rappresentati meglio all’interno della scuola. Credo che ci sia bisogno di un rappresentante che abbia voce in capitolo in merito a decisioni importanti come questa!”
Ma fu tutto fiato sprecato. Le porte dell’ufficio di Silente si chiusero alle sue spalle mentre quello stronzo di Ministro continuava a rompergli l’anima e sarebbe andato avanti per molto.
Le sue parole avevano fatto un buco nell’acqua anche se il Preside l’aveva guardata in modo strano. Era certa che a lui importasse tanto il suo discorsetto, ma si sentiva ugualmente sconfitta.
Come se fossero bambini! Avevano sconfitto un Incubo mentre gli Auror lì attorno non avevano saputo nemmeno trovarlo!
Rimuginava talmente tanto che quasi si scontrò contro Remus.
Tutti i Prefetti della scuola la guardavano, tranne ovviamente quelli di Serpeverde, Malfoy e Carrow: La bella Laverne Mclaird con la sua liscia chioma corvina, e David Ratcliff, un tipo vampiresco che stava sempre appresso alla Chang, la riccioluta Tassorosso Leavy Bones con il dinoccolato Talbott, e Lupin, che quel giorno indossava una delicata camicia di flanella.
Erano tutti in attesa fuori dalla porta. Si chiese come mai non avessero scelto uno qualsiasi di loro per fare delle domande ma una vocina insidiosa nella sua testa le diede subito la risposta.
Loro non erano mezzosangue…le loro famiglie dovevano essere tenute il più all’oscuro possibile.
Era lei, pensò amara. Era lei che non contava agli occhi dei potenti.
“Allora?”
“Un sacco di domande!” strinse i pugni, arrabbiata. “E neanche una soluzione! Parlano di chiudere Hogwarts…”
“Non possono farlo!” frecciò Laverne, in un sibilo incazzoso. “Ne parlerò sul giornale, anzi, se si azzardano, spiffero tutto alla Gazzetta del Profeta!”
“Calma. Per me sono solo minacce.” Cercò di placare gli animi Remus. “Qui dentro ci sono tanti nomi importanti…non metteranno mai a rischio il titolo di studio di questi ultimi a meno che non sia assolutamente necessario.”
“E se lo fosse?” domandò Leavy, pragmatica. “Gente, un Incubo nella scuola non è uno scherzo. Per ora solo noi Prefetti siamo a conoscenza della Stella del Diaspro…ma quando la voce inizierà a spargersi, i genitori inizieranno ad abbaiare.”
 “Già…per chiuderci fuori dall’unico posto in cui potremmo mai essere al sicuro!”
“Però non è giusto!” disse la Prefetto di Corvonero. “Non è giusto che ci tengano sempre fuori dalle decisioni. E’ la nostra casa! Non abbiamo forse il diritto di dire la nostra?”
“E che vuoi fare?” disse il suo compagno, con un sorrisetto. “Occupazione? Digiuno forzato collettivo?”
“Sì, se necessario! Sempre meglio che aspettare fuori dall’ufficio in attesa che decidano il nostro destino! Per non parlare del fatto che al nostro caro Ministro potrebbe fare parecchio comodo che sia accaduto…”
“Che vuoi dire?” chiese Lily, mentre lei rideva gelidamente.
“Dico che non è tutto oro ciò che luccica. Vi siete mai chiesti da dove arrivano i Dissennatori sui quali ha basato tutta la sua campagna elettorale?”
“Hm…boh?” borbottò Leavy. “Sono nati assieme ad Azkaban, no?”
“Per niente.” Spiegò Laverne. “Sono nati sulla stessa isola, assieme allo stregone oscuro Ekrizdis, che praticava esperimenti malvagi sui marinai che vi capitavano. Fu lui stesso a costruire Azkaban, ma allora non era usata per scopi detentivi…era la sua casetta delle torture.”
“Dio mio, che cosa macabra…” frecciò Talbott, con una smorfia. Intervenne David Ratcliff con la solita flemma cinica.
“Fu il Ministro Damocles Rowle  nel 1700 a farla diventare una prigione, usando i Dissennatori come guardie a costo zero. Ma con il passare del tempo si accorsero che producevano effetti disumani sui prigionieri…ma ormai era troppo tardi per eliminarli. Con un così ghiotto numero di prede erano aumentati a dismisura. La verità è che gente come Minchum ha le mani legate e non può fare altro che tenerseli buoni camminando su una sottile lastra di vetro…fino a quando non ci sarà il crack.”
“Sempre che non si trovi dall’altra parte, no?” insinuò Laverne. “La generazione dello stregone malvagio non è finita con lui…anzi. Gli Ekrizdis si sono divisi in dodici capostipite, praticando magia nera e alleandosi con le creature oscure, vampiri, lupi mannari…schifezze di quel genere.” A quelle parole, Remus trasalì leggermente ma nessuno ci fece caso. “Arrivarono a formare l’Alleanza dei Dodici e a blaterare sciocchezze sulla purezza del sangue, sposandosi solo fra di loro. Si dice che tutte le grandi casate di maghi Purosangue che praticano magia nera discendano da lì e anzi, che Ekrizdis discendesse da Salazar Serpeverde in persona.”
“Anche io ho sentito questa storia.” Disse Talbott. “Ma è al pari di una leggenda, no?”
“Può essere…ma pensaci un attimo.” Continuò l’altra, ostinata. “Nessuno sa bene dove si trovi Azkaban e come siano gestiti i Dissennatori. Non si è più sentito parlare del loro creatore e dei suoi discendenti, quel pezzo della storia è come se fosse sparito dalle documentazioni. Ma loro sono i legittimi creatori dei Dissennatori! Volete farmi credere che li abbiano ceduti al governo così facilmente? Chi mi dice che tutta questa ostinazione del Ministro nel voler aumentare il loro numero nell’entroterra non sia in realtà una mossa per preparare il terreno all’ascesa dei Mangiamorte? Chi mi dice che non siano in combutta?”
“Ma i dissennatori banchettano proprio con loro, qui…”
Laverne sorrise amaramente.
“Si. Banchettano con i pesci piccoli. Gente sacrificabile. Con tutti i dissennatori di cui dispone il Ministro, avrebbe già dovuto far piazza pulita di un sacco di gente, gente che sta in alto. E invece continuano a fare i loro comodi.”
“Se parli dei Black…” intervenne Remus, teso, ma lei scosse la testa.
“Non solo di loro ma sì, anche dei Black. So bene che Sirius è un tuo caro amico e non mi sognerei mai di accusarlo…ma la sua famiglia avrebbe dovuto già essere in carcere da tempo.”
Calò un silenzio carico di significati…ma la sensazione di essere inermi continuava a tornare.
Si sentivano tutti dei pesci chiusi in una bella boccia di vetro…mentre i gatti avanzano di soppiatto.
“Hogwarts è un pericolo per questa gente.” Disse Leavy, seria. “Se Laverne ha ragione, forse non vogliono che ci difendiamo non tanto per proteggerci, quanto perché temono che possiamo creare un esercito e piantare delle grane. Chiuderla allora sarebbe vantaggioso.”
“Io direi di riaggiornarci.” Concluse Lupin, passandosi una mano sul viso con aria stanca. “Quali che siano i veri piani del Ministro…se vogliono chiudere Hogwarts davvero, saremo pronti e faremo di tutto per impedirglielo.”
Il gruppetto si dissolse…tranne che per i due Grifondoro che non avevano ancora ripreso del tutto energie dall’attacco della settimana precedente.
Era stato massacrante a livello emotivo. Sentirsi così vulnerabili li aveva fatti pensare…pensare che avevano davvero ancora troppo da imparare e che una volta fuori da lì, sarebbero stati davvero soli.
Remus Lupin sorrise, sentendosi addosso lo sguardo della Grifoncina.
“Avanti.” Disse, quasi amaramente. “So che hai in testa una domanda. Falla e facciamola finita.”
Non era da lui parlare in quel modo, ma Lily rimase in silenzio. Appoggiò la mano sul suo braccio dove, sotto il morbido tessuto della camicia, c’erano quelle inquietanti cicatrici.
Il Malandrino si aspettava che gli tirasse su le maniche, mettendolo quasi a nudo nella sua fragilità…e tremava dentro, sapendo di dover mentire ancora a qualcuno a cui voleva bene.
Ma Lily Evans lo stupì.
“Non ti chiederò nulla di come te li sei fatti.” Disse semplicemente. “Ma sappi che se per caso ne vedrò di nuovi, ti prenderò a sberle.”
“Hey!” Remus ridacchiò, sollevato. “Non sono un autolesionista, Lily.”
“Sarà meglio per te! Quello schifo non migliora mai la situazione e guai a te se fai cavolate di quel genere!” Rimbeccò lei, accorata, ma lui continuava a sorriderle…sentendo dentro di sé l’affetto crescere verso quella ragazza così fuori dal comune. “Remus…quando vorrai parlarmene, io sarò lì. Se avrai bisogno di una mano, ci sarò. Volevo…ecco, volevo solo dirti questo.”
Lui le passò una mano sulla testa, in modo dolce.
“Certo.” Disse. “Sei la Prefetto di Grifondoro, d’altronde.”
“Già…anche se questa carica non mi dà nulla. Dovevi vederli…sembrava quasi che io non fossi presente! Laverne ha ragione, se vorranno chiudere la scuola, dovremmo reagire.”
“Non farti sentire da Potter!” ridacchiò il lupetto, mentre entravano in Sala comune. “Sai quanto adorerebbe fare occupazione!”
Li trovarono seduti tutti al solito tavolo, anche se una testolina bruna spuntava tra di loro con la spilla di un’altra Casata.
Cristhine McRanney si era davvero aperta un sacco durante quei giorni, schiudendosi poco a poco come un fiore…e finalmente, dopo qualche giorno, si era lasciata andare e rideva apertamente alle battute di James che, tra l’altro, adorava letteralmente. Aveva ancora qualche problemino a stare assieme a tanta gente ma il calore dei Grifondoro sapeva conquistare chiunque.
Una cosa che rendeva felice Lily era che da quel giorno, le due avevano legato davvero un sacco. Cristhine era in gamba, intelligente e sensibile. E poi non si può sconfiggere assieme un Incubus senza diventare amiche…
Peccato la sua passione per i Malandrini, ma poco male…avrebbe scoperto a breve che razza di demoni fossero quei tre, tralasciando Remus ovviamente!
L’unico che la stupiva era Sirius, che quando c’era di mezzo la McRanney diventava stranamente silenzioso, anche se quei due sembravano legati da un unico filo, perché stavano davvero sempre assieme.
A quel proposito, la bella rossa approfittò del fatto che la McRanney fosse andata a prendere del porridge per squadrarlo come un avvoltoio.
Black ricambiò lo sguardo con la solita supponenza tipica di quelli del suo sangue, sollevando un sopracciglio. Era svaccato sulla sedia con un braccio dietro al poggiaschiena e la solita aria annoiata degna di un Black.
“Se? Ti serve qualcosa?”
“Che intenzioni hai?” Lily gli puntò addosso il cucchiaio, minacciosa.
“Mangiare la colazione, Evans…o parli di altro?”
“Parlo del tuo girovagare attorno a Cristhine, razza di maniaco.” Sibilò lei. “Ne ha già passate tante per cui gira al largo! Sappi che se solo provi a spezzarle il cuore…!”
Non finì la frase che la mano di Black calò sulla sua testolina esattamente come aveva fatto quella di Remus, solo in modo decisamente meno affettuoso.
“Scimmia.” Mugugnò annoiato. “Quando parli assomigli proprio ad una scimmietta irritante, Evans.”
“Ma come osi…”
Manco il tempo di levare la mano che si ritrovò spiaccicato contro il muro dallo Schiantesimo più forte che avesse mai visto.
La Evans levò i tacchi con fulmini e saette sui capelli, lasciandolo a fumare e a colare dalle piastrelle stile gelatina, mentre Minus si spanciava dalle risate.
Quando la Corvoncina tornò lo stava letteralmente raccogliendo col cucchiaino e sorrise. Lily proprio non poteva starci assieme più di due minuti senza che si sbranassero a vicenda! Invece lei li trovava gradevoli…una volta che li si capiva.
“Tutto bene?”
“Benissimo.” Bofonchiò Black, barcollando. Le scoccò una delle sue occhiate e come al solito, si sentì le gambe tremare. Accidenti se era bello.
Durante quei giorni, loro due erano stati come inseparabili. Vicini…a volte anche in silenzio, ma in modo piacevole. Sembrava esserci una forza di gravitazione attorno a loro, e per l’ennesima volta si chiese tristemente se quella sorta di incantesimo che li teneva incollati non fosse in realtà ciò che di più torbido li legava…la morte di sua madre, per mano dei Black.
Le parole dell’Incubo avevano messo delle radici nel suo cuore, velenose ma in qualche modo brutalmente sincere.
Dubitava che Sirius fosse a conoscenza di quello che era accaduto tra le loro famiglie, ma se così era, preferiva non saperlo.
Preferiva non sapere se quel legame fosse morboso, dettato da qualche malsana forma di sadismo e masochismo, perché in verità Sirius le piaceva.
Era una persona che, quando sapeva lasciarsi andare e si toglieva la maschera cinica e sarcastica da Black, la incantava. Il primo ragazzo a diventarle amico…chi l’avrebbe mai detto che sarebbe stato un principe nero.
Eppure…si disse tristemente, prendendo la sedia. Eppure prima o poi sarebbe tutto finito. Prima o poi l’avrebbe odiata…sempre che non la odiasse già e non stesse giocando con lei come un gatto gioca crudelmente con un topolino, fingendo di non sapere.
Nel sedersi, si lasciò sfuggire una smorfia e la mano andò a sfiorarsi il polpaccio. A Sirius non sfuggì.
“Che c’è, lì?” chiese, e senza nemmeno pensarci si chinò a sfiorarle il lembo della gonna, sollevandoglielo e facendola diventare di tutti i colori quando le sue dita sfiorarono la gamba nuda.
“Oh, solo un graffio!” sbottò a disagio, riabbassandolo. Lui alzò il viso verso di lei con una espressione indecifrabile. Era ancora inginocchiato.
“Un graffio?”
“E’ vero, è da un po’ che te ne lamenti!” intervenne Minus, indifferente alla tensione tra i due.
“Me lo sono fatta cadendo, quando siamo riusciti a risvegliarci dalla magia dell’Incubo.” Spiegò lei, calmandosi. “C’erano quelle rose…quelle che Silente ha poi distrutto. Una di esse mi ha graffiata e deve essersi infettato un po’.”
“Posso?” chiese di nuovo lui, serio, senza rialzarsi. “Non ti faccio male.”
Le sollevò di nuovo il lembo della gonna, delicatamente questa volta…e le sue mani salirono sulla pelle, lasciando una scia di ghiaccio e fuoco.
Cristhine McRanney si zittì di botto, sentendo il cuore in gola, mentre lui la fissava dritta negli occhi salendo piano…c’era nel suo cuore come una sorta di terrore, sentì un nodo allo stomaco che faceva quasi male, eppure non voleva che smettesse.
Sirius distolse infine lo sguardo e sfiorò piano il graffio, che era lungo un paio di pollici e arrossato…lo analizzava con occhio clinico ma le sue dita improvvisamente avevano preso a tremare. Lo sentiva attraverso il suo tocco.
Che strana sensazione…
“Heylà MC!” Tuonò Potter con un sorrisone, mentre quei due facevano un salto di due metri. “Che state combinando?”
Si schiantò accanto a loro mentre Black si rialzava, schiarendosi la gola con voce insolitamente roca.
“Dovresti farlo esaminare.” Disse piano, guardando altrove. “Non mi fido di quelle rose. Avevano un odore strano.”
La McRanney fece per rispondere, se di voce gliene era rimasta ancora in fondo alla gola, quando improvvisamente le cadde di mano la forchetta.
“Sirius.” Disse solo, sgranando gli occhi. “Hai…le orecchie...”
Minus sputò fuori tutto il succo di melograno e Potter divenne del colore della tovaglia.
“Che?” fece quello, spaesato, mentre tutta la tavolata si girava verso di lui con tanto d’occhi.
Si portò le mani alla testa, visto che gliela stavano fissando tutti, e sotto le dita sentì qualcosa di strano…qualcosa di morbido…e peloso
“CHE BASTARDI!” Rise Ramoso a voce insolitamente alta, piazzandogli un braccio attorno al collo e sbattendogli senza tante cerimonie una insalatiera vuota sulla zucca. “Quei Serpeverde della malora devono averne giocata un’altra delle loro!”
“Ma di che parli?!”
“Che imbecilli!” frecciò la Bell. “Se sperano di depistare la prossima partita…”
“Che?! Quale partita?” si scandalizzò Molly.
“Oh, non ve l’abbiamo detto?” continuò la brunettina, piccola come un folletto. “Hanno riaperto la Stagione. Abbiamo la rivincita contro i Serpeverde domani pomeriggio.”
“Ma sono fuori di zucca?!” balzò su quella, nota a tutti per la sua apprensione un tantino maniacale. “Con tutto il casino che è successo fino ad ora?! Sarà un suicidio!”
“Hanno messo di guardia una ventina di Auror attorno al perimetro. Alcuni anche in cielo, a distanza di sicurezza. Non accadrà niente.” La blandì Paciock, scuotendo i ricci castani. “Non possiamo mica chiudere il campionato.”
“Certo che potete! E’ pericoloso!” e mentre quelli iniziavano a vociare, James afferrò Black letteralmente per la collottola e lo trascinò via. Si fermò dietro un angolo, gli tirò via di testa l’insalatiera e sospirò di sollievo.
“Ma si può sapere che è successo?” sbottò Sirius, tastandosi la testa e ritrovandosela normale. Il suo migliore amico gli piantò addosso gli occhioni d’oro e senza dire una parola gli tirò un cazzotto sulla spalla.
“AHI! Ma che ti prende?!”
“Ti devi controllare, ecco che mi prende!” lo ammonì Potter, puntandogli contro il dito. “Cristo, seriamente, prenditi una cura ormonale o sbattiti tra le lenzuola qualcuna, ma datti una regolata!”
“Volevo solo guardarle il graffio.” Borbottò Black, fissandosi i piedi. “Ma poi…quell’odore…”
“Già, ha un buon odore, me l’hai già spiegato…hanno tutte un buon odore, testone di un Black! Ma ti devi controllare lo stesso!”
“Oh, ha parlato!” sbottò lui, punto sul vivo. “Quando la Evans è vicina a te io balzo letteralmente dalla sedia da quanto sei maniaco!”
“Non hai capito, eh?” James sorrise.
“No, di grazia, se hai la cortesia di spiegare…!”
“Le orecchie, Sirius.” Sospirò il suo migliore amico, tra l’esasperato e il divertito. “Ti erano spuntate fuori le orecchie da cane.”
 
 
 
 
Mentre Potter se ne andava, c’era chi, in Sala Grande, non gli aveva tolto gli occhi di dosso.
Liu Chang scostò i lucenti capelli neri con un moto di stizza, masticando nervosamente una cannuccia.
Accanto a lei, David Ratcliff la fissava di tanto in tanto con il suo solito sguardo vacuo, stilando degli appunti che gli servivano in uno dei suoi compiti da Prefetto. Avere lui dalla sua parte le aveva risolto una marea di grattacapi, anche se l’altra Prefettina, Laverne McLaird, le dava invece del filo da torcere.
Una ragazza di Serpeverde di quindici anni si avvicinò di soppiatto, sedendosi accanto a lei senza guardarla in faccia.
“Ce l’hai?” chiese la Chang, minacciosa. Quella le passò senza una parola un pacchettino sotto banco.
“Passatene un po’ sul lucidalabbra ed è fatta.”
“Ottimo.” Liu Chang la fissò trionfante. “Spero per te che sia valida.”
“Una Corvonero che minaccia una Serpeverde? Davvero?” Rimbeccò quella, ironicamente.
“Pensate di avere solo voi il privilegio del potere bruto?” La Chang sorrise, stringendo gli occhi a mandorla. Quella alzò le mani.
“Per carità, a me basta solo essere pagata. E comunque i miei filtri sono sempre validi.”
La ragazza le sganciò qualche moneta d’oro, una fortuna a dire il vero, ma i soldi non erano mai stati un problema. Continuò a fissare il  punto in cui Potter era fuggito con uno strano senso di vuoto dentro…avevano fatto qualche lezione assieme come le aveva promesso, ma lui era sempre stato sfuggente. Non erano bastate moine e frecciatine, e nemmeno tutti i banali trucchetti che hanno le belle ragazze, per farlo cedere… sembrava un pezzo di marmo. A volte la fissava con una sorta di strana freddezza, come repulsione.
Fuggiva da lei…da quello che si erano detti anni fa. Ma non era più la ragazzina ingenua di allora.
Ora sapeva come parlare…e sapeva come giocare.
Strinse il pacchetto tra le mani come un amuleto, alzandosi dal tavolo senza dire una parola.
 
 
 
 
 
La mattina di quel piovoso giorno di fine ottobre si presentò più rapidamente di quanto avessero sperato. C’era un vento gelido che ghiacciava anche i  vampiri, ma la squadra di Grifondoro non sentiva particolarmente freddo.
Un po’ per la sete di vendetta, un po’ per l’ansia che potesse accadere di nuovo qualcosa, quel giorno in Sala Grande si respirava una insolita atmosfera.
C’erano state già un paio di risse e parecchi punti persi, oltre agli Auror che rognavano come dei cani per lo sbattimento di dover fare da balie ad una stupida partita da ragazzini ma questa volta Silente era stato irremovibile.
Lily Evans e James Potter si erano alzati da letto con sentimenti differenti, il giorno della partita.
Entrambi si erano guardati allo specchio con in testa alcune domande…la bella rossa, con uno spazzolino al lato della bocca, praticamente stava fumando dalle orecchie. Andare o non andare?
Ma perché poi doveva farlo?! Si chiedeva con stizza. Non era mica obbligata. Eppure…eppure aveva voglia di andare. Aveva paura…per chi? Per Potter?!
Si diede un colpo in testa da sola, dandosi della cretina. Chissà cosa sarebbe andato a pensare quell’idiota se l’avesse vista lì…sempre che  non spuntasse da qualche parte un altro Dissennatore pronto a mangiarselo in due bocconi!
Non riusciva a fare a meno di ricordare le sue urla…e anche la carezza. Farlo la rendeva triste…
Sospirò, chiedendosi come mai nessun’altra Grifondoro, anzi, nessun’altra ragazza avesse quegli immensi problemi di orgoglio che le rendevano da quando era nata la vita impossibile.
L’orgoglio…l’orgoglio l’avrebbe fregata davvero, prima o poi.
Potter aveva ben altro per la testa, era più che altro concentrato. Il fatto che la partita fosse ancora più pericolosa in un certo qual modo lo eccitava di più.
Sua madre non si era fatta sentire, quindi tendenzialmente sarebbe andato tutto bene, ma era anche vero che non l’aveva avvertito nemmeno del Dissennatore, che a quanto pareva non era “premonibile”.
Si sentiva carico di adrenalina, quasi euforico, tanto che aveva svegliato i Malandrini praticamente mezz’ora prima del dovuto. Mentre quelli gli bestemmiavano dietro, lui continuava a scrutarsi allo specchio, spettinato, mezzo nudo, con le braccia serrate contro il lavandino.
Voleva vincere…o voleva di nuovo assaporare il pericolo? Cavalcare sul filo della vita e della morte, come aveva sempre fatto?
Sospirò anche lui, decidendo in quell’istante di chiudere le lezioni con Liu Chang. Quella ragazza gli faceva male.
Il discorso che gli aveva fatto anni fa gli ricordava troppe cose e rivederla certi pensieri tornavano a galla, pensieri che avrebbe voluto seppellire.
Scese a colazione quasi schiantandosi contro Malfoy, che gli riservò un sorrisetto perfido, circondato da Nott, Avery e Gibbon.
“Cerchi già rogne, Potter?”
“Con un Malfoy le cerco sempre.” Sorrise di rimando, piantandosi davanti alla sua strada.
“Per favore, si può evitare almeno oggi?” sospirò Lupin, agguantandogli un braccio e tirandolo indietro.
“Ecco, dà retta alla fidanzata.” Ghignò Nott.
“Ma perché non ve ne andate tutti a fanculo, eh?” ringhiò Black. “Mi avete già rotto le palle e non ho ancora mangiato.”
“Strozzatici con il cibo, traditore.” Rimbeccò Malfoy.
“Questa volta sembri più in forma Lucius. Narcissa finalmente ti ha dato il benservito, al posto di laccarsi lo smalto?”
“Oh, magari il benservito potrebbe darmelo quella piccola mezzosangue che  stai pedinando da qualche tempo…” sibilò lui, ed ecco un tasto scoperto. “La cosa non è passata inosservata in famiglia…ho idea che avrai presto delle notizie.”
Black serrò i pugni e Lunastorta praticamente lo dovette afferrare per la cintura piantando tutti e due i piedi per terra.
“Ma di che cazzo parli?”
In quel momento arrivò Piton, piazzandosi tra i due con i libri in mano.
“Sta arrivando Lumacorno.” Frecciò, guardando disgustato il gruppetto Grifondoro. “E’ il caso di levarsi dalle palle.”
“Hey!” frecciò James. “E’ arrivata la testa di cazzo! Imparato qualche nuova magia oscura o hai fermato la tua promettente carriera in attesa che gli Auror si schiodino da Hogwarts?”
“Oh, chi lo sa Potter?” ghignò l’altro. “Forse questa volta non servirà un Dissennatore per farti schiantare dalla scopa…”
“Andiamo Mocciosus, non parlare di cose che non conosci, e ovviamente parlo del Quidditch!”
“Già, grasse risate Potter! Potevi spaccartici la testa contro il campo la volta scorsa, già che c’eri!”
“Magari questa volta perderanno più di un paio di punti…” sibilò Malfoy, con una strana luce negli occhi. “L’Incubo ha fallito, ma magari esce qualcos’altro…”
“L’unico incubo è vederti di prima mattina, Malfoy.” Frecciò Remus disgustato. “Stavano morendo delle persone innocenti, ma a quanto pare quasi ci speravi, eh?”
“Mezzosangue e traditori?” il suo sorriso era glaciale. “Non potrei chiedere di meglio.”
“Attento, Malf…” sorrise pericolosamente Potter. “Qualche Auror potrebbe sentirti…e farsi delle strane idee…dopo quelle che vengono guardando i fenomeni da baraccone che ti porti al fianco.”
Severus incassò la frecciatina alzando il dito medio.
“Spero che il prossimo Dissennatore ti succhi via un altro po’ di anima, Potter!”
“Succhiami tu qualcos’altro, Mocciosus!”
Andarono avanti ad insultarsi praticamente fin sotto le arcate, quando furono divisi da una marea di primini che erano invece particolarmente emozionati in vista della grande sfida del pomeriggio.
La loro entrata fu accolta con un boato, mentre i Grifondoro iniziarono a battere in sincrono i pugni sul tavolo a scopo intimidatorio e da parte della Tavolata verde-Argento si levò invece una serie di sibili ed infamate che avrebbero gelato l’inferno.
“Allora!” tubò Minus che li aveva preceduti, tenendosi ben alla larga da torri e torrette vista la propensione di quegli stronzi ad appenderlo ad ogni anfratto possibile ed immaginabile. “Come siete messi?”
“Come siamo messi?” frecciò acidamente Black. “Una pacchia! Mi sono svegliato male e alzato pure peggio!”
“Scontri con i Serpeverde.” Sospirò Remus. “Il solito.”
“Paciock ha già fatto a botte due volte, oggi.” Li informò Arthur, scuotendo il capo. “Continuano a rompere le palle su Alice.”
“Minacce?” si informò Potter.
“Come se non fossi capace di rispedirle al mittente da sola!” se ne uscì fuori la suddetta, raccogliendo i lisci capelli castani nella solita coda alta e sedendosi accanto a loro. “Il livello dei commenti è del solito becero maschilismo ma dopo ogni partita chissà come mai cade il silenzio.”
“Perché sei una bomba a Quidditch, tesoro.” Tubò James. “E mi auguro che sappiate zittirli anche questa volta.”
“Certo che se ci davano un po’ più di tempo per allenarci non era male.” Rimbeccò Giuly Spinnet, dall’altra parte del tavolo. “Se sapevo che la rivincita sarebbe arrivata così presto non mi sarei fatta la messa in piega settimana scorsa.”
“Sì, in effetti è stato un po’ precipitoso.” Confermò Remus. “Ma credo che il nostro preside abbia voglia di riportare un po’ di normalità…e in realtà fa bene, visti che gli ultimi avvenimenti non sono stati proprio una passeggiata!”
“Sempre che non veniamo mangiati da qualcosa di peggiore.” Ridacchiò Arthur mentre la sua fidanzata sbiancava sotto il trucco a forma di leone che si era stampata in faccia.
“Nahhh…nessun mostro del cavolo ci romperà le palle stavolta.”
“Io starei comunque attento.” Sibilò Remus, freddamente. “Malfoy è stato strano, prima.”
“Che carina che sei oggi, Molly!” s’intromise Geky, mentre i due si lanciavano una occhiata di intesa. “Adoro quel leone!”
“Non sono assolutamente d’accordo con questa partita dell’ultimo minuto, sappiatelo ragazzi.” Affermò lei, solennemente. “Ma non potevo non venire e se tanto mi dà tanto, ho pensato anche di tifare un po’.”
A quelle parole James alzò la testa di scatto, ricordando un sorriso e due dolci occhi verdi che lo scrutavano tra i vapori della casa di Hagrid…ma lei non c’era.
Non c’era nemmeno Cristhine, quindi era probabile che le due stessero studiando o facendo altre cose da secchione.
Improvvisamente la colazione non gli andò giù più molto bene e fu con crescente malumore che accolse le successive due ore.
Solo tornare a sentire l’odore del campo da Quidditch parve risollevare un po’ gli animi.
L’erba ed il vento si muovevano all’unisono, mentre in altro sventolavano stendardi dei colori delle case. Una marea di Auror dall’aria contrita presidiava sia il perimetro a terra che quello aereo, ma nello spogliatoio l’aria che si respirava era comunque un po’ sulle spine.
Geky Bell entrò sbattendo la porta con la divisa messa ancora a metà che lasciava ben poco all’immaginazione.
“QUEI BASTARDI!”
“Ma ti hanno appena molestato o cosa?”
“Sta zitto Sirius, forse non se ne accorgerà ancora per molto di essere mezza nuda…” bisbigliò Potter a un lato della bocca.
“Oh, piantatela voi due porci, tanto ho una prima scarsa e comunque abbiamo un problema serio!”
“E sarebbe?”
“Malfoy! Quel verme schifoso ha comprato le nuove scope per tutta la squadra!”
“Dio, quanto odio i figli di papà!” ringhiò Paciock, pestando un piede. “Senza offesa per voi due!”
“Figurati, tanto i miei non mi sganciano mai abbastanza.” Chiosò Potter, mentre Black ghignava. “Non facciamoci prendere dal panico. Sono sicuramente scope veloci ma la bravura non si compra di certo.”
“E come l’hai saputo, comunque?”
La porta si aprì di nuovo e Potter si voltò quasi speranzoso, sentendosi chiamare…ma il sorriso gli si bloccò a metà.
“Gliel’ho detto io.” Liu Chang era splendida quel pomeriggio, con la pelle di burro ed una gonna a spacco molto maliziosa. “Ciao!” sorrise radiosa, praticamente schiantandosi addosso a James. “Ci tenevo a ringraziarti per gli insegnamenti che mi hai dato questo mese, per cui ho chiesto un po’ in giro.”
“Woah! Grande Chang!” ridacchiò Weasley, dolce come al solito.
“Ci tenevo anche ad augurarti buona fortuna.” Continuò lei di rimando, a bassa voce e con negli occhi tante promesse.
“Ti ringrazio, Liu.”
James Potter ricambiò il sorriso in modo tirato…ma non indietreggiò. Non lo fece nemmeno quando la Corvoncina si alzò sulle punte dei piedi e si avvicinò con il suo ammaliante profumo, anche se serrò le mascelle e spostò appena la testa mentre la ragazza gli sfiorava un punto della guancia spaventosamente vicino all’angolo della bocca, sorridendo sotto i baffi.
Un movimento impercettibile di cui si accorse solo Black, che però decise saggiamente di farsi i cazzi suoi.
Quando quella se ne uscì la squadra lo squadrava con tanto d’occhi, sogghignando, ma Potter non sembrava particolarmente entusiasta.
“Donne.” Disse solo, scuotendo il capo e cercando di chiudere l’argomento in fretta.
“La tua ragazza è una bomba.” Se ne uscì Paciock, beccandosi in meno di due secondi un pugno in testa da Alice.
“Già, di quelle che ti esplodono in faccia se non chiudi il becco!”
Sirius stava per spararne qualcuna delle sue quando un odore inconfondibile sbarellò i suoi sensi da segugio.
“Hey, e quella lì?”
Neanche il tempo che Alice gli sferrasse un altro cazzotto che l’aveva agguantato per il bavero con un’espressione da manicomio e un ringhio tra i denti.
“Quella lì non si tocca o te la vedrai con me, chiaro?” lo minacciò, mentre quello rideva.
Cristhine McRanney si tenne un po’ in disparte, ancora poco abituata a stare a contatto con tanta gente, soprattutto negli spazi chiusi.
“Hey.” Sorrise, quando Black le si fece vicino. “Diatribe sullo schema di gioco?”
“Una cosetta del genere…” borbottò lui, grattandosi la nuca, mentre quella faina del suo migliore amico lo squadrava con un sorrisetto. “Come mai sei qui?”
Lei avvampò come un pomodoro, ma ormai era abituato al suo modo di arrossire. Anzi, lo trovata dolce.
“Volevo augurarvi buona fortuna.” Balbettò. “Ma forse non dovrei stare qui…”
Black si sciolse in uno dei suoi soliti sorrisi splendidi, sentendo il cuore fare strane capriole. Che strana ragazza…così pulita. Che strano effetto che gli faceva…
“Ma che dici?” esclamò. “Mi sarei offeso del contrario!”
“Devo dedurne che ti fa piacere?” saltò su quella, con gli occhi brillanti. “Vorrà dire che verrò più spesso, allora! Il Quidditch sembra divertente!”
“Il Quidditch è divertente, tesoro.” Sorrise Potter, appoggiandosi al suo compare. “Ma occhio a non farti beccare a tifare per noi, quando stracceremo Corvonero.”
Lei ridacchiò, mentre James fece uno strano saltello sul posto e fissò male Sirius…a volte quei due facevano cose proprio bizzarre.
“Ma tu guarda…” se la ghignò Frank, osservando la scenetta. “La bella di Corvonero che sta rapendo il cuore di quell’infingardo…guardalo come scodinzola! Oh, se gliela farò pesare…”
Arthur gli tappò la bocca con la mano, severo.
“Lasciali stare, tu!” esclamò. “Che quando Alice sbatte le ciglia sugli occhioni sei pure peggio!”
“Oh, puoi dirlo forte…” ghignò lei. “Anche se fa più effetto una bella minigonna con questo qui…”
“Amore, con una minigonna delle tue cederebbe anche un santo…”
“Ma quindi è lei quella che si è trovata la stanza piena di fiori?” s’informò Giuly Spinnet, mettendosi la crema sulla pelle nera come ebano. “Non l’avrei mai detto che fosse il tipo di Black.”
“Oh, tacete tutti! Sono cosi romantici!” sorrise Geky. “Com’è fortunata lei!”
“AHIA! PACIOCK MI HAI MORSO!” gridò Arthur, massaggiandosi la mano.
“SHHHH!”
“La piantate?! Ci sentono così!”
“Veramente vi ho già sentito!” sbuffò Sirius, avvicinandosi in quattro lunghe falcate. “Razza di iene.”
“Ops!”
“Hey! Ma come fai?! Sul serio, a volte sembri un segugio Sirius!” esclamò ammirato Arthur,  e di certo non sapeva  quanto ci fosse andato vicino.
James e Sirius si scambiarono una occhiata e sorrisero…prima che il fischio di Madama Bumb li riportasse alla realtà.




“ED ECCO CHE GRIFONDORO ENTRA IN CAMPO! ORA I SERPENTI!”
“Jordan!” tuonò la Mcgranitt.
“Mi scusi, professoressa…VOLEVO DIRE, ECCO ORA SERPEVERDE.”
Lembi di nuvole bianche s’arruffavano nel cielo, sbarazzine, ma il tempo sembrava essere migliorato.
Malfoy e James si strinsero la mano (un po’ più forte del necessario) con uno sguardo di chi augura all’altro una morte precoce e molto dolorosa.
“Non mi faro battere da te, Potter.” Sibilò Malfoy con sguardo di ghiaccio.
“Non ci si può comprare il talento, sai Malf?”
Gli occhi del biondo scintillarono.
“Quanta foga per uno che è caduto dalla scopa e ha iniziato a strillare come una ragazzina.”
“Agli strilli di terrore dalle ragazzine sei abituato, eh?”
Le due compagini si agitarono, sparandosene di tutti i colori…fino a quando il loro arbitro ne ebbe abbastanza.
“BASTA COSI!” tuonò Madama Bumb zittendo i litigi. “E’ già tanto che vi fanno rigiocare…non costringetemi a sospendere la partita. Bocche chiuse e gambe svelte, mi sono spiegata bene?!”
“Cristallina.” Rispose Malfoy, levandosi in volo con un movimento elegante.
Nemmeno il tempo dei primi punti, e i Grifondoro dovettero ammettere che le scope nuove erano davvero una spina nel fianco.
I suoi compagni arrancavano…mentre i Serpeverde come al solito non facevano un gioco proprio pulito.
“FIIIII!”
Madama Bumb fischiò l'ennesima volta un fallo, mentre Paciock si tamponava il sangue dal naso con la maglietta e quelle vipere dannate si beccavano altri dieci punti. In poco tempo erano già sessanta a dieci.
James era più in alto di tutti, concentrato, fremente. Non gliene fregava mai molto di chi segnava.
Con il vento tra i capelli e le mani che tremavano di eccitazione, ogni fibra del suo essere era presa solo da una qualsiasi parvenza di scintillio d’oro.
L’aria trasportava un odore metallico, quasi terso. Ogni tanto, avvertiva uno spiffero freddo su per il collo.
Libero.
James Potter quasi rideva per l’immensità di quella sensazione. Lo faceva stare meravigliosamente bene, ogni volta.
Volare sul vuoto, sfidare il cielo, la gravità, sentirsi senza freni, la sensazione esaltante di essere sul filo del pericolo, di decidere del suo destino. Andare a caccia.
Improvvisamente, dopo quei pensieri si ritrovò a cercare Lily Evans tra la folla.
Era diventata una ossessione… in genere erano le sue fidanzate che non riuscivano staccarsi di dosso, invece ora si ritrovava a cercare lei, disperatamente, come un bambino che ha perso la caramella.
Come un cacciatore
Il boccino gli sfrecciò davanti al naso in quel preciso istante.
 
“Potter ha avvistato il boccino! Eccolo che si tuffa verso il suolo …no! C’era quasi! Woah, Malfoy lo ha raggiunto in un secondo! Che bomba quelle scope nuove!”
 
I Serpeverde cercavano di tagliargli la strada, fregandosene del loro ruolo. Gli spalti fischiavano a più non posso, poco ci mancava che i tifosi delle due squadre si prendessero a cazzotti proprio lì, mentre la McGranitt aveva un bel daffare a placare quel tifo da stadio, con un occhio al campo e uno ai suoi bellicosi studenti.
Black praticamente placcò Nott, che cercava di bloccargli il passaggio, disarcionandolo e facendo fischiare fallo alla Bumb, ma ormai aveva poca importanza: Lui e Malfoy correvano verso la vittoria.
“Ecco a cosa serve avere potere, Potter.” Gli sibilò il biondo, gelidamente. “Il mondo si divide in gente che lo sa usare e gente che non ha le palle per farlo.”
E lo superò in un secondo di almeno un metro, con la sua scopa fiammante. La sua risata fredda riempì il campo, mentre il boccino era a pochi centimetri dalle sue dita. Gli sarebbe bastato salire di qualche metro ma quell’imbecille era talmente preso dalla foga di acciuffarlo che si limitò a sollevare il braccio, teso come la corda di un violino. Le sue unghie sfiorarono il metallo dorato per un interminabile secondo…
 
Sembrerebbe che Lucius abbia la vittoria in pugno!” Esplose il commentatore. “E’ quasi fatta…! NO! NON CI CREDO! MA CHE CAZZO FA?!”
 
E fu lì che James Potter cambiò un poco la storia del Quidditch ad Hogwarts…e fece una cosa gli fece guadagnare l’ultimo dei suoi numerosi trofei. Forse il più importante.
Perché, quel trofeo, l’avrebbe visto proprio suo figlio, quasi vent’anni dopo.
La McGranitt si dimenticò di menare il commentatore per il linguaggio osceno, e rimase sugli spalti con la sciarpa rosso oro caduta di traverso e il pugno immobile a mezz’aria.
Calò un istante di silenzio…mentre James Potter si alzava in piedi sulla scopa.
Letteralmente.
Come se fosse uno skateboard.
Con un movimento dei fianchi surclassò Malfoy e quel pazzo scatenato saltò nel vuoto dandosi lo slancio.
La mano si chiuse attorno all’odiosa pallina, e il malandrino precipitò per qualche istante, mozzando il respiro a tutti…prima di ripiazzare i piedi sulla scopa, che per inerzia del balzo aveva fatto una ampia curva per poi ritornare proprio sotto di lui, esattamente come avrebbe fatto una tavola.
La folla rosso oro esplose mentre lui slittava come se fosse abituato da sempre a usare la scopa come skate, sollevando la pallina d’oro. La McGranitt dimenticò qualsiasi cosa e si sgolò così forte che quasi cadde dalle scalinate.
INCREDIBILE! INCREDIBILE!” Tuonò Jordan al microfono, sputacchiando tutt’attorno. “NON HO MAI VISTO UNA COSA DEL GENERE! MAI! E’ STATO ASSOLUTAMENTE PAZZESCO! Grifondoro vince la partita!”
Nemmeno il tempo di atterrare e James sentì qualcuno abbracciarlo quasi a levargli il fiato.
“ABBIAMO VINTO!” Ruggì Sirius, quasi ammazzandolo. “SEI PAZZO POTTER, SEI UN FOTTUTO PSICOPATICO!”
Ben presto fu sommerso da tutta la squadra scarlatta che abbandonò scope e mazze e iniziò a ululare.
Una gioia collettiva pervase i Grifondoro. 
Gli spettatori oro e rossi corsero invadendo il campo con un barrito collettivo di euforia pura, abbracciando, scompigliando i capelli, ridendo.
“SIRIUS! Ragazzi!”
Cristhine era corsa assieme al resto della mandria, radiosa, e, dimenticato ogni imbarazzo e presa dall’emozione abbracciò Felpato.
Si udirono anche applausi, fischi, schiamazzi, ma i due ragazzi non ci fecero troppo caso… Black, ridendo, la sollevò per i fianchi e le fece fare una giravolta.
“Hai visto che roba?! DICO, MA L’HAI VISTO!”
La brunettina rise con lui, con la dolcezza negli occhi.
“E’ stato incredibile! Vi ho portato fortuna immagino.”
“Devi venire più spesso alle partite, piccoletta!”
“Hey!” s’aggiunse James scherzosamente. “Non me lo sciupare troppo! Deve venire alla festa tutto intero eh?”
“Festa?”
“Ovvio che c’è una festa! Voglio tirare giù la torre, cazzo! Mc, ti passo la password più tardi. E’ SCONTATO che tu venga.”
“Oddio, una festa!” esclamò quella, frastornata. “Non ho mai partecipato ad una festa…”
“Tesoro, non hai mai partecipato a una festa del SOTTOSCRITTO.” Se la ghignò il Malandrino, venendo poco dopo investito letteralmente da Peter che poco mancava che lo limonava lì su due piedi.
“Vedrò di non mancare.” Li sorprese la Corvoncina, mentre il cuore di Sirius faceva stranamente le capriole.
Già se la immaginava, a ballare, magari anche un po’ ubriaca…ma fortunatamente venne investito dagli altri anche lui, prima che gli rispuntassero di nuovo le orecchie da cane.
James Potter rise, rise di gusto, mentre i Serpeverde si dileguavano in silenzio…anche se da qualche parte c’era qualcosa di amaro.
Lei non era venuta. Non che ci sperasse troppo…però...
“Complimenti…” 
Una voce alle sue spalle.
James si girò e un sorriso si allargò sulle sue labbra.
Lily era lì. Avvolta dalla luce dorata, gli sorrideva sicura, forte, decisa. La gola gli si fece improvvisamente secca.
“Lily! Che ci fai qui?” esclamò Lupin, colpito.
James avanzò…mentre il resto del mondo sembrava sparire.
“Sei venuta.” Riuscì a dire, mascherandosi dietro un ghigno.
“Potevo perdermi tu che davi una lezione a Malfoy?” disse lei, tirandogli scherzosamente un pugno sulla spalla. “Non montarti la testa! Avevamo una promessa in ballo e sono una che le mantiene.”
“La promessa?”
“Avevi detto che dovevo venire a vederti vincere.” Lei ricambiò lo sguardo, furbetta. “Non che dovevo venire e basta.”
Ora la baciava. Ora gettava via la scopa e la baciava. Fu questo che pensò, in un istante, un solo assurdo istante…pensò che la voleva.
Avvolta dal rosso e dall’oro, con il vento tra i capelli, il cipiglio deciso, e l’odore del campo ad avvolgerla…l’aveva desiderata per sette anni e difficilmente si era trattenuto, ma in quel momento resistere era impossibile.
Ora l’afferrava, la baciava e se la trascinava a letto fino a che non sarebbe venuta l’alba seguente…
“POTTER!” Jordan gli si buttò addosso come una cozza. “MI DEVI SPIEGARE COME CAZZO SI CHIAMA QUELLA MOSSA! Silente vuole parlarti, dice che c’è un premio o una cosa simile!”
“E va bene, va bene!” Il Malandrino alzò le mani. Poi fissò la sua Grifoncina preferita. “So che sei una noiosa Prefettina Perfettina ma sarei felice se almeno per oggi gettassimo l’ascia di guerra e ci godessimo una meritata festicciola senza dovertela organizzare sotto il naso, di nascosto…allargando la promessa anche al dopo partita.”
“Oh, ma che faccia tosta!”
“Verrai a festeggiarmi, rossa?”
“Per questa volta farò finta di niente e verrò a festeggiare la mia intera squadra…” precisò lei, stupendo praticamente tutti. Era strano: si sentiva serena. Non riusciva a smettere di sorridergli.
Cosa poteva guastare un momento bello come quello?
Lui aveva battuto Malfoy, aveva vinto per l'ennesima volta e accanto a lui c'era lei, Lily. 
E insieme sarebbero andati a festeggiare.
La rossa lo vide allontanarsi con un sorriso largo tanto, schivare abbracci, baci volanti…qualcuno aveva fatto comparire per magia delle lucciole luminose, che volteggiavano nel tramonto.
Improvvisamente, una ragazza le si fece accanto. Una presenza nemica.
“Se non sbaglio Evans, tu eri quella che odiava il Quidditch e passava i pomeriggi a studiare.” Liu Chang sorrise velenosa, senza guardarla negli occhi. “Che coincidenza trovarti qui!”
Lily Evans non riuscì a trattenere una smorfia.
“Le persone cambiano idea molto, molto spesso.”
“Non tutte.” Frecciò lei. “James Potter continua e continuerà a considerarti solo un passatempo. Una caramella da scartare e gettare via.”
“Ma si può sapere che diavolo vuoi da me?! Non ti conosco neanche!”
E la bella Corvonero finalmente la fissò in faccia, seria.
“Non ti ho mai sopportata.” Disse, stringendo gli occhioni neri. “Non fai altro che andare in giro per la scuola credendoti speciale. Lily Evans, la principessa di Grifondoro! Sai che vedo io?” ora le sorrideva, maliziosa. “Vedo una di seconda mano che passa il suo tempo piantando rogne a persone migliori di lei. Persone che hanno un potere che tu nemmeno ti puoi immaginare…”
Lily serrò le mandibole, scostandosi da lei. Improvvisamente, la ragazza le provocava repulsione quasi fisica.
“Non esistono persone di seconda mano. Tu non sai chi sono io.” Rispose, paziente. “I miei compiti…”
“Oh, non piantarmi giù la storia del dovere.” Sbottò Liu, interrompendola. “La verità è che le attenzioni di Potter ti hanno reso solamente più forte. Intoccabile. E tu sputi nel piatto in cui mangi…quando dovresti solamente prostrati e ringraziare. Con il caratterino che ti ritrovi, saresti finita da un pezzo, se lui non ti avesse appioppato addosso la sua protezione. Ma quando ti avrà avuta, allora sarai davvero sola…perché la gente come lui non perde tempo dietro a quelle come te.”
“Quelle come me?” Lily strinse i pugni, sentendosi tremare. “Una mezzosangue, intendi?”
“Una debole.” La Chang ghignò. “E’ per questo che Severus Piton ti ha abbandonata? Anche lui è alla ricerca del potere. Chi è della risma di Potter non sfugge tanto a lungo dall’ambizione. Non perde tempo con chi frenerebbe la sua sete di gloria. Saresti solo un peso, un ostacolo sul suo cammino. Quindi non montarti la testa: sei solo un giocattolo che non ha ancora avuto.”
La stoccata su Severus le fece più male del previsto. Incrociò gli occhi di James, che si stava avvicinando…lui le vide vicine, ma Lily non riuscì a decifrare la sua espressione.
“Tesoro!” Liu gli si gettò al collo con un sorriso splendido. Poi si girò verso di lei, parlando a voce chiara, facendosi sentire da tutti.
“Per favore, vattene. Questo non è un posto per te.”
Quella frase…troppe volte l’aveva sentita.
Sua sorella.
I Purosangue.
Era stufa.
Avrebbe dovuto infuriarsi…ma improvvisamente si sentì stanca. Abbassò le spalle.
“Hey, ma che…” cominciò Potter,  ma lo interruppe, fissandola da capo a piedi con disgusto.
“Sai che ti dico? Sei solo una che ha voglia di litigare. Beh, io proprio non ne ho. Quindi divertiti.”
Si voltò e fece per andarsene.
“Io non vorrei litigare.” La voce le si alzò e divenne udibile da tutti. “Sei tu che giri intorno al mio ragazzo.”
Lily si fermò e si voltò, mentre James la guardò stralunato.
“Cosa?!” esclamarono in coro.
“James non è il tuo ragazzo!” esclamò meccanicamente Lily, non riuscendo a zittirsi.
“Informati, Prefetto. Certo che lo è.” Liu Chang le sorrise spudorata, prima di scandire le parole con molta calma. “Se non fosse il mio ragazzo...potrei fare questo?” 
Una delle sue mani perfettamente curate passò svelta dietro la nuca del capo dei Malandrini. Liu Chang si sollevò sulle punte e in un attimo, prima che lui potesse fare qualsiasi cosa e sotto lo sguardo stupefatto di mezza Grifondoro, gli indirizzò la testa contro la sua e gli baciò le labbra.
Fu un bacio lungo…o perlomeno, così le parve, perché le sembrò che il tempo rallentasse. Lily Evans si sentì strana.
Come se qualcosa le stesse facendo male dentro.
James Potter afferrò le spalle di Liu e mentre lei emetteva un gemito di sorpresa, se la staccò di dosso quasi con rabbia...ma Lily Evans era già lontana.
Stava correndo verso il castello…con i bei occhi verdi inondati di lacrime.

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Capitolo 14
*** I'm on the Highway to Hell. ***


Chiedo davvero perdono per la lunghezza esorbitante di questi due ultimi capitoli, purtroppo non sono riuscita a fare altrimenti. I prossimi saranno più contenuti.
Sarah
 
 
 
 
 
Se Liu Chang si era aspettata un altro bacio, dovette rivedere i suoi piani.
James Potter le dedicò uno sguardo difficile da digerire…e in un istante, riconobbe che cosa lo rendeva così temuto.
“Le ripetizioni sono terminate.” Sibilò, prima di scansarla bruscamente e dirigersi da solo verso la scuola.
Avrebbe dovuto schiodarsi da lì, soprattutto dopo gli sguardi che le stavano lanciando tutti…ma la verità era che quello sguardo l’aveva paralizzata.
Sapeva di giocare con il fuoco, ma non aveva messo in conto la paura folle. Aveva già provato su di sé quegli occhi, quella furia gelida, anni fa, quando avevano parlato…ma ugualmente, per la seconda volta, ne rimase pietrificata.
Ed ecco che, dopo la paura, arrivò la rabbia.
Non finiva qui, pensò, raddrizzando le spalle e ghignando in faccia ai Malandrini.
Sirius Black la guardava attentamente senza sorridere e l’altero Remus Lupin non riusciva a dissimulare una smorfia. Anche Minus sembrava turbato.
Ma loro non erano un problema. Senza di lui, senza James…loro erano nulla. Lo avrebbe reso suo…e gli altri lo avrebbero accettato senza ribattere. Ne era convinta.
Ed il gioco era appena cominciato.
David Ratcliff la fissò andarsene in silenzio ma con una strana aria trionfante sul viso.
“Te la farà pagare.” Mormorò alla Serpeverde che le aveva rifilato il filtro d’amore, accanto a lui.
“E perché?” sorrise quella. “Il mio filtro è perfetto. Ma tu…avresti dovuto dirglielo che probabilmente Potter ha un antidoto contro cose di questo tipo. Immagino che debbano fare i conti con i filtri d’amore praticamente da sempre. Ratcliff, un Prefetto agli ordini della gonnella della Chang… ma il cagnolino non ha abbaiato, questa volta. Come mai?”
“Probabilmente lo sapeva anche lei.” Frecciò il ragazzo a bassa voce. “O forse no, talmente è accecata da questa sua ossessione. Sta diventando stupida. Un errore che un Corvonero non dovrebbe fare. E lo capirà da sola.”
“Ma per favore! Io devo fare affari, ma tu sei la sua ombra da anni e non hai provato nemmeno ad avvertirla? Per cosa? Per darle un insegnamento morale?” Ridacchiò la ragazzina, perfidamente. “Che gran stronzata. Diciamo che invece speravi che se la prendesse dritta in faccia, questa lezione, in modo che corresse da te a leccarsi le ferite come ha sempre fatto. Quando le dirai mai che sei innamorato di lei? Potter prima o poi se la gusterà come una ciliegina, sai?”
Il Corvonero le scoccò addosso una delle sue occhiate glaciali, con quell’aspetto da vampiro assetato di sangue, e la Serpeverde chiuse finalmente il becco, capendo che doveva cambiare aria.
Pensava a Liu e al suo degenerare durante gli anni.
Un tempo Potter l’aveva come abbandonata…ma lei era rimasta assetata della sua luce come una drogata.
Una volta che si assaggiano le attenzioni di un dio, anche se per poco, è difficile separarsene.
Non sapeva quale strano rapporto ci fosse tra quei due, ma sapeva che Liu Chang era quel tipo di ragazza, di quelle che non accettano rifiuti ma amano chi le rifiuta a partire dal padre, il primo uomo ad essere assente nelle loro vite.
Il padre per le cui attenzioni si striscia nel fango.
Stava facendo questo? Stava strisciando di nuovo nel fango per amare un altro uomo che non la voleva? Una banale sindrome di abbandono?
No, c’era dell’altro. C’era un segreto…lo sentiva. Un filo che li legava…
E si chiese solo fino a che punto si sarebbe spinta quella diavoletta pur di tornare a riavvolgere la spola.
 
 
 
 
 
Lily correva. 
Correva veloce, piangendo forte, e attirando l'attenzione di tutti.
Non si curava di chiedere scusa a chi andava addosso. 
Voleva solo sprofondare. 
Voleva svanire nel nulla. 
Corse nel dormitorio, sbatté la porta con forza, si buttò sul letto e singhiozzò contro le lenzuola…senza nemmeno sapere perché.
Era corsa via come una bambina.
Era CEDUTA, davanti a tutti.
La fiera, l’indomabile, la coraggiosa Lily Evans…la ragazza dalla vita perfetta.
“STUPIDA, STUPIDA, STUPIDA!” gridò, prendendo a pugni il cuscino.
Se solo avessero saputo… che era una persona senza più un posto dove stare.
Che a casa era un’estranea per sua sorella, che ad Hogwarts era solo il giocattolo di Potter.
La Chang le aveva parlato di protezione…ma non era mai stata protezione. Era stato dominio. Solitudine…
E ora piangeva…perché? Perché vederla baciare James le aveva fatto così male?
Combatteva da anni contro la sua prepotenza…da anni contrastava ogni sua azione scorretta, da anni gli urlava in faccia che non sarebbe mai stata alla sua mercé.
Allora perché si sentiva così a pezzi?




 
 

“Cavoli.” Sirius Black si grattò la nuca, ancora perplesso. Poi si rivolse a Cristhine. “Ma tu sei nel dormitorio con quella?!”
“No, siamo in stanze diverse, per fortuna.” replicò lei, insolitamente fredda. “E’ una stupida oca a cui si è infilato troppo lucidalabbra nel cervello.”
“Hey!” Black la squadrò, colpito. “Pizzica la bambina! Non ti avevo mai sentita insultare qualcuno.”
La ragazza gli rivolse un distratto sorriso, contemplando il punto in cui quei due erano spariti.
“Hey!”
Arthur arrivò a grandi passi verso di loro.
“Cosa è successo? Perché siete tutti qua impalati? C’è una festa da organizzare!”
“Non crederai mai a quello che è successo.” Esclamò Peter. “James che rifiuta il bacio di una ragazza! Roba da matti!”
“Perché, chi l’ha baciato? Era brutta?”
“Non esattamente.” Ridacchiò Minus, nervosamente. “E’ che ha cercato di usare un filtro d’amore.”
“Ahia…” Weasley fischiò tra i denti, divertito. “James le odia, ste robe. Magia nera e tutta quella porcheria lì…lo fa uscire matto. Mi sa che si è giocata la sua battaglia fra le lenzuola.”
“Capirai.” Sospirò Remus. “Non penso che la Chang abbia il letto vuoto.”
“Scusate…” li interruppe Cristy, all'improvviso. “Ma devo andare a consolare Lily!”
Weasley la guardò ancora più confuso.
“Perchè? Perchè devi consolare Lily?”
“E’ vero! Che le è preso?!” balzò su Peter.
La brunetta scosse i riccioli e sorrise, come se si trovasse davanti a dei bambini.
“Voi uomini proprio non ne capite un accidente.”
Si ritrovò davanti a quattro punti di domanda stampati in faccia.
“Facciamo così…” disse, paziente. “Avete una festa da preparare e un festeggiato a cui far tornare il buon umore…e senza prese in giro!”
“E che gusto c’è?” sorrise Black tra i baffi, beccandosi un’occhiataccia.
“Ci penso io, tranquilla!” le sorrise Remus. “Incollo la lingua al palato a questo qui.”
“Mi tocca pure far da balia…” cominciò Sirius, ma si bloccò a metà frase adocchiando un paio di Auror avvicinarsi. “Ok, gente, io me la filo. La festa me la voglio ancora godere.”
“Già…ti conviene vaporizzarti, Black. Agli Auror stai proprio sulle palle!”
“E pensa quando saremo colleghi…” ghignò Sirius, prima di fermarsi di botto nuovamente.  
L’aveva detto così, senza pensarci. Auror? Un Black che diventava un Auror? Era davvero questo che voleva?
Si incamminò con gli altri riflettendo…con una strana sensazione nel petto. Questo sì che avrebbe fatto incazzare i suoi…
 
 
 

“Posso?”
Lily si voltò di scatto.
Aveva ancora le lacrime agli occhi ma non si preoccupò di asciugarle. Di sotto, iniziavano a sentirsi i preparativi per la festa. Qualcuno stava testando le casse e ci scommetteva che c’erano barili interi di Whisky.
“Non dovresti stare qui. Sei una Corvonero…”
La McRanney si sedette sul suo letto a pancia in giù, sorridendo dolcemente.
“Vorresti forse darmi una punizione?”
“No…" sospirò, facendole spazio. Cristhine aveva sempre un buon profumo e una voce capace di tranquillizzare.
“Non ho avuto molte amiche con cui cimentarmi ma…sono brava a consolare. Non ne vuoi parlare?” gliela buttò lì, passandole un biscotto al cioccolato trafugato da chissà dove.
“Non so di cosa parli.” Borbottò la Grifondoro, arrossendo. Lei la fissò con i suoi occhioni color miele e sorrise, furbetta.
“Quella Liu è davvero antipatica! Dico, come se a te importasse di James! Ridicolo, vero?”
La rossina balzò a sedere, come rinvigorita.
“Certo che è ridicolo!”
E quella le piantò addosso ancora quell’occhiata penetrante, quasi divertita. Lily accettò il suo fazzoletto e ci si soffiò il naso.
“Senti…si è notato molto?”
“Cosa?”
“Che stavo piangendo, mentre me ne scappavo via…”
“Ecco…Un…un pochino. Ma sta tranquilla, andrò in giro a dire che avevi qualcosa nell'occhio!”
Lily si lasciò andare ad un sorriso…sentendo l’affetto per quella ragazza crescere e mettere radici.
“Grazie.”
“Che ne dici di andare a mangiare la cena? Dopo c'è una festa, in Sala Comune. Potresti distrarti un po’.”
“Hmm… non credo che ci andrò. Troppe occhiate e bisbigli.” e affondò il viso nel cuscino. “Immagino che Potter ci andrà con la sua nuova ragazza.” ringhiò poi, con una smorfia. 
La Corvonero sospirò nuovamente, alzando gli occhi al cielo.
“James non ha una ragazza.” disse perentoria. “Quasi l’ammazzava, sul serio. Credo che lei abbia usato un filtro d’amore o qualcosa del genere…ma è andato storto. Ho spedito Sirius e i ragazzi a tirargli su l’umore.”
“A proposito di Sirius…” Lily rizzò a sedere. “Siete stati incollati in questi ultimi giorni. Non per farmi gli affari tuoi, ma mi preoccupo un po’. Ti piace?”
“E a te piace James?” rimbeccò l’altra a bruciapelo, facendola praticamente strozzare con il biscotto.
“Potter è la mia nemesi!” esclamò, scandalizzata, mentre Cristhine ridacchiava.
“Io vi trovo carini, assieme…”
“Mc, questa è tra le cose più assurde che tu abbia mai detto.”
“Ev, nella vita non si può mai sapere cosa succederà.”
“Oh, di sicuro non succederà questo…” chiarì la rossa, sorridendo per quei nomignoli che si erano appena date. “E comunque, sai…Sirius è un gran seduttore. Per cui, ti preparo uno spray al peperoncino. Non si sa mai.”
“Un…che cosa?!”
“E’ come una pozione…” sogghignò Lily. “Solo che è babbana e serve a far tenere le mani a posto alla gente come Sirius.”
“Oh, sta tranquilla…” fece lei, guardando al soffitto, improvvisamente triste. “Anche se mi piacesse, non sarebbe comunque una cosa destinata a durare.”
“Niente dura mai con quel porco…”
“Eh già! Ne ho sentiti di racconti!” lei rise di nuovo. “Però dovresti dargli una seconda possibilità, sai? Sono in gamba.”
“Li conosci da troppo poco. E sei troppo buona.”
“Ti prometto che non berrò nemmeno un goccio di alcool e non andrò in angoli bui da sola. Contenta? Ma se proprio sicura di non voler venire?”
“Sicura.” Lily Evans iniziò a frugare negli armadi. “Ma ti passo qualcosa di carino lo stesso, così avrò il gusto di sapere Sirius sfrigolare quando lo manderai in bianco. Monique dovrebbe avere abiti adatti ad una festa…”
Inutile dire che fece un vero e proprio capolavoro e quando Cristhine le sorrise, si chiese se non avesse un tantino esagerato. Quasi quasi glielo preparava subito, lo spray al peperoncino…
“Tesoro, sei splendida.”
“Mi sento così…diversa!” La Corvonero fece un giro su se stessa. “Devo ammettere però di sentirmi un po’ in ansia. Una festa…non ho mai partecipato.”
“Oh, solo un sacco di gente ubriaca e musica assordante. E se non ti trovi bene, puoi sempre filartela. Non c’è scritto da nessuna parte che bisogna farsele piacere per forza! E ora fila a prendere le tue cose in dormitorio!”
“Lo sai vero, che se hai bisogno di qualcosa puoi chiamarmi?” Cristhine si diresse alla porta. “Posso anche rinunciare e venire a tenerti compagnia. Non farti problemi. Ci sentiamo più tardi!”
“Cry!”
“Si?”
Lily Evans guardò altrove, imbarazzata.
“Non ho avuto un attacco di gelosia e non provo nulla per James Potter. Davvero.”
Cristy sorrise. 
“Certo. Mi sono spiegata male. Tu e James...impossibile.”
E, sempre col sorriso sulle labbra, uscì.


 
 
 
 
Il tramonto ardeva sulla serra di Erbologia. Silente camminava tranquillo, salutando di tanto in tanto gli Auror e fingendo di non vedere alcuni studenti che camminavano con lattine di birra nascoste sotto la maglietta.
La partita era stata avvincente e niente aveva attaccato i suoi studenti. Almeno quello…quindi che si divertissero pure.
La Professoressa Sprite piazzò fuori il naso a patata, con le mani ricoperte di fango…o concime.
Si guardò zitta zitta intorno e con fare sospettoso lo invitò ad entrare.
“Splendida come sempre, mia cara.” Sorrise Albus, galante, anche se la donna era piena di fili d’erba, pus di Mandragola e puzzalinfa. “Hai scoperto qualcosa di nuovo?”
I due voltarono la testa verso un vaso, l’unico ad essere tenuto in un angolo buio, nascosto e lontano dal resto delle piante.
“Quella maledetta mi ha fatto marcire metà dei miei boccioli di artemisia… ho dovuto coprirla.”
Si avvicinarono al vaso, e la strega tolse il velo con una smorfia. Al centro, si ergeva un fiore dai boccioli chiusi ma dalle radici in movimento.
“E’ un fiore oscuro, Albus. Hai fatto bene a bruciarle tutte.”
“Tutte tranne questa.” Fece greve il vecchio mago. “Speravo potessi darmi delle indicazioni. Ce ne sono molte, di queste rose, nella foresta proibita.”
“Finché rimane chiusa, non saprei dirti. Ho provato di tutto per farla sbocciare…ma non ne vuole sapere. Sono curiose però le spine. Guardale: sono tutte grigie e avvizzite.”
“Dubito che stia morendo, mia cara.”
“Lo dubito anche io, Albus. Teniamo gli occhi aperti, eh? Questi fiori non mi convincono. Lo posso quasi sentire sulla pelle…sono cattivi.”
“Guarda.” Albus indicò con il dito il gambo. “Questa spina è quasi spezzata. Ti sei graffiata per caso?”
“Per chi mi prendi? Per una principiante?” tubò l’altra, fingendosi scandalizzata. “Guanti in cuoio di drago, altroché! Non ci tengo proprio a farmi pungere!”
“Hmmm…” Silente si grattò il mento, pensieroso. Si potevano sentire gli ingranaggi ruotare nella sua mente. “Credo che dovrò consultarmi con una Faéry.”
“Una regina delle fate?”
“Sono le uniche ad avere la totale conoscenza del mondo naturale. Ho qualche contatto altolocato che potrebbe accedere alle biblioteche elfiche e darmi una mano. Nel frattempo, chiudila sottovetro e tienila sotto osservazione.”
La professoressa Sprite annuì, ricoprendo il fiore con una cupola trasparente. Avrebbe preferito tenerla sotto un telo…e non vederla. Quella pianta le dava una sgradevole sensazione…
Uscirono dalla serra, chiudendola a doppia mandata, con il cuore pieno di turbamenti.
Nei vasi, una mandragola prese a pigolare piano e un Bulbofrullo ancora immaturo si mise improvvisamente a pulsare. Un piccolo tranello del diavolo iniziò ad agitarsi…e qualsiasi pianta che sapesse muoversi, iniziò a diventare irrequieta.
Dietro il vetro, su cui il sole del tramonto stava piano piano scivolando via, la rosa aprì un petalo…e una crepa sottile iniziò a farsi strada nella sua prigione trasparente.
 
 
 
 
 
“OHE’, GENTE! VI VEDO FIN TROPPO SOBRI!!!”
La sala comune di Grifondoro era stata incantata. L’avevano allargata ed insonorizzata.
Le sedie e le poltroncine erano state spostate, lasciando spazio ad un servizio bar, che ovviamente era stato appioppato ai primini, e a delle casse grandi come elefanti che suonavano ad un volume assordante sotto luci colorate.
Nell’aria volteggiavano brillantini e lucciole incantate, piccoli comodini erano diventati centri di sfide di bevute, dove degli sventurati avevano avuto di nuovo l’infelice idea di competere con Remus Lupin.
Quel ragazzo era un mostro in qualsiasi gioco d’azzardo e cosa più assurda di tutte, reggeva l’alcool peggio di un marinaio di mezza età.
Ridacchiava angelicamente, del tutto lucido, mentre anche i bevitori più accaniti mollavano sedie e bacchette e correvano a vomitare nei bagni.
Sfidarlo era diventata una missione in qualunque festa, ed i concorrenti si alternavano speranzosi di diventare i nuovi dei della Casata stile spada nella roccia.
Inutile dire che James ci aveva rinunciato da tempo.
Il capo dei malandrini aveva riso, scherzato, accettato i complimenti, mostrato più o meno venti volte il suo nuovo trofeo alla folla esultante, cantato qualche coro da stadio…ma ora sedeva al bancone, sorseggiando un calice di Whisky incendiario invecchiato, l’espressione seria fissa nel vuoto.
La porta della Sala Comune si aprì di nuovo…e una ragazza gli si sedette accanto.
James le scoccò un’occhiata, dall’alto in basso.
“Mc, se non fossi di pessimo umore, questa sera ci proverei spudoratamente con te.”
“Solo questa sera? Potrei offendermi.” Ridacchiò lei, ordinando un calice di the.
“Astemia?”
“Previdente.” Rispose Cristhine, indicando con un dito un ragazzo che traballava come un birillo. “Non vorrei ridurmi così, visto che non ho mai bevuto alcolici in vita mia!”
“Hai bisogno di passare più tempo con noi, dolcezza.” James si lasciò andare al primo sorriso sincero della serata.
“Tempo una settimana con voi e ho già rischiato di finire divorata da un Somnus, ho saltato due lezioni, tifato come una ultras ad una partita di Quidditch, e partecipato ad una festa clandestina vestita in modo…beh!” Si guardò, un po’ imbarazzata.
“Sì, forse vestita così faresti meglio a non bere.” Considerò Potter. “Sei uno schianto e ti stanno già mangiando tutti con gli occhi. Dovrò fare a botte per te, stasera?”
“Beh, il muso lungo adatto ce l’hai…” insinuò lei, maliziosa. “E’ strano che il festeggiato sia da solo a bere con questa faccia da funerale. C’è forse qualche problema?”
Potter scoccò un’occhiata divertita a quella Corvonero diabolica…e bevve un altro sorso, che gli bruciò la gola.
“Ah, le donne.” Sospirò, fissando il soffitto. “Mi faranno diventare pazzo.”
“Oh, siamo più semplici di quanto non sembri.” Lei sorrise, sporgendosi. “Forse, e qui faccio solo una ipotesi, sei di malumore perché hai lasciato qualcosa in sospeso…”
“Già.” Il ragazzo ghignò, aiutando con il braccio senza nemmeno alzarsi un Weasley sbronzo che stava inciampando. “E’ che a volte certi discorsi del passato non ne vogliono sapere di rimanere dove stanno e riescono a leggere una parte di te che vorresti solo seppellire. Ed inoltre…” fissò il dormitorio femminile istintivamente.
“Sono molto ben protetti, eh?” frecciò la Corvoncina, ridendo sotto i baffi.
Beccato. Maledetta di una Corvonero adorabile.
“E va bene, Mc, hai vinto tu! Vorrei salire la sopra ma non posso.”
“La parola potere è ambigua sulle labbra di un Malandrino, sai? E comunque basta chiedere alle persone giuste…” e si guardò in modo allusivo.
“Tu? Ma se sei una Corvonero!”
“Una Corvonero attenta ai dettagli!” lei rise. “Mi basta solo chiedere alla Signora Grassa. E’ lei che ha il controllo sugli incantesimi protettivi qui dentro.”
“Mc, sei un amore di donna ma dubito che la Signora Grassa ti riservi un trattamento privilegiato…per me, poi. Sai che Sirius ha cercato di disegnare sopra al suo quadro un mastino?”
“Molto maleducato da parte sua.” Confermò lei, placidamente. “Ma la Signora in rosa è in debito con me.”
Praticamente Potter si strozzò con il Whisky.
“Cos…?!”
“Davanti alla nostra sala comune c’è un’Aquila che pone degli indovinelli.” Spiegò lei. “Non si sono mai sopportate, quelle due, perché…beh, diciamo che la Signora Grassa non è proprio una cima e l’Aquila non ci va giù leggera quando si tratta di prendere in giro chi non riesce a dare la risposta corretta ai suoi enigmi. Così, in cambio di qualche favore, le ho passato le risposte. Ed ora è in debito con me.”
“Sette anni.” Disse lentamente James, sconvolto e colpito. “Sette anni qui dentro e non sapevo della rivalità tra quelle due. Credevo che la scuola non avesse più segreti per me…”
“Perché devi imparare a parlare con chi hai attorno, testone di un Grifondoro!” gli tirò un buffetto sulla testa, divertita dalla sua incredulità.
Lui balzò in piedi di scatto, con gli occhi brillanti.
“Sei appena diventata la mia Corvonero preferita, Cristhine McRanney.”
“Di certo la tua preferita non è la Chang…” pizzicò lei. “E ora non sprecare il favore.”
James Potter le diede un bacio sulla guancia sprizzando euforia da ogni poro…e levò le tende agguantando il calice sul bancone senza nemmeno guardarlo.
La bella Corvonero fissò la sua scia, sorridendo…cercando di non pensare all’unica persona che avrebbe voluto vedere ora, con un misto di paura ed eccitazione. Ma lui non c’era.
“Mc!” Peter Minus arrivò alle sue spalle, ubriaco perso. “Non…hic…bevi?”
Lei rise, prendendo il suo the…mentre il ragazzino dietro al bancone la fissava.
Ma glielo doveva dire che si erano scambiati i calici, quei due?
Non fece in tempo ad avvisarla che quella lo buttò giù tutto d’un fiato…e strabuzzò gli occhi, avvampò ed iniziò a tossire come un’ossessa.
 
 
 
 
 
 
Lily Evans uscì dalla doccia a piedi nudi, spazzolandosi i lunghi capelli bagnati e stringendosi addosso l’asciugamano.
Togliersi dalla pelle il sapore della giornata l’aveva fatta sentire un po’ meglio, e per fortuna aveva insonorizzato il dormitorio e quella musica infernale aveva smesso di assordarla.
Certo che di sotto si stavano proprio divertendo…c’erano anche dei fuochi d’artificio e giurava di sentire pure l’odore di certe erbette magiche…opera di Black senza dubbio. Una festa con i fiocchi.
Stranamente avrebbe voluto tantissimo parteciparvi, al posto di stare in quella stanzetta buia.
Aveva anche una gran fame…ma non poteva scendere di sotto!
Stupido Potter!” pensò.
“STUPIDO, STUPIDISSIMO POTTER E STUPIDA, STUPIDISSIMA EVANS!”
Questa volta gridò, prendendo a pugni il cuscino. Nell’agitarsi, l’asciugamano le scivolò lentamente di dosso. “CHE RABBIA! ORA CRUCCIO QUALCUNO!!!”


Baaam.
 
 
Un fuoco d’artificio esplose nel cielo, illuminando la stanza di oro e rosso…sembrò entrare dentro la stanza, da quanto era grande e bello.
Lily Evans alzò lo sguardo, rimanendo accecata un istante da quella luce…che incorniciò il profilo di un mago, improvvisamente, davanti alla finestra.
Un mago in piedi, su una scopa, come fosse uno Skateboard.
 
 
 
 
“Ohè, ma hai sentito?” Arthur si massaggio le orecchie, quando un urlo apocalittico si fece alto al di sopra della musica, facendo tintinnare i bicchieri.
“Ma stanno scannando qualcuno?!” Esclamò Paciock.
“Magari fa parte del cd…” fece un Grifondoro del sesto anno, un biondino  di nome Stephan Calton.
“E che sarebbe un cd?!”
“Secondo te da dove viene la musica?!”
“Vabbé.” Pigolò Weasley. “Io sono troppo sbronzo. Se compare un mostro o robe simili, accetterò il mio destino…” e si accasciò pigramente sulla poltrona.
“Non possiamo morire ora! Proprio stasera che la McRanney è ubriaca e si sta scatenando…è più carina quando si lascia andare.” Tubò l’altro, adocchiando la Corvoncina in mezzo alla sala.
“Dì, Calton, ma vuoi proprio che Black ti bastoni a morte!” rise Paciock.
“Oh, Black è impegnato con il rifornimento di viveri…e poi vorrei solo un ballo!”
“Sarà meglio che aiuti quella poverina a tirarsi via di dosso gli allupati…” sospirò Molly, scuotendo i boccoli. “Con permesso!”
“E comunque Molly, l’urlo veniva dal tuo dormitorio!”
“Oh, lo so.” Ghignò lei, con l’aria di chi la sapeva lunga. “Ma penso che Lily sappia cavarsela da sola, in questo caso!”
 
 
 
 
 
James Potter schivò un vaso.
E dopo un altro.
“La vuoi piantare?!”
Lily Evans cercò la bacchetta, nascosta interamente dietro la tenda del letto che aveva usato come vestito per coprirsi al volo. Ora lo ammazzava davvero…
“Tu, razza di maniaco!” ululò, più rossa dei suoi peperoni. “Stammi lontano!!!”
Lui rise, facendo lo slalom tra gli oggetti.
“Guarda che sei tu che ti sei denudata! Eddai, mi fai entrare sì o no?!”
“SCORDATELO!”
“Guarda che ho del cibo!”
Ok, black out. Lily Evans si immobilizzò con una mano a reggere la tenda sul seno e un’altra sollevata a tirargli addosso un quadro.
Cibo? Pappa?
“E va bene…” mormorò, sentendo lo stomaco brontolare. “Ma girati immediatamente dall’altra parte, mi devo rivestire!”
“Capirai, Evans, come se non avessi mai visto donne nude…” e si beccò un libro sulla testa.
Si girò, alzando gli occhi al cielo…anche se doveva ammettere che la tentazione di saltarle addosso era stata enorme. Cristo, anche se aveva visto di sfuggita, gli era bastato per rischiare di farlo cadere dalla scopa.
Sentiva ancora le mani tremare…
“Puoi entrare.”
Lily Evans aprì le inferriate, mentre un altro fuoco d’artificio si librava in cielo e si trasformava in un enorme grifone rampante.
Nella notte, le pupille di James Potter brillavano come monete appena forgiate.
“Guarda che se ti beccavano a volare sulla torre…”
“Hey, ti ho sentito dire che sono stupido, eh?! Non è affatto carino da parte tua!” la interruppe quello, balzando dentro.
“Ma si può sapere cosa vuoi?!”
“Beh, se fai cosi me ne vado.” E fece per voltarsi.
“JAMES! ASPETTA!”
Lui si voltò, sorpreso.  La Grifoncina lo aveva afferrato per una manica…sorpresa quanto lui.
“Stavo scherzando!” esclamò. “Allora vuoi che resti eh, Evans?”
“Ce...certo che...oh insomma, che strane idee ti fai tu, eh?!” borbottò lei, confusa e imbarazzata…prima di riprendere il solito cipiglio e sbatterlo contro la parete. 
“Guarda che se vuoi baciarmi basta chiedere…”
“Non è niente di quello che pensi tu!”
Ma perché Potter la metteva sempre in imbarazzo?! Lei era solo ansiosa di chiarire le cose! Gli piazzò il dito contro la faccia, perentoria.
“Sta a sentire: qualunque voce ti sia giunta…so che la mia reazione è stata strana, oggi. Ma…sono felice per te e Liu, semmai dovesse succedere qualcosa tra voi due. Cioè, non sono nemmeno felice, sono…non lo so cosa sono ma non è nulla di quello che pensi tu! Insomma, sono affari vostri e non voglio essere tirata in mezzo a…”
James interruppe quel fiume di parole.
“Evans, guarda che hai proprio preso un granchio. Liu Chang non mi potrebbe fare meno effetto di così, anche se è carina.”
“Ma se tu ci stai assieme solo per quello…”
“Un tempo, forse.” Ci pensò su lui. “Ma penso di essere cambiato. Tu non mi conosci.”
“Beh, non sembrava quando mi ha accusato di soffiarle via il ragazzo con te che te ne stavi lì imbambolato, senza dire nulla…e non sembrava quando le stavi incollato per le labbra!” le sfuggì di bocca, prima di mordersi un labbro.
Quel gesto era terribilmente sexy e Potter si trattenne dallo sfiorarle la bocca con le sue dita. Poi gli comparve sulla testa una lampadina…e iniziò a ghignare.
“Sei gelosa.” Disse, guardandola.
“COSA?!”
“Sei gelosa marcia. Ammettilo!”
“Nemmeno per sogno!” Fece una faccia superficiale.
“Tanto lo so che sei gelosa! Sii coerente con te stessa!”
“James, smettila di fare il bambino!”
“Gelosagelosagelosagelosaaa!”
“La pianti?! Ci manca solo che pensi questo…sono irritata da tutta la faccenda, altro che gelosa!”
“E allora perché sei rossa in faccia?”
“Non sono rossa…beh, forse sì…magari il caldo...non lo so...ma comunque… OH INSOMMA JAMES NON SONO GELOSA E BASTA!”
Lui si buttò sul letto con espressione beata, mentre lei afferrava un bicchiere d’acqua per calmarsi. Passarono attimi di silenzio tranquillo.
“Ti immagini se ci sposiamo?” disse all'improvviso, sorridendo. 
Per poco Lily non soffocò. 
Tossendo e sputacchiando disse: “C-cosa? Ma che...coff...che discorsi fai?”
“Tutto è possibile!” disse lui, sulla difensiva.
“Tutto tranne questo!” replicò lei, afferrando un altro bicchiere.
Lui la guardò intensamente.
“Sai, credo che Lucius Malfoy si sia messo in testa di portarti a letto.”
Per la seconda volta James aveva rischiato di far soffocare Lily con l'acqua. Sembrava che lo facesse apposta ogni volta che lei beveva.
“Ma che discorsi che fai oggi! Cos'è, sei ubriaco?”
“Un po’…Ma è stato Weasley ad informarmi.”
“Beh, Weasley ti avrà anche detto che stavo per polverizzarlo.” Sbottò lei, guardando altrove. “Troverei più piacevole sedermi su un tappeto di chiodi.”
James la squadrò, con le mani dietro la nuca. Aveva una strana aria soddisfatta…ma di certo non si dimenticò di punzecchiare la Grifoncina.
“La signora Malfoy…ti sta bene. Lily Malfoy…magari Mocciosus verrà al vostro matrimonio…spero che non ti sporchi l'abito con tutto l'unto che ha sui capel…”
Lily gli sbatté senza tante cerimonie il cuscino in faccia.
“Sei venuto qui per una ragione e solo per farmi perdere la pazienza?”
Lui balzò a sedere, scompigliandosi la chioma.
“Sono venuto qui per farti compagnia, no? Per colpa mia non hai mangiato.”
Lei gli rivolse uno sguardo confuso.
“Non…non vai alla festa?”
“Con te qui, tutta sola? E che gusto c’è se non posso romperti le palle?”
Lei afferrò un asciugamano, tamponandosi i capelli con aria stranamente imbarazzata. La sua pelle sembrava splendere, appena bagnata.
“Grazie…” bofonchiò, a bassa voce.
“Comunque, sta attenta a Malfoy.” James tornò serio. “Non scherzavo, prima. Non è uno con cui si può essere superficiali.”
“I-io…”
“Ti ho messo proprio un bel mirino in fronte.” Lui sospirò. “Devo aver fatto parecchio il bastardo, in questi anni, eh?”
La sua voce si era fatta improvvisamente…amara? Ma che gli prendeva, quella sera? Era strano. La spiazzava…non sapeva come comportarsi.
Rimase in silenzio, giocando con un filo del letto, senza sapere cosa dire.
Di nuovo, lui le sorrise in modo… quasi triste. Un sorriso vuoto.
“E’ che non so come mai…ma noi due amiamo litigare tra di noi. Non riusciamo proprio a sopportarci…è strano.”
“Un po’ insopportabile lo sei stato.” Lei sorrise di rimando. “Ma visto che mettiamo le carte in tavola, ammetto di essere fastidiosa anche io, a volte. E sì, ammetto che mi piace metterti i bastoni tra le ruote.”
All’improvviso il suo stomaco emise un brontolio sinistro.
“Fame?”
“Un…un po’. E tu?” disse la rossina, diventando bordeaux.
“Da morire!” ammise lui. “Per questo sono qui. Ti offro la cena, principessa.”
Fece un gesto ampio di bacchetta e all'improvviso apparve un tavolo rotondo, di pizzo bianco, con una candela al centro, piatti e forchette dorate e addirittura dei fiori.
“Woah! E questo incantesimo da dove ti è uscito?”
“L’ho imparato dagli elfi qualche minuto fa, giù, nelle cucine. Sono incantesimi della servitù, non vengono insegnati a scuola, ma lo trovo utile. E’ così che fanno per fare apparire le pietanze nella Sala Grande.”
“Ma…e come hai fatto a impararlo così in fretta?!”
Lui le scoccò un’occhiata languida.
“Sono un genio, no?”
E stranamente, non le venne da ribattere in modo cattivo.
“James Potter, tu sei incredibile.” Sospirò, sedendosi.
Improvvisamente comparve un tacchino arrosto guarnito di patate dolci, e i bicchieri si riempirono di vino.
“Dì un po’…” fece la Evans, ad un tratto guardinga. “Non è che tu hai qualche cosa in mente?!”
“Ma che dici!” ma intanto ghignava come un demonio.
“Sai, Potter, io ti conosco meglio di quanto tu creda.” E trasfigurò il vino in acqua.
“Ma che prevenuta! Guarda che se avessi avuto intenzioni cattive, ti avrei sbattuto direttamente sul letto.”
“Dev’essere complicato sbattere qualcuno sul letto con le braccia incenerite…”
“Ah, Evans, io riesco in tutto.”
Il ragazzo alzò il suo bicchiere sopra la tavola, ancora velato di rosso.
“Brindiamo, eh? Prima di finire a fare a botte. A Evans, a Potter e…massì, anche alla Chang, che ha permesso questa cena.”
“Chin Chin.” mormorò sorridendo Lily, alzando a sua volta il bicchiere.



I loro bicchieri tintinnarono insieme, un rumore cristallino e frizzante, che sapeva di destino.


 
“Com'era?”
“Il cibo? Strepitoso.”
“Intendevo il bacio della Chang.” Frecciò lei, perfida. “Com’è stato?”
A James andò di traverso il pezzo di coscia che stava sbranando. La fissò, allargandosi il colletto della camicia con un dito.
“Ecco…non è che me ne sia accorto. C’era l’incantesimo che mi confondeva…”
“Non ci credo! James Potter imbarazzato!”
“Certo che no!”
“Ma se sei tutto rosso!”
“Vuoi proprio la verità?”
“Tutta la verità e nient'altro.”
“Era estremamente appiccicoso e sapeva troppo di ciliegia.”
Lily lo guardò incredula, poi gli scoppiò a ridere in faccia senza ritegno.
“E ci credo! Aveva tre chili di lucidalabbra!”
“E che ci sarebbe di divertente? Quella mi stava rifilando un filtro d’amore! Come Prefetto avresti dovuto difendermi.” 
“Beh, sai…di solito le ragazze pensano che ai maschietti piacciano le bocche ricoperte di trucco.”
Lo stava prendendo in giro…lo fissava sganasciandosi dalle risate, così Potter decise di fargliela pagare un po’.
“Io preferirei baciare le tue. Non metti mai nessun rossetto. Chissà che sapore hai.”
La Grifoncina si zittì di botto, sgranando gli occhi…ed improvvisamente, cadde tra di loro uno strano silenzio.
“Il solito stupido…” sbottò, avvampando sulle gote. “Ci provi così tanto gusto a passare da pervertito?”
“Ci provo gusto a vederti a disagio, Rossa.”
Ma tu guarda che stronzo. Ma ora lo rimetteva al suo posto.
“Ho visto Cristhine, prima. E’ venuta a tirarmi su di morale…per la figura che mi ha fatto fare la tua spasimante, ovviamente.”
“Certo, non sia mai.”
“E mi ha detto che anche Sirius ti avrebbe tirato su l’umore…”
“Ah, bella consolazione! Mi ha buttato un cuscino in faccia, mi ha sbattuto in mano dell’alcool e mi ha detto di smetterla di fare il gay.”
Tergiversava…ma Lily voleva sapere di più. Gli piantò gli occhi, decisa a non mollare il colpo. E gettò tutte le carte al vento.
“Perché eri di malumore?”
James alzò lo sguardo e la fissò di rimando.
I suoi occhi erano la cosa più profonda in cui Lily si fosse mai persa.
“Per la figura che mi ha fatto fare la mia spasimante.”Le sorrise. “Ovvio.”
“Certo, certo…come no…” mormorò lei, insoddisfatta.
“Hai detto qualcosa?”
“NIENTE! Lascia perdere. Hey! Ma com'è che tu hai una porzione più abbondante della mia?! Io l'ho già finita tutta mentre tu sei ancora a metà!”
“Ma dove sono finite le ragazze tutta linea?! Pensi solo a mangiare?! Guarda che il metabolismo inizia a cedere ad una certa età, mi diventerai una balena.” 
Per tutta risposta, Lily gli versò metà bottiglia di Champagne in testa.
“Questo è da parte della balena!” gli rise in faccia, trionfante, mentre lui la fissava esterrefatto.
“Eh no, mica credi di cavartela cosi!”
Fu la volta di Lily a spaventarsi, mentre quello si alzava con il fuoco vivo negli occhi.
“Hey! Che vuoi fare?”  balbettò, indietreggiando. “Non osare!”
“Eheh. Occhio per occhio…”
“Non ti permetterai mica…AAAAH!”
Lily gridò, schivando un getto di Champagne per un pelo.
“JAMES! NO! HO APPENA LAVATO I CAPELLI...JAMEEEES!”
Iniziarono a rincorrersi con la finezza di due elefanti, scaraventando serie e tavolini. La Grifondoro fece per balzare oltre al letto ma inciampò e in un istante Potter le fu sopra.
Fece appena in tempo ad afferrargli il polso e scostare la testa, schivando una gettata e cercando di divincolarsi.
Se fosse venuto qualcuno avrebbe pensato ad una molestia sessuale bella e buona, ma le intenzioni erano ben altre.
“Ma tu guarda!” sghignazzò il Malandrino. “E tutta questa forza fisica dove la nascondevi?”
“Potter ti giuro, ti giuro che se lo fai davvero…!” 
Ma alla fine James ebbe la meglio e Lily fu inondata di Champagne.
“AAARGH!” esclamò, alzandosi e guardandosi i vestiti. “Il letto! La camicia! SONO FRADICIA! ACCIDENTI A TE!”
James scoppiò a ridere. 
E, senza dire un’altra parola, scoppiò a ridere anche Lily.
Erano sdraiati tra le lenzuola rovesciate, tenendosi la pancia e con le lacrime agli occhi.
James Potter la fissò di sfuggita, asciugandosi le ciglia con un dito, il petto che si abbassava e sollevava a singhiozzi…e pensò che i miracoli potevano esistere per davvero.
Erano assieme.
Ridevano assieme.
Quella era la miglior festa che avesse mai fatto.
 
 
 
 
 
Sirius Black uscì da sotto il mantello dell’invisibilità stramaledendo Potter, Minus e soprattutto quello stronzo di Remus.
Appoggiò soffiando fuori l’aria l’ennesima cassa di burrobirre che grazie a dio erano appena terminate.
Da dentro veniva una musica spaccatimpani.
Il tuo migliore amico questa sera va in bianco.” Gli aveva detto sorridendo Lunastorta. “Quindi ti occuperai del rifornimento viveri e non ci proverai con chi dico io. Le regole del gruppo le conosci bene. Non si fa sesso quando un amico è di malumore.”
Gliel’avrebbe infilate su per il sedere, le regole del gruppo…alla ventesima cassa di birra inciampando sotto il suo stupido mantello, Black aveva seriamente pensato di farli fuori tutti.
Per fortuna che era finita… era troppo buono, questa era la verità. E non avrebbe ricevuto nemmeno un grazie perché mai nella vita avrebbe detto a Potter tutti i favori che gli stava facendo.
Gli aprì Weasley, barcollando.
“Ma tu guarda…ecco il nostro angelo…” biascicò, tutto paonazzo. “L’angelo dell’alcool tornato tra noi per i suoi miracoli…”
“Se, Arthur, falla finita, eh? Tu non lo reggi proprio, il whisky.” Abbaiò Black, di pessimo umore. “Vedi di non vomitare addosso alla tua ragazza, piuttosto!”
“Ha già vomitato lei per me.” Rise quello. “Nel vaso di fiori…”
“Dio, ma che schifo!” si schifò lui, che rimaneva pur sempre un Black. “Ha provato a sfidare Remus?!”
“Affermativo…” e il rossino iniziò a sganasciarsi sul pavimento. Mi sa che era meglio iniziare a diminuire i rifornimenti…quel cretino di Potter non era felice se non finivano tutti a sboccare, santo cielo!
E Remus ci provava proprio gusto a mietere tutte quelle vittime, ogni volta!
Lo vide seduto con Peter, leggermente rosso in viso ma ugualmente stabile e sobrissimo, con un sorriso innocente che non fregava proprio nessuno.
Stava per andare a rifilargli un cartone sui denti spintonando la marmaglia quando…i suoi piedi si bloccarono.
E tutto parve spegnersi…
Cristhine McRanney ballava su un tavolo assieme alle compagne di Grifondoro, scuotendo i riccioli, circondata da una schiera di persone.
Le luci giocavano sulla sua pelle, scivolando addosso ad un vestitino nero, stretto e aderente, dalle maniche orizzontali ed una profonda scollatura.
Non sentiva la musica, Sirius Black, quando iniziò ad avvicinarsi. Non vedeva più nessuno…solo lei, che rideva come non aveva mai fatto e ballava libera, la pelle bianca macchiata di rosso sulle guance, gli occhi lucidi, l’acconciatura disfatta.
Cristhine McRanney era ubriaca persa. Alice, Geky e Giuly l’avevano tirata sul tavolo ma lo sentiva parecchio traballante.
Ciò nonostante, quella poteva definirsi una delle serate più belle della sua vita…ballava fregandosene di cadere, e non riusciva a smettere di ridere. Si sentiva leggera, l’alcol le faceva girare tutto il mondo e lei doveva girare con esso, per mantenersi salda sulla realtà.
Che sensazione splendida! Le sembrava quasi di volare…
Scese dal tavolo, accettando l’aiuto di Calton, ma il pavimento doveva essere stato stregato perché ora che si era fermata, sembrava di stare sulle sabbie mobili.
Oscillò pericolosamente, cadendo all’indietro.  Il mondo girò ancora più vorticosamente in quel breve secondo…esplodendo in mille colori.
Poi qualcuno la prese in braccio.
Riconobbe il suo odore ancor prima di alzare gli occhi. Un odore freddo.
Sirius Black se la tenne stretta, con un’espressione indecifrabile…ed il cuore che tremava.
Com’era leggera, pesava quanto un uccellino…e poi profumava che era da divorarsela.
Lei gli rivolse un sorriso tutto fatto, che però apparve dolce. Sembrava una bambina.
“Sei venuto.” Sbiascicò. “Credo di avere esagerato un po’.”
“Lo vedo…”
“Mi sa che devo tornare al dormitorio…” e neanche il tempo di finire la frase, che chiuse gli occhi e appoggiò la testa sul suo petto.
“Forza, razza di alcolizzata, ti accompagno…hey! Ma ti sei addormentata davvero?!”
Ma che situazione! Pensava, ripercorrendo il corridoio buio sotto al mantello dell’invisibilità con la Corvoncina in braccio.
Quella dormiva proprio nella grossa…meno male che era una piuma.
Era estremamente morbida, il respiro tranquillo, le labbra dischiuse appena, quasi umide…
Peccato che non aveva fatto i conti con una certa Aquila che si animò davanti alla porta elegante di Corvonero, fissò la McRanney e le domandò: “Quando sono in piedi loro sono sdraiati, quando sono sdraiato loro sono in piedi. Chi sono?”.
“Hey piccione, ma mi prendi per il culo?! Non lo vedi che è in sbornia?!”
L’aquila lo fissò placidamente.
“Vuoi rispondere tu, per lei?”
“Maledetto pennuto, apri questa porta o ti spenno!”
Non ci fu niente da fare: quello tornò di pietra e non se lo filò più manco di striscio. Non gli rimase altro che riportarsela a Grifondoro, ma forse era meglio così, le avevano lanciato tanti di quelli sguardi da allupati che era meglio tenersela sottochiave, per quella sera.
Camminava silenzioso, sperando di non farsi spuntare di nuovo le orecchie da cane…o magari la coda, che gli avrebbe squarciato i pantaloni e poi chi lo sentiva più Potter!
Il corridoio era accarezzato dai raggi lunari, c’era una bella quiete…
Cristhine borbottò qualcosa, improvvisamente.
“Cosa?”
“Tu…mi odierai.” Biascicò quella, persa nei fumi dell’alcool e con ancora gli occhi chiusi. “Mi odierai…sai Sirius? Quando lo scoprirai…non mi vorrai più vedere…”
“Ma di cosa parli?”
Ma la ragazza era tornata di nuovo nel mondo dei sogni.
L’adagiò delicatamente sul proprio letto, avvolgendola nelle coperte stile bozzolo, mentre quella mugolava soddisfatta come un gattino.
Salì Lupin, trascinando Minus per una gamba.
“Sarà meglio che resti anche io…” frecciò, adocchiando la fanciulla mentre il topastro si gettò nel letto per non alzarsi più. “Di te non mi fido. Non ti ci lascio dormire assieme.”
“E dove dovrei dormire, secondo te?!”
Remus Lupin sogghignò perfido.
“Nel letto di James.” Tubò. “Mi sa che lui non è andato proprio in bianco. Scusa, Paddy.”
 
 
 
“Ma si può sapere che vuoi fare?” chiese Lily Evans, in ciabatte dentro la Sala Comune alle quattro del mattino. Era a dir poco un macello: molti erano riusciti a tornare nei loro letti, ma tanta altra gente era semi svenuta accasciata negli angoli con le bollicine che uscivano dal naso, bicchieri per terra, un odore di Burrobirra che c’era da stare male.
Che razza di dementi alcolizzati…
James Potter sogghignò, portandosi il dito alla bocca. Salì in camera e si infilò una maglietta nera, con una strana scritta sul davanti.
“Ti faccio sentire una bomba, Evans.”
“Ti ricordo che l’Incantesimo insonorizzato è stato tolto, per cui sarà meglio che questa bomba sia silenz…”
Ma nemmeno il tempo di finire la frase, che partì una musica talmente alta che la si sentì pure in giardino.
 
“LIVING EASY, LIVING FREE! SEASON TICKET ON A ONE-WAY RIDE!”

Partì una colossale imprecazione mista lagna funerea da parte dei Grifondoro in ogni angolo della sala, che saltarono tutti per aria come birilli, mentre la rossina in preda al panico si tappava le orecchie.
“JAMES! SEI IMPAZZITO?”
“Chiudete quella musica!”
“Mi si sta spaccando la testa!”
“Ma che ore sono?!”
“POTTER PORCA PUTTANA!”
Ma James Potter non ne voleva sapere. L’afferrò per una mano e la trascinò al centro della stanza, ridendo a voce alta, mentre i poveri compagni sembravano delle anime sulla riva dell’Acheronte da quanto si lamentavano.
“Rock, Evans! E’ appena uscito il nuovo Cd! Non sono una bomba?!” urlò, agitandosi come un pazzo e obbligandola a fare una capriola mentre la poverina cercava di chiudere quell’audio assordante.
“James, James smettila subito!”
Lui iniziò a scuotere la testa come un metallaro mimando il suono di una chitarra. Sulla maglietta tagliuzzata, c’era la scritta ACDC.
“POOOOOTTEEEER!!!” Al di là della porta ci fu un ululato pazzesco. Gazza! “POTTER, COSA DIAVOLO STA SUCCEDENDO?! MALEDETTO DEMONIO, LO SO CHE SEI TU! PERCHE’ QUESTO MALEDETTO PASSAGGIO NON SI APRE?!”
Ci si stava frantumando le mani contro quel quadro! Lily Evans venne obbligata a fare un’altra piroetta ma improvvisamente riuscì ad afferrargli le braccia.
“James! Tu sei pazzo!” urlò sopra la musica. “Ti metterai nei guai! Ci metti nei guai tutti!”
“Lo so!” urlò lui, saltando sul posto come un assatanato. Se l’avvicinò a sé, ghignando. “Ma i guai arriveranno domani e ora c’è solo la musica…e una promessa che mi hai fatto, o sbaglio?”
Avrebbe dovuto fermare tutto. Avrebbe dovuto farlo, visto che era una Prefetto, che erano le quattro del mattino, che i loro compagni erano tutti già in sbornia e che stavano svegliando tutta la scuola rischiando l’espulsione di massa.
Eppure…rimase immobile, a fissarlo scatenarsi. Gli aveva promesso una festa e quel cretino se l’era presa davvero, senza mezze misure.
Assurdo, le veniva da sorridere…cercò di tenere la faccia seria ma le labbra le si allargavano senza che riuscisse a controllarle.
Non riusciva a smettere…
Non ci riusciva proprio…
 
 
 
 
 
 
I’m on the Highway to hell.
I’m on the Highway to hell...don't stop me.

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Capitolo 15
*** Halloween! ***


 
Giovedì 31 ottobre.
Non c’era nulla di più pericoloso al mondo della notte di Halloween, quando ad Hogwarts regnava il dominio di gente bastarda come James Fleamont Potter.
Gli studenti tremavano da una settimana mentre i Malandrini si sfregavano le mani con un ghigno tanto pronti a fare scherzi di pessimo gusto, che ogni anno diventavano sempre più esagerati, tra l’altro.
Al sesto, Potter aveva praticamente fatto diventare la  scuola un Jumanji vivente dopo aver letto l’omonimo libro babbano di Allsburg, con il risultato che Hogwarts era stata trasformata in una palude viva piena di leoni, zanzare giganti e cacciatori esauriti che rincorrevano gli studenti sparando caccabombe con un epocale grido di battaglia.
A Gazza era venuto un esaurimento nervoso e quell’ultimo anno se ne andava in giro con un tic nervoso all’occhio, più paranoico che mai.
Scherzi a parte, ad Hogwarts come da tradizione, c’erano anche i dolcetti…
E no, non si parlava certo delle leccornie che, assieme a candele e zucche giganti, addobbavano la Sala Grande, ma delle ragazze.
Come ogni anno, quella notte magica era anche la notte in cui le fanciulle diventavano più disinibite che mai, trasformandosi in mostri che di mostruoso avevano ben poco se non lo spacco della minigonna.
“Da cosa ti travesti, Liu?” chiese Judy Shepherd, una Tassorosso del quinto anno piena di treccine.
La Chang sorrise appena, per gesto automatico più che altro, con in bocca un pennello impiastricciato. Silente le aveva chiesto di finire di decorare alcuni vasi, visto quanto era brava a disegnare, e a vederla dipingere bisognava ammettere che brillava di tutt’altra luce…che svaniva non appena apriva la bocca.
“Non lo so.” Rispose, accavallando le gambe. “Mi verrà in mente qualcosa.”
Era circondata dal suo solito codazzo di oche, con la faccia imbronciata e spaccature vertiginose che quasi facevano a gara con quelle di Bellatrix Black.
“E se c’è Potter?” berciò Elidora, guadagnandosi un’occhiataccia.
“Te l’ho già ripetuto.” Berciò velenosamente l’orientale. “La Evans gli ha rifilato un filtro d’amore!”
Si levò un coro di “oooh”.
“Quindi è vero?” berciò Paige Carriton, Corvonero vanesia come poche, con le unghie sempre pitturate di un colore diverso. “Ma so che sono sette anni che Potter ci ha messo la firma sopra, non so se mi spiego…”
“E allora saranno sette anni che prepara filtri.” Frecciò l’orientale, stizzita. “Lo sappiamo tutti quant’è brava in pozioni, no?”
“Però sono anche sette anni che gli rifila solo picche…è un po’ strano.” Continuò quella che, nonostante il corteo di amiche non proprio geniali, era pur sempre una Corvonero.
“Quanto sei stupida, Paige.” Rimbeccò Liu, acidamente. “Non lo capisci? Quelle sono Grifondoro. Valle a capire…mettono l’orgoglio sopra qualsiasi cosa. Probabilmente vuole solo essere corteggiata per rimpolpare il suo già tracotante ego!”
Ed era proprio quella la storiella che andava a mettere in giro da qualche settimana, ferita nella dignità e col dente parecchio avvelenato.
Potter l’aveva sconfitta…e da quel giorno, non la degnava più di uno sguardo.
Questo le aveva anche fatto perdere qualche fornitore di erbette magiche e parecchi informatori che avevano il terrore di finire sulla lista nera del capo dei Malandrini, soprattutto vicino Halloween.
Ma se ne fregava…stava lì a dipingere scheletri sui vasi quando voleva solo cercare il colore giusto per ricreare gli occhi d’oro di James.
Non era mai riuscita a dipingerlo, quello sguardo. Era come se…come se non potesse essere messo su tela.
Qualsiasi tentativo era solo una pallida imitazione di ciò che aveva incastonato tra le ciglia quel mago.
“Io mi sono sempre questa cosa ci trovi Potter in quella.” Continuò Elidora, sgranocchiando una mela candita. “Una secchiona.”
“Sì, ma è uno schianto.” Si lasciò sfuggire la Tassorosso.
“Di schianti ce ne sono a valangate, qua dentro. Ti basti vedere le Black.”
“Potter non andrebbe mai con le Black.” Rise quella. “Credo che preferirebbe farselo evirare.”
“Era per dire! Potrebbe starci con Liu, ad esempio. Eppure non lo fa.”
“Non ancora…” frecciò malignamente la Chang, con un ghigno. “Lasciamelo lavorare un po’.”
Già, lavorarselo…bella trovata, non fosse che quel maledetto sembrava immune ad ogni sua arma di seduzione o, come le chiamava lei, di distruzione. Cosa diavolo ci trovava in Evans?!
Era così corretta, mai una regola infranta, sempre così inquadrata…la persona più ordinaria del mondo. Era bella, certo, ma algida come un fiocco di neve!
“Beh, io inizio a crederci alla storia del filtro d’amore!” La Blake si avvicinò di più, piazzandosi una mano al lato della guancia. “Pensate che l’hanno beccata uscire dal suo dormitorio fradicia di alcool. Champagne, credo. Letteralmente inondata…sarà mica un’alcolista?”
“Salve ragazze! Bella giornata, eh?”
La voce pacata e divertita di Lily Evans fece fare loro un salto di tre metri.
La Prefetto era comparsa loro alle spalle, con un’aria decisamente rilassata, qualcosa di languido e pacifico in fondo allo sguardo.
Liu Chang la guardò come se desiderasse vederla morta stecchita all'istante.
“Perfetta. Prima che arrivassi tu.” Disse, gelida. “Nuovo profumo, Evans? Eau de Champagne? Non sprecarne una vasca intera, però, bastano poche gocce, sai?”
Le sue compagne ridacchiarono in coro ma la rossa Grifondoro non perse il suo sorriso.
“Che coincidenza. Sto proprio andando a immergermi in una vasca di Champagne. Proprio con James.”
Gli occhi della Chang si fecero di ghiaccio, assottigliandosi ancora di più.
“Che blateri? E come mai lo chiami per nome?”
“Forse non te ne sei accorta o forse i pettegoli dei quali ti circondi sono poco informati.” mormorò lei, guardando Elidora. “Ma la sera della festa a Grifondoro… ero con Potter. Dì loro di riferire meglio le notizie, la prossima volta.”
“Io…Io…”
“E sì, abbiamo passato la notte a riempirci di Champagne.” Concluse la Evans, perfidamente. “Sarà stato il filtro d’amore…”
La ragazza si allontanò ridendo, mentre quelle la squadravano allibite.
E la sua euforia aumentò ancora di più quando sentì la voce di James dire: “Hey, salve ragazze! Scusate non ho tempo, devo andare a riempirmi di Champagne con Evans!” e se lo vide comparire al fianco.
Si guardarono in faccia per un secondo, poi scoppiarono a ridere.
“Strepitosa è dire poco, mia perfida Evans.” Ghignò Potter, scoccandole un’occhiata. “Da quando tiri fuori le unghie in questo modo, hn?”
“Anni di pratica.” Lo adocchiò lei, incrociando le braccia al petto. “Anche se questa è la prima volta che metto in giro io stessa voci infondate, devo ammetterlo!”
“Eh già…sette anni e finalmente ti vanti di me.”
“A proposito di vantarsi…non ho ancora visto uno scherzetto.” Lily tirò fuori la Prefetto che era in lei. “Paura della punizione, per caso?”
Proprio così…la McGranitt si era infuriata così tanto, la notte in cui James aveva svegliato tutta Hogwarts, che non aveva ancora trovato una punizione adeguata per tutta Grifondoro.
Si era rabbonita solo quando Lily e Remus, con sguardi da cuccioli abbandonati, erano andati a farle le fusa…e così, si trovava nella sgradevole situazione di dover decidere se fucilare tutta Grifondoro per colpa di Potter o lasciar correre per non mettere nei guai anche i suoi due preziosi Prefetti.
Potter per tutta risposta le diede un ghigno che non le piacque per nulla.
“Oddio santo, tu hai in mente qualcosa!”
“Ma che dici?” tubò lui, stronzissimo.
“Dico che è Halloween e ancora non è saltata per aria la scuola…e la cosa mi fa alquanto paura!”
“Magari sono maturato, che ne sai.”
“Potter…” la Evans gli afferrò il bavero della camicia. “Non ho per niente voglia di passare Halloween a correre dietro alle tue idiozie come ogni anno, ti giuro che se metti anche solo una Puzzopalla in giro te la ritrovi infilata su per il naso!”
“Puzzopalle? Nahhh.” Black sfoderò il secondo ghigno pericoloso della giornata, quando si sedettero con i compagni nella Sala Grande, circondati dalle candele e dagli spiritelli. “Ci siamo dati una calmata. Davvero.”
E giù a sghignazzare.
“Ragazzi, l’ultima volta ho avuto muschio nei capelli per una settimana.” Ringhiò Geky Bell. “Mi accodo alla Evans, se fate qualcosa anche quest’anno vi sviscero!”
“Per non parlare di quando mi sono svegliato con Van Pelt qualcosa che cercava di farmi lo scalpo…” ci si mise anche Frank, con voce da assassino.
“A te è andata anche bene.” Borbottò Weasley. “Io mi sono ritrovato un leone mentre ero al cesso.”
“Per non parlare di quei cazzo di tamburi.” Berciò Molly, alzando gli occhi al cielo. “Ve li ricordate, i tamburi di Jumanji o come si chiamava? Ci hanno rotto le palle per una settimana intera.”
Uno spirito veleggiò sopra di loro, con un sorriso compunto e il naso talmente all’insù che sembrava appeso con le mollette.
“RicoVdo anche io.” Borbottò con la sua insopportabile R moscia, facendosi aria con un fazzolettino firmato, cosa che tra l’altro non gli serviva a niente se non a far vedere quanto era costoso. “E’ stato disdicevole oltVe ogni diVe.”
“Buongiorno, Pix.” Sorrise Lily, cortese. “Passerete una bella serata anche voi fantasmi, questa notte?”
“Se per bella seVata intendi passaVla con un bVanco di caveVnicoli a tvacannaVe alcool che non ci fa effetto e a faVe scheVzi, posso diVti che ne faVò volentieVi a meno.” Rispose quello, scoccando un’occhiata disgustata agli spiriti che non vedevano l’ora di festeggiare il giorno dei morti. “Come al solito, me ne staVò nella mia suite a leggeVe e a soVseggiaVe vino.”
“Ma non hai mica detto che non vi fa effetto?” chiese Minus, sorridendo tra sé, beccandosi una bella occhiataccia.
“Sciocco umano, non vedo come potVei spiegaVe la diffeVenza a uno che fa paVte di quel gVuppetto di manigoldi!” tuonò, indignato. “E con questo me ne vado, pVima che mi Vechiate ulteVioVe distuVbo.”
“Ah, quel Pix.” Sorrise James. “Dovrebbe rilassarsi un po’.”
“Godersi un po’ la non vita…” sibilò Black al suo fianco, sorridendo a sua volta.
Remus in tutta risposta sospirò, appoggiando la tazza di caffè sul tavolo.
“Tu non ne sai nulla?” berciò Alice, voltandosi verso di lui. “Niente di niente, Remy?”
“Sì, Remy, dicci qualcosa dai!”
“Remy non dirà mai nulla, ragazzi. E’ il nostro Malandrino prima di essere un Vostro Prefetto… Vero Remy?”
“Remy, mi passi la salsa?” lo perculò pure Minus per ultimo, come una iena.
“Ah-ah, molto divertenti.” Borbottò lui, affondando il viso nel giornale e fingendo di non sentire il nomignolo che gli aveva appioppato una streghetta cotta persa per lui, quando gli aveva praticamente urlato in faccia una dichiarazione d’amore davanti a tutti.
Era stato tremendo a dire poco…quella poveretta era scappata via in lacrime quando lui, senza dire una parola e rosso come un pomodoro, aveva semplicemente girato i tacchi ed era fuggito come se avesse avuto il diavolo alle calcagna.
Oh, che cazzo, che ci poteva fare lui?! Di donne non ci capiva un accidente…e poi non poteva.
Semplicemente, non poteva! Aveva fatto una promessa e l’avrebbe mantenuta.
Ma si stava anche rivelando più difficile del previsto…da quando le streghe andavano in giro così scollate ad Hogwarts, eh?!
E meno male che era quasi impossibile farlo ubriacare…quelle demoni stavano lisciando gli artigli in vista dell’ultimo anno e dire che Lupin era braccato era dir poco.
“Era pure carina.” Insinuò Black.
“Sì, beh, troverà qualcuno di adatto a lei.”
“Hey, dolcezza, informazione lampo ma non sconvolgerti ok? Non sei fatto di cristallo.” Frecciò Giuly Spinnet, facendo ridere tutti.
“Credo che Remus abbia diritto ad un po’ di privacy.” Intervenne Lily, guastafeste e corretta come sempre.
“Privacy? Non esiste la privacy qui dentro.” Rimbeccò James. “Tu che ne dici, Mc?”
La Corvoncina si sedette accanto a loro, come praticamente faceva quasi sempre, ormai. La cosa non era vista di buon occhio dai membri della sua Casata ma se ne fregava: quelli erano tutti così snob…sembravano intelligenti solo loro, a sentire i discorsi.
“Oh, non so rispondere.” Mormorò, sorridendo biricchina. “Remy, mi aiuti tu?”
Quello decise che ne aveva abbastanza e si diresse paonazzo alla serra di Erbologia.
“Non cambierà proprio mai…” James scosse la testa e squadrò Black.
A proposito di gente che non cambiava…il Malandrino come suo solito l’aveva fatto balzare per aria con una bella scarica ormonale partita a raffica e ora stava in silenzio a fissare la McRanney come un cane diffidente ma al contempo adorante.
Lei invece gli sorrideva sempre intimidita dalla sua regale persona, cercando spesso ed inconsciamente un contatto fisico, che faceva rabbrividire il loro compagno nemmeno fosse un dodicenne.
Che depravato…e dire che lei lo faceva davvero in modo innocente, anche se si vedeva lontano un chilometro che era cotta a puntino.
Passarono tutta la colazione sui carboni ardenti, e quando Cristhine si allontanò con gli altri per dirigersi a lezione, lasciò un disperato Black a battere da solo la testa contro il tavolo.
“Sono nei guai…”
“Ma non mi dire.” Lo adocchiò Potter. “Hai intenzione di partire all’attacco o vuoi continuare a darci scariche emotive da pervertito? Bastano già le mie, sai? E ti ricordo che Remus è in astinenza forzata, non è che lo aiuti così.”
“Oh, che ci posso fare?!” sbottò Sirius. “Non ci riesco…è diversa da tutte le altre. Se faccio un passo falso potrei terrorizzarla a morte e farla scappare.”
“Eh già. Un tempo bastava solo sbottonarsi la camicia, eh?” ridacchiò Minus.
“Già. Invece lei è sensibile. Intelligente…e maledettamente facile da rompere.” Continuò quello, sull’orlo della crisi emotiva. “E ogni volta che la sfioro anche solo per sbaglio, mi sento un maniaco. L’orco cattivo di Hogwarts…”
“Ecco, travestiti così stasera.” James si alzò, alzando gli occhi al cielo. “Sai cosa credo io? Che questa ragazza ti piaccia per davvero. E la cosa terrorizza te. E a morte, anche!”
“Ma che dici?” sbottò lui, punto sul vivo.
“Ora lasciami fare un discorsetto alla Lupin, ma non ti incazzare, ok? Cristhine è una persona speciale, ormai l’abbiamo capito. Certo, ha le sue turbe psichiche ma chi non ne ha? Non è questo che ti frena. Ti frena il fatto che ti piace parlare con lei, stare in sua compagnia e che sia una di quelle rare persone che una volta che te le sei portate a letto ti viene voglia di rivedere il mattino dopo. Quindi ti ci devi mettere in gioco per davvero e sai cosa? Fai tanto la morale a Remus ma sei esattamente tale e quale a lui.”
“Oh, questa era cattiva!” scattò Black teatralmente, mentre Peter rideva. James sorrise esasperato.
“Non hai mai frequentato persone che potessero piacerti davvero perché hai paura. Paura di rimanerci fregato e non solo. Hai avuto paura di farti degli amici perché temevi che la tua famiglia potesse usarli contro di te e ora fai lo stesso con le donne.”
Sirius Black tornò serio…e fissò lontano. Oltre i tavoli, oltre le mura.
“Mi è piaciuta una sola ragazza, in passato. Piaciuta in quel modo.” Sospirò, con voce piatta. “E non è finita bene per lei.”
Improvvisamente, Minus gli tirò un abbraccio da un lato e Potter gli si appiccicò all’altro lato.
“Piantatela. No, veramente…staccatevi…oh cazzo…”
Arrossì, mentre quelle due cozze gli riservavano l’ennesima imbarazzante dimostrazione di affetto che la sua dignità di Black e maschio etero si rifiutava di apprezzare.
“Su, su Black.” Tubò Minus come miele puro, mentre quello diventava un porcospino. “Il passato è passato. Ora ci siamo noi.”
“E non puoi permettere che la tua famiglia e il tuo vissuto condizionino ogni tua decisione nella vita…” sorrise James accarezzandogli i capelli, mentre da Serpeverde iniziavano le prime prese per il culo. “Non puoi proteggere tutti da solo. E’ a questo che serve il nostro branco.”
“Ma non potevate dirmelo senza appiccicarvi?!” scattò su quello, riuscendo a liberarsi con un movimento degno di un contorsionista.
“No, perché ti vogliamo bene e dobbiamo fartelo sapere!” cinguettò Codaliscia, a voce imbarazzantemente alta.
“Sei il nostro dolce e morbido Paddy!” miagolò James.
“OH, ANDATE AL DIAVOLO.” Sbottò lui, al limite, e se ne scappò a gambe levate da quei due dementi.
“E’ facile imbarazzare un  Black.” Sogghignò Minus, scoccando un’occhiata a James. “Ma almeno così gli abbiamo tolto di testa certi brutti pensieri.”
“Già…” sorrise mestamente quello. Erano rimasti gli ultimi in Sala Grande. “Ma prima o poi tornano sempre tutti.”
“Ma noi abbiamo un potere che gli altri amici non hanno.” Lo consolò dolcemente Peter. “Possiamo sentirli.”
Era vero. Loro potevano sentirli…e combatterli assieme. Nessuno di loro sarebbe mai stato solo al cento per cento.
A volte si chiedeva se questo legame non fosse andato oltre…oltre i normali limiti degli esseri umani.
Essere così strettamente interconnessi…non più un normale gruppo di amici ma un vero e proprio branco, impossibile da sciogliere.
“Dici che peggiorerà?” si lasciò sfuggire.
“Può darsi.” Sospirò Minus, stavolta un po’ spaventato. “Eravamo ragazzini e abbiamo fatto un pasticcio, che ci possiamo fare? Magari arriverà un giorno in cui non avremo più un pensiero proprio ma ci muoveremo come automi con un unico cervello…oppure, di punto in bianco, questo legame si spezzerà da solo.”
Si avviarono ad Erbologia, saltando striscioni e decorazioni varie per la Grande Festa di Halloween di quella sera.
L’annullamento della loro individualità o la solitudine improvvisa… Sembrava assurdo ma non sapeva dire quale fosse il destino peggiore.
 
 
 
 
 
La sera si faceva fredda. Nell’aula di Erbologia, Madama Sprite aveva chiuso a doppia mandata già da tre ore, avendo ben cura di spolverare i vasi e scacciare i Folletti Mangiapolline.
In un angolo, tuttavia, qualcosa si muoveva ancora…sotto una prigione di vetro.
La crepa nella cupola si allargò improvvisamente con un suono secco, disegnando una ragnatela nel vetro che ben presto lo frantumò.
Un raggio di luce candida cadde proprio in quel momento dalla finestra, quando una nuvola lasciò alito alla luna nel cielo…ma non riuscì a illuminare la rosa.
Le tenebre l’avvolgevano, fremevano come fiamme vive.
Piano piano, le spine parvero ringalluzzirsi e iniziarono a cambiare colore, non più grigie e vecchie ma vivaci e brillanti.
 
Una spina rossa per l’amore.
Una spina gialla per l’amicizia.
Una spina bianca per la purezza del cuore.
E infine, quella più importante di tutte. Una spina trasparente…spezzata a metà.
 
Il vetro si ruppe in mille pezzi… e, nella notte dei morti, la rosa sbocciò.
 
 
 
 
 
 
 
 
Remus Lupin dannava Halloween, dannava Hogwarts e dannava la vita intera. Stava appoggiato ad una colonna nella Sala Grande, avvolto in un morbido dolcevita azzurro come i suoi occhi…e bestemmiava in dieci lingue, dentro di sé.
I Professori dovevano essere davvero deficienti. Ogni anno organizzavano una Grande Festa di Halloween all’interno della Sala Grande, dove presenziavano tutte le Casate…per cercare di farli andare d’accordo, sì, come no.
Ma erano ciechi o cosa? pensava, adocchiando Grifondoro e Serpeverde che già si stavano scrocchiando le mani.
Per non parlare della pericolosità di lasciare così tanto piede libero a Potter proprio quella notte. Lo sapevano, accidenti. Lo sapevano che ogni anno ne combinava una! Eppure Silente dava il permesso ogni stramaledettissima volta…anzi sembrava che gli scherzi di Halloween dei Malandrini lo divertissero pure!
La verità era che quella serata si pregustava solo un’enorme rotture di scatole per chi, come lui, era Prefetto. Scoccò un’occhiata a Laverne da Corvonero, che gli rispose con un cenno del capo, parecchio di malumore. Per ora tutto a posto…tutti loro erano stati obbligati al servizio, per mantenere l’ordine e lasciare agli studenti un po’ di fiato dai professori durante i festeggiamenti.
Per carità, a lui non importava molto di non partecipare e di non travestirsi…non gli piacevano molto le feste, se non quando doveva mietere vittime al gioco delle bevute.
Halloween gli piaceva ancora meno, anzi, lo odiava profondamente.
La festa dove tutti, sorridendo, si travestivano da mostri. Si travestivano da…lui.
Sospirò, passandosi una mano sulla faccia. Se solo avessero provato un solo giorno della loro vita l’oscurità vera…sapeva di non poter arrancare pretese sugli altri e che era solo un modo come un tanti per farsi qualche bevuta in più, ma considerava Halloween quasi offensivo.
In ogni caso, il problema era un altro.
Le ragazze.
Dio santo, andavano tutte in giro mezze nude e sbronze…fissandolo con occhi da predatrici, affilando gli artigli pronte a far di un sol boccone il mago più casto della storia della scuola.
Cazzo, da lì non usciva vivo! Era anche l’ultimo anno…quelle lo avrebbero fatto a pezzi!
Stava giusto deglutendo sotto lo sguardo di alcune Tassorosso quando Paige Carriton gli si appiccicò addosso.
“Ciao Remus!” trillò vestita da coniglietta, con una scollatura che avrebbe fatto svenire un santo. “E’ un vero peccato che voi Prefetti dobbiate starvene qui tutti soli! Ti va compagnia?”
“Grazie per l’offerta.” Balbettò Lupin, evitando di guardare la sua quarta naturale come avrebbe fatto un perfetto gentiluomo. “Ma temo ti annoieresti.”
“Ti sei irrigidito…ti do forse fastidio?” sorrise sotto i baffi lei, diabolica, premendosi ancor di più addosso a lui. “Sei sempre così distante, sai? Però lo trovo interessante…qui non fanno altro che sbavarmi addosso.”
“Non ne dubito…”
“Tu invece sei sempre così educato...toglimi una curiosità, ma ce l’hai la ragazza? Posso prenotarti per almeno un ballo?”
Remus Lupin balbettò qualcosa, fissando altrove.
“Sono di servizio…mi dispiace…”
“Oh, ma ci sono così tanti Prefetti…un ballo solo che problemi può creare?”
Cavolo, e ora come sa la sbrigliava?! Stava veramente sudando freddo quando arrivò un angelo sceso dal cielo.
“Spiacente, Paige.” Disse Lily Evans, accostandosi a lui. “Quel ballo l’ho prenotato già io.”
Quella la squadrò con tanto d’occhi.
“Tu? Ma non stai con Potter?”
La Grifoncina fece uno sforzo immenso per evitare di mimare il gesto del vomito e stirò un sorriso perfido.
“Beh, che ti posso dire? E’ una buona annata.”
Mentre la fissavano squagliarsela con un gesto stizzito, i due Prefetti sospirarono in coro.
“Grazie.” Mormorò Remus, sorridendo mestamente. “Ma non dovevi…”
“Mi sembravi in difficoltà e comunque non avrebbe funzionato. Era troppo stupida per te.” Disse lei con dolcezza. “E poi, questa storiella circolava già.”
“Cos…? Di noi due?”
Lei ghignò divertita.
“Ho recentemente scoperto che l’unico modo per zittire certe voci è dare loro ragione. Tempo qualche giorno e si sgonfiano da sole. Come procede la festa?”
“Calma. Nessuno che si prende a botte, per ora.”
“E Potter…?” lo squadrò di sottecchi, sospettosa, mentre lui rideva nervosamente.
“Sai che non posso.”
“Saresti proprio un Prefetto modello, se non fosse per questa tua doppia personalità!” Sospirò lei, esasperata. “Davvero, ma come fai a conciliare le due cose?”
Remus si lasciò andare ad una risata, osservando la Sala. Era stata decorata in modo incantevole.
Zucche gonfie come tacchini galleggiavano assieme a delle candele che sembravano lucciole. C’erano vasi e quadri dipinti con i simboli dei fantasmi ed era stato montato un piccolo palco dove alcuni di loro si divertivano a suonare sinfonie della morte che, tuttavia, erano stranamente orecchiabili. Sembravano quasi soft metal.
Dappertutto, giravano bicchieri con dentro un liquore talmente rosso da sembrare sangue e tutti quanti si erano travestiti da qualcosa, tranne i Prefetti che tuttavia erano in abiti babbani.
Lily per l’occasione aveva un lungo maglione arancione che avvolgeva buona parte dei jeans stretti, con sopra disegnato un gatto nero, e rimaneva incantevole come sempre anche così.
“Piuttosto, hai visto Cristhine? Non la trovo da nessuna parte.”
Il Malandrino scosse il capo, adocchiando la sala. Anche Black non c’era…stava forse facendo il maniaco?! Lo ammazzava davvero se ci provava con lei da ubriaca questa volta!
Ma dovette rivedere i suoi film mentali perché numero uno, la Corvoncina dopo la sbornia della festa a Grifondoro aveva decisamente chiuso con gli alcolici e numero due, Black era appena sceso con gli altri.
Inutile dire che erano una visione…perlomeno Ramoso e Felpato.
Sirius indossava un lungo cappotto nero con il bavero alzato e un filo di sangue finto che gli colava dalla bocca sensuale, dalla quale spuntavano fuori, quando parlava, due canini da vampiro che poteva metterci la mano sul fuoco erano quelli di quando si trasformava. Potter al suo fianco invece, si era travestito da mummia e non ci fu una sola ragazza a non trattenere il fiato quando arrivò in mezzo alla calca con delle bende che fasciavano in modo sfacciatamente aderente tutto il suo corpo.
Peter invece, si era travestito da zucca, visto che la rotondità c’era già di suo.
“Carini!” ridacchiò Weasley raggiungendoli, vestito da mago Merlino con tanto di barba finta. “Bevete qualcosa ragazzi?”
“Sì, di grazia, così non mi suicido.” Ringhiò tra i denti Black, osservando avvelenato alcuni membri della Casata verde argento. Fortunatamente la sua famigliola felice non era ancora in giro, probabilmente convinti del fatto che arrivare più tardi di tutti fosse buona educazione, ma la sola idea di averli sotto al naso tutta la notte gli avrebbe fatto andare di traverso anche l’ossigeno.
“Già, la festa sta iniziando a diventare barbosa!” si aggiunse Giuly Spinnet che, visto il colore della sua pelle, aveva fatto autoironia e si era conciata come una strega vudù africana.
“Con i Prefetti che circondano tutti e i Serpeverde che sparano le loro stronzate sul sangue puro c’è da impiccarsi a sto giro.” Sibilò Paciock, agghindato da pirata. “E poi questo vino non è nemmeno dieci gradi!”
“Tranquillo, appena la Evans volta la faccia lo correggiamo…” ghignò James, sistemandosi meglio il pezzetto di benda che aveva incastrato fra i capelli e facendo svenire parecchie streghe. C’era da ammettere che conciato così era sexy da morire!
“Spero sia l’unico scherzo che farete stasera…”
“Oh ma che palle, riuscite a pensare ad altro?!”
“No.” Sibilarono i Grifondoro in coro, già incazzati visto che la faccia di bronzo di Ramoso non convinceva proprio nessuno.
“Che gente di poca fede! Beh, quindi come l’animiamo la serata?”
“Rito satanico?” borbottò Black. “Saprei già chi sacrificare…”
“Farei un’evocazione spiritica ma sono tutti già qua.” Cinguettò Arthur, alzando gli occhi verso i fantasmi. “Rischiamo di far comparire solamente quello snob di Pix!”
“Che ne dite di fare Obbligo-Verità?” propose la Spinnet facendo tintinnare la collana di ossa finte al collo e girandosi verso gli altri. “Hey gente, giocate?”
“Io ci sto!” trillò Paige, mentre uno sparuto gruppo di Tassorosso e Corvonero si unì al gruppo, piazzandosi tutti su dei divanetti di vimini pieni di ragnatele e mettendo un tavolino al centro.
“Facciamolo come si deve…” ghignò Potter come un demonio. “Vincoliamolo!”
“Ok, mi sono già pentita…” Giuly si batté una mano sulla fronte mentre dalla sua bacchetta sprizzarono alcune scintille che andarono a creare un bracciale di luce attorno al polso dei partecipanti. Da quel momento in poi, o si accettava l’obbligo/si diceva la verità, oppure si rischiavano sventure per dieci anni. “Hey ragazzi, non fate gli stronzi ok?”
“Non ti obbligheremo a spogliarti, tranquilla…forse.” Sussurrò perfido Black, con occhi che già brillavano.
Inutile dire che fu una vera e propria carneficina. Ad una certa anche alcuni Serpeverde colsero l’occasione per praticare l’abile arte della vendetta e tra gente costretta a leccare i gabinetti e a rivelare le proprie perversioni più recondite per non parlare della messa in pratica vera e propria, non se ne salvò uno.
“Allora, Black…” sibilò Alecto Carrow maligna, quando la bacchetta toccò loro due facendo scintillare i bracciali magici. “Obbligo o verità?”
“Verità, ovviamente.” Fece noiosamente quello, squadrandola con disgusto. “Come minimo mi violenteresti.”
“Ah-ah, tesoro, non ne hai la vaga idea.” Insinuò lei, stringendo gli occhietti sottili. “Probabilmente non reggeresti un minuto con me.”
“Se mi salissi sopra, non reggerei nemmeno un secondo.” Rimbeccò quello in un ringhio, facendo ridere i Grifoni e avvampare la Serpeverde di rabbia.
“Vediamo un po’…parli parli, ma…hai mai fatto cilecca a letto?”
Lui ghignò come un sadico.
“Mai, dolcezza. Ritenta alla prossima!”
Fu il turno di James e Weasely, che scelse obbligo.
“Ti vedo sobrio, rosso.” Tubò James. “Scolati dieci bicchieri di alcool.”
“E dai, ma sei uno stronzo! Ne ho già bevuti tre!”
“Prevedo un bel coma etilico…” sogghignò Mcnair, mentre Molly, preoccupata, seguì il suo fidanzato pronta a far evaporare con la magia le bevande dal suo stomaco se si fosse messa male.
“Oh, tu guarda Mcnair…” rinfacciò Geky, sfregandosi le mani quando fu il loro turno. “Obbligo o verità?”
“Verità.” Mugugnò l’altro, squadrandola con astio.
“Si può sapere che cazzo ci fai con quegli animali impagliati e da dove tiri fuori quelle inquietanti pellicce?!”
“Ecco, questa è una bella domanda. Rispondi, hai un fetish per caso?!” si aggiunse Alice.
“Diciamo che trovo più carini gli animali quando sono nel piatto o sul muro…” fece lui, senza il minimo imbarazzo. “Puzzano e fanno rumore inutile, e nella mia famiglia c’è l’usanza della caccia. Li odiamo quasi quanto odiamo i mezzosangue!”
“Razza di carogna!” Ringhiò Alice, schifata. “Spera di non capitare mai in turno con me!”
Toccò poi a Paige subire un obbligo, ma a quanto pare non le diede troppo fastidio limonarsi una sua amica perché lo fece con parecchio entuiasmo e facendo sollevare fischi da stadio.
“Ok, vediamo di abbassare il tiro…” il raggiunse Lily, sospirando. “I professori faranno comunque dei giri qua intorno!”
“Perché non ti unisci a noi, rossa, piuttosto?” propose James, scoccandole una bella occhiata di quelle buone.
“Ah-ah. Scordatelo!”
“Mi unisco io, se non vi spiace.” Si intromise Liu Chang, sicura di se stessa come sempre, vestita in un completino di lattex da infarto e truccata a mo’ di bambola assassina.
Si sedette proprio davanti a James scoccandogli delle occhiate profonde, mentre la Evans tornò alla sua postazione con una strana sensazione di fastidio.
Razza di gallina…
Potter dal canto suo resse lo sguardo abituato a non abbassarlo mai davanti a nulla, ma divenne silenzioso e i Malandrini presenti percepirono una irritazione così grande da assomigliare all’odio.
Quando fu inevitabilmente il loro turno, perché ovviamente le sfighe non vengono mai da sole, la Chang si prese qualche minuto prima di parlare, guardandolo come se volesse entrargli dentro.
Poi disse qualcosa di incomprensibile per tutti ma a quanto pare Potter capì bene, perché i suoi occhi scintillarono e la mascella si contrasse fino quasi a spezzarsi.
Hai accettato il tuo destino?”
“Ma che cazzo di domanda è?” se ne uscì fuori Arthur. “E dire che potevo vendicarmi dei dieci bicchieri!”
James Potter si lasciò sfuggire un sorrisetto amareggiato e la squadrò come se stesse guardando un verme disgustoso. Si portò con una smorfia il bicchiere di vino alla bocca, e lo bevve fino all’ultima goccia.
“Non stai rispondendo.”
“Mi pare di averti già risposto tempo fa, Chang.” Sibilò lui, freddo. “Non ho molta altra scelta, no?”
Calò una strana tensione…mentre il gruppo guardava da una parte all’altra con un grande punto di domanda in testa.
Ma la tensione precipitò letteralmente quando alle loro spalle comparvero i peggiori giocatori che fosse possibile immaginare per quel gioco.
“Ma guarda…” Bellatrix Black allargò la bocca in un sorriso diabolico, meravigliosamente bella nel suo abito di taffetà color porpora che fasciava delle curve da morirci dentro. Al suo fianco, Narcissa Black, gelida come al solito e con un abito simile ma color ghiaccio, Lucius Malfoy, Severus Piton, che pareva trascinato lì in mezzo a forza più che altro, e Nott. Poco più indietro c’era Michael Aliaset - anche lui pareva essere trascinato lì a forza visto quanto era asociale di solito -  che fece in fretta a dileguarsi e andare al bar, con una smorfia cinica sul bel viso.
“Che giochino divertente che si prospetta qui! Ci uniamo anche noi, Cissa?”
“Passo.” Mormorò l’altra ironicamente, più fredda del ghiaccio nel suo bicchiere.
“Lucius mi pare di capire che ne abbia voglia, invece…” la Black fece per avanzare di un passo quando si udì uno schianto.
Sirius Black alzò lo sguardo lentamente sulla cugina, mentre un divanetto accanto a loro era appena saltato per aria. Così. Senza muovere nessuna bacchetta.
Peter sbiancò appena, cercando Remus con lo sguardo ma quanto pareva i Prefetti erano impegnati altrove.
Ecco. Fine della pacchia.
“Non siete i benvenuti.” Sibilò quello, e negli occhi vorticava di nuovo quel vuoto, quel gelo oscuro che appariva solo quando si confrontava con uno di loro. Con un suo simile.
Bellatrix non parve lasciarsi indispettire ma istintivamente fece un passo indietro.
“Suvvia, siamo tutti nella stessa barca, no? Bisogna pur trovare di che divertirsi.” s’intromise Lucius, con un sorriso perfido. “O avete forse paura di qualcosa in particolare?”
Ma perché? Si chiese Minus con angoscia, quando gli occhi di James scintillarono. Perché cazzo dovevano tirare fuori la storia della paura, ogni volta?! E quel cretino ci cascava sempre.
E infatti Potter ghignò come una iena e mise una mano sulla spalla di Sirius.
“Perché no? Prego.”
“Cosa?! Sei serio?!” si sconvolse la Bell, squadrandolo con tanto d’occhi. “Questi come minimo ci obbligano a tagliarci le vene!”
“Ragazzi, ricordatevi che è solo un gioco…” bisbigliò un pelino preoccupata Mandy Harpies, che già aveva dovuto limonare gente con l’alito da topo di fogna.
“Ci mancherebbe altro.” Mormorò elegantemente Lucius, guardando poi Severus. “Tu non partecipi?”
“Piuttosto mi taglio le palle.” Fu l’elegante risposta di quello, allegro come un becchino come suo solito.
“E io che volevo obbligarti a far vedere le mutande a tutti, Piton…oh, scusa.” James lo squadrò come il demonio. “L’ho già fatto. Dimenticavo.”
Lui ricambiò l’occhiata, sorridendo crudelmente.
“Puoi continuare a riderne, fino a quando te lo potrai ancora permettere.”
“Dovrebbe essere una minaccia? Da che ti sei travestito, a proposito?”
“Simpatico, Potter. Tu invece ti porti avanti, con quelle bende?”
“Tante belle parole ma qua seduto non ci stai, eh?”
Piton scosse il capo con sussiego.
“E tu sempre in pista, come il solito caprone mandato alla riscossa ma prima o poi le corna si spaccano, sai? Sarebbe divertente vederti diventare lo schiavetto di Bellatrix, ad esempio.”
“Grazie della dritta…” ridacchiò lei, leccandosi le labbra in maniera perversa.
“Oh, so che mi ami.” Minimizzò quello.
“Certo. Quando odorerai di cadavere.”
“Giochiamo?” si intromise Black, già stufo di sentire la loro voce e nauseato dal loro profumo. “Mancano pochi giri e poi ognuno fuori dalle palle.”
Inutile dire che quella che prima era solo preoccupazione diventò una crisi vera e propria…e la gente iniziò a sudare freddo, sperando di non avere la sventura di capitare proprio negli ultimi giri. Nessuno si azzardò più a chiedere l’obbligo dopo che le richieste si erano fatte tremendamente sadiche ma anche nell’estorcere informazioni Malfoy fu maledettamente abile, così come i Malandrini, scoprendo numerosi passi falsi in quella che diventò a tutti gli effetti una vera guerra fredda.
Ma fu quando finalmente la bacchetta puntò Sirius, che Bellatrix poté raggiungere il suo obbiettivo.
Sorrise come una iena, schioccando le labbra piene sul bicchiere di vino e guardandolo da oltre il cristallo. Era suo, finalmente.
“Chiedimi un obbligo.” Sussurrò, quasi esaltata. “Dimostra di avere le palle, Grifondoro.”
“Sirius, no.” S’intromise Minus, sbiancando. “Ti obbligherà a tornare con loro!”
“Nessuno ha chiesto il tuo parere, topo di fogna.” Ringhiò lei, facendolo tremare. “E’ una questione di famiglia.”
“Di famiglia ne ha una sola.” Sibilò Potter, perdendo improvvisamente la spocchia giocosa e fissandola seriamente. “Attenta a quello che fai, Black. Sai che me lo riprendo quando voglio.”
“Dovresti solo provarci.” Rispose Bellatrix accoccolandosi sulla sedia come una regina. “Te lo sei preso una volta, è vero. Ma i Black imparano dai loro errori.”
“Potreste evitare di parlare come se fossi una palla?” s’intromise Sirius, piegando le labbra all’ingiù. Squadrò la cugina con odio ma non rispose subito.
“Grifondoro solo per scelta, eh?” insinuò lei, con malizia e Felpato fece la stronzata.
“Obbligo.”
“Ecco!” Minus si batté le mani sulla fronte, già pronto a dirgli addio ma questa volta la bella Serpeverde stupì tutti quanti.
Ti obbligo a chiedere a Cristhine McRanney di dirti la verità.”
E Black la fissò stupito, gelando dentro…mentre la ragazza iniziò a ridere. Che accidenti voleva dire?! Come conosceva il nome di Cristhine? Loro non avevano mai badato ai mezzosangue…
Fece per balzare in piedi e afferrarla quando ci fu un casino infernale.
“FERMATI SUBITO!”
Improvvisamente, qualcosa sfrecciò sul tavolo, rovesciandolo, seguito da Lily Evans, Lupin e tutti gli altri Prefetti che riapparvero improvvisamente con un diavolo per capello e li travolsero stile mandria imbizzarrita.
Un essere salì fino al soffitto seguito dalle urla dei loro guardiani e con un ululato degno di un mannaro rovesciò sulle teste di tutta la sala una pioggia di liquido puzzolente.
“CHE SPASSO, RAGAZZI!” Tuonò Pix, facendo esplodere tutte quante le zucche con occhi da pazzo e un sorriso tanto, sghignazzando in modo irriconoscibile. “UNA FESTA PERFETTA PER UN CHI SPRUZZA LA PUZZA!”
Era totalmente diverso, vestito da clown e spiritato, prese a fare scherzi praticamente a tutti facendoli fuggire da tutte le parti ma a quanto pare, stava distruggendo Hogwarts da almeno venti minuti piazzando trappole ad ogni angolo.
“MA SI PUO’ SAPERE CHE GLI PRENDE?!”
“Mi sono evoluto!” ululò quello, con gran giubilo. “Mi sono evoluto e il rito è compiuto! Tremate studenti, tremate! Il Poltergeist più indomabile di Hogwarts le notti vi rende agitate!”
“Pix!” tuonò Lily, cercando di prenderlo con la scopa aiutata da Laverne e Leavy di Tassorosso. “Scendi immediatamente!”
Per tutta risposta, le Prefettine furono letteralmente inondate di non si sa bene che liquido dall’odore sgradevole, rimanendo impalate con il braccio all’aria per almeno un paio di secondi, decisamente sconvolte. Che fine aveva fatto lo spiritello gentiluomo e snob che odiava chi masticava troppo forte?!
Sputacchiando e gocciolando, la rossina cercò di ripulirsi quando il più gran bastardo di Hogwarts salì sul palco dei fantasmi e, in mezzo a quel caos e a quel fuggi fuggi, urlò a gran polmoni: “BUON HALLOWEEN, STRONZI!”
Proprio così. Quei quattro maledetti ci avevano pensato per tutta l’estate.
Non gli sarebbe bastato fare un ultimo, grande scherzo, no. Al re del caos sono-un-cretino-Potter quell’idea pareva letteralmente intollerabile.
Dopo di loro, quella scuola avrebbe subito solo ordine e precisione…serviva qualcosa di forte. Un addio come si doveva…e poi ecco l’idea. Ma doveva per forza essere un addio?!
Non poteva essere per sempre una festa, uno scherzo e un delirio?
Era bastato poco per far evolvere Pix in quello che, da quel giorno in poi, sarebbe diventato il flagello della scuola e dovevano ammettere di aver fatto un ottimo lavoro.
E, mentre tutti scappavano e i fantasmi strillavano, James Potter osservò quel disordine dall’alto del palco e sorrise. Nemmeno Remus aveva brontolato tanto, per una volta. Forse perché sapeva.
D’ora in avanti, Pix sarebbe stato la sua firma. Il segno che, da quella scuola, erano passati loro quattro. E non se ne sarebbero mai andati.
Era la prova della loro amicizia. La prova della loro esistenza. La prova di ciò che volevano davvero.
 
“Hai accettato il tuo destino?”
 
Un unico, immenso, perenne caos.

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Capitolo 16
*** Necronomicon. ***


Ma dov’era?
Sirius Black percorreva il corridoio con un bracciale di luce ancora vivo al suo polso, obbligato dalla frase crudele di Bellatrix Black a cercare Cristhine per scoprire…che cosa?
Perché sembravano conoscerla? Si era portato a letto decine di ragazze. Come mai tutto questo interesse proprio per lei?
Forse, sibilò una vocina nella sua testa, forse perché si vede che stai perdendo la testa, a sto giro. 
Le persone correvano qua e là impazzite mentre Pix dava sfogo a cent’anni di goliardia repressa, incollando gente alle statue, piazzando trappole ad ogni angolo e facendo esplodere lampadine.
La Corvoncina non si era fatta vedere per tutta la sera e, anche se non aveva capito il motivo per cui quella carogna gli avesse imposto di chiederle quella frase misteriosa, un crescendo di inquietudine gli stava montando dentro.
Quei maledetti tramavano qualcosa, e lei non si vedeva da nessuna parte. 
La vocina perfida continuò ad intromettersi nei suoi pensieri, impossibile da scacciare. E se si fosse imboscata con qualche ragazzo? Magari – sogghignò la vocina – uno che ha avuto le palle di dirle di essere pazzo di lei.
Ripensò agli occhi da allupato di Calton e un ringhio gli gorgogliò in fondo alla gola.
Lo ammazzava davvero!
Stufo di bighellonare come un idiota, decise di salire a Grifondoro a ripescare fuori la Mappa del Malandrino quando la vide, improvvisamente, dalla finestra della Torre.
Piccoli e lenti passi, la ragazza era nell’unico luogo in cui non si sarebbe mai sognata di andare: stava entrando nella Foresta Proibita.
Che accidenti stava facendo?
“HEY!” Urlò, aprendo le imposte. “DOVE DIAMINE STAI ANDANDO?!”
Se anche l’avesse sentito, la ragazza non si girò. Proseguiva, lenta, un incedere strano, le spalle curve e le gambe quasi ciondolanti.
“Cazzo.” Fischiò, agguantando il mantello e pulendosi il sangue finto. Non sarebbe durata in secondo lì dentro…ma che le saltava in testa?
 
 
 
James Potter correva fuggendo non da Pix ma dai Prefetti che volevano fargli la festa. Tutto quel casino per lui era come Natale e rideva sguaiatamente mentre una mandria inferocita si era armata di asce e picconi e voleva fargli lo scalpo.
Si infilò nel solito nascondiglio che nessuno conosceva e si ritrovò tutto d’un pezzo davanti alla Sala Comune, dove si prese una tirata d’orecchi di Remus che lo aspettava proprio alla sua uscita, conoscendo le sue mosse come le sue tasche.
“Ahi! Guarda che stavolta eri d’accordo anche tu!”
“Già, e me ne sono pentito.” Ringhiò quello come un aspide, ricoperto da capo a piedi di un liquido verdognolo, mentre Minus ridacchiava. “Ma lascia perdere lo scherzo e guarda qua.”
Gli piazzò sotto il naso la Mappa del Malandrino. Non capì inizialmente cosa ci fosse di strano ma dopo una rapida occhiata, vide i due nomi di Cristhine e Sirius che si addentravano nella Foresta. Lei lo distanziava, procedendo davanti lentamente, mentre lui sembrava stesse correndo.
Gli ghignò in faccia.
“E quindi? Si stanno palesemente imboscando. Metti dei croccantini vicino alla porta e vedrai che torna da solo.”
“Imboscando?!” ululò l’altro, spettinandolo con la sola forza dell’ugola. “Nella Foresta Proibita?! Di questi tempi?!”
“Gli piacerà il brivido. Vuoi davvero interromperli? Perché sai che non ce la perdona.”
“Li interrompo eccome.” Borbottò l’altro, arrossendo leggermente. “Ci sono infiniti posti dove poter fare quello.”
“Sesso, Remy. Stanno per andare a fare sesso. Hai diciassette anni, cristo santo, chiama le cose col loro nome!”
“E va bene, sesso! Contento, sanguisuga? Sta di fatto che Cristhine sia…” avvampò di nuovo, digrignando i denti. “O meglio, presumo che sia vergine a giudicare dall’odore che emana. E sai meglio di me che mettere una vergine la notte di Halloween in un luogo dove si annidano forze oscure è come far annusare il sangue agli squali! Non se lo ricorda che lì in mezzo c’è il Necronomicon?! Ma come cazzo si fa ad essere così irresponsabili?!”
“Sai veramente capire se una è vergine o meno E ME LO VIENI A DIRE SOLO ADESSO?!”
“Ma perché non chiamare i Professori o gli Auror?” pigolò Minus interrompendo quel delirio, disperato. “Perché volete farmi morire a tutti i costi?”
“Non morirà nessuno, Pet. Ci sono i centauri, no?” Frecciò James, andando a infilarsi nei jeans. “Al massimo vedrai Black nudo e qualche unicorno che fa le fusa alla McRanney…sempre che non abbiano già consumato.”
Inutile stare a parlarne perché aveva già il suo solito sguardo…lo sguardo che gli veniva di fronte ad un possibile pericolo. 
L’eccitazione che emanava corse attraverso di loro, facendo sbuffare Lupin che al contrario, aveva una ruga in fronte che non si sarebbe distesa fino a quando non fosse finita quella pazzia. 
“Diamo un’occhiata.” Distesero la mappa sul tavolo. Hogwarts sembrava un formicaio imbizzarrito, con tutti che correvano e facevano casino. Auror ovunque, come c’era da aspettarsi, anzi, era stato un miracolo che quei due beoti fossero riusciti ad eluderli così facilmente passando dall’entrata principale.
“Voi due scendete dal passaggio della Strega Zoppa, Codaliscia sulla tua testa, Rem.” Disse James, indicando una stretta feritoia che portava vicino alla casa di Hagrid, nella quale si poteva passare però solo una volta al giorno e solo una persona. “Io passo da qua. Tenetevi pure la mappa, a me non serve.”
Peccato che non vide l’unico nome che avrebbe dovuto temere…ovvero quello della Evans che tra l’altro faceva parte del gruppo armato di picconi.
La rossina li vide a metà del corridoio del secondo piano e fece per tirare una badilata in testa a Potter quando si bloccò.
Remus era appena entrato in una statua con…ma che aveva tra i capelli?! Un ratto? Prendevano Halloween più seriamente di quanto pensasse!
E dove accidenti stavano andando, così di soppiatto?
Stavano senza dubbio tramando qualcosa, ne era certa e oh, ora gliela faceva pagare davvero!
Li avrebbe presi con le mani nel sacco e niente e nessuno adesso le avrebbe impedito di farlo sbattere nella punizione più grossa della storia. Altro che indecisione, gliela dava lei qualche idea alla McGranitt!
E visto che naturalmente il suo obbiettivo era Potter, corse dietro a lui.
Quella parte della scuola era stranamente tranquilla…la luna colava liquida tra le inferriate, illuminando a sbarre il corridoio vuoto e disegnando righe nere sulla loro pelle. Lo seguiva piano piano, trattenendo il respiro…mentre quello se ne andava fischiettando allegramente, mano dietro la testa e nessun problema al mondo.
“Ma si può essere più incoscienti?! E se qualcuno lo sentisse?” pensò esasperata, scendendo le scale e tenendosi sempre a debita distanza.
Improvvisamente il Grifondoro si fermò, facendole balzare il cuore in gola ma non l’aveva scoperta. Tirò fuori dalla tasca un pezzetto di vetro e lo avvicinò alla bocca.
“Hey, coglione. Ti decidi a rispondermi o no?”
L'aria era fredda e dentro di sé portava uno strano ghiaccio, facendo uscire il respiro come condensa e appannando la superficie dello specchietto. 
James lo scrollò più volte. Ecco, stai a vedere che adesso si era rotto e chi lo sentiva più Black!
“Ti consiglio di tirarti su i pantaloni e darmi un cenno, sacco di pulci, perché fa un freddo del diavolo e queste cazzo di bende sono pure sottili! Non costringermi a venirti a ripescare nella Foresta Proibita con meno dieci gradi o te la faccio pagare!”
Niente. Zero. Scena muta dall’altra parte.
“Che palle.” Sbottò, continuando a scuotere lo specchio convinto che fosse l’unico modo per ripararlo. “Se mi senti, sappi che ti attaccherò il principio di polmonite che mi beccherò stanotte! Mi stai facendo perdere la mia più grande opera d’arte e stavolta me la paghi, chiaro?! Ti metto un guinzaglio, lo giuro su mia madre! Anzi, mi compro un gatto, come la metti eh?!”
Lo scrollò sempre più forte. Lo odiava quando non rispondeva!
“E va bene, l’hai voluto tu, museruola e guinzaglio, e col cazzo che te ne compro uno morbido, catena a strozzo, ecco cosa ci vuole con i rognosi! E ora sappi che stiamo per entrare nella Foresta quindi vedi di farti trovare presentabile o ci aggiungo anche un giretto dal veterinario!” se lo sbatté in tasca sbuffando. “E ora andiamo a prenderci la febbre…”
“No, io non credo Potter…” 
Il cuore gli balzò in gola mentre la voce annoiata di Lily Evans si levò al di sopra dei suoi sfasi.
Si voltò con un balzo verso la Grifoncina che lo fissava appoggiata al muro, braccia conserte e sopracciglio inarcato.
“Hey!” esclamò James e, preso dal panico proprio come un cervo colto di sorpresa dai fari di una macchina, afferrò d’istinto il polso della rossa, trascinandola verso di sé.
“Ahia! Che diav…!” 
Ma James era stato troppo brusco e Lily si schiantò su di lui come un sacco di patate, con tanta forza che questi indietreggiò barcollando e cadde all'indietro, trascinandosela dietro.
Gridando in coro, si schiantarono a peso morto contro una porta che si spalancò di scatto, finendo in un piccolo ripostiglio con un sacco di scatoloni che gli si rovesciarono in testa, facendo sonore pernacchie.
“Ahia…” 
Lily batté le palpebre, puntellandosi sulle mani e facendo leva sulle braccia, togliendosi dalla testa un registro di classe. 
 “Cazzo…” mormorò Potter, sotto di lei, con una smorfia. “Evans, mannaggia a te, mi hai fatto…” ma quando James sollevò lentamente gli occhi, la frase gli morì in gola. “…male…” 
E si fermò tutto. Anche l’universo intero.
Lily Evans era vicina. Troppo.
I suoi occhi verdi erano così grandi che poteva specchiarcisi dentro…e…la sua bocca. La sua bocca era quasi ad un soffio dalla sua. 
Sentiva il suo respiro, l’odore dei suoi capelli che gli sfioravano il viso…e tutto il suo corpo contro di lui.
Lei fece per sollevarsi, avendo una strana cura nel non schiacciarlo, ma, improvvisamente, le gambe di James si strinsero contro i suoi fianchi, bloccandole ogni movimento e il capo dei Malandrini inchiodò i propri occhi nei suoi.
E in quel preciso istante, il tempo parve rallentare.
Lily Evans non riusciva a muoversi, ma non era stato per quel gesto. La tratteneva, era vero, ma avrebbe potuto sollevarsi facilmente, premendo un po’. Eppure… si sentiva paralizzata. Perché la guardava così e che cos’era? Quella sensazione…quel bruciore dentro, quella sorta di angoscia che le mozzava il fiato.
Aveva ancora le mani sul suo petto e, in un folle istante, si accorse che quelle bende erano davvero sottili. Percepiva sotto le dita il calore della sua pelle, i brividi che la facevano fremere, il pulsare del suo cuore. Stava battendo veloce…perché batteva così veloce?
Potter la fissava immobile, tenendosela contro, una espressione strana, assorta quasi.
La guardava come se non l’avesse mai vista prima. 
Come se cercasse di memorizzarla…come se…avesse paura di non rivederla mai più. 
Il suo sguardo, come una trappola. 
Stava per succedere un disastro, pensò confusamente Lily Evans, mentre le mani del ragazzo le sfiorarono le braccia con una sorta di bramosia violenta. Trattenne il respiro e qualcosa li attraversò come una scossa. 
Un grande disastro…
“James!”
Nemmeno una corrente elettrica avrebbe potuto staccarli più facilmente di così. 
I due sbarrarono gli occhi, facendo un balzo di due metri e, con sommo orrore, si trovarono faccia a faccia con Lupin e  Minus, che li osservavano a bocca aperta stagliati sulla porta.
E non si sa bene perché ma furono presi dal panico. Entrambi. 
“Non è come sembra!” gridarono in coro, scattando in piedi come molle.
“Ma che stavate facendo?” cominciò Minus, con il viso che si illuminava piano piano in un’espressione perfida.
“Ecco…noi…non…”
“Siamo caduti…e…”
Se li avessero beccati a copulare sarebbero stati meno in imbarazzo di così. Sembravano due assassini colti sulla scena del delitto.
“Abbiamo interrotto qualcosa?” sogghignò Remus, sotto i baffi, godendosi quel momento come mai in vita sua. “Vi siete dichiarati amore eterno nel ripostiglio? Ma davvero?”
“NO!” esclamarono in coro. “Andiamo!” continuarono sempre all’unisono. “Non potrei mai stare con…!” e si indicarono a vicenda. 
Poi si guardarono entrambi offesi. 
“Ah davvero? E io preferirei stare con un Serpeverde piuttosto che con te!”
Sempre in coro, come se si leggessero nel pensiero. Assurdo.
Sembravano due robot con le rotelle impostate sullo stesso meccanismo.
“L’ho sempre detto che questi due sono simbiotici.” Borbottò Minus, guardando quel tripudio di demenza, mentre come al solito presero a litigare come due faine.  
“Sai cosa?! Preferirei chiudermi in un convento piuttosto che lasciarmi mettere le mani addosso da uno come te!”
“Oh, non preoccuparti! Ti basta solo aprire la bocca per smorzare tutto quanto, potresti anche mettere da parte la bacchetta e limitarti a parlare!”
“Eh già, non sei abituato a qualcuna che sa dire qualcosa oltre a sì e no, eh?!”
“C’è altro di necessario in voi donne, per caso? Evans, la verità è che quell’idiota del tuo futuro maritino si sparerà in testa dopo averti ascoltata per un solo giorno!”
“Ah sì? Quell’imbecille della tua futura moglie invece non avrà di questi problemi, visto che te le scegli già lobotomizzate!”
“Meglio lobotomizzate che insopportabili so-tutto-io, sai?!”
“Ma come ti permetti?! BRUTTO MALEDUCATO CAFONE!”
“Mi permetto eccome, e a proposito, che cazzo ci facevi in giro eh? Mi stai spiando, ammettilo!”
“D-dettagli!” balbettò Lily, presa in contropiede, prima di piazzargli il dito davanti al naso. “E tu?! Hai voglia di combinare altri macelli?! Io sono stufa di te, te lo vuoi mettere in testa?!”
“Oh, buhu, povera Evans costretta a lavarsi in un bagno che sembra una sorgente termale e a togliere punti alla gente! Se ti fa tanto schifo fare il Prefetto puoi anche toglierti la spilla!”
“Oh cristo, che due palle voi due!” esplose Minus, lasciando tutti senza parole e facendo calare finalmente il silenzio. “Non vi reggo quando fate così! Ho già l’ansia di mio e se andate avanti giuro che alzo i tacchi e vi mollo a sbrigarvela con Sirius e Cristhine da soli! Ma che vi pensate, che siano tutti felici di rischiare l’osso del collo?! QUA ME LA STO FACENDO NEI PANTALONI, PER CUI VEDIAMO DI CHIUDERE LA FACCENDA IN FRETTA!”
“Un momento!” esclamò Lily. “Sirius e…hai detto Cristhine?!”
“Li abbiamo visti entrare nella Foresta Proibita.” Spiegò Remus.
“COOOOSAA?!”
“Vuoi abbassare la voce?!” ululò James, tra l’altro gridando anche lui. “Vuoi farci scoprire dagli Auror?!”
“Che accidenti ci fa Cristhine in quel postaccio?! Che cosa le sta facendo quel maniaco?! Lo sapevo, lo sapevo!” e prese a fare il solco, mordendosi le nocche. “Non ci si può fidare di voi Malandrini, non avrà nemmeno dietro lo spray al peperoncino!”
“Il cosa? No, non voglio saperlo. Senti, noi stiamo andando a recuperarli, per cui vedi di tornare a letto come le brave bambine e datti una calmata!” e fece per spingerla delicatamente verso il corridoio ma quella si scostò di scatto facendolo schiantare a terra.
“Ma siete deficienti?!” esplose, con un diavolo per capello. “Dovete chiamare i Professori!”
“Hey, genio, cosa pensi che succederà alla tua Cristhine quando verrà beccata nella Foresta Proibita assieme ad un ragazzo?” frecciò Potter, massaggiandosi il naso. “La questione va risolta fra di noi.”
La ragazza rimase immobile per un momento, distruggendosi le nocche in un rimugino ansioso.
Poi prese una decisione, sollevando di scatto il viso.
“Va bene. Ma vengo con voi.”
“Non se ne parla nemmeno!”
“Vuoi che fili dritta dai professori?”
James si passò la mano sulla faccia e in quel momento, apparve quasi stanco. 
“Ok. Dio, che razza di testona!”
Si fissarono con fastidio, avviandosi in silenzio giù per il giardino. Remus li fissava di tanto in tanto, sorridendo sotto i baffi nonostante la tensione che li avvolgeva. Erano corsi da Ramoso quando l’avevano visto vicino alla Evans sulla mappa, ma mai nella vita avrebbero pensato di ritrovarli incollati in un ripostiglio.
Ed ora quei due sembravano svalvolati e non fecero che litigare per tutto il tragitto come due isterici ma la verità era che quello era l’unico modo che avevano per nascondere l’imbarazzo.
Qualcosa quella sera aveva rotto la loro routine e si sentivano entrambi spaesati. Lo percepiva in James, perlomeno. Era turbato.
Il giardino profumava stranamente di rose ed era talmente assorto in quei pensieri che dimenticò di controllare la Mappa del Malandrino.
Proprio all’inizio degli alberi comparve una luce aranciata e tempo un istante Hagrid li beccò in pieno.
“E voi che accidenti ci fate qui?” scattò, sollevando la lanterna. Era avvolto da una giubba di pelle di drago e alla schiena portava una balestra grande come una casa.
“E tu?” prese tempo James, fissando con desiderio quell’arma gigantesca.
“Mi hanno chiamato i centauri. Pare che sia uscito qualcos’altro dal…” si interruppe di botto. “Non importa. Sta di fatto che c’è un Corno Corazzato che sta dando delle grane e va rispedito indietro.”
“E noi siamo qui per aiutarti.” Disse James mentre a Lily prendeva un collasso.
“Voi?” il mezzogigante alzò un sopracciglio, divertito.
“Ah-ah, simpatico Hagrid. E’ la punizione decisa dalla McGranitt.”
La Evans lo agguantò per la manica, pallida come la luna.
“Ma che accidenti stai facendo?!” bisbigliò sottovoce, nel panico, ma quello continuò imperterrito. 
“Accidenti! Dovete averla fatta bella grossa per una simile punizione!” borbottò il Guardiacaccia, grattandosi la barba. “Ma non sono nessuno per mettere in dubbio le decisioni di quelli là. Sapete almeno com’è un Corno Corazzato?”
“E’ simile ad un rinoceronte.” Spiegò Remus. “Ma è muschiato e ha zampe e dentatura da orso. Ah, e ha una corazza di titanio sul dorso che cresce insieme alle sue scaglie, fondendosi con il corpo.”
“E si ammazza solo con delle frecce speciali.” Disse Hagrid, orgoglioso, indicando la sacca. “Punta di diamante, ci ho messo tre giorni per recuperarle!”
“Forte!” tubò James estasiato, mentre la Evans e Minus sembravano sul punto di vomitare.
“Mi raccomando, statemi vicini voialtri. Hanno un gran brutto carattere i Corni Corazzati! Ma voi non vedete l’ora uh? Ah, non ci fa paura niente a questi ragazzacci qua, eh?” Hagrid fece calare la sua manona sulla sua testa, scompigliandogli i capelli in modo affettuoso ma con tale forza che per poco non gli staccò il collo.  
“Parla per loro!” sbottò Lily, imbronciata. Ma tu guarda in che situazione l’aveva cacciata quel demente! Che tra l’altro le scoccò un’occhiata maligna e le si avvicinò.
“Che c’è, Evans? Mica avrai paura…” 
“Pa-paura io?! Che ti salta in mente?! Tsé! Paura!”
Si addentrarono nella vegetazione che borbottava come una teiera, percorrendo un sentiero nascosto perfino alle stelle da alberi dritti e alti come colonne. 
Ai loro piedi veleggiava una nebbiolina biancastra che accarezzava la pelle da mettere i brividi.
Eppure…eppure quei quattro sembravano perfettamente a loro agio. Nessuno come Remus, che si muoveva come se conoscesse ogni sasso, ogni radice, come se potesse vedere al buio.
Qualcosa gracchiò improvvisamente nell’aria e, senza accorgersene, si avvicinò di più a James, come per istinto.
Camminarono senza sosta per circa venti minuti, accompagnati qua e là da ululati sinistri…e per cercare di non farsela addosso, la mente iniziò inevitabilmente a tornare a poco prima.
Cosa accidenti era successo?! Pensava, camminando con una smorfia. Quando James la guardava così, lei…lei si perdeva. 
Aveva davvero una guardia così bassa? Pensò tristemente, osservando le spalle del Malandrino, fasciate ancora dalle bende. E perché doveva portarle per forza così aderenti?!
Avvampò e quando se ne accorse, provò un moto di fastidio.
Quando l’aveva afferrata non si era difesa, non aveva fatto nulla. 
Totalmente inerme e in quell’istante le era apparso chiaro.
Stava…cedendo.
Lo sentiva sempre di più. Qualcosa si stava rompendo nel suo solido muro e quel qualcosa l’avrebbe divorata una volta aperto il varco, senza poi lasciarne traccia.
Stava per succedere un disastro, in quel ripostiglio. Un vero disastro.
“Il punto è vicino.” Borbottò Hagrid, davanti alla fila e indicò un albero spezzato a metà. “Ora bisogna essere il più silenziosi possibile.”
 
Crack!
 
“AH!” gridò Lily, balzando praticamente addosso a Potter e agguantandogli un braccio.
“Oh! Scusate!” disse mortificato Peter, che aveva calpestato un ramoscello secco. 
James e Lily si guardarono negli occhi e Lily, imbarazzatissima, si staccò all’istante.
“Tranquilla zucchero, ti proteggo io.” Le sorrise lui, bastardissimo. 
“So proteggermi da sola!” 
“Io non credo!”
“Scommetti?!”
“Silenzio!” li zittì Hagrid. “Ho sentito un rumore.”
E mentre andava in perlustrazione, i maghetti si strinsero l’un l’altro.
“Gente, dobbiamo scollarci.” Bisbigliò Remus, serio. “Sirius non si trova, sennò. E con un Corno Corazzato in giro non è molto prudente starsene da soli.”
“Eh già, dillo alla mente brillante qui di fianco che ci ha trascinati a cacciare un mostro…”
“Non dare la colpa a me, rossa, era l’unico modo per non farci rispedire indietro!”
“La piantate voi due?!” sbottò Peter, che era di un delicato verde vomito. “Remus, hai idee?”
“Io ne ho una.” Sibilò la Grifoncina. “Dirgli la verità e smetterla di infrangere regole.”
Lui sospirò appena, grattandosi il mento. Quando tornò Hagrid raddrizzò il busto, cercando le parole adatte.
“Hagrid, penso che sia meglio dividerci.”
“COSA?!” Balzarono insieme Lily e Peter.
“Non so se è una buona idea.” Rispose il mezzogigante. “Siete comunque studenti, voialtri!”
“Sì, ma così faremmo prima. E poi abbiamo studiato i Corni Corazzati al sesto anno.”
“Perché non l’hai detto prima? Hey, che ti prende Lily? Sei pallida! mica starai male vero?” 
Hagrid le si fece vicino, posandole una manona sulla fronte e facendola barcollare.
“No…io…io sto bene! Benissimo!”
James sbuffò. 
“Lily non vuole che ci separiamo perché ha paura, Hagrid.” Spiegò.
“Non è vero!” 
James fece per ribattere ma si fermò di colpo…e sollevò il capo di scatto, immobilizzandosi. Anche Remus si fermò di botto, sentendo qualcosa nel buio…un odore. Come di zolfo.
Dagli alberi si levò improvvisamente un ringhiare sommesso, minaccioso e agghiacciante.
Tutti si voltarono lentamente…avevano fatto talmente casino che non c’era più bisogno di cercare. 
Davanti a loro c’era una creatura enorme, il muso allungato e pieno di corni possenti come quello di un rinoceronte. Aprì le fauci, facendo colare della bava puzzolente e iniziò a raschiare con la zampa.
“Eccolo!” urlò Hagrid, puntandogli il dito contro.
Come infastidito da quell’urlo, il mostro infernale scattò con un ruggito assordante su di loro.
Fu un istante. 
James Potter balzò su Lily, spingendola di lato, appena poco prima che venisse travolta. Caddero tra i rovi mentre il Corno lanciò un ruggito degno di un troll.
“Stai bene?” le urlò, agguantandole il viso tra le mani. Lei annuì piano, troppo sconvolta per accorgersi di quel gesto.
“Credo di sì…”
“Rimani qui e non ti muovere!” le ordinò quello, balzando in piedi e stranamente, la rossa obbedì.
Il Corno Corazzato era circondato ma non sembrava particolarmente in ansia…no. Stava decidendo chi mangiarsi per primo. Ruggì ancora, scoprendo le fauci e scrollando la corazza di titanio barbaramente scolpita sul dorso. Poi partì all’attacco su Remus, che si nascose dietro un albero che fu praticamente spezzato in due.
“HAGRID, CHE CAVOLO, PERCHE’ NON LO COLPISCI?!” strillò Peter, nel panico, mentre veniva investito dal fogliame.
“Aspettate un momento! Devo caricare la balestra!” 
“PERCHE’ DIAMINE NON L'HAI CARICATA PRIMA?!” Sbraitò Lupin, protetto da due rami che impedirono che gli venisse staccata la testa di netto.
“Argh! Mi sono dimenticato…tenete duro!” disse Hagrid con una risatina nervosa, trafficando con l'arma.
“MA SICURO! FAI CON CALMA EH?!” ruggì James, buttandosi di lato per schivare una zampata del mostro, che aveva perso interesse per le prede nascoste sotto l’albero spezzato. “Stupeficium!”
Manco a dirlo, non gli fece niente. Anzi, lo fece incazzare il doppio.
Il Corno cercò di caricare James ma, all’improvviso, parve ripensarci e si girò sull'unica preda che non si agitava né scappava…ovvero Lily. 
Il suo ringhio sembrava più un ghigno malefico, dopo che ebbe preso la sua decisione.
“Hey!” indietreggiò quella, puntandogli contro la bacchetta. “Stammi lontano! Stupeficium!”
Niente. L’incantesimo gli si schiantò addosso come se fosse stata una piacevole brezza, irritandolo appena.
“Hey tu!” gridò James, afferrando un bastone e colpendolo sul dorso…ma con uno schiocco secco, quello si ruppe a metà.
“Oh cavoli…” esclamò, fissando orripilato la sua arma improvvisata ridotta ad un cumulo di schegge, con sottofondo le imprecazioni di Hagrid contro la sua balestra che si era incastrata.
Il Corno scalciò all’indietro e fu sbalzato di almeno dieci metri, finendo contro una roccia che gli mozzò il fiato nei polmoni.
“James!”
“Scappa Lily!” tossì quello, mentre la Grifoncina scartò di lato schivando una carica degna di un elefante, che frantumò la roccia dietro di lei.
Girò i tacchi e cominciò a correre alla cieca, inoltrandosi tra gli alberi e scomparendo alla vista.
 
 
 
 
 
 
“Anf…ti ho beccata, finalmente…”
Sirius Black si appoggiò ad un albero tenendosi un fianco. Riprendendo fiato, visto che aveva corso come un matto, puntò gli occhi neri sulle spalle minute di Cristhine McRanney.
Si era fermata, ma non si girò. C’era un piccolo spiazzo tra gli alberi, dove qualche roccia ricoperta di muschio spuntava fuori dal terreno dissestato. Sembrava di stare nel bosco di Biancaneve, dove i tronchi hanno volti contorti e occhi che spiano maligni.
“Allora, facciamo un ripassino del regolamento di Hogwarts, eh?” soffiò Black, avanzando. “Camminare da sola di notte nella Foresta Proibita non è un gran bel modo di sgranchirsi le gambe, se le vuoi ritrovare ancora attaccate al corpo la mattina dopo.”
Passo dopo passo, il bracciale di luce si faceva sempre più rosso e urticante. Cristo, che palle.
“So che c’entra poco, ma…sono obbligato a farti una domanda.” Ci andò giù cauto. E poi lo disse, tagliando la testa al toro. “Puoi dirmi la verità, Cristhine McRanney?”
Ma la Corvoncina non rispose. Si girò lentamente e  una volta che la vide in faccia, lo sguardo di Sirius divenne più serio. 
Aveva gli occhi girati all’indietro, bianchi, ed il viso di un pallore mortale, senza un’espressione.
Non fece in tempo a reagire.
Non fece in tempo a dire nient’altro.
Dal cielo cadde un libro. Un libro logoro…fatto di pelle umana. Cadde tra di loro con un tonfo leggero, spalancandosi a metà.
E, immediatamente dopo, qualcosa nacque alle sue spalle. 
Uno spiffero di malvagità pura fece fuggire gli insetti ai loro piedi ed un archetto di marmo nero emerse dal terreno con un brusio gorgogliante.
Era a forma acuta, liscio, levigato come se fosse stato immerso nella lava. Sulla cima, incisa nel marmo, una frase.
 
 
“Non è morto ciò che può attendere in eterno."
 
 
Qualcosa urlò nel silenzio e un enorme buco nero vorticante squarciò l’aria come la gola di un lupo, modellandosi dentro di esso nel giro di pochi istanti. E tutto parve precipitare.
La sua parte animale lo percepì ancor prima di vederlo: quel luogo si era fatto improvvisamente inquieto, disturbato, corrotto.
Un istante, e Sirius Black venne letteralmente schiacciato a terra dalla ondata di magia nera più potente che avesse mai sentito…mentre Cristhine rimase in piedi.
Impassibile. Come morta.
Sirius Black urlò, urlò il suo nome con tutto il fiato che aveva nei polmoni…mentre una enorme mano sottile e grifagna uscì dal portale, chiudendosi come una gabbia attorno al corpo della ragazza.
Umano.” Sibilò l’essere, di cui si vedeva solo il braccio enorme e lunghissimo, con una pelle che sembrava cuoio bruciato. “Percepisco il tuo cuore. Entra nel Necronomicon e danza con i morti.”
 
 
 
 
 
 
 “VA’ VIA!”
 
Gli alberi sfrecciavano veloci davanti ai suoi occhi spaventati e sembravano tutti una massa informe, scura e alta.
Sentiva il cuore batterle all’impazzata nel petto, mentre il viso e le gambe ricevevano continuamente le frustate dei rovi.
Dove stava andando?
Lily Evans si guardò intorno.
Persa nel suo panico non riconosceva più il posto. Si stava allontanando troppo…ma l’importante era correre, non fermarsi mai.
I suoi muscoli le chiedevano a gran voce di farlo, perché non ce la facevano più, ma la paura era una voce più alta.
Incespicando nei rami e nelle radici, intravide finalmente uno spiazzo.
Arrivò ad una specie di collinetta, uno sperone di granito che dominava la vallata e che s’affacciava su un ramo del Lago Nero.
“Oddio!” esclamò con le mani sul petto, cercando di riprendere fiato, mentre le vie di fuga si erano praticamente azzerate a meno di non gettarsi di sotto.
Era spacciata. Lo sentiva vicino, velocissimo nonostante la stazza. Non c'era via d'uscita!
Si voltò a vedere quegli occhi gialli e luminosi che pian piano si ingrandivano e la fissavano. 
Il mostro uscì dall’ombra piano, ringhiando. 
Lily estrasse la bacchetta.
“Sta’ indietro!” gridò, furiosa. 
Sì, come no, l’ascoltava proprio! Quel maledetto continuava ad avanzare, pronto a sbranarla.
Una nube d’argento indugiò sulle montagne attorno, i bordi frastagliati illuminati dal bagliore della luna nascosta tra due picchi.
Passò rapida e il bagliore tenue di quel pianeta meraviglioso e dannato illuminò la sporgenza.
“Sta’ lontano, stupido bestione!”
Nella mente cercava disperatamente di ricordare un incantesimo, ma sembrava che la sua testa fosse stata svuotata. Cercò di sparargli contro un Bombarda quando il Corno spiccò un balzo enorme, facendola strillare.
Indietreggiò di scatto, correndo all’indietro fino a quando il piede non affondò nel vuoto e si ritrovò a rotolare giù dalla scarpata. 
Fu una caduta bella alta, e quando si fermò rimase immobile, confusa e intontita, sentendo il dolore della caduta passarle nel corpo a ondate feroci.
Acqua…
L’acqua le stava bagnando il viso. Era finita in riva al lago.
La freddezza di quelle acque sul capo bastarono a renderla di nuovo lucida.
“Ouf…” sbuffò, cercando di rialzarsi, facendo leva sulla braccia.
Si premette una mano sulla fronte, gemendo di nuovo. C’era un rivolo di sangue che iniziò a colare sulla tempia.
Il Corno era sparito.
Si alzò dolorante, barcollò e ricadde all’indietro nell'acqua con uno scroscio. 
Ok, bisognava fare piano. Si massaggiò le cosce e fece per risollevarsi quando alzando la faccia gridò.
Quel maledetto non era sparito!
Era davanti a lei, sempre con quel grugno che sembrava un ghigno malefico.
La ragazza cercò a tastoni la bacchetta…non la trovava… la testa le vorticata troppo forte…
La mezzaluna illuminò con una luce fioca il lago, mentre il Corno prese a correre.
Alzò la zampa pronto a ghermirla. Chiuse di scatto gli occhi…ma il colpo non arrivò. 
Nella valle risuonò uno scalpitio di zoccoli…e quando Lily si girò, osservando il punto che guardava anche l’essere, trattenne il respiro.
Un cervo?!
Era la creatura più bella che avesse mai visto. Era altissimo, con un’enorme impalcatura di corna argentate e dal manto bianco come la neve, che sotto i raggi della luna sembrava risplendere. 
Si parò nel mezzo tra il mostro e Lily, facendo leva sulle zampe posteriori e calciando con quelle davanti.
Il corno ruggì, quasi spaesato, ma il cervo non indietreggiò di un passo, puntandogli contro le corna. 
La stava…la stava difendendo?!
 
 
 
 
 
Un dito grande e sottile sfiorò la guancia di Cristhine. Era così grande che la sua testa ciondolò leggermente, a quel contatto. 
E cosa abbiamo qui?” sibilò di nuovo, con la voce bassa come se fosse lontanissimo. “Un nuovo giocattolo.”
“NON TOCCARLA!” Ruggì Sirius, riuscendo a sollevare il viso. “SE LE FAI DEL MALE…!”
Dal Necronomicon proveniva un rumore infernale ma la risata del demone si fece alta sopra di loro.
Cosa farai?” chiese pigramente, con perfida ironia. “E’ lei che vuole morire. E’ lei che vuole entrare.”
Alzarsi in piedi fu la cosa più difficile della sua vita. Quell’energia lo straziava. 
Ma doveva andare da lei. Quella mano…pensò, con orrore. Quella mano avrebbe potuto stritolarla come una farfalla.
Notevole.” Disse la voce dal Necronomicon. “Ma inutile. Eppure…cosa sento? Il tuo cuore…la tua anima. La tua anima è disperatamente divisa a metà, Sirius Black. E c’è una metà che mi interessa. Una metà degna. Lascia che vinca dentro di te e accoglierai l’immensità.”
“Ma…di che accidenti…stai parlando?!”
Entra con noi, umano. Vieni a ballare con i morti. Vieni all’inferno a servirci…la tua anima sta già bruciando.”
E Sirius Black ghiacciò. Le vene divennero gelide dentro i polsi, ed i brividi corsero sulla pelle. Continuò ad avanzare…ma ad ogni passo, qualcosa dentro si metteva ad urlare. Voleva fuggire…perché, in qualche piccolo angolo remoto dentro di lui, si sentiva attratto.
Quel portale…quel portale lo stava confondendo. Corrompendo…
Il vento si levò più forte, spezzando i rami, facendolo gridare di dolore.
E poi, improvvisamente, davanti a loro si smaterializzò qualcuno.
“Bla, bla, bla.” Disse una voce di donna con languida pigrizia. “Non dare retta a questo essere, ragazzino. Si nutre di vizi e vomita menzogne.”
La figura era alta, e sottile, o almeno così sembrava perché era interamente avvolta da un mantello con un enorme cappuccio che copriva il viso, di cui si vedevano solo due labbra morbide ed una pelle così perfetta da sembrare di marmo.
Allungò una mano, sfiorandolo con dita ghiacciate e qualcosa, dentro di lui …non avrebbe saputo spiegare la sensazione a parole.
Era come se fosse sporco ed improvvisamente fosse stato ripulito dal fango. La mano era sottile e leggera ma la presa sembrava forte come quella di un vampiro.
Lo trascinò come se fosse stato fatto di piuma, sbattendolo in ginocchio davanti al libro.
“Leggi.” Ordinò, annoiata. 
“Chi sei?!”
“Leggi.” Ripeté la figura. “O vuoi davvero entrare nel Necronomicon? Avresti gloria e potere più di qualsiasi altro essere umano…ma saresti comunque un servo.”
“Io…” Black le inchiodò gli occhi addosso, sconvolto. Non riusciva a vederle il viso… “Io devo salvare la mia compagna.”
“Nobile…” frecciò quella, indifferente. “Per uno come te.”
Volse il capo verso il portale, incrociando le braccia al petto.
“La tua compagna è stata punta da un Fiore dell’Oblio. Probabilmente dalla spina della Vita. E’ per questo che è venuta qui. Desidera morire…e quale modo più veloce di un passaggio diretto per l’Inferno?”
Custode.” La sbeffeggiò il demone. “Questi ragazzini ci fornirebbero qualche svago ma tu, oh mia cara, tu saresti la nostra più preziosa ospite. La tua anima splenderebbe in eterno bruciata nelle fiamme perpetue.”
“Grazie, passo.” Rispose la donna, per nulla impressionata. “Abalam, è tempo di tornare ad occuparti di altri sacrifici. Nessuno qui è interessato alla schiavitù infernale.”
Oh, ma chi ti dice che io non possa prendervi con la forza?” ridacchiò crudelmente quello, e la sua mano iniziò a stringere Cristhine, che gemette appena. “Siete briciole nelle mie mani.”
“Me lo dice il fatto che quegli idioti hanno aperto il passaggio con una Stella del Diaspro, per cui sei alla mercé di chiunque fino a che non passi del tutto da questa parte.  Ed i tuoi standard si sono davvero abbassati se ti accontenti di una bambina posseduta da una Rosa…”
“Hey!” urlò improvvisamente il Malandrino, al limite dei suoi nervi. “Io non so chi sei e che cosa cazzo sta succedendo, ma devi farlo smettere!”
La donna sorrise sotto il cappuccio. Un sorriso vuoto…da brividi. E nella sua voce ci fu qualcosa di sferzante, come se…come se lo disprezzasse.
“Io posso fare ben poco, Sirius Black. Ma tu puoi chiuderlo. Devi solo leggere.”
Indicò il libro e finalmente, il ragazzo osservò la scrittura. Un lungo brivido gli corse nuovamente sulla schiena, quando si accorse che era vergato con il sangue.
Umano.” Sibilò di nuovo il demone. “E’ la tua ultima possibilità per avere la gloria. In pochi hanno avuto il privilegio di un invito. Bisogna esserne degni.”
“Certo, come no, ci vengo due volte.” Frecciò l’altro, sfiorando le pagine logore con la mano che tremava. 
All’inizio le parole sembravano incomprensibili, dei geroglifici confusi. Poi, piano piano, si distesero colando anche un po’ per terra, con una zaffata di odore metallico da far venire la nausea.
 
 
                                                             Sezione delle Evocazioni.
 «La notte s'apre sull'orlo dell'abisso. Le porte dell'inferno sono chiuse: a tuo rischio le tenti. Al tuo richiamo si desterà qualcosa per risponderti. Questo regalo lascio all'umanità: ecco le chiavi. Cerca le serrature; sii soddisfatto. Ma ascolta ciò che dice Abdul Alhazred. 
Per primo io le ho trovate: e sono pazzo. »
 
 
 
Qualcosa urlò, nella Foresta. Un lungo, lunghissimo grido straziato. 
Una energia di tenebra gli corse dentro. Potere…un potere così forte da mozzargli il respiro.
E poi, così come era apparso, l’archetto si distrusse accartocciandosi su se stesso e il buco nero si dissolse in uno sciame di mosche…che volò lontano.
Il libro si chiuse con uno scatto secco, serrandosi da solo e Cristhine cadde a terra, priva di sensi.
Scattò verso di lei come un fulmine, stringendola tra le braccia con ancora le grida in mezzo alla gola.
La figura avvolta nel mantello si avvicinò, chinandosi sul libro e sbattendolo in una sacca scura.
“Starà bene.” Mormorò a voce bassa, indicando la ragazza. “I Fiori dell’Oblio bruceranno a breve ora che la Stella del Diaspro si è chiusa e gli effetti spariranno in breve tempo.”
“Entro quando?” sussurrò Black, stringendosela contro. Non riusciva ancora a crederci…stava per morire… 
“L’effetto varia da persona a persona, ma di solito entro pochi giorni. Ora se non ti dispiace, mi leverò di torno.”
“Aspetta!” Sirius balzò in piedi, stringendo i pugni contro i jeans. “Ma si può sapere chi sei?!”
La donna sorrise. Un sorriso diabolico. Il vento le accarezzò il mantello con un sibilo, trascinando le foglie attorno a loro e muovendo il tessuto in ampie pieghe.
“Sono la strega più potente del mondo.” 
“Tu…cosa…?”
“Sono la custode del Necronomicon, di questo libro. Mi è stato rubato da un mago molto potente…un mago che sta arrivando per distruggere il mondo intero. Ma fortunatamente, ora è di nuovo nelle mie mani e non mi lascerò ingannare di nuovo. Non c’è altro che tu abbia il diritto di sapere. Non ho tutto il giorno. C’è un’altra domanda che ti preme sul cuore…”
Sirius ammutolì, fissandola con occhi grandi e vuoti. Una domanda…una domanda che non osava fare.
“Perché io? Perché l’hai fatto leggere a me?”  
La strega rise. Rise di gusto.
“Ti hanno invitato a servirli, ragazzo. Su una cosa il demone non mentiva: non accade spesso. Era veramente un privilegio.”
“Che cosa vuoi dire?”
Ma dentro, gelava. 
“Lo sai.” Rispose lei, divertita. “Sai che l’unico modo per chiudere un passaggio del Necronomicon è leggere il libro…ma solo chi ha recentemente commesso un’azione terribile può farlo senza diventare pazzo. Ti hanno invitato tra loro, Sirius Black, e questo poteva significare solo una cosa. Sei marcio.
Il mago cadde in ginocchio, piantandosi le unghie così a fondo nei palmi da lasciare il segno. La donna si smaterializzò piano, diventando un tutt’uno con le foglie.
“Ti ringrazio…” finì, diventando sempre più trasparente. “…Mi hai tolto una fatica. Addio, ragazzino.”
Il silenzio avvolgeva la Foresta Proibita, ora. Ma dentro, nel suo cuore distrutto, era come se qualcosa si fosse svegliato da un sogno. E quel qualcosa dentro di lui cominciò a urlare.
 
 
 
 
Nel momento stesso in cui il cervo veniva scagliato contro una siepe di Fiori dell’Oblio e mentre Lily gli saltava addosso cercando di dare una mano a quel povero animale, il Necronomicon fu chiuso…ed il Corno Corazzato scomparve assieme alle rose prima che la situazione diventasse fatale.
La ragazza cadde a terra con un tonfo, ansimando, la fronte imperlata di sudore…senza sapere cos’era successo.
Ci mise un bel po’ a sollevare la testa. Si sentiva ancora l’adrenalina in corpo, paralizzante. Dove cavolo era finito?!
“Accidenti…”
Se l’era vista veramente brutta…ma ora era tutto così calmo, le sembrava surreale.
Qualcosa le sfiorò il braccio, un tocco umido, dolce contro l’epidermide.
“Allora non ti ha ferito…” mormorò la ragazza, lasciandosi sfuggire un sorriso. “Grazie.”
Il cervo abbassò il capo, portando lo sguardo all’altezza di quello di Lily. 
Occhi d’oro. Aveva occhi d’oro. 
Le bastò un istante per capire una cosa fondamentale. Quello non era un animale normale.
Lentamente, avvicinò il muso sempre di più, fino a darle un buffetto sulle labbra.
Era come se fosse un gesto calcolato, pensò confusamente. Era come se ci fosse qualcosa, dietro quegli occhi. Una disperazione…un’angoscia e una bramosia senza pari. 
Sì, pensò, mentre gli sfiorava il muso. Quel gesto non era stato normale. 
Quel gesto nascondeva qualcos’altro.
Quel buffetto era stato come …
Come un bacio…

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Capitolo 17
*** Discorde. ***


La Foresta Proibita sembrò tornare a respirare dopo lunghi giorni.
Il male era stato sconfitto.
Ma solo per il momento. Perché fuori, Lui avanzava.
Seminando odio, seminando violenza. Circondandosi di seguaci.
Il mago oscuro più potente del mondo aveva alzato il capo…e anche le stelle, quell’anno, sembrarono in gabbia.
 
 
 
 
 
 
 
Il cervo era immobile, come se attendesse una sua mossa. Doveva sembrargli incredibilmente ridicola con quel maglione di halloween tutto infangato, il sangue tra i capelli e due occhi verdi, sgranati verso le tenebre e verso di lui, come a volerci parlare.
La luna illanguidiva tutto…e lo sguardo di quell’animale scintillava.
“Che strana creatura.” Mormorò, con occhi persi, sfiorandogli il muso con lentezza. “Hagrid si prenderà cura di te, vedrai. Se solo sapessi da che parte andare…”
Il cervo sembrò capire le sue parole: le voltò le spalle e camminò verso gli alberi, poi si fermò e la guardò, aspettando che lei lo seguisse. 
Ma tu guarda…no, non poteva essere…
Sentendosi una perfetta idiota, lo affiancò, lasciandosi guidare.
Camminarono fianco a fianco per un po’ ed incredibilmente, arrivarono a sentire la vociona di Hagrid che la chiamava.
“Hey! Ce…ce l'abbiamo fatta!”
Assurdo! L’aveva veramente tratta in salvo!
Le sembrò per un istante che le avesse fatto l’occhiolino e si strofinò gli occhi. Doveva aver battuto la testa più forte di quanto pensasse…
“LILY!”
La ragazza si voltò. 
Remus, Hagrid e Peter le stavano venendo incontro, annaspando.
“Per l’amor di dio piccola, stai bene?!” Hagrid la scosse così tanto come se volesse sentire l’anima traballare contro il corpo.
“Io…sì…il Corno è scomparso di colpo, Hagrid…”
“Lo sappiamo.” Fece Remus, prendendole le mani ed esaminandole la ferita. “Abbiamo incontrato i centauri, poco fa. A quanto pare, qualcuno o qualcosa ha chiuso la Stella del Diaspro.”
“Credevamo fossi spacciata, Lily.” Esclamò Peter con molta delicatezza. “Non riuscivamo più a trovarti, i centauri ci hanno circondati ed erano tutti in allarme. Tra poco questo posto brulicherà di Auror!”
“Ti sei allontanata parecchio.” Notò Lupin, più pacato. “Come hai fatto ad orientarti e a tornare?”
“Mi ha aiutata…” disse Lily, voltandosi…ma il cervo non c’era più. Sparito nel nulla. 
“Cosa?”
“Io…niente. ” mormorò, perplessa. “Ho avuto fortuna. Hey! Dov'è James?!”
Il ragazzo non era con loro.
“Oh, lui, ecco…”
“Sono qui.”
Lily si voltò per la seconda volta. 
James era appoggiato ad un albero e la guardava, sorridendo in modo strano. Si avvicinò e le sfiorò la fronte, dove il sangue si stava seccando.
“Ti cercavo. Te l’ho detto, che eri una testona.” Mormorò. La streghetta si scostò appena, continuando ad osservare alle sue spalle.
“Per caso…hai…hai visto mica un cervo bianco mentre venivi?”
“Un cervo bianco? Che ti salta in mente, Evans?” ghignò lui.
“Lascia perdere.” Borbottò, arrossendo. “Dobbiamo recuperare Sirius e Cristhine. Tra poco gli Auror…”
“Non c’è bisogno.” La interruppe il Malandrino, tornando serio. “E’ già qui.”
E dalle ombre, lentamente, uscì Sirius Black e tra le sue braccia, Cristhine, che sembrava addormentata. Aveva il viso pallido…e di colpo, tutti i ragazzi rabbrividirono.
Insieme.
Lo avevano fatto anche altre volte, ora che ci pensava. Rabbrividivano tutti insieme all’improvviso, oppure si guardavano come se l’altro avesse parlato, senza che invece si fosse proferita parola. Alzavano il viso verso le porte ancor prima che uno di loro entrasse e si lanciavano lunghe occhiate come se dialogassero in un modo tutto loro.
C’erano momenti in cui si comportavano in modo assurdo…ma accantonò quei pensieri. Cristhine sembrava stare male.
La Grifoncina corse dalla Corvonero, spaventata nel vederla così cadaverica. Black la teneva così forte che le stava lasciando dei segni, sulle braccia bianche.
“Sta bene?” chiese solo, mentre lui annuiva. Alzò la faccia su quel ragazzo…e ci ritrovò uno sguardo perso. Cosa gli era capitato? Sembrava sconvolto. “E tu?”
Lui guardò altrove, incamminandosi con gli altri verso l’uscita. Hagrid dovette insistere un bel po’ per farsi lasciare Cristhine in braccio.
“E’ stata una lunga notte.” Le rispose solamente, con le spalle basse. Non disse più nulla ma, improvvisamente, James gli si fece vicino. Si scambiarono un’occhiata difficile da interpretare. Uniti da un legame più forte di ogni altra cosa.
Il Malandrino gli passò un braccio attorno al collo e gli sussurrò qualcosa all’orecchio…parlarono, parlarono a bassa voce per tutto il tragitto. Remus e Peter stretti attorno a loro, come a proteggerli.
Amici. Fratelli.
In quel breve istante, capì cosa li rendeva così uniti.
James…James ci sarebbe stato per loro. E loro ci sarebbero stati per lui.
Sempre.
Non si erano detti nulla ma…sembravano capirsi lo stesso. Sembravano percepirsi in un modo che a lei era sconosciuto.
Li osservò per tutto il tempo, quasi incantata. Quel legame…in quel legame c’era qualcosa di diverso.
Onestamente non aveva mai creduto che James fosse capace di avere rapporti tanto profondi con qualcosa che non fosse la scopa da Quidditch e ricordava bene le parole che gli aveva sputato in faccia con sprezzo, la seconda notte di quell’anno.
“Amore? Tu non conosci questa parola, non farmi ridere.”
Lo credeva davvero. Ma ora, guardandoli bene e ricordando gli anni passati, doveva ammettere che tra quei quattro…tra quei quattro non era solo un’amicizia basata sul fare scherzi di dubbio gusto al prossimo. Non erano un banale gruppo di bulli, che stavano assieme solo per sentirsi più forti.
C’era quasi qualcosa di sinistro.
Di ambiguo, in loro.
Camminarono a capo chino per un po’…ma all’uscita, finalmente, Sirius sembrava stare un po’ meglio.
Sembrò che il cielo avesse improvvisamente cambiato colore. Non più nero e lontano, freddo e crudele sulle loro teste.
Nell’aria c’era un alone bluastro, sembrava di essere immersi nell’oceano. E le stelle…le stelle erano più vive che mai.
Brillavano sopra di loro così nitide che si riusciva a scorgere anche la via lattea. Uno spettacolo.
Rimase indietro, osservando  la volta celeste, sentendosi quasi calma sotto quella meraviglia. Quasi…protetta.
James le si fece accanto, e si accese una sigaretta mentre alzò il viso, contemplandolo con lei.
“Tu non fumi.” Le sfuggì di bocca, adocchiandolo.
“Stasera sì.” Sussurrò lui, prima di tossire come un dannato. “Cristo se fa schifo.”
Rimasero in silenzio per un po’.
“E’ sempre una visione, eh?” sorrise poi lui, quasi amaro. “Hogwarts nella notte. Solo a quest’ora c’è questa luce blu.”
“A quest’ora dovresti essere a letto.”
“A quest’ora accadono tante altre cose.”
“Non ci riesci proprio, eh? A non seguire le regole.”
“Perché dovrei?” lui continuava a sorridere. “Seguire le regole, trovare un lavoro stabile e noioso, attendere il week end per vedere la luce del sole al di fuori di un ufficio…riusciresti davvero a vivere così?”
“No, non ci riuscirei. Ma non è sempre così male.” Rispose mesta la Grifondoro. “Ci sono anche dei lati positivi.”
“Già…ma non fanno per me. E nemmeno per te. O non mi avresti seguito questa notte.”
Il fumo della sigaretta creava vorticosi volumi, attorno a loro.
“Il caos.” Disse lui ad un tratto, a voce bassa ma come esaltato. “Il caos è perfezione. E’ ribellione. Continuare a volare e bruciare, non spegnersi mai, non atterrare mai, diventare un’esplosione che distrugge ogni cosa. L’hai mai provata davvero? La libertà. La libertà pura, selvaggia, senza freni. E’ così che voglio crepare. Immerso nei guai. In mezzo al delirio. Libero.”
“Il caos genera anche del dolore.” Insinuò la Grifoncina, alludendo a Sirius. “Qualcosa oggi lo ha fatto stare male.”
“Sono maghi inquieti. Tutti loro.” James chiuse gli occhi…improvvisamente stanco. “E non durerebbero un giorno senza tutto questo. Ce l’abbiamo nel sangue. Nonostante sia complicato. Nonostante sia faticoso. Nonostante… nonostante faccia un male cane, alle volte. Non avremo mai un’esistenza normale ma non ci importa. Non ci è mai importato. Ed è bene che tu lo sappia, Lily, anche se avrei dovuto dirtelo sette anni fa. Starmi vicino provoca dolore.”
“Correrò il rischio.” Sorrise lei, sfiorandogli il braccio…e facendogli battere il cuore come un tamburo. “C’è una sfida tra di noi. L’hai detto tu. E non sono una persona che si tira indietro.”
“No.” Concesse Potter, con uno strano sorriso. “Non lo fai.”
Lei dette un’ultima occhiata al cielo, poi lo superò, raggiungendo gli altri. Il giardino stava iniziando a brulicare di Auror e professori. Qualcuno iniziò a strillare ordini…e la notte perse la sua magia.
Il suo silenzio. Il suo significato.
Il ragazzo sospirò, passandosi una mano tra i capelli che gli sfioravano la fronte.
Quella notte non sapeva cosa gli fosse preso. 
Non voleva più aspettare. Voleva dimostrarle qualcosa…e dimostrarlo a sé stesso.
Anche se… sorrise. Anche se era trasformato.
Forse era meglio così. In quel modo aveva potuto farlo. Senza sentirsi un bastardo. Senza sentirsi uno schifoso egoista.
 
“Tu finirai per ammazzarla, James Potter.”


Quella notte…l’aveva baciata. Quella notte l’aveva baciata per la prima volta.



 
 
 
 
 
 
 
Lily Evans batté educatamente le palpebre. Una, due volte. Senza dire nulla.
Al suo fianco, Remus Lupin si sporse appena sulla sedia, incrociando le mani sotto al mento.
Allibiti.
Calava un silenzio denso di significati, la mattina del 1° Novembre, nell’ufficio della McGranitt.
Perché la parola Espulsione era appena stata pronunciata. Non dalla strega, che tuttavia li guardava con un gelo e un livore mai sentito prima.
Era stata dura, la McGranitt. Durissima.
Aveva convocato i due rappresentanti di Grifondoro ma questa volta non aveva urlato. Li aveva guardati negli occhi e si era detta profondamente delusa da tutti loro. Il che era stato peggio.
Ma nonostante la caterva di punti tolti che fece scendere Grifondoro praticamente sotto il pavimento, la dannata parola non era uscita dalla sua bocca.
Ma da quella di un uomo dall’acconciatura sale e pepe, sguardo annoiato e noioso, che aveva appena letto con voce atona un dispaccio del Ministero della Magia.
Espulsi. Rischiavano di essere espulsi.
Lily chiuse gli occhi di scatto, passandosi una mano sul viso.
Lo ammazzava.
Questa volta lo ammazzava davvero.
E riprendendo le parole che una streghetta avrebbe pronunciato molti anni dopo, si disse che avrebbe preferito esser fatta fuori la notte scorsa.
Sì, sarebbe stato meglio morire che essere espulsa. Che subire quell’umiliazione.
“Sirius Black, Remus Lupin, Peter Minus, James Potter, Cristhine McGranitt e Lily Evans. La decisione finale per quanto riguarda il Vostro futuro accademico dopo essere stati invischiati in un’opera di male di incommensurabile portata si discuterà questo pomeriggio in Aula Magna. Sarete informati subito dopo della decisione presa.”
“Un momento.” Li interruppe Lupin, pacato come sempre. “Invischiati in un’opera di male? Una nostra compagna è stata posseduta!”
“E immagino che fosse di troppo chiedere aiuto ad un Professore prima di gettarsi in pasto alla Stella del Diaspro.” Masticò fra i denti la loro Direttrice. 
“Professoressa, so che abbiamo sbagliato. Ma questa soluzione mi sembra estrema!” Si decise a dire Lily. “Abbiamo seguito una compagna sotto incantesimo. E’ vero, abbastanza irresponsabilmente e…mentendo. Ma la Stella del Diaspro è semplicemente finita in mezzo a tutta la faccenda per caso, nessuno qui è stato invischiato in nulla! Non l’abbiamo nemmeno vista. Ci deve credere! Chieda ad Hagrid!”
“Per quanto abbia masticato bile per tutta la mattinata a causa vostra, signorina Evans, mi trova d’accordo su questo.” Rognò lei, di malumore, e scoccò un’occhiataccia al membro del Ministero. “L’espulsione mi sembra inadeguata. E’ chiaro che nessun ragazzino di diciassette anni può avere a che fare con un portale così potente…ed il nostro Guardiacaccia era con loro.”
“Ma i ragazzini si sono dispersi, ad un certo punto. Senza, signorina, non le faccio io le regole.” Si limitò a dire quello, con una stronzissima alzata di spalle, mentre Minerva parve lottare con se stessa per non piantargli la bacchetta nel naso in seguito al suo “signorina”.
“E allora scriverò a chi detta legge più di lei!” rimbeccò, stizzita, agguantando una piuma. “Sempre che non sia già in marcia sputando fuoco e fiamme…”
“L’appuntamento è alle sei.” Rispose il mago, agguantando un po’ di polvere magica e dirigendosi verso il camino. “Daremo la risposta alle sette. Può venire a testimoniare, se vuole.”
“Un momento!” scattò Lily. “In che senso, l’appuntamento è alle sei? Non ci volete nemmeno ascoltare per una deposizione?! Abbiamo il diritto di…!”
Il mago sparì con un botto dentro al camino, illuminando la stanza di verde. La rossina rimase lì in piedi, con ancora il braccio proteso e la fuliggine sulle scarpe.
“Professoressa…non dirà sul serio, vero?” pigolò infine, ad un orlo dalla crisi isterica. “Rischiamo davvero di essere espulsi?!”
Oh dio, concedimi la forza, pensò la McGranitt, esausta, pigiandosi una mano sulle palpebre.
“Questo è un dispetto, signorina Evans, a famiglie più influenti della sua.” Sbottò, esasperata. “Ma il Ministro l’ha fatta un tantino fuori dal vaso, se permetti la metafora! Lasciami scrivere a chi di dovere. E per l’amor di dio, riuscite a stare lontano dal casino per almeno un giorno?”
Nulla di più facile, pensò Lupin, uscendo dall’aula. Si sentiva…a pezzi.
Quella mattina era quasi come se avesse la febbre alta. Era diverso dai soliti malesseri della Trasformazione.
Era come se qualcosa lo indebolisse da dentro.
Sapeva che cosa aveva reso il Ministro così implacabile nell’intromettersi nelle decisioni di Hogwarts. La Stella del Diaspro si chiudeva solo con qualcuno che avesse commesso un terribile atto.
Quella notte si era chiusa…e nella Foresta c’erano capitati loro. Nella sua folle ossessione e caccia alle streghe verso i Mangiamorte, Minchum li voleva fuori tutti.
Quell’uomo era accecato dalla rabbia e dalla paura…ma doveva essere stato qualcos’altro a far scattare la trappola.
Era vero che nel gruppo c’era Sirius e non vedeva l’ora di silurare un Black, ma c’era anche James. Doveva davvero aver ricevuto una bella spinta da qualcuno per dare fastidio ai Potter e ai Black messi assieme!
Per non parlare di suo padre… no, c’era dietro qualcuno che tirava i fili.
Ma quando tornarono in Sala Comune, fecero fronte ad un altro grosso problema.
Calava un silenzio sepolcrale, dentro quella stanza. Qualsiasi studente ci fosse, era praticamente schiacciato contro la parete.
Sconvolto.
Ad un lato della stanza, James Fleamont Potter stava seduto su una cassapanca, con una gamba appoggiata al mento. Sorrideva…e un rivolo di sangue gli colava dalla bocca.
Dall’altra parte, Sirius Orion Black aveva uno zigomo violaceo…e uno sguardo vuoto da assassino. Lo sguardo gelido che gli veniva ogni volta che guardava un Black…solo che questa volta guardava Potter. E Potter ghignava in quel modo strano, come faceva ogni volta che si pestava con qualcuno. Ogni volta che c’era del pericolo. Che c’era il rischio di farsi male.
Nel mezzo, sembrava fosse scoppiato un vero e proprio terremoto.
“Ma che diavolo…!” Remus non fece in tempo a finire la frase che Minus gli si attaccò addosso con occhi da spiritato e un naso gocciolante. Starnutì tre volte, prima di parlare.
“Meno male che sei arrivato!” ululò, preso dal panico più puro. Ma non fece in tempo a spiegare nulla perché James scese di colpo dalla cassapanca… e arrivò ad un palmo dal naso del suo migliore amico.
E in un nanosecondo, gli sferrò un pugno in faccia. Black barcollò un poco, prima di caricare di nuovo…e colpire l’altro allo sterno, facendolo piegare in due. E poi non si capì più un cazzo perché quelli iniziarono a pestarsi di santa ragione.
“Ragazzi, basta!” Weasley e Franck fecero per separarli ma furono sbalzati via da una energia magica.
“Fuori dai piedi.” Sibilò Sirius, asciugandosi il sangue che gli colava dalla tempia con la manica.
“Già.” Rise James, esaltato e fuori di sé. “Non rovinatemi il divertimento di ammazzare un Black!”
“Ma siete fuori di testa?!” esplose Lily, sbarrando gli occhi e agguantando la bacchetta. “Che diavolo state facendo?!”
“E’ da tutta la mattina che si pestano!” pigolò Minus, dopo altri due starnuti. “Non riesco a separarli! Vogliono ammazzarsi!”
“Non so come mai…” esclamò James, divertito. “Ma stamattina mi è venuta una enorme voglia di spaccargli la faccia.”
“La cosa è reciproca.” Mormorò Black, serio tanto quanto l’altro era euforico, e trasfigurò un coltello. “Mi hai stancato davvero.”
Ululando fecero di nuovo per darsi addosso quando…
Incarceramus!”
James Potter cadde a terra in un nano secondo, avvolto da corde magiche e scoccò un’occhiata omicida a Lily, che aveva ancora la bacchetta puntata su di lui.
Dall’altra parte, il pugnale di Black, approfittando della sua difesa bassa, fece per cadere su di lui facendo urlare tutti di paura ma una mano lo bloccò senza sforzo.
Remus Lupin gli scoccò un’occhiata analitica fissandolo come se fosse un esperimento e mugugnando, mentre la sua presa al polso dell’altro fu così forte da fargli cadere di mano l’arma. E fu davvero strano ma Black sembrò non riuscire a liberarsi…nonostante Remus fosse decisamente più esile di lui.
Il moro si fece rosso per lo sforzo ma il biondino gli tenne il braccio alzato facilmente, senza ansimare nemmeno.
“Al diavolo!” gridò Black, strattonandosi. “Non finisce qui!”
Uscì dalla stanza sbattendo così forte il quadro che la Signora Grassa urlò di sdegno.
“Bene, grazie tante!” ringhiò James, continuando a divincolarsi. “Ora puoi liberarmi così finisco il lavoro?!”
“Non ci penso nemmeno!” ululò Lily in un travaso di bile, spettinandolo con la voce. “Qualcuno mi spiega che accidenti gli è preso?!”
“Mi sono alzato e stavo male.” Spiegò Peter, pallido. “Non faccio altro che starnutire!”
“Grazie, Minus, sono desolata per il tuo stato di salute ma…!”
“Aspetta.” La fermò l’altro. “Sono sceso di sotto per prendermi un bicchiere d’acqua e mi sono accorto che quei due non erano a letto. Erano in piedi, si fissavano con aria strana…non si sono detti assolutamente niente ma tempo due minuti hanno iniziato a scazzottarsi e non hanno più smesso!”
“Voglio ammazzarlo, Minus, è così tanto strano?” frecciò acidamente il loro Leader.
“Abbastanza, visto che ieri lo abbracciavi come un fratello!” s’intromise la Evans, istericamente. “Nessuno qui ha visto altro?”
Paciock fece spallucce.
“Siamo scesi e si stavano già alzando le mani. Hanno devastato mezza sala comune e non siamo riusciti a fermarli.”
“Già…e mi hanno anche rotto il rossetto, quei due dementi.” Borbottò la Spinnett, ancora in vestaglia. “Saranno sotto Imperius? O sono solo idioti?”
“Dubito che la gente usi l’Imperius solo per far litigare due diciassettenni…e comunque sono sempre stati con noi.”
“Stessa cotta per la stessa ragazza?” ipotizzò Arthur, trasfigurandosi una tazza di tè. Tanto valeva fare colazione, ormai!
“Ma per favore! Voglio solo fare un favore al mondo e togliere di mezzo un Black.” Frecciò James tra i denti.
“Sta zitto tu! Hai già creato fin troppi guai stamattina!” rimbeccò Lily. “Nessuna altra idea?”
“Hmmm…”  Remus Lupin si grattò il mento, chinandosi sull’amico con occhi concentrati. Senza dire una parola, gli strappò la camicia.
“Rem, dolcezza.” Tubò James, perfido. “Apprezzo la passione ma era italiana. Se lo vuoi, lo sai che ti basta chiederlo.”
“Come sospettavo.” Sospirò l’altro senza cagarlo di striscio. “Silente stamattina mi ha informato della presenza dei Fiori dell’oblio nella Foresta Proibita. Qualcuno li aveva trasfigurati per farli sembrare banali fiori appassiti ma quando sono sbocciati hanno rivelato la loro vera natura. Sono stati semplicemente punti. Spina dell’amicizia.”
E indicò dei graffi violacei sulla pelle dell’addome.
“Oh dio, ci mancava solo questa.” Lily si batté la mano sulla fronte.
“Ma non sono bruciate tutte stanotte, quelle dannate rose?”
“Sì, ed è per questo che non mi preoccuperei.” Concluse l’altro, rialzandosi. “L’effetto svanirà entro stasera. Dobbiamo solo tenerli separati.”
“Quante probabilità c’erano che venissero punti assieme dalla spina dell’Amicizia? Quante?” sfasò Geky Bell, alzando gli occhi chiari al cielo. “Perché siamo la Casata più sfigata della storia?”
“Perché c’è questo qui dentro.” Sibilò Lily con voce sepolcrale, abbassandosi su James che ebbe giusto un brividino dietro il collo osservando il suo sguardo maniacale.
“Hey Rossa…tutto a posto?”
“No, non è tutto a posto.” Lily si abbassò ancor di più, con un aspetto abbastanza inquietante e un tantino folle. “Giuro che se mi espellono è la volta buona che ti lancio una maledizione addosso…”
Remus la tirò per la manica, tossicchiando.
“So che vorresti solo ucciderlo in questo momento…ma tra poco abbiamo Erbologia…”
“E quindi?”
“E quindi, dolcezza…” s’intromise Alice, con la voce di miele. “…Abbiamo due nemici novelli pronti a darsi battaglia e tu sei l’unica che può tenere distratto James per tutto il tempo. Mi spiego? Quindi cerca di presentarti bella scollata perché abbiamo già perso così tanti punti che i Serpeverde in confronto a noi sembrano dei fraterelli!”
“Ma non possiamo tirargli una botta in testa?! Magari funziona!”
Ma inutile dire che le toccò agganciarsi al braccio di Potter esattamente come quelle galline che tanto disprezzava, mentre questi la fissava stralunato e al contempo al settimo cielo.
Sfilarono in corridoio sotto gli occhi sconvolti di tutti quanti e i bisbigli non si sprecarono di certo, così che quando si sedette davanti ad una pianta piena di tentacoli gialli aveva già raggiunto il limite quotidiano di sopportazione.
Sarebbe stata una lunga giornata…
 
 
 
 
 
Ma mai lunga come quella di chi, chiuso in una fredda camera umida, doveva fare i conti con una Casata in piena crisi.
Serpeverde era in tremendo fermento, quella mattina. Bellatrix aveva dato di matto, e anche l’algido Lucius Malfoy aveva mostrato segni di cedimento di nervi. Sulla sua mano, era comparsa una nuova bruciatura di sigaretta e nei suoi occhi chiari spalancati sul  vuoto si percepiva una rabbia senza confini, oltre ad una bruciante brama di vendetta.
La Stella del Diaspro era stata chiusa. Avevano fallito.
Ma c’era chi, quella mattina, rimaneva indifferente a tutto quel fervore. Un ragazzo si stava vestendo in silenzio, cercando di fare meno rumore possibile, come era abituato a fare ormai da lunghi anni.
Aveva occhi grandi, Regulus Black. Occhi azzurri come il cielo tipico dei Black ma, stranamente dolci. Senza la perfidia di ghiaccio che li caratterizzava.
Quindici anni, capelli neri come il petrolio, portati corti ma dalla frangia spettinata sulla fronte, pelle candida come tutti quelli della sua famiglia.
Secchione, pacato, con il viso segnato da un senso di smarrimento perenne.
Serpeverde per scelta.
Aveva dovuto farlo. Per gente come Regulus, il destino non aveva mai possibili vie di fuga.
Solo suo fratello era riuscito a fare ciò che nessuno aveva osato. Suo fratello…dagli occhi neri come pece. L’unico ad avere la pelle vagamente abbronzata, gli occhi scuri e…il coraggio. L’orgoglio bruciante di un Grifondoro.
Onestà, lealtà. Onore.
Parole che per lui non avevano significato. Non potevano averne.
Sapeva che era stato lui a chiudere la Stella. Lo sentiva dentro.
Sirius Black avrebbe potuto scatenare l’inferno, pur di mettere i bastoni fra le ruote alla sua famiglia. Era il suo grande problema. La sua unica falla.
Avrebbe tranquillamente potuto perdere se stesso. Avrebbe sputato sopra ogni cosa…pur di combatterli.
Sospirando, si allacciò per la ventesima volta quell’odiosa cravatta sulla camicia. Quella mattina non riusciva a venirgli bene.
Scoccò un’occhiata all’unica altra persona lì dentro che avrebbe potuto capirlo.
Severus Piton mangiava pigramente dell’uva in un angolo della stanza, con occhi assorti. I suoi non si fidavano di lui, glielo leggeva negli occhi ogni volta che lo guardavano. Eppure, lui era riuscito in breve tempo a trovare un posto di rilievo tra di loro. Accanto al serpente. Che tipo ambiguo.
“Stai facendo il nodo al contrario, principino.” Gli disse improvvisamente, in tono beffardo. Afferrò la bacchetta ed in breve tempo, gliela sistemò. “Nervoso?”
“No.” Mentì il ragazzo, guardando altrove.
“Sì, invece.” Continuò lui, indifferente. “Te lo leggo dentro.”
“Puoi smetterla di usare il legilimens?!”
“Sei un Black, Regulus. Dovresti iniziare a fare Occlumanzia come tutti quelli della famiglia…”
“A che pro? Lo sanno tutti cosa penso. Ma a nessuno importa.”
“Dubito che siano molte le cose importanti per loro. Non darti tormenti inutili. Oppure fallo. Chissenefrega.” Fece per andarsene, facendo evanescere i chicchi dell’uva dal piattino.
Regulus tornò a fissare il suo riflesso allo specchio.
Doveva essere sempre ben vestito. Sempre. Prima regola che aveva imparato fin da bambino. Mai mettere in disordine un Black.
Perché dovevano vederlo tutti, cosa erano. Che cosa possedevano. Potere. Ne aveva così tanto da non sapere mai cosa farsene. Nessuno lo tormentava mai. Nessuno osava sfidarlo. Lo tenevano tutti in un palmo di mani, era rispettato, coccolato perfino da Bellatrix.
Eppure si era sempre sentito solo. Solo…anche se circondato da persone.
Chissà se Sirius si sentiva così, a volte. Ma Sirius non gli avrebbe mai più detto come si sentiva. Mai più.
Lo aveva rinnegato al suo primo anno…quando la tagliola della ghigliottina gli era finita in testa per sua stessa volontà.
“Come fai?” mormorò improvvisamente, fermando Piton.
“A fare che?”
“A sopravvivere.” Il ragazzo gli scoccò un’occhiata intensa. “Tu non sei come loro. Porti una maschera. Io lo so…”
Piton si era fermato davanti alla porta. Non si era voltato. Ma non se ne era nemmeno andato.
“Sei come me. Lo sento!” Concluse lui, malinconicamente. “Mi hanno detto che frequentavi mezzosangue, prima. Cosa ti ha fatto cambiare idea?”
“L’ambizione è la pecca più grande di un Serpeverde.” Mormorò lui. “In altri posti non avresti potuto avere tutta la conoscenza ed il potere che hai ora. Ricordalo sempre.”
“Palle!” Scattò il ragazzo, mostrando per la prima volta un po’ di spina dorsale. Mostrando un po’ di rabbia che aveva dentro. “Non può ridursi tutto solo a questo! Io lo voglio sapere! Voglio sapere che cosa mi rende così diverso da…” abbassò le spalle, desolato.
“Da tuo fratello?”
“Sì.” Sussurrò il giovane Black.
“Non ho tutte le risposte, sai?”
“E allora sai dirmi… se è così tanto sbagliato volergli ancora parlare? Volergli ancora bene? Nonostante…nonostante vediamo il mondo in modo così diverso?”
“Non lo so, principe dei Black. Ma so che ci sono cose che non si possono più cambiare. Fattene una ragione o non finirai bene. Vuoi sapere che cosa mi ha fatto cambiare idea e diventare quello che sono?” Si girò infine verso di lui. Sorridendo amaro. Occhi vuoti.
Ho il cuore spezzato.” Sussurrò.
“Tu…”
“Non fare tardi a lezione.” Finì il ragazzo, uscendo dalla stanza. Lasciandolo solo…con una strana amarezza in corpo.
Quando Regulus uscì da Serpeverde, erano tutti troppo impegnati a digrignare i denti e masticare rabbia per prestargli attenzione.
Solo Michael Aliaset gli scoccò una breve occhiata, mentre per sbaglio gli diede una spallata mentre usciva di lì con la rabbia a duemila. Non gli chiese scusa, ma non se ne preoccupò più di tanto. Lui non prestava mai molta attenzione alla persona che aveva di fronte. In verità Aliaset non si filava mai nessuno per più di due minuti, sembrava provare noia e fastidio per il mondo intero.
Eppure dovevano avergli fatto davvero girare le palle, stavolta, perché aveva un diavolo per capello. Di certo non era per la Stella del Diaspro, cosa di cui non poteva fregargliene meno di così. Dovevano aver trovato il modo anche per lui.
Eh già…non si poteva continuare a vivere nel proprio mondo a Serpeverde. Prima o poi le spire del serpente si avvolgevano su tutti.
E fu proprio come una spira che la mano di una donna si chiuse sopra la sua spalla, appena entrato nel corridoio al secondo piano.
“Regulus Black!” cinguettò una strega con vocetta acuta, sbattendo le ciglia così velocemente da scatenare un uragano. “Ti aspettavamo!”
Occhi slavati, capelli biondo pallido parzialmente raccolti, talmente tanta cipria a coprire le sottili rughette attorno alle palpebre da sembrare finta. Ed un profumo intossicante a dire poco.
Porfiria Malfoy. Sorella di Abaraxas Malfoy, zia di Lucius. E lo fissava malignamente e bramosamente, come un avvoltoio che pregusta la carne umana.
“Signora Malfoy.” Rispose educatamente Black, raddrizzandosi. “Come mai in visita ad Hogwarts?”
“Che ragazzo bene educato.” Gongolò quella, aggiustandosi la costosa sciarpetta di seta attorno al collo sottile. “E anche di una bellezza spropositata, devo dire! Ma sei un Black, non potevamo aspettarci altro. Sono qui come membro del Commissariato del Ministero. Dobbiamo esporci in giudizio riguardo uno spiacevolissimo fatto.”
Commissariato del Ministero?! E da quando quella carogna era entrata in politica?!
“Ma lascia che ti presenti la mia principessa!” tubò di nuovo quella donna, scostandosi appena e fu solo allora che Regulus vide una bimbetta agghindata così tanto da sembrare una bambola, aggrappata alla sua gonna. Nasino alla francese, occhioni azzurri, boccoli dorati e guanciotte rosee.
“Eris, non essere maleducata.” Sibilò improvvisamente la madre, scostandosi bruscamente. “Presentati!”
La bambina chinò appena il capo, sussurrando una presentazione velocissima prima di tornare a nascondersi.
“E’ timida.” Ridacchiò la Malfoy, nascondendo la stizza. “Ma di una bellezza stratosferica, non trovi?”
“E’ una bambina molto graziosa, signora Malfoy.”
“Signora Malfoy, Signora Malfoy…” e gli si avvicinò suadente, facendolo sudare freddo. “Siamo praticamente quasi parenti, ormai! Chiamami Porfiria, per favore! Vedi, la mia principessa qui, tra un anno entrerà ad Hogwarts…e suo cugino Lucius non ci sarà più a guidarla nella giusta direzione. Pensavo che sarebbe molto carino che potessi darle accoglienza…”
Il ragazzo guardò di nuovo la piccola. Timida? A lui sembrava terrorizzata a dir poco. Anche se lo fissava con una sorta di strana curiosità e quando si accorse che la stava guardando, avvampò.
Oh, no.
Regulus iniziò a sudare freddo davvero.
“Certo, sarà un piacere…ma è il Cappello Parlante a decidere in che Casata dovrà stare Eris.”
“Oh, Eris finirà a Serpeverde come tutta la sua famiglia, di questo non mi preoccupo!”
Serpeverde un cazzo, pensò l’altro. Quella era palesissimamente una Tassorosso. E iniziava davvero a puzzargli quella conversazione.
“Diventerà una splendida Serpeverde, ne sono certa.” Continuò la madre, assottigliando la voce sempre più. “Sana, purosangue, bella e silenziosa. Cosa chiedere di più in una futura moglie, eh? Suo marito sarà davvero fortunatissimo!”
Cristo. Regulus rimase in silenzio, gelando.
Cristo, aveva solo dieci anni.
E ci aveva visto giusto! Gliela stava servendo davvero su un piatto d’argento! Come un pezzo di carne…
Ma i suoi non gli avevano detto nulla. Non gli erano mai parsi interessati a fare altre alleanze coi Malfoy…aveva già dato in tal senso Nartrix, la sorella di sua madre Walburga, con sua figlia Narcissa.
Un Malfoy in famiglia bastava e avanzava…ma a quanto pare, quei biondastri sembravano avere altre mire.
Ma perché proprio lui?
“Mi stava dicendo che ci sarà un giudizio su un caso spiacevole.” La interruppe. “Di che parla?”
“Oh, tesoro.” Tubò quella, con una scintilla perfida nello sguardo. “Non so se faccio bene a dirtelo, ma tant’è. Degli studenti si sono intrufolati nella Foresta Proibita per finire il lavoro che avevano iniziato…quel maledetto di un Necronomicon, che tra l’altro è sparito di nuovo! Si parla di espulsione…sarà davvero un duro colpo per la tua famiglia, quel disgraziato di tuo fratello non fa che mettervi in imbarazzo…”
Regulus si bloccò. Sirius? Volevano espellere Sirius?!
“Non ne sapevo nulla.” Disse, sbalordito. “Ma…mio padre…”
No, suo padre non poteva averlo permesso davvero. Il suo primogenito espulso da Hogwarts…non poteva essere!
“Forse per tuo padre questa sarà la goccia che fa traboccare il vaso. Il momento buono per diseredarlo, scusa se mi permetto ma è la cosa giusta da fare!” Insinuò l’altra. “D’altronde, che senso ha tenersi un primogenito tanto ingrato? Tu invece…” e si avvicinò, come una vipera, stringendogli il braccio. “Tu sei così educato! Così fedele! So che quello che fa tuo fratello ti fa soffrire…anche Eris ha sofferto tanto, quando un suo prozio ha messo vergogna su di noi! Oh, ma guarda, ecco un’altra cosa che avete in comune! Sono sicura che diventerete ottimi amici.”
Nausea. Gli veniva la nausea.
Quello era un fottuto colpo di stato. E lui c’era nel mezzo.
Quella donna…quella donna voleva mettergli le grinfie addosso, non potendo appioppare sua figlia a Sirius. E aveva appena scavalcato suo padre nella speranza di farlo diventare primogenito riconosciuto.
Di fargli prendere il posto di suo fratello…
Stava puntando su di lui come su un cavallo da corsa! Ma i Malfoy stavano giocando in modo pericoloso. Non poteva credere che fossero così imbecilli da scavalcare Orion Black!
Guardò quella bambina, così timida e piccola, e gli salì ancor più la nausea. Ma all’improvviso, in quel corridoio si sentì come…un’ondata di calore.
E una voce si levò alta alle loro spalle.
“Quando hai finito di prostituire tua figlia, Porfiria, ti ricordo che hai dei compiti da assolvere di sopra!”
Sembrò che avesse appena visto il demonio. La Malfoy boccheggiò, strabuzzando gli occhi ed arretrando.
E quando Regulus si voltò, ebbe una precisa sensazione.
La sensazione che si ha quando si rivolge la faccia al sole.
Alle loro spalle c’era una donna…che emanava un’energia senza pari.
Molto alta, gambe tornite fasciate in pantaloni di cuoio, un rigido corpetto a stringere un seno morbido ed un mantello da viaggio annodato al collo da un sottile cinturino di perle dorate. Il viso aveva lineamenti marcati, belli e fieri, mascella leggermente squadrata e due occhi di un azzurro denso come quello di un oceano. E inoltre… portava la più ribelle chioma di ricci neri che avesse mai visto, che sparava in tutte le direzioni e scendeva fino al sedere in modo talmente caotico che sembrava aver vita propria.
“E-Euphemia!” balbettò Porfiria, sbiancando. “Sei qui…ma…!”
“Oh, non c’è bisogno di mandare gufi per avvisare una Veggente che l’appuntamento per decidere il destino del suo bambino è stato anticipato di due ore!” esclamò lei, con un ghigno così malefico che avrebbe gelato l’inferno. “Anche se stamattina un ragazzino ha cercato di buttarmi della strana pozione sugli occhi! Chissà come sta ora la sua guancia…”
“Po-pozione? Non vorrai insinuare che abbia cercato di accecarti!”
“Oh, non mi permetterei mai…accecare una Veggente e privarla della sua Vista è illegale, se non erro…una Malfoy non si azzarderebbe a far nulla di così immorale!”
La donna si avvicinò con due grandi falcate. Sembrava avere tanta di quella energia in corpo da trasmetterla tutta all’esterno. Gli inchiodò addosso i suoi occhi meravigliosi e quando fu così vicina, Regulus si accorse che  nell’incavo del petto e sulle sue braccia c’erano parecchie cicatrici. Ne aveva anche una sulla guancia, lunga e sottile, che però non mitigava la sua bellezza. Anzi, sembrava renderla ancora più maestosa.
Bastava una sola occhiata per capire che quella tizia aveva le palle.
“Regulus Black, hn?” chiese imperiosa, sollevando un sopracciglio. “Ci fosse stato tuo padre gli avrei finalmente fatto firmare le carte per la custodia legale di tuo fratello ma a quanto pare nemmeno lui è stato avvisato di questa pietosa pagliacciata. Mi toccherà ancora dire che è in vacanza da noi.”
“Potter!” berciò la bionda, acida. “Non è colpa nostra se impegni improrogabili ci hanno costretto ad anticipare l’appello ed i gufi non hanno fatto in tempo a…!”
“E da quando voi mettete becco in questioni che riguardano il Preside? Che tra l’altro è stato richiamato al Ministero esattamente per quale motivo?” abbaiò l’altra, facendola diventare piccola piccola. “Senza contare che questo sembrerebbe essere un processo vero e proprio, o sbaglio? Allora perché non vedo mio figlio a testimoniare su come è andata?”
“Non è un processo! E se…se hai delle dimostranze puoi venire su e dirlo di persona!”
“Oh, puoi starne certa.” Ghignò pericolosamente Euphemia Potter, mentre Regulus la fissava sconvolto con tanto d’occhi avendo finalmente riconosciuto quella vera e propria leggenda. “E sappiamo entrambe che andrà a finire come dico io…senza previsioni stavolta! E tra l’altro, Silente mi ha avvisato che purtroppo la sua scopa si è casualmente rotta a metà strada! Gli è impossibile venire al Ministero e poi non si sente tanto bene oggi, non ce la fa a smaterializzarsi! Mi sa che tornerà prima anche lui…sai, l’età…”
E fu chiaro dal colore delle loro facce chi avrebbe vinto e chi no. La Malfoy lo salutò dignitosamente e alzò i tacchi, trascinandosi dietro la piccola Eris.
L’aveva chiamata come la dea della discordia. Un nome adeguato alla situazione…visto che quella mossa avrebbe suscitato un casino senza precedenti. Accidenti alle donne!!!
“Hey, tu, ragazzino.” Abbaiò improvvisamente la signora Potter, facendolo sobbalzare. “Portami alla Sala gialla e vedi di muovere le chiappe! Questa cazzo di scuola non fa altro che cambiare negli anni!”
Dubitava che avrebbe accettato un no…anzi, sembrava una che i “No” non li sentiva mai. E come avrebbero potuto? Quella ex Auror assieme al marito aveva aiutato Silente a sconfiggere Grindelwald.
Erano gli Auror più forti in circolazione!
E così era quella donna ad aver accolto Sirius in casa…e ad avere così tanto potere da impedire ai Black di riprenderselo…
Camminò in silenzio accanto a lei per un po’, scoccandole occhiate di tanto in tanto.
“Un Black, eh?” disse improvvisamente quella. “Non hai gli occhi come i tuoi genitori.”
“I maschi hanno tutti gli occhi azzurri in famiglia.”
“Sì, so come sono gli occhi dei maschietti Black. Ma non intendevo quello. E dimmi, moccioso, sei anche tu contrario ai Mezzosangue?”
Regulus si fece immediatamente gelido.
“Sì.” Disse, senza mentire. “Sporcano la magia. La indeboliscono.”
“Ma che vagonata di puttanate.” Soffiò la donna, prima di afferrargli una spalla e schiacciarlo contro il muro con uno schianto. Avvicinò il suo viso e da così vicino, poté notare i suoi occhi…e non erano normali affatto. I suoi occhi vedevano. Guardavano lontano, svincolati dal tempo. “Sta a sentire, ragazzino. Smettila di riempirti la bocca delle parole dei tuoi genitori e apri il cervello perché dovrai fare la cosa giusta, ad un certo punto della tua vita, quindi vedi di arrivare a quel momento con la testa libera da tutta questa merda e con la capacità cognitiva di un essere umano e non con quella di un comodino! Il regale sangue del tuo paparino che ti scorre nelle vene dimostra senza ombra di dubbio che NON sei una marionetta appesa a dei fili quindi agisci e pensa di conseguenza. O quella povera disgraziata di Eris Malfoy si ritroverà davvero a sposare un mentecatto, sempre che non vengano inceneriti prima per questa bella alzata di testa che quell’idiota di Porfiria ha pensato bene di fare e che adesso a ME tocca sistemare! E ora fammi l’unico favore che può farmi un Black: levati dai piedi!”
Ed entrò nella stanza Gialla sbattendo la porta così forte da far tremare i quadri.
Un bel caratterino senza dubbio…Regulus aveva ancora il cuore che rimbombava nel petto! E i suoi occhi…sembrava che l’avessero guardato ma al contempo che avessero visto altro.
Era la prima volta che qualcuno lo fissava così.
Si sistemò la camicia, facendo una smorfia. Inutile. Lui con quel mondo non c’entrava proprio niente.
La testa…la testa era troppo diversa. Ma ora il destino di Sirius era in buone mani, per fortuna.
Sì, non lo avrebbero espulso. Ne era certo.
Importava solo questo.
Che Sirius fosse al sicuro.
 
 
 
 
 
 
 
“Hey, occhio. Sirius Black è in pericolo.”
Geky Bell sbadigliò, mentre a Lily Evans per poco non veniva una sincope.
Lo aveva solo mandato a prendere delle fiale, santo cielo!!!
Si alzò di scatto, si diresse a passo di marcia verso Potter e lo afferrò per il colletto prima che potesse rovesciare del veleno sulla testa di quell’altro demente che grazie a dio era girato dalla parte opposta.
Il leader dei Malandrini si girò con un sorriso ammaliante e se la schiacciò contro passandole una mano dietro la vita.
“Beccato.” Ridacchiò sul suo collo, ma mentre la Grifoncina fece per dargli un pugno in testa e levarselo di dosso.
Remus e l’intera Casata le scoccarono l’ennesima occhiata ammonitrice e quella abbassò di malavoglia la mano, serrando i denti così forte che quasi se li spezzava.
“Dillo, che te ne stai approfittando…” sibilò tra i canini, con voce da becchino.
“Un po’…” ridacchiò Potter, sedendosi di nuovo accanto a lei. “Non so perché ci tieni tanto a salvare Sirius da me, ma la cosa ti rende estremamente malleabile o sbaglio?”
Eh già…quel dannato aveva capito l’antifona e non faceva altro che fare il porco facendola arrossire come una disperata, ben consapevole che non poteva reagire e che era costretta a fare la carina con lui.
Mai fregare un Malandrino con i suoi stessi trucchi…per non parlare del fatto che ogni occasione era buona per cercare di ammazzare Black e viceversa!
Giuro, non li reggeva più!
“Passami quelle dannate forbici…” sibilò al capo dei cretini, prima di beccarsi un’altra occhiataccia di gruppo e sforzarsi di sorridere. “…Per favore…”
Eh già, quella povera piantina stava per fare una brutta fine. Peccato che Black l’avesse stregata per difendersi e i suoi tentacoli iniziarono a strangolarli.
“L’avete tagliata male, evidentemente. Molto male, Miss Evans.” Borbottò la Sprite. “Ti vedo troppo distratta oggi.”
E con un colpo di pala sul centro della pianta, quella che probabilmente doveva essere la testa del vegetale, la rimise al suo posto.
“Notevole, per un cane bastardo.” Masticò tra i denti Potter, facendo per alzarsi ma venendo prontamente afferrato da Lily che, in mancanza di idee, lo abbracciò.
Sì. Lo abbracciò davvero.
E tra i Tassorosso calò il silenzio. Ma anche tra i Grifondoro.
E mentre sentiva il seno della Grifoncina premuto contro di lui, James Potter andò letteralmente k.o.
Sì, decisamente quella situazione stava evolvendo a suo vantaggio…

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Capitolo 18
*** Fate is blood. ***


Eccomi qui, scusate il ritardo! Due questioni prima di cominciare.
Gente, volete lo Spazio Autore? Ovvero che io risponda non personalmente sotto il commento ma dedichi la fine del capitolo a lasciarvi un pensiero, una risposta e un saluto? Molti lo fanno, se può farvi piacere, non mi creerà nessun problema.
Numero due, anticipo che in questo capitolo introduco un personaggio che arriverà più avanti…ragazzi, una bomba vera e propria. Sono curiosa di sapere se i nuovi lettori riescano ad immaginare di chi si tratti solamente cogliendo qualche inizio che ho sparso qui e lì. E naturalmente raccomando ai “vecchietti” di non suggerire…
Ps, sono anche su Wattpad, se vi va di seguirmi anche lì, essendo un po’ più facile dialogare. Nickname: Giglian8.
Vi lascio e vi mando un abbraccio.
Sarah
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ok.
L’odore era nauseante. E già qui bastava a far scappare i troll.
Per non parlare della muffa. E della sensazione appiccicaticcia sotto le mani.
“Questa è stata davvero la goccia, sapete?”
Uno sciabordio e le piastrelle lucide vennero ricoperte di acqua e schiuma.
“Potresti stare attenta a non bagnarmi, Bell?!”
“A non bagnarti?! Ma sei seria?!”
La Grifondoro scoccò uno sguardo infuocato alla sua compagna, adocchiando poi i loro piedi. E meno male che non avevano messo scarpe firmate.
Eh già. Non erano tanto l’odore o le muffe sopra le tazze del cesso e tantomeno il loro contenuto…era tutta quella cazzo di acqua.
Il pavimento su quale stavano inginocchiati in punta di piedi per cercare di non bagnarsi di liquidi impropri era allagato di almeno tre centimetri.
“Dio stramaledica tutte le Mirtille Malcontente del mondo.” Sibilò Paciock, con una vena pericolosamente gonfia sul collo.
“Vuoi farti sentire?” lo rimbrottò Molly. “Così ci fa la doccia?!”
“Perché non si possono ammazzare i morti, me lo spiegate?!”
“Perché invece non ammazzare i vivi?” sibilò Lily Evans, ed ecco che tutte le occhiate dei Grifondoro scivolarono in modo un tantino inquietante sugli artefici della loro disfatta.
Remus e Peter ebbero perlomeno la decenza di arrossire.
James Potter scoccò uno sguardo adorabilmente angelico, subodorando aria di pestaggi. Black di rimando se ne fregò proprio, appollaiato come un avvoltoio sopra un davanzale e senza la minima intenzione di sporcarsi le regali manine con quella barbarie da plebei.
Eh già, perché la carissima Grifondoro, quell’anno, poteva dire di aver toccato il fondo.
E lo si leggeva a chiare lettere nello sguardo umiliatissimo della McGranitt, che entrò nel bagno di Mirtilla Malcontenta proprio in quel momento, con un diavolo per capello.
A pulire cessi.
La sua orgogliosissima Casata, la tanto dignitosa Grifondoro…messa a pulire cessi per punizione. Quei ragazzi dovevano ringraziare che era la loro professoressa o li avrebbe strangolati con le sue mani!
“Aaargh!” Alice Spinnet balzò in piedi, lanciando contro il muro una poltiglia molliccia di non ben definita origine. “Cristo, ma che schifezza!”
Quella roba scivolò sulle piastrelle facendo per finire sopra una testolina bionda che fu ben svelto a farla evanescere.
“Lupin, ho detto niente magia.” Sbottò la McGranitt.
“Mi scusi…” mormorò quello, riponendo in tasca la bacchetta e cacciando uno starnuto degno di un orco.
C’era da dire che Remus da malato era ancora più bello. Pelle pallida e lucente, occhi gonfi come se si fosse appena svegliato. Sembrava ancor più inarrivabile e puro, ed i pensieri di quelle pervertite di Grifondoro certo non si sprecavano.
Ovviamente lui ne avrebbe fatto anche a  meno.
Accidenti, le cose si stavano mettendo davvero male…nemmeno quando c’era la luna piena si sentiva così debole. Anche Minus non era messo benissimo, anzi, forse era quello che ne stava risentendo più di tutti.
Da quando le rose stavano facendo effetto su Potter e Black, il branco si stava indebolendo parecchio…e con un brivido si chiese che cosa sarebbe accaduto se l’effetto fosse durato ancora a lungo.
Non era mai capitato…che il branco si spezzasse. Ma sapevano che il loro malessere era dovuto a quello.
Lo percepivano. E la cosa non gli piaceva per niente.
Erano davvero così legati? Una trasformazione fatta male da ragazzini e le loro vite erano cambiate per sempre?
“Vogliono ancora ammazzarsi?” chiese a Lily, venuta a strizzare un panno nel secchio. Era vestita alla babbana con un delizioso foulard sulla testa rossa e una salopette consunta. L’unica a non scoccargli occhiate libidinose facendolo sentire violato come una vergine in un covo di vampiri.
“A-ha.” Mugugnò la ragazza di malumore. “Avevi detto che entro sera l’effetto sarebbe finito e invece stamattina li ho beccati a lanciarsi Cruciatus. Tra l’altro come avete passato la notte?”
Eh, bella domanda quella. Che a pensarci veniva ancora da ridere…o da impiccarsi, a seconda dei casi!
Legare e imbavagliare un Black e un Potter al letto come salami non era quel che si diceva un processo facilissimo…avevano ancora il segno dei morsi di quei maledetti…
Furono interrotti da Weasley, che cacciò un grido quando Mirtilla balzò fuori dalla tazza del gabinetto.
“I maschi non possono stare qui!” strillò per l’ennesima volta attirandosi le bestemmie di tutti, e anche qualche secchiello che le passò attraverso.
“Per l’ennesima volta, Mirtilla…” Minerva si massaggiò le tempie, con un principio di isteria. “…E’ una punizione…hanno il permesso…”
“Non capisco cosa abbia che non va il mio bagno!” sbottò quella, offesissima. “Gli state togliendo personalità!”
“La personalità fa schifo.” Sbottò la Spinnet, agitando un preservativo usato. “Dai, ma che porcheria!”
“Quello potete farlo evanescere!” strillò la McGranitt, avvampando. “Non pensavo ci fosse un tale livello di indecenza in questa scuola!”
“Vero…usare una scadentissima roba babbana quando c’è la magia che funziona così bene!”
“NON INTENDEVO QUELLO, POTTER!”
“Oh, me lo ricordo!” gongolò la fantasmina, maliziosa, facendo venire una sincope alla strega. “Lei fingeva davvero un sacco.”
“Ci mancherebbe, quale donna al mondo lo farebbe qui?!” Si schifò Molly.
“Con un fantasma guardone, poi…”
“Sappiate che questo bagno è invece molto gettonato!” strillò Mirtilla, facendo schizzare acqua da ogni tubatura e inondandoli. “Ha stile! Che ne sapete voi?!”
“Qualcuno che apre la finestra? Magari c’è vento…” masticò tra i denti Paciock, con le braccia fino al gomito in una pozza verdastra ed i riccioli gocciolanti.
“Guarda che non è mica un fazzoletto.” Sospirò la Evans, già stressata. “Se lo fai giuro che ti ammazzo.” Aggiunse poi, senza nemmeno voltarsi. Potter, beccato in pieno, abbassò il mocio che stava per passarle sulla schiena.
“Black, si può sapere perché NON sta lavorando?!”
Quello, ancora appollaiato sul davanzale ben attento a non sfiorare nemmeno un centimetro di quella schifezza, scoccò alla professoressa uno sguardo così altezzoso che si sentì quasi il profumo di soldi nell’aria.
Senza dire una parola, infilò un guanto spesso cinque centimetri e sfiorò giusto con l’unghia un vaso di marmo, togliendo una macchia talmente piccola da vederla al microscopio.
Ecco il massimo che poteva fare un Black in termini di pulizie. Ed era già un affronto.
“Ma che cosa parlo a fare…” sospirò la Professoressa, passandosi una mano sulla faccia. Mai in tutta la sua vita avrebbe avuto a che fare con una classe così…ma quelli le sarebbero bastati per farla esaurire per tutta la sua gloriosa carriera!
“Povero Paddy, niente elfi a pararti le chiappe stavolta?” frecciò Potter, fissandolo con cattiveria. “I bambini cinesi che hanno confezionato la tua camicia lavorando dodici ore al giorno saranno contenti di sapere che i loro sforzi non sono stati vani!”
“Ma vaffanculo Potter.” Ringhiò di rimando l’altro, scoprendo i denti come un cane. “Tu invece la sotto ti ci trovi benissimo! Leccami un po’ le scarpe, visto che sei così bravo.”
“Guarda che non sono io quello che lecca cose, di solito, Fido…”
Ecco, pure la frecciatina sul loro essere Animagus e potevano bellamente andare a suicidarsi davvero stavolta. Ma fortunatamente furono interrotti dallo sfaso di una Professoressa sull’orlo di una crisi mistica.
“FATE SILENZIO!” Ruggì, spettinandoli con la sola forza dell’ugola. “Forse non vi è chiara la situazione! E’ già tanto che siete ancora in questa scuola! VOLEVANO ESPELLERVI IN MASSA, LO SAPEVATE?!”
Prese a fare su e giù con un tic all’occhio.
“E’ stato solo l’intervento di Silente che vi ha salvato per il rotto della cuffia…festini…alcolici…gente che va a spasso nella Foresta Proibita con un Portale Oscuro in funzione…e i punti della Coppa delle Case che hanno raggiunto un picco storico…SANTO CIELO, MA PENSATE DI ESSERE IN UNA DISCOTECA?!”
“Naah. Qua c’è roba migliore.” Bisbigliò Frank da un punto imprecisato di un gabinetto, beccandosi una scopa in testa.
“Siete davvero al limite! Mai nella storia della nostra scuola una Casata è stata tanto sconsiderata!”
Ed ecco che, improvvisamente, alle sue spalle un vaso iniziò a levitare.
“Vi giuro, vi giuro che se fate ancora una cosa, una singola cosa fuori posto, presenterò sul serio le carte di dimissioni e vi farò espellere tutti…siamo ad un punto morto, questa è stata la goccia quindi a partire dai prossimi secondi camminerete sul filo del rasoio…ancora una cosa, solo una…e siete finiti!”
I Grifondoro adocchiarono lei. E poi il vaso. Alle sue spalle. Un enorme vaso di marmo che, zitto zitto, stava per finire in testa a Black.
“Ecco, vedo che la minaccia ha fatto effetto.” Borbottò un po’ più soddisfatta la McGranitt, vedendoli sbiancare tutti. “Grifondoro è stata fondata su dei sani principi, su dei valori, che state macchiando in modo vergognoso. Forse è stata colpa mia…forse sono stata troppo permissiva ma da oggi in poi la mia missione è quella di farvi rigare dritto, a costo di perdere il lavoro in caso di fallimento.”
Li guardò, ora un tantino preoccupata perché quelli si erano tutti zittiti e i loro sguardi erano abbastanza agghiacciati. Forse aveva esagerato un po’…
Poi, qualcosa si mosse alle sue spalle, rumore come un parapiglia. Si girò, nel mentre tutta Grifondoro tratteneva il respiro.
Lily Evans era in punta di piedi, immobile. Busto in avanti, le braccia protese in alto, mani strette ad un vaso, ogni centimetro del corpo tirato allo stremo come se stesse facendo un passo di danza.
Una posizione abbastanza strana.
“Ma si può sapere che sta facendo, Signorina Evans?”
“S-Stretching.” Balbettò lei, facendole roteare gli occhi. Poi il fazzoletto che aveva in testa le scivolò dal capo, finendo in faccia a Potter. Improvvisamente la Grifoncina sembrò rilassarsi, si sbilanciò con il vaso e cadde praticamente addosso al Malandrino.
“Potete almeno evitare di ammazzarvi, mentre pulite? Di fantasmi piagnucolini ne basta e avanza uno…oh cielo, era ancora qui.”
Mirtilla cacciò un ululato degno di un mannaro e strillando ingiurie si infilò nei tubi, facendoli schizzare da tutte le parti.
Le persone iniziarono ad armarsi di bacchette e tanti cari saluti alla punizione da babbani, visto che stava esplodendo ogni cosa.
James Potter sorrise, mentre la sua Prefettina preferita gli era praticamente seduta in braccio. Le passò un braccio intorno alla vita e affondò il viso contro il suo collo, inebriandosi di quell’odore. Cristo, se era buona…calda e profumata da mangiarsela.
“Questa cosa che continui a difendere Black da me inizia a irritarmi.” Sorrise, pericolosamente, vicino al suo orecchio. Fregandosene del casino che stava scoppiando nel bagno, con le dita le accarezzò delicatamente le costole…sentendola irrigidirsi come una statua. Lo faceva sempre.
Quando la sfiorava, lei diventava di ghiaccio.
“Lasciami subito…razza di…!”
Ma era comunque una reazione…forse più intensa ancora di tante altre che quelle mani le avevano bramate come poche cose al mondo.
“Ma non dovevi fare la carina con me? Dov’è finito il tuo senso del dovere?”
Sì, sentirla tendersi e tirare fuori le unghie…era la cosa più eccitante dell’universo.
Ma mentre quei due praticamente lottavano da seduti, Sirius Black, dall’alto del cornicione, sorrise esattamente  nello stesso modo pericoloso. Imbecille che era stato. Bastava così poco.
Il punto debole di James era lì, sotto i suoi occhi. E siccome un Black rimane fedele al suo nome, decise che era ora di mettere in gioco i colpi bassi.
 
 
 
 
 
 
 
Cristhine McRanney comparve il giorno dopo essere stata posseduta fresca come una rosa…ma dalla faccia decisamente infelice.
Sbatté sul tavolo i libri in mezzo a loro e vi si accasciò mettendosi le mani nei capelli. Lupin l’adocchiò stranito da una parte, Black dall’altra. La battaglia con Potter era stata messa da parte per il pranzo, cosa sacra e intoccabile, per cui i Grifoni si stavano godendo quel piccolo attimo di pace, tra uno sfottò e l’altro dei Serpeverde che non avevano mancato l’occasione per ridersela alla grande appena saputo della punizione da babbani.
Si aspettavano che la loro Corvoncina preferita avesse perlomeno sorriso dopo essere stata guarita ma a quanto pare, i guai erano appena cominciati.
“Tesoro…tutto bene?” azzardò James, mentre Lily le punzecchiava la testa con un cucchiaio per vedere se era ancora viva.
Senza dire una parola, con ancora la fronte sul tavolo, quella tirò fuori una lettera dorata.
“Uccidetemi.” Pigolò, più depressa di Mirtilla Malcontenta.
Eh sì… perché non era stato l’effetto della rosa a ridurla in quello stato, anzi. Non ricordava nulla di quella possessione, e le sembrava davvero assurda l’idea del suicidio. Ammazzarsi proprio quando stava cominciando a vivere per davvero? Ridicolo!
Ma quando aveva aperto gli occhi quella mattina, riscaldata dal dolce sole che filtrava tra le persiane dell’Infermeria, si era un attimo ricreduta.
Perché lì dentro, davanti a lei, c’era una persona…che non vedeva da parecchio tempo.
Boccoli corti e neri raccolti in una acconciatura ricercata, occhi color oliva velenosi come serpenti, il viso affilato di una vecchia volpe. Una donna le aveva ricambiato lo sguardo stralunato e si era sforzata di fare un sorrisetto.
Al suo fianco c’era invece un uomo, capelli dorati e ondulati, lentiggini sul naso a patata. Stessi occhi color miele ma viscidi, freddi e senza calore.
Ursula McRanney e Gaius Cadogan.
I suoi zii. Persone che…non vedeva da quando sua madre era morta.
“Tesoro!” aveva squittito la strega, stringendola in un abbraccio finto e soffocante. Lei era la sorella di suo padre. Aveva un profumo francese intossicante…e quell’abbraccio sapeva di gabbia. “Come siamo felici che tu stia bene! Come sei diventata bella…guardati…”
“I-io…non capisco…”
Dio, perché non capivano che l’approccio fisico la faceva stare male?!
“Forse non ti ricorderai…è passato tanto tempo…”
E chi se la scordava quella pazza?! Mandava lettera un mese sì ed uno no a suo padre starnazzando di eredità e debiti di gioco che lui doveva assolutamente risolverle. Per non parlare di quell’altro…
“Tuo padre non è a conoscenza di quanto accaduto. Eravamo a casa sua e abbiamo intercettato la lettera di Silente. Ci siamo permessi di venire al suo posto.” Si era intromesso ruvidamente Gaius, spegnendo un sigaro in un vaso che se lo avesse visto la Chips l’avrebbe fulminato. Il fratello di sua madre. “Io e tua zia ci siamo parlati, e preferiamo che non sappia di questo spiacevole incidente che ti è capitato. Sai com’è fatto tuo padre. Ed ora che stai bene, è troppo importante che tu abbia la giusta istruzione.”
Lui se possibile, l’aveva visto ancora meno. Non era neanche venuto al funerale di sua sorella. Ma ora erano lì, insieme…che diavolo succedeva?!
Detto fatto, la lettera scintillò allegra sul tavolo dei Grifondoro, qualche ora dopo.
Lily la prese, curiosa…e sgranò gli occhi.
Ballo delle debuttanti?!”
Mugolio indistinto da parte della testolina riccioluta di Cristhine.
Incubo…era un incubo!
Quelle due carogne, che per tutta la sua vita non si erano mai azzardati a farsi vedere, ora che avevano saputo della sua guarigione avevano allisciato gli artigli…e avevano concordato, senza nemmeno sentire il suo parere, che era ora di introdurre la discendente dei McRanney in società.
E così l’avevano incastrata. Approfittando del suo carattere gentile, incapace di dire di no.
Lei…lei ad un ballo delle debuttanti. Le veniva da vomitare…
“Una certa Porfiria Malfoy ha patteggiato per tenere qui la festa, scambiando un accordo con Silente.”
“E perché cavolo Silente avrebbe accettato di tenere qui quell’orrido tripudio di classismo?!” sbottò la Evans, incredula.
“Per non farvi espellere…” mugugnò l’altra, in un fil di voce. “Non vi hanno fatto espellere a patto che Silente accettasse di riservare un’ala del castello per le signorine dell’Alta società ed il loro debutto…”
“E tu sei ricca.” Ridacchiò Remus, dandole una consolatoria pacca sulla spalla. “Non credevo che la tua famiglia fosse di quel tipo.”
“Mio padre non avrebbe mai accettato. Sono stati i miei zii a fare pressioni! E ora cosa faccio?”
Non mancarono le risatine e le prese in giro…ma a qualcuno non veniva da ridere.
Proprio per niente.
Si accorse solo in quel momento dello sguardo di Sirius…uno sguardo strano. Serio, quasi accorato. Le stirò un sorrisetto cinico e freddo, paralizzandola sul posto.
“Ti hanno già trovato il cavaliere, hn?”
Cristhine abbassò lo sguardo, avvampando.
“Non fare così!” ridacchiò Peter, dopo essersi soffiato il naso. “Si tratta solo di passare una serata a tenere a bada un rampollo viziato.”
“Non si tratta solo di questo.” Sospirò Black. “Conosco bene quel tipo di balli. Stanno cercando di appiopparti un marito.”
“Coooosa?” saltò su Lily, indignata. “E’ una cosa da barbari!”
“E’ una cosa da ricchi.” Le rispose James, scuotendo il capo. “Da ricchi, viziati purosangue...Black ne sa qualcosa, eh?”
“Ma sparati.” Sibilò lui, annoiato. “Come se tu non fossi di quella parte della società.”
“E’ vero! Perché non l’accompagni tu?” La Evans gli afferrò il colletto, quasi strangolandolo. “Sei un Potter o cosa?! Tu sei un rampollo, no? Viziato senza dubbio almeno!”
“Io ci andrei…ma lì dentro è pieno di Black e sostenitori dei Mangiamorte.” Ridacchiò nervosamente quello. “Sono stato bandito da quei balli da quando ho dato fuoco alla sala a quattordici anni e mio padre ha dovuto spaccare la faccia ad un tizio.”
“Remus?” cambiò mira la rossa, sentendosi montare su tutta l’indignazione femminista che era in lei, mischiata ad una strana apprensione da mamma ansiosa che le veniva ogni qualvolta si parlava di Cristhine.
Lui scosse il capo, dispiaciuto.
“Io ho accompagnato una mia cugina, l’anno scorso. Non posso più farlo.”
“Ma poi te la sei ripassata almeno?”
“A-ha, sto morendo dal ridere Ramoso.”
“I Black lo fanno. Il loro sangue infernale deve rimanere puro. Forse è per questo che sono nati figli tarati.” Insinuò velenosamente l’altro, che quando c’era da provocare qualcuno non dava davvero un attimo di pace. Ma Sirius non rispose, perché, come da prevedersi, la Grifondoro guardò lui.
“Tu potresti…”
“Ma non diciamo assurdità.” Abbaiò di colpo, facendoli sobbalzare. La sua voce si era fatta tagliente…e lo sguardo era gelido. “Sirius Black il rinnegato che accompagna una McRanney ad un ballo delle Debuttanti. La svergognerei davanti a tutta l’Alta società.”
Fu come se le avesse appena tirato uno schiaffo in faccia. Cristhine ricambiò lo sguardo, ferita.
“Ma…io…” mormorò, stringendo il lembo della tovaglia come per darsi forza. “Io non…io non ho mai dato importanza a queste cose...”
Lui guardò altrove.
Marcio…marcio…
“Beh, forse dovresti.”
Gli occhi di miele della ragazza si fecero improvvisamente duri e lucidi.
“Già. Forse dovrei.”
Si alzò di scatto, afferrando la borsa.
“Vi ringrazio del vostro aiuto, ma me la caverò da sola. Nessuno potrà obbligarmi a sposare nessun altro. Tranquilli, non c’è da preoccuparsi. Sirius…” sospirò, cercando poi di tornare di nuovo gentile. “…grazie per avermi salvato.”
Sparì velocemente, mentre Black cercò di non fissare il punto in cui aveva girato.
Sforzarsi di essere gentile. Inghiottire il rospo e …tollerare. Come se avesse un debito con lui. Roba da matti.
“Ma si può sapere che ti è preso?!” abbaiò la Evans, lanciandogli un panino in testa.
Già…che gli era preso? Sirius Black scosse il capo. Non voleva pensare.
Dentro di lui c’era qualcosa che stava sanguinando…solo qualche giorno fa, avrebbe avuto James a passargli un braccio sulle spalle. A guarire le ferite.
James…James che sentiva sempre. Ma ora il branco si era fatto stranamente silenzioso…ed un malessere generale stava indebolendo tutti.
Era assurdo…ma più passavano le ore, e più sentiva un odio profondo montargli dentro, crescere. Se prima era solo un vago fastidio, ora il rancore stava aumentando.
Desiderava vederlo soffrire. Desiderava fargli male.
E tutta quella sensazione si impadronì di lui, spazzando via ogni cosa. Anche il senso di colpa.
Scoccò a Lily uno sguardo languido, stirando un ghigno diabolico.
“Perché non ci vieni tu, con me?” ridacchiò. “Potremmo infastidire quella gentaglia assieme, con la nostra presenza. Un Black e una figlia di Babbani.”
La rossa non colse la sfumatura maliziosa nella voce, e sospirò, troppo impegnata a preoccuparsi per Cristhine. Ma l’amo era stato tirato…e un pesciolino dagli occhi d’oro aveva abboccato subito. James si girò di scatto, squadrandolo.
“Certo che vuoi uomini non capite proprio un accidente.” Stava dicendo la Grifoncina, senza notare il testosterone crescente. “Remus, tienili a bada per qualche minuto. Vado a cercare Cristy.”
“Vengo con te. In effetti sono stato un po’ brusco, prima. Ahi.”
Black barcollò appena, fingendo una smorfia e iniziando a zoppicare.
“Hey! Stai bene?”
E niente…non c’è niente di più ruffiano di un cane. Niente al mondo batte gli occhioni da cucciolo abbandonato.
E anche una ragazza come Lily Evans non sa resistere ad un cane che si lecca la zampina ferita…
“Temo di essermi fatto più male del previsto.” Mormorò Sirius, come un perfetto attore. “Ti dispiace…?”
Come una scheggia, la Grifondoro gli si fece accanto, passandogli un braccio dietro la schiena.
Il mago le cinse le spalle con il proprio…stringendo un po’ più del necessario.
Gli occhi d’oro di James scintillarono.
Sirius Black, da bravo bastardo, si girò giusto il tempo di sbattergli in faccia il più sadico ghigno da iena.
Ah, il possesso…niente turba più il cuore di un uomo del proprio territorio violato.
E il suo caro James l’amo l’aveva proprio preso al volo. E ci si sarebbe sicuramente soffocato!
 
 
 
 
 
L’ufficio del Preside aveva sempre avuto fascino. Una stanza rotonda, piena di oggetti scintillanti, dall’alto soffitto a volta ed archi a sesto acuto. Qualche candela volteggiava pigramente, becchettata ogni tanto dal gioiello più prezioso della sua collezione.
Una fenice color fuoco vivo stiracchiò le piume, emettendo un basso gorgoglio dal suo piedistallo. Era nel suo pieno splendore, esattamente a metà della sua vita, e in quel periodo di solito era ghiotta della fiammella delle candele, tanto che più di una volta si era ritrovato al buio.
E come avrebbe voluto che il buio del suo cuore fosse così facile da risolvere…
Albus Silente poteva dire di stare invecchiando. E per la prima volta in tutta la sua vita, il peso dell’anzianità lo sentiva sulle ossa. Sul cuore.
Stava tirando il freno. Si sentiva stanco.
Tanto tempo a combattere un mago oscuro, tante energie sprecate, tanto dolore…per poi vedere il sorgerne di un altro, forse più pericoloso ancora del primo.
Ma non era stato quello a dargli il colpo di grazia.
Lui sapeva.
Mai, nella storia dei maghi a lui conosciuta, era stato possibile ciò che era successo quasi con tranquillità nell’Infermeria della scuola di Magia della Gran Bretagna.
Prevedere il futuro era un’arte confusa…ma aveva anche rigide regole. Regole inviolabili. Sacre e antiche quanto il mondo stesso.
La Vista non era trasferibile.
La Vista si tramandava solo con il sangue. Piantava le radici in pochi uomini, in poche donne, e sfidava il tempo correndo attraverso la genetica.
Eppure, quel giorno, non solo era stato concesso ad un Mago non Veggente di spezzare le linee del tempo senza diventare pazzo…ma addirittura di trasferire le sue conoscenze ad un altro mago senza l’ausilio del cristallo fatato che ricopriva le sfere magiche.
E quella non era stata una Profezia. Ma una vera e propria Visione.
Così lontana nel futuro che anche un normale Veggente avrebbe avuto difficoltà a rimanere lucido.
Eh sì, il tempo sapeva ben difendersi da chi osava guadarlo. Era raro riuscire a scrutare così lontano negli anni, e chi riusciva a farlo, oltre a perdere spesso il lume della ragione, esprimeva ciò che riusciva a vedere attraverso enigmi e tranelli…che a poco sarebbero valsi.
Perché il destino non si poteva cambiare. Mai.
Tutto questo era chiamato Profezia. Ambigua, senza senso, assurda. Un piccolo fazzoletto di tempo concesso all’umanità.
Ma lui…lui aveva visto…tutto.
La sua vita si era appena divisa…la vita prima di quel momento, e ciò ce sarebbe avvenuto dopo di esso.
Un peso enorme, quello da portare. L’onniscienza…il fine ultimo dell’umanità. Un mito, il traguardo di ogni essere senziente. C’era chi avrebbe ucciso per molto meno.
Ma vedere tutta la sua vita spiegata, passo per passo, avrebbe destabilizzato anche il più grande dei maghi. Che senso aveva vivere, se tutto era già scritto? Che senso aveva andare avanti, sentendosi come una marionetta nelle mani del Fato?
E sapeva che non poteva sottrarsi. O sarebbe stata la fine.
Quella era la parte più difficile.
L’anziano mago si asciugò gli occhi, sentendoli inumidirsi. Avrebbe voluto mettere i ricordi sotto vetro. Liberarsene, per sempre.
Li capiva, i Veggenti. Mettevano le loro rare Profezie sotto chiave, dentro piccole sfere, per non dover fare i conti con cose che non avrebbero potuto cambiare. Dimenticavano.
Lui invece, nemmeno nel pensatoio avrebbe posto quell’oscuro segreto.
Non avrebbe mai detto a nessuno ciò che era successo. Come avrebbe potuto spiegare, d’altronde? Come spiegare il suo rimanere immobile di fronte allo scorrere degli eventi?
Dio, erano solo ragazzini. E lui li avrebbe lasciati andare.
Perché aveva promesso.
Deve proteggere mio figlio.”
Il caminetto si tinse di verde, mentre Fanny cantava la sua melodiosa canzone, cercando di consolare il suo cuore ferito. L’anziano mago sorrise, tiepidamente, mentre una testa boccoluta compariva nel fuoco. La protezione rendeva il suo viso incerto, ma nemmeno la magia riusciva a nascondere appieno la sua bellezza.
“Mia cara.”
“Albus.” Rispose una donna, facendosi incerta. “E’ un brutto momento?”
“Solo malinconie di un povero vecchio.” La blandì lui, alzando la mano esile. “Immagino il motivo per cui tu sia qui.”
“Già.” La donna si guardava a destra e a sinistra. Nel guizzare verde, Silente la vide mordersi appena un labbro.
“Mia cara, nemmeno il mago più potente al mondo potrebbe spiare nel mio caminetto. Sei al sicuro.”
“Sai che non ho paura per me. Ma per lei.” Sospirò. “Albus, non sono convinta.”
“La ragazza sta mostrando segni di cedimento.” Rispose il Preside. “E’ un’adolescente, ha bisogno di fare le cose che fanno tutti. Non può continuare di questo passo. Si sta isolando.”
“Sia maledetto il giorno in cui ho accettato di farla venire qui.” Mormorò la strega. “Non fraintendermi, Albus, io mi fido ciecamente di te. Ma saperla così a contatto con…con loro…ho accettato solo perché mi ha tirato giù la carne dalle ossa per venire nella famosa Hogwarts. Sai com’è fatta…ha smesso di mangiare per una settimana al primo rifiuto. Testona come sua madre.”
“Sì, conosco il tipo. E a questo proposito…” ridacchiò il  mago. “La sua copertura o meglio, LE sue coperture, non reggeranno ancora a lungo. Diciamo che…la ragazza ha delle particolarità che sono difficili da nascondere…”
“Inciampa dappertutto. Lo so.” Sospirò la donna nel fuoco, facendogli nascere il primo sorriso della giornata.
“E ha la straordinaria capacità di sbattere contro ogni spigolo, di sbagliare sempre mira e di farsi scivolare dalle mani praticamente tutto ciò che tocca.”
“E dire che non so proprio da chi possa aver preso. Forse da suo padre. Capisci ora la natura delle mie preoccupazioni? Questa qui è una mina vagante. Si fa male anche solo respirando.”
“Trovo invece che ci sarebbe qualcuno in grado di starle vicino, più di quanto possa fare io.”
La voce nel fuoco divenne malinconica.
“Oh, non so. E’ passato tanto tempo…e siamo una parte della sua vita che a quanto conosco di lui, desidera dimenticare e basta.”
“Devi considerare, mia cara…che tra poco avrà il pieno controllo dei suoi poteri. Potrebbe agire di testa sua.”
“Quattordici anni…quattordici anni e finalmente, assumerà il suo vero aspetto.”
“Sei in ansia?”
“No.” La voce di nuovo si fece bassa, ma questa volta si venò di dolcezza. “So già com’è la sua faccia. I papà di solito stropicciano la foto di quando i loro figli erano neonati ipotizzando come quel nasino o quella bocca potrebbero diventare una volta esaurito il Vincolo del Ministero. Ma… io sono sua madre. Una madre certe cose le sa. Lo so com’è fatta mia figlia.”
Calò un silenzio tranquillo…interrotto dal tubare dolce della fenice. Il destino…il destino era una femmina, Albus ne era sicuro. Anche senza averlo visto, ci avrebbe giurato.
Il destino era femmina…e madre.
“Credo che tu abbia ragione.” Concluse la donna, sfinita. “Non posso rovinarle la vita in quel modo. Obbligarla alla finzione…non voglio diventare come la mia famiglia. Anche se i propositi sono del tutto opposti, sto comunque agendo come lei…imponendo apparenze. Però ho così paura, sai? Mi sveglio ogni notte terrorizzata che loro…loro possano prendermela. Ho saputo del Necronomicon nella scuola. So che sono stati loro, non chiedermi come ma ne sono certa. E se tentassero di nuovo? Quale punizione migliore per me di buttare mia figlia nei meandri infernali?”
“Il Necronomicon è tornato al suo legittimo proprietario. La sua Custode è venuta personalmente a riprenderselo.”
Poteva vedere un sopracciglio guizzare in alto, in una sardonica espressione. Chissà se lo sapeva che, quando ghignava in quel modo ironico, assomigliava tanto ai suoi…
“Ma va? La signora si è scomodata a scendere tra i comuni mortali? E cosa le hai dato in cambio, il tuo cuore palpitante appena cavato dal petto o la mano mozzata del tuo primo amore? O forse ti ha detto di far girare il mondo al contrario? I pagamenti di solito sono quelli. Anzi, mi chiedo come McRanney sia riuscito ad ottenere da lei l’antidoto per la figlia.”
“Non ha voluto dirmelo. Per quanto riguarda me, diciamo che ho visto alcune cose molto più…chiaramente, in un certo giorno. E alcune informazioni che le ho dato le sono tornate utili. Ma immagino che sarebbe venuta lo stesso a riprenderselo. Per orgoglio. Le è stato rubato, quando è uscita dal mio ufficio stava ancora digrignando i denti per lo smacco.”
Silenzio. Sorpresa. Gelo.
“E’ riuscito…è riuscito a rubare qualcosa alla strega più potente del mondo?”
“L’ha colta di sorpresa. Così ha detto. Ma se c’è una cosa che so di lei, è che non commette mai lo stesso errore due volte. Se la conosco, si sarà resa ancora più introvabile. Non riuscirà mai più a metterci le grinfie sopra. Potrebbe pagare, è vero…ma se è arrivato a fare un furto, sono sicuro che Tom ha chiesto cose dal prezzo troppo alto anche per lui.”
“Oh, Albus.” Sospirò la donna. “Siamo di nuovo da capo, eh? Siamo di nuovo di fronte ad un nemico. Un nemico potente.”
Non sfuggì la vena tremante nella sua voce. Ma non era paura. Era eccitazione.
Per quanto fosse preoccupata, quella donna aveva la guerra nel sangue. Esattamente come i Potter. Bramavano la gloria. La ribellione.
Ma più di ogni altra cosa, bramavano farla pagare a chi, tanto tempo fa, aveva portato via loro la cosa più preziosa di tutte.
Il destino è femmina.
Il destino è madre.
Ed infine, il destino è sangue.

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Capitolo 19
*** Prince is not always dressed in blue. ***


 
 
Peter Minus crollò esattamente alle 16.30. Cadde svenuto, con la febbre a quaranta ed il battito lento come la morte.
Stavano uscendo dall’aula, sotto gli sguardi di tutti. Il litigio di James e Sirius aveva fatto il giro della scuola e non c’è nulla di più appetitoso di vedere due fratelli dividersi…soprattutto se davano spettacolo.
Fuori dalla classe, l’ingorgo era così denso che l’unico modo che aveva Sirius per passare era far spostare James… cosa che ovviamente non fece.
“Levati.”
“No.”
Ed eccoli lì, i due polletti che arruffavano le piume, uno di fronte all’altro senza l’intenzione di cedere. Figuriamoci, c’era anche il pubblico…nulla di più esaltante per quei due, che si fissarono con un inquietante luccichio negli occhi.
“Fatela finita, dio!” gemette Remus, mentre l’area si riempiva di un brusio eccitato.
“Avete visto?”
“Dieci galeoni che si pestano.”
“Potter quando ghigna così fa paura. Punto su di lui.”
“Perché, glieli vedi gli occhi a Black? Sembrano buchi neri…per non parlare del fatto che viene da quella famiglia lì…chissà se ha già ammazzato qualcuno…”
“Sì, ma quello è un Potter. Praticamente è cresciuto con gli sterminatori di Mangiamorte!”
Lily Evans passò tra i due con una spallata, aggiustandosi la tracolla stracarica di libri e facendo cessare quel baccano.
“Va bene, va bene, siete entrambi due maschi alpha. Ora vi spostate entrambi o volete farci rimanere qui fino a stanotte?”
Repentino, Black le passò un braccio attorno al collo. Un gesto del tutto casuale.
E Potter perse il ghigno. La sua mascella si contrasse fino a diventare di marmo.
“Mi accompagni in camera, Lily?” tubò quello, stringendosela contro. “Mi fa ancora male la caviglia.”
“Ma non puoi farti portare da Remus?! Guarda che pesi!” protestò quella, guardandolo di traverso.
“Ma lo vedi com’è conciato? Vorrei evitare di infettarmi, grazie!”
La rossina cacciò un’imprecazione, passandogli nuovamente il braccio attorno alla vita.
“Siete messi male in tanti, eh? Peter sembra che non stia in piedi.”
“Visto, Potter?” ghignò Black, sadicamente…e iniziò a giocherellare distrattamente con una ciocca della sua rossa chioma. La prese tra due dita, in modo così delicato che lei nemmeno se ne accorse…ed iniziò ad accarezzare nel modo più perverso in cui fosse possibile toccare dei capelli. “Si preoccupa per me. Non è dolce?”
A lui non aveva mai permesso di toccarla in quel modo…
Fu uno schianto a impedire a James di sfoderare la bacchetta. Si girarono tutti, osservando Minus per terra come un sacco di patate.
E siccome a Peter volevano ancora entrambi bene, fecero per precipitarsi e tirarlo su…con il risultato che il primo prese un braccio e il secondo prese l’altro.
Si scoccarono un’occhiata in cagnesco.
“Molla.” Frecciò James, tirandoselo verso di sé.
“Ma molla tu!” berciò Black, rifacendo lo stesso gesto.
E iniziarono a tirare il povero Peter per le braccia come se fosse una fune e fu una fortuna che quel poverino fosse svenuto, anche se al suo risveglio le braccia gli avrebbero fatto parecchio male, per non parlare dei lividi in testa che sbattacchiava sul pavimento di qua e di là!
“E’ mio amico, mollagli il braccio e fammelo soccorrere!”
“E’ il MIO amico, quindi schiodati!”
“PIANTATELA!” Ululò la Evans, schiantando entrambi al muro, e si riuscì a portarlo dalla Chips.
“Un febbrone da cavallo. Eppure gli avevo dato le erbe!”
La medistrega non sapeva capacitarsi. Non guariva. Dovevano aver già fatto effetto le sue erbe medicinali ma la febbre lo stava ancora divorando.
Li spedì tutti via, tirandosi su le maniche e cercando una soluzione. Non esisteva che in casa sua non si guarisse!
Lupin tossì, portandosi un fazzoletto alla bocca e sperando in bene. Era in camera ora, in posizione semiseduta, una mano mollemente abbandonata lungo il materasso. La pelle lucida, le labbra e gli occhi umidi, le gote leggermente arrossate…più bello e più debole come ogni volta che si ammalava.
Ma quella non era una malattia comune. Era il branco. Per questo non guarivano!
Il branco si stava spezzando… e ora, anche James e Sirius iniziavano a patirne gli effetti. Potter aveva iniziato a starnutire pochi minuti fa, Black tossiva ed era certo che entro sera sarebbero stati ridotti a due stracci esattamente come lui e Codaliscia.
Scoccò uno sguardo astioso ai due dementi.
“Ok, ora avete rotto.” Sibilò, agitando la bacchetta pigramente.
Potter incollato ad un letto e Black all’altro da un incantesimo luminoso.
Black aveva avuto la brillante idea di salire in camera…con la camicia slacciata. Rossi segni sull’epidermide bronzea. E la cintura sciolta sulla vita.
E ora scoccava ghigni pieni di malizia a Potter, lasciando intendere chissà che rapporto con la Evans e quel cretino ci credeva pure. Come se Lily Evans fosse il tipo da fargli succhiotti sul collo. Era tutto il pomeriggio che Black ci provava con lei in ogni modo possibile, ma la loro Prefetto sembrava non afferrare. E dire che era una ragazza tanto sveglia, di solito…
“Non avrai energie tanto a lungo, sai?” sbottò quest’ultimo, adocchiando il suo stato pietoso. “Non riuscirai a tenerci separati ancora per tanto. Stai uno schifo.”
“Già, e di chi è la colpa, eh?!”
“Se ci lasciaste ammazzare, sarebbe già tutto risolto.” Sbuffò James, tranquillo.
“Non dirmelo due volte…” borbottò Lupin cupamente, sfogliando un manuale di Erbologia.
Perché l’effetto non accennava a sparire? Che ci fosse del vero rancore tra quei due?
No, non poteva essere. Eppure…quella era una spiegazione plausibile al prolungarsi dell’incantesimo.
Li guardò a lungo, pensieroso. La febbre lo stava confondendo…non riusciva a riflettere.
E se ci fosse stato qualcosa, sotto quell’amicizia così salda? Qualcosa di oscuro, di torbido, della sottile polvere dopo aver sollevato il tappeto. Tutti avevano dei segreti, in fondo.
E Sirius era tornato dalla Foresta Proibita…come se fosse lontano.
Lontano da loro.
Non avevano capito perfettamente cosa fosse successo…ma qualcosa doveva averlo spezzato in un modo inspiegabile. Il contatto con lui si era fatto quasi labile, tremante.
E per la prima volta, dal suo cuore non avevano percepito solo un caldo affetto. Ma anche…della diffidenza. Una sorta di freddezza sorda, paralizzante, come quella di un cane randagio che cerca di capire se la mano tesa è davvero quella di un amico.
Le sue considerazioni furono interrotte da un urlo isterico che fece traballare i vetri.
“BLAAAACK!!!”
Lily Evans si affacciò alla stanza con occhi spiritati…e alcuni fiori nei capelli scompigliati.
“GIU’. ADESSO.” Tuonò, mentre lui ridacchiava.
La Sala Comune era calda come sempre. Tendaggi rossi e oro, caminetti accesi, un calore che le altre Casate si sognavano. Peccato che la faccia un pelino folle di Lily bastò a far scappare praticamente tutti, fino a quando non rimasero solamente loro due.
La Grifoncina, con una vena pericolosamente gonfia sul collo, sbatté sul tavolo un pregiato mazzo di fiori.
“COSA DIAVOLO SONO QUESTI?!” Ululò, al limite di una crisi di nervi…perché, salendo in camera, aveva trovato la sua stanza immersa di rose rosse. Montagne di mazzi dappertutto…legati assieme da un inconfondibile nastro nero.
Sirius Black continuò a ridacchiare.
“E’ il mio modo per dirti grazie.” Tubò dolcemente.
“Questo è il tuo modo per dire ad una ragazza che vuoi portartela a letto!” strillò la rossina, sventolandoglieli in faccia. Totalmente nel panico. “Ma che cosa diavolo ti è saltato in testa?!”
Ma tu guarda. E dire che c’era chi faceva carte false per averle sul proprio cuscino.
“Esattamente quello che hai detto, Evans.” Continuò lui, con un sorriso beffardo. “Voglio portarti a letto.”
Così. Tranquillo da far schifo. Come se stessero discutendo di compiti di Trasfigurazione. Oh no, no, no…non stava accedendo davvero!
“Tu…tu…guarda che lo so cosa stai facendo…” questa volta fu un sibilo quello che le uscì dalle labbra tremolanti.
“Oh, andiamo.” Lui sorrise, scuotendo i capelli sul bel viso. “Non ti sto proponendo un matrimonio. Tu sei libera, io sono libero…da quant’è che non baci un uomo, Evans?”
Evitò accuratamente di fargli sapere che non aveva mai baciato nessuno, un’umiliazione di cui avrebbe fatto volentieri a meno visto il tipo che aveva davanti, e si massaggiò delicatamente le tempie, chiudendo gli occhi.
“Ora stammi a sentire bene…” cercò di dire con calma, ma non ebbe il tempo di finire la frase.
Black si avvicinò velocemente, schiacciandosela contro. Le prese delicatamente un polso, mentre con l’altro braccio la cinse alla vita, premendo appena i fianchi contro i suoi.
Profumo. Un profumo di fiori freddi le invase il naso…mentre il cuore le balzò in gola.
“No, ora stammi a sentire bene tu.” Le sussurrò sulla pelle, chinandosi su di lei. “Io non sono Potter, sai? Non ti rincorrerò come uno zerbino. Ma ti assicuro, scimmietta, che alla fine sarai tu a cedere. Sarai tu che verrai da me.”
C’era una piccola differenza, nella stretta sua e in quella di James, notò confusamente la povera Prefetto. James era avvolgente. Caldo.
Nonostante l’avesse sempre vissuta come una trappola, la sua…era sempre una presa morbida. Se ne accorse solo in quel momento, mentre il suo degno compare la teneva tra le braccia. Sirius aveva una presa forte, di granito. Quasi più brutale, fredda, implacabile.
Quando James l’abbracciava…sembrava…che ci tenesse, in qualche modo.
La mano dell’erede dei Black salì lentamente per la sua schiena, sfiorandole la colonna vertebrale. Niente male la Prefetto di Grifondoro, pensò divertito, sentendo quanto stretta fosse la sua vita e torniti i suoi fianchi, nascosti dalla tunica.
Non aveva mai provato del vero interesse verso di lei ma ora era contento di sentire ciò che sentiva.
Sapeva che era bella, ce li aveva gli occhi, ma anni di avventure gli avevano fatto capire una cosa: una donna si conosce solo toccandola. La sua mano proseguì, superò le scapole, il collo…ed infine le accarezzò la guancia. Accuratamente, come se stesse tastando il terreno, le sue dita fredde scivolarono oltre lobo dell’orecchio, agguantando una ciocca di capelli.
Senza tirare, se la portò alla bocca.
“Hai un buon odore.” Mormorò, gli occhi grandi come pozzi. “ Non credevo, visto che sei sempre chiusa in biblioteca.”
“Black. Ti do tre secondi per togliermi le mani di dosso.”
Fredda, imperiosa. Gli occhi verdi ridotti a due fessure lucenti. A breve l’avrebbe picchiato…o forse no. Ora la capiva, la smania di James verso una donna che non gli cadeva subito ai piedi. Era piacevole correre dei rischi.
“A Potter quanti ne dai?” ridacchiò, scendendo sul suo collo con il viso.
Oh, chissà quanto si sarebbe incazzato. Quello era quasi più eccitante dell’idea di portarsela a letto.
Non le sfiorò la pelle con la bocca, ma ora era abbastanza vicino da vedere degli impercettibili brividi. La mano che le teneva il suo polso destro iniziò a farle una lenta carezza sulle vene. “Scommetto che non ti ha mai stretta così a lungo.”
“Staccati subito o giuro che…”
Non ebbero modo di scoprirlo, perché una mano calò come una morsa sul suo, di polso, staccandogli bruscamente il braccio da lei.
James Potter aveva occhi ridotti a specchi, due specchi che come braci ribollivano di un oro talmente brillante da affogarci dentro. E la stanza iniziò a tremare.
“Guastafeste.” Sorrise Black, appoggiando la fronte contro la guancia della ragazza e guardandolo di traverso, il collo terribilmente scoperto al nemico.
“Hai superato un limite che non andava superato.” Sorrise di rimando James, inquietantemente educato. “Toglile le mani di dosso.”
“Sai, questa cosa che su di lei ci sia la tua firma è terribilmente sessista. Lasciamola decidere.”
La Evans, ora intrappolata tra i due, sgranò gli occhi. Allibita.
“Hey, voi due…!”
James si avvicinò con uno scatto, cingendole l’altra spalla in maniera possessiva ma anche quasi…protettiva.
“No, non credo che potrà mai accadere. Lei è mia.”
Calmo. Inconfutabile. Come se avesse appena detto che il cielo fosse azzurro.
Ci furono due reazioni, in lei, dopo qualche istante da quella frase. Fastidio. Orgoglio che aizzava il capo, scuotendola dentro…seguito però da una specie di scarica elettrica che la fece vibrare come la corda di una chitarra.
Finalmente quei due si degnarono di guardarla. E improvvisamente, si accorse di quanto fossero alti.
Lei era alta, ma quei due beoti la superavano di almeno cinque centimetri. Che fastidio, dover sollevare il capo per fissarli in faccia.
“Sei diventata stranamente silenziosa.” Ghignò Black. “Allora, ce lo vuoi dire o no, con chi preferiresti finire a letto?”
Ok.
Qualsiasi altra ragazza in quella scuola avrebbe sentito le gambe cedere e diciamocelo, tutte quante provano un sottile moto di piacere quando vengono contese da due ragazzi. Così come gli uomini hanno sogni che travalicano il buon senso e a volte, anche il realistico, tutte le donne almeno una volta nella vita sognano di sentirsi rimpolpare l’ego dal litigio di due pretendenti.
E se i due pretendenti erano Ramoso e Felpato, ci si poteva scommettere che tutte avrebbero voluto vendersi la mamma pur di passare un momento come quello.
Tutte quante.
Ma non lei.
C’era un limite che quei due avevano  superato senza accorgersene mentre giocavano a fare i galli nel pollaio e quel limite…beh, era il suo.
Perché venire corteggiata sia da Black che da Potter aveva segnato la svolta, il punto di non ritorno nella sua già labile psiche.
Non ci fu nemmeno bisogno di usare la bacchetta.
I due ragazzi si sentirono agguantare improvvisamente da una forza invisibile, sollevare per aria a testa in giù e lei non aveva mosso nemmeno un muscolo.
Si limitò a fissarli, occhi sgranati e segnati di rosso, i denti stretti, la mandibola più dura del marmo e la chioma che iniziava a sollevarsi attorno al suo viso.
Ecco, ora sì che sembrava pazza davvero.
“Adesso bassa…” masticò tra i denti, godendo nel vederli sbiancare. “Mi avete rotto per davvero.”
“H-hey Evans…”
“Zitto Potter. Sta solo zitto.”
Aveva passato due giorni, due fottuti giorni a stargli dietro. Per non parlare della settimana prima. E di quella prima ancora.
Non aveva avuto un secondo di pace dall’inizio dell’anno.
E ORA QUEI DUE VOLEVANO CORTEGGIARLA INSIEME?!
Remus scese dalla camera proprio quando i lampadari esplosero e notò una Lily Evans sul principio di un crollo nervoso e due idioti appesi come salami che la fissavano un pelino preoccupati. La stanza intera era pervasa da un’energia magica incommensurabile, poteva quasi sentire i peli sulle braccia rizzarsi.
“Lily…” balbettò, sconvolto. “Ma cos…”
“Ora si fa come dico io!” tuonò la ragazza, aprendo il passaggio della sala Comune con la sola forza del pensiero e trascinandosi dietro i Malandrini.
“Volete ammazzarvi?! Volete cavarvi gli occhi?! BEH, FATELO PURE!” Ululò per i corridoi, piazzandosi poi davanti ad una porta e ficcando i due ragazzi senza tante cerimonie dentro un ripostiglio a cui serrò la porta. “ACCOMODATEVI! AMMAZZATEVI, PESTATEVI, NON ME NE FREGA PIU’ NULLA! IO MI SONO STUFATA!”
“Hem, Lily…” ridacchiò Lupin dietro di lei, un pelino preoccupato. “Che fai…?”
“Ora so ESATTAMENTE cosa fare, sai Remus?!” ringhiò istericamente quella, armeggiando in modo molto pericoloso con la bacchetta. “Sono due bambini e vanno trattati come tali!” 
“HEY EVANS! FACCI USCIRE!” sbraitarono quelli, tempestando la porta di pugni. “Ma che cavolo ti è preso?!”
“Mi è preso che da adesso in poi si usa il pugno di ferro.” Ribatté quella con un ghigno omicida, perfida come non si era mai vista. “Potete picchiarvi, insultarvi, cercare di strangolarvi…non ve lo impedirò più. Ma ad ogni gesto violento da parte vostra, la permanenza qui dentro durerà un'ora in più. L'incantesimo si scioglierà solo quando avrete ricordato che cosa lega due imbecilli come voi, la vostra stupida amicizia e tutti i vostri stupidi ricordi felici! Fino ad allora godetevi il soggiorno!”
“Hey…un attimo.” Attaccò a ridere James, sudando freddo. “Qua dentro non c’è neanche un cesso. Non dirai sul serio.”
“Allora ti conviene sbrigarti prima che la vescica ti scoppi…” ringhiò sommessamente lei. “…perché per quanto mi riguarda, potete anche soffrire di claustrofobia ma da lì dentro non uscirete fino a quando non vi sarà tornato sano quel vostro dannatissimo cervello!”
“Ma Evans! Tu sei una prefetto!”
“NON PUOI FARCI QUESTO!”
“Cazzo, ma che è questa roba?! Che cazzo ci mette Gazza dentro i ripostigli?! C’è un odore disgustoso!”
“Evans QUI DENTRO C’E’ UN UCCELLO MORTO, PER DIO!”
Inutile. Per quanto prendessero a pugni e calci quella porta, l’incantesimo continuava a fare il suo sporco lavoro. E quello fu il giorno in cui impararono una regola fondamentale.
Ci sono donne a cui fa piacere essere l’oggetto di un duello. Lily non era tra queste.
Mai anche solo provare a contendersela. Mai, per nessun motivo al mondo.
“Hem. Sei certa che sia la mossa giusta?”
La ragazza, ansimante, si girò  piano verso Remus…che rabbrividì giusto un po’. Ok, forse era meglio non farla incazzare ulteriormente. Era spaventosa!
Alzò le mani, in segno di resa e una gocciolona sulla fronte stile cartone animato.
“Eheh. Come vuoi.”
“E ora vado a ripassare Aritmanzia.” Dichiarò, superandolo a grandi passi con i capelli indemoniati e le saette che le sfuggivano dalla testa. “Tanto il peggio che può accadere è che si ammazzino… e sono disposta a correre il rischio!”
 
 
 
 
 
 
 
Cristhine McRanney era stata introvabile per le successive ore per il semplice fatto che era stata rapita.
E non da un Mangiamorte o da un demone, ma da un essere che superava di gran lunga i due sopracitati in termini di spaventosità.
Madama McClan.
Stretta nel suo abito ultimo modello color malva e circondata da assistenti giovani e adoranti, la stava guardando da circa mezz’ora con occhio clinico, complimentandosi di tanto in tanto per la sua magrezza.
“Un manichino modello, mia cara.” Se ne uscì fuori, sistemandole un nastrino bianco fuori posto. “Ti sta bene praticamente tutto.”
“Che fortunata! Come si chiama la tua dieta?” cinguettò una assistente, che le saltellava attorno da venti minuti.
Si chiama malattia magica degenerativa.” Le sarebbe venuto da rispondere, ma si morse la lingua, adocchiando lo sguardo di suo zio.
Gaius era rimasto in silenzio per tutto il pomeriggio, fissando fuori dalla finestra con aria indifferente. Non un sorriso. Non una parola gentile.
Non aveva nemmeno voluto sapere come stava, che cosa le piaceva, come si trovava ad Hogwarts.
L’aveva prelevata da lezione con un permesso speciale e l’aveva piazzata sul piedistallo di quella sarta senza una parola.
Aveva provato almeno dieci vestiti costretta a sentire discorsi che sfioravano il fanatismo verso l’anoressia e alcuni di quelli erano così stretti da toglierle il fiato. La sua era una famiglia ricca, e non poteva certo negare che suo padre la viziasse con abiti di una certa qualità senza tra l’altro che lei lo richiedesse, ma quella era la prima volta in cui faceva da bambolotto per qualcuno e si ritrovava avvolta in vere e proprie trappole di stoffa.
Si sentiva veramente un manichino… un manichino silenzioso e compiacente che non sapeva dire di no.
Scoccò uno sguardo al suo riflesso nello specchio, trovandosi in qualche modo…diversa.
Splendida, certamente, eppure in qualche modo non si piaceva.
“Direi che questo è il migliore.” Commentò la McClan, fissandola inorgoglita. “Che ne pensa, Gaius?”
Suo zio le scoccò a malapena un’occhiata.
“Non me ne intendo di abiti di donna.” Rispose freddamente. “Faccia lei.”
“Sì, meglio lasciar fare a chi sa farlo, eh?” ridacchiò la strega, strizzandole l’occhio. “Gli uomini non capiscono nulla di certe cose. Ti piace, cara?”
Oh, uno valeva l’altro, pensava disperatamente la Corvoncina. Bastava solo uscire da lì!
Fu accondiscendente praticamente su tutto, approvando qualsiasi idea…solo su una cosa fu categorica.
“Guanti, mia cara?” chiese la Strega, sbattendo le ciglia. “Non sono un po’ retrò?”
“Ne abbiamo giusto un paio, arrivano fino al gomito!” trillò un’altra, porgendoglieli.
“Vanno benissimo.”
Già. Se proprio doveva passare una serata appiccicata ad un perfetto sconosciuto, perlomeno voleva indossare qualcosa che la facesse sentire al sicuro.
Un’armatura, per le sue mani. Qualcosa che impedisse il tocco.
La sola idea di sfiorare con l’epidermide qualcuno per così tanto tempo le mozzava il respiro. L’avrebbe tenuta stretta per tutto il tempo…le avrebbe respirato sul collo e accarezzato le spalle…
“Sistemiamo le ultime cuciture e potete andare. Puoi cambiarti cara!”
Togliersi quel vestito era come rinascere, pensava confusamente nel camerino, ansiosa di levare le tende e far finire quell’incubo il prima possibile.
Quelle pazze erano così ansiose di lavorare che infilarono i loro tentacoli oltre la tendina ancora prima che si fosse rivestita, acciuffando pizzi e merletti e facendola schiacciare contro il vetro per non finire loro a tiro.
Quando uscì di lì, stravolta, nella stanza regnava di nuovo il silenzio. Alcuni fili di polvere  vorticavano nei raggi del sole, cadendo delicatamente sui manichini di tela squarciati da spilli colorati.      
Lì, con quegli occhi così simili ai suoi, Gaius guardava oltre il vetro con un’espressione smorta. Non infelice. Semplicemente…vuota.
Eppure, fu con un orrendo salto del cuore che si accorse di quanto fosse simile a sua madre. La stessa morbidezza dolce, lo stesso neo sullo zigomo gonfio, la stessa bocca.
“Cristhine, una parola.”
Ma quando si voltò a fissarla, si rese conto con tristezza che sua madre non avrebbe mai avuto quel gelo, incastonato tra le ciglia. Sua madre era un fiore radioso, sempre felice, sempre gentile.
Lui era…spento. Chissà se era sempre stato così. E chissà se lei non gli ricordasse sua sorella. Sapeva di somigliarle molto…forse era per questo che lui non riusciva a guardarla.
Un tempo, ne era sicura, le aveva voluto bene.
“Abbiamo trovato il tuo accompagnatore. Una persona perbene.” Cominciò, neutro e distaccato. “Figlio di un ricco magnate della finanza magica. Una famiglia con anni di onorata carriera alle spalle per conto del Ministero. Mai una macchia sul curriculum, mai uno scandalo, mai…tendenze strane.”
“Tendenze strane?”
La mascella dell’uomo si indurì. Si accese un sigaro, infischiandosene del divieto. Gaius Cadogan fumava davvero moltissimo.
“Permettimi di parlarti francamente.” Spicciò, in una nuvola di tabacco. “In questo tipo di serate ci sono molteplici famiglie ricche. E alcune di esse…sono poco raccomandabili.”
“Intendi…?”
“Intendo famiglie con propensione più o meno velata alla magia oscura.” La interruppe lui, brusco. “Siamo ricchi, Cristhine, e il mercato ci impone di avere a che fare con soggetti…spiacevoli. Non tutto l’oro luccica allo stesso modo, ma quando sbatte nella tasca fa comunque lo stesso rumore. Non mi aspetto che tu comprenda. Ma a volte bisogna scendere a compromessi e rimanere sul podio comporta anche frequentare certi lati della società.”
“Non capisco perché tu mi stia dicendo questo.” Mormorò la streghetta, con uno strano malessere dentro.
“Ti dico questo perché fare affari con personaggi illustri è un male noi grandi dobbiamo sopportare. Ma stringere rapporti economici e politici non significa farli entrare in casa, capisci cosa intendo? Laggiù ci saranno un sacco di figli di Mangiamorte, Cristhine, ma i McRanney e i Cadogan non sono famiglie che si mischiano a certi elementi. Ognuno rimanga dal suo lato del recinto, per fartela in breve.”
“Io ho solo diciassette anni.” Ribatté lei, questa volta più duramente. Strinse i pugni contro la gonna a pieghe, iniziando a capire.
“Il ragazzo è un Valiantine. Erediterà tutto il patrimonio della famiglia non appena compiuti i vent’anni di età. Non ti sto dicendo che devi sposarti domani, Cristhine. Ma ti consiglio caldamente di conoscerlo e di tenerlo in considerazione. E’ ora di pensare al tuo futuro.”
Dov’era, lui, quando il suo futuro andava a braccetto con la signora della falce? Dov’erano i suoi discorsi su contatti e conoscenze, quando era prigioniera della sua casa?
Cristhine sentì gli occhi pizzicare. Ma stavolta non era paura.
Era rabbia. Delusione.
E non riusciva a parlare. A dirgli in faccia quanto erano stati vili, quanto erano ipocriti.
Avevano lasciato suo padre da solo, con il suo dolore, con la sua figlia malata da tenere sotto vetro. Vigliacchi, non si erano mai azzardati nemmeno ad una visita, ad una parola di conforto.
Non c’era al funerale di sua madre. Lui non c’era.
E ora era lì, a pretendere di dirle come organizzare la sua vita…
“Mi stai dicendo questo perché temi che possa chiacchierare con il figlio sbagliato?” replicò a denti stretti.
“Preferisco che tu non dia credito a gente di un certo tipo. Sii educata ma prendi le distanze.”
Glielo disse tranquillamente, ma in modo perentorio. Era abituato a dare gli ordini.
“Prendere le distanze…” mormorò amareggiata.
“Noi non siamo come loro. Ed è bene che il mondo lo sappia sempre.”
“Già…noi non giudichiamo qualcuno in base al nome che porta, vero?” frecciò, ironicamente. “In base al colore del suo sangue e alla sua discendenza…”
“Oh, finiscila ragazzina. Sai cosa intendo.”
E finalmente riuscì a dire la parola magica. Fu liberatorio, soddisfacente.
“No.”
Gaius strinse gli occhi color miele, guardandola finalmente negli occhi.
“Come prego?”
“Ho detto di no. Non lo so cosa intendi. Perché questi discorsi sono esattamente discorsi da Mangiamorte!” sbottò, alzando finalmente la voce. “Ci tieni tanto a distinguerti da loro ma a quanto pare sei tale e quale!”
“Ringrazia che io non sia tuo padre…” sibilò lui, cupamente, in modo così minaccioso che lei fece un passo indietro. “O avresti già metà della faccia rossa.”
“Mi dispiace non essere la discendente che cercavi, caro zio.” Ribatté lei, godendo nel sentirsi ribelle e sputando fuori l’ultima parola con veleno. “Andrò a quel ballo, ma non pensare mai di potermi dire chi posso frequentare e chi no, non dopo aver passato tutta la mia esistenza chiusa in una gabbia! Questa è la mia vita! Ho lottato per averla, ho sputato sangue, mentre tu eri chiuso nella tua bella azienda a stabilire chi è degno  e chi no di avere a che fare con noi, e puoi stare certo che non me la lascerò condizionare in questo modo!”
Si aspettava un ceffone ma Gaius Cadogan non era il tipo da scadere nel volgare. Aveva ragione, non era sua figlia. Non le avrebbe mai alzato un dito. Ma…cadde più in basso.
“Mi ricordi tua madre, sai?” mormorò, vedendola trasalire violentemente. “Anche lei faceva discorsi come questi. Credeva nelle persone.”
“Non parlare di lei.” Fu un sottile filo di voce che le sfuggì dalle labbra. La ragazzina tremava, ora. “Non ti sei presentato al suo funerale. Non te n’è mai importato nulla.”
“Ti sbagli.” Sbottò il mago serrando i pugni contro i fianchi, e questa volta era sincero. Lo capirono entrambi. “Amavo tua madre. L’amavo così tanto da odiarla, quando è stata seppellita. L’ho odiata come non ho mai odiato nessun’altro…perché è diventata cenere. Amavo il suo cuore buono, la sua fiducia nel genere umano. Era ciò che aveva di più bello. Mia sorella era luce…e vedeva luce anche negli altri. Ma gli altri non cambiano, Cristhine e ti converrà impararlo prima di fare la sua stessa fine. Buon sangue non mente mai. Tua madre non mi ha dato ascolto… ed è morta, per questo.”
Sirius…
Fu con uno schianto che sua nipote si chiuse la porta alle spalle, correndo alla carrozza con le lacrime agli occhi.
Gaius Cadogan si concesse qualche minuto appena, prima di raggiungerla.
Il tempo di serrare il suo cuore in una gabbia nuovamente. Di cacciare fuori il passato.
Era sceso in basso, questo era sicuro. Talmente in basso che stentava a riconoscersi, una volta risalito.
Osservò Hogsmeade, la vita che brulicava attorno a lui. Pagò il vestito senza fiatare, senza nemmeno guardare la cifra. Iniziava a fare freddo, pensò vagamente. Sottoterra doveva farlo ancora di più.
Alzò il viso una volta sola, sul castello in lontananza dove l’ennesimo ballo aspettava di ingurgitare altri come lui. Come una bestia mai sazia.
Ad Hogwarts, la sala iniziava i preparativi…ed i violini cominciavano a suonare.
 
 
 
 
 
James Potter ansimava, con un occhio pesto. Sentiva una parte della faccia bruciare come fuoco.
Ma mai quanto i polmoni.
Quando ci si pesta con qualcuno, ci si scorda sempre di una cosa.
Fare a botte è faticoso come la morte.
Non è il dolore che ci ferma. E’ la fatica.
Le mani intorpidite, il cuore che si sfracella contro le costole, la gola che brucia.
Scoccò un’occhiata a Sirius, con un lungo taglio sopra il sopracciglio, ecchimosi sparse che domani sarebbero diventate più viola di un filtro d’amore. Anche lui ansimava.
Entrambi si fissavano, finalmente in silenzio. Non riuscivano quasi più a muoversi.
Si erano azzuffati come veri e propri animali…ed ora i limiti del fisico iniziavano a presentare il prezzo.
Nessuno dei due aveva avuto la meglio. Sirius era più forte, ma James era più agile e veloce.
Era finita semplicemente che entrambi avevano un male cane dappertutto e rimanevano accasciati in uno stanzino di pochi metri quadri, a leccarsi le ferite.
Uomini.
“Tsk.”
Sirius sputò di lato, togliendosi il sangue di bocca con sprezzo.
“Male, eh?”
“Nemmeno un po’. Fai a pugni come una ragazzina.”
James ridacchiò, come ringalluzzito dal suo tono velenoso. Alzò gli occhi d’oro al soffitto, con un sorriso amaro.
“Secondo te dovevamo dirglielo?” chiese ad un certo punto. “Che l’incantesimo era finito da un pezzo, dico.”
“No.” Mormorò Black, guardando altrove. “Era più facile fingere di essere posseduti.”
“Peccato che ora siamo chiusi qui dentro.”
“Chissà perché, ma con te finisco sempre nei guai. Non c’è stato un solo giorno in cui tu non abbia fatto stronzate, Potter.”
“Le avresti fatte comunque. Andare nella Foresta Proibita da solo. Che coglione.”
Calò di nuovo il silenzio. Ma fu breve.
“Allora, me lo dici?”
“Che cosa?”
“Che cazzo stiamo facendo.” James gli puntò gli occhi d’oro addosso, di nuovo duro. Black ghignò, tra le ombre.
“Non mi dirai che ne vuoi parlare.”
“Non ho più le energie per fare a pugni. E tu?”
“Nemmeno io. Sono stanco…” Black fissò la porta. “Secondo te l’incantesimo della Evans durerà ancora a lungo?”
“Beh, l’hai fatta incazzare parecchio.” James divenne freddo. “Provarci con lei è stata proprio una bastardata.”
“Non è quello che fanno i Black? I bastardi…”
“Cristo, allora prenderti a pugni non è servito proprio ad un cazzo.”
“Ma che cazzo vuoi, eh, James?” glielo chiese in modo calmo, quasi sfinito. “Che ci abbracciamo e fingiamo che questa cosa non ci separerà mai? Beh, non è così.”
“Quindi ti arrendi?” Potter si chinò in avanti, squadrandolo con odio. “E’ questo? Ti piace autocommiserarti, Black, o è solo mania di protagonismo?”
“Vaffanculo.” Ringhiò l’altro, scaldandosi di nuovo. “Tu non sai niente. Niente.”
“Pensi di essere l’unico ad avere delle ferite? E’ tipico della tua famiglia vivere una spanna sopra gli altri.”
“Forse è così che  voglio vivere. Ci hai mai pensato?” replicò acido. “Forse voglio essere tale e quale a loro.”
“Ed è per questo che ci hai chiuso fuori? Rispondi!” abbaiò Ramoso, serrando i pugni. “E’ per questo che sei tornato dalla Foresta Proibita senza dire una parola e chiudendoti a riccio?”
“Ma che cazzo di problema hai?” urlò infine Sirius, alzandosi in piedi. “Perché ci tieni tanto a lenire i mali altrui?! Pensi che basti entrare da una finestra e rapire qualcuno per togliergli il suo cognome di dosso?! SONO UN BLACK!”
Lo afferrò per il bavero, fuori di sé.
“SONO UN BLACK, CRISTO! E questo non lo puoi cambiare!”
“Non sono io che devo cambiarlo, idiota!” urlò di rimando l’altro, trovando la forza di ridargli un pugno. La carne era quasi morbida, sotto le nocche. Non aveva fatto resistenza, ed era caduto. A terra. Nelle ombre. “Sei tu che devi farlo! Sei tu che devi tirare fuori le palle!”
“Oh, i grandi discorsi alla James Potter.” Sirius rise, amaro. “Cosa ti ha dato fastidio, di preciso? Sentirti tagliato fuori? Sentire che il rancore è rimasto una volta finito l’effetto del Fiore dell’Oblio? O fare i conti con la realtà dei fatti?”
“Vuoi sapere cosa mi ha fatto incazzare? Vederti fare il vigliacco. Non voglio avere a che fare con i codardi.”
“Beh, io lo sono!” urlò Black, esplodendo. “Sono un fottuto codardo e sono…marcio!” tirò un pugno al muro, non sentendo il dolore. Il sangue iniziò a colargli tra le dita, caldo. “Sono nato dal peggiore degli uomini, e tu che cazzo ne sai, eh?! Cosa cazzo ne sai?! Tu sei un Potter, porca puttana! Te ne stai lì, dall’alto della tua magnificenza ad aspettarti chissà cosa da me…a guardarmi come se potessi davvero cambiare, come se potessi scegliere un’altra strada! Beh, io non ci riesco! Lo so che vorresti che il mondo girasse al contrario ma IO NON CI RIESCO!”
James Potter si chinò. Piano. Gli afferrò le spalle, stringendo appena.
“No, che non ci riesci. Come cazzo puoi riuscirci da solo? Non sei nemmeno capace di farti il nodo alla cravatta, cristo. Te lo deve fare Remus, quanti cazzo di idioti sanno farsi la cravatta? E tu non ci riesci ancora, cazzo, sembri veramente deficiente alle volte.”
“Cosa…?”
“E’ per questo che ci sono io, razza di idiota!” Gli sbraitò addosso. “Non lo capisci? E’ a questo che serviamo! Remus, Peter, io…pensi di poterci togliere dalla tua testa?! Di poter spezzare il branco?! Scordatelo, bastardo!”
Sirius Black lo fissò. Immobile. Inchiodato a quel semplice fatto.
“Mi hai sentito o no?” ringhiò James, sbattendolo contro il muro. Implacabile. Furente. “Non esisterà un solo fottuto giorno in cui te lo lascerò fare. Dovessi prenderti a pugni in faccia per il resto della mia vita. Dovessi sfondare altre cento finestre e tirarti fuori da quel buco infernale trascinandoti per i capelli ogni fottuta volta. Sarò morto il giorno in cui accadrà, morto! Hai capito, pezzo di merda? Mi dovrete ammazzare! Ma fino ad allora non osare mai più farmi sentire quello che mi hai fatto sentire ieri o giuro su dio che ti renderò la vita un inferno!”
Une finestra rotta. Sirius Black avrebbe sentito quel suono per il resto della sua vita.
Nei ricordi.
Una finestra rotta e un mago dagli occhi d’oro in piedi su una scopa, come se fosse uno skateboard. C’era una grande luna, quella notte.
La notte in cui un ragazzo diciassettenne sfidò la Casata più grande della storia…e rubò il suo gioiello più prezioso.
Così. Come se fosse la cosa più facile del mondo.
Era suo e se l’era preso. Senza pensare. Senza accettare repliche.
“Hanno messo le inferiate.” Mormorò.
“Che?”
“Hanno messo le inferiate sulle finestre, dopo quella notte.” Stirò un pigro sorriso. “Dovrai portarti una fialetta esplosiva.”
“Quanto mi stanno sulle palle i Black.” Ghignò lui. “Nessuno mi ha mai reso la vita così impossibile.”
“Mah, non saprei. La Evans ti dà del filo da torcere.”
“Già. A proposito. Cos’è che dovevamo fare? Ricordare momenti felici?”
“Dio, che cosa gay.”
“Non avere paura di amarmi, Paddy. Forza, spara.”
Lui ci pensò su.
“Primo tormento a Mocciosus?”
“Oh.” Tubò James, godendo come un riccio. “Come dimenticare il primo orgasmo.”
“Il buon vecchio metodo della testa nel cesso.” Sospirò Sirius, malinconico. “Bei tempi. Ci siamo rammolliti.”
“E dire che ero convinto di vedergli spuntare delle branchie, alcuni serpenti vanno sott’acqua come niente fosse. Lily si era incazzata come una iena.”
“Bah, vaglielo a spiegare che stavamo facendo un favore alla comunità.”
“Siete dei bulli, ragazzi!” la scimmiottò James, perfidamente.
Da lì a sfotterla il passo fu breve. Così come a ricordare di ogni malefatta e di ogni volta che l’avevano fatta infuriare.
I bagni delle ragazze sabotati in modo da rendere i muri trasparenti. Incantare i suoi compiti in modo da copiarli senza doverglieli chiedere. Far crescere le tette alle Tassorosso (Andarono tutte in giro con una quinta naturale per settimane intere). Addestrare la Piovra Gigante ad attaccare i Serpeverde.
E poi…le cose più intime e profonde.
La fondazione dei Malandrini…le loro radici. Trasformarsi in animali per la prima volta…la sensazione di poter sfidare il mondo intero.
Sentirsi, nella testa e nel cuore…una sensazione inspiegabile a parole. Ma non erano mai più stati da soli, da quel momento in poi.
Forse non era proprio nei piani della Evans far loro rivangare le numerose illegalità commesse durante i loro anni ad Hogwarts ma in qualche modo, funzionò. La porta si aprì con uno scatto che erano le nove passate, ma in qualche modo erano riusciti a liberarsi.
Farlo dalle ferite, dai dubbi e dalle paure avrebbe richiesto un po’ più di tempo.
E sapevano entrambi che quella non sarebbe stata l’unica volta in cui avrebbero affrontato un simile problema. Era un mostro difficile da sconfiggere. Forse il più difficile di tutti.
Ma il mondo va preso per le piccole vittorie…e una porta aperta per quel giorno bastava e avanzava.
“Sai…” mormorò Sirius, spazzolandosi le vesti. “Inizio a sentirvi di nuovo. E tu?”
James si stava facendo scomparire un livido con la bacchetta. Uno dei tanti trucchi del mestiere di chi faceva a botte quasi per sport.
“Non ancora. Ma sono stato l’ultimo a stare male per cui penso sia normale.”
“Peter si sta riprendendo.”
“Meglio così.”
Una porta…la semplice porta di uno sgabuzzino maleodorante. Ed eccoli di nuovo, uniti, interconnessi. Mai da soli.
“Siamo ancora in tempo per la cena.”
“No.” Rispose Black. “C’è una cosa che devo fare.”
James rise, nascondendolo in piccoli colpi di tosse.
“Oh, sapevo che non avresti resistito. E così alla fine Lily ci aveva preso.”
“Vero. Forte quella Evans.” sorrise Felpato, battendogli un pugno sulla spalla e allontanandosi.
“Già.” mormorò James, fissando la porta aperta. La sua piccola vittoria quotidiana. “…Forte quella Evans…”



 
 
 
 
La torre più alta di Hogwarts era appena stata sfigurata. Questo pensava Cristhine McRanney, tenendosi una mano guantata sul petto per placare l’ennesimo attacco di panico, osservando l’ambiente circostante.
Luci argentate, bicchieri scintillanti e tartine in salsa di gamberetti che lievitavano a pochi centimetri dai palmi di camerieri severi. Lusso, lusso e opulenza.
L’interno della Torre di Astronomia, dove prima di quel ridicolo ballo c’erano pesanti tende di velluto blu, mappe stellari sparpagliate, sfere celesti e telescopi giganti, era stato interamente modificato a partire dai muri, non più ovali ma incantati per prendere una lunga forma rettangolare, stuccati e dipinti d’oro.
Dall’elaborato soffitto a cassettoni, decorato con rosette in foglia argentata e affreschi, pendevano due enormi lampadari di cristallo che rimandavano mille bagliori.
C’erano numerosi balconi e sottopassaggi alle altre torri, delimitati da delicate tende di seta chiara, ed era ad uno di quelli che la Corvoncina si era avvicinata, sperando di sfuggire alle grinfie di Arturo Valiantine e di prendere sul viso un po’ di aria fresca.
Persona per bene quello?! Ma voleva scherzare?!
Alto e magro, con un naso appuntito che faceva perfetta armonia con la sua aria da snob, quel tizio era entrato nella stanza dove si stava cambiando, proponendosi in modo viscido di chiuderle i nastrini del corpetto sulla schiena.
Cosa che aveva fatto senza aspettare una sua risposta.
Sentendo le sue manacce sulla pelle, la ragazza aveva fatto un balzo di tre metri e aveva preso vagamente le sembianze di un gatto che si arruffa.
E si voleva parlare dei suoi discorsi? Praticamente le aveva fatto capire senza mezze misure che non approvava la sua discendenza babbana ma che – perlomeno – era contento di trovarla attraente.
Viva l’eleganza, insomma.
La sola idea di fare un ballo con quell’essere le rivoltava lo stomaco ma non era solo quello: c’era davvero troppa gente.
Adulti e ragazzi si affaccendavano nell’atrio ingollando alcolici come fossero succhi di frutta – i maschi dovevano portare una pacchiana maschera bianca sul viso – con abiti più costosi di una casa e l’aria gelida.
Era contenta di aver scelto dei guanti che, lunghi e leggeri, la fasciavano fino al gomito.
Anche l’abito era incantevole: bianco e  semplice, una gonna liscia fino alle caviglie e un corpetto che lasciava le spalle nude e si chiudeva sulla schiena con tre nastri. I capelli erano stati la parte più complicata: i suoi folti boccoli erano stati raccolti in un intricato ma morbido chignon ed il viso era lasciato totalmente scoperto da tre cerchietti bianchi, dai quali però sfuggivano due piccoli riccioli ribelli che accarezzavano gli zigomi pieni.
Giovane e pulita, quasi virginale nel suo aspetto fresco come un fiorellino. Una visione per qualunque uomo.
Le occhiate non si sprecavano di certo, anche perché era il gossip della serata: la giovane discendente dei McRanney e dei Cadogan tornata alla vita.
Scoccò un’occhiata nervosa al patio dove avrebbe dovuto fare il proprio ingresso assieme alle altre ragazze, tutte in bianco. Aveva riconosciuto alcune Serpeverdi, fortunatamente (e stranamente) nessuno dei ragazzi Black e nemmeno Lucius Malfoy (anche se avrebbero potuto facilmente nascondersi sotto le tante maschere), Michael Aliaset che aveva l’aria parecchio incazzosa come al solito, qualche Tassorosso tra cui il loro Prefetto, Liu Chang e Laverne McLaird che a quanto pareva era l’unica figlia di un famoso violoncellista.
Il resto veniva da fuori, anche se ad un certo punto le parve quasi di vedere un ragazzo famigliare. Indossava una maschera ed era stranamente esile, vestito come un perfetto damerino. Guardandolo meglio, notò dei capelli rossi legati stretti sulla nuca. Ecco perché aveva attirato la sua attenzione: sembravano i capelli di Lily…ma non fece in tempo a scrutare meglio che era già sparito tra la folla.
Ursula McRanney e suo zio Gaius vennero a pescarla dopo pochi minuti, nemmeno fossero muniti di radar.
“Cara, devi stare là dietro.” Cinguettò sua zia, agghindata in uno scollato abito color perla. “Tra poco verrai presentata.”
Abbassò lo sguardo, silenziosa, sulle sue mani. Tremavano sotto la stoffa.
Cosa sarebbe accaduto se le fosse venuta una crisi isterica davanti a tutti? Sentiva già il respiro affaticarsi dentro la gola, come se una mano la stesse strangolando.
Tutta quella gente...per non parlare dei tentacoli di Arturo, soprannominato da quel momento “il viscido”. Avrebbe dovuto lottarci per tutta la serata. Ingoiare rospi e stringere mani.
Dio!
Prima di accedere al lato posteriore del podio riuscì ad afferrare un bicchierino di champagne e ingoiarlo tutto d’un sorso, sentendosi il cuore rimbombare come un tamburo.
Suo padre non le avrebbe mai fatto questo. Suo padre l’avrebbe tenuta lontana da tutti se solo avesse potuto…ma perlomeno con lui sarebbe stata al sicuro.
“Tutto bene, tesoro?” le chiese Laverne, avvicinandosi. Aveva un fiore al collo davvero grazioso. “Mi sembri pallida.”
“Sto bene.” Mormorò ma le uscì una sorta di gemito strozzato.
La Prefetto di Corvonero sorrise.
“Panico da palcoscenico, eh?”
Oh, magari fosse stato quello. Si sforzò di ricambiare il sorriso e di provare a fare due chiacchiere, ma il ballo era cominciato.
Laverne fu chiamata proprio in quel momento. Salì le scale, stranamente elegante e sofisticata nonostante fosse la giornalista più d’assalto che Hogwarts avesse mai visto, e scomparve dietro i tre scalini e la tendina che le separava tutte dagli altri ospiti.
Pochi istanti appena…e avrebbe dovuto dare la mano a quel Valiantine. Avrebbe dovuto ballare stretta a lui. Così vicini che i loro respiri si sarebbero mischiati…
“Cristhine McRanney.” Chiamò l’altoparlante.
Salì le scale, portandosi una mano al viso. Le facce sembravano tante macchie uguali.
Un’ondata di sudore freddo le ghiacciò la schiena. Il fiato iniziò ad uscirle dalle labbra in brevissime sorsate.
Perché? Perché le facevano questo?
Se solo avessero saputo cosa si provava…se solo si fossero interessati a lei davvero, non l’avrebbero mai messa in quella situazione. Suo padre non l’avrebbe fatto. Ma suo padre non c’era.
C’erano solo i suoi zii ed i loro occhi gelidi. Le loro parole affilate come coltelli.
“Buon sangue non mente mai.”
Scacciò dalla testa quel pensiero, cercando di farsi forza.
Eccola lì, sul podio, davanti a tutti, circondata da mazzi di fiori e accecata dal flash del fotografo, ad attendere il suo futuro.
Era tutto così bello da sembrare una fiaba. Un cavaliere, un castello fatato, un ballo da sogno.
Ma cosa poteva capitare se la principessa era ad un passo dal crollo?
“Figlia di Lyl Cadogan e Damiano McRanney. Accompagnata da…”
Il lacchè che le presentava guardò distrattamente il foglio, senza curarsi del suo stato d’animo. Come se fosse un oggetto, una bambolina da spostare di pochi metri.
Improvvisamente, aggrottò le sopracciglia, la guardò, e riguardò di nuovo la lista.
“Che strano.” Borbottò a mezza voce, grattandosi la tempia. “Qui è cancellato.”
Un ragazzo si staccò dal gruppo, togliendosi la maschera dalla faccia.
Un ghigno quasi perverso, un lungo brivido di piacere su per la schiena nel sentire il fiato delle persone mozzarsi di netto. Il silenzio calare.
Oh, sarebbe stato un Ballo che avrebbe fatto nascere tante chiacchiere, di quello ne era convinto.
“Accompagnata da Sirius Orion Black.” Dichiarò ad alta voce, chinandosi in ginocchio e sollevando la mano. Alzò lo sguardo, fissando solo lei. Lei e nessun’altra.
Un passo, due…e Cristhine McRanney corse da lui.
Le sue dita gli sfiorarono il palmo in meno di mezzo secondo…stringendo forte.     
Le fiabe mentono spesso, pensò Sirius Black.
L’avrebbe svergognata. Di questo era certo. Eppure…eppure egoisticamente non provò altro che un sordido godimento. Si era aspettato un’occhiataccia, uno schiaffo…ma Cristhine artigliò la sua giacca come se stesse affogando.
“Scusa.” Le mormorò all’orecchio, passandole un braccio attorno alla vita, mentre un brusio scandalizzato iniziava a ronzare loro attorno. “La tentazione di creare l’ennesimo scandalo era troppo forte.”
La Corvonero sollevò lentamente il viso.
Occhi di un miele liquido e denso, da perderci la testa.
Sì, le fiabe sbagliavano spesso davvero.
“Perché ci hai messo tanto?”
Non sempre il principe è vestito d’azzurro.

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Capitolo 20
*** Il Ballo delle Debuttanti. ***


 
 
C’erano poche cose certe al mondo.
E una di queste era che se un party esclusivo veniva organizzato in una scuola piena di adolescenti, si poteva star sicuri che di esclusivo non avrebbe avuto niente.
Eh sì, non c’è cena di gala o ballo di debuttanti dove non si riesca a trovare il modo di infiltrarsi, soprattutto per persone con un certo pelo sullo stomaco.
E James Potter di pelo sullo stomaco ne aveva parecchio. Ci era nato e cresciuto.
Ciò che sconfinava ogni possibile criterio logico era invece la presenza accanto a lui.
Appoggiata alla colonna, vestita e mascherata come un uomo, Lily Evans ancora non riusciva a capacitarsene. Scoccò nervosamente un’occhiata all’orologio.
Ancora pochi minuti e Cristhine sarebbe stata annunciata. E allora sarebbero cominciati i guai…ma dopo qualche secondo capì di essere stata ottimista.
“Ma lo sai che sei uno schianto?”
Con Potter al suo fianco, i guai cominciavano sempre in anticipo.
Una bella ragazza, vestita in modo quantomeno discutibile, le si attaccò al braccio con una risatina.
Sbronza. Da ammirare più che altro per la sua originalità nel sembrare pornografica anche con un abito dell’ottocento, vista l’esageratissima scollatura che le stava sbattendo sotto il naso.
“Non ho mai visto un ragazzo con delle mani così graziose.” Cinguettò, sbattendo le ciglia. “Non mi inviti a ballare?”
Ecco, perfetto!
Fu una vera fortuna che la maschera, una pacchianata in stile veneziano, le copriva buona parte del viso, letteralmente sbiancato.
“Timido eh? Oppure straniero? Parlez-vous anglais?”
E adesso che cavolo faceva?! Non poteva certo parlare o l’avrebbe scoperta! Ma da come si strusciava quella piovra, forse non sarebbe servito nemmeno aprir bocca, lo avrebbe capito semplicemente tramite i suoi tentacoli!
Da quando le ragazze erano così diaboliche?!
Guardò Potter in disperata ricerca di aiuto, ma quello era come inebetito. Ma che cavolo gli prendeva adesso?!
Balbettò qualcosa, schiacciandosi ancora di più contro la colonna mentre la signorina si esibiva in quello che era un vero e proprio abbordaggio in piena regola.
“Oh, cazzo.” Mormorò James, appoggiando il braccio sopra di loro e chinandosi con uno sguardo che la diceva lunga. “Mi si sta appena realizzando un sogno…”
Peccato che fu svegliato ben presto dal tacco della Evans infilato nel piede. Da quando le scarpe da uomo facevano così male?!
“Ok, ok…” cacciò una parolaccia da lord, saltellando su una gamba sola. “Hey dolcezza, vicino ai cocktail distribuivano pasticche vomitose, lo sai?”
Nemmeno avesse sganciato una bomba. Due secondi e della ragazza non c’era più nemmeno la scia.
“Ah, le figlie bulimiche dei ricchi. Le adoro.” Sorrise il Malandrino, prima di venire afferrato per un orecchio.
“Stammi a sentire…” sibilò Lily, tirandolo verso di lei. “Non so ancora come diavolo tu sia riuscito a convincermi a venire qui, imbucarmi ad una festa classista piena di gente imbecille e a rischiare di nuovo il posto a scuola…ma sappi che se fai cavolate la tipa di prima non sarà l’unica a finire con la testa nel gabinetto!”
“A parte che qui non siamo sotto la giurisdizione di Hogwarts…E poi, gabinetto, Rossa? Ma non eri contro il bullismo?”
“Oh, sai…com’è che dicevi? Certe cose sono un favore alla comunità…e non chiamarmi Rossa!”
Il ragazzo la fissò con espressione sardonica. Aveva messo le lenti a contatto, si rese conto. Anche da dietro una maschera, i suoi occhioni d’oro sarebbero stati distinguibili tra mille.
Faceva uno strano effetto vederlo con le iridi color nocciola. Dove l’aveva già visto così?
Ah sì, ora ricordava. Agli esami del quinto…quando avevano raggiunto tutti quanti il fondo.
“Perché portavi le lenti a contatto?” chiese d’istinto, mentre lui aggrottava le sopracciglia.
“Eh?”
“Ai G.U.F.O. Avevi le lenti a contatto colorate.”
Perché voleva parlare di quello? Si chiese James, con una strana punta di disagio. E perché farlo gli metteva addosso…che cosa? Vergogna?
Forse perché dopo…dopo era successo il fattaccio. Non che si vergognasse di aver smutandato Mocciosus in pubblico, tuttavia…tuttavia era da quel momento che Piton e la Evans avevano smesso di parlarsi.
Ecco, di nuovo la sensazione di sentirsi un ladro tornò a fare capolino. Come se…l’avesse rubata, in qualche modo. In maniera sleale. In maniera cattiva.
E lo sguardo verde di lei, così disgustato…
“Sono un Potter.” Tagliò corto, guardando altrove. “Temevano che, se i commissari esterni avessero visto i miei occhi, avrebbero potuto favorirmi in qualche modo. La cosa divertente è che con Sirius, che avrebbe potuto essere invece svantaggiato, nessuno si è scomodato a preoccuparsi.”
“E’ così brutta?” chiese Lily, guardando tutta quella gente in abito elegante che sorseggiava drink e mangiava confetti. “Questa parte del mondo, dico.”
“Fa schifo.” Confermò Potter, con una alzata di spalle. “Non sono tutti da buttare…ma la maggior parte di loro ha perso il contatto con la realtà. Si credono al di sopra di tutto.”
“Oh, da che pulpito viene la predica!”
“Quanta acidità per una che mi ha seguito senza batter ciglio!”
“Solo per Cristhine!” si inalberò lei, avvicinandosi. “Lei non è come voi! E’…fragile.”
“E tu?” chiese il leader dei Malandrini, tornando a sogghignare.
“Io che?!”
“Oh, dolcezza, evitati quello sguardo da duchessa oltraggiata.” Le si avvicinò, puntandole un dito sul naso. “Sarai anche preoccupata per Cristhine, ma la verità è che ami il rischio esattamente quanto me. Ti piace infrangere le regole. Ammettilo!”
“Vendono anche stupefacenti qui, oltre alle pasticche vomitose?”
“E comunque ti capisco.” Continuò quello, come se non avesse parlato. “Guardati onestamente indietro. Hai passato momenti memorabili solo con noi.”
“Già, come no, una vera pacchia!” ironizzò Lily. “Da farci un album dei ricordi!”
“Pensaci. Quando sarai vecchia e racconterai ai tuoi duecento gatti i momenti più salienti della tua giovinezza, narrerai di quando hai visto un Somnus da vicino.”
“Ne avrei anche fatto a meno.”
“E poi mi guarderai - chiaramente nelle foto della sezione vip sui giornali – e mi dirai ‘Oh, mio sogno erotico inconfessato, ti ricordi di quella sera in cui abbiamo sconfitto un corno corazzato?’”
“Non l’abbiamo sconfitto noi…”
“Ammettilo Evans. Stare con noi ti diverte.”
Ok, il segreto era contare. Uno, due, tre.
Lily Evans si morse la lingua e decise di evitare di proseguire oltre quella conversazione, aprendo la porta del bagno per sciacquarsi il viso.
James Potter rimase appoggiato al muro e sorrise sotto i baffi.
Tre, due, uno…
La testolina rossa della Prefetto rifece capolino.
“Potter, qui dentro c’è un tipo legato!”
“Ah, sì.” Lui si sporse appena. “Controlli se ha ancora il bavaglio?”
“E’ in mutande!”
Lui alzò le spalle, come se stessero affrontando un argomento totalmente normale.
“E’ un Valiantine. I suoi vestiti valgono una fortuna al mercato nero!”
Si affacciò nel bagno.
“Vero o no, che i tuoi vestiti valgono un sacco?”
Il ragazzo, legato come un salame, gli scoccò un’occhiata a metà tra l’infuriato e il disperato, iniziando a mugugnare con un calzino in bocca.
“Visto, Rossa? Lo dice anche lui.”
Perché? Perché cavolo li aveva seguiti?! Cosa c’era di sbagliato nel suo codice genetico?
“Potter…”
“Andiamo, come pensavi che Sirius riuscisse a prendere il suo posto?” lui rise, divertito come il demonio. “E poi, se ti può consolare, è un colossale coglione. Vero Valiantine che sei un coglione?”
“HMMM!”
“Santo cielo. Baci tua madre con quella bocca?”
“Oh, chiudi quella dannata porta.” Sospirò la Evans, già esausta, lasciando il poveretto alla sua serata infame. “Mi partiranno le coronarie a vent’anni, lo so già! E comunque, si può sapere di preciso cosa siamo venuti a fare?”
“Coprire le spalle.” Rispose distrattamente lui, allungando improvvisamente il collo verso il centro della sala.
“Coprire le spalle?!”
“Coprire le spalle.” Ora il ghigno aveva un non so ché di infausto. Non riuscì a dire nient’altro, perché Sirius Black uscì dal gruppo di ricconi come un angelo nero, lasciando allibita mezza sala.
Aveva preso Cristhine tra le braccia, e le stava mormorando qualcosa all’orecchio. 
Alla vista, Lily digrignò i denti.
Oh, tu guarda che razza di maniaco! Doveva stare bene attento a dove metteva le sue manacce o si sarebbe ritrovato di nuovo nello sgabuzzino degli orrori, poco ma sicuro!
“Sta buona, tigre.” bofonchiò James, agguantandola per il colletto e tirandola indietro. “Non noti niente?”
In effetti, ora che ci pensava, nella sala era sceso un gelo inquietante. Aleggiava della tensione e anche una sorta di eccitazione nell’aria…come quando accade qualcosa di sconvolgente.
“Increscioso.” Ringhiò un uomo, accanto a lei. “Ma chi l’ha fatto entrare?”
“E’ l’erede dei Black.” Bisbigliò una Nobilstrega  a una sua degna compare, allungando il collo avida di pettegolezzi. “Quello scappato di casa!”
“Con la McRanney? Ma davvero?” Una megera tempestata di diamanti frecciò un risolino cattivo. “Ma non erano più neutrali della Svizzera, quelli?”
Ora le voci si fecero più basse, quasi torbide.
“Dici che sono diventati…?”
“Ne dubito. La ragazzina è una Mezzosangue…sua madre era una Maganò.”
“Non ci posso credere!”
“Orion e Walburga però non ci sono…o ne avremmo viste delle belle! Che fine hanno fatto tutti i Black, ora che ci penso?”
“Ci sono alcuni parenti là, nell’angolo…”
E in effetti Lily si chiese come avesse fatto a non notarli. L’eleganza della famiglia Black e l’alone di tenebra che sembrava avvolgerli erano come un marchio di fabbrica.
Ne contò sette in tutto, tutti adulti, circondati dal padre di Nott, dai Carrow, da McNair…la solita allegra combriccola che faceva sempre squadra alle riunioni coi genitori.
C’era tra loro una donna che catturò la sua attenzione più degli altri, perché le sembrava vagamente famigliare.
Vestita con un completo giacca e pantalone quasi maschile, sedeva in mezzo a loro come una regina, sorseggiando lentamente un calice di vino bianco. Fu dall’espressione fredda degli occhi e dai chiarissimi capelli biondi, legati in una coda bassa che finiva a boccoli poco oltre le spalle, che la riconobbe come madre di Narcissa Black. Il viso invece, raffinato e appuntito, aveva le fattezze di Bellatrix.
La strega si sporse appena oltre la sua poltrona, assottigliando lo sguardo su Sirius, in modo quasi pacifico a differenza degli altri. Nel farlo, la camicia si scostò appena sul suo petto, rivelando un  tatuaggio.  
Una rosa nera spiccava sulla sua pelle bianca.
“Nartrix Rosier. Ex Auror. ” Sibilò James, con una nota di disgusto, intercettando il suo sguardo. “Probabilmente anche all’inferno si rifiuterebbero di farla entrare.”
Questo era poco ma sicuro, visto che era una Rosier eppure in mezzo ai Black si comportava come una leader. L’atteggiamento la diceva lunga sul temperamento di quella strega.
Non le piaceva per niente come stava guardando Sirius…si aspettava di vedere i Black dare in escandescenze, eppure erano inquietantemente tranquilli.
“Dov’è Remus?”
“Diceva che doveva trafficare con dei documenti importanti…e che bastavamo noi.” James rise. “Guarda che non succede niente. Siamo in Alta Società.”
“Già, come no…qui sembrano tutti pronti a fare sacrifici umani!”
“Ci si sporcherebbe troppo. E’ più gente che delega, non so se mi spiego.”
“Ma come fai a startene così tranquillo qua in mezzo?! Sei un Potter!”
Lui non rispose. Gli aveva fatto una domanda stupida, rifletté Lily, guardando il sordido desiderio nei suoi occhi, puntati sui Black. Sembrava quasi bruciare. Emanare elettricità.
Come quando sfidava le correnti aree e la gravitazione stessa a cavallo della sua scopa. Non era un semplice maniaco dell’adrenalina.
Rischiare, scommettere con la vita…era quello che l’animava. Il fremito del pericolo.
“Sai.” Le mormorò, lentamente, mentre lei rabbrividiva. “Detesto la Magia Oscura. Il solo fatto di trovarmi qui…tra di loro…mi mette la carica. Vorrei spazzarli via tutti. Ma a volte non desidero altro che rischiare il collo, come se fosse un’ossessione.”
“James…”
“Che cosa faresti se il tuo destino fosse pericoloso?” le chiese, improvvisamente. “Se avessi già una strada predefinita? Un finale già scritto, che però non ti piace? Un finale che abbia a che fare con tutto questo…non dovresti provarne ribrezzo, in qualche modo? Eppure, nell’intimo…te ne senti anche attratto…”
Lo vide passarsi una mano fra i capelli, quasi stanco.
“Cazzo.” Sospirò. “Forse ho bevuto troppo.”
Era quella dannata sensazione, ammise con sé stesso. Essere solo.
Ancora non sentiva il suo branco…forse era per questo che aveva chiamato Lily.
Da soli, gli animali sono deboli. Imprudenti. Perdono la rotta.
Chissà come mai era l’unico a non averli ancora di nuovo nella testa.  Sirius aveva iniziato a sentirli quasi subito dopo. La febbre era passata ma…ancora non li percepiva. L’avevano sempre considerato come il capobranco eppure…eppure lui era l’ultimo rimasto.
Forse non è tanto strano.” Sibilò una vocina maligna, dentro di lui. “D’altronde, è normale che tu faccia più fatica a ristabilire il contatto con il tuo branco, dato che sei quello che li chiude fuori più spesso. Hai più segreti di tutti, James Potter.”
Scrollò la testa, mettendo a zittire quella piccola bastarda. No, cristo, non voleva pensare a quello. Non quel giorno.
Un tocco leggero sul viso ebbe il potere di mettere a tacere ogni cosa e bloccargli la respirazione. Lily Evans si era alzata sulle punte, sfiorandogli la fronte con la mano.
“Ti è passata la febbre.”
Lo faceva con attenzione, nemmeno si era resa conto di quanto fosse vicina e di quanto lui, inerme, fosse paralizzato sotto le sue dita fresche, in balia del profumo che emanava, dell’immagine della sua bocca umida.
Si era accorta che stava male, pensò confusamente James, qualche istante dopo.
Rimase ancorato a quella sensazione sulla pelle, come se sentisse quel punto andare a fuoco. Forse era anche arrossito, cazzo.
Un tempo sarebbe partito in quarta generando il caos puro, senza preoccuparsi delle conseguenze, senza preoccuparsi degli altri.
Ma ora c’era lei, con lui. Lei e quel suo tocco.
L’adocchiò, nascosta dalla maschera, stretta in un vestito da uomo che non nascondeva i suoi fianchi snelli tantomeno il suo fondoschiena, che avrebbe riconosciuto tra mille. Lei lo tratteneva al suo fianco senza nemmeno accorgersene. Come una calamita.
Assurdo, voleva proteggerla. Lui! Che non sapeva proteggere nemmeno sé stesso…
“Sei pronta?”
“Eh…? A far che?!”
“E’ un affronto!” urlò Gaius Cadogan, uscendo dalla folla e rompendo quegli istanti di silenzio agghiacciato.
Il biondo mago si piazzò davanti a Sirius e Cristhine, scontrandosi con qualcosa sui loro visetti che da tempo non vedeva: ribellione adolescenziale. Nulla di più devastante.
Sirius Black si tolse il ghigno di dosso, piazzandosi davanti a lui e alzando il mento.
Piccolo bastardo…altezzoso e strafottente come il resto della sua progenie.
“Non permetterò mai che un Black…!”
Una risata.
Una semplice risata bastò a farlo sbiancare e zittire.
Nartrix Rosier non si scomodò dalla sua sedia, continuando a ridere in modo leggero.
“E questa frase…” mormorò poi con un sorriso, agghiacciando tutti i presenti. “…Come dovrei interpretarla?”
La zia di Cristhine si interpose tra loro, afferrando il braccio del mago e stringendolo in una morsa.
“Oh, mio cognato non intendeva offendere e tantomeno insinuare qualcosa.” Rispose, un po’ troppo concitatamente. “E’ che ci aspettavamo un Valiantine.”
“Non guardare me.” La donna alzò le spalle, divertita. “Di certo non l’ho invitato io. Mio marito Cygnus non mi ha accennato nulla, quando sono uscita di casa…e dubito che sua sorella Walburga sia al corrente. Nipote, il motivo di questa sgradita sorpresa?”
Non rispose, Sirius Black. Non la guardò neanche in faccia.
Non guardò in faccia nessuno di loro.
“Andiamocene.” Propose a Cristhine, in tono piatto. L’assenza di emotività in un ragazzo che aveva sempre fatto fuoco e fiamme con qualunque di loro parve stupirli e, in qualche modo, dare come un’impressione di debolezza.
Debolezza che i più stolti decisero di sfruttare.
Nott Senior scattò in avanti, afferrandolo per un braccio.
“E’ proprio ora che torni dai tuoi genitori, sai, ragazzino?” Gracchiò, e osò anche troppo. Schiantarlo contro il muro fu l’ultimo piccolo piacere di quella serata, che – ancora non lo sapevano – sarebbe andata solo a peggiorare.
“Sarò anche un rinnegato, ma sono pur sempre un Black.” Sibilò il Grifondoro, stringendo le palpebre. I suoi occhi dardeggiarono per poi indurirsi in una morsa di ghiaccio. “Toccami un’altra volta e ti uccido.”
E poi, lì, dall’alto in basso, scoccò l’ultima umiliazione.
“Stai al tuo posto, Nott.”
Stai al tuo posto…perché sei di un rango più basso.
Il peggiore insulto che si potesse dire a un uomo di quel genere…soprattutto se quell’ammonimento sprezzante era uscito dalle labbra di qualcuno di così giovane, davanti a tutta la Società.
Dimenticò la bacchetta e si alzò di scatto, urlando di rabbia alla vista di quel piccolo demonio che gli dava le spalle. Fece un passo, due…
Ma, sfortunatamente per lui, quell’anno le tradizioni vennero rispettare in pieno. E James Potter, togliendosi la maschera, rispecchiò quasi fedelmente ciò che fece anche il suo fiero genitore anni addietro.
Sirius continuò a camminare, senza nemmeno voltarsi. Potter scoppiò a ridere, e il riverbero della sua voce danzò tra tutte le colonne come una sfida.
Nel silenzio che era calato nuovamente, Lily Evans pensò bene che era il caso di togliere le tende. Lo afferrò per il colletto e lo trascinò via.
“Ah, che figata, ora sì che mi sento meglio!” esultò il Malandrino, trascinato stile salame dalla sua rossa preferita.
“Mi hai fatto venire per controllarti, ammettilo!” Rimbeccò lei. “Altro che aiutare Cristhine! Erano le tue spalle che dovevo coprire!”
“Beh, siamo venuti via con tutti gli arti attaccati no? Mi sono solo tolto uno sfizio piccolo piccolo, quindi sei stata utile. Alla fine, Rossa, tu sei l’unica qui dentro capace di contenermi!”
Lei lo guardò da oltre la spalla, continuando a camminare. Quel complimento doveva averle fatto qualche effetto, però ne aveva passate davvero troppe quel giorno. L’avrebbe sgridato come al solito?
E invece lo stupì.
“Dovevi colpirlo più forte.” Fu la strabiliante risposta.
Eh sì, perché quella, ricordandola da vecchi, sarebbe stata un’altra serata epica. La serata in cui, ad un Ballo delle Debuttanti, James Potter aveva steso il futuro braccio destro di Lord Voldemort nel buon vecchio metodo babbano: un simpatico pugno in piena faccia.
C’era proprio da dirlo. I Non-Maghi avevano più stile.
 
 
 
 
 
 
Nartrix Rosier non era mai stata una donna come le altre. Non era portata per le feste, per i bei vestiti e per i balli.
Erede di una potente famiglia di guerrieri e poi sposata allo zio di Sirius, le uniche danze che aveva avuto il piacere di conoscere erano quelle sul campo di battaglia e prima di quel momento, pensava che l’unica cosa che l’avrebbe resa felice in quella serata schifosa sarebbe stato l’alcool.
Ed invece, la vista del sangue venne inserita nella lista delle dolcezze di quel quattro novembre.
Amava il sangue, Lady Rosier. Amava il suo odore, vederlo colare dal profilo di una spada e inzupparle la suola delle scarpe. D’altronde la sua fama la precedeva e anche nella sua famiglia era giudicata come un vero animale da guerra.
Violenta, sanguinaria e calcolatrice, la donna, in apparenza così fragile e di piccola statura, contava alle sue spalle almeno un centinaio di cadaveri. Quando il Corpo degli Auror aveva frenato la sua sete di morte, aveva semplicemente cercato altrove.
Rise leggermente, vedendo Nott asciugarsi il naso circondato da persone urlanti. Ah, che show fantastico…
Niente male, il nipotino, pensava con freddo divertimento. E si era circondato di amici potenti. Oh, sarebbe stato decisamente più divertente.
“Mi piace tuo fratello. Sai?” sussurrò, voltandosi verso un ragazzino.
A differenza sua, sembrava non gradire ciò che vedeva. Occhioni azzurro mare grandi e buoni, Regulus Black si irrigidì appena quando la donna gli passò un braccio attorno al collo.
“Tu invece sei più calmo, hn?” mormorò lei, contro la sua tempia. “Non è necessariamente un male. Bisogna riflettere sempre. Sempre.”
“Io non ho fratelli.” Recitò meccanicamente il pulcino di Walburga. Incredibile come quella maledetta pazza avesse potuto mettere al mondo qualcuno di così delicato. Addestrato perfettamente, come un tenero cagnolino.
“Non c’è bisogno di fare la scenetta. Le apparenze lasciale agli idioti che ci circondano.” Ghignò. “So che ti ha dato fastidio vederlo assieme a quella mezzosangue. L’ho visto, come lo guardavi.”
Mascella serrata. Labbra strette.
Il ragazzino guardò altrove.
“Non ti preoccupare.” Continuò la donna, accarezzandogli una gota. E scoppiò a ridere, alzando una mano per farsi servire altro vino. “Quella puttana avrà ciò che si merita a breve. Non concentrarti sulle sciocchezze. Sai bene cosa ti aspetta. Hai un futuro grandioso ad attenderti, Pulcino dei Black.”
Tirò fuori un pezzetto di vetro, senza accorgersi che il giovane Regulus era sbiancato. Nello specchietto, per un istante sembrò passare la sua immagine ringiovanita. Ma non era Nartrix quella che si vedeva.
Bellatrix Black scostò i capelli bruni dal viso, l’espressione golosa, eccitata e animalesca che la rendeva uguale più che mai a quel demonio che l’aveva messa al mondo.
“Tenetevi pronti.” Ordinò sua madre. Fredda, autoritaria. Crudele.
“Era ora!”
“Bella.” Sibilò, zittendola subito. “Ti ho avvisata. Andateci piano. Dovete mandare un messaggio. Non fare una strage.”
“Non ancora.” Insinuò la ragazza.
“Sono tutti insieme? Qui ne ho visti solo due.”
“Oh, non preoccuparti, cara mammina.” Sputò fuori l’ultima parola con ironia, prima di sbattere lentamente le lunga ciglia nere sulle gote di porcellana. “So perfettamente come riunirli.”
Chiuse la comunicazione, quasi infastidita. Bellatrix aveva il uso stesso temperamento sanguinario e difettava di metodo. Di calcolo. Sembrava sempre un animale ferito messo alle strette, pazzo di dolore, sconsiderato. Narcissa, invece, aveva ereditato il sangue freddo del padre, Cygnus Black, e doveva ammettere di preferirla alla gemella. Perlomeno non le dava pensiero. Per il momento.
Strinse gli occhi sulla sala dove il galateo era andato ben presto a farsi benedire: schiamazzi, ingiurie, Gaius Cadogan e quella cretina di Ursula McRanney erano a dir poco lividi.
Oh, sì, sarebbe stato più che divertente, anche se il piano aveva subito…piccole variazioni di percorso. Ma forse era meglio così.
Il dolore sarebbe venuto ancora più forte. Bastava solo attendere la fine dell’anno.
La loro trappola già avanzava. La loro arma era quasi pronta.
E mentre rideva, sul suo seno scarno la rosa nera si aprì un po’ di più.
 
 
 
 
 
 
“Sirius, qui dentro c’è…”
“Sì, lo so.”
Black contrasse il bel viso in puro appagamento, praticamente sorpassando con un calcetto il corpo di Valiantine che continuava a muoversi stile salmone che risale la corrente e ad emettere gemiti indignati.
Cristhine fece lo stesso, con decisamente più candore, scoccandogli un’occhiata preoccupata.
“Ma…”
“Non ti preoccupare, tanto è un coglione. Vero Valiantine che sei un coglione?”
“HMMM!”
E per risposta gli sbatté la porta sul naso. Erano dentro gli spogliatoi ora, dove c’era l’unica porta secondaria di uscita, apribile solo dall’interno. Sarebbero sgattaiolati via da lì.
“A meno che tu non voglia continuare a ballare.”
La ragazza stirò un sorriso stralunato.
“Voglio solo togliermi questo attrezzo di tortura di dosso.” Confessò, praticamente lanciando via le scarpe con il tacco.
E dire che c’era chi avrebbe donato un rene per vestirsi così almeno una sera.
Sirius Black fece per sorridere quando la vera essenza di quell’informazione lo colpì peggio di un pugno allo stomaco.
Cazzo, voleva spogliarsi.
Si girò di spalle, dandosi mentalmente dell’idiota per quel gesto da cavaliere di altri tempi, cercando in tutti i modi di tenere a freno certe orecchie da cane che già stavano premendo tra i serici capelli.
Sentii il fruscio della gonna, e dei guanti che si sfilavano dalla sua pelle con un suono ovattato. Qualche click, il rumore impercettibile delle forcine che cadevano a terra. Si stava sciogliendo i capelli…
“Accidenti, di questo passo non lo toglierò mai!”
Si voltò appena in tempo per vederla saltellare nel tentativo di schiudersi i tre lacci annodati sulla schiena nuda, le gambe coperte solo dal sottogonna.
“Lascia, faccio io.”
E lei si fermò, di spalle, come colpita dal suo avvicinarsi. Si zittiva sempre, più del solito, quando lui le era vicino. Quando la toccava per sbaglio.
Però…non si ritirava mai.
Allungò le dita lentamente sulla stoffa, cercando di non pensare. Non pensare alla linea candida del suo collo, allo chignon mezzo sfatto che permetteva ad alcuni boccoli profumati di sfiorarle il profilo della spalla, tempestato da qualche piccolo neo scuro. E al fatto che quella cazzo di sottogonna fosse così tremendamente sottile e lei così innocente, così vicina e così di spalle a quello che era a tutti gli effetti il più grande pericolo di Hogwarts.
Stava impazzendo per una sottogonna, come nell’ottocento. Assurdo.
I tre lacci si sciolsero sotto le mani abili di Black, liberando il suo corpo sottile, ed ora, a sostenere l’abito sul seno, solo le mani della ragazza chiuse a coppa contro il petto.
Rimasero immobili giusto qualche secondo di troppo, giusto qualche secondo per accorgersi e spaventarsi di quella strana corrente che si stava innalzando nell’aria.
Le aveva toccato la pelle, tiepida, mentre le slegava quegli impacci di stoffa. Non aveva resistito.
Una donna si conosce solo toccandola ed ora, in qualche modo, riusciva a immaginarla nuda. Lei non aveva detto niente. Aveva appena girato il mento, non osando guardarlo in faccia ma perdendosi in qualcosa alla loro sinistra. Uno specchio.
Facendosi violenza, il ragazzo si costrinse a rivoltarsi di nuovo.
Era chiaramente sconvolta da quella serata. Troppo.
Da quando te ne frega qualcosa? Da quando non lasci che le donne cedano come creta sotto il tuo egoistico desiderio?
Si concentrò sul rumore del vestito, cercando di non pensarci. Ora era nuda e tremava.
Sentiva che si era spogliata del tutto e che stava tremando, nell’aria, nel naso, in ogni sua piccola particella olfattiva e uditiva riusciva quasi a vederla.
Come riuscì a dominarsi, come riuscì a non farsi uscire le orecchie da cane, lo seppe solo dio.
Fu solo come un sogno il percorso che fecero dopo, lei di nuovo bardata con un pesante maglione ocra e dei jeans, lui togliendosi la giacca e mettendogliela sulle spalle.
Fu il sogno di qualcun altro, forse. Nessuno dei due sapeva ricordare, perso nei propri pensieri. Nemmeno le cose più piccole, come ad esempio, come la Corvoncina si ritrovò in mano una tazza di the caldo fumante.
Ad Hogwarts i passaggi segreti non si sprecano ed era certo che nemmeno Silente era in grado di conoscerli tutti. Certamente il posto dove la portò non era tra i più nascosti ma a quell’ora sicuramente non ci sarebbe stato nessuno.
Cristhine non chiese nulla, lasciandosi guidare. Non si domandò perché non la stava riportando in dormitorio e nemmeno dava l’idea di volerci ritornare.
Uscirono in giardino, sfidando il primo freddo di novembre, camminando fin dietro alle serre. Lì, un alto muro ricoperto di edera e fiori selvatici ricopriva come uno spesso mantello ogni centimetro dei mattoni sdrucciolati.
Non era opera della Sprite, ma di certo lei amava prendersene cura.
E sicuramente aveva scoperto qualcosa di strano che si celava dietro a quella tenda verde, ma probabilmente l’aveva scambiata per una semplice crepa e non aveva allungato il braccio per non sradicare qualche fiore.
Cosa che Black non aveva avuto premura di fare, scoprendo un passaggio intagliato dietro i rampicanti.
Si ritrovarono in una vecchia e piccola serra aperta di forma ottagonale, cinta da vetrate nascoste all’esterno dalla vegetazione, con tetto spezzato i cui vetri riflettevano proprio la porzione di cielo dove a quell’ora languiva la luna. Non c’era buio proprio per quello. Tutto era argentato, puro.
Cristhine McRanney allargò gli occhioni color miele, osservando quel luogo senza tempo. Sfiorò silenziosamente alcuni vecchi vasi di porcellana, dimore in passato di fiori senza dubbio meravigliosi.
“Come…?”
“Per caso.” Rispose Black. Non che non le lasciasse il tempo di finire, era lei che non riusciva a terminare le frasi. Come se le emozioni la stessero travolgendo.
La vide sedersi su un vecchio tronco rotondo, stringere tra le dita la sua tazza e soffiare leggermente sui vapori del the al limone.
Le si sedette accanto, accendendosi una sigaretta.
“Ne vuoi parlare?”
“E tu?” domandò lei, alzando gli occhi. “Tu subisci tutto questo da ancor prima di me.”
“Oh, io ne ho subite di peggio.” Ridacchiò lui, con leggerezza. “Per questo mi sono fatto la corazza.”
“Io credo che…” mormorò a bassa voce lei, guardando il pavimento. “Credo che queste cose siano come acqua. Per quanto la tua corazza sia resistente, alla fine ti ritrovi sempre un po’ bagnato.”
“Già. Alla fine sei così bagnato che pensi di stare affogando.”
La sua saggezza ed il suo modo di interpretare la vita l’avevano sempre affascinato. Uscivano così, spontaneamente. Meravigliando.
“Sirius, mi dispiace per ciò che ha detto mio zio.”
“E di che ti dispiaci? Ha ragione.”
“No, non ce l’ha!” balzò in piedi lei, improvvisamente furente. “Non potrà mai avere ragione perché significherebbe che tutto ciò che è capitato a mia madre non è servito a nulla!”
“Di che parli?”
“Lei…” improvvisamente, la ragazza si bloccò. Guardinga, fissò le ombre e strinse i pugni contro i fianchi. “Lei credeva nelle persone. Capisci?”
Black inclinò appena il capo. Lì, seduto sul tronco, leggermente in ombra, sembrava un demonio.
Un demonio splendido, dagli inquietanti occhi neri e vuoti.
Cristhine provò appena un brivido.
“E voglio crederci anche io.” Si concesse poi, avvicinandosi. Ma quanto potergli dire? Quanto? “Mia madre era una Maganò e stava creando un’associazione. Voleva unire le coscienze della gente, creare un punto di incontro tra babbani e maghi. Voleva cambiare la testa ai Purosangue, senza combattere, senza odio. Ma non solo: voleva cercare un contatto anche con chi praticava la Magia Oscura. Lei non credeva che le discendenze e delle banali attitudini magiche fossero determinanti del carattere e del cuore di qualcuno. E non voglio crederci nemmeno io. Mai!”
Iniziò a fare il solco, mordendosi le labbra.
“E mio zio Gaius… quello…quello stronzo!” esplose, sbalordendolo. “Lui con le sue manie, con quegli stupidi pregiudizi, in che cosa è diverso dai Mangiamorte che tanto schifa? Dimmelo!”
“Cristhine…”
“Oh mio dio!” continuò lei, ora orripilata, continuando a fare su e giù. “Ora lo dirà a mio padre, ne sono sicura! E non so se mi lapiderà di più per il ballo a cui sono andata o per come l’ho fatto finire!”
“Cristhine…”
“Giuro che se lo dice a mio padre non la passerà liscia! Non può essere così meschino! Ora entro di nuovo dentro e lo affronto! Ora…”
“Cristhine!”
“Sì?”
Mi piaci.
Strano quanto queste due paroline siano tanto difficili da uscire di bocca. Strano quanto una semplice Corvonero potesse mettere in crisi un ragazzo che di problemi del genere non se li era mai fatti.
Sirius Black era cresciuto sotto l’ala dei Marauders.
Bello come il peccato, ricco, aria da cattivo ragazzo. Otteneva facilmente tutto quanto. E quando trovava resistenze, usava i trucchi più abbietti.
In modo scontroso, forse, ma senza dubbio limpido, aveva sempre fatto capire le proprie intenzioni. Quando non riusciva a ghermire in questo modo, si limitava a mentire.
I sentimenti non facevano per lui ma era incredibile come dire qualche stronzata potesse far cadere le ragazze di quella scuola e forse, tutte le ragazze del mondo.
Mi piaci, ti amo, sono tuo. E le gonne scivolavano lungo le gambe e lui annegava per una sera, scordando chi fosse, scordando ogni cosa, desiderato solo per come muoveva i suoi fianchi, per come baciava la pelle.
Il suo cognome scompariva, scompariva il passato, il piacere diventava tutto ciò che più contava e poi, la sera dopo, le parole rimanevano nell’aria ma non nel cuore e nei gesti di chi non rimaneva mai tra quelle lenzuola ad aspettare il mattino.
Senza rimorso. Anche se cinico, sono le persone a scegliere per cosa vendersi. E chi si vendeva per qualche parola sotto sotto lo sapeva, a cosa andava incontro con lui.
Ora però, lo sentiva davvero, quella ragazza gli piaceva davvero, cazzo. Non voleva dirglielo tanto per, era quello che aveva dentro!
Si sentiva davvero le gambe di gelatina, le farfalle nello stomaco e tutte quante quelle stronzate che aveva sempre evitato come la peste.
E anche se non riuscì a parlare, lei parve capirlo perché improvvisamente impallidì e arrossì allo stesso tempo.
Si guardarono, aspettando una…mossa.
Un ragazzo che l’aveva fatto così tante volte per finzione da scordarsi cosa si provava quando capitava veramente…e una ragazza che non aveva provato mai.
Un seduttore…e un’estranea anche alle più normali interazione umane.
Ma…c’era dell’altro e improvvisamente, lo sentì anche Sirius Black. C’era qualcosa. Come una sorta di morbosità.
Un segreto.
Nulla come un segreto unisce due anime. Nulla, neanche l’odio, neanche l’amore.
“Sirius.” Mormorò lei, mentre lui si avvicinava piano, le prendeva il viso tra le mani e si chinava su di lei. “Sirius…dobbiamo parlare…”
Le lacrime le sgorgarono dalle ciglia ma non furono quelle a impedire a Sirius Black di ghermirle le labbra. E non furono nemmeno le parole “dobbiamo parlare” che nel gergo maschile significano solo “guai in vista”.
Perché coi Marauders, i guai arrivavano sempre in anticipo.
Proprio quando le loro labbra si stavano per sfiorare, il Grifondoro alzò di botto il viso, avvertendo un lungo brivido. Sbiancò e contrasse gli occhi, perdendosi lontano.
“Che succede?”
“Peter.” Mormorò lui, senza riflettere. Quasi…perso. Guardò oltre il varco, stringendo la presa sulle sue spalle. “Peter è in pericolo.”
 
 
 
 
 
 
 
 
Quella sera non c’era la solita trapunta di stelle. Nuvole gonfie e plumbee si accavallavano nel cielo, dense come crema.
Lily Evans rabbrividì appena quando uno spiffero le sfiorò il viso, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Era appoggiata alla balaustra, su un piccolo e solitario terrazzino della Torre Nord, le mani mollemente abbandonate nel vuoto, i capelli finalmente sciolti. Anche se vestita come un uomo, la sua figura stagliata contro la notte avrebbe fatto la felicità di un qualsiasi pittore.
Aveva lasciato James Potter quasi vicino alla Sala Grande, ringraziando ogni dio esistente di essere un Prefetto e poter portare gente in giro dopo il coprifuoco senza subire l’interrogatorio maniacale di Gazza.
Stavano camminando insieme quando il ragazzo l’aveva guardata in modo strano.
“Che c’è?”
“Sei bellissima.”
“Piantala.”
C’era sempre, nell’arco della giornata, un momento in cui Potter deponeva le armi, gli insulti e le schermaglie per iniziare quelli che lei chiamava “I venti minuti di lecchinaggio”. Complimenti, smancerie e quello sguardo da “sarò tuo per sempre” che funzionava tanto bene con le ragazzine.
Il momento lecchinaggio era sempre stata la prassi in quei sette anni, un metodo di tortura che era quasi più estenuante dei suoi ridicoli scherzi.
E il tutto per concludersi sempre con la stessa domanda.
“Mi concedi un appuntamento, Evans? Madama Piediburro. Tu, io, una cioccolata calda…”
“Hai presente le vergini di ferro? Preferirei chiudermi lì dentro piuttosto che in quel pub con te!”
“Hey, che crudeltà. Che ha che non va quel pub?”
“Oh, vediamo…” Lily fece finta di pensarci. “Coppiette ad ogni angolo a consumare atti per voyeur, cioccolate troppo dolci e…te!”
“Ci pensi mai che forse – forse eh – potrebbe piacerti?”
La ragazza sbuffò, roteando gli occhi.
“Difficile non pensarci, visto che ogni giorno, per sette anni e per venti minuti, inizi a srotolare la lingua e riempirmi di smancerie ipocrite. E sai cosa vedo sempre?”
“Cosa?”
James sorrideva, come suo solito.
Lily si avvicinò, piazzandogli un dito sotto al naso. Ah, quel dito maledetto.
Sempre alzato e sempre accompagnato da un tono saccentino. C’erano momenti in cui gliel’avrebbe staccato.
“Mi vedo seduta a parlare di cose a cui tu non presti ascolto, perché troppo impegnato a pensare a come slacciarmi il reggiseno!”
“Beh, potresti non mettertelo.” La voce di Potter fu più calda del fuoco.
“E poi mi vedo davanti alla tua faccetta soddisfatta, l’aria di chi ha vinto una gara e vuole rinfacciarlo fino alla fine dei giorni! Non ti stanchi mai di chiedermelo, Potter? Non ci casco, cambia tattica!”
La gara più importante di tutte. Non cedere. Non piegarsi.
La solita sfida, perpetuata nel tempo, durante tutta la loro adolescenza. Scherzi, maledizioni che partivano a razzo, discussioni infinite e poi… le moine. Era sempre stato così, tra di loro.
“E se non fosse una sfida?” James guardò dritto davanti a sé, parlando con un  tono insolitamente roco.
“Ma vuoi proprio che ti rinchiuda di nuovo nello sgabuzzino degli orrori!” La Grifoncina sbuffò, accelerando il passo. “Ti avviso che hai ufficialmente terminato i tuoi venti minuti giornalieri nel momento in cui ti sei messo a fare il galletto con Black!”
Un istante di silenzio. James continuò a camminare.
“Ad Halloween ti sembrava una sfida?”
Fu come ricevere acqua ghiacciata in piena faccia. Ne voleva parlare.
Lily Evans gelò, fermandosi di colpo.
“ARGH!”
Ci mise un po’ per accorgersi che un pennuto starnazzante l’aveva mancata per un soffio schiantandosi letteralmente contro la faccia del Malandrino, che cadde per terra in modo tale che ci mancava solo la scritta “SDONG” per coronare il tutto.
Il gufo, spennacchiato era dir poco, iniziò a starnazzare indignato come se tutto quello non fosse successo per colpa sua.
“Ma che accidenti fai!” sbraitò Potter, massaggiandosi il naso con le lacrime agli occhi. “Sei cieco per caso?!”
Lily si chinò sulla bestiola, prendendolo tra le braccia.
“E’ un gufo di Hogwarts. E’ anziano, non ci vede bene. Serve per i messaggi veloci tra Prefetti.”
“Serve per riempirti la pancia a Natale, altrochè…” rognò il ragazzo, mentre lei gli slegava un biglietto dalla zampa. “Ma non potete usare i biglietti volanti come tutti?!”
“Vengono acciuffati troppo facilmente! Ma non ti piacevano gli animali?!”
“Non quelli che mi si schiantano in faccia quasi fratturandomi il naso!”
“Oh, capirai, con tutte le volte che cadi dalla scopa.” Sbottò la rossa, coccolandoselo e aprendo la lettera mentre in sottofondo si sentivano borbottii sul farlo arrosto. “Hanno liberato dei folletti vorticosi alla Torre Nord, perfetto, e ovviamente devo andarci io! Ritorna in Sala Comune, se vedi Gazza digli che ti stavo riaccompagnando dentro e che avevi il mio permesso per stare fuori.”
“Guarda che non c’è bisogno di dirmelo! Lo faccio sempre usando Remus, dolcezza!”
“Non avevo dubbi!” gli aveva urlato dietro, rifacendosi altri bellissimi cinque piani di scale per ritrovarsi in una Torre Nord…vuota.
Nemmeno uno stramaledetto Folletto.
Sospirò, trasfigurandosi attorno al collo una grande sciarpa e stringendosela contro le gote. Ci mancavano pure gli scherzi idioti. E non poteva nemmeno incolpare Potter, visto che era lì con lei!
Parlare di Halloween era stato un vero colpo basso. Rimuginava da almeno dieci minuti, affacciata al balcone, mettendosi le mani nei capelli e dannandosi l’esistenza.
E va bene, ad Halloween, uno sopra l’altro in quel ripostiglio, era successo qualcosa di strano! Inutile negare l’evidenza.
Perché diavolo si era sentita così? Era chiaro che il suo unico interesse era batterla, portarsela a letto e darle una lezione. La sua acerrima nemica inserita nella fila di imbecilli a cui aveva fatto la festa, chissà che goduria!
Però…
“Stupidi occhi dorati.” sospirò fra sé e sé, stringendosi nelle spalle. “E stupide bende sottili.”
Non riusciva a crederci che era bastato così poco per fregarla! Ma doveva essere stato solo un incidente di percorso, forse aveva battuto troppo forte la testa! Doveva…
Un rumore alle sue spalle la fece voltare. Nessuno.
“Ok.” Esclamò, incrociando le braccia al petto. “Ah-Ah, Potter, molto divertente davvero! Anche la scenetta del gufo strabico, cosa gli hai dato per recitare così bene, due mesi di zollette di zucchero? Poteva cavarti un occhio, lo sai vero?”
Il vento le scompigliò i capelli. Corse dentro la sala immersa nell’oscurità, e poi giù per le scale, generando un lungo fischio stridulo. Poi, dei passi. Lenti, calibrati. Qualcuno uscì dalle ombre, tenendo le mani in tasca.
“E adesso quale sarebbe il tuo grande piano? Altre rane volanti? Marciotti in libertà? Oppure…”
Si bloccò a metà frase e una colata fredda le raddrizzò la schiena in una morsa.
I rumori parvero quasi amplificarsi, il tempo congelarsi in tanti immobili frammenti.
Lily Evans serrò la mascella e strinse gli occhi verdi, riducendoli a due piccole mezzelune di vetro, mentre il vento, ora assordante, scompigliava le loro chiome quasi con grazia.
I capelli serici, quasi argentati di Lucius Malfoy erano stati liberati dalla usuale coda bassa e sembravano fili di ragno che vibravano attorno al viso in una corolla viva e lucente.
“Ho idea…” le sussurrò piano, goloso. Predatore. “…ho idea, mia cara Mezzosangue, che sarà qualcosa di molto, molto più divertente.”

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Capitolo 21
*** Tra il bene e il male. ***




13 anni fa.


Dai ad un bambino una casa sull’albero e sarà il suo castello. Dagli un intero maniero, e sta pur certo che ti sei tolto il marmocchio di torno per almeno tre settimane.
Non che la padrona di casa volesse levarsi dai piedi sua figlia. Ma non la faceva impazzire l’idea che bazzicasse vicina a quella gente.
La festa di inaugurazione della loro nuova dimora era stata un discreto successo anche se avrebbe preferito una cena intima tra di loro, piuttosto che avere per casa tutta l’Alta Società. Piuttosto azzardato, considerando che aveva dovuto segregare la sua pargoletta da sola nell’altra ala come una rinnegata. Ma i loro pomposi parenti non avevano resistito allo sfoggio dell’opulenza.
La loro nuova abitazione era da sempre stata il fiore all’occhiello della famiglia. Costruita su una propaggine strategicamente ricolma di fitti boschi, era un vero e proprio capolavoro di architettura di fine ottocento.
Quattro piani, infinite stanze e terrazze, la pianta era a ferro di cavallo e si apriva sul giardino principale con una loggia alla quale si accedeva tramite scalinate gemelle, solitamente usata come palcoscenico durante le feste che, grazie a dio, sarebbero state poche d’ora in avanti.
In facciata, tale palco si mostrava sormontato da un frontone di tempio ionico e quattro colonnine, mentre internamente, perlomeno al pian terreno, tutti gli ambienti si distribuivano simmetricamente attorno ad un salone centrale, sul cui fondo si ergeva un’enorme scalinata di marmo bianco che portava ai piani superiori dividendosi poi in scale più piccole, a destra e a sinistra.
Se il giardino principale era piccolo e ben curato, pieno di fontanelle e siepi concentriche, quello dietro era selvaggio, circondato da rose e affacciato su un bosco nero. Sua figlia aveva richiesto che la sua camera da letto fosse su quell’ala della villa.
Amava il silenzio, la sua bambina. Le piaceva il sapore del vento che proveniva da quegli alberi, l’odore del muschio e del legno di pino. Era per lei che avevano deciso di andare ad abitare laggiù, isolati dal resto del mondo.
Saperla chiusa e lontana dal resto della famiglia in un giorno così importante le metteva un gran malessere dentro, ma la piccola in verità si stava divertendo parecchio.
La casa era enorme, le vetrate ampie a forma acuta avevano tasselli verdi e rossi che distorcevano la realtà esterna. Un enorme labirinto da esplorare, la prima novità della sua vita.
Correva senza paure, così, una piccola streghetta riccioluta di quattro anni. Tutti quegli estranei rimanevano al pian terreno ad ascoltare la voce di sua madre che ne aveva approfittato per distribuire i volantini della sua nuova associazione. Lei era invece libera di sgattaiolare per tutti i corridoi ai piani superiori!
Sperò che non si affaticasse troppo, visto che era prossima al parto. Il suo pancione gonfio ogni tanto faceva delle pernacchie e si illuminava tutto. La sua sorellina doveva essere una peste!
“Dio, quanto è caduta in basso questa famiglia.”
Una voce fredda, sibilante e sconosciuta, paralizzò la bambina sul posto.
Al quarto piano c’era qualcuno. Proprio dentro la sala del pianoforte.
Avrebbe dovuto allontanarsi, come le diceva sempre sua madre. Ma la curiosità ebbe la meglio sugli avvertimenti e sulla paura.
Una casa nuova, un bosco, e qualcuno che non doveva essere lì: forse quella era la voce di una fata.
Ma quando, senza farsi notare, sporse il nasino oltre lo stipite, non furono delle fate quelle che vide.
O forse lo erano, affascinanti fate del male dagli occhi gelidi che fumavano sigari profumati.
C’erano due donne, nella stanza. Giovani, splendide.
La prima aveva un aspetto burroso, pelle candida, bocca piena, lunghissimi boccoli che le coprivano in ampie onde di velluto nero la schiena. Spalle dritte, portamento fiero, un vestito verde oliva a maniche lunghe bordato di pelliccia dalla scollatura ampia e sensuale.
La seconda aveva capelli di un pallido biondo legati in una coda bassa, divisi sulla fronte in due boccoli, di piccola statura, occhi neri come pece, agghindata come un uomo.
La bruna si appoggiò allo stipite, continuando a fumare, strizzando gli occhi di tanto in tanto con fastidio.
“Se sento ancora un’altra stronzata sul mischiarsi ai babbani do fuoco a tutto quanto.” Sibilò, disgustata. “Quella schifosa maganò inizia a darmi sui nervi.”
“Tuo fratello Alphard sembra gradirla.”
“Bastardo.” La strega digrignò i denti. “Ha perso la testa, quell’imbecille. Si è messo in testa che vuole sposare una babbana, nostro padre Pollux si starà rigirando nella tomba. Fortunatamente Cygnus non ha quella tara nel cervello.”
“O non lo avrei scelto come marito. Iniziamo?” Sorrise Nartrix Rosier, agitando la bacchetta e facendo levitare in cerchio alcune fotografie. “Il pargoletto ha dato ancora problemi?”
“E’ ribelle.” Ringhiò la Black. “Non riesce a stare al suo posto. Ho dovuto sedarlo, non sopportavo più la sua voce.”
“Che mammina modello.”
La Black scoppiò a ridere. Lentamente, si avvicinò alla cognata, abbassandosi vicina al suo orecchio. Sembrava un abbraccio affettuoso ma i ghigni di entrambe si spensero, per far posto ad uno sguardo crudele, vorace e senza vita.
“Vogliamo parlare di te invece?”
“Ossia?”
“Pensi che non me ne sia accorta, Rosier?” le sussurrò Walburga, diabolica. “Che hai usato l’Imperius su mio fratello minore?”
La bionda scostò appena il viso, quasi con noia…ma la sua mano scese sull’elsa della spada, appesa ai suoi fianchi snelli da una cintura di cuoio. La tensione divenne densa come burro.
“Sei la più intelligente tra tutti i tuoi fratelli, mia cara Walburga.”
“Non credevo che l’ambizione dei Rosier sarebbe arrivata a tanto, sai?”
“Sai com’è.” Continuò l’altra, accarezzando la sua spada. “Chi arriva per secondo ambisce sempre a prendere il posto del primo. O a salire sul podio assieme, nel mio caso.”
“C’è chi è morto per molto meno.”
“Vuoi forse uccidermi, Walburga?”
Questo parve divertirla. La strinse come un’amica, passandole un braccio attorno alle spalle e assumendo un’aria civettuola che aveva un non so che di folle.
“Nartrix cara, certo che no!” ridacchiò con vocetta stridula, prima di abbassarla nuovamente ed esibire un’espressione furba. “Lo sai, non me ne importa niente…se hai messo sotto Imperius quell’imbecille di Cygnus e hai preso tu le redini della vostra famiglia. Non farò la spia, non temere…anzi, è meglio così. Mio fratello non ha abbastanza spina dorsale. Con te al comando, è tutta un’altra storia! E’ per questo che ora ci sei tu, qui, e non lui, a partecipare al Rito di Sangue di Sirius.”
La bambina si aggrappò allo stipite, inquieta. Le veniva da piangere e non sapeva il motivo.
Si dice che i bambini siano particolarmente sensibili alla magia nera…e mentre le foto iniziarono a vorticare in cerchio nella stanza e le persiane vennero chiuse telepaticamente, l’aria lì dentro iniziò a darle fastidio. C’era qualcosa di oscuro, che stava iniziando ad aleggiare tra loro.
Ciò che impedì alla piccola di fuggire fu un bambino.
Walburga Black si avvicinò ad una poltrona, togliendo un lenzuolo e scoprendo un marmocchio addormentato. Capelli neri come velluto, le nocche delle mani sbucciate, lunghe ciglia che sfioravano zigomi alti.
Un colpo di bacchetta e il piccolo aprì gli occhi. Non pianse, non proferì parola. Alzò solo lo sguardo sulla madre…con espressione vacua.
Assente.
“Non piange.” Notò Nartrix, mentre la donna lo tirava in piedi bruscamente. “Di solito i mocciosi si innervosiscono quando devono farlo. Gli dà fastidio la magia.”
La madre si chinò sul figlio, poggiando entrambe le mani sulle sue spalle esili.
“Digli il metodo che usa la mamma per non farti piangere, Siry.”
Nessuna espressione. Solo quegli occhi vuoti, una calma e una durezza non adatti ad un bambino.
“Ad ogni lacrima che mi cola dagli occhi corrisponde un colpo di bastone.” Mormorò.
“Visto?” belò la strega, soddisfatta. “Mi fa impazzire, mi danna l’esistenza con tutti i guai che combina. E ha un modo di guardarmi che non mi piace, è ribelle come il demonio. Ma almeno non piange mai.”
Lo abbracciò da dietro, avvolgendolo tra le braccia e posandogli le labbra sulla guancia con espressione quasi famelica.
Nartrix girò le spalle, iniziando a recitare qualcosa…come una litania, che parve prendere forma. Le parole che le uscirono dalle labbra lo fecero non solo sottoforma di suono ma anche in forma fisica, unendosi fino a creare un lungo nastro di simboli, che si intrecciò fino a formare una cupola.
Le fotografie vi vorticavano all’interno, come impazzite.
“Ora, mio amato primogenito, ho bisogno del tuo sangue.” Sussurrò Walburga. “Fai questo per la tua mamma.”
Sì, per la mamma un bambino farebbe qualsiasi cosa. Anche allungare la mano e farsi tagliare il palmo da un coltello affilato.
Tutto, pur di ricevere ancora quell’abbraccio. Pur di avere una briciola del suo amore.
Le madri hanno molte armi per manipolare i propri figli.
Il sangue colò sul nastro magico ed improvvisamente, la cupola che li aveva avvolti si tinse di rosso. Iniziò a brillare, ad emettere un cupo brontolio. La casa intera parve tremare un poco, con un sibilo sordo.
Le fotografie vorticavano così velocemente ora da sembrare un’unica massa indistinta.
Aveva paura, Sirius Black. Ma non pianse. Non pianse mai.
A differenza della piccola bambina che, nascosta dietro la porta, bagnava le sue guance rosate di lacrime di sale, così tanto terrorizzata da non riuscire più a muoversi.
“Ha ora inizio il Rito.” Mormorò Walburga, agguantando un braccio a suo figlio. “Qui davanti a te, figlio mio, ci sono i nemici della tua famiglia. Oggi, come ad ogni quarto compleanno dei primogeniti dei Black, abbiamo l’occasione di liberarci di uno di essi senza alzare la bacchetta. Oggi si compie il tuo destino. Alza la mano e rendici onore.”
Sì, per la propria madre si fa di tutto. Anche perdere la propria innocenza. Perché da bambini, la propria madre è il centro dell’universo.
Aveva quattro anni, Sirius Black, quando senza nemmeno saperlo, segnò il destino di un suo simile.
Alzò la mano in quel vortice, sfiorò una fotografia…e tutto parve rallentare.
C’era una donna, su quella che aveva preso, in modo totalmente casuale, colmo di terrore, colmo di inconsapevolezza. Erano solo foto, no?
Non poteva succedere nulla di male. E la sua mamma aveva un profumo così buono…
“Ma tu guarda.” Nartrix sogghignò. “Divertente caso del destino, non trovi?”
“E’ anche incinta.” Sorrise compiaciuta Walburga. “Dici che il bambino che porta in grembo renderà vano il rito?”
“Niente rende vano il rito. Il potere di un bambino che perde l’innocenza è quanto di più potente al mondo. Nemmeno le gravidanze riescono a competere.”
La risata riecheggiò macabra dentro la stanza.
“Due in uno!” annunciò divertita la donna, prima di abbracciare di nuovo il piccolo. “Sei stato bravo. Sei felice? Hai reso contenta tua madre. Ora sei un Black a tutti gli effetti.”
La bambina cacciò un grido, quando la foto le fu visibile. Perché su quella foto… c’era la sua mamma. La sua bella e giovane madre. Ricordava quella fotografia. Era stata scattata al parco, lei rideva con i capelli al vento…ma ora qualcosa era cambiato. Nello scatto, la donna non rideva più.
Strillò di nuovo quando la foto iniziò a sanguinare e l’intera casa tremò fin nelle fondamenta.
Le donne non la sentirono nemmeno, tanto era il frastuono…ma il bambino che aveva preso la foto sì.
Si girò verso di lei di scatto e per un istante, i loro occhi si incrociarono.
La bambina arretrò, fino a correre via.
Al piano di sotto, qualcuno iniziò a urlare.












“Accio!”
Lucius Malfoy si rigirò la sua bacchetta tra le mani con un movimento pigro. Salice, dieci pollici e un quarto, affusolata e snella. C’era un fiore, dentro quella bacchetta, un’anima rara. Un giglio incantato che fioriva solo ogni cinquecento anni, bagnato dal buio di un luogo remoto.
“Dovrei spezzartela.” La contemplò sorridendo in modo serafico. “Magari in futuro.”
“Malfoy!”
Lily serrò i pugni contro i fianchi. Si era fatta fregare come una pivellina ed ora…ora qualcosa le stava scivolando sulla schiena.
“Cosa diavolo…”
Un’inquietudine, fredda e viscida. Si sentiva vulnerabile.
E Lucius aveva nello sguardo qualcosa che non andava.
Il ragazzo era più pallido del solito. Profonde occhiaie correvano come guanti neri sotto due occhi ridotti a spilli, dentro i quali si agitava qualcosa di strano. Si ricompose, raddrizzando la schiena.
“Che cosa accidenti pensi di fare?!”
Lucius rise e fu quella risata stridula a farle serrare i denti ancor di più. Fu quello il primo preludio che le confermò che Malfoy stava subendo un esaurimento mentale.
“Sai.” Mormorò, mentre il vento continuava a scompigliargli i capelli in onde argentate. “Non dovrei essere qui. Avrei dovuto stare in prima fila ma…purtroppo, quell’imbecille di mia zia ha cercato di fare le scarpe alle persone sbagliate. E così eccomi davanti a te, di nuovo declassato, ad occuparmi di una insulsa SangueSporco.”
“Ridammi la bacchetta. Ora!”
“Ma sentila!” lui rise ancora, a voce più alta. “Sai Evans, non eri neanche contemplata nei nostri progetti all’inizio. Ma devo dire che quel tuo modo di parlare e guardare chi è più in alto di te ti metterà in un sacco di guai.”
Fu un istante. Un battito di ciglia solamente.
Malfoy le fu vicino come un falco. La sua mano gelida le calò sulla spalla e nel giro di pochi secondi Lily venne sbattuta contro una parete.
Boccheggiò, quando l’altra mano del mago le artigliò i capelli all’altezza della nuca, alzandole il viso a forza.
“Tranquilla.” Le sorrise, educato ed elegante come al solito, come se non la stesse tenendo inchiodata al muro con tutto il suo peso. “Abbiamo tutto un anno scolastico per divertirci con i tuoi amici. Loro non possiamo ancora toccarli…più di tanto. Ma una mezzosangue… a chi vuoi che importi, no?”
“Di che stai parlando?!”
“Non lo capisci, eh? Non si parla più di qualche schermaglia tra studentelli. E’ ora di spaventare un po’ Potter e quelli della sua cricca, sai, far capire chi comanda davvero. Erano già nel mirino solo per il cognome che portavano ma da quando il vostro leader ha rapito Sirius Black l’anno scorso…ah, sai, quella famiglia non è una che perdona facilmente certe offese…”
“Sei impazzito.” Ringhiò la Grifoncina, cercando fiato in quella morsa e agitandosi contro le sue mani. “I Professori vi espelleranno!”
“Che rimanga tra noi, ci sono i nostri sosia qui in giro. La pozione polisucco ha richiesto parecchio tempo ma alla fine siamo riusciti a fare delle belle scorte. Stanno chiacchierando proprio ora, in bella vista di tutto il consiglio genitori. E poi te l’ho detto, dobbiamo solo spaventarli un po’.” Lui ridacchiò quasi complice. E poi, il suo sguardo divenne crudele. Sadico. “Per te invece ho deciso di togliermi qualche sfizio in più.”
Un pugno la colpì in pieno stomaco, mozzandole il respiro. Cadde in ginocchio, le gambe non la ressero. Non urlò nemmeno, accecata dal dolore.
Lo sentì chinarsi su di lei, riagguantarle i capelli in una morsa. Sempre cortese. Sempre dolce.
“Sai, mia cara, ho imparato certi incantesimi che…” la voce gli si spense qualche istante in un brivido di puro piacere. “…Serpeverde è il vero fulcro di questa scuola. E’ a Serpeverde che puoi davvero diventare grande, imbrigliare il potere, renderlo schiavo dei tuoi più sordidi voleri. Perché la magia è nata in una coltre di tenebre. E’ sempre stata una pratica usata per opprimere e soggiogare, ma con il tempo è diventata comune e si è corrosa nella luce fino a frantumarsi, fino a diventare debole. Ma è nell’oscuro che il suo cuore primordiale pulsa ancora e seguire la strada della magia pura significa sprofondare nei più profondi abissi. E’ questo che siamo davvero, è questa la nostra vera natura. Anche Severus l’ha capito.”
Dolore, ma questa volta non fisico. Un colpo nel petto che bruciava…e gli occhi divennero lucidi.
“Severus…Severus sa di tutto questo?”
Lo sguardo di Malfoy divenne torbido, serio.
“No.” Mormorò, contrariato, togliendole un peso dal cuore. “Non riesco a comprendere, Mezzosangue…ci provo e ci riprovo ma proprio non capisco quale sia il tuo immenso potere sugli altri. Come possano essi venire soggiogati talmente tanto da te da desiderare di proteggerti in questo modo. Cosa diavolo fai alle persone? Una insulsa SangueSporco…sei passata oltre il purissimo lignaggio di Potter, oltre la sete di ambizione di Piton…ti hanno messo davanti a tutto quello che conta di più. Perché?”
Cercò di liberarsi con un colpo di reni, artigliandogli il braccio. Il polso del Serpeverde era esile, come se fosse dimagrito tutto di colpo ma nonostante questo, riuscì a sopraffarla di nuovo. Non era la forza fisica a renderlo così letale, era il fervore. Lo animava una smania difficile da decifrare.
Le tirò un calcio, facendola urlare e rovesciandola sul fianco.
“Puoi stare ferma? Sei irritante. Come dicevo, ho imparato tanto. Sono andato oltre i limiti più impensabili. Ma perché sprecare qualcosa di tanto puro su di te?”
“Ngh…”
Le posò le mani sul viso, mentre agonizzava. Come una carezza. Le alzò delicatamente il mento, avvicinando il volto al suo.
“Ho deciso che ti sporcherò, mia cara. Ti macchierò, ti ferirò, ti umilierò. Ma lo farò usando questi volgari mezzucci babbani. Non sei degna dell’infierire della mia bacchetta!”
“Sei un verme, Malfoy…” ringhiò sommessamente lei, cercando di allontanarsi da quella vicinanza tossica. Nel farlo, il suo sguardo calò sul dorso della sua mano. Era ricoperto di segni di bruciature, come se qualcuno ci avesse spento delle sigarette. “E sei…sei fuori di testa…!”
“Fuori di testa, eh? Sì, forse. Seguire questo cammino è più faticoso del previsto. Ma vedi, il mio sogno è quello di liberarmi di tutti voi. La sola vista di un Mezzosangue o di un Babbano mi fa rivoltare le viscere e ribollire il sangue.” Le sue dita affusolate scesero, iniziarono a stringere contro la sua gola. “Per colpa vostra siamo costretti a nasconderci, noi! Famiglie di Purosangue che esistono fin da quando il potere era ancora primitivo e selvaggio! Noi, nasconderci per colpa dei vostri avi, quegli stessi che hanno iniziato a divorare la magia, a renderla docile, a renderla sottomessa!”
Stringeva, Malfoy. Stringeva sempre di più, senza controllo. Il suo viso sempre così composto ora era una maschera di rabbia, di frustrazione. Sbarrava gli occhi in modo folle, quelle pupille così piccole, così febbricitanti.
“Sarete i nostri animali, Mezzosangue.” Sibilò, godendo nel vedere piccole lacrime premerle sulle ciglia. “Quando avremo finito, voi diventerete cenere. E se sei furba come credi di essere, ti converrà toglierti quello sguardo dalla faccia. Anzi…” aggiunse, libidinoso. “Te lo toglierò io personalmente.”
Fu come se il gelo la invadesse dentro, passando attraverso di lui, così insopportabilmente vicino. Fu come sentire dell’acido addosso. Si ribellò come una furia, piantandogli le unghie negli zigomi, facendogli sanguinare la pelle e scostando il viso con un urlo di rabbia.
“NO!”
Qualcosa le colò improvvisamente tra i capelli. Si era aspettata un altro colpo, qualsiasi altra cosa, ma sgranò gli occhi mentre Lucius le rovesciava una piccola fiala in testa.
L’odore del liquido che conteneva era intenso, il colore vivo e animato. Alcune gocce le scivolarono sul viso, mischiandosi alle lacrime che, traditrici, non riusciva a far cessare.
Provare paura è raro, per un Grifondoro. Non c’è umiliazione più grande per loro, del tremare senza controllo. Era per questo che piangeva.
Per la rabbia, per il disgusto, per lo shock di un attacco così diretto e brutale. Per la vergogna nel sentirsi codarda al solo vedere quella bramosia folle nei suoi occhi di metallo.
Fu lo stupore a spegnere per qualche istante ogni sentimento, prima ancora dell’inquietudine. Quella pozione…poteva essere qualsiasi cosa…e conoscendo il personaggio, non sarebbe stata piacevole.
Piantò le mani sul suo petto, improvvisamente animata da una forza nuova, spingendolo lontano da lei e riuscendo a mettersi in ginocchio.
“Non toccarmi!” urlò, mentre il vento sibilava assordante. “Non osare toccarmi, Malfoy! Che cosa diavolo mi hai fatto?! Che è questa roba?!”
“Non ha importanza.” Lui non sembrò turbato da quello scatto e con un dito, si asciugò il graffio insanguinato che gli percorreva la mascella come un filo di seta rossa. Lentamente, portò il polpastrello alle labbra, leccando sardonico. “Ti farò pagare anche questo, sai? Prima di domani mattina, saprai stare al tuo posto...te l’ho detto, Evans. Ti sporcherò, ti annienterò così tanto che nemmeno James Potter ti rivorrà indietro. Non hai nemmeno idea di cosa ci sia nel dormitorio…le tue urla di dolore saranno la musica che mi accompagnerà il sonno.”
“Non mi piegherò mai a te, Malfoy.” Sibilò la Grifoncina, balzando in piedi. “Mai!”
“Bene.” Di nuovo quello sguardo crudele, bramoso. “Vorrà dire che la serata passerà in modo più divertente, no? E dopo che avrò finito, di te non resterà niente. Abbiamo in mente un bel modo per distruggere il giocattolo di Potter. McNair me l’ha chiesto…come favore personale, diciamo!”
James…James aiutami.
Fino a pochi istanti prima stava parlando con lui. Stavano litigando, stava rifiutando di nuovo il suo ennesimo invito ad uscire.
Come poteva il suo mondo venire stravolto in così poco tempo? Come poteva accadere tutto quello, all’interno della scuola?
“Te la farà pagare.”
“Potter? Non capisci che tutto questo è per lui? Sarà così annientato alla fine dell’anno che non avrà più nemmeno la forza di sorridere. Ed i Malfoy saliranno di nuovo in alto, te lo posso garantire!”
“Oh, voi non siete mai stati in alto.” Sputò fuori, sprezzante. “Strisciate nelle ombre perseguendo ideali malati, convinti di vivere una spanna sopra gli altri. Eppure siete soli…soli e burattini e tutto questo vi sta corrodendo dentro, o sbaglio? Chi ti ha fatto quei segni sulla mano?”
Tasto dolente.
Malfoy digrignò i denti, nascondendo meccanicamente il pugno nella manica del mantello e i suoi occhi si dilatarono come monete lucenti. Le fu addosso, urlando. Non sentì i graffi, i pugni, i calci.
Le afferrò di nuovo la gola, spingendola contro il cornicione mentre lei cercava di divincolarsi e poi sopra di esso, salendo a sua volta e continuando a spingerla fino a che le punte dei talloni non le dondolarono nel vuoto.
Si tese sotto quella stretta, sentendo l’altezza colpirla come una mazzata e cercando disperatamente di reggersi con la punta delle scarpe, in bilico.
Dio, le vertigini…
Malfoy la sorreggeva con una sola mano. Una sola mano chiusa sulla sua carotide a stabilire il passo tra la vita e la morte. Tra la torre e il vuoto, sotto di essa.
Il vento ora quasi copriva le sue parole, sussurrate contro la sua pelle.
“Il tempo è finito, Evans.” Sorrise. “ Chiedimi scusa e renderò la notte che passerai un po’ più leggera.”
“Va…Va all’inferno, Malfoy…”
“Ci sono già, stupida Sanguesporco.” Torbidamente, la spinse appena un po’ più oltre il bordo. “Ti svelerò un segreto. Un piccolo segreto tra noi…come ultimo dono. Io non sono più un burattino, sai?”
Si avvicinò al suo orecchio, esaltato da ciò che stava per dirle. Basta bugie. Basta nascondersi.
Io sono un Mangiamorte.”
Era finalmente ora di venire allo scoperto.




Il suono sordo di un pugno riempì l’aria, seguito da un singhiozzo soffocato e stridulo.
Nell’Infermeria di Hogwarts regnava un odore strano, ora. Sangue, paura, eccitazione. Rabbia, il gusto dolciastro dell’adrenalina.
Bellatrix Black rise di nuovo, afferrando dolcemente il viso di Sirius, in ginocchio, premendo con le dita proprio laddove il pugno di Nott aveva appena colpito lo zigomo.
“Allora.” Miagolò, suadente, voltandosi alla sua sinistra. “Ci consegni la bacchetta o no?”
Remus Lupin serrò le mandibole, rigido come una statua. Scoccò un’occhiata a Black, la cui pelle stava già assumendo angoscianti sfumature violacee laddove avevano infierito con violenza. Poi a Cristhine, esile come un uccellino rinchiusa nella presa ferrea di Dolohov e a Peter, trattenuto per le braccia dai fratelli Carrow.
“Non ti azzardare…” l’ammonì Felpato, sputando sangue. Nott gli affondò un piede sulla testa, ghignando.
“Sta zitto, cane bastardo.” Guardò Lupin, euforico. “Dobbiamo continuare ancora a lungo? Sta iniziando a piacermi.”
“Ripieghi sui maschietti, Nott?” sibilò Black, sprezzante, con ancora la sua scarpa sulla nuca. I capelli sfioravano le piastrelle. “Saggia decisione, però ti conviene non puntare così in alto.”
“Hai ancora voglia di parlare?! Cristo, ora ti riduco la faccia ad un colabrodo!”
Fece per colpirlo di nuovo ma Black gli afferrò il piede. Glielo torse facendolo ululare.
Ma quando balzò in piedi, pronto a combattere anche solo a mani nude, Cristhine urlò di dolore, paralizzandolo sul posto.
Dolohov sorrise, tirandole ancora i capelli, i denti affondati nella sua spalla nuda.
“Che buon sapore.” Mormorò sulla sua pelle. “Scusa, profumava tanto che avevo voglia di assaggiarla.”
“Mettile ancora un dito addosso e l’ultima cosa che assaggerai sarà il tuo sangue.” Mormorò Sirius, stringendo gli occhi in modo pericoloso. Ma Dolohov era troppo pazzo per provare paura. Quel tipo non era mai piaciuto a nessuno, sembrava non provare nulla, non pensare a nulla. Con la sua faccia così storta da sembrare deturpata e quello sguardo perso metteva i brividi.
“Facciamo così. Ora ti inginocchi e mi lecchi la scarpa.”
“Ecco, inginocchiati bastardo!” strillò Nott, piazzandogli il tacco della scarpa nella schiena e inchiodandolo sul pavimento. “Non ti ribelli più ora, eh? Abbiamo trovato la chiave di volta a quanto pare!”
“Eh sì, con la piccola sarà più divertente!” ridacchiò Walden McNair in modo viscido. “Allora Lupin, vuoi che cominciamo sulla vostra amichetta?”
Le afferrò il maglione all’altezza del collo facendo per strapparlo, mentre lei gridava.
“No.”
Walden si bloccò, lasciando lentamente la stoffa.
Remus allungò il braccio, rigidamente. La sua bacchetta volò nelle mani di Dolohov. Un istante dopo, McNair lo colpì con un pugno in piena faccia, ridendo. Lui non fiatò. Nessuno dei tre aveva emesso un verso, mentre quei vermi si divertivano sui loro corpi.
Bella, deliziata, gli si strinse addosso come un’amante, aiutandolo a rimettersi in piedi.
“Sapevo che eri il più furbo del gruppo, Lupin. Sei stato l’unico a non farsi fregare l’arma entrando, infatti, ma…beh, tendete sempre ad avere quel difettuccio chiamato onore, su a Grifondoro.”
“E voi difettate di personalità.” Replicò lui, disgustato dalle sue carezze sul viso, sentendosi la pelle in fiamme per il colpo. “Non siete capaci di agire se non in branco.”
“Non essere così cattivo con me, Prefetto di Grifondoro.” Si lamentò lei, con voce da bambina. Poi scoppiò a ridere, voltandosi verso le sue prede. “Manca solo la ciliegina sulla torta, eh? Potter non è ancora arrivato.”
“Ma gli altri sì.” Mugugnò Dolohov, scuotendo i capelli neri. “Assurdo, Narcissa ci ha preso.”
“Eh sì.” Cinguettò Alecto, facendo tremolare il doppio mento con occhi languidi. “E’ bastato attaccarne uno per far arrivare gli altri. Cissa aveva ragione…sono collegati.”
“Sai, eravamo pronti a usare altri metodi ma onestamente ero curiosa di vedere se la supposizione di mia sorella fosse esatta.” La Black si sistemò meglio il pellicciotto di ermellino attorno al collo. Remus la fissò. Era ancora vestita da sera, nonostante non si fosse presentata al Ballo. Probabilmente contava di tornarci appena finito con loro, e qualunque cosa avessero in mente di fare, sarebbe stata perlomeno veloce. Non che questo migliorasse le cose. Sentiva i loro cuori pulsare eccitati come quelli di un branco di granchi affamati… “Ora ditemi, miei cari, in che modo siete connessi? Telepatia? Patto di sangue?”
“Ce l’avrà anche questa qui?” ridacchiò McNair, scuotendo appena Cristhine.
“Dio, che schifo.” Bellatrix le scoccò uno sguardo di odio. “Mischiarsi in questo modo con una Mezzosangue…spero per te che non sia così, cugino.”
“Crepa, lurida sgualdrina.”
“Insomma, che diavolo volete da noi?!” urlò Peter, sentendosi ancora debole per la febbre e con le gambe tremanti. “Perché tutto questo?!”
“Ci saranno delle conseguenze.” Sibilò Remus. “Lo sapete, vero?”
La sottile linea della guerra fredda tra le due Casate più potenti di Hogwarts era appena stata spezzata. Erano fragili, le fondamenta sociali di quella scuola…e di solito, era interesse di tutti mantenere l’equilibrio stabile. Schermaglie, qualche rissa, cose che di certo non si erano mai sprecate ma quella…quella era una vera e propria dichiarazione di guerra. Perché ora? Perché quella mossa così drastica?
Scambiò un fugace sguardo con Sirius, ancora in ginocchio. Lui mosse leggermente la testa, in segno di diniego.
Remus non era un mago qualsiasi. Subiva ed emanava la magia come qualsiasi studente ma…ma la sua forza fisica era dieci volte maggiore. Nessuno di loro avrebbe potuto batterlo a mani nude, ed era abbastanza veloce da poter attaccare ancor prima che alzassero le bacchette. Avrebbe potuto scattare e decimarli come birilli appena colpiti, ma in quel modo…si sarebbe rivelato.
L’avrebbero capito. Dannazione.
Fu proprio mentre fissava le mani dei Serpeverdi che qualcosa scattò nella sua testa. Sgranò appena gli occhi, diventando di granito.
Quelle non erano le loro bacchette.
“L’hai notato, hn?” sorrise compiaciuta la Black. “Ora non ci sono limiti, Lupin.”
“Eh già!” ridacchiò Amycus, fratello di Alecto, uguale a sua sorella per stazza e stupidità. “E’ ora di farvi imparare a rispettare i superiori.”
“Ah! Non vorrai riferirti a te!” ghignò Felpato, ricevendo un altro colpo sul fianco. “Porca puttana, non avete idea in che guai vi siate cacciati. Lo giuro su dio, ve li farò pagare uno ad uno!”
“Voi non farete più niente.” Mormorò sua cugina, improvvisamente seria e torbida. “Il dominio dei Marauders su questa scuola si è appena chiuso qui. Perché, chiedete? Perché abbiamo qualcosa da mostrarvi. Il limite che siamo disposti a scavalcare. Le cose che siamo diventati capaci di fare.” Alzò la bacchetta, beandosi di quegli istanti. Le morbide labbra tremarono appena di godimento quando pronunciò la formula proibita. “Crucio.”
Il dolore.
Il dolore era stato compagno di Sirius Black fin dai primissimi tempi. Suo padre non ci era mai andato leggero, nel punirlo. I suoi occhi si allargavano come pozzi mentre la cinghia gli ghermiva la pelle, punendolo per il semplice fatto di esistere in un modo non congeniale alla sua famiglia. E sua madre, invece…sua madre era ancora più sadica, sua madre provava piacere nel sperimentare metodi sempre nuovi per piegarlo, metodi infidi e sottili, ancora più letali.
Non ci erano mai riusciti. In nessun caso. Sirius aveva sempre rialzato la testa, anche quando il suo corpo sembrava non rispondere più.
E il dolore era stato il suo unico compagno di giochi da sempre.
Ma quello che sentì in quel momento, andò oltre l’immaginabile. Fu la prima volta in cui sperimentò sulla sua pelle la morsa ossessiva di una Maledizione Senza Perdono.
Inarcò la schiena fin quasi a spezzarsela, mentre l’intero corpo sembrava andare a fuoco come un tozzo di legno che si accartoccia in un caminetto. Per un istante vide nero, ma il dolore era sempre lì, il dolore gli ghermiva il cervello come una bestia che sta morendo di fame. Spilli arroventati in ogni centimetro, acido dentro le vene, la sensazione che la pelle si squarciasse. Ogni respiro, ogni grido, ogni contrattura e movimento intensificava quella sensazione infernale.
“No!” Cristhine scalciò cercando di divincolarsi, il cuore diventato duro come una pietra. “NO! SIRIUS!”
Remus scattò in avanti, perdendo la lucidità. I suoi occhi, per un breve istante si tinsero di rosso.
“NO! FERMO!” Urlò Sirius, in agonia, ma non fu il suo ammonimento disperato a bloccarlo. Remus cadde in ginocchio, annaspando, mentre Peter faceva lo stesso.
Non riusciva a tenerli fuori, fu tutto ciò che pensò Black, vedendoli sbarrare gli occhi. Non aveva più il controllo della sua mente, del suo corpo. Stavano sentendo la sua mente ridursi in cenere
“VI PREGO!” strillò Cristhine con quanto fiato aveva in corpo, non tollerando più quel contorcersi, quelle urla angoscianti. “Basta! E’ ILLLEGALE! VI PREGO!”
Un gesto di bacchetta e tutto terminò. Era durato solo pochi secondi, ma parvero un’eternità.
Black assaggiò l’aria come se fosse il nettare degli dei, inondandosi di quella meravigliosa sensazione di…fine. Di pace. Lo accarezzò come la mamma più affettuosa.
Ecco qual era il vero scopo di quell’incantesimo. Non era il dolore a piegare gli spiriti, era ciò che veniva dopo, il suo spegnersi.
Quella sensazione era come sfiorare il paradiso. Chiunque avrebbe venduto l’anima pur di poterci rimanere.
Annaspò come un affogato, gli occhi sgranati, di nuovo vigile. Bellatrix si chinò su di lui, tranquilla, quasi beata.
“Questo è fin dove possiamo spingerci ora.” Mormorò, accarezzandogli i capelli. “Mi dispiace solo che Potter non sia qui. Era su di lui che volevo provare…non ho dormito tutta la notte al solo pensiero. Fin da quando mi sono arrivate in sordina le bacchette di alcuni detenuti di Azkaban…sai, il Ministero registra tutti i nostri incantesimi. Fanno un po’ le bizze ma per certe cose sono perfette anche se non sono le nostre, in fondo per le maledizioni basta solo l’intenzione, no? Tra poco dobbiamo romperle, che peccato. Però…però possiamo farcene arrivare altre. E giocare ancora, e ancora…magari potrei provare qualcosina su di lei, che ne dici?”
Allungò il braccio verso Cristhine, in modo amichevole.
“Vieni qui, tesoro, non avere paura. Vieni a giocare!”
“Non provare a toccarla…”
“L’hai presa con te davanti a tutta la società.” Ringhiò la ragazza, scuotendo i boccoli bruni. “Un Black e una Mezzosangue. Credevo non riuscissi a cadere più in basso di così ma a quanto pare agire senza pensare alle conseguenze è un dono di voi Grifondoro, hm? Ti prego, dimmi che te la porti solo a letto.”
“Sirius.” Remus fece un passo avanti, digrignando i denti.
“No.”
“Sirius…!”
“NO, ho detto!” urlò Felpato, inchiodandogli i suoi occhi addosso. “Non lo devi fare!”
“Di che cazzo parlate?” si irritò Bellatrix, guardando da uno all’altro, sospettosa. “Che cosa non deve fare?!”
“Ballare il valzer.” Ironizzò quello, e lei gli agguantò i morbidi capelli neri affondando le unghie nella pelle.
“Lo sapevo che nascondevate qualcosa!” strillò, euforica. “Avete un segreto, siete connessi mentalmente…dimmelo, Black! Dimmi il vostro segreto!”
“Hai le traveggole, Bella. E’ Lestrange che ti fa bere cose strane? Quell’alcolizzato del tuo futuro maritino ti passa in sordina roba davvero scadente!”
“No, non ve la cavate così.” Lei si alzò di scatto, frustrata. “Abbiamo attaccato Minus e siete venuti tutti. Come facevate a saperlo? Giuro che vi tirerò fuori di bocca la verità a suon di Cruciatus!”
“Non c’è nessuna connessione.” Se ne uscì fuori improvvisamente Peter, spezzando il suo silenzio attonito e attirandosi le ire del drago.
“Cosa?!”
Lui deglutì, quando quella diabolica ragazza gli fu accanto con le narici dilatate e gli occhi oltraggiati, per il solo fatto di dovergli rivolgere la parola.
“Cosa hai detto, verme?”
“Non…non c’è nessun contatto telepatico.” Balbettò lui, cercando il coraggio. Era un Grifondoro in fondo, no? Doveva pur avere del coraggio, da qualche parte… “Li ho chiamati io.”
“E come avresti fatto?” cinguettò Alecto ironica, tirandogli la guancia in un pizzicotto fastidioso. “Ti ho tenuto stretto tutto il tempo.”
Lui tirò su col naso, asciugandosi una strisciolina di sangue sulla tempia. Quegli animali si erano sfogati anche su di lui.
“Quando mi avete pestato.” Mormorò, deglutendo. “Bellatrix ha uno Specchio Gemello. Le usciva dalla tasca del mantello.”
La Serpeverde guardò confusamente il pezzetto di vetro quadrato che le aveva donato sua madre.
“Sirius ne ha uno uguale. Credo…credo che provengano dallo stesso specchio di famiglia, tagliato in più parti. Mi è bastato toccarlo e sussurrare il suo nome, e si è collegato con il suo.”
“No…no, non ci credo…”
“Credici, idiota.” Resse il gioco Black, alzandosi sulle ginocchia. La Maledizione gli aveva tolto tutte le energie ma riuscì a sollevarsi in piedi. “Connessione telepatica? Quante puttanate. Davvero vi siete fatti influenzare dalle paranoie maniacali di Mocciosus? Quello spara un sacco di stronzate. Da Narcissa non me lo sarei aspettato, ma forse stare con voi imbecilli le ha tarato quel poco di cervello che aveva.”
Il dubbio si fece largo tra di loro, spargendosi come sementa su un campo.
“In effetti, Potter non è arrivato.” Borbottò Nott, perplesso.
“Io non ci casco.” Ringhiò sommessamente Bellatrix, ostinata. “Nascondete qualcosa. Voi…”
Lo specchietto improvvisamente si illuminò di botto.
“Ritiratevi.” Ordinò imperiosa Nartrix Black, senza particolari inflessioni. “Silente sta sospettando qualcosa. Sono riuscita a togliergli dalle grinfie i vostri doppioni ma non credo che potrò rimanere ancora a lungo.”
“Ma…!”
“Mi stai forse contraddicendo?” sibilò la donna, facendola gelare dentro. “Avete trasmesso il messaggio?”
“Sì.” Mugugnò la streghetta, capricciosamente. “Ma non tanto come avrei voluto.”
“Verrà il momento in cui potrai permetterti di fare ciò che vuoi per tutto il tempo che vorrai.” Rise crudelmente sua madre. “Ma ora il divertimento finisce qui.”
Calò il silenzio, nell’Infermeria. Nott pestò un piede, frustrato.
“Li molliamo così?!” sbottò. “Non mi fanno nemmeno male le mani.”
“Mia madre ha parlato.” Mugugnò la bruna, aggiustandosi il pellicciotto. “Ritiriamoci.”
Fissò Sirius, a lungo. Occhi negli occhi. Avevano entrambi quelle iridi così nere e strane, gemelle eppure diverse.
“Te la farò pagare.” Mormorò lui, con voce insolitamente piatta. “Questa notte ha appena segnato la vostra fine.”
“Questa notte ha appena rivelato chi siamo davvero.” Rispose lei, con lo stesso tono. “Era questo il messaggio, cugino.”
“Oh, non c’era bisogno di recapitarlo. Era scontato. E dimmi, come lo nascondete il tatuaggio?”
“Non sono affari tuoi. Ciò che conta è che dovrai rinsavire in fretta…o quello che ti ho fatto io stanotte non sarà nulla in confronto a ciò che subirai. Ti faremo capire con la forza che devi schierarti dalla parte giusta.”
“Forse sei tu che non hai afferrato.” Ringhiò improvvisamente lui. “Sapere cosa siete mi ha solo fatto venire ancora più voglia di ammazzarvi tutti. Dal primo all’ultimo. Giuro su dio che vi eliminerò dalla faccia della terra.”
Lei si lasciò andare ad un sorriso beffardo, avvicinandosi alla porta.
“Pensi davvero di essere diverso, eh?” sussurrò, quasi dispiaciuta per lui. “Oh, cugino. E’ così patetico.”
Si voltò verso Cristhine ed un ghigno si allargò sul suo viso. Diabolico, goloso.
E lei si sentì morire.
Bellatrix sapeva.
“Mi ero sempre chiesta che intenzioni avessi, sai?” le disse, iniziando a ridere. “Vuoi delucidarmi? E’ una vendetta la tua, o sei davvero così stupida ad esserti presa una cotta per il mandante dell’esecuzione?”
Cristhine sbiancò, stringendo le labbra. Tremò violentemente, arretrando fino al muro.
“Ma di che cazzo stai parlando?!” sbottò Sirius, frapponendosi tra le due, non sopportando che stessero così vicine.
Bellatrix continuò a sghignazzare, tremendamente divertita. E ciò che disse, gli provocò un dolore ancora più forte del Cruciatus.
“Hai ucciso tu sua madre, idiota.”
Ci sono tanti modi per spezzare il cuore a qualcuno. Le parole sono solitamente l’arma più letale. Più affilate delle spade, rimangono sulla pelle ancora più a lungo delle maledizioni. Le parole possono decidere chi sei e che cosa sarai per sempre.
“Sua madre è stata il tuo Rito di Sangue. Sei stato iniziato ad essere un Black prima ancora che te ne rendessi conto. Il suo caro paparino…” ridacchiò ancora, indicandola. “…Il suo caro paparino è diventato pazzo, tiene le figlie segregate in casa, anche quella minore, sana come un pesce! L’unico motivo per cui avrà voluto spedire qui la sua cocca è sicuramente la vendetta. Non lo capisci ancora, Siry? Se ti sta così vicina è probabilmente perché spera di piantarti una lama nel cuore alla prima occasione.”
Le parole sono come catene e gabbie da cui non si riesce a scappare. Realtà e verità che come coltelli affondano nella carne fino a far mancare l’aria. Specchi crudeli dai quali il proprio riflesso ghigna diabolico, si mette a nudo, si toglie la maschera.
“Ti è bastato alzare un dito e indicare qualcuno perché questo venisse ucciso, quando eri solo un moccioso col moccolo al naso. E davvero vuoi farmi credere di essere diverso da noi? Quanti altri bambini hanno potere di vita o di morte sulle persone, eh, Siry? Quanti altri bambini sono diventati assassini a soli quattro anni?”
La strega continuò a ridere, chiudendosi la porta alle spalle. La sua risata rimbalzò sul silenzio attonito, pesante come un blocco di pietra, sui respiri spezzati, sui cuori distrutti.
Per un istante fu come vagare in un limbo. Nessuno si mosse, nessuno disse nulla. La notte stava per finire.
Portandosi dietro mille promesse, mille propositi.
Poi Sirius chiuse gli occhi. Come se soffrisse improvvisamente di un male corporeo insopportabile. Quando gli riaprì, celato sotto le sue palpebre, sotto le lunghe ciglia di velluto, solo il solito vuoto.
Occhi come due sassi immobili, voltò il viso su Cristhine McRanney.
E lei non resse.
Abbassò lo sguardo, affondando la faccia tra le mani.
Lo sapeva. Lo sapeva.
Il segreto era stato rivelato. Un segreto sporco di sangue.
Quel dannato sangue che sembrava non trovare mai la pace…che si avvinghiava a nomi, discendenze e dinastie, divorando tutto il resto.
Fuggì, Crishtine, correndo via come una ladra. Fuggì esattamente come fece da bambina, quando assistette a qualcosa che nessun bambino avrebbe dovuto vedere. Quando sua madre morì.
L’odore delle sue lacrime languì come il riverbero delle candele che finalmente si riaccesero nella stanza.
Peter cadde a sedere sul letto, Remus si appoggiò malamente ad una parete.
Pochi gesti, pochi secondi separarono l’istante in cui Black si sentì morire dall’istante in cui ritornò alla vita. E cominciò a rincorrerla.




















Postilla Autore.
Buongiorno a tutti, per chiarificare meglio la collocazione genetica di tutti i personaggi, vi riassumo brevemente i gradi di parentela.

Walburga e Orion Black – genitori di Sirius e Regulus.

Alphard Black – fratello maggiore di Walburga, zio (babbanofilo) di Sirius e Regulus.

Cygnus Black – fratello minore di Walburga, zio di Sirius e Regulus, padre di Bellatrix, Narcissa e Andromeda, sposato a Nartrix Andromeda Rosier. (Nartrix in realtà dovrebbe chiamarsi Druella, ma ho preferito prendermi la libertà di unire i nomi delle figlie. )

Abraxas Malfoy e Medusa Malfoy– genitori di Lucius Malfoy
Porfiria Malfoy – sorella minore di Abraxas, zia di Lucius, madre di Eris Malfoy.

Euphemia Parker e Fleamont Potter – genitori di James Potter.

Pps. La parte inerente alla vera essenza della magia è stata tratta dal manga Fairy Tail.

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Capitolo 22
*** Leave a light on. ***


 
 
 
 
 
 
 
 
If you look into the distance, there’s a house upon the hill
guiding like a lighthouse to a place where you’ll be
safe to feel our grace, ‘cause we’ve all made mistakes.
If you’ve lost your way…I will leave the light on. 
     
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quando si capisce che l’infanzia è finita? Che l’innocenza è andata perduta e che i tempi dorati stanno per venire corrosi dal buio?
Quando si inizia davvero a sentire…l’odore di una guerra?
Che come una bestia ingorda si avvicina, pronta a divorare tutto, minacciando tutto ciò su cui la propria vita si è adagiata fino a quel momento?
Forse…forse quando un compagno di scuola, un semplice ragazzo di diciassette anni, ti sbatte in faccia che da qualche parte dovrai pur stare. Che in quella guerra non puoi rimanere immobile.
Perché la guerra inghiotte tutti. Sempre.
Si infila nelle famiglie, nelle scuole. Scuote i pensieri, divide in fazioni. Lo fa lentamente, senza farsi notare. La guerra arriva sempre in silenzio.
E Lucius Malfoy aveva scelto. Eppure, per qualche motivo, Lily Evans non sentì più il rancore.
In bilico sul cornicione, tenuta sospesa solo da una mano scheletrica e piena di bruciature, Lily Evans provo un moto di pena.
“Hai perso davvero la testa, Malfoy.” Mormorò, con una smorfia. “Ti hanno fatto il lavaggio del cervello…”
“No, non è così.” Negò quello, assottigliando le ciglia chiare. “Hanno solo dato modo ai meritevoli di prendersi ciò che spetta loro.”
“I meritevoli?” sputò fuori la Grifoncina, arricciando gli angoli della bocca. “Pensi di meritare la magia più di altri per un po’ di sangue nelle vene?! Dio, è questo che vi fanno credere?!”
“Risparmiati l’indignazione. Grindelwald ha segnato un punto di svolta, Evans. Tornerete strisciando nella polvere da dove siete venuti, finalmente!”
“Grindelwald è stato sconfitto da Silente!”
“Oh, ma c’è chi è pronto a sostituirlo.” La voce di lui si abbassò, vibrando. “Un mago molto più potente. Niente può contro di lui. Nemmeno il vostro amato preside…”
La spinse appena un po’. I talloni ormai dondolavano nel vuoto, solo le punte delle scarpe sentivano ancora il cornicione sotto di esse. Una piccola crepa si sfaldò appena, alcuni piccoli sassi caddero scricchiolando.
La testa iniziò a girarle, la vista ad annebbiarsi. Le vertigini presero a colpirla ad ondate, ghiacciandole la schiena.
Lucius parve bearsi del suo sbiancare, riconducendolo a ciò che le stava dicendo.
“Avremo bisogno di servitori, sai?” le disse, improvvisamente suadente. “Non è necessario che per te finisca in un modo sgradevole. Volta le spalle a Potter, giura fedeltà a Serpeverde, sta al tuo posto e forse sarai lasciata in pace.”
La ragazza sollevò le mani, stringendo i suoi polsi. I capelli le erano caduti sul viso come una tenda di fuoco. E improvvisamente, lo sentii.
“In caso contrario, Mcnair avrà il suo regalino di compleanno…Allora, che ne dici, Evans? Implora pietà, forza!”
Rialzò il viso, piantandogli addosso il suo sguardo. Sereno, fiero in un modo tale che Lucius serrò le labbra sottili, arcuando un sopracciglio.
Occhi verdi, limpidi e belli, ricolmi fino a esondare di un sentimento che un Serpeverde non avrebbe mai potuto provare.
Orgoglio. Onore. Coraggio.
“Mai.”
E dandosi lo slancio con un calcio, fece l’ultima cosa che Lucius si sarebbe aspettato: si lasciò cadere nel vuoto.
Senza un grido, senza un’esitazione.
La sensazione del suo corpo in caduta libera, attirato al suolo dalla forza gravitazionale, fu quanto di più potente Lily avesse mai sentito.
Cristo, quando doveva essere alta quella torre? Quanto dolore avrebbe sentito, prima che l’impatto la falciasse come una bambola rotta?
Il vento iniziò a strillarle nelle orecchie come il boato di una folgore, artigliandole le vesti come tanti mani invisibili.
Precipitava.
 
Non sentiva più il cuore. Era come se fosse rimbalzato via.
 
Perché l’aveva fatto?
 
Però…però aveva sentito qualcos’altro. Un altro cuore.
 
Pochi secondi dilatati nel tempo per decidere se quel gesto sconsiderato sarebbe finito nel peggiore dei modi.
Ma è qui.” Pensò disperatamente Lily Evans, chiudendo forte gli occhi, cercando la forza di urlare. “E’ vicino. Lo sento.”
Atto di fede. Cosa spinge qualcuno a fare qualcosa di così sconsiderato? Cosa spinge un uomo a seguirne un altro con così tanta devozione e fiducia? A varcare i propri limiti, ad assumersi rischi viscerali, a ballare in bilico tra vita e morte se non… la fede?
Si può credere in molteplici modi. Credere in un dio, credere in un Profeta. Credere in un ideale, perfino in un dittatore.
E credere nella propria dignità. Nel proprio orgoglio. Nell’amicizia.
Anche in quello che hai sempre considerato un tuo nemico. Credere che, nonostante tutto, la parte dove stare ti è stata già cucita addosso fin dalla nascita.
Lui è qui.”
Pochi metri. La terra si apriva come un gorgo oscuro, estendendosi sempre di più, avvicinandosi a velocità folle.
Il suo cuore aveva agito per lei perché, in quel momento, in quel singolo momento Lily Evans aveva avuto bisogno di credere.
“Lui DEVE essere qui!”
Credere che, nonostante tutto, lui sarebbe arrivato. Anche per lei.
 
“JAAAAAAAAAMEEEEEEEES!!!”
 
L’urlo uscì potente, superando il fragore del vento, gonfiando i polmoni, mischiandosi alle lacrime.
Si unì al rumore di un paio di sneakers in corsa contro le tegole di un tetto, al cui balzo parvero quasi esplodere.
Una figura comparve nel suo campo visivo, alla sua sinistra. Sempre più grande, la raggiunse come una fenice in volo.
Una mano afferrò la sua, lasciata docilmente nell’aria davanti a sé. Uno strattone, un braccio caldo dietro la schiena, l’odore del suo respiro contro la guancia.
James Potter la strinse così forte che per un istante, non seppe più dire dove iniziava uno e finiva l’altro. Precipitarono fin quasi a toccare il terreno ma, così come tutto era cominciato, altrettanto velocemente finì.
Il sibilo di una scopa dal manico cromato in oro sferzò l’aria, il vento, la corrente.
James Potter si aggrappò alla sua Comet appena in tempo, ad appena un metro da terra. Lo sbalzo fu lo stesso di una violenza immane e l’impatto fece loro sbattere i denti fin quasi a spezzarseli.
Rotolarono nell’erba per almeno due metri, sempre stretti, sempre senza fiato.
E poi, improvvisamente…il silenzio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sirius Black si fermò ansimando. La scuola era deserta e buia, più buia di quanto non fosse mai stata.
Cristhine stava rannicchiata in un angolo. Immobile, abbracciandosi le ginocchia.
Si era fermato appena l’aveva vista, rigido come una statua.
Che cazzo poteva dirle? Cosa?
Bastarono i suoi singhiozzi a fargli cadere addosso l’orrore. Tutto quello che c’era di pulito, di così puro e limpido tra di loro, stava venendo risucchiato via.
Era per questo che non riusciva a staccarsi da lei? Si chiese, sentendosi morire dentro. Era solo questo? Era l’orrore ad unirli così?
I segreti uniscono più dell’amore…
Rimase in silenzio, a vederla piangere. Le parole di nuovo congelate tra le labbra, morte, appese ad una realtà che non voleva accettare.
Fu lei a spezzarlo. Alzò lo sguardo, quasi con rabbia.
“Mio padre non è pazzo.” Sibilò, asciugandosi bruscamente una lacrima dalla guancia. “Lui…”
Un nuovo lamento, di nuovo il suo viso tra le mani. Come se qualcosa la dilaniasse.
“Lui ha solo paura. E’ solo iperprotettivo, ma non ha mai voluto farci del male. Ci ha chiuse in casa perché ci vuole bene. Non è pazzo!”
Assurdo che volesse parlare di quello. E lui non riuscì a rispondere.
Doveva sembrarle incredibilmente deprimente, quasi patetico. In silenzio, le spalle basse, i pugni così stretti da infilarsi le unghie nei palmi.
Lui, l’assassino.
“Ti ha mandato qui per uccidermi?”
Lo chiese con voce roca, lugubre. Quasi spettrale. Forse doveva sembrarle pronto a difendersi, la sua intera figura esprimeva minaccia, lo sapeva bene.
Le persone avevano sempre paura di lui. Sembrava sempre pronto a varcare i confini dell’inferno.
Ma sbagliavano.
Non si sarebbe mai difeso. Anzi, quasi ci sperava. Voleva essere punito, fatto a pezzi.
Perché l’inferno è uno specchio dall’altro lato di un tavolo che ad un certo punto comincia a risponderti. E lacrime con cui firmi il patto con il diavolo…non sono mai le tue.
Improvvisamente ebbe voglia di piangere. Di sentirsi di nuovo gli occhi lucidi, bollenti, di urlare e singhiozzare come un bambino.
Ma sua madre, nella sua enorme crudeltà, non aveva mai fallito nell’insegnarli qualcosa.
Non ci riusciva. Non piangeva più da tempi immemori, non sapeva nemmeno più cosa volesse dire. Non era più capace.
Anche se il dolore era così forte da spezzargli la schiena.
“Mi ha mandata qui…” mormorò lei, improvvisamente sprezzante, quasi offesa. “…perché non sono più malata. Perché l’ho scongiurato di farmi uscire di casa. Questo e nient’altro.”
Improvvisamente, gli artigliò la giacca, disperata.
“Te lo giuro, Sirius!” gridò, come una bambina. “Te lo giuro, non è mai stata mia intenzione farti del male!”
Era questo, ciò che le importava? Che lui non la considerasse un’assassina? Una traditrice?
Forse, pensò con un senso di sconfitta, forse ci teneva davvero a non essere come lui. A non paragonarsi a chi…dio, non riusciva nemmeno a pensarci.
Aveva ucciso sua madre…
Si inginocchiò, incapace di reggersi in piedi. Agognava solamente un colpo. Un suo vendicarsi. Perché non si vendicava?
Cristhine si abbassò con lui, piano, le mani ancora premute sulle sue braccia. Il suo tocco leggero gli faceva male come se avesse avuto le mani infuocate.
“Tu lo sapevi? Lo hai sempre saputo…”
I suoi occhi color miele si ingrandirono appena sotto quell’accusa. Che cosa poter dire? Che cosa dire di fronte ad una cosa così orribile?
“Che…che cos’è un Rito di sangue?” chiese.
Sirius Black scoppiò in una risatina acida. Si passò le dita sui suoi occhi insopportabilmente asciutti e guardò il cielo, con un ghigno amaro.
“Ogni figlio che nasce in seno ai Black…” sussurrò, odiando se stesso “…viene iniziato al sangue. Viene iniziato alla magia oscura. E’ una tradizione di famiglia, qualcosa di simbolico, un rito che trascende i secoli. Non ci sono bambini innocenti nei Black.”
“Io…io ero lì.” Ammise lei, rabbrividendo. “Ci siamo guardati.”
“Dio, Cristhine.” Ne uscì come un lamento. “Non me lo ricordo. Nessun bambino ricorda il proprio Rito di Sangue. Quando un bambino viene attraversato dalla magia Oscura…il trauma è troppo grande. Non ricordavo nemmeno di averne fatto uno. Non è assurdo?”
Rise di nuovo, scostandosi da lei come se ne avesse il disgusto.
“Ho ammazzato una persona e non me lo ricordavo nemmeno.”
Le lacrime continuavano a scorrerle sul viso, senza freni.
“Volevo dirtelo.” Mormorò, stringendosi le braccia al petto come per proteggersi. “Ma…Sirius, non…non trovavo le parole. Io non volevo mentire ma… mi dispiace. Mi…Mi dispiace…”
E mentre lei si prendeva le tempie tra le mani gemendo, lui sbarrò gli occhi.
“Che cosa?” mormorò, roco. “Che cosa…che cosa hai detto?”
Gli stava chiedendo scusa. Lei.
Lei stava chiedendo scusa a lui. Voleva forse scherzare.
Tutto quello era irreale, senza senso. Non riusciva a trovarci una logica.
Lui era quello marcio dentro. Lui non avrebbe mai conosciuto la pace.
Lui le aveva rovinato la vita. Perché allora, a piangere era lei? Perché era lei che si vergognava come una ladra?
Era tutto sbagliato. Tutto.
“Eri dietro la porta.” Ricordò improvvisamente. “Eri tu. Mentre io…io…”
Tutti i tasselli al posto giusto, per lastricare la strada dritta fino agli inferi. Ricordò James, le sue parole, i suoi avvertimenti. Ma come uscirne, ora? Come, se ogni passo lo riportava tra le braccia di quella famiglia diabolica? Come, se ogni cosa gli urlava addosso che quello non era il suo posto?
E lei gli artigliò improvvisamente il bavero, furibonda.
“Non lo capisci ancora? Non mi sono mai voluta vendicare!”
“Perché?! Perché cazzo non lo vuoi fare? Ho ammazzato tua madre!”
“Eri solo un bambino!” gli urlò addosso. “Avevi solo quattro anni!”
Fu come perdersi in un improvviso Black out. Ma che cazzo stava dicendo? No, non era così che doveva andare. Doveva colpirlo, fargli male, era così che avrebbe dovuto finire!
“Non si tratta di un vaso rotto o di una stupida marachella da mocciosi, ho ucciso una persona!” urlò improvvisamente. “Ho ammazzato tua madre, cristo!”
Balzarono in piedi, strattonandosi.
“E cosa dovrei fare?” gridò lei, a tentoni tra i singhiozzi. “Dovrei passare il resto della mia vita ad odiare un bambino che non sapeva nemmeno ciò che faceva?!”
No, no, non poteva finire così. Non era giusto. Non…
“E per che cosa mia madre sarebbe morta, eh?!”
“Per il mio dito alzato, ecco per cosa!” ringhiò Black, stringendole le spalle così forte da lasciarle i segni. “Non lo capisci, razza di stupida?! Sono marcio fin da quel momento! Non merito niente!”
“Mia madre è morta perché la sua associazione dava fastidio alla tua famiglia!” Cristhine lo colpì al petto con deboli pugni, furiosa. “Te lo vuoi mettere in testa o no?! Come può un bambino voler fare questo?!”
“Io…non…ti prego, Cristhine, io non merito…”
“Chiudi quella boccaccia, Black!” abbaiò lei, al culmine dei nervi. Sembrava quasi un’altra persona. Qualcosa la scuoteva, dandole un’energia mai vista prima. “Se pensi che ti sia stata accanto per chissà quale motivo, di me non hai imparato nulla! Io mi rifiuto di essere così, mi hai sentito?! IO MI RIFIUTO!” Lo spinse ancora, e ancora. “Mi rifiuto di vivere di vendette, mi rifiuto di dare la colpa di tutto ad un innocente! Perché è questo che eri, esattamente come lo ero io! E se vivessi in questo modo mia madre si rivolterebbe nella tomba, lo capisci?! Non ci siamo avvicinati per quello, siamo diventati semplicemente amici!”
Sentiva il suo cuore battere come un tamburo impazzito, contro la sua camicia. L’odore del suo pianto, della sua pelle bagnata, della bocca e delle parole che ne uscirono. Parole che per tutta la vita, fin da quando era venuto al mondo, aveva solo desiderato sentire.
“NON MI IMPORTA!”
Si può scegliere di credere in se stessi? Di credere in un miracolo?
“Non mi importa il tuo stupido cognome! Non mi importa ciò che sei, ciò che ti scorre nelle vene! E’ solo sangue! Solo stupidissimo sangue e non può decidere per noi!”
Possono bastare poche parole per farci scorgere un barlume di luce, su un sentiero lastricato di tenebre? Una ragazza che decide di scegliere…una via diversa? Del tutto inaspettatamente, del tutto priva di senso?
“Mi rifiuto di odiarti, mi rifiuto di fare ciò che tutti si aspettano da noi! Non me ne importerà mai niente, perché…perché tu…!”
Tu mi piaci.
Prenderla improvvisamente tra le braccia e tapparle la bocca con la propria fu quasi come cadere da una torre. Quasi come un atto di fede.
Il cuore fa lo stesso sobbalzo. Come se venisse strappato via dal petto.
Le gambe cedono, il corpo sembra trasformarsi in vento puro.
Solo due labbra bagnate ad ancorare al suolo. Due labbra morbide che sussultano, si stringono di sorpresa per poi aprirsi a quell’impellente bisogno, accogliere il suo desiderio, la sua disperazione.
Lo accettava.
In un modo incredibilmente sbagliato, assurdo e doloroso ma che dio li perdonasse, lo stava accettando.
Le passò le mani sulle guance, infrangendo le dita nei suoi riccioli, asciugando le lacrime. Sapeva di sale, le labbra si stavano come gonfiando sotto i suoi morsi, sotto la sua bocca in agonia.
La baciò come se stesse annegando, premendole sulla nuca, avvolgendola come un disperato.
E lei non lo rifiutò. Ancorò le esili braccia al suo collo, aprendosi al suo tocco, schiacciandosi contro di lui, stringendogli i capelli di velluto. Lasciando che la stringesse così brutalmente.
Si staccarono appena, riprendendo fiato per brevi istanti, i visi rossi, gli occhi lucidi, ansimando e tremando. Quando la baciò di nuovo, fu più delicato. Più lento.
Come se quel bisogno impellente e travolgente si stesse saziando piano piano.
Come se entrambi, sconvolti, terrorizzati e in preda all’assurdità di quel sentimento, si stessero rassegnando ad esso.
Fu strano e normale, violento e dolce. Non riusciva a capire come fosse possibile provare quello, fare quello, eppure chi avrebbe dovuto odiarsi, quella notte, scelse diversamente.
Tutto ciò rasentava l’impossibile eppure accadeva.
Non è forse un miracolo che una ragazza privata della sua mamma scelga di non seguire la via della vendetta? E che un ragazzo violato della sua innocenza decida di voler meritare qualcosa di meglio dell’autocommiserazione?
Per una volta, per una sola volta, Sirius Black decise di non farsi trascinare da ciò che era. Decise di scordarsi ogni cosa. Di concedersi qualcosa di bello, meraviglioso e pulito senza sentirsene in colpa.
Rubare un pezzetto di paradiso…nella strana strada per l’inferno.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Lily Evans piantò le mani nell’erba ormai umida di novembre e vomitò l’anima.
Tossendo, si pulì la bocca con la manica del vestito, cercando di mettersi in piedi.
Non ci riuscì. Barcollò per qualche metro e ricadde carponi.
Buttarsi da una torre di Hogwarts per uno scatto di orgoglio: segnato nella lista di cose da non rifare.
Anche James si alzò, ansimando.
La Comet si era incastrata tra due rami e sembrava messa male, ma al ragazzo parve non importare.
Vestito alla babbana, i capelli più in disordine del solito, del terriccio sulla guancia destra. Sembrava incredibilmente normale.
Un ragazzo come tanti altri. Non di certo uno che si era buttato dal tetto con un braccio protesto verso di lei come se fosse una cosa di tutti i giorni.
Si fissarono, ansimando, in silenzio. Il vento si era calmato.
Tutto aveva smesso di girare a velocità triplicata.
Andava tutto bene.
Tutto era ok.
No, non lo era.
James Potter balzò in piedi e si mise a correre verso di lei.
Gli occhi del mago erano…spaventati? Come se avessero visto qualcosa che lo avesse terrorizzato a morte.
“Cristo.”
La raggiunse in due rapide falcate, le passò una mano dietro la nuca e in un istante, Lily Evans si ritrovò…stretta nell’abbraccio più disperato che si potesse ricevere.
Lo sentì rilasciare tutta l’aria che aveva nei polmoni…solo in quel momento. Come se non avesse respirato fino a quell’istante.
La sua spalla, premuta contro la sua bocca. Un braccio dietro le scapole  e una mano alla base del collo, le dita che tremavano nel tenersela contro. Le appoggiò il mento sulla testa, continuando a stringerla, senza dire una parola.
Avrebbe dovuto irrigidirsi. Allontanarlo, respingerlo.
Era questo che faceva sempre, no? Ma…non ne aveva voglia. Si accorse di averne un disperato bisogno.
Di avere bisogno di qualcuno che la tenesse. O si sarebbe frantumata.
In tanti minuscoli pezzi.
Si lasciò andare contro il suo torace quasi come se stesse cadendo di nuovo, allentando la rigidità dei muscoli, delle spalle, cercando di ricordarsi come respirare.
Inalò il sapore del suo corpo, di quell’abbraccio così strano. Così angosciato.
James Potter non aveva mai paura, no? Non doveva averne. Perché se anche lui aveva paura, per lei non ci sarebbe stato scampo.
Lui le massaggiò piano la pelle, guardando un punto lontano con la mascella contratta, continuando a stringerla…
Quando l’aveva vista cadere…quando l’aveva vista con lui…
Avrebbe dovuto chiederle se stava bene, se si era fatta male, avrebbe dovuto chiederle qualsiasi cosa. Ma si limitava a tenersela contro, pietrificato, pensando che non l’avrebbe lasciata mai più.
Mai, mai più.
Fu impercettibile l’inizio del suo piangere.
Un respiro più rapido, le sue dita affusolate che gli risalivano il petto, che iniziavano a stringere la maglietta, piegandosi in modo lento, quasi calmo, per poi chiudersi in una morsa sul tessuto.
Un singhiozzo. Due.
Le uscivano a fatica dalle labbra, come se cercasse di trattenerli pur facendosi violenza.
Il pianto si fece più intenso, quasi isterico, man mano che passavano i secondi…fino a ché non la sentì gemere a lungo, la faccia nascosta contro il suo torace, le mani artigliate a quella stupida t-shirt degli Acdc che si infilava per andare a letto.
Rigida, quasi piccola così rannicchiata, con la paura che lui potesse toccare qualcosa, come una bambina che scopre il trucco di chissà quale splendida magia.
Ma non era quello il suo desiderio. Voleva solo…stringerla. Stringersi fino ad annullarsi.
Lento, con dolcezza, abbassò appena il viso sulla sua spalla, lasciandosi sommergere dai suoi capelli di fiamma. Le respirò sulla guancia, stringendo le labbra ad appena un millimetro dalla sua pelle, chiudendo gli occhi un istante.
Poi, delicatamente, le prese il viso tra le mani, alzandolo fino a farsi guardare negli occhi.
Il pianto stava finendo. Lily Evans si morse un labbro screpolato, gli occhi gonfi, il naso rosso e la pelle lucida.
Era la seconda volta, quell’anno, che la vedeva in lacrime. Non accadeva spesso.
L’aveva sentita. In un modo inspiegabile, in un modo così viscerale da mozzargli il respiro.
Aveva sentito il suo richiamo. Quando l’aveva percepita in pericolo, quando l’aveva vista cadere…e anche ora, mentre piangeva, la paura lo aveva assalito come una bestia vorace. Come una sorta di agonia.
Era un tipo di paura diversa, quella. Qualcosa che…creava un legame in qualche modo.
Non voleva perderla. Se le fosse successo qualcosa…niente avrebbe avuto più senso.
Strano quanto pochi eventi possano rivoluzionare il mondo intero. Se prima era confuso, turbato e pieno di domande, quella notte gli fu chiaro come il sole. Avrebbe voluto baciarla.
L’aveva detestata, combattuta, sfidata e allontanata. E lo avrebbe fatto ancora, spaventato dalla potenza di quel sentimento ora così lampante.
Ma dio solo sapeva quanto aveva di nuovo voglia del sapore della sua bocca, come quando le aveva rubato un bacio nel bosco, sotto la forma di un cervo.
La rivide precipitare, chiamarlo con tutta la sua forza. E ci fu qualcosa che lo bloccò. Qualcosa che iniziò a travolgerlo come una marea.
“Io…” parlare era diventato complicato. Come se qualcuno gli stesse stringendo la gola. Deglutì, scendendo verso di lei, appoggiando la fronte alla sua senza smetterla di fissarla.
Era colpa sua…colpa sua…
Finirai per ammazzarla, James Potter…
“Ti giuro sulla mia vita che tutto questo non accadrà mai più.”
“I-io…”
C’era odio, ora, nelle parole di Potter. Odio puro.
“Ti proteggerò.” Sibilò, stringendo i pugni contro i fianchi. “Te lo giuro, Lily. Non ti toccherà mai più.”
Alzò lo sguardo sulla torre, allungando la mano verso la scopa. Quella, docilmente, gli andò incontro.
Non ascoltò più nulla. Non ascoltò i richiami.
Salì su quella torre in volo con un unico pensiero. L’avrebbe pagata.
L’avrebbe pagata a caro prezzo.
Ma Malfoy era scomparso. A terra, la bacchetta di Lily.
Se la rigirò tra le mani, in ginocchio su quelle piastrelle. La notte stava passando in fretta.
E, improvvisa come se n’era andata, la connessione tornò.
Il branco fece di nuovo parte di lui…ghiacciandogli il sangue nelle vene. Ciò che sentì degli altri fu tanto forte da farlo rantolare.
La paura di Peter, lo smarrimento. Il senso di colpa di Remus, distrutto dal suo non poter difendere gli altri, dal fatto di aver messo il suo sporco segreto ancora una volta davanti a tutti. E…il cruciatus. La mente di Sirius vacillante, fragile sull’orlo di un abisso.
E anche…un bacio.
Sentì sulle labbra il sapore di Cristhine McRanney. Lo sentirono tutti, quella notte.
Ma se fu un balsamo nel cuore di Black, se fece sorridere stancamente Lupin e Minus, su James Potter il tepore di quel bacio non suo fece un effetto opposto.
Sdraiato, con la luna che compariva a tratti illuminandogli il viso, parve caricarsi di una nuova forza.
Erano stati attaccati. Tutto quello a cui teneva di più…era appena stato morsicato a sangue.
Se quella era guerra, avevano appena trovato un degno avversario. Era finalmente ora di tornare alle origini.
Quella era la fine dei giochi.



 
 
 
 
 
La mattina dopo è di solito di una placidità irreale. La quiete dopo la tempesta.
Eppure, quel giorno, Narcissa Black provava uno strano senso di inquietudine.
Sprezzante e indifferente con quei pochi che si erano azzardati ad alzarsi a quell’ora proibitiva, oscillò all’entrata della biblioteca mangiando uno spicchio di mela. Erano tutti primini, qualcuno del secondo.
Strano.
Non c’era nessuno della loro età in giro. Nemmeno gli insonni, gli ansiolitici e tutta quella branca di marmaglia che aveva il fastidio di dover sopportare già all’alba.
Non amava particolarmente leggere, ma per pura vanità apprezzava i bei voti e diligentemente cercava di essere sempre in una buona posizione. E poi, il silenzio era sempre stato suo amico.
Fu la vista di una certa persona, l’unica della sua età, a lasciarla esitante.
Vedere Severus Piton seduto in mezzo ad alcuni tomi in quello che era praticamente il regno della Evans fu abbastanza sorprendente.
Ancor di più lo era l’oggetto della sua attenzione. Magia difensiva.
Si sedette accanto a lui, più spinta da un sospetto che da altro. Lei e Piton non erano mai stati amici ma in qualche modo, avevano entrambi quella vena di perfidia e freddezza che li rendeva quantomeno in grado di rispettarsi. Amavano entrambi ponderare mille volte prima di agire. Prevedere le mosse. Colpire dove faceva più male.
Ma forse, quella mattina il loro enigmatico alfiere non sarebbe stato felice di vederla.
Aveva già saputo della sua pupilla?
Il ragazzo alzò appena lo sguardo, beffardo, e le porse un tovagliolo per la sua mela.
Non lo sapeva ancora. Interessante.
“Se non ti conoscessi, direi che ti stai trincerando qui dentro.” Sussurrò la Black, scuotendo appena i crini argentei.
“Se mi conoscessi davvero, Narcissa…” rispose lui, senza alzare lo sguardo dal libro. “…Sapresti che non ci trovo nulla di codardo nello stare alla larga dai disastri naturali.”
La bella Serpeverde inclinò un sopracciglio.
“Deduco che tu non sia qui per il mio stesso pensiero.” Continuò lui, accarezzando le pagine con cura. Lo faceva sempre, con i libri.
“Sono qui come tutte le mattine.”
“La tua diligenza mi commuove, ma ora gradirei continuare a leggere.”
Eterea e silenziosa come sempre, la ragazza si sporse un poco. Ah, la curiosità…il difetto più grande di Narcissa Black.
“Hai parlato di disastro naturale.”
La bocca di Piton si piegò in un bieco sogghigno. Quel suo modo di sorridere era sempre molto sgradevole, irritante ed enigmatico. Non stupiva che era sempre stato bersaglio dei Grifondoro.
Ma quei caproni non ragionavano mai. Lei sapeva leggerci più cose, dentro quei sorrisi.
“Hai notato che in giro non c’è nessuno?”
“Con mia grande felicità.”
“Andiamo, sei più furba di così. Puoi fare di meglio.”
Lei si riadagiò sullo schienale. Scoccò una vaga occhiata in giro e si accese una sigaretta.
Aveva imparato i ritmi della bibliotecaria già al primo anno. Al suo ritorno non ci sarebbe stato nemmeno più l’odore del fumo.
“Che cosa può fare? Siamo un’intera Casata. Non ci può ammazzare tutti.”
La risata di Severus riecheggiò tra gli scaffali.
“Gli avete toccato Black. Lupin. Minus. Tutti assieme.” Sibilò, stringendo gli occhi. “Gli avete dichiarato guerra prima del tempo. Vi avevo detto di non farlo. Che era presto.”
“Andava lanciato un messaggio. Mia madre…”
“Tua madre ha sete di sangue. I Black hanno sete di sangue. Ma la sai una cosa? A loro non frega un cazzo delle conseguenze qui dentro. Non sanno come funziona.”
“E tu sì?”
“Io lo conosco bene.” Una smorfia di puro disgusto gli incurvò il viso. “Siete voi ad avere scordato con chi avete a che fare.”
“Forse sei tu che non sai come funzionano le cose nelle Grandi Casate. Le offese erano irreparabili.”
“Oh, mia cara duchessa.” La scimmiottò lui, dolcemente. “Hai la stessa bramosia della tua genitrice, sai? Per quanto tu sia razionale, il pensiero di aver tirato qualche filo ti ha fatto eccitare come un avvoltoio davanti a qualche ferita.”
Lei sorrise di rimando.
“Parli sempre un sacco prima di arrivare al sodo. Hai paura delle ritorsioni di Potter e sei venuto a nasconderti qui, lontano dai guai. Ma sai una cosa? Per la prima volta, Serpeverde è unita sotto un unico vessillo ed è diventata più potente di quanto non sia mai stata. Cosa può fare un solo mago, anche se è un Potter?”
Lui chiuse il libro, adagiandolo al suo fianco. La fissò negli occhi, con un misto di cinismo e pietà.
“Non hai capito? Non è la sola magia la forza di Potter. Guardati attorno. Fallo attentamente. Ascolta il silenzio che c’è stamattina.”
“Ma di che cosa…” Narcissa si bloccò. Capendo.
Soddisfatto, Piton ritornò alle sue letture.
“Ritieniti fortunata a non essere nel tuo dormitorio in questo momento.” Dichiarò, senza più guardarla. “Avete fatto una colossale stronzata.”
 
 
 
 
 
 
Lo percepirono tutti, ancor prima che fosse giunto a destinazione.
L’intera Casata verde-argento si zittì, quella mattina.
Un attimo prima la Carrow si lagnava a gran voce che qualcuno le aveva rubato i dolcetti di sua nonna. Bellatrix rideva sguaiata nell’assistere alla rissa tra due primine. Lucius Malfoy borbottava sottovoce con McNair, con toni parecchio irritati. Aliaset sbatteva la porta urlando di chiudere il becco.
E poi…il calore.
Un’ondata di caldo che si avvicinava, un tremore sufficientemente forte da metterli tutti in allarme. Era forza magica.
Un istante dopo, la porta di Serpeverde saltò per aria assieme ad un pezzo di parete.
Il fumo invase la stanza, assieme al rumore dei calcinacci e alle grida di paura.
Lucius Malfoy alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere qualcosa che ebbe il potere di farlo tremare.
“Salve a tutti.”
James Potter sollevò una gamba, scavalcando un pezzo di tavolo in frantumi.
Occhiaie sotto gli occhi, un lungo mantello nero appena macchiato dal polverone, un lieve ghigno. Le sue iridi d’oro sembravano ribollire come lava, bruciando ogni cosa guardassero.
Emanava una tale energia che i bicchieri iniziarono a tintinnare.
“Cosa diavolo pensi di fare…” Bellatrix si rialzò, togliendosi un quadro di dosso. “Sei fuori di testa…”
“Sei morto, Potter.” Sibilò Lucius, sguainando la bacchetta. “Devi essere più pazzo di quanto pensassi, se sei sceso fin qua sotto.”
Lui rimase immobile in modo quasi innaturale, fissandolo come un vecchio amico. Ma gli occhi…quei dannati occhi sembravano accecarli, da quanto brillavano.
“Chiudete quella bocca.” Mormorò, mentre il tremore parve aumentare di intensità. “Permettete di spiegarvi un paio di cosette.”
Avanzò di un paio di passi, saggiando il terreno.
“Dio, quanto fa schifo questo posto.” Sibilò, schifato.
“Che diavolo ci fai qui?!” urlò istericamente Alecto, rossa in viso.
“Sono sceso qui…” spiegò lui, allargando le braccia con un sorriso. “Perché ultimamente avete sembrato dimenticare le gerarchie. Sono solo venuto a ricordarvele.”
“Un morto che cammina…sei solo un morto che cammina, Potter…” ringhiò Malfoy, ma non disse più una parola quando qualcosa di invisibile parve agguantarlo alla gola e stringere. Strabuzzò gli occhi, cadendo in ginocchio, cercando un filo d’aria.
Com’era possibile?! Non aveva nemmeno in mano la bacchetta…
Bellatrix gli lanciò una fattura, che lui parve deviare senza sforzo, senza muoversi. Ma almeno, la morsa si allentò fino a farlo tornare a fiatare.
Mentre agonizzava, la bella Black scoppiò in una risata folle ed eccitata.
“Sa giocare, questo bambino!” strillò, in estasi. “Ma questi trucchetti non sono niente, dolcezza. Sei contro un’intera Casata e sei da solo!”
I Verde-Argento parvero quasi compattarsi attorno a Malfoy, sguainando le bacchette con aria alquanto bellicosa. Ma fu di nuovo il sorriso di Potter a farli desistere.
“Solo?” chiese, educatamente. “Chi ti ha detto che sono da solo?”
Il fumo si diradò più rapidamente e nello squarcio nella parete, brillò  qualcosa di dorato.
La testa incredibilmente rossa di Weasley fece capolino prima di tutte. In silenzio, il mago gli si piazzò al fianco. Paciock arrivò subito dopo, andandogli all’altro lato. Poi…la Bell, la Spinnet, Molly Prewett, Alice Morgan, Stephan Calton…tutta Grifondoro dal terzo anno in su emerse in silenzio come un’unica onda brillante dall’oscurità del corridoio.
Mancavano all’appello solamente la Evans, Black, Lupin e Minus, analizzò velocemente Malfoy.
Nott gli si fece vicino, digrignando i denti.
“Possiamo comunque batterli.” Gli bisbigliò, scrocchiando le dita. “Siamo pari, ma noi conosciamo più maledizioni.”
Lui annuì velocemente, prima di ghignare.
“Vuoi davvero scatenare il finimondo, Potter?” chiese a voce alta,  beffardo.
E poi sbiancò, zittendosi.
Dalle ombre uscì anche Liu Chang che, seria e docile, affiancò Potter alla sua sinistra.
Lentamente, senza che nessuno parlasse, tutta Corvonero fece capolino dietro di lui. Laverne, Ractliff…e per finire, comparve anche Mandy Harpies e l’intera Tassorosso.
Tutta Hogwarts.
James Potter si era portato dietro…tutta la scuola.
Il mago inclinò il viso con espressione carezzevole quanto brutale.
“Ora ve lo spiego meglio.”
Ed improvvisamente, dalla sua pelle iniziò ad emanare una luce. Una calda luce dorata che guizzò in tante onde tutto attorno. Poi, come una bomba ad orologeria, esplose ed avvolse l’intera Sala Comune. Tutti quanti si ritrovarono attaccati alle pareti come mosche.
“Forse non vi è ancora ben chiaro, dopo sette anni. Forse è stata colpa mia, mi sono rammollito troppo, vi ho lasciato troppa corda.”
Immobili, con la lingua incollata al palato…dalla magia più grande che si fosse mai vista lì dentro.
Potter avanzò di nuovo, beandosi del silenzio, beandosi di quella potenza. L’aura dorata continuava ad accecarli.
Inchiodò loro gli occhi addosso, ghignando come un demonio.
“Non importa quanta magia oscura impariate. Non importa quanta pratica facciate, quanto siate uniti. Qui dentro comando io.”
Malfoy sgranò gli occhi, capendo. Capendo cosa davvero lo rendeva così temuto. Cosa si erano appena tirati addosso.
Tutta la scuola, pronta a seguirlo. Silenziosa, in attesa di un ordine come un esercito.
 
 
“Mi stai dicendo che…”
“E’ un Incantatore.” Spiegò Piton ad una stupefatta Narcissa, proprio nel momento in cui tutta la loro Casata si ritrovò appiccicata al muro. “Lo capisci ora? E’ un leader naturale, non deve fare il benché minimo sforzo per far sì che in un qualsiasi contesto le persone lo seguano. E come tutti i grandi Leader, come tutti i carismatici, il suo potere diventa tanto più grande quante più persone lo circondano. Pensavi davvero che la magia Oscura fosse l’unica potenza nel mondo? Per tutte le medaglie ci sono sempre due facce, Black.”
“Vuol dire che ha stregato la scuola?”
“No.” Piton scosse la testa. “E’ una qualità intrinseca, ce l’ha nel sangue. Le persone sono naturalmente portate a seguirlo. Gli Incantatori sono fatti così.”
“Quindi…quindi ora tutta la scuola…”
 
 
 
“Tutta la scuola è qui per rispondere al vostro messaggio.” Disse James, beffardo, nei sotterranei di Serpeverde. “Vi ringraziamo per esservi premurati di fornircelo, abbiamo pensato di ricambiare il favore. E la risposta è questa: i Mangiamorte non sono bene accetti ad Hogwarts. Non lo saranno mai.”
Arrivò fino a Lucius, occhi negli occhi. La potenza della sua forza magica, la potenza di quell’aura dorata che fluttuava tutt’attorno alla sua figura facendogli oscillare il mantello e scompigliare i capelli, parve quasi bruciargli la pelle.
Era come…avvicinarsi ad un sole.
“Non possiamo testimoniarlo.” Gli sussurrò sul viso. “Alla feccia come voi va sempre bene, sotto questo aspetto. Ma sappi che sarò ogni singolo istante di quest’anno ad attendere un vostro passo falso. E se toccherai ancora Lily Evans, se anche solo proverai a torcerle un capello…se ti avvicinerai ancora a Black, o a Lupin o a Minus…io vi distruggerò tutti.”
Così com’era arrivata, la luce dorata parve calmarsi.
Piano piano, i Verde-Argento ricaddero a terra, sbiancando e urlando quando tutte le loro cose, tutti i gioielli, i libri, i bei vestiti…divennero cenere.
La vanità è la peggior pecca di un Serpeverde. E tutto ciò che c’era di prezioso in quella stanza divenne polvere tra le loro mani.
Ma non fu quella la parte peggiore.
E’ viscerale la sensazione di aver sconfitto il nemico.
La sua espressione smarrita, perduta.
La consapevolezza del potere.
“Non…non funziona!” strillò Alecto, agitando la bacchetta. “Non riesco a fare magie!”
Potter voltò loro le spalle, mettendosi le mani in tasca. Si fermò sull’uscio, voltando appena il viso contro la sua spalla. E la sua risata divertita risuonò ovunque.
“Serpeverde è appena diventata Babbana.” Esclamò con cattiveria, stringendo gli occhi. “Inizierei a utilizzare le scorte di Polisucco che vi sono rimaste per crearvi dei sosia da mandare a lezione, fossi in voi. Potrebbe anche durare a lungo.”
“Abbiamo finito?” mugugnò Weasley, con una smorfia.
“Sì.”
E mentre lì dentro iniziava ad esplodere il panico, la sua espressione mutò sempre di più, ad ogni passo che lo portava lontano da lì.
Le persone iniziarono a levare le tende, sempre in silenzio così come erano venute. Qualcuno rimase immobile, a godersi ancora qualche istante, ad ammirare.
Nott afferrò Malfoy, gli occhi cerchiati di rosso, stringendo la sua bacchetta ormai inutilizzabile fin quasi a spezzarla.
“Fa qualcosa.” Ringhiò, terrorizzato da una sensazione nuova e potente: quella di essere per la prima volta senza magia. “Non puoi lasciarlo andare così! Ci ha umiliati, noi non…!””
Lucius si fissava le mani, senza muoversi. Improvvisamente, iniziò a ridere piano, gelandolo.
“Non capisci?” biascicò, passandosi una mano sugli occhi, guardando il soffitto. “Non ha importanza. Tutto questo non ha importanza. E’ solo Hogwarts.”
“Malfoy cosa…”
“Alla fine dell’anno…” lui continuava a guardare in alto, sorridendo. “Alla fine dell’anno, tutto sarà comunque diverso. Tutto questo…non ha valore.”
 
 
 
 
L’energia stava lasciando il suo corpo. Più le persone tornavano alle loro Sale, più la sensazione di potere scemava.
Ma era lì. Sotto la pelle. Sempre.
Camminava lentamente, James Potter. Aveva appena vinto ma nonostante questo, si sentiva sconfitto.
Passò accanto alla Chang, guardando i suoi occhi.
La sua adorazione.
La ragazza resse lo sguardo, continuando a rimanere in silenzio, le mani incrociate sul seno, appoggiata alla parete. Parve parlargli dritta nella testa. E ciò che gli stava dicendo non gli piacque.
Non gli era mai piaciuto.
Con una smorfia, James Potter imboccò l’uscita.
Verso Grifondoro. Verso la luce.
Il suo branco lo stava aspettando.
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


But I need you to be brave, hiding from the truth ain't gonna make this all okay

But I need you to be brave, hiding from the truth ain't gonna make this all okay
I'll see your pain if you don't feel our grace. If you’ve lost your way…
I will leave the light on.
 
I will leave the light on.
 
I will leave the light on. 
 
Leave a light on – Tom Walker
 

 
 
 
 
 
 
Spazio Autore.
 
Buonasera a tutti, poche parole, poche smancerie, rimaniamo a goderci le note di Tom Walker e la sua “leave a light on”, canzone che ho spesso sentito mia e che mi sembrava appropriata per come è terminato questo capitolo.
Devo dire che è stato per me parecchio impegnativo, tanto romanticismo e tanti nodi venuti al pettine. Spero di essere stata all’altezza delle aspettative e di aver creato sufficiente intensità in tanti momenti, soprattutto il tanto sospirato bacio tra Sirius e Cristhine, mentre per James Potter dirò solo questo: essere un Incantatore è più una peculiarità del carattere, ma non è il tanto aspettato segreto che lo riguarda, quanto più…una conseguenza ad esso. Ha ancora delle belle carte da giocare!
Come seconda cosa, è mio piacere mostrare qui alcune tavolozze di Lucio, un disegnatore con il quale mi ero accordata per far diventare questa fanfiction un manga.
Purtroppo il progetto è deragliato (o meglio, in attesa di un altro santo fumettista che abbia voglia di buttarcisi dentro) ma questi bei disegni rimangono ad allietare i nostri occhi.
Ed infine, la frase "L'inferno è uno specchio dall'altro lato del tavolo che comincia a risponderti...." non è di mia proprietà, ma presa dalla pagina Fb "Non è successo niente". Mi piaceva molto come metafora e ho voluto inserirla.
 
 
 
 
 
 
 
 



                




                                                                                                                                

         
 

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Capitolo 23
*** Leonidi e Brucafelci! ***


“Potter, se non tira immediatamente giù quei piedi dal tavolo sarà l’ultima volta in cui avrà dei piedi.”
La McGranitt sbatté sulla cattedra un plico di fogli, sistemandosi gli occhiali da lettura.
“Bene, visto che a breve ci sarà lo sciame meteoritico delle leonidi che, come tutti noi sappiamo, crea dei disordini nel potere di trasfigurazione dei Grifondoro, e visto che quasi l’intera Serpeverde si è beccata un attacco di meningite fulminante dovuta all’esplosione di una pozione…”
Una risatina bastarda generale fu sufficientemente alta da farle inarcare un sopracciglio.
“…direi che posiamo ripassare un po’ di teoria.”
Era passata una settimana intera. Le lezioni erano cominciate e finite per lunghi giorni, senza che nessuna vipera si fosse fatta viva.
Trovare cosi tanti sosia da mandare alle lezioni di Hogwarts sotto polisucco era stato impossibile anche per i rampolli Purosangue, che nella fretta di cercare una soluzione in grado di spiegare la temporanea assenza di poteri avevano addossato la colpa di tutto a una primina (tipico) accusandola di aver giocato con alcune pozioni che non solo avevano devastato un’intera parete, ma che li aveva anche infettati con un virus molto contagioso che necessitava di cure a casa.
Morale della favola: nessun Serpeverde in giro per la scuola. Non si poteva chiedere di meglio.
Eppure, nell’aria c’era una strana tensione. Come se si fosse fatto un passo troppo grande. Varcato un limite invalicabile.
Sirius Black guardò di sottecchi Cristhine McRanney, seduta con Lily Evans qualche tavolo più avanti.
L’aveva pregata di non dire nulla alla Prefetto di quanto accaduto, così la povera Grifoncina era l’unica in quasi tutta la scuola ad essersi bevuta la storiella della meningite e dato un cinque mentale al karma, ma forse era meglio così.
Lily avrebbe fatto il diavolo a quattro se solo avesse saputo cos’era successo.
Scoccò un’altra breve occhiata a James, intercettando il suo sguardo dorato per qualche istante. Dopo un paio di giorni in cui era stato di umore nero (come tutti loro, del resto), aveva ripreso ad essere il solito James. Scherzava, rideva, organizzava festini. Beveva un sacco, quello sì. Si era sbronzato praticamente per quattro giorni di fila.
Ed ecco il problema.
Potter era un salutista. Un dannato maniaco della salute, uno di quelli che non rinunciano all’alcool ma che dopo aver ballato nudi per i giardini, presi da una crisi di coscienza sportiva si attaccavano a tisane depurative e succhi di limone come ad un biberon.
Il fatto che fosse sfuggentemente allegro e che avesse bevuto come un marinaio senza crisi pseudo vegane era un campanello d’allarme, per chi lo conosceva bene.
E poi c’era il problema numero due.
Si sentì un po’ infantile nel pensarci, ma non seppe fare a meno di riguardare la McRanney.
Dopo che si era preso la sua bocca come un disperato, nulla.
Niente di niente.
S n o b b a to.
Sapeva che ciò che c’era tra loro non si sarebbe risolto in pochi giorni, né con qualche bacio, e inizialmente anche lui aveva preferito mantenere un po’ le distanze.
Aveva avuto bisogno di riprendersi e quasi certamente non ci sarebbe riuscito per molto tempo, tuttavia…tuttavia, dio se gli mancava.
Gli mancava il suo profumo di margherite, gli mancava il sapore della sua lingua, sentire le sue mani piccole infrangersi nei capelli e tirarli.
Eccolo lì, un assassino ed un vigliacco in agonia perché aveva ancora voglia di baciare la ragazza a cui aveva distrutto la vita, peggio di un ragazzino scemo. Si poteva essere più egoisti?!
Eppure si era reso conto di averne un bisogno disperato. Quando l’aveva baciata, era come se tutto fosse tornato al suo posto. L’urlo che aveva dentro si era azzittito. Il dolore aveva smesso di stritolargli il cuore.
E poi – ed ecco la parte superficiale e vanitosa di lui che tornava a galla – non era abituato a essere ignorato.
La seguiva come un cane bastonato, aveva anche ripreso ad andare in biblioteca, fissandola da lontano come un drogato in cerca della sua dose.
Pregò con tutto sé stesso che lei non se ne fosse accorta perché oltre a iniziare a diventare un tantino inquietante – cosa che gli aveva carinamente fatto notare Lupin – era anche parecchio patetico.
“Black, visto che la vedo particolarmente in estasi, può rispiegare all’intera classe le peculiarità della Trasfigurazione di scambio?”
Merda.
“Ecco…”
“Illuminante.” Chiosò con noia la professoressa. “Lupin, visto che è tanto ansioso di suggerire al suo compare, ci illumini direttamente.”
Il ragazzo raddrizzò la schiena, arrossendo un poco.
“E’ quando una caratteristica fisica di uno dei due bersagli è scambiata con quella dell’altro. Si possono scambiare due bersagli alla volta ed il cambiamento in uno dei due è dipendente dal cambio di entrambi. La Trasfigurazione Inter-specie, ovvero creare uno scambio tra due esseri della stessa razza, fa parte di questa branca.”
“E che cosa la differenzia dalla trasfigurazione Trans-Specie, signorina Evans?”
“Nella Trans-specifica, si trasforma un soggetto in un altro di razza diversa. Ad esempio, gli Animagus o i Metamorfomagus possono diventare animali, oggetti o piante.”
“Lode a Merlino.” La McGranitt alzò gli occhi al cielo. “Voi altri vi togliete e vi date punti con una frequenza incantevole, avendo sempre la fortuna di rimanere a zero. Minus, ha voglia di dirci la differenza tra Trasfigurazione normale e Animagus?”
L’intera classe già si arrendeva ad altri punti in meno – mai stati così bassi nella storia della scuola – quando il maghetto li sbalordì.
“Un Animagus può trasformarsi in un solo animale.” Disse candidamente. “Nella Trasfigurazione normale qualsiasi mago può diventare più varietà di animali ma avrà sempre l’intelligenza della creatura in cui si è trasformato e sarà dipendente da qualcun altro per tornare umano. Al contrario un Animagus conserva la sua capacità cognitiva e può detrasfigurarsi quando gli pare.”
“Molto bene, Minus.” Si complimentò meravigliata la McGranitt.
“Grazie. Potrebbe dirlo con aria meno sorpresa?” ridacchiò Peter, facendo nascere svariate ghignatine.
“Come sapete, anche mediante pozioni è possibile Trasfigurare qualcuno. Tuttavia, esistono dei limiti che…”
La lezione proseguì senza che Black ascoltasse nemmeno una sola parola.
“Per l’amor di Merlino, hai intenzione di parlarle o no?” bisbigliò Remus, chinandosi verso di lui.
“Giusto. Ancora un altro po’ e mi taglio le vene.” Confermò Peter, alzando gli occhi al cielo.
“E’ che…” Black si guardò le mani. “Non è così facile…”
“Jam, puoi dirgli qualcosa?” sbottò Lupin, ma il Malandrino cadde dalle nuvole.
“Cosa? Che…?”
“Siamo a cavallo.” Il biondino scosse la testa. “Anche tu e Lily vi siete insolitamente distaccati, o sbaglio?”
“Ma che dici! Quando mai siamo stati attaccati, io e quella…quella…”
Sbam, ed ecco la bomba della giornata.
Perché non solo non seppe trovare un insulto. Ma arrossì.
Arrossì come un moccioso, facendo alzare le antennine a tutti.
“Ramoso, hai un'aria ebete sulla faccia.” fece notare Sirius con noncuranza, sistemando alcuni libri nella borsa.
“Ha parlato, mister…” iniziò quello, ma Remus lo interruppe, fissando un punto sul soffitto con un sorrisetto che la diceva lunga.
“Non ci hai più parlato da quando sei andato a salvare Lily…ricordi? Nella Foresta Proibita.”
“Ero stanco.”
“Non è che… è successo qualcosa in particolare?”
“E che cosa scusa? Ho trovato solo la Evans che si era persa, mi sono trasformato e l’ho accompagnata sulla retta via…FINITELA!” sbottò alla fine, vedendoli ghignare come dei sadici. Fu una fortuna che la campanella di fine lezione suonò in quel momento, coprendo il suo tono di voce improvvisamente stridulo.
“Voglio tre pergamene entro domani sulla formula di Emeric Switch e sulle limitazioni della Trasfigurazione umana…no, non c’è faccia da cane bastonato che tenga, signor Weasley, entro domani. E ricordo a tutti i Grifondoro che le Leonidi giungeranno al picco durante questa settimana, per cui gradirei non dover passare il pomeriggio a Detrasfigurare qualcuno di voi teste vuote in caso aveste la brillante idea di usare la bacchetta a sproposito. Ho già informato i Tassorosso che quest’anno le Virginidi saranno ad aprile, mentre rammento ora ai Corvonero che le Sagittaridi si avranno a giugno. Se qualcuno vuole avere la cortesia di informare i Serpeverde che le Scorpidi saranno a maggio…oh, come non detto, li avviserò io.” Alzò gli occhi al cielo vedendo spuntare sui musetti di Grifondoro lo schifo puro. Non che i Corvonero fossero particolarmente entusiasti.
Sembrava che ultimamente serpeggiasse nella scuola una sorta di intolleranza verso i Verde-Argento. Erano comparse scritte sui muri dei bagni, parecchie loro cose sembravano essersi misteriosamente perse e anche quell’esplosione nei sotterranei non gliela diceva giusta…
Perfino Lily Evans, che di solito assieme a Lupin si proponeva sempre di dare una mano, fece ben in fretta a infilarsi i libri in borsa, senza guardarla in faccia.
Ma ciò che non poteva sapere era che la rossina aveva ben altro a cui pensare.
Aveva praticamente passato tutta quella settimana a lavarsi i capelli con ogni sorta di lozione Anti-Maledizione, anche se l’intruglio che le aveva versato addosso Malfoy non sembrava aver avuto effetti di sorta. Tuttavia ogni dannata volta, sotto la doccia, l’ansia l’avvolgeva come una coperta soffocante.
Inizialmente aveva pensato che avvenisse per via di ciò che era successo…ma con orrore si era resa conto, alla prima occhiata con James, che il panico non era solo per quello.
Quell’abbraccio. Quel dannato abbraccio.
Avvampò in viso, mentre Cristhine fece bene finta di non accorgersene. E fu talmente carina nel far finta di niente che non badò davvero a dove mettevano i piedi, tant’è che praticamente si schiantò addosso a Black.
“Oh.”
Ora i pomodori erano due. Ottimo.
“Andiamo.” Potter, al suo fianco, prese in mano le redini agguantando Minus e Lupin per il braccio con l’espressione furbetta. “Evans, ti unisci a noi?”
“Con piacere, caro.” Cinguettò falsissima quell’altra pazza, agganciandosi al suo braccio. La peggior attrice di sempre.
“Eh? E perché?” chiese Peter, ingenuo come una vergine. “E da quando la Evans ti chiama caro?”
“Codaliscia, dobbiamo andare di qua!” insistette Remus con una occhiata esplicita. “Dobbiamo tagliare le Starnutarie che abbiamo lasciato indietro ieri, ricordi?”
Sirius Black alzò gli occhi al cielo, esasperato. Quegli idioti lo stavamo mettendo in…in imbarazzo?!
“Ma Erbologia è dall’altra parte.”
“PETER-MALEDIZIONE-DOBBIAMO-ANDARE-DI-QUA!”
Quello finalmente ci arrivò.
“Aaaah! Capito!” trillò allegro, mentre Black praticamente si schiaffava una mano in faccia. Quel gruppetto di beoti sparì dietro l’angolo e non si premurarono per niente di nascondere il fatto che li stessero allegramente spiando, visto che di tanto in tanto sbucavano da dietro la parete le loro zucche vuote.
Calò il silenzio più imbarazzante in cui il Malandrino si fosse trovato, mitigato solo dal sorriso di Cristhine.
“Ciao.”
“Ciao.”
Allora non aveva cambiato idea. Aveva deciso davvero di dimenticare. Di perdonare.
“Mi dispiace di…hem…”
Lei ridacchiò, divertita.
“Non sai nemmeno più di cosa scusarti.”
Che volesse ironizzare era una buona cosa, nonostante questo, continuava a sentirsi lo stomaco di pietra.
“Ho voluto lasciarti i tuoi spazi.” Spiegò la ragazza, stranamente calma nonostante le gote arrossate. “E anche io dovevo riprendermi.”
“Stai meglio?”
Lei fece spallucce.
“Ora sì. Sirius…dobbiamo proprio affrontare l’argomento ancora? Ne abbiamo già discusso una notte intera. Vorrei dimenticarlo.”
Lui acconsentì quasi grato. Stavano scavando la fossa a una pietra più grande della buca, ne erano consapevoli, ma per il momento andava bene così.
Solo che ora…c’era quell’altra questione.
“E così…noi…” si grattò la nuca, dannandosi l’esistenza. Ma da quando era così impedito?! Maldetta di una Corvonero, lo mandava al manicomio!
“Già…” mormorò quella, abbassando lo sguardo.
Non lo faceva mai, notò Black.
Nonostante fosse la creatura più impaurita e delicata che avesse mai conosciuto, di rado abbassava lo sguardo. Era quel modo di fissare la gente che l’aveva rapito la prima volta, ricordò. Portava la sua fragilità con limpidezza, trasparenza. Non la nascondeva.
Con quegli occhi smarriti eppure così fissi nei tuoi, lo sguardo saggio e serio di ogni buon Corvonero.
“Cristhine, sai… ho avuto una vagonata di ragazze. Alcune non sanno nemmeno di essere state lasciate, ancora.”
Poteva quasi sentire il parapiglia dietro l’angolo e non ci fu bisogno di usare gli occhi per capire che Remus voleva lanciargli in testa un libro e che James lo stava trattenendo. Eppure quel discorso parve ad entrambi di una normalità quasi scontata. E poi sapeva che non si sarebbe offesa. Lei era diversa e infatti, la ragazza si guardò le scarpe, riflettendoci su.
“Ho sentito. E io non ho mai avuto…né amici né…nient’altro.” La sua voce si imbarazzò. “Sirius, i-io non ho la benché minima esperienza per cose di tale genere. Forse non sono propriamente il tipo di ragazza adatto a te.”
“Volevo solo dirti che non mi interessa.”
La Corvoncina rialzò lentamente lo sguardo. Rabbrividì appena sotto la determinazione di quegli occhi.
“Siamo due poli opposti. Abbiamo un passato non propriamente normale.” Continuò lui, granitico. “Ma non mi interessa. Sono disposto ad andarci piano. Con i piedi di piombo, se vorrai. Aspetterò ciò che deve essere aspettato. Non ho fretta. Ma spero di non spaventarti se ti dico che ti voglio accanto. Ti voglio per me solamente.”
Spaventarla? Terrorizzata era dire poco, eppure la ragazza gli sorrise.
Tremare di paura ed essere al contempo al massimo della felicità era ben strano.
“Sì.” Disse solo, e mai due semplici parole furono tanto pure e dolci sulla bocca di qualcuno.
Non gli era mai capitato di sentirsi così pulito. Di affrontare una cosa come quella…in quel modo, poi. Come che fossero due bambini alle prese con un importante affare.
Due persone alle prime armi. Fu come ritrovare un po’ dell’innocenza perduta.
E fu stupendo.
“Non c’è bisogno di renderlo necessariamente di dominio pubblico, se non ti va. Fidanzamenti, etichette, persone che parlano… Piedi di piombo, ok?”
“Mi sembra ragionevole.”
“Allora d’accordo.”
“D’accordo.”
Così, come se avessero firmato un contratto. Impacciati, si voltarono le spalle, Black con le mani in tasca e la mezza intenzione di tirare un cazzotto ai suoi compari, lei con le mani premute sul cuore e l’intenzione di trovare un po’ di coraggio.
Lo trovò dopo esattamente cinque passi.
“Sirius…!”
Due scarpette di vernice bianca rotearono su loro stesse ma le Blahnik nere di Black erano già subito dietro.
“Piedi di piombo un cazzo.”
La fissò negli occhi appena il tempo per capire che era dello stesso pensiero e, stringendole le spalle e facendo esplodere un boato di mormorii ed esclamazioni per tutto il corridoio, si chinò sulla sua bocca e la baciò.
 
 
 
 
“AH!” esultò trionfante James alzando il pugno in aria e Lily gli tappò la bocca.
“Stupido!” gridò, sottovoce.
“Hey!”
“Puoi lasciargli un po’ di spazio?! Ahia! Peter quello era il mio piede!”
“Oh scusa!”
“Quest’angolo è troppo stretto…Provate a…”
Il rumore di parapiglia superò la voce di Remus.
“La piantate di spingere?!”
“AHIA! Peter mi hai pestato di nuovo il piede!”
“Scusa Lily!”
“OH INSOMMA NON SPINGETE!”
“FATEMI UN PO DI SPAZIO! MI STATE SCHIACCIANDO!"
“AHI!”
“AAAAAAAAAAAH!”
Inutile dire che Black se li ritrovò ai piedi, l’uno sopra l’altro in un confuso miscuglio di braccia e gambe.
“PETER MI STAI SOFFOCANDO!” sbottò James, cercando di divincolarsi.
“MI FATE MALE, IMBRANATI!” gridò la Evans, tirando gomitate.
Come riuscirono a districarsi (e come fossero riusciti ad incastrarsi così) fu un mistero bello e buono, fatto sta che alla fine eccoli lì, ansimanti e imbarazzati.
“Meglio di 007, complimenti!” rimbeccò acidamente Lily, mettendosi a sedere e incrociando le labbra al seno.
“Scusate, scusate…”
“Chi diavolo è 007? No, aspetta, non lo voglio sapere… e comunque sei tu che sei inciampata, ma che hai ai piedi, delle patate?!”
E Potter e la Evans diedero di nuovo via al solito bisticcio quotidiano.
“Scusate, scusate…”
“Basta scusarti, Peter!”
“Salve gente. Distribuivano cervelli dietro quella parete?” ironizzò Black, prima di girarsi allegro come un becchino verso un ragazzino di seconda con in mano una polaroid. “…E tu…scatta anche solo una fotografia per quel ridicolo pezzo di carta che chiamate Gazzetta di Hogwarts e il prossimo articolo che scriveranno parlerà di omicidio.”
Tornò a fissare i Malandrini mentre quel poveretto se la filava a gambe levate.
“Ciao!” Ridacchiò nervosamente Lily, mentre Remus si fissava insistentemente le unghie e Minus si ficcava dentro la borsa alla ricerca di qualcosa.
“Heylà!” ridacchiò  James. “Stavamo…stavamo…”
Ma non riuscì a trovare una scusa e rimase lì, pensieroso.
“E va bene, stavamo origliando.” Balzò su Lily, spazzolandosi la gonna con dignità.
“No, ma dai.” Ironizzò Sirius.
“E in tal proposito…” la rossa gli scoccò un’occhiata ammonitrice e schiaffò in mano alla McRanney uno strano tubetto, ghignando perfidamente. “Non si sa mai…”
“Spray al peperoncino…oh, è quella cosa babbana anti maniaco di cui mi parlavi!”
“Eddai Evans, ci provo con te una volta e mi parti in quarta così…”
Cristhine rise, divertita come un diavoletto.
“Questa è nuova. C’è qualcosa da sapere?”
“Sì, ed è come si attiva questo affare.” Borbottò la Grifoncina, armeggiando con lo spray. “Per il resto, nulla che non voglia dimenticare! Si è incastrato…”
“In ogni caso tranquilla, scimmia. Quei due minuti di abbordaggio mi hanno fatto capire che non sei il mio tipo. Troppo matta anche per me.”
“In ogni caso, Black, chiamami ancora scimmia o scimmietta e sappi che…”
Non seppe niente perché, come da prevedersi, lo spray partì con una spruzzata – fortunatamente era puntato verso il basso – e il gruppetto passò i successivi quindici minuti a sputare fuori i polmoni a colpi di tosse.
 
 
Probabilmente era dovuto a quello l’improvviso mal di testa che le era venuto, pensava Lily Evans, massaggiandosi le tempie mentre percorreva il prato per entrare nelle calde e profumate serre di Erbologia.
“Heylà, Rossa.”
Quello, o il fatto che Potter le stesse facendo saltare i nervi da una settimana intera.
Remus ci aveva visto male, per una volta. Era lei a mantenere le distanze, mentre il mago dopo quell’abbraccio sembrava essersi messo in testa di volerla pedinare probabilmente anche in bagno. Il giorno prima ci era quasi riuscito e si era beccato una porta sul naso.
“Mi stai evitando.” Cinguettò allegro, sistemandosi il colletto contro un’improvvisa folata di vento.
“Lo faccio sempre.”
“Più del solito.”
Alzò gli occhi al cielo, continuando a massaggiarsi la testa. Ma lo voleva capire o no che era imbarazzata?!
“Hai intenzione di proseguire di questo passo a lungo?”
“Ma che ci mettete dentro quegli spray? Mi brucia ancora la gola.”
“Potter, dico sul serio…non ho bisogno della balia. Sto bene. Nessuno mi taglierà la gola girato l’angolo!”
“Oggi è una giornata splendida. E’ da qualche giorno che non mi sento così di buon umore.”
Niente, zero. Non l’ascoltava di striscio.
“Potter…”
“Forse sono solo contento per Felpato. Adoro Cristhine. E poi in questo modo, passerò più tempo con te.”
Lily si fermò di botto. E il rossore le salì sulle guance di nuovo. Traditore.
Che accidenti le prendeva?! Erano solo i soliti venti minuti di lecchinaggio alla James…
“I-io…cosa ti fa pensare che passeremo più tempo assieme?!”
“Beh, abbiamo per la prima volta in sette anni un’amica in comune…” miagolò lui, con voce carezzevole. “…o non te ne sei accorta?”
Cavolo.
Cavolo, cavolo, cavolo.
Maledetta di una Corvonero adorabile. Aveva cercato da sempre di tenersi alla larga da quei demoni ma ora, senza accorgersene, si era affezionata nientemeno che…alla nuova ragazza di Black!
La potenza di quella rivelazione bastò mandarla in shock per l’ora successiva, intervallata ogni tanto da strani picchi di emicrania, tant’è che a pranzo il suo aspetto non era certo dei migliori.
E non era nemmeno l’unica.
Cristhine si sedette al tavolo con i ricci in disordine per la prima volta da ché la conoscevano, occhi strabuzzati e camicetta fuori dalla gonna a vita alta.
Non era passata nemmeno un’ora e il fatto che lei fosse stata baciata da Black aveva già fatto il giro della scuola. Qualcuno le aveva addirittura scattato una foto e una certa Mandy Harpies, una biondina Tassorosso con gli occhi di un maniaco sessuale, l’aveva brancata a fine Aritmanzia e l’aveva letteralmente tenuta sotto torchio con una PrendiAppunti e un Block Notes. Per non parlare delle ex. E delle primine in adorazione. E degli altri duecento pettegoli.
Da novella studentessa senza amici a membro integrante del gruppetto elitario dei Marauders, a ragazza sbaciucchiata davanti a tutti da Sirius Black in persona. Una scalata sociale mica da ridere.
Ci fu addirittura qualcuno che le chiese come aveva fatto.
Una vera pacchia per una afefobica.
“E’ bello tenere nascoste le proprie cose private.” commentò sarcastico Sirius, che tra l’altro se ne strafregava alla grande e con un ghigno le passò il braccio attorno alle spalle mandandola a fuoco. “Ormai saremo il nuovo pettegolezzo della settimana, quindi tanto vale.”
“Lascia che parlino.” Lei sorrise un po’ trafelata, sulle nuvole. “Tanto è di una cosa bella, no?”
Lo era.
Lily si lasciò sfuggire un sorriso, osservandoli. Una cosa bella in un mare di cose tremende.
Si guardavano letteralmente in adorazione. Cristhine le aveva detto in maniera vaga che tra di loro, in passato, era successo qualcosa di brutto ma ora che si erano finalmente dichiarati, sembravano due persone totalmente diverse.
La McRanney accettava il suo tocco senza tremare o impallidire, cosa che non riusciva a fare totalmente nemmeno con lei. E lui si era stampato sulla faccia un’espressione da bambino contento che, doveva ammetterlo, era carina. Per la prima volta, Sirius Black sembrava…tenero.
Chissà cosa si provava a sentirsi così.
“E così è vero, eh?” ridacchiò Paciock, schiantandosi a due sedie da lei. “Ah, l’amore. Gran cosa. Soprattutto i primi tempi. Poi una mattina ti svegli e trovi la tua lei a dormire dolcemente sul soffitto avvolta da ali da pipistrello.”
“Problemi con Alice?” domandò Arthur, tra un bacon e l’altro.
“Ha litigato con quella sua amica, sai, quella di Corvonero un po’ maniaca. Per carità, sono contento che si sia tolta di torno quella psicopatica, e la amo come non mai ma… indovinate un po’ su chi sfoga il malumore?”
“Doveri matrimoniali.” Rise Geky. “Le amiche rompono, il fidanzato incassa. E’ per questo che amo essere single!”
“Ti sei lasciata con Calton?!”
“Non reggeva i miei ritmi a Quidditch.” Lei scosse la testa, sbuffando. “Vi pare possibile pretendere che una persona smetta di volare?”
“Blasfemia!” disse James. “Mai chiedere a una giocatrice di Quidditch di scegliere tra due manici…”
“Potter, lo sai che al tavolo ci stanno anche undicenni?!” intervenne Molly, arrivata in quel momento. “Comunque gente, pessime notizie.”
“I Serpeverde sono guariti?” chiese praticamente in coro la tavolata.
“No, beoti! Kittleburn mi ha appena detto che ci farà una lezione a sorpresa!”
Bastò quello a zittire l’intera Casata per la mezzora successiva.
Silvanus Kittleburn era l’eccentrico professore di Cura delle Creature Magiche e Direttore del Tassorosso.
Una persona gradevole e appassionata, solo che era come dire…un tantino avventato.
Non sembrava propriamente cogliere la pericolosità delle creature che proponeva ai suoi studenti. A testimoniarlo, la gamba e il braccio di legno, regalino di un Ceneris Serpens che aveva cercato di incantare per realizzare uno spettacolo teatrale a scuola. Quello, e la cinquantina di richiami da parte del Ministero.
Probabilmente aveva battuto il record da un pezzo ed era un vero miracolo che fosse ancora in cattedra!
Lezione a sorpresa in gergo probabilmente significava pericolo di morte e fu con la flemma dei condannati che i ragazzi si trascinarono di nuovo sul prato.
“Io dico! E’ una cosa assurda starsene fuori con questo vento gelido!” “Aah Ramoso, falla finita ti prego!” esclamò Remus esasperato, alzando gli occhi al cielo grigiastro. Si tirò su il bavero del cappotto e si riscaldo le mani, arrossate dal freddo, inutilmente. Quando ci si metteva con le lamentele, James andava avanti per ore.
“Col cavolo che la faccio finita! Porco cane potevo starmene a letto, nel mio caldo lettuccio comodo, e invece no! Fuori con meno dieci gradi!”
“E’ interessante notare come te ne importi più del freddo che del fatto che rischieremo probabilmente la vita…”
“Non farmici pensare…” mugugnò Peter, verde in faccia. “Dite che stavolta ci rifila qualcosa di grosso?”
“Conoscendolo?” sospirò Remus. “Probabilmente grosso e ben poco amichevole.”
Lo trovarono intento ad avvitarsi meglio il braccio di legno. Occhi languidi, grigi come la pioggia, uno sparuto ciuffo di capelli tendenti al bianco con il ciuffo alla Elvis, li accolse con un sorriso candido e presentò la lezione di quel giorno.
“Buongiorno giovani! Animo, animo! Oggi studieremo delle creature molto rare ragazzi, molto, molto rare. Prestate attenzione.”
Gli alunni si misero più attenti, allungando il collo per vedere meglio. 
Quando il professore iniziava cosi, c'era da aspettarsi una lezione interessante…o pericolosa, a seconda dei casi.
James ripensò con nostalgia alla calda Sala Comune.
“Sta attento Jam!” lo rimbeccò severo Lunastorta, vedendo che l'amico guardava al castello, dando completamente le spalle al professore, il quale questa volta li stupì.
Arrivati ai recinti, infatti, la componente maschile di Grifondoro e Tassorosso si ritrovò a doversi tappare le orecchie perché le loro graziose colleghe lanciarono acuti degni di una Banshee.
“Per l’amor di dio, contenetevi!” sibilò acidamente Black, le mani ancora alle orecchie.
“Che carini!” cinguettarono in coro Geky e Monique, mentre dei piccoli cervi trotterellarono loro vicino. Erano di un colore simile al verde, con lunghe corna leggermente tirate all’indietro che assomigliavano più a dei rami, sui quali spuntavano fiori e foglie.
“Vi presento dei magnifici esemplari di Brucafelci.” Trillò eccitato Kittleburn, vestito come al solito con colori che nell’insieme erano un pugno nell’occhio. Giallo canarino, verde e viola. “Animali estremamente rari!”
“Creature rare? Semplicissimi cervi?” commentò Potter.
“Brucafelci, signor Potter, Brucafelci!”
“Magnifico.” sibilò James agli amici. “Se volete ripetizioni ci sono sempre io, eh? Potrete studiarne uno da vicino.”
Sirius soffocò una risata affondando il viso in un fazzoletto, e Remus lo guardò torvo.
Il professore sganciò un esemplare, leggermente più piccolo, grandi occhioni alla Bambi che fece toccare alle corde vocali delle streghette livelli mai uditi prima.
Ma tra di esse, fu Lily Evans ad incuriosire Potter. Rimaneva in disparte, occhi attenti, braccia sul petto. Neanche un gridolino, o perlomeno un sorriso a differenza di tutti gli altri, sia ragazze che ragazzi, nel guardare quei batuffoli. Sembrava…assorta.
“Quanto è carinooo!”
La sua fu solo una fugace impressione, perché ben presto fu attirato dal modo in cui le sue degne compari saltellavano attorno a quella poveretta di una bestia sbattendogli addosso scollature e carezze e un pensiero solo gli si formò in testa.
Devo trasformarmi più spesso…”
“Carina, vorrete dire! E’ una femmina, devo dire la più giovane del branco. I suoi poteri sono soprattutto curativi, infatti nelle sue corna e nei fiori che vi crescono sopra scorre un liquido denso e vischioso, di colore giallastro, che è ottimo per le ferite da piante velenose. Nessun potere di attacco ma solo per il momento, probabilmente in vecchiaia svilupperà la capacità di scatenare piccoli terremoti per garantirsi la fuga dai predatori. Forza, prendete appunti!”
Ci fu un gran rovistare di fogli.
“Molto bene…” disse soddisfatto il professore. “Domande?”
“Come si chiama?” strillò Monique, facendo storcere il naso a tutti.
“Dio, qualcuno le strappi le corde vocali…” gemette Peter.
“Hemm…ecco…” Kittleburm avvampò, improvvisamente a disagio, prima di sbraitare all’improvviso. “Io…io non credo sia importante saperlo!”
Quando i gridolini si placarono, continuò con la spiegazione, allargandosi un po’ il colletto color canarino con le dita. 
“Bene. Ecco…allora…questa in particolare ha un annetto, lo si capisce dalle striature del pelo e da dei segni sotto gli zoccoli…”
Cominciò un breve monologo sulla cerva, che sembrava annuire col capo.
“Secondo voi come l’ha chiamata?” bisbigliò da un lato della bocca James.
“Sono molto sensibili e permalosi, partoriscono pochissimi cuccioli, per questo sono così rari…”
“Un nome cretino, per essersi imbarazzato così.” Sussurrò in risposta Remus, senza staccare gli occhi dai suoi appunti. “Qualcosa come Fluffy.”
“Sono animali estremamente docili ma sanno essere più veloci dei ghepardi…”
“Oppure un nome socialmente inaccettabile …tipo Hitler…” S’aggiunse Minus.
“Dieci a uno che l’ha chiamato Grindelwald.”
“Questo mese è la stagione degli amori per la loro razza e quindi…”
Si bloccò, quando qualcuno fece cadere i libri a terra.
“Stagione degli amori?!” Potter lo fissò come se avesse visto il demonio.
Scattò dietro a Sirius, ma la cerva fu attratta da quel brusco movimento e lo beccò in pieno.
Fece un verso strano, qualcosa di simile al tubare delle colombe e di punto in bianco diede uno strattone con il muso liberandosi dalla corda del Professore, scattando verso di loro.
“No! Sta indietro! Sta…Aaaargh!”
Balzò addosso a Ramoso facendolo crollare a terra e iniziò a leccargli la faccia con movimenti assolutamente inequivocabili.
Solo pochi secondi e ci fu il degenero.
Sirius, Remus e Peter non ce la fecero più ed esplosero. Le risate sguaiate superarono le grida del professore, il tubare della Brucafelci e i lamenti di James.
“ME-LA-LEVI-DI-DOSSO!”
“E’ pazzesco! Non aveva mai fatto così con gli umani! Non so spiegarmelo!”
Black, tra un singulto isterico e l’altro, si prese la briga di calmare la sua ansia.
“Non è colpa sua, Professore, James ha sempre avuto un certo feeling con alcuni animali…”


 



“Ma tu guarda…quella bestiaccia mi ha sporcato la maglietta nuova!”
Risalire verso il castello fu una tortura. Una vera e propria via cruicis.
“Hey James! Hai fatto colpo!” 
“Se vuoi te la presento!”
“Non ci posso credere, violentato da un cerbiatto!”
“Ma almeno ti ha offerto la cena prima?”
“Pensa che tu sia il maschio dominante!”
“MUAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!”
Tre stronzi piegati in due sull’erba a battere pugni contro il terreno con le lacrime agli occhi. Prese per il culo a vita. Ecco cosa lo aspettava. Glielo avrebbero ricordato fino alla morte! E quell’infame di Minus aveva pure tirato fuori da non so dove una macchina fotografica!
“Dio, non respiro…!”
“FATELA FINITA!” Sbraitò il loro leader, con i capelli tutti sparati per aria. “Diventiamo Animagus, dicevano, sarà divertente, cosa potrà mai succedere…una fottuta stagione degli amori, ecco cosa! Stupida mangia radici dei miei stivali, ma poi come diavolo pretendeva di accoppiarsi?! Sirius vedi di finirla o giuro su dio che ti piazzo davanti ad un pitbull in calore e poi vediamo se ridi ancora!”
Black si raddrizzò con sufficiente dignità, ancora squassato dalle ghigna.
“Ok. Ok.” Si sforzò di mantenere un’espressione neutrale, Peter rimise via la fotografia, prezioso cimelio da custodire con cura, e Remus riuscì a tornare a respirare.
Ma le sfighe non vengono mai da sole.
“Finalmente una compagna degna di te, Potter.”
C’era da dire una cosa su Severus Piton: il coraggio non gli mancava. Non fosse stato così ebbro di potere e conoscenza, avrebbe potuto anche bazzicare in Grifondoro.
Unico Serpeverde rimasto, assieme a Narcissa Black, non era di certo in maggioranza. Eppure non ci riusciva proprio a trattenersi davanti alla sua nemesi, che si girò come un falco verso di lui con gli occhi stretti.
“Ma guarda chi non muore! Siamo pungenti oggi, eh? Mammina ti ha finalmente donato il cromosoma Y che desideravi?” ironizzò Felpato, accendendosi una sigaretta.
Lui alzò il medio, noncurante.
“O forse si sente solo.” Sibilò Potter, avvicinandosi in modo pericoloso. “Serpeverde dev’essere molto silenziosa di questi giorni, eh?”
“Mi conoscessi bene sapresti che mi hai solo fatto un favore.”
“Ti conoscessi bene avrei già trovato il modo di eliminarti senza finire ad Azkaban.”
Piton si avvicinò a sua volta, un sorriso sgradevole.
“O forse il contrario.” Sibilò. “Sono gli imbecilli quelli che rivelano in questo modo i propri segreti.”
“La gente mi adora e tutti mi dovevano almeno un favore. Non è un segreto.” Lui ridacchiò. E improvvisamente il suo branco si tese.
Qualcosa non andava. C’era troppa…rabbia.
“Solo un cretino potrebbe crederci.” Piton arricciò le labbra, nauseato.
“Sirius.” Mormorò Remus, impercettibilmente. Black continuò a fumare, senza dare l’impressione di averlo sentito.
“Ma certo. Solo un cretino. E ti dirò, quella Casata è piena di deficienti, o mi baglio? Eh Piton? Come mai tanti deficienti fanatici arrivano a trarre così tante conclusioni su persone che non frequentano?”
“Sirius.” Ripeté Remus, più duramente. “Sai che sei l’unico a cui da retta quando fa così. Fa qualcosa.”
“E perché?” rispose quello, quasi tranquillo. “E’ da un bel che non si pestano.”
Perché quella rabbia non era sana. Non era normale. Non derivava da niente di conosciuto.
Se anche Piton avesse visto qualcosa, dentro quello sguardo, non diede segno di temerla. Le sue labbra si mossero appena all’insù, ironiche.
“Non vorrai che ti chieda scusa.”
“No, certo che no. Ma lascia che ti informi di una cosetta, campione…” La mano di James gli calò sulla spalla. Prima ancora che gli occhi di Severus si gelassero, calò leggermente su di lui, inchiodando i loro sguardi. La voce si fece bassa, torbida. “Nella tua grande crociata contro di noi e nei tuoi patetici tentativi di farci scoprire da quelle scimmie ammaestrate che hai per compagni…c’è andata di mezzo lei.”
Il ghigno ironico scivolò lentamente dalla faccia del Serpeverde. Rimase in silenzio, serrando le mandibole.
“Non lo so se ne eri al corrente o meno…ma visto che purtroppo non eri presente alla nostra allegra rimpatriata, te lo ripeto. Chiunque tocchi ancora Lily Evans farà la fine che merita.”
“Sirius. Non costringermi a usare la forza.”
“Che palle.” Borbottò Black, allungando una mano sulla spalla di James. “Kittleburn ci sta guardando. Andiamo, dai.”
Lui si raddrizzò, voltandogli lentamente le spalle. Piton serrò i denti, sentendo la furia fare posto al gelo.
“Colpa mia, eh?” ringhiò, serrando i pugni. “Bel coraggio. Ricordi cosa ti dissi? Eh? Lo ricordi, pezzo di merda?!”
Tu finirai per ammazzarla.
James si fermò, senza voltarsi. Un istante appena, incassando il sapore amaro di quella frase che lo tormentava da molto più tempo di quanto potesse sopportare. Continuò poi a camminare, tornando a scuola con le mani in tasca.
Black lo seguì poco dopo, Minus  al seguito.
Lupin rimase ancora fermo, respirando il freddo vento di inizio inverno.
Scoccò un’occhiata a Severus, silenzioso. Lui trovò la forza di sogghignare di nuovo.
“Vuoi mordermi o cosa?” ironizzò, ma Remus ricambiò il sorriso.
“Sei da solo, nessuno ti copre, Serpeverde ha appena ricevuto un colpo così forte da far tremare la scuola…tutte le altre Casate hanno ancora sete di sangue…eppure sei venuto apposta a provocarci. Nah, tu non sei il tipo da rischiare così tanto.” Disse, con voce carezzevole.
“Che cosa vorresti dire?”
Gli occhi celesti di Remus scintillarono, mentre quel ghigno diabolico tanto insolito su di lui si fece più intenso.
“Il sospetto te l’ha fatto venire qualche tuo compare? O forse glielo hai letto in faccia, che le era capitato qualcosa di brutto? Se ti importava tanto sapere com’erano andate le cose bastava chiedere.” Scoccò, iniziando ad incamminarsi senza mutare espressione. Il vento gli scompigliò appena i capelli chiari sulla fronte. “Rischiare un pestaggio solo per sapere cos’è successo. Si potrebbe dire che i tuoi interessi non siano così tanto mutati nel tempo.”
I ciuffi d’erbe sembravano quasi di un verde più acceso. Morbidi, accoglievano i passi di chi andava e veniva, lanciando parole in grado di trafiggere. Lupin sapeva sempre cosa guardare. Dove colpire.
Severus Piton rimase immobile qualche istante ancora. Cercò nel mantello, si accese una sigaretta, buttando piano fuori il fumo con gli occhi fissi nel vuoto.
Lontano, qualche tuono iniziò a farsi sentire.
Stava arrivando un temporale.
 




 

Silvanus fissò il gancio del cancelletto in legno con un colpo secco, ansimando per la fatica.
La Brucafelci gli si avvicinò appena, gorgogliando contenta e dandogli un colpetto col muso al di sopra del recinto.
“No, niente occhioni dolci tu!” sbraitò il mago, avvitandosi istericamente il braccio di legno – cosa che faceva sempre quando era stressato. “Una intera lezione mandata a farsi benedire! Ma si può sapere che ti è preso, eh?!”
Era talmente impegnato a borbottare che non si accorse che una studentessa era rimasta pazientemente ad attenderlo.
Lily Evans provò a schiarirsi un poco la gola.
“Professore…” azzardò, ma la sua vocina fu surclassata dalle sue sgridate.
“Come se non bastassero già i richiami del Ministero per i Porlock! Anche i Brucafelci ora si mettono ad attaccare il prossimo!”
“Professore…scusi…hey…”
“E poi che diavolo di problemi hai? Non sai riconoscere una specie diversa?! Mi stai ascoltando?” Silvanus sbatté di malagrazia un cesto pieno di paglia, con un diavolo per capello. “Mi ascolti, Minerva?!”
“Professore!”
“AAAAARGH!”
Fece un salto di dieci metri, ricadendo in mezzo al pagliericcio e ad altre cose di non ben definita origine.
Sgranò gli occhi, fissandosi in silenzio con la sua studentessa per qualche secondo.
Lily Evans, il braccio ancora alzato, sbatté educatamente le ciglia un paio di volte.
“Minerva?” chiese, non riuscendo a trattenersi.
Kittleburn divenne più rosso dei suoi capelli e andò improvvisamente nel panico.
“Hai bisogno di qualcosa?!” quasi urlò, tuffando il viso nei cesti per evitare di guardarla in faccia.
Ma tu guarda. Era innamorato della McGranitt.
Decise di sorpassare sulla cosa, scuotendo la testa con un sorrisetto e scavalcando alcuni rastrelli.
“In realtà sì, avrei alcune domande da farle.”
“Curiosità sui Brucafelci?”
“Non so se appartengono alla stessa razza. Ma ci provo…per caso ce ne sono di bianchi?”
L’interesse ebbe la meglio sull’imbarazzo, e il professore smise di armeggiare con gli attrezzi da giardinaggio, alzando la testa.
“Bianchi, cara?”
“Sì. Cervi bianchi…con corna argentate. Non semplicemente grigie, proprio…come se fossero fatte di argento puro.”
Lo vide aggrottare le sopracciglia cespugliose, impensierito.
“Che io sappia no. Di certo non un Brucafelci. Forse un normale cervo, magari un esemplare albino…ma dalle corna argentate dubito…perché me lo chiedi?”
La rossa scosse il capo, delusa. Non aveva pensato ad altro fin da inizio lezione.
Ma perché era così ossessionata da quell’animale? 
L’aveva visto solo una volta, eppure le era rimasto impresso. Si era comportato davvero in modo assurdo, come se la capisse.
Non era raro che i Famigli – i gatti, i corvi, i serpenti, i gufi, i topi e i rospi – pensassero in modo molto più umano dei loro colleghi animali, ma non aveva mai sentito parlare di un Famiglio cervo…
“Grazie lo stesso.” Incassò il viso nel bavero, tirandosi dietro l’orecchio una ciocca di capelli. Dio, quella dannata emicrania non voleva smettere di passare.
Ripercorse il prato, buttando ogni tanto uno sguardo alla Foresta Proibita. Ricerche infruttuose, tanto per cambiare. E dire che ci aveva quasi sperato, che fosse una creatura del Direttore di Tassorosso.
Avrebbe voluto saperlo al sicuro e al caldo. Non certo in mezzo a Lupi Mannari e centauri.
Anche se a ben notare, sembrava sapere il fatto suo! Aveva praticamente quasi scacciato via un Corno Corazzato tutto da solo.
E se fosse stato uno Spirito Animale? No, sarebbe stato pazzesco! Doveva ritrovarlo!
Il suo entusiasmo da etologa improvvisata si interruppe all’ennesima fitta alle tempie.
Dannato mal di testa…
 
 
 
 
 
 
Singhiozzi sommessi…qualcuno piangeva nel buio.
Una stanza piccola, una sola finestra sbarrata da grate di ferro. Pezzi di pergamena accartocciati, mucchi di Gazzetta del Profeta, piume e bocchette di inchiostro vuote sparse sul pavimento. Una grande gabbia per uccelli, libri di incantesimi impilati a formare un piccolo podio. Qualcuno vi era seduto sopra.
Il ragazzino si girò indietro, corrucciando gli occhi. Magro, capelli in disordine.
“Chi sei?” chiese, in un sussurro. “Perché sei nel mio sogno?”
James Potter si sedette accanto a lui. La luna tornò a far capolino da nubi sottili, facendo scintillare un paio di occhiali da vista circolari.
Sapeva cosa rispondergli.
“Il Dissennatore ha sballato il tempo.” Disse solamente, come se quelle parole avessero un significato. In realtà non le capiva davvero. Però sapeva che era quella, la verità. “E tu perché piangi nei tuoi sogni?”
Lui adocchiò la finestra, con una strana smorfia, quasi rassegnata.
“Sono in trappola.”
“Perché?”
“Ho fatto cadere una torta in testa alla moglie di un ricco industriale durante una cena di lavoro.”
“Che figata. Geniale.” Potter ghignò, facendo scintillare i denti al buio.
“In realtà non sono stato io, ma è lunga da spiegare. Fatto sta che sono in gabbia, ora.”
“Piangi per questo?”
“Tu non piangeresti?”
“No. Perché in realtà non si è mai totalmente in trappola.”
Il ragazzino si lasciò sfuggire un sorriso. Era triste, pensò James. Tutto quel sogno era triste.
“Mi mancano i miei genitori.” Gli confessò. “Sono morti quando ero piccolo.”
“Mi dispiace.”
“Mi piace averti nel mio sogno, però.” Adagiò la testa scarmigliata contro il davanzale. “Mi fai stare bene. Puoi rimanere qui fino a che non mi addormento?”
“Sì. Credo che i nostri due sogni stiano per separarsi.”
“Strano che si siano incrociati.” Bofonchiò il ragazzino, tirandosi su il cappuccio della felpa, con il mento sopra le braccia magre.
“Te l’ho detto. Il tempo è un po’ sballato.”
“Dovrebbe farlo più spesso, forse riuscirei a fuggire da qui. E’ stato un piacere, signor Estraneo.”
E improvvisamente, ebbe voglia di stringerlo. Stringerlo fino ad annullarsi.
Ma doveva andare.
“Sei più coraggioso di così.” Gli uscì di bocca, premendogli una mano sulla spalla. “Non lo scordare mai.”
Il ragazzo diventava evanescente. Sorrideva, era più sereno.
“Non mi sono presentato.” Bofonchiò nel sonno. Dalle ciglia si intravidero gli occhi verde smeraldo. “Io mi chiamo Harry.”
                                           
 
 
 
 
Fu con un colpo di reni che James Potter balzò a sedere nel suo letto, quella mattina. Si svegliò come una bambola, senza battere le ciglia, improvvisamente in agonia.
Si passò una mano sulla faccia, cercando di trattenere la respirazione. La sua fronte era madida di sudore freddo.
Pochi istanti per riprendere lucidità, la calma. Era mattina, ma era presto. Gli altri dormivano.
Si massaggiò le palpebre con le dita, accarezzandosi contemporaneamente dietro il collo.
Strano sogno…
E poi lo vide. Qualcosa scese dal suo letto, lanciando un miagolio infastidito.
Sgranò gli occhi, mentre un gatto nero ricambiava il suo sguardo.
Ma cosa diavolo…!
Il gatto si leccò la zampa con grazia, prima di imboccare le scale, probabilmente non avendo gradito quello scatto brusco.
Gli aveva dormito sul letto, rifletté James, sorpreso. Strano sogno, strano gatto.
Il mondo sembrava girare in modo strano, quel giorno.
Ricacciandosi sul cuscino con uno sbuffo, cercò di riprendere un po’ di sonno ma non ci riuscì.
Occhi verdi, pensò all’improvviso, senza spiegarsi il motivo. Quel gatto aveva gli occhi verdi.

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Capitolo 24
*** Le chat Noir! ***


Buongiorno a tutti, scusate per l’attesa ma sono stata rapita, come tutti, dalle terribili vacanze di Natale, un mostro che nemmeno James&Co. riuscirebbero a battere.
Solo qualche annotamento prima di iniziare: ci sarà una battuta (quella del “buongiorno”) che è ispirata a Scrubs e per quanto riguarda il Comitato della Morale Pubblica, mi sono ispirata ad un manga davvero divertente, Lovey Dovey. Il capitolo è leggero e, devo aggiungerlo per forza, abbastanza malizioso (capirete alla fine!), anche se devo ammettere di aver tardato tanto perché ultimamente non mi riesce molto di essere leggera e divertente, mi trovo più a mio agio con la pesantezza.
Sarà la vecchiaia, sarà il periodo, chi lo sa. In ogni caso, spero che questo non si percepisca, ho cercato di fare del mio meglio.
Un saluto ai nuovi arrivati e un abbraccio ai vecchi ritrovati.
Sarah
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 

 
 
 

Il gatto batté un paio di volte le palpebre, guardandosi attorno.
Da ogni parte arrivavano odori e suoni diversi. Si stiracchiò su un morbido tappeto, grattò un paio di braccioli, fino a che il naso fiutò un delizioso aroma di tacchino arrostito.
L’impulso di trovare del cibo – era affamato – ebbe la meglio su qualsiasi altro desiderio.
Uscì dalla Sala Comune dei Grifondoro, camminando in allerta per il corridoio, guidato da quel profumino invitante.
“Stupida bestiaccia!”
Si girò di scatto, spaventato, e soffiò in direzione di una scopa che gli stava calando in testa.
Un uomo dalle guance infossate e dai capelli cespugliosi lo scrutò in maniera torva.
“Non sanno nemmeno tenere a bada i loro stramaledetti Famigli!” ringhiò, dandole un altro colpetto. “Sparisci, avanti! Ho appena passato la cera!”
Alle sue spalle arrivò un altro gatto, occhi gialli e pelliccia color polvere, che iniziò a gonfiarsi nel vedere il proprio territorio violato.
Lo stava sfidando.
Combattere o non combattere? Poteva batterla…
Ma non fece in tempo a fare niente perché il vecchio aprì una piccola porta laterale che dava sul giardino e ce lo sbatté fuori senza tante cerimonie.
Cercò di ritornare dentro, al calduccio, al comodo, ma la porta oramai era sprangata e rimase desolato a grattare sul legno, miagolando a più non posso.
Nessuna risposta. 
Allora si voltò, intenzionato ad esplorare quel nuovo e sconosciuto territorio.
Ogni filo di erba era carico di odori nuovi che salivano su per le narici, odori che dicevano e indicavano infinite direzioni, e anche la brezza che gli scorreva per il pelo portava notizie. In cielo c’era dell’acqua.
Mentre raggiungeva il lago, una nuvola rumoreggiò sorda, l’aria sembrò raggelarsi ed infine, la prima neve dell’anno iniziò a cadere.
Il rovesciarsi di quei piccoli frammenti cristallizzati lo distrasse giusto il tempo di essere notato da qualcuno.
“Hey ! E tu che ci fai qui, piccolo?” 
Una enorme figura si stagliava imponente alle sue spalle, più grande di un orso, ma non ne ebbe paura. Emanava un odore confortevole, di cibo cotto sul fuoco, burrobirra, il sapore di una Foresta.
Miagolò e si strusciò sulle enormi gambe di Hagrid, che quella mattina indossava un pelliccione di castoro e stivali di pelle di drago.
“Tu devi essere di uno studente.” Ridacchiò il custode, prendendolo in braccio. “Scommetto che Gazza ti ha sbattuto fuori. Razza di cretino…"
Si mise a fare le fusa, felice di percepire un po’ di calore.
Il suono ovattato della neve che si infrangeva contro il terriccio e il suo far le fusa furono gli unici suoni fino alla porta di ingresso della scuola. Hogwarts era incantevole nel suo dormiveglia invernale, ammantata da nuvole di cotone che ne accarezzavano le guglie ed i pennacchi, silenziosa in un abbraccio freddo.
In poco tempo fu di nuovo dentro, dopo aver ricevuto una grattatina alle orecchie dal Guardiacaccia. Pochi passi e poi, un altro odore. Un’altra sensazione a tenerlo lontano dal cibo.
Lupo.
C’era l’odore di un lupo, nel suo territorio. Si trascinò su per tre piani di scale, deciso a tenere d’occhio quel nuovo intruso.
Silenzioso, simile ad un’ombra di velluto, scivolò oltre una porta, rimanendo perfettamente immobile.
Qualcuno era seduto per terra in una piccola stanza rettangolare, stipata di scaffali pieni di cassettoni e scartoffie.
Poteva osservarlo senza essere visto.
Attese.
 
 
 



 
I raggi del primo sole di quella mattinata di novembre colpirono pigramente la polvere, vorticando.
Capricciosi, caddero a giocare con i lineamenti di un ragazzo seduto sul pavimento, scivolando sulla sua pelle diafana fino a creare un inquietante chiaroscuro sul suo volto, dividendolo a metà.
Poi Remus Lupin alzò il viso, togliendo quell’incanto dalla sua faccia, ora completamente baciata dalla luce.
Si alzò in piedi, passandosi le dita affusolate sulle palpebre e appoggiando i fianchi snelli contro il bordo di un tavolo di legno.
Occhi celesti, pallidi e lontani come i cieli invernali, appena sgranati dal brivido di un ricordo. Un’ombra che non aveva nessuna intenzione di andarsene via.
Il senso di colpa l’aveva colpito ad ondate, durante quei giorni. Risentiva ancora il rumore dei colpi contro la faccia di Sirius, di Peter. La paura di Cristhine, che si espandeva nell’aria come un acido, l’eccitazione di quei bastardi, affamati come squali alla vista del sangue.
Immobile.
Era rimasto immobile, aveva messo ancora una volta il suo segreto davanti a tutto e a tutti.
Come potevano guardarlo ancora in faccia?
Accogliente e puntuale, come sempre, arrivò come un’onda da James. Non avrebbe saputo definirla in altro modo. Un’onda calda che gli accarezzava la mente, consolatoria, tranquillizzante.
Come una mano invisibile ad accarezzargli il capo. Era un vero maestro nel farlo.
Da qualche parte, più labili, giunsero anche quelle di Black e Minus.
Il branco gli si strinse attorno alla mente, confortevole e protettivo come era sempre stato. Ma in quell’abbraccio invisibile, non riusciva a non sentire comunque del freddo.
Quante altre volte sarebbe rimasto fermo? Quante altre volte avrebbe dovuto chiedere così tanto alle persone che amava?
Fu così che la Prefetto di Corvonero, Laverne McLaird, lo trovò, entrando nell’archivio della scuola. Appena di profilo, le lunghe ciglia di velluto quasi a sfiorare gli zigomi, lo sguardo perso nel vuoto, l’elegante figura accolta dal primo sole del mattino.
Si trattenne giusto un attimo con la mano sulla maniglia, non riuscendo a impedirsi di ammirare in silenzio quella bellezza così distante da tutto.
Poi il vociare di quella che probabilmente era la madre di tutte le galline, dietro di lei, la fece imprecare nuovamente ad alta voce.
“Mi domando solamente perché censurare un articolo su delle semplici bacchette di vetro!”
Mandy Harpies scuoteva i boccoli color miele con la stessa maestria di un cavallo vanitoso e cercava di infilare il suo lungo naso oltre lo stipite.
“Perché le bacchette di vetro sono pericolose ed instabili.” Sibilò Laverne, lottando per tenerla fuori.  
“Ma sono glamour!” chiosò la Direttrice della Gazzetta di Hogwarts, storcendo la bocca. “Non ho detto mica di comprarle! Silente è un despota!”
“Come vuoi, Mandy, ma ora lasciami lavorare! Qui non puoi entrare e lo sai!”
La biondina, ansimando brevemente per quella strana lotta sull’uscio della porta, decise di dichiararsi sconfitta e raddrizzò le spalle.
“Molto bene. Ma ti ricordo che devi ancora compilare l’articolo su quanto sia cresciuto il Comitato nell’ultimo semestre!”
La McLaird contò fino a dieci per chiudere la porta senza sbattergliela sul naso, ed il suo sorriso accondiscendente si tramutò in una smorfia schifata non appena quell’imbecille fu fuori dalla loro visuale.
“Dio, qualcuno la impicchi.”
Remus sorrise, continuando a sfogliare fascicoli di varie dimensioni.
“Ancora con il Comitato?” chiese, senza staccare lo sguardo dal suo lavoro.
Comitato per la Morale Pubblica, alias: scrivere che le bacchette di vetro sono glamour anche se altamente esplosive è ok, ma guai a chi pomicia con più di due ragazzi nell’arco di sei mesi. Era nato praticamente da dieci anni e probabilmente i componenti andavano in giro con le mutande di piombo visto che ogni tanto sputavano fuori brillanti idee come nuovi regolamenti per vietare le minigonne, ronde studentesche per scovare chi faceva sesso o fumava nei bagni e codici di comportamento come l’alzarsi in piedi quando entravano i professori.
Non contenti, ogni anno compilavano una lista nera degli studenti peggio vestiti e oltre a far piangere primine beccate a girare coi pantaloni della tuta, rispolveravano il loro decennale cavallo di battaglia ovvero la proposta delle divise scolastiche (delle pacchianate a cui James Potter aveva dato fuoco non appena la McGranitt aveva solo dato segno di tenere in considerazione l’ipotesi).
In sintesi: eleganti sempre, anche a rischio di farsi saltare per aria con bacchette non a norma (o farsi pestare a sangue dai fattoni della scuola).
“Quella stronza vuole far tornare di moda le pellicce.” Ringhiò la Prefetto, alzando gli occhi al cielo. “Tra lei e McNair non so chi dei due me le abbia frantumate di più.”
“McNair?”
“Già, blaterava sul fatto che gli sarebbe arrivato un nuovo pezzo esclusivo…roba da vomitare. Meno male che almeno loro sono stati rimessi al loro posto.”
“A proposito, strano che una come la Harpies abbia voluto partecipare alla retata.” Borbottò l’altro, distrattamente.
“Morale pubblica un paio di palle, infatti. Ma doveva un favore a Potter come praticamente mezza scuola. O forse era nella metà che Potter ha ricattato in qualche modo? Bah, chissenefrega.”
La ragazza prese alcune cartelle da un cassettone, scoccandogli un’occhiata più approfondita. Occhiaie, pantaloni della tuta grigi che avrebbero fatto impallidire il Comitato, maglietta a maniche corte bianca nonostante le temperature fossero scese di parecchio. Capelli spettinati, nikes consumate.
Se c’era una cosa che sapeva di Lupin, era che fosse un tipo sempre in ordine (Non a caso era il più  benvisto da quei cretini assieme a Narcissa Black).
“Ma si può sapere che stai combinando? Sembra che tu abbia passato qui la nottata.”
“Più o meno.” Rispose quello, agguantando un altro fascicolo. “Ma non puoi fare in modo di prendere il suo posto? Dico al Giornale.”
“E come? Lo sai, qua dentro amano i pettegolezzi. A nessuno interessa delle inchieste. Mandy è in una botte di ferro finché continua a farsi i fatti altrui e finché il quoziente intellettivo medio in questa bettola sarà sotto allo zero…a proposito, ti sta puntando, sappilo.”
“Ah sì?”
“Vuole dettagli sul picche che hai rifilato a quella poveretta del sesto. Tutta la notte, hai detto?”
Remus alzò finalmente lo sguardo su di lei. Laverne aveva dei bei capelli, neri e lunghi, sopracciglia spesse un po’ alla Frida Kahlo ora aggrottate appena all’altezza del naso. Tono tranquillo e superficiale, ma occhi stretti, indagatori. Sarebbe stata una buona giornalista, di quelle con le palle.
“Sì.” Sorrise di nuovo, ma non c’era più candore nel piegarsi delle sue labbra. Era la piega di un giocatore di scacchi, quella. “Stavo pensando a quello che avevi detto sul Ministro. Sul fatto che potrebbe avere dei vantaggi sull’incremento dei Dissennatori sul territorio.”
“E sei venuto qui?” lei si guardò attorno. “L’archivio di Hogwarts. Strano posto per riflettere.”
“Mi sono detto, perché non cominciare ad indagare dai vecchi registri? Ma dalla sua scheda personale non è emerso niente di strano. Nessuna nota disciplinare, niente.”
“E’ una scheda scolastica, che volevi trovarci?” lei ridacchiò con leggerezza.
“L’avevi già controllata, eh?”
La risatina finì. La ragazza si concentrò sugli ultimi registri di classe, sistemandoli con cura. Era loro compito scriverli e tenerli in ordine.
Remus si appoggiò al muro, fissandola pacatamente. Sembrava non arrabbiarsi mai…però vedeva. Vedeva sempre dietro le cose.
“Non voglio rubarti lo scoop, Laverne.”
“Cerca di capire.” Mormorò infine. “Vorrei che fosse il mio Pulitzer.”
“Che ti meriteresti.” Lui alzò le mani in segno di resa. “Non è mia intenzione farti le scarpe nelle tue indagini. Ma potrei esserti di aiuto. E comunque, al momento sono interessato a qualcos’altro.”
“Cioè?”
“Mentre cercavo risposte su Minchum, ho buttato uno sguardo sulle liste studenti più recenti. Guarda qui.”
La Corvonero si avvicinò, curiosa. Remus indicò un nome, nella lista degli iscritti del Primo di qualche anno fa.
“Musidora Clagg.” Lesse, senza capire. “Nome discutibile. Grifondoro. Quindi?”
“Passiamo al Secondo anno.” Remus prese un altro foglio. “Noti niente?”
“Non c’è più.” Esclamò Laverne. “Magari si è trasferita?”
“Dovrei avere accesso ai registri delle altre scuole ma non è questo ciò che mi è saltato all’occhio. Leggi qui.”
Puntò il dito su un altro nome.
“Elladora Jones. Non c’era nel Primo anno.”
“Esatto. Una nuova iscritta. Ma ora viene il bello, guarda un po’ alla terza classe.”
“Non c’è più nemmeno Elladora.” Ora l’attenzione della Prefetto era completa. Iniziava a vederci davvero qualcosa di strano. “Ma c’è un’altra nuova iscritta, assurdo! Libadora Norvel!”
“Che alla Quarta classe non è mai arrivata. Mentre Grifondoro ha avuto la fortuna di un’altra new entry, Merydora Glanmore. Si prosegue al quinto, stessa procedura: Merydora sparisce, Teodora Smith fa la sua comparsa.”
“Non ho mai sentito di nessuna nuova arrivata.”
“Esatto. Quando Cristhine si è iscritta al settimo, la notizia ha fatto clamore per settimane.  Ma di questa Teodora, e delle altre precedenti, non si è sentito parlare. Ma la sai la cosa ancora più strana? Ho parlato con quelli del quinto. Nessuno si ricorda di loro.”
I due si fissarono negli occhi.
“Hanno passato un anno scolastico con queste nuove studentesse e non riescono a ricordarsene. Nessuna ragazza del dormitorio femminile ricorda di averci dormito assieme. Si ricordano vagamente solo dell’ultima, questa Teodora, ma nessuno ha saputo darmi informazioni rilevanti. Mi hanno solo saputo dire che a quanto pare è stata male ed è dovuta tornare temporaneamente a casa, e per questo non l’avrei trovata.”
Laverne soggignava, ora. Eccitata dalla scoperta, aiutò Remus a nascondere i fascicoli quando gli altri Prefetti iniziarono a fare la loro comparsa nell’ufficio.
“Giorno.” Bofonchiò Leavy coi ricci tutti per aria. “Nessuno mi parli prima del caffè, grazie.”
“Laverne, qualcuno ha appena pietrificato la Harpies al secondo piano.” Borbottò David Ratcliff.
“E quindi? E’ una Tassorosso, se ne occupi Leavy dopo il caffè.”
“Dicono che sia stata la Chang quando quella cretina si è messa a sindacare sull’altezza dei suoi tacchi.” Biascicò quest’ultima, strisciando fino al distributore della sua sacra bevanda nera. “Quindi tocca a te, tesoro.”
“E figuriamoci se Ratcliff alzi mai un dito sull’amore della sua vita!”
“Oh, sparati.”
“Lode a Liu e ai suoi servizi resi alla comunità, comunque! Ti prego, resuscita Miss Proboscide tra qualche ora. Vorrei rollarmi una canna in pace prima delle lezioni.”
Voci, ciance. L’ufficio che si animava. Persone che sistemavano documenti, persone che si occupavano di note disciplinari. Risate, leggerezze.
Remus rimase immobile, fissando nuovamente un punto nel vuoto. Sembrava non vedere. Eppure vedeva sempre…tutto.
Laverne gli si avvicinò, continuando a sogghignare.
“Questa cosa mi ha stuzzicato l’appetito. Ti darò una mano nelle indagini.”
“La mia Casata ti ringrazia in anticipo.”
“A quanto pare a Grifondoro c’è qualcuno di molto, molto furbo.”
Ah, i misteri. Non c’è mattinata migliore per una giornalista di quella che inizia con un caso da risolvere.  
Lui ricambiò il sogghigno, brevemente, incrociando le braccia al petto.
“Sai, sono le intenzioni del camaleonte a fargli cambiare colore. Ancor prima di essere arrivato all’obiettivo. Ma vuoi saperlo, perché esseri tanto svegli ogni tanto muoiono?”
“Perché?”
“Perché, a volte, hanno le intenzioni sbagliate.”
Hogwarts si stava svegliando. Il gatto nero uscì dall’ufficio, annoiato dal trambusto. Laverne lo superò senza nemmeno vederlo.
Sì, pensò la ragazza, uscendo. Quella era stata decisamente una mattinata molto produttiva.
 
 
 
 
 
 
Di Sirius Black si potevano dire tante cose. Prima fra tutte, la sua intrinseca capacità di uscirsene con delle vere e proprie perle quando qualcuno pisciava nel suo campo senza permesso.
Questa deliziosa capacità di sotterrare la gente con un’alzata di spalle e una battuta al vetriolo buttata lì per caso a volte gli dava parecchie grane…altre, portava innumerevoli vantaggi.
Quel giorno, mentre saliva in camera con le braccia stracolme di Burrobirre e erbette magiche di dubbia origine, poteva constatare di essere appena rientrato nella seconda ipotesi.
Se ne stava accoccolato su una poltrona assieme a Cristhine, godendosi un caffè nero senza zucchero e i sorrisi della sua nuova ragazza – che strano dirlo ad alta voce – quando una galoppina del Comitato della Morale Pubblica era entrata blaterando ai quattro venti l’importanza della verginità.
Che una ragazzina del terzo anno con la faccia piena di brufoli parlasse di sesso era già di per sé una ragione sufficiente per far chiudere quel gruppo di spostati, ma quando la suddetta aveva guardato la coppia novella chiedendo loro se usassero almeno dei contraccettivi, non aveva resistito.
Se Cristhine, avvampando, aveva sputato fuori la spremuta di arancia iniziando a tossire come un’ossessa, lui non aveva fatto una piega. Sorriso alla Black, inarcata di sopracciglia, le aveva semplicemente chiesto quali lei preferisse usare, se la sua faccia o il suo carattere di merda.
Ne era seguito un boato collettivo generale e nel giro di mezz’ora mezza scuola aveva stabilito di dovergli qualcosa per essersi preso la briga di dire ciò che tutti pensavano.
Morale della favola, stava risalendo le scalinate barcollando sotto il peso di quei gentili omaggi con in sottofondo Peter che ancora rideva e un Remus alquanto scocciato che gli stava ricordando l’importanza di non subire traumi a tredici anni.
Entrò in camera ancora sorridendo sotto i baffi, accorgendosi vagamente che Potter stava seduto ad una scrivania dandogli le spalle.
“Era solo una ragazzina, razza di cretino!”
“Appunto, meglio che capisca già come gira il mondo! Hey Ramoso, guarda cosa mi hanno…”
Il sorriso gli si spense lentamente. Tutti gli omaggi gli caddero dalle braccia rotolando sul pavimento. Potter rimase immobile, senza voltarsi.
“Hey.” Ringhiò Black, improvvisamente incazzato. Lo stronzo non gli rispose.
“HEY.”
Niente. Nulla. Ramoso continuò a ignorarlo, incassando appena un po’ il collo.
Lo incassò sempre di più, ad ogni passo che Black faceva in sua direzione. Iniziò a vedersi la gocciolina sulla testa stile cartone animato non appena il suo compare gli fu con il fiato sul collo.
“Qui dentro c’è un gatto.” Sentenziò Black con voce da killer.
Sgamato.
Nemmeno il tempo di finire la frase e il pomo della discordia balzò fuori dalle sue ginocchia con un miagolio da spaccare i timpani e fu la fine.
“HAI PORTATO UN GATTO IN CAMERA!”
La baraonda che ne seguì fu tutta da ridere. Sirius cercò di agguantarlo, Peter si infilò sotto il letto con uno strillo e Remus ebbe la prontezza di riflessi di sollevarlo da terra non appena Felpato e Ramoso si azzuffarono, il primo per cercare di raggiungerlo, il secondo nel disperato tentativo di salvargli la pellaccia.
“L’ho trovato, va bene?!” ululò Ramoso, afferrandogli la faccia con forse l’intenzione di cavargli gli occhi.
“Vuoi forse ammazzarmi?!” ululò Minus, che tra tutti era quello che cercava di allontanarsi il più possibile. “MI VUOI FORSE MORTO?!”
“Non ci posso credere, ci hai portato un gatto in camera!” ululò Black, paonazzo.
Tra le strilla e il gatto che gli aveva appena infilato le unghie nel braccio, il povero Lupin vide le stelle.
“Ok, vedete di calmarvi!” tuonò, spettinandoli con la sola forza dell’ugola. Il micio gli scappò dalle mani, e James riuscì a prenderlo di nuovo.
Se lo strinse addosso con aria protettiva, mentre quei tre gli si avvicinarono con aria non proprio amichevole.
“E’ mio e me lo tengo!” protestò in tono capriccioso. “E voi vedete di curarvi il cervello!”
“IO SONO UN CANE!” sfasò Sirius, con i capelli tutti in disordine e due graffi sulla faccia. “E tu mi porti un gatto in camera! UN GATTO!”
“Devi ricordarti in che cosa consiste la loro dieta?!” ululò Minus, dello stesso avviso omicida.
Lupin si passò una mano sulla faccia. Diventiamo Animagus, dicevano…sarà divertente, dicevano…
“Non ci credo! Ancora non riuscite a superare questa fase?”
“Hey, anche James non ci riesce! Quanti maghi conosci che si fanno molestare da Bambi?!”
“Fottiti, Paddy! Si era perso e mi ha seguito, dove vuoi che lo metta, eh?!”
“Oh, non so, io un’idea ce l’avrei!”
“Ok, ok, vediamo di calmarci un attimo…” il segreto era respirare. Respira, Remus, respira… “James, non puoi tenerlo. Sarà il Famiglio di qualcuno.”
Poco ci mancava che quello si mettesse a pestare i piedi come un dodicenne.
“Ma mi adora! Guarda! Fa le fusa!” e iniziò ad accarezzarlo. Il gatto effettivamente dava l’idea di gradire la sua presenza, perché socchiuse gli occhioni verdi e un gorgoglio vellutato salì dalla sua gola.
“Oh, per l’amor di dio, James…” Sirius alzò gli occhi al cielo.
“Non gli farai del male, mi ci sono affezionato, ok?! Stamattina era sul mio letto, come me lo spieghi? I Famigli non si allontanano dai loro padroni!”
“I gufi volano per chilometri interi, idiota.”
“James…” Lupin cercò di trovare il tono più diplomatico possibile. Aveva letto da qualche parte che con i bambini funzionava parlare lento lento. “Ne abbiamo già parlato. Niente Famigli. Non sei in grado di occuparti nemmeno di te stesso e io non ho tempo di stare dietro ai vostri animali! E poi hai già Vento.”
“Vento è il gufo dei miei! Non è il mio! E poi posso occuparmene benissimo da solo.”
“Ah sì? Quando è stata l’ultima volta che ha mangiato?”
Silenzio. Lupin sospirò.
“Facciamo così. Ora andiamo a cercargli qualcosa da mangiare nelle Cucine. Poi vedo di capire a chi appartiene e dopo, no James, niente repliche, dopo lo restituiremo al suo legittimo proprietario e tu, Sirius, vedi di non sbranartelo per almeno qualche altra ora, va bene? Peter, pensi di uscire da sotto il letto, di grazia? Pesi ottanta chili, dubito che finirai sgozzato da un micetto.”
Dio, quella giornata sarebbe durata a lungo. Quel cretino aveva sempre voluto un gatto, figuriamoci, un elemento del genere non poteva che non gradire l’elegante stronzaggine dei felini. Sarebbero piaciuti anche a Sirius, ma trasformarsi in Animagus in età puberale aveva lo sgradevole svantaggio di avere effettini collaterali.
Così, al posto di finire una Ricerca sugli Incantesimi retroattivi, consumò l’ora buca scendendo fino alle cucine in compagnia di un Black particolarmente rognoso, un Minus ancora più terrorizzato del solito, un gatto che più felice di così non poteva essere, e con  Potter, il capo indiscusso dei bambini viziati che gli stava frantumando i timpani a furia di lamentele.
“Dico solamente che se non riesci a trovare il padrone entro stasera, con tutte le lezioni che abbiamo, dovrò dargli almeno un nome.”
“No, Ramoso.”
“E come pretendi che lo chiami? Bestia?”
“A me hai chiamato in modi anche meno carini.” Borbottò Minus, incollato alla cannuccia di una tisana dentro un bicchiere di polistirolo, unico modo per farlo calmare. “Paddy, ma ci hai messo le erbe che ti avevano regalato stamattina qui dentro?”
“Qualcuna.”
“Fantastico. Sono fatto.”
“Dovevi proprio farlo?” alitò tra i denti Lunastorta, aprendo la porta.
“Eddai, almeno gli è passata la strizza.”
Le discussioni finirono nell’istante esatto in cui una mezza dozzina di elfi domestici li circondarono brandendo pasticcini. Seduti su comode poltroncine imbottite a sorseggiare thé al miele, tisane drogate e a mangiare croissant, i tre rimasero a fissare il loro amato leader perdere completamente la ragione nel dare un po’ di latte caldo al micio.
“Hai fame, eh, amore della mamma?”
Sentire James fare la vocina era già di per sé abbastanza inquietante, ma che si autodefinisse mamma fu anche peggio.
“E’ fuori di testa.” Bisbigliò da un lato della bocca Sirius, acciambellato con una grossa tazza fumante tra le mani.
“Completamente andato.” Confermò Minus, solennemente. “Ma che gli prende? Fa la retata a Serpeverde, si sbronza per una settimana intera e ora questo.”
“Hmmm…” Remus lo analizzò con occhio clinico, mentre quello si era disteso a pancia in giù e osservava con occhioni a cuoricino l’animale. “Beh, è uno che ha il bagaglio emotivo di un comodino. Elementi del genere quando sono un po’ confusi fanno cose strane.”
“Remus, sta letteralmente strusciando la sua testa contro quella del gatto…
Ora sì che lo fissarono con gli occhi a palla. Sirius storse la bocca, schifato.
“Che c’è?” borbottò in sua difesa quello, stringendosi le spalle. “Le mamme dei felini fanno così.”
“Ok, ho visto abbastanza.” Sentenziò Lupin, alzando le mani. “Ci aspetta la lezione di Incantesimi.”
“Ah, a proposito, devi darmi la Mappa del Malandrino.”
“Perché?” il ragazzo lo fissò con sguardo indagatore. “Non vorrai di nuovo pedinare la Evans, mi auguro. James, ci manca tanto così che ti lanci una Fattura.”
Due occhioni d’oro assolutamente innocenti furono la risposta.
“Voglio solo vedere se sta bene…” borbottò a bassa voce, attirandosi delle tazzine in testa.
“La Mappa è in camera e comunque no, non puoi averla ancora. Mi serve per una cosa.”
Aveva deciso di non comunicare ancora le sue recenti scoperte. Sirius non aveva passato certo un bel periodo e si meritava di staccare la spina con la sua Corvoncina. Anche James non sembrava messo bene, ed il fatto che coccolasse un gatto come fosse un bebè ne era l’assurda prova. Peter invece era traumatizzato dalla nascita, probabilmente, quindi meno ne sapeva e meglio era.
Improvvisamente, un battere alla porta bloccò sul nascere qualsiasi protesta.
“C’è qualcuno nelle cucine?!”
Cazzo. Gazza.
Seguirono attimi di panico puro ma grazie a dio, Codaliscia si era portato dietro il Mantello dell’Invisibilità…solo che fu parecchio complicato starci sotto in quattro, non potendo trasformarsi in Animagus.
Mentre il Custode entrava a passo di carica pronto a massacrare chiunque osasse rubare cibo fuori dall’orario dei passi, i poveretti si ritrovarono spiaccicati contro la parete, incastrati come meglio potevano.
A Gazza vibrarono appena le sopracciglia. Davvero, sembrava avessero vita propria.
“Tu, elfa! Sono passati degli studenti?!”
Ma come cazzo faceva?!
La piccoletta che aveva abbrancato iniziò a tremolare, non sapendo bene cosa rispondere. Mentire non era nella loro indole, così si limitò ad annuire il più piano possibile.
“E dove sono?!” chiese Gazza, con le narici già larghe.
“Spariti.” Rispose lei.
“Spariti?! Che significa spariti, da che parte sono andati?!”
“Spariti. Un attimo prima c’erano e poi…spariti.” Riconfermò quella, con un’alzata di spalle. In effetti, non stava propriamente mentendo… ma quella carogna stava subodorando qualcosa e a mollare la presa proprio non ci riusciva, così iniziò una vera e propria caccia al tesoro, controllando ogni singolo centimetro, perfino dentro i calderoni messi a sobbollire sul fuoco.
Lo sentiva nella pellaccia, che qualcosa non quadrava. Anni di esperienza con i peggio criminali della gioventù bruciata di quei tempi gli avevano aguzzato il naso.
Fu così che batté palmo a palmo la stanza e quando fu a pochi centimetri da dove erano loro, i ragazzi trattennero il respiro praticamente certi di essere fritti (e anche perché l’alito del Custode sapeva di mele marcie e alcolici).
Il gatto nero, stretto a James, iniziò a trovare scomoda quella posizione e prese ad agitarsi, facendo venire un infarto a tutti e quattro, ma fortunatamente il Magonò decise di desistere, superandoli senza vederli.
Fece appena un paio di passi quando Sirius ebbe la brillante idea di mettere la mano su quella bestiaccia per farla stare ferma con le cattive. Peccato che i gatti non gradiscono particolarmente essere maltrattati…
“AHI!”
“Cosa?!” saltò Gazza, voltandosi di scatto.
“Mpf!”
Black, il cui unico obbiettivo al momento era quello di tirare una poderosa bestemmia, si ritrovò ben tre mani premute sulla bocca, mentre i denti affilati di quel demonio peloso gli penetravano nella carne facendogli vedere le stelle.
Ma si sa, la fortuna sorride agli incoscienti. E mentre il Custode iniziava ad urlare e a cercare a tentoni nell’aria con lo sguardo di un maniaco sessuale, accadde il miracolo: un elfo fece cadere un sacco di farina alzando un polverone degno di un Bombarda, permettendo loro di scivolare oltre la porta.
Inutile dire che una volta nel corridoio la corsa fu a perdifiato. E che quando finalmente furono al sicuro, le intenzioni non erano propriamente delle migliori…
“Levamelo dalla vista O GIURO CHE IO LO AMMAZZO!”
“Sei tu che gli hai fatto male!” esclamò Potter, stringendo il gatto a sé nel tentativo di non farlo cadere nelle mani di Sirius, che cercava di strapparglielo via con ancora le lacrime agli occhi per il male.
“Paddy…Paddy! Calmati, non l'ha fatto apposta!”
“Mi ha morso! Quel piccolo felino ingrato mi ha morso!”
Minus fatto, un tentativo di omicidio e un gatto che strillava a più non posso. Motivi più che sufficienti per far infrangere a Remus una delle tante regole ferree che si era autoimposto: non usare la sua potenza fisica con i suoi amici.
Agguantò i due per le collottole come avrebbe fatto con due cuccioli, sollevandoli di peso con la sola forza delle braccia.
Senza nessuno sforzo. Era sempre strano vedere un ragazzo così esile riuscire a fare cose che avrebbe faticato a fare un energumeno, ma, presi alla sprovvista, i due finalmente si zittirono.
“Avete rotto.” Dichiarò. “Infilate quel gatto in camera e andiamocene a lezione. ADESSO.”
Di mamma, in fondo, in quel gruppo ce n’era sempre stata una sola.
 
 
 
 
 
 
 
Babbanologia.
Probabilmente la materia più paraculo nella storia di quella scuola, per un semplice fatto: era una materia salva crediti.
Non c’era Mezzosangue lì dentro che non la frequentasse. Forse era un po’ immorale, ma partire avvantaggiati e prendere crediti senza studiare mai faceva sempre gola un po’ a tutti…e Lily Evans non faceva eccezione.
Senza contare che c’era anche qualche Purosangue, a cui bastava pagare i primi per farsi fare i compiti e sganciare qualche scellino a Weasley per taroccare i fogli d’esame.
Già, a quanto pareva il loro Professore aveva un po’ la fissa per i Non-Maghi e quindi, nessuna pergamena anti-Incantesimo, nessuna piuma Anti-Bigini, nessuna SpiaCopione nell’aria…una vera pacchia.
E Arthur era un mostro nello stregare, non proprio legalmente, qualsiasi cosa di appartenenza babbana. Con banali fogli protocollo e biro stick aveva imparato a undici anni.
La cosa simpatica era che fosse l’unico, lì dentro, ad appassionarsi davvero alla materia e quando avevano parlato dei Walkie-Talkie praticamente non aveva dormito due notti, fino a quando Lily non si era vista costretta a prendergliene uno.
Le faceva sempre strano vedere come il rossino sbarellasse lì dentro per oggetti banali come apribottiglie, paperelle di gomma e porta-cd, e con un mezzo sorriso si accasciò sul banco sbirciando di tanto in tanto la sua euforia.
Quel giorno il mal di testa era peggiorato. E non solo, aveva dormito fino a tardissimo. Si era svegliata su una poltrona della sala Comune a pomeriggio inoltrato, senza che nessuno si fosse premurato di avvisarla, tra l’altro!
Nemmeno se lo ricordava, come ci era finita lì…probabilmente era scesa la notte prima a prendersi un bicchiere d’acqua in trans ed era collassata sulla prima postazione comoda trovata.
Si accoccolò meglio nel suo maglioncino, con le braccia sotto il  mento…strano ma vero, aveva ancora sonno. Un sacco di sonno…
Ma a quanto pareva, la posizione spaparanzata sul tavolo alla “lasciatemi-tutti-in-pace-voglio dormire” non doveva essere così chiara.
“Si può sapere perché ogni volta che mi giro devo trovarmi te davanti che mi sommergi di parole?!”
Potter, chino su di lei, le scoccò l’ennesima occhiata da cucciolo.
“Ho detto solo Buongiorno!”
“ESATTAMENTE! Renditi conto! Ogni mattina sentirsi dire BUONGIORNO!”
“Guarda che sono le quattro di pomeriggio…”
“Mollala, Potter.” Sbottò Black, sbattendosi con malagrazia su una sedia lì di fianco. “E’ in botta, non lo vedi?”
“Serata brava, Evans?” gridò qualcuno dai banchi posteriori.
“Sì, prostitute e alcool tutta la notte.” Si lasciò sfuggire quella, con una smorfia. Forse l’essere acida avrebbe aiutato a starsene in pace…
Niente da fare. Potter salutò i compari e pensò bene di sedersi accanto a lei.
Un gemito le uscì dalle labbra, sollevando appena il mento dalle braccia incrociate.
“Dio, James, oggi sono distrutta. Abbi pietà…”
Si zittì di colpo, quando sentì un tocco leggero sul viso.
Cosa…diavolo…?
Alzò gli occhi, specchiandosi in quelle due voragini d’oro che la contemplavano con attenzione. Si era chinato su di lei.
E poco dopo, sulla sua fronte, la mano fu sostituita dalle sue labbra, mentre le infrangeva le dita tra i capelli con l’altra per tenerle fermo il capo.
“W-wah!”
Una scossa elettrica la paralizzò sulla sedia. Aveva la bocca morbida…
“Non hai la febbre.” Sentenziò lui staccandosi dopo qualche istante, tranquillo da fare schifo, senza accorgersi di come il cuore le fosse balzato in gola. “Ma non ci credo che ti sia data improvvisamente all’alcool. Per le prostitute ci spererei, invece.”
“N-no…” balbettò Lily, ed improvvisamente, arrossì.
Ma che cavolo gli era preso adesso?! Da quando era così protettivo con lei?!
Non era…non era una cosa che faceva un nemico.
Quel modo di misurare la temperatura…lo faceva suo padre, quando era bambina. Era da tempo che non le capitava più.
Improvvisamente, il maglioncino le sembrò una trappola mortale. Ma non era colpa della lana…era quel suo odore, pensò ad un tratto, mentre lui sorrideva leggermente. Era il suo odore a farle sentire caldo.
“Ti sei fatto il bagno nell’acqua di colonia o cosa?” mormorò, prendendolo di sprovvista.
“Eh?”
“Il tuo profumo.” Spiegò. “E’…più forte del solito.”
Si rese conto di cosa aveva appena detto quando lui allargò impercettibilmente gli occhi, stranito, e il rossore invase le sue guance come un tizzone ardente. Ma prima che potesse auto seppellirsi sotto terra, il professore di babbanologia, Barrie Walsh, entrò in classe.
Alto e dinoccolato, rosso e lentigginoso, due enormi basettoni che lo facevano assomigliare ad un damerino d’altri tempi, quel giorno portava una giubba a due falde e panciotto in tartan, da vero scozzese.
E non era l’unica cosa stramba che portava…perché sotto il pelo color fuoco, si potevano quasi vedere ingranaggi girare in modo strano.
Nonostante tutto, era giovane e con un simpatico naso a patata che tuttavia non bastò a cancellare la sequenza di maledizioni mentali che si tirò addosso quando a passo di carica e con un ghignaccio sadico sfoggiò la sua idea malsana.
 
 
 
“Lui vuole fare cosa?”
Cristhine McRanney appoggiò la cioccolata sul tavolo, avvolta in una sciarpa grande il doppio di lei e ben sistemata accanto a Sirius nella Sala studi. I begli occhioni color miele erano a metà tra lo stupefatto e l’orripilato.
“Vuole toglierci i poteri per due giorni e chiuderci tutti in una casa fuori da Hogwarts. Una specie di esperienza sul campo della sua materia.” Sbottò Lily, sdraiata di pancia su morbidi tappeti a scrivere distrattamente qualche riga sulla battaglia di Nurmengard che quel giorno non riusciva ad entrarle in testa.
Erano tutti in cerchio, con i fulmini che uscivano dalle testoline, a finire di ripassare Storia della Magia. Cosa che nessuno stava facendo, ovviamente.
“Giuro su dio che lo eviscero.” Sibilò Black, artigliando l’aria con le nocche. “Mai sentita stronzata più grande.”
“Ma…ma perché?” borbottò la McRanney, che iniziava a pentirsi di aver scelto quella materia.
“Sue testuali parole: per essere solidali con i colleghi di Serpeverde a cui è capitato quello spiacevole incidente e per fare esperienza in caso venisse l’apocalisse.” Ringhiò Alice, con una smorfia. “Cristo, ma quanto può essere scemo quell’uomo?! Solidali con Serpeverde!”
“Sì, la cosa più assurda tra le due è quella, eh?” frecciò ironicamente Lupin. “E’ semplicemente una persona tollerante e aperta mentalmente.”
“Tollerante?! Ma lo sa che metà Serpeverde vuole vederlo friggere nell’olio bollente per la sola materia che insegna?! Chi pensa che sia a fregargli tutti i kilt da collezione?!”
“Oh, andiamo, non sono tutti così.”
“Certo Lupin.” Frecciò Geky Bell, scuotendo la zazzera nera. “Continua a sognare.”
“Buongiorno ragazzi!”
Arthur era forse l’unico ad essere totalmente in brodo di giuggiole e si avvicinò con un sorriso a trentadue denti, saltellando per l’eccitazione.
“Non vedo l’ora che Barrie ne parli con Silente! Sarà fantastico!”
“Barrie?!” domandarono in coro i Grifondoro, già con mezza intenzione di fare fuori entrambi.
“Mi ha chiesto lui di chiamarlo per nome. E’ un genio!” tubò il rossino. “Non fate quelle facce, se la sua proposta verrà approvata passeremo un bel week end assieme! Sarà divertente!”
“Certo che verrà approvata…” masticò fra i denti Sirius. “Quanto ci fate che Silente troverà l’idea incantevole?! Quello è più sadico di un carceriere, per certe cose…”
“E qualcuno sa come sopravvivere senza magia?! Dico, ma come si fa a cucinare senza bacchette?!”
Potter stava stranamente in silenzio. Lily alzò lo sguardo, più incuriosita dalla cosa che dispiaciuta.
“E tu?” sbottò, gonfiando le guance. “Come mai non ti lagni?”
Quello sorrise, incrociando le braccia dietro la testa e appoggiandosi al bracciolo.
“Perché penso anche io che sia una ottima idea.” Rispose, fissando il soffitto con aria inquietantemente soddisfatta.
Ok, quello era strano, e bastò a zittire la compagnia in un silenzio attonito.
Ma in effetti, James Potter aveva occhio per certe cose. L’idea di rimanere senza poteri inizialmente l’aveva fatto sbarellare come gli altri, ma poi la sua testolina malata aveva fatto due più due.
Due giorni. Da soli in una casa, senza professori. Con Lily.
E quando Barrie Walsh, schivando un paio di libri che erano stati stregati per mozzargli la testa, aveva mostrato le fotografie della casa, era stato l’unico a notare una cosa.
C’era un’unica grande camera da letto…
Si trasfigurò una tazza da thé sulla quale esibì un ghigno pervertito che bastò a far sbiancare la Evans, la quale avvertì un lungo e misterioso brividino lungo la spina dorsale.
Si alzò come un automa, non capendo esattamente da dove arrivasse quella sensazione che urlava “pericolo” a piena potenza.
“Signorina Evans! Cercavo proprio lei.”
L’arrivo tempestivo di Kittleburn la distrasse il tempo necessario per smettere di sudare freddo.
“Professore.”
“Ho fatto le ricerche che mi avevi chiesto.” L’uomo si tolse qualche ramoscello dai capelli, prima di riprendere. “Mi spiace, buco nell’acqua. Ma presto mi arriveranno alcune documentazioni sugli Spiriti Guida, è possibile che riesca a recuperare qualche informazione sul tuo misterioso cervo bianco.”
Il rumore di una tazzina in frantumi li fece sobbalzare. James si chinò a raccogliere i pezzi di vetro fissandola al contempo, quasi sconvolto.
“Scusa…di quale cervo parli?”
“Oh…” Lily arrossì vagamente, guardando altrove. “La notte del Corno Corazzato…c’era un cervo e…beh, mi ha salvato la vita.”
“Visto? Non ci sono solo molestatori tra i cerbiatti.” La prese in giro Paciock, con un risolino. “E’ stato prima o dopo che uno di loro ha stuprato James?”
“Io non mi fiderei a girare con Bambi da sola dopo quello che gli è capitato, sai?” s’aggiunse Alice serissima, e andarono avanti per almeno dieci minuti con battutine di questo tipo.
“Ah-ah, va bene, ridete pure.” Lei fece la linguaccia, fermando le prese in giro. “Ma quello non era un animale qualsiasi. Mi capiva…mi ha portata dritta a casa, mi sarei persa senza di lui!”
“Lily, era solo un cervo.” Disse Remus, con voce stranamente incolore. “Avrà avuto fame e ha seguito l’odore del Guardiacaccia.”
“O di Potter…” frecciò qualcuno dalle retrovie.
“Oh, ma perché non andate tutti a farvi fottere, eh?!”
“Come fai ad esserne così sicuro? Tu non c’eri!” la ragazza incrociò le braccia al petto. “Io l’ho visto, lo so che non era normale. Credo che fosse uno Spirito guida.”
Questa volta il risolino di Paciock si fece più alto.
“Gli Spiriti Guida non esistono!”
“Per i Babbani non esistono nemmeno gli unicorni, sai? E poi…hey, Potter, che hai? Stai male?”
Si bloccò a metà della sua tirata, notando che il Malandrino era decisamente impallidito.
“Non…non dovresti preoccuparti così per quel cervo.” Le rispose, con ancora stampata in faccia quell’espressione di ebete incredulità.
“E perché no?" rispose la Grifoncina, stizzita. “E cosa ti interessa poi, scusa?”
“Io…io…” balbettò lui, prima di balzare in piedi. “Certo che sei una bella testa dura! Hai gli esami tra poco e ti metti a perdere tempo dietro a favolette per bambini! Ma che hai nel cervello, eh?!”
“Ma che vuoi! Fatti gli affari tuoi!”
“Ti stai rendendo davvero ridicola, Evans!”
I due si avvicinarono puntandosi il dito contro a vicenda, pronti a sbranarsi.
“Da quando ti interessa il mio rendimento scolastico?! La pianti di imitare mia madre?!”
“E immagino che hai in programma anche delle belle scampagnate nella Foresta Proibita, vero? E lei professore non dovrebbe alimentare certe dicerie!”
Quello lo squadrò come fosse un alieno, sconvolto da quel dibattito iniziato apparentemente dal nulla. Ma che gli pigliava adesso a quei due?!
“Oh, San Potter il difensore della Teoria convenzionale! Ma non farmi ridere!”
“Tu non farmi ridere! Stai andando a caccia di cose inventate! Come se non fossero bastate tutte le grane in cui ti sei cacciata di recente!”
“MI CI HAI CACCIATO TU, RAZZA DI…!” la ragazza cercò di ritrovare la calma, più che altro perché il Professore era ancora lì, a fissarli basito. “Senti, Potter, non so che razza di fissa ti è presa ma te lo rispiego per bene: non-ho-bisogno-della-balia!”
Potter abbassò la voce, avvicinandosi piano con un diavolo per capello.
“Non dureresti mezzo minuto nella Foresta, senza di me.” le sibilò, con il chiaro intento di sminuirla.
Ma improvvisamente, la faccia di quella maledetta si distese.
“Ottimo. Allora mi ci accompagnerai.”
“Io…cos…?!”
La ragazza tornò tranquilla e sorridente, dandogli un colpetto sul petto.
“Sei la mia ombra, no? Almeno servirai a qualcosa. Allora siamo d’accordo. Ti avviso io quando. Ora vado a fare un pisolino, l’emicrania mi sta uccidendo! Ci vediamo.”
“No…aspetta, cosa…?!”
L’aveva fatto apposta?! Rimase a fissarla mentre si allontanava col professore, ora innocente e allegra come un fiorellino.
Quella maledetta l’aveva appena incastrato. Non poteva crederci!
Si girò stralunato verso i suoi amici, e non ci fu bisogno di telepatia di sorta per capire che fosse nel panico.
Remus Lupin sospirò – ultimamente sembrava non voler fare altro – e si girò verso gli altri.
“Qualcuno ha per caso perso un gatto?”
 
 
 
 
“Non avrai intenzione di farlo dormire sul letto.”
Lupin alzò gli occhi al cielo, osservando il gatto accoccolarsi come un vero re sul cuscino di James. Ovviamente non avevano trovato il padrone e Potter era sparito per tutto il resto del pomeriggio. Qualcuno aveva detto di averlo beccato a discutere di nuovo con la Evans da qualche parte, ma entrambi non erano ancora tornati.
“Che c’è? Paura che ti morda nel sonno?”
Solo il fatto che fossero assieme gli aveva impedito di guardare la Mappa del Malandrino e andarlo a prendere per le orecchie, visto che, come da prevedersi, non si stava occupando del Famiglio, lasciando le incombenze a lui.
“Perde peli!”
E per incombenze intendeva tenere buono Black e calmare Minus, dato che in meno di mezz’ora quel animale così carino aveva allegramente soffiato già cinque volte e cercato di assaggiare Peter almeno due.
Un lupo, un cane ed un topo non erano propriamente la compagnia ideale anche se in quel momento si era stranamente calmato.
Due più due non è sempre scontato per tutti, ma Remus era un abile intuitore e fu con due occhi omicidi che si voltò verso Sirius.
“Ma tu gli hai messo la droga nel latte!”
Ah, beato silenzio, pensava l’altro, allacciando le mani dietro la nuca e ributtandosi sul materasso, godendosi le ramanzine di Remus come se fossero opere liriche. Sarebbe stata finalmente una notte piacevole.
Ed in effetti lo fu.
La presenza di un gatto gli faceva ancora venire voglia di lanciarsi al suo inseguimento ma le erbette di Leavy si erano rivelate particolarmente buone, per cui riuscì a tenere a bada il suo istinto di cane abbastanza bene. Sentì vagamente James tornare molto tardi e fare dei rumori strani, ma per il resto, il sonno filò liscio come l’olio.
Fu con un sorriso che si svegliò il giorno dopo, con un filo di sole che trapassò le tende di broccato puntandogli sull’occhio sinistro.
Domenica, dio, non c’era giorno migliore della domenica. Tutto il tempo del mondo per stare con Cristhine e dimenticarsi il suo cognome.
Balzò giù dal letto già assaporando il suo profumo nel naso, il rumore che faceva la sua camicetta quando la ragazza muoveva le braccia, il tepore della sua pelle.
“Forza Malandrini!” rise ad alta voce, già di ottimo umore. “E’ una bella giornata, il sole è alto, il cielo è splendidamente blu, non mi sono pappato come spuntino notturno quello schifosissimo gatt…AAAAAARGH!!!”
Inciampò nelle coperte, finendo addosso a Remus che si svegliò tirando una delle sue rarissime bestemmie.
“Ma che cavolo fai?!”
“Ma perché state urlando in questo modo?” biascicò Minus, ancora mezzo sbronzo visto che per farlo rilassare non avevano trovato niente di meglio che sparargli mezzo barile di Burrobirra nello stomaco.
Non fecero in tempo a dire altro.
Black agguantò entrambi per le magliette trascinandoli con espressione allucinata verso il russare di Potter.
E ciò che videro bastò a farli stare in silenzio per almeno cinque minuti buoni.
Stava a pancia in su, braccia allargate, una gamba buttata oltre la sponda e russava con la bocca spalancata. Le lenzuola sfatte, arricciate ad altezza del bacino, un cuscino caduto a terra.
Gli sguardi dei suoi amici scivolarono piano al suo fianco. Le lenzuola risalivano appena, coprendo un altro corpo, più sottile, avvinghiato al suo.
I capelli rossi sparsi a ventaglio sul cuscino, il ventre contro il materasso ed il braccio buttato contro il petto nudo di James, respirava con la bocca appena dischiusa ed assomigliava ad una bambola.
In quel letto, c’era Lily Evans.
Una Lily Evans...senza vestiti.
 

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Capitolo 25
*** We are meant to be together. ***


 
 
 
Lily Evans non aveva mai condiviso il letto con nessuno.
Mai, nemmeno con sua sorella quando erano bambine, o con sua madre quando faceva un brutto sogno. Preferiva rimanere sotto le coperte a tremare, piuttosto che infilarsi nel matrimoniale dei suoi genitori.
L’orgoglio che da sempre era stato suo compagno le impediva di accettare qualcuno fra le lenzuola, qualcuno con cui condividere il sonno, l’unico luogo in cui era totalmente vulnerabile, inerme.
Il sonno era la sua culla sacra, lo spazio dove poter essere fragile.
Eppure, quella presenza calda…non la vide come un’intrusione. Era come se ci fosse sempre stata. Come se…fosse naturale.
Fu per questo che non si svegliò mai durante la notte, nonostante quel corpo liscio che l’abbracciava non faceva altro che agitarsi, scattare, come un vero uragano.
Socchiuse gli occhi, mugugnando appena, stringendosi attorno a quella cosa estranea senza inizialmente stupirsene più di tanto. Le ciglia si schiusero come fiori sugli occhi smeraldini, che faticarono a mettere a fuoco.
Dove si trovava? 
Non ricordava di essere andata a dormire.
Beh, in ogni caso, stava infinitamente bene. C'era un bel calduccio ed era comodo…
Solo che…solo che effettivamente c’era…
Sbarrò improvvisamente gli occhi, sentendo sotto le dita e sotto la guancia qualcosa che decisamente non era un cuscino.
“Ma che cos…”
Balzò a sedere, stropicciandosi gli occhi, prendendo coscienza lentamente di…una presenza. Qualcosa che si muoveva, mugugnando.
Improvvisamente, un braccio uscì dalle lenzuola e finì sulle sue gambe, artigliandole dolcemente un fianco.
Sobbalzò violentemente, abbassando gli occhi su quella mano che le massaggiava la vita, cercando piano di tirarsela vicina.
Un altro mugolio.
James Potter schiuse gli occhi d’oro con una sensazione di benessere…e un urletto nelle orecchie.
Dannati Malandrini…facevano sempre un baccano bestiale di mattina. I soliti casinari!
Balzò a sedere massaggiandosi i capelli, percependo solo vagamente il sentore…come di un calore, sulla pelle. Il ricordo di qualcosa di estremamente morbido appoggiato fino a poco fa su di lui.
Fu assurda la sincronia con la quale i due si svegliarono, su questo i Malandrini potevano giurarci. Si girarono l’uno verso l’altro con una simultaneità perfetta.
Si misero a fuoco, strabuzzando gli occhi come se si fossero messi d’accordo. E, sempre assieme, sbiancarono.

Un urlo disumano scosse le fondamenta di Hogwarts.
Tremarono i quadri.
Si ruppero i bicchieri.
Disperati studenti con la fissa delle leggende balzarono per aria con la certezza di una non meglio identificata fine del mondo.
Weasley si versò il caffè addosso, Alice scivolò dalle ginocchia di Paciock, Monique cadde per terra ed i gufi se ne volarono via in massa con un tubare stridulo.
Le due fonti di quei versi da baritono si puntarono l'indice contro a vicenda, con gli occhi fuori dalle orbite. Poi, come se il letto fosse stato improvvisamente pervaso da scariche elettriche, scattarono all’indietro, cadendo di sedere sul pavimento con un tonfo sordo.
Si fissarono sconvolti per ancora qualche secondo, sempre continuando ad indicarsi con il ditino.
Le loro bocce si spalancarono in contemporanea.
“CHE DIAVOLO CI FAI TU NEL MIO LETTO?!”
 
 
 
 
 
Un bianco raggio di sole filtrò la coltre di nebbia squisitamente inglese di quella mattina per accarezzare i petali carnosi di un’aspidistra appoggiata su un tavolino di ceramica.
Nonostante lo Yorkshire fosse tra le regioni più limpide dell’Inghilterra, quell’anno la coltre argentata bagnava il suolo di quelle campagne e delle sue antiche rovine sparse qua e là da più di due settimane, incurante delle fitte piogge novembrine.
Essa si faceva più spessa proprio attorno ad una casetta bifamiliare immersa in un complesso di stagni e campi, come una corona setosa a suggellarne l’isolamento dal resto del mondo.
Sotto il portico, una donna alta e snella osservava con occhi persi il giardino, il rigoglio dei fiori nonostante l’assenza di sole, la vegetazione sempre più selvaggia e meno curata oltre il recinto in pietra, le polpose giunchiglie selvatiche avvinghiate al canneto, gli scatti ronzanti delle libellule e delle ranocchie nello stagno.
Aveva lunghi capelli di un morbido castano chiaro che finivano appena sopra i fianchi azzardando qualche boccolo sulle punte, occhi grandi e delicati che tuttavia venivano mitigati dall’altezzosità dei suoi lineamenti. Un viso candido e affilato, un’ombra di regalità che non riusciva del tutto a nascondere.
Troppo simile alla sua famiglia.
Fissava lo stagno in quella posa inconsapevolmente impettita da almeno un’ora, senza rendersi conto di quanto lo fosse.
Nulla di quella pacifica visione riusciva a tranquillizzare il suo cuore e fu con un gesto nervoso che afferrò la bacchetta, portandosela alle labbra.
La bocca carnosa si schiuse appena nell’emettere un soffio sopra la sua punta, che scintillò alla parola “Nevolus”, appena sussurrata.
La cintura di nebbia magica si fece ancora più fitta.
“Davvero un peccato ombreggiare fiori così belli, non trovi, mia cara?”
Albus Silente uscì giusto in tempo con il rumore di un piatto rotto e un’imprecazione maschile. Ridacchiò, accostandosi alla strega.
“Tuo marito invece gestisce l’agitazione in modo particolare, ovvero inciampando dappertutto. Credo che dovrai ricomprare il servizio di argenteria!”
“Tra lui e mia figlia, ho smesso di sperare di averne uno intatto.”
A quelle parole, alzò gli occhi al piano di sopra. La cameretta aveva le tende tirate.
Il mago sorrise di nuovo. In quel tempo grigio, il biancore argenteo dei suoi capelli risplendeva contro le rughe sottili.
“Andrà tutto per il meglio.”
“Lo so.”
Un altro piatto rotto. Suo marito decise che forse avrebbe fatto meno danni fuori da casa e si unì a loro.
Era un uomo biondo e panciuto, un grande naso a patata e occhi teneri. Inciampò proprio sull’uscio ma sua moglie, senza nemmeno guardare, aveva già steso il braccio per sostenerlo.
Se qualcuno, in un modo un po’ perfido, si fosse chiesto che cosa ci faceva quella bellezza di donna accanto ad un imbranato del genere, si sarebbe ricreduto notando lo sguardo di puro amore che i due si scoccarono una volta abbracciati.
Si guardavano sempre come ragazzini, nonostante tutto. Nonostante quell’angoscia, quel nervosismo e quella eccitazione.
“Spero che non prenda il mio naso.” Confessò lui, con un risolino, tanto per dire qualcosa. “Ma sicuramente avrà in tutto e per tutto i tuoi lineamenti eleganti e la tua faccetta seria seria.”
Lei scosse il viso, con una strana smorfia.
“Non dire così.”
No, doveva essere quanto più distante possibile dal suo aspetto, nessuno doveva capire la sua provenienza. Così sarebbe stata più al sicuro.
L’uomo fraintese il suo improvviso tremore e la strinse più forte.
“Non è un processo doloroso, lo sai? E’ solo un po’ lungo.”
“Lo so. Non è questo.” Lei si appoggiò alle sue spalle, improvvisamente stanca. “E’ che…tutti gli altri lo hanno fatto quando avevano cinque anni. Noi invece…l’abbiamo snaturata, abbiamo fatto sì che tutto questo tardasse fino ad ora. E se…se lo shock fosse troppo grande?”
“Mi sembrava tutto tranne che scioccata.” Ridacchiò Albus. “Non vedeva l’ora di vedersi con il suo vero aspetto. Ma era importante che fosse da sola.”
“Abbiamo preparato nostra figlia a tutto questo.” La consolò il marito, alzando lo sguardo bonariamente verso il piano di sopra. “Da sempre. E’ più forte degli altri suoi simili. Se la caverà.”
“Un buon bicchierino di brandy dovrebbe allentare la tensione.” Propose allora Silente, allegro e pacato come al solito.
Avevano appena finito il secondo giro quando la porta della cameretta si schiuse sopra le scale.
“Credo…credo sia finito! Potete salire!” urlò una ragazza, prima di sbattere la testa da qualche parte. “Ahi!”
“Che cavolo, ho tolto tutte le mensole!” si lasciò sfuggire sua madre, nel salire. “Dove diamine ha picchiato adesso?!”
La ragazza in questione aveva appena picchiato, di fatto, contro lo stipite. Ma era troppo eccitata per preoccuparsi del bernoccolo.
Non stava nella pelle, non riusciva a stare ferma un solo secondo…il che era problematico perché fin da quando era bambina aveva ereditato da suo padre la tendenza a sbattere ovunque e a farsi male nei modi più impensabili.
Ma ora…ora anche quel cerotto sulla fronte le parve magico. Perché era il primo!
Il primo cerotto su…sulla sua pelle! Sulla sua…sua faccia!
Non riusciva a crederci di aver finalmente ottenuto il suo vero aspetto…ed inoltre si piaceva!
Incredibilmente, si trovava così…se stessa. Tutto il suo corpo, tutti i suoi colori, rispecchiavano perfettamente la sua personalità!
Mai più nascondersi, mai più nomi falsi…mai più da sola. Avrebbe finalmente iniziato a vivere, a farsi degli amici veri…ad essere…beh, ad essere lei!
Sentii i passi dei suoi sugli scalini, le loro voci…e l’emozione raggiunse il culmine.
“Capelli neri, quotati due a zero.”
“La vuoi piantare?! E’ una faccenda seria!”
“E gli occhi azzurri, forse? Non me la vedo troppo con lo sguardo di ghiaccio, ad esser sincero. Sarebbe strano!”
“Suvvia, amico mio, sono sicuro che sarà deliziosa.”
“Beh, non è che si ponga troppo il problema, sa Silente? La fortuna di quelle come lei è che l’aspetto è davvero l’ultimo dei pensieri. E sicuramente sarà identica a sua madre! Ti prego non il mio nasone, ti prego, ti prego, ti prego…!”
La porta si aprì lentamente, e quello fu un momento che mai avrebbe scordato.
La ragazza si alzò in piedi, barcollò appena ma riuscì miracolosamente a non cadere.
“Allora?” esclamò, fiera come non mai, mentre suo padre sgranava gli occhi e sputava fuori tutto il brandy. “Come vi sembro?”
Silenzio attonito.
“Incantevole.” Rispose prontamente Albus, che, al contrario dei suoi genitori, non aveva fatto una piega alla vista del suo aspetto così…insolito.
“Questo sì che farà incazzare i miei suoceri.” Fischiò dopo qualche istante il suo adorabile papino, con un  mezzo ghigno.
Non aveva il naso a patata, pensò invece confusamente la padrona di casa. Ma…di certo non era uguale a lei.
Oh no, pensò, iniziando a ridere istericamente. Di certo non lo era.
L’abbracciò di slancio, sempre continuando a ridere e a piangere allo stesso tempo.
Tutte le madri vedono il viso del loro bambino al momento del parto…beh, lei lo aveva fatto un po’ più tardi.
Aveva atteso, atteso e atteso di sentire quell’incredibile sensazione, quella di cui tutte le altre mamme parlavano. Quella potenza, quella consapevolezza…la certezza che quel viso l’avrebbero amato in ogni dettaglio per il resto della propria vita.
L’amore prima di quel giorno non era di certo mancato, tuttavia…tuttavia era ora che lo sentiva finalmente completo.
Talmente forte da traboccare.
“Sei bellissima.” Singhiozzò, stringendosela contro.
Non importava che non le somigliasse molto. Alcune donne ci tenevano parecchio…non lei.
Lei voleva solo…solo vederla. Per la prima volta.
Per com’era davvero.
Ed era perfetta.
Il fiore più colorato del suo giardino.
“Bellissima.” Ripeté, mentre sua figlia ricambiava la stretta ed il padre si univa a loro.
Albus attese educatamente qualche secondo, prima di avvicinarsi a sua volta.
Torreggiò su quella famiglia concedendosi di non pensare al futuro di quelle persone. Non era il momento…nonostante lui sapesse.
Vedesse.
Ma era un istante troppo bello per pensare ad altro.
“Allora.” Sorrise infine, ed i suoi occhiali a mezzaluna scintillarono. “Sei pronta per tornare ad Hogwarts?”
 
 
 
 
 
 
Quella era la fottuta fine del mondo.
Sirius Black ne era certo.
Sarebbe scoppiato un uragano, lo sapeva, e loro erano proprio nel mezzo!
Dopo aver praticamente perso un orecchio per colpa di quel barrito da isterici, iniziò vagamente a sudare freddo.
Questa volta quella scimmia li ammazzava davvero.
“Tu…tu…!” La Evans, infagottata in un involtino di lenzuola – le usciva solo una gamba nuda -  si guardò attorno così infuriata da non riuscire a parlare.
Poi la rivelazione colse la sua testolina e la videro tutti sbiancare.
“OH MIO DIO!” gemette in preda al panico voltandosi da tutte le parti.
Poster di band rock e metal attaccati alle pareti, boccini, scope appese alle pareti, trofei, disordine ovunque. 
Non era James ad essere nel suo letto…era lei nel letto di James!
Tutto, nella sua mente, girava come una trottola. La camera di Potter. Il letto di Potter.
Poi ebbe la malaugurata idea di guardare il suo corpo.
Per poco non svenne.
Era nuda…
“AAAARGH!”
Afferrò i primi pantaloni che vide infilandosi sotto quel bozzolo di coperte più che poteva, con il cuore a palla e le corde vocali in fiamme. Una maglietta…doveva trovare una maglietta!!!
Potter si tappò le orecchie, altrettanto sconvolto. Vide la Evans rivestirsi urlando come una iena sotto una montagna di plaid vari e notò a malapena i Malandrini squadrarlo come un alieno.
Cosa CAZZO era successo?
La Grifoncina riemerse il tempo necessario per guardarsi attorno…e notare, avvampando fino a diventare del colore dei suoi capelli, che non era l’unica ad essere…in abbigliamento non consono…
Black, in mutande, stirò un ghigno appoggiandosi al muro senza vergognarsi di striscio. Minus aveva la decenza di avere perlomeno dei pantaloni…di Potter non voleva nemmeno parlare, visto che a quanto si capiva dalle lenzuola aggrovigliate sui suoi fianchi era come mamma l’aveva fatto e ci era stata appiccicata fino a due minuti prima!
E poi, girandosi, la stoccata finale.
Remus…oh dio, Remus! Non anche lui!
Emise un versetto simile allo squittio di un topo e finalmente il biondino si rese conto della…hem…situazione.
Le sue gote si tinsero di un delizioso rosso fuoco mentre afferrò in tutta furia dei pantaloni e due magliette, una delle quali le venne praticamente lanciata in faccia.
Nello stupore generale, fu James a riprendere la parola.
“Lily…ma che diav…?!” 
Ma mentre infilava la maglietta di due taglie più grande, la poveretta non ascoltava niente. Nuda…i Malandrini…
E, improvvisamente, si bloccò di botto. E fece due più due.
La stanza iniziò a tremare per davvero e Black si passò una mano sulla faccia. Eccola, l’apocalisse!
BRUTTI MANIACI PERVERTITI!”
Il primo vaso si infranse proprio sotto la testolina arruffata di quel maledetto di Potter…seguita da un’altra valanga di oggetti, tra quelli lanciati dalla magia a quelli direttamente scagliati a mano!
“No ferma! Li…Lily non capisci! Non abbiamo fa…fatto nulla…LILY BASTA!”
NON OSARE AVVICINARTI, BRUTTO MANIACO SCHIFOSO! STAMMI LONTANO!”
Qualsiasi cosa poteva essere usata come arma iniziò a levitare in un vortice di furia omicida e potere magico…e il povero Lupin fu costretto a gattonare vicino a Black che si stava riparando dietro un comodino schivando tomi di magia e candelabri vari.
“Sirius! Tu ne sai qualcosa?!”
“No! Mi sono svegliato e l'ho trovata nel letto di James!" gridò di rimando lui, aumentando il tono di voce per sopraffare quel frastuono.
“Come diavolo è possibile?! CHE LE HA FATTO JAMES?!” tuonò Remus, imporporandosi.
“Ma che vuoi che ne sappia!” strillò l’altro, mentre il povero Minus veniva lanciato di peso assieme ad un vaso.
“VOLETE-DARMI-UNA-MANO?!” ruggì Ramoso, voltandosi verso i due con i capelli sparati in aria.
“E va bene! Levicorpus!” esclamò Lunastorta, balzando in piedi.
Mossa stupidissima perchè…
“AAAH!”
La maglietta extralarge non era abbastanza aderente e le si sollevò fino al naso.
“METTIMI-SUBITO-GIU!” tuonò, coprendosi con le mani e praticamente con la testa che andava a fuoco.
Remus, diventato anche lui scarlatto, si affrettò a lasciarla andare, biascicando un: “Oddio Lily, scusascusascusa!” 
La ragazza cadde di schianto sul loro Leader ed entrambi ruzzolarono sul pavimento come sacchi di patate.
Sfiniti, si limitarono a spostarsi, ansimando sul pavimento gelido.
Il silenzio, finalmente, regnò sovrano, anche se per poco.
“Ooohi…” Lily si tenne la testa, senza più energie.
“Hai…anf…finito?” boccheggiò James alla sua destra.
“Aspetta…che dica…alla Mcgranitt…cosa hai fatto e…”
“Eh no!” quello si alzò su un gomito, piazzandole un dito davanti al naso. “Io non ho fatto proprio un bel nulla! Sei tu che ti sei infilata nel mio letto, bella mia!”
“Ma non dire assurdità!” abbaiò lei, spettinandolo con la sola forza della gola. “Il tuo è l’ultimo letto in cui mi infilerei! E poi…dio, copriti!”
“Cos…? Oh, sì, certo!”  e rimediò una coperta così in fretta che sembrava aver usato l'incantesimo di appello.
Non che si dispiacesse o che provasse imbarazzo, ma voleva evitare altre crisi isteriche da quella prefetto psicopatica. Gli aveva letteralmente sfondato i timpani e aveva lividi ovunque!
Davvero, come diavolo erano finiti in quel letto? O meglio, lui se lo ricordava eccome.
Si era coricato a sera tardi, gli altri già dormivano. Quel cavolo di gatto era letteralmente bollente, come avere una borsa d’acqua calda vera e propria sotto le lenzuola, tanto da costringerlo a togliersi i vestiti per respirare un po’. Fine della questione.
Come ci era piombata una Evans nuda sul suo cuscino?!
Dio, il suo letto aveva il profumo della Prefetto in ogni centimetro. E lui non ricordava niente.
Qualcuno doveva avergli lanciato il malocchio, ne era certo!
Ben altri pensieri aveva la rossa, che iniziava a desiderare che una voragine si aprisse sotto i suoi piedi e la inghiottisse per sempre.
E se le fosse venuto un colpo e fosse veramente andata lei nel letto di Potter? 
Se era così si sarebbe seppellita viva…era troppo da sopportare!
E a suggellare quella considerazione, gli lanciò un cuscino in faccia.
“Ti detesto!” gli gridò disperata, balzando a sedere. “Potter, io ti detesto!”
“Strano modo per dimostrarlo, visto che sei sul MIO materasso!” gli rinfacciò lui di rimando, rigettandogli il cuscino addosso…e finì che iniziarono a prendersi a cuscinate come due dodicenni.
“Va bene, stop!” Remus si lanciò coraggiosamente nel mezzo con un braccio teso, interrompendo l’inizio dell’ennesimo uragano. “Chi di voi ha bevuto?”
“Non io di certo!”
“Non guardare me!”
“Ok.” Il biondino si guardò attorno. “Cosa ricordate di preciso?”
“Litigio con Evans. Fatto due voli con la scopa. Letto. Il gatto mi ha fatto venir caldo. Svestito.”
“Ah proposito, dov’è andato?” borbottò Minus, stringendosi nelle spalle.
“Ma ti pare il momento di pensare a quella bestiaccia?” saltò su Black. “Questi qui hanno probabilmente fatto…”
“NON AZZARDARTI NEMMENO A FINIRE LA FRASE!” Sfasò la Evans, quasi strangolandolo. “VOI razza di beoti mi avete sicuramente fatto qualche sortilegio!”
“Hey!” sbottò Ramoso, offesissimo. “Per chi mi hai preso?! Io gioco pulito! Voglio che tu venga a letto con me spontaneamente!!”
“BEH, NON ACCADRA’ MAI!”
“E tu, Lily, cosa ricordi?” la interruppe Lupin, sempre più stranito, raccogliendo qua e là cocci di vasi.
La ragazza si bloccò di colpo.
“Avevo…un gran mal di testa.” Mormorò, improvvisamente incerta. “Ma onestamente, dopo la discussione con questo beota…Io…”
Lupin alzò il viso di scatto, stringendo le palpebre.
“Non ti ricordi nulla di come sei andata a dormire?”
“E così la nostra adorabile Prefetto, così ligia al dovere…si sbronza al punto da scordarsi con chi va a letto, eh?” se la ghignò Black, avvicinandosi.
Lei arrossì, un po’ indignata e un po’ perché…beh, era ancora in mutande.
“Che assurdità vai dicendo?! Io non ho bevuto! Avevo a malapena la forza di cenare!”
“Seh, vallo a dire a questa povera creatura violata!” e si attaccò a Potter iniziando un dramma greco.
“Sì, Evans, razza di mangia-uomini!”
“Volete altri calderoni in testa o cosa?! E tu ti vuoi mettere qualcosa addosso?!”
“Scordatelo, scimmia!” il ghigno di Felpato divenne ancora più ampio e con il pollice si indicò i pettorali. “Guarda qua! La bellezza va esibita!”
“Hmmm…” Remus Lupin si massaggiò il mento, riflettendo, mentre quelli riprendevano a bisticciare. Non ricordava come era andata a dormire…e nemmeno nelle sue sbronze più colossali la Evans avrebbe fatto quello, quindi la prima opzione era da evitare. Che avesse a che fare con la pozione di Malfoy?
“Remus…”
“Non rompere, sto pensando.”
“Remus!”
Strano improvviso silenzio. Alzò lo sguardo e per poco non cadde dal letto.
Lily Evans ricambiò lo sguardo di quei quattro, improvvisamente attoniti. 
“Beh, che vi prende ora?!”
“Lily…” fece James, con cautela “Ti sono cresciute le orecchie da gatto.”
“Che diavolo vai dicendo, Potter?!” sbottò lei, brusca. “E’ inutile che cerchi scuse deficienti per non farmi andare dalla Mcgranitt perché…”
Poi si bloccò.
Di nuovo quella sensazione di dolore, quella stanchezza colossale.
Più veloce e piena, nelle sue viscere.
Barcollò talmente forte che cadde in ginocchio. Dio, la testa! Qualcuno le stava spaccando la testa!
“Lily!”
James l’afferrò per le spalle, pronto a sorreggerla ma si lasciò scappare un urlo di sorpresa. 
La ragazza si stava trasformando sotto le sue mani, rimpicciolendosi…e ricoprendosi di pelo nero. Un folto, lucente pelo.
Tempo pochi istanti, e lunghi baffi vibranti gli sfiorarono il collo.
Al posto della Grifoncina, si ritrovò in braccio il gatto del giorno prima.
“Non…non è possibile…” mormorò Peter, completamente sbalordito. 
James la squadrò a bocca aperta. Si chinarono in quattro su di essa, senza riuscire a crederci.
“Lily?” disse James, incerto. 
La gatta si alzò sulle zampine e gli leccò la guancia, in un gorgoglio di fusa.
“Non ci riconosce.” Sentenziò Remus, serio.
“E’…un gatto?! Lily Evans è un gatto?! QUEL gatto?!” balzò su Sirius.
“Mi sembrava di sentire un odore familiare, in effetti.” Borbottò Peter, grattandosi il mento. “Di certo mi fa la stessa paura in entrambe le versioni! Com’è successo?”
“La pozione…” mormorò Lupin, serio. “La pozione di Malfoy. Era trasfigurante. Ma è stata fatta male, probabilmente da uno studente. Ha avuto un effetto ritardato.”
“Ma che cavolo di strategia sarebbe? Non facciamo questi scherzi scemi da quando avevamo tredici anni.” Si schifò Black, con una smorfia. “Mi aspettavo di peggio, sinceramente.”
“A chi lo dici…” mormorò James, passandosi una mano fra i capelli. “Quando mi ha detto della pozione, ho davvero creduto che le potesse succedere qualcosa di grave.”
“E’ per questo che la pedinavi ovunque and…?” iniziò a chiedere Remus, ma poi si bloccò di colpo.
I suoi tre amici furono scossi da un profondo brivido comune. Rabbia.
“Wuoh, Lunastorta. Che ti prende?” sorrise perplesso Sirius, stringendosi nelle spalle.
Il ragazzo non rispose, ed i suoi occhi si adombrarono.
 
“…vuole far tornare di moda le pellicce. Tra lei e McNair non so chi dei due me le abbia frantumate di più.”
“McNair?”
“Già, blaterava sul fatto che gli sarebbe arrivato un nuovo pezzo esclusivo…”

 
Un pezzo esclusivo…la pelliccia di un Famiglio!
Remus Lupin serrò i pugni contro i fianchi e serrò le mandibole.
I McNair erano stati maledetti…lo sapevano tutti. Da quando la madre, una stilista famosa, aveva ucciso il Famiglio di una Megera per farne una pelliccia, essa li aveva stregati. Non avrebbero più potuto toccare nessun gatto, gufo o topo per farne dei vestiti o dei corredi.
Certamente, avrebbero potuto comprarne da chiunque altro…ma i McNair non indossavano mai pellicce realizzate da altri. Era una sorta di disonore.
 
Ma Lily non era un Famiglio…non era un vero gatto…
 
Un pezzo esclusivo…
 
L’orrore e l’odio di quella considerazione lo riempirono ad ondate. Era questo, quello che avevano avuto in mente?
Lily…
Alzò il viso cercando di calmarsi ma qualcosa scintillò come un rubino nel riflesso della finestra, attirando la sua attenzione. Fu solo un istante, ma gli serrò i polmoni in una morsa.
Il suo riflesso…due occhi rossi…
Il gatto balzò sul letto, interrompendo quella sorta di paralisi. Scosse il capo, stralunato.
Per un attimo gli era come sembrato…ma aveva visto male. Senza dubbio.
“Stai bene? Sei sbiancato di colpo!” Peter gli mise una mano sulla spalla, facendolo sobbalzare.
Ricambiò lo sguardo preoccupato dell’amico, serrando i suoi pensieri dietro un solido muro.
“Pensavo al da farsi.” Mentii, con un sorriso.
Non dovevano sapere. Soprattutto James. O…o questa volta, avrebbe davvero fatto esplodere l’intera scuola.
Era davvero troppo, anche per dei Serpeverde. Fin dove diavolo si erano voluti spingere?  Era questa la vera considerazione che avevano dei Mezzosangue?
Potter li sottovalutava davvero. Quella gente era fuori di testa. Pericolosa.
“Bisogna agire subito. La prima volta aveva ancora addosso i vestiti, ma con l’ultima trasformazione si è ritrovata…hem…nuda. Significa che sta progredendo, va fermata prima che diventi troppo grave.”
“Beh, ritrasfiguriamola!” propose Sirius, già armato di bacchetta.
“No!” gridò improvvisamente Lupin, bloccandogli il braccio. “Ma non l’hai ascoltata la McGranitt?”
“Scusa, Remy, ero troppo impegnato a non essere te!”
“Le leonidi!” Spiegò quello. “I nostri poteri di Trasfigurazione non funzionano! Rischi di farla saltare in aria!”
“Che palle, Madama Chips non sarà contenta di rivederci!”
“Già, ma è l’unica soluzione…Onestamente non mi fido di nessun altro per fare questo incantesimo.” Sospirò James, prendendo Lily-gatto di nuovo in braccio. “Vediamo se riesce a fare qualcosa.”
Si avviarono verso l’Infermeria, aggirandosi furtivi per non farsi vedere da nessuno.
Comportamento normalissimo per quattro ragazzi che avevano sempre qualcosa da nascondere, che fosse uno scherzo o una sveltina con qualche prosperosa streghetta, quindi nessuno ci badò più di tanto.
Purtroppo, avevano scordato un piccolissimo dettaglio.
“Anche io sono Grifondoro!” abbaiò la Chips, piazzandosi le mani sui fianchi.
“Cos…! E adesso?!”
L’infermiera sospirò, facendogli segno di entrare.
“Posso solo sentire Lumacorno. Dovrebbe avere delle pozioni De-trasfiguranti, da qualche parte…solo che ci vorrà un po’ di tempo!”
“Quanto tempo per l'esattezza?” chiese Remus.
“Le orecchie e la coda da gatto le scompariranno dopo tre, massimo quattro giorni…ma prenderà forma umana questa sera! Coraggio, passami il gatt…cioè la signorina Evans, Potter.”
“Sapete, mi mancherà quel felino.” se ne uscì Sirius, con un gesto teatralmente melodrammatico.
I tre lo guardarono alzando un sopracciglio, con espressioni vagamente scettiche.
Il Malandrino fece le spallucce.
“Beh, è la versione della Evans che preferisco. Quella in cui sta zitta.”
“Ah, ovviamente la responsabilità di quanto accaduto ricade su di voi.” Se la ghignò l’infermiera.
Fantastico, di bene in meglio! Praticamente dovevano farle i compiti fino a quando non si fosse ripresa!
Si trascinarono esausti in Sala Grande, accapigliandosi per avere meno oneri possibili da quel casino e schivando alcuni foglietti volanti.
“La relazione sulla Rivolta delle cornucopie io non gliela faccio, sia chiaro.”
“Minus?”
“Volete che prenda la prima E della sua vita?”
“E’ palese che tocchi a Potter.”
“Eh?! E perché proprio io?!”
“Perché era nel tuo letto.” Risposero in coro quei tre infami e solo l’arrivo dell’angelica figura di Cristhine evitò l’arrivo di una caterva di insulti.
Avvolta in un morbido maglioncino blu notte dal collo alto, si lasciò abbracciare da Sirius che le sfiorò le labbra con le proprie.
“Caffè?” propose, per poi ridacchiare quando il Malandrino non diede segno di volerla lasciare andare via.
“Potete evitare di fare i piccioncini di prima mattina?” Potter fece una smorfia.
“Tutta invidia.” Chiosò quello, perfido. “Cos’altro aspettarsi da uno che ha una Prefetto nuda nel letto e dorme?”
All’educata inarcata di sopracciglio della Corvoncina, James ebbe perlomeno la decenza di arrossire. Prima di ricevere un pesante tomo di incantesimi dritto sulla nuca.
“AHIA!”
“POOOOOTTER!”
Rumore di tanti piedini in corsa, stile mandria impazzita. E il loro amabile capo si ritrovò circondato da ragazzine.
Erano almeno una decina, tutte dei primi anni e vestite con i colori di tutte le Casate (Eccezion fatta per Serpeverde) e li squadrarono con aria un tantino…combattiva.
Quella in testa, una mocciosetta Tassorosso con una marea di lentiggini ed i codini, gli si fece sotto alzando lo sguardo e gli tirò un altro libro addosso, questa volta prontamente evitato.
“Ma che diavolo vi prende?!” ululò James, lacrime agli occhi per il dolore.
“Sappiamo che Lily Evans è in infermeria!” abbaiò quella, lanciando saette.
Ma come cavolo facevano già a saperlo?! In quella scuola c’era un serio problema di privacy!
Il ragazzo le fissò stralunato.
“Che cosa hai fatto alla Marauder Evans?!”
“Io…COSA?!”
Marauder Evans?!
“Non è così che si gestisce il proprio gruppo! Abbiamo seri dubbi sulla tua capacità di Leadership!”
Ok, quello era assurdo. Ma che diavolo gli prendeva ora a queste spostate?!
“Ma si può sapere chi cavolo siete?!” abbaiò allora, sconvolto.
Sorrisoni a trentadue denti.
“Siamo il vostro fanclub.” Tubarono in coro, ora improvvisamente angeliche. “Per la precisione, abbiamo tutte molto a cuore la Malandrina Lily Evans!”
“Oh sì, è la mia preferita!” ridacchiò una dalle retrovie.
“Finalmente un po’ di donne in questo gruppo!”
“Lily è fortissima!”
“Evans…una Malandrina?” chiese Remus, altrettanto sorpreso, mentre le bambine iniziavano a cinguettare come passerotti.
Black iniziò a sghignazzare. No dai, non poteva crederci!
“Scusate…ma sapete almeno cosa sono i Marauders?”
“Certo!” rinfacciò la capogruppo. “E’ un gruppo elitario ad Hogwarts. Quello che detiene il potere!”
“Beh…sì, ma…”
“Ho saputo che avete fatto secchi i Serpeverde!”
“Non li hanno fatti secchi, scema! Sono solo andati a casa per un po’!”
“Forse è per questo che Lily è in Infermeria…”
“Ferme, FERME!” Potter si mise in mezzo, con gli occhi a palla. “Lily Evans non è una Marauder!”
Coro di proteste da far cadere i quadri sul soffitto.
“Non diciamo assurdità!” lo rimproverò la Tassorosso coi codini. “Sta sempre con voi o sbaglio?”
“Cos…”
“Sì, torna tutto! Settimo anno, detiene il potere visto che è una Prefetto molto temuta, vi copre le spalle…vi gira attorno da un sacco! E quest’anno ancor di più! Ne sono successe di tutti i colori e lei era sempre con voi! Questo fa di lei una elitaria! Un capo!”
Forse quelle piccole pesti non avevano bene in mente che cos’erano davvero i Marauders…a sentirle parlare, sembrava una specie di setta! E poi erano pure inquietanti, li fissavano come delle maniache!
“E poi, non è  per lei che hai fatto fuoco e fiamme giù nei sotterranei?” una ragazzina saltellò maliziosa attorno a James, che, senza più parole, deglutì imbarazzato e fece un passo indietro. “Tutti sanno che la proteggi dal primo anno. E’ praticamente intoccabile!”
“OHHH, la Marauder McRanney!” saltò su una, e fu solo quel fatto a impedire ad un Potter paralizzato sul posto di arrossire come un moccioso. Le bambinette circondarono la Corvonero emettendo versetti striduli, mentre quella le fissava quantomeno perplessa, indicandosi col dito con un punto di domanda sul capo.
“Siamo felici che finalmente ai vertici ci siano delle donne! Questa scuola era troppo maschilista! Tu e Lily siete la nostra ispirazione!”
“Mi sai dire la marca di queste scarpe? Voglio comprarle anche io!”
“Eh?!”
“La Marauder Cristhine è sempre vestita così bene…” sospirò una ragazzina con aria sognante ma fortunatamente la risata leggera di Remus la salvò dall’adorazione pubblica, cosa di cui lei non andava propriamente entusiasta.
“La Marauder Evans sta bene.” Rispose, attirandosi addosso gli sguardi impietriti dei compagni. “Non dovete preoccuparvi. Sarà di ritorno in poco tempo.”
“Remus!” soffiò Black, scattando verso di lui. “Non dovresti dare credito a queste dicerie!”
Lui continuò a sorridere, mentre la mandria impazzita si allontanava vociferando vari “Anche io un giorno sarò una Marauder!”, “Ti teniamo d’occhio Potter!” e “Potere alle donne!”.
“Beh.” Rispose, con un’alzata di spalle. “E’ vero che sta sempre con noi.”
“Questa è bella!” esclamò Peter. “Cristhine può anche andare, ma non penso proprio che Lily accetti di essere definita tale. E’ la persona che ci ama meno di tutti qui dentro!”
“Però ci ama…” fu la saggia risposta, e gli occhietti di quei maledetti puntarono su Ramoso, che era ancora rimasto impalato al centro della sala.
“Ma tu guarda, la logica sferzante delle undicenni l’ha steso.”
“I-io…vado ad allenarmi.” Balbettò quest’ultimo, defilandosi con l’aria di uno che avesse preso una cantonata.
Sulla scopa, da dietro i spessi occhialoni da Cercatore indossati per proteggere le cornee ed il vento tra i capelli, la giornata passò come in un sogno.
“Tu la proteggi sempre!”
“Sta sempre con voi!”
Accidenti, era vero. Davvero non si era accorto di quanto si fossero avvicinati ultimamente? Si erano anche…baciati…più o meno. Perfino la scuola se n’era resa conto…
Lo stava incastrando!
Schivò un bolide per un pelo, troppo distratto da quella rivelazione.
Quella maledetta lo stava incastrando! Stava vincendo la sfida!
Si stava facendo fregare come un pivellino da quei suoi occhioni verdi!
Ci aveva dormito assieme, porca miseria! DORMITO ASSIEME!
Chi cavolo ci dormiva più assieme alle ragazze?! Nemmeno avesse avuto tredici anni!
Aveva sempre pensato che sarebbe stata lei a cadergli ai piedi come una pera matura…ma era lui che stava invece cuocendo a puntino.
No,no, no, non doveva accadere! Lui era un Marauder!
Beh, a quanto pare lo è anche lei.” Frecciò una vocina perfida nella sua testa.
La scopa si fermò all’altezza di due tribune, più lenta che mai, il boccino praticamente aveva alzato le mani stufo di essere ignorato e se n’era andato a farsi un giro.
Da non credersi.
Non solo se lo stava rigirando come uno spiedino sul fuoco, ma gli stava pure fregando il posto!
Quando tornò in Sala Comune, trovò i suoi compari a giocarsi una partita di Poker che venne prontamente interrotta quando sbatté entrambi i palmi sul tavolo con aria indemoniata.
“Ora le facciamo uno scherzo.”
Silenzio annoiato.
“Che cazzo, stavo vincendo.”
“Veramente stava vincendo Remus, come sempre.”
“Solo perché ha pagato Cristhine per distrarmi.”
La Corvoncina ridacchiò, battendo un cinque con Lunastorta che nemmeno si era voltato verso James.
“Mi state a sentire?!” sfasò lui. “Scherzo! ORA!”
“Che vi dicevo?” mormorò Lupin, sbadigliando. “Reazione classica.”
“Beh, che vuoi fare?” mugugnò Black, risistemando il mazzo. “E’ in Infermeria, genio. Non sarà ancora del tutto umana.”
“Per l’appunto!” ghignò quello sadicamente e con una strana venuzza sulla tempia, sventolando la macchina fotografica di Peter. “Andiamo a trovarla e facciamole una bella foto ricordo da appendere per i corridoi! Eh? Quasi banale nella sua perfidia! Muovere il culo, forza!”
“Culo in arrivo.” Sbuffò Black, baciando Cristhine e alzandosi. “Scusa.”
Quella alzò le spalle, per nulla preoccupata.
“Tanto vi farà le scarpe come sempre.” Fu la deliziosa risposta.
“Aspettaci James!” disse Peter, perché quello era già in corsa verso il Castello.
“Divertitevi.” Sbottò invece Remus, senza nessuna intenzione di muoversi.
Osservando che non si schiodava di striscio e non dava l’impressione di voler partecipare a quella cattiveria, Sirius ghignò diabolicamente e iniziò ad avvicinarsi.
“Che fai?!” fece allarmato il povero Malandrino, spalancando gli occhioni celesti.
Senza proferire parola, sempre con quel ghigno spaventoso, Black lo afferrò per la vita e se lo caricò sulle spalle come se fosse stata una principessa in pericolo.
Le guance di Remus arrossirono sconvolte per quel gesto e il Mannaro iniziò a scalciare e strepitare come un forsennato.
“FELPATO METTIMI GIU’! IMMEDIATAMENTE!!!”
“Coraggio Rem…” sorrise Black, divertito. “…I Malandrini devono stare assieme durante gli atti di bullismo, è la prassi!”
Riuscì in seguito, non con poca fatica, a raggiungere gli altri due.
James spalancò gli occhi sorpreso e scoppiò in una fragorosa risata.
“Ma che bella coppia!” sghignazzò. “Sembrate due sposini in luna di miele!”
Inutile dire le reazioni: Sirius alzò il dito medio in un gesto poco educato e Remus diventò del colore di un pomodoro maturo per l’imbarazzo.
Fu facile entrare in Infermeria: non era l’orario delle visite, ma Madama Chips era nell’ufficio di Silente e la porta era aperta.
“Non fate rumore. Non so se Madama Chips ci vuole qui…”
“Certo che non ci vuole qui! E nemmeno Lily!” gridò sottovoce Remus, furioso. “Potter sei veramente un gran…” 
“Shht!” lo interruppe il ragazzo, indicando un letto coperto interamente da tende bianche di seta.
Stagliata contro le tendine, un’ombra umana rimaneva immobile, seduta in ginocchio sul materasso come in preghiera.
L’ombra che languiva la candida seta era un bel profilo, snello, sinuoso come una serpe.
Una ragazza.
Lei.
Non riuscì ad impedirsi di far scivolare lo sguardo su quelle curve, la schiena appena inarcata, la punta del seno, il nasino…senza provare un sospetto balzo al cuore e senza sentire il proprio respiro appesantirsi.
Dannata, dannata Lily Evans…
Accidenti, probabilmente era già tornata come prima ma forse le era rimasto qualche pelo!
Si avvicinò brandendo la macchina fotografica ma quando la tendina fu scostata di scatto con un rumore frusciante, fece un balzo indietro e tutti i Malandrini percepirono il suo cuore in gola.
Il sole baciava la sua pelle bianca, il corpo fasciato da una sottile sottoveste di cotone estiva, nonostante fuori dovevano esserci almeno meno cinque gradi.
Fu subito svelato perché era vestita così leggera: una lunga coda usciva dalla gonna, avvolta attorno al corpo come una cintura, il pelo che lentamente variava verso il rosso. Due grandi orecchie da gatto, anch’esse quasi dello stesso colore dei capelli, si raddrizzarono appena sopra la sua testolina e la ragazza lo fissò imperturbabile esibendo due  pupille perfettamente verticali.
Di certo non era coperta di peli, non aveva baffi e nemmeno uno straccio di dente appuntito.
Al contrario, era sexy in maniera così strana e sconvolgente che James smise di respirare.
Oddio, con quelle pupille appariva quasi pericolosa, eppure una Lily Evans così barbaramente animalesca, seduta così mollemente, con la chioma così in disordine, era qualcosa che non si vedeva certo tutti i giorni.
Aveva del…fascino…
All’improvviso la Grifoncina inclinò la testa di lato, guardandoli curiosa, rompendo quella strana magia che l’avvolgeva.
James rimase immobile, la macchina fotografica ancora tra le dita.
Beccato in pieno.
“Ciao Lily.” Sospirò Remus, scocciato. “Scusaci ma James voleva farti uno scherzo cretino…”
Lei non rispose subito. Ma poi…
“Meow.”
“Eh?”
L’azione durò tre secondi esatti. Con un’agilità che non aveva nulla di umano, la Prefetto spiccò un balzo su Potter.
Peccato però che non pesava più tre chili.
Preso alla sprovvista, il ragazzo cadde all’indietro come un salame, vedendo le stelle quando il coccige calò sulle piastrelle fredde.
“Maccheccavolofai…!”
Lily gli franò sopra, piantandogli le mani sulle spalle e inchiodandolo a terreno.
Un istante. Ma a ripensarci, era come se avesse visto tutto a rallentatore.
La caduta, Lily a cavalcioni sopra il suo stomaco, il suo chinarsi…il fruscio dei suoi capelli contro il viso, lo schiudersi della sua bocca e…
La ragazza gli leccò la guancia. Precisamente lo zigomo.
E dalla sua gola iniziò un gorgoglio di fusa da spaccare i timpani.
Silenzio di tomba nella sala.
Poi, come una bomba, i Marauders si piegarono in due – cristo, questo era anche meglio del cervo stupratore - mentre Potter, imbarazzato, rosso fino alla punta dei capelli, cercava di togliersi di dosso la ragazza che continuava a leccargli la pelle riempiendolo di strani brividi che di lì a tarda serata ancora avrebbe dovuto spiegarsi.
“FINITELA DI RIDERE! NO, LILY, STA FERMA…BUONA! A CUCCIA!” 
Ingaggiò una strana lotta combattuto tra lo staccarla conscio che ad ogni secondo in più che passava così sarebbero conseguite ore di prese per il culo e il saltarle addosso e iniziare a baciarla e affanculo il fatto che avesse in quel momento il cervello di un felino scemo.
Cristo santo, era pur sempre un uomo! Quello era troppo, troppo!
“Lily! Non costringermi a spararti un incantesimo.” Soffiò, afferrandola per le spalle quando quella decise di passare dalla guancia al suo collo in uno struscio paraculo tipico dei gatti più ruffiani.
Mentre rivedeva un attimino tutta la sua intera relazione con la zoofilia, alle spalle dei ragazzi arrivò come una corrente d’aria fredda a precedere il barrito da elefante di Madama Chips.
“SCREANZATI! CHE COSA DIAVOLO STATE FACENDO ALLA MIA PAZIENTE?!”
Uno schiantesimo colpì i quattro in pieno petto in barba alle leggi sulle punizioni corporali tra professori-studenti.
Lily rimase immobile per qualche secondo, a malapena turbata, e iniziò a leccarsi il dorso della mano per poi passarselo sulla faccia.
“E’ ancora nella psicosi felina, razza di pervertiti!” ruggì l’Infermiera, che tra l’altro era armata di palline ricoperte di piume, ciotole per l’acqua e tiragraffi.
Fu difficile spiegare, tra un singhiozzo isterico e l’altro, l’intera faccenda e quando presero fiato erano già fuori dall’Infermeria.
Inutile dire che per due giorni interi Potter non osò nemmeno più avvicinarsi a quella porta.




All’alba del terzo giorno, Cristhine McRanney lo affiancò con un sorriso angelico dopo la lezione di Aritmanzia, informandolo che la mente di Lily era tornata perfettamente umana.
Non fu tanto quello a farlo tornare, quanto il discorso che ne seguì dopo.
La Corvoncina stirò un sorriso saggio, toccandogli sofficemente un braccio.
“Sai.” Buttò lì. “Sono stata sola veramente a lungo. E quando quella bambina mi ha chiamata Marauder e nessuno di voi l’ha contraddetta, il mio cuore ha fatto le capriole.”
Potter l’adocchiò di striscio, prima di scompigliarle i capelli in un gesto bonario. Lei ridacchiò, prima di continuare.
“Sentirsi soli è veramente la cosa peggiore che possa succedere. Anche a chi è troppo orgoglioso per ammetterlo.”
“Parli di…?”
“Già.” Confermò lei, furbetta. “Sta di fatto che a volte la solitudine agisce in modi inaspettati e spinge un nemico a…non so. A far parte di quel qualcosa che ha sempre creduto avversario. L’amicizia deve necessariamente essere sempre rosa e fiori? Combattersi con tutta quella costanza non è quasi come…essere amici, in fondo?”
James aveva scosso la testa, quasi amareggiato.
“E’ più complicato di così.”
“Non lo è.” La ragazza indicò l’infermeria. “Lei fa ormai parte di voi Marauders, che vi piaccia o meno. E l’hanno capito tutti, a differenza vostra! Non si sceglie in che gruppo stare, ci si sta e basta e anche se nessuna di noi due potrà mai capire che razza di legame vi leghi per davvero, a voi quattro… è come se fossimo ormai destinate a ruotarvi attorno. Non chiedermi come, ma me lo sento. Siamo fatti per stare assieme.”






  Siamo fatti per stare assieme.
 
 
 
 
 
Lily Evans era sveglia e pimpante, quella mattina. Due grosse borse sotto gli occhi, ma a parte quello, sembrava essersi ripresa.
Quando entrò in stanza, con il cuore ancora in subbuglio, la prima cosa che notò fu che i suoi meravigliosi occhi verdi fossero tornati normali.
Il solito sguardo, la solita limpidezza nel loro rapporto così assurdo.
Il solito ghigno per nascondere ciò che provava davvero.
“Come stai, micetta?”
Lei fece una smorfia, e James rimase a fissarla.
“Sei fica anche così, quindi puoi evitare questa tattica. Allora, come stai?"
Lei sorrise, rassegnata quasi subito alla sua presenza. Da quando era diventato così normale vedersi in quel modo tranquillo?
“Come una che ha mangiato da una ciotola, si è ritrovata in una stanza con quattro ragazzi mezzi nudi, ha sputato palle di pelo per tre giorni e ha ingoiato una pozione schifosissima.”
“Splendidamente allora!”
Si schiantò sul bordo del suo letto, incrociando le gambe.
Lily lo squadrò sospettosa, come se fosse bomba pronta a scoppiare.
Rimasero in silenzio.
“So che stai per sparare le tue battutine stupide ma non ho voglia di litigare.”
“Io? Battutine?! Naaa!” fece lui, divertito. 
“E si può sapere che cos’è sta storia che Madama Chips ci ha visto pomiciare?!”
“Semplicissimo.” Le sfiorò la fronte con un dito. “Nemmeno da gatto sai resistermi, rossa!”
Ed improvvisamente, la Grifoncina scoppiò a ridere.
“E a te che t’è preso, eh? Mi hanno raccontato che volevi farmi diventare il tuo Famiglio! Da quando adotti gatti randagi con tanta facilità?”
“Mica li adotto tutti.”
La streghetta si mise più comoda sui cuscini in piuma d’oca, scuotendo il capo.
“Mi sto abituando a questa coda!” aggiunse, insolitamente allegra. “E queste orecchie mi fanno sentire molto più attentamente e da molto più lontano! Le adoro! Sono così graziose!”
“Ceeerto.” James si finse ironico. “Come no! Bellissime!”
“Bah, ciò che è bene finisce bene. Da Malfoy mi sarei aspettata di peggio, meglio così!”
“Parlando di cose importanti…”
“Sì?”
Silenzio serissimo.
“Quanto ti senti grata all’universo per aver dormito con il sottoscritto nudo? Ti è piaciuto, eh?”
Quasi cadde dal materasso, avvampando, prima di tirargli una cuscinata in faccia.
“Oh, te lo sogni!”
“Non mentire.”
“Piantala!”
“Io invece ho dormito bene con te.” Continuò lui, sadico. “Ho sentito tutto quello che c’era da sentire…”
Lily arrossì fino alla radice dei capelli sanguigni.
“IDIOTA! VIA VIA! SCIO’!” gridò, scaraventandolo sul pavimento. “HAI FINITO I TUOI CINQUE MINUTI GIORNALIERI!”
“Ma come siamo permalose!” rise il Malandrino, aprendo la porta prima di venire pestato a sangue. Si bloccò di colpo, girando il viso oltre la spalla.
“Ah, mi ero dimenticato di dirti che da ora in poi sei una Malandrina.”
Glielo disse così, semplicemente. Fu assolutamente facile e la frase cadde tra di loro come una verità assoluta
Lei sgranò appena gli occhi, totalmente spiazzata.
“Io? Malandrina?!”
“Bah, così hanno deciso alcune pischelle dei primi anni…ed io non ho voglia di passare il pomeriggio a smentire.”
Si aspettava un altro cuscino in faccia, un vaso in testa, uno schiantesimo o una battutaccia… ma con suo stupore Lily ricambiò il sorriso, radiosa.
“Che onore.” Ghignò, sbalordendolo. “Vedrò di farci l'abitudine, ma non prometto nulla. Dovrai darmi ripetizioni!”
Lui ricambiò il ghigno.
“Con piacere. Anche se ci sarà molto da lavorare, a cacciarti nei guai sei brava, ma a crearli…”
“Guarda che non cambia proprio nulla! Ti starò col fiato sul collo più di prima, visto che ora ne va anche della mia reputazione!”
“Lily?”
“Che vuoi ancora?”
Il sole scivolò oltre le inferriate, facendo scintillare i suoi occhi d’oro, in un modo tale che le fu impossibile guardarci dentro, capirci qualcosa. Eppure, quel sorriso…
“Guarisci presto.”
La porta si richiuse, delicatamente, ed il silenzio tornò ad avvolgerla, assieme ad una sensazione…come di stupore. Come se qualcuno l’avesse appena schiantata.
Si sfiorò piano la fronte, dove solo qualche giorno prima, il ragazzo aveva appoggiato le labbra per sentire la sua temperatura.
Risentiva ancora la leggerezza di quella bocca, quel gesto così dolce ed improvviso, fatto senza pensarci.
Come se, per James, Lily fosse stata acqua, facile da increspare, da turbare.
Non aveva mai pensato alla bocca di quel ragazzo come qualcosa di dolce, morbido e caldo. Ed il suo odore, che l’aveva guidata verso di lui quando era un gatto, potente come una calamita, ed il velo di sudore freddo che gli bagnava la pelle quando l’aveva stretta forte dopo essere precipitati dalla torre…
“Sei una Malandrina.”
Così, dichiarazione senza ammissione di replica. Un dato di fatto.
Cos’era quel tepore che sentiva dentro?
Si accorse che le sue dita erano ancora posate sulla sua fronte.
Si accorse solo in quel momento di quanto la sentiva bollente.
Accidenti, pensò, mordendosi improvvisamente le labbra. Accidenti!
La stava incastrando!
Alzò gli occhi al cielo, vedendo sfrecciare rapidamente un boccino, probabilmente lasciato incustodito da qualcuno.
La stava incastrando davvero…



 
 

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Capitolo 26
*** The devil always comes back. ***


 
 
 
 
 
 
 
 
La neve era caduta a grandi falde, quella notte. Folate di fiocchi si erano ammassate contro Londra, impolverendo gli spicchi degli alberi e le tegole consunte della scuola, riempiendo fossati, livellando pertugi e addolcendo le forme aguzze dei gargoyle.
Il cielo di quella mattina di dicembre si stendeva immobile e grigio come l’ala di un allocco e nell’aria si sentiva come un lieve crepitio, il rumore ovattato della neve che indurisce le radici degli alberi e cristallizza i fiori.
Il suono di alcuni stivali di gomma fu inghiottito come se stessero calpestando del cotone.
Lily Evans uscì dalla Foresta Proibita sistemandosi meglio la cuffietta di lana sulla testa. Aveva i capelli imperlati di alcuni fiocchi gelidi, le guance ed il naso arrossato, ed il respiro le usciva in voluminose nuvole di condensa.
Gli occhi lucidi, la bocca gonfia dal freddo, appena screpolata sul labbro superiore. La piega all’ingiù, seccata.
“Niente, nemmeno oggi!” si lamentò, incrociando le braccia e voltando il capo.
James Potter emerse dagli alberi scostando un ramo sopra la testa, sbuffando.
“Te l’avevo detto!” Sbottò, affiancandola. “E’ la terza volta che mi sveglio all’alba per niente!”
“Perché non si fa vedere? Forse il cervo non gradisce la tua presenza…” borbottò la ragazza, sfiorandosi il mento come se non l’avesse nemmeno sentito.
“Che?! Semmai sei tu che hai il passo di un elefante! Come cacciatrice faresti pena, lo sai?!”
La vide accigliarsi e alzò gli occhi al cielo.
Colpita e affondata. Erano tre giorni che Potter l’accompagnava lì dentro, insolitamente docile alle sue richieste di seguirla, e l’occhio attento della Grifondoro una cosa l’aveva notata quasi subito.
Quel ragazzo sembrava non avere peso. Nel camminare non faceva il minimo rumore, si muoveva fluido e lento come un’ombra, fermandosi di tanto in tanto e aguzzando la testa nel cogliere cose che a lei sfuggivano.
Perfettamente a suo agio. Perfettamente in armonia con tutto ciò che apparteneva a quel posto.
Al contrario, la povera Prefetto inciampava praticamente in continuazione, si era già bucata tre paia di pantaloni e si ritrovava ogni volta ricoperta di spine e rametti!
“Beh, scusa tanto se non passo qui le mie giornate!” rimbeccò. “E comunque ti ho già detto che non era un animale normale! Ti assicuro che non aveva paura…”
“Beh, qualunque cosa fosse, se n’è andato.” Le rispose James, guardando altrove. “Non ci riesci proprio a lasciar perdere?”
“Ma si può sapere perché ti dà tanto fastidio questa storia?!”
“Eh?” balbettò quello, quasi balzando all’indietro. “Ma no…è che…ecco…”
“Marauder Evans!”
A salvarlo in corner fu l’arrivo tempestivo della caposquadra psicolabile di quello che a tutti gli effetti era stato allegramente nominato “La brigata delle Mini-Evans”, anche dette “Branco di imbecilli premestruali.”
Charlotte Blossom, si chiamava. Tredici anni, visetto minuto accarezzato biricchinamente da un paio di codini color carota, un principio di acne sulle guance che si mescolava alle lentiggini e l’apparecchio ai denti.
Come potesse quella ragazzina far parte di un fanclub che iniziava per “Marauder” e contemporaneamente anche del Comitato della Morale pubblica era un bel mistero, ma l’occhiata sdegnosa che lanciò ad entrambi la disse lunga.
“Da soli nella Foresta?” pizzicò, alzando un sopracciglio.
Prima che Lily potesse aprir bocca, il demonio si palesò nel sorrisetto di James che le circondò il collo con le braccia.
“Oh no, ti giuro che non è come credi…sembra che stiamo solo passeggiando! Ma in realtà stiamo facendo sesso!”
La Blossom schioccò la lingua, unica espressione di fastidio, ed incrociò le braccia al seno inesistente.
“Imbecille!” sbottò invece la rossa, tirandogli repentinamente un orecchio con tutta l’intenzione di staccarglielo. “E’ solo una bambina!”
“Oh tesoro non fraintendermi, io adoro i bambini! Specialmente quando piangono, perché a quel punto qualcuno se li porta via!”
“E’ quantomeno disdicevole!” saltò su la nanerottola. “Mandy Harpies vi sta con il fiato sul collo, lo sapete? Perlomeno dovreste aspettare fino al matrimonio…”
Entrambi su guardarono, gonfiando le guance.
“Che? Matrimonio? Noi?”
E giù a sganasciarsi dalle risate, tendendosi la pancia e battendo i piedi in terra, il tutto condito con un’occhiataccia acida verso l’altro. Il ché fu abbastanza disturbante come visione e fece chiedere alla piccola Tassorosso se quei due non avessero qualche problemino mentale.
Comportarsi in quel modo bizzarro però era l’unico stratagemma che avevano trovato per levarsi dai piedi il più velocemente possibile quel branco di galline, infatti la piccoletta raddrizzò le spalle e con voce sussiegosa informò la Prefetto che era attesa nel pomeriggio in Sala Professori per l’organizzazione del Ballo di fine anno.
Mentre si allontanava, Lily si batté una mano sulla fronte.
“Ecco, ci mancava pure un altro Ballo!”
“Vero, che palle! Trovare sempre nuovi modi per portare alcolici in sordina inizia ad essere una faticaccia.”
“Oh, va a quel paese Potter!”
Sfilò la borsa dalla spalla, scrollando i capelli dall’ultima neve e inginocchiandosi.
“Devo anche passare per la Biblioteca…” borbottò, rovistando nella borsa fino a che non cadde fuori una minuscola pallina di vetro, circondata da ghirigori di metallo che andavano a formare un grosso occhio verticale.
“E quello?”
“Oh, questo.” Lei lo prese in mano, rigirandoselo. “L’ho confiscato a Laverne McLaird. E’ un Verboscopio. Se qualcuno mente diventa rosso, se qualcuno dice la verità diventa verde. E’ illegale e lo stava utilizzando su alcuni Grifondoro del quinto anno…assurdo, una Prefetto che fa queste cose!”
Non la stava più ascoltando. Rovesciato nella neve, c’era un libro.
Il titolo svettava a chiare leggere. “Gli animali della Foresta Proibita”.
Ma era seria?!
“Stai scherzando, mi auguro!”
Beccata. Lily lo afferrò, infilandoselo in saccoccia.
“Dovevo pur cominciare da qualche parte!”
“Vuoi ancora cercarlo?!” Potter fece il giro e le si piazzò davanti. “Sono tre giorni che fai cilecca, quanto ti ci vuole per capire di mollare la presa?!”
“Lo vedi che sei infastidito?! Si può sapere che problema hai?!” frecciò la ragazza, incamminandosi con un movimento stizzoso. “Lo cercherò fino a che mi andrà! Fattene una ragione!”
Dannata testarda.
James rimase un secondo di più immobile a fissarle le spalle, i capelli più scompigliati del solito. Poi assunse un’aria battagliera e in due grandi falcate le sbarrò la strada.
“Ok, che cos’ha?” chiese, duro, impedendole di fare un altro passo. La ragazza sgranò appena gli occhi.
“Cosa…?”
“Che cos’ha di tanto speciale quell’animale?” azzardò perfino a metterle una mano sulla spalla, facendo attenzione a non scuoterla troppo ma premendole sulla pelle. “E non venirmi a raccontare ancora la storiella della ricerca accademica, non ci casco. Ne sei ossessionata, infrangi le regole, mi chiedi di accompagnarti nella Foresta, non ti occupi dei tuoi impegni di Prefetto e solo ieri hai preso la prima S della tua vita quindi ora voglio saperlo! Che cos’è che stai cercando davvero?!”
La vide mordersi un labbro, chinare la testa. Non l’aveva mai fatto di fronte a lui e per un istante si chiese se non fosse stato troppo aggressivo.
Era solo che…tutta quella faccenda…lo gettava nel panico completo.
Non solo si era mostrato a lei quando era trasformato. No, c’era anche dell’altro, un pensiero più egoistico… l’aveva baciata.
E in qualche assurdo angolo remoto del suo cuore sentiva che anche lei lo sapeva.
Ma che cazzo gli era passato per la testa?!
Lei lo sapeva che quello era stato un bacio! Un bacio vero!
E una volta che ne avrebbe preso piena coscienza, allora…allora sarebbe stato tutto perduto… in qualsiasi campo.
“Ok, so che sembra strano.” Mormorò la rossina, a disagio, quasi triste. “Ma…quel cervo…”
“Non dirlo, non dirlo, non dirlo…”
“E’ come se ci fosse stato un legame, tra di noi. L’ho sentito, capisci?” lei scosse la testa con un gesto brusco, mettendo su il broncio. “Ecco, ora puoi ridere.”
Il ragazzo ricambiò il suo sguardo agguerrito riuscendo non si sa bene come a mantenere un’espressione neutrale.
“Un… legame?”
“Lo so, sembra assurdo.” Ora la sua espressione si fece inquieta, se non addirittura infelice. Furono quei suoi occhioni smarriti a mettere a tacere l’urlo nel cuore di James Potter, che si ritrovò spiazzato da quel repentino cambio d’umore. “Sai, James…”
Si interruppe, guardando lontano. Come se lottasse contro qualcosa.
“Stai bene?” le chiese, sentendosi pesante.
Tutta quella discussione si era fatta pesante, all’improvviso.
“Malfoy mi ha fatto una paura tremenda.”
Glielo disse così. Senza guardarlo negli occhi. Umiliata da quel semplice fatto.
La neve aveva ripreso a cadere, sofficemente. Un fiocco si adagiò sul bavero del suo cappotto, sciogliendosi piano.
“Non so nemmeno perché lo dico a te. Forse perché eri lì, più o meno.” Lei sorrise amara, guardando il cielo di nuovo affastellato di nubi e ghiaccio. “Lo so che ho fatto la dura e tutto il resto, e ammetterlo mi pesa parecchio. Cavoli, essendo io una Grifondoro dovrei non avere paura, no? E invece…quello che mi ha detto, quello che mi ha fatto…mi vergogno a dirlo, ma sono spaventata a morte. E’ dall’inizio dell’anno che ho paura. Forse anche da prima. Tutto sta diventando così strano e pericoloso e io sono così…così sacrificabile…”
Lui rimase immobile. Lei rise, cercando di sdrammatizzare.
“Non lo so, quel cervo, quel legame che ho sentito…è stato bello sentirsi al sicuro. E’ bello credere che da qualche parte ci sia qualcosa di magico, potente e misterioso che voglia proteggermi.”
“Lily…”
“…Ma penso tu abbia ragione, forse era solo un cervo qualunque. E io devo iniziare a tirare fuori la grinta e a smetterla di piagnucolare come…”
“Lily.”
“Sì?”
“Posso abbracciarti?”
Un passo, due. Lei si bloccò, sollevando lo sguardo. Le gote ora erano rosse, ma non solo per il freddo. Lui le si fece vicino, una presenza calda, solida e granitica a contrastare le folate di vento.
“S-sì.”
Le sue braccia si alzarono dolcemente, passandole dietro la schiena e premendo delicatamente fino a tenerla salda contro il suo cappotto aperto.
Rimase così, ferma e impacciata, senza muovere un muscolo, le mani molli lungo i fianchi, la fronte che sfregava appena contro il suo maglione. L’odore di James era sempre fresco, quasi selvatico ma con una sorta di eleganza, come quello di un bosco scarmigliato dal vento. Si accorse che le piaceva.
Chiuse appena gli occhi, senza timore visto che era nascosta dalle maniche del suo giubbotto.
Non c’era stato bisogno di parlare con Remus per capire quali fossero state le intenzioni dei Serpeverde. Conosceva McNair.
Aveva un certo acume e non le ci era voluto poi molto. Lupin poi la seguiva in modo apparentemente casuale, ma aveva notato quasi subito che si premurava di non lasciarla mai girovagare da sola, quando non era tampinata da Potter.
Era preoccupato per lei. E faceva bene.
Accettare che per alcune persone valeva quanto un capo di abbigliamento, un mero trofeo da esibire, non era mai stato facile. Sentirsi così vulnerabile, così svalorizzata, disumanizzata, le aveva messo addosso un manto di gelo.
Eppure, lì, in quell’abbraccio…che strano.
Sembrava una sensazione familiare… e non solo perché non era il primo strano abbraccio che le donava. Era una familiarità diversa…
“Eh eh, chissà cosa direbbe la Blossom se ci vedesse ora.” Ridacchiò lui, staccandosi all’improvviso.
“Perché…l’hai fatto?”
“E tu perché me l’hai permesso?”
Lei arrossì, zittendosi. Il Marauder le si fece vicino, sentendo uno strano brivido interno nel vederla tremare appena.
Una vocina gli sussurrò qualcosa, prima di venire taciuta come al solito.
Non stava tremando per il freddo…
Le mise una mano sulla testa, scompigliandole i capelli. Un dispetto.
“Ecco, appunto. Ma sei troppo orgogliosa per ammettere che ne avevi bisogno. Beh, consideralo pari ai miei venti minuti di lecchinaggio di oggi.” Ghignò.
Le voltò le spalle, con le mani dietro la nuca. Fece qualche passo e si voltò di nuovo.
“Lo troverai.” Disse, piano.
“C-come?”
Lui si fece più sicuro. Quasi che fosse rassegnato.
“Quel cervo del cavolo. Lo ritroverai.”
E nella borsa della ragazza, invisibile agli occhi, il Verboscopio brillò di una dolce luce verde.
 
 
Stava ancora sorridendo quando si infilò nella Biblioteca di Hogwarts, assaporando l’odore polveroso dei libri e schivando un paio di bigliettini volanti che andarono a frizzare contro una lanterna come due farfalline.
Si appoggiò al bancone di ingresso tintinnando la campanella per chiamare la bibliotecaria, il cuore sereno.
Questo fino a che non vide un ragazzo.
Stava seduto al suo solito tavolo - lo beccava spesso in Biblioteca – godendosi la vista della neve che cadeva. A giudicare dal cappotto bagnato, non doveva essere tornato da tanto.
Si bloccò a metà del bancone, sentendosi il respiro corto. L’agitazione fu inaspettata, tanto che le cadde il libro di mano attirandosi l’attenzione dello studente.
Era snello e pallido, ben vestito come tutti quelli che stavano in quel dannato dormitorio. Viso aguzzo, occhi chiari e capelli castano noce, portati in un taglio signorile, corti sulla nuca e più morbidi sul davanti dove la frangia sfiorava appena un sopracciglio in una curva che elegantemente sembrava voler tornare all’orecchio.
Michael Aliaset si alzò, sorrise appena con gentilezza nel vederla irrigidirsi e senza dire una parola le raccolse il libro, premurandosi di pulirglielo.
Un gesto carino, educato. Ma lei rimase immobile, lasciandosi superare senza nemmeno dire grazie.
Non era lui ad averla paralizzata quanto la sua lunga sciarpa verde e argento.
I Serpeverde erano tornati.
Merda.
 
 
 
 
 
 
 
Cristhine McRanney quella mattina si alzò e non trovò più un paio di scarpe. Scendendo nell’elegante Sala Comune dei Corvonero le vide al centro di un tavolino di marmo, ricoperte di liquidi di non ben definita origine.
Perfetto.
Sbuffando, appoggiò la mela e con un movimento di bacchetta le fece levitare fino al cestino.
I dispetti ormai si erano fatti all’ordine del giorno. Fortunatamente Silente le aveva concesso una camera privata visto le sue difficoltà all’intimità con gli altri, ma chissà come riuscivano sempre ad infilarcisi dentro.
Avrebbe dovuto parlarne con Laverne ma decise di lasciar perdere. Una ramanzina dalla loro Prefetto non avrebbe di certo fermato le ex di Sirius Black dal darle il tormento e onestamente, aveva soldi in abbondanza per riprendersene dieci uguali.
L’idea malevola – suggeritale perfidamente da alcune sue compagne – che anche lei potesse fare quella fine non le era mai passata per l’anticamera del cervello.
Essere una delle tante, un numero.
Un così grande retaggio di flirt e storielle avrebbe intimorito qualsiasi ragazza, ma scendendo le scalinate e vedendo l’occhiata tenebrosa che lui le rivolse fu quasi impossibile sentirsi parte del mucchio.
Era come se ci fosse troppo in ballo tra di loro.
Sorrise, sentendosi le gambe di gelatina quando gli occhi neri ed abissali di quello strano mago le si piantarono addosso bruciando di un desiderio quasi palpabile.
Sirius era stato fedele alle promesse, nonostante tutto. Le chiedeva il permesso per toccarla fino a quando non aveva imparato a capire quando farlo da solo, si conteneva parecchio e si fermava quando diventava tutto…troppo.
La sfiorava come se fosse fatta di vetro e questo l’aveva portata ad abbassare piano piano le difese, sempre di più. E c’era da dire che con gli occhi se la mangiava intera, facendole nascere dentro una vampata incandescente ogni volta che lo beccava a fissarla!
“Che lezione hai?” le chiese, porgendole una ciambella allo zenzero.
“Aritmanzia alla seconda ora.” Rispose, sfogliando il programma mentre l’addentava. “Hey, grazie!”
“Stavano finendo e so che ti piacciono. Cristo, i Grifondoro sono peggio degli animali quando si tratta della colazione!”
Lei rise, superando alcune primine che si voltarono a fissarli e parlottare.
“Allora, secchiona.” La prese in giro lui. “Cosa ti va di fare? Non dirmi che ti chiudi ancora in Biblioteca con Lily!”
“Nah, ho qualcosa di meglio in mente…” lei lo squadrò furbetta e gli si avvicinò armata di fiocchetti rosa.
Sì, fiocchetti rosa.
Gli sfiorò una ciocca sfuggente che gli accarezzava lo zigomo e la sollevò, facendogli un vero e proprio codino.
Lui alzò gli occhi per ammirare la cosa – che se l’avesse fatta qualsiasi altro non ne sarebbe uscito vivo – e sorrise rassegnato.
“Speravo te ne fossi dimenticata!”
“Vincere una partita a Gobbiglie contro il campione indiscusso di Hogwarts dopo avergli strappato la promessa di agghindarlo come una dodicenne in caso di sconfitta? Non basterebbero mille ciambelle!”
“Vediamo se ho altre armi che potrebbero funzionare, allora…”
Le passò un braccio sulla vita, stringendosela contro. Piano piano, le baciò la pelle del viso, scendendo dalla tempia fino alla guancia, sospingendola delicatamente contro il muro.
Tremava come una matta, facendolo letteralmente impazzire. Passò la sua bocca lungo il profilo della sua mandibola fino ad arrivare finalmente alle labbra, insinuandosi piano tra i suoi denti, infrangendo le dita nei riccioli dietro la nuca.
Sapeva di ciambelle, di zucchero, la sentiva sorridere in quel bacio e sotto le lunghe ciglia appena abbassate vedeva il rossore scorrerle anche sul naso.
Dio, se quelle sensazioni lo facevano stare bene... L’aveva letteralmente stregato.
Il click di una mollettina gli arcuò le labbra premute contro le sue in un ghigno esasperato.
Si staccò a malincuore di entrambi, ma rimanendo abbastanza vicino da contarle le lentiggini chiare sulle guance.
Seriamente, c’era Hello Kitty su quella cosa.
“Oh-oh, ammetto che hai delle belle armi da mettere in campo, signor Black, ma una promessa rimane una promessa! E ora passiamo al rossetto…”
“E immagino che ora vuoi chiamare James e godervela assieme come due carogne.”
“Sì, non sarebbe male!”
Senza smettere di stringerla, cercò nelle tasche dei jeans fino a tirare fuori lo specchio gemello pronto per chiamare quel bastardo del suo migliore amico quando qualcosa di sgradevole gli scivolò lungo la schiena.
“Sirius.”
Sollevò appena gli occhi oltre la spalla minuta della sua ragazza, stringendoli in un’espressione di puro odio.
Il silenzio fu tale che costrinse la Corvonero a voltarsi all’indirizzo di quella voce, sgranando appena gli occhi quando vide un ragazzino.
Elegante, ben curato, portava un dolcevita azzurro cenere come i suoi occhi e una sciarpa grigia annodata al collo sottile. Capelli morbidi e neri, corti ma con una frangia scarmigliata sul davanti. Lineamenti indistinguibili fra mille.
Regulus Black ricambiò il loro sguardo con un’espressione vuota.
Un tempo avevano avuto un cane. Un vero mastino, un essere feroce creato solo per attaccare.
Non era mai riuscito a farselo amico, nonostante lo riconoscesse come uno dei padroni. Quando era bambino, ricordava che ogni volta che vi si avvicinava esso mostrava impercettibilmente i denti emettendo un sordo ringhio sommesso.
Sei troppo gentile, gli aveva detto una volta suo padre. Non ti rispetta.
Incredibile come a distanza di tanto tempo, sentiva le stesse sensazioni guardando suo fratello maggiore.
Lo stesso sguardo di diffidenza, di minaccia, gli stessi occhi feroci e disgustati che lo facevano sentire minuscolo e insignificante.
Sistemò meglio gli occhiali da vista che usava per leggere sul naso, incurante alla risata amara che sgorgò dalle labbra di Sirius come acido.
“E così siete di nuovo tra i piedi.” Sibilò il maggiore, con una smorfia. “Ma l’esplosione deve avervi fatto più danni del previsto se sei venuto fin qui con il coraggio di rivolgermi la parola.”
“Non ho forse il diritto di parlare con mio fratello?”
“Fratello?” la risata amara di Sirius si fece di nuovo alta. “Ho perso un fratello nel momento in cui si è vestito di verde e argento.”
“Per essere uno che fa delle etichette una croce sei piuttosto veloce nell’attaccarle sugli altri, sai?”
“Oh, Reg, non prendiamoci in giro. Sappiamo entrambi che cos’è successo davvero.” Fece un passo avanti ed impercettibilmente, nonostante la sua aria fredda, il più giovane ne fece uno indietro. “Non ci sei finito per caso. Tu l’hai scelto.”
Il ragazzo indurì la mascella, scoccando una vaga occhiata a Cristhine.
“Non puoi prendertela con me se agisco in modo più responsabile e penso prima di prendere delle decisioni. Non tutti si gettano dai dirupi con i piedi legati ad un masso.”
“Oh, è questo che ti ripeti ogni notte? Che sei stato più furbo di me? A casa mia questa si chiama vigliaccheria. Mi hai voltato le spalle, hai tradito la mia fiducia. Hai scelto da che parte stare. All’angolo, come sempre, ad osservare senza mai agire.”
Lui scosse il capo, amareggiato.
“Questa discussione non porta ad un cazzo.”
L’aria era diventata tesa, si tagliava come il burro.
Cristhine appoggiò istintivamente una mano sul braccio di Sirius, sentendolo di granito. Tutta la sua figura si stagliava rigida come quella di un cane pronto a mordere.
“No, esatto.” Fu un sorriso freddo quello che gli riservò. “Perchè per me non sei nient’altro che cenere.”
Fu con un lampo di rabbia e – Cristhine socchiuse gli occhi – dolore? Che il ragazzino si avvicinò di scatto, diminuendo la distanza tra loro.
“Pensavo di poter riuscire a parlare civilmente ma sei rimasto esattamente come allora!” ringhiò, furente.
“Come quando, per l’esattezza?” sibilò Sirius e si avvicinò a sua volta. “Quando venivo rinchiuso nelle segrete senza acqua né cibo mentre tu vivevi nella fottuta bambagia? Quando ricevevo le frustate sulla schiena e fingevi di non sentirmi urlare?! Hai sempre messo la testa sotto la sabbia ed io ho sempre cercato di tirartela fuori ma sai cosa? Sono stanco di cercare di cambiare chi non ha niente che può essere cambiato.”
“Perché?! Perché devi essere sempre così testardo, maledizione?!”
Cristhine si ritrovò quasi schiacciata tra i due fratelli, allungando disperatamente le mani per mantenere un minimo di distacco.
Con un gesto calcolato, Felpato se la tirò indietro come a volerla proteggere, non smettendo di fissarlo negli occhi.
“Ho pensato di essere riuscito a cambiarti, a salvarti, ma tu hai sempre saputo quale strada avresti preso. Lo sai? Ti avrei difeso con tutte le mie forze se solo avessi scelto almeno una volta nella tua vita di fare la cosa giusta.”
L’altro gli sbarrò gli occhi addosso con un tremore impercettibile, pallido. Aveva perso la compostezza e l’eleganza con la quale si era presentato, e ansimava, ferito.
“E’ la mia famiglia, Sirius.” Sussurrò appena, quasi con disperazione. “Avevo undici anni, cristo.”
Onora il sangue. Questo era il mantra che aveva attecchito nella testa di quel bambino fin da quando aveva smosso il primo vagito. Rispetta tuo padre. Rispetta tua madre. Sii fedele alle tue radici.
Sirius si sentì improvvisamente stanco, guardando quel suo fratello che nemmeno dieci anni fa aveva fatto giocare sulle sue ginocchia. Quel fratellino a cui aveva insegnato a cavalcare, a tirare di scherma, a cacciare.
Quel mantra maledetto, quei maledetti riti che avevano per tenerli legati a loro. Anche a lui avevano cercato di infilarglielo in testa e con profonda vergogna si rendeva conto spesso che dimenticare quelle parole non era mai stato semplice. Mai.
Erano come un parassita che si insidiava nel cervello e non lasciava mai più andare.
“Ed io li ho combattuti da quando ne avevo cinque.” rispose di rimando, avendo improvvisamente la voglia di scappare via, di tornare indietro di pochi minuti, quando Cristhine gli stava infilando fiocchi nei capelli.
“Vogliono che tu sia a casa per Natale. Sono venuto solo ad avvisarti.”
Se li tirò via uno ad uno, lentamente, cercando di non ascoltare quelle parole. Quando anche l’ultimo fu nelle sue mani, sollevò lo sguardo.
“Scordatevelo.”
“Non è ancora tardi per rimediare, Sirius. Torna a casa…”
“Hai detto bene, è la TUA famiglia.” Black si alzò il bavero del cappotto, dandogli le spalle. “Non sarà mai più la mia.”
Lo sguardo di dolore e di supplica si tramutò con cattiveria, quando Regulus squadrò con odio la ragazza che suo fratello si stringeva contro, quasi a volerla proteggere da lui.
“E quale sarebbe, ora, la famiglia per te? I Potter? Tu non sarai mai come loro! O forse desideri disonorarci ancora di più sfornando piccoli mezzosangue con questa razza di…”
“Sirius, no!”
Non finì la frase. Un lampo di magia esplose nel corridoio, lucente e veloce come un falco.
Si schiantò e si dissolse contro un potente globo protettivo che avvolse il pulcino dei Black come una conchiglia su una perla.
Stordito, con ancora entrambe le braccia abbassate, il ragazzino sussultò quando una mano gli calò salda sulla spalla ed una presenza tossica fece la sua comparsa dietro di lui.
Fu lì che Cristhine, sollevando il viso verso il suo ragazzo, vide qualcosa che la lasciò paralizzata sul posto.
Sirius era sbiancato.
Dall’entrata del corridoio, in mezzo ad un fumo sottile che stava lentamente dipanandosi, comparvero due figure. Alte, nere, si posizionarono dietro Regulus Black come due guardiani venuti direttamente dall’inferno.
“Ti do un consiglio, ragazzo.” Disse Orion Black con pigra ironia. “Quando colpisci qualcuno con la magia fallo ogni volta come se fosse l’ultima.”




 
Ok, quello era sicuramente un sogno strano. Non uno dei più strani, ma rientrava almeno tra i primi dieci. Stava volando sul campo da Quidditch cercando di acciuffare il boccino d’oro – e fin qui tutto normale - quando improvvisamente, gli erano spuntate sulla testa delle orecchie da gatto.
Da lì il degenero. Piton e Malfoy che se la ghignavano come sadici, poi Lily che gli veniva incontro infuriata, chiedendogli urlando perché le aveva rubato le orecchie mentre lui rispondeva costernato che non l'aveva fatto apposta.
Ma la Prefetto non voleva sentir ragioni e continuava ad urlare, ed ecco che, improvvisamente, si trasformava senza volerlo. Da cervo non riuscì più a parlare e si ritrovò muto e costernato davanti alla rossa che lo guardò a dir poco orripilata.
“Mi hai mentito, James!”

“JAMES! JAMES, VUOI SVEGLIARTI MALEDIZIONE?!”
Ad interrompere il pisolino pre lezioni – cristo santo, quella ragazza lo stava tirando giù dal letto all’alba – fu un urlo così forte da spaccare i timpani.
Il ragazzo aprì gli occhi, allarmato. 
Remus era di fianco a lui e lo stava scuotendo come un ossesso, la maglietta ancora non del tutto infilata e i capelli disordinati sulla nuca.
“Che…che cosa…ma che cazzo, stavo riposando …”
“Svegliati! Muoviti James!” gridò ancora il biondino, afferrando sul comodino la rispettiva bacchetta magica. Qualcosa nel suo tono di voce lo mise in allarme e balzò a sedere sul letto.
Così come un’ondata di sentimenti tempestosi che lo lasciò senza fiato. Sirius.
“Che succede?”
Peter gli gettò addosso la bacchetta senza tante cerimonie, pallido come un cencio.
“I Serpeverde sono tornati. E con loro ci sono i genitori! Sirius è con i Black!”
Bastarono quelle cinque paroline magiche a tirarlo fuori dalle coperte come se fossero state una bomba. S’infilò le scarpe senza premurarsi di allacciarsele e come un missile si fiondò in Sala Comune e poi giù, nei corridoi. Non fosse stato il contatto magico a permettergli di raggiungere l’amico, lo sarebbero state certamente le sue grida.
“TI HO DETTO DI TACERE!”
Videro la progenie del male - come li chiamava suo padre – esattamente appena girato l’angolo.
La regalità e la potenza che emanavano erano bastate a far allontanare tutti i ragazzini dal loro cospetto.
La signora Black, Walburga, e il signor Black, Orion, erano più o meno simili. 
La prima aveva un viso affilato come una lama, labbra carnose e morbide, occhi che brillavano sempre di un qualcosa di folle, animalesco. Portava i lunghi capelli ondulati stranamente sciolti sulle spalle e per la prima volta dopo anni si era messa un rossetto color sangue che la rendeva più vampiresca che mai.
A contrastare con il poco di sensualità che le era rimasta – la cattiveria l’aveva come irrigidita – la figura imponente di Orion Black ed il suo ghigno sardonico. Completamente vestito di nero, a partire dal cappotto doppiopetto fino alle lucide scarpe, l’uomo si rigirava la bacchetta tra le dita come fa un giocatore d’azzardo con una moneta. Capelli corti e neri, con alcune tracce argentee sulle tempie, il viso simile a quello di Sirius ma con un taglio meno morbido, un profilo duro come scolpito nel marmo.
A fronteggiarli, un Sirius Black con i pugni così serrati da farsi sanguinare i palmi e una Cristhine McRanney sull’orlo delle lacrime.
Sembravano entrambi incredibilmente piccoli, come se tutto ciò che circondasse quei due fosse un’aurea venefica che li schiacciava a terra.
Potter spiccò un balzo, afferrando il braccio di Felpato – armato di bacchetta e puntato alle loro gole - e bloccandoglielo.
“Calmati.” Sibilò al suo orecchio.
La risata del Signor Black gli fece fare una smorfia.
“Ed ecco puntualissima la cavalleria. E così sei ancora tra i piedi.”
“A quanto pare…” si sforzò di ridacchiare, guardandolo con aria di sfida.
“Sentivo la puzza di un Potter da almeno cento metri.” Walburga si chinò sul figlio minore, ancora rigido davanti a loro, appoggiandogli il mento sulla spalla e fissandoli sorridente come una serpe davanti a dei topolini. “Arrogante e maleducato come sempre.”
Vedendolo pararsi come un vero cavaliere di fronte a suo figlio, il marito sorrise nello stesso identico modo.
“La spacconeria non ti porterà molto lontano, ragazzino.”
“Fin’ora sono arrivato fin dove ho voluto, Orion.”
“Oh, un semplice e quanto mai sottovalutato colpo di fortuna. Vogliamo finire questa sgradevole discussione? Mi attendono in sala professori.”
“Non è mai nemmeno iniziata.” Ringhiò Felpato. “Preferirei farmi tagliare in due piuttosto che tornare a casa con voi per Natale.”
L’uomo non diede peso al suo astio, guardandosi attorno.
“Il solito Potter, il discendente dei Lupin, quel cosetto tremolante laggiù dovrebbe essere Peter…Peter qualcosa. Non sei molto originale con le amicizie, hm?”
“Oh, non so, padre…” sputò fuori l’ultima parola con sprezzo. “Presumo di non aver ereditato la tua abilità nel coltivarle.”
“E dietro di te c’è una graziosa signorina.” Orion puntò i suoi occhi su Cristhine, imperturbabile. “Non ci presenti?”
Fu impercettibile il movimento di James e Sirius. Si spostarono in sincrono, nascondendola al suo sguardo. Questo parve divertirlo.
Ah, la debolezza…la debolezza dorme con la paura nel grembo di un affetto.
E suo figlio, nonostante il suo sguardo infuocato, aveva paura. Glielo sapeva quasi annusare sulla pelle. Anni ed anni passati a bearsi di quel delizioso odore…
“Oh, andiamo, non sono mica un’animale. McRanney, giusto? Nartrix mi aveva accennato qualcosa. Gli animi dei giovani sanno essere così versatili…”
“Io non tornerò a casa. E questo è tutto.” Sibilò suo figlio. “Ogni altra parola sprecata oggi non sarà nient’altro che un gradino in più sulla strada che mi condurrà lontano da voi.”
Fu a quel punto che Walburga rise. Rise di cuore, gelandoli tutti.
Negli ultimi anni, quella donna sembrava come essersi spenta. Inacidita, incattivita, sempre più estranea alla ragazza civettuola che era un tempo, nonostante le perfidia fosse la stessa, se non ancora peggiore. Vederla quindi così frivola, leggera e divertita era quasi agghiacciante. Che cazzo aveva da ridere tanto?
“Perché ora?” si intromise Remus, adombrandosi. “Perché volere Sirius a casa proprio ora? Non avete rivendicato nulla per tre anni.”
“Ma non è ovvio?” la donna guardò suo figlio golosamente e parlò con fare a dir poco teatrale. “Sono la sua mamma. Sento la mancanza del mio piccino.”
Ghiaccio.
Ghiaccio cristallizzato nelle vene.
Sirius Black si odiò per questo. Si odiò per quella vaga reminiscenza di piacere che in un lato intimo di lui iniziò a languire.
Oltre alla nausea, oltre al ribrezzo, c’era anche quello. I rimasugli di un bambino fatto a pezzi, agonizzante un abbraccio di sua madre.
“E’ entusiasmante vedere come dei perfetti estranei siano tanto ineducati a non impicciare il naso negli affari di famiglia, ma il tempo stringe.” Bofonchiò Orion, guardandosi un costoso orologio da polso.
“Sono loro la mia famiglia. Ficcatelo in testa.”
“E tu ficcati in testa questo.” L’uomo fece un passo in avanti, diventando improvvisamente freddo come l’inverno. “Questa inutile ribellione ha portato fin troppa vergogna su di te e su quello che rappresenti e siete tutti ancora con la testa attaccata al collo è solo perché ho avuto altro a cui pensare. La pacchia è finita, ragazzini.”
“Mi sta minacciando, Signor Black?” tubò James, quasi estasiato.
Lui non diede segno di sentirlo, continuando a guardare suo figlio.
“Credi che saltare da una finestra possa risolvere tutto e farti cancellare il cognome che porti ma sei un Black. Accettalo ora e a pagarne le conseguenze non sarai tu.”
Fu la volta di Sirius a ridere amaro, alzando gli occhi al soffitto.
Dio…sempre le stesse parole. Da quando avevano iniziato a non spaventarlo più? A non fargli sentire altro che odio?
“Sai la cosa buffa, padre?” Ghignò, sempre sputando fuori quell’epiteto come un’offesa. “Potrai essere stato la fonte dei miei incubi per…quanto? Almeno dieci anni. E con Regulus hai fatto davvero un ottimo lavoro, c’è da ammetterlo… talmente plagiato da non avere più un cervello. Oh, ma con i bambini e gli innocenti sei sempre stato un vero imperatore.”
“I genitori di Potter ne hanno una vaga idea, hn?” ridacchiò la madre. “Chiedigli se si ricordano ancora dei loro amichetti, l’ultimo anno di scuola.”
“Oh, non si preoccupi. La giustizia è un po’ lenta a volte, ma arriva sempre.” Miagolò quello, sfoggiando il migliore dei suoi sorrisi.
Che ragazzino odioso. Non aveva mai mostrato un accenno di paura al loro cospetto. Era lì, davanti a loro, ghignando come una iena dopo che aveva portato via Sirius in barba alla sorveglianza di Black’s Manor…ma oh, oh se l’avrebbe pagata. Bastava solo aspettare.
Ma non fu il suo atteggiamento a fargli perdere il ghigno quanto le parole di Sirius che ne seguirono.
“Lo sai cosa succede agli imperatori?” frecciò. “Cadono. Cadono tutti, prima o poi. Un secondo prima sono degli dei sulla terra, intoccabili, inarrivabili…e subito dopo si ritrovano secondi perché vengono spodestati da qualcuno di più forte di loro. Cosa si sente, eh, padre? Cosa si sente a non essere più il pericolo più grande in città? A dover leccare le scarpe per la prima volta? Mi fai pena, pensi di essere potente ma sei soltanto un burattino!”
Il colpo arrivò sordo, dritto nello stomaco. Nessuno ebbe il tempo di fare niente.
Era stato troppo veloce. Quasi inumano.
Orion Black sostenne il figlio accasciato e boccheggiante contro le sue nocche come se fosse una parodia macabra di affetto. Quasi come un abbraccio.
La ragazzina che tentavano di proteggere urlò. Potter perse la sua verve e afferrò la bacchetta.
I quadri appesi alle pareti tremarono.
“Non…” masticò fra i denti il ragazzo, facendo per scoccare un incantesimo. “…Lo rifaccia…mai più…”
“Togli subito la bacchetta di dosso a mio padre, Potter!" Ringhiò Regulus, e cercò febbrilmente la sua nella borsa. 
Ma quando la prese e la puntò su James, intervenne Remus.
“EXPELLIARMUS!” gridò, e la bacchetta del giovane Black volò via di diversi metri.
“James!” lo avvertì Remus, voltandosi verso di lui. “James abbassa la bacchetta! ORA!” 
Cristhine, nel frattempo, tentò di avvicinarsi al suo ragazzo, ma qualcosa la colpì al cervello, come una morsa.
Walburga aveva gli occhi piantati sui suoi. Non muoveva un muscolo ma improvvisamente un dolore accecante la piegò in due.
E più si avvicinava a suo figlio, più il dolore diventava insopportabile.
Gemette, e si allontanò.
Era un chiaro monito.
Un preciso messaggio.
Stagli lontana.
“Cosa vuoi fare, moccioso?” sorrise beffardo Orion, fissando la punta della bacchetta. “Potrei spezzartela in due senza nemmeno usare la mia.”
Non fu necessario.
Expelliarmus.”
Chiunque nel raggio di venti metri fu disarmato.
Fu come vedere una chiara luce argentata calare su di loro e addolcire ogni ombra, ogni angolo.
Nemmeno se ne erano resi conto, ma da quando i Black erano in quel corridoio tutte le candele si erano spente e il buio si stava facendo strada nonostante fosse mattina.
Ora il fuoco si era riacceso al passaggio di Albus Silente.
Le candele parvero brillare più lucenti che mai.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Siamo giunti anche alla fine di questo capitolo. Ho preferito tagliarlo in due per non renderlo troppo lungo, ma ho già in cantiere la seconda parte e non ci sarà da aspettare molto.
Sto maledicendo il momento in cui ho deciso di non numerare i capitoli ma di dargli un titolo, lo ammetto. Racchiudere l’essenza di una storia in poche paroline seguite da un punto non è mai stato il mio forte.
Così come mi sono accorta che cercare di fregare lettrici dall’occhio lungo risulta parecchio difficile e, nella mia puntigliosità nel mettere tutti i tasselli giusti nella descrizione principale della Fic, ho fatto un mega spoiler su un prossimo personaggio che verrà, ovviamente facendomi beccare in pieno (Le persone di cui sto parlando capiranno).
Lezione imparata, le lettrici sono più furbe delle faine. Cancellato dalla intro!
Beh, che dire: facciamo il benvenuto a due personaggi fin’ora solo accennati ma che sono a pieno titolo i veri villain di questa storia, (tralasciando un altro nome ben noto che tutti noi conosciamo e che piano piano si sta facendo strada): Orion e Walburga! La vera essenza dei Black.
Inutile dire che il prossimo capitolo si concentrerà parecchio su Sirius ma consiglio anche di tenere d’occhio l’approccio di Lily e Michael Aliaset, finalmente entrato in campo a tutti gli effetti.
Un grande bacio,
Sarah

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Capitolo 27
*** La radura delle fate. ***


Con un semplice vocabolo aveva disarmato praticamente tutti.
Potente.
Potente e…patetico.
Orion Black si raddrizzò, riprendendo il suo contegno. Un sorriso untuoso e due occhi che disprezzavano.
Anche se prossimo alla vecchiaia, quell’uomo continuava a brillare, ad ardere, come una fiamma viva, come una fiamma di fenice.
Ma il suo fuoco…il suo brillare…era così dannatamente contenuto…
Poteva avere tutti ai suoi piedi.
Tutti.
La sua magia, la sua infinita magia, avrebbe potuto espandersi fino a superare ogni limite…se solo si fosse abbandonata all’oblio del male. Alla vera natura del suo potere.
“Direi che sia meglio finirla qui.” Lo sentì dire, amabilmente. “Walburga, incantevole come sempre.”
Quel dannato mago aveva scelto di mettersi in gabbia. Di mettere in gabbia la magia stessa. Un bestemmiare davanti al più fervido credente, ma come si dice: show must go on.
“Perdona il disordine, Albus. Ma temo che in questa scuola si manchi di disciplina, se capisci che intendo.”
“Oh, capisco benissimo cosa intendi, Orion. Ma mi duole ribadire che la violenza fisica non è ammessa ad Hogwarts.”
“Non sia mai.” Ridacchiò lui, lasciando suo figlio. “Stavamo solo giocando.”
Ogni parvenza di magia oscura era sparita. Gli uccellini avevano ripreso a cantare.
Cristhine riuscì a toccare il braccio di Sirius, impallidendo nel sentirlo tremare violentemente. Non la guardava in faccia, i capelli gli oscuravano il viso.
“Solo giocando.” Confermò a mezza voce.
“Desolato di interrompere questo delizioso idillio, allora.” Tubò il preside, con uno scintillo strano negli occhi azzurri. “Ma a quanto pare, la riunione sta per cominciare.”
“Riunione?” chiese Remus, corrucciando le sopracciglia. Nessun Prefetto era stato avvisato di una Riunione…
“Increscioso come la tua autorità venga messa in dubbio, amico mio.” Orion parlava come se lo trovasse splendido, invece. “Ma un’esplosione nei sotterranei…creature oscure che vagano per la scuola…potrai capire quanto noi genitori siamo preoccupati.”
“A tal punto da mettere sotto inchiesta ogni Professore della scuola.” Frecciò lui. “Volete far fare dei sondaggi agli studenti, dico bene?”
“Oh, sono cose di uso comune nelle scuole babbane, ho saputo. Quindi la maggior parte di questi ragazzi…immagino sarà già avvezza alla procedura…” insinuò Walburga, scuotendo i capelli mentre i Marauders li fissavano sgranando gli occhi. “Nulla di personale, ma ultimamente noi ed alcuni genitori dubitiamo della professionalità di alcuni dei suoi dipendenti. Chi di loro non supererà una certa graduatoria…beh, chi meglio di uno studente può giudicare un maestro meritevole?”
“Mia deliziosa amica, non userei il termine dipendenti. Direi più che siamo una Famiglia. Sempre parlando di cose a cui si è o meno avvezzi.” Sbam, frecciatina lanciata con tanto di bacio a schiocco. “E sono curioso anche di sentire come mai il metodo di votazione è tanto a sfavore delle maggioranze effettive, bastando solo un quarto dei voti negativi per far licenziare un Professore. Ma ne riparleremo in sede appropriata.”
“Oh, quello è stato deciso dal Ministero. Non credo sia sindacabile.”
Lupin, che non si era perso una parola, aguzzò le orecchie. Avrebbero dovuto votare i professori?!
E a quanto pare, l’ago della bilancia pendeva letteralmente a loro sfavore…se davvero bastava un quarto delle votazioni negative, significava che tutta Serpeverde avrebbe potuto essere decisiva nel licenziamento!
Come diavolo aveva potuto il Ministero accettare una cosa così?! Era palese che i Verde-Argento avrebbero agito come un’unica massa!
Rimasero impalati davanti a quello scambio di battute come dei tonni presi all’amo.
Orion Black sorrise, sembrando godersi come un falco la stoccata finale alla preda.
“Oh, prima di andare.” Frugò nelle tasche, tirandone fuori un foglio di pergamena. Si avvicinò a James, dandogliela in mano. “Potresti darla ai tuoi genitori?”
Lui sollevò le sopracciglia.
“Che roba è?”
Il ghigno di quel demonio divenne ancora più ampio.
“Un’ingiunzione per i tuoi genitori da parte del Ministero. Sono stati denunciati per rapimento di minore.”
“COSA?” Sirius sollevò il viso, sgomento. “Non potete farlo! Me ne sono andato di mia volontà! I signori Potter…”
“I signori Potter ne risponderanno in tribunale.” Orion voltò le spalle. “Walburga, le bacchette per favore. Sirius…” i suoi occhi sembravano due abissi. Profondi e scuri, nei quali si sprofonda senza via di scampo. “…Ci vediamo per Natale.”
Cristhine lo sentì accasciarsi. Letteralmente, al suo fianco, come se fosse stato svuotato. Tremava ancora di rabbia ma allo stesso tempo...era come se avesse la nausea.
James non aveva espressione, ma i suoi occhi lanciavano fiamme dorate. Remus pensava, cupo. Peter aveva preso a mangiarsi le unghie con un fare nervoso.
Era così in ansia vedendoli in quello stato che non si accorse della bacchetta ai suoi piedi. Walburga si chinò beffardamente al suo cospetto, raccogliendola con un gesto sinuoso senza però abbassare lo sguardo. Quella donna metteva i brividi e…la guardava…
Con così tanta insistenza che fece un passo indietro.
“Perché…” deglutì, prendendo coraggio. “…Perché mi guarda in quel modo?”
Fu calibrato il movimento che fece per rialzarsi e al contempo, avvicinarsi con il busto fino a sfiorarle la guancia con la propria. Come una serpe che si solleva per attaccare, inarcando lentamente la schiena, confondendo il nemico.
Sentì il suo respiro fresco sul collo, il profumo conturbante, il suo sorriso birichino, quasi amichevole.
Sapeva di cornelie, un tipo di rose selvatiche che crescevano rigogliose nel suo giardino, e la voce le uscì come quella di una bambina, appena sussurrata.
“Stavo solo immaginando come sarebbe la tua gola da sgozzata.”
Il tempo parve fermarsi in quell’attimo, su quella frase. Qualcosa le colò sulla schiena, liquido, freddo, le penetrò lo stomaco facendolo diventare di granito.
La donna raddrizzò il busto e le accarezzò uno zigomo, abbastanza velocemente da non scatenare patetiche reazioni di difesa in quella mandria di mocciosi. Con voce educata e dolce, scoccò l’ultima crudeltà, l’ultima minaccia, voltandole le spalle.
“Assomigli davvero tanto alla tua mamma, sai?”
Godette dell’effetto che scatenò, quella sordida tenebra che sembrò calare su di loro, anche su Silente, che adombrò finalmente quel suo dannato viso sempre così sereno da far venire i nervi.
Si accoccolò al braccio del marito, seguendo l’anziano mago senza più guardare nessuno. Orion era eccitato, lo sentiva attraverso la sua pelle. Sentivano l’odore del sangue fresco come squali affamati. Tessevano ragnatele, muovevano pedine… cosa rende il cuore di un uomo più libidinoso di tutto ciò?
Si fermarono appena superarono Peter Minus, quasi rannicchiato in un angolo.
Orion lo fissò per un momento.
Sorrise.
Quando girarono l’angolo, il silenzio ammorbò l’aria per diverso tempo.
 
 
 
 
 
Sirius si rialzò. 
Respirava affannosamente. 
Afferrò con furia un candelabro da un tavolo e lo scagliò con forza appena sopra le loro teste. 
Il bicchiere si frantumò sul battente del portone di quercia e la cela iniziò a colare sulle piastrelle.
Gazza lo avrebbe ammazzato, pensò stupidamente Potter. Per la prima volta, la sua linguaccia rimase incollata al palato e lasciò che Black scappasse via.
Quando mosse i primi passi nella sua direzione, la mano di Remus gli calò sulla spalla.
“Lascialo stare per un po’.” Consigliò, sospirando.
Poi, delicatamente, sfiorò Cristhine. Lei non sussultò, ma rimase a guardare pallida davanti a sé.
“Stai bene?”
La Corvoncina si sforzò di fare un sorriso, deglutendo a forza la paura in fondo alla gola.
“Ho dei suoceri adorabili.”
Questo sciolse un po’ la tensione.
“Già. Pensa che pacchia fare merenda a casa sua.”
“Un Potter a merenda in Black’s Manor.” Ridacchiò Peter, sforzandosi di non sembrare isterico. “Immagino già la portata principale.”
“Oh, che ne sai, magari il cianuro da ai saccottini alla crema un gusto speciale…”
“Dici che i tuoi sono nei guai?”
“Bah, i miei se la sanno cavare da soli. Se questo è il loro perfido piano per portarsi a casa Sirius, dovranno rifare i conti. Basterà che il suddetto testimoni in tribunale di aver agito di testa sua.”
“E dire che tua madre ci ha lottato davvero per richiedergli le carte di adozione!”
“Che non gliele avrebbero mai date era scontato. Era più un dispetto tra di loro. Ma questo…” Remus si grattò il mento, pensieroso. “Hanno in mente qualcosa, ne sono certo. Effettivamente in termini legali basterebbe che Felpato testimoniasse, essendo ora anche maggiorenne…ma non può essere così semplice. E questa cosa dei professori?”
“Già, che porcata.” James fece una smorfia. “Bisogna avere la faccia davvero di bronzo per accusare i Professori di cose che palesemente sono attribuibili a loro!”
“Tengono il ministro per le palle, James, lo sai meglio di me quanto siano furbi. Delegano sempre agli altri. E le poche volte che si sono fatti sgamare hanno detto di essere sotto Imperius.”
“Oh, ma prima o poi giuro su dio che gli toglierò quel maledetto ghigno dalla faccia…” ringhiò Ramoso, scrocchiando le nocche con uno sguardo infuocato e un tantino maniacale.
“In ogni caso, è un bel problema.” Mormorò Lupin. “Non lo capite? Se Serpeverde vota in massa, cosa che farà, significa che i Black hanno appena assunto il potere in questa scuola! Possono licenziare i professori e magari, spingere per inserire i loro! E’ un dannato colpo di stato!”
“Beh, posso sempre fargli esplodere l’ingresso di nuovo…magari con loro in mezzo…”
Fu Peter, inaspettatamente, a prendere l’iniziativa. Balzò giù dal tavolo dove si era seduto e si massaggiò le spalle.
“Ok!” esclamò, combattivo. “Questa cosa va fermata! Anche perché una peggio della McGranitt non riuscirei a reggerla!”
“Hai idee?” chiese Cristhine. Il ghignetto di lui lo rese a tutti gli effetti il Malandrino che era.
“Sì. Rivolta.”
“Dio, quanto sono fiero del mio bambino!” tubò James, circondandogli il collo con le braccia.
“Cercherò Lily, Laverne e tutti gli altri Prefetti.” Si infiammò Remus.
“E io spargerò la voce!” saltò su Peter. “Protesteremo fino alla morte! Beh, quasi…”
“Ci vorrà un sacco di tempo per organizzarla, però…”
“No problem! Diamoci da fare.” James abbracciò tutti e tre. “E’ ora che anche noi studenti diciamo la nostra!”
Ossì, non avrebbero mai preso Sirius. E cercare di mettere il naso negli affari di Hogwarts…beh, glielo avrebbero reso perlomeno difficile!
Nel frattempo, Black aveva corso tanto da ritrovarsi in giardino con i polmoni in fiamme.
Ansimò piegandosi sulle ginocchia, frugando nel giubbotto di pelle insolitamente leggero per quel clima alla ricerca disperata delle sigarette.
Ne accese una, stringendola un po’ troppo quando si accorse che gli tremavano le dita, e la spezzò.
“Cazzo.” Ringhiò sommessamente, cercando di calmarsi.
Di respirare.
Si appoggiò al muretto osservando i fiocchi cadere ora più blandamente, puntini neri contro un cielo che aveva il colore di un guscio di vongola.
Il suo zippo intarsiato in madreperla scattò, mentre calmandosi appena infilava la seconda tra le labbra, ma evidentemente quel giorno dio aveva voglia di fargli perdere la pazienza perché l’accendino era scarico.
Stava per esplodere quando un altro click riempì l’aria del giardino.
“Tieni.”
Barrie Walsh si piegò appena su di lui e appoggiò la propria sigaretta accesa, ben stretta tra le labbra, sulla punta della sua.
Lo sfrigolio del tabacco che brucia fu coperto dal piacere di sentire il fumo scivolargli finalmente in gola.
Aveva letto da qualche parte che in realtà fumare alzava la pressione, eppure il suo cervello in quel momento gli mandava solo segnali di relax.
Valla a capire, la psiche.
Guardò leggermente incerto il professore di Babbanologia, quel giorno grazie a dio con dei pantaloni.
Non solo non gli aveva detto niente della sigaretta, ma gliel’aveva pure accesa.
Che tipo strano.
“Brutta giornata, eh?” lui rise, schiantandosi con la schiena di fianco a lui e guardando la neve.
Se i capelli color carota coi basettoni e l’accento marcatamente irlandese non fossero bastati, ora ci si metteva anche il naso reso rossissimo dal freddo a dargli l’aria di uno che era pronto per suonare la cornamusa.
Sirius rimase zitto, affossando la testa nel bavero di pelle.
“Ah, la famiglia.” Sospirò quello, di punto in bianco. “Una vera martellata sulle palle.”
Black si soffocò col fumo. Martellata sulle palle? Sì, quel professore era davvero strambo!
A dire il vero era sempre stato simpatico ma ultimamente c’era chi lo definiva addirittura brillante.
Merito – a sentire le voci – di una splendida ragazza con cui l’avevano beccato assieme ad Hogsmeade. L’amore l’aveva reso più sveglio, più affabile e duemila volte più affascinante dell’imbranato che aveva sempre mostrato di essere.
E obbiettivamente, nonostante quella grandissima giornata di merda, anche a Sirius venne da sorridere guardando la sua faccia buffa.
“Anche lei ha avuto problemi in casa?”
Al posto di risentirsi per quella domanda così personale, lui rise.
“Oh, ti prego, dammi del tu! Chiamami Barrie! Non fatemi sentire così vecchio, ho solo trent’anni!”
“O-ok.”
Lui tirò la sigaretta, strizzandogli l’occhio.
“Dammi retta, ragazzo mio. Pensiamo tutti che chi ci ha messo al mondo abbia una sorta di potere su di noi, questa sottospecie di autorità implicita, ed è questa la prima grande palla dell’umanità! Come se seminare un po’ di genetica bastasse davvero! Fin dal momento in cui nasciamo ci imponiamo di abbassare il capo, e per il resto della nostra vita non facciamo altro che fare quello…fino a che non ci infiliamo nella bara con la testa tutta storta.” Scosse la testa, divertito. “Se il tuo caro paparino ha la forza di farti mettere quel broncio, significa che ha già vinto e che la tua bella zucca vuota è già piegata a 90°!”
Black guardò altrove, a disagio.
“E’ che…” mormorò, cercando bene le parole. “A volte è complicato. Vorrei davvero vederla così semplice.”
“In ogni caso, anche la mia famiglia fa schifo.” Lui si fece più mesto. “Una madre degenere e un fratello… ah! Una vera piaga. Un traditore fatto e finito. Mi ha voltato le spalle proprio quando avevo più bisogno di lui, dopo che l’avevo sempre protetto. Non gliela perdonerò mai.”
“Sì, conosco la sensazione.”
“Però una cosa gliela riconosco: grazie a lui ho capito che ognuno segue la via che si è scelto. Non importa quanto essa lo condurrà lontano dalle sue discendenze: una volta che si inizia a camminare, non si può tornare indietro.” Gli batté una mano sulla spalla, spegnendo la sigaretta nella  neve. Il fuoco bagnato fece un sibilo. “Forse tu puoi scegliere quanto veloce puoi camminare, ma la strada l’hai già imboccata. Devi solo riconoscerla!”
Riconoscerla…già. Sembrava facile a dirsi…la verità era che più cercava di imboccare il percorso che voleva, più sentiva la sensazione che al bivio non avrebbe potuto farlo. Che i suoi piedi fossero incollati al pavimento, come quei trenini su rotaie prestabilite.
“Comunque non sono qui per farti una paternale.” Continuò il professore, ammiccando maliziosamente. “Anzi, in realtà volevo proporti un corso di scherma.”
“Corso di scherma?”
“Eh già.” Lui ridacchiò. “Non me ne voglia la mia collega di Difesa contro le arti Oscure, ma onestamente non credo che il suo corso si stia rivelando molto utile. Sappiamo che i Folletti non sono l’unico pericolo la fuori. Tu più di tutti, immagino.”
Sirius rimase in silenzio, appena sorpreso da quella proposta. Lui gli strizzò l’occhio.
“Non per vantarmi, ma sono un vero esperto in duelli e credo che questo corso potrebbe essere positivo per gli studenti. So che le famiglie di Purosangue sono avvezze a insegnare questa nobile arte ai loro pargoletti. Quindi ho pensato, chi meglio di un Black per iniziare?”
“Lei è forse l’unica persona al mondo che vorrebbe mettere in mano ad un Black un’arma.”
Barrie Walsh scoppiò a ridere. Aveva una risata gradevole, quasi femminea, seducente.
“Beh, inutile negarlo, sei popolare. Il tuo gruppetto lo è – perdonami, ho fatto delle piccole indagini – quindi pensavo che avresti potuto trascinare gli altri con la tua sola presenza. Si sa come funziona nelle scuole…tanti che imitano quello che fanno pochi. Facci un pensiero, magari scarichi un po’ i nervi!”
Annodandosi la grossa sciarpa al collo, gli voltò le spalle.
“Ah, e non dire a Silente che ti ho fatto fumare!” ghignò, prima di andarsene.
Riuscì a strappargli un altro sorriso. La sua testa si era come svuotata e, ora, riuscì a percepire il suo branco. Carezze dolci nella mente, ondate calde e consolatorie.
Si passò una mano sulle palpebre lasciandosi andare contro il muro e sospirando piano.
Massì, non era una cattiva idea. E poi, combattere con la spada gli aveva sempre svuotato la testa dai brutti pensieri. E dio solo sapeva quanto ne aveva bisogno, con la possibilità di ritrovarsi di nuovo intrappolato in quella casa.
Marcio, marcio…
Ghignò amaramente al cielo.
La neve cadeva più fitta, ora.
 
 
 
 
 
In Sala Prefetti quel pomeriggio scoppiò un vero casino.
Tempo due ore dalla riunione coi genitori - tutti Serpeverde tra l’altro visto che avevano delicatamente fatto squadra senza avvisare nessun’altra famiglia – e nella scuola era partita la terza guerra mondiale.
La notizia che avrebbero dovuto compilare questionari sui Professori agitò più o meno tutti, soprattutto quelli dei Settimo e del Quinto che avevano gli esami a fine anno e di certo sarebbero stati fra i più svantaggiati in caso di licenziamenti.
Ma non era solo la questione più tecnica a far vibrare l’intera scuola come una corda di violino.
Era vero e proprio affetto.
Chi più, chi meno, tutti avevano un professore a cui volevano bene. Che stimavano e gradivano.
Ciò che emerse da tutta quella faccenda fu proprio questo. Un sentore di Famiglia.
Così, fuori dal loro ufficio, si era praticamente riunita mezza scuola e i Prefetti furono incaricati implicitamente come rappresentanti dello scontento generale.
Lily Evans si chiuse la porta alle spalle con un sospiro.
“Ok, qua fuori la gente si sta incazzando. Vogliono risposte.”
Avevano deciso di agire in fretta prima che personaggi come Potter cogliessero la palla al balzo per fare casino.
Laverne le passò accanto con una PrendiAppunti tra i capelli, degli occhiali di lettura e una macchia di inchiostro sul mento.
“Ci sto lavorando.” Borbottò, consegnando un articolo scritto di fretta e furia a Mandy Harpies.
“Quando mi consegni quello sulle gonne delle divise?”
“Ma fottiti, tu e le gonne.” fu la risposta masticata fra i denti quando la porta si richiuse dietro di lei – fortunatamente senza farsi sentire.
Inutile dire che saltellava letteralmente, eccitata come una bambina all’idea di poter finalmente scrivere un pezzo decente che non fossero le nuove tendenze sui MagiRossetti.
Remus le si fece accanto mentre tutti si organizzavano per piazzarsi davanti Sala Professori.
“So che non è il momento.” Buttò lì, guardando oltre per evitare di essere sentito dagli altri. “Ma hai scoperto qualcosa?”
“Ah.” Lei arrossì. “Dici sulla ragazza misteriosa.”
“Sì. Credo che possa c’entrare in brutti affari Verde-Argento.”
Ora la ragazza parve a disagio. Si chinò a raccogliere appunti e fascicoli, guardando brevemente Leavy Bones che inciampava in mezzo agli scatoloni buttati all’aria.
“Ho utilizzato un Verboscopio abbastanza in fretta, prima che la Evans me lo sequestrasse. Ah, tra l’altro, costa una fortuna…”
“Farò in modo di ridartelo.”
“…beh, era come sospettavamo. Gli studenti erano davvero confusi sulla loro compagna di stanza. Credo che abbiano subito gli effetti di un incantesimo illusorio.”
“Lo sapevo! Qualcosa non quadra…”
“Fatto sta che Silente mi ha beccata in pieno.”
Il ragazzo si bloccò di colpo, guardandola.
“Come?”
“Già. Mi ha sentita fare un po’ troppe domande, mi ha portata nel suo ufficio e mi ha spiegato la situazione.”
“E?!”
“E niente.” Quella alzò le spalle, sbuffando. “Mi ha fatto promettere di non dirlo a nessuno. Anzi, mi ha gentilmente chiesto di sottostare ad accordo magico vincolante…non che mi abbia obbligata, ma che facevo, dicevo di no al preside?!”
“Quindi non puoi aiutarmi?!”
“Spiacente, bello.” Lei fece spallucce. “Sarebbe stato un articolo davvero strepitoso, che palle. Comunque non c’è da preoccuparsi su questa faccenda…credo. E’ tutto ciò che ti posso dire. ”
“Remus, Laverne, siamo pronti!” richiamò David, mettendo fine a quella bizzarra conversazione.
Aprirono finalmente le porte trovandosi davanti ad una nutrita folla, Marauders inclusi.
Il gruppetto si recò armato di tante belle intenzioni sul punto di ritrovo ma a quanto pareva, i genitori se ne erano già andati tutti.
Fu Lumacorno ad accogliergli, piazzandosi sulla porta e alzando gli occhi al cielo.
“Dovreste essere a studiare, a quest’ora.”
“Siamo qui per protestare contro questa iniziativa!” si fece avanti Lily, battagliera. “Professore, vogliamo aiutarvi! Boicottare i questionari.”
“Molto carino da parte vostra, ma ce la caviamo da soli.” Chiosò quello, agitando le mani.
“Che?” saltò su Potter. “Volete davvero procedere a questa follia?!”
“Beh…” Il professore di pozioni abbassò appena le spalle, apparendo stanco. “…Dubito che sia possibile discutere delle direttive dall’alto.”
“Ma non è giusto!”
“Il Ministero non può farlo!”
L’intera folla si zittì quando alle spalle del mago comparve Silente, mostrandosi sinceramente sorpreso di ritrovarseli tutti lì.
“Flash mob?” cinguettò, facendo metaforicamente schiantare tutti a terra. “Che succede, ragazzi?”
“Preside.” Potter si fece avanti, stropicciandosi appena i capelli. “Siamo qui per protestare. Non può permettere questo! Non vogliamo che i Professori vengano licenziati!”
“Beh, allora non fateci licenziare.” Fu la strabiliante risposta che li zittì per due minuti buoni.
Ma era completamente scemo?!
“Cos…ma…” Potter fu letteralmente preso in contropiede. Silente gli sorrise, gentilmente.
“Apprezzo e incoraggio iniziative come questa, ma per stavolta scegliamo la via più facile. Ci sono tante battaglie da combattere, no? Se siete contrari al licenziamento, basterà scriverlo su carta.”
“Un momento…” iniziò Lily, affiancando James. “Ma…i Serpeverde…”
Si zittì, non avendo il coraggio di dire ciò che tutti pensavano. I Serpeverde sarebbero stati la vera spina nel fianco. Il criterio di votazione era tutto a vantaggio loro…e avrebbero agito assieme.
Dubitava che ci sarebbe stato qualcuno di così folle da votare contrario alla Casata più crudele di sempre…Malfoy su una cosa aveva avuto ragione. Erano tutti assieme, compatti e uniti come non lo erano mai stati.
“I Serpeverde fanno parte di questa scuola esattamente come voi.” Rispose Silente. “E agiranno di conseguenza. Noi siamo totalmente sereni, ragazzi. Ci affidiamo a voi in tutta tranquillità.”
Assurdo. Non potevano crederci davvero!
Si stavano gettando nella fossa dei leoni, come facevano ad essere così ciechi?
“Solo una cosa.” Continuò lui, più mite. “Voglio solo che sappiate questo. Se c’è qualche problema con uno qualsiasi di noi, voglio che veniate a parlarne. E’ dialogando che si costruisce l’approccio migliore. Non segnando una x su un foglio di carta. Noi siamo qui per qualsiasi rimostranza.”
Andarono avanti ancora a lungo, ma alla fine, non ne cavarono un ragno dal buco. I Professori avevano davvero deciso di lasciare tutto così com’era.
Perché? Era un suicidio…
“Signorina Evans, una parola.” Silente richiamò Lily mentre tutti, mogi e inquietati, alzavano i tacchi. Le posò una mano sulla spalla, pacatamente. “Voglio che lei sappia che ho gradito molto il suo intervento, quando c’è stato lo spiacevole caso del Somnus.”
“Si riferisce a…”
“Mi riferisco alla sua idea di una rappresentanza studentesca. Ecco…”  lui le strizzò l’occhio. “Credo che tutte le vostre energie debbano puntare in quella direzione. Come può aver notato, oggi siete stati in grado di mobilitare molti studenti in breve tempo. Questo ha certamente un peso. Può averlo, in futuro. A volte abbassare la testa può far male…ma non è una vergogna farlo, se si dimostra lungimiranza.”
La ragazza annuì, raggiungendo gli altri.
Lungimiranza…
Si bloccò a metà strada, come colta da un’illuminazione. Che li avessero bloccati apposta per lasciarli liberi di protestare in futuro?
“Ci sono tante battaglie da combattere.”
Fare casino adesso avrebbe pregiudicato una possibile richiesta di  rappresentanza in futuro. In effetti avrebbe avuto un senso…però…
Remus le si affiancò istintivamente, con uno scatto. James le mise una mano sulla spalla, avvicinandosi furtivamente dall’altro lato.
Non capì cosa diamine avessero quei due fino a che non li vide.
Malfoy, Bellatrix ed i suoi compari stavano sghignazzando come se tutto quello che gli era capitato non fosse mai accaduto.
Il biondo alzò lo sguardo dal collo sottile di Narcissa - che aveva preso per la vita e si era stretto addosso – incrociando il suo sguardo.
Non fece niente, ma le piantò gli occhi contro e sorrise con fare provocatorio.
La presa di James sulla sua spalla ebbe una specie di scatto, stringendo un po’ di più.
Ma non fu la paura a prendere il sopravvento, non quella volta. Fu la rabbia.
Una rabbia e un orgoglio cocente la invasero a ondante ribollenti, spingendola a staccarsi dai suoi compari e a proseguire per la sua strada.
Quando arrivò all’angolo, proprio davanti a Malfoy, sostenne lo sguardo.
Calò un breve silenzio nel gruppetto che perdurò fino a quando la ragazza rimase lì, impalata e impettita, i pugni stretti contro i fianchi e l’aria di una leonessa.
Un vero e proprio messaggio. Non mi fai paura.
Lui fece una smorfia, irritato da quell’arroganza, ma stranamente non disse nulla. La ragazza lo superò, disgustata.
A distanza, James Potter osservò il suo profilo allontanarsi e si rilassò appena.
“Si caccerà nei guai.” Sospirò Remus, stancamente.
Potter ghignò blandamente, ricordando il suo profumo, i capelli bagnati, la sua fronte appoggiata contro il suo cappotto ed il modo in cui tremava, quando l’aveva stretta quella mattina.
“Non importa. Non li affronterà più da sola.”
Per lei, avrebbe fatto esplodere anche il mondo intero.
 
 
 
 

“Sei nostro, Sirius. Nostro. E’ il tuo destino. Sei destinato a diventare un Mangiamorte…a fare cose terribili…”
“No… non lo diventerò…io sono dalla parte di Silente…di James…”

“Tu sei un Black. Hai veleno nel sangue…” 
Walburga si infilò una lama affilata nel braccio, iniziando a tagliare.
Un liquido nero e denso iniziò a colarle attraverso le dita candide, gocciolando sul pavimento, ribollendo come acido.
“Vedi?” 


“HO DETTO NO!”
“Sirius!”
Il ragazzo aprì gli occhi di scatto e la sua mano scattò repentina afferrando con violenza un polso esile. Nella penombra della stanza ci fu un gemito.
Profumo di margherite.
Staccò immediatamente la mano, mentre Cristhine spalancava gli occhi che parvero due fanali in quel buio pomeriggio di dicembre.
Si fissarono, lui ansimante e sudato, lei massaggiandosi il punto dove l’aveva afferrata.
Si era messo a dormire su una poltrona davanti al fuoco in Sala Comune dopo alcune ore passate a bighellonare in solitudine, sperando di riuscire a trovare un po’ di pace nel sonno ma a quanto pareva così non era stato. Ora c’erano solo le ceneri dentro al camino e la morbida presenza della sua ragazza, in piedi davanti alla poltrona.
“Scusa.” Sussurrò. C’erano tante scuse in quell’unica parola.
L’aveva lasciata sola ed era fuggito via. L’aveva lasciata sola ad affrontare quelli che probabilmente reincarnavano i suoi peggiori incubi.
Codardo.
“Cosa ci fai qui?”
“Sono qui da un po’.” Rispose lei, a voce bassa. “Ma non volevo svegliarti. O meglio, svegliarvi.”
La ragazza indicò ai suoi piedi con un sorriso e solo allora il ragazzo si accorse dei suoi amici e una colata di calore gli ammorbidì l’animo.
Dormivano.
Dormivano…accanto…a lui.
James ronfava profondamente inginocchiato al suo fianco, la testa appoggiata sul bracciolo. 
Remus, invece, era sull’altro lato, di schiena contro la poltrona e con le gambe distese.
Infine Peter, rannicchiato ai suoi piedi come un topolino.
Mugolò appena, infastidito dal rumore, accoccolandosi meglio addosso a Potter.
Che razza di imbecilli.
La Corvoncina notò il suo sorriso e gli accarezzò delicatamente uno zigomo, rincuorata. 
“Devo farti vedere una cosa.” sussurrò.
“Come?” esclamò Sirius, sorpreso, ma la ragazza si limitò a sorridere di nuovo.
“Niente domande.”
Non era incazzata?
Si lasciò prendere per mano e trascinare per Hogwarts come un imbambolato. Era quasi ora di cena, nell’aria si sentivano profumi invitanti, gli elfi scorrazzavano qua e là e alcuni studenti si stavano già dirigendo in Sala Grande.
Ma non era lì che stavano andando…lo stava conducendo fuori.
Si fermò contro il portone che lei aprì, ricevendo una folata fredda sul viso.
“Cristhine, non credo sia una buona idea. Non mi sembra che tu voglia seguire le regole e io ne ho già combinate troppe…”
“Ma sentilo!” sorrise divertita la Corvonero, voltandosi verso di lui. “Dov'è finito il tuo amore per il rischio?”
Il vento le scompigliò i riccioli, generando un incantevole profumo di fiori. Che cavolo aveva in mente?
Però…in effetti infrangere le regole gli stava mettendo addosso una piacevole sensazione…
La ragazza tirò fuori il mantello dell’Invisibilità – sconvolgendolo - e avvolse i loro corpi, tirandoselo vicino.
“Prestito di James.”
Sotto quel magico tessuto, l'una davanti all'altra, per un momento rimasero immobili a fissarsi e per qualche istante il sorriso sicuro di lei scemò.
Sirius era…bello. 
Anche nel dolore. Anche nella vergogna di sé. Dannatamente bello.
“Quindi?”
“Oh…hem…a-andiamo…” balbettò lei, scattando come una molla e sentendosi le guance in fiamme.
Uscirono in giardino, sollevando i nasini sulle prime stelle che spuntavano lucide contro il nero della sera.
Il camino di pietra della casetta di Hagrid tracciava nel cielo sottili spirali di fumo e le finestre sembravano spruzzi dorati nell'oscurità.
“Si può sapere dove mi stai portando?”
“Nella Foresta Proibita.”
“Che cosa?!”
La ragazza lo fissò divertita.
“Che c’è, hai paura?”
“Certo che no!” esclamò subito lui, indignato. “E’ solo che non mi aspettavo che tu…che tu…”
Lei rise.
“Ti piacerà.”
Arrivarono alla serra dove si erano quasi baciati, ritrovandola intatta come allora, con i vasi ricoperti di brina brillante. Una volta entrati, la ragazza sollevò alcuni filoni di edera scoprendo un vero e proprio passaggio segreto.
“E questo quando l’hai scoperto?”
“Pochi giorni fa.” Gli rispose. “Da quando me l’hai fatto scoprire, ci vengo spesso. Una mattina il ghiaccio ha fatto crollare un mobile di legno marcio e dietro le liane ci ho trovato questo.”
Camminarono rapidi e in silenzio lungo un cunicolo di pietra, umido e antico, accompagnati da alcuni Lumos volanti che sembravano palline di natale. Lui sempre più strabiliato.
Da quando quella dannata se ne andava a spasso per i passaggi segreti in mezzo alla Foresta Proibita?
Quello in particolare sembrava essere il residuo di un qualche impianto di drenaggio. La muffa ed il muschio spuntavano fuori dalle pietre ormai sbeccate e ogni tanto cadeva un sottile filo di terriccio dall’alto.
Non seppe dire fin quanto camminarono, certamente un bel po’. In religioso silenzio, rapidi come gatti.
Lei procedeva tranquilla, il suo fiato usciva in piccole nuvolette di condensa. Sembrava serena.
Lui invece…non sapeva che dirle. Scusarsi in continuazione non avrebbe fatto altro che far perdere importanza a quella parola.
Ma che le diceva? Scusa, sono stato un coglione egoista a mollarti da sola dopo aver visto gli assassini di tua madre?
Perché quella ragazza non lo prendeva mai a schiaffi?! Seriamente, ne aveva davvero bisogno.
Un bel ceffone dritto in faccia…era a quelli che si era abituato negli anni.
La sua tolleranza lo disorientava.
Quasi non si accorse che si era fermata e si stoppò appena in tempo per non sbatterle addosso.
“Arrivati.”
Davanti a loro c’era una scalinata in pietra a due rampe che saliva a spirale verso la sommità, finendo ad un accesso a mezzo di botola in legno.
Quando Cristhine l’aprì, lo lasciò a dir poco senza parole. Quello era il fondo di un pozzo. Allora era davvero un impianto di drenaggio!
Si arrampicarono fuori con facilità, essendo un pozzo molto piccolo, accogliendo l’aria fredda sulle guance.
“Ok, ora mi hai davvero incuriosito. Che diavolo…”
Si bloccò non appena, issandosi fuori con le mani, allungò lo sguardo sul luogo circostante.



 
When you try your best but you don't succeed.
When you get what you want but not what you need.
When you feel so tired but you can't sleep.
Stuck in reverse and the tears come streaming down your face.
When you lose something you can't replace,
When you love someone but it goes to waste,
Could it be worse?

Lights will guide you home,
And ignite your bones.
And I will try to fix you.
 
 
 
 



Si trovavano in una radura ampia e circolare, ma i contorni non si percepivano bene perché una sorta di luce offuscava i profili degli alberi che la cingevano come una corona.
Al centro c’era una piccola polla d’acqua ghiacciata, che pareva scintillare alla luce della luna come diamante freddo.
Sotto gli stessi raggi pallidi e fiochi, luminose come stelle… lucciole.
Lucciole e…e fate.
Erano talmente vicine e scintillanti che si faticava a capire chi era la fata e chi la lucciola e la luce che emanavano era così tiepida e dolce che l’oscurità della Foresta sembrava quasi premere contro una cupola bianca che correva tutto lungo il perimetro.
“Non avvicinarti troppo.” Sussurrò Cristhine. “Ci sono i loro cerchi di funghi vicino all’acqua. Se ci cadi dentro, finisci intrappolato.”
Si ritrovò senza fiato nel giro di pochi istanti.
Sembravano non vederli.
Danzavano, si univano in movimenti arcani e remoti, forgiando un ballo dalla incredibile magnificenza, come piccole, minuscole gemme preziose nell’aria.
Era qualcosa di magico, di puro.
Qualcosa che il suo solo sguardo impregnava e macchiava.
Ma non era quello, il suo destino? sorrise amaramente. Macchiare ogni cosa toccasse?
Avrebbe macchiato anche lei? si chiese istintivamente. Anche colei che gli aveva offerto quel dono meraviglioso?
Avvertì improvviso l´immenso desiderio di guardarle il volto, di vedere quel chiaro incarnato illuminato da quella luce iridescente.
E lo era, rischiarato.
La sua pelle…pareva vibrare in tutti quei colori.
Cristhine Mcranney era, se possibile, ancora più bella di quelle creature.
Era lei il vero spettacolo, pensò Sirius, assaporando con gli occhi quelle labbra dolci.
Poi, lentamente, la ragazza rivolse i suoi occhi a lui.
Preferiva…preferiva guardarlo piuttosto che continuare a godersi quella meraviglia. Che blasfemia.
Come preferire osservare il demonio piuttosto che il paradiso.
Voleva dirle qualcosa, fare domande, ringraziarla, ma riuscì solo a balbettare.
“E’…è…”
“Ti piace? Io sono rimasta senza fiato quando ho visto questo posto. A quanto pare qui si riuniscono perché riescono a trovare dei funghi con cui fare i cerchi magici in inverno. Credo sia per l’umidità.” Nei suoi occhi brillavano i puntini luminosi nel cielo, le guance si stavano arrossando per il freddo. “Non ho mai visto nulla di così bello. Non avrei mai pensato di poter mettere gli occhi su una cosa del genere, prima o poi. Questa scuola non finirà mai di incantarmi.”
E tu non finirai mai di incantare me.
“E’ un posto magnifico.” Riuscì solamente a dirle.
“Sono contenta che ti piaccia.” Lei si inginocchiò, dandogli le spalle. “Hey Sirius…”
“Cosa?”

Splat!

Gli arrivò una palla di neve dritta in faccia, facendogli prendere un colpo. 
“Ma…ma…!” esclamò sorpreso, ripulendosi il viso. 
La ragazza ne aveva in mano un’altra e rideva. Rideva veramente di cuore, tenendosi la pancia.
“La punizione per esserti tolto i fiocchi dai capelli!”
“Come osi? Ora la paghi!”
Black scoppiò a ridere nel momento esatto in cui raccoglieva la neve e lanciava un missile che la ragazza prontamente schivò abbassandosi di colpo. Assurdo…pensò, rincorrendola lungo il pozzo, da quanto non faceva quel gioco scemo? Le risate uscivano così poderose da graffiargli la gola e fargli sussultare lo stomaco, ed era come bere acqua fresca dopo una lunga giornata di apnea.
 
 
 
 
High up above and down below,
When you're too in love to let it go,
But if you never try you'll never know just what you're worth.

Lights will guide you home,
And ignite your bones,
And I will try to fix you.
 
 
 
 
Ricordava Black’s Manor, quando era un bambino. Sotto Natale, la tenuta diventava ancora più oscura, cupa. Natale gli aveva sempre fatto paura, fino a quando non aveva conosciuto…lei.
Con lei giocava a palle di neve, ricordò improvvisamente, arrestandosi di colpo.
Con Michelle…lui…
“Prendi questa!”
Un’altra palla dritta sul naso.
“Ah, giochiamo pesante eh?! Prenditela!”
“E’ tutta qui la tua mira?” lo schernì la ragazza, schivandone un’altra. “Bene! Ora… waah!”
Inciampò su una radice nascosta e finì addosso a Sirius, che ricadde all'indietro. Rotolarono sulla neve, che avvolse la sua schiena come una coperta.
“Scusa.”
“Non ce la faccio più…tregua?”
“Tregua.” Concesse la Corvonero, gettandosi di lato. 
Rimasero distesi l'una affianco all'altra, ad osservare il cielo ansimando piano.
Le fate, per nulla turbate da quel loro giocare, continuavano a danzare, confondendosi ora con le stelle.
“Cristhine…” 
“Sì?”
“Mi dispiace per oggi.” Non la guardò in faccia, continuando a puntare ostinatamente la luna. “Lo capisco, se vorrai andartene via da me.”
Lei si sostenne con un gomito, roteando gli occhi al cielo.
“Sirius Black, la regina del dramma.” Lo prese in giro, strappandogli un sorriso. “A volte sai essere davvero stupido.”
“Scommetto che non era così che te lo aspettavi, eh? L’incontro con i genitori del tuo ragazzo…”
“Beh…ecco…” lei dosò bene le parole. “…No, non era così che mi aspettavo un principe azzurro.”
“Hanno ucciso tua madre. IO ho ucciso tua madre.” Il dolore gli incrinò la voce, che si era come gonfiata in gola, diventando come una grossa pietra. “Per quanto ancora potremmo far finta di niente? Prima o poi tutta questa merda ci sommergerà.”
“Sirius.” Lei gli prese il viso fra le mani. “Quando ero bambina, sognavo un principe che arrivava e mi portava via da quella casa. Sognavo di essere rapita. E no, nei miei sogni non era certo simile a te. Ma crescendo, mi ero resa conto che non sarebbe mai stato simile a nessuno, semplicemente perché non ci sarebbe mai stato. Non sarebbe venuto nessuno in sella ad un cavallo bianco. Nessun dono sulla porta, nessuna avventura. E poi sono uscita di casa, Silente mi ha iscritto nella sua scuola, mio padre è riuscito a curarmi. Lumacorno ci ha fatto fare quella stupida pozione assieme. Ti ho visto venire preso a pugni dagli Auror, ti ho visto soffrire come un cane senza una vera ragione. Ho visto le fate. No, non era così che mi aspettavo i miei futuri suoceri e di certo non eri tu quello che mi immaginavo accanto. Ma ora sei qui, con me, e mi dispiace, mi dispiace davvero perché dovrei odiarti ma non ci riesco. Non riesco a non essere felice quando ho la possibilità di vedere questo…” indicò le fate. “…Con te vicino. Non avrei mai immaginato di sentirmi così. Io non voglio andare da nessun’altra parte.”
“Dio.” Sirius si mise una mano sugli occhi. “Come fai? Come ci riesci? Sei così pulita. Sei così diversa da tutto quello che ho sempre conosciuto…”
“Tu credi che io sia inferiore perché sono una Mezzosangue?”
“No, certo che no.”
“Allora non vedo come la questione possa turbarmi. A me conta la tua, di opinione, Sirius.” Disse lei, con semplicità. “La tua famiglia probabilmente mi odia, e allora? Ha fatto cose orribili, sarei nauseata se mi apprezzasse perché significherebbe che sono come loro! James non permetterà mai che ti portino via. E nemmeno io.”
“Sono pericolosi, Cristhine.”
“Non saranno mai pericolosi quanto un serpente tatuato sul braccio che cresce ogni anno, sempre più vicino a divorarti il cuore. Ora puoi smetterla di preoccuparti per me? Io sto bene. Sei tu che andavi consolato.”
Fu dolce il sorriso che le riservò. La fece arrossire.
Se solo avesse visto quanto in realtà anche lui fosse pulito. Il sorriso che gli sbocciò sul viso fu quanto di più bello ci potesse essere.
Non riusciva a vedersi per com’era davvero. Lo sapeva, quanto si sentiva sporco, indegno. Non riusciva a capire quanto si sentisse fortunata ad essergli vicina. Lei, una robetta da niente, accanto a quel dio.
Guardarono il cielo, ognuno perso nei propri pensieri.
“Grazie.” Mormorò lui. “Ora sto meglio. Davvero. Starti vicino…mi fa sempre stare meglio.”
“Sirius…”
Il ragazzo si voltò, mentre lei si alzava lentamente e gli sfiorava il viso con le dita infreddolite.
Sentiva il suo respiro sulla bocca, caldo, accogliente. Accolse il suo bacio sentendosi accarezzare come un bambino, percependo appena tra le ciglia chiuse il baluginare delle lucine sulla sua pelle chiara.
Quando si staccarono, la ragazza lo fissò negli occhi, parlando con lo sguardo.
“Credo che io mi stia innamorando di te.” Glielo disse così, senza vergogna. Seria come la morte. Seria come il destino. “Lo so che è presto. E che non sono una grande esperta. Ma è quello che provo e sento che mi sta travolgendo. Capisci quanto è importante per me? Non permetterò a nessuno di portarmi via tutto questo.”
Assurda. Con quale facilità lo diceva…proprio come chi non l’aveva mai fatto. Pur essendo timida, non conosceva l’imbarazzo che avevano le persone comuni per le cose più basilari.
Era totalmente trasparente. Ed era facile esserlo, con lei.
Le balzò sopra, stringendole appena i polsi contro la neve, beandosi di quelle labbra umide, dei riccioli appena bagnati contro le gote arrossate.
“Io invece non lo credo.” rispose. “Io lo so per certo, che mi sto innamorando di te.”
Risero assieme, sfiorandosi i nasi, tenendosi stretti. L’amore arriva sempre piano piano, sempre più cocente, sempre più forte e loro potevano sentirlo. Come il rumore delle onde quando si è in prossimità del mare.
 
 
 
 
Lights will guide you home
and ignite your bones.
And I will try to fix you. -
 
 
Fix you – Coldplay. *
 
 
 
 
Le fate amavano gli amanti.
Alcune si erano fatte più vicine, ombre indistinte ed eteree che passavano di ramo in ramo, il lembo fluttuante di un velo, un’ala fragile e trasparente come quella di una libellula, una chioma intrecciata con luminosi filamenti d’oro e d’argento. O magari una manina minuscola che faceva un cenno, una risata squillante come il trillare di un campanellino.
Ma tu guarda.” Pensò James Potter sentendolo stare meglio, mentre in Guferia spediva una lettera alla sua famiglia che – ne era certo – avrebbe tirato giù un vero macello. “…Alla fine bastava solo portarlo a spasso.”



 
 
 
 
Malfoy la puntava.
Lily Evans aumentò il passo, stringendosi meglio nel cappotto. Avevano appena finito Cura delle Creature magiche, e quel dannato Serpeverde sembrava essersi attardato apposta per tenderle un agguato.
La rossa strinse forte la bacchetta, vedendolo avvicinarsi come una serpe.
Oh, stavolta non l’avrebbe trovata impreparata. Stavolta non si sarebbe gettata da una torre pur di sfuggirgli.
L’avrebbe affrontato.
Lucius si fermò a pochi metri, sollevando le mani.
“Hey, che aria cattiva. E dire che vengo in pace.”
“In pace?” la ragazza si schifò. “Dopo quello che volevi farmi?”
“Beh…” lui non parve minimamente imbarazzato. “Tutto dipendeva da come mi avresti risposto. C’è sempre un posto per chi si unisce alla causa, anche se Mezzosangue.”
“Lasciami in pace, Malfoy.” Ringhiò lei, facendo per superarlo ma lui l’afferrò per un braccio.
“O cosa? Lo dici a Potter?” la canzonò, prima di venire schiantato a terra con suo immenso stupore.
Rialzò lo sguardo sulla sua bacchetta fumante, sorpreso ma anche divertito.
“Ma guarda…la Mezzosangue ha imparato a difendersi.”
“L’ho sempre saputo fare.” Replicò lei, gelida. “La volta scorsa mi hai solo presa alla sprovvista.”
“Bah, staremo a vedere.” Lui si rialzò, sorridendo educatamente. Sempre calmo, sempre inquietante. “Volevo solo godermi lo spettacolo.”
“Lo spettacolo?”
“Ossì…” il suo ghigno sapeva di tenebra. “…E’ sempre divertente vedere un morto che cammina…” le si avvicinò, godendo dell’effetto che quelle parole avevano suscitato. “…Potter ha osato un po’ troppo, questa volta. Hanno fatto incazzare i grandi…quindi preparatevi. Voglio godermi uno show coi fiocchi.”
“Ma di che accidenti stai parlando?”
I suoi occhi chiari si allargarono, sinceramente stupiti.
“Ma come, non lo sai che ha fatto?”
Non fece in tempo a chiedere alcunché, perché improvvisamente, il biondo parve sbiancare guardando un punto alle sue spalle, tra gli alberi.
Riconobbe il suo odore ancor prima di girarsi. Il muso le sfiorò docilmente una spalla, soffiando fuori aria calda contro il suo collo.
“Nuovo Famiglio, Evans?” sibilò Lucius, arretrando e tenendo gli occhi puntati sulle sue zampe possenti che stavano raschiando minacciosamente il terreno.
Dire che se la diede a gambe è un eufemismo. Anche se lo fece piano piano, conservando quel poco di dignità che gli era rimasta.
Lily Evans si girò, gli occhi brillanti, il cuore in subbuglio. Il cervo bianco le diede un buffetto sulla guancia.
Allungò timidamente una mano e lui si lasciò accarezzare.
“Sapevo che saresti tornato.” Gli sussurrò, sentendosi esplodere di gioia. “Me lo sentivo. Tu non sei normale. Tu mi proteggi.”
L’animale sbuffò di nuovo, alitandole contro il viso e scuotendo il capo.
Era splendido, come lo ricordava. Molto più alto di un normale cervo, corna argentee che si libravano nell’aria come la più elegante delle impalcature.
E quegli occhi…quegli occhi dorati.
“Mi ricordi James, sai?”
Il cervo indietreggiò come se l’avesse spaventato.
“Buono, buono!” lei gli accarezzò di nuovo il collo, calmandolo. “In effetti, anche io mi offenderei…”
L’animale le diede un altro buffetto, più simile ad una spinta che ad una coccola. Sembrava scocciato…
Lei rise, trovandolo adorabile.
“Non ci crederà mai quando gli dirò che ti ho ritrovato!” esclamò, emozionata come una bambina. “A dire il vero, non so nemmeno perché mi ha aiutata in questi giorni. Però è stato carino. In verità…credo che non sia la totale testa di rapa che finge di essere.”
Il cervo ora le prestava tutta la sua attenzione, rapito. Lei sospirò.
“Non so più cosa pensare, in quest’ultimo anno. A volte vorrei strangolarlo ma altre volte…lui…lui fa cose che…” si batté la mano sulla fronte. “Che stupida che sono! Sto qui a parlare con un cervo di James quando dovrei…cavolo! La biblioteca chiude tra dieci minuti!”
E corse su per il parco, ma a metà strada ci ripensò, corse di nuovo dal cervo e gli scoccò un bacio sul muso.
“Grazie.” Sussurrò. “Ti prego, non sparire più. Torna da me! Ti sembrerà assurdo, ma ne avrò bisogno davvero!”
Corse a perdifiato fino al castello con l’ambigua sensazione che quell’animale stesse sorridendo. Purtroppo non aveva il tempo di chiamare Kittleburn né di approfondire la natura di quell’essere ma…non sapeva come, era certa che l’avrebbe rivisto. Che sarebbe riapparso, nel momento del bisogno.
Che strana sensazione, quella… forse lo studio la stava facendo ammattire davvero!
La biblioteca era deserta, praticamente arrivò in slittata e si aggrappò al bancone per non scivolare.
Ansimò, cercando disperatamente quella vecchia megera che il giorno prima le aveva detto di ripresentarsi quella mattina per il libro di Giurisdizione Scolastica che aveva richiesto.
Aveva tutta l’intenzione di mettersi a studiare seriamente la materia. Oh sì, avrebbe cambiato le carte in gioco in quella scuola! Erano giorni che ci pensava su. Gli studenti dovevano essere rappresentati, in un modo o nell’altro!
Peccato però che Madama Pince però avesse già chiuso…ma che diavolo, quella donna era peggio di un orologio svizzero!
Stava fumando dalle orecchie da qualche secondo quando se ne accorse.
Si metteva sempre al solito angolo, il solito tavolo accanto alla finestra, appartato tra due scaffali. Il libro che cercava era lì, adagiato al centro e aperto a metà.
Si avvicinò, sorpresa, e ne sfiorò la copertina. Come ci era finito? Con la Bibliotecaria e la sua ossessione per l’ordine?
Il respiro le si bloccò tra i denti non appena lo vide.
Un fiore.
Un fiore in mezzo alle pagine. Ma che diavolo…
Se l’era appena portato al naso, sorpresa, quando da dietro lo scaffale giunse un rumore. Si mise sull’attenti come se una scossa elettrica l’avesse appena trapassata, agguantando la bacchetta.
Michael Aliaset uscì piano, sistemandosi i guanti. La guardò, in silenzio, lasciandola tesa come la corda di un violino.
Le sorrise di sfuggita, quasi che fosse divertito dal vederla così sui carboni ardenti, eppure in maniera gentile. Ammiccò alla corolla che teneva ancora stretta vicino alla bocca con un’espressione abbastanza palese e la superò senza dire niente.
Rimase paralizzata sul posto per cinque minuti buoni, fino a che Madama Pince non arrivò a cacciarla a pedate urlando come una faina.
Non sentiva gli improperi di quella strega. Si sentiva il cuore in gola.
A quanto pareva, aveva un altro corteggiatore…
 
 



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
* Quando provi a fare del tuo meglio ma non ci riesci
Quando prendi quel che vuoi ma non quello di cui hai bisogno
Quando ti senti così stanco ma non puoi dormire
Torna indietro
E le lacrime iniziano a scorrere sul tuo viso
Quando perdi qualcosa che non puoi riavere
Quando ami qualcuno ma va tutto in fumo
Potrebbe andare peggio?

 
Le luci ti guideranno a casa
E infuocheranno le tue ossa
E io cercherò di consolarti
Lassù e quaggiù
Quando sei troppo innamorata per lasciar perdere
Ma se non provi non lo saprai mai
Che importanza hai

 
Le luci ti guideranno a casa
E infuocheranno le tue ossa
E io cercherò di consolarti. –

 
Fix You - Coldplay

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Capitolo 28
*** Il destino che cade dal cielo. ***


“Oppressiva, umiliante, tirannica e con non del tutto trascurabili problemi di rabbia repressa.” La McGranitt sbatté sulla cattedra quattro tomi di Trasfigurazione con l’eleganza di un elefante, facendoli letteralmente balzare per aria. “Ora che vi ho riassunto in breve gli aggettivi che potete usare per descrivermi come Professoressa in quelle porcherie che sono i Questionari del Ministero, possiamo passare alle cose importanti. Le Leonidi sono allegramente andate fuori dalle scatole per cui possiamo riprendere il programma, e vi avviso che al primo sgarro vi spedisco fuori a calci nel sedere!”
Lily Evans stirò un sogghigno, mentre nell’aula si colsero alcune risatine sommesse.
Bisognava dire che quella settimana era stata un vero inferno per gli studenti: con quella faccenda dei questionari di valutazione, i professori avevano cominciato a comportarsi in modo parecchio strano!
Lumacorno aveva addirittura fatto trovare la sua intera aula ricoperta di cioccolato, roba che nemmeno Hansel&Gretel, il Professore di Cura delle Creature Magiche aveva provato a regalare gattini, che tuttavia avevano il vizietto di sputare fuoco (Avevano dovuto letteralmente trascinare via James da quei cosi) e Vitious aveva stregato i loro letti tanto che una sera si erano ritrovati praticamente a dormire su delle nuvolette.
Se dapprima essere così coccolati e viziati aveva sortito piacevoli effetti su di loro, tempo due giorni e quella situazione iniziò a diventare più uno stress che altro.
“Giuro che se Kittleburn mi insegue ancora con uno di quei piccoli demoni pelosi faccio baracca e burattini e me ne vado.” Rognò tra i denti Alice Spinnet, aggiustandosi come meglio poteva alcune ciocche bruciacchiate.
“Lascia perdere, quell’esaurita della Cooman mi si apposta dietro la porta del bagno cianciando di un grande amore che giungerà entro quest’anno…” gemette Geky, accasciandosi sul tavolo. “Sai che bellezza stare sul gabinetto con un Professore che ti fa diventare la protagonista di un Harmony?!”
“E per carità, qualcuno va a dire a Vitious che soffro il mal di nuvola?”
Tra le poche a sbattersene bellamente del loro giudizio era la McGranitt che anzi, sembrava fare apposta a essere ancora più sadica.
Il ché significava Biblioteca. Il ché significava…problemi.
Lily Evans arrossì, affondando il naso nella pergamena che aveva davanti con una punta di irritazione.
Se prima aveva lasciato uno spazietto nella sua testolina per il beneficio del dubbio, ora, dopo una settimana passata a ricevere fiori praticamente ogni mattina su quel dannato tavolo, di dubbi ce n’erano pochi.
Quel dannato Serpeverde aveva in mente qualcosa!
Lo beccava in continuazione, anche quando entrava negli orari più improbabili, sembrava vivere tra quei libri! Si sentiva osservata, e quando incrociava lo sguardo di quel tizio lui le riservava quei dannati sorrisi enigmatici che iniziavano a darle veramente sui nervi.
Che cavolo di intenzioni aveva?! L’aveva forse mandato Malfoy? Nuovo giochino sadico, impediamo a Lily Evans di diplomarsi?
“Hey Evans…Evans!”
Saltò sulla sedia, beccandosi tra l’altro un’occhiataccia dalla McGranitt. Mandy Harpies si chinò su di lei dal banco di dietro, con una mano a coppa sulla bocca.
“Allora, questo Ballo di Fine Anno? Siete riusciti ad organizzare qualcosa?”
“S-sì, ci stiamo lavorando. Siamo a buon punto.” Bisbigliò la rossa, trattenendosi dall’alzare gli occhi al cielo. Ci mancava solo quel benedetto Ballo, con tutti gli impegni che avevano i Prefetti…ultimamente sembrava che ad Hogwarts non si facesse altro che fare baldoria e cercare di non venire divorati da qualche mostro.
Da quando la sua scuola si era trasformata così?! Grazie a chi?!
Adocchiò Potter, che, sentendosi osservato, alzò il viso con l’angelica aria da cucciolo di unicorno.
“Amore, così mi fai arrossire.”
Distolse lo sguardo, massaggiandosi le tempie. Ecco, forse un’idea ce l’aveva…
“Sì, ma state rispettando le condizioni?” continuò quella, beccandosi una pallina di carta in testa da qualcuno perché la sua voce da cornacchia stava disturbando la lezione. Si premurò di abbassarla, alla seconda occhiata di fuoco della Prof. “Lo sai, il Comitato vi presta i fondi solo se le sue richieste vengono accettate…”
Che dio maledisse tutti i Comitati per la Morale pubblica. Davvero, che li incenerisse tutti!
Non che Lily Evans fosse un massimo esempio di apertura mentale su certi argomenti – o meglio, semplicemente non capiva la logica dietro la quale una ragazza dovesse accorciarsi la minigonna di dieci centimetri e svegliarsi all’alba ogni giorno per riempirsi di trucco fino a ciondolare ridacchiando in mezzo a comitive di maschi con gli ormoni a palla – però quei tizi esageravano parecchio!
Che fine aveva fatto il “vivi e lascia vivere”?
“Harpies, onestamente mi sembrano regole un po’ severe…” Osò dire. “Gli abiti di gala costano parecchio, non tutti possono permettersi una spesa così sotto Capodanno! E poi cos’è questa storia che è obbligatorio l’accompagnatore?”
“Severe? Severe?!” ed iniziò il melodramma. “Vuoi davvero vedere ragazze in microshorts di pelle filo chiappa appoggiate come statuine ai muri ad attendere che qualcuno le prenda per mano catturato dalla scollatura? No perché sembrerebbe un bordello! La pulite voi la bava dal pavimento, dopo?”
“Va bene, va bene!” la fermò subito Lily, già esausta. “Faremo come dite voi! Abiti da cerimonia e accompagnatori. Contenta?”
“O quello o niente galeoni.” Se la ghignò quella iena. “State raschiando il fondo, eh?”
Eh già. Inutile dire che senza una buona organizzazione, l’unico modo per riuscire a creare qualche evento studentesco era farsi fare credito da quelle faine.
Il gruppo dei Prefetti non sapeva proprio dove sbattere la testa per riuscire a creare un Fondo comune.
Fino a quando non fossero riusciti a diventare un’associazione legale, quei poveretti avrebbero continuato ad esaurirsi su conti e debiti chiedendo prestiti più o meno in sordina…fortuna che c’era Ractliff, spalla destra della Chang, che aveva qualche aggancio e trovata sempre il modo di far entrare qualche soldo!
“Hey, hai sentito che il Babbanologo sta creando corsi di scherma?” si intromise Geky.
“Il Professor Wash?”
“Eh già! L’ha finanziato di tasca sua, tra l’altro! Un bel passo avanti, visto che Difesa Contro le Arti oscure fa schifo.” Frecciò la Tassorosso.
“Hmmm…” Lily si grattò il mento, pensierosa. Da quando Mandy Harpies si interessava a quelle cose?
“Ho sentito che i Marauders oggi si allenano…”
“Ah, ecco.”
“Eh?”
“Niente, niente…”
La ragazza sospirò, cercando di non vomitare allo sguardo libidinoso di quella tizia. E fortuna che erano i maschi a sbavare… Però forse, poteva giocare quella situazione a proprio vantaggio…
“Senti, Harpies…” fece, con noncuranza. “Secondo te quanto potrebbe costare un aggiornamento al corso di Difesa contro le Arti Oscure?”
“Eh? Un aggiornamento?”
“Sì, voglio dire…comprare libri nuovi, attrezzature…”
“Bah, parecchio. Perché?”
Ed ecco l’espressione da maniaca assetata di potere alla Lily Evans. Si girò totalmente, sfruttando che la McGranitt stesse bastonando Minus, e le si piazzò sul banco.
“Trovami un modo per guadagnare soldi.”
“Prostituzione, Evans?” ironizzò Alice Spinnet. “Secondo me qualcuna del Comitato non vedrebbe l’ora…”
Ma invece che risentirsi al non tanto velato insulto, la Harpies mise su un’identica espressione maniaco-compulsiva.
“Stand dei baci!” esclamò, con così tanta aria da pervertita che le mancava solo un trench da sbottonarsi in pubblico.
“Stand dei baci?” Geky Bell alzò un sopracciglio. Ormai tutte le Grifondoro erano incuriosite. “Cioè?”
“Piazzi un baracchino, una ragazza o un ragazzo abbastanza disinibito, gli metti una benda sopra gli occhi e fai pagare la gente per un bacio. Ci serve qualcuno di sexy ed è fatta!”
“Hey, guarda che io scherzavo sulla prostituzione…” ridacchiò Alice, iniziando a sudare freddo. “Evans, non vorrai mica…”
“Scusa, perché la benda?” chiese Giuly, perplessa.
“Perché è sconcia da morire…”
“Lily, sul serio…” iniziò Alice mentre le altre aprivano gli ombrelli alla pioggia di ormoni della compagna. Ma poi ecco che accadde: girò la testa verso la rossa e vide lo stesso identico sguardo da pazza, solo che nelle palline dei suoi occhi c’erano le pupille a forma di dollaro americano, mentre in quelle della Harpies…beh, meglio non dirlo. “…Evans, è una pagliacciata…!”
“Lo so!” la ragazza balzò in piedi, quasi gridando. “Ma è l’unica soluzione! Può funzionare!”
Silenzio in aula. Una colata di freddo arrivò dalla McGranitt che la fissò con due occhi da rapace.
“Sì, Signorina Evans?” sibilò tra i denti, facendola sbiancare.
“N-niente. Scusi…” si risedette lentamente, avvampando. “Sentite, lo so che è scandaloso…”
“Scandaloso è dire poco. Ma voi non eravate il Comitato per la Morale pubblica?!” frecciò Molly. “E io che stavo pensando pure di inserirmi…”
La biondina agitò la mano, già pregustando carne fresca. Dall’altro lato del tavolo, Potter sentì come un brividino.
“Hey, com’è che ho l’impressione che stia per succedere un disastro?”
“…ma è l’unico modo che abbiamo per riuscire a creare un corso decente. Non lo vedete? Siamo totalmente indifesi ed in più, non abbiamo mai voce in capitolo su niente! Se riusciamo ad essere più attivi, forse il Ministero ci darà una chance quando chiederemo di essere tenuti in considerazione riguardo la scuola!”
Sì, lo pensava davvero. Bastava solo trovare la cavia giusta! Qualcuno dei Marauders magari…o qualche ragazza…
Ci pensava talmente tanto che quando si recò in Biblioteca, appoggiando l’ennesimo tomo giuridico, quasi si dimenticò del suo solito appuntamento.
Perché ormai era diventato un appuntamento, con quel tizio. Si sedette al suo solito tavolo, pensierosa, ma questa volta non c’erano fiori.
Strano… forse l’aveva finalmente lasciata in pace…
“Buongiorno.”
“AAAAARGH!”
Fece un balzo di tre metri, alzando finalmente il viso e trovandoci Michael Aliaset seduto con espressione neutra all’altro lato del tavolo.
“C-che diavolo ci fai seduto qui?!”
“Studio qui da mezz’ora. Non mi hai visto? Ero letteralmente davanti a te.”
“Q-questo è il mio tavolo!” si sentì scema non appena finì di dire la frase.
Il ragazzo inclinò la testa, appoggiando la guancia sulla mano.
“Ah sì? Credevo fosse di tutti.” Ironizzò.
“No…è che…voglio dire…” presa nel pallone, la ragazza si schiantò sulla sedia, scoccandogli un’occhiataccia. “Si può sapere che vuoi?!”
Lui scoppiò a ridere.
“Leggere, in realtà.” Rispose. “Ti do fastidio?”
Non parve prendersela più di tanto all’espressione dura che si dipinse sul viso di Lily.
“Mi hai mandato fiori per una settimana.” Disse, improvvisamente tagliente, quasi gelida.
“Scusa, oggi li avevo finiti. Ne vuoi un altro? E’ di Sir Malagus quel tomo?”
“Voglio che tu mi dica che cosa vuoi.”
Il sorriso scivolò lentamente dal viso di Aliset, mentre sul tavolo cadeva uno strano gelo.
“Ti vedo spesso in libreria.” Disse, piano. “Mi piacciono i titoli che scegli. Tutto qui.”
La vide tesa come la corda di un violino, gli occhi puntati sulla sua sciarpa. Allargò appena gli occhi chiari, sorpreso.
“Oh.” Disse, capendo al volo. “Oh.”
La Grifoncina non rispose, ma l’occhio del ragazzo cadde inevitabilmente sulle sue mani. Stringeva la bacchetta, sotto il tavolo.
Lui chiuse appena gli occhi, massaggiandosi le palpebre.
“Cavolo.” Sospirò. “Ed io che pensavo che solo i Serpeverde fossero razzisti.”
Quella frase parve colpire parecchio a fondo, perché un nervo saettò sulla tempia della ragazza, che si chinò in avanti senza premurarsi di nascondere il rossore.
“Lo sai, cosa volevano farmi?” sibilò, freddamente. “Mi hanno gettato addosso una pozione, mi stavano trasformando in un animale da vendere sottoforma di cappello…o…guanti…” gli occhi le si fecero lucidi di rabbia.
“Mi dispiace.”
“Risparmiatelo. Pensi davvero che possa credere che tu sia qui per caso?”
“Senti, io sono qui solo per leggere.”
Mosse un braccio e quella saltò peggio di una lepre, come se l’avesse trapassata con la corrente.
“Accidenti!” Mormorò, stupito. “Devono averti proprio fatto paura.” Sospirò, quasi esasperato. “Ok, facciamo così. Posso?”
Le sfiorò la borsa a tracolla, tirandone fuori una piccola pallina di vetro con intarsi in metallo a formare un occhio.
“E’ un verboscopio, no?” le sorrise, cercando di mostrarsi gentile. Se la portò alla bocca, quasi a darle un bacio, senza smettere di staccare gli occhi dai suoi. “Non mi importa niente che tu sia una mezzosangue.”
La polverina vorticante dentro la sfera diventò verde quasi subito. Lily allargò gli occhi, sorpresa.
Si fissarono per qualche minuto, lui sempre tranquillo, lei sempre più bordeaux.
Ed improvvisamente, tutta la tensione e il gelo parvero svanire. La ragazza batté le mani come in preghiera e abbassò il capo esattamente come un manga, quasi strillando.
“OMMIODDIO! Scusami! Scusa, mi dispiace!”
Madama Pince fu fulminea, schiantandole sulla nuca ancora abbassata un giornale arrotolato.
“Waaah!”
“NON SI URLA!”
Il Serpeverde rimase basito per qualche istante, prima di scoppiare letteralmente a ridere.
“Certo che sei strana forte!” si spanciò, tenendosi lo stomaco, mentre lei avvampava fino a diventare un tutt’uno coi capelli. “Allora, convinta che io non voglia polverizzarti o…che ne so, mangiarti con le patate per cena?”
“Mi dispiace…” Lily si sentì veramente desolata. “…E’ solo che…”
“Tranquilla. Capisco.” Lui continuò a sorridere. “Alcuni miei compagni non piacciono nemmeno a me.”
“Non avrei dovuto giudicarti solo perché vesti di verde…dio, sono diventata come loro…”
La mortificazione in persona!
“Hey, ho detto di non preoccuparti! Ripartiamo da capo. Io sono Michael.” Le allungò la mano. Lei la strinse, quasi coi lacrimoni.
“Lily.”
“Giurisdizione scolastica? Una materia difficile da digerire.”
“Già…mi sta massacrando…” piano piano, si accasciò contro il tavolo. “Cavilli legali ad ogni capitolo…”
“Beh, sei passata da filosofia degli elfi a questo…” La ragazza inarcò un sopracciglio. Lui tossicchiò. “Scusa. E’ che non vengono tante persone qui dentro, ho dato un’occhiata ad un libro che stavi leggendo e…beh, era il mio preferito. Quindi mi incuriosiva sapere i tuoi gusti e ho cominciato ad osservarti.”
“Quale libro?”
“Lo stregone dal cuore peloso.”
“Ho adorato quella fiaba!” abbassò di nuovo la voce, conscia del bernoccolo di prima, ma aveva le stelline negli occhi.
“Eh già. ‘Il loro cuore dev’essere come un guscio vuoto’, disse lo stregone osservando le persone che cadevano innamorate. Ma poi sentì due servitori parlare di lui e della sua solitudine.”
“Uno lo derideva, l’altro lo compativa…”
“E così cercò di corteggiare una dama per dimostrare a tutti quanto l’amore fosse sciocco. Ma poi si innamorò davvero.” Aspettò che Lily continuasse.
“Peccato che la dama gli disse che lo avrebbe ricambiato solo se avesse dimostrato di avere un cuore. Così lui scese nelle segrete del castello e ne prese uno orrido e animalesco, impregnato di magia nera ma lei, piena di orrore, gli disse di rimetterselo nel petto perché non riusciva a tollerarne la vista.”
“E lui, ormai soggiogato da quel cuore mostruoso, le strappò dal petto il suo cercandone uno puro, facendola morire. Pazzo di dolore, lo stregone si uccise.” Finì Aliaset, sempre più rapito. “E’ affascinante notare come una fiaba così macabra sia sopravvissuta. Penso che non sia stata censurata perché parla degli abissi più oscuri di tutti noi, la ricerca dell’invulnerabilità.  L'eroe di questa storia avrebbe potuto ricreare un banale filtro d’amore però non è interessato a un simulacro. Egli desidera rimanere per sempre immune da quella che considera una specie di malattia, per questo imprigiona il proprio cuore. Ma poi si ammala davvero.”
“E alla fine si è ridotto a un animale violento che prende ciò che vuole con la forza e muore nel tentativo di riconquistare ciò che ormai è per sempre al di fuori della sua portata: un cuore umano.” Lily Evans si adagiò allo schienale. “Provo pena per lui.”
“Non è propriamente una fiaba che si addice ad una ragazza. Per questo mi incuriosivi. Eri così triste, mentre lo leggevi…” Aliset si spinse in avanti. “Scusa per l’insistenza. Ma ti trovo interessante, Lily Evans.”
Lei arrossì di nuovo sotto quello sguardo così profondo. Che strano ragazzo…le sembrava quasi triste…
Aliaset si alzò, massaggiandosi le spalle.
“Vengo spesso qui per sfuggire alle stesse persone che volevano farti del male. Non voglio avere un cuore peloso come il loro.” Ammise, guardando lontano. “Ma a volte, è difficile uscire da un cerchio che ti si stringe addosso.”
Lily Evans si alzò con lui.
“Non credo tu abbia un cuore peloso.” Disse, con sincerità. Lui la guardò quasi sorpreso, poi improvvisamente parve a disagio. Si fissò le mani, prima di rialzare la testa.
“La mia famiglia possiede alcuni libri rari. Se vuoi, posso portarteli la prossima volta.”
“Sì, mi farebbe piacere.” Sorrise lei. “Sempre meglio che sradicare l’intera serra della Sprite!”
“Oh, chi lo sa…” lui ghignò, di nuovo enigmatico, raccogliendo le sue cose. La campanella stava suonando da qualche minuto. Era ora di tornare a lezione.  “…Ci sono cose per cui ne può valere la pena.”
Tirò fuori dalla tasca un cucchiaino e, con un abile movimento di bacchetta, lo trasfigurò. Posò la magnolia tra le sue mani, sorridendo nel vederla ammutolita.
“Come vedi, le cose non sembrano mai quello che sono.” Le disse, uscendo e sollevando in aria la mano. “Ci si vede, Lily Evans…”
 
 
 
 
Rumore metallico. Qualcosa che cozzava sprigionando scintille. Brusio indistinto.
“Dio, quanto vorrei potergli asciugare la fronte…”
“Vorresti fargli solo quello? Ragazze, che spettacolo…ora le capisco quelle del medioevo e i loro venti figli…”
“Quasi quasi gli rubo l’asciugamano…”
Il profilo della spada saettò nell’aria, tagliandola in una scia argentata.
“Ahia!”
Sirius Black si portò un dito alla bocca, scoccando un’occhiata oltraggiata. “Ramoso, mi hai tagliato!”
James Potter riabbassò le spalle, ansimando piano. Una lunga spada sottile gli penzolava al fianco snello, scivolando sulla moquette della pedana.
“Scusa.” Disse. “E’ che…per un attimo ho avuto una brutta sensazione.”
“Sì, quella che mi stavi per mozzare una falange!” Ironizzò Sirius, asciugandosi la fronte con una manica della maglia.
“Certo che sei una lagna! E’ solo un taglietto!”
“Mi stavi portando via un dito!”
“Se ti lancio un bastone te ne vai?”
“Ok! Ok! Pausa!” ridacchiò Barrie Walsh, salendo le scale. Quel giorno, indossava un panciotto a scacchi con sotto una t-shirt con la scritta “Bloomsday is my life”, ma a parte quello, appariva meno irlandese del solito.
Dovevano ammettere che quel corso iniziava a dare risultati inaspettati. Iniziato semplicemente come un fuori programma, aveva attirato sempre più gente e il professore di Babbanologia si era visto costretto a chiedere in prestito un’aula più grossa.
La stanza era circolare, ampia, con alcune piccole pedane di legno e addirittura una mini armeria che aveva fatto letteralmente sbarellare qualsiasi studente di sesso maschile.
Messe assieme un po’ di spade, qualche lancia e perfino un arco con frecce, sembrava diventare sempre più una vera lezione di Difesa, più che un corso nato tanto per.
E tutto in meno di una settimana.
Non era solo la presenza dei Marauders ad avere attirato gente (anche se nei vari fanclub appostati sulle panche qualcuna si era rotta di sbavare e basta e aveva deciso di prendere in mano qualche arma), ma era la vera e propria sensazione che Difesa contro le arti Oscure non fosse per niente esaustivo e utile.
Nessuna pratica, solo teoria! Barrie non poteva certo mettergli in mano delle bacchette e fare esercitazioni su Mollicci, non essendo abilitato a quella mansione, ma perlomeno lì avrebbero imparato a fare qualcosina in più!
James si schiantò a terra, cercando un panno. In meno di due minuti gliene arrivarono sotto al naso almeno venti. Ne prese uno a caso da una brunetta niente male.
“Hey, grazie.”
Sorriso stanco, capigliatura più scarmigliata che mai, una maglietta leggera tagliata a v sul collo in modo ampio e irregolare - come se fosse stato usato un coltello sul tessuto – che rivelava le clavicole quando si sporgeva in avanti, un sottile velo di sudore sull’epidermide bronzea.
Una visione.
La brunetta cacciò un versetto a metà tra Banshee e faina e tornò dalle amiche ancora in estasi, mentre quelle iniziavano a cinguettarle attorno eccitate come bambine.
“Sai, Ramoso, credo di aver scoperto un nuovo modo di far eccitare le donne.” Ghignò Black, sedendosi al suo fianco e succhiandosi il graffio schivando cuoricini volanti che arrivavano da ogni lato. “Chi l’avrebbe mai detto che bastava prendere una spada in mano…”
“Secondo te perché sono qui, eh?” sghignazzò l’altro, buttando uno sguardo sulla stanza. “Anche Remus non se la cava male.”
Il sibilo di una freccia saettò nella stanza. Precisa e letale, si conficcò perfettamente al centro del bersaglio, sollevando un coro di “ohhh”.
Lupin sorrise, poggiando l’arco a terra e massaggiandosi le spalle.
“Incredibile, Remus!” saltò su Arthur, con gli occhi a palla. “Sei un vero asso nel tiro con l’arco! Dove hai imparato?”
“Beh, ecco…” lui si grattò la nuca, a disagio. E come glielo diceva che i suoi occhi ci vedevano meglio di quelli di un umano normale? “Sono andato spesso a caccia quando ero bambino…”
“Sei fantastico, Lupin!” trillò Paige, sbattendogli le tette in faccia per la ventesima volta e facendolo diventare scarlatto. “Insegnami, ti prego!”
A salvarlo dagli ormoni fu Minus, che scelse proprio quel momento per schiantarsi in mezzo a loro inciampando in una mazza chiodata.
“Hey, tutto ok?”
Negli ultimi giorni, Peter si comportava in modo strano…sapevano che l’ultimo periodo aveva messo a dura prova i suoi nervi, ma da quando erano comparsi i genitori di Sirius percepivano da lui un’angoscia costante.
“No! Questo posto è un covo di morte!” pigolò quest’ultimo, decisamente meno a suo agio di tutti. “Sarà il decimo livido che mi faccio in due giorni!”
“Bah, un po’ di attività fisica non può farti che bene…”
“Grazie, Paddy! Sei veramente carino!”
“Piuttosto.” Remus si sedette a sua volta, sollevandosi con un colpo di reni. “Notizie dai tuoi, Ramoso?”
Lui si stiracchiò, sapendo che stava per sganciare l’ennesima bomba.
“Sì. Il ministero ha temporaneamente Accecato mia madre.”
“Cosa?!” saltò su Peter, sconvolto. “Le hanno tolto la preveggenza?!”
“A quanto pare il processo sarà a breve e a detta della legge, ‘non è legale prevedere le parole dell’avvocato della controparte’! Puah.”
Black si alzò di scatto, raccogliendo la grossa spada a due mani dal pomolo in ferro annerito.
“Paciock, facciamo due tiri.” Esclamò a voce alta, allontanandosi.
“Sì, Paciock, fai due tiri con Black!” gridò da qualche parte Alice, che gli aveva appena fatto letteralmente il sedere a strisce. “Magari stavolta riesci a non farti disarmare come un moccioso!”
“Sparati, amore! Non è colpa mia se sei un mostro in gonnella!”
“Così impari a deridermi! Potere alle donne, stronzo!”
“Ti amo anche io, tesoro!”
Sirius alzò gli occhi al cielo a quell’amorevole scambio, soppesando la lama tra le mani.
“Barrie, mi dai una mano ad affilarla?”
Peter sospirò, scrutando con la coda dell’occhio il suo profilo rigido mentre allisciava la spada contro la mola.
“Si sente in colpa.”
“Idiota.” Potter scosse la testa. “Gliel’avranno detto mille volte che non è colpa sua. Anzi, a detta di mia madre forse è la volta buona che la questione venga risolta una volta per tutte. Punta all’adozione legale.”
“Come sta il funzionario che si è occupato dell’Accecamento?” sorrise sotto i baffi Remus.
“Ne hanno dovuti cambiare due. Si è trattenuta per amor di Sirius, altrimenti mi sa che mio padre l’avrebbe dovuta ripescare ancora dalla prigione. A proposito, è da un po’ che la guardia non ci manda dei cioccolatini…ormai quei due sono diventati amici…”
“James, ti voglio un gran bene ma lasciatelo dire: la tua famiglia è fuori di testa!” Rise Minus.
“Bah, sai com’è fatta! Se le pesti i piedi, lei te li mette in faccia. Per questo non sono minimamente preoccupato…”
“Hey, a proposito di svitati, com’è che Black e il Professor Walsh sono così affiatati ultimamente?”
“In che senso?”
“Beh, li vedo sempre assieme in questi giorni. E Black lo guarda come se fosse un mentore…”
“Perché Barrie è favoloso!” strillò Weasley, captando il discorso e schiantandosi in mezzo a loro. “Sul serio, quel tizio è un genio!”
“Ah sì?” Remus inarcò un sopracciglio. “Mi era sempre parso un tizio piuttosto comune…”
“Bah, le apparenze ingannano!” frecciò il rossino, tornando a fissarlo con pura venerazione.
“Con te e Sirius tra i piedi, ci credo che abbia iniziato a bere…” frecciò James, fissandolo mentre si attaccava alla fiaschetta che ultimamente si portava sempre appresso.
“Nah, secondo me è per la fidanzata misteriosa…mi sa che l’ha piantato. Comunque lo adoro! Mi ha insegnato di tutto e di più sulla tecnologia! Hey prof, quando facciamo il week end babbano, a proposito?”
Occhiatacce e maledizioni da praticamente tutti quanti ma l’irlandese veleggiò su di loro senza accorgersi di nulla mentre Weasley salterellava peggio di un coniglietto.
“Prima di Natale! Tranquilli, non voglio farvi saltare le feste…” tubò, angelico, riavvitando con cura la fiaschetta di whisky. “Silente mi ha dato i permessi l’altro ieri! Sarà divertente!”
“Sì, come tagliarsi le palle…” masticò tra i denti qualcuno alle sue spalle ma anche stavolta, parve non accorgersene.
“Non dovrete temere nulla, in ogni caso! Vi lascerò carta bianca per la maggior parte del tempo ma sarò comunque lì presente con la bacchetta, nel caso ci fossero problemi! Vedrete, questa esperienza vi lascerà estasiati! E poi è giusto che impariate ad affrontare le difficoltà senza aiuto della magia…”
“Sono d’accordissimo!” cinguettò Arthur elettrizzato. “Per Ardua Ardens, non è così, Prof?”
Quello inarcò un sopracciglio, interdetto.
“Eh?”
Weasley parve confuso.
“Ma…”
Improvvisamente, il pavimento si mise a  tremare. I quadri traballarono dai cardini, gli uccellini sui rami fuori dalle finestre volarono via e Remus Lupin ebbe quella sensazione ancor prima che un’ombra gigantesca calò su di lui. La sensazione che era un cattivo presagio…
Si ritrovò improvvisamente al buio, come se una specie di montagna gli fosse piombata davanti.
Alzò lo sguardo e sbiancò nel vedere che non era una montagnetta, bensì una…ragazza…?!
Rimase completamente a bocca aperta. 
E che cavolo era, la figlia di Hagrid quella?!
Se la ritrovò davanti in un attimo, capelli bruni e spessi legati in due codini bassi, lo sguardo di uno squalo, il grugno imbronciato e un’altezza che senza esagerare superava i due metri. Per non parlare dell’ampiezza delle sue spalle e dei bicipiti grossi come palle da bowling che mettevano a serio repentaglio la camicetta…
Quella specie di mezzogigante rimase impalata per qualche istante, analizzandolo con occhio clinico.
Fottutamente inquietante.
“Remus Lupin, vero?” abbaiò, facendoli saltare sul posto.
“S-sì…”
Remus, anima buona, si ricompose subito e si sforzò di assumere un’espressione neutra. Era nato e cresciuto con un’educazione ferrea e sapeva essere gentiluomo con qualsiasi tipo di…hem…creatura.
La stessa cosa non si poteva dire di quegli altri tre cretini che, con molto poco tatto, la fissavano con occhi a palla e la bocca spalancata a formare una “O” perfetta.
Lanciò loro un’occhiataccia ma la ragazza parve non interessarsi al silenzio appena calato nella sala. Si piegò su Remus con le manone sui fianchi, fissandolo in un modo che lo fece leggermente sudare freddo.
“Mi chiamo Pamela Sgrunt.” Dichiarò, con pesante accento rumeno. “Il comitato della Morale Pubblica di questa scuola ha contattato mio padre per l’allestimento del Ballo di Fine anno e visto che ci siamo trasferiti qui fino a quella data, alcune rappresentanti mi hanno chiesto di partecipare. Beh, voglio che tu ci venga con me.”
Così. Autoritaria a dirla gentile.
Silenzio agghiacciato da parte di…, beh, di tutti. Lupin, ancora con il delicato nasino all’insù, ebbe giusto un istante di smarrimento.
La fissò sbalordito, incapace di proferire parola. La ragazza sembrava aver l'aria di mandarlo K.O. se avesse rifiutato…
“Ok, ok, Pamela, scusa ma dobbiamo andare, ti darà la risposta al più presto!”
Ah, la cavalleria degli amici!
Potter lo afferrò per un braccio stampandosi in faccia il più finto sorrisone di circostanza che riuscisse a riprodurre, Peter fece altrettanto schiacciandosi alla sua sinistra e Black gli si schiantò sulla schiena iniziando a spingere per metterlo in salvo.
Come quattro saette furono ben presto fuori dall’aula, trascinandosi dietro un Lupin tramortito come se l’avessero preso a sberle.
Tre, due, uno…
“Non ce nulla da ridere!” il povero Prefetto li spettinò con la sola forza dell’ugola, mentre quei tre si accasciavano sul pavimento.
“Oddio…ma l'avete vista?”
“Remus…sei spacciato, amico!”
Quello si trascinò con loro fino in Sala Grande con l’aria di un condannato a morte.
Ci mancava solo quella!  E adesso, come gli avrebbe risposto senza finire steso?!
Poteva sempre dirglielo quando arrivava la luna piena…magari così aveva una chance…
“La piantate?” abbaiò, piazzandosi le mani nei capelli. “Sono veramente spacciato! Se rifiuto quella mi ammazza!”
“Beh, vedila così: finalmente perderai la verginità.” Miagolò Sirius, iniziando un vero e proprio battibecco dei loro, in cui né Potter né Minus si intromisero, troppo impegnati a squadrare il ben di dio che c’era sui tavoli per pranzo.
Sotto Natale gli elfi davano davvero il meglio di sé. Anche se mancava ancora abbastanza alla venuta del ciccione vestito di rosso, Hogwarts era già stata in parte addobbata: dal soffitto pendeva vischio, la tappezzeria era ricoperta di pregiate stoffe rosse e bianche e il primo albero di Natale veleggiava sotto gli incantesimi di Vitious cercando una posizione libera tra gli scatoloni di luminarie.
E poi i piatti…dio, che delizia! C’erano zuppe e stufati guarniti di una grande varietà di tuberi, cacciagione arrosto tra cui un enorme cinghiale lucente di sugo, lunghi filoni di pane lievitati, crostate di patate e schiere di torte grondanti di marmellata di lamponi.
“Buongiorno.” Salutò Lily, affiancandoli. “Remus, domani in mattinata dobbiamo organizzare alcuni stand…hey, tutto bene?”
“No, è a rischio stupro. Ma una bella mangiata e gli passa!” Le strizzò l’occhio Minus, fiondandosi a tavola. “Dio, e pensare che a Natale sarà ancora più buono!”
“Eh?” Black parve cadere dalle nuvole. “Starai qui, a Natale?”
“Staremo tutti qui a Natale, testone!” sorrise James, strizzandogli l’occhio. “Si mangia meglio, d’altronde!”
Certo, come no…Sirius sorrise mesto. Lo facevano per lui. Per rimanere tutti assieme e proteggerlo…la minaccia dei suoi non era stata dimenticata.
“Mi fermerò anche io, quest’anno.” Disse la Evans, squadrando in malomodo Potter che si stava letteralmente abbuffando con poca decenza. “A sapere che c’era tutta questa bella roba, l’avrei fatto più spesso!”
“Già ti devo sopportare tutto l'anno…” bofonchiò James perfidamente, le guance piene come quelle di un criceto.
Lily lo guardò con fare omicida e in risposta gli tirò in faccia un grosso pezzo di mollica.
“Hey!” esclamò James, inghiottendo a forza e lanciandone un altro a sua volta.
“Cafone!” si scandalizzò Lily e un terzo pezzo di pane volò nell'aria.
“Vipera!” Ribatté James, lanciandole il quarto.
“Piccioncini!” disse a tradimento Sirius, ma fu una mossa errata, perché si beccò in faccia due pagnotte intere.
Un colpo di tosse deciso e severo precisò che la Mcgranitt li avrebbe scannati vivi se avessero continuato quella battaglia di cibo, ma furono graziati da Silente che improvvisamente si alzò in piedi.
“Un attimo di silenzio, prego! Vorrei annunciarvi che domani gli studenti potranno andare ad Hosgmeade a comprare i regali di natale. Quindi ora intendo avvisarvi…” si fece improvvisamente serio. “Date le attuali circostanze, prego tutti voi di prestare attenzione alle persone che incontrate e a non accettare nulla da chi non conoscete. Inutile rimarcare l’obbligo di rimanere su strade frequentate, di rispettare il coprifuoco e di allertare Auror o Professori qualora vediate qualcosa di strano.”
Un silenzio teso calò nella Sala.
“E’ per via di Voi-Sapete-Chi!” bisbigliò un ragazzo ricciuto di Grifondoro al suo compagno. “Dicono che stia diventando ancora più potente e che stia tornando a Londra…”
Subito l'insegnante tornò a sorridere, tacendo con un morbido movimento di mano il vespaio di bisbigli che aveva generato.
“Vi prego ora di non stare a preoccuparvi! Domani sarà un’incantevole giornata e scommetto che non vedete l'ora di proseguire questo splendido banchetto, quindi buon appetito!”
A riempirsi le pance furono lesti e alla fine, ciondolarono gonfi e felici su piatti tirati a lucido. Finita la cena sì sentì il solito grattare assordante delle panche e gli studenti si apprestarono ad andare nei rispettivi dormitori, tutta Grifondoro accertandosi di perculare per bene Remus che a quanto si diceva sarebbe stato violato a breve.
Urlando insulti ed improperi, il biondino si schiantò contro Weasley, ma lui quasi se ne accorse. Il loro amato portiere aveva uno sguardo assorto e corrucciato.
“Hey rosso, ma stai bene?”
Quello parve risvegliarsi, guardandolo con aria quasi triste.
“Sì.” Rispose, abbassando la voce. “E’ solo che…”
 
 
“Hey, scimmia.”
Ok, vedere Sirius Black arrossire era un evento, su questo non c’erano dubbi.
Fu per questo che Lily sorpassò sull’appellativo e si fermò, sorpresa, vedendolo raggiungerla in quattro grandi falcate con l’aria imbarazzata e a disagio.
“Sì?”
“Beh, ecco…avrei b-bisogno di un consiglio.”
E ora che gli prendeva, a quello spostato?! Da quando balbettava in sua presenza?!
Lo vide inspirare a fondo, prendere coraggio, artigliare l’aria con le dita un paio di volte.
“Ok.” Sbottò infine. “Natale. Compere.”
La Grifoncina lo fissò senza capire.
“Ma ti si è annodata la bacchetta o cosa?”
“Aaah…” quello si mise le mani tra i capelli. “Cristo, se la rendi difficile!”
“Insomma! Si può sapere che vuoi?!”
“Volevo fare un regalo!” esplose infine lui. “A…A Cristhine!”
Appena un istante di sorpresa, poi finalmente afferrò l’antifona.
“Ohhh…” mormorò, già iniziando a sorridere. “Mi stai chiedendo un consiglio sul regalo da farle?”
“Beh, sei una donna no?!” sbottò quello, guardando altrove mentre lei lo investiva con un’ondata di tenerezza. “Va bene, puoi anche ridere!”
“Non voglio ridere! E’ una cosa normale!”
“Sì beh…James avrebbe riso…” borbottò Sirius.
“Perché James è un idiota.” sbuffò lei, con una smorfia. “E comunque le donne non hanno gli stessi gusti.”
“Argh! E ora come faccio?” Lui si morse il labbro, letteralmente disperato. “Non ho mai fatto cose del genere! Cioè, ok, ho sempre regalato fiori alle ragazze, prima di portarmele a letto! Ma non posso farlo anche con lei! Non adesso! Che cavolo di messaggio le manderei?!”
“Un pessimo messaggio. Sì.” Acconsentì Lily, indicandolo come se fosse un animale raro.
“Guarda che non mi stai aiutando!”
“Ok.” Lily sorrise, cercando di rimanere seria per non imbarazzarlo ulteriormente. “Come ti ho già detto, le donne non sono tutte uguali. E poi sei il suo ragazzo, il suo primo ragazzo a dirla tutta! Non puoi farle il regalo che le farebbe un’amica.”
“Cioè, devo fare qualcosa di speciale? Niente calzettoni di lana o cose così?”
“Certo, ma che cavolo, questo è scontato! Come fai a non arrivarci! Ma mi spieghi come facevi a portarti a letto le ragazze?!”
“Svestendomi.” Fu la sincerissima risposta, e stavolta fu lei a portarsi le mani nei capelli.
“Va bene, va bene!” si portò indice e pollice alla base del naso, massaggiando piano. “Lezione principale, Sirius Black. Il regalo perfetto è quello fatto dal cuore. Non è importante che sia costoso ma che abbia un significato per quella persona. Scopri ciò che è importante per Cristhine e avrai il tuo regalo.”
“Insomma, mi dici di indagare. Tipo Detective.”
“Più o meno…”
Lo vide letteralmente illuminarsi.
“Grazie Lily! Sei un'amica! Non ti farò più neanche uno scherzo!”
“Sappiamo entrambi che non sarà così ma…prego.”
“Niente calzettoni, quindi.”
“Niente calzettoni. Ti saluto!”
“Hem, Lily…”
“Sì?”
La ragazza si voltò, vedendolo di nuovo disperato e con le mani giunte in preghiera.
“Per favore, non dirlo a James!”
 
 
 
 
 
 
Quella mattina Remus Lupin era particolarmente allegro.
Lo era sempre quando andava ad Hogsmeade…in via ufficiale, diciamo.
Provava un inquietante senso d’appagamento nel vedere quelle vie strette e tortuose, che lui percorreva una notte al mese, rischiarate dalla luce del sole, colorate e frizzanti di magia. Camminarci in modo normale, come un ragazzo normale…
Sveglio da tanto, ordinato e pulito, osservò con un sorriso conciliante tre ragazzi avvinghiati nelle coperte dei loro letti.
“Forza pelandroni!”
Sirius bofonchiò qualcosa, irritato.
“Rem, non rompere…”
“Oh andiamo! E’ tardi! Oggi si va ad Hogsmeade!”
“Capirai…ci andia-a-aaamo una notte al mese per tutto l'anno!” sbadigliò Peter, alzandosi goffamente.
Si vestirono in fretta, caotici come sempre, procedendo con i soliti rituali di routine: Sirius e James che mettevano in disordine e Remus che risistemava con la bacchetta, come una perfetta casalinga. Peter che ci metteva mezz’ora in bagno, litigate per il predominio del cesso e spazzolini che volavano da una parte all’altra come pugnali.
Tutto nella norma. Tutto…normale.
Amata, sottovalutata normalità.
Remus accolse il sole pallido del mattino come un bacio sulla pelle, dirigendosi in fila indiana verso le carrozze.
I Thestral, che lui vedeva bene, sbuffavano docili scrollando le ali squamose. Amava anche loro.
Amava tutto di quelle giornate. Qualsiasi cosa.
Lily Evans sorrise nel vederlo così incredibilmente sereno – era raro vedere Remus senza quel velo di malinconia negli occhi chiari-  e lo superò dopo avergli baciato la guancia, sistemando meglio le scartoffie che si era portata dietro dalla riunione coi Prefetti per gli stand del Ballo di fine anno.
Svegliarsi all’alba era stata dura ma a quanto pareva, l’idea dello stand dei baci aveva preso piede! Non che la entusiasmasse venire associata a una cosa così scema, però era perlomeno un passo avanti nel lungo e tortuoso cammino dei diritti sociali…
Cacciò i fogli in borsa, decidendo di preoccuparsi solo delle cose futili. Sì, quel giorno sarebbe stato piacevole e sereno, ne era certa!
“Dunque.” Borbottò a voce alta, elencando alla PrendiAppunti fluttuante davanti al suo naso vari voci della lista dello shopping che avrebbe fatto quel giorno. “Segna: regalo a Cristy, quelli per mamma e papà al negozio ‘Magie per Babbani’, Petunia se lo scorda questa volta e…”
“…e a me!” finì James al posto suo, affiancandola. Afferrò la biro per la piuma, facendola tremolare impaurita sotto al suo ghigno. “…Aggiungi, regalo per Potter.”
Lei lo squadrò come un insetto, liberando la povera biro dalle sue grinfie.
“Cosa hai fatto di bello per meritarti un regalo?” chiese, simpaticamente acida.
“Esistere.”
Alcune ragazze di Tassorosso lo sorpassarono ridacchiando alla battuta e quando James sorrise loro, lanciarono gridolini deliziati.
Lily non si perse nemmeno una scena, disgustata.
“Sempre a fare il cascamorto…”
“Le ragazze mi adorano! Che ci posso fare?”
“Guarda che se vai avanti di questo passo il regalo te lo sogni!”
“Ah, quindi l’hai presa in considerazione come idea!”
“E-Eh?! Io…io…!”
“Va bene, va bene…” il ragazzo alzò le mani in segno di resa prima di scompigliarle i capelli. “Comunque fammelo. Io te lo farò. Raggiungo gli altri, ciao ciao!”
“Hey…aspetta! Io non te lo faccio, hai capito?! Non…”
Bam, via come un fulmine. La prendiAppunti le accarezzò lo zigomo, consolatoria.
Dio, come avrebbe voluto strozzarlo!
 
 
 
 
“Hai di nuovo infastidito Lily? Sembra di nuovo sull’orlo di una crisi di nervi.” Cristhine alzò lo sguardo verso James, masticando un chupa chups tranquilla da fare schifo.
“Beh, sì…a proposito di questo…”
La ragazza, che era stata raggiunta da Ramoso e trascinata lontana dalla calca, rizzò le orecchie.
Ok, vedere James Potter arrossire era un evento, su questo non c’erano dubbi.
“Sì?”
Annaspamenti. Disagio. Avrebbe anche notato che aveva lo stesso strano tic del suo fidanzato se solo l’avesse visto la sera prima mentre artigliava l’aria come un pesce fuor d’acqua.
Le venne da ridere.
E adesso, che cavolo gli prendeva a quello spostato?
“Ok! Senti…cheodregalpiacrebbeLily?”
La Corvonero inarcò educatamente un sopracciglio.
“Scusa?”
“Regalo…compere…regalpiacebbeLily…”
“Ma ti si è annodata la bacchetta o cosa?”
James trasse un sospiro…com'era difficile parlare alle volte!
“Che tipo di regalo piacerebbe a Lily?”
Eccolo. Eccolo il ghignetto alla Cristhine, il dannato sorriso sornione alla “Sono una Corvonero e ho sempre fottutamente ragione”!
“Ok, devi andare avanti a godertela ancora a lungo?!”
“Sì, ancora un po’…” lei ridacchiò, effettivamente godendosi quel momento come non mai. Ah, avere sempre ragione a volte era una vera pacchia!
“Eddai, Cristhine…”
“Ok, scusa.” Raddrizzò le spalle, facendogli pat pat sulla spalla mentre quello pigolava come un cucciolo bastonato, quasi supplicandola di porre fine al supplizio. “Ma un regalo da spasimante o da amico?”
“Insomma!”
“Ok! Era solo per chiedere! Da amico, da amico.” Lei alzò gli occhi al cielo. “Mi ricordo che una volta aveva menzionato che desiderava avere una collana. Sua sorella le ha rotto la sua…non so perché. Litigano spesso, a quanto mi racconta.”
“Sì, lei è una stronza. Una collana, hai detto?”
“Posso darti un consiglio?”
“No, ti prego…”
“Comprale qualcosa di speciale. Di importante. Qualcosa che le faccia capire che tieni a lei, che la conosci bene.”
“Cristhine.” James cercò di placare i battiti del suo cuore. “Per l’ultima volta. Non sono innamorato di Lily Evans.”
Sorriso accondiscende come risposta.
“Ti odio. Sappi che non verrò al tuo matrimonio con Sirius.”
Lei sospirò, divertita e lo guardo quasi con compassione.
“Prendi almeno una collana che assomigli al suo stile. Lo sai, una…”
Non riuscì a trattenersi e finì la frase al posto suo.
“…una semplice. Niente di elaborato, costoso. Una collana sottile, splendida ma poco sfarzosa.”
“…Esatto. Esattamente come l’hai descritta tu.”
Con la vaga impressione che si era appena fregato da solo, le voltò le spalle prima di ripensarci.
“Ah. Cristhine…”
“Sì?”
“Per favore non dirlo a Sirius!”
 
 
 
 
 
 
 
 
Le carrozze ondeggiavano dolcemente, calde e comode, verso il ripido pendio che le avrebbe portate a Hogsmeade. Ognuna stipata di studenti, ognuno con i propri pensieri. Regali da acquistare, leccornie da gustarsi sotto la neve, le mani ben infilate in guanti di lana e i nasini rossi immersi nei libri per qualche ripasso, o nelle ultime riviste di MagiVogue.
Troppo immersi nei piccoli problemi quotidiani per accorgersi…del destino.
Poco oltre un colle, il destino parve palesarsi in alcune nuvole dalla forma strana, arricciate e compatte come l’occhio di un ciclone. Fu solo un istante, un piccolo lampo di cui nessuno si accorse e…il destino cadde sul carretto di un mago che ciondolava docile lungo la collina.
L’uomo che lo guidava era una persona assolutamente normale. Un burbero proprietario di un negozio di paccottiglia.
Il Thestral che trainava il suo carretto, pieno di chincaglieria comprata a poco prezzo da un mercatino orientale e che avrebbe venduto quella mattina, parve avere molto più acume di lui perché quando quell’oggetto cadde dal cielo, si inchiodò di botto e nitrì allarmato.
“Bestia della malora!” ringhiò il mago, scendendo a controllare che le ruote non si fossero bucate. “Ma che t’è preso?!”
I suoi stivali in pelle di castoro furono avvolti dalla neve, bagnandosi e intirizzendolo di freddo.
Niente. Tutto normale.
Chi li va a capire, i Thestral…
Si bloccò di colpo, vedendo come un luccichio per terra con la coda dell’occhio. Ecco, gli aveva pure fatto cadere il carico!
Ma quando si chinò, notando una sottile catenella immersa nel ghiaccio annacquato, scosse la testa.
Era un semplice sasso. Uno stupido sassolino legato ad una cordicella. Di certo quella schifezza non faceva parte del suo materiale.
Decise di lasciarlo dov’era, giudicandolo decisamente invendibile anche per clienti come i suoi, che credevano che le mani rinsecchite di scimmia portassero davvero fortuna.
Rialzò lo sguardo, attendendo che la fila di carrozze da Hogwarts lo superasse. Si sfregò pure le mani, sapendo che sarebbe riuscito a fregare qualche studentello o due.
Come onde nere, le carrozze ben presto svanirono alla sua vista.
Sull’ultima di esse, Lily Evans fissava il cielo. Che strano.
Per un attimo, le nuvole avevano assunto una forma bizzarra. Ma forse era solo una sua impressione.
Sì, pensò, ritornando a scervellarsi su regali improbabili e stand discutibili. Quella sarebbe stata una bellissima giornata.

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Capitolo 29
*** Preparativi di Natale. ***


 
 
 
“E se mi comprassi un Famiglio? Almeno un rospo!”
“No.” Risposta in coro.
La carrozza sulla quale stavano baccagliando si fermò con un dolce scossone all’entrata di Hogsmeade. La giornata era serena, appena qualche accenno di nuvole a nord est, e la neve coglieva una sfumatura rosata per via del riflesso della luce. Il piccolo villaggio di cottage dal tetto in paglia si mostrò loro luminoso e profumato, avvolto da mille candele fluttuanti sopra le loro teste e preceduto da un arco in mattoni con la targa in legno sulla quale si abbarbicava una ghirlanda.
James Potter si rituffò con il broncio sullo schienale, attendendo di scendere.
“Vi giuro che me ne occuperò bene!”
“No.”  Risposero di nuovo simultaneamente quegli stronzi.
“E va bene!” Lui si arrese, conscio che era una battaglia bella che persa. “Allora, ci aspetta una giornata di compere. Che volete fare per prima cosa?”
“Sbronza.” Sempre la risposta in coro.
Alzò gli occhi al cielo.
“E Testa di Porco sia.”
Nell’aria c’era un gradevole odore di castagne imbevute di sciroppo e idromele, i negozi sembravano esplodere di colori ma nonostante il clima natalizio, scendendo la prima cosa che notarono fu una sola.
Le persone camminavano veloci, a testa bassa e in ranghi serrati. In pochi si fermavano a chiacchierare, le compere erano frettolose e gli Auror facevano nervosamente su e giù ad ogni entrata.
Stando ad Hogwarts, e uscendo ad Hogsmeade solo di notte, non si erano mai accorti di quanti cambiamenti avessero stravolto il mondo dei maghi.
Di solito, durante il Natale, quasi non si riusciva a camminare per via degli ingorghi. Ora una sorta di timore aleggiava nell’aria, stravolgendo l’aspetto di quella che era sempre stata una gita serena.
Potter scoccò vagamente un’occhiata a Lily, che procedeva accanto a Cristhine poco più avanti.
Quel giorno indossava un poncho di lana cotta, jeans sfacciatamente aderenti e stivaletti Ugg che affondavano nella neve annacquata.
Le ragazze avevano messo bene in chiaro, con occhioni angelici, che lo shopping era sacro.
Niente maschi.
Si diresse al pub cercando di non pensare al clima così diverso e a loro che vi passeggiavano da sole con aria terrificantemente ingenua.
Lo raggiunsero in breve, trovandolo fumoso e disagiato come sempre. Sull’ingresso, la solita insegna storta che pendeva dalla staffa arrugginita, raffigurante una testa di cinghiale che gocciolava sangue su un panno bianco.
Adorabile.
Ecco una cosa che sembrava adattarsi perfettamente al periodo.
Sirius parve pensarla allo stesso modo perché, quando si furono seduti nell'ambiguo e di quei tempi vuoto locale, sospirò.
“Atmosfera cupa in giro, eh?”
L'assenza di clienti pareva aver indotto il proprietario a pulire ancora meno e con una smorfia schifata alla “Ho il sangue fottutamente blu” trasfigurò per precauzione tre bicchieri puliti.
Il vecchio Tom che era un uomo burbero e avvizzito, pelato come un uovo e magro come un chiodo, si avvicinò senza accorgersene o semplicemente fregandosene bellamente.
“Il solito, ragazzi?” chiese, con aria speranzosa. “Vi fermate vero? Gli affari non vanno a gonfie velo in questo periodaccio!”
“Non ti abbandoniamo, Tom.” rispose James, con un sorriso. “Siamo e saremo sempre i tuoi più affezionati clienti…a patto che tu continui a darci illegalmente il tuo buonissimo Wisky Incendiario corretto con la FiammaVodka.”
Il vecchio strizzò l’occhio, poi sorrise con aria nervosa e versò loro le bollenti bevande, che fecero letteralmente tremare i bicchieri.
“Ci voleva!” sorrise Peter, tracannandone un gran sorso e sputando fuori dal naso una fiammella blu. “Paciock e gli altri?”
“Stavano facendo colletta per comprarsi una nuova scopa.”
“E che fanno, la usano a turno? Si consumerà in meno di un mese!”
“Bah, valli a capire! A proposito di cose che verranno consumate a breve…Remy, che pensi di fare con la gigantessa?” tubò Potter, vedendolo deglutire a fatica e alzargli cortesemente il dito medio in faccia.
Ci fu bisogno almeno di un paio di giri per ammorbidirgli la lingua e alla cinquantesima domanda, sbuffò, esasperato.
“Rifiuterò, ma in modo cortese. Non sono mica come voi tre!”
“Hey amico, io non ho mai risposto male ad una ragazza!” saltò su Potter, fingendosi offeso. Peter invece fece spallucce.
“Per quanto riguarda me, di solito sono loro a strillarmi addosso.”
Pat pat di consolazione prima di riprendere.
“Guarda che se rifiuti, quella ti manda in paradiso.” Ghignò Black, affondando il naso nel calice di Whisky. “Puoi anche dirglielo sommergendola di fiorellini, ma l’occhio nero te lo becchi lo stesso.”
“Magari è…hem…tutta impressione…”
“Certo, come no! Si vede dal modo in cui te l’ha chiesto. Dolce stil novo, mi pare.”
“Sì, Remy, non sentirti assolutamente obbligato!”
“Come sei tenero, Rem Rem!” Potter si finse commosso, mentre quello si prendeva la testa tra le mani. Mimò il gesto di asciugarsi una lacrimuccia. “Sei sempre così timido! Sempre cosi modesto! Bravo il mio bambino!”
“Ti pesto adesso o aspetti che usciamo?”
“Sfoghi l’astinenza in questo modo?”
Lui si sporse in avanti, stufo.
“Non siete propriamente le persone più adatte a parlare di astinenza negli ultimi mesi, o sbaglio?”
Colpiti e affondati.
“Questa era cattiva.” Pigolarono in coro.
“Sparatevi.”
Black schiantò improvvisamente la testa contro il tavolo, scompigliandosi i capelli con aria disperata.
“Però ha ragione! Potter aspetta che per miracolo la Evans impazzisca e Peter si è fatto schiantare l’altro giorno ma loro ci sono abituati almeno! Io sono in crisi nera! Cristo, io sto impazzendo davvero!”
“Grazie, Paddy.” Borbottarono in coro Ramoso e Codaliscia.
“Vedi di non rovinare tutto mettendole fretta.” Frecciò Lupin, severo. “Visto che Cristhine è fantastica.”
“Lo so. Lo so. Ho già tenuto in conto di aspettare. Ma è dura da morire…”
“Hai sbagliato vocale…” ghignò James, e fu necessario un altro giro per dimenticare le pene d’amore. Alla fine iniziavano seriamente a sbiascicare abbastanza, Remus a parte che reggeva pure l’inferno.
Black sollevò la mano col boccale, puntandoglielo addosso e sgocciolando dappertutto.
“Senti…io davvero non ti capisco…per me non è normale restare vergini a diciassette anni pur avendo occasioni a non finire…”
“Già, Remus…perfino io ho fatto…hic…sesso…” borbottò Minus, acciambellato addosso alla spalla di James. “Ma non ti viene da diventare pazzo?”
“Certo che divento pazzo! Non sono mica di piombo!” Remus fissò il suo bicchiere, arrossendo e cercando di non immaginarsi Codaliscia nudo. “Sentite, ne abbiamo già parlato. Aiutatemi piuttosto ad uscire da quella situazione assurda con la Sgrunt!”
“Oh, ma la soluzione ce l’hai lì, davanti al naso…” Black lo fissò esasperato.
“Spara.”
“Fattene un’altra.” Batté i pugni sul legno. “Remus, se ti baci un’altra ragazza davanti a lei, quella se ne farà una ragione! E’ l’unico modo, amico mio! Non ti permetterà di uscirne facilmente, quella infila i pollici negli occhi degli uomini sentimentalmente impacciati e ci gioca a biglie!”
“Ma perché vi sto ancora ascoltando?!”
“Smettila di sentirtelo di cristallo e usa l’affare…”
“La fai finita?!”
James scosse la testa, rassegnato.
“Sei senza speranze, Lunastorta!”
“Oppure sei gay. Una delle due.” Continuò Sirius, prima di guardare l’orologio, sbiancare e alzarsi di botto. “…Mi sono appena ricordato che devo fare una cosa!”
“Già! Anche io ora che ci penso!” esclamò James, alzandosi a sua volta.
I due si fissarono, barcollando appena.
“Cosa devi fare?” si chiesero in coro, stringendo gli occhietti con espressione sospettosa.
“Bene. Non fare domande e non ti racconterò bugie!” sorrise James, con quel suo ghigno sornione.
“Teniamo riservati i nostri segreti.” sorrise a sua volta Sirius.
“Eh no!” s’intromise Remus, balzando in aria. “Ora ci dite cosa dovete fare, signori del mistero! Mi piantate qui con Peter che ha bisogno della carrucola per tirarsi su?!”
“Ma per te è come prendere un pulcino in mano! Usa…usa…” bofonchiò Potter, indicandogli le braccia e ficcandogli un dito nel muscolo. “…Questi cosi…”
“Ci becchiamo tra due ore…” ridacchiò Black, lasciandolo seriamente a domandarsi se era il caso di lasciarli girovagare da soli ma improvvisamente, una corrente d’aria gelida li investì facendoli tornare precipitosamente al presente.
La porta si era spalancata con un colpo secco, facendo schioccare il legno come un petardo.
Stagliati sulla porta c'erano tre ragazzi, che dimostravano una ventina d’anni.
Bardati con lunghissimi cappotti neri dal bavero rialzato, si riusciva a vedere solo dal naso in su.
Il ragazzo in testa avanzò di qualche passo, sedendosi ad un tavolo senza degnarli di uno sguardo. Aveva i capelli incredibilmente bianchi, potati in una lunga coda bassa e con ciocche scalate che accarezzavano gli zigomi incredibilmente sporgenti, così aguzzi da conferirgli un’aria quasi malata.
I compari dietro di lui apparivano gemelli da quel poco di viso che s’intravedeva, dei veri bestioni dalla testa rasata con enormi tatuaggi tribali sulla nuca.
Non fu tanto il loro aspetto incredibilmente insolito a trattenerli dall’uscire – lì dentro ne vedevano davvero di tutti i colori – quanto l’aria agghiacciata del locandiere che fece cadere un piatto dalle mani con un rumore assordante.
Non raccolse i cocci, rimanendo rigido come uno stocco ad osservare i tre che, con un sogghigno, alzarono le dita in sua direzione.
“Il solito, vecchio.”
Quello non si mosse.
“Non siete i benvenuti qui. Fuori dai piedi.”
Calò un velo di tensione, che avvolse tutti. Tom accoglieva orchi, troll, megere e stregoni, gente più o meno umana e tutta la peggio feccia che tornava dai bagordi in Notturn Alley. Bastava pagare e ti rimediava sigari maledetti e alcolici di dubbia provenienza quindi il fatto che stesse cacciando dei clienti era un vero e proprio evento.
E non fu preso molto bene.
Il gemello, quello dagli occhi di anice, balzò in piedi senza dire una parola e rovesciò un tavolo con un calcio ben piazzato.
“Andatevene!” ringhiò Tom.
“Risposta sbagliata.” sorrise il secondo, dagli occhi più chiari, ed il suo piede affondò nella sedia spezzando l’imbottitura in vimini.
“Hey, amico, piantala.” Sbottò Black, mentre Tom armeggiava febbrilmente con la bacchetta.
“Non costringetemi a chiamare…!”
“Dathon.” Sibilò un gemello, verso il ragazzo albino. “Ci sta minacciando.”
Quello gettò la testa all’indietro e scoppiò a ridere di vero cuore.
“Dio, devi essere fuori di testa vecchiaccio!” gracchiò. “Che te ne frega di darci da bere?”
“Me ne frega, visto che la notte scorsa le vostre cazzate hanno quasi fatto sì che il mio pub venisse devastato!” Quello sbatté un panno in terra. “Sono stato interrogato per due ore, due ore da quei fottuti Auror! Mi avete quasi fatto chiudere!”
“Non me ne frega niente.” Quello che si chiamava Dathon strinse gli occhi, abbassando il tono di voce. “Lo capisci, stupido idiota? Per me puoi anche marcire assieme a questo posto ma sappi una cosa. Nessuno può dire di no al sottoscritto negli ultimi tempi. Rio e Ian sono particolarmente nervosi oggi quindi se non muovi subito quel culo rinsecchito e non ci dai quello che chiediamo questa baracca non vedrà l’alba del giorno dopo…” Balzò in piedi, colpendolo con un pugno nel ventre. Tom boccheggiò strabuzzando gli occhi e precipitando al suolo. “L’hai capito, ora, sì?”
Uno dei gemelli spaccò una bottiglia contro il bancone, lanciandogli il fondo acuminato che quello afferrò al volo.
“Sai una cosa? Mi hai rotto. Me lo prendo da solo da bere…”
Alzò il braccio, pronto a colpire, le narici improvvisamente dilatate. Una mano gli bloccò il braccio a metà del tragitto, stringendo come una morsa.
Potter gli esibì il suo migliore ghigno da iena, mentre quello gli scoccava un'occhiata come se lo vedesse per la prima volta.
Peter trattenne il respiro.
Oh, cazzo. Non si erano nemmeno accorti che si era alzato.
“Ma che…! E tu chi diavolo sei?!”
“Sono quello che ti rovina il profilo se non sparisci.”
Black si alzò lentamente, scrocchiandosi le spalle con l’aria di uno che stava andando a fare qualche commissione per la nonna.
“E va bene. Divertiamoci un po’.”
Remus balzò in piedi, odorando già il degenero.
“No! Hey! Non fate stronzate!”
L’albino si liberò dalla presa di Potter con uno strattone, squadrandolo come un insetto.
“Ma cosa…come osi…”
“Allora, ti levi dalle palle sì o no?”
Lo fissò, indignato, quasi sconvolto. Si sfiorò il polso e poi rialzò lo sguardo.
“Tu non sai con cosa hai a che fare, coglione.”
“Bah. Con un gigantesco cotton fiock?”
Il mago alzò la mano libera chiusa a pugno ma James bloccò pure quella.
L’altro assottigliò gli occhi. Era veloce…
“Hey, stronzetto…!” Uno dei gemelli fece per balzargli addosso ma si inchiodò a poco meno di un metro, mentre Black gli si parava davanti con tutta calma, mani in tasca e occhi bui come la notte.
“Guarda che due contro uno non è mica corretto.” Sorrise malizioso. “Fate giocare anche me…”
“NON VOGLIO CASINI NEL MIO LOCALE!”
La situazione stava precipitando in meno di pochi secondi ma Remus fu più veloce. Afferrò per le collottole testa di cazzo numero uno e testa di cazzo numero due e li tirò indietro.
“Ok, ok, calmiamoci tutti. Voi piantatela!”
“Scordatelo! Non ho nemmeno cominciato a pestare!” si scandalizzò Sirius, facendosi lanciare un’occhiata di fuoco.
“Ti ricordo che è pieno di Auror in giro, imbecille!”
Quella frase cadde tra le compagini come una mannaia. Ebbe un effetto strano sui gemelli: quello che doveva chiamarsi Ian si strofino nervosamente il braccio con un gesto meccanico. Una mossa troppo strana per non essere notata.
L’albino, che a quanto pareva era il capo, si morse le labbra, parve riflettere e subito dopo si liberò da James con un movimento più calibrato.
“Fanculo. Abbiamo affari più importanti da svolgere.”
Non lo ascoltò nemmeno.
Quell’altro si toccava ancora il braccio come se avesse la rogna…
Accortosi dello sguardo di James, improvvisamente si ritrasse con un balzo, a disagio.
Bingo.
“Oooh…" mormorò, continuando a puntarglielo mentre il bestione s’accorgeva solo in quell’istante del colore dei suoi occhi a sbiancava. “Ora capisco.”
“Cosa?!” sbottò il ragazzo albino.
“Dath, andiamo!” esclamò terrorizzato il gemello, prendendogli una spalla.
“Cos…perchè?”
Colse l'occasione al volo.
Gli agguantò improvvisamente la manica e gliela tirò su fin quasi al gomito, senza che potesse far nulla.
“Ma guarda…” fu strano il sorriso che rivolse al marchio nero, che scintillò sulla pelle bianca. Non era paura. Era come se stesse osservando il suo dolcetto preferito. “ Abbiamo avuto problemini con la legge, vero…” fissò i suoi occhi azzurri, prima arroganti ed ora dilatati dalla paura. “…Mangiamorte?”
Iridi d’oro fuso. Anche l’albino parve realizzare in quell’istante, sgranando improvvisamente le palpebre.
“Un Potter…” sussurrò piano, sentendosi di granito. “Ci sono i Potter…”
La manica gli scivolò via dalle dita. Di quegli occhi chiari non rimase che un’ombra vaga, mentre con un piccolo pop si smaterializzarono all’istante.
Si ebbe come l’impressione di una bolla che si sgonfia. La tensione accumulata precipitò all’improvviso e Minus si ricordò come imboccare ossigeno.
“Brutta, brutta faccenda…” piagnucolò prima di beccarsi in testa – povera anima, non aveva nemmeno fatto nulla – un mestolo intero.
Dire che Tom era incazzato era dir poco.
“PAZZI!” tuonò con gli occhi iniettati di sangue. “Lo sapete cosa avete fatto?! Ora ammazzeranno voi e me o nella migliore delle ipotesi distruggeranno il mio locale!”
“Sono solo bambocci. Non preoccuparti.” Potter si mise le mani in tasca. “Pesci piccoli.”
“Me ne sbatto! Lo sapete cosa porta bene agli affari?! La neutralità! Questo posto è come la Svizzera, cristo! La fottuta Svizzera! E voi mi avete appena fatto passare per uno che va a braccetto con gli Auror!”
“Hey, ti abbiamo appena salvato la pellaccia!” sbottò Black, indicandosi col dito. “Non c’è di che, Tom!”
“Dovevi dirlo al Ministero che dei Mangiamorte ti minacciavano.” Osò dire Remus ed ecco il dramma greco.
Tom scoppiò in una risata sprezzante e iniziò a tirare fuori il peggio del populista che era in lui.
“Buoni quelli! Non stanno facendo nulla in tre anni! Nulla di nulla! Fanno due moine, si beccano il posto fisso e dopo si girano i pollici tutto il tempo! E io sono rovinato! La gente per bene è quella che se lo prende in quel posto, sempre! Paghiamo per un servizio di sicurezza che è inesistente!”
“Ma…evadi le tasse da secoli…”
Lo lasciarono che ancora bestemmiava. Il freddo dell’inverno parve rinfrescare la pelle dei loro visi, bollenti. Schiarendo le idee.
Ma non gli occhi di granito che Remus piantò loro addosso.
James ebbe perlomeno la decenza di guardare altrove.
“Che dovevo fare? Lo stava picchiando.” Borbottò.
“Chiamare un Auror, come tutte le persone normali! Sirius sta per affrontare un processo, la tua famiglia sta per affrontare un processo! Non è il momento per fare a pugni con i Mangiamorte!”
“E lasciare che agissero indisturbati nel frattempo?!” 
“Oh, sappiamo entrambi che non era per quello che ti sei alzato.”
“Ma che dici?”
L’amico non rispose.
Gli si avvicinò e gli agguantò un polso, portandogli la sua stessa mano davanti al viso.
“Stai tremando.” Sibilò, mentre Black sbuffava alzando gli occhi per aria, già conoscendo l’andazzo che stava prendendo quella discussione. “E sappiamo tutti che non è per la paura. Lo sento, cosa credi?”
“Lunastorta…”
“Sei eccitato. Sei euforico, cristo.” Continuò lui con voce dura. “Sei cieco o non prendi sul serio tutto quello che sta accadendo nel mondo dei maghi? Questa cosa non è normale! Vedi un uragano e ti ci butti dentro!”
Ramoso si liberò dalla sua presa, guardando altrove. Come sempre, ogni volta che affrontavano quel discorso si chiudeva a riccio. Era sempre stato il più bravo a tenerli fuori dalla sua testa.
Remus scosse il capo, amareggiato.
“Sono solo preoccupato per te. Non è solo il livore che nutri per la magia oscura e lo sai. Tutta questa smania di gettarsi in pasto ai leoni, la brama del pericolo, il giocare costantemente con la tua vita…dannazione, finirai per farti male, James.”
Rimase ancora in silenzio. Girato di spalle, a guardare il cielo. Il suo inconscio non diede loro segnali di sorta, né di fastidio né di altro.
Poi, piano piano, una blanda carezza mentale. James Potter sorrise, battendogli su una spalla con affetto.
“Ho delle compere da fare.”
Si allontanò senza aggiungere altro. Black si accese una sigaretta, facendo schioccare l’accendino.
“Ci nasconde qualcosa.” Sospirò Remus. Felpato buttò fuori il fumo, contro il cielo.
“Certo che ci nasconde qualcosa.” Mormorò. “Da sempre. Lo so anche io che non è un comportamento sano il suo, cosa credi?”
“E allora perché cazzo continui a dargli corda quando fa così, Sirius?”
“Perché è l’unico modo che conosco per gestirlo.” Lui fece spallucce. “Se siamo in due a gettarci nell’uragano, forse ci sono possibilità in più di farla franca.”
Già…ma fino a quando avrebbero potuto scamparla? Fino a quando quel vortice non lo avrebbe distrutto?
Fino a che punto li aveva chiusi fuori?
Il rumore liquido del vomito di Peter parve come un incantesimo che taglia in due l’aria. Si voltarono verso di lui, verde, con ancora le fiamme che uscivano dal naso.
“Certo che non reggi proprio un cazzo!” ghignò Black, mentre Lupin si batteva una mano sulla fronte.
“Andiamo, ti porto al caldo…Sirius, mi dai una mano?”
“Che schifo! Scordatelo! Il suo vomito sta letteralmente prendendo fuoco!”
“Perché ha bevuto quell’intruglio malefico, dannato viziato!” Remus se lo caricò in spalla come un sacco di patate. “Siamo da Madama Rosberta, se vuoi raggiungerci! Vedi di non metterci troppo!”
“Oh, quella che ci prova con te in tutti i modi?”
“Sì, quella.”
“Ottimo! Fatti lei, così risolvi il 90% dei tuoi problemi!”
“SIRIUS SPARISCI!”
 
 
 
 
 
 
 
Lily Evans si guardò attorno con aria concentrata, all’interno di un piccolo bazar. Magie per Babbani aveva chiuso. Fantastico.
E ora cosa poteva comprare alla madre in un negozio di magia? Avrebbe infranto sicuramente qualche legge…
Una ragazza carina le venne incontro.
Indossava una divisa blu, con una targhetta d’oro che spruzzava fuori coriandoli di tanto in tanto.
“Posso aiutarla?”
“Dovrei prendere un regalo per mia madre. E’ una babbana.”
Quella inarcò un sopracciglio con cortese perplessità, facendola sentire ancora più fuori luogo. La seguì come un automa ascoltando le sciorinate su vari articoli non ancora incantati che conservava in magazzino, senza ascoltare nemmeno mezza parola.
Chi voleva prendere in giro?
Non stava minimamente pensando al regalo da fare a sua madre, ma a quello da fare a James!
Ma perché poi doveva fargliene uno?! Maledetto Potter, le avrebbe fatto un regalo giocando sul fatto che era troppo educata per non ricambiare!
“SCELTA DELIZIOSA! Lei sì che ha buon gusto!” trillò la commessa quando optò per un grazioso anello che cambiava colore a seconda del meteo del giorno dopo, nulla di eccessivamente magico.
Lily nemmeno la guardò.
Accidenti, era indecisa.
Farlo o non farlo?
E se poi si veniva a sapere in giro?
Non voleva che il suo regalo venisse frainteso dai pettegoli della scuola!
E che cavolo gli prendeva?! Cosa si regala al proprio egocentrico arcinemico?!
Uscì dal negozio fissandosi l’orologio e stringendosi nel cappotto a poncho. Aveva passato l’intero pomeriggio in giro con Cristhine e poi si erano separate per prendere le ultime cose dopo aver bevuto una cioccolata calda.
Erano da poco passate le quattro ed il cielo iniziava ad ombreggiare. Mancava solo un regalo…solo uno…
All’improvviso un ragazzo le andò a sbattere contro, facendole cadere i sacchetti.
“Hey!”
“Oh…Lily!”
“Sirius?”
Il ragazzo la fissò, imporporandosi.
“Stai cercando il regalo per Cristhine?” chiese, divertita.
Sirius si guardò intorno, prima di annuire piano.
Lei lo afferrò decisa per il polso e lo trascinò dentro il negozio.
“Vieni!”
“Hey!”
“Facciamo shopping assieme. Magari ti schiarisci le idee.” Propose lei, ridacchiando di fronte al suo imbarazzo. Gli mollò in mano borse e borsette e partirono in quarta nel magico mondo dei negozi.
Quella era forse l’ultima persona sul pianeta con la quale avrebbe mai immaginato di fare degli acquisti, ma dovette ammettere che poteva giocarsela a proprio vantaggio.
Oh sì…ridacchiava maleficamente, sfregandosi le mani. Ecco un bel modo di vendicarsi…
I ragazzi in giro per il villaggio strabuzzarono gli occhi non poco vedendo una Lily Evans trascinare un povero Sirius Black mezzo sbronzo con le mani stracolme dei suoi sacchetti per tutti i stramaledetti negozi di chincaglieria femminile della zona!
Non ne mancò nemmeno uno, da quelli di abbigliamento all’ultima moda, alle pasticcerie, alle gioiellerie, perfino nella più grande profumeria magica della regione, dove le boccette spruzzavano cuoricini e fiorellini una volte aperte.
“Prendimi quello alla pesca, per favore!”
“Come diavolo faccio a capire quale è quello alla pesca?!”
“Se non c’è l’etichetta devi provarle, genio!”
“COOOSA?!!!”
Molti si girarono verso di loro, curiosi. Black incassò la testa nel bavero del cappotto nero al limite dell’umiliazione, agitandole sotto il naso due o tre boccette dall’aria stucchevole.
“Non posso provare i profumi femminili, sono un ragazzo! Scimmia, dì la verità, mi stai torturando apposta!”
“Un po’. Allora? Piaciuto il viaggio nel mondo delle donne?”
“E’ stato peggio dell’inferno…”
“E ancora non hai trovato nulla?”
“No…” disperato, si gettò le mani nei capelli. “Dannazione, se siete complicate! Stiamo girando da due ore! Ho visto cose da manicomio, seriamente, avete dei problemi gravi! Argh…!”
Quasi lanciò per aria il profumo, che aveva iniziato a fargli le fusa in mano.
“Oh, dammi qua!” sbottò Lily, prima di dover pagare una boccetta da dieci galeoni per millimetro.
Si spruzzò sul polso e annusò.
Bingo!
Avevano fatto centro!
“Pesca.” sorrise. “Senti!”
Porse il candido braccio a Sirius, che la guardò stralunato. Oh cazzo, e adesso che voleva quella?!
“Guarda che devi solo annusare, scemo!”
Lentamente, come un cane che si avvicina diffidente alla mano di un estraneo, Sirius inspirò il profumo dalla sua pelle.
“B-buono…” balbettò, sentendosi un perfetto cretino. Razza di stupida scimmia…l’aveva letteralmente esaurito… e meno male che non c’era James a vederli!
Sirius Black con il naso affondato nel polso della Evans…in giro assieme come una coppia sposata! Non voleva nemmeno pensare alla reazione che avrebbe avuto…
 
 
 
 
 
“EEEETCIUUUU!”
Molti passanti fissarono indignati James Potter, il cui starnuto aveva fatto sobbalzare parecchi.
“Qualcuno ti sta pensando, ragazzo!” rise un simpatico nonnino, trascinando via la nipote. “Oppure hai un raffreddore coi fiocchi!”
Una mano magra gli passò un fazzoletto sotto al naso.
“Ammalato?”
“Cristhine!”
“Heylà!” ridacchiò lei, appoggiando per un istante le borse a terra. “Come procede?”
Eh…come procedeva? Aveva preso regali per tutta la famiglia, per i ragazzi, perfino per Vento, il gufo dei suoi…ma ne mancava uno…che lo stava facendo dannare da tutto il pomeriggio!
Si grattò la nuca, desolato a dir poco. La Corvoncina subodorò aria di dramma e lo prese a braccetto.
“Devo ancora comprare un regalo a Sirius. Mi dai una mano?”
Passeggiarono a lungo prima di trovare IL negozio per eccellenza, dove schiere di maschi sbavanti si appiccicavano alla vetrina con gli occhi a cuore.
Dio benedica tutte le scope magiche della Gran Bretagna! Adorati boccini! Adorati Kit di manutenzione!
Dopo aver passato la giornata in mezzo a pizzi e merletti rosa, entrare lì dentro fu come riprendere una boccata d’aria! Ispirò l’odore di legno e pino silvestre quasi facendo le fusa.
Passò i successivi quaranta minuti – non scherzo, quaranta minuti precisi -  a decantare le potenzialità di praticamente ogni oggetto lì dentro, sballottolandola da una parte all’altra come un esaltato.
“Forte!” esclamò infine Cristhine, giocherellando pericolosamente con un bolide.
“Cara, non quella! Rischi di mozzarti una mano!” tubò il commesso, sudando leggermente freddo. James rise, prendendola per le spalle e trascinandola lontana dal pericolo.
“Stammi vicino, eh?”
“Era una pallina così carina!”
“Hemm…è quella usata dai Battitori per spezzare le ossa agli avversari…”
Improvvisamente, lei scoppiò a ridere. Gli piazzò un ditino sotto il naso, biricchina.
“Lo so.” Ghignò. “Ti stavo prendendo in giro, dio, non ti sopportavo più! Allora, a Sirius piacciono i Falmouth Falcons, giusto?”
Si avvicinò ad alcune maglie sotto vetro, firmate.
“Sì…ma quelle valgono una fortuna. Non penso che tu…”
“Compro questa.” Dichiarò lei, tranquilla da fare schifo, facendolo letteralmente sbiancare e facendo voltare tutti gli altri clienti con gli occhi a palla.
Quella era una maglia da cento galeoni… firmata da Kevin Broadmoor in persona…
“Mc…so che non si dovrebbe chiedere ma…quanto diavolo sei ricca?”
“Abbastanza.” Rispose quella, incurante del proprietario del negozio che dopo averle consegnato la maglia e incassato stava iniziando a sbocciare una bottiglia di champagne e a chiamare la moglie urlando qualcosa del tipo “Molly, stasera fatti carina, ti porto fuori a cena!”.
“No perché, io sono ricco sfondato ma…beh…”
“Non l’ho preso perché era costoso, in realtà.” Spiegò lei. “Questa maglia ha un significato particolare per Sirius.”
“Sì, lo so. Quando era piccolo sognava di diventare come quel battitore.”
“Eh già. Te lo immagini?” Cristhine sorrise tristemente. “Quanto può essere grande il sogno di un bambino in quelle condizioni? Quando ne parla…ancora adesso…rasenta la venerazione. Mitizzare quel personaggio deve averlo aiutato molto, quando era piccolo. Ho pensato che potesse essere importante.”
Le posò una mano sulla testa, ricambiando il sorriso.
“Si è fatto una ragazza speciale, sai?” le confidò, con tenerezza. “Sono felice che tu sia al suo fianco.”
“Mi diventi sdolcinato, Potter?” lei lo abbracciò. “Allora, piuttosto… che mi dici di te? Hai trovato il regalo per Lily?”
CAZZO!
Se lo stava quasi dimenticando!
“I-io…devo andare!”
“Eh? Ma non l’hai ancora scelto? Guarda che tra poco ci sarà il coprifuoco!”
Merda, merda, merda!
 
 
 
 
Fare Shopping con Sirius era divertentissimo. Torturarlo psicologicamente ancora meglio.
Durante la scelta dell’intimo se ne videro delle belle, poi! Immerso in reggiseni e mutandine, non l’aveva mai visto così a disagio!
A quanto pare, l’ultima volta che ci aveva provato con lei ed era stato incarcerato in uno sgabuzzino con piccioni deceduti aveva subito un trauma così grande che ora la vedeva alla pari di una cugina particolarmente fastidiosa. Cosa da sfruttare letteralmente a proprio vantaggio…e nella sua perfidia, Lily riuscì anche a capire un po’ di più il mondo degli uomini.
Scoprì che ai ragazzi non piacevano i bigliettini delle fanciulle (Sirius e James ne ricevevano mille ogni Natale con frasi stucchevoli e imbarazzanti) e le classiche cosette che facevano impazzire la popolazione femminile. La concezione della moda era totalmente diversa, quindi niente vestiti. Idem per profumi e accessori.
“Oh, siete cosi stupidi voi maschi!” sbottò, non appena Sirius disse la sua su una piccola Puffola Pigmea. “E’ cosi graziosa…”
“E’ stupida.” Sentenziò lui, facendosi odiare praticamente da tutte le streghe all’interno del Magic Royal Puppy, un negozio affiliato al Serraglio Stregato di Diagon Alley. “Non ha nemmeno le gambe!”
Alzò gli occhi al cielo cercando al contempo di non assassinare un piccolo e adorabile micetto che, dalle braccia di una bambina, lo puntò assottigliando gli occhi come un killer.
Chissà se la sua ragazza voleva un Famiglio. E se invece era allergica agli animali? Diamine, stava quasi per scadere il tempo a loro disposizione!
Disperato, camminò in lungo ed in largo fino a che non si ritrovò in un angolo senza animali ma con enormi teche con appese piccole farfalle essiccate, coleotteri plastificati e…si fermò di colpo, sorridendo.
Eccolo. Eccolo, il regalo perfetto.
Lily Evans lo vide sbucare da dietro uno scaffale con in mano un piccolo pacchetto incartato d’argento e l’aria elettrizzata.
“Scimmia, siamo a cavallo.” Le diede un pugno sulla spalla che per poco non la mandò contro il muro e poi le strofinò la testa. “Grazie! Grazie per tutto!”
“P-Prego…” balbettò lei, prima di vederlo letteralmente fiondarsi fuori dalla porta.
Sorrise. In fondo, era un bravo ragazzo…
Uscendo dal Serraglio, scoccò un’occhiata all’orologio e sgranò gli occhi. Santo cielo, era tardissimo!
Stava vendendo giù un freddo terribile e il cielo era completamente nero!
Meglio andare prima che sia già buio! Le carrozze staranno già per partire!” si bloccò a metà passo, improvvisamente agghiacciata.
Il regalo per James!
Se ne era completamente dimenticata!
“Oh noooo!!!”
Che fare?!
Si mise letteralmente a correre come una furia, quasi schiantandosi contro una coppia felice che passeggiava con in mano due tisane calde in bicchierini di polistirolo.
Loro sicuramente si erano già presi il regalo…no, ma che cavolo diceva?!
Avvampò, con i capelli che le frustravano il viso e l’aria un tantino da pazza. Stava veramente paragonandosi a quei due innamorati?!
Ma le aveva dato di volta il cervello?!
“Smettila subito, Lily Evans! Vedi di curarti la testa! Smettila!”
E si sa, la fortuna sorride agli stolti. O, in quel caso, gli si schianta in faccia.
Cadde all’indietro piantando le mani in una pozzanghera quando qualcosa la colpì dritta sul naso come un missile, facendole vedere letteralmente le stelle.
“Signorina! Mi scusi! Si è fatta male?”
Un commesso uscì fuori dal negozio armato di retino per farfalle. Massaggiandosi le narici con le lacrime agli occhi, la rossa sollevò lo sguardo.
Era finita davanti al negozio di scope…
“Ma che cos’era?”
L’uomo si fermò ansimando, aiutandola a rialzarsi. Qualcosa le sfiorò lo zigomo con un movimento fulmineo. Tempo un istante e si ritrovò il retino in testa.
“Waah!”
“Dannato affare!”
Qualcosa si muoveva all’interno della rete, proprio contro il suo collo. Lo acchiappò quando cercò di infilarsi sotto la sua maglietta, stringendolo forte visto che sembrava un indemoniato.
Tra le sue dita c’era una minuscola pallina di vetro, grande quanto una noce. Batteva le ali così velocemente, simile ad un piccolo colibrì, che sul momento nemmeno le vide.
Al suo tocco, poi, piano piano, quelle rallentarono e la pallina si colorò di oro.
“E’…un Boccino! E’ diventato dorato!” esclamò, sorpresa.
“Oh, è d'oro solo quando l'acchiappi. Diventa grigio quando sei lontano, trasparente quando sei vicino e torna normale solo quando lo stringi tra le dita.” Ringhiò quello. “Ottimo per allenarsi senza dubbio ma mi fa dannare! Credo sia difettoso o che ci sia una specie di folletto impazzito al suo interno! Me l’ha dato un giocatore famoso, pensa, questo piccolo bastardo l’ha stressato così tanto che ha detto addio al Quidditch e si è dato all’alcool!”
La pallina le si infilò nella manica, chiudendo le alette attorno al corpo.
“Le piaci.” Bofonchiò il mago, mentre lei ridacchiava. “Di solito non è così tranquillo. Fidati di me, quell’affare ha un’intelligenza propria, è il demonio in persona! Che sia dannato il Cercatore che ci dovrà avere a che fare!”
Lily ghignò.
 
 
 
 
“EEETCIU’!”
James si grattò il naso dopo l’ennesimo starnuto da lord, voltandosi da tutte le parti. Non c’era rimasto più nessuno a guardarlo male ma il problema vero era che i negozi stavano tutti chiudendo e che quelle dannate carrozze non lo avrebbero aspettato di certo.
Dannato regalo! Ma che cavolo gli era passato per il cervello?!
E dire che sembrava così facile all’inizio…e invece aveva passato tutto il giorno a girare come una trottola! Era già buio, sicuramente era l'unico di Hogwarst ancora in quel gelo e non aveva ancora trovato nulla!
Basta, ora le comprava un completino sexy così si faceva mandare al diavolo e non ci pensava più!
Almeno sarebbe morto per un buon motivo…
“Serataccia, eh?”
Una mano gli porse un fazzoletto ma quando si voltò, non c’era Cristhine McRanney davanti a lui. Bensì un mago dagli intramontabili basettoni rosso carota.
“Professor Wash!”
“EEETCIU’!” Quello starnutì ancora più forte di lui. “Anche tu col raffreddore, eh? Freddo del cavolo…”
“Hemm…veramente…”
“Che ci fai ancora in giro, Potter?” il mago affondò il collo nella sciarpa a scacchi grande quanto una coperta e tirò su col naso. “E’ tardi, le carrozze stanno per partire…”
“E’ venuto a recuperarmi?”
“Le palle. Con questo freddo? Potete anche tornare domani per quanto mi riguarda!” quello ghignò. “Senza offesa, ma per voi giovinastri fare due passi non potrà fare che bene!”
“Ma lei ha a malapena trent’anni…”
“E ho bevuto e fumato per sessanta!” lui rise, scuotendo il capo. “La mia salute non ringrazierà mai abbastanza la mia adolescenza. Stavo cercando lo Speziere, dovrebbe avere ancora qualche Chiodo di garofano da vendermi. E tu faresti meglio ad avviarti! E’ pericoloso quando fa buio!”
“Fosse quello il pericolo vero…” si lasciò sfuggire il Malandrino, già pensando alle bastonate della Evans quando si sarebbe presentato a mani vuote.
“Fammi indovinare. Non hai trovato il regalo alla fidanzata.”
“P-più o meno…”
Barrie alzò gli occhi al cielo, divertito come il demonio.
“Ah, beata gioventù. A diciassette anni ancora non lo sapete, eh? Alle femminucce basta il pensiero.”
“Dice?”
“Fare loro un regalo significa dire che le stai pensando. Questo è già bello che sufficiente, caro mio! Se la tua bella è cotta di te, qualsiasi regalo la manderà in visibilio. E’ dopo che iniziano le pretese, non prima!”
“Beh…” lui scosse la testa, sfiancato. “Quale che sia la reazione, ormai i negozi hanno già chiuso i battenti…”
Lo vide frugarsi nelle tasche, sbuffando con un mezzo ghigno.
“Sei fortunato, Potter. Dannatamente fortunato.” Borbottò. “Perché si dà il caso che sulla strada per venire qui, abbia per purissimo caso trovato un sassolino agganciato ad una cordicella.”
“H-hey, va bene che basta il pensiero ma così si esagera…!”
Si bloccò di colpo, quando dalla tasca emerse qualcosa di lucente.
“Probabilmente è stata incantata per impedirne il furto in caso di smarrimento, chi lo sa. So solo che dopo un po’ che l’avevo nelle tasche, l’ho ritrovata così. Ho girato tutto il villaggio chiedendo se fosse di qualcuno ma a quanto pare, no! Quindi è tutta tua!”
Gliela lanciò e lui la prese al volo.
Quella collana era estremamente tiepida al tatto. La catenina argentata era sottile come un filo di ragnatela ed il ciondolo, incredibilmente piccolo, osservandolo da vicino si formava di piccoli arabeschi che ricreavano un cerchio arcuandosi come piume. All’interno, pendente tra le due estremità, c’era una pietra che sembrava contenere una piccola luce liquida in costante movimento, pulsante come un cuore.
La fissò portandosela fino al naso.
A prima vista sembrava fatta di cristallo lavorato, di forma perfettamente sferica. Dentro era leggermente opacizzato come se fosse stato ricoperto di ghiaccio, mentre fuori era levigato come una perla. La luce continuava a mutare forma, pigramente, rendendo i contorni della gemma quasi poco definiti.
“Ho controllato. Non è pericolosa.” Confermò Barrie, mentre lui la sfiorava con titubanza. “Credo sia una lavorazione delle fate, o qualcosa del genere. Anche se di solito loro le preferiscono più vistose. Questa è minuscola!”
“Non importa.” Mormorò. “Questa è perfetta.”
Il professore gli batté una mano sulla spalla.
“Vado a cercare delle spezie. Lieto di averti tolto un peso! Ora fila a scuola e fa felice la tua innamorata!”
Gli sorrise, ringraziandolo e mettendosi la collana al collo, sotto la maglietta. Chissà, pensò, guardando il cielo limpido.
Chissà se l’avrebbe resa felice…
 
 
 
 
 
 
Boccino posseduto: cinque galeoni.” I suoi stivali imbottiti superarono un piccolo marciapiede, saltando del ghiaccio disciolto con grazia. “Confezione dorata: tre scellini.” La piazza era ormai buia e desolata, le carrozze avevano fatto ciao ciao con la manina e quindi ora le sarebbe toccato camminare. “Far passare la faccia tosta di James col mio regalo…” sorrise divertita. “…non ha prezzo.”
Lily si stiracchiò e si guardò intorno.
Aveva inesorabilmente fatto tardi e la McGranitt l’avrebbe divorata viva al suo rientro.
L’unica locanda ancora aperta era I Tre Manici di Scopa, probabilmente perché Rosmerta si era di nuovo intrattenuta a chiacchierare.
Si fissò le mani, ancora infangate dalla caduta. L’aria di Hogsmeade, così tetra, iniziava a inquietarla. Cavolo…la camminata verso la scuola sarebbe stata massacrante…
E tutto quel silenzio… sembrava che fossero tutti scappati via.  Improvvisamente, si sentì come a disagio.
Aveva voglia di entrare e incontrare qualcuno di cui si fidava, anche se per cinque minuti.
La porta tintinnò, quando se la chiuse alle spalle.
La biondina, una streghetta prosperosa che aveva appena ricevuto in eredità la locanda dai suoi, si girò verso di lei con un sorrisone.
“Ciao cara! Ti servo qualcosa?”
“Devo solo lavarmi le mani, Rosmerta.” Rispose, sollevata, togliendosi la neve dai capelli. “Posso?”
“Non c’è problema! Ho appena rimesso in sesto il tuo amico Peter, stava da cani, sai? Remus invece sempre fresco come una rosa…beh, comunque li hai mancati per un pelo, se ne sono appena andati. Peccato, eh? Il Prefetto di Grifondoro è una tale visione…”
“S-sì, Remus è in gran forma.”
Lily sorrise imbarazzata, guardandosi attorno per evitare altre dichiarazioni ambigue.
Bisognava ammettere che la ragazza aveva fatto un ottimo lavoro.
Il locale si presentava quasi rinvigorito da quella nuova gestione, sempre molto pulito e caldo. Dietro al bancone c'era uno specchio che rifletteva l'intera locanda piena di tavolini sui quali aveva appoggiato dei fiori.
Anche il bagno profumava, e quando lo aprì, scorse un piccolo sacchetto di lavanda appeso alla maniglia.
Nel frattempo, qualcuno nell’altra stanza, aveva aperto la porta facendo trillare di nuovo il campanellino. Allora c’era ancora gente in giro…meno male!
Tutto il disagio provato all’esterno parve svanire. Si sciacquò le mani, dandosi mentalmente della stupida. Era sempre la solita Hogsmeade…solo un po’ più silenziosa, tutto qui! E’ che…si era sentita quasi osservata…
Si passò le mani umide sul viso, sentendo vagamente il boccino agitarsi improvvisamente contro il sacchettino.
“Chissà se sei davvero un Folletto.” Disse. “Beh, vedi di darti una calmata e contenerti per Potter, perché…”
Quando sollevò gli occhi sullo specchio, la voce le morì in gola. Il tempo parve come cristallizzarsi.
Rosmerta ricambiò lo sguardo da sopra la sua spalla, stagliata contro la porta spalancata. Non parlò, non si mosse.
Aveva gli occhi spenti come quelli di una bambola, la pelle improvvisamente cinerea e senza un’espressione le girò attorno con aria così innaturale e senza vita che a Lily venne istintivo strisciare lungo la parete e indietreggiare.
“Ma…che cosa hai…?”
Accadde nel giro di pochi istanti. Qualcuno entrò nel bagno così velocemente che si accorse solo dopo qualche istante che la stava stringendo in una morsa.
Un forte profumo le invase le narici mentre un corpo sottile le si schiacciava contro la schiena. Era un aroma dolciastro, come di crisantemi lasciati troppo a lungo bagnati nei vasi di un cimitero. C’era però anche qualcosa di metallico, di pungente e rugginoso in quell’odore.
Due braccia sottili salirono lungo il suo ventre, uno di essi le bloccò le articolazioni con forza immensurabile mentre l’altra le accarezzò la gola con un risolino seducente che le ghiacciò il sangue nelle vene.
Era una donna. Ed era…gelida come un cadavere.
Fece per sollevare gli occhi sullo specchio ma, rapida come un cobra, una mano le si posò sulle palpebre.
“No, no.” Continuò a ridere l’estranea, divertita. “Sarebbe inutile guardare, comunque. Ce ne hai messo di tempo per infilarti in qualche buco lontano dagli occhi di tutti, eh, pasticcino?”
“Che…cosa…?!”
“Seguirti è stato davvero irritante. Quindi vedi di renderti utile.” La voce divenne dura, tagliente. Qualcosa le sfiorò la gola, quasi scottandola. “Imperio.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
E come sempre, il capitolo finisce con il classico colpo di scena. In effetti dovrei contenerli o prima o poi la situazione mi sfuggirà di mano e mi ritroverò voi lettori armati di machete contro la porta di casa.
E fareste anche bene.
Non ho molto da dire se non questo: il prossimo capitolo arriverà a breve e sarà un capitolo parecchio importante per la nostra cara coppia “Slow Burned” Lily&James. Chi sa, sa, mentre chi non ha mai letto prima la mia fanfiction si godrà la sorpresa. Per ciò, come dicono le influencer tra un selfie e l’altro: “Stay tuned”!

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Capitolo 30
*** Perchè la amo. ***


Questo è uno dei capitoli più importanti della fanfic. Godetevelo.
Sarah
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“AH!”
James si fermò di scatto, tentennò per non scivolare sul ghiaccio e riuscì a mantenere l’equilibrio appena in tempo. La strada che conduceva a Hogwarts era un tranquillo sentiero che si affacciava su campi coltivati ormai ammantati di bianco, mentre sull’altro lato veniva interamente cinto da una fitta fila di abeti a schiera.
Talvolta la via era interrotta da qualche grosso masso pieno di muschio o da un tronco d’albero spezzato.
Non c’era anima viva ed il buio veniva rischiarato da alcuni pali comunicanti sui quali si attorcigliavano fili di palline natalizie colorate e luminose, alcune delle quali ogni tanto lampeggiavano con un Fzz sottile.
Si voltò verso il villaggio, ormai un punto lontano.
Che strano.
Mentre correva come un dannato per Hogwarts - essendo in un ritardo furioso -  un brivido gelido gli era corso su per la schiena.
Si dondolò sui talloni, indeciso.
Non era raro che i suoi sensi si acuissero in vista di un pericolo per il branco. Era una sensazione difficile da spiegare, avvertiva come una stretta allo stomaco, un qualcosa di freddo alla base del collo che gli rizzava i peli.
Questa sua capacità, che sembrava essere il suo potere speciale da Animagus, li aveva salvati da parecchie situazioni.
Eppure, dai Marauders non arrivano segnali di sorta. Le loro menti erano tranquille.
No, era qualcosa di diverso…
Rimase un attimo indeciso, poi tornò sui suoi passi e corse fino alla prima curva.
Nessuno.
Hogsmeade era lontana, buia e deserta come una città fantasma.
“Ti stai comportando da stupido.”
Fece retro front e ripercorse velocemente il selciato, tanto quanto glielo permettevano i suoi piedi ghiacciati e oramai diventati insensibili.
Stava quasi per raggiungere la meta.
Il castello si stagliava imponente e luminoso sullo sfondo della sera, le minuscole finestre sembravano piccoli diamanti dorati che tagliavano l’oscurità come lame nel burro.
Probabilmente Peter era inciampato da qualche parte o cose così.
Anzi, ben gli stava a quei dementi, visto che erano tornati a scuola belli tranquilli nel caldo delle carrozze senza nemmeno degnarsi di cercarlo!
E probabilmente ora si stavano già abbuffando!
Massì, tanto che importava loro dov’era il caro James?
Fa nulla se non lo vedevano arrivare, tanto loro erano lì a rimpinzarsi di ogni ben di dio!
Prese nota mentalmente di fare un bel discorsetto a quei ragazzi.
Insomma, che cazzo, avrebbe anche potuto essere in pericolo di vita!
“Questa me la pagano, lo giuro.” Ringhiò tra sé, digrignando i denti.
Da vero masochista pensò con desiderio alle patate dorate e croccanti, ai dolci superbi che ci sarebbero stati sopra la tavolata rossa e oro di Grifondoro.
E pensò anche, con meno desiderio sta volta, alla ramanzina della Mcgranitt quando lo avrebbe visto arrivare così tardi. Lo avrebbe scuoiato vivo, poco ma sicuro!
Gli avevano raccomandato di tornare verso alle sei, prima del calar della sera, ed erano già le otto!
E che cavolo di freddo porco faceva?! Ma era legale tutto quel gelo?!
Era tutta colpa della Evans! Lei e quel suo dannato regalo!
“Giuro su dio, Evans…” parlò tra sé e sé, tra l’altro senza minimamente riflettere sul fatto che l’idea dei regali era stata sua. “…uno scherzo non te lo toglie nessuno!”
Fu proprio mentre dava sfoggio di quel momento di incredibile sanità mentale che la vide.
Svoltata la curva, i suoi piedi si fermarono di nuovo quando si accorse di una figura poco più avanti.
Camminava lentamente, le spalle ritte, i lunghi capelli fiammanti che le ondeggiavano contro i fianchi.
Quei jeans aderenti li avrebbe riconosciuti fra mille.
“HEY ROSSA!” ululò, tornando di colpo allegro.
Una punizione con la Evans gli stava più che bene.
Era rincuorante sapere che c’era qualcun’altro quella sera che avrebbe ricevuto le fustigate della professoressa di Trasfigurazione e anzi, trattandosi della sua adorata pupilla probabilmente la sfuriata sarebbe durata anche di meno!
La cocca della maestra in questione non si voltò. Continuò a camminare.
Lenta. Mortalmente lenta.
Accelerò il passo con un ghigno da iena stampato in faccia.
Chissà che avrebbe fatto la Evans con un’altra punizione nel giro di pochi mesi.
“Hey Lily!” la richiamò, divertito. Continuava a non voltarsi… “Rossa, ma che ti prend…”
Era a pochi passi da lei.
Fece per allungare il braccio e sfiorarle la spalla ma la sua mano si bloccò a mezz’aria.
La sensazione tornò. Potente. Viscerale.
La ragazza, finalmente, si voltò verso di lui. Il ghignò gli scivolò via dalla faccia come per un colpo di spugna.
“Lily?”
C’era qualcosa che non andava.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Mezz’ora prima.
 
 
 
 
 
“Lo sapevo, sono in ritardo per la cena! Maledetto Codaliscia!”
Qualcun altro correva quella sera, ma in un ambiente infinitamente più accogliente anche se non meno folle.
Peter si era lavato che era praticamente ancora sbronzo – davvero, quel ragazzo non reggeva proprio niente – e aveva avuto la brillante idea di incantare le saponette ed il doccino, così, quando Felpato era entrato dopo di lui, le prime avevano iniziato a tempestarlo sulla testa nemmeno fossero dei missili siberiani mentre il secondo aveva allegramente cercato di mozzargli una falange. Morale della favola: aveva passato almeno venti minuti a sistemare quel macello.
Affamato come un lupo, svoltò l’angolo del primo piano quasi in derapata, veloce come un missile.
SBAM!
“OUCH!”
Si schiantò contro qualcuno con un cozzare di teste che gli fece vedere un circolo di farfalline davanti agli occhi per due minuti buoni.
“Sei finito.” Sentenziò solamente, massaggiandosi il naso con aria omicida.
“Che fai, pesti pure gli amici adesso?” sbottò una voce scontrosa e, alzando gli occhi, si accorse che era Lupin, che si massaggiava il naso con la stessa identica espressione.
“Rem!”
“No, Babbo Natale!”
“Perché non sei a mangiare?” chiese Sirius, aiutandolo a rialzarsi.
“Ti stavo cercando.” disse Remus, poi arrossì, a disagio. “…e stavo scappando da quella Pamela… togliti quel ghigno del cazzo dalla faccia.”
“Ok, ok.” Black alzò le mani, scuotendo la testa. A differenza del topastro, Lunastorta era fresco come un fiorellino.
E aveva bevuto più di tutti. Stronzo.
“Allora, perché mi cercavi?”
“James non è ancora tornato.” Fece quello, tornando improvvisamente serio. “Inizio a preoccuparmi. Dovremmo avvisare Silente.”
“A-ha, ci ho messo mezz’ora a rimettere a posto il suo sosia sulla carrozza, se avvisi i prof ci toglieranno altri punti.” Lo fermò subito Black, tornando col pensiero al “sosia”, che in realtà erano due cuscini legati assieme con occhiali da sole, cappello e trench da maniaco – un gioiellino animato con la magia chiamato  Cusci-rauder che tenevano in una borsa stregata per occasioni come quella.
“Sai che non salta mai la cena!”
“A meno che non si tratti di una donna.” Sirius sorrise. “Nemmeno Lily è ancora tornata, stava cercando un regalo o una cosa del genere. Sai che pur di stare addosso a quella ragazza è disposto a morire! Quanto ci scommetti che sono insieme?”
L’amico apparve rincuorato.
“Sì…ha una logica…” mormorò con un mezzo sorriso. “Anzi, forse stasera riusciamo a risolvere la scommessa.”
La scommessa in questione (‘Scommetto che Potter non riuscirà mai a farsi la Evans’) li aveva tenuti col fiato sospeso per almeno sette anni, in un continuo dare-ricevere di denaro che nemmeno nelle organizzazioni mafiose. L’avevano fatta quando frequentavano ancora il Primo, Remus nella sua magnanimità si era mostrato a favore, Sirius aveva stroncato la cosa sul nascere e Peter si era eretto a giudice supremo nell’assegnazione dei punti che si basavano su cose come sorrisi, forchette infilate nella mano, tentativi di soffocamento e tempo passato assieme senza tentare di uccidersi.
Stavano appunto contando i soldi nel portafogli – ah, l’amicizia! – quando una voce squillante come la sirena di un’ambulanza risuonò nel corridoio.
“Dove sei Lupiin? Hey Remuus!”
Il ragazzo deglutì, sbiancando.
“Pamela?” chiese con finta e divertita indifferenza Sirius.
“No.” disse quello, rigido. “…E’ un’altra. Una certa Elisabeth…”
“Carina?”
“Direi di sì.”
“Allora vai da lei!”
“Certo che no! Come se non ne avessi abbastanza di ragazze sceme che mi inseguono nei corridoi!” ribatté Remus, e un attimo dopo era già filato via lasciandolo alle prese con quella che aveva soprannominato “Miss tentacolo”.
Una ragazza dalla cotonata chioma castana apparve da dietro l’angolo.
“Oh! Sirius!” fece il più smagliante dei sorrisi. “Cercavo Remus, sai dov’è?”
“No, mi spiace.”
“Oh beh, visto che ci sei tu…” gli scoccò un’occhiata lasciva che era tutto un programma. “Come ti butta?”
Il cambiamento avrebbe dovuto essere analizzato da uno scienziato, rifletté Black, guardandola curioso.
Quando inseguiva Lupin sembrava una dolce e virginale donzella. Ora invece, parlando con lui, aveva totalmente cambiato registro e sembrava di avere davanti una motociclista rockettara, di quelle che sputano si marciapiedi.
Le donne erano tutte attrici nate, c’era da ammetterlo.
“Ma quello è un bracciale con le borchie! Figo!”
Gli si accollò addosso peggio di una mantide religiosa iniziando a cianciare e facendolo vagamente sudare freddo quando una mano fresca gli si serrò al polso e un angelo salvatore con lo stemma di Corvonero venne in suo aiuto.
Prima ancora che riuscisse a voltarsi per veder chi era, Cristhine lo stava già trascinando via annoverando una scusa.
“Spero di risentirsi!” gli urlò dietro la ragazza. “Sempre che il tuo cane da guardia non mi morda!” aggiunse perfidamente.
Al che la Corvoncina si voltò con un sorrisone angelico e dando il meglio di sé, frecciò: “Oh, non preoccuparti, sembra che non sia io quella che usa i denti di solito, Elisabeth cara!” lasciandola incenerita per terra.
Felpato la squadrò da capo a piedi, strabiliato, mentre lei continuava a camminare senza voltarsi.
Silenzio tombale.
Un corridoio.
Due corridoi.
Tre.
“Hey.” La fermò, piazzandole una mano sulla spalla. “E’ tutto ok?”
Ancora silenzio. Ahia. Guai.
“Stava cercando Remus.” Iniziò a dire, sempre più nel panico. “Lo sai come sono fatte certe studentesse di qui, cambiano idea come niente, ma ti assicuro che io non…”
“Sirius.” La ragazza si voltò. Non era arrabbiata, semmai…dubbiosa. Aveva inarcato un sopracciglio e incrociato le braccia al petto. “Pensi che io sia adatta a te?”
Cazzo, voleva mollarlo.
Panico.
La sudata di pochi istanti fa non fu niente a confronto a questa e iniziò a balbettare e annaspare nemmeno fosse stato un undicenne.
“Perché…beh, sai, la gente parla.” Lei si grattò il mento, senza notare il delirio mentale in cui l’aveva appena messo. “Tralasciando quelle che vogliono propinarti filtri d’amore o cose del genere, una voce si è fatta sempre più insistente e non ho potuto fare a meno di notarla.”
“Cristhine…”
“Dicono che io sia troppo timida per te, che non sia affatto il tuo tipo. Che non sia abbastanza…tosta, credo che dicano così…ed in effetti, le tue cosiddette ex con me non c’entrano proprio niente…”
Lo mollava. Sicuro.
Cosa poteva fare? La rapiva? Sì, la rapiva e se la chiudeva in stanza fino a che non avrebbe cambiato idea. No, così non andava dannazione! Erano cose da Black! Ecco, stava diventando un Black! Mammina sarebbe stata fiera, grazie mamma, grazie davvero!
La ragazza notò il suo silenzio e con fare melodrammatico sospirò.
“Ah, lo sapevo! E’ così!”
“Eh? Cosa?”
Se la ritrovò vicina senza nemmeno accorgersene. A pochi passi dalla sua bocca.
Gli occhi persi, torbidi, i capelli leggermente umidi sulle punte che emanavano quel profumo di margherite che aveva iniziato ad amare.
Tutto parve smettere di funzionare. La testa, il cuore, i polmoni.
Tutto era in tilt.
“Posso provare a diventare più intraprendente, se vuoi.”
Dannatamente seria. Così vicina…
Lo stava spingendo verso il muro. Con le piccole mani gli prese i polsi e, delicatamente, glieli portò sopra la testa, tenendoli saldi contro le piastrelle fredde.
Il bacio che gli diede fu diverso. C’era qualcosa che era cambiato in quella bocca. 
Gli strofinò appena i denti contro le labbra, mordendo piano, lasciandolo senza fiato. Si staccò appena, accarezzandogli il viso quasi con curiosità, esitando in alcuni punti, sfiorando la peluria della mascella. La sua testa si inclinò, le sue labbra scesero. Le avvertì, fresche, dolci e morbide posarsi ora timidamente sul collo.
E tutto esplose.
Anche troppo.
“Cazzo! Le orecchie!”
Mentre quella ragazza gli stava facendo probabilmente il succhiotto più desiderato della sua vita, perse totalmente il controllo e tra i suoi serici capelli neri spuntarono, pelose e ritte, le orecchie da cane.
Sbarrò gli occhi, sentendosi il cuore in gola e quando Cristhine iniziò a sollevare il viso verso di lui glielo impedì infrangendo le mani tra i riccioli della sua nuca e stringendosela contro con uno scatto.
La strinse forte, tremando, perso in un contrasto di sensazioni da fargli girare la testa.
Una mano s’infilò tra le pieghe del suo mantello.
Un fruscio di stoffa spezzò il silenzio.
Cristhine ridacchiò.
“Ma che stai facendo?” chiese quando si fu staccata, vedendolo appoggiarsi al muro, rosso e ansante, con il suo fazzoletto bianco sulla testa a mo’ di cuffietta.
Black continuò ad ansimare, cercando piano piano di placare il suo cuore.
La rinnovata distanza fra i due corpi fu come vento fresco sulla pelle calda. Piano piano, quelle maledette cose pelose si ritirarono.
“W-wow.” Disse solo.
La ragazza arrossì improvvisamente, forse rendendosi conto di ciò che aveva appena fatto. Si portò le mani alla bocca, come se volesse nascondersi il viso.
Gli occhioni lucidi, la chioma in disordine, la bocca gonfia e le guance scarlatte furono così eccitanti che di nuovo, Sirius sentì pizzicare sulla cute.
E l’imbarazzo scemò quando la Corvonero lo vide tirarsi da solo un pugno in testa.
“Hem…sicuro di star bene?” chiese sorpresa, iniziando a ridere senza riuscire a fermarsi, mentre il suo povero fidanzato probabilmente avrebbe voluto scavarsi una fossa.
“S-sì…c’era…un ragno…”
Lei sospirò, cercando di calmarsi e di non guardare un piccolo marchio rosso che ora svettava sulla pelle liscia del suo collo.
“Lo so che…non sono ciò a cui sei abituato.” Disse, tristemente. “Lo so che è difficile aspettare. E che non sono forte come dovrei essere, che il contatto fisico mi terrorizza ancora tanto. Però…”
Le braccia di lui la strinsero ancor prima che finisse la frase. Il fazzoletto volò via, adagiandosi come una farfalla sul pavimento.
“Tu.” Sorrise Black, sentendosi improvvisamente felice in un modo inspiegabile. “Tu sei la persona più forte che io conosca, Cristhine McRanney.”
La sentiva tremare, ora. Violentemente. Però sorrideva, percepiva il suo sorriso contro il bavero del cappotto. Le accarezzò i capelli, alzandole poi il mento con due dita.
“Non devi forzarti a fare niente. Mi piaci così come sei. Con i tuoi tempi.”
“Sirius…”
Sì, ora il suo era un enorme sorrisone. E anche Felpato non riusciva a smettere di farlo. Si poteva essere felici in un modo così inspiegabile? Come essere in una bolla, nonostante la minaccia dei suoi, nonostante la paura e la rabbia?
“Però, sappi che quando prendi iniziative come questa…controllarmi diventa molto più difficile.”
I suoi occhi si fecero furbetti, fingendo innocenza.
“Non lo devo fare più, quindi?”
Già. Quando stava con lei…tutto sembrava sparire…
“No.” Disse, sentendola ridacchiare. “Dovrai farlo sempre.”
 
 
 
 
 
Remus si premette le tempie cercando di concentrarsi, mentre camminava tra la folla senza vedere realmente qualcuno.
Gli sembrava che gli eventi scorressero davanti ai suoi occhi troppo velocemente, senza che riuscisse a fermarli.
Nulla di più odioso per qualcuno abituato ad avere sempre il controllo.
Perché i genitori di Sirius lo rivolevano proprio ora? Perché portare una causa del genere in tribunale, pur sapendo che gli sarebbe bastato testimoniare per far cessare le accuse sui Potter?
No, c’era qualcosa che non tornava… era come se avessero fretta. E poi, c’era sempre il problema della ragazza misteriosa…e c’era quello che gli aveva detto Arthur…
Si fermò di botto. Forse Weasley aveva esagerato nel raccontargli quella cosa…eppure…
“Professor Walsh! Mi sta sporcando le piastrelle!”
Il ruggito rauco di Gazza lo fece sussultare. Alzò il viso, sorpreso, mentre il professore di Babbanologia ridacchiava grattandosi la nuca con una mano.
“Chiedo scusa! Sono tornato di corsa sotto la neve, quelle dannate carrozze partono sempre in anticipo!”
“Veramente è lei che è sempre in ritardo…” borbottò tra i denti il Custode, dandogli le spalle.
“Eh?” tubò l’altro, angelico.
“Niente, niente…”
“Professore.” Remus si avvicinò giusto in tempo per sentire una nemmeno tanto sottile bestemmia in direzione dell’irlandese e beccarsi un’occhiata di fuoco a sua volta.
“Hey, Lupin!” Walsh sorrise, strizzandogli l’occhio leggermente imbarazzato per i modi di Gazza. “Hai bisogno di qualcosa?”
“Lei è tornato a piedi, giusto? Ha per caso visto Potter e Evans?”
Quello si grattò il mento.
“Ho visto Potter in piazza, abbiamo avuto una breve chiacchierata e poi gli ho detto di filare a scuola. Ma come, non è ancora tornato?”
Il ragazzo tentennò, cercando un modo per non far finire l’amico in punizione ma non ce ne fu bisogno.
“Tranquillo, me l’aspettavo che avesse perso la partenza, non farò rapporto…per ora. Però se non tornano tra mezz’ora dovrò intervenire, quindi gli conviene muovere le chiappe.” Ghignò. “Potter e Evans, hn? Credo di aver capito…ah, giovani!”
Remus non rispose. Rimase immobile così a lungo che quello inarcò un sopracciglio, perplesso.
“Tutto bene, ragazzo?”
“Ha detto di essere appena tornato. A piedi, giusto?”
“Sì, esatto. Pancino ancora vuoto, crampi alle gambe e probabilmente le dita dei piedi sono diventate di piombo. Perché?”
L’altro rimase in silenzio ancora un istante, poi sorrise. Un sorriso lento, che non si allargò agli occhi.
“Oh, nulla. Notavo che ha i capelli bagnati. Prenderà un malanno, se non se li asciuga.”
Strano ragazzo, pensò il professore allontanandosi. Un sorriso finto, troppo freddo per quell’età così spensierata.
Ma Lupin aveva imparato fin da bambino a indossare maschere. A sorridere quando non ne sentiva davvero il bisogno.
Camminò fino a quando non si trovò ai piedi di una grande scalinata, alla quale diede le spalle. Gli studenti gli sciamavano attorno, diretti a cena, qualche folletto scappato dalle gabbie svolazzò con un ronzio fino al lampadario facendo slalom tra libri galleggianti e boccini d’oro sgraffignati dagli spogliatoi.
Sì. Gli eventi scorrevano troppo velocemente.
Doveva riflettere… mettere a posto i tasselli. Dovevano agire più veloce del ragno, ma come?
Come, dannazione?
 
 
“ATTENTOOO!”
 
A scuoterlo bruscamente da quei pensieri, fu un grido.
Si voltò appena in tempo per vedere qualcosa balzargli addosso da metà scale, oscurando la visuale.
Poi qualcuno gli si schiantò addosso con un botto assordante.
Per la seconda stramaledetta volta.
Preso alla sprovvista, non ebbe il tempo di prepararsi all’impatto e dopo aver tirato una poderosa testata contro il malcapitato che gli fece veder farfalline bianche davanti agli occhi (oramai gli stava pure dando dei nomi) riuscì a malapena a percepire due mani che gli artigliavano le braccia prima di ruzzolare all’indietro e franare sul proprio sedere trascinandosi l’altro dietro.
Annaspò, strabuzzando gli occhioni celesti e cercando aria per almeno un minuto buono, con le lacrime a pungere le ciglia per il male e un delicato ginocchio gentilmente infilato nello sterno.
Qualcuno era sopra di lui. Sentì solo che era morbido. I suoi capelli gli sfioravano il collo, facendogli il solletico.
“A-ahia…”
“Ops…scusa…non ho fatto attenzione allo scalino…” esclamò una voce, mortificata.
Una ragazza.
“Figurati…nessun problema…” boccheggiò – uno dei suo vanti era riuscire sempre ad essere cortese anche nelle situazioni più estreme - strizzando le palpebre per mettere a fuoco. “S-stai…ben…?”
Le parole gli morirono in gola quando riuscì a visualizzare “l’assalitore” e si rispecchiò nel più grande paio di occhioni verde acqua mai visto prima. Ma non fu quello a zittirlo. E nemmeno la quarta naturale sbattutagli graziosamente sul naso.
Fu…beh, fu il suo insieme ad essere vagamente disturbante.
 
Perché il destino, per Remus Lupin, si presentò quel giorno di dicembre. E si presentò…nel modo più colorato possibile.
 
La vide battere le ciglia con un sorriso buffo che ricreò due adorabili fossette sulle guance e scostarsi una ciocca di capelli dalla fronte.
Capelli…rosa.
Un delicato rosa pastello che avrebbe fatto svenire la McGranitt ma che sembrava assurdamente e stranamente naturale, senza tinture. Portava quella bizzarra capigliatura acconciata in un taglio liscio, lungo fino alle spalle e con una frangia lunga che sfiorava le sopracciglia, rosa anch’esse.
Assurda.
La ragazza che gli si presentò davanti non doveva avere più di quattordici anni e indossava una divisa da strega che sembrava essere stata colpita da una caterva di Arte-Incanti: gonna, sciarpa e tutto il resto erano letteralmente a chiazze di colore come se un pittore ci avesse giocato sopra. I polpacci erano coperti da degli strani scaldamuscoli di stoffa rigonfi, stretti con un laccetto nero appena sotto il ginocchio. Uno rosa, l’altro azzurro.
La giacchetta, metà gialla e metà verde, era stropicciata come se ci avesse dormito e una spallina scivolava giù fino all’avambraccio scoprendo una clavicola.
Si alzò in piedi con grinta, facendo tintinnare i numerosi braccialetti a tinte fluo che portava ai polsi.
“Non faccio mai attenzione agli scalini. Beh, non faccio mai attenzione a tutto direi…sono molto sbadata!”
Armeggiò nella tasca fino a tirar fuori un cerotto a x che si schiaffò sulla fronte.
Ecco. Ora sembrava matta a tutti gli effetti.
Porse una mano al ragazzo e lo aiutò ad alzarsi, mentre quello continuava a squadrarla stralunato.
“Spero di non averti fatto male.” Cinguettò, pimpante.
Per essere una che aveva appena ricevuto un bel bernoccolo come regalo di Natale, sembrava avere davvero un sacco di energie…
“No, figurati…” Remus si raddrizzò, sorpassando per il momento sull’abbigliamento che avrebbe dovuto ammonire in quanto Prefetto. “Tu piuttosto, stai bene?”
“Scherzi? Incidenti di questo genere sono un’abitudine gente come me!” Quella ridacchiò, divertita. “Guarda! Ieri ho preso in pieno uno spigolo!”
E con tutta la nonchalance del mondo si tirò su la gonna a pieghe scoprendo la coscia fino all’orlo delle mutandine.
Così.
Come se niente fosse.
Un po’ troppo per uno che si era autocondannato all’astinenza forzata nel periodo in cui gli ormoni giocano brutti scherzi.
“H-hey! N-no, ci credo, ci credo!” balbettò il povero Remus preso in contropiede, distogliendo lo sguardo e sentendosi violato e maniaco allo stesso tempo.
“Un livido grosso come una casa…” mormorò quella, senza minimamente accorgersi del fatto che l’altro era diventato scarlatto e aveva il cervello un tantino in pappa.
Cazzo.
Mutandine color pastello. Con uno stramaledetto maialino stampato sopra.
L’aveva visto in pieno!
Ma chi le portava così al giorno d’oggi?!
“Dannazione Remus, datti una calmata!”
Finalmente la ragazza lasciò ricadere la gonna e allungò la mano facendolo balzare all’indietro nemmeno gli avesse appena sguaiato addosso una pistola.
“Mi chiamo Tonks.” Sorrise. “Piacere.”
Eh sì. Il destino si presentò con i capelli rosa e un maiale stampato sulle mutandine.
“Remus Lupin.”
E quando le strinse la mano, ancora scombussolato, riuscì quasi a sentirlo.
Come una scarica elettrica che sconquassa l’anima. La trattenne un istante di troppo, ma la streghetta parve non accorgersene.
“Credo di aver rotto il portaombrelli…” borbottò, pensierosa. “Oh eccolo!”
L’oggetto era spaccato in due pezzi alla fine della scalinata. Gli si avvicinò sguainando la bacchetta.
“Hemm…Reparo.” disse incerta.
Si spaccò in quattro pezzi.
“Oops!” esclamò la ragazza, mettendosi le mani nei capelli. “Accidenti! Non sono mai stata brava con gli incantesimi! Ho anche cercato di vivacizzare un po’ l’uniforme e ho combinato un macello!” si voltò verso di lui, che la fissava imbambolato senza sapere che accidenti gli era preso. “Ti dispiacerebbe…?”
“Cosa? Oh sì, certo! Reparo!”
Il portaombrelli tornò come nuovo. Quel semplice gesto bastò a mandarla in brodo di giuggiole e si mise letteralmente a saltellare come un coniglietto.
“Wow! Bravo! Io non ci riesco mai…la mia famiglia non è molto soddisfatta del mio rendimento! Sono Mezzosangue, sai? Ma mia madre deriva da una famiglia di Purosangue molto nobile. Ma a me sinceramente non importa e trovo deplorevole il fatto che alcune persone…”
E iniziò a chiacchierare veloce come un missile. Cazzo, non prendeva nemmeno fiato!
Ma quanto parla, questa?” pensò Remus, cercando di non perdere il filo in quel fiume di parole che iniziarono a stordirlo peggio della caduta.
“…tutti credevano che andassi a Tassorosso, non so perché, e poi sono venuta a Grifondoro, per la mia famiglia è stato un bel colpo, ma sono felici, ritengono che Grifondoro…”
“A-aspetta, ferma! Hai detto Grifondoro?”
“Puoi ben dirlo!”
“Ma…io non ti ho mai vista!”
E chi se la scordava una così?!
Lei alzò le spalle.
“Avevo un aspetto diverso. Sono del quinto.”
Un campanellino d’allarme iniziò a suonare dentro la testolina bionda del Malandrino.
“Come ti chiami? Intendo…Tonks è il cognome o il nome?”
Smorfia. Silenzio.
“Il cognome.” Disse poi, piano.
“Qual è il tuo nome?”
“Chiamami solo Tonks, ok?”
“Ma devo saperlo!”
“Senti, il mio nome mi fa schifo!”
“Ti prego! È importante!”
Fu come se avesse mangiato un limone. E per la prima volta la vide in imbarazzo.
Borbottò qualcosa tra i denti che non riuscì a capire, sputando fuori le parole con disgusto.
“Eh?”
“Ninfadora!” esplose infine quella, arrossendo. “Mi chiamo Ninfadora, ok?!”
Il campanello suonava ora come una sirena, assordante.
“Ninfadora?!” saltò su, sgranando gli occhi. “NINFADORA!”
Era lei! Era lei la ragazza misteriosa! L’aveva finalmente trovata!
“REMUUUUUUS!”
Barrito di elefante in fondo al corridoio.
Cazzo.
“Io non lo so perché mia madre mi ha chiamata con questo nome cretino, forse ha perso una scommessa o che so io, in effetti a mia mamma piace giocare d’azzardo…sono sicura che è stato lo zio Alphard, sì, è una cosetta che avrebbe fatto sicuramente…giuro che appena lo rivedo gli pianto giù qualche grana, non importa se mi passa sempre la mancia, giuro che se è stato lui…”
Tonks continuava a parlare.
Ma Lupin non la stava più ascoltando.
Pamela Sgrunt si stava dirigendo verso di lui, minacciosa.
E non c’era James a salvarlo sta volta.
Sì, non c’erano dubbi, l’aveva visto.
Sicuramente voleva chiedergli - anzi ordinargli - di andare al ballo con lei.
L’avrebbe anche fatto tranquillamente, ma dubitava che quella sottospecie di orchessa si sarebbe accontentata di farsi due salti in pista! E poi non sapeva ballare!
“Comunque credo di aver preso dallo zio la mia goffaggine, praticamente rompiamo più servizi da tisana io e lui che un intero plotone di elefanti…”
Si guardò intorno preso dal panico…che fare? Che fare?!
Che consiglio gli aveva dato Sirius?!
Proprio qualche ora prima…Oh no…non poteva farlo…non poteva…!
E poi…chi…?
Il suo sguardo disperato parò su Tonks, che continuava a parlare allegramente senza accorgersi di nulla.
Pamela si avvicinava…
“…e poi ho rotto il piatto, e mio zio a detto che sono una frana…e dopo volevo ripararlo, ma ho rotto anche il bicchiere e…”
 
“Tonks. Baciami.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Lily Evans sembrava una bambola.
C’era una sorta di energia negativa attorno a lei, poteva quasi vederla tinteggiare di un verde cupo i suoi contorni, simile a impercettibili fiammelle.
Le faceva fluttuare nell’aria i lunghissimi capelli come avvolti da un impalpabile velo d’acqua.
Sembravano danzare, tanti serpentelli sanguigni contro gli zigomi.
La sua mano era serrata alla bacchetta.
Così tanto che le nocche erano bianche.
Ma… James lo capì essenzialmente guardando i suoi occhi.
Non era lo sguardo della sua Evans. Non era più verde e limpido, puro.
Erano due biglie vitree e spente quegli occhi. Opachi, senza vita.
Lily Evans era inquietante e bellissima, quando gli piantò il viso addosso.
Ed il suo cuore gelò.
“Rossa…”
Fece un passo avanti ma la mano di lei, quella con la bacchetta, scattò in avanti puntandogliela all’altezza del cuore.
Si fermò subito. Il vento sibilò fra di loro.
“Lily…cosa stai facendo?”
“AVADA KEDAV…”
“NO!”
Si gettò di lato appena in tempo per scansare un luminoso getto di luce verde. L’incantesimo bruciò la neve, distrusse ogni cosa sul suo cammino prima di schiantarsi a terra. Morte luminosa.
Allora si faceva sul serio…
Cercò rifugio dietro una roccia abbastanza ampia ai margini della strada, afferrando la sua bacchetta.
Il cuore iniziò a martellargli nel petto. Un ronzio gli offuscò le orecchie.
Era sotto Imperius.
Merda.
“Esci fuori, James!” la sentì cantilenare, divertita. “Esci fuori e nessuno si farà del male…”
Non era lei a parlare. Quel tono così malizioso, perfido e seducente, strideva sulla bocca di Lily.
Qualcuno la stava sottomettendo al suo volere. Parlava attraverso di lei.
Qualcuno che conosceva il suo nome.
“Rossa!” gridò. “Mi senti? Riesci a sentirmi, lì dentro?”
“Esci fuori, ti prometto che starò buona buona…”
“Certo, come no.” Imprecò tra i denti, tenendola sotto tiro. La roccia, contro la guancia, era gelida e umida.
La ragazza faceva leggermente su e giù, come una lince pronta a colpire la preda. La voce si fece tagliente, fredda.
“Non ho voglia di giocare, Potter… ho una missione da compiere.”
“Ti prego, Lily! Cerca di tornare in te, maledizione!”
Le scoppiò a ridere, alzando il bel collo bianco, tenendosi la pancia.
“La mia devozione è al Signore Oscuro, adesso!” cinguettò, malefica. “La piccola, dolce Lily Evans si è votata al male! E’ corrotta, persa per sempre, Potty!”
“No, non è vero!” gridò di rimando lui.
“E cosa ti rende tanto sicuro?”
Trovò la forza di sogghignare, anche se lei non poteva vederlo.
“L’hai appena chiamata dolce e piccola.” Frecciò. “Significa che di lei non sai proprio niente.”
Doveva fare qualcosa…doveva fare qualcosa, maledizione…ma cosa?
“Giocare a nascondino con te è eccitante…ma ora mi ha stancato. Sgretulutus!”
Fu come venire investiti da un treno. La roccia dietro alla quale si era rifugiato si sgretolò come sabbia all’impatto, e lui cadde all’indietro.
La risata sprezzante di Lily riempì l’aria.
“Sei stato divertente. Ma ora che ne dici di morire? AVADA…”
PIETRIFICUS TOTALUS!”
La Grifoncina si scansò con un balzo e il suo attacco andò a vuoto.
James si rialzò.
Ora erano faccia a faccia, al centro della strada, con le bacchette levate l’una verso l’altra.
Lily si leccò le labbra, estasiata.
“Hai ancora voglia di divertirti con me…”
“Chi diavolo sei?”
“Non ha importanza.” Lei scosse il capo. “Stai per crepare, che senso ha dirti chi sono? Ciò che conta è come appaio, no? Con questo bel visetto…” si passò una mano sul viso, mordendosi la bocca in puro appagamento. “…So che ci tieni parecchio a lei, eh, Potty? Che tristezza dover combattere contro la tua farfallina adorata! Potremmo invece spassarcela, ma temo che poi non mi rispetteresti!”
“Non c’è problema. Non ti rispetto nemmeno adesso.”
I suoi piedi iniziarono a muoversi in sincrono con quelli di lei, creando un cerchio perfetto.
“E’ così che vuoi passare quindi i tuoi ultimi istanti con lei? Combattendo?”
“Dispiace anche a me, ma temo proprio che io non possa lasciarti andare. Qual è la tua missione, tanto per chiacchierare?”
La ragazza fece finta di rifletterci.
“Massì, questo posso dirtelo, visto che ne fai parte.” Miagolò. “Devo semplicemente fare una strage. A cominciare da te, fino ad arrivare a Silente. E poi mi sbarazzerò di questo inutile corpo da Mezzosangue.”
“Bel piano. Semplice, conciso…facile da ricordare.” Lui ghignò, ironico.
“Ti aspettavi un monologo da cattivo in modo da poter prendere tempo? Non sono il tipo.”
“Meglio così. Detesto le pacchianate.” Un incantesimo partì rapido, ma venne prontamente deviato. Era forte. Non era la magia di Lily, quella.
Chiunque la stesse governando, era più potente di lui.
Infinitamente.
Doveva parlare. Avere il tempo di ragionare…
“Ti sfugge però che Silente è indubbiamente più forte di una studentessa del Settimo.”
“Non oserà toccare una sua allieva. L’innocente Lily Evans! Chi sospetterebbe mai di lei?” quella stronza fece la voce in falsetto, capendo al volo le sue intenzioni ma decisa a dargli corda. “Spiacente, cocco. Nulla di personale, davvero. Ma hai fatto incazzare le persone sbagliate. E hanno sguinzagliato me.”
“Mi sottovaluti.” Sorrise, chinando appena il capo con finta galanteria. “Mi spiace ma la tua idea non mi piace per niente. Dovrò fermarti, rossa.”
La sua bocca si strinse in un broncio da bambina.
“Oseresti far del male a me? Alla tua Lily?”
“Oh, a Lily no…ma a te sì, chiunque tu sia.”
La rossa sorrise.
“Questo corpo mi appartiene.”
“No.” Un altro incantesimo deviato. “Quel corpo, dolcezza, appartiene al sottoscritto per diritto. Sei arrivata tardi di sette anni.”
“Sei così…arrogante!”
Il suo viso divenne puro male.
Vederla in quello stato gli metteva addosso una sensazione spiacevole, viscida. Era come se stesse venendo inquinata davanti ai suoi occhi.
Non riusciva a pensare, a ragionare. Vederla in quel modo lo stava facendo impazzire.
La sua mano balenò nell’aria, troppo veloce.
Se ne accorse tardi.
“Total pastoia body fun!”
“Ah!”
Cadde all’indietro, legato da funi invisibili. Merda.
Era stata troppo veloce.
Era di un altro livello.
Lily lo sovrastò, minacciosa.
“Non sei più un pericolo, James Potter.” Sibilò, fredda. “Non lo sei mai stato.”
Gli tirò un calcio nello stomaco, beandosi del suo gemito, del ringhio furioso che gli sgorgò dalla gola contratta.
Lo vide tossire sulla neve. Si piegò sulle ginocchia, sfiorandogli una ciocca di capelli sulla fronte con la bacchetta.
Sussurrò un incantesimo e la punta divenne tagliente come una lama. Un piccolo rivolo di sangue gli colò sulla guancia, seguito da un altro gemito.
“La morte è così eccitante.” Mormorò, improvvisamente persa. Fissava il sangue come se non esistesse altro al mondo. “Non trovi, Potter?”
Aveva abbassato la guardia. Forse…forse poteva…
“Lily…” mormorò, piantandole gli occhi addosso. “Lo so che mi senti. Devi darmi una mano, Rossa, o qua crepiamo tutti e due.”
“Mi prenderò questi begli occhi d’oro, una volta finito con te.”
“Prenditi quello che ti pare, ma ascoltami! Sei più di questo, Lily! Sei sempre stata di più! Che diavolo stai facendo, eh?! Ti lasci manovrare come una marionetta, non è da te! Reagisci, tira fuori le palle! Non posso farcela da solo, lo vuoi capire?! Io ho bisogno di te!”
Gli stava facendo un altro taglio, lungo il collo, quando la sua mano si paralizzò.
La ragazza si bloccò, come presa alla sprovvista. Le sue labbra tremolarono appena.                          
“N-no…” esclamò, tremante.
La sua voce si fece più alta. Uscì graffiando la gola, sputata nell’aria come una ferita.
“E’ questo che sei? Un giocattolo? Una debole Mezzosangue? Rispondi!” urlò. “Io lo so - LO SO! – che anche io in passato sono stato un bastardo, che ti ho sempre ferita, che ti ho sempre sminuita, che a causa mia sei rimasta sola! LO SO, cristo, e non c’è un solo fottuto giorno in cui io non mi senta un verme! Ero uguale alle persone che ho sempre disprezzato, ero parte di tutto ciò contro cui hai sempre dovuto combattere con le unghie e con i denti, hai sempre lottato per dimostrare il tuo valore ad un mondo che non vuole riconoscerlo, ma sai una cosa?! Tu non mi hai mai lasciato vincere, non ti sei mai piegata e questo non è da tutti, questo ha un peso! Lo ha sempre avuto, cristo! Devi decidere una volta per tutte cosa vuoi essere e devi farlo ADESSO! Perché sono l’unico che può sfidarti, mi hai sentito?! SARO’ IO L’UNICO CHE TI SCONFIGGERA’, QUINDI SVEGLIATI!”
Si portò una mano al viso, gemendo di dolore. Fu solo un istante.
Poi si irrigidì di nuovo.
“NO!” ringhiò, questa volta furiosa. “CRUCIO!”
Dolore.
James Potter…non ne aveva mai provato così tanto.
Ogni centimetro di pelle.
Fin dentro l’anima.
Urlò.
Urlò con quanto più fiato aveva in gola.
Si dimenò nel terreno gelato come un ragno in preda a delle fiamme invisibili. Sentì ogni osso scricchiolare, ogni articolazione gemere.
Era questo, quello che aveva provato Sirius…  
Un colpo secco di bacchetta e il dolore svanì, lasciandolo senza fiato.
Ansimò sulla neve, boccheggiante e si trattenne a stento dal vomitare.
La Grifondoro gli afferrò i capelli, scuotendolo per impedirgli di svenire.
“Pensi che questa sia una fottuta fiaba, James Potter?” ringhiò, contorcendo il viso in un’espressione disumana. “Pensi che una sudicia Mezzosangue possa veramente dominare il mio Imperius? E’ ora di svegliarsi, ragazzino!”
Gli sbatté il capo contro il terreno. La neve attutì il colpo.
Sorrise debolmente, sentendo la testa girare. Era furibonda. La furia di chi non è abituato a perdere il controllo.
“L’hai fatta proprio incazzare…eh,Rossa…?” sussurrò.
“Chiudi quella fogna!” ruggì l’altra, piantandogli le unghie sulle spalle. “Io ti conosco, sai, idiota? Io ti ho visto!” abbassò la testa fino a sfiorargli la pelle del viso con le labbra. “Un principino viziato che pensa di avere il mondo ai suoi piedi! E’ questo tuo ghigno ad averti portato qui, a crepare in mezzo ad un vicolo senza nome! Il tuo tracotante ego ti darà la fine senza senso che meriti! E’ disgustoso essere stata obbligata ad occuparmi di questo, io, che nella mia vera forma potrei spezzarti con il movimento di un dito! Io, imprigionata in una carcassa umana, privata della mia vera natura! Non puoi niente, NIENTE! Né tu né questa stupida ragazzina! Mi divertirò personalmente a farle fare la fine più dolorosa che ci possa essere, una volta finito con te! Tu e la tua famiglia avete sempre camminato come dei scesi in terra ma ti do una notizia: il tempo dei Potter su questo mondo è finito! Qualcun altro sta arrivando, e lui è più potente di qualsiasi cosa che abbiate mai conosciuto! Lui tornerà a farci splendere! E’ per questo che ho accettato di piegarmi a degli insulsi umani e ad eseguire i loro ordini!”
Cazzo, e per fortuna che odiava i monologhi.
Non ebbe la forza di dirle che era pallosa.
James girò appena il viso, assaporando l’aria fredda. Si sentiva a pezzi.
Quell’incantesimo l’aveva come svuotato.
E non poteva muoversi. Quelle funi magiche lo tenevano ancora bloccato a terra.
Il suo sguardo si posò sulla sua mano e un ghigno amaro gli incurvò le labbra. Stava tremando. Di nuovo.
Non per la paura. Anche in un momento come quello, senza più via d’uscita, il suo corpo tremava di adrenalina, piacere.
Il pericolo, così carezzevole…
Remus, i ragazzi, avevano ragione. C’era proprio qualcosa di sbagliato in quello.
La punta della bacchetta di Lily scintillò contro la sua gola.
“Salutami il diavolo all’inferno, James Potter!”
“Accidenti. E’ davvero finita.”
Era dunque arrivato, quel momento? Il momento che aveva tanto atteso, il momento per il quale aveva passato sette anni in agonia, a cercare di farsi male, disperato in un modo così viscerale da risultare segreto perfino a chi poteva leggergli nella mente?
All’improvviso, una cosa luminosa sulla neve catturò il suo sguardo.
Era la collana.
Il suo regalo per Lily. Doveva essere caduto mentre lottavano.
Lily…
Scintillava in maniera quasi innaturale. Fu improvvisa l’immagine che gli balzò in testa, stordendolo.
“Non riesce più a sentire la mia voce…”
Non l’avrebbe mai ricevuta, quella collana del cazzo.
Perché lui stava per morire. E anche lei.
Lei…sarebbe…morta…
Il tempo si cristallizzò su quel pensiero, frantumandosi come vetro.
“Tu finirai per ammazzarla, James Potter.”
La mano, pensò confusamente. Se ne accorse subito.
La mano aveva smesso di tremare.
Non c’era più piacere.
Qualcosa gli stava montando addosso come un’onda gelata, paralizzando ogni cosa.
Quella sensazione sbagliata…la brama del pericolo…non c’era…più…
E poi, un rumore attirò la sua attenzione, rimbombando nella sua mente.
La vide cadere lentamente, come se il tempo si fosse dilaniato in minuscoli frammenti.
 
Plic.
 
 
Un rumore che sovrastò ogni cosa.
Sovrastò il dolore, il gelo che improvvisamente gli faceva tremare le vene ai polsi.
Proveniva da Lily.
 
 
Una lacrima?
 
 
 
“N-no…non posso…” piagnucolò la Grifoncina, e la sua presa tremò follemente. Grosse lacrime le colarono lungo le guance.
Una gli cadde sul labbro, la percepì salata sulla lingua. L’aveva fatta piangere di nuovo…
Le funi magiche si erano sciolte, ma si sentiva troppo debole per muoversi. Poteva solo guardare.
Guardarla fremere convulsamente, cercare di reagire, i denti che si serravano con un inquietante scricchiolio.
“Lily…”
La ragazza si alzò di scatto in piedi, tenendosi la testa fra le mani.
Dio, il dolore l’accecava.
Perché ucciderlo?
Perché uccidere James?
No, non voleva farlo! Non voleva!
Il bacio che le aveva scoccato sulla fronte quel giorno in classe pareva ardere, come incandescente.
Come a ricordarle… che lui…lui…
“Lui è il mio unico rivale.”
“Uccidilo. Uccidilo. Uccidilo.”
La voce si faceva sempre più alta, tra i suoi pensieri. Qualcosa le stava prendendo il cervello con unghie affilate, dilaniandolo.
“Smettila!” gridò, disperata. “Ti prego, smettila!”
Lui la osservava ammutolito.
I suoi occhi erano pervasi da ombre, si contorceva sopra di lui, sembrava lottasse.
L’aveva sentito! Stava combattendo!
Lily…stava combattendo con le unghie e con i denti.  
Lei lo faceva sempre, rifletté improvvisamente. Era questo a creare quella forza gravitazionale tra di loro, perché il legame tra due rivali non può spezzarsi in quel modo. Li unisce, li consuma, perché nessuno dei due sa rinunciarci. Nessuno dei due sa arrendersi.
Era questo a tenerlo incatenato a lei. In quel modo così egoistico, sbagliato e pericoloso.
No, lei non si era arresa. Non si era mai voluta arrendere. Lei era la rivale perfetta.
 
 
 
“Ti giuro sulla mia vita che tutto questo non accadrà mai più. Io ti proteggerò.”
 
 
 
Ed improvvisamente, la rabbia lo pervase. Una rabbia sorda, senza ragione.
La stessa rabbia che lo aveva portato a scontrarsi con Piton per sette anni. La stessa rabbia che l’aveva spinto a far esplodere la sala comune dei Serpeverde. La stessa rabbia per la quale aveva trascinato amici, compagni e estranei giù nei sotterranei a combattere la sua battaglia, servendosi di loro, nutrendosi di loro.
Sfruttando un potere che non aveva mai voluto. Sfruttando la sua maledizione.
Per lei. Per quella ragazza che si contorceva stringendo i denti fin quasi a spezzarseli.
Per quella Mezzosangue che continuava a resistere.
“James…” annaspò, gemendo di dolore e fatica. Stirò un sorriso che assomigliò più a una smorfia. “Sei…patetico…ti sei fatto battere come…un pivello…”
Lui rise piano, amaramente, sfinito, beandosi di quel momento così familiare tra di loro.
“G-già…”
“…allora come diavolo pensi…di riuscire…a battermi…? Non…farmi…ridere…”
L’orgoglio. L’orgoglio di un Grifondoro, se stuzzicato, riusciva a venire fuori anche nelle condizioni più estreme.
E lei era orgogliosa, la strega più testarda di tutte. Lo era in un modo tale che lui…lui…cazzo, allora era proprio vero. Avevano ragione tutti.
Perché? Perché riusciva a capirlo solo ora, quando la realtà gli veniva sbattuta in faccia con la forma di una Maledizione senza Perdono?
Aveva avuto sette anni per farlo. Sette maledetti anni per guardarsi finalmente in faccia.
Un ginocchio le cedette ma subito dopo riuscì a tirarsi in piedi ancora.
Ma non ce l’avrebbe fatta. Il nemico era troppo forte.
Quel qualcuno che stava abusando del suo corpo, della sua mente, l’avrebbe uccisa.
Dopo aver ucciso Silente…l’avrebbe gettata via come un giocattolo rotto. La stava frantumando anche in quel momento.
Lei, che era così importante.
Non doveva morire.
Non così, dannazione.
Non così.
 
Nevicava più fitto.
Grossi fiocchi bianchi scendevano giù dal cielo, come piume d’angelo.
“Basta!” gridò infine la ragazza, e i suoi occhi tornarono spenti e assassini. “E’ inutile, volete capirlo?! Perché continuate a soffrire?! Perché resistete in questo modo?!”
 
 
 
 
Perché la amo.
 
 
 
“Muori!”
 
 
Senza nemmeno sapere cosa stesse facendo, senza una ragione precisa, senza un vero motivo, il ragazzo afferrò il suo polso e la tirò giù.
Non se l’aspettava. Si sbilanciò, si fece trascinare verso di lui con un gemito di sorpresa.
Alzò il busto in un colpo di reni con le ultime forze rimaste, intercettando la sua caduta.
Le mani presero il suo viso, si infransero tra i capelli sanguigni che frustavano l’aria, i polpastrelli premettero contro le sue guance umide lasciando dei segni sull’epidermide pallida.
Senza nemmeno sapere cosa stesse facendo, senza una ragione precisa, senza un vero motivo, James Potter, il suo vero ed unico rivale, la baciò.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Accadde in quel preciso momento. La collana caduta dal cielo vibrò viva contro la neve.
Ciò che era al suo interno esplose.
Tutto divenne luce.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Bene bene, siamo arrivati alla fine di questo capitolo. Lo ammetto, scriverlo è stato faticoso.
Come ho già avuto modo di dire a inizio capitolo, questo fu un passaggio importante, quello che avrebbe segnato da quel punto in poi l’inizio della vera struttura della storia dei Marauders. Eh sì, da qui non si torna indietro.
E parlo dell’introduzione di un personaggio che stravolge totalmente la linea temporale della Rowling: la nostra Tonks.
Altri personaggi avevano frammentato la cronologia della santa dea scrittrice di Harry Potter, ma qui ho decisamente tagliato ogni limite. Le vecchie lettrici rimasero sbigottite quando decisi di inserirla ma posso solo dire questo: a tutto c’è una spiegazione.
E dietro questa fanfic c’era un’idea che andava al di là del puro e semplice romance, un’idea che tra l’altro si è rafforzata sempre di più con il susseguirsi dei libri fino a diventare una vera certezza.
Il tempo ha un’importanza. Il tempo è un personaggio.
E un ruolo fondamentale in questa spiegazione lo gioca il Rinnegato, il Dissennatore che inspiegabilmente è in grado di parlare e riferisce il futuro a James Potter.
Sì, so di aver confuso ancora di più le idee ma al momento, non posso dire nient’altro. La fine è ancora lontana. E parlo della vera Fine, quella che non si chiuderà con questa “Season”.
Ho introdotto anche un altro elemento che mira a far luce sul segreto di James (che no, non si esaurisce nel suo ruolo di Incantatore. Il ragazzo ha ancora delle belle carte nascoste nel mazzo). Questo elemento è molto importante perché è il cuore di ogni suo comportamento, possiamo dire che è l’anima stessa di un personaggio che ho sempre amato così com’era: imperfetto. E al contrario di quanto detto prima, alla fine di questa determinata Fanfic riusciremo a capirlo.
Infine, il momento forse più atteso di tutti: il bacio tra Lily e James!
Un bacio di chiusura, quasi appena accennato. Anche qui, posso dire ben poco, se non: non è IL bacio definitivo. Ossì, lo slow burn non si interrompe. (Risata malefica in sottofondo).
Infine, informazioni di servizio: se volete chiacchierare, ritrovarvi con altri lettori, insultarmi per la lentezza, o semplicemente godervi banner dei personaggi come questi qua sotto, vi invito caldamente al gruppo Fb chiamato ~ Le Avventure dei Malandrini ~.  E’ un gruppo davvero molto antico (lontano 2009), conserva ancora il titolo originale della fanfic e alcune cose oramai inesatte, ma ho deciso che era il modo più semplice per unire il vecchio mondo e il “nuovo”. Quindi siete i benvenuti!
https://www.facebook.com/groups/132740236370/
 
 
 
 

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Capitolo 31
*** What a dangerous night to fall in love. ***


                         I am a man on fire.
You, a violent desire.
What a dangerous night to fall in love.-
 
Thirty Seconds to Mars.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nell’esatto momento in cui James Potter baciò Lily Evans, ai Marauders accadde una cosa strana.
E Cristhine McRanney fu la prima ad accorgersene perché improvvisamente, Sirius Black si bloccò di botto, strabuzzò gli occhi e arrossì, tremando appena.
“Hey, stai ben…”
Sbam.
Il ragazzo l’afferrò per le spalle e la sospinse contro il muro.
Sì, aveva le guance tutte rosse. E gli occhi stralunati.
La Corvoncina alzò il viso, sorpresa, mentre lui posava la fronte agli avambracci, appoggiati al muro sopra la sua testa, con un sottile velo di sudore.
Ansimava.
“Sirius!” esclamò. “Stai male? Hai la febbre?”
Gli sfiorò le guance. In effetti era caldo.
Ma aveva preso un granchio. Perché non era febbre.
Perché in quel preciso istante, Sirius Black aveva ricevuto da James una scarica di adrenalina da lasciarlo senza fiato. E non era solo questo.
Era…desiderio, si rese conto, sconvolto.
Cazzo, erano ormoni puri!
E lo stavano travolgendo!
Ma che cazzo gli succedeva?! Stava facendo un’orgia o cosa?!
Strinse appena le braccia della sua ragazza, ad occhi chiusi, totalmente in balia di sentimenti non suoi.
Dio, non era mai capitato! E ora che accidenti doveva fare?! Sembrava un maniaco sessuale! E sentiva le orecchie da cane premere tra i capelli ma non riusciva a spostarsi!
“Smettila. Staccati, la stai spaventando!” Pensò, nel panico. “Sirius cazzo, calmati!”
A salvare la poveretta da quello che a tutti gli effetti sarebbe stato un assalto vero e proprio, fu uno squittio.
Perché Peter Minus ubriaco era un danno. Ma Peter Minus ubriaco e in preda a quello che stava capitando era pure peggio.
Un criceto con al collo legato un fiocco rosa grande quanto lui atterrò agilmente sui capelli di Cristhine, che cacciò un grido. E un topolino grasso lo seguì poco dopo, quasi staccando il naso a Sirius nello spiccare il balzo.
“Fragola!” strillò una ragazza, travolgendoli. “Fragola, torna qui!”
“Io quel topo lo conosco.” Pensò confusamente Sirius prima di urlare “CODALISCIA!” senza pensarci.
La ragazzina fece retro front e quasi lo strangolò afferrandolo per la cravatta.
“E’ TUO QUEL DANNATO RATTO?!” Strillò, spappolandogli un timpano. “Aiutami, dannazione! Vuole mangiarsi Fragola!”
“Ma chi accidenti è FRAGOLA?!” Tuonò l’altro, sempre più sconvolto.
“E’ la mia cricetina! La stavo pettinando quando quel grassone ha iniziato a inseguirla! Vuole divorarla!”
No, non voleva divorarla, pensò Black captando i pensieri di quel cretino sbronzo e trattenendosi a stento dal vomitare.
Partì in direzione dei due roditori, letteralmente sbiancando e lasciando perdere la scarica ormonale che stava invece facendo commettere a Peter probabilmente l’errore più grosso della sua vita.
Quello non voleva mangiarsela!!!
Ma come cazzo si faceva a scambiare un criceto per una donna?!
 
 
 
 
 
 
 
 
“Scusami…che cosa?”
La ragazza smise completamente di parlare e lo guardò, sbigottita.
Quattordici anni. Aveva chiesto a una ragazzina di quattordici anni di baciarlo.
Remus iniziava a sudar freddo, ma ormai la frittata era fatta.
“Devi baciarmi.” Ripeté. “Ora.”
Silenzio.
“Stai scherzando, vero?”
“Non sto scherzando! Avvicinati e baciami!”
“Se vuoi un consiglio, dovresti farti una bella visita ormonale…”
“No, Tonks, devi baciarmi adesso!”
Pamela si avvicinava…
“…sì, anche mio cugino aveva questi tipi di scatti, ma poi è venuto fuori che aveva un filtro d’amore su per il …”
“Tonks! Non c’è tempo!”
“…Credo che Madama Chips possa aiutarti, ha un rimedio ottimo per…”
Ma perché non se ne stava zitta?!
Almeno un centinaio di ragazze avrebbero volentieri accettato senza fare storie e proprio ora che gli serviva un bacio, aveva trovato la strega chiacchierona!
“E poi Madama Chips mi ha detto anche…”
“TONKS! MI VUOI BACIARE O NO?!”
“Sai, credo proprio che non c’entri un filtro d’amore!” sbottò lei, iniziando ad irritarsi. “…che ti prende, hai bisogno di far pratica?! Sarà così senz’altro! Scommetto che anche se sei terribilmente carino non hai mai baciato nessuna! Non vuoi perdere altro tempo e molesti la prima che trovi?! Oppure baci da schifo… credo proprio che sia così. Comunque no, grazie, non credo che lo farò…”
“Oh al diavolo!”
Fu in quell’esatto istante che Lupin venne travolto da quella strana ondata ormonale che stava facendo sbarellare tutti quanti. Forse fu questo a dargli la spinta di farlo.
“Sì, secondo me è che baci male! E’ per questo! Vuoi esercitarti, perché baci da…”
Il ragazzo ansimò violentemente prima di afferrarla per le spalle e tapparle la bocca…con la propria.
In mezzo a una mandria di studenti. Calò il silenzio. Qualche libro cadde dalle mani.
Tonks non reagì.
Aprì gli occhi, vedendola sgranare i suoi in un’espressione di puro stupore.
Oltre la sua spalla, Pamela gli scoccò l’occhiata più feroce che si potesse scoccare e levò i tacchi.
Salvo, pensò. Era salvo!
Poi si rese conto della situazione in cui era. Della bocca di Tonks pigiata contro la sua, leggermente socchiusa, del suo sapore contro la lingua e dei suoi occhi sbarrati.
Si staccò come se fosse stato pervaso da una scarica elettrica, balzando letteralmente all’indietro.
“…favola…” mormorò Tonks, finendo la frase. “Baci da…favola…”
Cosa cazzo era successo?!
Remus sbarrò gli occhi, orripilato, mentre tutt’intorno a loro la scolaresca esplodeva in un chiacchiericcio da spaccare i timpani.
Ma che diavolo aveva fatto?! Aveva baciato una perfetta sconosciuta davanti a tutti! Una ragazzina!
E ora che cazzo le diceva?! Cosa si dice a una che hai appena baciato?!
“Oh…hem…grazie, eh?” buttò lì, dandole un distratto buffetto sulla spalla.
Desiderò sotterrarsi nel momento stesso in cui lo fece. Quella sembrava essersi presa un tram dritto in fronte.
E Remus Lupin fece la cosa che sembrò più logica, al momento: le diede le spalle e se la filò di corsa, mollando quella poveretta in mezzo al corridoio, ancora impalata e ammutolita.
Merda! Ma che accidenti stava capitando?! Ramoso avrebbe dovuto dargli una spiegazione!
Una spiegazione coi fiocchi!!!
 
 
 
 
 
 
 
Non sapeva dove si trovava. Aveva ancora sulla bocca l’ombra di quel bacio, ma improvvisamente, tutto si era fatto bianco.
Ondeggiava.
Fluttuava nel vuoto.
Sentiva solo la sua mano, calda, intrecciata dolcemente nella sua.
Lei era lì. Accanto a lui in quel posto senza tempo.
Ma James Potter non aveva paura. Quel limbo di luce era…dio, se era piacevole.
Era…pura pace.
Sentii pizzicare laddove i tagli iniziarono a guarire. Sembrava di galleggiare in un liquido caldo e denso, che come balsamo scivolava lungo la pelle, avvolgeva, cullava.
Erano forse morti? Non riusciva a ricordare.
L’aveva presa, l’aveva baciata, questo sì.
Il suo singhiozzo contro le labbra, i suoi occhi verdi che tornavano a risplendere.
Ed il nulla latteo in cui si erano ritrovati.
Poi ci fu la caduta.
Il freddo che tornava a pungere, qualcosa che li risucchiava a terra. Precipitava.
“Ah!”
Aprì di scatto le palpebre, ritrovandosi sdraiato nella neve. Le sensazioni tornarono potenti…il muschio bagnato, la resina dei pini, lo sfrigolio delle palline natalizie, il fango appiccicoso che gli sporcava le dita. Il corpo sembrava quasi pesare di più, adesso.
Sentiva anche quello di Lily, sulla parte sinistra. Provò a muovere un braccio, stordito, e la strinse a sé.
Girò lo sguardo, affondando le dita nel suo poncho. La ragazza strizzò gli occhi e li aprì, piantandoli nei suoi.
Verdissimi. Luminosi.
“J-James…”
Appariva sorpresa.
E sfinita, come se anche solo parlare le costasse uno sforzo immane.
“Co…cosa è…successo…? Io…mi sento…così debole…”
“E’ tutto ok, rossa.”
Anche le sue energie erano sparite e si puntellò con difficoltà sui gomiti.
“Rie…riesci a stare in piedi?” le chiese.
La ragazza sbatté gli occhi con lentezza.
“Io…io non credo…s-sono…cosi stanca…”
“Che cosa ricordi?”
“Ero nel bagno di Rosmerta…ma lei era strana…e poi…qualcuno mi ha afferrato.”
Perché le stava facendo quelle domande?
Perché erano lì sdraiati, sul terreno freddo?
L’unica cosa che sapeva è che voleva solo dormire…
“Hai visto in faccia chi era?”
La ragazza scosse piano il capo.
“Era una donna.” Rispose, piano. “Aveva uno strano odore. Ricordo solo che sembrava di granito, era fredda, forte, non riuscivo a liberarmi dalla sua presa.”
Si zittì di nuovo. Avvertiva le palpebre terribilmente pesanti.
Un fiocco bagnato le sfiorò la guancia, facendola sussultare.
“Voglio andare via, James…” mugolò improvvisamente, come una bambina in procinto di piangere. “Portami via di qua…”
Quel tono lamentoso gli diede l’energia per alzarsi. La scostò delicatamente, percependola docile e fiacca come un pupazzo e si sollevò sulle ginocchia.
“Ti porto a casa.”
La sua mano le sfiorò la schiena, l’altra le passò sotto le ginocchia.
La prese delicatamente tra le braccia, premendosela contro. Non si era mai reso conto di quanto fosse leggera.
E forse sul suo viso c’era qualcosa di parecchio evidente perché a quel gesto, Lily tornò sveglissima e diventò scarlatta.
“N-no!” si agitò, stridula, piantandogli i palmi sul petto. “Non…non ce ne è bisogno…!”
“Piantala, scema. Non ti reggi in piedi!”
Di solito avrebbero litigato già al “piantala”, ma l’attenzione della ragazza fu colpita da uno scintillio.
“Hey, e quella cos’è?” chiese, indicando un punto oltre la sua testa.
La collana era a mezzo metro da loro e scintillava nel ghiaccio, ricoperta di brina.
“Ops!” esclamò lui, adagiandola di nuovo a terra.
La prese in mano, rigirandosela tra la dita con aria assorta. Era calda al tatto, quasi bollente.
“E’…E’ il tuo regalo…di Natale…” mormorò, confuso.
“Eh?”
La ragazza lo fissò sorpresa.
James si voltò verso di lei.
La sua espressione era così seria…
I suoi occhi color dell’oro la scrutarono con un intensità tale che si sentì come perforata.
Perché la fissava così, adesso?
Perché non riusciva a smettere di guardare quegli occhi come un topolino di fronte al serpente?
Non si era nemmeno accorta che si era avvicinato.
Era così vicino che si sarebbero quasi sfiorati.
Ma proprio mentre Lily poté quasi avvertire il suo respiro sul viso, James si fermò.
La collana scintillò sotto al suo naso, le loro dita si incrociarono all’altezza dei loro cuori e gliela mise in mano senza smettere di guardarla negli occhi.
Non aveva arretrato di un passo. Proprio da lei.
Era tornata davvero.
“Tieni.”
La ragazza abbassò lo sguardo, arrossendo, mentre lui si lasciava sfuggire un ghigno enigmatico.
Era veramente una bella collana. E l’aveva presa per lei…
“Non…non lo sai che porta sfortuna farsi i regali prima di Natale?” sorrise, debolmente.
Anche James sorrise, alzando le spalle.
“Tanto siamo sfigati lo stesso.”
“E’…strana. Però è bellissima, mi piace.”
“Ci ha salvato la vita. Quello strano limbo…credo fosse un incantesimo delle fate o cose così…”
La Grifoncina scosse la testa.
“Non è delle fate.”
“E tu come lo sai?”
“Il piccolo popolo intaglia i propri geroglifici nei gioielli che crea. Questi segni sono diversi.”
Lui gemette, alzando gli occhi al cielo.
“Dio, Evans, riesci ad essere secchiona anche quando…hey!”
La sua testa scattò all’indietro quando un oggettino indemoniato lo colpì sulla fronte. Quel coso fece un giro a trecentosessanta gradi e poi cercò allegramente di cavargli un occhio.
“Argh!”
Dopo tre bernoccoli, riuscì ad acciuffarlo per un’aletta e si accorse che era un boccino d’oro. Se lo portò davanti al naso, stupito.
“E questo?”
“E’ il mio regalo per te. Per allenarti.”
“Lo odio. E’ uno stronzo.”
Fu il turno di Lily a ghignare.
“Lo so.”
“Grazie.”
“Grazie a te per la collana.” Se la mise al collo, dopo aver ammirato quella catenina sottile come un filo di ragno. “Ora mi sento in colpa!”
Lui fece nuovamente spallucce, a disagio.
“In realtà, non l’ho scelta io.” Ammise, grattandosi la nuca con un gesto nervoso. “Non riuscivo a trovare nulla. Ogni cosa mi sembrava ambigua. Mi sono accontentato di un oggetto donatomi da altri.”
“E io ho scelto quello più odioso del pianeta. Siamo pari.”
“Pazzesco, eh? Non siamo riusciti a farci dei regali, alla fine. Chissà perché. Dovrebbe essere facile regalare qualcosa ad un amico.”
Calò di nuovo il silenzio. Quella notte portava nel grembo rivelazioni pesanti.
Poi l’espressione di James, così bizzarra, intensa e seria tornò serena.
“Buon Natale, Lily.”
“Manca ancora parecchio…”
“Hai le energie per affrontare un altro Natale del genere?”
“No, in effetti no. Visto l’andazzo, uno basta e avanza!”
Lui le scompigliò i capelli.
“Quindi teniamoci questo. Il nostro 25 Dicembre anticipato. Buon Natale.”
“Buon…buon Natale…James…”
“E ora, buona e zitta!”
Le si avvicinò fulmineo, sfiorandole la schiena con un braccio e sollevandola nuovamente da terra.
E…stranamente lei non obbiettò. Appoggiò docile il capo contro la sua clavicola e gli si accoccolò contro, stringendo la collana fra le mani.
Il profumo dei suoi capelli lo inebriava. Non sentiva più nulla, se non il suo corpo, il suo odore, il rumore del suo cuore che batteva timidamente oltrepassando il tessuto della sua maglietta.
Non il dolore, non la fatica, non il tubare di un gufo appollaiato su un albero. I passi affondavano nella neve con un rumore cadenzato, lento.
Uno dopo l’altro, uno dopo l’altro. E Hogwarts si fece più vicina.
“Posso…posso addormentarmi?” mormorò lei all’improvviso.
“Dormi pure, devi riposarti…e poi ho le braccia più accoglienti del mondo, non ti biasimo!” ghignò lui.
“Scemo…” sorrise Lily, e chiuse gli occhi.
Nel disperato desiderio…di non aprirli più. Di rimanere così per sempre.
Avvinghiata alle sue spalle, protetta dal suo cappotto aperto e scaldata dal suo corpo ancora pieno di adrenalina. Tremava appena contro la sua guancia, come sempre bollente nonostante il gelo.
Non voleva pensare al dopo. Agli strilli della McGranitt, agli interrogatori degli Auror, alle occhiate degli altri studenti al suo passaggio.
James la vide addormentarsi di botto, nel giro d’un secondo. Doveva essere veramente a pezzi…
Le sfiorò la nuca sistemandosela meglio contro per impedirle di cadere. Aveva la bocca dischiusa, respirava profondamente in piccole nuvolette di condensa. Quelle labbra…
Sperò vivamente che il suo sonno fosse di piombo perché quella maledetta gli stava facendo battere il cuore così forte da fare quasi male.
Sapeva che avrebbe potuto camminare, farcela da sola.
Ma aveva avuto come una sorta di terrore addosso all’idea.
Come se lasciarla significasse fare andare tutto in pezzi. Da quando era diventata così vitale per lui? Forse da sempre.
Fu per questo che, quando arrivò finalmente al cancello, se la schiacciò addosso ancor di più quando un Auror si avvicinò di corsa e fece per levargliela.
“Faccio da solo, grazie.” Rispose, asciutto, mentre quello iniziava a tempestarlo di domande.
Che non smisero per parecchie ore.
Solo quando il grosso portone di quercia si spalancò e James Potter fece la sua apparsa con in braccio una Lily Evans priva di sensi, sporchi, con i vestiti macchiati di sangue e una scorta di Auror da far tremare i polsi, nella Sala Grande calò un silenzio attonito.
Poi le voci esplosero come un boato, comprese le grida mentali dei Marauders che lo squadrarono con gli occhi a palla.
Come raccontarono più tardi, non avevano percepito niente se non quella strana ondata di calore che li aveva fatti letteralmente perdere il controllo.
Silente si alzò in piedi, mortalmente serio, e la Mcgranitt scattò in avanti per accompagnare i due ragazzi in Infermeria.
Il resto fu come un sogno ad occhi aperti.
Svegliarono Lily, li fecero sedere su delle poltroncine e li subissarono di domande, crisi isteriche e the caldo con biscotti al burro.
Fu chiamato il ministero, almeno due squadroni di Auror si riversarono nelle strade ma non ne cavarono un ragno dal buco.
Dopo due ore di febbrili ricerche non trovarono nulla se non una Lady Rosmerta in preda ad una crisi isterica ed in totale amnesia.
Furono lasciati alle tre del mattino. I Professori cercarono di liberarli prima ma quei dannati auror erano peggio dei mastini, quando ci si mettevano.
Lily ogni tanto ciondolava con la testa e l’appoggiava alla sua spalla, prendendosi qualche istante per riposare nei momenti vuoti. Era uno di quei momenti quando la McGranitt, con aria terrificantemente fragile e stanca, li avvisò che potevano tornare in camera.
Alé, altro interrogatorio, pensò James scuotendola con delicatezza. I Marauders di certo non stavano ronfando.
Lei mugolò capricciosa, strofinando il naso contro il suo avambraccio come per nascondersi.
“Sveglia, Rossa. Si va a nanna.”
La cinse per la vita, aiutandola a rialzarsi. Lo accettò di buon grado, quasi facendogli le fusa addosso.
Il corridoio era deserto, ormai. Qualche quadro cacciò un paio di improperi e dovette quasi fare a pugni con Gazza per spiegare a quell’imbecille che non stavano ciondolando in giro, ma alla fine si ritrovarono davanti alla Sala Comune.
James si fermò.
“Ascolta, Lily…”
“Sì?”
Il ragazzo arrossì. Sì, signori e signore, il capo dei Marauders, il grande ed impavido James Potter, arrossì come un bimbetto.
“Ri-ricordi niente…ma proprio niente di quello che è successo dopo?” chiese infine, teso come le corde di un piano forte.
Lei si mosse nervosamente, alzando gli occhi.
“No. Perché? Cosa è successo?”
Lui sospirò, apparendo allo stesso tempo deluso ma anche quasi sollevato.
“Oh, niente…non ci pensare.”
Quando raggiunsero il dormitorio, erano già tutti a dormire.
Evidentemente, la Mcgranitt aveva avvisato tutti di non parlargli per quella sera e di lasciarli stare.
Donna santa, la Mc.
Calò un silenzio strano, spezzato con ritmo dal fuoco che scoppiettava allegro nel camino, ancora non del tutto spento.
Cosa si diceva dopo essere stati maledetti dall’Imperius e aver quasi rischiato di lasciarci le penne?
La Grifoncina si schiarì la gola. Doveva scusarsi? Abbracciarlo? Ringraziarlo di averla scarrozzata per mezzo miglio?
“Beh…io…io vado.”
“Buona notte, Lily.” Lui le sorrise, quasi captando i suoi pensieri.
Entrambi salirono di corsa per i dormitori, senza voltarsi indietro.
Salita sul suo, l’unica luce che illuminava la stanza di Lily Evans era quella della luna. Le compagne respiravano piano, il letto sembrava più invitante che mai ma non fu lì che si fiondò.
Si aggrappò al corrimano della finestra, premendosi una mano sul petto e ansimando leggermente.
Inspirò a fondo, col cuore in tumulto. Si passò distrattamente un dito sulle labbra, chiedendosi cosa l’aveva spinta a mentire.
La paura, forse. Sì, era una vigliacca, lo sapeva bene. E l’orgoglio, la rabbia, la vergogna, la sensazione di una trappola…
Eppure…quel maledetto cuore traditore…
Ricordava perfettamente quello che era accaduto. Ricordava la bocca di James, le labbra salate, impellenti, bisognose di lei in un modo quasi violento, le sue mani che le stringevano le gote, la rapivano.
Il cuore in gola, il sangue che le galoppava nelle vene. La sensazione di svegliarsi, di prendere finalmente coscienza di sé.
Come un pezzo di puzzle che torna al proprio posto. E subito dopo, il suo sapore. L’odore che aveva, come un vento che incendia le foreste, che si bagna in un temporale e trascina con sé ogni cosa, libero e puro. Quell’odore tanto conosciuto…
L’aveva baciata. James l’aveva baciata e lei…lei si era…sentita felice.
Si premette le mani sugli occhi con un gemito, cercando di esorcizzare quello che stava sentendo, quel cuore che batteva all’impazzata come un tamburo e nel farlo, la collana ciondolò vicino al petto.
La strinse fra le dita, decidendo finalmente di gettarsi sul materasso.
Basta pensare.
C’era del tepore in lei, un tepore dolce che spazzava via ogni altra sensazione. Decise di accoglierlo, di lasciarsi travolgere.
Sì, pensò, chiudendo gli occhi. Almeno per quella notte, poteva anche farlo.
 
 
 
 
Was it a dream?
What a dangerous night to fall in love. –
 
Thirty Seconds to Mars.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La mattina dopo, c’era tanto da dire. Tanto da raccontare, analizzare, pianificare.
Ma essenzialmente, i Marauders decisero che erano due  gli argomenti che avevano la precedenza su tutto.
“Hai cercato di farti un topo?!”
E questo era uno.
“ERA UN CRICETO!”
Sirius Black si appoggiò allo stipite della porta, inarcando un sopracciglio.
“Ti rendi conto che l’hai detto come se così fosse normale?”
“Sentite, ero sbronzo, ok?!” Minus era più rosso di un pomodoro e gli tolse la sigaretta di bocca con uno scatto inspirando a sua volta. “Si riesce a passare oltre?!”
“No.” Risposero in coro Potter e Black, facendogli mettere le mani nei capelli.
“E’ tutta colpa tua, Ramoso! Non ce l’hai raccontata giusta!”
Quello guardò altrove, facendo orecchie di mercante come al solito.
“Ve l’ho già detto, non so che cavolo è successo. Non so come sia partita quella scarica ormonale.”
“Non è che la Evans che cerca di ammazzarti è sempre stato un tuo strano sogno erotico?”
“Bah. Può essere.”
“Sai che roba, la Evans cerca sempre di ammazzarlo!” sbottò Minus. “E comunque questa connessione ha passato il segno! Dobbiamo iniziare seriamente a darci una regolata! Ieri sono capitate tragedie!”
“Guarda che qua sei solo tu che hai tentato di farti un sorcio…”
“CRICETO! ERA UN CRICETO! E si può sapere dov’è Remus?!” Peter cercò l’unica anima pia che l’avrebbe tirato fuori da quella situazione, accorgendosi improvvisamente della sua strana assenza.
Come per magia, a quel nome la loro porta si spalancò di botto e un Paciock con gli occhi a palla e un ghigno tanto si affacciò alla porta.
“Avete detto Remus, eh?” si sbellicò, dopo aver battuto il cinque a Potter che nel loro strano gergo maschile stava a significare “Sono contento che tu sia vivo”.
“Sì, sai dov’è? Stamattina non c’era.”
“Si starà nascondendo da qualche parte.” Mormorò lui, perfido, prima di guardarli sgranando gli occhi. “Ma come, non lo sapete?”
Ed ecco il secondo argomento della giornata.
Ossì, Imperius e tentativi d’omicidio vari potevano decisamente aspettare.
Perché quando sei famoso, baciare una ragazza in mezzo ad una folla di studenti pettegoli non è propriamente una genialata se vuoi tenere la cosa segreta.
E Lupin lo sapeva bene. Per questo aveva tutta l’intenzione di barricarsi nell’ultimo posto dove si sarebbero aspettati di trovarlo – gli spogliatoi di Quidditch maschili – trascinandosi dietro la Mappa del Malandrino e numerose scartoffie sulle quali aveva tutta l’intenzione di lavorare per il resto della giornata.
Magari – magari eh – dio l’avrebbe graziato con un’idea geniale per fargli finalmente capire cosa frullava in testa ai loro nemici, visto che a quanto pareva dai discorsi frammezzati della scorsa notte la persona che aveva messo Lily sotto Imperius sembrava conoscerli bene!
I Serpeverde avevano passato tutta la serata in Sala Grande e dubitava che ci fosse qualcuno di abbastanza forte tra di loro per creare una Maledizione senza Perdono così a lungo e a così tanta distanza.
No, era qualcuno di più potente, da fuori.
I signori Black? Nartrix Rosier? Ma come facevano a sapere dove si trovavano James e Lily, a sapere che si sarebbero incrociati proprio su quella strada?
Stai a vedere che…
Era così immerso nei suoi pensieri che quando entrò lì dentro, appoggiandosi stancamente sulla porta, chiuse gli occhi per ritrovare più concentrazione.
Con la conseguenza che quando li riaprì gli venne un colpo.
Sirius, Peter e James erano lì, in piedi, al centro della stanza.
Ghignavano. E quel ghigno non prometteva mai nulla di buono.
Merda.
“Ma guarda…Casanova Remus si è deciso di venire a cambiarsi…” buttò lì Black, con finta indifferenza.
“Dimmi, hai baciato nessuno ultimamente?” S’aggiunse Minus, perfido.
Era in trappola.
“Non…non so di cosa parlate.” Balbettò, allarmato.
“Caaaaro Reeeemus!”  tubò Black, passandogli un braccio attorno alle spalle sorridendo come un maniaco. “Hai delle qualità nascoste, eh? Dov’è finito l’uomo tutto d’un pezzo che lo tiene serrato a doppia mandata?”
“Sì, Remy.” Cinguettò James, godendosela come uno stronzo. “Da quando molesti le ragazzine?”
“E dire che faceva tanto il prezioso! Poi bastano un po’ di ormoni e si perde la verginità così…”
“Ma l’hai baciata come si deve? La prima volta è importante…va fatto con cura…nemmeno una candelina accesa?”
Piano piano, gli si erano incollati addosso.
“Dai, raccontaci tutto. Siamo tutt’orecchi.” Gli soffiò Potter suadente, facendolo sudare freddo.
Remus chiuse gli occhi. 
Era un incubo…doveva esserlo…
“Non…non…so di che parlate.” ripeté, balbettando.
“Sai, si mormora in giro che tu abbia baciato una ragazza, e con anche una certa fretta…” buttò lì James, osservandosi le unghie.
“Mormora non è la parola giusta, Ramoso.” Ci tenne a precisare Sirius, appoggiato all’altra spalla. “Diciamo che…si parla…”
“Si esclama…”
“Beh, in realtà si grida…”
“Alloooooraa?” chiese curiosissimo Peter, afferrandogli il bavero con le stelline negli occhi.
“Non dirò una sola parola dell’accaduto.”
Bene così. Fermo. Deciso. Imperturbabile.
Remus Lupin raddrizzò le spalle cercando di tenere il punto ma quei tre demoni si scambiarono una occhiatina eloquente che non gli piacque affatto. 
Avevano in mente qualcosa. 
Quando avevano quel sorrisetto…avevano in mente qualcosa di diabolico!
Sirius si mise le mani in tasca, le tirò fuori e prese a giocherellare con una boccetta che conteneva un liquido trasparente. 
“Sapevamo che avresti fatto lo snob.” Disse, sbuffando. “Ma noi siamo come fratelli, Remy. I fratelli si raccontano tutto.”
“Sai…abbiamo sgraffignato dal Kit di Pozioni di Piton questa pozioncina…la stava fabbricando e tu sai quanto è bravo in pozioni quello schifoso…” fece James, vago.
“Veritaserium.” Peter confermò i terribili sospetti di Remus che aveva preso a sbiancare e arretrare come una lepre in trappola.
“Non oserete…non oserete davvero…?!” minacciò, deglutendo a vuoto.
“Ma lo facciamo per te!” balzò su James, con passione. “Confidare tutto agli amici su queste cose è la scelta migliore! Ti fa stare subito meglio!”
“Sì, confermo! Va raccontato tutto senza tralasciare nessun dettaglio…”
“NON OSATE!!!”
“Tienilo fermo, Jam.” Black ghignò. “Sarà una lunga chiacchierata…”
 
 
 
 
 
“Lily! Lily sveglia!”
Una mano la scuoteva energica. Lily Evans mugugnò, stropicciandosi gli occhi e alzandosi a sedere.
Quasi si spaventò, nel vedere tutti gli occhi puntati su di lei. Monique, Molly, Alice, Geky…c’erano proprio tutte.
“Che…che c’è?” domandò, incerta.
“LILYYYYYY!” Ululò Molly con le lacrime agli occhi, saltandole addosso con tutto il suo dolce peso e stringendola in una presa mozzafiato che le fece scricchiolare dolorosamente le costole.
“Hey! Hey, Molly! Mi soffochi!”
“Mi sono così preoccupata!” strillò quella, incurante del suo colorito che stava variando in modo preoccupante al viola. “Potevi essere morta! Potevi rimanere senza una gamba o un braccio! Dio, come hanno potuto?!”
“Ma che…che cos…!”
“Prewett, così l’ammazzi.” fece notare tranquillamente Giuly, che stava svogliando un MagiVogue seduta distrattamente ai piedi del suo letto.
“Scusa!” pigolò lei, con i lacrimoni. “Ma eravamo così in pensiero! Chi è stato, cosa ti hanno detto gli Auror?!”
“I-io…eh…” Stordita, la Grifoncina cercò di mettere a fuoco. E ora che volevano quelle pazze?!
“Wuoah! E quella?” saltò su Monique con il suo solito accento francese, indicando la collana che portava al collo.
“Ma ti sembra il momento, parigina scema?!” la bacchettò Alice Spinnet.
“Che vuoi! E’ bella! Chi te l’ha regalata?”
“Non ho parole…” Alice alzò gli occhi al cielo, poi ritornò a lucidare la foto di un ragazzo avvenente e ben piazzato, dai riccioli castani.
Paciock.
Lo faceva sempre, tutte le mattine, come a ricordare l’eterno amore che provava per quello scemo.
Le sfuggì un sorriso vedendo quel gesto.
“Per me è andata fuori di testa…”
“Geky! Non si dicono certe cose!”
“Io…” mormorò Lily, trasognata.
Poi, come un’improvvisa secchiata di acqua fredda, sussultò e il suo colorito divenne più acceso.
All’improvviso tutte le paure e domande l’assalirono come una folata di vento e l’imbarazzo crebbe di volume.
L’Imperius. Il suo tentativo di omicidio.
E…Potter e lei si erano baciati.
Il suo primo bacio lo aveva dato a POTTER!
QUEL POTTER!
Inutile dire che iniziò a fumare dalla testa e che il suo sguardo sembrava quello di uno a cui hanno appena fatto l’elettroshock.
“In effetti non hai una bella cera…forse è una conseguenza dell’Imperius…senti come scotti!” borbottò Molly, sfiorandole la fronte.
“Non ho la febbre.” disse automaticamente Lily, fissando il vuoto come un automa.
“Beh, allora? Ricordi niente di ieri notte?”
Una bocca incandescente che aveva marchiato la sua nel bacio più cretino del secolo.
“Io…no.” Sempre meccanicamente. “No, non ricordo nulla. Ho una fame da lupi. Andiamo a mangiare.”
E iniziò a muoversi praticamente a scatti.
Le compagne si guardarono le une con le altre, perplesse. Ma la Prewett tirò fuori la mamma chioccia che era in lei e decise che Lily sembrava troppo deperita.
“Pappa sia! Forza, girare a largo!”
“Io vi raggiungo dopo.” Alitò Alice, agguantando una borsa. “Devo prima incontrami con Cecilia.”
“La Brendan? L’amica con cui avevi litigato?” mormorò Molly, pensierosa.
“Esatto. Abbiamo fatto la pace!”
“E’ un tantino strana, dicono.” S’aggiunse Monique, sistemandosi dei fiocchetti sui riccioli. “Non era gelosa di Frank, per caso? Quella è morbosa con te, sai? Fuori come un melone.”
Lo sguardo di Alice si fece duro.
“No, è solo molto timida e molto tormentata.”
Fermando senza saperlo un litigio senza pari, Lily Evans scattò per le scale dicendo: “Io vado, a dopo!”
“LILY!” La richiamò Alice, affacciandosi dal dormitorio.
“Ma che c’è?” si spazientì lei, già a metà scala.
“Stai andando giù in camicia da notte!” Sospirò quella, esasperata.
“Ooops!” rifece a piedi nudi gli scalini, iniziando a domandarsi se la notte prima non le avesse davvero compromesso qualcosa nel cervello.
Il pensiero di quel che era accaduto le faceva provare intensi brividi di terrore ma la routine delle Grifondoro era davvero troppo caotica per fermarsi a riflettere.
Anzi, pensava infilandosi un maglione, era piacevole stare in mezzo a quel caos. Così famigliare, così intimo.
Abbassò la testa per schivare un rossetto che venne lanciato dall’altra parte della stanza, passò in mezzo a Geky e Giuly che si stavano letteralmente picchiando per il bagno, si fece aggiustare la camicetta da Molly e superò la scopa stregata che Monique aveva incantato per rassettare al suo posto ma che Alice aveva truccato per diventare da corsa, con il risultato che, più che pulire, lanciava polvere e oggetti da una parte all’altra alla velocità della luce.
Non erano mai riuscite a capire come farla smettere.
Una mano le sfiorò la spalla e la futura signora Paciock le si fece accanto.
“Sei sicura che vada tutto bene?” le chiese, con un sorriso dolce.
Non seppe cosa rispondergli e rimase in silenzio, a fissarla con l’aria di un cucciolo bastonato. Lei scosse la testa, sempre serena.
“So che non siamo mai state molto in confidenza, Evans…ma ci tenevo a farti sapere che puoi contare su di noi, se vorrai sfogarti riguardo a ieri. Non so bene com’è andata ma dev’essere stato terribile e…beh, i Grifondoro si aiutano a vicenda, sempre! Per cui, se posso fare qualcosa per te…”
Guardò quella stangona iperfemminista ricordando che probabilmente il momento più aggraziato che aveva avuto era stato quando aveva sputato tabacco babbano in un cestino facendo centro da una distanza di un metro. E che ora, nonostante non fossero mai state molto amiche, le tendeva una mano come avrebbe fatto una sorella.
Sorrise, sentendosi scaldare da quel calore. Era bella. Ed era bello ciò che sentiva.
Aveva preso sempre le distanze da tutti per stare alla larga il più possibile da James, soprattutto con i membri della squadra di Quidditch, ma dovette ammettere che probabilmente aveva sbagliato dal principio…in fondo, far parte di quel gruppo non doveva essere così male…
“Alice…” chiese, titubante.
“Sì?”
“Come hai capito di amare Paciock?”
Probabilmente si aspettava tutto tranne quella domanda, ma il suo viso non lasciò trasparire alcuna espressione.
“Beh…” soppesò la domanda. “Capisci di amare qualcuno quando hai paura.”
“P-paura?”
“Eh già.” Lei ridacchiò. “Quando senti di provare un terrore folle, ecco, è allora che sei innamorata.”
Un terrore folle…Lily scese in corridoio rimuginando su quelle parole. Avrebbe voluto chiederle cosa significassero, ma non voleva diventare inopportuna.
Accidenti…aveva una tale confusione in testa! Essere soggiogata all’Imperius era stato qualcosa di una violenza inaudita, un trauma che la paralizzava eppure…eppure perché si sentiva le guance in fiamme e non riusciva a far altro che pensare a ciò che era avvenuto dopo?
Com’è che si sentiva felice? No, no, no! Non doveva accadere!
Era quella, la paura di cui parlava Alice? La paura di cadere in una trappola?
Sentire la chiave che gira nella serratura e capire che è la propria mano che ci sta chiudendo dentro?
“VIA, VIA! SCAPPA!”
“Waaah!”
Qualcuno la spintonò, quasi travolgendola.
“Hey!” fece per protestare, stizzita ma il ragazzo non si girò nemmeno a guardarla in faccia.
“Scusami!” le urlò di rimando, continuando a correre a perdifiato con i capelli più scompigliati del solito.
Ma quello era James!
Rimase impalata in mezzo alla via, diventando di tutti i colori. Era così impegnato a scappare che non l’aveva riconosciuta…
Un istante dopo e un altro ragazzo la sorpassò alla sinistra.
Lunghi capelli lucenti di un bel nero corvino e movimenti eleganti. 
Sirius. 
“Ciao Evans! Scusa, siamo di fretta!” strillò senza voltarsi, mentre Peter invece la superava alla sua destra urlando qualcosa riguardo ad una “pessima idea”.
Sembravano avere una fifa blu…poi un ruggito che probabilmente veniva direttamente dall’inferno le gelò il sangue nelle vene.
“TORNATE-SUBITO-QUA!!!”
Sempre più sconvolta, si voltò e si spaventò pure lei. 
“Re…Remus!” esclamò, sbiancando.
Bacchetta sfoderata, occhi iniettati di sangue e capelli sparati all’aria come se avesse preso la scossa, il ragazzo la oltrepassò con gli occhi di uno che stava per commettere un omicidio.
“Parleremo dopo, Lily…” ringhiò, con un tono a dir poco terrificante. “…devo prima ammazzare tre deficienti!”
“Co-cosa?!”
Ma erano già spariti dietro l’angolo. Dopo qualche secondo, si udì anche qualcosa andare in frantumi, il lampo di un incantesimo e una sequenza di bestemmie da far cadere i santi.
Ma che accidenti stava succedendo, a quegli spostati?!
E perché…perché lei si sentiva lo stomaco in un frullatore? Che cos’era, quella strana tristezza, quel pugno allo stomaco?
Capisci di amare quando hai paura…
James…
“Lily!”
Qualcuno le prese il polso, facendola sobbalzare. Si girò, specchiandosi negli occhi pallidi di Michael Aliaset.
Si mise una mano sul fianco, trafelato.
“Ti cercavo da tutta la mattina…ma la cicciona che sta sul vostro quadro ha iniziato a insultarmi non appena ha visto la mia sciarpa…”
“P-Perché mi cercavi?”
“Mi prendi in giro?” abbaiò quello, spettinandola. “Sei stata messa sotto Imperius!”
“Oh…ah…quello!” Lily continuava a non capire. “Vuoi sapere com’è andata?”
Lui alzò gli occhi al cielo, quasi divertito.
“Volevo accertarmi che stessi bene!” Precisò, avendo la galanteria di non farlo sembrare così scontato.
“Ah!” sentendosi una scema, la Grifoncina arrossì. “Io…sì, sto bene, grazie Michael!”
“Ne sono felice.” Lui sorrise, sinceramente rincuorato. “Era bello aver trovato qualcuno con cui parlare di libri. Mi sarebbe proprio scocciato se ti fossi fatta male.”
Si zittì di botto, quando Lily gli prese la mano di scatto. Le gote pallide si colorarono un po’.
“Libri. Sì.” Disse lei, come se avesse avuto di botto una rivelazione. “Michael, posso chiederti un favore? Ti va di andare in Biblioteca assieme? Adesso?”
“Eh? Vuoi andare in biblioteca?”
“Sì. Chiudiamoci dentro e leggiamo qualcosa! Mi va bene qualsiasi cosa!”
Lui guardò l’orologio, senza nemmeno starci a pensare. Sorrise appena, indicandole la via con un gesto galante.
“Prego.”
Fosse stata meno sotto shock si sarebbe accorta che quel sorriso non si estendeva mai del tutto agli occhi. Michael aveva questo modo di guardare il prossimo tipico del Serpeverde: freddo, cinico, quasi disilluso.
Si sarebbe accorta probabilmente che le uniche volte in cui non ghignava ma sorrideva, sorrideva per davvero, era lì, in mezzo ai libri.
C’era una cosa che avevano in comune: lì dentro sapevano perdersi. E Lily aveva bisogno di perdersi.
Di non pensare.
Quindi ficcò il suo nasino in mezzo alle pagine e si lasciò andare lungo le parole di Aliaset senza realmente ascoltarlo, ma trovandole ugualmente piacevoli, come una ninnananna. Dall’altra parte della stanza, Severus Piton scoccò a quella coppia bizzarra una lunga occhiata. La ragazza non lo vide neppure.
“Capisci di amare quando hai paura.”
Ma lei era una Grifondoro…
lei non voleva avere paura.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Ma siete finiti in un frullatore?”
Paciock si mise nel piatto un’abbondante porzione di riso al curry inarcando un sopracciglio con aria alquanto divertita quando tre dei Marauders fecero la loro comparsa alla tavolata rosso-oro.
“Lascia perdere.” Bofonchiò solamente Potter, schiantandosi sulla panca con l’aria parecchio distrutta.
Dire che arrivarono al pranzo pesti e malmessi era un eufemismo. Stavolta l’avevano fatta proprio grossa…e quello stronzo di Lupin mica ci era andato leggero!
“Non penso riuscirò mai più a sedermi!” gemette Minus, sistemandosi con aria desolata una manica sgualcita ormai irrecuperabile.
“E dire che sembra tanto gracilino…” borbottò Black.
Ne era valsa la pena, almeno? Beh, sì.
O comunque così pensarono i tre beoti quando alzarono gli occhi su Remus che entrava in Sala Grande quasi tappandosi le orecchie dal boato.
Un coro di bisbigli, occhiate, risatine e fischi lo paralizzò sull’ingresso. Si sedette incassando la testa nelle spalle e desiderando scomparire.
Dannatissima scuola…
La Sala Grande era sempre stata così enorme?! E c’era sempre stata tutta quella gente?! Tutti gli occhi erano puntati su di lui!
“Ciao, maniaco.” Salutarono in coro Weasley e Calton, passandosi di mano alcuni galeoni.
“Sparatevi.” Fu la funerea risposta. “Voi tre non fiatate nemmeno.” Sibilò poi, con voce ancor più sepolcrale, verso i suoi compari.
“Sei stato cattivo, Remy.” Pigolò James con fare melodrammatico. “Noi volevamo solo aiutare!”
“Esatto…potevamo davvero dare una mano! Soprattutto con la parte del ‘sapeva di latte e fragole’…” ghignò Black, beccandosi un ringhio cavernoso tra i denti in faccia.
“Ne volete ancora?!” abbaiò quello, balzando in piedi con occhi stralunati. “E voi che state facendo con quei galeoni?!”
“Scommettiamo.” Cinguettò Arthur senza staccare gli occhi dal bottino.
“E su cosa?!”
“Su quanto ci impiegherà la ragazzina che hai molestato a lanciarti una fattura in mezzo agli occhi.”
Ma che carino, il loro portiere. Con quale tono angelico le sparava fuori, le cose…
Peccato che Remus non fosse proprio in vena. Si accasciò sulla sedia con un gemito che somigliava quasi ad un ululato, sbattendo la schiena contro lo schienale della panca e lasciando ciondolare la testa.
I capelli biondicci si rovesciarono all’indietro, riflettendo la luce.
Ma che cavolo aveva combinato? Che cosa gli era preso così di  botto? Anni e anni di assoluto autocontrollo e poi…poi mandava tutto a puttane così!
E con una quasi bambina, tra l’altro! Non l’aveva vista al tavolo…era quasi tentato di andare da quelli del Quinto a chiedere spiegazioni ma si sentiva troppo esausto.
E poi magari avrebbe fatto la figura dello stalker! O l’avrebbe messa ancora più nei guai!
Eh sì, perché era certo che il suo nome sarebbe uscito fuori su qualche giornaletto e allora, quella poveretta non avrebbe avuto vita facile!
Una fattura in mezzo agli occhi in effetti era ciò che si meritava!
Sicuramente era infuriata con lui… magari era già andata a fare rapporto… avrebbe perso la carica di Prefetto…
Senza aprire gli occhi e senza spostarsi di un millimetro, afferrò un chicco d’uva e se lo portò in bocca con l’aria di un condannato a morte.
Chi lo reggeva James adesso? Non poteva pestarli ogni volta…e loro sarebbero andati avanti a lungo…mooolto a lungo…
“Hey, ciao!”
Una voce allegra alle sue spalle lo fece trasalire violentemente.
Il chicco d’uva gli rimase incastrato in gola.
Sbarrò gli occhi ma qualcosa gli oscurava il campo visivo. Dei capelli gli sfioravano le palpebre.
Qualcuno, dietro di lui, chino sul suo viso.
Non riusciva a deglutire quel dannato boccone.
Mani piccole e fresche gli sfiorarono distrattamente gli zigomi.
Remus divenne blu.
Latte…e fragola…
“Waaargh!”
Con un colpo di reni si schiantò finalmente in avanti, contro il tavolo, tossendo come un dannato con gli occhi a palla.
“To…Tonks!” esclamò stridulo, letteralmente balzando via.
La ragazza lo guardò, incuriosita da quel comportamento così insolito. Capelli del solito rosa, indossava una gonnellina a balze e un maglioncino con su stampata la faccia di un maialino.
Maialino… mutandine…
Mentre le teste dei Marauders scattavano verso di lei nemmeno fossero state delle molle, il povero Prefetto di Grifondoro divenne rosso come la salsa di pomodoro che Molly si stava versando nella zuppa e perse totalmente l’uso della parola.
“Tu sei proprio strano, sai?”
LUI ERA STRANO?!
Ma che cavolo! Se ne stava lì, sorridente e allegra come se nulla fosse! Dopo ciò che era successo! Quella tizia non aveva il minimo senso della vergogna!
“Che…che cosa ci fai qui?!”
Lei si piazzò le mani sui fianchi e scosse la testa.
“Oh, tranquillo, non sono venuta qui per te!” tubò, facendo letteralmente strozzare James con l’idromele.
La Grifoncina sorrise, facendo il giro del tavolo e…piazzandosi di fronte a Sirius.
Lui la guardò come un alieno, turbato da quei capelli così pazzeschi.
Poi, in un istante, quella lo abbracciò.
Lungo la tavolata calò il silenzio.
Si era veramente permessa di…?!
Sirius divenne di pietra, strabuzzando gli occhi e non riuscendo a fare altro che rimanersene impalato con le braccia lungo i fianchi.
Mai, mai nessuno aveva avuto il coraggio di fare una cosa del genere.
Con lo sguardo cercò poi disperatamente Cristhine, cercando di farle capire che non lui c’entrava niente quando, improvvisamente, Tonks si staccò.
E quello che disse fu come miele.
“Mi ha chiesto mia madre di farlo.” Spiegò, dolcemente. “Sono la figlia di Andromeda.”
Rimase immobile, incapace di reagire. Lei gli prese le mani, sentendosi volare. Il sorriso era enorme, puro e felice.
“Ci si rivede, cugino!”
Un bicchiere andò a terra, in frantumi. Una sedia venne violentemente postata.
Pochi secondi dopo, Sirius l'abbracciò di nuovo.

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Capitolo 32
*** I'm your pet boy. ***


Salve a tutti! Sì, lo so, è passato un po’ troppo tempo dall’ultimo aggiornamento. Ma non mi sono scordata di questa fanfiction, (come mai potrei?) né di voi. Ultimamente non mi sono sentita molto soddisfatta del mio scrivere, (avrò riletto il pezzo del bacio tra Lily e James almeno cento volte chiedendomi che cosa non mi quadrasse) quindi ho preferito lasciar scorrere un po’ di giorni.
Alcune note prima di iniziare. Il titolo. La spiegazione la capirete alla fine di questo capitolo e  no, non sono impazzita e questa storia non sta diventando un harmony da dodicenne in preda agli ormoni. Vi prego di leggerlo in chiave ironica. Altra nota, ci sarà un pezzo interamente ispirato dal blogger di “Non è successo niente”, che trovo sempre geniale e che ho voluto omaggiare nel mio piccolo, inserendolo qui. Ogni volta che leggo i suoi pezzi immagino sempre che a parlare siano i Marauders.
Ed infine, beh, che dire: buona lettura.
Sarah
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La sera prima.
 
 
 
 
La porta della stanza sbatté con violenza ed il primo dei numerosi problemi si presentò sulla soglia in un momento davvero singolare.
Bellatrix Black ansimava, paonazza in viso. Gli occhi neri dardeggiavano veleno.
“Devi fare qualcosa per me.”
Tutto ciò che ebbe come risposta fu un pigro ghigno su un viso nascosto dalla penombra delle candele.
“Sarei un po’ impegnata, al momento.”
Ai piedi di quella creatura odiosa erano disposte alcune pietre nere a formare un rombo perfetto. L’oscurità che veleggiava loro attorno si muoveva densa, facendo volare i lunghi boccoli neri della Black che tuttavia, parve non curarsene.
Era cresciuta fin da bambina a contatto con quel tipo di magia. Le tenebre non le creavano malessere, anzi, sembravano rinvigorirla.
“C’è una ragazzina che voglio che tu elimini.”
La creatura sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
“Hai idea di quanto sia difficile praticare un Imperius a questa distanza? Dentro questa schifosa scuola impermutata di magia buona?”
“Me ne frego!” La ragazza quasi strillò. “Non so nemmeno chi ti abbia dato il permesso di farlo! Stai facendo una fatica inutile!”
Ma tu guarda. Era decisamente sconvolta. Non era da quella mocciosa viziata disinteressarsi a una cosa come quella.
“Che c’è, cocchina? Ti scoccia che sia io a dare il colpo di grazia ai tuoi nemici?” il ghigno beffardo continuava. “Era un’occasione troppo ghiotta per lasciarmela sfuggire. Avrai certamente qualcun altro su cui rifarti alla fine dell’anno.”
“Come se te ne importasse qualcosa della nostra causa!” La streghetta si sedette su un pouf striminzito, scostando con un gesto secco una camicia a scacchi. “Vuoi solamente farla finita e tornare alla tua vera forma il prima possibile!”
“Ti ricordo che sono i tuoi genitori ad avermi assunta per punire Potter…”
“I miei ti hanno assunta per agire al momento opportuno. Per Sirius!”
“E le doti di quello stupido Incantatore potrebbero impedirmi di adempiere ai miei doveri il giorno del giudizio in Tribunale. Senza contare che perdere un figlio di certo renderà meno battaglieri i suoi cari genitori quindi è meglio eliminarlo quando si presenta l’occasione propizia. Come vedi, tutto segue un filo preciso. Ora sparisci.”
La magia nera, come un vento velenoso, parve arricciarsi in quell’istante. Onde nere e sanguigne si riflessero nelle nere pupille della Serpeverde, enfatizzando le piccole venuzze rosse che stavano lentamente comparendo sulla cornea.
Bellatrix digrignò i denti, infilandosi le unghie nei palmi per la rabbia. Una lampada ad olio esplose in mille frammenti.
“Ti ho detto che voglio…!”
“Puoi chiudere il becco? Stai disturbando il mio operare.”
“Io sono una Black.” Ringhiò quella, esasperata. “Devi fare come io ti dico!”
C’era una cosa che faceva di quella ragazza una guerriera scadente. Non sapeva stare al proprio posto. Non coglieva il momento giusto per tacere.
La sua furia imperversava fuori come un fiume in piena, senza razionalità.
Sì, pensò la creatura sferrandole un attacco. Decisamente sua sorella aveva più senno.
Una onda nera si staccò dal bozzolo come un braccio, andando a serrarsi sulla sua gola. Bellatrix strabuzzò gli occhi, quando le dita magiche ed incandescenti si strinsero sulla sua pelle bianca togliendole il respiro.
La creatura non si era mossa. Nemmeno la guardava.
Eppure, la magia aveva agito per lei. L’aveva sollevata in aria di almeno dieci piedi e bruciava come il fuoco.
“Come…osi…!”
“Ora stammi a sentire.” Sibilò quella, sepolcrale. “Ho fallito durante la mia ultima missione e come punizione il nostro Signore mi ha messa alla vostra mercé per un mese. Mi avete imprigionata in questa disgustosa carcassa e fatta ballare come una squallida burattina per risolvere le vostre inutili beghe. Mi sono piegata alla tua famiglia, ho accettato l’umiliazione. Ma mai nella vita permetterò ad una ragazzina umana di darmi degli ordini.”
La mano di Bellatrix scattò repentina. La bacchetta le tremò violentemente nella mano quando, sibilando e sputacchiando, riuscì a frantumare quel braccio magico.
Cadde a terra, tenendosi la gola sulla quale alcuni segni violacei iniziavano a lasciare con violenza un’impronta sul candore del collo. Ma mentre era piegata a terra, il suo sguardo rimase saldo in alto.
Lo sguardo nero dei Black.
“Devo ammettere che mi hai stupito.” Disse la creatura, sinceramente sorpresa. “E così, non sei solo una bamboccia molto ricca.”
“Non ne hai una vaga idea.” La Serpeverde si rimise in piedi in un turbinio di capelli corvini.
Aveva distrutto il suo attacco. Nonostante fosse un attacco debole, non era niente male per una diciassettenne.
E come la fissava ora … quanto era bella. E quanto era pazza.
Un gioiellino prezioso pieno di crepe. Pronto a esplodere.
Il suo Signore sembrava apprezzarla…forse riusciva ora a capire il perché. Tutti amano le bambole.
E quella bambola sapeva giocare, se ne rese conto quando la vide sorridere con malizia.
“Da quant’è che non bevi del sangue?”
La magia nera sembrò quasi ululare, sollevandosi fino al soffitto.
“Shht, piano, tesoro. Non vorrai che qualche professore senta quello che stai combinando qua dentro. Mi si spezzerebbe il cuore se tu morissi proprio ora!”
“Ammesso che tu ne abbia uno.” La Creatura la degnò finalmente di uno sguardo. Aveva catturato il suo interesse. “E allora? Da quando ti importa della mia dieta?”
“So bene che imprigionata in questa forma tu non hai bisogno di nutrirti di quello.” Bellatrix avanzò sinuosamente di un passo. Il lungo mantello legato da un rubino all’altezza del petto strisciò con il rumore di una serpe. “Eppure ti manca, vero? Come l’abbraccio di un’amante. Lo vedo, come fissi le gole degli studenti…il tuo stomaco sarà anche stato domato ma è la mente il problema, eh?”
“Leccherei volentieri le tue vene aperte, Lady Black. Sì, non lo nego. Il fatto è che il sangue acido mi fa venire i crampi.”
“Posso fornirti del sangue.” Ora la sua attenzione era totale. Bellatrix parve bearsene e sorrise di cuore. “Mi basta una parola coi miei e posso fartelo arrivare. Non è giusto snaturarti in questo modo…non si danno dei bigné ad un avvoltoio!”
“Bigné, purea di patate, crostata ai mirtilli…dio, non so come facciate a ingurgitare quello schifo, voi umani!”
“A ognuno la sua dieta. Allora? Ci stai?”
“E hai partorito questa idea tutta da sola? Nah, tu sei troppo impulsiva per pensare ai ricatti e ai sotterfugi. C’è dietro Narcissa, vero?”
“Mia sorella ha il cervello, io la potenza. Ciò che conta è che potrai di nuovo sorseggiare degli A positivo.”
Silenzio dall’altra parte.
“Voglio uno zero negativo. E che sia fresco.”
“Sapevo che saremmo diventate amiche!” cinguettò la Black, deliziata. Si avvicinò perdendo totalmente l’espressione crudele e furibonda di prima.
Che insidiosa ragazzina. Tutta sua madre.
Non fosse stata una Black, le avrebbe aperto la gola con piacere!
“Beh? Taglia corto, Potter è quasi alla mia mercé! Che devo fare?”
“A scuola c’è qualcuno che voglio distruggere. Si era nascosto bene ma ora che so della sua esistenza non mi darò pace!” La ragazza strinse le palpebre, facendo baciare le lunghe ciglia di velluto. La mandibola si serrò tanto fin quasi a spezzarsi. “Uccidila se riesci, oppure falle del male. Voglio che mia sorella paghi. Voglio restituirle indietro tutto il male che ci ha fatto! Voglio che Andromeda soffra le pene dell’inferno!”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Sei sicura di star bene, Lily?”
“Eh? Cosa?”
La Grifoncina sollevò lo sguardo dal libro con gli occhietti da cucciolo abbandonato che aveva praticamente da tutta la mattina.
“Beh.” Aliaset chiuse il pesante tomo con cura. “Siamo qui da due ore e non ho potuto fare a meno di notare che mi sembri un po’ tra le nuvole…”
“Eh?! Io? Sciocchezze!” La ragazza arrossì, presa alla sprovvista.
“Ah sì? Stai rileggendo la stessa frase da venti minuti e non stai commentando su quanto quel paragrafo sia sessista.”
“M-ma no! E’ che…”
“Allora ripetimi l’ultima parola che hai letto.”
Silenzio.
“Scusami!” pigolò quella, sbattendo disperata la testa sul tavolo. “In effetto, credo di star vivendo una specie di crisi…”
“Beh, ci credo! Ieri sei stata messa sotto Imperius e oggi sei qui a leggere…fossi stato in te, sarei rimasta a letto tutto il giorno visto che la McGranitt ti ha concesso la giornata libera!”
“Non è quello, in realtà…” borbottò la rossa, prima di sollevare lo sguardo. “H-Hey, è vero! Ma tu non avevi pozioni?”
Il ragazzo alzò le spalle.
“Sì. Ho bucato.”
“C-COSA?! E PERCHE’?!” balzò su quella, trovando inconcepibile che si potesse fare qualcosa come saltare una lezione.
“Ahi, il timpano…” borbottò il Serpeverde, massaggiandosi il povero orecchio. “Ma che ti prende?! Non hai mai bigiato in vita tua?!”
“Certo che no! Le lezioni sono importanti!”
Il ragazzo la fissò di sottecchi. Ma tu guarda. Era seria.
Sospirò, stiracchiando un sorrisetto. Era ora di mettere in gioco qualche passo falso…
“Preferivo stare con te.” Disse, con una limpidezza che in passato aveva fatto strage di streghette. “E’ bello stare in tua compagnia, sai Lily? Mi piaci un sacco.”
Si aspettava che perlomeno arrossisse. Che si imbarazzasse o che lo fissasse con occhioni sognanti. Invece si beccò un pugno in testa.
Ma che diavolo…!
“Non saltare più le lezioni per me.” Sentenziò la Grifoncina solennemente, mentre quello si palpava il bernoccolo fissandola stralunato. “Studiare è vitale, intesi?! Il resto non conta!”
Ci fu un istante di stupore. Il maghetto sollevò gli occhi di quell’azzurro così denso e freddo e ci mise qualche istante a recepire il messaggio.
Poi gonfiò le guance e poi scoppiò a ridere di cuore, tenendosi la pancia.
“Dio!” si spanciò, mentre la ragazza lo fissava perplessa. “Sei veramente una persona particolare, sai?”
“Eh? E perché?”
“Beh, ecco…”
“Hey Aliaset! Te la fai con le Mezzosangue adesso?”
Michael si adagiò sullo schiena e piegò la testa all’indietro, scoprendo il pomo di Adamo. I capelli castani gli sfiorarono le spalle con morbidezza mentre fissava con vacuità la fonte di quella stoccata.
“E tu, Nott?” ghignò. “Ma è vero che ti sei portato a letto la Carrow? Dio come si cade in basso quando si beve!”
Amycus sembrò punto da una vespa.
“Ti sei fatto mia sorella?!” abbaiò fissando il compagno che ebbe perlomeno la decenza di arrossire.
“Bah! Ero ubriaco e ho preso una svista.”
“Una svista? Certo che ce ne vuole di alcool per non vederla…”
“Piantala Aliaset!”
“Beh, come si suol dire, il grosso è fatto.”
“Ha anche perso due chili!”
“Ah sì? Che ha fatto, si è depilata? Oh mio dio, ma che mi prende oggi?”
Il sorriso - divertito oltre ogni dire - divenne meno esteso quando Nott gli passò un braccio intorno al collo, schiaffandoli guancia contro guancia un ghigno da iena. Lo lasciò fare come se lo considerasse un vecchio amico, ma un guizzo freddo gli percorse i lineamenti.
Non sembrava amare essere toccato.
“Converrebbe anche a te iniziare a bere qualcosa perché quando Potter saprà che bazzichi intorno alla sua pupilla non sarà molto contento.”
Piantò lo sguardo su Lily, che serrò la mandibola. Michael non parve avere reazioni di sorta se non un fatuo fastidio.
“Staccati. Hai un dopobarba da due soldi. Non voglio che venga scambiato per il mio.”
“Sei sempre così acido!” La serpe tornò a squadrare Lily, divertito. “Com’è che il tuo cane da guardia non ha ancora fatto fuoco e fiamme?”
La ragazza scosse la chioma, disgustata.
“Non ho proprio voglia di parlare con te.” Disse solamente. “Sprechi il tuo fiato, Nott.”
Che cavolo ci facevano quei due in biblioteca? Non ci venivano mai…
Aveva già la mano serrata alla bacchetta quando i due si sollevarono con la stessa espressione annoiata e superba di Michael. Accidenti,
quanto erano uguali…
“Bah, noi leviamo le tende. Dovevamo solo avvisarti che sei richiesto in Sala Comune! Sbrigati con questa plebea!”
Plebea?!
Michael dovette praticamente trattenerla per la collottola con due dita perché la Grifoncina stava partendo in quarta con la mezza idea di mettergli le mani al collo!
Si rimise a sedere, ansimando dal nervoso. Lui invece non sembrava per niente turbato.
“Che rottura.” Commentò solo, sbadigliando.
“Grr! Giuro che la prossima volta gli pianto una fattura in mezzo agli occhi, a quelli!”
Michael si sporse un po’ sul tavolo, adagiando il mento aguzzo sulle dita intrecciate.
“Però hanno ragione. Com’è che Potter accetta la mia presenza?”
La ragazza parve bloccarsi.
“C-come?”
Un piccolo nervo saettò invisibile sulla tempia del ragazzo, che piegò le labbra all’insù.
“Non lo sa ancora, eh?”
Era come se l’avesse schiaffeggiata. Lily impallidì, zittendosi improvvisamente.
“Sai una cosa?” continuò Michael, implacabile. “Mi sono sempre chiesto come tu potessi accettare una cosa del genere. Questo controllo assurdo che ha avuto su di te per tutto questo tempo…metterti addosso la sua firma in quel modo come se tu fossi di sua proprietà…distruggere ogni ragazzo che provava ad avvicinarsi… farti diventare il suo giocattolo… ”
“Io…” la ragazza aveva la voce roca. “Io non l’ho mai accettato, infatti.”
Non sembrava semplicemente in difficoltà: era a dir poco paralizzata dalle sue parole. Ma il Serpeverde non si fermò…e il suo sorriso divenne malevolo. Solo per un istante, senza farsi accorgere. Una goccia accesa di male su un viso esangue.
“Eppure mi sembra che ultimamente stiate molto insieme! E’ per questo che lo trovo strano. Una femminista come te che tollera una cosa simile…non sembravi il tipo che frequenta uno del genere!”
La sua voce, in realtà così tranquilla e suadente, era come un coltello. Lily Evans si accorse di tremare. Delle sue mani che si chiudevano contro le sue ginocchia serrate, artigliando la gonna.
Cosa poteva dire? Cosa poteva rispondere?
Che lui era cambiato? Ma lo era davvero? O ad essere cambiato era solo il suo modo di vederlo? Erano gli occhi di una ragazza sconfitta ad essere mutati?
La sua bocca…il suo sapore…
Accidenti…accidenti!
Mise i libri in borsa, sentendosi il cuore in gola. Si sforzò di sorridere, di fingere spensieratezza.
“Sarà meglio che vada!”
“Vuoi che ti accompagni?”
“Oh, no, grazie! Conoscendo Molly ed Arthur, saranno qua dietro la porta ad aspettarmi…” ironizzò lei. “Probabilmente temono che venga attaccata di nuovo!”
“Siete una bella squadra, eh? Voi Grifondoro…” Michael parve cinico, massaggiandosi il collo. Sembrava però che si sforzasse di sembrarlo. “Sempre pronti ad aiutarvi a vicenda…confesso, a volte sono invidioso! A Serpeverde devi imparare a difenderti da solo…guardarti le spalle…”
Si bloccò di colpo, perché la ragazza si era voltata e…gli aveva preso la mano. I capelli ancora ondeggiavano nell’aria quando intrecciò le proprie dita sottili con le sue, stringendo appena.
I suoi due occhi verdi sembravano specchi, due gemme vive e verdissime. Mai visti occhi così.
“Non devi avere paura di loro.”
Aveva la pelle fresca. Eppure quel tocco parve ardere…ingombrante esattamente quanto il bozzolo che gli si formò in gola.
“Prego?”
La potenza del suo sorriso lo investì in pieno. Incredibile come una semplice linea sulla bocca potesse esprimere tanta fierezza.
“Ti difenderò io, se ti daranno fastidio.” Disse lei, con semplicità.
Eh? Difenderlo? Ma che stava dicendo?
“Ma…perché?” fu sincera la sua reazione di stupore, quasi ingenua.
Il sorriso di lei divenne più ampio e allegro.
“Perché anche a me piace stare in tua compagnia! Ed è come hai detto tu: i Grifondoro sono fatti così!” gli diede un buffetto, senza accorgersi di averlo letteralmente stordito, e uscì dalla sala. “Grazie per oggi! Ti devo un favore!”
Accidenti…che ragazza assurda…
A quanto pare, era stata lei a fare la mossa al suo posto, forse senza nemmeno volerlo.
Ed era una gran bella mossa.
Bella davvero.
 
 
 
 
 
 
 
“Non ci posso credere…la cugina di Sirius!”
“Abbiamo un altro Black nei Grifoni! E non è uno stronzo!”
“Dio, quanto rosicheranno i Serpemerde!”
“Burrobirra per tutti!”
“Bisogna festeggiare, gente!”
“No, no, un momento!”
“Non rompere, Remus! E’ un evento unico! Vogliamo bere!”
Non stava protestando per quello…il povero Lunastorta si prese la notizia come una secchiata in faccia, rimanendo impalato con la manina alzata mentre tutti attorno a lui esplodevano in domande e gridolini.
Ma era l’unico a trovarlo sospetto?! Pensava, vedendoli andare letteralmente in brodo di giuggiole. Si erano fumati il cervello, quei beoti?!
Tonks sorrideva, faceva cadere bicchieri e stringeva mani, senza staccarsi da Sirius che la guardava letteralmente in adorazione.
“E’ naturale che non ti ricordi di me…ci siamo visti a pochi anni di vita! Io me lo ricordo perché tua madre mi aveva messo una paura tremenda e facevo sempre gli incubi…forse ci hanno bruciato addirittura dall’albero genealogico!” fece lei, pensierosa. “Da allora viviamo in una casetta sotto la protezione del Ministero. Un po’ nebbiosa in realtà, ma in estate…”
“Tonks…Tonks.” Black fermò quel fiume di parole. “Tua madre…non ho notizie di Drome da anni. Sapere che è viva e che sta bene…non puoi capire come io mi senta…”
“Drome? Che nomignolo strano!” ridacchiò lei. “Ti ricorda con tanto affetto, Sirius! Purtroppo non poteva avvicinarsi a te né spedire lettere… non voleva crearti problemi! A te hanno bruciato dall’albero? A me sì! Forte, eh?”
“Chi l’avrebbe mai detto!” esclamò Peter con occhi a palla. “Assurdo! Ma ti sei appena iscritta?”
“No, sono qui da sempre! Però ero un po’ diversa!”
“Ma…e perché non ti sei presentata prima?”
“Vedi, io…”
James le prese delicatamente una ciocca di capelli, interrompendola. “Che figata di colore! Ma è vero?”
E si prese una badilata in faccia. Così. In mezzo secondo.
“Giù le zampe dalla mia cuginetta!” ringhiò Black, stringendosi contro la ragazzina e aizzandosi come un mastino. “Guarda che li conosco quelli come te!”
“Ma se tu sei il peggiore di tutti!” stava iniziando un vero trambusto quando alla badilata in faccia si aggiunse la tirata di orecchi di Remus che se lo portò alla propria altezza con un ringhio.
“Ma siete scemi?!” sibilò, cercando di acchiappare anche Peter con l’altra mano.
“Eh? Di che parli?”
“Come, di cosa parlo! Chi diavolo ci assicura che stia dicendo la verità?! Basta che una arrivi e dica di essere una Black e voi le credete subito?! Ma che avete nel cervello?! Hanno anche appena cercato di ucciderti, cretino!”
Quello sorrise, angelico.
“Come sei paranoico, Rem Rem, ma la notte riesci a dormire?”
Qualcuno aveva versato la droga nei bicchieri? Doveva essere così! Non riusciva a crederci!
“James, tu…”
In quel momento, Tonks ruppe un piatto di cui una bella metà gli finì sul naso, interrompendolo.
James lo afferrò al volo, abile di riflessi come sempre, e ghignò dandogli un colpetto sulla spalla.
“Laverne dice che non c’è nulla da temere, no? Mi fido di lei!”
“Eh?! Che c’entra Laverne?!”
E Potter, delicato come sempre, gli sbatté in faccia la cruda realtà.
“E’ lei, non è così? La ragazza misteriosa. Teodora…Eledora…o come cavolo si è chiamata negli anni.”
“No, no, fermo un secondo.” Remus strabuzzò gli occhi, agguantandolo per la maglietta. “Come accidenti fai a saperlo?! Sono sicuro di aver tenuto i miei pensieri ben nascosti! Non vi ho detto niente nemmeno sotto Veritaserum!”
Peter si unì a loro, che bisbigliavano quasi sotto il tavolo.
“Seduta spiritica?”
“Codaliscia, digli come facciamo a sapere delle sue indagini segrete.”
“Parli della ragazza misteriosa che cambiava sempre nome ogni anno?” Tubò l’altro con vocina di miele, facendolo trasalire e beccandosi un’occhiata allucinata. “Parli nel sonno, Rem. Lo sapevi, vero?”
“Già. Faresti schifo come spia.”
Silenzio.
“State scherzando.”
“No.” Risposero in coro quei due, godendosela come non mai.
“E nessuno di voi deficienti si è degnato di avvisarmi?!”
“Così impari a voler fare tutto da solo e a volerci nascondere le cose.” Sentenziò James, sbattendo gli occhioni diabolico. “Laverne ha parlato con Silente mentre svolgeva le sue indagini e ha assicurato che non c’è nulla di strano.”
Nulla di strano?! Quella tizia era un vero fantasma! Aveva cambiato sempre nome negli anni e nessuno nella sua classe si ricordava di lei!
E poi…
Fissò i suoi capelli rosa, gli abiti trasandati ed eccentrici, gli occhioni verde acqua ed il viso a cuore.
E poi Sirius accanto a lei, un corvo nero dallo sguardo sfuggente ed i lineamenti di un aristocratico.
Mai visto due persone con meno probabilità di essere parenti…
Captando i suoi pensieri, Peter ridacchiò.
“Se non ti convince, puoi sempre continuare a indagare su questa storia. Oppure chiediglielo direttamente! E’ da venti minuti che te ne stai seduto in disparte a balbettare e a strozzarti con i chicchi d’uva!”
Remus avvampò, raggiungendo il colore di un pomodoro maturo.
“Pa-parlare con lei?”
“Ah già! E’ vero che te la sei limonata!” cinguettò James, facendosi lanciare addosso uno sguardo di fuoco. Alzò lo sguardo oltre al tavolo e ghignò come non mai.
Gheee…”
“Che diavolo hai da ridacchiare?!”
Il Malandrino gli passò un braccio attorno al collo, frizionandosi i capelli con l’aria di uno che se la stava spassando un sacco.
“A quanto pare, Sirius sta sviluppando una sottospecie di sindrome da papà geloso proprio in questo momento. Mi ha tirato una badilata solo perché le ho toccato i capelli. Cosa pensi che farà quando si ricorderà che le hai infilato la lingua in bocca in mezzo ad un corridoio?”
Quando si rialzarono, il povero Lunastorta era bianco come un lenzuolo. Accettò di buon grado un bicchiere di Burrobirra e lo buttò giù con lo sguardo perso nel vuoto mentre la sua classe si godeva l’energia di quella signorina che a quanto pare, era un vero vulcano.
Stava già simpatica a tutti.
Cavolo.
“Dovrai raccontarmi ogni cosa! Non ti lascerò più andare!” stava ridendo Sirius, contento e scodinzolante come non lo si era mai visto. Cristhine si avvicinò al tavolo con gli occhi brillanti.
“Sei veramente la cugina di Sirius?” chiese, emozionata, accostandosi timidamente a Tonks che le fece un sorrisone di benvenuto.
“Eh già! Proprio così!”
La moretta allungò la mano con felicità.
“Beh…piacere! Io sono la sua ragazza!” esclamò, elettrizzata. “Che bello, sono stata presentata in famiglia come si deve!”
“Accidenti! Da vicino sei ancora più carina!” si esaltò Tonks con gli occhi a cuore, ricambiando la stretta e facendola ridacchiare. “Ti osservo da tempo, sai? Sei sempre così elegant…eeeeh!”
Inciampò sui propri piedi e Sirius la prese al volo. Imbranata come poche.
No, non poteva davvero essere una Black! Era ridicolo!
Remus bevve l’ennesimo sorso sempre più disperato. Molly gli si sedette accanto, scoccandogli un’occhiataccia.
“Come hai potuto molestare una personcina così simpatica?!” abbaiò, facendolo diventare piccolo piccolo sulla sedia.
“E così hai baciato la cugina di Sirius Black…” borbottò Arthur, pensieroso. “Se te la sposi, potresti pure diventare suo parente, sai?”
Il Malandrino sputò fuori tutto iniziando a tossire proprio mentre Barrie Walsh veleggiò al tavolo con le stelline nelle pupille.
“Ohhh, un’altra Black al tavolo rosso-oro!” saltò su. “Ora che ti sei rivelata alla scuola devo proprio chiedertelo! Ti prego, vieni nel nostro corso di difesa!”
“Ma ne è sicuro?” gli bisbigliò Potter, scoccandole un’occhiata obliqua. “Non sembra proprio il tipo da piazzare vicino ad uno scaffale pieno di oggetti appuntiti…”
“Sciocchezze! Quisquilie!” l’irlandese minimizzò con un gesto della mano. “Un’altra Black al mio corso farà venire praticamente tutta la scuola! Il corso finalmente prenderà piede, magari diventerà ufficiale! Potrei iniziare a chiedere delle quote! Oh sì, diventerò ricco!”
Si potevano vedere i dollari stampati nei suoi occhi e in quel momento divenne molto simile a Lily Evans. I suoi studenti sospirarono, scuotendo la testa.
“Aveva in testa questo fin dall’inizio…”
“Altro che lezioni utili per il nostro futuro…”
“Spilorcio…”
“Ma le sembra l’insegnamento morale da dare ai suoi alunni?!” frecciò Molly, guardandolo storto quanto bastava per farlo almeno imbarazzare un secondo.
Lui ridacchiò, grattandosi la nuca ma non demorse.
“Allora, Tonks? Oltre alle armi ci saranno anche dei biscotti!”
“Vuole comparsi una quattordicenne coi biscotti?!” lo sgridò qualcuno dalle retrovie ma il dado ormai era tratto.
“Armi? Wow!” la ragazzina balzò in piedi con fin troppo entusiasmo per una che aveva almeno quattro cerotti in testa. “Certo che ci vengo!”
“Professore…no!” gemette Remus, ma quelli non se lo filarono di striscio.
“Fantaaaastico!” urlò il prof, decisamente esaltato.
A quanto pare, Babbanologia non lo faceva proprio impazzire…oppure aveva le tasche più bucate di quanto non desse a vedere perché quel corso lo stava ossessionando! “Vi aspetto dopo pranzo! Full immersion! Magari posso chiedere a Hagrid qualche animale feroce…”
Sembrava aver preso la tangente, tutto preso dai suoi sogni quando in Sala Grande entrò Gazza allegro come un becchino.
“Ok gentaglia, io me la filo.” Sentenziò. “Il nostro amato custode non ha gradito quando gli ho sporcato il pavimento e ho come il vago sospetto che stia cercando di avvelenarmi il porridge…e credo di piacere ancora meno al suo gatto!”
Vedendo il suo profilo allampanato allontanarsi, Lupin pensò seriamente di cercare una corda con cui impiccarsi. Fantastico! Perfetto!
In mezzo secondo Tonks era diventata una presenza fissa praticamente per tutta la giornata!
Ma perché non aveva baciato la Sgrunt?!
Si sedette mogio sorbendosi le ghignatine dei Marauders e i rimproveri della Prewett sul tenerselo nei pantaloni.
Prima pensava d’esser finito…si sbagliava.
ORA era completamente finito!
Ma guardali…” pensò disperato, osservando il gruppetto chiacchierare allegramente. “Si comportano come se fossimo già tutti in famiglia! E ora che diavolo faccio?!”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La chiesetta di St Mary di Bibury, nella contea del Gloucestershire, poteva dire di averne viste tante.
Costruita nel XII secolo, di struttura quadrata con il tetto spiovente in legno, aveva resistito a guerre, carestie e anche all’attenzione fastidiosa dei membri dell’upper  class inglese che i graziosi cottage del villaggio avevano calamitato sulla cittadina come una piaga egiziana.
Bisognava certamente ammettere che il sacrestano aveva fino ad un certo punto aveva fatto un ottimo lavoro: laddove non si vedevano altro che case coperte di licheni e mulinelli mangiucchiati dalle tarme, usati per far asciugare la lana, la chiesetta si era sempre presentata pulita ed in ordine, con le sue composizioni floreali sempre fresche e dalla geometria maniacale ed i pannelli in vetro soffiato tirati a lucido ogni giorno.
Insomma, una parrocchia dall’aria composta e rigida, esattamente come lo era il sacrestano, un uomo che probabilmente avrebbe fatto la felicità dell’estrema destra inglese.
Non che fosse particolarmente cattivo ma si sa come sono gli anziani, soprattutto quelli timorati di dio: anti-femminista, rigidamente conservatore, omofobo e xenofobo, cresceva i pargoletti del villaggio a suon di ramanzine, preconcetti sulle divise scolastiche e talvolta, bacchettate sulle mani alla vecchia maniera.
Non lo si era mai visto vestito male. Mai un capello fuori posto. Mai con le mani sporche.
Poi erano iniziati i problemi.
Gli abitanti del villaggio non avrebbero saputo dire esattamente quando il sacrestano iniziò a impazzire.
Non che in quel villaggio non ne fossero accadute di cose strane!
Per un certo periodo infatti, parecchi anni fa, avevano iniziato a capitare fatti inspiegabili: fiori che crescevano in inverno, tende che cambiavano improvvisamente colore e strani lampi sulle colline. Una volta l’ubriacone del villaggio giurò su sua mamma di aver visto i cani randagi della zona iniziare a camminare su due zampe e bersi il te delle cinque.
Nessuno gli credette –ovviamente – fino a quando le bizzarrie non cominciarono anche nella loro cara chiesa, proprio durante le messe, sotto gli occhi del prete.
Ostie che diventavano caramelle gommose, vino che si trasformava in coca cola…
Nulla di più fastidioso per un uomo abituato a rasarsi con un righello appiccicato sulla mascella! Potevano ancora vederlo andarsene in giro con i tic nervosi all’occhio a sventolare manuali di esorcismi!
Ma bisognava ammettere che da quando era scomparsa misteriosamente quella assurda famiglia le cose erano migliorate.
Se non addirittura cessate.
Ad essere del tutto onesti, sembrava quasi che i fatti assurdi coincidessero perfettamente con la permanenza di quegli strani tizi nella loro contea. Erano venuti e andati via come una folata di vento, senza avvisaglie, di punto in bianco.
In ogni caso – i concittadini di Bibury non erano persone che allungavano troppo il naso – dopo che se ne furono andati il Sacrestano tornò ad essere quello di sempre… o almeno, fino a pochi anni fa.
Improvvisamente, infatti, quello iniziò a bere. Gironzolava con le occhiaie per le peggiori osterie, blaterava sul demonio sceso tra di loro, indossava lo stesso paio di pantaloni per tutta la settimana e si scordava di celebrare le funzioni.
Quando una parte del tetto crollò, non si degnò pure di sostituirlo. La notte lo si sentiva, talvolta, urlare e cacciare imprecazioni.
La messa venne ben presto abbandonata, la chiesa cadde in disgrazia ma a quanto pareva all’uomo non sembrava importare.
Quel giorno in particolare il poveretto se ne stava seduto davanti al camino reggendo un libro di preghiere macchiato di vino. La stanzetta era totalmente al buio perché in un delirio tutto suo aveva deciso di sprangare le finestre.
Ed eccolo lì, a bere alcolici scadenti alle due di pomeriggio e a chiedersi che cosa accidenti aveva fatto di male per infastidire così il signore.
Manco a dirlo, esattamente un secondo dopo il fuoco dentro il camino divenne verde.
Il sacrestano alzò gli occhi al cielo e iniziò a pregare. Nelle fiamme, comparve la testa.
La testa maledetta che lo perseguitava. Aveva fatto di tutto: esorcizzato il camino, benedetto le tende, si era perfino messo l’aglio al collo come un dannato pagano qualunque ma il demonio non sembrava voler smettere di tormentarlo!
“Padre! Padre, è mica in casa?”
Il getto di acqua santa lo colpì in pieno. Il demonio sospirò, seccato.
“Le ho già detto che non funziona. Può smetterla di farmi la doccia, ogni volta?”
Vide quel maledetto frizionarsi i capelli e asciugarsi con il bordo della maglietta. Acdc.
Il demonio indossava la maglietta di un gruppo rock.
“Ho sempre saputo che venivano dall’inferno…”
“Eh?”
“Niente, niente.”
“Beh, padre, sono di nuovo qui per confessarmi.”
“No.”
“Come no?”
“No che non ti confesso. Adesso fuori dalle palle.”
“Ma…ma sono qui per parlare con lei!”
“No, tu sei qui per rompermi i c…”
“Eddai! E’ una cosa veloce. E’ il suo lavoro!”
Dannato ragazzino. Non soltanto gli aveva reso la  vita un inferno quando aveva frequentato la sua parrocchia, ora era tornato dall’oltretomba con l’aspetto di un diciassettenne per farlo impazzire del tutto!
Oh sì, il diavolo aveva fatto bene a prendere le sue sembianze. Non aveva mai incontrato un bambino fastidioso come quello in tutta la sua vita! Ed ora eccolo lì, cresciuto e pacioso, a reincarnare la sua personale apocalisse fluttuando nel fuoco come il peggiore degli incubi kafkiani!
Si appoggiò ai braccioli della poltrona, sporgendosi in avanti e fissandolo negli occhi.
Non erano cambiati, gli occhi di James Potter. Più dorati delle fiamme stesse, beffardi e stronzi esattamente come allora.
“Senti, non sei credente, non sei battezzato, non sei niente. Stai galleggiando nel fuoco, dannazione! Agli occhi di dio vali quanto il bangla in stazione che vende teste di scimmia!”
“È ancora arrabbiato con me padre? Ancora per quello scherzone al campo scuola? Andiamo padre, avevo nove anni!”
“Hai detto che t'ho molestato.”
“Un'allegra marachella.”
“Son finito in galera.”
“Per pochi mesi! Mi ero scordato di dire che era una palla. Perdonate e vi sarà perdonato.”
“Perché?” il prete si versò altro vino, tremando con le mani. “Perché a me questo tormento, mio buon Gesù?”
“Senta, io ho un'impellenza teologica!”
“L'ultima volta che hai avuto un'impellenza teologica mi hai chiesto quante ostie servono per mangiarsi un Cristo intero.”
“E lei non me l'ha voluto dire.” Potter arricciò il naso, angelicamente. “Voi gente di chiesa siete strani.”
“Senti, diamoci un taglio! Cos’è che vuoi?”
“Ho violato la mia regola.”
“Qu…quale regola?!”
“Quella che hanno tutti i maschi. Sa, quella del non farsi mettere un guinzaglio al collo. Del non farsi fregare.”
“Okay, ascoltami bene. Prima di continuare quella che si preannuncia essere l'ennesima prova a cui il buon Dio mi sottopone per testare la mia fede, ti prego di assicurarmi che non si tratta di una delle tue idiozie filo sentimentali adolescenziali.”
“Hem…”
“Dio, abbi pietà di me!”
“La prigione l'ha cambiata, sa?”
Il sacrestano si massaggiò la base del naso con due dita, respirando a fondo.
“Senti, ragazzino.” Sbottò. “Hai frequentato la mia chiesa facendomi venire tre ictus nel giro di tre mesi anni fa. Poi sei sparito nel nulla. Ed ora sei di nuovo qui. Sono almeno tre anni che compari puntualmente ogni mese rifilandomi filippiche sui tuoi ormoni. Ammettendo che tu non sia davvero il diavolo e chiudendo un attimo gli occhi sul fatto che la tua testa sia nel mio caminetto, non sarebbe meglio che tu tormentassi, che ne so, uno psicologo?”
James Potter rimase zitto un secondo. Il secondo più bello della sua vita.
“Dunque, come le dicevo la volta scorsa, c’è questa ragazza…”
“La volta scorsa?! La volta scorsa?! Me ne stai parlando da tre anni, che tu sia dannato!”
“Come passa il tempo quando ci si diverte, eh?” ghignò quello, facendolo seriamente riflettere sul tirargli il crocefisso in fronte.
“A te non dispiace se mentre dipani questa trama appassionante mi distruggo il fegato col vino eucaristico e cerco annunci di lavoro sul quotidiano, vero?!”
“Si figuri. Insomma, è successo: l’ho baciata.”
“Alleluja.”
“Il problema non è tanto quello. Non ci crederà mai, ma…”
“Ne sei innamorato.”
“Eh? Come fa a …”
“Oh, vediamo…” il prete finse di rifletterci su. “Mi parli di questa ragazza da tre anni, ogni volta che dici il suo nome sorridi come un cretino e le dai il tomento da tempo immemore – tra l’altro, falle le mie condoglianze, anche se deve aver fatto veramente qualcosa di male per meritarsi te all’inferno.”
Lui incassò con una smorfia.
“Dice che è grave? Che ho perso?”
“Ah già, la sfida.” Da quando era diventato normale parlare con una testa magica?! “Fammi riassumere. Sei ottusamente convinto che non sia amore ma una sorta di sfida a chi si fa desiderare di più. Vi fate i dispetti e tutto il resto. E’ esatto?”
“Beh, se la dice con quel tono la fa sembrare infantile…”
“Ti ci sono voluti sette anni per accettare il fatto che sei innamorato. Nemmeno un chirichetto è così terrorizzato all’idea di avere una donna. Non sei infantile, sei fuori di testa!”
Lui fece finta di rifletterci. E poi sorrise, nel suo modo malinconico. Ecco il problema del diavolo: ha un bel sorriso. Uno di quelli che ti inteneriscono e ti fanno venire voglia di dargli carezze.
“In realtà, credo di avere perso già dal primo momento in cui l’ho vista.”
“Le femmine vincono sempre, ragazzo. Puoi accettarlo o farti prete.”
“Il problema non è mai stato questo, sai?” lui abbassò lo sguardo. “E’ che ho la certezza, la certezza assoluta che così la sto condannando a qualcosa di terribile. La voglio, la amo, ormai mi sono arreso all’idea. Ma starmi vicino è pericoloso e…dio, ho cercato davvero di non avere vicino nessuno ma la verità è che sono un vigliacco. Ho attirato a me i miei migliori amici, egoisticamente, quando avrei solo dovuto stare da solo. E sto per farlo anche con la ragazza che amo.”
“Perché sei certo che starti vicino sia pericoloso?”
“Beh, ecco…c’è una cosa…ma lei è un babbano, non capirebbe.”
“Hey, offendi adesso?!”
“No, beh, non è un’offesa…credo…insomma, ha una parola per me?”
“Permettimi di citare la Lettera di San Paolo agli Efesini: Salva stanotte, e combatti l'arrivo dell'alba. Arriva il domani, domani me ne sarò già andato.”
“Quindi se ho capito bene lei mi suggerisce di abbandonare i pensieri fugaci poiché l'alba, cioè il domani…aspetta, non è una canzone di Eagle-Eye Cherry?”
Il ragazzo inarcò un sopracciglio, perplesso.
“Cosa?! No, no, son le lettere di San Paolo agli Efesini…”
“È sicuro? Perché sembra proprio Save Tonight di Eagle-Eye Cherry.”
“Senti, chi ce l'ha qui dei due l'abito talare?!”
“Veramente lei indossa una maglietta di Batman…”
“È nera! Va bene uguale!”
“Forse ho fatto un errore a venire qui…”
Il prete contò fino a tre, si morse le nocche e cercò di trattenersi. Avrebbe potuto concordare e levarselo dai piedi una volta per tutte. Ma con l’età, anche il più rigido degli uomini tende a diventare un po’ più morbido. La vecchiaia è una brutta bestia piena di sentimentalismi pietosi.
“No, rimani.” Disse con sforzo, sputando fuori la voce come se fosse un frutto acerbo. “Vuoi una risposta sincera? E io ti do una risposta sincera. La verità è che in una relazione porti dentro anche te. È come traslocare. Anzi, meglio è come sciogliersi.”
“Sciogliersi?”
“Sì, come bicarbonato.”
“Bicarbonato.”
“Bicarbonato, sì. Tu ti sciogli nell'altra persona, perdi i confini di te stesso e succede che non capisci più dove finisci tu e dove comincia lei. E ti sembra sbagliato perché è sbagliato, ma…ma è anche l'unico modo per…insomma…è anche… è giusto che sia sbagliato, capisci? E…nella vita. Nella vita. Ecco, nella vita si commettono degli errori, ok? Certe volte col pensiero, certe volte con le azioni. Tutto il Creato è costruito per farci sbagliare e la vita non è altro che una serie interminabile di errori intervallata da rari, brevissimi momenti di tregua tra un pestaggio di merda e l'altro.”
“Ma è terribile!”
“Lo è, figliolo. Il punto è che cercare ossessivamente di evitare questi errori è tanto vano e sbagliato quanto cercare ossessivamente di non evitarli.”
Il ragazzo si mise le mani nei capelli, disperato. La visione di quei maledetti capelli scompigliati era sempre stata un vero incubo, per lui. Il prete scosse la testa, godendo un po’ perfidamente nel vederlo in tilt.
“Quindi? Qual è la soluzione?!”
“La soluzione? Non c'è soluzione! Non c'è mai stata! Perché la vita dovrebbe darti soluzioni? La vita dà spinte e, ogni tanto, stagioni e raffreddori e sta solo a te decidere se queste spinte ti fanno bene, ti fanno male, te le vuoi evitare o te le meriti. Tu non credi in niente, il che è un grande vantaggio dal punto di vista della pressione arteriosa perché non sei costretto a trovare ogni mattina un senso alle cose. Io lo faccio per lavoro di trovare un senso alle cose. E sai come ci riesco? Con tre pacchetti al giorno di Chesterfield Blu!”
Lui sospirò, esasperato.
“Avere a che fare con le donne è il vero inferno.”
“L’hai detto.”
“Non le manca mai una donna, padre?”
“No, ho le sigarette. Cioè. Cazzo. Volevo dire Dio. Dio e le sigarette. E ora sparisci. Non voglio più vederti per almeno due mesi!”
“Sa, padre?” disse il ragazzo, sparendo poco a poco. “Per essere un razzista omofobo non è tanto male.”
Il vecchio babbano si lasciò sfuggire un sorriso.
“Nemmeno tu lo sei, per essere il diavolo.”
 
 
 
James Potter rialzò la testa dal caminetto con un piccolo “pop”, scuotendo i capelli per togliersi le ultime goccioline di acqua santa.
“Finito?”
Peter Minus, appoggiato allo stipite, gli scoccò un’occhiata prima di tornare a controllare fuori dalla porta. “Ti ha tirato ancora addosso quella brodaglia?”
“Già.”
Erano in una vecchia aula in disuso. Fuori, il corridoio produceva rumori e suoni melodiosi. La solita, vecchia Hogwarts.
Eppure, qualcosa sembrava essere cambiato.
Peter rimise la testa dentro.
“Lo sai che parlare con un babbano in quel modo è illegale e rischi l’espulsione, vero? Se non di peggio. Credo di avertelo già accennato…”
“Seh. Almeno un centinaio di volte.” Ramoso ridacchiò. “Fortuna vuole che mammina abbia caminetti portatili non tracciabili dal Ministero.”
“Mammina prima o poi si accorgerà che rubi i suoi giocattoli. Come fa una Veggente a non saperlo?”
Il ghigno si fece più ampio.
“Beh, ci sono particolari momenti nell’anno dove anche i Veggenti vengono accecati…momenti che sfrutto bene!”
L’amico scosse la testa.
“Almeno hai saputo quello che dovevi assolutamente sapere?”
“Più o meno…”
“Come se non lo sapessi che gli parli di Lily.” Fu il turno di Minus a ghignare, vedendolo sconvolto. “Eddai, James, non sei mica così illeggibile come pensi!”
Lui si buttò sul pavimento, passandosi le mani sulla faccia come un disperato.
Per una volta, Peter non infierì. Però una cosa doveva dirla proprio.
“Hai notato che quando eri in pericolo, nessuno di noi ti ha sentito?”
“Eh? Hey, è vero!”
“Vuoto totale. Silenzio assordante. Lily stava letteralmente per farti a fettine e nessuno di noi l’ha percepito.”
“E’ strano, in effetti…”
“Forse, c’è una spiegazione…ma non so se ti piacerà…” Il Marauder guardò in alto con aria noncurante. “…Forse, quando sei con lei e c’è un pericolo, il branco non ti sente perché stai sviluppando un impulso più forte del…boh, del dare l’allarme. Forse non ti senti realmente in pericolo o meglio…non è quello il tuo istinto principale. Insomma, la prima cosa a cui pensi non è al pericolo in sé o alla paura… è come se invece ti concentrassi. Ciò che prende spazio totalmente nella tua mente è il pensiero di proteggere lei. E’ per questo che non ti abbiamo sentito. Però non è l’impulso di un animale normale e da qui nasce la mia teoria.”
James Potter si piantò in mezzo alla sala come una statua di sale, sentendosi la gola secca. Accidenti.
Peter in pochi minuti gli aveva spiegato meglio di quel prete babbano della malora.
Codaliscia sospirò di nuovo, mettendogli una mano sulla spalla con fare compassionevole.
“James.” Disse, delicatamente. “So che non è mai successo nella storia degli Animagus, però ecco, noi non siamo Animagus normali. La nostra trasformazione non è stata…hem…secondo le regole. Ne è la prova il fatto che le nostre menti si sono mescolate tra di loro, e che a Sirius ogni tanto spuntino fuori le orecchie da cane, o che io abbia una insolita voglia di formaggio e il terrore dei gatti, o che tu senta il bisogno di scappare nei boschi ogni tanto e percepisca un nemico, un predatore, prima di chiunque altro. Questa trasformazione l’abbiamo fatta da ragazzini e l’abbiamo fatta male. Quindi sinceramente, tutto può succedere!”
Il ragazzo lo guardò negli occhi.
“Peter…cosa stai cercando di dirmi?”
“Beh, ecco…è come se tu entrassi totalmente in modalità difensiva e non sentissi altro. E non è un pensiero umano, è qualcosa di intrinseco nella tua natura di animale. E c’è solo una situazione nella zoologia del mondo magico che ha queste caratteristiche.” Lui si fissò le scarpe, imbarazzato.James, credo che tu stia diventando il Famiglio di Lily Evans.”
 
 
 
 

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Capitolo 33
*** My crazy stupid heart. ***


Peter Minus aveva visto James Potter infilarsi nelle situazioni più disparate.
Una volta il loro amato leader pensò fosse “divertente” rubare una chimera dai recinti di Kettleburn e infilarla nell’ufficio di Gazza. Un’altra, si era lanciato dalla Torre di Astronomia con indosso scarpette alate montate da Weasley.
Un’altra ancora si era messo a cavalcioni di un ramo del Platano Picchiatore fingendo che fosse un toro meccanico babbano, una diavoleria che aveva visto durante un viaggio in America.
James era fatto così.
Pazzo scellerato, un indomabile.
Mai un’inquietudine. Mai un brivido.
A volte Peter pensava che non fosse nemmeno umano, che non potesse geneticamente avere quella paura sordida che invece nella sua testa faceva capolino costantemente.
Era per questo che i suoi sentimenti verso di lui rasentavano quasi la venerazione.
E fu per questo che, quando lo vide così profondamente turbato da quanto detto, si domandò se non avesse fatto meglio a starsene zitto. Non che fosse mai stato una cima, ma Peter era un buon osservatore.
Doveva esserlo, per tirarsi fuori dai guai e sopravvivere in una scuola piena di bulli.
Stavano camminando in corridoio in silenzio da almeno cinque minuti. Cinque minuti di ondate mentali intrise di agitazione e ansia.
Stava seriamente pensando di rimangiarsi tutto fino a che una figura ben nota non comparve all’ingresso delle scalinate e quando James Potter vide Lily Evans, si iniziò a sfiorare la fibrillazione vera e propria… fino a quando lei si girò, incrociando i loro occhi.
Parve cristallizzare il tempo, allargando appena i suoi.
E James si paralizzò sul posto, sentendosi il cuore in gola, grosso quanto un macigno incastrato nella carotide.
Quel giorno Lily indossava un maglioncino color oceano che lasciava scoperte le spalle, rivelando clavicole appuntite, la pelle diafana come burro, la curva sinuosa del collo.
Un secondo. Due secondi. Tre.
E ora? Ora che le diceva? Come ci si dichiarava?
Anni di conquiste e poi…poi le parole non volevano saperne di uscire…
Ma stava davvero diventando il suo famiglio? Si chiese in una frazione di secondo, costernato. Davvero l’aveva ridotto a quel punto?
Eppure, a scivolare con lo sguardo su quella epidermide morbida, sulla linea del seno semi nascosto dalla lana, su quella bocca che si era preso in quel modo così disperato…sembrava che tutto ciò non importasse.
Dio, sentiva ancora il suo sapore tra i denti. Come se vi ci fosse rimasto incastrato.
Si fissarono in silenzio ancora per qualche istante e James si trattenne dal frizionarsi i capelli.
Ma cosa cazzo poteva dirle?! Hai vinto, mi hai fregato, sono sempre stato alla tua mercé e tu nemmeno te ne sei resa conto? Oppure che amava ogni cosa di lei, che amava ogni litigio da sette anni, che ogni sua sfida era una scarica elettrica a cui non sapeva rinunciare, che in quegli occhi così puri e verdi ci moriva ogni mattina e che quando i suoi capelli si infrangevano contro la sua spalla in tanti fili di seta rossa lo mandavano in ipnosi almeno per venti minuti?
Che amava il suo odore, il suo carattere odioso, che desiderava il suo corpo come mai aveva desiderato nient’altro?
Che voleva baciarla ancora e ancora e ancora…?
E come cazzo si faceva a dire delle cose del genere alla propria arcinemica?! Ne aveva sedotte a dozzine…perché con lei tutto diventava enormemente complicato?!
Fu così che James Potter l’incantatore per la disperazione sfoderò il suo sorriso smagliante, si frizionò i capelli, si stampò le solite stelline nelle palle degli occhietti e se ne uscì con un entusiastico e banalissimo “Hey, rossa!”.
E dire che ottenne gelo è un eufemismo.
Lily rimase in silenzio. Arrossì di botto ed avvertì i battiti del proprio cuore accelerare all’improvviso, facendole quasi male contro il petto.
Cos’era? una sensazione angosciante che la faceva sudare freddo e tremare le gambe…
Perché James le faceva questo effetto?
Perché stava così male?
E’…è Potter! Solo Potter!” si disse, cercando di starsene calma.
Ma fu impossibile.
Lo stomaco era finito in un frullatore, le gambe erano gelatina! E perché cavolo la stava fissando in quel modo?!
E quel diavolo di cuore…perché martellava così forte?!
Imbarazzo.
Lily…stava provando imbarazzo verso James!
La rivelazione peggiorò solo il suo stato d’animo.
“Ciao Evans!” cinguettò Minus, tanto per spezzare quella tensione che improvvisamente li aveva bloccati tutti e tre.
La grifoncina abbassò lo sguardo.
“Ciao Peter.” Mormorò, avvicinandosi a passi veloci.
Fu un pensiero solo che balenò nel cervello di James quando lei fece per superarlo.
“Non farla andare via.”
“Ciao, dolcezza!” ripeté, provocatoriamente allegro.
La ragazza non lo degnò di uno sguardo e lo oltrepassò a grandi passi, senza dire nulla. Fu come se qualcuno gli avesse rovesciato addosso una secchiata di acqua fredda.
E ora che accidenti le prendeva?!
“Questo sì che si chiama snobbare.” Commentò Minus, fischiando e beccandosi un’occhiata di fuoco. “Che le hai fatto, stavolta?”
“Non lo so!” Mormorò James, fissando il punto in cui era sparita. “Non lo so…”
 
 
 
 
 
La giornata si prospettava indecente a dire poco.
Due ore con Ruf, una con la McGranitt e un’altra ora a parlare con la Sprite della sua nuova fissa, la sinecologia, un pippone sui rapporti degli ecosistemi e delle loro interazioni che gli stava rifilando da tre lezioni buone dopo essersi presa una cotta per un massimo esperto in materia, un tale Androsace Brevis.
Unica nota positiva della giornata, per Sirius Black, erano i quaranta minuti di allenamento con Barrie.
Il Marauder gli scoccò un sorriso riconoscente dopo l’ultima parata di spada, acciuffando contemporaneamente Tonks che si stava sfracellando di faccia sul pavimento dopo aver mancato uno scalino del podio.
Quel giorno, l’eccitazione lo scuoteva tanto che il professore di Babbanologia aveva deciso di duellare di persona con lui, onde evitare cavasse un occhio a qualcuno.
Barrie era in gamba e sorprendentemente abile, ma anche lui fece fatica a contenergli l’entusiasmo.
In effetti, inizialmente l’idea di avere una sua parente che pensava di aver perduto per sempre proprio lì, ad allenarsi con loro, a neanche mezz’ora dalla scoperta …beh, l’aveva mandato letteralmente in tilt.
C’era da dire che dopo i primi dieci minuti passati ad evitare che Tonks si uccidesse per errore l’infiammo era diminuito un po’ – sul serio, quella ragazzina sembrava avere grossi problemi di coordinazione – ma si sentiva comunque al settimo cielo!
Scese dal palco, scoccando un bacio sul nasino a Cristhine, che quel giorno era venuta ad assistere, e adocchiò di sottecchi la sua nuova cuginetta.
Pazzesco, era veramente la figlia di Andromeda…non poteva immaginare niente di più diverso da un Black!
Cristhine captò il suo sguardo e ridacchiò teneramente, dopo avergli asciugato la fronte facendosi invidiare e detestare da tutto il codazzo femminile sugli spalti.
Gli insulti arrivarono nemmeno tanto velatamente ma non ci fece caso, continuando a fissare una streghetta in particolare.
“E’ carina.”
“Cos…? Oh, sì…” Black si intenerì di nuovo, guardando Tonks che provava a gestire una balestra, facendola scoccare prima del tempo e quasi cavando un occhio a Paciock. Sembrava un papà che fissava per la prima volta la sua creatura e beh, sulla faccia di Sirius era ben strano.
Non riusciva a crederci…forse per lui non era tutto così merdoso, in tema di famiglia…
“Stai bene?”
“Eh?” parve cadere dalle nuvole, facendola ghignare.
“E’ stata una notizia bomba, lo ammetto. Cerca però di non mozzare un arto al prof in un eccesso di euforia!”
Il marauder rise, schiantandosi al suo fianco e riprendendo fiato.
Bisognava ammettere che il suddetto in questione aveva avuto ragione: la sala non era mai stata così piena.
Folle di studenti si erano ammassati a fissare quella bizzarra mocciosa che inciampava di continuo e ubriacava tutti con la sua parlantina e la cosa mandava Walsh in brodo di giuggiole.
Il loro amato prof ciondolava da una parte all’altra tubando istruzioni e posizionando armi di varie dimensioni e forme sugli appositi sostegni, distribuendo al contempo volantini e intortando gente a più non posso.
Sì, forse era la volta buona che quello diventava un corso vero e proprio…per la gioia delle sue tasche!
“Hai visto Lily?” chiese improvvisamente la Corvonero, facendosi più seria e riportandolo alla realtà. “Volevo parlarle e capire come stava ma sembra essersi volatilizzata nel nulla…”
Paige Carriton si sporse sbattendogli la sua deliziosa quarta naturale in testa.
“Hai detto la Evans?” frecciò, facendosi furbetta mentre le sue amiche presero a ridacchiare maligne. “Io l’ho vista! Era in biblioteca!”
“E che c’è da ridere?” mugugnò Black.
“Niente, niente…” frecciò quella. “Però pare che la Prefetto si tratti sempre bene…”
“Cioè?”
“Diciamo che si circonda sempre di bei ragazzi…” s’intromise un’altra, scambiandosi un’occhiata obliqua con le altre.
La McRanney, già stufa di quel cumulo di stronzate, aprì il libro con uno scatto secco.
“Tutte idiozie.” Sentenziò.
“Come ti pare, tesoro. Remus invece dov’è?”
“Lontano dalle tue tette.” Borbottò Paciock, lì accanto. “Carriton, ma non l’hai ancora capito quando è ora di mollare il tiro?”
“Tesoro, mollare non è una parola che mi appartiene!” cinguettò quella, con aria un tantino sinistra. “Dovrà pur provare qualcosa prima o poi, mica è un pezzo di ghiaccio.”
“Mai pensato di non essere il suo tipo?” chiese candidamente Cristhine.
“Cara, gli uomini non hanno un tipo. Basta avere le giuste carte da giocare…”
“Fidati, non conosci Rem.” Sbuffò Sirius. “Un giorno ho provato a fargli vedere un porno ed è esplosa la stanza.”
Liu Chang si chinò dal secondo girone, verso di loro, incuriosita.
“Non si è mica limonato quella coi capelli rosa, ora?”
“Tadaan! Visto?” miagolò Paige, compiaciuta. “Ha finalmente perso quel suo controllo da statuina di bronzo ed ora è pronto per le donne vere. Anche se è strano che a svegliarlo sia stata quella bimbetta laggiù…quei capelli…!”
Fu interrotta da un ringhio cavernoso che si levò sordo da Felpato proprio un istante dopo che Cristhine cercasse di farla star zitta a gomitate.
Sapevano tutti che prima o poi se ne sarebbe ricordato ma perlomeno volevano dare al povero Lupin almeno una giornata di respiro prima di morire!
La reazione suscitò le giuste curiosità da parte di tutti riportando l’attenzione al vero gossip del giorno.
“Hey Black, ma quella là è davvero tua cugina?” chiese la Chang, perdendo un po’ quella sua aria annoiata che le veniva sempre quando non vedeva Potter.
“Vedete di tenere giù le manacce, voi pettegole!” saltò su quello, scoccando loro un’occhiata al vetriolo. “E soprattutto chiuse le bocche!”
Paige fece per ribattere quando una corrente di aria fredda si abbatté su di loro come un cattivo presagio…e le ultime persone che si sarebbero potute incontrare vicino ad un babbanologo fecero misteriosamente la loro apparsa.
“Come se non si sapesse già in ogni angolo di questa bettola che c’è un altro Black in giro!” Sbuffò Bellatrix Black, scuotendo la chioma corvina. “Sai, Sirius, questo tuo far finta di non essere super famoso dà davvero sui nervi. Ipocrita…”
“Perlomeno lui non si vanta di un cognome macchiato di sangue.” Sibilò Franck, schioccando le labbra con schifo.
“E chi lo dice che è macchiato di sangue? Insinui qualcosa, Paciock?”
“No, no, lungi da me.” Ironizzò quello, con la faccia che esprimeva l’esatto opposto.
“Che cazzo ci fate qui?” sbottò Sirius, con voce dura come acciaio, alzandosi in piedi e contrastando lo squadrone Serpeverde che aveva appena fatto la sua entrata in scena.
“Che facce ragazzi, è morto qualcuno?” ghignò Nott, giocherellando con un pugnale arabo.
“Tappati la bocca se non vuoi essere il primo a farlo.”
“Tremo di terrore.” Soffiò lui, anche se istintivamente fece un passo indietro. “Stavamo solo venendo a dare un’occhiata a questa pagliacciata, non ti preoccupare. Nessuna intenzione di prendervi parte.”
“Dici, Nott? Io fossi in te lo comincerei qualche allenamento…” sibilò Alice, arrivando in quel momento con aria bellicosa. “…Visto i tempi che corrono, sai…”
“Oh, dolcezza, diciamo solo che chi nasce con la marcia in più queste cose le impara nella culla…”
“E sarebbe, la marcia in più?”
“Essere purosangue, mi pare ovvio! Un mezzosangue non è geneticamente capace in niente, d’altronde!”
“Perché non ce lo dimostri, allora? Spada in mano?” ringhiò quella, tanto che il fidanzato l’afferrò per il colletto stile cucciolo di labrador e Weasley arrivò per tentare di placare gli animi.
“Dai ragazzi, lasciateli perdere…”
“Come sei violenta, Spinnet! La verità fa male?” insinuò Alecto, acida.
“La verità si dimostra a fatti, cari! O hai paura di una donna, Nott?”
“Potrei anche farlo…” sibilò quello, scoccandole un’occhiata libidinosa. “Se ci sei tu sarà più divertente del previsto…”
Ecco, l’allusione sessuale fu la solita scintilla che accese Paciock, un tizio sempre particolarmente temprato ma non quando si trattava della sua compagna, e il primo pugno stava già partendo quando Bellatrix si parò davanti e la mano gli si bloccò a pochi centimetri dal suo bel nasino.
Non che non se lo sarebbe meritato, ma Paciock non era tipo da picchiare le donne…anche se quella sembrava tutto tranne che una fanciulla innocente. Lo dimostrava il fatto che non aveva fatto una piega, se non una vacua smorfia, al pugno che stava per colpirla.
Quel giorno Bellatrix sembrava strafatta, mai rabbiosa, come se qualcosa di piacevole le languisse dentro.
Davvero strano…visto che le rare volte in cui qualcuno aveva nominato Andromeda, aveva letteralmente dato di matto. Ora aveva sua figlia sotto lo stesso tetto ma sembrava fregarsene…quasi che fosse in pace…
“Mi piacerebbe vederti il sedere a strisce, ma non siamo qui per intrattenerci con la plebe.” Disse solo, con un sorrisetto sarcastico. Si voltò verso Black, leccandosi le labbra con un ghigno diabolico. “A quanto pare le feste di Natale non verranno intaccate da inezie irritanti, cugino. Prima di allora avremo terminato.”
“Ma di che parli?”
“Ma della data dell’udienza in tribunale!” Tubò l’altra, mentre il ragazzo iniziò a sentire il sangue galoppargli nelle vene. “Sarà il ventitré dicembre. Entro allora goditi la pacchia.” Guardò sprezzante Cristhine, che gli si era fatta accanto sfiorandogli un braccio. “E goditelo anche tu, mezzosangue. Fino a che potrai ancora spolparne qualche osso. Dicono che sia bravo a letto…”
“Sirius non tornerà con voi.” Replicò lei, calma e ferma, facendola ridere in modo strano.
“Quanta innocenza, è così commuovente. Lascia che ti dica una certezza assoluta: Sirius tornerà strisciando al nostro capezzale. E’ solo questione di tempo. Non farti troppe illusioni.”
In quel momento entrò Narcissa Black, fredda ed eterea come sempre, interrompendo la sua risata sguaiata. Le si accostò all’orecchio, sussurrandole qualcosa che la fece fibrillare.
Entrambe le sorelle evitarono di guardare in fondo al salone, dove Tonks si stava esercitando. Sembrava che per loro non esistesse.
Ed è quando un Black ti ignora che inizia il pericolo vero, ma sfortunatamente, il Marauder era troppo furente per percepire tali sottigliezze.
“Vaffanculo, Bellatrix.” Ringhiò. “Testimonierò contro di voi. Siete fuori di testa se pensate di poter vincere.”
“Staremo a vedere.” S’intromise Narcissa, ghignando con la sua solita voce bassa. “Staremo a vedere…”
 
 
 
 
 
 
Dio maledicesse tutte le femmine del mondo!
Remus Lupin si schiaffò una mano sulla faccia, a dir poco esausto, dirigendosi verso il salone d’Allenamento con la tracolla di traverso. Perché in quella scuola tutti quanti pensavano di potergli dire come utilizzare il suo arnese?!
Camminare per i corridoi era diventato un incubo, tra gente che gli batteva la mano sulla spalla, amici che si offrivano di dargli “qualche spiegazione su come lo si usava”, fischi, perfino una lamentela sul fatto che non fosse omosessuale “come aveva sempre fatto credere”.
Ma le peggiori furono le ragazze: a quanto pareva, il bacio con Tonks aveva fatto scattare l’allarme nella testolina di tutte e ora qualsiasi streghetta pensava di poter cogliere la palla al balzo e attentare allegramente alle sue virtù!
E ritrovarsi circondato da quindicenni in crisi ormonale, visto che aveva fatto un giro d’ispezione per la loro classe, non era stato per niente carino.
Proprio per niente.
E non aveva nemmeno scoperto un accidenti! Erano tutti quanti disillusi!
Quando chiedeva di Tonks, davano risposte vaghe, si confondevano.
“E’ simpatica, ma non ci ho mai avuto molto a che fare” sembrava essere la frase di routine quando pronunciava il suo nome.
Un vero e proprio fantasma…
Ma lui non voleva arrendersi. C’era qualcosa di troppo strano!
Entrò giusto il tempo di vedere i Serpeverde uscire, ignorò commenti ed insulti vari e trovò un Sirius Black in balia di una crisi di nervi che si stava sfogando a suon di spada contro un bersaglio di legno e corda.
“Che è successo?” domandò, togliendosi la giacca e sedendosi accanto a Cristhine.
Lei scosse la testa, turbata.
“Gli hanno parlato dell’udienza.” Spiegò. “Non gli ha fatto molto piacere. James e Peter?”
“A fare chissà che. Arrivano tra poco.” Remus sospirò, facendo per dirigersi verso Black ma una mano gli calò salda sulla spalla.
“Ci penso io.” Sorrise Barrie Walsh, scoccandogli un’occhiata quasi paterna che però, si scontrò contro un muro.
Rimase appena sbigottito mentre Lupin gli sbatteva addosso un’espressione…quasi cattiva. Freddo come non lo si era mai visto…ma probabilmente fu solo un’impressione perché, qualche istante dopo, il ragazzo tornò a sorridere con educazione.
“Attento a quella spada, prof.” Sorrise, amabile.
Strano ragazzo…pensò l’irlandese, dirigendosi verso Black e appoggiandosi di lato.
Sirius non diede segno di guardarlo.
Un colpo.
Due.
“La impugni male.” Buttò lì, al terzo colpo dato con rabbia sorda al legno. Qualche piccola scheggia volò via. “Oh, tranquillo, capita quando si è incazzati. Non te ne preoccupare.”
“Non me ne sto preoccupando.” Ringhiò Black, dando ancora un tiro ma iniziando ad ansimare dalla fatica.
“Il ché è fantastico fino a che vuoi massacrare quel povero bersaglio. Tanto lui non reagisce. Non combatte. Non sfrutta nessuna tua debolezza. Sì, continua pure così…” Barrie si fissò le unghie giusto due secondi prima che il ragazzo si fermasse, facendo strisciare la punta della spada contro il pavimento con uno stridio e fissandolo.
“E contro un nemico vero?” chiese, preso all’amo.
“Saresti con lo stomaco aperto nel giro di qualche secondo.” Cinguettò quello. “Ma se vuoi continuare a combattere di corpo e non di testa…”
Lui rimase zitto, fissandosi le scarpe. Barrie gli scompigliò i capelli.
“Le persone ti faranno sempre girare le palle, ma se perdi il controllo mentre usi una spada li fai vincere in partenza.”
“Mi dai una nota se ti dico che vorrei usare questa spada per infilarla nel cranio di parecchie persone?”
“Naah. Capita anche a me. Soprattutto con gli studenti del primo anno. I bambini sono inquietanti, non trovi?”
“Sei strano, Prof.” Borbottò Black, arrossendo vagamente. “Proprio strano…”
“Dai, ti insegno come si fa.” Gli si mise di spalle, prendendogli appena i polsi e mettendoli nella giusta posizione. “E comunque, il nostro famigerato week end babbano finirà prima della data d’udienza. Ma se non vuoi venire lo capisco…”
“No, no. Ci vengo.” Mormorò Sirius, incupendosi. “Non voglio che nulla venga modificato da quello schifo.”
“Bravo ragazzo! E ora, spalle dritte…”
Il colpo fu preciso e silenzioso. Ritornarono in posizione, ma le mani dell’irlandese tremarono appena quando Sirius inclinò la testa, scoprendo il collo.
“Hey, calo di zuccheri Prof?”
“Zitto, moccioso! Non sono così vecchio! Anche se devo ammettere che la tua adorabile cuginetta mi sta dando filo da torcere facendomi sudare sette camicie…hey, a proposito, Lupin, che ne dici di darle un’occhiata mentre io sono impegnato qui? Magari insegnale qualche tiro all’arco senza che si faccia secca!”
“Tiro all’arco?” trillò Tonks, in una tempesta di entusiasmo. “Corro!”
“No, per l’amor del cielo!” gridò Barrie, terrorizzato alla sola idea. “Cammina! Vai lentamente! Molto lentamente!”
Mentre Black scoppiava a ridere, decisamente molto più tranquillo, Lupin alzò gli occhi al cielo oramai senza nemmeno più stupirsi della sfiga.
E nemmeno dei bisbigli che esplosero quando si avvicinò a Tonks.
La ragazza aveva almeno quattro lividi nuovi e due graffi sulla fronte. Roba che se la vedeva qualche sbirro, qualcuno a casa sua sarebbe anche potuto finire in prigione per maltrattamento!
Oppure un suo futuro fidanzato.” Gli sussurrò una vocina nella testa, che cercò di fare stare zitta quasi subito, non prima che gli dicesse anche “Hai visto quant’è sudata?”
La ragazza gli sorrise, amichevole. Ma che problemi aveva?!
L’aveva baciata…perché faceva come se nulla fosse? Perché non lo fissava male?
“Heylà!”
“Hey…”
“Che faccia! Com’è che ho l’impressione di starti antipatica?”
“Eh? Ma no…è la mia faccia!”
Certo, come no. Tonks fece un gran sorrisone, indicandoselo. “Ecco, questa è l’espressione di uno contento di vederti.”
“Quindi deduco che tu sia contenta di vedermi…” gli sfuggì di bocca, prima di darsi mentalmente del cretino. Lei continuò a sorridere.
“Io sono contenta di vedere tutti. E che tutti finalmente vedano me.”
“Che intendi?”
“Oh, nulla, nulla…allora, mi insegni?” indicò l’arco, bramosa di distruggere qualcosa. O probabilmente di farsi male.
Si posizionò sulla pedana, ma la freccia le cadde fin da subito, rimbalzando per terra.
“Aspetta, ti mostro come si fa.” Le si mise dietro, concentrandosi. “Prima di tutto, devi scegliere il tuo occhio dominante. Sarà quello con cui prenderai la mira. Poi, mettiti perpendicolare alla linea di tiro…così…” le prese delicatamente la vita, spostandola un poco. “Piedi a larghezza spalle, gambe ben divaricate. Non sei tesa, questa è una buona cosa…la prima volta mette un po’ di agitazione ma devi rilassarti…”
Sì, per qualche istante si concentrò davvero su quanto stava facendo, troppo abituato ad essere uno studioso e un insegnante modello, avendo dovuto fare da supporto ai Marauders quando bigiavano.
Ma poi la situazione lo colpì come un pugno in faccia e si accorse di quello che aveva appena detto, di come lo aveva detto e di quanto diavolo fosse vicino a lei.
Sentiva la sua schiena premergli contro, i suoi capelli contro il collo…e di nuovo, quell’odore piacevole che aveva quando l’aveva baciata. Com’è che dicevano? Finché non assaggi il vino, non può mancarti. Ma una volta fatto il primo giro…
“Hey, Remus.” Notò Tonks, serissima e concentrata a prendere la mira. “Ora sei tu ad essere teso. Tutto bene?”
Aveva appena detto a una quattordicenne di …di divaricare le gambe, di rilassarsi durante la sua prima volta…
Remus avvampò d’improvviso, ormai partito per la tangente delle sue paranoie mentali. No, no, ma che accidenti stava combinando?!
E poi…dio se il suo corpo era morbido…
A impedirgli probabilmente di perdere sangue dal naso e svenire sul posto fu una palla di piombo che gli fu allegramente lanciata contro la testa.
“AAARGH!”
Neanche fece in tempo a cadere che Sirius Black lo sormontò con gli occhi della morte e l’aria da becchino facendolo letteralmente sbiancare.
Merda…aveva sentito tutto quello che gli era passato per la mente!
Lupin dimenticò per un istante di essere un lupo mannaro e deglutì prevedendo un disastro e…taaanto dolore fisico.
“S-Sirius…”
“Tu. Con me.” Soffiò quello con le pupille incendiate, prima di acciuffarlo per la collottola e trascinarlo in un angolo.
“Sirius…eddai…” iniziò a ridere nervosamente, sudando freddo e allargandosi il colletto.
“Sei morto, Lunastorta.” Sentenziò l’altro, sepolcrale.
“Sii ragionevole…le stavo solo insegnando a…”
“Le ho sentite, le tue sensazioni fisiche. Siamo collegati, o l’hai scordato, schifoso porco maniaco?!”
“Eh no, eh! Così mi offendi! Posso capire che tu tenga a bada James, Peter…ma IO! Tu mi conosci! Sai bene cosa penso di quelle cose!”
Black lo sbatté allegramente al muro con la faccia da maniaco.
“Io so che tu sei un diciassettenne che se l’è tenuto sotto chiave per tutta la vita…e che non è normale! Sei tipo una bomba ad orologeria innescata! Ed infatti l’hai baciata! E ora le strusci addosso come…come…!”
“Barrie mi ha detto di insegnarle! E tu sei l’ultima persona al mondo che può parlare!”
“Me ne sbatto, quella è la mia cuginetta, cazzo!”
“Non ne hai nemmeno le prove!”
“QUINDI E’ VERO CHE VUOI FARTELA!!!”
“MA NO!”
“STAMMI A SENTIRE REMUS, SE SOLO PROVI A METTERLE LE ZAMPACCE ADDOSSO…!”
“Ma ti senti quando parli?! Tu…!”
 
Plic, plic, plic.
 
 
Improvvisamente, Remus si fermò di colpo. C’era qualcosa.
Fu una sensazione istantanea, fulminea.
C’era qualcosa di diverso. Un rumore nuovo.
“Io te l’ho sempre detto che dovevi darti una mossa, che dovevi piantarla con questa colossale stronzata dell’astinenza, ma tu no, tu dovevi fare l’uomo d’onore e adesso mi tocca sentire il tuo coso che…”
Si guardò intorno, lasciando le parole sbraitate da Sirius fuori dalla sua testa. Da dove veniva quel rumore?
Era…era un rumore sottile, piccolo. Lo sentiva sotto le voci degli studenti, sotto i colpi delle spade, sotto i piedi in corsa.
“E poi è troppo giovane! Sai cosa si prova ad avere una figlia, eh, razza di infame? Ecco, immagina che sia come mia figlia adesso! Secondo te lascio la mia bambina nelle mani di…”
Le persone chiacchieravano, ridevano, combattevano. E quel rumorino continuava.
Così piccolo…così in sottofondo…
Solo le sue orecchie lo captavano, ne era certo. Sirius forse avrebbe potuto ma era troppo impegnato a delirare.
Il suo udito si ampliò, si contorse, evocò tutti i suoni della stanza come se accadessero a pochi centimetri da lui…un panno bagnato strizzato in un secchio, una spada che cadeva a terra, lo sfogliare dei libri di Cristhine…
No, era altrove, era…come una vite che ruotava.
Ed era in alto…
Alzò lo sguardo appena in tempo per vederlo. Contemporaneamente, anche Barrie Walsh se ne accorse.
Il lampadario…tremava…
Come paralizzato, seguì una linea retta da quell’enorme mostruosità di ferro e candele a ciò che vi trovava sotto…ed il cuore perse un battito.
Si scrollò di dosso Sirius in un secondo, iniziando a correre proprio nel momento in cui quello si staccava del tutto.
La scena apparve davanti ai suoi occhi come al rallentatore. Walsh che si staccava dal muro e iniziava a correre cercando freneticamente la bacchetta, la vite appena svitata che cadeva nel vuoto, proprio sopra la testa di…
“TONKS!” tuonò, con tutta la forza che aveva. “TONKS, STAI ATTENTA!”
La ragazza si girò inarcando le sopracciglia, terrificantemente indifesa e fragile sotto la morte in arrivo.
Si lanciò di botto contro di lei, afferrandola per la vita appena prima dello schianto.
Le persone urlarono quando il candelabro franò su di loro schizzando candele dappertutto, spezzando a metà la pedana di legno e tutto ciò che c’era sotto con un rumore assordante e secco.
La polvere si sollevò come una nuvola gonfia e come nebbia dilagò assieme alle urla di terrore dei loro compagni.
Remus Lupin tossì, stordito e con gli occhi pieni di polvere e lacrime, le braccia ancora sollevate sopra la sua testa.
E in quell’istante il primo pensiero che gli venne in mente lo avrebbe fatto vergognare per tanti giorni a venire.
Se ne sarebbero accorti tutti.
Le si era precipitato addosso, alzando le mani appena in tempo e afferrando il ferro con le dita, stringendo fino a deformarlo… e sollevando senza sforzo mezza tonnellata di lumiera.
Aspettò con le orecchie che ronzavano ed il cuore in gola che il fumo si diradasse e poi…in pochi secondi…tutti avrebbero scoperto il suo segreto…
Per un interminabile istante il silenzio fu assoluto, poi iniziarono di nuovo le urla.
Ma in mezzo a quel pandemonio, l’unica cosa che Remus vide e percepì furono due grandi occhi verde acqua che spuntarono oltre il polverone e un sorriso mesto a pochi centimetri dalla sua faccia.
Il fumo si diradò, sempre di più, sempre di più…fino a scoprire Tonks, inginocchiata vicino a lui, leggermente ingobbita e con un braccio sollevato oltre la testa.
Il problema era che…quello non era un braccio normale. Anzi…quello non poteva essere il suo braccio.
Dalla spalla in poi, l’arto esile di Tonks si era ingrandito fino a diventare enorme, come quello di un gigante. Le vene gonfie saettavano sui muscoli tesi, spessi peli maschili ricoprivano il dorso, le nocche, le dita…perfino la pelle era diversa…più scura…
Remus seguì con lo sguardo quella mostruosità che le partiva dalla spalla, sempre più sgomento.
Il lampadario, di forma circolare, era inclinato da una parte, quella che lui reggeva. La parte più alta era sorretta da quell’enorme manona che appariva nonostante tutto insolitamente familiare…
Tonks continuava a sorridere, così vicina a lui che poteva sentire il suo respiro tranquillo e rilassato contro le labbra.
E l’intensità di quel sorriso…così sereno…
Il fumo si diradò del tutto, e i due sentirono i primi respiri strozzati, i primi ansimi di sorpresa dei loro compagni che come una mandria impazzita li circondavano, sciamando tutt’attorno.
Tonks gli strizzò l’occhio, con espressione ora quasi furbetta.
E poi, sotto i suoi occhi, senza smettere di fissarlo…il suo corpo mutò.
La faccia divenne quadrata, una folta peluria ispida iniziò a crescerle sulla mascella a velocità fulminea, così come il naso che divenne largo e schiacciato, gli occhi neri e lucidi, i capelli si incresparono fino a diventare una criniera disordinata e il suo corpo aumentò fino a diventare gigantesco…ed in ben che non si dica, Hagrid il guardiacaccia comparve in mezzo a loro, sollevandosi sopra la testa il candelabro e posandolo con cura di lato come se fosse fatto di carta.
Inutile dire che quando arrivò James era già scoppiato il putiferio e tra gente che spingeva, Weasley a cavalcioni di un lampadario collassato e Barrie Walsh semi svenuto che si faceva dare aria con un fazzolettino da Cristhine, ebbe un bel da fare a capirci qualcosa!
Il primo a riportare ordine fu il rossino, che fischiò richiamando il silenzio.
“Credo si sia solo allentata una vite!” sentenziò, con in bocca la metà di una chiave inglese.
“Su, su…” consolò Cristhine, mentre Barrie sbiancava. “Non è colpa sua, prof… non faranno chiudere il corso…”
“Col Ministro che ci ritroviamo?! Quello non vede l’ora di pignorare la scuola…ci manca che i lampadari inizino a cadere in testa ai ragazzini, adesso!”
“In effetti, Hogwarts cade un po’ a pezzi.” Bofonchiò Paciock, mentre il viso di Lupin si adombrava appena. Una vite che si sfila da sola non faceva quel rumore…
“Si può sapere chi c’è al centro di questo bordello?” chiese James, alzando gli occhi al cielo.
Tutti indicarono Tonks in zero secondi netti.
“Lei.”
“Ti adoro già!” miagolò Potter, adocchiando la piccoletta che se ne stava paciosamente seduta su uno sgabello circondata da tutti mentre Black le analizzava la testa.
“Ti ho detto che sto bene!” ridacchiò, agitando la mano.
“Quindi sei una Metaformagus!” saltò su Liu Chang, sbalordita. “Chi l’avrebbe mai detto! Sono rarissimi!”
“Ehh? Una Metaformagus?!” si sconvolse Peter.
“Si è appena trasformata in Hagrid davanti a noi.” Confermò Black, continuando a tastarle la testa in cerca di commozioni o chissà cosa. “Questa onestamente mi giunge nuova…”
“Che figata pazzesca!” Potter si schiantò di fronte alla ragazzina con le stelline negli occhi. “E come funziona?”
“Riesci a trasformarti in chiunque?”
Lei scosse la testa.
“Per ora, posso imitare solo chi vedo di persona! Ma sto lavorando per riuscire a copiare anche le immagini dei vip sulle riviste…anche se mamma mi ha proibito di farlo perché a quanto pare è illegale…”
“E io che volevo chiederti di diventare un attimo Angelina Jolie…” ghignò Arthur.
“E chi sarebbe?”
“Una gnocca megagalattica dei film…”
“Film?”
“Niente, lascia stare…roba da babbani…”
“Ma come ci riesci? Cioè…è un incantesimo o cosa?” chiese Alice.
“Non saprei come spiegarlo…è una cosa che so fare fin da neonata…” Tonks fu interrotta improvvisamente dal suono della campanella, che parve risvegliarli tutti in un gemito collettivo all’idea di farsi due ore di Ruf.
“Forza, gente!” sospirò Walsh, a malapena ripreso dall’infarto che quell’aspirante suicida gli aveva fatto prendere. “Vedete di tornare a lezione…possibilmente senza schiattare prima di uscire dalla porta di quest’aula…sapete, ci terrei a conservare la cattedra…”
“A-ha. Divertente prof!”
E con la promessa di varie dimostrazioni di Tonks in serata, i Grifondoro uscirono in corridoio senza più pensare all’incidente…tranne quattro di nostra conoscenza.
Mentre il fantasma spiegava con la sua voce monocorde, Lupin si chinò sul banco piazzando una pila di libri davanti a loro per nascondersi – cosa inutile visto che a Ruf importava meno di zero.
“Qualcuno ha lanciato un incantesimo sul lampadario.” Mormorò, serio. “So quello che ho visto. La vite è stata sfilata per magia.”
“Ma chi potrebbe essere stato?” domandò Peter, in un gemito.
“Bellatrix e Narcissa. Ne sono certo.” Sirius si chinò con un ringhio basso e occhi che mandavano scintille. “Non sto a raccontarvela tutta anche perché tanti dettagli sono rimasti segreti anche per me. Vi basti sapere che Andromeda è la primogenita della famiglia, la loro sorella maggiore. E la odiano ancora più di quanto detestino il sottoscritto. Volevo già dirvelo prima. Tonks va protetta.”
“Andava protetta anche senza essere una Black, ad esser sinceri…” ironizzò James. “Ha la leggera tendenza a farsi male o l’ho notato solo io?”
“E in ogni caso, non possono essere stati i Black. Erano tutti lontani.” Remus si massaggiò le tempie. “Certo, possono sempre delegare ad altri…ma c’era tutta gente che le Serpi le detesta…o ha motivo di essere detestato da loro…”
“La Chang? Mi sembra abbastanza priva di morale per fare qualcosa del genere…”
“Nah. Quella è ossessionata da James. Non si metterebbe mai insieme ai Black.”
“E il suo codazzo è troppo scemo per fare cose del genere. Forse qualcuno di passaggio che non abbiamo visto. C’era un sacco di gente oggi.” Sospirò Peter, mentre Potter girava con lo sguardo dorato per la stanza.
A proposito di ossessioni…Lily non c’era nemmeno alla terza ora…
“Hmmm…”
Andarono avanti a discutere a lungo, senza arrivare a svelare il mistero che si infittiva sempre di più. Però su una cosa erano certi.
“Preparerò dei filtri protettivi da farle indossare.” Concluse Lupin. L’attentato alla vita della ragazza l’aveva definitivamente convinto che fosse una Black. “Anche se credo che Silente ci abbia già pensato. Se è stata qui sotto copertura per tutto questo tempo, sicuramente avrà preso qualche precauzione.”
James fece per rispondere quando, proprio quando suonò la campanella dell’ora successiva, in classe entrò finalmente Lily Evans, che salutò educatamente il prof, ignorò i bisbigli alle sue spalle e si piazzò in un banco stranamente in fondo.
I Malandrini saltarono letteralmente sulle sedie in sincrono.
“Ma che cavolo ti piglia?!” sbottò Black, scoccandogli un’occhiataccia.
E così non resisteva lontana da lezione nemmeno un giorno…
“Scusatemi.” James si alzò, approfittando del breve intervallo per sedersi vicino a lei.
Niente.
Zero.
Nemmeno mezza occhiata.
“Posto isolato, Evans?” buttò lì.
“Ho mal di testa.”
Non lo guardava nemmeno negli occhi. Ok, o era pazzo lui o lei era incazzata nera! E per che cosa?!
Le aveva salvato la vita…la notte prima gli si era letteralmente accoccolata addosso per ore, lo aveva stretto…e oggi invece…
Adocchiò il suo profilo, mentre lei non pareva nemmeno vederlo. Aveva due occhiaie da far paura, come lui del resto, visto che aveva dormito sì e no due ore. Che fosse davvero stanchezza?
Fu quasi tentato di allungare il braccio per proporle di riposarsi un po’ ma c’era come un muro gelato in visibile che pareva tenerli più lontani che mai…
Per testare ulteriormente la sua teoria, iniziò a fare piccoli danni di proposito. Rovesciò per sbaglio dell’inchiostro, finse di copiare i suoi appunti, iniziò perfino a far i suoi soliti dispetti agitando la bacchetta così tanto che verso la fine parecchia gente iniziò a girarsi verso di lui con occhi omicidi mentre Ruf veleggiava in una nuvola di pezzetti di libri incantati per lottare tra di loro e gessi che scrivevano oscenità sulla lavagna attaccando chiunque rispondesse correttamente alle sue domande – senza per altro accorgersi di nulla perché…beh, perché era Ruf.
Ma lei niente.
Zero.
Non un ammonimento. Non una bacchettata nell’occhio. Niente pugni in testa.
Continuò così praticamente fino a pranzo, facendo esplodere cose apposta senza che lei lo degnasse di attenzione manco di striscio fino a quando la McGranitt non tentò di staccargli un dito a morsi.
Sembrava che per lei…lui non esistesse. E invece, nella testolina in tilt della rossa lui esisteva eccome! Né le era sfuggito il suo continuo guardarla, cosa che la stava letteralmente mandando al manicomio!
Sentendosi osservata per l’ennesima volta, e sentendosi per l’ennesima volta il cuore in gola, si alzò di scatto e se ne uscì veloce come il vento per il giardino, per prendere un po’ d’aria fresca.
James si alzò immediatamente, come una molla, e le corse dietro. Eh no, ora basta!
“Lily! Hey Lily!” la chiamò, sbracciandosi.
Lei si voltò veramente all’ultimo, quando quasi l’aveva afferrata. Lo fissò con grandi occhioni un po’ persi e…si morse il labbro inferiore.
Cristo.
L’ondata che mandò ai Malandrini fu così forte da far strozzare Black con il tacchino.
Ma fu veramente cosa breve perché la voce di Lily era peggio di una doccia ghiacciata.
“Che c’è?”
“Ecco…”
Si passò una mano sulla nuca, mentre lei attendeva risposte stranamente rossa sulle guance.
Perché cavolo l’aveva chiamata?
Che le diceva adesso?
E senza saperlo, mentre lui cercava una scusa plausibile, il cuore della Grifoncina iniziò a battere la tarantella.
Cavolo, stava arrossendo sempre di più… e se lui l’avesse notato?! Come faceva a non accorgersene?!
“Beh, che fai qua fuori con questo freddo?”
“Cosa faccio? Cosa faccio? Parlagli…digli qualcosa…”
“Nulla che ti interessi.” Borbottò, distogliendo lo sguardo.
“Hey! Siamo nervose, eh?”
“Cretina. Lily Evans, sei una cretina.”
“Ma che cavolo di domanda le ho fatto? Che idiota!”
“Scusa. È…che ho voglia di fare una passeggiata, tutto qui. La notte di ieri è stata impegnativa…”
“Non mi hai salutato, stamattina.” Fece notare lui.
“Ero molto di fretta. Ciao. Adesso ti ho salutato.”
“Ma perché sono così odiosa?! Dio!”
“’Non mi hai salutato stamattina’?! E che cosa sei, sua madre?! James Potter vedi di ripigliarti subito!”
Quell’insolito incontro di cervelli, ognuno del quale filava dritto su un binario tutto suo a livello di pensieri, finì quando la Grifoncina decise che il suo povero cuoricino avrebbe retto ben poco.
“Scusa devo andare!” se ne uscì, praticamente gridandogli addosso.
“Cosa? Hey aspetta!” il ragazzo le si parò davanti, bloccandole la fuga.
“Non è che mi stai evitando, vero?” chiese, facendosi quasi severo.
“Ti evito dal primo anno, Potter!” fece notare Lily, sentendosi sempre più acida.
“Sì…ma…insomma, hai capito cosa intendo!”
“Dannazione!” esplose la rossa, giunta al limite. “Non succede niente se non mi vedi per una mattinata, lo sai?! Non crolla il mondo!”
Oddio…l’aveva veramente detto?
Ma quanto era stupida?
Non le avrebbe più rivolto la parola…stupida, stupida, stupida!!! Quanto doveva apparirgli ingrata in quel momento? Le aveva salvato la vita e lei…lei…!
Ma con sua grande sorpresa, James sorrise, passandogli bonariamente una mano sul capo e scompigliandole i capelli.
“Giusto! Volevo solo esserne certo…” ridacchiò. “Vedi di non fare troppo la zombie. Non è da te. Ci vediamo!”
Ma mentre correva via, al Malandrino il sorriso scivolò dalla faccia. Accidenti, pensò, precipitandosi negli spogliatoio e afferrando una scopa da Quidditch. Non l’aveva mai guardato negli occhi…
 
 
 
 
 
 
Bellatrix Black stava accoccolata su una dormeuse rifinita in madreperla da almeno un’ora, ormai. Le lunghe gambe marmoree gettate blandamente di lato, nascoste a malapena da una aderente gonna di seta purpurea, un vacuo sorrisetto sulle labbra.
Al suo fianco, seduta e intenta a leggere, Narcissa Black non poteva apparire più diversa: eterea laddove l’altra era sensualità, il fuoco verdognolo del caminetto giocava con i suoi colori pallidi facendola apparire quasi come una sirena dei laghi.
Lucius Malfoy si sedette accanto alla sua futura sposa certo che il suo canto prima o poi lo avrebbe distrutto.
Le sfiorò la mano con le labbra, senza che lei distogliesse gli occhi di ghiaccio dalle pagine. Si permise un istante per ammirare quelle bionde ciglia da bambola sfiorare le gote aguzze prima di interessarsi allo spettacolino che aveva di fronte.
“Si può sapere che le prende?” chiese, inarcando un sopracciglio.
“Di che parli?” Narcissa non si mosse, vagamente annoiata.
“Di tua sorella. Com’è che non sta facendo a pezzi la sua stanza?”
“Oh. Le ho dato del latte di papavero.” Affermò quella, tranquillissima, mentre Malfoy si girava di scatto in sua direzione.
“Hai drogato tua sorella?”
La Serpeverde sospirò, seccata di quell’interruzione, e chiuse il libro sulle sue gambe.
“Sì, e lo rifarò se necessario. Sai com’è fatta.”
“Cissi, sei una infida serpe.” Sorrise Bella, per nulla preoccupata. “Ma devo ammettere che ora riesco a pensare un po’ più lucidamente.”
“Avrebbe distrutto la scuola.” Spiegò lei al suo fidanzato, trattenendo uno sbadiglio. “Andromeda è un argomento che non puoi tirare fuori. Non volevo rischiare che facesse secca la mocciosa davanti a tutti…”
“E comunque, ti è andata male.” Lucius sospirò. “E’ una Metaformagus. Può trasformarsi in Hagrid.”
Questo ebbe il potere di trasudare un’emozione sul viso della ragazza. Sorpresa. Subito trafugata da due occhi pensierosi dai quali si potevano osservare gli ingranaggi girare.
Si mise due dita sotto al mento, come se stesse per risolvere un intricato indovinello matematico.
“Questo è un problema.” Sibilò, con voce fredda. “Sapevo che qualsiasi maledizione sarebbe andata a vuoto viste le protezioni del preside stesso e speravo in un metodo più rozzo e babbano ma…se riesce a trasformarsi in quello schifoso guardiacaccia è certamente impossibile sopraffarla fisicamente! Dannazione, Silente ci ha visto lungo.”
“Cosa che tu non stai facendo.”
“Eh? Che intendi dire, scusa?”
“Intendo dire che Bellatrix non è l’unica a dare di matto quando si parla della vostra cara sorellina.” Malfoy si chinò su di lei, con una smorfia. “Farai anche la parte di quella macchinosa ma ti conosco. Stai dando di matto esattamente quanto lei e lo dimostra il fatto che stai cercando di fare secca una pedina inutile, sputtanando i piani a lungo termine…”
Si potevano sentire i denti della bionda Serpeverde scricchiolare tra di loro, mentre li digrignava. Per un istante il suo bel viso parve contorcersi in una maschera di rabbia, prima di indossare di nuovo quella dell’indifferenza.
“Tanto ormai non c’è alcuna possibilità.” Sibilò. “Possiamo solo sperare che se ne occupi la nostra preziosa ospite…dovrebbe farle piacere, visto che a quanto pare quelle due sono simili…”
“Già, parliamo un po’ di quella tizia!” sbottò il ragazzo, scocciato. “Chi le dà il diritto di prendere iniziative?!”
Ma non fecero in tempo a finire il discorso che le conseguenze di quelle “iniziative” si palesarono sotto forma di un ragazzo pallido che sbatté la porta del dormitorio con violenza.
“A che cazzo di gioco state giocando?” ringhiò Michael Aliaset, sbattendo i libri sul tavolino davanti alla dormeuse e guardando il terzetto con occhi infuocati.
“Che palle. La principessina viziata è venuta a rompere.” Ghignò Bellatrix, accoccolandosi meglio. “Hai altri capricci da fare, tesoro?”
“Chiuditi il becco!” Sbottò quello. “Da fatta sei ancora più insopportabile!”
Lei ridacchiò.
“E come potresti sopportarmi? Nuda sopra di te, magari?”
“Oh, bellezza, non dubito che sarebbe piacevole…” e le scoccò una occhiata scivolando su quelle curve pericolose. “…ma non ho l’antidoto per il veleno, temo!”
“Affascinante scambio di pensieri.” Mormorò Narcissa, tediata da quel baccano. “Che cosa c’è, Aliaset?”
“Oh, vediamo…” quello fece finta di pensarci, ridendo acidamente. “…mi chiedevo solamente perché cazzo mi avete obbligato a sedurre quella stramaledetta Sanguesporco quando poi cercate di farmela fuori la notte prima!”
“Sei il secondo tizio che si incazza per questo.” Notò Bella, divertita. “Anche Severus l’ha presa malino.”
“Già! Peccato che Piton si sia giocato la rossa quando non s’è tappato la bocca al Quinto! Mentre io sto facendo finta di essere il ragazzo perfetto da giorni, ma a quanto pare inutilmente, visto che alla prima occasione cercate di farle la festa!”
“Oh, povero piccolo, obbligato a portarsi a letto una bella ragazza.” Bellatrix fece una smorfia. “Non eri un abile seduttore?”
“Beh, sappi che Lily Evans non è una che cede tanto facilmente! So che sei abituata alle tizie di qui ma con lei non basta slacciarsi la patta!”
“Piantala, Michael.” Intervenne Narcissa. “Ti ricordo che le ricompense per tale fastidioso incarico ti sono andate bene.”
“Già. Il titolo di lord per mio padre e per me.” Lui sorrise aspramente. “Parliamone un po’! Chi mi assicura della vostra parola?!”
Quello parve stizzire la ragazza oltre ogni dire. Strinse le labbra, rivolgendogli uno sguardo gelido che finalmente lo zittì.
“Noi siamo i Black.” Sibilò. “Non siamo diventati così potenti infrangendo la parola data. Ricordatelo bene.”
“E in ogni caso, non siamo stati noi ad attentare alla vita di Lily Evans.” Si stiracchiò la sorella, illanguidita. “E’ stata un’idea della Succhiasangue. E lei esula dai nostri comandi. Ma se ti preoccupa, sappi che riceverai lo stesso i titoli nobiliari, in ogni caso.”
Lui sbuffò, annodandosi la sciarpa al collo.
“Quella stramaletta vampira vi porterà solo problemi.” Affermò. “E non ho ancora capito perché cazzo vi serva che io mi avvicini alla Evans.”
“Di questo non devi preoccuparti.” Mormorò Cissa. “Tu allontanala da Potter e basta.”
Osservarono il ragazzo andarsene come una furia, sempre incazzoso, e chiudersi nella sua stanza dopo aver creato una bolla protettiva che fece esplodere una lampadina.
Lucius, che aveva assistito divertito alla scenetta, si concentrò di nuovo sulla sua diabolica sposina.
“Però ha ragione. Mi spieghi perché gli hai chiesto di mettere distanza tra la Prefetto e Potter?”
“Sì, pure io me lo sono chiesta. Perché dobbiamo sopportare gli isterismi di Aliaset?”
La mano sinuosa di lei attraversò l’aria come un fantasma, prendendo delicatamente la caraffa di vino e versandosene un bicchiere. Se lo portò alle labbra, con sguardo vacuo.
“Per due semplici motivi.” Spiegò. “Prima di tutto, perché un Incantatore diventa tanto più forte quante sono le persone che lo circondano. Attaccarlo direttamente porta solo al disastro, come abbiamo visto quando ci ha fatto saltare in aria il dormitorio. E no, grazie, non intendo più dormire in uno sgabuzzino. Va isolato. Solo così potremmo indebolirlo a sufficienza e togliercelo dai piedi quando a fine anno faremo la nostra mossa. E a tal proposito, ho come il sospetto che allontanare la Evans da lui possa indebolirlo più di quanto non possano fare cento amici. La nostra simpatica ospite mi ha raccontato di un curioso siparietto, la notte precedente…”
La ama?” Intuì Bellatrix estasiata, accendendo i propri occhi come un rapace goloso.
“Al punto di rischiare la vita.” Confermò l’altra, con soddisfazione.
Lucius rise, interessato alla svolta curiosa che avevano preso gli eventi. Sapevano che Potter era stregato da Lily fin da bambino, ma l’amore…ah, l’amore è un’altra cosa.
L’amore può distruggerti davvero.
“Beh, che dire, interessante piano b.”
“Sì, ma perché proprio Aliaset?” continuò la bruna. “Perché hai scelto la persona che meno di tutti aveva interesse alla nostra causa?”
Narcissa scosse la chioma con un movimento lento. Fili d’argento sembrarono brillare contro le sue guance bianche come neve.
“Proprio per questo.” Sussurrò, fissando il fuoco. “Perché voglio questo dormitorio unito. Sotto controllo. Nessuna voce fuori posto…nessuna incognita…”
Il fuoco bruciava, bruciava, bruciava…
“…Quando il Serpente morderà, lo farà per intero.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Che quella giornata fosse iniziata di merda era un dato di fatto. Che fosse finita altrettanto male, iniziava ad sembrare scontato.
Potter era rientrato da una volata fradicio di neve e mezzo congelato, e quando sentiva così disperatamente il bisogno di volare stava a significare solo una cosa: aveva le palle girate.
E infatti, fu di umore nero per il resto della giornata, fino a quando Cristhine non iniziò a fargli le moine facendosi raccontare per filo e per segno il motivo del suo malumore.
E in effetti, Sirius notò che la loro amata Prefettina li stava ignorando a dire poco. Non che prima li amasse, sia chiaro, ma ultimamente si rese conto che si erano avvicinati davvero un sacco.
Senza dire nulla, Lily Evans aveva iniziato a frequentarli quasi tutti i giorni. Certo, sgridandoli il novanta per cento delle volte e rischiando la vita il restante dieci, però era riuscita in qualche modo a farsi chiamare perfino Marauder.
E quando perfino a cena non li degnò di uno sguardo, sembrò ben strano.
“Ok.” Sbuffò, staccando un pezzo di pane a morsi. “Si può sapere che le hai fatto?”
“Ti ho detto che non lo so!” sbottò Potter, imbronciato. “Le ho solo salvato la vita, scusate tanto eh!”
“Oh, dovrai pur averle fatto qualcosa.” Borbottò Remus, versandosi la zuppa nel piatto. “Tu le fai SEMPRE qualcosa, James.”
Poi qualcosa attirò la sua attenzione. Tonks entrò nella stanza, energica come sempre ma quando vide la rossina le brillarono gli occhi.
Le si avvicinò con un sorriso a trentadue denti, luminosa come un sole.
“Ciao, Lily!” quasi gridò, entusiasta di vederla. Ma la ragazza le riservò uno sguardo confuso…
“C-ciao a te. Ci conosciamo?”
Fu un attimo solo. E solo Remus se ne accorse, perché la stava guardando dritta in faccia.
Per la prima volta nella giornata, ci fu come un lampo nella faccia sempre felice di Ninfadora. Qualcosa di triste le attraversò le iridi, poco più di qualche istante.
Poi la ragazza tornò a sorridere.
“No, non tanto.” Disse. “Volevo solo augurarti buona cena!”
“Oh. Beh…G-grazie. Anche a te!” Fece la rossa, sorpresa, mentre la ragazzina si piazzava vicino a loro.
Che strano. Sembrava che invece Tonks la conoscesse bene…e quella tristezza sul suo viso…che l’avesse sognato?
Remus la fissò così a lungo che quella se ne accorse e ghignò vagamente maliziosa, facendolo avvampare. Forse erano tutte impressioni…
Si concentrò su chi disperato lo era veramente, prima che Sirius si accorgesse di quello strano scambio di sguardi e lo evirasse sul posto.
James sembrava più turbato che mai.
Si mise le mani nei capelli, arruffandoseli ancora di più. Dio, quella maledetta lo faceva diventare pazzo!
Più si sforzava, più non ricordava che cosa mai potesse averle detto di sbagliato, o fatto, o…
La rivelazione lo colpì proprio in quel momento, come una mazzata.
E se…e se si fosse ricordata di…?
Black gli scoccò un’occhiata vacua, prima di tornare al suo panino.
“Visto? Te l’avevo detto che ti tornava in mente.”
Quello balzò in piedi, sulla faccia un’espressione orripilata.
“Oh.” Disse solo. “Oh. Cazzo.”
Le piantò istintivamente gli occhi addosso, sbiancando. E dall’altra parte del tavolo, Lily quasi si strozzò con l’acqua.
Ma perché quel cretino continuava a fissarla?! Perché si sentiva così a disagio?!
Ancora quel batticuore…quel peso allo stomaco…oh, accidenti!
Basta…non ce la faccio più.” Pensò scocciata, e si alzò.
Una bella doccia fredda per rinfrescarle la mente, ecco cosa ci voleva!
E magari anche il corpo…, ironizzò una vocina stronzissima dentro la sua testa, facendole strabuzzare gli occhi e quasi soffocarsi di nuovo.
Le parole di Michael le rimbombavano in testa, fredde, quasi cattive. E quelle di Alice…e tutte le altre…
Era così confusa che, quando fu nell’atto di sorpassare James, senza guardarlo nemmeno stavolta, inciampò in un laccio della borsa di un compagno.
Se ne accorse praticamente quando stava volando per terra come un sacco di patate.
Poi James si mosse.
Istintivamente il ragazzo scattò in avanti per prenderla, allungando il braccio.
 
 
Capisci di amare quando hai paura…”
“Questo controllo assurdo che ha avuto su di te per tutto questo tempo…come fai ad accettarlo?”
“Stai parlando niente di meno che con il giocattolino di Potter…”
 
 
“NO!”
Il suono di uno schiaffo si levò nell’aria e Lily cadde a terra.
Ansimò appena, rialzando il viso sulla mano che aveva appena schiaffeggiato via e si sentì…pietrificare.
Che aveva fatto?!
Perché lo aveva colpito?!
L’intero tavolo di Grifondoro era sceso nel silenzio più completo, stupefatto da quella strana  reazione.
E, con orrore di Lily, il volto di James Potter si oscurò.
“I-io…” mormorò, mortificata, mentre per la prima volta in sette anni, James Potter le riservò uno sguardo freddo.
“Scusa se ti ho imbarazzata. Me ne vado.”
Lo vide alzarsi, raccogliere la borsa e sbattersela sulla spalla.
Fu il tono della sua voce a farle riprendere coscienza della realtà dei fatti.
Le sue parole erano così diverse…così irreali, così strane…non le aveva mai parlato cosi…mai, in sette anni. Si erano urlati addosso, si erano insultati, ma quel gelo…
Scattò in piedi, disperata.
Digli qualcosa, non farlo andare via…
“Mi…mi dispiace…”
“Tranquilla. Nessun problema.” Lui alzò la mano senza voltarsi, uscendo dalla stanza.
Lo era eccome…la grifoncina si strinse le braccia, sentendosi improvvisamente triste.
Accidenti. Perché doveva essere tutto così difficile?
Era stato solo un bacio…solo uno stupido bacio…
Sirius, Remus, Cristy e Peter la guardarono con espressione stupita.
Inghiottì quel groppo in gola, aggrappandosi all’ultimo briciolo di orgoglio rimasto, e si sforzò di sorridere.
“Non…non ho fame.” Balbettò. “Sarà meglio che vada a letto.”
Cristhine cercò di dire qualcosa, dispiaciuta, ma la ragazza sparì nel buio di un angolino senza lasciarle il tempo.
Dall’altra parte della sala, qualcuno sogghignò sulla sua minestra.
“Hey Aliaset, forse ti si è appena facilitato il compito.” Ridacchiò Bellatrix, giocherellando con una ciocca dei suoi capelli prima che lui scostasse la sua mano, scocciato.
“Senti Black, se vuoi fare sesso d’accordo, ma adesso piantala di provarci perché quando fai così la carina sei inquietante a dir poco!”
“Bah, vedi di essere meno di ghiaccio con la nostra Grifondoro.”
“Oh, non preoccuparti, tesoro. So ancora come si fa.” Ironizzò quello, mentre qualcuno aguzzò bene le orecchie senza farsi notare.
Piton soffiò sulla zuppa per raffreddarla, mentre tutt’attorno esplodevano intrighi e chiacchiericci.
Continuò ad osservare e ascoltare in silenzio per tutta la cena.
Doveva prendere una decisione…

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Capitolo 34
*** Arrivo ad Abbotts Grange. ***


 
 
 
 
C’era un vecchio detto nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts: il Grifondoro ha sempre un motivo per festeggiare.
Che si trattasse di una partita di Quidditch, di qualche punto preso alla Coppa delle case o del fatto che la famiglia più odiata della storia avesse ricevuto l’ennesimo smacco nel sapere che un altro pupillo fosse nelle loro grinfie, quella gabbia di matti in quattro e quattr’otto tirava su qualche cassa di alcolici da contrabbando, erba, carte da poker e chi più ne ha più ne metta e metteva in piedi un party coi fiocchi.
O per meglio dire, uno in cui girava abbastanza Whisky incendiario da renderlo memorabile nella loro bacata testolina da alcolizzati.
Insomma, una vera pacchia per un ragazzo silenzioso e amante della tranquillità che era pure Prefetto, pensava Lupin, aggirandosi come un’ombra in mezzo ad una marmaglia di corpi danzanti, barcollanti, saltellanti o semplicemente sdraiati a terra mezzi collassati, dopo aver cacciato giù matricole che cercavano di imbucarsi, ritirato fuochi d’artificio che qualche genio pensava bene di accendere in un ambiente chiuso e deviato gentilmente temerarie proposte di sfide alcoliche che avrebbe vinto in ogni caso.
Non che mietere vittime in quel bordello non lo stuzzicasse, ma quella sera non si sentiva in vena di festeggiare.
O di perdere la concentrazione.
Si diresse verso un terrazzino in cerca di aria fresca senza nemmeno accorgersi che era già occupato.
La sua mano si fermò appena qualche istante sulla lunga tenda di seta sottile prima che la causa di tutto quel trambusto si accorgesse di lui.
“Heylà!” salutò Tonks, che per quell’occasione aveva i capelli di tutti i colori, come un arcobaleno impiastricciato. Le ciocche sfioravano le spalle strette e magre, mentre un top color pesca allacciato al collo con su scritto “make it happens” le lasciava nuda la schiena.
Una strana visione nel bel mezzo di dicembre, ma qualcuno doveva aver incantato i poggioli per tenerli caldi esattamente come dentro la sala.
“Hey.” Disse, cauto, affacciandosi assieme a lei. “Come mai, qui fuori da sola? La dentro c’è una festa in tuo onore, dovresti essere a scatenarti.”
Lei ridacchiò, osservando qualche ciuffo di neve staccarsi dalla testa dei gargoyle che si scrollavano nella notte e precipitare come polvere diamantina verso terra.
“Volevo godermi questa bella visione!” Disse semplicemente, indicando il cielo con un gran sorrisone. “Guarda, si vede la luna! Dovrebbe essere nel suo primo quarto…”
“No, è crescente.” Rispose Remus, senza riuscire a trattenersi.
“Un esperto, eh? Beh, è sempre splendida.” Tonks le diede le spalle, appoggiando i fianchi sul parapetto. “Soprattutto questa sera!”
La pelle era leggermente sudata e riluceva sotto i suoi raggi freddi. Remus provò un leggero brivido, uno di quei brividi che non andavano bene. Scosse la testa come per scacciare una mosca.
“A proposito, grazie per oggi!” la ragazzina gli si avvicinò senza accorgersi di nulla, dandogli un leggero colpetto sul braccio.
“Per cosa?”
“Beh, ti sei buttato sotto quel lampadario gigantesco senza pensarci su. Oddio, forse non è stata proprio una mossa geniale ma sei stato grande!”
Tutta quell’euforia lo fece sorridere prima di sentire di nuovo le ombre. Quando James era entrato nella sala aveva incantato il lampadario qualche istante dopo aver saputo cos’era successo, senza farsi vedere. Le orme della sua mano, che aveva deformato il ferro laddove l’aveva afferrato, erano state cancellate.
Nessuna prova. Nessun pericolo.
Allora perché si sentiva quasi turbato? Forse perché quel sorriso riconoscente non lo meritava.
Forse perché la prima cosa a cui aveva pensato quando quella cosa gli era franata in testa era che lo avrebbero scoperto e non alla salute di quella ragazza.
Forse perché non si sentiva così tanto grande, in fondo.
“Ecco… ho agito di istinto…”
“Beh, compagno di casata, sono in debito.” Proclamò solennemente lei, con una buffa espressione. “Ho un favore da renderti! Spara. Cosa posso fare per te?”
“Davvero, non c’è bisogno…”
“Questo te lo sei fatto oggi, eh? Quindi anche tu tendi a riempirti di lividi!” lei gli si avvicinò, indicando un ematoma sopra il polso, laddove una manica della camicia si era tirata su.
Non fece in tempo a sfiorarlo perché Remus la riabbassò con uno scatto.
“Si è fatto tardi. Sono da solo a gestire tutto, per cui, sarà meglio che vada.”
La frase uscì più tagliente e gelida di quanto non volesse. Un simile atteggiamento avrebbe spaventato qualunque ragazza ma Tonks parve incuriosirsi, come di fronte ad un esemplare strano ma interessante.
Quegli occhioni giganti e limpidi erano destabilizzanti a dir poco… passò qualche istante di silenzio, mentre il vento continuava a scompigliare i loro capelli.
“Hey, Black! Dove ti sei cacciata? Ci hai promesso di farci l’imitazione di Malfoy con le tette!” gridò qualcuno sopra la musica, dietro di loro.
“Arrivo!” Tonks fece per superarlo quando parve ricordarsi di una cosa. “Da solo, hai detto? Quindi Lily non si è vista? Sta bene?”
Se prima aveva voluto solo fuggire da quella sua brutale innocenza, ora quella frase parve trattenerlo.
“No, non si è ancora vista. Ma…posso farti una domanda che mi tormenta da tutto il giorno? In che rapporti sei con lei? Mi è parso di capire che vi conosciate, però... perché tutti sembrano averti incontrato solo ora?”
Ed eccolo lì. Di nuovo, quello strano lampo nei suoi occhi. Una sfumatura triste, quasi come un repentino cambio di colore. Sì, ci era passato letteralmente del grigio, in quegli occhi verde acqua.
Fu un istante solo, ma lo vide ben chiaro.
“Sì, siamo amiche. In un certo senso. Forse avrai notato che io tendo a farmi male spesso…”
“Hemm…sì, ne ho avuto una vaga idea…”
“L’anno scorso, stavo sistemando alcune ceste per Kettleburn, quando sono inciampata in una radice e…beh, sfortunatamente per me un’asse del recinto dei Porlock era marcio, l’ho sfondato e sono finita dritta in mezzo a loro. Di solito scappano alla vista degli umani, ma c’era una cavalla incinta a cui facevano la guardia e stavano iniziando a diventare particolarmente aggressivi…”
“Accidenti!”
“Lily mi ha salvato.” Concluse lei, sorridendo con ammirazione. “Oh, dovevi vederla, è stata grande! E’ lì che ci siamo conosciute! Da quel momento non sono più riuscita a separarmici…”
“Un attimo!” saltò su Lupin, aggrottando le sopracciglia. “Io…ora mi ricordo vagamente di qualcuno che le stava sempre appresso un anno fa…però…il suo viso è confuso… non riesco a metterlo a fuoco…”
“Non puoi.” Lei alzò le spalle. “Nemmeno Lily può. Ogni anno, tutti gli studenti di Grifondoro sono stati confusi da Silente. Io non volevo, e nemmeno lui a dirla proprio tutta, però sono state le direttive di mia madre. Per via dei Black, sai…”
“No, ferma, alt! Stai dicendo che tu e Lily siete state amiche e che ora…”
“…Ora non se lo ricorda più.” Finì per lui, con un’alzata di spalle.
Fu qualcosa di amaro che colò dentro Remus quando la sentii dire quella frase, in modo così tranquillo, come se stessero parlando del più e del meno.
Ripensò a quella grinta, a quell’entusiasmo, a quei sorrisi un po’ svampiti, alla sua parlantina senza freni e a quella sua allegria quasi fastidiosa. Al modo in cui stava per abbracciare la Evans e poi si era fermata, in Sala Grande.
Lei dovette leggere qualcosa sul suo viso ma al posto di mortificarsi per quella pietà, parve rinvigorirsi e rafforzarsi, saltellando come un coniglietto e illuminandosi.
“Su col morale, Remus! Non è così grave! Ci sono abituata e comunque, ora non capiterà più!” rise, battendogli un debole pugno sulla spalla che a malapena sentì. “Ora si comincia a vivere, non è fantastico? Niente più segreti, niente più maschere! Riconquisterò Lily! Non mi abbatto certo davanti a cose così facili! Ossì, sappi che ritorneremo amiche, è una promessa!”
“Sono…sono sicuro che ce la farai.” Riuscì a sorridere lui, vedendola battersi la mano sul muscolo del braccio in una imitazione bizzarra di Braccio di ferro, un po’ sorpreso da quel modo di affrontare la vita. Poi si ricordò di una cosa e arrossì appena, guardando altrove. “Senti, Tonks…”
“Sì?”
L’aria si era fatta più calda? Com’è che ora si sentiva bollente?
“Ecco…volevo scusarmi per…beh, per quello che è capitato tra di noi. Ora che ci penso, non ne ho avuto ancora occasione…” si grattò la nuca, sentendo le parole uscire fuori dalla gola come dei macigni.
“Oh, parli del bacio?” chiese lei, tranquilla da fare schifo. Quello lo mandò letteralmente in fumo.
“Io…beh, vorrei poterti raccontare i motivi dietro a quel gesto ma…ecco, la verità è che sarebbe davvero lunga da spiegare e…beh…forse anche folle, sotto un certo punto di vista…”
“Oh, non ce n’è bisogno. Anzi a  dire il vero, ne vorrei un altro.”
Era talmente in tilt tutto d’un tratto che all’inizio non capì bene cosa gli avesse risposto lei. Né colse il suo avvicinarsi lentamente e il mutamento della sua espressione, d’un tratto birichina, furba e maliziosa.
Poi quelle parole lo colpirono come un pugno in faccia e sgranò gli occhi.
Stava appoggiando la mano sulla balaustra ma quella gli slittò contro il ghiaccio e non si sa bene come, scivolò a terra come un sacco di patate.
Rimase lì, a guardarla come se fosse un alieno e a boccheggiare.
“Co…cosa?!”
Com’era carino, pensò Tonks, inginocchiandosi lentamente davanti a lui e mettendogli una mano sulla spalla come ad un vecchio amico. Passava dall’essere distante e freddo all’essere imbranato e buffo.
Cercò di rendergli chiaro il suo pensiero con tutta la calma possibile, mentre lui deglutiva sentendola improvvisamente troppo vicina.
“Non ho mai avuto un ragazzo, a differenza delle mie coetanee… Sai, sempre per via dei Black, del dovermi nascondere eccetera… ” Gli spiegò con vocetta stucchevole, come ad un bambino un po’ tardo. “E visto che il mio primo bacio l’ho dato a te, tanto vale che il mio primo fidanzato sia tu!”
C’erano talmente tante cose sbagliate in quella semplice affermazione che Remus avrebbe potuto parlare per una nottata intera.
Ma tutto quello che riuscì a fare fu fissarla allucinato mentre Tonks gli sbatteva in faccia un ghigno improvvisamente da demone tentatore che decisamente poco si addiceva alla sua età.
O forse erano le ragazzine ad essere cambiate e Remus non ci aveva fatto caso. Dov’erano finite le bimbette tutte giornaletti e pupazzi?
Dov’erano i suoi cazzo di pupazzi?!
“Lily non sarà l’unica che conquisterò quest’anno.” Gli cinguettò quella, angelica, prima di alzarsi e spazzolarsi la gonna. “Malfoy con le tette, dicevano?”
Fece per allontanarsi lasciandolo steso come se fosse stato preso da un tir. I fiocchi di neve caddero sui suoi capelli multicolor. Colorati…
Non seppe nemmeno dire da dove tirò fuori il fegato di alzarsi e richiamarla.
“Tonks!”
“Sì?” gorgogliò lei perfidamente, girandosi e piantandogli addosso uno sguardo da cane da caccia che lo fece vagamente sudare freddo per qualche altro istante.
Decise per il momento di accantonare quella vera e propria dichiarazione di guerra – che avrebbe fatto la felicità di qualsiasi altro maschietto presente tra l’altro – e respirò a fondo.
Ci avrebbe fatto i conti a giochi finiti. Ora doveva pensare all’obbiettivo principale.
“A dire il vero, ci sarebbe qualcosa che potresti fare per me.”
 
 
 
 
 
 
 
C’erano momenti in cui l’imbrunire pareva incedere con esasperante lentezza, mentre in altri sembrava cavalcare il cielo con troppa velocità.
Come un ghigno, che si prende gioco del tempo. La notte era scesa vorace sul fuoco del tramonto senza che gli occhi da gufo di un mago si staccassero dal cielo.
Non aveva voglia di volare, però. Stranamente, si sentiva come svuotato.
Pesante.
Di sotto la festa continuava, gente che urlava, danzava e cantava senza freni, mentre Tonks rompeva cose e faceva imitazioni che piegavano in due tutti quanti.
Lui invece preferiva rimanere sul retro, dopo aver fatto passare Burrobirre e elfi domestici di soppiatto, a godersi un terrazzo isolato senza la pressione delle domande altrui.
Ma Sirius Black non era uno che mollava l’osso facilmente. Anche se aveva uno strano modo per consolare il prossimo.
Arrivò lì dietro calciando via una confezione di patatine aperta e scavalcando un cassettone di lattine.
“Tieni.” Gli passò una canna, sbattendosi di fianco a lui. “Così magari hai un motivo valido per fare quella faccia da fesso.”
“Sparati.” Borbottò Potter, afferrando però la cartina.
“Dopo di te. E sappi che me la paghi, eh, che quella roba costa un casino.”
“Dio, per essere figlio di papà sei tirchio come non so che cosa!”
“Spiacente, bello, ho un fondo limitato da quando ho allegramente mandato a fanculo mammina e papino.”
“Eh già, non fosse che la mia, di mammina, ti passa più soldi di quanti non ne passa a me!”
“Perché prevede come li spenderesti.” Tubò l’altro, perfidamente. “ Scope da Quidditch e tisanine salutari da sportivo psicopatico! Almeno la mia erba se la può fumare anche lei.”
James si massaggiò le tempie decidendo su due piedi che era una battaglia persa. Stupido cane.
Black accese il suo accendino intarsiato e il suo click rimbombò nell’aria, unico suono per qualche tempo.
“Devi averla fatta incazzare di brutto, Ramoso.”
“Di che parli, Felpato?”
“Dai, piantala. Sono un cane, posso dirti cosa hai mangiato due settimane fa semplicemente annusandoti il culo.”
“Immagine interessante, grazie…”
“…E tu puzzi di rimorso da almeno due chilometri. Quindi? Le hai ucciso il gufo? Le hai fatto prendere un brutto voto? Hai dato fuoco al suo armadio?”
James si appoggiò al parapetto affondando il naso nelle braccia con espressione da cucciolo ferito, quindi non si capì bene il borbottio che gli uscì di bocca.
“L’ho…ciata…”
“Eh?” Sirius tirò una boccata, apparentemente noncurante.
“L’ho baciata!!!” sbottò infine quello, disperato.
L’amico prima strabuzzò gli occhi, poi passò i successivi dieci minuti a sputare fuori i polmoni a suon di tosse perché il fumo gli era appena andato di traverso.
“Tu…CHE COSA?!” balbettò, con gli occhi lacrimanti.
“Che vuoi che ti dica? E’ capitato per sbaglio…”
“No, no, fermo bello! Uno non inciampa in un tombino e finisce a limonarsi Lily Evans! Com’è che hai ancora le palle attaccate al corpo?!”
Silenzio.
Felpato sbiancò.
“No, aspetta un attimo…non mi dire che…oddio santissimo, l’ha voluto anche lei?!”
“E’ questo il punto…” pigolò James, ma quello era già partito per la corrente.
“…LA SCARICA DI ORMONI! Ti è partita per questo motivo! Cristo, ma sei scemo o cosa?! Tu sei fuori di testa Ramoso! Ci hai quasi fatto diventare dei maniaci sessuali, Peter STAVA PER FARSI UN TOPO e solo perché l’hai baciata?! Quando lo farete che cazzo ci succederà?! Andremo a…”
“LA PIANTI?!” Esplose il Marauders, tappandogli la bocca prima che potesse dire altre eresie. “Non era consenziente!”
“Eh?”
“…Cioè… forse sì…o non esattamente…” balbettò lui, vergognandosi come un ladro. Poi sospirò, passandosi una mano sugli occhi. “Senti, non lo so che è successo, ok? Stava per ammazzarmi, letteralmente…e in quel momento, non lo so che mi è preso…l’ho afferrata e l’ho baciata di istinto…e poi quella strana possessione è svanita…”
“L’hai baciata…mentre era posseduta.”
“Sì.”
“Sotto imperius.”
“Sì.”
“E ora, lei…”
“E ora lei penso se ne sia ricordata.” Una gelatina avrebbe avuto più consistenza del suo migliore amico, pensò Black, mettendosi le mani nei capelli.
“James, ora ti spiego due cosine, ok? Forse mammina ti ha istruito su come lo si usa, ma non sul perché…”
“…Non c’è bisogno della lezioncina, Felpato. Lo so, ok? Forse avevate ragione. Forse…esiste la remota possibilità che io ne sia…”
Non finì la frase perché il suo migliore amico gli tirò una manata dietro la testa da far cader le stelle.
“E ALLORA DIGLIELO, ACCIDENTI A TE!” Tuonò, esasperato. “Ci hai rotto le palle per sette anni Potter, sette maledetti anni a far finta di volertela portare solo a letto, a far finta di trovarla odiosa…”
“Io la trovo  davvero odiosa!”
“…E ora che finalmente hai baciato quella che –hey, notizia del giorno- è la fottuta donna dei tuoi sogni da quando avevi la bellezza di undici anni, te ne stai qui con la faccia da cucciolo a frignare guardando le fottute stelle come una dodicenne! Ma che cazzo ti prende quest’anno, si può sapere?!”
“Non si piegherà mai.”
Il tono con cui lo disse bastò a calmare la parte animalesca che voleva mettergli le mani al collo e Black rimase in silenzio, a fissarlo.
“Come?”
“Lei non si piegherà mai.”
E faceva anche bene. Dio, si rendeva almeno conto di che razza di pezzo di merda lui era stato? L’aveva presa e baciata e aveva passato la dannata giornata a farsi domande su come procedere con quella follia, aveva persino terrorizzato a morte il prete babbano della sua città d’infanzia in cerca di risposte ma quello che non gli era mai passato per la testa è farsi due domandine su che cosa cazzo volesse lei!
Aveva dato per scontato ancora una volta tutto quanto, come il dannato egoista egocentrico che era, il solito stupido James Potter che prende ciò che vuole senza chiedere mai un cazzo, senza rendere mai conto a niente e nessuno.
L’aveva strappata a Piton come un bambino capriccioso, aveva impedito a qualunque idiota di sesso maschile di avvicinarsi a lei ma hey, forse era lei a volere che degli idioti di sesso maschile si avvicinassero, forse era a lei che avrebbe dovuto chiedere prima di baciarla, prima di organizzare il fidanzamento dell’anno con una che con tutta probabilità non l’avrebbe mai perdonato per averle reso la vita degli ultimi sette anni un inferno!
Insomma, voleva davvero una risposta?!
“Beh, eccotela qua la risposta!” esplose ad alta voce, sbattendogli sotto il naso la mano che Lily aveva schiaffeggiato. “Avrebbe dovuto prendermi a calci nelle palle, dio! Mi ero ripromesso di cambiare ed invece sono partito in quarta come al solito, senza pensare minimamente ad altri che non sia io! Sono un verme, okay, e anzi fammi un favore Sirius, pestami!”
E Black gli tappò la bocca con un pugno in faccia. Un vero e proprio cazzotto sui denti che lo mandò a gambe all’aria.
Si rialzò con gli occhi a palla scoccandogli un’occhiata sconvolta.
“Ma che cazzo fai?!”
“Me l’hai chiesto tu.” Tubò quello, facendo spallucce e riaccendendosi la canna.
“Sì ma…NON INTENDEVO PER DAVVERO!”
“Problemi tuoi. E poi sei insopportabile quando ti autocommiseri. Davvero, amico, non ti si addice per un cazzo.”
Era indeciso se ammazzarlo lì su due piedi o vendicarsi in qualche modo più contorto, ma alla fine diede forfait alzando gli occhi al cielo e riacciuffandosi il fumo.
“Fai schifo come confidente, lo sai?!”
“Ti passo anche della Burrobirra, più tardi.”
“Quella buona che conservi nel sottoscala al secondo piano.”
“Andata.”
Strana cosa, l’amicizia. Sirius gli scoccò un’occhiata compassionevole che disse tutto ciò che non aveva fatto uscire dalla bocca e gli frizionò i capelli.
Tra loro non c’era bisogno di parole.
“Stai crescendo, bimbo mio.”
“Che palle.”
Black si rialzò, scrocchiandosi le spalle con un ghigno sadico.
“Torno di sotto! D’altronde non puoi ubriacarti senza il mio aiuto e tra qualche giorno ci sarà quello schifo di gita dove sarà impossibile rimediare da bere, per cui. Magari laggiù riesci ad aggiustarti il cervello, sempre che Lily non ti faccia fuori.”
“Sirius.” Fece James, serio, ancora affacciato al balcone. Fissava un punto nel vuoto. “Sei sicuro di volerlo fare?”
Non parlavano più della ragazza. Il ghigno di Black si fece amaro.
“Remus è sicuro, no?”
“Sì, ma…”
“Che palle, eh? In fondo mi piaceva.”
“Già. Quegli stronzi sanno bene come farsi amare in poco tempo.”
“Dei veri esperti della manipolazione. Sono stato stupido io a farmi fregare, dopo averne passate di cotte e di crude. Bah, poco male. Inutile piangere sul latte versato.”
James lo guardò da sopra la spalla.
“Stai attento.”
Sirius sorrise.
“Anche tu.”
 
 
 
 
 
La mattina del ventun dicembre si presentò fredda, tetra e impregnata di un vago sentore di omicidio.
Barrie Walsh si sistemò il capello di lana sul ciuffo color carota e scoccò uno sguardo felice alle carrozze che stavano capeggiando in fila davanti all’ingresso di Hogwarts.
Poi guardò i suoi amati studenti con un sorrisone angelico.
“Non sono adorabili?” trillò, dando una gomitata a Gazza che gli scoccò un’occhiataccia. “Sprizzano felicità da tutti i pori!”
Il vecchiaccio analizzò appena un secondo le faccette di quei piccoli ingrati prima di rivolgersi in tono monocorde a quel cretino.
“Ti odiano, Barrie. Ti odiano dalla base degli zoccoli alla punta del forcone.”
E in effetti, solo una persona straordinariamente ingenua non poteva non accorgersi delle occhiate al vetriolo che quella decina di studenti gli stava candidamente lanciando addosso.
Forse privare dei poteri per due giorni dei giovani maghi adolescenti ed incazzosi e rinchiuderli in una bettola ai piedi di un noioso paesello babbano non era propriamente il modo migliore per farsi amare.
E infatti, tra denti digrignati e nocche scrocchiate, gli insulti e le maledizioni arrivavano a pioggia nemmeno troppo velatamente ma l’irlandese non sembrava farci caso e veleggiava con serafico candore tra Thestral e sterco di cavallo come una ballerina in procinto di entrare in scena.
Lily Evans sospirò, armeggiando con la bacchetta senza ottenere alcun risultato.
Innocua, spenta. Come un semplice bastoncino.
E così, si ritornava ad essere babbani…una sensazione decisamente disturbante anche per una Mezzosangue.
“Spero che almeno ci sia un pub, in quel paesino.” Sbottò Paciock, infilandosi le mani nei guanti. “Cazzo, senza incantesimi riscaldanti sui tessuti qui fuori si gela!”
“Non cominciare a lagnarti, eh!” sbottò Alice, affiancandoli. “Non sono passati nemmeno dieci minuti!”
“Già, tesoro, incredibile che nessuno abbia ancora detto al nostro caro Prof che questa è una stronzata bella e buona!” replicò acidamente lui.
“Io invece trovo che sia una figata!” cinguettò Weasley, beccandosi un dito medio dritto in faccia praticamente da tutti. “Oh andiamo, un po’ di spirito d’avventura!”
“Com’è che Black non ti ha ancora fucilato sul posto? Ah, già, non è ancora arrivato…”
“Stava salutando Cristhine…”
A proposito di saluti, pensò Lily Evans sorridendo. Accarezzò la sciarpa orribile che le cingeva il collo, un vero orrore multicolor che una certa ragazzina aveva cercato di incantare per diventare fluo senza riuscirci.
Qualche giorno fa, Ninfadora Tonks le si era avvicinata all’improvviso, sbattendo le mani sul tavolo e sbalordendola con un “Salve, Evans. Noi due diventeremo amiche.”
E da quel momento, quella stramboide non l’aveva mollata un secondo. L’abbracciava quando la vedeva, saltandole letteralmente al collo, sembrava sapere ogni cosa sui suoi gusti in fatto di letteratura e la trascinava a fare assurde gite per tutta la scuola a caccia di dolci e oggetti smarriti.
Se all’inizio Lily si era trovata a dir poco sbalordita da quella strana manifestazione d’affetto nata all’improvviso da quella perfetta estranea, erano bastate poche giornate per farla cedere a quei sorrisoni pieni di ammirazione e piano piano, aveva iniziato ad accettarla accanto a sé senza chiedersi più che cosa diavolo frullasse in testa a quella pazza e senza strabuzzare gli occhietti.
Prima della partenza, la ragazzina le aveva regalato quella brutta sciarpa che però la teneva calda.
Che cosa da matti. Chissà perché era così interessata a lei.
E poi…che cosa bizzarra…aveva spesso avuto la sensazione di conoscerla da tempo…
Però, doveva ammettere che l’aveva aiutata parecchio a non pensare e a far passare il tempo tra bisbigli, occhiatine e…l’indifferenza gelida di un certo maghetto con gli occhi d’oro per il quale lei sembrava essere diventata un fantasma.
Che poi, non sembrava nemmeno così arrabbiato.       
Ed era quello, il problema! Si comportava in modo assolutamente normale con lei!
Non la prendeva in giro, non la guardava in cagnesco, non le faceva degli scherzi scemi!
Buffo…Lily non avrebbe mai creduto di sentirne la mancanza e ora si ritrovava quasi a sperare di esserne vittima…
Il giorno prima le era caduto un coltello e quello aveva pure fatto la gentilezza di raccoglierglielo!
“Tieni, Evans.” Aveva detto, tranquillissimo.
Educato, composto, cortese…ma quello non era James!
Il James di sempre le avrebbe rinfacciato la sua imbranataggine…e lei gli avrebbe lanciato un pezzo di pane in faccia, per farlo stare zitto…
“…Speriamo che la Corvonero riesca ad ammansirlo, perché un Black senza poteri magici…brr, non riesco ad immaginare quanto possa essere incazzato!”
“Toh, eccolo lì.” Fece Geky, ghignando sadica, mentre tutti si giravano appena in tempo per vederlo inciampare e cadere di faccia lungo la neve.
Lily seguì la linea del loro sguardo, fino a vedere James, al suo fianco.
Serrò le mani sulla bacchetta, decidendo sul momento di tornare indietro nel tempo e non accettare di frequentare Babbanologia!
Dio, due interi giorni chiusi nella stessa casa, era un dannato incubo!
Ok, Lily, calma! Non succederà nulla di grave, concentrati sulle prove e basta!”
Quanto avrebbe voluto Cristhine con sé! O anche Tonks, ma a quella gita avrebbero partecipato solo i Grifoni del settimo!
Cercò speranzosa perlomeno Remus, ma lo vide parecchio impegnato a tirare su Sirius da terra e a prenderlo sottobraccio, parlottando a bassa voce.
E ora che cavolo gli prendeva?!
“Buongiorno.” Salutò il lupetto, che sembrava già esausto.
“Buongiorno una sega.” soffiò Giuly, accendendosi una sigaretta con l’allegria di un cadavere. “Vediamo di darci una mossa perché…”
Non finì la frase perché Black, con un sorriso un po’ perso che di certo non gli si addiceva, si appicciò a Lily sbattendole un braccio attorno alle spalle.
“Ciao tesoro!” cinguettò, mentre quella gli lanciava un’occhiata stralunata e nella compagine calava il silenzio. Meccanicamente tutte le testoline scattarono all’unisono verso Potter ma il maghetto non fece fuoco e fiamme come si aspettavano tutti, anzi.
Si sistemò con un’occhiata serena la sciarpa sul collo, andando a salutare il professore con un cinque senza proferire una sola parola.
Fu a Peter che toccò il compito staccare il malandrino dalla rossa, con un risolino nervoso.
“Scusalo, Lily! E’ che ha fumato…parecchio.” Precisò, riprendendolo dalla collottola come un cucciolo. “Non si sente a suo agio senza poteri…cioè, più di tutti gli altri… sarà un po’ sballato questo week end.”
“Accidenti, deve aver fumato roba bella pesante.” Rise Alice. “Poteva passarne un po’, l’egoista!”
“Sono pur sempre un Prefetto, vi ricordo. E ci sono controlli di Auror per tutta la strada, per cui sarebbe meglio evitare.”
La voce le uscì di bocca più freddamente di quanto non volesse. Lily afferrò la tracolla e si piazzò sulla prima carrozza disponibile, sentendosi improvvisamente irritata.
L’occhio continuava a scivolarle sulla schiena di quel maledetto, mentre rideva con Walsh…
Non aveva fatto una piega…
“Oh, ma cosa te ne importa?!” pensò, pasticciandosi i capelli. “Che vada al diavolo! Non passerò un solo secondo di più a preoccuparmi per lui!”
Aprì la sua valigetta decisa a concentrarsi unicamente sulle scartoffie per l’organizzazione del Ballo di fine anno, che tra l’altro si stava rivelando più impegnativo del previsto, e fortunatamente sulla sua carrozza salirono solo le ragazze.
Geky, Giuly, Alice e Molly balzarono su con una smorfia mentre Monique blaterava qualcosa sul fatto che senza magia non riusciva a portare i bagagli – cosa che aveva tra l’altro delegato alle sue compagne di classe perché ‘le faceva male una caviglia’.
“Devi stare via solo due giorni, mi spieghi il senso di trascinarsi dietro tre valigie?”
Quella, coi riccioli stranamente scomposti e sudata, le scoccò un’occhiata quasi trascendentale e disse qualcosa in francese che non sembrava propriamente il massimo dell’eleganza. L’isterismo della francesina riguardo il suo aspetto era noto in mezza scuola per cui decisero saggiamente di chiudere il becco.
Caricati i bagagli, la gravità del problema dell’essere senza poteri si presentò con tutta la sua forza quando si ritrovarono schiacciate come sardine ed impossibilitate ad allargare lo scomparto a suon di bacchette, ma a Lily andava bene così.
Pressata tra il finestrino e un baule a tre piani, si perse nel chiasso infernale delle studentesse che superava i limiti umani della decenza, tra le lagne della Leclerq sull’impossibilità di poter aggiustarsi la chioma con la magia alle litigate furibonde delle cacciatrici su un certo battitore famoso che era stato recentemente soggetto di uno scandalo…
“E se non c’è il riscaldamento?! Se mi prendo un raffreddore come mi curo?!”
“Anche i babbani sanno curarsi…”
“Sì, con medicine che fanno schifo e impiegano giorni a funzionare!”
“Secondo voi come sarà la casa dove andremo?”
“Conoscendo il prof, una catapecchia! Quanto ci fate che davvero mancheranno i termosifoni?”
Il viaggio andò avanti su quelle frequenze per parecchio tempo. Ad un certo punto, Lily si addormentò pure, cullata dai dolci movimenti dei Thestral e quando si risvegliò, le strade fumose e arzigogolate di Londra avevano lasciato spazio a dolci colline ricoperte di neve fresca, ruscelli grigi e sottili come fili di ragno e ciuffi di boscaglia scura tra un agglomerato di casette e l’altro.
“Dove siamo?” mormorò, stropicciandosi gli occhi.
“Credo che abbiamo appena superato Oxfordshire.” Rispose Geky, sfogliando un Magivogue. “Babbani, babbani e nient’altro che babbani per chilometri! Una pacchia…”
“Non mancherà molto…” Sbadigliò Molly, stiracchiandosi. “Dio, è stato infernale! Ho le ossa disarticolate!”
“Non date ancora la colpa ai miei bagagli! La bellezza ha un costo!” celiò Monique scuotendo una manina fresca di manicure, prima di accendersi guardando fuori dal finestrino. “Oh, mi sa che siamo arrivati!”
Erano le nove del mattino quando le carrozze atterrarono in quello che aveva tutta l’aria di essere un campo da croquet.
Abbotts Grange era un maniero medievale a due piani, basso e largo, riconvertito in bed&breakfast a conduzione familiare, con una certa storia…eppure, pensò la proprietaria che li attendeva all’ingresso, non era riuscita a dire di no a quello strano individuo che gliel’aveva affittato per due notti ad un prezzo stracciato.
Quella mattina poi si sentiva abbastanza stralunata e non fece troppo caso al fatto che quegli strani ragazzi uscirono letteralmente dal prato boscoso – che circondava per tre ettari la struttura – come se fossero sbucati dal nulla.
Niente macchine, vestiti strani, animali che in un qualsiasi altro giorno non avrebbe mai accettato…gufi, rospi, c’era pure un topo! Eppure…che strano…quella mattina non si sentiva proprio di protestare…
Nemmeno quando un ragazzino con gli occhi d’oro le balzò davanti al naso con un ghigno sardonico fece una piega, e non riuscì a smettere di sorridere cordialmente.
“Animo, Signora Babbana!” rise quello, battendogli le mani davanti al naso. “Mi sembra un po’ confusa!”
“Lascia in pace la proprietaria, Potter! Coraggio, tutti dentro voi altri!” abbaiò un uomo, leggermente più grande ma con un viso da bambino, capelli rossi e orrende basette da fine ottocento.
Mentre i suoi studenti affollavano la sala da pranzo con un chiacchiericcio da spaccare i timpani, quello si fermò con lei sull’ingresso sbattendole in mano fasci di banconote.
“Dovrebbero essere giusti…ma li conti, per sicurezza! Con i vostri soldi non riesco mai a capire…”
“S-sì… lei è straniero?”
“Non proprio.” Ghignò quello, alzando lo sguardo sul maniero e facendo scintillare gli occhi.
Oh, non era certo un hilton, era vecchio e freddo, ma aveva il suo fascino, la proprietaria lo sapeva bene.
Nelle sue stanze un tempo avevano dormito Oscar Wilde e Claude Monet, Edwin Abbey e Edward Elgar. Romantico e ricercato, aveva un salotto in cui trascorrere le serate davanti al camino sorseggiando del whisky, prima di farsi cullare tra le braccia di Morfeo nei grandi letti a baldacchino. Unica pecca, il bagno in comune e l’area circostante, che per dei ragazzini di quell’età doveva essere fin troppo monotona…colline, alberi e ancora alberi per miglia. C’era un solo villaggio a Nord, ma con pochi locali.
In effetti, era strano che una scolaresca decidesse di passare di lì…
“Non avrete molte cose da vedere.” Disse, sempre trasognata, infilandosi i soldi nel grembiule.
“Non importa. A noi piace la tranquillità! Anzi, mi raccomando…” ora gli occhi dell’uomo scintillavano in modo proprio strano. Quasi furbo… “Non deve passare nessuno. Non voglio giardinieri, padroni, camerieri né cuochi. Nessuno per due giorni. Lo tenga bene a mente.”
La sua voce si era fatta bassa e si interruppe quando si accorse che una ragazza snella e dai lunghissimi capelli rossi li stava fissando.
“Tutto bene, Lily?”
La ragazza si corrucciò appena, incerta.
“S-sì…” mormorò, scoccando un’occhiata alla proprietaria.
Era chiaramente sotto incantesimo… non che fosse la prima volta che vedeva un babbano sotto Confundus, ma…
I suoi pensieri furono interrotti perché Black aveva appena fatto cadere un vaso, distruggendolo.
Barrie Walsh si batté una mano sulla fronte.
“Essere senza poteri l’ha reso davvero impedito!” Borbottò, accompagnando la proprietaria alla sua macchina.
In effetti, Sirius era quello che più di tutti stava risentendo dell’assenza di magia.
Scoccò un’occhiata a Potter, che sghignazzava sbattendosi sul divano mentre Lupin afferrava Black in preda ad una crisi isterica.
Chissà se anche a lui stava facendo quell’effetto…un Purosangue viziato improvvisamente diventato babbano…
Lo stava fissando da qualche secondo quando, come se fosse stato richiamato dal suo sguardo, lui si girò verso di lei.
Aveva ancora l’ombra di un sorriso, che si allargò appena quando la vide arrossire sotto i la sua intensa occhiata d’oro fuso.
Sì, ne era certa, stava sogghignando! Che fosse dannato!
Non voleva passare un solo istante di più vicino a quell’essere! Voleva ignorarla? Fantastico! Non chiedeva di meglio! Gli sarebbe stata alla larga il più possibile!
“Su! Su!” gridò Monique al suo baule, senza risultati. “Davvero?! Non si muoverà per davvero?! Cioè devo davvero portarlo sulle scale da sola?!”
“Nessuna magia, niente bauli incantati!” tubò il professore, entrando a sbattendosi la porta alle spalle.
“Ci staremo tutti in questa catapecchia?”
“Se non ci sono cuochi, chi dovrà cucinare?”
“Ma ha stregato la babbana, prof?”
“Non è illegale?”
“Non statevi a preoccupare di questo.” Minimizzò lui, agitando le mani. “E’ tutto in regola. Bene! Benvenuti alla nostra fantastica gita!”
“Fantastica un corno…” mormorò Minus a mezza bocca.
“Lasciate che vi spieghi in breve che cosa capiterà qui…” continuò quello con un ghigno da sadico. “Innanzitutto, verrete divisi a coppie. Dopodiché, le vostre giornate si divideranno in due contesti diversi. Io non sarò con voi per gran parte del tempo, ma sappiate che finché sarete dentro le sale, vi vedrò…e valuterò le vostre capacità di adattamento alla più basilare vita domestica babbana, traendone i miei punteggi. Il secondo contesto si baserà su dei test veri e propri…oh, vedrete, vi piacerà…”
“Non mi piace il modo in cui si sta sfregando le mani…” Bisbigliò preoccupata Molly al suo ragazzo, ma quello quasi sbavava dalla venerazione.
“Il punteggio intermedio si terrà questa sera, la coppia con il minor numero di punti subirà…hemm…alcune piccole conseguenze. Alla seconda sera, ci sarà il test finale, sulla quale stabilirò il mio voto. Sappiate che sarà un voto che avrà un gran peso, per cui, impegnatevi!” il mago si batté le mani sulle cosce, alzandosi in piedi. “Bene, gente, vi lascio il tempo di ambientarvi! Potete fare anche un giro nel villaggio vicino, ma ovviamente essendo un posto di babbani vi pregherei di usare la testa e dosare bene ciò che dite. Anzi, fatemi il piacere, non date troppa confidenza! Non ho voglia di passare la sera a confondere altre persone!”
I ragazzi ridacchiarono, pensando alla faccia ebete che aveva la proprietaria.
“Bene, iniziamo con l’assegnazione delle coppie! Weasley e Minus!”
Peter sorrise mesto, battendo il cinque sulla spalla del rosso.
“Spiacente, amico! Ti è andata di sfiga.”
“Un po’ di autostima, Peter!” trillò quello, con un gran sorriso. “Sarà più facile del previsto, vedrai!”
“Paciock e Morgan.”
“Peccato.” Ghignò Alice, rivolta al suo ragazzo. “Avrei tanto voluto farti mangiare la polvere anche stavolta!”
“E invece corriamo insieme, dolcezza.” Tubò l’altro, passandole una mano sul fianco. “Vedi di non farmi perdere!”
A mano a mano che il professore li elencava, una piccola manina fredda iniziò a scivolare sulla schiena di Lily.
La ragazza si strinse nel suo piumino, sbiancando.
Sta a vedere che…
“Geky Bell e Molly Prewett, Giuly Spinnet e Monique Laclarq…”
No, non poteva essere!
“…Ed infine, Sirius Black con Remus Lupin, e James Potter con Lily Evans.”
ERA UN INCUBO!
Lily sgranò gli occhi, mettendosi le mani nei capelli con la vaga intenzione di buttarsi dalla finestra.
No, non poteva essere così sfortunata! Come accidenti faceva ad ignorarlo se dovevano gareggiare assieme?! Non le rivolgeva la parola da giorni!
“Dannazione! Questo è…”
“Mi scusi, professore. Avevo promesso a Black di stare in coppia con lui.”
Il fastidio cessò. Di colpo. E anche tutto il resto.
La grifoncina si tolse le mani dai capelli, lentamente, mentre James si fece avanti con aria tranquilla, senza guardarla in faccia.
“Spiacente. Essendo due Purosangue senza una minima conoscenza dei babbani, le coppie sarebbero troppo squilibrate. Remus Lupin ha un punteggio alto e Lily ha una famiglia composta da Babbani. Vi straccerebbero.” Sospirò Barrie, riguardando i fogli. “Ho stabilito le coppie cercando di creare più equilibrio possibile. I voti più bassi con quelli più alti. Ricordate che lo scopo di questo week end consiste anche nell’aiutarsi a vicenda!”
Fregato.
James Potter sospirò, grattandosi la nuca. Accidenti…
Rendendosi conto di non poterla più ignorare, si girò verso di lei cercando di essere il più diplomatico possibile.
“Beh, mettiamocela tutta allora.” Buttò lì, ma le parole morirono in gola.
Lily gli rivolse uno sguardo di fuoco ed un viso che era di pietra.
“Non ci sarà bisogno di molto impegno da parte tua, non preoccuparti!” Tagliò corto con voce gelida, afferrando il suo zaino e salendo al piano di sopra. “Posso cavarmela per entrambi!”
“Tsk.” La voce gli uscì di bocca senza che riuscisse a fermarla. “La solita arroganza alla Lily Evans, eh?”
Non sapeva il motivo, ma si sentiva improvvisamente arrabbiato. Serrò i pugni contro i jeans, pronto ad una vera e propria litigata ma la sua Grifoncina preferita non proferì parola.
Lo guardò un istante solo in silenzio, facendogli nascere una smorfia di disagio, poi gli voltò le spalle e chiuse la porta.
C’era rimasta male.
Aveva gli occhi lucidi.
Cazzo…
 
 
 
 
 
 
 
 
Black Manor si svegliò quella mattina animata da un fervore animato. Walburga Black si versò del the nero con una punta di disappunto, stretta in una morbida vestaglia di velluto blu.
“Detesto il chiasso di primo mattino.” Borbottò, aggiustandosi la chioma ribelle con un piccolo pettine in madreperla. All’altro capo del tavolo, una donna già vestita e non inferiore per pericolosità.
“I mocciosi sono già arrivati?” sibilò Nartrix Rosier, che era già alla seconda sigaretta nel giro di pochi minuti.
“Ah-a.” ghignò la Black, accogliendo il marito che entrò nella stanza senza guardarlo ma semplicemente alzando la mano per permettergli di baciarle il dorso liscio e candido.
“Sapete, continuo a non capire quest’ansia di rivolere a casa il vostro pupillo.”
“E continuerai a non capirlo.” Tagliò corto Orion, che a differenza della sua viziata mogliettina era una persona mattiniera e aveva già intrapreso parecchi accordi con almeno tre avvocati. “So che tu preferisci ignorare i primogeniti che ti scappano via dalle mani, ma non hai dato alla luce un maschio, in fondo.”
La bionda accolse la stoccata con un sorrisetto.
“I bambini che scappano vanno lasciati dove stanno. Che siano femmine o maschi. Sirius è un moccioso spaventato, esattamente come lo era Andromeda. Serve gente con le palle, qui.”
“A Black’s Manor servono i Black.” Puntualizzò Orion, malignamente, riservandole l’ennesima frecciatina. “E comunque, il piano filerà liscio come olio.”
“Oh, che si godano quella stupida gita!” Rise la moglie, scuotendo i boccoli neri che aveva lasciato ricadere morbidi sulle spalle aguzze. “Non sanno di essersi messi tutti in una trappola! E per il giorno della sentenza, il nostro piccolo Sirius sarà pronto a stare dalla parte giusta!”
“E gli altri mocciosi?” chiese la Rosier, tirando un’altra boccata annoiata alla sigaretta. “Che hai intenzione di farne?”
La bruna si mosse sul tavolo, appoggiando i gomiti ed il mento sulle dita incrociate.
“Non andranno da nessuna parte. E una volta che il Tribunale avrà stabilito che il mio bambino è soltanto mio e che l’incantesimo sulla casa esaurirà il suo potere…beh, bisognerà ricompensare la nostra gentile ospite, no? Dopo tutto quello sbattimento, sarà sicuramente affamata…potrà fare ritorno ad Abbots Grange e godere di un ottimo pranzetto.”
“Purché lasci in vita Potter.” Sorrise Orion, con sguardo crudele. “Mettere le mani su quel ragazzino è un onore che dovrebbe spettare solo a noi.”
Oh sì, pensò Walburga, sentendosi golosa ed eccitata. Aveva già alcune idee su come divertirsi con quel piccolo bastardo…
“Sirius sarà contento! Avrà il suo migliore amico a casa…per sempre!”
E la risata le sgorgò dalle labbra gonfie, espandendosi nella sala come un veleno.
Come un oscuro e fosco presagio.

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Capitolo 35
*** Una balbettante bambocciona banda di babbani. ***


Bentornati e scusate l'attesa! Ho avuto molto da fare in questo periodo, affrontato un viaggio bellissimo e indimenticabile e si sa, quando si ha così tanto tempo per essere felici e divertiti ne rimane poco per la scrittura. Ma tra le belle notizie, ho già una parte del prossimo capitolo in stesura e non dovrò più metterci molto.
Solo una cosa prima di cominciare: "L'attrazione è tanto più forte quando..." è una frase di Andy Warhol!
Un grande saluto,
Sarah























“A fuoco! Sta andando a fuoco!”
“Come diavolo si usa quest’affare?!”
“Chi diavolo ha messo l’alluminio nel microonde?!”
James Potter ebbe perlomeno la decenza di incassare la testa nelle spalle prima che Lily strappasse dalle mani a Paciock l’estintore e lo azionasse, inondando la cucina e ricoprendo tutto di soffice polverina bianca. Compresi i resti di una colazione allegramente andata a farsi fottere.
Se ne rimasero tutti lì in piedi a fissarsi nelle palle degli occhi come dei fessi mentre Barrie Walsh, seduto pigramente su una poltroncina in soggiorno, stirò un ghigno sfogliando paciosamente il suo giornale dalle foto immobili.
“Solo quindici minuti.” Alitò Giuly, togliendosi un pezzo di formaggio dai capelli. “Sono passati solo quindici minuti da quando siamo qui.”
“Sono tutte esperienze, ragazzi!” Miagolò il professore dall’altra stanza, senza tra l’altro staccare gli occhi dalle pagine.
“Ora lo accoltello!” Soffiò Minus, strizzando gli occhi. “Da qua forse lo becco…”
“Si può sapere come abbiamo fatto a fare questo macello in così poco tempo?!” sclerò Lupin, mettendosi le mani nei capelli.
Come avevano fatto? pensò Lily massaggiandosi le tempie. Molto semplice.
Il primo compito della giornata era di farsi la colazione e fin qui tutto bene. Il problema era che dovevano farla insieme.
E se Lily Evans non era di certo un asso in cucina, aveva scoperto pure che James Potter non era da meno!
Il ché era un gran problema, visto che non si parlavano…
Negli ultimi quindici minuti quel beota aveva lasciato aperto il gas e preteso contemporaneamente di accendere la luce (Lily aveva dovuto lanciarlo davvero, un coltello, per impedire al maghetto di farli saltare tutti in aria), inserito la spina della frusta per sbattere le uova senza reggerla facendo schizzare tuorlo pure sul soffitto e, dato che “una volta aveva visto un tizio farlo”, aveva allegramente cercato di far girare l’impasto del pancake nella padella con il risultato di farlo cadere preciso davanti al piede di Black, che aveva slittato per almeno mezzo metro lanciando del bacon dritto in testa a Paciock.
Manco a dirlo, di lì a due secondi dopo era iniziata una battaglia a suon di uova che nemmeno gli unni fino a quando Molly, l’unica che stava cucinando una colazione degna di un re tra l’altro, non si era vista finire gusci vari e pezzi di non meglio identificata poltiglia nella sua teglia.
Si erano azzittiti tutti mentre quella - che pochi istanti prima stava sorridendo e canticchiando angelicamente sul suo preparato -  aveva stretto il cucchiaio fino a piegarlo in due. 
Cazzo. 
Avevano rovinato un piatto di Molly Prewett!
Altri due secondi di pace e poi giù l’apocalisse. Con un barrito da godzilla, quella aveva scatenato l’inferno rovesciando il tavolo con una forza mai vista, riuscendo a colpire con precisione millimetrica Minus in fronte con un mestolo e Monique sulla nuca con un pestello e mentre sedie e piatti volavano per tutta la cucina, Potter aveva pensato bene di provare di calmarla cercando di rimediare al danno, ovvero infilando la sua teglia quattro per quattro di alluminio puro dentro il microonde.
Che aveva preso fuoco.
“Va bene, va bene.” L’irlandese, che aveva assistito a tutto senza una piega, decise che era tempo di lasciarsi impietosire da quei poveri disgraziati e dai loro stomaci brontolanti. “Vedete di non farmi saltare in aria l’hotel, mentre vado a comprarvi delle frittelle al villaggio.”
“Come…come siamo andati?” pigolò Geky, con mezzi capelli in aria come se fossero stati riempiti di gel.
“Inclassificabili.” gorgogliò l’altro, godendo come un demonio. “Ma su col morale! La pratica vi farà solo bene! Così la pianterete di copiare la teoria ai miei compiti… Oh sì, cari, vi vedo.” Aggiunse candidamente, vedendoli sbiancare. “Truccare i fogli protocollo è un trucco che ha almeno mezzo secolo!”
“Beh, ora che si fa?” sbuffò Alice, quando se ne fu andato.
“Ci impicchiamo…”
“Canna?” propose Frank.
“Non datela a Black, però. E’ già strafatto.”
“Ah-ah, spiritosi!” Ribatté quello, togliendosi di tasca una bustina di erba. “Tutta per voi!”
“Ma va? In regalo? Da quando sei così generoso?”
“Non dovremmo pulire?” si intromise Lily, indicando la cucina. La sua proposta fu accolta con una risata generale che le fece venire l’emicrania e fu così che ognuno si diresse in una parte diversa di quel maniero, in esplorazione.
Un grande salone d’ingresso, soggiorno, cucina e sala da pranzo, una spaziosa veranda piena di tavolini e laddove avrebbero dovuto esserci le stanze degli ospiti, al piano di sopra, c’era invece un’unica grande camera con tanti piccoli letti singoli, sicuramente frutto di un incantesimo architettonico. 
Probabilmente dormire insieme serviva ad aumentare il cameratismo o stronzate del genere, o forse il loro caro professore voleva evitare che quelli fornicassero come conigli approfittando della privacy.
Ciò che non aveva considerato era che la perversione lì dentro regnava sovrana e che nel bagno di sopra c’era una grande vasca idromassaggio accanto alla doccia che fece venire le stelline negli occhi ai fidanzatini del gruppo ed i brividi al resto della compagine.
Mentre gli altri esploravano gli interni, James preferì uscire in giardino, richiamato dal bosco come gli capitava spesso.
Il cielo era terso, gli alberi sembravano parlare. Pochi minuti di solitaria contemplazione quando avvertì una presenza alle sue spalle.
Quella sciarpa era davvero terribile, pensò, vedendo Lily avvicinarsi con espressione battagliera.
“Sì? Ti serve qualcosa?” ironizzò, togliendosi un po’ di neve dai capelli.
Quella gli sbatté addosso il suo solito sguardo ferreo e gli piazzò un dito davanti al naso, spiazzandolo.
“Il phon serve a scaldare l’acqua della vasca da bagno. Vero o falso?”
“Eh?!”
Ma che cavolo voleva ora quella spostata?!
“Rispondi! Vero o falso?”
“Ma ti sei bevuta il cervello?”
“Vero o falso, Potter?!”
“Ma che ne so…vero…”
“La lavatrice che cosa lava?”
“Boh! I piatti? Ma si può sapere cosa…”
“Che cosa sbatti con un bimby?”
“Tesoro, è TE che mi voglio sbattere.”
“LO SAPEVO!” Quella si mise le mani nei capelli con fare disperato. “Tu non sai NIENTE di Babbani! NIENTE!”
“Uh?” Poter osservò quello strano sfogo isterico perfettamente calmo, inarcando un sopracciglio. “Ma sei seria?”
Venne afferrato per il bavero e si ritrovò a due centimetri precisi da una faccia maniacale.
“Stammi a sentire.” Sibilò la Evans, funerea. “Io non mi prenderò un ‘Troll’ per colpa tua, è chiaro?”
“Tu sei fuori di testa! E poi, non volevi fare tutto da sola?”
“Sì, soltanto perché pensavo che un integrazionista come te sapesse almeno qualcosa sul mondo dei Babbani!” sfasò quella, in procinto di prenderlo a schiaffi. 
Lui inarcò un sopracciglio.
“Cioè? Dovrei sapere tutto su di loro solo perché non voglio vedere dei mezzosangue infilzati su una picca?” 
“No, ma chi si dichiara Babbanofilo dovrebbe avere almeno una vaga idea di cosa sta parlando! Ti ho fatto da baby sitter per tutta la mattina mentre cercavi di ammazzarti! Hai quasi infilato le dita nella presa della corrente, nemmeno i bambini di due anni sono così impediti!”
“C’è un buco, mi ci infilo, semplice.” 
“Grazie, una perla davvero meravigliosa, Potter!”
“E poi io non mi sono mai dichiarato Babbanofilo, è un termine del cazzo.” Precisò quello, incrociando le braccia al petto. “Integrazionista, Babbanofilo…stai veramente dando dei nomi all’essere una persona decente e non un pezzo di merda razzista? Guarda che non si tratta di fazioni, si tratta di giusto e sbagliato.”
Sarebbe uscito fuori proprio un bel discorso ma non era quello il punto. Lily si passò le mani sulle palpebre, già sfinita da quel week end maledetto.
“Ok, stammi a sentire…” sospirò. “…E’ chiaro che dobbiamo collaborare o rischiamo seriamente di prendere una bocciatura…”
“Wow, Evans, che disgrazia.” Ironizzò Ramoso, con un mezzo ghigno. “E così la paura di non essere più la cocchina dei prof ti ha fatto scendere dal piedistallo, eh?”
“Piedistallo?!” la Grifoncina si voltò di scatto, facendo danzare i capelli. “Guarda che sei tu che mi hai ignorato per giorni!”
Lui guardò altrove, punto sul vivo.
“Mi sembrava non mi volessi intorno, ti ho solamente tolto il disturbo!”
“Eh no, eh, non azzardarti a fare il passivo-aggressivo con me!” saltò su come un petardo, avvicinandosi di nuovo con un ringhio. “Ti è mai passato per la testa che non siano stati giorni facili nemmeno per me? Guarda che non siete gli unici al mondo a subire palate di cacca! Ti ricordo che stavo per diventare una pelliccia!”
“Eh? Ma che dici?”
“Niente, lascia perdere…” borbottò lei, fissando un punto alla sua destra. 
“Non ti capisco, lo sai?” sbottò il ragazzo, esasperato. “Non riuscirò mai a capire cosa vuoi!”
“Io ti ho chiesto scusa praticamente subito.”
James si fermò, zittendosi. Lei si morse le labbra, imbronciata. Improvvisamente, sembrò di tornare indietro di sette anni. Sembrò di nuovo quella bambina rossa e pestifera che anche da infuriata suscitava tenerezza.
“Mi dispiace di essermi comportata male, ok? Ero…oh, non lo so come mi sentivo! Ma ti ho chiesto scusa, anche se mi è costato fatica non ci ho pensato un attimo prima di farlo! Quante volte ho potuto dire lo stesso di te?”
Eh già, quante volte lui le aveva chiesto scusa? Perché era così difficile per lui parlare a cuore aperto?
“E comunque il punto è che se vogliamo arrivare vivi alla fine di questa stupida gita, dobbiamo collaborare.” Continuò lei, ma improvvisamente, James non l’ascoltò più. “Anche perché non sono solo voti, il professor Walsh ha parlato anche di altre conseguenze e…”
“Zitta un attimo.”
Lily sobbalzò, vedendolo improvvisamente…tendersi. Le si fece vicino in un istante, stringendole una spalla e fissando un punto oltre gli alberi con un’espressione che le mise i brividi.
“Ma che fai?”
Lui rimase silenzioso ancora qualche secondo, stringendo gli occhi in un’espressione corrucciata.
Che strano…gli era sembrato quasi di sentire qualcosa di minaccioso, dietro quegli alberi…i suoi sensi erano andati letteralmente in fibrillazione. 
Ma forse era solo fissato…perché la sensazione era già passata.
Riabbassò lo sguardo su Lily, che aveva stretto a sé senza pensarci due volte. Nemmeno se ne era accorto.
Si fissarono ancora qualche istante, scossi da una scarica elettrica…giusto il tempo di sentirla tremare, arrossire e…allontanarsi.
Si schiarì la gola, improvvisamente imbarazzato.
“Va bene, tregua…cercherò di impegnarmi di più, rossa! Ok?”
“Che ti è preso?”
“Niente, niente…sono un po’ paranoico dopo quello che ci è capitato…”
Lei strinse gli occhi, sospettosa, prima di scuotere la testa.
“Sarà meglio andare a sistemare il casino in cucina!” sentenziò, girandosi di scatto.
Chi lo capiva, quello!
“Lily…”
Si girò di nuovo, corrucciandosi nel vederlo preoccupato.
“Sì?”
“Tu ce l’hai un famiglio?”
“Eh? Un famiglio?” lei allargò appena gli occhi, sorpresa. “N-no…mai avuto. Mia sorella sarebbe andata fuori di testa, trovandosi un gufo in casa. Perché?”
James scosse la testa, passandosi una mano sulla faccia come se si sentisse improvvisamente stanco.
Il modo in cui l’aveva stretta…senza nemmeno rendersene conto…
Dannazione.
“Lascia perdere…solo curiosità…”

 






A molti chilometri di distanza, altri due ragazzi della stessa età stavano discutendo in quel modo…solo che erano babbani e senza un solo problema al mondo.
Almeno, fino a quel momento.
Si sa, quelli che non hanno la magia nel sangue non la vedrebbero nemmeno se un basilisco passasse loro davanti, ed in quel caso, nulla avrebbe potuto distogliere l’attenzione del giocatore di football dal gancetto del reggiseno della sua ragazza, che stava abilmente cercando di sfilare da venti minuti buoni all’interno della sua chevrolet camaro rosso fiammante.
“Ho detto di no, è mattina! Potrebbe passare qualcuno!”
Il suono di uno schiaffetto riverberò per il punto più alto della Primrose Hill, attirando effettivamente delle attenzioni indesiderate…e c’era da dire che, in quel caso, forse i due avrebbero preferito davvero quelle di un maniaco.
La brina faceva scricchiolare l’erba sotto le scarpette logore di un Berretto Rosso e del suo grosso randello trascinato con una mano.
Quella specie di nano feroce, in particolare, non aveva bisogno di ricaricarsi – ossia imbevere il proprio cappello di sangue – ma negli ultimi tempi c’era come una fame che animava le creature oscure, rendendole più agguerrite che mai.
Fortunatamente per i due piccioncini, che continuarono a tergiversare sulla possibilità di accoppiarsi o meno senza essere visti da qualcuno di particolarmente mattiniero, il mostriciattolo non ebbe tempo di fracassare loro le teste perché fu schiantato a pochi metri di distanza da una luce che uscì silenziosa dagli alberi.
Un anziano senzatetto stropicciò gli occhi pesti dalla panchina dove aveva passato una fredda notte e sorrise ad un uomo apparso letteralmente dal nulla.
Portava un lungo mantello scuro che copriva buona parte del viso, una grossa spada dall’elsa dorata alla cintola, dall’aria costosa, e aveva uno strano bastoncino che emetteva scintille…ma al vecchio babbano sembrava non importare molto. 
Anzi, era più preoccupato per il grosso corvo nero che si portava sulla spalla, un diavolo di pennuto particolarmente agitato.
“Ti caverà un occhio, sai?”
“Non lo farà. E’ un corvo speciale.” Rispose l’uomo. Aveva una voce profonda e calda, ma anche terribilmente seria e rigida, la voce di un uomo abituato al comando, di uno che ne aveva viste tante. 
Voltò appena il viso verso l’animale, che continuava a gracchiare.
“No, non è necessario obliviarlo.” Gli disse, pacato. “Non credo che abbia molte persone con cui parlare.”
“Scortese da parte sua, sir, ma corretto.” Gracchiò il vecchio, alzando una bottiglia di vino in sua direzione. “A dire il vero non so nemmeno se lei sia reale o meno e non me ne frega un fischio!”
L’ombra di un ghigno comparve sul viso dello sconosciuto, rivelando denti bianchi come perle e due scintillii d’oro quando strizzò appena gli occhi da sotto il cappuccio.
“La saluto, signore.” Gli disse, prendendo in mano una vecchia scarpa  abbandonata per terra a cui nemmeno aveva fatto caso. Poi si fermò e parve riflettere qualche secondo. Agitò nuovamente il bastoncino e davanti ai piedi del babbano comparve una colazione degna di un re ed una coperta che sembrava emanare un soffice soffio d’aria calda. “Per il disturbo.”
Il corvo si acquietò sulla sua spalla, sembrava quasi che sorridesse. Il senzatetto alzò la mano in segno di saluto.
“Aye, credo che tu sia il mio personale miracolo di natale.” Gracchiò, tuffandosi sul cibo cotto e fumante, ma quando rialzò lo sguardo non c’erano più.














Ministero della magia, 23 dicembre, ore 08.00 del mattino.





Un tacco batteva con ritmica energia davanti ad una cabina telefonica in disuso. 
Di Euphemia Potter si potevano dire tante cose, ma non che fosse una persona paziente. E quei dementi lì dentro, pensò, osservando con una smorfia schifata l’ingresso del Ministero, l’avevano accecata e non sapere con precisione millimetrica quando lui l’avrebbe raggiunta non faceva altro che farla innervosire ancora di più.
Con eleganza di altri tempi, ciccò per terra quando un pomposo damerino d’ufficio picchiettò sul vetro blaterando stronzate sul “non poter fumare lì dentro” e, uscendo e scuotendo la folta chioma riccia, si appoggiò alla porticina sbuffandogli fumo in faccia e provando ad indovinare entro quanto quel cretino si sarebbe accorto di chi cavolo aveva davanti.
Tre secondi netti e poi quello sbiancò di fronte al suo sorrisetto educato, levando i tacchi.
“Ho sbagliato di uno.” Sbadigliò la strega, quando alle sue spalle ci fu un piccolo “pop”.
“Non dovresti trattare così le persone.” 
“Quello si fa le ragazzine.”
L’uomo non diede segno di volerle dare corda. Il corvo volò sulla sua spalla, dandole buffetti sulla guancia.
“Sicuro di non voler venire ora?”
Lui scosse il capo.
“Arriverò alla fine, come concordato. Devo perlustrare i dintorni. Per ora basti tu.” Rispose, mesto. “E poi, se mi vedessero ora, passerei almeno due ore a dover ripetere ai colleghi di non voler tornare a lavoro.”
“So che l’Accademia degli Auror ha un nuovo capo, tra l’altro.”
“Sì, un ragazzino. Tizio in gamba. E’ anche lui che vorrei evitare. Mi tampina per farmi tornare al comando.”
“Hey, com’è che a me nessuno dice niente?”
“Perché si avvicinerebbero a te come delle sardine ad uno squalo, tesoro.” Rispose il mago col cappuccio, con un ghigno sbieco. “Non ho mai capito perché hai voluto smettere anche tu, comunque…”
“Non è una questione da trattare adesso.” E accennò al corvo, le cui piume nere parevano risplendere contro i tiepidi raggi del sole. “Piuttosto, vedo che ultimamente i ragazzini che disapprovano la tua scelta non mancano. Ma forse questa volta saprai gestire meglio la situazione.”
“Vedi di stare calma, durante la sentenza. Non aiuterai Sirius se farai saltare la testa al vicepresidente della commissione. In ogni caso, buona fortuna. Salutami James.” Replicò solo quello ignorando la frecciatina, dandole le spalle.
“Puoi salutarlo tu stesso.” Ribatté la donna, dura. 
L’uomo sparì senza aggiungere altro, facendola sospirare con esasperazione. Il corvo gracchiò, facendola sorridere.
“Sì, hai ragione. Sono due imbecilli.” Rispose, digitando il numero sul telefono pubblico e attivando l’ascensore fino a raggiungere l’ottavo livello. “Vola da qualche parte e stattene buono almeno tu, per favore. Tornerà a prenderti presto.”
L’atrio del Ministero della Magia era invaso di casino come al solito, gente che staccava dal turno di notte, Auror che trascinavano merce confiscata nelle retate, segretarie che strillavano ordini ai biglietti volanti e civili più o meno umani che annaspavano nella ricerca dell’ufficio giusto.
Rimase solo qualche secondo ferma a guardare le piastrelle di ceramica nera, la statua, l’aria che tirava lì dentro.
Perché aveva smesso anche lei di essere un Auror? Pensava, sospirando e dirigendosi verso un lungo corridoio. Perché lì dentro c’era tanta di quella corruzione da non respirare più. Perché stavano perdendo. Perché se volevano combattere e vincere, non potevano più farlo tramite la Lega.
Ma non era solo quello, pensava, scendendo al settimo piano in attesa di far prelevare la sua adorabile testimone. 
Era perché sapeva la sua vera motivazione. La sua più grande paura. E la più grande paura di suo figlio.
No, non sarebbe rimasta in quella gabbia di traditori ad aspettare di essere pugnalata alle spalle. 
Sarebbe rimasta accanto alla sua famiglia. A proteggerli. A vedere.
Sarebbe stata lei a infilare quel pugnale per prima, pensò pochi minuti più tardi, entrando nel Tribunale e vedendo il sorriso viscido e falso di Walburga Black. 
Cazzo, glielo avrebbe piantato dritto nel cuore.






Lily non aveva idea di quali sarebbero state le prove di babbanologia, ma avrebbe voluto ugualmente istruire un minimo James sul mondo dei babbani. Così come anche gli altri avrebbero dovuto prepararsi. 
Sì, avrebbero proprio dovuto.
Peccato che quel demonio di Barrie Walsh, dopo essere tornato con bicchieri di Starbucks e ciambelle, avesse aperto il vaso di pandora.
Ovvero aveva tirato fuori da non si sa dove una play station.
Giusto il tempo di imparare ad usarla e tutta la marmaglia maschile del settimo anno era stata risucchiata dal vortice nero dei videogiochi ed ora eccoli lì, sei beoti a fissare con gli occhi a palla quel paradiso elettronico come delle falene attaccate alla lampadina.
“Non mi staccherò mai più da questo coso.” Sentenziò Minus dopo circa mezz’ora, mentre passavano in rassegna tutto call of duty zombie mentre Paciock rollava per tutti le canne di Black. “Crescerò e invecchierò solo in funzione di questa roba.”
“Io ci morirò, con in mano il joystick.” Mormorò Weasley in estasi, impegnato a decapitare un non morto con un’accetta. “Segnatevi queste parole, gente, mi ci farò sotterrare assieme!”
“Dove è stato nascosto per tutto questo tempo?!” 
“Potter, lì nell’angolo! Uno Spitfire!”
“Dite che se gli stacco la spina succede un dramma?” buttò lì Molly, che di quel casino ne aveva già le scatole piene.
“Non lo farei se fossi in te.” Mugugnò annoiata Giuly, sfogliando un giornaletto. “Una volta avevo un ex babbano, quando c’è stato un black out sull’ultimo livello ha letteralmente gettato il televisore dalla finestra.”
“Dio, che palle. Mi passate una canna?” sbottò Alice, senza venire considerata di striscio. “Hey, voi stronzi, lasciate spazio anche a noi ragazze!”
Manco il tempo di fare un passo verso la play e da sei gole in contemporanea partì un ringhio colossale, mentre dodici occhietti si strinsero come lame incenerendola sul posto.
“Come non detto.” Sospirò, scuotendo la testa. “Ma stasera ci giochiamo noi!”
“Parla per te!” rabbrividì Monique, storcendo il nasino. “Rabbrividisco solo a sentirne i suoni! E quelle sono viscere?! Mon dieu, vado a ripassarmi le unghie.”
Fu così che si trascinò il primo pomeriggio e quando fu il turno delle prove, non solo nessuno di loro si era preparato, ma per staccarli da quel coso dovettero prenderli a calci!
Inutile dire che fu uno sfacelo su tutti i fronti. All’inizio dovettero imparare ad usare una bicicletta: ci furono schianti contro gli alberi, ginocchiate, dita negli occhi, rami nei raggi delle ruote e teste allegramente infilate nelle tane dei conigli…
Ed il peggiore di tutti fu proprio Potter, che a dirla tutta a pedalare aveva anche imparato in fretta – facendo morire di paura Lily, attaccata dietro, per via delle velocità folli a cui sapeva arrivare – ma quando fu il turno di fare una cosina semplice semplice come suonare il campanello andò in palla fino a schiantarsi con Minus e Weasley a provocare un incidente a catena.
Le prove successive furono anche peggio. Tra gente fulminata nell’aggiustare televisioni e interrogazioni su ministri babbani dei quali non sapevano una beata mazza, arrivarono alle cinque del pomeriggio con la testa che scoppiava…ed i voti più bassi della storia.
“Sei finito, Potter.” Sibilò la Evans, sul procinto dell’esaurimento nervoso, mentre salivano le scale per entrare nella sala del prossimo test.
“Non farla tanto lunga, Rossa!” cinguettò lui, ottimista. “Cosa vuoi che succeda?”
“Ah, mi ero scordato di dirvi che la coppia col voto più basso stanotte non avrà il letto, né acqua calda per il bagno.” Tubò il professore dal davanti, facendoli sbiancare.
“Ok.” Ridacchiò nervosamente Ramoso. “Ma niente panico. Tanto peggio di Peter non potremmo mai fare.”
“Guarda che Peter è secondo in classifica…” mormorò funerea la Grifoncina e allora sì che iniziò a sudare freddo. 
A quanto pare, Weasley era più bravo addirittura di un Babbano vero e Minus gli saltellava attorno con le stelline negli occhi, abituato a ricevere istruzioni e non a fare di testa sua…cosa che non si poteva dire invece di loro due!
Sembravano amare particolarmente fare l’esatto opposto di quello che diceva l’altro… e fu con quella considerazione che entrò nella stanza. 
Quella considerazione e un vacuo sentore di amarezza. 
Non avrebbero mai potuto collaborare…era più forte di loro. Chissà se anche Barrie l’aveva capito.
“Woah! E questi cosi che sono?”
Battè le palpebre, mentre davanti a lei si presentò una stanza che mandò in visibilio tutti i maghetti presenti lì dentro, mentre a lei non suscitò nulla di particolare.
Banchi di scuola e …
“Sono computer.” Ghignò il professore, soddisfatto. “I Babbani li usano parecchio.”
“Ditemi che sono come la playstation…” Alitò Potter, già con le stelline negli occhi.
“Anche, se si vuole. Il più delle volte però, servono per organizzare il lavoro.” Spiegò l’altro, pazientemente. “La prova di oggi consiste in una lezione di dattilografia, ovvero, saper scrivere a macchina senza fare errori.”
“Hey, ci sono delle lettere qui sopra!” esclamò Geky, pigiando un tasto. “Non sembra difficile…”
“Questa è l’ultima prova, ragazzi! Non uscirete da qui fino a che non avrete trascritto questo!” trillò l’irlandese, sbattendogli un testa per tutta risposta un fascicolo da almeno cento pagine. 
“Ehhh?! Ma è tantissimo!”
“Il paese qui vicino organizza una festa in orario aperitivo, quindi vi conviene darvi da fare!” Ghignò quello sadico di fronte alle loro espressioni sgomente. “Non serve dire che chi arriva ultimo questa sera dormirà al freddo… e che è inutile farsi battere il testo dal compagno babbano, visto che la tastiera è incantata per riconoscere le vostre impronte digitali...”
“Cristo, è peggio di un nazista.” Bisbigliò sgomenta Alice, sbiancando di fronte al luccicare dei suoi denti. “Ha una vena malefica o sbaglio?!”
“Non ne hai idea.” Mormorò Remus, sedendosi al tavolo e sospirando in modo irritato. “Coraggio, sembra che ci tocchi darci da fare. Sirius…Sirius!”
“Uh?” borbottò quello, prima di schiantarsi contro uno spigolo. “Oh, sì, eccomi…”
“Quello è fatto come una mina.” Confermò Potter, godendosela per benino prima di notare l’aria che tirava in zona Evans. 
“Eddai, rossa, stavolta prometto di impegnarmi sul serio, contenta?” sbuffò, piazzandosi davanti al dannato aggeggio e scrocchiandosi le mani. 
“Ok, quindi…come si mette in moto? C'è una parola d'ordine per animarlo...?”
Lily sospirò.






Cristhine McRanney fissò il costoso orologio sempre troppo largo per il suo polso magro e si morse il labbro. 
Si appoggiò ad una parete nera e lucida, sospirando e chiedendosi che cosa diavolo le fosse passato per la testa.
Non che non volesse aiutare. Dio, avrebbe saltato i fossi per il lungo solo per salvare Sirius.
Ma...ne sarebbe stata in grado? pensava scoraggiata, aggiustandosi per l'ennesima volta il colletto della camicetta e gettando un'occhiata preoccupata alla massa di gente che andava e veniva per quel corridoio.
Il Ministero della Magia era ancora più caotico di quanto non immaginasse! Aveva già  rischiato di essere decapitata da un paio di messaggini volanti e aveva dovuto saltare due volte alcuni comodini che si muovevano da soli, rischiando di far cadere tutti a gambe all'aria. 
Per non parlare degli sguardi. Le sembrava che tutti guardassero lei, ma sapeva che era solo una sua paranoia.
Eppure, c'era una strana atmosfera lì dentro. Poteva quasi sentirlo...sembrava che tutti si guardassero costantemente alle spalle.
I sorrisi delle persone erano così finti...in rare occasioni si allargavano agli occhi.
Non sembravano proprio colleghi affiatati, rimuginò, prima di essere spodestata dal solido muro contro cui si era appoggata che a quanto pare, era una porta.
"Abbiamo finito? Vorrei tornare a scuola." disse una voce.
Era un incubo! Si sentiva così fuori posto!
Quasi inciampò in avanti, mentre un ragazzo uscì da quello che aveva l'aria di essere un ufficio avvolto in un vago sentore di un profumo costoso e tabacco appena fumato.
Viso spettrale, aguzzo, capelli castani pettinati morbidamente all'indietro e uno sguardo freddo, vacuo. 
Michael Aliaset si accorse dopo appena qualche istante di averla spinta.
Aveva ancora la cravatta verde e argento annodata al collo e le si rivolse con una inarcata di sopracciglio ed un mutuo silenzio che ebbero il magico potere di metterla improvvisamente a disagio.
"S-scusa." mormorò Cristhine.
"Scusami tu." replicò quello con una voce  educata ma incolore, prima di distogliere gli occhi con noia.
Pochi istanti dopo, uscirono due uomini che a differenza del ragazzo, erano piuttosto chiassosi.
"Quindi siamo d'accordo, signor Aliaset!" berciò uno dei due, con un completo nuovo di zecca e uno scintillante tesserino ministeriale pinzato sul bavero. "I preparativi per il titolo nobiliare sono quasi ultimati, e spero davvero di vederla alla festa della contessa Dolohov questo fine settimana! Quale occasione migliore per annunciare un nuovo lord?"
"Ci saremo senz'altro!" gracchiò il secondo, che aveva due striature grigie sulle tempie e qualche chilo di troppo ma a parte questo, era identico a Michael. Gli sbatté una manona sulla spalla sconquassandolo tutto. "Porterò anche il mio ragazzo! Ultimamente non si sta rivelando una totale delusione, eh?"
Scoppiò a ridere con voce davvero fastidiosa.
"Scherzo, scherzo! Non facciamoci saltare la mosca al naso!"
"Beh, d'altronde è grazie a lui che abbiamo potuto stringere un accordo così generoso..." insinuò l'impiegato, strizzandogli l'occhio. "Non so come mai ma mi hanno parlato davvero bene di te, Michael...hai davvero incantato quella famiglia..."
Quelle parole parvero creare in lui una vaga agitazione. Scoccò un'occhiata veloce a Cristhine prima di schiarirsi la gola con un moto di fastidio.
"Avrei i compiti da portare a termine." mormorò, seccato. Si tolse la mano del padre dalla spalla come se scottasse. "Possiamo andarcene?"
"Questi giovani d'oggi! Sempre di fretta!" l'uomo scosse la testa con un sorrisetto prima di congedarli. 
Solo allora si accorse finalmente della piccola ragazzina tremolante alla sua destra. "E lei che ci fa qui impalata?"
"E' con me!" disse una voce alle spalle di Cristhine.
Apparve un ragazzo di colore, rasato e con un orecchino d'oro al naso. Piuttosto giovane - non poteva avere più di vent'anni - trasandato ma in qualche bizzarro modo cool, le sorrise in modo accogliente ignorando l'occhiataccia dell'impiegato.
"Shacklebolt." Sbottò. "Vedo che ancora non hai imparato a vestirti in armonia con il contesto in cui ti trovi."
"Non so tu, Harvey, ma qui di armonia ne vedo ben poca." replicò a tono quello. "E in ogni caso, il mio capo non ha niente da ridire!"
"Per il momento." rognò l'altro, fra i denti. "Ma i novellini dovrevvero imparare subito a stare al loro posto. E spicciati a portare questa cosina ovunque debba andare."
"Ma certo. Signorina McRanney, se vuole seguirmi è attesa in tribunale."
Bastò dire il suo cognome e la parola Tribunale per far sbiancare quell'uomo odioso, e a quanto pareva il ragazzo sembrava proprio averlo fatto apposta.
Rise, trascinandola per i corridoi senza notare il suo nervosismo in crescita.
"Non badare a lui. Quello non fa altro che leccare il culo. Sono Kingsley. Apprendista Auror." disse, strizzandole l'occhio. Aveva uno sguardo molto profondo, bello e sveglio. 
"C-Cristhine." bisbigliò lei.
"Accidenti!"  il mago premette il pulsante dell'ascensore con un ghigno. "Dovrai essere un pelo più agguerrita se vorrai testimoniare in una causa contro i Black in persona! Quelli sì che sono veri stronzi..."
"Secondo Livello, Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, comprendente l’Ufficio per l’Uso Improprio delle Arti Magiche, il Quartier Generale degli Auror e i Servizi Amministrativi Wizengamot."
Bastò che le porte si aprirono sul corridoio che portava alla sala d'udienza per venire investiti da una sequela di bestemmie e imprecazioni da far gelare il sangue.
"Anche se forse..." ghignò Shacklebolt, allungando l'orecchio. "...Non ce ne sarà bisogno...sembra che Euphemia se li stia divorando vivi..."
La vide allibita e rise di nuovo.
"La Potter è un po' una testa calda. Se lo può permettere eh, visto il grado di onoreficenza che le hanno attribuito...però a volte esagera. Praticamente quelli della Prigione le hanno dato la tessera, viste quante giornate ci ha passato dentro."
"Azkaban?" si sconvolse ancor di più la maghetta, sbarrando gli occhi.
"Nah. Lì ci vanno quelli a lungo termine. Ce n'è una qua sotto, per quelli che fanno cose poco gravi. Anche se devo ammettere che ci hanno provato una volta, a sbatterla laggiù...ma un Dissennatore si è gettato dalla torre dalla disperazione dopo un'ora."
Ok, tutto quanto stava diventando sempre più assurdo ma ce lo vedeva, un Potter a fare impazzire un dissennatore. Ripensò a James e a quanto sapeva rendersi insopportabile quando ci si metteva. 
Quel pensiero le diede del calore che le piegò le labbra insù.
Shacklebolt ricambiò, divertito. 
"Allora." disse, dandole una pacca sulla spalla. "Sei pronta?"
Crishtine strinse i pugni, e paradossalmente, quelle urla da spaccare i timpani parvero caricarla di energia.
Se era pronta? per niente. 
Ma era il momento di entrare in scena.
Non avrebbe mollato. Avrebbe resistito.
Avrebbe retto le occhiate, le insuinuazioni, le parole al veleno dei Black.
L'avrebbe fatto per lui, decise, sentendosi di fuoco.
L'avrebbe fatto per Sirius.








"Sirius ha finito. Siete ufficialmente gli ultimi!"
Lily si mise le mani nei capelli, sbattendo la testa contro la tastiera con la voglia di spararsi un colpo.
Black ridacchiò come una iena, piazzandosi dietro di loro e dando un'occhiata ai loro pc.
"E quello?" Indicò un mostro a tentacoli che salterellava allegro sul monitor di James, da una parete all'altra.
Dalla testolina rossa della Grifondoro si levò una voce funerea.
"Un virus..."
"Ma come hai fatto a prendere un virus?" sospirò Remus, adocchiando quell'impedito colossale del proprio migliore amico. "Non c'è nemmeno la connessione!"
Potter alzò gli occhi al cielo, indeciso se ridacchiare o buttarsi dalla finestra. Quel diavolo di computer! Lo stava facendo diventare scemo!
Ma quanto era difficile scrivere su quei tasti odiosi?! Non faceva altro che sbagliare, cancellare per errore, schiacciarne due insieme... se digitava dieci parole in venti minuti era già tanto! E ora avevano ufficialmente perso!
Per colpa sua, naturalmente. Lily aveva finito di battere il testo prima di tutti.
Lo ammazzava sul serio, stavolta!
"Gli ultimi saranno i primi, dicevano a casa mia!"
Barrie veleggiò tubando dietro di loro, con aria angelica.
"Vi conviene sbrigarvi, ragazzi, o vi perderete il festival che si terrà stasera!"
"Ehh? Vuol dire che dobbiamo stare qua fino a quando non finisco?!" balzò su Ramoso, con i capelli per aria. "Ma abbiamo perso! Che senso ha?!"
"Come siete votati alla vittoria, voialtri!" minimizzò il rosso. "L'importante non è vincere o perdere, ma entrare nella testa dei babbani..."
"So io come entrarci, nella sua..." borbottò James, vedendolo allontanarsi e lanciandogli il dito medio alle spalle. "...Con un'accetta...bella affilata..."
Ok, aveva bisogno di una pausa. Lily si alzò di scatto, alzando gli occhi al cielo.
"Professore, posso bere un bicchiere d'acqua?"
Avuto il consenso, si fiondò fuori dalla porta con un diavolo per capello.
Era il tramonto, e gli ultimi rimasti si stavano avviando verso le docce che, per loro, sarebbero state congelate.
Come cavolo poteva riuscire a far entrare nella testa il suo mondo ad un tale deficiente?! Le aveva provate tutte ma a momenti quello si strozzava pure col filo del mouse!
Sospirò, gettando un'occhiata al corridoio. Il sole entrava  liquido e rosso dalle vetrate, creando un'atmosfera calda e piacevole.
Si accorse di Giuly Spinnet solo dopo qualche secondo, quando quella buttò il mozzicone di sigaretta per terra.
"Che palle, non poterlo trasfigurare." sbottò poi, riacciuffandolo e mettendoselo in tasca. I capelli scuri le caddero davanti agli occhi. 
Quando si rialzò, si accorse di lei.
Giuly era sempre stata una persona particolare. Discendente da una famiglia di maghi africani venuti in Inghilterra in cerca di fortuna, aveva sofferto il razzismo a modo suo. 
Non sapendo una parola di inglese, il primo anno non aveva parlato molto...ora parlava perfettamente la lingua ma in generale, era rimasta una persona schiva, seria e silenziosa.
Però sul campo da Quidditch dava sempre il massimo. Quando volava, sembrava una fenice nera. 
E in men che non si dica, la squadra l'aveva accolta con grinta. O forse era stato James, ad includerla...
"Sigaretta?"
"Eh? Oh...no, grazie."
"Avete finito?" si informò lei, più per educazione che per interesse. 
Lily sospirò, scuotendo la testa con mortificazione.
"Peccato. Siete stati sfigati."
"Tu e Monique ve la siete cavata bene..."
"Sì...non male. Anche se avrei preferito qualcuno della squadra. Sarei stata più affiatata. Quella parla solo di rossetti."
"Forse dovevi stare tu con James." le sfuggì di bocca, sentendosi insopportabilmente lamentosa. "Con me non c'è stato verso!"
"Forse era distratto." La Spinnet si accese un'altra sigaretta, bene attenta a non farsi scoprire da Walsh. Non sapeva bene, arrivati a quel punto, se per paura di farsene scroccare una o per timore di un rimprovero. "Insomma, gli piaci un sacco, è naturale che non ascolti."
C'era un'altra caratteristica che contraddistingueva quella ragazza. Era brutalmente sincera. Sempre.
Lily si strozzò con l'acqua a quella sparata, cominciando a tossire e diventando viola.
"Cos...?! No, guarda che..."
"Eddai, si vede lontano un miglio che tra di voi c'è attrazione." sbuffò quella, del tutto ignara del delirio mentale in cui la stava mettendo. O forse se ne rendeva conto e se ne sbatteva. Giuly era un po' strana. 
"Stai fraintendendo...!"
"Mi siete sempre sembrati un po' strani." ammise lei, soffiando fuori il fumo e guardando il soffitto con tedio. "Sono sette anni che non fate altro che sentirvi rivali in tutto. Insomma, se qualcuno sta antipatico è istintivo dopo qualche tempo allontanarsene. Fa parte dell'impulso alla sopravvivenza. Fuggire da un luogo o da una situazione non idonea al proprio benessere... invece voi siete come due calamite. E d'altronde un po' vi capisco. Vi piace combattere. Vi lega la sfida e nient'altro." 
Lily rimase in silenzio, sentendosi di piombo. Giuly aveva occhi saggi e profondi, di una trasparenza selvaggia. Continuò senza indulgenze, come se stesse riflettendo tra sé e sé.
"Voglio dire, un amore di fantasia è più eccitante di un amore reale. L'attrazione più forte è quella tra due opposti che non si incontrano mai. Forse è per questo che non siete andati molto bene come coppia all'esame. Date il vostro massimo solo quando dovete distruggervi e vi fate sedurre dalla vostra battaglia, più che da voi stessi." ridacchiò, portandosi la mano alla bocca. "Sai, una vostra ipotetica relazione sarebbe un vero disastro!"
Si fermò di colpo, notando i suoi occhi lucidi. Inarcò le sopracciglia con sorpresa spontanea.
"Hey, ho detto qualcosa che non va? A volte mi lascio trasportare dai pensieri. Scusa!"
La Grifoncina scosse la testa, sorridendo mestamente. Si strinse le mani al petto come a ricacciare dentro un sasso rovente.
Perché quelle parole l'avevano così ferita?
La salutò, avendo cura di asciugarsi le ciglia umide, di passarsi una manica sulla faccia.
L'aula era vuota, la testolina di James fumava sopra quel macchinario infernale ed il sole sembrava ardere anche il legno. 
Tutto era rosso, caldo, soffocante. La neve fuori dalle finestre non riusciva a mitigare quei toni accesi, sembrava un lungo tappeto rosato.
Quando James Potter sollevò lo sguardo su di lei, si fece più serio. Era turbata... se ne stava lì in piedi, baciata dal sole rosso, con aria triste e indifesa.
Fu allora che si alzò, con aria battagliera. 
Non voleva vederla così. Mai.
Le strinse una mano, facendola sobbalzare e portandogliela avanti alla faccia.
"Ok, abbiamo capito che come babbano faccio schifo." abbaiò, mentre lei sgranava gli occhi. "E tu come insegnante non sei da meno!"
"Io...che?!"
"Ragiona! Che cosa siamo, oltre all'essere dei maghi?!" cercò di spronarla lui, sbattendo una mano contro il muro dietro di lei all'altezza delle sue guance. "Oltre all'essere Purosangue, Mezzosangue e via dicendo? C'è una cosa che viene prima, Evans!"
"Non capisco di che accidenti tu stia...!"
"E che cosa fa un Marauder con le regole?!"
"Le infrange." rispose Lily, e improvvisamente, il viso le si illuminò appena, nascondendo quell'aria insicura che poco prima l'aveva fatto stare quasi male. 
"Brava. Qui la cervellona dei due sei tu, quindi datti da fare e trova una soluzione!"
"Sì! Forse potrei..."
La vide animarsi da un fervore nuovo, e si riposizionò alla sedia curioso di vedere che cosa le stava suggerendo quel suo cervellino da psicopatica. La sentiva correre da una parte all'altra e aprire cassetti come un'ossessa.
Sogghignò, facendo per mettersi le mani dietro la testa quando le sue dita sottili le raggiunsero prima che potessero farlo.
Le mani di Lily strinsero appena le sue, dandogli piacevoli brividi.
"Fammi spazio."
Improvvisamente, qualcosa di appiccicoso. La bocca di Lily vicina alle sue dita, il suo respiro contro le unghie...e qualcosa che veniva strappato coi denti.
Qualcosa di appiccicoso.
"Ma..." le parole gli morirono improvvisamente in bocca.
Lily Evans...lo stava abbracciando. Da dietro. E le loro mani...si erano intrecciate.
Il cuore gli balzò vergognosamente in gola, mentre i suoi lunghi capelli gli solleticavano il collo ed il suo corpo morbido si premeva contro la sua schiena in modo da farlo impazzire. 
Rimase fermo un istante, paralizzato, quasi diffidente. Invaso da un desidero bruciante. 
Cristo...
Poi abbassò gli occhi.
E ghignò.
"Non riesco a insegnarti nulla. E non posso sostituire le tue mani..." sibilò Lily, ricambiando il ghigno. "...però posso controllarle!"
Barrie Walsh, dietro di loro, tossicchiò divertito e decise che quella genialata valeva almeno un po' della sua pietà.
La sua studentessa modello aveva appena legato le proprie dita a quelle di Potter con dello scotch...e gliele muoveva sulla tastiera come una marionetta.
L'incantesimo che riconosceva le impronte digitali era appena stato fregato!
E quando i due finalmente terminarono quell'odissea e lo guardarono con i loro occhietti un po' imploranti, un po' di sfida, si limitò ad alzare le spalle.
"Beh, i babbani devono essere ingegnosi." ammise, sconfitto. "E voi avete dimostrato una logica degna di un babbano. Che dire, siete entrati nello spirito giusto!"
A quelle parole fu investito da un barrito puro di entusiasmo, James agitò un pugno all'aria con espressione di giubilo e ci mancava poco che la Evans facesse un balletto lì su due piedi! 
"Dai, razza di babbei, levati dai piedi prima che cambi idea!"
Mai visti due tanto felici di esser arrivati ultimi! Salterellavano letteralmente come due coniglietti!
Ma non era solo quello ad animarli...anche se non poteva saperlo.
Lily si attaccò al braccio di James, ridendo con lui, improvvisamente di nuovo uniti. 
Certo che era strano...un secondo prima nemmeno si parlavano ed ora eccoli lì, così contenti e amici...
"Mi devi una birra, Rossa." sentenziò il ragazzo, fissando altrove per non farle vedere il rossore che gli era venuto sulle guance. 
"Eh?! Guarda che l'idea è venuta a me! E comunque mi hai fatto perdere!"
"Razza di ingrata, è stato un lavoro di squadra!"
"Ma se sei rimasto seduto tutto il tempo!"
"E va bene, una birra ciascuno. E ce la beviamo assieme!"
Lei corrucciò gli occhi, sospettosa, e gli piazzò un dito sotto il naso.
"D'accordo, ma non è un appuntamento!"
"Che palle. Guarda che ti volevo solo tenere d'occhio. Tutta sola, in mezzo a una mandria di ragazzi babbani..." 
Lei alzò gli occhi al cielo, con un mezzo sorriso.
"Veramente, tra i Babbani, quello che va tenuto d'occhio sei tu! Rischi di ammazzarti ad ogni passo! Sai almeno che si passa col verde sulle strisce pedonali?"
"E che cazzo sono le strisce pedonali?!"
La vide correre in avanti ridendo, i capelli aperti come un ventaglio e i piedi che affondavano nel nevischio. 
"Sai James?" si girò verso di lui dopo qualche metro. Di nuovo contenta. "Come squadra faremo schifo, ma come Marauders non siamo male assieme!"
"Guarda che questa te la rinfaccerò fino alla morte..." mormorò lui, ma lei stava di nuovo correndo e non lo udì. 
Sorrise, mentre improvvisamente, il pezzo di vetro che portava sempre con sé si mise a vibrare.
Se lo portò alle labbra, attento a non farsi vedere. 
"Sei pronto?"
"Sì." rispose una voce dentro lo specchio.
"Bene. Il piano ha inizio."
Chiuse lo specchietto, rifilandoselo in tasca in fretta e furia.
"James! Muoviti!" lo chiamò Lily, da lontano. Ignara e indifesa di ciò che stava accadendo attorno a loro.
Sospirò, correndo verso di lei.
Come squadra facevano schifo, non c'era dubbio. 
Ma come branco...beh, come branco potevano spazzare via il mondo intero.


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Capitolo 36
*** Il processo. ***


 

Ma perchè diavolo ogni volta che si girava la vedeva circondata da ragazzi?
James Potter trattenne il simpatico impulso di spaccare la faccia ad un tizio con i capelli pieni di lacca che stava allisciando la Evans peggio di una piovra e si riconcentrò sulla birra che aveva tra le mani.
Barrie era stato chiaro in merito. Niente casini coi Babbani.
O si veniva bocciati in tronco.
Forse pensava che la minaccia sarebbe stata sufficiente, forse pensava che l'essere senza poteri li avrebbe tenuti buoni, o forse semplicemente non era a conoscenza del fatto che quel noioso villaggio in mezzo al nulla in realtà straripava di ragazzi annoiati e ubriaconi che non vedevano stranieri da tempi immemori.
E solo un pazzo sconsiderato avrebbe fatto interagire degli adolescenti appartenenti a mondi del tutto diversi in una serata di bagordi.
Non che fossero poi così stronzi, quei babbani.
Era passato parecchio tempo da quando il resto della compagine si era diretta alla festa sbattendosene angelicamente del loro destino, Marauders compresi, e quando Lily e James avevano ufficialmente rinunciato al bagno caldo – non senza valanghe di imprecazioni e tentativi di infilarsi forchette in un occhio – e si erano diretti al paesello attraverso inquietanti sentieri boschivi, la sera stava già calando e i Grifondoro si erano già allegramente calati nell'anima del festival, sbocciando birra a più non posso con i compari del mondo opposto che, un po' per la sbronza in arrivo e un po' per l'eccitazione di vedere tante facce nuove, li avevano invitati a devastarsi assieme accanto al falò centrale.
Cosa che il Marauder era stato ben lungi dal rifiutare, il problema era che James non aveva valutato un piccolo dettaglio: lì nessuno conosceva la sacra regola "Evans-non-si-tocca".
La minaccia di Walsh era ben poca cosa, considerò notando un gruppetto di ragazzi sbavare sulle gambe della rossa e scambiarsi occhiatine libidinose. Lì ci scappava il morto sicuro!
Dal canto suo, Lily non sembrava accorgersi dei suoi occhi piantati addosso da almeno venti minuti e sorrideva spensierata ad una ragazza del posto, in fila assieme ad una bancarella in attesa di essere servite.
Non l'aveva mai vista così. Sembrava...così a suo agio.
L'aria era tersa, pulita, riscaldata dal tenue calore del falò, dalle vibranti lucine natalizie che avevano predisposto in lunghi filari da un palo all'altro e dal profumo fragrante di pannocchie arrosto, castagne e zucchero filato.
"Hey, la nostra Evans sembra non aver sofferto più di tanto essere arrivata ultima!" disse Paciock, sedendosi accanto a Potter su uno dei tanti tronchi che avevano messo a mo' di sedie. "Sorride pure! Anzi, non l'ho mai vista rilassata come stasera."
"Vero, sembra un'altra persona..." confermò Peter, sedendosi al lato opposto con la faccia piena di mais.
"Tu sì che conquisterai qualcuna oggi, Pet." frecciò James, con un mezzo ghigno.
"Mi sono appena beccato due picche. Basta, ho chiuso con le donne." sentenziò l'altro con solennità, prima di venire abbracciato da Geky, che arrivò alle spalle saltellando come un coniglietto.
"Non demordere, Minus!" rise. "E comunque Lily è cresciuta tra i Babbani. E' naturale che si senta a suo agio! Io invece fatico a capire metà delle cose che dicono! Uno mi ha intortato per mezz'ora su una specie di gioco scemo dove prendono a calci una palla...boh."
L'iddillo di una Evans dolce e socievole durò in ogni caso ben poco, perchè dall'altra parte del campo si udì un quantomai strano "Oddio, che carina, grazie tesoro!".
Strano perchè a pronunciare quelle parole giulive fu Black, che tra l'altro pensò bene di abbracciare una tizia che gli aveva offerto da bere con un sorrisetto scemo e l'innocenza di un bambino che però la Grifoncina non colse.
Mezzo secondo dopo un boccale bello pesante volò nell'aria con una precisione millimetrica ma purtroppo per Lunastorta, Black si era abbassato a raccogliere un fiore (sì, un fiore!) emettendo versetti da neonato e quella quintalata di bicchiere finì in faccia a lui.
"Oddio, scusa Rem!"
Lily si piazzò le mani alla bocca e corse a tirarlo su nelle risate generali e sotto lo sguardo allucinato della tizia babbana.
"Odio questa gita." sentenziò quello, massaggiandosi il naso.
"Maddai, ci stiamo divertendo invece! Guarda che ho trovato."
Felpato gli sventolò il fiorellino davanti al naso ignaro di un paio di occhi omicidi.
"E tu!" abbaiò la rossa, stringendo gli occhi come un falco. "Cosa diavolo credevi di fare?!"
"Eh? Ma è stata carina! Mi ha offerto una birra." fece lui, stringendosi nelle spalle e indicando la ragazza, una brunetta con un piumino fluorescente. Ok, vederlo così iniziava ad essere bizzarro. E fastidioso.
Tipo unghie di gatto sui vetri.
"Sei fidanzato! O te lo sei scordato?!"
"Ah, che palle." bofonchiò la babbana, che era stata contemporaneamente raggiunta dalle amiche. "Scusa, sai, non credevo fosse il tuo ragazzo. No problemi, ok?"
"No, guarda che non è il mio ragazzo!" ci tenne a chiarire Lily, prima di essere interrotta.
"Allora abbraccerò solo Remus!" miagolò Sirius con un risolino, schiacciandosi contro Lupin che, ancora più strano, arrossì come una ragazzina.
"Ahhh, ora ho capito! Quindi non c'era proprio speranza, eh? Che peccato, quelli più appetibili sono tutti gay al giorno d'oggi..." sospirò la babbana, scuotendo la testa e facendo sbiancare Lupin che sembrava a disagio più che mai.
"No, aspetta, non è come credi!" cercò di dire disperato, contemporaneamente cercando di levarsi di dosso Black che gli faceva letteralmente le fusa al collo.
Una visione scioccante per chiunque con un po' di lucidità mentale e che ammutolì la Grifoncina per cinque minuti buoni.
"Ok, Lupin, forse è il caso di ritirargli qualsiasi razza di erba si sia portato dietro." disse solo, sudando freddo.
"Tu dici?!" sorrise istericamente Remus, probabilmente in procinto di un omicidio. "Perchè non chiami un po' James e gli chiedi di accollarselo lui per due minuti?!"
"Ma si può sapere che gli prende?!"
"Hey, parli di quello con gli occhi strani? Me lo presenti?" s'intromise un'altra tizia con voce maliziosa. "Ti offro da bere se mi ci combini un'uscita...dio, quel tizio me lo terrei legato in camera da letto per un mese intero..."
Chissà perchè diavolo le era venuta improvvisamente voglia di cavarle un occhio...
Come richiamato col megafono, quel demone apparve alle loro spalle con un ghigno largo da iena e due birre in mano.
"Hey, problemi?" chiese, divertito come non mai, venendo letteralmente incenerito con gli occhi dalla sua rossa adorata e al contempo violentato mentalmente dal gruppetto di ragazze locali che prese a scoccargli occhiatine assatanate.
"Sirius ci prova con Remus." sibilò Lily, guardando altrove con stizza. "Gli stavo solo suggerendo la via della sobrietà, viste le conseguenze!"
"Non essere così dura, questi giorni sono stati insopportabili per lui!" se la rise quello, passandosi una mano fra i capelli. "E poi la sobrietà è per sfigati. Anzi, visto che ci mettevi tanto ti ho preso il tuo bicchiere, rossa!"
"Hey, lo offri anche a me?" frecciò una biondina facendosi avanti con aria spavalda. Ma tu guarda che razza di maniache!
Lily affondò il naso nella birra con un movimento isterico, non sopportando l'idea di doversi spiegare quell'improvviso e crescente nervoso...
Sembravano non vedere ragazzi da anni, assurdo! E figuriamoci se quel cretino non iniziava a fare il gallo nel pollaio!
Quelle iniziarono a tubargli attorno come delle colombe, mentre lui dispensava sorrisi caldi come il miele su quelle dannate castagne.
"Non vi abbiamo mai visto da queste parti, ragazzi! Siete qui per una ritirata sportiva? In che squadra state?"
"Grifondoro." rispose il maghetto con candore, facendola strozzare nel sorso che stava facendo.
"Mai sentita! Che roba è?"
"Quidditch, hai presente?" continuò quel cretino, godendosela come un beota mentre le ragazze inarcarono le sopracciglia. "Scope, boccini d'oro..."
"Ok, vedi di piantarla!" sbottò la Grifondoro, tirandogli un orecchio in modo da abbassarlo al suo livello. "Basta fare sciocchezze! Ti ricordo che sei in coppia con me!"
"Eh? Quindi è lui il tuo ragazzo?" brontolò la babbana, che non stava capendo bene.
"Eh, Evans, quindi sono io il tuo ragazzo?" le chiese angelicamente James, passandole un braccio attorno alle spalle e prendendole di mano la birra.
"Eh?! No!"
"Ahh, ho capito. E' un primo appuntamento?"
"E' un primo appuntamento, Evans?" fece il verso l'altro, dondolandogli il bicchiere di birra davanti al naso.
Insomma!!! Perché diavolo non mollavano il colpo?! E perchè quel maledetto stava rigirando la cosa a suo favore?!
"Dammi quella dannata birra e andiamo a farci un giro." cedette con voce sepolcrale, trascinandoselo via mentre il ragazzo esultava in silenzio alle sue spalle.
Remus sorrise, prima di ricordarsi che gli aveva di nuovo sbolognato la patata bollente. Dove cavolo era Peter?!
Lui così ci diventava pazzo!
Black gli si sedette accanto con un sorrisetto malizioso che gli fece venir voglia di buttarsi direttamente nel fuoco.
"Mi sto divertendo un sacco..."
"Sì, ho notato..."
"Erbette, hn?" frecciò l'altro, inarcando un sopracciglio, prima di avvicinarsi con una strana espressione. "Ti sembro una persona strafatta, Remus?"
"Mi sembri solo una persona confusa." ammise l'altro, fissando altrove con un sospiro. "Che pensa di sapere quello che vuole."
"Oh, ma io lo so eccome cosa voglio... E tu?"
"Potresti evitare di parlarmi in questo modo...così? Comincia a essere inquietante!"
Sirius ridacchiò, deliziato, prima di fissare il cielo pieno di stelle. L'inquinamento luminoso sembrava quasi non esistere.
"Però la luna non si vede."disse d'impulso, serenamente.
Già, pensava Lupin. La sua luce non sembrava raggiungerli. Però c'era.
La sentiva sulla pelle.

 

Il freddo le aveva arrossato il nasino, notò James, che camminava con Lily per i vicoli del villaggio illuminati a giorno. I negozi erano tutti aperti, le luci lanciavano dolci bagliori sulla neve dove affondavano i loro stivali e più di una volta avevano dovuto evitare gente allegra e alticcia che cercava di aggregarli al loro gruppetto.
No, col cavolo, pensava il mago, continuando ad osservarla di sottecchi. Era forse la prima volta in assoluto che si concedevano un giro assieme. Da soli!
A saperlo, l'avrebbe fatta bocciare più spesso!
Continuava ad analizzare le sue mosse.
Il modo in cui le cadevano i capelli davanti al viso quando posava le labbra sul bicchiere, creando un vago vapore sul vetro con il suo respiro. I piccoli sorsi, le guance arse dal gelo.
Aveva una pelle bianca, probabilmente era incredibilmente sensibile.
Chissà...chissà che segni avrebbero lasciato dei baci...
"E allora? Hai intenzione di continuare a farmi girovagare in tondo?" chiese ad un certo punto la ragazza, piantandogli gli occhi addosso. "Guarda che lo so cosa hai fatto, sai?!"
"E che avrei fatto?" ghignò James, furbetto.
"Ogni volta che cerco di mollarti, ti lasci casualmente sfuggire qualche dettaglio di troppo coi babbani! Lo fai apposta!"
"Sai Lily, saresti davvero uno schianto se solo non aprissi bocca!"
"Beh, purtroppo per te la apro eccome! Allora, si può sapere dove vuoi andare?"
"Che acidità, non sei contenta? Puoi farmi da guida e insegnarmi cose! Ad esempio, cos'è questo illuminante archetipo di tecnologia babbana?"
"Un idrante. Ci fanno la pipì i cani."
In realtà però, non era così male. Il paesino era grazioso, James le aveva comprato uno zucchero filato e vederlo emozionarsi per le cose più stupide era spassoso.
Faceva anche amicizia in fretta, anche se sembrava bene attento a non farsi accalappiare dai vari sconosciuti per più di tre minuti.
Incredibile, con lui si stava divertendo, anche se non l'avrebbe mai ammesso!
"Lo pensavi veramente?" gli chiese ad un certo punto, svoltando a destra totalmente a caso. "Quella cosa sul termine Babbanofilo..."
"Bah, magari puoi anche chiamarmi così." lui fece spallucce. "E' solo che odio le etichette. A me sembra solo normale volersi integrare con gli altri senza problemi. Ma se ci metti sopra un'etichetta, un nome, mi sembra di appartenere ad una specie di setta. Insomma, diventa meno normale."
"Secondo te, da quando abbiamo incominciato a classificare le persone in base alla loro volontà di ammazzare o meno i non maghi?" quel discorso la fece diventare triste.
"Gli stronzi ci sono stati fin da quando ero bambino. Solo che avevano altri nomi. Grindelwald...ha dato un sacco di filo da torcere ai miei, quando erano giovani. Sapeva parlare bene, quello era il problema. Forse aveva anche buone intenzioni, all'inizio, ma le conseguì nei modi sbagliati e ora la sua crociata è degenerata dando voce a gente che non merita nemmeno di stare sulla faccia della terra. Però ricordo che pensieri del genere c'erano anche prima...e devo dire che ultimamente, sembra che stiano aumentando..."
"Già, ne so qualcosa!" rispose la ragazza, ricordando con un brivido gli occhi quasi folli di Malfoy. "E' che sono davvero due mondi diversi. Guarda Sirius, ad esempio! Due giorni senza poteri e continua ad inciampare, a fare cose strane..."
Quello parve divertirlo.
"Oh, beh...sì...più o meno...diciamo che Sirius in realtà non se la sta cavando male..."
"Beh, comunque sai che ti dico? Sono d'accordo con te, sulle etichette! Sai James, a volte il tuo cervellino si mette in moto un po' di più e non ne esce qualcosa di totalmente stupido..."
"Hey, sbaglio o era un complimento?" il suo viso si illuminò, facendola sorridere. "Rossa, sei proprio...Hey, ma quello?!"
Si bloccò di botto, facendola sbattere contro la sua schiena.
Natale.
Forse era arrivato in anticipo per lui, pensò Lily con improvvisa tenerezza, guardandolo mentre si incantava come un bambino davanti ad un vero e proprio luna park.
Fu così che passarono il resto della serata. E incredibile ma vero, non fu tanto disastroso...più o meno.
James sbarellò ovviamente per le montagne russe, la ruota panoramica e qualsiasi tipo di giostra che li portasse in alto, cosa che fu decisamente terrificante per Lily che lottò contro le sue vertigini praticamente tutto il tempo e che lanciò urli degni di una Banshee, incapace di dirgli di no.
"Ti prego, ti prego, ancora!"
"No, James, ho detto di...waaah!"
Quando scendeva da una con le gambe che tremavano e lo stomaco che si rivoltava come un calzino si riprometteva di mandarlo al diavolo ma dopo due minuti, in modo del tutto assurdo, si ritrovava su di un'altra senza sapere come accidenti avesse fatto a farsi fregare!
Il suo entusiasmo era così travolgente da non farle capire più nulla!
Solo dopo la dodicesima salita su quei mostri di ferro e la seria possibilità di rimettere in testa ad un gruppetto di bambini decise che ne aveva abbastanza di fissare la morte in faccia e lo trascinò nell'unico altro punto che sapeva lo avrebbe fatto impazzire: il tiro al bersaglio.
Mentre lei ancora tratteneva i conati di vomito e cercava di riassumere un colorito che si allontanasse almeno un pochino dal verde, Potter assunse il pieno controllo di quelle dannate pistole e riuscì a vincere perfino un maialino di pezza.
"Che schifo, io volevo il fucile ad aria compressa!" si lagnò, osservando il pupazzetto con una smorfia.
"Sai, non volevo dirtelo, ma quei cosi sono truccati...non vincerai mai i premi più belli..." iniziò a dire Lily, prima di ritrovarsi in mano il peluche. "Ma...!"
"Tienilo tu. Per farmi perdonare." James le ghignò in faccia, indicandole il naso. "Mi sembravi un po' spaventata sul tornado nero...ti hanno fatto una foto fantastica, solo che non si muove...dio, fa squartare..."
"Io non ero spaventata!!! Dammi qua!"
Fece per prendere la fotografia che le stava sventolando sotto il naso ma il ragazzo alzò il braccio, ridendo, portandola fuori dalla sua linea.
Maledetto spilungone!
"Un pupazzo per una foto, Evans, è la regola."
"Non ti azzardare!"
"Ah sì? Allora me lo riprendo!"
"No!"
Lily si strinse al petto il maialino con aria protettiva.
"E' carino..." ammise a malincuore, facendolo sorridere. La sua contentezza fece sorridere anche lei.
Chissà, chissà se un giorno avrebbe trovato il coraggio di chiedergli perché...perché l'aveva baciata...
Più cercava di ricordarlo, confusa com'era stata, più quel bacio sembrava sfuggirle. Ricordava solo...un vago sentore. Un calore che le aveva quasi scottato la bocca. Una sorta di disperazione...senza fine.
Probabilmente, pensò con una strana fitta al cuore, per un mero capriccio. La voglia di togliersi lo sfizio sapendo di dover morire. L'ultima vittoria di James Fleamont Potter.
Scosse la testa come per scacciare una mosca. Non voleva pensarci. Faceva troppo male.
Ed infondo, era stata una bella serata, foto e vertigini a parte. Ne voleva conservare quel bel ricordo.
Avevano mangiato, riso, lui aveva vinto un maialino e gliel'aveva anche regalato...
Si bloccò di botto, strabuzzando gli occhi. Realizzando.
Oh.
Oh accidenti!!!
James parve captare i suoi pensieri e le si fece diabolicamente vicino, assolutamente trionfante.
"E puoi anche metterla giù come ti pare, ma questo a me è sembrato un appuntamento..." le mormorò all'orecchio. Lei saltò su come un petardo.
"Non dire fesserie! Mi hai praticamente obbligato a farti da balia!"
"Da balia, eh? Sai che ho dovuto dire a ben cinque babbani di smammare? Ho rischiato di fare a botte due volte, stasera!"
"Ehh?!"
La vide arrossire, sorpresa.
Ma davvero non si rendeva conto dell'effetto che faceva sui ragazzi?!
Forse il fatto che nessuno avesse le palle per corteggiarla a scapito del suo divieto, ad Hogwarts, l'aveva come anestetizzata...o forse era semplicemente la più grande ingenua del pianeta...
La prese per le spalle, sospirando esasperato, puntandola verso un gruppo di tizi che se la stavano divorando con gli occhi in modo irritante da venti minuti buoni.
"Lo vedi? Ad esempio, quelli, ti stanno puntando...e io li sto fissando male in gran segreto...dovresti ringraziarmi!"
"Ma se eri in preda al gioco con le paperelle..." lei scosse il capo. "E poi, vogliamo parlare delle tue, di assatanate? Ti ricordo che in un bagno di Hogwarts c'è una taglia sopra alla mia testa disegnata sulle piastrelle! E in ogni caso, sappi che non sono tutti dei maniaci come te!"
Perchè? Perchè pur di contraddirlo si andava a infilare nelle fosse dei leoni?
Si girò verso di loro, dirigendosi a passo di marcia e facendolo sospirare.
"Lily, guarda che non voglio fare a botte..."
Un "Hey, dolcezza" avrebbe dovuto già farle capire le intenzioni di quei tizi e James la seguì passandosi una mano sulla faccia già immaginando di dover passare il resto del loro appuntamento con le mani gonfie, quando uno di loro li bloccò e si sporse in avanti con aria più curiosa che depravata.
"Hey, si può sapere da dove venite? Parlano tutti del vostro arrivo, qua in zona. Non ci sono tanti giovani! Dove state a dormire?"
"Uh? Stiamo nell'hotel qua vicino." rispose vago, mettendosi una mano in tasca e stringendo il fianco di Lily con l'altra tanto per mettere le cose ben in chiaro.
La ragazza però sembrò non accorgersene nemmeno. Fissava la sciarpa di uno di loro con aria perplessa.
Lui le strizzò l'occhio in una strana esibizione di seduttore, prima di indicarsela con orgoglio.
"Fan del Chelsea?"
"Mio padre più che altro. Ma della squadra avversaria." rispose Lily. "Quelle sciarpe non le davano dopo il derby?"
"Infatti, l'ho presa lì. Li abbiamo stracciati. Spiacente per tuo padre."
James non ci stava capendo un'acca ma la vide accigliarsi.
"Ma...la partita si giocava solo tra qualche giorno. L'hanno spostata?"
Quello la guardò stralunato prima di venire interrotto dal suo amico.
"Che strano...so che qui in zona c'è solo un hotel ma è stato distrutto qualche giorno fa...fuga di gas. Un casino!"
Fu una sensazione improvvisa. Come una mano di gelo.
Un sospetto, il sentore di qualcosa che non andava. Lily socchiuse gli occhi, stringendosi istintivamente a James con un brivido di inquietudine che non sapeva spiegarsi.
Ma che stavano dicendo?
Ad interrompere quel momento così strano fu il genio della compagine che si sporse verso il malandrino con l'aria che era tutto un programma chiedendogli se la rossa fosse la sua donna e se poteva provarci lo stesso.
Decisamente era il caso di andarsene, considerò James, facendogli capire senza mezzi termini che poteva provarci tranquillamente, a patto di avere poi i soldi per un buon chirurgo estetico.
Quando ritornarono al falò, la serata stava volgendo al termine per tutti, visto che erano decisamente pieni, a parte Remus che con il suo solito candore aveva dato il via al gioco della sbronza facendo stramazzare a terra non so quante persone e diventando l'idolo indiscusso di quella mandria di alcolizzati.
Lo beccarono con Sirius e Peter che ridevano come un pazzi, seduto accanto ad un tronco d'albero usato a mo' di tavolino, fresco come una rosa mentre tutt'attorno quei poveracci che avevano avuto il coraggio di sfidarlo barcollavano o gattonavano in condizioni più che precarie.
Anche se doveva ammettere che alcuni avevano resistito bene!
Però...ne bevevano di alcool, quei babbani...
Recuperando qua e là Grifondoro mezzi collassati, riuscirono a riprendere la via per il ritorno abbastanza in fretta...anche se non senza la sensazione strana di essere osservati.
Capiva che anche James ce l'aveva perchè ogni tanto lo beccava a girarsi, a fissare qualcosa tra gli alberi.
Che strano...come se sentisse qualcosa...
In ogni caso, quella sua sensazione di disagio scemò non appena furono di fronte ad un problema ancora più grosso.
"Non abbiamo il letto?!"
La Grifondoro si mise le mani nei capelli mentre tutti si sistemavano nei loro caldi giacigli con l'aria beata.
L'avrebbe fatto anche lei, se non fosse che il loro letto si era carbonizzato...
Lei pensava che quella faina di prof stesse scherzando! Ma come diavolo pretendeva che dormissero?! Faceva pure freddo!
James scosse la testa, sospirando.
"Beh, in effetti ce l'aveva detto..." pigolò, mogio mogio. "Siry, non è che mi faresti un po' di spazietto...?"
"Scordatelo." si intromise Lupin, già ben sistemato sotto un caldo piumone. "Lily, ti ho sistemato cuscini e coperte sul divano, al piano di sotto."
"Ma c'è spazio solo per uno! E io dove dormo?!"
"Cavoli tuoi." fu la simpatica risposta in coro dei suoi amici, già belli che addormentati nei loro lettini a schiera.
Razza di bastardi...si girò verso la ragazza ma quella era già al piano di sotto, borbottando come una teiera.
Alzò gli occhi solo quando lo sentì appoggiarsi allo schienale dietro di lei e chinarsi leggermente.
"Potremmo finire l'appuntamento nel miglior modo possibile, Rossa..." le miagolò, suadente.
Lei mantenne lo sguardo fisso nel suo, appoggiando la nuca vicino alla sua mano e...sorrise.
"Non mi serve la magia per farti fuori, James." disse solo, e andò a finire che il poveretto prese una coperta e si piazzò, non senza bestemmie, a dormire nella vasca idromassaggio.
"Ma tu guarda...rischio pure di rimanerci incinto, in questa cosa!!!" ringhiò al bagno vuoto, piazzandosi come meglio poteva. "Hey Paciock, ci hai già fatto sesso qua dentro?!"
"Ci puoi scommettere le palle!" urlò dall'altra parte della casa il compagno con orgoglio malsano, facendogli desiderare di avere in mano ancora una di quelle cose chiamate pistole che aveva imparato ad usare nel Coso-Park.
Immerso in fantasticherie sui suoi compagni appesi alle grucce con un mirino in fronte stile pupazzetti, cercò di dormire...senza riuscirci per niente.
Passò un'ora, due...
La notte li aveva inghiottiti nel suo silenzio. Fuori, osservava uno sprazzo di cielo dalla finestrella, le stelle pulite...e quando vide di sfuggita una meravigliosa ala rossa e oro apparire e scomparire per una frazione di secondo, sorrise tra sé.
E così era lì in giro...
La porta si aprì con un cigolio, facendolo sobbalzare. Per un breve istante, l'istinto gli portò la mano alla tasca dove teneva di solito la bacchetta, prima di ricordarsi che non ce l'aveva. Che era babbano, ora.
Inerme, indifeso.
Ricordò l'attacco che aveva subito nel bagno dei Prefetti, il tentacolo d'acqua che gli stringeva la gola impedendogli di respirare...il Somnus, il Corno corazzato e tutte le insidie di Hogwarts...prima di vedere chi c'era davanti alla porta.
Il sorriso divenne più esteso, in modo provocatorio. Non riusciva a fermarlo.
Sapeva di avere l'aspetto di uno stronzo arrogante. E infatti, Lily arricciò il naso con una smorfia incazzosa.
"Sì? Ti serve una saponetta?" ironizzò, mentre lei, in piedi con un improbabile pigiama di pile, si mordeva il labbro.
Occhiaie, capelli arruffati, la sua coperta appallottolata sotto il gomito e...il suo maialino di peluche sotto l'altro. Sembrava una bambina.
"Non riesco a dormire." ammise, sbuffando. "Si gela, accidenti! Questa coperta è troppo leggera!"
Come volevasi dimostrare...forse, quella notte non sarebbe stata tanto male!
"Vedi di toglierti quel sorrisino dalla faccia!" gli ringhiò contro la Grifondoro, piazzandosi nella vasca idromassaggio con lui, ben lontana dalle sue grinfie. "Non riesco a credere che lo sto facendo!"
"Guarda che se stai così lontana, senti freddo lo stesso..." disse solo, cercando di essere il più oggettivo possibile. Cosa che gli riusciva ben difficile, con quel ghigno da maniaco sulla faccia!
"Ok, come non detto, me ne vado!"
La ragazza si alzò di colpo, con il fumo che le usciva dalle orecchie e la faccia rossa come un pomodoro, un po' per nervoso e un po' per imbarazzo, quando lui le prese il polso.
"Ok, ok! Ti prometto che non alzo un dito!"
Se la tirò sulle ginocchia, mentre quella si lasciava sfuggire un verso stridulo da donna oltraggiata che trovò incredibilmente buffo. Lo guardò sconvolta, pronta a tirargli un cazzotto sui denti ma lui le prese anche l'altra mano.
"Lily, sei più bardata di un pinguino col raffreddore, ti assicuro che con questo pigiama e con questo freddo non avrei la minima voglia e soprattutto, se ti ho detto che non alzo un dito, non lo alzerò! Ora fa la brava e lasciami fare, eh?"
Aveva le mani ghiacciate. Le portò vicino alla bocca, soffiando aria calda sulla punta delle sue dita e lei si ammutolì.
Rimase ferma, tremante, a farsi scaldare la pelle dal suo respiro con una strana espressione...quasi triste. Ma anche di attesa, di trepidazione.
Occhi grandi e spaventati, innocenti, che lo fecero fremere dentro. A volte, quando si toglieva la maschera...quando gli si mostrava per la bambina impaurita che era... sembravano avvicinarsi, in qualche modo.
Un passo alla volta, certo. Eppure, in quelle occasioni sentiva come...come se la conoscesse meglio di chiunque altro. Come se fosse l'unico a poterla vedere davvero.
"Perchè...?" gli mormorò lei, prima di zittirsi di nuovo. Che diavolo gli voleva chiedere?
Perchè ogni tanto se ne usciva fuori con un gesto gentile quando...quando non facevano altro che combattersi? Che detestarsi? Perchè la confondeva in quel modo?
Perchè l'aveva baciata?
Scosse la testa, sentendosi il cuore in gola e il risultato fu che gli si tolse dalle gambe come se scottasse. Però stavolta non si allontanò, gli si mise di fianco. James aveva sempre la pelle caldissima, sembrava una stufa vivente.
Strana cosa per uno che stava sempre per aria...
"Ok, va bene, ma se lo dici a qualcuno sei morto!" soffiò acidamente, appoggiandogli la testa sulla spalla. "E ti giuro che se provi a farmi qualche scherzo...!"
"Che palle Evans, dormi e basta!" sbottò quello, e strano ma vero non se lo fece ripetere due volte.
Tempo due secondi ed era già crollata...pazzesco!
Insomma, sapeva che a quella disgraziata non sarebbe passata nemmeno per l'anticamera del cervello di fare qualcosa di più che dormire, ma addormentarsi così di colpo spalmata sul suo torace risultava quasi offensivo!
Doveva essere stanca morta...in effetti, non le aveva fatto passare una giornata proprio piacevole.
Sapeva che sapeva essere esasperante, quando ci si metteva. Però gli era parso che...non sapeva dire bene, ma fuori dal contesto Hogwarts, in mezzo ad una marea di estranei, sembravano diversi assieme. Più tranquilli. Più amici.
In un'occasione, nel punto più alto del Tornado Nero, aveva perfino fatto il gesto di prendergli la mano.
Certo, solo perchè aveva avuto una fifa blu, però già il fatto che gli si fosse mostrata vulnerabile lo faceva sentire stranamente bene. Erano Grifoni in fondo, bisognava essere davvero tanto amici per permettersi di mettere l'orgoglio da parte.
Le passò un braccio contro la vita e cercò di mettersi comodo senza svegliarla. Che situazione assurda...ci stava dormendo assieme DI NUOVO.
Sirius l'avrebbe preso per il culo a vita! Però, così aveva modo di osservarla da vicino senza che lei gli mollasse qualche ceffone...
Aveva la pelle levigata e le ciglia lunghe, da bambola. Respirava in modo impercettibile, calmo, e così avvolta in quella coperta reuvida, stile salame, sembrava ancora più piccola.
Non se n'era mai accorto, ma era tremendamente leggera. Dormiva con le labbra socchiuse...
Ok, ora aveva un bel problema, pensò, deglutendo come un ragazzino alle prime armi. Guardò in alto, chiedendosi perchè diavolo dovesse essere così masochista.
Ma era normale continuare a farsi male volontariamente?!
O era solo cretino?!
Si, era cretino, un grosso, colossale, miserabile cret...
Lily mugolò, forse disturbata dal suo agitarsi, si sbilanciò appena con il dorso e testa le cadde all'indietro.
Gliela prese prima che potesse farsi male, d'istinto, infrangendo le dita contro la sua nuca. Con quel gesto, improvvisamente, si ritrovò chino su di lei.
Vicino. Terrificantemente vicino.
Ed il suo respiro, il respiro di uno abituato ad ogni tipo di pericolo, ad ogni caduta, ad ogni bolide o pugno in faccia, si fece affannoso.
Non voleva muoverla ancora e si disse che era solo perchè non voleva svegliarla ma la realtà...la realtà era che quella bocca così vicina lo stava facendo diventare pazzo.
Se ne vergognò come un bambino ma si accorse di tremarle contro. Sentiva il cuore che minacciava di esplodergli nel petto...e la distanza tra i loro visi si stava accorciando ancora.
Non poteva farlo, pensava, avvicinandosi piano. Era scorretto. Era da bastardi.
Ma quella dannata bocca...
Le accarezzò una guancia, più per prendere tempo che per altro, chiedendosi che accidenti si fosse messo in testa di fare e immaginando il cartone sui denti che quella maledetta gli avrebbe dato se solo si fosse accorta di tutto quello.
Ma lei non si svegliava. Dormiva nella grossa.
Riuscì a fermarsi solo quando le stava quasi sfiorando le labbra, appoggiando la fronte alla sua e cercando di dominare quel dannato cuore traditore. Quella sua voglia di stringerla fino ad annullarsi. Quel sangue che gli galoppava nelle vene...
 

When life leaves us blind,
Love keeps us kind.
When life leaves us blind,
Love keeps us kind.

It keeps us kind.-

Linkin park, The messenger

 

Fu così che Lily lo vide, quando aprì gli occhi con un leggero gemito. Chino su di lei, a fissarle il viso, una mano dietro la schiena e l'altra a sorreggerle il capo.
Con un'espressione...che era quasi di dolore. Di sofferenza.
Ancora quella disperazione...
Ed i suoi occhi d'oro fuso, che sembravano braci ardenti nel buio.
"James..." mormorò. Non si tolse da quella strana posizione, non disse e chiese niente. Semplicemente, lo chiamò.
E lui chiuse gli occhi, interrompendo quella strana magia.
"Sai, James, come Marauders non siamo male!"
No, infatti. Non erano male affatto.
Quando li riaprì, la sua espressione era seria. Senza sapere come, aveva preso una decisione che niente aveva a che fare con il tormento di poco prima.
"Lily. C'è una cosa che devo dirti."





 

Abbots Grange, 18 dicembre, ore 9.00 del mattino.
 

Purtroppo, com’era da dimostrarsi, combinare in quel modo un vecchio e antiquato maniero e dodici adolescenti iper moderni e con concetti di privacy del tutto sbagliati non si rivelò una gran bella mossa.
Ed il povero Remus Lupin ne ebbe la conferma decisiva precisamente il mattino dopo.
Un momento prima era intento a rilassare completamente i muscoli in una doccia con una impropobile tendina trasparente a paperelle, e un secondo dopo, come se niente fosse, si era ritrovato una bomba mozzafiato dalla pelle color carbone seduta tranquillamente sul cesso intenta a fumacchiarsi una canna come se niente fosse.
Cacciò un urlo apocalittico, diventando più viola di un chicco d'uva.
“ ’Giorno.” Mugugnò tranquillamente la Spinnet con la canna in bocca, gettandogli una fugace occhiata. “Scusa ma la Evans sta urlando come una pazza contro Potter per la musica a palla e avevo bisogno di un po’ di relax.”
Lui la guardò con occhi letteralmente sgranati schiacciandosi contro le piastrelle sul fondo.
Forse non aveva ben chiaro il fatto che fosse parecchio scontato
che Remus volesse lavarsi senza il pubblico, o forse non gliene importava granché.
“Insomma, una vuole fumarsi un po’ d’erbetta in santa pace e quelli attaccano a bisticciare. Guarda, questa convivenza alla babbana sta facendo impazzire tutti.” Continuò a chiacchierare, accavallando le lunghe gambe da gazzella raccolte in parigine di lanetta. Lupin attaccò a ridere istericamente.
“Sì…” sorrise nervosamente, sudando freddo. “Sto iniziando a pensarlo anche io. Scusa ma…sarei un tantino occupato. Perché non vai nella camera da letto?”
“Alice si sta allegramente prendendo cura della sbornia di Paciock. Ergo, stanno trombando come conigli. Bei modi di fare l’infermiera.” Rispose lei, sbadigliando. Poi si sporse un poco, facendolo diventare scarlatto.
“Hey, carino. Fatto palestra?”
“Giuly, ti prego…”
"Complimenti, Remy. Spogliati più spesso, d'ora in avanti!"
La vide alzarsi e specchiarsi distrattamente allo specchio sopra il lavandino quando, qualche istante dopo, entrò Black facendogli letteralmente venire la voglia di farsi inghiottire dal pavimento.
"Scusate, permesso, devo lavarmi i denti!" ridacchiò, affiancandosi a Giuly tranquillo da fare schifo.
"Beh, niente battute?" Mormorò un po' sorpresa quella, mentre lui inarcava un sopracciglio.
"Che battute?" chiese, sporgendosi verso la doccia.
Il ché fece emettere un versetto strozzato a Remus che aveva qualcosa di bizzarro a dir poco...
"Oh, giorno!" salutò l'altro allegro, prima di ghignare furbetto. "Però, niente male..."
"Vero? Non facesse quello che ce l'ha di cristallo, ci proverei con lui." mugugnò Giuly, passandosi il rossetto che si era sbavato nel fumare.
Che dolce, quella ragazza…con quale naturalezza parlava del sesso.
Peccato che lui fosse un tantino…come dire?
Pudico?!
“Sai, forse dovrei farvi notare il concetto di Privacy…”
"Mah, basta che rimani fermo così per qualche minuto. Le paperelle coprono esattamente i punti giusti... più o meno."
“Davvero Remus, hai potenzialità!" cinguettò Black, perfido, sporgendosi un po' di più. "Hn, quel che vedo sono potenzialità…enormi.”
“Ma che cazzo! Lo fate apposta?!” strillò l'altro, quasi scivolando nel tentativo di afferrare una confezione di shampoo per coprire laddove "Miss Quaqua" non riusciva.
Giuly strabuzzò gli occhi giusto il tempo di considerare l'ipotesi che Black fosse diventato improvvisamente gay, prima di decidere di giocare la cosa a suo favore e sconfiggere la noia di quella gita infernale.
Così, mentre lì farlo imbarazzare stava diventando l’hobby preferito dei due demoni, inutile dire che in quel bagno si creò un vero e proprio mercato.
Per primo entrò Potter incazzato nero, urlando qualcosa a proposito degli AcdC e di "rosse incapaci di apprezzare la buona musica".
Senza minimamente calcolare il terzetto prese a lavarsi i denti con rabbia, borbottando a più non posso.
Poi vi si fiondò anche Geky e stavolta la sua reazione fu di sorpresa abbastanza decente.
“Che diavolo fai lì nudo?” chiese, come se lavarsi fosse diventata un anomalia.
“Cerco di misurare la temperatura dell’acqua con le dita dei piedi!” ironizzò acidamente il poveretto, ma lei non lo stava più ascoltando: non appena vide la canna di Giuly si sedette compostamente sul bidè e le chiese qualche tiro.
Quando Remus pensò che la decenza ormai se n’era andata a farsi benedire, entrò Paciock ancora mezzo sbronzo mugugnando che nel bagno al piano di sotto c'era Monique che stava facendo yoga mattutino con gli incensi e altre stronzate.
Senza badare a nessuno infilò la testa nel cesso e cominciò a vomitare con nonchalance mentre a Sirius venne la brillante idea di fiondarsi nella vasca da bagno, togliendosi i vestiti senza che la parolina “Decenza” lo sfiorasse manco di striscio ed estraniandosi al resto del mondo canticchiando un motivetto, felice come una pasqua.
“Hey!” si stizzì Remus. “Perché a lui non avete fatto commenti?!”
“Perché lui è fidanzato.” Sorrise dolcemente Giuly, interrompendo il monologo con Geky sulle nuove scarpe da Caccatrice. “O forse ha fatto coming out, non lo capisco più. Comunque tu sei più spassoso.”
Infine, Lupus in Fundu, entrò allegro e saltellante Weasley, che andò letteralmente fuori di testa quando vide lo zippo di Giuly - la cui canna, tra l’altro, stava praticamente affumicando tutti lì dentro.
Si bloccò solo per guardare stupito quella schieramento attorno ad un Lunastorta nudo e con uno shampoo alla camomilla in mezzo alle gambe.
“Come mai tutti qui? Riunione?”
“Una cosa del genere.” Sibilò il suddetto, esasperato. “Vuole entrare qualcun altro?! Lily e Molly non si uniscono al festino?!”
“Festino? Wow!” si elettrizzò quello. “Quello di ieri è stato una bomba, vero? Uno mi ha prestato una cosa chiamata forcia elettrica!"
"Che culo." borbottò Potter, con ancora lo spazzolino in bocca. "E comunque Lily meglio che stia dove stia, visto che non apprezza l'arte!"
"Hai messo la musica alle sei di mattina!" non seppe trattenersi Lupin, con una vena pericolosamente gonfia sul collo. "Lo sapete che ci sono in tutto altre dieci stanze in cui stare, sì?!"
“Sì, ma nella camera da letto c'è Alice che blatera qualcosa sul non venire (non chiedermi dove) e nell'altro bagno c'è Monique che sta facendo cose strane con delle candele..." cinguettò Weasley. "Pronti per le nuove prove? Forse Barrie non sarà molto contento di vederci in queste condizioni, però..."
"Quello è più sbronzo di noi, poco ma sicuro." borbottò la Spinnet. "Sta sempre attaccato ad una fiaschetta da Rum, ci hai mai fatto caso? E poi scrocca più di tutti! Secondo te perché mi nascondo?!"
"Ahh, allora è per questo che c'è 'sto comizio!"
“Si può sapere che devi fare, TU, qui?!” sfasò Lupin, a cui stavano iniziando a venire i crampi.
“A dire il vero volevo lavarmi la faccia." Arthur sbatté le ciglia sugli occhioni azzurri. "Hey Remy, come mai così isterico stamattina?”
“Avrà le sue cose.” Borbottò Frank, attaccando a ridere come un ossesso da sopra il gabinetto prima di rivomitare di nuovo.
“E’ imbarazzato perché c’è lui in bagno.” precisò James senza pensare, indicando Sirius con un mezzo sbadiglio.
“Eh?” Si stupì Felpato.
"Pardon, volevo dire, è imbarazzato per Giuly e Geky."
"E perchè?" chiesero quelle in coro, senza nemmeno girarsi.
“Già, perché?” cinguettò Weasley. “Tanto ci sono le paperelle, non si vede niente…apparte in alcuni punti.”
“INSOMMA FUORI!!!”
L’urlo apocalittico ebbe il potere di farli volare via, tutti tranne Sirius, protetto dal suo bel idromassaggio.
Quest'ultimo si accomodò meglio tra le bollicine e la schiuma stirando un ghignetto pigro nel vedere Lunastorta prendere a testate il muro con aria distrutta.
Ancora più spassoso fu analizzare i suoi tentativi di uscire e contemporaneamente sbilanciarsi verso l'asciugamano stando ben attento che "Miss Quaqua" facesse il suo dovere di censura.
"Buuu." ridacchiò, quando finalmente riuscì a legarselo in vita e a tirarsi fuori di lì.
Remus si girò verso di lui con occhi fuori dalle orbite.
"Seriamente non ti imbarazza nemmeno un po'?!"
"Beh, no. Perchè dovrebbe?" chiese quello con onestà.
"Sì, ma..." Lupin accennò al suo corpo, al di sotto dell'acqua. "Insomma..."
L'altro scoppiò a ridere.
"Oh, per quello! No, no, penso che ormai sia abitudine! E poi devo pur lavarmi, o sbaglio?"
Il biondino scosse la testa, deciso a lasciar perdere visto che voleva tenersi stretta quel briciolo di sanità mentale che gli rimaneva.
E Black rimase in silenzio ad osservare come l'acqua scivolasse sopra la sua pelle diafana e come alcune cicatrici, sui polsi e sugli avambracci, svettassero come sottili fili di seta. Ne aveva anche una sulla spalla, a mezzaluna...
"Tra poco succederà qualcosa." disse improvvisamente lui, cambiando registro. "Dobbiamo stare all'erta. Tu stai bene?"
Sirius stirò un sorrisone.
"Sto alla grande."


 

Ministero della magia, 23 dicembre, ore 10.00 del mattino.

Quando le porte della sala d'udienza si spalancarono, Cristhine McRanney assistette ad una scena di degenero puro.
Era in una stanza circolare, con alti scranni su cui sedevano in una posizione predominante una cinquantina di maghi dall'aria severa e con una veste color prugna dalla W argentata che scintillava sul petto.
Al centro, tuttavia, la Signora Potter sembrava più grande che mai, svettando in piedi con i pugni alzati di fianco ad una sedia dalle catene che tremavano impazzite.
Lunghi capelli indomabili e neri come inchiostro, la donna girò la testa di scatto al suo ingresso sondando il suo arrivo con grandi occhi blu di una purezza e sfrontatezza tale da ricordare immediatamente James. Al suo fianco, un avvocato che stava letteralmente sudando.
"Signora Potter, per l'ennesima volta la invito a moderare il linguaggio di fronte alla corte." disse pigramente un anziano mago, scoccando un'occhiata al Ministro della Magia che aveva l'aria di volersi seppellire in quel momento stesso.
"Moderare il linguaggio?!" esplose quella, facendo saltare per aria ben più di un giudice. "Innanzitutto vediamo di chiarire per qualche diamine di motivo vengo interrogata come una stramaledetta criminale nella stanza riservata ai Mangiamorte...quando mi pare di aver salvato il culo a più di uno dei presenti qui dentro! Capo Auror vi dice qualcosa?! E voi a cuccia!" abbaiò contro le catene attaccate alla sedia, che ritornarono al proprio posto come cagnolini con la coda tra le gambe rinunciando una volta per tutte a serrarglisi contro. 
"Euphemia, ho già spiegato che le altre aule erano occupate..." il Ministro si sporse in avanti, con l'aria di chi avesse appena mangiato un limone. "Nessuno mette in dubbio l'immenso contributo che hai dato a questo paese, te l'assicuro..."
"Hem hem."
A interrompere l'allegra scenetta fu una donnetta alla sua destra, che smise di scarabocchiare qualcosa sul suo tacquino e allungò il naso oltre il bordo della balaustra.
"Per quanto il suo lavoro come Auror sia stato oltremodo onorevole, nonostante lei abbia rifiutato di continuare l'attività... non vorrei che passasse...come dire...l'idea sbagliata di un trattamento di favore. Forse sono sciocca..." e ridacchiò, con una vocetta stucchevole da far venire i nervi. "...ma fino a prova contraria, che io sappia a decidere come e quando stabilire un processo è l'illustre corte dei maghi, non l'imputato chiamato in causa. E in ogni caso, questo Ministero si fa vanto delle sue decisioni imparziali e sono certa che tratterà entrambe le controparti con la dovuta...equanimità. Immagino che conosca il significato di tale parola, Signora Potter, non è così?"
Seguì un silenzio che definire impaurito sarebbe stato un eufenismo. Le aveva appena dato della zotica?!
Il sorriso della Potter avrebbe gelato l'inferno e fu solo grazie al suo avvocato, che balzò letteralmente davanti a lei con mille ossequi, che si riuscì a proseguire senza un'Avada Kedavra di sottofondo.
"Ti prego, Euphemia, cerca almeno stavolta di lasciar parlare me." implorò a bassa voce quello, un tizio con la faccia da squalo che aveva seguito tutta la tirata della sua protetta con espressione a dir poco agghiacciata. "Siamo pronti per cominciare, vostre Eccellenze."
"Molto bene, molto bene." borbottò Minchum, asciugandosi la fronte con un fazzolettino. L'aria di uno che avrebbe dato qualsiasi cosa per non essere lì non era sparita dal suo sguardo, e le sue mani fecero cadere più volte il plico di fogli con cui stava trafficando. "Data odierna,ventitrè dicembre, sono chiamati a difendersi i signori Euphemia Potter e Fleamont Potter, chiamati in causa da Orion Black e Walburga Black con l'accusa di rapimento minorile e traffico di minori. La persona vittima del presunto rapimento sarebbe Sirius Black, primogenito del Casato Black, obbligato con la forza a frequentare casa Potter dall'età di sedici anni."
"Puah!" Quella sollevò il mento con un ghigno divertito. "Traffico di minori...roba da matti."
"Avvocato, sa dirmi dove si trova in questo momento il Signor Potter?"
"Il mio difeso arriverà al momento in cui verrà chiamato a rilasciare la sua dichiarazione, Signor  Ministro." rispose quello.
"Che tradotto, significa che sta pattugliando i dintorni nel caso si venisse attaccati quest'oggi." continuò Euphemia, sprezzante.
Una delle giudici si sporse, incuriosita.
"Cosa dovrebbe attaccarci, Signora Potter?"
"Suggerirei di non uscire dal contesto. L'attività del signor Potter è pura deformazione professionale." s'intromise frettolosamente l'avvocato, bloccando la strega con un braccio.
"Insomma, paranoia?" borbottò Minchum, seccato. "Il ministero dispone di un ottimo servizio di sorveglianza, non c'è di che preoccuparsi."
"E poi, non è compito di un Ex Auror sorvegliare il perimetro...ma potrei sbagliarmi." continuò la donnetta che aveva sfidato la mamma di James poco prima, con sguardo malevolo.
Cristhine, di solito molto tollerante, provò un moto di fastidio. Quella tipa era odiosa!
Era piccola, tarchiata, abbastanza giovane anche se il modo in cui stortava la bocca molle la invecchiava parecchio. Aveva occhi grandi, tondi e un po' sporgenti, corti ricci freschi di parrucchiere sostenuti da un terribile cerchietto di pizzo e portava un cardigan turchese pieno di fiocchi dall'aria stucchevole.
Euphemia la fissava ghignando come se volesse mangiarsela per pranzo, ma lei evitava il contatto con una testardaggine che sfiorava la provocazione.
"I miei assistiti rinnegano ogni accusa. Sirius Black ha voluto personalmente accedere a casa Potter e molteplici volte la mia assistita ha cercato di contattare la madre naturale per mettere in regola tale fatto."
"Quindi, non si tratterebbe di costrizione."
"Per niente, signor Ministro. Sirius Black è stato trattato con il massimo riguardo e la permanenza nella residenza è stata del tutto volontaria."
"Se posso permettermi, Vostre onoreficenze." l'avvocato dei Black, finora rimasto in ombra, avanzò di un passo. Era un tizio anziano, dall'aria decisamente poco raccomandabile. Una barba quadrata segnava la mascella rigida, segnata anche da una cicatrice. Gli occhi erano piccoli, freddi e pallidi. "I miei assistiti, i Signori Black, mi hanno raccontato diversamente. A loro dire, è stata una vera e propria incursione, con tanto di Bombarda e finestre distrutte. Sirius Black vive sotto costrizione da quel giorno. Suppongono che il figlio dei Potter, James, l'abbia stregato con qualche maleficio. Anche a scuola Sirius non si separa mai da lui, rinnegando qualsiasi contatto con altri membri della famiglia."
"Si chiama amicizia, imbecille." rimbeccò di sottofondo la mamma di Ramoso, con una smorfia.
"Dobbiamo sottostare ancora molto alle prepotenze e angherie di questa donna? La cosa inizia a farsi seccante."
"Euphemia..."
"Sì, sì, ho capito. Volare basso." lo interruppe la strega, con un gesto secco.
Ok, decisamente quella era una a cui non fregava di niente e di nessuno. Cristhine si sentì quasi travolta da tanta energia. Sembrava essere stancante ancora solo guardarla, figuriamoci starle al passo.
Cercò di nascondere un sorriso. Ecco da dove arrivava il caratterino di James...
"E d'altronde, i nostri testimoni hanno parlato chiaro poco fa. Al Ballo delle Debuttanti, suo figlio si è dimostrato violento nei confronti di una persona vicina alla famiglia Black. Anche la Signora Rosier era presente e può confermare!"
Quella dichiarazione parve incuriosirla.
"Cioè? Ero Accecata, per cui la cosa mi è sfuggita."
"Pare..." disse Minchum, sfogliando cartame. "Che abbia colpito Barberus Nott con un pugno in faccia."
"Eu..." chiamo l'avvocato disperato. Niente da fare.
"PFFF..." La strega gonfiò le guancia e come allegra risposta a quella rivelazione scoppio a ridere come una faina battendo il piede per terra, gerenando altro caos visto che la controparte iniziò ad inveire a gran voce.
"Vede, signor Ministro?! Suo figlio ha un animo violento e lei scoppia a ridere! Non le basta come dichiarazione?!" saltò su l'avvocato dei Black, indignato, mentre quella finì di battere il piede contro il pavimento e cercò di contenersi.
"Mettiamo le cose bene in chiaro..." cominciò, ancora mezzo sorridendo e tremando alla notizia di quel pugno, che a quanto non si premurava di nascondere le faceva solo un gran piacere. "...mio figlio è un adolescente indisciplinato con un padre e una madre dalla carriera ultra decorata con cui fare i conti e coi quali viene confrontato ogni giorno. Già solo questo basta a dare una spiegazione sul perchè sia un concentrato di ribellione adolescenziale a chiunque sia genitore qui dentro, oltre al fatto che pare aver preso da mammina una buona dose di stronzaggine. Ad ogni modo conosco bene il temperamento del signor Nott e mi azzarderei a ipotizzare che si è trattato di un gesto di difesa, o sbaglio? Non saprei, ho qui una testimone che c'è stata a quel ballo, forse potrebbe delucidarci più tardi." e fissò divertita  Cristhine, facendole balzare il cuore in gola. "Oppure potrebbe parlarcene Nartrix Rosier, se non è troppo impegnata a sgozzare neonati! Fatto sta che mi assumo le responsabilità dei suoi gesti riservandomi qualche calcio nel sedere da rifilargli a cose fatte, come è sempre stato, ma...beh, si può dire ciò che si vuole di mio figlio, e riconosco che in tanti casi sia una gran bella zucca vuota e che mi faccia dannare più di chiunque altro al mondo ma su una cosa sono certa. Conosce il valore dell'amicizia e lo conosce anche Sirius. E a tal proposito mi sono permessa di portare qui qualche NOSTRO testimone, se i signori Black mi concedono di monopolizzare la sala qualche minuto ancora e rimangono fuori dall'aula."
"Quali testimoni?" chiese uno dei giudici, quando improvvisamente nell'aula si udì come un vociare e tanti piedini in corsa...che comparvero alla fine di un tunnel di luce che magicamente apparve in mezzo alla sala.
Ci fu uno scompiglio generale, urla, gente che balzava in piedi, conseguito da un silenzio attonito quando un gruppetto ben nutrito di mocciose si apprestò a fare il suo ingresso a passo di carica.
Cristhine quasi cadde dalla sedia.
Quelle erano...erano le bimbette psicopatiche che avevano formato il loro fan club!
"Ma si può sapere cosa..." fece il Ministro sporgendosi dal tavolo con aria stralunata, mentre la ragazzina tutta lentiggini si arrampicò sul tavolo davanti ad una Euphemia alquanto divertita afferrando il microfono.
"Buongiorno a tutti! Silente ci ha dato un permesso speciale per essere qui!" strillò con voce acuta, gonfiando il petto. "Sono la portavoce del fan club dei Marauders!"
Sarebbe stato anche uno spasso, se non fosse un delirio, pensava Cristhine mentre quelle iniziarono a fare un baccano infernale come tanti cuccioli di labrador nello stesso recinto.
Contenerle era impossibile!
"Fe...ferme! Che cosa diavolo sono i Marauders?!" chiese sconvolto Minchum, sgranando gli occhi.
"Glielo spiego subito!" chiosò l'undicenne con aria trionfia "Sono James Potter, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Minus! E non dimentichiamoci delle ragazze! Noi, signore, sosteniamo a piena regola il fatto che ci siano delle donne nei Marauders! Siamo parte del movimento femminista di Hogwarts e ne andiamo orgogliose!"
"Cos...che c'entrano le donne adesso?!" quasi strillò l'altro, con voce stridula e il cervello in pappa.
Una ragazzina di undici anni, seguita dal suo codazzo di amichette starnazzanti, davanti al Primo Ministro e a tutta l'alta corte dei maghi a parlare delle quote rosa nei Marauders.
Cristhine nascose il naso nella camicia con la schiena che sobbalzava.
Dio, il fatto che ci fosse solo lei ad assistere a tutta quell'epica assurdità era quasi ingiusto!
Susseguirono minuti di degenero e genialità senza pari. Quelle piccole pesti sapevano tenere banco, questo era sicuro! E tra slogan e striscioni, i Giudici dell'Alta corte si ritrovarono ubriacati dalla loro parlantina senza riuscire nemmeno a dire mezza parola, fino a quando Euphemia, che esattamente come Cristhine cercava in tutti i modi di non farsi beccare a ridere, posò una mano sulla spalla della capetta riuscendo a frenare i suoi sproloqui su donne al potere, ormoni, vips e pettegolezzi scolastici che non c'entravano una mazza.
"Cara, Sirius Black ti è mai sembrato sotto incantesimo?" intervenne il suo avvocato, cogliendo la palla al balzo.
"Nossignore!"
"Ti è mai parso che la sua amicizia con James non fosse genuina o spontanea?"
"Oh, no, signore! Quei due sono come fratelli!"
"Sono insieme dal primo anno! Nessuno è mai stato più amico di loro nella storia della scuola, ne siamo certe!"
"Si aiutano a vicenda tutti i giorni perché questo fanno i Marauders!"
"Potete credermi, vostro oDore." la marmocchia piena di lentiggini riprese in mano il microfono e fissò Minchum con aria solenne. "I Marauders sono proprio fantastici e si vogliono tanto bene!"
"E dall'alto di quale fatto ci affidiamo alle parole di una mocciosa?!" s'intromise l'avvocato dei Black, esasperato e irritato da quel trambusto ma anche stavolta la bambina diede il meglio di sé e rispose perfettamente a tono.
"Dall'alto del fatto che non c'è nulla di più informato sui fatti di una fan, signore!"
Oh, le avrebbe abbracciate tutte! Undici, docidi e tredici anni e avevano zittito quel diavolo in giacca e cravatta meglio di chiunque altro!
"Se non bastasse, abbiamo a testimoniare anche la sua fidanzata." disse la mamma di James, finalmente chiamandola a sé. "Cristhine McRanney. Prego, cara."
Un passo, due...e si ritrovò al suo fianco.
Tutta l'euforia ed il divertimento parvero venire risucchiati via...fino a quando la calda mano di Euphemia Potter calò sulla sua spalla.
Accidenti, che stretta! Era forte, vigorosa, ma anche dolce.
Non osò alzare gli occhi su quella donna pazzesca ma fu come se riuscisse a percepire tutto il suo sostegno...e vedendo le facce sorprese di quei maghi, capì che ne avrebbe avuto bisogno.
Calò un silenzio carico di significati, qualcuno ripeté il suo nome mormorando e bisbigliando con agitazione.
Poi, di nuovo, la strega con la faccia da rospo prese la parola...e ciò che disse fece male.
Più male di quanto non volesse accettare.
"Cristhine McRanney, ha detto?" chiese sorpresa, sbattendo le ciglia sulle gote incipriate. "Ma sarà sicuro?"
Le sue parole e la malignità del suo sorriso ebbero il potere di farle torcere lo stomaco.
"Voglio dire, non dovrebbe indossare una mascherina o cose del genere?"
Umiliata e ferita, Cristhine fece per ritrarsi con un movimento istintivo, come se fosse stata schiaffeggiata, quando la stretta della Potter sulla sua spalla si fece più forte. Non disse niente, non fece altro, ma...riuscì a percepirlo. Un'ondata ribollente che le scottò la pelle del braccio...ed un tremore sotto i piedi.
Si era incazzata per davvero, ora.
La donna fece per aprire bocca quando improvvisamente, l'ultima persona al mondo che si sarebbe aspettata di sentire alzò la voce prima di lei.
Gaius Cadogan, avvolto nella sua veste porpora, si alzò in piedi con occhi fiammeggianti.
"Con chi ho il piacere di parlare?" chiese imperiosamente suo zio, guardando verso il basso. Non l'aveva nemmeno notato...
"Mi chiamo Dolores Umbridge, signor Cadogan." cinguettò l'altra, deliziosa quanto una caramella andata a male. "Sono il nuovo sotto segretario del Ministero."
"Beh, signorina Umbridge. Le posso assicurare che quella è mia nipote ed è perfettamente sana. La Fiaba di Eva è stata curata e nessuno ha più nulla da temere, a differenza della mia ira se qualcun'altro si azzarderà nuovamente a trattare una rispettabile discendente dei McRanney come l'ultima appestata in circolazione. Qualsiasi ulteriore allusione sarà da me vista come un'offesa al nome del nostro Casato e trattata di conseguenza."
Cosa?!
La stava...difendendo?! Dopo tutto ciò che era successo tra di loro?!

Cristhine sbarrò gli occhi, non riuscendo a credere alle sue orecchie.
Il Ministro intervenne di nuovo, cercando di placare gli animi già fin troppo surriscaldati.
"Ok, ok, non agitiamoci signori! Mio caro Gaius, vogliate perdonare la mia nuova assistita per l'eccesso di zelo, ci tengo a farti sapere che nessuno qui aveva intenzione di offendere il tuo nome e tantomeno questa ragazza! La fidanzatina, ha detto? Prego, parli pure! E' molto vicina al signor Black, dunque?"
Fece appena in tempo a rispondere prima che l'avvocato dei Black perdesse la pazienza.
"Tutto questo è ridicolo! Minorenni starnazzanti che compaiono di punto in bianco, membri della controparte che decidono di venire quando gli gira comodo e che insultano impunemente! Mi sembra di essere al circo, vostre eccellenze! Abbiamo davvero bisogno di testimoni?!"
"Perché i tuoi vanno bene ed i miei no?!" rimbeccò la Potter, quando...improvvisamente, la porta si aprì di nuovo.
E una serie di spifferi gelidi corsero tra le sedie.
"Perché i tuoi testimoni sono perfettamente inutili."
Walburga Black fece la sua apparsa, seguita dal marito. Si sedette con eleganza sull'altra panca, scoccando un'occhiata maliziosa alla sua nemica.
Il tremore sotto ai piedi della Potter aumentò di intensità...e, quando trovò il coraggio di guardarla in faccia, Cristhine sussultò.
Avrebbe potuto uccidere con quel sorriso stampato sulla faccia, pensò di primo acchitto.
Feroce, pieno di odio, terrorizzante.
"E come mai lo sarebbero, mia cara Walburga?" chiese, con macabra educazione.
L'altra sorrise di rimando, non dando segno di avere il benché minimo timore.
No, ad essere spaventati erano gli altri. Ministro compreso.
Perchè, ora lo sapeva, quelle due erano pari. Quelle due avrebbero potuto spazzarli via tutti quanti solo sbattendo le lunghe ciglia sulle gote.
Tanto diverse quanto invincibili... e nessuno, nemmeno il più corretto degli uomini, avrebbe voluto trovarsi tra di loro.
Perché dare ragione a una significava fare un torto all'altra...e a quanto pare, il Ministro, sempre così rigido, severo e forte, non aveva abbastanza coraggio da sentirsene in grado.
Si alzò lentamente, Walburga Black. Le scoccò una breve occhiata maliziosa prima di scoppiare a ridere come la più sensuale delle vipere.
"Come mai, mi chiedi? Ma perchè sarebbe tutto così facile! Siamo qui a perdere tempo quando la risposta a tutte le nostre controversie è tanto semplice!"
I suoi occhi si strinsero, crudeli.
"Vorrei chiedere a te e a Silente come mai ci siano solo ragazzini dei primi anni qui, oggi, e non i Grifondoro del Settimo, gli amici che dovrebbero essere più vicini a Sirius. Se lo stanno chiedendo anche alcuni loro genitori, poco fa ho incontrato una mamma che si domandava perchè mai la sua Strillettera fosse ritornata al mittente. Curioso, hn? Ma in ogni caso torniamo al punto principale della questione, ovvero che c'è solo un testimone che ha importanza davvero. Amici, fidanzati, sostenitrici...nulla a valore se lui non è qui. Quindi te lo chiedo, mia cara, visto che se lo stanno domandando tutti da quando è iniziata questa udienza. Te lo chiedo da mamma, preoccupata esattamente come le altre madri." Le si fece vicino, impunemente. "Perchè non è qui a dire come stanno le cose? Dov'è, Euphemia?"
La tensione si poteva tagliare con un coltello.
"Dov'è Sirius? Dove sono spariti i Grifondoro del settimo anno?"
E la Potter, per la prima volta quel giorno, non rispose.






 

"Evans sei una schiappa."
Un pallone da basket rimbalzò per terra con un tonfo sordo, rotolando fino ad un cestino.
Lily si abbassò a raccoglierlo con espressione accigliata e si dimenticò anche di rispondere a tono a James.
Una schiappa, eh? E come pretendeva che riuscisse a giocare?!
Quella mattina ad attenderli sul tavolo c'era un bigliettino con le istruzioni della prossima prova, ovvero un torneo di Basketball diviso in squadre da due.
Fin qui tutto bene, il campo era stato montato in giardino e riscaldato con la magia, le divise ordinatamente appese a degli appendini.
Il fatto che lei fosse l'anti sport in persona e che davanti avesse un Paciock alto un metro e novanta con le spalle di un armadio a sei ante era di per sé irrilevante. Tanto peggio di Black non poteva fare, visto che si era schiantato di faccia contro il canestro.
Più che altro è che non aveva dormito un accidente, non dopo quello che le aveva rivelato James. E chi si tranquillizzava più adesso?!
Cercò di regolarizzare il respiro e di sorpassare Franck ma le rubò la palla in meno di mezzo secondo, facendo il secondo canestro.
Non ci diede neppure peso. Che importanza aveva vincere la partita a quel punto?
Una mano calò sulla sua spalla. Dolce, ma forte, piena di energia, di calore.
James le passò accanto con un sorriso.
"Andrà tutto bene." le bisbigliò, prima di recuperare il pallone sterzando tra Alice e Paciock come una scheggia.
Ma come cavolo faceva a rimanere così sereno?! Aveva imparato il gioco fin da subito, trovando finalmente un'attività babbana in cui si trovava a suo agio e aveva perfino la forza di sorridere e goderselo davvero!
Lei invece era sui carboni ardenti dalla sera prima!
Cercò di concentrarsi e di togliersi le sue parole dalla testa, puntellando la punta della scarpa per renderla meno scivolosa.
Indossava una divisa nera e rosso vino, composta da canotta e pantaloncini e aveva diviso i capelli in due codini alti che avevano ammutolito Potter per mezz'ora buona, quella mattina (facendogli anche dimenticare il fatto che la sua Prefettina avesse cercato di spezzargli il suo cd rock in testa poco prima).
Lei continuava a guardarlo, indecisa, eppure sembrava il solito.
Forse, se James diceva che sarebbe andato tutto bene, doveva credergli. E inoltre, nonostante tutta l'agitazione che stava provando, che gli avesse confidato quella cosa come se fosse parte del gruppo le aveva creato una strana felicità.
Non le sarebbe affatto piaciuto rimanere ignara!
Anche se capiva il motivo di tanta segretezza con gli altri...per questo, il fatto che glielo avesse detto la faceva sentire contenta!
Riuscì anche a rubare la palla ad Alice, scivolò oltre Paciock e puntò al canestro.
Un passo, due...
Non sarebbe mai riuscita a saltare così in alto...

Un boato in lontananza. 

Due mani l'afferrarono per la vita, calde contro la pelle nuda.
James Potter la sollevò come se fosse stata una piuma, portandola fin oltre al canestro.
Fu come se il tempo rallentasse improvvisamente. Si ritrovò in alto, con le braccia sollevate e piegate all'indietro per dare la carica al pallone, le mani di James salde su di lei...e voltò appena lo sguardo alla sua destra.

Dov'era Sirius?

Il pallone entrò nel cerchio con facilità.
Accadde tutto nel tempo di un canestro.
Nel momento esatto in cui Lily venne riportata coi piedi per terra...lo sentì.
Faceva improvvisamente freddo. La canottiera si era fatta leggere tutto d'un tratto.

L'incantesimo. L'incantesimo riscaldante sul campo si era annullato di colpo.

La palla cadde, colpì il terreno una volta, due.
Pam, pam, pam.
I suoi piedi toccarono terra con grazia. Nessuno lo vide.
Erano tutti voltati di spalle.
Il boato si era fatto più intenso...ma quando finì fu anche peggio.
Nastri di seta giganteschi erano appena spuntati dal terreno...e avvolgevano l'enorme cupola di vetro che li aveva appena imprigionati assieme alla casa come se fosse un regalo di Natale.
Erano in gabbia.

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Capitolo 37
*** La regola del topo. ***


 




Non è vero quel proverbio che afferma: “Per ogni gatto che ride c’è almeno un topo che prega”. Non al cinema almeno, sennò non si spiegherebbero i tanti topi, topini e ratti che da anni, e sempre con maggiore frequenza, popolano ottimisticamente il grande e il piccolo schermo. Nessun topo è stato mai mangiato, anzi il più delle volte è il gatto o il cacciatore di turno a finire male. -






Peter Minus si fermò di botto. La corsa a perdifiato e i cinque bigné mangiati a colazione presentarono il conto dopo appena venti minuti.
Si piazzò una mano sul fianco, sbuffando fuori aria con il viso paonazzo.
Inutile.
Dovunque corresse, quella voce continuava a seguirlo. E come sarebbe stato altrimenti? Pensava con un brivido, guardandosi attorno.
Cinque paia di occhi identici ai suoi ricambiarono il suo sguardo. Cinque Peter Minus. Cinque specchi.
Nient'altro che specchi da venti minuti...
“Non riesco a immaginare un inferno più perfetto che restare intrappolato dentro le proprie paure.” disse la voce, sardonica. “Non ti sei ancora stancato di cercare di uscire dal mio labirinto?”
“P-perchè mi hai isolato?” rispose Minus, sentendosi le gambe di gelatina.
“Vi isolerò tutti, Minus.” rispose la voce. Era quella di una donna. Aveva un timbro quasi infantile, di chi è abituato ai capricci, ai giochi maligni. Un vago accento francese... “Ho scelto te per primo perché...beh, guardati!”
La voce rise, mentre i cinque specchi scintillarono, mostrando un primo piano della sua faccia pallida e sudata. Da quanti anni vedeva quella faccia? Quella paura così indegna per un Grifondoro, quel senso di insicurezza perenne, la faccia di uno abituato a stare nell'ombra, aspettando di diventare un bersaglio. Perché le cose erano degenerate a quel punto? Pensò Peter, con un senso di angoscia. Fino all'anno prima era tutto così normale! Nessun mostro dietro l'angolo, niente di orribile...e zero paura. Non che fosse stato un cuor di leone negli anni passati, ma l'unica cosa da cui doveva difendersi erano i bulli. Ma ora quella dannata paura lo perseguitava sempre ed essere appeso per le mutande alla torre di Astronomia sembrava quasi una bazzecola a confronto!
Aveva paura quando sentiva James turbato, quando il branco si metteva all'erta...e ultimamente, lo erano sempre. Come tante prede in attesa del cacciatore.
“Povero, povero piccolo Minus.” ridacchiò la voce. “Ti ho inquadrato subito, sai? Sento la tua debolezza come se fosse un lezzo fastidioso che intasa i corridoi. Un cucciolo tremolante, la vergogna di Grifondoro! Sì, iniziare così sarà spassoso!”
“Sta zitta!” urlò Codaliscia, serrando i pugni.
“Quelli come te non durano mai.” continuò a canzonarlo la voce. “Sei all'ombra di Potter come un piccolo parassita, ma che cosa farai quando vedrai la sua testolina cadere? Dove andrai a nasconderti questa volta? A chi chiederai protezione?”
James lo aveva sempre difeso. Ma ora...ora forse c'era qualcosa da cui nemmeno lui poteva proteggersi. James era in grado di sconfiggere i mostri?
“Sei patetico! Cerchi ancora chi può salvarti ma ti svelo un segreto...io vi isolerò uno ad uno, come tanti topini in trappola!”




James...



“E quando sarete tutti soli soletti nel mio labirinto...” la voce divenne sordida, golosa.




James dove sei?




“...arriverà il serpente a mangiarvi in un sol boccone!”








Un'ora prima.




“Ma porca di quella putt...!”
“Frank, non mi sembra questo il momento...”
“Oh, non ti sembra il momento Weasley?!” Paciock tirò un calcio alla parete di vetro davanti a lui, con l'esito di urlare e saltellare sul posto afferrandosi il piede. “E quando sarebbe il momento, di grazia?!”
“Ma che ne so, era per dire!” si difese il rossino, inginocchiato ad analizzare ciò che aveva davanti con una chiave inglese in bocca. “Non dobbiamo perdere la calma...”
“Ti ricordo che siamo senza poteri e in calzoncini a meno dieci gradi!” sbraitò Alice battendo i denti, prima di inciampare in una pietra e iniziare a prenderla a pedate. “Ma muori male anche tu, stronzo di un sasso!”
“Siete fatti l'uno per l'altro voi due, sapete?” ironizzò James,
incrociando le braccia al petto. “Arthur, puoi spiegarmi che ci fai con quella roba in bocca? Vuoi liberarci svitando bulloni?”
“Mi dà concentrazione.” rispose quello, calmo da fare schifo, iniziando a battere le nocche sulla parete.
“Si può sapere perché diavolo siamo diventati una decorazione natalizia formato gigante?!” strillò Monique, coi ricci tutti sparati in aria. “Che diavolo è sta roba?!”
Gettarono un'altra occhiata a quella maledetta cupola. Il sole sembrava passare a fatica attraverso quello strano vetro fluorescente, gettando sulla casa e sul pezzo di giardino una strana luce verdastra. Ad occhio e croce, doveva coprire almeno cinque chilometri quadrati. Quattro lunghi nastri neri sembravano correre per tutta la sua superficie fino a congiungersi in cima in un pacchiano e inquietante fiocco. Un paio di piccioni ci si erano già schiantati contro...
I cespugli alla loro destra si mossero improvvisamente mettendo tutti sul chi va la fino a quando non rivelarono Lily e Remus.
“Nessuna falla.” confermò i loro sospetti il Prefetto, togliendosi la neve dai capelli. Il freddo stava iniziando a far diventare le loro dita bluastre. “Corre tutto intorno alla casa.”
“Hmmm...” mugugnò Arthur, sempre in ginocchio e sempre palpando la superficie di quella cosa.
“Si può sapere che sta facendo il prof?” gemette Molly, strofinandosi le braccia. “Questa roba si vede da chilometri, perchè non viene a salvarci?! E i Babbani che combinano?!”
“E qualcuno mi spiega dove accidenti si è cacciato Black?!"
"Sarà uscito a prendere le sigarette." ironizzò Potter, con un ghigno strano.
"Credo di riuscirci!" disse improvvisamente Arthur, rialzandosi in piedi con l'aria esperta. Non capirono a chi si stesse rivolgendo fino a quando Remus non si alzò sulle ginocchia, sospirando. "Ok, Arthur sai cosa fare. Ramoso, Codaliscia, Lily, con me."
"Ok!" saltò su il rossino con una lucetta negli occhi che non piacque a nessuno. "Fate attenzione là dentro, ragazzi! Monique, puoi portarmi la tua sesta valigia che è nella rimessa degli attrezzi?"
Quella cadde dalle nuvole.
"Eh?"
"La tua sesta valigia, cara."
"Ti devi fare i bigodini? Ma quanta roba ti sei portata dietro, tu?" frecciò Giuly, mentre la francesina guardava da una parte all'altra con aria confusa.
"E che ci fa la mia sesta valigia nella rimessa degli attrezzi?!"
"E' lì dall'inizio della gita, dolcezza." tubò Potter, sfregandosi le mani.
"Cos...che?! E che cavolo ce l'avete messa a fare?! Perchè non mi sono accorta che era sparita?!"
Ora James e Arthur avevano la stessa identica espressione. Un brividino percorse la compagine.
"Ora che ci penso..." fece improvvisamente la compagna, sbarrando gli occhi. "...Non me la ricordo nemmeno, una SESTA valigia! Che storia è questa?!"
"Oh, è semplice." disse James con semplicità. "Ti abbiamo confusa prima della partenza."
"Potter..." soffiò Lily, che di QUELLA parte della storia non era ancora a conoscenza. "...Che cavolo c'è lì dentro?!"
James sorrise.







Ministero della magia, 23 dicembre, ore 10.30 del mattino.





"Dove sono i Grifondoro?"
Euphemia Potter fissò negli occhi quella vipera assetata di sangue trattenendo a stento una smorfia disgustata.
Quel sorriso sornione da gatta morta non le si addiceva affatto. Non che non ne avesse mai fatto uso: la ricordava a scuola, splendida con i suoi boccoli neri come inchiostro e l'aria innocente. Solo che quella maschera non faceva più effetto...non dopo aver visto la sua vera faccia alla fine dell'anno.
I suoi occhi folli mentre calava la spada su...
Scosse il viso, decisa a cancellare quei ricordi. Doveva rimanere lucida, fredda, ne andava la vita di Sirius.
Pensare alla fine che avevano fatto Merlin, Delora e tutti gli altri non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose, anche se doveva applaudire alla furbizia dei Black, su questo non c'era dubbio. Fu da quel terribile giorno si iniziò a usare nel mondo dei mahi la parola "Imperius", abile espediente per togliersi d'impiccio e continuare a tergiversare nel mondo come una piaga infetta.
Anche se la loro reputazione ormai era stata inevitabilmente macchiata, quei maledetti avevano continuato a prosperare...e ora era con malsana curiosità che continuava ad ascoltare gli sproloqui del loro avvocato.
Che avevano in mente?
Il primo ministro si affacciò dallo scranno, inarcando un sopracciglio.
"Di che cosa sta parlando, signora Black?"
"E' molto semplice, Harold!" rispose la donna, voltandosi di scatto con occhi ardenti e un sorriso gelido. "Tutti i Gifondoro del Settimo anno sono scomparsi da una settimana."
"Dalle informazioni che ho, sono in gita." bofonchiò lui, sfogliando i fogli. "Qualcuno può confermare?"
"Già, qualcuno può farlo? Non vedo Silente qui in mezzo. Dov'è? Occupato a dirigere mandrie di primine tra un portale e l'altro?" ironizzò Walburga, guardandosi attorno. "O forse sa che è meglio sparire per evitare situazioni scomode?"
"O forse è esattamente dove deve essere." insinuò la Potter, facendola socchiudere gli occhi con sospetto.
"I genitori dicono che la gita doveva durare due giorni. Non ricevono notizie dei figli da una settimana." continuò l'avvocato. "I compagni ne sanno qualcosa?"
Le ragazzine del primo anno alzarono le spalle.
"Boh, può essere che la gita sia stata prolungata. Il professor Walsh è un po' eccentrico!"
"Mi state dicendo che sono spariti dei ragazzi da una settimana e nessuno ne era a conoscenza?! Nessuno sa con precisione dove sono?!" tuonò Minchum con un principio di crisi di nervi. "Chiamatemi Silente, ORA!"
"Crediamo che qualcuno ne sia a conoscenza eccome." s'intromise a voce alta Orion Black, che fino a quel momento era rimasto zitto, appoggiato alla parete con i suoi piccoli occhi neri che sfrecciavano per ogni angolo della stanza.
Chissà, forse controllava eventuali vie di fuga o attacchi...d'altronde, vivere una vita sporca come la sua doveva renderlo incredibilmente paranoico.
E se li conosceva bene, non vedere Silente tra le fila del Winzegamot doveva averli agitati parecchio!
Euphemia fece una smorfia, puntandogli gli occhi addosso.
"Piantala di fare insinuazioni, Orion. Se dovete dire qualcosa, ditela e basta!"
"Molto bene." Sorrise pacatamente quello, staccandosi dal muro in uno sventolio di mantello. "Crediamo, signor Ministro, che i Signori Potter abbiano rapito nostro figlio e il resto della classe."
Cadde un silenzio sconvolto nella stanza, mentre Euphemia inarcava educatamente un sopracciglio trattenendo a stento una risata.
"Prego?"
"Suggerirei l'arresto immediato, Vostre Eccellenze." sorrise la Black, rivolgendosi all'aula. Sorrisetto che fu ricambiato da quella stronza della Umbridge che si sporse puntandosi la bacchetta alla gola.
"In effetti, mi chiedo dove sia l'imputato principale dall'inizio di questa faccenda. Perchè Sirius Black non è qui a smentire o confermare le accuse?"
"Crediamo che James Potter lo stia tenendo segregato da qualche parte con l'aiuto dei genitori. Probabilmente i compagni si sono messi in mezzo." spiegò la Black, con pazienza irreale mentre tutti la fissavano come se fosse matta. "Non c'è nessun motivo al mondo per cui mio figlio non debba essere qui, oggi. Eppure non c'è!"
"Sono accuse pesanti, queste." replicò un mago, corrucciando le sopracciglia. "I signori Potter sono a dir poco degli eroi, per questa nazione. Hanno servito il paese fieramente, più di una volta. Ciò di cui lei li accusa dovrebbe aprire un'indagine!"
"Stiamo già pattugliando il territorio al fine di scoprire dove viene segregato il nostro ragazzo, anzi, poco fa ci è arrivato un messaggio da parte dei nostri sottoposti, il ritrovamento è vicino! Lo porteremo in salvo e dopo sarà lui a confermare quanto dico!" la donna si voltò verso di Euphemia e diede il meglio di sé. Le avrebbe dato la statuina degli oscar. In testa. "Sei una madre, non capisco come tu possa fare ciò che stai facendo, Potter! Strapparmi il ragazzo dalle braccia e impedirgli di essere qui solo per coprire le malefatte del tuo! Volete un motivo, signori? Non è lampante? E' una madre!" sputò fuori l'ultima parola con sprezzo. "Sta coprendo suo figlio! Evidentemente il maleficio a cui ha sottoposto il mio bambino ha perso potenza, non a caso quei ragazzi vengono visti ricoperti di lividi almeno una volta al mese! Mantenere qualcuno sotto controllo così a lungo richiede molta fatica, probabilmente Sirius si sta ribellando al suo dominio, avrà sfruttato un momento di debolezza per confessare la sua prigionia ai propri compagni e i Potter hanno deciso di farli sparire!"
"Dio santo..." sospirò la mamma di James, passandosi una mano sulla faccia con aria stanca ma Cristhine non era della stessa calma.
Ecco dove volevano arrivare! Come faceva la Potter a esser così tranquilla?!
Li stavano incastrando!










Abbots Grange, 18 dicembre, ore 10.00 del mattino.






La loro nemica rideva di gusto. Rideva come se non trovasse nulla di più spassoso che vederlo tremare in un angolo, convinta di averlo in pugno, di avere tutto sotto controllo.
Non poteva vederla in viso ma riusciva quasi a percepire la sua espressione sadica, trionfa e arrogante.
Fu quella sicurezza che diede a Peter Minus il coraggio di sollevarsi sulle ginocchia e rimettersi in piedi.
“Che vuoi fare? Non puoi fare altro che specchiarti.” lo prese in giro la voce, sardonica. “Ti dai una sistemata prima della fine, tesorino? Questo è il labirinto di specchi più intricato del mondo, nessuno di voi riuscirà ad uscirne!”
Quante volte aveva visto quella stessa espressione, alla fin fine? Considerò Minus, trotterellando per il perimetro seguito dai suoi mille riflessi. Non c'era molta differenza coi bulli della scuola. Quelli che lo appendevano sulla torre di Astronomia o lo chiudevano in uno stanzino convinti che non sarebbe riuscito ad uscirne per un bel pezzo. La stessa espressione arrogante, di chi non conosce la sconfitta, di chi è assolutamente certo che la propria vittima non si sarebbe ribellata mai.
Se James era in grado di sconfiggere un bullo, sarebbe stato in grado di sconfiggere un mostro. Ne era certo.
“Ma tu guarda, Peter Minus che pensa di poter essere coraggioso.” sghignazzò la voce, che seguiva ogni suo passo. “Mi stai sfidando, marmocchio? Non l'hai ancora capito? Sei solo.”
Qualcosa gli accarezzò la mente. Una mano calda, invisibile, due bagliori d'oro nel fondo dei suoi pensieri.
Altre mani si aggiunsero a quelle. Lo calmavano, lo proteggevano, lo accompagnavano ovunque.
Come sempre.
“Il piccolo, povero e dolce Peter Minus con la paura di essere notato. Quelli come voi si accodano ai forti sperando di poter raccogliere qualche avanzo, qualche briciola lungo il cammino, vi illudete di volergli bene davvero ma la verità è che sono semplicemente utili al vostro scopo: Sopravvivere! Li tradiresti alla prima occasione, non è così?”
Tradire James? Peter continuò a perlustrare l'area, ed il suo naso faceva su e giù, su e giù, in modo impercettibile. La presenza del suo migliore amico dentro la sua testa si era fatta più salda, granitica.
“Io non sono mai solo.” gli sfuggì di bocca, mentre dava letteralmente le spalle alla direzione della voce.
“Che cosa?”
James aveva sempre sconfitto i bulli. Lo aveva sempre tirato fuori dai guai.
Aveva girato mille chiavi, aperto mille porte barricate, volato su mille torrette e guglie.
E alla fine della giornata, quando Peter pensava che quello sgabuzzino non si sarebbe mai aperto, che su quel gargoyle ci avrebbe passato la nottata appeso per le mutande, proprio nel momento in cui tutto gli sembrava più tetro, la sua mano appariva dal nulla, tesa verso di lui, calda e solida, e nell'oscurità delle sue lacrime vedeva sempre il suo solito ghigno alla Peter Pan e la sua solita frase. “Heylà, Codaliscia.”
“Vogliamo provare, moccioso? La tua vita in cambio di quella dei tuoi amici. Cosa scegli?” lo tentò la voce, ridacchiando in modo orribile.
Ricordò cosa gli aveva detto James quando avevano aperto la porta di quel maledetto maniero in cerca di Sirius e si erano ritrovati imprigionati nel labirinto di specchi senza possibilità di fuga. Gli aveva stretto una spalla, si era chinato sul suo orecchio e aveva sussurrato ciò che non si sarebbe mai aspettato.
Questa volta, io non ci sarò.”
Avrebbe dovuto risentirsi, perfino tirarsi indietro o spaventarsi per quella brutalità. Lui non ci sarebbe stato? Lui non lo avrebbe aiutato? Come gli saltava in mente di dire una cosa del genere con un nemico così potente a pochi passi da loro?
Eppure non c'era stato bisogno di spiegare. Aveva capito al volo.
“Sai una cosa?” esclamò finalmente a voce alta, stufo di stare a sentire gli sproloqui di quella cretina. “Hai detto che siamo come topi e che verremo mangiati dal serpente, giusto?”
“Ratti alla gogna, certo.” confermò la voce, pigramente.
“Beh.” Peter fece spallucce. “E' evidente che di mondo animale non ne sai molto.”
“Perchè?”
Peter allungò la mano verso uno specchio. Sentiva dell'aria, la dietro. Aria fresca, pulita, come una scia profumata che lo avrebbe condotto alla salvezza. Quando spinse, il vetro si dissolse.
“Perchè i topi hanno una regola.”
La voce emise un gemito di sorpresa, squillante e quasi buffo.
“Che diavolo stai facendo?!” strillò, ma il suo tono non era più gonfio d'ego, anzi. Si stava facendo sospettoso, incerto e intimorito...perchè Minus proseguiva. Spostava gli specchi, li faceva scomparire, scopriva botole che nessuno avrebbe mai potuto scoprire... e camminava così rapidamente che la voce dovette ad un certo punto arrancargli dietro, urlante e sempre più allarmata.
“Tutto questo tempo passato a scappare...” continuò a spiegare Minus, camminando tranquillo da fare schifo, saltando e strisciando agile come il vento. “...i topi non fanno altro che scappare fin dalla nascita. Fino al punto in cui sono diventati così bravi a farlo da essere imbattibili!”
“Fermo! Fermati subito!” gridò la voce, ma Peter camminava come se fosse di casa, con una fluidità innaturale. Non c'era un solo ostacolo in grado di fermarlo, non c'era vetro contro cui sbatteva il naso. Sembrava un vedente in un mondo di ciechi.
“Mettere un topo in un labirinto non è stata una gran mossa, sai?” considerò, sorridendo trionfante. Quanto era bello avere il controllo! “Perchè non c'è nessuno in grado di battere un topo quando si tratta di trovare una via di fuga!”
La mano cadde sull'ultima porta di vetro, e bastò solo sfiorarla che andò in mille pezzi...assieme al resto del labirinto.
Con un fragore assordante mille e più specchi si frantumarono come foglie in autunno, rivelando a pochi metri più in là, le persone più importanti della sua vita...e stavolta era lui ad averle tratte in salvo. Era lui, l'eroe. Che sensazione meravigliosa!
James Potter si tirò via alcuni pezzetti di vetro dai capelli, allungò la mano verso di lui e sorrise come aveva sempre fatto.
“Heylà, Codaliscia.”








Molly Weasley poteva dire di amare davvero tanto il suo ragazzo. Si erano fidanzati da giovanissimi e praticamente non si erano più lasciati.
Due poveri in una scuola per ricchi, era naturale che si avvicinassero così tanto, quasi che fosse destino. Non gli importava che fosse un po' più grande di lei e che avesse perso qualche anno perchè non aveva i soldi per l'iscrizione. Anzi a dire la verità, il più giovane tra i due sembrava lui, e non lei.
Lei aveva fatto da mamma ai fratelli Gideon e Fabian, sapeva cucinare, gestire la casa, era stata cresciuta come una donna fin da subito perché suo padre era morto tanto tempo fa e sua mamma si arrangiava come meglio poteva per tirare avanti, con il risultato che passava tantissime ore fuori casa. Arthur invece era l'eterno bambino, figlio unico con genitori ancora più fulminati di lui che lo avevano riempito di chincaglierie babbane non proprio legali fin da subito.
Sì, lo amava anche per questo, per il suo essere diverso da lei. Lo amava davvero.
Non era quello il problema.
Il problema era che a vederlo strappare via una valigiona da un cumulo di legna da camino nella rimessa degli attrezzi con la faccia di un esaltato, iniziava ad avere qualche dubbio vago sulla sua salute mentale.
I Grifondoro rimasero lì, tutti in cerchio attorno a lui, con le labbra viola per il freddo e gli occhi a palla mentre lui si lanciava in una risata da maniaco sessuale accarezzando l'oggetto come un prezioso cimelio.
"Amore...hemm..." cominciò Molly un filino in apprensione, mentre il rossino iniziava a perlustrare la stanza con frenesia. "Mi spieghi che succede?"
"Fuoco!" ordinò Weasley, senza ascoltarla. "Trovami l'accendino!"
In un'altra occasione gli avrebbe tirato una capocciata per i modi, ma Arthur le scoccò un'occhiata così decisa che si mise a cercare senza aprir becco. Aprì il cassetto e glielo passò mentre tutti i Grifondoro si erano spiaccicati contro la parete iniziando vagamente a sudar freddo.
Quando Arthur aprì la valigia, però, ci misero qualche istante a realizzare.
"Cacchio. Non va." Weasley sbuffò, agitando lo zippo. "Questo complica un po' le cose. Bene gente, dobbiamo creare il fuoco! I legni qui intorno sono tutti fradici, per cui...hmmm..." si avvicinò a quello che aveva tutta l'aria di essere un vecchio microonde usato. "James ci aveva messo dentro dell'alluminio, giusto? Scoppietterà un po' ma avremo le fiamme, almeno..."
"Arthur..."
"Ok. Geky, nell'armadio a destra c'è dello scotch e dell'involucro in polivinilcloruro, passameli."
"Poli che?! Ma si può sapere che cavolo sta succedendo?!"
Il Grifoncino alzò la testa con un sorrisone.
Dentro la valigia, c'era quella che aveva tutta l'aria di essere...
"Arthur." mormorò Paciock, con un brivido. "A che ti serve tutta questa polvere da sparo?"
E, con faccino angelico, il rossino iniziò a mettersi a lavoro.
"Per costruire una bomba." rispose con leggerezza. "Logico, no?"











Lily Evans si rialzò, accettando la mano di Remus. Ancora non aveva capito come diamine avevano fatto ad uscire da quello stramaledetto labirinto!
Un secondo prima stavano camminando alla cieca, con James che sbatteva la faccia ogni due secondi con tanto di relative imprecazioni, e il secondo dopo...tutto era esploso, rivelando una stanza circolare di pietra che aveva nulla a che fare con Abbott's Grange.
L'aria era fredda, a malapena riscaldata da poche candele che galleggiavano...ma non fu quello a farla rabbrividire.
"Sirius!" urlò, facendo per scattare in avanti ma venendo fermata dal braccio teso di Remus.
Sembrava che...dormisse. C'era un pilastro roccioso al centro della sala, dove lunghi nastri vibranti si congiungevano scendendo dai quattro lati del soffitto fino ad avvilupparsi alle braccia e alle gambe del loro compagno, immobile con la testa ciondoloni sul petto.
I capelli neri gli coprivano gli occhi, sfiorandogli le gote...era privo di sensi ma non sembrava stare male.
Remus la trattenne delicatamente per una spalla, scoccando un'occhiata gelida e feroce ad un angolo buio della stanza.
Non l'aveva notato.
C'era una figura, lì in piedi, avvolta in un lungo mantello.
"E così siete giunti fino a qui, marmocchi." disse solo, ma la sua voce era stranissima: sembrava quella di un uomo e contemporaneamente anche quella di una donna. Come se qualcuno stesse mischiando le sue corde vocali.
Venne appena alla luce, ma il grande cappuccio copriva il suo viso.
"Vorrà dire che sarete il primo pasto della giornata!" ridacchiò con frivolezza, allungando la mano verso una borraccia.
Una borraccia che ben conoscevano...
"Non ce n'è più bisogno." disse improvvisamente Remus. "E può anche togliersi il cappuccio. Sappiamo perfettamente che faccia c'è sotto..." i suoi occhi celesti si strinsero appena, lanciando saette. "...non è vero, Professor Walsh?"
Il mantello fu buttato a terra con un movimento sprezzante, quasi di liberazione. E Barrie Walsh venne alla luce delle candele con un ghigno sadico.
"Remus, Remus." disse solo, scuotendo la testa. "Ho sottovalutato la tua perspicacia. Ecco perchè sembravo starti così sulle palle. Quando l'hai capito?"
Lily si fece indietro con un movimento istintivo. C'era qualcosa di strano nella faccia del loro professore...i lineamenti sembravano muoversi, mutare leggermente. Le basette sembravano accorciarsi, il naso rimpicciolirsi, il busto farsi più snello...E ogni tanto, lui assumeva un'espressione di dolore.
"Polisucco!" comprese, sgranando gli occhi.
Lui rise di nuovo, sventolando la borraccia davanti ai loro nasi.
"Sono colpita, devo ammetterlo. Ah, sono una donna, nel caso ve lo stiate chiedendo." ammise. "I Grifondoro non sono tutti degli imbecilli senza cervello, allora!"
"C'è sempre la pecora nera della famiglia." rispose Lupin, ricambiando il sorriso con cattiveria. Quella affermazione parve irritarla.
"Quindi? Volete soddisfare la mia curiosità, prima che vi faccia fuori?" sibilò freddamente, accostandosi a Sirius.
"Semplice." rispose il Marauder. "Per Ardua Ardens."
La donna parve non capire. Ora si intravedevano appena i lineamenti originali sotto le fattezze irlandesi di Walsh. Anche se appena abbozzato, un viso splendido sembrava venir fuori appena, con la pelle bianca come alabastro e occhi che iniziavano a diventar gialli e lucenti come quelli di un gatto colpito dai raggi lunari.
"Che sarebbe?"
"Che fine ha fatto il vero Barrie Walsh?" s'intromise James, serrando la mandibola.
La sconosciuta scosse la testa. Aveva un vago accento francese.
"Mi serve vivo, per la Polisucco. E' imprigionato in una bettola poco fuori Hogsmeade, in attesa di essere prosciugato come una spugna quando questa faccenda sarà finita. Incredibile cosa non facciano gli uomini per amore...le idiozie che sono disposti a credere, tutte quelle illusioni..."
"La fidanzata." capì Peter, puntandole il dito addosso. "Il professor Walsh era stato visto con una donna, a Hogsmeade!"
"Bingo, topolino." la creatura si guardò in un grande specchio sulla sinistra, sfiorandosi il viso. "...è bastato sventolare un po' di scollatura sotto il naso di quell'imbecille babbanofilo ed è caduto come una pera cotta. Rapirlo e assumere le sue fattezze si è dimostrato facile, anche se terribilmente irritante...sapete, io sono davvero splendida." digrigò i denti, colpendo lo specchio con un pugno. "...forte e bella come un diamante. Assumere le sue schifose fattezze e fingere di interessarmi a voi mocciosi è stato nauseante! Ma avevo bisogno di diventare vostra amica...soprattutto sua."
Si avvicinò a Black, accarezzandogli il viso.
"Stagli lontana." ringhiò improvvisamente James con espressione bellicosa, facendola divertire oltremodo.
"E che vorresti fare? Prendermi a schiaffi?" ironizzò, continuando ad accarezzargli il viso. "E' così carino, vero? Proprio un bel ragazzo...e si è fidato così tanto di me, aveva così disperatamente bisogno di una figura paterna...le persone tristi sono le più vulnerabili. Le più manipolabili. Questo tipo di ingenuità è deliziosa, vero? Oh, mi sarebbe piaciuto tanto assaggiarlo..."
La sua mano si era trasformata, diventando bella e affusolata...una mano che Lily conosceva. L'aveva già vista...pensò, con un brivido potente. L'aveva vista stretta alla sua vita, le stesse unghie rosso sangue, la stessa pelle lucente e lo stesso vago odore che ora sentiva nell'aria.
Fiori marciti, fiori da cimitero.
"Nel bagno di Rosmerta..." sussurrò, deglutendo. "Eri tu. Tu mi hai messo sotto Imperius!"
"Per poco non mi beccavi, Evans! Avevo appena finito la Polisucco! Voi due mi avete fatto passare una piacevole serata, anche se mi ha dato parecchio fastidio non essere riuscita a farvi fuori! Purtroppo il potere buono di Hogwarts interferiva parecchio con il mio incantesimo oscuro a distanza... e devo dire che la magia non è proprio il mio forte!"
Fu un istante.
Più veloce di qualsiasi cosa avessero mai visto, la creatura smise di parlare e si buttò loro addosso.
I maghetti urlarono, gettandosi a terra, ma Lily non fu abbastanza svelta.
Walsh, o quello che ne aveva le sembianze, l'afferrò per i fianchi e si spostò così velocemente da farle girare la testa.
"Fortunatamente sto riassumendo il mio vero aspetto...e anche i miei veri poteri." rise, stringendosela contro e mozzandole il fiato. "Te la ricordi, questa presa? Dio, detesto le ragazze."
Le tirò i capelli, facendola urlare di dolore.
"Lasciala!" ruggì James facendo per correre loro addosso, ma si bloccò di colpo quando la mano affusolata della loro nemica sfiorò la gola della Grifoncina. Le unghie erano diventate affilate come artigli di arpia. Punsero la sua gola facendole uscire una gocciolina di sangue.
"Tutti fermi, se non volete che la sgozzi!" ridacchiò. "Allora, Lupin, cosa stavamo dicendo?"
"Stavamo commentando il suo patetico tentativo di cammuffarsi!" sibilò il biondino con odio.
"Oh, ammetto di aver solo migliorato la personalità di Barrie Walsh...un uomo così cretino! Così imbranato e insipido! Fa sorridere pensare che abbiate imparato più con me su Babbani e combattimento di quanto non avreste mai potuto fare con lui!"
"Siete stata una buona insegnante, questo è vero." concesse Remus. "Ma avete sottovalutato l'adorazione di Weasley verso il professore di Babbanologia!"
"Di che accidenti stai parlando?"
"Per Ardua Ardens. Significa 'con ardore verso le difficoltà'. E' il motto del secondo dipartimento della marina militare britannica." Lupin venne avanti con cautela. "L'insipido e imbranato Barrie Walsh era un militare! Ha lavorato a stretto contatto con i babbani, ha affrontato la guerra in Corea dove ha perso la maggior parte dei suoi amici e compatrioti! Per questo ne è così appassionato, perché ci ha vissuto assieme! Per Ardua Ardens è il motto inventato da suo fratello, lo stesso fratello morto in battaglia... non è una cosa che si dimentica tanto facilmente, vero?"
"Quello...schifoso...irlandese..." sibilò la creatura con rabbia. Lily gemette, stretta nella sua presa. Guardò James, che non le toglieva gli occhi di dosso.
Cosa accidenti avevano pensato di fare?! pensava con ansia. Sentiva la sua potenza attraverso le sue braccia, il suo torace che stava diventando sempre più solido, come il marmo...quella non era una semplice umana. Erano nei guai..fino al collo!
"...per questo, quando Arthur Weasley glielo ha citato e lei è caduta dalle nuvole, la cosa gli è sembrata strana...e ha iniziato a sembrare strano anche a me! La Polisucco può essere davvero utile a cammuffarsi e si può anche studiare vagamente il profilo di colui che vogliamo diventare ma il cuore delle persone è unico e insondabile! Una cosa così intima non avreste avuto modo di conoscerla a meno di non diventare sua amica e confidente, cosa che una creatura come lei può solamente cercare di simulare!"
"Risparmiami i convenevoli sul valore dell'amicizia vera...potrei vomitare." frecciò lei, con una smorfia. "Un misero dettaglio, certo. Sei molto perspicace, Lupin, lo riconosco."
"Non è stata l'unica cosa che mi ha fatto capire che qualcosa non andava. La sera in cui Lily e James sono stati attaccati...siete entrata un'ora dopo, scontrandovi con Gazza e con me. Nella fretta di continuare a tenere in piedi l'Imperius da quella distanza, vi siete lasciata sfuggire che eravate ritornata a piedi...e una qualsiasi persona sotto quella bufera di neve avrebbe dovuto essere fradicia. I suoi capelli lo erano, ma i vestiti erano asciutti." Lupin la fissò, continuando a parlare in modo calmo e freddo come se stessero facendo una partita a scacchi. "...un qualsiasi mago avrebbe potuto usare un incantesimo per proteggersi dalle interperie e questo poteva spiegarlo, ma allora perché i capelli erano bagnati? E' questo che mi ha fatto capire che vi eravate cambiata d'abito prima di entrare a scuola. Siete una donna vanitosa, o sbaglio? Probabilmente trovavate insopportabile l'idea di girare con il vostro vero aspetto ma con i vestiti del professor Walsh addosso!"
"Qualsiasi donna con camicia a pois e trench irlandese sarebbe apparsa quantomeno stravagante." ironizzò l'altra. "E così a fregarmi è stato il cattivo gusto di quell'idiota."
"Per non parlare del profumo. Sul momento non l'avevo notato ma quella sera lei profumava di lavanda, i fiori con cui Rosmerta agghinda le porte del suo locale. Da quel momento ho iniziato a tenervi d'occhio. Vi portavate sempre dietro una boccetta, non facevate altro che bere...nemmeno un irlandese reggerebbe quei ritmi. Quello non era alcool. Ma una pozione."
"Sono sorpresa, Lupin...ma d'altronde, sei sempre stato sveglio. Una vera spina nel fianco. Sentivo i tuoi occhi sempre addosso, in effetti!"
La creatura appoggiò il mento contro la spalla di Sirius, schiacciandoglisi addosso con malizia.
"E ora che vorreste fare? Siete senza poteri e mi sono scordata di dirvi che...beh, ecco cari, io sono una vampira."
Questo parve sorprendere Remus, per la prima volta nell'arco della giornata.
"Non è possibile." disse meccanicamente. "Una creatura oscura non può ritornare umana...nemmeno con una Polisucco!"
"Eh-eh, eppure hai la risposta sotto gli occhi da qualche tempo!" lei sorrise. La bocca era ritornata alla sua vera forma...una bocca carnosa con un seducente arco a ponte e due piccoli segni sul labbro inferiore...laddove i canini aguzzi sfregavano di solito, capirono i maghetti sentendosi il ghiaccio nelle vene. "Qual è la creatura che può trasformarsi in qualsiasi cosa? Ce l'avete nel corso!"
"Eri una metaformagus..." ci arrivò Remus, serrando le mandibole. "Prima di trasformarti in vampira. Per questo la Polisucco ha ancora effetto su di te..."
"Bingo!" trillò la vampira, gongolando. "Una situazione sgradevole, visto che ritornare ad essere debole e umana non è mai stato nei miei interessi primari...ma tant'è...finalmente posso smetterla di bere quella schifezza di pozione, di nutrirmi del vostro cibo disgustoso e tornare a sorseggiare sangue! Nonostante non ne avessi più il bisogno, vedere le vostre gole scoperte era una vera agonia! Una volta assaporato il nettare degli dei, è difficile rinunciarvi...chissà, potrei inziare da questa piccola mocciosa..."
Le unghie penetrarono ancora un po' nella sua pelle. Lily urlò di dolore, inarcandosi contro di lei. La sentiva cambiare contro la sua schiena...diventare sempre più forte, profumare sempre più intensamente...e sentiva, dentro la sua gola, come un gorgoglio disgustoso...come se avesse l'acquolina...
"Che cosa diavolo pensi di fare?" sputò fuori dolorante, più per prendere tempo che per altro. Doveva assolutamente alleggerire quella stretta, o le avrebbe spaccato qualche costola! La soluzione funzionò, e le sue braccia allentarono un po' anche se le dita continuarono ad accarezzarle le vertebre godendo di tanto in tanto a premere, facendogliele scricchiolare.
"Oh, nulla di ché, dolcezza. I nastri che avvolgono Sirius sono maledetti...sono stati confezionati appositamente per lui, sai? Riconoscono la sua pelle, il suo dna, e non si staccheranno mai più! Fino a che avrà quelle fasce addosso, il cucciolo dei Black sarà sotto il controllo della sua famiglia e quando arriverà il momento opportuno i Black verranno a riprenderselo, il loro caro figlioletto testimonierà contro il paparino di Potter e la sua famiglia verrà incriminata di ogni cosa...e anche della strage che farò qui dentro a cose concluse! Si tratta solo di pochi istanti...d'altronde, il tempo su questo villaggio scorre in modo diverso."
"Che...che cosa intendi dire?!"
"Intendo dire che per voi sono passati due giorni, ma per il resto del mondo è trascorsa una settimana." spiegò lei, concentrata in quel nuovo sadico giochino che le stava facendo vedere le stelle. "Non è stato difficile confondere il villaggio di Babbani. E Silente deve essere più stupido di quanto non sembri, se non vi ha ancora trovati."
"Ma...perchè? Perchè una vampira si interesserebe così tanto a Sirius Black?!" annaspò Lily, affondando le unghie nella mano che le stava premendo sulle costole cercando invano di allontanarla.
"Diciamo solo che ho seguito direttive dall'alto. Non che me ne importi qualcosa dei Black, delle loro beghe e di tutti voi sciocchi umani, ma a quanto pare, esiste qualcuno nel mondo che non può essere considerato un vero e proprio mortale...e nemmeno una creatura immortale, se per questo. Questo essere del tutto eccezionale ha a cuore la famiglia Black e ultimamente mi ha reso partecipe di alcune sue idee che hanno solleticato la mia immaginazione... sa essere molto persuasivo, convincente, e ottiene fedeltà facilmente. Compresa la mia. Mi ha fatto un'offerta che non potevo rifiutare..."
"Non mi dire. Riddle ti ha promesso una fornitura di sangue di mezzosangue a vita?" frecciò James, fiammeggiante di rabbia nel vedere Lily soffrire. "Ti spiacerebbe piantarla?!"
"Oh scusa tesoro, ti infastidisce vedere la tua piccioncina stare male?" la vampira rise, senza sapere che aveva appena toccato un tasto scoperto.
"Hey!" protestò infatti la Evans, furiosa. "Piccioncina a chi?!"
"Uh? Non vi siete fidanzati?" fece pigramente quella, che nel frattempo stava diventando sempre più femminile, con i capelli che stavano crescendo lentamente solleticandole le guance, arricciandosi e diventando di un colore simile ad un castano chiaro, con riflessi ramati. "E dire che tubavate peggio di due colombelle, durante l'appuntamento al luna park..."
"NON ERA UN APPUNTAMENTO!" Esplose Lily, mentre Remus si passava una mano sulla faccia.
"Certo che lo era!" s'infiammò subito James, piazzando un piede avanti. "Dio santo Evans, nemmeno ad un passo dalla morte riesci ad essere sincera!"
"Ragazzi, non mi sembra il momento..." Mormorò Peter, mentre quelli iniziarono a battibeccare come due galline.
"Puoi evitare di concentrarti su quello proprio adesso?! Ce la fai, James Potter?!" Tuonò la Grifoncina, indicandosi con il pollice, ancora spalmata addosso alla vampira come un peluche. "Ci sono cose più importanti o sbaglio?! Ci starei lasciando le penne qua!"
"Guarda che sei tu che hai cominciato! Perchè diavolo devi sempre puntualizzare?!"
"E tu perchè devi affermare il falso?!"
"Era un appuntamento Evans! Ficcatelo in testa!"
"Ti piacerebbe, eh?!"
"Dio, l'ha capito perfino questa stronza di una succhiasangue! Anche un non morto riesce ad essere più romantico di te!"
"IO NON VOGLIO ESSERE ROMANTICA!"
"BENE! PERCHE' NON CI SEI PORTATA!"
"Hey, voi due...!" iniziò la vampira, inarcando un sopracciglio ma quei due cretini si voltarono assieme verso di lei tuonando uno "E TU STAI ZITTA!" sincronizzato che di certo non la spaventò ma fu sufficentemente sorprendente da ammutolirla e...distrarla.
Essendo ancora mezza umana, un inquietante misto tra una signorina boccoluta dai lineamenti minuti e un irlandese coi basettoni ed il naso a patata, non lo sentì fino a quando non fu troppo tardi.
Remus calò alle sue spalle con un bastone di legno che si frantumò contro la sua testa ma fu abbastanza forte da farle mollare la presa sulla Evans, che cadde di sedere con un verso stridulo.
La vampira si girò di scatto e affondò il braccio pronta a strappargli il cuore ma...la sua mano venne bloccata con uno schianto assordante.
Come il cozzare di due robusti blocchi di marmo.
Sgranò gli occhi, mentre Remus Lupin serrava le sue dita al suo polso...lasciando dei lividi che un umano non avrebbe mai potuto lasciare.
E i freddi occhi di quel moccioso divennero scarlatti per qualche secondo appena...prima che si tirasse indietro con un balzo, rotolando lungo il pavimento.
Il tempo parve cristallizzarsi. Si fissarono entrambi ansimando, immobili.
La vampira strinse gli occhi, il viso così deformato da essere ormai irriconoscibile. La Polisucco stava esaurendosi sempre di più.
Remus ricambiò lo sguardo, sentendosi sondare dentro...fino all'anima. Il suo odore di fiori, vagamente percepito durante quello scontro, gli aveva dato la nausea...e fatto salire una strana ondata di furia.
Lily non si era accorta di nulla.
Ma lei sì.
Quella dannata vampira lo aveva capito.
Non fece in tempo a dire e fare nulla.
In lontananza, ci fu un boato che fece tremare le fondamenta della stanza, piegando tutti sulle ginocchia.
"Che diavolo succede?!" strillò la loro nemica, sollevando lo sguardo e impallidendo...visto che metà del soffitto stava per crollare.
Balzarono tutti di lato, mentre pezzi di tetto cadevano con schianti fragorosi, rivelando una porzione di cielo azzurro...e una cosa che fece sbiancare la succhiasangue, con perfido godimento dei Grifondoro lì presenti.
L'enorme cupola aveva una grossa crepa...e nell'aria si sentì, in lontananza, un urlo esultante.
Weasley aveva appena fatto esplodere la sua bambina.





Ministero della magia, 23 dicembre, ore 11.00 del mattino.








Qualcosa non andava.
Orion Black poteva affermare di avere un certo senso per quelle cose. Qualcosa non stava andando per il verso giusto.
Sirius avrebbe dovuto essre già arrivato...e l'assenza di Silente era un campanello assordante.
Mentre sua moglie continuava ad affascinare l'aula con la farsa della mammina preoccupata, i suoi occhi gelidi sondavano la stanza macchinosi.
Perchè Albus Silente non c'era? Dove diavolo era quel vecchio bastardo?
I loro avvocati si stavano divorando l'un l'altro quando decise che ne aveva abbastanza. Non gli piaceva non avere tutto sotto controllo.
Orion Black era un uomo ingegnoso, astuto come un ragno. Previdente.
Meglio chiuderla in fretta.
Agitò appena la bacchetta sotto il mantello, puntandola contro le catene che di solito bloccavano i Mangiamorte. Quelle vibrarono impazzite, facendo voltare Euphemia di scatto.
Fu questione di pochi attimi. Le catene scattarono, puntando la gola di Cristhine McRanney...e la donna cadde nella trappola.
Rapida, estrasse la sua bacchetta, puntandola contro quelle piccole canaglie...ma tutto ciò che gli altri videro, fu la più grande Auror del paese che tirava fuori l'artiglieria pesante.
"E' armata!" urlò Orion Black, tirando fuori la sua e puntandola contro il cuore della donna. "Vuole attaccare il Ministro!"
L'incantesimo partì, nulla di mortale viste le circostanze...ma abbastanza potente per tenere buona quella donna insopportabile per tutto il resto del processo.
Un lampo di luce parve viaggiare per la stanza come un fulmine.
Euphemia si girò, le mani ancora impegnate a frantumare le catene con la magia...Cristhine urlò, il Winzegamot urlò...
e una parete alla loro sinistra esplose.
Un incantesimo sfrecciò dalla parte opposta, cozzando contro quello di Orion che deviò e andò a colpire la Umbridge, che strabuzzò i suoi occhiacci da rospo e cominciò ad annaspare.
L'udienza degenerò un'altra volta...soprattutto quando, dalla parete esplosa, una figura celata dalla polvere dei calcinacci lanciò sul podio una testa di Necrogrifone mozzata. Era grande il doppio di quella di un elefante, puzzolente, la pelle priva di pelo nera come carbone, gli occhi iniettati di sangue, un enorme criniera bianca ed il becco fatto di ossa (così diventavano i Grifoni colpiti dalle maledizioni) ancora aperto in un'espressione di ferocia pura.
Fleamont Potter si tolse il cappuccio con le mani ancora sporche di sangue e ripose la sua enorme spada dorata nella fodera come se nulla fosse.
Non fosse stato per gli occhi d'oro puro ed il fatto che fosse più famoso di un dio, Cristhine avrebbe stentato a riconoscerlo. Non che non somigliasse a James: aveva gli stessi occhi, gli stessi capelli neri, lo stesso colore della pelle.
Era simile ma al contempo totalmente diverso dal figlio, con lineamenti ed il portamento rigidi come quelli di un imperatore, uno sguardo severo, decisamente meno caldo, innocente e smaliziato ma al contrario imponente, gelido e fiero. Un vero Grifondoro. Fu questo che pensò Cristhine, fissandolo con la bocca ancora spalancata.
Come la moglie, sembrava emanare una sorta di aura dorata che si propagava tutto intorno alla sua figura come una nebbia oleosa.
Aveva in mano un'altra testa di Necrogrifone, che lanciò vicino alla prima con facilità, come se non pesasse nulla.
"Scusate l'attesa." disse, serio. "Pattugliavo il perimetro e mi sono imbattuto in queste simpatiche bestiole."
"Cosa...cosa diavolo ci fanno quegli orrori fuori dal Ministero?!" strillò Minchum, sbattendo le mani sul bancone con la cravatta tutta per aria. "CHE DIAVOLO CI FANNO?!"
"Temo sia colpa mia." rispose Potter Senior, senza scomporsi. "E' da tutto il giorno, in effetti, che vengo seguito da Creature Oscure di qualsiasi genere. Una straordinaria coincidenza, che questo capiti proprio il giorno in cui vengo chiamato in causa."
"Insinui qualcosa?!" berciò Walburga, istericamente. Lui non fece nulla a parte girarsi, guardarla con noia e...
"Chiudi quella fogna, sgualdrina."
I pavimenti tremarono. Le pareti dondolarono come carte appese ad un filo. Le catene che avrebbero dovuto trattenere i prigionieri decisero che era meglio starsene fuori dai piedi e si ritirarono come cagnolini uggiolanti in un angolino.
Cristhine McRanney sentì tutto quello...oltre al proprio fiato che si mozzava in gola.
Oddio. Oddio...
Ma Fleamont Potter non pareva scomporsi. Fissava con assenza di emozioni la sua nemica ergersi in tutta la sua altezza e far tremare l'intero tribunale con la sola forza della propria rabbia, mentre il loro povero avvocato decise di seguire l'esempio delle catene e si piazzò in un angolo a piangere.
Così come era iniziato, tutto finì. Walburga sorrise con crudeltà.
"Farò finta di non aver sentito."
"Fa' come ti pare." mugugnò l'altro, che a differenza della moglie, dallo spirito a dir poco incendiario e incline agli scoppi d'ira, sembrava non provare nulla. I suoi occhi stanchi non trasmettevano altro che apatia e anche quando aveva osato insultare una delle donne più potenti di Inghilterra la sua voce non si era scomposta di una virgola.
Come se chiamarla sgualdrina o fiorellino fosse la stessa cosa. Stranamente, Orion Black non sembrava offeso quanto la moglie e si permise pure un mezzo ghigno, come se l'altro avesse fatto una mossa intrigante in una partita a scacchi.
"Entrata in scena interessante." affermò, pigramente. "Forse puoi spiegarmelo tu, dov'è mio figlio."
"Hai perso il diritto di usare quella parola diciassette anni fa e un giorno." rispose il padre di James, scuotendo la testa. "Gente come te andrebbe sterilizzata."
"Parole, parole, parole..." Black allargò le braccia. Sirius era vicino. Lo sentiva... "Voglio sapere dove cazzo si trova mio figlio, Fleamont, e lo voglio sapere ORA. Se non siete colpevoli di rapimento, fateci vedere il ragazzo e chiudiamola qui. Dov'è? Dov'è Sirius?"
Sempre quella domanda a cui nessuno sembrava saper dare risposta.
Cristhine si mise una mano sul cuore...pregando. Da qualche parte, si sent un batter d'ali...ed un corvo si levò in volo.
"Fa presto." supplicò mentalmente. "Torna da me. Torna, Sirius!"
"Dov'è? Dov'è? DOVE...?!"






"Sono qui."














Abbots Grange, 18 dicembre, ore 11.00 del mattino.








"No, non è possibile!"
La vampira si voltò da una parte all'altra sgranando gli occhi che continuavano a variare dal giallo felino all'azzurro di Walsh con velocità fulminea.
Guardò la cupola creparsi e lanciò un urlo di rabbia, diventando paonazza.
"COME DIAVOLO E' POTUTO ACCADERE?!" ruggì, artigliandosi le guance e scavandosi nella carne. Quell'odiosa faccia...avrebbe voluto strapparsela di dosso con le proprie dita! Sguarciare quella pelle orribilmente lentigginosa, quegli stupidi basettoni che non si sbrigavano a sparire! E uccidere tutti quegli stupidi mocciosi che la stavano facendo dannare da mesi!
Dove diavolo l'avevano trovata una bomba babbana?! Come diavolo era possibile che una semplice bomba l'avesse crepata?!
Quella cupola era sorretta dai nastri, gli stessi che avvolgevano Sirius...fino a che gli si erano avviluppati contro, non poteva crollare a meno che non fosse stata lei a deciderlo! Era una cupola del tempo, era indistruttibile!
Il più odioso di loro sembrò captare i suoi pensieri e ghignò.
"Hai fatto parecchi errori, sai? Scema." la schernì James Potter con sgarbo, facendole pure la linguaggia.
"Che...che cosa?!" esplose lei, e le sue unghie divennero lunghe come coltelli. "Come osi, piccolo...!"
Si bloccò di colpo, quando sentì qualcuno...ridere. Ed i nastri di seta stridere come gatti incazzati.
"Che...?"
Fu come prendere un pugno in piena faccia. Una sensazione a cui non era decisamente abituata.
Perché Sirius Black aveva aperto gli occhi e...stava ridendo. Le stava ridendo in piena faccia, con leggerezza.
I lunghi nastri che correvano attorno alle sue braccia e ai suoi polsi vibravano impazziti...si stavano...rompendo?!
"Eh-eh, eppure hai la risposta sotto gli occhi da qualche tempo!" le fece il verso Remus. "Hai detto che i nastri di seta riconoscono la pelle di Sirius Black, vero?" Il suo sorriso si fece trionfante. "Beh, dovresti sapere meglio di tutti che esistono persone che la propria pelle la possono cambiare."
Bastò un solo istante per mostrarle quanto in realtà, la vampira si fosse sbagliata. E quanto in realtà avesse sottovalutato quell'odioso biondino, i suoi silenzi ed il suo dannato cervello calcolatore.
Perchè la furbizia dei Marauders è cosa nota...per chi non è troppo impegnato a fingere di essere quello che non è.
Le braccia, le gambe, i fianchi di Black...tutto gli si snellì, si accorciò, divenne più morbido e delicato. La faccia si trasformò ben presto in una a cuore, gli crebbe il seno, gli occhi si fecero più grandi e tondi, e dal nero pece passarono al verde acqua.
In men che non si dica, i suoi capelli diventarono rosa.
La vampira sbarrò gli occhi.
Continuava ad inciampare...faceva cadere le cose in continuazione...
"Salve!" ridacchiò Ninfadora Tonks, mentre le fasce, non riconoscendo più la pelle di Black, iniziarono a sgretolarsi...allargando sempre di più le crepe nella cupola, dalle quali iniziò a filtrare anche qualche raggio solare.
"Le...le fasce non hanno capito che non era lui...che era trasformata...perché anche lei è una Black..." mormorò l'ex professore, afflosciando le spalle. "Si sono distrutte solo quando è tornata alla sua vera forma...e ha assunto la sua vera pelle. Sirius Black... non è mai arrivato ad Abbotts Grange. Non è mai venuto in gita."
I suoi canini spuntarono fuori dalle labbra, che arriciò in una smorfia disumana.
"Mi avete presa in giro." sussurrò in un ringhio. La sua rabbia divenne insormontabile. Tutto si spense... "Mi avete...presa...in giro..."
Balzò verso di loro urlando così forte da fargli sanguinare le orecchie, le mani strette ad artiglio, pronta a strappar via loro la carne dalle ossa.
"NON FINISCE QUI! VI AMMAZZERO' TUTTI!"
"FANNY! ADESSO!" Urlò improvvisamente James Potter e nell'aria si avvertì una melodia che arrestò la carica mortale della vampira. Si mise le mani alle orecchie, strillando di dolore...e potendo solo osservare una meravigliosa fenice fiammeggiante volare come un proiettile verso il centro della cupola e spaccarla in mille pezzi inondando la stanza della luce del sole.
La Polisucco scelse mai momento più sbagliato per esaurirsi?
La vampira riprese il suo vero aspetto...e anche se non la videro bene in faccia perché abbagliati, pochi istanti dopo la sentirono urlare.
Il sole la stava bruciando...la sua natura di vampira era ritornata con prepotenza in tutta la sua forza, ma anche in tutta la sua debolezza. Gli strilli raggiunsero livelli insopportabili...e ad un certo punto, uno stormo di pipistrelli varcò le soglie di Abbotts Grange scomparendo per sempre all'orizzonte.












Ministero della magia. Giorno attuale.








Il corvo si levò dalla spalla di Fleamont Potter...e sotto gli occhi sorpresi di tutti, si trasformò in volo fino ad assumere una forma umana.
Cristhine McRanney sorrise, volandogli tra le braccia...e Sirius la strinse a sé stampandole un bacio sulle labbra mentre tutto attorno esplodeva il caos.
"E' la seconda volta che la tua comparsa genera tutto questo casino." sussurrò la corvoncina al suo orecchio.
"E' la seconda volta che non lo sento perché sei tra le mie braccia." mormorò Sirius nei suoi boccoli, sorridendo dolcemente.
Euphemia Potter iniziò a ridere e non ci fu verso di farla smettere. La faccia di Walburga era davvero troppo fantastica!
"Allora!" esclamò Sirius con fare amichevole, togliendosi una piuma dai capelli. "Inizio col dire che sono contento di non dover più mangiare da un becco."
Le risate di Euphemia si fecero sguaiate a dir poco.
"E vi ringrazio davvero per tutto questo interesse che avete dimostrato nei miei confronti, dio, non sono mai stato così desiderato da un membro del Winzegamot come oggi ma...beh, ecco, diciamo solo che la mia adorata mammina è solo un po' iperapprensiva. Io sto da dio e sono sempre stato da dio, mangime per corvi a parte." frecciò con acidità, piantando gli occhi in quelli di sua madre che era a dir poco livida. "Silente ed i Signori Potter hanno convenuto che non era il caso lasciarmi andare in una gita...soprattutto perché qualche giorno fa hanno trovato il vero professore di Babbanologia legato come un salame. Tranquilli, tranquilli! I miei compagni stanno tutti bene e sono già stati trovati. Anzi a dire il vero non si sono mai persi, visto che i Professori li hanno seguiti in segreto passo dopo passo. A quanto pare sono stati ostaggio di una famosa vampira francese, sapete, una di quelle evase da Azkaban in strane circostanze... che posso dire, la cupola del tempo ha preso tutti un po' in contropiede ma fortunatamente Fanny, la fenice di Silente, aveva deciso di voler farsi un giretto da quelle parti ed è stata parecchio utile nel farla a pezzi dall'interno. Con l'aiuto di una bomba carta, da quanto mi hanno raccontato. Ah, sì, ecco... diciamo che Abbotts Grange è distrutta e la proprietaria babbana avrebbe bisogno di un qualche incantesimino...assieme a tutto il resto del villaggio."
Mentre Black annoverava il tutto con l'enfasi di uno che sta raccontando una barzelletta, Minchum si afflosciò sempre di più sulla sedia. Tutto attorno la stanza era distrutta, la Umbridge sembrava caduta in una specie di coma e tutti stavano urlando.
Lui rimase in silenzio, con il mento ormai appoggiato al legno. Tutto quello a cui pensava in quel momento era ben semplice, rifletté.
Voleva dell'alcool. E questo era il primo pensiero. Voleva dormire almeno dieci anni. E questo era il secondo.
E dio...dio, quanto avrebbe voluto dare le dimissioni...












Lily Evans si sbatté sull'erba con le mani dietro la nuca mentre tutt'attorno gli Auror sciamavano come mosche, accompagnati dalle direttive dei Professori che per qualche breve istante si erano scordati totalmente di loro, talmente tanto c'era da fare. Un maniero distrutto, un intero villaggio di babbani da obliviare, una vampira a cui dare immediatamente la caccia...e Weasley, che stava rompendo le palle da più di due ore con la storia della bomba carta a chiunque avesse voglia di ascoltarlo.
Il sole stava tramontando. La neve piano piano si era sciolta, cosa normale visto che la cupola li aveva trattenuti lì dentro per una settimana. Lo sbalzo temporale stava iniziando a dare i frutti sul loro corpo, si sentiva a dir poco esausta e aveva anche la nausea.
Potter si schiantò affianco a lei, assieme a Remus, Minus e a Tonks che, esaltata peggio di Weasley, continuava a dire cose come "Quando lo rifacciamo?!" e "Mi sono divertita tantissimo!".
A quanto pare, i corpi delle quattordicenni funzionavano in modo un po' diverso perché era l'unica ad avere ancora la forza di correre e saltare.
Piano piano, tutti i Grifondoro si fecero vicini e si sdraiarono accanto a loro, sospirando.
"Qualcuno sa come si spegne la ragazzina?" berciò Alice. "Ha tipo un bottone o cose del genere?"
"E dire che dovevamo capirlo, che Black non era semplicemente fatto. Insomma dai, quel tizio fuma più di un hippy."
"Alt, aspetta." Paciock sollevò la testa. "Mi state dicendo che la marmocchia mi ha visto in mutande?!"
"Beh, Remus l'ha visto nudo." sbadigliò James.
"Tutti hanno visto Remus nudo!"
"Ah-ah, ma che ridere." frecciò Lupin, con le mani dietro la nuca.
"Com'è che quando ci siete di mezzo voi Marauders, succedono sempre questi casini?" mugugnò Geky Bell, già mezza addormentata. Avrebbero dovuto tirarli su con la carrucola, di quel passo...
"Credimi, vorrei tanto saperlo anche io." borbottò Minus.
“Mi spiegate come avete fatto a scamparla anche questa volta?”
“La conosci la regola del topo?” disse Codaliscia con aria solenne.
“Tutto sto macello perché Black non voleva passare il Natale coi suoi.” sospirò Molly. “Non c'è più il senso della famiglia, al giorno d'oggi.”
“Fidati. Io avrei fatto di peggio, pur di non passare il Natale con quelli...”
"Hey, ragazzi..." s'intromise James, con un sorrisetto.
"Che c'è?"
Fanny continuava a cantare...
"Dite che l'abbiamo passato, l'esame di Babbanologia?"










 
 
 
 

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Capitolo 38
*** Just a Quiet morning. ***


Buongiorno a tutti!
Prima di cominciare, una piccola premessa. Non so se avete letto tutti il mio capitolo-avviso, quindi nel caso lo riscrivo qui.
Mi sono accorta, molto tardi in effetti, che Efp ha fatto le bizze e non ha pubblicato alcune risposte alle vostre recensioni, specialmente le prime. Il ché è stato davvero spiacevole perché mi ha fatto sembrare una bella ingrata snob.
Questo spazio per comunicare che ogni recensione è stata letta, analizzata, super gradita e che da oggi in poi presterò più attenzione alla pubblicazione effettiva delle mie risposte.
Quindi, ecco, sincere scuse a chiunque non si è visto prendere in considerazione. Riscriverei le risposte uno ad uno ma onestamente dovrei premettere a tutti questa cosa e risulterei pedante, per cui ho preferito segnalarlo qui.
Questo nuovo capitolo è...bizzarro. Non di certo uno dei meglio riusciti a mio parere, ma di certo molto più fedele allo stile originale, soprattutto nelle ultime parti, quindi – anche se leggero - piacerà ai più nostalgici.
Ho sempre la paranoia di snaturare la vecchia fanfiction e ho deciso di modificarlo il meno possibile, nei limiti della trama ovviamente. Devo dire che mi piace la freschezza dei primi tempi e cercherò di renderle più che onore anche in futuro.
Vi saluto tutti e prometto di rispondere per benino a qualunque nuova recensione, dovessi rimanere attacata al pc per giorni interi.
Sarah
























La luna era rossa nel cielo.
La figura incappucciata levò appena lo sguardo, sogghignando con leggerezza. E dire che quella notte avrebbe dovuto essere versato del sangue innocente...tanto sangue.
E invece quei dannati marmocchi gliel'avevano fatta da sotto il naso.
Camminava con leggerezza, muovendosi come un'ombra fra le radici spinose del bosco, rischiatata di tanto in tanto dai raggi purpurei.
Un ramo le si impigliò nel cappuccio, facendoglielo scivolare oltre le spalle e rivelando i sottili capelli biondo platino raccolti nella sua solita coda bassa.
Si fermò di colpo...ascoltando.
Lamenti.
Qualcuno gemeva nelle ombre.
Nartrix Rosier sorrise di nuovo, divertita. E dire che avrebbe dovuto sentirsi irritata...invece era stranamente serena.
Walburga e Orion erano così furiosi per la figura fatta davanti a tutta l'Alta corte che le avevano chiaramente ordinato di ucciderla, finirla, farla soffrire come un cane, più di quanto non stesse già soffrendo.
Era stata lei a dover dire loro che nelle alte sfere questo non sarebbe piaciuto...d'altronde, certe alleanze erano fragili e quella non era una vampiretta qualsiasi.
Arrivò ad una scarpata aguzza, un piccolo e tortuoso sentiero pietroso che si congiungeva all'entrata di una caverna, buia come la gola di un lupo. I gemiti venivano da lì.
Saltò agilmente alcuni massi muschiosi, prima di appoggiarsi all'entrata con le braccia incrociate al seno, godendosi la vista beata del dolore.
"Che spettacolo indecente, per una creatura tanto forte." ridacchiò.
"Muori." sibilò la voce di una ragazza, dal vago accento francese.
Sì, si sentiva calma, tranquilla e serena come i Black non sarebbero mai stati. Ammazzarla non sarebbe servito a niente. Vivere con l'onta di essere stata messa in sacco da dei ragazzini sarebbe stato a dir poco purificante per l'ego di quella maledetta. Lo avrebbe rimpolpato, spremuto come un'arancia, con il risultato di renderla ancora più feroce, ancora più bramosa di vendetta.
Come una spina incastrata sotto un'unghia.
"Sei venuta per farmi fuori?" la voce ringhiò appena.
"Tesoro, fossi interessata al farti fuori avrei lasciato il lavoro agli Auror o a Silente!" Nartrix scosse la testa. "Sono ovunque in questa foresta, sai? E' questione di tempo."
"Allora dimmi cosa vuoi e poi lasciami estinguere in pace, stupida mortale..."
Che caratterino! Non per niente era la vampira più famosa d'Europa.
La luna rischiarò l'interno della grotta, rivelando due gambe snelle e nude, un corpicino esile e due occhi che brillarono come quelli di un gatto.
Il sole si era accanito su di lei. Aveva la pelle serica, levigata come il marmo e quasi trasparente ma...metà del suo corpo era nero come carbone, ustionato e pronto per diventare cenere.
Era una fortuna che avesse trovato quel rifugio prima di polverizzarsi...e ancora più miracoloso che non l'avessero scoperta fino a quel momento.
"Sai, Toulouse, avessi accettato il Solarium, a quest'ora saresti uscita di qui con le tue forze e un briciolo di dignità!"
La ragazza alzò appena il busto, portando il viso alla luce. Metà dei suoi lineamenti sembravano sfumare nell'aria come polvere, eppure la bellezza si intravedeva ancora, così come la sua terrificante rabbia.
"Accettare il vostro marchio indegno sulla mia splendida pelle? Accettare la luce del sole?! Preferirei bruciare piuttosto che subire una tale umiliazione...solo i vampiri traditori si abbassano a tanto squallore!"
"Mi pare che tuo fratello l'abbia fatto." punzecchiò la strega, godendo nello stuzzicarla.
"Fratello..." la ragazza sorrise con disprezzo. "Famiglia,legami...Queste parole hanno significato solo per voi... per noi vampiri non c'è nulla di più importante del sangue...delle tenebre..." Si ributtò contro la roccia, esangue. I riccioli, di un castano chiaro con riflessi tendenti al rame, si aprirono a ventaglio dietro la sua nuca. "Chiunque rinunci al buio diventa alla stregua di un parassita...ho accettato di essere intrappolata nel corpo di quel mortale per qualche tempo, è vero. Ma preferirei finire carbonizzata piuttosto che accogliere il sole...”
"Cosa che non sei tanto distante dal fare." la bionda sollevò il mento verso di lei. "Lydia Toulouse, la giovane e spietata discendente di Carmilla, ha fallito miseramente contro degli adolescenti mortali e si è ridotta ad un posacenere ambulante!"
Si aspettava un altro scoppio d'ira, ma la vampira improvvisamente scoppiò in una risata.
"Chi ti dice che abbia fallito?" sibilò, accendendo la curiosità della Rosier che si avvicinò.
"Sirius Black non è a casa sua e ha conservato la sua indipendenza mentale. Il cucciolo dei Potter non è nelle nostre segrete a venire torturato. Perchè non ti sembra un fallimento, cara?"
"Fammi bere." gracchiò quella, sollevando gli angoli della bocca con espressione avida. "E ti dirò ogni cosa."
Era sempre una visione vedere una creatura oscura nutrirsi...pensava Nartrix, con gli occhi fissi sulla bocca sensuale della francese. Anche quando il sangue era il proprio.
Aspettò pazientemente che succhiasse tutto ciò che le serviva dal suo polso, godendosi le ondate di piacere che a tratti la investivano. Piano piano, la parte nera andava sparendo dal suo viso. Non sfumava più nell'aria, anzi, sembrava rimodellarsi come creta.
D'un tratto ritirò il polso, privandola del suo sangue, che colò lungo le sue vene bluastre e lungo gli angoli della bocca di lei
La vampira emise un gemito stizzito.
"Basta così. Ti ho dato il giusto per non morire, ma preferirei evitare che tu diventassi troppo forte."
"Paura che ti faccia a pezzi, mortale?" sorrise lei, leccandosi la bocca e ritirando i canini. "Eppure potresti provare quel piacere sempre, sai? Molti umani cadono in preda al desiderio di essere morsi da noi...non riescono più a farne a meno, e vivono in uno stato di estasi perpetuo..."
"Già, fino a quando non tirano le cuoia. Grazie, passo. Hai abbastanza risentimento verso i Black da farmi prendere in considerazione l'idea di qualche precauzione."
"Nartrix Rosier, fredda e calcolatrice come sempre. La tua figlioletta Narcissa ha tanto di questo tuo lato. Chissà se ha un sangue gelido come il tuo...mi sembrava di mangiare un ghiacciolo."
"E' così, dunque? Ti vuoi mettere contro i Black?"
ranquilla, mortale...siamo compagni, no?" lei sorrise maligna. "L'unico Black che voglio vedere sanguinare è Sirius...assieme a tutti i suoi amichetti. Quando i suoi genitori si stancheranno di rincorrerlo come lupi con l'agnellino, naturalmente. E lo faranno, prima o poi."
"Non credo. Per Sirius ci sono altri piani, in ballo. Non è finita di certo."
"No, non lo è." lei continuò a ridere, stringendo gli occhi. "Sicuramente non dopo quello che ho scoperto...e non dopo il mio dono..."
"Parli della collana?" Nartrix si accese una sigaretta, fissando la notte. "Fin'ora, quel maledetto aggeggio ha portato più problemi che benefici. Non è stata la collana a impedirti di far fuori Potter e la sua Mezzosangue?"
"Fidati di me. Il piccolo James senza saperlo ha dato in mano alla ragazzina una vera e propria bomba! Era così pateticamente alla ricerca del regalo perfetto per la sua amata mezzosangue da non rendersi nemmeno conto di cosa aveva tra le mani. E come avrebbe potuto, d'altronde? Ma non è solo questa, la notizia succulenta..."
La strega inarcò un sopracciglio. La vampira continuò a ridere piano.
"Mi avranno anche sconfitto adesso, ma in cambio ho carpito un'informazione che potrà tornarvi utile. Parecchio utlile."
Lydia Toulouse si sollevò finalmente in piedi, nuda e ridente come la più pura delle fanciulle.
Gliel'avrebbero pagata...oh, se l'avrebbero fatto...
"Remus Lupin." disse alla notte. Fissando quella luna così rossa... "Remus Lupin è un lupo mannaro!"







"Oh, andiamo ragazzi, SVEGLIATEVI!"
Bisognava dire che James Potter non era stato mai particolarmente mattiniero. Per tirarlo giù dal letto ci volevano le cannonate e il principino non si schiodava dal materasso fino a che non sentiva l'odore di frittelle che quell'anima buona di Peter gli faceva trovare accanto al comò.
Era sempre stato così...tranne che per un giorno.
"Qualcuno lo faccia fuori." mugugnò Remus, tirandosi le lenzuola fin sopra i capelli.
"Di solito ci pensa Sirius!" gemette dall'altra parte della stanza Minus, avvolto nel piumone come un involtino primavera. "Dove si è cacciato?"
Infilò la testa sotto il cuscino ma nemmeno così riuscì a tirarsi indietro dalle mire di quel demonio, che come un Predator si fiondò su di lui srotolandolo fuori.
"Non lo senti, il profumo di Margherite che c'è nell'aria? La carogna ha dormito con Cristhine." Gli rispose con un sorriso furbetto. "Ma tra poco torna. Sa che non può mancare!"
"James, ti prego..." Gemette Lupin in un lamento funereo. "Siamo ancora distrutti dal salto temporale, non potresti...?"
"MA E' NATALE!" esultò quello, spalancando le tende e inondandoli di sole con l'entusiasmo di un bambino di cinque anni.
Eh sì, la predilezione di quel demente per le feste, soprattutto quelle in cui riceveva dei regali, era cosa ben nota.
Ma sparargli sul posto costava più fatica che alzarsi, per cui Lupin si tirò in piedi passandosi una mano sulla faccia considerando che tutto sommato, se riusciva a reggere jet lag temporale e i capricci di James assieme, avrebbe potuto affrontare d'ora in avanti qualsiasi cosa.
La loro stanza era calda e accogliente come sempre, piena di pacchetti colorati, alcuni dei quali che scoppiettavano allegri, frizzavano e volavano tra i lampadari. Fiocchi di neve imbiancavano i picchi della Foresta Proibita oltre la finestra e nell'aria si sentivano i profumi delle Cucine.
A Remus scappò un sorriso.
A dirla tutta, passarlo a Hogwarts non era così male...meglio che a casa sua, considerò poi tristemente, rischiando di rovinarsi la giornata fino a quando Potter non gli si piazzò davanti.
"No, senti, niente musi lunghi stamattina! Abbiamo sconfitto un vampiro, salvato Sirius dai suoi e siamo pieni di pacchetti! Oggi si sorride, è chiaro? Oh, questo è di mamma!”
Si tuffò su di un pacco voluminoso, iniziando ad agitarlo.
Al nostro piccolo campione.” recitava il biglietto.
“Come sarebbe a dire piccolo?! Sono maggiorenne!” protestò indignato, e storse il naso, prima di venir preso per un orecchio.
"Aspettiamo Felpato prima di aprire i regali." decretò solennemente Minus mentre Lupin lo immobilizzava, saltando qua e là e attirando una valanga di proteste.
Ma ovviamente rimasero irremovibili. Insomma, ai bambini bisognava dare delle regole...
"Ahhh, e va bene! Dannato cane! Ma quanto ci mette?!" Il maghetto afferrò lo specchio gemello, iniziando a batterci sopra il polpastrello in modo parecchio irritante...ma niente avrebbe potuto infastidire Sirius Black in quel momento.
Né tantomeno Cristhine McRanney, poggiata su di un gomito ad osservare il profilo duro di quel ragazzo così speciale.
Aveva le ciglia così nere e lunghe...e dormiva respirando piano, ma al contempo intensamente. Anche nel sonno sembrava sulle spine, teso, all'erta.
Non erano più riusciti a staccarsi...ed era un bene che Cristhine avesse una camera tutta per sé, perché quando quel maledetto le era crollato nel letto le era quasi venuto un colpo.
Chissà...pensava, sorridendo. Chissà come ci era finita lì, così...a dormire con il cuore unito a quello di un altro, a non provare paura per quella presenza, per il suo tocco, per quel braccio gettato sul suo grembo come a volerla proteggere...
Sirius era caduto nelle braccia di Morfeo quasi subito, stravolto dagli eventi, da tutto quello che aveva dovuto subire.
Aveva bisogno di lei, lo aveva capito. Voleva sentirla vicina.
Non c'erano stati baci né nient'altro, solo... un abbraccio silenzioso, le sue piccole mani che gli accarezzavano i lunghi capelli neri fino a che non si era fatto tutto buio. Non si erano nemmeno messi il pigiama!
Black mugugnò appena, tirandosela più vicina e facendola ridacchiare.
"James ti sta cercando." sussurrò al suo orecchio, dolcemente.
"E' Natale. James è peggio di un bambino quando si tratta del Natale." rispose lui, senza aprire gli occhi. "Scusa se ti ho invaso la stanza..."
"Oh, sopravviverò." sorrise quella, furbetta, mentre lui apriva un occhio verso di lei.
"Dì un po'...da quant'è che mi stai guardando dormire?" insinuò malizioso, non riuscendo a non apparire perverso. Ogni tanto, il suo lato Marauder veniva fuori...e anche se si era sentito davvero troppo stanco per sfiorarla anche solo con un dito, vederla così ora gli trasmetteva una strana sensazione...come dei brividi lungo la schiena.
Era scompigliata, le gote rosse, la camicia di traverso...
"DANNATO CANE, TI VUOI MUOVERE O NO?!"
Lo specchietto letteralmente esplose, facendoli sobbalzare e subito dopo scoppiare a ridere.
"A quanto pare hai un altro innamorato da dover soddisfare!"
Il maghetto si alzò a sedere, stringendola per la vita e baciandola sulle labbra, cogliendola di sorpresa. Il suo trasalire fu delizioso, ma doveva davvero andare o quel dannato di un cervo gli avrebbe reso la mattinata infernale!
Afferrò le scarpe ancora mezzo scombussolato, prima che Cristhine lo tirasse per una manica.
"Uh?"
Si ritrovò sotto il naso un incarto morbido, con un bel fiocco dorato.
"Buon Natale." cinguettò lei, godendosela ben bene nel vedere i suoi occhi strabuzzare fuori dalle orbite quando scoprì di aver appena ricevuto una maglia dei Falmouth Falcons firmata niente di meno che Broadmoor.
Nemmeno se si fosse tolta il reggiseno lo avrebbe reso così contento!
Seguirono almeno cinque minuti buoni di saltelli, balbettii e gridolini - maschi! - fino a quando lui la fissò stralunato.
"Da quando sei esperta di Quidditch?"
"Da quando ho viso James far schiantare di naso Malfoy." tubò perfidamente la streghetta, prima di illuminarsi quando Sirius tirò fuori dalla tasca una scatolina argentata.
"Oh, è per me? Non..." le parole le morirono in gola quando lo aprì. "...dovevi..."
Che strano, pensò Sirius. Vederla zittirsi così lo metteva quasi in imbarazzo e per un istante si chiese se non avesse osato troppo.
Il panico crebbe a dismisura soprattutto quando vide i suoi occhi inumidirsi e la sua bocca aprirsi in un singhiozzo.
Cazzo, l'aveva fatta piangere!!!
"No, Cristhine, io...scusa!" balbettò, fiondandosi su di lei completamente in tilt. "Io...ecco...so che l'avevi perduta e che ci tenevi...ho pensato che...oddio, non so cosa ho pensato, forse che poteva essere un nuovo inizio di qualcosa...non ha di sicuro la stessa importanza della vecchia ma..."
Cristhine alzò il viso. Gli passò una mano dietro la nuca e gli si schiacciò contro, sorridendo tra le lacrime.
"Ti amo."
Disse solo questo. Solo due parole. E dirglielo fu normale come dormirci assieme.
Fu divertente vederlo sconvolto, stralunato, come se gli avesse appena tirato un pugno in faccia.
Lo amava. Gliel'aveva detto.
Si sentiva come...sospesa. Tranquilla.
"Ti amo, Sirius. Ti amo davvero tanto." Lo ridisse, per saggiare...la consistenza di quelle parole. Il loro peso sul suo cuore, così ingombrante, così totalizzante dentro di lei.
Era così che capitava? Era come se...se una bolla le si gonfiasse nel petto. Arrivava a passo incerto, timido, ma poi...poi si espandeva, fino a traboccare, fino ad avvolgere ogni cosa.
"Ho creduto davvero di perderti." gli confidò, a voce bassa. "Ho temuto di doverti dire addio. Proprio ora che ti ho trovato." continuava a fissarlo negli occhi e a sorridere e Sirius Black improvvisamente non riusciva a trovare le parole, la voce gli era morta in gola.
Lo amava, gli aveva detto che lo amava...Cristhine lo amava...
"Grazie per il regalo." finì lei, sempre sorridendo, sempre dolcemente. "James ti aspetta. Su, vai."
E mentre quello si allontanava con l'aria di uno che ha appena preso una spiantonata, ubbidendo docilmente come un cagnolino ai suoi comandi, si sentii così felice che le venne da ridere pur avendo ancora le lacrime a bagnarle la pelle.
E continuò a farlo a lungo, beandosi di quei meravigliosi momenti e accarezzando nel mentre, il regalo di Sirius.
Una piuma.
La più importante dell'universo.




“Lily…Lily sveglia!”
“Che c’è? Che ore sono?”
La ragazza si alzò dal suo letto, sentendosi come se dieci camion le fossero passati addosso tutta la notte. "Accidenti, maledetta cupola del tempo...!"
Dall’altezza del sole dovevano essere le dieci...e nessuna Grifondoro si era azzardata ad alzarsi tranne Molly, che a quanto pareva reggeva i salti temporali meglio di chiunque altro al mondo.
“Buon Natale!” trillò, beccandosi un cuscino in testa da Geky.
“Come?”
La ragazza fissò sbigottita il gruppetto di pacchettini accanto al suo letto. Era Natale! Con tutto quello che era successo, se ne era totalmente scordata!
"E poi, hai già festeggiato il Natale in anticipo...con James..." le disse una vocina dentro la testa, che decise immediatamente di scacciare.
Erano passati alcuni giorni da quando quella dannata vampira aveva preso le sembianze del povero professore di Babbanologia e aveva cercato di far loro la festa...ma gli effetti del jetlag duravano ancora e l'intera Grifondoro del Settimo anno si sentiva ancora in stato comatoso come se fosse intrappolata in un abissale post sbornia.
Per non contare il sadismo della McGranitt che aveva candidamente stabilito che avrebbero dovuto recuperare tutti i compiti persi durante la settimana in cui erano scomparsi...visto che all'inizio dell'anno nuovo avrebbero dovuto sottostare a dei pre-esami in vista dei M.A.G.O!
Per non parlare di Mandy Harpies che l'aveva strigliata per due ore perché era scomparsa lasciando l'organizzazione del Ballo di Fine anno sul loro groppone (e quasi quasi c'era da ringraziare i Black per averle fatto scampare almeno quella tortura)!
Con tutto quello stress, si era totalmente dimenticata di che giorno fosse!
Infilò le ciabatte con un sospiro, iniziando a scartare alcuni pacchetti. Anche sua madre le aveva regalato un anellino - capitava spesso che fossero così in simbiosi da farsi regali identici - mentre suo padre, tipico, le aveva incartato un kit di modellismo - era un tale malato di meccanica che avrebbe fatto la felicità di Weasley.
C'era anche un libro, con un biglietto firmato da Petunia ma...quella non era certo la calligrafia di sua sorella.
Scosse il capo, accarezzando l'anellino di sua mamma e apprezzando comunque il tentativo. Quell'allontanamento fra di loro faceva soffrire i loro genitori in modo inimmaginabile...un altro dei motivi per i quali sentirsi costantemente in colpa a riguardo della sua natura.
I pensieri si stavano oscurando quando il suo sguardo fu attirato da un altro scintillio...
La collana di James.
“Che bella!” esclamò Monique, che annusava i gioielli peggio di un cane da tartufo. “Ma chi te l’ha regalata?”
"N-nessuno di particolare!" Lily arrossì cercando una scusa valida quando un uragano si abbatté sulla Sala Comune di Grifondoro.
"Evans, la Harpies sta rompendo da mezz'ora fuori dal quadro per farti scendere." mugugnò Alice, salendo in quel momento in camera. "Dice che devi approvare l'organizzativo del Ballo perché va firmato all'unanimità!"
"Auguri!" ghignarono bastardissime le altre Grifondoro, sentendo il suo gemito disperato.
Nulla, a quanto pare essere stata seviziata da una Creatura diabolica - sentiva ancora male alle costole - non era una scusa sufficiente per il Comitato della Morale Pubblica, che l'aspettava con aria battagliera all'interno di una piccola saletta al secondo piano.
"Dov'è Remus?" chiese immediatamente quando vide quello squadrone di occhi psicotici ad osservarla, invocando perlomeno l'assistenza del compagno.
"Basta solo un Prefetto per casa!" disse Mandy. "Anche Laverne è qui da sola!"
"Già, che pacchia!" si lasciò sfuggire l'altra con una smorfia, maledicendo mentalmente Ratcliff che con una delle sue solite scuse assolutamente inattaccabili aveva scaricato la patata bollente su di lei. "Stai bene, Evans?"
"Ancora un po' scossa, ma ci stiamo riprendendo..."
"Incantevole, Lily, siamo contenti che siete tutti vivi!" si intromise Mandy. "Ma mentre tu eri in gita..."
"...ero prigioniera..."
"...qui si è stati tutti in alto mare per questo strabenedetto Ballo di Capodanno!" continuò la bionda, che sembrava vagamente isterica. "Chi ragguaglia la Prefetto sul lavoro fatto fin'ora?"
Talbott, il Prefetto di Tassorosso, si fece avanti sistemandosi degli occhiali da lettura sul naso e adocchiando alcuni fogli.
"Il Ballo comincerà alle 22.30 nella Stanza delle Necessità. Il tema sarà "Una fiaba da Mille e una Notte", obbligatorio l'abito da cerimonia." cominciò. "Per le tende e l'arredamento abbiamo già predisposto la Sala, praticamente farà tutto lei e non dobbiamo sborsare un euro. Abbiamo stabilito che si affaccerà sul giardino delle rose, ad est..."
"Così la gente potrà fare sesso in pace." ironizzò la Corvonero dall'altra parte della stanza, ghignando.
"Cosa diversa sono stati gli alcolici e il buffet che ci hanno indebitati parecchio, ma grazie a Ratcliff e alla Chang abbiamo tirato su robetta niente male, stuzzichini più che altro ma di classe e vini di ottima scelta."
"Tanto si sa già che qualcuno porterà la solita benzina da mischiare al punch e finiranno tutti a gambe all'aria..." sospirò Leavy, guardando neanche tanto velatamente la Evans che tanto si sapeva già che gli alcolizzati di bassa lega erano loro, i Grifoni. Altro che eleganza e classe, sarebbe diventato un bar in meno di due ore!
"Alle ore 24.00, che è anche il coprifuoco per quelli del Primo e del Secondo anno, ci saranno i fuochi d'artificio e la premiazione del Re e della Regina..."
"Alt! Di quale premiazione parli?" s'intromise la rossa, sgranando gli occhi. E quella storia da dove saltava fuori?!
"Oh sì, ci sarà la premiazione della Coppia più bella del Ballo!" trillò la Harpies con vocetta irritante. "Tutte le coppie verranno registrate all'ingresso e riceveranno due bicchieri. Simbolo dell'arancia per i maschi, simbolo dell'uva per le femmine. La coppia di calici in cui verranno trovate due piccole coroncine decreterà i vincitori!"
"Abbiamo pensato fosse meno imbarazzante con questo sistema casuale, che con delle classifiche vere e proprie." spiegò Laverne. "E anche meno discriminatorio."
"Sperando che qualcuno non si strozzi..." gemette Lily, sbattendosi contro lo schienale della sedia. Lasciava la gestione alla Harpies una settimana e si ritrovava improvvisamente in un ballo da soap opera americana!
"E ora veniamo al problema vero." continuò Talbott. "Lo Stand dei Baci."
"Che problema c'è con lo Stand dei Baci?"
"C'è che i nostri fondi si stanno esaurendo e dobbiamo raggiungere un massimale bello alto con quella pagliacciata!" disse Leavy scuotendo i capelli ricci. "Ci servono un ragazzo e una ragazza molto più che papabili!"
"Ci serve un Marauders, Evans!" S'infiammò Mandy con occhi da assatanata. "Quindi vedi di darti da fare a convincerne uno!"
"Quelli sono così pervertiti che sarà facile. Il problema è la ragazza." Laverne si fece avanti, incrociando le braccia al seno. "Non basta che sia bella, deve essere ...speciale! Una vera e propria novità! Forza gente, fuori dei nomi!"
E partirono in quarta a complottare con aria che a Lily non piacque per niente, ed infatti...
"La Evans?"
Lily sudò freddo.
"Sì, così Potter fa fuori tutti?"
"Hey!" protestò la Grifoncina, ma per una volta fu ben contenta della 'fama' che la precedeva!
"La McRanney? E' nuova."
"Sta con Black. Stessa cosa che per la Evans. Vogliamo evitare una strage!"
"Hey, voi..."
"Impossibile anche solo pensare di chiederlo alle Black per lo stesso motivo."
"Beh, forse Narcissa è ok, ma Bellatrix non è che sia tanto una novità...visto quanto si dà da fare." insinuò malignamente la McLaird. "A proposito, chi va a farsi firmare il programma dalla Carrow o da Malfoy?"
"E' vero, perché non sono qui?" s'incuriosì Lily - non che avesse voglia di vedere quei due dopo quello che era successo ma si trattavano pur sempre di Prefetti!
"Per una ragione molto valida. Siamo sotto attacco." Laverne si fece improvvisamente seria. "Sono riuscita a dare un'occhiata ai questionari di gradimento dei professori. Ragazzi, devo dire che il resto della scuola è unita grazie all'influenza di Potter, ma Serpeverde sta votando in massa contro tutti i prof. Mancano ancora alcuni voti ma se un'intera Casata vota per il licenziamento, c'è poco che possiamo fare...come già confermato, ne basta una su quattro."
Di quello non era a conoscenza. Accidenti! Non che avesse creduto qualcosa di diverso dato che i Black e Malfoy avevano il totale controllo su tutti i Verde-Argento, però... davvero non c'era nessuno che ancora aveva votato a favore?
"Ok, dobbiamo prendere fondi." sentenziò con decisione. "Dobbiamo riuscire a creare una vera rappresentanza studentesca prima di subito...o rischiamo di ritrovarci dei professori nuovi scelti dai Serpeverde!"
"Aspettiamo che uno dei Marauders si presenti allo stand dei Baci. Lasciamo a te il comando su questo!" asserì Mandy, scuotendo la sua testolina vuota. "Se si sparge la voce che uno dei Marauders è disponibile, faremo veri e propri affari!"
"O-ok..."
Fu lì che Lily si mise a riflettere...con una strana sensazione addosso. A Sirius non poteva certo chiederlo, dato che stava con Cristy.
Remus diventava di pietra non appena una ragazza gli sfiorava la mano anche solo per sbaglio...non avrebbe mai accettato una cosa simile, o comunque non in breve tempo!
Rimaneva James...ma...
Lily chiuse gli occhi, sentendo un peso allo stomaco. Chissà perché, l'idea di chiederlo a James la faceva stare male...
Come attirata dal suo improvviso malumore, il sole in persona sbatté la porta e irruppe nella stanza travolgendola con la forza di un uragano.
"Ciao Lily!" esplose Tonks con un sorrisone enorme, schiantandosi contro di lei come un treno. "Ecco dov'eri!"
"T-Tonks!" annaspò la Grifoncina, sbarrando gli occhi mentre quella matta iniziava a farle le fusa al collo. Doveva ancora abituarsi alla sua irruenza!
Incredibile come fosse piena di energie quella piccola peste! Ed era assurdo pensare che si fosse davvero divertita ad Abbots Grange!
Fasciata in jeans multicolor e con una stravagante sciarpa che si muoveva da sola attorno al collo - come un piccolo serpente che ogni tanto cercava carinamente di strangolarla - la ragazzina pareva fregarsene totalmente di aver appena interrotto una riunione dei Prefetti ed essere appena entrata senza permesso in una stanza riservata...ma Tonks era così.
Tonks era così? pensò l'esatto istante dopo Lily.
E come faceva a sapere com'era Tonks?! Si conoscevano da così poco! Perché si sentiva così in intimità con lei, come se fossero amiche da sempre?!
Doveva ancora spiegarselo...ma ogni volta che ci pensava si sentiva stranamente confusa!
Ciò non toglieva che provava dell'affetto davvero sincero per quella strana streghetta dagli occhioni giganti e dai capelli rosa pastello...e sorrise sentendosela al collo, anche quando vide gli altri stralunare gli occhi al loro abbraccio.
"Mi cercavi?"
"Sì!" gemette quella, indicandosi la sciarpa. "Mi dai una mano? Ho provato a farle un leviosa ma non so come l'ho animata ed è da tutta la mattina che vuole uccidermi!" e si piazzò una mano tra il collo e quella cosa indemoniata, allargandola visto che cercava nuovamente di stringerle la gola.
Come cavolo era riuscita ad arrivare a quello da un leviosa?!
"Hey, mi spiace interferire ma questa sarebbe una riunione segreta..." cominciò Laverne ma Mandy le tappò la bocca con occhi spiritati...fino a venire morsa dalla suddetta.
"Ahi! No, sentite, è perfetto!" le balzò accanto scuotendo la mano morsicata mentre Lily sistemava a suon di bacchetta la sciarpa posseduta. "Ecco a voi una novità!"
Impegnata com'era a fare punto e croce magico e a lottare contro quel dannato indumento, ci mise un po' a capire a cosa alludeva.
Si bloccò dopo qualche istante, alzando il viso e sbiancando.
"No." alitò, sconvolta, prima di balzare in piedi. "No, scordatelo! Ha quattordici anni!"
"Quasi quindici!" sbuffò Ninfadora, senza capire di cosa stessero parlando.
"I quattordici sono i nuovi venti, non lo sapevi?" Mandy scosse la testa maliziosa e Lily cercò aiuti silenziosi dagli altri ma tutti sembravano star davvero ponderando la cosa!
"Tonks, ti presteresti allo stand dei baci al Ballo di Capodanno?" chiese infatt Talbott, scoccandole un'occhiata tra l'altro neanche poco allupata che mandò la Evans in bestia.
"Assolutamente no!" ringhiò, stile leonessa che protegge il cucciolo ma la piccola peste si accese di curiosità.
"Cioè?"
"Ti bendiamo e la gente paga per darti un bacetto a stampo. I soldi ci serviranno per creare un sistema di rappresentanza studentesca. Tesoro, sarai senza ombra di dubbio vigilata e protetta tutto il tempo! Ti divertirai un sacco!"
"Protetta un corno!" ruggì Lily, con i capelli che iniziavano a prendere vita propria. "Non la lascio in balia di voi pervertiti!"
"Penso sia abbastanza grande da decidere da sola, Lily." s'intromise diplomaticamente Laverne, fissando la ragazzina. "Allora, che dici? Non sentirti obbligata..."
Ma il musetto di Tonks si era già illuminato.
"Perchè no?" disse con candore. "Sarà divertente!"
Ma perché diavolo trovava qualsiasi cosa...divertente?! pensava Lily mettendosi le mani nei capelli. Si sarebbe buttata nel fuoco se solo qualcuno ne avesse acceso uno! Era come un bambino attirato da qualsiasi novità!
"Tonks, aspetta, pensaci bene...!"
"La cosa è stata decisa, Lily!" Mandy le afferrò il braccio già avviandola verso l'uscita. "Una Metaformagus che può diventare praticamente chiunque è una manna dal cielo! Non c'è nessuno di più perfetto di lei!"
"Ma è piccola!" protestò quella mentre altri si univano a sbatterla fuori senza tante cerimonie. "Ed è la persona più ingenua del pianeta! La state manipolando! Questo è...!"
"Trovaci il Marauder!" cinguettarono in coro quegli stronzi sbattendole delicatamente la porta in faccia. "Ciao ciao, Evans!"
Che dio maledicesse tutti i balli del mondo!
"E anche tutti gli stramaledetti Serpeverde!" esplose, tirando calci contro la porta.
"Hey, che ti hanno fatto di male i Serpeverde?" rise una voce, facendola sobbalzare. Si percepì nell'aria un vago aroma di menta.
"Michael!" balbettò, desiderando che qualcuno le avesse tappato la bocca. "B-Beh, non proprio tutti, ecco!"
Lui continuò a ridersela, dandole un buffetto sulla spalla.
"Rilassati, Lily. Non sono così permaloso. Come stai? A scuola parlano tutti del vostro sequestro... Mi stavo giusto chiedendo come tu faccia a cacciarti sempre in quei guai da manicomio."
"Credimi, me lo domando anche io...anche se forse, so di chi è la colpa..." mormorò la Grifoncina, mentre la testolina ghignante di James la salutava da una nuvoletta.
"Beh, perlomeno tra poco ci divertiremo!"
"Eh? Che intendi dire?"
"Al Ballo di Capodanno, no? Non lo sai?" sorrise lui. "Alcuni di quelli del Comitato della Morale si sono offerti di svolgere il lavoro dei Prefetti per una sera. Siete liberi!"
"Cooooooooosa?!"
Se si aspettava di vederla contenta, accadde tutto il contrario. La presenza era obbligatoria!
Lei contava di lavorare come sempre!
Avrebbe dovuto comprarsi un abito, e...e...trovarsi un accompagnatore...!
Indifferente nel vederla in tilt, il Serpeverde si frugò nel cappotto firmato Kane e le piazzò sotto il naso un regalo.
Bastò quello ad ammutolirla per bene.
"Ma..."
"Spoiler: è un libro di Beda il Bardo, edizione introvabile! Uh, non ti piace?" aggiunse, vedendola improvvisamente triste.
"I-io...non ho nulla...per te..." mormorò la rossina con un filo di voce, vergognandosi a morte. Accidenti, con tutto quello che era capitato, non ci aveva pensato... Non era proprio abituata ad avere degli amici...
"Hmmm..." il ragazzo fece finta di pensarci su, prima di ghignare. "Beh, in realtà c'è un regalo che potresti farmi."
"E sarebbe?"
E fu lì l'inizio dei guai. Guai colossali. Guai da manicomio, come li aveva chiamati poco prima.
Perché Michael Aliaset le fece un profondo inchino, prima di prenderle la mano e...
"Prefetto Evans, vuole venire con me al Ballo di Capodanno?"
Ed intrappolata tra la porta e la sua proposta, la poveretta pensò che il jetlag temporale non era poi così pesante. No, era quello, il vero pugno in faccia.
"I-io..." si ritrovò a boccheggiare come un pesciolino, totalmente in tilt. E ora?! Sì, andare con Michael sarebbe stata una buona soluzione. Erano amici...e si trovava bene in sua compagnia. E avrebbe dovuto evitare tutta la trafila delle altre ragazze alla disperata ricerca di un accompagnatore!
Però...
Lui si rialzò, lo sguardo torbido. Fece come per allungare una mano verso di lei, sfiorarla... ma all'improvviso, qualcosa calò su di loro come un'ombra nera.
Severus Piton afferrò il polso del suo compagno con occhi che avrebbero potuto uccidere...e strinse.
Strinse forte.
Ritrovarsi davanti il suo ex migliore amico che di solito la evitava come la peste e contemporaneamente ricevere il suo primo invito ad un Ballo fu troppo, e Lily dallo spavento fece un balzo all'indietro così forte che picchiò la testa contro la zampa del Gargoyle appeso al muro vedendo le stelle!
"Ahi! AHI, AHI, AHI...!"
Iniziò a saltellare massaggiandosi il bernoccolo e non si accorse...di uno strano scambio di sguardi.
Del ghigno divertito di Aliaset e degli occhi di Severus, gelidi, quasi feroci.
"Ti cercano in Sala Grande." sibilò Piton, piazzandosi senza tante cerimonie davanti alla Evans che ancora lacrimava per il male. "Ti conviene sbrigarti."
"Accidenti." frecciò Aliaset, sereno. "Che tempestiva coincidenza, Piton." si allungò verso Lily, strizzandole l'occhio. "Ne riparleremo. Ci si vede, Grifondoro!"
Che simpatica voglia di tirargli un pugno in faccia, considerò Severus, prima di girarsi verso Lily. E ora? pensò, rimanendo in silenzio...a fissarla.
Aveva abbassato la testa, raccolto il libro che le aveva regalato quel maledetto. Non lo guardava in faccia...e per un istante solo, gli parve di sentire le loro risate.
I sorrisi, la sua dolcezza. Accidenti, sembrava passata un'eternità.
"Lily..."
Nonostante tutto, doveva avvisarla. Doveva proteggerla. Ma non gliene diede il tempo.
"Buona giornata, Severus." tagliò corto lei, gelida come la neve, e senza guardarlo nemmeno un istante corse via.
Rimase immobile ad inseguire la scia del suo profumo...così leggero e vivo da sentirlo tra le dita.
No, con lei non avrebbe potuto parlare, era chiaro. Avrebbe dovuto mettere in campo qualcun altro.
Un alfiere con cui mai avrebbe voluto avere a che fare.






“AAAAH!”
Remus Lupin divenne più rosso di un pomodoro quando si ritrovò in mano...delle manette di pelo rosa.
“E queste per che cosa dovrei usarle?!" strillò, tenendole a distanza come se fossero velenose. "Ma che hanno in testa le ragazze?!”
Black scoppiò a ridere, seguito a ruota da James e Minus. Vedere Lupin scandalizzarsi per i regali che ricevevano puntualmente dalle ammiratrici era uno spasso...e come ogni anno, avevano messo in giro la voce che al poveretto piacevano cose di quel tipo.
Lo scorso Natale gli erano arrivati più vibratori che dolciumi.
“Sì, sì, grasse risate…” borbottò Lunastorta, gettando nel cestino quel regalo audace.
“Guarda qua!” Ghignò James tirando fuori delle Cioccorane, che sembravano pressate a forma di cuore. Lesse velocemente il biglietto e sorrise e sospirò insieme. “Le solite cose.”
“Sentite questa...” disse Sirius, divertito, tirando fuori un biglietto a forma di fiocco. “Sirius, vorrei tanto uscire con te…bla bla bla.”
Ramoso scoppiò a ridere, strappandogli il biglietto dalle mani.
“Qui c’è addirittura una foto…hey, niente male!"
"Sesto anno, mi pare…" analizzò con occhio clinico Minus. "Ci farei volentieri una visitina!”
“Razza?” s’informò Sirius.
“La conosco. Serpeverde pura.” s'intromise Lupin dall'altra parte, senza alzare neanche gli occhi.
“Che schifo!” allibì Ramoso, lanciando la foto lontano.
“Che fortunati che siete!” esclamò Peter con una punta d’invidia, mangiandosi le unghie. “Io ho solo i vostri regali e quelli della famiglia!”
“Non ti scoraggiare, Codaliscia…dai Remus, leggici i tuoi!”
“Ma nemmeno per sogno!” esclamò quello, indignato. “Io non vado in giro a vantarmi dei regali delle ragazze!”
“Oh, non fare il modestone!” sbottò Sirius. “Andiamo! Solo uno!”
Si lanciò in avanti per afferrare un biglietto rosa che il ragazzo reggeva in mano.
“NO! NON CI PROVARE SIRIUS!!! HO DETTO NO! A CUCCIA!”
Mentre i due amici lottavano, James tornò a concentrarsi sui suoi regali.
Frugò curioso tra i mille pacchettini.
Ogni anno la stessa storia…un sacco di studentesse spedivano regalini con frasi stucchevoli e fin troppo amichevoli e nemmeno le conosceva.
In compenso, si premurava di conoscerle dopo, in privato... solo che da qualche tempo a quella parte, non aveva più tanta voglia...
"Dite che siamo diventati vecchi?" buttò lì, mentre Peter si era unito a dare manforte a Black. Alzò gli occhi dorati verso di loro quando...qualcosa di altrettando dorato riuscì ad evadere dal cassetto e sfrecciò contro la sua faccia cercando di cavargli un occhio.
"AAARGH!"
Fu il degenero per venti minuti buoni.
Il Boccino indemoniato cambiò direzione iniziando a prendersela con Minus sbattendoglisi ripetutamente in testa e subito dopo quasi morse un dito a Felpato, che non si sa come riuscì a colpirlo con un libro schiantandolo contro la mano aperta di James.
Lo ricacciò senza tante cerimonie tra le sue mutande avendo cura di metterci ben due lucchetti stavolta e contemporaneamente immergendo la mano nella gelatina contenuta nel vaso di un bobotubero visto che quello stronzo era diventato incandescente.
"Ma che cavolo era?!" sbraitò Black, con un occhio nero.
"Un regalo." borbottò Ramoso, incassando le spalle. "Credo che dentro ci sia un folletto."
"E chi di grazia ti vuole così male?"
“Guarda quel sorrisino ebete Lunastorta! Chi vuoi che sia? La cara dolce prefettina!” lo scimmiottò Sirius. "E tu cosa le hai regalato, eh?"
"E TU, cosa hai regalato alla tua gallinella?" rimbeccò James, e stranamente bastò quello a fare arrossire Black e a chiudergli il becco.
Con tutto quel caos era riuscito a dimenticare che la ragazza gli aveva detto ti amo...però...un attimo!
LUI NON AVEVA RISPOSTO!
Si schiantò contro il letto prendendosi il viso tra le mani in preda ad una crisi esistenziale.
Ma che diavolo di fidanzato era?! Lei si era dichiarata e lui era uscito dalla stanza senza dire una parola!
“Perché non vuoi dircelo? Ma glielo hai preso, vero?" chiese Peter, pensando ingenuamente che fosse per quello che si era appena preso a schiaffi da solo.
“Certo che glielo ha preso! Ma sta zitto perchè lo prenderemo in giro fino alla morte!” Spiegò James, ghignando diabolico.
"Chiudi il becco, brucaerba." sibilò lui, desiderando di impiccarsi. E' vero che alla radura delle fate si erano confessati che si stavano innamorando l'uno dell'altro...ma era diverso...
Allungò la mano oltre al letto e...improvvisamente tutto si spense. Le sue dita avevano sfiorato una confezione con sopra uno stemma in rilievo...impossibile da non riconoscere, anche solo al tatto.
Balzò a sedere di scatto, oscurandosi in volto.
“Che c’è?” chiese Remus, avvicinandosi a fatica tra tutte le scartoffie.
“Black.” Mormorò Sirius, sospettoso, afferrando il regalo.
“Cosa?”
“E’ lo stemma dei Black”.
“Davvero?!” esclamò James, incredulo.
"Non aprirlo! Sarà veleno!" gemette Peter ma era troppo tardi, perché lui l'aveva già scartato, seppur non con una certa diffidenza.
E faceva bene ad averla: dal pacchetto schizzò fuori un liquido giallo fumante che gli finì sulle mani iniziando a bruciare come l'inferno.
“MA PORCA…QUESTA ME LA PAGANO CARA…AHI!”
“Pus di Barbabietola Velenosa.” sentenziò Remus, acciuffando i polsi dell’amico e dandogli una occhiata esperta. “E’ rarissimo. Però non è mortale, per fortuna.”
“Ma chissene frega! A me fa male!” rognò Sirius, frustrato, mentre le sue dita iniziavano a riempirsi di bolle. "Certa gente non sa proprio perdere! Si sono ridotti a fare questi dispetti da bambini!"
“Meglio così, significa che non possono fare altro. Che intendi fare? Andiamo dalla Chips?”
“No. Fortuna che ho l’antidoto…KREACHER!” abbaiò Felpato al vento, facendoli sobbalzare.
“Hemm…un salatino sarebbe l'antidoto?”
“Non un cracker, cretino!” sbottò Sirius. “Il mio stramaledettisimo elfo domestico! KREACHER!”
“Ma va? Hai un elfo domestico??” Esclamò Remus, colpito. “...tutto tuo? Personale?”
“Sì che ce l’ho, e credimi: questo ti farà passare la voglia di difendere quei cosi per il resto della vita.” ringhiò il ragazzo.
All’improvviso tutti vennero zittiti da uno schiocco secco e sul tappeto…apparve l’elfo domestico più brutto che avessero mai visto!
“Schifosi Grifondoro Filobabbani, feccia del loro stesso sangue…”
“Carino!” ghignò James. “Ha tutta l’avvenenza dei Black. Posso ucciderlo?”
“Solo se me ne lasci un pezzetto...” sbottò Sirius, prima di acciuffarlo per la collottola.
“Desiderate padrone?” Sussurrò l’elfo, glaciale.
“Voglio che mi porti il rimedio che c'è in cantina per il Pus di Barbabietola."
“Ah…” L’elfo si voltò lentamente a guardare la sua mano e un sorriso malefico gli arricciò le labbra. “Vedo che ha ricevuto il regalo, signorino…"
Si allontanò di poco, iniziando a sussurrare ma in modo comunque perfettamente udibile.
"Se fosse stato come il padron Regulus a quest’ora non avrebbe di questi problemi…povero padron Regulus, povera la mia signora Walburga! Che sciagura avere questo fallimento in grembo al Casato!”
“Ti sento lo stesso..." ringhiò Sirius, facendo per dargli un calcione nel sedere ma venendo fermato da Remus prima di raggiungerlo. L'elfo sobbalzò e con un piccolo "pop" scomparve. Poco dopo, una scatolina di unguento arrivò sul materasso.
Beh, servizievole era servizievole...peccato che nello scomparire, avrebbero tutti potuto giurare di veder ben ritto un dito medio... e il morale di certo non migliorò nel pomeriggio, quando la McCarogna comunicò a tutti loro che avrebbero dovuto seguire delle lezioni pomeridiane per rimettersi in pari.
Seguire Trasfigurazione a NATALE era troppo anche per i più secchioni. Ma fortunatamente, c'era comunque un modo di farlo divertendosi...
“AAAAARGH!”
“Buahahahahah!”
“POOOOTTEEEEEERRRR!!!”
Lily Evans si alzò dal banco, furente e bagnata fradicia da un gavettone colorato che era misteriosamente caduto dal soffitto proprio sopra di lei.
Coi capelli a goccioloni, trucidò con lo sguardo James Potter e Sirius Black, piegati in due da una risata silenziosa.
“S-scusa Evans…ma quella tua mano alzata…era troppo insopportabile…non ho resistito!”
Biascicò lo stronzo numero uno, che aveva mal sopportato la spocchia con cui aveva risposto ad una domanda.
O meglio, l’aveva letteralmente adorata, proprio per questo non si era potuto trattenere dallo stuzzicarla!
Strana cosa?
Signori, parliamo di Ramoso!
“Potter-io-ti-ammazzo.” ringhiò la ragazza, digrignando i denti.
“Andiamo Evans! È per inaugurare la nostra amicizia ritrovata!” sorrise angelicamente Potter, sbattendo le palpebre.
“MA QUALE AMICIZIA E AMICIZIA! NON CE MAI STATA AMICIZIA! SEI MORTO!!!”
Fece per incenerirlo con la bacchetta ma come un venticello gelido le stuzzicò la nuca.
Un suono stridulo ebbe il potere di pietrificarli tutti.
Si erano completamente scordati della Mcgranitt...
La donna smise di scrivere e le sue spalle presero a tremare un poco, frantumando la punta del gesso contro la lavagna.
Ahi ahi…
“Potter…”
James impallidì, imprecando sottovoce un epiteto da gran signore.
Un lugubre sibilo precedette il lancio di quel che rimaneva del gessetto.
L’Animagus si abbassò appena in tempo da evitare la meteora, che prese in piena fronte Peter, sbalzandolo via dalla sedia.
“COME OSATE FAR BACCANO NELLA MIA LEZIONE?!" Ululò la strega, spettinandoli con la sola forza dell'ugola. "Signorina Evans, veda di contenersi! Potter e Black…Oh, da voi non mi aspettavo di meglio!”
“E’ stato uno scherzetto innocente professoressa!” esclamò Sirius, iniziando a tremare per la paura. La Mcgranitt e Lily erano terribilmente simili a volte.
Ma la sua aria da cucciolo peggiorò solo la situazione. La McGranitt odiava i cani.
“NON SI FANNO SCHERZETTI NELLA MIA LEZIONE!!!” ruggì, lanciando un altro gesso che lo prese preciso sul naso.
Lily sogghignò, sedendosi con calma.
Ah, beneamata severità!
L'essere sotto questionario e l'aver a che fare con ragazzini tenuti sotto sequestro una settimana intera non l'avevano ammorbidita, per fortuna!
“Dato che siete tanto preparati da non seguire le istruzioni sulla lavagna, fatemi la Trasfigurazione avanzata di oggi!” Disse, infatti. “Tavolo in maiale, coraggio!”
James, che non chiedeva di meglio, si alzò, si ripulì i vestiti altezzoso, prese la bacchetta con cura e la puntò sul proprio banco.
Un breve incantesimo mentale e il tavolo prese a grugnire, trasformato in un paffuto porcello da latte che iniziò a correre di qua e di là dando fastidio esattamente come il suo padrone.
Tutti gli studenti nella classe lo guardarono sbalorditi.
Ai loro tavoli, al massimo, spuntava una graziosa codina rosa a spirale, e perfino la Mcgranitt, furiosa com’era, faticò a nascondere la sorpresa.
“Beh…beh, Potter, solo perché tu ti sei esercitato, non significa che debba comportarti come un teppista e disturbare gli altri!”
“Veramente…” fece quello, fingendosi pensieroso. “Questo incantesimo non l’ho mai praticato prima.”
“MA SICCOME NON TUTTI HANNO LA TUA SFACCIATA FORTUNA, FUORI DA QUESTA CLASSE!”
Sirius Black si alzò di botto, raggiante.
“Posso uscire anche io, professoressa?”
“Sì!” urlò esasperata la poveretta, afflosciandosi sulla sedia con aria sfinita. “Vattene anche tu Black, vai dove vuoi, basta che sparisci...”
“Forte!” trillò il ragazzo, illuminandosi di colpo e filò via come un razzo.
Potter fece per seguirlo ma qualche istante dopo, sbruffone fino all’ultimo, si voltò verso la Evans,porgendole la mano con un ghigno diabolico.
“Vieni?” chiese, mentre lei s’indignava.
“Ma sei fuori di zucca?!” ringhiò. “Sparisci dalla mia vista!”
“Evans, anche tu, fuori.” La contraddisse la dolce professoressa di Trasfigurazione, mentre lei sbiancava di sdegno.
“Ma…ma professoressa Mcgranitt!” protestò. “Io non ho fatto nulla! Quei due…”
“Ti sei messa a schiamazzare nella mia lezione. Coraggio Evans, non farmi perdere altro tempo!” sbottò brusca la Vicepreside e la ragazza uscì sconsolata dalla classe, trascinando i piedi.
“Toh! Sei uscita anche tu?” sibilò Potter, perfido, mentre sghignazzava col compare appoggiato al muro.
“Tu non arrivi alla sera.” Ringhiò solamente lei, avvicinandosi minacciosa.
Come avevano fatto a mancargli i suoi scherzetti cretini?!
Come aveva fatto a mancargli LUI?!
“Uhu! Che paura Evans! Sto veramente tremando!” la provocò quello. "Ti ho fatto uscire da prigione a Natale, che volevi di più?"
“Sei un deficiente, Potter!"
“Coosa? Io deficiente?! Ma non hai visto come ho trasformato il tavolo in maiale, Lily? Avresti davvero il coraggio di definire il mio genio deficienza?"
“Per me resti sempre un deficiente!”
“Tengo su il morale dei compagni!”
“See, come no! Ti rendi ridicolo davanti a tutti, semmai!”
Il Marauder chinò il viso, avvicinandolo a quello di Lily con uno dei suoi soliti ghigni provocatori.
“No, rendo ridicola te.”
Ora lo eviscerava sul posto!
Lily stava per ribattere quando Sirius sbuffò tra l’esasperato e il divertito: “Hey, piccioncini, dateci un taglio!”
“Tsé! Non ne vale la pena.” concluse la Prefetto, girandosi di scatto e sbattendogli la chioma in faccia. "Faresti impazzire anche Babbo Natale! Ti saluto!"
Bastò quella semplice frase a far alzare gli occhi al cielo a Black e ad illuminare James.
"A tal proposito..." iniziò quello, piazzandole una mano sulla spalla.
"Dio, non ricominciare con quella storia!" sbuffò Black.
“Ma quale storia?” Ringhiò lei. “E leva la mano.”
“Ma che gentile!”
“James arriva al dunque…ho cose più importanti da fare IO!”
“E cioè?”
“Studiare la lezione che un deficiente mi ha fatto perdere!”
“Studi?” esclamò James, disgustato. “E' una bella giornata, è Natale…e studi? Ma non ti smentisci mai?!”
“JAMES VUOI DIRMI IL PENSIERO CHE HAI NELLA TUA TESTACCIA VUOTA O NO?!”
"Dico solo che ci sono modi migliori per passare il Natale, Rossa..." insinuò quello, mentre il suo compare si passava una mano sulla faccia. "Chissà se sei così coraggiosa come dici di essere..."
Pizzicata nell'orgoglio, la Evans gli si fece sotto.
“Certo che lo sono… e comunque non chiamarmi rossa.”
“Oh, ma io non credo se non vedo, ROSSA."
“Mettimi alla prova allora!"
Gli occhi di James scintillarono sinistramente e la sfortunata Grifoncina seppe che si era appena fregata da sola. Ma perché non se ne stava mai zitta?!
"Molto bene. Stavo proprio cercando compagni per la mia Spedizione di Natale, visto che ci sono tre persone a caso che non ne vogliono sapere."
"Perché è una stronzata, Ramoso." frecciò Black nelle retrovie. "Scimmia, davvero, non dare corda alla sua follia oggi."
Black che minimizzava infrangere le regole con Potter? Questo sì che era curioso.
Fissò negli occhi beffardi quel maledetto, alzandosi sulle punte fino ad arrivare ad essergli pari.
"E allora?" soffiò, assottigliando gli occhi. "Di quale cavolo di spedizione stai parlando?"
"Oh, è molto semplice." ridacchiò lui. "Voglio catturare Babbo Natale."

 

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Capitolo 39
*** Who killed Santa Claus? Part I. ***






"Voglio catturare Babbo Natale!"
Lily batté le palpebre. Una, due volte.
No, non poteva essere davvero così scemo.
"J-James, Babbo Natale non esiste..." disse solo, con voce anche insolitamente tranquilla per una che stava dicendo una cosa COSI' ovvia ad un ragazzo che aveva diciassette anni.
Gli occhi del maghetto brillarono, mentre quelli di Black si fissarono sul soffitto con un sonoro sbuffo esasperato.
"Questo lo dici tu!"











Cinque anni fa. Secondo anno.






Lo scribacchiare frenetico della penna piuma stava diventando quasi irritante. O forse era la sola presenza di quel bambino a far sembrare pestifera qualsiasi cosa.
Mancavano pochi giorni a Natale e la scuola si era riempita di genitori venuti a ritirare i loro preziosi pargoletti. In teoria, quando un adulto si sbatte in prima persona per prelevarsi il figlio da qualsivoglia istituto, dovrebbe fare solo tre cose semplici.
Entrare. Prendere la propria eredità genetica. Uscire.
Ma come in tutte le scuole del mondo, quello era diventato il momento perfetto per raggrupparsi a capannelli a parlare di come stesse procedendo l'organizzazione scolastica...o per meglio dire, a spettegolare come galline starnazzanti.
Quel giorno, a riunirsi furono alcune mamme imbellettate come meringhe, che decisero di comune accordo che c'era un elemento fondamentale sul quale sentivano l'urgente necessità di chiocciare...ovvero, un bambino di dodici anni che scarabocchiava in silenzio una vecchia pergamena su un comodino di fianco all'ufficio del Preside, proprio accanto a loro.
Aveva capelli impropobilmente spettinati, il viso graffiato e...due enormi occhi d'oro.
"Guarda, c'è il figlio dei Potter."
"Ma sicuro che sia lui?"
"Non glieli hai visti, gli occhi?"
"Santo cielo, ma che ha fatto ai pantaloni?"
"Dicono abbia dato fuoco a qualcosa..." Una delle donne sollevò il naso acquilino schioccando le labbra con sguardo critico. "Sta dando un sacco di problemi ai Potter, sapete? Che disgrazia per una famiglia così famosa! Dicono che sia un vero e proprio criminale!"
"Ma no, magari è solo un po' pestifero..." si rabbonì una, guardando il visetto così carino del maghetto, tutto serio su ciò che stava scrivendo.
"I bambini di dodici anni 'solo pestiferi' non danno fuoco alle cose." rimbeccò l'altra, acidamente. "Sapete che ha messo una bomba-puzzola nell'ufficio del Primo Ministro? Intere riunioni saltate per giorni!"
"Beh, la mela non cade lontano dall'albero. Non mi pare che la sua famiglia sia proprio l'esempio della calma...perlomeno, sua madre..."
"Ma che dici? I Potter sono degli eroi! I guerrieri devono essere un po' sanguigni..."
"Non c'è proprio paragone! C'è differenza tra salvare vite e dare fuoco alle cose per scherzo!"
"Fossi in loro, delle belle sculacciate non gliele toglierebbe ness..."
La mamma non finì la frase...perchè qualcosa esplose proprio al centro del gruppetto.
Ricoprendole di una strana polverina bianca dalla testa ai piedi.
Sconvolte, tutte fecero un balzo indietro con uno strillo...e grossi sacchi di piume si squarciarono sulle loro teste.
"Smettetela di belare, vecchie befane!" urlò a gran polmoni James Potter, balzando in piedi sulla sedia con una gran risata mentre quelle iniziarono a urlare come banshee, sgranando gli occhi mentre le piume si appiccicarono ai loro vestiti facendole sembrare tutte dei polli formato gigante.
La sorpresa e lo sgomento furoni tali che rimasero paralizzate con gli occhi a palla per un minuto buono e quando si girarono in massa verso quel demonio pronte a metterlo alla forca, quello era già scomparso.
"Dove...dove diavolo è andato?!" strillò una donna, sull'orlo di una crisi di nervi.
"Questo è troppo! Ora vado da Silente!" ululò un'altra, prima di sentire qualcosa che le tirava il lembo di una gonna. "Cos...?"
Quando si girarono tutte insieme, le bocche rimasero spalancate.
Perché dietro a loro stava il bambino più carino di sempre.
Capelli biondi, occhi celesti, vestito come un principino ed con il viso candido come quello di un angioletto, le fissava così timidamente che era da mangiarselo.
Il pupetto allungò un fazzolettino verso di loro e quelle parvero sciogliersi come burro.
"Oddio, che tesoro!" trillò una, dimenticando di sembrare una gallina.
"Ti sei perso, piccolino?"
"Guardatelo, ci vuole prestare il suo fazzoletto!"
"Ma dov'è la tua mamma, eh?"
Quello si guardò i piedini dondolando su sé stesso prima di mormorare "Buongiorno signorine, avrei un po' di fame..."
Ed in men che non si dica, fu letteralmente ricoperto di dolciumi. Sembrava avessero scorte di caramelle e cioccolatini per un intero esercito, oltre a piazzargli fra le braccia anche alcuni pacchettini regalo destinati ai loro figli!
Se lo strapazzarono finché poterono, e tra un bacio a schiocco e l'altro, il marmocchio si avviò per i corridoi traballando sotto il peso di una montagna di doni...sotto lo sguardo divertito di Euphemia Potter, appoggiata ad una colonna con un ghigno.
"Mi stupisco sempre del livello di genialità di certe persone." ironizzò Fleamont Potter, facendosi accanto a lei e passandole una mano sul fianco.
La donna rise, scuotendo i ricci ribelli che le accarezzavano gli zigomi.
"Abbiamo finito?"
"Sì, Silente ha detto che la gonna incendiata di Madame Clarck sta decisamente meglio così. Perché quelle tizie sono conciate come dei pennuti?"
"James ne ha fatta un'altra delle sue." sospirò la strega, alzando gli occhi al cielo. "Bisognerà cercarlo, prima che distrugga qualcos'altro!"
"E' con i suoi amici?" lo sguardo del marito non le sfuggì.
Gli piantò gli occhi addosso di sottecchi, con una smorfia a metà tra l'infastidito e l'easperato.
"Smettila." soffiò appena, severa. "E' solo un bambino. Non sia mai che avere degli amici lo calmi un po'."
"O che lo peggiori..."
"Sai perchè fa così." replicò duramente lei. "Era proprio necessario parlargli di...quella cosa?"
L'uomo guardò altrove. Erano poche le volte in cui riusciva a vedere Fleamont Potter turbato. Ma anche il mago più in gamba del mondo ha dei punti deboli.
"Sì." ammise solamente. "Aveva diritto di sapere."
Lei sospirò...riflettendo su quanto potessero essere testardi i maschi della sua famiglia.
E su quanto potesse essere grande la caduta di chi stava così in alto. Su quanto potesse schiacciare chiunque al di sotto.
Compreso un figlio.
"Vi proteggerò sempre." disse, chiudendo i pugni con forza e guardando lontano. "Sai che lo farò. Sai che posso vedere."
La mano dell'uomo le accarezzò la pelle più lentamente. Scendendo...
"Quindi sai cosa sta per succedere adesso."
"Sei pessimo." soffiò quella, con un sorriso sornione. "E' pieno di bambini qui intorno."
Non la stava più ascoltando. Le baciava il collo...e tutto scivolava via.
Lo faceva per distrarla da quell'argomento così spinoso...e come ogni volta, ci stava riuscendo.
Maledetto Potter dagli occhi d'oro..
"Andiamo nella Stanza delle Necessità." le soffiò, con le labbra a pochi millimetri dalla sua epidermide. "James potrà aspettare un altro po'."






Remus Lupin sbatté con malagrazia le scorte di dolcetti e regalini sul letto, facendo letteralmente trillare di gioia Peter.
"E' l'ultima volta che lo faccio." disse solo, sbuffando, mentre il bambino ci si fiondava dentro e Potter scoppiò a ridere.
"Guarda quanta roba, Lupin! Hai un dono!"
"Mi hanno anche pizzicato le guance, Potter!" sbottò esasperato il maghetto, battendo il piede a terra. "Mi sembra di essere passato sotto un tritacarne!"
"Sono le conseguenze dell'avere un faccino da cherubino, piccolo dolce tesoro!" lo scimmiottò l'altro con un gran sorriso, acciuffando un Peter con la bocca sporca di zucchero dalla montagna di pacchettini. "E tu vedi di non mangiare tutto come al solito! Quando il metabolismo ti rallenterà diventerai una palla!"
"Cofa è il metabolifmo?"
"Certo che gli adulti sono proprio deficienti." sbuffò Remus, sbattendosi sul materasso. "Ma dovevi proprio combinarlo, quello scherzetto? Con i tuoi ancora nell'ufficio del preside dopo la tua ultima malefatta?"
"Quella befana non faceva che vantarsi della sua stupida gonna da Purosangue scema! E prendeva in giro il modo di vestire dei Mezzosangue!" esclamò James, impegnato in una lotta con Peter, come se quello giustificasse tutto. "E quelle altre befane non facevano che starnazzare come oche, quindi le ho fatte diventare tali! Hey, Mocciosus è già andato via? Volevo stregargli le cioccorane!"
Inutile, pensava Remus, scuotendo la testa. Era come parlare ad un muro!
"Dov'è Sirius, per la cronaca?" chiese solo, cercando di distogliergli l'attenzione dai suoi malvagi propositi.
"E' già stato catturato dai suoi. Aveva un tic nervoso stamattina..."
"Ci credo, i suoi sono dei demoni!" Peter batté i denti con un brivido. "Non era per niente contento di tornare a casa!"
"Questo complica un po' le cose..." borbottò James, tirando fuori la pergamena.
"Ma si può sapere cosa fai tutto il giorno su quel pezzo di carta?" s'incuriosì il lupetto, avvicinandosi e leggendo la sottile scritta che compariva in centro. "Mappa...del..."
"...Malandrino!" finì l'altro, espandendo il sorriso. "Sto lavorando ad una cosetta...e mi servirà il vostro aiuto!"
"Oh cielo, risparmiaci!" sbuffò Remus, ma i suoi occhi erano interessati.
"Una mappa di cosa?" chiese Peter, unendosi ai due sgranando gli occhi.
"Della scuola, no? L'ho appena iniziata, ma conto che voi Marauders mi darete una mano! Anzi, la firmiamo tutti e quattro."
"E cosa farebbe di preciso questa mappa?"
"Oh, semplice. Ci metteremo tutti i passaggi segreti che riusciremo a scoprire. Questa scuola non dovrà avere più segreti per noi, quindi, largo agli esploratori!" James iniziò ad urlare, balzando sul letto e improvvisando una marcia. "I MARAUDERS SI METTONO IN MARCIA! LARGO AI MARAUDERS!"
"Vuoi piantarla di fare baccano?! E perché qui compaiono dei nomi?!"
Lui scese con un balzo e l'aria solenne.
"Ogni eroe ha una nemesi." disse, serio. "E l'esplorazione sarà pericolosa e assolutamente sprezzante delle regole, per cui...dobbiamo guardarci alle spalle e sapere chi ci troviamo in giro!"
"Alt, fermo." Remus spalancò la bocca. "Mi stai dicendo che sono registrati tutti i nomi di quelli che passano di qui? Che puoi spiare i loro movimenti?!"
"Per il momento, sono riuscito a ricreare solo la nostra stanza...ma conto di riuscire a riprodurre l'intera scuola!" spiegò il bambino, toccando con la punta della bacchetta la pergamena. Alcune linee si unirono rapidamente a formare la loro camera...ed i loro nomi comparvero sulla carta. "L'incantesimo dei nomi sta procedendo bene...guardate, compaiono ogni tanto anche alcuni che non sono qui dentro!" e ne indicò alcuni che comparivano negli angoli ancora vuoti al di fuori della loro cameretta. Nomi che si muovevano lentamente negli spazi bianchi, apparivano e scomparivano...
"WOW, che forza!"
"NON è una forza, Peter! E' illegale! Non metterò mai la firma su una cosa del genere!" lo sgridò Remus, prima di essere acciuffato per il collo da James.
"Dimmi Remy, secondo te sono cretino?"
"Devo proprio rispondere?" sibilò quello, spiaccicato contro la guancia dell'amico.
"E' OVVIO che non ci saranno sopra i nostri veri nomi." l'altro lo guardò come se fosse stupido. "Per questo ci inventeremo qualcos'altro. Qualcosa di solo nostro, che i professori non potranno mai conoscere!"
"Intendi dei soprannomi?" Peter sorrise, acciuffando la mappa e mettendoci il naso dentro. "Forte! Io ne voglio uno fighissimo!"
"Piano con l'entusiasmo, caro Peter, tanto a quello penseremo alla fine...ci vorranno anni prima di metterla a posto. E non potrò farcela senza l'aiuto dei miei adorabili amici!"
"James..."
"Oh andiamo, Remy!" quello iniziò a guardarlo seducente come solo lui sapeva fare, facendolo sudare freddo. "Non dirmi che non ti intriga l'idea di andare ad esplorare questo posto..."
"James, ti avverto..."
"...Cosa ti prende? Sei il Marauder che conosco io...o il bambino che viene riempito di pizzicotti sulle guance?" lui si faceva sempre più vicino, ghignando come un diavoletto. Senza rendersene conto, Lupin iniziò ad arretrare. "E' questo che sei, eh, Remy? L'angioletto della zia? Perché se sono i baci appiccicosi su quelle tue belle guanciotte rosee che vuoi, posso anche dartene qualcuno..."
"Stai lontano o giuro che ti mordo!"
"Che ti prende, Rem Rem? Non eri tu il bravo bambino? Il cherubino delle vecchie megere, l'adorabile coniglietto di papà? Il più dolce e tenero..."
"OH ACCIDENTI, OK, VA BENE, TI AIUTERO' ANCHE IO BASTA CHE LA FAI FINITA!"
Proprio mentre il biondino esplodeva, Peter cadde dal letto con un singulto.
"Hey, ne ho beccato un altro!" esclamò, eccitato, piazzando il dito sulla mappa. "Però è super lontano!"
"Eh? In che senso super lontano?"
Si avvicinarono, fissando il punto indicato da Peter. Ai margini del foglio, un nome appariva e scompariva...
"S. Claus. E chi sarebbe?"
"Dalla posizione, sembrebbe trovarsi appena fuori Hogwarts... forse nella Foresta Proibita..." borbottò Potter.
"E chi cavolo va nella Foresta proibita a Natale?" chiese Minus, sorpreso.
James si grattò il mento.
"S. Claus...S. Claus...S. Claus..." mormorò. Non conoscevano nessuno con quel nome e la posizione in cui si trovava era ben strana!
"Hey scemi. Che fate?"
Una voce distrasse Remus e Peter, e quest'ultimo balzò in piedi sorridendo ad un bambino dalla faccia imbronciata che aveva appena spalancato la porta.
"Sirius!"
"Ma non ti avevano rapito i tuoi?"
"Si sono fermati a chiacchierare con altri serpenti." mugugnò quello, con una smorfia. "Così ne ho approfittato e mi sono tolto dai piedi, non li sopportavo più. Che schifo i grandi."
"E' quello che ha detto Remus." ridacchiò Minus. "James invece ha creato una cosa fighissima!"
"Ma non mi dire." ironizzò il bambino, nascondendo prudentemente i segni sul polso laddove suo padre lo aveva stretto. Meglio non far sapere a James che gli avevano messo di nuovo le mani addosso...o avrebbe fatto altri casini. Aveva già dato fuoco alla gonna dell'amica di famiglia!
"Hey scemo, che combini? Andiamo a dar fastidio a Piton? Mi rompo."
Ma il bambino, stranamente, non lo stava ascoltando. Era ancora chino sulla Mappa e le rotelline giravano, giravano...
"S. CLAUS!" Esplose all'improvviso, facendoli sobbalzare. "SANTA CLAUS! BABBO NATALE!"
"Eh? Ti sei rincretinito?"
James afferrò Peter ignorando Black per la prima volta in vita sua, con una faccia a dir poco maniacale.
"Ti piacciono i dolci, Pet?" lo afferrò per il bavero, terrorizzandolo a morte. "Beh, presto ne avrai quanti ne vorrai!"
"Ma che dici?!"
"Non capite?" balzò su quello, trionfante. "Babbo Natale è qui!"
Cadde il silenzio. Ok che avevano dodici anni, ma iniziavano a essere grandi per quella storiella...
"Potter, guarda che Babbo Natale non esiste." Black incrociò le braccia al petto, scuotendo i già folti capelli neri. "Mi spieghi che storia è questa?"
"Potter ha creato una mappa che può vedere gli spostamenti di tutti." spiegò Lupin, alzando gli occhi al cielo. "Ed è comparso un certo S. Claus ai margini della scuola."
"E' lui, ne sono convinto!"
"Sei fuori di zucca."
"Oh insomma, per alcuni nemmeno gli unicorni esistono!"
"Sì ma quelli sono unicorni! Capisci? Unicorni! Quelli a cui Hagrid dà da mangiare la mattina! E' un po' diverso da un ciccione vestito di rosso che se ne va in giro a distribuire dolci e regalini!"
"Certi Babbani non vedrebbero la differenza!"
"Infatti i Babbani sono scemi!"
Niente da fare. James balzò a terra e afferrò un giubbotto imbottito di pelo.
"Ma si può sapere che vuoi fare?" si spazientì Black, incapace di credere che stesse facendo sul serio.
"Vado là." setenziò il ragazzino. "Voi copritemi le spalle coi miei! Vado a prenderlo!"
"James, aspetta! E' pericoloso!"
I maghetti si fiondarono giù per le scale incapaci di trattenerlo...perchè la peste aveva già tirato fuori il mantello dell'invisibilità.
"Vedrete amici!" rise una voce invisibile nel silenzio della Sala Comune. "Vedrete che lo prenderò!"






Tre anni fa. Quinto anno.




"Fammi indovinare. Non l'hai acciuffato nemmeno stavolta."
"Chiudi il becco, Paddy. Chiudilo e basta!"
Peter Minus si schiantò sul letto ancora vestito e fradicio, passando tra loro due come un fantasma.
"Credo di essermi beccato la febbre." pigolò solo, reduce da una nottata tutta da dimenticare.
"Sai, a quest'ora potevi essere al calduccio nella tua casa." ironizzò Sirius, scoccandogli un'occhiata. "Ed invece hai passato la notte di Natale nella Foresta a rincorrere quello che a tutti gli effetti è un errore della Mappa."
"La mappa non sbaglia mai!" sbottò Potter, lanciandogli un cuscino in testa. "Lo sai benissimo anche tu! Ha la febbre perché ha passato due giorni a perfezionare la trasformazione!"
"Cosa di cui dobbiamo parlare!" sentenziò Remus, spalancando la porta proprio in quel momento. "Sentite, sono felice che vogliate aiutarmi e devo dire che avere qualcuno con cui poter finalmente parlare del...mio piccolo problema peloso mi è di gran consolazione, ma non sono affatto d'accordo sull'idiozia che vi siete messi in testa!"
"Hai sentito qualcosa, Sirius?" cinguettò James, guardandosi attorno.
"No, nulla. Tu Peter?"
"Io voglio solo morire."
"NON VE LA CAVERETE A LUNGO IN QUESTO MODO!" sbottò Lupin. "Ignoratemi quanto vi pare, ma vi metterò i bastoni tra le ruote ogni volta che potrò! Diventare Animagus illegalmente...è l'idea più scema che tu possa aver mai partorito, James!"
"Nah, per me rimane quella di voler catturare Babbo Natale."
"Fottiti Black!"
"Lasciamo perdere...piuttosto, mi spieghi chi cavolo era la tizia che è uscita in lacrime dalla stanza qualche giorno fa?" Remus incrociò le braccia al petto con aria severa. "La Corvonero, Liu Chang mi pare. Non credere che non abbia notato quella poveretta!"
"Eh? Ma va?" Black si alzò, curioso. "Fai frignare altra gente che non sia Mocciosus?"
"Quello fa frignare tutti! E' il demonio." borbottò Lupin, mentre James...assunse uno sguardo strano, fissando altrove.
"Solo la Evans non frigna." ridacchiò Peter. "Anzi, ti tiene parecchio testa!"
"La Evans è una stupida!" sbottò James. "Non si rende nemmeno conto che quell'idiota che si porta appresso si sta ripassando tutti i manuali di magia oscura della storia dei maghi! Mocciosus qui, Mocciosus lì...San Piton non si tocca! Dio, stanno sempre appiccicati, probabilmente gli passa pure le informazioni sulla Squadra! Quando si sveglierà sarà sempre troppo tardi!"
"Sempre che non ci pensi tu, a farla svegliare...sbaglio o le stai rompendo l'anima più del solito? Mocciosus non riesce praticamente a fare un passo senza che lo tormenti." lo rimproverò Remus, guardandolo con fare critico. "Cos'è, ti sei preso una cotta per Lily?"
Lui scoppiò a ridere un po' troppo forzatamente per i gusti di tutti, cercando di sembrare acido ma senza riuscirci troppo.
"Una cotta?! Ma sei matto?!"
"Eddai, non dire che non te la porteresti a letto." insinuò Sirius. "Non ci vuole un genio per notare che la nostra Prefetto sta crescendo proprio bene!"
"Il problema è quando apre bocca!" frecciò quello, acidamente. "Solo Mocciosus riesce a reggerla!"
"Beh, non cambiare discorso, comunque! Allora, la cinese?"
"Ecco, spiegacelo un po' che hai combinato!" riprese Remus, con voce dura.
Di nuovo quello strano sguardo negli occhi di James. Come se...si sentisse in trappola.
"Non è successo niente." replicò, serrando le mandibole e parlando più freddamente di quanto non volesse apparire.
"Non si direbbe. Sembrava disperata!"
"Baci così da schifo?"
"Spero vivamente che tu non le abbia fatto qualcosa di spiacevole, James!"
"Hai..."
"HO DETTO CHE NON E' SUCCESSO NIENTE!"
La voce gli si era fatta alta.
Fu un istante.
Come una...scarica. Qualcosa nella testa.
Ed improvvisamente, tutti ebbero un brivido.
"Wuoah." balzò su Sirius. "E quello che diavolo era?"
"Eh?" Potter li guardò spiazzato. "Ma che vi è preso?"
"Non l'hai sentito?!" quasi gridò Peter, sconvolto. "Era come..."
"...Come dell'ansia. Della rabbia." finì Lupin, sgranando gli occhi. "Abbiamo...l'abbiamo sentita."
"Wuoh, wuoh, wuoh! Questa cosa non mi piace!" gemette Minus, arretrando. "Che cavolo è successo?! Quelle non erano sensazioni mie!"
Gli occhi d'oro di Ramoso erano sempre più confusi.
"Non capisco!"
Tutti parvero spiazzati e smarriti, come all'erta. Le parole caddero nel vuoto per qualche istante.
"Eri tu." realizzò improvvisamente Black, senza fiato. "Eri tu...dentro."
Seguì ancora un silenzio tombale, carico di angoscia.
"Eri tu, James. Eri dentro." ripeté Black, lentamente. "Dentro la mia testa. Ti ho sentito. Non...non chiedermi come, ma so che eri tu."
"Avete sentito quello che ho sentito io?!" Saltò su James, preoccupato.
"Credo di sì..." mormorò Remus. "E' strato...strano."
Continuarono a fissarsi...percorsi da un brivido comune. Come la sensazione...che le cose si sarebbero complicate parecchio.
"Spero che tu trovi Babbo Natale per davvero, Potter." alitò Sirius, passandosi una mano sulla faccia. "Perché mi sa che abbiamo un problema."






Due anni fa. Sesto anno.




"Me l'ha fatta di nuovo, cazzo, non ci posso credere!"
Sirius Black si levò il giornale dagli occhi, scoccandogli un'occhiata impietosa.
"Ancora?!" sbottò, gettando la testa all'indietro. "Dio, James, sono cinque anni che vai avanti con questa storia!"
Il ragazzo si girò verso di lui con occhi di brace.
"Chiudi il becco, Black, questa volta quel ciccione bastardo non mi sfuggirà!"
"Che ha?" chiese quello agli altri, per nulla impressionato. "Gli si è annodata la bacchetta?"
"La Evans gli ha di nuovo dato picche." spiegò Lupin, senza staccare gli occhi dal suo libro.
Sirius scoppiò nella sua risata simile ad un latrato.
"Hey, Ramoso, perché non chiedi a Babbo Natale di farti fare centro con Lily piuttosto?"
"Ok, punto primo, è Babbo Natale, non un genio della lampada." sbottò quello, sbattendosi di fianco a lui. "E punto secondo, la Evans è già pazza di me!"
"Oh certo, come no, innamoratissima." ghignò Paddy. "Devo forse ricordarti le dolci paroline che ha usato per te l'anno scorso?"
"'Arrogante.'" cominciò Remus.
"'Mi dai la nausea.'" imitò Peter.
"'Sei così pieno di te che non so come fa la tua scopa a staccarsi da terra.'"
"SO BENISSIMO COSA HA DETTO!" Sbottò James, dando un calcio ad un calice. "E comunque che c'entra Evans?! Non è per lei che sono incazzato! Ma è perché quel dannato vecchiaccio continua a sfuggirmi!"
"Fammi capire bene il piano di quest'anno, vuoi rapire Babbo Natale e costringerlo a farti da schiavo, giusto?"
"Che è esattamente il piano che ha fin da quando aveva dodici anni." Sirius si accese una sigaretta, divertito. "Hey, ma che problemi avevi da bambino?"
"Che problemi ha ADESSO, Felpato!" sospirò Lunastorta. "Ha cercato di trascinarsi via un povero babbano da un centro commerciale a Londra settimana scorsa! Ha traumatizzato sia lui sia i bambini venuti a vederlo!"
"Beh, non doveva travestirsi in quel modo! Oh andiamo, ormai la mappa è bella che completata! Non mente!" lui indicò i suoi amici miscredenti, con un diavolo per capello. "Converrete con me che quel maledetto di un S. Claus compare solo sotto Natale ogni anno nello stesso punto e dopo scompare di nuovo! E' quantomeno sospetto, o sbaglio?!"
"Peccato che abbia sempre dimenticato di farmi il regalo, visto che i miei sono ancora vivi." disse Black, sarcastico. "Ah, Babbo Natale, non hai letto le mie letterine, razza di bastardo."
"Quindi?! Venite con me o no?!"
"Scordatelo." cinguettò Minus senza imbarazzo. "Ho passato gli ultimi quattro anni a congelarmi il culo nella Foresta Proibita assieme a te James, in attesa di un tizio che non si è mai nemmeno visto!"
"Ma è qui!" uggiolò lui, disperato, sbattendogli sotto il naso la mappa. "E' qui, solo che è dannatamente veloce!"
"Il ché è per nulla sospetto per un vecchio in sovrappeso. Sul serio James, sarà un difetto della mappa, lascia perdere..."
"Io prenderò quel grassone." sentenziò lui, guardandoli con occhi infuocati. "Lo cattuerò, lo legherò, lo porterò qui e vi dimostrerò che esiste! E se non ci riuscirò nemmeno quest'anno ci proverò quello dopo...e sapete che vi dico, razza di traditori?! Troverò qualcuno di talmente pazzo da farmi compagnia! Mi avete sentito? LO TROVERO'!"








Oggi.






"Quindi, sì o no Lily?"
"James..."
"Uh-oh, Evans, che ne è del tuo coraggio adesso?"
"Ma che c'entra il coraggio?! E' un'idea stupida!"
"Perché non scommettiamo?" mormorò lui, malizioso. "Se vinco io, accetti il fatto che quello al luna-park era un appuntamento."
"E se vinco io?" ironizzò la rossa, inarcando un sopracciglio.
"Distruggo la foto."
Black drizzò le orecchie, specialmente vedendo la Grifondoro arrossire violentemente.
"Hey, quale foto?"
"Vuoi vederla, Siry?" berciò quello, angelico, facendo per tirarla fuori dal taschino. "La porto sempre con me..."
"E VA BENE!" La ragazza si mise tra i due, fumando dalle orecchie. "Va bene, accetto!"
E ora che gli prendeva a quei due? si chiese Sirius, perplesso. Lily era avvampata fino alla punta dei capelli...
“Ti farò sapere la mia idea oggi a pranzo, rossa.” sorrise lui, trionfante. “E vedremo se hai il fegato vero e proprio!”
Lei deglutì, aspettandosi il peggio.
“E…e va bene! Hem…c-ci conto.”
“Ok! A dopo, rossa!” Sghignazzò lui, allontanandosi di corsa.
“LA SMETTI DI CHIAMARMI COSI?”
“Come vuoi, rossa!”
“Grr!!!”
Lily affondò il viso tra le mani per reprimere il nervoso e non cacciargli dietro qualche insulto pesante.
Di una cosa era sicura - beh, di due cose - la prima era che avrebbe ammazzato Potter, e la seconda era che l’avrebbe battuto a qualunque sfida, a ogni costo.
Tutto pur di fargli perdere la sua faccia tosta!








"Buongiorno Remus!"
Molte volte gli occhi di Ninfadora Tonks scintillavano vivaci... ma Remus Lupin avrebbe continuato a tremare per ogni singola volta che lo facevano, soprattutto notando che scintillavano perché c’era lui nei paraggi!
Non solo perché Sirius gli avrebbe staccato la testa se solo avesse saputo dei suoi piani di conquista...ma anche perché quella ragazina aveva il candido potere di farlo sentire una preda. E lo faceva con un'innocenza tale da creare ancora più confusione.
"Ciao Tonks." rispose, sorridendo pacatamente.
Ma non era solo quello. In quei giorni passati praticamente assieme, aveva scoperto una cosa: la sua compagnia gli piaceva!
Tonks era divertente, spiritosa, e nonostante l'apparenza da oca svampita, nonostante non azzeccasse un incantesimo che fosse uno, aveva in sé l'acume dei Black e si era dimostrata in certi casi perfino brillante.
E poi era sempre allegra. All'inizio l'aveva trovata quasi irritante, ma dopo qualche giorno si era accorto che gli trasmetteva il buonumore.
Sarebbero potuti diventare amici, se solo quell'indemoniata non si fosse messa in testa di attentare alla sua verginità!
Allungò il braccio quasi in automatico, sorreggendola quando nel corrergli incontro incespicò nei propri stessi piedi e gli finì addosso.
Accidenti, mai vista una ragazza più scoordinata di quella.
“Come va?" ridacchiò lei, strizzandogli l'occhio. "Ho saputo che Sirius si è fatto sbattere fuori insieme a James!”
Remus Lupin sospirò con rassegnazione.
“I soliti deficienti…tu come stai? Vedo che il salto temporale su di te non ha avuto alcun effetto!”
"Macché! Io sono una roccia! Il mio corpo è abituato ai cambiamenti." ghignò lei, battendosi la mano sul braccio. "E' stato super figo!"
"Hemm...beh, non userei propriamente quella parola per descrivere l'esperienza ma...sono contento che tu stia bene. Sei stata molto coraggiosa ad accettare."
"Siamo Grifondoro, no?" Lei sorrise, attaccandosi al suo braccio. "Mi accompagni in classe?"
Parecchi si girarono a guardarli.
C’era così tanta maliziosità nei loro occhi che per Remus fu come baciare la ragazzina un’altra volta!
Avvertì un senso di calore sotto la nuca, esattamente sul collo.
“Sai, è da un po’ che me lo chiedo, ma come mai Sirius non sapeva delle tua esistenza?" le domandò, cercando di pensare ad altro e non a tutti quegli sguardi che lo facevano sentire un dannato predatore sessuale.
“Oh, è una lunga storia." spiegò lei, sfiorandosi il mento e facendo mente locale. "In pratica, mia madre, Andromeda è la cugina di Sirius. E’ la sorella maggiore di Bellatrix e Narcissa, per intenderci. A quanto mi raccontava, stavano un sacco bene assieme fino a quando non si è sposata con mio padre, un babbano sai, e per questo l’hanno tolta dall’arazzo di famiglia e ha dovuto andarsene quando lui era ancora abbastanza piccolo! Poco dopo sono nata io, ma la famiglia Black non ha smesso di darci la caccia e abbiamo dovuto vivere sotto copertura. Credeva che contattando Sirius l'avrebbe messo in pericolo..."
“Cavoli!” fece Remus, colpito. “Quindi ricapitolando… Sirius è tuo cugino di secondo grado, ma scusami un momento, se Andromeda, tua madre, è la sorella di Bellatrix e Narcissa, allora loro sono…”
“Le mie ziette, già già.” ammise lei, ridendo della sua faccia schifata. “Mamma ha detto però di tenermici alla larga!"
"Fidati. Non poteva darti consiglio migliore." alitò saggiamente il Marauder, scuotendo la testa. "Soprattutto di questi tempi."
Proseguirono un tratto di strada insieme in un piacevole silenzio.
Ninfadora Tonks era strana: la sua presenza era schiacciante, eppure allo stesso modo, quando riusciva a rimanere tranquilla, in silenzio, non lo faceva pesare, anzi, creava una sorta di strana complicità.
“Sai che una ragazza di Tassorosso mi ha chiesto se stiamo insieme?”
Il biondino inciampò nei propri piedi e si rovesciò a terra come un sacco di patate, sentendosi il cuore in gola.
Il caldo sotto il collo aumentò di botto e fu costretto a trasfigurare subito un bicchiere d’acqua.
“Oh davvero? Molto invadente da parte sua.” Disse, cercando di apparire noncurante, e bevve un lungo sorso.
“Ho risposto che era vero!”
“PFFFFT!!!”
Sputò tutto in faccia ad una statua che prese a menare la spada indignato.
Chinandosi appena in tempo per non farsi mozzare la testa, esclamò un “Che cosa?!” a voce un po' troppo alta.
“Non te la prendere a male!” esclamò lei, con noncuranza. “Era solo per far passare la sua faccia di bronzo! Era davvero insopportabile, non faceva che dirmi quanto fossi piccola e stramba!”
“Ah...beh…sì, certo…” balbettò lui, frastornato.
E tanti cari saluti alla formalità! Alla silenziosa armonia!
Sul serio, quella ragazza doveva inserire la parola “imbarazzo” nel suo vocabolario!
“Ma...non dovresti andare in giro a dire queste cose sai? Anche se per finta!”
“Perché?” chiese la ragazzina, inarcando un sopracciglio. "Ci siamo baciati, no? E' quello che fanno i fidanzati!"
“Lascia perdere…" il ragazzo si passò una mano sulla faccia, scuotendo il capo. Non voleva nemmeno ripensare a quel bacio. Farlo lo faceva sentire strano...accaldato, febbricitante. Accidenti alle ragazze, ma che razza di incantesimo riuscivano a fare?! Doveva scappare da quella creatura diabolica! "Senti, la tua classe è quella a destra! Ora devo andare a Pozioni, ci vediamo, eh?”
“Oh, ma veramente...!” cominciò lei, ma lui aveva già girato i tacchi per fuggire via...ma non prima di vederla tirare una capocciata colossale ad un candelabro appeso al muro.
Scese nei sotterranei in un misto tra ridarella e vergogna...che razza di tipa!
Ma perché i Grifondoro erano tutti così folli?
Eppure gli piaceva ridere in quel modo...essere così allegro.
Lo era coi Malandrini, con Lily, Cristhine...e ora…massì dai, anche con quella ragazzina stramba e forse un po’ fuori di testa.
Passare il Natale a scuola non gli dava alcun fastidio, anzi. Si sentiva a casa.
Una casa senza regole, senza limiti. Nonostante non riuscisse del tutto a lasciarsi andare, era sempre meglio del luogo in cui era dovuto crescere.
Formale ed educato, pacato ma non troppo…rasentava quel modello di perfezione comportamentale che ormai certe emozioni s’erano perse. Eppure, ad Hogwarts, ogni tanto, spuntavano fuori di nuovo...e fu con ancora il corpo scosso dai tremiti e le lacrime agli occhi dal troppo ridere che entrò nella fumosa aula di Pozioni.
“Lunastorta! Cercavamo proprio te!” sorrise Sirius, dandogli una pacca sulla schiena che per poco non lo fece cadere in avanti. "Uh, che c'è, t'è andato di traverso qualcosa?"
"No, io...stavo ridendo..."
"Lunastorta che ride fino a farsi venire le lacrime?" esclamò Peter, sorpreso. "Questo sì che è singolare!"
"Eddai, non sono mica così di ghiaccio." lui sorrise, sedendosi accanto al calderone ribollente. "Perché mi cercavate?"
“Ho proposto una scommessa a Lily!” ghignò James, comparendogli al fianco dopo aver stampato in faccia ai Serpeverde un dito medio. “Che hai? Sei tutto rosso e in disordine!”
“Non ho nulla! Non sarà per quella storia di Babbo Natale?! Ti ricordo che abbiamo i M.A.G.O. da superare quest’anno!”
"Ottima osservazione, Lupin!" trillò Lumacorno, apparendo improvvisamente alle loro spalle e facendoli saltare per aria. "Vedo che voi ragazzi vi state impegnando parecchio per questi esami, eh? Beh, non è mai troppo presto per pensarci! Cinque punti a Grifondoro per le buone intenzioni!"
"E ti pareva." ironizzò acidamente Piton mentre quello usciva di nuovo, seduto dall'altra parte della classe. Anche parecchi Verde-Argento erano rimasti a scuola, durante le feste, schierati dalla parte opposta come un plotone nemico a fissarsi annoiati tra di loro.
"Sbaglio o ci sono un po' troppe bisce in giro?" commentò James, scoccandogli un'occhiataccia. "Cos'è, le urla di agonia disturbavano l'apertura dei regali a casa?"
"Siamo qui per la valanga di compiti che ci hanno affibiato come punizione per le vostre continue cazzate." sibilò la Carrow, scocciata. "Hanno pensato bene di obbligare pure noi a ripassare le cose già studiate mentre facevate da frullato alla vampira!"
"Certo, e voi tutti innocentini come al solito, vero?" fece Paciock, sarcastico. "Ecco perché non vi siete nemmeno presentati alle lezioni di combattimento... paura di diventare dei cocktail!"
"Oh sai, era solo difficile scegliere tra vedere qualche Grifondoro infilzato e resistere alla puzza di pezzente che permeava quella stanza!" rise Bellatrix, entrando in quel momento in tutta la sua bellezza. "Il ciccione dov'è finito?"
"Si sta allisciando la Evans in corridoio, come al solito. Hey Potter, fosse in te starei attento!" sghignazzò Amycus, beccandosi senza troppe cerimonie una fattura in mezzo agli occhi.
"Mi pareva di essere stato abbastanza chiaro su chi comandasse qua dentro." tubò il Marauder con candore, soffiando sulla punta della bacchetta fumante.
"Scusaci, sai...i Serpenti sono duri d'orecchie..." ringhiò Malfoy, alzandosi in piedi con la bacchetta già sollevata scatenando la reazione di tutti e sarebbe scoppiato un altro finimondo se Lily Evans non avesse deciso proprio in quel momento che era il caso di entrare alla svelta, prima che Lumacorno la incastrasse per un'altro di quei suoi stupidi Party privati!
Il professore la seguì a dir poco in venerazione, saltellando con la grazia di un agnellino.
“Dentro ragazzi, dentro!” cinguettò, chiudendosi la porta alle spalle. "Amycus, che hai fatto al naso? Oggi è una splendida giornata! Sentite che bell'atmosfera che gira a Natale!"
Già, come no, fantastica...pensò Lupin, accasciandosi sul tavolo. Più bella di così e si finiva sottoterra...
"Hey, Lupin." bisbigliò Nott, chinandosi in avanti mentre Lumacorno armeggiava con il materiale del giorno. "Ho saputo che ti fai le ragazzine! Dov'è finita tutta la tua santa castità, uh? Eri in attesa di carne fresca?"
"Fossi in te chiuderei la bocca." intervenne improvvisamente Sirius, senza nemmeno guardarlo in faccia. "Prima di fare la fine di tuo padre."
"Oh, tranquillo Black." rise sottovoce lui, perfido. "Avrà modo di restituire il torto, non temere!"
"Allora, chi mi sa dire cos'è questo? Suvvia, niente facce disgustate!" li interruppe Lumacorno, girandosi proprio mentre Remus agguantava per un braccio Sirius e lo rimetteva a sedere. Il biondo Marauder guardò altrove, ignorando con eleganza le frecciatine delle serpi come era sua abitudine.
Si chiese se Tonks sarebbe stata in grado di fare altrettanto. Il fatto di essere una Black fresca di stampa e di aver ricevuto un bacio in mezzo ad un corridoio, aveva sollevato un po' troppo chiacchiericcio...che di quei tempi, poteva essere davvero pericoloso per una ragazza così giovane.
Lupin sospirò,appoggiando il mento sul banco. Ma che razza di bella stronzata aveva fatto...chissà come diavolo era potuto passargli per la testa...forse era davvero il caso di mantenere il più possibile le distanze...
Il professore intanto stava indicando un calderone fumante, con dentro una brodaglia densa e vischiosa come cemento. L'odore e l'aspetto non erano certo invitanti.
La mano allenata di Lily scattò in aria, così come quella di Piton.
Lumacorno attese qualche istante per vedere qualche altra mano, magari quella di uno studiosissimo Remus, ma rimase deluso, quindi diede la parola alla ragazza.
“Sì, mia cara?”
“Pozione Polisucco.” Spiegò Lily, con voce pratica. “Cambia l’aspetto delle persone, bisogna metterci dentro un capello della persona che si desidera diventare. Pare che non sia piacevole berla…”
Piton guardò Lily con espressione indecifrabile.
“Crea fastidiosi bruciori su alcune parti della pelle e scade entro un’ora. E il cuoio capelluto non è l’unica parte umana da poter utilizzare.” la riprese con voce incolore, facendola arrossire. "Si possono mettere anche un unghia o una parte del corpo della…”
“Pare che tu sia molto informato, Severus!” esclamò ad alta voce James. “Forse l’hai gia provata! Magari ti sei trasformato in Malfoy per vedere che effetto fa avere dei capelli cotonati!”
Sirius scoppiò a ridere senza ritegno, affondando il naso nel calderone vuoto per non farsi beccare.
I Serpeverde si agitarono minacciosi, ma se Severus gli scoccò un'occhiata rabbiosa, Malfoy fece finta di niente e si limitò ad un blando sorriso annoiato. Non era il tipo da fare sceneggiate davanti ad un professore.
E quel grassone teneva Potter in un palmo di mano.
“Suvvia, suvvia!” rise infatti Lumacorno. “Sempre spiritoso il nostro James…beh, in effetti sì, avete dato entrambi una definizione corretta. Ci sono maghi che però non hanno bisogno di queste pozioni per cambiare a piacere il loro aspetto.”
Latte...e fragole fresche...
Remus, che stava tirando fuori la testa di quel beota di Black dal calderone acciuffandolo per la collottola, aguzzò il naso. Odore familiare...
Iniziò ad agitarsi sulla sedia, sentendo di nuovo quel calore sotto il collo.
"La mutazione del proprio aspetto è una pratica davvero molto complicata, e regolamentata anche molto rigidamente. Oserei dire che siamo quasi al limite della legalità!”
“Ma che hai Remus?” bisbigliò James, osservando l’amico.
“Non lo so...improvvisamente mi sento…ho caldo.” Balbettò lui, arrossendo.
“Fortunatamente, in questa scuole abbiamo il privilegio di poter assistere ad una vera e propria rarità nel mondo dei maghi...e le ho chiesto di poterci far assistere ad una piccla dimostrazione! Prego mia cara, entra pure!"
Una ragazza entrò nella stanza.
Capelli rosa pastello, viso simpatico, abiti trasandati...
“Ninfadora Tonks, del quinto anno.”
“MA CHE CAZZO!” esclamò Remus, facendo girare mezza classe.
Avvampò, facendosi piccolo sulla sedia e desiderando di sparire. Quella ragazzina era una persecuzione!
Tuttavia non era l'unico ad aver avuto...una strana reazione. E se lui si sentiva agitato, non era nulla di equiparabile all'altra parte della stanza, da dove si sollevò come una sorta di tensione elettrica, un vento freddo che albeggiava negli occhi azzurri di Narcissa Black.
Seduta in un angolo in silenzio, come la regina intoccabile qual era, la bionda Serpeverde scoccò una rapida occhiata alla sorella con la mascella così contratta da sentirla quasi scricchiolare.
Bellatrix aveva affondato le unghie nei palmi. Premendo così forte da farsi sanguinare la carne.
Si chinò in avanti, sfiorando con le labbra pallide suoi i capelli bruni.
"Controllati." sibilò solo, passandole le dita fredde sulle braccia. Poteva quasi sentirlo...il fuoco dell'odio dentro Bellatrix era lo stesso che stava animando anche lei.
Troppi ricordi...troppa rabbia...
"Buongiorno!" salutò allegramente la Grifoncina, ignara di ciò che aveva appena scatenato. "Ciao Lily!"
"Come alcuni di voi sapranno, la nostra compagna è una Metaformagus!" trillò Lumacorno, elettrizzato. "Qui non le è permesso di trasformarsi in qualcuno...ma per oggi Silente ha fatto una eccezione! Questi poteri sono vietati ad Hogwarts, per ciò ricordate bene che state per assistere a qualcosa che raramente si vede in giro. Prego, mia cara.”
"Una schifosa Metaformagus. Che scherzo della natura." sibilò Malfoy, avendo ben cura di farsi sentire. "Dopo Sirius, non credevo che un Black potesse cadere più in bas..."
Smise di parlare, sgranando gli occhi con espressione che i Grifondoro avrebbero ricordato a lungo nei loro sogni più bagnati.
Perchè il re dei Serpeverdi umiliato era uno spettacolo di cui godere appieno...
Tonks si era appena trasformata in lui. Ghignando perfida e guardandolo dritto in faccia, cambiò la forma del suo naso.
Lo rese grande e tozzo come quello di un maiale, sfigurando in modo terribile la sua faccia.
Fu il degenero da lì in poi. I Grifondoro iniziarono letteralmente a ululare il loro incoraggiamento e a fare un tifo da stadio mentre quella peste iniziava a passare in rassegna ogni Verde-argento presente distorcendo i loro lineamenti nei modi più impropobinili! Lily dovette praticamente tapparsi le orecchie tanto era alto il boato da stadio che si stava generando!
Fu quando si tramutò in Narcissa che Bellatrix si alzò in piedi di scatto, seguita in un nanosecondo da Sirius e fu lì che anche quel tonto di Lumacorno si accorse che la situazione stava degenerando in modo pericoloso e decise di interrompere la dimostrazione.
Agguantò Tonks per una spalla con la velocità di un fulmine e prese a ridere istericamente, fermando con l'altra mano quello che probabilmente si sarebbe tramutato in uno scontro omicida.
“Hemm…grazie mia cara, puoi andare! Basta così!”
"Uh?" Tonks allargò gli occhioni, guardandosi attorno stupita. Nell'aula qualcosa era cambiato...Sirius era in piedi, e anche un'altra ragazza.
E quest'ultima la fissava con un odio tale...da sentirlo sulla pelle. Occhi grandi e neri che ardevano, capelli che come un ventaglio d'inchiostro si muovevano in grandi e gonfie onde...e un viso meraviglioso e assurdamente familiare, perché era identico a quello di sua madre.
Le venne quasi un colpo quando si rese conto che quella era sua zia! Sul momento, presa com'era a sfottere quei beoti, non l'aveva nemmeno riconosciuta!
Un'altra ragazza si alzò in piedi con grazia, esile e pallida, con capelli di un biondo quasi bianco.
Narcissa abbracciò sua sorella circondandole la vita e appoggiando il mento aguzzo sopra la sua spalla. Quell'abbraccio freddo parve quasi tranquillizzare la sorella, ma quella finta calma non ingannava nessuno...perché il sorriso maligno della sposina di Malfoy prometteva cose ancor più oscure dello sguardo furioso dell'altra.
“Ora, tutti voi…suvvia signorina Carrow, si contegni, era solo uno scherzo…tutti voi, dicevo, dovranno preparare una pozione Polisucco e consegnarla alla fine del mese, gli ingredienti li troverete nelle mie scorte personali!” continuò il prof, ringraziandola e invitandola ad uscire con un po' troppa fretta.
Scoccato un bacio volante a Lily e strizzato l'occhiolino ad un sempre più a disagio Remus, la ragazzina uscì dall'aula e tutto parve sgonfiarsi come una bolla di sapone...a parte qualche tentativo di infilarsi un dito nell'occhio e accoltellamenti vari, cosa del tutto normale.
Fu così che passò la lezione...mezzi affumicati per la puzza di quella brodaglia, coi capelli appiccicati e con il sudore che inzuppava i vestiti, ci fu poco tempo per litigare oltre.
“Ops! Scusa Mocciosus.” Ghignò Sirius alla fine della lezione, dopo averlo fatto accidentalmente cadere con una spintonata di quelle buone in fila agli armadietti.
“Smettila.” ringhiò sottovoce Lily al suo fianco, riponendo al suo posto la Pelle di Girilacco.
“Ci si vede a pranzo Evans, ricordalo.” le bisbigliò ad un orecchio James, con un sorrisetto.
Il suo respiro le sfiorò il collo e la ragazza fu scossa di brividi.
“Ci sarò, Potter.” sorrise decisa, e si avviò fuori dall’aula, dove l’attendeva Tonks seduta a mangiarsi una mela candita dietro la porta.
"Hai aspettato davvero qui fuori tutto questo tempo?" chiese la rossina, sorpresa.
"Ho fatto un salto dalle cucine, prima!" fece lei, facendo spallucce. "E Mandy Harpies mi ha fatto firmare alcuni fogli per lo stand dei Baci..."
"Tu...che cosa?!" la Evans si schiaffò una mano sulla faccia. "Tonks, così mi uccidi!"
"Ma i baci sono belli!" cinguettò angelicamente la ragazzina. "Quello con Remus lo è stato!"
"Hai indossato i panni di Sirius per tre giorni, hai accettato di fare da esca in una situazione di pericolo pazzesca, hai indotto il più casto di Hogwarts a baciarti in mezzo ad un corridoio e ora hai appena preso in giro la cricca più pericolosa della scuola...ma che vi danno da mangiare a voi ragazzini, eh?"
La Prefetto le scompigliò i capelli, sospirando mentre lei ridacchiava.
"A proposito, dici che se mi aumento le tette, Lupin si deciderà a darmene un altro?"
"Perchè sei così decisa a terrorizzare a morte il nostro povero Remus, tu?!"
"Mi piace!" disse con sincerità lei, ed improvvisamente Lily provò una punta di invidia per il suo enorme coraggio e l'assenza totale del suo pudore. Certo che la vita doveva essere facile, così... "Sai, la tua intrapendenza spaventa anche me! E sono gelosissima del tuo dono, tra l'altro! Essere una Metaformagus dev'essere fantastico...niente brufoli e niente chili di troppo! Mi farebbe comodo."
“Naah! Tu sei perfetta cosi come sei!” Ridacchiò la quindicenne. “Piuttosto, di quale scomessa parlava James prima?”
“Oh…” Lily fece una smorfia. “Una totale scemenza che si è inventato di recente. Non so nemmeno di che si tratta per davvero."
“Forse è un duello magico!” esclamò Tonks pensierosa.
“Non proprio..."
“Magari devi superare delle prove…come una gara ad ostacoli!”
“Improbabile…"
“Ooh! Magari ti farà combattere con un drago!”
“Ma non dire sciocchezze!”
Le due ragazze scoppiarono a ridere.
"Ma guarda, la trasformista."
Entrambe si girarono, colte di sorpresa. Malfoy le fissava, ridendo, appoggiato alla colonna dietro di loro sulla quale qualcuno aveva scritto "morte alle serpi" con della vernice.
Lily si infiammò subito, tirandosi Tonks dietro la schiena.
"Che vuoi, Malfoy?" ringhiò, guardando rapidamente da una parte all'altra del corridoio.
"Sono solo. Tranquilla, Evans!" confermò il Serpeverde, divertito. "Ero solo curioso di scambiare due chiacchiere con la mia nuova nipotina acquisita."
"Lei non ha niente da dirti." replicò duramente la rossa, serrando le mandibole. "Lasciala in pace!"
"Senti come tira fuori subito gli artigli, la Mezzosangue...credo che Ninfadora abbia la bocca per parlare da sola."
Quella fece un balzo in avanti con il viso incendiato, digrignando i denti colta da un improvviso moto di nervoso.
"NINFADORA?!" strepitò, mentre la Evans l'afferrava per il cappuccio del mantello. "NINFADORA?!"
"Uh? E' il tuo nome, no?"
La ragazzina fissò Lily con un diavolo per capello.
"Già lo odio!" confessò, incazzata come una biscia.
Giusto un piccolo attimo di distrazione.
Il movimento del Serpeverde fu fulmineo...ma essendo ormai allenata da James Potter, anche i riflessi della Prefetto di Grifondoro furono reattivi.
Si udì uno schianto...e Tonks si ritrovò schiacciata contro il muro, premuta contro la schiena di Lily. Lucius ghignò a pochi passi dai loro visi...sollevando appena il mento, laddove la bacchetta della Grifoncina stava premendo e saettando, e specchiandosi nei suoi occhi verdi, limpidi e minacciosi.
I lunghi capelli di entrambi volteggiarono nell'aria, quasi intrecciandosi per un breve secondo.
"Bei riflessi." sibilò il ragazzo, assottigliando gli occhi metallici mentre schiacciava entrambe alla parete. "Ma ho avuto la conferma a quello che sospettavo."
Scostò appena il viso oltre la spalla di Lily, questa volta fissando Tonks, ancora sorpresa da come erano precipitate rapidamente le cose.
"Sto per lanciarti una fattura." avvisò Lily, gelida.
"Non hai il permesso di trasformarti così liberamente, eh?" ironizzò Malfoy. "Silente ti ha imposto delle regole, non è così? Forse dovresti pensarci, prima di permetterti certi atteggiamenti con i Serpeverde! Non sei poi così tanto al sicuro come pensavamo tu fossi!"
"Staccati, Malfoy!"
Non ci fu bisogno della fattura di Lily, perchè improvvisamente, il braccio di Tonks divenne enorme. Con la potenza acquisita dai muscoli di Hagrid, lo spinse via da loro come un insetto, facendolo sussultare dallo stupore.
"E' vero, i Professori mi hanno imposto dei limiti." confermò fieramente Tonks, sollevando in aria il braccio gigante. "Ma io non sono mai stata brava a seguire le regole!"
Lily fissò sconvolta quel braccione ed i suoi occhi ribelli, prima di sorridere.
"Hai altro da aggiungere, Malfoy?" rimbeccò, sentendosi improvvisamente perfida.
Il biondo sorrise gelidamente, tenendosi a distanza e scostando i lunghi capelli biondi dal viso. Le sue occhiaie si erano fatte sempre più profonde...e dubitava che fosse effettivamente stupito o intimorito, a giudicare da come le fissava. Lucius ultimamente sembrava ormai non provare più timore per alcun ché...e si muoveva elegante e sprezzante in una scuola sempre più anti-sepenti con l'arroganza di un fanatico.
"Solo di stare attente, d'ora in avanti." ghignò, pulendosi appena i vestiti perfetti. "A quanto pare avete scelto una parte ben precisa da cui stare...ma quando questa scuola sarà in mano nostra, i nuovi professori che verranno non saranno più così magnanimi con voi."
"Io sto dalla parte di Hogwarts!" rispose sprezzante Lily. "Dalla parte del mio dovere!"
"Oh, davvero?" Lucius allargò gli occhi con ilarità. "Ahh, principessa, sei davvero patetica. La tua ipocrisia mi lascia sempre più divertito! Dio, ma ti sei guardata un po' attorno ultimante? Sei così tanto presa da Potter e dalla sua cricca che potresti buttare tranquillamente la spilla di Prefetto nel cesso!"
"Tu...dici davvero una marea di idiozie, Lucius!" la voce di lei salì di due ottave, ma si fece incerta. Lui lo notò, ed il suo sguardo brillò come una gemma malefica.
"La principessa di Grifondoro...la brava ragazza così tanto ligia alle regole, al suo dovere, ai suoi bei voti...così onesta, così pura...che diventa una Marauders, una delinquentella di bassa lega. Non lo sai, dolcezza? In giro non si fa che parlare di questo. Sei dei loro, e lo sta vedendo tutta la scuola! A quanto pare, tutte le brave bambine hanno un lato oscuro..."
"Io non..."
"...è bello, non è vero? Infrangere le tue tanto amate regole...toglierti di dosso la corazza e sentirsi parte di quel caos che hai tanto desiderato combattere, scendere da quel piedistallo così tanto scomodo. Non dover più faticare per imporsi e mantenere l'ordine...ma lasciar finalmente andare quello che veramente sei. Lily Evans, la tua vera personalità sta uscendo fuori ed è davvero comico vedere come cerchi di trattenerla mentre ti sfugge via dalle dita. E' davvero divertente vedere voi Marauders cercare di difendere un mondo che vi va così tanto stretto."
Le girò le spalle, godendo nel vederla sbiancare in volto, godendo della sua debolezza così trasparente...così piena di crepe...oh, quanto erano tutti pieni di crepe...
"Non sei l'unica a nascondersi al resto del mondo, per cui non temere, stai entrando in un gruppo dove i segreti sono all'ordine del giorno. Potete tenervi su la maschera quanto volete ma prima di quanto immaginiate vi cadrà via dalla faccia. E per quanto vi affretterete a rimettervela, tutti quanti riusciranno a vedere cosa si nasconde lì sotto."
La sua risata si espanse nel corridoio come il sibilo di una vipera venefica.
"...e sarà terrificante!"

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Capitolo 40
*** Who killed Santa Claus? Part II. ***






La nera Foresta non amava il troppo baccano. Soprattutto di notte, dove anche le ombre più oscure si mettevano a nanna...o per meglio dire, in attesa.
Chiunque osasse varcare i primi nodosi alberi sbeccati ed addentrarsi nella selva Proibita, doveva seguire poche semplici regole: starsene zitto. E fare alla svelta.
Erano in pochi gli eletti che potevano chiamare quel posto 'casa' e fare il cavolo che gli pareva senza finire all'altro mondo, anzi, si poteva quasi pensare che quel luogo avesse delle simpatie ben precise e decretasse sentenze di vita e morte fin dal primo passo al suo interno.
Per tutti gli altri, comunque, la regola rimaneva uguale: solo portando rispetto si poteva avere la vaga certezza di tornarsene a casa con tutti i pezzi attaccati al corpo...in caso contrario, le ombre vigilavano, in ascolto.
Tuttavia, c'erano creature che non avrebbero mai più potuto temere quisquiglie di quel tipo. Perché la morte per loro era solo un lontano, spiacevole ricordo.
Una fantasma levitava annoiata nella notte, superando rami e mostriciattoli con l'indifferenza tipica dei morti.
Lunghi capelli neri intrecciati, mandibola quadrata, zigomi alti: era quella che in vita si sarebbe potuto definire una vera sventola.
Tuttavia la Dama Grigia non si era mai curata tanto della propria bellezza, anzi, l'aveva sempre trovata di ostacolo alla sua timidezza. Perlomeno, da morta, lo squarcio che aveva nel petto le permetteva di incutere abbastanza timore da essere lasciata in pace.
Il suo veleggiare terminò in una radura dove un gruppetto di altri spiriti l'attendeva.
"Buongiorno, mia cara!" salutò allegramente Nick-quasi-senza-testa, facendo un'ampia reverenza che ebbe il solo risultato di schifare tutti quanti quando il capo gli ciondolò di lato.
"Puoi evitare di farlo?" berciò il Frate grasso di Tassorosso, dopo un rutto. "E' ripugnante, Nick!"
"E' solo invidia perchè tu sei morto con un banale veleno." rimbeccò l'altro. "Oppure sei nervoso per quella vecchia storia su chi è il più grasso?"
Il frate si gonfiò come un tacchino, ma venne fermato dal Barone Sanguinario che entrò nella radura come una corrente di aria ghiacciata con il solito muso di chi vuol vedere tutti alla forca.
"E' lui il più grasso, fattene una ragione." mugugnò lugubre, ignorando lo squittio di Priscilla al suo arrivo. "Ancora mi chiedo perchè diavolo dobbiamo venire tutti qui, ogni volta."
"Maddai!" sorrise Nick, ignorando la sua occhiata omicida. "Quante occasioni possiamo dire di avere per farci una passeggiata tutti assieme?! Con tutti i marmocchi viventi che dobbiamo controllare, riunirsi è diventato sempre più difficile!"
"Io preferirei fosse sempre così." sussurrò la Dama Grigia, incrociando le braccia ai piccoli seni e scoccando un'occhiata funerea al Barone.
"Oh, suvvia, ancora questo risentimento tra voi due dopo tutti questi millenni?" intervenne bonariamente il Frate.
"Mi ha ammazzato." replicò acida la ragazza, e per una volta il Barone guardò altrove, arrossendo. O meglio, colorandosi di grigio sulle guance scarne.
"Allora, quando arriva?" sbottò. "Non abbiamo tutto il tempo."
"Insomma, un po' di pazienza!" sorrise Nick. "Voglio dire, deve girare tutto il mondo in una notte..."
Aguzzarono il naso verso il cielo, attendendo fino a quando, nell'aria, si udì il rumore di campanellini...








Poche ore prima.




“Oh, sapevo che era antipatico, ma quello è proprio str…”
Ninfadora Tonks fermò la sua tirata - stava sproloquiando da dieci minuti buoni con termini non propriamente adatti ad una signorina di buona famiglia - quando si accorse dello sguardo di Lily.
"Hey, stai bene?"
La rossina sussultò, come risvegliatasi dai propri pensieri.
"Che? Oh, sì..." scosse il capo, mordicchiandosi un labbro. Lo faceva spesso. "Tonks, devi stare più attenta a chi pesti i piedi."
"Hai dimenticato il mio braccio?" ghignò lei, e anche la Prefetto si lasciò sfuggire un sorrisetto perfido.
"Sì, e l'ho adorato, ma sappiamo entrambe che non avresti potuto!"
“Detesto quando mi chiamano Ninfadora! Perdo assolutamente il controllo!” brontolò Tonks, facendosi insolitamente lugubre. "E poi non c'era nessuno a controllare, no?"
Quella frase fece cadere la Evans in lunghi pensieri, fino a quando non arrivarono alla Sala Pranzo e decisero entrambe che la fame era più impellente del malumore.
"Buongiorno!" le salutò allegramente Cristhine, quando arrivarono al tavolo imbandito. Alle loro occhiate sorprese, si animò tutta. "Ho deciso anche io di passare il Natale a scuola! Che emozione!"
“Sei …arribata…’ily!” La salutò Potter, con la bocca strapiena di pollo arrosto.
“Che schifo! Mangia correttamente maleducato!” Sbottò quella indignandosi. “Avanti, sentiamo la cavolata del secolo!”
“Cosa? Ah sì…” sorrise James, inghiottendo un enorme boccone che gli fece strabuzzare gli occhi. “Lo prenderemo di sera. E il luogo di caccia sarà nella amatissima Foresta Proibita!”
Lily sussultò, sgranando gli occhi.
“Fo…Foresta Proibita?!"
Oltre al fatto che le parole di Malfoy l'avevano turbata, la sua ultima gita lì non era stata affatto piacevole, dato che aveva rischiato di venire mangiata da un Corno Corazzato.
James la guardò inclinando la testa, malizioso.
“Sì, esatto Evans, la Foresta Proibita.” sorrise. “Quel maledetto fa sempre lo stesso giro da sei anni. Ci sono due caverne verso ovest, saranno le nostre postazioni. Non mi dirai che hai paura...”
La ragazza lo fisso storto, cercando di darsi un contegno.
“Certo che no. È come un pigiama party...nella natura."
“Forte, un pigiama party nella foresta proibita!” Cinguettò Tonks. “Non sono cose che capitano tutti i giorni. Qualche volta sfidi anche me, James?”
Il ragazzo rise.
“Ma a sfidare te non c’è gusto! Tu mica ti spaventi! Lily invece…” e lanciò una occhiata maliziosa alla rossa, che lo guardò in cagnesco.
“A che cosa ti deve sfidare?” chiese Remus curioso, comparendo all’improvviso al fianco della più giovane, che sussultò per la seconda volta in una mattinata.
“Mi hai fatto prendere un colpo!” esclamò. “Tra te e Malfoy mi farete venire il crepacuore!”
Nemmeno avesse sganciato una bomba. Il tavolo dei Grifondoro praticamente tremò e Black, che stava tubando con la sua adorata Corvoncina fino a qualche istante prima, si girò con un movimento così meccanico da sembrare una bambola manovrata dai fili.
“Malfoy ti ha dato fastidio?!” sibilò, e visti i suoi occhi omicidi Lily pensò bene di tappare la bocca all'amica prima che parlasse troppo.
“Solite scemenze da squadristi! Ho già risolto io!” rise nervosamente. "E comunque James mi ha appena sfidato a fare un pigiama party nella Foresta Proibita. Devo aiutarlo a prendere Babbo Natale.” aggiunse, guardando Remus, tanto per cambiare discorso e sperando di non essere ascoltata da altri visto che era una cosa da malati mentali.
E ecco altri due occhi omicidi.
“Coosa?! Ma ti sei bevuto il cervello?!" sbraitò il biondo verso l'amico. "No! Assolutamente no! Lily, mi meraviglio di te, con il ruolo che ricopri!"
“Ho accettato solo per battere James!” esclamò lei, disperata.”E per non perdere la faccia!”
Era la seconda persona a farle notare neanche tanto velatamente che un Prefetto non avrebbe dovuto comportarsi così...
“Tanto la perderai comunque!” buttò lì James. "E tu non dovresti proprio parlare, signor Incoerenza."
"Io sono io!" rimbeccò l'altro, arrossendo. "Lily è...Lily!"
“Affascinante analisi, Lunastorta." ironizzò Ramoso.
"E a proposito dei ruoli da Prefetto!" li raggiunse Mandy Harpies, scuotendo boccoli freschi freschi di messa in piega, piazzando una mano sul loro tavolo come una regina seguita dal suo codazzo di amiche starnazzanti. "Dobbiamo parlare del Ballo di Capodanno, Lupin!"
"Beh, si metta in fila, Signorina Harpies." aggiunse Minerva McGranitt, apparendo alle loro spalle come un corvo e facendoli saltare tutti per aria. "Signor Lupin, può seguirmi nel mio ufficio?"
"Ma professoressa, mancano pochi giorni!" lagnò la Tassorosso con vocetta irritante, ma la strega la fulminò con lo sguardo.
"In questa scuola non si fa altro che fare festa, ultimamente!" rognò, squadrandoli storto. "Ci metteste nello studio il decimo dell'impegno che avete nel creare party, sareste tutti promossi a pieni voti!"
"La socializzazione è ugualmente importante, prof!"
"Lei stia zitto, Potter, non ho ancora deciso se punirla per la scenetta di stamattina!" la donna acciuffò Lupin per un braccio e si allontanò prima di commettere un infanticidio.
Seguirono la scia delle sue imprecazioni per qualche istante, prima di guardarsi tra di loro.
"Secondo voi che vuole da Lupin?" chiese Minus, curioso.
"Probabilmente riempirlo di zenzerotti." sbuffò Black, minimizzando. "E comunque mi ero proprio scordato del Ballo."
"Perfetto, fantastico!" berciò istericamente Mandy, sollevando le braccia per aria. "Un Ballo da sistemare, metà dei Prefetti sono in vacanza e l'altra metà mi dà buca ogni volta che ho bisogno di loro! Devo sempre fare tutto io!"
"Ma che ha da lamentarsi tanto?" bisbigliò Tonks, fissandola sorpresa mentre la biondina iniziava una tirata delle sue facendo venire a tutti voglia di strozzarla.
"Cacciale un dito nell'occhio, così avrà davvero qualcosa per cui frignare." frecciò Felpato con il suo solito tono annoiato e supponente alla Black, facendo ridere Potter...fino a quando una delle bamboline zucca-vuota che si portava appresso la Direttrice del Comitato della Morale si avvicinò con un sorrisino audace e scoccò a James un'occhiata che era tutto un programma.
"A proposito del ballo..." alluse con voce stucchevole, ma non finì la frase perchè Cristhine fece qualcosa di veramente insolito.
Si attaccò come un missile al braccio di James e iniziò a fargli fusa e moine come un'oca.
"Giochiamo a palle di neve?" cinguettò, sbattendo le ciglia sugli occhioni e seguita a ruota da Tonks che letteralmente diede una fiancata alla tizia sbalzandola via come un pupazzo, piazzandosi all'altro lato del Malandrino.
"Sì, ti prego caro James, giochiamo?"
Lily le fissò stupita, e si sorprese ancora di più quando il gelosissimo Sirius fece finta di niente e anzi, accolse la proposta con fin troppo entusiasmo.
"Ben detto, lasciamo perdere per un attimo il Ballo, tanto c'è tempo!" ghignò, mentre Potter guardava da uno all'altro senza capire un'acca, come tutti gli altri del resto. "Hey gente, ci state?"
"Magari ci ripigliamo da quel dannato jetlag!" si unirono Paciock e Weasley, già con occhi da killer.
“Hemm…tu è meglio che fai il tifo…” propose Black fissando la sua adorata Corvonero e offendendola a morte.
“Nemmeno per sogno! Gioco anche IO!"
“Ma…” balbettò Sirius, a disagio.
Era evidente che non la riteneva molto forte…
“Cosa ci scommetti che ti batto?” sorrise lei.
“D’accordo! Una intera confezione di gelatine Tutti I Gusti + 1. Lily?"
"Passo, grazie." la rossa si alzò, sorridendo. "Vado ad aiutare la Harpies, prima che le venga un attacco di cuore!"
"Guarda che stasera diamo la festicciola! Hai preso i vestiti?" le gridò dietro Peter.
"Sì, sì!"
"Che festicciola? Quali vestiti?" chiese la McRanney, curiosa.
"Oh, beh..." Sirius ghignò. "Di solito ci vestiamo tutti a tema Natalizio. Gli altri pensano sia una tradizione come tante, ovvero una scusa per bere, ma in realtà l'abbiamo ideata per sfottere James."
"Ah-ah, mi sto ammazzando dalle risate." borbottò lui, lugubre.
"Vuole catturare Babbo Natale." spiegò Black alla Corvonero. "E sì, lo sappiamo che non esiste. Ma lui è un po' tardo, sai, ci arriva dopo alle cose..."
Fu zittito da una palla di neve magica che gli si schiantò sul naso.
La guerra aveva inizio...










"Come prego?"
Un Remus Lupin esterefatto sollevò la schiena dalla sedia, inarcando un sopracciglio.
"Volete darmi una borsa di studio?"
Si era aspettato qualche rimporvero o qualche palloso compito da portare a termine, ma quella era una vera sorpresa.
La McGranitt sorrise soddisfatta, portandosi alle labbra la tazzina da te. Il suo ufficio era accogliente ma professionale, con mobili in stile liberty rosso e oro e un invitante profumo di biscotti.
"Ha degli ottimi voti, quindi quest'anno tocca a lei. In realtà avrebbe dovuto essere emessa molto prima, ma con tutto quello che è capitato...lo consideri un indennizzo per le spese del semestre. E' una gran bella cifra percui, congratulazioni."
"Mi scusi, ma non sono d'accordo." il ragazzo si rimise composto, ignorando lo sgranare dei suoi occhi dietro gli occhialetti a mezzaluna e scoccando all'assegno uno sguardo critico. "Non vorrei apparire ingrato, ma io provengo da una famiglia benestante. Sarebbe opportuno dare questo denaro a chi ne ha bisogno davvero."
"Non dica sciocchezze!" sbottò la donna. "Il principio è meritocratico. Lei si è dimostrato uno studente modello, eccezion fatta per le compagnie che frequenta..."
Il ragazzo tossicchiò, guardando altrove imbarazzato.
"Hemm...la ringrazio per l'opportunità. E' tutto?"
"In effetti no."
La voce della professoressa si fece più incerta, cauta. Remus si fermò sulla porta, cogliendo un improvviso cambiamento di clima quasi a pelle.
"Suo padre non ha molto gradito il recente sviluppo della questione...Barrie Walsh."
Il Marauders rimase in silenzio...anche se le mani si strinsero sulla maniglia, facendola scricchiolare.
"Come tanti genitori, del resto. E' stata una mossa azzardata, non lo mettiamo in dubbio...usarvi come esche...ma dovevamo essere sicuri di quello che stavamo facendo, prima di procedere. Se non avessimo fatto così, il pericolo per voi sarebbe stato ancora maggiore, con quella dannata creatura a piede libero per la scuola fino a chissà quanto. Sa, i vampiri non riescono a stare tanto tempo lontano dal sangue, qualche che sia la pozione che assumano."
"Professoressa McGranitt, è stata una mia idea." la fermò lui, con voce un po' fredda. "Ero consapevole dei rischi e dell'opportunità che ci si è presentata. Non avete di che scusarvi. Parlerò io con mio padre."
"Ciò nonostante, forse i rischi per lei sono stati maggiori che per altri." continuò quella, come se non avesse sentito. Si spostò gli occhiali sul naso, fissandolo intensamente. "La maniglia, signor Lupin. Me la sta rompendo."
"Io...oh, scusi." Si scostò dalla porta come se scottasse.
"Come funziona, se posso chiedere?" si incuriosì lei, chinandosi in avanti. "La forza fisica, intendo. Me l'aveva spiegato la collega di Difesa, ma temo di aver dimenticato."
Avrebbe dato non so cosa per fuggire via da quel discorso. Di scardinare la porta dal muro e correre a rifugiarsi dai Marauders.
Ma era sempre stato un tipo dannatamente educato.
"Sono più forte di un normale essere umano solo per un determinato periodo del mese." disse, con sguardo vuoto. "Quando si avvicina la luna piena, inizio a stare male. La mia forza fisica è ridotta al minimo sia prima che dopo la trasformazione...quindi per un periodo di due settimane circa. Poi cresce gradualmente."
"Anche i vampiri sono più forti di un normale essere umano. Benché usino più la nobile arte dell'elusione e della seduzione, la loro struttura ossea è più resistente. Possono spezzare colli come foglie secche. E da quanto mi è stato raccontato, la vampira si stava ritrasformando quando eravate con lei." considerò la McGranitt, meditabonda. "Signor Lupin devo chiederglielo, almeno per mettere il cuore in pace a suo padre...e a me. Ha avuto contatti con la vampira tali che possano aver messo il suo segreto in pericolo?"
"Io..."
"Sarò schietta, Remus. La scuola non può permettersi un altro scandalo, ora come ora."
La frase cadde nel silenzio. Non ce l'aveva con la Professoressa. Capiva bene in che posizione era.
Solo che... suo padre...
"No, nessun contatto." rispose. Cercò di non arrossire, ricordando il tonfo sordo che si era propagato nella sala circolare quando aveva bloccato il polso di quella maledetta.
Come due blocchi di marmo che cozzavano...e il suo sguardo, il suo comprendere...
Ma cosa avrebbe potuto mai fare? Era ricercata in tutto il paese, sempre che non fosse morta carbonizzata, cosa di cui era quasi certo.
Di certo, l'ultima cosa che avrebbe potuto fare Lydia Toulouse era di andare dal Ministro a dirgli, hey bello, nella vostra scuola c'è un dannato lupo mannaro!
Fu con queste considerazioni che uscì in giardino, dove invece le persone che più aveva a cuore si erano appena date una battaglia degne dei libri di storia.
“Visto? Ti ho battuto!” rise Cristhine, raggiante.
“Nemmeno per sogno!” esclamò Sirius. “Eravamo pari! Quel tiro non valeva!”
“Cooosa? Certo che era valido!”
“Mi ha solo sfiorato!”
“No, no! Ti ha colpito in pieno viso, tesoro!”
“Ma va!”
“Sì! Ne sono certa! Vero James?”
“Verissimo.” confermò solennemente quello, che chissà come aveva rimediato un occhio nero.
“Traditore." bisbigliò Sirius, "Remus non avrebbe barato senz'altro, vero Rem?"
"Passare il Natale qui è fantastico!" ridacchiò Tonks. "Meglio che passarlo a casa!"
Remus sorrise, vedendoli così felici. Sentendo il loro calore come se fossero fatti di fuoco, così dolce da fargli dimenticare tutti i cattivi pensieri.
Sì, era meglio che passarlo a casa.
Decisamente.
"Allora, che voleva la vecchia cornacchia?" chiese Peter, togliendosi fiocchi di neve dai capelli.
Lui scosse il capo.
"Nulla di ché! Solo ricordarmi che sono un bravo bambino."
"Sto per vomitare." ghignò Potter, scrocchiandosi le dita.
"E io sto per prenderti a cazzotti! Cos'è che hai in mente di fare, tu, eh? Guarda che non l'ho dimenticato!"
"Cheppalle Remus, come se fosse la prima volta!"
"Perchè te la prendi tanto sul personale?"
"Perchè non lascerò che tu corrompa l'ultimo Prefetto decente di Grifondoro..." ringhiò tra i denti quello, ma fu subito abbracciato da quel dannato che iniziò a fargli gli occhioni dolci.
"Te ne starai buono, vero?” miagolò, soffiandogli sul collo e facendogli venire i brividi.
“Te lo scordi! Questa volta ve lo scordate! No! La mia risposta è…”







“Sì! Maledizione! Ho detto ancora una volta sì! Ma cos'ho che non va?!”
Il fuoco scoppiettava allegro nel caminetto di mattone, e la Sala Comune di Grifondoro profumava di dolci: bastoncini di zucchero rossi e bianchi appesi alle pareti, vassoi stracolmi di pudding, tronchetti di cioccolato, pan di zenzero e zenzerotti facevano da padrone assieme a quantità interminabili di burrobirra ribollente. Le lucine fluttuavano allegre sopra le loro teste e qualsiasi mobile era stato bardato da ghirlande di pigne, alloro e aghi di pino. Avevano anche recuperato il vischio, posizionato strategicamente sopra quella che avevano soprannominato "la poltrona del limone", praticamente sempre occupata, e tutti erano vestiti di tutto punto per la gioia dei più piccolini che si vedevano circondati da tanti Babbi Natale.
Uno spettacolo. Peccato che Lupin, più che godere della grazia di dio in quel momento, avrebbe voluto strangolare i suoi migliori amici.
“Oh, non prenderla a male!” lo consolò Peter, mentre il biondino si toglieva dalla faccia la barba bianca con aria rassegnata. “Non c’è mai stato verso di fermare James, lo sai. È troppo testardo!”
"Io sono uno stramaledetto Prefetto!" rognò quello, e a dimostrazione della cosa si alzò e andò a sgridare due bambinetti del primo anno che giocavano con un Freesbe Zannuto.
“Ciao ragazzi!” esclamò in quell'istante James, saltando con un balzo la poltrona e sedendosi. “Stavo di sopra a preparare tutto. Remus, quello è un Freesbe Zannuto? Ottimo, il mio lo perso!”
Era vestito come un folletto, con calzamaglia verde e un lungo capello appuntito. Abbastanza ridicolo ma, sue testuali parole, "non ho intenzione di conciarmi come quello stronzo di Babbo Natale".
Fece per allungare la mano verso l’oggetto, ma Remus si ritrasse guardandolo torvo.
“Te lo scordi. Questo oggetto andrà confiscato, come giusto che sia.”
Potter sbuffò, e acciuffò un pezzo di liquirizia lì sul tavolo.
“Ancora arrabbiato, eh?” Chiese, allegramente.
“Abbiamo appena rischiato di diventare un frullato per vampiri!” ricominciò Remus, che per tutto il pomeriggio non aveva fatto altro che rompere. “James, tu sei pratico della foresta, ma Lily no! L'ultima volta si è persa in un battibaleno ed è uscita viva per miracolo! Se vuoi finire ammazzato fai pure, ma non mettere in pericolo gli altri! Contando sul fatto che hai giocato sul suo orgoglio…è meschino e disonesto!”
“Nessuno finirà ammazzato! Andiamo Remus, non metterei in pericolo Lily!"
Arrossì improvvisamente, accortosi delle sue parole dette con un po' troppa foga. “A chi faccio li scherzi, dopo?” disse, salvandosi la faccia.
"Senti..."
“Io non mi tiro indietro, voglio segregare il ciccione fino alla fine dei suoi tempi. Inoltre c'è una scommessa in ballo, e non intendo perdere. E Lily sicuramente la penserà allo stesso modo, per cui è inutile proseguire!”
“Per l’appunto!” fece quest’ultima, scendendo dal dormitorio femminile con in mano uno scatolone con gli ultimi addobbi.
La lunga treccia che si era fatta ondeggiava sinuosamente a ogni scalino e così agghindata era adorabile: indossava un vestitino rosso a metà coscia, bordato di pelliccia bianca, mantellina e calzamaglia abbinata che lasciava intravedere lunghe gambe da gazzella e che ammutolirono James per i successivi dieci minuti.
La vide sedersi al piano bar che avevano allestito accanto a Cristhine, Sirius e Tonks e scostarsi una ciocca ribelle dal viso.
Quella treccia le evidenziava in maniera deliziosa il nasino...
"...mi stai ascoltando o no?"
"Eh?"
Lupin alzò gli occhi al cielo, sospirando.
"Come hai intenzione di arrivarci, nella Foresta Proibita? Sarà pieno di controlli."
"Userò il passaggio dietro il ritratto di Barnaba il Babbeo." rispose, agitando le mani con sufficenza. "Dritti fino alla Foresta senza bisogno della Mappa..."
"Tu e Lily, soli soletti in un passaggio stretto...ma sei sicuro che ci vai veramente per catturare Santa Claus?" ridacchiò Peter con sguardo furbetto.




E dall'altra parte della stanza, Lily ebbe un brividino. Chissà perché, ma gli sguardi dal tavolo di James non le piacevano proprio per niente...
Sospirando disperata, si girò verso Tonks, che aveva il naso affondato in un bicchiere di Burrobirra.
"Scusa, puoi ripetere? Hey, ma non sei un po' giovane per bere?"
"Io reggo qualsiasi cosa!" ridacchiò la ragazza, con il labbro superiore bianco di schiuma.
"In effetti è la quinta che ti sei scolata e sei ancora fresca come una rosa." analizzò Sirius, piacevolmente stupito. "Sarebbe interessante farti sfidare qualcuno di mia conoscenza..."
"...comunque, dicevo di aver visto Gazza qui intorno, stava inchiodando un quadro al muro, quello di Barnaba il Babbeo! Siete stati fortunati a non farvi beccare!"
Cristhine sorrise, scoccando un'occhiata a Sirius che sorprendentemente non riusciva a guardarla in faccia. Per l'occasione la ricciuta Corvonero aveva indossato i colori della sua casa, diventando un'elegante Babba Natale blu e nera.
"In effetti, com'è che sembri sempre sapere dove andare quando mi porti qui?"
"Fortuna." borbottò quello, prima di chinarsi verso di lei abbassando la voce. "Senti, sul serio, riguardo a quello che mi hai detto stamattina..."
"Perchè, che ho detto?" chiese la Corvoncina con finta innocenza, facendolo impappinare come un moccioso fino a che Black non si trascinò verso una bottiglia con il cervello in palla e l'aria distrutta.
"Sei diabolica..." rise Lily sottovoce, chinandosi verso l'amica che ricambiò il ghigno.
Era da tutto il pomeriggio che Sirius cercava di parlare di quel 'ti amo' e lei faceva finta di cadere dalle nuvole. Forse i Marauders l'avevano contagiata più del dovuto, perchè era davvero troppo divertente!
"Piuttosto, sei davvero sicura di farti trascinare in quella follia da James?" chiese, guardandola di sottecchi. "Ma di quale foto parla, si può sapere?"
"E' vero, non fa che dire che se perdi la piazzerà per tutta la scuola!" si aggiunse Tonks, curiosa.
"Piuttosto, voi due!" abbaiò la rossa, sperando di cambiare discorso. "Si può sapere che vi prende?"
"Che intendi?" chiesero in coro quelle due, ghignando all'unisono con la faccia di quelle che sapevano perfettamente cosa intendesse.
"Da quando fate tutte queste moine a Potter? Com'è che gli state così incollate? Da quando tu..." indicò Cristhine, che rifece il faccino angelico e innocente che aveva fatto poco prima a Sirius. "...hai quel tono di voce?"
"Quale tono di voce?" cinguettò la Corvonero, fingendosi stupita.
Stavano chiaramente architettando qualcosa...
"Tranquilla Lily, James è tutto tuo! Io ambisco ad un'altra preda..." ridacchiò Tonks, facendo gli occhioni dolci a Remus che inciampò sui suoi stessi piedi.
"Io non...non era per gelosia!" balzò su la Evans, avvampando indignata e alzando il tono di voce di due ottave.
"Gelosia per cosa?"
Potter si schiantò tra di loro con un sorrisetto.
“Ciao Lily! Sentite, lasciamo perdere la sfida per il momento, Tonks voglio assolutamente rivedere la faccia di Malfoy col naso di maiale!”
“Oh, non posso più assumere l’aspetto di Malfoy, Silente mi ha proibito di trasformarmi negli altri!"
“E’ un peccato! Avresti potuto trasformarti in un Serpeverde e spiare le loro mosse…” esclamò Peter, deluso.
“E’ proprio per questo che non vuole!” rise la Grifoncina, scuotendo i capelli che per l'occasione erano metà rossi e metà bianchi con un grosso fiocco in cima.
“Beh…tecnicamente non puoi trasformarti negli altri completamente. Se trasformi solo la faccia e il corpo lo lasci uguale non ti possono sgridare, perché chiunque si accorgerebbe subito che sei tu.” disse Remus, arrivando pensieroso.
“Allora serve a qualcosa avere un amico sapientone!” tuonò gioviale James, dandogli una pacca sulla schiena che gli fece cadere di mano le tartine.
“D’accordo allora!” esclamò Tonks, e fece la solita espressione corrucciata. Un secondo dopo la testa di Malfoy sostituì la sua.
Era stranissimo vedere la testa del Serpeverde sopra un corpo da ragazza, e in men che non si dica si rigenerò il coro da stadio da parte di tutti i Grifoni, che li circondarono urlando festosi.
“Quella di maiale! Fai quella di maiale!”
Lily sorrise, scuotendo la testa ma stranamente con affetto...e si domandò subito dopo da quando aveva perso quell'occhio critico nei loro confronti. Era stato così naturale...
Si girò verso Remus, l'unico in disparte come lei, probabilmente perchè preferiva tenersi alla larga da Tonks per quanto possibile. Conoscendolo, quel peperino gli stava dando un sacco di gatte da pelare...
"Senti, Remus, posso farti una domanda?"
"Uh?" lui si voltò verso di lei, inarcando un sopracciglio.
"Come fai?" chiese Lily, indicandogli la spilla di Prefetto appesa al petto. "Voglio dire, come è possibile riuscire ad essere sia un Prefetto che un Marauder?"
Non sapeva cosa si aspettasse di sentire. Forse una soluzione magica a tutti i tranelli della vita.
Ma dentro di lei, già sapeva cosa avrebbe detto Remus.
"Non è possibile, infatti." sorrise, indicandosi e guardando afettuosamente la ragazza, la sua compagna, la partner con cui aveva ristabilito l'ordine per anni. "Non si può essere Prefetto e Marauder allo stesso tempo."
"Ma..."
"Lily, nella vita si indossano maschere di ogni tipo." lui guardò in alto, dove le stelline filanti si rincorrevano tra le travi del soffitto. "E' così che funziona. Credimi, io ho indossato maschere per tutta la vita...ti sommergono, si addossano l'una all'altra fino a farti dimenticare quello che c'è sotto, e tu provi a ribellarti ma succede che ne indossi sempre di più, sempre di più, fino quando non riesci più a capire quale sia la maschera e quale sia il tuo vero volto. Ti guardi allo specchio e non riesci più a distinguere chi sei."
Lei lo guardava attentamente, ora. In rigoroso silenzio, quasi referenziale.
Lui sospirò, e continuò a fissare il gruppetto in festa, lascianosi sfuggire un sorriso pieno d'amore mentre sollevavano in aria i bicchieri e anche una bella risata quando Black e Potter cercarono di piazzare a forza Weasley e Minus sulla 'sedia del limone'. "Poi succede che, ad un certo punto, nella strada che stai percorrendo trovi un ostacolo che ti fa inciampare...e tutte le maschere cadono a terra. Ti scivolano via dalla faccia, semplicemente. Ed improvvisamente, riesci a vederti per come sei davvero. E sai che ti capiterà di indossare ancora quelle maschere durante il cammino, ma sai anche cosa ci sarà al di sotto. Sai riconoscerti allo specchio. Sai finalmente distinguere chi sei. Quell'ostacolo sulla strada, quello che mi ha fatto inciampare...per me e per gli altri è stato James."
Le scoccò un'occhiata divertita, accarezzandole i capelli con dolcezza paterna.
"Marauder...Prefetto...possono essere entrambe delle maschere, ma non possono essere entrambi volti. Sta a te capire cosa è cosa."
Lei ricambiò il sorriso, sentendosi improvvisamente al sicuro. Lui faceva sempre questo effetto, sugli altri. Nonostante quegli inquietanti tagli sulle braccia, nonostante la malinconia dietro gli occhi celesti, nonostante non riuscisse mai ad essere un normale adolescente e concedersi una ragazza, una distrazione ogni tanto.
Oh, Remus...
"Spero di capirlo quanto prima." fissò James, sentendosi stranamente più tranquilla. "Lo spero davvero..."






“Ora basta, sono davvero stanca!”
Tonks si sedette fingendo di sbadigliare.
In realtà era sveglissima, ma doveva coprire Lily e James che, con tutta quella gente, non avrebbero potuto uscire inosservati. Il clima festoso piano piano andò scemando, i più piccoli fecero ciondolare le testoline, e alcuni erano così addormentati che per rimetterli a nanna fu necessario prenderli in braccio. Tra i più grandi, invece, l'alcool iniziava a farsi strada, assieme all'incantesimo Dolcesomnus che aveva lanciato James per levarseli di torno al più presto.
Non erano gli unici a cascare di stanchezza...pensò, dopo aver portato al piano di sopra un marmocchio dalle manine appiccicose.
Lanciò una occhiatina a Lily, con il gomito appoggiato ad un bracciolo della sedia e gli occhi socchiusi.
Quasi quasi la lasciava in pace...
La ragazza sussultò, come se quello sguardo l’avesse schiaffeggiata.
“Allora Evans, sei pronta?” Sorrise James.
In realtà era ‘no’ bello secco, ma la ragazza disse “sì.” quasi con tono di sfida, fingendo di non aver mai sonnecchiato.
“Bene. Andiamo?”
“Hey genio, non vorrei fare la guastafeste, ma c’è Gazza che pattuglia i corridoi! Se ci becca come la mettiamo?” sbottò Lily.
“Evans! Ormai dovresti conoscermi..." James ghignò, spegnendo ogni barlume di speranza. La fuori sembrava fare un freddo del diavolo...accidenti!
Si fissò sulle persone rimaste in sala, sperando di ricevere un aiutino...sì, come no.
Remus lo guardò torvo, ma pareva aver perso la voce a furia di lanciargli minacce.
Tonks aveva un’aria assolutamente eccitata, come se fosse tutto un bellissimo gioco.
Sirius non era da meno e quel ghigno divertito non migliorò affatto il suo umore. Cristhine e Peter sonnecchiavano che era una meraviglia.
“Mi fate un favore? Almeno uno di voi può far finta di credere che mi rivedrà?” sospirò sconfitta, anche se quegli sguardi non erano dei migliori...
“Noi andiamo…’notte!" rise Potter, acciuffandola per un braccio con l'aria di uno che le avrebbe fatto passare taaanti guai.
Il corridoio era deserto e scuro.
"Ma tu guarda che idiozia..." borbottò la Evans, girandosi da tutte le parti. Va bene che era una Prefetto, ma gironzolare nei corridoi non era propriamente una gran cosa! E poi, la McGranitt era stata abbastanza perentoria: ancora un'altra stronzata e i Grifoni avrebbero avuto guai seri.
Ma perchè, perchè si era lasciata convincere?!
Se lo continuò a domandare fino a quando non si fermarono davanti ad un quadro ridicolo e Potter iniziò a fare il galletto nel pollaio e a scompigliarsi i capelli.
"Hai intenzione di dirmi che hai in mente o preferisci startene lì a ghignare come un ebete?!" frecciò acidamente, incrociando le braccia al seno.
"Lily, Lily...dimmi, quanti passi hai fatto da quando sei uscita dal quadro?"
"Cos..."
"Cinquanta? Sessanta passi?"
"Ma che accidenti di domanda è?!"
Lui sollevò il mento compiaciuto, picchiettando contro il dipinto.
"Pensavi davvero che ci saremmo fatti tutta la scuola a piedi?"
"Vuoi continuare a fare il pallone gonfiato fino a quando non ti solleverai da terra e ci arriverai volando?" ironizzò la ragazza, senza scalfire nulla di quel sorrisetto odioso.
"Ora ti dimostrerò che cosa significa davvero essere il re di Hogwarts...mettiti comoda e ammira il genio..." disse lui con l'aria di chi la sa lunga, e picchiettò Barnaba il Babbeo con la punta della bacchetta.
Passò un secondo. Due. Tre...
"Incantata. Vuoi tenermi inchiodata qui ancora a lungo?" sbuffò la Prefetto, iniziando però a preoccuparsi nel vedere nei suoi occhi un'aria allarmata.
"Hey!" sbottò lui, ripicchiando con la bacchetta il dipinto.
Nulla.
Picchiò di nuovo.
"Falla finita imbecille, mi hanno inchiodato al muro!" ringhiò il distinto signore del quadro, un assurdo omucolo che aveva avuto la brillante idea di voler insegnare danza classica ai Troll, finendo per essere randellato dagli stessi. "Non bastava venire bastonato per sempre in un quadro, ora anche gli studenti ci si mettono!"
"Uh-oh."
"Uh-oh?! Che vuol dire Uh-Oh?!"
James ridacchiò istericamente, passandosi di nuovo una mano fra i capelli.
"Era un passaggio segreto che ci avrebbe portati direttamente nella Foresta Proibita ma...hemm..."
"Non ci credo, non ci posso credere!" strillò sottovoce Lily, facendo scintille. E iniziò a massacrargli i timpani sibilando e borbottando come un'isterica, facendo avanti e indietro, avanti e indietro... "Ogni volta mi dico che non si può arrivare più in alto di così nella classifica dei deficienti, ma ecco che mi stupisci di nuovo! E ora che facciamo, eh?! Hai intenzione di farti le corsette per la Sala Grande?! Non ci pensi a Gazza?! E a Silente?! Ci beccheranno, dio, io lo sapevo, non dovevo lasciarmi coinvolgere in questa follia, è la volta buona che ci cacciano, e addio alla carriera da maga, beh perlomeno Petunia ne sarà contenta, tornerò ad essere una dannatissima babbana e mi sposerò con un imbecille sovrappeso con una bella macchina scintillante e faremo le cene ogni venerdì sera davanti ad una stupidissima partita di football, ma sappi che ti ci trascinerò dentro Potter, sappi che...!!!"
"Oh mio Dio, ma cos'ho fatto per meritare tutto questo?" sbuffò James, alzando gli occhi al cielo con aria stanca. "Ah già...vero, quello. Oh sì...anche quello...e, sì, pure quell'altro..."
"AAARGH!"
Si voltò di scatto, con la bacchetta in mano.
Una delle statue che costeggiavano i corridoi aveva afferrato Lily, animandosi improvvisamente e intrappolandola tra le braccia.
La ragazza sbarrò gli occhi, ma la statua non fece altro: si limitò a tenerla così, come un'amante un po' troppo focoso.
"Ma che diavolo..." mormorò James, sconvolto, quando la causa di quel tranello uscì fuori da un muro con una sonora pernacchia.
"PIX!" gridò a bassavoce Lily, mentre il dannato poltergeist che James aveva fatto ammattire scoppiava in una risata volgare, additandola come se fosse scema mentre cercava inutilmente di divincolarsi.
"Studentelli birbantelli, a girovagar di notte belli belli, ma con Pix che fa tranelli, non farete più i monelli!"
"Pix, giuro che ti uccido!" ringhiò tra i denti la ragazza, beccandosi un dito medio in faccia.
Quando si accorse di James, però, sgranò gli occhi e fece un profondo inchino.
"Mio maestro!" cinguettò angelico. "Le ho tolto d'impiccio l'odiosa Prefetto! Quale oscuro e diabolico piano ha in mente di attuare dirimpetto?"
"Maestro?!" continuò Lily, con un principio di crisi di nervi, fissando James con occhi omicidi. "L'hai fatto impazzire e ti chiama pure Maestro?!"
"L'ho solo migliorato..." sbuffò James, riservandogli uno dei suoi sorrisi migliori. "Hey amico, che ne diresti di liberarla?"
"Liberare il nemico?!" si scandalizzò il fantasma, iniziando a farsi sospettoso.
"Hemm...lei sarebbe con me..."
Non l'avesse mai detto. Quello iniziò a gonfiarsi e con orrore dei due poveretti, a ululare peggio di una sirena.
"TRADIMENTO!"
Si misero le mani sulle orecchie mentre la sua voce invase ogni dannato angolo della scuola.
"Stai zitto, ci farai beccare!"
"CHE STA SUCCEDENDO QUI?!"
I due sbiancarono, alzando la testa in sincrono. Gazza!!!





"Uh-Oh."
"Uh-Oh? Che significa Uh-Oh?"
Sirius Black alzò gli occhi dalla Mappa del Malandrino per scontrarsi nello sguardo già in procinto di incazzatura di Remus.
"Problemi." spiegò, indicando il nome di Gazza che si stava avvicinando pericolosamente a quelli di Lily e James.
"Ma che accidenti fanno?! Perchè non sono ancora dentro il passaggio?" sfasò Lupin.
"Hey, ragazzi, che succede?" Peter salì in camera. "Di sotto Tonks e Cristhine si stanno facendo delle domande!"
"Ok, dobbiamo andare da loro. Diciamo alle ragazze di dover fare un rifornimento alcolico." disse Remus, dopo un istante di riflessione. "E' evidente che hanno problemi con il quadro..."
"Rifornimento per cosa? La festa è terminata! Sono tutti collassati!"
"Tu!" Remus indicò Peter. "Sei triste per qualcosa. Spara!"
"Ma io non sono triste..."
"BEH, INIZIA A DIVENTARLO PERCHE' DOBBIAMO TROVARE UNA SCUSA PER PRENDERE ALTRO ALCOOL!"
"Sei triste perchè ti ha mollato la fidanzata. Ti ha mollato perchè...hai una faccia da scemo." inventò su due piedi Sirius, facendosi guardare male da Codaliscia.
"E secondo te ci crederanno?!"
"Beh, la faccia da scemo ce l'hai."
"Ok, perfezioneremo i dettagli strada facendo! Ora dobbiamo muoverci!"
"E che intendi fare una volta lì? Ti ricordo che c'è la Evans..."
"Ci verrà in mente qualcosa!" sbottò il Malandrino scendendo le scale. Poco dopo, lo sentirono dire "Scusate ragazze, Peter ha bisogno di bere!"
"Sì, perchè ha una faccia da scemo!" sparò Black, fiondandosi fuori dal quadro dietro di lui.
Peter rimase giusto un secondo immobile davanti a Cristhine e Tonks, che li fissavano stupite.
"Oh, l'importante è il carattere, Peter." lo consolò Ninfadora.






"Dio, quanto è figo quel gatto..."
"POTTER NON E' IL MOMENTO!"
Lily Evans dovette assumere tutto il suo autocontrollo per riuscire a strillare e contemporaneamente farlo a bassa voce.
In effeti, James si era sempre chiesto come riuscisse a fare le due cose assieme, ma era Lily Evans, e questo bastava a spiegarlo.
Dal canto suo, la Evans si chiese come diavolo fosse possibile che un qualsiasi studente si inchiodasse come un babbeo a venerare Mrs Purr al posto di darsela a gambe levate!
E come da manuale, quell'odiosa palla di pelo iniziò a miagolare come una pazza facendoli andare totalmente nel panico.
"Cavolo!" Ramoso parve risvegliarsi e, sentendo l'odore di gin scaduto e polvere che emanava Gazza a pochi passi dallo svincolo, si fiondò sulla statua cercando di liberare Lily senza riuscirci.
"E' bloccata!" ansimò, mentre quella sbiancava.
"Chi c'è qui?" sbottò di nuovo il custode. Si stava avvicinando...
"Ok, James, vattene." bisbigliò la ragazza, rossa per lo sforzo di liberarsi da quelle dannate braccione di metallo. "Sono una Prefetto e posso cavarmela in qualche modo, ma non se ci sei anche tu!"
"I Marauders non si abbandonano l'un l'altro!" stabilì lui, senza nemmeno pensarci.
Il chè sarebbe stato anche commuovente se non fosse che erano ad un passo dall'espulsione!
All'improvviso, tra cigolii e schiocchi, avvertì uno squittio. Codaliscia!
Girò appena la testa e vide dietro una colonna Sirius, Remus e Peter con gli occhi sgranati.
"Tesorino, chi hai trovato?" strillò Gazza, ormai ad un passo dallo svoltare l'angolo e beccarli in pieno.
"Ora li scopre!" sibilò Black nervosamente, girandosi verso Lupin in attesa di una sua idea geniale ma anche il biondino sembrava non sapere cosa fare.
"Siete finiti!" tuonò Gazza, accellerando il passo sentendo il rumore di ferraglia che scaturiva dallo scuotere quella stramaledetta statua stregata.
Pochi passi...tre...due...uno...
"James!" strillò Lily, chiudendo gli occhi.
E proprio quando Gazza stava svoltando, James scattò.
Tirò un ultimo disperato calcio alla statua le cui braccia finalmente si aprirono con un "clack", afferrò Lily per la vita e...se la strinse contro.
La ragazza udì un fruscio...ed improvvisamente, si ritrovò sotto un mantello argentato, premuta contro di lui come una sardina, la mano di Potter a tapparle la bocca.
Rimase paralizzata, con la faccia dolorosamente spiaccicata contro la maglietta del ragazzo ed il cuore in gola...lo sentiva tremare di adrenalina.
Ma Gazza non li vide. Rimase immobile qualche secondo, inarcando il sopracciglio, fissando esattamente il punto dove stavano loro, ma senza vederli.
Passò qualche istante di silenzio tombale, immobile. Il cuore di James contro il suo orecchio era l'unico suono che udiva. Potente, frenetico, veloce come quello di un...animale...
Ma perchè il Custode non faceva nulla?!
E poi Lily fissò il proprio riflesso nella statua con la coda dell'occhio...e battè le palpebre.
Il loro riflesso non c'era!
Erano...invisibili!
La potenza della rivelazione le fece sciogliere le gambe come burro, un po' per il sollievo e un po' per la rabbia, ma la mano di Potter, artigliata alla sua vita, la sorresse.
"Ditemi che non l'ha fatto davvero." alitò dall'altra parte del corridoio Sirius, a dir poco agghiacciato. "Sette anni di segreti e poi...lo srotola davanti a lei come se fosse un...un lenzuolo qualsiasi..."
Quello stronzo aveva un mantello dell'invisibilità!
Lily trattenne l'impulso di affondargli i denti nella carne, ma quello percepì ugualmente il suo agitarsi perché la strinse più forte.
Non le importava più di Gazza, della scommessa, di quello psicopatico di Pix e di Mr Purr, ora l'unica cosa che voleva fare era strangolare quel maledetto che se l'era spalmata addosso come una marmellata!
Un mantello dell'invisibilità, ecco come diavolo faceva a girovagare dappertutto! L'aveva presa in giro per tutto il tempo!
Chi le assicurava che non si fosse intrufolato nel bagno delle ragazze, eh?!
Quel...quel porco!
"Vedi niente, mio tesoro?" sbottò Gazza al gatto, che a quanto pare li vedeva eccome.
"Peter, vai." ordinò Remus, vedendo - o meglio, percependo - James arretrare impacciato trascinandosi dietro Lily nel tentativo di non farsi beccare dalle sue zampate.
"Vi odio!"
In realtà il topo squittì e basta, ma il senso era sicuramente quello perché iniziò a zampettare per il corridoio attirandosi le attenzioni di quella bestiaccia che prese a inseguirlo.
Il piano ebbe successo perchè il vecchiaccio andò loro dietro credendo di inseguire chissà cosa...(era una fortuna che Peter conoscesse ogni crepa e buco nei muri di quella baracca!) e finalmente furono liberi.
"Fiu, per un pelo!" ridacchiò James, staccandosi. Poi, visto che la conosceva parecchio bene, si abbassò evitando il cartone che gli stava per arrivare sui denti.
"Hai un mantello dell'invisibilità!"
"Ok, prima che tu dica qualsiasi cosa..."
"Non ci posso credere, Potter, non riesco a crederci che me l'hai fatta sotto il naso per tutto questo tempo!"
"Senti, ti ha salvato, no?!"
"NON E' QUESTO IL PUNTO!"
Lupin sorrise, trascinando via l'altra persona che in quel momento avrebbe volentieri ammazzato James...ovvero Sirius, che stava già per andare a mettergli le gambe al collo.
Li lasciarono che ancora stavano bisticciando, ritornando sui loro passi.
"Dio, ma come si fa ad essere così scemi?!"
"Che doveva fare, farsi beccare?"
"Davanti a Lily, Remus!" esplose Black, indicando dietro di loro con il pollice. "Lily Evans! QUELLA Lily Evans!"
Il lupetto sospirò, sobbalzando appena quando un topolino si lanciò da una trave finendogli in testa.
"Sappiate che non lo faccio più!" sbottò Peter, ritrasformandosi. "Questa volta quel gattaccio mi ha quasi preso!"
"Qualche volta me lo mangerò, quel sacco di pulci..." borbottò Sirius.
"Beh, fallo prima che mangi me, grazie!"
"Ma come siete lagnosi oggi." Lupin continuava a sorridere.
"Lily Evans! Lily Evans!" andò avanti Sirius, in tono melodrammatico. "Possiamo anche dire addio al giocattolo!"
"Chissà...magari no..."
Sì, stranamente Remus era tranquillo.
Chissà come, ma era convinto che non glielo avrebbe confiscato! Forse era per via del discorso di poco prima...e lo sguardo che aveva mentre gliene parlava...
Aprirono il quadro, infilandosi dentro con imprecazioni e borbottii.
"Beh, sappia che se succedono casini la mia prossima cena prevederà stufato di cervo!" ringhiò Sirius, aprendo il quadro. "Giuro, se solo un altro segreto dei Marauders verrà rivelato io...AAAAAARGH!"
Si bloccarono tutti e tre, sentendo un tuffo dentro lo stomaco. Ed il ghiaccio nelle vene a dir poco.
Davanti a loro, sdraiate per terra, Cristhine e Tonks stavano giocherellando con una pergamena, fissandola incuriosite.
Le due ragazze sollevarono lo sguardo, mentre nomi e corridoi si spiegavano sotto i loro nasi.
"E questa cos'è?" chiesero in coro.
Avevano dimenticato la Mappa sulle scale...ancora attiva!!!





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Capitolo 41
*** Who killed Santa Claus? Part III. ***










“Guarda che se stai così lontana il mantello mica ti copre tutta!”
Lily Evans lo fulminò con lo sguardo.
“Ti diverti, vero Jam?” disse aspramente, con le mani artigliate contro il braccio di quell'idiota.
“Sì, moltissimo!” ammise lui, ignorando le sue unghiacce da gattaccio randagio che gli stavano facendo vedere le stelle da venti minuti.
Ancora doveva spiegarsi come cavolo aveva fatto a convincerla a proseguire l'avventura, piazzarsela sotto il mantello e trascinarla per i corridoi deserti senza che lei gli lanciasse una fattura in mezzo agli occhi o peggio, gli confiscasse seduta stante il suo prezioso artefatto!
Sapeva solo che era lì, con lui, sotto quel tessuto, a fare le cose che di solito faceva con Sirius. A dirglielo solo pochi mesi prima, non ci avrebbe mai creduto.
Non riusciva quasi a stare fermo, si sentiva euforico...e per ben tre volte rischiò di farsi scivolare il mantello di dosso.
Anche Lily era sui carboni ardenti...ma per motivi ben diversi!
Ma come faceva a reggere la tensione?! A lei veniva solo voglia di urlare, tante erano l’adrenalina e la fifa che aveva nelle vene in quel momento!
Quando poi si ritrovarono davanti la McGranitt di pattuglia, quasi le venne un infarto e ci mancò poco che lanciasse un grido per davvero!
“Accidentaccio a te, Lily! Per poco non ci facevi scoprire!” proruppe James, una volta usciti dal Castello.
L’aria era fresca e legata al gelo dell’inverno, le stelle brillavano come piccoli diamanti nel cielo nero.
Alla ragazza tremavano le gambe.
“Mi sono spaventata, d’accordo?!” sbottò. “Non lo faccio tutti i giorni! Infrangere le regole, dico!"
“Su, vedila in un modo più ottimista!”
“Ma perché mi sono lasciata convincere?!”
“Perché sei tremendamente orgogliosa?” chiese James, fingendosi pensieroso.
Lily non rispose.
Erano arrivati al confine della Foresta, un lungo corridoio freddo come la morte, pieno di spifferi e sussurri.
Pareva che i raggi di luna non filtrassero tra gli alberi, eppure l'aria si permeava di una fumosa luce verdastra.
Incominciò inconsapevolmente a rabbrividire…forse non era stata affatto una buona idea. Sembrava il set di un film horror! Solo un pazzo ci avrebbe potuto fare delle scampagnate dopo essere stati quasi ammazzati da un Corno Corazzato! Per non parlare delle Rose dell'Oblio...e del Necronomicon...
Il Babbo Natale che conosceva lei non frequentava postacci del genere, poco ma sicuro!
“Coraggio, c’è da fare un po’ di strada. Il mantello non ci serve ora.” esclamò tranquillo Potter, togliendoselo di dosso e scrocchiandosi le spalle.
“E’...hemm...tanto lontano?” Chiese lei fingendo naturalezza ma avvicinandosi impercettibilmente a lui.
Il ragazzo la fissò di sbieco, con un sorrisetto.
“Un po'...” Rispose.


Fruuushh…un rumore tra le foglie…


La ragazza prese di scatto la mano di James e quasi gli spezzò le dita.
“E’ solo un uccello!” ghignò quello, alzando gli occhi al cielo. Così era davvero troppo facile. Oh, si sarebbe davvero divertito...
Poi entrambi guardarono le loro mani unite e, imbarazzati, si staccarono subito.
Pareva lontana una vita la sera in cui si erano baciati…ed il ricordo non fece che aumentare il disagio.
“Forza, entriamo.”
“Eh? Oh sì...entriamo…” balbettò Lily, vedendolo distogliere lo sguardo con aria confusa.
Il sentiero per le due grotte era intricato e difficile al cammino.
La povera Grifoncina pensò con un po’ di disperazione che se avesse voluto scappare sarebbe stato davvero difficile. Ceppi d’albero e rovi ingombravano la stradina acciottolata, alberi alti e fitti si stagliavano di fianco ad essa come dei muri, per non parlare di quelle dannate radici...l'intera Foresta sembrava quasi respirare e muoversi per farla inciampare!
“Ops!” esclamò, ruzzolando a terra per le quarta volta in dieci minuti. Fortuna che muschio e nevischio attutivano la caduta, altrimenti avrebbe avuto le ginocchia a pezzi nel giro di un'ora!
“Ah! Che imbranata!” sospirò divertito l'idiota - non voleva chiamarlo in nessun altro modo quella notte - che al contrario di lei scivolava silenzioso sul terreno senza fare il benché minimo rumore.
Pareva esserci stato molte altre volte, ma pur sapendolo, quel modo di muoversi aveva un qualcosa di inquietante. Ma come ci riusciva?!
“Di solito i gentiluomini aiutano le ragazze a rialzarsi!” sbottò istericamente, pulendosi il vestito con le mani e fulminandolo con gli occhi.
“Quando mai sono stato un gentiluomo?”
Lei strinse le palpebre, iniziando a fissarlo con aria sospettosa.
"E allora?" chiese infine, continuando a camminare. "Com'è che hai un Mantello dell'Invisibilità?"
Lui fece spallucce.
"Cimelio di famiglia."
"Ma è originale? Non è un incantesimo di disillusione?"
"Nah. Puro al cento per cento!"
"Lo sai, sì, che un coso del genere vale milioni?! E' fatto con il pelo dei Camufloni! Quelli sono..."
"...Invisibili?" lui fece finta di pensarci su.
"Difficili da prendere!"
"Beh, perchè sono invisibili." continuava a ghignare. Sembrava fare apposta a non capire dove lei volesse andare a parare. Era esasperante!
"Hai in mano un oggetto così prezioso e lo usi per fare scherzetti! Ti rendi conto?! E i tuoi non dicono niente?"
Il suo sguardo cambiò. Si fece...diffidente.
"Nella nostra famiglia è tradizione tramandarlo al primogenito, senza sé e senza ma. Diciamo che non avevano molta scelta."
"Sì, ma non ti dicono niente?" si lasciò sfuggire un ghignetto. "Oppure sei il classico figlio di papà cocchino dei suoi? E' per questo che fai tutti quei casini, perchè nessuno ti sgrida mai?"
Lui continuò a camminare...in silenzio. La superò appena, aumentando il passo.
"Mia madre è più folle di me, quindi non la vede come una cosa strana...anzi, giurerei che a volte ne sia quasi orgogliosa." spiegò, con voce atona. "Quanto a mio padre...beh, diciamo che non parliamo molto."
L'aveva offeso? Lily si bloccò, fissando la sua schiena rigida. Avrebbe giurato che l'aveva distanziata per non mostrarle la sua faccia. Però la voce era...non era la sua solita voce.
A pensarci bene, James non parlava quasi mai della sua famiglia, il ché era strano perchè ne avrebbe avuto di che pavoneggiarsi. Si vantava delle sue scope, della sua abilità a Quidditch, dei suoi voti, delle sue conquiste, dei suoi soldi...ma mai di essere il figlio di due eroi nazionali. Anzi, ora che ci pensava, Potter sembrava sempre scocciato quando qualcuno tirava fuori l'argomento, come se fosse tabù.
Forse nella sua famiglia non era tutto così rosa e fiori come sembrava...che si sentisse sminuito nei confronti dei suoi?
"Senti, James..." mormorò, più mite. L'aveva fatto rimanere male, senza dubbio. E improvvisamente, le venne un'irrefrenabile voglia di scusarsi.
Ma lui si fermò di scatto allargando il braccio per impedirle di proseguire, e quando si girò il suo viso era quello di sempre.
Un gran sorrisone da bambino entusiasta.
"Siamo arrivati!"
La stradina si divideva in due, facendosi più larga e facile al passo umano.
“Do…dobbiamo dividerci?!” Enfatizzò Lily, già impanicata al solo pensiero.
“Ti accompagno alla tua grotta e poi vado alla mia.”
"Non...non avrai paura?”
“Tsé! Paura!” fece lui, con aria di sufficienza.
Presero il sentiero a destra, sbucando poco dopo in una radura rocciosa che somigliava tanto a quella in cui Lily era caduta, inseguita dal Corno.
Il chiaro di luna illuminava il laghetto, circondato da sassolini, e una grotta alla destra che pareva un enorme sasso intagliato.
In effetti…era la stessa radura in cui era caduta quella volta!
Era così presa a non farsi ammazzare che non aveva nemmeno notato la piccola cavità nella pietra. Qualcosa poi, frizzava sulle loro teste, e alzando gli occhi vide tanti sottili fili luminescenti che sembravano elettrici, una vera e propria ragnatela che si estendeva per tutto lo spiazzo.
"Hai detto che devo dormire qui?"
"Esattamente!" ghignò lui, trionfante, indicando la rete magica. "Carina, eh? Non dovrai fare altro che farti un bel pisolino e sparare scintille verdi dalla bacchetta quando la nostra preda ci si impiglia dentro. O, beh, se succede qualsiasi altra cosa. Se sei in pericolo puoi sparare scintille rosse, ma questa protezione dovrebbe tenere alla larga qualsiasi creatura maligna. Come vedi, cara, ho già pensato a tutto io!"
Lei fissò lo sfrigolare di quei fili, e subito dopo gli occhi assatanati dell'idiota.
"James..." chiese, cercando di mantenersi calma. "Vuoi ammazzare Babbo Natale?"
Iniziava davvero a dubitare delle sue buone intenzioni, che Babbo Natale esistesse o meno! Ma che razza di bambino era stato, quello?!
"Ho inseguito quello stronzo per anni. Fa sempre lo stesso percorso!" iniziò lui con aria maniacale, facendola preoccupare giusto un pelino. "Ma pur sapendo muovermi qua dentro e conoscendo il suo percorso ormai a memoria, non sono mai riuscito a beccarlo! E' assurdo, sembra quasi che passi attraverso gli alberi! Ho messo trappole in ogni dove, usato la scopa, cercato di anticiparlo...ma sembra svanire nel nulla ogni volta che ci sono vicino! Le trappole nemmeno scattano! Deve avere un potere speciale ma, oh, ma da questa non riuscirà a scappare! Questa rete è fatta dal piccolo popolo ed è costata una fortuna, ma cattura e immobilizza qualsiasi essere vivente sul pianeta, poco da sicuro! Non lo ammazzerà, ma gli darà una bella scossa! E allora, che ne dici Evans?"
"Dico che sei pazzo..." disse solo lei, smontandogli tutto il crescente entusiasmo.
"Ah, ma che ci parlo a fare con te?!" sbottò, alzando gli occhi al cielo. "Ti ho anche lasciato la radura più comoda!"
Lei si guardò intorno, sentendosi improvvisamente più tranquilla. Non per quella rete - quella e gli occhi di Potter avrebbero fatto preoccupare qualsiasi psichiatra - quanto perchè in quel laghetto...qualcosa l'aveva salvata, alla fine.
Chissà, magari il suo Spirito guida sarebbe tornato di nuovo...
“Beh, non è male!” disse vivacemente, riuscendo pure a sorridere. “Ma non penserai che dorma su una roccia.”
Prese la bacchetta e trasfigurò un sacco a pelo.
“Beh, ci vediamo Lily…buona notte! Se si impiglia prima nella tua, ti do cinque galeoni."
“Se ti azzardi a farmi qualche scherzo me la pagherai. Chiaro Jam?” fece lei, minacciosa.
“Hey! Io sono un tipo sportivo!” protestò lui. “Non baro alla sfide!”
“Meglio per te!”
“Sai una cosa? Stai veramente bene con la treccia.” affermò improvvisamente lui, facendola arrossire. “Ma io preferisco quando hai i capelli sciolti! Cosi te li posso scompigliare!" e detto fatto, le mise una mano sulla testa e diede una scrollata dispettosa. "Ci vediamo!”
“Notte!” sorrise esasperata la ragazza, correndo verso la grotta.
Poi si voltò.
“Jam!” Lo richiamò, minacciosa.
“Sì?”
“Non ti far venire strane idee da maniaco, o te ne farò pentire.”
“Tranquilla.”
Il ragazzo sparì nell’ombra degli alberi, sorridendo a sua volta.










Sirius Black aveva l'aria di uno che aveva appena mangiato un limone. E, Remus poteva scommetterci, avrebbe passato l'intera nottata a borbottare, imprecare e a lagnarsi.
Ma c'era una cosa che l'attento sguardo del lupetto aveva notato immediatamente...
Lo fissò sorridendo dal balconcino mentre, ormai rassegnato, spiegava a Cristhine il funzionamento della loro preziosa pergamena.
Non aveva mentito.
Si girò, appoggiando le mani al cornicione e nascondendo un sorrisetto. Già una volta una delle sue conquiste aveva pizzicato la mappa - fortunatamente non andando oltre al "Monsieur Ramoso si domandava se le tue enormi tette galleggino", ma Felpato aveva subito affermato che si trattava solo di uno scherzo.
Con Cristhine non l'aveva fatto. Certo non gli aveva fatto piacere rivelare un loro segreto così storico - era abbastanza sciovinistico quando si trattava del loro gruppetto - ma non aveva esitato un istante a dire la verità.
E lui? si chiese, fissando le cime degli alberi. Quando avrebbe smesso di mentire?
"Forte, eh?" rise Tonks, accostandosi al suo fianco con i suoi begli occhioni luminosi. "Una Mappa che segna i movimenti della gente! Ma hai visto Patricia? Appartata nel bagno con Francis! Assurdo!"
"Chi...chi è Francis?"
"Il ragazzo di Stacy."
"E chi sarebbe Stacy?!"
"La migliore amica di Patricia." spiegò lei, come se fosse ovvio.
Lui scosse la testa, lasciando perdere.
"Tonks, è di vitale importanza che resti segreto...Sirius te l'ha già detto, credo..."
Lei si mise la mano sulla bocca e mimò la chiusura di un lucchetto.
"Da qui non esce niente!" promise solennemente, in modo buffo. Ogni cosa che faceva era buffa. "Questa volta giuro solennemente di avere buone intenzioni!"
Remus sorrise, prima che...qualcosa gli facesse scattare un campanellino. Si girò a guardarla, aggrottando le sopracciglia.
"Come hai detto?" mormorò, confuso.
Lei ricambiò lo sguardo, ma nei suoi occhi comparve uno scintillio sospetto.
"Ecco..."
"Come...come conosci quella frase?"
La mappa era già attiva quando l'avevano trovata. Nessuno aveva menzionato la formula per dispiegarla.
E' sensazionale quando ci si accorge di aver avuto tante risposte sotto al naso...e di esserle lasciate scappare tutte.
E quando, improvvisamente, si iniziano a ricordare memorie perdute. Tornarono tutte piano piano, come tasselli di un puzzle, vittime di un processo ormai inarrestabile.
Una sensazione qui, una vaga immagine lì... un cervello come il suo non era facilmente manipolabile, dopo tutto.
Lei sollevò il mento, ed il vento passò tra di loro, sfiorandole i capelli tornati al loro solito rosa. Alcune ciocche le ricaddero sulle guance, ora lievemente arrossate.
Aveva capito cosa stava succedendo, glielo leggeva in faccia.
"Tonks." mormorò Remus, serio. "Io e te ci siamo già conosciuti, non è così?"
Lentamente, come a sondare un terreno inesplorato, la ragazza annuì.
Fu come prendersi una bomba in piena faccia, ma ogni cosa tornò al suo posto.
"Noi...noi eravamo amici..." balbettò, e non era più una domanda.
Ecco perché si sentiva così affiatato con lei! Ecco perché le si stava affezionando in così poco tempo, perchè si era lasciato andare e aveva accettato quasi subito la sua compagnia nonostante la sua ferrea regola con le ragazze! La sensazione di deja-vu, quell'odore che sembrava tanto famigliare...
La conosceva! La conosceva esattamente come l'aveva conosciuta Lily!
"Più o meno!" sorrise lei, guardandolo quasi con tenerezza mentre sbiancava.
"Co...come?! Quando...?!"
"Al terzo anno." lei continuava a sorridere, con leggerezza. "Beh, ecco, io ero sempre quella 'nuova' e tu eri un Prefetto, quindi ti occupavi spesso di me. Una volta ho beccato la tua mappa ma, hemm...era quasi la fine del Secondo Semestre, e l'anno dopo ti eri scordato che l'avessi fatto...però non sapevo esattamente come funzionasse!"
"Devo...sedermi..." ansimò lui, colto improvvisamente dal panico. Era folle, da pazzi! "Come ho potuto...dimenticare?"
Si rese conto di aver dato voce al suo pensiero, ma la rivelazione era stata troppo scioccante. Come si poteva dimenticare così un amico? Era orribile...
"Non mi hai dimenticato, Remus!" scattò lei, improvvisamente agitata. Gli prese le mani, facendolo sussultare. La pelle di lei era morbida e calda... "Ogni anno tutti quanti tornavano a non conoscermi più, ma tu, tu ti prendevi sempre cura di me! Tu ritornavi! Non solo per i tuoi doveri di Prefetto, mi aiutavi con i compiti, mi ripresentavi ai membri della classe e li spingevi a fare amicizia con me per far sì che non mi sentissi spaesata... Tu lo sentivi che ero io, in qualche modo io SO che mi riconoscevi! E ogni anno facevamo amicizia di nuovo, ed è grazie a te che ho avuto modo di conoscere Lily dopo che mi ha salvato dai Porlock! Mi hai detto che saremmo potute diventare amiche e ci hai fatto avvicinare! Sei sempre stato così...gentile!" Gli si avvicinò ancora di più animata da uno strano fervore, come se stesse dicendo la cosa più importante di sempre. Si bloccò quando lo vide irrigidirsi come una statua, aggrottando le sopracciglia confusa, prima di ritirarsi appena. Poi sorrise, colma di affetto sincero. "Sei stato come un principe, per me! Sempre pronto a venire a salvarmi! Ogni anno eri lì, a tendermi una mano! Non hai la vaga idea di quanto tu sia stato d'aiuto per me..." importante, pensò la ragazza. Importante era la parola giusta. "Ti ho sempre ammirato così tanto...e..beh, quando quest'anno finalmente ho potuto indossare la mia vera faccia e tu mi hai baciata, ho deciso che ti avrei conquistato ma...alle mie condizioni!"
"Alle tue...?" Remus spalancò gli occhi, così sorpreso da dimenticarsi di provare imbarazzo.
Lei mise su una specie di broncio, incrociando le braccia al seno.
"Beh." borbottò. "Non lo so, è che dirti la verità sarebbe sembrato come...barare! Nemmeno a Lily ho detto niente, non volevo che si sentisse obbligata a essere mia amica solo perchè lo era stata in passato...ecco, è che...Remus, sei incavolato? Non voglio che tu sia incavolato, per favore!"
Si zittì quando Lupin chinò la mano su di lei. Sbatté le ciglia da bambola, sollevando gli occhi verso di lui.
E, una volta tanto, non le venne più nulla da dire.
Remus le accarezzò la testa, sorridendo...in un modo dolce. Eccolo, pensò improvvisamente, sentendosi uno strano groppo in gola. Eccolo di nuovo, il suo bel principe...
"Tu sei la persona più schietta, invadente e diretta che io abbia mai conosciuto." sentenziò, continuando ad accarezzarla come se fosse un cagnolino. "Ma...sono contento di essere tuo amico, Tonks."
Non era arrabbiato! Quel sorriso così sereno era contagioso...
Remus non sorrideva spesso, così.
Era sempre malinconico, anche quando si divertiva.
Mentre ora...anche Tonks sentì sollevarsi gli angoli della propria bocca, ed una felicità crescente si impadronì di lei, così tanto che gettò le ortiche al vento e con un risata lo abbracciò di botto.
Lui sobbalzò appena, lo sentì diventare di nuovo di marmo.
Le posò d'istinto le mani sulle braccia, stringendo forse un po' troppo forte...come se volesse allontanarla da sé.
Ma per fortuna non lo fece. Aveva un profumo così buono...proprio come dovrebbe profumare un principe.
Quando si staccò da lui, era solo rosso in viso, ma non sembrava riluttante e teso come al solito, o almeno ci aveva provato!
Fece per dirle qualcos'altro ma, improvvisamente, un tomo di Storia gli si schiantò in faccia come un missile seguito da una sequela di insulti urlati così forti da far traballare i vetri.
Sirius li aveva visti abbracciarsi...











Il fondo della grotta, seppur ammorbidito dal sacco a pelo, era scomodo e gelido.
Rannicchiata contro la parete, Lily Evans si agitava irrequieta.
Ma non era solo la dura roccia sotto le chiappe che la faceva rimanere sveglia.
I rumori della foresta erano come tanti spari nel silenzio.
Non è stata assolutamente una buona idea.” Pensò la ragazza, abbracciandosi le gambe.
Faceva un freddo cane e si aspettava di vedere spuntare fuori un mostro da un momento all’altro. Ma chi glielo assicurava che quella rete fosse davvero degli elfi?! Conoscendo Potter, si era di sicuro fatto fregare come al solito! Una volta un ragazzo nato babbano aveva provato a vendergli una lampadina rotta spacciandola per chissà qualche preziosità babbana e ci aveva fatto su un bel gruzzoletto!
Oddio...che faccio? Ho paura e voglio tornare nel mio letto…ma non posso abbassarmi a lanciare scintille rosse…non posso, non voglio che vinca Potter!”
All’improvviso uno delicato sbatter d’ali nel suo campo visivo la fece trasalire.
Illuminata dalla tiepida luce lunare, una farfallina bianca le sfrusciò contro la guancia arrossata dal freddo.
“Hey, ciao...allora esistono cose carine da queste parti.” sorrise debolmente Lily, mentre la farfalla si librava in volo, diventando un minuscolo puntino nella notte.
Certo che, nonostante tutto, aveva una sua bellezza quel posto...c'era un odore particolare, selvatico, piacevole, e le stelle si vedevano ancora meglio da lì, lontani dalle luci di Hogwarts.
E quella farfallina era proprio adorabile.
Ammaliata com’era nell’osservare quel lento volare…le piombò il cuore in gola quando sentì un rumore secco tra il fogliame.
“Ah!”
Si voltò di scatto, terrorizzata.
Un’ombra si mosse furtiva tra i cespugli.
Era solo un furetto…
Lily riabbassò il capo, tremando.
E dire che quello era solo l’inizio…
“Paura, eh?”
“AAAARGH!!!”
Balzò all’indietro, lanciando un urlo così alto che gli uccelli che ronfavano sugli alberi circostanti si levarono tutti in volo gracchiando sdegnati.
Qualcuno si era mosso nella sua grotta, e stavolta non era un animaletto!
Presa dal panico, sparò in aria le scintille scarlatte, prima di inciampare e finire a gambe all'aria.
Ansimando e afferrando la bacchetta, rialzò lo sguardo...e vide una strana iridescenza. La figura fluttuava!
“Mi…Mirtilla!” esclamò sorpresa la Grifoncina, tenendosi una mano sul petto con la paura che potesse scoppiarle.
“Ciao.” la salutò lei, divertita come non la si era mai vista.
“Mi hai fatto prendere un colpo!” quasi urlò lei, guardando allibita le scintille inoltrarsi tra gli alberi, pronte a raggiungere Potter.
Oh, ACCIDENTI!!!
Fece per rincorrerle ma sapendo quanto cavolo era permalosa quella fantasmina, si costrinse a fermarsi e ad avere buone maniere. Ci mancava solo scatenare le ire della Malcontenta con il rischio che si mettesse a strillare per tutta la Foresta facendo saltare il piano...
"Cosa ci fai qui?" chiese, ingoiando un limone immaginario grande quanto una casa.
Lei parve ricordarsi di una cosa e fece un singhiozzo plateale, unito ad un digrigno di denti che era tutto un programma.
Accidenti, si stava per mettere a piangere!
"H-Hey, senti...!"
"A quanto pare..." sbottò lei, indignata. "...non sono abbastanza importante per partecipare alla riunione!"
"Eh?"
"LA RIUNIONE!" Esplose Mirtilla, gonfiandosi come un tacchino. "La riunione dei Fantasmi! Mai una volta che mi abbiano invitata! Mai! Se ne stanno lì, tutti gonfi d'ego a cincischiare e mai nessuno che pensi ad invitare la povera, dolce e sfortunata Mirtilla Malcontenta!"
Lily sbatté le palpebre. Una, due volte.
"Ma di quale riunione di fantasmi stai parlando?!"







Ma perché cavolo dei fantasmi avrebbero dovuto riunirsi nel bel mezzo della Foresta Proibita a quell'ora?!
James Potter spostò un arbusto e si stropicciò gli occhi, convinto di avere le allucinazioni.
Stava avvicinandosi al suo campo base quando le sue sensibili orecchie avevano captato un chiacchiericcio davvero sospetto...e seguendo il suono di quelle voci, li trovò tutti lì. Il Barone Sanguinario, la Dama Grigia, Nick-quasi-senza-testa...e tanti altri!
Ma che...! Da quando i fantasmi si facevano i festini nella Foresta?!
"Allora, si sbriga o no?!" sbottò il Barone, incrociando le braccia al petto. "Ogni volta la stessa storia!"
"Non essere così impaziente." mormorò la Dama Grigia, l'unica a riuscire a zittirlo. "I bambini dove sono?"
Potter aguzzò le orecchie, accucciandosi dietro il cespuglio. Bambini?
"In giro, a bighellonare come al solito." sbuffò il Frate Grasso. "Quest'anno non voglio sentire piagnistei, sia chiaro! Chiunque arrivi in ritardo si arrangia fino all'anno dopo!"
"Che palle, sempre a dirci cosa dobbiamo fare." sbuffò qualcuno alla sinistra di Potter.
"A chi lo dici." mormorò lui sovrappensiero, prima di congelarsi sul posto.
Si girò di scatto e fu per miracolo che non cacciò un grido apocalittico facendosi scoprire. Gli uscì invece una specie di rantolo da cervo colto sul fatto che lo fece arrossire di vergogna.
"Co...co...!"
Il bambino che stava di fianco a lui - quando cavolo era arrivato?! - lo guardò con espressione neutra.
Aveva un bel visetto, i capelli tirati indietro con il gel, pantaloni alla zuava e un berretto a coppola di feltro stile anni 40.
Ci mise qualche secondo a capire che era un fantasma, ma la cosa non lo calmò nemmeno un po'.
"Come se non lo sapessimo, che dobbiamo venire qui!" sbuffò una bambina alla sua destra, facendogli fare il secondo balzo.
Strisciò all'indietro con gli occhi a palla, rendendosi conto che...era letteralmente circondato da marmocchi.
Marmocchi morti!
"Che accidenti..." soffiò, sbiancando, mentre loro ridacchiavano.
"Mi chiamo Francis." ridacchiò il primo bambino, facendo un goffo inchino.
"E io Francine." cinguettò la bambina che aveva parlato, con adorabili treccine. Al contrario degli altri - saranno stati almeno una ventina - non sciamarono nella radura ma rimasero curiosi a fissarlo.
"Cosa fai?" chiesero in coro.
Ok, la situazione era assurda. Pazzesca.
Ma che cavolo stava capitando?!
Si mise a sedere, indicandoli con il dito.
"Cosa fate...voi!" Rimbeccò.
"Aspettiamo il regalo." disse Francine, scrollando le spalle. "Tu non sembri morto."
"N-no, non lo sono..."
"E allora perchè sei qui?" fece il bambino, facendo scoppiare il proprio chewingum trasparente.
James sospirò, ormai abituato a capirci poco e niente. Quell'anno stava regalando perle mica da ridere!
"Voglio catturare Babbo Natale." rispose, optando per la sincerità. Quei bambini erano così invadenti da essergli simpatici.
"Non credo che tu possa..." disse semplicemente la bambina, senza fare una piega.
Ok, quello era curioso davvero. Quei fantasmini conoscevano il segreto di Babbo Natale?!
"E perchè no?" chiese, avvicinandosi. "Voi sapreste come fare?"
"No, sappiamo solo che arriva ogni anno e dà ad alcuni di noi il regalo. Non tutti possono averlo, però è simpatico, e quindi ci raduniamo tutti qui."
"Loro..." spiegò Francis, indicando i Fantasmi delle Casate. "Si occupano di tenerci tutti buoni. Sono una vera rottura...'non andate qui, non andate là, non entrate a scuola, non date fastidio ai viventi, chiudete il becco...'. Mi viene ancora più voglia di fare dispetti, così!"
"Sì, capisco la sensazione..."
"Comunque è strano tu possa vederci. Di solito siamo invisibili!"
James scosse la testa.
Continuava a non capirci un fico secco ma improvvisamente, iniziò a vedere il lato positivo della cosa. Se Babbo Natale scendeva laggiù, avrebbe potuto catturarlo facilmente mentre era distratto!
"Beh, mostriciattoli, vi assicuro che quest'anno quel grassone darà il suo regalo a tutti." ghignò, sfregandosi le mani. "Anzi, ci riempirà di regali ogni giorno!"
La piccola gli si fece accanto, sorridendo.
"Io sono già a posto! Quest'anno potrò avere il mio regalo, grazie al mio fratellone!" cinguettò, felice. Il suo abbigliamento non era tanto antico, come quello di Francis.
"Io invece dovrò aspettare..." mormorò il piccolo, mogio. La bambina gli scoccò un'occhiata, prima di illuminarsi tutta.
"Perchè non chiedi al vivente di aiutarti? E' nella Foresta Proibita, no?"
"Ma è pericoloso!" sbottò lui, scuotendo la testa. "Teddy è stato troppo a lungo da solo, è pieno di risentimento!"
James guardò l'uno, e poi l'altro.
"Ma di che parlate?" iniziò a dire, ma poi si zittì. Nell'aria, si iniziò ad udire il rumore di campanellini.
Sempre più vicino...sempre più vicino...
"Ci vediamo!" gli strizzò l'occhio Francine, prima di unirsi agli altri.
E improvvisamente, scorse qualcosa tra le nubi. In lontananza, qualcuno rideva di gusto...una risata distinguibile fra mille...




"Oh-oh-oh!"




"E' lui!" scattò Potter, balzando in piedi. Alzò gli occhi al cielo, sentendo come un rumore di zoccoli e campanelle.
Il suo viso si illuminò.
Tra le nuvole, c'era...quella era una slitta!
E stava facendo cadere qualcosa...












Come si spegnevano le lagne di un fantasma isterico in tempo utile?
Ecco, forse era quello che avrebbero dovuto insegnare a scuola, pensava la povera Lily, disperata.
Le scintille erano già lontane e non ci avrebbero messo molto ad arrivare a Potter!
Cosa cavolo gli avrebbe potuto dire, una volta beccata con Mirtilla Malcontenta? Che aveva il terrore dei piagnistei?!
Che disgrazia, l'avrebbe presa in giro a vita!
Per non parlare del fatto che avrebbe attribuito a lei l'assenza di Babbo Natale, e non al fatto che non esisteva!
Chi l'avrebbe retto poi, per il resto dell'anno?! Glielo avrebbe rinfacciato fino alla fine dei tempi!
Sospirando, riportò l'attenzione su Mirtilla sperando di trovare il modo di zittirla e levarsela di torno.
"E quindi sei venuta qui..." riuscì a dire, tra una lamentela e l'altra.
La fantasmina tirò rumorosamente su col naso, prima di fissarla con sospetto.
“Stavo passando di qui per andare a sparargliene quattro quando ti ho vista nella grotta. Cosa ci fai fuori dal castello?"
"Io e James dobbiamo catturare Babbo Natale..." mormorò la rossa, già pronta a farsi prendere in giro.
Invece quella non fece una piega.
"Ah, ha chiamato altri rinforzi...mi spiace dirlo, ma non ce la farete nemmeno stavolta. Claus è molto furbo!"
Ci mise un po' ad afferrare il concetto, ma quando capì cosa aveva detto, la Grifoncina sgranò gli occhi.
"Aspetta, cosa?! Mi stai dicendo che...esiste?! Esiste davvero?!"
"Certo che esiste!" esclamò sorpresa la fantasmina, guardandola come se fosse matta. "E sono anni che si diverte alle spalle di James. E' fatto così, un po' mattacchione..."
"Da...da quando James viene qui a caccia di Babbo Natale?" soffiò Lily, che improvvisamente sentì il bisogno di sedersi a terra.
"Da quando aveva dodici anni, credo..." disse Mirtilla fissandosi le unghie trasparenti, totalmente indifferente al suo shock.
"DODICI ANNI?!"
"Beh, che ti aspettavi dal figlio dei Potter? Sono stati tutti intraprendenti, fin da piccoli! E poi ha passato talmente tanto tempo qua dentro che ormai la conosce come le sue tasche, tranquilla!" Lei ridacchiò, sognante. "Lo seguo spesso, tranne quando va a Hogsmeade."
“Hogsmeade?” chiese Lily, rizzando le antenne.
“Ops!”
La ragazza morta si portò una mano alla bocca.
Quella viva assunse uno sguardo che era a metà tra l'incazzato e a metà tra il perfido.
“Lo sapevo…lo sapevo che tramava qualcosa! Addirittura a Hogsmeade! Di notte! E hanno sempre qualche taglio o livido, che cos'è, hanno un Club Clandestino di fight club giù in paese?! Ma si può essere così irresponsabili?! E mai una volta che io sia riuscita a beccarlo!"
“Non credi che ci possano essere motivi più che buoni se esce dalla scuola?” abbaiò Mirtilla, improvvisamente aspra.
“Che motivi buoni ci possono essere per infrangere le regole?”
“Oh, non sarò io a rivelarlo!” fece lei, assumendo uno sguardo tragico. “Ma sappi che James Potter ha un cuore nobile e altruista e nonostante si nasconda dietro a un comportamento ribelle…”
“Sì, sì, lo so che sei innamorata di lui.” Ghignò Lily, senza rifletterci.
La fantasmina lanciò un grido da banshee, offesissima, e scappò via scomparendo tra gli alberi senza guardarsi indietro.
Fantastico, ora avrebbe svegliato mezza Foresta...anche se, ora che sapeva dell'esistenza di Babbo Natale, non era tanto sicura di voler continuarle in quella folle caccia!
Ricordava con piacere le notti passate ad aspettarlo, i biscotti ed il latte lasciati alla finestra...credere nella magia ancor prima di diventare una strega. Di certo non l'avrebbe lasciato a sono-un-sociopatico-Potter!
Anche se probabilmente non era davvero quel Babbo Natale...sarebbe stato assurdo.
Si sedette sulla riva del laghetto, fissando l'acqua.
Sicuramente avrebbe dovuto scusarsi con Mirtilla, il giorno dopo... avrebbe voluto che restasse a farle compagnia, ma pensò che stando una notte intera insieme a lei non sarebbe sopravissuta. Meglio il Corno Corazzato!
Fu dopo qualche istante che vide qualcosa nel lago. Aggrottò le sopracciglia, fissando sott'acqua una macchia marrone e rossa parzialmente coperta da un sasso, davanti a lei.
E quello cos'era?
Si tolse le scarpe, immergendo i piedi - era ghiacciata! - e velocemente lo raggiunse.
Spostò il sasso e...era un orsetto di pezza! Ma cosa ci faceva lì?
Soppesò il peluche tra le mani, scostando il fiocco rosso che aveva al collo. C'era scritto qualcosa...
T&F.
Lo appoggiò vicino al suo zaino, decisa a riportarlo a scuola nel caso qualche bambino lo avesse perso (anche se stentava a credere che ci fossero bambini che gironzolavano da quelle parti. A parte Potter, ma Potter era un caso particolare!).
"Ok, vediamo di piantarla..." sbottò, facendo per avviarsi verso il sentiero. Ormai James avrebbe dovuto essere di ritorno, viste le scintille rosse...per cui tanto valeva concludere la faccenda!
E che non ci pensasse nemmeno a darle la colp...
L'intera ragnatela di luci sopra di lei iniziò a stridere con un rumore assordante.
Si bloccò a metà del passo, girandosi indietro con uno scatto.
Dall'orsetto di pezza, stava uscendo del fumo nero...











"Scarpe vecchie?!"
James non riusciva a crederci. Dal cielo stava cadendo una marea di cianfrusaglia sporca e mezza rotta, tra cui riuscì a distinguere: uno scarpone usato, una bottiglia di plastica, un ombrello pieno di buchi, un pacchetto di patatine vuoto, una teiera ammaccata... eppure quei marmocchi si erano riversati nella radura come se stessero cadendo fasci di banconote fresche!
Urlavano, gioivano e ridevano facendo un baccano infernale!
Certo che i fantasmi si accontentavano veramente di poco...e certo che Babbo Natale era veramente uno spilorcio!
"A proposito di Santa Claus..."
Sollevò lo sguardo, bacchetta pronta ma non riusciva a distinguere bene la slitta perchè appariva e scompariva tra le nubi!
Ma una cosa era certa...non stava scendendo! Anzi, sembrava allontanarsi!
"Eh no, eh, stavolta non mi scappi!" abbaiò James, buttandosi nella ressa.
"P-Potter!" balbettò Nick-Quasi-Senza-Testa, sconvolto, ma c'era talmente tanto casino che il maghetto riuscì a schizzare via dalla sua presa. (E poi, beh. Era un fantasma. Non l'avrebbe potuto prendere comunque.)
"Guarda James!" strillò Francis da qualche parte, indicandogli esultante il cartone unto di una pizza. "Quest'anno c'è il regalo anche per me! Non è incredibile?"
Non ebbe il tempo di rispondergli, perchè la Slitta iniziò a spostarsi.
Si tuffò tra gli alberi, tenendo gli occhi ben fissi sugli sprazzi di cielo sopra di lui.
Non gli sarebbe sfuggito questa volta!
Allungò la bacchetta, facendo esplodere la magia. I fuochi d'artificio magici fischiarono e scoppiettarono, e la slitta si inclinò di lato, cambiando direzione.
Bingo!
Esultante, James saltò un arbusto senza nemmeno guardarlo. Doveva solo indirizzarlo verso la trappola!
Passò accanto ad un albero, azionando con un colpetto un piccolo cono appeso ad un filo che iniziò a sollevare un fortissimo vento magico luminescente.
La slitta aveva cambiato di nuovo rotta!
Visto che le cose materiali non sembravano avere effetto, tanto valeva usare lampi e luci!
La cosa sembrò funzionare, e con il cuore in gola James lo vide ad un passo dalla ragnatela magica.
Non c'era dubbio, lo stronzo era fregato!
James urlò come un cowboy, in pura esaltazione.
Fece un balzo, pronto ad attivare l'ultimo cono e farcelo schiantare contro quando...qualcosa di rosso sfrecciò davanti a lui.
Si bloccò di colpo, quasi scivolando lungo un pendio e solo per un soffio si attaccò ad un ramo evitando di cadere.
Ma quelle erano...
Un grido risuonò fra gli alberi.
Le luci rosse di emergenza! Lily era in pericolo!
"James!" Francis spuntò da un albero all'improvviso. Era stranissimo vederlo con mezzo busto immerso nella corteccia, come se fosse uno strano fungo. Aveva il visetto serio. "Dobbiamo andare là!"
Alzò meccanicamente il viso verso Babbo Natale, ma la slitta stava già virando fuori dalla direzione prestabilita.
Avrebbe potuto ancora prenderlo...ma Lily urlò di nuovo. Cavolo!
"Salta su."
Il bambino gli balzò sulle spalle, ed improvvisamente le sue mani si fecero quasi solide: era una sensazione pazzesca, e anche spiacevole, visto che era gelido e che le sue dita affondavano un po' nella pelle, dandogli la sensazione di avere uno spiffero freddo che gli fluiva per tutto il corpo.
Ignorando i brividi, James girò i tacchi e iniziò a correre.










Lily si tuffò di lato, puntò la bacchetta e strillò: "Expelliarmus!", ma il fumo nero - ormai diventata una colonna compatta sulla cui cima spiccavano due occhi rossi e cattivi - non diede alcun segno di cedimento.
Ogni suo istinto le urlava di stare in guardia e difatti, la colonna si agitò come un grosso serpente facendole precipitare sassi addosso a velocità folle.
Scansando quei missili per miracolo, si rialzò con un balzo e iniziò a correre. Il corpo fumoso di quella strana creatura aveva circondato tutto lo spiazzo e dubitava di poterci passare attraverso!
Ma perchè cavolo tutte a lei?! pensò disperata, puntando verso la grotta e lanciando incantesimi a casaccio alle sue spalle.
E perchè sempre in quel punto, poi?!
"E ora che faccio!"
Si nascose dietro un masso, ansimante, e cercò di ritrovare la lucidità.
Ok, quel coso era spuntato da un peluche. Era fatto di fumo ma era anche convinta che se l'avesse toccata, non sarebbe stato per niente piacevole...
Un oggetto maledetto? E perchè ficcarlo sott'acqua in quel posto sperduto? Forse un esperimento riuscito male che qualcuno aveva voluto nascondere?
Eppure era strano... non sembrava un oggetto maledetto... di solito erano più insidiosi, e non sapevi che fossero tali fino a che non eri morto!
Improvvisamente sentii un formicolio al collo e si gettò in avanti appena in tempo, perchè il masso saltò per aria.
"Waaaah!"
Fu investita da una pioggia di sabbiolina e licheni, ma non rimase lì ferma a lungo: frequentare James le aveva in qualche modo allenato i riflessi. Scartò di lato, pensando in fretta.
Se si infilava nella grotta era finita, sarebbe stata in trappola...però forse...poteva salirci sopra!
Le uniche parti visibili di quell'essere erano gli occhi rossi, simili a due bottoni...forse erano il suo punto debole!
Iniziò ad arrampicarsi sulla parete, ed era quasi in cima quando il mostro diede una spallata sotto di lei, le mancò per un soffio le gambe ma le face tremare perfino i denti: una mano perse la presa e con uno strillo, scivolò di qualche metro.
Il mostro sembrò fissarla maligno.
"Oh no, non ti azzardare!" gridò Lily, sentendosi terribilmente indifesa, simile ad un insetto spalmato contro un muro.
L'essere si rigettò contro la parete, con la chiara intenzione di beccarla in pieno.
Si lasciò cadere proteggendosi la testa, atterrando di schiena fortunatamente su un cumulo di neve soffice.
La bacchetta volò lontano.
Puntellandosi sui gomiti, sollevò il viso.
Un'ombra nera cadde su di lei.
Da qualche parte, udì indistintamente il rumore di zoccoli in corsa.
Chiuse gli occhi d'istinto, preparandosi al colpo...ma il rumore si fece più forte.
La creatura le piombò addosso, ma qualcosa si parò tra di loro.
Qualcosa di grosso...e bianco.
Il cervo dalle corna argentate si sollevò sulle zampe posteriori, scalciando con vigore con quelle anteriori e lanciando un bramito possente come un tuono.
La creatura parve ritirarsi, gli occhi rossi si strinsero, prima di colpirlo con un movimento del lungo corpo e scaraventarlo a terra.
"No!" gridò Lily, ma l'animale era già in piedi, e puntò le corna con ferocia raschiando il terreno, pronto alla carica.
Con passi calibrati, si frappose di nuovo fra loro, dandole dei lievi colpetti con lo zoccolo come a volerle dire di spostarsi.
La ragazza balzò in piedi, ma non si allontanò. Allungò la mano sul suo collo, sentendo il pelo ruvido e luccicante tra le dita.
"Ti ucciderà!" gli gridò, voltando il viso verso di lui. "Scappa!"
Un occhio del cervo la fissò di sbieco, fiammante e dorato come una moneta.
Perchè la difendeva in quel modo? Che razza di animale era quello?!
Non era giusto...non voleva!
Il mostro di fumo ruggì, aguzzò la testa pronto a scattare come una serpe...e Lily si aggrappò a lui come in un abbraccio.
Ma il colpo non venne.
"Teddy!" strillò qualcuno davanti a loro...e riaprendo gli occhi, Lily pensò che scena più assurda non avrebbe potuto trovare.
C'era il fantasma di un bambino che sorrideva, tenendo tra le mani l'orsetto di peluche da cui si generava il fumo nero.
"Ma...cosa...?"
"Non hai più bisogno di essere arrabbiato." sorrise il bambino, felice come non mai. "Ora siamo di nuovo assieme!"
Il fumo nero... emise una specie di sordo ronzio...stava...stava facendo le fusa?!
Ci fu un bagliore e, improvvisamente, il fumo si ritirò, dissolvendosi piano piano. Il bambino si strinse il pupazzo al petto, dolcemente.
Poi la guardò, incurante del suo sguardo allucinato.
"Ciao!" cinguettò. "Io sono Francis!"
Ma che cosa diavolo era appena successo?!
"Io...non capisco..." balbettò la Grifoncina, arretrando di qualche passo ma tenendosi sempre ben salda al corpo del cervo, grosso quasi quanto quello di un cavallo.
Sembrava essersi rilassato anche lui.
"Lascia che ti spieghi." sorrise il fantasma. "Lui è Teddy. Non è un cattivo peluche, solo che era molto triste. Siamo stati separati a lungo...mi ha aspettato così tanto..."
Il bambino strofinò il naso contro il pupazzo, con affetto.
"Quel...quel peluche è tuo?" chiese Lily, avvicinandosi lentamente. Si inginocchiò per portarsi all'altezza del suo viso, pur adocchiando quel coso con una certa diffidenza.
"Non ti farà più del male." la rassicurò Francis. "Ora siamo assieme!"
E fu lì che, finalmente, dopo tanti anni, uno dei misteri di Hogwarts trovò risposta.
Il bambino fu molto dettagliato, nonostante fosse di fretta.
Le disse che il pupazzo era andato perduto quando, un triste giorno di tantissimi anni fa, per sfuggire ad un assalto alla scuola si era inoltrato nella Foresta...senza purtroppo riuscire più ad uscirne. Non aveva sofferto e non ricordava molto della sua dipartita...semplicemente si era addormentato nella neve, e si era risvegliato fantasma.
Avrebbe tanto voluto passare oltre, ma i bambini non sanno bene come si fa, e poi come poteva farlo senza il suo amato Teddy? Erano inseparabili in vita e dovevano esserlo pure nella morte.
Come tutti i fantasmi, quindi, aveva lasciato qualcosa in sospeso sulla terra, e solo un essere vivente avrebbe potuto risolvere il suo problemino.
Il fatto era che, come spesso accade, non ricordava più nulla degli attimi appena precedenti alla morte...sapeva che Teddy si trovava da qualche parte nella Foresta, ma non riusciva a ricordare dove!
"Così ogni volta venivo qui a Natale e vedevo i miei amici fantasmi riuscire ad andare nell'aldilà una volta riusciti a risolvere le loro beghe sulla terra, mentre io rimanevo sempre a guardare!" il bambino s'imbronciò appena. "Insomma, era una bella fregatura!"
"Voi...venite qui per passare oltre?" chiese Lily, confusa. Il bambino annuì, illuminandosi.
"Lo sanno tutti i bambini del mondo. Babbo Natale passa tutto l'anno a fabbricare Passaporte speciali, solo per noi, per permetterci di lasciare questo mondo. Sai, i bambini tendono a perdersi spesso, per cui è meglio che un adulto dica loro dove andare. E ad ogni Natale, cavalca per tutto il mondo e noi ci raduniamo nei punti di raccolta per ricevere i suoi regali e iniziare il viaggio. Hogwarts è uno di quei punti!" guardò dietro di sé come se riuscisse a vedere la scuola fra gli alberi, ed il suo sguardo si fece sognante. "Mi sarebbe piaciuto farci un giretto per l'ultima volta, ma i Fantasmi delle Casate sono stati molto ferrei su questo punto: non avremmo dovuto infastidire i viventi. Vengono ogni anno per gestire tutti e far sì che fili tutto liscio. Sai, alcuni bambini fantasma tendono ad essere davvero dispettosi...fanno i capricci e tutto il resto. E il capriccio di un bambino fantasma è molto potente e distruttivo... beh, Teddy ne è stato un esempio..."
Le sue guance si tinsero di grigio, sintomo del suo arrossire. Si fissò le scarpe, vergognoso.
"Scusa, per quello che ti è capitato..." bofonchiò, a disagio.
Lily sorrise.
"Non ti preoccupare." lo rincuorò, sentendo del calore sciogliersi nel suo petto. "Sono contenta di averti aiutato a ritrovare Teddy."
Il bambino rise, salutandola con un bacio sulla guancia che le fece venire la pelle d'oca per qualche istante.
"Devo andare alla mia Passaporta!" le strizzò l'occhio. "Sei bella, sai? Una bella ragazza vivente!"
Lei rise, vedendolo allontanarsi...e sospirò nella sera quando tutto tornò tranquillo.
Non si sentiva più a disagio.
"Beh, credo che James debba rinunciare alla sua caccia, tu che dici?" disse con dolcezza, rivolgendosi al cervo, ancora accanto a lei.
Lui parve quasi sorriderle.
"Sei proprio un essere misterioso, tu. Compari sempre quando sono in difficoltà!" mormorò lei. "E ho sempre l'inquietante sensazione che tu riesca a capirmi..."
Si avvicinò alla grotta, afferrando il sacco a pelo.
"Beh, io sono stanca morta. Credo proprio che andrò a dormire!"
Sparò delle scintille bianche per James,per indicargli che era tutto ok.
E lo era davvero...la Foresta a volte riservava una bellezza davvero rara e inesplorata, nonostante i suoi pericoli. Quella storia era così amara ma anche tanto dolce...
Il cervo la seguì docilmente e si sedette al suo fianco, poggiando il muso sulle sue gambe.
Era così caldo che Lily si sentì subito bene, quasi indolenzita.
Gli gettò un'occhiata dalle palpebre già diventate pesanti.
Era davvero maestoso.
Non aveva sbagliato: le sue corna erano davvero fatte d'argento.
Aveva ciglia lunghe e la punta del muso tendeva al grigio, scurendosi sempre di più fino al naso nero. Il mantello era splendente, tenuto quasi fin troppo bene per essere quello di un animale selvatico.
“Ero certa che saresti venuto..."
Il cervo strusciò il muso sulla sua guancia, dandole un buffetto.
Si sdraiò un poco, appoggiandosi sul dorso dell’animale e lasciandosi cullare dal suo respiro.
“Grazie, per quello che fai. Sei proprio un buon amico…" continuò a dire senza più riflettere, con voce sempre più lieve, ormai persa sulla via dei sogni. "Mi proteggi sempre, sai sempre dove trovarmi..."
Il buio calò, le palpebre si chiusero.
"Un po' come James..."
Dormiva, ora, senza notare di essere scrutata attentamente da due grandi occhi d'oro, vigili e seri.
Nell'aria, dei campanellini...











“Lily…”
“Hmm…”
“Hey, Lily….”
“Lasciami dormire...”
“Lily! Svegliati, dormigliona!”
La ragazza aprì lentamente gli occhi.
Era sdraiata sul suo sacco a pelo, con una coperta sulle spalle che non ricordava di aver messo.
Si alzò, strofinandosi gli occhi con la treccia sfatta.
Il sole stava iniziando a fare capolino nella radura, illuminando di rosa i sassi, l’acqua argentata del lago e la facciata degli alberi.
Era tutto molto tranquillo, di giorno, come se le intemperie della Foresta Proibita si svegliassero solo la notte, quando tutto dorme, ignaro.
Anzi, a dire la verità, quel posto baciato dall'alba era incantevole.
In quel freddo periodo dell’anno la primavera non era molto più che un pensiero, ancora, ma tra un ciottolo e l’altro si riuscivano ad intravedere i primi fragili crochi che facevano capolino dalla terra dura, un accenno di germogli che si gonfiavano sulle radici dei pini e i precoci tanaceti, che davano una lieve nota vibrante di giallo al verdegrigio dell’assenzio e della lavanda.
Si perse in quella bellezza prima di accorgersi che accanto a lei c’era James.
“Cosa…dov’è il cervo...?” farfugliò, tirandosi istintivamente la coperta sul seno, nonostante fosse ancora vestita in quell'improbabile tenuta da Babbo Natale.
“Ben svegliata principessa!” cinguettò lui. Appariva molto allegro, nonostante tutto. "Babbo Natale mi è sfuggito di nuovo."
"E...ne sei felice?" non riuscì a non chiedere Lily, d'impulso.
Lui fece spallucce.
"Ho incontrato dei fantasmi, nella Foresta. A quanto pare è un traghettatore di anime... meglio lasciarlo lì dov'è." finse un singhiozzo sconsolato, ma continuava a sorridere.
"Allora hai visto Francis!"
"Già. Stavo venendo a controllare, visto che mi avevi inviato l'allarme, ma l'ho beccato a metà strada e mi ha spiegato tutto!" scosse il capo. "E così è finita. Niente cattura, niente regali, e Sirius continuerà a darmi del pazzo...Tutto come prima!"
Lily sorrise, sollevandosi e stiracchiandosi.
"Non proprio tutto." disse. "Sirius dovrà mettersi un calzino in bocca d'ora in poi, perché anche io l'ho visto!"
"Eh? Come?"
"Mi stavo addormentando e ho visto una slitta passare nel cielo...e ho anche una risata inconfondibile..."
"Già...se la ride bene, quella carogna!" borbottò tra i denti Potter. "E devo ancora capire come cavolo abbia fatto a sfuggirmi così per tutto questo tempo... eludere le trappole...scomparire..."
Si zittì, perché la ragazza gli si parò davanti con aria battagliera.
"E non è stato l'unico che ho incontrato, sai?" sbottò, di nuovo minacciosa. "Mirtilla mi ha raccontato dei tuoi giretti notturni!"
"Eh, ah? Davvero?" rise nervosamente lui, alzando le mani a mo' di resa mentre quella cominciava la sua solita tiritera sui doveri e sulle responsabilità.
"Insomma, c'è altro che devi confessarmi?"
Lui scrollò le spalle.
"Beh, sì. Ho una Mappa che mi permette di vedere gli spostamenti delle persone."
Glielo disse così, semplicemente. Tranquillo come il sole al mattino.
Calò il silenzio.
"Tu...che cosa?"
"Quei beoti l'hanno lasciata aperta in Sala Comune stanotte, Cristhine e Tonks l'hanno beccata." lui alzò gli occhi al cielo, esasperato. "Quindi tanto valeva che lo sapessi anche tu!"
"Hai una mappa che viola la privacy della gente?!!!"
"Che vuoi fare, ritirarmela?" lui la sfidò, chinandosi su di lei con un ghigno.
"JAMES POTTER!"
"Andiamo Evans, di questi tempi lo sai anche tu che si può rivelare utile!"
"Giretti nella Foresta Proibita! Passeggiate notturne a Hogsmeade! Mantelli dell'Invisibilità! Mappe stregate!" sclerò lei, con un diavolo per capello. "Sai mantenere bene i segreti, eh?!"
Gli angoli della bocca di James si sollevarono, furbi.
"Non ne hai idea, Evans."
Prima che lei potesse replicare a quella risposta così strana, lui le diede le spalle.
“Forza, sbrighiamoci! Oggi avevamo la prima ora libera, ma sta per finire e ci dobbiamo preparare per Trasfigurazione!”
“Oh già, è vero!”
Mentre passavano per la Foresta, la ragazza notò le sue profonde occhiaie.
“Guarda come sei assonnato! Non hai dormito, eh?” ghignò, perfida. “Poi mi vieni a dire che non hai paura!”
“Facciamo le dure, signorina Evans? Sappi che io non avuto affatto paura.” Sbottò James, altezzoso. “E’ solo che…non dormo bene sui sassi. Io sono delicato, mica rude come lei!”
“A chi hai detto rude?!!” S’infiammò indignata quella. “Fai tanto lo spiritoso, ma non vuoi ammettere la realtà! E cioè che hai avuto paura! Una fifa marcia! Ammettilo!”
Incespicando, Lily alzò il viso, riconoscendo l’accogliente prato di Hogwarts, con il suo aspetto piatto, uguale e privo di ombre.
“Mai!” ghignò James. “Cavernicola!” aggiunse perfido.
“Questo è troppo!”
Nel vedere i verdi occhi di Lily così infuriati, quello pensò bene di filarsela alla svelta.
“JAMES TORNA SUBITO QUI!”
“Certo, come no! Coraggio, donna delle caverne, non riesci nemmeno a raggiungermi?”
"Giuro che ti rompo!"
La scuola si stava svegliando...pronta ad un altro giorno. Ma, se qualcuno si fosse affacciato alla finestra, tra una lavata di denti e una grattata al proprio gufo, avrebbe potuto vedere due ragazzi rincorrersi.
Nulla di nuovo, i soliti Potter ed Evans che si strillavano contro...però, questa volta, avrebbero anche notato qualcosa di diverso.
Nonostante le imprecazioni, continuavano a ridere...felici di essere di nuovo a scuola.
Felici di essere vivi.




















Non dimenticare, giglio.
Non dimenticare questi momenti.
Mai.
Per nessun motivo al mondo.
















Babbo Natale scese sbuffando sul prato, diede una pacchetta a Rudolph e sorrise soddisfatto.
"Tutto in regola?" chiese il Frate Grasso, avvicinandosi assieme agli altri.
"Tutto perfetto!" rise lui, scuotendo la barba bianca e scoccando alla compagine un'occhiata benevola. "Siete stati meravigliosi come al solito, amici!"
"Mi spieghi perché cavolo hai reso i bambini visibili a James Potter?" sbuffò la Dama Grigia, contrariata. "Si era detto di tenerli sempre nascosti ai viventi!"
"Oh, beh...è che si è impegnato tanto, in questi anni..." ridacchiò lui, perfidamente divertito. "Aveva diritto a una vaga spiegazione, almeno..."
"Quello ti voleva segregare in cantina, genio." sbottò il Barone, astioso. "Sei sempre troppo gentile! Ai miei tempi, un tale screanzato sarebbe stato appeso per i pollici nelle segrete!"
"Beh, gentile mica tanto." ridacchiò Nick. "L'hai fatto scorrazzare per anni nella Foresta Proibita inutilmente!"
"Oh,oh,oh!"
"Eh già." sghignazzò il Barone. "Mica glielo hai detto, che eri un fantasma anche tu! Ti ha inseguito per anni senza immaginare che potevi attraversare muri, alberi e trappole varie senza nemmeno spettinarti!"
L'arzillo vecchietto continuò a ridere, mentre il sole iniziava a sorgere facendo splendere il suo corpo traslucido.
"Devo dire che anche quest'anno mi sono fatto un sacco di risate! Lasciate ad un povero vecchio fantasma almeno una notte di divertimento!" salì sulla slitta, adocchiando la radura con amorevolezza. I bambini fantasmi erano tutti scomparsi, assieme alle loro passaporte. Quell'anno, un sacco di quei monelli erano riusciti a risolvere ed eliminare i problemi che li tenevano imprigionati sulla terra. "Miei cari amici, ci vediamo al prossimo Natale! Un altro anno di duro lavoro mi attende! Confezionare quei regali è davvero faticoso, sapete?"
Le renne scossero il capo, facendo risuonare tintinnii dappertutto, e tutta la slitta semi trasparente vibrò. Piano piano, continuando a ridere, Babbo Natale si dissolse nell'aria.
I Fantasmi girarono i tacchi...e un altro giorno a Hogwarts ebbe inizio.

 

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Capitolo 42
*** Il modo migliore per farla incazzare. ***












"Hey, coglione."
James Potter avrebbe potuto dire di averne viste tante.
Ma ritrovarsi gli occhi neri di Severus Piton che lo fissavano arcigni da sopra la sua spalla mentre espletava i suoi bisogni fisiologici nel bagno del Terzo Piano di certo le avrebbe battute tutte.
Un secondo prima stava appoggiato con un braccio al muro dell'orinatoio, su cui qualcuno aveva scritto con un indelebile "Slytherin Sucks" e "Margot ha le tette grosse", riflettendo su come accidenti portare la Evans al Ballo...e un secondo dopo aveva alzato gli occhi sullo specchio ritrovandoci riflesso Mocciosus, appoggiato al muro di dietro con le braccia incrociate e l'aria da becchino.
Dire che cacciò un urlo apocalittico è dire poco, ma il Serpeverde se ne rimase lì a fissarlo con aria schifata senza muoversi di un centimetro.
"Sei sordo o cosa? Ti sto chiamando da cinque minuti buoni!"
"Ma...ma che cazzo vuoi?!" strillò sconvolto James, un tantino più acuto di quanto non volesse, girando di scatto la testa.
"Che tu finisca, tanto per cominciare... non sei un bello spettacolo, anche se pensi il contrario!"
Roba da pazzi! Ma che accidenti voleva ora quello psicopatico?!
Tenendosi in equilibrio con una mano mentre con l'altra si reggeva i jeans, lo fissò con occhi allucinati.
"Ma ti sei fumato una canna di troppo?!" sbraitò, spiritato. "Perché diavolo stai lì così?!"
Il Serpeverde inarcò un sopracciglio ghignando come un demone. Come se fosse assolutamente normale trovarsi al cesso assieme al proprio peggior nemico a fissarlo mentre faceva pipì.
"Che c'è?" frecciò maligno. "Il grande James Potter non riesce a farla se qualcuno lo guarda?"
Arrossendo fin sopra la punta dei capelli, il Marauder si tirò su la patta in fretta e furia prima di girarsi verso di lui come una biscia pronta a mordere.
"Hai voglia di tirare le cuoia oggi, Mocciosus?!" abbaiò. "Non ho nessuna voglia di avere a che fare con te di prima mattina, per ciò polverizzati!"
"Oh, che paura Potter, vuoi fare esplodere anche il bagno?"
"Sì, se ci sei tu dentro!"
Lui rise acido.
"Peccato che gli amichetti non ci siano, le minacce dette da un solo babbeo fanno poco effetto!"
"Insomma, ma si può sapere che vuoi?!"
"Con chi vai al Ballo di Capodanno?"
James batté le palpebre, sconvolto. Ma era serio?!
"Ma...ma che diavolo te ne importa?!"
Non riusciva a crederci, Piton lo fissava con aria noncurante come se stessero conversando del meteo. Cosa che sarebbe stata comunque allucinante, visto che si trattava di loro due! Lo fissò di sottecchi cercando di capire se si fosse calato qualche cosa ma la faccia da cadavere che aveva già di suo non aiutava certo nell'impresa.
"Che c'è, non sei tu che non vedevi sempre l'ora di vantarti di quante tizie ti trascinavi sul materasso? E' una domanda normalissima."
"Non da parte tua!" sbottò Potter, prima di ridere istericamente. "Che c'è Mocci, vuoi chiedermi di portare TE sulla pista domani? Ho altri gusti, spiacente! Prova con Malfoy,lui sarà sicuramente in grado di farti sentire una vera principessa! E con questa ti saluto!"
Lo superò con una spallata, digrignando i denti per il fastidio. Ma vedi te se doveva pure fare da psicoterapeuta a Serpeverde fumati, adesso!
Roba da pazzi! Aveva scelto quel bagno per non aspettare Sirius che come al solito nel loro ci metteva due anni ma quell'esperienza da film dell'orrore lo avrebbe segnato a vita!
E chissà come, non aveva per niente voglia di litigare con Piton, quel giorno...
Aveva saputo che anche i Prefetti partecipavano al Capodanno, occasione più unica che rara, solo che con tutto quello che era capitato la notizia gli era arrivata all'ultimo momento! Che accidenti di strategia fulminea poteva mettere in atto per chiedere a Lily di andarci con lui senza che lei gli cavasse un occhio? Ad averlo saputo solo qualche giorno prima, avrebbe avuto il tempo di domandarglielo così tante volte da esasperarla e costringerla a dirgli di sì per disperazione, ma con così poco preavviso...!
"Cazzone."
Un nervo saettò sulla sua tempia ma non si voltò.
A dire il vero era stata Cristhine a sbatterglielo in faccia, dicendo che era stufa di provarci con lui davanti alle tizie che si facevano avanti per invitarlo al Ballo e suggerendogli non troppo velatamente di darsi una spicciata! Ecco perché lei e Tonks erano state così strane e appiccicose con lui in quei giorni...marcavano il territorio davanti alle altre!
"Deficiente."
Incassò la testa sempre più nelle spalle, velocizzando il passo verso la porta. No, non avrebbe litigato con Piton. Chissà perché ma ogni volta che c'era di mezzo Severus, lui e Lily finivano a litigare in modo davvero pesante...e sicuramente lei ne sarebbe venuta a conoscenza! Lei veniva sempre a sapere tutto... come cavolo faceva a invitarla al Ballo senza sembrare un idiota?!
"Mezzasega. Cretino. Cerebroles..."
"MA LO SAI CHE ROMPI DAVVERO I COGLIONI?!" sbottò, voltandosi di scatto con la mano ancora alzata verso la maniglia.
Il sorrisetto soddisfatto di quello stronzo fu ancora più irritante dei suoi insulti.
"Va bene Mocciosus, questa mattina hai voglia di fare a botte ma notizia flash, io no!" si avvicinò a lui che lo fissò irriverente. "Per cui trovati qualcun altro a cui rompere le palle, io ho chiuso! Sono una persona diversa, va bene?! Cambiato per sempre! Per ciò via, aria, smamma! Trovati un altro che ti ficchi la testa nel cesso!"
"Punto primo, io sono il più veloce con la bacchetta, e tu sei da solo, per cui non dare così per scontato che con la testa nel cesso non ci finisca tu a sto giro." sibilò il ragazzo. "E comunque, che tu sia cambiato l'hanno visto in tanti. Fare esplodere la nostra Sala Comune a quanto pare non è bastato, eh?"
"Ma che cavolo parli?"
Finalmente, lui si staccò dal muro, raddrizzandosi e squadrandolo negli occhi. Severus era un vero mago nel fissarlo come se fosse uno scarafaggio. Stava sulle palle a parecchi, c'era da ammetterlo, ma lui lo odiava in un modo davvero unico. Non che il sentimento non fosse ricambiato, ma stavolta c'era qualcosa nel suo viso che lo fece sentire quasi a disagio.
"Parlo del fatto che stai perdendo potere a scuola, principino!" lo scimmiottò, avvicinando il suo sorrisetto sadico prima di farsi serio all'improvviso. "Sei così preso da te stesso che nemmeno ti sei accorto che una vipera si sta avvolgendo attorno a Lily Evans sbattendosene del tuo sacrosanto e intoccabile divieto."
L'aria si fece tesa di botto, così densa da poter venire tagliata con un coltello.
James non rispose. Severus si avvicinò ancora di più, fin quasi a sorpassarlo. Rise con cattiveria.
"Sono venuto qui solo perchè volevo essere il primo a sbatterti in faccia il crollo inesorabile del tuo predominio su Hogwarts!"
Fece per andarsene ma James gli afferrò il polso con forza.
"Perchè controlli ciò che capita a Lily?" disse con voce dura.
Severus ricambiò lo sguardo al veleno, imbestialendosi all'improvviso.
"Pensi che me ne importi?!" ringhiò, e quando dall'altra parte ci fu silenzio si incazzò ancora di più. "Sai cosa fa ridere? E' che non ci penserai due volte prima di farti saltare la pulce al naso e fare il gallo nel pollaio. Fai tanto l'eroe ultimamente, ma consideri ancora la Evans come se fosse proprietà tua..."
"Tua non lo è di certo." sibilò James, mentre lui lo strattonò per liberarsi dalla sua presa.
Si fissarono pieni di odio.
Lo avrebbe davvero ammazzato volentieri stavolta... ma improvvisamente, arrivò un allarme mentale che lo distrasse. L'aria parve sgonfiarsi come un palloncino. Piton lo fissò gelidamente, si risistemò la manica sgualcita e oltrepassò la porta.
Sospirando, James si passò le mani sulla faccia con stanchezza. Cercando di calmarsi. Perchè era venuto fin lì per dirgli quella cosa? Severus amava provocare ma...stavolta...
L'allarme mentale si riattivò di nuovo.
Remus chiedeva aiuto.














Quando Lily Evans entrò in Sala Comune, assistette ad una scena davvero singolare.
Alla sua sinistra si udì un "pssst!".
Si voltò perplessa da una parte all'altra, prima di risentirlo di nuovo.
"Lily!" gridò qualcuno sottovoce.
Seguì la scia di quegli uggiolii disperati quando si rese conto che era inutile: bastava semplicemente andare nella direzione da cui provenivano le sghignazzate di Black e Minus, tanto per cambiare!
"Hey, ma che succede?" chiese, vedendoli appoggiati alle poltrone con l'aria parecchio malefica, prima di venire chiamata di nuovo dal basso.
Spalancando gli occhioni, si inginocchiò davanti alla porticina bucherellata dell'armadietto usato per conservare la legna da ardere sul camino, ritrovandosi faccia a faccia con Remus.
"Ma...!"
"Se n'è andata?" bisbigliò lui, rannicchiato là dentro.
"Ma che ci fai lì?" chiese la Grifoncina stupita, prima di girarsi con aria severa verso i due degni compari. "L'avete chiuso dentro voi?!"
"Naaah, ci si è barricato da solo." rispose Black, senza togliersi dalla faccia il ghigno divertito.
Ma che gli prendeva, a quei tre?!
"Allora, se n'è andata o no?!" bisbigliò istericamente Remus, scoccando un'occhiata al vetriolo a Felpato.
"Ma chi?"
"Pamela!" sbottò il biondino. "Era qui in Sala Comune, mi sono nascosto e questi due deficienti non vogliono dirmi se se n'è andata o meno!"
"Non dirglielo, Lily!" esclamò Black, ridendo. "Lasciamolo nel dubbio ancora un po'...Ahhh, guastafeste!" aggiunse, quando alzando gli occhi al cielo la ragazza spalancò le porticine facendo ruzzolare fuori il malandrino.
"Insomma Remus, sii uomo e dille chiaro e tondo che non sei interessato!" esclamò severa. "E voi due piantatela! Oggi ho già parecchio da fare senza che facciate casino!"
"Impegnata a cercare il vestito per il Ballo, Evans?" insinuò maliziosamente Peter, facendola arrossire di botto.
"Non lo sapevi, Coda? Ce l'ha già!" rise Siris, scoccandole un'occhiata allusiva. "Ne tiene uno nell'armadio dalla bellezza di sette anni, aspettando solo di usarlo!"
"E questo chi te l'ha detto?!"
La ammazzava, Monique!!!
"Confidenziale, Scimmia! Non sapevo avessi un animo così romantico..."
"Prima di avventurarti in un trip mentale, sappi che è un regalo di mia madre, e che non ho nessuna intenzione di usarlo!" sbottò la rossina, punta sul vivo.
"Usare cosa?" chiese Potter, entrando in quel momento con uno strano sguardo e facendola arrossire ancora di più.
Oh, ci mancava anche lui, adesso!
"Niente, niente! Piuttosto, Remus, torniamo a noi! Non è carino tenere appesa al filo così una ragazza!"
"Quella non è una ragazza, è un carro armato pronto a far fuoco!" rispose per lui Black, mentre il biondino si ripuliva i vestiti con le guance tinte di rosso.
"Lo so, va bene? Oggi la trovo e glielo dico! Sto assillando il Comitato da tre giorni per farmi lavorare il 31, ma non vogliono saperne!"
"A chi lo dici..." si lasciò sfuggire Lily, con sguardo afflitto.
Per lei e Remus, lavorare come Prefetti era sempre stato un vero toccasana! Non avevano mai dovuto avere che fare con feste, corteggiamenti, richieste imbarazzanti, ricerche di abiti costosi, lezioni di danza e tutto il resto! Ma come facevano le persone normali a reggere una tale tensione?! Essere degli adolescenti era orribile!
"Dio santo, cosa mi tocca sentire!" sbuffò Potter, alzando gli occhi al soffitto. "Diciassette anni gente, dovremmo pensare solo a sbronzarci, fare sesso e ballare, e qui abbiamo persone che vogliono solo fare gli sgobboni dietro qualche stupido stand!"
"Parla per te!" disse improvvisamente Geky, sbucando fuori dal ritratto con la testolina nera più arruffata del solito. "Hey gente, tutti in corridoio! C'è una sorpresa!"
E per una volta, era una sorpresa bellissima...
"Professor Walsh!" esclamarono i maghetti una volta aperto il quadro, letteralmente correndogli addosso.
"Eh, eh, piano!" ridacchiò lui, ancora molto pallido, con profonde occhiaie e un braccio fasciato legato al collo, ma con occhi sereni e luminosi.
"Quando è uscito dall'ospedale?" chiese James, con un gran sorrisone.
"Poco fa, ero ansioso di tornare in classe!" lui si guardò attorno, facendosi lievemente imbarazzato. "Credo che debba delle scuse..."
"Non lo dica nemmeno per scherzo!" Saltò su Lily, con fervore. "E' sicuro di star bene?"
"Diciamo che le spine dell'amore hanno punto un po' più del solito, questa volta..." lui rabbrividì, prima di tornare a sorridere. "Ma Ignatia mi ha aiutato molto!"
"La professoressa Mumps?" Le Grifondoro iniziarono a ghignare, mentre lui fece la tipica espressione di chi si era lasciato sfuggire un dettaglio di troppo.
"Ah...beh...ecco...lei passava spesso di lì per fare degli esami...sapete, per la faccenda del Somnus...ci siamo fatti compagnia..."
"Hai capito il Babbanologo?" frecciò sottovoce la Spinnet, dando una gomitata a Molly. "Stai a vedere che in quell'ospedale è nato l'amore!"
I ragazzi scoppiarono a ridere quando lo videro avvampare, ma lui non se la prese.
Come diavolo avevano fatto a non accorgersi dello scambio? Quell'odiosa vampira quando indossava i suoi panni lo aveva reso sveglio, brillante, allegro certo, ma c'era come qualcosa di perfido che si annidava nel suo sguardo. Invece Barrie, il vero Barrie, era decisamente più imbranato, forse un po' tontolone ma con occhi fondamentalmente buoni e gentili!
Nonostante la felicità, Sirius preferì starsene leggermente in disparte.
Lui aveva fatto amicizia con il suo doppio... anzi, si era lasciato ammaliare quasi subito.
Forse perchè quella dannata sapeva quali punti toccare ed aveva un'innata abilità nell'affascinare gli umani, ma una parte di sé non riusciva a non chiedersi se...se era perchè fossero più simili di quanto non volesse...
Mentre Arthur Weasley aveva amato il vero Barrie, timido, dolce e impacciato, lui non si era nemmeno accorto di quel cambiamento, anzi, si era anche fin troppo affezionato al Barrie falso, crudele e seducente.
"Quando riprenderà a insegnare?"
"Beh, ancora devo rimettermi per bene...tuttavia, non credo che farò ancora babbanologia." rispose lui, ghignando ora un po' divertito. "C'è una cosa che la mia perfida ex fidanzata ha centrato in pieno devo dire... e cioè che sono un vero patito di Difesa contro le Arti Oscure! Forse a vedersi non si direbbe, ma sono sempre stato un guerriero niente male!"
"Eh? Difesa contro le arti oscure?" chiese Peter, sorpreso.
"Mi piace un sacco il progetto che avevate messo in piedi..." il rosso irlandese si toccò il naso con espressione furba. "E mi piacerebbe poter proseguire la cosa! Ovvero, rivoluzionare il corso inserendoci anche la parte pratica! So che la nostra adorabile signorina Evans si sta dando da fare per trovare dei fondi...beh, in caso si vada in porto, sappiate che ho già presentato la mia candidatura a Silente come nuovo professore!"
"Ma ne è sicuro, Professor Walsh?" fece James, un po' dubbioso. "Dicono che da qualche tempo a questa parte, ai Professori di Difesa contro le Arti Oscure accadono sempre mille sfighe..."
"Vero, li fanno secchi ogni anno!" confermò Minus con molto poco tatto, beccandosi uno scappellotto da Lupin.
"Beh, la mia dose di sfortuna l'ho già avuta! Ma prima di tutto dobbiamo avere i giusti finanziamenti, per cui...forza con quegli stand!" rise l'irlandese.
La sua grinta e positività ricordavano tanto Weasley...e fu con il sorriso che i Grifondoro lo salutarono, di nuovo carichi di energia e pronti a fare festa...beh, chi più, chi meno.
“Ma guarda, Remus, c’è il tuo grande amore.”
Sirius Black ghignò perfidamente alla vista della ragazzona in lontananza, e anche se quella non pareva averli notati, Lupin sbiancò.
“OH NO!” squittì, tuffandosi dietro la schiena di Felpato in barba a tutte le promesse fatte a Lily, che scosse la testa rassegnata.
Remus era un genio per certe cose, ma con le donne era davvero impedito...
“Non ti preoccupare amore mio, ti proteggo io dalla gigantessa cattiva!” Recitò Sirius, teatrale, una volta risaliti in Sala Comune.
"Paddy!” recitò James, tragico. “Prima dici che mi ami, poi te la fai con Cristy e adesso anche con Remus! Ma non capisci che ho dei sentimenti?”
“Andate a quel paese!” gridò sottovoce Remus, “Lasciate che passi Pamela e poi vi sbrano!”
James e Sirius ridacchiarono.
“Non dici sul serio, vero Remus?” esclamò invece Peter, incerto.
“Quanto sei zuccone, Codaliscia!” esclamò James, esasperato. “Era solo una battuta!”
“Questo lo credi tu…” bofonchiò vagamente quello, sempre più deciso a fingere di avere la febbre e scaricarsi di dosso la seccatura di Capodanno.
"Non pensarci nemmeno, sai?" la Evans captò i suoi pensieri in modo inquietante, afferrandogli un braccio. "Ho bisogno di te per sopportare quella dannata sera, non azzardarti a scaricarmi la patata bollente! Anzi, perchè non ci andiamo assieme? Così monitoriamo come vanno gli stand...non mi fido della Harpies!"
Glielo disse in modo istintivo e con aria del tutto ragionevole come era solita fare... anche se subito dopo sembrò essersene un po' pentita e guardò di sottecchi un punto dietro di lui.
Sul momento fu quasi tentato di dirle di sì, visto che avrebbero potuto coalizzarsi, fingere di essere lì per svago ma lavorare ugualmente e tenere sotto controllo la situazione.
Se c'era una cosa in cui erano uguali, era che non amavano delegare il proprio lavoro ad altri!
Sì, era certamente logico fare così, ma Remus captò come una coltellata mentale arrivare un certo Marauder di sua conoscenza...
Impallidendo, fece per balbettare quando Lily sembrò ricordarsi di qualcosa e si schiaffò la mano sulla fronte.
"Oh! No, non posso." disse d'impulso.
Anche se Tonks quella sera sarebbe stata allo stand dei baci, avrebbe potuto rimanerci male vedendoli assieme!
E già che c'era, rifletté la Grifoncina, avrebbe dovuto tassativamente proibirle di assumere il suo aspetto!
Immaginava che un certo ragazzo l'avrebbe trovato incredibilmente divertente...
Guardò di nuovo di sottecchi James, che fissava indifferente oltre la finestra, forse con un po' troppa insistenza.
E lui? Con chi sarebbe andato, a quel Ballo...? Non ne aveva ancora fatto parola... e mancava così poco tempo...
"Non si tiene così una ragazza appesa al filo..."
No, ma che accidenti pensava?! Perchè sembrava quasi stare in attesa?!
Si mise le mani nei capelli, disperata, fino a quando Geky tornò di nuovo, ma questa volta con aria molto seccata.
"Hey, Lily... ti vogliono di sotto." disse controvoglia, e il suo tono di voce freddo la stupì.
La rossina guardò la compagna, sorpresa. La piccoletta le rivolse uno sguardo...quasi arrabbiato.
Ma che aveva? Geky di solito era sempre così dolce e gentile!
Altri Grifondoro entrarono...Era una sua paranoia o la gente aveva iniziato a fissarla con astio?
Sbatté le palpebre, confusa da quell'ondata di livore che parve rovesciarglisi addosso in pochi istanti.
Non era mai stata in grande sintonia con la sua Casata, ma nemmeno c'erano mai stati problemi!
“Ciao Lily! C’è un ragazzo qui fuori che ti cerca…dice che è importante!" Monique risalì per ultima, e lei invece non la guardò con rancore ma ancor peggio: piena di malizia.
“Ma..chi?” chiese Lily, iniziando a sentirsi a disagio.
James alzò subito lo sguardo, fissandola sospettoso, ma lei non se ne accorse.
“Non so… ma è piuttosto carino!” Ridacchiò la francesina.
Ora le due ragazze avevano la piena attenzione dei Malandrini.
“Beh…ok…”
Lily si alzò, perplessa. Scavalcò il ritratto e sparì.
I Marauders avvertirono come un campanello d'allarme e, sussultando assieme, si voltarono verso James.
Era scuro in volto.
"Che ti prende?" chiese Minus, che era sempre il più sensibile a quegli sbalzi d'umore "pilotati".
“Cosa credi che voglia quel ragazzo?” chiese Ramoso a nessuno in generale, cercando inutilmente di non sembrare interessato.
“Non so...” rispose distrattamente Sirius. “C’è un ballo domani, secondo te che vuole, mangiare le caramelle?!”
Che strano...fu come se nel suo stomaco si fosse risvegliato una specie di mostro. Che ringhiava feroce.
Parecchio feroce.
“Vado in bagno.” disse deciso e si alzò.
“See…certo.” Mormorò ironico Sirius, ma James era già filato via.








Quando Lily Evans svoltò l'angolo, trovò Aliaset in compagnia. E l'aria che tirava non era certo delle migliori.
"Sei nel lato sbagliato della scuola, Serpestronzo." ringhiò Calton, assieme ad altri due Grifondoro del Sesto anno parecchio muscolosi.
Lui ghignava, appoggiato al muro.
"Che c'è, ho invaso il territorio?" chiese, con perfido divertimento.
"Esattamente." rispose un Grifone, scrocchiandosi le nocche. "Niente Verde-Argento da queste zone."
"Grifondoro, così puri di cuore e così razzisti!" lui finse di rimanerci male.
"Sai com'è, con certi elementi la diffidenza è d'obbligo..."
"Michael!"
I ragazzi si voltarono verso di lei, accorgendosi della sua presenza solo in quel momento.
"Prefetto Evans!" finse di scattare sull'attenti il biondo, ma quando vide Aliaset avvicinarsi alla ragazza si interpose fra di loro. "Questa vipera ti dà fastidio, Lily? Ci pensiamo noi!"
"Io...cosa? No!" si affrettò a dire la ragazza, sconvolta. "Siamo amici, Calton!"
"Amici?" chiese quello, mettendoci un bel po' a realizzare il senso di quella frase. La faccia schifata che fece fu tutto un programma...e in qualche modo la irritò.
"Sì, amici!" rimarcò, stizzita, avvicinandosi a Michael e prendendogli il braccio con aria protettiva. "E da Prefetto devo proprio dire che non mi piace affatto la piega che stava prendendo questa conversazione!"
La minaccia colpì nel segno, e il terzetto arretrò di qualche passo.
"Contenta tu." frecciò Calton, sdegnato, prima di andarsene. "Ma ti conviene prestare attenzione...le vipere sono velenose!"
"Correrò il rischio, grazie!" gli gridò dietro la Grifoncina, incavolandosi sul serio.
"Lascia perdere..." bofonchiò Michael, scuotendo la testa.
"Non capisco cosa gli è preso..." fece lei con aria desolata.
"Eh? davvero?" Michael si stupì, poi indicò una scritta sul muro dietro di loro. Diceva 'L'unica Serpe buona è quella seccata dal sole'. "Non ti sei accorta del clima che c'è a scuola?"
Lo stupore sul viso della ragazza era sincero. Ma tu guarda - analizzò il Serpeverde - davvero lei non era a conoscenza degli ultimi accadimenti...
Sorrise tra sé e sé, mentre la Grifondoro partiva in quarta imbestialendosi e cercando di ripulire la scritta.
Decisamente una situazione che poteva sfruttare a suo vantaggio...
"Farò una ramanzina a quei tre, più tardi, ci puoi scommettere!"
"Lascia perdere. Piuttosto...hai pensato alla mia proposta?"
"Eh?" lei cadde dalle nuvole. Quella streghetta iniziava ad essere veramente esasperante.
"Il Ballo, principessa. Allora, ti va di venire con me?"






Nel frattempo James, dopo essersi accertato di non essere visibile alla vista di quel falco di Sirius, si era messo a correre.
Di Lily e il ragazzo misterioso nemmeno l’ombra.
Poi sentì la sua voce ingenua dietro un angolo e per poco non finì col rompersi il naso contro il muro nel tentativo di frenare. Si accostò dietro una statua, sentendosi stranamente teso.
Il ragazzo che era con lei era alto, con lisci capelli castani portati all'indietro, sorriso avvincente con una leggera fossetta sulla guancia...e la sciarpa verde e argento che spiccava al suo collo come un oscuro monito. Aliaset, ricordò. Quel tipo si chiamava Michael Aliaset. Lo vedeva ogni tanto in compagnia di Malfoy ma non sembrava rientrare nella sua cerchia stretta.
Lily sembrava a disagio.
"Venire al ballo con te?"
Uno strano istinto omicida invece si fece largo tra i pensieri di Ramoso. Le aveva davvero chiesto di Capodanno?! E Lily... sembrava davvero stare ponderando la cosa...
“Non volevo metterti a disagio…” Vide il ragazzo allungarsi, farsi più vicino a lei. Come la guardava...
James strinse i pugni contro i jeans, sentendo il mostro nello stomaco ruggire di nuovo.
"Non mi metti a disagio! E' che..." la Grifoncina si morse un labbro. Lui sorrise pieno di fascino.
"E' una proposta in amicizia, se è questo che ti preoccupa!" precisò, ridacchiando. "Questi balli mi sfiancano, sul serio. Mi farebbe piacere andarci con un'amica."
Il viso tormentato di Lily si distese un poco. Forse avrebbe dovuto accettare, pensò. Si sarebbe risolto tutto in fretta ed in modo tranquillo. E con Michael avrebbe potuto anche dare un'occhiata agli stand, non avrebbe certo fatto problemi. Sicuramente si sarebbe divertita, con lui.
Però...quel dannato però...
“Hem hem.”
James Potter spuntò fuori dal nulla facendole saltare il cuore in gola.
Sgranò gli occhi...e improvvisamente si sentì come colta in fallo. Lui si avvicinò a loro. In silenzio.
“J-James?”
I due ragazzi si guardarono...ed il silenzio si prolungò fin quasi a diventare insopportabile.
Che...strana…atmosfera…” pensò improvvisamente Lily, ritrovandosi nel mezzo e sentendosi stranamente nervosa.
In effetti, l'aria era decisamente freddina…era una sua impressione o c'era della tensione? Michael aveva come cambiato espressione...ed i suoi occhi si erano fatti ostili. James ricambiava lo sguardo, e l'oro ribolliva come lava, incandescente su di loro.
“Ti devo parlare, Lily.” ringhiò James, di punto in bianco. “Ti dispiace, amico?”
“Veramente…” fece per dire il Serpeverde, ma Potter lo fermò subito.
“Perfetto, grazie.” Sbottò in fretta, afferrando bruscamente il polso della ragazza e trascinandola via.










“James…James, il polso…JAMES, MI STAI FACENDO MALE!”
“Ah…scusa…”
Il Grifondoro si fermò di scatto, lasciandola libera. Non si era voltato, ma riusciva a vedere il suo profilo e la mandibola indurirsi come marmo alla luce del mattino. Aveva le spalle rigide.
Il silenzio continuava.
"James..."
“Hai intenzione di accettare?” la voce del ragazzo uscì dura, fredda e in qualche modo la spiazzò.
“Che…che cosa?”
“Lo sai di cosa parlo.”
Forse fu il tono, forse il modo in cui la fissava...ma improvvisamente si sentì irritata.
“Non sono affari tuoi!” S’indignò, arrossendo senza riuscire ad evitarlo.
"Dio santo, Evans!" esplose lui, alzando la voce come se lo stesse esasperando. "Con un Serpeverde? Sei seria?!"
Evans? Lily inarcò un sopracciglio. Erano tornati a Evans?
"Per tua informazione, è un amico ed è una persona gentilissima!" sbottò freddamente, e improvvisamente - che strano - c'era come un mostro nel suo stomaco che ruggiva...
"Amico?" Lui rise cinicamente, incapace di capire se divertirsi o incazzarsi sul serio. "Dio santo, non riesco a credere che dici sul serio! Ti credevo una persona sveglia!"
Il mostro ruggiva più forte.
"Va al diavolo, Potter!" frecciò, voltandogli le spalle.
Ma che accidenti stava succedendo in quella scuola? Come aveva fatto a...a non accorgersi delle scritte sui muri? Delle occhiate...della scuola intera che bisbigliava...di quel clima orribile? Era un Prefetto! Avrebbe dovuto essere la prima a vedere! Da quando, da quando aveva smesso di essere brava in ciò che faceva? Di adempiere ai suoi compiti?
Lui si fece improvvisamente allarmato e le tagliò la strada.
"Non puoi andare!" esclamò, sconvolto. Non riusciva a credere che davvero non si era resa conto di...di come cazzo la guardava.
“E con chi dovrei andare?!” sbottò lei, decisa ad affrontare la cosa di petto.
Con me.
Ma non riusciva a dirglielo. Le parole gli rimasero incastrate in gola. Ci fu qualcosa di non detto fra loro che però, venne comunque a galla sotto forma di corrente elettrica. Gli occhi di lei erano piantati slla sua faccia, limpidi, puri e ora leggermente umidi, avevano la capacità di paralizzare.
James rimase spiazzato un secondo, poi usò la scusa più grossolana del mondo.
“Ti sta usando!” se ne uscì fuori, acido.
“Che cosa?! Ma come ti permetti?!” gridò Lily, infuriandosi ancora di più. Ormai le loro voci si sentivano per tutto il corridoio.
“E’ un Serpeverde! È pericoloso! Potrebbe essere una trappola!”
“Ma che dici?! E poi…e poi so difendermi da sola!"
"Oh certo, come no." ironizzò lui, toccando un tasto decisamente sbagliato perché quelle iridi verdi divennero fuoco puro. Ma era troppo accecato dalla paura.
Dal terrore che...lei, lì, con uno di loro...uno che la guardava in quel modo...
“...E tanto per la cronaca, il ballo è fatto per far sì che gli studenti vadano d’accordo e la smettano con questi pregiudizi fra case! Davvero pensi che siano tutti come Malfoy?! Davvero cadi anche tu in questa mentalità idiota?! Non riesco a credere che..."
Che cosa avevano in mente? Non era solo la banale gelosia a spingerlo. Sapeva che era in pericolo. Era come un istinto. E ora quell'istinto straripava, non lo lasciava respirare, lo rendeva confuso. Un istinto nuovo, esteso fino a lei. Era questo, che sentiva un Famiglio?
Non riusciva a ragionare. Si sentiva in ansia, nel panico. E in colpa. Perchè lei aveva un mirino sulla fronte per colpa sua. Perchè era il suo stesso Famiglio a metterla in pericolo.
Tu finirai per ammazz...
"Zitto cazzo." pensò, scuotendo la testa come per scacciare una mosca. "Sta solo zitto."
"Sei incredibile James Potter, fai esattamente lo stesso ragionamento che fanno i..."
"Tu non ci vai! Cosa accidenti non ti è chiaro?!"
Il secondo sbaglio del giorno fu dettarle ordini. Se c'era una cosa che avrebbe potuto peggiorare l'umore di Lily, fu quello. L'aria si surriscaldò come una brace pronta ad esplodere...ma rimasero zitti, a fronteggiarsi, ormai adocchiati da alcuni studenti sconvolti.
Zitti, a fissarsi negli occhi con odio. Come in un fottuto deja-vu.
“Vai al diavolo Potter." sibilò Lily, con voce stranamente calma e lenta. "Tu non sei il mio padrone. Ed io...” ora le lacrime scorrevano sul serio. Sulle guance rese incandescenti dalla rabbia, dall'indignazione, dalla delusione. "...Io non sono il tuo giocattolo..."
Fu quella stoccata a farlo rinsavire. Padrone? Giocattolo?
“Non…non...cerco solo…" balbettò spiazzato, arretrando di un passo. "Mi preoccupo per te! Cerco solo di proteggerti!”
E a quel punto Lily esplose.
“NON LA VOGLIO LA TUA PROTEZIONE!” ruggì, singhiozzando senza riuscire a fermarsi. "E se ci tenevi tanto a far sì che io andassi con uno stramaledetto Grifondoro, potevi invitarmi tu stesso! Che cosa c'era di tanto difficile?! E invece tu...tu...non sei cambiato affatto! Tu non cambierai MAI! Ti odio, TI ODIO!"
Non gli fece aggiungere altro: lo spinse con violenza, fuggendo via.




Le voci corrono ad Hogwarts più in fretta degli incantesimi e quando Potter risalì in Sala Comune si ritrovò tre paia di occhi omicidi puntati addosso.
"Che cosa diavolo hai fatto?!" abbaiarono in coro i Marauders con la stessa espressione di chi avrebbe voluto prenderlo a sberle.
Potter ebbe la decenza di incassare un po' la testa nelle spalle e fissarsi la punta delle scarpe, senza nemmeno accorgersi che solo fino ad un anno prima sarebbe stato impensabile che tutti i Marauders avrebbero difeso la Evans a spada tratta - contro di lui poi!
Invece quegli occhietti accusatori furono peggio di un pugno e peggiorarono solo le cose facendogli desiderare di sotterrarsi.
“E’ una...una stupida. Solo una stupida!” ringhiò distrattamente, parlando a stento dalla rabbia. "Non si rende conto dei guai in cui si caccia, dannazione a lei! Come diavolo faccio a difenderla se se ne va a braccetto con i Serpeverde?!"
"Difenderla?" chiese Remus, inarcando un sopracciglio. Arrossì ancor di più.
"E poi ha iniziato a blaterare...di padroni e giocattoli...che storia è?! Chi la capisce è un genio!" cambiò discorso in fretta, iniziando a fare avanti e indietro.
"Ma non ci arrivi?" Lupin sbuffò. "Perchè pensi che nessuno abbia mai avuto il coraggio di invitarla ad un Ballo o, che ne so, ad uscire assieme?"
"Sì, ma..." balbettò lui, indignato. "Io non ho mai posto nessun divieto o cose del genere! Non sono mica un dittatore! Poteva uscire con chi le pareva!"
Fu il turno di Peter a parlare, ma bofonchiò così basso che non lo capì.
"Sev..us..."
"Cosa?"
"Severus!" Codaliscia arrossì, fissando ostinatamente per terra. "Non serviva che tu parlassi...ecco, era abbastanza evidente..."
"Hai tormentato Piton per anni, genio." sbuffò annoiatamente Sirius, meno propenso ad avere tatto. "Solo perché bazzicava intorno a Lily...no, fermo, lo so benissimo che è uno stronzo supponente e per quanto mi riguarda si è meritato ogni cosa che gli sia capitata, ma non venirmi a dire che era solo per il suo carattere di merda. Lo sa tutta la scuola che quella era la fine che avresti fatto fare a chiunque si fosse avvicinato alla Evans, o perlomeno è questa l'impressione che hai dato fino ad ora. Andiamo, non fare l'ipocrita, ne eri consapevole anche tu e lei si è sempre incazzata per questo. E adesso ti sei messo a comandarla a bacchetta come se fosse di tua proprietà, dio, quanto sei coglione."
James si zittì, sentendosi addosso un peso incalcolabile di vergogna. E di frustrazione. Sapere che avevano perfettamente ragione non faceva che amplificare tutto lo schifo che si sentiva addosso. Che cavolo era successo, accidenti a lui?!
Ricordò improvvisamente un episodio del Secondo anno. Un bambino di Tassorosso si era ostinato a voler pattinare su un lago ghiacciato fin troppo sottile ed il suo gufo aveva dato di matto. Si era tuffato su di lui gracchiando e beccando, artigliandogli la maglietta e cercando di allontanarlo. Non seppero mai come aveva fatto, ma quel gufo aveva capito subito che il ghiaccio stava per creparsi...come se lo avesse predetto, sentito. Solo che a furia di accanirsi contro il suo padroncino testardo, aveva finito per ferirlo fino a che non erano stati costretti a portarlo in infermeria.
Si era sentito esattamente come quel gufo.
Solo che lui era un essere umano, cazzo! Non un gufo, non un gatto e tantomeno un topo o un rospo! Era umano, non un dannato Famiglio! Non avevano mai avuto il totale controllo della loro Trasformazione ed erano diventati quasi telepatici ma quello...quello era semplicemente troppo!
"Vado a farmi due tiri con il boccino." tagliò corto, girando loro le spalle, e sparì nel suo corridoio senza dare altre spiegazioni, sbattendo la porta così forte che un quadro cadde gridando dal muro.








Michael Aliaset si era acceso una sigaretta e la fumava soddisfatto contro una parete scrostata, ridendo dentro di sé per la piega che avevano preso gli eventi. I Serpeverde non erano famosi per la voglia di sfaticare e quindi perché non godersi appieno quando qualcuno faceva tutto il lavoro al posto suo?
Se bastava fissare la Grifondoro come se fosse un pasticcino per far impazzire in quel modo Potter, allora quella situazione diventava veramente fin troppo facile.
E poi, lo era davvero, un pasticcino...si leccò le labbra pensando a quelle gambe lunghe e ai fianchi sottili e immaginandoseli ricoperti di morsi. Quella situazione era una vera seccatura per lui, però perlomeno avrebbe avuto modo di togliersi parecchi sfizi...se solo riusciva a giocare le carte giuste.
C'era solo una cosa che lo disturbava in quella deliziosa immagine nella sua testa, ed era quel dannato sguardo. Gli occhi verdi di Lily Evans in qualche modo lo facevano sentire quasi a disagio ed era una cosa che gli dava sui nervi.
Perso in quei pensieri, si accorse dopo qualche istante di un altro, di sguardo. Sardonici, neri come pece e taglienti come una lama, due occhi sottili gli si erano piantati addosso accompagnati da un sorrisetto malizioso.
Liu Chang incrociò le braccia al petto, appoggiandosi alla colonna accanto a lui e squadrandolo con un'espressione infida.
Si irrigidì appena, non amava essere fissato, benché meno da una che non faceva segreto della sua fedeltà a James Potter in quella scuola. Quando quell'idiota aveva fatto saltare la sua Sala Comune, lei era al suo fianco fedele come un cagnolino.
“Ti serve qualcosa?” chiese, ricambiando il ghigno.
La Corvonero si staccò facendo oscillare la lunga chioma nera.
“Ero solo curiosa di vedere colui che ha infranto il tabù provandoci spudoratamente con l'intoccabile Prefetto di Grifondoro.” disse, ridendo perfidamente.
Lui guardò altrove, già annoiato.
“Sei venuta a mettermi in guardia o stronzate del genere?”
“Tutto il contrario.” rispose l'orientale, attirando improvvisamente il suo interesse. D'un tratto, ricordò una certa scenetta...e certe voci sul suo conto.
“Hai cercato di rifilare a Potter una pozione d'amore?”
Liu parve scocciata.
“Girano un sacco di voci, qui dentro, eh?”
“Che mossa da dilettante.” Il Serpeverde scosse la testa con ironia. “Lo intuirebbe anche un cieco, che uno così fa colazione con gli antidoti per quella roba tutte le mattine.”
“Ero accecata dalla passione, che ti posso dire...”
La ragazza continuava a sorridere, e chissà come, in un istante intuì che probabilmente aveva assistito a tutta la litigata godendosi ogni singola scena. Proprio come lui.
Hmmm...a quanto pare, forse poteva tornargli utile.
E forse lo sapeva anche lei, che ostinatamente rimaneva impalata al suo fianco fissandolo con quell'aria da serpe.
“So che tuo padre sta spingendo per un titolo nobiliare...una fortuna che i Black siano così generosi, visto che la tua famiglia è da anni sul lastrico.”
Ecco un'altra cosa che gli tornò in mente: la Chang sapeva sempre tutto di tutti.
Quindi era inutile giocare a carte coperte, con lei. Nessuna recita da bravo ragazzo l'avrebbe mai fatta fessa, e probabilmente era meglio così.
“Dì un po', tesoro.” disse. “Potter ti piace così tanto?”
Gli occhi neri di Liu si intorbidirono, facendosi intensi e seri. Poi ghignò di nuovo.
“Come ad uno squalo piace il sangue.”
Aliaset rise, trovando tutto estremamente comico. Dio, quanto era facile fottere un Grifondoro...
“Beh.” disse, continuando a ridere con perfidia. “Credo proprio che ci toccherà collaborare!”












“Ma ti rendi conto di quanto è cretino?!”
“Sirius, lo conosci da parecchi anni, è mai stato non-cretino?”
“Sì ma Remus...tutto il piano è andato in fumo!” sbottò Sirius, voltandosi verso il biondino con occhi spiritati. “Abbiamo confabulato con Tonks e Cristhine per settimane intere per riuscire a far andare quei due al Ballo di Capodanno insieme e tenere lontane quelle psicotiche delle sue pretendenti, e quel demente butta alle ortiche tutto il lavoro!”
Lupin alzò gli occhi al cielo...in effetti, aveva una vaga voglia di strangolare James.
Erano chini sul libro di Incantesimi, intenti a far levitare palle da Bowling che però, vista la rabbia, continuavano ad esplodere facendo schiattare Vitious di paura.
James l'aveva scampata preferendo gelarsi il fondoschiena sul campo da Quidditch ma percepivano ondate di astio arrivare dalla sua testolina bacata. Di Lily nemmeno l'ombra.
“Ragazzi, perché non cercate di concentrarvi...?” rise nervosamente il nano, ma nemmeno finito di dirlo che ne esplose un'altra facendo volare cocci dappertutto.
“A quanto pare rincorrere il Boccino lo sta calmando...ora dobbiamo solo fargli chiedere scusa, e magari riusciamo a farli riappacificare...” borbottò Lupin, riparandosi la testa con il manuale.
Felpato scoppiò in una risata acida.
“Sì, certo, come no, un'impresa per nulla difficile! Crollerà il mondo prima che accada una cosa del genere!”
“Senti un po'...” sbottò il biondo, un po' scocciato dalle esplosioni che continuavano a fargli cadere calcinacci tra i capelli. “E tu, invece, che mi dici?!”
“Io?”
“E' vero, non hai chiesto a Cristhine di venire al Ballo con te.” s'intromise Peter, facendogli sgranare gli occhi.
“Ma...insomma, voglio dire, è scontato che ci andiamo assieme!”
“Oddio, ma con tutte le tizie che vi siete portati a letto com'è possibile che di donne non ne capiate un accidente?!” sbuffò esasperato Remus, alzando gli occhi al cielo. “Ci vuole una richiesta, imbecille! Una bella, romantica richiesta ufficiale!”
“Cristhine non è il tipo che bada a queste stronzate.” sbottò quello, punto sul vivo. Insomma, già doveva dirle ancora 'ti amo'...e quella dannata si divertiva a interromperlo ogni volta che cercava di dirglielo! Forse era diventata più malandrina di quanto non volessero...oppure...voleva davvero il romanticismo? In effetti, ora che ci pensava, la loro relazione non era nata propriamente da premesse rosee...il primo bacio se l'erano dato dopo che erano venute a galla verità terrificanti, e non potevano certo dire di aver avuto chissà quali appuntamenti galanti...se non si contava il Ballo delle Debuttanti dove praticamente avevano fatto a pugni e dove l'aveva riscattata da quegli stronzi di zii che praticamene volevano venderla al miglior offerente come un pollo.
Scrollò la testa come un cane, iniziando ad incazzarsi per lo sguardo accusatorio di Lupin.
“E tu, invece?!” replicò, piazzandogli un dito nel petto.
“Io che?” si sorprese l'amico, mentre Vitious decise che ne aveva abbastanza di rischiare la vita e fece saltare la lezione mezz'ora prima del previsto letteralmente cacciandoli fuori a calci.
“Ti ricordo che sei invitato anche tu al Ballo, bello mio!” abbaiò lui e cominciò ad armeggiare con la sua cintura dei pantaloni facendolo diventare di tutti i colori.
“Sirius PIANTALA!”
“Piantala un corno, o impari ad usarlo o te lo faccio imparare io con la forza!”
“Sei fuori di testa!”
“Non hai ancora invitato nessuno e non pensarci nemmeno a lavorare! E' ora che tu cresca!”
“Ahh, le donne...” fece sognante Minus, attirandosi le attenzioni dei due draghi che lo fulminarono con gli occhi.
“E tu, Codaliscia?” chiesero in coro mentre quello sbatteva le ciglia in modo angelico.
“Io?”
“E' vero!” saltò su Black, agguantando anche lui per il bavero. “Sei stato schivo tutta la settimana in proposito, si può sapere con chi cavolo ti darai da fare?!”
Lui strizzò loro l'occhio con espressione furba e raggiante insieme.
“Con tutte quante!”
Quella machiavellica risposta non diede tempo di indagare perché improvvisamente il pavimento iniziò a tremare come Jurassic Park ma prima che potessero capire da dove veniva qualcosa piombò loro addosso.


“Hey! Ciao ragazziiII!”
“Ciao Tonks!” sorrise Sirius, prendendo la cugina al volo e impedendole di spiaccicarsi contro il muro.
“Oh, grazie! Non ho visto...”
“…lo scalino!” finì Peter per lei. Ormai avevano i riflessi allenati per captare le cadute micidiali di quel terremoto di cugina, e la risata che seguì li distrasse il tempo sufficiente per non accorgersi del pericolo imminente fino a quando non fu ad un passo da loro.
Lupin sbiancò, riconoscendo improvvisamente il delicato passo della Sgrunt, che si avviava verso di loro come un tirannosauro affamato di carne fresca.
“Oh, cavolo, ragazzi cercate di...” balbettò, ma girandosi verso di loro trovò due bei posti vuoti con tanto di scia e immagine residua. Quegli infami se l'erano filata mollandolo lì da solo!!! Ma che begli amici! Era fantastico sapere di poter contare sui Marauders!
“Remus Lupin!” ringhiò Pamela, oscurando il sole. Il sudore freddo fu il minimo.
“Er…ciao Pamela…” ridacchiò nervosamente, arretrando fino al muro.
“Cavoli, quanto è grossa!” commentò tranquilla Tonks al suo fianco, facendogli fare un salto di due metri.
Ma porca…! Si era completamente dimenticato di lei!
“Allora…” ringhiò Pamela, sovrastandoli e grazie a dio ignorando totalmente la frase spudorata di Ninfadora ( ma era comunque terribilmente inquietante.) “…per la proposta del ballo?”
“Ecco…”
Oh insomma!
Aveva baciato Tonks di fronte a tutti, possibile che non aveva capito di lasciarlo in pace?! Promemoria: mai accettare consigli da Sirius!
“Mi spiace…ci vado…con un’altra.” mormorò, teso e pregando in dieci lingue di sopravvivere.
“Chi?”
Un po’ di tregua, dannazione!”
Remus sospirò e fissò Tonks.
La ragazza lo guardò interrogativa.
Tanto arrivato a quel punto…
“Tonks, ci vieni al ballo con me?” chiese, rassegnato e con una punta di disperazione.
“Eh?” fece lei, colta alla sprovvista.
Si aspettava un altro fiume di chiacchiere inutili ma, con sua sorpresa, lei sorrise allegra e disse: “Massì! Sarà divertente!”
Era davvero carina quando sorrideva in quel modo...No, ma che andava a pensare?!
Sgranò gli occhi celesti un po' colto alla sprovvista e forse realizzando solo in quel momento di ciò che le aveva chiesto.
Pamela li squadrò da capo a piedi facendogli scappare l'anima dal corpo ma finalmente parve cedere e voltò loro le spalle.
“Se preferisci questa RAGAZZINA…addio!”
E s’incamminò con l'aria di una duchessa oltraggiata, sparendo velocemente poiché ogni suo passo valeva almeno tre passi di un uomo normale, le narici ancora dilatate e gli occhi iniettati di sangue.
Se c’era un premio per il sospiro più grande del mondo…sarebbe andato al povero Lunastorta, che dovette sedersi ancora incredulo di averla scampata.
Rimase in silenzio contro il muro, facendo bei respiri...prima di aprire gli occhi e guardarsi attorno.
Una folla di curiosi lo guardava sorridendo.
“Oh, forza!” sbottò, un tantino isterico. “Andatevene pure a dirlo ai quattro venti, tanto peggio di cosi!”
Neanche a dirlo, gli studenti filarono subito, rapidi come tanti piccioni viaggiatori.
Che schifo la scuola.
“Sei molto gentile ad invitarmi!” cinguettò Tonks, sedendosi accanto a lui senza notare l'aria che tirava.
“I-io...” lui avvampò, guardando altrove. Che le diceva? Cristo santo, Sirius l'avrebbe ammazzato. E poi, che razza di verme era?! Continuava a lanciarle messaggi così ambigui...
Anche se... improvvisamente, senza riuscire a trattenersi si ritrovò a pensare al suo corpo, pigiato contro il suo. Doveva essere morbido...
“...tuttavia credo di aver risposto un po' frettolosamente! Ecco, la verità è che sarò impegnata per gran parte della serata!”
Ritornò in sé (decidendo all'istante che era il caso di farsi quante più docce fredde possibili) e la guardò perplesso.
“In che senso?” chiese, sentendo come un brutto presentimento.
Lei sorrise.
“Sarò allo stand dei baci!”
Dopo un istante di silenzio traumatico, il Marauder balzò in piedi di scatto, urlando un titanico: “Tu...CHE COSAAAAAAAAA?!” e spettinandole i capelli con la sola forza dei polmoni. No, non poteva davvero averlo detto! E Lily...non poteva davvero averlo fatto!
“Quindi, se non ti dispiace aspettare...”
“Non ti aspetto per un solo secondo!” abbaiò il ragazzo sconvolto, tirandola in piedi di peso. “Perché è con me che starai tutta la sera! Tonks, come diavolo ti è saltato in testa di accettare di essere piazzata allo stand dei baci?!”
“Eh? Perché?”
“Perché...perché...” balbettò lui con espressione ghiacciata, senza nemmeno sapere da dove iniziare. Perché era ancora così giovane, perché ci sarebbero stati un sacco di pervertiti, perché era una roba sessista, disgustosa e priva di ogni decenza che rasentava la prostituzione?! E perché...ecco! “Perché Sirius si incazzerebbe di brutto.” disse trionfante, credendo di porre fine alla questione ma lei ridacchiò.
“Oh, ma Sirius non lo saprà.”
“Lo saprà eccome, anzi, filo subito a dirglielo!”
Si mise a correre con espressione risoluta senza più starla a sentire. Non sapeva perché la cosa gli dava così fastidio. Solo che...insomma, Tonks era così dannatamente ingenua! Se non altro, invitandola perlomeno avrebbe posto fine subito alla questione e l'avrebbe difesa da quei maniaci dei suoi compagni!
Lo beccò a fare la ramanzina a Potter – che lo fissava spettinato e infreddolito come un pulcino triste - e gli corse incontro ma non fece in tempo a fare un passo in più che qualcosa di invisibile gli si schiantò sul naso facendolo crollare all'indietro.
Boccheggiò come un pesce tenendosi le povere narici doloranti e strabuzzò gli occhi in cerca dell'ostacolo ma non ci trovò niente.
Eh no, eh!
Fece di nuovo per avvicinarsi a Sirius ma di nuovo ricadde all'indietro come se avesse preso in pieno un muro invisibile...e così ancora e ancora fino a che non vide stelline colorate lampeggiare davanti agli occhi lacrimanti.
Una di queste si staccò e assunse la forma di Tonks, che rise divertita.
“Ho cercato di dirtelo!” disse, chinandosi su di lui. “Hanno lanciato un incantesimo! Non ti puoi avvicinare a Sirius, o meglio, non se lo fai per rivelargli il segreto. Ordine della Harpies!”
Ecco, pensò Remus, distrutto. Ora sì che erano a posto...
“Allora, mi aspetterai sì o no?” ora gli occhioni verde acqua di Tonks erano a dir poco sadici. Forse, non era poi così tanto innocente come pensava...
“Tonks, davvero, non farlo...”
“Eddai, sono solo baci! Perché te la prendi tanto? E poi così aiuterò Lily a tirare su i soldi per il Comitato degli studenti e il corso di Difesa!”
Lui diede un colpo di reni e si puntellò sui gomiti, ritrovandosi spaventosamente vicino al suo viso, visto che lei si era accucciata su di lui incrociando le braccia sulle ginocchia e appoggiandoci il mento, come una bimba che analizza curiosa una coccinella.
“Perché te ne pentiresti! Fidati.” Deglutì, senza però tirarsi indietro a quel contatto così ravvicinato. “Cosa posso fare per impedirti di compiere quest'assurdità?”
E fu lì che lei gli riservò uno di quegli sguardi densi come burro, in grado di ricoprirgli la pelle di brividi strani.
“Beh...” gli angoli della bocca si piegarono all'insù, divertiti. “...puoi sempre comprare tutti i baci disponibili.”





 

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Capitolo 43
*** What a waste of a lovely night. Part I ***








Se c'era una cosa che tutti a scuola sapevano, era che tra i due Prefetti di Grifondoro vigeva una regola non scritta. Ovvero, quando le cose andavano a farsi benedire loro le avrebbero seguite a ruota.
Fu così che nessuno si stupì di trovare due cadaveri con gli occhi gonfi appollaiati nel loro piccolo rifugio in Sala Prefetti a tracannare panna disciolta nel thè con una depressione tale da ammorbare l'aria tutt'attorno come una violacea nebbia radioattiva.
Mandy Harpies scoccò loro una vaga occhiata schifata borbottando qualcosa che suonava tipo “le persone deboli mi disgustano”, ma tra Lily e Remus si poteva fare a gara a chi fissava nel vuoto con più vacuità.
Nulla di strano per gli altri Prefetti – essere sempre così responsabili e precisini portava quei due a quella condizione più o meno un paio di volte al mese – ma stavolta non erano in crisi per punti tolti, fondi mancanti, registri spariti e programmi impossibili.
Fissando con occhi persi il viavai di gente - tutti in frenesia pura per l'organizzazione del Capodanno - Lily si fece versare altro thè da Remus senza nemmeno guardare.
Ritrovarsi a vegetare in quello stato catartico come dei vermiciattoli era sempre stato rigenerante e bisognava ammettere che i due disgraziati sembravano leggersi nel pensiero perché si passavano biscotti e tazzine senza aver bisogno di dirsi niente.
La Grifoncina appoggiò il mento sulle ginocchia raccolte ignorando un astuccio che le rimbalzò sulla testa.
Stupido Potter! Lui e le sue stupide manie paranoiche, possessive, impossibili!
Avrebbe dovuto cavargli gli occhi! E perché non aveva detto subito di sì a Michael? Perché aveva esitato?
Lui era gentile, accidenti. E rispettoso, educato...era dannatamente normale. Perchè James non riusciva ad essere normale?!
Ricordò che, da bambina, sognava di scendere le scale come una principessa e posare la mano su quella dell’amore della sua vita, iniziando a ballare, vedere le sue iridi accendersi di passione travolgente e desiderio d’amore eterno.
Ma lei era cresciuta e alle favole non ci credeva da tanto tempo.
Il suo principe azzurro sicuramente era da qualche parte a sbronzarsi per la sua campestre vita da single e che dire del cavallo bianco? Quasi certamente finito in qualche fabbrica di colla!
Si lasciò sfuggire un sospiro lamentoso a metà tra l'irritato e il depresso e finalmente Remus le scoccò un'occhiata.
“Ne vuoi parlare?”
“No.”
“Posso picchiarlo, se vuoi.”
“Sarebbe d'aiuto, ma so già che non lo farai.”
Lui sorrise.
“Non esserne così sicura. A volte è così idiota da farmi venire voglia.”
“E tu, si può sapere che hai?” bofonchiò lei, vedendolo diventare di gelatina tutto d'un tratto. “Problemi di soldi? Paige ha di nuovo attentato alle tue virtù drogandoti di nascosto? Fondi per lo stand misteriosamente spariti? Brutto voto?”
“Ho invitato Tonks al ballo...” pigolò, ma non aveva nemmeno finito la frase che la dolce Evans gli tirò una micidiale manata dietro la nuca.
“MI PRENDI PER I FONDELLI?!” Abbaiò, balzando in piedi e rovesciando la poltrona mentre il ragazzo si faceva piccolo piccolo. “E' solo per questo che sei così?!”
E lei che pensava fosse successo qualcosa di grave!
Lui sospirò, passandosi le mani sulla faccia come se volesse strozzarsi da solo.
“Non capisci...” pigolò mogio.
“Certo che no! E' impossibile capirti, Remus, si può sapere che cosa c'è di tanto terribile? Cos'è, hai paura che Sirius ti fucili?”
“Ma no...”
“E' l'età? Hai paura che ti massacri i piedi? Oppure c'è qualcun'altra?”
“Non c'è nessuna...”
Gli occhioni innocenti da bimbo sperduto di quel dannato la costrinsero a risedersi e a sospirare esasperata.
“Ti piacciono i ragazzi?” chiese alla fine, tagliando la testa al toro. “Perché guarda che se è così non ci sarebbe nulla di cui...”
“No, no, mi piacciono le ragazze!” si affrettò a dire quello, avvampando. “E' solo che...è difficile...”
Improvvisamente si guardò le braccia. Quelle braccia coperte da tagli e graffi che teneva sempre nascoste a tutti. Forse il problema era più serio di quanto non sembrasse, così Lily si addolcì e si fece vicino, sfiorandogli il polso con tenerezza.
Lui non si ritrasse, come invece avrebbe fatto con qualsiasi altra ragazza. Era da tempo che accettava il tocco di Lily senza dare l'impressione che lo stesse ustionando.
“Senti, Remus...” cominciò lei, cercando di avere quanto più tatto possibile e accarezzandogli dolcemente la pelle. “Perchè non...perchè non ci provi?”
“Provarci?”
“A rilassarti.” suggerì lei, mentre lui si bloccava. “A...beh, a goderti il fatto di essere giovane. So che sono l'ultima a poter parlare però...
però forse hai bisogno di un altro ostacolo.” scosse il capo, dosando le parole con cura. “Un altro ostacolo che faccia cadere le maschere e che ti riveli per come sei davvero. Non voglio sapere i motivi per i quali sei così scostante con le ragazze e rifuggi l'amore come se fosse un nemico mortale, tuttavia, ecco...credo che tu ti stia ancora nascondendo.” Non capiva come mai lui avesse quell'espressione ghiacciata sul volto, ma ci teneva a fargli sapere quello che pensava. Remus era così dannatamente buono, e vederlo trattenersi in quel modo, chiudersi a riccio a qualsiasi opportunità, creare tutti quei muri insormontabili con gli altri, la feriva. “E io credo che il tuo vero volto sia bellissimo, tutto qui.”
Un lampo sfrecciò nei suoi occhi azzurri, con un fondo di dolore e ironia.
“Non credo diresti ancora così.” ammise, amaramente e quasi con freddezza. “Non credo vorresti vedere il mio vero volto.”
Si zittì mentre lei, ridacchiando, gli premette il dito sul naso.
Poff.
“Io sono certa che mi piaceresti in qualsiasi versione di te stesso! E sai una cosa? Ti prometto che te lo dimostrerò!” sentenziò, sicura di sé e con occhi così limpidi che sciolsero un po' del freddo. “Non chiudere la porta in faccia alle persone, Rem. Dai loro una possibilità di vederti. Solo questo.”
Lui sospirò, incapace di trattenere un sorriso.
“Ci proverò.”
“Ottimo! E poi è solo un ballo!” Lei si alzò in piedi, più ottimista e cercando di essere incoraggiante. Tuttavia nei suoi occhi c'era ancora una sorta di tristezza e per un istante Lupin considerò davvero se pestare quel cretino del suo migliore amico, anche se apprezzava lo sforzo di quell'adorabile Grifoncina nel cercare di tirarlo su di morale e fingere che le andasse tutto bene.
Che strano, James era sempre stato in grado di aiutarlo ma Lily...Lily lo faceva in un modo diverso. Più dolce, morbido, gentile.
Non fece in tempo a rispondere che la porta si spalancò e Cristhine McRanney e Tonks si piazzarono sulla soglia con gli occhi sgranati.
“Lily!” esclamarono in coro, trafelate.
“Ragazze?”
“Ti cercavamo!” ansimò Cristhine, prima di mostrarsi vagamente imbarazzata. “Beh, ecco...”
“Dicevano che eri con un certo Serpeverde e che eri in pericolo!” Tonks, guardò come un militare da una parte all'altra come se si aspettasse di vedere un attacco di lì a poco.
“Che razza di pettegoli bugiardi!” saltò su quella, mentre un nervo le saettava sulla tempia in velocità record. “Non riesco a crederci! Ok, i Serpeverde non sono certo studenti modello ma tutto questo razzismo è assurdo!”
“Quindi è tutto ok...” sospirò la McRanney, portandosi una mano sul cuore con sollievo.
“Ma eri davvero con un Serpeverde?” s'incuriosì la più giovane, letteralmente gettandosi a pesce sul the con la panna e affondandoci il naso. “Squisito! Nome della ricetta?”
“The della depressione di Evans e Lupin.” borbottò Remus, incassando la testa nelle spalle e scoccandole un'occhiata obliqua. “A proposito di questo, Lily...”
“E' un amico.” lo fermò lei, alzando le mani. “Voleva solo andare al Ballo assieme.”
“COSA?!” esclamarono in coro le due ragazze. Quella reazione esagerata rese la Evans perplessa. E ora perché quelle due erano nel panico?
“E hai accettato?” mormorò Cristhine, deglutendo.
“Beh…no…non so se dirgli di sì…” Rispose con sincerità. “A dire il vero non so nemmeno se andarci, a questo punto.”
“Non devi dirgli di sì!” disse subito Tonks, saltandole addosso e strattonandola tanto da farla diventare blu.
Lily la fissò sorpresa.
“E perché?”
Che fosse anche lei prevenuta? No, Tonks non era certo il tipo.
“Ecco…” quella balbettò, mordendosi la lingua.
Ninfadora Tonks a corto di parole?! Ora le aveva viste tutte.
Ma come potevano quelle due riferirle che avevano complottato per giorni interi allo scopo di accoppiarla con James? Avevano usato ogni più subdolo sotterfugio per tenere a bada quel branco di assatanate che erano le loro compagne di scuola, tampinato Potter come cani da caccia, messo in giro voci, piazzato trappole...e tutto quel casino per niente!
A deviarli dall'argomento spinoso fu sua-delicatezza-Black che entrò sfanculando chiunque tentasse di impedirgli l'accesso ad un'area riservata.
“Tu!” abbaiò perentorio alla sua Corvoncina, che ricambiò lo sguardo con serafici e paciosi occhioni di miele. “Sappi che mi sono rotto di fare il vigliacco, per cui te lo dico e basta! Io ti a...”
“Ops! Scusate!”
La tazza di Tonks si sfracellò per terra interrompendo la più brutta dichiarazione d'amore di sempre. Lui alzò gli occhi al cielo, mentre la McRanney ridacchiava.
“Tonks, era una cosa importante!”
“E gliela dici in uno sgabuzzino delle scope nella Sala Prefetti?” sibilò Lily, fulminandolo con gli occhi e ammonendolo con lo sguardo. Veramente voleva dichiararsi in quel modo così poco romantico?!
Stranamente Sirius parve capire il suggerimento perché si zittì e ingoiò il rospo...o forse gli era solo passata la foga del momento.
“Scusate!” cinguettò Ninfadora, cercando di togliere pezzetti di ceramica dalle gambe di Lupin che quasi si strozzò con il biscotto.
“Lascia, faccio io! Reparo!” sospirò la Evans, un tantino preoccupata per il colorito del poveretto, che si era appena ritrovato la quarta di Tonks dritta in faccia e ci stava lasciando le penne.
“Grazie!” fece la ragazzina, senza accorgersi di nulla. “Sono proprio sbadata! Xenophilius Lovegood, di Corvonero, dice che è colpa di un…cosa era? Ricciolo Schiattoso, mi pare.”
“Un che?”
“Oh, Xenophilius dice sempre un mucchio di sciocchezze!” rise Cristhine. “E’ davvero un ragazzo divertente!”
Sirius cambiò letteralmente espressione.
“Lovegood? Quello che dice sempre di vedere cose che non esistono? Sono un mucchio di stupidaggini!” sbottò, acidamente.
“Oh, beh quello è certo!” Fece la brunetta, pensierosa. “Forse però qualcosina esiste veramente…ha sempre dei racconti affascinanti!”
Il volto di Sirius si oscurò ancor di più e finalmente la Corvonero se ne accorse.
“Ma ovviamente…” disse, baciandolo sulla guancia. “…Ovviamente a me interessano soprattutto i tuoi, di racconti! Dì a Remus la barzelletta sull’unicorno!”
Seguirono battute sconce di vario genere, fino a quando Lily decise di conservare almeno un briciolo di innocenza rimasta e salutò tutti, uscendo in fretta e furia ma decisamente più serena. L'amicizia fa quest'effetto, anche se con alcuni l'avrebbe ammesso a fatica...
“Non deve accettare!” chiarì subito la Corvonero quando la rossina fu fuori, e gli altri annuirono.
“Lei ci deve andare con Potter!” disse decisa Tonks. “C'è del feeling tra quei due o sbaglio?”
“Il feeling più strano e delirante del mondo.” sbuffò Sirius. “Comunque adesso hanno litigato in maniera piuttosto pesante. Insomma, litigano sempre, ma ora è diverso. James non ci ha detto granché, ma ha giocato a Quidditch quindi il suo umore è un po' migliorato. Credo di essere riuscito a convincerlo a scusarsi... aveva una strana luce negli occhi e ha detto qualcosa del tipo che avrebbe accettato la sfida...bah, chi lo capisce è bravo!”
“Anche Peter è strano ultimamente!” asserì Remus. “Sparisce sempre e ridacchia da solo. Chissà che cavolo prende alla gente di questi tempi!”
“Disse quello che cade ogni volta che mi guarda.” borbottò Felpato, poi indicò Tonks. “Ti ha contagiato con l'imbranataggine, per caso? E' tutto il giorno che mi guardi,apri la bocca e poi cadi per terra!”
Remus come di consueto non rispose. E anche se avesse voluto, non avrebbe potuto farlo. Dannato incantesimo...
Alla sua sinistra, Tonks sorrise sotto i baffi.
Di certo non era geloso...anche se ci sperava. Era più una questione di onore e cavalleria, per lui, conoscendolo bene.
Però vederlo impegnarsi tanto per impedirle di partecipare allo stand dei baci la rendeva felice in un modo inspiegabile. Eppure, anche triste in un certo senso.
Si era cacciata proprio in un bel guaio...






La giornata passò in uno strano senso di attesa ed eccitazione. Qua e là si scorgevano Membri del Comitato della morale e alcuni Prefetti fare avanti e indietro con le mani piene di lucine, fasce argentate, fuochi d'artificio e strani calici dentro i quali, poco ma sicuro, Potter avrebbe aggiunto in sordina alcolici da lui brevettati.
Che sarebbero stati benzina pura.
D'altronde aveva uno come Lupin come tester, che sorseggiava assenzio come se fosse cappuccino e rimaneva impeccabile e perfettamente lucido anche dopo dieci bicchieri.
Insomma, se quelli del Comitato avrebbero voluto imbastire un'elegante pomposità di prima categoria, poco ma sicuro che passata la mezzanotte i Grifondoro avrebbero dato il via al party vero, che sarebbe somigliato più ad una sfida survival che a una festa.
Il ché non migliorava di molto l'umore di Lupin, che dopo aver ammorbato tutti con la storia di “una minorenne allo stand dei porci” si era arreso di fronte alla fredda logica di Laverne: Tonks poteva trasformarsi in chi le pareva, per cui avrebbero fatto una vagonata di soldi. E anche senza trasformarsi, era decisamente un bocconcino nuovo molto ambito dalla fauna maschile del posto.
E dio solo sapeva se non avevano bisogno di soldi, con i Professori in procinto di venire licenziati tutti e la scuola alla totale mercé dei SerpeStronzi!
Nonostante la sconfitta su tutta la linea, non riuscì a impedirsi di sorridere quando Mandy Harpies cacciò un urlo apoplettico nel vedere la Grifondoro passare pericolosamente di fianco ai calici di cristallo.
“Quante storie per qualche bicchiere!” ridacchiò lei, superandolo con aria indaffarata.
“Credo che Hogwarts non durerà molto con te. La stai demolendo pezzo per pezzo!”
“Già! Ci vediamo sta sera!” lo salutò ridendo, e corse via.
“Ti vengo a prendere alle otto.” Sospirò lui dietro alla scia del suo profumo.
“Amoruccio caro! A chi vai a prendere alle otto?” sorrise James comparendo da dietro e mettendogli un braccio intorno alla spalla. L'umore di quest'ultimo invece era risalito in modo preoccupante, e preoccupante era la luce omicida che gli brillava negli occhi.
“Jam, non è aria!”
“Aspetta che lo sappia Sirius.”
“Sapere cosa?” disse quest'ultimo, piazzandosi sul divanetto con aria da lord. “Qualcuno ha visto Coda?”
“Sì, io. Stava parlando con Lily...” Cristhine non fece in tempo a finire la frase che Black l'afferrò e trascinò come un sacco di patate al centro dell'affollatissima Sala Grande.
E c'è da dire che quando si inginocchiò ai suoi piedi in una posa decisamente fraintendibile quasi le venne un colpo.
“Sirius! Cosa...?”
Moltissimi si girarono a guardarli.
Bellatrix, dall'altra parte della stanza, fece una faccia assolutamente disgustata.
“Vuole venire con me al ballo, Madame?” chiese quello a voce alta, sgonfiando l'aspettativa di tutti, già pronti a vedere una scandalosissima proposta di matrimonio.
Cristhine scoppiò a ridere.
“E c'era bisogno di chiedermelo in modo così plateale?” sorrise, inarcando un sopracciglio e alludendo alla fauna Hogwartsiana già con la bava alla bocca per la voglia di gossip.
“So che non ami le piazzate, ma ti meriti un po' di scena.” ghignò lui, sfiorandole la mano con le labbra e facendole venire piccoli brividi sull'epidermide. “Sappi che hai fatto la tua mossa, McRanney, ma ora farò io la mia e oh, ti assicuro che ti farò ripagare le torture di questi giorni! D'ora in poi qualsiasi mia dichiarazione sarà fatta in grande stile. Che ne pensi?”
“Ti ho già detto che sei matto?” lei ridacchiò, deliziata, cercando di farlo alzare ma lui rimase lì.
“Un centinaio di volte, e giustamente. D'altronde hai giocato con il fuoco, tesoro.”
“Bella mossa, Black.” era divertita.
“E allora? Vuole farmi l'onore di accompagnarmi e far incazzare qualsiasi Purosangue razzista della contea?”
“Certo che vengo, scemo!” La Corvoncina roteò gli occhi, esasperata. “Ora tirati su prima che al Comitato venga una sincope!”
Il ragazzo si alzò con aria soddisfatta e se la strinse contro, baciandola, per poi sussurrarle all’orecchio: “Visto che cosa sono costretto a fare per te?” che colorirono le gote della ragazza in modo adorabile.
Bellatrix fece finta di vomitare nel piatto, ma nessuno, a parte Lucius e Narcissa, la notò.
Perfino James, che in altre situazioni avrebbe sfottuto fino alla morte, si ritrovò a sorridere...fino a quando la luce omicida nei suoi occhi non si ampliò e il finto sorrisetto di circostanza scivolò giù.
Un ragazzo con la divisa di Serpeverde stava puntando verso di loro.




Ma cosa ci voleva per convincerla a dire sì?!
Aliaset marciava per i corridoi con un fastidio crescente. Forse era la frenesia della giornata, la sensazione che mancasse davvero poco e che ci fosse qualcosa che gli impediva di raggiungere i suoi scopi, ma stava perdendo la pazienza. Non gli piaceva non avere tutto sotto controllo e Lily Evans si stava rivelando più difficile del previsto...e sapeva perfettamente perché.
Li vide appena svoltato l’angolo: il capitano Potter circondato dalla sua banda di belloni.
Scoccò una occhiata a Minus - arrivato in quel momento – tizio goffo e timido, a Lupin, gentile e leale, e infine a Black, tenebroso, dall'aria violenta ma al contempo pieno di fascino.
E in mezzo a loro, come un re, stava lui, che sghignazzava come un idiota.
“Potter!”
Non importava quanto il Capitano di Quidditch fosse importante: c'era in gioco ben più di un ballo, per lui. E con la sua abilità a creare barriere magiche, l'Incantatore gli faceva ben poca paura.
Il ragazzo si voltò e, alla sua vista, fece una smorfia. Gli scoccò un'occhiata difficile da digerire, e per un istante le sue certezze parvero vacillare. Quella era l'occhiata di uno abituato a dettare legge...ma a quanto pareva, il Grifone era deciso a rimanere sulla via della diplomazia...
“Sì?” gli chiese, rigido.
“Ti devo parlare.” Chiosò il Serpeverde, con sguardo serio.
Sirius, Peter e Remus lo guardarono incuriositi.
James inarcò un sopracciglio, senza accennare a muoversi, le braccia incrociate sul petto.
Michael lo guardò con una smorfia.
“Non davanti a loro.”
“Hey, amico, cerchi guai?” grugnì Sirius, ma James lo fermò all’istante.
“Tutto bene ragazzi, aspettatemi qui. Arrivo subito.” Ghignò, allontanandosi con il Serpeverde.
“Non mi piace quel tipo.” Celiò subito Black, una volta spariti quei due.
“Nemmeno a me.” replicò freddamente Remus. “Ha uno sguardo strano. Non dirmi che è quello con cui Lily deve uscire!”
“Mi sa di sì.” disse Peter.
I tre si guardarono in faccia, disgustati.




“E allora?” James Potter si appoggiò al muro incrociando le braccia al petto. “Cosa vuoi?”
Michael sollevò il mento, poco intimorito da quella posa sfrontata.
“Interessante scenetta, oggi nei corridoi.” insinuò, ammiccando.
“Tsk.” Lui guardò altrove. “Solo qualche piccola divergenza di opinione con la nostra Prefetto.”
“Oh, davvero?” gli occhi grigi del Serpeverde brillarono di un blando divertimento. “Sarebbe a dire?”
Lui si staccò dal muro. Lentamente.
“Non siamo d'accordo sul tipo di fiducia da dare al prossimo.”
“Interessante.” Michael sorrise, facendosi più vicino con fare suadente. Parve passare un'eternità, un silenzio carico di polvere da sparo. Apparentemente tranquilli, quasi divertiti, a vederli da più vicino sarebbero entrambi apparsi come due animali pronti ad attaccare. Ma James scosse il capo, facendo per voltargli le spalle.
“Se ho soddisfatto la tua curiosità, qui abbiamo finito!”
“Sei innamorato di Lily Evans, Potter?”
Lui quasi scivolò a terra, arrossendo indignato.
“Ma che cazzo dici?” sbottò, perdendo la compostezza di prima. “Siamo amici! Anzi, forse nemmeno più quello...” si lasciò sfuggire.
“Amici? Che stronzata.” frecciò l'altro, scuotendo il capo con sarcasmo. “Pensi che sia stupido?”
“Sì.” ammise James senza nemmeno pensarci, facendogli saettare un nervo sulla tempia. “…senti, sai cosa? Non ho voglia di stare a sentire scenate di gelosia dei fans della Evans, ho cose più importanti da fare.”
“Come trattarla come se fosse un tuo territorio inviolabile e cercare di fartela non appena girato l'angolo? Dio.” lui rise con cinismo. “Se questa è amicizia, preferirei avere dei nemici.”
Incredibile come riuscisse a fermarlo con sole poche frasi. Aveva tutta l'intenzione di non cadere in quei tranelli e andarsene da lì – conosceva troppo bene Piton e tutta la loro marmaglia di stronzi provocatori per non essere preparato – ma quel tizio ce la stava mettendo tutta per fargli girare le palle. Cercò di respirare, sollevando appena il mento oltre il profilo della spalla.
“In passato, forse. I tempi sono cambiati. Comunque tranquillo, se è quello che ti preoccupa, non ci sono mai riuscito.” ironizzò, assottigliando gli occhi con cattiveria.
Non era propriamente esatto…
“Il problema non si pone.” Il ragazzo divenne serio, e la sua voce si fece bassa, vibrante. “Perché ogni caso, è finita qui. D'ora in poi, tu le starai lontano.”
“Che cosa?!” James si voltò di di scatto, quasi allibito di fronte a quel comando, a quella minaccia, a quella promessa. Strinse gli occhi e chiudendo i pugni contro i jeans. I respiri profondi non servivano più a nulla. L'altro sorrise, ben consapevole di aver finalmente toccato il nervo scoperto.
Ah, i Grifondoro...così fottutamente orgogliosi. Facili da manovrare...come tanti burattini.
E davanti a lui c'era il più orgoglioso di tutti. Il Re dei Grifoni.
Superbo, inarrivabile...e non abituato a ricevere ordini.
Era davvero fin troppo facile.
“Stalle alla larga, Potter. E ti conviene darmi retta. Lo saprò se le stai ancora dietro.” fece per voltargli le spalle ma la mano del Marauder calò sulla sua spalla. Prevedibile.
“Brutto…! Cos’è?! La stai spiando?!”
“Forse…” Ghignò il Serpeverde, compiaciuto della sua reazione.
James lo sbatté violentemente contro il muro, rosso di rabbia.
“Non osare…non ti permettere di…”
“Che c’è Potter? Per essere suo amico te la prendi a male!” sorrise Michael...e tra i suoi palmi si formò come una bolla. Trasparente ma compatta, come fatta d'acqua densa...scintillava simile al fuoco, pronta ad espandersi, ad esplodere. Ma James non la vide. Non vedeva niente se non quegli allusivi occhi da bastardo, quel modo di guardare...che gli aveva fatto perdere il controllo fin dalla prima volta.
“Tu stai giocando con il fuoco.” gli ringhiò ad un soffio dal viso, tremando d'ira. “Non so che cazzo ti passa per il cervello, ma credevo di essere stato abbastanza chiaro quando vi ho fatto saltare per aria assieme quella fogna che chiamate dormitorio! Se eri assente, eccoti un ripassino: avete chiuso! Tutti voi! Sono ad un passo dallo spazzarvi via, non so cosa si sia messo in testa Malfoy o se sei solo uno che ha poca voglia di sopravvivere all'anno scolastico ma ti avverto: se scopro che le fai del male, o ti avvicini ancora a lei…!”
Per un istante James vide rosso, e la mano strinse il suo colletto per poi dare cenno di salire alla gola. E stringere. La luce delle candele vibrò, il muro parve tremolare...e di nuovo la sensazione di riuscire a richiamare tutta la scuola, di assorbirli...quel suo potere così strano e incontrollabile parve di nuovo venire fuori.
Sarebbero ritornati tutti, lo sapeva.
Nessuno resisteva al richiamo di un Incantatore.
E lui si sarebbe beato di loro, nutrito di loro...ed il suo potere sarebbe esploso di nuovo, implacabile, indomabile.
Poi ricordò gli occhi di Liu Chang, quando aveva dato prova di cosa era capace.
Il modo in cui l'aveva fissato. Come una silenziosa condanna.
Con soddisfazione, bramosia, consapevolezza. Quelli erano gli occhi di chi sapeva di avere ragione...gli occhi di chi stava solo aspettando di sentirsela dare.
Lo lasciò andare, schifato. Non seppe dire se più da lui o da sé stesso.
Parve calmarsi...fino a quando il ragazzo si pulì i vestiti e lo fissò intensamente.
“Non voglio farle del male.” rise, cattivo. “Voglio diventare suo …‘amico’...”
“BASTARDO!!!”
Il pugno stava calando sulla sua mandibola,senza freni, quando una voce si levò alta nel corridoio.
“Potter!”
La McGranitt avanzò loro incontro, impettita e con le narici dilatate. Scoccò un'occhiata al braccio teso del Marauder, e le sue labbra si serrarono fino a diventare una linea sottile. Potter non la fissava.
Aveva ancora il pugno alzato, immobile.
“Potter...” iniziò la donna, ma improvvisamente il Serpeverde scoppiò a ridere.
“Stiamo solo giocando, Professoressa!” gli diede un'amichevole pacca sulla spalla, allegro. “James stava testando la mia capacità di ricreare barriere protettive magiche. Non è così, amico?”
“Solo giocando.” confermò James, rigidamente, senza smettere di guardarlo.
“Beh, Barriere o non Barriere, inventatevi giochi che non implichino l'uso delle mani come degli incivili.” sibilò la strega. Non si mosse di un millimetro.
Nonostante Michael ridesse, più pacioso che mai, erano pochi gli studenti che potevano vantarsi di fregarla.
Il Serpeverde ammiccò, capito l'andazzo, e strizzò l'occhio a James come un vecchio compagno di merende.
Lo lasciò lì, quasi eccitato dalla sua reazione... sentendosi vivo come poche volte.
E provando ancora più piacere al solo pensiero di avere Lily tra le mani. Poteva stare certo che quella provocazione era solo l'inizio. Stava tastando il terreno... ormai senza più nulla di cui preoccuparsi. Li avrebbe divisi. E avrebbe ottenuto ciò che desiderava.
Nulla aizza più un Serpente che far cadere un Re.












“Insomma, una dichiarazione bella e buona!” cinguettò Tonks, eccitata. “Uffa, anche io voglio un fidanzato!”
“Ma ti pare che io abbia dovuto cancellare ben cinque frasi contro i Serpeverde nei bagni al Primo Piano?! Cinque in soli venti minuti che non passavo a controllare! E giù di sotto ho dovuto salvare un primino che stava venendo appeso per le mutande da dei Tassorosso...voglio dire, dai Tassorosso! L'ultima volta che uno di loro ha dato problemi è quando Talbott ha colpito per sbaglio una ragazzina con la pluffa!”
Cristhine McRanney decise di chiudere definitivamente il libro che stava leggendo, che tanto era inutile. Con un sospiro, guardò Lily fare su e giù con un principio di nevrosi e Tonks sfogliare un MagiVogue dove vendevano amuleti per “accalappiare ragazzi” ad un prezzo astronomico.
“Ok. Punto primo, tesoro, quelli sono vere e proprie fregature.” disse la Corvonero, togliendo di mano il giornaletto alla più giovane. “E punto secondo, Lily, non puoi pretendere di cambiare le cose in un solo giorno per cui penso che tu debba rilassarti.”
“E tu come lo sai?” chiese una, contemporaneamente all'altra che diceva “Come faccio a rilassarmi?!”
“C'è dentro l'Agapanto, che potrà anche chiamarsi fiore dell'amore ma per i filtri e gli amuleti è perfettamente inutile. E poi non è molto carino drogare la gente, Tonks.”
“Anche perché le sue mutande di piombo sono ben assicurate contro quelle cose.” confermò distrattamente Lily, mentre quella ridacchiava.
“E tu...” continuò Cristhine, puntandole il dito contro. “...è fantastico che tu voglia portare più coesione nella scuola ma non riuscirai a cancellare anni di soprusi e guerre fredde con un colpo di bacchetta!”
“Ok, i Serpeverde non sono stati proprio degli stinchi di santo! Soprattutto alcuni...” borbottò la rossina. “Però forse, qualcuno che si salva in quel mucchio c'è! Forse è solo troppo spaventato dagli altri per provare ad emergere!”
“Ev, che ti posso dire? Può essere...” sospirò Cristhine. “Ma ostinarsi a cancellare le scritte dai muri facendosi venire i crampi alle braccia in venti minuti... non cambierà le cose, ecco. Bisogna fare piccoli passi per volta.”
“Se andassi al Ballo con Michael...” la voce della ragazza uscì in un mormorio sommesso e anche un po' triste. Cristhine rialzò lo sguardo su di lei. “...potremmo insieme dare un buon esempio a tutti. Sarebbe un inizio...”
“E perché l'idea sembra non piacerti?”
Lily si zittì, arrossendo. L'amica sembrava sempre leggere dentro agli altri in modo perfetto, con un acume che solo un Corvonero poteva avere.
“Ma no...mi fa piacere...”
“Forse...preferiresti concentrarti su…un Grifondoro…uno più carino, più simpatico...”
“…che mi ha trattata malissimo…so dove vuoi arrivare, a Potter, e la risposta è assolutamente NO.” e al solo nominare il cognome di quell'idiota si innervosì così tanto che frantumò il bicchiere con la mano.
“Uffaa! Perché non vuoi andarci con lui?” sbuffò Tonks, stringendole un braccio accorata.
“Perché litigheremmo tutta la sera, perché è uno stupido arrogante, perché pensa di avere la verità in mano e perché pensa di potermi dire quello che devo fare! Quando ero con Aliaset ha fatto una sceneggiata che...insomma, neanche mi è stato a sentire! Ha iniziato a fare il gallo come sempre, a farmi sentire quasi una traditrice della Casata e...”
Fu in quel momento che Cristhine non ce la fece più.
“E' geloso!” esclamò, alzando gli occhi al cielo. “Fa così perché è geloso! Come fai a non rendertene conto?”
Si ritrovò addosso due occhioni verdi che la squadrarono sbalorditi. E come ogni volta che si accennava alla cosa, Lily iniziò ad andare in panico.
“Coosa? No! E' solo che...che gli piace comandare!”
“E' geloso marcio.” asserì Tonks con la sua solita schietta semplicità, mettendola a tacere.
“E non dico che non abbia sbagliato!” continuò Cristhine, mettendo le mani avanti. “Si è comportato da stupido, su questo non c'è dubbio. Ma credo che sia perché si preoccupa per te...insomma, dopo tutto quello che ci è successo deve avere i nervi a fior di pelle, non trovi? E poi, penso proprio che si sia già pentito e che ti chiederà scusa a breve!”
Sembrò quasi che le due fossero riuscite a mettere una toppa al disastro che aveva fatto James... e per un istante, alle poverette parve che tutta la fatica fatta affinché quei due testoni riuscissero a combinare finalmente qualcosa non fosse andata del tutto in fumo. Ma dall'altra parte della scuola, c'erano due diaboliche menti pronte a mettere in atto la loro trappola.
E quando un ragazzino entrò nella sala lettura dove si erano accoccolate dopo cena, Cristhine ebbe un brutto presentimento.
“Prefetto Evans, qui fuori c'è un ragazzo che sta male!”
Quando piombarono in corridoio, la sensazione si fece ancora più intensa, perché quando il ragazzo accasciato per terra alzò il viso con una smorfia lo riconobbe...e qualcosa dentro di lei parve pizzicare.
Quello era il ragazzo che aveva visto al Tribunale...quando c'era stato il Processo per Sirius...se non ricordava male, suo padre aveva appena ricevuto una qualche carica importante...
“Michael!” Si allarmò Lily, fiondandosi su di lui. Era seduto con la schiena appoggiata alla parete, vagamente in penombra. “Chiamate Madama Chips!”
Quando Cristhine non si mosse, si voltò verso di lei. La Corvonero li fissava con le sopracciglia aggrottate.
“Mc, presto!” incalzò, facendola sussultare. “Potrebbe avere un calo di pressione!”
“S-sì! Corro!”
“Io vado a prendere dello zucchero!” scattò anche Tonks con aria determinata, allontanandosi di corsa (non prima di aver sbandato contro una statua).
“Davvero delle ottime infermierine...” ridacchiò il Serpeverde, tossicchiando come se parlare gli costasse uno sforzo. “Ma non c'è bisogno, non sono svenuto...”
“Che ti è successo? Rimani seduto!” Lily gli sfiorò la fronte con le mani fresche. Era così pallido...e ansimava come se avesse corso.
“Niente, lascia stare...” lui fece per alzarsi ma gemette all'improvviso.
E improvvisamente, il brutto presentimento ce lo ebbe Lily.
“Michael...”
“Lily, sul serio, non è niente...”
Gli afferrò la maglia in barba a ogni pudore, sollevandogliela così velocemente senza che lui potesse reagire.
Un brivido gelido le scese per la schiena.
All’altezza dello stomaco c’erano una gran quantità di striature rosse, ocra e violacee.
Era pieno di lividi...
“C-cosa hai fatto?” chiese, sentendosi il ghiaccio nelle vene. “Ma…ma...chi è stato?!”
E fu lì che la serpe mise in atto il suo piano. Recitando come un perfetto attore, gemette di nuovo prima di scoccarle un'occhiata amara.
“Non lo immagini?” frecciò sarcasticamente, mentre lei restituiva lo sguardo confusa.
“Non...non capisco...”
“Potter.” disse il ragazzo, ghiacciandola. “Potter e la sua banda mi hanno fermato e me le hanno suonate di santa ragione.”
Fu come se il tempo si fermasse. Gli rivolse uno sguardo smarrito, bloccandosi come se si fosse improvvisamente fatta di pietra.
“James?”
“Bastardo. Mi hanno colto alle spalle come i vigliacchi...”
“N-no! Non è possibile.” disse solo, cercando di mantenere calmo il tono della sua voce e di parlare nel modo più razionale possibile. “Lui non...loro non...”
Aliaset scoppiò a ridere, ferocemente.
“Lui non? Lily, dovresti sapere più di chiunque altro di che cosa è capace quel tizio.”
“Ok, senti, ci dev'essere un errore!” La voce le tremava, ma la sputò fuori con maggior energia. “Sono senza dubbio dei combinaguai, sono attacabrighe e tutto il resto, ma non picchiano la gente a caso! Non...non in questo modo! O meglio, forse prima era così ma...”
Improvvisamente ricordò ancora il quinto anno, quando James aveva fatto vedere a tutti le mutande di Piton e non solo. Esci con me, e non alzerò più la bacchetta su Mocciosus.
Ma erano cambiati. Erano cambiati!
Non poteva essere…non poteva crederci…non VOLEVA crederci!
“Dio Lily, ma dove hai vissuto finora? Chi pensi che sia stato l'artefice di tutto quest'odio a scuola verso di noi? Chi ha dato inizio alle scritte sui muri, alle risse nei corridoi e a tutto il resto? Hogwarts non si è rivoltata contro la nostra Casata a caso...insomma, dopo che ci ha fatto saltare in aria, perché ti stupisci di una cosa del genere?”
Lei sollevò lentamente il viso, sgranando gli occhi.
Cosa?”
Guardando il suo sincero sgomento, lui spalancò gli occhi con studiata sorpresa.
“Ma come, non lo sai?”
Ebbe la precisa sensazione...che qualcosa le facesse franare la terra sotto i piedi. Rimase immobile, con lo stomaco contratto mentre lui la fissava e dentro di sé rideva.
Ah, la vendetta...
“I Serpeverde sono stati costretti a rimanere a casa per settimane prima che ricostruissero i dormitori...”
“Sì, p-perché un primino ha fatto esplodere una pozione...”
“E' questo che ti hanno raccontato?” chiese incredulo. “Lily, è stato James. James ha fatto esplodere il dormitorio, James ha privato i Serpeverde dei loro poteri e James ha dato il via a tutto. Non ha guardato in faccia nessuno. Non ha fatto distinzione fra buoni e cattivi, non se l'è presa solo con la cricca di Malfoy. Ha portato tutta la dannata scuola nel sotterraneo e l'ha devastato. Puoi chiedere a chiunque...quel tizio è violento, è pericoloso e onestamente, sono preoccupato per te.”
Era sconvolta, e ad ogni parola sbiancava un po' di più. Ma non si fermò. Era esattamente quella, l'espressione che voleva sul suo viso. Se James era facile da manipolare, con la ragazza era un gioco da ragazzi. Lily d'altronde era un'idealista. Era orgogliosa, ingenua e credeva scioccamente nel prossimo.
“Ed è assurdo che tu non ne sappia niente, visto che l'ha fatto per te.” concluse, dando il tocco finale...quello che l'avrebbe fatta crollare.
Ed infatti, Lily era vitrea.
Nel cuore della Grifondoro, qualcosa si fece fragile. Aveva distrutto il dormitorio...solo perché Malfoy l'aveva minacciata. Tutto quell'odio...tutta quella tensione fra le Casate...e quei lividi...
Per lei. Per lei, per lei, per lei...
“Mi dispiace tanto. Loro...loro non ti infastidiranno più. Ci parlerò io.” mormorò solo dopo qualche momento di silenzio, con aria spenta. Non aveva più gli occhi lucidi, ma parlò in modo quasi meccanico, come un piccolo robot. Si alzò, ma lui si allungò a prenderle la mano.
“No! Per favore, Lily, è pericoloso. E non voglio che ti accada niente di male!”
Le ragazze adoravano i cavalieri, no? Ma la rossa se ne accorse appena.
“Sta tranquillo…io non corro pericoli.” abbozzò un sorriso tirato e si allontanò.
Pochi istanti dopo, il Serpeverde sorrise tra sé.
I giochi erano iniziati.









“No, veramente ragazze, devo andare. Vi faro sapere!” esclamò esasperato James Potter, in mezzo ad una folla di ragazzine chiacchierine in Sala Comune. Da quando Tonks e Cristhine avevano smesso di braccarlo a vista, si erano come aperte le gabbie dello zoo. Che un Marauders fosse ancora libero il giorno prima di una festa in coppia era un evento ben raro, che fosse poi l'ultimo rimasto ancora di più.
Ora che anche Remus era occupato mancava solo lui, e doveva ammettere che le ragazze iniziavano a diventare un tantino psicolabili quando mancavano poche ore al countdown...una addirittura aveva cercato di infilargli la lingua in bocca appena uscito dal campo da Quidditch, afferrandolo con gli artigli per il colletto e avendo come unico effetto quello di farlo inciampare e tirare una testata poderosa. E non contenta, mentre lui era a terra dolorante gli aveva pure lasciato il biglietto con il nome!
Stava cercando di capire se tra quelle che l'avevano circondato c'era qualche altra pazza del genere quando tra il chiacchiericcio si levò una voce autoritaria.
“Che succede qui?”
Le ragazzine si girarono.
“Non siete di Grifondoro, dovete andarvene e toglierò dei punti alla vostra casa!” Rimproverò Remus con aria severa, salvando l’amico da una situazione difficile.
Un po’ deluse e non senza proteste, si riuscì a cacciar fuori la mandria di assatanate.
Potter, esausto, si scaraventò sulla poltrona.
“Ma come faranno a conoscere la Password! Scommetto che qualcuno l’ha riferita in cambio di qualche galeone! Non vedo l’ora che la Signora Grassa la cambi!” sbottò, frustrato.
“Il prezzo della popolarità!” disse Sirius, comparendogli di fianco e sedendosi a sua volta.
“E bravo Remus! Porti una tipa al ballo eh? Allora deve proprio piacerti, in genere non vieni mai a questi festini!”
Il ragazzo mugugnò qualcosa di incomprensibile e sprofondò ancor di più nella poltrona. Il fatto era che Sirius ancora non sapeva che avrebbe portato Tonks...anzi, sembrava che avessero proprio cancellato dalla sua testa il fatto che sua cugina andasse al Ballo! Poco prima la Grifoncina lo aveva detto davanti a lui, Remus era sbiancato aspettandosi una sceneggiata ma Felpato aveva continuato a chiacchierare come se quelle parole non fossero mai state pronunciate!
Era quasi curioso di vedere la reazione che avrebbe avuto una volta che si sarebbe presentato davanti a lui con lei al braccio... l'incantesimo come avrebbe risolto il problema?
“Ciao Lily! Ma che hai? Hai pianto?”
A quelle parole, dette da Sirius, James alzò lo sguardo sulla ragazza...e si bloccò.
Era ferma sulla porta. Le tremavano le gambe, le braccia.
Gli occhi rigati di lacrime, le guance rosse.
“Lily!” si allarmò. Dimenticò all'istante ogni rancore e balzò in piedi.
Stava piangendo, stava piangendo, stava pian...
Giusto il tempo di farle due passi in avanti, correrle incontro...ed il suono di uno schiaffo attraversò l'aria come lo schiocco di una frustra.
Il silenzio che ne seguì fu denso e ammorbante, parve come avvolgerli in una bolla.
Rimase immobile, con la faccia ancora girata di lato...e la pelle della guancia dove lei l'aveva colpito che si arrossava.
“Lily!” esclamò incredulo Remus, ma lei non parve sentirlo. Piantò gli occhi su James, che lentamente si voltava verso di lei.
“Come hai potuto...” mormorò la ragazza, tremando di rabbia. Calde lacrime le bruciavano la faccia, scendendo incandescenti senza che potesse trattenerle.
Era così...era così furiosa che avrebbe potuto picchiarlo ancora, e ancora, e ancora.
Lui e quella sua stupida faccia, quei suoi stupidi occhi ed il proprio stupido cuore che batteva assordante dentro di lei ogni volta che la guardava in quel modo.
Si ritrovò ad urlare senza nemmeno accorgersene.
“QUESTO E’ PER AVER FATTO DEL MALE A MICHAEL! TI AVVERTO, NON PROVARE AD AVVICINARTI MAI PIU' A LUI O NE RISPONDERAI A ME!”
“Ma che diavolo stai dicendo? Io non…” esclamò James, toccandosi il punto che bruciava ancora stordito dalla piega che avevano preso gli ultimi istanti.
Se la ritrovò premuta contro, le mani artigliate contro la sua giacca e gli occhi pieni di rabbia.
“HA TUTTO IL CORPO PIENI DI LIVIDI! COME DIAVOLO TI è SALTATO IN MENTE DI FARE UNA COSA TANTO SPREGEVOLE?! QUATTRO CONTRO UNO! PERFINO PER UNO COME TE E' UNA COSA ORRIBILE!!!”
“Lily, cerca di calmarti!” dovette intervenire Lupin, che l'afferrò per le spalle ma quella si dimenò come una furia.
“Lasciami stare Remus! O prendo a sberle anche te!” strillò, divincolandosi e singhiozzando senza controllo. “Ha fatto anche il tuo nome per la cronaca! Da te più di tutti non me lo aspettavo ma forse sono sempre stata un'illusa! Com'è successo, sei rimasto a guardare come ai vecchi tempi sperando di lavarti la coscienza o questa volta hai partecipato anche tu?!”
“E’ assurdo Evans! Noi non abbiamo fatto nulla!” s'intromise Sirius, a bocca aperta, mentre Lupin assumeva un'espressione ferita. La stoccata gli fece male, soprattutto perché era vera, ma Lily era troppo furiosa per dispiacersene. Si sentiva così...così tradita. La delusione era così cocente, le bruciava dentro come un incendio impossibile da placare.
“Come avete potuto?! COME?!” gridò di nuovo, fino a che James non si fece avanti, afferrandola per i polsi e iniziando a urlare a sua volta.
“Ma non capisci che sta mentendo?!” tuonò ad un passo dalla sua faccia. “Cristo santo Lily, sei sotto incantesimo o cosa?! Non puoi essere così cieca!”
Ma quando i loro occhi si saldarono, la foga venne meno. Lily era così...così gelida. E quello che disse gli diede l'impressione che ogni cosa gli stesse scivolando via dalle mani.


Dimmi che non hai fatto saltare in aria il Dormitorio dei Serpeverde.”


Lo disse a voce più bassa questa volta, ma lui ghiacciò lo stesso.
“Dimmi che non hai agito alle mie spalle, dimmi che non hai dato inizio a questa stupida guerra tra Casate in mio nome, a tutta questa violenza, a tutto questo odio...dimmi che non mi hanno mentito tutti per tutto questo tempo.” ora nel suo tono, pur sempre freddo e rabbioso, c'era quasi traccia di una supplica. “Dimmelo, e io ti crederò.”
James rimase immobile. E in silenzio.
La faccia che fece fu una spiegazione sufficiente. Lily si scostò bruscamente, scuotendo la testa disgustata.
“Con me hai chiuso.”
Lui si spostò con lei, fulmineo, bloccandole il passaggio con una mano con la sfrontatezza dei disperati.
“Spostati.” sibilò la rossa, scoccandogli uno sguardo duro.
“No.”
Si fissarono con astio, come in uno strano deja-vu. Una carica elettrica passò tra di loro.
Lily tirò fuori le bacchetta.
“James, spostati o giuro che...!”
“Ti sta fregando!” incalzò lui inferocito, senza muoversi di un millimetro. “Puoi anche odiarmi, puoi fare quello che ti pare ma lui ti sta fregando!”
“Oh certo, perché è un Serpeverde. Hai uno strano concetto di cosa è giusto e cosa è sbagliato, sai?” ironizzò la streghetta, gelidamente.
“Non essere stupida! Perché avrei dovuto picchiarlo?!”
“E perché lui dovrebbe mentire?!”
“Non lo so, per incastrarmi!” esclamò James, furioso.
Appena vedeva Aliaset gli faceva un bel po’ di lividi, e veri sta volta!
“Dio, ma ti senti quando parli?! Come puoi pretendere che io mi fidi di te dopo ciò che hai fatto?! L'intera scuola, James!” la voce le salì su di nuovo, facendosi disperata. “L'intera scuola mi ha mentito per settimane!”
Come faceva a non vedere?! James urlò al soffitto, esasperato. Quel bastardo l'aveva messo con le spalle al muro! E vedere con quanta amarezza lei gli parlava...e l'impossibilità di poter replicare. Si sentiva inerme, in colpa, e quella sensazione lo rendeva furibondo.
“MA DANNAZIONE, A CHI VUOI CREDERE?! A LUI, UN PERFETTO SCONOSCIUTO SERPEVERDE O A ME?!”
“Vuole solo portarmi al Ballo! Non gli interessa...”
“Certo…” la interruppe, non riuscendo a non impedirsi di sorridere velenoso. “A quel bastardo interessa ben altro, razza d’ingenua! Qualcosa che forse gli hai già dato?”
Gli occhi verdi di lei divennero due scaglie di ghiaccio...sufficientemente buie da fargli fare qualche passo indietro. Si rese conto di aver osato troppo anche senza guardarla.
Era indignata.
E ferita.
Ma rimaneva pur sempre la orgogliosa regina dei Grifondoro... e c'era compostezza nel suo portamento, ora.
“Credevo fossi cambiato. Ci ho sperato davvero.” uscì velocemente, stringendosi le braccia contro il petto...e correndo veloce per non scoppiargli a piangere davanti. La vide andare via...e tutto sembrò crollargli addosso. La stava perdendo...Sempre di più, poco per volta. E non riusciva a cambiare le cose, come un marinario che fissava indifeso l'avvicinarsi di una tempesta orribile. Più si sforzava, più lei scappava da lui...





“Lily! Cosa è successo?” chiese allarmata Cristhine che stava andando a trovare gli altri ed era stata travolta dalla ragazza in lacrime.
“Perché non lo chiedi al caro James? Al ragazzo simpatico e gentile?! Oppure a Sirius o a Remus o a Peter…ti daranno loro una risposta!”
La sorpassò e corse, corse fino a perdere il fiato, senza nemmeno vedere dove stava andando.
Non poteva perdonarli…non poteva! Non capiva cosa la sconvolgesse tanto...forse il fatto di essersi davvero lasciata andare, di essersi illusa, di aver imparato a volergli bene...per poi ritrovarsi a cozzare con tutto quello, violento e improvviso come un pugno in piena faccia. Il fatto che, dentro di lei, aspettasse solo di essere smentita...avrebbe probabilmente accettato anche una palese bugia, qualsiasi cosa, pur di stargli ancora accanto. Pur di non essere delusa in quel modo, pur di non sentirsi così stupida, così tanto presa in giro.
Quella fuga sconsiderata ebbe fine quando si scontrò con qualcuno di nuovo, che questa volta però la prese per le spalle, impedendole di fuggire oltre.
Odore di menta.
“Lily...”
Rimase immobile, stretta contro quel cappotto, senza alzare gli occhi. Riconosceva quel profumo.
“Ho detto loro di lasciarti in pace. Non ti daranno più fastidio.” sussurrò, atona.
Michael le sollevò il mento con le dita e la guardò serio, cercando di capire cosa fosse successo solo decifrando i suoi bei occhi inondati di lacrime.
Aveva una giacca ruvida, l'odore delle sigarette ancora sulle dita e una presenza in qualche modo rassicurante.
Sembrava preoccupato, qualcosa parve tormentarlo per un istante.
Si rese conto a malapena che stava continuando a piangere, senza riuscire a fermarsi. Gli occhi rossi, il naso rosso, i capelli in disordine, i singhiozzi che le sconquassavano il petto esile. Come una bambina.
“S-scusa....scusa...!”
Lui la strinse tra le braccia, portandole delicatamente una mano dietro la nuca.
“Va tutto bene.”
Disse solo questo, mentre lei singhiozzava istericamente contro il suo maglione.
“Va tutto bene...”
Fuori, la neve aveva ricominciato a cadere.

 

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Capitolo 44
*** What a waste of a lovely night. Part II ***






C'erano due cose che si potevano essenzialmente dire di Liu Chang.
La prima era che sapeva tutto. Di tutti.
Sapeva ad esempio che Marlene vomitava nei bagni ogni mattina, sapeva che c'era Piton dietro la compravendita illegale di pozioni oscure a scuola, sapeva che la migliore amica di Alice Spinnet aveva cercato di maledire in segreto Paciock perché gelosissima, sapeva che le Black stavano da anni cercando un solvente speciale per cancellare dalle mura delle loro camere le scritte oscene che Sirius aveva lasciato come ultimo bel ricordino prima di sparire.
I suoi parenti si erano arricchiti dopo la promulgazione del piano Young, con il quale il governo britannico aveva dato agli abitanti di Hong Kong una fetta di potere seppur limitata in modo da poterne avere l'appoggio contro la Cina. Era tipico dei Chang saper cogliere al volo le occasioni e in men che non si dica, la fortuna della sua famiglia era diventata incommensurabile.
Sfruttando i guadagni dei suoi nonni, sua madre e suo padre si erano trasferiti a Londra con il chiaro intento di espandere le proprie ricchezze, ma sfortunatamente per loro capitarono proprio nel periodo in cui Grindelwald ne faceva terra bruciata. In quegli oscuri anni avevano imparato in fretta che c'era qualcosa di molto più potente del denaro, dei gioielli e dello status sociale: le informazioni.
Tale retaggio era stato tramandato alla figlia, che non si lasciava sfuggire nemmeno il più minuscolo dettaglio, di chiunque e di qualunque cosa.
Le informazioni erano i diamanti della sua collana invisibile. Ne accumulava tante, e ne donava poche.
Il fatto che la ragazza riconoscesse la loro importanza conduceva inevitabilmente alla sua seconda caratteristica: Liu Chang sapeva mentire. Sapeva recitare.
E sapeva sempre con precisa esattezza che cosa voleva.
Le sue Jimmy choo nuove ticchettavano contro il pavimento tirato a lucido in modo altalenante, il viso perfettamente truccato che si concentrava nell'assumere la migliore espressione di sofferenza possibile.
L'oggetto dei suoi desideri comparve appena saliti gli ultimi tre scalini.
Stava facendo avanti e indietro sul cornicione della Torre di Astronomia.
Sotto, un vuoto tale da far venire le vertigini a chiunque ci si fosse anche solo affacciato... ma lui ci camminava e anche piuttosto velocemente, aggraziato e tranquillo come un gatto randagio.
Liu Chang rimase qualche istante ad ammirarlo.
Era bello come pochi.
I capelli scompigliati dal vento, il corpo flessuoso, alto, il modo in cui si muoveva pur essendo irritato, pur essendo a più di trecento piedi d'altezza con solo una sottile striscia di marmo a separarlo dal precipitare, il modo in cui sembrava davvero non prendere la cosa in considerazione.
Chiunque avrebbe detto che James Potter era un pazzo sconsiderato, un maniaco dell'adrenalina o semplicemente un esibizionista.
Ma la verità era che lui lo faceva senza pensarci. Non aveva mai paura di niente, un eterno ed incosciente Peter Pan.
E nonostante tutto, riuscire a beccarlo nel suo mondo, senza farsi sentire – a volte le sembrava che avesse una specie di super udito - era pur sempre un evento raro per cui quasi rimpianse quando il suo tacco fece scalpicciare alcune foglie secche attirando istantanea la sua attenzione.
Potter si fermò di scatto, voltando la faccia verso di lei e inchiodandola al muro con i suoi intensi occhi d'oro.
Sul suo viso apparvero una sequenza di emozioni: sorpresa, confusione, anche un breve lampo di fastidio...fino a quando la Chang non mise in scena la sua recita studiata nei dettagli.
“Ahi!” gemette, lasciandosi cadere per terra e tenendosi una caviglia violacea tra le mani.
Piccole lacrime comparvero agli angoli degli occhi, inumidendo le ciglia folte.
“Hey!”
James balzò giù dal cornicione, atterrando silenzioso sul terrazzo dove si era rintanato a sbollire la rabbia.
“Stai bene?”
La ragazza gemette di nuovo, tenendosi la caviglia gonfia con una smorfia di dolore.
“Oh, meno male che ci sei tu! Credevo non fosse rimasto più nessuno! Potresti darmi una mano?” indicò il piede. “Ho preso una storta!”
James si inginocchiò davanti a lei, sfiorandole la pelle livida. Perfettamente sincronizzata, Liu Chang sobbalzò, cacciando un urletto.
“Eh sì, c'è una bella botta...” bofonchiò lui, scuotendo la testa. “Si può sapere come cavolo hai fatto?”
La Corvonero indicò le sue scarpe con fare evidente, e Potter sollevò gli occhi al cielo.
“Siamo su una torre, Chang. Che cavolo te li sei messa a fare, i tacchi?”
“Non vedo l'ora di andare in Infermeria a farmela aggiustare! Fa così male! Con il Ballo di questa sera, proprio non ci voleva!” piagnucolò lei e forse era il suo tono di voce stridulo o forse l'allusione al Ballo imminente ma Potter parve ritornare al suo giramento di palle. Scosse la testa come per scacciare una mosca, digrignando i denti.
“Andiamo, ti aiuto. Ce la fai a camminare?” borbottò con un diavolo per capello, dandole la mano.
Liu Chang si alzò e poi, con un movimento studiato, si lasciò cadere addosso a lui – il tempo sufficiente per sentire sotto le dita l'addome perfettamente allenato del Grifondoro.
“Niente da fare...” pigolò arricciando le labbra in un mezzo broncio da bimba bisognosa e sbattendo le ciglia – cosa che faceva impazzire tutti i maschi che le capitavano a tiro - ma quello era troppo preso da altro per notare come lei gli si stava avvinghiando addosso.
“Ok...” sospirò, passandole una mano dietro la schiena e un braccio dietro le gambe. “Reggiti.”
La sollevò come se fosse fatta di piuma – in effetti Liu era bassa e minuta – e quella gli strinse le braccia al collo, affondando il naso nella sua maglietta e quasi facendo le fusa.
Poteva fare lo stronzo quanto voleva, ma i Grifondoro erano cavalieri per natura...
E, nascosta dal bavero della giacca aperta, si lasciò andare ad un ghigno soddisfatto.






Altro che Guida Alla Trasfigurazione!” pensò rabbiosa Lily Evans, gettando malamente un libro nella borsa a tracolla ignorando l'occhiata della Bibliotecaria. “Qui dovrebbero mettere: Guida Alla Testa Malata Dei Ragazzi! Farebbero i milioni!
Si appoggiò allo schienale della sedia, trovando irritante qualsiasi cosa le capitasse sotto gli occhi. E casualmente, la prima cosa che vide fu il suo riflesso nella vetrina degli scaffali colmi di libri.
Dopo che Michael l'aveva accompagnata a letto era crollata istantaneamente. La crisi isterica di pianto le aveva come prosciugato le forze ed era caduta addormentata senza nemmeno cambiarsi, eppure quella mattina due pesanti occhiaie le affaticavano comunque il viso.
Ripensò con imbarazzo alla sera precedente. Michael l'aveva abbracciata, era stato calmo e confortante e alla fine, pazientemente, l'aveva ricondotta a dormire. Non avevano parlato molto, anzi, non avevano parlato affatto.
Si vergognava di come era scoppiata a piangere, di come lui l'aveva sopportata.
Era stato l'amico perfetto, il ragazzo perfetto. E allora perché, si chiese una vocina dentro di lei, perché aveva come l'impressione che Michael l'avesse sì tranquillizzata, ma che quando qualcun altro – qualcuno che al momento non voleva nemmeno nominare nella sua testa – le parlava, pur urlando, pur litigando, pur essendo assolutamente incapace di esprimere la stessa gentilezza, lei si era sempre sentita in modo diverso e in un certo senso, molto meglio di così?
Confortata non era nemmeno la parola giusta. Era come se quella persona – quella DANNATA persona – le avesse sempre messo dentro una nuova energia, una sorta di vitalità, di combattività.
Michael l'aveva come sedata. Ma parlare – bisticciare - con quella persona aveva sempre l'effetto opposto.
La rendeva sì più nervosa e agitata, ma al contempo era come ricaricare le batterie. E in qualche modo assurdo e odioso, lui era sempre riuscito a far sembrare i suoi problemi estremamente piccoli.
Quelle folli considerazioni alla mattina del 31 dicembre, in vista di un Ballo che probabilmente si sarebbe rivelato disastroso e a cui lei NON sapeva ancora se andare o meno, resero la sua irritazione insopportabilmente intensa.
Sbatté le mani sul tavolo facendo saltare chiunque fosse abbastanza pazzo da passare la mattinata prima di Capodanno in Bibilioteca – ben pochi – e inimicandosi ancora di più Madama Prince.
Al diavolo!” pensò Lily Evans, incazzata con tutti loro, con sé stessa e con il proprio stupido cervello macchinoso. “Qua non ce un cavolo da fare! Me ne vado a mangiare qualcosa!”
Il suo cuore era a pezzi? Bene, non lo sarebbe stato il suo stomaco!
Potter avrebbe anche potuto ferire i suoi sentimenti ma non avrebbe mai intaccato l'apparato digerente!
No, col cavolo, quello non glielo avrebbe permesso!
Fu così che altre due scarpe quella mattina – stavolta anonime, nere e sgualcite – marciarono per i pavimenti tirati a lucido da Gazza.
Non zoppicando – non facendo finta di zoppicare – ma sbattendo con grinta e foga fino a che...una voce particolarmente familiare giunse dal fondo del corridoio del terzo piano.
“Ti ho detto che ci sono quasi.”
Lily Evans si fermò, riconoscendo Michael. Avrebbe dovuto senza dubbio scusarsi per la pessima figura della sera prima e...probabilmente per tutto il resto.
Avanzò di un passo, ma il tono di voce del Serpeverde la fermò di nuovo.
Il ragazzo era inginocchiato accanto ad un caminetto acceso, dentro il quale fluttuava la testa di un uomo.
“Beh, a quanto pare non abbastanza in fretta, qualunque cosa ti sia stata chiesta di fare!” frecciò quella, acidamente.
“Sai...” dichiarò il Serpeverde, nervoso. “...Hai davvero un sacco di pretese per uno che non ha fatto assolutamente niente fino adesso.
“Niente?! Ti ricordo che non ho un attimo di respiro da quando è stato fatto l'accordo!”
“Oh, scusa tanto papà.” sputò fuori l'ultima parola con ironia. “Dev'essere difficile impegnarsi una volta tanto per riparare ai danni che hai fatto tu!
Lily fece un passo indietro, intenzionata ad andarsene. A giudicare dai toni, non era una conversazione alla quale avrebbe dovuto e voluto assistere.
“Sta attento a come parli, ragazzo.” minacciò l'uomo, che a quanto aveva capito doveva essere il padre di Michael. “E ricorda che la famiglia viene prima di tutto. E in questa famiglia, che ti piaccia o meno, IO sono l'autorità. E tu farai esattamente ciò che ti dico di fare!”
“Il ché significa fare esattamente quello che LORO mi dicono di fare.” sibilò Aliaset, serrando i pugni. “Non sai nemmeno cosa sia, vero? Non ti importa di saperlo. Purché tu abbia i tuoi stupidi titoli nobiliari!”
Lily si bloccò senza riuscire a fare un passo in più. Loro chi?
“Sei tu che non sai cosa c'è in ballo con certa gente!” sbottò Aliaset senior, e tra le fiamme, vide la sua testa farsi più impettita. “E non fingere che soldi e titoli non ti interessino, ti conosco molto bene! Interessano a te come interessano a me!”
“Non sembravano farlo quando hai sperperato tutto nel gioco d'azzardo...” il tono di Michael uscì più sommesso questa volta, ma ugualmente rabbioso.
Come, prego?” minacciò il padre.
“Niente.” rispose asciutto il figlio, chiudendo la comunicazione lanciando nelle fiamme un po' di polvere scintillante. “Arrivederci, padre.”
“Arrivederci, ragazzo.”
Ok, era decisamente una conversazione a cui non avrebbe dovuto prestare ascolto.
Lily si alzò pronta a fare finta di niente, ma qualcosa nella rigidità delle spalle dell'amico la costrinse di nuovo al suo posto.
“Michael...” azzardò timidamente, vedendolo trasalire. Il Serpeverde si girò di scatto e nel vederla sgranò gli occhi.
Parve agitarsi per qualche secondo prima di riprendere la solita compostezza.
“Lily...”
“Tutto bene?” La Grifoncina gli si fece accanto, preoccupata. “Scusa, non avrei dovuto origliare...in realtà ecco, non stavo proprio origliando, è solo che vi ho sentito nel corridoio e...!”
“Quanto hai sentito?” chiese lui, con voce insolitamente dura.
Lei arrossì.
“In realtà, poco e nulla...m-mi dispiace...!”
Lui parve rilassarsi, sospirando.
“Tranquilla, non è colpa tua.” Parve ricordarsi improvvisamente di una cosa. “Hey, ti stavo giusto cercando! Mi accompagni alla Torre di Astronomia?”
“Torre di Astronomia? V-va bene, certo!”
Si incamminarono per i corridoi, suscitando la curiosità di chiunque incontrassero. Gli sguardi si stavano facendo troppo insistenti e a dirla tutta anche il silenzio, così Lily si voltò verso di lui.
“Michael, sei sicuro che vada tutto bene?”
Non era solo un modo per distrarsi dai bisbigli e dalle occhiatine, ma era anche un tentativo di ricambiare il modo in cui lui era pazientemente stato a sentire i suoi singhiozzi della notte prima.
“Che ci vuoi fare?” sospirò quello, abbozzando un ghigno un po' maligno. “A volte i genitori sono delle vere croci. E tu, invece? Stai meglio?”
“Sì.” Non era vero. “A proposito, volevo davvero ringraziarti per ieri. Io...ecco...sono stata così...” non trovò bene le parole e rimase a rimuginare.
“Sono odiosi, eh?” Aliaset indicò un gruppo di primini che li indicava. “Dio, a volte odio questa scuola. E odio la mia famiglia. A te piace la tua?”
“Ecco...più o meno...” si lasciò sfuggire lei, prima di rendersi conto di ciò che aveva detto. “No, cioè, voglio loro un gran bene, davvero! Solo che mia sorella...ecco...fa fatica ad accettare ciò che sono.”
Hogwarts si stava svegliando, ed i corridoi iniziarono a farsi gremiti.
“Capisco bene. Anche io so cosa si prova a non essere accettati...”
“Sono così terribili? I tuoi, dico.”
“Mia madre è morta molti anni fa.” ammise lui con voce piatta. “Mio padre è un coglione. E ha sempre questo cazzo di potere, sai, di farti sentire inadeguato qualunque cosa tu faccia...come se fossi una delusione...un completo fallimento.”
Si bloccò, perché Lily gli aveva messo una mano sul braccio e lo stava fissando con decisione.
“Non sei un fallimento.”
Ancora quegli occhi...Michael si sentì irritato. Quei dannati occhi verdi, così belli e onesti.
“A proposito, come mai mi hai chiesto di accompagnarti sulla Torre di...?” Lily si bloccò a metà frase e la sua presa sul braccio di Michael si fece più forte.
Aliaset non dovette nemmeno guardare il punto in cui i suoi occhi si erano scagliati perché sapeva esattamente quello che stavano vedendo.
Lily aveva appena visto James.
Anzi, James le era appena piombato davanti a dirla tutta, come se fosse apparso dal nulla.
Ma era ciò che c'era tra le braccia di James ad averle dato un pugno nello stomaco.
Liu Chang stava ancora ridendo per una battuta del ragazzo, non accorgendosi che Potter si era bloccato. Le sottili braccia strette attorno al suo collo, artigliate in un modo davvero troppo intimo.
Lui le teneva una mano sulla vita, la stringeva...e sul viso c'era ancora l'ombra di un vago sorriso, quello che aveva prima di ritrovarsi Lily Evans davanti di punto in bianco e spalancare appena gli occhi, sorpreso.
Lily aveva giurato che James non le avrebbe fatto male anche allo stomaco, ma ora c'era come qualcosa che lo stava dilaniando, ora era anche lì, anche dentro il suo stupidissimo stomaco, e la cosa le fece ribollire il sangue.
Anche la Corvonero parve finalmente accorgersi di loro.
“Oh, Prefetto Evans!” disse, fingendosi sorpresa. Poi sorrise in un modo che solo le donne sanno fare, accoccolandosi di più contro il petto di Potter. “In compagnia di un Serpeverde...”
Accennò ad Aliset con un'occhiata abbastanza eloquente.
Lily si girò verso di lui serrando i pugni contro i fianchi.
“Vengo al ballo con te, questa sera.” dichiarò, a voce alta e chiara. Molti presenti si girarono, incuriositi da nuovi pettegolezzi e spalancando gli occhi nel vederli assieme. “Mi passi a prendere alle otto vero?”
Stranamente lui non parve sorpreso.
“Ovvio. Ci vediamo alle otto.” confermò con leggerezza, adocchiando di sbieco Potter con un sorrisetto. “Una Grifondoro e un Serpeverde, ci sarà da ridere.”
Sì, era proprio ciò che voleva. Che ci fosse uno scandalo. Che le persone vedessero.
Che lo vedessero bene tutti quanti.
Serpeverde e Grifondoro potevano andare d'accordo. Anche di quei tempi, anche con tutto quell'odio.
Non è per quello che l'hai fatto, disse la vocina maliziosa dentro di lei, ma si affrettò a soffocarla.
James la guardò sconvolto, accogliendo quelle parole e il sorriso di quel bastardo come una frana di sassi sulla testa.
Allora la loro litigata non era servita proprio a nulla!
Poi, subito dopo la cieca incredulità prese posto la rabbia.
Abbassò il viso verso la Chang, stringendosela contro più per irritazione che per altro.
“Hey Liu.” disse a voce alta, voltando le spalle a Lily. “Ci vieni al ballo con me, dolcezza?”
La ragazza lo guardò meravigliata.
“Oh! Certo Jam!” cinguettò e poi, ridendo, lo abbracciò se possibile ancor di più di quanto non stesse già facendo, il volto luminoso di felicità.
Lily rimase ferma un secondo, letteralmente interdetta.
Non poteva crederci. Ci andava con la Chang! Ma che razza di faccia tosta aveva?!
Con quella gallina senza cervello! Che per di più aveva cercato di incantarlo, baciandolo con un lucidalabbra alla ciliegia stregato!
Come poteva essere una persona così superficiale da usare una come la Chang come vendetta?!
Beh, disse sempre la vocina maligna nella testa della ragazza, anche tu hai fatto più o meno la stessa cosa, no?
Il suo sguardo si incrociò con quello di James, che senza riuscire a trattenersi aveva voltato di nuovo il viso verso di lei.
Lo stomaco era ora strizzato in una morsa vera e propria.
Stupido.
Stupido: non c’era altra spiegazione per definirlo!
Stupido e superficiale.
Come me.
“Umpf!” girò i tacchi, cercando di assumere un'aria altezzosa dopo avergli scoccato uno sguardo di fuoco.
Piantò tutti in asso sentendo in modo angosciante che la rabbia stava cedendo il posto ad una sorta di tristezza.
Vacci con la Chang! A chi importa?! A me no di certo!” pensò, mentre marciava verso il suo dormitorio ben intenta a rimanere solo arrabbiata. “Che mi importa di Potter? Può andarci con chiunque. Non è il mio ragazzo. E mai lo sarà!
Si guardò allo specchio e decise, in quel preciso momento, di farsi il più carina possibile. Ma a che cosa serviva farsi belle? Pensò sconsolata, subito dopo. Cercò di concentrarsi su quello che aveva da fare, sull'organizzazione degli stand, sull'obiettivo importante di recuperare fondi per il loro consiglio studentesco, su quanto sarebbe stato d'esempio il fatto che lei e Michael andassero assieme a quel dannato Capodanno.
A cosa serviva farsi belle?
Non lo sapeva, sapeva solo che prepararsi, quella sera, sarebbe stata l’unica cosa che l'avrebbe tirata su di morale.
Dall'altra parte del castello, Michael e Liu si scambiavano un ghigno di pura soddisfazione.






“Con la Chang?! Sei impazzito?!” quasi urlò Sirius, facendo voltare un gruppetto di primini alla tavola rossa e oro.
“Lo so…non so cosa mi è preso…volevo solo farla pagare alla Evans!” sbottò James, trattenendosi a stento dallo imprecare. Una nera nuvola aleggiava sulla sua testa arruffata, impedendo a qualunque altro compagno di avvicinarsi.
“E’ stato un comportamento stupido!” esclamò Remus, impiattandosi del porridge e aprendo un giornale. “Al posto di litigare, perché non chiarite le cose?”
“Ho cercato di chiarire!” esclamò James, infastidito. “E mi ha tirato un bello schiaffo!”
“Sì ma…con la Chang!” si lagnò Sirius, esasperato. “Potevi scegliere chiunque… e la Chang!”
“Oh, falla finita!” sbottò James, affondando il naso nel suo piatto. “…mi sento già abbastanza depresso così!”
“Povero, povero Potter, cosa ti affligge adesso?” La testa bionda di Lucius Malfoy comparve sopra le loro teste. “Non sei riuscito a trovare una dama? La plebaglia di Hogwarts non è abbastanza importante per il campione? Cosa preferivi? Una principessa o un membro importante del ministero ti andavano bene?”
“Ma vaffanculo.” sbottò quello, infiammandosi. “Ci mancava solo la tua brutta faccia a rovinarmi del tutto il pomeriggio!”
Malfoy scoppiò in una risata sprezzante, alzando le mani come in segno di resa.
“Non facciamoci saltare la mosca al naso gente. Stavo solo passando di qui.” sorrise, scoccando un'occhiata al tavolo rosso-oro che stava già lisciando gli artigli.
“Beh, passa altrove.” grugnì Paciock, già incazzoso di suo perchè sia lui che Alice odiavano i balli. “Sei un po' troppo vicino al fuoco serpentello, non so se mi spiego.”
La tavolata verde e argento, dall'altra parte della stanza, alzò la testa come un'unica onda meccanica, subodorando guerra...ma a Lucius bastò alzare una mano.
“Suvvia.” sorrise, affabile. “E' Capodanno. Per stasera penseremo solo a brindare alla magnifica giornata che è stata oggi!”
“Come mai così di buon umore, Malfoy?” si intromise Black, freddamente. “I Black ti hanno finalmente comprato quel paio di palle che ti mancavano?”
Ma mentre lui non si lasciava minimamente scalfire e si allontanava ridendo perfido, la risposta la stava già trovando Remus...aggrottando sempre di più la fronte man mano che sfogliava le pagine della Gazzetta del Profeta.
“C'è stato un attentato sul confine col Sussex da parte dei Mangiamorte. Sono morti due babbani.” annunciò con voce piatta, e improvvisamente, come se lui avesse dato il via, la notizia iniziò a circolare per la Sala Grande in un mormorio, assieme al volare dei gufi.
E se già non bastavano le occhiatine perfide e le risatine dei Verde-Argento a far andare la colazione di traverso, i commentini tra commensali che susseguirono furono anche peggio.
“Certo, è terrificante.” stava dicendo Calton, imburrandosi una fetta biscottata. “Ma credo che la stampa esageri.”
“Esageri?” si infiammò Geky, lanciandogli un'occhiataccia. “Come puoi dire una cosa del genere?!”
Lui fece spallucce.
“Mi dispiace per i due babbani e spero che quegli stronzi vadano ad Azkaban il prima possibile, però io non credo che il problema sia così serio come lo vogliono far sembrare, ecco tutto.”
“Cioè?” rispose lei, assottigliando gli occhi, ignorando i gesti di Lupin che avvertiva entrambi di chiudere il becco. “Pensi forse che l'avvento dei Mangiamorte sia tutta una balla?”
“Una balla no, ma gonfiata di sicuro! Eddai, qui a scuola, certo, c'è qualche Serpe idiota ed esaltata che se ne va in giro pavoneggiandosi per moda, ma nel mondo vero si tratta solo di un piccolo gruppo di fanatici retrogradi che sono stati troppo a lungo chiusi nei loro manieri a rimuginare sui vecchi tempi! Cosa potrebbero mai fare? E questo tizio, di cui tutti parlano, che li starebbe radunando...a mio avviso è inventato! Così, per darsi un tono, per apparire più minacciosi!”
“Hanno appena ammazzato due babbani.” replicò Gecky, un po' freddamente. “Credo che siano un po' più di un piccolo gruppo di vecchi fanatici...”
“Ok, hanno fatto un attentato, va bene. Ma il Ministro vuole aumentare il numero di Dissennatori per cui...”
A quanto pare Calton non sapeva riconoscere i segnali di sopravvivenza che ormai tutta la Casata – non solo Lupin – gli stava inviando o forse non se n'era nemmeno accorto.
Così che tutte le teste girarono verso James che era scoppiato in una risata sprezzante senza alzare la testa dalla colazione.
“Dio, certo che ne dici di stronzate, Calton!”
“Non ricominciamo...” cercò di ammonirli Molly, ma il biondino alzò la mano.
“Siamo in democrazia, no? Ognuno ha il diritto di esprimere la propria opinione, quindi prego.”
“Senza dubbio. E la mia opinione è che sei un coglione.” replicò lui, acidamente. Black, ormai abituato, alzò pigramente una mano afferrandolo per il lembo della giacca, continuando intanto a spiluccare l'arancia. “Se pensi che i Mangiamorte non siano una minaccia seria e che l'unica soluzione per distruggere i fanatici sia aumentare il loro fanatismo sganciandogli addosso dei Dissennatori – che per intenderci, sono adorabili creature oscure che pensano solo al loro stomaco senza guardare in faccia nessuno senza contare che il nostro (mio) ultimo incontro con uno di loro non è stato propriamente simpatico – allora non hai capito un beneamato cazzo di come gira il mondo. O forse, forse eh, non hai parlato abbastanza con mamma e papà, sempre che i Calton fossero in prima linea almeno quanto i miei contro quelli che tu ora chiami 'vecchi fanatici' e che all'epoca erano diretti sostenitori di Grindelwald, un altro tizio saltato su dal nulla che ha fatto terra bruciata di Londra, ne hai sentito parlare?”
“Ma...erano altri tempi...” bofonchiò lui, imbarazzato.
“NON erano altri tempi.” Potter si era alzato in piedi e la sua voce era salita di un paio di ottave. “Sono sempre gli stessi schifosissimi tempi, sempre le stesse schifosissime idee, c'è SEMPRE qualcuno da odiare, qualcuno da tormentare e da incolpare di tutto, e bisogna essere veramente cretini per pensare che i NOSTRI tempi siano in qualche modo speciali, al di fuori delle solite cazzo di dinamiche che si rincorrono da sempre in un circolo vizioso! E sai chi dà il via a tutto, ogni volta? VOI. Voi che sminuite, voi che vi illudete, voi che pensate che 'forse un po' di ragione ce l'hanno' e voi che non intervenite se non venite direttamente toccati dalla cosa, i tuoi sono Purosangue o sbaglio, Calton? Un po' comodo pensarla in questo modo quando non è il TUO culo quello che vogliono vedere su un calderone! Vallo a chiedere ai nostri compagni mezzosangue se pensano che la minaccia sia così vaga come dici tu!”
“No, alt, io non penso che abbiano ragione...”
“E allora dimostralo.” James incrociò le braccia al petto, con voce dura. “E fallo subito, svegliandoti dalla bella favoletta che ti sei creato in testa e piantandola di ignorare il fatto che quello che sta accadendo sia l'inizio di qualcosa di brutto.” scoccò un'occhiata granitica ai Verde-Argento. Se avesse potuto maledire qualcuno con lo sguardo, li avrebbero visti tutti saltare per aria. “Perché lo sarà di certo, ma io non mi tirerò indietro. E tu?”
Calton borbottò qualcos'altro ma la vocetta stridula della Harpies, avvicinatasi con la Prefetto Leavy, si intromise e lo tirò fuori dai pasticci. James era un carro armato quando si trattava di quegli argomenti, ormai lo sapevano tutti.
“Qualcuno ha visto la Evans? Oh.” guardò Ramoso, a cui fu impedito di tirarle una mela in testa da Remus. “Come non detto! Stavate mica parlando di politica?!”
I suoi piccoli occhietti maligni si assottigliarono.
“NON si parla di politica a Capodanno! Non si litiga, né si discute! Sono stata chiara?! A Capodanno ci si diverte!”
“Ma non è ancora sera...” osò protestare Weasley, venendo incenerito.
“HO SUDATO SETTE CAMICE PER QUESTO DANNATO BALLO PER CUI ENTRATE SUBITO NEL MOOD GIUSTO O VI DEFENESTRO!” Strillò la biondina, isterica. “Stasera alle otto! In coppia! Abiti di gala! Niente canne, niente alcool di contrabbando, niente fuochi d'artificio illegali, niente sesso nei bagni e per l'amor di dio, non vi azzardate a venire OVERDRESSED!!!”
“E che cazzo di divertimento è?” sbottò Black, ma quella aveva già girato i tacchi, lasciando la lentigginosa Prefetto di Tassorosso lì a sospirare.
“Quindi, dove sono le casse di roba che imbucherete stasera?”
“Già dentro la stanza.” risposero in coro i Grifoni, facendola sorridere.
“Dio, ma come fai a sopportarla?” mugugnò Minus, alludendo alla pazzoide che stava tirando per le orecchie un povero ragazzino del Comitato. Leavy alzò gli occhi al cielo.
“Sì è un po' psicopatica, però ha ragione dai. Almeno per oggi, niente notizie brutte e niente risse!”
“In stile Tassorosso?” ironizzò Paciock, bonariamente.
“Hey!” ridacchiò la riccia, sventolando orgogliosa la sciarpa gialla e nera. “Che ci vuoi fare? Voi vi gettate nelle mischie, i Corvonero risolvono indovinelli, i Serpeverde rimuginano su come essere i migliori e noi Tassi pensiamo a mangiare cose buone, ad allevare cuccioli e a goderci la giornata, che tanto il mondo continuerà a fare schifo il giorno dopo quindi, tanto vale spassarcela finché si può!”
A riuscirci...pensò Potter, sbattendo la testa contro il tavolo con l'intenzione di non tirarla più su. Lily non si era vista per tutto il giorno, da quando aveva fatto l'immane idiozia di invitare Liu davanti a lei.
In un'altra occasione sarebbe stata lì a dargli man forte, di solito l'unica cosa che li univa era la politica...ora che ci pensava, erano le uniche occasioni in cui non si urlavano contro a vicenda ma urlavano contro gli altri. Avevano sempre avuto le stesse idee per quello che riguardava la società.
Tranne ora.
La cosa più fastidiosa di tutta quella storia era che Lily aveva ragione...probabilmente qualche verde-argento con la testa a posto c'era, lì dentro (A dirla tutta, Regulus Black non gli era mai sembrato così male, ma non l'avrebbe mai detto a Sirius). Solo che si stava fidando di quello sbagliato!
“Dai, piantala. Ormai è fatta.” sbuffò Felpato, dandogli una pacca sulla spalla. “Pensa solo ad arrivare sano di testa fino a domani.”
“Hai ancora quelle erbe strane dell'ultima volta?” mugugnò contro il legno, senza alzare la testa.
“Sì.”



Dall'altra parte del tavolo, due improbabili personaggi parlavano di tutto tranne che di quello che capitava nel mondo – e comunque Liu Chang l'aveva saputo almeno un'ora prima che comparisse sui giornali.
“E allora, come intendi fare?” sbuffò, scostando i capelli neri dal viso.
Aliaset sganciò uno dei suoi sorrisetti cinici.
“Ma come, secondo te non mi basta il mio incredibile charme per conquistarla?” ironizzò, indicandosi.
“E vorresti giocare a fare il ragazzo modello per tutto il resto dell'anno? Se non riesci nemmeno a stare venti minuti senza tirare fuori una battutina odiosa sugli altri...”
“Acuta, la mangia-riso.”
“Che originale.”
“Sta tranquilla, Mulan.” lui tirò fuori un burrocacao, ignorando la sua occhiataccia. “Ho i miei metodi.”
“Un filtro d'amore sul burrocacao?! Avevi detto che era banale e stupido!”
“E' banale e stupido usarlo su Potter, che si spalma gli antidoti addosso dall'età di tredici anni come se fossero creme idratanti.” lui le fece l'occhiolino. “Lily non ha mai avuto bisogno di proteggersi da questi cosi, con quel pallone gonfiato ed il suo spropositato ego a gettare ombra sulle sue virtù. Mi basterà baciarla e te la leverai dai piedi.”
“Sempre che ci arrivi, a baciarla...”
“Di nuovo, guarda che così mi offendi! E tu, come intendi levarmi di torno il tuo caro Capitano?”
Lei lo guardò da lontano, stringendo le labbra in un sorrisetto.
“Non ho bisogno di fare nulla. Basterà che pensi di aver perso Lily definitivamente. Ed io sarò lì, pronta!”
Il Serpeverde scosse il capo.
“Donne...”



La giornata passò così come era venuta, del Prefetto di Grifondoro nemmeno l'ombra...e nemmeno di Potter, che aveva deciso di collassare a letto godendosi il talento nella coltivazione di Sirius, fino a quando Lupin non lo afferrò per il naso, tirandolo su.
“Dai, idiota. E' ora!”
Fu così che si ritrovò vestito di tutto punto ma con gli occhi rossi e l'aria da cadavere, in attesa con Sirius e Remus davanti ad una enorme scalinata di marmo.
Bisognava ammettere che il Comitato aveva fatto un lavoro eccellente, pur essendo un covo di piattole. Tutto il retro del pian terreno era stato rimodellato a festa. I soffitti erano stati disillusi, e sulle loro teste, in lontananza, aleggiavano pigramente stelle e purpuree galassie, ogni tanto qualcuna cadeva fischiettando e scoppiettando in tante lucine colorate. Tutte le aree erano state aperte e si poteva accedere ai roseti tramite enormi archi velati da tende e drappeggi trasparenti color crema, rosa antico e arancio sporco.
Aleggiava un'atmosfera da mille e una notte, ovunque c'erano bassi tavolini bombati, cuscini, narghilé che emettevano bolle confettate, fontane di marmo e grossi lampadari rotondi che cascavano sulle loro teste.
Sul vialone principale, poi, come un piccolo mercato, stavano svariati stand che vendevano caramelle e piccole stelline filanti.
“Ma si può sapere dove cavolo si é cacciato Peter?!” sbottò Black, incrociando le braccia al petto. Era interamente vestito di nero, dolcevita, giacca e pantaloni eleganti, i capelli stretti in un codino basso e sfuggente che faceva la felicità delle ragazzine.
“Ha detto di non aspettarlo.” sospirò Rem, che a differenza del primo, aveva un'aria più da principe azzurro, con una elegante camicia bianca di lino dalle maniche bombate. “Dite che non ha trovato la ragazza?”
“E chi lo sa, è stato piuttosto vago in merito...perfino James non è riuscito a cavargli nulla di bocca!”
“Uh?” Potter scoccò loro una vaga occhiata, troppo intento a guardarsi in giro. Lei non si vedeva da nessuna parte...
Lunastorta guardò male Felpato.
“Ma sicuro che quelle erbette hanno finito di fare effetto?!”
“Tranquilli, sono a posto. E comunque Coda ha detto che ce l'aveva, la tipa.” sospirò lui, sentendosi anche vagamente divertito dal fatto che il loro più timido amico agisse in modo così misterioso. Chissà che gli prendeva!
Comunque, forse aveva fatto bene a tardare, in effetti rimanere lì impalati davanti alla scalinata in attesa delle proprie dame era un po' da scemi. E soprattutto, dovettero assistere alla parata dell'ipocrisia Hogwartsiana: ragazze che si facevano i complimenti civettando come oche ma che intanto si prendevano mentalmente appunti sul prezzo delle scarpe delle altre, fidanzati modello solo in apparenza che lanciavano occhiolini alle amanti, primedonne della moralità che di nascosto facevano ogni tipo di nefandezza e gente più o meno oscena che brindava alla morte dei due Babbani senza nemmeno nasconderlo più di tanto.
Tra queste svettava Malfoy, vestito in un elegante completo argentato, che si avvicinò con il classico sorriso “Mi merito dei pugni in faccia”.
Al suo fianco stava con il solito sguardo vacuo Narcissa, una bambolina vera e propria nel suo lungo abito grigio perla, stretto e con scollo alto, fulgidamente bella ma talmente fredda d’apparire di marmo.
“Signori, vi auguro una piacevole serata!” ghignò il re delle Serpi non appena li vide. “Spero sia piacevole anche solo la metà di quanto non lo sia stata oggi pomeriggio!”
“Se non ti levi di torno ti do fuoco ai capelli.” sibilò Sirius, con odio. Remus si mise di mezzo, sospirando, ma fu Narcissa a prendere parola.
“Andiamo Lucius. C'è troppa gente.” mormorò con tono indifferente, posando la mano fresca di manicure sul braccio del fidanzato. Black notò un anello di diamanti al dito e nei suoi occhi passò un lampo.
“E così ti hanno già venduta, eh, Cissa?” mugugnò, disgustato...ma i Marauders avvertirono in fondo alla testa una vaga nota di tristezza che ebbero il tatto di ignorare.
La ragazza sollevò piano le ciglia chiare e folte, forse richiamata dal fatto che il cugino avesse usato quel nomignolo, Cissa, cosa che di solito faceva chi si rivolgeva a lei in tono affettuoso e non con tutto quell'odio. Forse le parve strano, o forse quelle parole le diedero più fastidio di quanto non desse a vedere, in ogni caso lo fissò un secondo di troppo con un silenzio difficile da decifrare.
“Ti saluto, Sirius.” tagliò corto gelidamente.
“Hai ragione mia cara! Troppa gente.” sorrise sprezzante Lucius, stringendosela un po’ più addosso con possessività e se ne sparì tra la folla con la futura sposina.
“E’ talmente pieno di sé che...” ringhiò Sirius rabbuiandosi, prima di cambiare letteralmente espressione alla vista di una radiosissima Cristhine che gli volò fra le braccia con la leggerezza di una ninfa, un po' troppo di fretta per far pensare fosse una coincidenza e non un tentativo di rasserenarlo.
Gli scoccò un bacio a fior di labbra che sentirono tutti sulla propria bocca – avendo anche qui il tatto di fingere di no – e Sirius si illuminò.
“Salve a tutti!”
Indossava un vestito stretto alla vita da un nastro di velluto che si apriva in una gonna lunga e vaporosa di un azzurro cielo sfumato di bianco, con maniche lunghe e gonfie - che si stringevano sui polsi - di chiffon trasparente come lo scollo alto che sovrastava il bustino.
“Sei…sei…” balbettò Sirius.
Lei sorrise, prendendolo a braccetto.
“Grazie.” disse, richiudendogli la bocca con un dito. Tra i riccioli portava delle piccole perline ed era più bella che mai.
Fece per baciarla quando furono divisi da Remus che diede prova dei suoi riflessi afferrando saldamente una figuretta coi capelli rosa confetto prima che si schiantasse di faccia contro il pavimento.
“Presa!” esclamò, ormai allenato alle cadute di Ninfadora Tonks.
“Grazie!” sorrise lei, rimettendosi in piedi. Tutti si voltarono verso Sirius aspettandosi un disastro ma l'incantesimo stava funzionando bene, visto che quello assunse uno sguardo un po' ebete e se ne uscì fuori con un gioviale “salve!”.
“Hey!” ridacchiò la cugina, strizzando l'occhio a Lunastorta.
Se non fosse stato per la caduta e per i capelli rosa, forse Remus Lupin avrebbe stentato a riconoscerla.
Era abituato a vederla goffa, imbranata, coi vestiti tutti fuori posto e una serie di mascelle cadute al suo cospetto.
Invece ora scorgeva di nuovo quella sfumatura di Black in lei, perlomeno fin quando rimaneva immobile e non apriva bocca!
Era vestita con un abito dalla gonna svasata giallo canarino che finiva alle ginocchia. Gli venne da sorridere. Ma chi cavolo si vestiva giallo canarino a una serata di gala? Eppure in qualche modo stava bene.
Aveva i capelli legati in una piccola coda bassa - con alcune ciocche davanti sciolte che contornavano la frangia - e un girocollo bianco con un fiocchetto di lato che la facevano sembrare ancora più giovane ma...bella. Tonks era bella.
Stralunato da quei ragionamenti non da lui, sentì improvvisamente caldo sotto il collo ma anche...una sensazione strana, dentro. Come di tepore.
James gli scoccò di sottecchi un'occhiata divertita. Questa volta non fece finta di non percepirlo, anzi.
Guardò altrove, sentendosi ancora più in imbarazzo. Fortuna che Sirius era sballato dall'incantesimo.
Forse non era stata una buona idea.
“Tonks, ma è sicuro che tu indossi tacchi questa sera?” chiese delicatamente Cristhine, sinceramente preoccupata.
“Tanto starò seduta per gran parte del tempo!” rise lei, ricordandogli di nuovo quello che avrebbe dovuto fare e facendogli passare il sorriso all'istante.
La guardò fisso, chinandosi verso di lei.
“Sei molto graziosa questa sera.” le disse serio.
“Oh, grazie!”
“E sappi che non mi sono arreso. Ti impedirò di fare quell'idiozia.”
“E che vuoi fare, dare fuoco allo stand?”
“Ci sto pensando...” mugugnò quello lugubre, fino a quando l'ultimo elemento del gruppetto non fece la sua apparizione – rigorosamente dopo le altre come una vera star.
“Jam!”
Il ragazzo si girò cercando di trattenere una smorfia.
“Ciao Liu. ” mormorò, mentre lei gli si appiccicava come una piovra al braccio. Indossava un kimono blu notte, con fili ricamati in oro, e portava i capelli stretti in uno chignon rigido sulla nuca.
Le sue labbra erano rosso fuoco, lucide e piene.
“Allora?” chiese, girando su se stessa. “Come sto?”
“Stai molto bene.” Disse James, stirando un sorriso.
In effetti era carina…se solo non avesse avuto quella insopportabile puzza sotto al naso!
“Oh e…ciao ragazzi. E…?” guardò con aria di sufficienza Cristhine e Tonks.
Il suo sguardo indugiò qualche secondo di troppo sui capelli rosa di Ninfadora.
“Lei è Ninfadora Tonks e io…” iniziò la Mcranney, ma fu interrotta dalla ragazza.
“Liu Chang.” Sorrise languidamente la Corvonero “A te ti conosco, sei nella mia Casata. Hai difeso quella marmocchia Tassorosso, ricordi?”
“Sì...”
Come dimenticare che stava bullizzando una bambina? L'aveva detto come se fosse un ricordo divertente!
Il sorriso educato della Corvoncina fu ancora più tirato di quello di Potter, che dovette anche sorbirsi la sua occhiata un po' troppo penetrante per non essere accusatoria. Fortunatamente la ragazza tendeva a non diventare mai troppo invadente, ma fu comunque spiacevole farsi guardare in quel modo.
La Chang decise che aveva anche fatto fin troppo – d'altronde non le era sfuggito che quelle due fossero amiche strette della Evans – e tornò a guardare Potter, ghignando.
“Allora, andiamo tesoro?” tubò.
Era insopportabile.
Pareva esser convinta di essere l’unica dama all’altezza e non si sforzava nemmeno di nasconderlo!
James si maledì all’istante per averla invitata.
“D’accordo.” Borbottò, deciso a farla finita il più in fretta possibile. “Ragazzi, dove ci sed…?”
Fu interrotto da Tonks, che guardava a bocca aperta un punto indefinito alle sue spalle.
“Oh, è bellissima!”
“Ma di chi stai...” James si girò. “Parlan...”
Rimase paralizzato sul posto, sentendosi folgorato da un incendio.
Il chiacchiericcio, la musica di sottofondo, le risate, i commenti...lui non li sentiva più. In seguito si sarebbe mangiato le mani per essere rimasto fermo a fissarla ammutolito come un pesce, probabilmente sembrando anche un po' strano. Era abituato alle belle ragazze ma...lei era lei.
Lei era l'unica... ed era in cima alla scalinata, lontana eppure vicina come se gli avesse appena rifilato un ceffone.
“Oh, è arrivata Lily.” commentò Cristy. “Abbiamo fatto proprio un bel lavoro.”
“Che? Vi siete viste?” commentò Black, stranito.
La ragazza annuì.
“Sì, ci siamo vestite assieme, con Tonks.”
La sua voce appariva lontana chilometri, eppure era accanto a lui.
Ma non riusciva a distogliere gli occhi. Non c'era nient'altro che Lily Evans...e il suo cuore traditore che minacciava di scoppiargli nel petto, una violenta valanga di brividi che lo faceva tremare come un bambino.
Era così diversa.
Lily aveva sempre lavorato alle feste, per cui era sempre stata vista in divisa scolastica. E anche al di fuori della scuola, non aveva mai avuto modo di risplendere come invece accadeva ora.
Fece scivolare gli occhi come braci accese sul profilo del collo lungo e sottile, lasciato nudo da un elaborato chignon, sul tessuto del suo abito che aderiva morbidamente alla vita stretta, sul riverbero delle luci che le macchiavano la pelle bianca. Aveva sempre avuto la schiena così dritta? E le gambe così lunghe?
E quell'aria...così da donna?
Il vestito era semplice, in realtà. Bianco come la neve, un corsetto a cuore con ricami di pizzo oro chiaro che scendevano fino alla lunga gonna di tulle.
Non gli sfuggì che portava al collo la sua collana, che scendeva nascondendosi nei seni. Quel dettaglio gli mise addosso una strana eccitazione.
Né gli sfuggì che sembrava insolitamente intimidita, guardava incerta la sala senza sapere bene come muoversi.
E in effetti, Lily si sentiva vagamente a disagio.
Forse ho esagerato un po’...” pensò, nervosa, vedendo una spaventosa marea di occhi piantarlesi addosso.
James continuò a fissarla schiavo di quella visione fino a quando qualcuno non lo urtò sorpassandolo, interrompendo lo strano incantesimo.
“Sei stupenda, Lily!” sentì esclamare e Michael Aliaset si fiondò a porgerle le mano, salendo gli scalini a gran falcate.
Sentii come un ronzio sordo tappargli le orecchie e non poté impedire ai propri pugni di serrarsi contro i pantaloni, alle labbra di stringersi in una linea sottile.
Un solo pensiero nella testa, ripetitivo, ossessionante.
Dovevo essere io.
Michael non la meritava.
Non meritava nemmeno di baciarle i piedi.
Avrebbe dovuto esserci lui a reggerle la mano e a farle quel complimento.
Era a lui a cui avrebbe dovuto essere rivolto quel sorriso splendido.
Non a quel verme bugiardo e pericoloso. Non ad Aliaset.
Intercettando la sua cocente disperazione, Remus ebbe il buon cuore di frapporsi nella linea d'aria fra lui e loro, piazzandogli una mano sulla spalla.
“Andiamo James…dai muoviti.” Borbottò cupamente.
Ma James non si mosse. Lei si era accorta di lui.
Perché mi fissa così?” Lily Evans si sentì il viso in fiamme. La guardava con quella strana espressione...e lei si sentì persa, le sue braccia si riempirono di pelle d'oca. Per un breve istante, furono solo loro, separati da quei gradini di marmo, immersi in una bolla nera che li teneva lontani dagli altri. Un pensiero bizzarro le venne in mente. Si sentiva come se James la stesse spogliando...
“Qualcosa non va?” chiese gentilmente Michael, notando il suo cambiamento.
“No...” mormorò lei, distogliendo lo sguardo e mettendo a tacere quel brivido. “No. Va tutto bene. Andiamo.”




“James!” si lamentò Liu e il ragazzo sussultò.
“Che…che?”
“Stanno andando tutti di là.” fece notare lei, stringendogli il braccio con forza. “Non dovremmo unirci a loro?”
Nonostante la sua intensa occhiata lui si voltò un’ultima volta, ma Lily e il Serpeverde se ne erano già andati, tra l'altro suscitando commentini sconvolti esattamente come la Grifoncina aveva predetto. Stava seguendo la via del “Purché se ne parli”. E se invece non era solo senso del dovere? Se quel tizio le piacesse veramente...lui cosa avrebbe fatto?
“Sì…ok.” sospirò, con voce piatta. Lei gli prese la mano.
“Ti da fastidio?” mormorò, con iridi torbide.
Non c'era più nulla che lo irritasse. Non sentiva più niente.
Lasciò che lei lo guidasse verso l'interno della sala principale, le piccole dita che premevano dolcemente contro le sue. Ogni cosa che faceva Liu trasudava sensualità. E sapeva che era per lui. Ma non gli importava.
Si sentiva stanco.
Cristhine adocchiò quelle mani unite con una vaga smorfia, facendosi beccare da Sirius che la fissò divertito. Le prese il viso tra le mani...era sempre stupito di quanto sembrassero grandi in confronto ad esso.
“Sai, sulla tua faccia si possono leggere tante cose.” sussurrò. “Devi imparare ad essere meno trasparente!”
“Anche sulla tua!” protestò lei, in balia delle sue dita che le accarezzavano le gote.
“Sì, ma io non ho la tua sensibilità. Me ne sbatto di ferire i sentimenti altrui.”
“Oh, quanto sei rude.” lo prese in giro, ironicamente. “Dì un po', che avete fatto a Lily? Non me ne ha voluto parlare!”
Lui sbuffò, scoccando un'occhiataccia laddove quei due erano spariti.
“Quel tizio è una serpe. Le ha detto un sacco di balle.”
“Sai, non piace nemmeno a me...” sospirò la streghetta con aria infelice, stupendolo. “Mi dà una strana sensazione! Era presente al Ministero durante la tua audienza. Lì per lì non ci ho fatto caso ma...suo padre parlava di strani accordi in cui c'entrava lui. Sembrava agitato quando mi ha visto. Nasconde qualcosa, me lo sento!”
“Interessante...”
“Sirius, ti dispiace se ogni tanto passiamo a vedere come sta Lily?”
Il ragazzo ghignò, stringendosela contro. Scese con le labbra a sfiorarle il collo, godendo nel sentirla agitarsi e nel vedere le occhiate al vetriolo di quelli del Comitato della Morale.
“Certo. Ma comunque non preoccuparti.” le sussurrò sulla pelle, nascosto tra i suoi riccioli. “Remus sta già procedendo con il suo scherzetto.”







“Hey.”
Ovviamente era dove si aspettava di vederla: davanti agli stand, a controllare che tutto filasse liscio. Stacanovista fino all'ultimo.
“Hey.”
Lily non si voltò, ma nemmeno gli urlò addosso, che era già un passo avanti.
“Sei bellissima.”
“Grazie. Anche tu stai bene.”
Era davvero strano per loro ritrovarsi così agghindati mentre altri lavoravano al posto loro.
“Gli stand procedono alla grande.” Remus adocchiò la gente ammucchiata attorno alle bancarelline con una vaga smorfia.
Al centro di quel mini mercatino torreggiava quello dei Baci, munito di striscioni con scritte piene di cuoricini e contornato di rose rosse.
Su quello principale, c'era scritto “Stand dei baci!” e sotto: “Sfiorate il paradiso per soli dieci galeoni!”.
Lily rimase a fissare la fila di lucine, il bel profilo ancora un po' rigido. Poi sospirò appena.
“Sì.”
“E il tuo accompagnatore?”
Lei parve a disagio.
“Gli ho chiesto di aspettarmi di là.”
“Senti...” iniziò lui, guardando in alto. “So che ora sei arrabbiata...ma devo chiederti una cosa. Dovresti farmi il favore di bere questo.”
Le passò un calice di quello che sembrava Champagne.
Lei si fissò le scarpe, arrossendo appena, prendendo tra le mani il calice ma ignorando la stranezza della richiesta.
“Sì. Sono ancora arrabbiata...e non so più nemmeno per cosa...o con chi. E' tutto così confuso. E mi sono sentita così delusa... però...quello che ti ho detto prima...”
“Era la verità.” ammise Lupin, pacatamente. “E' vero, stavo sempre in disparte a guardare, sperando di lavarmi la coscienza. Per cui non c'è bisogno che ti scusi.”
Fu allora che lei alzò il viso, guardandolo in faccia con durezza.
“Sai che cosa mi faceva più imbestialire di te, Remus? Era che non lo facevi perché eri un codardo, un succube o chissà che. Lo facevi perché tu...tu sei SEMPRE in disparte. E stai bene attento a rimanerci!” si avvicinò di un passo con iridi dardeggianti. “Tu sei sempre stato perfetto! Sempre gentile, educato, mai una parola di troppo, mai uno sbaglio, mai una sciocchezza. Nei tuoi modi, nel tuo parlare, nel tuo agire, in tutto...tu sei lontano. Le uniche volte in cui ti ho visto ridere, ridere per davvero, si contano sulle dita della mano e in ogni caso erano tutte in compagnia di James! Con gli altri facevi solo un'imitazione, ridevi solo perché pensavi che loro volessero questo da te, prendevi bei voti solo perché tutti si aspettavano che tu lo facessi, eri cortese perchè la gente vedendoti si immaginava di avere a che fare con un tizio gentile, ma era tutto così pre impostato, tutto così freddo! Tutta questa perfezione, tutta questa personalità così asettica, così senza sbavature che ti sei cucito addosso...non è nient'altro che una barriera per tenere tutto il mondo a debita distanza! Per cui io berrò questa cosa dentro al bicchiere senza chiederti nemmeno cosa ci sia dentro, ma solo ad una condizione. Che per questa sera, solo per questa sera, tu ti conceda uno sbaglio, tu faccia una stupidaggine! Solo per questa sera, e poi domani sarà un nuovo anno e potrai tornare alla tua recita se è quello che vuoi ma accidenti, solo per questo sciocco ballo lasciati andare, vivi per davvero e togliti l'armatura di dosso!”
Si portò il bicchiere alle labbra e bevve tutto d'un fiato.
“Schifoso. Soddisfatto, ora?” sbottò.
“Sì.” disse mestamente lui.
“Dio, Remus. A volte mi fai così tanto arrabbiare che ti prenderei a pugni.” mormorò lei, ma nel modo in cui lo disse, seppur con voce d'acciaio e occhi di fuoco, ci fu qualcosa che lo fece sorridere.
Rimase a guardare la sua schiena nuda allontanarsi, senza nemmeno più stupirsi di quanto lei in realtà l'avesse capito.
Sospirò, sperando di aver fatto del proprio meglio per proteggerla. Passeggiò fra gli stand, cercando di ignorare i commenti della gente, soprattutto dei ragazzi.
“Eddai, spostatevi! Voglio essere il primo a pagarmi un bacio da Ninfadora!”
“See, arriverai come minimo ventesimo! C'era già la fila mezz'ora fa!”
“Voi in chi le chiederete di trasformarsi?”
“Quasi quasi le dico di rimanere così com'è...” il ragazzino in questione scoccò un'occhiata libidinosa verso lo stand ancora vuoto, con due sedie in mezzo al palco. “Voglio dire, la piccola non è niente male davvero...”
Sarebbe stato più difficile del previsto, ponderò Lupin mentre si faceva largo tra quella folla di allupati con una sgradevole sensazione addosso.


Qualcosa di stupido...qualcosa di stupido...








Salve a tutti! Come al solito tendo a tirare tutto per le lunghe, per cui ho diviso il capitolo in tre parti. Spero che questo non risulti eccessivamente piatto e privo di azione.
In ogni caso, mi sono divertita molto a descrivere gli abiti delle nostre amate streghette! Sono proprio andata a cercare dei modelli veri, da abbinare al carattere di ognuna. Vi lascio unì'immagine di riferimento!
Un bacio,
Sarah

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Capitolo 45
*** What a waste of a lovely night. Part III ***


Buon pomeriggio a tutti! Avevo promesso di essere più veloce nell'aggiornare questa volta e devo dire di aver mantenuto la parola, dato che questo capitolo è di ben 32 pagine word, praticamente come se ne avessi scritti due in uno.
E' il più lungo che io abbia mai prodotto. Mi scocciava parecchio spezzarlo, per cui...ehm...non so, a metà lettura se vi bruciano gli occhi fate una pausa e bevetevi una tisana! Fate altro...e poi riprendete quando ve la sentite. Mi scoccerebbe se diventasse una lettura troppo pesante per cui, ecco, vi consiglio di non accanirvi nel volerlo finire tutto di botto.
E' qui e non scappa. L'importante è che ve lo godiate come me lo sono goduta io.
Spoiler: ci saranno un saaaacco di scenette romantiche, per cui, munitevi di un antidiabetico! Canzone di sottofondo alla lettura: What a waste of a lovely night di Lalaland.
Le canzoni che inserisco come contorno ai capitoli sono essenziali per entrare nello spirito della storia per cui suggerisco sempre di ascoltarle come sottofondo.
Ora la pianto di rompere e dirvi cosa dovete fare – giuro – e vi lascio ai nostri Marauders.
Un bacio!
Sarah












We’ve stumbled on a view,
that’s tailor-made for two.
What a shame those two are you and me.

Some other girl and guy would love this swirling sky,
but there’s only you and I.-





Per essere la capostipite del Comitato della Morale Pubblica, Mandy Harpies in quel momento aveva stampata in faccia un'aria tutt'altro che casta.
“Allora, chi dite che troveremo allo Stand dei baci?”
La biondina aguzzò il nasino perfettamente incipriato verso quello che alcuni avevano volgarmente ribattezzato “il mercato di Capodanno”, prima di rivolgersi verso Paige che – non si sapeva bene come – riusciva a mettere in mostra gratuita quelle stratosferiche tette anche indossando un abito da cerimonia che pareva più una meringa.
“Te l'ho detto, Evans non ha proferito parola in merito!” sbottò, un po' contrariata.
“Ma sarà stato saggio lasciare la scelta della mercanzia a quella?” berciò acidamente l'altra bionda, che era decisamente più alta della prima e portava i capelli lisci. “Io sarei stata un giudice migliore...”
“Dio Harrington, rimettitela nelle mutande! Sembri una maniaca!” si lamentò una loro amica, una brunetta Tassorosso con più extension che neuroni, facendo una smorfia.
“Come se tu non fossi qui per lo stesso motivo!” ghignò l'altra, facendola arrossire. “Che scusa hai usato per piantare in asso il tuo accompagnatore in così breve tempo, eh?”
“Oh, piantala!”
“Ragazze, ricordate l'obbiettivo dello Stand!” le ammonì la Harpies, scuotendo i boccoli dorati. “Nessun accompagnatore e nessuna accompagnatrice può fare scenate di gelosia stasera, visto che il bacio è finalizzato soltanto alla raccolta di fondi! Non siamo mica in un set porno! E comunque...” assunse qui un'aria libidinosa. “...è sicuramente uno dei Marauders...”
Inutile dire che Hogwarts era in fermento. La Harpies poteva dirne quante voleva, ma era innegabile che c'era una tale concentrazione di ormoni da far volare gli elefanti e che il raggiungimento della quota stabilita era l'ultimo dei pensieri della calca che si stava ammassando davanti allo stand dei baci.
C'era così tanta gente che quasi non si riusciva a vedere il palco! Ed i commenti certo non si sprecavano!
“Oh, spero tanto che sia Lupin...” cinguettò Paige con vocetta stucchevole, letteralmente sgomitando alcune ragazze più piccole per portarsi in prima fila.
“Dubito che la Evans sia riuscita a convincere uno come Lupin!”
“Tu invece chi credi che sia?”
“Spero sia Potter! Non ho mai avuto modo di scoprire come bacia...”
“Ma se la fa con la Chang, ora! Liu ti staccherebbe la testa!”
“Vabbé, mi va bene anche Black!” la brunetta Tassorosso ammiccò. “Con quella cosina impaurita che ha per fidanzata, deve avere un bel po' di arretrati da recuperare!”
“Dite che potrei chiedere alla Metaformagus di trasformarsi in Lupin?” si chiese Paige, scatenando l'orrore delle altre.
“Ma è una ragazza!” si sconvolse la Harpies. “Baceresti una ragazza?”
“Ma amore, tecnicamente non sarebbe una ragazza nel momento del bacio...”
“Il fatto che si trasformi non significa che smetta di essere una femmina! E comunque non può trasformarsi completamente in uno studente di Hogwarts, ordini di Silente!”
“Tesoro, giuro, a volte mi fai paura!”
Tanto cianciare, tanta bava alla bocca, che quasi non ci si accorse che Tonks era salita sul palco...salvo quando furono investite da una bora di fischi da stadio da far tremare il pavimento.
La ragazzina fece ciao ciao con la mano, ghignando di fronte a quella marmaglia di allupati e generando inesorabilmente commentini acidi da parte delle ragazze. Il fatto di essere tutte in fila per strappare un limone a un Marauder non significava che 'quella tipa stramba' potesse trovarsi perfettamente a suo agio nel concedere le proprie labbra a pagamento!
In tante furono silenziosamente concordi che avrebbero voluto vederla perlomeno in ansia, ma Tonks si sedette sulla sedia posta al centro con tutta la tranquillità del mondo.
Strizzò l'occhio al maghetto del secondo anno che avevano accalappiato per fare da cassiere quella sera - il quale avvampò quasi all'istante e si rimise a contare i soldi chiuso nel suo gabbiotto – e si mise la benda di seta nera sugli occhi, legandola dietro la coda pastello.
Pur essendo bizzarra, bisognava ammettere che era graziosa, con la pelle delicatamente rosata e quell'aria da bambina che la faceva sembrare un pasticcino...abbinata a due occhioni furbi e maliziosi che le altre ragazze gradirono ancora meno, iniziando a lanciare sguardi al vetriolo e insulti a mezze labbra.
In altre occasioni la Harpies si sarebbe unita a quel coro di pettegole, ma in quel momento aveva altro per la testa.
“Sta per entrare il Marauder!” tubò, osservando con occhi assatanati la tendina muoversi.
Aveva aspettato quel momento tutta la settimana! Lily era stata schiva praticamente per tutto il tempo, ma aveva assicurato che sarebbe stato uno di loro e non era il tipo da tirarsi indietro all'ultimo!
E poi la Prefetto di Grifondoro aveva uno strano ascendente sui Malandrini, quindi di certo era riuscita nell'impresa!
Non che fosse chissà quale impresa convincere un ragazzo a farsi gran limonate con mezza fauna femminile della scuola...
Ma una cosa era certa, doveva assolutamente prenotarsi per prima. Era pur sempre Mandy Harpies, e di certo il suo bacio sarebbe stato elegante e di classe, e per essere tale non poteva venire dietro a quello di tutte le altre!
“Guarda! Sta entrando!”
La streghetta si abbassò giusto il tempo di ripassarsi il lucidalabbra, aprendo il suo specchietto in madreperla e dandosi un'ultima occhiata. Era pronta per la battaglia!
Sorrise fra sé e sé, già rialzandosi con l'intento di spintonare chiunque si fosse messo tra lei e il primo posto.
“Hey voi, spostatevi!” abbaiò, cominciando a spingere. “L'organizzatrice viene per prima!”
Come l'avrebbe fatto? Di certo quelli non erano tipi da bacio a stampo, ma dalla Presidentessa della Morale non potevano certo aspettarsi che si facesse infilare la lingua in bocca così, davanti a tutti! James avrebbe fatto quel suo solito ghigno sghembo e una battuta sfacciata? Oppure c'era Black, con il suo broncio e l'aria da duro?
“Allora, spostatevi un po'!”
Riusciva piano piano a portarsi avanti, pur essendo bassa. Neanche Paige riusciva a starle al passo! E poi, l'idea di un bel ragazzo bendato ed inerme che attendeva solo le sue labbra sarebbe bastato a darle la forza di dieci Grifoni!
“Via, sciò!”
Chissà chi era...
Sollevò finalmente lo sguardo.
Magari era davvero Remus, rosso per l'imbarazzo ma al contempo gentil...
Si bloccò di colpo.
Che?” biascicò, strabuzzando gli occhi e sentendo come se qualcuno le avesse rifilato un cartone sui denti.
I suoi piedi si paralizzarono sul posto. La sua bocca formò una O perfetta.
Si piantò immobile, così pietrificata che il ragazzino del Secondo anno le lanciò un'occhiata preoccupata.
“Hemmm... vuoi pagare?” balbettò, incerto.
Non si era nemmeno resa conto di essere arrivata finalmente in prima fila, davanti a tutti.
“Ma...che diavolo...?!”
Il suo viso si fece rosso e una vena le saettò sul collo, ma rimase immobile, troppo scioccata per parlare o fare un altro passo.
No...non ci poteva credere!
“Salve bambola!” ghignò il Marauder, appollaiato con un ghigno sullo sgabello.
Ma non era Remus, né tantomeno James o Sirius.
No.
Su quello sgabello stava Peter Minus.
“Allora, questo bacio?”
MALEDETTA LILY EVANS!!!





“Ragazzi miei!”
“Maddai non ci credo, si è infilato pure qui...!” masticò a denti stretti Sirius Black, mentre Lumacorno tuonava con voce gioviale e gli occhietti brillanti di chi aveva appena visto i suoi dolcetti preferiti.
Non si sapeva come ma quel dannato ciccione riusciva a farsi ammettere a qualsiasi tipo di party, addirittura a quello di Capodanno organizzato dagli studenti dove i Professori erano stati tassativamente vietati!
Si avvicinò ondeggiando nel suo sontuoso completo viola ricamato in oro, i cui bottoni del panciotto sembravano sostenere una tensione un po' troppo forte.
“Sera 'Prof.” salutò svogliatamente James, facendosi guardare male da Remus.
Professore.” rimarcò, per correggere la maleducazione del primo. “Come mai è qui?”
“Lupin, mio caro ragazzo, sai bene che se c'è un uomo capace di creare feste perfette, quello sono io!” gorgogliò Horace, gonfiandosi come un tacchino. “Ero giusto venuto a dare un'occhiata, visto che ho aiutato per l'allestimento! Ho un certo amico in Arabia Saudita sai, mi ha fatto uno sconticino su alcuni tappeti...sono originali, sapete? Pregiatissimi!”
“Beh, è un'ottima festa, complimenti.” si aggiunse Cristhine, che sembrava trovarlo simpatico, a differenza del suo ragazzo.
“Grazie, grazie, non vorrei fare il modesto ma ho un certo talento per queste cose! Ah, mia cara McRanney, sei sempre incantevole! Un’allieva molto dotata in Pozioni, stavo giusto prendendo in considerazione la tua diciamo iscrizione al Lumaclub…”
“Scappa finché puoi.” borbottò a mezza voce Felpato, facendola ridere.
“Ah proposito, non preoccupatevi, questa vecchia melanzana non rimarrà qui a rovinarvi la festa! Ho il mio Capodanno privato, su al quarto piano! Una robetta di classe, eh? Ho qualche invitato speciale...perchè non fate un salto, più tardi?”
“Volentieri! Come perdercelo!” tubò angelicamente Sirius, stampandosi in faccia la sua espressione più splendida. Cristhine lo guardò stranamente, ma James, nonostante fosse di pessimo umore, trovò la forza di ghignare tra sé.
I Marauders avevano trovato un modo particolare per partecipare agli infiniti e noiosissimi party privati del Professore...senza in realtà farlo. Ovviamente, era un modo illegale.
Incantavano il Cuscirauder. E applicavano un bel Confundus al prof e a tutti quelli che andavano a leccargli le chiappe, così che sembrava effettivamente che loro fossero lì. Un po' più silenziosi del solito, certo.
In tutti quegli anni, non se n'era mai accorto nessuno...e la cosa più divertente fu quando Melanie Robbins ci provò spudoratamente appena terminata la festicciola, praticamente parlando da sola per tutto il tempo e finendo per sbaciucchiarsi il cuscino nei corridoi per mezzora buona.
“Il povero Cuscirauder non è mai stato più lo stesso, da quel momento.” ricordò Lupin mentre Potter affondava il naso nella sua camicia per non farsi beccare a sghignazzare.
“Oh, ma ecco Stuart! Venite, ve lo presento!”
“Stuart? Stuart Robbins?” squittì eccitata Liu, balzando in avanti. “Quello che ha scritto ‘Una Notte Magica’? Oddio! Io lo adoro!”
“Perché, sai leggere?” bisbigliò James sinceramente sorpreso, ma la ragazza non lo sentì.
Cristhine fece uno strano verso con il naso affondato nel bicchiere, cercando di non sputare fuori il contenuto.
Un mago alto dalla mascella quadrata, scuro di pelle, si fece avanti.
“Ah Luma! Questi sono i nuovi talenti che hai scovato eh?”
La Chang scattò in avanti per stringere la mano al suo idolo.
Inutile dire che Lumacorno li trascinò a conoscere quasi tutti gli invitati della sala prima di lasciarli andare, e Liu era talmente emozionata che le tremavano le gambe.
Ma la vera disgrazia fu quello che annunciò alla fine.
“Beh, tra poco ci saranno le danze di apertura!” cinguettò, facendoli sbiancare.
“Danze di apertura?!”
“I miei ospiti avrebbero taaanto gradito assistere ad almeno un ballo tradizionale prima di ritirarsi!” cinguettò lui, sbattendo le ciglia. “Dopo di ché potrete tornare a scatenarvi sul vostro rock...punk music...o come lo chiamate voi giovani!”
“Che peccato non avere la dama al momento. Mi pare che vogliano mettere 'il mio cuore di zucchero filante' di Celestina Worbtail.” commentò sarcasticamente Remus, mentre Black si girava verso di lui.
“Si può sapere dov'è la tua compagna?! E Peter che cavolo di fine ha fatto?”
“Via.” commentò enigmatico quello, prima di guardare l'orologio e ricordarsi di qualcosa. “Devo andare, torno subito.”
E li piantò in asso.
“Cos...?! Hey, no, Remus! REM....Non ci credo, se n'è andato davvero! Ci ha mollati qui!” esclamò Potter sconvolto, mentre Sirius si voltava di scatto verso la sua ragazza.
“Non crederai che mi metta a ballare la schifezza sdolcinata di Lumacorno! Mi rifiuto di fare da manichino da esposizione per quello ed i suoi amici famosi!”
Ma Cristhine aveva già l'aria da diavoletto.
“Potrei rifiutare, se tu abbandonassi l'idea delle piazzate amorose...” tubò, ma prima ancora che finisse la frase lui l'afferrò per il polso e la trascinò al centro della sala con un “scordatelo!”, cambiando idea in mezzo secondo.
Piano piano, tutti i poveri studenti furono letteralmente spinti – alcuni anche a forza di bacchetta – sul patio.
La musica cominciò a suonare, una porcheria da far venire il mal di stomaco anche ai più diabetici che stonava con gli adolescenti già mezzi sbronzi come i cavoli a merenda.
“Forza Jam!”
Nemmeno il tempo di pensare ad un piano di fuga che Liu l'aveva già trascinato sulla pista sventolandolo come un fazzoletto.
Incredibile quanta forza possedesse una ragazza!
Si ritrovò così in mezzo ad altri poveracci che dondolavano sui propri talloni totalmente a disagio.
“Mettimi una mano sul fianco.” Ordinò la Corvonero con voce maliziosa, facendosi più vicina.
Obbedì, più per inerzia che per altro, e lei gli sfiorò l'altra mano. Era piccola, sottile e profumata, e si pigiava contro di lui in modo inequivocabile.
Sarebbe stato facile, pensò. Terribilmente semplice.
Ma...non sentiva niente.
Si lasciò condurre da lei, considerando che tutto sommato danzare come un robot, una marionetta, non era nemmeno così difficile. Dopo un po' che i passi si ripetevano, ritmici, poteva anche permettersi di pensare ad altro.
Come se ci fosse tanto altro a cui pensare, rifletté con fastidio, roteando gli occhi per scoprire dove stava.
Una giravolta.
Un passo qui.
Un passo là.
Altra giravolta.
Scorse subito Lily.
Era dall'altro capo della stanza. Stava ballando con Michael, gli sorrideva spesso, a volte ridacchiava.
Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Non faceva altro che seguire la linea della collana, sottile come un filo di ragnatela che a tratti luccicava contro la sua pelle bianca, e scendeva, fino a perdersi nella sua scollatura. Lì, nascosto, c'era il pendaglio. Così vicino al suo cuore...
Scosse il capo, cercando di riprendersi. Mettersi a sbavare così per un bel vestito era assurdo.
Ma...seriamente, da quando si muoveva in quel modo? Da quando...aveva quel portamento così ritto e l'aria così dolce, serafica? Irradiava come...una luce, attorno a sé. La ragazzina pestifera che urlava sempre, faceva dispetti e rifilava ceffoni...che fine aveva fatto?
Era quasi fastidioso da vedere. Ma al contempo affascinante. Si sentiva irritato e ammaliato allo stesso tempo.
Forse era sempre stata lì, quel tipo di Lily Evans. Quella di cui chiunque si sarebbe potuto innamorare facilmente. Forse era a lui, che non mostrava quel volto. Forse era a lui che non avrebbe mai sorriso in quel modo.
Liu ridacchiò, salutando un'amica e distraendolo. In mezzo a tutti quei corpi e quei vestiti voluminosi, li perse immediatamente di vista.
Cercando di non essere più masochista di quanto già non fosse, rinunciò a ritrovarli e si concentrò su Sirius.
Quando Cristhine saltava o volteggiava, il bianco e l’azzurro della sua gonna si muovevano, si confondevano, si staccavano…come una nuvola. Sentiva il calore che trasmetteva attraverso l'amico, il battito del cuore che accelerava nel vederla ridere, e si concentrò su quelle sensazioni rilassanti per tutto il resto del tempo, lasciandosi stordire.
Ma, quando la musica cessò, tirò comunque un sospiro di sollievo. Ci fu un gemito collettivo e un paio di occhiatacce a Lumacorno che li aveva usati come burattini, mentre quello parve ritenersi soddisfatto e tornò a cianciare con l'attore di turno.
Furono tutti lesti a svignarsela prima che a quel pazzo venisse in mente un'altra idea malsana e James seguì la scia, prendendo per mano la Chang.
“E' stato divertente!” sorrise lei, stringendo le sue dita. “Ti va di bere?”
“Dio, sì...cioè, volevo dire, certo.” sospirò, cercando un tavolino libero. Trovò Sirius e Cristhine con Weasley e Paciock in un angolo appartato, sotto alcune tende color bronzo, e si diresse in quella direzione.
“Oh, ma dobbiamo proprio rimanere coi tuoi amici?” esclamò Liu un po’ contrariata, puntellando i piedi e facendolo voltare.
“Uh? Perché no?” chiese,perplesso.
“Beh…oh, lascia perdere!”
James seguì alla lettera e smise di preoccuparsi di lei.
“Ma avete visto la Evans?” stava commentando Calton, sul tavolo affianco. “Porca miseria, eh? Pure Arthur si è messo a sbavare!”
“Non è vero!”
“Chiudi la bocca Stephan, che ti entrano le mosche.” commentò svogliatamente Molly, mentre il rossino spergiurava disperato di avere occhi solo per lei. “Oh falla finita Arthur, è uno schianto. Stavo sbavando pure io!”
Ecco, pensò James sedendosi, ora poteva anche cercare una corda per appendersi alla torre più alta.
Afferrò il primo bicchiere disponibile e il suo istinto da salutista venne messo a tacere come succedeva spesso.
Quando si sedette con gli altri era praticamente sparito del tutto.
Avrebbe avuto i sensi di colpa da sportivo dopo. Ora aveva necessariamente, inevitabilmente bisogno di...




“...bere?” chiese Michael.
“Eh? Come?”
Lily si girò, distratta.
“Ti va da bere?” ripeté il Serpeverde, divertito.
“Oh... sì, certo!”
In realtà non le andava. Non era particolarmente amante degli alcolici. Perché aveva detto di sì?
Lui le passò una mano dietro la schiena, indicandole scherzosamente alcuni Grifondoro che li fissavano male. Lei sorrise, alzando il mento e non lasciandosi scalfire da quelle occhiate di fuoco.
Avevano deciso di tenere il conto di quanti li avrebbero insultati, fissati e ignorati quella sera solo per il fatto di essere assieme. Avevano anche stabilito un programma con punteggio e doveva ammettere che era divertente.
Michael era divertente. Era sveglio, acuto come solo sa esserlo un Serpeverde, a volte un po' perfido certo, ma in un modo molto ironico. Non l'aveva messa a disagio, non c'erano stati silenzi imbarazzanti, era stato gentile e parlare con lui veniva naturale.
Allora perché non si divertiva?
Da quando aveva sceso quelle scale, si sentiva maledettamente nervosa.
Continuava a guardarsi intorno per riuscire a vedere…inutile negarlo. James Potter.
Solo perché voglio vedere come si sta annoiando.” pensò stizzosamente, cacciando fuori dalla testa quei suoi stupidi occhi ed il modo in cui le avevano dato i brividi quando, sulla scala, si erano fissati su di lei in quel modo.
Non si accorse nemmeno che Michael l’aveva presa per mano e la stava trascinando alla zona bar – un bancone elaborato pieno di ghirigori e stoffe - apparentemente inconsapevole della sua testa altrove.
“Sediamoci qui. Cosa vuoi?” chiese, indicandole un tavolino.
“Io...una Burrobirra andrà bene.”
Rimase ad aspettare, sentendosi vagamente a disagio.
Sul tavolo c'era una candela, alcuni fiori immersi nell'acqua in un vaso trasparente che sprigionavano un buon profumo, aprendosi e chiudendosi per magia. Due tizi, poco distante, si mangiavano la faccia immersi in quell'atmosfera romantica.
Cercò di ignorarli, ma i rumori erano inequivocabili.
Aliaset tornò, parve captare i suoi pensieri e adocchiò i due.
“Non capita tutti i giorni di bersi qualcosa su un set porno, eh?” commentò. “Ci ho messo un sacco a trovarla, quei tizi del Comitato hanno importato solo Champagne!”
Poi fece una cosa strana. Al posto si sedersi davanti a lei, spostò appena il pouf in modo da trovarsi al suo fianco.
Bevve un sorso di Wiskey Incendiario e la guardò. I loro visi erano vicini.
“Allora, ti stai divertendo?”
“Eh? Oh, sì, certo. E tu?”
“Devo ammettere che è simpatico cercare di tradurre gli insulti sulle labbra degli altri.” lui fece spallucce, ghignando. “Ma ti prego, non portarmi mai più vicino a Lumacorno.”
Lily ridacchiò.
“E' un po' fissato con i vip, ma è una brava persona, sul serio.”
“Passando sopra il suo vizio di ignorare totalmente chi non ha la famiglia ricca o è bravo in pozioni...”
“Non saprei. Voglio dire, è vero, a volte è superficiale. Però mi ha aiutata tantissimo in passato, e io non provengo da...beh...” si fece imbarazzata. “...Insomma, credo che tutti abbiano sfumature...”
“E le tue quali sono?”
“Che intendi dire?”
“Sei così perfetta come appari?” chiese lui, e lei si agitò, in imbarazzo.
“Hey! Io non sono...!”
“Ma guardati. Sei così gentile.” lui inarcò un sopracciglio. “Voglio dire, sei così turbata questa sera, eppure ci provi sul serio a non darlo a vedere.”
Lily si zittì, mordendosi le labbra.
“Ecco...”
“So perché sei agitata.”
“Davvero?”
“Per la questione dei Mangiamorte, no? Oggi hanno ucciso due babbani.” lui bevve un altro sorso, mentre la Grifoncina sentì come un palloncino sgonfiarsi dentro di lei. “Tutta la situazione che si sta generando piano piano...”
“Tu che ne pensi?” la ragazza si chinò verso di lui con fare cospiratorio.
“Non me ne frega niente.” si lasciò sfuggire istintivamente Michael, con un po' di rabbia, poi, guardando la sua espressione, parve riflettere macchinosamente su qualcosa. “Cioè, non mi importa se qualcuno è mezzosangue o meno.” Si corresse in fretta.
“Però non ti importa nemmeno di ciò che succede.” suggerì Lily, non mangiando la foglia.
Lui fece spallucce.
“Diciamo che al momento ho pensieri più prioritari. E' tanto orrendo? Non avere una posizione o altro...pensare a sé stessi, a come diventare semplicemente i migliori e vivere bene senza preoccuparsi del resto?”
Ed improvvisamente, forse complici le luci soffuse della stanza, o la Burrobirra che scendeva calda nella sua pancia, per un breve istante Lily non vide più il suo viso.
I lineamenti aguzzi di Michael si intercambiarono con quelli di Severus Piton.

Lily, non puoi avercela con alcuni maghi solo perché non vogliono più nascondersi a causa dei babbani.”
Non vogliono solo 'non nascondersi più', Sev! Vogliono dominarli!”
Ma che ti importa? Sono solo...sono babbani! E' una cosa che non c'entra con te, o con me, con noi! Perchè ne stiamo parlando?”
Beh, si dà il caso che IO sia una babbana! E che c'entri eccome!”
No, non lo sei!” si era affrettato a dire Piton, allarmato. “Tu sei magica!”
Lily aveva sentito gli occhi pungerle.
Sono una mezzosangue.” aveva ribadito con rabbia. “E trovo orribile il fatto che tu abbia dovuto sottolineare così in fretta che io abbia poteri magici. Come se essere babbano fosse un insulto, come se fosse qualcosa di meno!”
Lily...”
Mi vorresti ancora bene se io non avessi poteri, Severus? Perché è tutto qui. E' davvero tutto qui!”

Si riscosse da quel ricordo, battendo le ciglia. Cosa le aveva risposto, Piton? Non riusciva a ricordare. Come si poteva scordare qualcosa di così importante? Qualcuno, di così importante?
Michael la guardava serio. Si era fatto ancora più vicino.
Decise di non voler parlare di quello. Che era un campo minato e per quella sera, non voleva niente, non voleva sentire più niente.
Bevve ancora la Burrobirra.
“Sei bravo a ballare.” cambiò discorso.
“Nella mia famiglia c'era un ballo almeno una volta al mese. Sai come sono alcuni vecchi maghi...fedeli alle tradizioni e tutto il resto...”
“Già.” puntualizzò, con una punta di asprezza che non riuscì a trattenere. “Fedeli alle tradizioni.”
“Anche tu non ti muovi male!”
Alzò gli occhi al cielo. Sentiva la testa vagamente leggera. Forse doveva andarci piano con il bere.
Si accorse vagamente che alcune ciocche erano sfuggite al suo chignon ricadendole sulle guance arrossate in piccole onde.
“Sì, ho seguito un corso di danza classica quando ero bambina. In realtà era Petunia che voleva farlo, e mia madre aveva invece iscritto entrambe. Era ossessionata dal farci fare le stesse esperienze, da farci avere gli stessi regali e via dicendo...”
“Ok, allora devi decisamente insegnarmi qualche passo uno di questi giorni! Io mi sono arrugginito...e un Serpeverde che non sa danzare i balli di gala diventa automaticamente un reietto!” Michael si chinò su di lei, strizzandole l'occhio. Le venne da sorridere ma...poi sentì un tocco.
Chinandosi, Aliaset le aveva innocentemente appoggiato il palmo della mano sulla coscia.
“Una volta pestai i piedi a una vecchia zia, e quella urlò come...”
Solo che...non la toglieva. Rimaneva lì, immobile, apparentemente casuale. Non sembrava averlo fatto apposta, non sembrava nemmeno essersene accorto.
“E comunque mia zia Betty non era una compagna così carina.” aggiunse Michael, ridacchiando. “Lo sai, Evans? Sei davvero bellissima stasera.”
Arrossì.
“Io... sono...?”
“Bellissima.” ripeté lui, serio. “Come la dama del libro sul Cuore peloso. Quella per cui il protagonista si uccide.”
Ecco.
Ora sì che era veramente a disagio...e da qualche parte dentro di lei, le venne la voglia di andare via.
“Grazie. Che... gentile…” mormorò, abbassando lo sguardo e cercando d’essere indifferente a quel contatto piuttosto preciso, piuttosto presente fra loro.
Forse si stava facendo troppi problemi. Ed era anche un po' brilla, e paranoica, e Michael era stato carino tutta la sera ed il motivo per cui aveva appoggiato lì la mano era semplicemente perché si era chinato su di lei, per dire qualcosa di divertente. Per farla ridere. E poi per farle un complimento, per farla stare bene.
Eppure sembrava bruciare. Nonostante non fosse sulla pelle nuda ma sul vestito, nonostante fosse stato per un movimento involontario. Quella mano le dava fastidio.
“Liu Chang è proprio un’oca. Non capisco come Potter possa essere innamorato di lei!”
Quella frase, buttata lì come una bomba in mezzo ad una cristalleria, la riportò a galla con un risucchio.
Sentì le viscere contorcersi, orribilmente.
“Non credo sia innamorato di lei…” disse senza pensarci, sollevando lo sguardo sul suo viso.
“Ah sì? E tu come lo sai?” sorrise Michael, divertito.
“Ah…hem…è una…sensazione…”
“Non sei molto perspicace, allora. Li ho visti che si baciavano, finite le danze.”
Ora il risucchio era completo. L'aveva presa e riportata alla realtà, dove qualcosa che assomigliava tanto ad una secchiata di acqua fredda le aveva fatto sgranare gli occhi.
“Come?” balbettò, stordita.
Liu e James.
Insieme.
Che si baciavano…
“Beh, sembrano fatti della stessa pasta.” mugugnò quello, con una smorfia, prima di guardarla e accorgersi del biancore che le sue guance avevano improvvisamente assunto. La scrutò con attenzione, trafiggendola con quei suoi occhi freddi e chiari. “Ti dispiace?”
“Perché dovrebbe?” sbottò Lily, ma si accorse con orrore che la sua voce era apparsa troppo secca e che aveva risposto in modo troppo veloce.
“Giusto.” considerò lui, a voce bassa. “Perché dovrebbe?”





“Darei qualsiasi cosa per sentire quello che dicono!” sbottò James senza riuscire a trattenersi, scrutando torvo Lily e Michael, che si erano seduti distanti da loro in un tavolino rotondo dall’aria romantica.
Black, impegnato nel contrabbando di fuochi di artificio per quella sera, sollevò la testa.
Seguendo lo sguardo cupo di Potter, gelido come la Siberia, adocchiò i due colpevoli e scosse il capo.
“Ok, so che quello che sto per dire è sconvolgente, soprattutto detto da me, ma si dà il caso che la Evans non... sia completamente troglodita.” disse, sbuffando. “Remus ha fatto in modo di proteggerla e lei ci metterà poco a capire di che pasta sia fatto quel tipo. Non può fingere per molto. Per cui, che ne diresti di andarci più piano con il bere – dio, questo sì che è assurdo detto da me – e provare a rilassarti?”
Ma James non ascoltava.
La sua attenzione si era focalizzata sulla mano di lui.
Posata sulla coscia…di Lily.
La stava toccando…
Il bicchiere che aveva in mano esplose in mille pezzi. Il rumore superò la musica assordante che ora rimbalzava per la sala, il rumore dei baci e dei corpi avvinghiati che pestavano i piedi a ritmo violento.
Black bestemmiò, Paciock si alzò di botto investito improvvisamente da FiammaVodka di scadente qualità e Molly cacciò un urletto.
Tutti puntarono istintivamente gli occhi sul tavolino, che aveva preso a tremare. O era il pavimento a farlo?
Mentre in quel piccolo angolo alcolizzato si scatenava un tram tram per salvare bicchieri e bottiglie, Sirius rimase immobile. Guardò di nuovo il suo compagno, sentendosi inondare da un'onda violenta e asfissiante.
Gli occhi di James avevano preso a brillare. Ed il tremore aumentava.
Si fece serio, alzandosi in piedi.
La rabbia pura di un mago era qualcosa di pericoloso, specie se quel mago era il suo migliore amico.
Stava perdendo il controllo.
Ma proprio quando Felpato fece per dargli un pugno in testa – l'unico modo che conosceva per calmare qualcuno -, Liu salvò la situazione tornando al tavolo ancheggiando e bloccandogli la linea visiva.
Sbatté altre bottiglie sul tavolo.
“Cosa ti importa della Evans?” sbottò, non riuscendo ad impedirsi di apparire risentita. Prima che lui potesse rispondere, si chinò verso il suo viso. “Senti, mi accompagni al bagno? Non so dov’è.”
Ci fu qualcosa nel suo tono di voce, qualcosa di non ben decifrato nel suo sguardo, che probabilmente solo Cristhine fu in grado di interpretare.
“Ti accompagno io, se vuoi!” Si offrì velocemente, un po' allarmata.
“Oh, non ce ne bisogno.” lei sorrise al veleno, guardandola con un minaccioso lampo negli occhi. “Andiamo, Jam?”
Notando lo sguardo fisso di quello, lo prese per la manica.
“Dai, muoviamoci.” sorrise, mentre lui la fissava come se si fosse accorto solo in quel momento di ciò che aveva detto.
Il ragazzo sospirò, alzò gli occhi al cielo esasperato e la seguì senza fare storie.
Cristhine li guardò allontanarsi come se avesse improvvisamente ingoiato un limone.
“Potrei quasi essere geloso.” commentò Sirius, sfiorandole un fianco.
“Stupido.” mormorò lei, con un mezzo sorriso.
“E' ubriaco. Non idiota.” fece lui, captando i suoi sospetti. “O meglio, sì, a volte è un totale coglione, ma devi lasciare che faccia i suoi sbagli.”
Una voce salì sopra la musica, amplificata con la magia.
“Gente di Hogwarts, a breve ci sarà il countdown e verranno scoppiati i fuochi di artificio! Fatevi trovare in giardino per lo spettacolo! E non scordatevi che subito dopo aprirà finalmente lo Stand dei Baci!” squillò Mandy Harpies con tracotante orgoglio ad un microfono incantato che la seguiva svolazzando.
Capodanno stava proseguendo. Il mondo continuava a girare.
Tutto avrebbe continuato. In un modo o nell'altro.




Il fatto che Liu Chang sapesse esattamente dove fosse il bagno avrebbe dovuto fargli scattare un campanello d'allarme. Ma si sa, a volte i ragazzi non sono in grado di cogliere certi sottili segnali. Soprattutto se hanno il cuore a pezzi e il cervello k.o. per il bere e la collera.
James Potter sfregò rabbiosamente le nocche sotto il naso, ignorando il fatto che la sua accompagnatrice si fosse fatta stranamente silenziosa e che la toilette – di solito strapiena di gente, ragazze che dovevano aggiustarsi il mascara, ragazzi che saltellavano su loro stessi per aver bevuto troppa birra e via dicendo – fosse insolitamente vuota.
Nella sua testa rimbombava come un uragano quella dannata immagine, quella dannata mano sulla gamba di Lily Evans, su come lei lo stesse lasciando fare, su come i loro visi fossero vicini mentre parlavano di qualcosa.
Indelebile, urticante come una cicatrice.
Passò sotto l'insegna “W.C.” camminando come immerso in un sogno.
I bagni erano posizionati in fondo ad un piccolo corridoio illuminato da una luce verdastra, diviso da un separé in legno scuro e isolato dalla musica.
“Visto? L’hai trovato anche da sola.” mugugnò infine, trascinato senza pudore in quello delle ragazze. “E ti ricordo che non dovrei essere qui!”
“Non entrerà nessuno.” Disse Liu, con certezza matematica, mentre si ripassava il rossetto rosso fuoco sulle labbra davanti ad uno specchio in marmo. Aveva sciolto la crocchia, ed i capelli ricadevano sulla sua schiena, sfiorando l'epidermide chiara in tante onde color petrolio.
James si appoggiò al lavello, piazzando senza tanti indugi la testa sotto l'acqua. Il fresco che gli accarezzò il collo, grondando tra i suoi capelli, parve riportarlo alla lucidità.
In quel posto iniziava a fare caldo.
Le persone che ballavano accalcate. L'alcool. La rabbia.
Bagnarsi il viso e la testa fu un toccasana...e finalmente il campanello iniziò a suonare.
“Liu, perché non c'è nessuno?” chiese, scoccandole un'occhiata allarmata. Lei aveva finito di sistemarsi ma non rispose.
Al contrario si avvicinò come una serpe ed un sorriso iniziava a sbocciarle sulle labbra.
“Perché non volevo che entrasse nessuno.” ammise, ammiccando. “E sapevo benissimo dove fosse il bagno!”
“E allora perché…?” James si guardò intorno e deglutì.
“Non lo immagini?” sussurrò quella, sempre più vicina. Sollevò la mano gli sfiorò il colletto della camicia.
Perché ho la sensazione di essermi cacciato in un guaio?” pensò James, disperato.





Michael la guardò, serissimo.
“Che c’è?” chiese Lily, inarcando un sopracciglio. “Ho qualcosa tra i denti?”
“Seguimi.” esclamò lui, alzandosi di colpo.
“Ma...non ho finito la Burrobirra!”
Il ragazzo sembrava aver fretta. Le prese un braccio delicatamente ma con fermezza.
“Portala dietro allora!” Sorrise.
La ragazza, benché sorpresa, si affrettò a seguirlo, non che le stesse dando molta scelta.
“Michael...aspetta!”
E ora che gli prendeva?
Percorsero tutta la sala, si infilarono tra corpi sudaticci, passarono sotto le casse incantate che pompavano in maniera assordante, qualcuno le rubò di mano il bicchiere ma non ebbe il tempo di fermarsi a riprenderselo. Tutto vorticava in strane luci psichedeliche.
Oltrepassarono il mercato e uscirono dal portone dorato, invadendo un corridoio silenzioso quasi correndo.
“Ma dove stiamo andando?”
“In un posto tranquillo! Lì dentro c’era troppa confusione!” esclamò il Serpeverde, svoltando l’angolo.
I loro passi riecheggiavano ora, la musica si faceva sempre più flebile. Le candele inestinguibili facevano a gara con la luce della luna, quasi piena, che gelidamente colava sul pavimento in ampi quadrati di luce.
Aliaset camminava sempre più veloce, apparendo e scomparendo dalle ombre. Quando il silenzio fu assordante, la distanziò e lei si ritrovò sola.
“Michael!” chiamò, allungando il passo. Accidenti ai tacchi, iniziavano a farle male i piedi! E quel vestito così lungo le ondeggiava fra le gambe, rischiava di farla inciampare! “Michael...”
Piano piano, rallentò l'andatura, sentendosi come...incerta. Il corridoio aveva ampi spazi d'ombra nera, ed in qualche modo, per la prima volta, rimanere sola ad Hogwarts le metteva addosso una sorta di timore.
Si strofinò le braccia, sentendo freddo. Ora che il calore della stanza di Capodanno era svanito, si rese conto che quella stoffa era terribilmente leggera, impalpabile.
Gli spifferi freddi di dicembre le ghermivano la pelle.
“Michael...” Mormorò di nuovo, non ottenendo risposta. In giro non c'era davvero nessuno, nemmeno Gazza e quel suo gattaccio odioso.
Forse la notizia sulla Gazzetta del Profeta l'aveva sconvolta più di quanto non desse a vedere...perché da quando, da quando lei, la Prefetto di Grifondoro, si sentiva a disagio a stare da sola nei corridoi della sua scuola? Era una barzelletta davvero di pessimo gusto, dato che stare sola nei corridoi la notte era praticamente il 70% del suo lavoro!
Continuò a camminare, sentendo un brivido scivolarle sulla pelle, cadere viscido lungo la linea vertebrale.
“Mich...”
Delle braccia uscirono da un corridoio alla sua destra, afferrandola.
Lily urlò.
Aliaset rise, stringendole le braccia e facendole fare una piccola giravolta mentre il suo cuore esplodeva nel petto.
“Michael!” strillò, suonando un tantino più acuta del normale. “Accidenti a te, Aliaset, mi hai fatto...”

Accidenti a te, Evans, mi hai fatto...”


“...paura...”


“...Male...”


“Scusa, scusa.” lui sorrise, divertito. “Scherzetto! Non sono riuscito a resistere!”
Fece una faccia simpatica, e lei sorrise di rimando, rilassandosi. Le sue mani continuavano a stringerla tra le braccia, il suo corpo la scaldava.
“Per essere una Grifondoro te la fai sotto facilmente, eh?”
“Te la farò pagare, sappilo!” rise, facendo per sciogliere quella presa che assomigliava tanto ad un abbraccio.
Lui non la lasciò.
Il sorriso di Lily subì una leggera variazione, più incerta.
“Michael...” disse, con la voce ancora impastata della risata precedente.
Lui non sorrideva più. Si era fatto serio.
E qualcosa nella sua espressione sferzò ancora di più il sorriso di lei, che ora era come congelato sulla sua faccia.
“Come la dama del libro sul cuore peloso.” mormorò lui.
“Sarà meglio... tornare. Un tizio mi ha rubato la Burrobirra e...”
La sospinse delicatamente contro il muro. Sentì la pietra ghiacciarle la schiena nuda.
Senza sapere perché, iniziò a parlare a raffica ridendo nervosamente.
“Voglio dire, chi diavolo si mette a rubare una Burrobirra a Capodanno, eh?”
La sovrastava. Le sue mani scesero sulle sue braccia, accarezzandole. Non gli importava niente di quel dannato bicchiere. E si stava facendo sempre più vicino.
Oh no, oh no, oh no!”
“Ah!”
Parve diventare di gomma. Sgusciò via da sotto il braccio di lui, letteralmente scattando come se qualcosa l'avesse punta a morte.
“Cosa…?” chiese lui, guardandola.
“Michael...torniamo!” glielo disse quasi supplicante.
Cosa diavolo gli prendeva? Non l'aveva invitato per...! Loro erano...!
Oh, maledizione a Potter!
Maledizione su Potter!
Improvvisamente si sentì furibonda.
L’aveva messa lui in quel casino!
Stupido imbecille che non era altro!
Stupido idiota!






“EEETCIU!”
“James, hai il raffreddore?” chiese Chang, guardandolo preoccupata.
“Sniff…no…tranquilla…ho starnutito all’improvviso, senza ragione...strano...” borbottò lui.
“Meno male.” lei rise piano. “Non vorrei che me lo attaccassi!”
“In che senso?”
Gli occhi nerissimi di Liu brillarono maliziosi.
“Di nuovo, non lo immagini?”
Ma perché non tengo mai la boccaccia chiusa?!” pensò Ramoso, desiderando prendersi a pugni da solo.
La ragazza si avvicinò di un passo, inclinando la testa e sorridendo.
“Guarda…vischio.” mormorò, osservando la piantina sopra di loro.
Ma porca putt…!!!”
Prima non c'era! Prima quella cazzo di pianta maledetta non c'era! Perché accidenti doveva comparire sempre nei momenti meno opportuni?! Che cosa ci stava a fare un vischio nel bagno delle ragazze?!
Perso in bestemmie mentali che avrebbero fatto impallidire il suo prete babbano, James arretrò istintivamente di un passo e iniziò a sudare freddo.
Decisamente impacciato e ben poco virile.
Probabilmente un'intera stirpe di Potter si stava rivoltando nella tomba in quel momento, ma Liu Chang e quegli occhi torbidi avevano la capacità di farlo sentire in preda al panico!
“James...sono felice che tu sia qui.” sussurrò lei, ormai così vicina da sentire il suo respiro sulla punta della lingua. La mano tornò ad accarezzargli il colletto.
La sentì tirare leggermente, in modo da fargli abbassare il viso, e poi tendersi, sollevarsi delicatamente sulla punta delle scarpe. Il suo bacino si strofinò contro di lui, delicatamente, morbidamente. Il suo respiro che accelerava sulla sua bocca.
Era tutto lì. Una bella ragazza, il suo sapore, il corpo tiepido, un posto appartato dove lasciarsi avvolgere. Un Capodanno come tanti altri.
La vide socchiudere gli occhi.
“Liu…”
“Shhht…”
Quando Liu lo baciò, James Potter continuò a non provare niente. Quel vago ronzio nelle orecchie che lo lasciava come estraniato dal mondo, quella sensazione di peso sui polmoni, la vista appannata dall'alcool, la rabbia...niente andò via.
Lei dita di lei si artigliarono con più forza alle sue spalle e la sentì inarcarsi appena, dondolando sui talloni.
L'odore del suo rossetto e del suo profumo, Ira di Chaboussy, furono solo un contorno nell'assoluto vuoto che lo schiacciava da tempo. Le sentiva il cuore battere attraverso la camicetta.
Ma il suo rimase lento. Freddo. Inanimato.
Ma quando aveva baciato Lily, lui era arso. Qualcosa lo aveva ghermito, sconquassato nel profondo, l'aveva bruciato. Aveva travolto anche gli altri senza che lui potesse farci niente.
“James...” sussurrò la streghetta contro i suoi denti, cercando di insinuarsi nella sua bocca.
Mentre lei passava le dita fra i suoi capelli, lui le prese le spalle.
Liu gli mise la braccia intorno al collo, senza staccarsi.
Avvertiva le sue forme premere contro di lui e …maledizione, non provava niente.
Era Lily, era Lily il suo tormento. Come se l'avesse stregato, rapito.
Perché si sentiva di ghiaccio stando con altre ragazze che non erano lei? Perché l'amore era così spaventoso, totalitario, incarcerante?
Poi, la visione della mano di Michael sulla sua coscia gli apparve nella mente con la forza di una bomba, lasciandolo senza fiato dalla rabbia.
Perché diavolo lei non aveva detto niente?
Perché non aveva spostato quella maledetta mano?
La sua presa sulle spalle di Liu Chang si fece ferrea.
“No.”
Se la staccò di dosso con un movimento brusco, facendola sussultare.
“Che c’è?”
“C’è che non voglio.” Non voleva scaricare la sua rabbia addosso alla Chang, non era giusto. Ma la sua voce sembrò un ringhio.
“Mi hai invitato tu.” affermò, dura.
“Non si viene solo per fare quello alle feste, sai?”
“Beh, dalle mie parti l'invito di un uomo al ballo di Capodanno non è un semplice invito!”
“Beh, dalle mie sì! Scusami Liu, ma ti sei fatta una idea sbagliata su quel che voglio.” Fece per scostarla, desiderando quasi fisicamente di allontanarsi.
La ragazza non si lasciò scalfire dalla sua voce fredda e lo prese per l'avambraccio.
“James.” disse, ferma, come se stesse spiegando qualcosa di assolutamente razionale. “Sono qui. Sono qui per te. Sono...io sono semplice.”
“Liu...” lui sospirò, cercando di far scendere l'adrenalina di dosso.
“E' così!” il suo tono divenne rabbioso, disperato. “Io farei qualunque cosa per te. Io! Non...non lei! Io ti conosco meglio di... io so cose di te che gli altri...”
Gli occhi di James scattarono. L'impulso di allontanarla divenne più forte quando percepì che, forse, avrebbe di nuovo...parlato di quello.
Affrontato quel discorso.
“Sta zitta.” sibilò, con voce improvvisamente gelida e...mortale. Lei gli lasciò il braccio.
Fu la rabbia a spingerla a proseguire.
“Puoi avere me! Puoi scegliere me! Sono qui, sono davanti a te, maledizione! Lei è...una strada così complicata! Così faticosa, così angosciante! Perché continui ad andare dietro a lei che...qualunque cosa provi per te, ormai è perduta! E' sua! Devi...!”
Si bloccò di scatto, vedendolo accendersi.
“Che intendi dire?” scattò James.
“Non...”
“Liu, che intendevi dire?”
Non ci fu bisogno che spiegasse nulla. Da qualche parte dentro la sua testa, l'allarme si fece assordante.
Si portò una mano alla tempia, con una smorfia. Era diverso, quell'allarme mentale. Non erano i suoi. Non era il branco.
No. Era...
“Lily...” mormorò, prima di guardare la ragazza e fare un passo avanti con violenza, quasi urlando. “Dov'è?!”
Lei indietreggiò, ma nei suoi occhi lampeggiò un barlume di sfida.
“Non lo so. Ma è comunque tardi!” disse perfidamente.
Si avvicinò ancor di più e lei impallidì appena. Ma lui non la colpì, come aveva quasi temuto che facesse.
“Invitandoti ho fatto l’errore più grande della mia vita. Va al diavolo.” sibilò disgustato, voltandole le spalle.
“Fermo! Dove credi di andare?!”
James si scaraventò all'uscita, quasi travolgendo una del secondo che aveva scordato che l'area era off Limits.
“Vado a cercarla!”
“E' pericoloso! Tu...non puoi più proteggerla!”
Lui si voltò appena, affondando il palmo contro lo stipite.
“Io sono letteralmente l'unico che può farlo!” Ringhiò, e uscì sbattendo la porta.




La musica cessò appena, per poi placarsi del tutto tra le lamentele di chi si stava scatenando. Il vortice di colori parve rallentare, l'afa diminuire.
Mandy Harpies, un po' ubriaca e decisamente delusa da qualcosa, barcollò fino al microfono schivando le bolle che un altrettanto ubriaco Weasley le soffiava addosso dal Narghilé. Non furono in molti quelli che le prestarono attenzione fino a ché la sua odiosa vocetta acuta non spaccò loro i timpani.
“Tutti fuori nel roseto per i fuochi!” ordinò, perentoria. “Mancano pochi minuti al nuovo anno!”
“Che bello iniziarlo con lei che rompe le palle.” ironizzò Black, che era riuscito a strappare qualche ballo a Cristhine e anche a farla bere, certamente a piccole dosi visto gli effetti della volta precedente. La fissò di sottecchi mentre le sfiorava la mano e l'accompagnava all'esterno. Era un po' scompigliata, le guance rosse, gli occhi grandi e brillanti, pieni di emozione. Carina da mangiarsela.
“Non ho mai visto un fuoco d'artificio...” confessò sottovoce, e poteva sentire il suo cuore battere veloce come quello di un uccellino.
Sirius sorrise.
Il cielo brillava di stelle, quella notte.
Ed il suo cuore minacciava di esplodere...



“Non capisco, Lily. Io pensavo…”
“Michael...” la ragazza lo guardava tristemente e un po' nel panico, il colore le correva sul viso come se qualcuno ci avesse passato un pennello intinto nelle fragole.
Michael sospirò, cercando di capire. Nelle sue mani, stringeva il burrocacao stregato. Era più difficile del previsto...
“Lily... so quel che provi.”
“D-davvero?”
“Insomma, sei stata aggredita, più e più volte. Non ti fidi dei Serpeverde, non ti fidi di nessuno. Lo capisco.”
“Ma io mi fido di te!” esclamò subito la Grifoncina, scattando in avanti senza pensarci. “Ma...”
“Se ne vuoi parlare...”
“Parlare. Sì, ecco! Voglio parlare!
Lui scosse il viso come se non stesse sentendo nulla di quello che stava dicendo. La fissò intensamente, scostandosi i morbidi capelli castani dalla fronte.
“Se per te non è un problema, comincio io. Mi piaci. E so per certo di piacerti, so che assieme ci divertiamo, so che stiamo bene.”
“Certo che mi piaci.” mormorò lei.
Ma non in quel senso.
Se ne rese conto istantaneamente, con brutale amarezza. No, in quel senso...in quel senso, lei sentiva di essere altrove. Il suo cuore andava in un altro luogo, si legava a qualcos'altro...qualcosa che la terrorizzava a morte, qualcosa che – se solo avesse dato alito a quei pensieri in modo coerente dentro la sua testa - avrebbe smentito tutte le sue certezze incrollabili. Ma...ciò nonostante, poteva solo seguirlo. Poteva solo...farsi trascinare, arrendersi a quella corrente,a quel dannato vento che la spingeva inesorabile in una direzione ben precisa.
E per un istante, la consapevolezza che niente e soprattutto nessuno si sarebbe mai potuto frapporre fra lei e quella violenta folata la lasciò senza fiato.
“Quindi l'unica cosa che posso pensare è che devi solo lasciarti andare.”
“Ok, ascoltami...puoi solo...ascoltarmi?”
“Puoi confidarmi quello che vuoi. So che ci sono ostilità fra le case…”
“Michael...ti stai di nuovo avvicinando…”
“…e voglio solo che queste ostilità cessino…”
Di nuovo la parete contro la schiena nuda. Di nuovo quel brivido...di nuovo il suo respiro contro il volto. Sollevò il viso, sentendosi strana. Come una sorta di debolezza. Il suo burrocacao aveva un odore così bizzarro...e quel vento. Quel dannato vento. Era così feroce, le faceva sempre così male. Combatterlo le veniva naturale, come un istinto di autoconservazione. Era anche così stanca. Così stanca di soffrire...
Lasciarsi andare...lasciarsi andare...
“Michael…senti… non…”
“Tu sei speciale Lily Evans.” sussurrò Michael Aliaset, chiudendo gli occhi. “…e io ti voglio.”
Poi, fece per sfiorale le labbra con le proprie.





Cristhine McRanney non avrebbe mai potuto sognare qualcosa di meglio.
Il roseto di Hogwarts non poteva certo equipararsi a quello di casa sua, eppure nell'aria c'era una magia che lo rendeva meraviglioso.
Quel senso di attesa, tutti quei nasi all'insù, verso la luna, tutte quelle emozioni che minacciavano di farla morire mentre si lasciava trascinare da Sirius oltre la calca, in prima linea sui bastioni di marmo per ammirare meglio.
Aveva così tanto ballato che le gambe le tremavano instabili, rischiò di inciampare ma le sue mani forti la sorressero, premendo dolcemente nella carne. Sirius riusciva a trasmetterle anche solo tramite le sue dita il desiderio che aveva di lei, sempre più incontenibile, eppure non le faceva mai male. La toccava piano, accorto.
“Hop!”
La prese per la vita, sollevandola come una piuma leggera in modo che potesse vedere oltre tutto quel mare di teste. Cristhine rise.
Dieci, nove, otto...”
“Che cos'è?” chiese emozionata quando tutti si misero a contare in coro.
“Eh? Davvero non lo sai?” Sirius rise a sua volta, scoprendo denti bianchissimi. Non le spiegò nulla.
Si appoggiò dietro di lei, cingendola con le braccia, la bocca vicina al suo orecchio.
“Osserva allora.” sussurrò. “Questo Capodanno è solo tuo.”
Sette, sei, cinque, quattro...”
“Mandy, passami il tuo microfono.”
Cristhine si voltò di nuovo, sentendosi il cuore in gola quando Black afferrò distrattamente l'oggetto infernale che amplificava la voce di quella gallina.
Sbiancò appena, mentre lui assumeva un'aria pestifera. Voleva...dire quello? Davanti a tutti davvero?
“Te l'ho detto, che ti avrei fatto una piazzata.” le confermò i suoi sospetti con un ghigno.
“H-hey, aspetta!” balbettò, sentendo un rombo tartassarle il petto e il colore defluirle dal viso.
Si sentiva felice...come in procinto di qualcosa di meraviglioso, certo. Eppure chissà come quella cosa le metteva ansia.
Improvvisamente i rumori si fecero quasi appannati ed il respiro diventò pesante come piombo.
L'idea che lui le dicesse quelle due parole...in mezzo a tutta quella gente. Qualcosa che era solo loro, gettato in pasto alle occhiate, ai bisbigli. Come uno strano spettacolo.
Non così.” si ritrovò a pensare senza volerlo. “Per favore.”
Tre, due, uno...”
Qualcosa le sfiorò la guancia, interrompendo ogni cosa.
Bianco. Morbido. Leggero ed impalpabile...
Batté le palpebre, voltandosi con un lampo di confusione negli occhi. Afferrò la cosa caduta dal cielo prima che toccasse terra, stringendola tra le mani.
Quando il conto alla rovescia finì, il boato le entrò dentro. Come una scarica elettrica, potente, primordiale.
Arrivò alle sue spalle, illuminando ogni cosa...ogni volto pallido, ogni sguardo perplesso, ogni mano portata alla bocca.
Vide il bagliore riverberare negli occhi neri di Sirius, ora con il microfono contro il fianco. Lo vide estendere la sua ombra fino a lui, tremante anch'essa mentre sentiva una luce bianca avvolgerle le spalle come uno scialle prezioso.
Quel suono.
Così forte.
Come se fosse esploso il mondo intero.
E...ciò che aveva tra le mani.
Stese piano le dita, sentendo...solo il suono del proprio respiro. Oltre lo scoppio, oltre le esclamazioni di sorpresa degli altri, oltre ogni cosa.
Nelle sue mani c'era una piuma.
E ovunque...ovunque aveva iniziato a nevicare. Solo che...non era neve.
“E' normale che...?” mormorò, mentre attorno a loro altre piume – erano tantissime! - si posavano dolcemente a terra.
Sirius Black, con il cuore che scoppiava, lasciò cadere il microfono.
Le prese le spalle, la fece voltare.
Non c'erano scintillii di fuoco, non c'erano immensi fiori colorati come le era stato detto, né draghi che si intrecciavano tra le nuvole, né castelli volanti dai picchi argentati.
C'era solo...una pioggia di piume.
E una scritta, sottile, bianca e splendente. Anonima, scivolava come una saetta nel cielo nero come la pece.
Ed il cuore di Cristhine si sgonfiò, e rigonfiò, e divenne così colma e piena da sentirsi traboccare.
“Credevo mi avresti davvero fatto una dichiarazione al microfono.” sussurrò, sorridendo e appoggiando le labbra contro i polsi di Sirius, che continuava a circondarle le spalle, a respirarle sul collo.
Così...soli. Circondati da persone...ma in qualche modo, altrove rispetto agli altri.
“Scherzetto.” Sirius rise piano contro il suo lobo. “Te l'avevo detto. Questo Capodanno sarebbe stato solo tuo.”
Lei strinse la sua pelle, chiudendo gli occhi. Le piume continuavano ad accarezzarli. Da qualche parte, gli organizzatori urlavano, senza capire chi avesse manomesso i fuochi.
Ma nessun suono sembrava raggiungerli più.
“Da qui, non si torna indietro.” sussurrò Cristhine, mentre lui la stringeva più forte, quasi spaventato dall'immensità di quel momento. Non era un istante come gli altri. Non era un amore come gli altri. Lo sapevano. Lo accettavano. Nonostante tutto...
“No. Non si torna indietro.”
Tra le stelle, la scritta continuava a risplendere come avorio.



Ti amo.




Nessuno capì mai a chi era rivolta quella dichiarazione d'amore...e come diamine qualcuno fosse riuscito ad eludere la sorveglianza sui fuochi d'artificio, controllati nientemeno che da un troll in persona. Eppure, non ci fu una sola persona che non sorrise...e ben presto, smisero di parlarne. Qualcuno si amava e andava bene così, per una volta. Piano piano, tutti tornarono dentro...tranne due.
Cristhine McRanney e Sirius Black restarono ancora un po'.






Capodanno stava proseguendo. Il mondo continuava a girare.
Tutto avrebbe continuato. In un modo o nell'altro.







Il rombo del fuoco d'artificio fece tremare leggermente i vetri delle finestre. Non riuscivano a vederlo da lì, ma la sua lama di luce illuminò di bianco ogni anfratto del corridoio per qualche istante.
Il bagliore corse sulle candele, sui quadri addormentati o intenti a brindare tra di loro...e sulle braccia tese e rigide di una Grifondoro, che mettevano una distanza ben precisa tra lei e un ragazzo.
Le mani piazzate sulle sue spalle, il capo chino tanto che alcune ciocche dei lunghi capelli rossi, sfuggite allo chignon, le oscuravano il viso, rendendo impossibile decifrarlo.
“Scusami.” sussurrò Lily Evans fissando il pavimento, a un Michael Aliaset gelato sul posto. “Ma non posso.”
Si raddrizzò, pentendosi un po' di averlo allontanato con un movimento così brusco.
Ma nei suoi occhi c'era una determinazione che, si rese conto Aliaset, non era possibile scalfire in alcun modo.
“Non potrò mai provare quello che provi tu. Mi...mi dispiace.”
Gli voltò le spalle, mentre lui continuava a rimanere in silenzio. La sua voce era incrinata, triste, ma quello sguardo non lasciava dubbi.
Non avrebbe ceduto. Mai.
Non con le buone.
Michael Aliaset sospirò, sentendosi come un peso contro i polmoni. In qualche modo, si accorse che...che avrebbe voluto portare a termine il proprio compito... almeno in modo gentile.
Non che avesse remore, pensò, schioccando pigramente le dita. Chiunque avesse provato la miseria, la fame, e tutto quello che aveva passato lui avrebbe potuto capirlo. Il destino della sua famiglia dipendeva da lui.
Rendi tua Lily Evans e riavrai i titoli nobiliari che hai perduto. Narcissa Black era stata chiara.
E lui non sarebbe mai più voluto tornare ai tempi bui. All'assenza di titoli, venduti per pochi pezzi di pane. All'umiliazione, al rammendare vestiti costosi cercando di non dare a vedere quanto fossero ormai vecchi e usati, alla disperazione di suo padre. Mai, per nessun motivo al mondo. Avrebbe anche ucciso, pur di riacquistare la sua identità.
Solo...
Lily Evans si bloccò di colpo, mentre davanti a lei si formava qualcosa di luminescente. Una sfera trasparente dalla strana consistenza - quasi gelatinosa eppure al contempo nervosa e saettante come se fatta di energia elettrica – le tagliò la strada.
Solo che avrebbe davvero voluto farlo in modo più gentile.
La ragazza strabuzzò gli occhi, mentre quella strana cupola magica li avvolse come una grande campana di vetro.
Si girò verso il Serpeverde con ancora la confusione sul bel viso, ma lui non lasciò che chiedesse nulla.
Scattando in avanti, le afferrò un polso e se la trascinò contro.
Presa di sorpresa, Lily sussultò, e sentì solo vagamente la mano del maghetto passarle dietro il collo e spingerle in avanti la sua testa, artigliandole la nuca e impedendole di girarla altrove.
Tutto quel passaggio rapido e assurdamente feroce passò in secondo piano, a rispetto del fatto che Michael, il Serpeverde amante dei libri, rispettoso ed educato, la stava baciando contro la sua volontà.
E la prima cosa che pensò, per quanto pazzesca fosse quella situazione, fu una sola.
Non sono come le labbra di James.
Quelle del Grifondoro erano calde, morbide… le sue invece erano fredde come il ghiaccio.
E soprattutto, Aliaset le stava facendo male. Una mano era passata dietro la sua schiena, ma la stringeva così forte che sentiva le vertebre scricchiolare...e il respiro mancarle.
Una volta superato lo shock iniziò ad opporre resistenza, cercando di fare leva con le braccia contro il suo petto ma lui la stringeva in una morsa a dir poco ferrea.
“Cosa accidenti stai fac...!” sbottò stizzita, quando riuscì a scostare appena il viso e a riprendere fiato. I suoi occhi vacui la inchiodarono, la mano continuò a premere contro le costole strappandole un gemito.
La rabbia fiammeggiante diventò sempre di più...paura.
Si ribellò selvaggiamente, tastandosi nelle pieghe del vestito per cercare la bacchetta, quando la sua stretta si allentò un po'.
Rossa, sconvolta e con gli occhi lucidi, riuscì a mettere un po' di distanza tra di loro con uno spintone.
“Ma che accidenti ti è preso?!” strillò, ma il ragazzo era confuso.
“Perché non funziona?” mormorò, digrignando i denti per poi realizzare. “Hai un fottuto antidoto ai filtri d'amore addosso.”
Antidoto? Filtro d'amore? Ma di che parlava?!
E poi...
Lui si avvicinò ma lei non fece nulla per impedirlo. Questo parve farlo sorridere e il ghigno si ampliò quando la Grifoncina gli sollevò rapida la camicia, scoprendo l'addome.
Fino a quando non la vide risollevare il viso, furiosa.
“Dove sono i lividi?!” sibilò gelidamente, mentre quello inarcava un sopracciglio. “Ti ho preso a spintoni fino adesso...non hai emesso un suono!”
Il sorriso di lui si spense di nuovo, si fece piatto. E Lily sentì freddo.
“E immagino di non poterti raccontare puttanate. Tipo che Madama Chips ha una cura miracolosa o cose così...non a una così brava in pozioni.”
“Nessuna cura al mondo fa sparire i segni in così breve tempo.” confermò lei a voce bassa. “Può lenire il dolore...ma i segni ci mettono di più ad andare via.”
Calò il silenzio fra di loro.
“E brava Lily.”
Lui ghignò con cattiveria, inclinando la testa.
“Mi hai mentito...” realizzò lei, impallidendo.
“Ora resta solo da capire come mai il mio Filtro d'amore non funzioni.”
“Michael...mi hai mentito per tutto questo tempo...”
Le tremavano le gambe. Dalla rabbia, dall'incredulità.
Lui sfiorò la guancia, strizzandole l'occhio.
“Andiamo Evans, per ragazze come te un minimo di recitazione ci vuole.”
Lei digrignò i denti, spingendolo via con violenza. La rabbia divampò come un incendio.
“Brutto schifoso bugiardo! JAMES AVEVA RAGIONE!”
“Cos...? Oh, andiamo! Quel tizio è solo un idiota. Uno che non conquisterà mai niente! È con la forza che si ottiene ciò che si vuole…e James Potter non ha più il carattere di un tempo!” Michael scoppiò in una risata sprezzante. “E’ diventato un povero buon samaritano, un debole. La sua sfuriata nella nostra Sala Comune avrà anche convinto gli altri, ma non ha fregato me. Certo,è stata un'esibizione di potere niente male... ma lui è cambiato. Forse prima avrebbe potuto davvero dominare tutta la scuola e anche parecchio del mondo al di fuori...ma ora non più. Non ha più il carattere giusto per farcela. E il potere senza il carattere per usarlo al meglio non vale niente.”
Alluse alla sua barriera protettiva, creata senza nemmeno l'ausilio della bacchetta.
“Io invece il carattere ce l'ho. E ho l'assenza di emozioni necessaria a raggiungere uno scopo. E' la differenza tra chi ottiene e chi no.”
“E qual è il tuo obbiettivo?” esclamò Lily, furente. “Ci sono i Black, dietro tutto questo vero?! Cosa ti hanno promesso?!”
“Nulla che ti riguardi.” mugugnò noiosamente lui. “E comunque, è bene che tu sappia che sono un Custos. Le nostre barriere magiche non possono essere scalfite con la magia di una sola bacchetta, anzi, nemmeno con dieci. Potrei gonfiarne una dentro la tua gola prima ancora che tu possa alzare un braccio impedendoti di respirare, per cui risparmia le energie!”
Le si avvicinò, sorridendo di nuovo quando lei scattò indietro come una lepre. La vide guardarsi attorno freneticamente, cercare una via di fuga. Non c'erano. Era in trappola.
Si girò verso di lui, serrando le labbra.
“Cosa hai intenzione di fare?” disse freddamente. Lui fece spallucce.
“Mi basta che tu stia zitta e buona. Gli antidoti ai filtri d'amore non durano a lungo. Aspetterò!”
Ignorò le lacrime che le colavano sul viso. A breve il burrocacao avrebbe fatto effetto...e lei avrebbe comunque dimenticato.
Si sarebbe innamorata di lui, avrebbe lasciato perdere i Marauders...non capiva perché Narcissa ci tenesse tanto a separare Potter dalla Evans - di certo non era per gelosia o cose simili – ma a lui sarebbe bastato solo superare quell'anno.
Il filtro d'amore avrebbe reso Lily confusa, certo...ma d'altronde, non le avrebbe fatto male.
Qualche bacio in pubblico e passeggiata mano nella mano non l'avrebbero uccisa di certo.
E non sarebbe stato per sempre, questo era chiaro. Solo fino alla fine di Hogwarts...e poi lei sarebbe stata libera. Sarebbe stata vagamente stordita e con ricordi vaghi degli ultimi mesi di scuola ma ne sarebbe uscita più o meno senza traumi.
E lui avrebbe obbedito a suo padre, avrebbe ristabilito l'ordine nelle loro vite. Era un prezzo che era disposto a pagare.
Interruppe quelle macchinazioni quando la sentì ridere gelidamente.
“Dio, quanto sono stata stupida...tu sei esattamente come loro!” le lacrime ancora non si erano asciugate ma il disprezzo che ora le leggeva sulla faccia in qualche modo lo rese furente. “Il potere, dici? Questa l'ho già sentita! Ne sembrate sempre tutti così ossessionati, ma la verità è che non avete la minima idea di che cosa sia davvero!”
“Chiudi il becco, mezzosangue...”
“Se pensi di ottenere il potere, di arrivare ad essere il migliore per poter vivere libero, beh, ho cattive notizie per te! Sei sulla strada giusta per l'opposto! Tu, e Severus, Malfoy e tutti gli altri della vostra Casata...siete già servi, e non ve ne rendete nemmeno conto!” Lily cominciò a urlare, serrando i pugni. “Non riesci a capirlo?! Sei solo un numero in un mare di numeri, per loro! Non sarai mai davvero libero, mai! Su quel podio ci è già salito qualcun altro e dall'alto della sua cattiveria tira i fili fino ad arrivare a voi tutti! E almeno...oh, almeno gli altri hanno degli ideali, sbagliati certo, ma credono in qualcosa mentre tu non...tu non credi in niente! Non senti niente! Non SEI niente!”
“Stai zitta! Sei solo una Sanguesporco!”
“Tu non vali nemmeno la metà di uno come James Potter! Tu e tutta quella gentaglia di stupidi zombie lobotomizzati!”
Chiuse la bocca solo quando lui le si fece sotto. La prese per le spalle, sbattendola contro il muro con forza e facendola urlare.
“IO VALGO DIECI VOLTE POTTER!” urlò...ma fu tutto quello che riuscì a dire.
Qualcosa si schiantò improvvisamente contro la barriera...con un fragore assordante.
Si voltò di scatto, sentendo come uno strappo dentro di sé quando l'unica creatura al mondo in grado di superare una barriera di qualsiasi tipo saltò in avanti. Superandola. Distruggendola.


Perché se c'era qualcosa che nemmeno dieci bacchette riuscivano ad eguagliare nel mondo magico...era il potere di un Famiglio.


Un cervo...?” ebbe solo il tempo di pensare il Serpeverde, quando improvvisamente qualcuno gli puntò la bacchetta addosso.
“PIETRIFICUS TOTALUS!” Urlò Lily Evans, mentre Ramoso la raggiungeva come volando, oltre il fragore dei fuochi d'artificio, oltre ogni cosa al mondo.
Niente avrebbe potuto separarli.
Niente avrebbe potuto impedirgli di raggiungerla. Non in quella forma.
Michael Aliaset crollò rigido come uno stoccafisso e finalmente calò il silenzio, intervallato solo dal rumore degli zoccoli.
Lily ansimò, prima di sentirsi cadere.
Sotto le dita sentì il suo pelo bianco, il grande collo che si allungava prontamente per sorreggerla.
Lui. Lì, per lei. Di nuovo.
Le corna strusciarono appena contro la parete, raschiando mentre gli si aggrappava addosso, cercando di trovare la forza di rimettersi in piedi da sola.
Quei dannati tacchi le stavano ora spaccando le caviglie.
Contro il suo orecchio, il pulsare del suo cuore bestiale, il torace che si alzava e riabbassava piano, il calore del suo corpo imponente che riusciva a scaldare i suoi brividi.
Non si domandò nemmeno che cosa ci facesse all'interno della scuola.
Era lì.
Contava solo...quello. Contava solo quella sensazione. Di casa.
“Avrei dovuto capirlo…” mormorò, senza alzare il viso.
Per un istante sembrò piangere di nuovo ma poi riuscì a rimettersi in piedi. Ardeva di rabbia.
“Ma soprattutto...”
Si avvicinò a Michael Aliaset, che non poteva né emettere un suono né muovere un muscolo.
“SPERO CHE SENTIRAI QUESTO PER UN BEL PO' DI TEMPO, RAZZA DI STRONZO!”
E Lily Evans gli piantò un calcio in mezzo alle gambe tale che avrebbe potuto far svenire un troll.
Dietro di lei, il Famiglio emise un verso stranamente acuto, sbarrò gli occhi e si agitò come se in qualche modo potesse immedesimarcisi.
Poi raschiò il terreno con lo zoccolo e alzò il muso al soffitto emettendo strani singulti che parevano inquietamente simili ad una risata.
Fu quasi buffo, e a lei scappò un sorriso tremolante mentre gli dava una leggera carezza sul naso...ma poi la delusione cocente prese la meglio.
Si voltò di scatto. Scappò via.





Ignaro di quanto accadeva nel resto della scuola, della scritta misteriosa nel cielo e dei gioielli di famiglia doloranti di un certo Serpeverde, un marmocchio di dodici anni giocherellava pigramente contro il bancone della cassa dello Stand dei Baci.
Brufoloso e anonimo, il ragazzino si maledì per l'ennesima volta di avere accettato. Credeva che partecipare come cassiere sarebbe stato super figo, visto che avrebbe potuto restare alzato fino a tardi...peccato che non avesse preso in considerazione l'isteria psicolabile che gli ormoni provocavano nelle persone!
Non che a dodici anni non iniziasse già ad allungare gli occhi sulle ragazze – c'era una compagna del suo corso di Aritmanzia che era davvero davvero carina – solo che non capiva come mai quelli più grandi si riducessero in quel modo per un paio di curve!
Aveva già dovuto sopportare varie proteste per la lunga attesa che quelli arrivati mezzora prima stavano patendo, risse varie di tizi e tizie che si fregavano il posto a vicenda ma la peggiore era stata proprio Mandy Harpies che gli aveva distrutto i timpani venti minuti buoni non appena aveva visto Peter Minus sul palco.
Ma che ne poteva sapere lui?!
Si era pure perso il countdown, accidenti a loro!
E c'era anche da dire che fino a che non raggiungevano la quota stabilita – mille e cinquecento galeoni – lui non sarebbe potuto tornare in camera!
Non che la ragazza non fosse carina, però parecchie streghe avevano alzato i tacchi quando avevano visto la controparte maschile e ci sarebbe voluto un saaaaacco di tempo per poter chiudere quell'accidenti di stand!
Scoccò un'occhiata al mago in questione, desiderando solo di andarsene a letto.
Non era certo questo granché. Era grassottello, goffo e imbranato, continuava a salterellare sullo sgabello fingendosi divertito ma si vedeva benissimo che iniziasse a stare un po' in ansia.
E in effetti Peter si stava chiedendo se non fosse stata una cattiva idea. Aveva sentito bene tutti i dolorosi epiteti che Mandy aveva rivolto alla sua persona e se all'inizio si era divertito ora ci stava rimanendo anche un po' male.
Tornò con la mente alla sua conversazione con Lily, sospirando scoraggiato. Lei lo aveva beccato in uno di quelli che chiamava momenti no.
Era appeso per le mutande ad una torre e quando lei l'aveva visto l'aveva liberato subito pretendendo di sapere chi fosse stato ma tutto quello che aveva ottenuto era stato di scontrarsi contro un muro di apatia e occhi persi nel vuoto.
“Peter...” aveva mormorato, preoccupata. “Va tutto bene?”
“Uh, eh? Sì...”
Sperava solo che lo lasciasse in pace ma la Grifondoro si era seduta proprio accanto a lui.
Per un po' era rimasta in silenzio, guardandolo seria e mettendolo un po' a disagio.
Lily era incantevole, e James ne era innamorato perso. Il ché significava che tutti loro erano un po' innamorati persi di Lily, così come tutti lo erano di Cristhine.
Gli altri facevano fatica ad accettarlo, cercavano di ignorare, ma lui no. A lui piaceva sentire le sensazioni dei suoi compagni, percepirle così profondamente da sentirle proprie. Come se fossero una sola persona.
La loro forza, il loro amore, il loro coraggio. A volte si chiedeva come si sarebbe sentito se improvvisamente loro fossero scomparsi dalla sua testa.
Probabilmente sarebbe tornato ad essere il solito, noioso, impaurito Peter Minus.
E visto che, sempre tramite James, sentiva di conoscere Lily meglio di quanto lei non credesse, attese di sentirsi consolato.
Lily era così. Fuori di testa, certo, ma a volte anche dolce, comprensiva. Aveva l'innato bisogno di consolare, di tirare tutti fuori dai guai.
Essere compatito però era l'ultima cosa di cui aveva necessità in quel momento. Ma lei lo stupì.
“Sai, non ti ho mai detto quanto sei stato forte quando siamo stati attaccati da quel dannato vampiro!” commentò, allegramente. “Sul serio Peter, come ci sei riuscito? Quel labirinto di specchi stava facendo svalvolare tutti!”
“F-fortuna immagino...” bofonchiò lui, avvampando. Poi, non riuscì a impedirsi di aggiungere. “Niente a che vedere con quello che ha fatto Remus...o Sirius...o Jam...”
“Peter, smettila di sminuirti.” l'aveva interrotto Lily, bruscamente. “Sul serio, devi piantarla.”
“Ma...”
“Ma, niente! Sei anche tu un Marauder, mettitelo in testa!” lei era balzata in piedi con foga, poi sembrò ricordarsi di qualcosa. “Anzi, a proposito...mi hanno chiesto un Marauder per lo Stand dei baci. Ti va di partecipare?”
Lui l'aveva guardata stravolto, prima di scoppiare a ridere e scuotere la testa.
“Sì, come no, certo...”
“Dico sul serio!”
“Lily, andiamo.” sbottò Codaliscia, iniziando ad irritarsi un po'. “E' palese che le persone si aspettino tutti tranne me! Io...voglio dire, non sono mica... James...”
“Senti, Peter...”
“Voglio dire...” non riuscì a trattenersi lui, amaramente. “James è quello che vogliono sempre tutti. E' lui che gioca a Quidditch, è lui che è bravo con la bacchetta, è lui che è spiritoso, è lui che ha un coraggio da leoni. E' lui quello che salva, quello che tende sempre la mano. Lui, non io!”
Si era pentito quasi subito di quella sparata, uscita dalle sue labbra con un po' troppa enfasi. James era il suo migliore amico, e quel ghigno freddo, quelle parole... non so, in qualche modo si era sentito in colpa.
Ma Lily non l'aveva giudicato. Anzi.
Si era inginocchiata accanto a lui, sorridendo.
“Peter, sei un mago eccezionale.” aveva sentenziato, decisa. “E non lo dico per consolarti! Sei riuscito a trovare la via di fuga da un labirinto stregato e ad affrontare un Somnus, mi hai salvato la vita in più di un'occasione! Devi solo...essere più sicuro di te stesso. E toglierti dalla luce di James, brillare della tua! Nessuna ragazza potrà mai scorgerti se rimani in ombra, non ti pare?”
In qualche modo, quel sorriso gli era sembrato terribilmente sincero...gli aveva fatto sentire un dolce calore.
E aveva accettato di partecipare allo stand.
Il fatto che Lily fosse così convinta che avesse davvero potuto partecipare lo aveva fatto sentire più sicuro. Però ora sentiva solo voci maschili...non c'era neanche una ragazza.
Sospirò, cercando di non pensarci. Era solo un gioco, solo uno stupido scherzo.
Sapeva anche di avere qualche chilo di troppo e di non essere portato per lo sport né di essere troppo bravo a scuola. I due di picche li aveva sempre accettati ed era sempre stato il primo a farci ironia...era la sua arma di difesa.
Però Lily l'aveva quasi...convinto. Che da qualche parte, lì dentro, qualcuno avrebbe potuto davvero trovarlo interessante. Come Peter Minus, non come Codaliscia.
Ora l'euforia e l'illusione erano finite ma andava bene. Non era mica una ragazza piagnucolante perché non riceveva i cioccolatini a San Valentino!
Ci avrebbe fatto ancora ironia su, come sempre!
Non doveva rimanerci così male...




Remus Lupin finì di bere il suo quinto cocktail facendosi gran ghignate quando tra la folla lì attorno iniziò a vociferarsi di un certo Serpeverde che era stato ritrovato pietrificato e preso a calci nelle palle.
A quanto pare, l'antidoto che aveva messo nello Champagne di Lily aveva funzionato.
Il divertimento tuttavia durò poco quando tornò a guardare da lontano Ninfadora Tonks ed il suo abitino giallo che spiccava come un pugno in un occhio in fondo al mercato.
Un'ondata di fastidio lo percorse da cima a fondo e cercò un altro bicchiere, prima di lasciar perdere.
Tanto non si sarebbe mai ubriacato. Qualcuno avrebbe dovuto avvertirlo del fatto che tra le spiacevoli conseguenze dell'essere un dannato Lupo Mannaro ci fosse il fatto di non riuscire a farsi una sbronza come si doveva!
Non che avesse mai voluto ubriacarsi, di solito. Anzi, si divertiva a far cadere mezzi collassati tutti quelli che lo sfidavano, convinti che uno con quel bel faccino delicato non avrebbe retto nemmeno un biscottino al liquore.
Però...però quella faccenda gli stava davvero facendo venire voglia di bere!
“Prego, inizia lo Stand dei baci!” sbottò controvoglia il ragazzino di turno, parlando ad una conchiglia-megafono.
Perché gli dava così fastidio? Non era normale.
Rifletté su quello, mentre si avvicinava sospirando stizzito. Certo, lo avrebbe scocciato anche se ci fosse stata Lily, lì sopra. Era una cosa che andava davvero oltre i suoi principi.
Ma...non l'avrebbe irritato in quel modo.
E poi quella...quella sensazione di calore quando la guardava. Quel desiderio di toccarle i capelli.
Non era un Filtro d'amore, analizzò, Tonks non era certo il tipo e comunque, come i restanti Marauders, aveva iniziato ad assumere antidoti a quelle porcherie dall'età di dodici anni.
Ma non poteva essere davvero gelosia. No, andiamo, si conoscevano da così poco tem...
Si fermò di botto. Lui e Tonks non si conoscevano da poco tempo!
Era assurdo che ci stesse pensando solo ora! Lui e quella strana ragazzina...si conoscevano da parecchio. Anni, probabilmente!
E lui... non se lo ricordava.
Ma...
I suoi occhi si fecero freddi. Ma sentiva, dentro di sé, come l'odore dei ricordi, come un sentimento di tenerezza quando la guardava. Tutto il tempo che avevano passato insieme era come custodito dentro di lui, nascosto, ma presente, vivo e forte, lo sentiva anche se non riusciva a visualizzarlo con precisione.
Era strano essere amici di qualcuno ed esserselo dimenticato. E in qualche modo, oltre a tutte quelle sensazioni, a volte percepiva anche... ostilità.
Come se lei fosse un pericolo per lui.
Riflettendo macchinosamente, si ritrovò senza farci caso in prima fila. Il ragazzino alla cassa lo squadrò.
“Hey, che faccia.” commentò sarcastico, masticando un chewingum. “Più che baciarla, sembra che vuoi ucciderla!”
Lui non rispose. Ora la testa gli girava un po'. Non certo merito dell'alcool, però Paciock gli aveva fatto fumare poco prima un narghilè dal sapore un po' troppo strano.
Forse il miscuglio di erba e cocktail finalmente gli smuoveva qualcosa. Niente di eccessivo, era ancora perfettamente lucido, però si sentiva la testa un po' più leggera ed era la primissima volta in vita sua.
Non sapeva ancora dire se era bello o meno.
Guardò il patio, Tonks bendata, il modo in cui tutti le fissavano la scollatura.
Sospirò.
Aveva quasi pensato di dare fuoco allo Stand, farlo tipo saltare in aria, o disilluderlo, o minacciare chiunque si fosse avvicinato, o travestirsi da Sirius...ma poi Lily lo avrebbe ammazzato di sicuro.
Avevano bisogno di fondi, maledizione.
E mille e cinquecento galeoni erano una bella cifretta. E un sacco di baci.
Sai benissimo dove trovare quei soldi.” suggerì una voce dentro di lui.
Sì, certo che lo sapeva, accidenti a tutti loro! Lo sapeva fin dall'inizio qual era la soluzione. Solo che gli sembrava di fare...
Solo che gli sembrava di fare qualcosa di molto, molto stupido.
Il cassiere lo vide alzare gli occhi al cielo, fare uno strano scatto con la mano e mordersi le labbra come se stesse trovando la forza di fare qualcosa di estremamente spiacevole o pericoloso.
“Tutto bene, amico?” chiese, alzando un sopracciglio. Quello sembrava aver mangiato un limone.
“Allora, ci muoviamo? Non mi sono lavato i denti per niente!” sghignazzò un idiota dietro di loro, viscido come pochi.
Remus sospirò di nuovo, prima di gettare freddamente un sacchettino di cuoio sullo stand.
“Va tutto benissimo.” rispose con voce piatta, salendo sul podio prima ancora che il bambino realizzasse di cosa si trattava.
Quando sentì il suo gemito di sorpresa, era già sul terzo scalino.







Ninfadora Tonks poteva dire di essere stata in quel momento assolutamente tranquilla. A differenza di Peter, che si agitava e sbuffava come un toro accanto a lei, la ragazzina era la calma zen in persona.
Aveva sorriso, risposto in maniera piuttosto sveglia e zittito commenti che superavano il limite della decenza, aveva addirittura canticchiato tra sé e sé.
I baci le piacevano. Da quando aveva ricevuto il primo, almeno. Sapeva di essere un po' troppo sciolta su cose come quelle, però aveva passato davvero troppo tempo nascosta dietro tutte le sue identità per non volersi sentire viva.
E poi, amava aiutare Lily. Era la sua eroina, la strega che più ammirava al mondo! Quando aveva capito di poter esserle utile, non ci aveva pensato due volte!
Eppure, quando sentì quei passi, sulle scale, qualcosa parve cambiare.
Qualcuno aveva pagato il primo bacio, la musichetta di inizio – una cantilena pacchiana - stava suonando acutamente per tutto il mercato.
Eppure lei sentì solo quei passi.
E quel rumore, quella presenza sullo stand, la agitò senza che riuscisse a spiegarsi il perché.
Era calato uno strano silenzio, ora i passi rimbombavano nelle sue orecchie, lenti ma sempre più vicini.
A ritmo del suo cuore, che improvvisamente divenne assordante dentro di lei. Sempre calmo, ma...rumoroso. Poteva contarne i battiti.
Ascoltare i suoi stessi respiri.
Quando quella presenza fu davanti a lei, alzò il viso con un movimento istintivo anche se era bendata e non riusciva a scorgere niente.
Al suo respiro, si univa ora quello di lui.
Cercò di fare un sorriso spensierato e si strinse nelle spalle.
“Ciao e benvenuto! In che cosa vuoi che mi trasformi?” ridacchiò. “Angelina Jolie ti va bene?”
La persona davanti a lei rimase in silenzio. A lungo.
Sentì come una fitta in tutto il corpo, che le riempì l'epidermide di piccoli brividi e si zittì, smettendo di sorridere quando lo sentì chinarsi.
Delle dita incredibilmente lisce le sfiorarono gli zigomi, accarezzarono lievemente il profilo della mandibola, premettero con dolcezza. Si muovevano piano, come se fossero indecise, tormentate.
Le sollevarono con dolcezza ma fermezza il capo, indirizzandolo nella parte giusta.
Sentì il profumo pulito di una camicia appena lavata.
Un ansimo ora leggermente accelerato contro il suo viso.
La sensazione del caldo respiro di un bacio sospeso tra di loro...che poi divenne reale.
Una bocca che sfiorava leggera la sua, con tenerezza quasi ipnotica.
Quel sapore familiare che la colpì come una granata.
Sgranò gli occhi sotto la benda ma quando l'impulso di vedere si fece insopportabile, e frettolosamente se la slegò e se la tolse di dosso balzando in piedi, davanti a sé non trovò più nessuno.
Lui era già scomparso.




Quello che non sapeva Peter Minus era che in tutta quella confusione c'era stato qualcuno che l'aveva fissato tutto il tempo.
Seduto sullo sgabello con ancora la benda, il Marauder stava ascoltando svogliatamente le proteste di quel coro di sfigati contro il povero ragazzino dodicenne, il quale – con molta pazienza – stava spiegando che nessun altro avrebbe potuto baciare Tonks perché la quota stabilita era stata pagata tutta quanta dal primo ragazzo.
Che tra l'altro, dopo aver pagato un bacio la bellezza di mille e cinquecento galeoni, era scomparso immediatamente e con tanto di incantesimo Confundus, cosicché nessuno ricordava la sua faccia.
Abbastanza furbo, perché probabilmente quelli – andati in bianco dopo quasi un'ora di attesa - gli avrebbero fatto lo scalpo.
Ninfadora era filata giù dallo stand già da un pezzo, ma lui non aveva la forza di alzarsi da lì. No, era troppo imbarazzante!
Già immaginava i Serpeverde ridere alle spalle dell'unico Marauder che non era riuscito a strappare nemmeno un bacio! Neanche un misero scellino!
Per cui rimase lì, con il mento appoggiato sulla mano a sbuffare con noia e sconsolazione.
Quello che non sapeva era che...Lily Evans aveva avuto ragione. Perché tra quella folla di ragazzoni inviperiti, c'era qualcuno che non aveva avuto occhi che per lui.
La piccoletta si girò verso un grasso criceto sulla sua spalla, strizzandole l'occhio.
“E' così carino, non è vero Fragola?” ridacchiò, mentre il suo Famiglio lo guardava assottigliando gli occhi con sospetto.
Fu così che Peter Minus concluse la sua serata in un modo inaspettato.
Perché la ragazza, approfittando del casino, saltò sul podio con un balzo e gli scoccò un bacio a fior di labbra che sapeva di lucidalabbra all'albicocca.
Lui sussultò come se fosse stato preso a coltellate, togliendosi di botto la benda e...vedendo un vero e proprio angelo.
Una visione celestiale.
Che, ridendo imbarazzata, girò i tacchi e scappò via.
Lasciandolo sulle nuvole per le successive dodici ore.





Qualche fuoco continuava a scoppiare nel cielo anche se era ormai passata la mezzanotte da un pezzo.
Lily Evans correva reggendo in una mano le sue scarpe, che si era tolta definitivamente con un gesto nervoso.
Fu una fortuna che il roseto fosse stato riscaldato con la magia, o i suoi piedi nudi sarebbero congelati la fuori!
Si fermò su una piccola piazzola di marmo ghermita da filoni di fiori arancio e blu elettrico, appoggiandosi alla paratia e cercando di calmarsi.
Ci era cascata come una stupida...aveva davvero creduto che fossero amici.
Si sentiva così ingenua...così umiliata...
Lo chignon si era ormai completamente sfatto, il trucco le era leggermente colato sotto gli occhi. Cercò di sistemarselo, ma le sue guance continuavano ad essere umide.
Odiava piangere, lo odiava.
E odiava quella sensazione. Credeva che non l'avrebbe mai più sentita dopo Piton.
Si sedette sul gradino di marmo, abbracciandosi le spalle e affondando il naso tra le ginocchia rannicchiate. Per cosa si stava battendo?
Non riusciva nemmeno più a capirlo. Le sembrava tutto così orribile...
Le faceva pure male una caviglia, c'era un livido che stava diventando violaceo.
Se la massaggiò distrattamente mentre l’aria fredda dell’inverno le sfiorava la faccia quasi con cattiveria. L'incantesimo riscaldante evidentemente stava perdendo potere perché stava iniziando a rabbrividire.
Poi, qualcuno le coprì le spalle nude con una giacca.
“Ti prenderai un malanno stando qui fuori.”
Il suo tono era gentile. Non ironico, sferzante e fastidioso come al suo solito.
E la sua giacca...era calda, e profumata. Sapeva di casa.
“Grazie.” mormorò, senza alzare gli occhi.
James si sedette di fianco a lei, sorridendo tranquillo.
“Sai, non dovresti piangere sempre. Stai iniziando a diventare una lagna, Evans.” considerò.
Lei alzò improvvisamente il braccio come per tirargli uno schiaffo.
“Questo è per tutto quello che ho subito a causa tua!” sbottò, ma la sua mano si mosse lenta, appositamente per essere fermata da quella di James, che le afferrò il polso con delicatezza.
La fece alzare da terra, se la trascinò vicina.
Ma...lei non fece niente.
Semplicemente…rimase così, a sentire il battito del suo cuore farsi sempre più veloce, a godere del calore che lui emanava.
Poi James si staccò appena, ghignando.
“Un po’ deboluccia, come sberla!”
“Oh, sta zitto.”
Un ragazzino passò fra di loro reggendo due calici, facendoli balzare all'indietro. Uno aveva il simbolo dell'arancia, e l'altro quello dell'uvaspina.
“E' per scegliere il Re e la Reginetta.” annunciò, piazzandoglieli in mano senza tante storie. “Tutte le coppie partecipano!”
“Che?” si sorprese James, mentre la Grifoncina alzò un mano per fermarlo.
“No, aspetta, noi non siamo...!” fece per dire ma quello era già sgusciato via fra i cespugli, alla ricerca di altri studenti che si erano appartati in cerca di romanticismo. “Oh, lasciamo perdere...”
“Guarda che non ci salgo sul palco a farmi mettere la corona come un cretino!” annunciò Potter, sventolandole il bicchiere da sotto il naso. “Per cui prega di non trovarci niente qui dentro! Dio, ma quanto è organizzato da schifo questo Capodanno? Maddai, re e reginetta, sembra di essere in un film americano di serie B!”
Si aspettava che ribattesse stizzita, ma lei si fece seria. Lo guardò triste, facendogli perdere la voglia di provocarla.
“James...” cominciò imbarazzata, guardandosi le scarpe. Poi esplose come un fiume in piena. “Mi dispiace! Mi dispiace tanto! Sono stata orribile, insopportabile e avrei...avrei dovuto crederti! Michael mi ha sempre mentito! Sono stata così...così idiota! Volevo davvero fare qualcosa di buono e pensavo che davvero noi fossimo amici, e invece...invece avevi ragione! Sono tutti...sono tutti...!”
Potter le mise una mano sulla spalla con così tanta fermezza che lei si zittì. O forse furono le sue parole a toglierle la capacità di parlare.
“Non avevo ragione.” Disse ed i suoi occhi brillarono. “Non avevo ragione, Lily. Eri tu quella nel giusto. Ho detto un mucchio di scemenze sul fatto che i Serpemerde siano tutti uguali e che tu stessi tradendo la tua Casata facendo amicizia con uno di loro ed erano solo cazzate dette da un idiota che aveva perso momentaneamente e completamente la testa, ok?! E...” sospirò, come se avesse mangiato qualcosa di incredibilmente aspro. “...scusa...”
Rimasero in silenzio per un po'.
Lei con occhi grandi, allargati di stupore, lui fissando altrove, all'improvviso impacciato.
“Hai chiesto scusa.”
“Già.”
“Tu...tu non chiedi mai scusa...” mormorò stupidamente Lily, come realizzandolo in quel momento. Il suo tono di voce parve farlo imbarazzare ancora di più.
“Beh, Evans, non farci l'abitudine! Rimango il migliore, che ti piaccia o no! Gli errori che commetto si contano sulle dita di una mano!”
“Come la Chang?” chiese senza riuscire a frenarsi la Grifoncina. Lo guardò in attesa, trattenendo il respiro.
“DIO, SOPRATTUTTO LA CHANG!” Esplose il ragazzo, mettendosi le mani nei capelli.
A Lily scappò un sorriso e le lacrime smisero finalmente di uscirle dagli occhi.
“E’ stato tanto terribile?” chiese, perfidamente divertita.
“Di più!” esclamò esasperato quello. “Una piovra! Hai presente?! Sul serio Evans, non mi sono mai sentito così tanto in pericolo come stasera!”
La vide scoppiare a ridere. La pelle baciata dalla luna, i denti bianchi come perle.
“Dai, vieni qui.” sospirò dopo un istante di magnifica e dolorosa contemplazione, avvicinandosi. Lei lo guardò interrogativa, spalancando gli occhioni quando lui le passò un braccio dietro la vita.
“Ma che fai?”
“Quell'idiota di un Serpeverde ti ha fatto perdere tempo prezioso. E sono stato un cretino anche io. Perciò, ti devo un ballo.”
Stranamente, lei lo lasciò fare e posò la mano sulla sua, seppur sbuffando.
“Sei uno stupido.” commentò, ma rimase così, come in attesa di qualcosa. Occhi densi e lucenti, come prati inumiditi dal mattino...che parevano chiedere.
Dio, se era bella.
Strinse quelle dita affusolate tremando per quel contatto e, accorgendosi di volere di più la trasse a sé, stringendola piano.
“Non c'è musica.” commentò Lily, ironica.
“Non rompere! Sai, sei davvero orribile con questo vestito.”
“Ah sì?” lei inarcò un sopracciglio, ghignando. Lui pregò che non sentisse quanto forte il suo cuore stesse battendo. Dondolavano lentamente, rimanendo sul posto.
“E' troppo lungo. E poi è bianco. E' pretenzioso!”
“Oh, ma sentilo! C'è altro che non aggrada Vostra Signoria?”
“Hai il naso tutto rosso. Sai, alcune ragazze sono carine quando piangono, ma tu sembri una Mandragola.”
“Guarda che nemmeno tu sei questo granché! Mi hai appena pestato un piede! E hai uno strano odore, ti sei rotolato in una palla di fieno o cosa?”
“Disse quella che ha corso a piedi nudi fino adesso!”
Naso contro naso, andarono avanti di quel passo per qualche minuto. Però lei continuava a sorridere, sembrava divertirsi. E sorrideva anche lui.
“Ahh, Evans...” sospirò James. “Ci pensi? La luna è alta nel cielo, siamo circondati da rose incantevoli, è l'ultimo dell'anno... Ogni minimo particolare di questo panorama è stato costruito apposta per essere romantico! E invece ci siamo noi due. Che spreco di una meravigliosa serata...”
“Puoi sempre fare esplodere qualcosa, a quanto ho sentito dire è la tua specialità...”
“Touché. Però devi ammettere che sono stato grande!”
“Un grande idiota! Potevi farti espellere! E ora tutti si vogliono ammazzare gli uni con gli altri! E tutto per che cosa...?”
Lui non rispose. Lei si zittì di nuovo, tornando seria. Sapevano entrambi la risposta.
Poi, urtarono leggermente i bicchieri che avevano posato sulla scalinata. Questi caddero, rovesciando il loro contenuto. Li guardarono svuotarsi lentamente, frizzando, fino a quando qualcosa che era fissato sul fondo non rotolò fuori.
Due piccole coroncine.
“Alla fine, abbiamo preso i bicchieri fortunati. Siamo davvero Re e Reginetta del ballo!” commentò la streghetta, sorpresa e un pelino nauseata.
“Non vorrai davvero andare alla premiazione?”
“Nemmeno morta!”
“Ah, ecco, menomale.”
Continuarono a fissare quelle due cose diaboliche. Fu divertente pensare che da qualche parte, dentro, Mandy Harpies impazziva per cercare i bicchieri fortunati (qualche giorno dopo vennero a sapere che avevano provato a obbligare Sirius e Cristhine ma erano stati letteralmente presi a fatture) e che qualche aspirante reginetta stava frignando per non essere stata selezionata dal destino.
Mentre loro...
“Proprio uno spreco di una bella serata.” sussurrò Lily.
“Già.”
A discapito di quelle parole, lui l'aveva stretta più forte. In modo...più intimo.
E l'abbracciava con uno strano terrore addosso.
Era tutto lì. Una bella ragazza, il suo sapore, il corpo tiepido, un posto appartato dove lasciarsi avvolgere.
Eppure era diverso. Un Capodanno diverso.
E per quanto incredibile fosse, gli bastava...rimanere così. Non voleva di più. Solo averla vicina...
Lei arrossì improvvisamente, abbassando lo sguardo.
Il respiro di James Potter sulla pelle…ora la faceva sentire strana.
La sua guancia, premuta contro la sua, pareva essere incandescente.
Che strano…” pensò, appoggiando il viso contro la sua camicia e chiudendo gli occhi. Lo sentì posare il mento sopra la sua testa, guardare lontano, riassestarle ogni tanto la sua giacca sulle spalle perché non le cadesse.
Senza mai lasciarla, però. Mai. Mai...

Non…mi sento a disagio a ballare con lui…anzi…”

“Buon anno, Evans.”
“Buon anno. Potter...”

“…è una…bella sensazione…”

Capodanno era finito. Il mondo aveva smesso di girare.
Finalmente.











And we’ve got no shot,
this could never be,
you’re not the type for me.
Really?


And there’s not a spark in sight.
What a waste of a lovely night. -





What a waste of a lovely night - Lalaland.

 

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Capitolo 46
*** Una verifica a sopresa! ***








Una settimana prima.








Il giorno dopo Capodanno non c'era un solo studente al mondo che non girovagasse con la faccia da zombie in cerca dell'Infermeria della scuola.
Le pasticche anti-vomito erano finite già alle nove. I rimproveri di Madama Chips sul bere come degli imbecilli probabilmente sarebbero durate almeno fino a orario di cena.
Nessuno, e dico, nessuno osava mettere un piede fuori dal letto la mattina se non per cercare una cura alla sbornia. Qualcuno ogni tanto tentava con degli incantesimi ma finiva solamente per emettere bollicine colorate dal naso.
Insomma, il post Capodanno era quello che i professori chiamavano sadicamente: l'alba del giorno dopo. La McGranitt ogni tanto dava sfogo al suo sadismo decidendo di far ballare il valzer alle statue all'alba e facendo fare loro un casino infernale ma perlopiù la cosa veniva tollerata dagli insegnanti...grati per una volta di non dover correre dietro a gente come i Marauders e di avere pace almeno fino al primo pomeriggio!
Fu per quello che Madama Pince si stupì quando, quell'anno, non una ma ben due persone misero piede in biblioteca.
Due lunghe gambe fasciate da calde parigine marciavano decise verso un tavolo in particolare. Un berretto di lana, lunghi capelli ancora un po' spettinati dalla notte precedente che ondeggiavano contro i fianchi, due occhiaie sotto gli occhi brillanti.
Michael Aliaset inarcò un sopracciglio con un mezzo ghigno, svaccato sulla sedia.
Lily Evans aveva certamente passato la notte con qualcuno. Solo che non era lui.
“Sì?” frecciò sarcastico. “Hai cambiato idea per caso?”
Gli si fermò davanti, con le mani sui fianchi e l'aria battagliera.
“Nemmeno se mi paghi, a questo punto!” sibilò duramente.
“E allora che vuoi? Darmi un altro calcio dove non batte il sole? Dio, così è solo accanimento, è troppo crudele anche per te!”
Vederlo mettersi istintivamente una mano lì in mezzo le fece scappare un sorrisetto sadico.
“Male, eh?”
“Ho passato tutta la notte con il ghiaccio sui gioielli di famiglia, grazie per l'interessamento.”
“Non che tu non te lo sia meritato...”
“E' per questo che sei qui? Per gongolare della vittoria?” lui si sollevò dallo schienale, con occhi freddi. “Beh, complimenti mezzosangue, non ho ottenuto quello che volevo e mi sono sorbito una sfuriata coi fiocchi! Sai, per quanto sa essere stronza quella gente ti sarebbe andata pure bene a stare con me per il resto dell'anno!”
“Oh certo, sarebbe stata una pacchia.” ironizzò quella, sedendosi.
“Meglio di tante altre conclusioni. E invece i Serpeverde sono ancora lì a domandarsi cosa cavolo farne di te. Sicura che sia stata davvero una vittoria?”
“Devo dedurne che hai agito così solo per il mio bene?”
“Deduci ciò che vuoi, non mi interessa il parere di una mezzosangue.” sbottò lui, duramente. “Sono un Verde-Argento, sono collerico, uno snob e anche un pezzo di merda. Brava, mi hai beccato, come se ci volesse tanto a capirlo! Vuoi un premio per essere stata la più grande tonta della scuola caso?”
Si zittì quando la vide trafficare nella borsa a tracolla, con aria tranquilla. Ma era scema o cosa?!
“Sai, ero veramente incavolata nera ieri.” commentò la streghetta con un sorrisetto, piazzandogli davanti un piccolo oggetto scintillante. “Ma poi mi sono ricordata di una cosa.”
Sul tavolo c'era un Verboscopio. Lui lo guardò con occhi neutri.
“E quindi?”
“Agisci come il più classico dei Serpeverde, mi chiami Mezzosangue, fingi di guardarmi dall'alto in basso perché sono nata da Babbani... ma a te non importa niente che io lo sia o meno.”
“Cosa...?”
“Il giorno in cui ci siamo conosciuti hai detto, 'non mi importa che tu sia una mezzosangue' e il Verboscopio era diventato verde. Significa che avevi detto la verità. Non stavi fingendo!”
Michael sgranò gli occhi, prima di guardare altrove digrignando i denti.
“Sei veramente la più grande tonta della scuola.” bofonchiò.
“Sarò anche tonta, ma ieri notte ci ho riflettuto un sacco.” Lo squadrò con i suoi occhioni verdi sempre così puri e onesti e lui iniziò a sentirsi di nuovo a disagio. “E sono arrivata alla conclusione che tu non sei come loro. Quando mi parlavi dei libri, di come davvero volessi solo essere lasciato in pace...eri sincero!”
“E quindi? Mi piacciono i libri, tutto qui!”
Lei continuava a sorridergli. Perché? Perché lo trattava con gentilezza? Dopo quello che aveva fatto...dopo tutta quella rabbia. Dopo tutte quelle maschere...
“Tu hai solo paura.”
“Io non...!”
“Sì, invece!” lei balzò in avanti, afferrandogli una mano. Michael sentì il cuore balzargli in gola e rimase lì, scioccato da tanta sfrontatezza. “Sei stato orribile Michael Aliaset, hai provato a fare una cosa orrenda e se ti azzardi ad avvicinarti ancora a me giuro che ti scaglio una maledizione addosso ma...tutto quello che hai fatto lo hai fatto perché avevi paura! Perché pensi che là sotto, dai Black, non ci sia alcuna via di fuga, perché ti sei sentito in trappola e solo, e non che questa sia una giustificazione – non lo è AFFATTO – ma d'ora in avanti potrai fare lo stronzo quanto ti pare, fare battutine acide e chiamarmi mezzosangue tutte le volte che vorrai ma sappi che io so che non sei come gli altri, e non c'è niente che tu possa fare per farmi cambiare idea e farmi perdere la speranza che qualcuno, in quello stupido Sotterraneo, prima o poi alzi la testa e decida di fare la cosa giusta! E magari quel qualcuno sarai proprio tu!”
Gli strinse ancora la mano, con forza, un'energia fiammeggiante che non le aveva mai sentito prima. Improvvisamente la vide per la Grifondoro che era: forte, determinata e impavida fino alla stoltezza, ma in qualche modo affascinante.
Rimase immobile, ghiacciato dalla sua presenza.
Lei si rimise in piedi senza fare una piega, ma con il suo solito sguardo fastidioso ed irritante, pieno di fiducia e ideali.
“C'è la tua guardia del corpo.” le disse infine, fingendo disinteresse, mentre lei si voltava.
James Potter stava appoggiato allo stipite dell'entrata con occhi di fuoco e le mani incrociate al petto.
Fece per fare un passo in avanti – probabilmente con tutta l'intenzione di farlo fuori – ma lei gli si avvicinò lesta mettendogli una mano sul petto.
“Ho già fatto io.” lo blandì, prima rivolgere al Grifondoro uno sguardo così intenso e un sorriso così radioso che Aliaset si rese conto istantaneamente che non avrebbe mai potuto neanche solo pensare di irretirla e farla sua.
Era innamorata persa, forse lei non lo sapeva ancora, ma era evidente che quei due erano destinati a stare insieme.
Gravitavano l'uno attorno all'altro da sette anni come due calamite ed ora sembrava che quel legame si stesse facendo così profondo che Narcissa era stata a dir poco folle a cercare un modo per separarli.
James Potter cercò di placare l'adrenalina, rivolgendogli un'occhiata omicida...prima di seguire docilmente Lily.
Non le chiese di cosa avessero parlato, né cercò di intromettersi, né accennò più a quella storia.
Si fidava di lei.




Oggi.





Gennaio... le cioccolate calde, le ultime colate di neve con cui giocare nei giardini, le dormite davanti al caminetto acceso, il romanticismo delle coppie che avevano superato assieme un altro inizio e che potevano godersi gli ultimi giorni di festa... ecco, niente di tutto questo c'era ad Hogwarts per quelli del Settimo anno.
Lily Evans sbatté la testa contro un enorme libro di mille pagine con tutta l'aria di voler morire.
“Dimmi che siamo a buon punto.” pigolò disperata con la bocca pressata sulla carta.
“Nemmeno a metà.” sospirò Cristhine, spuntando fuori da una valanga di pergamene con l'aria distrutta e una macchia di inchiostro sul naso. “Ho saputo che Diaphne di Tassorosso ha avuto una crisi isterica, qualche ora fa...”
“Sì...ha gettato tutti i libri dalla finestra... siamo riusciti a calmarla per miracolo...” la Grifoncina sospirò, prima di riprendere a capocciate il volume sperando di farselo entrare in testa.
Il motivo di tanto sconforto era molto semplice. C'erano gli esami preparatori dei M.A.G.O.
Una vera e propria via Crucis pensata per portare gli studenti sull'orlo del suicidio.
Non c'era studente del Settimo che non fosse sui libri!
Dettagli sull'argomento d'esame? Nessuno. Informazioni sulla data? Nemmeno. Sapevano solo che sarebbe stata a breve, su tutte le materie insieme e che sarebbe stata importante. Una vera e propria prima analisi della loro preparazione in vista dei M.A.G.O., verificata anche dai membri accademici del Ministero per farsi un'idea su di loro.
Insomma, i poveri maghetti vagavano con il cuore in gola e gli occhi stralunati immersi fino al collo in quello studio folle, dovevano affrontare talmente tanta roba in così breve tempo e così tanta pressione che c'era chi si svegliava nel cuore della notte urlando, chi cercava di dare fuoco agli appunti, chi semplicemente si metteva in un angolino a piangere!
Anche Lily se la stava passando malino, perché – oltre a dover studiare come una matta e a dover sostenere i suoi compagni in qualità di Prefetto – era anche in piena guerra con la burocrazia.
A breve i risultati dei questionari sui professori sarebbero stati resi pubblici e loro non avevano ancora l'ok dal Ministero per autorizzare la creazione del Consiglio studentesco!
Come leggendole nella mente, Cristhine la guardò sconfortata.
“Ancora nessun passo avanti con Minchum?”
“Ci sono i fondi, ci sono i documenti, le firme, c'è tutto! Ma quelli sembrano fare apposta a ritardare l'accettazione della richiesta!”
“Probabilmente è fatto apposta.” sospirò la Corvoncina. “Credo che farebbe comodo a tanti politici riuscire a mettere i propri insegnanti al posto di quelli attuali...”
Un paio di risatine dall'altra parte della stanza fecero scattare i nervi alla tempia ad entrambe, ma stoicamente decisero di nuovo di ignorarle.
“Io non mi arrendo!” sussurrò ostinatamente Lily. “Non potranno fingere di non vedere ancora a lungo!”
“Sono con te! Anzi, potrei chiedere a mio zio di metterci una buona parola...”
“Eh? Tuo zio Gaius?” si stupì la rossa. “Ma non eravate in cattivi rapporti? Voglio dire...per la storia del ballo delle debuttanti...”
Cristhine sorrise teneramente, fissandosi le mani.
“In verità...ecco, diciamo che dalla vicenda nel Tribunale sembra essersi un po' ammorbidito. Forse anche da prima. Credo si sia sentito in colpa...ogni tanto ci scriviamo qualche lettera. Non mi ha propriamente chiesto scusa però...mi ha fatto gli auguri per lo studio e ha anche accennato a Sirius senza insultarlo. E' già qualcosa!”
Altre risatine sguaiate. Lily scosse il capo come per scacciare una mosca e ricambiò il sorriso della Corvonero.
“Sono contenta!”
“E, cosa più importante, ha promesso di non dire niente di lui a papà. E ha fatto in modo che anche zia Olivia tenga il becco chiuso sull'argomento. Credo le abbia regalato un gioiello costoso o cose del genere...”
“E' molto protettivo? Tuo padre, dico...il classico gelosone, eh?”
Negli occhi color miele della streghetta passò un lampo fugace, ed il sorriso tentennò sul suo viso.
“E'...complicato.” sussurrò. Fece per chiudersi a riccio ma la cosa splendida di Lily era che capiva sempre quando non era il caso di chiedere oltre. Non era mai invadente, eppure riusciva ad essere lo stesso comprensiva.
Si sporse, prendendole la mano con dolcezza. Ma poi le risatine continuarono.
“Dio, avete visto com'era vestita Patricia?”
Cristhine gemette, alzando gli occhi al cielo.
“Così è impossibile studiare!”
Guardarono oltre uno scaffale, dove un gruppetto di ragazze ben assortito stava cinguettando fastidiosamente da almeno venti minuti.
Liu Chang, non si sapeva come, era riuscita ad ottenere informazioni sugli esami prima ancora che venissero resi noti e lei era l'unica strega del Settimo anno a non aver più bisogno di studiare, assieme al suo elitario gruppo di amiche.
Il ché significava che non aveva nulla di meglio da fare che cercare di rovinare l'intero ripasso di Lily. Anzi, probabilmente la sua stessa esistenza.
Dal Ballo di Capodanno aveva il dente ancora più avvelenato del solito e sembrava provare un sadico piacere nel tormentarla: ovunque la Grifoncina si sedeva con dei libri, lei e il suo corteo di oche erano lì, a fare chiasso. Un po' troppo spesso per pensare fosse solo una coincidenza!
L'unico posto sicuro sarebbe stata la torre di Grifondoro, ma quello era territorio di Monique, e quella francese squinternata sapeva diventare terrificantemente isterica se solo qualcuno osava respirare un po' troppo forte mentre lei ripassava il programma cercando di capirci qualcosa!
Digrignando i denti, la rossa si rimise con il naso sui libri cercando di chiudere fuori quel chiacchiericcio insopportabile.
“Quindi, come bacia Potter?”
Sarebbe stato più difficile del previsto.
Paige si era appoggiata in modo terrificantemente rumoroso ad uno scaffale, ridacchiando e facendo cadere qualche volume.
Ci fosse stata Madama Pince la situazione si sarebbe già risolta, pensò sconsolata la Grifoncina, adocchiando un tizio svogliatissimo dietro il bancone dei prestiti che masticava un chewingum leggendo un giornaletto.
Peccato che la loro dittatoriale Bibliotecaria si fosse presa una vacanza.
“Ma è vero che avete fatto cose nel bagno?” Elidora si sporse con un ghigno.
Liu Chang, seduta su una torretta di libroni di incantesimi come una regina, stirò un sorriso enigmatico.
“Forse.”
“Non si può proprio fare niente?” ringhiò a denti stretti Lily, fissando per l'ennesima volta l'assistente. Quello fece scoppiare la cicca con uno schiocco secco prima di guardarla con la noia bene impressa sul viso da topo.
“Siamo in un luogo pubblico. Possono stare qui, finché parlano a voce bassa...”
“Quella le sembra voce bassa?!” esplose lei in un sussurro furioso, mentre Cristhine cercava di placarla e altre risatine si levavano acute dal tavolo.
“E si può sapere come hai fatto ad accalappiarti all'ultimo il Capitano della squadra di Grifondoro?”
“Che posso dirti?” Liu sorrise, lanciandole uno sguardo malevolo con tutta l'intenzione di provocarla fino alla nevrosi. “Potter sceglie solo il meglio.”
“Adesso l’ammazzo!” sbottò la Grifoncina, infuocandosi.
“No, ti prego Lily, fai solo il suo gioco!” Supplicò Cristhine, trattenendola per un braccio mentre quella stava già per alzarsi.
“Lo sta facendo apposta! Non riesco a studiare così! Mi sta incollata da giorni!”
La Corvoncina, con i boccoli perfettamente curati ora tutti in disordine per lo stress, sospirò desolata.
“Lo so.” mormorò, alzando gli occhi al cielo. “Ma sta cercando di scatenare una tua reazione per metterti nei guai prima degli esami. Non darle peso! Non ne vale la pena!”
Come parlare con il muro. L'amica ormai aveva le orecchie in modalità radar pur tenendo la testa così bassa che i capelli accarezzavano il legno del tavolo, e ad ogni frecciatina velenosa le sue vene si gonfiavano come zampogne.
“Ma quindi state insieme o no?”


Il Codice Internazionale di Segretezza Magica entra in vigore nel 1692....


“No. L’ho mollato.”

...nel 1750 viene aggiunto un articolo al Codice Internazionale di Segretezza Magica dove diventa responsabilità del Ministero della mag...

“Coosa? Hai mollato James?” esplose una ragazzetta bionda con le treccine.

...Del Ministero della magia l'occultamento, la cura e il controllo di tutti gli animali, gli esseri e gli spiriti magici viventi entro i confini del suo territorio...

“Oh, sì...” mormorò Liu, con aria di sufficienza ma con un pericoloso scintillio negli occhi. “Era solo una storiella da Capodanno. Ci siamo divertiti un po' e basta.”
“Ma sentila!” Si esasperò la Evans, risollevando il naso con occhi iniettati di sangue. “Lo sai, è stato James a piantarla in asso! Quella...bugiarda!”
James?” Cristhine inarcò un sopracciglio con aria furba, facendola arrossire. “E cos'altro avrebbe fatto, il caro James?”
Non le era affatto sfuggito che in quell'ultima settimana, quei due si guardavano...in modo strano. Diverso. Cioè, si erano sempre fissati in quel modo, ma ora sembravano farlo molto più spontaneamente, come se fosse naturale sorridersi, essere complici.
“Che ti stai bevendo?” cambiò rapidamente discorso la Evans, rossa come i suoi capelli, alludendo ad una piccola bottiglietta che l'amica aveva in mano.
“Oh, un energizzante che mi ha dato Tonks! Ha detto che mi darà la grinta per lo studio!” Fece spallucce lei, scolandoselo in un sorso sotto lo sguardo agghiacciato della Grifoncina.
“Una pozione...che ha preparato Tonks?
Anche Cristhine parve rendersi conto e sbiancò in viso, guardando la bottiglietta con occhi nuovi. Ovvero, come se potesse esplodere.
“Dici che è pericoloso?” balbettò.
“Ok, forse è il caso di farsi vedere da Madama Chips!” Ridacchiando nervosamente, Lily fece per alzarsi.
“Beh, comunque è stato un bel salto di qualità! Ultimamente non faceva altro che perdere tempo con mezzosangue...”
“Elidora, non dovresti parlare così!” la sgridò blandamente Liu. “Il fatto che certe mire di Potter siano insulse non dipende certo dal loro sangue.”
Cristhine sospirò con fastidio, sfiorandole il braccio mentre lei si scuriva in volto.
“Non dovresti nemmeno arrabbiarti con gente del genere.” stabilì, seccamente. “Fai come me: testa alta e FREGATENE.”
Poi fece una specie di singhiozzo strano e avvampò in faccia, sgranando gli occhi.
“Oh.” balbettò. “L'energia.”
“Invece Lupin non fa altro che evitarmi!” si lamentò capricciosamente Paige. “Sembra che io abbia la peste, per lui!”
“Perché perdere tempo dietro a Lupin? Voglio dire, è senz'altro un bel vedere...ma non ha senso sprecare energie con uno che ha una tale cintura di castità.” sbuffò Elidora, prima di sorridere maliziosamente. “Black invece...non c'era nemmeno bisogno di chiederglielo e si era già spogliato...”
Cristhine si era fermata di botto e le guance si erano imporporate. Le tremavano appena le mani e aveva l'aria un po' folle, mentre le punte dei boccoli avevano preso a levitare. Sembrava una piccola Medusa.
Uh oh.
Lily era troppo impegnata a osservarla agghiacciata per perdere altro tempo ad incazzarsi, benché quei commenti le facessero venire il voltastomaco.
“Certo, per stare con uno come Black bisogna avere quel certo non so che...non credo che tutte siano in grado di reggere una notte così. Non so se mi spiego...” L'altra continuava a ghignare, fregandosene ormai totalmente del tono di voce. “Non è certo uno che ci va leggero! Anzi, credo che sarà la mia prossima riconquista, visto che sicuramente negli ultimi tempi sembrerebbe averne un gran bisogno...”
“Hemm…testa alta e fregatene?” chiese Lily, iniziando a spaventarsi sul serio perché le spalle della Corvonero avevano preso a tremolare e aveva stretto i pugni così forte contro i fianchi da farsi sbiancare le nocche.
“Oh no, non credo proprio.” ringhiò Cristhine, risollevando il viso e digrignando i denti come mai le avevano visto fare.
La ragazza che era sempre così mansueta, dolce e graziosa...ora faceva paura!
“Cos...! Hey, no, Mc...!” balbettò Lily, correndole dietro mentre quella si fiondava a passo di marcia verso il gruppo con la bacchetta sguainata. Accidenti a quell'energizzante, ma che ci aveva messo dentro Tonks?!
Cercò di afferrarla per un polso ma trattenerla fu impossibile, anche puntando i piedi Cristhine se la trascinava dietro senza sforzo! La pozione di Tonks le aveva messo in corpo la forza di un leone e a quanto pare, l'irritabilità di un chihuaua!
“Oh ciao, Mcranney.” Liu sorrise con una punta di soddisfazione fino a quando non la vide bene in faccia e decise che era il caso di afferrare la bacchetta. Il sorriso le scivolò via e si alzò di scatto, in allerta.
“CHI SAREBBE LA TUA NUOVA CONQUISTA, EH?!” ruggì Cristhine, così forte che si girarono tutti, mentre Lily continuava inutilmente a puntellare i piedi e a strattonarla per il bordo della manica.
“Ma che accidenti le prende?!” scattò Liu, minacciosa, ma non era lei la persona a cui Cristhine voleva mettere le unghie in faccia.
“TU, STUPIDA PUTT...!” urlò - letteralmente lottando contro Lily che cercava di trattenerla come poteva e che pensò bene di tapparle pure la bocca – mentre Elidora sbiancava.
“COME OSI?!” Strillò, balzando in piedi.
La situazione stava degenerando così in fretta che la povera Evans si mise tra le due spalancando le braccia per tenerle separate, beccandosi in entrambe le orecchie delle urla che facevano tremare l'intero castello e anche un paio di artigli affilati che affondarono nelle sue povere braccia facendole vedere le stelle.
“PERCHE’ NON LA SMETTI DI FARE LA GALLINA E GIRI A LARGO DAI RAGAZZI ALTRUI?!”
“GIRARE A LARGO DAI RAGAZZI ALTRUI? MI FAI RIDERE MCRANNEY! SE NON SAI TENERTI IL RAGAZZO NON VENIRE A FRIGNARMI ADDOSSO!”
“GIURO CHE SE TI AZZARDI A METTERGLI LE TUE ZAMPACCE ADDOSSO...!”
“NULLA CHE IO NON ABBIA GIA' FATTO IN OGNI CASO! SEI ARRIVATA TARDI DI QUALCHE ANNO, TESORO!”
Cristhine urlò come un'aquila quasi scavalcando Lily e cercando di cavarle gli occhi. Era assurdo! Sembrava un'altra persona!
“VUOI DARMI UNA MANO?!” Ululò la Grifoncina al culmine dell'esasperazione, voltandosi verso l'unica che aveva ancora la bacchetta in mano, ovvero Liu Chang.
“Cosa?!”
“E' sotto l'effetto di una pozione! AIUTAMI, ACCIDENTI!”
Quella, nonostante fosse ancora un po' sorpresa, non si fece scappare l'occasione di puntare la bacchetta sulla sua nemica giurata e con un sordido godimento mandò a gambe all'aria tutte e tre.
Poi se la ghignò per bene, fermando con una mano le altre e sistemandosi meglio sul tavolo.
“Che razza di pozione scadente le hai dato per ridurla così? E pensare che dovresti essere brava...” ghignò divertita, osservando quella piccola e odiosa Grifondoro cercare di rimettersi in piedi. Nemmeno una caviglia rotta? Che peccato!
“Va a quel paese, Chang!” sbottò lei, fissandola con odio. “Non l'ho fatta io!”
“Si può sapere che è preso a quella selvaggia?!” strillò Paige, sconvolta come una duchessa sebbene nessuno le avesse fatto nulla.
“Non è in sé!” la difese Lily, balzando in piedi mentre Cristhine si massaggiava la nuca con occhi confusi, ora finalmente tornata tranquilla.
“Ma che è successo...?”
“Dovrebbero espellerla.” Frecciò Liu. “E' evidente che non è abituata a stare con le persone.”
“Oh, e tu ne sei in grado, vero?” Lily strinse gli occhi, gelida e furiosa.
“Sicuramente più di una che usa le sue amiche come cavie per brodaglie di scarsa qualità. Tsk, roba da primini! Siamo al settimo anno, te lo ricordi Evans, sì?”
Dio, ora la strangolava! Digrignò i denti così forte che quasi se li spezzava, prima di ingoiare il rospo e voltarsi con un diavolo per capello verso Cristhine, i cui boccoli avevano smesso di sollevarsi per aria.
Anzi, ora sembrava assonnatissima!
“Sai cosa, ne ho abbastanza! Buona continuazione!”
“Non penserai di cavartela così!” ululò Elidora, con un graffio in faccia che le sfregiava tutta la guancia.
Fece per scagliarle una fattura addosso ma improvvisamente, quel covo di vipere venne investito da un'ondata di pozione violacea che le lasciò fradice e sconvolte.
Sobbalzarono tutte, scattando in piedi e lanciando gridolini.
“Oops!” Cinguettò Tonks, allegramente. “Scusatemi ragazze! Non vi avevo visto!”
“AAARGH!”
Quelle iniziarono a riempirsi di brufoli su tutta la faccia, strillando come mandragole e cercando di asciugarsi con le divise anche se oramai era tardi.
“Devo aver sbagliato qualcosa.” constatò Ninfadora, vedendole filare via come dei razzi piene di acne dappertutto, urlando di chiamare la Chips e coprendosi come meglio potevano. “La pozione avrebbe dovuto riempire di pustole solo il naso...”
Guardò Lily.
Lily guardò lei.
Tonks fece spallucce.
“Ah beh, non sono mai stata bravissima in Pozioni.”
Non sapendo se ridere o piangere, la Evans decise che era decisamente il caso di levare le tende. Il macello che avevano fatto era troppo perfino per l'assistente, che le stava puntando con sguardo omicida.
Agguantarono Cristhine che stava quasi per addormentarsi e si catapultarono fuori di lì, sotto lo sguardo allibito di tutti.
Venti minuti dopo, erano entrambe accanto alla poltrona in Sala Comune - dove Cristhine si era appena fatta un fior di pisolino - a sventolare fazzolettini contro il suo viso.
“Scusami, Cristy!” esclamò la ragazzina, congiungendo le mani come in preghiera con aria mortificata. “Devo aver sbagliato qualcosa quando ho girato il mestolo! Volevo solamente farti un energy drink in vista degli esami! Non pensavo ti rendesse la versione stregata de l'esorcista!”
“Non ti preoccupare...” mugolò la povera Corvonero con una risatina nervosa, ancora decisamente scossa. “...Sta passando... Ricordami solo di non accettare mai più niente da te, Tonks!”
Era da encomiare il fatto che riuscisse ad essere gentile nonostante tutto quello che le era appena capitato!
“Sei sicura?” chiese Lily, ancora preoccupata. “Non vuoi andare dalla Chips?”
“E beccarmi il gruppetto di prima? No grazie!” gemette quella. “Dio, ma cosa ho fatto? Mettermi a urlare in quel modo! Mi vergogno da morire!”
Improvvisamente il ricordo si fece così intenso che Lily scoppiò a ridere istericamente, battendo anche il piede per terra.
“Oddio, è stato fantastico!” ululò, con le lacrime agli occhi. Tempo pochi secondi e stavano ridendo tutte.
“E tu, razza di peste!” Lily indicò Tonks, cercando di tornare seria senza riuscirci. “Non puoi andare in giro a rovesciare pozioni sulle persone! Non davanti a me perlomeno, sono un Prefetto!”
“Sono inciampata! Ups!”
“Sì, come no...”
“Volevo aiutarvi!” saltò su quella, accoratamente. “Perché stavate litigando? Ho sentito che parlavano di Sirius...la Chang ha per caso cambiato mire?”
“Oh, dovrebbe solo provarci, quella stupida vacca...” sibilò Cristhine, prima di sbarrare gli occhi sorpresa dal suo stesso tono feroce. “Scusate! Credo siano gli ultimi residui della pozione! Mi rendono...violenta!”
“Che forza!”
NON è forte, Tonks! E tu non preoccuparti. Come se ci fosse davvero il pericolo, poi! Se non ci è cascato James, che è il più grande casanova di Hogwarts…!”
“E’ un complimento o un insulto?” sorrise quest’ultimo, comparendo dietro alla ragazza all'improvviso.
“Mah! Tu cosa dici?” lo rimbeccò Lily, torva, ma quello non la stava più ascoltando.
“No, dai, non ci credo!” esclamò meravigliato, osservando Cristhine ancora scombussolata sul divanetto. “Ma allora è vero! Hai fatto a botte!”
Lei gemette nascondendosi il viso fra le mani.
“Lo sanno già tutti?!”
“Non si parla d'altro in tutta la scuola!” Esultò Potter, che la fissava come se fosse arrivato un secondo Natale, letteralmente in adorazione. “Dio, McRanney, TU HAI FATTO A BOTTE! TU!”
“Piantala cretino!” si esasperò la Evans, visto che quello non pareva rendersi conto dello stato d'animo dell'amica. “Non c'è niente di divertente!”
“E tu, Lily, c'eri pure tu? Dio, dimmi di sì...”
“MA CHE RAZZA DI FILM TI FAI?! COS'E' QUELLO SGUARDO LIBIDINOSO?! VEDI DI CURARTI, RAZZA DI PERVERTITO!”
James scoppiò a ridere e si svaccò sul bracciolo, inarcando un sopracciglio con un ghigno che era tutto un programma.
“E allora, razza di criminali, come mai questo regolamento di conti alla babbana?”
“La Chang ha preso di mira Sirius.” spiegò Tonks, che manco a dirlo era l'unica tranquilla e serena del gruppetto.
“Non ha preso di mira Sirius!” corresse Lily, sbattendosi una mano in faccia. “E' stata Elidora a...”
“Elidora?” la interruppe schifato Potter. “Dio, quella tizia era una vera rottura di palle! Non si scollava più da Felpato! Gli dirò di stare attento!”
“A cosa devo stare attento?!”
Esattamente come era comparso James, lo stesso fece Sirius dietro di lui. Era assieme a Remus e Peter e stava letteralmente ansimando dalla corsa che aveva fatto.
“Ho fatto prima che ho potuto! Allora, chi devo prendere a sberle?!” minacciò, facendosi largo fra di loro per arrivare a Cristhine.
“Ci ha già pensato la tua ragazza.” ironizzò James, mentre lui ricambiava lo sguardo sorpreso.
“Come?!”
La Corvonero gemette di nuovo, nascondendosi dietro le mani con tutta l'intenzione di sotterrarsi.
“Lily, aiutami!” implorò pigolando come un pulcino, inducendo la Evans ad afferrare per un orecchio quel demonio prima che se ne uscisse con altre brillanti sparate.
“E' stato solo un malinteso!” spiegò. “Cristhine ha bevuto una pozione fatta male...tutto qui.”
“Le ho dato davvero della...della...!” quella fece ricadere indietro la testa, passandosi le nocche sulle palpebre con disperazione.
“Ma a chi?” Black ci stava capendo poco e niente, ma quando la Evans spiegò il resto, la guardò stralunato, letteralmente senza parole.
“Oh.” disse solo, come colpito da un bolide...e con la stessa identica espressione allupata di Potter.
“Si può sapere cosa ci trovate di tanto eccitante voi idioti in due ragazze che si prendono a sberle?!” si esasperò Lily, mentre Peter scoppiava a ridere e Remus alzava gli occhi al cielo.
“Lascia perdere...cose da maschi.” sbuffò. “Voi state bene, piuttosto?”
“Graffi a parte...” borbottò la Evans.
Remus si voltò verso Tonks.
“E tu stai bene?”
La ragazzina si era fatta zitta e seria, e per una volta guardò altrove.
“Sì.” mormorò... mentre Lupin le lanciava uno sguardo indecifrabile.
Quella strana tensione fra i due non sarebbe passata inosservata in altre occasioni, ma Cristhine era in piena crisi e nessuno ci fece caso più di tanto.
“Va bene, gente, il danno è fatto! Colazione? Paddy, visto che Elidora sta lisciando gli artigli ti conviene berti un filtro anti-piovra. Quella è capace di violentarti.” frecciò Ramoso, sarcastico, mentre Black passava un braccio attorno alle spalle della sua ragazza con un sorrisetto.
“Non crederai che mi interessi di Elidora Blake.” le disse, inarcando un sopracciglio.
“Certo che no… è solo che non faceva altro che parlare di...” arrossì di nuovo, sospirando. “...Ecco, è solo che non è da me reagire come una pazza isterica. Credo che non potrò più mettere piede in Biblioteca per almeno un mese!”
Lui ridacchiò, chissà perché ma sembrava che la cosa lo deliziasse parecchio.
“La mia piccola picchiatrice...”
Le scoccò un bacio a fior di labbra, ignorando le battutine dei suoi degni compari su quanto fossero diabetici. Cristhine si rilassò appena, sorridendogli sulla bocca.
Non sapeva che cosa accidenti le fosse preso...certo, la pozione l'aveva come posseduta, però...si era sentita così tanto arrabbiata.
Non era per gelosia... ma sentirle parlare in quel modo di Sirius...come se fosse un giocattolo...le aveva fatto ribollire il sangue. Chissà com'era prima, rifletté, guardandolo.
Chissà se si trascinava tizie come Elidora a letto solo per mero piacere...o piuttosto per dimenticare il dolore...per scordare sé stesso.
In ogni caso, ora c'era mezza scuola che l'avrebbe fissata, tanto per cambiare!
Dovettero letteralmente trascinarla a mangiare, visto che non aveva affatto intenzione di sopportare tutte le occhiate e soprattutto i Grifondoro, che in quelle occasioni davano il meglio di sé.
“McRanney, mi passi la salsa?”
“Sei pazza, Alice? Devi chiediglielo per favore! Vuoi che ti faccia un occhio nero?!”
“Sì, Spinnett, non ti conviene mica farla incazzare!”
“Certo che poteva almeno avvisarci! Avremmo piazzato giù qualche scommessa!”
“O un po' di fango...”
“Va bene, imbecilli, dovete continuare ancora a lungo?” sbuffò Black, cingendo la Corvonero con fare protettivo e alzando gli occhi al cielo, mentre quella affondava il naso nella sua giacca desiderando scomparire.
Fortunatamente, con tutte quelle crisi da studio, una banale rissa fra donne passò più inosservata di quanto sperassero e ben presto presero tutti a sfottere un certo Horace di Tassorosso che aveva vomitato sulle scarpe della professoressa Sinistra.
Le reginette della scuola erano ancora a spalmarsi creme antiacne sulla faccia dalla Chips, il che era un bel sollievo, pensò Lupin sedendosi silenziosamente al tavolo.
Ultimamente la fissazione mal riposta di Paige era diventata ancora più asfissiante... se la ritrovava ovunque che cinguettava come un canarino, a momenti lo pedinava perfino in bagno!
Al contrario di un'altra ragazza, non riuscì a trattenersi dal pensare. Tonks era stata strana, dopo Capodanno. Scostante...meno presente del solito. E ogni tanto la beccava a fissarlo in modo ambiguo, concentrata e quasi triste.
Cercò di cacciare fuori quei pensieri dalla sua mente, ma con un brivido intenso ricordò quella serata.
La sensazione del calore trasmesso dal suo corpo, il sangue che improvvisamente le imporporava le guance, il suo sapore sulle labbra quando l'aveva baciata...latte. Fragola.
Dio.
“Perché ti arrapi guardando un'arancia?” lo fissò improvvisamente Peter, parlando con ancora in bocca la cannuccia del suo bicchiere in polistirolo stracolmo di caffè freddo.
“Non mi sto...!”
“In effetti sembra una tetta.” se ne uscì brillantemente fuori James, alla sua destra. “Cioè...guardandola molto attentamente. Remus, seriamente, tu hai davvero bisogno di sc...”
“Non finire nemmeno la frase.” sibilò lui sepolcrale, prima di bloccarsi quando anche Sirius provò ad interpretare le sensazioni che aveva inviato al branco senza volerlo.
E quello che disse lo paralizzò.
“Scemi. Non è arrapato. Ha solo fame.” borbottò. “Come avete fatto a confondere le due cose?”
“E' vero, ora che ci penso è più affamato che allupato!” ridacchiò Codaliscia. “Però con un'arancia...almeno guarda una ciambella!”
Continuarono a dire quelle stupidate senza notare il suo repentino cambiamento d'umore. Il suo ghiacciare.
Li aveva chiusi di nuovo fuori...sforzandosi di non lasciar sfuggire il senso di angoscia e di vergogna attraverso le loro menti.
Fame.
Aveva pensato al bacio di Tonks...e...loro avevano sentito in lui la fame.
I suoi pugni si chiusero contro i jeans, talmente forte da evidenziare i tendini.
Paige non si rendeva conto quanto fosse fortunata ad essere respinta da uno come lui, rifletté con amarezza. E che Tonks si allontanasse...quale che fosse il motivo, quello era solo un bene.
Un fruscio improvviso parve riscuoterlo da quella sorta di gelido torpore, e come tanti, istintivamente alzò gli occhi sul soffitto incantato di Hogwarts.
Erano arrivati appena in tempo per la Posta.
Un frullar d’ali e piume invase il silenzio tranquillo della Sala e una moltitudine ben nutrita di gufi fece il suo ingresso. Tra questi spiccava Vento, l'enorme bestione dorato dei Potter, con i suoi occhi rossi come il sangue.
La Gazzetta Del Profeta cadde proprio in grembo a James, che pagò l'animale con due bocconcini di bacon e vi ci si tuffò dentro.
Il mormorio che si divulgò dopo qualche istante avrebbe dovuto far intuire a Lupin che qualcosa non andava ancor prima di leggerlo, ma quando aveva teso la mano verso Ramoso – di solito condividevano il quotidiano - quello lo aveva ripiegato in fretta e gli aveva rivolto un sorriso piatto.
“Niente di rilevante.”
“Una palla.” confermò Black con tranquillità, ma non gli sfuggì il suo impercettibile guardare a sinistra prima di fissare James negli occhi un secondo di troppo.
Stavano mentendo, capì all'istante. Ma perché?
“Oh, è terribile!” Alitò Lily all'improvviso.
Il resto lo capì tramite sprazzi di conversazioni che scoppiarono tutte assieme nello stesso momento, come tanti piccoli incendi.
“Una ragazza sui venti anni.”
“E' morta...”
“...Dissanguata?! Che fine orribile!”
“E’ stata assalita da un lupo mannaro...”
“Vicino Sheffield...”
“C'entreranno i Mangiamorte?”
E poi, quel nome. Ripetuto all'infinito, sulla bocca di tutti, ovunque.
Greyback! Ancora lui!”
“Il lupo Mannaro si chiama Greyback...”
“Greyback!”
“Era Fenrir Greyback!”
“Greyback!”
“Greyback!”
“GREYBACK!”
Remus Lupin posò la tazza sul tavolo, incapace di tenerla ancora in mano per molto. Le sue unghie affondarono nella carne dei palmi, fino a farsi male, fino al sangue.
“Dio, sono anni che commette stragi! Perchè diavolo non riescono a catturarlo?!” si indignò da qualche parte Alice, furente.
“E' bravo a nascondersi.” sibilò Paciock, scostando i riccioli dal viso. “E il Registro sui Lupi Mannari del Ministero è pieno di falle, una vera porcheria! Ci credo che continua a scappare!”
In tutto quel fracasso, nessuno si accorse di una sedia che veniva violentemente sospinta all'indietro. Nessuno vide Remus alzarsi di scatto, nessuno notò il suo sguardo.
Nessuno, tranne Tonks.
La ragazzina stava tornando a sedere quando se lo ritrovò improvvisamente davanti.
Lui la schivò per un pelo ma la streghetta lo trattenne istintivamente per un braccio, fissando confusa quel viso ora pallido come gesso, la mandibola contratta, le labbra serrate. I capelli spettinati ricadevano sugli occhi nascondendoli un po', ma percepiva comunque il suo tremare.
“Remus, stai bene?”
Il ragazzo si girò di scatto verso di lei, verso quell'impedimento che lo tratteneva dal fuggire.
E Tonks si scontrò contro due occhi gelidi, lividi. Letali. Lontani mille anni luce da lì.
La fissava...quasi con odio. L'intensità di quello sguardo buio e affilato come una spada la sopraffece, e meccanicamente si tirò appena un po' più indietro.
Senza dire una parola, lui si liberò dalla sua presa con uno strattone e rigidamente si diresse verso l'uscita.
James Potter fece per alzarsi a sua volta ma venne trattenuto da Sirius.
“Lascia. Faccio io.”
Lui gli scoccò un'occhiata critica, esasperato.
“Non puoi sempre risolverla nel tuo modo, Paddy!”
L'amico fece spallucce con aria indifferente.
“Tu sei per i discorsi motivazionali, io per lo sballarsi fino al punto di dimenticarsi il proprio nome. E dubito proprio che Lunastorta sia in vena di discorsetti, ora come ora, quindi le opzioni rimangono poche!”
“Aspetta.” li interruppe Minus, piazzandogli un mano delle ciambelle ricoperte di glassa cremosa. “Io sono per i dolcetti. Con la pancia piena di zucchero si sta sempre meglio, per cui... tieni!”
Lui li mise con cura in un fazzolettino, prima di guardare James, che alzava gli occhi al cielo.
“Fin'ora il mio metodo ha sempre funzionato, no?”
“Sì, ma lui non si ubriaca.” gli ricordò Potter.
“Vero, però ho scoperto che con il fumo è più sensibile. E dire che volevo tenermela per stasera...” sospirò quello, già facendo per rollare una canna e scandalizzando Molly.
“Black! Ma dove ce l'hai la decenza?! Sono le nove di mattina!”
“Scusa, mamma! Ma serve per lo studio!” ghignò lui, piantandola in asso ancora che lo rimproverava e filando dietro a Lunastorta con il chiaro intento di mandarlo in orbita.
James si risedette con un sospiro, prima di accorgersi di essere fissato. Ricambiò lo sguardo intenso di Lily con un brivido. Non aveva certo sentito o capito qualcosa, ma quella ragazza aveva il magico potere di farlo sentire sempre sul punto di essere scoperto... e quando la vide alzarsi, con fastidio si accorse di averne quasi timore.
Lei invece gli si sedette vicina con aria preoccupata, alludendo a Remus.
“Tutto bene?”
Accidenti, non le sfuggiva davvero nulla.
“Sta poco bene.” mentì, sperando di apparire convincente. La vide poco persuasa, e rimasero a fissarsi per qualche secondo con una strana sensazione addosso. Quando lei si corrucciava, le spuntava una sottile ruga fra le sopracciglia.
Per un istante il mondo parve spegnersi appena, e mancarono qualche pezzo di conversazione, che comunque non si era spostata di molto. Tutti gli studenti delle diverse Casate si erano mescolati fra di loro a parlottare vivacemente. Solo i Serpeverde rimasero al loro posto, guardando come dei nobili l'allarme scatenato nel resto della plebe, con una sorta di perfida pigrizia che la diceva lunga sulla loro posizione sulla vicenda.
“Dicono che ci sia questo mago...” stava dicendo qualcuno. “Questo tizio, nessuno sa con esattezza dove si trovi, però dietro i Mangiamorte c'è lui.”
“E sta attirando a sé tutte le creature Oscure, Lupi Mannari compresi... Sembra che in qualche modo stia riuscendo a unirle...”
“Sì, Vold...” fece per dire Arthur, prima che Calton gli tappasse la bocca con la mano.
“Shht!” sbottò. “Ma come, non lo sai?”
“Sapere cosa?”
“Non devi pronunciare il suo nome. E' la regola!” sussurrò una ragazzina del quinto anno, spalancando gli occhi.
“Vero!” confermò Leavy di Tassorosso, venuta al loro tavolo a chiacchierare assieme ad altri. “Dicono ci siano strane coincidenze...”
“Già. Tra il fatto che il nome venga pronunciato e la sua apparizione.” Mandy Harpies rabbrividì. “Inquietante, eh?”
Si erano tutti chinati verso il centro del tavolo, ed ora sembravano tanti bambini che si raccontavano storie dell'orrore al campeggio. Anche Lily istintivamente si era avvicinata.
“Insomma, tra le sparizioni degli ultimi tempi ed il fatto di aver pronunciato quel nome c'è una correlazione?”
“Esatto, è stato confermato anche dalla Gazzetta!”
“Come se fosse maledetto!”
“Nel senso che se lo pronunci muori?”
“Ma è davvero possibile maledire il proprio nome?”
“Boh! Io non me la rischierei!”
“Tutti hanno preso a chiamarlo Tu-sai-chi, è strano, vero? Anche sui giornali viene citato così!”
Erano ormai tutti piegati e vicini, pieni di brividi e con la voce si era ridotta ad un sussurro. La paura ora si stava levando in ogni angolo della sala, e ognuno di loro contribuiva ad aumentarla aggiungendo un dettaglio o una storiella in più sulla vicenda.
Continuarono a cospirare fra di loro fino a che...
Voldemort.”
Quelli saltarono sul posto come colpiti da un fulmine e si girarono in massa con gli occhi sbarrati.
James stava ad un passo di distanza da loro, seduto pigramente a spiluccare uva, con lo sguardo fisso davanti a sé. Sembrava incuriosito, più che allarmato.
“Voldemort.” ripeté a voce alta e chiara, facendo loro tremare le vene ai polsi e sbarrare gli occhi. “Voldemort, Voldemort, Voldemort...”
Ad ogni sillaba, gli altri sbiancavano un po' di più, facendo istintivamente un passetto indietro.
“Voldemort, Voldemort, VOOOOOLDEMOOOOORT...!”
“FALLA FINITA!”
Molly, al culmine dell'esasperazione, gli lanciò una padella in testa, mandandolo steso per terra.
“Sei fuori di zucca, Potter?!” ululò Mandy, additandolo. “Non li hai sentiti i discorsi?!”
Lui si massaggiò la testa con irritazione.
“E quindi? Volevo provare!”
“VOLEVI PROVARE?! MA SEI SCEMO?!”
“E' solo un nome! Crescete!” esplose quello, rialzandosi con uno scatto esasperato e fronteggiando spavaldo un numero ben consistente di occhietti ridotti a fessure pronti a farlo fuori. “Mi rifiuto di avere paura di un nome!”
“E tu quindi...lo pronunci senza problemi? L'hai sempre fatto?” sussurrò Arthur, colpito.
“Sì. Tutti noi lo pronunciamo.” Disse James tranquillo, alludendo ai suoi amici. “E dovreste farlo anche voi.”
“Possiamo parlare di altro?!” esclamò Molly, rabbrividendo. “Solo sentir nominare Tu-Sai-Chi mi prende un colpo…se tu ti senti sicuro ad usarlo, affari tuoi!”
“Non è questione di sentirsi sicuri, è questione di non aver paura di quattro sillabe!” Rimbeccò il Grifondoro, convinto.
“Certo che sei testone!”
“VOLDEMORT!”
“PIANTALA!”
Eppure, con l'incazzatura verso quella testa di rapa, la paura...era come se fosse scomparsa. Tutta la tensione che stava salendo lentamente mentre annoveravano i fatti degli ultimi tempi, chi diffondendo notizie false, chi vere, chi solo sentite da amici... come se piano piano si stesse gonfiando una bolla soffocante, un peso sullo stomaco che diventava sempre più opprimente.
Ora... quella bolla, quel peso, non c'erano più. C'era solo la voglia di strangolare James – ed era meravigliosamente normale - qualche insulto che volò nemmeno tanto velatamente assieme a qualche mela e un paio di libri incantati appositamente per mordergli il naso.
Una ritorsione di massa che però lasciò tutti stranamente divertiti e di nuovo rilassati.
“Sei sempre il solito, Potter!” urlò qualcuno dall'altro tavolo, scuotendo la testa, però ora tutti sorridevano di nuovo.
Lui rise, schivando un altro paio di mele e risedendosi accanto alla Evans, che lo guardava con un sopracciglio inarcato.
“E allora? Niente da dirmi, tu? Sul fatto che sia incredibilmente figo, e coraggioso...”
“Non fare il gradasso.” ghignò lei, zittendolo. “Non ho scordato la nottata dentro la Foresta Proibita a Natale! Sbaglio o qualcuno aveva talmente paura di dormire da solo da avere le occhiaie la mattina dopo?”
Senti che ingrata!” Pensò quello, indignato.
“E comunque mi spiace deluderti, ma nemmeno io ho paura di un nome!” continuò la ragazza, con orgoglio. James ricambiò il sorriso.
“Non avevo dubbi...”
Anche qualcun altro stava sorridendo, con occhi azzurri brillanti come diamanti dietro due occhiali a forma di luna.
Albus Silente si lisciò la barba, fissando con discrezione quella marmaglia di monelli.
A volte erano così impegnati a dire la loro che non si rendevano più conto che c'erano anche i professori in Sala, i quali dall'alto dei loro scranni non si perdevano mezza parola.
“Coraggioso o incosciente?” Borbottò Lumacorno, alla sua sinistra.
“Grifondoro.” Rispose semplicemente il Preside, guardando James. “Mi somiglia, sai? Caratterialmente, intendo.”
“Una fortuna, o una sfortuna, da diversi punti di vista.” Borbottò ancora il professore di Pozioni, affondando il naso nella sua colazione. “Peccato che non saremo ancora a lungo qui a goderci certe discussioni, eh?”
“Paura dei questionari, Horace?”
“Li hai visti, i sondaggi...se le votazioni rimangono invariate, verremo licenziati tutti. Inutile continuare a far finta di no.”
Il preside non si mostrò turbato.
“Non perdere così la speranza, amico mio. La vita è imprevedibile.”
“Razza di esibizionista screanzato! Tutto sua madre!” sbottò improvvisamente Minerva alla sua destra, anche se non riusciva a non mostrarsi vagamente soddisfatta e fiera guardando il suo pupillo. “Chissà da quando i giovani sono diventati così...”
Albus sorrise, sereno come l’oceano senza onde.
Grandi cose sarebbero successe, si ritrovò a pensare.
Grandi eventi.
Già...chissà da quando, nei giovani c'era quel fuoco.
Niente più paura, niente più silenzi.
Qualcosa, nell’aria, stava cambiando come una ventata d’aria fresca.




Preparare una tintura di celidonia era un’operazione piuttosto complicata. Il problema non stava tanto nel metodo, quanto nel misurare le dosi con precisione.
Lumacorno aveva insegnato loro a realizzarla usando le foglie secche, mentre le sue mani grosse ed esperte facevano da esempio, riducendole in polvere con un mortaio e un pestello.
Lily Evans imparava in fretta.
Sminuzzava già le foglie appena raccolte, ponendole in una ciotola e ricoprendole con uno strano infuso, senza badare al professore, basandosi solo sul suo libro e...sull'istinto.
Era imbattibile in pozioni. Solo Piton pareggiava con lei.
Entrambi modellavano, tagliavano, sminuzzavano e spuntavano con precisione millimetrica.
James Potter la fissava ormai da qualche lungo minuto, segretamente ammaliato dalla sua bravura. E poi, era uno splendore.
Concentrata all’inverosimile, coi capelli raccolti in una treccia scompigliata, la fronte sudata e la pelle illuminata dal fuoco.
Come accortasi del suo sguardo, la ragazza si voltò verso di lui, corrucciando le sopracciglia. Di nuovo quella rughetta sulla fronte.
James le sorrise, spudorato come suo solito, e lei alzò gli occhi al cielo, anche se…c’era una lieve increspatura nelle sue labbra morbide, come un sorriso.
La vide aggiungere alla Pozione un pizzico di cannella e lasciarsi ricadere sulla sedia, stanca ma soddisfatta.
E soprattutto, grata di non essere tra coloro a cui la lavorazione di quelle particolari erbe provocava un doloroso gonfiore alla pelle.
Era sempre la prima a finire, ma le sue mani “di fata”, come le chiamava Lumacorno facendola imbarazzare come non mai, non si rovinavano facilmente come quelle delle altre ragazze. Era resistente, nonostante quell'aria delicata e mingherlina.
E curiosa. E una buona osservatrice.
Però Remus era tranquillo, ora. Certo, le erbe di Sirius – che di solito stendevano un elefante – su di lui avevano avuto un effetto blandissimo, però erano servite allo scopo. La sua mente era calma, ammorbidita.
Gli diede un'occhiata. Sembrava quasi sonnecchiare, più che controllare la pozione, ma anche senza il suo aiuto da secchione non stava riuscendo male.
Però non aveva niente a che vedere con quelle della Evans e soprattutto di Mocciosus, che erano perfette. La cosa lo irritava sempre tantissimo.
“Bene.” Asserì il professore, una volta terminata la lezione. “Voglio che impariate a prepararla come si conviene e ad adoperarla nel modo giusto. Questa tintura è in grado di alleviare gran parte delle malattie dello stomaco, ma è molto potente. Dovete usarla solo UNA volta, è essenziale. Ora copritela con la pezza di mussola, e riponetela con attenzione nell’armadietto. Lasciatela riposare per venti notti, poi filtratela e conservatela al buio con un tappo che tenga bene per un paio d’ore. Questo serve solo per potenziarla...ma può essere utilizzata anche subito, in caso di emergenza. Domande?”
La mano di Malfoy scattò in aria.
“Sì, Lucius?”
“Perché dovremmo studiare questi metodi babbani?” chiese lui, con voce dura. “Un po’ di Sidro di Mandragola, mischiato a Olio Notturno, e il gioco è fatto.”
“Perché sono metodi utili, signor Malfoy, anche se…babbani.” Spiegò Lumacorno, pazientemente. “Il Sidro di Mandragola viene estratto con un procedimento lungo e tedioso. E l’Olio Notturno non si trova che in Scozia, centellinato per il resto del mondo da alcune tribù naniche. Se foste attaccati da un mal di stomaco durante una missione, invece, potete trovare queste piante in una qualsiasi foresta e preparare il rimedio in un’ora o due. Si può realizzare anche se foste temporaneamente privati delle bacchette. E' più sbrigativo e più semplice.”
Lucius aveva occhi gelidi.
“E' primitivo.” corresse, quasi sdegnato.
“Cose da mezzosangue...” sbuffò Nott al suo fianco, con una smorfia. “Piuttosto crepo di mal di stomaco.” sibilò il biondo mentre osservava il loro grasso professore rimettere a posto le cose con disgusto.
“Non vediamo tutti l’ora, Malf…” frecciò dall'altro capo della stanza James, annoiato.
“Fottiti, Potter.” sussurrò Nott, ferocemente. “Scommetto che tu la useresti subito anche a costo di andare in una Farmacia Babbana e mischiarti a quelle bestie senza magia.”
“E scommetto che tu invece, idiota ignorante, ti lasceresti tranquillamente morire per qualcosa di così terribilmente stupido.”
I Malandrini si voltarono tutti verso Lily, madre di quell’ultima frase. Calò un silenzio stupito. Di solito il Prefetto di Grifondoro tendeva semplicemente a ignorarli, o tuttalpiù le risse le sedava. Anche i Serpeverde furono un po' sorpresi.
“Ma guarda, ‘manine di fata’ è scesa in campo. Quale onore, Evans.” Sorrise Malfoy, divertito da quella strana presa di posizione.
“Oh, non annodarti la bacchetta. Non ho la minima intenzione di proseguire.” sbottò lei freddamente, mentre il rumore di sedie grattate riusciva a farli parlare a voce più alta, ora, senza che Lumacorno sentisse.
“Fossi meno attaccata alle tue radici, Evans, capiresti che non ha senso studiare quelle idiozie babbane ad un corso per maghi veri.”
“Fossi meno imbecille, Malfoy, capiresti che tutte le pozioni dei maghi discendono da antichi metodi babbani. Chiamasi fitoterapia! Forse, prima di spacciarti per l'unico essere degno di tenere in mano una bacchetta, dovresti prima studiarla, la magia!”
E con suo perfido godimento, quello finalmente chiuse il becco.
Inutile dire che fu portata in palmo di mano dai suoi compagni Grifondoro per tutto il corridoio, che la circondarono creando una vera barriera protettiva per tutto il tragitto, con tanto di fischi e cori da stadio.
“Non magnifica...di più!” James la guardava con le stelline negli occhi. Il modo in cui sorrideva era contagioso e la ragazza ricambiò, arrivando addirittura a battergli il cinque.
Quella sorta di complicità tuttavia non era passata inosservata e dall'altro lato del corridoio, ci fu come una corrente d'aria fredda.
Si voltò, rimanendo più indietro, sentendosi come osservata... e si accorse che quella bora assassina proveniva da Liu Chang, di nuovo con il viso pulito e la pelle perfetta.
Era incazzata come una biscia, anche se si sforzava di mascherare il suo odio con un ghigno sferzante.
“Lily Evans, la nuova eroina di Grifondoro...” mormorò con freddezza.
L'allegria scese di botto.
Cercò di superarla, entrare in classe...ma sentiva il suo sguardo cattivo sulle spalle.
“E pensare che dovresti essere una Prefetto.” commentò di nuovo la bella bruna, guardandola con superiorità. “Chissà cosa ne penserebbero i professori, sapendo che non hai punito Ninfadora Tonks per quello che ha fatto!”
Lily sentì di averne abbastanza.
Così, all'improvviso.
Complice forse l'aver zittito Malfoy e la sensazione immensa di potere che ne era scaturita, complice il fatto che era stanca, stressata dallo studio, dai suoi doveri, dal Ministero che non le dava retta, dai commentini di Malfoy, dagli articoli orrendi sui giornali, complice il fatto che quella maledetta l'aveva esasperata per tutta la settimana e...sì, complice il fatto che per sette dannate notti non aveva fatto altro che sognarla mentre baciava James Potter sotto al vischio di Capodanno.
Girò i tacchi di scatto, avvicinandosi e rivolgendole uno sguardo di fuoco.
“Ok, si può sapere che razza di problema hai?!” ringhiò, furente.
Lei balzò giù dal comò sul quale era seduta, fronteggiandola. Lily era più alta, e doveva alzare il viso per guardarla negli occhi.
“E così santa Evans è scesa dal suo piedistallo per camminare tra noi comuni mortali!” disse sofficemente, socchiudendo le ciglia da bambola. “Mi chiedevo in effetti quando ti saresti tolta la maschera della ragazza perfetta, a quanto pare prima del previsto.”
“Non so di cosa parli.” soffiò la Grifondoro, gelidamente.
Improvvisamente sentiva di detestarla, di odiarla. Le sue labbra contro quelle di James...di nuovo. Era una sensazione che inspiegabilmente le faceva ribollire il sangue.
Fosse stata meno orgogliosa avrebbe semplicemente detto a sé stessa la verità. Ovvero, che era gelosa marcia. Ma preferiva pensare di volerle cavare gli occhi solo perché la Corvonero ce la stava mettendo davvero tutta per darle sui nervi – il ché non era propriamente così falso.
“Avresti dovuto punire Ninfadora Tonks, sai? In qualità di Prefetto. Eppure non l'hai fatto, dio, è divertente vedere come proteggi a spada tratta i tuoi amici mentre indossi la maschera della giustiziera quando si tratta degli altri!”
“Ninfadora Tonks è caduta! E' stato un incidente.”
Bugia.
“Raccontalo a qualcun altro. Ci ha aggredite. Esattamente come la McRanney!”
“So meglio di te che cosa significhi essere Prefetto, ti ringrazio.” sibilò. “Sai, è davvero incantevole come tutti qui pretendano di dirmi come adempiere ai miei compiti quando metà di questa scuola, Prefetto compresi, violi le regole senza nessuna decenza! Vuoi andare dalla McGranitt a lamentarti di come lavoro? Bene, fallo! Fatelo tutti, io ne ho piene le tasche!”
“Lo fai per lui, non è così?” la sua voce si fece minacciosa. “Lo fai per sentirti parte del suo mondo, finalmente! Proprio non ci riesci, eh? Proprio non ci riesci a vederlo nelle mani di qualcun altra...”
“Non so di cosa tu stia parlando.” replicò sdegnosamente Lily, ma improvvisamente non riuscì più a guardarla negli occhi.
“Lo sai, invece! Sai che starebbe meglio con me!” gli occhi della Chang si fecero bui, esattamente come quelli di Lily. “Eppure lo tieni legato a te! Anche se ce la metti tutta per dimostrare il contrario tu lo vuoi per te! Non affannarti a contraddirmi, ho visto come mi hai guardata per tutto il tempo!”
Le diede le spalle, serrando le mandibole.
“Stai farneticando. Lui può stare con chi vuole.”
Liu rise con disprezzo, incrociando le braccia al seno.
“Oh, eccola qui, di nuovo la perfetta ragazza della scuola. Quella superiore, quella sdegnosa, quella che sta zitta quando qualcuno cerca di provocarla. Non ti stanchi mai, Evans? Di portare la maschera della brava bambina?”
Ora basta.
Si voltò di nuovo, sentendo il cuore battere di adrenalina...e una rabbia senza pari si impadronì di lei.
“Vuoi che tolga la maschera? Bene, ti accontento subito!” sbottò, sovrastandola. “Sai perché ti guardo così da Capodanno, Liu? E' perché tu mi disgusti!”
L'altra fece per ribattere, sgranando gli occhi, ma Lily la zittì alzando la voce.
“Mi disgusta come cerchi di conquistare qualcuno solo attraverso l'inganno, mi disgusta il modo in cui sbatti i piedi e fai i capricci quando non ottieni quello che vuoi, mi disgusta il fatto che cerchi di attribuire A ME il senso dei tuoi fallimenti perché non hai il fegato di guardare in faccia la realtà, come se avessi dodici anni invece che diciassette! E la realtà è James Potter non ti vuole né ti vorrà mai, ed è solo colpa tua! E non perché hai qualche inabilità, non perché sei poco attraente o poco interessante, ma è perché TU di amore non sai NULLA, tu pensi di amare ma non puoi neanche capire cosa significhi farlo! Quello che brami davvero è il possesso ed il tuo è solo il lungo e petulante capriccio di un bambino! E sai una cosa? Io, quella debole, quella ipocrita, quella inetta, ci sono passata per davvero, so cosa significhi quando qualcuno vuole averti con tutto il suo egoismo, so cosa significa essere amati ma senza amore, ed è una sensazione orribile! Ecco perchè mi disgusti così tanto! E forse non sarò la persona più adatta al mondo per parlare di come si dovrebbe amare qualcuno ma una cosa è certa, non così! E ti assicuro che mi contraddirò di nuovo, sbaglierò, ancora, ancora e ancora, perché è questo che fanno le persone quando si legano a qualcuno, sbagliano e cambiano idea! Quindi non chiederò scusa solo perché ho difeso i miei amici, non mi farai sentire in colpa per questo! TU quante amiche vere puoi dire di avere? Quante, che non siano solo delle squallide imitazioni, delle servette su cui troneggiare? Lo sai, l'unica cosa a cui penso quando vado a dormire la notte dopo aver passato un'intera giornata senza averti degnata di uno sguardo è che mi dispiace per te, è che sono felice di non essere te! Perché sei patetica!”
Rimase immobile, ansimante. Non si era nemmeno resa conto di essersi messa ad urlare fino a quando non sentì la propria voce rimbombare nel corridoio ormai vuoto.
Liu Chang era rimasta in silenzio, livida, pallida. Si squadrarono ma improvvisamente, nei suoi occhi non ci vide più così tanta rabbia, bensì...come una sorta di tristezza. L'aveva ferita?
“Voi due, che ci fate qua fuori? Sta iniziando la lezione!” tuonò all'improvviso la McGranitt, facendo capolino dalla porta.
Entrambe sussultarono, raddrizzandosi.
Entrando in classe, Lily Evans si sentiva strana. Cristhine aveva bevuto la pozione, ma ultimamente era lei, quella che stava cambiando...si sentiva come un coniglio, che sbatteva ferocemente contro le sbarre di una gabbia, pazzo di frustrazione.
Che accidenti le era preso, prima? E prima ancora, con Nott e Malfoy? E per tutto l'intero anno... da quando era così...così come?
Così Marauder, disse una voce dentro. Era come se si stesse ribellando alla sua stessa personalità. Si sentiva indisponente, arrabbiata e disubbidiente, non più così attratta dalle regole, anzi, infrangerle sembrava darle una specie di scarica di adrenalina che la faceva sentire...viva.
E parlare così schiettamente, dire quello che pensava davvero, per una volta, l'aveva fatta sentire libera e forte.
Però, anche in colpa...Liu Chang camminava a capo chino tra i banchi senza proferire parole e guardare nessuno.
Sfortunatamente, essendo le ultime ad entrare in classe, c'era un solo banco disponibile.
Avrebbero dovuto mettersi vicine!
Con la smorfia di chi mangia un limone, si sedette con cautela. Lei tirò fuori le sue cose dalla borsa senza guardarla, quasi con tranquillità.
“Oh, giù quelle bacchette signori.” Ordinò brusca la professoressa. “Oggi faremo il test preparatorio dei M.A.G.O.”
Inutile dire che la notizia, un vero fulmine a ciel sereno, lasciò tutti allibiti. E poco dopo ci fu una specie di insurrezione.
“Una verifica a sorpresa...oggi!” sbottò James. “E’ una vera ingiustizia!”
“Pensavamo che sarebbe stato più avanti!”
“Non ci avete avvisati!”
“Nessuno sapeva niente! Non abbiamo avuto abbastanza tempo per prepararci!”
“BUUU!” tuonò Sirius.
“SILENZIO!” ruggì la Mcgranitt con la sua proverbiale finezza, e la classe si zittì, anche se tanti occhietti arrabbiati le puntavano contro.
“Sono cose che dovreste già sapere, per cui piantatela! Il tempo era più che sufficiente! Ora distribuirò i fogli, e ovviamente le regole sono le stesse di sempre! Non si copia, non si imbroglia, non si parla! Questi non sono i M.A.G.O., ovviamente, ma saranno utili non solo a noi per capire come presentarvi al meglio alla fine dell'anno, ma anche a voi per farvi un'idea sugli esami finali e su come affrontarli! Quindi basta lagne inutili! Consideratela una base di appoggio su cui costruire.”
“Io costruisco una bara per il caprone che ha inventato questa stronzata!” soffiò Potter tra i denti, ma il discorsetto e le occhiatacce della strega bastarono a sedare la rivoluzione studentesca a sufficienza.
Lily Evans sospirò, sbattendo la testa contro il tavolo e rialzandola solo quando il foglio con le domande comparve davanti a lei. Sapeva che la data di quell'esame sarebbe rimasta nascosta fino all'ultimo, ma si aspettava come tutti di avere più tempo! Sarebbe stata in grado?
Gettò una occhiata alle domande con aria timorosa.

“Descrivi la Trasfigurazione Avanzata di un oggetto di grande proporzione, il movimento tecnico della bacchetta e l’incantesimo da pronunciare compresi gli accenti.”

Quella non era difficile. L'aveva visto fare a James qualche tempo prima, quando aveva trasfigurato il banco in un maiale. Il movimento della bacchetta doveva essere fluido e girare in cerchi ampi.
Decisamente sollevata, iniziò a scrivere.
Il resto delle domande erano alquanto difficili, però stava riuscendo a cavarsela.
Credeva di aver sbagliato la numero cinque, ma per il resto si sentiva sicura. Forse sarebbe anche riuscita ad ottenere il massimo dei voti!
Dopo circa mezz'ora, una lieta euforia si impossessò di lei, tanto da renderla serena e di farle pensare di poter staccare un po’.
Si fermò, si stiracchiò, si mise la punta della piuma in bocca e fissò come se la cavavano gli altri. Remus non sembrava avere particolari problemi, scriveva calmo, anzi a dirla tutta sembrava un po'... rallentato. James pareva invece annoiato, si stiracchiava e poi iniziava a scrivere veloce, come se non vedesse l'ora di sbrigarsela. Anche Sirius sbadigliava vistosamente, per nulla in ansia, mentre Peter era l’esatto contrario: si guardava intorno nervoso e si mordicchiava le unghie. Cristhine era china sul suo, con l'aria seria e concentrata, sembrava ancora più minuta così raggomitolata sulla sedia ed era assurdo pensare a come si fosse rivoltata come una furia quella mattina!
E successivamente... la sua attenzione si spostò su Liu Chang, che picchiettava insistentemente sul suo foglio con la punta della penna e le dava gomitate.
Accadde tutto in un attimo.
Inizialmente la ragazza pensò stupefatta che volesse mostrarle il proprio compito, poi vide che sulla sua pergamena, proprio al centro, c’era un biglietto.
Liu Chang lo indicò di nuovo con occhi eloquenti e Lily si sporse per leggerlo, sbalordita.


“Mi rendo conto di avere esagerato. Le tue parole avrebbero dovuto infastidirmi, in realtà...ecco, mi hanno fatto riflettere. Sei forte Evans, devo dire che non me l'aspettavo proprio da te! La verità è che James mi piace davvero, e a volte la gelosia sa rendere le donne terribili. Non sono molto brava con le scuse, ma...spero davvero che mi perdonerai.
Amiche?
Liu.”




Lily spalancò la bocca senza riuscire ad emettere un suono. Ma era seria?!
Non si aspettava proprio una cosa del genere... allora non era stata un'allucinazione, le erano davvero venuti gli occhi lucidi, prima!
Ed ecco che il senso di colpa ora si faceva più bruciante...forse aveva esagerato a parlarle in quel modo feroce.
Ok, lei era stata una vera carogna, però aveva chiesto scusa...e ci voleva del fegato per farlo. E d'altronde sua madre le aveva sempre insegnato a dare delle seconde occasioni...
Scrutando ancora il bigliettino senza credere ai propri occhi, fece per voltarsi e accennare perlomeno ad un sorriso di cortesia, ma…
“Professoressa, Lily Evans sta copiando dal mio compito.”
La voce chiara e netta della Chang sovrastò il silenzio.
In un attimo tutti si voltarono verso Lily, chinata vistosamente sul foglio di Liu.
Lei si immobilizzò come una lepre colpita dai fari di un'auto.
Batté le palpebre.
Una, due volte.
“Eh?!”
E il resto della scena si presentò davanti ai suoi occhi allibiti come un film mandato avanti in fast forward.
Le occhiatine sorprese e perfidamente divertite dei compagni, Minerva McGranitt che spalancava la bocca, cercando il suo volto tra quello di tutti gli altri...il verso scandalizzato che le uscì dalle labbra, il suo fiondarsi su di loro, il foglio ritirato con un movimento brusco.
E lei, che si ritrovò in meno di due secondi sbattuta fuori dalla classe.
“Che questo ti serva da lezione, Evans! Sono delusa, non lo nego. Sulla base del fatto che sei sempre stata irreprensibile, non annullerò il tuo esame...ma ritirerò il tuo foglio adesso, con tutto quello che hai scritto. Non avrai la possibilità di finire. Spero tu sappia il significato di presentare incompleto un esame così importante! Ma che cosa ti è venuto in mente?”
Ancora sotto shock, la ragazza guardò la professoressa senza spiccicare parola. Lei scuoteva il capo con amarezza, diceva qualcosa, eppure lei non riusciva a collegare.
No, dai. Non poteva essere davvero...no!
“M-ma...ma io…” balbettò, sbiancando.
“Arrivederci!” Chiosò la donna, dura, e le sbatté la porta in faccia.
Rimase a guardarla per cinque minuti buoni, come inebetita. Si dice che quando il cervello subisce un trauma improvviso, ci metta un po' a somatizzarlo...a elaborare...una sorta di tecnica di autodifesa.
E per lei quello era un trauma. Per lei quello era IL trauma.
Corni corazzati, Mangiamorte, mostri vari...niente l'avrebbe messa sotto shock come quanto era appena successo.
Quando lentamente iniziò a realizzare, in pratica prese fuoco.
Quella...quella brutta...!
“E' STATO TUTTO UN TRANELLO! MI HA INGANNATO!” urlò stridula al legno, ora piena di inorridita consapevolezza. “MA...MA IO LA ROMPO!”
E la rabbia divenne implacabile.
Si ritrovò a girare per i corridoi con occhi assatanati e iniettati di sangue senza sapere il motivo. Sapeva solo che doveva muoversi o sarebbe implosa!
Il suo test! Il suo meraviglioso, perfetto, dettagliatissimo test!
Ben presto gli studenti si defilarono, spaventati dai suoi capelli sparati per aria e dal fumo che le usciva dalle orecchie, e lei si ritrovò sola a vagare con occhi alienati, come uno spirito dannato.
Non riusciva a credere che si potesse tirare un colpo tanto basso!
Come aveva potuto farsi fregare così?! Come?!
“Maledetta Chang! Razza di stupida oca senza cervello! Dio! Come la odio! LA ODIOO!” si mise le mani sul viso per reprimere il nervoso, ma poi esplose e cominciò a urlare da sola, dicendo definitivamente addio all'ultimo briciolo di salute mentale rimasta. “MUORI CHANG, MUORI!”
Iniziò a tirare calci ad un portaombrelli di marmo immaginandosi di prendere a calci la sua faccia e ci mancò poco che si fratturasse un alluce, che esplose di dolore.
“AHI!”
Finì per saltellare su una gamba sola e tenersi il piede con una smorfia, lanciando imprecazioni al ritmo dei saltelli e diventando degna di un film comico di serie b.
E poiché Gazza aveva lucidato il pavimento di marmo con la cera, scivolò, cadde all’indietro e...
“Attenta!”
Due braccia forti l’afferrarono al volo, tenendola salda. Si sentiva il cuore esplodere nel petto dalla rabbia e cercò di calmarsi, rendendosi conto di quanto apparisse folle. Ora che c'era qualcun altro in quel corridoio, non poteva perdere la testa così...o l'avrebbero fatta internare!
Respira Lily...respira...
“Grazie mille…” bofonchiò, alzando il viso.
“Di nulla Evans!” Ghignò James Potter dall'alto.
“MA CHE CAVOLO!”
Non si era accorta che la campanella era suonata! Ma almeno un po’ di tregua, dannazione!
Ci mise qualche secondo a notare che le mani del ragazzo erano andate a parare - guarda che strano - proprio sul suo seno. Il suono di uno schiaffo riempì l’aria.
“PORCO SCHIFOSO!”
“Anche io sono contento di vederti. Non ti mostrare troppo felice, altrimenti penserò che sei innamorata di me rossa!” Esclamò il poveretto, massaggiandosi con una smorfia la guancia.
Era rimasto a guardare quello sfogo di nervi in silenzio, come se fosse un'opera d'arte, cosa che in effetti era.
Si ripassò nella mente tutta la sequenza: aveva camminato su e giù borbottando con se stessa per almeno dieci minuti, poi aveva urlato all'improvviso, preso a calci un portaombrelli, saltato su un piede solo imprecando come un marinaio ubriaco ed infine era caduta all'indietro...
“Sai, a volte sono davvero felice di vivere ad Hogwarts.”
“James, non è proprio aria!”
“Aallooora…” cantilenò quello, divertito come il demonio. “Alloraa…”
“Allora cosa?!”
“Vedo che stai prendendo la via dei Malandrini. Copiare un compito! Non me lo sarei mai aspettato da te. Finalmente stai imparando!”
“Non ho copiato nessun compito!” Strillò la Grifoncina, spettinandolo con la sola forza dell’ugola. Aveva un non so ché d’isterico, di psicotico. Più del solito, almeno. “E’ stata la Chang! Chang, Chang, Chang, Chang! Quella maledettissima vipera mi ha incastrato!!!”
Ma con sua sorpresa… James sorrideva senza più schernirla.
“Lo so, stupida, ti prendevo in giro. Ho sentito Liu parlarne alle amiche, fuori dalla classe.”
Purtroppo questo non rallegrò minimamente la streghetta, che passò da una cieca rabbia… allo sconforto più totale, diventando della stessa consistenza di una gelatina.
“Perché, Potter? Che cosa ho fatto di male al mondo?” si lagnò con occhioni lucidi, facendolo alzare gli occhi al cielo per la seconda volta nella giornata.
“Ci tieni tanto a quel compito?”
“Ma certo che sì! E ora me lo sono perso…ho fatto a malapena la metà…non basta nemmeno per la sufficienza!”
“Se ci tieni tanto, posso fartelo rifare.” Disse James con una alzata di spalle.
Cadde finalmente il silenzio. Lily alzò il viso di scatto, fissandolo con occhi a palla.
“E come faresti?”
“Evans, hai tralasciato una cosa importante di me.”
“E cioè?”
“Io sono il capo dei Marauders.” disse solo quello, piegandosi verso di lei e guardandola come se ciò bastasse a spiegare ogni cosa. Poi, come se niente fosse, tirò fuori un mazzo di chiavi arrugginite dalla tasca.
“Cosa sono?”
“Chiavi. Sai, quelle cose che aprono le porte.”
“James, vuoi che ti ammazzi sul serio oggi, sì?”
Lui ridacchiò sotto la sua espressione seria.
“Sono di Gazza, le chiavi della Stanza-Archivio dei prof.”
“Coosa?! E dove diamine le hai prese?!”
“Sgraffignate...” fu la distratta risposta. “Senti, adesso noi abbiamo un’ora buca e gli insegnanti sono tutti a lezione, quindi possiamo intrufolarci di nascosto e modificare il tuo esame, se vuoi.”
Lily lo fissò, incerta.
“Non so…”
“Devi decidere tu.”
Ed eccola lì, di nuovo pronta a rimodellare i confini della propria moralità. La spilla con la “P” le bruciò contro la divisa, incandescente.
In effetti non avevano tutti i torti a criticarla. Un Prefetto non andava a fare scampagnate nella Foresta Proibita e non si intrufolava nella sala dei Test per rifare il proprio…però era anche vero che la stessa Liu l’aveva incastrata. Insomma, lei non stava copiando, era innocente!
“E va bene.” Acconsentì, sospirando. “Andiamoci, ma col mantello dell’Invisibilità.”
“Ma certo!” sorrise il mago, tirando fuori dalla borsa il suo fedele indumento. Si sorprese di nuovo nel vedere quanto fosse bello, scintillante ed impalpabile.
E...ed era pieno del suo profumo. Quell'odore indefinibile di vento, di bosco...odiosamente piacevole.
“Hey rossa, perché ti tappi il naso?”
“Lascia perdere...”
Camminarono facendo bene attenzione a non scontrarsi con nessuno, dato che i corridoi si erano riempiti di nuovo degli studenti.
E anche quando alcuni Primini li circondarono senza lasciare loro possibilità di manovre, James fece: “BU!” e quelli scapparono a gambe levate urlando qualcosa sui fantasmi dispettosi.
Quando finalmente arrivarono alla stanza, James si guardò attorno con attenzione, poi sfilò le chiavi, le fece girare nella porta a vetro e furono dentro giusto un istante prima che Lily diventasse blu, tanto a lungo aveva trattenuto il respiro.
“Questa sì che è magia!” sorrise lui, sornione come un gatto.
Dentro non c'era nessuno. Alti cassetti pieni di fogli e documenti si stagliavano minacciosi fino al soffitto, sovrastando ogni cosa.
“Dunque…i documenti recenti dovrebbero essere qui.” Bofonchiò James, aprendo un'anta e trafficando tra i fascicoli e fogli vari. Un po' troppo sicuro di sé per non destare sospetti!
“Dì un po', quante volte ci sei venuto qui dentro?!”
“Abbastanza. Ma mai per me stesso, se è questo che ti chiedi. Ah ecco: Lily Evans, Grifondoro.” Allegramente, sfilò il suo tema fuori da una pila di fogli e nonostante tutto, Lily non riuscì a non sciogliersi in un sorriso raggiante.
“Sei...sei stato formidabile!” le sfuggì di bocca, al settimo cielo, prima di rimettersi a lavoro e riprendere da dove aveva lasciato.
E mentre la Grifoncina scriveva freneticamente, lui rimase di nuovo a guardarla.
Non le era nemmeno passato per l'anticamera del cervello di copiare per davvero...che tipa assurdamente onesta. Cercò di non starle troppo addosso e cominciò a gironzolare tra le pile di documenti, dando ogni tanto un'occhiata distratta a qualche nota particolarmente interessante e alle fatture per i rifornimenti di Quidditch. Poi, una teca in particolare catturò la sua attenzione. Era di vetro, sigillata da numerosi incantesimi e conteneva solo un paio di fogli. Prima non c'era.
E da come era tenuta sotto custodia, sembrava essere importante. Una vera fortuna avere il mazzo di chiavi di Gazza.
“Finito!” Trillò Lily dopo una ventina di minuti, portando alla luce il foglio. “Sono sicura di averle scritte giuste tutte…meglio non dire nulla per scaramanzia. Avevo dei dubbi sulla cinque però…sicuramente l’ho sbagliata. Vabbé, non importa.” Si voltò verso James e sorrise ancora. Rischiava di abituarcisi.
Lui stava leggendo un foglio con aria corrucciata.
“Che stai facendo?”
“A che punto siete con la questione del rappresentante degli studenti?” chiese quello senza staccare gli occhi.
“Per ora navighiamo in alto mare. Perchè?”
Lui sospirò, mostrandole la sua scoperta.
“Sono le percentuali dei questionari sui professori. Serpeverde sta votando in massa a favore del licenziamento. C'è ancora qualche astenuto, ma per ora siamo al cento per cento.”
La notizia non giungeva così tanto inaspettata, però Lily si sentì comunque come se il mondo stesse cadendo. Scivolò con la schiena contro il muro, sedendosi per terra e cingendosi le ginocchia.
“Dici che...stiamo fallendo?” chiese, in un mormorio. “Che non c'è speranza?”
“Hey!” sbottò lui, sedendosi accanto a lei. “C'è sempre speranza!”
Guardò il suo viso, la sua espressione triste. Impacciato, le mise una mano sulla spalla.
“E' che più ci provo, più le cose sembrano sfuggirmi di mano.” mormorò lei. “E' come se la vecchia me, quella che fa sempre le cose giuste, quella che segue le regole e che crede nella giustizia, stia venendo schiacciata sempre di più. Mi sento una razza in via d'estinzione, ormai. Qualcosa di superato, di sciocco perfino. Come se non ci fosse più spazio per le vecchie Lily Evans nel mondo. Capisci quello che dico?”
“E allora, vorrà dire che le nuove Lily Evans sgomiteranno per riprenderselo.”
“Sì...” sospirò lei, guardando il soffitto. “E' solo che...e se diventassi peggiore di quello che sono?”
Lui sorrise, passandole un braccio dietro le spalle. Lei lo lasciò fare, anzi, sembro farle piacere. Quasi faceva le fusa.
“Senti, Lily. Mi parli di razze in estinzione, ma sai chi si estingue davvero? Chi non cambia mai! Cambiare fa paura ma è necessario, sempre! E non sto parlando di adeguarsi, dio, quello mai, ma di evolversi. Di lottare con le unghie e con i denti per portare avanti i propri ideali, a qualunque costo! Sarebbe fantastica una realtà dove seguire le regole sia la soluzione per risolvere tutto, ma purtroppo non è così che gira il mondo. E se non vuoi diventare peggiore, semplicemente non lo diventare! Gli amici sono lì per quello, per aiutarti quando da sola non ce la fai, per indicarti la via giusta!”
“Gli amici?”
“Già.”
“Intendi...tu?” lei sollevò gli occhi, guardandolo seria ma quasi sorpresa. Lui sorrise di nuovo.
“Già.”
Amici. Erano amici. Non riuscivano più nemmeno a negarlo, ormai.
Si volevano bene...
“E sai una cosa? Se non riusciremo a proteggere i professori con le buone, allora lo faremo con le cattive! Protesteremo, faremo occupazione, ci rifiuteremo di studiare!”
“Ah, rifiutarsi di studiare!” fece finta di singhiozzare lei, con aria drammaticamente spaventata, facendolo ridere.
“E se anche così non basterà...ci penserò io personalmente! Romperò talmente tanto le palle che porterò all'esasperazione qualsiasi nuovo professore ci rifileranno! E sai che posso riuscirci! La mia ex baby sitter va ancora in clinica! Per non parlare del mio prete babbano!”
“Prete? TU vai da un prete?!”
“Sì, è un tipo strano...anche se devo dire che il carcere l'ha reso più simpatico.”
Lei scoppiò a ridere, portandosi una mano davanti alla bocca.
“Ok, ok, mi hai convinta.” balbettò, asciugandosi le lacrime. “Se mai dovesse succedere, ci ribelleremo come solo noi sappiamo fare. Anche se...mi sarebbe piaciuto davvero risolverla alla mia maniera. Sai, con la speranza e tutto il resto...”
James le diede un buffetto affettuoso.
“Chi lo sa? Non è ancora finita d'altronde. La vita è piena di sorprese, no?”
“Giusto.” annuì lei, prima di alzarsi. “Andiamo?”
Alcuni professori stavano entrando, ignari della loro presenza. Indossarono il mantello e scivolarono accanto a Ruf e Vitious (beh, il braccio di Lily passò attraverso Ruf, dato che era un fantasma ma lui non sentì nulla).
Quando finalmente si sentirono sicuri, uscirono allo scoperto e ripresero a camminare come due normali studenti del Settimo anno.
“Allora, è andato bene l'esame?” chiese lui, sforzandosi di non sembrare eccessivamente gongolante e di non fissarsi troppo sul modo in cui i suoi occhi brillavano, mentre lo guardava. Avevano brillato così per tutta la settimana. Guardando lui.
La Lily Evans di cui chiunque si sarebbe potuto innamorare facilmente...
“Oh sì, meravigliosamente…e tutto grazie a te! Allora sei buono a qualcosa!”
“Hey, ma che piccola ingrata!” Le arruffò i capelli con un ghigno, facendola ridere.
“E' tanto brutto se spero che la Chang abbia sbagliato qualsiasi cosa nel suo?”
“Oh beh…” ghignò James. “Diciamo che non ci vai lontano, ecco.”
“Che? Non avrai mica...”
Lui alzò le mani, poi con la bacchetta si trasfigurò un'aureola svolazzante sulla testa.
Lily scoppiò a ridere senza ritegno. Poi gli piazzò le mani sulle spalle e lo guardò dritto negli occhi con aria maestosa.
“James Potter, mi hai ufficialmente salvato la vita.”
“Dimmi qualcosa che non sento tutti i giorni!” minimizzò lui, prima di zittirsi quando la ragazza si alzò alzò in punta di piedi e, lentamente, si avvicinò. Le sue labbra si posarono sulla sua guancia lasciandoci un segno incandescente.
“Grazie…” mormorò, radiosa. “Questo non lo senti tutti i giorni da me. Ma te lo sei meritato.”
E se ne andò, salutando con la mano.
La Lily Evans di cui chiunque si sarebbe potuto innamorare facilmente...
James si sfiorò il punto della faccia in cui lei, proprio lei, l'aveva baciato di sua spontanea volontà.
In effetti, quello non gli accadeva tutti i giorni.
Però… ora aveva bisogno di una doccia fredda...





La mattina dopo, Lily Evans ebbe modo di gustarsi una divertentissima scenetta.
La Mcgranitt assegnò loro i risultati e Lily aveva ottenuto il massimo dei voti,( “Che sfortuna sfacciata, Evans!” aveva detto, sorpresa. “E’ un bene che tu sappia scrivere cosi veloce!”) mentre Liu Chang si era sorbita una sfuriata coi fiocchi (“PERCHE’ DIAVOLO HAI SCRITTO ‘SONO STUPIDA’ IN TUTTE LE DOMANDE?!!! E COME SAREBBE A DIRE: ‘TROVO CHE QUESTI ESAMI SIANO INUTILI COME TUTTI QUELLI CHE LAVORANO AL MINISTERO?!”).
E godendosi la professoressa che urlava come un’ossessa, la Prefetto di Grifondoro non riuscì a trattenersi dal guardare James... che aveva un’aria felicemente colpevole.
No, non importava più se a Serpeverde avrebbero votato all'unanimità.
Non l'avrebbe più visto come un problema.
Perché se fosse successo, lo avrebbero affrontato a testa alta. Si sarebbero ribellati.
Insieme.

 

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Capitolo 47
*** Invasion! ***




Ogni fiaba inizia con lo stesso avvertimento. I bravi bambini non dovrebbero mai andare nel bosco da soli. Se ti allontani dal sentiero, non sai mai cosa potresti incontrare. Un ladro affamato, un diavolo affascinante o magari …qualcosa di peggio. -







Da qualche parte, in quel mondo pieno di sfumature, c’era un detto.
Un detto antico, cancellato dal tempo, ma indelebile nell’anima di tutti gli umani.
Babbani o maghi che fossero.
E quel detto narrava della più avvincente e rassicurante delle emozioni.
Amore?
No.
L’amore ti rende cieco, ti rende debole.
La paura invece... è quel qualcosa che ti rende inconsciamente consapevole…d’esistere.
Di essere umano. Di voler sopravvivere.
Nelle ombre dei propri terrori, ci si sente in qualche modo rassicurati. Nell'oscurità...ci si può nascondere. Ci si può salvare.
Ma la paura di Remus Lupin non era come tutte le altre.
Non era buia.
Splendeva argentea e fredda dentro di lui, irradiava ogni angolo della sua anima...irradiava una fiaba dove non importava quanti passi si facessero, quanto ci si potesse opporre o cercare il sentiero. Lui, nel bosco, ci era già.
E tra quegli alberi resi metallici da quella luce insopportabile, qualcuno rideva sempre.
Lo faceva spesso, ogni volta che sapeva d’esser guardata. Ogni volta che la luce la rivelava.
Un sorriso diabolico, un ghigno, che scopriva una fila di denti affilati come lame di rasoio. Occhi rossi come rubini.
Era bella, la Creatura.
Talmente bella da sembrare immortale. Imbattibile. Implacabile.
E quel suo sguardo...dritto sul suo cuore. Diceva ciò che Remus non voleva mai ascoltare.
Non era lui a dover sopravvivere. Non era lui che doveva essere salvato.
E quando la luna piena abbagliava entrambi...rivelando quell'orribile e incontrovertibile verità, lei rideva ancora più forte, come malata.
Schernendolo con cattiveria, usciva allo scoperto.
Diceva sempre la stessa cosa.
“Sto arrivando, Remus Lupin.”




“Ah!”
Nella notte, illuminati dai tiepidi bagliori di candele prossime a spirare, gli occhi di Remus si spalancarono di botto.
Iridi limpide in cui una scintilla scarlatta s'intravide ancora per qualche secondo, prima di venire inghiottita dal solito azzurro morbido e gentile.
Il ragazzo scattò a sedere sul letto, il cuore che batteva furiosamente nella cassa toracica. Si tastò il viso con un gesto istintivo...rendendosi conto che quel ghigno era ancora stampato sulla sua faccia.
Sorrideva. Come se avesse appena fatto il più piacevole dei sogni.
Ma piano piano, la bocca si tese, le mandibole si serrarono ed esso scivolò via, lasciando posto alla solita espressione di panico.
Sto arrivando, Remus Lupin…
Si mise mano sul cuore e respirò forte. Il sudore freddo gli appiccicava la maglia ed i capelli contro il collo.
Era ad Hogwarts, pensò, concentrandosi sul proprio fiato. Era a casa. Al caldo, al sicuro. Era con i Marauders, con il branco.

Sto arrivando, Remus Lupin...

Lo so, maledetta, non c’è bisogno che tu me lo ripeta ogni volta.” pensò, ritrovando lentamente il sangue freddo. Il silenzio dentro di lui tornò. Meraviglioso, amato silenzio.
Non sarebbe durato a lungo, lo sapeva. Era quasi il momento.
All’improvviso qualcuno inspirò forte da qualche parte nel buio, distraendolo dalle sue paure.
Sirius era seduto sul letto. Rigido, immobile come una statua, gli occhi persi nel vuoto.
“Sirius?” chiamò Lunastorta, incerto.
Lui parve come risvegliarsi da una trance. Si voltò, sorpreso.
“Oh.”
“Va tutto bene?”
Lo vide rimanere immobile ancora un po', prima di metterlo a fuoco. Poi stirò un sorriso e si passò una mano sugli occhi.
“Mi spiace averti svegliato, Rem! Da qualche tempo faccio fatica a dormire!”
“Che hai? Stai male?”
“Ho un po’ di nausea, nulla di cui preoccuparsi!” sbadigliò Felpato, guardando altrove. “Stavi facendo un incubo?”
“Non so, non ricordo.”
Anche Remus guardò altrove.
Era diventato bravo a fingere.
Forse troppo.
Cercò di non fissare fuori dalla finestra, però. Sentiva la luna dietro di lui.
Impedirsi di guardarla era come farsi violenza.
Se ne sentiva attratto, più d’ogni altra creatura presente ad Hogwarts, eppure al contempo la odiava con tutto se stesso.
Scosse il capo, riconcentrandosi su Black.
“Nausea, hai detto?”
Era in verità da qualche tempo che lo sentiva agitarsi di notte. All'inizio non ci aveva fatto caso, ma quel giorno...quella faccia che aveva mentre fissava il muro. Come se non fosse lì con loro.
“Non sono incinto, tranquillo.” ironizzò quello, ricacciandosi sul cuscino.
“Idiota.”
“Tu, piuttosto...” borbottò Sirius, con la voce già di nuovo impastata dal sonno. “Hai il solito aspetto di merda. Quanto manca?”
“Poco.” disse debolmente Remus.
“Figata...giusto in tempo, perché ho finito le scorte. Non vedo l’ora di tornare a Hogsmeade e sgraffignare un paio di liquori dal magazzino di Rosberta.”
“Tu non ruberai proprio un ca...” cominciò Lupin, ma l'altro stava già russando.







Una brezza leggera veleggiò dalla finestra scostando le tendine e sfiorando il viso di Lily Evans, che si svegliò dolcemente.
La ragazza si alzò e si stiracchiò, godendosi il rumore accogliente delle compagne ancora addormentate.
In fondo era l’alba, la scuola doveva ancora animarsi. Era da parecchio tempo che si svegliava così presto, piena di cose da fare. Compiti, sessioni massacranti di studio e...tutto il resto. Guardò fuori dalla finestra, la neve ormai sciolta che si raggruppava in mucchietti grigiastri e melmosi agli angoli del giardino.
Era passato quasi un mese e c'erano stati tanti cambiamenti. Tanto da fare.
La rossa Grifondoro si alzò, lisciandosi la camicia da notte con le mani.
Ancora persa nei meandri d’un sogno rubato, si apprestò a compiere i piccoli gesti quotidiani che tanto la facevano sentire protetta: si sciacquò il viso, si pettinò con passiva tranquillità e si vestì con abiti babbani: un maglioncino color crema dal collo alto, una gonna invernale rilegata in velcro color perla e stivali imbottiti di pelo.
Sbadigliando, scese dal dormitorio femminile con in mano un bicchierone formato gigante di caffé.
Si aspettava di trovare la Sala Comune vuota come al solito, invece c'era Remus, vestito di tutto punto e chino su un vecchio libretto rilegato in pelle.
“Giorno!” lo salutò allegramente Lily e il ragazzo trasalì.
“Ah… ciao Lily.” Esclamò, abbozzando un sorriso nervoso.
“Che fai di bello?” gli chiese curiosa, osservando vagamente il libretto marrone. Lui lo chiuse con uno scatto.
“Nulla di ché. E' il mio prendi appunti.” disse con voce tranquilla. “Sono un po’ indietro con lo studio…”
“Tu? Indietro con lo studio?” lei affondò il naso nella tazza fumante con un sorrisetto, non accorgendosi della rapidità con la quale aveva portato il libro lontano dal suo sguardo. “Il mondo sta forse finendo?”
Ma quando risollevò la faccia e lo mise bene a fuoco, però, il sorriso si fece esitante.
Ora che lo fissava meglio, notò che Lupin era pallido.
Lo era sempre stato, ma ora la sua pelle sembrava fatta di gesso. Appariva di nuovo malato, con i capelli arruffati e gli occhi gonfi, velati dalla stanchezza e da profonde occhiaie scure. In qualche modo, Remus diventava ancora più attraente quando stava male. Forse era perché sembrava così umano. Un po' meno rigido.
“Hai la febbre di nuovo, eh?” sospirò, e senza che lui potesse farci nulla gli sfiorò la fronte con il dorso della mano. “Hmm…sei un po’ caldo. Ti conviene andare da Madama Chips a farti dare le solite vitamine.”
Lui sorrise sarcastico, arrossendo vagamente sotto quel tocco fresco.
“Sì, mamma.”
“C'è poco da fare lo spiritoso!” rimbeccò lei, preoccupata. “Stai sempre male, sei più delicato di un pulcino! E ti stai affaticando troppo per le tue condizioni! Oggi la ronda la faccio io. Anzi, hai fatto gli esami che ti avevo detto di fare?”
“Sì, e ti assicuro che va tutto bene. Specialisti e Medimaghi sono d'accordo che sono solo...beh, ecco, delicato come un pulcino!”
“Per essere uno che ha il sistema immunitario di un bambino di tre anni, me la riderei meno.” sbuffò lei, contrariata al fatto di non riuscire a trovargli una soluzione. “Piuttosto, Potter è ancora addormentato? Volevo cantargliene quattro per quello scherzetto di ieri!”
“Non ci sono prove contro di lui.” rinfacciò solennemente il biondo, grato di cambiare discorso.
Lei assottigliò gli occhi verdi, fece per dire qualcosa quando il boato di un'esplosione fece tremare le fondamenta al piano di sotto.
Nemmeno girarono la testa, impegnati com'erano a sfidarsi a chi batteva per primo le palpebre. Si fissavano ignorando gli strilli isterici fuori dalla Sala come se non stesse accadendo niente.
“Quindi deduco che è già in piedi.” commentò solamente la Evans, funerea.
“Hem. Già.”
Lei si chinò su di lui.
“Sta tirando troppo la corda, Remus. Lo sai, vero?!”
Lui sospirò, alzando gli occhi al soffitto.
“Sì, ma che ci posso fare? Perfino i suoi genitori lo stanno fomentando, e giuro su dio di aver visto Silente sghignazzare sotto i baffi l'altro giorno! Per non parlare della McGranitt che ha girato la faccia dall'altra parte, settimana scorsa! Voglio dire, per la prima volta nella storia Ramoso ha totale carta bianca! Per lui è come un secondo Natale!”
“Ma che begli esempi da seguire che abbiamo noi giovani!” ironizzò la Grifoncina, anche se si vedeva che sotto sotto, era divertita. “Spera solo che quel cretino non si faccia espellere! Non potranno parargli le chiappe ancora per molto!”
Qualcuno batteva ora furiosamente dall'altro lato del quadro.
“APRITE SUBITO! HANNO FATTO SALTARE IL BAGNO AL SECONDO PIANO! SERVONO I PREFETTI!”
La Signora Grassa si svegliò di soprassalto e nei suoi occhi passò un lampo omicida.
“Giuro che se mi dà ancora una manata che sia una sul didietro dico a Pix di farla fuori.” ringhiò, e d'altronde non si poteva mica darle torto.
Quella era la vocetta più irritante dell'universo.
“Vado io.”
Sospirando scocciata, Lily rizzò le spalle. Non poteva più ignorarla ancora a lungo, se non altro per quel povero quadro che stava venendo maltratto ingiustamente.
Giusto il tempo di vedere due orribili occhietti da rospo appena dietro il passaggio, e la Signora Grassa richiuse l'entrata con un colpo secco dietro la povera Prefetto di Grifondoro.
Remus sorrise, tornando a concentrarsi sul suo libretto di cuoio. Sorridere, già...anche se c'era da piangere. Con quei dannati ficcanaso in giro per il castello, la notte della luna piena sarebbe stata complicata. Cercò di non pensarci, concentrandosi sulla sua calligrafia elegante.
Nel SegnaLuna erano segnate delle date, i mesi sinodici, le epatta, le eclissi, alcuni disegni e vari calcoli scribacchiati qua e là. L'odore dell'inchiostro e della pelle di quella copertina ormai consunta gli erano dolorosamente familiari.
Secondo le sue previsioni, il plenilunio sarebbe comparso dopo due giorni.
Il tre febbraio.
Stava per chiuderlo quando la Signora Grassa, con un principio di crisi isterica, tornò.
“Vogliono anche te!” sibilò incazzosa. “Vedi di uscire prima che quello sgorbio di donna mi faccia di nuovo il sedere blu!”
Una brezza leggera entrò nella stanza mentre Remus, voltato verso la dama nel dipinto, si scusava cortesemente.
Una brezza...anche se non c'erano finestre aperte.
Le pagine del Segnaluna si spostarono appena, con un lievissimo fruscio.
“Mi dia solo un secondo.” sospirò Remus, prima di ritornare con la testa china sul tavolo.
Corrugò le sopracciglia, perplesso. No, non era il tre. Era il sette. C'era scritto così. Che strano...forse doveva essere più stanco di quanto non credesse.
Afferrò il libro e se lo cacciò in borsa con un gesto irritato. Non gli piaceva confondersi. Non su quello.
Ma era stanco, febbricitante e quella dannata rospa ora gracchiava di nuovo reclamando la sua attenzione dall'altra parte del muro, facendogli sanguinare le orecchie.
Smise di curarsene, facendosi inglobare dalla routine frenetica del nuovo giorno.
Senza rendersi conto che...non si era sbagliato affatto. La data, sulla pagina, era appena cambiata senza che lui se ne fosse accorto.
E se dentro di lui la Creatura stirava un ghigno pigro ed eccitato, nei sotterranei i Black riponevano la bacchetta in tasca con un sorriso amabile...e la sensazione che il divertimento, per loro, fosse appena cominciato.








Bombe carta nei bagni a parte, il mattino l’aveva svegliata con entusiasmo quel giorno.
Il cinguettio degli uccelli, i vivaci raggi del sole che filtravano dalle vetrate polverose... la vita con tutta la sua forza sembrava volerle annunciare una giornata piacevole. Che avrebbe passato chiusa tra murate di libri, come di consueto. Quanto tempo era che non si godeva un pomeriggio fuori in giardino?
Lily Evans si stiracchiò di nuovo, guardando in alto con aria pensierosa.
La biblioteca di Hogwarts era lastricata e imponente, con cespugli frondosi scolpiti nel soffitto a volta e una quantità enorme di scaffali d’ebano chiaro, laccati e levigati, sopra il quale stavano decine di volumi, e non solo d’istruzione.
Poesie bellissime, romanzi affascinanti…
Le piaceva moltissimo passare il suo tempo lì, a dirla proprio tutta. Anche quando era il dovere ad imporglielo.
Leggere era...liberatorio. L’affascinava ogni volta immaginare persone, luoghi e situazioni.
Chiedersi perché chi aveva letto quel libro prima di lei si fosse soffermato su quel passaggio in particolare, o avesse evidenziato quella determinata frase con la matita, o piegato l'angolo proprio di quella pagina. Dov’era, con chi era o con chi avrebbe voluto condividerlo.
A lei piaceva tantissimo condividere le frasi dei libri che leggeva.
Appena ne trovava una che la colpiva, la segnava a matita su un quaderno apposta che portava sempre con sé. A volte non scriveva neanche l’autore, metteva le frasi una dietro l’altra.
Lo faceva per rinchiudere sulla carta immagini, concetti, anche intere esperienze...con la sensazione che riuscivano a dare forma ad una parte di sé.
Purtroppo niente poesia, quella mattina, né romanzi: aveva da studiare Trasfigurazione e non poteva perdere un solo istante. E dopo, avrebbe dovuto mettere in ordine la valanga di documenti che erano stati affibbiati ai Prefetti con il chiaro scopo di farli impazzire e rinunciare a creare il proprio collegio.
Due ore dopo aveva quasi finito, risollevò il nasino sporco di inchiostro dalla carta e si concesse una tregua.
Sbadigliò, con espressione beata sul viso. Chissà come mai, ma nonostante tutto si sentiva ottimista riguardo il loro futuro. Era come una sensazione.
E poi la biblioteca era tranquilla e silenziosa, come sempre, e ciò la rilassava moltissimo.
Che pace...
“Oddio, studi già dalla mattina?!”
Quasi se lo aspettava.
Ogni stramaledettissima volta che era in equilibrio con l'universo, il suo demonio personale arrivava a rovinare tutto!
Si voltò, riaprendo gli occhi con aria scocciata.
“Questo è l’anno dei M.A.G.O., James!” Puntualizzò. “E comunque non sono affari tuoi!”
Il ragazzo sorrise, sedendosi accanto a lei e appoggiando il braccio allo stipite della panca.
“Ah, sei proprio senza speranze!” rise, gettando la testa all’indietro.
“Sai, sarebbe davvero carino se studiassi un po' anche tu, al posto di passare le giornate a fare danni! Dio, alle volte sembra proprio che il tuo futuro non ti interessi!”
Quello fece spallucce.
“Bah, io so già fare tutto, e so anche cosa voglio fare in futuro.”
“Ah sì? E cosa vuoi fare?”
“Prostituzione.” sbadigliò pigramente lui.
La ragazza cadde dalla sedia con un frastuono assordante.
“James, sei veramente un cretino!” sbottò sottovoce, mentre Madama Pince sibilava come una serpe da dietro il bancone.
Lui scoppiò a ridere, passandosi una mano sulla faccia.
“Perchè? E’ pur sempre un lavoro! E si conoscono tante belle figliole!”
“Certo, come no...”
“Eddai, scherzo! Io voglio fare l’Auror!”
Lily si zittì di botto, arrossendo. Potter la guardò incuriosito.
“Beh? Il fascino della divisa ti ha lasciato senza parole?”
“No.” borbottò lei facendo la linguaccia. “E' che anche io voglio fare l'Auror.”
“Forte! Così staremo insieme anche dopo la scuola!” Cinguettò il Marauders, già con le stelline negli occhi.
“Ma che bellezza!” Commentò Lily, sarcastica. “Ti ricordo che per fare quel mestiere devi arrivarci, ai M.A.G.O! Farsi buttare fuori da scuola non è nei requisiti richiesti!”
“Non so di che parli!” Si poteva quasi vedere l'aureola svolazzargli sulla testa.
Lei si chinò su di lui, fulminandolo.
“Stai esagerando. Se ti scoprono, ti espellono.”
Lui si chinò a sua volta, con un sorriso più caldo del fuoco. I loro visi erano vicini, le voci si erano fatte basse.
“Ti preoccupi per me, Prefetto Evans?” sussurrò, beandosi di quella corrente di brividi che corse fra di loro e del fatto di averla zittita. Certo che si preoccupava per lui. Glielo leggeva in quei suoi occhi imbronciati.

Hem, hem.”

Impedirsi di far scrocchiare la mascella a quel suono era ormai diventato impossibile. Non riuscivano nemmeno più a nasconderlo, quanto cazzo gli desse sui nervi.
Non che a Dolores Umbridge la cosa importasse.
Torreggiava su di loro - per quanto possa torreggiare una di un metro e sessanta scarsi – con il suo solito sorrisetto di miele stampato sulla faccia vizza.
Incuranti di apparire cafoni, i due si fissarono ancora un istante, immobili, senza degnarla di uno sguardo.

“Hem, hem. Miss Evans.” ridisse lei, pianissimo.

Un nervo saettò sulla tempia di Lily, mentre il sorriso di James si estese. Il maghetto si voltò con studiata lentezza e la guardò come se non avesse mai visto nulla di più meraviglioso.
“Sì?” miagolò con una voce tale che era come se stesse cercando di mettersi alla prova e vedere quanto riusciva a rendersi adorabile.
Peccato che quella donna lo odiasse a morte. Gli lanciò un'occhiata siberiana, come se volesse vederlo stecchito sul posto, pur non cancellando il suo sorriso che ormai sembrava attaccato alla sua faccia con lo scotch.
“Stavo parlando con la signorina Evans, signor Potter. E' una sua abitudine, quella di interrompere?” disse sofficemente.
“Che razza di maleducato!” l'altro beota sbatté gli occhioni, anche lui senza fermare il suo sorriso di zucchero ma con uno scintillio demoniaco nello sguardo. “Prego, il Prefetto è tutto suo! Spero non sia nulla di grave! Ha trovato ancora immagini oscene al posto di quegli angelici micetti nel suo servizio di piattini?”
Rimasero a fissarsi così, con quei sorrisi fintissimi e l'omicidio negli occhi.
Fottutamente inquietanti. Sembravano due pazzi.
“Oh, non si preoccupi, troverò presto l'autore di tali misfatti. E gli farò passare la voglia!”
“Lo spero bene, voglio dire, tutti quei genitali maschili sul servizio da thé...dev'essere stato scioccante per lei! Scommetto che era roba mai vista prima!”
“Oh, niente di sconvolgente! Incantesimi molto mediocri, a dirla tutta!”
Il ghigno di James si estese ancor di più, satanico.
“Non parlavo degli incantesimi...”
Lily pensò bene di tirargli un calcio sugli stinchi da sotto il tavolo prima che potesse proseguire oltre e si schiaffò la mano sulla faccia con esasperazione.
Quella dannata guerra fredda era cominciata qualche settimana prima.
I questionari sui professori erano agli sgoccioli, ma la situazione rimaneva talmente immobile e le loro sorti sembravano talmente segnate che il Ministero aveva ben deciso di inviare già “qualche possibile candidato” a perlustrare la scuola, per “prendere confidenza con un ipotetico nuovo posto di lavoro”.
“Ipotetico un paio di palle!” aveva ringhiato Sirius, sbattendosi sul tavolo con la faccia cupa. “Quelli stanno già cantando vittoria! Praticamente stanno facendo vedere ai loro pupazzi le loro future cattedre! E ancora prima che escano i risultati!”
Lily aveva appoggiato la testa contro il tavolo, in piena depressione. Aveva anche provato a lasciare dei volantini nei sotterranei di Serpeverde, come ultimissima spiaggia e con la stupida illusione che qualcuno avrebbe potuto cambiare idea.
Inutile dire che li aveva ritrovati tutti quanti tagliati in mille pezzettini, sparsi per i corridoi o infilati nei gabinetti. Parlare con loro direttamente poi, era impossibile! Aveva voluto provarci ma non aveva neanche fatto un passo sul primo scalino per i Sotterranei che era stata acciuffata da Remus e James, i quali le avevano fatto una lavata di capo tale da farle passare la voglia. Anche Cristhine l'aveva sgridata, ricordandole quanto fosse pericoloso che lei scendesse laggiù da sola. Aveva dovuto prometterle di non fare mai più una sciocchezza del genere.
Perlomeno c'era una luce in fondo al tunnel: lo zio Gaius aveva fatto pressioni e finalmente la pratica per istituire un Rappresentante degli studenti era stata accettata!
Solo che ormai era tardi...i questionari erano praticamente ufficiali, non avrebbero più potuto opporvicisi!
Con la faccia dei condannati a morte, si voltarono tutti verso il podio dove un ometto basso e odioso stava litigando con un cono Ampli-voce.
Silente quella mattina li aveva radunati tutti in Sala Grande, in attesa di un comunicato ufficiale niente meno che dal Ministero.
“Oh, dannato affare...ecco, sì, ora funziona!” borbottò il funzionario, già trafelato dopo nemmeno dieci minuti. “Buongiorno a tutti! Sono qui in vece del Ministro Minchum per farmi portavoce di un messaggio per tutti voi! Come avrete notato, il nostro amato Ministro ha a cuore quello che gli studenti pensano di questa scuola e del modo in cui viene gestita. Per questo motivo ha istituito qualche tempo fa i questionari, per poter valutare al meglio il rendimento delle nuove generazioni di maghi e la loro valutazione personale sulle figure istituzionali incaricate della loro istruzione!”
Dietro di lui, la McGranitt era livida, Vitious aveva gli occhi addolorati e Lumacorno si mangiava le unghie, scoraggiato. Anche tutti gli altri sembravano come avviliti, già dando per scontate le proprie dimissioni, ridotti a macchiette dietro quel funzionario che stava mentendo su tutta la linea. Altro che avere a cuore gli interessi degli studenti! Era uno stupido colpo di stato mascherato da elezioni democratiche!
Vedere i loro professori così umiliati era davvero troppo, e Lily sentì una fitta al cuore. Solo Silente rimaneva impassibile, e ascoltava l'ometto con educata attenzione.
“I risultati non sono ancora noti ma Minchum ha stabilito che fosse...hemm...opportuno iniziare a inviare qualche possibile sostituto a tastare il terreno. Per cui, da questo momento qualcuno di loro verrà in visita alla scuola e seguirà qualche lezione, senza ovviamente dare troppo disturbo! Mi auguro che li facciate sentire bene accolti, ragazzi! Ma nonostante questo, sono certo che non ci sarà bisogno di prendere il posto di nessuno! Non è così? Eh?” si voltò incoraggiante verso gli insegnanti, che non ricambiarono il sorriso. Rimasero zitti a fissarlo gelidamente, facendolo impappinare e balbettare fino a che Silente sorrise.
“Ne sono certo anche io.” cinguettò, tranquillo come un angioletto. Da dove gli venisse tutta quella fiducia era un mistero!
“C'è anche un'ulteriore novità. Alla luce della situazione esterna e dei recenti attacchi alla scuola, il Ministero ha pensato che fosse obbligatorio stabilire di un coprifuoco...nessuno potrà più uscire dalle proprie Sale dopo le otto di sera...no, fermi, è per la vostra sicurezza!” si allarmò e alzò un po' di più la voce perché a quella notizia era partita un'insurrezione generale. Stavolta, anche qualche Serpeverde pensò bene di incazzarsi, e il casino che si generò fu tale che il poveretto non riusciva più a sentire la propria voce. “Silenzio, prego! Silenzio, ragazzi!”.
Niente da fare: nessuno gli prestava più attenzione. Lui provò a sgolarsi e a imporre la propria autorità ancora per qualche minuto fino a che Silente, impietosito, non si alzò di nuovo in suo soccorso. Prese delicatamente l'Ampli-Voce e disse, con tutta la pacatezza del mondo, semplicemente: “Silenzio, ragazzi.”
La scuola si zittì all'istante. Frastornato, il funzionario strabuzzò gli occhi e fece cadere dalle mani il cono che il Preside gli aveva di nuovo passato.
Lo riacciuffò all'ultimo, arrossendo fin sopra la radice dei capelli, e si sistemò il colletto con un gesto nervoso.
“Hemm...sì...dicevo...il coprifuoco. Alle otto. Per garantire ulteriore protezione, un incantesimo verrà lanciato ogni giorno a partire da quell'ora. La famiglia Aliaset ha gentilmente accettato di realizzare una cupola di protezione entro la quale nessuno potrà più entrare o uscire fino al mattino dopo. Sarà premura dei Prefetti assicurarsi che tutti siano dove debbano essere prima di quell'ora.”
“Fottetevi, io non c'entro.” sbottò Michael, sbraccato all'ultimo posto di Serpeverde, quando tutti si girarono a fissarlo malissimo. “E' stato papino.”
“Stupidi Custos!” azzardò una del Terzo, ma lui schioccò le dita e quella avvampò oltraggiata mentre una barriera Protettiva si generava...beh, nessuno vide in quale parte del corpo venne infilata in realtà, ma si poteva ben immaginare dalla sfumatura violacea che avevano assunto le guance della poveretta. Da quel momento in poi, nessuno al tavolo Verde-Argento si azzardò più a dire una parola in merito.
Mentre l'impiegato continuava a blaterare, i Grifoni si strinsero tra di loro borbottando incessantemente, così come il resto delle Casate. Andarono avanti a maledire, discutere e bestemmiare per tutto il giorno.
“Alle otto di sera, come i bambini!” sbottò Frank durante una pausa dalle lezioni, incazzato nero. “Niente più festini! Niente di niente!”
“Beh, è da un lato comprensibile, con tutti quei mostri che ci sono stati...” sospirò Molly, raggiungendoli in corridoio. “Voglio dire, non si sa nemmeno se la Stella del Diaspro sia stata realmente chiusa!”
“Sì, si è chiusa.” affermò Black senza esitazione, prima di zittirsi quando tutti i loro compagni lo fissarono.
“E tu come lo sai?”
Lui guardò altrove con una strana espressione, come di disagio, di ansia.
Fu Peter a distogliere l'attenzione da lui.
“Beh, sinceramente io sono contrario alla cupola! Sbaglio o ci siamo già passati?!”
“Già, e non è stato piacevole...” borbottò Monique, ricordando la loro drammatica gita.
“Io mi sono divertita un sacco!” ridacchiò Tonks.
“Beh, io no! Ho avuto una spiacevolissima esperienza!” sbottò Peter, alzando gli occhi al cielo. “Praticamente ho visto la morte in faccia, e non era per niente bella!"
Qualcuno comparve dietro di lui, dando un lievissimo colpetto di tosse. Quando Codaliscia si voltò, balzò all'indietro dallo spavento.
"Ah! L'ho rivista!” gli uscì di bocca, facendo sbuffare dal ridere James sotto i baffi, mentre Dolores Umbridge fece la sua odiosa apparsa vestita come un confetto. Il suo abbigliamento era talmente lezioso e pieno di merletti da risultare strambo pure di fianco a una come Ninfadora!
Cristhine, appena uscita dalla classe, fu molto meno divertita. Sbiancò, stringendo il braccio di Sirius che la guardò confuso...prima di riconcentrarsi su quella donna. Era orripilante a dire poco.
Bassa e tozza, corti capelli ricci a contornare una grassa faccia con occhietti piccoli e maligni e una bocca molle aperta in un sorriso viscido...un sorriso che aveva già visto.
Improvvisamente, ricordò. Quella era la stronza presente alla sua Udienza! La sottosegretaria di qualcosa!
“Sono Dolores Umbridge, sottosegretario acquisito del Ministero.” soffiò morbidamente la strega, ignorando le occhiate allucinate dei ragazzi. “Gironzolerò qui in giro per qualche tempo, miei cari, in attesa dell'esito dei questionari! Sono certa che diventeremo tutti ottimi amici!”
“Gironzolerà...in giro?” chiese Lily, incerta.
“Esatto, mia cara. Gironzolerò qui in giro.” trillò quella, deliziata.
“Cioè... qui ad Hogwarts?” Chiese James, inarcando un sopracciglio, e accadde una cosa strana. Una palpebra della donna tremolò e senza guardarlo, né senza smettere di sorridere in quel modo spaventosamente dolciastro, la donna gli rispose con la voce più tagliente che ci potesse essere.
“Non sono solita ripetere le cose, Signor Potter.” ringhiò, facendoli sobbalzare per il repentino cambiamento d'umore. Poi, come se non fosse successo nulla, tornò a sorridere e a parlare con dolcezza. “Se tutto andrà bene, piccoli miei, diventerò la nuova Professoressa di Difesa contro le Arti Oscure! Sarà fantastico lavorare con voi!”
Piccoli miei?!
I Grifondoro si guardarono fra di loro, sconvolti.
“Ma...era in lista il Professor Walsh...” azzardò Arthur, un po' deluso.
“Oh, quel professor Walsh...” minimizzò lei con un risolino e con una punta di cattiveria. “Si è fatto mettere in scacco niente meno che da un vampiro! Credo che...la professione non faccia propriamente per la sua persona, ecco! Si merita un po' di riposo! Una bella vacanza! A quest'ora sarà alla Mauritius a godersi il sole!”
“Cosa? E' partito? E l'ha deciso lui?” chiese James, sorpreso.
Di nuovo il tremolio. Di nuovo la voce tagliente e gelida.
“Questo non mi pare sia affar suo, Signor Potter.” ringhiò di nuovo la Umbridge, ancora senza guardarlo in faccia.
Ma che problemi aveva?!
Lui sgranò gli occhi, inarcò entrambe le sopracciglia e si voltò verso i compagni indicandosi con un dito.
“Ma sbaglio o questa ce l'ha con me?!” bisbigliò, iniziando ad irritarsi, mentre lei tornava a belare dolce come un agnellino agli altri dandogli letteralmente le spalle.
“Credo sia perché tua madre l'ha...hemm...affatturata durante l'udienza di Sirius.” suggerì Cristhine, in imbarazzo.
Ma James non era il solo a suscitare in quella pazza quello sdoppiamento della personalità.
“E' lei Ninfadora Tonks?” chiese la donna, rivolgendosi alla più giovane, che la guardò perplessa.
“Eh? Sì, sono io...”
Lo sguardo di Dolores si fece gelido.
“Ho saputo che è una Metaformagus.” abbaiò, sputando fuori l'ultima parola con disprezzo.
“Già!”
“Ed è in pieno possesso dei suoi poteri?”
“...Sì?” rispose la ragazzina, non sapendo bene dove volesse andare a parare.
“Increscioso.” sbottò quella all'improvviso. “Allucinante! Assurdo!”
Si fece leggermente un po' più indietro quando Sirius, con gli occhi cupi, si portò accanto alla cugina con aria protettiva. La guardò malissimo, intuendo ciò che Tonks non capiva. Aveva avuto a che fare con gente del genere...praticamente da sempre. Li riconosceva al primo colpo.
“Mia cugina è regolarmente iscritta in questa scuola.” sibilò, gelido.
“Sua cugina potrebbe trasformarsi in chiunque.” rimbeccò quella, assottigliando gli occhi. “Potrebbe diventare Silente in persona e – per quanto ne possiamo sapere noi – attentare alla vita del Ministro.”
“Eh?” Tonks sgranò gli occhi tanto quanto Sirius assottigliava i suoi.
“Lei farnetica.” sbottò gelidamente. “Perché mai dovrebbe farlo?”
“E perché mai non dovrebbe? Le possibilità ce le ha.” la donna ridacchiò. “Senza offesa, mia cara, ma non la conosciamo così bene come i suoi amici, qui. E abbiamo poca dimestichezza delle...cose come lei. Spero che possa comprendere la nostra posizione in merito.”
Lily si infiammò, facendosi avanti.
“Le 'cose'?!” sbottò, serrando i pugni contro i fianchi. “Ma come si permette?!”
Come se non avesse parlato. La Umbridge segnò qualcosa su un prendi-appunti borbottando tra sé e sé.
“Hemm...Silente mi ha vietato di trasformarmi negli altri.” azzardò Tonks, sempre più confusa dalla piega che aveva assunto quel discorso.
Lei rialzò lo sguardo.
“Come l'ha fatto?”
“In che senso?”
“Come le impedisce di trasformarsi, tesoro. Incantesimo? Amuleto?”
“Lui...me l'ha semplicemente chiesto.” rispose sinceramente la streghetta.
La penna si fermò appena prima di ricominciare a scrivere. Gli occhietti della Umbridge parlarono per lei.
“Non è mia abitudine parlare male di possibili colleghi, ma temo proprio che Silente abbia davvero sottovalutato il livello di sicurezza da apportare a questa scuola!” sospirò, amareggiata. “E' chiaro che bisognerà fare qualche piccolissima modifica. Cara, mi dia la mano.”
Afferrò il braccio di Tonks senza che lei potesse far nulla, sollevandole la manica e scoprendo la pelle. Lo analizzò con aria clinica, come se fosse l'arto di un alieno.
“Potremmo metterlo qui...” bofonchiò, tastandole la carne con le sue dita grassocce. “Il tatuaggio...”
Non disse altro. Una mano comparve alla sua sinistra e le afferrò il polso con decisione.
E mentre lei sobbalzava sorpresa voltandosi verso Remus, che l'aveva appena staccata bruscamente dalla ragazza, gli altri si strinsero attorno a Tonks come una murata compatta e indistruttibile, facendole da scudo.
Ignorando le occhiate di fuoco degli altri e la crescente tensione, lei continuò a fissare Lupin che le ancora teneva il polso squadrandola dall'alto con sguardo gelido.
“Prima di parlare di marchiare gli studenti come animali, io aspetterei l'esito dei questionari.” sibilò, duro.
“Oh, caro, non parlerei di marchiare! Quanta esagerazione!” cinguettò lei. “E' solo un tatuaggio che bloccherà i suoi poteri fino a quando il Ministero riterrà lecito! Vanno tanto di moda fra i ragazzi!”
Poi guardò il suo polso con aria eloquente. Remus la lasciò, schifato. Si mise davanti a Tonks, che si ritrovò accerchiata da tutti.
Ma in qualche modo, vedeva solo la sua schiena. Sentiva solo la sua presenza. Davanti a lei, rigido, furioso. Nonostante si ignorassero da giorni, ormai, lui era lì. Lui sarebbe sempre stato lì.
Minerva McGranitt comparve infine dietro di loro con l'aria di chi vorrebbe commettere un omicidio.
“Miss Umbridge, l'aspettano di sotto.” mormorò, lugubre. “Stanno sistemando il suo ufficio.”
La rospa si raddrizzò, scoccandole un'occhiata innocente e un sorriso radioso.
“Oh, sarà davvero incantevole dormire qui! Che splendida opportunità!”
“Non si metta troppo comoda.” masticò tra i denti la professoressa, guardandola allontanarsi. Aveva l'aria di una che stava per prendere bene la mira.
“Ufficio?!” chiese Lily, sconvolta. “Ha un ufficio?!”
“Ragazzi, la signorina Umbridge ha insistito per fare qualche lezione aggiuntiva nel vostro anno.” sibilò Minerva. “I più fortunati di voi stanotte moriranno nel sonno."
Da lì, era successo il degenero puro. Quella vipera non si sapeva come era riuscita ad ottenere dal Ministro il potere di insegnare, a differenza degli altri candidati che, nonostante fossero tutti orrendi e crudeli come Satana in persona, perlomeno si limitavano a rimanere negli angoli in silenzio senza imporre troppo la propria presenza.
Inutile dire che fu il corso peggiore della storia, un vero e proprio indottrinamento basato sui dettami del Ministero e sul programma elettorale del Ministro Minchum. In poche parole, si elogiavano i Dissennatori come risorse assolutamente necessarie, l'ordine assoluto ed il pugno di ferro contro i dissidenti ed i Mangiamorte, tra l'altro fatti passare come sparuti gruppi di terroristelli di nessunissima importanza.
E ovviamente James fu preso di mira dalla primissima lezione. Ogni pretesto era buono per togliergli punti, assegnargli note, dargli voti bassissimi e metterlo in punizione.
Ma questo a lui sembrava non importare affatto, anzi. Più la rospa lo trattava male e si accaniva, più lui si faceva ruffiano e amabile.
I suoi occhi avevano preso a brillare in modo pericoloso fin dal primo momento in cui l'aveva conosciuta e non smisero per tutto il tempo.
E la scuola diventò un campo minato. Non si poteva più fare un passo senza finire in qualche trappola!
Ai candidati iniziarono a capitare le peggio cose: piante carnivore sotto il cuscino, mandragole negli armadi, esplosioni, inondazioni, vestiti che cambiavano sesso o semplicemente scomparivano mentre camminavano per le aule, bombe puzzole, capelli che cadevano a ciocche, nasi che crescevano, brufoli, bolle e prurito erano ormai all'ordine del giorno.
I demoni della cornovaglia sguinzagliati per i corridoi oramai non si contavano nemmeno più, ogni tanto qualcuno veniva preso e fatto volare per tutta la Sala Grande e uno, un giorno, si ritrovò addirittura in compagnia di un piccolo Troll con il mal di pancia. In un gabinetto chiuso a chiave.
James riuscì ad esasperare ognuno di loro. Una volta fece domande su domande per ventiquattrore di fila senza mai fermarsi, finse di essersi innamorato di una candidata dedicandole la bellezza di cinque ore di serenata stonatissima cantata da Pix, li seguì con il mantello dell'Invisibilità dilettandosi in sgambetti e ruttando ogni volta che provavano ad aprire bocca, li privò del sonno e fece marcire tutto ciò che gli veniva servito nei piatti per la bellezza di tre giorni, lasciando intatte solo delle puzzolentissime barbabietole.
Inutile dire che dopo due settimane erano scappati tutti quanti. Solo la Umbridge, che tra l'altro era quella a cui capitavano disastri più frequentemente di tutti, resisteva stoicamente aggrappandosi alla sua cattedra come una regina al suo trono.
Nonostante tutto la sua determinazione era da ammirare.
Soprattutto dopo quella volta in cui Potter le riempì l'ufficio di vermicoli o dopo che – fingendosi uno spirito - riuscì ad incatenarla per un piede nel bagno di Mirtilla Malcontenta con la promessa di liberarla solo fino a che fosse riuscita a far sorridere la suddetta!
La rividero dopo due giorni, nonostante le grida a cui casualmente nessuno fece caso tranne infine Gazza, che era l'unico lì dentro a trovarla simpatica!
Quando poi James venne a conoscenza che ad un ragazzino del primo anno erano comparse strane cicatrici sulle mani dopo una punizione assieme a lei, decise di dare il meglio di sé.
Così, per cinque giorni consecutivi, ogni qualvolta che la maledetta doveva firmare qualche foglio una scritta le incideva la pelle della fronte. Diceva “Sono un rutto di Dio” e le rimaneva in faccia per parecchio.
Tutto ciò non la fece scappare, ma almeno quel momento in poi non ci fu più nessuna punizione ambigua!
E fu così che arrivarono a quel punto, a quella mattinata e a quei sorrisi tiratissimi e un po' psicotici.
“Si ricordi che dopo le lezioni avremo bisogno dei Prefetti per organizzare la disposizione dei folletti-spia, visti i recenti accadimenti...” disse la Umbridge, mentre Lily annuiva di malavoglia. Poi si voltò verso James. “E lei si ricordi che deve consegnarmi la relazione di cento pagine che le è stata CASUALMENTE assegnata dopo l'estrazione a sorte dal cestino dei nomi.”
“Ma certo! Che fortuna uscire sempre durante quell'estrazione! Una fantastica opportunità!” sorrise James, leccapiedi e falso fino al midollo.
“Lieta di concedergliela!” e finalmente la maledetta diede loro le spalle, andandosene con soddisfazione.
Lily sospirò, accasciandosi sul tavolo.
“Sul serio, devi fare qualcosa! Se continua così ti farà impazzire!”
“No, se la faccio impazzire prima io...” ghignò lui, beccandosi un'altra occhiataccia.
“Folletti-spia, Potter. Folletti-Spia! Non potrai più fare i tuoi scherzetti con loro in giro!”
“Naah, ho addomesticato anche quelli, una volta.”
Lily si sporse appena.
“Sul serio, non c'è un altro modo? Tua mamma non può...che ne so...scusarsi? D'altronde non l'ha fatto apposta, a colpirla con quell'incantesimo...”
Lui gonfiò le labbra e le scoppiò a ridere in faccia.
“Mia madre tutt'oggi rimpiange di non averla fatta secca!” si alzò, sempre sorridente. “La tua apprensione mi lusinga, Rossa, ma so badare al fatto mio! E poi, lo vedi come ti guarda? Quella odia pure i nati da Babbani, ci metto la mano sul fuoco!”
“Lascia perdere.” lei scosse la testa, sorridendo. “Non m’interessa per niente. Voglio solo che tenga le zampacce lontane da Tonks. E anche da Cristhine. Sai che ha provato a suggerire di farla vivere in isolamento?!”
“Vedi? Ha bisogno di essere maltrattata ancora un po'.”
“Speriamo che non diventi davvero la nostra professoressa...” mormorò mogia la Grifoncina, prima di alzarsi e prenderlo a braccetto. Quel gesto gli fece sbarrare gli occhi, ma lei non fece una piega.
“Forza. Andiamo andiamo a fare colazione.” disse solo, semplicemente.
“S-sì...”
“Beh, perché quella faccia? Se ti marco stretto, almeno evito altri danni almeno fino a sera!”
Un invito dalla Evans a stare assieme? Marcarlo stretto aveva detto...non chiedeva di meglio!
James le rivolse un sorrisone telepatico, mentre le sue viscere iniziarono a ballare.



“Oh, ma per l’amor del cielo!”
Sorrise molto meno, Lily, qualche minuto dopo. Digrignando i denti, guardò la macchia sul suo maglioncino laddove una ragazzina, spintonandola come se non fosse neanche esistita, le aveva fatto cadere di mano la tazza da thè.
C’era una cosa che Lily Evans non sopportava.
Ed era il livello a cui certe streghe dentro quella scuola potevano scendere pur di leccare i piedi a qualsiasi ragazzo anche solo vagamente attraente.
Aveva subito in silenzio fino a quel momento, ok, ma cielo, quando la trentesima oca giuliva si era offerta di passare la salsiera a James Potter quando lui doveva solo allungare una mano per prendersela, non aveva più resistito!
Per non parlare del fatto che le famose relazioni della Umbridge venivano fatte passare di mano in mano alle più secchione tra loro e di James non avevano nemmeno l'introduzione! Altro che impazzire, Potter si stava facendo fare tutti i compiti dal suo codazzo di ammiratrici!
“Ecco qui, caro! C'è solo da mettere la tua firma!”
“Sei una grande, Miona! Grazie!”
“Oh, figurati...d'altronde tu hai gli allenamenti di Quidditch...però promettimi che vincerai per me, alla prossima partita!”
“Contaci.” Le fece l'occhiolino, sembrando addirittura ignaro del fatto che quella se lo mangiava con gli occhi.
“Se c'è qualcos'altro che posso fare per te...”
“Hai bisogno di altra salsa, James?”
“Un po' di pancetta?”
Sbuffò, scocciata, chiedendosi come mai quell’idiota non le cacciasse via tutte e dicesse loro di lasciarli mangiare in santa pace.
Figuriamoci! Non solo veniva coccolato e vezzeggiato come un bambino, ma se la godeva pure!
Con il brutto presentimento che la colazione le sarebbe rimasta sullo stomaco per ogni santa volta che si scostava in modo da far passare l’artiglio di qualche scemetta – senza tralasciare quando le saltavano allegramente in testa senza farsi mezzo problema che fosse uno – si mise a fissarlo con astio, ricevendo in cambio un angelico sorriso.
“Che c'è?”
“C'è che vorrei mangiare!”
Scoccò un'occhiata acida all'ennesima tizia che gli sbatté sulle gambe un plico di fogli scritti con cura, sbattendo le ciglia sugli occhioni da cerbiatta. E lei che si preoccupava per lui! L'idiota era in piena pacchia, altroché!
“I vantaggi della popolarità! O svantaggi, come li vuoi chiamare!” sospirò il ragazzo, con l’aria di chi la sapeva lunga.
Lily gli lanciò una occhiata torva ma non rispose, afferrando un pane con eccessiva violenza.
“Scommetto che ti piace!” esclamò acidamente. “Avere tutte le serve ai tuoi piedi, intendo!”
“Sì, soprattutto se sono CARINE.” ghignò James, evidenziando l’ultima parola. Poi la guardò di sottecchi. “Anzi, perché non me la passi tu, la salsa?”
“No! Te la prendi da solo!” sbottò lei altezzosamente, non capendo la sottile allusione.
Il ragazzo sbuffò, e con un rapido movimento di bacchetta la scodella era nelle sue mani.
“Sembra quasi che ti dia fastidio, sai?” sorrise.
“Oh, certo che no, fare colazione come se fossi allo stadio è fantastico!” ironizzò lei, e si indicò la macchia sul maglione.
“Ah sì? E' davvero così? Oppure c'è dell'altro?” questa volta il sorriso si fece malizioso.
“Non …non c'è un altro motivo!” Affermò lei indignata, anche se pagò cara quella piccola incertezza nella sua voce con un altro sorrisino da parte del Grifondoro.
“Ah no?”
“No!”
Il ragazzo la guardò inarcando un sopracciglio. Lily si gonfiò come un tacchino incazzoso.
“Sai, ti interesserà sapere che non sei al centro del mondo!”
“Oh, ma certo che lo sono.”
Uno strano silenzio sospetto gli fu sbattuto in faccia.
“Bene.” Disse Lily, facendosi seria. “Bene…”
Si alzò in piedi.
Per un folle momento James credette che avrebbe afferrato la bacchetta e gli avrebbe scagliato una qualche fattura.
Invece fece qualcosa di peggio.
Qualcosa di più semplice, ma che lo torturò in maniera indescrivibile. Un vero colpo basso.
Lily Evans si levò il maglioncino.
E sotto...c'era la canottiera più corta e aderente che avesse mai indossato in sette anni di scuola.
Si sa, gli uomini sono fatti di istinti semplici. Pochi ed efficacissimi radar.
Fu così che quasi in simultanea tutti gli occhi maschili caddero come ipnotizzati sul ventre assurdamente piatto lasciato nudo dalla Prefetto di Grifondoro e su quel tessuto sottile sottile che le fasciava il seno come una seconda pelle.
Sventolandosi una mano sulla scollatura, quella si lasciò sfuggire un sorrisetto. “Caldo, eh?”
E per la prima volta, James Potter chiuse il becco. La guardò come se avesse appena preso una cantonata, immobile come una statua di marmo.
“E allora?”
“Che...stai facendo?”
Vestiti, oca che non sei altro, prima che ti salti addosso!”
“Avrei proprio voglia di un succo d’arancia bello fresco!” rispose quella, a voce alta.
Il terreno tremò. Il grattare delle sedie diventò assordante.
Ci pensarono gli altri ragazzi a sbollire James, travolgendolo in cinquanta come bestie feroci e catapultandolo a terra.
E Lily Evans si trovò circondata da calici.
“Lily, vuoi il mio succo?”
“Ecco Evans! Fresco fresco!”
“Questo è più buono!”
“Dev'essere duro il lavoro da Prefetto! Hai bisogno di vitamine!”
“Il mio ha più vitamine del suo!”
“Oh, ma che carini.” ironizzò lei, prendendo un bicchiere a caso. “Grazie mille! Mi fa piacere sapere che nel mondo esistano anche GENTILUOMINI!”
Si girò verso Potter, passato finalmente in secondo piano, e le si accese un lampo di trionfo nelle iridi.
Neanche il temutissimo tabù di Potter li aveva fermati!
D'altronde, non c'era niente che potesse superare una bella ragazza che si spogliava a febbraio, dopo mesi e mesi di fanciulle bardate sotto maglioni ingombranti, stivali di pelo e giubbotti imbottiti!
“Grazie, quando avrò bisogno di qualcos’altro saprò a chi rivolgermi.” cinguettò la Grifoncina, dolce come il miele, mentre Ramoso si rialzava dalla sedia fissandola con gli occhi a palla come un allucinato.
“Siamo sempre disponibili, Evans, ricordalo!”
“Per qualsiasi cosa!”
Eh no, pure le allusioni alla sua Evans no…!
Fece l'unica cosa che uno come lui avrebbe potuto fare. Scavalcò la mandria di allupati, se la prese in spalla e la trascinò via ignorando i suoi strilli indignati.





Una signora vestita di Chiffon storse il naso all’enorme sbadiglio di Remus Lupin.
I quadri sapevano essere molto intransigenti sull’educazione e il caro Lunastorta non aveva mai avuto problemi di sorta, essendo stato istruito come un principino.
Ma quella mattina si sentiva a pezzi e cascava dal sonno.
La Umbridge li stava facendo sgobbare come pazzi, pretendendo che ponessero fine agli innumerevoli disastri di un certo Marauder...cosa che tutti, professori compresi, erano ben lungi dal fare.
Ascoltò i passi riecheggiare nel corridoio vuoto, stiracchiandosi come un gatto.
Strano silenzio…” pensò, con un sorrisetto.
“SCEMA A CHI?! GUARDA CHE LA FORZA DI TIRATI UN CAZZOTTO CE L’HO!”
“Ah ecco. Sembrava strano.” riconsiderò, quando una bora gelida lo investì da dietro l'angolo.
“SE NON VUOI CHE TI SI DICA SCEMA NON COMPORTARTI DA SCEMA!”
Solo pochi passi e Remus Lupin si trovò faccia a faccia con la quotidianità: James e Lily immersi nell'ennesimo bisticcio.
Fece per svoltare in punta di piedi per non farcisi trascinare in mezzo quando la rossa si accorse di lui e lo afferrò per il colletto, segnando il fallimento totale del suo piano di fuga.
“Remus! Puoi far comprendere al tuo compare che se si azzarda ancora a caricarmi in spalla come se fossi un sacco di patate lo eviscero sul posto?!”
“Mi ci hai costretto!”
“Oh, per l’amor del cielo! Si può sapere che ho fatto di tanto orribile?!”
Tornarono a ignorarlo ancora prima che il poveretto potesse aprir bocca. Anche se, guardando Lily stretta in una canottiera decisamente troppo piccola, il motivo di tanta agitazione gli fu subito chiaro.
“Hai…tu… ti pare bello mettersi in mostra in quel modo?!” abbaiò James. “E per l'amor di dio, copriti!”
“Copriti?! Ma come ti permetti?! Io mi vesto come mi pare! Nemmeno fossi mio padre!”
“Dovrebbe esserci infatti tuo padre in questo momento!”
“Ohh, oh oh! Benvenuti nel medioevo!” ululò lei, piazzandogli un dito sotto il naso. “Sei uno schifoso maschilista!”
“Ma che c'entra il maschilismo?! Quelli ti stavano saltando addosso! E tu lì...lì a pavoneggiarti! Come se non avessi abbastanza tizie che ti vogliono stecchita! Ti ricordo che le calunnie girano in fretta!”
“Che cosa?! Che cooosa?! Ma se tu lo fai in continuazione! E ti ricordo che quelle che mi vogliono stecchita sono le stesse che usi per farti fare i compiti!” Esplose Lily, sovrastandolo con aria minacciosa.
“Hey, voi due...”
I due ragazzi si voltarono entrambi di nuovo verso Remus e il silenzio scese beato tra quelle mura.
Ma solo per poco.
“Diglielo anche tu che ho il diritto di prendermi le mie libertà tanto quanto lui!” esclamò Lily, puntando l’indice su James. “E comunque non l'ho fatto apposta, Tonks stamattina me l'ha rimpicciolita per sbaglio!”
“Prenderti le libertà?! Si chiama così ora?!”
“Che dovevo fare, il maglione si era sporcato!”
“Il tuo era esibizionismo bello e proprio!”
“Che…che faccia tosta! Perché, tu cosa fai letteralmente ogni giorno?! La verità è che ti ha dato fastidio essere stato messo da parte!”
“…Allora lo ammetti che lo hai fatto solo per farmi un dispetto!”
“Sì, lo ammetto!” Rise trionfante Lily. “Per farti passare quella faccia di bronzo! E ci sono riuscita! Cosa si prova quando l’attenzione non è rivolta a te, eh, Potter?”
“Ragazzi! Finitela, vi imploro!”
Il sospiro stanco di Lupin troncò la questione di netto. Lui chiuse gli occhi, appoggiandosi al muro come se si sentisse improvvisamente debole.
“Stai male?” Si allarmò immediatamente Lily, sgranando gli occhi. “Ti avevo detto di andare da Madama Chips a farti dare le vitamine!”
“Hemm…ha finito le scorte.” S’affrettò a dire Remus, mentre lei si fiondava a sorreggerlo. “Comunque sta passando, non ti preoccupare. Pressione bassa... il solito.”
“Quanto manca?” chiese improvvisamente James, corrucciato.
“Qualche giorno.” rispose l'altro, pacato.
“Però mi sembra già avanzata, stavolta...”
“Cos'è che è avanzata?” chiese Lily, perplessa.
“Già. Pare anche a me…forse ho un po’ di febbre normale…può essere?” la ignorò Remus, grattandosi il mento.
“Cosa è avanzata?” Richiese Lily, sempre più curiosa.
“Hmm…non so…è probabile… e se invece peggiorasse con l'età?”
“Hey! Ma di che parlate?!” sbottò la ragazza, stufa di essere ignorata. “Auston! Mi ricevete? Terra chiama James?”
“Non può peggiorare!” obbiettò Remus. “Almeno da quanto ne so…”
“Forse dovremmo chiederlo a qualcuno di esperto!”
“HEYYYY!”
L’urlo selvaggio di Lily li fece sussultare, e finalmente la degnarono d’attenzione.
“Vi detesto quando fate cosi! Volete prendervi la briga di spiegare anche alla sottoscritta?!”
“No!” sorrise James, arruffandole i capelli. “Ci vediamo Rossa, e stai coperta!”
Detto questo se ne andò sghignazzando, lasciando la ragazza interdetta e ammutolita.
“Incantesimo sbagliato, eh?” aggiunse gentilmente Remus, alludendo alla canottiera.
Lily arrossì, ora che la sete di vendetta si era placata iniziava ad avere freddo e...una certa vergogna.
“Tonks voleva lavarmi la biancheria mentre ero impegnata in sala Prefetti, ma ha sbagliato qualcosa e...beh, questa è quella che ne è uscita meglio. Il resto del guardaroba sembra quello di un bambino di cinque anni! Dici che ho esagerato?”
“Nah.” Lui ghignò. “Fallo morire. Ne ha bisogno!”
“E tu hai bisogno di riposare.” stabilì lei, tornando seria dopo aver ricambiato il ghigno perfido. “Sul serio, va a dormire Rem. Parlo io con i professori. The caldo, un bel sogno e tornerai come nuovo!”
Bel sogno...pensò lui, lasciandosi coccolare dalla Grifoncina non avendo cuore di dirle quanto fosse inutile. Sarebbe stato bello...ma i suoi sogni non erano belli. Non in quel periodo del mese.
Erano freddi, lucenti e pieni di sangue...e di fame...
Passò la giornata in quel modo, non avendo le forze di proseguire con le lezioni. A letto, in un tormentato dormiveglia... inseguito da una risata selvaggia e bestiale.
Sentì Sirius entrare ad un certo punto, e poi Peter, James... a turno, arrivavano in camera, lo osservavano, gli sfioravano la fronte, Minus gli rimboccò addirittura le coperte un paio di volte.
Si premuravano di non farglielo notare, ma sapeva di essere controllato. Osservato ogni istante. Qualcun altro avrebbe trovato seccante essere trattato dai suoi amici come un oggetto di cristallo, come una bomba pronta ad esplodere, ma lui era grato della loro apprensione, della loro prudenza. Non era mai calata, nemmeno una volta dopo tutti quei mesi, dopo tutti quegli anni.
Fingevano sempre leggerezza, quando accadeva. Superficialità. Una scusa per uscire e divertirsi.
Eppure, quando iniziava a sentirsi male, maledettamente debole e inerme, la loro presenza si faceva ancora più costante. Il branco gli si stringeva addosso...e la risata dentro di lui diventava un po' meno fragorosa.
Quando si svegliò, erano loro a dormire. Aveva passato tutta la giornata con la testa sul cuscino, irrequieto ma...protetto.
Si passò una mano sul viso, sentendosi la gola secca. Era notte.
Di nuovo la luna nel cielo...sembrava più piena di quanto non dovesse essere.
In silenzio, scivolò oltre le lenzuola, scese al piano di sotto. Le braci nel caminetto non si erano ancora spente del tutto, bicchieri e cartacce erano ancora ammucchiate sui tavoli, in attesa degli elfi domestici.
Non doveva essere nemmeno mezzanotte.
Fuori, la cupola magica istituita dal Ministero brillava traslucida avvolgendoli in una bolla soffocante.
Sospirò, immerso nel silenzio, prima di scorgere il proprio riflesso nel vetro della finestra.
Per un istante, il suo volto serio, i capelli spettinati, gli occhi lucenti e azzurri...divennero altro. Un ghigno deturpò il viso nel vetro, rendendolo perverso, immondo.
Sentendosi il sangue galoppare nelle vene, chiuse le tende con uno scatto, portandosi fuori da quella visione orribile.
La creatura stava precipitando le cose.
Invadendo i suoi ritmi.
Mancava ancora qualche giorno al sette Febbraio... perché si sentiva così sfiancato, allora? Era come se...il processo fosse accelerato. Ripescò il Segna-Luna dalla tasca, ricontrollò i calcoli, le date...tutto era giusto.
Ma quella strana sensazione non se ne andava...la sensazione che qualcosa non tornasse. Che quei calcoli fossero sbagliati.
La sentiva troppo vicina. Più vicina di quanto la carta non sostenesse.
Ma cosa gli importava, comunque? Lei prima o dopo sarebbe arrivata.
Lo diceva sempre.
“Sto arrivando, Remus Lupin.”
E ogni volta teneva fede alla sua promessa...
Improvvisamente sentii il bisogno di aria fredda sul viso. Si affacciò alla finestra, ignorando ciò che c'era in alto, concentrandosi solo sul buio che gli inumidiva le gote arrossate, raffreddandogli la pelle.
Era piacevole, e le sue membra si rilassarono...anche se i suoi pensieri non furono mai meno cupi, meno pieni di dolore.
Per quanto? Per quanto avrebbe potuto continuare in quel modo? Per quanto il branco avrebbe dovuto subire la sua condanna?
Si sentiva così stanco...
“Remus.”
Sobbalzò violentemente, scivolando sul tappeto sotto di lui. La pressione già bassa di suo oscurò la visuale per mezzo secondo, riempiendolo di puntini neri, e quando si ristabilì davanti a lui comparve il viso di Tonks.
“Di solito sono io a cadere.” gli sorrise, porgendogli la mano.
“Cosa...cosa ci fai sveglia?” mormorò, rialzandosi vagamente in imbarazzo.
“Non avevo sonno e sono venuta a prendere una tisana.” lei si affacciò alla finestra, esponendo il viso ai raggi marmorei. La pelle sbiancò e si illuminò, baciata dalla luna. Gli occhi brillarono come quelli di un gatto, come scellini splendenti. “Che guardavi alla finestra? Sembravi assorto.”
Era la conversazione più lunga che avevano avuto dal giorno di Capodanno. E stranamente...non voleva privarsene.
Si affiancò a lei, appoggiando i gomiti e gettando le braccia oltre il cornicione.
“Pensavo tra me e me.” mormorò, guardando davanti a sé.
Un silenzio piacevole e privo d’imbarazzo li avvolse come la carezza di una madre.
Poteva avvertire il respiro uscirle dalle labbra.
Era un suono…dolce.
Più ascoltava quel respiro…più desiderava voltarsi e fissarle il viso.
La guardò di sottecchi...per poi girarsi completamente quando si accorse che nei suoi occhi verde menta, assurdamente grandi e ora puntati su di lui, s'incastrava perfettamente il riflesso gonfio della luna.
Riusciva a vederla attraverso di lei. Gli si chiuse la gola, i suoi polmoni parvero contrarsi.
E Tonks lo vide stamparsi sul viso un'espressione pietrificata, fredda e quasi ostile. Cosa aveva visto, nella sua faccia, di tanto sconvolgente?
Spalancò gli occhi, e lui parve accorgersi di averla turbata.
“Tonks, io...” balbettò infine, con voce roca. “Io credo di doverti delle scuse.”
“Scuse?” lei si fece attenta. Sembrava aspettarsi qualcosa da lui.
Remus iniziò a ridacchiare nervosamente, grattandosi la nuca.
“Quella volta, in Sala Grande...ecco...è una cosa davvero stupida sai, mi era venuto un improvviso mal di pancia e stavo scappando in bagno e...”
“E' passato quasi un mese. Non preoccuparti.” lo interruppe bruscamente lei. La sua voce però...sembrava imbronciata. Delusa.
“Già. Un mese...” mormorò lui. “Ci ho messo un mese per chiederti scusa. In effetti, non ti ho più vista spesso in giro. Dove...dove sei stata, fino ad ora?”
Ma che domanda stupida era?! Tonks non si era allontanata dal gruppo, anzi. Sembrava ancora più affiatata con i Marauders, perfino con Cristhine e Lily. Loro tre avevano formato un bel gruppetto, stavano sempre assieme ora. Eppure...a lui sembrava di non vederla da secoli.
La ragazza fece spallucce.
“Ho dovuto studiare. Sai, i G.U.F.O....”
Aveva un tono strano.
Piuttosto mesto, triste.
Non era da lei.
“Tonks...va tutto bene?” chiese, iniziando a sentirsi in ansia. E lei lo rivide di nuovo. Il principe, il ragazzo impacciato ma premuroso, pieno di attenzioni e gentilezza.
“No, perché?”
“Sembri…” lui arrossì e lei ridacchiò, sciogliendosi. Non riusciva a resistergli, quando faceva così.
“So essere seria anche io di tanto in tanto, sai?”
“Scusa.” Sospirò Remus, e Ninfadora scosse la testa.
“Non preoccuparti, penso sia normale. Tu che ci fai in piedi a quest’ora, comunque?”
“Dormo pochissimo d’abitudine.”
“Quindi sogni pochissimo! Un vero peccato...” Sorrise Tonks, e lui la guardò sorpreso.
“Al contrario.” Ricambiò il sorriso. “Anche troppo in realtà. E vorrei tanto farne a meno.”
La fugace visione del ghigno della creatura lo fece rabbrividire impercettibilmente.
“Io no…i sogni sono il mio rifugio preferito. Anzi, l’unico.” Rise Tonks, scuotendo i capelli rosa.
“Strano discorso, detto da te. Sembri sempre così…spensierata.” ammise Remus, senza smettere di fissare la sua pelle, illuminata dalla luna.
Gli veniva quasi voglia di morderla.
Poi…un ombra.
Le attraversò il viso fugace, ingrigendole un po' gli occhi ed i capelli, che parvero diventare meno rosa del solito.
“So che a volte sembro un po' svampita...” ora nella sua risata c'era qualcosa di stonato. Di malinconico. “E' solo che cerco di essere ottimista! Sai, per quanto mia mamma possa avermi amato, amato per quella che sono dentro...in tutti questi anni ho avuto modo di notare una cosa. Che il suo umore dipendeva dal mio viso. Quando ne avevo uno con i lineamenti più rigidi e duri, lei sembrava diventare più triste. E anche i miei compagni cambiavano impercettibilmente atteggiamento a seconda di com'era la mia faccia. Credo che sia qualcosa di istintivo. A seconda dell'aspetto che uno ha, riesce a influenzare senza saperlo l'umore delle persone, le loro reazioni nei suoi confronti. Per questo cerco di apparire sempre allegra. E sono sicura che è per questo che la mia vera forma sia venuta fuori così colorata! Come se questa consapevolezza abbia in qualche modo condizionato lo sviluppo del mio corpo! Io credo che siano le nostre esperienze a stabilire il nostro aspetto, più di quanto possiamo immaginare!”
“Il tuo...vero aspetto?” Remus la guardò confuso. Lei balzò sul cornicione, sedendosi con le spalle rivolte alla giardino.
“I Metaformagus sono persone strane. E rare.” spiegò, serenamente. “Quando nasciamo...noi...ecco, noi non abbiamo la nostra vera faccia.”
“Non capisco...”
“I bambini molto piccoli non riescono a gestire i propri poteri. Per cui, quasi sempre, quando veniamo al mondo ed entriamo in contatto con...beh sai, il freddo, la brutta faccia del Medimago, la fame, e tutto lo stress della nascita... andiamo letteralmente fuori controllo. I maghi normali al massimo fanno esplodere qualche biberon, ma noi...noi cambiamo aspetto. Come per nasconderci, per proteggersi. Il primo giorno avevo i capelli blu, il giorno dopo viola, quello dopo ancora ero bionda...le orecchie grandi, poi piccole...il naso a patata, poi a punta...e tutto il resto. Se non avessi avuto il cartellino attaccato alla fascia, probabilmente i miei mi avrebbero perso o scambiato per qualche altro neonato, visto che ero sempre diversa! Questa operazione è in realtà piuttosto comune, e si chiama Metamorfosi. Di solito dura da qualche mese a massimo un anno dalla nascita...per poi stabilizzarsi fino a rivelare il vero volto del bambino. Solo che...” si fece imbarazzata. “A me è stato prolungato...”
“Prolungato? Fino a quando?” chiese Lupin, prima di bloccarsi. Quando l'aveva conosciuta...lei aveva detto...

Io sono contenta di vedere tutti.
E che tutti finalmente vedano me.”

“Tonks, tu sei riuscita a scoprire il tuo vero volto...solo adesso?”
Lei ignorò la sua espressione sconvolta.
“Mia madre è una Black che si è innamorata di un Babbano. Ha giocato col fuoco, ha tradito. Loro...ci cercano. Sempre. Cercano mia madre. Mio padre. E me! Così come cercano di riacciuffare Sirius, loro bramano anche la nostra famiglia, la vendetta. Solo che io, per loro, sono già...sporca. Inquinata. Una macchia sul loro bell'albero genealogico. Credo che mi ucciderebbero senza pensarci due volte. Per questo mia madre è entrata in un programma di protezione, talmente segreto che solo pochi membri del Ministero ne sono a conoscenza. Tutti fidati, compreso Silente. Ci siamo nascosti in un posto sicuro e sono anche riuscita ad entrare ad Hogwarts come una studentessa (quasi) normale! Però, per proteggermi, hanno dovuto estendere la mia Metamorfosi più a lungo di chiunque altro. Sono stata Musidora, Elladora, Libadora, Merydora, e per poco anche Teodora. Prima di diventare...beh, solo Tonks!”
Ed improvvisamente, la vide. La ragazzina allegra, pasticciona ed imbranata, costretta ogni anno a cambiare aspetto, a dover ricominciare con una nuova identità sempre diversa. A venire dimenticata dagli amici. A mutare senza riuscire a fermarsi.
Ogni anno. Ogni anno cancellata come neve disciolta dal sole. Cancellata dai ricordi e anche dallo specchio, che rifletteva un viso nuovo e sconosciuto.
Vide il dramma di quei momenti, come se li avesse vissuti lui in persona. E tutti quei sorrisi, tutta quell'allegria...assumevano una forza nuova. Quasi sovrannaturale.
Si ritrovò a guardarla con invidia, ammirazione. E...con una paura differente.
La paura di dimenticarla di nuovo.
Improvvisamente...improvvisamente la sola idea lo terrorizzava.
“E’ una bella casa, in fondo! Certo, non ospitiamo molti parenti, ma ora che ho riagganciato i rapporti con Sirius…chissà.”
“Verrà sicuramente.” sussurrò, continuando a perdersi in quella strana angoscia.
“Sai, ti confesso che all’inizio avevo un po' paura di lui! Per questo non gli ho mai parlato, anche se l'anno dopo mi avrebbe comunque dimenticata. Però…quando ho acquisito finalmente la libertà, ho deciso che non mi sarei mai più dovuta nascondere, da nessuno! Ho scoperto che è diverso dai Black. E' stato fantastico poterlo abbracciare!”
“Mi dispiace.” mormorò lui, serio. Lei guardò la sua espressione e chissà come, le venne voglia di consolarlo.
“Oh, maddai, non fare così! Io me la cavo abbastanza bene! Bisogna fare solo attenzione. Non mi sono mai persa d’animo, e nemmeno la mia mamma. E’ una donna forte, come tutte le Black! Abbiamo sempre trovato la nostra strada con ottimismo, e soprattutto con un bel sorrisone. Così, vedi?”
Gli angoli delle sue labbra arrivarono quasi fino agli occhi, e Remus si trovò incondizionatamente a sorridere a sua volta.
“Vedo, vedo…”
Poi, senza che riuscisse a trattenersi, le posò la mano sulla testa, scompigliandole leggermente i capelli. Con...affetto.
Parve realizzare solo dopo qualche istante e fece per ritirare la mano, vergognandosi a morte, quando lei gliela bloccò fra le proprie.
Se la portò alla guancia, assaporando la levigata sericità della sua pelle.
Non sorrideva più.
Quando lo sguardo di Tonks si fece serio, e penetrante come l’abisso più profondo, Remus congelò.
Gli occhi di lei...erano cambiati.
Non sembrava essere stato un gesto volontario, ma le iridi, da verde acqua, si scurirono, tramutando in un blu così intenso e scuro da poterci affogare dentro...gli occhi di una Black.
E poi parlò, con voce piatta, cancellando di colpo tutta la complicità, la semplicità di quella conversazione.
“So che sei stato tu a baciarmi a Capodanno.”
La luna, nei suoi occhi, brillava più forte che mai.

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Capitolo 48
*** Under my skin. ***


You never go, your always here, suffocating me.
Under my skin.
I cannot run away.
Fading slowly.
I'd give it all to you, letting go of me, reaching as I fall.
I know it's already over now.
Nothing left to lose, loving you again.
I know it's already over, already over, now. -

Red, Already Over.










“So che sei stato tu a baciarmi a Capodanno.”


La risata di Remus uscì piatta. Risultava forzata perfino a lui.
“Ma che dici?”
Tonks lo guardava seria, una sottile ruga le corrucciava la fronte e la bocca creava una piega all'ingiù. L'intensità di quello sguardo da bambola lo mise a disagio.
“Sei stato tu! Perché non lo ammetti?” lo sfidò a negare con rabbia, avvicinandosi.
“Non so di cosa tu stia parlando.” Remus continuava a sorridere, scuotendo la testa. Il suo atteggiamento sembrava ferirla.
Le diede le spalle, continuando ad avere quell'aria di sufficienza, di leggerezza.
“Remus!”
“Tonks, io a Capodanno ero da tutt'altra parte.” continuava a scuotere la testa, bonario. Ma quando si rigirò verso di lei, vide con orrore che...aveva gli occhi lucidi. Così grandi da trasmettere limpidamente ogni cosa. Tossicchiò qualcosa impappinandosi prima di sputare fuori velocemente: “Se proprio vuoi saperlo, io so chi è stato a baciarti!”
Lei lo guardò sorpresa. Fu grato che fosse inconsapevole di quanto forte il suo cuore stesse battendo. Che accidenti aveva detto?! E ora?
“Tu...sai chi è stato...?”
“Sì. Proprio così!” si sforzò di sorridere, guardando in alto e cercando di pensare rapidamente. Non sopportava di fissarla in faccia. “C'è...C-c'è un tizio.”
“Un tizio.”
“Sì. E'...lui è innamorato di te!” aveva la sensazione di ingarbugliarsi sempre di più in un vero e proprio caos, ma ormai la frittata era fatta. Non riusciva a smettere di parlare. “Non sopportava l'idea di vederti mentre baciavi altri ragazzi. Per questo ha pagato un unico biglietto per tutti.”
Il sopracciglio di Tonks era inarcato.
“E perché non ne sapevo niente?”
“Perché...perché è timido.” balbettò lui, sempre più in ansia mentre lei lo squadrava come una leonessa guarda un topolino. Pregava di apparire convincente...e allo stesso tempo sperava di non farlo. Che strano. "Mi aveva fatto promettere di non dire niente, sai, non è per niente esperto con le ragazze...e...p-preferisce guardarti da lontano...”
Ora Tonks era vicinissima. Assottigliò gli occhi, incredibilmente scuri e tenebrosi, e fece una smorfia. La sua voce uscì gelida.
“Dev'essere davvero idiota, questo tizio.” sibilò.
“Sì. Un cretino.” sussurrò lui, deglutendo. “Un vero imbecille.”
“Come altro chiamare uno che preferisce spendere un patrimonio per uno stupido bacio piuttosto che guardare in faccia la realtà?”
“Ha...paura.” ora la voce di Lupin uscì roca e improvvisamente, si chiese da dove venisse quello che stava dicendo. Non sembrava più...così finto. “Ha paura di quello che prova perché...perché quello che prova non ha senso. Ha paura di ciò che ha iniziato a desiderare. Ha paura di doverlo distruggere...un giorno.”
Lei si mordeva le labbra, fissandolo con rabbia, con tristezza. Scarmigliata, rossa in viso, così vicina da poterla toccare. Prendere.
Sentiva il suo sangue caldo confluirle sotto la pelle delle guance, rendendogliele rosse. Il suo profumo di latte e fragola che gli scottava la punta della lingua.
“E' davvero una colossale stupidaggine, sai?”
“Te l'ho detto.” continuò lui, mentre qualcosa gli azzannava la gola. “E' un vero idiota.”
Le diede di nuovo le spalle, desiderando solo allontanarsi. Fuggire, come sempre. Ma non aveva neanche fatto due passi che quello che lei disse lo gelò sul posto.
“Stai mentendo.”
Tonks si era piantata le unghie nei palmi delle mani, chiuse a pugno contro i fianchi. Tremava, il viso congestionato da un pianto gelido.
“Tu...menti...sempre.” singhiozzò rabbiosa, pulendosi le lacrime con una manica.
Si sentì folgorato da quello sguardo, di nuovo. Sembrava sondarlo dentro, metterlo a nudo...scoprire ogni menzogna, ogni segreto.
Non si era mai sentito così. Gli si mozzò il fiato.
“Tonks...”
“No, senti, lo so!” esplose lei. “Lo so che tu non...tu non ricordi!”
La vide singhiozzare senza più controllo.
Rimase fermo in quella sala mentre – da qualche parte dentro di lui – sapeva che era giunto il momento di sentire la verità, una verità che aveva cercato di negare fino a quel momento.
“Lo so che non ti ricordi niente, lo so che tutti gli anni che abbiamo passato assieme non...non sono nient'altro che polvere ormai! Ma...tu eri sempre lì, Remus! Quale che fosse il mio viso...quale che fosse il mio nome! Tu mi hai ritrovata...sempre!” gli si fece vicina, gli artigliò la camicia con la speranza ed il dolore impressi su quel viso da bambina. “Tu sei l'unica cosa che non è mai cambiata in tutti questi anni! E...e non ho la pretesa che...lo so che non te lo ricordi ma so anche che lo senti! Lo senti quello che c'è fra noi, lo vedo come cambia la tua espressione quando siamo vicini! L'incantesimo di Silente è irreversibile ma tu non puoi...non puoi avere dimenticato del tutto!”
No, non poteva avere dimenticato. Glielo leggeva negli occhi.
In fondo, Lily...Lily le aveva voluto bene fin da subito! In qualche modo...pur non rammentando niente della loro amicizia, l'aveva fatta risorgere! Non poteva essere così anche per quello che c'era fra lei e Remus? Era forse un sogno troppo bello sperare...sperare che lui sentisse quello che li aveva legati per tutto quel tempo, da qualche parte dentro di sé? Ricordò il suo sorriso, i suoi occhi gentili, quando ogni anno...ogni anno tornava a tenderle la mano. Quando si sentiva sola e affranta, quando tutti la scordavano, quando doveva ricominciare da capo...lui era lì. Tornava da lei. Biondo, perfetto, generoso e buono. Il suo principe...
Ma poi, Remus si irrigidì. Il suo viso diventò freddo e lontano, di nuovo quel lampo ostile nello sguardo.
Le prese le spalle, staccandosela di dosso con delicatezza ma con decisione.
E ciò che disse le spezzò il cuore.
“Mi dispiace, Tonks.” mormorò con durezza, guardando altrove. “Io non ricordo niente.”
Ingoiò il rospo, abbassò lo sguardo sentendosi...incredibilmente stupida. Si morse le labbra sapendo di sembrare una mocciosa, vedendo andare in fumo ogni illusione, ogni speranza.
Non ricordava. Forse, non aveva nemmeno mai provato quello che aveva provato lei. Forse era stato tutto un sogno, un meraviglioso sogno andato finalmente in mille pezzi.
Eppure, qualcosa la spingeva a continuare. A provare, anche al costo di umiliarsi.
“Allora dammi un bacio.” lo sfidò, ostinata.
“Te l'ho detto. C'è un tizio che...”
“Non mi interessa niente di quel tizio!” sbottò, alzando la voce. “Dammi un bacio e dimmi che non senti niente! Se...se davvero non c'è nulla, ti giuro che...ti lascerò in pace! Ma sappi che so capire quando dici una bugia! Ti conosco da più tempo di quanto tu non pensi! Allora, siamo d'accordo?”
Una brezza leggera sfiorò il silenzio nella stanza.
“Sì.”
Non fece niente, Remus. Rimase immobile come sale, quando lei si alzò in punta di piedi, leggera come una farfalla. Sentiva la sua bocca avvicinarsi, invitante, morbida. Il cuore che le batteva nel petto pompando sangue nelle vene, il suo fiato caldo e profumato.
Non mostrò né sorpresa, né imbarazzo.
Non mostrò nulla.
Poi...qualcosa dentro di lui scattò. Un'ultima, disperata forma di difesa.
E prima ancora che le sue mani le prendessero le spalle, fermandola con dolcezza e impedendo quel bacio, Tonks lo percepì.
Era di pietra.
Il suo gelo la investì come un vento orribile, ricoprendola di brividi. Sarebbe stato meglio se l'avesse schiaffeggiata.
Lo vide guardarla, desolato, per un breve istante un lampo di dolore sembrò scalfirgli il bel viso, prima che questo tornasse così altero e distante da lei.
“Che...che stupida...” mormorò in lacrime, con le sue mani ancora sulle spalle. I capelli le diventarono bianchi.
“Tonks...”
Si divincolò dalla sua presa, correndo via senza osare più guardarlo negli occhi. Salì in camera, si rannicchiò sul letto cingendosi con le braccia e soffocando i singhiozzi per non svegliare le compagne.
Non c'era stato bisogno di nessun bacio. L'aveva capito.
Non l'amava, pensava disperata. Non l'amava...




Remus Lupin guardò senza un'emozione la sua mano. Le nocche scorticate, sanguinanti, il gonfiore violaceo.
Era una fortuna, pensò, che avesse tirato quel pugno al muro quando era così debole. In altre occasioni, avrebbe lasciato un segno nella parete, un segno che avrebbe dovuto poi nascondere in qualche modo.
E non si sarebbe fatto neanche un graffio. Invece ora quel dolore lancinante, che risaliva a ondate il suo braccio, era piacevole da sentire.
Lo calmava. Lo rendeva lucido.
Guardò il vetro della finestra, di nuovo. Quando Tonks si era alzata in piedi, quando si era avvicinata a lui e aveva chiuso gli occhi, lui l'aveva visto.
Il suo riflesso, così stretto a lei, aveva ghignato.
Un ghigno perverso, una visione nauseabonda. Un mostro pronto a stringere fra le sue spire una ragazza innocente, la più innocente di tutte.
Amarla? Lui non avrebbe mai potuto. In nessuna vita.
Né lei, né nessun’altra.
Eppure…era tutto così difficile…
Si sentiva rotto. E aveva dovuto far ricorso a tutto il suo autocontrollo, e la fatica era stata tale che ora gli tremavano le gambe.
Salì nel Dormitorio, la mano gonfia e livida, e si gettò sul letto, sfinito. Non si tolse neppure gli abiti.
Guardava il soffitto, cercando di tornare vuoto. Impassibile.
Eppure, il vortice nella sue testa non si placava. Come se ogni cosa si fosse incastrata, avesse trovato una spiegazione...generando più caos di prima. I sentimenti inspiegabili che tanto strenuamente aveva cercato di ignorare. La voglia di baciarla, di stringerla, fin dal primo momento in cui l'aveva rivista. La gelosia, il possesso, l'adrenalina che gli galoppava nel sangue quando la vedeva sorridere. Quei baci...
Chissà da quanto, pensò. Chissà da quanto ne era innamorato...
Un lupo, da qualche parte nella Foresta Proibita, ululò lontano. Sembrava chiamarlo.
Con gli occhi ridotti a scaglie di ghiaccio, Remus si impose di smettere di pensare.
Non aveva senso, dopotutto. C'erano tabù che non potevano essere infranti.
Perché nel mondo dei lupi, non esistevano principi.
Non esistevano eroi. Non esisteva amore.

Tonks...”

C'erano solo pranzi e cene.














Buio.
C’era una definizione specifica per il buio?
Per buio spesso si indica una coltre nera, che impedisce di vedere la luce. Per buio si può indicare un interruttore della luce spento.
Qualcosa di astratto, di impalpabile, e di invisibile.
Eppure sai che c’è.
Il buio non si guarda, non si odora, non si ascolta.
Il buio…si avverte.
Eppure, lui era sicuro che poteva toccarlo, il buio, allungando un semplice dito affusolato.
Perché il buio non permeava solo nella stanza, era anche dentro di lui, gli scendeva nella gola come velluto.
Ed era opprimente.
Stava soffocando.
Cercò di prendere due sorsate d’aria, ma quella sembrava svanita.
Quel nero penetrante aveva annientato anche l’ossigeno.
Tossendo, cadde in ginocchio, tenendosi la gola.
Non riusciva a respirare.
Dio, voleva aria…
“Ma cos’ha?”
La voce di Remus sembrava così lontana, come in un' altra dimensione.
“Non lo so! È da mezz’ora che si agita! Sirius, dai, non fare scherzi!”
“Starà f-facendo un brutto sogno…” balbettò la voce tremante di Peter, diventando un eco lontano.
Cercò di divincolarsi, sospeso in quella specie di limbo nero, denso come l’acqua e altrettanto mortale, ma quell’orrore aveva allungato gli artigli, agguantandolo per le gambe, senza dargli tregua.
Dentro la sua mente un solo pensiero: uscire, nuotare in alto, verso le voci dei suoi amici…verso la luce…

“Tu vorresti scappare?”

Avvertì il corpo farsi pesante, bloccarsi, venire compresso come creta.
Il gelo che si impadroniva del cuore, rimbombante in un disperato tentativo di vita.
Ma non solo.
Conosceva quella voce, la voce gelida e beffarda di suo padre.
Poteva quasi vederlo, lì, sorridere in quella sua maniera quasi maniacale. Il buio non riusciva ad oscurare quel ghigno.

“Non puoi scappare. Ma non hai ancora capito, ragazzo? Questa è la tua anima. La tua mente. Sei prigioniero di te stesso, Sirius. Non c’è via di fuga.”

Iniziò ad agitarsi ancora di più, ogni muscolo del suo corpo urlava di essere liberato. Avrebbe urlato, se solo fosse riuscito a respirare.

Ancora non ti arrendi? Sei testardo. Allora seguimi e guarda.”

La scena cambiò completamente davanti ai suoi occhi. L'oscurità si dissolse, una candela guizzò contro una parete di pietra. Tutto pulsava di magia.
Era ad Hogwarts. Ma era tutto sfocato, tutto contorto.
La schiena dritta di un ragazzo scompariva dietro una porta di marmo, davanti ai suoi occhi.
Un odore umido. Qualcosa che ribolliva, scrosciava.
Poteva sentire il cuore calmo del mago, il suo borbottare dietro la porta. Ignorava la sua presenza.
Lo osservava godendo della sua inconsapevolezza. Pensava di essere solo.
E poi, la testa si riempì di una voce. Era di una donna, questa volta. Vellutata, dolce. Riconosceva anche quella.
Ma quello che disse, quello che mosse il suo corpo, la sua bacchetta, al posto di inorridirlo...sembrò quasi riempirlo di piacere.
Era l'abbraccio caldo che non aveva mai ricevuto. Era ciò che bramava di più al mondo...oltre al sangue.
Alla morte. Al dolore.
Uccidilo.”
E Sirius Black si sentì finalmente al suo posto.




“AH!”
Sirius sbarrò gli occhi, recuperando ossigeno freddo in una gola che sembrava andare a fuoco.
Alzandosi di scatto dal letto, fece appena in tempo a vedere una figura su di lui che…
“ATTEN…”
TUMP.
“AHI!”
Ricadde sul letto avvertendo un dolore acuto alla testa.
Massaggiandosela con una smorfia di dolore, alzò lo sguardo. L'aria ora entrava meglio nei suoi polmoni, e il dolore fece sparire quella sensazione di disorientamento.
Era in camera sua, nel dormitorio. Nel suo letto, con le coperte appallottolate ai piedi ed il cuscino caduto per terra.
James Potter era caduto all’indietro, tenendosi la testa con la identica smorfia.
“Ramoso?”
“No, Babbo Natale!” ringhiò quello, massaggiandosi la fronte.
Voltando il viso, si accorse solo in quel momento che erano tutti chinati su di lui. Lunastorta, Codaliscia. Entrambi con la fronte aggrottata, le mandibole rigide. Sentiva a ondate la preoccupazione che li aveva avvolti, come una nube tossica.
“Stai bene?” mormorò Lupin, guardandolo con i soliti occhi indagatori.
“S-sì.” borbottò, la voce ancora roca. “Che...?”
“Ti stavi agitando nel letto. Di brutto!” spiegò Codaliscia. “Pensavamo avessi una crisi epilettica! Ci hai fatto spaventare!”
“No, io...ho fatto un...”

Uccidilo.”

“...solo un brutto sogno, credo...”

“E che stavi sognando? Di prendere a pugni un orco?” ironizzò James, scuotendo la testa.
Il cuore gli batteva ancora furiosamente nella cassa toracica, i pugni erano stretti e artigliati alle lenzuola tanto che le nocche erano sbiancate. James le stava guardando. James vedeva sempre tutto.
Sotto gli sguardi spaventati dei suoi amici, cercò di darsi un contegno. Al contrario di Remus, non sopportava di essere analizzato come una cavia da laboratorio.
Inspirò a fondo e sentì il proprio cuore regolarizzarsi, l’adrenalina provocata dalla paura svanire poco a poco.
“Nulla di cui preoccuparsi, sul serio. Mi spiace avervi fatto spaventare.”
Quelli si fissarono negli occhi, sconvolti più che rassicurati.
“E da quando sei così educato?” esclamò Codaliscia, sgranando gli occhioni.
“Oh, fottetevi!” sbottò, ignorando ancora lo sguardo penetrante di Remus, che come sempre era il più inquietante di tutti. Ma aveva la sua mossa per sistemarlo: anche Sirius notava i dettagli. E nell'aria c'era odore di sangue.
Puntò gli occhi sulla sua mano fasciata, e lui si irrigidì, nascondendola appena sotto la giacca. Qualunque cosa gli fosse capitata – e Sirius sapeva riconoscere molto bene l'aspetto che aveva la mano quando si tirava un pugno a qualcosa - non voleva parlarne, esattamente come lui.
“Che ore sono?”
“L’ora di andare a colazione!” Cinguettò Peter, tornando allegro, e la tensione parve sgonfiarsi.
“Ho una fame da lupi! Ops, scusa Rem.” Ridacchiò James.
“Oh, tranquillo, non mi ero offeso...fino al 'scusa Rem'.”
“Mi passate le cartine?” borbottò Black.
“Hey, idea folle: Non potresti per una volta fare colazione con delle uova e bacon?”
“Non posso fumarmi le uova.”
Nel caos provocato dal vestirsi, prendere i libri eccetera, nessuno si accorse della sua aria pensierosa e del suo umore pessimo. Si rollò una canna con occhi persi, cercando di mettere a fuoco quello che aveva visto.
Quel sogno non era normale. Sembrava quasi...vero. Come un ricordo.
Che già sbiadiva dalla mente, però. Rimanendo solo una sgradevole sensazione che correva nella sua schiena in impercettibili brividi.
“Che strano…” mormorò, corrucciato.
“Cosa?” chiese distrattamente James, passandogli accanto.
“Niente.” Rispose Sirius.
“Hai detto qualcosa?” chiese Remus, distratto anch’esso, con in mano un bilico di libri.
“Lascia perdere.” Borbottò Sirius, senza alzare lo sguardo.
Smise di pensare al sogno solo quando un: CRASH! TUMP! SPAM!! BOOM! lo fece sussultare.
Si girò di scatto e vide a terra una confusa massa di gambe e di braccia che dovevano essere i suoi amici, inciampati nel portaombrelli.
Continuò a rollarsi la canna mentre Paciock, nella camera a fianco, cominciava a bestemmiare.






“Sul serio Evans, vogliamo muri insonorizzati!” sbottò Frank, con un diavolo per capello. “Quelli fanno un casino del diavolo, ogni mattina!”
Lily sospirò, alzando gli occhi al cielo. Era con un piede dentro la stanza dei Prefetti, scompigliata, una ciambella ancora in bocca.
“Farò il possibile...” promise, cercando contemporaneamente di non farla cadere per terra mentre parlava, con il risultato che le uscì un buffo bofonchiare. Lui parve accorgersi della sua fretta e buttò uno sguardo dentro.
“Oh, siete in riunione?” si incuriosì. “Come stanno procedendo le cose?”
“Benissimo!” sorrise la ragazza, ma quando entrò gli altri Prefetti la smentirono immediatamente.
“Benissimo un corno!” sbottò Laverne, immersa in fascicoli. “Quella dannata Umbridge mi sta facendo uscire scema! E i questionari...”
“I questionari sono ormai fuori dalle nostre possibilità.” disse calmo Lupin, appoggiato alla parete con l'aria più malata che mai. “Preoccupiamoci di ciò che possiamo fare.”
“Occupazione?” ironizzò Ratcliff, inarcando un sopracciglio. “Dici che gliene fregherà qualcosa ai piani alti?”
“Sicuramente darà qualche grattacapo. Ma prima dobbiamo apportare le firme.” suggerì Leavy, scuotendo i ricci. Aveva l'aria più spiritata che mai, sembrava un piccolo porcospino. Quella dannata sottosegretaria li stava davvero facendo impazzire, era capace di presentarsi anche a tarda notte in camera loro e pretendere che scendessero a risolvere problemi insignificanti che per lei sembravano invece enormi. Avevano chiuso più festini in quei giorni che in sette anni! “Siamo tutti d'accordo?”
“Riepiloghiamo: il ruolo di Prefetti verrà assegnato a partire dal Quinto anno. I vecchi prefetti durante il Sesto e Settimo anno si occuperanno non solo di insegnare le pratiche da sbrigare ai nuovi ma anche e soprattutto di affiancare il Leader, ovvero il Caposcuola.” disse Talbott. “E qui le signorine hanno protestato. Dico bene?”
“Dico solo che è discriminatorio istituirne uno solo. Dovrebbero essere due, uno maschio e uno femmina!” borbottò Laverne, e Lily annuì.
“La postilla è già stata inserita. Ma per quest'anno, è già tanto se riusciamo ad averne uno! Per cui, suggerirei di applicare questa regola l'anno prossimo.”
“Molto bene. Vista la situazione d'emergenza suggerirei di scegliere fra noi un Caposcuola provvisorio e dopo istituire delle elezioni democratiche per scegliere quello definitivo. E' ok?” continuò il Prefetto di Tassorosso, sistemandosi gli occhiali che continuavano a scivolargli dal naso.
Tutti annuirono. Quello sospirò.
“Chi va a chiedere la firma ai Prefetti di Serpeverde?”
“Io non ci penso neppure.” dichiarò Leavy, rabbrividendo. “Malfoy mi mette i brividi!”
“Quelli non partecipano mai alle riunioni! Dovrebbe fregarcene qualcosa di averli come votanti?!” sbottò Laverne, scuotendo la spessa chioma nera. “Voglio dire, portano la Spilla solo per incutere timore agli altri ma non li ho mai visti collaborare mezza volta! Stupide vipere.”
“E in ogni caso, le loro firme non servono. Anche se votassero contro, cosa che io penso facciano, noi siamo comunque in maggioranza. Quindi si fa.” sussurrò David di Corvonero, con sufficienza.
“Farò comunque recapitare loro un gufo con il documento.” sospirò Lily, che ad essere così disonesta non ce la faceva proprio.
“Sì, così fa la fine dei volantini...”
“Quelli sono solo che felici di avere i nuovi professori, fidati.” sbuffò la Corvonero, amareggiata. “Ci pensate? Scommetto che Umbridge&co sono stati scelti direttamente dai Black!”
“Non riesco a capire come Minchum possa averlo permesso!” Leavy fece una smorfia. “Voglio dire, è chiaro che lui odi i Mangiamorte! E i Black ce l'hanno scritto in fronte! Cosa cavolo gli salta in testa? Come fanno quelli a influenzarlo così?”
“E' un politico.” Remus fece spallucce. “A Minchum non frega niente della sicurezza dei maghi, le sue sono tutte chiacchiere. Dice solo quello che la gente spaventata vuole sentirsi dire. Che il Ministero c'è ed è forte, quasi implacabile, e che li terrà tutti con i piedi asciutti durante le tempeste. Sta fondando tutto il suo programma elettorale sull'incremento dei Dissennatori, e probabilmente i Black lo stanno aiutando...o rifornendo economicamente. Mantenere in piedi una campagna costa.”
“Senza contare che Hogwarts è un po' un mondo a parte, se riuscisse a piazzarceli qui, con l'appoggio del corpo insegnanti, sarebbe un bel colpo per lui!”
“Ma sarebbe così brutto? Avere tanti Dissennatori in giro per la scuola, dico! Voglio dire, sono inquietanti, ma è vero che garantiscono sicurezza...” azzardò Talbott, beccandosi un'occhiata sconvolta dagli altri.
“Sono Dissennatori!” si scandalizzò Laverne. “Ti ricordo che uno di loro ha attaccato James Potter! Immagina averne ancora di più qui attorno!”
“Sono d'accordo, se possiamo evitare sarebbe meglio.” disse Lily, incrociando le braccia al seno e rabbrividendo. Ricordava il panico che aveva provato quando il Rinnegato aveva quasi baciato James. “Silente è perfettamente in grado di proteggerci, NOI siamo perfettamente in grado di proteggerci! Quelle Creature sono...sono solo malvagie! Le farei sparire dalla faccia della Terra!”
“Ma così avremmo molti più terroristi a piede libero!”
“Sai che secondo le statistiche, il dieci per cento di quelli che ricevono il bacio sono in realtà innocenti?! E chi dice che il Ministro non sia in realtà in combutta con i Mangiamorte? I discendenti del creatore dei Dissennatori, Ekrizdis, sono tutti maghi oscuri! E anche se il governo non fosse già corrotto, noi come possiamo fidarci di quei cosi?! Secondo me alla prima occasione ci volteranno la faccia e si uniranno ai loro legittimi proprietari, che ci scommetto sono già tra le fila di Tu-Sai-Chi!”
“Oddio, di nuovo la storia dell'Alleanza dei Dodici e dei loro discendenti oscuri...Sei una complottista, Laverne!”
Quella si stava alterando, così la Grifoncina alzò le mani, ponendo fine alla questione.
“Io dico solo che nessun essere al mondo, per quanto crudele e senza cuore, meriti di finire torturato da quei cosi. La penso così, mi dispiace. Condannare qualcuno a vivere senza l'anima e a diventare a sua volta un Dissennatore non ci rende migliori di quelli che condanniamo. Ci sono altri modi per punire qualcuno. Ma stiamo divagando! Dobbiamo scegliere il Caposcuola Provvisorio!”
La discussione andò scemando, mentre i Prefetti le rivolsero un sorrisetto.
“Oh, non te l'abbiamo detto? E' già stato scelto.” ridacchiò Leavy, e di punto in bianco tirò fuori una spilla d'argento, lucente. Le si avvicinò e gliela appuntò al petto.
“EH?!”
Lily cadde dalle nuvole, sbarrando gli occhi.
“Ne abbiamo parlato, e siamo stati tutti unanimi nella decisione! Pensiamo che tu sia perfetta per guidarci, Evans.” Laverne rise del suo stato di shock. “Per ora è provvisorio, ma contiamo che continuerai ad esserlo anche dopo le elezioni!”
“Ma...ma io...P-perchè io?”
“Prima di tutto, perché l'idea è stata tua.” le sorrise Remus. “Sei stata quella che si è data da fare più di tutti. E' grazie a te se siamo qui.”
“Ragazzi...i-io vi ringrazio ma...” Lily continuava a balbettare, cercando di mettere un filo logico alla sequela di pensieri discordanti che le stavano farfugliando nella testa. “Il Caposcuola sarà quello che avrà a che fare con i Professori...con i funzionari del Ministero, addirittura...e...ecco, serve qualcuno di carismatico, di forte! Qualcuno che loro ascoltino...che abbia influenza! Non una...”
Non una mezzosangue.
Si morse le labbra, ricordando quando era stata interrogata per la questione del Somnus, come avevano scelto lei per non incontrare l'astio delle famiglie degli altri, tutte purissime. Come tutti in quella stanza – tranne Silente – l'avevano ignorata e trattata con sufficienza.
Purtroppo, per quanto i Mangiamorte venissero combattuti e socialmente rifiutati, le loro filippiche avevano attecchito. Anzi, si erano radicate anche prima nella società.
I mezzosangue ed i nati Babbani venivano sempre guardati con sospetto o con fastidiosa accondiscendenza, come se fossero maghi di serie b.
“Lily.” Lupin le si fece vicino, affettuosamente. “Sei una strega eccezionale e soprattutto, sei perfetta per questo ruolo. Sei onesta, coraggiosa e una gran sgobbona.”
“E poi hai un dono, Prefetto Evans.” ridacchiò Laverne. “Che è un pregio ed anche un difetto, ovvero, sei un'incredibile idealista! Il tipo di persona capace di smuovere le masse e convincerle a fare la cosa giusta. Trasmetti gentilezza negli altri, fai loro venire voglia di vedere il mondo come lo vedi tu, di fare del bene. Devi solo credere più in te stessa!”
“E' vero Lily, tu trasmetti come una luce tutto intorno a te! Quindi chissenefrega di com'è il tuo sangue! Hey, ma ti sei commossa?”
Non seppe dire come mai quelle parole, dette dai suoi colleghi, furono così significative per lei.
Arrossì violentemente, sentendosi gli occhi umidi, mentre gli altri scoppiarono a ridere.
Quando uscì da lì, si sentiva incredibilmente combattuta. Si appoggiò alla parete, accarezzando la spilla con la scritta “Headgirl” in rilievo. Luccicava come un gioiello.
Caposcuola...lei sarebbe diventata Caposcuola.
I complimenti degli altri le avevano scaldato il cuore... non credeva che la vedessero in quel modo. Insomma, lei era sempre stata sola dopo Severus. Avendo paura di un altro abbandono, aveva tenuto gli altri a distanza. Ma evidentemente, non così tanto! Si erano affezionati a lei più di quanto non credesse.
E poi, quella carica sarebbe stata l'apice della sua carriera scolastica! Insomma, poteva dire di aver raggiunto il sogno di sempre. Era da quando era bambina che voleva primeggiare, conquistare la vetta, avere riconoscimenti, saziare la sua ambizione ed essere la numero uno. Quando era stata nominata Prefetto era stata felicissima. Ora avrebbe dovuto saltare di gioia, letteralmente.
Eppure...
Continuò a guardare la spilla, tenendola ora tra le mani come se temesse di vederla esplodere.
Come mai non si sentiva...non si sentiva più così felice? Era come se...come se non le importasse più.
Come se in qualche modo quella Spilla fosse sbagliata. Pesantissima. Quasi opprimente, su di lei. Come un vestito diventato oramai troppo stretto.
“Complimenti, signorina Evans!”
Trasalì violentemente mentre la Umbridge compariva nel suo campo visivo. Alla maga scintillavano malignamente gli occhi e un viscido sorriso soddisfatto le si allargava sul volto largo. Indicò il gioiello, battendo le palpebre con lentezza.
“G-grazie.” balbettò a disagio.
“Cara, avrei bisogno di parlarle in privato.” tubò quella, afferrandola per un braccio. Il solo contatto con quell'essere spregevole le diede i brividi!
Quando la trascinò nel suo ufficio e chiuse la porta dietro di loro, la sensazione di disagio aumentò.
Era da tempo ormai che aveva avuto modo di vedere la disturbante stanzetta rosa e piena di gattini della Umbridge – a quanto pare era riuscita a cancellare gli innumerevoli membri maschili che li avevano sostituiti per mano di James - ma probabilmente non ci si sarebbe mai abituata!
Era davvero una cosa troppo da maniaca psicopatica!
“Si sieda cara.” soffiò morbidamente la strega.
Obbedì, piazzandosi sulla punta della sedia, tutto il corpo teso a cercare una via di fuga. Quella donna non le piaceva.
Non era solo perfida e bacchettona, era di più. Le sembrava...cattiva.
Un tipo di cattiveria diverso dal solito, ma non per questo meno pericoloso, anzi!
“Gradisce del thè?” sorrise, indicandole delle tazzine di ceramica.
“No, grazie. Professoressa, io dovrei andare a...”
“Oh, non le ruberò molto tempo. Ma gradirei davvero che assaggiasse il mio thé.” il sorriso si fece più maligno. Versò la bevanda in una tazzina e gliela porse, spingendola con un dito fino a lei. La prese tra le mani giusto per accontentarla, stringendola fra le dita sottili.
“Che stanza...carina...” azzardò trattenendo una smorfia, tanto per dire qualcosa perché quella si limitava a fissarla in silenzio.
Un sopracciglio le guizzò in alto.
“Adorabile, ora che l'ho rimessa a posto.” disse, più freddamente. “L'hanno disinfestata poco fa.”
E improvvisamente, come in un'allucinazione, forse dovuta all'ansia, alla fatica e al disagio, Lily vide chiaramente, attraverso lo specchio dietro di lei, un piccolo James Potter vestito da demonietto comparirle sulla spalla.
Fatica inutile, se poi lei ci ritorna!” le suggerì di dire, con un ghigno.
Sull'altra, un Remus Lupin in miniatura e munito di alette bianche le tappò la bocca con la manina.
Non dirlo! Non azzardarti a dirlo!”
“Tutto bene, cara?” chiese la Umbridge sorpresa, perché Lily si era lasciata andare ad un risolino nervoso.
“S-sì...ecco...” balbettò, avvampando. Quella lasciò perdere.
“Ultimamente a me e ai colleghi sono capitati fatti davvero sgradevoli...”
“Hemm...ah sì?”
“E a quanto pare, nessun Prefetto, nessun professore e nemmeno Silente, han visto nulla!” lei digrignò i denti, stizzita. “Il livello di questa scuola, mia cara, è davvero caduto in basso sa? Un tempo le autorità venivano rispettate!”
“Silente gode di tutto il nostro rispetto.” non riuscì a trattenersi dal dire, mentre la donna si irrigidiva.
“Non ne dubito.” sibilò gelida. “Purtroppo per Silente, però, la visione della sicurezza del Ministero diverge un po' dalla sua...”
“Se intende protezione dai Mangiamorte, le assicuro che...”
“Mangiamorte, mia cara?” lei batté le ciglia, sorpresa. “Chi le ha detto che vi serve protezione dai Mangiamorte?”
“In che sen...”
“Oh, c'è davvero tanta confusione su questa cosa!” lei si sporse in avanti, sorridendo. “Lasci che le faccia chiarezza. I Mangiamorte non costituiscono un pericolo né lo faranno mai.”
“Ma...”
“Sono solo uno sparuto gruppetto di persone con idee un po' troppo estremiste, cara.” ridacchiò, vivacemente. “Crede davvero che il Ministero si faccia mettere paura da così poco?”
“Ci sono stati attentati! Sono sparite delle persone! Non sono...non sono una minoranza, loro...!”
“Basta così.” la voce della Umbridge fu tagliente e più alta del solito. Lily si indispettì.
“E allora, di grazia, a cosa servono tutti quei Dissennatori?” sbottò, fregandosene di apparire maleducata. “Da cosa dobbiamo proteggerci?!”
“Beh, cara, la sicurezza non è mai troppa in un mondo dove...siamo obbligati a convivere con Creature di rango inferiore...”
“Creature di...?”
“Cielo, dove ha vissuto fino ad ora? Nella Foresta Proibita ci sono veri e propri branchi di centauri, tanto per dirne una!”
Lei continuava a ridacchiare con leggerezza, incurante della sua bocca spalancata.
“Ma le creature della Foresta Proibita e Hogwarts vivono in equilibrio da sempre! Ed i Centauri sono proprio quelli che ne preservano l'ordine!”
“Oh, tesorino, dubito che delle creature di grado cerebrale così basso riescano anche solo a pensare di poter fare una cosa del genere. E poi, le mie recenti informazioni, di attacchi ce ne sono stati eccome...Somnus, Corni corazzati...”
“Sono usciti da una stella del Diaspro! E' diverso! Non appartengono a...!”
Lei agitò una mano come per scacciare una mosca.
“Apprezzo la sua passione, ma stiamo divagando. Il Ministero sa molto bene come fare il suo lavoro, e lei è davvero troppo giovane per...comprendere. Non è per questo che l'ho chiamata qui.”
“E per che cosa mi avrebbe chiamata?” sibilò Lily a denti stretti, odiandola a morte.
“Lei conosce molto bene il signor Potter, non è così?”
Il disagio aumentò. Si agitò sulla sedia, nervosamente.
“Sì.” mormorò, cauta.
“Potrei sapere, in via del tutto confidenziale, che cosa pensa di lui?”
Si era chinata e parlava dolcemente. Lily distolse lo sguardo.
“Perché questa domanda?” chiese, sulle spine.
“Oh, solo curiosità!”
Nel fangoso vuoto che si annidava dentro gli occhi di quella tizia, vide il proprio riflesso.
La spilla luccicava, appuntata sul suo petto. La stava mettendo alla prova?
“James Potter è...” si interruppe, poi sospirò. Quella attendeva, fissandola crudele. Si aspettava forse che l'avrebbe tradito? Un lampo accecante di orgoglio guizzò dentro di lei. Rialzò la testa, serrando i denti con rabbia. “...James Potter è il miglior mago che io conosca!”
E se ti azzardi a riferire a qualcuno che ho detto questo, ti uccido.”
La donna rimase in silenzio. Non sembrava delusa. Solo...rabbiosa. Ma una rabbia soddisfatta, in qualche modo. Poteva quasi vederla sfregarsi le mani dietro il tavolo. “Il thé cara. Si raffredda.”
Afferrò la tazzina con stizza, ma c'era una cosa che la Umbridge non sapeva: i pozionisti sono precisi, hanno occhio per i dettagli.
E lei era una pozionista.
Brava quasi quanto Lumacorno stesso.
Fu così che, quasi per istinto, il suo occhio fu catturato da una cosa. Una cosa stonata, che non doveva essere lì.
In un angolo dietro Dolores c'era una cassapanca.
Sopra, avvolti in un panno che si era scostato appena con la brezza, fiori di Elleboro. Aconito...Artemisia...
Le sue dita si strinsero alla tazzina, ormai quasi alla bocca.
No, non poteva essere... Era proibito... !
Quando se la portò alle labbra, stringendole contro il bordo per non far passare nemmeno una goccia, e finse di deglutire un sorso, negli occhi di quella megera passò un lampo trionfante e non ebbe più dubbi.
Voleva fregarla! Le stava rifilando del Veritaserum!
Si alzò di scatto, quasi rovesciando indietro la sedia, colta improvvisamente dal panico. Su quanti l'aveva già testato?!
“Devo andare!” sbottò, facendo per fiondarsi verso la porta quando...
“Oh, cara, le interesserà sapere che abbiamo acciuffato il responsabile dei disordini degli ultimi tempi. Colto in flagrante mentre stava allagando il quinto piano.”
Si fermò con la mano sulla maniglia, sentendosi gelare. Si voltò lentamente, pallida.
Miss Umbridge era più dolce del miele.
“Il mago migliore che lei abbia mai conosciuto, eh?” disse sofficemente, godendo mentre lei sbarrava gli occhi. “E' un vero peccato che James Potter sia appena stato espulso, non trova? Tanto potenziale sprecato...”
Non l'ascoltava più. Le orecchie le fischiavano, il sangue sembrava incendiarle il collo ma al contempo, sentiva freddo.
James...James era stato espulso?
“Avrei altre domande da farle, se...torni qui, signorina Evans!”
Uscì dall'ufficio senza più prestarle attenzione. Si mise a correre, realizzando solo in quel momento che la Lily Evans che faceva quello che gli altri le dicevano di fare ormai non esisteva davvero più.




Correva, correva rapida...cercandolo come una droga. Il bisogno impellente di trovarlo, di rivedere il suo sorriso, di stringerlo...Di sentire quel sole così sfacciato scaldarle la pelle fredda. Era già andato via? Era già...uscito dalla sua vita?
Ad ogni passo, il suo cuore sembrava sanguinare...




“JAMES!”
Quando il capo dei Marauders si voltò, il suo corpo si irrigidì. Solo un istante, prima che Lily Evans gli volasse fra le braccia.
Il tempo per vederla...sconvolta. Il viso infiammato dalle lacrime, la corsa a perdifiato, gli occhi sbarrati...
Barcollò appena all'indietro a causa dell'impatto, mentre lei gli si artigliava alla camicia e...lo stringeva.
“Lily...!” mormorò sorpreso, sentendo le sue dita sottili affondargli nelle braccia ed il suo corpo tremare.
Erano davanti all'aula di Incantesimi. Gli altri studenti erano entrati quasi tutti, qualcuno si attardò a guardarli golosamente, ma la calca gli impediva di fermarsi.
Ma comunque, non ci avrebbe fatto caso. No di certo, non quando la ragazza che amava e che odiava gli si era aggrappata addosso come in cerca di salvezza.
“Sei qui...” la sentì sussurrare, prima di sollevare il viso. “Sei...sei ancora qui...”
La prese per le spalle, a bocca aperta.
“Ma che ti è successo?”
“Che è successo a te!” la voce di lei si fece più alta. E di punto in bianco cominciò a singhiozzare. “Razza di idiota! Tu...io te l'avevo detto che...!”
“Ok, ok, piano. Parla piano o non capisco niente!”
“Ti sei fatto scoprire!” gridò lei, strattonandolo con rabbia. “IMBECILLE! Tu...allagare il quinto piano...con tutti quei Folletti-spia! Come diavolo ti è saltato in testa, eh?!”
Il ragazzo la guardò spaesato mentre riceveva deboli pugni contro il petto. Non lo sapeva? Non lo sapeva ancora che era stato espulso?
Come avrebbe reagito a quella rivelazione? Come la scuola avrebbe reagito alla notizia di dovergli dire addio? Come si poteva andare avanti lì dentro senza...senza James Potter?
Come avrebbe fatto lei...a...?
“E ora tu...tu te ne andrai...ci lascerai qui!”
Si bloccò, mentre la crisi isterica le mozzava il fiato. L'idea di perderlo...era insopportabile.
Si sentì andare in iperventilazione.
“Lily, ma io non ho allagato nessun Quinto piano.”
Black out.
Rimase immobile, sbattendo le ciglia umide di lacrime. Alzò lo sguardo, guardandolo in faccia e leggendovi la verità.
Lui ricambiò lo sguardo, stupefatto.
“Tu...non...” mormorò Lily, ancora stretta a lui. “Non hai allagato il Quinto piano?”
“No! Chi ti ha detto una cosa del genere?”
“Non sei stato scoperto, non sei stato espulso...?”
La sua espressione sorpresa fu più che sufficiente come risposta. E lei...parve tornare a respirare.
Come dopo una lunga apnea.
“Mi ha mentito...” sussurrò, realizzando. “La Umbridge...voleva spingermi a confessare che eri tu...e così...ha mentito...”
“La Umbridge ti ha detto questo?!”
Lei non rispose. Si accorse solo in quel momento di quanto stretta gli era avvinghiata, di come dovesse apparirgli, di quello che aveva appena provato e lasciato trapelare senza nessuna esitazione.
James Potter la vide arrossire violentemente, rivolgergli uno sguardo disorientato, come se lei stessa ne fosse sorpresa.
Si zittì anche lui, facendosi serio mentre...qualcosa lo smuoveva dentro. Lei era...così vulnerabile, ora. Glielo leggeva in faccia.
Come se si fosse appena denudata. No, aveva fatto di meglio.
“Non me ne vado, Lily.”
Avrebbe voluto consolarla, ma al contempo, avrebbe voluto che quel momento non finisse mai.
Si sentiva...felice. Felice tanto quanto lei era disperata all'idea che lui se ne andasse via.
Non le permise di staccarsi. Le artigliò la vita, senza pensare, trattenendola a sé.
Ma lei...lo lasciava fare. Immobile, più rigida di una statua, ma al contempo liscia, morbida e malleabile tra le sue braccia.
Non riusciva più a pensare a niente, Lily Evans. Solo...all'enormità del sollievo nel sapere che sarebbe rimasto lì. Al suo fianco. Al calore che trasmetteva il suo corpo, anche da dietro il maglione. Al modo in cui gli occhi di James si scaldavano e diventavano liquidi, ipnotizzandola, paralizzandola.
Il ragazzo alzò una mano, perso in un desiderio. Voleva improvvisamente...sfiorarle il viso.
Si accorse solo vagamente che, mentre lui aveva cominciato a respirare più velocemente, la Grifoncina aveva smesso del tutto di farlo.
Tracciò una linea immaginaria lungo il suo collo d'alabastro, fino ad arrivare al mento. Lei non si oppose.
Con il pollice, le sfiorò lentamente la mascella. L'impulso elettrico parve esplodere, risalire ronzando lungo il braccio. Toccarla...in quel modo, era puro piacere. Una sensazione che sembrava mandargli a fuoco le dita, viva, straripante.
Risalì esitante fino agli zigomi, con delicatezza.
A cosa stava pensando, ora? Sotto le dita, la sua pelle sembrava scottare.
Però non distoglieva lo sguardo. No, quello mai.
I suoi occhi verdi come smeraldi annegavano nei suoi, limpidi e puri, e scintillarono appena quando, con un movimento istintivo, lei inclinò leggermente il capo, accogliendo il palmo della sua mano chiusa a coppa lungo la guancia e accettando senza rendersene conto la sua carezza.
Solo con una breve vibrazione delle palpebre, una bocca ora leggermente socchiusa, un silenzioso sospiro per riprendere ossigeno.
Gli tremava contro, ma non era paura. Non solo. Era una forza gravitazionale che li spingeva sempre più vicini fra loro.
Come una folata di vento...che la portava da tempo verso una sola direzione.
C'era solo una cosa, in quel momento, che avrebbe potuto separarli.
E aveva la forma di una persona, di un mantello nero apertosi in una grande onda dietro il suo corpo irrigidito.
Due occhi d'ebano in grado di trafiggerli.
Come obbligato a girarsi verso la provenienza di quell'ondata di livore, James Potter voltò lo sguardo.
A pochi passi da loro, c'era Piton, immobile. Gli occhi d'oro del Marauder si strinsero, le mani, scese sulle spalle di Lily, si contrassero nella presa.
Ma il Serpeverde non guardava lui, no.
Piton fissava Lily in faccia, la comprensione che si faceva improvvisamente strada sul suo volto arcigno, contorto in un misto di orrore e disgusto.
E Lily gli spezzò il cuore. Lo spezzò ad entrambi, quel giorno. Senza rendersene conto. Con innocenza.
Sentii l'aria più fresca fra loro mentre lei si tirava indietro istintivamente, incapace di distogliere l'attenzione da Severus, dal dolore che non riusciva a nasconderle.
Lo odiava.
James Potter se ne rese improvvisamente conto, mentre lei si staccava, anche se solo di un millimetro, da lui. Rigida e senza fiato, come se fosse stata colta a fare qualcosa di mostruoso.
Odiava Severus Piton come non avrebbe mai potuto odiare Malfoy, o Aliaset, o chiunque altro di loro.
“In classe, ragazzi.” trillò Vitious, apparendo fra quello strano terzetto e interrompendo una tensione che si sarebbe potuta tagliare con un coltello.
Piton indossò di nuovo la maschera. Le sue spalle si raddrizzarono, le palpebre si riabbassarono, la mandibola si rilassò.
Scoccò loro un'occhiata fredda, ed entrò in classe. Sentiva Lily, accanto a lui, ansimare leggermente.
La ragazza scoccò un'occhiata confusa al professore, come se non si aspettasse di trovarsi ad Hogwarts.
“Su, forza, dentro! Ho una lezione interessante per voi!” cinguettò il nano, inconsapevole di quanto avesse interrotto.
“S-sì.” mormorò la ragazza, staccandosi del tutto. Fu quasi un dolore fisico, ma la lasciò andare.
Senza guardarsi più in faccia, entrarono in classe.









Rubata. Potter gliel'aveva rubata.
Le sue mani...così strette attorno al suo viso. Lei, avvinghiata a lui, in lacrime. Così vicina a lasciarsi baciare, toccare, stringere. Così fragile.

Avrebbe voluto morire.

[Non avrebbe più potuto toccarla in quel modo. Non più...]


Passò di fianco a Lucius Malfoy, avvicinandosi senza guardarlo.
“Fatelo.” sussurrò.
Lui sorrise.


Avrebbe voluto che morisse anche lui.








“Quest’oggi...” disse il piccolo professor Vitious, con voce limpida e decisa. “Studieremo una nuova teoria di incantesimo Invisibilius. Il Ministero e il Preside desiderano che impariate incantesimi che possano esservi utili…” sospirò malinconico. “…in tempi come questi.”
James Potter sbuffò lievemente, dondolandosi sulla sedia.
A che gli serviva un incantesimo del genere quando lui aveva il suo fido mantello? A cosa serviva studiare qualsiasi cosa, quando tutto ciò che voleva era chiudersi da qualche parte a riflettere su quanto era appena successo? Era successo davvero, giusto? Non era stato un sogno...
Disinteressato dalla spiegazione del piccolo professore, si concentrò sull’aula d’Incantesimi, grande, luminosa e piena di scartoffie.
In qualche angolino stavano pile di libri, usati da Vitious come sgabelli.
Lui e Madama Pince litigavano un sacco per quello. Anche Lily soffriva, nel vederli usati in quel modo.
Lily...
Scosse la testa, cercando di non trasmettere niente al suo branco. Non un'emozione, non un brivido. Doveva pensare...e riassaporare quel momento in privato.
Le aveva accarezzato una guancia e lei...lei l'aveva stretto così forte... e poi la fine di quel momento, più dolorosa di qualsiasi altra cosa.
Continuò a guardarsi attorno, l'aria sembrava più tersa, luminosa. Le persone erano relativamente tranquille, anche se quella sera c'erano i risultati dei questionari. Forse, quella, era l'ultima lezione del professor Vitious. C'era una sorta di maestosità, di legame.
L'unica nota dolente erano i Serpeverde.
Sì, era come avere letame in un bicchiere di pulitissimo cristallo.
“Bene, partiremo dagli oggetti. Per consistenza, sono decisamente più facili da manipolare, perché sono immobili. Poi passeremo alle mani del corpo umano: difficili, proprio perché hanno vene e sangue in movimento.” Continuò Vitious, con tono flautato.
La mano di Remus Lupin s’alzò educatamente in aria.
“Sì, Lupin?”
“Alla fine dell'anno riusciremo ad estendere l’Incantesimo su tutto il corpo?”
“Purtroppo no.”
“Perché?” s’intromise Alice.
“Come ho detto, nella carne circola il sangue, la vita. E' un incantesimo molto avanzato che viene usato soprattutto nei corsi per spie Auror, dubito possiate riuscire a impararlo in un anno di scuola! Nessun studente è mai riuscito. Beh, tranne uno in effetti...”
Narcissa Malfoy si mise più comoda, spostando malamente la mano di Lucius dalla sua coscia. Anche lei aveva un bel cervello, c'era da riconoscerlo. Che lo mettesse a disposizione del male puro, era un altro paio di maniche.La vide scoccare un'occhiata gelida al suo futuro maritino, un po' troppo interessato alla spaccatura della sua gonna. Narcissa odiava la volgarità.
“Chi?” chiese, sempre con quella sua voce bassissima, quasi sussurrata.
“Albus Silente.” Rispose l’ometto, senza tralasciare una nota d’orgoglio.
“E basta?” s’intromise Nott, deluso.
“Lui e nessun altro.” Rispose Vitious in tono piuttosto secco. “Nessun altro.” Ripeté.
Una nemmeno tanto velata allusione a Lord Voldemort. Forse i professori non erano così ciechi come fingevano di essere.
Ramoso si lasciò sfuggire un ghigno.
“Bene. Prima ci eserciteremo con i cuscini. Ora, come voi tutti saprete, l’incantesimo dura solo pochi minuti…”
Uno sbadiglio sonoro fece gelare i Malandrini, ma fortunatamente Vitious non lo sentì.
Remus, James e Peter si voltarono verso Sirius, trucidandolo con lo sguardo.
Il demente era entrato in aula, aveva poggiato la testa sul banco riparandola con le braccia, e aveva bofonchiato distrattamente: “Svegliatemi quando arriva…”, cosa che nessuno di loro si era ricordato di fare. Era così profondamente addormentato da non aver emesso un suono e ognuno di loro era perso nei propri pensieri, per cui era stato facile dimenticarselo lì.
“Idiota.” Sibilò Remus, dietro di lui. “Fallo un po' più spudoratamente, già che ci sei!”
“Vi avevo detto di svegliarmi...” masticò tra i denti Felpato, trattenendo un altro sbadiglio.
Poi si zittì, aguzzando il naso. Guardò James, poi guardò Piton.
“Ti ha fatto incazzare, eh?” bisbigliò, con un sorrisetto.
Stronzo.
Lo capiva sempre.
James guardò altrove, cercando di trattenersi...ma Sirius lo leggeva come un libro aperto.
“Ottimo...” sussurrò infatti, mentre il sorriso diventava crudele. “... e così abbiamo una preda.”
“No.” sibilò Lupin, guardandoli gelido.
“Non si è perso una parola del discorso del professore, vero?” James fece una smorfia. I suoi occhi scintillavano. “Quel bravo bambino.”
La sua rabbia parve solo accendere Sirius, che si leccò le labbra.
“Ragazzi, sul serio...” Remus scoccò un'occhiata preoccupata ai suoi occhi d'oro.
Dovevano essere ribollenti, considerò James. Fuoco puro.
L'amico si corrucciò, lo sentì cercare di analizzargli la mente per capire quale fosse il problema, che cosa lo rendesse così furioso. Così pieno d'odio.
“Guarda, Vitious si sta avvicinando proprio a lui!” Peter non ebbe la stessa accortezza degli altri due. A differenza di Felpato e Lunastorta, Codaliscia era solo elettrizzato dalla possibilità di vedere James in azione.
“Ooh, guardalo come gongola di mettersi in mostra, è rivoltante!” Ghignò Black, afferrando la sua bacchetta.
“Anche voi vi mettete sempre in mostra!” Remus si protese verso di loro, scoccò un'occhiata di avvertimento a Sirius che per tutta risposta, gli piazzò la mano in faccia, rispingendolo dietro. Era debole, ora, riusciva a spostarlo senza sforzo.
“Sì, ma noi non siamo dei lecchini!” rispose prontamente James.
“Solo dei piccoli bastardi arroganti.” Finì Black, con la sua risata roca. “E’ diverso...”
“Felpato...” avvertì nuovamente Remus, indicandogli con gli occhi le mani del loro Leader. Tremavano. Di nuovo.
Lo so, parve rispondergli silenziosamente Felpato. Ma tu hai i tuoi metodi, io i miei.
Poteva quasi sentirli, anche se non stavano parlando. L'uragano che arrivava, Sirius che si lanciava dentro con lui. Per farsi male assieme. Perché era l'unico modo che conosceva per gestirlo.
“Allora, Severus, mostrami se hai imparato…”
Severus Piton si limitò ad annuire con espressione vacua, prendendo la sua bacchetta dalla veste.
Il cuscino prese fuoco.
Sarebbe dovuta finire lì...a sentir Sirius. Un piccolo dispetto, qualcosa che sperava bastasse a placare l'allarmante sete di sangue che avvertiva dal suo migliore amico.
Ma l'odio di James mandò il suo incantesimo fuori controllo.
Lo alimentò come benzina.
Le fiamme salirono avvampando fino al suo braccio, facendogli sfuggire un grido, generando il panico.
Severus balzò in piedi, rovesciando il tavolo, divincolandosi e contorcendosi.
Extinguo!” urlò Vitious, dopo appena due secondi.
I più lunghi di sempre.
Piton strinse i denti in un ringhio dolorante, immergendo la mano ustionata dentro un vaso di fiori.
Black, Lupin e Minus si girarono in sincrono verso di lui, esterrefatti...ma James era già in piedi.
“Che c’è Mocciosus? Hai perso la tua autostima?” gridò, ghignando. “Non che fosse una gran perdita, eh?”
“Ma che accidenti hai fatto?!” sibilò Lupin, fissandolo con tanto d'occhi.
Ma quando James si voltò, per un istante stentò a riconoscerlo...o meglio, fu come rivederlo com'era qualche anno fa.
Un involucro vuoto.
Le ondate di odio e soddisfazione si mischiavano ad un senso di colpa che veniva rilegato sempre più in un angolino della sua mente.
“Ops.” sorrise, crudele.
“Duecento punti in meno a Grifondoro.”
La voce di Lily Evans parve risvegliarli da quell'incubo. La ragazza si era alzata in piedi, si era avvicinata a loro senza farsi sentire.
Era gelida. Livida.
“Coosa?!” Si sconvolse dall'altra parte della stanza Weasley.
“Stai scherzando, Evans!” ululò Paciock indignato.
“Vi ho visto. E io sono una prefetto! La parola ti dice niente, Lupin?
Remus abbassò lo sguardo, arrossendo fino alla radice dei capelli, mentre Lily gli scoccava una occhiata ardente.
“Ecco...non...”
“Scusaci, Evans!” Sirius provò a sdrammatizzare. “Era uno scherzetto innocente, ma devo aver sbagliato qualcosa...giuro, non volevo fargli male! Beh, non così tanto almeno...”
“Duecento punti sono tantissimi...” pigolò Peter con disperazione, già pentito di tutta la faccenda.
“Innocente?! Voi...voi...! Oh!” poi la ragazza si voltò, ricordandosi di Severus.
Corse verso il ragazzo, che furiosamente cercava di placare il dolore cercando qualcosa nella sua borsa.
“Severus…” fece Lily, chinandosi sul ragazzo. Afferrò la sacca, estraendone una boccetta con uno strano unguento. “Tieni, ecco...”
Non appena se lo applicò, le bolle e la sfumatura violacea della pelle si ritirarono, e il suo viso parve distendersi appena per il sollievo.
Prima di contrarsi di nuovo.
Guardò Lily con occhi che avrebbero bruciato l'inferno, e schiaffeggiò via la sua mano con uno scatto brusco.
Poi balzò in piedi, stringendo i pugni.
Tremava di rabbia.
“Ti credi tanto spiritoso, vero?!” ringhiò, rivolto al suo acerrimo nemico, il cui sorriso pericoloso divenne ancora più ampio.
“Vuoi tornare ai vecchi tempi, Mocciosus?”
“Ora si ammazzano sul serio.” commentò Malfoy, divertito, vedendoli avvicinarsi così velocemente che nemmeno Vitious riuscì a far nulla.
Si afferrarono per il bavero, strattonandosi. Il suono di un pugno saturò l'aria. Poi un altro. E un altro.
“Fermi!” strillò Lily Evans, e senza riflettere si mise tra i due, lottando per separarli. “FERMI!”
Sembravano non sentirla. Cercavano di raggiungersi l'un l'altro, ghermirsi, distruggersi!
“VI PREGO!”
Tutto quell'odio la travolse, ma il suo tono di voce, di nuovo isterico e sull'orlo delle lacrime, bloccò James quel tanto che bastava per allontanarlo di pochi, liberatori centimetri. Timoroso ora di schiacciarla fra loro, qualcosa gli scattò dentro e ansimando, balzò all'indietro.
Severus, invece, non l'ascoltò. Lily puntò i piedi, cercando di trattenerlo con il peso del suo corpo, ma lui sembrava impazzito.
“Io RIDERO’ sulla tua tomba, mi hai sentito?!” mugghiò, spiritato. “Quando morirai, io sarò lì! RICORDALO!”
“Severus! Calmati!”
“Levati Mezzosangue!” tuonò lui, perdendo definitivamente il controllo e spingendola così brutalmente che Lily che cadde a terra, franando tra due sedie. Il mondo parve detonare davanti ai suoi occhi, il gomito esplose di dolore.
“JAMES, NO!” urlò da qualche parte Lupin.
Lo vide confusamente mentre gli si lanciava contro afferrandogli il braccio e indirizzando la fattura verso il soffitto, dove si schiantò con un rumore assordante.
In un istante, lui, Peter e Sirius gli si avvinghiarono contro, bloccandogli gli arti e circondando il suo collo con le braccia.
E nonostante fossero in tre, ci volle tutta la loro forza per tenerlo fermo.
“CHIEDILE-SUBITO-SCUSA!” ruggì quello, cercando di divincolarsi con violenza.
Calò relativamente la calma, a dispetto di tutto. L'aula sembrava ora un campo di battaglia, Vitious era caduto dietro una pila di tomi e si divincolava per rimettersi in piedi, urlando. Era quasi comico.
Ora tutti assistevano alla scena, Serpeverde e Grifoni in piedi, bacchette sguainate...pronti a farsi la pelle.
Ma nessuno si mosse. C'era silenzio.
“Tutto quello… che voglio ora…” disse Piton, le parole che gli uscivano a malapena dalla rabbia. “E’ solo spaccarti la faccia...”
“Bene...” ansimò James, strattonando il braccio dalla presa di Remus, piuttosto debole date le circostanze. “…guarda caso è quello che voglio anche io...”
“PIANTATELA!”
Ma prima che potessero fare alcunché, una potente onda d'urto spedì tutti quanti da una parte all'altra della stanza.
Lily Evans si era rialzata, e teneva in mano la bacchetta. Tutta il panico di prima era sparito, ora era solo furibonda.
“Potter finiscila, non mi sono fatta niente!” sbottò, togliendosi i capelli dalla faccia. “E tu, Piton...hai appena fatto perdere alla tua Casata altri duecento punti. Torna a sederti!” si voltò verso il ragazzo, parlandogli per la prima volta in due anni.
Nonostante l'odio, il dolore e la rabbia, sentirla nominare il suo nome fu come un balsamo per il suo cuore insanguinato. Nonostante lo stesse guardando disgustata, nonostante la sua voce fosse più fredda del Polo.
Piton non ebbe il coraggio di guardarla in faccia. Annuì solamente, ripulendosi il sangue dalla bocca. La ragazza si rigirò verso il Grifondoro.
“Lo stesso vale per te, Potter!”
“Io mi chiamo JAMES!” scattò lui.
“Non m’importa! A SEDERE!” Ruggì quella ormai al limite, piantandogli la bacchetta addosso. “E che qualcuno aiuti Vitious, per l'amor di dio!”
Qualcosa nel suo viso fece scattare agli ordini praticamente tutti quanti, Serpeverde compresi. Aliaset, sbuffando, andò a sollevare il poverino per un braccio, rimettendolo in piedi.
Il professore era il più shockato di tutti...la sua (molto probabilmente) ultima lezione! E finiva con una rissa!
“Ma che stra-accidenti vi è preso?!” urlò stridulo, mentre i suoi studenti ebbero la decenza di sembrare perlomeno imbarazzati.
















“Lily, sei arrabbiata con la pancetta?” chiese con tono vacuo Ninfadora Tonks, gettando un occhio al suo piatto.
“No.” rispose secca Lily Evans, che infilzava la pancetta con tanta foga che pareva volesse ridurla in poltiglia.
Erano a cena. L'intera Sala rimbombava degli ultimi pettegolezzi, messi in secondo piano soltanto dagli striscioni che, sugli spalti, annunciavano che era finalmente giunta l'ora di conoscere il loro destino e quello dei professori.
“E allora perché la stai torturando così?” sospirò Cristhine McRanney, che guardava l'una e l'altra con una rughetta di preoccupazione sulla fronte.
Tonks aveva i capelli di un bianco accecante, legati in una codina distratta. Anche la pelle era pallida, o forse era solo il contrasto con i vestiti rigorosamente neri. Vederla così poco colorata era strano.
Lily, dal canto suo, andava letteralmente a fuoco, ma in quel caso sapeva il motivo. Poteva cominciare da lì.
“Non ti va di parlarne?” azzardò pazientemente.
“Non ho niente...”
“Mi è stato riferito che James ha avuto una sorta di...hemm...regressione comportamentale. Cioè, ne sta parlando tutta la scuola in realtà...”
Alla rossa brillarono gli occhi.
La sua risposta fu un ringhio gutturale, cavernicolo, e la Corvonero lasciò perdere.
Forse era meglio farla sbollire con il bacon un altro po'. Si concentrò sull'altra, che era più scolorita di uno spettro.
“E tu?”
A differenza della rossa, che era un incendio in piena, la ragazzina si accasciò mogia sul tavolo.
“Io sono solo la più grande imbecille dell'universo.”
Cristhine sospirò.
“Tonks, quei capelli bianchi sono inguardabili.”
“Non è colpa mia!” si difese lei, brontolando. “Ogni tanto, perdo il controllo dei miei poteri...torneranno normali tra qualche tempo...”
“Ah-a. E i vestiti?”
“Beh, quale altro colore si può abbinare al bianco?! Non è che avessi molta altra scelta!”
“Sembri una cantante punk in piena depressione.” borbottò Lily senza alzare lo sguardo dalla pancetta martoriata.
“Che c'è che non va?” sussurrò Cristhine, facendosi vicina a lei. Era abituata ai cambi di colore di Tonks, che andavano in base alle sue emozioni...rosso rabbia, giallo euforia, una volta aveva mangiato una gelatina Tutti-i-gusti+1 al cerume e la capigliatura le era diventata verde ...ma bianco era strano.
Troppo...vuoto.
Lei si abbracciò il corpo, che era molto più snello e piccolo del solito, come se si fosse un po' rattrappita.
“Come fai?” domandò, con voce gonfia. “Come fai ad andare avanti quando la persona che desideri ti rifiuta?”
“Oh.” comprese Cristhine. Lentamente, sollevò una mano e le accarezzò i capelli con fare materno. Essere una sorella maggiore in una famiglia senza mamma doveva averla plasmata. “Tonks, so che stai male, ma...sei così giovane! Sono certa che ci sarà qualcun altro, prima o poi. Ora sei disperata, ma vedrai che questa cotta – qualunque fine essa faccia – alla lunga ti aiuterà a crescere e...”
Ma era quello, il problema. Lei partiva da premesse sbagliate. Come avrebbe potuto essere altrimenti? Pensava che fosse solo un'infatuazione.
“Non è solo una cotta!” gemette. “Io lo amo!”
Entrambe le sue amiche alzarono il viso, sorprese.
“Lo amo da più tempo di quanto non possiate immaginare! Non ci sarà mai nessun altro, c'è solo lui! E ora...tutto è...sparito...!”
“Giuro che lo ammazzo!” ringhiò Lily, indirizzando la sua furia omicida verso un nuovo soggetto. “Dimmi chi ti fa soffrire così e lo faccio secco!”
Ma non fece in tempo a fare nulla perchè la Umbridge apparve in quel momento.
“Grande serata, eh?” cinguettò, perfida. “Signorina Tonks, gradirei che a tavola e in generale nella scuola, tenesse i suoi capelli di un colore quantomeno normale e decoroso...”
Avrebbero voluto ammazzarla ma la piccola McRanney era un tipo molto più elegante di così.
Semplicemente iniziò a tossire, portandosi la mano alla bocca.
La Umbridge sbiancò, boccheggiò qualcosa e si allontanò così in fretta che sembrava fosse stata punta da un calabrone.
“Teme che possa ancora contagiare qualcuno.” ridacchiò Cristhine, alle occhiate interrogative delle altre due. “Mi basta tossire per levarmela dai piedi!”
La videro arrancare rapidamente verso il podio, dove Silente era appena salito.
Nella scuola calò un silenzio teso, tutte le teste si voltarono verso l'anziano preside.
Il suo viso antico non lasciò trasparire nessuna emozione.
“Buonasera. Com'è noto, il momento dell'ufficializzazione dei Questionari è arrivato. Credo sia meglio per tutti toglierci il pensiero subito e proseguire la cena in santa pace.”
Non erano pronti.
Lily Evans gemette, mordendosi le labbra. Non erano pronti! Avevano lavorato tanto...e ora il momento tanto temuto era arrivato.
E loro...non avevano potuto fare niente...
Adocchiò i loro professori, immobili accanto a quelli mandati dal Ministero per sostituirli. La McGranitt e le sue sfuriate, il dolce Vitiuous, Lumacorno con i suoi party, la Professoressa Sprite sempre così trasandata, quel matto di Kittleburn...gli sarebbero mancati tutti, dal primo all'ultimo di loro. Se ne rese conto solo in quel momento.
Hogwarts senza di loro non sarebbe mai stata la stessa...
“Le votazioni sono le seguenti.” continuò Silente, con voce limpida. “Questa mattina, abbiamo letto che a favore di una modernizzazione del corpo insegnanti, Corvonero ha votato allo zero per cento. Grifondoro allo zero per cento. Tassorosso allo zero per cento. Serpeverde...”
Lily trattenne il respiro, come tutti gli altri.
Poi, Silente lo disse.
“...al cento per cento.”
L'aria parve sgonfiarsi dentro i suoi polmoni. Lily batté solo le palpebre mentre tutta la scuola insorgeva, mentre di sfuggita vedeva la Umbridge e il nuovo, mostruoso e oscuro corpo insegnanti esultare senza ritegno.
Si accasciò sulla sedia, sentendo gli occhi farsi umidi. Gettò un'occhiata alle sue amiche, a Cristhine, a Tonks, a chiunque lì dentro stava vedendo il proprio futuro andare in fumo.
Avrebbero bandito la più giovane, ne era certa. Con una scusa qualsiasi.
Cristhine aveva una famiglia più importante di un babbano e una Black rinnegata, forse non l'avrebbero cacciata ma sicuramente avrebbero inventato qualcosa per tenerla perlomeno isolata, lontana da loro.
Entrambe erano rigide, ma composte, piene di dignità e pronte a combattere ma...ma improvvisamente la sola idea le metteva addosso ansia.
Le sue uniche amiche...le uniche ragazze che erano riuscite a scalfire il suo muro insormontabile...
Strinse i pugni contro i fianchi, cercando di non crollare.
Dopo...sarebbero passati ai Mezzosangue. A chiunque fosse diverso. Avrebbero reso quel posto, la sua meravigliosa casa un inferno vivente!
A cosa era servito, sperare? Illudersi di poter cambiare le cose alla sua maniera? Era stato tutto inutile!
Si sentiva così stupida ad aver combattuto contro dei mulini a vento! Lei non era in grado di influenzare nessuno! Non irradiava nessuna luce, non era riuscita a convincere...neanche un solo ragazzino!
Nemmeno Severus...non era riuscita a salvare nemmeno lui...
“Hem hem.”
I ragazzi risollevarono lo sguardo. Questa volta, ad emettere quel suono, non era stata Dolores Umbridge.
Silente sogghignava.
“Tuttavia...” continuò, con leggerezza. “...Forse i festeggiamenti dei nostri amati ospiti sono prematuri...”

Eh?


“...Nel tardo pomeriggio, una persona della Casata Verde-Argento ha aggiunto l'ultimo voto mancante.” cinguettò quello, scandendo per bene le parole. Tutti, ora, lo guardavano stupefatti, professori compresi. “E ha votato contro. Per cui, mi tocca proprio dire che Serpeverde ha votato al 99%. E se la memoria non mi inganna e la matematica resta non opinionabile, il vecchio corpo insegnanti ha ottenuto la maggioranza. Ho già chiesto ai nostri operosi elfi domestici di predisporre le valigie dei nostri amati ospiti, con la speranza che tornino a trovarci, se vorranno farlo.” Si voltò verso i funzionari del ministero, dolce come miele. “Sarete sempre i Benvenuti, qui.”

EEEH?!

Lily Evans colse solo un decimo del boato che quelle parole generarono nella scuola. Cosa...che stava dicendo...?
Senza fiato, istintivamente voltò lo sguardo verso la tavola verde-argento, scontrandosi con una moltitudine di facce livide e sconvolte.
Tranne una.
Michael Aliaset la fissava. Una mano appoggiata sotto il mento, la solita aria annoiata ma...gli occhi chiari fissi nei suoi.
Vedendo la comprensione farsi larga sul viso della Grifondoro, ed il sorriso lentamente spuntare sul suo volto, alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
Ma tu guarda se quella mezzosangue doveva guardarlo in quel modo, pensò il ragazzo, con una punta di fastidio. Come se le avesse appena salvato il mondo.
Quella dannata aveva portato di nuovo sul lastrico la sua famiglia e ora gli sorrideva?!
Dio stramaledicesse tutti i Grifondoro.
Cercò di stamparsi in faccia un'espressione ostile ma Lily continuava a guardarlo con occhi brillanti e riconoscenti, mettendolo a disagio più che mai.
Chissà perché lo aveva fatto...rifletteva. Cercava di convincersi che era solo perché mal tollerava la Umbridge e tutta quella manica di imbecilli che si era aggirata per i corridoi nell'ultimo mese, però...

Non c'è niente che tu possa fare per farmi cambiare idea e farmi perdere la speranza che qualcuno, in quello stupido Sotterraneo, prima o poi alzi la testa e decida di fare la cosa giusta! E magari quel qualcuno sarai proprio tu!”

Sì, pensò Aliaset, ignorando il chiasso e le strilla della Umbridge. Dio stramaledicesse tutti i Grifondoro.







“CE L'ABBIAMO FATTA!” rise Tonks, abbracciando la sua amata Lily Evans. La gioia era esplosa inarrestabile, vedere la Umbridge allibire di fronte alla sua valigia – messa davanti ai suoi piedi niente meno che da una trionfante Minerva McGranitt – era puro godimento e per un istante, tutto parve venire dimenticato.
Tutta la rabbia di quel giorno, l'ansia, la tristezza...spazzati via! I capelli di Ninfadora assunsero una vaga sfumatura di rosa e anche Lily non riuscì a impedirsi di ridere.
Qualcuno saltò sul tavolo e si mise perfino a ballare, altri spararono in aria dei fuochi d'artificio che portarono il degenero per tutta la sala e andarono a finire – guarda il caso – proprio dai Serpeverde che si videro costretti a mangiare con i nasi attaccati ai piatti per non farsi incenerire i capelli!
Solo dopo almeno venti minuti furono tolti d'impiccio ma le loro espressioni non erano certo delle più radiose, cosa che gonfiò di felicità tutti i Grifondoro presenti, così che i festeggiamenti si fecero ancora più chiassosi.
“Hai visto, Lily?” esclamò Cristhine, abbracciandola a sua volta. “Alla fine, abbiamo vinto alla tua maniera!”
Rimasero così, strette le une alle altre, godendosi...casa.
La loro grande, splendida famiglia.
Quando le acque si calmarono un po' di più, Lily aveva le dita rosse a furia di stringere mani.
Si risedette solo dopo tantissimo, frastornata e felice. Lumacorno le strizzò l'occhio e lei sorrise radiosa.
“Che aria contenta Evans! Pensi a me, vero?”
Sussultò, sentendo come una fonte di calore che si avvicinava.
Non si era accorta di James, che era arrivato con un sorriso largo da bambino.
Il primo istinto fu quello di ricambiare, poi si ricordò che era ancora arrabbiata con lui.
“Aria Potter.” Ringhiò solo, in malo modo.
“Ciao James!” lo salutò Tonks, decisamente più serena.
“Heylà, ciao dolcezza. Figo il look gotico!”
“Ah, grazie. Stavamo proprio parlando di te prima!”
“Ah, ma davvero?” Cinguettò Potter, fissando Lily, che si concentrò su un pezzo di pane.
“Li hai fatti tu i fuochi?” intervenne la McRanney, frettolosamente.
“Io e Sirius!” ridacchiò lui. “Volevamo usarli per attaccare il nuovo corpo Insegnanti e far capire subito chi comandava qui, ma a quanto pare, non ce n'è stato bisogno!”
“Allora quando torna lo sgrido... o lo bacio, non ho ancora deciso!” rise Cristhine, mentre i restanti Marauders si davano gran daffare per continuare a far esplodere roba cercando di non farsi beccare dalla McGranitt.
Lily aveva voltato lo sguardo, combattuta. Era davvero contenta, e una parte di lei avrebbe voluto...voluto perfino abbracciarlo.
Come quella mattina. Come quando aveva perso la testa e l'impulso di stringerlo, di sentire quel suo dannato calore si era fatto insostenibile.
Ma non riusciva ad ammetterlo, per cui si limitò a tenergli il muso, serrando i pugni sotto le braccia per impedirsi di allungare le dita verso di lui.
“Dai, sono venuto per fare pace!” esclamò allegramente il ragazzo, sedendosi accanto a lei. “Bisogna festeggiare, no?”
“E ti sembra così facile?!” rimbeccò quella, piccata. “Ma hai idea di quello che hai fatto oggi?! Ti sembra normale, per caso?!”
“Quello?” lui fece spallucce, con un'incredibile faccia tosta. “Solo un normale regolamento di conti tra uomini!”
“Non ci credo affatto! Tu...Severus...!”
“Niente di strano, quello è il nostro rapporto di sempre. Guarda, ti faccio vedere!” lui si allungò oltre la sedia, mettendosi la mano davanti alla bocca.
“Hey Mocci, scusa se ti ho ustionato la mano!”
“Fottiti, Potter.”
“Visto? Siamo amiconi!” concluse il Grifondoro con allegria, strizzandole l'occhio mentre Piton passava loro accanto senza nemmeno guardarlo.
Lily si massaggiò le palpebre, cercando di non farlo saltare per aria. Prima sembrava volessero ammazzarsi, ora a malapena si calcolavano...
“Uomini...” sbottò, scuotendo la testa. “James, tu...”
“Hey, siamo tornati al 'James'!”
Ora lo strangolava sul serio!
“Chiudi il becco!”
“Che acidità, e io che ho deciso di essere clemente con te! Anche se sei stata davvero odiosa oggi...duecento punti persi...”
Ma evidentemente era la cosa sbagliata da dire. Il vecchio, accogliente e rassicurante fastidio tornò a galla.
“Odiosa?! Io?!” s’imbufalì la Grifoncina, parlando cosi forte da far girare tutti i presenti. “Sai che c'è?! Tu sei solo un emerito sbruffone! Severus Piton su una cosa ha proprio ragione, non concluderai mai nulla nella tua vita se continui di questo passo!”
“Acci!” pensò Cristhine accigliata, mentre James s’infuriava. “Ora vanno avanti per ore!”
“Ah, è così, eh?! Vi siete messi d’accordo tu e il caro MOCCIOSUS?! Cos’è, avete creato il club Anti-Potter o cosa?! Per tua informazione, fino ad ora io ed il mio atteggiamento siamo sempre stati i primi in ogni classifica!”
“Sai fare le magie e le usi contro chi ti pare! Questo non vuol dire certo essere il migliore! Sappi che un bravo mago deve anche essere buono di spirito, avere senso di giustizia e soprattutto controllo! Tu...tu non pensi! Tu ti butti a capofitto nei guai e nelle risse senza badare a niente e nessuno! E trascini gli altri con te!”
“Beh, ti ricordo che se non mi fossi buttato a capofitto per salvarti la pellaccia le innumerevoli volte in cui ti sei cacciata nei guai, a quest'ora non saresti qui!”
Colpito e affondato.
Lily divenne rossissima e i suoi occhi si spalancarono. Entrambi erano balzati in piedi, fronteggiandosi.
Ops…” pensò James, maledicendo all’istante la sua boccaccia.
Ma perché non se ne stava mai zitto?!
“Ma chi ti credi di essere?! Non ti ho mai chiesto di venire a salvarmi!” strillò quella, indignata. “La prossima volta vedrò di rimanerci secca, così da non infastidire sua grazia!”
“Hem…calma Lily…James non intendeva…” balbettò Cristhine, ridendo nervosamente.
Il ragazzo fece per ribattere ma improvvisamente, un'ombra scura calò su di loro...






“Remus! Hey, oh, Remus!”
Sirius Black allungò il braccio mentre Lupin perdeva l'equilibrio, franandogli addosso.
Una scatola cadde ai loro piedi, rovesciando fuochi d'artificio di dubbia provenienza sul pavimento.
“S-scusa.” balbettò quello. “Calo di pressione...”
“Una sega!” sbottò Felpato, rimettendolo in piedi. Remus era leggero come un uccellino. “Che succede? Hai bisogno di...?”
“Non ho bisogno di niente.” scattò lui brusco, facendo sobbalzare Minus. “E' sempre il solito. Accendi quei cosi.”
“E poi sono io che ho la testa dura!” bofonchiò quello, pronto a dare un'altra bella ripassata di esplosivi. Aveva la faccia sporca di fuliggine.
Erano imboscati in un angolo, un anfratto abbastanza grande da farli passare inosservati mentre nella Sala Grande regnava ancora il caos.
La felicità era incontenibile. Metti a degli adolescenti tutta quella carica e si poteva star sicuri che il degenero fosse assicurato...ed era esattamente ciò che era accaduto.
Draghi alati e giganti fatti di luce solcavano il soffitto, stelle filanti fischiavano contro le travi, coriandoli musicali cadevano come pioggia superando le grida dei professori, vecchi e nuovi.
E nascondendo il soffitto in una nuvola di polvere...così che il cielo non si riusciva a scorgere, se non qualche vago spiraglio dove non c'erano altro che nuvole che come un fronte di pigri cavalli sospinti dal vento si stagliavano sulle innumerevoli torrette di Hogwarts, rumoreggiando la promessa di un temporale in lontananza che, però, non sarebbe arrivato fino alla scuola.
Se si faceva uno sforzo di fantasia, si poteva immaginare quei grandi nugoli come le arcate di una cattedrale: intravederne i pilastri, le vetrate, i banchi e i gargoyle ghignanti.
Una struttura dalla magnificente bellezza che, incredibile ma vero, sembrava esser fatta apposta per proteggere l’anima mostruosamente in pericolo di Remus J. Lupin.
La nascondeva.
Ai suoi occhi.
Alla sua anima.
Alla Creatura dentro di lui.
Nascondeva la luna piena.
Come un cavaliere che si parava davanti alla sua regina per difenderla dal nemico più mortale. Ma nonostante i suoi sforzi, un gelido vento che incessante spingeva, arrotondava e sferzava riuscì a modificare la forma delle nuvole...fino a creare, infine, uno spiraglio.
In quella breccia lieve, un tenue filo di luce bianca scivolò giù... come un serpente pronto a mordere.






“COS’E’ TUTTO QUESTO BACCANO?!” ruggì la Mcgranitt, calando su di loro come la spada di Damocle.
A quanto pareva il lasciapassare di James era scaduto, perché quella gli agguantò un orecchio con tutta l'aria di strapparglielo.
“Signorina Evans si contegni! Lo stesso per lei, signor Potter, cosa diavolo ha combinato sta volta?! Seduti! Ora! State mettendo in imbarazzo tutta la vostra casata!”
“M-ma...prof...!” alitò Potter, sconvolto, ma la donna assottigliò gli occhi come un rapace.
“Duecento punti...” ringhiò sommessamente, spaventandolo a morte. “TU hai fatto perdere Duecento punti alla mia Casata e ti giuro che se apri ancora la bocca ti vaporizzo sul posto! E ordina ai tuoi scagnozzi di far finire quei dannati fuochi, SO che ci sei tu dietro, razza di demonio!”
Ma che bella ingrata! E pensare che li aveva ordinati apposta per onorare lei e compagnia!
James era scandalizzato a dir poco, ma Minerva era Minerva e bisognava dire che metteva una fifa blu quando le girava male così!
Quando la sfuriata finì, i due si sedettero imbronciati. Poi James tirò fuori uno specchietto e, con stupore di Lily, iniziò a parlarci dentro.
“Abortire.” sbuffò solo.
“Prima dovresti mettermi incinta, tesoro!” ironizzò Codaliscia dall'altro lato, prima di ficcarsi il secondo in tasca. “Beh gente, penso che sia arrivata l'ora di goderci la cena!”
“Che palle, avevo appena iniziato con i carri armati di fuoco!” sbuffò Black, facendo evanescere le prove e stampandosi in faccia l'espressione più angelica quando la professoressa di Trasfigurazione marciò verso di loro.
“VOI TRE! Che state combinando qua dietro?!”
“Niente prof!”
“Ne sei sicuro, Black? Ne sei assolutamente certo?”
“Certo prof!”
“Quasi quasi mi conveniva lasciare il posto a quella cretina della Umbridge...” sospirò la maga, vedendoli allontanarsi sghignazzando come beoti.
“Ci uniamo agli altri?” sorrise Peter, cercando James tra il mare di teste. “Ah, Ramoso e la Evans stanno litigando di nuovo...”
“Io mi siedo qui, se non vi spiace.” disse improvvisamente Remus, sedendosi all'altro capo della tavolata, lontano dal gruppetto.
“Eh? Perché?” chiese Sirius, spiazzato.
Remus fece le spallucce, per nulla convincente, ma il Marauder non indagò oltre.
“Ok, vado a dire a Jam di raggiungerci!” Esclamò allegramente Peter, mentre il biondo voltava lo sguardo altrove.
Latte e fragola...
Lei era lì, naturalmente. Ma il suo profumo...sembrava ancora più forte.
La sentì improvvisamente reale, come se fosse lì accanto a lui, come se lo stesse di nuovo per baciare.
Il suo piccolo cuore che batteva frastornante nascosto da una camicetta colorata fin troppo sottile. Il sapore della sua bocca così vicina.
Era davvero disperato, rifletté. E irritato, doveva ammetterlo.
Aveva combattuto così a lungo per non lasciarsi fregare in quel modo da nessuna! Ma lei...lei ed il sortilegio lo avevano vinto! Fatto fesso!
Se ne era innamorato...piano piano, e senza nemmeno saperlo. Come poteva sconfiggere qualcosa di cui non aveva avuto mai memoria?
Era strano rendersene conto in quel modo, senza ricordare quando o come fosse iniziata ma percependo, sulla pelle, il più grande dei desideri, la più grande delle tentazioni ed il più struggente dei sentimenti.
Era strano... e pericoloso.
Si stampò sul viso un'espressione di totale freddezza.
Doveva allontanarla. Doveva vincere questa cosa, prima che fosse troppo tardi...

Sto arrivando, Remus Lupin.”

Lunastorta sbarrò gli occhi, trasalendo con violenza.
“Cosa?” mormorò a Sirius, a disagio. “Cosa hai detto?”
“Io? Non ho parlato!” rispose quello con la bocca già piena, inarcando un sopracciglio. “Ma quando la finiscono di bisticciare? Il povero Peter è lì da un secolo!”
“E' tutto il giorno che sono isterici, quei due.” s'intromise Molly, adocchiando con sguardo critico James e Lily. “Cioè, più del solito...chissà che gli prende!”
“Si stavano per baciare, oggi.”
Tutte e tre le testoline si voltarono verso l'origine di quella notizia bomba. Black sputò fuori l'acqua, a Molly cadde di mano la posata e anche Remus riuscì a distrarsi dal vago senso di inquietudine che gli era improvvisamente venuto.
“COSA?!” Urlarono in coro verso una Giuly Spinnet totalmente indifferente.
“Uh?” Quella si scostò i capelli neri dal viso. “Oh, niente, li ho visti.”
“Quando?! Quando avresti visto una cosa del genere?!”
“Oggi pomeriggio, prima di Incantesimi...”
“Ne sei assolutamente sicura?! Non è che erano altri?”
“Oh certo, d'altronde Hogwarts è piena di tizie con capelli rossi interminabili e ragazzi con occhi dorati!”
“Ecco spiegato perché sono così nevrotici!” Lupin sorrise. “Questa poi...non me l'aspettavo...”
“No, spiega, sono nevrotici perché è quasi partito limone?” ironizzò Giuly, alzando gli occhi al cielo. “Che gente strana. Non oso immaginare quando faranno sesso.”
A Black andò l'acqua di traverso e iniziò a tossire come un pazzo.
“Sai, le persone normali quando stanno per quagliare con qualcuno non danno di matto!” puntualizzò anche la Prewett, con una smorfia.
“Diciamo solo che...beh, loro non sono tanto normali. Anzi, penso addirittura che sotto sotto si divertano un mondo a litigare!”
“IO per lo meno non mi diverto, a sentirli!” Grugnì Sirius, scoccando una occhiata velenosa ai due Grifondoro mentre Molly scuoteva la testa borbottando un “Sono davvero fuori di zucca...”
“Beh, la Mcgranitt si sta facendo venire una sincope. Sarà meglio che la smettano...” sbadigliò di rimando la Spinnet, prima di infilare il naso nella sua solita rivista di Quidditch.
Remus ridacchiò, cercando di non concentrarsi su quel brivido che l’aveva paralizzato appena due secondi prima.
Né sulle minuscole gocce di sudore che gli cavalcavano ora la schiena.
Era come…una sensazione di malessere.
Un vago tormento. C'era qualcosa che...qualcosa che non andava...
“Sirius, mi passi la salsa, per cortesia?”
Felpato prese la salsiera d’argento e la passò distrattamente all’altro lato del tavolo.
Fu in quel momento che successe.
Quando le loro mani erano entrambe sulla brocca d'argento.
Un piccolo raggio bianco. Sulla pelle.
Quasi impercettibile ad occhio nudo. Ma...incandescente. Come acido.
Felpato se ne accorse prima di tutti gli altri. Ancora prima dell'allarme mentale che fece scattare le teste dei Marauders come birilli colpiti da un bolide.
Vide il fremito scuotere il braccio di Remus, le dita pallide chiudersi ad artiglio...e udì il respiro spezzarglisi all'istante, come se qualcuno lo avesse colpito.
Sollevò lo guardo lentamente, Sirius Black. Seguì il raggio lunare come se fosse un nastro di seta...guardando in alto. In alto...
E ciò che vide gli mozzò il fiato nei polmoni.
“No…”
Lupin aveva la testa china, ora. Tremava.

Piena. Era piena...

La luna, sopra di loro, si stagliava rotonda e implacabile attraverso la finestra scura.
Quanto avrebbe voluto impedirgli di guardarla... ma non fu abbastanza rapido, e comunque, non sarebbe servito.
Remus alzò il viso...e nei suoi occhi chiari la dannazione scintillò come una perla.
La salsiera cadde loro di mano.
Il rumore dell’oggetto infranto contro il pavimento invase la Sala Grande.
Nessuno ci fece caso.
Poi Remus cominciò ad urlare.







“E’ tutta colpa tua comunque, se abbiamo perso duecento punti! Non azzardati a rigirare la frittata per incolpare me!”
“Oh certo, povera Lily Evans, solo uno strumento nelle mani della giustizia! Ma fammi il piacere!”
“Gli hai incendiato il braccio!”
“Scusate…James, devo dirti di venir…” iniziò Peter, approfittando di quell’attimo di silenzio, ma Ramoso lo interruppe subito.
“Incidente di percorso! Lui mi ha preso a pugni!”
TU lo hai preso a pugni!” fiammeggiò la Grifoncina, ergendosi in tutta la sua altezza. “Ed è già tanto che non vi siate fatti espellere!”
“Lo difendi ancora, non ci posso credere!”
“Io non difendo proprio nessuno! Sto dalla parte della decenza, ti dice niente questa parola?! E se vedo due idioti malmenarsi come degli animali...!”
“Ti è mai capitato di pensare dall'alto della tua cattedra che, ogni tanto, non ti farebbe male scendere fra noi comuni mortali ed i nostri errori? Sai, ti aiuterebbe ad essere un tantino meno arrogante!”
“Arrogante…io?! Come ti permetti?!”
“Ragazzi…vi prego…” sospirò Cristhine, sfinita.
Certo che stare con quei due stancava di più che fare un ora in palestra!
“Ma hai sentito quello che mi ha detto?!” scattò Lily, sconvolta. I lunghi capelli rossi sembravano dardeggiare come saette. “Io…arrogante! IO!”
“Ma non voleva certo intendere…VERO?!” minacciò la poverina, guardando il ragazzo con una velata minaccia bene impressa sul viso.
“Io non...!” fece per ribattere quello. Poi si bloccò. La sua espressione si spense. “Io non...”
Cristhine inarcò un sopracciglio.
“James...?”
Ma lui non la stava guardando. Non stava guardando più nulla. Era come se qualcuno l'avesse pietrificato all'improvviso.
La mano di Peter gli si serrò contro il braccio, stritolandoglielo, giusto un istante prima che un grido lacerante squarciasse l'aria, superando il chiasso, superando ogni cosa.
Non era un grido normale, rifletté confusamente Lily, mentre solo vagamente riusciva a collegare quello che stava vedendo e razionalizzarlo in un senso logico.
Peter che sbiancava, James che fino ad un secondo fa aveva energia da vendere ed ora guardava in un punto afflosciando le spalle, come se tutta la carica gli fosse stata risucchiata via.
Il brusco e disorientante cambio di atmosfera, l'adrenalina che galoppò nelle loro vene come corrente elettrica.
E quel grido.
Quel grido diverso dagli altri, che stonava in quell'ambiente festoso.
Un grido di dolore. Di paura, di panico...
Tonks si girò di scatto, come personalmente richiamata da quella voce.
Remus…
Nella Sala Grande calò un silenzio istantaneo.
Tutte le teste si voltarono verso la fonte di quel lamento angosciante.
E la mente di James, rallentata dall’orrore, concretizzò ciò che la vista gli inviava…ciò che l'istinto gli inviava.

Remus.
La luna piena.

Pericolo. Pericolo. Pericolo.


“Oddio, sta male!” Lily Evans fece per alzarsi, rovesciando la sedia, quando James la precedette.
Il ragazzo le tagliò la strada balzando sul tavolo, rovesciando piatti e bicchieri e atterrando agilmente dall'altro capo. Spinse via Paciock, non si fermò ad aiutare Peter che, nel seguirlo, era inciampato malamente contro una primina.
Correva come se avesse le ali ai piedi, scaraventando via qualunque cosa gli bloccasse il passaggio.
E in un istante raggiunse Remus Lupin, contorto sulle proprie ginocchia, le mani artigliate alla tovaglia, i pantaloni bagnati del vino dei bicchieri franati a terra con uno stridio assordante.
“CAZZO!” Urlò Potter schiantandoglisi vicino, afferrandogli la maglietta e cercando di rimetterlo in piedi mentre Sirius Black slittava dall'altra parte, quasi scivolando. Un piccolo mandarancio esplose sotto la suola delle sue scarpe.
“JAMES!” urlò nel panico, agguantandogli l'altra spalla. “Bisogna portarlo via!”
I compagni li guardavano, attoniti. Silente, dall'altro lato della Sala, si era alzato in piedi. Ma era troppo lontano...troppe persone fra di loro.
Persone...carne da dilaniare con facilità. Tentazioni...prede.
“Peter, muoviti!” Abbaiò Potter e Codaliscia, pieno di orrore, si fiondò a circondargli il busto con le braccia.
Remus urlò di nuovo, quando riuscirono a tirarlo su. Il suo viso era contratto come se stesse sopportando un dolore inimmaginabile, un immenso sforzo fisico.
Affondò il viso contro la spalla di James, come cercando di nascondersi, ma al contempo sembrava quasi volersi divincolare.
Le sue braccia scattavano incontrollate, come quelle di una bambola, le dita si flettevano squarciando l'aria. Sentiva il suo respiro dilatato e frenetico contro la pelle, a ritmo con il suo cuore che ora sembrava esplodere.
“Non resisto...James!” gemette, masticando a malapena le parole. Le unghie gli affondarono nella carne, facendolo imprecare tra i denti mentre, a fatica, lo trascinavano lungo la tavolata.
La sua mente urlava dentro le loro, assordandoli con pensieri che si facevano sempre più sconnessi.
Trasformarsi davanti a tutta la scuola...rivelare il suo…il LORO segreto…
E magariucciderli tutti…
“Ti prego...ti prego!” la sua supplica si intrise di disperazione, mentre gli altri studenti, come per istinto, si allontanavano da loro con le bocce spalancate.
“Tranquillo!” ansimò James tra i suoi capelli. Non riusciva a ragionare. L'adrenalina gli schizzava nelle vene come acido, la paura del branco gli annebbiava la mente come un'unica, potente ondata fangosa. Continuò a ripeterlo come una litania, una sinistra ninna nanna mentre il buio iniziava ad annebbiare la mente dell'amico. “Tranquillo, tranquillo, tranquillo...!”
Lily li guardò come paralizzata.
James era...James era spaventato. Non l'aveva mai visto così spaventato...
Remus continuava ad urlare...
Vide i Malandrini trascinarsi a fatica verso l’Infermeria…e…no, un momento.
Non stavano andando in Infermeria! Si stavano dirigendo verso il portone!
Ma dove diavolo andavano?!
“Hey!” qualcosa scattò nella sua testa e la ragazza iniziò a correre verso di loro. “Ma che state facendo?!”
Non si voltarono.
Il portone si aprì come per magia e i profili dei ragazzi parvero venire inghiottiti nella notte.
La nebbia invase l'atrio come un manto di velluto.
S'infilò tra una coppia di ragazzi, superò una del secondo anno, i piatti a terra, le valigie della Umbridge.
Sentiva vagamente i professori urlare, chiamarla, qualcuno le lanciò un incantesimo ma cozzò contro un lampadario alla sua sinistra.
No…non li avrebbe lasciati andare così, pensò Lily Evans, correndo più veloce, ignorando ogni altra cosa.
Era assurdo! Accidenti a loro!
Remus stava malissimo, e loro andavano in…in giardino!
Con uno slanciò riuscì ad attraversare la soglia appena in tempo. La porta si chiuse alle sue spalle con un rumore cupo... e la cupola degli Aliaset iniziò a formarsi sopra le loro teste, luminosa come un diadema.
Dannazione! Il coprifuoco del Ministero!
“JAMES!” Urlò, ansimando in preda al terrore.
L’aria frizzantina della notte l’accolse immediatamente, facendole accapponare la pelle. Aria che sapeva di metallo, di pioggia in lontananza. Di pini e sempreverdi.
Il giardino era illuminato dalla luna...tutto era argenteo, freddo e liscio come l'interno di una conchiglia.
Quattro figure...quattro figure che arrancavano nella notte. L'aveva già visto...
“HEY!” Gridò, togliendosi dalla testa quello strano senso di deja-vu e marciando giù per le scalinate con un occhio gettato alla cupola, ormai quasi a metà. I capelli le sferzavano il viso, privati del loro rosso brillante e ora scuri come alghe contro la pelle bianchissima. “Deve essere portato in Infermeria! Dove diavolo state andando!”
Sirius, Peter e James si voltarono di scatto.
“LILY!” esclamò James da sopra la spalla, sbarrando gli occhi con orrore. “Sei impazzita?!”
“James, che cavolo stai facendo?!” Urlò la Evans, tra l’esasperato, l’arrabbiato e lo spaventato. La reazione del ragazzo, il suo sbiancare, le avevano messo addosso una strana sensazione di disagio. Riuscì a raggiungerli, quasi cadendo contro gli ultimi scalini. “Remus sta male! La cupola...la cupola sta per richiudersi!”
Anche James iniziò ad urlare, mollando Remus addosso agli altri due e correndole incontro.
“Lily, devi andartene!” tuonò, afferrandole un braccio con violenza. Pupille dilatate, pallore mortale. Le dita affondate nella sua carne tremavano incontrollabili.
Non l’aveva mai visto così nel panico…
“Cosa?” alitò la ragazza, gemendo perché quella presa le stava facendo male. “Ma che…?”
“JAMES! NON C’E’ PIU TEMPO!” strillò Sirius nelle ombre, mentre Remus gridava ancora. “DOBBIAMO…!”
“NON DAVANTI A LEI!” ruggì quello. L'aria gli usciva dalla bocca in violente nuvole di condensa. “LILY, VA' VIA!”
“Ma…ma io…” balbettò lei, atterrita. James sembrava terrorizzato, brutale e senza più alcun controllo.
No, non lei, pensava, strattonandola e sentendo la disperazione galoppargli nel petto. Tutti ma non lei!
“Vattene Lily, torna dentro prima che si chiuda! Fidati di noi!” esclamò improvvisamente Sirius, i capelli in disordine sul viso, gli occhi più neri che mai.
“Fidati di ME.” la supplicò James di nuovo a voce bassa, prendendola per le spalle con uno scatto angosciato e guardandola dritta negli occhi. L'oro delle sue iridi era più profondo, quasi luminescente. Tanto da riportarla momentaneamente a galla dal torpore. “Lily, ti prego!”
Fidati di me.
Si fidava di lui, si rese conto all'improvviso. Ciecamente.
Ma c’era qualcosa che la bloccava.
Il sapere.
Era sempre stato il suo più grande difetto.
Sapere ogni cosa, anche al prezzo più alto.
I suoi piedi erano piantati sul terreno, non riusciva quasi a muoversi…
E Remus diede un altro grido.
Ma questa volta era diverso. Un urlo strano, che le fece accapponare la pelle, gelare le vene ai polsi. Sentì la bocca seccarsi, i suoni farsi ovattati e schiacciarsi roteando contro quell'unico, assurdo rumore.
Dentro quel grido le era parso…di…di sentire...un ululato...
James la lasciò con una forza tale che barcollò all'indietro. Lo vide schiantarsi contro il petto di Lupin, artigliare la sua maglietta con entrambe le mani, gemere e digrignare i denti.
Poi, i Marauders urlarono.
Tutto appariva lontano, come se non fosse davvero lì. Come se vedesse quella scena attraverso uno specchio, uno di quelli resi distorti dal circo degli orrori.
Vide i muscoli delle braccia di James, Sirius e Peter contrarsi nello sforzo di tenerlo fermo, i loro visi diventare scarlatti, il sudore imperlargli le fronti e le vene gonfiarsi sui loro colli.
Arrancarono di qualche passo, nel tentativo di gettarlo dentro la foresta ormai vicina. Il rumore della colluttazione saturava l'aria.
“TIENILO!” gridò James, mentre le sue scarpe affondavano nel fango. “TIENILO!”
Remus scoppiò a ridere.
Spalancò improvvisamente le braccia, sbalzandoli via come se fossero leggeri, di piuma. Caddero tutti dopo un volo di quasi quattro metri, rotolarono oltre gli alberi...furono inghiottiti dal buio.
Non riusciva a credere a ciò che le mostravano gli occhi. Non era umanamente possibile che...che avesse potuto spingerli via così lontano. Come insetti...
Lily Evans serrò le labbra, irrigidendosi senza riuscire più a pensare logicamente.
Ora Remus non urlava più. Era immobile, davanti a lei...in silenzio. Sorridente.
Ed improvvisamente, qualcosa in quel sorriso le inchiodò i piedi a terra. Si rese conto solo dopo qualche secondo che che era la paura a impedirle di muoversi. Come un istinto quiescente, un allarme interiore.
Aveva…improvvisamente paura di lui. Perché quel sorriso...in quel sorriso c'era qualcosa di mostruoso.
Era una sensazione così illogica, irrazionale…
E quando il ragazzo cadde improvvisamente a quattro zampe, affondando le unghie nella terra, Lily non riuscì nemmeno ad avvicinarsi per sostenerlo. Voleva aiutarlo...doveva farlo!
Ma non ci riusciva, nemmeno vedendo il suo corpo che tremava follemente e il viso contratto dallo sforzo di resistere a qualcosa.
Non c’era niente che potesse schiodarla da dove era. Registrò a malapena che la barriera, dietro di lei, inglobava Hogwarts chiudendoli fuori.
Per un istante, nella sua mente si formulò un pensiero privo di ragione.
Erano in trappola.
“Re…Remus…” soffiò dopo un infinito istante, deglutendo un terribile groppo.
La sua figura, nel buio, pareva quasi ingrandirsi a ogni respiro…o era una sua impressione? Perché quel terrore? Perché quel ghiaccio lungo la schiena, quell'istinto che le strillava di mettersi a correre?
Era... era solo Remus! Il suo gentile, dolce amico Remus...
Fece per avanzare di un passo, riuscendo incredibilmente a muovere una gamba, quando lui parlò.
Ciò che disse, in un filo di voce, la bloccò di nuovo.
“Scappa...”
“Cosa?” sussurrò, con la mano ancora protesa verso di lui ora paralizzata a mezz’aria. “Remus…”
Un orribile ringhio squarciò il silenzio della notte, vibrando fin nelle viscere.
Lentamente, Remus Lupin si voltò verso di lei.
Non c’era più nulla di benevolo nel suo viso.
Nulla d’umano.
Il volto di solito calmo e pacifico del ragazzo si era distorto in una espressione di odio puro. Selvaggia. Quasi perversa...
Non era lui.
Non poteva guardarla così.
Non avrebbe…non avrebbe mai potuto…
E poi…il terrore s’impadronì di nuovo del suo corpo. Del cuore, dei polmoni, dello stomaco. Del respiro che si infrangeva sotto forma di condensa contro il freddo umido della sera, ora mortalmente lento e sottile rispetto all'annaspare di prima.
Gli occhi del ragazzo si erano fatti scarlatti come rubini. La pupilla si era appena ridotta in una scaglia cupa, puntava sulla sua figura senza più battere le ciglia.
Le prese di scatto il polso. Una presa di ferro, dalla quale era impossibile sottrarsi. Le sue dita, tutta la sua pelle, scottavano contro la sua mano tanto da essere quasi ustionanti.
Ci affondò il naso, lo sentiva strofinarlo appena contro il centro del palmo, la bocca morbida ora leggermente socchiusa.
Da lontano, avrebbe potuto sembrare un gesto galante. Il gesto di un affascinante innamorato.
Non lo era.
Lo sentì inspirare a fondo prima di lasciarla, chiudendo gli occhi con un brivido di puro piacere, come se stesse assaporando il più prelibato dei profumi.
Il ragazzo si alzò in piedi. Con calma. Non tremava più.
La sua figura si fece più grande, più rozza, più possente.
Un solo suono uscì dalle labbra di Lily Evans, mentre arretrava con il cuore in gola ed il viso terreo, incapace di credere a ciò che stava vedendo davanti a sé. Sentì la sua voce come se fosse quella di un’estranea. Flebile, incolore.
“N-no…”
Lentamente, davanti a lei, Remus Lupin si trasformò. I vestiti gli si lacerarono addosso.
E quando la luna piena ricomparve da dietro una nuvola, evidenziando quello che un tempo era stato uno dei suoi più cari amici, Lily smise del tutto di respirare.
Adesso, con suo sommo orrore, aveva davanti un ferocissimo lupo mannaro.






Un ghigno.

Una risata.

“Ora sono arrivata, Remus Lupin. E Lily Evans ne pagherà le conseguenze.”

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Capitolo 49
*** Nelle notti di luna piena. ***


A few calls and we just knew what we got,
She said, come along boys,
We've got this whole lot of night.

And she just said, we've got the whole night time and
Standing around this fireplace we could sing our souls all free. -














Sette anni fa.




Il Cappello Parlante era tutto fuorché pauroso. Se ne stava placido e rattrappito sullo sgabello, ignorando gli sguardi atterriti dell'ennesima generazione di marmocchi a cui avrebbe cambiato il destino.
Suo cugino gli aveva mentito.
Niente zanne mostruose pronte a staccare le orecchie. Niente puzzo di cacca di cane.
Ignorando la voce alta e imperiosa della strega davanti a loro che li chiamava uno ad uno, un bambino dal viso pulito e gli occhi celesti si appoggiò alla balaustra con una smorfia di disappunto.
Niente zanne. Niente orecchie staccate a morsi. Niente puzza sui capelli per una settimana.
Allora perché aveva così paura?
Hogwarts era calda e accogliente al di là del cappello, dorata e piena di candele che baluginavano creando un dolce tepore. I fantasmi volteggiavano scomparendo tra i muri, il soffitto rivelava uno dei cieli più lucenti di sempre.
La sua nuova casa. La sua nuova vita.
Remus Lupin cercò di ammorbidire la tensione delle mandibole, serrate segretamente dietro le labbra. Espirò debolmente, cercando di dominare il suo cuore.
Nessuno si era accorto delle unghie conficcate nei palmi. Gli altri bambini erano tutti in ansia, non stavano nella pelle nello scoprire la propria Casata.
Anche lui era così, naturalmente. Ma quell'ansia non si sarebbe placata dopo lo Smistamento.
Perché lui, lì, non avrebbe dovuto starci.
Era stata la sua governante ad insistere. Aveva sempre avuto un ascendente particolare su suo padre.
Tuttavia non era sicuro che quella fosse stata la scelta giusta. Come avrebbe fatto, ad ogni luna piena?
Certo, c'era Silente. Il Segnaluna. E la pozione Anti-lupo.
Ma se...se avesse sbagliato qualcosa? Se gli altri compagni lo avessero scoperto? Come avrebbe potuto giustificare la sua assenza una volta al mese? O la sua forza straordinaria?
A tali pensieri, levò d'istinto la mano dal cornicione della scala. Doveva stare attento!
Quello, era il periodo in cui la sua capacità fisica era al massimo. Poteva disintegrare quel marmo solo premendo un po' di più con le dita.
E dire che a vederlo da fuori, non avrebbe fatto paura ad una mosca. Anzi, sapeva di avere un visetto rassicurante, quasi angelico. Esile, lineamenti delicati, vestiti semplici ma costosi, una zazzera di folti capelli di un biondo spento, quasi beige, e due grandi occhi innocenti.
L'espressione serena, rilassata e di cortese attenzione.
Niente lasciava presagire il suo tumulto interiore. Remus Lupin sapeva recitare bene.
Eppure, a fissarlo più accuratamente, si riusciva a vederlo. Si riusciva a percepire che quella non era la faccia di un bambino, non più. La mente di Remus era molto più adulta di quanto non consentisse la sua giovane età.
Qualcuno lo spinse leggermente, facendolo barcollare.
“Scusa.” bofonchiò un ragazzino, senza guardarlo in faccia. Catturò la sua attenzione all'istante: anche lui aveva uno sguardo adulto, che stonava su un bambino.
Stonava anche lì dentro, in quella situazione di gioia ed eccitamento, perché quel mocciosetto sembrava tutto fuorché felice di essere lì. Occhi scuri e bui, un gran bel broncio e una chioma elegantemente in disordine sul viso regale.
Una bellezza difficile da non riconoscere: ed infatti, il bambino raggiunse controvoglia i ragazzini Black.
Inutile dire che spiccavano come corvi neri in mezzo a un gruppo di pulcini, tutti loro.
C'erano due bambine, entrambe belle come vere e proprie bambole, che guardavano tutto quello con noia, altezzosità. Una di loro, la bionda, inciampò leggermente in un laccio dei borsoni di pelle, con la B argentata bene in vista.
Immediato, un ragazzino le si fece accanto e le porse la mano con un'educazione e un'impostazione difficile da vedere sugli altri coetanei. Costruita, finta e meccanica, come quella di un uomo davanti alla sua signora.
Anche lui era biondo, e pallido. Avrebbero potuto sembrare fratelli, ma la bambolina bionda che accolse la sua galanteria come una vera e propria principessa era davvero di un altro pianeta, come tutti nella sua famiglia. Stirò un consumato sorriso da attrice, sbattendo le soffici ciglia bionde sulle gote color avorio. Non lo ringraziò, comunque. Sembrava che fosse semplicemente un'abitudine, fra di loro.
Probabilmente avevano ricevuto un'educazione davvero rigida, ancor più della sua.
Emanavano una sorta di ombra invisibile, che teneva alla larga tutti gli altri, cosicché attorno a loro c'era come un muro vuoto, invalicabile.
Nessuno di loro sembrava innocente.
“Scusa, permesso, tra poco tocca a me!” disse allegramente un marmocchio dietro di lui, ticchettandogli appena la spalla.
Si spostò meccanicamente, lasciandolo passare. Cosa che fece chiunque altro.
Gli parve di sentire come un'ondata di calore accarezzargli il fianco, quando il bambino lo sorpassò.
Occhi d'oro liquido, grandi e sfacciati. Capelli neri indomabili, un graffio dall'aria recente sulla guancia destra e la camicia fuori dai pantaloni.
Anche lui sembrava creare un vuoto attorno a sé, ma questa volta era di pura ammirazione.
Anche Remus fu un po' sorpreso. D'altronde, i Potter erano una leggenda anche per i meno informati di loro. Probabilmente erano conosciuti pure tra alcuni figli di babbani.
E quegli occhi erano indistinguibili.
“James Fleamont Potter.” chiamò infatti Minerva McGranitt.
Nella sala si levò un mormorio che avrebbe terrorizzato qualunque bambino, ma quello andava avanti baldanzoso e a capo bene eretto senza prestarci attenzione. Era l'unico che non sembrava avere paura.
Ma al posto di tirare dritto fino al Cappello, fece una cosa che lasciò tutti senza parole.
Puntò i Black.
La tensione che si creò fu quasi palpabile. La McGranitt strinse tra le dita la sua tavoletta e dietro di lei, sul suo alto scranno, Albus Silente smise di bere con un impercettibile movimento, sporgendosi appena in avanti.
Le bambine si irrigidirono, scoccandogli un'occhiata ostile, il ragazzino galante di prima si erse quasi in loro difesa, ma lui li ignorò completamente, superandoli come se non esistessero.
Si piazzò di fronte al marmocchio imbronciato con un gran sorriso, lasciandolo allibito. Quello si tese tutto nel vederlo avvicinarsi, e a ben ragione.
Potter e Black erano nemici giurati da sempre. Anche quella era una cosa che sapeva chiunque.
Ora che ci pensava, li aveva forse intravisti scendere assieme dal treno, però non significava nulla. Quella era una situazione ufficiale. Li stavano guardando tutti. L'aria del dramma imminente si avvertiva di già, qualcuno dei bambini strinse la bacchetta fra le dita sudaticce, per sicurezza.
Ma lui non lo affatturò, né impose in nessun modo l'autorità del suo cognome con qualche strambo attacco frontale, cosa che – vista l'arroganza del suo sorriso – si aspettavano tutti quanti.
Anzi, fece una cosa ancora più sfacciata. E assurda.
Una cosa davvero da pazzi.
Gli diede una pacca sulla spalla e gli strizzò l'occhio.
“Hey Sirius! Ci si vede al tavolo, eh?” esclamò a voce alta, felice come un fringuello. L'altro sgranò gli occhi, sorpreso a dire poco.
Un Potter, che invitava un Black a stare nella stessa Casata.
Calò un silenzio tombale, tutti ora puntati verso quel Sirius, che ci mise qualche secondo a realizzare l'entità della sua proposta e a valutarla come sincera.
Balbettò appena, l'incredulità e anche l'imbarazzo bene impressi sul viso, prima di ricomporsi e stamparsi in faccia un ghigno sfrontato e un'aria da duro.
Si rilassò, ignorando gli squittii scandalizzati e incazzosi della bambina con i boccoli neri alle sue spalle.
“Sì, a dopo.” rispose, sbalordendo ogni mago presente. Il chiacchiericcio esplose attorno a Remus, che si ritrovò quasi spintonato dagli altri mentre cercavano di passare avanti per vedere meglio.
“Signor Potter.” richiamò duramente la McGranitt, con un nervo pericolosamente ritto sulla tempia. “Le ricordo che non sta facendo un picnic.”
“Uh?” quello ricambiò lo sguardo quasi sorpreso di essere stato richiamato con quel tono, come se non ci fosse affatto abituato. Come se fare aspettare gli altri fosse perfettamente normale. “Ah sì, urca! Scusi prof!”
Remus si ritrovò a sorridere suo malgrado, guardando Minerva digrignare i denti come un mastino e incenerirlo con gli occhi mentre lui saltava allegro sullo sgabello, facendolo quasi cadere tanta era l'energia che aveva.
Nel casino infernale che aveva scatenato, quasi nessuno udì chiaramente la sua Casata, ma non ce n'era nemmeno bisogno.
Il Cappello gracchiò “Grifondoro!” ancora prima di toccargli la punta dei capelli. Tutti i Potter finivano sempre a Grifondoro.
“Figo!”
“Signor POTTER! Il linguaggio!”
“Hem, scusi.”
Dall'altra parte della sala, però, una bambina a differenza di Remus - e ora anche di tutti gli altri - non sorrideva affatto.
Pelle di burro, un cerchietto di seta su un caschetto rosso fuoco leggermente scompigliato attorno al visetto impertinente, due incantevoli smeraldi al posto delle iridi.
Lily Evans stirò una smorfia, riconoscendo l'odioso bamboccio che l'aveva importunata sul treno e osservandolo mentre veniva accolto alla Tavolata rosso e oro come un vero re.
Poi tornò a mordersi le labbra, nervosamente.
“Stai bene?” le chiese il bambino alla sua sinistra, in un sussurro. Lei annuì appena, continuando a tormentarsi.
“Lily.” sorrise Severus Piton, sfiorandole un braccio. “Andrà tutto bene, vedrai!”
Lei si voltò verso il suo migliore amico con aria infelice.
“E se si accorgono che...che non sono capace?” pigolò, triste. “Tutti gli altri sembrano così...a loro agio qui! Io non...non conosco niente!”
Piton ridacchiò, scuotendo il viso.
Avendo genitori babbani, erano stati Severus e sua madre a comprare per lei il materiale di scuola a Diagon Alley. Quindi quella era a tutti gli effetti la prima e vera incursione di Lily nel mondo magico.
Ricordava gli occhi della bambina quando aveva visto le cioccorane, nello scompartimento. Si erano allargati, scintillando pieni di meraviglia, e aveva continuato a guardare con quello sguardo tutto il resto, anche le cose più banali.
I fantasmi, il profilo del castello, le carrozze trainate da cavalli invisibili, le candele sospese, il soffitto incantato...e nemmeno i fantasmi avevano scalfito la sua meraviglia. Non aveva avuto paura di niente.
E ora era lì, finalmente tremante, e solo perché si sentiva insicura delle sue capacità!
“Sarai bravissima!” la rassicurò. “Sei una strega, Lily! Ce l'hai nel sangue!”
Quello parve rincuorarla appena appena. Sorridendo, la marmocchia gli prese la mano, intrecciando le loro dita in modo delicato.
Sui pomelli di Severus comparvero due neon rosso peperone, ma lei non ci badò e continuò a stringergliela forte per tutta la durata dello Smistamento.
La fila di nomi si accorciava sempre di più. Lily lo fissò con i suoi grandi e puri occhioni, facendogli battere il cuore come un tamburo.
“Mi starai vicino?” mormorò, ancora un po' in ansia.
Da qualche parte, un ragazzino terrorizzato e tremolante veniva assegnato a Grifondoro con malcelata sorpresa di tutti, visto che sembrava tutto fuorché coraggioso. Un certo Minus.
Ma lo sentì appena. C'era solo Lily, e la paura che venisse assegnata ad un'altra Casata. Che potesse stare anche solo di un millimetro lontana da lui.
“Sempre.” sussurrò.
La vide sciogliersi, felice...anche quando fu chiamato dal Cappello Parlante e la mollò lì da sola.
Sorrideva contenta, incoraggiandolo sottovoce mentre traballava sotto quell'enorme cappello. Quando fu assegnato a Serpeverde, però, una sottile ruga le comparve sulla fronte.
Aveva studiato le Casate, Lily Evans. Non conosceva molto del mondo magico, ma quello sì.
D'altronde, avrebbe segnato il suo destino. Il suo futuro. Credeva di sapere con certezza dove avrebbe voluto stare.
E quando fu chiamata, avanzò trattenuta solo da un velo di tristezza.
Il cappello le cadde sulla testolina, lo sentì ridacchiare.
“Come mai così giù di corda, signorinella?” le sussurrò una voce all'orecchio, mentre lei sobbalzava e si guardava attorno prima di capire che la voce veniva da lì.
Lei guardò Severus, seduto al tavolo Verde e Argento. I suoi occhi fiduciosi.
“Hai un cuore puro, sei coraggiosa, leale, altruista... e possiedi la capacità di provare emozioni più intensamente di chiunque altro.” considerò il Cappello, analizzando la sua mente. “Un cervello niente male, niente male davvero. Un pizzico di incoscienza e impudenza, anche.”
“Incoscienza e impudenza? Sì, come no...” mormorò Lily, scettica. Lei era da sempre stata una brava bambina, rispettosa delle regole e anche parecchio prudente! Ma era ubriaco, quel coso?
Lo sentì ridere dentro le sue orecchie, amabile.
“Io non sbaglio mai, piccola. Dentro di te arde una fiamma ribelle, indomabile...ma giusta. Terrificantemente giusta, anche quando questo ti causa dolore. Hai l'anima di un vero Grifondoro. Eppure, la sento fremere. Cosa ti turba?”
Lily continuò a guardare Severus. L'aspettava, ora vagamente agitato perché ci stavano mettendo tanto.
“Ecco, mi chiedevo...” bisbigliò, timida. “Mi chiedevo se non potessi mettermi a Serperverde...”
“Serpeverde? Non dire sciocchezze!” bofonchiò il Cappello. “Non ci vuoi andare davvero!”
“Sì, sì invece che voglio! Ti prego, ti prego, ti prego...mettimiaSerpeverdemettimiaSerpeverdemettimiaSerpeverde...!”
Voleva stare con Severus! Ovunque, purché con lui!
“Mia cara bambina...” dolcemente, il Cappello sorrise. “Io tengo sempre molto in considerazione le scelte di chi giudico. Sono le nostre scelte a definire chi siamo. Ma...in questo caso, non posso soddisfare la tua richiesta.” le girò a forza la testa, puntandogliela verso il Tavolo rosso e oro. Luccicava dei riverbero del fuoco, caldo, fiero, vitale. “Posso leggere il tuo cuore, Lily Evans. Ricordalo. Non è a Serpeverde che lui sente di appartenere. Laggiù appassiresti, come un fiore segregato nelle ombre. E' a Grifondoro, che avrai modo di splendere. E splenderai, te lo garantisco. Sarai accecante, se solo accetterai la tua vera natura e non quella che ti imponi per far felici gli altri. Il tuo amico ti vuole bene. E continuerà a volertene qualunque strada tu prenda.”
“Come lo sai?” non riuscì a trattenersi Lily, triste.
“Te l'ho detto.” rise lui, prima di assegnarla alla sua Casata. Al suo destino. Al suo futuro. Alla sua nuova, meravigliosa ed intensa vita. “Io leggo nei cuori delle persone...”


Remus Lupin vide la bambina con i capelli rossi traballare verso la tavola di Grifondoro. James Potter, a quella notizia, si era voltato di scatto e la fissava con una strana espressione sul viso. Subito dopo, Lucius Malfoy venne assegnato a Serpeverde, dove strinse la mano ad un Severus Piton letteralmente sconvolto.
Quando Sirius Black mantenne fede alla promessa e volò da Potter con profondo shock di tutti quanti, la fila si era oramai accorciata di parecchio.
E finalmente fu il suo turno.
Ignorò l'occhiata di Silente, camminando elegantemente fino allo sgabello con espressione fredda. Cosa importava dove sarebbe andato? Non era quello il problema.
“Remus Lupin!” disse quello, calando su di lui. “Tu mi metti in crisi.”
“C-come?” balbettò lui sorpreso, sollevando gli occhi azzurri.
Sentì un profondo sospirare. E poi gli disse quello che da sempre aveva temuto di sentire.
“C'è una vera mostruosità, dentro di te.”
“Ok. Come non detto. La ringrazio comunque.” sussurrò atono il ragazzino, facendo per scendere.
“Aspetta! Cosa fai?”
“Non mi accetterete, no?” mormorò gelidamente lui, bloccandosi. “Visto che non sono un essere umano. Non c'è problema, davvero. Anzi, è meglio così.”
“Chi ti dice che non sei un essere umano?”
“Beh...” ponderò Lupin, preso in contropiede. “Vengo letteralmente studiato a 'Cura delle Creature Magiche'...”
“Ho detto che mi metti in crisi, ragazzo. Non che non sei umano. Anzi...il problema è che lo sei troppo.”
“Che significa?” spaesato, lui si raddrizzò sullo sgabello.
“Sei gentile.” considerò il Cappello Parlante. “Hai un animo buono, incredibilmente pulito per uno con la tua maledizione ed il tuo passato. Non ti piacciono i conflitti, non ami la violenza anzi, tendi ad evitare i problemi. Sei calmo, paziente e incredibilmente sensibile. Come un Tassorosso. Ma al contempo, sei di ghiaccio. Sei abituato a nascondere le tue emozioni, a non lasciare trasparire nulla, a non farti scalfire da qualsiasi cosa possa indebolirti, anche a costo di essere egoista. Come un Serpeverde, di cui hai anche l'ambizione feroce e spietata. Eppure, non sei mai sleale. Anzi, al contrario sei corretto, coraggioso, hai un'indole nobile e cavalleresca come ce ne sono poche al mondo. Come un Grifondoro. Ed infine, sei sveglio, incredibilmente perspicace e attento, con la tua intelligenza riusciresti a risolvere ogni tipo di indovinello o enigma. Esattamente da buon Corvonero.”
Remus Lupin rimase in silenzio. Il suo cuore batteva forte, quasi a fare male.
“Vedi, il problema non è quanto tu sia poco umano. Ma quanto tu lo sia in eccesso! Hai la più grande varietà di caratteristiche umane che mi sia mai capitato di leggere, sono poche le persone di cui posso dire lo stesso. Soffrirai molto, Remus Lupin, e non perché sei un lupo. Tu sei favolosamente e dolorosamente umano. E tutta questa incoerenza dentro di te sarà a volte disarmante. E per riuscire a sopravvivere a tutto questo, immagino che ci voglia coraggio. E c'è solo una Casata dove potrai riuscire a tirarlo fuori davvero...sì, ho deciso!”
Lo Smistamento era finito. E quando Remus Lupin, stordito e incapace di crederci, arrivò al tavolo dei Grifoni, venendo accolto come un loro pari, aveva una nuova consapevolezza.
La bambinetta con i capelli rossi parve notare il suo turbamento e sorrise timidamente.
“Ciao! Io sono Lily!” si presentò.
“S-sono Remus Lupin...”
“Stai bene, Remus Lupin?”
Quella domanda gli sarebbe stata rivolta un milione di volte durante la sua vita ad Hogwarts, lo sapeva. Ma stranamente, non riuscì a mentire. Non quella volta.
“Non lo so.” ammise.
La ragazzina guardava di sfuggita alle sue spalle, al tavolo di Serpeverde con espressione addolorata, ma quando lo sentì udire quelle parole rivolse tutta la sua attenzione a lui.
Parve analizzare qualcosa nel suo viso, e dopo un po' allungo una mano, prendendogli la sua con fare rassicurante. Sembrava comprendere quello che sentiva, anche se non le aveva mai parlato prima.
“Starai bene.” gli promise, con un sorriso dolce.
Sì, probabilmente sì. Sarebbe stato fantastico. Lontano da suo padre, lontano dalle segrete, dalle catene e dalle gabbie.
Sarebbe stato bene.
Remus Lupin ci credette davvero.







Oggi.





Le scarpe di Lily affondarono nel fango, mentre arretrava lentamente avvertendo una calma innaturale.
Doveva essere panico. Uno stato di shock vero e proprio, perché tutto si era fatto ovattato, confuso e fuori fuoco. Sentiva le sue stesse pupille dilatarsi ed il suo sangue che si era come raffreddato, congelandole le membra da dentro. Il mondo aveva preso a girare. La barriera magica che inglobava Hogwarts emanava una sorte di luce azzurrognola che lo distorceva, sembrava di stare sott'acqua.
Era incredibile come tutto potesse cambiare nella frazione di un secondo. Come tutti i pezzi tornassero al loro posto. Al posto che gli apparteneva.
Come un incomprensibile puzzle finalmente completo. Finalmente e dolorosamente chiaro.
Remus. Lupo. Le figure sotto il Platano, le fughe notturne, i graffi sugli altri, il suo stare sempre male.
Remus, lupo.
I misteri, i discorsi spezzati, le ambiguità, i controsensi ed i segreti.
Remus. Un Lupo mannaro.
Oh, mio dio.
Avrebbe voluto arretrare ancora.
Correre via.
Scappare.
Era troppo calma, per quello. Troppo, troppo calma.
Le sembrava di stare dormendo. Eppure lo sentiva, lo vedeva.
Il pelo chiaro e folto, il suo odore pungente, le fauci spalancate a pochi metri da lei. Gli occhi rossi, pupille ridotte a spicchi in un mare color rubino.
Era immobile, su due piedi, immenso. Doveva alzare la testa per riuscire vederlo tutto. Il muso arricciato e scoperto sulle zanne. Un basso ringhio vibrava nelle profondità delle sue viscere, risalendo minaccioso e cupo fino a lei come una serie di tuoni.
Lo sentiva a malapena.
Poteva percepire nel silenzio del suo terrore il proprio respiro.
Calmo.
Troppo calmo.
Quella visione parve dilatarsi all’infinito, anche se erano solo pochi attimi.
Contorta e crudele nella sua mente, la consapevolezza.
Avvertiva uno strano sapore metallico in bocca, rimasta improvvisamente secca.

Remus…Lupin…un lupo…mannaro…?

Calma. Era troppo calma.
Lily, devi risvegliarti. Adesso.
Ma il peso di quella verità la schiacciava. Assurdamente, il senso di colpa le fece bruciare gli occhi.
Non se n'era mai accorta.
Tutto quel tempo assieme…tutto quel parlare…tutto quell'affetto tra di loro. Non era mai riuscita a vedere! A capire!
Gli occhi del lupo mannaro scintillarono come specchi freddi.
La fissava con assoluta indifferenza, ringhiando ogni tanto quando un suo muscolo scattava, più per la tensione che per altro.
Forse da qualche parte lì dentro, Remus poteva prendere il sopravvento. Poteva sentirla.
Era solo...solo così assurdo che quella cosa...fosse lui...
“Re-Remus…” rantolò infine, mentre la sua voce le apparve come un eco lontano, la voce di un'estranea. Roca, come se le si fosse prosciugata in gola.
Il lupo la fissò per un istante. Poi alzò il muso al cielo e lanciò un lungo, angosciante ululato. Doloroso, feroce...e pieno di adorazione verso la luna.
Si tappò le orecchie per la potenza di quel verso, capace di farla tremare, di rimbombare pure tra i denti.
Fu così forte che la realtà tornò a concretizzarsi davanti ai suoi occhi. Riuscì a risvegliarsi dal torpore. Sentiva di nuovo freddo, ora. Mise a fuoco le immagini, udì i grilli frinire nevrotici tra l'erba sporca di neve, percepì l'ondata di nausea scuoterla nel profondo.
Riusciva a pensare.
Si acquattò appena, sentendo gli ingranaggi del cervello rimettersi in moto. Si rifugiò nei suoi studi, nelle poche nozioni apprese sull'argomento, aggrappandovisi con disperazione. Non doveva voltargli le spalle. Non avrebbe fatto nemmeno un passo: sarebbe stato troppo veloce nel prenderla. Era forte, immensamente forte. E implacabile.
Non doveva farsi mordere, nemmeno di sfuggita. Il contagio avveniva tramite la saliva.
La bacchetta era pressoché inutile. Serviva l'argento. Una spada di argento.
Ma anche se ne avesse avuta una, così lo avrebbe ucciso. E lui era Remus, pensò disperata. Remus!
C'erano forse Auror, nelle vicinanze? Quanto poteva resistere prima che arrivassero gli aiuti? Forse poteva lanciare un segnale...
Il lupo mannaro ringhiò vedendola muoversi, mostrando un ghigno di incisivi affilati come coltelli, in grado di spezzarla in una morsa mortale. Assurdo avere paura di cose banali come la trasformazione. L'avrebbe uccisa con facilità estrema, se gli fosse finita sotto tiro!
Ecco, vedi, problema risolto, Lily Evans.
Arrancò ancora un po' all'indietro ignorando l'ondata di macabro sarcasmo e la strana voglia di ridere, vedendolo muoversi a sua volta. Non era il momento di avere crisi isteriche.
Dov’era James?
Era stato scaraventato nella foresta, nascosto dall’ombra…forse era rimasto ferito, forse aveva battuto la testa…
Lacrime ghiacciate iniziarono a solcarle il viso, pur concentrata com'era. Le sentiva salate, pizzicavano la pelle.
Stava per morire.
No, no! No, Lily, concentrati!
Scosse la testa, continuando quello strano gioco di piedi, quella strana danza. Lui aveva preso a seguirla girando in tondo, come se cercasse la prospettiva migliore da cui rimirare la statua di un museo. Lei si muoveva in sincrono, avendo cura di non fare movimenti bruschi.
La fissava con ingordigia, come un assetato nel deserto. Come un animale tenuto troppo a lungo a digiuno, rinchiuso, pazzo di rabbia e desiderio, di astinenza.
Come poteva essere Remus? Non smetteva di pensarci!
Remus, con il suo sorriso gentile, con i suoi occhi tristi, con la sua educazione...Remus che le parlava di libri, di astronomia, di quanto stare con James e gli altri gli avesse cambiato la vita, lo avesse reso felice...con il quale non riusciva mai ad arrabbiarsi, perché era assurdo anche solo pensare di poter fare male a una persona così profondamente buona e meravigliosa...
“Oh dio, Remus…” Sussurrò tra le lacrime, sentendosi il cuore a pezzi. “Mio dio…cosa ti hanno fatto…?”
Ma lui non la sentiva.
Non la vedeva neppure. Semplicemente non c'era più.
Avanzò di un passo, ringhiando, il pelo ritto sulla schiena. Piccoli fili di bava colavano tra le gengive, il fiato ora fremente usciva in violente nuvole di condensa. Gli occhi bruciavano, bramosi, folli di fame.
“Remus…ti prego…sono io, sono Lily….”
Ma il Mannaro sollevò di più le labbra, mostrando una tagliola di denti lustri e scintillanti.
Si acquattò, pronto per attaccare.
“PERICULUM!” Urlò Lily, e un fascio di luce rossa esplose nella notte.
Il lupo mannaro ruggì di rabbia e si lanciò su di lei, veloce come una saetta.
“NO!”
Cadde a terra schivandolo solo per mera casualità mentre un artiglio le sfiorò una ciocca di capelli, che venne tirata dolorosamente dalla cute prima di riuscire a scivolargli via dalle dita.
Uno scoppio di scintille esplose nel suo campo visivo mentre franava rovinosamente sul prato, cercando di atterrare come meglio poteva. Affondò le mani nell'erba gelida, sentendo l'epidermide dei palmi sfregare dolorosamente contro la cima aguzza di piccole pietre incastrate nella terra, come tante minuscole punture sulla pelle. Il polso sinistro le si stortò sotto il peso del suo stesso corpo ed il dolore riverberò per tutto il braccio.
Gemendo e serrando i denti in una smorfia, senza più sentire niente se non il puro istinto, se lo strinse al petto e rotolò su se stessa schivando un altro colpo, che esplose sul terreno facendo schizzare via intere zolle contro la sua faccia.
Il mannaro ruggiva, assordandola. Ma, in sottofondo, c'era qualcos'altro. Un altro verso.
Il terzo colpo non lo vide nemmeno arrivare. Se non di sfuggita.
“AH!”
Chiuse gli occhi, sollevando la mano davanti alla faccia nell'inutile tentativo di proteggersi, ma il verso si era fatto più vicino.
Qualcosa si frappose fra di loro con un ringhio viscerale.
Riaprì gli occhi di scatto, lanciandosi all'indietro mentre una figura grossa e nera affondava i denti nel braccio del Lupo Mannaro.
Un cane! C'era un cane!
Il Licantropo lo sbalzò via, ma quello atterrò sulle zampe e tornò all'attacco, colpendo il centro del suo petto e facendolo precipitare all'indietro.
I due corpi si scontrarono con un rombo sordo, avvinghiandosi così veloci da risultare quasi indistinti. I denti cozzarono gli uni sugli altri, i ringhi divennero colossali ed il rumore di carne lacerata saturò l'aria.
Arrancò sempre più all'indietro senza riuscire ad alzarsi, solamente spingendosi via con le ginocchia, incapace di distogliere lo sguardo sbarrato da quella visione assurda.
Un cane lupo, nero come la notte, enorme. Occhi azzurri e sbarrati, grandi scaglie di ghiaccio liquefatto ora dilatate dalla ferocia.
Venne di nuovo lanciato via, ma di nuovo si rialzò, balzando questa volta davanti a lei ed ergendosi come uno scudo.
Rimase immobile a testa bassa e latrò di avvertimento, il pelo ritto sulla schiena come una pinna di squalo, le labbra sollevate sui denti in una espressione di minaccia.
La stava…difendendo…?!
Il Mannaro ringhiò a sua volta, avvicinandosi di un passo. L'abbaio del cane squarciò l'aria, il ringhio si acuì.
Vide il Mannaro indietreggiare, poi, come a ripensarci, balzò in avanti.
Il cane diede una spinta sui possenti arti inferiori e saltò di nuovo, scaraventandosi su di lui.
Guaì di dolore quando fu spinto a terra, ma le sue fauci non smisero di azzannare, di lacerare, senza lasciargli tregua. Si davano morsi e strattoni, puntando alla gola. Tutto era troppo veloce per riuscire a distinguere qualcosa di più.
Fece per prendere la bacchetta, aiutarlo in qualche modo, quando lo sentì.
Ancor prima che le afferrasse violentemente il polso sano.
Un'ondata di calore.
Fu sollevata di peso. Una mano si era allungata verso le sue spalle, artigliandole e in qualche modo, riuscendo a tenerla in piedi su quelle sue gambe di gomma.
Urlò, divincolandosi irrazionalmente sentendosi afferrare in quel modo.
“Lily, smettila! Sono io!”
Alzò la testa, conficcando le pupille in quelle di James.
Era vivo! Un'ondata di sollievo si levò dentro il suo corpo mentre il ragazzo si portava davanti a lei come un muro difensivo, come cercando di separarla fisicamente dalla battaglia alle sue spalle. Alto e invalicabile, spazzato dal vento, il profilo illuminato come una moneta dai lampi in lontananza e gli occhi che bruciavano di adrenalina.
“Dobbiamo andare via!”
Era pallido, stravolto dall'ansia, le sue mani più fredde del solito contro la sua pelle. Ignorò il suo shock, passandole un braccio attorno alla vita mentre lei affondava il viso nel suo maglione, artigliando il tessuto senza volerlo più lasciare.
“N-non riesco a...le gambe...” balbettò, mentre incespicava contro di lui. Inciampava di continuo, si sentiva di pietra. Come in uno di quegli orrendi incubi, dove i piedi sembravano incollati al pavimento e non si riusciva a correre.
James le sollevò la faccia, costringendola a fissarlo mentre si fermava di scatto.
“Ascoltami!” la sua voce, ferma e decisa, suonava incredibilmente forte e udibile, nonostante a pochi passi da loro infuriasse una lotta bestiale che fracassava i timpani. “Lo so che sei in stato di shock, ma devi darmi una mano, va bene? Un piede davanti all'altro, forza! Sir…quel cane non resisterà ancora per tanto, e ai Mannari piace la carne umana! Non si fermerà fino a quando non ci avrà sotto i denti, per cui corri più veloce che puoi, perché se ti prendo in braccio non ce la facciamo! Ok?”
Lei annuì terrea in volto.
E quando lui si staccò, riuscì a trovare di nuovo la forza per muovere le gambe.
Un piede davanti all'altro.
Era facile.
Un piede davanti all'altro...
Il cane guaì di nuovo e James fece una cosa strana. Gemette, afferrandosi il braccio come se avvertisse male. Si raddrizzò, imprecando tra i denti.
“Dobbiamo raggiungere Hagrid!”
La prese per mano, cominciando a correre.
“Ma…dobbiamo aiutare quella povera bestia...” Esclamò improvvisamente Lily, voltandosi indietro, mentre lui la trascinava verso la parte del giardino che confinava con la Foresta.
“Non c’è tempo ora!” ribatté, tirandola con forza.
Hagrid, pensava. Doveva raggiungere Hagrid. Era l'unico in grado di aiutarli!
Il suo cervello era come paralizzato, il sangue gli pulsava nelle vene…il branco era fuori controllo, la testa gli scoppiava...paura, rabbia, dolore fisico, tutto vorticava dentro la sua mente con una pressione mai sentita prima. Non riusciva quasi più a distinguere dove iniziava uno e dove finiva l'altro, sentiva tutto, sentiva tutti ed era...troppo! Aveva voglia di urlare, ma doveva rimanere distaccato, doveva riuscirci!
Un solo pensiero nella testa, assillante, ossessivo: portare Lily al sicuro e aiutare Sirius… portare Lily al sicuro ed aiutare Sirius... con un po’ di fortuna, sarebbero riusciti a calmare Remus anche in quella forma e ad andare nella Stamberga Strillante e tutto si sarebbe risolto.
Tutto sarebbe andato bene. Tutto doveva andare bene!
Le nuvole rumoreggiavano sopra di loro. L'odore della pioggia si era fatto più intenso.
E anche quello del sangue.
Bastava solo che Felpato lo tenesse impegnato un altro po’… pensava freneticamente, sentendo il panico crescere. Tutto sarebbe andato bene...tutto sarebbe andato...!
Il guaito penetrante di Sirius gli paralizzò i piedi. Si voltò di scatto, sentendosi impietrire. Lily sbatté contro la sua spalla.
“Co-cosa c’è?” chiese, allarmata.
“Sirius...” mormorò lui, teso.
L'amico urlò di nuovo. Dentro la sua testa, e anche in forma animale. Stava soccombendo. Remus non...Remus non riusciva a controllarsi. A fermarsi!
Gli attimi parvero rallentare. Le urla dentro la testa finalmente si spensero, ma ci fu qualcosa di peggio.
Molto, molto peggio.
Sentì dentro di lui un immenso strappo, lacerante, viscerale.
Era istinto. Ma era diviso tra due metà.
Il suo branco.
E dall'altra parte, Lily.
Si sentiva letteralmente fatto a pezzi, smembrato in due. Come Famiglio, e come Ramoso. Ora finalmente riusciva a comprendere l'enormità di quel problema, e fu così grande che seppe spaventarlo.
Non aveva più il controllo delle sue azioni!
Doveva correre a salvarlo, ma non riusciva ad abbandonare Lily. Non era una normale indecisione, era istinto puro e lo bloccava!
Fu una sola cosa a toglierlo da quella assurda impasse: Black riuscì a trascinare Remus dentro la Foresta, ancora più lontano da loro.
Una relativa distanza di sicurezza da Lily che riuscì a mettere un impercettibile freno al suo senso di protezione verso di lei.
L'ago della bilancia riuscì a tendere in favore del branco.
“James, cosa…?”
Si voltò verso la ragazza di scatto.
“Stammi a sentire: sei al sicuro ora, va’ a casa di Hagrid e restaci, ok?”
“COSA?!” il panico si affacciò sul viso della Grifondoro, che gli afferrò un braccio. Affondò quasi le unghie nei suoi polsi, cercando di trattenerlo. “Dove hai intenzione di andare?!”
“Fidati di me!” esclamò James.
“SEI PAZZO! QUEL LUPO MANNARO TI AMMAZZERA’!” sentirla strillare, sentirla così terrorizzata, rischiava di far tornare l'ago della sua bilancia interiore in una posizione scomoda. Si sentiva protendere verso di lei, come risucchiato da una calamita.
Si staccò rapidamente, cercando di non lasciarsi sopraffare...anche se allontanarsi dal suo corpo fu quasi un dolore fisico.
Ma Sirius aveva bisogno di lui.
“Lily, sta tranquilla, so quel che faccio!”
La ragazza non ebbe tempo di rispondere, perché un pungente dolorino alla caviglia la distrasse il tempo sufficiente perché lui cominciasse a correre via.
Abbassò lo sguardo e la sua bocca si spalancò.
C’era un topolino, grigio e con dei piccoli occhietti acquosi, che stava strattonando un lembo dei suoi pantaloni squittendo come un pazzo.
“Ma cos...”
Era il Famiglio di qualcuno? E perché era lì a interagire con lei?
Il topo si rizzò sulle zampe, puntando il naso verso la direzione in cui c'era la casa di Hagrid e poi riguardandola. Lo fece per altre due volte, un po' troppo spesso per non sentire un brivido inquieto scenderle giù per la schiena.
Quello era un messaggio chiaro e tondo. Quel topo stava cercando di comunicare con lei!
Era tutto pazzesco! Tutto! Ma che avevano gli animali quella sera?!
Voltò di scatto lo sguardo verso Potter e solo in quel momento si accorse che stava correndo verso la foresta. La paura la invase vedendolo già così lontano.
“JAMES! NO! NON ANDARE! JAMES, ASPETTA!”
Era pazzo, completamente folle se pensava di sopraffare un lupo mannaro!
Il topo la strattonava frenetico ora - per quanto riusciva viste le dimensioni - squittendo e agitandosi moltissimo, tanto che strappò un pezzetto di tessuto e cadde goffamente all’indietro.
Agitò comicamente le zampette rosee e ritornò in posizione eretta, alzando il piccolo muso grigio su di lei.
Lily si voltò a guardare il sentiero che conduceva alla casetta di Hagrid, mordendosi il labbro, incerta. Avrebbe dovuto correre a chiamarlo, ma avrebbe fatto in tempo? Potter stava correndo proprio in faccia al pericolo!
Che diavolo aveva in testa?!
Possibile che questa volta fosse arrivato a credere di poter battere un lupo mannaro?!
Si rivoltò verso la foresta...con una strana sensazione. James era sparito oltre gli alberi. Le aveva detto di fidarsi...ma qualunque cosa avesse in mente, non poteva abbandonarlo!
Quando la sua espressione parve rafforzarsi, il ratto squittì ad alta voce, saltellandole intorno.
“Scusa topo…non ti posso seguire!” esclamò Lily, guardandolo e parlandogli senza sapere bene perché. Sparò di nuovo in aria il segnale luminoso, pregando che Hagrid riuscisse a vederlo.
Il topolino si era alzato sulle due zampe ad osservarla meglio.
Con la strana sensazione che quell’animaletto avesse assunto uno sguardo supplichevole, gli voltò le spalle, strinse i pugni e corse verso la foresta.








“DEVI SBRIGARTI!” Ruggì per l'ennesima vola Severus Piton, piantando una mano sul freddo marmo della parete come se desiderasse farla esplodere.
Era raro, vederlo in quel modo.
D'altronde, in una scuola c'erano sempre i soliti vecchi cliché. E lui rientrava in quello del ragazzo taciturno, solitario e diffidente, uno di quelli che stava sempre nell'ombra. Aggiungici il fatto che era di un'intelligenza superiore alla media e che la faceva pesare in modo malevolo sugli altri, veniva facile per loro scordarsi di lui o tuttalpiù, godere quando veniva preso di mira dai bulli della scuola.
Ora però sembrava un altro.
Il palpabile velo di sudore sulla fronte, le narici dilatate, gli occhi puntellati di piccoli capillari rossi e le vene gonfie sulle tempie. Non erano molte le volte in cui perdeva la ragione così.
Lì dentro c'era il caos. Naturalmente.
Una barriera magica così forte che nemmeno Silente in persona poteva scalfirla. La barriera di un Custos. Magia antica, legata alla sua natura primordiale. Nemmeno i gufi riuscivano a passare. La smaterializzazione era fuori questione. Tantomeno la polvere voltante.
Erano chiusi dentro. E cinque studenti chiusi fuori.
Le persone correvano da una parte all'altra, impartivano ordini, i ragazzi confusi ciondolavano in attesa di direttive che non arrivavano. I sostituti del Ministero protestavano vivacemente, i caminetti vibravano di verde mentre la McGranitt, con la testa infilata tra le fiamme, cercava di inviare dei messaggi al Ministero che risultavano quasi incomprensibili, viste le forti interferenze.
Ma Piton era quello più agitato di tutti senza dubbio. Sembrava impazzito.
Schizzava su e giù per la parete come se avesse i carboni ardenti sotto i piedi.
Michael Aliaset, seduto a gambe incrociate davanti al portone principale, aprì un solo occhio.
“E tu devi smetterla di urlarmi addosso.” sibilò acido. Continuava a fare schioccare le dita ad intermittenza, e attorno alle sue mani si era generata una oleosa luce azzurra.
“Tu non capisci, devi...!”
“No, sei TU che non capisci!” non lo lasciò finire il ragazzo, digrignando i denti. “La barriera magica di mio padre non è una cosa che si crea dal nulla. I Custos non sono tutti uguali, sai?! Una barriera che riesce a circondare un intero castello è frutto di anni di allenamento. Anni di esperienza che io non ho avuto, quindi hai una vaga idea di quanto cazzo sia difficile?! Per cui la cosa migliore che tu possa fare è levarti di torno e lasciarmi concentrare mentre tento di distruggerla!”
Piton fece per dire qualcosa, poi si raddrizzò riassumendo una briciola appena del suo proverbiale autocontrollo.
“E comunque state facendo un casino per niente! La cosa peggiore che possa capitare è che per stanotte la Umbridge dorma su una poltrona e quei cinque cretini si congelino le chiappe!” gli urlò dietro Aliaset, mentre lui gli voltava le spalle.
Non gli rispose. Il cuore gli martellava come un tamburo.
No, lei no, pensava disperato. Lei, lì, da sola. Con quel mostro.
Si diresse furente verso Malfoy, che gli rivolse un pigro sorriso. Bellatrix ridacchiava, ancorata al suo braccio voluttuosa e bella come una dea pagana.
“Che cosa cazzo avete fatto?!” ringhiò sottovoce, sbattendo le mani sul tavolo.
“Attento, Sevvy.” cinguettò dolcemente la Black, quasi con noia. “O potrebbe sembrare che tu non stia rispettando le gerarchie!”
Fanculo le gerarchie, pensava lui, serrando la bacchetta sotto la veste. Stupida sgualdrina. Stupida pazza sgualdrina!
“Si può sapere che ti prende? Mi pare che tu fossi d'accordo.” tubò Malfoy. “Com'è che avevi detto? 'Fatelo'.”
Sì. Era vero.
Anche se non era stato lui a rivelare loro che Remus era un licantropo. Lui aveva mantenuto il segreto, quello sì.
Forse per blando senso dell'onore, forse perché Silente sorvegliava a vista qualsiasi cosa che gli usciva di bocca. Forse perché in un modo perverso sentiva che quel segreto lo univa intimamente ai suoi nemici, gli dava un vantaggio nei loro confronti.
Ma lui non si era opposto a quella follia. Non da quando...non da quando aveva visto James Potter, fuori dall'aula di Incantesimi.
Con Lily.
Non da quando aveva visto il modo in cui la stringeva tra le braccia. Il modo in cui le accarezzava una guancia, il modo in cui lei aveva accolto la sua mano sul viso, senza ritrarsi. Le loro labbra così vicine, ad un passo dal baciarsi.
Severus si era fatto male molte, molte volte. Quando suo padre lo picchiava, mentre si ergeva in difesa di sua madre. Quando la donna sembrava perdonarlo, sempre, preferendo il marito violento al figlio difensore. Quando aveva scoperto che il suo sangue a metà - che il sangue di quel parassita babbano - non lo avrebbe mai reso un mago vero. Quando Lily era stata messa a Grifondoro. Quando al Quinto anno era stato umiliato dai Marauders, quando qualche mese dopo, per quasi un soffio Lupin non lo ammazzava nella Stamberga Strillante. O peggio, infettava.
Ma niente, niente superava il dolore di quell'attimo. Era stato come sentire tutti i pugni di suo padre in una volta sola. Ogni umiliazione, ogni dolore raggruppati assieme in un lungo, pietoso secondo di agonia.
L'odio per James Potter lo aveva sopraffatto. L'aveva voluto morto.
Non si era più opposto al piano dei giovani Black, alla loro infantile vendetta.
E ora lei era lì. Con quella bestia sputata fuori direttamente dall'inferno. Per colpa sua.
Ricordava quando lui stesso vi si era trovato faccia a faccia. Nella sua forma quadrupede, nella forma più mansueta. Solo un enorme lupo dalla soffice pelliccia chiara. Ma al contempo, diverso dai lupi. Gli occhi incandescenti, il vuoto nello sguardo, il muso quasi aperto in un ghigno.
Il suo attacco, più veloce e forte di qualsiasi altro animale. Un attacco ragionato, pensato.
E poi, l'umiliazione più grande. James Potter, luminoso come un sole, che sfondava la finestra e che gli salvava la vita.
Erano sopravvissuti per un soffio, tutti e due. Ed ora Lupin non era nemmeno sotto gli effetti della pozione Anti-lupo.
Significava che era su due zampe. Significava che era fuori controllo. Che non si sarebbe mai fermato.
“Vi ha dato di volta il cervello?! C'è mancato poco che si trasformasse qui, dentro la Sala Grande!”
“E allora?” la tranquillità di Lucius lo paralizzò.
“C-cosa?”
Il biondo fece spallucce. Occhi metallici, duri come alabastro.
“Si sarebbe trasformato, qui o altrove poco importava. Avrebbe ucciso qualche studente, forse anche parecchi. E poi sarebbe stato ammazzato anche lui. Silente avrebbe dovuto rispondere al Ministero di una vera e propria strage.”
“Ammettere un Licantropo a scuola! Quel vecchio dev'essere pazzo. Il fatto che quegli idioti lo abbiano trascinato fuori in giardino è stata una sorpresa ma poco importa: quando usciranno, li ritroveranno fatti a pezzettini e sarà uguale.” rise Bella, scuotendo i boccoli neri e godendo nel vederlo sbiancare. “Magari il nostro caro Preside finirà pure ad Azkaban!”
“Sapevamo che c'era la remota possibilità che qualcuno di noi tradisse. Per cui, questo è stato un divertente piano B. Volevamo essere sicuri di togliercelo di mezzo.”
“Vi ricordo che la fuori c'è anche Sirius.” trovò la forza di replicare, con voce resa roca dall'ansia. “Il vostro prezioso Sirius Black...”
La cugina si leccò voluttuosamente le labbra, piantandogli i suoi occhi addosso con intensità.
“Là fuori c'è la tua mezzosangue.” soffiò amabile, mentre Piton si irrigidiva. “Dì le cose come stanno, Sevvy, su! Stai impazzendo all'idea che la tua amata Lily Evans venga divorata come un bignè al pranzo di Natale! Del resto non ti importa nulla!”
“STA ZITTA!”
“Sirius Black ha solo due strade davanti a sé, senza possibilità di scelta.” s'intromise Lucius, gelidamente. “Tornare da noi. O morire. E dopo l'umiliazione che ha inflitto alla famiglia nel Tribunale, davanti a tutta l'Alta Corte, a Orion e Walburga non importa più se sarà l'uno o l'altro. E per quanto riguarda te, Severus...”
Lo guardavano tutti, ora. Come un unico, perverso muro oscuro.
“...Devi fare una scelta, una volta per tutte. O con noi, o contro di noi. Mezzosangue comprese. Sono stufo delle tue rimostranze. Dei capricci. Seguici senza lamentele e avrai tutto quello che hai sempre sognato. Ostacolaci e sei fuori.”
“Lui ha già scelto.” ringhiò Bellatrix ora furente. “Continuate a fidarvi di questo parassita, quando è così chiaro che ha già scelto! E sceglierà sempre lei, come il patetico omuncolo che è! Non è affidabile!”
“E' solo un'ossessione.” la blandì Lucius, sollevando la mano affusolata verso di lei. “Possesso. Niente di più. Da uomo, posso comprendere. Non è vero, eh, Piton?”
La strada davanti a lui. L'aveva vista parecchie volte. Un bivio lontano.
Aveva sempre cercato di evitarlo. Sempre. Ma ora era lì.
Il baratro.
“Perché se così non fosse...” mormorò Malfoy, mentre un sorriso crudele illuminava appena il volto spettrale. “Se tu ne fossi davvero innamorato...al punto da rifiutare per lei colui che seguiamo...”
Piton afferrò una sedia. Zittendosi, si sedette. Si sentiva così stanco.
Così dannatamente stanco.
“...allora mi sa proprio che dovremmo ucciderti, amico mio!”







“SIRIUS! SIRIUS!”
Più si inoltrava nella Foresta, e più le luci, la luna, la barriera fluorescente e le fiaccole appese sulle torri diminuivano sfarfallando tra alberi sempre più fitti.
Fino a quando le tenebre non divennero l'unico sentiero. Come un orrendo incubo.
Anche la sua voce sembrava perdersi tra i rami, rimanendoci impigliata e diventando sempre più debole.
Ma non importava. Sapeva dove andare.
Non era propriamente paura, quella che provava. Nemmeno lì, al buio, solo.
Era il panico di perdere coloro che amava a scuoterlo. Attaccamento. Imprinting.
E quello…era il suo più grande punto debole.
L’amicizia, l’amore…lo rendevano totalmente schiavo.
Totalmente inerte.
Urlò ancora, ma nessuno gli rispose.
Tutto era esangue.
Quel silenzio grave lo agitava.
Correva veloce, James Potter, evitando agilmente radici nodose e svicolando tra gli alberi, riuscendo a prevedere con esattezza quali ostacoli schivare ancor prima che gli si presentassero davanti. Saltò un lungo pendio, atterrando con un tonfo in un avvallamento dove la luna riusciva a penetrare la fitta coltre di rami.
“SIRIUS!” Urlò di nuovo, vedendo un corpo immobile riverso a terra.
Era di nuovo umano.
La camicia era a brandelli, i pantaloni lacerati in più punti e sulla pelle spiccava una notevole mappatura di ematomi bluastri. Un rivolo di sangue colava dalla sua tempia, impiastricciandogli i capelli neri.
La spalla, visibile anche da lontano, era gonfia e livida.
“Oh no…Sirius!”
Corse verso l’amico, incespicando nei ciottoli, e gli si inginocchiò accanto. Non c'era più traccia di Remus.
“No, no, no, no...!”
Con mani tremanti gli tastò il polso. Un debole picchiettare.
Era vivo, vivo! Avrebbe dovuto capirlo già solo sentendolo nella testa, ma a quella visione non aveva capito più niente.
Tirò un sospiro di sollievo, mentre lo prendeva da dietro e gli sollevava il busto.
Sirius pareva quasi addormentato, e la testa gli ricadde inerte sul braccio.
“Maledizione…dai...!” mormorò, afferrando quel poco che rimaneva della camicia e tamponandogli la ferita sulla testa. Non sembrava profonda...ma lui in fondo, che ne sapeva?! Sentiva il sangue caldo iniziare a inzuppargli la manica... era pieno di tagli... “Non farmelo, Paddy, hai capito?! Non farmelo! Svegliati!”
Se solo avesse portato con sé la bacchetta…l’aveva perduta in Sala Grande, quando cercava di trattenere Remus…!
Sirius trattenne il respiro con un raschio.
Un gemito gli uscì dalle labbra poi, piano, sbatté le lunghe ciglia nere. Riemergendo.
Gli ci volle qualche attimo per ritrovare la lucidità, riconoscere le forme e piantare i suoi occhi fissi su di lui.
“Sirius…” James ricambiò lo sguardo.
“Hai intenzione di baciarmi o stiamo solo perdendo tempo?” mormorò quello.






“JAMES!”
Gli occhi di Lily Evans frugavano agitati nel buio, come se la luminosità delle sue iridi riuscisse a scalfire quell’ombra impenetrabile che galleggiava tra un albero e l’altro.
Correva, la gonna che le frustava le gambe, i capelli aperti a ventaglio dietro le sue spalle.
Dov’era?
Perché non lo scorgeva?
Quel buio e quel silenzio opprimente le toglievano il fiato. Non ricordava quel sentiero. Stava perdendo l'orientamento.
Un gufo tubò greve, spezzando la quiete in tanti sanguinolenti brandelli. Inciampò in una radice, cadde a terra reggendosi il polso slogato e orribilmente gonfio.
“Ngh...”
Avrebbe voluto rimanere lì. In ginocchio sul muschio soffice.
Ci pensò per un folle istante. Sedersi e aspettare la fine.
Perché se lui fosse morto...se tutti loro fossero morti...
No.
La mascella le si contrasse, la mano si serrò contro dei ciuffi d'erba fino a staccarli.
No, James non lo avrebbe permesso. LEI non l'avrebbe permesso!
Aveva bisogno di loro. Di tutti loro!
Strinse i denti e si rimise in ginocchio, fece leva sui palmi e piano piano si rialzò in piedi.
Una fanciulla, un bosco buio. Un lupo.
La fiaba più terribile di sempre.
Da qualche parte, tra quegli alberi, due occhi la osservavano.
“NO!” urlò con disperazione Remus Lupin nei reconditi di un incubo dove nessuno riusciva a sentirlo. Un incubo dove non c'erano ombre, solo una gelida luce lunare... e un sentiero sicuro dal quale tutte le persone che amava si erano appena allontanate.
Lo sguardo della Creatura...dritto su di loro.
Che diceva ciò che Remus non voleva mai ascoltare.
Non era lui a dover sopravvivere. Non era lui che doveva essere salvato.
Era lui, il mostro.







“Hai intenzione di baciarmi o stiamo solo perdendo tempo?”
James scoppiò in un risolino nervoso, sentendo la tensione sciogliersi sulle sue membra.
“Coglione.”
Sciolse l'abbraccio e adagiò Felpato per terra, avendo cura di non fargli male.
“James… scusami, ho avuto la peggio…”
“Non dirlo nemmeno per scherzo. Stai bene?”
“Tsk, una meraviglia…” Sirius abbozzò un ghigno ironico. “Lily?”
“L'ho spedita da Hagrid. Ti...ti ha morso?”
Rimase in attesa di sentire la sua risposta con il fiato sospeso.
“Non da umano. Quando sono svenuto ero ancora trasformato e ha perso interesse. Non gli importava di farmi secco, se non era necessario...credo che ci percepisca ancora come il suo branco, anche se è fuori controllo. Gli è bastato sottomettermi. Ma ci è arrivato spaventosamente vicino.”
Guardarono fra gli alberi, ma il Licantropo era lontano. La mente in fiamme, febbricitante.
“Dobbiamo raggiungerlo. Ce la fai ad alzarti?”
Il ragazzo si alzò un poco facendo leva sui gomiti, ma fu la mossa sbagliata. Urlò di dolore, accasciandosi al suo fianco.
“Dio!” fece una smorfia, tenendosi la spalla con una mano. Era gonfia come un pallone e disposta in una strana angolatura, come un pezzo incastrato male. “Maledizione…James…passami la camicia…”
Lui la prese e gliela passò, teso.
“Cosa intendi fare?”
“Ho la spalla spostata…devi aiutarmi.” mormorò lui. “In mancanza di Madama Chips…”
James lo fissò inorridito, capendo le sue intenzioni. “Sirius, ma…”
“Senti…” sbottò il ragazzo. “Non sarò di nessun aiuto con la spalla ridotta così! E Remus è ancora qui in giro! Coraggio, facciamola finita!”
“Felpato, farà un male cane…”
“Lo so, cazzo, ti muovi sì o no?!”
Appallottolò la camicia sbrindellata fino a formare una spessa treccia, ficcandosela poi in bocca, creando una barriera tra le due arcate dentarie.
Si irrigidì quando l'amico si avvicinò a lui, ma rimase immobile come una statua di sale.
“Pronto?” chiese James, serio. “Non sono pratico di queste cose…sei sicuro…?”
Lui annuì, il viso contratto e le guance intinse di cremisi. Un sottile velo di sudore gli ricopriva la fronte, il collo sporco del sangue rappreso.
James appoggiò i palmi proprio al centro e la spinse all'indietro con tutta la forza che aveva. Sì udì un rumore disgustosamente sgradevole, come di cocci di legno spezzati.
L'urlo di Black fu solo appena smorzato dalla camicia fra i denti, il suo corpo si contrasse come quello di una bambola colpita dalla corrente elettrica.
Cadde all'indietro spegnendosi in un cupo gemito soffocato.
“Scusa, scusa! Te l'ho detto, non lo so fare!”
“N-no...” Sirius sputò fuori la camicia, annaspando in grandi boccate d'ossigeno. Boccheggiò per qualche minuto con occhi spiritati. “Va già meglio... Facile che tra poco dovrò farlo pure io a te, comunque! Dov'è Coda?”
“Tiene d'occhio Lily, da topo...”
“Non sarà facile trascinare Lunastorta lontano dalla scuola in quello stato.”
“Lo isoliamo fino al Platano Picchiatore. E poi serrati nella Stamberga fino a domani mattina. Peter e Lily da Hagrid, al sicuro. Possiamo farcela.”
“E come pensi di schiacciare la radice che blocca quel cazzo di albero se dobbiamo stare dietro a Remus?!”
L'occhiata di James fu eloquente. Sirius gemette, alzando gli occhi al cielo.
“Non lo blocchiamo, vero?”
“Già, ci faremo un sacco male.” ammise Potter con leggerezza. “E' sempre la stessa spalla di quella volta con il Rinnegato, quella?”
“Esatto. Sai Ramoso, questa cosa che continuiamo a farci prendere a pedate in faccia ogni due per tre da ogni stronzo che passa nei dintorni comincia a farmi girare le palle!”
“Sì, però c'è da dire che anche noi abbiamo dato dei bei calcioni!”
James lo tirò su, barcollando appena.
“Ramoso...”
“Sì?”
“...cosa dirai a Lily?” sussurrò di nuovo serio Black, riportando la conversazione alla tensione di prima. “Ha visto la trasformazione...”
“Non lo so. Salviamo prima il salvabile, ok?”
Ma con i Marauders, i guai arrivano sempre in anticipo.
Non mossero nemmeno dieci passi che il grido di Lily riecheggiò nella foresta come una corda che vibra.
Nell'esatto momento in cui lo specchietto comunicatore esplodeva e la voce di Peter strillava isterica “JAMES! MI E' SFUGGITA! E' CON REMUS! SONO TROPPO LONTANI, NON RIESCO A STARGLI DIETRO!”, gelando loro il sangue ai polsi.
Nell'esatto momento in cui l'istinto da Famiglio gli travolse il cuore con una tale potenza da farlo annaspare.
James si voltò di scatto, gli occhi sbarrati.
“Corri!” Gridò Sirius. “CORRI!”
Lo stava già facendo.
Si era lanciato verso gli alberi come un proiettile, ogni fibra del suo corpo tesa nello spasmo di raggiungerla.
Un richiamo così forte e allarmante da fargli girare la testa. Quasi non comandava più le gambe, si muovevano da sole.
Per l'amore di tutto ciò che era sacro, perché quella maledetta non faceva mai ciò che le si diceva?! E come aveva potuto lui lasciarla sola?!
Idiota, idiota, idiota!!!
La ragazza urlò di nuovo e James urlò con lei, pieno di agonia. Si ricordò di quel gufo che aveva ferito il suo padroncino per impedirgli di camminare sul lago ghiacciato e friabile. Come era stato reso folle di paura.
Non era che un briciolo di ciò che sentiva lui ora. Perché se l'avesse persa...lui...!
“Aspettami!” pensò disperatamente, saltando una radice d’albero, il vento che gli sputava in faccia odori, suoni, palpiti... “Aspettami, resisti, ti prego, sto arrivando!”
E mentre correva per la foresta, la sua ombra sfumò, contorcendosi, mutando.
Il rumore di zoccoli in corsa riecheggiò nella Foresta Proibita assieme al rombo del tuono.
“ASPETTAMI!”






And she took away our furious pains,
She said, I love you boys,
I love you even though you're stray -






“Remus…ti prego...AAAAAH!”
Si abbassò appena in tempo per evitare di farsi staccare di netto la testa.
Un tronco d'albero esplose schizzando schegge ovunque come tante piccole pallottole di legno.
Si accucciò tra le sue radici, ignorando il dolore quando le gambe slittarono nel fango e per tenersi in equilibrio dovette fare leva sul polso ferito.
Si sentiva come una lepre. Gli alberi della Foresta mitigavano l'incredibile velocità del Lupo Mannaro, ed essendo molto più piccola riusciva ad infilarsi in anfratti che lui doveva distruggere, prima di poterla raggiungere.
Grosse radici nodose, cespugli divelti, piccole fosse e dislivelli che la creatura, nella sua sete di sangue, non riusciva a sfruttare a suo vantaggio.
Era solo per quello, che era ancora in vita.
Ma non sarebbe durata.
Perché la Foresta era finita. Ma la casa di Hagrid, l'ultima sua speranza di salvezza, era spenta.
Vuota.
Il cuore le sprofondò nel petto, quando schiaffato via l'ultimo ramo non vide il solito e accogliente fumo risalire dal comignolo.
Non c'era.
Hagrid non c'era!
Cadde di peso sul terreno bagnato, sentendo i muscoli in fiamme.
Si puntellò sui gomiti, stordita dalla botta e cercando di riprendere ossigeno visto che i polmoni sembravano aver temporaneamente smesso di lavorare.
“NO!”
Rotolò di lato, mentre la zampa di Remus calava su di lei. Fu inutile: non era abbastanza veloce.
La percezione che ebbe quando venne inchiodata al terreno da lui fu quella di scontrarsi contro una colonna di marmo.
La potenza di quella presa le bloccò l'aria, lo sterno si contrasse in una fitta lancinante.
Poi la zampa le serrò la gola in una morsa. Schiacciando. Era enorme rispetto al suo collo, come un macabro scialle di pelliccia.
Quella mano avrebbe potuto circondarle il cranio senza problemi, distruggerla solo premendo un po'.
Si ritrovò a sole due dita dal suo muso, sentì l'alito rovente sulla faccia. Gli enormi artigli che strofinavano sulla pelle, pronti a lacerarla come un velo di carta.
“Re...mus...” ansimò Lily, tentando disperatamente di staccarselo di dosso.
Premeva troppo…le mancava il respiro…aveva bisogno di ossigeno!
Lottò come una disperata fino a che le forze glielo consentirono.
Poi piccole stelline iniziarono a sfavillare nel suo campo visivo, seguite poi da minuscole macchioline nere.
Le gambe, che fino ad un momento prima scalciavano impazzite, parvero rilassarsi.
Tutto il suo corpo sembrò sciogliersi. Abbandonare.
La visuale era sempre più tenebrosa.
Era quella la morte?
Era così che sarebbe finita?
Uccisa…da…Remus…?
Tutti i suoi sensi si dilaniarono. Socchiuse le palpebre mentre le fauci dell'ex studente di Grifondoro si avvicinavano sempre di più. Il su respirare era più frenetico adesso.
Assaporava il gusto della sua carne.
Ma non riusciva più a muoversi. Fluttuava. Scivolava nell'apatia...
Oh, Remus.” pensò solo, sentendosi il cuore in frantumi. “Remus, mi dispiace così tanto.
E poi...lui si staccò da lei. La compressione sulla carotide scomparve rapida come lo strappo di un cerotto.
Non sentì il rantolo che le uscì dalle corde vocali in fiamme mentre riprendeva a respirare tossendo.
Aria, aria purissima, splendida e fresca entrò con velocità nella gola, penetrò nei polmoni, le vene ripresero a pompare sangue a piena potenza.
Fu come sentire l’intero corpo ritornare in funzione. Il campo visivo si allargò. Di nuovo sentì il gelo.
Ritornò sulla terra.

E ciò che vide le diede una speranza.

Brillava come un neon nella notte. Fulgido come una stella cometa in quelle tetre tenebre.
Allungò il braccio, avvertendo il suo pelo bianco e morbido sotto le dita.
Percependo il corpo teso e granitico del cervo al suo fianco ancor prima di sfiorarlo.
Come fosse un'onda di calore.
Il suo Famiglio voltò leggermente la testa, lanciandole una brevissima occhiata. Immenso, bellissimo e maestoso. Un re del bosco.
La sua speranza.
Lo vide rivolgere di nuovo la sua minaccia al Mannaro che le aveva tolto di dosso, raspando nervosamente con gli zoccoli, il collo ritto e l'impalcatura argentata scintillante nell'oscurità.
Quello ringhiò, ma questa volta aveva un non so ché di strano.
Non era mai stata esperta di quel tipo di comunicazione. Eppure...le orecchie così basse a ridosso della testa, quell'atteggiamento esitante...
Sembrava che Remus fosse...incerto. Sottomesso.
Le ricordò il grande labrador dei suoi vicini. Andava spesso a dare da mangiare ai loro animali, quando andavano in vacanza. Il modo in cui mostrava la pancia al capobranco, con la pelle tirata sul muso, la coda bassa, le orecchie rasenti al cranio e le zampe flesse.
Il Licantropo le dava ora la stessa identica impressione.
Il modo in cui li aggirava agitato, andando su e giù davanti a loro senza guardare fisso negli occhi il suo protettore.
Sperò con tutto il suo cuore che fuggisse. Che si intimorisse.
Che cedesse a quell'impulso animale, all'istinto di autoconservazione, che andasse in cerca di prede più facili.
Ma non era un animale qualsiasi.
Si avvicinò ringhiando e il cervo chinò la testa evidenziando le corna. Niente da fare.
Remus attaccò.
Il cervo lo scaraventò lontano, poi si lanciò alla carica.
Mentre il Mannaro ritornava in posizione eretta, si alzò sulle zampe posteriori e con quelle davanti lo colpì al torace.
L'altro si contorse prima di cercare di azzannarlo al fianco. Le corna tornarono a colpirlo, ma la forza dell'impatto li fece cadere.
“ATTENTO!” Strillò Lily, mentre il Mannaro balzava sulla gola del cervo.
Le corna, probabilmente molto più dure del normale, pararono il colpo ma con un sinistro scricchiolio.
Bloccò le sue fauci ma non le zampe: l'artiglio del mannaro aprì un lungo graffio sulla scapola, con un orrendo rumore di strappo.
Il bramito di dolore si levò alto, mentre con l'altra mano il Licantropo gli afferrava i corni costringendolo a sbattere il muso per terra, immobilizzandolo.
Lily non pensò.
Si alzò barcollando e afferrò una pietra, infilando la mano in una pozzanghera.
“HEY!” ruggì, lanciandola con tutta la forza che aveva sulla testa del lupo.
Colpito e affondato.
Il Mannaro lasciò che il cervo si divincolasse via da lui.
Ma non diede segno di dolore per quel colpo a tradimento.
Al contrario, girò lentamente il muso e la fissò sopra la sua spalla con uno sguardo di tale fredda ferocia che lei sbiancò.
“Cavolo.” le sfuggì di bocca.
Gli aveva fatto perdere la pazienza. Aveva fatto perdere la pazienza ad un lupo mannaro!
Si pentì all’istante di non aver preso una pietra più grossa e iniziò ad arretrare, sentendo un manto di sudore appiccicarle la maglietta alla schiena.
Quell’occhio folle, dilatato, che la guardava da sopra la spalla con odio…
“N-non te la sarai presa, vero?”
Il Mannaro si voltò lentamente e iniziò ad avanzare verso di lei, questa volta con tutta la calma del mondo e fissando nient'altro che la sua gola.
Certo che se l'era presa. E qualcosa le diceva che non avrebbe più giocato.
Qualcosa le diceva che si muoveva così lentamente perché quell'ultimo attacco l'avrebbe uccisa sul colpo.
Non passò nemmeno un secondo da quando il Mannaro scattò verso di lei a quando se lo ritrovò davanti. Una macchia confusa, non fece nemmeno in tempo a vederlo arrivare.
Cadde, percependo il vuoto sotto di lei. Le vertigini.
Eccola. Eccola la fine.
“No!”
La schiena affondò nel fango, un lampo avvampò dietro di loro accecandola, illuminando l'artiglio levato alto pronto a calare.
Chiuse gli occhi, riuscì a fare solo questo.
Di nuovo quel rumore di strappo. Di carne dilaniata.
Gocce calde le schizzarono la pelle del viso, così piccole da sembrare spuma di mare. Le sentì colare lungo la guancia incrostata di lacrime.
Attese che arrivasse il dolore dello squarcio, che arrivasse il buio. Non fu così.
Riaprì gli occhi.
Li sbarrò.
Il Famiglio era sopra di lei, le zampe ritte come stoccafissi piantate oltre le sue spalle, il collo basso come se lei fosse qualcosa che lo incuriosiva, che voleva annusare.
Le grandi pupille nere incatenate sul suo volto, il naso umido a sfiorare il suo. Silenzioso.
Tutto era immobile, fermo.
Un rivolo di sangue scivolava sul suo pelo, dalla schiena fino alla zampa, imbrattandolo.
Oltre l'impalcatura di corna, il Lupo Mannaro torreggiava su di loro, le unghie ancora sporche di rosso levate verso la luna.
L’aveva riparata col suo corpo. Era stato colpito.
“No…” mormorò Lily, guardando agghiacciata il muso dell’animale senza sapere come muoversi, cosa fare, come aiutarlo a soffrire meno il dolore di quel lungo taglio che gli solcava la schiena come un colpo di frusta.
Il Mannaro, alla sua voce, parve risvegliarsi: si avventò di nuovo sulla sua schiena, graffiandolo una seconda volta. Mosse il braccio come un direttore d'orchestra.
“NO!”
Il cervo richiuse gli occhi ma non si spostò. Attutì il secondo colpo, in silenzio. Le zampe tremarono. Un altro rigagnolo rosso rubino comparve sul fianco sinistro.
Il mannaro lo colpì ancora. E ancora, ancora, ancora...
“BASTA! BASTA!”
Piantò i palmi contro di lui cercando di spostarlo, strillando con tutto il fiato che aveva ma non riusciva a fare niente, era incastrata tra di loro, debole, inerme, inutile!
Boom! Boom! Boom!
I suoi movimenti divennero frenetici, ansiosi, disperati mentre tutto il terreno sembrava vibrare di quell'assurda colluttazione.
L'aria era densa di dolore, di collera devastante.
Tutti quei colpi...tutto quel sangue...
Non riusciva più a sopportarlo. Quella bestia era stata sua amica più di chiunque altro. La sua speranza...ridotta a pezzi...
Perché?!
Perché l'aveva scelta? Un cervo selvatico non era un Famiglio! Perché non se n'era rimasto nel bosco, quello stupido animale?! Perché era lì a crepare per lei?!
Perché la proteggeva in quel...



Fu un attimo.
Il tempo di battere le ciglia.
Di percepirla, ancor prima di vederla.



Una scintilla d'oro.











She said I guide the darkest of nights,
And I'll take away your furious pride.

She said I'll love you boys,
I'll love you just the way you are. -







Lily Evans si zittì, le mani sollevate ancora oltre il viso rigide come quelle di un manichino mentre un black out immobilizzava ogni particella del suo corpo.
Il mondo era appena scomparso. Le grida si erano sublimate.
Tutti era svanito.
Gli occhi. Gli occhi del cervo erano diventati dorati.
E di nuovo lo sentì. Il secondo in cui tutto cambiava. Tutto si stravolgeva. Ed i pezzi tornavano a posto.
Perché quelli erano gli occhi di lui. Di lui e di nessun altro al mondo.
Aprì la bocca senza rendersene conto e pronunciò quel nome come se tutto ciò provenisse da un altro pianeta. Come se fosse lontano. Come se il cervello non riuscisse ancora a collegare ciò che il cuore stava urlando.
No, era assurdo! Non era possibile! Non era...

“James…?”

Il suo sussurro permeò l'aria, diventando quasi solido.
Ed il mondo mutò.
Sotto le sue dita...la magia. Nient'altro che pura magia.
Nient'altro che sette anni di eterna amicizia. Di riconoscenza. Di amore. Che assunsero la forma di un tiepido bagliore, che avvolse il cervo come un manto scintillante mentre...mentre il pelo si ritirava. Mentre scuri capelli in perenne disordine ricrescevano.
Mentre sotto le sue dita tremanti le ossa del muso si disarticolavano ed esso si faceva liscio, mentre il solito sorriso sghembo che tanto aveva accompagnato le sue giornate a scuola tornava a farle battere il cuore più forte di un boato.
“Heylà...”
Ed ora era lì. Lì, con lei. Insieme.
Lì, sotto le sue mani, lì, con quel sorriso sconfortato, lì, a fissarla con un'intensità tale che si sentì trafiggere fin dentro l’anima.
Il suo viso...le sue mani…i suoi occhi, la sua bocca, i suoi capelli arruffati…la schiena graffiata, la maglietta lacerata…
“...Alla fine scopri sempre tutto... Evans...”
E Ramoso tornò ad essere James Potter. A rivelare il più grande segreto.
E lo fece con il cuore calmo, quasi rassegnato.
Riusciva a sorridere, incredibile. A fare dell'ironia anche in un momento come quello.
Anche nel momento in cui tutti i muri venivano abbattuti, così in fretta che si chiese se fossero mai stati eretti.
Se quelle gabbie fossero mai esistite.
Anche quando la schiena faceva così male che non riusciva a capacitarsi come riuscisse a non crollare.
Troppo, troppo dolore fisico. Non aveva retto, la trasformazione. Non con quelle unghie a lacerargli la pelle.
Era questo, che voleva credere. Che si era trasformato perché il male si era fatto insopportabile, facendogli perdere il controllo.
Eppure, guardando Lily Evans, la sua giurata nemica, sdraiata ed intrappolata fra le sue braccia, così vicina, così abbandonata a lui, con gli occhi allargati dalla paura e dalla sorpresa lucenti come biglie, i lunghi capelli aperti a ventaglio e l'aria più vulnerabile che mai, si rese conto di quanto non fosse vero.
Di quanto quella dannata avesse stretto la sua presa su di lui.
“James...” sussurrò di nuovo lei, bloccata in quella visione, in quella rivelazione.
Aveva ancora il suo viso tra le mani, e lo sentì distendersi in quel sorriso cupo, senza allegria.
Gli incantesimi di quei momenti erano belli perché sempre prossimi a spezzarsi.
Ed infatti arrivò un nuovo colpo. Bruciando come un tizzone ardente, riportandoli bruscamente alla realtà.
All'incubo.
A uno dei suoi migliori amici che li avrebbe fatti a pezzi. Che si sarebbe risvegliato imbrattato del loro sangue, schiacciato sotto il peso della vergogna e dell'orrore per sé stesso.
James urlò quando le sue unghie trafissero la pelle.
“NO!” gridò improvvisamente Lily, risvegliatasi dal sogno.
Come una reazione a catena, venne un’altra sferzata.
E un’altra.
E un’altra ancora.
Vide con la coda dell’occhio le dita di James serrarsi contro l’erba, sentì il suo viso contrarsi e la pelle scottare e poi freddarsi sotto i suoi polpastrelli, i denti serrati in una morsa, le labbra più bianche che mai.
“NO! JAMES!”
Il suo grido fu il lungo lamento di un'anima ferita. Di chi avrebbe preferito morire.
No, no, no!
“VATTENE VIA!” strillò di nuovo, singhiozzando come una bambina mentre lui continuava a farle scudo con il suo corpo. “VATTENE VIA, SPOSTATI!”
Il ghigno forzato che gli increspò le labbra…fu qualcosa che la fece quasi urlare di dolore.
“Spostati, DANNAZIONE!”
Una sola parola.
“No.”
La consapevolezza la colpì di nuovo con la forza di un uragano.
Era lui.
Era sempre stato lui. E stava soffrendo...così tanto...per lei...
No, non riusciva a resistere a quello! Tutto, ma non quello!
“Ti prego!” supplicò la Grifoncina, mentre i ringhi del Lupo Mannaro aumentavano di volume. “Per favore, basta! Basta, smettila! Ti supplico!”
No, non si sarebbe mosso di una virgola, pensò James Potter, pregando che quell'agonia finisse in fretta.
E che Remus non ne fosse troppo devastato. Sentiva che si stava trattenendo come poteva, che lo riconosceva ancora come capobranco, e forse da qualche parte, come amico. Sperò con tutto il suo cuore che si aggrappasse a quello, la mattina dopo. Perché Sirius e Peter non sarebbero mai arrivati in tempo e lui non si sarebbe mai spostato da lei. E non perché c'erano di mezzo istinti e altre stronzate.
No, quello l'aveva finalmente capito.
Non c'era niente di animale in quello. Perché era meravigliosamente, dolorosamente umano.
E si ritrovò a sorridere di nuovo, tendere le labbra agli angoli del viso senza sforzo.
“Scusa, Rossa.” mormorò, sereno come non lo era da tanto, tanto tempo. “Scusa se ti ho mentito.”
Le braccia tremavano, ma era mera energia fisica che abbandonava i suoi muscoli. Quasi banale. Le mani no. Non tremavano più.
Nessun piacere nel pericolo. E nemmeno nessuna paura. Solo...pace. Chiarezza. Era facile ora chiederle scusa.


“L’ho…l’ho fatto perché…”


Un altro colpo, sempre più accanito.
Stava per finire.









“…perché io ti amo, Lily Evans. E sono nato solo per proteggerti.”












She said, I love you boys
I love you even though you're stray
She said, I guide the darkest of nights
And I'll take away your various lives.
She said, I'll love you boys,
I'll love you just the way you are.
You make this house a home. -






Ora pioveva. Finalmente. Il temporale era arrivato.
Acqua fredda, impregnava le loro vesti, rendendole pesanti, schiacciandoli. Stille ghiacciate contro la pelle ardente.
Un istante dilatato all'infinito.
Gliel'aveva detto. L'aveva ammesso.
E James Potter non sentiva più nulla. Nemmeno le ferite, le unghie del Licantropo che gli ghermivano la schiena. Niente, se non Lily Evans che rialzava lo sguardo nel suo chiudendolo in una trappola. Nulla, se non il suo cuore che esplodeva. Era lui, a battere così forte?
Era solo bello, pensò. Era bello morire così. Sentendosi più vivo che mai.
Pochi confusi pensieri, sensazioni e azioni dettate solo dall'inconscio, troppo veloci per poter essere davvero calcolate, pensate.
Per tutto quel tempo...
Puro istinto. Puro bisogno. L'adrenalina fluida nel sangue, il ronzio assordante, il dolore. L'odore aspro del sangue.
Per tutto quel tempo, lui...
E Lily Evans tremava. Non di freddo, non di paura.
Stava per morire.
Non importava.
Il suo cuore era a pezzi. Ed era intero allo stesso tempo.
Per tutto quel tempo, lui l'aveva sempre protetta.
Con gli occhi sgranati, non pensò più. Non c'era tempo sufficiente per pensare. Per razionalizzare.
Solo...il secondo necessario per scivolare nella corrente. Nel vento che la portava in un'unica direzione. Da lui.
“A-anche...”
Il singhiozzo di un'estranea, la vocina flebile di una bambina. Di nuovo, sembrò quella di un altra. Le sue mani, sembrarono quelle di un'altra.
“...anche io ti...”
Le vide tendersi, trovare la forza di farlo. Il busto alzarsi a seguire, pochi centimetri appena, ancorata alla sua presenza, ancorata al desiderio di avvicinarsi a lui.
Vide le sue stesse dita intirizzite premere contro la pelle del viso del capo dei Marauders, incastrarsi nei capelli ora fradici, di sangue caldo e pioggia fredda, terra e lacrime, fuoco e ghiaccio, morte e vita.
Nello stesso istante.
Stavano per morire.
Quello sul suo viso, sulle sue labbra, era l'ultimo respiro...e nonostante tutto, fu come se fosse il primo. Il primo dopo una lunga, dolorosa apnea.
Premette la bocca contro la sua, con forza, senza capire nemmeno quello che stava facendo.
Voleva solo, pensò piangendogli contro la pelle, voleva solo farglielo sapere.
Fargli sapere che l'amava. Che lo accettava, finalmente. Che lo amava più di ogni altra cosa al mondo. Prima che tutto finisse.
Circondò il suo collo con le braccia e lui si sentì perduto.
Lo sentì crollarle addosso, sopraffatto, senza più forze ma, senza staccarsi.
Risponderle in modo impellente, disperato. Affondando, annegando.
Passarle una mano calda dietro il collo, tenerle la testa salda contro la sua, stringerla fino a mozzarle il respiro, fino a farle ribollire il sangue. Il desiderio che divampava come la più devastante delle esplosioni. Un bacio che faceva male. L'ultimo. Per sempre.
Di nuovo quella disperazione, di nuovo quella paura.
Capisci di amare quando hai paura.
Ora sapeva che cosa significava. Anche se era tardi. Chiuse gli occhi, sentendo il Licantropo ruggire, sferrare il colpo decisivo, quello mortale.
Chiuse gli occhi, sentendosi finalmente a casa.



Il secondo passò. E venne quello dopo.
Qualcosa brillava. Così forte che le nubi avvamparono della sua luce riflessa e le gocce di pioggia sembrarono tanti piccoli diamanti sospesi nel vuoto. Un bagliore abbacinante come un piccolo cosmo in esplosione.
La collana al suo collo parve scaldarsi contro di lei.
Ora riusciva a sentirla. Che tepore...
La luce si estese, li avvolse come in un bozzolo e proseguì oltre, avvolse Remus Lupin, avvolse Sirius Black e Peter Minus che correvano da loro urlando, si allungò come latte sulla Foresta ed infine, sul castello di Hogwarts.
E la Scuola di Magia e Stregoneria brillò così intensamente da illuminare l’intera Londra.
E il dolore svanì. Sentirono le ferite guarire, i suoni annullarsi...e di nuovo, quella strana dimensione fatta di luce e calore che li portava lontano.
Quando tutto finì, c'era di nuovo il silenzio.



I love you even though you're stray.
I'll love you just the way you are.
You make this house a home. -




Il portone di Hogwarts si aprì di scatto sotto l'ululato esultante di un Michael Aliaset con il sangue al naso dallo sforzo.
“SI'! VAFFANCULO PAPA', TI HO BATTUTO!”
La Mcgranitt si precipitò all'esterno come una scheggia, e fu davvero strano notare come maneggiasse una lunga spada d'argento al posto della bacchetta e come il suo sguardo fosse carico di angoscia.
Scese i gradini guardandosi attorno e pregando di non doverla usare.
Avrebbe davvero avuto il coraggio di...?
Silente le posò una mano sulla spalla, la sua accogliente figura accanto a lei a darle forza e gli occhi chiari fissi lontano che sembravano vedere tutto.
“Dove sono i ragazzi?” gracchiò il funzionario della Magia, attirandosi le ire della McGranitt.
“VOI! SE NON VI FOSTE IMPOSTI COSI' SULLA SCUOLA...! E' TUTTA COLPA VOSTRA E DELLA VOSTRA STUPIDA BARRIERA!”
“Come...come osa?!”
E mentre quelli litigavano dando sfogo a un mese di repressione, Silente si allontanò, inoltrandosi tra gli alberi.
Lo vide appena poco più in là.
Riverso a terra, nudo e immobile. Di nuovo umano, anche se la luna era ancora...
No, pensò Albus, quando Remus Lupin aprì un occhio rosso rubino. No, nessuna magia era in grado di spezzare la maledizione, nemmeno per una sera. Anche se l'energia che aveva percepito prima che Michael riuscisse a tirarli fuori era stata...la più forte che avesse mai sentito.
Ed ora, i risultati di quella potenza straordinaria erano lì, davanti a lui.
I ruoli si erano invertiti.
Non più un umano intrappolato in un lupo mannaro durante la luna piena.
Ma un lupo mannaro... intrappolato in un umano. Debole. Umiliato. Senza più fame di carne umana.
“Dove sono gli altri?” chiese dolcemente il mago, mentre il ragazzo si metteva a sedere guardandolo con noia e freddezza. Parve soppesare se fosse degno della sua attenzione.
“Dormono più avanti.” disse infine, sbattendo le soffici ciglia. Aveva una voce che sembrava provenire dalle più torbide oscurità. “Anche io ho sonno, umano.”
“Allora immagino che tu possa dormire. Non credo che ti piaccia questa condizione.”
“No.” ammise il lupo, guardando le mani di Remus, lisce e pallide. “La odio. Non era mai capitato. Io sono la Creatura. Sono io ad assumere il comando, durante la Luna piena. Ed è stato così...” le palpebre vibrarono di piacere. “...così bello, questa volta. Io, che vivo incatenata dentro di lui per tutto il mese, io che anche quando esco, sono come drogata e ammansita dalla pozione Anti-Lupo...io, questa notte, ero finalmente libera di tornare ad essere ciò che sono. Ed invece sono di nuovo in catene, anche se questa notte era mia di diritto. Odiose e deboli catene di carne.”
“Né tu né Remus avete il comando di questa luna piena. Entrambi siete incarcerati. La sua mente è intrappolata esattamente come la tua forza. Ma con l'arrivo del giorno, tornerai di nuovo a nasconderti dentro di lui. Fino alla prossima luna, dove sarà lui a nascondersi dentro di te.”
“Quella luce...quella luce ha fatto questo.”
“Di quale luce stai parlando?”
Ora lei sorrideva perfida, pigra attraverso il volto del ragazzo, mentre il sonno calava sul quel viso assurdamente bello e selvaggio.
“Oh, umani. Avete risvegliato qualcosa di molto, molto pericoloso.” rise divertita, accucciandosi e mettendosi a dormire.
Minerva lo chiamò urlando, dall'altra parte del giardino.
“Albus! Li ho trovati!”
Il preside la raggiunse, vide ciò che aveva davanti agli occhi e sorrise, mettendo a tacere per quella sera tutti dubbi. Ci avrebbe ragionato dopo. Ora si voleva solo godere il meritato lieto fine.
Si voltò verso gli altri professori, facendo loro cenno di tacere mentre si avvicinavano.
“Per Merlino!” scappò detto al professor Lumacorno.
Erano tutti lì.
E…dormivano.
Sirius Black, Peter Minus, Lily Evans e James Potter. Raggomitolati vicini ed illesi, nonostante i vestiti lacerati ed il fango nei capelli.
“Ma…ma…”
Kettleburn si soffiò il naso con un fazzoletto logoro, gli occhi lucidi di commozione.
“Ma guardali…tutti lì distesi...non sono teneri?”
Minerva guardò Silente, sconcertata. Lei era l'unica nel corpo insegnanti a sapere del segreto di Lupin.
Pensava di ritrovarli a pezzi, non a ronfare beati e paciosi come dopo una sbronza!
Ma quel demonio del Preside giocò un vero colpo basso.
“Nessuna domanda. Mi devi un 'senza fare domande', ti ricordo, cara.”
“Ma…Albus!” si scandalizzò la Mcgranitt.
“Sì, Minerva?” cinguettò amabilmente il preside, e la donna decise di non aggiungere altro prima di arrivare all'omicidio.
Ma giocare la regola del 'senza fare domande' per una situazione come quella era da vere carogne! E sapeva bene che pur incazzandosi, non ne avrebbe cavato un ragno dal buco, perché le regole di quel gioco erano per lui più sacre di un Patto Infrangibile!
“Qualcuno tiri su questi imbecilli.” sibilò sepolcrale, prima che la Umbridge li raggiungesse iniziando a blaterale di idiozie evidentemente non fiutando per niente il pericolo.
E vedere Minerva McGranitt che stampava in faccia cinque dita all'odiosa Sottosegretaria del Ministero fu sufficiente a risarcirlo di tutti gli sbattimenti che si era dovuto fare in quell'ultimo periodo.
Sì, pensò Silente ridendo. Quello era proprio un bel lieto fine.


You make this house a home. -
Mama's Guitar, The Gardener & The Three.






























































E niente, mille peripezie, la bellezza di quarantanove capitoli e alla fine ce l'ho fatta.
Il famoso bacio.
Spero possiate prenderlo come un regalo di Natale un po' in anticipo e che vi emozioni leggerlo come ha emozionato me scriverlo.
E per concludere, ecco la canzone di accompagnamento al capitolo: 
https://www.youtube.com/watch?v=e_bNPh5awsU
Vi abbraccio tutti,
Sarah

 

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Capitolo 50
*** L'inizio di una nuova vita! ***


Anno 1971. King Cross Station.





In quel posto c'era un chiasso infernale.
Il vapore che si sollevava dai fumaiouli delle locomotive formando gonfie nuvole bianche si accompagnava a fischi tremendi, volteggiando pigramente sopra una folla di teste della peggior specie di babbani: gli impiegati pendolari.
Impomatati, frettolosi, e fasciati in abiti perlopiù grigi come le loro facce.
Tra spintoni, fronti sudate e telefonate fatte ad alta voce, bisognava dire che sembravano davvero tutti uguali e che nulla spiccava di più di un bambino di undici anni che stava seduto a cavalcioni sopra un grosso baule dall'aspetto quanto mai bizzarro e antico, affiancato sul carrello da una gabbia dove un enorme gufo dorato dagli occhi rossi come il sangue
sembrava solo sperare che qualcuno passasse abbastanza vicino da poterlo mordere.
L'animale emise un verso che superò pure i fischi dei treni e che fece voltare spaventata un'anziana nonnnina, la quale affrettò il passo strabuzzando gli occhi.
“E dai, Vento, porta pazienza!” ridacchiò il bambino, con il naso affondato in una grande mappa consunta. “Giuro che appena passati ti faccio uscire! Ora fa il bravo e torna imbalsamato.”
La bestia gli lanciò uno sguardo sdegnoso ma obbedì, immobilizzandosi meglio di una statua tanto da sembrare finto.
Il bambino ghignò di nuovo.
Sorrisetto da teppista, pantaloni larghi da skater, grandi occhi svegli e una zazzera scompigliata di capelli neri.
Avesse potuto parlare, la bestia gli avrebbe comunicato che anche in quella sua condizione da statua di sale risultavano comunque troppo appariscenti per i Babbani.
Bisognava forse parlare della scopa, del calderone che spuntava fuori dal telo e della bacchetta con la quale il suo padroncino si stava allegramente grattando il naso? E delle fotografie e degli adesivi appiccicati un po' dappertutto sulle sue cose?
Fotografie e adesivi...che si muovevano!
E che catturarono naturalmente l'attenzione degli unici membri della comunità babbana che avevano una sorta di sensibilità a qualsivoglia dettaglio magico.
Due gemelle sui cinque anni di età si staccarono dai loro lecca-lecca per puntare il nasino su Albus Silente, che dalla cornice della figurina fece loro l'occhiolino.
Una delle due, bionda e riccia, agguantò la gonna della madre, avvocatessa, che parlava al telefono con una certa frenesia.
“Mamma, le foto di quel ragazzo si muovono.” Disse, con occhi brillanti di innocente curiosità.
“Sì, tesoro…Non ora.” Rispose la donna distrattamente, fasciata in un tailleur grigio perla.
La bimba si rivolse allora alla gemella, dagli stessi identici ricci, però color cioccolata.
“Lo vedi anche tu?” cinguettò.
“Sì!” Acconsentì la brunetta, scuotendo la testa in un cenno d’assenso con eccitazione. “Mamma, guarda!”
“Scusa Jecky.” Sospirò la donna. “Le mie figlie mi stanno dando il tormento! Resta in linea.”
Poggiò il telefono nella borsetta e si voltò verso le due bambine con occhi infuocati.
“Si può sapere che volete?!” sbottò, piuttosto seccata. “Sto parlando con una manager importante!”
Le gemelline indicarono all’unisono il ragazzino dal baule strambo e la donna assottigliò gli occhi.
“Non siete troppo giovani per infatuarvi?” indagò, minacciosa, scoccando al marmocchio una breve analisi.
“Che vuol dire infatuarvi?” chiese la biondina.
“Lasciate perdere.” Sospirò la madre, massaggiandosi le tempie. “Perché cavolo quel moccioso se ne va in giro da solo con una scopa sul baule? La gente è strana forte!”
“E le foto si muovono.” Aggiunse la brunetta, eccitata, ma la donna aveva già distolto l'attenzione.
Si riconcentrò sul telefono sorridendo.
“Jecky, tesoro? Ci sei ancora?”
E dire che avevano sempre la magia sotto il naso, considerò James Potter, balzando giù dal baule. I Babbani erano proprio cretini!
Si appoggiò con tutta la sua forza al carrello grosso il doppio e sbuffando appena incominciò ad avviarsi nel punto indicato dalla mappa, avendo cura di non far cadere la sua meravigliosa Comet fiammante.
Quella meraviglia era il motivo per il quale era lì da solo.
Sapeva che i manici di scopa non erano permessi al primo anno di Hogwarts ma quella era la sua bambina, ultimo modello, iperveloce, e classificata come la cosa più preziosa e cara che aveva.
Aveva rotto così tanto le palle a sua madre fino al punto di morderle le dita quando la sciagurata aveva osato provare a levargliela, così che quella, esasperata, aveva deciso di mollarlo lì davanti con in mano la cartina blaterando un qualcosa come “Se ti espellono già dal primo giorno vedi di trovarti una famiglia adottiva, moccioso, perché sappi che a casa non ci torni!” e poi, voltandosi verso suo padre, che con un sorrisetto fumava paciosamente una sigaretta appoggiato al muro, “E tu non ghignartela così! So benissimo che sei stato tu a dirgli che la McGranitt avrebbe gradito il suo talento a Quidditch e avrebbe chiuso un occhio!”
“Ed è la verità.” aveva ammesso calmo lui, beccandosi un'occhiataccia. “Quella donna è troppo fanatica e James è semplicemente troppo bravo. Non si lascerà mai sfuggire un'occasione così ghiotta.”
La voce penetrante e profonda, l'avvenenza con cui fumava e abiti babbani casual ma costosi quanto una porche avevano già attirato le attenzioni di alcune bigliettaie che se lo mangiavano con gli occhi.
“E comunque, credo che sia meglio che vada da solo.” aveva sospirato, gettando il mozzicone e ignorandole. “Tu ed io daremmo troppo nell'occhio e il pivello arriverebbe tardi.”
In effetti, una coppia di maghi si era già fermata a poca distanza da loro, fissandoli con occhi a palla per ben altri motivi.
“Non chiamarmi pivello!”
“Ti ricordo che si vede lontano un miglio che è un Potter.” aveva berciato Euphemia, piazzandosi le mani sui fianchi e scuotendo la chioma arruffata che come sempre sparava da tutte le parti. “Ed è già stato rapito una volta!”
“Ed io ti ricordo che ce l'hanno restituito dopo solo venti minuti implorandoci di tenercelo. La prima volta nella storia che è stato il malintenzionato a pagare il genitore per riprendersi l'ostaggio...” aveva ghignato Potter senior, il cui vento tra i capelli stava dando il colpo di grazia alle bigliettaie. “Ma se ti preoccupa l'imprevedibilità delle tue visioni, lascerò Vento a difenderlo per il viaggio.”
“Quand'è che avrò un Famiglio tutto mio?” aveva cinguettato amabile il bimbetto, accogliendo Vento che sembrava tutto meno che contento di dovergli fare da baby sitter.
“Mai. Lo faresti schiattare dopo due secondi.” aveva tubato amabilmente il padre, inginocchiandosi davanti a lui e arruffandogli la chioma con la sua grande mano destra, quella piena di cicatrici. “Ti ricordi il tragitto che ti ho insegnato?”
“Guarda che non sono più un bambino! Tu piuttosto, ricordati la promessa che mi hai fatto! Quando torno per le vacanze, mi dirai il segreto!” aveva rognato James, e forse l'età in queste cose gioca davvero brutti tiri, perché non si era accorto minimamente del brusco cambio di atmosfera. Gli occhi d'oro cupo di Fleamont Potter avevano scintillato in modo strano, la mandibola si era serrata rigida.
“Forza, moccioso, ci hai già fatto sprecare fin troppo tempo!” si mise in mezzo Euphemia, tossicchiando e piantandogli le mani sulle spalle un po' più forte del necessario. “Su, smamma! Dio solo sa da quanto ho aspettato il momento di toglierti dai piedi!”
“Guarda che non te l'ho mica detto io di partorire!” rimbeccò quello, schivando il pugno in testa con la proverbiale velocità e guardando la mappa. “Hey, qui c'è scritto binario nove e tre quarti! Come faccio a trovarlo?”
Il viso fiero di sua madre si era aperto in un ghigno all'apice del sadico.
“Schiantatici.” aveva detto solo, piantandolo lì.
Ma se sperava di beccarlo a frignare come uno scemo davanti ai binari si sbagliava di grosso, rifletté James osservando il divisorio in mattoni tra i numeri Nove e Dieci.
Aveva scoperto il trucco pagando due scellini d'argento a Tom il Barista, il giorno prima.
E inoltre, non aveva mai avuto paura di farsi male.
Prese la rincorsa e ci si tuffò contro senza esitazione...il problema fu, però, che non aveva minimamente calcolato cosa avrebbe potuto esserci dall'altra parte, alla fine della sua corsa!
SBAM!
Il fischio di uno scintillante treno rosso fuoco coprì il fracasso dello schianto, dei bauli che venivano sbalzati via, del grido oltraggiato di Vento e dell'imprecazione per nulla adatta ad un bambino che uscì dalle labbra di James quando si ribaltò oltre alla sua roba accartocciata con un volo di mezzo metro.
Nemmeno mezzo secondo per riaprire gli occhi che un altro bambino gli franò addosso infilandogli una bacchetta dritta nel naso, mentre il suo baule cadeva loro sopra.
“Ma che accidenti fai?!” Sbottò una vocetta incazzosa, mentre James lacrimava vedendo tanti piccoli puntini davanti agli occhi.
“Perché stavi davanti all'entrata?!” balbettò, balzando a sedere e piazzandosi le mani sul naso.
“Perché tu ti sei messo a correre?!” sbottò Sirius Black, massaggiandosi un bernoccolo grande quanto una casa sulla fronte.
Il futuro migliore amico di James era vestito interamente di nero. Anzi, ogni sua cosa era nera, a partire dai bauli dall'aria lussuosa che ora erano rovesciati qui e là fino alla bacchetta che gli aveva conficcato in una narice.
Occhi duri e imperiosi, uno sguardo che s'addiceva poco alla sua età. Volse uno sguardo alle sue spalle e impallidì, imprecando tra i denti e guardandosi attorno come un gattino in trappola.
“Cavolo!” sbottò, improvvisamente spaventato.
James allungò lo sguardo alle sue spalle, curioso.
Una famiglia spiccava fra la folla di maghi, al cui passaggio sembrava crearsi un varco. Erano tutti in nero come ad un funerale e sembravano cercare qualcuno. Che brutte facce!
“Ma ce l'hanno con te, quelli?”
“Devo nascondermi!” sbottò quello di rimando, cercando una via di fuga - inutilmente visto che erano alla fine della banchina.
Senza nemmeno avere il tempo di riflettere, James tirò giù dal carrello un vecchio mantello e glielo buttò addosso.
“Ma che accidenti...!” Protestò quello, beccandosi un calcio negli stinchi.
“Sta fermo!” ammonì Potter giusto in tempo, prima di sentirsi addosso uno sguardo glaciale a dire poco.
Sollevò gli occhioni con sfacciataggine, mentre un uomo dall'aria terrificante analizzò il colore delle sue iridi con il viso che si tramutava in odio puro.
“Un Potter.” mormorò freddamente, mentre una donna dalla stretta crocchia gli si faceva accanto. Lei era ancora più agghiacciante, perché il suo sguardo aveva un qualcosa di folle, di crudele frivolezza. Alla sua gonna stava attaccato un marmocchio più piccolo, timido e paffuto.
“Allora, l'hai trovato?” sibilò furente, prima di accorgersi di lui, lì a terra e aprirsi in un sorriso goloso. “Oh, hai trovato di meglio a quanto pare...”
Ma che cavolo volevano, quelli?! Il maghetto si indispettì non poco e balzò in piedi, fronteggiandoli.
“Beh? Serve una foto o cosa?” sbottò, indisponente.
“Non credevo che l'avrebbero mandato ad Hogwarts.” ridacchiò la donna, per nulla intimorita dalla sua irriverenza. “Dopo quello che è capitato a loro...che dire, una bella fortuna...”
“Walburga.” l'ammonì improvvisamente il marito. “E' pieno di testimoni.”
“Oh...” la donna si chinò su di lui con un sorriso, allungando una mano. “Lo sai che ho i miei metodi per fare le cose senza dare nell'occhio...”
Ma improvvisamente, proprio quando era ad un passo dal toccarlo con le sue unghiacce – su cui aveva messo uno smalto velenoso - la mano le si bloccò a mezz'aria.
Vento aveva cominciato a fare di nuovo lo strano, pensò James confusamente. Quel pennuto lo metteva sempre in imbarazzo!
L'animale aveva infatti iniziato a tremolare e ad emanare tramite gli occhi una luce simile ad una lingua di fuoco.
Anche la donna lo fissava, e si raddrizzò con velocità, allontanandosi di un passo.
“Ah, mi sembrava strano.” commentò tra sé, con sprezzo.
“Ho già perso troppo tempo.” sbuffò Orion, prendendola per il braccio. “E qui è fin troppo pieno di schifosi mezzosangue. Sirius sarà già sul treno. A meno che tu non lo abbia visto...”
“No.” rispose gelidamente James, senza distogliere lo sguardo. Non sopportava il modo in cui si atteggiavano quelli.
Sorrise di nuovo, Orion Black, mentre osservava la sua incoscienza ingenua. Un ghigno da demone, che deturpò i suoi lineamenti eleganti.
“Grifondoro.” commentò solo, allontanandosi. “Sei il degno figlio di tuo padre, eh?”
“Salutaceli tanto!” rise con cattiveria la moglie. “D'altronde abbiamo passato così tanti bei momenti assieme!”
Non trovando nulla da rispondergli, si limitò a guardarli mentre diventavano sempre più lontani, con una smorfia.
“Come hanno fatto a non vedermi?” chiese il ragazzino al suo fianco uscendo di nuovo allo scoperto e facendolo sussultare. Si era dimenticato di lui!
“E' un mantello dell'Invisibilità!” si vantò, dandogli la mano.
“Figo.” mormorò Sirius, atono. “Che gli è preso al tuo Famiglio?”
“E' il Famiglio dei miei. Ogni tanto fa così, penso abbia qualche rotella fuori posto!” rise James, mentre Vento alzava letteralmente gli occhi al cielo di fronte a tanta ingratitudine.
“Beh, ha spaventato mia madre...”
“Tua madre?! Quella era tua madre?!” Potter strabuzzò gli occhi. Sirius gli rivolse uno sguardo gelido.
“Sì. E quindi?”
“Condoglianze, amico. Tua madre è una stronza!”
Quello parve stupire il giovane Sirius, che spalancò gli occhi. Non aveva paura di lui? Non aveva ancora capito chi era? E com'è che aveva chiamato sua madre?
Lo sguardo freddo lasciò spazio ad un'espressione divertita.
“Mi chiamo Sirius.” gli tese la mano. James gliela strinse, ghignando.
“James. Piacere!”
“Forse dovrei dirti il mio cognome...” Il ragazzino vestito di nero lo guardò in modo strano. “Sono Sirius Black.”
Ecco chi erano! Ora si spiegava tutto. Non fece in tempo ad avere una reazione particolare che un uomo si affacciò dal finestrino della locomotiva urlando loro addosso a pieni polmoni.
“Ma che accidenti state aspettando, voi due?! Il treno sta per partire!”
“OH, ACCIDENTI!”
Erano in mostruoso ritardo!
Non ci fu nemmeno il tempo di dire altro: i due bambini si guardarono in faccia sbiancando per mezzo secondo e subito dopo si affrettarono a caricare le loro cose sui carrelli.
Un Potter e un Black che giocavano di squadra con la faccia paonazza per rimettere gli enormi bauli al loro posto era una visione ben strana, ma erano così in panico che non si accorsero nemmeno degli sguardi allucinati degli altri maghi e iniziarono a correre come pazzi, urlando “ASPETTA-ASPETTA-ASPETTA!”
Riuscirono a salire per un soffio quando era già in movimento, e quando Sirius inciampò all'indietro rischiando di cadere fuori, senza pensarci due volte Potter gli tese la mano riacciuffandolo all'ultimo secondo.
Rimasero lì ad ansimare fin quando una voce strascicata non fece alzare loro il viso.
“Eccoti qua, Black!” frecciò velenosamente un bambino coi capelli biondi e il viso cadaverico. “E dire che stavo scommettendo dieci galeoni che ti fossi finalmente dato alla macchia!”
“Che diavolo vuoi, Malfoy?” ringhiò Sirius scattando in piedi, mentre un gruppetto di Serpeverde del Secondo anno si piazzò di fronte a loro.
“Tuo padre si voleva assicurare che tu venissi nel giusto scompartimento.” replicò susseguioso quello, sollevando il mento. “Mi ha incaricato di portartici.”
“Hai iniziato a drogarti, per caso?! Pensi di essere il mio baby sitter?!”
“Mi sarei già sparato in quel caso...” sospirò freddamente il biondino, che a dirla tutta non sembrava molto felice di dovergli fare da lacchè.
“Bene, allora levati dai piedi e fammi passare, prima che lo faccia calpestandoti!” sibilò secco Black, superandolo con una spallata. “So arrivarci da solo allo scompartimento, grazie!”
Per tutta risposta, quello prese la bacchetta e gliela puntò addosso.
“Io sceglierei con molta cura le parole d'ora in avanti, sai? Qui non sei più a casa tua e le convenzioni valgono solo fino ad un certo punto!” i suoi occhi grigi e gelidi si strinsero con aria ben poco amichevole. “Quindi ti conviene iniziare a portare rispetto!”
“Non ti ho mai rispettato a casa e non lo farò qui, Malfesso!” si schifò Black, facendolo avvampare di rabbia. “Prova anche solo a spararmi una fattura di primo livello e non mi servirà la bacchetta per prenderti a calci nel sedere!”
“Non sei in condizione di minacciarmi!”
A quel punto James tossicchiò, catturando l'attenzione del gruppetto. Non era abituato a venire ignorato in quel modo, e poco gli piaceva di certo!
“Direi di finirla.” Disse annoiato, alzandosi.
Bastò un battito di ciglia sugli occhioni d'oro per far fare a tutti istintivamente un passo indietro.
“Un Potter!” sorrise invece Malfoy. “Un Potter ad Hogwarts!”
I Serpeverde dietro di lui parvero a disagio.
“Ma allora è vero?”
“E' il figlio di Fleamont Potter?”
“Quelli che hanno sconfitto Grindelwald assieme a Silente?”
“Non fare caso a loro.” Il biondino si fece avanti e porse la mano come un perfetto gentiluomo. “Siamo tutti Purosangue, qui.” chiarì, come se fosse importante specificarlo. “Lucius Abraxas Malfoy.”
James fissò la sua mano senza stringergliela.
“Oh!” fece Lucius, guardando da Sirius a James. “Non ti preoccupare di lui. Stavamo solo discutendo. Ti consiglio di starci alla larga...è un nobile purosangue, ma porta vergogna a tutta la sua famiglia da quando è nato.”
Sirius, alle spalle di James, fece per saltargli al collo, ma il braccio teso del piccolo Potter lo fermò.
E disse una frase...che sarebbe stata ripetuta, molti anni dopo.
“So scegliermi da solo le amicizie, grazie.” tubò amabile. “Sparisci, su!”
Fu come se Malfoy fosse stato schiaffeggiato.
Sirius lo guardò stranito ma quando tutto parve precipitare, una donna comparve alle loro spalle, spingendo un carrello di dolciumi.
“Tutto a posto, cari?” chiese, sospettosa.
“Tutto a posto.” Ringhiò Lucius furente, poi girarono sui tacchi e sparendo in un altro vagone.
“Cavoli!” esclamò Sirius, alle sue spalle. “Nessuno aveva mai zittito Malfoy a parte me...”
“Figurati...gente del genere non la sopporto!” si girò James, con un mezzo sorriso.
“Gente come me, intendi?” chiese Sirius a tradimento, cambiando letteralmente espressione. “Come mai un Potter mi rivolge la parola?”
James lo fissò stranito.
Cioè, un minuto prima gli sorrideva e un secondo dopo…ma che, era lunatico?!
“Rivolgo la parola a chi mi pare!” Ribatté vivacemente.
Sirius lo fissò, aggrottando le sopracciglia.
“Hn…non ragioni da Potter."
“Hai mai conosciuto un Potter?”
“E tu, l'hai mai conosciuto un Malfoy? Stacci attento a quelli, volevano solo un pretesto per odiarti.”
“Oh, me la caverò!” sghignazzò James, barcollando appena quando il treno prese velocità. “Ops! Ci conviene trovare un posto a sedere!”
E aprì a caso una porta scorrevole...facendo il più grosso errore di quella giornata.
Perchè lo scompartimento...era occupato dalle più pericolose creature che gli fosse mai capitato di incontrare.
Cinque ragazze del Quinto anno, due Tassorosso, una Corvonero e una Grifondoro si girarono in sincrono.
La lunghezza delle loro gonne arrivava a malapena alle cosce ed unita a procaci reggiseni di pizzo che spuntavano senza pudore da camice allacciate troppo larghe sul davanti, assieme a pose scomposte che sfioravano i limiti della decenza, bastarono a far ammutolire i due marmocchi per parecchi secondi.
Una fece esplodere un grosso chewingum, due si affrettarono a nascondere quella che aveva tutta l'aria di essere una cartina piena di erba e la Tassorosso tirò giù i piedi dal sedile davanti.
Una volta notati i due nanerottoli, si guardarono le une con le altre e si aprirono in sadici sorrisetti che presagivano nulla di buono. Si sa, i viaggi per la scuola sono lunghi e, dopo il primo anno, pure noiosi: che male c'era a divertirsi un po'?...
“Ma tu guarda che bimbetti carini!” miagolò una, con gli occhi accesi in un modo che li fece sudare freddo.
“Carne fresca!”
“Capitati proprio al momento giusto! Mi stavo rompendo!” ghignò come un demonio la Grifondoro. “Allora, ragazze, che gli combiniamo?”
“A-abbiamo sbagliato...” balbettò Sirius, senza essere calcolato di striscio.
“Voglio mettere fiocchetti nei capelli a quello imbronciato!” ridacchiò una Tassorosso. “E' così grazioso, sarà il mio bambolotto!”
“Come vi chiamate?”
“Vi riempiremo di baci!”
“Ti scoccia se ti metto lo smalto?”
“Volete sedervi qui con noi?”
“Che cariiiniii!”
I due si scambiarono una occhiata stralunata e a fatica riuscirono ad avvicinarsi tra loro mentre quelle sottospecie di Banshee fecero per accerchiarli.
“Che facciamo?” bisbigliò Sirius nel panico.
James ponderò la questione con un rapido calcolo mentale.
“L’unica cosa possibile! GAMBEEEEEE!”
Le ragazze guardarono con soddisfazione la loro fuga: ah, i primini, come era facile prenderli in giro...
“Che facciamo, li spaventiamo ancora un po'?”
“Massì, così passiamo un po' il tempo!”
Avevano immaginato mille volte il proprio primo viaggio ad Hogwarts: ma ritrovarsi a correre per tutto l'Espresso inseguiti da quelle del Quinto anno al fianco di uno che avrebbe dovuto essere il peggior nemico non rientrava nemmeno nei sogni più reconditi!
“CORRI SIRIUS, CORRI!”
“MA CHE GLI PRENDE A QUELLE PAZZE?!"
"DOV'E' VENTO QUANDO SERVE?!"
Alle loro spalle si udirono risate sguaiate e l'inconfondibile rumore di tacchi a spillo in corsa.
“Potter! Queste non ci mollano!” gridò Sirius, voltandosi.
Il ragazzino si guardò indietro, deglutendo a vuoto.
Quando furono in fondo al corridoio, senza via di scampo, si guardarono negli occhi, col petto che si abbassava e rialzava veloce come quello di un canarino.
L’unica salvezza…era quell’ultimo, sperduto vagone…
"QUI DENTRO!"
"SBRIGATI ACCIDENTI!"
"NON SPINGERE!"
"AAAAARGH!"
Le scarpe di James slittarono contro il tappetino. Dire che irruppe nello scompartimento è un eufenismo: ci franò letteralmente dentro.
Qualcuno squittì, mentre lui gli cadeva addosso senza poterci fare niente...e dire che si stava pure impegnando per non farsi espellere! E invece, cinque minuti da solo e aveva già sfiorato una rissa, rischiato di perdere il treno, di fare da cavia da laboratorio ad un gruppo di psicopatiche e aveva travolto qualcuno per la seconda volta!
Che cavolo, sua madre avrebbe almeno potuto avvisarlo! Se la immaginava, quella sciagurata, a farsi grasse ghignate dall'alto delle sue visioni mentre lui rischiava il collo!
E cos'è che gli aveva detto, quella mattina prima di partire?
Si puntellò sulle mani sbuffando come un toro, accorgendosi solo vagamente di...un profumo. Piacevole, dolce-amaro. Come un bocciolo...
Un guizzo rosso sul campo visivo, qualcosa di morbido sotto di lui. Troppo morbido per essere un ragazzo.
Cos'è, che gli aveva detto sua madre? Una cosa incomprensibile come suo solito...
"Ahia..."
"Ahi...!"
Qualcosa che aveva a che fare con il verde. Sghignazzava così tanto che le mancava il fiato.
"Ti... piacciono... i fiorellini... eh? Dio, se sarà divertente..."
"Ma che dici?"
"PUAHAHARGH! Sta attento al verde o ti farà secco, moccioso!"
"Al cosa? E che dovrebbe significare?!"
Aprì gli occhi, lentamente...
"Oh." disse solo, sentendosi come se il treno lo avesse appena preso.
In faccia.


Due gemme brillanti. Lunghe ciglia da bambola. Un verde così limpido da poterci annegare dentro.


Ah, ecco. Ora sì, che l'aveva capito.



Oggi.


Passi calibrati, incedere tranquillo ma deciso, come una marcia.
I capelli rossi le ondeggiavano sulla schiena frusciando morbidamente ad ogni movimento. Gli stivali affondavano nelle pozzanghere fangose, rimasugli del temporale della notte prima, impregnandosi e diventando pesanti.
Non le importava di sporcarsi.
Era alba inoltrata, e l'aria era rosa e oro, fredda di rugiada.
Il mattino appariva così tranquillo…niente segni delle battaglie, delle stranezze e delle paure della sera precedente.
Scostò i lisci capelli dal viso, continuando ad avanzare nel giardino di Hogwarts.
La solita scuola.
Eppure così diversa, ora...
Si fermò solo notando un piccolo solco nel terreno, l’impronta indelebile di due corpi sull'erba smossa, in alcuni punti divelta, laddove artigli erano affondati.
Un misto di emozioni violente la travolse così forte da farle girare la testa, ma non era il momento per quello.
Madama Chips avrebbe dato di matto a sapere che ben due dei suoi pazienti erano scappati via dall'Infermeria ancor prima che il sole sorgesse, ma non appena si era risvegliata – confusa, indolenzita e con ancora una forte adrenalina addosso – e aveva visto quel letto vuoto, non ci aveva pensato nemmeno per un secondo.
Doveva trovarlo! Parlare!
Voltò lo sguardo sulla foresta, ora così morbida e bella senza tutte quelle ombre, quei pericoli.
Era intenzionata a cercare Remus personalmente, prima di tutti.
E non ci fu nemmeno bisogno di girare molto.
Poco più in là, dietro ad un albero, compariva il busto nudo di un ragazzo, con indosso solo dei pantaloni sfilacciati. Un corpo esile, pelle candida che sotto il sole sembrava risplendere.
Remus era seduto sull'erba, scompigliato, pieno di graffi ed immobile come una bella statua di marmo. Fissava dritto fra gli alberi con occhi vuoti, quasi languidi.
Lily si avvicinò, incerta. Lui non si voltò, nemmeno quando gli si sedette accanto.
Rimasero in silenzio a lungo, immersi nei propri pensieri. Di certo, quello non si sarebbe risolto alla loro solita maniera: nessun vegetare assieme nella stanzetta dei Prefetti con in mano tazze bollenti, sotto chili di plaid.
Fu quando la mano di Lily gli sfiorò un braccio - in modo così delicato che sembrava si aspettasse di vederlo rompersi in mille pezzi in caso contrario – che lui si riscosse appena.
“Non…non ho ucciso nessuno?” chiese in un filo di voce.
La vergogna e il dolore che impregnavano quella domanda tremante le spezzarono il cuore.
“No…no, stanno tutti bene.” mormorò Lily, timidamente, per poi aggiungere di fretta: “Tranne due conigli... ma sono sicura che uno fosse già morto!”
Malgrado tutto, Remus sorrise. Ma era un sorriso senza vita, senza niente.
“Sei incredibile, sai?”
Anche Lily ricambiò il sorriso.
Sapeva quanto gli costava cercare d’apparire normale.
Sapeva che, dentro di sé, Remus Lupin voleva solo…urlare.
Urlare fino a sgolarsi. E non fermarsi mai più.
Quel blando momento di tenerezza si esaurì nel secondo stesso in cui Remus si forzò a riassumere quell'espressione fredda che tanto gli odiava sul viso.
“Remus...” sospirò, facendo per sfiorargli una guancia.
Lui le fermò la mano, stringendo.
“Stavo per ucciderti.” sibilò, quasi con cattiveria.
“Non l’hai fatto.”
“Non importa. Se ti avessi ammazzata…o anche solo morsa…”
Le verdi iridi di Lily scintillarono. La voce le si spezzò.
“Remus...mi...mi dispiace tanto!” balbettò, facendogli allargare gli occhi dalla sorpresa. “Io credevo...insomma, stavi male e io...non capivo! Dio, sono stata così stupida! Per colpa mia, tu...”
“Colpa tua?” la fermò lui, sentendosi mozzare il respiro dalla rabbia. Le prese il polso, indicando i lividi. “Per poco non ti ho divorato, ti ho spezzato ossa, dilaniato la pelle e tu...ti dici che è colpa tua?”
“Tua non lo è di certo!” rimbeccò duramente lei, ribelle di fronte a quel livore, a quella voglia di mortificarsi. Strattonò il braccio, coprendo i lividi con la manica in un gesto stizzito.
Lui sospirò, distogliendo di nuovo lo sguardo. Di nuovo apatico.
“Perché sei venuta?”
“Volevo delle spiegazioni. Beh, ho già scoperto gran parte da sola, e avrei potuto chiedere a Sirius, ma io voglio sentire chiarimenti solo ed esclusivamente da te. Da nessun altro al mondo.”
“Sì...te lo devo.” mormorò il ragazzo, quasi rassegnato. “Vieni, sediamoci in riva al lago.”
Passeggiarono in silenzio, senza guardarsi.
La polla di lago aveva la superficie piatta, custodita nel gelo, ma alcuni germogli di fiori stavano già principiando a spuntare sulle sue sponde.
Tutto era calmo.
Forse la Piovra Gigante dormiva.
Remus si sedette nell’erba bagnata, inspirò l’aria piena di salsedine che emanava il lago, sembrò riflettere su qualcosa.
Poi, con lo sguardo fisso iniziò a raccontare.
“Mio padre si chiama Lyall Lupin.” disse, piatto. “Lavora – anzi, lavorava – al Ministero. Ufficialmente, in qualità di Esperto di Creature Non-Umane e Membro del Dipartimento per la Regolamentazione delle Creature Magiche. In realtà, quella era solo una copertura. Lui era molto più di questo. Lavorava come infiltrato e spia per conto dei Servizi Segreti del Winzegamot e in particolar modo si occupava di tenere sotto osservazione la nascita di potenziali alleanze oscure dei Non-Umani. Come sai, il Ministero ha sempre temuto molto il formarsi di questi gruppi, soprattutto se parliamo di naturali predatori dell'uomo, esseri con una forza nettamente superiore ai maghi comuni. Per competizione, di solito questi ultimi non riescono ad unirsi se non in branchi molto ristretti, ma ogni tanto qualcuno ci prova. Esseri abbastanza carismatici da riuscire a dominare su più alleanze...da riuscire ad unirle. Fenrir Greyback fu uno di questi. Immagino ne avrai sentito parlare.”
“Sì.” mormorò Lily, serrando i pugni.
“Mio padre era incaricato di eliminare soggetti come lui.” ammise Remus, e una fitta di odio gli distorse il viso. “Esseri mostruosi, autori di crimini orribili che diventavano troppo influenti tra i membri della loro specie. Greyback gli diede del filo da torcere per molto tempo. Era astuto, sfuggente. Come catrame nell'oceano. Presente, suppurante, eppure impossibile da prendere. E quando finalmente ci riuscì, gli fu impedito di ucciderlo, perché aveva assunto le sembianze di un senzatetto Babbano con un incantesimo Chameleon di altissimo livello, al pari di quello delle spie del Ministero. Non era magia comune, nulla che un banale Lupo Mannaro potesse apprendere. Eppure fu così. Riuscì ad ingannare tutti e fu rilasciato. Tutti, ma non mio padre. Lo conosceva troppo bene. Cercò così di provocarlo, di scatenare la sua proverbiale ferocia e incastrarlo lì, davanti a tutti. Gli disse che i Lupi Mannari erano esseri inferiori, senz'anima, bramosi di morte. Greyback si limitò a sorridere. Fui io, la vittima di quelle parole.”
Improvvisamente, Lily si rese conto di quanto gli costasse parlare. Di quanto, ora, non volesse più sentire.
Perché poteva immaginare ciò che era successo, perché ricordava le zanne feroci di Remus vicine al suo viso e l'idea che su di lui, sul suo amico così buono e puro, fossero davvero giunte alla loro destinazione le faceva rivoltare lo stomaco.
“Avevo quattro anni.” continuò lui, indifferente al suo gemito. “In una notte di luna piena, Greyback si appostò vicino alla mia casa e attese il momento giusto, che mio padre fosse ferito, debole. Io ero in giardino, mandato a prendere il latte nella dispensa. Beh, puoi immaginare cosa successe dopo.”
Lily guardava le punte dei suoi stivali.
“E’…una cosa terribile.” Disse infine, con voce roca.
Ecco perché non aveva mai avuto una ragazza. Ecco perché teneva tutti a distanza. Ecco perché stava sempre male...
Come era possibile che fosse stata così cieca?
“Ironico.” Remus sorrise in modo amaro. “Ero diventato esattamente come le Creature che mio padre cacciava. Silente, nonostante tutto, mi fece entrare a scuola e conobbi gli altri. All’inizio non andavamo tanto d’accordo, sai, ero troppo bravo studente per loro, mi dicevano che ero un po’ pomposo.”
Remus sorrise con più tenerezza ora, ma Lily trattenne a fatica uno sbuffo.
I Malandrini erano proprio irrecuperabili.
“Avevi ragione, sai? Forse mi impegnavo così tanto da risultare finto perché volevo risollevare la mia famiglia dal dolore delle mie trasformazioni. Volevo essere disperatamente umano, il migliore degli umani. Non studiavo perché avevo piacere di farlo, ma perché era questo ciò che mi avrebbe reso meritevole. La mia cortesia, la mia educazione così impostata... a volte penso che sono diventato così bravo a recitare da non riuscire più a distinguere cosa fosse reale e cosa no. Poi c'è stato James e sai, te ne ho già parlato... le maschere, con lui, cadevano. All’inizio tenevo nascoste le mie trasformazioni ai ragazzi, inventavo ogni genere di scusa. E invece la verità era che ogni volta mi recavo da solo in un passaggio segreto sotto il Platano Picchiatore, che conduce alla Stamberga Strillante. Le urla che tutti sentono sono le mie. Nonostante la pozione Anti-Lupo, che riesce come a “drogare” la parte più selvaggia di me, trasformarsi è doloroso e se non hai modo di fare...beh, il lupo, tendi a soffrire così tanto da arrivare a mordere te stesso. E' come tenere un animale sempre dentro la stessa gabbia, senza mai dargli la possibilità anche solo di uscire, sgranchirsi le zampe, annusare e vivere la sua natura... Fatto sta che alla fine i Malandrini lo scoprirono. Temevo che mi abbandonassero, invece rimasero con me e non fecero solo questo. Diventarono Animagus.”
“Felpato, Ramoso, Codaliscia e Lunastorta...” mormorò Lily, realizzando solo in quel momento la potenza di quell'immagine. Aveva avuto la risposta sotto agli occhi per tutto il tempo!
“I Lupi Mannari non attaccano gli altri animali, e la pozione Anti-Lupo mi rendeva un lupo a tutti gli effetti. Beh, un po' più grosso e feroce di un lupo normale, ma perlomeno ero su quattro zampe e non su due. Potevo finalmente uscire, essere libero. La Creatura dentro di me era come anestetizzata, riuscivo addirittura a conservare una parvenza di lucidità. Certo, lei comunque rimane vigile, pronta a colpire. Non è quindi auspicabile trovarsi di fronte un essere umano, nemmeno sotto l'effetto della Pozione, ma bastava la loro presenza per riuscire a contenermi...ed è qui che la storia si complica.”
“Si...complica?”
Più di così? Lily aggrottò le sopracciglia.
“Come puoi immaginare, una magia così avanzata in mano a dei ragazzini...beh, naturalmente qualcosa andò storto.”
Il vento passò fra loro con un sibilo. I capelli biondi gli accarezzarono gli zigomi mentre lui sospirava, passandosi una mano sugli occhi. Un altro dolore. Un'altra vergogna.
“La trasformazione...come posso spiegarlo? Traboccò. Si espanse, prese il controllo delle nostre vite...ci unì in un modo difficile da comprendere, per un umano. Riuscivamo a...sentirci. Dentro la testa. Non è una cosa che sappiamo controllare, ma non capita spesso che io non riesca a sapere dove siano gli altri o che emozioni stiano provando. Certo, con il tempo abbiamo imparato a creare dei muri, conservare un minimo di privacy...ma il più delle volte è uno sforzo inutile e non funziona sempre, soprattutto quando l'emozione è troppo forte. Per cui lasciamo semplicemente la porta aperta.”
“Stai dicendo che...vi leggete nel pensiero?!”
“Sto dicendo che siamo diventati un Branco. Non come esseri umani, ma nel modo in cui lo fanno gli animali.” La sconvolse Remus, con voce ferma. “E James è il leader, il capobranco, se vogliamo metterla così. Per questo riesce a contenermi, in particolar modo quando sono reso mansueto dalla Pozione e probabilmente questo è il motivo per il quale siete riusciti a sopravvivere ieri notte, pur con molta fortuna. Non c'è nessuna dote di telepatia, anche se non so come si evolverà questa cosa in futuro...per ora, nessuna voce nella testa, ma...presenza. Noi non...non siamo mai soli. Il ché è un bel problema, perché non possiamo rimanere separati anche se lo volessimo, perlomeno non a lungo.”
Lily balzò in piedi, mettendosi le mani nei capelli.
“COSA?! Voi...voi...oh!” iniziò a fare su e giù, sotto shock dopo tutta quella sfilza di informazioni allucinanti. “Solamente un idiota come James avrebbe potuto fare una simile cretinata! Trasformarsi in Animagus a quindici anni! E' già tanto che non siate sempre ricoperti di pelo!”
“Non è lontano dalla realtà! No, non il pelo...” la fermò, mentre quella si rimetteva a sedere con occhi sbarrati. “Ma gli altri hanno sviluppato...certe capacità. Peter è in grado di orientarsi in modo strabiliante, capace senza sforzo di trovare la famosa 'via di uscita' tipica dei topi. Nessun labirinto è troppo complicato per lui. James percepisce il pericolo meglio di chiunque altro, sia per sé che per gli altri. Sirius ha un olfatto molto più sviluppato del normale. Per quanto riguarda me, beh...sono molto più forte di un umano in certi periodi del mese, e molto più debole in altri, ma questo fa parte del mio essere un Licantropo. Però... essere in branco mi ha come...” cercò di trovare le parole giuste, sforzandosi vistosamente. “Sai, i lupi sono animali sociali. Anche tra i Mannari ci sono i branchi, seppur piccoli. Non siamo fatti per stare da soli. E' come se avessi trovato.. equilibrio. Loro...mi hanno aiutato in un modo inimmaginabile con un sacrificio altrettanto enorme, anche se non se ne rendono davvero conto. La mia, verso di loro, non è solo amicizia, è... pura devozione.”
“Per questo, stavi comunque con loro quando facevano...beh, sai, negli anni passati loro non erano propriamente...” lo vide annuire. Sospirò. “Silente lo sa?”
“No, sono Animagus illegali. Lo sai solo tu. E Severus Piton.”
“S-Severus?!”
Questa fu la notizia più sconvolgente della giornata. E le mise una strana sensazione addosso, un tormento difficile da capire.
Ricordò il suo sguardo, mentre James l'abbracciava...come le avesse scavato una voragine dentro.
Scosse il viso, sforzandosi di non ricordare. Di nuovo, non era il momento per quello.
“Parliamo di te, adesso!” la interruppe all'improvviso il ragazzo, animandosi all'improvviso.
“Di...me?” balbettò lei, presa in contropiede.
Lui allungò la mano, le sfiorò il collo e passò le dita appena sotto il bordo del colletto. Lily arrossì, ancor più vistosamente quando lui fece uscire allo scoperto il sottile filo brillante della sua collana, passandoselo fra i polpastrelli con sguardo severo.
“Che cos'è?” chiese, perentorio, come quando sgridava i primini della scuola.
“Un...r-regalo...” borbottò lei a disagio, senza osare guardarlo negli occhi.
“Questo affare è potente, Lily. Te ne sei resa conto? Quella strana luce bianca che ci ha inglobati...non è normale! Chi te l'ha regalata?”
“J-James...”
Vocina sempre più sottile. Remus alzò gli occhi al cielo.
“E James dove l'ha presa, di grazia?”
“Ba...ie... Wa...sh...”
“Che?!”
“Barrie Walsh.” pigolò lei, facendosi minuscola. “Il...vecchio Barrie Walsh. L'aveva trovata in giro e James stava cercando qualcosa e...”
Remus si animò per la prima volta nella mattinata. I suoi occhi si strinsero e poi si spalancarono, sulle gote comparve una sfumatura rosea, un nervo gli saettò sulla tempia e come una molla scattò improvvisamente in piedi.
“MA SIETE SCEMI?!” urlò a pieni polmoni in testa a una Lily Evans piena di mortificazione. “VI SIETE DAVVERO TENUTI UN AGGEGGIO CHE VI HA DATO QUELLA DANNATA VAMPIRA?!”
“Ma...è un regalo...!”
“LILY! Che James sia un idiota è un dato di fatto, ma TU come cavolo hai potuto essere tanto sconsiderata?! Non si scherza con certe cose! Dannazione, quella cosa poteva essere maledetta! Una trappola! Poteva pure ucciderti!”
“Ma non l'ha fatto!” protestò lei, stringendosi il ciondolo al petto con aria protettiva. “Anzi, ci ha salvato la vita due volte! Anche quando ha cercato lei stessa di maledirmi! Perché darmi una cosa che le avrebbe messo i bastoni fra le ruote?”
E poi...come faceva a spiegarglielo? Era sciocco, infantile e stupido, ma era...il regalo di James! Non poteva buttarlo via!
“Lily.” Remus le afferrò le spalle abbassando la voce ma fissandola negli occhi senza possibilità di replica. “Tu oggi andrai da Silente e la farai controllare. Promettimelo.”
“S-sì...” obbedì lei, docile come una bimba appena sgridata.
“Anzi, adesso. Ci andrai adesso.” ordinò lui, ributtandosi a sedere.
Lei annuì di nuovo e scattò in piedi in perfetto stile soldatino. In effetti, era stata davvero stupida e se ne vergognava da morire!
Lupin la vide allontanarsi di qualche passo con piede malfermo, prima di raddrizzarsi e stringere i pugni contro i fianchi.
“Remus...” mormorò, senza voltarsi.
“Hai altre domande?” disse lui dandosi un tono tiepido, guardando con finta indifferenza la superficie liscia del lago.
Non cambia niente.”
Risollevò gli occhi chiari. Le braccia di Lily tremavano, i pugni erano così stretti che le nocche erano sbiancate.
“Cosa?”
Anche se avrebbe dovuto aspettarselo da lei, qualcosa gli colò dentro lo stesso, caldo, soffice.
“Non cambia niente.” ripeté la ragazza prima di voltarsi con occhi pieni di determinazione. “Ti ricordi, quello che ti ho detto prima del Ballo?”

Io sono certa che mi piaceresti in qualsiasi versione di te stesso! E sai una cosa? Ti prometto che te lo dimostrerò!”

Lui rimase in silenzio, incapace di guardarla in faccia.
“Non cambia le cose per te.” Finalmente disse. “Ma per me?” indicò Hogwarts con un dito. “Per tutti loro? Per ...lei...?”
Lei voltò lo sguardo sulla scuola, incrociando le dita dietro la schiena e sospirando nella mattina.
Era serena, quasi contenta.
“Io non sono un Animagus, ma una cosa sull'amicizia l'ho imparata!” dichiarò con semplicità. “Chiunque smetta di volerti bene per questo, non dovrebbe avere alcun peso nella tua vita. E per quanto riguarda Tonks, lei è innamorata di te. E quando si ama, non si può più smettere, nemmeno se si scopre che l'altro è un Licantropo.”
“Ma...come...?” soffiò Lupin, sconvolto. “Come fai a...?!”
“Te l'ho detto, no? Amicizia!” lei rise, strizzandogli l'occhio. “Quindi ti faccio una nuova promessa: un giorno riuscirai a vederti nel modo in cui ti vediamo noi. Lo giuro, Rem.”
Non bastava, ovviamente. Ma...qualcosa di caldo...dentro il cuore...
“Grazie, Lily. Davvero.”
Lei fece per correre via, ma Remus la richiamò.
“Lily!”
“Sì?” chiese, girandosi.
All’amico era comparso un ghigno, il primo della mattinata.
“Che mi dici di te e James? Guarda che una volta ritrasformato in umano non dimentico proprio tutto…”
Lily assunse la stessa tonalità dei suoi capelli.
Si guardò insistentemente la punta dei suoi stivali, imbarazzata.
“Beh…” disse piano. “…non credo che…si possa…far finta di niente…”
Si aspettava di vederlo ghignare, ma lui tornò serio.
“In questo caso, è giusto che aggiunga un'altra cosa all'elenco.” disse. “C'è un'ulteriore cosa che dovresti sapere. Come ragazza.”
“Quale altra cosa?”
“A volte, quando le emozioni ci travolgono, quando sono così forti...riusciamo a sentire il corpo dell'altro come se fosse il nostro.” ora Remus era arrossito appena. Lily boccheggiava, avvampando, ma lui continuò. Doveva essere corretto almeno con lei. Sincero. “E non solo. Finiamo per condividere anche lo stesso sentimento. Capisci quello che dico?”
“C-credo di sì.”
“Tu, Cristhine e...”
“...E Tonks.”
“...Siete...dio, come posso dirlo senza risultarti meschino?… Importanti, in quel modo, per tutti e quattro. E sarà sempre così. Non riusciamo a controllarlo, non questo. E...mi rendo conto che sia una cosa che possa spaventare, soprattutto una ragazza. Sei davvero disposta a...?”
Lei lo zittì, piazzandogli le mani sulla bocca. Era davvero troppo imbarazzante!
Ma, nonostante tutto, aveva già deciso...
“Non sono un'Animagus.” bisbigliò, con il cuore che rimbombava nel petto. “Ma sono parte di questo gruppo, che mi piaccia o meno! E...io... anche volendo, n-non posso scegliere diversamente. Te l'ho detto, no? Non si può...smettere. P-per cui...sì, sono davvero disposta a sopportarlo! Sopporterei qualsiasi cosa pur di rimanere assieme! E credo che anche Cristhine...e Tonks...provino le stesse cose, pur non rendendosene conto appieno. Quando...un sentimento è così forte, non importa da quante direzioni provenga. Ci travolge e basta, e non possiamo fare altro che ricambiare!”
E, come richiamata dalla forza di quelle parole, una figuretta comparve in lontananza.
Il viso stravolto, i capelli rosa che le frustavano le guance mentre correva verso di loro.
“Ora devo andare.” sentenziò Lily, raddrizzandosi nel vederla arrivare.
Lui sentì di nuovo il cuore chiudersi, strizzarsi, sgretolarsi nel disperato desiderio di quella ragazzina, un sentimento chiuso a chiave da Silente dietro le porte della memoria, manipolato e cancellato, eppure qualcosa che era riuscito a oltrepassare il tempo e la magia, resistendo laddove ogni altro ricordo non era riuscito.
Sospirò, mentre colei che amava decideva di non arrendersi e inciampando si fiondava da lui.
L'unica che avrebbe voluto vedere in quel momento. L'unica con la quale non poteva permettersi di farlo.
Non si può fare altro che ricambiare.
“Spero tanto che non sia così...”




Anno 1971.


La prima cosa che vide oltre la cortina delle lacrime, fu che la rana di cioccolato aveva preso a muoversi. Per poi suicidarsi fuori dal finestrino aperto.
Lily Evans sussultò dalla sorpresa, il pacchetto le cadde di mano. Lo guardò desolata.
Avrebbe dovuto sentirsi emozionata, felice...
Insomma, un dolcetto se n'era appena andato a farsi un giro! Per non parlare del resto...a cominciare dagli animali che tutti quegli strani ragazzini si portavano in giro!
Eppure, tutto quello a cui riusciva a pensare in quel momento era che... si sentiva terrificantemente fuori posto. Non sapeva nulla di magia! Cosa sarebbe successo se non fosse stata ammessa? Se ci fosse stato un errore?
D'altronde, nessuno della sua famiglia aveva poteri magici...
Il ricordo di Petunia le fece di nuovo male. L'avrebbe mai perdonata? Era stata così piena di livore e disprezzo...
Improvvisamente, si senti andare in iperventilazione e balzò in piedi, facendo su e giù nello scompartimento vuoto.
Dov'era, Severus? Non poteva farcela senza di lui!
Si bloccò solo per guardare il suo riflesso rifulgere nel vetro scuro quando il treno entrò in una galleria.
La bambina che ricambiava il suo sguardo aveva un disordinato caschetto di capelli rosso fuoco e un cerchietto di seta storto. Era pallida, magra e con il viso congestionato dai lacrimoni. Una vera schiappa...
Improvvisamente, qualcuno urlò.
“AH, NO SIRIUS! NON SPINGERE!”
Si voltò di scatto, sobbalzando. C'erano tonfi, e come passi che correvano...
"ATTENTO!
“NASCONDIAMOCI QUA DENTR…OOOOOH!”
“AAAAH!”
Poi la porta si aprì di scatto, nemmeno il tempo di fare mezzo passo indietro e qualcosa la travolse facendola cadere.
Cacciò un urletto, cercando di proteggersi la testa alla bene e meglio mentre un bambino le franava addosso.
"AHI!" protestò, buttata a terra come un sacco di patate.
"Ahia!" replicò quello, quasi di rimbecco, mentre le loro fronti cozzavano come birilli.
Sirius Black si accasciò contro la porta, richiudendola con il peso del suo corpo con una strana sfumatura verdastra sulla faccia. Ma che gli era preso, a quelle?!
Scoccò un'occhiata all'interno, dove un groviglio di gambe e braccia si ritolava sulla moquette.
Ma che stava facendo Potter, spalmato sopra a...?
“Oh no…basta ragazze…” Mormorò sfinito, riconoscendo indistinguibilmente una marmocchia, la cui gonna, tra l'altro, si era appena tirata su rivelando un paio di mutandine color pastello a cui non prestò la benché minima attenzione.
“Ouch…” pigolò Lily Evans, con una smorfia, mettendo a fuoco davanti a sé. “Ahia, mi hai fatto male!”
“Scu…scusami…” mormorò il bimbetto sopra di lei, puntellandosi sulle mani...per poi guardarla in faccia e imbambolarsi come un fesso.
Aveva i capelli color inchiostro terribilmente in disordine e due assurdi ed enormi occhi d'oro che catturarono la sua sorpresa attenzione il tempo necessario ad accorgersi che: uno, aveva la gonna sollevata fin sopra le mutande e due, quel moccioso era così vicino alla sua faccia da potergli contare i peli delle sopracciglia.
Sbarrò gli occhi, sentendosi il cuore balzare in gola e un violento rossore incendiarle le guance.
Ma quello continuava a guardarla con quella strana faccia da pesce lesso senza accennare a muoversi di un millimetro... fino a che non ce la fece più.
“E SPOSTATI IDIOTA!” strillò, piantandogli senza tante cerimonie un pugno sulla mandibola.
In preda alla vergogna si sistemò in fretta mentre James rotolava di lato, risvegliatosi improvvisamente dalla catalessi.
Ma...quella gli aveva appena dato un cazzotto!
"Hey!"
Lei balzò in piedi, ansimante, mentre lui la fissava strabiliato.
La tonalità della sua faccia aveva raggiunto e superato quella dei capelli e sembrava essere in profondo imbarazzo per qualcosa che non riusciva a capire.
Ma che gli pigliava alle femmine, di quei tempi?!
"Bel gancio." ghignò Black, divertito.
"Ma che ti è preso!?" James la guardò allucinato.
"Che è preso a te! Perché sei entrato dentro in quel modo?!"
"Ecco, veramente..." il bimbetto si grattò la nuca, dando un'occhiata alle sue spalle. "Niente, lascia perdere. Hey, perché piangi?"
Gli si fece vicino curioso, puntandole un dito sulla guancia. Ma che voleva ora?!
"N-niente che ti riguardi!" sbottò stridula, arretrando di un passo e cercando di dare alla sua faccia un colorito normale solo con la forza del pensiero. "Fa attenzione a dove vai, piuttosto..."
Ma quello non demorse.
"Eddai, dimmelo!" cinguettò, seguendola come un cagnolino.
"Eh?! No!"
"Ti ha sgridato tua madre? Ti hanno affatturato i capelli?"
Lei lo guardò indignata, gonfiandosi come un tacchino.
"MIA madre non ha mai avuto bisogno di sgridarmi! E i miei capelli stanno benissimo!"
"La mia mi sgrida sempre..." borbottò il bambino prima di sgranare gli occhi. "Aspetta, vuoi dire che quel colore strambo è naturale?!"
Offesa a morte. La bambina si sedette sulla poltrona e aprì un libro, tuffandoci la faccia dentro in un silenzio ostinato e gelido.
Ma James non demorse.
"Hey..." picchiettò sul libro mastodontico – la nascondeva tutta - e cercò di superarlo.
"Heeeeyyy..."
"Insomma, ma che vuoi?!" scattò Lily, esasperata. Quel tizio era insopportabile!
"Io mi chiamo James. E lui è Sirius!" indicò ghignando il bambino con i capelli neri alla sua destra.
"Heylà." rispose quello, laconicamente.
"Piacere." rispose seccamente lei, scoccandogli una breve occhiata e ritornando alla sua lettura.
"Vediamo..." ironizzò Potter. "Come posso chiamarti io? Rossa?"
L'idea era ancora più orribile del dover rivolgere la parola a quel matto! Come se i suoi capelli non attirassero già abbastanza l'attenzione! Sgranando gli occhioni, indicò con il dito un nome ricamato a mano sulla sua valigia sperando di riuscire a zittirlo.
"Hmmm... Lily Evans..." borbottò Potter, leggendo ad alta voce. "E' strano piangere sul treno per Hogwarts, lo sai?"
"Beh..." Lily arrossì. "Io lo faccio."
"E non vuoi dire il perché."
"No."
Lui incrociò le braccia al petto con aria da principe viziato, sollevando il mento.
"Beh, ti ordino di dirmelo."
Prego?!
Lei buttò il libro sulle ginocchia, guardandolo allibita. Anche Black lo guardava, divertito più che altro. Sembrava che la sfacciataggine di quel bambino gli piacesse, al posto di indignarlo...
Lui ridacchiava, contento di aver fatto breccia nel suo ritegno.
Ma chi si credeva di essere?! Non lo sopportava!
"Stammi a sentire, Foster..."
"Potter."
"Eh?"
"Mi chiamo Potter." corresse lui, amabile. "Potter, come Fleamont Potter. Gli Auror... Grindenwald...hai presente, no?"
"Ma di che accidenti stai parlando?!"
"I suoi sono famosi." spiegò Sirius sfogliando un quotidiano.
"Ora che ci siamo presentati…” tubò quello, ma lei non lo lasciò finire.
“Bene, stammi a sentire Potter…”
“Oh, puoi chiamarmi James. O Dio, se ti piace minimizzare.”
La bambina balzò in piedi.
“Stammi a sentire, POTTER...non credere di poter arrivare qui e dispensare i tuoi sorrisini a destra e a manca solo per fare il ruffiano, perché io, anche se sono nuova, non ci casco! Per cui togliti dalla faccia quell'aria da spaccone e lasciami in pace, se non ti è chiaro il concetto non ho voglia di parlare con te! Non mi interessa un accidenti quanto siano famosi i tuoi!"
"Rossa, sei un po' acidina o sbaglio?"
"Non chiamarmi Rossa!"
Lui fece per continuare ma Black, improvvisamente, lo afferrò per il colletto rimettendolo a sedere.
"Non per altro, ma ci manca poco che ti stenda con un altro cazzotto e vorrei evitare di passare dei guai prima del tempo, dal momento in cui incolperebbero senz'altro me se trovassero il cadavere di un Potter qui in giro." disse solo, con un'alzata di spalle.
James sorrise.
Lily ci aveva capito poco e niente, ma ciò che contava era che finalmente l'avevano lasciata in pace.
Si raggomitolò nell'angolo più lontano, mentre quelli prendevano a chiacchierare di un gioco chiamato Quidditch...facendola sentire ancora più lontana e spaesata.
Premette il viso contro il vetro, guardando fuori. La brughiera si stava rimodellando, portandola sempre a maggiore distanza da casa.
Che stava facendo...forse avrebbe dovuto tornare indietro...
Perché Severus aveva insistito così tanto? Perché aveva insultato Petunia in quel modo?
Vide vagamente James osservarla di sottecchi e quando cercò di parlarle di nuovo, questa volta più gentilmente anche se nessuno dei due l'avrebbe mai saputo, la porta si aprì di nuovo con uno scatto.
Severus era entrato, e guardandola si era illuminò in viso, balzando vicino a lei.
“Non voglio parlare con te!” mormorò Lily, con voce soffocata, cercando di non farsi sentire dagli altri due. Improvvisamente aveva voglia di prendere a cazzotti anche lui, pur essendo sollevata nel vederlo finalmente al suo fianco! Si era scusato con Petunia a dirla tutta, ma qualcosa nei suoi occhi aveva contrastato con la sincerità delle sue parole, che sembravano più uno sfottò che una vera ammissione di colpe.
“Perchè?”
“Tunia mi...mi odia. Perché abbiamo letto la lettera di Silente.”
“E allora?”
Lo guardò con profonda avversione.
"Allora è mia sorella!"
"E' solo una..." mormorò Piton, ma poi si trattenne. Le prese le mani, cercando di infonderle un briciolo di quello che provava lui. "Ma ci stiamo andando! Ci siamo! Stiamo andando ad Hogwarts!"
Il suo entusiamo era tutto sommato contagioso. Ed il calore delle sue mani parvero infonderle forza.
Lei annuì stropicciandosi gli occhi, e quasi suo malgrado sorrise. Era troppo felice di averlo vicino per rimanere arrabbiata con lui.
"Speriamo che tu sia una Serpeverde!" continuò Severus, rinfrancato.
"Serpeverde?"
Ma quel tizio se li faceva mai i fatti suoi?! Pensò Lily, mentre James sollevava il viso dal giornale.
"Chi vuole diventare un Serpeverde? Io credo che lascerei la scuola, e tu?" si girò verso Sirius, che lo guardò con occhi neutri.
"Tutta la mia famiglia è stata in Serpeverde." gli ricordò, indicandosi la sigla sui vestiti come se fosse ovvio.
"Oh, cavolo! E dire che mi sembravi a posto!"
Black stirò un ghigno.
"Forse io andrò contro la tradizione. Dove vorresti finire, se potessi scegliere?"
James alzò una spada invisibile, esaltandosi.
"Grifondoro... culla dei coraggiosi di cuore! Come mio padre!"
Il bambino rinsecchito chiamato Severus fece un verso sprezzante. James si girò verso di lui.
"Qualcosa che non va?"
"No." rispose Piton, ma il suo lieve ghigno diceva il contrario. Era sgradevole, quel sorriso. E lo era anche il modo in cui stringeva la mano a quella bambina. C'era qualcosa di sbagliato, in quel contatto. Troppo...intimo. "Se preferisci i muscoli al cervello..."
"E tu dove speri di finire, visto che non hai nessuno dei due?" intervenne Sirius.
James scoppiò in una risata fragorosa. Lily si raddrizzò nel sedile e li guardò disgustata. Ne aveva abbastanza di quei due!
"Andiamo, Severus, cerchiamo un altro scompartimento!"
"Ooooooooh..."
James e Sirius imitarono la sua voce altezzosa, ma lei li ignorò: aveva altri problemi a cui pensare che non a quei palloni gonfiati!
Spalancò la porta e se la richiuse senza degnarli più di un'occhiata...ma quando uno dei due da dentro lo scompartimento gridò "Ci si vede, Mocciosus!" fece per tornare indietro sparando saette.
Severus la prese letteralmente per la vita, trascinandola scalpitante lungo il corridoio.
"LASCIAMI, SEV! LASCIAMI!"
"Eddai, lascia perdere!" ridacchiò, ignorandole sue proteste. La protettività di Lily verso di lui era proverbiale, ma vedere quella bambina di solito così composta scatenarsi come una furia lo divertiva sempre!
"Ora torno indietro e gli tiro un altro pugno!"
"Calma, tigre...piuttosto, guarda!" le piazzò un libro di fotografie sotto il naso, sperando di tenerla buona. "Guarda, è Hogwarts!"
Lei guardò la foto, sentendo improvvisamente...di nuovo l'ansia. Così grande...e bella! Non aveva più pensato alla fifa blu che aveva perché era stata distratta da quel moccioso arrogante, ma ora...
Deglutì, sforzandosi di sembrare felice. In fondo era vero, era troppo strano sentirsi tristi sul treno per Hogwarts.
"Ci stiamo andando davvero..." mormorò, mentre sulle sue labbra spuntava un sorriso.
"Ossì! E dimenticati di quel tizio..." Piton guardò fuori dal finestrino. "Vedrai, una volta laggiù non ti ricorderai più nemmeno della sua esistenza!"





Oggi.


Qualcosa di tiepido e morbido nella sua mano.
Qualcuno canticchiava a bassa voce, con le labbra chiuse. Non faceva parte del sogno.
Nel sogno, qualcuno stava affogando. E c'era odore di sapone.
Uccidilo!”
“AH!”
Sirius Black sbarrò gli occhi, scattando in piedi in preda ad un folle terrore.
Qualcuno gemette di sorpresa alla sua sinistra. La sua mano … si stava serrando su...
Profumo di margherite.
Si girò, vedendo il suo braccio teso e le dita intente a stringere un collo bianco.
Inorridito, balzò all'indietro ma Cristhine cercò di sdrammatizzare porgendosi in avanti e fingendo di strangolarlo a sua volta, con un risolino.
“S-scusa. Ti ho fatto male...?”
Sentì le dita fresche e piccole della Corvoncina tamburellare sulla sua giugulare.
“Scommetto che stavi sognando James e la sua ricerca di Babbo Natale.” mormorò, dolcemente.
“Per quello utilizzerei direttamente la bacchetta...” Prese quelle mani così minute e sottili e se le portò alle labbra, sfiorando teneramente i suoi polpastrelli. Si guardò intorno, muovendosi piano, ancora indolenzito dall'Ossofast. Era mattina tarda, c'era solo Peter, che russava rumorosamente nel letto all'angolo. “E gli altri?”
“Quando sono entrata, ed era l'alba, non c'erano.”
Si sistemò meglio sul materasso, bramosa di contatto fisico, e Sirius se la strinse contro. La cosa più naturale del mondo...toccarla...svegliarsi con lei accanto.
Eppure, quella volta...
Le accarezzò le gote con i pollici, mentre lei gli appoggiava la mano sul petto, ricoperto di fasciature, e sollevava lo sguardo su di lui seria come una bambola.
Aveva occhiaie terribili ed i boccoli in disordine. Non aveva dormito, era evidente.
“Cristhine...” sussurrò solo, sentendosi la voce morire in gola.
Ed improvvisamente, si rese conto di quanto cazzo sarebbe stato difficile. Di tutte le cose che non avrebbe potuto rivelarle perché semplicemente non spettava a lui farlo.
Cose che forse non avrebbe mai saputo. Cose che, per la prima volta in vita sua, desiderava condividere con una persona al di fuori dei Marauders.
Cosa avrebbe potuto dirle, che non fosse solo una sporca menzogna?
Non sapeva nemmeno da dove cominciare... e se le avessero già detto qualcosa? E se quello che avrebbe detto lui avesse smascherato tutto? Lei era così in gamba, d'altronde...
Il fatto stesso di pensare a quello lo fece sentire meschino. E disperato. C'erano cose che ancora li separavano, muri lunghi chilometri tra di loro...
“Cristhine, questa notte...n-noi...ecco...”
Lei sospirò, chiudendo gli occhi.
Non dirmelo.”
Sirius sussultò, sorpreso.
“Cosa?”
Lei si sollevò da lui a malincuore e si inchiodò a fissarlo. Lui non riusciva neppure a battere le ciglia, né osava emettere un respiro, ancorato a quello sguardo.
“Sirius, non tutto quello che deve essere detto...va per forza detto.” disse la ragazza, semplicemente. “So cosa significa avere un segreto.”
Quindi...l'aveva capito! Sapeva che nascondevano qualcosa...
Rimase come paralizzato, timoroso anche solo di chiedere. E sentendosi dannatamente in colpa.
“E so quanto è difficile convivere con esso.” continuò infatti lei con voce ferma, giocherellando ora con un lembo della sua gonna. “Conosco la sensazione del suo peso insopportabile, della sua ingombranza, come avere della lana ficcata in gola. So che non mi nasconderesti mai qualcosa se non fosse importante. Per cui... non dirmelo. Non voglio sapere... se un giorno vorrai parlarmene, sarò felice di ascoltare, ma è chiaro che non è oggi quel giorno. Per ciò, non mi resta che fidarmi di te.”
Lui si guardò le mani, desolato.
“Mi...mi dispiace.” mormorò.
Lei gli si fece di nuovo vicina, alzandogli il mento con un dito e obbligandolo a guardarla.
“Promettimi solo che farai il possibile per non metterti in pericolo.” sussurrò.
Si chiese come facesse a meritarsi una simile persona al suo fianco. Uno come lui, poi. Gli sembrava ingiusto, una fortuna troppo grande, immeritata.
Annuì, sospirando, poi le passò un braccio dietro la schiena per schiacciarsela addosso e affondò il naso nel suo collo. Sentire il suo odore lo calmava.
Rimase così, a respirare il suo profumo, a contare tra le ciglia i suoi piccoli nei scuri la cui posizione ormai conosceva a memoria.
Lei gli infranse le dita nei capelli, baciandogli teneramente la tempia.
“Sei turbato...”
Non era una domanda.
Turbato? Lo era, lo era per tante cose...e forse, una in particolare.
Più feroce e spaventosa addirittura di un lupo Mannaro. Forse, di quello, avrebbe potuto parlarle.
“Continuo a fare un sogno...”




Ninfadora Tonks si sbatté accanto a Remus Lupin analizzando il suo viso, i suoi capelli in disordine e le terribili cicatrici che gli deturpavano le braccia bianche ed eleganti. Quegli occhi così pieni di tempeste e gelo, quel dolore che sembrava irrigidirgli i lineamenti in una morsa orribile. Cosa gli era capitato?
Quando l'aveva visto contorcersi in quel modo...scomparire oltre il Portone...!
Il vento le scompigliava i capelli, schiaffandoglieli contro le guance accaldate e rosse come fragole. Gli occhi le bruciavano, lucidi, dalla bocca gli ansimi uscivano sottoforma di condensa.
Era splendida, analizzò suo malgrado Lupin, cercando di non guardarla. Era bella e innocente come un frutto nel deserto.
La trapassò con occhi totalmente ghiacciati ma questa volta lei non si lasciò scalfire e gli afferrò le braccia.
“Non mi importa, se non mi ami!” sbottò, diretta come suo solito, anche se piena di tristezza. “Non importa se non ricordi niente! Mi ero ripromessa di non perdere più nessuno e non ho intenzione di farlo! Mi hai sentito? Non ho più intenzione di rimanere a guardare mentre vieni trascinato via piegato in due dal dolore!”
“Tonks...”
“No! Non c'è niente che tu possa dire! Io voglio starti accanto quando starai male e non riuscirai a impedirmelo!”
“Perdere qualcuno...” mormorò improvvisamente lui, apatico come non lo aveva mai visto. “Posso chiederti una cosa, Tonks?”
“Sì...” mormorò lei, calmandosi nel sentire quella voce così debole e sedendosi più composta al suo fianco.
Lui tuffò il viso fra le braccia, mollemente incrociate sopra le ginocchia, come a nascondersi. I capelli brillarono di delicati riflessi biondi nella luce del mattino.
“Cosa fare quando hai fatto qualcosa di terribile mandando a puttane tutti gli sforzi fatti per evitarlo?” lo sentì mormorare, con voce atona. “Cosa fare quando tutto questo minaccia chi ami? Quando l'esistenza stessa dei tuoi amici vi è vincolata? Non dovresti...non dovresti forse lasciare da parte l'egoismo e...e mandarli via, scomparire...perderli. Per il loro bene...Non dovresti fare la cosa più giusta?”
Lei gli alzò a forza il viso, e improvvisamente Remus si stupì nel vederla arrabbiata.
“Sai Remus, lascia che ti dica io qualcosina sul perdere gli amici!” abbaiò, digrignando i denti. “Fa schifo! Sarà una risposta banale ma è così! Non hai davvero idea di che cosa significhi o non parleresti mai in questo modo! Beh, io ho dovuto combattere per riprendermi Lily, per riprendermi te, per riprendermi tutte le persone a cui mi ero affezionata in classe praticamente ogni anno, e non c'è stata una sola volta in cui ho preferito rinunciare a farlo, pur consapevole che ogni sforzo sarebbe comunque sparito l'anno successivo e che ciò avrebbe fatto male! L'ho fatto perché l'amicizia non è un interruttore che puoi accendere e spegnere a tuo piacimento, non è una cosa che puoi controllare! Quindi se hai fatto qualcosa di così terribile fai tutto il necessario per rimediare e basta! Parli di fare la cosa giusta ma non c'è niente di giusto in questo! Perdere gli amici è orribile e sbagliato, è la cosa più sbagliata del mondo!”
Rimase immobile, ancorata a lui, ansimante e sull'orlo delle lacrime.
“Per cui sappi che combatterò per farti innamorare di me ma nel frattempo, non sarò mai disposta a rinunciare alla tua amicizia!”
Finalmente il ragazzo si era riscosso da quell'orribile apatia e la fissava un po' sgomento. Sospirò.
“Hai ragione, sai?” mormorò, passandosi una mano sulla faccia con stanchezza. “Perdere gli amici è terrificante. Sono stato scemo anche solo a pensarlo...”
“Remus.” disse Tonks, seria. “Stai bene?”
Stava bene?
Lei lo vide...quasi sciogliersi come creta sotto le sue dita e, senza dire una parola, le passò le mani attorno ai fianchi mandandole il respiro in iperventilazione.
La strinse debolmente, il massimo che poteva concedersi in termini di abbraccio.
Lo sentì chinare il capo contro la sua spalla, nascondere la faccia contro il tessuto della sua camicetta e rimanere così, immobile, con i capelli che gli ricadevano sofficemente sugli occhi, sulla mandibola serrata fin quasi a spezzarsela.
Quel gesto così improvviso...l'aveva fatta rimanere...come paralizzata. Con le braccia inermi sui fianchi, il viso rivolto verso l'orizzonte, mentre lui si accasciava addosso a lei, respirando lentamente.
Non era mai stato così vicino, mai.
Che cosa era successo...di così orrendo? Era così...così distrutto...come non lo aveva mai visto...
“Re...Remus...” mormorò, sollevando piano le braccia e passandogliele dietro la schiena nuda. Improvvisamente ebbe voglia di scaldarlo, di avere una coperta da mettergli sulle spalle. Faceva freddo fuori, eppure non sembrava patirlo.
Era dentro, era dentro che sentiva freddo, si rese improvvisamente conto, e le dita premettero contro le sue scapole, stringendo più forte.
Gli sembrava così fragile, ora. Così inerme...
Lo sentì sospirare contro il suo petto, così vicino alla sua pelle da farle battere il cuore all'impazzata.
Stava bene? Era una domanda semplice.
La voce di lui uscì spezzata, sfinita, e liberò tutta la tristezza che da sempre gli vedeva dietro lo sguardo. Come se non riuscisse più...a trattenerla. Come se non riuscisse più a fingere. Come se mentire, solo per quel momento, gli costasse troppo sforzo.
Disse solo una parola, Remus Lupin. Una verità flebile, che uscì sottile, così bassa che rischiò di perdersi nel rumore del vento.
No...”
Ma lei lo sentì.
Ok, pensò Tonks, avvolgendolo con le braccia con quanta più forza poteva. Aveva capito, ora. Sapeva che aveva bisogno di lei. Anche se...anche se non come avrebbe desiderato.
Ma non importava. Niente importava più.
Ed il sole illuminò quei due corpi stretti come in una strana fiaba. Una ragazzina piccola e minuta come Cappuccetto Rosso...che avvolgeva e stringeva a sé le larghe spalle nude di un lupo.
Sentiva il cuore del licantropo battere forte, potente, eppure...era un suono timoroso. Il rumore di un cuore che ha paura di essere felice. Di...provare anche solo a sperare.
“Starai bene.” sussurrò fra i suoi capelli, trasmettendogli tutto il calore di cui era capace. “Starai bene...”





Hogwarts, anno 1971, Secondo quadrimestre, Torre Nord.


“Ah, quella Evans proprio non la sopporto!” sbottò James Potter, marciando con un po' troppo vigore verso la lezione di Trasfigurazione.
“Uh?” borbottò Sirius Black, al suo fianco.
“La Evans! La Evans!”
Il ragazzino aveva i capelli che sparavano da tutte le parti e una vena pericolosamente gonfia sul collo.
“Che t'ha fatto la Evans?”
I loro passi riecheggiavano sul marmo bianco, le borse a tracolla più grandi di loro sbattevano contro i fianchi. I gufi planavano sopra le loro teste.
“E’ arrogante!” tirò avanti James, digrignando i denti e schivandone uno. “E’ antipatica! E non ha il senso del umorismo! E poi è isterica!”
“Beh...” fece Sirius, pensieroso. “Non credo che le sia piaciuto quando le hai buttato quel coso viscido sulla testa.”
“Era un Vermicolo!” sbuffò James. “E comunque era uno scherzetto innocente!”
“Era così infuriata che faceva quasi paura...”
“Va bene, forse lì ho esagerato.” Ammise James. “Però quando stavo scagliando una fattura su Severus si è intromessa senza ragione e mi ha urlato contro! Che c'entrava, eh? È una ficcanaso.”
“E’ il suo migliore amico.” obiettò Sirius, sbiadigliando. “Che faresti se qualcuno affatturasse me?”
“Mi congratulerei per il coraggio e farei le condoglianze, visto che sarebbe un mago morto. Altro che Lily, sei tu che terrorizzi la gente!”
“Hem, giusto. Certo che quel Piton proprio ti detesta, eh?”
“E' ricambiato.” sibilò James, con uno strano odio nello sguardo.
Sirius non fece in tempo ad indagare - non che fosse difficile detestare uno come Mocciosus – perché improvvisamente la scala si mosse.
“Hey, ma che...!” si aggrappò al cornicione. “Dannati gradini! Ma come si fa a costruire scale che si muovono da sole?!”
“E ora?” balbettò Potter, ritrovandosi davanti a tutt'altro corridoio. Quella dannata scuola era labirintica, si erano già persi tre volte per colpa di quegli affari!
“E ora la Mcstronza ci darà un'altra nota, accidenti a loro!” sbottò acidamente Black, aprendo la porta del quarto piano. “Prima o poi la rado al suolo questa catapecchia, giuro su...!”
Non fece in tempo a fare un passo, che un libro gli sfrecciò pericolosamente vicino al naso.
“Hey!”
“Ridammelo!” urlò qualcuno da dietro l'angolo, con voce pericolosamente vicina al pianto.
Il bullismo, si sa, per molte persone è alla stregua di un simpatico servizio alla società. Certe persone hanno il bullismo nel sangue...e certe persone sembrano nate per essere bullizzate.
“Ma tu guarda!” ghignò Malfoy, quando il libro tornò svolazzante verso di lui.
“Ridammelo!” ripeté un ragazzino paffuto, con occhietti acquosi e capelli color topo.
“Ah, povero Minus, dovrai saltare più in alto.” rise Lucius, tenendolo fuori dalla portata di Peter – che goffamente cercava di prenderlo - con un movimento di bacchetta.
Quel marmocchio faceva parte della seconda categoria, ovviamente. Era una preda perfetta: un Grifondoro che più impaurito di così non si poteva, piccolo, goffo e dalla natura passiva. La cavia perfetta per testare i loro incantesimi. O semplicemente per perpetrare la lunga e storica rivalità fra le due Casate!
“P-per favore Malfoy! Mi darà un castigo se non studio!” supplicò il ragazzino.
Nott sghignazzò, vedendolo inciampare.
“Sei la vergogna della tua Casata, Minus!”
“Accio libro! Accio libro!” esclamò quello, ma il libro si mosse appena un centimetro.
Malfoy scosse il capo, con un ghigno perfido.
“Ma sei proprio un Magonò! Grifondoro è davvero caduta in basso! E il livello di questa scuola è davvero...”
Una mela paffuta interruppe la sua tirata contro la rispettabilità della scuola, scagliata senza tanti indugi contro la sua nuca facendogliela scattare in avanti come un birillo.
Il biondino sgranò gli occhi, esterrefatto, prima di aizzarsi come un serpente verso il punto da cui era stata lanciata.
Sirius Black ricambiava lo sguardo con noia mentre palleggiava con una una seconda mela, che veniva lanciata in aria e poi lasciata ricadere nella sua mano tanto per mettere bene in chiaro da dove provenisse la prima.
“Sei sulla mia strada, scemo.”
“Lascialo stare!” gridò invece James, con rabbia. Il sorrisetto di Malfoy si irrigidì.
La situazione degenerò nel giro di un secondo: un incantesimo venne lanciato su James, che lo schivò lanciandosi per terra e ricambiò un po' a casaccio, colpendo un vaso dall'aria preziosa che si frantumò schizzando cocci da tutte le parti. Sirius riuscì a colpire Nott, il cui naso si riempì di strane bolle, ma il Pietrificus Totalus gli prese in pieno un braccio rendendoglielo rigido come uno stocco.
Fecero per riattaccare ma improvvisamente, le due piccole serpi puntarono la bacchetta su Minus, che si era rannicchiato per terra con le mani sopra la testa.
Totalmente inerme e indifeso.
Protego!” dissero entrambi i Marauders d'impulso, distraendosi il tempo sufficiente per cadere nella trappola.
Ridendo, Lucius li colse di sorpresa girandosi all'ultimo verso di loro.
Levicorpus!”
Chi aveva vinto, a quel punto, era dolorosamente chiaro.
I due si ritrovarono a penzoloni nell’aria, sconvolti da un tale colpo basso.
“Hai barato!” esplose Potter con indignazione, mentre Black cercava di divincolarsi più incazzoso che mai.
Accidenti, e dire che con Malfoy ci era pure cresciuto! Avrebbe dovuto prevederlo!
“Ah, voi zotici Grifondoro e il vostro onore.” sbuffò il Serpeverde, schifato. “Pensate sempre che agli altri importi quanto a voi. Notizia flash, idioti: ad un Serpeverde non frega un cavolo di giocare pulito.”
“MET – TI - MI GI- U'!” Scandì Black in un ringhio feroce, lanciandogli la classica occhiata alla 'sono superiore a te' che aveva l'effetto di fare incazzare Malfoy ancora di più.
“Ma con chi credi di avere a che fare?! Qui ad Hogwarts le cose funzionano in modo diverso!” abbaiò infatti, spettinandosi dal nervoso.“Non osare darmi ordini, Black!”
“Malfoy, giuro che non appena mi libero...!” sbottò James, dando pugni all'aria e sembrando decisamente comico.
“Oh no! No, no, no! Vi ho colti di sorpresa e non ci sono professori in giro, non posso mica lasciarmela scappare così! Imparerete che a me non si deve mancare di rispetto!” Esclamò il futuro re dei Serpenti, con aria trionfante. “Peccato che Piton non sia qui a godersi lo spettacolo!”
“Avete fatto subito amicizia, eh? Tra idioti ci si capisce!”
“Potterino, se non l’hai capito, sei spacciato.” replicò divertito Lucius. “Quindi abbassa il tono per cominciare!”
“Lasciali stare!” urlò improvvisamente Minus, piazzandosi davanti ai due salami a braccia tese e stupendo...praticamente chiunque, compreso se stesso.
Sgranò gli occhi, incredulo di avere osato tanto. Da quando agiva da Grifondoro?!
Il bambino deglutì sotto lo sguardo perfido di Nott, che si scrocchiò le nocche con un ghigno deliziato.
“Ma tu guarda chi ha ritrovato le palle!” ridacchiò, posizionandosi al fianco di Malfoy. “Non hai la bacchetta, che speri di fare nanerottolo?”
Oh, che situazione terribile! Peter si maledì mille volte per essere passato di lì.
Deglutì rumorosamente, facendoli scoppiare a ridere.
“Ti stanno tremando le gambe...” sorrise Lucius, glaciale come l'inverno.
Era vero: tremava e probabilmente se la sarebbe fatta pure addosso. Ma che accidenti era passato per la testa al Cappello Parlante quando aveva scelto di metterlo a Grifondoro?! L'aveva supplicato di metterlo in una Casata tranquilla, ma quel dannato affare probabilmente era difettoso perché aveva blaterato qualcosa come “...credo che Grifondoro sia il tuo vero destino e che ti renderai conto di avere più coraggio di quanto immagini, quando sarà la fine...” che lo aveva lasciato ancora più confuso!
Però...
Guardò di sottecchi James Potter, il bambino per cui tutti si stracciavano le vesti, letteralmente adorato da chiunque. Lui era sembrato così sicuro di sé, quando era stato assegnato... l'aveva visto rispondere a tono alla McGranitt, affrontare la famiglia Black, balzare sullo sgabello con tutta la tranquillità del mondo... sembrava non avesse paura di niente. Lo aveva invidiato fin dal primo istante in cui l'aveva visto.
E in qualche modo, c'era qualcosa di sbagliato nel vederlo lì appeso, alla mercé di quei due. Per questo si era mosso.
Potter non era il tipo che veniva bullizzato. Era a lui, all'imbranato Peter Minus che toccava quel ruolo, era quello il suo posto!
“L-lasciali...s-s-stare...” balbettò, mentre il cuore sembrava esplodergli nel petto. Ma che poteva fare, ora? Quei due gliele avrebbero suonate di santa ragione e basta!
E poi Potter non lo conosceva nemmeno! Perché accidenti si era mosso?!
“Fagliela vedere, Minus!” tuonò improvvisamente quello, facendolo saltare di paura.
“EH?” Quasi strillò, voltandosi verso di loro. James sorrideva, incoraggiante, e balenava in aria i pugni.
“Dai, puoi farcela!”
Ma era drogato?! Farcela come?! Era disarmato e Nott era alto mezzo metro in più!
“Ok, mi hai rotto!” sbuffò il braccio destro di Malfoy, avanzando come un diavolo nero e sollevando il pugno in aria. “Ora ti sistemo! E non avrò bisogno nemmeno della magia!”
“N-NO!” Urlò, strizzando gli occhi e cercando di parare come poteva. L'adrenalina pompò alle stelle, chiuse gli occhi preparandosi al dolore...ma il colpo non venne.
Quando riaprì le palpebre, davanti a lui c'era un altro ragazzino...che teneva il pugno di Nott stretto nella sua mano.
Esile, grazioso, con morbidi capelli di un biondo spento e grandi occhi azzurri.
Il mantello gli volò oltre le spalle.
Riconobbe Remus Lupin e sgranò gli occhi, sorpreso. Quel tizio se ne stava sempre per i fatti suoi, non parlava mai con nessuno se non ci era costretto e ora...li stava aiutando?!
E senza sforzo, tra l'altro! Nonostante Nott fosse grosso il doppio, sembrava incapace di divincolarsi dalla presa ferrea di quella mano.
Mentre l'altro appariva tranquillo e pacioso e non si schiodava di un millimetro, il viso del Serpeverde si fece rosso dallo sforzo e improvvisamente lo videro cadere in ginocchio divincolandosi e urlando tra le lacrime “BASTA, LASCIAMI, MI ARRENDO! MI STAI STRITOLANDO LA MANO, LASCIALA!”
Gli occhi del ragazzino, fino a quel momento quasi apatici, parvero risvegliarsi e prendere coscienza di qualcosa. Di scatto lo lasciò andare, facendo un passo indietro.
“Scusa...” disse, con fredda cortesia. “Ma credo che sia il caso di finirla qui.”
“E tu che vuoi?!” ringhiò Malfoy, allibito da quella scenetta disgustosa. Mettersi a piangere come un infante, stupido Nott, che razza di figure!
“Niente, mi sono perso per colpa delle scale e mi sono ritrovato qui.” l'altro alzò le spalle, indifferente al suo livore.
“Ma chi diavolo sei?!” ululò Nott, tenendosi la mano con ancora i lacrimoni.
“Remus Lupin?” esclamò sorpreso Sirius. “Sei nei Grifondoro, ti conosco!”
“Il tipo pomposo che ha tutti bei voti?” chiese James, curioso. Vedere la gente al contrario influiva parecchio sul riconoscimento dei volti! O forse era il sangue che gli stava andando troppo al cervello?
“Come sarebbe a dire pomposo?!” Si voltò quello, offeso.
Nott approfittò del momento e gli puntò la bacchetta addosso.
“Attento!” esclamò James, mentre un incantesimo schizzava verso il ragazzino.
Protego!” gridò questi. “Pietrificus Totalus!”
Quello s’irrigidì come una statua e cadde all’indietro con un tonfo sordo.
“Forte!” esclamò ammirato James.
Quel Grifondoro aveva una tecnica abilissima! A quanto pareva stare sempre col naso dentro ai libri funzionava...
Liberacorpus.” disse Lupin, liberandoli con un altro movimento di bacchetta. “Va tutto bene?”
“Sì, grazie!” esclamò James, alzandosi. “Che bomba il tuo incantesimo! Io sono...”
“James Potter.” rispose tiepidamente l'altro. “Sirius Black e Peter Minus. Lo so.”
“Beh, è diventato un picnic? Il club dei deficienti?” sbottò Lucius, digrignando i denti. Odiava venire ignorato.
“Che vigliacchi! Prendersela con gente disarmata!” rimbeccò Remus con freddezza. “Non è onesto!”
“A quello non frega niente di essere onesto!” sibilò Black, spostandoli malamente e sorpassandoli. “Coraggio, vedi di piantarla e ridagli quel dannato libro!”
“Sennò che mi fai?” ghignò il biondino, pur indietreggiando. Ora erano decisamente troppi e Nott era appena stato messo al tappeto... “Cos’è, fate opera di carità per questo verme? O è solidarietà Grifondoro?”
“Ridagli il libro, Malfoy. Avete perso, fattene una ragione!” sbuffò James, incrociando le braccia al petto.
Malfoy rise sprezzante.
“Va bene, andatevelo a prendere!”
E per tutta risposta gettò il libro dalla finestra.
“NO!” gridò Peter, disperato.
Fu un attimo. Giusto il tempo di...NON mettere in moto il cervello.
“Lo prendo io!” esclamò Potter, balzando in avanti...e, con orrore di tutti, gettandosi nel vuoto.
Scomparendo.
Rimasero tutti paralizzati sul posto, incapaci di crederci. Fissarono a bocca aperta quel che aveva fatto il piccolo Grifondoro.
Quell’idiota…si era veramente…lanciato dalla finestra…?!
Calò un silenzio tombale.
Poi...
“JAMEEES!” gridarono all’unisono Sirius e Remus, correndo al cornicione con gli occhi fuori dalle orbite. Cazzo, erano al quarto piano!
“E’ PAZZO!” esclamò Malfoy schiantandosi alla finestra accanto, i capelli biondi che svolazzavano al vento e il viso contratto dall’incredulità.
Non si vedeva niente...
“No…NO!” Alitò Sirius, orripilato.
Peter si rannicchiò in un angolino, gli occhi sbarrati.
“Oh mio dio! Ho ucciso James Potter! Ho ucciso James Potter!” balbettò disperato, con le mani nei capelli.
“Non l'hai ucciso!” sbottò Sirius.
“Sei idiota, Black?! Certo che è morto!” Gridò Lucius, in pieno panico. “Ci farà espellere tutti!”
“NON è MORTO!” Tuonò Sirius, scrutando a occhi sbarrati sotto di loro. Tetti...guglie e torrioni rendevano difficile vedere cosa c'era di sotto. “Non può essere morto…non così…”
“Ma che diavolo ha in quella sua testa vuota?!” esplose Remus in preda all'ansia, afferrando la manica di Sirius. “Quello si è appena lanciato dal quarto piano! Perché accidenti l'ha fatto?!”
“Ma che ne so! Non lo conosco così bene!”
“E’ morto…” boccheggiò ancora Lucius.
“STAI ZITTO!!!” Ruggirono all’unisono Black e Lupin. Si girarono entrambi verso Malfoy con occhi infuocati e l'aria isterica. “E’ TUTTA COLPA TUA!”
Fecero per scaraventarsi sul Serpeverde e ammazzarlo sul serio stavolta, quando l’allegro busto di un James Potter volante ricomparve davanti alla finestrella.
Guardò tutti loro con il vento che gli scompigliava i capelli ed il libro stretto nella mano.
“Il Libro-Express vi da il buongiorno e vi consegna un volume casualmente caduto dalla torre a costo di quindici zellini. Ah, e vi augura di fare più male possibile a quel maiale di Malfoy…le serpi non provano dolore!”
Si voltarono tutti, stupefatti.
“Po...Potter!” Alitò Remus, mettendosi una mano sul cuore.
“Sei un idiota! Ci hai fatto quasi morire d’infarto!” ruggì Sirius, mentre quello rideva di gusto facendo capriole sulla sua scopa.
“Il tuo libro!” esclamò allegro lanciando il manuale al ragazzino paffuto che lo fissava con tanto d’occhi.
Coraggioso era dir poco. Non aveva mai visto qualcuno più pazzo di quello!
“Gr…gr…graz…” rantolò.
“Quanto a te, Malfoy…”
Potter fece per girarsi verso la diabolica creatura ma l’angolino svolazzante della sua veste stava già diventando un puntino lontano.
“Ah! Che vigliacco!”
“Non è un vigliacco, sta andando a dire ai professori che tu hai una scopa tutta tua!” disse Black, allarmato.
“Oh no! È vero!” esclamò James, imprecando. “Dobbiamo...!”
Impedimenta!” strillò Peter e quasi per miracolo non solo l'incantesimo funzionò e riuscì a colpirlo, ma fu pure più forte del necessario perché Malfoy finì letteralmente a gambe all'aria e non si rialzò più!
“Figo!” rise James, dandogli una pacca sulla spalla. Peter lo guardò, ammutolendo... per poi fissare la bacchetta che aveva tra le mani.
“Già...figo...” mormorò, meravigliato.
“Bene, e ora quei due li sistemo io.” sbottò Black con aria omicida e scrocchiandosi le mani con un ghigno sadico.
“Giusto. Facciamogliela pagare!” sghignazzò James,ma quando Sirius puntò la bacchetta su Malfoy, inerme a terra, Remus Lupin gli si parò davanti con uno scatto.
“Che fai?” esclamò Black, sorpreso. “Levati!”
“Nemmeno per sogno.” sibilò quello, duramente. “E’ da vigliacchi colpire un avversario che non può difendersi.”
“Guarda che stava per fare lo stesso con noi!”
“Vuoi scendere davvero al suo livello?”
“Amico, spostati.”
“No.”
Passò un istante di silenzio. I due si fronteggiarono ma a quanto traspariva dal limpido sguardo del novellino, Black non sembrava incutergli timore come accadeva agli altri.
“Non starai esagerando?” ridacchiò James, buttandola sullo scherzo.
“Ho dei principi e sono disposto a battermi pur di tenergli fede.” Disse quello, alzando la bacchetta sul petto di Sirius. “Sta a te decidere.”
Passò un altro istante teso.
Sirius lo fissò immobile, restio a battersi con uno che li aveva appena salvati. Maledizione, lui i bravi ragazzi non li avrebbe mai capiti.
“Oh, al diavolo.” sbuffò.
Abbassò la bacchetta e l’ombra di un sorriso passò sul volto del giovane Lupin.
“Cavoli…non ti facevo cosi!” Esclamò allegramente Potter, e Remus lo fissò inarcando un sopracciglio.
“Come?”
“Beh…tu sei uno studente modello. Sai, un secchione. Ti facevo…hem. Debole!”
Quella sfacciataggine, o forse qualcosa di ciò che aveva detto, parve divertire il ragazzino in maniera incommensurabile.
“E pomposo magari?” ghignò quando ebbe finito di ridere.
“Giusto un po'.” sorrise Sirius, porgendogli la mano. “Invece devo dire che sei forte, amico.”
“Grazie.”
Ricambiò la stretta.
“Beh, ci sarà sicuramente da lavorare...” borbottò James, fissandolo ora come una cavia da laboratorio e facendolo sentire vagamente a disagio.
“Eh?”
“Suvvia, un talento del genere mica può venire sprecato!” quello gli si agganciò addosso stile piovra gigante, ignorando il suo irrigidirsi e sudare freddo. “Ti insegneremo noi a divertirti un po'!”
“C-cosa? Che intenzioni avete?!” abbaiò allarmato Remus, prima di fissarsi di Minus. “Hey Peter, aiutami!”
“Ma...io...”
Il piccoletto arrossì violentemente, cercando di diventare ancora più minuscolo, ma fu del tutto inutile perché quello lo afferrò per il colletto e venne trascinato via assieme a tutti loro mentre James li spingeva tutti in avanti con una strana espressione sul viso.
“Dai, troviamo tutti insieme l'aula di Trasfigurazione!”
“Ma...ma adesso c'è pozioni!”
“Non rompere Rem! Siry, Peter, datevi una mossa!”
“Ehh?! TU sai come mi chiamo?!”
“Non chiamarmi Siry, imbecille.”
James Potter rise, allargando le braccia e intrappolando tutti loro in un abbraccio stritola-ossa mentre li trascinava lungo i corridoi di Hogwarts, improvvisamente tramutatosi in una calamita vivente a cui era impossibile sottrarsi.
“Sapete?” cinguettò, guardando quei tre e sentendo addosso...come l'odore del destino. “Ho proprio l'impressione che d'ora in avanti ci divertiremo un sacco!”




Oggi. Sera.


Era stato un giorno strano, quello. La famosa soglia del giorno dopo.
L'aveva passato galleggiando in un limbo...in un girone di ricordi.
Tanti, innumerevoli e meravigliosi ricordi.
Lily Evans si alzò dal suo letto quando le stelle già albeggiavano nella trapunta blu della sera, che iniziava a fare capolino oltre l'oceano ocra e rosso del tramonto.
Non sapeva se si fosse addormentata, dopo l'incontro con Silente...oppure se fosse rimasta con gli occhi aperti a fissare il muro, immersa nella sua stessa memoria.
Sapeva solo che...che era ora. Che doveva andare in un posto e per la prima volta nella sua vita, sapeva esattamente dove.
Come se...solo per una volta...gli appartenesse.
Uscì dal dormitorio vuoto e i suoi passi riecheggiarono come un eco. Tutti stavano finendo di cenare, aveva ancora un po' di tempo per la solitudine. Ora che ci pensava, non aveva nemmeno mangiato.
Si passò la mano sullo stomaco, sorpresa. Ma tu guarda, allora era vero quello che si diceva in proposito...influiva pure sulla fame...
Le venne da ridere e, immersa in quella splendida sensazione, cominciò a salire innumerevoli rampe di scale.
Saltò gradini incantati, evitò quelle che si sarebbero senza dubbio mosse, evitò un paio di porte finte.
Pazzesco come in sette anni quel labirintico castello fosse diventato così semplice da capire.
Pazzesco come alla fine, le cose vadano semplicemente al loro posto.
Si ritrovò in men che non si dica in cima alla torre Nord del Castello.
L’aria fresca della sera le accarezzò il viso quando spinse la pesante porta di pietra e uscì all'aperto.
Qualcuno camminava sul cornicione. Su e giù, come un gatto...
Si affacciò accanto a lui e chiuse gli occhi.
Era davvero in alto…talmente in alto che le sembrava di poter toccare il cielo con la punta di un dito.
Per una volta, niente vertigini. La sera era finalmente scesa e solo una lingua violetta accarezzava il confine. Il resto era... blu e pieno di stelle, offuscate solo dalla luna, gonfia come una caramella mou.
Era davvero un bel panorama, in fondo. Non c'era spazio per le vertigini.
“Non ti sei fatta vedere a cena, rossa.”
“Non avevo molta fame…” mormorò, fissando avanti a sé.
James Potter si mise a sedere al suo fianco, le gambe a penzoloni nel vuoto.
Passarono attimi di silenzio.
“Hai trovato...?”
“L’ho trovato.”
“E lui ti ha…?”
“Mi ha raccontato tutto, sì.”
“Bel casino, eh?”
Il tono di voce la costrinse a voltarsi perché lasciava trapelare che James stava sorridendo. E improvvisamente, si era resa conto che aveva bisogno di vedere quel sorriso.
Che le era indispensabile come l'ossigeno. Dannato demone dagli occhi dorati...
“E' stato un gesto incredibile da parte tua.” mormorò, seria. “Sei...James, tu sei... sei buono!”
“Sempre questo tono sorpreso...” rise lui, sotto i baffi. “Prima di dirlo, dovresti aspettare di sentire il resto.”
“C'è un resto?”
Lui alzò gli occhi al cielo, fissando l'immensità con aria serena.
“Sono un Incantatore.” disse, cercando di trattenere l'impulso di osservare la sua reazione. “Ciò significa che tante più persone mi sono vicine, tanto più divento potente. Mi nutro di loro, in un certo senso. Certo, non come farebbe un Lupo Mannaro o un vampiro, tuttavia...questa cosa...mi ha sempre disgustato, un po'.”
Lily rimase in silenzio per qualche minuto, cercando di riflettere con calma. Sapeva già quello che gli avrebbe detto, perché era lei, era lei quella profondamente buona lì dentro.
“Tanti ottimi Leader sono stati Incantatori.” obiettò infatti, con voce ferma. “E non si tratta di rubare qualcosa agli altri ma...di essere più forti quando si è circondati da chi si ama. E' una cosa che capita a tutti, James, solo che a te evidentemente succede un po' più forte degli altri...ed ora si spiegano tante cose, però non c'è davvero nulla di male.”
“Sono irresistibile, Lily, e non in un senso positivo. Ammalio le persone, è come se non riuscissero a starmi lontane.”
“Si chiama carisma. Hai più carisma di altri...”
“No, non lo è. Gli altri non se ne accorgono, ma io So che non lo è. Lo sento, cosa faccio alle persone.”
Improvvisamente, il suo mantello si aprì in un'onda nera mentre lui balzava giù...e le si avvicinava di scatto, facendole esplodere il cuore nel petto.
Si trattenne vicino al suo viso, dolorosamente vicino, e la fissò negli occhi con un'intensità tale da trapassare l'acciaio.
“Tuttavia, ultimamente al mio potere è successa una cosa strana.” sussurrò, reprimendo i brividi sulla pelle. “Quando tu mi sei vicina, mi sento invincibile. E le mie qualità di Incantatore...le percepisco, sai? Sento che si quietano, come se fossero saziate appieno, come nemmeno cento persone saprebbero fare. Quando ci sei tu, vicino a me, non ho bisogno di nessun'altro.”
Lei deglutì, arretrando leggermente fino a sentire la pietra contro la schiena.
“P-perchè...?”
“Lo sai, perché. Lo senti anche tu, per cui dillo.”
Sei il mio Famiglio...” sussurrò lei ed improvvisamente non riuscì più a guardarlo in faccia. In qualche modo, si vergognava. Come se...come se stesse chiudendo la serratura della sua gabbia. Come se stesse facendo scattare le catene lungo i suoi polsi.
Lui, così libero...ora legato a lei in quel modo.
Aveva passato tutta la giornata a pensare a quanto fosse stato ovvio, a quanto fosse stata sciocca a non voler vedere. Ma James...James era un umano, non un animale. E lei...
“Mi dispiace...” balbettò, mordendosi le labbra. “James, se esistesse un modo per...salvarti, per liberarti da questo io...”
“Liberarmi?” lui si sorprese, poi scoppiò a ridere. “Lily, io non posso essere liberato...io non voglio essere liberato! Non lo capisci, Rossa? Non sono legato a te perché sono il tuo Famiglio! Sono il tuo Famiglio perché mi sono legato a te! Perché sono fottutamente, follemente e disperatamente innamorato di te da quando aveva undici cazzo di anni!” che sensazione fantastica, pensò, alzando la voce. Che sensazione fantastica poterglielo dire. Facile come respirare, ora... “Ho lottato per tutto questo tempo contro una cosa che era semplicemente inevitabile ed ora che l'ho accettata, quando ho capito di amarti e di volerti proteggere, è come se tu mi avessi salvato da...beh, da una strada terrificantemente in discesa e un destino che dovrebbe volermi giusto e onesto e che invece mi ha bastardo ed egoista. Ed è ok, sai? Sono stufo marcio di dover fingere di essere quello che non sono. Sono egoista e ti amo!”
Rimase così, ansimante, senza rendersi conto di averle afferrato le spalle.
Anche Lily ansimava, adesso, e anche se aveva capito solo in parte quello sproloquio assurdo, c'erano cose che davvero non avevano bisogno di ulteriori spiegazioni.
“James… io…” ansimò, sentendosi il sangue diventare di fuoco dentro le vene.
“Va tutto bene, Rossa.” La interruppe lui. “Sono successe tante cose troppo in fretta e ti do tutto il tempo per riflettere. Sappi solo che la mia opinione non cambia. Continuerò ad amarti anche fino a quando diventerò vecchio e decrepito, stanne certa!”
Gli mise una mano sulla bocca per zittirlo, sorridendo e guardandolo finalmente negli occhi.
“Ho già pensato, James.” Si avvicinò, con sguardo serio. E ciò che disse spazzò via ogni altra cosa al mondo. “Io voglio stare con te.”
“Oh.”
“James...James, respira!”
Lei alzò gli occhi al cielo, mentre lui la guardava come se avesse ricevuto in faccia un bolide particolarmente potente.
“Dio, non posso credere di averlo detto davvero!” si lamentò, fingendosi disperata, e lui sorrise.
Passarono ancora attimi di silenzio piacevole.
Rimasero così, ad assaporare quel fiume caldo che aveva iniziato a scorrere tra di loro, sotto la pelle.
“Sarò meglio andare a mangiare.” disse lui infine, mettendosi le mani in tasca.
Fece per incamminarsi, ma Lily lo prese per un braccio.
“James!”
“Sì?”
Doveva chiederglielo.
Quella domanda l’aveva tormentata per tutto il giorno.
Si scoprì stranamente malinconica, mentre lo chiese.
Adesso…adesso cambierà tutto, non è vero?”
Lui ne rimase sorpreso, però poi sorrise ancora.
“Solo alcune cose.”
“E cioè?”
Le prese il polso, attirandola a sé. Godette di ogni centimetro del corpo di quella dannata che premette contro di lui, del suo respiro contro la pelle, del suo odore delicato di fiori che lo invase come una malia a cui non sapeva resistere.
Lei alzò il viso per fronteggiarlo e si sentì schiavo di quelle giade che aveva incastonate fra le ciglia, quasi spaventato all'idea di doversene prima o poi staccare.
“Per esempio … che non passerò due secondi senza baciarti, Rossa!” cinguettò, tutto contento.
La vide arrossire ma sostenne lo sguardo, fiera come una regina. Lui ghignava, sperando di non farle sentire quanto cazzo tremasse dentro.
“E che cosa ti fa credere che te lo lascerò fare, Potter?” chiese la ragazza con aria furbetta, inarcando un sopracciglio.
“Semplice. Perché tu sei inesorabilmente e inevitabilmente attratta dal sottoscritto!”
La vide scoppiare a ridere, improvvisamente al culmine della felicità.
“Sarà meglio tenere questa cosa nascosta per un po, agli studenti di Hogwarts!”
“E perché?” le chiese, curioso.
“L'eroe della scuola e la sua acerrima nemica Prefetto, insieme…non ci lasceranno stare due secondi!” supplicò lei, con aria tragica. “Mandy è pazza, James, è capace di rinchiudermi nelle segrete e farmi cantare col Veritaserum!”
Non era tanto lontano dalla realtà, in effetti... quella era psicopatica forte...
“Humm…sì, hai ragione. La cosa rimarrà nascosta per un po’!”
Quello che nessuno dei due aveva considerato, un po' troppi impegnati sulla via della tramontana per rifletterci su, era che non erano gli unici a sapere.
E che con i Marauders, i guai vengono sempre in anticipo.
Non riuscì nemmeno a finire la frase... che sentirono dei botti assordanti alle loro spalle, mentre una luce accecante illuminava il cielo a giorno scagliando le loro ombre ancora strette lunghe sul pavimento.
Si voltarono stupefatti e rimasero a bocca aperta.
Nella notte, incorniciata da innumerevoli fuochi d’artificio, brillava una enorme scritta d’oro.

 
"LILY EVANS E JAMES POTTER


FINALMENTE SONO UNA COPPIA!"




“Ma…ma…” balbettò Lily, il cui viso passò da tutte le tonalità di colore possibile.
“La cosa dei fuochi d'artificio è sfuggita di mano a Sirius…” sospirò esasperato e divertito James. “Dovevo aspettarmela una cosetta del genere...”
Lily scoppiò a ridere senza ritegno, sempre più convinta che non avrebbe dovuto stupirsi più di niente.
“E così addio all’effetto sorpresa!”
“Qui inizia la nostra nuova vita Lily Evans. Sei pronta ad affrontarla?” James finse un'aria solenne.
“Prontissima, Potter.” Confermò divertita la ragazza. “E so anche come iniziarla per bene, ovvero ammazzando il tuo migliore amico!”
“Ti darò una mano!” sghignazzò quello.
“Forza allora! Non c'è nascondiglio di Hogwarts che tu non conosca, no? Prima o poi lo staneremo!”
Lily si voltò, imitando in modo buffo una vera e propria marcia militare quando James le prese il braccio...e di nuovo l'atmosfera cambiò.
Sentì il respiro fermarsi in una dolce apnea quando lui la fece girare e le passò un braccio dietro la vita, stringendosela addosso...in un modo diverso, questa volta.
E lei non si tirò indietro. Si lasciò...semplicemente andare nella folata di vento.
Ma quando le loro labbra furono a pochi millimetri, James si fermò. Come se avesse paura...di non ricordare abbastanza dettagli di quel momento. Come a imprimerlo nella sua memoria nel miglior modo possibile. Per sempre.
La pelle le splendeva sotto la luce dei fuochi d'artificio come una perla preziosa. Il bisogno di toccarla si fece quasi irrazionale.
Premette i polpastrelli contro il profilo della sua mandibola, dei suoi zigomi, delle sue labbra improvvisamente gonfie, assaporando ogni più impercettibile movimento delle sue dita contro di lei, ogni scia ardente che sembravano lasciare su quella pelle così bianca che si arrossava in modo incredibilmente reale laddove la sfiorava.
Le passò poi lungo il collo seguendo tutto il profilo vedendola rabbrividire, e fu piacere puro quando le dita si infransero tra i suoi capelli lisci e freschi come da tempo sognava segretamente facessero.

Più vicina, la voleva ancora più vicina…Sarebbe morto se non l’avesse baciata in quel momento…

E Lily lo sentì premerle dolcemente sulla nuca e capì che da quel vento non sarebbe mai più potuta scappare.
Che un posto a cui appartenere lo aveva sempre avuto...ed era ovunque ci fosse lui.
Sentì il suo profumo incredibilmente buono entrarle fin dentro le vene, percorrere tutto il suo corpo come una scarica elettrica quasi dolorosa...e le labbra del capo dei Marauders pigiare esitanti, morbide e incandescenti contro le sue.
Fu dolce e delicato, all'inizio.
Poi...tutto esplose, tutto divenne luce. Il calore divampò come un incendio, irradiandosi da quel sfiorarsi teneramente la bocca.
Avrebbe voluto trattenersi, James Potter, ma a pochi soffi da lei perse del tutto la lucidità. Il brivido che gli percorse la schiena ebbe la capacità di ustionarlo.
Lily stava tremando, sotto le sue dita.
Era finalmente…lì, con lui.
Aveva vissuto solo…solo per attendere quel momento.
Solo per poterla stringere, solo per poterla baciare e...e l’amava, dannazione.
L'amava come non avrebbe mai potuto amare nessun altro al mondo.
E saperlo, finalmente...gli parve come di rinascere.
Gli sembrò che tutti gli altri baci che aveva dato a ragazze senza volto e senza nome…non fossero stati veri baci. Con lei appariva tutto nuovo, inesplorato...puro.
Lei non era come le altre. Lei lo mandava fuori controllo.
Nessuna l'avrebbe mai fatto bruciare in quel modo...e quella era davvero una gabbia da cui non sarebbe mai riuscito a fuggire.
La strinse più forte malgrado tutti i suoi buoni propositi e affondò le dita nella sua camicetta, strinse quel tessuto come se vi ci volesse aggrappare e la baciò così forte da farsi male.
Tutto si perse.
Ogni tanto sentiva le sue mani passargli fra i capelli o il bacino inarcarsi in un gesto che era mero istinto, mero bisogno, ma tutto era confuso ora e assurdamente intenso, assurdamente bello e non riusciva davvero a capire più nulla se non che quel bacio esplodeva dentro di lui come un boato assordante.
Non era sporca di terriccio, di sangue, non era spaventata o in pericolo di vita. Era vero, era reale ed era sua.
Quando si staccarono, dopo un tempo infinitamente lungo, entrambi ansimavano senza più un briciolo di raziocinio.
“W-wow.” soffiò Lily, quasi sgomenta.
“Già...” sussurrò James, sorpreso quanto lei da quanto potesse essere potente. Se la tenne fra le braccia, accarezzandola con dolcezza, cercando di riprendere fiato, di riprendere il controllo.
Cazzo, sarebbe stato difficile d'ora in avanti...
“V-volevo solo darti un bacio senza essere in pericolo di vita...” cercò di scherzare, dopo lunghi attimi di silenzio saturo di adrenalina.
“Più...più che giusto...” Confermò lei, con voce bassa e vibrante.
“Lo sai, Rossa?” la stuzzicò lui. “Non me l'hai detto, alla fine...”
“Che cosa?” lei ancora annaspava cercando di riprendersi dal loro bacio, per cui gli rispose piuttosto distratta. Le prese il mento fra le dita, riportandola sul pianeta terra.
“Non mi hai detto 'ti amo'.” cinguettò amabilmente. “Su, dimmelo!”
Non sarebbe saltata su così nemmeno se l'avesse punta un'ape. Lily avvampò, sentendosi il viso in fiamme.
“WAAAAH! Ma che accidenti ti salta in mente, eh?” quasi urlò, spingendolo via in preda all'imbarazzo. Accidenti a lui, voleva davvero vederla stramazzare al suolo?!
Prima quel bacio e poi...si coprì il viso con le mani, cercando di riportare il cuore ad un ritmo decente. Lo sentii ridere, leggero.
“Prima o poi me lo dirai, Rossa! Non avrai scelta!”
“Mi pare di avertelo fatto ben capire...” bofonchiò lei, mentre lui le prendeva la mano.
Che gesto...insolito.
Stranamente dolce. E...nuovo. Intimo...
“Lo so, ma non mi basta.” tubò, perfido. “Se deve cambiare tutto quanto, deve farlo come si deve, no?”
“Sarà davvero strano senza i tuoi scherzi!” esclamò improvvisamente Lily, pensierosa.
“Chi ti dice che non ti farò gli scherzi?!” si sconvolse quello, fissandola incredulo.
“James Potter! Sono la tua ragazza ora!” protestò lei. “Non osare farmi ancora degli scherzi, sai?!”
Lo fissò minacciosa, con un'espressione quasi ricercata, interrompendo la magia che li aveva avvolti un attimo prima.
“Signorina Lily Evans, le giuro che sarò il più grande spasimante romantico e rispettoso che lei abbia mai conosciuto.” esclamò solennemente Ramoso, mettendosi la mano destra sul cuore, come se stesse facendo un giuramento.
Lei sorrise soddisfatta, anche perché sapeva che quel giuramento sarebbe stato infranto di sicuro.
E la cosa la rendeva felice.
Gli scherzi di James erano indispensabili per il suo ultimo anno ad Hogwarts.
Erano sempre stati parte della sua vita, comprese.
LUI era sempre stato parte della sua vita.
James la vide sorridere, incantevole, innocente.
E sembrava così soddisfatta… gli scappò un ghigno.
Non sapeva ancora della biscia finta nel suo letto…

In fondo, non sarebbero cambiate poi così tante cose!

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Capitolo 51
*** Rita Skeeter, inviato speciale! ***




Ciao ragazzi! Scusate il ritardo CLAMOROSO ma questi capitoli mi stanno facendo davvero sudare un sacco! Come ben sapete la storia in realtà è già scritta e finita, ed è semplicemente in fase di ristrutturazione, ma rileggendo il fatidico “dopo” mi sembrava che scorresse tutto troppo velocemente...per cui, mi sono dovuta inventare un modo per rallentare un pochino gli avvenimenti...e il finale di questo capitolo rivelerà il modo in cui l'ho fatto.
Posso solo dire che la tematica di questa piccola interruzione saranno “i dolci”...sperando di riuscire a tirare fuori qualcosa di simpatico prima degli altri innumerevoli colpi di scena. Anticipo già, quindi, che questo sarà un intermezzo molto leggero.
Che dire: vi mando un grande saluto!
Sarah








Nessuno, nelle storie, accennava mai a ciò che succedeva dopo il lieto fine. Nei libri, quando finalmente la felicità giungeva, ci si fermava.
Come se nient'altro fosse altrettanto importante. Come se l'esistenza intera avesse concluso il suo ciclo vitale.
Nessun accenno al dopo. Allo sbalordimento, alla sensazione di aver appena ricevuto un bolide dritto in faccia, allo... schianto.
C'era il bacio, l'atto finale...e poi più niente.
Ma nella realtà si andava avanti.
C'era sempre il giorno dopo...e forse, sarebbe stato utile una qualche istruzione su come affrontarlo perché in quel momento si sentiva così febbricitante e stordito da non riuscire nemmeno ad emettere un suono, figurarsi ad affrontare il domani.
Pensava a questo James Potter mentre, una volta salutato Lily con un insolitamente impacciato “Ciao.”, saliva le scale con estrema lentezza, quasi meccanica, e l'espressione persa.
Un dannato ameba, ecco quello che sembrava.
Ma l’aspetto esteriore non raffigurava ciò che sentiva dentro di sé.
Al contrario, era l’esatto opposto.
Bruciava.
Bruciava d’adrenalina tanto da tremare.
Era un tipo di tremore diverso da quelli a cui era abituato. Una sorta di estasi febbrile. Piacevole...sano.
Lasciare Lily per adempiere ai più basilari compiti fisici come 'dormire' era stato difficile come strapparsi in due.
Si era allontanato da lei da soli pochi minuti e già si sentiva teso, già lottava contro il bisogno di girare i tacchi e tornare a baciarla ancora, e ancora...
Per questo ci mise qualche istante prima di concretizzare che la stanza era nel buio totale e ancora qualche altro secondo a stupirsene.
Non potevano essere addormentati...non con tutto quello che a lui frullava nella testa in quell'istante, che non riusciva a contenere e che sicuramente strabordava dentro i Marauders come uno tsunami in piena!
Batté gli occhi una, due volte, confuso.
Poi sentii un vago sentore di pericolo.

“ECCOTI QUA BRUTTO DON GIOVANNI!”

“Argh!”
Quasi gli venne un colpo quando qualcuno lo afferrò da dietro con un certo impeto e, due istanti dopo, lo scaraventò sul letto con forza tale da farlo rimbalzare sul materasso!
Se non fosse stato per le luci, che accendendosi improvvisamente rivelarono il volto di Sirius Black, il povero Grifondoro avrebbe pensato ad un maniaco sessuale con qualche problemino al cervello!
Comunque, considerò vedendo il sorriso vagamente squilibrato dell’amico, forse non c’era neanche tanta differenza...
“P-PADDY!”
“Aha! Losapevolosapevolosapevo!” Ruggì lui, dandogli una manata sulla schiena che praticamente lo buttò con la faccia nel cuscino.
Boccheggiando senza fiato, si ritrovò stritolato dalle braccia del suo migliore amico che si avvolsero attorno al suo collo con la delicatezza di un elefante.
“Allora, mascalzone! Alla fine ce l’hai fatta! Ce ne hai messo di tempo! Aaah stavo perdendo la pazienza con te…ma lo sapevo, lo sapevo che sarebbe finita così! A proposito…belli i Fuochi, eh?”
“Sta diventando viola...” analizzò Peter, guardando la sua faccia con un ghigno mentre quell'animale di Black gli scompigliava la chioma con la mano chiusa a pugno e gli chiudeva ogni possibilità di ricevere ossigeno.
“Sirius, non ammazzarci il bell’innamorato, per favore.” sorrise mestamente Remus dall'altra parte della stanza.
Sirius non era proprio un principino, quando si trattava di prese...
“Racconta tutto allo zio Felpato, Jamie…” gli sorrise, con sguardo psicotico.
James gli gettò una occhiata da sotto il suo avambraccio, cercando di recuperare un briciolo di decenza.
No, decisamente nessuno nei libri accennava mai al dopo...
“Nemmeno sotto Cruciatus.” Proferì, con tutta la dignità di cui poteva usufruire in quel momento.
“Andiamo! Non fare il fesso! Sono o non sono il tuo migliore amico? Eh? Eeeeh?”
Lupin, sospirando, lo afferrò per la collottola come avrebbe fatto con un labrador disubbidiente segnando la fine della sua tortura.
Da qualche parte, nascosto da quello straripare di felicità, avvertì il sapore dei suoi pensieri.
La stanza si fece di nuovo silenziosa, l'atmosfera impacciata.
Il senso di colpa e il dolore saturavano l'aria come una nube tossica.
Potter si ricompose, con calma.
“James...” mormorò il lupo, ma fu incapace di dire altro. Aveva quasi ucciso la ragazza che amava. Aveva quasi ucciso lui.
Come si risolveva, una cosa così?
Nonostante le parole di Lily, di Tonks, sapeva che era giusto cercare di allontanarsi. Metterli al sicuro, porre fine a quel vincolo così disperato, mettere da parte il suo egoismo e lasciarli andare. Lo sapeva. Ma...
Abbassò lo sguardo, mentre Potter si sollevava...e in modo affettuoso lo colpiva con un pugnetto sul capo.
Serrò le mandibole, arrossendo sotto lo sguardo sardonico dell'altro.
Con la mano ancora sulla sua testa, il viso di Ramoso si aprì in un sorriso luminoso.
“Non disubbidire più al tuo Alpha, Lunastorta.”
Risollevò gli occhi chiari, scontrandosi con i ghigni degli altri, con il viso pulito e sereno di James...e con l'ondata di calore che gli riversò addosso, così piacevole da farlo arrossire ancora di più.
Riabbassò lo sguardo in fretta, stringendo le labbra e artigliando i lembi del lenzuolo fra le dita.
Non ci fu bisogno di dire nient'altro. Non avevano mai avuto bisogno di troppe parole.
E quel senso di devozione imbarazzava un po' tutti, per cui tornarono a riconcentrarsi sul far vergognare solo James.
“E allora!” saltò su Peter in fretta, dopo essersi schiarito la gola. “Mi spieghi com'è che tu e Lily siete passati dal cercare di accoltellarvi al limonare sulla terrazza?”
“Ho un fascino segreto…” sorrise quello, con l'aria di chi la sa lunga.
“Che tradotto, significa: ha preso un colpo alla testa più forte del normale!” sghignazzò Minus, mentre Sirius tornava all'attacco.
“Oh, non vedo l'ora di imbarazzare la scimmia...gliel'hai detto che è come se avesse limonato con tutti e quattro?” ghignò, sfregandosi le mani. “Dio, sarà divertente...”
“Sirius!” lo rimproverò Remus sconvolto, mentre James alzava gli occhi al cielo.
“Guarda che vuole già ammazzarti per la storiella dei fuochi d'artificio...sempre che non ti stenda prima io.”
“Sbruffone! Guarda se non mi racconti tutto succederà una guerra, eh?” esclamò quello, felice come un bambino.
“Ah! Devi solo provarci!” lo provocò James.
Sirius andò di filato a prendere un cuscino.
E si avvicinò con un ghigno, tenendolo alto sopra la testa.
“L’hai voluto tu…”
“Oh no, ragazzi non di nuovo!” sbuffò Remus, esasperato. “Siete dei bambini. Comportatevi civilment…”
Non finì la frase.
Un cuscino lo beccò in piena faccia e lo fece cadere all’indietro.
Il Dormitorio risuonò di risate, da qualche parte nella stanza accanto Paciock tirò una bestemmia facendoli sganasciare ancora di più.
Remus si rialzò, furibondo.
“COME VI SIETE PERMESSI?!” tuonò, saltando loro addosso e scaraventando una bomba di piuma d'oca dritto sulle loro teste.
Peter ne incantò uno che cozzò nell'aria contro lo stipite del letto riempiendoli di piume, prima di venire a sua volta sepolto sotto quelli di Black...e di lì a poco la guerra prese piede.
Paciock continuò a bestemmiare...e James Potter, ridendo di cuore, si rese conto di una cosa davvero banale.
Non importava di quale libro si trattasse, o di quale lieto fine.
Nel “dopo” dovevano esserci per forza degli amici.




Ma mentre il Leader dei Marauders si lasciava avvolgere da un dolce senso di fratellanza e mentre Lily Evans crollava tra le lenzuola senza riuscire a smettere di sorridere, qualcun altro quella notte aveva la piena consapevolezza che niente sarebbe stato più lo stesso.
Nel corridoio regnava il tenue suono di gocce che cadevano a terra.
Gocce rosso rubino che colavano fra le vene pallide di una mano chiusa a pugno e morsicata a sangue.
Ma nemmeno il caldo dolore dei suoi stessi denti affondati nelle nocche riusciva a distrarre Severus Piton dall'agonia del suo cuore in frantumi.
Osservava fuori dalla finestra con gli occhi vacui di un morto...una scritta luccicante e gonfia che andava spegnendosi lentamente fra le stelle.
Uno scherzo di Black, probabilmente. Ed una realtà che finalmente diventava reale.
Sul viso pallido l'espressione attonita dei sopravvissuti al peggiore dei traumi. Di chi avrebbe preferito morire.
Erano passate ore, ormai, da quando aveva visto. Da quando un coltello gli era affondato nell'anima, straziandola, riducendola in brandelli.
Da quando il cammino si era dipanato davanti a lui con sconcertante chiarezza, come un pezzo di puzzle finalmente al suo posto.
Un puzzle da incubo, certo. Una discesa dritta negli inferi.
Ma niente importava più. Niente, se non quel nido di serpenti nel petto che facevano scempio dell'ultimo frammento di umanità che gli era rimasta.
Serpenti...
Un fremito leggero scosse Severus Piton mentre la pelle del braccio iniziava a fiammeggiare.
Era stato così facile, pensò amaramente, senza avere il coraggio di guardare. Come se quell'uomo fosse davvero in grado di leggere i cuori delle persone.
Non aveva avuto fretta. Le sue spire si erano avvolte lentamente, piano piano...fino a quando non si era più sentito una preda.
Fino a quando...non aveva desiderato che lo stringessero. Era allora che era comparso.
Era allora...che guardando il riflesso nel vetro della finestra aveva visto non più Severus Piton ma il suo viso, i suoi occhi oscuri ed il ghigno di chi sapeva già la risposta alla domanda.
Nessun obbligo. Nessuna imposizione. Solo una scelta...
“Lo vuoi?” aveva mormorato con dolcezza, mentre la scritta, lo stupido scherzetto di Black rifulgeva oltre il suo profilo.
“Sì.” aveva sussurrato Piton, con occhi febbrili e voce smorzata, intrisa di disperazione.
Perchè Lily Evans era ora di James Potter e niente al mondo importava più.
E lui aveva riso...oh, se aveva riso. Rideva ancora quando Hogwarts stessa si accorse della sua presenza nel vetro e lo cacciò via, vibrando di magia all'interno della pietra, dei muri, dell'aria, costringendolo ad arretrare, a scomparire.
Troppo tardi, però.
Piton indossò il cappuccio, serrando a chiave ogni cosa dentro di sé...e voltando le spalle alla notte che aveva segnato l'inizio della sua fine.
Il bruciore sarebbe rimasto, però. Lo sapeva. A monito.
Ormai era suo.
Ma l'incantesimo di camuffamento stava già facendo effetto.
Il marchio nero, sulla sua pelle, stava già iniziando a scomparire.







Come ci si risveglia da una notte così? Come ci si risveglia la mattina dopo aver baciato il proprio acerrimo nemico, dopo averlo stretto, dopo aver capovolto tutto quanto l'universo?

Beh, ma è naturale. Con un attacco di panico.

OH CAVOLO!” urlò Lily Evans svegliandosi di colpo e balzando a sedere con gli occhi sgranati nel giro di mezzo secondo.

OH CAVOLO!” Urlò James Potter, svegliandosi nel medesimo modo.

Ed entrambi, quasi contemporaneamente, si scontrarono con qualcosa che NON avrebbe dovuto trovarsi nel letto... e che segnò l'inizio perfetto di una perfetta giornata di guai.






CLICK! CLICK! CLICK!

Furono dei rumori secchi a distogliere James Potter dal principio di crisi che gli stava per fare battere il cuore forte come un tamburo.
Un peso all'altezza dello stomaco.
Un'accecante sequenza di luci e flash sparaflesciati nelle sue povere pupille ancora appannate dal sonno spezzato in tronco, che lo tramortirono peggio di un pugno sul naso.
Per un attimo, l’unica cosa che apparve nel suo campo visivo fu una filiera di tante e piccole stelline colorate.
Poi, il riflesso altrettanto accecante di un sorriso talmente grande da sembrare inumano.
“BEN SVEGLIATO!” esclamò una voce squillante.
Ma cosa cazz...!
Il cuore gli sprofondò nelle viscere mentre il peso sullo stomaco assumeva una sorta di...consistenza.
Cazzo, c'era qualcuno sopra di lui!
“Ma che diav…!” strillò stralunato, mettendosi una mano davanti agli occhi.

CLICK! CLICK! CLICK!

Altre luci.
Altre stelline.

“HEY, BASTA!”
Cercò di alzarsi a sedere ma il peso sullo stomaco glielo impedì...assieme al fatto che aveva appena visto cosa era quel peso e che, avendolo ammazzato di spavento, lo indusse a riscaraventarsi all'indietro.
Stava quasi per sbattere contro una…una ragazza.
Una ragazzina a quattro zampe su di lui, che brandiva una macchina fotografica grande quanto la sua faccia e che gli sorrideva come se fossero ad un cazzo di picnic.
C’era una ragazza nel suo letto!!!
“Buongiorno James!” trillò quella. “Scusa se ti ho svegliato così in malo modo, ma non potevo permettermi di non scattare qualche foto ad uno dei ragazzi più carini della scuola mentre dormiva!”
Spostò la macchina fotografica dal viso, smettendo finalmente di cliccarci all’impazzata.
“ARGH!”
Trasalendo, James si ritrovò a dimenarsi sotto la presa d'acciaio delle sue gambe fino a raggiungere una distanza di sicurezza dall'altro lato del cuscino, da dove la guardò con occhi a palla, a dir poco senza parole.
Aveva uno scarno viso da volpe, contornato da corti e biondissimi boccoli che le accarezzavano gli zigomi aguzzi e un sorriso così accecantemente bianco che avrebbe fatto l'invidia di uno spot pubblicitario sui dentifrici.
Che per altro non fu per niente scalfito dal fatto di trovarsi sul letto di un ragazzo che si copriva con il lenzuolo fino al mento fissandola come se fosse un alieno.
La voce gli uscì vergognosamente stridula, c'era da ammetterlo.
“E tu chi diavolo sei?!”
Il sorrisetto della pazza si fece malizioso.
“Imbarazzato?” ridacchiò.
Non si spostò minimamente dalla posizione, anzi, si sedette sulle sue gambe, incrociando le proprie. Era vestita di tutto punto, stretta in un tailleur verde acido e profumava tanto da far tossire.
“Lascia che mi presenti…” Enfatizzò, improvvisamente in tono pratico. “Chiamami pure Rita. Rita Skeeter, per la precisione. Inviato speciale del MagiGossip.”
“IL CHEEE?! ”strillò lui, continuando a dubitare se quella era vera o solo uno scherzo della sua immaginazione. Il sorrisetto di lei si ampliò.
“Sei un po’ tardo la mattina, eh? Sto parlando del nuovissimo editoriale di Hogwarts, fondato da me e da un mio assistente in collaborazione con la Gazzetta di Hogwarts. Insomma, una sezione a parte, completamente nuova! Considerala una sorta di rivista specialistica!”
“Una sezione dove sparlate della gente?!”
“Rivista specialistica, James. Su importanti questioni di carattere sociale.”
Ma che diavolo di problemi aveva quella scuola?! Potter ricacciò la testa sul cuscino con un rantolo esasperato. Ci mancava pure la rivista specializzata! Ma non c'era già, poi?! Dannato giornale!
“Ora, dovrebbe essere Marcus quello che fa le foto, appunto, ma per questo scoop ho deciso di venire personalmente...” continuò Rita, guardandosi le unghie perfette.
“Immagino…” bofonchiò l'altro. “Ti dispiacerebbe scendere dal mio letto? Sono fidanzato, sai…”
Cazzo, che strano dirlo. Diventò una statua di sale perso in viaggi mentali e non si accorse minimamente dello sbadiglio che arrivò dall'altro lato della stanza.
“Che diavolo è 'sto casino?” Mugugnò Sirius, tirando le tendine con le occhiaie ed il malumore di chi aveva di nuovo dormito pochissimo. Maledetti incubi...
Sia questa Rita che James si voltarono di scatto, la prima che sorrideva come fosse Natale, l’altro che avrebbe voluto solo filarsela alla svelta!
Inutile dire che pure Sirius divenne di sale nel vederli lì così.
Passò un istante di silenzio teso.
Cazzo.
“Non...è…come…sembra…” biascicò James, atterrito.
Quello non disse niente. Prese a ringhiare. Letteralmente.
“Stai scherzando...” sibilò infine, con la mezza intenzione di ammazzarlo.
“Paddy...!”
“Paddy una sega!” tuonò lui. “Sei fidanzato da nemmeno un giorno! Ma che cazzo fai?!”
“Non ci ho fatto niente!” si affrettò a dire quello, alzando le mani e incassando la testolina arruffata sotto l'ondata di ferocia omicida dell'amico. “Me la sono ritrovata nel letto, giuro! Eddai Sirius, su! Ti pare?! E' pure vestita! Non sto...tradendo o altro! ”
“Oh no, quella è una cosa più da un tipo come te, vero Sirius?” s’intromise la Skeeter, tuffandosi su di lui.
“Il tenebroso Sirius Black, dongiovanni di prima categoria… dimmi, pensi che la tua relazione con la dolce McRanney di Corvonero sia una specie di compensazione, una ribellione per le etichette che ti sono state affibbiate negli anni? Lei lo sa? Cosa ne pensa al riguardo?”
Sirius assunse lo stesso sguardo stralunato di James.
“Hey!” esclamò. “Che cazzo, sono in mutande!”
“Oh!” Cinguettò Rita. “Un paio di Boxer sono più che sufficienti! Non ti facevo così timido! Un lato sensibile, eh? Capita in tutti i duri. Le tue ammiratrici ne saranno informate!”
Il ragazzo si voltò verso Potter, gli occhi sgranati.
“Si può sapere chi diamine è questa pazza scatenata?”
“E che ne so?! Me la sono ritrovata nel letto!” esclamò lui.
“Ve lo già dettooo…” cantilenò lei, divertita. “Sono Rita Skeeter, giornalista e studentessa Serpeverde del quarto anno! Sono venuta qui per il mio primo Scoop! Lily Evans e James Potter, che cosa incredibile!”
“Una...UNA SERPEVER...COSA?!” Annaspò Black, talmente indignato e incazzato da non riuscire a formulare una frase per intero. “I Serpeverde non sono ammessi qui dentro!”
“Come giornalista della scuola ho accesso a tutte le Sale Comuni! Lasciapassare donatomi dal preside in persona.”
“ME NE BATTO LE PALLE!” Esplose quello, fine come suo solito. “Fuori di qui, ORA!”
“Scommetto che Silente lo ha fatto apposta!” Gemette James, nascondendosi metà viso con una mano mentre la dolce vocina di Sirius svegliava di soprassalto anche Remus e Peter. “Scommetto che se la sta ridendo nel suo studio, in questo momento! E' il suo modo di punirci per tutte le stronzate che abbiamo fatto, lo so! Ma perché tutte a noi?!”
“Sirius, se non la pianti di fare casino io...!” sbottò Remus, tirando le tendine con un diavolo per capello, fino a che il suo sguardo parò su Rita. “Ma…e lei?”
Peter, imbarazzato senza che nessuno sapesse perché, cacciò uno squittio e si infilò tra il suo groviglio di coperte, nascondendosi dalla macchina fotografica.
“Dice che è una giornalista della scuola.” Sbottò Sirius. “Ci mancava solo una reporter da quattro soldi. Per di più è Serpeverde!”
Erano le prime impressioni il vero talento di Remus. Riusciva a capire le persone al volo.
E, constatò vedendo gli occhi chiari di quella ragazzina scintillare, ebbe l'impressione che Sirius avesse appena commesso un errore.
La biondina afferrò distrattamente un ricciolo chiaro, tentando invano di lisciarselo.
Sorrise amabilmente, salutandoli con un cenno del capo.
“Oh, ora non sono praticamente nessuno.” Cinguettò, con vocetta acuta, fastidiosa. “Ma da grande aspiro ad associarmi alla Gazzetta Del Profeta!"
“Wow.” Fu l’annoiato commento di Black, che lisciava la bacchetta con aria pericolosa.
Lupin gli posò svelto la mano sul braccio, togliendosi il sonno definitivamente di dosso e inchiodandola con occhi alteri.
“Silente ti ha dato anche il permesso di scattare fotografie senza consenso?” chiese, annuendo alla macchina fotografica che aveva preso a levitare accanto ad una enorme penna dal pennacchio verde che scriveva frettolosa sul taccuino.
Toccò probabilmente un tasto scoperto perché quella fece uno strano scatto con il capo e ridacchiò.
“Giù.” ordinò alla macchina fotografica, che le ricadde in mano smettendo di scattare. “Ora, bando alle ciance...”
Si fiondò su James sbranandoselo con gli occhi, ardenti di curiosità.
“Tutti noi abbiamo notato che quest’ultimo anno tu e la Prefetto siete stati molto più uniti e intimi degli anni scorsi. Come vi siete dichiarati tu e la Evans?”
“Cosa?! Hey, aspetta...!”
“Come sei riuscito a conquistare la sua fiducia, dopo tutti gli scherzi che le hai fatto? È per colpa tua che lei ha lasciato Michael Aliaset?”
“Non è per colpa mia! Aliaset è un idiota senza cervello!” s’infiammò James, indignato. “E a dir la verità non stavano nemmeno insieme!”
Perchè dio non lo aveva munito di telepatia? Si chiese Remus, sbracciandosi dietro di lei e cercando di inviargli dei segnali ben precisi.
Stai zitto, idiota – voleva dirgli – Non dirle niente!
“Uhu! Ma Lily ha accettato il suo invito al ballo! Lo ha fatto per farti ingelosire? E ci risulta che tu qui abbia un flirt con nientemeno che Liu Chang, la fornitrice della scuola! Lei sostiene che Lily ti abbia stregato! E’ vero?”
“Ma no! Certo che no!” Si spazientì il Grifone, facendo per aggiungere altro ma venendo intercettato dall'occhiata omicida di Lupin e finalmente afferrando il concetto. “Ehm...e comunque non risponderò ad altre domande. Queste sono cose private!”
Aah, la manna dal cielo!
Remus sospirò impercettibilmente, stupendosi nell’apprendere che James Potter, tutto sommato, un cervello ce lo aveva.
“No problem.” Canticchiò la Skeeter, indifferente. “Ho abbastanza materiale.”
“Ma se ha detto due parole messe in croce...” Fece notare con gelida cortesia Remus, attirando l’attenzione della mocciosa.
Quando la bionda si voltò a fissarlo, l'aria parve riscaldarsi nel giro di mezzo secondo.
“Ti vedo provato, Lupin! Erano tutti molto preoccupati la scorsa sera, quando sei stato male... possiamo sapere che cosa ti è capitato?”
Non le lascio finire la frase. Abbatté una mano sullo stipite sopra di lei, scoccandole un'occhiata che difficilmente si vedeva sul suo viso.
La maschera di cordialità finalmente le scivolò via di dosso e la ragazza arretrò di scatto, impallidendo sotto quello sguardo mortifero, gelido.
“No.” sibilò Remus, quasi ringhiando. “Ed ora è meglio che te ne vai, Rita.”
“Ora basta! Fuori di qui!” sbottò Sirius, agguantandola per un braccio e trascinandola verso la porta senza tante cerimonie. “Te l'ho già detto, qui i Serpenti non sono ammessi!”
“Come osi? Giù le mani! Cristhine lo sa che sei cosi manesco? Su di lei hai mai alzato le mani?”
“F-U-O-R-I!!!” ruggì quello spettinandola con la sola forza dell’ugola, e le sbatté la porta in faccia.
Si lasciò cadere di schiena su quella legnosa superficie e sospirò, alzando gli occhi al cielo.
“Speriamo non becchi Paciock sulla via verso l'uscita, o la ritroviamo fatta a fette.” commentò James, nel silenzio che si era creato.
“Chissene, un Verde-Argento in meno.”
Peter rispuntò da sotto le coperte.
“E’ andata?” chiese, mentre Black lo guardava torvo.
“Sì Codaliscia, grazie per il tuo sostegno, comunque!”
“Io odio le foto! Non voglio che me ne si facciano! E poi mi sono imbarazzato!” borbottò Peter, rificcandosi sotto le lenzuola che divennero di nuovo come un enorme involtino.
Quel ragazzo era preoccupante.
Ricadde il silenzio, ma solo per un breve istante.
“Non avranno fatto sul serio una stupida rivista sui pettegolezzi scolastici, vero?” uggiolò James, disperato.





Le sue labbra sapevano di James Potter.
Fu questa la prima cosa a cui pensò Lily Evans, quando i suoi occhi si spalancarono di scatto come quelli di una bambola ed il cuore iniziò ad esploderle tra le costole.
Balzò a sedere con la stessa imprecazione del leader dei Marauders, il viso sconvolto, la bocca spalancata in una “O” perfetta e un principio di attacco di panico.
Perché lei, proprio lei , stava pensando nell'innocenza del dormiveglia a quanto quel sapore fosse buono, a quanto fosse stata prima dolce e poi travolgente quella bocca morbida e calda pigiata sulla sua e a quanto – se ne rendeva conto solo in quel dannato momento – il viso di James Potter, il suo peggior nemico, fosse dannatamente bello, così assurdamente perfetto che solo a ricordarne la vicinanza il suo corpo faceva una cosa strana come riscaldarsi da solo.
E niente di tutto quello dava una mano con il suo boccheggiare isterico. No, quello che paradossalmente aiutò a fermare l'iperventilazione fu qualcosa di disgustosamente viscido che le accarezzò un piede nudo dal fondo del letto.
Con uno scatto si alzò a sedere, ritirando i piedi da quel gelido contatto.
Qualcosa si muoveva la sotto.
E, lentamente, Lily Evans sollevò le coperte.

“EEEEEEEEEEEEEEEEEK!”

Le sue compagne di camera balzarono come petardi dai loro cuscini e uscirono immediatamente dalle tendine, spaventate.
“Lily!” biascicò Molly tutta arruffata, togliendosi la mascherina con i cuoricini dagli occhi.
“MOLLY!” strillò quella, balzando giù dal letto più veloce che poteva e ammazzandole di spavento. “MOOOOOLLYYYYYYY!”
Cadde di sedere sul pavimento duro, cercando di liberarsi dalle lenzuola che si erano attorcigliate ai suoi piedi.
“Che succede?!” imprecò Monique, scostando le tendine. “Lily? Che hai?”
“C’E’ UN SERPENTE! UN SERPENTE NEL MIO LETTO!”
Gli occhi allarmati delle sue compagne ricaddero sul materasso, dove un lungo e strisciante animale si divincolava sul copriletto.
Vi fu un grido generale che fece tremare le fondamenta della scuola: le Grifondoro iniziarono a strepitare ed a salire in piedi sui propri letti, o sulle sedie, o su qualunque cosa fosse ad un certo livello dal suolo.
In tutta quella baraonda, l'inquietante invasore scomparve alla vista generando ancora più il panico.
“Dove accidenti si è cacciato?!”
“E' velenoso quel coso?!”
“Mi è sembrato di vederlo sotto le lenzuola! Ho visto qualcosa muoversi!”
“Porco mondo, è gigantesco!”
“CI PENSO IOOO!”
Molly agguantò la scopa e, armata di determinazione Grifondoro, iniziò a colpire il materasso come una forsennata.
Con il risultato che, quando beccò il serpente, lo fece saltare in aria.
Le grida delle ragazze divennero più acute di quelle delle maridi, fino a che…
“VIRGANDIUM LEVIOSA!” si stufò Lily, puntandogli la bacchetta addosso e immobilizzandolo vicino al lampadario.
“Presto! Dobbiamo prendere qualcosa in cui metterlo! Lily tu continua a tenerlo fermo!” Alitò Molly, cercando frenetica un bacile. “E non toccarlo! Potrebbe essere una trappola dei Serpeverde!”
“Aspettate!” esclamò lei, incredula. “Aspettate…è finto!”
Il serpente, infatti, fece una rumorosa pernacchia e si accasciò privo di vita.
“Ma…ma…” Pigolò Geky, confusa.
Lily, cauta, lo posò su un tavolino e lo sfiorò con le dita.
Vi fu un brivido generale tra le compagne, ma il serpente rimase fermo.
“E’ di gomma.” Sentenziò la Grifoncina.
Questa volta, ad essere comune, fu un enorme sospiro di sollievo.
Invece Lily si imbufalì come una iena.
Le vene del suo collo si tesero all’inverosimile, mentre il suo viso diveniva scarlatto e i suoi pugni si chiudevano feroci.
Ma brutto...pezzo di...!

JAAAAAMEEEEEES!”





Albus Silente ridacchiò quando un altro barrito da elefante risuonò per le fondamenta della scuola. C'erano mai state mattine tranquille da quando quei marmocchi erano arrivati ad Hogwarts?
Non ne ricordava nemmeno una.
Con ancora l'ombra del sorriso sulle labbra, scivolò oltre la scrivania trattenendo tra le mani una grossa tazza di thé bollente, alla quale aggiunse un ulteriore cubetto di burro di latte di yak.
“Il Po-cha?” si incuriosì un preside dentro un quadro alla sua sinistra. “Devi aver bisogno di energie per darti di prima mattina a intrugli tibetani.”
“Ultimamente sento di averne meno del solito, Phineas.” sospirò malinconico il vecchio mago, bevendone un sorso e rabboccandone subito un altro po', come da tradizione.
“Ti scoccia, non è così?” ghignò quello, divertito. “Non avere il totale controllo. Temi di non riuscire più a proteggere i tuoi studenti come un tempo?”
Silente non rispose. Continuò a bere piccoli sorsi, lentamente, lo sguardo perso nel vuoto.
“No, non è nemmeno questo.” constatò il ritratto. “E' da quando è arrivato quel Dissennatore a scuola che sei diventato strano.”
Il tintinnio della tazza posata in modo calmo ma netto segnò la fine della conversazione.
“Se non ti dispiace, avrei da fare...” mormorò amabilmente, tirando una piccola tendina sulla sua faccia.
“Certo, tieniti pure i tuoi segreti!” sbottò il ritratto, ma non osò più aggiungere altro.
Il Pensatoio sembrò parlare al posto loro, uscendo dal suo scomparto in vetro e scintillando. Il ricordo era già all'interno, lo aspettava.
Quante volte lo avrebbe visto? Pur essendo recentissimo, sentiva di averne il bisogno.
Con un sospiro, Silente vi immerse il capo e in pochi istanti si ritrovò sempre nel suo stesso studio, solo che la luce era diversa. Un altra ora della giornata.
E non era solo: davanti a lui c'era Lily Evans, il viso ancora graffiato, le braccia ricoperte di piccoli lividi e il tormento negli occhi verdissimi.
Si mordicchiava le labbra screpolate mentre l'Albus Silente del giorno precedente maneggiava con cura la sua collana, sottile e pregiata come uno scintillante filo di ragnatela alla cui estremità dondolava un brillante, poco più grande di una goccia, di una lacrima.
Ripassò in sequenza, più e più volte, il suo racconto: come l'aveva trovata, come le aveva salvato la vita in più di un'occasione, la strana dimensione bianca e densa che guariva le ferite...
“Ha corso un grave rischio a tenerla, Signorina Evans. Spero che se ne renda conto.” commentò Silente, mentre lei si rimpiccioliva sulla sedia.
“Mi dispiace...” mormorò, avvampando.
“Tuttavia, posso capire.” continuò comprensivo il preside, mentre lei lo guardava sbalordita. “E' difficile per i giovani separarsi dai pegni dei primi amori.”
La ragazza annaspò, in totale imbarazzo, mentre lui tirava fuori una scatolina di velluto da cui prese un pizzico di polvere nera, lucente come scaglie di ematite.
“E'...è cattiva?” pigolò Lily, prima di sobbalzare quando, versata sopra la polvere, dalla collana si levò una stridente fiamma color sangue ed ebano. “Che significa?”
“Significa che viene dal Necronomicon.” spiegò Albus, facendola impallidire. “Tuttavia, non ho mai sentito di nessun oggetto del genere. Di solito, i pochi cimeli che arrivano fin qui dalla dimensione infernale fanno tutto purché guarire le persone...”
Si era zittito, pensieroso. Da quell'oggetto proveniva davvero un potere incommensurabile...lo percepiva. L'aveva sentito anche quando la luce bianca era esplosa nel cortile della scuola...eppure, i suoi studenti erano vivi solo grazie ad essa. Perché?
“Signorina Evans, devo chiederle di lasciarmi la collana per qualche tempo. Ho bisogno di studiarla.”
La ragazza annuì, sconvolta. La vide sfiorarsi istintivamente la spilla argentata appuntata sulla divisa, come se le scottasse contro il petto.
“Ah, e i miei complimenti per la nuova carica, Caposcuola Evans.”
“La ringrazio, ma per il momento è solo provvisorio...”
“Oh, sono certo che vincerà le elezioni con facilità.”
Non mancò di notare che la ragazza aveva fatto istintivamente una smorfia.
Gli occhi gli scintillarono da dietro gli occhiali a mezzaluna.
“Difficile compito, non è vero? Quello di Caposcuola... non è solo essere ligi al dovere. Serve qualcuno che sappia coinvolgere tutti, una persona carismatica, generosa...”
“G-già.” balbettò lei, senza capire dove volesse andare a parare. Il mago sorrideva.
“Signorina Evans, posso chiederle se è davvero ciò che desidera?”
“E'...è tutto ciò che ho sempre voluto!” aveva esclamato vivacemente lei, stringendosi la spilla con una mano.
Silente aveva adagiato il mento sui dorsi, sporgendosi appena oltre il tavolo.
“Sa, il bello di essere giovani è che si ha tutto il tempo del mondo per essere volubili. I sogni, i desideri, le personalità e a volte, perfino gli amori...niente è stabile. E' affascinante, non trova? E' una fase della vita dove tutto cambia, si aggiusta, lima i bordi...dove si è in costruzione...potrei svegliarmi una mattina desiderando ardentemente delle radici, e risvegliarmi quella dopo desiderando solo delle ali.”
“Professore, io...”
“Ma bando alle sciocche considerazioni di un vecchio!” l'aveva interrotta lui, allegro. “Sono felice che si sia fidata di me e che mi abbia portato qui questa collana prima che potesse farsi male. Farò tutto il possibile affinché possa riaverla al suo collo in tutta sicurezza!”
Lily Evans aveva sorriso.
“Grazie.”
“Solo un'ultima cosa, prima di lasciarla andare. Le avevo già accennato che a breve ci sarà lo Scambio Culturale...”
“Oh, sì. Ospiteremo studenti di altre scuole...” lei diede un'occhiata distratta ai documenti che le aveva passato in mano.
“E alcuni nostri studenti verranno ospitati da loro... ho già un lista pre-compilata che vorrei facesse firmare ai compagni selezionati...”
“Paciock, Alice, Calton...” aveva iniziato a elencare la ragazza, ma a quel punto, Albus Silente riemerse dal Pensatoio.
Non c'era nient'altro di utile in quel ricordo.
Sospirò nuovamente, battendo appena le palpebre e scoccando uno sguardo a una bolla di cristallo. Al suo interno, volteggiava pigramente la catenina di Lily.
Si avvicinò ad essa, sfiorando il vetro con le dita. Riusciva a sentirla...era come se fosse nervosa. Fin dal momento in cui Lily se l'era tolta dal collo...come se fosse viva.
“Cosa sei?” chiese, in un sussurro. Non pensava di doversi ancora porre delle domande, da quando... da quando James Potter, tramite il suo tocco, gli aveva svelato la grande verità, donandogli il potere dell'onniscenza.
Ed invece, a quanto pareva, il tempo era molto più complicato di quanto non pensasse. Pochi solidi pilastri, ma le vie per arrivarci erano ancora tortuose ed oscure...e parecchio più fragili del previsto.
Il ché, decisamente, rappresentava altri enormi problemi sul loro cammino...ma forse, non riuscì a impedirsi di pensare...forse anche un tenue barlume di speranza...







“Rossaaa! Amore mio! Luce dei miei occhi!”
C'era solo una cosa che era ancora peggio degli sguardi e delle risatine che l'avevano accompagnata dal primissimo istante in cui aveva messo piede in Sala Comune.
Ed era vedersi piombare addosso un James Potter euforico e in brodo di giuggiole che, non appena l'ebbe vista, balzò verso di lei con gli occhi a cuoricino con quella che sembrava essere tutta l'intenzione di spalmarsela addosso come una marmellata e, a giudicare dalla sporgenza che avevano assunto le sue labbra, baciarla fino a farla svenire!
“ARGH! VAI TROPPO DI FRETTA, CRETINO!” si ritrovò a strillare la povera Lily Evans, diventando di tutti i colori e piazzandogli una manata dritta in faccia che lo fece ruzzolare via per due metri buoni fino a farlo schiantare contro la parete.
“Hey!” esclamò quello, massaggiandosi la testa e arruffandosela il triplo mentre Peter scoppiava a ridere. “Che ti prende? Siamo fidanzati, no?”
“James, tu davvero non sai dov'è il limite...” sbuffò Remus, alzando gli occhi al cielo e scuotendo il capo, mentre lui ricambiava l'occhiata con aria perplessa e Lily si nascondeva il viso fra le mani desiderando solo sotterrarsi.
“Ci si può cuocere delle uova su quelle guance!” cinguettò Minus indicando la sua faccia a dir poco violacea, mentre Black le si piazzava davanti con un inquietante scintillio negli occhi.
“C-che c'è?” balbettò lei da dietro le sue dita, dimenticandosi pure di ammazzarlo per la bravata dei fuochi d'artificio.
Non le piaceva affatto la luce in quello sguardo...
“Burro di cacao alla vaniglia.” ghignò infatti lui, sadico come il demonio.
“C-cosa?!”
Lui si chinò verso di lei con aria spietatamente confidenziale e si picchiettò la bocca con un dito.
“Te lo eri messo l'altra sera. Ci ho preso, eh?”
“FATELA FINITA!” esplose Lupin, venendo in soccorso e tirandogli un cazzotto dietro la nuca mentre l'anima di Lily usciva letteralmente dal suo corpo in cerca della decenza andata perduta.
“Ma dai! E' così divertente!” ridacchiò quello, facendo per chinarsi di nuovo su di lei con tutto il suo repertorio di battute sconce ma venne fermato da James, che si interpose fra loro piazzandogli una mano aperta sulla faccia e sorridendo lo rispedì all'indietro sbuffando un “piantala.”
Poi la guardò...e quegli occhi d'oro parvero scaldarla fin dentro le vene.
Rimase piacevolmente impietrita e ricambiò il suo sorriso come se fosse la cosa più naturale del mondo quando lui le sollevò con calma il mento con due dita fino a portarla all'altezza del suo sguardo.
“E tu da quando ti imbarazzi così?” ghignò, parlando a voce bassa.
“E tu da quando mi salti addosso chiamandomi in quel modo?” bofonchiò lei, cercando di trattenere il sorriso senza riuscirci mentre il cuore iniziava ad andarle in fibrillazione nel sentirlo così vicino.
“Da quando ho scoperto che ti amo!” ridacchiò tranquillissimo quello, prima di sfiorarle una guancia. “E adoro il modo in cui arrossisci, sai?”
“S-scemo...” borbottò la Grifoncina, stringendosi i libri al petto e sentendosi ardere laddove le sue dita la sfioravano.
Poi si sentirono decisamente osservati e decise di darsela a gambe prima che gli sguardi roventi dei loro compagni li mandassero a fuoco da quanto erano concentrati su di loro!
“Ci...ci vediamo a colazione!” balbettò, sentendolo ridere leggero alle sue spalle.
Accidenti a lui, era troppo...spontaneo!
E quei dannati Marauders...le torture mentali erano solo all'inizio, ne era certa!
Ma come cavolo ci era finita, in quella situazione?
Eppure...si sentiva così stranamente felice...
Quasi non si accorse che stava andando a sbattere contro Cristhine e Tonks fino a quando quelle due, che l'aspettavano davanti al ritratto da venti minuti buoni, non l'afferrarono ciascuna per braccio con un sorrisone che era tutto un programma.
“Vai di fretta, Ev?” ridacchiò birichina Cristhine, mentre lei sobbalzava nella loro presa ferrea.
“R-ragazze!”
“Cos’è successo stamattina? Abbiamo udito la sua SOAVE vocina!” ghignò Ninfadora, schiacciandosi sopra la sua spalla con occhi che scintillavano di malizia.
La ragazza mugugnò qualcosa. Ecco, si era pure dimenticata di incazzarsi con lui per lo scherzetto del serpente finto...
“Litigavi con James?” chiese la Corvonero, fingendo stupore.
“Forse perché lui ti voleva baciare di nuovo e tu non ti eri ancora lavata i denti?” insinuò Tonks, pronta ad esplodere di felicità.
Lily le fissò stralunata, degnandole finalmente della sua attenzione.
“L-lo sapete già?” Pigolò, con un fil di voce.
Le due ragazze scoppiarono a ridere. Tonks esultò urlando e fingendo di spedire un pugno al cielo.
Ok, quella era decisamente una risposta.
Quanta gente lo sa, per l'esattezza?!” iniziò a preoccuparsi la rossa, arretrando allarmata.
“Tesoro, lo sanno tutti!” tubò Cristhine. “Tu e James siete l’argomento più gettonato del momento! Sulla bocca di tutti!”
“Cooosa?! Lo ammazzo Sirius!” si sconvolse Lily, guardandosi intorno.
Era proprio vero. Non c'era studente che non la fissasse!
Molti bisbigliavano con dei sorrisini maliziosi, alcuni, più spudorati, addirittura la additavano. Le marmocchie che avevano creato il loro scemissimo fan club la seguivano passo passo come delle piccole ombre, con tanto di occhietti a palla e gridolini eccitati.
Ma nulla era in confronto al codazzo di oche che di solito pedinava James ovunque andasse: la fissavano come se volessero vederla morta stecchita all’istante, lisciando in modo pericoloso il dorso delle proprie bacchette…
“Io qua ci lascio le penne!” sbottò la Evans, mettendosi le mani nei capelli mentre la McRanney ridacchiava.
“Facci l'abitudine.” cinguettò, per poi abbracciarla di botto, cosa ben strana per una come lei!
“Guardala, la mia bella innamorata! Ce ne avete messo di tempo! Oh, sono così contenta!”
Anche Tonks si unì all'abbraccio, stringendola dall'altro lato.
“Aaallooora…vi siete baciati, no? Dai racconta! Come avete fatto? Eh? Eeeh?”
Lily osservò le facce furbette delle due, sentendosi ormai perduta...ma in qualche modo, quel contatto la inondava di dolcezza. Sembravano così emozionate...
“Ecco...” mormorò, prima di bloccarsi di botto... e realizzare una cosa triste.
Non poteva raccontare loro di Remus… avrebbe dovuto mentire alle sue due migliori amiche.
Quella considerazione le lasciò un pochino di malinconia, perché avrebbe davvero voluto confidarsi con loro. Ma ora, anche lei era in quel giro di torbidi segreti...e nonostante fosse piena di gioia, c'erano anche lati particolarmente spiacevoli.
“Beh… ecco…io…” mormorò imbarazzata. “Io...eh…”
A farla sviare da quell’argomento spinoso fu l’improvvisa comparsa di una ragazzina che si piantò davanti a loro. E fu lì che capì quanto la gente di quella scuola fosse fuori di testa.
Sorriso sinistro, gambe divaricate, braccia sui fianchi... le si smaterializzò davanti talmente in fretta che alla Grifoncina prese un colpo.
“Ti serve qua…qualcosa?” balbettò, sgranando gli occhi all’accecante verde acido del suo Tailleur.
La ragazza continuava a fissarla con quel sorriso quasi maniacale, rimanendo in silenzio.
Non muoveva un muscolo.
Rimase ferma così a lungo che Tonks pensò bene di passarle la mano davanti agli occhi per capire se era sotto Pietrificus, ma la biondina la scacciò come se fosse una fastidiosa mosca.
“Tu sei Lily Evans, giusto?” chiese, con vocetta squillante. “Dovrei farti qualche domandina, se non ti dispiace!”
“Domanda?”
“Rita Skeeter, per la sezione Gossip della Gazzetta.” spiegò frettolosamente quella, mentre la Grifoncina strabuzzava gli occhi capendo di essere fritta. “Ha fatto moooolta notizia il tuo fidanzamento con nientemeno che James Potter, da sempre tuo giurato nemico, a sentire tutti..iniziamo con qualche domanda su di te! Per esempio…come mai passi tutto il tuo tempo in Biblioteca?”
La fissò stralunata.
“Beh…” Rispose, piano, incerta. “E’ che mi piace leggere…e studiare. Tutto qua.”
“Una ragazza molto strana non c'è che dire…”
Iniziava a darle davvero sui nervi! Ma che cavolo voleva?!
“Dipende dai punti di vista.” Chiosò, freddamente.
Poi, quella cominciò a tartassarla con parole a raffica senza nemmeno darle il tempo di dire mezza vocale.
“Ora passiamo alla vostra vita di coppia!” disse, fissandola golosa come un rapace. “Come mai vi siete messi assieme dopo tutto questo tempo? Cosa è capitato nel giardino di Hogwarts? James è stato molto vago su, nel suo Dormitorio…credevo che avere una ragazza nel suo letto fosse una cosa abituale per uno come lui e invece si è sentito molto in imbarazzo! Immagino perché è ufficialmente fidanzato da poco...”
Alt. Cosa?!
“Sei…sei stata nel letto di James?!” quasi ringhiò Lily, incredula.
No, quella Rita non le piaceva per niente! E cos'era quel mostro che le stava divorando lo stomaco? Era...era gelosia, la sua?!
“Oh, non farci caso...” cinguettò lei, vaga. “Allora, molti curiosi vogliono sapere come è successo…sappiamo che un bacio ci è scappato. È successo altro? Che vi siete detti? I fuochi d’artificio erano opera tua?”
La stava stordendo! Ma quanto parlava veloce?
“Senti, tu...!”
“Come riesci a reggere il confronto con tutte le altre spasimanti che ha avuto Potter negli anni? E come avete passato il resto della serata? Nel dormitorio di James? Magari a lume di candela, dicendovi smancerie? Mangiando fragole? Dicono che sono afrodisiache.”
Per un folle istante, Lily si immaginò nel dormitorio di James, a lume di candela e circondati da fragole.
Immaginò i ghigni di Sirius e Peter il giorno dopo, l'imbarazzo di Lupin ed i suoi tentativi di fare finta di non aver sentito nulla quando invece, avrebbero tutti sentito tutto e...
“Waaah!”
Si coprì il viso con le mani, sentendosi andare a fuoco.
“Scusate, devo andare!” sbottò, schizzando via come una saetta e quasi travolgendo un gruppo di primini.
Stupida ficcanaso!
Stupida Skeeter!
Ma erano domande da fare quelle?! Erano troppo personali!
La videro scomparire più veloce di una scheggia con il fumo che le usciva dalle orecchie.
“Che le è preso?” si chiese Rita, sarcastica.
“Se non lo sai tu! Non si chiedono certe cose! SONO PRIVATE!” sbottò Cristhine, stufa marcia di quella cretina e più che propensa a mandarla al diavolo filandosela dietro a Lily, quando un flash gigantesco sparato dritto negli occhi le fece vedere le stelle bloccandola sul posto.
“Tu sei Cristhine vero?” tubò Rita mentre lei strabuzzava le palpebre cercando di rimettere a fuoco. “Cristhine McRanney?”
“S-ì...” balbettò, riuscendo poi a ricomporsi.
“L’amichetta di Sirius!”
“Fidanzata.” Precisò la Corvonero, freddamente.
“Oh, certo, ovvio.” tubò lei senza smentire il suo essere odiosa, e le sbatté fra le mani la Gazzetta di Hogwarts senza tante cerimonie. “È appena uscita l'edizione del mattino, con le interviste ai Marauders. Potrebbe interessare ad entrambe, visto che si parla anche di voi due!”
“Eh? Anche di me?” chiese stralunata Tonks, indicandosi col dito.
“Lupin ti ha baciata, no?” insinuò lei, perfidamente, facendola diventare una statua di sale. I capelli le si tinsero di bianco per qualche secondo, dettaglio che a Rita non sfuggì. Stirò un altro ghigno e le diede la seconda copia del giornale. “…ecco qua! È gratis! Non siete curiose?”
E ridendo e salutandole con la mano, se ne andò. Lasciandole con una sensazione di sgomento...e anche strano desiderio di omicidio!
Si guardarono in faccia. Poi fissarono il giornalino.
Passarono istanti di silenzio.
“Che facciamo?” chiese infine Cristhine.
“Solo una occhiatina!” bisbigliò Tonks.
“Sai che ce ne pentiremo.” sospirò l'altra, ma aprì il giornale... e sbiancando ad ogni parola.




“Quella Skeeter ci metterà i bastoni tra le ruote.”
Remus Lupin tornò esattamente venti più tardi con un diavolo per capello,
piombando tra i Marauders come un avvoltoio e ammazzandoli di spavento.
“Che intendi dire?” chiese James, lasciandosi perfino sfuggire dalle mani il boccino con il quale stava giocherellando in attesa che Peter finisse il suo interminabile soggiorno mattutino nel bagno.
“Ho chiesto un po' in giro, e ha la nomea di diffamatrice.” spiegò Lupin, incazzoso. “Laverne era furente stamattina, dice che detesta l'idea di doverci lavorare assieme!”
“Non ho ancora capito perché non si leva da quel letamaio che chiamano redazione.” borbottò Sirius. “Tanto ormai fanno pappa e ciccia con il Comitato della morale, e stanno diventando sempre più psicotici, quelli!”
“Puoi ben dirlo. Stanno facendo un sacco di foto alla gente, pure mentre sono al gabinetto! Questa cosa della sezione pettegolezzi gli ha dato alla testa...”
“Quindi siamo tutti spiati tipo Grande Fratello?” sbottò Peter, alzando gli occhi al cielo. “Ma bene! Grande! Non fosse per Laverne, avrei già raso al suolo quel cavolo di Ufficio!”
“E ho come la sensazione che abbiamo un problemino.” constatò Lupin, guardandosi attorno mentre attraversavano il corridoio per entrare in Sala Grande.
L’aveva notato benissimo, a dispetto degli altri.
Sguardi.
Dappertutto c’erano sguardi.
E ciò non prometteva niente di buono…specialmente quando notò che la Gazzetta Di Hogwarts serpeggiava sotto il loro naso ovunque andassero!
La materializzazione di tutte le loro paure apparve di lì a poco, quando entrando in Sala Grande furono investiti da una bora micidiale che iniziò a farli sudare freddino, soprattutto quando si ritrovarono davanti Lily, Tonks e Cristhine con l'aria di chi avrebbe voluto commettere un genocidio.
Mani sui fianchi, sguardo di fuoco, gambe divaricate...una posizione da guerra.
“Merda.” si lasciò sfuggire Potter, sbiancando.
“Voi quattro.” sibilò sepolcrale Lily, schiantandogli sul petto la Gazzetta di Hogwarts come se avesse voluto vederla esplodere. “Vi conviene usare una qualche protezione.”
“Cosa?” pigolarono in coro, facendosi poi piccolissimi quando lei iniziò a sbraitare.
"UNA PROTEZIONE MAGICA!" tuonò. “Perché sto per spararvi tante di quelle Maledizioni da…”
“Hey, Hey frena!” s’intromise Sirius. “Che succede?”
“Leggete!” sbottò Cristhine, indicando la rivista con i ricci sparati per aria.
Bastò un'occhiata alle prime righe per stabilire che quella dannata Redazione avrebbero presto preso fuoco.
Innanzitutto, nella presunta intervista di James si accennava ad una vera e propria notte di fuoco con Lily Evans e vari commenti su come fosse stata presa nel sacco, “addomesticata” era la parola esatta, ma la cosa più oscena era che quella dannata mocciosa sembrava aver dipinto esattamente il James Potter di qualche anno prima, con precisione millimetrica.
Strinse la pergamena fra le mani mentre il ritratto del bastardo che era stato venuta fuori con la medesima arroganza di allora!
Si mise le mani nei capelli, scoccandole un'occhiata allucinata mentre lei lo mangiava con gli occhi, e non nel modo in cui avrebbe voluto!
“Non ho mai detto una sola parola di quanto scritto!” si difese, sbalordito, passando di mano il giornale a Black che sbiancò nello stesso identico modo quando lesse varie porcherie sul fatto che lui considerava la Mcranney come una ribellione contro i Black e, cosa più agghiacciante, un fantastico resoconto di un costosissimo guardaroba segreto che le avrebbe fatto recapitare direttamente dai più facoltosi locali di Notturn Alley!
COSA?!
“Calmiamoci.” Intervenne Remus, con voce ferma, mentre Sirius era già nell’atto di strappare tutto a morsi.
Peter ebbe la buona idea di toglierli la rivista dalle mani e lesse il suo paragrafo diventando verdognolo.
“Aspetta!” esclamò poi. “C’è scritto anche di te, Remus!”
Chi ha detto che Remus Lupin è sempre, costantemente, perennemente calmo?
Beh, quel qualcuno si è sbagliato.
“C’è scritto…CHE COSA?!” Si scandalizzò, diventando come un cencio.
Tonks sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
“Illazioni sul nostro bacio nel corrid...”
“ALT! QUESTO NON LO VOGLIO SENTIRE!” Sbraitò Black, portandosi le mani alle orecchie. “Sto cercando di dimenticare quella faccenda!”
“Beh, vedete di risolvere e alla svelta!” sbraitò la Evans, incavolata nera. “Non mi interessa il modo, fate sparire questa roba!”
“Oh, non c'è nemmeno da chiederlo!” sibilò Potter guardandosi con Black e sfregandosi già le mani pregustando la vendetta.
A giudicare dalle loro espressioni della Redazione sarebbe rimasto ben poco, considerò Lily, decidendo di piantarli lì e andando a leccarsi le ferite con le altre due cercando un posto dove nessuno avrebbe rotto le scatole.
“Tutto questo è…è…” balbettò James frastornato.
“…pazzesco!” finì Sirius per lui. “Assurdo! Incredibile!”
“Quando hai finito con gli aggettivi, pensa ad un modo per tirarci fuori da questa situazione.” sbottò Remus, stizzito.
“Che modo vuoi che ci sia? Gli bruciamo la baracca!”
“No, non risolverebbe niente. Quella tornerebbe alla carica.”
James li lasciò alle loro macchinazioni e sospirò, fissando il soffitto.
I Serpeverde ovviamente ci stavano andando a nozze con quella roba, ma non gliene fregava granché, in effetti. Erano solo pettegolezzi come ce ne erano sempre stati, e quelli erano pure stupidi.
No, quello che lo irritava…era come la Skeeter lo avesse rappresentato alla perfezione.
Era davvero stato così, in passato? Gli sembrava di essersi rivisto in uno specchio...cosa aveva provato davvero, Lily, leggendolo?
“E come pensi di fare allora, genio?” Sirius interruppe quei pensieri, guardando Remus con ironia.
“Io…che ne so, improvvisiamo… Dio!”
“Chiamami semplicemente Felpato.” Ghignò il Black, guadagnandosi una occhiata truce. “E in che modo pensi di improvvisare?”
“Innanzitutto, andando a chiedere chiarimenti a quella Skeeter!” disse lui solennemente. “Ci sono delle regole ben precise nel giornalismo e giuro che gliele farò rispettare tutte quante!”
Voltò loro le spalle e iniziò a incamminarsi con passo marziale.
I Malandrini si guardarono in faccia.
Passò un istante di silenzio.
Poi…
“Aspettaci, Remus!”








America, Massachusetts. Lo stesso giorno,


Nella scuola di magia e stregoneria di Ilvermorny non si poteva dire che le giornate iniziassero in modo molto differente da Hogwarts.
Pettegolezzi, guai, litigi e baci...gli adolescenti si comportano sempre nello stesso modo quale che sia la nazionalità.
L'America non faceva eccezione.
Situata sul monte Greylock e circondata da una ghirlanda nebbiosa, la scuola si componeva di svariate stanze coperte da immense cupole di vetro e imponenti bastioni di pietra drappeggiati di spaziose terrazze su cui volteggiavano pigre alcune bandiere a stelle e strisce.
Proprio su una di quelle terrazze, quella mattina, il sottile fumo di una sigaretta saliva in ampie volute nel cielo terso e torrido. La ragazza che fumava diede ancora qualche piccolo tiro e poi, con un movimento svogliato, la gettò sotto il tacco dello stivale scamosciato.
In realtà non aveva voglia di fumare, quella mattina. E' che non sapeva come altro fare per reprimere l'agitazione.
Si guardò le mani, abbronzate dal sole, lisce come pesche, cercando di placare i battiti del suo cuore senza riuscirci.
Oh, al diavolo.
“E' la quarta che fumi a metà.” commentò qualcuno dietro di lei.
Lasciò che il ragazzo la raggiungesse, ammirando ancora una volta il modo in cui il sole americano giocava con i riflessi biondo-dorato dei suoi capelli lisci e folti.
“Tra poco tornerò in Inghilterra.” mormorò, sollevando una mano per accarezzarglieli.
Il ragazzo la lasciò fare per qualche istante, prima di fermare la sua mano e baciarle dolcemente le nocche. La sua mano, vicina alla sua, risultava ancora più pallida, bianca come il latte.
“Hai paura?” chiese, serio.
“No.” rispose lei, serrando le labbra in una smorfia. “Cioè, non lo so in realtà. Dovrei averne, ecco. Laggiù ci sono loro...”
“I Black.” il ragazzo fece un cenno del capo. “Lo sai, non eri obbligata a venire in questa gita, se non te la sentivi.”
“E scappare ancora?” lei sorrise amara, guardando nel giardino. “No, non mi va più di farlo. Non importa cosa dicano i miei genitori.”
“La mia piccola guerriera.” ridacchiò il ragazzo, dandole un pizzico sulla guancia. “Non preoccuparti! Ci penserò io a difenderti da quei dannati inglesi!”
“Oh, non temere!” la ragazza dissolse quel senso di angoscia iniziando a ghignare e fingendo di tastarsi il muscolo del braccio. “Ora so perfettamente come difendermi da loro!”
“Non ne dubito. E poi, hai il tuo amuleto porta-fortuna, no?” la salutò il suo migliore amico, tornando di corsa dentro la torre. “Sbrigati a fare la valigia, o ti lasceranno a piedi!”
Il silenzio tornò ad avvolgerla, a parte il fruscio del caldo vento tra le frasche rinsecchite e il gremire di qualche grillo. Era un Febbraio caldo... chissà se ad Hogwarts il clima era lo stesso. Mancava così poco alla partenza...
Fece per accendersi un'altra sigaretta, poi ci ripensò.
Frugò nelle tasche del giubbotto di jeans, tirandone fuori un piccolo e consunto quadretto di legno.
Dentro, c'era una fotografia. Un ragazzino imbronciato, dai penetranti occhi neri la fissava. Un ricordo...un filo attraverso il tempo...
“Vedrai...” mormorò alla foto, sorridendo. “Vedrai che non fuggirò più. E se potrò, chissà, magari riuscirò addirittura a vendicarti. Non mi tirerò mai indietro.”
Se la portò alle labbra, scoccando un bacio leggero alla superficie.
“Te lo prometto, amore mio.”
Ed il piccolo Sirius Black, dentro la carta, le sorrise.






Hogwarts, Inghilterra. Qualche ora dopo.


Lily Evans batté le palpebre. I capelli sporchi di farina, crema pasticcera e un'enorme macchia di cioccolato sulla guancia, fissava con occhi smorti un punto ben preciso della stanza “pan di zucchero” con una sola domanda in testa.
“Come siamo arrivati a questo?”
E la Lily Evans di undici anni, con in bocca un grande lecca-lecca, la guardò con aria di sufficienza.
“Non lo so.” le rispose la marmocchia, del tutto indifferente al suo sgomento. “Ma sono quasi certa che sia colpa di quell'idiota di Potter, in qualche modo.”
E dall'altra parte della sala, le manine infilate in una torta formato gigante, un bambino dagli occhi d'oro si voltò a fissarla. Poi, il James Potter di undici anni fece una smorfia e le tirò del cibo in testa.
“Oh, ma sta zitta.” le disse.



 

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Capitolo 52
*** BON BON TON! ***


Buonasera a tutti, scusate tanto l'attesa!
Ultimamente con il trasloco, il lavoro e tutto il resto, sto avendo davvero poco tempo per scrivere. Ma piano piano arrivo sempre!
Vi ringrazio tutti per la pazienza e vi lascio a questo nuovo capitolo. :)
Sarah







Un anno prima.



“Se poteste scegliere, quale sarebbe il suono che vi rilasserebbe di più in un momento di ansia?”
“Uh?” Remus Lupin alzò lo sguardo dal suo bicchierone di latte caldo con vaniglia per puntarlo su Lily. La streghetta stava seduta a gambe incrociate con in mano un MagiVogue che le oscurava tutta la faccia.
Sdraiata a pancia in giù davanti a loro, a giocherellare con una bacchetta che emetteva bolle colorate, una ragazzina dai capelli bruni e gli occhi incredibilmente grandi e dolci che sollevò lo sguardo.
“Da quando leggi MagiVogue?” cinguettò.
La Sala Comune era vuota ad eccezione di loro tre. Il Sesto anno stava finalmente finendo e tutti si godevano la fine delle lezioni all'aperto.
Loro invece stavano tutti appollaiati sul grande tappeto color Borgogna, esausti dopo le ultime due ore di Trasfigurazione e Incantesimi.
“Non lo leggo spesso, ma c'era questa sezione relativa alla musica e ai suoni che mi interessava.” spiegò la rossina, tutta concentrata. “Questa estate devo fare un saggio sulla magia legata all'apparato uditivo degli esseri umani. In questa edizione stilavano una classifica dei rumori più rilassanti del mondo...ai primi posti, il rumore del vapore contro il vetro, della neve che si scioglie e della pioggia su un manto erboso...”
“In effetti, sono suoni rilassanti.” sorrise Remus. “E per rispondere alla tua domanda, direi che mi rilassa il suono del violino.”
E l'ululato dei lupi, ma questo non lo avrebbe mai ammesso.
“Il rumore che c'è nella biblioteca, anche!” continuò Lily, che iniziava a divertirsi. “E tu, Teodora? Quale suono sceglieresti per rilassarti?”
La ragazzina non rispose subito. Guardava assorta le bolle colorate, in uno strano silenzio.
“Il rumore del bacon che sfrigola sulla griglia.” mormorò infine.
Remus la guardò con più attenzione.
Ora che ci pensava, era stata strana tutta la settimana. Di solito, quella marmocchia non faceva altro che inciampare, fare casino, ridere...eppure, in quegli ultimi giorni spesso la vedeva perdersi nei suoi pensieri e diventare triste...
“Ehh? Ma che razza di suono è?” scoppiò a ridere la Evans, scuotendo la testa.
Lei fece spallucce, sorridendo mestamente.
“E' che mi piace il bacon...”
“Tu pensi sempre e solo a mangiare!” la più grande si sporse e le accarezzò la testa con affetto. “A proposito, quando sarà San Zuccherino quest'anno?”
“San Zuccherino?”
“Me l'ha fatto scoprire Teodora! Ogni anno, in un certo periodo del mese, compaiono dolci nel castello...”
“Oh, intendi quello!” Afferrò Remus illuminandosi in viso, senza accorgersi dello strano scintillio negli occhi di Teodora. “Ora che mi ci fai pensare, è vero! Pensavo fosse opera degli Elfi domestici...”
“Leggenda vuole che sia un incantesimo di Tosca Tassorosso per punire un elfo particolarmente goloso che rubava dalle cucine.” spiegò invece Lily. “Iniziò a far comparire dolci in giro per il castello, ma quelli più facili da prendere avevano un gusto troppo banale per il palato fino dell'elfo ladruncolo, mentre altri erano invece delle trappole, piccoli dispetti magici, e infine quelli più buoni necessitavano di impegno per essere acciuffati... enigmi, piccole prove di abilità...con il tempo l'incantesimo è rimasto, frammentandosi in varie giornate ma raggiunge il suo culmine nel giorno di San Zuccherino, dove intere sale si riempiono di cose buone! Dovrebbe essere in questi giorni, per cui faremo in tempo per un pelo! Ti va di partecipare alla caccia di quest'anno?”
“Perché no?” Remus ridacchiò. “Ti va se mi unisco, Teo?”
Si girò verso di lei...ma si bloccò.
La ragazzina...piangeva. E sorrideva insieme.
“Teodora...”
“Che ti prende?” si allarmò Lily, gettando via il MagiVogue e fiondandosi a cingerle le spalle.
“E' che... mi piacerebbe tanto...” mormorò la streghetta, con aria triste. “Mi piacerebbe tanto passare San Zuccherino con voi! Ma tra poco l'Incantesimo avrà effetto...”
“Quale incantesimo?!”
Tonks si fece appena indietro, sciogliendo l'abbraccio con la compagna. Continuava a sorridere, pur con il viso congestionato dalle lacrime.
“Sono una Metaformagus. E una discendente dei Black. E tra poco, voi vi scorderete di me. Come ogni anno...”
Si sentirono gelare, improvvisamente.
Eh? Ma...ma che stava dicendo?
“Hey...niente...niente paura! Vi prometto che l'anno prossimo tornerò da voi! Saremo ancora amici!” cercò di sdrammatizzare l'altra, anche se le sfuggì un singhiozzo.
Fu strano il terrore che attanagliò Remus in quel momento. Come quando...si sta per perdere qualcosa di estremamente prezioso.
Le senti prima che accadano, certe cose. Il respiro che si blocca, il sangue che pompa nelle vene...la sensazione di essere inerme. Il cuore che si prepara ad essere frantumato.
Ed un calore antico che lo avvolgeva... un torpore...
“No!” si alzò di scatto, mentre lo sguardo di Lily si faceva vacuo...ed il viso di Teodora iniziava a farsi confuso nei suoi pensieri.
E quegli occhi...anche quegli occhi dolci da bambola, che sembravano marchiati a fuoco nella memoria... sbiadivano... Perché sbiadivano?
Perché si sentiva così...distrutto? Non riusciva a ricordare...
No, no!
Con uno sforzo estremo si rimise in piedi.
Un passo, due...
Il corpicino caldo della ragazzina gli si premette contro velocissimo, quasi colpendolo.
Sentì le sue braccia esili cingergli forte la vita, le mani artigliare la camicia sulla schiena ed il suo viso umido di lacrime strofinarsi leggermente contro il suo torace. La sua pelle era calda e soffice.
No, no, non era giusto! Qualsiasi cosa stesse accadendo...non era giusto...
Non gliel'aveva ancora detto, pensò disperatamente, annaspando contro le sue spalle magre nel tentativo di non soccombere.

Non le aveva ancora detto che...che lui...

Era quasi finita. La presa di Remus si stava facendo più debole...ed il viso più spento.
Perchè? Si chiede Tonks, serrando occhi e mandibole, irrigidendosi come se fosse stata trafitta da una spada mentre l'Incantesimo di Silente cancellava la memoria alle persone più importanti di sempre. Perchè era sempre più doloroso lasciarlo andare, ogni volta?
Rimase così ancora un po'... stretta al suo principe che di lì a poco, sarebbe tornato alla sua vita di sempre. Senza di lei.
E anche Lily...la sua bella principessa, l'avrebbe lasciata andare.
“Tornerò da voi! Vi riconquisterò!” mormorò, beandosi del suo profumo così buono. “Anno dopo anno...io lo farò sempre. Lo prometto.”
E fino a quel momento...pensò, sentendo la trasformazione iniziare a cambiarle l'aspetto.
Fino a quel momento ancora misteri.
Ancora menzogne.
Ancora solitudine.
Strinse Remus un po' di più, nascondendosi contro la sua camicia. Il battito contro il suo orecchio era tornato calmo, tranquillo e profondo. Un altro suono rilassante, pensò.
Non importava che volto avesse assunto, tutto sommato.
Fino a che fosse stata tra le sue braccia, lei avrebbe potuto essere chiunque avesse desiderato.






Presente.


Dio.
Ma cosa aveva mai fatto di male al Creatore?
Cristhine si risedette sulla colonnina di marmo spezzata con i riccioli tutti fuori posto e l'aria allucinata.
Insomma, la vita non l'aveva già messa di fronte a fin troppe difficoltà?
Un'infanzia passata senza poter toccare nessuno, con un orologio personale che ticchettava molto più veloce degli altri sottoforma di serpente bianco tatuato sul braccio. Diciassette anni, e si era ritrovata ad Hogwarts, senza sapere assolutamente nulla di come si stava al mondo e non solo, si era anche innamorata dell'unico ragazzo che avrebbe dovuto odiare o tuttalpiù, evitare come la peste.
C'era da mandare sulle stelle frotte di psichiatri, ma a quanto pare non era ancora sufficiente, perché chiunque stava lassù in alto probabilmente aveva trovato divertente farle rovinare il resto dell'anno da delle piattole particolarmente fastidiose!
E per 'piattole' intendeva qualunque ragazzo dai quattordici ai diciassette anni con la tendenza a invadere gli spazi altrui, e a quanto pare in quella scuola erano parecchi.
Insomma, Rita Skeeter aveva aperto le gabbie.
Non contava nemmeno più le occhiatine, le battutine e le frotte di maghi che le chiedevano in modo viscido di quel dannato guardaroba segreto che le aveva fatto recapitare Black per chissà quali perversi scopi! Per non parlare del Comitato della Morale che aveva tutta l'intenzione di far partire un'inchiesta e farle pure lo scalpo!
“Ma ancora?!” sbottò Lily, vedendola arrivare con i loro bicchieroni di polistirolo ripieni di caffé caldo e l'aria afflitta.
“Sono solo andata a prendere queste nelle cucine!” biascicò lei, traumatizzata. “E mi hanno fermato almeno tre persone!”
Si erano ritirate nei giardini, godendo della bella giornata e della relativa calma, cosa che all'interno delle mura era diventato impossibile per colpa di quel dannato editoriale!
“Ora basta, è assurdo! Come Caposcuola avrò pur il potere di fermare quella schifezza!”
“Non se ne stanno occupando i ragazzi?” sbadigliò Tonks, stiracchiandosi come un gattino contro il muretto sbeccato.
“Già, buoni quelli! Chissà che accidenti gli sarà uscito di bocca per essere stati fraintesi così!” frecciò acidamente la Evans, con un diavolo per capello. “E poi mica lo vanno a chiedere a Black del guardaroba, quei codardi! I maschi se ne stanno sempre in cassaforte, altroché!”
“Meno male che nel pomeriggio andiamo in gita a Hogsmeade... almeno lì ci sarà qualche angolo senza studenti!” Cristhine alzò gli occhi al cielo. “Fino a quel momento, che facciamo?”
“Beh, non intendo nascondermi come un topo in trappola!” Replicò Lily. “Ma ho bisogno di distrarmi o giuro che commento un omicidio!”
“Oggi è San Zuccherino...” replicò distrattamente Tonks, mentre una farfalla coloratissima le si posava sul dito. La prima di Febbraio, a suggellare l'inizio della primavera.
“Eh? E che cos'è?” si incuriosì Lily.
Lei granò appena gli occhi prima di riprendersi.
Ah, giusto. Glielo aveva detto l'anno scorso. Doveva rispiegarglielo...
Lo strano deja-vu le mise un po' di tristezza che però fu mitigata dalla reazione della Caposcuola, entusiasta come la prima volta.
“Ecco perché mi portavi sempre in giro per la scuola a caccia di dolci!” rise, porgendole la mano per aiutarla a rialzarsi.
L'afferrò con uno strano senso di inquietudine...che si protrasse per tutta la mattinata, tra un calderotto e l'altro.
Non era mai riuscita a festeggiare San Zuccherino con loro...c'era come una sorta di maledizione attorno a quel giorno, che capitava sempre a fine o a inizio anno, quando sia Remus che Lily si erano già dimenticati di lei.
Era sciocco, ma... aveva paura... di perdere di nuovo quei momenti.
Di ricominciare di nuovo da capo.
Anche mentre era lì, mentre finalmente stava vivendo quella stupida festicciola con le persone a cui voleva bene.
Passò qualche ora di caccia sfrenata, poi le loro pance iniziarono a protestare: zuccotti, calderotti, bigné, torte... ed intere sale segrete fatte di pan di spagna come in una fiaba! Certo, non senza qualche danno, visto che Lily aveva i capelli verdi e Cristhine aveva singhiozzato marshmallow per mezzora!
“Secondo gli indizi, dovrebbe essercene uno buonissimo dietro il ritratto di Cordelia la Fattucchiera...” stava dicendo la Corvoncina, mentre tentava di ripristinare il pasticcio nella chioma della Evans con la bacchetta. “Anche se, più sono buoni e più c'è pericolo!”
“Su, che male c'è in un po' di rischio?” tubò Tonks, allegramente.
“Parli bene tu! Quando ti sono spuntati i baffoni te li sei potuta togliere in due secondi!”
Stavano camminando per i corridoi, cercando di ignorare i commenti dei loro compagni e riuscendoci anche piuttosto bene visto i più impellenti capelli verdi di Lily, fino a quando...
“Scusa, sei Cristhine?...”
Eh no, eh! Ora basta, aveva raggiunto il limite della sopportazione!
“Sì, è lei e no, non ha un guardaroba segreto, non puoi vederlo e anzi, non puoi neanche azzardarti a respirare nella sua direzione, quindi fuori dai piedi PRIMA CHE TI MALEDICA QUI SUL POSTO!!!”
Peccato che il ragazzo dietro di loro, a cui Lily aveva appena strillato addosso come una pazza, non fosse propriamente un giovanotto.
Al contrario, era un minuscolo ometto coi capelli brizzolati che la fissava allibito.
“P-professor Vituos!” quasi si strozzò la Evans, sbarrando gli occhi.
“A me non interessa sapere che guardaroba ha la signorina Mcranney.” Il professore di Incantesimi la fissò come fosse fuori di testa. “Volevo solo farle sapere che nell’ultimo compiti ha preso ‘E’.”
“S-sì…cioè no…mi scusi…”
Mentre Tonks e Cristhine tentavano di soffocare le ghignate, il poveretto se ne andò biascicando qualcosa che somigliava a “strana gioventù…”.
Fantastico! Aveva appena dato del pervertito al professore di Incantesimi!
“Non c’è nulla da ridere!” esplose Lily quando il nano fu sparito. “Dio, che figura! Stupidastupidastupida!”
“Coraggio Lily, c’è di peggio nella vita!” ghignò Ninfadora, battendole una mano sulla spalla. “Pensa se inveivi contro la Mcgranitt!”
Ancora ridendo come pazze, Cristhine e Tonks perlomeno, si avviarono leste verso l'ultima sala decidendo che per quel giorno di zucchero ne avevano avuto fin troppo.
Ed ecco che fu lì che iniziarono i guai. Perché san Zuccherino era davvero un giorno malefico...




Quel giorno Rita Skeeter aveva un’aria più compiaciuta del solito.
Intervista flash ai Marauders, e subito dopo un paio di orette una bella rivista con tanto di foto, visto che il suo galoppino stava setacciando quella baracca da cima a fondo come un segugio di prim'ordine.
Il suo primo articolo ufficiale era sulla bocca di tutti, ovviamente, e Mandy Harpies l'avrebbe baciata in fronte tanti erano gli scellini che stava guadagnando il giornale in quel momento!
D'altronde, non fosse stato per i pezzi che aveva scritto anonimamente fino ad allora, la Gazzetta sarebbe fallita già l'anno prima visto che stava perdendo parecchio smalto. Tutta colpa di Laverne e dei suoi noiosissimi pipponi sociali a cui nessun adolescente avrebbe prestato ascolto – figuriamoci leggerli – per più di due minuti senza farsi venire voglia di impiccarsi!
Ed inutile dire che lei aveva aspettato nell'ombra per anni prima di trovare l'occasione propizia per uscire finalmente allo scoperto e metterci la prima firma...e l'occasione si era finalmente presentata in grande stile, con lo scandalo più sensazionale che quella scuola avesse visto da anni.
Lily Evans e James Potter, ufficialmente fidanzati...proprio un grande inizio.
'La coppia impossibile', che gran titolo! E sotto, la prima fotografia rubata. Loro che litigavano in un corridoio, tanto per cambiare.
Si sistemò la borsetta di coccodrillo, acquisto nuovo di zecca, con un sorrisetto di puro godimento.
Siano beneamati i popolari di tutte le scuole! Non bisognava nemmeno impegnarsi più di tanto, visto quanto quella gente teneva alla propria immagine! Da sempre, nel mondo, i vip andavano a braccetto con i giornalisti, profumatamente pagati per non rovinargli la carriera...bastava soltanto far sapere loro quanto potesse essere pericolosa la sua penna, e in breve avrebbe ricevuto privilegi senza nemmeno faticare più di tanto!
Si ritrovò a specchiarsi nel profilo sbozzato di una statua con pura soddisfazione.
Il corpo ancora un po’ spigoloso era fasciato in modo impeccabile da quei suoi elegantissimi tailleur. La facevano apparire adulta e professionale.
Odiava sembrare giovane. Fosse dipeso da lei, avrebbe già varcato la soglia dei quaranta senza nessun problema al mondo.
Si sistemò i corti capelli biondi e s’arricciò le ciglia con la punta della bacchetta, scoccando un poco le labbra.
Dio, sarebbe stata una giornalista perfetta. Una donna volpe che tutti avrebbero presto imparato a temere.
Immersa in quei dolci pensieri, si accorse dopo un po’ di tempo che un foglietto le era finito in testa dispiegando le ali come un uccellino.
Lo prese stizzita (le aveva rovinato l’acconciatura!) e lo aprì con circospezione... prima di sorridere di nuovo.
Qualcuno aveva notizie interessanti sui Marauders e intendeva incontrarla nell’aula di Trasfigurazione seduta stante.
Sapeva annusare perfettamente una bugia ma si avviò lo stesso. D'altronde se l'era aspettato.
Gli intoccabili della scuola che arruffavano il pelo per essere stati toccati...
Il corridoio era vuoto e la stanza aperta, immersa nel buio.
“Accendete le luci.” ordinò pigramente.
Detto fatto, le luci si accesero rivelando gli occhi d'oro del re di Grifondoro, che bruciarono nel vederla lì impalata senza la minima esitazione e anzi, pure piuttosto annoiata.
“Molto bene, Miss Skeeter, vedo che ha accettato l’appuntamento!” ringhiò James Potter, con una mano appoggiata allo stipite della porta e l’altra sul fianco, il tono decisamente ostile.
Black e Minus stavano seduti a gambe incrociate su un banco dietro di lui, accanto a Lupin, i fianchi appoggiati mollemente alla scrivania.
“Una retata in piena regola! Interessante...”
“No, ma va, siamo qui per un'altra intervista.” ironizzò Sirius, fissandola come uno scarafaggio. “Fammi capire bene, in quale universo avrei parlato delle mutandine di pizzo di Cristhine McRanney?”
“Mi stai davvero dicendo che la sua aria scialbetta non è solo una facciata?” Rita rise malevola. “Dovrà pur aver fatto qualcosa di eccentrico per incastrare in quel modo uno come te, Black!”
Quello guardò Lupin con l'aria di uno che stava supplicando di poter commettere un omicidio, ma il biondino scosse la testa.
“Questa si chiama calunnia.” affermò, freddamente. “Davvero pensi di poter andare avanti a diffamare gli altri studenti di Hogwarts senza conseguenze nel futuro?”
“Cioè? Ne parlerete coi professori?” frecciò sarcastica lei.
“Certo che no!” si schifò Minus all'istante, indignato dalla sola idea. “L'idea era di farti saltare in aria la baracca...”
“Puoi anche farlo...” insinuò la biondastra. “Ma probabilmente l'unica a piangere sarebbe Laverne. Io ho tutto l'occorrente che mi serve per scrivere e pubblicare da ovunque mi trovi!”
“Fantastico, che ne dici di farlo da un cimitero?”
“Insomma Black, stai davvero minacciando un'innocente fanciulla?”
“Tu di innocente non hai nemmeno le lentiggini.” sibilò quello, fermato ancora una volta dal braccio teso di Lupin.
“Il motivo di tanto accanimento?” sbuffò, sondandola con i suoi occhi indagatori. “Ti servirà qualcosa, immagino. Spara e facciamola finita.”
Gli altri lo guardarono come se fosse uscito di senno.
“Stai veramente trattando?!” chiesero quasi in coro, venendo puntualmente ignorati.
Ah, Lupin...l'unico con un gran bel cervello, lì in mezzo. Si vedeva chiaro e tondo che era di stampo diverso.
“Te lo farò sapere.” la voce di Rita uscì calda come miele. “Avete altro da comunicarmi? Vado piuttosto di fretta.”
Fece per voltarsi ed afferrare la maniglia della porta, ma la mano di James saettò con la velocità di una stella cadente, chiudendola con uno schianto sordo.
Lei si voltò piano, alzando il viso e fissandolo negli occhi seri.
“Attento Potter...” miagolò, colma di veleno. “Tu hai delle gran belle spalle, larghe e solide. Puoi reggere certe cose, lo so bene. Ma la tua preziosa Prefettina sarà altrettanto resistente?”
“Non ne hai la minima idea.” mormorò lui, ora freddo come il ghiaccio.
Lei ridacchiò...prima di tirare fuori un foglietto e sbatterglielo tra le mani.
James lo guardò...sbiancando appena ad ogni parola. Era...la lettera di Petunia Evans...
“Come... diavolo...?”
“Pensavi davvero che mi lasciassi sfuggire una notizia tanto ghiotta? Quando ha girato fra i Serpeverde ne ho fatta una copia, tesoro. Che parole cattive per una sorella! Chissà cosa ne penseranno i nostri lettori...”
L’espressione di un Potter furente di fronte a qualcuno che ha passato il limite è qualcosa che elettrizza nel profondo.
Ma lei aveva le spalle più che coperte. Di certo non poteva smantellare quel suo nome così importante...ma c'erano altre vie per tenere un Re al guinzaglio...
Ad interrompere quel denso silenzio fu Remus, che contrariamente a tutto, sorrise pur con espressione glaciale. Instillandole il primo dubbio della giornata.
Quel dannato Prefetto era fin troppo in gamba...doveva starci attenta.
“Ah, come mi fissi! Ti sei forse innamorato di me?” cinguettò, strizzandogli l'occhio. “O forse non sembro abbastanza giovane per attirare le tue attenzioni? Mi sembra di capire che ti garbino parecchio le ragazzine...”
“Sai, Skeeter, a parlare tanto dei fatti degli altri si finisce con il dimenticarsi dei propri.” disse lui, mestamente.
La lasciò andare così...senza aggiungere altro.
Nella stanza c'era solo un silenzio carico di frustrazione e nervosismo. Black si accese l'ennesima sigaretta, fottendosene di essere al chiuso.
“Dovevate lasciarmela sbranare.” chiosò, asciutto. “E' l'unico modo per serpi come quella.”
“Non l'unico...” rispose Remus, impegnato improvvisamente a incantare dei foglietti.
“Si può sapere che stai facendo?” si incuriosì Peter, vedendolo così preso. “A chi stai scrivendo?”
“Alle mie spie.” rispose Lunastorta, tranquillissimo, facendo loro sgranare le palpebre.
“Quali spie?!”
Il biondino sbuffò. Poi ghignò, con aria furbetta, di fronte a loro che lo fissavano come se fosse un alieno. Quel ghigno non prometteva davvero niente di buono...!
“Pensavate davvero che non abbia mai preso delle precauzioni con tutti i casini in cui vi siete ficcati nel tempo?”
Non risposero, allibiti, mentre quello annotava ordini su una quantità di biglietti tale da far girare la testa.
“Beh, qualsiasi cosa tu stia facendo, falla in fretta!” sospirò James. “Perchè ho come l'impressione che Lily si incazzerà parecchio con me.”
“E quindi?” chiese Sirius d'istinto, con la forza dell'abitudine.
“E quindi non ce la faccio a passare un'altra giornata senza di lei per colpa di quegli stronzi!” sbottò altrettanto istintivamente Potter, senza nemmeno rifletterci e con una grande rabbia in corpo... prima di bloccarsi nel vedere i Marauders alzare la testa nello stesso istante e piantargli gli occhi addosso.
“Che...che c’è?”
Peter sorrise con dolcezza, divertito e quasi impietosito.
“Ma hai sentito quello che hai appena detto?”
E, vedendolo pietrificare e successivamente grugnire qualcosa di indecifrabile, si sentirono tutti decisamente meglio.






“Ok, Cristhine, tocca a te!”
“Uh?”
La Corvonero alzò lo sguardo dal quadro di Cordelia la Fattucchiera. La strega stava facendo qualcosa di davvero bizzarro con le dita, e aveva catturato la sua attenzione: continuavano a formare uno, due e tre. Con l'altra indicava un tavolo vuoto davanti a lei.
Non faceva nient'altro, ed era ben strano che se ne stesse così immobile, anche se ghignava furbetta.
Tonks le si avvicinò, con i capelli per aria.
“Io non ci capisco niente!” si lamentò, distrutta.
L'ultima Sala era interamente fatta di pan di spagna e profumava da mangiarsela...ma l'ultima volta che Tonks aveva provato ad assaggiare uno di quei muri incantati si era ritrovata un bel paio di baffoni, così avevano imparato la lezione.
Al centro c'era un tavolo identico a quello del quadro, con tre vassoi d'argento disposti in fila, ma...nessun dolce.
Solo un calderone, una bilancia a due piatti ma senza pesi, un pacco di farina, burro, zucchero e un ricettario.
“Qual è il problema?” chiese a Lily, che si stava massaggiando le tempie in cerca di concentrazione.
“A quanto pare dobbiamo mettere noi gli ingredienti per il dolce, qui dentro!” sbottò la Grifoncina, indicando il paiolo. “Ma è questo il problema. Vedi? Nel ricettario c'è scritto che servono trecento grammi di burro, trecento di farina e duecento di zucchero. Devono essere in queste esatte quantità o l'incantesimo non funzionerà! Ora, sul sacchetto della farina c'è scritto trecento grammi e anche su quello del burro, ma lo zucchero è in una confezione da un chilo! Come faccio a pesarne duecento se questo dannato affare non li pesa?”
“Odio la matematica!” si lagnò Tonks, disperata. “Mi è venuto mal di testa solo a sentirti!”
“Tesoro, siamo piene da scoppiare, possiamo anche rinunciare...”
“Ragazze...” cominciò Cristhine, mentre quelle due partivano per la tangente.
“Ma che dici? Questo dolce dev'essere il più delizioso di tutti!”
“Ragazze...”
“Ti ricordo che il tuo metabolismo è un tantino diverso dal nostro! Io se mangio ancora una fetta di torta potrei vomitare!”
“E quindi ci arrendiamo così? Noi siamo Grifondoro, Evans!”
“E come pensi di fare? Ho già controllato la bilancia, non è nemmeno stregata! Forse si è rotta con il tempo...”
“Non ci posso credere! Siamo arrivate fino a qui...!”
“Ragazze!” Cristhine le richiamò all'ordine, sorridendo. “Guardate che non è difficile!”
Quelle la guardarono sorprese e lei alzò gli occhi al cielo. Prese farina e burro e li mise sul primo piatto della bilancia. Muovendosi tranquilla, mise sull'altro piatto il pacco di zucchero da un chilo...poi iniziò a travasarne poco per volta, fino a che i due piatti non furono perfettamente allineati.
“Fatto. Ora abbiamo esattamente ottocento grammi di zucchero sul secondo piatto e tutti gli ingredienti necessari per realizzare la torta nel primo piatto.” spiegò.
“ECCO PERCHE' SERVIVA UNA CORVONERO NEL GRUPPO!” Esplose di gioia Tonks, travolgendola con uno dei suoi abbracci mozzafiato.
“Ottimo lavoro, Mc!” ghignò Lily, agguantando gli ingredienti e sbattendoli dentro il calderone, che iniziò a sbollire e gorgogliare.
Però...c'era qualcosa di strano, rifletté Cristhine, riportando la sua attenzione al quadro mentre le altre due esultavano fra loro. Era stato un po' troppo semplice, perlomeno per lei...e poi quel dipinto...l'unica cosa visibile oltre al tavolo, nella stanza...
Cordelia la Fattucchiera improvvisamente ridacchiò, facendole prendere un colpo apoplettico. E la mano, quella che non faceva continuamente uno, due e tre, indicò il tavolo...su cui era appena apparso un foglio!
“Hey Mc, sono comparse tre torte!” ridacchiò Lily, mentre tre sontuose torte nuziali a tre piani dall'aria squisita facevano la loro trionfale apparsa sui vassoi d'argento.
“Addirittura tre! Tosca Tassorosso si è data da fare!” cinguettò Tonks con le stelline negli occhi. “Sbrigati Cristhine, o ce le pappiamo tutte!”
Ma lei non stava ascoltando. Leggeva il foglietto sul tavolo con una sottile rughina fra le sopracciglia nere.


In una casa ci stan tre fratelli.
Il primo non c’è perchè sta giungendo.
Il secondo non c’è perchè sta uscendo.
C’è solo il terzo, il minore dei tre,
ma … non ci sono gli altri se il terzo non c’è.”



Questa era più difficile...a quanto pare, bisognava fare una scelta fra i tre vassoi...

“Davvero riesci a mangiare ancora?” disse Lily da qualche parte,un suono indistinto fra gli ingranaggi del suo scervellare. “Ti invidio, sai Tonks?”
“Come se tu fossi grassa!”

Tre fratelli...due dipendenti da uno solo... il primo arrivava, il secondo se ne andava via... e il terzo...?

“No, ma se mangiassi tutto quello che ti mangi tu, esploderei!” Lily ridacchiò, prendendo distrattamente in mano un coltello. “Tuttavia, un piccolo assaggio me lo concedo! Sembrano buonissime. Magari ne porto una fetta a James, se riesce a farmi fuori la Skeeter...”

Erano Futuro, Passato e Presente!

Cristhine sgranò gli occhi, tornando sul pianeta terra e risolvendo l'enigma. Accadde tutto in una frazione di secondo.
Cordelia che iniziava a ridacchiare con in mano una Gira-Tempo...e Lily che tagliava una fetta della seconda torta, quella davanti a lei...
“Lily, NO!”
E poi, tutto esplose. Letteralmente.
Le pareti di pan di spagna si gonfiarono in modo impressionante e si disintegrarono sotto una cascata di cioccolato e crema pasticcera che le investì facendole franare a terra come dei birilli, inzuppandole dai piedi alla punta dei capelli...e dal soffitto cadde una pioggia di farina che le fece tossire come delle ossesse.
Ma non era certo finita lì...oh no, perché quella maledetta di una Fattucchiera prese a starnazzare come un'oca, puntando il dito verso la rossa Grifondoro con aria parecchio divertita.
“Hai assaggiato la torta del Passato!” si sganasciò, mentre la poveretta sentiva come...una sensazione...un peso sulle gambe, morbido e caldo... “L'ingordigia ti ha fregato esattamente come ha fatto a quell'elfo ladruncolo, mia cara! E ora goditi la tua punizione!”
“Ma che accidenti vai blaterando...?” sputò tra i denti la Evans, continuando a tossire per la nube di farina che le aveva avvolte.
Ma quale ingordigia, che era pure piena da scoppiare?!
Ma non fece in tempo a spedirle qualche maledizione di rimando, che la cosetta che le premeva sulle gambe allungò una manina...tirandole delicatamente una ciocca di capelli, catturando finalmente la sua totale attenzione.
E ci mancò poco che non le strillasse in faccia...perché sulle sue gambe c'era se stessa.
Non ebbe un solo istante di dubbio. Pelle di burro, grandi occhi verdi, un caschetto rosso improponibile e un cerchietto di seta gialla a scoprire le orecchie... una Lily Evans di nemmeno undici anni acciambellata addosso a lei che ricambiava il suo sguardo allucinato con un'espressione super seria.
Così come non ebbe un solo istante di dubbio quando qualcuno le lanciò addosso una palla di crema pasticcera che riuscì a schivare per un pelo... perché quella dannata risata l'avrebbe riconosciuta fra mille.
Non è tanto facile dimenticare il tuo incubo personale, anche se finisci per innamorartene!
Ed infatti, un James Potter in miniatura uscì da un cumulo di zucchero con la proverbiale aria da diavoletto viziato.
Era esattamente come lo ricordava: i capelli spessi e neri in perenne disordine, un graffio sulla guancia, i vestiti macchiati di terra e sempre strappati che erano stati il tormento della McGranitt...e due occhioni d'oro adorabili che avrebbero ingannato chiunque!
Una sola domanda aleggiò nella stanza. L'unica plausibile, a questo punto.
“Come siamo arrivati a questo?!”
“Non lo so.” rispose la marmocchia sulle sue gambe. “Ma sono quasi certa che sia colpa di quell'idiota di Potter, in qualche modo.”
“Oh, ma sta zitta.” sbottò l'altro, caricando un'altra palla bomba che la bambina riuscì a schivare...prima di strillare di sdegno e lanciarglisi addosso.
“Che accidenti è successo?!” sbottò Tonks, riemergendo dal pavimento. “Sono sparite le torte e...hey, e quei due?!”
“Cristhine...” Cercava spiegazioni ma riuscì soltanto a chiamarla con un filino di voce, mentre i due mocciosi iniziavano a suonarsele. “Cristhine!”
“L'indovinello non era finito!” sospirò la Corvonero, raggiungendola con aria mortificata. “Scusami Lily, avrei dovuto avvisarti per tempo! Stavo cercando di decifrare l'ultimo enigma...”
“Cristhine, perché c'è una mini me nella stanza?”
La voce le uscì stranamente atona mentre fissava il parapiglia, calma in maniera quasi inquietante.
“Hemm...” ridacchiò lei, imbarazzata. “Hai mangiato la torta del passato. Avresti dovuto mangiare la terza, quella del presente. Credo faccia parte della trappola di Tosca Tassorosso...”
“Ma non dovremmo dividerli?” azzardò a chiedere Tonks, scoccando loro un'occhiata.
“No...è la normalità.” balbettò la Evans, sconvolta, mentre la compagna andava a recuperarli armata di bacchetta.
“Hey, voi piantagrane, dateci un taglio o vi affatturo!”
“Ok, ora non dare i numeri.” sussurrò Cristhine, un po' allarmata dalla faccia di Lily. “Sono incantesimi sciocchi, che finiscono nel giro di qualche ora...nulla di preoccupante...”
“Ma perché James?!” esplose disperata la Evans, ammazzandola di spavento. “Posso anche sopportare me stessa, ma JAMES!”
E indicò il marmocchio che era stato acciuffato da Tonks per i jeans e si dimenava come un cucciolo ribelle.
“Stavi pensando a lui mentre tagliavi la torta?”
Certo che stava pensando a lui, accidenti a quel demone dagli occhi d'oro! Non aveva fatto altro che pensare a lui... a quella dannata intervista che sembrava scritta proprio dal ragazzo che aveva conosciuto un tempo, al fatto che non riusciva a capire cosa lui ne pensasse davvero...come si fosse sentito, raffigurato in quel modo così realistico... e a come il cuore le battesse forte ogni volta che le si avvicinava... e a quanto le facesse paura tutta quella situazione.
'La coppia Impossibile'...
Sospirò, prevedendo una giornata di mal di testa. E istintivamente, guardò il primo vassoio.
Quello del futuro.
E non riuscì a fare a meno di chiedersi cosa ne sarebbe uscito, se solo avesse scelto quella torta da tagliare...




Era passata qualche ora da quando James aveva avuto una sensazione stranissima...come di un'apocalisse imminente.
Se ne stava svaccato sulla carrozza in attesa di partire per Hogsmeade con quello strano pizzichino sul collo quando vide la sua Prefetto preferita avvicinarsi lesta...solo che era parecchio strana.
Si muoveva con degli strani scatti, come se fosse ingobbita sotto un peso...e aveva l'aria più allucinata del solito.
Si mise sull'attenti pronto a farle spazio quando Peter gli interruppe la visuale.
Stava per dirgli di levare le tende quando fu Lily stessa a strabiliarlo con tale richiesta.
“Aria Peter, lasciaci fare il viaggio da soli per favore!” sbottò, saltando sulla carrozza sudata e pallida.
“Ohhh...” frecciò malizioso quello, lasciandosi sfuggire un ghignetto e cedendole il posto. “Ordini ricevuti chiari e forti, Lily!”
Una carrozza vuota e...lei.
Che voleva stare da sola con lui.
Di sua spontanea volontà.
Inutile dire che qualsiasi Marauders nei paraggi fu investito da una carica di perversione tale da inciampare nei propri stessi piedi, e perfino Lily sembrò captare la stessa frequenza dei suoi pensieri perché alzò lo sguardo su di lui come se fosse stata colpita da una freccia particolarmente pungente.
Il ghigno di quel beota era tutto un programma ma era davvero troppo esausta anche solo per scandalizzarsi.
Si accasciò sul sedile e pregò che la giornata finisse presto biascicando un “Devi accompagnarmi a Mielandia.”
“Ovunque tu voglia...” Mormorò Potter, sempre con quel pigro sorriso insolente di chi si aspetta un viaggio a dir poco indimenticabile...e nonostante tutto, anche Lily fu percorsa da un brividino quando si accorse di quanto fosse predatoria la sua espressione. Improvvisamente, la presenza del ragazzo dentro quello spazio angusto divenne quasi schiacciante, tanto da avvolgere ogni cosa e surriscaldare l'intero ambiente.
“Come va con la Skeeter?” cercò di distrarsi, guardando oltre il finestrino per ricevere un pochino di aria fresca sulle guance.
“Ci sta pensando Remus. Hey, perché hai il mio mantello dell'invisibilità?”
QUESTO la distrasse per davvero.
“Riesci a vederlo?!”
“Certo che riesco, è il mio.” sbuffò Potter, allungando una mano verso il tessuto e balzando in piedi quando vide cosa si nascondeva sotto di esso.
Tirò una poderosa testata e una bestemmia che infastidì pure i Thestral, mentre il piccolo sé stesso finalmente si toglieva di dosso la sua peggiore nemica, a cui era dovuto rimanere abbracciato per tutto il tragitto fino alle carrozze.
“Era ora! Stavo soffocando appiccicato a quella!”
“Peccato non esserci riuscito!” soffiò ironica la piccola Evans, sistemandosi meglio il cerchietto.
“Che diavolo è questo?!” alitò il Potter più grande, additandoli con gli occhi a palla.
“Sei tu, o meglio, sei tu dal passato.” spiegò calma Lily, che aveva avuto parecchio tempo per abituarsi alla cosa.
O meglio, il dannato demonio dagli occhi d'oro l'aveva tirata scema così tanto da farla diventare fin troppo apatica!
Per tutta risposta, James ricacciò il suo alter ego sotto il mantello in malomodo.
“Hey!” protestò quello, mentre lui le piantava gli occhi addosso in pieno panico, la mano ancora bene ancorata alla testolina del bambino per tenerla giù, come se avessero per le mani un animale feroce da domare.
“Hai idea di cosa hai appena creato?!” abbaiò, impallidendo. “Non so se ti ricordi com'ero da piccolo!”
“Me lo ricordo eccome...” masticò fra i denti la ragazza. Glielo avevano appena ricordato quei due in quelle poche ore a cui aveva dovuto far loro da balia!
Mai in tutta la vita avrebbe immaginato di trovare particolarmente allettanti pensieri come strangolare un marmocchio, eppure a quanto pareva c'era sempre di cui stupirsi nella vita!
A quanto pare, avere ben DUE Lily Evans a cui dare il tormento aveva solo che galvanizzato quell'essere pestifero.
Nel giro di poche ore ne aveva fatte di tutti i colori...per non parlare di quando aveva scoperto Pix e ci aveva fatto comunella... tra bombe, esplosioni e allagamenti, era un miracolo che fosse riuscita a tenerli nascosti fino a quel momento!
“Ok, spiega.” sbottò perentorio il James più grande, forse perfino più sconvolto di lei e sempre bene intenzionato a immobilizzare il suo mini.
“E' tutta colpa di San Zuccherino! Sì, una festa scema di Hogwarts...lunga storia. E' un Incantesimo stupidissimo ma non si è ancora levato di mezzo! Forse a Mielandia sanno come farli sparire...” sospirò la Grifoncina, esausta. “D'altronde non posso mica lasciarli liberi di scorrazzare! Sono pur sempre dei bambini!”
“Te lo dico io, cosa devi fare! Al primo stop li sbattiamo giù dalla carrozza, facciamo fare loro un paio di giravolte per disorientarli e ce la battiamo prima che possano ritrovare la via di casa!”
“Non essere ridicolo!”
“Ma come ti permetti eh?!” sbottò indignata anche la Lily più piccola. “Non lo fanno nemmeno gli animali, razza di degenerato!”
“Ah no? Fatti un ripassino della natura, piattola!”
“Fermi, alt!” sbottò la Evans, piazzandosi fra loro visto che la bambina voleva saltargli al collo. “Ho già il mio daffare senza che litighi con entrambi i James Potter!”
“Perché stai facendo comunella con lui?!” ribatté la bambina con occhi di fuoco. “Con il nemico! Non ne ricaverai niente di buono!”
“Informati meglio, qualcosa di buono l'ha ricavato...” Il Marauder originale sorrise come un demonio, ma prima che potessero aggiungere altro la sua copia in miniatura fece esplodere qualcosa dentro la carrozza, che si riempì di denso fumo nero.
“Ci si vede, schiappe!” ridacchiò, facendo per saltare giù dalla finestra mentre scoppiava un vero parapiglia, ma fu agguantato per i calzoni ancor prima che riuscisse a spiccare il balzo.
“AH! LASCIAMI!”
“Con chi credi di avere a che fare tu?” sbuffò James, tenendolo ben saldo per aria. “Ho decisamente più anni di esperienza di te!”
“Noi due dovremmo fare squadra!”
“Spiacente, c'è spazio per un solo Potter in questa linea temporale!” ghignò il ragazzo rimettendolo a sedere con maniere decisamente poco delicate. “Da bravo, giù! Hey Rossa, non è che hai del sonnifero tra le tue scorte di pozioni? Dosi per Troll andrebbero bene...”
“VUOI DROGARCI?! MA SIAMO SOLO DEI BAMBINI!”
“Veramente l'idea era di farvi secchi...”
Perché? Si chiese Lily, disperata. Perché aveva pensato fosse una buona idea chiedere aiuto a quel cretino?!
Ora di esseri pestiferi a cui fare da balia ne aveva tre!
Anche se dovette riconoscere che bisognava ringraziare i suoi riflessi, perché il fumo nero aveva attirato non poche attenzioni.
E infatti, la McGranitt comparve allo sportello con la sua faccia da drago incazzato ammazzandoli di spavento.
“CHE ACCIDENTI SUCCEDE QUI DENTRO?!”
Fu una vera fortuna che Ramoso riuscì a sentirla giusto qualche secondo prima che si materializzasse lì da loro: con un balzo, sbatté di malagrazia i mocciosi sotto il mantello dell'invisibilità appena in tempo.
Peccato che la velocità dell'azione richiese il sacrificio del suo proverbiale equilibrio, così che inciampò nei suoi stessi piedi e finì su Lily, piazzando entrambe le mani ai lati del suo viso...e la McGranitt, affacciandosi, si ritrovò i due novelli innamorati in una posizione decisamente ambigua.
La strega strabuzzò gli occhi, ritrovandosi la Evans spalmata contro la parete e l'altro beota nell'esatta posizione di chi era pronto a zomparle addosso.
“Che diavolo state facendo?!” quasi urlò, presa in contropiede.
“N-niente!” ridacchiò nervosamente il Malandrino, staccandosi dalla Prefetto come se si fosse ustionato. “Alla Caposcuola è esplosa una bomba fumogena che aveva confiscato...sa...quegli affari sono imprevedibili...”
“Potter, pattiamola così: io non credo a una sola parola di quello che le esce dalla bocca ma voglio farmi una gita tranquilla, per cui mi limito a notificarle che se oggi mi pianta delle grane le vicende che ha vissuto due notti fa le sembreranno in confronto piacevoli avventure da campeggio! Non mi faccia pentire di non averla chiusa nei sotterranei e legato con un catenaccio dopo quanto successo con Lupin! E quanto a lei...”
La donna guardò la ragazza, che ricambiò lo sguardo allarmata e piena di vergogna...poi riguardò James, e poi di nuovo lei almeno un paio di volte.
E fu lì che la situazione si fece ancora più imbarazzante.
“Mi auguro che sua madre le abbia fatto il discorsetto che si fa alle ragazze quando si fidanzano, signorina Evans.” se ne uscì fuori, facendola quasi strozzare con il suo stesso ossigeno e scoccandole un'occhiata a metà fra l'eloquente, il pietoso e il severo.
“Quale discorsetto?” chiese James perplesso, vedendola allontanarsi a passo rigido e concentrandosi poi sulla fidanzata.
“Niente! Lascia perdere!” strillò quella, tirando le tendine con uno scatto isterico e diventando di tutti i colori.
Non era possibile, era un incubo o cosa?!
Che la professoressa di Trasfigurazione le parlasse di precauzioni era troppo, troppo!
Sirius era morto, su questo non c'era dubbio!!!





Gli zoccoli dei Thestral non facevano rumore, ma se si allungavano bene le orecchie si poteva sentirli respirare piano piano.
Quel suono era sicuramente da qualche parte nel suo cervello, ma era come affievolito, messo da parte assieme alle immagini che sfrecciavano confuse da sotto le ciglia socchiuse.
Anche le voci di Peter e Remus lo erano. Lo erano perfino i capelli rosa di Tonks.
C'era qualcos'altro, che predominava.
Acqua. Ancora quello scroscio assordante. Continuo.
Profumo di sapone, anche. Bolle colorate...
E la voce di sua madre.
Uccidilo.” ridacchiò Walburga Black, calda come il miele dentro di lui. “Uccidilo, amore.
Non l'aveva mai chiamato in quel modo. Mai, nemmeno una volta.
E in quel sogno che aveva il sapore ferroso di un ricordo, si sentì fremere. Come se fosse stata lì anche lei.
Come se lo stesse abbracciando. Sentiva le sue braccia esili avvolgerlo... seducenti e terrificanti come le morbide spire di una vipera.
Bolle...
Ora le bolle non galleggiavano più...ma risalivano. Sempre più frenetiche. Da sotto l'acqua...
Ed il piacere e contemporaneamente l'orrore che stava provando in quel momento sembrarono spaccarlo in due. Perché...perchè si sentiva così bene?
Perché hai sempre voluto fare felice la tua mamma, no?” rise ancora Walburga Black, dolce da gelare le vene ai polsi. “Anche allora...anche quando eri così piccolo...”
No.
NO.
Quello non voleva sentirlo. Non voleva ricordare.

Svegliati, Sirius. Svegliati.

Ma non è solo questo, vero? A te piace perché ce l'hai nel sangue...” sussurrò sua madre e quella voce ora non sembrava più un ricordo...sembrava reale. Presente. Assordante. “Il nostro torbido e meraviglioso sangue nero...”

SVEGLIATI.




“AH!”
Sirius Black balzò a sedere nel momento esatto in cui il Thestral diede un lieve scossone...e si premette una mano sul petto come se temesse di veder saltar fuori il suo stesso cuore.
Qualcosa di morbido parve oscurargli la visuale, sfiorargli il viso.
“Hey!”
Una mano fresca e soffice sulla guancia.
Macchie di colore dappertutto.
Tonks.
Ci mise un bel po' a rendersi conto di dove si trovava, perfino a ricordarsi di come si respirava.
La carrozza che li stava portando a Hogsmeade era silenziosa, ora. Tutti lo guardavano. La sua piccola cugina era china su di lui, lo coccolava come un bambino.
Sentiva il sudore impregnargli la camicia.
“Stai bene?” chiese Remus, serio. Sia lui che Peter avevano la mandibola rigida, una lieve smorfia. Dall'altra carrozza, James inviò come una domanda mentale, indefinita e vagamente allarmata.
Si ricompose in fretta, riportò ciò che aveva inondato gli altri al suo legittimo posto. Come una marea che si ritirava. Una marea tossica.
“Scusate...brutto sogno.” borbottò, dopo un grande respiro interiore fatto più per tranquillizzare loro che sé stesso.
“Stai dormendo poco o sbaglio?”
“Eh?”
Riportò l'attenzione su Tonks, ancora china su di lui. Lei gli fece un sorriso.
“Le occhiaie.” cinguettò. “Sembri un vampiro!”
Già. Quante notti erano passate da quando non si faceva otto ore di sonno come si deve? Si sentiva sempre più a pezzi...e tutto per lo stesso dannato sogno che faticava perfino a ricordare una volta che si svegliava!
Non rispose, guardando fuori...ma la sua aria da duro su sua cugina non aveva mai avuto molto effetto.
Infatti, in meno di un secondo si sentì afferrare e sbattere senza tanti riguardi sul fianco... e arrossì scioccato quando si accorse di aver appoggiato la testa sulle sue gambe.
“H-Hey!”
“Niente proteste! Hai bisogno di dormire!” ordinò lei, che gli si era seduta al fianco ed ora gli accarezzava i capelli. “Su, fa la nanna!”
Peter scoppiò a ridere, anche Remus stirò un sorriso nel vederlo così sconvolto.
Che cazzo, nemmeno avesse undici anni!
“Manca ancora un po' all'arrivo.” sorrise la Grifoncina, ignorando la reazione di tutti gli altri. “Chiudi gli occhi, vedrai che non farai più tanti incubi. Ci penso io a te, ora.”
Ammutolì, in profondo imbarazzo e bofonchiò qualche epiteto non molto signorile a mezze labbra.
Lei gli tirò per scherzo uno scappellotto sulla testa, ridacchiando.
Oh, accidenti. Sarebbe stato pure piacevole se non ci fosse stata...quella cosa.
Quella cosa a cui aveva cercato disperatamente di non pensare nell'ultimo periodo perché, che cazzo, era schifosamente indecente pure per uno come lui sentirsi innamorato della sua stramaledetta cugina!
Come se non fosse già abbastanza strano, per giunta, essere tutti e quattro innamorati delle stesse ragazze! Lupin gliel'avrebbe pagata carissima, cazzo. Con tutte le accidenti di donne che c'erano nel mondo...
Come se avesse captato il sentore omicida dei suoi pensieri, il biondino guardò fuori dalla finestra, tossicchiando.
Già, meglio non pensarci. Schiacciare con tutte le proprie forze la cosa in un angolino dimenticato nel cervello, da bravi maschi.
E poi, rifletté vagamente godendosi le coccole di Tonks, ora come ora non aveva nemmeno le forze per pestarlo come si meritava.
Era così distrutto...
Quei maledetti incubi...

 

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Capitolo 53
*** And so it went. ***




“Coooosa?! Non può fare niente?!”
L'urlo apoplettico di Lily riecheggiò per tutta Mielandia, facendo tappare le orecchie a non poche persone.
Ambrosius Flume, il proprietario, si strinse nelle spalle massaggiandosi il povero timpano con espressione a metà fra il desolato e lo scocciato.
Non aveva tempo da perdere. Quel giorno il negozio era pieno da scoppiare e i marmocchi infilavano le loro manine appiccicaticce dappertutto, anche se nulla lo preoccupava di più di un moccioso dagli occhi d'oro un po' troppo interessato alle sue Piperille Sputafuoco.
“Mi dispiace...” rispose, controllandolo con la coda dell'occhio. “E' uno scherzetto di San Zuccherino ed io non posso farci niente... comunque, spariranno da soli fra un paio di ore, non preoccupatevi. Ne ho viste a bizzeffe di scherzetti del genere, negli anni...anche se non così fastidiosi, devo ammetterlo! Scusa, se vuole mangiare quelle, deve farlo fuori dal locale... e deve pagarmele, soprattutto!”
“Piantala di fare casino!” rimbrottò la piccola Lily, mentre il suo degno compare veniva acciuffato dal Potter più grande, che lo sollevò come un cucciolo togliendogli dalle mani pericolose caramelle esplosive.
“Riesci-a-stare-fermo-cinque-minuti?!” gli abbaiò in testa, esasperato.
“Secondo te?! Siamo la stessa persona o sbaglio?!” rimbeccò quello, facendogli alzare gli occhi al cielo.
Ora la capiva perfettamente, sua madre! Come aveva fatto a sopportarlo per tutti quegli anni?! Non appena girava lo sguardo, quel dannato ne combinava una!
“E ora cosa facciamo?!” si disperò Lily, una volta usciti di lì. Indossava un poncho color kaki ed era un incanto.
O forse era perché tutto ciò che faceva, in quel preciso momento - anche mettersi le mani nei capelli e inveire contro Tosca Tassorosso in modi non propriamente eleganti - appariva agli occhi di James delizioso.
La guardò agitarsi e sclerare come inebetito, riflettendo sul fatto che stessero davvero insieme e che stessero davvero camminando per Hogsmeade come una non-tanto-normale-ma-se-lo-sarebbe-fatto-bastare coppia di innamorati.
Gli venne voglia di baciarla ma alla sua copia in miniatura probabilmente sarebbe venuto un infarto...
“Che c'è?”
Il sopracciglio inarcato della ragazza lo scosse da quei pensieri. In effetti, era calato il silenzio da un po'.
“Eh?”
La Grifoncina lo guardava guardinga, con i suoi insondabili occhi di smeraldo che sembravano trapassarlo da parte a parte, ogni volta.
“Si può sapere perché mi fissi in quel modo? Hai trovato una soluzione?”
Hogsmeade quel giorno era luminosa e piena di gente...che li fissava con tanto d'occhi, visto che si trascinavano appresso le loro copie sputate in miniatura, che di starsene buone sotto il mantello dell'invisibilità non volevano saperne!
Chissà cosa pensavano quelle vecchie signore dall'aria indignata...non riuscì a trattenersi dal ghignare loro in faccia, sardonico.
Ma la cosa peggiore di tutte erano gli altri studenti: ovunque andassero sentiva i loro sguardi e i loro bisbigli.
Dovevano essere proprio a corto di pettegolezzi, quelli, per fissarsi così! Tutta colpa di quel dannato giornaletto che compariva ovunque nel suo campo visivo!
C'era qualcuno in quella dannata baracca che non aveva comprato l'edizione di Rita Skeeter?!
Senza rifletterci, afferrò la mano di Lily e iniziò a trascinarsela via.
“H-Hey!” balbettò quella, presa alla sprovvista.
Sembrò che l'elettricità risalisse attraverso il suo braccio, pompandole il cuore come se fosse un tamburo. E adesso che cavolo gli prendeva?!
Il rossore le si dipinse sulle guance, mentre le dita calde di James le scaldavano la pelle dei palmi.
Ma il capo dei Marauders non si accorse di nulla, sovrappensiero com'era. Perchè gli dava così fastidio, quel giorno? Era abituato agli sguardi!
Eppure, lì, ad Hogsmeade, solo con lei...
Si fermò di colpo, sentendosi come colpito da un fulmine.
Ecco! Ecco cosa avrebbero potuto fare!
“Insomma, dove stiamo andando?!” si lagnarono i bambini ben poco contenti di dover correre loro appresso per tutto il villaggio, mentre Lily ebbe giusto un brividino mentre l'altro si girava con un sorriso che era tutto un programma.
Gli era di nuovo cambiato l'umore...ma che, era lunatico?!
“Lo so, dove potremmo andare!” si esaltò, in brodo di giuggiole. Tempo nemmeno due secondi e furono letteralmente afferrati di peso e trascinati come fazzoletti per almeno tre quartieri.
Quando si fermarono, erano tutti e tre senza fiato!
“H-hai trovato...anf...la soluzione...?” balbettò la Grifoncina, tenendosi un fianco.
Poi alzò il viso e sbiancò.
Davanti a loro c'era un localino che profumava come una caramella. Tavolini rotondi impreziositi da trine e merletti in tenui sfumature color pastello... odore di pasticcini...e una valanga di coppiette in amore che tubavano come colombelle in fila davanti all'entrata!
Quel cretino li aveva portati davanti Madama Piediburro!
“Ma stai scherzando?!” abbaiò, indicando il posto infernale con un dito. “Ti sembra il momento?!”
“E perchè no?” cinguettò il cretino, che sembrava godersela come un pazzo. “Visto che non possiamo fare nulla per questi due cosi, tanto vale che passi la giornata concedendomi finalmente il nostro agognato appuntamento! Stiamo assieme, no? Non c'è più motivo di rifiutare!”
“Potrei vomitare...” commentò Potter junior, guardando schifato la sua nemesi e subito dopo il posticino lezioso dove voleva ficcarli. Piuttosto meglio la morte!
Anche le due Lily lo guardavano con tanto d'occhi, la più piccola dello stesso avviso, la più grande con l'aria impanicata di un topo in trappola!
“Ma...ma...”
Non faceva mica sul serio, il maledetto!
“Beh, che ti prende?”
Sì che faceva sul serio!!!
Arretrò di qualche passo, presa totalmente in contropiede.
Ma che aveva che non andava, quella ragazza? Pensò James, alzando gli occhi al cielo. Era forse l'unica tizia di quella scuola a non stra-venerare quel dannato posto! Ce lo avevano trascinato almeno in cinquanta, lì dentro, negli anni!
E suo malgrado doveva ammettere che con il tempo ci si era pure affezionato, visto che Madama Piediburro faceva i migliori bigné del circondario...
“Io...” balbettò la Grifoncina. Poi i suoi occhi caddero per una frazione di secondo sulle coppiette in fila. Li fissavano tutti e qualcuno sfogliava il giornale della Skeeter...che aveva catturato la sua attenzione come un faro nella notte, notò James. “Non è che si può andare in...un posto più isolato?”
Si vergognava?! Lily Evans che si vergognava?!
Quello gli diede davvero non poco fastidio. Non seppe dire come mai, ma improvvisamente si sentì irritato e nemmeno fulminare con lo sguardo quella gentaglia bastò a fargliela passare. Bastava davvero una rivista per renderla mansueta come un agnellino?! Si aspettava della ritrosia, certo. Ma non per quel motivo!
“Sul serio?” sbottò, incrociando le braccia al petto. “Dai davvero retta a...?! Ok, sai che c'è? Non c'è problema, se è la privacy che vuoi, conosco il posto perfetto!”
Da qualche parte un tempo c'era un angioletto sulla sua spalla destra che gli avrebbe intimato di smetterla di comportarsi come un idiota infantile e di non fare assolutamente il dispetto che aveva in mente...peccato che si era impiccato da parecchio.
Ecco, pensò Lily, vedendolo ghignare con un'aria sadica che ben conosceva. Ora sì, che c'era da preoccuparsi!





“Allora, Ninfadora! Ma mi spieghi dove te ne sei stata nascosta per tutto questo tempo, eh?”
Non avrebbe mai pensato nella vita di desiderare di trasformarsi e mordere qualcuno, rifletté Remus Lupin, appoggiando seccamente un quotidiano – di quelli seri, a differenza degli altri – su un tavolino.
Sentì come un travaso di bile e la mandibola che schioccava secca senza che riuscisse a fermarla.
Cercò di calmarsi mentre Tonks veniva abbordata a nemmeno due metri da lui. D'altronde era inevitabile, si disse.
Anzi, era sorpreso che fosse passato così tanto, conoscendo la fauna della scuola.
Il bellimbusto in questione era un tipetto biondo della sua età, probabilmente andavano in classe assieme. Ben vestito, due belle fossette al bordo della bocca...ed il sorriso di chi aveva sempre vissuto alla grande.
Il gruppetto si era diviso poco prima, ognuno perso nei propri affari. Aveva ritrovato Tonks mezz'ora dopo e dopo aver fatto incetta di scorte da Zonko si erano sbragati con la pancia piena sui tavolini nella piazza principale...dove naturalmente, le occhiate non si sprecavano di certo.
Tutta quell'attenzione non era particolarmente idonea per quello che doveva fare quel giorno, tuttavia...tuttavia si era reso conto, non con un certo disagio, che Tonks aveva una strana scia gravitazionale nella quale era rimasto impigliato.
Era come se non riuscisse a restarle lontano, pensò mettendosi le mani nei capelli. Altro che incontro casuale...era peggio di una calamita!
Guardò la ragazzina sentendosi un verme, e al contempo provando uno strano impulso a staccare il braccio che quel parassita le aveva appena messo attorno al collo con fare viscidissimo.
Smettila. Non sono affari tuoi.
Cercò di guardare altrove ma, chissà come, il suo udito si concentrò tutto in quell'unica direzione.
“Quindi me lo concedi un appuntamento?” stava dicendo il tizio, e sembrava anche parecchio navigato per la sua età, peccato non avesse fatto i conti con un particolare parecchio importante...ed infatti, Tonks gli piantò il palmo aperto sul torace rabbuiandosi in viso. Lo allontanò con un colpetto secco.
“Odio che mi si chiami Ninfadora!” abbaiò, spiazzandolo e facendogli crollare l'aria cool come un castello di carte.
“Ma...!”
“Non farlo mai più!” gli impose lei perentoria, prima di girare i tacchi.
Cercò di soffocare la risata che gli era salita istintivamente in gola mentre la Grifoncina si avvicinava con in mano un sacchetto di bollenti caldarroste.
Era da stronzi goderci come un pazzo?
Sì, era da stronzi, pensò subito dopo con un sospiro mentre Tonks gli si accoccolava accanto sganciandogli in mano due castagne.
Quel giorno portava un berretto beanie a righe rosa e azzurre e un cappotto extralarge dai toni pastello che la facevano ancora più piccola, aveva le guance rosee come pesche e l'aria più innocente che mai.
Sì, era un verme, un verme miserabile che la seguiva come un drogato in astinenza. Solo che stavolta, era lui a fare male.
Ripensò allo sguardo terreo di Lily mentre quasi la uccideva e gli passò la voglia di ridere. La castagna che stava deglutendo sembrò più pesante di un macigno.
“Senti, ma mi spieghi una cosa?” chiese Tonks, afferrandogli improvvisamente una manica del cappotto, ignara del suo pessimo stato d'animo.“Perché è da tutto il giorno che viene a parlarti gente strana?”
In effetti non aveva tutti i torti, visto che non avevano fatto altro che incontrare le sue spie e che alcuni di loro...beh, si erano fin troppo calati nella parte!
E così, per tutto il giorno lei aveva osservato basita frotte di gente vestita da ninja avvicinarlo con le peggio mosse, passargli bigliettini e bisbigliargli cose sulla Skeeter all'orecchio.
Si schiaffò una mano sul viso, anche se era ben grato di distrarsi dalla direzione che avevano appena preso i suoi pensieri.
“Lascia perdere...hey, che voleva quel tizio?”
“Un appuntamento.” lo disse come se stesse minimizzando una cosa di zero interesse. “Mica se lo ricorda che glielo avevo concesso l'anno scorso...e che era stato un fiasco totale!”
“Ma dai? Davvero?” si incuriosì il biondino, fingendo con scarsissimi risultati di essere assolutamente imparziale. “Non sarai un po' severa? Sembrava a posto!”
L'occhiataccia che gli scoccò disse tutto.
“Invece è stato davvero un disastro! Non faceva altro che vantarsi! Del conto in banca, della scopa da Quidditch nuova, della sfilza di ex... ti sembra normale parlarmi delle ex ad un appuntamento?!”
“Eh sì, decisamente inopportuno.” commentò lui, sentendosi insolitamente più allegro.
“Già! Ci ero uscita perché non volevo privarmi di un'esperienza e lo avevo scelto perché era simpatico, ma mi ero sbagliata alla grande!” la ragazza guardò altrove, sovrappensiero. Improvvisamente cambiò espressione, facendosi più triste.
“Tonks...?”
“E poi, sapevo che non ci sarei rimasta male in ogni caso, se mi avesse dimenticato l'anno seguente. Avevo in testa un'altra persona già da allora.”
Il mormorio si perse nel vento, ma rese l'aria decisamente più pesante. Si irrigidì senza rendersene conto, apparendo di nuovo algido e freddo, come ogni volta che si toccava quell'argomento ma Tonks si era ripromessa di non rovinare quel poco che avevano e balzò improvvisamente in piedi, mettendo a tacere la ferita cocente che le si apriva ogni volta che si schiantava contro quel muro.
“Ti va di fare una passeggiata?” propose, cambiando frettolosamente argomento.
Remus accettò con fin troppo entusiasmo, lieto di uscire da quel nodo spinoso.
Lei gli sorrise luminosa e gli si strinse al braccio, circondandolo con i propri e tenendoloselo stretto contro il petto. Poteva forse illudersi, in quel modo...poteva fingere per qualche ora di essere davvero la sua ragazza?
Guardava distratta il loro riflesso nelle vetrine, stampandosi bene in mente ogni particolare di quell'immagine e cullandosi in una dolce illusione.
Remus era altissimo, decisamente più alto di lei che a malapena gli arrivava al petto, e camminava e si muoveva con un'eleganza senza tempo, eterea. Indossava un cappotto con il bavero rialzato che risaltava i suoi zigomi e il sole giocava con i capelli, rivelando fili di un biondo scintillante e rendendo luminosa la sua pelle marmorea.
Un po' troppo severa con quel tizio, aveva detto? Ma come faceva a non esserlo, quando al suo fianco c'era un essere così perfetto?
Sfigurava così tanto, accanto a lui...avrebbe potuto trasformarsi in chiunque, ma non sarebbe mai arrivata a quel livello. Non c'era competizione, con nessun altro al mondo!
E lui davvero sembrava non accorgersene, come un rospo che non si è mai reso conto di essere diventato un principe e anzi, di esserlo sempre stato.
Improvvisamente ebbe voglia di rimanere sola con lui, di essere l'unica a poter godere di quella visione, e ridendo lo tirò per la manica verso un piccolo sentiero nel bosco.
Lui sorrise, lasciandosi condurre ovunque lei volesse ma a mano a mano che si avvicinavano al posto che aveva scelto, il suo viso sembrava rabbuiarsi.
E quando finalmente arrivarono alla staccionata che si affacciava sulla Stamberga Strillante, la sua pelle era leggermente più pallida e tirata del solito.
“Beh? Perché quella faccia?” lo schernì Tonks, divertita. “Non ti piace il posto?”
“Di solito non è un posto dove le ragazze amano passare il tempo. Ero sorpreso, tutto qui...” rispose lui, pacatamente, ma la ragazzina lo guardò maliziosa e gli puntò il dito sul naso.
“A-ha! Non ci casco mica, sai?” rise. “Hai paura del fantasma, ammettilo!”
Questo parve divertirlo parecchio in un modo un po' strano e fece un mezzo sorrisetto che sembrava quasi cattivo. Quell'aria cinica e malevola un po' stonava su di lui. Appoggiò i gomiti alla staccionata, affacciandosi sul paesaggio brullo che precedeva il profilo contorto della casa e la guardò come se desiderasse quasi vederla bruciare.
“Fantasma?” chiese a mezze labbra, continuando a sorridere. “E cosa ne sai, tu, del fantasma?”
“Ne parlano tutti da parecchio tempo!” cinguettò allegra lei, affiancandolo. Poi cercò di rendersi spaventosa, ma si rese soltanto più buffa. “Si sentono strane urlaaa provenire da quella casa, ogni tantooo...”
“Motivo in più per non stare qui! Com'è che ho la sensazione che ci vieni spesso?”
“Perché è così.”
Remus assunse un'aria severa. Uh oh, odore di paternale alla Lupin.
“Tonks, è spaventosamente isolato qui intorno.” la sgridò con calma, alzando gli occhi al cielo. “Non dovresti girovagare qui da sola, di questi tempi! Altro che fantasma, c'è ben altro pericolo per una ragazzina di quattordici anni!”
Gli fece la linguaccia, brontolando. Il fatto che avesse rimarcato i suoi anni l'aveva indispettita parecchio, non amava che le si ricordasse quanto fosse “lontana” da lui, differenza di età compresa!
Poi colse l'occasione al volo e gli si accoccolò addosso, facendolo sudare freddo per vendicarsi di quel colpo basso. Si era ripromessa di non fare nulla che potesse allontanarlo di nuovo ma stavolta se lo meritava! Poteva anche non amarla, ma era pur sempre un uomo! Ed infatti, lo sentì irrigidirsi mentre gli sbatteva gli occhioni davanti, diventando tutta una moina.
“Allora vorrà dire che mi accompagnerai tu d'ora in poi!” tubò, dolce come il miele. “Così potrai proteggermi dai pericoli!”
Credeva di averlo in pugno ma a quanto pare, in tutta quella storia c'era qualcosa che lo divertiva molto perché stranamente non cedette di un millimetro. Anzi, si chinò su di lei fino a piantarle gli occhi dritto nei suoi, il viso bello da stare male e stranamente serio all'improvviso vicinissimo.
Quell'intimità imprevista la lasciò con il fiato incastrato in gola e per la prima volta, si zittì, come ipnotizzata.
“E se fossi io, il pericolo?” Il sussurro di Remus era un soffio esile, miele sulla sua pelle. La sua voce era vellutata, il suo profumo era delizioso, invitante...voleva stare al gioco, ma improvvisamente dietro l'azzurro degli occhi, le parve quasi di notare qualcosa che non aveva mai visto. Serietà, ironia... e come un barlume di eccitazione. Non era da Remus giocare così. Sembrava un altro e ciò la spiazzò. “Te lo sei mai chiesto?”
“Tu...” la sua voce era diventata improvvisamente roca. Desiderio, ma anche...una sorta di soggezione. “...Tu non potresti mai essere un pericolo per me.”
I suoi occhi erano accesi come un cielo di brace...e poi, piano piano, si spensero. La sua espressione si trasformò in una maschera di antica malinconia, e Remus parve tornare sé stesso.
“Sono stato irrispettoso. Per favore, perdonami.”
La voce era di nuovo dolce e contrita.
“N-no...va bene...” Inciampò all'indietro, incastrandosi in una radice. Stavolta non era goffaggine, era che proprio non si sentiva più le gambe! Remus l'agguantò appena in tempo, passandole una mano dietro la schiena ma la lasciò andare subito dopo averla rimessa in piedi.
“Fantasmi, eh?” mormorò delicatamente, staccandosi e guardando oltre il recinto. “Di solito le ragazze non amano i fantasmi. A meno che non siano quelli della scuola.”
Lei affondò le mani nel legno, sollevandosi sulla punta dei piedi per vedere meglio. Le sembrava che il suo potere fosse per un attimo andato fuori controllo e che si fosse abbassata di qualche centimetro, come una bambina che si faceva piccola piccola.
“Vorrei consolarlo.” confessò, sbalordendo Lupin che si voltò a fissarla con la bocca spalancata. Il clima parve di nuovo diventare leggero.
“Come consolarlo?!”
“Credo che soffra.” la streghetta si strinse nelle spalle. “Urla sempre, no? Credo che senta dolore.”
Remus rimase in silenzio.
“Lo credo anche io.” mormorò infine, con voce piatta. “Credo provi una grande sofferenza. E' triste che le persone abbiano paura di un essere che soffre tanto da urlare e svegliare mezzo villaggio. Però forse...forse è giusto così. La paura aiuta a sopravvivere, d'altronde.”
Lei scosse il capo con decisione.
“No, non sono d'accordo. E' ingiusto! Non bisognerebbe mai soffrire da soli.” i suoi occhi si persero, si fecero tristi. “E' orribile restare da soli.”
C'era un altro motivo per cui quel giorno l'aveva seguita, pensò Remus. Ormai sembrava in grado di conoscerla...e sapeva che quel giorno lei si sentiva triste. Sapeva distinguere quando sorrideva davvero, e quando mentiva per non fare preoccupare nessuno. La sua allegria a volte diventava una tremenda maschera da portare...
Fece per allungarsi verso di lei, ma Tonks si tirò ancora di più e si portò la mano ai lati della bocca, tornando a sorridere di quel sorriso finto.
“Hey, fantasma!” gridò a pieni polmoni. “Non sei più da solo, sai? CI-SIAMO-NOI!”
Andare lì a consolare uno spirito la faceva sentire decisamente meglio. Urlò ancora un paio di volte, adocchiando con la coda dell'occhio che Remus stava iniziando a sorridere di cuore.
Fece per urlarlo una quarta volta quando, improvvisamente, il fantasma decise di risponderle.
E lo fece con un terrificante e mostruoso ringhio che vibrò attorno a lei come il suono di un contrappasso.
Giusto il tempo di sobbalzare, e improvvisamente Remus l'afferrò per le braccia, portandola giù dalla staccionata e parandosi di fronte a lei mentre...un enorme lupo grigio usciva dagli alberi scoprendo i denti.
“Ah!” il cuore mancò un battito, più per la sorpresa che per altro. Era senza il suo branco, doveva essersi perso...o forse, la presenza di quei dannati Dissennatori tutt'intorno stava facendo impazzire gli animali, perché non si erano mai visti lupi da quelle parti! Di giorno, poi!
“Lascia Remus, provo a spaventarlo io!” disse partendo in quarta, concentrandosi per assumere l'aspetto di Hagrid pregando che fosse sufficiente diventare più grossa per scacciarlo, quando la dannata radice di prima si ripresentò di nuovo contro i suoi piedi.
“Waaaah!” gridò, cadendo e ruzzolando come un sacco di patate...e ritrovandosi sdraiata a pochi centimetri dall'animale che scoprì i denti aguzzi come rasoi pronto ad attaccare.
Accidenti, quanto era imbranata! Stupida, stupida radice e stupidi piedi goffi!
Chiuse di scatto gli occhi aspettandosi un bel morso quando la mano fresca di Remus le si posò sulla spalla.
“Non ti muovere.” disse, con una calma irreale...prima di frapporsi fra loro, ergendosi davanti al bestione come un araldo.
No, così avrebbe morso lui! Che accidenti stava...!
Il lupo guaì, chinando il capo. Remus non si era mosso di un millimetro, fissando l'animale con occhi persi, quasi distratti. Aveva addirittura le mani in tasca.
Eppure, il lupo aveva la coda fra le gambe, e lo guardava come avrebbe guardato un leone.
O un alpha, pensò confusamente dentro di sé.
E improvvisamente, di nuovo lui le apparve diverso. In qualche modo maestoso...e spaventoso allo stesso tempo.
Pur essendo tranquillo, pur avendo un viso inespressivo. Anzi, forse proprio per quello.
Non era normale essere così sereni davanti ad un lupo feroce... e quell'aura che sembrava improvvisamente avvolgerli...
L'animale fece dietro front senza più emettere un suono. Remus sospirò appena, serissimo, prima di voltarsi verso di lei.
Incrociò il suo sguardo, sembrava sorprendentemente tenero.
“Tutto a posto.” sorrise, improvvisamente imbarazzato.
“Come...come...?” Lo guardava sbalordita, con tanto d'occhi. “Voglio dire, sei stato...fighissimo! Come hai fatto?”
“Non è stato niente di che...linguaggio del corpo... evidentemente non voleva attaccarci.” minimizzò lui, e le sembrò stranamente a disagio, come se volesse chiudere in fretta l'argomento. “Probabilmente si è solo sorpreso di trovarci lì. Magari eravamo controvento e non ha sentito il nostro odore.”
L'aiutò ad alzarsi, reggendo ben poco la sua ammirazione...e la sua parlantina emozionata che durò parecchie ore. A quanto pareva, non aveva mai visto un lupo così da vicino e l'elettrizzava che lui si fosse comportato come un principe azzurro, esattamente come aveva sempre pensato.
Perlomeno, l'adrenalina le aveva tolto via quell'espressione triste per un po'.
Ma le aveva anche...come ravvivato il sangue. Il suo odore così buono...come un calice di vino rabboccato dall'agitarsi all'interno di un bicchiere di cristallo. No, non vino.
Latte. E fragole.
Sentiva il cuore battere all'impazzata...e la pelle profumare in modo tremendo. Fu costretto più di una volta a trattenere il respiro.
Proprio un bel principe...




"Ciao! Tu sei Cristhine McRanney, vero?”
La Corvoncina contò fino a dieci. Ok, poteva farcela. Poteva sopravvivere a quella giornata.
Inspirò.
Espirò.
E finalmente, con una pazienza proverbiale, si voltò verso un ragazzo dal sorriso sornione. Tassorosso, forse sedici anni.
“Sì.” Disse, portandosi fuori dalla sua portata di almeno due passi. Aveva lasciato gli altri per andare ad acquistare alcune provette di Pozioni che potevano essere utili nel caso i mini James e Lily fossero rimasti più del previsto, scegliendo accuratamente le vie più isolate, ma quel giorno Hogsmeade straripava di gente come non mai.
“Ho visto l’intervista.” Esclamò quello, divertito.
Dio, eccone un altro!
La Corvonero stava già per tirar fuori le unghie quando si sorprese.
“Ma come si fa a scrivere tali porcherie?” quello rise, gli occhi al cielo. “Ti sarai sentita in imbarazzo, eh?”
Non ci credeva…finalmente un gentiluomo?
Qualcuno che non aveva intenzioni discutibili in quella scuola di depravati cafoni?
“Com'è che c'era scritto… un guardaroba privato...?”
“Sì, una scemenza del genere.” sbottò lei, freddamente. “Sono veramente tutte sciocch...”
“Ma è vero?” la interruppe lui, ignorandola. Bruciava di curiosità e l'occhiata comprensiva si era appena trasformata in una di scherno. “E' vero che Black te ne ha comprato uno?”
La ragazza lo fissò sbalordita.
“NO!” esclamò, al limite della sopportazione. Lui scoppiò a ridere.
“Davvero? A me dicono tutti così...posso vederlo?”
“Nemmeno per sogno!”
“Andiamo! Solo per accertarmene!”
La Corvonero si mise le mani nei capelli, col chiaro tentativo di strapparseli dalla cute. Fece per dargli le spalle esasperata quando quello allungò di un passo annientando la distanza fra loro ed entrando in quello che Cristhine amava chiamare il suo spazio sicuro. Il limite entro il quale tollerava la presenza di altre persone.
Troppo vicino. No!
Chiuse di istinto gli occhi, facendo per spingerlo via quando la voce maledetta di un angelo la riportò alla realtà... assieme a una bora gelida in cui nessuno al mondo avrebbe mai voluto entrare.
E in effetti, lo sguardo di Sirius Black, che torreggiava su di loro, era mortifero.
“Che ne dici invece di levarti dalle palle, coglione?”
Giusto un mugugno...ma due occhi che uccidevano. Erano forse le occhiaie a farlo apparire ancora più inquietante e brutale del solito?
Cristhine trattenne un brivido, mentre il ragazzo investito dalla sua aura omicida alzava la faccia su di lui e si deglutiva perfino il pomo d'adamo.
“Oh! Io…io non…scusa Black, stavo solo scherzando…”
“Sparisci.” sibilò lui, sovrastandolo.
Il tizio non se lo fece ripetere e filò via come un razzo.
“Tsk! Deficienti.” grugnì lui, poi si voltò verso la Corvoncina. “Tutto bene?”
Ma se si aspettava un grazie e un bacio, dovette rivedere i suoi piani, perché la ragazza gli rivolse uno sguardo decisamente ostile.
“Tutto bene, grazie.” rispose seccamente, dandogli le spalle.
Oh.
Era incazzata. E parecchio.
Cadde letteralmente dalle nuvole, fissando attonito le piccole spalle di lei strette e rigide sotto un trench grigio perla che costava quanto una casa e le stava – naturale - divinamente.
“Hey!” si sbalordì, raggiungendola in fretta. Ok, cosa aveva fatto? Cercò di ricordare ma non gli venne in mente niente. O era solo che vederla così arrabbiata lo mandava nel panico? Cosa cavolo aveva combinato? Non era che...? “...Cristhine, sai benissimo che con quello che ha scritto Rita io non...”
Le afferrò una manica, ma quando lei si girò verso di lui le parole caddero nel vuoto. Aveva gli occhi lucidi.
“Non me ne importa un accidente di quello stupido giornale!” sbottò con rabbia. “Non è per quello!”
“E allora... perchè...?”
Lei gli puntò un dito sugli zigomi, anzi, no, poco più su. Sulle...occhiaie...
“L'avevi promesso!” la voce le si era fatta alta. “Avevi promesso che non ti saresti messo in pericolo!”
Oh. Sirius afflosciò le spalle, zittendosi. Oh, ecco che cos'era.
“Cristhine...”
“Da quant'è che va avanti, eh?” si divincolò rapida, fissandolo in un misto di ira e apprensione. “Da quant'è che non dormi? Quante ore sono state stanotte, una, due ore di sonno?! Per quanto ancora farai finta di niente? Per quanto ancora farai quegli incubi senza dire nulla a James, agli altri?”
Per quanto ancora? Per tutto il tempo del mondo.
Perché di quegli incubi, delle sensazioni che provava durante essi...lui aveva vergogna.
Marcio, marcio...
“Lo so, che continui a farli! Lo vedo, non ti reggi in piedi da giorni! Non sono normali, Sirius! Non è normale! Perché non vuoi accettare un aiuto?!”
L'hai provata anche quella volta, quella sensazione.” sua madre, dietro di lui, ridacchiò. Sentiva le sue braccia avvolgerlo da dietro, soffocarlo. “Quando hai fatto il Rito di Sangue. Ricordi, Sirius? Ricordi quell'immenso piacere?
Ricordava una casa, bella e piena di nobili odiosi. Un castello freddo, che aveva detestato dal primo momento in cui vi aveva messo piede.
Una festa. Risate finte, pompose. Odore di tartine al salmone, di martini e dopobarba di marca.
“Non so perché accidenti non vuoi che gli altri ne vengano a conoscenza ma io non rimarrò zitta e buona a vederti ridotto in questo stato!”
Ricordava una stanza, al piano di sopra. E una fotografia, in mezzo a tante altre, dentro un vortice nero.
“Sirius, non è...!”
Ricordava un urlo. E ricordava una bambina, oltre la porta.
La principessa del castello. Bellissima, piccola e terrorizzata. Il tesoro nascosto.
Non si era nemmeno reso conto, Sirius Black, di aver schiantato Cristhine al muro. Non si era reso conto, perso in quell'inganno, di averle afferrato i polsi, di averglieli portati sopra la testa, di averli stretti contro le mattonelle sbeccate. Della sua pelle sottile e tremante sotto la sua presa di ferro.
Né si era reso conto di come il cuore le battesse più forte ora, contro la camicetta, contro il cappotto color perla. Come quello di un uccellino.
“Ho desiderato rubarti da quel castello dal primo momento in cui ti ho vista.” mormorò Sirius Black, mentre Cristhine ammutoliva, schiacciata da lui, dal suo sguardo gelido come granito. Il suo respiro era velluto sul viso. Aveva caldo, adesso, ma aveva anche freddo. Un freddo opprimente... “Ed ora l'ho preso. L'ho rubato. Ma questo tesoro parla troppo. Osa troppo.
Cristhine cercò di ribellarsi, le dita si chiusero a pugno fino a lasciarsi dei piccoli segni bianchi dentro i palmi, a forma di mezzaluna.
Cosa...stava...succedendo?
Le faceva paura...
Le faceva paura quello sguardo, quel modo di sorridere. Se ne rese conto subito.
Lui sapeva che era debole, sapeva che non si sarebbe potuta liberare se lui non avesse voluto. E sorrideva di questo. Perché?
“Sirius!” gemette, improvvisamente colta dal panico senza saperne il motivo.
Walburga Black rideva di cuore, dietro le spalle di suo figlio. Invisibile, impalpabile. Il ricordo di un incubo...o forse...l'incubo di un ricordo.
Quella sensazione...
Prendila pure.” sibilò al suo orecchio. Si sentiva così confuso... “Prendila, se ti va. Un Black può prendersi ciò che vuole. E d'altronde, lei è solo una piccola, insulsa...”
“...mezzosangue...” mormorò Sirius, e fu l'ultima cosa che disse prima che i suoi occhi tornarono ad ardere, a riprendere coscienza.
Cosa?
Sbatté le palpebre, la sua presa si allentò quasi automaticamente, per istinto.
Cosa le aveva appena detto?
Stava tremando, contro il muro. Perché? Perché tremava così?
“C-Cristhine...”
Fece per sfiorarla con una mano, ma la ragazza fece uno strano scatto, come quello di una lepre.
Gli piantò un palmo contro il torace, spingendolo via da lei con la forza della disperazione...e per la prima volta in vita sua, Cristhine McRanney scappò via da lui.
Fu in quel momento, che l'incubo ricominciò.





Una mosca zampettava pigramente sul bordo di un bicchiere che non vedeva l'ombra di uno straccio pulito probabilmente da anni.
Lily Evans non faceva altro che fissarla.
Uno stupido bicchiere sudicio appoggiato al sudicio bancone che si intravedeva da una sudicia finestra.
“Stai scherzando.” alitò, sconvolta, mentre James Potter stazionava con le mani sui fianchi sotto un'insegna storta su cui le tarme probabilmente avevano passato decadi della loro storia.
“Volevi privacy, no?” miagolò sardonico.
“Io lì non ci entro.” sentenziò la piccola Lily Evans, più bianca di un lenzuolo.
“Che figata!” urlò invece il piccolo James, con gli occhi a forma di stelle scintillanti.
Il Testa di Porco si innalzava davanti a loro come il più sordido e disgustoso covo di banditi di una qualsiasi fiaba per bambini.
Raggrinzito, fumoso e puzzolente. Il tetto sembrava il cappello di una strega e pareva ad un passo dal cedere.
“Beh? Non mi dirai che hai paura di un pub.”
Dio.
Dio, quanto era stronzo.
La Grifondoro serrò le mandibole fulminandolo con lo sguardo, prima di superarlo a passo di marcia spinta dal suo stupidissimo orgoglio.
Non sapeva il motivo per il quale si era incazzato, ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di girare i tacchi.
No, no signore.
Lei era Lily Evans.
La stupida, orgogliosa Lily Evans che si stava infilando con la bellezza di non uno, ma ben DUE marmocchi in quello che con tutta probabilità era il peggior locale del paese.
“Con due bambini, Potter? Davvero un'ottima scelta!” abbaiò acida. “I Mangiamorte la dentro saranno felicissimi di farci amicizia!”
“Tranquilla, conosco il proprietario...” rimbeccò lui, aprendo la porta.
“Oh, fantastico! Perlomeno inventati una storia decente per giustificare la presenza di questi due! E fa che non sia nulla di imbarazzante!”
“Bei bambini.” berciò infatti Tom, scoccando loro un'occhiata di fuoco non appena misero piede lì dentro. “Chi cazzo sarebbero?”
“Sono i nostri figli.” cinguettò James, sufficientemente calmo da fare inciampare Lily sui suoi stessi piedi.
“ARGH!”
La sostenne senza nemmeno guardarla, ma solo allungando il braccio. Continuava a ghignare, incurante del suo stato di shock ma probabilmente Tom il barista - un tizio pelato che sembrava un avvoltoio avvizzito - doveva aver visto di peggio perché si limitò a dire: “Non azzardarti a chiamare qui gli Auror se te li rapiscono.”
“Rapire?!” strillò la mini Lily, attaccandosi alla gonna della sua finta madre con gli occhi a palla. “Perché dovrebbero rapirci?!”
“Tranquilli, rimaniamo solo il tempo di una Burrobirra.” sospirò James, alzando le mani in segno di resa. “Fate i bravi e nessuno vi mangerà questa sera.”
“Sta scherzando, vero?!” bisbigliò la bambina al suo degno compare, ma l'altro marmocchio era troppo impegnato a fissare le enormi corna ricurve che sbucavano dalla testa di un energumeno pieno di peli che stava bevendo al bancone.
“CHE FI-GA-TA!”
“Tu è meglio che mi stai appiccicato.” considerò il Grifondoro, prendendoselo sotto l'ala mentre si dirigevano ai tavoli.
“Com'è che sei passato dal volerlo fare secco al volerlo proteggere?” ironizzò la Evans più grande, cercando di ignorare un paio di vampiri che se la mangiavano - letteralmente – con gli occhi.
“Perché è l'unico ad apprezzare questo posto! La tua copia se la sta facendo sotto o sbaglio?”
“Non me la sto facendo sotto!” strillò sottovoce la bambina, indispettita oltre misura. “Sono solo al limite dello sdegno!”
“Dio, che deja-vu.” James si passò una mano sulla faccia, divertito. “Mi mancava quella vocetta altezzosa, sai?”
“Oh, va a prendere quelle cavolo di birre...” sbottò la Evans, sfinita. Accidenti a lui, ma che gli era preso? Quello era palesemente un dispetto.
Ma se si aspettava che cedesse, sbagliava di grosso!
“E tu piantala! In questo momento sono tutto meno che commestibile!” sibilò sepolcrale ad un vampiro che si era avvicinato pericolosamente con tutta l'aria di volerle annusare il collo.
“Già. Sangue acido!” replicò quello. Era addirittura infastidito! Lui!
Osservò sospirando i due Potter dirigersi al bancone prima di accorgersi del penetrante sguardo della piccola Lily, che la fissava serissima sulla sedia di fronte. Conosceva quella espressione...d'altronde era la sua.
“Che... che c'è?” borbottò, a disagio.
“Perché?” chiese solo quella, quasi tristemente. “Perché hai tradito te stessa?”
“Ma di che parli...?”
“Lo sai! Lo vedo come ti guarda! Li ho sentiti i vostri discorsi!” inveì la marmocchia, fiammeggiando. “Ti sei messa assieme al nemico!”
“Non intendo discutere di questo con la mia copia del passato!”
“Io sono te! Voglio solo capire cosa diavolo ti è saltato in testa! Ti sei fatta... sconfiggere! Tutto quello in cui credevi...tutto ciò per cui lottavi, l'hai buttato via per lui!”
La situazione la stava mettendo a disagio oltre ogni dire. Guardò altrove, sentendo un pugno nello stomaco. Accidenti a San Zuccherino.
Non sapeva cosa rispondere...perché quello stesso sdegno era il suo. Perchè capiva perfettamente lo sgomento che stava provando quella bambina.
Come aveva fatto quel maledetto ad incastrarla così? Eppure...
“E'...diverso.” mormorò piano, sentendosi tiepida in un modo incredibilmente piacevole. “E' cambiato.”
Sì. Sì, lo era. Ne era certa, tutto sommato.
Non riuscì a fare a meno di sorridere tra sé, e quello mandò la bimba in bestia, dal momento in cui fu evidente quanto fosse una battaglia persa.
“Ne sei davvero sicura?” sibilò, alzandosi di scatto.
“Dove vai?”
“Al bagno! Non affannarti a seguirmi, a quanto pare nel passato so cavarmela meglio di te nel Presente!”
Peccato che la porta del bagno fosse chiusa. E lei che voleva solo seppellircisi e piangere tutte le sue lacrime! Tornò come una furia al bancone con l'intenzione di chiedere la chiave, alzandosi sui piedini per riuscire a vedere oltre alla fila di bottiglie sporche e tenendosi alla larga il più possibile da quel dannato Potter che le stava facendo la linguaccia, mentre il più grande era tutto impegnato a trattare il prezzo per – a quanto riusciva a sentire – un alcolico non propriamente legale arrivato da chissà dove.
Era così impegnata a rispondere per le rime alla sua nemesi in quella nevrotica guerra di boccacce e smorfie che non si accorse di stare indietreggiando...fino a che non andò a sbattere contro qualcuno dietro di lei.
“Dovresti fare attenzione a dove metti i piedi, mocciosa.” sibilò una voce, e sollevando lo sguardo la piccola si scontrò contro due gelidi occhi bruni. Un uomo enorme la fissava, tra le mani un calice di una strana brodaglia di non ben definita origine. Pur essendo muscoloso, aveva una sorta di eleganza altera, e le dita erano piene di anelli costosi. Portava un lungo mantello nero con filature argentee e un grosso panama nero che celava agli altri buona parte del viso...anche se, da sotto, la bambina riuscì a vederglielo per intero. E la sua espressione piena di disprezzo e disgusto la paralizzò sul posto. “Cristo, io odio i bambini.”
“S-s-scusi...”
Lui si chinò più, trapassandola con gli occhi da parte a parte. Non riusciva neanche a muoversi.
“E odio ancora di più i bambini mezzosangue.” ringhiò basso sibilando fra i denti, mentre lei trasaliva violentemente. Si toccò l'avambraccio con fare eloquente, chinandosi ancor più vicino. Lei lo fissava cadaverica e immobile come un topolino. “Si sentiva il tuo fetore da Sangue Sporco fin oltre la porta d'ingresso, feccia.”
Il suo alito sapeva di alcool, si sentì soffocare dal profumo della sua colonia. Avrebbe voluto tossire, ma era ipnotizzata da quell'ondata di livore improvviso che quell'estraneo le stava rovesciando addosso senza motivo.
Sentiva gli occhi pizzicarle dolorosamente... e non mosse un muscolo nemmeno quando lui allungò la mano verso di lei.
Perchè? Perchè era così crudele? Cosa gli aveva fatto di male?
Qualcosa poi, esplose. Un bicchiere sul bancone si frantumò sotto una scarpa da ginnastica...e un'ombra parve quasi balzarle sulla testa, arrivando da dietro.
Il piccolo James Potter pensò bene di terminare il suo salto di mezzo metro esattamente sulla larga visiera del cappello, che slittò sulla faccia del tizio fin quasi al mento.
“Levati, scemo!” urlò a gran voce, ridendo, e avendo ben cura di fare leva sul suo mento prominente per riprendere a saltare oltre le sue spalle. Sembrava una scimmia volante.
Prima che potesse fare qualsiasi cosa, quell'uomo odioso si ritrovò la suola delle sue scarpe in testa - che diedero un ultimo assestamento al cappello ormai rovinosamente incastrato sulla faccia – e barcollò all'indietro urlando come un pazzo fino a schiantarsi addosso ad una specie di grosso uomo-ariete...che ruggì incazzoso e lo spedì con con una testata dritto sul tavolo dei vampiri.
Era sangue, quello che si era appena rovesciato?
Da lì in avanti, il delirio totale.
“James!” strillò Lily, balzando in piedi con la bacchetta in mano.
Il capo dei Marauders pensò bene di acciuffare la sua ragazza e i marmocchi perché si era appena creata una vera e propria rissa da stadio.
Facendosi minuscoli i Grifoncini gattonarono via mentre tutti picchiavano tutti e forze magiche facevano volare qui e là bicchieri e piatti sotto le urla di Tom, chiudendosi poi la porta alle spalle con gli occhi a palla e pezzi di bucce d'arancia nei capelli. Da dietro, c'erano sibili di serpenti, bestemmie e ringhi decisamente non umani...
“Cosa accidenti è successo?!” strillò la rossa, incespicando fuori dalla portata di quei pazzi.
“Non lo so, stavo prendendo da bere!”
“E' tutta colpa tua! Come diavolo ti è venuto in mente di trascinarci in quel postaccio?!”
“Non è un postaccio! Sono solo...clienti sanguigni!”
“C'ERA DEL SANGUE UMANO NEI CALICI DI QUEI VAMPIRI!”
“Lo compra dagli ospedali!” lo giustificò James, leale fino all'ultimo a Tom il barista. “Mica sgozza la gente!”
“Sangue? Wow!” cinguettò il più piccolo dei due, eccitato come non mai.
“Zitto! E' tutta colpa tua! Perché ti sei messo a ballare sul bancone e a saltare in testa alla gente come uno stupido?” strillò improvvisamente la piccola Lily, e tutti la fissarono sconvolti dal momento in cui stava piangendo in modo isterico.
Il bambino ricambiò lo sguardo sconcertato, prima di guardare altrove. Questa poi. Era in imbarazzo, finalmente!
“Mi stava solo antipatico quel tizio.” sbottò infine, incazzoso. “Non devo certo giustificarmi con te, che ti metti a chiacchierare coi Mangiamorte!”
Quella urlò come un'aquila e lo sorpassò con uno spintone, andando a rannicchiarsi contro un tronco poco più in là, al limitare del bosco.
La osservarono dare loro le spalle e asciugarsi le lacrime con rabbia dalle guance arrossate, che però continuavano a scendere malgrado i suoi sforzi.
La rossa più grande sospirò. Credeva di aver capito cosa era successo, a differenza altrui.
Ci era passata numerose volte. L'umiliazione, il senso di inferiorità...la rabbia.
“Tu.” ordinò al bambino, con voce atona. “Va' un secondo assieme a lei.”
“Eh?! Perchè mai dovrei...!” cominciò quello, ma ci rimase letteralmente di sale quando la ragazza lo fulminò con uno sguardo da psicopatica assassina che lo terrorizzò a dire poco. Poteva quasi vedere delle fiamme levarsi alle spalle di quella creatura diabolica... e visto che QUELLA Lily Evans era decisamente più grande e forte di lui, decise saggiamente di chiudere il becco e fare come gli era stato ordinato.
“E tu!” si rivolse al capo dei Marauders con occhi di fuoco. Lui incassò la testa nelle spalle. Oh oh, era il suo turno... “Si può sapere cosa ti è preso?!”
“Che è preso a te!” ironizzò lui, anche se era stizzito. “Che succede, principessa? Credevo che certe cose fossero ormai superate, fra di noi. O forse avevo intuito male?”
“Ma di che accidenti stai parlando?”
Lui ghignò di nuovo. Accidenti, che ragazza allucinante.
Il momento prima sembrava che tutto fosse definitivo e certo come il colore del cielo. Che fosse finalmente sua. E il secondo dopo di nuovo, le certezze crollavano.
Lo mandava fuori di testa.
“Pensi non l'abbia capito?” l'accusò, con un sorrisetto amaro. “Com'è che era, quella parola? 'Addomesticata'? E' questo che ti ha messo così ansia? Ti ritieni sconfitta, come stava strillando la tua copia in miniatura poco fa? E' per questo che vuoi fare le cose di nascosto? Perché sappi per me va bene anche così, bastava solo dirlo!”
Lei lo guardava sbalordita, quasi indignata.
“Pensi che mi vergogni di noi!” realizzò, cogliendo solo in quel momento il suo strano comportamento.
“Penso che tu dia troppo peso al giudizio della gente.” disse Potter, guardando altrove. “E' quello che fanno le brave bambine, no? Stanno alla larga dai tizi come me. Non rovinano la loro immacolata reputazione.”
Lei ricambiò il suo tono sarcastico, incrociando le braccia al seno.
“E i tizi come te, invece, cosa fanno? Oltre a saltare facilmente alle conclusioni, intendo!”
“Senti, lascia stare.” sbuffò quello, esasperato. “Ho visto come fissavi quel giornale! Ho visto quanto ne eri preoccupata! E lo so che ha scritto un sacco di cose del cazzo, quella! Lo so che ti ci metto sempre io, in queste situazioni...però...”
Però, se bastava così poco per far crollare tutto, allora erano davvero nei guai. Perchè problemi di quel tipo sarebbero stati all'ordine del giorno.
E se lei...se lei...
Oh, cazzo. Che situazione assurda!
Si sentiva un bambino, ma se prima il fatto di non poterla avere lo mandava fuori di testa, ora il fatto di averla e poterla perdere era ancora peggio.
Credeva che sarebbe stato tutto a posto, ora, ma l'ansia si era come quadruplicata.
Perché lei ora era sua e ciò che era suo...
Chiuse gli occhi, passandosi le mani sul viso.
Cristo. E così, alla fine, era di nuovo finito a pensare a quello.
Forse era quasi meglio così. Che gli spezzasse il cuore per una sciocchezza del genere. Una banale questione di reputazione.
La solita storia di principesse e cattivi ragazzi. Di cose belle e fulgide come fiamme destinate a divampare in fretta...e finire in cenere con la stessa velocità.
Scosse la testa, cercando di non pensare. Di non pensare...al segreto. Colse solo lontanamente il rumore delle scarpe di lei, poco più di un soffio a confronto con il suo cuore che ora, batteva forte come un rombo di tuono.
Gli mancava quasi l'aria, al solo pensiero. Al ricordo di ciò che era uscito dalla bocca di suo padre, molti anni prima. Al pensiero che lei era sua e ciò che era suo...ciò che era suo...
Lily Evans gli afferrò il bavero del cappotto, con rabbia.
Lo obbligò a guardarla in faccia, tirandolo giù. Ma fece molto più di quello.
I suoi occhi verdi e luminosi lo riportarono alla realtà nel giro di mezzo secondo. All'ossigeno.
Lontano da certi pensieri. Lontano dall'oscurità.
“Era per te, che mi preoccupavo!” quasi gli urlò in faccia, piena di incazzosa determinazione.
Lui batté le palpebre, confuso.
“C-cosa?” balbettò, ancora strabiliato da quel suo strano potere. Era bastato averla vicina...e tutto si era spento. Così, nel giro di mezzo secondo. Ci mise un po' ad connettere con il significato di ciò che stava dicendo, incatenato alla purezza delle sue iridi di smeraldo ora così grandi e vicine. “Preoccupata per me?”
“Già, idiota!” sbottò la ragazza, al limite dell'esasperazione. “Ti ci va tanto a capirlo?! Oh, che sciocca! Certi concetti te li devo spiegare con i termini del Quidditch altrimenti non sei biologicamente portato ad afferrarli!”
Continuò a fissarla basito e quello parve farla incazzare ancora di più. Per un secondo pensò che gli avrebbe tirato un cazzotto ma lei inspirò un paio di volte prima di brontolare con tono più basso, senza guardarlo più negli occhi: ”Ho visto la tua espressione mentre leggevi quella schifezza. Il modo in cui Rita Skeeter ti ha dipinto...il modo in cui tutti ti vedono. Lo so che ti fa stare male, cosa credi? Non sei così incomprensibile come pensi, sai? Perché credi che ti abbia trascinato a risolvere il guaio di San Zuccherino per tutto il giorno?!”
Si era...preoccupata per lui? Stava capendo bene? Mentre lui era in paranoia su di lei, sul fatto che tutta quella merda avrebbe presto sotterrato la loro relazione, lei pensava a distrarlo?
La ragazza risollevò lo sguardo digrignando i denti, di nuovo animata da uno strano fervore, una rabbia senza pari.
“Se pensi che basti uno stupido giornale a farmi ritornare sui miei passi... se pensi che io mi senta sconfitta, che mi vergogni...o metta il mio orgoglio davanti a quello che c'è stato...!” Gli afferrò la cravatta, tirandoselo vicino con una cosa terrificantemente simile alla possessività. Ma non lo baciò. Si voltò urlando verso la sua copia in miniatura, che li guardava sconvolta. “Hey, tu! Mini-me! Io sono la sua dannata fidanzata, è chiaro?! E lo sarai anche tu, per cui mettiti il cuore in pace!”
Si staccò ansimando da lui, che continuava a fissarla in silenzio, ignorando i due mocciosi che aveva appena traumatizzato a morte.
“Ecco, sei contento?!” strillò. “Dio, sei così scemo che mi viene voglia di affatturarti qui sul posto! Ma con chi credi di avere a che fare, eh?! Anche io sono una Marauders, ficcatelo in testa! La mia reputazione se ne è già andata da un pezzo, te ne sei accorto o eri troppo impegnato a farti fare foto mezzo nudo da quella tizia?! Tra l'altro, com'è che ce l'avevi nel letto, eh?!”
Ricevette qualche pugno sul petto e una sequenza di insulti da far cascare i santi, decisamente meritati ma nemmeno li sentiva.
Tutto quel peso orribile che gli si stava formando nel petto si era come smaterializzato. Per merito suo.
“Ah.” balbettò solo, inebetito come se avesse preso un bolide in faccia. E ovviamente, quando non si ha il cervello connesso, si dice la prima cosa che capita. E anche la più sbagliata, ovviamente. “Tu...tu sei gelosa. Cioè, di me. Sei gelosa...di me...”
La Evans lo gelò con un'occhiata e nemmeno due secondi dopo, gli sbatté in faccia qualcosa di estremamente viscido.
“La tua biscia finta!” ringhiò, afferrando la sua copia e caricandosela in spalla con un diavolo per capello. “Tienitela, spero che ti serva a qualcosa!”
Girò sui tacchi e sparì dietro l’angolo con la velocità d’una saetta, lasciandolo lì piantato come un fesso.
Rimase a fissare la sua scia mentre il nanerottolo numero due lo affiancava masticando una Piperilla Sputafuoco.
“Le odio, quelle.” commentò, con una smorfia, catturando la sua attenzione.
James parve finalmente risvegliarsi. Ridacchiò, passandosi una mano fra i capelli.
“Smettila. Lo sai anche tu che non è vero.” lo zittì, iniziando a sorridere e mettendogli una mano sulla testa giusto per stuzzicarlo affettuosamente ancora un po'.
“Sì invece!”
“Pensi che non ti abbia visto, prima?” ghignò il mago più grande, sotto i baffi. “Sei saltato sulla faccia di quel tizio apposta, nel pub.”
Il bambino si ammutolì, imbronciato...e lui si inginocchiò fino a portarsi all'altezza del suo sguardo.
“So perché ti comporti così.” disse solo, dolcemente. “Ci sono passato anche io, no?”
“Non voglio parlare di papà.” mormorò lui, improvvisamente spaventato.
“Lo so.” sussurrò James, continuando a sorridere. “Ma sappi una cosa. Arriverà qualcuno che sarà in grado di fermare il dolore che provi ora. Il senso di colpa, la rabbia, la voglia di ribellarti, di spaccare tutto e metterti nei guai. Qualcuno che fermerà la tua brama del pericolo, il desiderio di farti male e sfidare il tuo destino. Qualcuno che sarà in grado di cancellare ciò che ci ha detto papà, anche solo per pochi, fantastici istanti. E so che ora ti sembra impossibile, ma quel qualcuno sarà Lily. E fidati, moccioso. L'aspetterai per anni e alla fine...” Alzò lo sguardo al cielo, esasperato. “...Alla fine, l'amerai più di ogni altra cosa al mondo...”





Il tramonto stava tinteggiando le guglie della scuola di magia quando tutti i suoi discepoli fecero ritorno da quella folle gita.
E per un motivo strano ma del tutto casuale, nessuno dei Marauders fece rientro assieme ai propri compagni.
Chi arrabbiato, chi triste, chi perso, chi in pace... la scuola accolse tutti loro, di nuovo, in solitudine.
E probabilmente era meglio così, pensava Remus Lupin, adocchiando il sorrisetto odioso di Rita Skeeter.
Certe cose, per essere fatte bene, andavano fatte per proprio conto.
“Appuntamento in una stanza vuota, noi due soli...allora ti sei proprio innamorato di me, eh Lupin? Hai una vera fissa per quelle più piccole!” lo stuzzicò la serpe, con un risolino perfido...che andò a scemare quando vide la faccia tranquilla del Grifondoro. “Beh, cosa vuoi?”
“Che ritiri ciò che hai scritto.” cinguettò il biondino.
“Stiamo già per fare la seconda stampa! No, grazie tesoro!”
“Oh, e invece lo farai Skeeter, e sai perché?”
“Illuminami...”
Il sorrisino diabolico che spuntò sul viso di Lupin fu qualcosa di davvero speciale.
“Ci ho messo davvero un sacco. Sei sempre stata furba, vero?” spiegò dolce come il miele e con un finto sospiro di fatica. “Ma alla fine, dopo il duro lavoro di quasi cinquanta spie, qualcosa è saltato fuori.”
“Ma di che cavolo stai parlando?” sbottò la giornalista, iniziando a sudar freddo.
“Perché non me lo dici tu, Mitrica?”
La calma inflessibile di Rita Skeeter crollò come un castello di carte al primo soffio di vento.
Assottigliò lo sguardo, irrigidendo la mascella.
“...Cosa...?”
“Esami G.U.F.O.” replicò serafico Remus, con una calma e una gentilezza agghiaccianti. “C’è stato un casino, l’anno scorso. Una fitta rete segreta di studenti che si faceva passare le risposte di una certa Mitrica. Hanno dovuto rifare il test, modificarlo totalmente, quando è venuta fuori questa cosa…ci hanno messo mesi e mesi per scoprire chi aveva copiato e chi no.”
“Tu…” ringhiò la Skeeter, furiosa. “Come diavolo hai...?!”
“Sono un Marauder e un Prefetto, cara. Pensavi di essere l'unica nella baracca ad avere una rete di informatori?”
E anche quella era fatta, pensò felice il ragazzo, osservando la sua odiosa faccetta da volpe sgretolarsi nello sgomento.
“Togli quella roba dal Giornale oppure dirò tutto a Silente. E ti farò chiuder baracca in meno di un battito di ciglia.”
“E’ uno sporco ricatto!”
“Se preferisci, lascio fare ai ragazzi. Ma l'intenzione era quella di bruciarvi l'ufficio e appendervi tutti ai Gargoyle in torre Ovest...”
Lei lo fissò come se desiderasse vederlo morto stecchito all’istante mentre lui fingeva di rifletterci su con tutta l'innocenza del mondo.
“Ti ricordo che ho ancora la copia della lettera di Petunia...”
“Nah.” cinguettò il Grifondoro, senza scomporsi di una virgola. “Quella era una palla, dai. L'ho capito dal primo momento in cui l'hai detto! Spero tu scriva meglio di come bluffi!”
Sconfitta su tutta la linea.
“Va bene…” Accettò con riluttanza, l’espressione di chi ha appena mangiato un limone. “Va bene…smentirò tutto…ma dopo il prossimo giornalino! Quello è già in uscita e non lo posso modificare.”
Ah, che goduria!
“Meglio di niente!” sorrise Remus, soddisfatto. “Puoi andare! Oh, e mi dispiace ammetterlo ma, sì. Sembri decisamente troppo vecchia per me. Forse, con meno trucco...”
Rise di gusto mentre la biondastra usciva urlando di rabbia dalla stanza, sbattendo la porta fin quasi a scardinarla.
Doveva decisamente offrire una pizza a tutti, rifletté, divertito. Oltre a dar loro il compenso in galeoni, certo. Quei poveretti avevano passato l'intera giornata a scandagliare l'intero passato della Skeeter senza fermarsi un attimo! E vestiti come dei ninja, per di più! Ok che quella era stata una loro idea... però avevano fatto un ottimo lavoro!
Alzò il viso, osservando il tramonto che infiammava rosso e dorato oltre il porticato della scuola.
Sì, una pizza se la meritavano, questa volta.
Ma prima...




Erano quasi le sette quando Ninfadora Tonks si vide volare un piccolo gufo di carta fra le mani.
Lo fece atterrare fra i palmi, stupita e curiosa, e anche ben grata di avere una distrazione dal tampinamento del suo compagno di classe che, a quanto pareva, non aveva ancora afferrato l'antifona di quella mattina e la stava tirando scema a furia di lusinghe e chiacchiere vuote a cui a stento aveva prestato ascolto.
Quel giorno era così strano, e triste... anche se San Zuccherino era finito, non aveva fatto altro che aspettare che tutti loro si scordassero di lei. Era così tanto abituata a scomparire dalle vite degli altri che ora le sembrava quasi impossibile che potesse accadere il contrario.
Ma il biondino era così preso dal narrare le sue gesta a Quidditch che non pareva aver colto il suo stato d'animo... e parve ricordarsi della sua esistenza solo quando il gufo di carta batté le ali tra di loro.
“Uh, un biglietto?” accennò vacuamente mentre lei balzava dalla poltroncina come se avesse appena preso la scossa.
“E' di Remus!” sorrise, e qualcosa nel suo sorriso doveva essere parecchio eloquente perché il tizio si rabbuiò.
“Lupin?” fece una smorfia. “E che vuole ancora da te?”
“Vuole incontrarmi nella Stanza delle Necessità...” borbottò la Grifoncina, ignorando il suo cipiglio.
“Vuoi che ti accompagni, Ninfadora?” si erse lui in sua difesa, gonfiando il petto come un tacchino. “Non mi piace come ti gira attorno, quello! Ti lancia certe occhiate...e poi non ti aveva baciato con la forza, tempo fa? Scandaloso che uno del Settimo faccia certe cose con le studentesse più piccole! E' pure Prefetto! Avrebbero dovuto espellerlo! Se ti sta infastidendo, ti posso difend...”
Come se non avesse nemmeno parlato. Lei lo rimise a sedere piazzandogli distrattamente una mano sul naso senza staccare gli occhi dal biglietto.
“Non chiamarmi Ninfadora.” mormorò solo, già sulla via d'uscita.
Lui fece per richiamarla ma non lo ascoltò neanche, presa a camminare per il corridoio, incantata nel leggere e rileggere quella calligrafia bellissima ed elegante.
Chissà che voleva, Remus... che scrittura fantastica, lei macchiava sempre il foglio di inchiostro invece... e la carta, aveva il suo profumo...
Se lo strinse al petto, sentendo improvvisamente un grande dolore irradiarsi dal centro del suo corpo.
Cercò di non piangere, mentre camminava. Non voleva farsi vedere giù di morale. Era stata brava a recitare fino a quel momento...nessuno si era accorto della sua tristezza. Non doveva cedere adesso.
E tristezza per cosa, poi? L'incantesimo era spezzato, lei aveva finalmente la sua vera faccia...e aveva ritrovato i suoi amici!
Silente le aveva assicurato che non l'avrebbero più dimenticata! Perché aveva così paura?
Quel dannato giorno, pensò sospirando e aprendo la porta della Sala delle Necessità. Non vedeva l'ora che finisse...
La Sala era vuota, illuminata tiepidamente dal sole che stava per tramontare. Qualcosa crepitava vivacemente sul fuoco di una griglia, al centro. Un profumo squisito invadeva l'area.
Oh.
Rimase immobile, Tonks.
Occhi grandi e spalancati. Incapace anche solo di respirare...ed il cuore gonfio come un caldo palloncino pronto ad esplodere.
Remus sollevò lo sguardo su di lei, la fronte leggermente sudata per via del calore del fuoco, il sorriso più dolce del mondo stampato sul viso.
Non c'era più traccia, in lui, di quello strano atteggiamento nel pomeriggio. Era di nuovo il suo Remus.
Rigirò il bacon con un colpetto di spatola, facendo arrostire l'altro lato che parve quasi sciogliersi in una nuvola di grasso succulento.
Tornò a darle le spalle, in silenzio, sistemandosi leggermente il grembiule bianco che si era allacciato in vita.

Se poteste scegliere, quale sarebbe il suono che vi rilasserebbe di più in un momento di ansia?”

Il rumore del bacon che sfrigolava sulla griglia era assordante.
Tonks sorrise, cercando inutilmente di ricacciare indietro le lacrime. Si sedette accanto a lui, osservando incantata il bacon sfrigolare, le sue dita abili, il modo in cui la brace scoppiettava indorandosi e accartocciandosi.
Lui non parlò nemmeno una volta. Non ce n'era bisogno.
Le passò solamente un fazzoletto, continuando a cucinare. Asciugandosi ogni tanto il sudore dalla fronte.
La osservò chiudere gli occhi, accogliere quel suono e rilassare finalmente le spalle che erano state rigide per tutta la giornata. Sentiva la sua emozione attraverso il battito del suo cuore, prima frenetico e poi, piano piano, di nuovo tranquillo.
Non sarebbe mai stata sua. Lo sapeva. Ma nulla gli avrebbe impedito di tirarla su di morale. Di fare il possibile affinché lei stesse bene. Se non poteva essere il suo principe, allora sarebbe stato l'amico migliore del mondo. Il suo custode. La sua ancora di salvezza quando tutto si faceva buio.
Sì, quello era innocente. Puro. Quello, poteva farlo.
Rimasero così a lungo... due anime incatenate, perse in un suono. In un ricordo ritrovato.
Il giorno di San Zuccherino stava finalmente finendo... ed ora, finalmente, Ninfadora Tonks non aveva più paura.





James Potter sentì dentro di sé due sentimenti contrastanti.
Ed entrambi, non erano suoi. Un'ondata di calore, di amore intenso e profondo, di felicità. E, dall'altra parte, qualcosa di strano...come un'ansia, una strana sensazione ma ovattata, come se Sirius fosse su un altro pianeta.
Si tolse dalla bocca il filo d'erba, osservando il prato ondeggiare morbidamente al vento, rifulgere del fuoco del tramonto...che giocava in modo incredibilmente eccitante con il rosso dei capelli di Lily Evans, che arrivava a passo di marcia verso di lui.
Le altre persone si stavano già dirigendo a cena, ma alcune si fermarono a fissarla con morbosa curiosità...senza che lei si degnasse di prestare loro attenzione.
Guardava solo lui, Lily Evans. Il modo in cui la sua figura, seduta mollemente contro un albero, sembrava incendiarsi al calare del sole alle sue spalle. Brillare come una cometa.
Avrebbe sempre brillato più di ogni altra cosa, si rese conto. Ma non aveva più paura di venirne accecata.
No, ora lei accoglieva quella luce come se fosse ossigeno...e qualcosa di caldo le colò dentro di nuovo.
James…
Come quando, poco prima di decidere di andare a cantargliene di nuovo quattro, aveva adocchiato le due pesti per controllare come stavano...
e li aveva trovati entrambi addormentati, stretti teneramente l'uno all'altro.
Abbracciati e sorridenti, mentre piano piano iniziavano finalmente a scomparire dissolvendosi in una nuvola di piccole farfalle scintillanti.
Era rimasta a guardare il bambino che aveva sempre detestato per anni stringere in maniera protettiva il suo alter ego... e allora aveva capito, finalmente.
Non era James ad essere cambiato negli anni...erano i suoi stessi occhi ad averlo fatto.
Era il modo in cui l'aveva sempre visto, ad essere mutato.
E in quel preciso momento, dopo sette lunghi anni, si era resa conto che la maschera di James Potter... lei gliel'aveva tenuta su con tutte le forze, contro la faccia. Ma ora, con la stessa facilità, gliel'aveva fatta cadere.
E il viso dietro di essa… la visione più bella dell'universo. Lo guardò a lungo, ora che riusciva a vederlo per quello che era.
Anche lui la fissava, con quell'aria di sfida e quell'espressione sardonica.
Lo vide alzarsi, fronteggiarla...
“Dai, avanti.” Sbuffò il Marauder, alzando gli occhi al cielo. “Urlami ancora addosso di quanto sia spregevole! Me lo merito.”
Ed invece, lei gli sorrise dolcemente, facendogli sgranare gli occhi.
Con le mani dietro la schiena, si avvicinò, si alzò in punta di piedi e gli sfiorò le labbra con le proprie, morbide, tiepide ed umide... un accenno di bacio, così leggero da sembrare il tocco di una farfalla ma così intenso da mandargli il cuore tra le stelle.
Fu insopportabilmente breve... e rimase a fissare inebetito quei suoi occhioni, che ora lo stregavano e imprigionavano da dietro lunghe ciglia da bambola in un'espressione furbetta, seducente come nient'altro al mondo.
“Non sei poi così male...”
James sorrise, quasi divertito...sfiorandole la guancia con i polpastrelli, godendo di quel bruciore che risaliva ronzando lungo la pelle non appena la toccava ed il galoppare del sangue nelle vene nel sentirla irrigidirsi e sciogliersi nello stesso momento sotto le sue dita.
La cinse alla vita con uno scatto, cogliendola di sorpresa e stringendosela contro. Lei lo lasciò fare... lasciandolo in pura estasi.
“Hey! Abbiamo una coppietta che tuba!”
Fu Arthur Weasley, quel demonio, a dare l'allarme, sghignazzando come un matto.
“Aah, chiudi il becco rosso!” ghignò James, mentre Lily rideva. “Seccatori!” aggiunse, quando una folla di studenti – Grifondoro primi fra tutti - parve circondarli, iniziando a schiamazzare.
“Aspetta...” sussurrò la rossa, strizzandogli l'occhio. Prese il lembo del lungo mantello nero della sua divisa, annodato al collo, e in men che non si dica lo portò sopra le loro teste coprendo entrambi, isolandoli da tutto e da tutti.
Il mondo esterno parve quasi spegnersi...ed ora il silenzio regnava sovrano, nella loro piccola bolla di stoffa.
Ma non era totale...no. C'era il rumore dei loro cuori, dei loro respiri ora più rapidi...
“Ma tu guarda, Rossa... non ti facevo così sfacciata.”
“Si chiama pudore, Potter! La parola ti dice niente?”
“Nah. Niente di niente.” lui ghignò sul suo viso, vicinissimo. “Ti farà piacere sapere che Remus ha fatto fuori la Skeeter. Metaforicamente, intendo.”
“Ottimo! C'è da festeggiare.”
“Io festeggerei anche adesso...” replicò lui, perverso.
“Porco!” Lily sbuffò, fulminandolo con lo sguardo mentre un delizioso rossore le si dipingeva sulle gote e faceva a pugni con la sua espressione battagliera. “Se pensi che ora sia tutto in discesa, con me...!”
“Beh, siamo sotto un mantello e tu hai le braccia attorno al mio collo...”
“Sei sempre troppo sicuro di te, sai?” Sbottò lei, prima di ghignare malignamente. “Per essere uno che ha frignato perché non l'ho portato da Madama Piediburro, intendo...”
“Strega.”
“Cretin...”
James le tappò la bocca con la propria. La sentì ribellarsi appena, mordergli le labbra in un lieve pizzico, per punizione... con il solo risultato che lui se la strinse addosso più forte, ancora più euforico.
Era incredibile come fosse riuscito a resistere fino a quel momento. Forse perché amava bisticciare, stuzzicarsi...sfidarsi...
Si baciarono a lungo, fino a che ebbero fiato, sorridendo e lottando, mordendo e accarezzando... come persi in un vortice.
E James era dannatamente bravo, pensò sgomenta Lily, sentendosi cedere le gambe come se fossero di burro. Lui la sorresse per la vita, sogghignandole sulla bocca con soddisfazione. Era assurdo che fosse così bravo a fare quello. Come se fosse nato per baciarla. Per incastrarsi perfettamente contro di lei...e farle perdere la testa, spedirla in un profondo oblio. Ora la sentiva...la forza gravitazionale del suo Famiglio. Il modo in cui i loro corpi si accendevano e bruciavano, e si desideravano fino a stare male quando erano lontani. La sensazione di profondo appagamento quando le labbra assurdamente morbide e calde di James pigiavano sulle sue. Come tornare a respirare da una lunga e dolorosa apnea. Era stata in apnea tutto il giorno, anche se non l'avrebbe mai ammesso. Realizzare che lui veniva prima di ogni altra cosa era stato scioccante. Prima di tutto, prima anche del suo orgoglio... per questo si era così arrabbiata quel giorno. Perché l'aveva ipnotizzata, incatenata, le aveva sconvolto l'esistenza e quell'idiota nemmeno se ne rendeva conto!
Come poteva desiderare in quel modo folle e disperato colui che fino a qualche giorno prima aveva considerato come un rivale? Non ci era affatto abituata. Era una specie di malattia, ma era anche la cura stessa. Maledetto Marauder...
Quando si staccarono, rimasero così, abbracciati, a fissarsi negli occhi, a respirare ancora un po' l'essenza dell'altro. Senza quasi più ossigeno.
Senza desiderare nulla di più.
“Che ne dici...” mormorò James, con una voce roca che la riempì di brividi. “Che ne dici se la smettiamo di auto-sabotarci a vicenda e stiamo assieme e basta?”
Lily annuì, fu in grado di fare solo quello.
Qualcuno fischiava, da fuori...ma non li sentirono.

Che se ne facciano una ragione, parve dirle James con lo sguardo. E fattene una anche tu.

Perché adesso siamo assieme.

Perché loro due, finalmente, non erano più impossibili.







Sirius Black camminava in un sogno... ma non stava dormendo.
Sentiva perfettamente i propri piedi muoversi automatici, le piastrelle del pavimento della scuola, anche il tubare dei gufi in lontananza. Il chiacchiericcio, l'odore della cera sciolta dei candelabri e del disinfettante di Gazza.
Sentiva il sole scaldare la sua pelle attraverso le finestre.
Ma, ciò che i suoi occhi vedevano era una scuola buia. Immersa nella sera. Niente sole, niente chiacchiericcio.
Solo silenzio.
No, non silenzio assoluto...un fruscio. Acqua.
Scrosciava dell'acqua...
Dio, la testa dava fitte atroci. Come se le emicranie degli ultimi tempi si fossero addensate in un'unica, potente ondata.
Eppure, andava avanti. In quel sogno, in quel ricordo...non poteva fare altro che andare avanti.
Ed il mondo, la realtà stessa, perse i suoi contorni. Tutto si mischiava, tutto sembrava mentirgli.
Era vero, quel frinire di grilli? Era vera, la fiamma che si spegneva in quel camino?

Tu sei la fiamma, Sirius Black. E stai per spegnere ogni tua speranza di rimanere ardente.”

Trasalì, voltandosi indietro.
Ma non c’era nessuno.
Aveva veramente sentito parlare? O era stato solo il sibilo del vento?
E poi…un’altra fitta.
Più potente di tutte le altre. Riassettò finalmente il mondo in un'unica, sfocata immagine. Quella della sera.
Era totalmente dentro il ricordo, ora.



E quando gemette, sotto un altro tetto, sotto un altro cielo, qualcuno sorrise debolmente.
Con la faticosa consapevolezza che Sirius stava cedendo.
Ma anche Orion Black si sentiva debole.
Invadere Hogwarts era qualcosa di atrocemente faticoso. Il suo Signore l'aveva avvisato.
La magia di quella scuola era assoluta...impregnata nei muri da millenni.
Penetrare lì dentro gli sarebbe costato dieci anni della sua vita.
Era un prezzo equo.
Cos’erano dieci anni in confronto ad una esistenza di disonore?
Io NON permetterò la nostra caduta. Mai. Per nessun motivo al mondo.”
Non doveva mollare.
Sirius Black era il suo primogenito. Era suo. SUO.
Non l'avrebbe mai lasciato a nessun altro al mondo. No, non quel suo sangue così dannatamente prezioso...
Non si poteva perder altro tempo. Sirius doveva vedere.
Raccolse tutte le sue energie, gettando uno sguardo al fuoco del camino.
Con la speranza di avere abbastanza forza per poter ardere ancora un altro po’.





Una voce familiare. Dolorosamente familiare.
Mirtilla! Sono senza vestiti!
Era impossibile non riconoscerlo. Anche se ancora non lo vedeva, in quel ricordo maledetto...sentiva già la sua presenza, oltre la porta del bagno dei Prefetti.
Suo amico.
Suo fratello.
James.
Fu come se un blocco di ghiaccio gli avesse riempito i polmoni.
No. NO.
Sì, invece.” ridacchiò sua madre, dentro di lui. “Guarda.”
James era senza vestiti. Immerso in una vasca da bagno di acqua colorata, impegnato a conversare con il fantasma di Mirtilla Malcontenta.
Senza vederlo. Senza sentire Sirius Black, alle sue spalle. Invisibile.
Nascosto...
“Se ti do tanto fastidio me ne vado! Tanto lo so che sei innamorato della perso per la Prefetto di Grifondoro e che non te ne fai nulla di una lagnosa come me!”
“HEY! IO NON SONO INNAMORATO DELLA EVANS! MI HAI SENTITO?”
Uccidilo.” ordinò sua madre, soffice al suo orecchio.
E Sirius Black obbedì. Sirius Black vide la sua stessa mano sollevare la bacchetta e puntarla sul suo migliore amico.
L'acqua si arricciò, viva, pulsante. I riflessi di James si svegliarono all'istante ma... era già troppo tardi.
Il serpente d'acqua lo afferrò, stringendosi a spirale sul collo.
In pochi istanti, James finì sott'acqua. Vedeva le sue mani annaspare, sfiorare la superficie della vasca che ora, era incredibilmente liscia, come uno specchio.
Stava affogando.
Per mano sua.
Ma non fu quello, a devastargli l'anima. A spaccargliela in mille pezzi.
Sapeva com'era andata a finire. Sapeva che tutto quello faceva parte del passato...che la sirena sulla vetrata era andata in suo soccorso, spazzando via ogni energia maligna dalla stanza, dal suo cuore. Sapeva che a breve sarebbe accorso, lo avrebbe abbracciato come un fratello, condotto in Infermeria...senza sapere bene come era arrivato lì, ma con una strana sensazione dentro. Sapeva che James era salvo. Non era quello.
No, era...era ciò che stava provando in quel momento. Terribilmente reale...un ricordo vivido, incancellabile ora dalla sua memoria.
“E' meglio del sesso, non è vero?” sussurrò sua madre, golosamente. “Questo è ciò che sei. Ho guidato la tua mano, è vero...ma il piacere che stai provando...che hai provato quel giorno. E' dentro di te, piccolo mio. Lo è da sempre.”
Meglio del sesso. Meglio di qualsiasi altra cosa.
Solo una persona che ha recentemente commesso un'azione terribile e ne ha provato piacere può aprire il Necronomicon senza impazzire.
Sirius Black annaspò...una, due volte. Prima di riemergere...e sentirsi perduto.





Fu un lungo brivido quello che scosse Cristhine McRanney. Come...il presentimento di qualcosa di orribile e oscuro.
Gli studenti si stavano dirigendo a cena...e lei correva, superandoli anche a spintoni se necessario. Correva senza più fiato, fino a farsi bruciare i polmoni, le gambe.
Perché quel presentimento...non se ne andava.
Sirius...!
Arrivò slittando in Sala Grande, cercando il ragazzo che amava con la disperazione dei condannati...perché era così, che si sentiva.
Ma non era lei ad essere sul patibolo.
Lo vide poco più avanti. In piedi, immobile. Le spalle rigide come marmo.
“Sirius!” Urlò, ma la sua voce venne sommersa dal folle chiacchiericcio della scolaresca.
Ognuno impegnato a sedersi, a mangiare, a ridere...ma non lui.
Rimaneva lì, con gli occhi vuoti di un cadavere. Davanti al tavolo Verde-Argento.
E fu allora, che Cristhine vide qualcosa che le gelò il sangue ai polsi.
Bellatrix Black...sorridente, voluttuosa e splendida, ricambiava lo sguardo. Muoveva le dita invitandolo ad avvicinarsi, ad unirsi a loro.
Come se fossero vecchi amici. Come se fosse assurdamente naturale.
“SIRIUS!” Urlò di nuovo, sentendosi lo stomaco contorcersi in modo orribile. Fece per correre da lui, persa in quel suo cupo presagio...ma i suoi piedi si inchiodarono al terreno dopo pochi istanti.
Un passo, due... Sirius Black avanzò verso di loro. Si sciolse la cravatta rossa e oro, la gettò a terra con un gesto meccanico.
L'intera scuola parve fermarsi, rallentare. Alcuni, volgendo pigramente lo sguardo in quella direzione, parvero accorgersene...e sgranarono gli occhi, perché ciò che si stava verificando aveva dell'incredibile. Dello scandaloso.
E Cristhine rimase a lì, senza più voce nella gola. Paralizzata, congelata...come chi assiste alla più sordida delle tragedie.
Perchè Sirius Black stava accettando il loro invito.

Perchè Sirius Black si stava unendo ai Serpeverde.


 

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Capitolo 54
*** Il principe di vetro. ***


Salve a tutti!
Lo so, un’attesa pazzesca. Imperdonabile.
Purtroppo, il periodo non è stato dei più rosei. Aggiungici un computer che ti mette le “f” a caso tra le parole e che decide di cancellarti il capitolo obbligandoti a riscriverlo quando eri quasi alla fine…
spero che l’inconveniente non si noti, ho fatto parecchia fatica a rimettere su carta ciò che era andato perduto. Tendo a scrivere in maniere abbastanza istintiva, vi posso assicurare che è stato
i n f e r n a l e dover rifare tutto.
Pochi piccoli avvisi: il capitolo è interamente concentrato sul rapporto di Sirius e suo fratello. Mi spiace per i fan di Remus e Tonks o di Lily e James, ma dovranno attendere un altro po’!
Avviso numero due, la storia della bambola l’ho presa dalla saga dell’Attraversaspecchi.
E infine una domanda: passando abbastanza tempo tra un capitolo e l’altro, volete un piccolo riassunto della storia precedente all’inizio del prossimo? Pensavo fosse un modo utile per non perdersi certi passaggi nell’attesa dell’aggiornamento.
Fatemi sapere!
Un bacio,
Sarah


















We’ll never get free,
lamb to the slaughter.
What you goin’ do,
when there’s blood in the water?-
Grandson - Blood//Water







Un passo, due…

Mancavano pochi metri al tavolo Verde-argento. Ora nella Sala era calato il silenzio.
Qualcuno lo chiamava, ma non riusciva a sentire.
Non sentiva niente, Sirius Black. Aveva il cuore avvolto da uno spesso velo di apatia mentre, lentamente, lasciava cadere a terra la cravatta dorata come se fosse uno straccio senza valore.
Le persone iniziarono a sussurrare fra loro.
“Eh?”
“Ma che fa?”
“Dove sta andando?”
I Serpeverde, dal canto loro, lo fissavano con sorrisi golosi, in attesa di accogliere il mostro. Tanti occhi brillanti nel buio. Quelli li percepiva.
Come gli occhi dei predatori.
James stava correndo da lui. Ma non avrebbe fatto in tempo. E poi, non sarebbe servito a molto.
Non avrebbe mai potuto cancellare...quello. Quel piacere che aveva provato...quella sensazione disgustosa che gli serrava la gola tanto che l’ossigeno stesso sembrava ustionargliela.
Com’era facile, pensava. Com’era facile e corta la via per l’inferno. Com’era diventato facile accettare il suo destino…dopo quel sogno. Quel ricordo.
Pochi metri ancora. Un altro passo appena.

Fu in quel momento che ci fu… qualcosa.
Uno schianto.

Fu come scontrarsi contro una colonna di cemento.
Un corpo esile davanti al suo, spalla contro spalla. Invalicabile. Una mano che gli batteva con forza sulla clavicola, dita che affondavano nella sua giacca.
Un respiro affannoso vicino alla guancia. E… un odore.
Conosceva quell’odore. Da quanto tempo non lo sentiva così vicino?
Batté le palpebre confuso, mentre la tavola delle serpi cominciava a rumoreggiare.
La mano sulla sua spalla premeva in modo quasi doloroso.
Abbassò lo sguardo...scontrandosi con due grandi occhi cerulei, puri, pieni di un furente panico.
“Cosa cazzo stai facendo?” sibilò tra i denti Regulus Black.
Poi, senza aspettare una risposta, cominciò a spingerlo.
Lo portò via.






Otto anni prima.

Il riverbero del sole che scivolava scomposto tra le fitte fronde della vegetazione era decisamente piacevole...e creava macchie sul terreno ricoperto di muschio di uno dei boschi che cingeva Black’s Manor come una criniera.
Non capitava spesso che su quei terreni ci fosse il sole. I Black davano fede al proprio nome e stregavano il tempo come meglio aggradava loro. Solitamente, preferivano un ambiente tetro. Favoriva i loschi affari.
Di rado, quindi, la gente del posto godeva di un clima fulgido.
Quando accadeva, era perché di solito stava venendo un ospite importante, uno a cui si doveva dare l’impressione di stare in una gradevole fiaba.
Durante quelle giornate tutto era opulento, luminoso e curato con soave attenzione.
Il ché significava solo una cosa, per i due marmocchi che stavano giocando immersi nel fango: fuga. Ora d’aria. Libertà.
Quei boschi non sembravano più così tetri e pieni di presenze quando c’era bel tempo...e lì in mezzo, potevano in sostanza fare ciò che volevano.
Gli elfi e le cameriere sarebbero stati tutti impegnati a lisciarsi il politico di turno per accorgersi della loro assenza.
“Secondo te chi è venuto, stavolta?” borbottò il più piccolo dei bambini, impegnato a punzecchiare con un bastoncino un grosso scarabeo lucente.
Viso dolce, paffuto. Occhi grandi ancora innocenti.
L’altro bambino smise di guardare in alto e si riconcentrò su di lui.
“E io che ne so? Sarà il solito palloso funzionario del Ministero che se la fa sotto davanti a papà. Sono tutti uguali, quelli.”
Era più alto di qualche centimetro. I capelli gli scivolavano sulle tempie, accarezzando le spalle. In disordine tanto quanto quelli dell’altro erano impeccabili. Occhi neri, a differenza del fratello. Seri e adulti...in cui passò un lampo di apprensione, mitigato soltanto da una smorfia.
“Piantala. Per quel che ne sai, quel coso potrebbe essere velenoso.”
“Tu dici?” si allarmò immediatamente Regulus, il tempo sufficiente perché il povero insetto potesse scappare via dal suo fastidioso bastoncino. “Ah, cavolo! Volevo portarlo a casa!”
Sirius sbuffò, scuotendo il capo. Scoccò un’occhiata critica ai propri vestiti - jeans logori e una felpa sbiadita - pieni di terra.
“Hey, dici che la megera se ne accorgerà stavolta che abbiamo usato i vestiti del figlio?”
“Madame Tussau, dici? Naah.” il più piccolo si distrasse facilmente, trovando super interessante un tronco spezzato che si affacciava su una piccola fossa. Sotto di loro, il rumore del fiume che scorreva. “Gli elfi li lavano bene.”
“Serve a ben poco, se si strappano!” puntualizzò Sirius, senza perdere di vista un solo movimento. L’altro ridacchiò di nuovo, divertito.
“E da quando ti importa?”
Già, da quando? Di solito era lui, quello che se ne sbatteva di certe cose. Non gli interessava più di tanto non farsi scoprire...anzi, sotto sotto ci sperava. Forse per un qualche masochismo. Tuttavia, ultimamente, si sentiva apprensivo.
Sua madre aveva iniziato a guardare Regulus...in un modo strano.
“HEY!”
Il grido spaventato del fratello lo distrasse dai quei pensieri. Si allarmò, vedendolo appeso come una scimmia ad un grosso ramo, i piedi a penzoloni sul vuoto.
Ma anche in quel momento, finse di essere più infastidito che preoccupato.
“Guarda che se cadi in acqua non ti vengo a ripescare!” sbottò, ma Reg non gli prestò attenzione.
“C’è un uccellino in acqua!”
“E allora?”
“E’ incastrato!” la voce spaventosamente incrinata del bambino preannunciava il dramma quotidiano. Sbuffando e imprecandogli dietro, Sirius si sporse dalla scarpata.
In effetti, c’era un grosso nido che sembrava essere caduto dal pino sopra di loro ed era finito incastrato fra due massi. Le acque agitate del torrente lo sbatacchiavano di qua e di là, facendo starnazzare a più non posso l’uccellino più brutto che avesse mai visto.
E dire che di solito, lì in mezzo bazzicavano pennuti pregiati che i suoi importavano dall’Oriente… dalle voci melodiose e vellutate e dal piumaggio più colorato di un fiore.
Ma quel coso era proprio un cesso. Grigiastro, ingobbito, la testa esageratamente più grande del corpo rachitico! Un pollo spennato sarebbe stato più attraente.
Reg quasi lo strangolò, afferrandogli il cappuccio con gli occhioni lucidi.
“Salvalo!”
“Non ci penso nemmeno! E molla! Mi rompi la felpa!”
“Ma non sa nuotare!”
“La madre prima o poi tornerà a riprenderselo! Sempre che non l’abbia abbandonato, visto quant’è brutto!”
“E se non tornasse? Il nido sta per rompersi!”
Oh, santa pazienza.
“E perché cavolo non ci vai tu, se ci tieni tanto?!”
E fu lì che il bambino gli riserbò uno dei suoi soliti sguardi disarmanti.
“Non so nuotare…” mormorò, mortificato. Mento basso, gli occhi più puri che mai.
Accidenti a lui.
A differenza sua, Regulus era un vero maestro nel fare le moine. E aveva capito molto presto i vantaggi dell’avere un visetto adorabile. Si era esercitato parecchio.
Non che con i genitori funzionasse, ovviamente...ma gli ospiti che ricevevano ne rimanevano stregati, e la cosa aveva una sua certa utilità. Forse era per quello, pensava Sirius, iniziando ad arrampicarsi lungo quella parete tutta terra e radici sporgenti. Forse era per quello che di solito lo lasciavano stare.
Regulus era un bel ninnolo da sfoggiare in presenza di estranei. Niente di più. Durante il resto della giornata veniva abbandonato a se stesso.
Così l’unica cosa che gli rimaneva era esercitarsi a essere un principino perfetto...l’unico modo per avere un contatto con i loro genitori.
Ma per quanto lui sembrasse soffrire di quel disinteresse, era sempre meglio dell’alternativa.
Quella dolcezza nel suo viso di burro...era stata preservata, in qualche modo.
Solo che ultimamente… pensò Sirius, con una punta di disagio. Ultimamente la mamma lo guardava con troppa attenzione.
Uno squalo non lo puoi mantenere mansueto a lungo. E Regulus era ancora così innocente...e loro...lei in particolar modo, amava distruggere ciò che era innocente.
Si riscosse da quei pensieri. Era arrivato.
Atterrò agile sui sassi e il pennuto strillò più forte trapanandogli i timpani. Quando lo afferrò e se lo infilò nella tasca della felpa, poi, apriti cielo. Tentò pure di staccargli una falange, il piccolo ingrato!
“Giuro, Reg, è l’ultima volta che ti do retta! E sta fermo, tu!”
Manco per sogno. Quello si agitava come un piccolo demonio.
Imprecando a più non posso, cominciò la lenta risalita cercando di trattenersi dal tirargli un pugno in testa per farlo stare buono. Tornò relativamente la calma solo a metà del tragitto, intervallato ogni tanto dal frinire dei grilli.
Poi, un sassolino gli cadde addosso.
Alzò il viso e sbiancò.
“Checcavolo fai?!” abbaiò, mentre quell’impiastro di fratello cercava di imitarlo calandosi giù dal ramo.
“Voglio aiutarti!”
“Scemo, torna su!”
Lui scosse forte il capo, tra l’altro sbilanciandosi e facendogli perdere un battito.
“Non è giusto che fai sempre tutto tu.” bofonchiò, arrossendo. “Tu...tu non fai altro che fare sempre tutto il lavoro al posto mio.”
Ma di che cavolo parlava?! E perché aveva improvvisamente quell’aria spenta?
“Reg, davvero, non ho bisogno di…”
IL piede del bambino franò sotto una zolla particolarmente friabile, che si disintegrò nell’istante stesso in cui ce lo mise.
“REG!”
IL minore dei Black sentì il vuoto sotto di lui… e si ritrovò a urlare di paura. L’adrenalina galoppò per le vene in un istante...facendolo sentire più vivo che mai.
Poi, Sirius gli afferrò la mano.
Il contraccolpo fece battere i denti ad entrambi, però...quando Regulus Black alzò lo sguardo, il viso di suo fratello maggiore era imperturbabile.
Il vento giocava con le punte dei suoi capelli, le folte ciocche frustavano gli zigomi. Una nuvola venne e passò, creando ombre sul suo viso altero.
Sirius era sempre stato così. Non lo scalfiva nulla.
Per anni avrebbe continuato a osservarlo...sentendolo sempre più inavvicinabile, irraggiungibile.
Quando lo tirò su, invece, lui tremava ancora di paura.
“Ma sei scemo?!” lo sgridò burbero l’altro. “Non sai nuotare! E ce la stavo facendo benissimo da solo! Che cavolo ti è venuto in mente?!”
Si zittì, vedendolo singhiozzare piano.
“Scusa.” sussurrò Regulus, fissandosi le scarpe. “Io…io non so fare niente. E...non faccio altro che...che crearti un sacco di problemi… e poi...non faccio mai niente...”
Non stavano più parlando dell’uccellino.
I vestiti erano rovinati in modo irreparabile. A casa...a casa se ne sarebbero accorti tutti.
Sarebbe successo di nuovo...per colpa sua.
Sirius si mise le mani in tasca, in imbarazzo.
Poi, gli diede un buffetto sulla nuca.
“Smettila di frignare come un bamboccio.” sbuffò, duramente. “Pensiamo piuttosto a dove nascondere questo coso.”
IL viso congestionato di Reg si illuminò.
“Lo teniamo?” soffiò, prendendo l’uccellino fra le mani. Manco a dirlo, come lo toccò lui, quello smise di starnazzare e si mise comodo comodo a dormire contro il suo petto. Stronzo.
“Gli piaci. Sei la sua stupida mamma pollo.”
Sentirlo ridere lo fece stare bene...e cancellò dalla sua testa ciò che lo avrebbe aspettato una volta che fossero tornati a casa.
Ma non avrebbe potuto sfuggirgli a lungo.
Non poteva mai.



Sentirono i passi di suo padre poco dopo le nove di sera. La prima cosa che fecero, fu quella di nascondere Spennato. Dopo lunghe e faticose discussioni, e anche una qual certa dose di lotta fisica, Sirius aveva avuto la meglio sul nome.
Lo ficcarono dentro l’armadio...e attesero.
Orion Black entrò...e scoccò una gelida occhiata ad entrambi. Una piccola elfetta domestica li guardava impaurita da dietro le sue gambe.
“Padron Black… la prego…” mormorò, reggendo tra le mani i vestiti logori che non era riuscita a ripulire.
“Silenzio.” sbadigliò annoiato lui, gelandola al suo posto. “Con te farò i conti dopo.”
“Non è stata colpa sua!” saltò su subito Sirius, ma non riuscì ad impedirsi di fare un passo indietro quando il padre si inginocchiò portandosi all’altezza del suo viso.
“Oh, ma certo che non è colpa sua. Non poteva rifiutare un ordine dei suoi padroni. No, la colpa di quanto le accadrà sarà tutta vostra.”
Il suo sorriso vuoto avrebbe gelato gli inferi.
Se qualcuno lo avesse guardato di sfuggita, gli sarebbe apparso in qualche modo divertito. Eppure...in realtà non c’era niente, dentro quegli occhi. Ogni emozione che baluginava sul suo viso sembrava una grottesca parodia. A volte, sembrava che recitasse soltanto il ruolo da essere umano.
“Ditemi un po’, mocciosi. Avete una vaga idea di quanto siate ricchi?”
I due bambini si guardarono negli occhi, in silenzio. Regulus era immobile, rannicchiato in un angolo. Dopo quella fugace occhiata, tornò insistentemente a guardare il pavimento.
Toccava a Sirius rispondere. Come sempre.
“Una vaga idea. Sì.” borbottò, cercando di darsi un tono di sfida. La mano di suo padre si infranse nei suoi capelli e cominciò a tirare dalla base.
“Ah!”
“E allora perché…” chiese con voce sepolcrale l’uomo, portandolo vicino al suo volto. IL sorriso era scomparso del tutto...rapido come se qualcuno avesse premuto un interruttore. “...perchè i discendenti di uno dei Casati più ricchi del pianeta se ne vanno in giro vestiti di stracci sporchi come due babbani qualunque?”
“L-lasciami!”
“Davanti al Ministro, per giunta.” Orion ridacchiò, tornando quasi allegro. La velocità dei suoi cambi d’umore era disarmante. Ma non lasciò il bambino, che affondava le unghie nel suo polso per allentare la presa di ferro sulla cute. “Regulus, vuoi darmi tu una spiegazione?”
Lui rimase in silenzio. Di pietra.
Non reagì nemmeno di fronte alle grida del fratello. Non reagiva mai. Per quanto volesse...non riusciva a muovere un muscolo.
“E’ colpa mia! Lui non c’entra!” ringhiò Sirius, agitandosi come un animaletto in trappola.
“’E’ colpa mia! Lui non c’entra’!” gli fece il verso sua madre, entrando nella stanza in quel momento con aria sognante e svagata. “Sempre lo stesso repertorio, eh?”
La sua presenza parve ammorbare l’intera stanza...e improvvisamente, l’uccellino dentro l’armadio si agitò. Ci fu un rumore come di qualcosa che cadde… e Regulus non fu abbastanza veloce nello schiantarcisi contro.
Gli occhi di Walburga Black scintillarono.
“E lì dentro cosa c’è?” cinguettò, allegra.
Regulus sbiancò, premendosi contro l’antina con tutta la forza che aveva.
Ora le attenzioni erano tutte su di lui.
“Niente!” balbettò, con la voce stridula. Il sorriso della donna si ampliò.
“Regghie, sai che alla mamma non piace quando dici le bugie.” soffiò sofficemente, chinandosi su di lui.
La lunga veste di velluto accarezzò le piastrelle, i suoi boccoli ricaddero su di lui fino a coprirgli ogni altra visuale.
Come un vampiro...che sta per cibarsi del collo della sua preda.
IL tempo parve dilatarsi...ed i cuori esplodere di paura. Poi, Sirius affondò i denti nella mano di suo padre.
“ARGH!” Orion balzò all’indietro. “Maledetto moccioso!”
IL suono di un colpo riempì l’aria. Walburga si voltò verso il figlio maggiore, godendo di quel gemito.
Uno squalo che annusava il sangue…
“Non ti basta mai, non è vero?!” sibilò il padre, afferrandolo malamente per un braccio. “Non fai altro che ribellarti come un cane randagio...fingendo di non avere paura. Ma io la sento, sai? Io la sento, la tua paura…”
Rimase immobile, Regulus. A guardare suo fratello non cedere di un millimetro, nonostante il sangue stesse iniziando a scorrergli lungo il mento, sgorgando dal labbro spaccato. Nonostante la pelle bianca come un lenzuolo.
Non cedette nemmeno quando, per l’ennesima volta, venne trascinato via al posto suo.
Non crollava mai, non davanti a lui. Ma Regulus sentiva le sue grida, sempre, quando veniva portato di sotto.
Lo sentiva urlare...e, in silenzio, si portava le mani alle orecchie, premeva fino a farsi sbiancare le nocche.
Quella sera non fece eccezione...a parte un piccolo bagliore laddove non avrebbe dovuto esserci nulla.
L’armadio si spalancò di colpo, e l’uccellino volò fuori. Era sempre piccolo e storto...ma tutto d’un tratto, si era ricoperto di meravigliose piume blu. E sapeva volare, a quanto pareva.
Lo stupore superò perfino l’angoscia, e le lacrime del bambino si fermarono sulle guance.
Spennato fece un paio di graziose piroette in aria...prima di adagiarsi sul davanzale della finestra e picchiettare educatamente sul vetro.
“Vuoi uscire?” mormorò Reg, avvicinandosi. “Vuoi essere libero, eh?”
La notte si faceva strada fra di loro...avvolgendo tutto in una fitta ombra. Eppure, il manto di stelle era così limpido e vicino da rischiarare le punte degli alberi.
“Ti capisco. Anche io volerei via, se avessi delle ali.”
Aprì la finestra, osservandolo volteggiare fra gli astri lucenti. C’era pace...solo un basso gemito, appena impercettibile...
“Anche io...anche io...vorrei essere libero…”
Poi, Sirius ricominciò ad urlare.




Sei anni prima.


Perchè era così angosciato?
Sapeva che Regulus non era un Serpeverde. Eppure, guardando i marmocchi sfilare davanti a lui, in attesa di calzare il Cappello Parlante, Sirius sentiva una strana morsa nel petto.
Si era arrampicato su una colonna dell’ingresso, ben nascosto dalla McStronza e dai suoi occhi da falco. Aveva una visuale perfetta.
I bambini vociavano allegri, emozionati, come una grande marea pronta per affrontare la nuova vita ad Hogwarts.
Non riusciva a vederlo...non ancora.
Non era nemmeno un Grifondoro, se per questo. Amava gli animali, la natura, era una specie di hippie. Da tempo aveva rinunciato all’idea di condividere la Sala Comune con lui, ma si sarebbe fatto andare bene anche Tassorosso.
Però...non aveva più visto né sentito Regulus dalla scorsa estate. Poche lettere, tutte brevi ed asettiche.
Anche durante le vacanze il fratellino era stato strano. Scostante… passava un sacco di tempo da solo, nella serra. Cercava di non pensarci ma...temeva per lui da quando era andato via. Temeva che sua madre avesse allungato le sue spire.
Però...però non poteva aver dimenticato. Avevano parlato così tanto di quella scuola...di quando sarebbero finalmente fuggiti via da casa!
Lo avrebbe avuto lì, con lui. Dove avrebbe potuto tenerlo sotto controllo, protetto, al sicuro.
E ricordava bene le lunghe conversazioni sotto lenzuola di seta, bisbigliate piano.

“E poi, James ha mosso la bacchetta e quello si è gonfiato come un tacchino!” Sirius sghignazzava, una luce speciale negli occhi che Regulus non mancò di notare. “Allora? Che ne pensi?”
“Penso che parli davvero un sacco di questo James.” bofonchiò Reg, un po’ cupamente. Erano entrambi nel letto del primo, con una piccola lucina che volteggiava fra i loro nasi, vicini.
“Vedrai, ti piacerà!” Sirius si buttò a pancia in su, togliendo le coperte di dosso e fissando il soffitto con soddisfazione. “Ti piacerà ogni cosa di Grifondoro!”
“Grifondoro?” il bambino si bloccò, mentre una sottile rughetta gli si formava tra le sopracciglia. “Pensi che anche io sarò smistato a Grifondoro?”
“O Tassorosso. Visto quanto sei in fissa con le bestiacce. A proposito, Spennato ha cenato?”
“Sì, gli ho sganciato qualche Vermucolo dalla finestra.” Reg sospirò, fissando la luna. “Comincia a diventare sempre più difficile tenerlo nascosto alla mamma...”
“Ci credo, è diventato enorme.” gorgogliò Felpato, sorridendo di sbieco. “Potrebbe venire a stabilirsi nella guferia. Sempre meglio di stare a volteggiare sopra il nostro tetto. Prima o poi qualcuno lo cecchina.”
“Riesci a parlare di qualcosa che non sia Hogwarts?!”
“No.” Sirius gli balzò addosso, facendogli cacciare un urletto. Rise, solleticandogli la pancia. “Si può sapere che ti prende? Non sei felice di andartene?”
“Ma manca ancora parecchio tempo.” mormorò il bambino, triste. “E nel frattempo...sono qui. Solo… mentre tu te la spassi con uno dei Potter…”
“Ahh, ecco cos’è. Sei geloso!”
“Non sono geloso!” Lui balzò a sedere, offeso. “I Potter ci odiano!”
“Non James.”
“Come fai ad esserne così sicuro?”
Sirius sorrise.
“Non James.” ripeté. L’espressione che aveva quando parlava di quel bambino… Regulus non gliel’aveva mai vista. “Non è come gli altri Purosangue.”
“Che c’è di male nell’essere Purosangue?” sbuffò il minore. “Li hai letti i giornali, ultimamente? L’espansione fuori controllo dei babbani sta mettendo a dura prova i disincanti del Ministero. Parecchi maghi hanno dovuto abbandonare le loro case.”
“E questo che vorrebbe dire?” Il maggiore lo guardò sorpreso. Da quando l’impiastro si interessava di cose come quelle?
“Niente!” arrossì lui, guardando altrove. “E’ solo che...insomma, non tutti i Purosangue sono come dice Michelle!”
Si interruppe quando vide un lampo attraversare le iridi nere del Grifondoro.
Uh oh. Il nome proibito.
“Scusa.” mormorò, mortificato. “Lo so che ti manca.”
Lui scosse la testa dopo un attimo di paralisi...e tornò a chiacchierare di quanto fosse figa la scuola.
Non era cambiato, in quello. Mai una lacrima, mai un tentennamento.
Eppure, separarsi da lei lo aveva irrimediabilmente ferito. Lo sapeva.
E lui? Si ritrovò a pensare Regulus Black, ascoltandolo parlare con una punta di angoscia. Lui, gli mancava?
Era così felice di essere lontano dalla sua famiglia… rientrava anche lui, in quel doloroso pacchetto che avrebbe presto seppellito e dimenticato tra le braccia di Potter?
O era ancor peggio di così? Era anche per lui un ninnolo prezioso e senza vita per cui provare null’altro che blandi e apatici sentimenti?
Come una di quelle belle statuine trasparenti che sua madre amava lucidare nella sua stanza. Le consumava, le rendeva ogni giorno più opache, ma non se ne accorgeva. Nessuno se ne accorgeva, tranne lui.
Forse perché era come loro?
Regulus Black, il principe di vetro.
Battè le palpebre, ricacciando indietro il moto di panico che gli stava strizzando le budella. Ma che andava a pensare? Lui gli voleva bene.
Lui lo aspettava ad Hogwarts con tutto il suo cuore.
Lo avrebbe raggiunto presto...e tutto sarebbe andato bene.


Tutto sarebbe andato bene, si impose Sirius, asciugandosi i palmi sudaticci contro il mantello da mago. Si sporse ancora un po’ dal suo antro di marmo, assottigliando lo sguardo.
I bambini continuavano ad entrare, una marea di testoline che scattavano vivaci. Forse era già andato avanti… doveva sbrigarsi, in tal caso! Non poteva perderlo di vista nemmeno un secondo. Quelle streghe delle sue cugine potevano essere dappertutto… la sua famiglia desiderava solo metterci le grinfie sopra.
“Dovresti essere al tavolo, tesoro.”
Perse il fiato e anche lucidità.
Mani gelide gli avevano afferrato le spalle in una morsa. Il profumo di cornelie intossicante come veleno le aveva anticipate soltanto di pochi secondi...assieme all’aura mortale che avrebbe riconosciuto per sempre.
Gli si era piantata nel cuore come una spina fin dalla nascita.
Cercò di divincolarsi riprendendo coscienza di sé ma sua madre lo trattenne contro il suo seno, ridendo gaiamente.
“E’ così che mi saluti?”
“Che ci fai qui?!” La voce gli uscì un po’ troppo alta e allarmata, facendolo infuriare ancora di più. Non voleva mostrare la paura che provava, ma ritrovarsi Walburga Black al primo giorno di scuola gli aveva appena fatto saltare un paio di giri.
La donna finalmente lo lasciò, permettendogli di girarsi. Indossava un mantello da viaggio verde petrolio bordato di pizzo e il caldo dell’ingresso le aveva scaldato un po’ le guance, rendendola desiderabile e letale tanto quanto gli occhi accesi come braci.
“Quanta agitazione.” sorrise pigramente. “Sono solo venuta a sistemare alcune faccende burocratiche. Ritardi nei pagamenti. Seccante.”
Quella spiegazione banale lo rese solamente più inquieto.
“Dov’è Regulus?!” scattò in avanti, sgranando gli occhi con rabbia. “Cosa gli hai fatto?!”
Lei dissimulò sorpresa sul bel viso e anche una vaga punta di divertimento.
“Che cosa credi, che l’abbia rinchiuso in una gabbia?” rise sarcastica. “E’ davanti al Cappello Parlante proprio in questo momento, dolcezza. Come un normale maghetto Purosangue.”
Doveva andare da lui. Qualcosa non quadrava.
Fece per correre ma la voce di sua madre gli inchiodò di nuovo i piedi al pavimento.
“Non verrà a Grifondoro.” disse solo, con tutta la tranquillità del mondo.
“No, infatti. Probabilmente andrà a Tassorosso.” replicò il bambino, voltandosi con la sfida negli occhi.
“Non l’hai ancora capito, eh?” sospirò Walburga, scuotendo la testa. “L’hai perso, Sirius.”
Il mondo ora sembrava girare attorno a loro...come una trottola sfuocata e asfissiante. Si sentiva instabile sulle gambe.
La fiumana di bambini si era diradata e ora, dall’importante ingresso in legno di cedro e ottone, riusciva a scorgere perfino il patio, lo sgabello con il Cappello Parlante.
C’era silenzio adesso, l’atmosfera era satura di quell’eccitazione quieta che era ben nota. Fibrillava sotto i vestiti dei bambini con un’aura quasi sacrale, mentre uno ad uno, ricevevano il loro personale battesimo del fuoco.
Eppure, lui non riusciva a sentire niente. Solo una strana nausea e un senso di disagio che gli faceva traballare la visuale in modo quasi doloroso.
In quel girotondo di immagini, Regulus era finalmente salito sul podio. Vestito interamente di nero lussuoso, come s'addiceva al suo cognome.
Non riusciva a vedergli il viso.
Perché?
Walburga Black si chinò di nuovo su di lui, sfiorandogli le orecchie con la bocca aperta in un sorriso umido e dolce.
La voce più sottile e bassa che mai.
“Abbiamo scoperto dove si nascondevano i Wassall.” lo gelò. “E’ stato Regulus a rivelarcelo. Si è rivelato un bravo bambino, fedele alla sua famiglia.”
Perché, Regulus?
La donna si appagò degli occhi ora vitrei del suo ribelle primogenito, del suo viso che lentamente perdeva colore.
Michelle Wassall è morta.”
Il rumore dei tacchi riecheggiò nel corridoio e tra le sue stesse vertebre, mentre si allontanava.
Sul patio, il Cappello cadeva sui soffici capelli del minore dei Black.
“Serpeverde!” urlò alla scuola.




Presente.


Regulus Black afferrò il bavero della sua giacca con rabbia e lo spinse contro il muro con tutta la forza di cui era capace.
Era decisamente più minuto e debole di suo fratello, lo era sempre stato. IL fatto che Sirius si lasciò scalfire da lui come una bambola di pezza lo fece incazzare ancora di più.
“Cosa cazzo credevi di fare?” ripeté, masticando a stento le parole dalla rabbia.
I capelli di solito morbidi e ordinati gli ricadevano scomposti sulla fronte.
Vederlo in quello stato era assurdamente esilarante. Dalle labbra del fratello maggiore uscì una risata vuota che gli fece tremare le vene ai polsi.
“Ma che diavolo vuoi?” biascicò Sirius continuando a sogghignare con vacuità. Sembrava peggio che ubriaco.
Sembrava depresso.
Quella visione gli faceva rivoltare le viscere.
“Perché stavi andando al Tavolo dei Serpeverde con l’aria di uno che stava per unirsi a una setta?”
“Perché era quello che stavo per fare.” Glielo disse calmo e pacioso, come se stessero parlando di qualcosa di estremamente divertente.
Peccato che non lo era. Per niente.
Una scarica elettrica seguì quelle parole e gli tolse quasi la capacità di parlare.
Stirò un sorriso cinico e lo guardò dall’alto in basso.
“Ah, ma davvero? Peccato che fino a pochi giorni prima avresti voluto farci saltare per aria e mi sembravi anche bello carico! Cos’è, ti sono finite le pile?”
“Vogliamo parlare delle tue, di pile?” replicò soavemente l’altro, che si era seduto stancamente appoggiando la schiena al muro. “Fa sempre ridere il fatto che lo chiami ‘Tavolo dei Serpeverde’, come se tu non facessi parte dell’allegra combriccola.”
Quella era forse la conversazione più lunga che stavano avendo da sette anni a quella parte. E nessuno dei due stava urlando, o sfiorando istintivamente il dorso della bacchetta, pronto a difendersi da un colpo a tradimento.
Eppure, era la più agghiacciante.
Improvvisamente, Sirius gli ricordava papà.
Che cosa gli avevano fatto? Non erano riusciti a spezzarlo nemmeno con l’ausilio della più potente vampira d’Europa. Nemmeno parlandogli del suo Rito di Sangue. Che cos’era, che l’aveva polverizzato in quel modo?
Lui, sempre così forte. Così insondabile.
Non poteva essere così...così stanco. Non poteva sentirsi sconfitto in quel modo.
No, non glielo avrebbe mai permesso. Tutto, ma non quello.
“Quindi è così? Ti unisci a noi? Pensi che se la bevano davvero?”
“Pensino quello che gli pare. Non era ciò che desideravate, tutti?”
Continuava ad avere quell’espressione apatica. Doveva scoprire un punto più vitale. Avrebbe sopportato molto di più i pugni, che quel tono di voce così neutro.
“E James Potter che ne pensa di questa rimpatriata?” si impostò ironico. “Il tuo elitario gruppetto Grifondoro l’ha presa bene? E la tua fidanzatina mezzosangue, ti sei già stancato di ripassartela? Eppure al Ballo delle Debuttanti sembravate così presi.”
“Reg.” mormorò Black, guardando un punto impreciso davanti a sé.
“Sì?”
“Chiudi quella cazzo di bocca e lasciami diventare Serpeverde in santa pace.”
Non ci riusciva. Sirius era lontano. Come quel cane indomabile che non era mai riuscito ad avvicinare.
Quante volte, era stato morso? Non le contava nemmeno più.
Eppure, non era forse un contatto, quello?
Contatto
Regulus abbassò appena le spalle, respirando piano. Le ciglia lunghe gli accarezzarono gli zigomi mentre chiudeva gli occhi.
Tutto si riduceva a quello, alla fine. Al modo in cui cercare un contatto.
Con sua madre, con suo padre...e con suo fratello.
Si chinò lentamente su di lui. Una lucida statua rimandò per un breve istante la sua immagine.
La maschera sul suo viso, fredda e sprezzante. Il sorriso vuoto di Orion inciso a fuoco sui suoi lineamenti.
“Non te lo lascerò fare.”
Il fatto che il suo fratellino potesse anche solo pensare di impedirgli di fare qualcosa lo divertì in modo esausto.
“Qual è il problema, Reg? Non è quello che hai sempre voluto?”
Ma fu quello che disse dopo che accese un vago interesse nei suoi occhi, che finalmente gli piantò addosso.
Il nome dei Black spetta a me.” la voce del Serpeverde era siberiana. “Ho sudato sangue per prendere finalmente il tuo posto. Non ti lascerò distruggere tutto quello che ho conquistato. Non ti lascerò tornare e prenderti ciò che mi spetta di diritto. Sarò io, l’erede.”
Lui scoppiò a ridere. Eppure, in quella risata, c’era tutta la tristezza del mondo. La delusione. Il disincanto.
“Oh...Oh, Reg.” soffiò, guardando il soffitto. “Avrei dovuto aspettarmelo, sai? Eppure, non riesco a fare a meno di sorprendermi sempre. Il prestigioso piedistallo dei Black...si riduce sempre tutto a quello, hn?”
“Falla finita.”
“Sei come tutti gli altri.” gli sputò addosso, pieno di disgusto. “Ti stampi sulla faccia quell’espressione innocente ma sei sempre stato come loro. Ed ora lo sono anche io. Non lo trovi ironico?”
Non era come loro. No, non lo era.
Non era uno specchio quello in cui si rifletteva in quel momento. Sirius era sempre stato al di là. Doveva solo ricordarglielo… ma non riusciva a capire come.
La rabbia divenne implacabile. Come un fiume in piena.
“Hai tradito il tuo stesso sangue.” ringhiò, tremando. “Hai tradito la tua famiglia. Hai disonorato e ripudiato tua madre, tuo padre...”
“Ci picchiavano, Reg. Ci hanno manipolati e torturati per anni.”
“Ci hanno anche protetto!” si ritrovò ad urlare il minore. “Ma sei sempre stato troppo cieco per vederlo! Pensi che il mondo che tanto ti ostini a proteggere ti accetterà, ma non l’ha mai fatto! Loro, noi, abbiamo perlomeno la decenza di ammetterlo! Non ti permetterò di vincere quel premio, non ad uno come te! Non ti permetterò mai di definirti nostro pari! Hai tradito tutti, hai tradito ME!”
Il cielo si stava arrossando a Ovest. Come se grondasse sangue. Più in alto, sfumature violacee facevano a pugni con il sole.
“Te la ricordi, la storia della bambola?” mormorò improvvisamente Sirius, di nuovo perso. “Mamma ce la raccontava sempre. C’era una volta una bambola di una bambina. Era una bambola come tante altre, sbatteva le ciglia, muoveva le braccia e faceva ciò che la padroncina le diceva di fare. Ma improvvisamente, si stancò di essere un oggetto. Non si sentiva più a suo agio su una mensola, non voleva più essere il giocattolo di una bambina. Aveva un sogno, un suo sogno. Voleva essere libera, voleva cantare. Così scappò e inizio a girovagare per il mondo.”
“La ricordo. Smettila.”
“Finì per imbattersi in una compagnia di burattinai. Questi videro subito il profitto che avrebbero potuto ricavare da una bambola vivente, e iniziarono a farla esibire sul loro piccolo palco. Ma dopo ogni spettacolo, la bambola si sentiva sempre più infelice. Non faceva altro che pensare alla bambina. Non capiva perché si sentisse così vuota.”
“Sirius…”
“E un giorno, finì per scoprire la verità. Cantare non era mai stato il suo sogno. Era il sogno della bambina. La bambola non aveva mai smesso di essere il suo giocattolo.”
Successero esattamente due cose, in rapida sequenza.
Regulus aveva istintivamente allungato una mano verso Sirius, quando improvvisamente il suo viso si era contratto.
Una parvenza di vitalità tornò ad animare i suoi occhi, che si sgranarono automaticamente.
La sua testa scattò verso destra, e, seguendo il suo sguardo, Regulus si scontrò con due occhi d’oro.
James Potter ansimava dalla corsa, i capelli più in disordine che mai, il viso paonazzo...e si bloccò quando, nel corridoio deserto, trovò i due fratelli inginocchiati a terra, così vicini da potersi quasi abbracciare.
“Oh.”
Fu incredibile il cambiò di atmosfera. Il modo in cui Sirius Black smise di apparire una bambola quando lui entrò nel loro campo visivo.
Il modo in cui il suo viso tornò a vivere. Il modo in cui la maschera gli si sgretolò.
E Regulus capì.
In modo dolorosamente chiaro.
Si alzò con calma, spazzolandosi i pantaloni e sistemandosi i capelli, che tornarono ad essere impeccabili.
Potter dal canto suo, sembrava estremamente in imbarazzo, cosa che apparve decisamente strana. Non era però la prima volta che il re di Hogwarts si imbarazzava davanti a lui. Come se si sentisse a disagio.
Come se lo sapesse anche lui, in fondo.
Non era Regulus il fratello di cui Sirius Black aveva bisogno.
“Ho perso fin troppo tempo.”
James lo vide stirare un pigro e cinico sorriso, e allontanarsi da Sirius come se gli stesse attaccando le pulci.
Se ne andò così. Senza dire un’altra parola.
Ricadde un silenzio pesante come piombo, rotto solamente dalle sensazioni devastanti che stava ricevendo dalla testa in totale caos del suo migliore amico.
“Si può sapere che succede?!” abbaiò Ramoso, piazzandosi le mani sui fianchi. “Stai facendo vomitare Peter da venti minuti, te ne rendi conto?”
Tornò serio quando vide la sua espressione.
“Paddy?” mormorò, preso in contropiede.
Doveva dirglielo. Sirius Black si sentiva bloccato. Doveva dirglielo, doveva ammettere la verità.
Come poteva anche solo guardarlo in faccia?
“James…” balbettò, risvegliandosi completamente dall’apatia e sentendosi addosso una vergogna senza precedenti. “James, io...io devo dirti… io ti…”
“Buonasera, signori.”
Dire che i due fecero un salto di due metri fu dire poco. A James scappò di bocca pure un urletto di cui andò ben poco fiero… seguito da una bestemmia poderosa.
Silente ebbe l’eleganza di ignorarla.
Era comparso totalmente dal nulla, ammazzandoli di spavento con la sua aria paciosa e serena che metteva tutti in soggezione.
“Avrei bisogno di parlare con voi due, se non vi dispiace. Separatamente, se possibile.”
“C-con noi due?”
L’anziano mago sorrise dolcemente, strizzandogli allegramente l’occhio.
“Inizierò dal Signor Black, se non le dispiace. Prego, mi segua nel mio Ufficio.”
Tutta quella situazione stava diventando paradossale. Sirius sollevò la faccia come colpito in pieno da un meteorite, ma senza che seppe dirsi perché, scattò in piedi.
“Via, non faccia quell’espressione Signor Potter! Glielo riporto intero.” cinguettò il Preside.
“N-no, io...cioè, sì…” balbettò quello, in totale confusione.
Anche Sirius era confuso. E anche in pieno panico.
Che andò ad aumentare quando, sbattuto senza troppe cerimonie sulla poltroncina davanti alla scrivania dell’anziano mago, si ritrovò a far fronte ai suoi occhi azzurri.
Sapeva.
Ne ebbe la certezza assoluta.
Silente sapeva.
“Vuole cacciarmi da scuola?” borbottò a bassa voce, agitandosi appena sulla sedia.
Era giusto così, d’altronde. Quasi provvidenziale. Non si sarebbe aspettato soluzione migliore.
Silente invece gli sorrise. Calore e affetto quasi paterno gli illuminarono l’epidermide pallida, sottile.
Si allungò sul tavolo e intrecciò le dita sotto il mento, fissandolo come un gatto curioso.
“Perché dovrei?”
Quei modi di fare quasi accondiscendenti lo misero parecchio in allerta, così Black guardò altrove.
“Non finga di non sapere cosa ho fatto.”
“Dimmelo tu, cosa credi di aver fatto.”
Quei modi di fare iniziavano ad irritarlo. L’antica fiamma della ribellione cominciò a ribollire sotto la superficie, e Sirius sollevò le palpebre con uno scatto.
“E’ sempre così criptico, Signor Preside?” chiese sferzante, facendo squittire di sdegno parecchi quadri.
“Maleducato!”
Albus si limitò a sollevare le sopracciglia cespugliose e a scoppiare a ridere.
“Sì, immagino possa risultare seccante!”
Lo lasciò sbellicarsi, fino a che non tornò la quiete, interrotta solo dal rumore metallico degli strani oggetti che riempivano la stanza e dal tubare sordo di Fanny. Un suono dolce e basso, quasi come delle fusa.
Fanculo.
Voleva la verità?
“Ho quasi ammazzato il mio miglior amico.” sibilò, gelido. “E so che lei lo sa, quindi può anche risparmiarsi la recita. La mia sola domanda è COME lo sa.”
“Ti interessa davvero?”
“C’è ben poco che mi interessi, oggi.”
Albus accarezzò la tazzina che aveva davanti a sé con entrambe le mani, prima di parlare. Non aveva perso la sua aria serafica che mandava tutti in bestia.
“Ne avevo un sospetto.” confessò alla fine. “Che si è concretizzato oggi, quando ho sentito l’ennesima intrusione e...beh, alcuni chiacchiericci di corridoio.”
“In che senso?”
“Cosa credi che abbia fatto la sirena che ha salvato il signor Potter, nel Bagno dei Prefetti, dopo l’accaduto?”
Il ragazzo sollevò un sopracciglio. In effetti, sarebbe stato abbastanza strano il contrario.
“Le ha detto che sono stato io?”
“No. Mi ha detto che un alunno era stato attaccato.” sospirò Silente, continuando a coccolarsi la tazza di thé.
“Non capisco. Perché non ha convocato James?”
“E a che sarebbe servito? La versione della sirena era decisamente più attendibile della sua. Ed inoltre, confesso che ho voluto stare a vedere cosa sarebbe successo. Ma non ho perso di vista la situazione nemmeno per un momento.”
“Ha detto che ha percepito un...un’intrusione.”
“Ah, Signor Black.” sorrise Silente, guardando con orgoglio le pareti. “Sa quanta magia impregna le pareti di questa scuola? Probabilmente, non riuscirebbe a quantificarla. Penetrare le menti degli studenti, non è così facile come sembra. Perlopiù impossibile, tranne che in rari casi. E di certo, l’azione non passa inosservata.”
Sirius si irrigidì sulla sedia. Si concedettero pochi secondi di silenzio sacrale, quasi onorifico. La pietra stessa della scuola parve quasi stridere, in risposta.
“Solo chi ha un legame molto forte con qualcuno può accedere con così tanta facilità alla sua mente attraverso Hogwarts. E lo fa ad un prezzo altissimo.”
“Qu...quale prezzo?”
“Anni. Anni della propria vita.” lo gelò il mago, ignorando il suo sbiancare. “Questo è il prezzo per il dominio della mente. Per controllarla, per influenzarla. Temo che la sua famiglia, Signor Black, sia decisamente determinata a fare di lei una marionetta.”
“No.” la voce gli uscì perentoria, arrochita.
“No?”
“No, non si tratta di controllo. Ero io.”
Silente continuò a fissarlo come non si fosse accorto delle nocche sbiancate, del tremore, degli occhi sbarrati e della piega della bocca, che sputava fuori le parole come se stesse epurando un veleno disgustoso.
“Io ho provato piacere. L’ho sentito. Avevo piacere nell’ucciderlo. Era reale, era mio. Sono come quella bambola. Sono...come lei...”
Un ultimo raggio di sole baluginò contro un modellino astronomico intarsiato di metalli colorati, riempiendo la stanza di piccole scintille purpuree. La voce si spezzò proprio quando la stanza tornò cupa.
“Sì, sei come quella bambola, ragazzo.”
Si era messo le mani sulla faccia, Sirius Black. Era crollato su se stesso, rattrappito su quella vecchia sedia come se stesse subendo un lancinante dolore.
L’aveva detto. Era vero. Dalla bocca di Silente, la verità usciva implacabile e amara. Diventava reale.
Lui lo guardò spezzarsi, chiedendosi quanto altro dolore avrebbe potuto patire un cuore così giovane. Non avrebbe mai pensato, in verità, di ritrovarsi dopo tutto quel tempo a guardare la caduta apparentemente senza freni di uno dei sangui più puri della Gran Bretagna.
Ma aveva fatto una promessa.
“Prova a pensarci.” si corresse, pacatamente. “Prova a ripensare alla fiaba. Ripetimi la sua fine.”
“La bambola si accorge che il suo desiderio non è altro che quello della bambina.” mormorò Black con un filo di voce, il viso ancora nascosto tra le dita. Poi sollevò piano lo sguardo.
“Esatto.” il Preside si lisciò la barba con soddisfazione mal trattenuta. “No. No, non è possibile.”
L’uomo dette fiato a quella verità rimasta sospesa fra loro.
“Il piacere che hai sentito, era quello di tua madre.”
Il cuore sembrò balzargli nella gola con un salto improvviso. Guardò l’uomo come inebetito, senza osare...sperare.
“Quando qualcuno manipola la mente, lascia sempre qualcosa di sé dentro l’altro. Soprattutto, quando il legame che li unisce è così forte.” si chinò in avanti, piazzandogli quegli assurdi occhi azzurri ad un passo dal naso. “Ma non credere di non avere la tua parte di peccato, Sirius Black. Se così si può chiamare.”
“Cosa…” Black deglutì, smorzando il suo tono in un lamento flebile. “Cosa vuol dire?”
“Vuol dire che sei umano.” riassunse lui, con dolcezza terribile. “Dico che nel profondo, ogni bambino desidera che i suoi genitori siano fieri di lui. Per quanto possano essere terribili, non riusciamo mai a staccarci del tutto dalle nostre radici. Non stavi provando piacere nell’uccidere James Potter. Stavi solo accogliendo una briciola di quel meraviglioso e assurdo calore materno che tanto a lungo ti è stato brutalmente negato.”
“Si riduce tutto a questo, dunque?” Sirius era un po’ schifato. “Al volere la mamma?”
“Mio caro ragazzo, c’è mai stato altro che questo in ciascuno di noi?”
“La odio.” confessò Sirius, affranto. “Odio tutti loro. Odio che abbiano questo potere su di me. Odio desiderare tutt’oggi che...che mi abbracci. Odio sognare il suo profumo. E’ patetico.”
“E’ la natura dell’uomo.”
“Vorrei…” strinse i pugni contro i fianchi, serrando le mandibole con rabbia. La verità gli aveva sollevato l’anima...ma gliel’aveva anche fatta ricadere all’inferno. “Vorrei che ci fosse un modo per impedire loro di farmi tutto questo.”
“A questo possiamo rimediare!” il tono ora pazzescamente allegro di Silente lo costrinse a risollevare il mento, basito. “Ti ho chiamato qui per un motivo.”
“Eh?”
“Queste intrusioni sono seccanti.” sbuffò lui con leggerezza. “E possono diventare pericolose. Ora che finalmente ho scoperto la causa, e ho avuto conferma ai miei sospetti, ritengo sia il caso di prendere...alcune piccole contromisure.”
“Qu-quali contromisure?!”
L’azzurro dei suoi occhi splendette come acquamarina.
“Lei e il Signor Potter riceverete lezioni di Occlumanzia.”





Cristhine McRanney stava correndo. Di nuovo.
La gonna lunga le impacciava un po’ i movimenti, il vaporoso mantello nero le si gonfiava sulla schiena, avvolgendo di tanto in tanto, a ritmo del vento, il suo corpicino eccessivamente esile.
Sapeva dove andare, nonostante tutto.
Glielo diceva il cuore. Lo sentiva vicino, sempre di più… ed infatti si fermò, ansante, davanti all’Ufficio del Preside dove Sirius Black era seduto a fissare il muro da mezz’ora buona.
Era solo.
Rallentò la falcata fino a quando le sue scarpe non sfiorarono quelle del ragazzo...solo allora, lentamente, si inginocchiò accanto a lui.
E solo allora lui la guardò...con quella tenerezza che sapeva disarmarla.
Gli occhi di un bambino perduto. Spaventato.
I suoi occhi fondi come la notte attirarono i suoi con la forza gravitazionale di un buco nero.
Nessuno, si rese conto. Nessuno lo avrebbe visto come lo vedeva lei.
Si aspettava che distogliesse gli occhi, ma lui continuava a fissare il suo viso così seriamente...fino a che, con dolcezza, allargò il braccio e le cinse la vita.
Sei di nuovo mio.
Accolse il suo tocco e gli sfiorò il viso con un dito, roteandolo lentamente sulla pelle che sembrava scottare.
Rimasero abbracciati a lungo. Uniti nel corpo e nel cuore.
“Mi...mi dispiace.” disse lui, infine.
“Lo so.” mormorò Cristhine.
“Sai… io... non riesco a piangere.” confessò il Grifondoro. Esausto. “Per quanto mi sforzi, per quanto voglia farlo...non ci riesco. Non piango mai.”
Fu allora che Cristhine gli passò le braccia attorno al collo, stringendolo forte al seno. Come...una mamma.
Allora ti farò piangere.” sussurrò al suo orecchio. “E tu...farai piangere me, prima o poi. E ti prometto che piangeremo, che litigheremo, che faremo tutte le cose normali che fanno le coppie normali. E cresceremo. Assieme. Per sempre.”
Sentì l’aria venire risucchiata fra i suoi denti...e il suo corpo fino ad allora teso e rigido, finalmente sciogliersi sotto le sue mani.
“Sì.” sussurrò con un enorme sforzo, quasi intimidito.
Rimasero così a lungo, sfiorandosi con baci leggeri o parlandosi teneramente alle orecchie. Ogni tanto Sirius crollava contro il suo collo, e dovette quasi prenderlo a calci per obbligarlo ad andare in stanza.
Sotto le lenzuola del letto di lei, rinfrancato e scaldato dal tepore della sua pelle, il viso appoggiato contro il suo petto, finalmente Sirius Black dormì un lungo sonno senza sogni.
D’altronde, Silente lo aveva promesso, pensò James, sentendo finalmente la pace nella sua testa.
Glielo aveva promesso, che glielo avrebbe riportato intero.














 

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Capitolo 55
*** Occlumancy. ***


Riassunto:


Abbiamo lasciato il nostro Sirius Black alle prese con il tentativo dei genitori di impadronirsi della sua mente… dopo il fallimento della gita con la spietata vampira Lydia Tolouse a fare da chaperon sotto le sembianze del professor Barrie Walsh, la famiglia ci riprova facendogli recuperare la memoria con la speranza che si convinca di essere irrimediabilmente uno dei loro. E’ stato infatti a grazie a lui che si è chiusa la Stella del Diaspro, il passaggio per le soglie infernali (il Necronomicon). Ma questo non è un bene perché la chiusura può essere realizzata solo tramite la lettura di un libro di pelle umana, che fa diventare pazzo chiunque cerchi di leggerlo...tranne qualcuno che ha compiuto di recente un’azione terribile.
E quale azione è più spaventosa del cercare di uccidere il proprio migliore amico e trarne piacere? Ciò sconvolge Sirius, che tenta di unirsi ai Serpeverde pensando di essere definitivamente perduto.
Fortunatamente, intervengono dapprima Regulus e dopo Silente, che impone a lui e a James lezioni di Occlumanzia.
Il mondo dei maghi è sempre più sconvolto da una serie di crimini che portano la firma di uno strano nome, impronunciabile e vago… Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, in grado di unire creature oscure di vario tipo.
Ad Hogwarts intanto, fanno la loro comparsa misteriosi personaggi come “La strega più potente del mondo”, custode del Necronomicon e del libro usato per chiuderlo, un nuovo misterioso Capo Auror che tira le fila da dietro le quinte, e prendono sempre più piede strane teorie su un presunto collegamento fra il Primo Ministro, che basa la sua campagna elettorale sull’aumento dei Dissennatori, e il mago oscuro che li ha creati, Ekrizdis, colui che diede origine alla Lega dei Dodici, una setta di famiglie malvagie che fanno della purezza del sangue e della ricerca della magia selvaggia il loro unico credo, comprendenti i vari Black, Malfoy, Lestrange…
Intanto ad Hogwarts, Lily e James si sono finalmente messi assieme...anche se non tutti i segreti vengono svelati. Quale sarà il mistero dietro il colore degli occhi di James? E perché Liu Chang, che conosce il suo segreto, ne sembra ossessionata?
I nostri protagonisti affrontano ora le prime sfide di una relazione mentre Piton, sconvolto dalla rivelazione, accetta finalmente il Marchio Nero.
Una strana collana caduta dal cielo inoltre,non promette niente di buono… così come l’arrivo degli studenti stranieri per un Erasmus, di cui fa parte una misteriosa ragazza che sembra essere collegata al passato di Sirius e motivo della sua rottura con il fratello.










Non guardare.
Il pensiero permeava lo spazio come una litania. Sentiva la voce nella sua testa. Potente, implacabile. Eppure, tremante. Un pensiero che tremava. Un pensiero non suo.
Non guardare.
Gli occhi, occhi che non erano i suoi, fissi sul pavimento. Un rettangolo di luce inondava poche piastrelle come un mare dorato. Quattro, per l’esattezza. Di ceramica.
Sopra, delle orrende stampe di fiori blu. Per tutta la vita ci aveva piantato gli occhi, incapace di alzare lo sguardo. Sapeva a memoria ogni linea, ogni petalo stilizzato, ogni angolo scheggiato.
Guardarle gli aveva sempre dato un senso di nausea, ma anche di sicurezza. Fino a ché avesse guardato il pavimento, tutto sarebbe andato bene.
Ma ora...ora le pupille sembravano andare a fuoco. Ora, non desiderava altro che sollevare il viso...e guardare.
E lo fece. Lottando contro sé stesso in ogni istante, dilaniato dalla vergogna e dalla brama. Ed ora quel pensiero si faceva a dir poco assordante nella stanza.
Non guardare, non guardare, NON…
Stagliata dietro una porta lasciata per sbaglio socchiusa, una ragazza liberò i lunghi capelli da uno spillone che glieli imprigionava. Una massa rossa come il sangue si rovesciò sulla sua schiena nuda, sfiorò i fianchi sottili... quasi ardendo sull’epidermide bianca.
Lo specchio davanti a lei luccicava di vapore...piccole gocce di condensa che si riversavano piano piano nella camera trasportando in dono l’odore della sua pelle soffice, ancora umida dalla doccia.
Ebbe solo il tempo di sentirlo. Sentirlo in una bocca che non era la sua.
Poi, il ricordo si interruppe bruscamente...e tutte le persone presenti nella scuola vennero sospinte violentemente a terra.





Poche ore prima.

Ok, tecnicamente quello che stavano facendo, non avrebbero dovuto farlo.
Fin lì era chiaro come il sole.
Il fatto che lo stava facendo in compagnia di un professore avrebbe dovuto in qualche modo confortarla...se non fosse stato che il prof in questione fosse Lumacorno.
“Lily cara, attenta. Hai una scucitura nel guanto.”
La Grifoncina rialzò lo sguardo, che era stato tenuto fisso sul calderone così tanto che le palpebre erano tutte arrossate, e con delicatezza estrema posò quello che restava della Rosa dell’Oblio su un ripiano di vetro.
Il professore di pozioni annuì soddisfatto.
“Meglio non farsi pungere, eh?” ridacchiò, porgendole un altro paio di guantoni in pelle di drago. “Non che ci sia qualcosa di nascondere, ma, beh, ecco…”
SÌ. Sì che c’era qualcosa da nascondere!
Le rose dell’Oblio avrebbero dovuto essere tutte carbonizzate. Buone nemmeno per il concime dell’orto!
Doveva ancora spiegarsi come Lumacorno fosse riuscito a salvarne due e a nasconderle all’occhio di falco del preside… e come captando i suoi pensieri, il grasso mago incassò la testa nelle spalle.
“Insomma, cerca di capire. Dei veri fiori infernali! Silente è stato folle ad averli bruciati. Valgono una vera fortuna! Per non parlare delle possibili applicazioni in Filtrologia…”
Già.
Lily capiva bene...anzi, forse fin troppo. Deontologia da pozionista...che aveva dato il colpo finale alla sua immacolata carriera da Prefetto, già spazzata via dai Marauders come una fogliolina d’autunno!
Quando il professore le aveva proposto di condurre sperimentazioni su una specie vegetale rara quanto un meteorite, non aveva proprio potuto dire di no!
Horace Lumacorno aveva decisamente parecchie eccentricità e non mancava di difetti, ma in pozioni era un vero e proprio genio. Le Rose dell’Oblio avevano già potenziato quattro filtri nel giro di mezz’ora, rendendoli dieci volte più produttivi.
Erano un vero e proprio dopante naturale delle pozioni.
“Campione analizzato numero cinque.” disse, contemplando una fialetta di vetro. “Minuto quindicesimo. Produttività aumentata dell’ottanta per cento.”
“Ottimo, ottimo!” gongolò il professore, in piena estasi. “Direi di concederci una pausa, che ne dici?”
Andavano avanti così da giorni, ormai. Nelle pause dallo studio, qualsiasi altro studente avrebbe trovato sollievo nel Quidditch, nelle Burrobirre o nell’accoccolarsi davanti al fuoco.
Lei si riposava creando pozioni. Illegali.
“Volevo ringraziarla per l’opportunità, professore.” sospirò, passandosi il dorso della mano sulla fronte.
“Sciocchezze, sciocchezze. Sei una delle mie migliori allieve!” lui le strizzò l’occhio con affetto. “Caposcuola, uh? Sapevo saresti andata lontano!”
Un piccolo nodo le strizzò lo stomaco.
“Non sono ancora Caposcuola.” puntualizzò. “E’ solo provvisorio.”
“Le votazioni…!” minimizzò quello, con un movimento della mano che stava a significare quanto poco contassero a quel punto. “Vedrai che il titolo ti resterà appiccicato addosso come una caccola di Troll.”
“Che immagine carina!” scoppiò a ridere, ricacciando a fondo la sgradevole sensazione. Poi chiese, senza quasi pensarci: “Secondo lei, cosa serve davvero per migliorare questa scuola?”
“Carisma.” rispose immediatamente Lumacorno. “Carisma e influenza, mia cara. Come da ogni altra parte.”
“Carisma…” rifletté la ragazza.
“Sono poche le persone capaci di smuovere le masse. Se contiamo poi che le Casate sono all’opposto le une dalle altre, direi che serva quasi un miracolo. Per non parlare delle famiglie. Mettere assieme le teste degli studenti è quasi uno scherzo rispetto al farsi ascoltare dagli adulti che li hanno generati. Ma sono sicuro che sarai brillante come sempre!” aggiunse poi, rendendosi conto di quello che le stava dicendo. “Non ti devi preoccupare, cara. Non si sconvolge certo il mondo in un solo anno, ti pare? Avete già conquistato tanto, non è per niente facile farsi ascoltare dal Ministero di questi tempi, sai? E male che vada, avrai comunque un bel diamante sul curriculum! Non che tu ne abbia bisogno, eh? Sei la più brava in pozioni. Stai facendo meraviglie oggi!”
“I risultati di questi esperimenti sono stupefacenti! Peccato solo che non potrò esporre queste ricerche come tesi ai M.A.G.O…”
“Non capirò mai l’allergia di certa gente a cose come queste.” l’uomo sospirò, alzando gli occhi al cielo. “Ok, è decisamente materia infernale, ma...voglio dire, tutte le possibili applicazioni… sono combattuto sull’argomento, sai? Qualcuno una volta mi disse che fingere che la magia oscura non esista di certo non la fa sparire. Ma se sfruttata nel modo giusto…”
La voce gli si perse in un mormorio. Improvvisamente Lumacorno parve ricordarsi di chi fosse quella frase, e la cosa parve non fargli piacere. I tendini delle sue mani si tesero, mentre stringeva con più forza tra le dita la tazza di caffè.
“Anche se forse...non era l’esempio giusto da fare.”
“Immagino che si debba scegliere come agire in base al contesto, come in tutte le cose.” semplificò Lily con un’alzata di spalle, senza accorgersi della paralisi che aveva irrigidito il suo grasso profilo come un veleno. Era troppo occupata a riflettere sulle cose che gli aveva detto prima...il carisma...l’influenza. Ricordava quando, durante l’interrogatorio dopo essere finita sotto Imperius, solo Silente si era degnato di prestarle attenzione.
“Lily...posso fidarmi di te, vero?”
Fu quando Lumacorno parlò di nuovo che si rese conto di quanto fosse cambiata l’atmosfera. Si girò, stupefatta, mentre la voce del suo professore preferito, del suo mentore, si faceva incerta, diffidente.
La stava guardando con occhi completamente nuovi. Come se non la conoscesse.
“Voglio dire, non...non ne farai un cattivo uso personale…”
“Io...ma certo che no!” esclamò la Grifoncina, interdetta. Quello parve risvegliarsi da una sorta di catarsi e batté le ciglia.
E, improvvisamente, sembrò invecchiare di colpo.
“No, ovvio.” sorrise stancamente. “Sei la studentessa più onesta che conosco. Scusami cara, dev’essere l’età.”
“Professore…” azzardò lei, piano, guardandolo con un crescente senso di apprensione. “Tutto bene?”
Il suo viso sembrava invecchiato di colpo. Guardava fisso la superficie del suo caffè senza vederlo davvero...come se si sentisse perso.
“Che vuoi che ti dica, Lily?” mormorò con un sorriso amareggiato. “Ho vissuto e vivo una vita fantasticamente glamour. Viaggi, prelibatezze, feste, conoscenze importanti...non mi posso lamentare. Solo che...beh, ecco, una vita del genere non ti lascia molto tempo per farti una famiglia, avere figli, capisci? Forse è per questo che sono diventato professore. Mi sono affezionato molto ad ognuno dei miei studenti...certo, ad alcuni più che ad altri, lo ammetto, ma diciamocelo, le preferenze ci sono anche nelle grandi famiglie...e come nelle grandi famiglie finisci per fidarti, a non vedere certi dettagli. Avrei dovuto sapere...tutte quelle domande che faceva...è che ci si sente soli, capisci? Tanto soli...”
La voce gli si perse in un bisbiglio...poi, Lumacorno sgranò gli occhi come se si fosse appena reso conto di essersi lasciato sfuggire più di quanto intendesse.
Scoppiò in una risata squillante e forzata, umettandosi le labbra con un gesto ansioso.
“Ma che vado a raccontarti! Sto proprio invecchiando! Beh, mia cara, perdonami ma mi è improvvisamente venuto un gran mal di testa! Ti dispiacerebbe finire qui per oggi?”
Era davvero strano vederlo in quello stato, pensò Lily, armeggiando con una boccia d’acqua. Lumacorno era sempre stato un personaggio frizzante e brioso. Ora invece, era così cupo, e poi...sembrava quasi avere paura...
“Ancora qui?” ridacchiò lui, impallidendo poi impercettibilmente quando lei tirò fuori la bacchetta.
Allora non era una sua impressione, era davvero spaventato! Cosa l’aveva traumatizzato tanto da fargli diffidare così perfino di lei? Era la sua assistente personale da quando aveva undici anni...andava perfino a quegli interminabili incontri al Lumaclub, quando non doveva lavorare come Prefetto!
Agitò la bacchetta, sfiorando con movimenti sereni la punta dell’acqua all’interno della boccia di cristallo. Ci fu un guizzo, una macchia di colore…
“Ooh!” esclamò Lumacorno, pieno di meraviglia. All’interno, un pesciolino rosso dalla lunga coda a farfalla, sinuosa e frastagliata, era appena sbocciato nell’acqua come un fiore.
Lily sorrise, porgendoglielo.
“Per quando si sentirà solo.” disse, incurante degli occhi sgranati e ora, leggermente umidi dell’uomo. “Se gli dirà il mio nome, io lo sentirò e verrò a farle compagnia…”
Uscì da lì con la sensazione di aver restaurato qualcosa. La stessa sensazione di un pittore che stucca le crepe di un quadro destinato a sgretolarsi...una sensazione che le piaceva.
Affondò con un dolce sorriso il naso nella sciarpa extralarge pronta a sfidare l’autunno fumoso e freddo con destinazione Erbologia quando...qualcosa le paralizzò i piedi.
Fu come un brivido, lungo la schiena come due occhi che ora si sentiva addosso.
Si voltò da tutte le parti ma il corridoio era deserto, a parte le statue e alcuni specchi in ottone.
Sospirò, calmando i battiti e quando non riuscì a scrollarsi di dosso quel presentimento, alzò gli occhi al cielo con stizza.
Certo che di quei tempi era paranoica forte! Ma come cavolo ci era finita ad aver paura che le fosse teso un agguato in pieno giorno?! E dire che ultimamente i Serpeverde se ne stavano zitti e buoni...o forse era James? Com’è che le aveva detto? Avrebbe continuato con gli scherzi? Se era così l’ammazzava sul serio stavolta! Poteva giurare che…!
Qualcuno ridacchiò.
Il sangue le si cristallizzò ai polsi. Si girò di scatto, afferrando istintivamente la bacchetta senza estrarla dalla tasca, ma così forte da farsi sbiancare le nocche.
Lo specchio rimandò la sua immagine, il viso pallido, l’espressione all’erta. Nient’altro.
L’aveva forse sognato? Una risatina nel silenzio e poi...un riflesso che non era il suo. O meglio, che era identico al suo ma...diverso.
Aveva creduto per un folle istante di aver visto la sua immagine ghignare con pura malvagità.
Ma dopo un numero sufficientemente alto di secondi in cui il suo cuore continuò a tamburellare come un pazzo, rilassò le spalle irrigidite. Non c’era nessuno. E quella visione le appariva sempre più assurda, come se fosse stato uno scherzo della mente, veloce come un deja-vu.
Sospirò, sentendosi sempre più scema.

Poi, James la travolse.

“ARGH!”
“LILY!”
Sarebbe caduta a terra se lui non l’avesse afferrata per un braccio all’ultimo secondo, visto che le si era schiantato addosso forte come un bolide!
Confusamente, si sentì stringere per la vita e spalmare contro il suo maglione come una marmellata. Il suo profumo le invase le narici. Vento, legno, pini, bosco, libertà...e un calore che sapeva di sicurezza. Tutto molto bello, se non fosse che la stava soffocando!
“Dove sono?” scattò Ramoso, la bacchetta ben alta davanti a lui e guardando ogni angolo con velocità estrema.
“Ma...che cos… chi?!”
“I nemici!” sbottò lui, sempre teso e rigido come la corda di un violino.
In disperata ricerca di ossigeno, la Grifoncina gli piantò le mani sul petto, allungando le braccia con forza per creare una distanza sufficiente perlomeno a respirare, cosa ben difficile visto che liberarsi dalla sua presa sembrava impossibile!
Ma non era solo quello, si rese conto: c’era...come una sorta di forza gravitazionale tra di loro! Ora la sentiva chiaramente… rispetto alle altre volte era fortissima, quasi palpabile. Man mano che passavano i secondi però, iniziò a scemare. Il profilo rigido del Marauders si ammorbidì, gli occhi attenti e all’erta come quelli di un animale tornarono lucidi.
Non la lasciò, ma Lily riuscì a scostarlo. Fu assurdo: la sensazione fu quella di essere in balia del rinculo di un elastico.
“Si può sapere che ti prende? Non c’è nessuno!” tossì, confusa tanto quanto lui.
“Nessuno?” ripeté imbambolato. “Ne sei sicura?”
“Sicurissima.”
“Tu..tu stai bene, quindi?”
“Stavo meglio prima, in realtà...ma in ogni caso, sì, sto bene.”
Sto solo diventando matta, pensò la Grifoncina, evitando accuratamente di dirlo. Matta, paranoica e con le allucinazioni.
Anche James sembrava nella confusione più totale. Continuava a guardarsi in giro con un’espressione ebete davvero buffa.
“Ah...”
“Allora, si può sapere perché sei piombato qui urlando come un pazzo?! Mi hai fatto male, sai?”
“Perché ho sentito che eri in pericolo. L’ho sentito forte e chiaro! E beh...sai…” si grattò la nuca, facendosi improvvisamente imbarazzato. La voce gli si spense in un borbottio. “Sai come funziona, ecco...però effettivamente qui non c’è nessuno…”
Lei alzò gli occhi al cielo, esasperata.
“Ma non è che il tuo radar da Famiglio inizia a far cilecca?”
“COS…?! Come osi! IO NON FACCIO MAI CILECCA!”
“E come pensavi di salvarmi, di grazia? Abbracciandomi a morte?”
“Certo che sei una bella ingrata! Guarda che mi hai stretto anche tu!”
“Già, e dobbiamo proprio parlarne di questa cosa, sai?! Non mi va per niente di saltarti in braccio ogni volta che succede qualcosa!” Lily gli piazzò il dito sotto il naso con il suo solito modo di fare. “Per cui vediamo di capire come fare per risolvere la questione, perché non intendo passare il resto dei miei giorni come una calamita vivente!”
Bisticciare con lei l’aveva definitivamente rilassato, così le piantò addosso il suo solito ghigno da gatto.
“E’ facile Rossa, basta che non ti metti nei guai! Riesci a farcela almeno per mezza giornata?”
“Senti chi parla…” borbottò lei sorridendo, incamminandosi al suo fianco. “Perché hai i capelli bagnati, comunque?”
“Perché stavo allenando la squadra sul campo. Pioveva da schifo, ma era l’unico orario disponibile! Non avrò più mezzo secondo libero con la rottura di palle che mi ha affibbiato Silente! Tu invece che ci facevi qua sotto?”
Lei tossicchiò in modo decisamente ambiguo.
“Hem...niente, niente! Quale rottura di palle, comunque?”
E fu lì che James fece il primo grosso sbaglio della giornata.





Nel frattempo, qualcuno dall’altra parte del corridoio non si era accorto di nulla, concentratissima invece su ciò che l’aveva condotta fin lì, in quello schifo di sotterraneo.
Liu Chang scoccò un’occhiata contrariata all’umidità che le stava rovinando le Jimmy Choo, quando una porta cigolò.
“Ma quanto ci voleva? Detesto il freddo.” sibilò tra i denti, mentre la Serpeverde le ghignava in faccia.
“Dicono faccia bene alle rughe, sai?”
“Falla finita. Allora, l’hai presa?”
La ragazzina ridacchiò, sfilando dalla tasca un panno di pelle.
“Facile come bere un bicchier d’acqua, tesoro! Lumacorno si fida troppo dei suoi Prefetti. Con le chiavi di Ratcliff non ho avuto nessun tipo di problema!”
“Attenta piuttosto a non farti pungere da quella cosa.”
“Mi credi una dilettante?” sbottò lei, offesa, riavvolgendo per bene la guaina sulla spina della Rosa dell’Oblio.
“Mi pare che il tuo filtro d’amore non abbia funzionato qualche mese fa, o sbaglio?” sibilò tra i denti la Corvonero, ricordando con una punta di amarezza la reazione di James sul campo da Quidditch, quando l’aveva baciato provando a stregarlo.
“I miei filtri funzionano alla grande! E’ Potter che si impasticca di antidoti come un tossico in paranoia. Avresti dovuto prevederlo. Ma con questa spina…” la tastò con soddisfazione dentro la sua tasca. “Mi spieghi perché non vuoi potenziare una banale pozione d’amore? Non ci sarebbe antidoto che tenga, te lo garantisco.”
“No. Non è quello che cerco.” lei guardò altrove, con occhi vacui. “Ho richiesto espressamente un Distillato dell’Inibizione. L’avrei chiesto a Piton, ma quel tizio fa troppe domande.”
“Carino essere la seconda scelta…”
Liu si lasciò andare in un pigro sorriso.
“Oh, non mi dirai che ci sei rimasta male.”
“Ci rimarrei meglio con in mano il pagamento promesso. Questa è roba che scotta, bella mia.”
Il suono tintinnante dei galeoni d’oro riempì per qualche istante il silenzio umido del Sotterraneo.
“Ora ragioniamo…” gorgogliò la Serpeverde, con soddisfazione. “Qualche goccio del mio intruglio potenziato e a Potter non rimarrà più alcun freno. Come se ne avesse bisogno, poi! Davvero non ne capisco il senso… o lo scopo…”
“Le motivazioni non fanno parte del pagamento. Ma se proprio non riesci a tenere a freno la curiosità…” Gli occhi neri e liquidi di Liu brillarono di una luce strana, mentre sorrideva. Tanto che l’altra fece un passetto indietro, a disagio. “...diciamo solo che odio lo spreco di potenziale. James ne ha parecchio...e lo trattiene da troppo tempo.”
“Chi ti capisce è bravo, Chang!” sbuffò quella, sbattendole in mano le chiavi. “Comunque, dì tante grazie a Ratcliff per il lasciapassare che ti ha prestato senza emettere un fiato! Comodo avere un Prefetto come cagnolino domestico. Chissà se sa per cosa ti servono...”
“Non vedo perché dovrebbe interessargli.” sbuffò l’orientale, ma l’altra le riserbò un ghigno perfido che non le piacque per niente.
“Mi fa pena quel tizio, sai? Ti vede perdere la testa per un altro da anni, eppure non fa che rimanerti fedele. Lo sai, vero, che è innamorato perso di te? Tu che sai sempre tutto di tutti…”
Si zittì di botto perché la Chang le aveva appena puntato addosso un’occhiata glaciale.
“Ti avverto: il limite è stato superato.” sibilò. Il sorriso le era sparito rapidamente, come se avesse premuto un interruttore.
Alzò le mani in segno di resa, divertita da quella reazione inaspettata. Ma tu guarda che permalosa, la piccola Corvonero… e dire che sembrava non farsi scrupoli nel spezzare continuamente il cuore al suo Prefetto, né a usarlo a proprio piacimento per ottenere ciò che voleva.
Ma a lei bastava essere pagata, in fondo...anche se da brava Verde-Argento le piaceva punzecchiare, le interessavano poco quelle strane complicazioni di cuore.
Si intascò i galeoni senza aggiungere altro.
“Aspetto risultati veloci.” mormorò gelidamente Liu.
“Non ti preoccupare… in poco tempo Potter sarà totalmente privo di inibizioni… e sarà tuo.





Lily Evans era una cara ragazza.
Era bella, intelligente, gentile...e non più così tanto psicopatica nei loro confronti, c’era da ammetterlo. In alcune occasioni era anche stranamente divertente.
In effetti, senza sapere propriamente come, poteva dire che fosse sua amica oramai.
Complicazioni amorose a parte, certo. Ma le implicazioni sentimentali dell’aver sbagliato l’incantesimo per diventare Animagus ed essersi ritrovati tutti in una sottospecie di insana e moralmente discutibile orgia amorosa era l’argomento tabù di cui nessuno parlava, per cui poteva dire per certo (e per semplificare cose troppo complicate per il cervello sempliciotto di maschi diciassettenni) che fossero amici.
“Ma non è giusto!”
Ma Sirius Black giurava su dio, o su chiunque ci fosse lassù a divertirsi alle sue spalle, che se quella dannata Scimmia continuava di quel passo l’avrebbe strangolata con le sue stesse mani.
“Non è giusto!” sbottò per l’ennesima volta Lily, mentre il suddetto Felpato alzava gli occhi al cielo.
Due ore. Stava andando avanti così da due ore.
“Ok. Ora hai sfrantumato le palle.” le disse senza tanti mezzi termini, con un sorriso isterico. “Continuare a ripeterlo non cambierà lo stato delle cose, sai?”
“MA NON è GIUSTO! Anche io voglio imparare l’Occlumanzia!” Protestò quella, mangiandosi le unghie dall’invidia.
“Te la insegneremo noi, va bene? Ma ti prego, adesso finiscila!” supplicò Black, congiungendo le mani a preghiera.
James ridacchiò, beccandosi per la milionesima volta le occhiatacce di Remus, Peter e Sirius, mentre la sua amabile neo fidanzata faceva il solco sul pavimento della Sala Comune.
“Ma…è qualcosa di ingiusto…tu e James non avete il diritto di studiare una materia nuova! Solo perché avete le visioni!
“Hey, non abbiamo le visioni!” protestò Sirius, offeso. “E’…un’altra cosa!”
“Silente ha deciso che il nostro gruppetto è stato un po’ troppo preso di mira, probabilmente per via della posizione politica delle nostre famiglie. Quindi è semplicemente una precauzione per i ‘bersagli interessanti della scuola’.” spiegò Potter, con pazienza infinita.
“E perché Remus e Peter non sono stati invitati a studiarla, allora? Sono Marauders anche loro!”
Remus sorrise pigramente, centellinando il thé che si era preparato nella tazza.
“Io sono un lupo mannaro. E’ decisamente più difficile penetrare nella mente di una creatura sub umana.” disse, tranquillamente. “Quanto a Peter...beh…” si interruppe, guardando l’amico senza sapere bene come proseguire.
“Io non sono interessante.” finì lui, con un risolino un po’ forzato. L’aveva detto con un tono tranquillo, ma un piccolo brivido scosse il gruppetto, notò Lily. Stava imparando a riconoscere certi impercettibili segnali tra di loro. Anche se cercavano di non darlo a vedere, il modo in cui muovevano di istinto la testa, la pelle d’oca che compariva rapida su tutte le loro braccia, piccoli battiti di ciglia, il modo in cui il respiro veniva trattenuto mentre magari parlavano con altri… sembravano sempre più, ai suoi occhi, come parti diverse di un unico essere.
Ma non era necessario essere parte del branco e captare i suoi pensieri, per capire cosa aveva Minus in quel momento.
“Eddai, falla finita.” sbottò ruvidamente Black, dandogli all’improvviso una pacca sulla testa. “Non sai quanto non darei per non essere ‘interessante’ agli occhi di quelli.”
Peter arrossì vistosamente, ora a disagio.
“Sì...hai ragione. Scusa…”
“Devi smettila di sminuirti così! Lo sentiamo, che ti credi?” sbuffò lui. “Con tutta quella insicurezza che hai addosso ci farai bocciare di nuovo alle prossime verifiche!”
Potter gli circondò le braccia attorno al collo, stritolandolo in un abbraccio e ridendo forte.
“Esatto! Tu sei il nostro topolino speciale!” tubò, mentre l’altro cercava di liberarsi dalla sua presa.
“Waaah, eddai!” rise, riuscendo a scrollarselo di dosso e parando una valanga di cuoricini volanti che scoppiettarono nell’aria come palloncini.
“E in ogni caso ha ragione! Questa discriminazione non è giusta!”
“Oddio, riecco la lagna! Lily falla finita!”
Nonègiusto-nonègiusto-nonègiustooooo!”
“BASTAAA!!!”
Black si trasformò improvvisamente in lupo e iniziò a ululare al di sopra di quelle urla da pazza...e zittendo finalmente Lily, che lo fissò stupefatta.
“SIRIUS! Poteva vederti qualcuno!” lo sgridò Remus, balzando in piedi. “Ritorna subito alla tua forma originaria!”
“Però sei cosi carino da cane!” S’addolcì subito la Grifoncina, chinandosi sulle ginocchia per guardarlo meglio. “Hey, anche il colore degli occhi è cambiato! Ora li hai azzurri!”
In quel momento entrò Monique, ridacchiando come una ossessa per chissà quale battuta scema.
“Ciao Lily! Ooh!” si mise a trillare. “Ma che bel cagnolino! E’ tuo?”
S’avvicinò con un sorrisone a Felpato, che prese a scodinzolare frenetico, e gli diede una grattatina dietro le orecchie...anche se forse, le tettone in bella vista che gli aveva sbattuto sul naso erano più di suo gradimento
“Non è mio.” disse subito Lily, mentre Sirius uggiolava per avere altre coccole. “E’ di...di un cugino. Me l’ha affidato...hem...temporaneamente...per...”
Tutti i presenti la fissarono stralunati e lei si sentì arrossire.
Oh, insomma, che ci poteva fare se non era brava a inventare scuse in momenti di panico?!
Fortunatamente, Monique non era molto sveglia.
“Silente è stato molto carino a permetterti di tenerlo!” cinguettò con la sua vocetta francese. “Nel frattempo, me lo strapazzerò di coccole!”
Felpato prese la palla al balzo e cominciò a mordicchiarle la gonna, facendo sghignazzare sotto i baffi Peter.
“Sir…Tartufo!” lo sgridò Lily, quando quello gliela sollevò del tutto facendo lanciare alla ragazza un gridolino.
Ma tu guarda...quel dannato cretino!
“Oh, non ti preoccupare!” rise l’altra, ricoprendosi le mutande imbarazzata. “D’altronde sono cani, mica lo capiscono!”
“E’ vero, Lily, non essere così severa con gli animali!” la rimproverò James, severo, guadagnandosi un’occhiataccia. Tra lui e Peter, dannati, non sapeva chi se la stesse godendo di più!
“Tartufo, si chiama? Che nome strano!”
Felpato fece per rifare la sua mossa mostra-mutande ma improvvisamente, la Evans lo afferrò per la collottola con fare brusco.
“Credo dovresti andare Monique! Sai... Tartufo soffre di una malattia molto rara, che gli procura effetti strani allo stomaco e...beh, rilascia certi odori…capisci, vero?”
Finalmente una bugia decente!
Si sentì fiera di se stessa, mentre l’altra passava dall’adorazione al fare una faccia totalmente disgustata. Si allontanò di botto come se Sirius scottasse. Lui ringhiò di malumore...e quando la Sala tornò vuota, riacquistò il suo aspetto.
“Hey, mi stavo solo divertendo!” Protestò con un ghigno, schivando lo schiaffone con un balzo.
“Voi, razza di pervertiti! Quante volte avete fatto cose come questa, eh? E tu Remus, non dici nulla?”
Lui sobbalzò, tirato in causa, ma continuò a guardarla sorridendo in modo strano, con una dolcezza e gratitudine tale che la fecero imbarazzare.
Non sapeva come spiegarlo, ma vederli lì, tutti assieme, a parlare con così tanta naturalezza di quello...lo rendeva felice...
James colse quella sensazione e le appoggiò una mano sulla testa, sorridendo con un orgoglio quasi paterno.
“Sei proprio una Marauder a tutti gli effetti, eh?” mormorò piano, con voce vibrante...e lei si sentì scaldare il cuore, come se anche lei potesse percepire le sensazioni degli altri.
“E tra poco sarà Caposcuola, quindi avremo il potere assoluto!” cinguettò Minus con soddisfazione, ma prima che potesse rispondergli, entrarono gli altri Grifondoro.
“A proposito di questo!” squillò Gecky Bell, catapultandosi dentro. “Evans, promettimi che quando sarai Caposcuola terrai quella cretina della Harpies al guinzaglio! Sta architettando un’altra rottura di palle delle sue in vista dell’arrivo degli studenti stranieri!”
“Hey, è vero. Quando arrivano i nuovi?” si incuriosì Lupin.
“A breve. Paciock e gli altri stanno già facendo le valigie.”
“E perché a loro non rompi le palle?” sbuffò Sirius, guadagnandosi un’altra occhiataccia.
“Mi mancheranno le bestemmie di Frank alla mattina.” tubò James.
“Fagli anche tu una scenata di gelosia, allora. Alice è tutta la mattina che è stressata.” ghignò perfidamente Giuly, sbucando oltre il quadro in quel momento.
“Ma mica partono assieme?”
“La sua amica.” specificò lei. “Quella strana che non parla con nessuno. Le ha fatto l’ennesima piazzata. Non capisco perché non la mandi al diavolo… ci va tanto a capire quando un rapporto è tossico?”
“Bah, contenta lei. Piuttosto, quanto ci scommettiamo?” sbuffò James, attirando la curiosità di Lily.
“Scommettere su cosa, esattamente?”
“Su quanto ci vorrà prima che scoppi la prima rissa con gli stranieri.”
“Dieci galeoni.” fece appena in tempo a dire distrattamente Weasley, prima di venire investiti dalla bora della Evans che si erse come una statua a torreggiare su di loro.
“Non se ne parla neanche!” abbaiò, facendo incassare la testa a tutti. “Vedete di starvene buoni, tutti quanti! Questa cosa è importante! Ci sono collaborazioni centenarie con quelle scuole! Deve nascere un clima di serena convivenza, ci siamo intesi?!”
“Ceerto...glielo spieghi tu ai Serpeverde?”
“O a quelli di Durmstrang.” si sfregò le mani James, già con la guerra negli occhi. “Quegli stronzi mangiano pane e magia nera a colazione.”
Venne preso repentinamente per un orecchio dalla Grifofncina, che assottigliò lo sguardo pericolosamente.
“TU te ne starai buono e muto.” sibilò, omicida. “O ti ci ficco di nuovo, in quel famoso sgabuzzino.”
Alla sola parola, Black pensò bene di defilarsi e Remus scoppiò a ridere.
“Non ti preoccupare, Lily. I Caposcuola servono a questo, no?”
“E’ vero, tra poco ci sono le elezioni! Sei emozionata, Evans?” cinguettò Gecky.
Già...emozionata? Avrebbe dovuto esserlo e invece…ma che cavolo le succedeva?
Guardò la piccola sfera di vetro al centro della sala Comune, dove alcuni primini sfioravano con la punta della bacchetta i nomi che brillavano sul vetro. C’era anche il suo, assieme agli altri. Sapeva bene che il voto dei Prefetti valeva di più, e tutti loro sembravano decisi a scegliere lei.
“Secondo voi, cosa serve davvero per migliorare questa scuola?”
“Tempo...benzina...accendini…” ironizzò James, prima che Calton gli si avvicinasse un po’ in soggezione.
“Hey, Potter…”
“Uh?”
Quello si fissava le scarpe in imbarazzo. Aveva le orecchie scarlatte, cosa ben strana per uno sbruffone del suo calibro!
“In merito alla nostra discussione di qualche tempo fa...quella sui Mangiamorte...”
“Ecco che ci risiamo!” sospirò Weasley, vedendo i due novelli amanti già pronti per partire in quarta con la politica quando il Grifondoro del sesto li spiazzò.
“Ci ho ripensato, sai, e volevo dirti che avevi ragione.” disse tutto d’un fiato. “Sono stato un vero coglione a sminuire l’argomento così. In effetti, essendo Purosangue ammetto che la cosa mi toccava solo fino a un certo punto. Ma anche mio padre è preoccupato per quanto sta avvenendo nel mondo dei Maghi. E...beh, ci tenevo a farti sapere che nemmeno io mi tirerò indietro, quando sarà il momento. Sempre se vorrai ancora compagnia...”
James aveva una risata bellissima. Non se ne era mai resa conto. Illuminava ogni centimetro del suo viso, gli faceva brillare gli occhi diffondendosi attorno a loro come una magia contagiosa.
Lo vide passare un braccio attorno alle spalle del ragazzo con fare amichevole, strizzargli l’occhio.
“Certo che vorrò la tua compagnia, Calty! E’ acqua passata, dai! Nemmeno ci pensavo più!”
Tutti sorridevano, ora, compreso il loro compagno, visibilmente più rilassato.
Anche Lily sorrideva. Guardò la sfera di cristallo che splendeva nell’aria soffice e calda della Sala Comune come una perla.
Ora sapeva cosa era giusto fare.
“Va bene bella gente, è ora di andare!” saltò su James, spazzolandosi i pantaloni. “La rottura di palle mi aspetta.”
“Non ti fai una partita a Gobbiglie?” chiese Arthur.
“Nah. Sono in ritardo per la mia lezione privata.”
Visto che nessuno degli altri ne era a conoscenza, Lily decise di togliersi uno sfizio e si finse sorpresa.
“Lezione privata? Sei cosi incapace a scuola?” tubò, perfida.
“Farò finta di non aver sentito, campionessa della simpatia!” gracchiò quello, poi fece una contromossa che lasciò Lily di sale.
Si chinò e le sfiorò affettuosamente la guancia con le labbra, sull’altezza dello zigomo. Un tocco leggero, tenero. Poi sparì così come se ne era venuto, lasciandola in balia delle prese in giro.
“Ci si potrebbe cuocere un uovo su quelle guance.” frecciò Black, malevolo.
“Già…” mormorò la ragazza con un sorriso ebete, senza nemmeno sapere di cosa stava parlando.
“Non lo fare.” avvisò distrattamente Lupin da qualche parte del suo campo uditivo.
Fu solo quando Sirius provò a metterle un uovo VERO sulle guance, che si riprese completamente.
“Non si può nemmeno più scherzare…” bofonchiava il suddetto qualche minuto dopo, togliendosi uova dai capelli e massaggiandosi il mento. “Certo che è violenta forte, quella…”
Però, rifletté con un sorrisetto, doveva ammettere che era un nomignolo niente male...Tartufo...






Ok, già dovevano ancora spiegargli perché accidenti doveva studiare Occlumanzia con tutto quello che aveva da fare, visto che aveva una madre in grado di prevedere il suo futuro prossimo con l’accuratezza di un falco… sì, ok, ultimamente la sua Preveggenza aveva fatto cilecca parecchie volte, o forse ci aveva definitivamente rinunciato, o forse aveva finalmente deciso di liberarsi di lui una volta per tutte, ma in ogni caso, rimaneva il fatto che con i M.A.G.O., gli allenamenti di Quidditch, la formazione della nuova squadra per l’anno dopo, le lezioni, gli esami a sorpresa e tutto il resto, rimaneva ben poco tempo e James ODIAVA avere poco tempo!
Odiava i ritmi della scuola, odiava non poter fare quello che gli pareva quando gli pareva, odiava essere impegnato...e odiava in maniera particolare il dover scendere in quegli stramaledetti sotterranei pieni di quella dannata umidità che puntualmente gli faceva prendere un qualche accidente!
Per non parlare dei Serpeverde...ma Silente lo sapeva, che rischiava il linciaggio ogni volta che scendeva laggiù?! E chi accidenti era il professore tanto imbecille da tenere lezioni supplementari in quel tugurio gelido?!
Sbuffò, ignorando quella Verde-Argento fissata in pozioni che lo guardava dall’altro angolo del corridoio con una strana espressione.
“Ciao, Potteeeer.” soffiò, divertita da chissà cosa. Ma che accidenti voleva?! L’aveva seguito con lo sguardo malizioso da almeno dieci minuti, impedendogli tra l’altro di tirare fuori la Mappa del Malandrino per orientarsi.
Stava definitivamente per mandarla al diavolo quando finalmente si levò dai piedi, lasciandolo solo con i quadri che sembravano particolarmente gradire perdere il loro tempo ad insultarlo in quanto Grifone.
Ne vandalizzò solo un paio, così, per diletto, fino a quando finalmente non trovò la classe giusta.
Si fermò ad una porta di lucido legno nero, battendo i denti per il freddo.
Porco schifo, ma era da manicomio dormire lì sotto! Come diavolo facevano le Serpi?!
Agguantò un battente d’acciaio, bussando un paio di volte. Quello cigolò, perché era pieno di ruggine.
Ma che bel posticino!” Pensò, sarcastico.
Girò la maniglia rotonda ed entrò nella stanza senza aspettare il permesso.
“Va bene, facciamola rapida…!” sbottò, prima di piantarsi lì davanti.
La Sala era piuttosto piccola, appariva come un ufficio di seconda classe.
In fondo c’era una scrivania di mogano, dietro di essa alcune mensole su cui stavano dei barattoli.
Inutile dire che contenevano cose viscide e disgustose.
Un grande stendardo verde e argento sulla sinistra, un paio di sedie e un tappeto nero.
Niente di particolare.
C’era qualcuno, girato di spalle. Le mani appoggiate alla scrivania erano pallide, il profilo magro, alto e aguzzo.
Il “Professore” aveva un lungo mantello nero e capelli del medesimo colore.
Untuosi. Troppo untuosi…
Lo vide girarsi di scatto, sgranare le palpebre, piantargli gli occhi nerissimi addosso e diventare di marmo.
TU?!”
L’avevano urlato assieme.
Perché, in quella classe, c’era Severus Piton.






Avrebbe voluto vederla stecchita.
Tonks non era il tipo da fare certi pensieri, di solito. Ma vedere il sorrisetto viscido di Paige Carriton ultimamente sembrava crearle uno strano mostro verde nella pancia, verde e pronto a sbranare carne umana!
“Allora, tesoro?” schioccò le labbra quella, gonfie e lucide dal trucco. Stava seduta sul tavolo della Sala Grande, con un piede sulla sedia e l’aria perfidamente stucchevole mentre la squadrava dall’alto in basso. “Hai intenzione di rendermi le cose complicate sì o no?”
Lei continuò a sorseggiare la sua cioccolata calda, affondandoci il naso schiumante di rabbia.
“Non so di cosa parli.” sbottò, di malumore.
“Non dire sciocchezze! Ho visto come gli gironzoli attorno tutto il tempo!” Paige si sporse in avanti, scuotendo i boccoli biondi curatissimi. “Non trovi sia scorretto, dal momento in cui puoi trasformarti in chi vuoi?”
“Come se Remus desse peso a cose del genere!” sibilò la Grifoncina, astiosamente.
“Sta di fatto che ci sono delle regole. Io sono più grande e me lo sto lavorando da più tempo. Ho la priorità!”
“Priorità?! Guarda che stai parlando di una persona, non di un vestito!”
“Non hai ancora risposto alla mia domanda! State assieme o no?”
“Siamo amici. La parola ti suona familiare?” sbuffò Tonks, rimettendosi a sedere. Ammetterlo davanti a quella dannata vipera le risultò incredibilmente doloroso e frustrante, ma era la realtà dei fatti. Aveva accettato di farselo andare bene, perché non voleva rinunciare a lui. Ma vedere quelle galline che se lo mangiavano con gli occhi la faceva impazzire, ogni volta! Faceva davvero troppo male!
“Tu che ne pensi, McRanney?” Paige si girò verso Cristhine, che alzò gli occhi al cielo da sopra il suo quotidiano, esasperata per essere stata tirata in mezzo.
“Penso che Remus sia abbastanza intelligente per capire chi faccia davvero al caso suo.” soffiò pacatamente, guardando Tonks in modo eloquente. “E che questa discussione non abbia molto senso.”
“Tipico. Difendi le amiche piuttosto che le tue compagne.” si lagnò quella, con un’aria da vittima che faceva saltare i nervi. “Non sei particolarmente fedele alla tua Casata, o sbaglio?”
“Ma che sciocchezze.” sbuffò quella, scuotendo la testa, quando Paige ripuntò la sua attenzione su Tonks.
“Sanno tutti benissimo che sono persa per Lupin da mesi! Se continui a fare la smorfiosa con lui, tesoro, ci saranno conseguenze! Le ragazze non amano chi fa come te, sai? Qui ci sosteniamo tutte e abbiamo un codice di comportamento!”
“Non mi importa!” sbottò la Grifoncina, i cui capelli tendevano pericolosamente al rosso rabbia. “Non ti lascerò fare i tuoi porci comodi con lui! Ma che dico, sarà lui stesso a impedirtelo!”
“Allora è così! Dilla la verità! Lo vuoi per te stessa, è evidente!”
“Quello che voglio io non è un problema tuo! Ma non lascerò che Remus venga trattato così!”
“Hey, tutto bene?” La voce del suddetto in questione gelò tutte e tre le ragazze, che si paralizzarono come statue di sale fino a che non si accorsero che non aveva sentito i loro discorsi.
Remus dal canto suo, anima buona, era solo accorso da buon Prefetto perché aveva sentito i toni scaldarsi ma si chiese se l’argomento non fosse più serio del previsto, dal momento in cui lo fissavano con occhi sgranati.
Tonks in particolare, sembrava quasi sconvolta...
“Tutto bene!” cinguettò Paige, attaccandoglisi al braccio peggio di una piovra e facendole lampeggiare gli occhi dall’ira. “Mi aiuti con Incantesimi oggi pomeriggio?”
“Ancora?” Remus sospirò. “Paige, è compito del Prefetto della tua Casata darti una mano se sei in difficoltà…”
“Puah! Ratcliff è tutto preso dalla Chang e Laverne ha la stampa dei suoi articoli noiosi! E poi tu sei più bravo!”
Lupin fece per ribattere, quando Tonks gli si attaccò all’altro braccio.
“Deve aiutare anche me! Spiacente!” sbottò, facendo la linguaccia.
“E-eh?” Il poverino cadde dalle nuvole, strattonato improvvisamente da una parte all’altra. E ora che gli prendeva, a quelle due?!
Cristhine si impietosì, vedendolo parecchio rigido mentre Paige gli affondava la scollatura nell’avambraccio, e fece per intervenire quando la compagna Corvonero fece la sua mossa.
Mollò di colpo la presa, facendo sbilanciare Lupin e Ninfadora che caddero all’indietro come pere cotte.
Tonks sentì il vuoto...e poi, un braccio passato dietro la schiena a proteggerla dallo schianto con il pavimento.
Alzò gli occhi, sentendosi improvvisamente il respiro mozzarsi in gola. Lupin l’abbracciava, forse un po’ troppo forte, ma non sentì affatto male.
Anzi...il suo profumo pulito le invase le narici, dal momento in cui aveva il naso quasi affondato nel suo collo. E la faceva stare bene in un modo dolorosamente familiare.
Era premuta sopra il suo fianco destro, sentiva la sua mano grande che le proteggeva la nuca. Aveva ruotato il corpo per non franarle addosso.
Era esile...ma anche forte, in qualche modo. E quando Tonks sollevò il viso, aveva la bocca così vicina alla sua guancia liscia da poterla quasi baciare.
Per un folle istante pensò di farlo.
Poi, le dita di Remus premettero troppo.
“Ahi!” si lasciò sfuggire, con un piccolo gemito. La pressione dei suoi polpastrelli svanì immediatamente, e il dolore non era stato poi così forte in realtà, ma Remus si agitò all’improvviso, come se le avesse fatto qualcosa di tremendo.
“Scusa.” sussurrò, atterrito, staccandosi di botto da lei. Era sbiancato.
“N-no… non mi hai…” balbettò lei, presa alla sprovvista...ma lui si era già rialzato e allontanato di almeno tre passi. E di nuovo, la guardò con una strana freddezza.
Eccolo lì, ancora...il Remus Lupin gelido, algido e distante. Quello sguardo lo conosceva bene. Anche se ogni volta, era come un coltello piantato nel petto.
“Ho da fare. Ci vediamo.” gracchiò il ragazzo con voce asciutta, voltandosi di spalle.
“Remus, no, non mi hai…!” Ma lui era già lontano. Le aveva piantate lì senza aggiungere altro. “… fatto male…”
“Ma che gli è preso?” borbottò Paige, seguendo la sua scia con una smorfia prima di rivolgersi a Tonks. “Sta in guardia d’ora in avanti, ragazzina.”
“Piantala!” sbuffò Cristhine, chinandosi sull’amica. “Stai bene?”
“Sì…” mormorò lei, tristemente.
“Non dare peso a Paige. Lo sai, lo vuole solo perché non può averlo. E’ un capriccio.” la consolò la Corvoncina, tirandola su.
“E se ci riesce? Se me lo porta via?” gemette lei, mogia.
“Come se non conoscessi Remus!” rise mestamente Cristhine. “Dai, lo sai anche tu che non è quel genere di ragazzo.”
Non era sicura di sapere più niente, in realtà.
Non lo capiva. Non riusciva a capire perché lui facesse così… o cosa accidenti gli passava per la testa…
Le spezzava il cuore continuamente, senza neanche rendersene conto.
“Che hai fatto, qui?” chiese improvvisamente la McRanney, sfiorandole un punto sulla pelle vicino alla spalla. Là dove la mano di Remus aveva premuto.
“Che c’è?”
“Devi fare più attenzione a dove vai a sbattere, Tonks…” la maggiore sorrise, scuotendo la testa con affetto. “...ti sei fatta altri lividi...”





“No.”
La voce di Severus uscì rigida, gelida come i poli. Senza ombra di esitazione.
“No.” ripeté ancora tra i denti, questa volta quasi ringhiando. “Non se ne parla. Non farò lezione a te.”
Anche James era sconvolto, e ci mise qualche secondo prima di realizzare.
“Il professore...sei tu?!”
Non seppe dire molto altro, perché Piton lo guardava in un modo strano.
L’aveva sempre detestato, ma ora...ora c’era come qualcosa, in più.
Di nuovo, la sensazione di disagio fece capolino.
Perchè accidenti si sentiva così? Come se fosse in qualche modo in difetto nei suoi confronti.
Odiava quella sensazione. E odiava quello sguardo, che sembrava dare ragione a ciò che sentiva dentro.
Scoppiò in una risata sprezzante, che sapeva un tantino d’isterico.
“Tu! Sei tu l’esperto in Occlumanzia...dio, dovevo aspettarmelo.”
“No.” sibilò il Serpeverde, di nuovo. Sembrava non saper dire altro. “NO, cazzo. Silente può scordarselo.”
“Non farti venire una sincope, Mocci. Nemmeno io intendo rimanere qui un secondo di più.” Appoggiò una mano sulla maniglia. “Col cazzo che mi faccio dare ordini da te.”
Black out, improvviso. Severus, che gli aveva dato le spalle con le mani che tremavano, si marmorizzò.
Quando Potter pronunciò le parole “Ordini” e “Da te”, il suo cervello fece “FZZZ” e si bloccò.
Ordini.
Da te.
Dare ordini a James Potter… frugare nella sua testa.

“Fermo.”
“Hn?” Potter si voltò, poi fissò la bacchetta dritta sul suo cuore.
Qualsiasi altra persona si sarebbe irrigidita. Si trattava pur sempre di istinto, dopotutto. Potter invece ammorbidì ogni centimetro della sua faccia in un sorriso sardonico. Lo odiava anche per questo.
“Vuoi ammazzarmi?”
“Non c’è nulla che mi darebbe più soddisfazione, ti assicuro.” mormorò Severus, lentamente. “Ma purtroppo per te, temo che tu sia obbligato a fare come dico.”
Lo scintillio che aveva negli occhi ora quel bastardo non prometteva nulla di buono.
“Fottiti, Mocciosus. Non esiste proprio.”
“Sono l’unico in grado di farlo. E a quanto pare, tu sei una calamita per i pericoli.”
“Mia madre è una Veggente. Ho il culo coperto, grazie per la tua preoccupazione.” gli sorrise acido.
“Tua madre può venire Accecata dal Ministero con le scuse più banali. Ed è evidente che la sua Vista ha qualche problema quest’anno, o determinati incidenti non sarebbero capitati.”
Bastardo. Ramoso digrignò i denti, odiandolo dal profondo. A quel verme non sfuggiva niente di niente.
“E da quando ti interessa così tanto la mia sorte, Mocci?”
“Non lo faccio per la tua sorte.” mormorò lui, con voce insolitamente piatta...e fu finalmente uno a zero.
Con l’aria di chi ha appena mangiato un limone, James si sedette. Aveva bisogno di quello. Lily aveva bisogno di quello. Che il suo Famiglio fosse lucido. Sempre. E anche la sua famiglia… il branco...no, cazzo, c’era troppo in ballo per farsi divorare dall’orgoglio. Non avrebbe mandato tutto a puttane, non questa volta. Non poteva permetterselo.
“Bravo…” ghignò il Verde-argento, malevolo. “Stai già imparando a sottometterti.”
“Brutto…!!!”
“SILENZIO!” tuonò Severus. “Ora sono io che comando, ricordalo bene!”
“Bene, goditi la tua gloria…professore.” ringhiò il Grifondoro a denti stretti. “Perché non ti rimarrà molto tempo per farlo, quando uscirai di qua.”
Lui si umettò le labbra, appoggiando i fianchi al tavolo. No, quella strana scintilla che aveva negli occhi non andava affatto bene.
“Che cos’è la Leggimanzia, Potter?”
“Lettura del pensiero…” sbuffò, annoiato.
“Immaginavo una risposta del genere, da uno come te.” soffiò Piton, con un sorriso al veleno. “Caprone sei e caprone resterai.”
“Insegnami solo come si fa, e risparmiati la lezione!”
“Okay.” l’assecondò Piton, con sua grande sorpresa. “In piedi Potter, e bacchetta alla mano. Legilimens!”
Non gli diede il tempo di fare nulla...cogliendolo totalmente a tradimento.
Fu come essere risucchiato dall’interno.
La stanza sfumò e il buio avvolse tutto.

Si vide passare davanti agli occhi ricordi lontani, ricordi felici.
Il regalo della sua prima scopa da corsa, la sua prima
volta sul treno di Hogwarts, con Sirius. I Marauders e...Lily, Lily ovunque nei suoi ricordi. I litigi per i corridoi. Le sue lacrime in guferia. Halloween...la caduta nello sgabuzzino. Sentirsela sopra, immobilizzata dalle sue gambe, con il cuore che sembrava esploderle nel petto… e pochi strati di tessuto sottile a dividerli. Il loro primo bacio...il suo sapore vivo sulla pelle.
Frammenti di sensazioni felici.
Si beò di quelle visioni, fino a che davanti ai suoi occhi…non comparve Liu Chang.

Liu Chang a quindici anni.
I capelli in disordine sul viso di burro, congestionato dalle lacrime. Le sue piccole mani artigliate alla sua camicia. Il modo in cui lo fissava...in adorazione. Un’adorazione disperata.
Io lo so.” continuava a ripetere, così sinceramente sconvolta dal muro di ghiaccio che aveva appena eretto fra loro, dal suo sconvolgimento, dalla sua rabbia. “Perché non capisci? Non c’è nulla di…”
Sta zitta.”
L’aveva detto nel ricordo? O nella realtà? Tutta quella rabbia… riversata su di lei al punto di volerla quasi colpire.
James, è un dono, non una maledizione! Voglio solo aiutarti a…”
Stai zitta, cazzo!”
Questa volta aveva urlato. L’aveva respinta con brutalità, quel giorno. Incurante di ferirla.
A quindici anni, i suoi occhi erano così innocenti. Timidi. Li ricordava bene, ora.
Quando aveva cambiato il suo viso, Liu? Quando era diventata quella che era adesso? Era forse stata colpa sua?
Aveva abbassato lo sguardo, mordendosi le labbra, abbracciandosi il petto come per proteggersi.
Non potrai fuggire a lungo dal tuoi destino. I tuoi occhi…”






“NO!”
Le immagini svanirono di colpo.
Si ritrovò sdraiato sul pavimento, senza sapere come ci era finito, con la testa che sembrava essersi svuotata da ogni cosa...e riempita allo stesso tempo di chiodi arrugginiti.
Aveva un bel paio di doloretti che lo lasciarono senza fiato per due minuti buoni ma l’immagine di Piton che faceva scomparire delle piaghe terribili sulla sua faccia bastò a gratificarli tutti.
“Ma guarda!” ansimò sarcastico James. “Ti donano molto. Ti rendono più bello.”
“Avevi intenzione di scagliare una fattura delle piaghe?”
“No.”
“Immaginavo…” Rosicò lui. “Non sei nemmeno capace di resistere al Leggiments di basso livello. Hai agito solo di impulso. Non basterà di certo, contro qualcuno che vuole fare sul serio.”
“Non farmi sembrare un’idiota, Mocciosus, tu non mi hai nemmeno dato il tempo di…”
“Balle!” Lo interruppe Piton, alzando la voce. “Pensi che i tuoi nemici ti diano del tempo per prepararti?”
“Non so, ma potrai chiederglielo tu, visto che ci vai a braccetto.” sibilò James, fissandolo con rabbia.
Lui non rispose, ma ricambiò l’astio, che sembrò ammorbare l’aria della stanza come una piaga infetta.
Non pareva soddisfatto. Aveva le mandibole serrate, gli occhi quasi febbrili.
E...lo sapeva. Sapeva che aveva visto lei.
Lily.
Forse era solo per quello che non si era soffermato su ciò che davvero voleva celare ai suoi occhi. Era visibilmente sconvolto.
“Ricominciamo.”
Solo in quel momento si rese conto di che gioco pericoloso stava conducendo.
La sua vita, la sua esistenza, i segreti...c’era il modo di leggerli.
Il panico lo travolse a ondate. Aveva la nausea.
Credeva di aver chiuso certi aspetti della sua vita a doppia mandata ma...ma Severus c’era arrivato pericolosamente vicino.
“Devi spiegarmi come fare, Piton.” Si ritrovò a dire, più serio di quanto non fosse mai stato. “Altrimenti non posso contrastarlo.”
“Speravo che l’avresti capito da solo…” sbuffò lui. “Evidentemente ti ho sopravalutato anche io, come tutti.”
“Dimmi cosa fare.” ripeté James, cocciuto.
Lui parve interdetto per un istante, poi si irrigidì.
“Devi chiudere la mente. Se pensi a ciò che vuoi nascondere, sarà più facile da trovare. Devi essere il primo a dimenticare ciò che vuoi proteggere.”
Non l’aveva detto per aiutarlo. L’aveva detto per dargli in mano un’arma...per non sentirsi un assassino quando gli avrebbe piantato una lama nel petto. Per combattere ad armi pari. Non avrebbe accettato di fare altrimenti, non Piton.
Si rialzò in piedi, continuando ad ansimare. Era fradicio di sudore.
Chiuse gli occhi, cercando di placare il proprio cuore. Poi li riaprì...e fissò il suo nemico negli occhi. Lui ricambiò lo sguardo.
Ci fu qualche istante di silenzio...cristallizzato nel tempo, come su un campo di battaglia. Lo era di certo.
“Io ti farò quanto più male potrò.” mormorò lui, come in trance. E seppe che era vero.

Legilimens.”

Altre immagini.

Legilimens.”

Altri spilli arroventati nella testa.

LEGILIMENS!”

Per ore.






Suo padre era in piedi, davanti alla grande vetrata. Il temporale imperversava alle sue spalle, quel giorno. La luce fredda dei lampi scivolava sulla lama lucente della sua enorme spada, portata al fianco come se fosse leggera quanto un fiore. I tuoni riecheggiavano come i battiti del suo cuore impazzito, che sembrava volergli uscire dai polsi.
Lo guardava, le unghie piantate nei palmi delle mani fino a far uscire il sangue. Guardava quell’uomo...quel pilastro. L’emblema di tutto ciò che avrebbe mai potuto rispettare. Irraggiungibile.
E ora, Fleamont Potter gli sembrava più lontano che mai. Come risucchiato via da quei tuoni, da quella tempesta.
I capelli neri come velluto, la mascella tagliata con l’accetta, gli occhi di un oro denso e polveroso che trapassavano l’aria come pugnali.
Nella stanza immobile, fredda, con il buio che sembrava volerli divorare interi, quei suoi occhi dorati erano come due fari.
Suo padre rimaneva in silenzio, fissandolo dall’alto come aveva sempre fatto.
Il sorriso, appena accennato. Quel dannato sorriso...che avrebbe cambiato ogni cosa.
Mio padre, quando mente, sorride…”



RIVERSIO!”
L’urlo uscì fuori direttamente dai polmoni, forte e secco come una detonazione.
L’immagine di suo padre si frantumò in mille pezzi.
S’avvertì un frastuono di vetri rotti… e una stanza comparve davanti al suo campo visivo.


Piastrelle scheggiate. Fiori blu dipinti sopra di esse. Un pavimento freddo e sbiadito. Uno di quelli presenti nelle case vecchie.
Rumore di pugni.
Una donna urlava, da qualche parte. Si fissò le mani. Erano piccole, magre e piene di graffi...non erano le sue. E neanche il sangue che gocciolava piano piano sui pantaloni sgualciti era il suo. Però sentiva il dolore al labbro, quello sì.
Qualcuno doveva averlo colpito. E poi, aveva colpito qualcun altro. E non accennava a smettere.
La donna urlava e piangeva.
TI PREGO, SMETTILA!”
Ma lui non riusciva a fare niente per proteggerla. Era troppo magro. Troppo piccolo. E non riusciva a fare altro che non fosse contare i fiori blu sulle piastrelle. Uno, due, tre...
NON HO FATTO NESSUN INCANTESIMO! TE LO GIURO, SI E’ ROTTO PER SBAGLIO! TI PREGO, BASTA, BASTA!”
Quattro, cinque, sei...
L’uomo continuava a colpirla oltre la porta della sua cameretta. Sentiva l’odore dell’alcool, del tabacco. Delle lacrime, del muco, del sangue.
SONO STANCO DI TE, MALEDETTA STREGA! ORA HAI INFETTATO ANCHE NOSTRO FIGLIO CON QUELL’ARTE DEMONIACA! DOV’È SEVERUS?! DOV’È?!”
L’odore acre della paura...e dell’umiliazione.
Si era appena bagnato i pantaloni.


L’immagine cambiò rapidamente. Ora il sole stava calando...e le sue mani erano un po’ più grandi. Un uccello era appena caduto, schiantato contro il vetro per colpa sua. Era morto, adesso. Non sapeva bene come sentirsi in merito. In colpa certo. Ma anche… potente. Il Ministero l’avrebbe punito senz’altro, per quell’incantesimo. D’altronde, in casa sua c’era un Babbano. Ma come avrebbe fatto ad allenarsi, a migliorare? Sarebbe mai stato al passo con gli altri, così? I Purosangue potevano farlo… potevano allenarsi quanto volevano…



Il funerale era quasi finito, ora. Sua madre piangeva. Perché? Perché piangeva un marito che l’aveva sempre picchiata? Non riusciva a capirlo.
Lei era forte. Lei era potente, e bellissima. Lei era una strega…
Qualcuno gli sfiorò la mano.
Lily ricambiò il suo sguardo, gli accarezzò il viso.
Puoi piangere, se vuoi.” mormorò. Il vento le scompigliava i capelli. “Era pur sempre tuo padre.”
Non sarebbe riuscito a piangere nemmeno a comando. Gli occhi erano asciutti...come il suo cuore. La bara che veniva calata lentamente sotto terra non gli trasmetteva niente.
Nemmeno sollievo, se per questo.
Solo...un gran vuoto.
Ma la mano di Lily...era tiepida, morbida e liscia. Lei analizzò qualcosa sul suo viso e poi lo abbracciò.
Mi dispiace, Sev.” mormorò, stringendolo forte.
A lui non dispiaceva tanto. Anzi, era pur sempre un modo per farsi abbracciare. Non che Lily non lo abbracciasse di solito, anzi.
Era incredibilmente buona, e affettuosa, e dolce. Lily era bellissima. E forte. E piena di magia.
Come sua madre.
Decise che niente, niente al mondo avrebbe mai ferito Lily Evans come aveva fatto con Eileen Prince.



E poi, l’immagine cambiò di nuovo. Le mani erano ancora più grandi, adesso.
Lily si stava lavando nel bagno. Nel suo bagno.
Avevano sperimentato una pozione ma era esplosa loro addosso...e ora lei era nella sua doccia.
Ma..quel filo di vento traditore. Aveva lasciato socchiusa la porta del bagno.
E quando se ne era accorto, lei si stava già asciugando, stagliata contro la porta, la schiena nuda, i capelli ancora umidi.
Aveva abbassato immediatamente gli occhi. Sentiva il rossore invadergli le orecchie, scaldargliele. Lo stomaco gli si era contratto.
Lily canticchiava. Non se ne era accorta.
E ora quel pensiero...quel pensiero assillante dentro la testa.
Non guardare.
Non era giusto nei suoi confronti. Non era...no, lui doveva proteggerla. L’aveva promesso. E chi protegge qualcuno non fa certe cose.
Non guardare.
Non l’avrebbe mai perdonato, se l’avesse fatto. Nemmeno lui si sarebbe mai perdonato. Doveva controllarsi, cazzo. Non era un animale.
Non guardare.

Severus guardò.






Il rumore del pugno arrivò quasi prima del dolore. Poi, la mascella di Piton parve esplodere in mille scintille di uno spasmo che azzerò totalmente l’incantesimo, riportandolo brutalmente alla realtà.
Franò fra due teche di vetro, che esplosero sotto di lui. I pezzi taglienti gli ferirono entrambe le braccia, ma il cazzotto in piena faccia di James era ancora totalizzante, sovrastava ogni altra sensazione. I vasetti caddero e si ruppero, infradiciandogli le vesti.
Nella stanza, lame di luce dorata schizzavano impazzite come se qualcuno avesse fatto esplodere dei fuochi d’artificio.
Agonizzante e ancora stordito, fece per rialzarsi ma una di esse lo afferrò per la gola, schiacciandolo a terra.
Solo in quel momento si rese conto che la luce dorata proveniva da James.
James, in piedi davanti a lui, ansimante, paonazzo, pieno di furia. Un Incantatore fuori controllo.
Nel momento esatto in cui l’aveva colpito con quel pugno, l’intera scuola era stata strattonata con forza. Chiunque all’interno dell’edificio era caduto a terra, richiamato bruscamente dal suo potere che era esploso inaspettatamente...ma prima che potesse ancora alimentarlo e servirsi di esso, chiamando tutti a raccolta, Piton riuscì ad afferrare un vaso e a tirarglielo addosso.
La sorpresa del colpo a tradimento bloccò la pressione del potere di Potter e gli diede il tempo sufficiente per rialzarsi in piedi...e buttarsi urlando su di lui con tutto il suo corpo, circondandogli il busto con le braccia e riuscendo a sbilanciarlo all’indietro.
Caddero entrambi a terra, divincolandosi, colpendosi… ma James era ancora troppo forte e se lo levò di dosso con un ruggito.
Il taglio alla tempia fu però sufficiente per fargli riprendere il controllo di sé...e la luce dorata svanì com’era venuta.
Cadde un silenzio pesante. Denso. Ferroso.
“Hai guardato.” ringhiò James, sommessamente. “Hai guardato, figlio di puttana.”
“Cosa...cosa cazzo ti è preso…” sibilò di rimando Piton, ignorando ciò che stava dicendo con tutte le sue forze. Non riuscì però a guardarlo in faccia.
“Lo sai...lo sai perché ti odio?” sputò fuori il Grifondoro, improvvisamente. “E’ sempre stato il tuo modo di guardarla. E’ sempre stato insopportabile…”
“Vogliamo parlare del tuo, di modo?” rimbeccò l’altro, giocando finalmente a carte scoperte. “Non farti bruciare le vene inutilmente, Potter. Non mi mischio più alle mezzosangue.”
“Palle! Non ti è mai uscita dalla testa, e sai la cosa più divertente, eh, bastardo? Che accusi me di volerle fare male, quando è evidente che sei sempre stato della mia stessa pasta!”
“Insomma, ma che diavolo vuoi da me?!!!” esplose Piton, diventando scarlatto. “Hai iniziato a tormentarmi solo perché frequentavo la ragazza che ti piaceva, ed adesso che non siamo più amici vieni a farmi questa morale?! Se non ti è chiaro è tardi! Se c’è qualcuno che si contraddice sei tu, POTTER!”
“Hai ragione.” Ringhiò il Grifondoro, furioso. “Mi sto davvero contraddicendo. Ma tu non sei da meno.”
“AH, perlomeno io non rischio di ammazzarla solo per soddisfare il mio egoismo.” sputò fuori Severus, serrando i denti con disgusto.
“Ah no? Mischiarti a chi vuole far fuori tutti i mezzosangue è un modo quantomeno bizzarro per difenderla!”
“Tu non puoi capire.” il maghetto scosse la testa, gelido. “Non hai mai potuto.”
“Sai che c’è, Mocciosus? E’ vero, mio padre non mi ha mai pestato da ragazzino. Ma sai anche cosa? Me ne sbatto di quello che hai passato!” James si ritrovò a urlargli addosso. “Mi hai sempre fatto schifo, pensi che l’aver scoperto che hai sofferto nella vita cambi qualcosa?! Dimostra solo quanto tu SIA PATETICO! Il mondo intero ha sofferto, ma la vita è fatta di scelte! E diventare un pezzo di merda L’HAI SCELTO TU, PITON! Cosa avrebbe dovuto fare Sirius, eh?! O Remus?! Conosco gente che ha patito i tormenti più tremendi e sai cosa, non hanno votato la loro esistenza a studiare le arti oscure per cercare di trovare un senso alla propria miserabilità!”
“Vaffanculo, Potter!”
“No, vaffanculo tu!” lo afferrò per il bavero, strattonandolo. “Sei così fottutamente preso dal tuo senso di inferiorità che hai allontanato l’unica persona che ti amava davvero, e hai passato la vita ad incolpare ME per questo! E io sono stramaledettamente stufo di dovermi assumere le colpe per i tuoi fottuti sbagli! Sei TU che l’hai chiamata mezzosangue, sei TU che l’hai fatta soffrire come un cane e sei TU il motivo per cui ora ti detesta!”
“Oh, tu sai tutto di tutti, non è così?”
James gli scoppiò a ridere in faccia con tutta la forza che aveva.
“Davvero, Piton? Davvero pensi che avrebbe accettato di stare con uno che studia quella merda?! Che frequenta certi ambienti?! Perché se è così, non la conosci proprio! Sei tutto ciò che combatte, fattene una cazzo di ragione!”
“Io non ho tempo da perdere con una Mezzosangue, cosa non ti è chiaro, eh? Cosa cazzo vuoi che ti dica?! HAI VINTO! ORA E’ TUTTA TUA!”
“SI, LO E’!”
“E dimmi una cosa, Potter!” La voce di Severus sovrastò ogni cosa.“LEI E’ FELICE?!”
Si bloccò di colpo, sgranando gli occhi e serrando le labbra.
Cosa? Che gli era uscito di bocca?
Non era quello che voleva dire, non era quello che voleva chiedere.
Ma l’aveva fatto.
Aveva urlato in faccia a Potter la sua debolezza.
Si era tolto la maschera…perché proprio davanti a lui?!
Si portò una mano sugli occhi, con aria stanca.
Dio. Dio, quanto si sentiva stanco...
James rimase in silenzio solo per un istante.
“Sì.” Disse poi, calmandosi all’improvviso. “Sì Severus,lei è felice.”
La dolcezza che c’era nel suo tono…era qualcosa d’opprimente, insostenibile. Avrebbe preferito continuare a gridare. A cercare di ammazzarsi. Era meglio che essere compatito da colui che voleva morto.
“La lezione finisce qui.” sibilò, gelidamente.
Potter lo degnò solo di un’altra occhiata...e uscì senza aggiungere altro.
Rimase solo il silenzio. La solitudine.
Rimase solo...il freddo.

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Capitolo 56
*** Saint Valentine's Decode ***


Riassunto:


Abbiamo lasciato il nostro Sirius Black alle prese con il tentativo dei genitori di impadronirsi della sua mente… dopo il fallimento della gita con la spietata vampira Lydia Tolouse a fare da chaperon sotto le sembianze del professor Barrie Walsh, la famiglia ci riprova facendogli recuperare la memoria con la speranza che si convinca di essere irrimediabilmente uno dei loro. E’ stato infatti a grazie a lui che si è chiusa la Stella del Diaspro, il passaggio per le soglie infernali (il Necronomicon). Ma questo non è un bene perché la chiusura può essere realizzata solo tramite la lettura di un libro di pelle umana, che fa diventare pazzo chiunque cerchi di leggerlo...tranne qualcuno che ha compiuto di recente un’azione terribile.
E quale azione è più spaventosa del cercare di uccidere il proprio migliore amico e trarne piacere? Ciò sconvolge Sirius, che tenta di unirsi ai Serpeverde pensando di essere definitivamente perduto.
Fortunatamente, intervengono dapprima Regulus e dopo Silente, che impone a lui e a James lezioni di Occlumanzia.
Il mondo dei maghi è sempre più sconvolto da una serie di crimini che portano la firma di uno strano nome, impronunciabile e vago… Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, in grado di unire creature oscure di vario tipo.
Ad Hogwarts intanto, fanno la loro comparsa misteriosi personaggi come “La strega più potente del mondo”, custode del Necronomicon e del libro usato per chiuderlo, un nuovo misterioso Capo Auror che tira le fila da dietro le quinte, e prendono sempre più piede strane teorie su un presunto collegamento fra il Primo Ministro, che basa la sua campagna elettorale sull’aumento dei Dissennatori, e il mago oscuro che li ha creati, Ekrizdis, colui che diede origine alla Lega dei Dodici, una setta di famiglie malvagie che fanno della purezza del sangue e della ricerca della magia selvaggia il loro unico credo, comprendenti i vari Black, Malfoy, Lestrange…
Intanto ad Hogwarts, Lily e James si sono finalmente messi assieme...anche se non tutti i segreti vengono svelati. Quale sarà il mistero dietro il colore degli occhi di James? E perché Liu Chang, che conosce il suo segreto, ne sembra ossessionata?
I nostri protagonisti affrontano ora le prime sfide di una relazione mentre Piton, sconvolto dalla rivelazione, accetta finalmente il Marchio Nero.
Una strana collana caduta dal cielo inoltre,non promette niente di buono… così come l’arrivo degli studenti stranieri per un Erasmus, di cui fa parte una misteriosa ragazza che sembra essere collegata al passato di Sirius e motivo della sua rottura con il fratello.
Nel frattempo, James e Piton si confrontano a lezione di Occlumanzia, Liu CHang sembra decisa a voler stregare il nostro Ramoso con l'ausilio delle ultime Rose dell'Oblio che Lumacorno e Lily studiano in segreto (mica tanto) e strane presenze negli specchi sembrano seguire la nostra Evans da quando Silente le ha preso la collana...





 




Merda.
Fu questa la prima parola che sfrecciò nella mente di Lily Evans quando aprì gli occhi...e si ritrovò sommersa da risatine cinguettanti.
Merda.
“Arthur è un ragazzo fortunato!”
“Ma quanto ci hai messo a farla?”
“Dite che McGonnagal li accetterà quest’anno?”
Merda.
Né il delicato aroma di burro caldo che aleggiava tutt’intorno al suo letto né il clima festoso ed eccitato delle sue compagne riuscirono a cancellare dalla sua testa quel loop di imprecazioni mentali.
“Lascia perdere.” Mugugnò da qualche parte alla sua sinistra Giuly, sdraiata a pancia in giù e con la guancia sprofondata nel cuscino. “Sono solo in brodo di giuggiole per la torta di Molly.”
Merda.
“Ma non è troppo calorica?” si scandalizzò Monique da qualche altra parte.
“Ma pensi solo alla dieta, tu?!”
“E tu solo ai carboidrati, Bell?”
Giuly sogghignò, guardando Lily di traverso.
“Alice se l’è scampata quest’anno, eh? Quasi quasi è meglio Durmstrang.” bisbigliò, stiracchiandosi come un gatto.
Merda.
Lily Evans si sollevò dal letto...e piantò gli occhi sulla loro camera. O meglio, su quella che era stata la loro camera fino alla sera prima. E che ora era stata trasformata in una specie di show-room da reality di cucina.
Fornelli accesi, piani da lavoro, taglieri, mestoli, pacchi di lievito, fiori ovunque e torrette di cioccolato incartato in leziose bustine di cartapesta alte fino al soffitto.
Merda.
Fischiettando allegra, Molly Prewett si girò a darle il buongiorno con un dolce sorriso mentre sistemava gli ultimi fiocchetti di pan di zucchero su una torta monumentale che torreggiava sopra qualsiasi altra cosa. Aveva una macchia di cioccolata sulle guance piene ed arrossate, e negli occhi la luce febbrile che viene a tante ragazze in un giorno come quello.
“Che ne pensi?”
“E’ bellissima.” sospirò Lily, e nella sua faccetta desolata ci fu qualcosa che fece ghignare tutte sotto i baffi.
“Ahh, sei senza speranze!” sbuffò quella, lanciando un’occhiataccia alle altre serpi. “Dopo se vuoi, ti do una mano io, ok?”
Furono tre le considerazioni che fece la povera Evans quella mattina fissando la glassa lucente che ricopriva quella bomba al colesterolo.
Numero uno, Molly sarebbe stata una moglie perfetta.
Numero due, lei non era portata per niente che riguardasse la cucina. Sarebbe stata capace di avvelenarsi anche solo preparandosi una tazza di latte.
Numero tre, quel giorno era San Valentino.
E lei era fidanzata ufficialmente per la prima volta in vita sua. Fidanzata con James Potter.
Merda.




DRIIIIN!
La sveglia suonò e James la scaraventò letteralmente fuori dalla finestra. Con precisione millimetrica.
Remus, abituato a questi suoi scatti, afferrò la bacchetta, corse alla finestra e la riagguantò prima che toccasse il terreno.
“Potevi ammazzare qualcuno, cretino.” sibilò, fissando poi i suoi migliori amici uscire dalle tane con l’aria dei condannati a morte. “Dai, non fatela tanto brutta.”
Black non disse una parola e si defilò in bagno, contò fino a tre mimando il gesto con le dita e poi aguzzò le orecchie.
“Io non mi alzo.” sentenziò infatti Ramoso, perentorio.
“Piantala. Abbiamo lezione.”
“Da retta a tua madre, Jam!” frecciò sarcastico da dietro la porta, mentre quello iniziava la sua scenata, aggrappandosi al letto mentre Lupin lo afferrava per i piedi.
“Non voglio! Non voglio! Questo è il giorno più orribile dell’anno!”
“Pi-a-nta-la!”
“Vedila così, avremo scorte di dolci da farci esplodere!” ridacchiò da qualche parte Peter.
Black ritornò in stanza dopo essersi lavato i denti e si rispecchiò appieno nelle orbite disperate del suo migliore amico.
“Quelle sono pazze, Codaliscia! Matte da legare! E quella emerita cretina della Harpies sta architettando l’ennesima pagliacciata, lo so! Mi rifiuto di farmi tormentare pure quest’anno!”
In effetti, c’era da dire che a San Valentino la fauna femminile di quella dannata bettola dava il peggio di sé… per non parlare di quei maledetti filtri che qualche infame faceva circolare, molto di moda soprattutto tra le primine.
Sparava alle ingenue fanciulle gli ormoni a mille, rendendole più simili a delle scimmie affette da rabbia che a delle ragazze...con la conseguenza che, più che pieni di dolci, i maschi ne uscivano fuori pieni di lividi! Ogni anno, quel giorno somigliava più a una sfida survival che a una festa degli innamorati! Roba da far venire l’urticaria dallo stress!
“Cosa credi, che a me piaccia?” sbuffò Lupin, alzando gli occhi al cielo. “Ti devo ricordare la rissa di due anni fa?”
“Oh poverino, due belle ragazze pronte a rifilarti muffin al cacao e che fanno a botte per le tue virtù distruggendosi le camicette.” ironizzò Peter, guardandolo in tralice. “Proprio un giorno da dimenticare, eh?”
“Sì, peccato che mentre eri lì a farti ipnotizzare dai loro palloni hai mancato di notare che mi sono beccato in pieno un morso per cercare di dividerle!” sbottò acidamente il biondino. “La prima volta nella storia in cui è una ragazza a mordere un licantropo!”
“Sei la vergogna della tua specie, in effetti!” sghignazzò Felpato, beccandosi un dito medio in faccia. “Comunque io mi seppellirò da qualche parte con Cristhine e tanti saluti. Ma sono d’accordo sul tenere i sensi bene all’erta, perché ci sarà sicuramente una fregatura pronta ad attenderci fuori di qui.”
Manco a dirlo, qualcuno bussò alla porta facendoli saltare per aria tutti e quattro.
“Sono le primine! Sicuro!” alitò James, terrorizzato a morte forse per la prima volta in vita sua. “Non aprire, quelle ci mangiano vivi!”
“Guarda che non sono zombie!” rimbeccò Remus, ma anche lui esitava...fino a quando, da dietro la porta si levò una voce ben nota.
“Aprite, sono io.” sbuffò pacatamente Lily, alzando gli occhi al cielo. “Le ho mandate tutte da Madama Chips a farsi controllare...o sarebbe meglio dire disintossicare.”
Ahh, beata salvezza!
A James brillarono gli occhi mentre la sua adorata entrava più incazzosa che mai.
“Se becco chi è il cretino che spaccia quei dannati filtri ogni cavolo di anno, giuro che lo affatturo sul posto!” sbottò, esasperata. “Una ha pure vomitato! Ogni volta la stessa storia! Ma com’è che le fanno tutte deficienti, ste ragazzine?!”
Ed ecco l’unico motivo al mondo per il quale avrebbe tirato i piedi fuori dal letto quel San Valentino.
Oh sì, non avrebbe patito i tormenti da solo, no signore. Ce l’avrebbe trascinata dentro questa volta.
La puntò con gli occhi da rapace facendola sbiancare.
“Ciao Rossa!” cinguettò, tutto di zucchero. “Allora, i miei cioccolatini dove sono?”
Oh sì, pensò, vedendola soffocare con il suo stesso ossigeno e diventare tutt’uno coi capelli. Almeno quello, sarebbe stato fottutamente divertente.
“Ma non odiavi questa festa, tu?!”
“Non da quando posso festeggiarlo con te, dolcezza! Anzi, perché non cogli l’occasione al volo e mi dici anche quelle due paroline che desidero tanto sentire?”
“Uhh, questa sì che sembra interessante…” sghignazzò Minus, portandosi le braccia al petto e godendosi ogni momento di boccheggio e sudore freddo della poveretta, che balzò all’indietro come una lepre.
“Avrei dovuto lasciarti alle marmocchie arrapate, sai?!”
“Fammeli avere non prima delle cinque, Rossa, grazie. Sai, il cioccolato di sera mi fa venire mal di stomaco.”
“Io… non…!”
Stava seriamente per sparargli contro qualche maledizione, quando dalla porta spuntò la testolina rosa di Tonks.
“Sapete che faremo una lezione tutti assieme oggi?” annunciò, elettrizzata. “Ho sentito i professori che ne parlavano!”
“Ma va? Con quelli del Quinto? Non ne sapevamo niente.” si stupì Remus, indicando lui e Lily. “Di che può trattarsi?”
“Spero un corso di sopravvivenza a festività cretine.” mugugnò Sirius, già schifato mentre osservava palloncini rosa che volteggiavano sopra le loro teste nella Sala Comune, scoppiettando petali di rosa e brillantini… senza sapere, però, che il peggio doveva ancora venire.
Ed infatti, a colazione c’era uno strano fermento e quelli del Comitato sembravano in fibrillazione in modo alquanto sospetto.
“Disgustoso.” Mugugnò James, nauseato.
“Patetico.” Continuò Sirius, senza alzare gli occhi dal piatto.
Remus sospirò, decidendo saggiamente di ignorare il loro malumore a cui lui, tra l’altro, non era nemmeno estraneo...anche se in quel momento, era altro che lo rendeva particolarmente ansioso.
Tonks mangiava tranquilla al suo fianco. Non aveva detto nulla di particolare, ma di tanto in tanto la beccava a fissarlo con una strana espressione, gli occhioni un po’ troppo brillanti per passare inosservati!
“Allora, che c’è?” sospirò quando non resse più il peso del suo sguardo addosso, visto che gli aveva fatto cadere di mano per ben tre volte la forchetta.
“Mi dicono che tu non accetti mai i cioccolatini, a San Valentino. Come mai?” chiese la ragazzina, ignorando il suo repentino imbarazzarsi.
“Non sono mica come questi tre.” e indicò i Marauders. “Non mi piace illudere le ragazze, tutto qui.”
“E far loro buttare via i pasticcini ti sembra più caritatevole?” abbaiò acido Black.
“Quante scuse! Voi volete solo rimpinzarvi come suini, ecco la verità!”
“Però ha ragione, le ragazze ci mettono tanto impegno a preparare i dolci.” commentò Tonks, un po’ severamente. “Dovresti perlomeno apprezzare lo sforzo!”
“Accettare significherebbe dare un messaggio sbagliato...o una conferma ad aspettative. No, grazie, meglio di no.”
Ed ecco la fregatura. La trappola in agguato.
“Da me li accetteresti?” fece lei, seria seria, ignorando l’improvviso ringhiare di Sirius.
“Eeh?”
“Voglio regalarti dei cioccolatini.”
“Ma...perchè?” c’era una nota di disperazione viscerale e ben poco virile nella vocina stridula che gli uscì fuori dalla gola. Una richiesta di grazia a cui nessuno diede retta.
“Ti faccio fuori. Giuro.” avvisò minaccioso Black, ma prima che Remus potesse rispondere, Tonks gli si fece più vicina facendo gli occhioni.
“Nessuna aspettativa! Promesso!” supplicò, aggrappandosi al suo braccio e facendogli venire la tachicardia a mille. “Ma non ho mai regalato i cioccolatini di San Valentino a nessuno, durante questi anni! Voglio provare quest’esperienza! Eddai! Ti sembra educato farti pregare così da un’amica, eh?”
“Va bene, va bene…” cedette lui, esausto. “Certo che sei una bella testona!”
“Evvai!” esultò lei, alzando il pugno al soffitto con un sorriso a trentadue denti. “Cosa preferisci, pistacchio o caramello? Oppure qualcosa di classico? Potrei…!”
Un’amica, eh? Vedendo la sua aria felice ed emozionata, si chiese se non avesse commesso uno sbaglio… ma l’arrampicarsi sul podio della Harpies riuscì a distrarlo da quella punta di euforia che stava lentamente crescendogli nel petto, gomito a gomito con il senso di panico come ogni volta che si parlava di lei.
“Un momento di attenzione, prego!” sfondò loro i timpani con l’Ampli-voce. “Noi del Comitato gradiremmo fare un annuncio!”
Merda.
Ora era James a pensare quella parola, perché dal silenzio che ne seguì riuscì a percepire una sola cosa. Lily ridacchiava in modo isterico sotto i baffi, cercando – senza riuscirci – di non farsi beccare.
“Innanzitutto vorremmo fare un minuto di silenzio per i nostri compagni partiti in erasmus a Durmstrang.” continuò quella, schivando abilmente arance e zucchine che già qualcuno le stava lanciando dietro e facendo come se niente fosse.
“Signorina Harpies, non sono mica morti.” masticò fra i denti la McGranitt dietro di lei, senza alzare gli occhi dalla colazione e con l’umore già sotto i tacchi visto che odiava quanto i Marauders quelle pagliacciate. Sollevò lo sguardo solo per vedere un palloncino fluttuante scoppiettare sopra di lei e riempirle i muffin di cuoricini rosa, prima di fulminare con lo sguardo Silente che invece, rideva come un pazzo.
Mandy sospirò con esagerato dramma scuotendo i boccoli freschi di messa in piega, lasciando ben intendere la fine che pensava facessero tutti quelli che varcavano le soglie della scuola ungherese.
“Ricordiamo anche che a breve verranno qui alcuni studenti di Durmstrang e Ilvermorny, con la speranza che ognuno di noi faccia del proprio meglio per garantire un’immagine della scuola decorosa. Ma veniamo a fatti più piacevoli!” tagliò corto, visto che le zucchine e le arance stavano diventando meloni e angurie. “Come saprete oggi è San Valentino! E noi del Comitato abbiamo organizzato una splendida sorpresa per gli innamorati di tutte le età!”
Il ghigno di Lily non prometteva davvero niente di buono ma fu quando Remus si lasciò sfuggire uno sgomento: “Oh, cavolo. L’hanno fatto sul serio.”, che i sospetti di James si trasformarono in realtà.
Merda.
Si chinò sulla ragazza con gli occhi fuori dalle orbite e la fifa ben stampata sul viso.
“Ok, cosa stai tramando?!”
“Io? IO non ho fatto niente.” ma continuava a ridacchiare, in modo anche parecchio adorabile per cui era pure difficile cercare di minacciarla con lo sguardo!
“Evans, guarda che a sto giro diamo fuoco alla scuola.” mugugnò lugubre Black. “Veramente, giuro che…”
Tacque improvvisamente, osservando incredulo una fila di elfi selvatici fare la loro entrata davanti al tavolo professori con tanto di ali piumate e aureole in testa.
Erano gli angioletti più brutti che si fossero mai visti: occhietti maligni, nasi bitorzoluti, tunica bianca sui corpi molto più bassi e tarchiati di quelli dei loro simili domestici, e soprattutto tutti quanti armati di un arco stracolmo di frecce rosa dalla punta a cuore che prometteva di fare parecchio male!
“Questi sono i nostri Cupidi ragazze!” trillò la Harpies, tanto estasiata tanto quanto erano inquietanti quei cosi. “Consegneranno i vostri doni d’amore a chiunque vogliate! E non mancheranno mai un colpo, vi assicuro! Per ciò, fate largo all’amore!”
Era calato un silenzio denso di nausea per tutta la scuola, un tacere allibito che passava tra tutti come una corrente elettrica mentre Mandy sorrideva al vuoto più maniacale che mai.
Poi, il caos. Tutto assieme.
“MA SIETE SCEME?!” Ruggirono James e Sirius in coro, dando il via a una lunga fila di grida e proteste da parte di qualunque uomo sopra i dodici anni lì dentro. Solo i Serpeverde non si unirono al boato ma era anche peggio, perché stavano silenziosamente lisciando i dorsi delle loro bacchette con aria parecchio pericolosa…
“Quella ha perso completamente la ragione!” ringhiò Sirius, battendo il pugno sul tavolo e facendo rovesciare una tazza di latte che Cristhine afferrò al volo senza smettere di leggere il suo quotidiano. “Io do fuoco al loro ufficio, basta! Chi si unisce?!”
“L’avevo detto che l’avrebbero presa maluccio.” commentò solo, fissando Lily che batteva anche lei pugni sul tavolo, ma dal ridere, mentre Black senza tante cerimonie dava il via a una spedizione punitiva con un folto gruppetto armato di torce e picconi.
“Non ci lasceranno in pace per due secondi!” gemette Remus, con brividi belli grossi mentre parecchie ragazzine lo puntavano sibilando come bisce.
“E sono bruttissimi!” soffiò Lily, tenendosi un fianco.
“Ridi ridi, quelli ci faranno il fondoschiena a pezzi!” James la guardò acido indeciso se farla fuori o congratularsi con lei per la contromossa. “Sono pazzi, hanno superato ogni limite! Come possono credere che a noi ragazzi faccia piacere una schifezza del genere?!”
Lily non resistette più e le sue risate diventarono ululati al pensiero di un James Potter che scappava inseguito da uno stormo di elfi volanti.
“E TU comunque dovresti essere gelosa!” puntualizzò il Marauders, poi indicò Tonks che si era già piazzata al fianco di Remus con la bacchetta sguainata sfidando chiunque a provare ad avvicinarsi. “Tipo così!”
“Scusa, scusa…” cercò di dire lei tra i singhiozzi, asciugandosi una lacrima con il dito. “Vuoi...che...ti difenda?”
“No…” James sospirò, già dannando l’intera esistenza. Farsi difendere da lei era pure peggio che farsi pungere il deretano da quei mostriciattoli. Aveva avuto tutta l’intenzione di darle il tormento ma a quanto pare, la vittoria era già stata dichiarata. Oppure no? Poteva ancora giocare qualche carta. La guardò di sbieco e sogghignò. Poteva sedurla per tutto il giorno, ad esempio...fino a farla impazzire. E magari, sarebbe riuscito anche a farsi dire “Ti amo”. Alla fine, aveva il mantello dell’invisibilità e conosceva ogni angolo della scuola, ogni passaggio segreto, ogni anfratto...in fondo, cosa avrebbero mai potuto fare quei cosi con le ali in confronto alle capacità mimetiche del leader dei Marauders?


PUNZ!
“AHI!”
Sirius si tirò via l’ennesima freccetta dal povero fondoschiena, guardando l’elfo con una strana espressione omicida.
“Ancora?! Non ne posso più!” ringhiò istericamente, quando l’elfo gli porse una lettera fissandolo col muso arcigno.

PUNZ!

“E che cazzo!” sfasò Potter, cercando di colpirne con un pugno in testa e non riuscendoci affatto.
“E’ inutile.” sorrise Cristhine, scuotendo la testa mentre ne schivava un altro che, veloce come un levriero, prese a rincorrere un poveretto di quindici anni. “Sono più rapidi di voi.”
“E più furbi.” bofonchiò Lily, la bocca piena dell’ultimo pacco di cioccolatini che Potter le aveva malamente mollato in mano.
Era dannatamente vero.
Quei piccoli bastardi oltre ad essere brutti come la fame, riuscivano a scovarli ovunque si infilassero! Nemmeno il mantello dell’Invisibilità riusciva a fermarli! E quelle frecce facevano un male del diavolo, perché non si limitavano a consegnare la posta, no…dovevano anche giocare al tiro con l’arco usando le loro natiche come bersaglio! Hogwarts si era trasformata in un delirio di sibili, bestemmie e gemiti maschili!
“Non riuscirò a sedermi per una settimana! E quegli stronzi del Comitato hanno riempito l’ufficio di incantesimi ignifughi!”
RI-PUNZ!
“BASTAAAA!!!” Sclerò Sirius, facendo voltare mezzo corridoio. “Non ne voglio! Chiaro? Basta lettere! Stop! Nada! Io sto con lei! CON LEI!”
Ma l’elfo, ignorando il suo indicare Cristhine, gli ficcò in mano una busta e sparì dietro una colonna veloce come un razzo.
“Ma non esiste un veleno da spargere negli angoli, come per i topi?!” sibilò a denti stretti Black, beccandosi una occhiataccia da Remus.
“Stanno solo eseguendo il loro lavoro! Non trattarli cosi!”
Manco a dirlo, lui era l’unico stronzo con il mastino da guerra in gonnella ad avere ancora il deretano intatto.
Tonks infatti riusciva, non si sapeva come visti i suoi gravi problemi di equilibrio, a intercettare tutte le frecce.
Le bastava semplicemente ingrandire la mano e coprirgli il patrimonio di famiglia a mo’ di paletta.
“Ma non ti fai male?” chiese per l’ennesima volta Lupin, guardando parecchio preoccupato l’ennesima freccia colpirle il palmo.
“E’ la mano di Hagrid! Sono come stuzzicadenti contro la sua pelle!” ribatté agguerrita quella, che tra l’altro stava anche iniziando a divertirsi nel dare fuoco a qualsiasi lettera gli venisse consegnata. “Non ti scoccia, vero Rem?”
Guardò lo sguardo da pazza che le era venuto nelle pupille, i sui capelli sparati per aria e i denti digrignati... e ridacchiò in un misto fra ansioso e imbarazzato.
“Hem… no, tranquilla… E’ che non vorrei ti facessi delle nemiche…”
“Oh, non preoccuparti di quello…” sibilò lei, con una luce omicida negli occhi che non le avevano mai visto. “Tra amici ci si aiuta, d’altronde…”
“Sì, peccato che tu stia aiutando solo Remus!” berciò Black acido, fulminandoli con lo sguardo.
“Non per molto…” gli sussurrò Potter all’orecchio, prima di sganciare in mano a Tonks un pacco di bignè.
Incredibile come dei dolci riuscissero a cambiare la situazione così drasticamente. Quella emise un versetto adorante e smise di assomigliare ad un bulldog incazzoso, ficcando il naso dentro il sacchetto senza riuscire a resistere e smettendo di prestare attenzione a chiunque altro.
“Guarda Moony, ne sta venendo uno per te!” trillò Ramoso, mentre quello, perso il suo scudo umano, diventava di granito e si guardava attorno in pieno panico. “E ora, che intendi fare, eh?”
“PISTAAAA!!!”
Un secondo dopo, e di lui c’era solo l’immagine residua.
“Fermo! Remus Lupin! A te!”
Ma non aveva tenuto conto del fatto che, oltre ad essere una scheggia, l’elfo aveva pure le ali.
Guardarono con un po’ di sadismo il loro casto e innocente lupo mannaro filare tra i corridoi inseguito da uno di quegli sgorbi, prima di riconcentrarsi su ciò che li aveva riuniti.
“Quindi è vero, eh?” a Potter brillavano gli occhi. “C’è una lezione speciale...proprio con lui? Non mi stai prendendo in giro?”
“Per l’ennesima volta, Jam, è vero.” sospirò Lily, rovistando fra le scartoffie nella sua borsa in cerca degli orari. “L’ho saputo tardi perché con i preparativi per l’elezione del Caposcuola, l’ufficio Prefetti è un po’ in disordine...però sì, è tra mezz’ora nella sala Est.”
“AH! CHE FIGATA! Quell’uomo è un mito!” esultò Peter, dimenticando il dolore alle chiappe che, con sorpresa di tutti, gli aveva fatto venire un elfo consegnandogli una misteriosa lettera che aveva incenerito prima che potessero rubargliela e leggerla.
“In effetti anche io sono emozionata...non capita tutti i giorni di ascoltare una leggenda vivente… tu che dici, Sirius?”
“Bah, Evans, io ci ho mangiato per anni assieme a due Auror leggendari.” Lui fece spallucce, indicando James. “Non capisco tutta questa euforia.”
“Sai, per essere uno che vuole diventare Auror, non sembrano andarti particolarmente a genio!”
“Hey! Sono loro a detestarmi! E poi...e poi...hey, che fai?” Cambiò radicalmente espressione e si voltò incuriosito la fidanzata.
C’erano tre fattori che fecero capire a Lily cosa stava per tirare fuori, con suo sommo orrore.
Il primo era il violento rossore sulle sue guance.
Secondo, le mani un po’ frenetiche.
Terzo, un sorriso timido, appena percettibile, che la rendeva incredibilmente dolce.
“L’avevo messa qua…ah, ecco!”
Porse al ragazzo un pacchetto che profumava di cioccolato.
“Oh beh, non mi sono abbassata ad usare gli Elfi Cupidi, ma è San Valentino e il regalo te lo devo fare!” sorrise, porgendogli la confezione azzurro pastello. “Ho pensato fosse una idea carina…anche per me è la prima volta!”
Lo videro prendere come inebetito la confezione, fissarla ammutolendosi come se fosse una pietra preziosa.
Era sorpreso, e si sentiva anche particolarmente strano.
Non…non aveva mai ricevuto…da nessuna fidanzata un regalo di San Valentino. Un sacco dalle corteggiatrici, certo. Ma mai nulla di ufficiale. In effetti, nessun fidanzamento durava mai per più di qualche mese.
Era…strano.
Però…gli piaceva.
L’odore della cioccolata che filtrava dalla carta colorata, il sorriso della ragazza…sì, era piacevole.
Come qualcosa di tiepido e soffice alla bocca dello stomaco.
“Ecco…io…grazie…” mormorò.
James ghignò: in un’altra occasione l’avrebbe schernito, ma vederlo in quello stato era decisamente raro. Non era mai stato timido, nemmeno una volta, con nessuno. Ed ora…
Cristhine riusciva a tirare fuori un lato di lui che nessuno aveva mai visto. Era speciale, diversa da tutte coloro di cui Black si era sempre circondato, nascosto tra seni prosperosi e profumi intensi.
Per la prima volta, da quando lo conosceva…lo vedeva felice con una ragazza, felice realmente, senza tetre finzioni, inutili forzature.
Anche Lily sorrideva, anche se avrebbe preferito non essere lì presente… ed infatti, James le si appoggiò ad una spalla con un’espressione sorniona.
Il suo fiato profumato le sfiorò il collo.
“Io preferisco il cacao amaro.”
Accidenti a lui. Accidenti a San Valentino. Accidenti al fatto che, per quanto facesse la sostenuta, desiderava davvero consegnargli della stupida cioccolata e vederlo altrettanto contento, nemmeno fossero negli anni cinquanta!
C’era solo un piccolo problema, di cui Potter non era al corrente. Lei non era brava in cucina. Per niente.
Lui inarcò un sopracciglio nel vederla mettersi le mani nei capelli.
Che poteva fare?
Sicuramente se gli avesse preparato dei dolci…sarebbe morto per avvelenamento!
Fortunatamente, la McGranitt spuntò fuori da un angolo sbarrando loro la strada e togliendola d’impiccio.
“Hey!” abbaiò, torva.
“Non siamo stati noi.” risposero di getto i Marauders, facendole digrignare i denti.
“Coda di paglia, eh?” Alzò gli occhi al cielo, sistemandosi il largo cappello a punta. “Vedete di darvi una mossa, la lezione specialistica sta per cominciare.”
Calò un velo di referenza, palpabile, mentre si avviavano silenziosi verso la torre Ovest. La prima vittoria del loro piccolo Consiglio studentesco. La prima volta che venivano ascoltati per davvero. E la prima vera lezione di Difesa contro le arti oscure. Quella, ne erano certi, sarebbe stata un’ora che non avrebbero scordato facilmente.
Ma fu solo quando lui - seduto mollemente sulla cattedra e avvolto da un’aurea di indefinibile potere - sollevò lo sguardo verso di loro… che quella certezza divenne assoluta.
Sarebbero stati finalmente pronti per combattere.


“Lasciami! Fermo!”
Remus Lupin tirò uno strattone pazzesco, ma la presa dell’elfo era ferrea. Anche troppo.
L’aveva agguantato per lo zaino e non l’aveva più mollato, puntando i piccoli piedi contro il pavimento e diventando pesante quando un macigno.
“Pacco per il signor Lupin!” gracchiò di nuovo.
“Non voglio ricevere nulla! Non qui!” Sibilò tra i denti Lunastorta, voltandosi da tutte le parti con le guance scarlatte.
Era nel bel mezzo di una folla, e stava dando anche fin troppo spettacolo.
Avrebbe voluto sprofondare dall’imbarazzo! Si passò una mano sugli occhi con il solo risultato che alcune ragazzine squittirono intenerite dalla sua timidezza. Prevedeva altre punture sulle chiappe.
E purtroppo, le sfighe non vengono mai da sole… visto che, preceduto dalla sua bora micidiale, appena girata una curva si ritrovò Malfoy davanti.
Quello si fermò fissando la scenetta con malcelato disgusto, poi stirò un sorriso gelido che non si allargò agli occhi.
“Ti conviene prenderla.”
“Sta zitto Malfoy!” ringhiò Remus tra i denti, più per abitudine che per altro. “E tu lasciami!”
“Lettera per il signor Lupin!”
Il sorriso di Malfoy divenne più ampio e più freddo. Stava diventando una situazione spinosa, lì, con un mostriciattolo attaccato al deretano e uno dei loro peggior nemici a godersi la scena, per cui, sconsolato, afferrò quel dannato pacco di cioccolata.
“Presa! Contento? Sparisci!” sospirò, desiderando solo allontanarsi da quel dannato corridoio.
Malfoy continuava a fissarlo senza emettere un suono...gli occhi come due scaglie di ghiaccio liquido che sembravano sondarlo. Ed improvvisamente, Remus non riuscì a sostenere quello sguardo.
Odiandolo a morte, e odiando se stesso, fece per superarlo con una spallata ma la mano del Serpeverde si strinse attorno al suo braccio come una morsa.
L’aria parve crepitare. Diventare densa, di cemento.
L’occhiata boreale che trapassò il Serpeverde da parte a parte avrebbe dovuto in qualche modo terrorizzarlo.
Sapeva. Lui sapeva.
E non fuggiva. Non aveva paura. Era Remus, invece, a tremare.
“Lettera d’amore per il signor Malf…”
L’elfo si bloccò, paralizzandosi, quando Lucius ostentò la sua superiorità degnandolo appena di una sbirciata siberiana che bastò a pietrificarlo sul posto.
Lo osservarono allontanarsi inciampando sui propri stessi piedi, le ali che sbattevano comicamente contro la sua schiena bitorzoluta. Faceva quasi pena.
“Vedi?” mormorò infine quello. “E’ così, che vanno trattate le creature inferiori.”
“La-scia-mi.” sibilò Lupin, scoprendo i denti. Fu un riflesso che derivò dal puro istinto...assieme ad un ringhio sordo che gli gorgogliò nella gola. Il Serpeverde si staccò, scoprendo i denti perlacei in un ghigno crudele.
“Ed eccola qui.” mormorò. “La tua vera natura.”
Il marauder non rispose. Si limitò a fissarlo...le spalle che si alzano e abbassavano al ritmo del suo cuore, ora frenetico. Sentiva tra le gengive i canini pizzicare in modo fastidioso...e un sapore ferroso sulla lingua.
“Se mi tocchi ancora ti ammazzo.” sentenziò solo, gelido. Gli voltò le spalle, prima che le parole di Malfoy gli paralizzassero i piedi.
Mostro.” Lucius si appoggiò morbidamente alla parete, la voce di velluto, gentile ma traboccante di un odio sferzante, insopportabile. “Il solo fatto che abbiano permesso ad un essere come te di dormire fra noi, di sentirsi uno di noi, non mi dà pace.”
“E allora perché non mi denunci?” sibilò, girando appena il viso oltre la sua spalla. “Perché coprite tutti il mio segreto? Cosa avete in mente?”
La sua risata gli fece venire i brividi. E ciò che disse gli frantumò il cuore.
“Perché non serve! Non vedo davvero l’ora di vederti fare in pezzi tutta la tua vita, lupo. Non hai bisogno di essere denunciato per essere distrutto. Lo sai anche tu, no? Con la Evans ci sei andato così vicino… quanto ci metterai, fuori dalla tutela di Silente, a fare del male a qualcuno che dici di amare? A Potter, o Minus, o magari, la piccola Black che ti segue ovunque come un cagnolino…”
“Non devi nemmeno osare nominarla…”
“Calma, calma.” lui alzò le mani, sarcastico, vedendolo aizzarsi. “Consideralo il consiglio di un vecchio compagno. La marmocchia ha comunque sangue blu, nelle vene. O per meglio dire, sangue nero. Sarebbe un peccato vederlo sprecato sotto le tue fauci...”
“Tu non sai niente.”
“So che fuori da qui sarà molto più difficile reperire quelle pozioncine che ti piacciono tanto.” la bocca pallida si distese nel toccare quel tasto scoperto. “Qui Silente ha la sua personalissima scorta di Anti-lupo, ma là fuori...là fuori le voci corrono. Là fuori, richieste del genere vi possono portare alla rovina. Alla gogna pubblica. Ed ogni anno, sarà sempre peggio. Date la colpa a noi per le nostre idee ma perlomeno noi siamo coerenti... tutta quella brava gente che tanto amate difendere non li vuole, quelli come te, né li vorrà mai! Perché pensi che le nostre fila si stiano ingrossando sempre di più? Voi feccia subumana state per prendere finalmente il posto che vi spetta… al servizio sotto i tacchi delle nostre scarpe. Perché dentro di te sai anche tu che quello sarà l’unico posto dove riuscirete a salvarvi la pelle. Siete tutti così impegnati a godervi Hogwarts e la vostra piccola bolla per capire che il mondo sta cambiando, là fuori. O per ricordare le condizioni in cui quelli come te sono sempre stati costretti a vivere.”
Una stanza...una stanza con delle catene.
L’odore del sangue, della pietra spessa. I polsi scorticati, la pelle lacerata dai suoi stessi denti. La solitudine, il dolore, la vergogna. E due occhi freddi, fissi nei suoi, attraverso quella maledetta porta.
Lui che guardava sempre. Ogni volta. Lui che assisteva a tutto, per tutta la notte. Lui che avrebbe preferito vederlo morto.
“Ti ricordi, eh?” Lucius si beò del suo pallore, dei suoi occhi ora cerchiati, resi torbidi da profonde ferite. “Goditi i tuoi momenti ora, Remus Lupin. Goditi le amicizie, le attenzioni di quelle piccole e spocchiose mezzosangue che ti circondano...goditele finché puoi. Perché prima o poi la fame arriverà. La tua vera natura emergerà. Qui potrai anche trattenerla al meglio che puoi...ma là fuori, oh, là fuori non la si potrà fermare di certo.”
Se ne andò così. Ridendo, con i lunghi capelli argentei che brillavano nella luce della mattina, le occhiaie profonde sotto gli occhi e i segni di mozzicone di sigaretta sul dorso delle mani.
Si allontanò, lasciandogli il cuore in una morsa feroce.







Aveva un occhio finto.
Era di un blu elettrico, che faceva a pugni con quello vero, piccolo e scuro. Non solo perché si muoveva in un modo anomalo rispetto a quello sano, ma perché non sembrava bruciare con la stessa intensità. Doveva essere una ferita recente. Con il tempo, quella strana biglia color oceano avrebbe assunto la stessa personalità dell’altro, memorizzando segnali inviati dal cervello con precisione millimetrica. O forse no. Forse nessun medi-incanto al mondo avrebbe potuto rendere giustizia al crepitio dello sguardo dell’uomo che ora stava davanti a loro.
La sua sola presenza trasudava dentro l’aula, riorganizzata ad auditorium, in modo quasi soffocante. L’aria era come satura di magia, densa, oleosa. Satura di potere.
Sotto una cascata di folti capelli, un viso volitivo, pieno di cicatrici. Una bocca sottile lievemente piegata in un smorfia che poteva essere noia, oppure apatia, oppure divertimento. Era difficile decifrare la sua espressione.
Sarebbe stato un ottimo giocatore di Poker.
Lily non aveva mai visto un Auror leggendario prima di allora. Ne era ipnotizzata. Ne erano tutti ipnotizzati. Ma nessuno lo fissava con la stessa intensità di James.
La Grifoncina lo guardò di nuovo con la coda dell’occhio, incuriosita da quell’atteggiamento. James non era mai stato molto attento in classe, tanto da farle credere negli anni che avesse un chissà quale deficit dell’attenzione o un iperattivismo segreto, ma ora era appoggiato sul tavolo con le mani sotto il mento e fissava l’Auror con un ardore tale che si chiese come facesse a non andare a fuoco.
Nessuno sarebbe riuscito ad ostentare una tale indifferenza allo sguardo dorato e bruciante di un Potter, eppure l’uomo sembrava davvero non essersene accorto.
Si tolse il sigaro di bocca, mettendo a tacere finalmente i colpettini di tosse della McGranitt che aveva ignorato fino a quel momento, e si stiracchiò come un gatto da sopra la cattedra, guardandoli nello stesso modo in cui avrebbe guardato degli insetti.
“Quanti di voi vorrebbero diventare Auror?” disse infine, placidamente. Un numero consistente di mani si sollevò in aria.
“Bene.” Alastor Moody ghignò. Tutto il suo viso indurito dal sole di tanti campi di battaglia si contorse in una maschera crudele. “Sappiate allora che quasi la metà di questa classe tirerà le cuoia.”
“Moody.” avvisò la McGranitt, mentre nell’aula si sollevava un mormorio scioccato. “I patti erano chiari. Il Ministero ha accettato a patto che tu non li traumatizzassi.”
“Fanculo il Ministero.” la zittì quello, rientrando immediatamente nella top ten delle persone preferite da parte di qualsiasi studente. “Il fatto che abbiate avuto le palle per rimettere in riga quei pomposi damerini da strapazzo e stravolgere qualche vecchia regola che vi vuole conficcati in un mondo finto fatto di rose e unicorni mi fa ben sperare che forse, i prossimi anni non saranno così disastrosi e non sarò circondato da totali incompetenti. Ma è bene che sappiate a cosa andate incontro.” si sporse in avanti, divertito. I suoi movimenti avevano una sorta di legnosità, nonostante l’età giovane. “C’è una guerra, là fuori. Dal momento in cui varcherete le soglie dell’Accademia dell’Alba, dovrete imparare a difendervi tutti i giorni, su più fronti, a livello fisico, a livello magico e anche a livello mentale, il tutto cercando di sopravvivere e di non fare ammazzare i vostri compagni quando siete in missione… e magari non sarebbe male se faceste nero qualche figlio di puttana ogni tanto. Il meglio che possa capitarvi, in ogni caso, è che perdiate qualche pezzetto per strada.” Si indicò l’occhio blu con malcelata ironia. “Simpatico, eh? Ma al mio collega è andata peggio. Ha perso entrambe le gambe sotto le fauci di un lupo mannaro. Volete sapere perché?”
Batté il piede sul tavolò e fletté il busto su di loro.
L’attenzione ora era assoluta, così come il silenzio. Remus si irrigidì sotto quell’occhio blu che, alla parola ‘lupo mannaro’, puntò su di lui trapassandolo come se fosse fatto di burro.
Quasi che sapesse… o era solo paranoia?
Le parole di Malfoy erano ancora coltelli affilati conficcati nella sua testa. A malapena ascoltava, sentendo quasi fisicamente il dolore che gli aveva procurato.
Si girò verso Tonks, che quel giorno aveva i capelli di un verde pistacchio. La sua pelle di burro che sapeva di fragole appariva più morbida e delicata che mai. Malocchio sapeva, che accanto agli studenti c’era una creatura assassina, un mostro? Sapeva riconoscerlo a vista, dal momento in cui aveva ammazzato così tanti dei suoi simili? Avrebbe ucciso anche lui, prima o poi? La sola idea di poter diventare un Auror era ridicola. Non avrebbe dovuto nemmeno alzare la mano.
Il peggior nemico di un Mangiamorte è uno specchio.” La frase dell’uomo cadde su di loro come una mannaia. “Per riuscire a sconfiggere il male, dovrete essere il male. Non è certo ciò che il Ministero vorrebbe che vi insegnassi, ma l’unico modo in cui riuscirete a cavarvela là fuori sarà quello di essere fottutamente più cattivi di chi vi sta di fronte. Scordatevi il mondo di eroi e gloria che tanto solletica le vostre menti infantili quando vi immaginate con la spilla appuntata al petto. Dovrete pensare come loro, sempre. Anticipare ogni mossa, ogni pugnalata, ogni parola che uscirà dalle loro bocche. E per farlo, c’è un solo modo: perdere parte di voi stessi. Diventare uguali a ciò che combattete...ma riuscire a rimanere a galla nella melma in cui vi immergerete quel tanto che basta per esserne diversi.”
Rimase a godersi l’effetto che quelle parole avevano avuto sugli studenti, quasi sadicamente. Alastor Moody era giovane, ma c’era qualcosa in lui che ricordava un uomo molto più anziano. Il modo in cui combatteva gli era costato più di un richiamo ed i giornali andavano a nozze con praticamente qualsiasi parola gli uscisse di bocca, ma da quando i Potter si erano ritirati era rimasto l’unico Auror ad essersi guadagnato il titolo di “Leggendario” in circolazione. Una carriera appena cominciata ma già lastricata di successi. Una risorsa tanto preziosa e rara quanto macchiata di sangue. Uno dei pochi pilastri rimasti a tenere lontana l’oscurità.
E lo faceva con una passione inquietante. Moody era una vera e propria macchina da guerra, lo definivano inarrestabile, instancabile.
Il fatto che si fosse preso una pausa solo per poter venire fin lì a dire quelle esatte parole era significativo.
Eppure, Lily non riusciva a comprenderle ed accettarle del tutto. C’era qualcosa che strideva. Quanta melma aveva sommerso quell’uomo?
E soprattutto...anche la famiglia di James era così? Anche loro si erano immersi nell’oscurità perdendo pezzi di sé?
Lo guardò di nuovo ma il suo ragazzo era una statua di sale. Immobile, silenzioso, totalmente concentrato su Malocchio che, invece, continuava a ignorare il suo sguardo. Anche lui era d’accordo? O pensava, come lei, che ci potesse essere una via migliore?
“A tal proposito, oltre a lezioni pratiche di combattimento che, oh, ve l’assicuro, vi lasceranno col culo per terra,oggi vorrei proporvi un piccolo esperimento.”
Quando puntò di nuovo lo sguardo su Remus, ci fu qualcosa nel suo modo di fare che gli fece avere la certezza assoluta. Lui sapeva.
“Tu, ragazzo.” lo chiamò infatti, facendogli ghiacciare le vene. “Accetteresti assieme alla tua graziosa compagna di farmi da cavie?”
Avrebbe voluto indietreggiare, rifiutarsi, ma Tonks si alzò in piedi come un uragano anticipandogli ogni azione e, con una sfacciataggine che lasciò basito chiunque, se ne uscì con un allegro “Ma certo, Ally!”.
“Mocciosa, ti ho già detto di non chiamarmi così.” brontolò quello, vedendola inciampare nei suoi stessi piedi e non facendo assolutamente nulla per impedirlo.
“Conosce la signorina Tonks, Moody? Non lo sapevo.” si stupì pure la McGranitt, vedendola rialzarsi e attaccarglisi al braccio come avrebbe fatto con un vecchio e adorato zio.
“Il caso di sua madre. Me ne sono occupato io.” sintetizzò lui, scrollandosi Tonks di dosso come se fosse un moscerino. “Tutto stranamente sempre liscio come olio, così alla fine ho solamente avuto la sfortuna di dover fare da balia a questa qua.”
“Abbiamo giocato a Gobbiglie per un sacco di tempo!” cinguettò lei, tutta di zucchero e facendogli digrignare i denti in un modo che avrebbe terrorizzato a morte chiunque altro.
Remus si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo. Avrebbe mai avuto paura di qualcosa nella sua vita, quella ragazzina?
Di te. Avrà paura di te, prima o poi.
Malocchio non pronunciò affatto quelle parole, eppure quando lo guardò gli si piantarono nella testa come se l’avesse urlato. Il suo occhio blu lo trapassava.
Serrò le mandibole, irrigidendosi. I Marauders si agitarono sulla sedia.
“Che succede?” bisbigliò Lily, chinandosi su Peter e notando la sua bocca stretta in una linea pallida.
“Rem.” sussurrò solamente lui di soppiatto, gli occhi fissi sul compagno come due biglie.
C’era qualcosa che non andava. Il lupo mannaro se lo sentiva sotto la pelle, un filo di corrente elettrica che gli ronzava lungo le braccia, dietro il collo.
Moody conosceva Tonks.
“Mi sei mancato un sacco, sai? Quand’è che torni a trovarci?”
“Preferirei farmi mordere le palle da un troll, mocciosa.”
Moody era affezionato a Tonks. Lo seppe con certezza assoluta.
“In Accademia usano molto un giochetto chiamato ‘principio dello scambio equivalente’.” lui sorrise, fissando la sala con il suo occhio nero...mentre quello blu continuava a puntare fisso su di lui, in modo dannatamente inquietante. “Per aumentare i riflessi di combattimento, e la capacità di ragionare come l’avversario durante i momenti di stress. Come ti chiami, ragazzo?”
“Lupin, signore.” la voce gli uscì roca, come se non fosse la sua.
“Che gli prende al nostro principino?” chiese un Grifondoro nelle retrovie, con aria maligna. “Non lo facevo così codardo! Sembra che stia guardando dritto in faccia un fantasma!”
“Taci se non vuoi essere tu, il prossimo fantasma che guarderà in faccia.” lo zittì immediatamente Black, in un mugugno lugubre. Lily si sporse appena su di lui, corrucciata. Sirius aveva una mano sopra l’altra, appoggiata in modo apparentemente casuale ma, notò, quella di sopra stava segretamente cercando di trattenere l’isterico tamburellare di quella di sotto. Una specie di tic nervoso che non proveniva da lui. Era ansia pura e, anche se non faceva parte del branco, iniziò a sentirsi agitata pure lei.
“Bene...LUPIN.” Moody gli agguantò una spalla con una presa d’acciaio. L’aria sembrò ribollire davanti a loro. L’avrebbe ucciso? L’avrebbe smascherato? “Ora scambierò le vostre sensazioni. Ciò che provi tu sarà suo, e ciò che prova lei sarà tuo. E poi proverete a lanciarvi qualche banale incantesimo. Andrà tutto a posto nel giro di un’ora...evitate solo di alterarvi o litigare. Non finirebbe bene.”
“NO.”
Sapeva. Moody sapeva. E voleva proteggere Ninfadora da lui.
Tonks alzò gli occhi, stupita. Remus cercò di tirarsi indietro, pallido come granito, improvvisamente nel panico. Non ci riuscì, perché la presa di Alastor si fece più serrata. Che gli prendeva? Perché era così spaventato?
“Preferirei di no, professore.” cercò di calmarsi il ragazzo, deglutendo piano. Aveva le mani chiuse in stretti pugni e le spalle più rigide di quelle di una statua, tutto il bacino proteso in avanti. Sembrava quasi pronto a colpirlo...o a fuggire via.
“Spiacente.” miagolò l’Auror, con un sorriso ora spietato. “Non sono abituato a chiedere.”
Fu un battito di ciglia. La luce parve avvolgerli. Non si erano nemmeno accorti che aveva tirato fuori la bacchetta...anche perché non era una bacchetta. Moody aveva un bastone nodoso, che batté per terra prima che potessero fare alcunché.
Tonks sentì caldo, poi freddo...un freddo angosciante.
Ed improvvisamente, la sua testa, le sue emozioni...non erano più sue.
Il cuore iniziò a batterle forte, le mancò il fiato.
Alla sua caviglia si materializzò un cornicello argentato, così come uno identico, ma d’oro, si strinse piano al polso di Remus. Non se ne accorse nemmeno.
Era un’intrusione spiacevole, come essere infilata a forza nell’anima di qualcun altro.
O meglio, era l’anima di Remus ad infilarglisi a forza dentro. Ed era un’anima tormentata.
Dolore. Solitudine. Angoscia. Rabbia. Si riversarono in lei come un fiume in tempesta.
Lo fissò negli occhi, scioccata. Il viso del ragazzo era una maschera di cera.
Bugiardo.
Dietro ogni sorriso. Dietro ogni risata. Dietro ogni sguardo buono, e gentile. Dietro ogni compostezza, dietro ogni educata cortesia.
Bugiardo.
Non erano sentimenti di quel momento in particolare, o di una giornata negativa. No, era qualcosa di radicato. Un dolore antico, potente, costante. Dietro tutta quella finta felicità...c’era quello.
Bugiardo...
Come poteva...come poteva mentire in quel modo? Perché...perchè si era lasciato abbracciare, sulla riva del lago? Perché fingeva con lei che fosse in qualche modo utile, che potesse anche in minima parte alleviare un’infelicità così assoluta? Lei non era niente. Lei non poteva essere niente...non di fronte a quel dolore...
Remus le vide scendere una lacrima sola, lungo la guancia di porcellana. Si scambiarono un’occhiata che valse mille parole.
Poi, il Marauders uscì dall’aula sbattendo la porta.
“Alastor!” abbaiò la McGranitt, nel vociare che esplose tutto intorno a loro. “Avevamo detto niente traumi!”
“Va a sederti.” Moody le batté una mano sulla testa, ignorando la sua espressione assente. “Andrà meglio tra qualche minuto. Stare lontani aiuta.”
“Sappiate che per essere Auror…” abbaiò poi alla classe, a voce alta. “...Questo è niente. Ci saranno allenamenti molto peggiori di questo. I vostri compagni non hanno retto, questa volta...ma non mi aspettavo diversamente. Lo faranno, se vorranno andare avanti. Lo farete tutti voi. O soccomberete.”
Di nuovo il silenzio. Che durò a lungo.
Lily si stava giusto chiedendo cosa accidenti fosse preso a Remus e quando qualcuno avrebbe di nuovo osato anche solo respirare senza permesso in quella stanza, quando, finalmente, Moody si chinò su Potter. La sua attenzione bruciante allora, non era passata inosservata.
Piazzò il suo piede sul tavolo e chinandosi appena su di lui, si appoggiò al ginocchio con un sorriso sardonico. James rimase in silenzio, gli occhi fissi nei suoi. Sembrava non desiderare altro al mondo che fissarlo.
Lily fu colpita dalla scarica elettrica che passo fra i due, quasi una forma di amore, di venerazione.
“Potter, uh?” Disse Moody. “Ci si aspetta grandi cose da te, ragazzo.”
E poi, il fracasso della sedia che si rovesciava all’indietro fece saltare sui banchi tutti quanti.
Fu tutto così rapido che la Grifoncina ci si mise qualche istante a realizzare quanto stava accadendo… a metabolizzare l’attacco a sorpresa di James verso il loro professore, lo schianto del suo corpo sotto le braccia di Moody, i cui movimenti furono così rapidi da risultare quasi invisibili.
“Ottimi riflessi. Ma ci vorrà un po’ di tempo per far sì che tu possa diventare degno di essere un Auror!” Rise a gran voce quello, per nulla turbato, mentre il suo ginocchio schiacciava Ramoso, il loro Ramoso, contro il pavimento, impedendogli di muoversi.
Poi il suo erano occhio blu puntò verso la bacchetta di Lily, alla sua sinistra. Si era alzata senza nemmeno accorgersene, ed ora torreggiava su di lui, in piedi sul banco.
Avrebbe dovuto essere inorridita dal fatto che la sua bacchetta stesse sfiorando la giugulare di un professore come se fosse una lama, invece, forse per lo shock, forse perché aveva agito per uno strano istinto che sembrava essersi risvegliato dentro di lei, Lily ricambiò lo sguardo con una strana calma, quasi fredda.
“SIGNORINA EVANS!” Tuonò la professoressa di Trasfigurazione, la bocca comicamente aperta a formare una “O” perfetta.
Moody in ogni caso, sembrava non essersela presa troppo. Anzi, era quasi soddisfatto. “E tu chi sei, ragazza?”
Ritrovare la voce fu difficile. Stavolta veniva espulsa davvero.
“L-Lily Evans; signore.”
Lui lasciò improvvisamente andare James, che prese aria e tossì. Poi le abbassó la bacchetta con la mano come se fosse una mosca fastidiosa.
“E tu invece sei il randagio dei Black.” cinguettò allegro, adocchiando Sirius dietro di lei. Anche lui e Peter erano balzati in piedi, il primo con aria ribelle, il secondo pallido come un fantasma. “E tu, invece, pisciasotto?”
“M-M-M-Minus...”
La calma tornò bruscamente così come se ne era andata.
Cosa accidenti era successo?!
Remus che fuggiva dall’aula come se stesse prendendo fuoco, James che balzava al collo a quel tizio… e lei che si proiettava come un’idiota a minacciare uno dei più grandi Auror della storia!
Era l’unica ad essere sotto shock?!
Si guardò attorno, con gli occhi sgranati e l’aria un po’ folle.
Nemmeno il suo ragazzo sembrava troppo turbato, e poteva scommettete che gli altri, in quel momento, percepivano solo un po’ di delusione per come si era fatto mettere sotto in così poco tempo. Peter ad esempio, aveva le palpebre più pesanti, una lieve smorfia non sua gli segnava la bocca anche se cercava di trattenerla. E le mani di Sirius tremavano ancora, e poteva giurare che fosse eccitazione. Quell’idiota aveva voluto mettersi alla prova. Avrebbe voluto strangolarlo!
Moody guardò Lily e poi James ed infine, gli altri due, come se fossero cavie di un bizzarro esperimento.
“Niente male, quest’anno.” Mormorò a bassa voce.
Poi, la campanella suonò.





“James Potter ti giuro che se fai ancora una cosa del genere…!”
L’inizio della sequela di insulti di Lily fu frenato sul nascere. Le balzò il cuore in gola mentre James si voltava di scatto verso di lei, l’afferrava per i fianchi e le premeva le labbra contro le sue.
Fu così sorpresa che non riuscì nemmeno a ribellarsi e poi...e poi era terribilmente piacevole baciarlo quando ancora bruciavano di adrenalina.
Gli tremò appena contro, sentendosi le gambe di burro mentre la mano del mago risalì piano lungo la sua schiena fino ad accarezzarle il collo ed infrangere le dita lisce fra i capelli sulla nuca, premendo i loro visi ancora di più.
La sua bocca era leggermente screpolata dal vento ma allo stesso tempo, morbida come seta.
Le ci volle qualche secondo per riuscire a parlare di nuovo.
“Non potrai cavartela sempre in questo modo, sai?” mormorò, sentendolo sorriderle sulla bocca.
“Mi piace quando cerchi di difendermi. Eri tenera e buffa allo stesso tempo.” soffiò lui, divertito.
“Sei impossibile!” lei alzò gli occhi al cielo, ma era già della stessa consistenza della marmellata. Lui continuava a tenerla tra le braccia, mentre attorno a loro gli studenti sciamavano come un fiume in piena per i corridoi.
Nemmeno ci facevano caso...il mondo intero era sparito di nuovo. Poi, ridendo e senza smettere di stringerla fra le braccia, James camminò all’indietro fino a raggiungere il dorso di una statua.
“Ora sta’ ferma.” le ordinò con delicatezza, con gli occhi accesi come bracieri.
“C-che fai?”
Lui la guardava curioso come un gatto.
Tracciò con la punta del dito una linea sul suo viso, a partire dalle scapole. Risaliva piano, lentamente, fino a sfiorarle il mento, le labbra. Sembrava volerla studiare, e sapeva che la sua pelle si stava arrossando laddove la toccava, cosa che sembrava deliziarlo.
Quando la baciò di nuovo, fu incredibilmente dolce. Le sue mani premettero contro la pelle dei suoi fianchi con un possesso nuovo, lento, seducente. Sembrava quasi un massaggio, che le spingeva il corpo contro il suo senza che riuscisse ad opporvisi. E poi, stretto a lei come non lo era mai stato, James mosse appena i fianchi continuando ad accarezzarle la schiena.
Fu così che, forse complice l’adrenalina, forse complice il modo in cui lui si muoveva contro di lei, Lily si ritrovò a sperimentare un sentimento nuovo, improvviso quanto lo scoppio di un temporale. Ansimò appena, cercando di essere il più silenziosa possibile, ma poi non riuscì a resistere.
Gli passò le dita fra i capelli, sempre ribelli, sempre in disordine, e senza più un briciolo di raziocinio inarcò il bacino, seguendo quel movimento che assomigliava quasi a una danza, un’onda. Non riusciva a capire più nulla, se non che quel piacere nuovo sembrava scioglierla da dentro.
Lo sentii ridere leggero sulla sua pelle, e poi staccarsi da lei.
I suoi occhi liquidi luccicavano.
“Oggi ti farò impazzire, Rossa.” annunciò, trionfante. “Ma ora ho bisogno di capire che accidenti è preso a Rem. E credo che Tonks abbia bisogno di un’amica vicina, in questo momento.”
“S-sì...Remus...Tonks...”
Il ragazzo le prese il mento, soddisfatto e quasi trionfante nel vedere il suo profondo imbarazzo… anche se poi, quella visione lo intenerì.
Le lunghe dita della Grifoncina si coprivano l’espressione cercando di celare il rossore delle gote, il gonfiore delle labbra. Ansimava dietro quelle mani chiuse a coppa sul viso, con gli occhi spalancati sorpresi come quelli di una bimba.
E dire che voleva solo stuzzicarla un po’...sembrava sconvolta...e se faceva quella faccia, resistere alla sua innocenza sarebbe stato incredibilmente difficile!
Le sfiorò la fronte con le labbra, cercando di controllarsi.
“Ti amo, Lily.” disse piano, sorridendo colmo di una felicità mai provata prima d’ora, nemmeno in sella alla sua scopa, quando cavalcava le correnti del vento. Lei era meglio del volo. Lei era meglio di qualsiasi altra cosa. “E non vedo l’ora di mangiare la tua cioccolata!”
La piantò lì così, e l’improvvisa distanza sembrò come raffrescare l’aria, anche se dentro, le vene della Grifondoro bruciavano...ed il suo cuore sembrava ora fatto di miele caldo.
Che accidenti le era preso? Aveva...totalmente perso la testa. Il controllo.
Si morse le labbra, sospirando.
Dannato Marauder. Accidenti a lui.
Quello sì, che era stato un vero colpo basso…
Dove cavolo si era cacciata Tonks?! E dove accidenti si rimediava del cacao amaro lì dentro?!








Bugiardo.
Sirius aveva cercato di acchiapparla, Peter, Lily...ma Tonks si era divincolata in fretta e si era mimetizzata tra la folla come solo un Metaformagus è in grado di fare. Ed ora, correva per quei corridoi con un solo obbiettivo in mente.
Bugiardo.
Tutti lo stavano cercando, ma la Mappa del Malandrino era tra le sue mani. Non importava, in ogni caso.
Lei sapeva dov’era. Sentiva le sue sensazioni farsi più forti dentro di lei, insopportabili, come se fosse diventata un radar. Da lei, lui non poteva nascondersi.
Bugiardo.
Era così arrabbiata… e così confusa, che non avrebbe saputo dire dove finiva la sua rabbia e dove iniziava quella di Remus.
Salì le scale della torre di Astronomia quasi volando. Quando spalancò la porta sulla terrazza circolare, non avrebbe saputo distinguerlo dalle altre statue di pietra se non fosse stato così incredibilmente bello. Fissava l’orizzonte con una immobilità che era quasi inumana, la pelle di marmo bianco, il profilo rigido come una moneta, gli occhi lontani anni luce. Il sole pallido giocava con i suoi capelli chiari, facendoli scintillare come fili di perle.
Di nuovo quell’espressione apatica. Finta.
Una maschera orribile che avrebbe voluto strappargli dalla faccia.
Di nuovo ingannatore.
“Bugiardo.” ansimò, mentre lui voltava quello sguardo spento su di lei...e animando il suo viso in un campanello d’allarme che non riusciva a decifrare.
Come poteva fargli paura lei, in confronto a ciò che provava dentro?
Lupin si guardò le mani, sorpreso. Era già riuscito a riprendere il controllo… a chiudersi dietro il suo invalicabile muro. Ma poi, era arrivata Tonks. E le sue mani ora tremavano.
Perché tremavano?
Oh..oh no...
“Tu...tu hai sempre mentito.”
Lui voltò il viso da un’altra parte.
“Calmati.” disse solamente.
“NO!” Sbottò la ragazzina, avvicinandosi di altro un passo. “Perché Remus? Perché ci chiudi fuori così?”
“Calmati.” ripeté Remus. La sua voce aveva assunto un tono imperativo.
Non avrebbero dovuto discutere...Malocchio se ne era raccomandato, ed ecco il motivo.
Ciò che sentiva lei, era di lui. Ciò che sentiva lui, era di lei.
Stava facendo da cassa di risonanza alla rabbia di Tonks!
Non era come quando uno del branco perdeva la testa e influenzava gli altri. Questa era una sensazione intrusiva, forzata e...sbagliata, in qualche modo. E non riusciva a gestirla.
“Pensavo fossimo amici!” ora lei urlava, singhiozzando e tremando, i piccoli pugni stretti contro i fianchi. “Pensavo che avessi davvero bisogno di me, quel giorno, sul lago! Ma erano tutte bugie, non è così? Io...io non posso aiutarti...perché ora lo so, che tu non me lo permetteresti mai!”
Remus si lanciò su di lei con un tale impeto che barcollarono all’indietro, sbattendo contro la colonnata. Le afferrò le spalle, le incollò la faccia a un centimetro dalla sua.
“Calmati!”
Tonks non capiva se l’ordine fosse rivolto più a lei o a sé stesso. Non capiva più nulla...tranne una cosa sola.
Ciò che l’aveva sconvolta più di tutte.
Remus la voleva.
In mezzo a quel dolore angosciante, a quella solitudine profonda...c’era un desiderio disperato che le era corso sotto la pelle riempendola di una nuova, dolorosa consapevolezza. Remus la voleva. Remus le aveva sempre mentito, sempre. Con la freddezza di uno spietato assassino mentre lei, in lacrime, lo supplicava di amarla.
“Me ne sarei fatta una ragione, prima o poi!” pianse, afferrandogli i polsi e piantandoci dentro le unghie. Cercava di respingere quel corpo che la schiacciava ma più si dimenava, più si sentiva stringere.
“CALMATI! CALMATI!” Ora la voce di Remus rasentava il panico.
“Mi sarei accontentata di rimanerti vicina! Ma ora… ora io non so cosa fare! Io non riesco a capirti! Perché? Perché mi rifiuti?! Perché soffri in quel modo orribile?! Perché questa recita?! Perché non lasci che nessuno ti…”
L’avrebbe colpita. Non riusciva più a contenere ciò che sentiva Tonks… la sua rabbia e la sua disperazione straripavano dentro di lui...e veniva amplificato. Era come un diapason vivente.
Sentiva le sue stesse unghie affondare nella pelle della ragazza, lasciare i primi segni. I lividi. Non faceva altro che riempire quella morbida pelle di lividi e la sfiorava appena...ed ora non riusciva a trattenersi!
Cercò di staccarsi, di provare colpire qualsiasi altra cosa, ma non riusciva a scollarsi dalle sue spalle. I canini gli pizzicavano le gengive, assetati di carne.
“Lasciami!”
“DEVI CALMARTI! TONKS, DEVI CALMARTI!”
“NO!”
L’avrebbe colpita, si rese conto sentendosi gelare mentre la strattonava senza volerlo. L’avrebbe morsa. L’avrebbe...dilaniata...
E così, Remus Lupin fece l’unica cosa che avrebbe concentrato tutta la sua attenzione in un’unica direzione, certa come la forza gravitazionale di un buco nero, potente come un’esplosione nucleare.
C’era solo un impulso che era più forte della fame, della rabbia...di qualsiasi altra cosa.
Le afferrò il viso stringendole le guance tra gli indici, tenendole ferma la testa con una impetuosità tale da rasentare la violenza.
C’era solo una soluzione al non morderla. Solo una.


Remus la baciò.

 

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Capitolo 57
*** Saint Valentine Decode part II. ***


Eccomi tornata! Piano piano, con mooolta pazienza da parte vostra, ma sono sempre qui.
Per prima cosa ci tengo a rassicurare che no, non abbandono la fanfiction né lo farò mai. Ma dopo la bellezza di cinquanta e passa capitoli, a volte sento il bisogno di tirare un po’ il freno… e concentrarmi su ciò che capita nella mia vita. Per cui chiedo super venia, ma si sa, non sempre le cose vanno come desideriamo… e ciò va a discapito del lavoro che si sta facendo. Ad ogni modo, sono sempre felice di vedere quanti di voi chiedono notizie e sono in trepida attesa, scalda il cuore.
Che dire, vi lascio al piccolo riassunto delle puntate precedenti e alla lettura del nuovo capitolo


Riassunto.


Info generali.

l mondo dei maghi è sempre più sconvolto da una serie di crimini che portano la firma di uno strano nome, impronunciabile e vago… Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, in grado di unire creature oscure di vario tipo.
Ad Hogwarts intanto, fanno la loro comparsa misteriosi personaggi come “La strega più potente del mondo”, custode del Necronomicon e del libro usato per chiuderlo, un nuovo misterioso Capo Auror che tira le fila da dietro le quinte, e prendono sempre più piede strane teorie su un presunto collegamento fra il Primo Ministro, che basa la sua campagna elettorale sull’aumento dei Dissennatori, e il mago oscuro che li ha creati, Ekrizdis, colui che diede origine alla Lega dei Dodici, una setta di famiglie malvagie che fanno della purezza del sangue e della ricerca della magia selvaggia il loro unico credo, comprendenti i vari Black, Malfoy, Lestrange…
Qualcosa di oscuro si muove in un mondo che combatte,sempre più ferocemente, e la resa dei conti sembra prevedere la sua scadenza proprio alla fine dell’ultimo anno a Hogwarts…


I nostri protagonisti.

Abbiamo lasciato i nostri maghetti alle prese con San Valentino… che si sta rivelando più insidioso del solito!
L’elezione del caposcuola è alle porte, e tutte le strade sembrano portare a Lily… che però, ha forti dubbi su quale sia il suo destino accademico. Tutto sembra portarla su una strada diversa...comprese le lezioni private in cui, con Lumacorno, studia illegalmente delle pericolose Rose dell’Oblio salvate dalla distruzione! Una delle quali, viene rubata da Liu Chang, con maligni propositi … che riguardano James! Perchè mai desidera così fortemente che il nostro Ramoso perda ogni freno? Che segreto nascondono i suoi occhi, che Liu Chang sembra conoscere?
Abbiamo poi Malocchio Moody, invitato a tenere una lezione, che scambia le sensazioni di Remus e Tonks, portando al caos.
Furiosa con il ragazzo, sentendo finalmente ciò che sente lui, scopre che la ama e che le ha sempre mentito. Così Tonks affronta il nostro Lunastorta...ma la rabbia finisce per scatenare la forza del Lupo Mannaro, che per evitare di farle male e nel tentativo di placarla/placarsi, le chiude la bocca con un bacio.
E mentre alcuni studenti si preparano per l’erasmus a Durmstrang – e l’arrivo degli stranieri a Hogwarts è imminente, tra cui una ragazza misteriosa che sembra avere un profondo rapporto con Sirius - Lily si sente osservata… e uno strano sentore di pericolo imminente fa impazzire il rapporto di protezione con il suo Famiglio – James. C’entrerà la collana caduta dal cielo?










Ok.
Remus la stava baciando. Questo era chiaro.
Dolorosamente chiaro.
Riconobbe il sapore. E chi se lo sarebbe mai scordato, quel sapore.
Il ricordo dei baci che le aveva rubato, sfuggenti e familiari, diventò vivido. Reale.
Remus profumava di notti invernali. Terra, muschio, fasci di erba alta che ondeggiano sotto la volta stellata. Abiti e pelle pulita.
E poi, di una nota più oscura. Di sangue sulla pietra. Di lupi liberi nella foresta.
Ogni dettaglio si era stampato a fuoco dentro di lei come un marchio. La morbidezza delle sue labbra, le dita soffici sulla pelle. Il resto del mondo che diventava improvvisamente silenzioso, concentrato su quell’unico, quasi impercettibile tocco.
Ma questo era un altro tipo di bacio. Non era delicato. E nemmeno dolce.
Era una bocca...esasperata. Non avrebbe saputo definirla in altro modo. Se da lei, o da qualsiasi altra cosa, difficile stabilirlo.
Ma sapeva cosa sarebbe successo subito dopo. La stava baciando, ma se ne sarebbe pentito, e questo sarebbe stato anche peggio del non essersi baciati affatto.
Per questo rimase inerme.
Serrò gli occhi, quando sentì che la sua presa allentava. Cercò di trattenerlo, di rimandare quel “dopo” che le avrebbe frantumato ancora una volta il cuore, ma le sue mani sembravano improvvisamente troppo piccole mentre affondavano malamente nella sua camicia, all’altezza delle braccia. Tutto il suo corpo, quando Remus la baciava, sembrava come restringersi.
Quindi attese l’inevitabile.
Era incredibile come qualcuno potesse passare dal baciare con quel trasporto al diventare di pietra in modo così veloce.
Tenne ancora un po’ gli occhi chiusi, ma lui le sollevò il viso, obbligandola a guardarlo. Le mani a coppa sulle guance, le fronti che quasi si sfioravano. E due occhi sofferenti.
Rimasero così per un po’. In silenzio. Appesi a un filo sottile.
Qualcosa passò nel viso di Remus, come un lampo, un bagliore di malessere. Fu solo un istante, si chiese se se lo fosse sognato. E comunque, non sentiva più ciò che sentiva lui. L’incantesimo di zio Moody si era annullato.
“Ti avrei fatto male.” si giustificò il ragazzo, dopo un istante infinito.
Qualcosa sembrò sgonfiarlesi dentro. Sentì il cuore sprofondare. Una piccola parte di lei aveva sperato… aveva così tanto bisogno di sentirsi dire parole diverse. E invece...invece non c’era altro che una mocciosa, così egoista e infantile, che aveva obbligato un ragazzo molto più grande e maturo di lei a baciarla. Si sentii malissimo.
“Scusa.” sussurrò di rimando, sentendo gli occhi gonfiarsi di lacrime. Si sforzò di sorridere allegra, nonostante le scie copiose e salate sulla pelle. “Sono proprio...un vero impiccio, a volte, eh?”
Lui chinò il viso, e ciocche di capelli gli ricaddero sulla fronte, oscurando le palpebre. La mano si chiuse a pugno contro il muro alle sue spalle.
La piantò lì senza dire un’altra parola.
Remus sì odiò per questo. Si diede del vigliacco, del bastardo, e fu quasi felice quando, girato l’angolo, si ritrovò Sirius davanti. D’altronde era nei paraggi, sospettoso, protettivo. Che era vicino, lo sapeva ancor prima di fare quello che aveva fatto.
Black fumava con una smorfia appoggiato alla murata, fissando i suoi stessi piedi con concentrazione, come se stesse soppesando qualcosa.
Sapeva perfettamente che quel “qualcosa” era il quantitativo di energia da mettere nel pugno che gli avrebbe sferrato in piena faccia. Contava i giorni che lo separavano dalla luna piena in modo da capire come fargli un male del diavolo senza al contempo frantumarsi le nocche contro il suo naso.
Lo sapeva lui, lo sapeva Remus e lo sapeva anche Peter, che si frappose fra di loro con il viso terreo e un groppo in gola.
“Ragazzi…” mormorò, imprimendo l’ansia in ogni sillaba. “Eddai…”
Black non si mosse. Continuò a guardarsi i piedi. Il vento passò fra di loro, scuotendo le punte dei loro capelli e nient’altro.
L’unico rumore, un sibilo sottile che gli portò addosso l’odore di Tonks che stava dissipandosi lentamente.
Poi, Sirius sospirò.
“Lei e sua madre sono le uniche parenti decenti che ho.” disse, con voce piatta. Continuava a non guardarlo, all’improvviso come perso nei ricordi.
“Lo so.” mormorò Lupin.
Cristo, spaccami la faccia e facciamola finita.
Non c’è amicizia che tenga che giustifichi come mi sto comportando.
Bramava quel pugno, bramava che qualcuno lo riportasse con i piedi per terra e lo punisse. Non lo disse, però.
Sapeva benissimo che quella sua mortificazione avrebbe avuto l’effetto di farlo incazzare ancora di più.
La realtà era che Sirius non concepiva come l’essere un lupo mannaro potesse essere così tanto un problema. Per lui, era molto peggio essere un Black.
Pazzesco come fosse così genuinamente assente di pregiudizio nei confronti delle Creature oscure e chiunque altro venisse considerato feccia, nonostante provenisse da una famiglia come quella.
Una volta per scherzare aveva detto che preferiva semplicemente schifare tutti quanti, costava meno fatica.
Peter continuava a stare fra di loro invocando James con la potenza di un uragano, e guardò l’uno e l’altro come se temesse di vederli esplodere come granate, le braccia spalancate a creare una barriera che non sarebbe servita a nulla.
Gli fece pena. Peter era dolce ed estremamente fragile, non sopportava situazioni come quelle.
Sirius tirò elegantemente un’altra boccata di fumo, inspirò a lungo, forse per togliersi il sapore di sua cugina dalla bocca.
Il fatto che non l’avesse ancora colpito era una lodevole prova di pazienza. Ma Remus voleva solo ricevere quel dannato colpo e rinchiudersi nella Stamberga Strillante per distruggere qualsiasi cosa gli capitasse sottomano.
Lui sollevò piano le lunghe ciglia nere piantandogli addosso uno sguardo carico di significati.
“Se soffrirà ancora, ti farò male.” promise, senza espressione, gli occhi vuoti.
Lo slittio delle scarpe di Potter non fece trasalire nessuno. Sapevano tutti che si stava fiondando su di loro, buttandosi in mezzo a braccia tese per dividerli e ansimando come un pazzo per la corsa che aveva appena fatto.
“ALT!”
Quello che fece saltare per aria tutti quanti fu l’immensa capocciata che tirò contro il bastone di Malocchio Moody, uscito come dagli inferi per ucciderli d’infarto.
“AAAARGH!”
Rimasero tutti come delle statue di sale mentre il leader dei Marauders iniziava a saltellare con le lacrime agli occhi reggendosi un bernoccolo da far spavento.
“AHI! AHIA, AHIA, AHIA…!!! Ma... che cazzo!” imprecò, fissandolo con gli occhi sgranati. “MA DA DOVE SALTA FUORI, LEI?!”
Moody non fece una piega.
Era incredibile: nessuno l’aveva sentito arrivare. Nemmeno coi sensi di Animagus!
“Non si corre nei corridoi, ragazzo.” gracchiò, come se la questione fosse chiusa.
“E DOVEVA SPACCARMI LA TESTA PER DIRMELO!” Ululò James, ancora lacrimando e massaggiandosi la zucca.
Subito dopo, come se la situazione non fosse già abbastanza paradossale, arrivò Vento, bello e gigantesco come una divinità, che si posò elegantemente sul cornicione.
Guardò Potter junior con malcelato schifo e gli smollò addosso un bigliettino.
Attento alla testa.”
Così. Senza aggiungere altro.
“In ritardo di ben tre minuti.” borbottò Malocchio strappandoglielo di mano. “Eh sì, la preveggenza di tua madre sta veramente facendo cilecca. Mi deve cinque galeoni.”
Che una madre usasse la testa di suo figlio per testare le sue abilità e addirittura farci scommesse sarebbe apparso immorale a qualsiasi persona, ma era di Euphemia Potter che si stava parlando…
“In ogni caso, non sono qui per te.” chiosò l’Auror, scostandolo con malagrazia e superandolo.
Sirius si irrigidì immediatamente, portando la mano alla bacchetta.
“Senta…” bofonchiò, già pronto a doversi difendere, ma Malocchio spostò di lato anche lui, come se non esistesse.
“Eh?” Paddy cadde dalle nuvole vedendosi sorpassare. “Ma...non cercava me?”
“E perché dovrei?”
“S-sono...ecco...perchè io sono…” mormorò il grifoncino, sentendosi sempre più stupido a ogni sillaba. Non era abituato ad essere ignorato in quel modo da un Auror!
“Che vuoi che mi importi di un cucciolo di Black smarrito!” sbottò Malocchio, avvicinandosi a Remus con un tripudio di strani cigolii, come se fosse fatto tutto di articolazioni meccaniche. “Quel demonio di tua cugina ha già dato per un intero albero genealogico! Preferirei avere a che fare con cento Black malvagi piuttosto che passare un altro solo pomeriggio con lei o chiunque sia della sua pasta!”
Quindi forse la punizione non sarebbe arrivata da Sirius, rifletté Remus osservando quell’occhio blu elettrico puntare su di lui. Interessante.
C’era più di una persona potente che voleva bene a Tonks, lì dentro.
Gli altri lo osservarono venir trascinato via dall’Auror senza nemmeno provare a reagire. James alzò gli occhi al cielo come una mamma esasperata.
“E’ tutto sistemato?” sbottò. Mal tollerava quando i suoi compagni litigavano… soprattutto per questioni legate all’essere Animagus. Era davvero semplice cadere in quel baratro, se si cominciava. Cercavano tutti per tacito accordo di non tirare mai fuori l’argomento “sentotuttoquellochesentitu”… certo che, a quel punto quel dannato Lunastorta non rendeva le cose semplici a nessuno! Con tutte le stramaledette streghe che c’erano nella scuola...proprio lei…!
“Massì.” sbuffò Black, massaggiandosi le palpebre. Non vedeva l’ora che la dannata giornata finisse.
“Voi mi farete diventare pazzo.” si limitò a dire James, con un gran sospiro.
“Pazzi ci siamo già.” bofonchiò Peter. Poi prese a medicargli il bernoccolo che aveva in testa.






“Ok, diamoci da fare.”
Quanto poteva essere difficile, alla fine? Erano solo dei dannati cioccolatini.
Lily Evans si mise le mani sui fianchi e guardò quell’agglomerato di pentole e mestoli che riempivano la camera da letto delle Grifondoro con un crescente senso di panico.
C’era tutto.
Fornelli, frigorifero, la dispensa con gli ingredienti.
Ora mancava solo la bravura…
E lei era un disastro in cucina. Un’Apocalisse dell’arte del cucinare. Il Tu-sai-chi dei fornelli!
Avrebbe potuto chiedere aiuto agli elfi...ok, era come barare, ma sempre meglio che finire in carcere per aver avvelenato quel cretino.
Peccato che i piccoletti fossero in piena protesta perché, come chiunque altro nella scuola, non sopportavano quei demoni alati che la Harpies aveva sguinzagliato nei corridoi. Così, la presenza degli elfi selvatici aveva scatenato per la prima volta nella storia un vero e proprio sciopero di elfi domestici. C’era di che andar fieri, eh! La Harpies era riuscita laddove non era riuscito nessuno!
Forse poteva chiedere a quei suoi Cupidi malformati...insomma, magari oltre a pungere culi sapevano anche fare qualcos’altro!
Di certo, avrebbero cucinato meglio di lei…

Ti amo, Lily. E non vedo l’ora di mangiare la tua cioccolata!”

Oh, accidenti a lui.

“Ok.” sospirò di nuovo, legandosi i capelli sulla nuca. “Hai affrontato Corni corazzati, Somnus, vampiri, pupazzi natalizi posseduti… e in pozioni sei la migliore. Puoi farcela, Evans.”
Insomma, quanto poteva essere difficile?! Lo facevano tutte. Perfino Monique! O Tonks, che tra le altre cose, non era ancora riuscita a trovare!
Se una ragazzina coi capelli verde pistacchio e una sciarpa gialla a pois fucsia riusciva a rendersi invisibile lì dentro, lei poteva riuscire a fare due dolcetti di San Valentino, giusto? Giusto.
Agguantò un libro di cucina senza smettere di pensare alla situazione paradossale. Lei, Lily Evans, che provava seriamente a preparare cioccolata per quello che era stato il suo nemico numero uno per sette anni di fila!
Ma che era successo al suo mondo tranquillo e solitario?
“Per prima cosa la farina…”
Si voltò intorno, ondeggiando i capelli rossi. La camera era un delirio.
Aprì ogni anta possibile ed immaginabile, fino a quando non fu costretta a chinarsi a quattro zampe per aprire l’armadietto proprio sotto i fornelli.
Il sacco della farina era pesantissimo e barcollò nel rialzarsi, azionando inavvertitamente il fuoco.
Per non cadere, vi ci appoggiò sopra proprio il sacco, preannunciando involontariamente un disastro.
“Ok…qui dice di mettere la farina, due uova…” Borbottò, cercando a tastoni sul tavolo il pacchetto di zucchero.
Quando lo agguantò tentò di aprirlo e di metterlo dentro una bacinella, ma con suo sommo orrore quello si strappò, e diamanti di zucchero si sparsero per tutto il pavimento.
“Argh!”
Le sfighe non vengono mai sole, giusto? Giusto.
E infatti, come volevasi dimostrare, una vampa di fuoco avvolse come una conchiglia dorata l’intero pacco di iuta che tratteneva la farina, squarciandolo fino a rovesciarne il contenuto e intossicando l’intera stanza con un polverone bianco dall’odore acre.
In un solo minuto, qualcosa aveva già preso fuoco.
“Acc!”
Mentre correva a spegnere le fiamme urtò il pacchetto delle uova, che cadde spalancandosi e facendo slittare come tori impazziti i tuorli sulle piastrelle.
E con una maestria degna di Tonks, ci finì sopra cadendo lunga distesa in mezzo a quel macello.
Inutile dire che quando il fumo prese ad avviluppare le scale del Dormitorio, tutti i Grifondoro si presero un colpo.
La camera Comune divenne un delirio di fuggi-fuggi e urletti, mentre la causa di tutto quel casino era ancora spalmata contro il pavimento, letteralmente nel panico.
La povera Grinfoncina agguantò la prima bottiglia che le capitò a mano, gettandovi il contenuto sulle fiamme.
Burrobirra e fuoco si mischiarono, e la fiamma parve urlare di gioia, librandosi fino al soffitto.
“Oh noooo!”
“Lily! Ma che succede?!”
Molly Prewett si era aspettata di tutto, mentre saliva le scale cercando la fonte dell’incendio.
Un Serpeverde con cattive intenzioni, un drago alla finestra, una sigaretta gettata malamente sul cuscino.
“MOOOooooOOOOLLYYYYyyyy!”
Non di certo una Lily Evans quasi in lacrime, sporca di uova e farina, che cercava disperatamente di spegnere la fiamma con un libro di ricette – tra l’altro appiccandone un’altra - uggiolando lacrimosa come un micetto sperduto!
Dopo un primo istante di stupore, la compagna prese il controllo della situazione.
Aguamenti!” ordinò perentoria.
Inzuppato tutto, corse ad aprire la finestra per far uscire il fumo e tolse la farina e le uova dal terreno con “Gratta e netta”.
“Ma che stavi facendo? Davi battaglia a qualcuno?” alitò, guardandola sconvolta.
“Stavo facendo dei dolcetti...” ammise quella dopo un lungo silenzio, vergognandosi come se fosse stata colta in fallo a rubare.
E come cavolo ci era arrivata a dar fuoco a tutto?!
Molly si guardò intorno stupefatta, facendola avvampare ancora di più.
“Basta! Sono negata! Ci rinuncio!” Sbottò la Evans al limite dell'umiliazione, buttandosi sulla sedia con aria sconfitta. “James dovrà accontentarsi di questa banana…”
“Ma non dire sciocchezze!” Molly scoppiò a ridere, prendendogliela di mano e buttandola senza tante cerimonia giù dalla finestra. “Dai, ti aiuto io!”
Gli occhioni brillanti che la Prefetto le sbatté in faccia furono tutto un programma.
“Davvero?” mugolò. “A tuo rischio e pericolo?”
Era davvero inquietante vederla in quelle condizioni, c’era da ammetterlo. Ma anche...bello. Aveva davvero sperato, tutti quegli anni, di vederla finalmente aprirsi. Quindi si batté il petto con aria fiera.
“Hai davanti la miglior maestra di cucina mia cara!”
“Altro che maestra, qui ci vuole un generale!”
“La prima cosa che ci vuole è una ricetta!”
“Il libro ha preso fuoco.”
“Er…allora inventeremo! Dei dolcetti…magari a forma di boccino, che ne dici?”
Gli occhi verdi di Lily s’illuminarono di colpo e la ragazza ritrovò grinta.
“Carina come idea! Come si fanno?”
“Prendiamo la farina, stampe e uova, intanto! Gli elfi avranno tutto il necessario.”
Ricomparve dieci minuti dopo, con le braccia cariche.
“Comunque io non farò nulla, i dolcetti li devi fare tu, altrimenti che San Valentino è? Ti darò solo le istruzioni!” sorrise da dietro un sacco di farina nuovo.
Così la Grifoncina si ritrovò coi gomiti immersi nella pasta frolla, sotto lo sguardo vigile di Molly.
E in due non era nemmeno così tanto male… Molly era paziente e gentile, e un vero asso in cucina!
Verso mezzogiorno, piene di farina fino ai gomiti, si concedettero una breve pausa.
“Molly, non so davvero come ringraziarti…” Sospirò Lily, versandosi un bicchiere di Frizzacola.
“Non ti preoccupare! E’ una cosa che mi piace fare.” lei ridacchiò scuotendo i boccoli rossicci e in disordine, prima di adocchiarla di traverso con un sorriso furbetto. “Allora...tanto per spettegolare...tu e James l’avete già fatto?”
“WAAAARGH!” La Grifoncina sputò fuori tutto il succo prima di fare almeno mezzo metro all’indietro. “Ma che ti salta in mente, eh?!”
“Beh, che c’è? Queste chiacchiere tra ragazze sono importanti per la crescita, sai?”
“Ma che crescita e crescita!” Lily si girò di spalle per impedirsi di andare letteralmente a fuoco, ma il suo imbarazzo non passò inosservato.
“E’ che ce lo stiamo chiedendo un po’ tutti, sai? Siete la coppia più strampalata che si sia vista da queste parti da decenni! Geky ha scommesso che Potter ne uscirà almeno con un paio di lividi!”
“Con Geky me la vedo io, più tardi…” digrignò i denti quella, mentre l’altra ridacchiava. “E tu, con Arthur, eh?”
“Oh, lui è insaziabile!” Trillò la Prewett con le stelline negli occhi.
“Alt! Stop! Non lo voglio davvero sapere!”
“Non ti facevo così pudica, Prefetto Evans!” rispose la strega divertita come non mai, abbassando gli occhi nocciola sull’impasto che lievitava per magia. “E’ che anche James ha una certa fama, ci chiediamo quanto altro tempo riuscirà a resistere ora che ti ha tutta per sé!”
“Ma non avete altro di cui parlare voi?!” sbottò Lily, facendola ridere di nuovo.
“Maddai, ti prendo in giro!”
Passò un istante di silenzio, poi la voce della streghetta si fece un po’ più bassa e intimidita.
“Ecco, è che io non…non ho mai...” mormorò piano, impanicandosi al sol pensiero. “Tu...dici...che dovrei...ecco...che lui...mi aspetterà?”
“Io dico che ti aspetterebbe per tutta la vita.” sentenziò Molly, sorridendole comprensiva. “E che tu non debba preoccuparti di nulla, se non di goderti il momento quando ti sentirai pronta! D’altronde vi siete messi assieme da poco. E poi, sul serio, Lily, James è pazzo di te da anni ormai. Solo tu non te ne eri accorta.”
Un altro silenzio timido. E poi...
“C’è stato un momento strano, oggi...in effetti...” le confessò con un filino di voce. “In cui, ecco…”
“Cosa cosaaaa?” all’altra brillarono gli occhi. “Racconta tutto!”
“Ah, lascia perdere! E’ troppo imbarazzante!” strillò infine, rituffandosi sui dolcetti e chiudendo il discorso...che però, non mancò di torturarle i pensieri per tutto il tempo.
Ripensò al modo in cui l’aveva baciata quella mattina, al modo in cui il suo corpo aveva aderito perfettamente contro il suo, al modo in cui si era mosso...come in una danza… e rabbrividì. Si era sentita così...in balia. Era la prima volta che provava una sensazione del genere…

Sentirsi pronta…

E poi, le tornarono in mente le parole di Remus.

A volte, quando le emozioni ci travolgono, quando sono così forti...riusciamo a sentire il corpo dell'altro come se fosse il nostro…”

Molly vide la testa della sua compagna iniziare a fumare da entrambe le orecchie.
No, no, meglio non pensarci! Non pensarci proprio! Si era ripromessa di non pensare mai... a quello! La sua decenza aveva subito fin troppi scossoni negli ultimi periodi!
Vedendola rosso vivo e con un principio di attacco di panico, l’amica si impietosì.
“Dai…” soffiò dolcemente, dandole un colpetto in testa con fare affettuoso. “Per ora accontentiamoci di dargli dei cioccolatini decenti, che ne dici?”
“S-sì…” tremolò lei, scuotendo poi la testa come un cagnolino per scacciare via i pensieri.
L’altra le sorrise incoraggiante e lei riuscì alla fine a ricambiare. Ricambiare il sorriso di Molly era facile. Sapeva di mamma. Sarebbe stata fantastica, con dei bambini.
E poi...nonostante l’imbarazzo, era la prima volta che riusciva ad aprirsi in quel modo.
Discorsi fondamentali per la crescita delle ragazze...forse era vero.
Sorrise dolcemente, e il sorriso rimase anche quando fece altri casini, e per tutto il pomeriggio.

Senza accorgersi… che qualcuno osservava. Nelle ombre...nell’abisso più scuro di tutti.

Preparerò questi cosi, troverò la piccola Tonks e poi raggiungerò James. E gli darò la mia cioccolata.”
E tutto sarebbe stato bello.






In quella stanza c’era di tutto. Tanto che sembrava viva, in movimento.
Vibrava e ticchettava come l’interno di un grande orologio. Solo che, al posto di ingranaggi, c’erano armi e ninnoli di vario genere… un tale ammasso di chincaglieria dall’aria minacciosa che muovere anche solo un braccio a sproposito appariva quasi pericoloso.
Spioscopi, sfere-scudo, spade e balestre, oggetti di difesa, di artiglieria magica, di spionaggio...ne riconobbe alcuni, ma altri erano del tutto sconosciuti, alcuni perfino assurdi, come una strana trottola che girava impazzita su se stessa senza mai smettere o una strana cupoletta di vetro smerigliato che brillava e si gonfiava ogni dieci secondi esatti.
Malocchio zoppicò fino ad una scrivania di ciliegio, la sbaraccò con malagrazia facendo cadere fogli e fascicoli ed estrasse da una scatolina lavorata un grosso sigaro, che si ficcò in bocca ed accese in barba alle regole della scuola.
Sembrava quasi essersi dimenticato della sua presenza, fino a quando il suo occhio blu si girò verso di lui.
Solo l’occhio, non la testa.
Non ci si sarebbe mai abituato.
Nonostante tutto, Remus incassò la testa nelle spalle. Quell’uomo avrebbe potuto mettere in soggezione chiunque.
E aveva come...un odore di sangue. Come se avesse appena sventrato un mostro a mani nude.
Un mostro...qualcuno come lui. Le sue mani puzzavano anche di sangue di lupo.
“Ti stai chiedendo perché ti ho fatto venire qui.”
Non era una domanda. Era una constatazione. Remus rimane in silenzio.
L’Auror parve analizzare qualcosa in lui, nella sua postura. Poi sogghignò.
“Un marmocchio che non strepita e starnazza. Una piacevole novità.”
“Non mi sto chiedendo perché mi ha fatto venire qui.” rispose il maghetto. “So già il motivo.”
“Ah sì? E quale sarebbe, ragazzo?”
Tanto valeva giocare a carte scoperte.
“Lo stesso motivo per il quale mi ha sottoposto a quell’incantesimo. Per smascherarmi.”
Moody tirò una lunga boccata di fumo, squadrandolo da testa ai piedi senza che il suo viso esprimesse nulla. La cicatrice che gli squarciava a metà il viso parve tirarsi.
Sapeva.
“Ma non ha funzionato, mi pare.”
Malocchio sapeva.
“Quindi, perché ti ho fatto venire qui?”
La tensione crebbe come una marea improvvisa, saturando l’aria. Qualcosa fischiò in risposta, uno dei suoi oggetti, ma non riuscì a capire quale.
Remus socchiuse le mani. Ad artiglio.
“Per eliminarmi.”
Lo fece istintivamente. Così come l’acquattarsi leggermente, con i muscoli tesi, la postura rigida. Come per prepararsi ad un violento impatto.
Ma non fu violento. Fu...elegante. Silenzioso...fluido...e inaspettato.
Un secondo prima Malocchio era lì, davanti a lui. Il secondo successivo, il tempo di un lieve tocco di bastone contro il pavimento, e qualcosa di potente e invisibile lo scaraventò a terra… schiacciandolo con la potenza di un carro armato.
L’aria gli si svuotò dai polmoni, tutta assieme. Una spada scintillò, rapida come una scheggia...e premette contro la sua gola.
Malocchio gli era sopra. Non era nemmeno riuscito...a vederlo…
Come ci era riuscito? Con quella gamba di legno…
La lama gli premette contro la gola...e bruciò.
Argento.
E qualcosa, dentro di lui, esplose. Uno strano istinto di sopravvivenza, scatenato da un’improvvisa repulsione, un improvviso moto di paura.
Come un leone che vede per la prima volta le fiamme su di sé.
Si divincolò, e scoprì i denti senza riuscire a controllarsi. I canini pizzicarono, un ringhio cavernoso e potente gli fece vibrare il petto.
Tutti i muscoli si tesero fino allo spasmo nel tentativo di liberarsi da quella pressione che lo inchiodava a terra. Lungo il taglio della spada, il suo riflesso mostrava un viso irriconoscibile. Quello di un animale feroce, non più umano. Era davvero lui, quell’essere? Quelle labbra tirate su denti scintillanti, quell’espressione assassina, quegli occhi con uno strano bagliore rosso…
E poi, Malocchio, il cui cuore era rimasto calmo e placido come un lago d’inverno, fece qualcosa di assurdo.
Sentì qualcosa sfiorargli le labbra e premergli sul canino più aguzzo. Un dito.
Moody gli aveva appena infilato un dito in bocca...e tastava fin quasi a pungersi.
“NO!” urlò di colpo, facendo scattare la propria testa all’indietro e serrando le labbra per impedirsi di morderlo.
I canini si ritirarono in modo così veloce che fu quasi doloroso.
Rimase immobile, ansimando frenetico con le labbra talmente strette da formare una linea sottile, agghiacciato alla sola idea di poterlo contagiare. Non riuscì nemmeno a pensare lucidamente, a riflettere.
Non avrebbe mai potuto farlo, non era trasformato...ma la sola idea...la sola idea di quel dito in bocca, così vicino ai denti affilati, alla sua saliva infetta… mentre ringhiava così ferocemente…
Improvvisamente, l’uomo si sollevò da lui. Senza fare una piega.
Non si era nemmeno tolto il sigaro di bocca.
Ghignò, torreggiando su di lui che non riusciva a muoversi ma ora, per lo stupore.
“Ahh, questi giovani lupetti. Così primitivi.” commentò, divertito. “Come vedi, non mi stai dando nessun motivo per farti fuori.”
“C-cosa…?”
“Cosa credi, che vada in giro a far secca ogni Creatura Oscura che vedo?” improvvisamente, quello scoppiò in una risata fragorosa come un tuono. “Sono in vacanza, ragazzino. Datti tregua.”
“Non...non mi considera un pericolo…? Non vuole...lei non vuole eliminarmi…?” mormorò il maghetto, tirandosi a sedere ancora scioccato e tremante.
“Conosco molto bene tuo padre, Remus Lupin.” Malocchiò spostò il sigaro dall’altro lato della bocca, stringendolo fra i denti. “Se fossi stato realmente pericoloso, ti avrebbe ammazzato lui stesso.”
“Lei conosce mio padre?!”
“I Potter, gli Scrimgeour, gli Shackebolt, i Dawlish...con chi credi che lavorino tutti gli Auror di alto livello, se non con le reti di spionaggio del Ministero? Cristo, pensavo fossi più intelligente di così.” bofonchiò lui, andandosi a sedere. “Tuo padre era uno dei migliori Spyror in circolazione. E anche un discreto Cacciatore di Creature oscure. Abbiamo fatto parecchi bei lavoretti insieme...e mi ha fornito anche parecchie informazioni utili. Certo, è anche un gran figlio di puttana. Non esiterebbe a tradire il suo migliore amico, se servisse alla causa. Forse il suo pregio migliore, eh! Crudele e gelido come il ghiaccio...me lo ricordi, per certi versi.”
Tutta quella manica di informazioni lo stava travolgendo. Si sentiva confuso, disorientato… ma ciò non gli impedì di irrigidirsi.
“Non sono come lui.” sibilò subito, gelidamente. Questo fece divertire l’Auror ancora di più.
“Deduco che una carriera negli Spyror quindi non ti sembri un’idea allettante. Eppure essere figlio di tuo padre ti aprirebbe un sacco di porte.”
“Mi ha fatto chiamare per parlare delle mie aspirazioni lavorative?!”
Era incredulo!
“Ero curioso.” Ammise Moody. “Volevo vedere con i miei occhi perché Albus Silente ti abbia permesso di venire in questa scuola...e perché Lyall Lupin ti abbia lasciato in vita.”
“Le risponderei perché sono suo figlio, ma a quanto pare lo conosce bene.” rispose Remus a denti stretti, sedendosi a sua volta.
“E ora conosco bene te.” replicò lui, serafico, intrecciando le dita sotto il mento. “Un autocontrollo straordinario, devo ammetterlo. Nessuno resiste all’incantesimo dello scambio equivalente, la prima volta. Ma la velocità con cui te lo sei fatto passare ha dello straordinario. Quasi come se sentire le emozioni altrui nella propria testa sia un’abitudine…”
Remus cercò di regolare il proprio respiro. Aveva come la sensazione che Malocchio Moody potesse perfino sentire i battiti del cuore delle persone, o quanto velocemente il sangue scorresse loro nelle vene. Non sembrava nemmeno umano. Non aveva mai conosciuto un mago del genere. Solo i Potter gli erano superiori, ma di molto poco.
“Immagino sia stata fortuna…”
“Ed il modo in cui hai ritirato i denti pur di non mordermi, riuscendo a frenarti nonostante un tale stato di adrenalina...non male, per un lupo così giovane. Anche i Mannari adulti avrebbero difficoltà, una volta innescata la furia…o la fame.”
“Forse…” non riuscì a trattenersi Remus, con una punta di fastidio. “Non sarebbe un risultato così impareggiabile per gli altri lupi mannari, se solo non fossero ridotti a vivere una vita da fuggiaschi nei boschi!”
“Perfettamente d’accordo.” lo stupì Moody. “Ne ho ammazzati tanti, che avrebbero potuto essere facilmente recuperabili.”
La frase cadde tra loro come una mannaia, dandogli la nausea. Decise che era il momento di levare le tende.
“Voglio diventare un Auror.” disse solo, freddamente.
“Lo so.” sorrise Moody. “Come avrai notato, mi piace farmi un’idea dei miei futuri sottoposti.”
“Mi accetterebbe nella sua squadra?” Remus era con una mano sulla maniglia, ma si voltò inarcando un sopracciglio.
“Non lavoro in squadra da un sacco di tempo...ma perché no. Sono tempi difficili. Ovviamente, se non diventerai un pericolo. E’ presto per constatarlo.”
Non c’era più nulla da dire, dunque. Era entrato credendo di venire eliminato, e stava uscendo con una proposta di lavoro in tasca.
“Eliminato…” sembrò leggergli nel pensiero Malocchio. “Hai detto ‘eliminato’. Non ‘ucciso’.”
Questo bloccò il maghetto il tempo sufficiente perché potesse aggiungere: “Dovresti essere tu per primo a credere di poter essere una persona normale, ragazzino. E’ importante crederci, capisci? O si rischia di diventare tali e quali a quelli là fuori. Perduti...senza speranze. Mostri affamati di carne che indossano solamente le loro facce umane. Sì, certo, la Società ci mette del suo. Ma è soprattutto l’assenza di speranza a renderli così… e quella viene da dentro. Sai, Ninfadora Tonks è la mia protetta. E’ insopportabile...come uno di quei cagnolini felici che ti fanno la pipì addosso quando ti vedono. Tuttavia, mi rifiuto di aver perso tutto quel tempo a sentire le sue chiacchiere estenuanti per niente, non so se mi spiego. Non importa ciò che dice Silente. Se riterrò che tu possa diventare un pericolo per lei o per gli altri studenti, non esiterò a farti del male.”

Un sorriso e delle lacrime. Tonks sorrideva sempre, anche quando piangeva.
Scusa.”

Il lupetto sospirò.
“Sì.” rispose. “Non è il primo che me lo dice.”






Sirius Black trovò sua cugina nella serra di Erbologia numero 3.
Di spalle, raggomitolata in bilico su un panciuto cespo di paglia come un piccolo gufo, sarebbe apparsa una bella statuina se non fosse stato per il suo braccio sinistro, che aveva reso più muscoloso per tenere pigramente a bada una pianta carnivora che si agitava nella sua presa con tutta l’aria di volerla divorare in un boccone.
Così.
Senza fare una piega.
La teneva lontana con una mano senza nemmeno girare la faccia, come se non fosse nemmeno presente.
Il sole entrava in soffici ondate attraverso le vetrate polverose che si allungavano fino al soffitto, e stava animando un po’ tutti i fiori della serra. Tutta la vegetazione danzava e spruzzava profumi e polline dai toni vivaci nell’aria, ma Ninfadora sembrava come sbiadita.
Unica nota di colore, la sua enorme sciarpa gialla avvolta attorno al collo.
Non sobbalzò nemmeno quando Sirius fece saltare per aria la pianta zannuta, anche se sospirò.
Ignorando il fumo acre che si levava dalla stronzetta verde, si girò verso di lui che si stava bellamente accendendo una sigaretta con le sue foglie in fiamme.
“Eddai. La Sprite ci aveva messo una vita a farla crescere così.” Sorrise mestamente.
“Avrebbe dovuto tenere a bada il suo stomaco.” rispose, sedendosi accanto a lei. “E’ la fine che fa chi cerca di mangiarsi un Black.”
“Chi ti dice che non volesse solo farmi le fusa addosso?” ironizzò la Grifoncina, accoccolandosi vicina a lui come in cerca di calore.
“Anche peggio.” sbuffò lugubre Felpato, facendola ridacchiare piano.
Aveva gli occhioni umidi e arrossati.
Avrebbe dovuto far saltare per aria Remus, altro che la pianta.
Sarebbe stato più facile che ritrovarsi lì, a cercare di consolare il cuore spezzato di una ragazzina di quattordici anni. Non era certo la persona più indicata per fare le coccole a qualcuno, per cui rimase in silenzio, avvolgendo le sue piccole spalle con un braccio e fumando in faccia alle altre zannute che, capito l’andazzo, si tennero bene alla larga.
Che strana situazione. Due Black abbracciati l’una all’altra. Come due metà della stessa mela.
“Come hai legato con la mamma?” chiese ad un certo punto Tonks. “Lei parla sempre di te. Gli occhi le diventano tristi quando ti nomina.”
Andromeda.
Il suo nome scatenò dentro di lui una serie di ricordi bellissimi, e dolorosi. Andromeda, bella ed elegante come una dea, che gli accarezzava la testa con una dolcezza disarmante. Andromeda che gli prometteva che sarebbe tornata presto...per poi non tornare più. Andromeda che profumava di fragole… Tonks aveva un odore molto simile, per certi versi.
“Mio fratello…” si schiarì la voce, come se il termine ‘fratello’ gli si fosse incastrato malamente in gola. “Un giorno trovammo un pennuto e lui se lo volle tenere a tutti i costi. Era un obbrobrio senza piume, minuscolo, ma faceva un baccano del diavolo e nasconderlo ai nostri genitori era difficile. Un giorno, vennero a trovarci i tuoi nonni, con tutta la stirpe di vipere al seguito, figlie comprese. Inutile dire che Narcissa annusò l’intrigo e mise la pulce nell’orecchio a Bellatrix, per la quale divenne una vera e propria missione scoprire quello che stavamo nascondendo sul tetto. Ci stava quasi riuscendo ma poi arrivò lei e si mise di mezzo. Entrò nella stanza come una scheggia e solo con la sua voce fece una vera e propria magia. Ora che ci penso, Andromeda era l’unica che riusciva a distrarre e rimettere in riga quelle due oche. Non con la violenza o la paura, come faceva Nartrix...in un modo diverso. Bella e Cissa sembravano venerarla, pendevano dalle sue labbra. Non so come tua madre scoprì dell’uccello, fatto sta che ci tolse dai guai in un battibaleno. Ricordo che mi fece l’occhiolino e si mise un dito davanti alla bocca, come a dire ‘abbiamo un segreto solo nostro, ora’. Non so...mi tenevo sempre alla larga da tutti ma Andromeda aveva qualcosa di figo. Una sorta di fierezza nel viso… mi incuriosiva. Era un po’ una sorta di mito!” finì ridendo, un po’ in imbarazzo. “Ed era l’unica parente di cui mi fidassi, a parte zio Alphard, che però era spesso lontano. Ne abbiamo combinate un sacco, insieme!”
“Ricordo questa storia.” Tonks sorrise dolcemente, prima di agghiacciarlo. “Regulus me ne ha parlato, qualche volta.”
Si girò così velocemente che si fece male al collo.
“Parli con Regulus?!”
Lei non si fece minimamente scalfire dalla sua occhiata. D’altronde era figlia di Drome.
“E’ una persona davvero sensibile. Spesso è triste, sai?”
“Tonks.” soffiò il Grifondoro, prendendola per le spalle e guardandola serissimo. “Devi promettermi di stare alla larga da lui...da tutti loro. Non sai davvero con chi hai a che fare!”
“Lo so, invece.” sussurrò lei, piantando gli occhi nei suoi e facendolo sentire un po’ una cacca. “In ogni caso, ci parlavo ogni tanto quando non avevo il mio vero volto...Regulus non si ricorda più nemmeno una parola! Come chiunque altro.”
La sensazione di essere una cacca divenne più forte. Ecco chi erano i Black. Gente che costringeva bambini Metaformagus ad estendere il loro potere fino agli estremi pur di sopravvivere.
La sua famiglia...rovinava tutto ciò che toccava. Tonks...non era come loro.
Era dolce, e meravigliosa, e avrebbe meritato di venir ricordata da chiunque. Avrebbe dovuto fare amicizia e vivere la propria vita scolastica come una bambina normale. E lui...forse avrebbe dovuto fare di più per lei. Per sua madre. Glielo doveva, in fondo.
Si fissò le vene sulle braccia senza riuscire a resistere.
Avrebbe mai smesso di fargli schifo, quel sangue che gli scorreva dentro?
“Smettila.” esclamò Tonks severa, dandogli un colpetto.
“Eh?”
“Fai sempre così! Lo vedo, sai? Ti colpevolizzi di ogni cosa facciano i Black!” la streghetta balzò in piedi. “Accetto il fatto che tu faccia saltare per aria le piante carnivore, accetto il fatto che ti sei fatto l’idea di dovermi proteggere da tutto, ma non che tu lo faccia per un qualche tipo di senso di colpa da masochisti!”
“N-no… non è per senso di colpa…”
“Ecco, bravo! Noi siamo una famiglia, per cui ci proteggiamo a vicenda… perchè ci vogliamo bene! Non perché ci sentiamo in debito!”
Gli puntò l’indice contro la fronte, sfidando a contraddirla. Sirius rise, spettinandole i capelli, che erano tornati del loro solito rosa pallido.
“Peste…”
“Davvero… ho convissuto con l’essere invisibile per anni. E’ stato difficile, ma non ho intenzione di farmi abbattere. Anche se…” la voce le si fece fioca. “...Anche se a volte, ho la schifosa sensazione di essere ancora invisibile…”
Sì, avrebbe dovuto far saltare per aria quel dannato Lupo Mannaro. Non gli era mai capitato di dover scegliere tra Branco e famiglia. Prima la scelta era ovviamente scontata… ma ora…
“Non sei invisibile, nanerottola.” Sorrise profondamente, dandole un buffetto. “Ti prometto che i tuoi giorni migliori dovranno ancora arrivare. E che chi ti vuole bene non si scorderà mai più di te.”
“TOOOOOONKS!”
Come chiamata col megafono, Lily Evans irruppe nella serra con crema pasticcera nei capelli e il nasino arrossato dal vento freddino di febbraio.
“Si può sapere dove cavolo eri?! Ti ho cercata dappertutto!” abbaiò, ansimando come una matta. “L’incantesimo di Malocchio ti ha fatto male? Sappi che ora ho il potere di sporgere denuncia formale! Cioè, non proprio adesso, bisogna aspettare che venga eletto il Caposcuola ma...mancano pochi giorni! Basta una parola e lo facciamo fuori! Anzi, sai che ti dico, preparo già le carte…!”
Si interruppe solo quando Tonks la strinse forte per la vita, affondando il viso contro il suo maglione.
“H-hey, e questo per che cos’è?” balbettò stupita, sentendosi stringere forte.
“Per esserci.” sorrise Tonks, sentendosi un po’ meglio.
Per ricordare.

Punz.

“E BASTA CAZZO! MA PURE QUI!”
E poi, furono entrambe investite da una tempesta di bestemmie da far spavento. Uno dei Cupidi aveva di nuovo beccato Sirius.





Non fossero bastati degli sgorbi centometristi a pungere il sedere di tutti, ci si era messo pure Lumacorno a rendere quella giornata un triste inferno per chiunque avesse attributi maschili sotto la divisa.
Era stato forse l’unico professore ad aver trovato ‘deliziosa’ quell’idea, e si era proposto di fare una ‘lezioncina speciale’ sui filtri d’amore.
Come se alle marmocchie allupate di quella scuola servissero lezioni, poi… era la prima cosa che imparavano a creare lì dentro!
“Porca puttana, ditemi dov’è la Harpies perché giuro che la strangolo!”
Ciò non aveva certo aiutato a risollevare l’umore a una certa combriccola di nostra conoscenza.
“Niente da fare, eh?” ironizzò Peter, scoccando al gruppetto un’occhiata di traverso. “La McGranitt non ha accolto le proteste sui Cupidi volanti?”
“NO.” sibilò lugubre James, massaggiandosi le natiche. “Dice che non può farci niente...e non solo, ci ha anche rotto le palle perché dovremmo trovare un sostituto per Paciock quando partirà in Erasmus per Durmstrang! Dove diavolo lo trovo un Battitore all’ultimo minuto?!”
Il resto della giornata era passato relativamente tranquillo...se per tranquillo si intendeva vedere i maghi correre qua e là braccati da centinaia di Elfi selvatici vestiti da angeli.
La spedizione all’ufficio della Vicepreside non aveva dato i frutti sperati ma anzi, aveva solo raggiunto lo scopo di aumentare l’emicrania della McGranitt che si era dovuta sorbire due ore di lamentele.
Ma a quanto pare, tra schifare la festa di San Valentino e vedere quella marmaglia di piccoli criminali venire usata come tiro a bersaglio, la loro amata insegnante aveva preferito senza dubbio la seconda opzione.
Lily fece un sorrisetto, scoccando un’occhiata a Cristhine.
Come termine della giornata, Corvonero e Grifondoro avevano Pozioni assieme, e loro se ne stavano a braccetto a qualche metro di distanza dai Marauders per evitare di venire trascinate nelle loro lagne, sorseggiando frullati da cannucce colorate e godendosi segretamente ogni ‘punz’ con un bel po’ di sadismo tutto femminile.
Tuttavia, la Corvoncina non ricambiò il sorriso, concentrata a fissare le loro schiene con una strana espressione.
“Non ti sembra però che ci sia uno strano clima?” sussurrò infatti, acuta osservatrice come al solito.
Se ne era accorta anche Lily. Era diventata brava a leggere fra le loro righe. Tra di loro sembrava tutto normale, sorrisi, battutacce, eppure si percepivano come gli strascichi di una insolita tensione… qualcosa nelle spalle, nei silenzi fra un ghigno e l’altro.
“Hmmm…”
“Hey, tu…”
James le mise le mani sulle spalle sussurrandole all’orecchio e facendola sobbalzare.
“C-come accidenti hai fatto a venirmi dietro?!”
“Ce lo chiediamo tutti da sette anni.” colse l’occasione Sirius, beccandosi un’occhiataccia.
“A-ah, spiritoso!”
Cercò una facile battuta per rimandare al mittente la sferzante ironia quando il maghetto dagli occhi d’oro le puntò un dito sulla guancia, distraendola con il suo sorriso luminoso come l’estate.
“Hai della crema pasticcera sullo zigomo!” cinguettò, deliziato come non mai.
Arrossì vistosamente, ed il sorriso di James si espanse.
Ma tu guarda! Quasi quasi gliela spediva con un elfo anche lei, la cioccolata!
“Che lezione abbiamo adesso?” chiese distrattamente Remus, come se si fosse ricordato solo in quel momento di essere lì con loro.
Lumacoso.” sbuffò James. “Lezione sui filtri d’amore.”
“Ammazzatemi.” supplicò Sirius, la cui avversione per quella giornata stava raggiungendo apici estremi. “Sul serio, un colpo e via. Non soffrirò tanto.”
“E allora che gusto c’è?”
“Non credo sia molto etico fare una lezione su come drogare i sentimenti dei ragazzi. O delle ragazze…” mormorò Cristhine, dando pacchette consolatorie al suo fidanzato.
“A proposito di droga.” Black si frugò nelle tasche. “Avrò bisogno di una spinta per arrivare a fine giornata… ve li fate due tiri?”
“Anche subito.”
“Riuscite a passare un’intera giornata senza fumarti una canna?” masticò fra i denti Lily, ma fu subito interrotta da un grido di disperazione pura. “E adesso che ti prende?!”
Black si frugava nelle tasche con le orbite di fuori, incredulo. L’intero gruppetto fu pervaso da un brividino… e da una seria di tic nervosi davvero ridicoli a cui fortunatamente nessuno tranne Lily fece caso.
“NO! NON CI CREDO!”
“Calmati.” sibilò Lupin, e c’era da prenderlo in parola perché la palpebra di Peter faceva su e giù alla velocità della luce.
“LA ROBA!” Esplose Black, in preda alla disperazione più nera. “Quella dannata pianta carnivora mi ha fregato la roba prima di saltare per aria!”
“Magari era sua figlia.” berciò James sarcastico, scrollando le braccia per levarsi il nervoso di Sirius di dosso. “Che carine, due piantine che si sono ritrovate dopo un lungo viaggio…”
Per tutta risposta vennero spettinati dalla forza dell’ugola di Felpato.
“PIANTINE?! PIANTINE?! Ci ho messo tre mesi a farle diventare lo spettacolo che erano, accidenti a tutti voi!” Black si mise le mani nei capelli. Di lì a breve gli sarebbe venuta un’urticaria di sicuro. “Odio questa giornata! Ma che ho fatto di male nella vita, eh, me lo spiegate?! Volevo solo passare il pomeriggio seppellito da qualche part…E TU STA’ FERMO CON QUELLO SPIEDO, GNOMO!!!”
Ruggì così forte che l’elfo a momenti venne spazzato via.
Quello rimase immobilizzato nel gesto di pungergli il regale deretano con la sua orrenda freccetta a forma di cuore dorato mentre tutti si voltavano verso di lui.
“ME LA PRENDO DA SOLO LA TUA CAVOLO DI LETTERA! SPARISCI!!!”
A questo punto la voce di Sirius aveva raggiunto una nota isterica e, mentre strappava in mille pezzettini la busta con in sottofondo le risate degli altri, Cristhine pensò bene di coccolarlo un po’.
“La ragazza che te l’ha mandata potrebbe averti visto.” ridacchiò, scoccandogli un bacio a fior di labbra che lo ammansì immediatamente. “Insensibile.”
“Mi importa solo della tua, di cioccolata.”
“L’hai assaggiata?” si illuminò lei, e quel sorriso dolce spazzò via ogni traccia di malumore.
Le massaggiò la punta del nasino pieno di lentiggini con il polpastrello, sollevando gli angoli della bocca pieno di tenerezza.
“Volevo mangiarla assieme.”
“Dopo Lumacorno. Promesso.” giurò Cristhine solenne, invitandolo a resistere un altro po’.
Lumacoso.” la corresse Potter.
“Smettila di prenderlo in giro, è un bravo professore!” sbuffò Lily.
“See, solo perché sei la sua cocchina. Lo difendi solo perché non fa altro che darti ‘eccezionale’!”
“Io me li guadagno gli 'Eccezionali', Potter!”
“E si può sapere che fate tutto il tempo?! Ultimamente ti vede più il professore di Pozioni che chiunque altro!”
La ragazza si ammutolì di botto, irrigidendosi. Che facevano? Cose illegali. Cose da Marauders. Cose che, di certo, un bravo Caposcuola non avrebbe mai fatto.
Poi lo fissò con un piccolo ghigno.
“E’ gelosia la tua, James?”
“Gelosia? Io? Tsé!” si limitò a dire lui, ma evitò il suo sguardo. Un campanellino le suonò nella testa, trillante come non mai.
“Sei geloso!”
Ultimamente erano stati così tanto impegnati che si vedevano poco...e lui...lui sentiva la sua mancanza!
Chissà perché… la cosa la rendeva così felice…
“Non è vero!” Soffiò lui imbronciato, gonfiando le guance.
“Sì, sì! Sei geloso marcio! Ma guardati, come sei tenero!”
“Waaa! Lily smettila!”
“E adesso sei imbarazzato! James Potter in imbarazzo!”
Rise osservandolo passarsi le mani nei capelli con il suo solito scatto istintivo, arrossendo.
Oh, com’era carino, alle volte…
Fece per ridere quando...qualcuno la imitò.
Si voltò di scatto con un brivido potente che le corse giù per la schiena ed il braccio di James scattò in automatico a coprirle le spalle, ma questa volta riuscì a divincolarsi prima che la presa a calamita diventasse troppo forte fra loro.
“Hey, tutto bene?” James aveva ancora il braccio sollevato e l’aria un po’ turbata. Gli altri li guardavano perplessi.
“La risatina…” mormorò Lily, guardando oltre il corridoio. “L’avete sentita anche voi?”
“Quale risatina?” il volto del suo ragazzo cominciò a rilassarsi di nuovo. Il suo braccio ricadde sul fianco. “Niente battute sul ‘fare cilecca’ o te la faccio pagare, Rossa!”
Ma faceva veramente cilecca, il suo potere di Famiglio? Era la seconda volta che qualcosa stuzzicava quello strano legame che si era creato fra loro.
Cercò di scrollarsi di dosso la sensazione di essere spiata… e il motivo per cui quel ridacchiare le mettesse il ghiaccio nel sangue. Era la seconda volta che lo sentiva… ed ora aveva capito.
Quella voce era...era la sua stessa voce.
“Arrivo subito.” borbottò, piantandoli lì e iniziando a correre.
“Hey, ma dove vai?” le gridò dietro James, vedendola sparire oltre l’angolo. “Ma tu guarda…è San Valentino e nemmeno gli passa per la testa di passarlo col suo ragazzo! Paddy vieni subito qui, ho bisogno di affetto!”
Quello alzò gli occhi al cielo.
“E con questa, la giornata si può dire conclusa.”
Non sapeva quanto si sbagliava…




Una volta era coincidenza, ma due volte no. Lily Evans corse in direzione della voce con un pelo di irritazione.
Che qualcuno le stesse combinando un altro tranello? I Black? Malfoy?
C’era qualcosa sotto… ma era stufa marcia di aspettare indifesa che arrivassero le trappole!
Tuttavia, come girò l’angolo...l’unica cosa che vide fu un grande specchio d’avorio lavorato in arabeschi, un paio di quadri addormentati e una cassapanca sulla quale fumava pigramente… Liu Chang.
Aveva la schiena appoggiata al muro e lo sguardo fisso al soffitto, vacuo...i capelli d’inchiostro - tagliati corti e sfilacciati ai lati del viso e lasciati lunghi sulla schiena - che ricoprivano la pelle di burro e calzamaglia strappata in uno stile un po’ punk che su di lei era in qualche modo elegante.
Si bloccò a fissarla, e per un folle attimo ne rimase affascinata. Sembrava quasi vulnerabile… fino a quando non si accorse della sua presenza, e il viso le si raggrinzì in una smorfia di fastidio.
“E tu che vuoi?” sbottò, storcendo il naso. “Se mi togli punti per la sigaretta me li faccio ridare da Ratcliff in un secondo, per cui risparmiati la fatica.”
Ogni singola parola che le usciva dalla bocca riusciva a suonare maligna, assurdo. Ma questa volta non ci fece caso.
“Hai...c’era qualcuno, qui?” chiese, guardando da una parte all’altra.
Quella inarcò un sopracciglio.
“Prego?”
“N-no...nulla. Scusa...” borbottò, improvvisamente a disagio. Era un corridoio vuoto. E non era più nemmeno così sicura di aver sentito davvero ciò che aveva sentito…
“Tesoro.” Liu Chang sorrise freddamente, riportandola sul pianeta terra. “Non dovresti mai chiedere scusa alla gente di Hogwarts, a meno di non voler concedere un vantaggio.”
“Non sono tutti come te, sai?” non riuscì a trattenersi, guardandola irritata. “Non tutti hanno sempre un secondo fine!”
“Oh, non ne hai idea.”
C’era improvvisamente qualcosa di furbo nel sorriso di Liu che le fece venire solo voglia di levare i tacchi e andarsene via.
Le voltò le spalle sperando di chiudere quella situazione scomoda, quando lei disse l’unica cosa in grado di sferzare l’animo di un Grifondoro.
“Sembravi spaventata, sai?” sibilò suadente, perfida. “Qualcosa ti fa paura, piccola Prefetto?”
“Non c’è nulla che mi faccia paura!” ribatté lei, a costo di suonare falsa. Oh, l’orgoglio… il peccato più grande di tutti i Grifoni…
Liu diede un tiro di sigaretta e si godette l’effetto delle sue parole, la testa leggermente inclinata all’indietro. Si limitava a sorridere, un piccolo sorriso malizioso, come se stesse per fare l’occhiolino.
“Dovresti averne, invece.”
“Che intendi dire?”
“Con uno come James Potter… c’è sempre di cui aver paura. E’ questo il fascino.”
“Tu non conosci James.” tagliò corto Lily, freddamente.
Improvvisamente un lampo di fastidio e arroganza le attraversò gli occhi a mandorla.
“E tu, invece, pensi di sapere tutto, eh?” sibilò, con odio. “Lascia che ti dica una cosa, tesoro. I Marauders erano un perverso casino prima e rimarranno un perverso casino anche quando si stuferanno di te. E James Potter è il più incasinato di tutti.”
Si alzò in piedi, oltrepassandola.
“Te ne accorgerai presto.” le sussurrò all’orecchio, prima di andarsene...e lasciandole un brutto presentimento in corpo.
Come un cattivo presagio.





Malocchio Moody era immerso nella lettura da qualche minuto. Finalmente la scuola iniziava a quietarsi… e le voci dei marmocchi farsi più lievi. Ricordava a malapena gli anni passati a scuola, ormai. E doveva ammettere che non gli mancavano affatto. Erano rare, le cose che mancano ad un Auror. Nella testa, soltanto la missione. La prossima sfida. La prossima morte.
Dovette ammettere però, che ritornare in mezzo ai giovani non si era rivelato così fastidioso come pensava. Anzi, c’era stato perfino qualcosa in grado di solleticare il suo interesse.
Il sole iniziava a calare...le ombre languivano.
E una di esse, si staccò dalla parete...ma non entrò nella luce.
Rimase quello che era...un’ombra.
“Allora?” chiese l’uomo.
Pochi preamboli, come era sempre stato. Voce imperiosa, gelida. Anche nel buio, gli occhi argentei brillavano come fari di un auto. Niente scalfiva quel freddo.
“Allora, cosa? Che ti aspettavi, Lyall?” ghignò Moody, sarcastico.
“Sai cosa mi aspetto di sapere.”
Lyall Lupin avanzò di un passo...ma la fiamma non riuscì ad animare quel suo viso. Capelli biondi portati corti, una mascella tagliata con l’accetta e due occhi da falco, taglio sottile, aguzzi verso le sopracciglia, che sapevano uccidere. Silenzioso come tutti gli Spyror. Come se appartenesse al buio stesso. Un’ombra tra le ombre. Infame e volubile.
“Non sono un tuo servitore. Prova a chiedermelo per favore.
Non ottenne altro che silenzio.
“Fanculo.” Malocchio sorrise, prima di versarsi del whisky invecchiato in un calice di cristallo. “Anche volendo aiutarti, potrei darti solo un’idea approssimativa di come mi è parsa la situazione.”
“Dimmela lo stesso.”
“E poi che succede, Lyall? Che succede, se ti confermo quello che credi?”
Ancora silenzio. Ancora gelo.
“Cristo, è tuo figlio.” l’Auror ghignò stancamente. “Non può non farti effetto.”
“E a te, da quando lo fa? Stai invecchiando, Alastor.”
“O forse sei invecchiato tu. Velocemente, improvvisamente...e il tuo corpo si è scordato di dire all’anima che sei ancora vivo, e così l’hai perduta.”
“Come tutti noi.” Tagliò corto l’uomo in modo quasi distratto, come se parlassero di qualcosa di poca importanza. “Se è come temo che sia, farò ciò che è giusto fare. E anche Remus. Sa bene quali sono le sue responsabilità. ”
“Che un padre debba ammazzare suo figlio non è mai parso giusto.”
Un angolo della bocca si sollevò impercettibilmente. Un gesto calcolato, voluto. Labile come fumo. Non un vero sorriso. Lyall non sorrideva mai per spontaneità. Un tempo, forse...ma ora… non più. Sangue purissimo, portamento da nobile...e il muscolo che gli batteva in petto diventato un ormai un pezzo di pietra.
“Come dicevo, sei invecchiato. Ti si è fatto molle il cuore.”
Moody sorseggiò un altro po’ di quell’alcolico acre e fumoso, sentendo come del veleno acido in bocca. Chissà in quale momento della sua vita tutta quella merda aveva iniziato a dargli come un senso di nausea.
“Ho visto un bagliore rosso, negli occhi del tuo ragazzo.” disse, dopo un lungo silenzio. “Ma potrebbe non essere l’Erede. In effetti, credo che non sia lui.”
Lupin Senior si chinò. Molto, molto lentamente su di lui. Ora, i suoi occhi bruciavano...e si contraevano in modo sottile, impercettibile.
“Stai dicendo la verità…” sussurrò, sempre più atono. “...O è un tentativo di salvare la vita a mio figlio?”
“E’ il tuo lavoro scoprirlo, no?” Moody non si lasciò scalfire...e si accese un sigaro a pochi centimetri da quel viso glaciale, inumano. “Dimmelo tu, se mento.”
Lui batté le ciglia una sola volta, con lentezza. Un altro gesto calcolato, per sembrare più umano, più suadente. Aveva le ciglia chiarissime, quasi diafane...che davano a suo sguardo un’aria ancora più alienata e distante.
“Non lasceresti tutta una scuola in pericolo per salvare la singola vita di un Lupo Mannaro.” stabilì infine, risollevandosi. “Mi fido ancora del tuo giudizio, Moody.”
“Sembri quasi deluso, sai?”
Deluso...forse lo era davvero. Forse l’idea di cercare ancora era meno allettante di quella di sbarazzarsi della creatura che aveva messo al mondo.
Chissà da quando la sua missione aveva preso il controllo delle loro vite...di ciò che era importante.
Ma probabilmente sapeva già la risposta. D’altronde, c’era stata una parte della vita del capo degli Spyror in cui i suoi sorrisi erano sinceri...rivolti a una donna eccezionale.
Come captando i suoi pensieri, l’uomo si riagganciò il mantello al collo.
“Continuerò a cercare.” sussurrò, sparendo di nuovo nelle ombre.
Lo avrebbe fatto. Fino alla morte, ne era certo.
Come tutti loro.





San Valentino era passato. Quella sera, tutti i maghetti si trascinarono nelle loro stanze con l’aria dei sopravvissuti, mentre gli ultimi palloncini rosa scoppiettavano flebilmente sopra le loro teste.
James Potter si accasciò sulla poltrona buttando la testa all’indietro e godendo del calore del caminetto. Per qualche secondo, non ci fu più nient’altro.
“Devi dircelo.”
Poi, di nuovo la normalità.
“Scordatevelo.” Peter si accucciò ai suoi piedi come un cucciolo, stringendo al petto con aria protettiva l’ultimo dei suoi cioccolatini.
Sì. Aveva ricevuto dei cioccolatini.
“E’ la regola.” infierì ancora Sirius, sadico come il demonio.
“Non esiste nessuna regola!” Codaliscia sbuffò, cacciandosi in bocca l’ultimo boccone. “Rem, aiuto!”
“Ti ricordo che eri presente anche tu, quando mi avete fatto cantare col Veritaserum.” ribatté quello, scoccandogli un’occhiataccia.
“Ma era stata un’idea di James!”
“Oh, ma sarai infame!” Potter sghignazzò e gli batté un pugno sul capo. “Ci vuoi spiegare perché non intendi dirci chi è la tua ammiratrice?”
“Perché vi conosco, voi demoni!” sibilò il Grifoncino, assottigliando gli occhi. “Pensate alla vostra, di cioccolata, piuttosto!”
Giusto.
James allungò il naso oltre la Sala Comune, verso la stanza delle ragazze. Lily non si era fatta vedere tutto il resto della giornata...probabilmente ci era andato giù troppo pesante con le sue tecniche di seduzione. Con il risultato che quella se l’era filata! Ma d’altronde, quella crema pasticcera sul viso non mentiva!
“Toh, se ci tenete tanto al cioccolato, qui c’è una scatolina!”
Peter agguantò una confezione bianca sul tavolo, lanciandogliela sulle gambe senza tante cerimonie.
“Hn… Sì! È una scatoletta abbandonata!” esclamò con allegria, sciogliendo il nastro alla velocità della luce.
“Non li puoi mangiare, non sono per te!” sbottò Remus.
“E’ qui che ti sbagli…” esclamò James, furbetto. “C’è scritto il mio nome, sopra!”
E in effetti, la scritta ‘per James Potter’ troneggiava in bella vista sul biglietto che Black agguantò prontamente.
“Allora, chi è stavolta? Una timidona, eh?” cinguettò Peter, cercando di allungare il naso. “Tassorosso? La Brinkam? Ti stava puntando, a pranzo!”
Il ghigno di Black fu tutto un programma.
“No. Lily Evans.” annunciò.
Tempo due secondi netti, e Potter si lanciò contro di lui. Quello alzò il braccio in alto, mentre con l’altro si preparò all’impatto, con il risultato che si scaraventarono contro le poltrone rovesciandole all’indietro.
Ci fu il rumore di una sana colluttazione e qualche grugnito, e pure di qualche cartone ben assestato, ma alla fine Ramoso ne uscì vincitore.
“Ma sarai stronzo! Almeno facceli assaggiare!”
“Giù le mani, randagio!”
Ora era James a proteggere il suo tesoro con aria minacciosa, sfidandoli ad avvicinarsi.
“Che plebeo! Rem, digli qualcosa!”
“Non vado matto per i dolci.” replicò il lupetto, serafico.
“Il cioccolato fa male ai cani, non lo sapevi?” cinguettò James, balzando sul tavolo per portarsi in salvo.
“Perché, ai cervi fa bene?!”
Lui non rispose, scartando la confezione bene attento a stare fuori dalla portata di chiunque. C’erano dei cioccolatini finemente elaborati, scuri e lucenti di una sottile glassa rosso sangue. Erano a forma di rosa.
“Ah, e va bene, mangiateli pure! Per quel che ne sappiamo la Evans potrebbe averci messo del veleno!” sbuffò Felpato, mentre se ne ficcava tre in bocca prima di aprire il biglietto.

Per James Potter.
Sii libero.
Lily.”

E quello, che stava a significare? Che ragazza strana…
“Beh, come sono?” chiese Peter, sinceramente curioso. “Dalla faccia che stai facendo, sembra ci sia dentro del veleno davvero!”
“Sono buoni.” rispose James, in tono stranamente afono. Ci fu qualcosa nella sua voce che finalmente stuzzicò l’attenzione di Remus, riportandolo tra loro. Sollevò gli occhi chiari su di lui, corrucciando appena le sopracciglia.
“Tutto bene?”
James non rispose.
“Intossicazione da cioccolata?” mugugnò Black, pensando bene di rollarsi una canna presa in prestito per chiudere in bellezza. “Ci credo, sei un pozzo senza fondo.”
Il ragazzo sorrise. Freddamente.
“Vado.” disse solo.
“E la partita a Gobbiglie?”
“Semmai dopo.” replicò, allentandosi la cravatta.
“James...” insistette Remus, ora leggermente inquieto.
“Starà benissimo, visto che va da Lily.” ridacchiò malizioso Peter, ma Lunastorta non ricambiò il sorriso. C’era qualcosa di strano...una sensazione spiacevole.
Il Grifondoro afferrò la sua scopa, spalancando la finestra. Una folata di vento trasportò foglie e brina dentro la stanza, scompigliandogli i capelli, i lembi della giacca.
L’adrenalina corse nelle vene del branco come un’ondata incandescente, facendoli trasalire.
“Hey, datti una calmata, o è la volta buona che scappa davvero.” ironizzò Sirius, cercando di ignorarla senza riuscirci.
“Sei sicuro di stare bene?” mormorò Rem, serio.
James si voltò verso di loro. I suoi occhi dorati ardevano...come fiamme perenni. Incandescenti,
febbricitanti… e in qualche modo, cattivi.
“Mai stato meglio.”
La notte inghiottì la sua figura, senza riuscire però a ingurgitare quel suo lieve bagliore… come frammenti di polvere d’oro sospesa nell’oscurità.
E da qualche parte nella scuola, Liu Chang sorrise dolcemente alle tenebre...sentendo finalmente su di sé il richiamo puro di un Incantatore.







Sii libero.
Sii mio.
 

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Capitolo 58
*** Malicious. ***


Salve gente!
Eccoci di nuovo qui, per l’ennesimo appuntamento con i nostri marauders. Che dire.
Quando scrissi questo capitolo ero particolarmente giovane e, forse, non trattai con la dovuta considerazione un tema che è delicato. Ed è stato particolarmente difficile da scrivere perché, se da un lato non mi andava di romanticizzare troppo una determinata situazione, dall’altro ho dovuto per forza di cose rendere la suddetta un po’ ‘spicy’, senza però snaturare troppo la natura ingenua e giovanile della fanfic.
Spero di aver fatto un buon lavoro e di non aver reso il tutto eccessivamente volgare.
Tutto qui.
Vi lascio al capitolo!
Sarah

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Lily Evans si grattò il mento con la punta della piuma. La stanza era vuota, silenziosa. Le altre Grifondoro erano fuori, a festeggiare o a cercare di dimenticare quel San Valentino assurdo in compagnia ben più piacevole di un tomo polveroso.
Presenze e Visioni, si chiamava. Ma non la stava aiutando di certo.
Si frizionò i capelli, mordendosi al contempo il labbro inferiore. Poltergeist, Banshee, Spiriti malvagi, Succubi, maledizioni...nulla sembrava dare una soluzione a quello che le stava capitando! Cosa erano quelle risatine, cosa era quella presenza che sentiva sempre più vicina? Davvero erano solo paranoie?
Continuò a ticchettare la penna Piuma sulla superficie del foglio, persa nei suoi pensieri.
Era stata così presa dalle sue indagini che aveva del tutto scordato l’orario...anche se la lettura, doveva ammetterlo, era stata superficiale. Paradossalmente, mancava di concentrazione.
La verità era che ultimamente si scopriva distratta.
Lo studio non la prendeva più come prima, e la testa vagava, in cerca di nuvole immaginarie con il suo volto.
Lo stesso che intravide fuori dalla finestra, dopo aver udito un insistente bussare.
Sbatté educatamente le palpebre, prima alzarsi, sorpresa.
“James!” esclamò, aprendogli. Il ragazzo stava in piedi sulla sua scopa nel suo solito sfoggio di spacconeria, avvolto dal vento.
La brezza scivolò tra di loro, smuovendo le tende in ampie volute, il suo mantello che si levò verso di lei come una coperta pronta ad avvolgerglisi contro. James ricambiò lo sguardo con un sorriso vacuo, le ciocche che si scompigliavano sulla fronte.
Ci fu un momento di silenzio, che lui non accennò a interrompere. Strano.
Poi, Lily fissò l’orologio.
Oh, accidenti! La cioccolata! San Valentino!
“Sarei scesa. Giuro! E’ solo che…”
“Studiavi.” Ramoso scoccò un’occhiata ironica ai fogli sparsi sul letto. “Non ti smentisci mai, eh?”
La ragazza gli fece la linguaccia e si sedette sul letto, infilando le pergamene nella borsa di cuoio cercando di non farsi vedere troppo agitata nel farlo. Non le andava di condividere le sue recenti inquietudini. Non ancora, almeno.
Non le andava certo di passare per matta visionaria! E poi, James era già fin troppo apprensivo così com’era!
Ma il ragazzo sembrava distratto. Non degnò della minima attenzione ciò che stava facendo, e prese a staccarsi il cinturino della cappa e a sciogliersi successivamente la cravatta, sfilandosela dal collo con il classico modo di chi è abituato a farlo da sempre.
Poi le scoccò un’occhiata di traverso, leccandosi le labbra. Le gambe nude, la vita stretta...scese con gli occhi come a volersi divorare ogni centimetro del corpo della sua Prefetto preferita, che tanto ossequiosamente cercava di nascondere sotto camicie perfettamente abbottonate e maglioni extralarge. Aveva una piuma della penna incastrata nei capelli scomposti, che le cadevano in disordine sulle guance accaldate. Un bottone della camicetta slacciato, all’altezza del ventre, probabilmente saltato via senza che se ne accorgesse mentre era sdraiata a studiare.
Chissà se era consapevole dell’effetto che faceva su di lui. E chissà perché, la cosa gli dava anche un po’ fastidio, adesso.
Impegnata com’era a nascondere le prove della sua paranoia, Lily non si accorse del modo in cui lui prese a fissarla fino a quando il silenzio e...qualcosa, di bruciante e intenso, non cominciò ad allungare le sue spire su di lei, scottandole la pelle.
Si voltò e lui la guardò negli occhi. Dorati e dilatati.
C’era qualcosa...una strana energia. Ora la sentiva. Le faceva rizzare i peli sulle braccia.
“James…” inarcò un sopracciglio, disorientata dal modo in cui le si era piantato davanti. “...Tutto bene?”
Lui mollò la scopa di botto e, veloce, troppo veloce, l’afferrò per i fianchi, stringendosela contro.
“H-Hey…!”
Fu così rapido che non fece nulla, lasciandosi sospingere all’indietro fino a sentire il muro di mattoni contro la schiena...e il corpo incandescente del capo dei Marauders premuto contro di lei.
Arrossì, sentendo il petto mancare di qualche battito. Il suo profumo la invase. Vento e libertà…e qualcos’altro. Un odore stonato, diverso.
Stirò un sorriso incerto, mentre lui la teneva così, ferma, con la fronte appoggiata alla sua e uno strano ghigno a mezza bocca.
“E allora?” ridacchiò dolcemente, sfidandolo curiosa di vedere dove volesse andare a parare e cercando però al contempo di darsi un contegno. “Non ti facevo così in cerca di attenzioni a San Valentino, sai?”
James parve come inspirare il suo profumo, saggiandolo sulla punta della lingua, assaporandolo. Poi si chinò su di lei.
E fece la sua mossa.
“Ti ho sempre voluta.” sussurrò con la bocca ad un soffio dalla sua gota e un tono di voce che non gli aveva mai sentito. “Lo sai? Sempre.”
Caldo, vibrante… uscì dalla sua bocca morbida e bella come una carezza, assieme a due occhi che sfavillavano di piacere.
Lei strabuzzò le palpebre, nella sua testa qualcosa fece click e non riuscì più a formulare un pensiero decente.
Cosa...che gli prendeva?! Da quando se ne usciva così, in quella maniera?!
IL maghetto iniziò ad sfiorarla in modo quasi impercettibile, impalpabile come seta sulla pelle.
E Lily si sentì andare a fuoco.
Oh.
Per Merlino.
L’adrenalina le galoppò nelle vene, assieme alla stessa identica sensazione che aveva avvertito nel pomeriggio, quando lui l’aveva baciata in quel modo.
Liquido desiderio...e anche un po’ di cocente panico. L’aria che si svuotava dai polmoni, il corpo che si irrigidiva e scioglieva nello stesso momento...sentirsi totalmente in balia. Sentire che ci si sarebbe abbandonata in barba a qualsiasi orgoglio, qualsiasi raziocinio...come un topolino ipnotizzato. Creta nelle mani abili di un Marauders.
“Cosa…” deglutì in un soffio sottile, abbassando lo sguardo e tremando come una foglia. “Cosa fai…?”
Accidenti a lui, così era troppo. Troppo tutto. Un dannato colpo basso!
Avvampò mentre lui prese lentamente ad accarezzarle le braccia ricoperte di piccoli brividi, senza accennare a schiodarsi di un centimetro. Risalì con calma, sadicamente divertito dall’effetto che stava avendo su di lei, fino a passarle una mano dietro il collo, serrandole piano la nuca.
E Lily non capì più nulla. Non si rese conto di quanto strano fosse quello sguardo, quasi cattivo, di quanto le mani di James tremassero senza controllo e nemmeno dell’aria, satura di potere che scintillava dorato come leggera polvere tutt’attorno a loro.
Poi, il Grifondoro la riportò alla realtà.
“Vorrei solo ringraziarti per i cioccolatini che mi hai fatto recapitare, Rossa.”
Ok, stop. Che?
“Cosa?” stupita, si scostò appena. “Di quali cioccolatini stai…?”
Ma non finì la frase, perché James le tappò la bocca con la propria e pigiò cercando insistentemente di dischiuderla...fino a riuscirci.
Difficile resistere a un bacio così.
Difficile staccarsi da un bacio così.
Ci riuscì solo dopo qualche momento, con una certa fatica e riluttanza, piantandogli le mani sul torace e squadrandolo sospettosa.
“Hai mangiato cioccolatini sconosciuti?”
“No, c’era scritto il mio nome.” Rispose il beota, decisamente contrariato dall’interruzione. “Erano da parte tua. E ti sto ringraziando!”
La rossa non ebbe nemmeno il tempo di ribattere che lei di cioccolatini non ne sapeva niente, che James si avvicinò ancora, premendosela ancora più addosso con mani un po’ più rudi e baciandola di nuovo.
E finalmente la Grifondoro si accorse della vacuità del suo sguardo, della faccia da esaltato e di tutto il resto. Era stato stregato! Quel dannato cretino! Ma non erano loro che si riempivano di antidoti ai filtri d’amore dall’età di dodici anni?! Che fosse possibile diventare immuni, dopo un po’ di anni passati a farci colazione tutti i giorni?
“James…” sbuffò, alzando gli occhi al cielo. “Dimmi come ti senti. Nei dettagli, per favore.”
“Davvero li vuoi sapere? Perché saprei essere abbastanza accurato nel descriverteli, al momento! ”
“Waah! Non mi riferivo a quello, scemo! Dimmi solo...cosa senti! Così che possa trovare la pozione per farlo finire!”
“Farlo finire?” lui inarcò un sopracciglio, bloccandosi di botto. “E perché mai dovrei volerlo far finire? Mi sento...fottutamente libero.”
Che cavolo di pianta avevano usato? Artemisia? Alchemilla? Cardamomo? Era un decotto o un infuso? Avrebbe dovuto passare in rassegna tutta la dispensa di Lumacorno per riuscire a trovare un dannato bezoar!
Le dita di James le afferrarono il mento, sollevandoglielo e distogliendola dalle sue macchinazioni.
“Non mi piace essere ignorato.” sibilò, un po’ freddamente, prima di sciogliersi di nuovo in un ghigno. “Su, piccola, ora zitta e fa la brava.”
‘Zitta e fa la brava’?! E… l’aveva chiamata…piccola?!
James?!
Rabbrividì trattenendo l’antico impulso di rifilargli un cartone sui denti, mentre lui rimaneva immobile con un sorriso piuttosto morbido ma anche arrogante che le fece venire l’immensa e infantile voglia di provocarlo e basta.
Si sa, le vecchie abitudini sono dure a morire...
“Quindi?” borbottò, sostenendo lo sguardo. “Hai finito o devo rimanere piantata qui ancora per molto?”
Non l’avesse mai fatto. Uno scintillio preoccupante gli avvampò le iridi. Fu come accendere una miccia particolarmente pericolosa.
Quel suo metterlo alla prova non aveva fatto altro che invogliarlo e con uno scatto, senza sapere come, si ritrovò con la schiena contro un materasso, con entrambe le mani di Potter ai lati del suo viso e le gambe a serrarle i fianchi.
Le passò immediatamente la voglia di fare ancora la dura e sgranando gli occhi iniziò ad agitarsi e a balbettare come una poppante, mentre lui le stava sopra e rideva leggero.
Oh, per Merlino!
“Cos...aspett...Aspetta, dai!” diventò tutt’uno con la sua chioma, cercando di non fissare il sorrisetto dannatamente sexy di quel cretino, il modo in cui i capelli gli ricadevano scomposti sulla fronte e la sua dannata camicia slacciata di un paio di bottoni di troppo.
Quel suo trionfo sul viso irretì per soli pochi secondi il lato orgoglioso che c’era in lei, che ruggì fiero come un leone...solo per finire a pigolare come un micetto quando, tornando serio, lui le sfiorò la giugulare con un dito...rimpiazzandolo subito dopo con le labbra.
Le stava...baciando...il collo...
Piano, dolcemente...come per...assaggiarla. Lasciando una serie di segni brucianti sull’epidermide, fino a scendere sulle clavicole, e poi di nuovo sulla gola da dove percepiva il cuore batterle come un tamburo. Sfiorando con le labbra ogni lembo di pelle nuda, muovendosi contro il suo corpo in una danza che sapeva fare da tempo..anche se con lei, era diverso da tutto ciò che aveva mai assaporato. Più eccitante ed unico.
Non...erano mai...mai stati così...vicini...
“James…” protestò la poveretta con il fiato mozzato, mentre lui iniziava anche a mordicchiarle la pelle in modo dolorosamente piacevole. “James…così non vale…”
Quel suo debole agitarsi non fece altro che divertirlo ancora di più. Lo sentì sorridere contro la sua gola, ruffiano come un gatto. Le mani risalirono ad accarezzarle le vene dei polsi, premendoglieli contro la stoffa calda della coperta, bloccando ogni loro piccola ribellione.
La polvere d’oro nell’aria parve crepitare, arricciarsi. Stringersi attorno a loro sottoforma di filamenti sottili e scintillanti.
Le proteste di Lily diventarono sempre più morbide, deboli sotto i suoi baci...
E James Potter sentì di stare vincendo. E fu una sensazione esaltante.
Tutto, quella sera, era esaltante. Si sentiva come ubriaco...ma in modo diverso dal solito. Più febbrile.
Il potere che sentiva scorrere dentro le sue vene, ora così libero, senza più vincoli...né rimorsi. Non lo tratteneva più...finalmente. Non voleva più trattenerlo.
E lei, così fragile e mansueta, sotto le sue mani.
I capelli a ventaglio, gli occhi lucidi e le labbra gonfie, dischiuse. Non poteva più nascondere la violenta vampata che le incendiava le gote e nemmeno quel suo liquido bisogno, quella richiesta implicita che emergeva prepotente nelle iridi umide e spalancate come grandi biglie di smeraldo. Ed ora tutto ciò che lei cercava da tempo di tenere segreto era lì, davanti a lui, così lampante. Così esposto e nudo malgrado i suoi sforzi per resistergli, per nascondere come un peccato mortale il fatto di desiderarlo.
Come un omaggio al suo toccarla.
Voleva morderla più forte...l’avrebbe fatto, si rese conto. Senza darle tregua.
Non le era mai apparsa tanto indifesa come in quel momento.
Ogni atomo dell’aria era intriso del suo profumo, così buono da mangiarselo. La pelle della sua nemica e rivale che diventava rossa laddove la sfiorava… desiderando solo di stringere di più.
Sempre di più… senza che gli importasse di farle male.
E poi, ebbro di quella sensazione violenta e nuova, commise un passo falso.
Lily lo sentì accarezzarle il viso, prenderlo tra le dita stringendole appena le mandibole e cercare di baciarla ancora.
Nonostante l’etica, nonostante avessero un problema da risolvere, nonostante James non fosse del tutto lucido, sapeva che vi ci si sarebbe abbandonata ancor prima che accadesse. Non riusciva a resistergli. Era come una calamita.
Ma poi, improvvisamente, qualcosa nei suoi occhi la mise a disagio.
James ghignò con l’aria di chi ha appena vinto un premio molto importante. Con la stessa aria...che aveva stampata in faccia nemmeno un anno prima.
Finalmente ti ho battuta…”
Glielo disse sulla bocca, sardonico. Crudele.
E tutto si spense...come un black out. Lily sgranò gli occhi, poi li contrasse, ritornando sulla terra con la violenza di una secchiata di acqua gelida.
Se prima non riusciva a staccarsi per chissà quale incanto, ora ogni fibra del suo essere agognava allontanarsi.
Subito.
Da lui...da quello che aveva sibilato. Da quello che i suoi occhi dicevano.

No.

Lily Evans, addomesticata.
Lily Evans, il suo giocattolo.
Lily Evans, come tutte le altre.

NO.


Si conficcò le unghie nei palmi delle mani fino a farli sanguinare e tutto il suo corpo si contrasse nello sforzo di levarselo di dosso… gli piantò una mano sul torace e con l’altra gli rifilò un violento ceffone che lo allontanò il tempo sufficiente perché potesse sgattaiolare via e accoccolarsi a braccia strette contro la testata del letto, ferita e furiosa.
“Vattene!” esplose, con le lacrime agli occhi.
Non le importava più di nulla… né del filtro d’amore, né di altro. Quelle parole… le aveva fatto troppo male! Troppo, perché potesse riuscire a pensare lucidamente.
Lui si massaggiò la mandibola senza fare una piega. La sua rabbia non lo scalfì.
Che cosa...che cosa stava succedendo? Non era lui… era così… così lontano…
James sogghignò nel vederla raggomitolata vicino alla sponda del letto, con le mani che si sfregavano le braccia e gli occhi di fuoco.
Era vero, aveva commesso uno sbaglio.
Talmente preso dalla sua inaspettata passività, si era scordato di quanto lei, nonostante tutto, fosse ancora piuttosto diffidente.
Come un gatto randagio indeciso se fidarsi o meno dell’umano.
E quando lui aveva mostrato i denti, il gatto aveva fatto un balzo indietro, soffiando.
Ma era stanco di giocare.
Mentre la agguantava per un braccio, tirandola indietro, scoprì stranamente di essere più interessato ai suoi desideri che ai pensieri di lei. Scoprì...che nulla sembrava importargli più se non quella dannata sensazione di libertà. La sensazione di poter fare ciò che voleva, quando lo voleva e nel modo in cui desiderava farlo.
“Se pensi che questo basti a fermarmi, tesoro, ti sei fatta un’idea decisamente sbagliata su ciò che mi piace.”
La gettò di nuovo contro il cuscino, ignorando il suo agitarsi e bloccando i calci che cercava di tirargli. Ci fu una blanda colluttazione, ma lei era pur sempre una ragazza, non fu difficile immobilizzarla di nuovo.
“Non credere, che tu sia indisponente o meno, a me va bene uguale. Anzi…” strinse gli occhi, cattivo. “E’ forse anche più divertente.”
“James… smettila!” Lei inarcò la schiena, piantandogli dei graffi contro la pelle nel tentativo di liberarsi. “James!”
Aveva tirato fuori le unghie, il gattino.
Meglio così… dolore e piacere sapevano un po’ della stessa cosa. Le strinse i polsi, facendole sfuggire un gemito di dolore.
Le impediva di fuggire, la teneva bloccata.
“Non fare tante storie, Rossa! Te l’ho sempre detto che sei mia, no?”
“James… torna in te! Mi fai male!”
“Non capisci, Rossa.” sussurrò lui, quasi spiritato. “E’… è la libertà pura. E’ potere, cazzo! Ed è… una sensazione fantastica…!” Una mano le serrò la gola. “Lascia che te la mostri… e insieme, potremmo essere invincibili! Devi solo...arrenderti a me...e fare ciò che ti dico.”
La sovrastava.
La sovrastava come lei aveva sempre odiato, come ai vecchi tempi, quando cercava di prendere il controllo su qualcosa che non era suo semplicemente ergendovisi davanti.
Ma era...era perfino peggio di allora. Era cattivo, sadico. E… le faceva… paura…
“No!” gridò in pieno panico, mentre lui, nel tentativo di farla stare ferma, le afferrava la camicetta all’altezza della spalla. Il tessuto si strappò con un suono secco, rivelando una clavicola nuda, il laccetto candido del reggiseno. Nemmeno quello bastò a fermarlo...anzi, la bramosia nei suoi occhi fu perfino più feroce.
La paura divenne allora terrore e il tono di voce salì fino a diventare isterico.
“NO! LASCIAMI! SMETTILA JAMES! SMETTILA!”

Sono...in...pericolo…!

Bastò quel semplice pensiero, nemmeno formulato ad alta voce. Qualcosa fra di loro scattò. Invisibile e potente.
James non riuscì più a controllare un solo muscolo del suo corpo.
Sbarrò gli occhi, staccandosi di colpo e balzando all’indietro come se qualcosa lo avesse tirato con forza.
Pericolo. Lei era in pericolo.
Fu come scontarsi contro un muro, che improvvisamente gli sbatté sul naso facendolo arretrare fino a una ragionevole distanza di sicurezza, lasciandolo stordito ed esterrefatto.
Si guardò le mani, ansimante, incredulo. C’era qualcosa, tra loro. Di più forte di qualsiasi altra cosa.
“Famiglio…” sussurrò, realizzando.
Lily si fiondò ad afferrare la sua bacchetta, puntandogliela contro con una mano mentre con l’altra si stringeva la camicia lacerata per coprirsi il petto.
Il ragazzo cambiò completamente espressione, guardandola ora con sguardo duro, facendole male al cuore. Odio puro.
“Ma che ti prende, scema?!” ringhiò, accennando alla bacchetta con una smorfia di disgusto.
“CHE COSA PRENDE A ME?! SI PUO’ SAPERE CHE DIAVOLO TI STA SUCCEDENDO?!” Ruggì la Grifoncina decisamente sconvolta, senza smettere di tenerlo sotto tiro.
Quale dannata pozione cambiava in quel modo le persone?! Era molto più di un filtro d’amore...era qualcosa di oscuro, di potente…
“Lo sai, Evans…” sibilò il ragazzo, girandole attorno come un predatore. “…Su di te il mio potere di Incantatore non ha mai funzionato. E’ una tua caratteristica che mi ha sempre fatto diventare pazzo. Su alcuni funziona di più, su altri di meno… ma funziona sempre. Per qualcuno diventa un’ossessione, per qualcun altro ammirazione, mentre per altri una blanda simpatia… ma per te, dio, non c’è stato un solo momento in cui ti sei lasciata affascinare. Ne sei totalmente immune, e me lo hai dimostrato fin dal primo giorno, su quel treno. Ero spiazzato e confuso...ma vedi, è questo che mi ha sempre incuriosito...e devo ammetterlo, anche un po’ irritato, certo. Ti ho sempre desiderato, ero io ad essere ossessionato da qualcuno, per la prima volta in vita mia. Ossessionato da te. E al contempo ho sempre agognato batterti. Per cui, perché non farlo?” Sollevò la bacchetta su di lei, sorridendo. “Testiamo questo pseudo legame che sembra unirci così tanto… e vediamo fin dove può arrivare la mia forza di volontà, che ne dici? Battiamoci davvero, una buona volta! Vediamo finalmente chi è il migliore dei due!”
Aria canzonatoria e una mano in tasca...l’altra, serrata a quell’arma dritta sul suo cuore. Che le faceva male.
Da tempo, non vedeva più quell’espressione arrogante. Pensava di non doverla subire mai più ed ora...eccola lì, come una ferita che brucia.
“Spostati, James.” sussurrò, inchiodandolo con due iridi dure e decise.
“No, non credo che lo farò. Sottomettiti o battimi, non hai una terza scelta.”
“Sì che ce l’ho, ed è farti ritornare come prima!”
Lui scosse la testa, con un’espressione ironica…
“Oh, tesoro…” … che poi divenne gelida. “…Non permetterò mai a nessuno al mondo di portarmi via questa sensazione. Nemmeno a te.”
Il lampo di luce partì senza quasi che se ne rendesse conto. La stava...la stava davvero attaccando!
Ma il colpo non andò a segno...perché qualcosa irruppe dalla finestra e si avventò su James con una potente spallata, facendogli mancare il bersaglio.
Il colpo andò a frantumarsi contro il candelabro, disintegrandolo, mentre Remus Lupin mandava il capo dei Marauders contro il muro con tutta la forza del suo corpo.
“Rem!”
In un secondo, ignorando i frammenti di cristallo che gli cadevano addosso come stelle scintillanti, il biondino si lanciò su di lei, portandosela dietro le spalle senza dire una sola parola.
L’attimo dopo, Sirius Black rialzò il loro migliore amico afferrandolo per il bavero con rabbia.
“Ma che cosa cazzo stai facendo?!” ringhiò, sbattendolo contro la parete.
Ma lui non si scompose...anzi, sorrise.
“Heylà, Paddy.” lo canzonò sarcastico, facendogli inarcare le sopracciglia.
“Stai bene, Lily?” sibilò Rem, gelido e calmo, guardandola da sopra una spalla.
C’era anche Peter, che entrò per ultimo inciampando malamente. Scoccò a James un’occhiata ansiosa e, lentamente, gli si mise davanti.
Erano lì. Tutti loro. Per lei.
“C-come… come siete…”
“Abbiamo sentito le sue intenzioni, dentro la testa. Forti e chiare.” Un po’ disgustato, Lupin accennò a Ramoso, che si spazzolava i jeans senza fare una piega. “C’è qualcosa che non va.”
“Ma che bravo…” ironizzò Potter. “Cos’è, volevate unirvi al festino? Bastava chiedere, ragazzi!”
“Ha completamente perso la testa!” si sbalordì Sirius.
“Beh, come mai così sorpresi? Non è nostra abitudine condividere tutto?”
Li guardò uno per uno, frapposti fra lui e Lily come dei perfetti angeli custodi, e la cosa sembrò infastidirlo parecchio.
“Ma guarda, i miei Marauders che preferiscono lei… a me! Non l’avrei mai detto. Tutti schierati in sua difesa come perfetti soldatini. Tutti pronti a tradirmi. La nostra maledizione ci ha davvero mandati fuori di testa, non trovate?”
“Ma che dici?” Peter sgranò gli occhi, ferito.
“Cosa, vuoi dirmi che non ne sei innamorato perso?” lui rise del loro sgomento, perfido. “Tutti voi, pronti a prendermi a pugni per un amore che vi è stato praticamente imposto. Patetico, uh?”
“Vedi di piantarla.” sibilò Black, rabbuiandosi e cambiando totalmente faccia. “E risolviamo questo casino con le buone.”
“Calmatevi tutti.” Rem si mise in mezzo a mani tese, ma James lo fissò con odio.
“Non osare dirmi cosa devo fare…” sibilò, gelido. “Non tu.”
Ghignò, vedendolo irrigidirsi impercettibilmente.
“Ti ricordi da quando hai iniziato a sentirti così?” cercò di ignorarlo, mandandolo ancora più in bestie.
“Ma non ti senti, quando parli?” soffiò James, irriconoscibile. “Sei talmente freddo che sembri di marmo, Lunastorta. Cos’è, hai paura di mordermi, se ti rilassi un po’? Ci hai già ridotti tutti in catene per colpa del tuo egoismo, che sarà mai farci diventare pure dei lupi mannari?”
Remus rimase in silenzio, ma il suo viso perse un po’ di colore.
“Come prevedevo…” sorrise amaramente James. “... Hai addirittura paura di arrabbiarti. Ma non ti sei fatto scrupoli a renderci dei dannati automi, o sbaglio? Forse ti piace, sentirci tutti nella tua testa, perché ogni tanto ti dà l’illusione di non essere un fottuto mostro!”
Si udì uno schianto, e James fu inchiodato al muro.
“Stai esagerando, adesso…” sibilò Sirius, furente. Tremava di rabbia.
“Levami le tue sporche mani di dosso, Black…” soffiò James, serrando la mascella. “…Ne ho tante da dire, anche a te…”
“Questa situazione è da manicomio! Ritorna in te, cristo!”
“Così da tornare ad essere il tuo amato finto fratellino?” lo scimmiottò quello, crudele. “Cos’è, davvero desideri metterti contro di me? Forse sei talmente insofferente della vita che ne hai abbastanza anche di colui che ti da protezione!” Gli scoppiò a ridere in faccia, vendendolo stringere le labbra. “ O forse ti stai rivelando come ciò che sei, uh? Ci vuole così poco per macchiare il tuo sangue di nero…"
Continuò a sghignazzare, ormai totalmente dipendente da quel liquido che sembrava pulsargli nel cervello e insidiare le sue pericolose spire anche nel cuore.
“E' difficile, vero? Fingere, dico… D'altronde fingi da sempre che i miei genitori siano i tuoi genitori... tanto che stavi illudendoti di diventare pian piano un Potter! E’ fantastico vedere come ti crogioli nelle attenzioni di mia madre, desiderando ardentemente che sia la tua…come desideri ardentemente la MIA vita. Senza saperne un cazzo, tra l’altro… o forse ritieni di essere l’unico al mondo in diritto di soffrire come un cane? Perché quella faccia? Pensi che non mi accorga di come guardi la mia fottuta famiglia? Ma tu sei un Black, uno col sangue marcio, fattene una ragione! E tu, Peter? Anche tu scegli di schierarti contro di me? Una totale nullità come te… non durerebbe un istante da solo!”
“James, smettila!” gridò Lily con rabbia, posando protettiva una mano sopra la spalla di Peter, che aveva iniziato a tremare.
“Sono stufo di voi tutti, sapete? Non siete nemmeno capaci di portare avanti un’amicizia, se non ci sono io a tenervi uniti…beh, la colla si è stancata!”
Si scansò malamente, afferrando la scopa.
Si voltò verso Lily, con tanto odio che lei si sentì pietrificare.
“E tu… illuderti di essere una di noi non cambierà ciò che sei. Una povera, piccola mezzosangue in cerca di qualcosa a cui appartenere… considerata ripugnante dalla sua stessa sorella… e abbandonata dal suo migliore amico per colpa del suo sangue. Desideri sempre così strenuamente fare la cosa giusta, vero? Ma io lo so, cosa c’è dentro di te… ed è la stessa cosa che ti lega ai Marauders, quelli che tanto duramente hai cercato di battere per anni! Una parte oscura che cerchi disperatamente di nascondere… una parte che anela la vendetta verso coloro che ti hanno sempre ripudiata, una parte colma di rabbia feroce… Sai, se solo ti lasciassi andare, ti liberassi da tutti quei vincoli morali che ti legano a terra, scopriresti quanto può essere esaltante prendere in mano la propria vita senza badare più a simili stronzate!” Le sfiorò il mento con un dito, avvicinando il proprio viso sardonico al suo, atterrito. Godendo nel vedere che non riuscisse a muoversi, quanto fosse ferita e pietrificata. “Ti avrei aiutato io. A distruggere Severus Piton, e perfino tua sorella, se solo me lo avessi chiesto. Ma non ne hai il fegato, non è così? Ero così ossessionato da te, prima… ma forse, mi ero sbagliato. Forse non ne vali davvero la pena.”
Peter, Sirius e Remus scattarono all’unisono verso di loro… ma improvvisamente, qualcosa nell’aria parve addensarsi.
James sollevò le iridi d’oro oltre il collo della Grifoncina, stringendole in uno sguardo mortale.
E decise di fare… quello che si era ripromesso di non fare mai.
“In ginocchio.” sibilò...in un ordine che era impossibile da ignorare. Non per loro.
“No!”
Vedendo gli altri piegarsi, gemere e ricadere a carponi sul pavimento contro la loro volontà, Lily si rianimò, ma il ragazzo le serrò le spalle in una morsa impedendole di muoversi.
“Niente panico, Rossa! Sto solo mostrando come funzionano davvero le cose. Io sono fatto per comandarli...è la nostra natura. E’ la dura legge del branco… ed è tempo che se lo ricordino. IO sono il loro Alpha.” ringhiò il leader dei Marauders, ad un centimetro dalla sua faccia. “Non il tuo fottuto Famiglio.”
La lasciò andare tanto bruscamente che barcollò.
Aprì la finestra con un calcio e scomparve nella notte...lasciandole il cuore a sprofondare in un incubo.
Perché lo era, un incubo…
Lily si avvicinò alla finestra, silenziosa, tremante.
Lo vide allontanarsi, diventare buio, fino a che la vista non le si offuscò di lacrime.
Di nuovo nemici. Di nuovo lontani.
La mano di Remus non tardò a farsi sentire sulla sua spalla. Tiepida, confortevole.
“Non è più in sé, Lily.” Le disse, sfiorandole i capelli rossi in una carezza. “Non pensa davvero ciò che ha detto.”
Sì, che era stregato l’aveva capito fin da quando le aveva fatto male.
Ma…non importava.
Le venne quasi da sorridere. Le lacrime colarono silenziose sul suo ghigno amaro.
No, non importava...perché era vero.
James aveva detto il vero. A tutti loro. Senza pietà.
Poteva ancora scorgere le ferite aperte sanguinare in ciascuno di loro.
“I cioccolatini.” Mormorò, senza smettere di fissare il vuoto. “Ha mangiato dei cioccolatini, ma non glieli ho mandati io.”
“Non sei stata tu?”
“No…” confermò lei, stancamente. “No, io non ne so nulla. Qualsiasi cosa ci fosse dentro… è potente. E io… non so nemmeno da dove cominciare…”
La voce le si spense in un gemito frustrato. Parve crollare su se stessa, ma lui la sorresse.
Accolse l’abbraccio caldo di Rem, ci si rifugiò. Così piacevole. Ignorò come sempre il cuore che gli batté un po’ più velocemente nel petto perché… non importava. Non importava se quel legame fosse malato, malsano e tutto il resto. Ne aveva bisogno. Da quando, aveva così bisogno di loro?
Qualche istante dopo, anche Peter si fece vicino, mettendole più timidamente una mano sulla spalla.
Amore… e vincoli…
“Cristo.” sospirò Black, piazzandole un palmo aperto sulla testa e massaggiandosi al contempo l’incavo delle sopracciglia con due dita.
“Risolveremo la situazione, come sempre.” mormorò Minus, tristemente.
Come sempre… ma con i cuori a pezzi. James aveva colpito duramente… scavando all’interno di una realtà con la quale nessuno di loro era ancora pronto a confrontarsi.
Rivelando nient’altro che l’amara verità.




Era una visione.
La notte incombeva, oramai, ma James Potter uscì dall’aula di Grifondoro ignorando palesemente il coprifuoco.
Camminava deciso, sempre, ovunque andasse.
I capelli arruffati, la camicia slacciata e la cravatta dai toni caldi che penzolava da un lato. Occhi velenosi e un corpo che straripava di potere.
Una visione per colei che, nell’ombra, lo ammirava in silenzio.
Come aveva sempre fatto, d’altronde, senza riuscire più a trovare il coraggio di parlargli.
Potter rimase appoggiato ad una colonna, accendendosi una sigaretta e poi pestandola col tallone, rabbioso.
Non era mai stato un amante del fumo.
Gettò uno sguardo sul corridoio silenzioso, fregandosene di Gazza o Silente o chiunque di quegli idioti che stavano in quella specie di bettola.
Solo un paio di minuti, per sbollire la rabbia.
Stupida mocciosa senza cervello…
Non capiva come era arrivato ad essere così…cattivo.
Era partito tutto da un desiderio insopportabile di portare Lily Evans a letto.
Poi…la cattiveria sembrava essergli fluita nelle vene come acido corrosivo, facendogli perdere ogni freno.
Fino ad arrivare a quel punto.
Si sentiva come un cane pastore in grado di ammazzare una pecora.
Ma era bello.
Si sentiva…forte, supremo, irraggiungibile da chiunque.
Al diavolo il padrone, pensò con un ghigno.
Ora che il fedele cagnolino era diventato lupo, poteva ammazzare anche lui. Poteva fare quello che cazzo voleva.
Finalmente.
Sollevò gli occhi verso l’artefice di tutto, che uscì dall’ombra accogliendo i fasci di luce dorata che si allungarono fino a lei illuminandole la pelle e facendogliela diventare di porcellana.
Li sfiorò con le dita con ammirazione e meraviglia, come se non avesse mai visto nulla di così bello in vita sua.
Che strana ragazza.
Il suo potere l’aveva sempre disgustato...ma Liu Chang ne era sempre stata affascinata. L’aveva scoperto subito, che era un Incantatore. E...anche quell’altra cosa.
Aveva scoperto tutto, di lui. Era abituata a scoprire i segreti delle persone, d’altronde. La sua famiglia era composta dei più potenti Spyror mercenari in circolazione, smerciavano informazioni più di chiunque altro.
Sapeva tutto. Tutto.
E lo accettava. Anzi, ancor di più. Pensava fosse un dono. Qualcosa davanti al quale dedicare devozione assoluta.
Questa cosa, anni fa, lo aveva disgustato. Era fuggito da lei ancor prima di conoscerla. L’aveva odiata, perfino.
Doveva aver passato anni duri, a scuola. Essere ignorata ostinatamente da James Potter significava isolamento sociale. Ma lei in qualche modo si era fatta le ossa.
Era cambiata, caratterialmente. Si era fatta più furba, più cattiva, era riuscita ad ottenere potere e rispetto nonostante la sua fredda indifferenza. Ma aveva continuato a desiderarlo, malgrado tutto. Nessun rancore, solo pura venerazione.
Ed ora quel suo sguardo estasiato e quasi servile non lo disgustava più. Lo rendeva felice. Adorava che lo guardasse così.
“Potter.” mormorò Liu sorridendo, avvicinandosi e scostando i capelli neri dal viso. Accennò alla luce dorata che a stento riusciva a contenere. “E’ meraviglioso.”
Lui sogghignò tra sé e sé, come se trovasse tutto incredibilmente divertente.
“Cosa vuoi, Chang?”
“La domanda è cosa vuoi tu da me. Io sono qui solo per te.”
La Corvonero stirò un sorriso malizioso e si fece ancora più vicina… fino a sfiorargli il petto con una mano.
Aveva le labbra piene e lucide, invitanti come ciliegie.
“Non ho ancora deciso cosa voglio…” James rise, leggero, e lei si fece seria.
“Puoi avere tutto quello che desideri, ora.” mormorò, sfiorandogli il viso con una mano.
Ed era vero. Perché finalmente, si mostrava per ciò che era destinato ad essere. Un essere potente. Selvaggio. Un dominatore.
Da tanto aveva atteso quel momento…che pareva essere nata solo per stare con lui, lasciare che il suo potere le scorresse nelle vene come una squisita malattia.
I suoi capelli, il suo viso, quel suo ghigno così pericoloso…nessun altro, ne era sicura, nessun altro sarebbe riuscito a farle battere così forte il cuore.
E finalmente era suo.
Solo suo.
“Liu.”
Poi, il capo dei Marauders le prese la mano...e strinse, fino al punto di farle stirare una smorfia. Il suo nome scintillò come una pietra focaia sulla sua lingua scatenandole una corrente nel petto.
“So che sei stata tu.” sibilò, stringendo ora con improvvisa violenza e facendola gemere. “Non permettere che mi rifilino l’antidoto. Non permettere loro di cambiarlo. Voglio rimanere così...per sempre.”
Dolore e piacere. Paura e desiderio. Mescolati insieme…
Era così, che doveva essere.
Liu divenne seria, immobile, come una statua di marmorea compostezza.
James sorrise ancora, pericoloso.
“Capito, dolcezza? Niente scherzetti…o ve ne farò pentire. Voglio che quella roba non finisca mai.”
“Sì, hai la mia parola, James.”
“Perché?” si incuriosì lui, improvvisamente. “Perché ci tenevi così tanto? Sono quasi sicuro che c’è almeno una persona qui dentro davvero innamorata di te e che ti tratterebbe come una vera regina. Ma tu… hai sempre mandato a puttane qualsiasi tentativo di essere felice con qualcuno che non fossi io. Quindi, mi chiedo, come mai questa ossessione?”
Godette nel vederla sbiancare appena, prima di ricomporsi e stamparsi in faccia indifferenza.
“Amo il potere. Desidero stare accanto ad uomini potenti. E sono abituata ad ottenere quello che voglio… a continuare a combattere fino a che non me lo prendo. Mi hanno cresciuta così.” disse con leggerezza. “E io voglio te. L’amore non fa parte del pacchetto.”
Lui rise, di nuovo leggero.
“Povero Ratcliff!” esclamò, scuotendo la testa. “Non per sminuire il mio sex appeal ma ti è mai capitato di pensare che questa tua fissazione nei miei confronti non sia nient’altro che un’estensione del mio potere che non sono mai riuscito a contenere appieno? Sono pur sempre un Incantatore. Le persone più fragili tendono...ad ossessionarsi a me, se non mi limito come si deve.”
“No, non è così! Tu hai sempre controllato molto bene il tuo potere, anche se hai sempre pensato e temuto il contrario.” la ragazza scosse la testa. “Non dovresti farlo. Chi nasce con la vocazione al diventare forte dovrebbe seguire quella strada. Quella e basta.”
Si sedette sul cornicione, arrampicandosi per portarsi all’altezza del suo sguardo. Accavallò le gambe, si accese una sigaretta e gliene offrì un tiro dalle sue dita. Lui non tossì, stavolta. Fumò continuando a fissarla negli occhi.
“Anche mio padre è molto potente.” rifletté, pensierosa.
“E?”
“E cosa?”
“C’è sempre un ‘e’, con affermazioni come questa.”
“E ha continuato su quella strada. Liberandosi dei pesi inutili.”
“E tu eri uno di quei pesi inutili?”
Com’era diventato pericoloso, colui che era fonte dei suoi desideri…
Com’era diventato…perfetto…tanto perfetto da fare male anche a chi l’aveva liberato. Ma non si risentì di fronte alla sua ironia cinica.
“Mi ha scaricato in un orfanotrofio per gran parte della mia vita. Fino a quando non sono stata più di intralcio.” alzò le spalle, con leggerezza. “Ma grazie a questo, abbiamo accumulato potere. Ed io ho imparato come essere una risorsa. Ci siamo tolti da quella schifosa strada in Cina, siamo venuti qui… ed ora siamo ricchi, e intoccabili. Questo è il destino degli uomini come mio padre. E il destino di quelli come te. Non ho fatto altro che pensare a questo, oggi. Non vedevo l’ora di...vederti finalmente libero.”
“E avvalerti della tua rivincita su Lily, immagino.”
“Lei non c’entra. Io ti desidero…non solo per vendicarmi di quella sciocca di una Grifondoro.”
Gli si fece vicina. Giocherellò vagamente con i bottoni della sua camicia, con nello sguardo una miriade di promesse.
“Ed il tuo, di destino, Chang? Qual è?”
Sempre più vicina.
“Qualunque destino tu voglia che abbia.”
Qualsiasi cosa avesse voluto. E lui voleva farli incazzare. Lo sapeva.
Baciami, James.”
E Sirius Black, nella camera di Grifondoro, serrò le sue mani sul calice di vino fino a creparlo. Per tutto il tempo. Fino a farsi venire le nocche bianche.
“Merda.” mormorò Peter, con una smorfia.
“Ho bisogno di bere qualcosa di più forte.” sibilò Black, furente e disgustato. “Devo togliermi quel sapore di dosso.”
Ma non se ne sarebbe andato. Lo sapevano. James...avrebbe fatto sentire loro ogni cosa. Per punirli.
Per punire lei.
E Remus scoccò un’occhiata a Lily, rannicchiata sotto le coperte nel letto accanto ai loro, ignara ma tormentata da un sonno agitato e triste.
Sarebbe stata una notte davvero lunga.
Ma perlomeno - rifletté fissando la luna e cercando di non sentire la sensazione del corpo di Liu Chang addosso - ora sapevano chi dover combattere…





“Là in fondo, volete fare silenzio?!”
La cosa più odiosa alla mattina…era sentire la voce della Mcgranitt mentre sgridava qualcuno.
Ti faceva letteralmente trasalire dalla sedia, arrivando con lo schiocco di un proiettile e – spesso – seguito da un proiettile vero e proprio, fatto di gesso, che finiva in fronte al malcapitato di turno con precisione degna di ogni record.
Ma Remus sembrava essere nato solo per tirarli fuori dai guai.
Chinò un poco il capo, con occhi mesti, lisciando mellifluamente il foglio che aveva davanti, stracolmo di appunti accuratamente trascritti.
“Scusi.” mormorò, con l’aria da cherubino triste che avrebbe impietosito Satana in persona.
La professoressa lasciò correre, alzando gli occhi al cielo.
Si richinò sul banco, gettando un’ultima occhiata alla professoressa e poi disinteressandosi di quello che diceva.
Ora, vedere Lupin non ascoltare una parola della lezione e confabulare con Sirius, Peter e addirittura Lily Evans, altra secchiona, era ben strano.
Molti iniziarono seriamente a temere che ci fosse qualcosa di tremendo dietro, qualche problema piuttosto grave.
Anche perché James Potter non era al loro solito banco, insieme agli amici: stava seduto in fondo, le gambe accavallate e un’espressione fredda e un tantino snob che non gli s'addiceva.
Ma quei pensieri passarono subito...e il resto della classe tornò ad avere quella strana espressione, quasi apatica, sonnacchiosa. Qualcuno osò perfino guardarli male.
“Ma che cazzo.” sibilò Black per l’ennesima volta.
“Calmati.” sospirò Lily, sottilmente.
“Quello mi sta fissando male.” lui si girò verso di lei con un sorriso un tantino spiritato. “Capisci? Quello…” e indicò un tipo piuttosto amorfo di Tassorosso, minuto e con la classica aria dello studente che viene bullizzato nei cessi pubblici. “...sta guardando male me.”
“Capisco che il non venire idolatrato come tuo solito ti sconvolga, ma è piuttosto palese che Talbott non lo stia facendo propriamente di sua iniziativa!” ribatté la Grifoncina, piccata.
Perché sì… quella mattina il risveglio non era stato certo dei migliori. Non era stato affatto dei migliori.
Non fosse bastata la notte in bianco, il profumo intossicante di Liu Chang dentro il naso per – letteralmente - ore, le ondate di adrenalina a casaccio e le parole di Potter che si facevano affilate nei loro cuori, i Marauders si erano svegliati quel giorno con un’altra bella sorpresina.

Non erano più popolari.

Erano bastate poche ore, qualche occhiata, qualche frase sgarbata... per capire in che razza di guaio si stavano cacciando. E per comprendere appieno la portata del potere di James, che si stava espandendo come una nube tossica per tutta la scuola… rendendo gli studenti sempre più simili a delle specie di zombie lobotomizzati.
Non che prima fossero delle cime – e non che prima non seguissero le mode e quelli più cool come in tutte le scuole liceali del mondo – ma ora i loro occhi sembravano sempre più appannati e i loro modi sempre più meccanici.
E James, seduto davanti a loro, appariva sempre più potente.
Non c’era un modo per spiegare bene la sensazione che dava loro. Aveva i soliti capelli in disordine, il solito sorrisetto, e la pelle liscia e compatta di chi si droga di sport e bevande salutari.
Ma… sembrava come un uomo che non mangia da anni, finalmente sazio.
Sì, era quella la sensazione che dava. Un vampiro che aveva appena fatto il pieno di sangue.
Solo che non era un vampiro. E quello non era sangue.
Era un Incantatore. Che stava facendo il pieno di carisma.
“E’ incredibile. Tutta la scuola è sotto la sua influenza!” si stupì Remus, ancora sconvolto perché una matricola aveva tentato di infilargli pus di Bobutubero nel bicchiere a colazione. “E in così poco tempo, per giunta…”
“Non credevo che potessi venire bullizzato ancora più del solito.” borbottò Minus, con metà capelli verdi per colpa di una maledizione lanciata da un punto imprecisato della folla. Il mittente era sparito ancor prima che Black riuscisse a scorgerlo. I Serpeverde a volte lo prendevano di mira, era vero, ma era non mai capitato mentre era assieme a loro! Nessuno avrebbe mai osato!
“Oh, adesso basta, che diamine. Posso essere influente pure io!” digrignò tra i denti Sirius. “Il potere di Ramoso starà facendo pure dare i numeri a tutti, ma se mi impegno sono sicuro che posso diventare ancora più amabile di prima!”
“Una volta una del Secondo ti ha chiesto dei soldi per beneficenza, le hai ruttato in faccia dicendo: ‘per i poveri‘.” replicò funerea Lily.
“Sì, me lo ricordo quello.” ghignò Felpato con aria sognante. “Ma faceva parte del Comitato della Morale, il suo concetto di beneficenza erano set di cosmetici e scarpe firmate in cambio della castità a vita. Ho fatto loro un favore!”
“Spiacente, Black, l’unica cosa che ti rendeva popolare era il tuo bel faccino e l’aggeggio che hai in mezzo alle gambe, ed ora che sei fidanzato non vale un granché!”
“Posso sempre spaventarli a morte come faccio di solito. In quello sono bravissimo…”
“Possiamo concentrarci sul problema principale?” li interruppe Remus, alzando gli occhi al cielo. “Quello non è un Filtro d’amore. E’ strano…non ho mai sentito di una pozione del genere. Lily, sei tu l’esperta nella materia, ne sai qualcosa?”
La ragazza scosse il capo, sconsolata.
Aveva un viso pallido e un paio di occhiaie da far paura.
“Niente. Conosco i filtri d’amore, ma in genere si limitano a rimbambire la gente. Mentre questa che gli hanno rifilato…rimane un mistero. Dovrò fare ricerche su ricerche. E sarà difficile fargli avere l’antidoto, visto che James non si avvicina più a voi e…” sospirò. “…E a me.”
Peter tirò su col naso, attirando l’attenzione degli amici.
“E’ in incubo…” mormorò. “…come ci guarda…sembra quasi Malfoy…”
Lily guardò inconsciamente il proprio fidanzato...sempre che lo fosse ancora.
Senza Malandrini, senza scherzi, senza risate…a parte questo però, sembrava cosi normale! Nessuna pozione durava così a lungo senza farsi notare. Un tic, un odore strano, un cambiamento nel colore delle unghie o degli occhi…ma non c’era nessun dettaglio che rivelasse loro qualcosa.
Talmente persa in quella contemplazione, non si rese nemmeno conto che la campanella aveva suonato, trillante come una sirena.
Si ritrovò senza saperlo mano per mano con Remus, che la trascinava fuori, deciso.
“Vieni Lily, vediamo di farci dare qualche informazione in più.”
Voleva affrontarlo...di nuovo. Sarebbe stato semplice… prima.
Affrontare James era quello che faceva da tutta la vita.
Ma i suoi piedi si fermarono di botto. Come se qualcosa li trattenesse.
Remus si girò a guardarla, inarcando un sopracciglio...e lei sentì gli occhi pungerle fastidiosamente.
“S-scusa.” mormorò, asciugandoseli con rabbia.
Era stupido, in fondo. Non poteva avere davvero paura delle sue parole.
Non venivano da lui, ne era consapevole. Eppure...perché non riusciva a sopportarle? Non riusciva a sopportare nemmeno il ricordo dello sguardo che lui le aveva lanciato la sera prima. E quello che aveva detto, le aveva scavato una voragine in pieno petto.
Rem parve capire al volo, perché le strinse appena le dita.
“Andrei io. Davvero.” si scusò, serrando i denti e guardando altrove. “Ieri mi ha fatto male, ma sono abituato a...beh, a certe cose. Non ha detto niente di ciò che non abbia mai pensato io stesso, alla fine. Sul serio, ho le spalle molto più larghe delle tue. Però…”
Però non avrebbe potuto nemmeno muovere un passo, senza che James desse il suo consenso.
Perché non era l’Alpha.
“No, va bene.” Lily raddrizzò le spalle, stampandosi un piglio deciso sul volto. “Sono l’unica che in qualche modo può fare qualcosa.”
Lo incrociarono subito, quando uscirono dall’aula.
Era circondato di persone. Sembravano dei drogati, ognuno faceva a gara per attirare la sua attenzione nel modo più plateale possibile. Si stava attualmente godendo lo spettacolo di un Corvonero del Sesto che si era appena infilato in bocca quattro Piperille Sputafuoco. La dose consigliata di solito era mezza, e a ben ragione. Il poveretto diventò
paonazzo e cominciò a tossire fumo, tenendosi le mani su una gola sempre più ustionata mentre Potter rideva, divertito.
Avrebbe dovuto passare le successive giornate da Madama Chips a ingurgitare ghiaccio, ma a lui non sembrava importare. E nemmeno al Corvonero, perché – nonostante le lacrime agli occhi dal dolore – stirò un sorriso estasiato quando lo sentì ridere.
Era...agghiacciante!
“Ok! Ora vado da lui.” sbottò la Grifoncina, ma non fece nemmeno due passi che una voce si levò dalla marmaglia di studenti.
“James! Hey James! Sono qua!”

I Marauders erano un perverso casino prima e rimarranno un perverso casino anche dopo che si staranno stufati di te. E James è il più incasinato di tutti. Te ne accorgerai presto.”

Si impietrì, ignorando ostinatamente Remus che, ora, cercava di trascinarla via, lontano.
Lontano da una visione che le avrebbe spezzato il cuore.
Perchè quello era un orribile Deja-vu.
Liu Chang calò fra le braccia di James come se danzasse.
Lui sorrise, afferrandole la vita per far sì che gli si appiccicasse addosso.
La Grifoncina si sentì superare con uno spintone, riconoscendo solo vagamente i riccioli biondi di Rita Skeeter, armata di macchina fotografica e PrendiAppunti. Non fece nulla. Rimase immobile.
“Lily…” cercò di avvisarla Remus, serrandole le spalle.
Quella mattina i loro sorrisi erano stati tirati. Finti. Avevano deciso di farla dormire fra loro, per proteggerla, e James non era rientrato in camera. Nemmeno una volta.
Peter, ricordò. Peter continuava a strofinarsi la bocca come se...come se fosse piena di un sapore amaro. Sgradito. E Sirius faceva lo stesso. Sirius aveva una smorfia, e le occhiaie, come se qualcosa li avesse tenuti svegli tutta la notte.
Nessuno aveva parlato, quella mattina. Aveva immaginato che fossero solo un po’ a disagio nell’avere una ragazza in camera al posto del loro migliore amico… o che le frasi crudeli di James fossero ancora ben salde nei loro pensieri.
Quanto era stata stupida, pensò, nell’esatto momento in cui… Liu Chang decise di mandarle il cuore definitivamente in frantumi.
La vide sorridere sofficemente, e senza staccare gli occhi da quelli di lui sollevarsi sulla punta delle scarpe per raggiungere la sua altezza. Sussurrare qualcosa che parve divertirlo e poi, con studiata lentezza, sfiorargli le labbra con le proprie. E per un istante che parve infinito, rimase così, leggera come una farfalla e come in attesa… perfidamente consapevole di quale sarebbe stato il risultato di quel gesto.
Ed infatti, James ricambiò. Fino a tramutarlo in un bacio vero e proprio.
Se la strinse contro, sollevandola appena per i fianchi e facendole fare una leggera giravolta senza smettere di baciarla.
Davanti ad una folla intera.
“Nooo!” Rita Skeeter era elettrizzata come fosse natale, e, con un sorriso incredulo, iniziò a frugare nella borsa come una esaltata, mentre la macchina fotografica iniziò a scattare con un suono metallico, illuminando a tratti i loro volti con un effetto stroboscopico.
“Lily...andiamo.” Il tono di Remus aveva assunto il colore della supplica, soprattutto quando la macchina fotografica decise di puntare su di loro.
Ma la Grifoncina non fece niente.
Non si arrabbiò. Fu peggio.
Remus la sentì afflosciarsi nella sua presa, come se fosse stata improvvisamente privata di ogni energia.
James… il suo modo di baciarla. Di toccarla. Quello che le disse senza bisogno di parlare.
Liu…su di lui.
Il profumo dei Marauders… addosso a lei…
Le sfuggì un gemito strozzato. Improvvisamente la vista le si sfocò, e il dolore lacerante prese la meglio sull’immobilità.
“Lasciami, Remus!” sbottò, liberandosi con uno strattone.
Era proprio come un deja-vu, pensò, correndo via sentendo i begli occhi inondarlesi di lacrime mentre Liu Chang si prendeva ancora una volta ciò che era suo.
Un maledetto deja-vu…

 

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Capitolo 59
*** Malicious II. ***


Michelle Wassall decise che Sirius Black doveva morire la prima volta in cui le salvò la vita.
Sua madre avrebbe obiettato che sarebbe stato egoistico desiderare la prematura dipartita di qualcuno che era stato responsabile della sua sopravvivenza.
Una cosa da maghette oscure, ecco quello che avrebbe detto.
E loro le combattevano, quelle cose. Stregoneria nera, sacrifici umani e tutto il resto. A quanto pareva, gli omicidi nati da impulsi primitivi e violenti rientravano in quel “resto”.
Ma visto che sua madre era il motivo per il quale si ritrovava a fare la sguattera nel covo della famiglia del bellimbusto che ora le si parava davanti con l’aria dell’eroe, Michelle ultimamente tendeva ad ignorare qualsiasi cosa che le venisse raccomandata dalla genitrice.
E sua madre, da quando vivevano come servitù dai Black, di raccomandazioni ne dava parecchie.
Una delle quali era di non lasciare mai dal proprio giaciglio la notte. Né di girovagare mai, assolutissimamente mai, per i sotterranei infiniti che si ramificavano sotto quella dimora immensa. E nemmeno di dare mai confidenza ai figli dei Black, né a nessun membro di quella famiglia infame.
Ora che ci pensava, mentre alle due di notte fissava il piccolo petto ansimante del principino di casa, le mani piene di una poltiglia verdastra che era sì, sangue di un infausto, ma che più che altro assomigliava a vomito di troll puzzolente, le aveva appena ignorate tutte e tre insieme, nello stesso momento.
Avrebbe tanto voluto ripensare con calore e dolcezza al letto che aveva mollato per fare la sua spedizione nei corridoi di Black’s Manor, ma la verità è che “giaciglio” non era un termine scelto a caso. L’unico motivo per cui il suo covile non era un cumulo di paglia secca era che non era un’elfa ma un’umana. Ma chiamare “letto” il materasso sfondato e pieno di pulci destinato alla servitù era comunque un eufemismo.
Sì, certo, era stato assurdo e assolutamente irresponsabile per una marmocchia come lei mettersi ad aggirarsi da sola in quel posto, ma se fosse restata anche solo un secondo di più tra quelle quattro pareti spoglie e claustrofobiche, colme solo del russare del padre e di un paio di brande a malapena grandi per dei nani, si sarebbe messa a urlare.
Così, la bambina si era alzata e aveva seguito il suo passatempo preferito, ovvero osservare. Osservare le sete pregiate, il drappo di lusso dei pesanti tendaggi, le poltroncine di mogano smaltato, i candelabri di vetro nero e l’argenteria tirata a lucido sopra i mobili...alla ricerca di qualche oggetto abbastanza insignificante da poter sgraffignare e rivendere al mercato delle pulci senza essere scoperta.
Il problema erano gli infausti. Era così che chiamavano i mostri.
Già, perché quel delizioso castello pullulava di mostri.
Creature oscure che gemevano negli angoli bui, aggirandosi nella notte in cerca di prede a cui succhiare via l’anima o a cui sgranocchiare qualche organo vitale, obbrobri creati con la magia che in qualche modo riuscivano a scappare dai laboratori ai piani di sotto e che vagavano all’infinito là dentro, disperati e pieni di fame.
Ovviamente, nessuno dei Black si premurava di rimetterli in gabbia, una volta che scappavano. Perché avrebbero dovuto, d’altronde. Nessuno di quei cosi attaccava il loro stupido sangue puro. Gli infausti che creavano con la magia nera erano geneticamente creati per servirli, a quelli lì.
E se ogni tanto spariva qualche elfo, non era evidentemente un problema così insormontabile per loro. Era anche meglio, visto che con quel esercito a caccia nei corridoi durante la notte non si poneva il problema di venire accoltellati nel sonno da qualche servo traditore.
E così, quei cosi si erano riprodotti e proliferavano come parassiti attendendo pigramente nelle tubature, nei punti ciechi, nei pertugi ombrosi un qualche povero diavolo così scemo da uscire dai propri alloggi al calar del sole.
Quello che aveva attaccato lei, la scema di turno, era sbucato fuori dal condotto di areazione appeso al soffitto.
Un secondo prima ficcava il naso in un cassetto pieno di cianfrusaglia scintillante, ed il secondo dopo si schiacciava a terra mentre un ibrido squamoso, la testa da alieno e gli occhi rotondi e lattiginosi che coprivano gran parte della testa perfettamente liscia e tonda, si lanciava su di lei cacciando uno stridio assordante.
Non ricordava se avesse urlato anche lei: non ne aveva avuto il tempo. C’era stato un flash, una sorta di luce nera, e poi lo stridio aveva cessato...in favore di un rumore disgustoso come di qualcosa che si scioglie su se stesso. Ed ora sapeva solo che il silenzio era assoluto, rotto soltanto dall’ansimare di un bambino, chino a pochi passi da lei sulla gorgogliante chiazza di quello che restava dell’ibrido, che ora colava fra le fessure di uno scarico materializzatosi apposta.
Non sia mai che il sangue insozzi il pavimento pulito dei Black.
L’incandescenza della protezione che aveva ridotto in poltiglia quel coso andava svanendo e illuminava il viso del bambino, due occhi bruni come pece e seri, quasi adulti, capelli morbidi e profumati, un pigiama di velluto che valeva probabilmente quanto la paga di dieci mesi dei suoi.
Lo stronzetto si raddrizzò e si asciugò le mani su quello stesso pigiama.
Che schifo.” borbottò. Poi, tanto per mettere un altro po’ di sale sul suo orgoglio già ferito, la guardò come se stesse cercando di ricordarsi la sua faccia. Poi fece un sorriso. Un dannato sorriso amichevole. “Sei per caso figlia della servitù? Stai bene?”
Sua madre e suo padre lavoravano lì da sei mesi. E da altrettanti mesi lei ci viveva.
No, grazie a te e alla tua sconfinata passione nel metterci tutti nei guai un giorno sì e l’altro pure.” replicò, gelida.
Quello alzò la testa di scatto e la guardò battendo le palpebre, preso da una specie di sbalordimento.
Che?” biascicò, spiazzato.
Oh, povero piccolo. Non era abituato forse a non sentirsi leccare le chiappe come suo solito?
Michelle si raddrizzò, spolverandosi la gonna ormai inzaccherata e gli scoccò un’occhiata di fuoco. Uno specchio alla sua sinistra le rimandò per un istante la sua immagine: una bambina smunta, il viso macchiato, gli abiti troppo grandi per lei che penzolavano ormai fradici di sangue verde sul suo corpo rinsecchito.
La tua stupida protezione ha fatto esplodere quel coso e mi ha rovinato i vestiti!”
Lui continuò a guardarla come un ebete.
Oh…ehm...mi dispiace?” le fisse, come se non fosse sicuro di quale fosse la risposta giusta da dare e dando all’ultima parola un tono più alto, come se, dopo lo sbigottimento, il suo stupido cervelletto da ricco viziato stesse finalmente realizzando che non stava ricevendo la gratitudine che meritava ed iniziasse ad irritarsi.
Prese a seguirla scalpicciando mentre ritornava sui suoi passi, umiliata e scocciata, forse ancora preso dall’insana idea di doverla difendere, forse perché non riusciva ad accettare l’assenza di un “grazie”.
D’altronde la sua protezione aveva appena salvato la vita ad entrambi. Cosa significava in confronto dover ricomprare un vestito che sarebbe costato almeno due settimane di furtarelli per le strade?
Lo odiava. Odiava ogni Purosangue e di certo, odiava membro di quella dannata progenie, ma perlomeno il più piccolo se ne stava per i fatti suoi. Lui, invece, non solo le aveva sorriso come uno stupido imbecille aspettandosi riconoscenza naturale per una protezione che nemmeno aveva creato con le sue mani ma che era innata e basta, ma viveva la sua dannata esistenza sinceramente inconsapevole dei privilegi che aveva.
E anzi, ogni giorno, nella sua stupida ribellione infantile ai genitori, faceva finire nei guai uno di loro!
A volte un elfo, a volte un servo mezzosangue, ma qualcuno di loro ci finiva sempre, nella cacca fino al collo, perché quel moccioso arrogante architettava l’ennesimo tentativo malriuscito di far incazzare papino!
E la cosa che più mandava Michelle sui nervi? Era che nessuno di loro, in particolare gli elfi domestici, ce l’aveva con lui.
Era così dispiaciuto, mi ha difeso con tutte le sue forze mentre il padrone mi puniva per i suoi pantaloni sbrindellati.” le aveva detto una volta TwinkerBell, fasciandosi le dita tumefatte. “Soffre così tanto, povero bambino.”
Oh no, quella dispiaciuta sono io.” replicò infine fumando di rabbia, girandosi di scatto verso di lui. Era arrivata all’ingresso della sua stanza. “Come da brava schiava, dovrei recitare meglio, giusto padrone?”
Gli si appiccicò addosso,facendolo sussultare e barcollare all’indietro, e si portò una mano alla fronte con aria melodrammatica.
Oh, padrone, ero così spaventata!” singhiozzò, falsissima, contro il suo petto mentre quello arrossiva. “Ringrazio il cielo che ci fosse lei a salvarmi da uno di quei mostri che avete creato con le vostre mani, le sarò riconoscente per l’eternità!”
E quell’imbecille ci provò davvero, a sollevare le braccia per batterle una pacca consolatoria sulla spalla. Per lui doveva quasi essere automatico.
Michelle gli piantò un gomito nello stomaco togliendoselo di dosso, godendo ogni singolo istante della sua espressione smarrita.
Non mi serve il tuo aiuto, stupido viziato Purosangue!” ringhiò. “Sta’ lontano da me o ti faccio secco!”
E gli sbatté la porta in faccia.
Quello, fu il loro primo incontro.





"Protego."

Sirius Black riaprì gli occhi e si rialzò con la solita leggera nausea che gli veniva dopo ogni attacco di Legilimens.
Mise a fuoco con fatica l’aula piena di barattoli sottovuoto, pareti da cui filtrava umidità, un tappeto verde smeraldo che aveva attutito la caduta.
Severus Piton si stava sistemando la bacchetta nel mantello, gli occhi vuoti, una smorfia leggera sul viso.
“Sei migliorato.” sibilò solamente. “Possiamo dire concluse le lezioni di Occlumanzia.”
Il sollievo che trasparì dalla sua voce fu secondo soltanto al disgusto.
James aveva imparato dopo una sola lezione con lui. L’aveva dimostrato a Silente, e gli insegnamenti per Ramoso si erano conclusi. Che fosse tornato dalla sua prima e unica lezione con Severus con un occhio pesto e incazzato come una biscia non aveva sorpreso nessuno. Il suo talento naturale per chiudere la mente alle intrusioni esterne, invece, era stato sorprendente.
Sirius invece ci aveva messo più tempo.
Le maglie primordiali che proteggevano la sua mente erano già state sfilacciate dalle mani abili di sua madre...rimanendo irrimediabilmente danneggiate.
Non sapeva cosa fosse successo con James, ma Silente doveva avere dei metodi di persuasione piuttosto forti perché era lampante che Seveurs avrebbe preferito ingoiare fuoco vivo piuttosto che ritornare laggiù con uno di loro.
Però, straordinariamente, le lezioni con lui erano quasi tranquille.
Non era il solito odio, era diverso. Nessun sorrisetto strafottente, nessuna provocazione, nessun tentativo di fregarlo. Nessun commento sul fatto che, da una settimana a quella parte, la scala sociale dei Marauders non è che li avesse portati sul gradino più basso, si era proprio disintegrata sotto i loro piedi! L’unico motivo per cui gli altri studenti non cercavano di infilare loro la testa nel gabinetto era perché, perlomeno, avevano ancora paura di finire fatturati sul posto, ma in ogni caso James li aveva letteralmente fatti diventare invisibili!
Eppure, niente.
Piton si esprimeva a monosillabi, e le frasi intere che si erano scambiati durante le sedute si contavano sulle dita di una mano.
Sembrava distratto. Svuotato.
Non che a lui fregasse qualcosa. Fosse stato per lui, avrebbe lasciato quel piccolo parassita a farsi sbranare da Remus al Quinto anno. Era stato solo uno scherzo il suo, certo, forse un po’ pesante, e non aveva avuto davvero intenzione di farlo fuori. Ma era comunque un Black, provava pochi rimorsi nei confronti dei propri nemici. Pentito? Manco un po’.
La gente era responsabile delle proprie azioni. E se Severus amava ficcare il suo lungo naso nei loro affari, doveva anche pagarne le dirette conseguenze.
Peccato che James avesse la mania di fare l’eroe ed era corso a salvargli il culo.
Eroe… nel suo ricordo, la bambina l’aveva chiamato così.
“Hai visto lo stesso i miei pensieri.” mormorò, lugubre.
“Ricordi banali.” spiegò il Serpeverde, con aria assente. “Nulla di vitale o importante. Ed è durato poco. La tua mente mi ha respinto quasi subito. Il resto puoi farlo da solo.”
Banali. Già, pensò Sirius Black, ricacciando in fondo alla testa quella parte della sua infanzia. Alla fine, non aveva visto niente di particolare.
Una marmocchia strafottente che lo insultava.
Una maglietta larghissima e sporca, pantaloni rattoppati. Occhi sfrontati, di un azzurro indaco denso. Capelli castani, di un taglio corto e disordinato da maschiaccio che sparava dappertutto, con una frangia arruffata e ribelle a sfiorare le sopracciglia e due treccine più lunghe sul davanti che contornavano gli zigomi sporgenti e le dondolavano contro le mandibole ad ogni parola incazzosa che le usciva dalla bocca.
Un viso che non avrebbe visto mai più.
Non era un ricordo banale, rifletté, scacciando via quell’immagine prima che lo ferisse. Non lo era per niente.

Sirius Black uscì dall’aula con l’aria di un cane depresso, ma Severus Piton se ne accorse a malapena.
Non riusciva a pensare a molto altro, di quei tempi. Soltanto...al braccio.
Se lo sfregò con un movimento nervoso, quasi isterico, simile ad un tic. Lo faceva spesso, quando era solo, perlomeno.
Non c’era niente, sulla pelle. Eppure era lì.
E bruciava. Bruciava in un modo che non riusciva a spiegarsi...non era un dolore reale, ma al contempo lo era. Bruciava nella sua testa.
E quando arrivava il momento in cui pensava di esserselo solo immaginato, ecco di nuovo quella sensazione, quel pulsare come un monito dentro di lui. A ricordargli una sola cosa. La più importante.
Era suo.
Un’ondata di nausea gli riempì la bocca di acido e bile, e una sorta di eccitazione malata gli fece tremare le dita.
Si diresse verso il suo dormitorio come in trance, chiedendosi vagamente se era quello che avevano provato anche tutti gli altri, quando colui che avevano scelto di seguire li aveva marchiati.
Anche loro, sentivano bruciare ad intermittenza qualcosa dentro, come una vampa nella loro anima?
Anche loro erano divisi a metà fra il terrore ed il piacere?
Veleggiò nei sotterranei con l’umidità ad inzuppargli le ossa e i tormenti ad irretirgli il cuore, fino a quando non entrò nel dormitorio e, nel fracasso generale, udì l’unico nome in grado di riportarlo alla lucidità come una falena nel buio.
“...Lily Evans…”
Si fermò di botto, rendendosi solo ora conto di dove si trovava e di quel che stava succedendo.
Si potrebbe dire che vedere Bellatrix Black bullizzare una bambina era cosa comune, lì dentro, la solita normalità...ma era strano vedere Narcissa Black al suo fianco, una sottile ruga di preoccupazione a inciderle la pelle marmorea della fronte.
Come suo solito, il nome di Lily l’aveva appena sussurrato, ma Piton lo sentì. E vi si avvicinò, riecheggiando dentro del solito dolore sordo.
“E allora?” replicò Bellatrix alla sorella, con un piede ben piantato contro la schiena della primina che, a terra, smoccolava in lacrime. “Chi se ne frega se quello ha mollato la Evans? Ciò che mi frega è quello che va dicendo questa stronzetta traditrice!”
“Lasciami!” strillò quella, agitandosi. “Non ho fatto nulla di male!”
“Oh, davvero? Perché mi pare che su queste dannate pergamene di trasfigurazione ci sia la firma di James Potter!” la più grande le buttò in testa un plico di fogli che frusciarono fino ai piedi di Severus. “Da quando in qua una Serpeverde accetta di fare i compiti a Potter?!”
Fu allora che la marmocchia le riservò uno sguardo vacuo e fumoso.
“James non ha tempo.” sibilò, con un coraggio senza dubbio degno di lode visto che, in tutto il dormitorio, la gente si zittì allo stesso momento in cui gli occhi neri della bella Black si assottigliarono.
“James?” chiese, con la calma tipica della tempesta imminente. “Sei amica di Potter, adesso, piccolo ratto traditore?”
“Fino all’altro giorno sputavi sulle sciarpe rosso-oro rubate dalla Sala Grande…” si intromise Narcissa, guardandola come si guarda un insetto particolarmente interessante. “Come mai ora fai i compiti al re dei Grifondoro?”
La marmocchia rimase in silenzio, prima di dire, urlando quasi spiritata: “Io farei di tutto per lui! Seguirò Potter fino alla morte!”
“TU, BRUTTA…!” Bellatrix tirò fuori la bacchetta, ringhiando come un animale selvatico, ma Piton si parò davanti.
“Ferma.” disse solo, agguantandole il polso. Era dimagrita, Bellatrix. Ma il fuoco nei suoi occhi ardeva ancora più folle di prima.
Gli piantò le nere pupille addosso, scioccata da tanta insolenza, ma Narcissa si parò tra i due.
“Ha ragione Severus.” sussurrò. “E’ sotto una sorta di incantesimo. Guardale gli occhi.”
“Me ne fotto.”
“Piantala.” sospirò la bionda, prima di guardare l’ingresso dei dormitori maschili, in alto a sinistra. “Abbiamo un bel problema da affrontare.”
“Ovvero?” chiese Severus, ignorando la sorella maggiore per concentrarsi sull’unica delle due dotata di cervello. Voleva solo capire cosa cazzo c’entrasse Lily. Chissà perché, poi. Aveva giurato di fingere che fosse morta per il resto dell’anno.
Però c’era qualcosa che non andava. I Serpeverde erano tesi, nervosi. Narcissa continuava a fissare la porta della stanza di Lucius, come in cerca di conferme che non arrivavano, visto che Malfoy da qualche tempo tendeva ad isolarsi parecchio e a sparire dai radar di chiunque.
“Sei stato distratto, di recente?” frecciò, guardandolo con la coda dell’occhio. “Mi servi lucido, Piton. Vedi di riprenderti.”
Represse l’impulso di picchiarla. Di spaccare le nocche sul suo stupido, piccolo e candido naso. La principessina Black, protetta sotto una cupola di vetro, intoccabile da chiunque...che osava fargli una ramanzina.
Non aveva nemmeno ancora il marchio, lei. Veniva tenuta nel suo piccolo nido dorato come un ninnolino prezioso, viziata e riverita, lontana dalla merda, immacolata come una bella bambola di porcellana. Non ne sapeva un cazzo, di quello che si provava.
“Vaffanculo, Cissa.”
“Piano, Piton.” avvertì Bellatrix, minacciosa.
“Non importa.” Narcissa smise di guardare la stanza di Malfoy e si riconcentrò su di loro. “Credo che Potter stia usando di nuovo il suo potere da Incantatore.”
“Ne dubito.” rispose Piton, quasi istintivamente.
“Dove sei stato di recente? Tutta la scuola lo sta venerando.”
“Tutta la scuola lo venera da sempre.”
“Non così. La gente sembra essere lobotomizzata. Sono tutti degli zombie in cerca della sua approvazione, non parlano più di altro. Ed ora, anche i Serpeverde più giovani sembra che ne stiano subendo gli effetti.”
“Senza contare che ha mollato i Marauders.” aggiunse Bellatrix, e quello scatenò finalmente l’interesse del maghetto, che sobbalzò.
“Scusa?”
“Seriamente, ma ti sei drogato? E’ da una settimana che ne parlano tutti!” replicò lei, stizzita.
“Come ha amabilmente fatto notare tua sorella, sono stato distratto.” Piton appoggiò i fianchi alla paratia, oscurandosi in viso. “Potter non userebbe mai il suo potere in quel modo. Ci metto la mano sul fuoco.”
E di certo, non avrebbe mai mollato i Marauders. E nemmeno Lily. L’idea di conoscerlo così bene gli fece scrocchiare le mandibole di rabbia.
“Quello che so è che sta diventando un problema.” mormorò Narcissa, meditabonda.
“Qualcuno deve averlo stregato.” sbottò Bellatrix, con una smorfia. “Si comporta in modo strano. E’ sempre stato un cazzone, ma adesso è fuori controllo cazzo. Lascia addirittura che la sua bandicciola di idioti venga presa di mira, Evans compresa.”
“In che senso, presa di mira?” non riuscì a trattenersi Severus.
“Nel solito senso.” quella fece spallucce annoiata, come se il bullismo tra studenti fosse una quotidianità di poco conto. “Sono isolati da tutti, l’altro giorno ho beccato due Tassorosso che insultavano Lupin alle sue spalle. E immagino manchi poco che la situazione diventi per loro ancora più pesante. Però è strano che Potter non faccia niente in merito. Voglio dire, ha passato sette anni a proteggere Minus e a tirarlo fuori dagli sgabuzzini, e ora…? Bah, almeno una bella notizia in questa storia c’è!”
“Vedi di scoprire cosa gli sta capitando, Piton. Il potere di un Incantatore impazzito può essere pericoloso.” la fermò Narcissa, molto meno propensa a festeggiare.
Già...Narcissa aveva paura di perdere quello che aveva costruito con tanta fatica. Tutta Serpeverde unita, contro un solo nemico. Un piccolo esercito personale...che andava a sfaldarsi piano piano sotto la malia del capo dei Marauder.
Quanto ci avrebbe messo, Potter, a tornare nei sotterranei e a farli saltare di nuovo tutti per aria? Quanto ci avrebbe messo, a far rivoltare i Serpeverde contro di loro? Se davvero stava usando tutto il suo potenziale, le cose che avrebbe potuto fare erano infinite.
“Lucius che dice?”
“Lucius è impegnato con altro.” chiosò Narcissa, un po’ contrariata. Una sottile smorfia le increspò le labbra fini. “Non ha tempo per questo.”
E poi…
Lily.
Perché l’aveva piantata? Avrebbe potuto averla alla sua mercé… dopo tutti quegli anni. I conti non tornavano. Sapeva solo che… com’è che aveva detto la Black?
Ce l’avevano con lei… la prendevano di mira…
E dopo i Marauders, sarebbe sicuramente toccato a loro. Appena James si fosse stancato dei suoi ex amichetti, gli sarebbe ritornato in mente di avere altri nemici con cui far sfogare la scuola.
“Farò qualche indagine.” sibilò, voltando loro le spalle.
Ma da dove iniziare?
Qualcuno lo afferrò improvvisamente per un braccio. Abbassò lo sguardo, scontrandosi con Lycoris Gamp, una Serpeverde del Terzo anno. La conosceva solo di vista, era famosa per contrabbandare pozioni illegali che faceva con sufficiente perizia, anche se in confronto a quelle che produceva lui erano pari a brodaglie senza valore.
Bassa e tarchiata, si strofinava una ciocca dei capelli stopposi con aria nervosa.
“Che c’è?” chiese bruscamente, scostando il braccio. “Ho da fare, quindi falla breve.”
“So che gli è preso a Potter.” sussurrò lei, ansiosamente. “Sono stata io. Su commissione. Non mi aspettavo che… che diventasse così. Cazzo, aiutami. Se si scopre finisco nella merda! Promettimi di non dirlo a Malfoy...”
Ma tu guarda… Piton la condusse in una stanza privata, sospirando. A quanto pare, sarebbero state ricerche brevi…




Una granella di nevischio, ultimo residuo di un inverno ormai finito, cadde come spuma scintillante da un ago di pino sul nasino di Lily Evans.
Non lo tolse, e la neve si sciolse sulle traccie ormai asciutte e salate delle lacrime senza che lei lo impedisse.
Si era inoltrata così tanto nella Foresta Proibita che il sole faceva ancora fatica a scaldare quei terreni. Nonostante l’acquerugiola della notte, il giorno era comunque luminoso e l’erba di un verde brillante, dissetato.
Un tempo avrebbe avuto paura di quei luoghi. Ora non più. Erano quasi...confortevoli.
Si era acciambellata dietro un ammasso di rovi e aveva fissato in silenzio la luce bruna e verdastra della foresta fradicia di pioggia, il mento appoggiato sulle braccia che circondavano le ginocchia, gli occhi pesti e l’aria stanca. Era passata una settimana.
Una settimana di assoluta inutilità.
Forse quello era l’unico posto in tutta la scuola dove non avrebbe dovuto subire sguardi, domande e sorrisetti.
Uno scalpiccio fece scricchiolare la neve ghiacciata, ricordandole di non essere sola. Il ché era anche il motivo per il quale si era concessa di perdersi nei propri pensieri per ore in un posto pericoloso come la Foresta Proibita.
D’altronde, Ramoso era immenso. Quasi quanto un cavallo, e con corna di argento puro, in grado di trafiggere le corazze più dure.
Il cervo bianco si scrollo di dosso dal manto l’umidità e si accoccolò accanto a lei, sfiorandole il gomito con il muso. Dalle narici gli uscivano viticci di fiato caldo e gli occhi d’oro luccicavano.
Lo guardò intenerita e anche un po’ triste, allungando le dita verso di lui, toccando il pelo soffice.
L’animale accolse la carezza chiudendo le palpebre, felicemente, emettendo un gorgoglio simile a fusa di gatto.
Già, perché Ramoso era a tutti gli effetti, ora, un animale. Non c’era traccia di lucidità umana dentro di lui.
James aveva preso a trasformarsi dopo qualche giorno da che perdurava quella situazione assurda.
Senza ricordarsene minimamente.
Se Potter umano la ignorava e umiliava, Ramoso la seguiva fedele come un cagnolino. Durava un paio di ore, di solito, ed era una fortuna che perlomeno, per trasformarsi, l’Animagus si rifugiasse vicino al Platano Picchiatore prima di venirla a cercare, forse per istinto o memoria. Sarebbe stato un vero disastro se l’avesse fatto davanti a qualcuno…
Poi si ritornava a quella che stava diventando la loro routine. Lei che si nascondeva cercando di ignorare chiunque, adducendo scuse per saltare le lezioni, il naso dentro a libri inutili fino a sera tarda, anche quasi tutta la notte. Tutto, pur di non pensare. Tutto, pur di non assistere al desolante spettacolo del letto di James vuoto, ogni sera. Tutto, pur di non vedere Liu Chang che gli stava abbarbicata al braccio come una dannata piovra per tutti i dannati corridoi!
Eppure tutte quelle ore di studio non avevano portato ad alcun risultato. E i Marauders stavano iniziando ad ammalarsi, sempre più deboli per quella lontananza forzata. Di nuovo.
La streghetta sospirò, voltando il viso verso l’animale come in cerca di risposte in quelle sue iridi auree.
Sentiva il suo doppio cuore battere attraverso la possente cassa toracica. Era stato pazzesco quando l’aveva sentito per la prima volta.
Era stato un pomeriggio, in cui si erano seduti vicini sotto un albero di glicine in attesa che Peter finisse le ripetizioni Astronomia. Si era appoggiata a James senza accorgersene, stanca e stranamente felice, ed improvvisamente eccolo lì.
Un battito...seguito da un altro, uno diverso, un suono profondo e recondito, appena percettibile. Un secondo cuore.
James aveva sorriso del suo stupore.
“Già, gli Animagus ne hanno due!” aveva riso, sobbalzando appena quando la Grifoncina ci aveva spiaccicato contro l’orecchio. “Quello umano e quello animale. Per cui vedi di non spezzarmeli entrambi, Rossa e dimmi le parole che voglio sentire!”
“Come… come…?” lei aveva rialzato lo sguardo, troppo meravigliata per imbarazzarsi. “Come ho fatto a non accorgermene prima?”
“Beh… non mi sei mai stata così vicina, direi.” lui si era grattato la testa, pensieroso.
“Ma… e le altre?”
“Quali altre?”
Sorrisetto da stronzo.
“Eddai.” aveva sbuffato, un po’ piccata. “Non sono mica nata ieri! Ho vissuto anche io qui negli ultimi sette anni, che ti credi? Possibile che nessun’altra se ne sia mai accorta, standoti vicina?”
Era stato allora che il sorriso di James si era fatto serio. Le aveva accarezzato i capelli, facendole venire un colpo.
“Non lo sentono...tutte.” aveva mormorato piano, un po’ teso. “Il rumore del cuore di Ramoso… si riesce a nascondere, in qualche modo. Non chiedermi come, perché non te lo saprei spiegare. Ma… da quando ci sei tu…”
Silenzio.
“Sì?” aveva sussurrato Lily, sgranando gli occhi e trattenendo il respiro. Poi, lui le aveva tirato la ciocca di capelli che le stava accarezzando, facendo la linguaccia e aggiungendo con tono esageratamente melodrammatico: “Diciamo che tu mi fai battere forte entrambi i cuori, Rossa!”
Chissà...chissà se ora quello di James stava ancora battendo per lei.
Accarezzò distrattamente il suo muso, perché nel frattempo quello aveva protestato per l’assenza di coccole. Gli prese delicatamente la testa tra le mani e gliela abbassò fino a far sfiorare le loro fronti, guardandolo tristemente negli occhi.
“Che cosa faccio?, James… ” mormorò. “…come ti riporto indietro?”
Ma Ramoso non disse nulla.



Remus Lupin la trovò seduta nel loro solito posto alla Sala dei Prefetti. Nel solito modo di quando tutto andava a farsi benedire.
Avvolta fino alla testa – tipo un grasso lombrico - dal solito plaid caldo, con una delle loro solite tazze fumanti di thè tra le mani – “Prefetto dell’anno”, recitava la scritta sul dorso - e l’aria assente di chi si è arreso all’esistenza.
Niente di nuovo.
Ma lui non poteva permettersi di buttarsi giù stavolta. E nemmeno lei.
“Riunione.” annunciò, determinato, togliendole di dosso il plaid. “Tra dieci minuti.”
“Avete trovato qualcosa?” pigolò quella con vocina flebile, affondando la faccia nella tazza e accartocciandosi su se stessa senza neanche guardarlo.
“Non...lo so.” ci andò cauto lui, trattenendo al contempo uno starnuto. “Ma stare qui non aiuta di certo!”
“Anche tu ci vieni qui!” protestò la streghetta, mettendo il broncio. “Sai quali sono le regole, Rem!”
Già. Quando uno dei due cadeva in quello stato, l’altro non doveva mettere becco. Al massimo poteva unirsi alla catalessi. Una regola non scritta di due dei Prefetti più precisini e perfezionisti della storia della scuola.
Zitto e mosca e, soprattutto, procedere al refill di biscotti al burro se finivano prima che l’altro si riprendesse.
“Insomma, Lily!” sentenziò Remus, le mani sui fianchi e l’aria più esasperata che mai. “Ti sembra il momento dell’esaurimento nervoso?!”
“Ti sembrava il momento quando i Registri dei punti furono fatti saltare per aria?” rimbeccò la streghetta, assottigliando gli occhi e squadrandolo con aria di rimprovero.
“Tutti i dannati registri! Il lavoro dell’intero anno! Certo che sì!” sbottò Lupin, arrossendo. “Ma non è paragonabile! Abbiamo bisogno di te, per cui vedi di riprenderti!”
“E per fare ché? Non c’è un dannato indizio su cosa sia successo! Niente di niente! Un’intera settimana di ricerche a vuoto!” rise acidamente. “Sono inutile, Rem!”
“Ma si può sapere che ti prende oggi, eh?! Vuoi lasciare James così? Tracannare bergamotto fino a scoppiare e nient’altro? Non è da te!”
Lei si rannicchiò ancor di più, diventando insolitamente silenziosa. Remus sospirò, andandole vicino. Aveva pianto di nuovo.
Non fosse stato il suo migliore amico, avrebbe preso James a pugni in faccia senza pensarci due volte.
Ma il cretino era stregato, per cui, niente vendetta. Eppure, rifletté vedendo Lily così mogia, ci stava andando pericolosamente vicino.
“Eddai.” le sfiorò i capelli con tenerezza, mentre lei nascondeva il viso … e le disse le esatte parole che lei gli aveva rivolto al loro primo incontro. “Andrà tutto bene. Te lo prometto.”
“Sembra felice.” mormorò lei all’improvviso, da un punto imprecisato tra le sue ginocchia.
“Come?”
“James. Sembra… felice.”
Già… ci aveva pensato tutta la settimana. James si era isolato da loro, certo, doveva aver fatto male ma… il modo in cui appariva. Il modo in cui gli brillavano gli occhi, perfino il modo in cui si muoveva per i corridoi, come se fosse più leggero di cento chili. Aveva sempre brillato ma… ma ora sembrava risplendere.
Non… non l’aveva mai visto così. Libero.
Forse...forse era quello, ciò di cui aveva bisogno davvero.
“No.” la voce di Remus uscì gelida e rovente al tempo stesso. Quando lo guardò, Lily si scontrò con rabbia e sdegno.
La prese per le spalle, rimettendola in piedi a forza.
“James NON è felice, Lily.”
“L’hai osservato, almeno?” lei cercò di ritrarsi, con le lacrime agli occhi.
“Non è felice, ti dico!”
“L’ha detto dal primo momento. A me! Non...non vuole che si fermi! Gli piace… e so che è vero! E se… se io fossi davvero un freno…? ”
“Ma allora parlo arabo?!” Abbaiò Remus perdendo la pazienza, stupendola perché non erano i suoi soliti modi miti e gentili. “Ti sto dicendo che non è affatto felice, che cazzo! Togliti queste stupidaggini dalla testa!”
“E come lo sai?”
Si rese conto della domanda idiota quando lui si tamburellò le dita sulla fronte con fare parecchio evidente.
“Lo sentiamo, che ti credi?” sbuffò, calmandosi e lasciandola andare. “Quella che tu vedi non è nient’altro che... esaltazione! E non gli fa affatto bene! Le sue mani… le ho viste! Hanno iniziato a tremare di nuovo quando…ah, lascia stare! Ti basti sapere che quella non è felicità e nessuno può esserne più certo di noi Marauders. Lily, James è disperato, accidenti! Non so chi ti ha messo in testa certe idee ma togliti di dosso la sensazione di essere un peso per lui perché non lo sei! Tu...non hai la minima idea di quanto tu gli faccia bene! E di quanto tu…”
Faccia bene a noi.
Si fermò appena in tempo, perché entrambi avvamparono e si scostarono l’uno dall’altro come se si fossero scottati.
Calò un silenzio imbarazzato, gravido di sottintesi.
“Senti, io…” annaspò Lupin, tutto il corpo teso, come se fosse istintivamente attirato verso l’uscita, verso la fuga da quell’argomento spinoso.

Si conoscevano da così tanto…

Siete tutti innamorati di lei…”

“Rem…”
“No, ok, va risolta. Mettere a tacere le cose non le fa funzionare diversamente. Lo so che è una situazione ai limiti dell’assurdo e...e mi dispiace, davvero, tu non hai idea di quanto. Ma possiamo risolverlo, in qualche modo. Lavoreremo su questo, va bene? Ma ora c’è James, ok, ed era James a contenere la rabbia violenta di Sirius, James a contenere la paura di Peter, James a unire tutti e a risolvere sempre tutto, so che sembra che sia sempre io a risolvere i loro casini ma non è così, io ho solo cervello, ma è James che ci riesce davvero, e ti giuro, io non ce la faccio. Non ce la faccio se non mi dai una mano, Lily, per cui ora alzati da lì e smettila di considerarti sempre meno di quanto vali per gli altri!”
Nulla da replicare, stavolta.
“O-ok.”
“Bene.” lui tossicchiò, sempre più a disagio, e le voltò le spalle. “Ti aspettiamo di sotto.”



Per “di sotto” intendeva naturalmente il bagno di Mirtilla Malcontenta… l’unica zona della scuola in cui nessuno avrebbe mai messo piede. Ma non le andava di farsi vedere con la faccia gonfia di lacrime, e di certo non avrebbe lavato la faccia in quei rubinetti nemmeno per tutto l’oro del mondo, così Lily decise di fare prima un salto nel bagno del Secondo, altro posto defilato ma perlomeno decentemente pulito, senza sfiorare nessuno con lo sguardo… e rimpiangendo la scelta nell’istante stesso in cui aprì la porta.
Qualcuno era appoggiato al lavandino, a ripassarsi il gloss sulle labbra. Liu Chang la degnò a malapena di un’occhiata attraverso lo specchio.
Strinse i pugni, fiammeggiando di rabbia.
“Che cosa hai fatto?!” l’affrontò, obbligandola a voltarsi.
“E’ quello che James voleva.” disse lei in tono piatto. “Se può consolarti”, aggiunse, appena ebbe finito di stendere sulle labbra un lucido rosso rubino, “Non l’ho fatto per fare un torto a te.”
Aveva la voce suadente, musicale, come una sirena capace di modulare il proprio canto per far sì che un marinaio si butti in mare.
Ma lei non l’avrebbe permesso.
“Lui lo...voleva?” Lily avanzò di un passo. Lo specchio le rimandò la sua immagine: gli occhi le luccicavano di rabbia e determinazione. Si accorse di provare un sentimento molto simile all’odio. “O forse era ciò che volevi tu?”
“Non l’ho obbligato io a baciarmi.” sibilò lei, risentita. “Nessun filtro d’amore, se è questo che intendevi. Si è semplicemente sentito capito da me. Facci pace, tesoro.”
“Nessun filtro d’amore?! A me pare che sia stato stregato o sbaglio?!”
“L’ho solamente aiutato a togliersi di dosso certi vincoli…” lei parve annoiata. “Se sei venuta a regolare i conti…”
“Oh, no, non ne varresti la pena.” la Grifoncina la guardò con disprezzo. “Ma lascia che ti dica una cosa! Sei pazza se pensi che quello sia veramente James!”
“Cosa c’è che ti spaventa, Prefetto Evans?” si stizzì la Corvonero, scuotendo la chioma. “Ti irrita vedere quanto sia appagato ora che è libero?”
“Non è libertà quella! Non riesci a vedere cosa sta facendo alla scuola? Alle persone? James è...è diventato quasi cattivo, Liu! Devi dirmi cosa gli hai dato, dobbiamo riportarlo in sé!”
Lei si morse le labbra per un millisecondo, vagamente a disagio, prima di scuotere la testa.
“Tesoro, sei fuori di testa se pensi che avrai qualcosa da me.”
“Ma non capisci? Fa quello che gli pare, come gli pare e quando gli pare! E’ la ricetta per portare qualsiasi persona alla rovina!”
Lei scattò, afferrandole una spalla con violenza.
“Non mi importa! Andremo in rovina assieme!” le urlò in faccia. Lily non reagì. Le rivolse uno sguardo...quasi addolorato. Di pietà.
“E’ momentaneo, non lo capisci?” mormorò, mentre lei assottigliava gli occhi. “Quello non è amore… ti usa come sta usando tutti gli altri. Come può andarti bene davvero? Come puoi voler stare con qualcuno...a quelle condizioni? Come fai a non capire la sofferenza che gli stai causando?”
La capiva...ma non le importava. Lo capì dal sorrisetto che le stirò addosso, quasi come se si trattasse di un gioco divertente. Non le importava di essere usata, non le importava di usare.
La Grifondoro rimase in silenzio, prima di raddrizzarsi con freddezza.
“C’è qualcosa di profondamente sbagliato in te.” scandì lapidaria, scostandosi da lei il più velocemente possibile.
Il suo disgusto non scalfì la Corvoncina, che tornò lentamente allo specchio a occuparsi del make up.
“Qualche giorno fa ti ho detto che i Marauders erano e sono un perverso casino.” sibilò, mettendosi il mascara. “Non ho mai detto di non esserlo anch’io.”






“Qualcuno mi spiega perché dobbiamo incontrarci in questo schifo di posto?!” Sirius Black aprì la porta con un calcio e squadrò i presenti e il sudiciume presente sulle pareti dall’alto in basso.
“Oh, povero piccolo. Ti si sporcano i vestiti?” ironizzò acidamente Lupin, accovacciato su un gabinetto. “Ti ricordo che ora la scuola ci odia.”
“E chissenefrega! La gente mi odia da sempre! Queste scarpe sono firmate!”
“Ma che mi tocca sentire...sei peggio di una donna!”
“E ti ricordo anche che papino e mammina mi hanno tagliato i fondi a quindici anni!”
“Ma se Euphemia ti dà letteralmente uno stipendio come paghetta! E a proposito, li hai sentiti?”
“No.” sbottò Black, saltando un tubo rotto. “Introvabili. Vento torna sempre indietro con le lettere sigillate. Credo che siano in una qualche specie di missione… e ultimamente, il dono di Euphemia sembra fare sempre più cilecca. Non ne parlano, ma si vede che sono preoccupati.”
“E’ una Veggente.” spiegò Lupin a Cristhine, che aveva alzato gli occhi incuriosita. Anche lei guardava le macchie verdastre con un certo timore, come se potessero esplodere da un momento all’altro e rovinarle i vestiti, ma perlomeno aveva la decenza di non lamentarsi ad alta voce.
“Ah, i ricchi!” bofonchiò Minus, scuotendo la testa. “Comunque è strano, la mamma di James avrebbe dovuto almeno avvisarci.”
“Ve l’ho detto, ha qualche problema ultimamente e...oh, Tonks.” si spostò, facendo entrare la Grifoncina, che scelse attentamente il posto più lontano da Remus. Aveva i capelli di nuovo bianchi.
Calò un po’ di tensione, ma ci passarono su quando quella se ne uscì candidamente con “Come va con la questione James? Prima credo che ci abbia provato con me…” e Sirius ebbe una specie di sincope.
“In che senso?!”
“Ha blaterato qualcosa sul ‘crescermi’, visto che ‘qualcuno non ne aveva il fegato’, o una cosa del genere.” lei fece spallucce. “Non ho capito bene, era circondato di gente come al solito. C’era un chiasso infernale!”
“Comunque, nessun riscontro.” sospirò tristemente Cristhine, scuotendo i boccoli. “Io e Lily siamo state tutta la notte sui libri di pozioni...volevamo chiedere delucidazioni a Lumacorno, ma è sparito.”
“Quello non c’è mai quando serve!” sbottò Peter. “Quindi, cervelloni? Qualche idea?”
“Non guardare me, con le pozioni sono un disastro...come con tutto il resto.” Tonks scosse la testa, alzando le mani in segno di resa. “Il massimo che posso fare è stenderlo con un cazzotto, ma adoro James, non mi piacerebbe affatto farlo!”
“Abbiamo pensato alla pozione cambia-personalità, ma non ha senso. Va assunta esattamente dieci minuti dopo averla finita, o va rimescolata ancora per far sì che abbia effetto. Quei cioccolatini erano lì da molto più tempo.” spiegò Cristhine, meditabonda. “E comunque, servono due piume di ippogrifo… e si nota, quando si assumono!”
“Cioè, secchiona?” ironizzò Black.
“Piccoli tic all’occhio dopo qualche ora. Ma James non ha niente!”
Andarono avanti per qualche tempo, come facevano da giorni ormai.
“Non è che hanno mischiato più pozioni? Tipo l’infuso fiacco con il Distillato Sviante…” azzardò Minus.
“...o un decotto Maleficum con ...boh, filtro Obliviscor…?” continuò Sirius.
“Mescolato a un Filtro d’Amore classico…?” finì Tonks, ma prima che Cristhine potesse dire qualcosa, una voce aspra si levò alle loro spalle ammazzando tutti di spavento.
“Certo, se il risultato voluto fosse stato quello di vedere l’idiota morto stecchito!”
E fu lì che accadde il miracolo. Un vero e proprio prodigio… con la forma ombrosa di un Severus Piton che piombò in mezzo a loro con un diavolo per capello.
“Razza di incompetenti…” sibilò, con occhi che mandavano scintille. “...la McRanney può anche passare, ma voi altri non sareste in grado di trovare un antidoto nemmeno se vi rifilassero la soluzione davanti al naso! Come se fosse possibile mischiare i filtri con i decotti senza uccidere qualcuno!”
Silenzio allibito. Occhi sgranati come palle. Bocche aperte in modo tragicomico.
A Piton saettò un nervo sulla tempia. La sua intenzione in verità era semplicemente di spiarli, ma c’era una sola cosa che sapeva mandarlo in bestie più di ogni altra cosa.
L’ignoranza in pozioni.
Sentirli divagare per mezz’ora tutte quelle idiozie avrebbe potuto mandare al manicomio chiunque!, pensò furente, sbattendosi tra di loro.
Ma come si faceva ad essere così scemi?! Come sopravvivevano quelli lì?!
Aveva resistito fino a che aveva potuto, ma poi non aveva più retto!
“NON è un filtro e nemmeno una pozione, è un Elisir, razza di coglioni, e più precisamente è il Liber Obstaret Conscientiam, l’ELisir delle inibizioni! Potter non è soggetto a nessun Filtro d’amore, è semplicemente stato privato dei rimorsi!”
“Un momento…” pigolò Sirius, sgranando gli occhi, basito e anche un pelino inquietato, come se si trovasse di fronte ad un essere alieno.“Mocciosus, ci stai forse…aiutando?!”
“MA CHE ASSURDITÀ’ DICI?!” tuonò quello, spettinandolo come un uragano in corsa e diventando violaceo. “Cosa cazzo me ne frega di aiutare voi altri?! E’ solo che mi sono stancato di stare a sentire le vostre insulse vocette blaterare di cose assurde! Dio, siete al Settimo e non sapete nemmeno distinguere un Filtro magico da un Infuso di Citronella!”
Troppo sconvolti per ribattere alle offese, rimasero in silenzio, scazzando ancora di più il Serpeverde.
Poi Sirius si girò verso Remus.
“Ci sta proprio aiutando!” esclamò stralunato, come se non avesse sentito una sola parola di quello che aveva appena urlato.
Ok, Severus si impose di contare fino a dieci.
Uno…
Due…
Tre…
“Black sei un idiota.” Sibilò, ma con dovuta calma. “Sappi che sono qui solo per interesse Verde-Argento. Non vogliono grane, per cui intendono temporaneamente seppellire l’ascia di guerra e mi hanno mandato a risolvere la questione prima che Potter diventi un problema troppo grande.”
“Oh, ma non mi dire, ricordini di quando vi ha fatto saltare per aria il Dormitorio?!” Sirius ridacchiò maligno. “Oppure anche tra i vostri sono iniziati a comparire i leccaculo di James?”
“Entrambe le cose.” replicò con noia l’altro. “In ogni caso, una dei nostri ha aiutato la Chang e mi ha spifferato un sacco di informazioni utili.”
“Un momento!” saltò su Cristhine, aggrottando le sopracciglia. “Ma l’Elisir delle Inibizioni… James dovrebbe essere già…”
“Morto?” soffiò Severus, facendo rabbrividire tutto il gruppo.
“In che senso morto?!” impallidì Tonks, guardando da una parte all’altra cercando di capirci qualcosa.
“L’elisir fu inventato da un Mago oscuro, molto tempo fa, per costruire un esercito perfetto e implacabile.” spiegò Cristhine. “Ma si rese ben presto conto che l’assenza di rimorsi portava alla lunga i maghi a diventare Obscuriali, esseri fuori controllo i cui poteri si ritorcevano contro loro stessi e contro tutto ciò che li circondava. Per questo...aggiunse una postilla alla ricetta. Quelli puri di cuore, ovvero i più inclini a soffrire l’assenza forzata di rimorsi, sarebbero morti dopo pochi giorni, prima che il dolore li facesse diventare Obscuriali.”
“Quindi cosa, stai dicendo che James è intrinsecamente un’anima malvagia?” se ne uscì Remus, con voce piatta, alzando lo sguardo chiaro su Piton.
“No. Sto dicendo che è stato usato un potenziatore.” si rivolse di nuovo a Cristhine. “Dovresti conoscerlo bene, visto che ne hai subito gli effetti tu stessa, o sbaglio?”
La ragazza trasalì, impallidendo.
“Una spina rossa per l’amore, una spina gialla per l’amicizia, una spina trasparente per l’energia vitale…” Elencò sadico il Serpeverde, contando sulle dita.
“...E una bianca per la purezza del cuore.” finì per lui la McRanney, in un debole soffio. “Hanno usato una spina di una Rosa dell’Oblio!”
“Cosa?! Ma sono sceme?! E dove cavolo ne hanno trovata una?!” Peter balzò in piedi. “Non le aveva fatte sparire tutte Silente?!”
“Lumacorno è sparito da qualche tempo, ci hai fatto caso?” Severus rise, quasi divertito. “Sono quasi certo che quel ciccione non sia riuscito a resistere e a farsi scappare l’occasione di conservarne una o due per sé! E quando ha visto che sono state trafugate, se l’è data a gambe filate per precauzione.”
Remus si girò verso Cristhine.
“Ok. Stabiliamo che quanto detto corrisponda al vero e agiamo. Quanto ti ci vuole per un antidoto efficace?”
“Non molto, per l’Elisir delle inibizioni… ma per quello che riguarda la Rosa dell’Oblio, avrei bisogno di una di quelle spine…”
“Scordatelo. Sei già stata punta una volta.” sibilò improvvisamente Sirius. “Non mi va proprio di ripescarti mentre cerchi di suicidarti.”
La ragazza rabbrividì appena, ma poi assunse un piglio deciso.
“E’ un materiale altamente letale ed oscuro, oltre che raro e sconosciuto. Ho bisogno di analizzarlo e distillarlo prima di creare l’antidoto, o rischiamo di fare del male a James! Staremo attente, lo prometto. Il problema è… riuscire a trovare una di quelle cose!”
Ma non fece in tempo a finire che Piton le smollò in mano un piccolo sacchetto di iuta, spesso e ben sigillato.
“C’è qualche resto qui dentro. La mia compagna ha voluto disfarsene prima di essere scoperta da Malfoy. Ve l’ho detto, Serpeverde vuole che la questione si chiuda in fretta.” sibilò freddamente, cercando al contempo di non farsi guardare in faccia da Lupin visto che, ci poteva scommettere, quel dannato ibrido stava di nuovo cercando di analizzare le sue intenzioni… e fece per ritirarsi alla svelta ma la più squilibrata del gruppo parve anticiparlo e se la ritrovò appiccicata addosso con un gran sorrisone.
“Grazie!” cinguettò felice, letteralmente abbracciandolo e facendo diventare tutti di pietra, compreso Piton che sgranò gli occhi esterrefatto e indeciso se maledirla sul posto.
Ma che accidenti prendeva a quella oca?! Lo sapeva che stava facendo le moine a uno che andava a braccetto con gli stessi familiari che la volevano morta stecchita?!
Certo che lo sapeva, ma a quanto pare la marmocchia aveva una qualche tara nel cervello, visto che era sempre felice e soprattutto gentile con chiunque, lui compreso. Una delle poche ragazzine a non fuggire lontano quando passava nei corridoi, anzi, gli sorrideva pure!
“Sì...beh…” borbottò, arrossendo improvvisamente e cercando di togliersela di dosso. “Molla, dai. A cuccia! E che cazzo!”
“Perché non rimani ad aiutarci?” continuò Tonks allegramente, facendo letteralmente venire voglia di suicidio a Sirius, trattenuto a stento da Cristhine e Peter prima che gli venisse intenzione di ammazzare Mocciosus. “Tu, Cristhine e Lily siete super bravi in pozioni! Eddai, rimani! Tra poco arriva anche lei!”
“Ma che problema hai, eh?!” Piton si defilò come una furia, letteralmente lanciandola via. “Non esiste che mi abbasso a collaborare con dei dannati Grifondoro mezzosangue!”
Uscì come una furia prima che lei arrivasse...e fu un vero e proprio miracolo che non si intercettarono, perché pochi istanti dopo anche Lily entrò nel bagno, l’aria più depressa che mai...prima di venire a sua volta travolta dall’abbraccio di Ninfadora.
“Abbiamo la soluzioneeee!”
“Eh? Ma che dici?”
Le spiegarono ogni cosa… e improvvisamente la videro sbiancare.
“Non serve accertarsi di nulla. E’ così…” soffiò, incapace di reggere lo sguardo degli altri. “Lumacorno aveva due rose dell’Oblio… ”
“E TU come fai a saperlo?” si insospettì immediatamente Remus, già in procinto di incazzarsi a morte e lei si fece ancora più minuscola.
“Ok, non arrabbiarti. Ci ho lavorato sopra, assieme, in queste ultime settimane.”
“Lily!” la sgridò anche Cristhine, sgomenta. “Come puoi essere stata così incosciente? Lo sai bene cosa fanno quelle rose! Ho ancora gli incubi da quando sono stata punta!”
“Lo so, sentite...mi dispiace!” pigolò la rossina. “Ma era un’occasione irrinunciabile! E sono sempre stata assieme a Lumacorno, totalmente al sicuro!”
“Quale, lo stesso che se l’è filata?” frecciò Minus, sarcastico. “Quel dannato vigliacco!”
“Sta di fatto...che so io come distillarle.” annunciò la Grifondoro. “Ormai le conosco bene! Per cui non è così male, no?”
“Non commento nemmeno.” replicò Remus, scuotendo la testa. “Ma perlomeno, ora abbiamo un piano di azione.”
“Quanto ci vorrà?”
“Non lo so… servirà credo parecchio tempo. E bisognerà farlo in un posto sicuro.” Cristhine guardò il bagno. “Dovremo fare turni di sorveglianza continua.”
“E impedire a James di…”
“Impedirmi che cosa?”
Come se qualcuno avesse sganciato un petardo, l’intero gruppo scattò in piedi in un’unica mossa collettiva, coprendo libri e sacchetti con il corpo appena in tempo.
James entrò nel bagno annodandosi il mantello sul collo. Aveva i capelli scompigliati dal vento, probabilmente era di ritorno da un volo sulla scopa.
Lo fissarono agghiacciati ma a quanto pareva, era troppo preso a starnutire per accorgersi di quello che stavano tramando.
“Bene, tutti qui...EEEETCIU’!” Avanzò di un passo, gli occhi gonfi. “Mi risparmiate il tempo di venirvi a cercare uno per uno.”
“Che...vuoi?” chiese Remus teso.
“Caaalma, calma!” quello ridacchiò maligno, alzando le mani in segno di resa. “State tutti male, eh? Beh, pure io. Grazie tante, Rem, a proposito! Bella fregatura, questa cosa!”
“Ramoso…” Peter scrocchiò la mandibola, osservando di traverso Cristhine e Tonks.
“Sì, sì, problemi pelosi e tutto il resto. Non dico altro, tranquilli!” lui sbuffò, ma quel suo rassicurare così spavaldo e incosciente non fece altro che aumentare la tensione, anche perché Cristhine aveva inarcato un sopracciglio, cercando di capire di che diamine parlavano. “Sta di fatto che sto male, fisicamente intendo. Perciò, buone notizie gente! Sono disposto a perdonarvi… sempre che da ora in poi facciate ciò che dico io.”
Ma tu guarda quello…! Sirius fece scrocchiare le nocche con un diavolo per capello ed ebbe la mezza idea di saltargli al collo, quando Remus lo trattenne prontamente per un braccio.
“Certo, James.” replicò mestamente, sconvolgendo tutti quanti. “Ti chiediamo di perdonarci.”
“Che… cos…?!” Black fece per protestare ma il lupetto gli piantò un tallone nel piede e lo squadrò malissimo.
“Siamo stati ingrati e arroganti.” continuò Lupin, più suadente che mai. “Faremo ciò che dirai, da adesso in poi. Sempre che tu sia così magnanimo da correrci sopra.”
“Moony… ma certo che sì!” lui rise, e gli passò un braccio attorno alle spalle. “D’altronde sono stufo marcio di starnutire, sai? Torniamo ai bei vecchi tempi!”
“E perché...già che ci siamo, non torni in stanza da noi?”
James ricambiò lo sguardo, stirando un pigro sorriso. Remus lo fissò in attesa, serafico, ma irrigidendosi appena quando vide i suoi occhi scintillare.
“Sto bene dove sto, per ora…” mormorò, strizzandogli l’occhio.
Niente da fare… non mollava. Lily rilasciò l’aria trattenuta nei polmoni e si conficcò le unghie nei palmi.
Ma certo… se dovevano preparare quel dannato antidoto, e rifilarglielo in qualche modo, era meglio prendere James con il miele piuttosto che con l’aceto.
Se fosse tornato in stanza… avrebbero potuto coglierlo di sorpresa nel sonno, impedendogli di usare il suo potere di Alpha per bloccarli.
Ma James non era stupido.
Si ritrovò ad osservare la sua schiena, il suo sorriso, come qualcuno che riceve ossigeno dopo parecchio tempo. Il suo profumo le accarezzò i sensi facendole male al cuore.
E se l’antidoto fosse stato completato tra… un mese? O di più?
Avrebbe retto la lontananza? Accidenti, detestava sentirsi così. Vulnerabile, e bisognosa, come in cerca della sua droga… eppure, si sentiva così persa, adesso, senza di lui…
Avrebbero resistito, tutto quel tempo? Con tutti quei segreti da custodire…
E soprattutto…e l’avrebbe fatta a sopportare “Bad-James” per tutto quel tempo?
“Heyla Evans! Niente rancori, vero?” esclamò proprio quest’ultimo, comparendole da dietro e dandole una amichevole pacca sul fondoschiena che le fece rizzare i capelli sulla nuca attraverso una scossa elettrica sotto pelle.
Si irrigidì come una statua, ma intercettò lo sguardo di Remus e distese sul viso un sorriso nervoso.
“Figurati! Per cosi poco!” cinguettò, rendendosi il più leggera e amabile possibile.
“Molto bene…” lui le sfiorò il viso con un dito, rischiando di mandare completamente all’aria quel teatrino perché tutti erano già pronti a scattare. “Lo sai, Rossa? Malgrado tutto, il mio letto è sempre libero per te!”
“Grazie dell’offerta…” balbettò lei, irrigidendosi. “… Ci penserò su, eh?”
Parve bastare, grazie al cielo. O forse anche a James piaceva ancora giocare.
“Allora ci vediamo dopo!” rise, e li lasciò soli… producendo l’effetto come di una ventata di aria fresca all’interno della stanza, che si era come surriscaldata.
Lily sospirò.
No... non ce l’avrebbe fatta a sopportarlo per un mese intero!

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Capitolo 60
*** Malicious III. ***


Salve a tutti!
Un piccolo appunto prima di cominciare.
Ci sarà più avanti un dialogo fra James e Lily che è ispirato a “Una corte di spine e rose”. Mentre il flashback del capitolo precedente con Michelle Wassal e Sirius è ispirato al libro “Scholomance”.
Grazie per l’attenzione! Buon capitolo.
Giglian










La scarpata sulla quale si stava arrampicando era brulla e vischiosa di fango. La pioggia sgocciolava creando gelidi ruscelletti da gobbe e cavità di nuda pietra, così aguzza in alcuni punti che la pelle escoriata dei palmi gridava di dolore. Continuava a colpirla in frustate feroci, gelida le finiva sulle mani screpolate, le infradiciava i capelli ed i vestiti.
Il temporale era passato, ma l’umidità sembrava ormai esserle entrata dentro.
Aveva tanto freddo che forse non si sarebbe scaldata mai più...ma non era quella la parte peggiore.
Non osava guardare giù.
Sapeva che tutt’attorno non c’erano altro che punte di alberi attorcigliati fra loro, brevi pendii erbosi ricoperti di muschi, licheni e nebbia fustigata dal vento, il cui gemito sordo copriva ogni altro rumore della Foresta Proibita. Troppo lontani da lei.
Piccoli puntini.
Braccia e gambe le tremavano ormai incontrollabili da almeno una mezz’ora, non sapeva dire se per il gelo che ormai le impregnava le ossa, per la fatica o per le violente ondate di nausea dovute alle vertigini.
In alto. Era così in alto.
Lily strinse i denti per impedirsi di vomitare. Si morse le labbra, concentrandosi su quel dolore, costringendosi a non pensare al vuoto sotto i suoi piedi.
La scarpata non era molto alta, tuttavia, cadere da lassù…
No, no, non doveva pensarci.
Alzò il mento, fermando il suo maldestro arrampicarsi, fissando il pertugio a ormai pochi passi da lei dentro il quale un fiore gonfio di pioggia e rugiada sembrava rifulgere.
I capelli ormai erano sfuggiti dalla comoda treccia bassa con cui li aveva acconciati, e le ciocche le si erano appiccicate alle guance sudate e fredde.
Fece per togliersi i capelli dal viso ma il movimento, un solo minuscolo movimento sbagliato, parve destabilizzare il suo già precario equilibrio e la fece dondolare in modo spaventosamente forte.
La streghetta cacciò un urletto acuto e si riappiattì contro la parete, aggrappandosi all’arbusto - che si disarticolava fino in cima come una fune - con tutte le sue forze. L’ennesima e violenta ondata di malessere le fece contorcere lo stomaco.
Le ci erano voluti quaranta minuti per trovare il coraggio di salire fin lì. Altri quaranta per arrivare fino in cima senza spaccarsi l’osso del collo o vomitare nel mentre.
Il respiro le usciva in fiotti irregolari trasformandosi in condensa, l’unico suono che riusciva a percepire assieme al suo stesso cuore traditore, che le sfondava il petto allo stesso ritmo dei pensieri che le palpitavano in testa.
Erano passate altre due settimane da quando avevano scoperto che cosa era successo a James.
Due settimane...se possibile ancora più deprimenti della precedente. Vedere Remus sforzarsi di sorridere al loro migliore amico e ignorare il suo essere così dannatamente stronzo era uno spettacolo desolante.
Le sembrava di essere tornata ai vecchi tempi… se non peggio. Sirius a malapena riusciva a contenerlo, ormai… e ad un prezzo che ora le sembrava ingiusto. Vedere Black stamparsi in faccia di nuovo quell’aria crudele e sadica… faceva male al cuore. E ancor di più vederlo ignorare così platealmente Cristhine.
Sapeva che era tutta una recita per tenerla il più distante possibile da loro, ma detestava l’idea che fossero lontani! E a causa sua, tra l’altro!
Non avrebbe mai dovuto accettare di studiare quei dannati fiori con Lumacorno. Avrebbe dovuto chiedergli di distruggerli. Non riusciva nemmeno a capacitarsi di quanto accidenti fosse stata irresponsabile.
Di quanto fosse stata diversa dal solito. Di quanto l’idea di infrangere le regole e fare qualcosa di assurdo le fosse improvvisamente parsa… eccitante.
Quanto alla Corvonero, aveva da giorni le palpebre ormai così pesanti dalla stanchezza che a volte, di nascosto, Sirius andava a prenderla in braccio per riportarla, insonnolita e distrutta, al suo Dormitorio.
Non che a Lily andasse meglio.
Essendo le uniche due a cavarsela bene in pozioni, la mole di lavoro per loro era doppia. Remus era bravo, ma non quanto loro e quell’antidoto era la cosa più difficile a cui avessero mai lavorato!
Distillare le rose dell’Oblio si era rivelato incredibilmente complicato, senza Lumacorno a condurre le operazioni… e soprattutto, senza le sue scorte.
Fu così che un pomeriggio Cristhine entrò sbattendo la porta nel bagno di Mirtilla Malcontenta con l’aria stravolta, annunciando che era appena terminata l’ultima riserva di Starnutaria.
A parte Tonks, gli altri erano tutti lì, per una volta, sudati e spettinati attorno a un piccolo calderone di cristallo dove ribolliva l’antidoto.
Remus aveva alzato la testa con lentezza, passandosi una mano sulla faccia per togliersi la patina oleosa dei vapori dalle guance.
“So dove trovarne un po’.” aveva annunciato stancamente. “C’è una piccola scarpata ai margini della Foresta Proibita, a sud est. Ne crescono a dozzine sulla cima.”
“Posso andarci io, anche subito!” Si era proposta Lily, facendo per alzarsi. “Ho un’ora buca, tanto.”
“No.” Remus fu perentorio, e la fissò incrociando le braccia al petto. “Non se ne parla. E’ troppo in profondità nella Foresta e…”
“...e soprattutto, come pensi di prenderla tu, di grazia?” aveva terminato acidamente Black, impietoso. “Ce li ricordiamo tutti, gli strilli che hai lanciato quando hai fatto la tua prima lezione di volo.”
“La prima e l’ultima.” infierì pure Peter, trattenendo uno sbadiglio. “E lì saresti ancora più in alto. Sarà meglio andarci tutti assieme domani.”
“Ma…!”
“Lily.” Rem scosse la testa, con voce ferma. “Non sarà un giorno in più a fare la differenza.”
Tre a zero.
“Bene, è deciso.” sbottò Sirius, alzandosi a sua volta e ignorando la sua aria afflitta. “Ora, se volete scusarmi, James-sono-uno-stronzo-Potter mi ha sfidato a un’amichevole uno-contro-uno con la spada, nel Club dei duellanti, tra un’ora.”
La luce che gli vorticava negli occhi era tutto un programma.
“Paddy.” gli mormorò atono Rem, senza nemmeno guardarlo. “Ricordati che è un nostro amico e che sta passando un momento difficile.”
“E allora?” mugugnò funebre l’altro, e Lupin rialzò lo sguardo e stirò un ghigno angelico.
“E allora niente, distruggilo.” cinguettò.


E così sembrava tutto programmato… erano come una perfetta macchina che funzionava in sincrono.
L’Antidoto stava riuscendo, anche se a rilento… e tornare amico dei Marauders aveva leggermente placato la sete di James, che aveva perfino allentato un po’ il suo potere sugli studenti. Perlomeno non c’era più nessuno che si lanciava dal secondo piano per attirare la sua attenzione.
Eppure… mentre Lily camminava per i corridoi, sentiva il cuore sempre più pesante.
Cercava di non pensare, di ignorare… si concentrava anima e corpo sulla pozione, sul fare la studentessa modello, sul cercare di non creare sospetti… e perfino sui suoi onorevoli e tracotanti ruoli da Prefetto perfetta, da futura Caposcuola.
Salvare le apparenze.
Mancava così poco...e ci sarebbero state le elezioni. E tutto quello a cui riusciva a pensare era che...avrebbe dovuto esserne felice.
Ma non lo era.
James le mancava, in un modo che la faceva stare sveglia la notte, che le segnava pesanti occhiaie sul volto. E quel brillante futuro accademico che l’attendeva, quella carriera che sicuramente avrebbe fatto, che l’avrebbe portata lontano...tutti quegli obbiettivi da raggiungere, tutto quello che aveva sempre desiderato di più...ora le sembrava così vuoto. Così sbagliato, come un vestito troppo stretto. Una bella gabbietta infiocchettata dove girare e girare...
Forse, avevano ragione. Liu, Malfoy… e perfino James.
Forse era stata davvero solo una maschera… forse dentro, era più caotica e oscura di quanto non desse a vedere.
Era così presa da quelle paranoie che non si accorse affatto di dove stava andando...o forse, per istinto, anche lei tendeva ad avvicinarsi a James così come lui a lei, senza pensarci.
Come due calamite che non riescono a stare lontane.
“Ottimo posto per nascondersi!”
Peccato che, ora, avrebbe voluto ritrovarsi a mille chilometri da lì.
Eppure, non riuscì ad impedirsi di proseguire al suono di quella voce e dello spettacolo doloroso che prometteva. Le sue gambe scattarono da sole e la sua mano si ritrovò artigliata alla maniglia dell’Aula del secondo piano...da cui proveniva la risata sensuale di Liu Chang, delicata come una carezza.
Era seduta mollemente su un banco, i lunghi capelli sciolti sulla schiena, gli occhi brillanti verso James, in piedi davanti a lei, in mezzo alle sue cosce, che le sfiorava il viso con una mano e le sorrideva beffardo, godendo nel sentirla fare le fusa.
Altre sedie e tavoli erano stati rovesciati e accatastati di lato, come per sopperire a un’urgenza, come per avere lo spazio necessario a danzare.
Non fu il bacio che lui le diede a farle incendiare il sangue. Fu...quello sguardo. Di lei.
Così adorante. Luminoso...vulnerabile. E...sbagliato, in qualche modo. Ossessivo.
Sbatté la porta con rabbia, e la lavagna appesa alla parete davanti cominciò a tremare senza più smettere.
James non sussultò. Piegò solo la testa, riservandole uno sguardo di sbieco in cui qualcosa si increspò. Qualcosa che non riuscì a identificare ma che le smosse un non so che in profondità.
Le labbra di Liu, sbiadite oramai del loro lucidalabbra rosso, si piegarono in una smorfia.
Passarono pochi istanti.
Poi la Corvonero accennò alla lavagna, gelidamente.
“Hai finito?”
“Giù-le-mani-da-lui!” scandì Lily, quasi ringhiando.
Quasi non riusciva a parlare per la rabbia. Sapeva che era un errore. Sapeva che...che doveva fingere. Che doveva evitarlo più che poteva o tuttalpiù sorridergli, come una bella bambolina scema.
Ma non riusciva...non riusciva a controllarsi. Strinse i pugni contro i fianchi, scoprendo leggermente i denti.
Poi, James scoppiò a ridere.
“Sei deliziosa.” le sorrise...poi si staccò da Liu e le si avvicinò.
Passi lenti, misurati.
Qualcosa gli accendeva lo sguardo.
Lily si tese.
Accidenti… doveva recitare. Fingere. Doveva sforzarsi di…
“No, niente sorrisini.” James le fu vicino in un secondo. Si chinò su di lei, fino a farle sentire il respiro caldo sul viso. “E niente moine. Non funzionano più.”
Strinse la bacchetta, senza tirarla fuori dalla tasca ma… tenendola pronta. Voleva attaccarla di nuovo?
Il sorriso di lui si ampliò, divenne un ghigno… tese una mano verso di lei ma poi, improvvisamente, qualcosa scattò fra di loro.
E James si ritrovò improvvisamente in ginocchio, con uno scatto troppo innaturale, come se qualcosa di pesantissimo gli fosse appena caduto sul collo.
Famiglio.
Lo sguardo di Lily scattò verso Liu, che aveva stretto gli occhi, sorpresa, improvvisamente sospettosa. Non l’aveva vista fare una mossa… come era riuscita a farlo cadere…?
Il panico attraversò il viso della Grifoncina, certa di essersi appena fatta beccare da nientemeno che un’abile Corvonero, e fissò James ancora a terra senza sapere cosa fare.
Lui aveva digrignato i denti con fastidio, ma solo per un breve istante. Poi parve ricordarsi di Liu alle loro spalle e stirò un sorriso pigro, indolente e… e un istante dopo, Lily sentì le sue dita sfiorarle la coscia, appena sotto l’orlo della gonna.
Trasalì violentemente e fece per indietreggiare, confusa, imbarazzata, ma la presa del Marauder si fece più salda, passandole l’altra mano dietro l’altro ginocchio e impedendole di muoversi ma senza farlo notare.
Rialzò lo sguardo su di lei, come a rassicurarla, facendole nascere qualcosa dentro. Nonostante tutto.
Quel tocco…
Il suo cuore iniziò a battere fino a sentirlo nelle orecchie.
Il suo corpo si irrigidì e rilassò allo stesso tempo e si sentì ardere e gelare mentre le dita di James le scivolavano sugli arti.
Lui non staccava gli occhi da lei. Intrappolandola, bloccata al suo posto dall’oro caldo.
Poi si udì un fruscio e Lily sentì la sua calza, una parigina di cotone che le era scesa sul ginocchio, che veniva riposizionata al suo posto, all’altezza della coscia.
“Ecco qui.” mormorò James. “Ti era scivolata giù.”
La Chang continuava a fissarli.
“I-io…” Cercò di schiarirsi la voce, ma quella sembrava affondata in qualche punto molto profondo del suo petto.
“Basta chiedere, sai?” James era ora concentrato sulla calza che le aveva risistemato con premura, ma la voce, anche se le aveva dato la solita impostazione allegra, cinguettante e superficiale, parve vibrare. Le sue dita, calde sulla pelle, anche. Come per un brivido represso. Un sorriso scaltro incurvò la sua bocca. “Se mi desideri così tanto da incazzarti così nel vedermi baciare Liu.”
Cercò di non concentrarsi su quelle mani, su quel tocco. Non erano...così vicini da settimane, ormai.
Odiava come la faceva sentire, odiava dover deglutire per cercare di rendere la sua voce meno roca. Odiava vedere il suo orgoglio disintegrarsi in quel modo, come fragile vetro.
E odiava quell’espressione sul suo viso. Non le importava se era libero, si rese conto. Odiava lo stesso vederlo così.
“Sei sempre parecchio sicuro di te.” mormorò, sforzandosi di apparire gelida. Lui rialzò lo sguardo su di lei, ancora in ginocchio, ancora con le mani appoggiate alle sue cosce.
E nonostante tutto, quella visione la fece fremere… in un modo che era nuovo, e assurdo, e…!
In ginocchio, aveva ordinato Potter ai Marauders. Piegandoli alla sua volontà, obbligandoli a inchinarsi come davanti ad un re.
Ed eccolo lì, adesso. In ginocchio davanti a lei.
Gli brillarono gli occhi come se anche lui lo stesse ricordando. Come se stesse captando la esatta frequenza dei suoi pensieri. Ghignò, nel vederle la pelle arrossata, lo sguardo indignato e umiliato.
Gli si accese di nuovo lo sguardo quando le mani di Lily gli sfiorarono i lati del viso, tirandogli leggermente su la testa, ed il corpo a seguire. Un sorrisino di languido trionfo quando lei gli si fece ancora più vicina… seguito poi da una smorfia di dolore e a un’imprecazione feroce quando lei colpì il suo bersaglio.
Gli occhi della Grifoncina erano gonfi di lacrime.
“Ti farò tornare come prima!” quasi gridò, spingendolo via mentre il dolore mozzava il respiro al maghetto. “Ma fino ad allora, sappi che non cederò mai!”
Estrasse la bacchetta approfittando di quel momento di debolezza e, senza tanti complimenti, lo schiantò contro il muro. Poi corse via, sbattendo la porta.
E Liu Chang, dalle ombre, sorrise.
Uno a zero per lei.





Ed ora eccola lì.
A fare quella enorme, emerita, gigantesca cavolata.
Aveva afferrato la mappa del Malandrino ed era corsa spedita fino al punto segnato da Remus ai margini della pergamena con un piccolo puntaspilli. Aveva faticato parecchio per raggiungere il luogo dove c’erano le Starnutarie, da sola nella Foresta e con nient’altro addosso che la divisa fradicia e due calze che ormai erano state fatte a brandelli dai rovi.
Non aveva guardato in faccia nessuno e aveva semplicemente iniziato a correre, con un boato nelle orecchie, nel cuore… e poi, semplicemente, aveva preso ad arrampicarsi in barba alle vertigini, in barba a tutto.
Un giorno solo non faceva differenza, aveva detto Rem...ma per lei sì.
Non lo avrebbe lasciato neanche un solo giorno in più in quelle condizioni. Non lo avrebbe lasciato a Liu. Non lo avrebbe lasciato alla scuola, alla loro venerazione malsana.
Non lo avrebbe lasciato in balia di se stesso! Mai!
Urlando per lo sforzo, si allungò verso il fiore e lo strappò dalla conca con violenza. Quello iniziò a emettere un suono ridicolo, a metà tra uno starnuto e una trombetta.
Se lo ficcò nella tasca e poi… fece l’errore dei principianti. Ovvero, guardò in basso.
“Ah!”
Il mondo iniziò a girare come una trottola. Il respiro le si spezzò nei polmoni e le gambe persero forza tutta in una volta, diventando di gelatina. In alto...era...in alto…!
Il terreno parve avvicinarsi velocemente come per inghiottirla e poi allontanarsi di nuovo. Più e più volte, fino a disorientarla del tutto.
Ci fu uno schiocco e l’arbusto sul quale era aggrappata si spezzò di netto...si era sporta troppo!
“Waaaaah!”

Stava… cadendo…!

Lily strillò e serrò gli occhi, perdendo definitivamente la presa. Le mani cercarono istericamente appigli sulla roccia riempiendosi di tagli ma era tutto troppo scivoloso, troppo freddo e…!
Il vuoto le rimbombò dentro, il vento iniziò a strillarle nelle orecchie e… e un deja-vu le lampeggiò nella mente nella frazione di un secondo.
Due sneakers che correvano, facendo slittare delle tegole...e una mano che afferrava la sua. Il corpo di James stretto a lei mentre precipitavano dalla torre…
Ma non fu James, stavolta, a lanciarsi su di lei. Qualcuno alla sua destra parve...letteralmente correre sulla roccia viva e poi spiccare un salto, un salto inumano e impossibile, ma appena percettibile nel suo campo visivo e troppo veloce per diventare altro che una macchia confusa nel vento.
Poi Remus l’afferrò.
Una mano le circondò la vita e premette così forte - così innaturalmente forte - fino a farle sfuggire un gemito di dolore.
Udì un grugnito e poi Remus roteò il busto, schiacciandosela al petto – le sembrò di spiaccicare la guancia contro del marmo - e bilanciando la caduta in modo da portare il proprio corpo a fare da barriera tra lei e il terreno.
Qualcos’altro balzò insieme a loro, enorme, nero e peloso. E qualcosa le atterrò sulla testa, tirandole i capelli con uno squittio.
Durò tutto pochissimi secondi, ma le parve un’eternità.
L’impatto non fu certo dei più delicati ma lei e Remus atterrarono su quel corpo caldo e morbido, e nell’aria si udì un mezzo latrato di protesta.
Decisamente familiare.
Rimase immobile, ancora incredula, ansimando terrorizzata mentre le braccia di Remus l’avvolgevano. Aveva la camicia aperta e sentiva sotto le dita la sua pelle liscia e bianca, intervallata solo da qualche piccola cicatrice, sottili graffi in rilievo. Anche lui ansimava, ma più per lo spavento che per la fatica.
“Cosa… accidenti…credevi di fare…?!” soffiò, abbassando il mento fino a incenerirla con i suoi occhi azzurrissimi.
Lei non rispose. Non si sentiva più la faccia, il corpo.
Le sopracciglia di Lupin si incresparono.
“Lily. Respira.” ordinò. “Piano. Così.”
Gli si aggrappò addosso come una bambina, tremando violentemente, cercando di placare l’attacco di panico. Dalle labbra le sfuggivano strani singhiozzi spezzati che preoccuparono Remus a morte. La tenne stretta e le accarezzò la testa con dolcezza per qualche minuto, fino a che non tornò a respirare normalmente.
Felpato abbaiò di protesta a quel punto, più forte questa volta. Sobbalzarono e scesero dalla sua schiena.
Il cane (era più simile a un lupo che a un cane in realtà) si raddrizzò sulle zampe e scosse il manto nero inchiostro schizzandoli di fango. Poi puntò il muso su di loro.
Era difficile capire che era Sirius tramite quel colore di occhi, di un azzurro ghiaccio, così dissimile dal nero assoluto del suo sguardo umano, ma l’occhiata che lanciò loro sarebbe stata riconoscibile tra mille altre…
Un lieve bagliore e Black ritornò sé stesso. La lasciava sempre a bocca aperta vedere la loro trasformazione. Vedere come le ossa si disarticolavano e rimodellavano… una volta aveva chiesto a James se fosse doloroso. “Tutto il contrario”, aveva detto. “E’ quasi liberatorio!”
“Di grazia, Codaliscia, in che modo pensavi di salvarla?” berciò, acidamente il ragazzo, rivolto ad un punto sopra la sua testa. “...facendole lo scalpo?”
Solo in quel momento si accorse di un topolino grassoccio ancora saldamente aggrappato a due ciocche di capelli.
Lui squittì e saltò giù, ritrasformandosi in Peter.
“Ho agito d’istinto. Ho dei limiti, sai?” bofonchiò, arrossendo. “Sono alto dieci centimetri, che cazzo!”
“Come… avete…?” Lily li guardò confusa e anche sentendosi un pelino in colpa. E mortificata… e terribilmente in imbarazzo per quella piccola crisi. Rem aveva la camicia slacciata, i capelli bagnati e l’aria di chi si era dovuto vestire in tutta fretta dopo la doccia.
“Abbiamo pedinato quel cretino.” sbottò Sirius, indicando poco più in là.
Ramoso uscì dalle fronde con un versetto allegro. Le corna argentate si riflessero negli occhioni spalancati della Grifoncina.
“Ci mancava poco che si trasformasse in Sala Grande...” Lupin lo guardò desolato.
“Già, e vederlo puntare dritto la Foresta Proibita ci ha dato giusto un’avvisaglia della tua stupidità, Scimmia!” Sirius le si avvicinò. “Allora, com’era la questione dell’andarci domani?!”
Ebbe la decenza perlomeno di arrossire.
“S-scusate…mi dispiace…” pigolò, mentre il cervo iniziava a darle colpetti col muso con l’aia contenta di un animale che non ha un solo problema al mondo.
Sirius ringhiò. E decise di andarci decisamente giù meno leggero, con lei. Non era il suo stile dare carezze.
“Abbiamo un incubo di pozione da fare, turni di sorveglianza, turni per far da baby sitter a James in modo da non fargli sorgere sospetti, un cervo rincoglionito a cui badare prima che ci faccia scoprire tutti… e tu ti metti a fare la scalatrice tutta da sola?!” fece un passo avanti con l’aria un pelino isterica, e Ramoso borbottò, dandogli un deciso colpo col muso per allontanarlo. “E tu falla finita o giuro che ti ci faccio diventare uno stufato! Fa pure il geloso, adesso! Sottoni si nasce proprio, eh?!”
“Eddai, calma!” sbuffò Minus, scuotendo la testa.
“Calma un corno! Ti ricordo, Scimmia, che non riesco ad avere un momento con Cristhine da non so più quanto! E sarà pure che sono invecchiato, ma non sento tutto questo piacere nel tormentare la gente per i corridoi ed essere di nuovo additato come il più figlio di puttana della scuola! Qui stiamo già facendo tutti abbastanza sacrifici senza che ti ci metta tu con le tue idee suicide! Per cui vedi di darti una regolata, perché hai rotto!”
Lei chinò la testa, avvampando dalla testa ai piedi. Non osava guardare negli occhi nessuno di loro, e rimase in silenzio. I rimasugli dell’attacco di panico le facevano sentire le cose stranamente ovattate.
Lui parve calmarsi, adocchiando qualcosa nel suo viso. Sbuffò e le piantò una mano sulla testa, dondolandogliela appena con aria paternalistica come faceva sempre quando voleva irritarla...o consolarla, non sapeva dire la differenza.
“E che cazzo, Evans.” sospirò,senza guardarla, improvvisamente imbarazzato.
Il massimo dell’affetto che si poteva avere da Black.
“Sirius ha ragione, Lily. Ho bisogno che tu te ne stia fuori dai guai.” Remus le si avvicinò, parlandole in modo più mite anche se fermo e mettendole una mano sulla spalla. “So che non è facile, ma…”
“No, ha ragione.” lei borbottò, accarezzando la testa di Ramoso per calmarsi e sentendosi male per loro. “Sono stata una stupida. E’ che… volevo…”
Fare qualcosa. Riaverlo. Subito. Sentirlo vicino… smetterla di sentirsi abbandonata, di nuovo, da qualcuno che… che am… amav…
“Lo so.” Rem sospirò, tristemente. “Finirà presto, ok?”
Guardarono tutti il cervo, sfiniti.
James non aveva nascosto il segreto fra loro due in presenza di Liu perché gli interessava proteggere loro o Lily.
Aveva recitato e finto di essersi chinato di sua spontanea volontà, di non avere legami con lei, perché odiava esserle sottomesso. Non avrebbe mai accettato che si sapesse in giro che lui fosse un Famiglio. Odiava il fatto che… in un qualche modo, Lily avesse un potere su di lui. Più potere di lui.
Però… però ora eccolo lì. Senza memoria, completamente animale…
Dentro di lui qualcosa rispondeva al richiamo. Senza che potesse farci niente.
E nonostante tutto, le era parso che in qualche modo, nonostante il fastidio, ci fosse stato anche qualcosa che lo aveva stuzzicato, prima. Come se Lily fosse stata ancora una sfida da vincere.
Perché...beh, perché James si annoiava!
Inizialmente la venerazione, la saturazione di potere nelle sue vene, sembravano soddisfarlo appieno. Ma col passare del tempo, il Grifondoro appariva sempre più irrequieto, stizzito e tediato. Evidentemente, essere circondato da leccapiedi e non venire mai criticato aveva i suoi svantaggi…
E divenne evidente quando, la sera, imbacuccata sotto chili di coperte dentro la camera da letto, ancora tremando per tutto il freddo che si era presa quella mattina che sembrava esserle rimasto dentro le ossa e per la sfuriata – giustissima – di Sirius, Lily si vide comparire sulla mano un foglietto.
Le prese un colpo.
La stanza dei Marauders era silenziosa, vuota. Non aveva nemmeno osato chiedere loro di lasciarle fare l’ennesimo turno alla pozione. Probabilmente l’avrebbero legata di peso al letto, se fosse successo!
Non dormiva nella sua cameretta da quando era iniziata tutta quella storia, ma doveva ammettere che preferiva così. Non voleva svegliarsi – non faceva altro che svegliarsi, ora, di notte – e ritrovarsi… da sola.
Era difficile da spiegare. Non aveva nulla contro Molly e le sue compagne, ma ritrovarsi nella stanza dei Marauders le dava...un senso di casa che non aveva mai sentito altrove.
Non si sentiva nemmeno più tanto a disagio fra di loro, nel vedere ogni mattina Black in mutande o nel fare i turni per il bagno con tre maschi. Come se fosse tutto perfettamente normale. Come se fosse...una famiglia.
Capace di farla sentire al sicuro, almeno un pochino.
Il fuoco di betulla scalpicciava allegro dentro il caminetto… ma era più che altro quella sensazione a scaldarla. Il ricordo di tutti loro pronti a proteggerla...come se fosse parte del loro branco. Una compagna.
Stava per addormentarsi, cullata da quella consolazione, quando era apparso quel coso.
Diede un’occhiata alla calligrafia e si mise a sedere eretta, sobbalzando.
James le aveva appena inviato un bigliettino!
Sarò anche uno troppo sicuro di sé, ma almeno non ho un caratteraccio! Dovresti venire a curarmi le ferite che ha provocato il nostro battibecco. Sono tutto un livido grazie a te!
Udì qualcosa sul comodino, un cassetto si aprì da solo e una penna rotolò sul mogano lucido.
Ma era serio?!
Rimase interdetta, poi l’irritazione prese la meglio. OK.
Basta fare la carina!
Pensavo che un incantatore avesse di meglio da fare che mandare messaggini!” scrisse velocemente, infastidita.
Come ebbe finito di scrivere, la carta svanì dal suo palmo, come se la pelle l’avesse assorbita. Passò qualche istante.
Poi, di nuovo, si sentì prudere la mano e il bigliettino balzò fuori.
Sì, ho altro da fare… ma non so resistere alla tentazione. Esattamente come tu non puoi fare a meno di controllare cosa faccio o con chi sono. Sei molto territoriale, sai?”
Stronzo.
Poteva quasi sentirlo sorridere come un gatto dall’altra parte di quella connessione cartacea. Il biglietto fremette.
Sibilando, Lily l’agguantò e scarabocchiò: “Va a leccarti le ferite e lasciami in pace.”
Il biglietto non tornò per un bel po’, molto più a lungo di quanto ci volesse per scrivere le parole che comparvero. E quello che ci vide scritto le fece sputare fuori tutto il sorso di tisana che aveva appena preso.

Preferirei di gran lunga che me le leccassi tu.”

Stava… flirtando?!
Tu guarda che… razza di… !
Fu improvviso.
Le sfuggì una risatina. Come se fosse un colpo di tosse. Esplose nel silenzio della stanza all’improvviso, in modo istintivo.
Lily si bloccò di colpo, sentendosi il viso… stranamente rilassato. Stava sorridendo… e nemmeno se ne era resa conto…
Per tutte quelle settimane aveva avuto i lineamenti così tesi e contratti e si era sentita così in apnea… e se ne era resa conto soltanto adesso, quando James l’aveva fatta ridere!
Ed era davvero strano perché, da un lato, avrebbe solo voluto andare da lui e cavargli gli occhi!
Però
Riguardò il foglio, leggendo e rileggendo la frase. Una sfida.
James aveva un bisogno disperato di una sfida. Di una provocazione. E lei…?
Sorrise di nuovo, senza riuscire a trattenersi.
Strinse le labbra e decise che, decisamente, era ora di sferrare qualche colpo basso.
Per ciò, non si imbarazzò come suo solito, non arrossì e non imprecò.

Leccarti dove, esattamente?”

E beccati questa! Pensò, fiera di sé.
La carta svanì ancor prima che avesse completato il punto interrogativo. La risposta tardò molto.
Poi: “Ovunque tu voglia, Rossa. Mi piacerebbe cominciare con ‘dappertutto’, ma posso anche lasciarti il privilegio di scegliere!
Che situazione assurda. Stavano...davvero...flirtando.
Tramite messaggini, poi! Con James che era posseduto e tutto il resto! Eppure… qualcosa che non sentiva da giorni le si scaldò dentro. Si raggomitolò meglio sotto le lenzuola, posò la tazza e fissò la filigrana dorata delle parole in rilievo.
In qualche modo… stava funzionando. Quel battibeccare, quello stuzzicarsi e darsi fastidio...era la cosa più piacevole che le fosse capitata da settimane. La cosa più simile e vicina a...ciò che erano loro due.
Le sembrò, per pochi istanti, di averlo ritrovato. L’irritazione e i venti minuti di lecchinaggio alla Potter...era come se fossero delle stampelle a cui reggersi. Chissà se, in qualche modo, James ne era conscio o se voleva solamente distrarsi dalla noia dell’adulazione collettiva…
Te l’ho detto. Sei troppo sicuro di te.”
Il bigliettino scomparve. E passò di nuovo parecchio tempo prima di una sua risposta… il cui tono era cambiato drasticamente. Come… come per fare sul serio.
Poche parole. Che le esplosero dentro.

Ti è piaciuto vedermi inginocchiato davanti a te, oggi?”

Era solo un’altra provocazione...ma in qualche modo, le parve di sentire il modo in cui glielo avrebbe chiesto se si fosse trovata davanti a lui. Più serio. Più torbido. Con la voce arrochita e rovente. Avrebbe fatto scorrere quelle parole sulla sua pelle come una carezza letale.

“...Perché è di questo, che sono sicuro, Rossa.”

Lily strinse le ginocchia, sentendo il battito tempestoso del proprio cuore. No, decisamente non era un gioco che avrebbe potuto vincere. Era un bene che non fossero l’uno davanti all’altro. La voce le sarebbe uscita tirata, come agganciata a un filo sottile del poco fiato che le era rimasto nei polmoni.
Stavano camminando su una corda pericolosa, ora. E… James… il modo in cui aveva saputo leggerle dentro…
Uscì dalle lenzuola, sentendosi accaldata e infreddolita allo stesso tempo.
Serrò le mandibole, scrivendo solo un freddo e lapidario :“Buonanotte, Potter.
Un secondo dopo, la risposta.
Cerca di non gemere troppo quando mi sogni, Rossa. Lo sentirei attraverso gli altri. E ho bisogno di un bel sonno ristoratore per mantenermi bello.”
Lily si alzò, buttò la lettera nel fuoco e fece un gestaccio alle fiamme. Poté quasi giurare di aver sentito la sua risata rimbombare nel corridoio sottostante.
Dopo qualche momento, Lily iniziò a starnutire. Ma nonostante questo, i palmi delle mani escoriati e ancora in fiamme e i muscoli a pezzi, finalmente riuscì a dormire tutta la notte. Senza mai svegliarsi.





Passò qualche giorno, quasi tranquilli a dirla tutta. Qualcosa aveva placato di nuovo James, che rompeva meno del solito. Gli studenti sembravano aver ripreso un po’ coscienza di sé, e si affaccendavano per organizzare la Strigora, ovvero il sabba della primavera. Ogni anno gli studenti delle scuole di stregoneria di tutto il mondo si radunavano accanto a enormi falò vicini al lago e festeggiavano l’arrivo del caldo e la nascita di nuove progenie fatate che avrebbero reso prosperi i campi ed i boschi, come da tradizione.
La verità era che c’era una nuova scusa per bere e sollazzarsi fino a svenire lontani dagli sguardi dei professori.
In ogni caso, era un evento di giochi e sfide… esattamente quello che faceva al caso loro.
“Ciao Remus.” miagolò una voce sopra di lui. “Sai che preparare pozioni nel mio bagno è contro le regole?”
Il Marauder sollevò gli occhi chiari, puntandoli sul fantasma di Mirtilla Malcontenta.
Diventava sempre più insistente. Sirius aveva quasi cercato di maledirla, una volta. In realtà, Mirtilla aveva solo voglia di qualcuno che la stesse a sentire. Peccato che Felpato non brillasse proprio di empatia. Così, dopo averlo inondato dalla testa ai piedi di acqua putrida causandogli un mezzo shock, la spiritella aveva preso a fissarli con aria parecchio vendicativa. Fingere di non saper più distinguere fra lei e i gabinetti lì di fianco non era stata una delle idee più geniali di Sirius.
“Ah sì?”
“Potrei pensare che combiniate qualcosa di illegale o pericoloso…” cantilenò lei, volteggiandogli vicino con un sorrisetto.
“Nulla di tutto ciò, te lo assicuro!” disse rapidamente Remus. “E’ per una buona causa.”
“Hm-hm. Il tuo amico cafone oggi non viene?” lei dispiegò la bocca in una smorfia gelida. “Mi piacerebbe proprio bagnargli ancora quei suoi bei vestiti con l’acqua sporca. Probabilmente avrebbe preferito essere accoltellato.”
L’intruglio ribolliva sotto di loro, caldo.
“E’ un pochino schizzinoso. Soprattutto quando indossa roba di Givenchy.”
“Così impara a insultare una signora!”
“Ti chiedo ancora scusa per la sua scortesia.” Rem chinò il capo, mestamente. “E ti chiedo di chiudere un occhio su quello che stiamo conducendo qui dentro.”
Anche perché, finalmente, dopo lacrime, sudore e sangue da parte di tutti, la pozione era finita. Il peltro del calderone ed il calore del fuoco stavano facendo evaporare gli ultimi residui da scartare delle Starnutarie, il colore e la consistenza erano lentamente passate da melmose a liquide, acquose e inodori. L’infusione della rosa dell’Oblio, di ben ottantadue ore, sarebbe terminata quel giorno.
Avevano tutti quanti i nervi a fior di pelle e Tonks aveva rischiato di rovesciare tutto un numero incalcolabile di volte. Pensare alla Grifoncina solleticò in lui una stizza quasi dolorosa.
Mirtilla stirò un sorriso malizioso.
“Cosa ci guadagno a star zitta?”
“Va bene Mirtilla, cosa vuoi per tenere la bocca chiusa?” sbottò alla fine, alzando gli occhi al cielo. Non era dell’umore giusto per usare la giusta dose di diplomazia. Ma quella non si offese, per una volta.
“Non so, tu cosa mi proponi?”
Remus ci pensò su.
Cosa poteva dare ad una ragazza fantasma?
Una idea gli saltò in mente nell’esatto momento in cui Sirius e Peter entravano a dargli il cambio.
Black sbiancò nel vedere Mirtilla, ormai traumatizzato a morte, e lei ridacchiò deliziata della sua ansia, facendoli l’occhiolino.
“Puoi iniziare a cercare di toglierti la camicia firmata, ma sarò di sicuro più veloce di te!” trillò, con gli occhi di fuoco, e alcune tubature tremarono. “Beh, perlomeno sarai un bel vedere! Non ci sono tanti bei ragazzi che si spogliano qua dentro, sai? Certo, prima che io ti ricopra di merd…”
“Hey, Mirtilla.” la fermò Rem, richiamando la sua attenzione. Ghignò. “E se ti dessi qualcosa di meglio?”
“L’estrema unzione, magari?” sibilò stravolto Black, appiccicato al muro in modo ben poco virile.
“Ovvero?” lei si fece sospettosa.
“Che ne dici di un appuntamento con niente meno che James Potter in persona?”
Sì, era un po’ da bastardi. Ma a caval donato…
“Dici sul serio?!”
“Un intero pomeriggio. Qui da te. Con fiori e tutto il resto.”
Probabilmente solo resuscitare l’avrebbe resa altrettanto felice.
“Ci sto. Buon fortuna con la pozione!” gridò lei con un sorriso a trentadue denti e con gli occhi che brillavano, prima di tuffarsi e sparire Water preferito canticchiando estasiata.
“Quella lo divora.” sentenziò Black, sbattendosi a terra ancora incredulo di essere stato graziato.
“Hai un occhio nero.” disse Rem, guardandolo di sfuggita. Non una domanda. Non un’esclamazione sorpresa. Pura constatazione.
“Giocare con James sta diventando un po’ difficile.” spiegò Peter, distrutto. “Si è dato una calmata, certo, ma ultimamente c’è qualcosa che lo galvanizza.”
Certo, avevano “fatto pace”, ma sapeva benissimo che stavano tramando qualcosa alle sue spalle. Remus aveva dovuto applicare protezioni e disillusioni per una giornata intera su quel bagno, e perfino alle loro menti. Ogni volta che pensavano alla pozione, nella testa comparivano immagini di Quidditch, come se il loro cervello fosse un lungo nastro cinematografico. Era decisamente strano! Ma ora che era finita, Potter doveva percepire qualcosa attraverso i loro legame – era difficile tenere dei segreti fra loro – e il non riuscire a scoprire cosa fosse lo faceva diventare dispettoso.
Aveva preso l’amabile abitudine di appiccicare cartelli con su scritto “Vietato ai cani” in giro per la scuola.
E quando Sirius era entrato in mensa, quella mattina, gli si era avvicinato strabuzzando gli occhi.
“Paddy! Non hai letto il cartello? I cani non possono entrare qui dentro!”
Peccato che Sirius avesse appena passato due ore a togliersi feci dai capelli perché lui era stato così scemo da ingerire dei cioccolatini sconosciuti costringendoli tutti a stare spalmati per giorni in quel cesso di bagno con quel cesso di fantasma psicotico.
“Miao.” aveva ironizzato.
E si erano pestati di santa ragione. In maniera amichevole, certo.
Più o meno…
“Possiamo organizzare un’uscita a tre con il Brucafelci di Kittleburn e scommettere su chi riuscirà a violentarlo.”
“Sempre che la Chang gli dia una tregua da quelle ventose che ha al posto delle labbra.” ridacchiò Peter. “Anche se ultimamente non la guarda più così tanto. Li sento molto meno.”
“Era ora. Addormentarsi con il suono delle loro pomiciate nella testa è un altro tipo di tortura…”
“Almeno, se limona con Mirtila non sentiremmo niente se non un po’ di freddo, credo.”
Remus li fissò placidamente.
“Ma non sarà un po’ meschino prenderlo in giro?”
“No.” esclamarono in coro quei due, senza manco pensarci su.
Lui sorrise.
“Bene, siamo sulla stessa lunghezza d’onda.”
Andarono avanti a crogiolarsi nelle fantasie su come il loro amato Ramoso potesse venir molestato dalla Malcontenta quando, finalmente, il calderone fischiò.
“Chiama Cristhine.” Lupin si alzò in piedi. “Va fatta raffreddare. E poi ci siamo!”
“Qualche idea su come rifilargliela senza farci beccare?”
“Lily. Stasera. Anche se l’idea non le piace molto, è l’unica che può farlo.”
Si interruppero solo quando sentirono un leggero tafferuglio fuori dalla porta.
Poco dopo, spuntarono le testoline di Cristhine e Lily, la prima che fissava preoccupata la seconda, e la seconda…
“Sto Ba Bio.” biascicò la Grifoncina, con la voce impestata. “Non ti preoccupare. E’ solo … EEETCIU’…!”
“Hai bisogno di riposare.” la McRanney si impuntò, trattenendola per un braccio. “Guardati, sei uno straccio!”
Uno straccio era dir poco.
Quella che si ritrovarono davanti era una tizia con il naso paonazzo, gli occhi lucidi e pesti e i capelli che sparavano da tutte le parti.
“Merda.” sibilò Remus. “Sei malata!”
“Posso farcela.” biascicò lei, prima di starnutire di nuovo. “E’ solo un bo’ di raffrebbore...”
“Lily...ma tu scotti!” Cristhine le passò una mano sulla fronte. “Hai la febbre alta!”
Accidenti! Non ci voleva!
“E’ un disastro!” Rem si mise le mani nei capelli, disperato.
“Sì, beh, non è nella sua forma migliore ma non sarei così cattivo…” iniziò Peter, adocchiandola starnutire e smoccolare come un’ossessa.
“Ma no! E’ che contavo su di lei e sulla festa Strigora!” Remus prese a fare su e giù. “La tradizione vuole che le ragazze e i ragazzi che si piacciono si seducano con doni e balletti e bevano un boccale di birra l’uno dalle mani dell’altro. Era perfetto!”
“Cioè, Lily dovrebbe danzare per James e sedurlo questa sera?”
Si girarono tutti verso la ragazza. Era verdastra, gonfia e lacrimevole. Il silenzio fu eloquente.
“Anbate al Biavolo.” sibilò lei tra i denti, facendosi reggere da Cristhine.
“Sei l’immagine più antisesso che io abbia mai visto.” la seppellì Sirius, lapidario. “Probabilmente il Brucafelci gli farebbe più effetto, ora come ora.”
La poveretta sospirò, desolata.
“E’ stato il freddo preso durante l’arrampicata…”
Un nuovo piano. Serviva un nuovo piano…
Il cervello metodico e compulsivo di Lunasorta si mise in moto. Si massaggiò la giuntura tra setto nasale e sopracciglia, prevedendo un gran mal di testa.
Lily si accasciò tra le braccia di Cristhine – la quale, piccola com’era, barcollò non poco – dopo qualche minuto.
“Devo portarla in Infermeria. E’ a pezzi.” sospirò. “Non si può fare in un altro modo, questa sera? Migliore, magari.”
“Migliore che vedere il sogno di una vita ballare sensualmente davanti a te e porgerti dell’alcool in segno di sottomissione? Ne dubito.” frecciò Minus, incrociando le braccia al petto. “Soprattutto se si parla di Ramoso. Non penserebbe ad altro e abbasserebbe qualsiasi difesa. E farlo fare a te o a Tonks non avrebbe senso. Non funzionerebbe allo stesso modo.”
“Anche perché gli caverei gli occhi.” aggiunse amabilmente Sirius.
“Ma scusate, non potete obbligarlo con la forza e basta? Siete tre contro uno…”
Il silenzio che seguì fece capire a Cristhine che qualcosa non quadrava. Ma, come aveva promesso a Sirius, non aggiunse altro. Né indagò oltre.
Si era accorta da tempo che c’erano segreti fra di loro, ma Sirius non le avrebbe mai tenuto nascosto qualcosa se non ci fosse stato un importante motivo dietro.
Non era piacevole, ma aveva deciso di fidarsi...e avrebbe rispettato questa decisione.
Lui parve leggerle nel pensiero e le riservò uno sguardo rammaricato.
“Ci sono… alcuni problemi tecnici nel farlo.” disse lentamente Remus. “Ma immagino che ci proveremo.”
Qualcosa parve poi illuminargli il viso.
“Forse ho un’idea.”



Filiere di stelline e luci colorate di cartapesta levitavano sopra il soffitto incantato della Sala Grande, ancorate a decine di bacchette, in attesa di essere trasportate in giardino.
Prefetti e Membri del Comitato sgomitavano fra loro cercando di non pestarsi i piedi a vicenda, trafelati e sudaticci, mentre montavano le strutture di legno e trasportavano casse di birra.
Tonks si era tirata fuori dai piedi dopo che una tizia del Sesto le aveva detto, senza mezzi termini, che se avesse fatto ancora cadere qualcosa l’avrebbe affatturata sul posto.
Uno specchio le rimandò la sua immagine, più colorata di qualsiasi altra cosa. Ci aveva provato, almeno. I capelli erano tornati rosa con un notevole sforzo di volontà, anche se rimanevano ancora terribilmente pallidi, come scoloriti con l’ammoniaca.
Sospirò, attorcigliandosi a un dito una ciocca. Immaginava di non poter far meglio di così.
Non aveva decisamente voglia di festeggiare, ma quello era il gran giorno e, nonostante avrebbe fatto il grosso Lily, si presupponeva che fosse presente se qualcosa fosse andato storto. Per cui, aveva cercato di ovviare al suo pallore incantando i vestiti perché risultassero più fluo del solito. La conseguenza era che parecchie persone la fissavano stralunate, ma ci aveva fatto l’abitudine.
James mancava tantissimo a tutti loro.
Aveva ripreso a parlargli ma… si vedeva che non era lui. Quel sorriso...era lo stesso che aveva avuto lei, per anni. Stampato sul viso come una bella maschera.
Era acciambellata su una cassa con le gambe a penzoloni ascoltando solo di sfuggita le chiacchiere vuote di Ben, un suo compagno di classe alto e moro che aveva fatto voto a se stesso di riuscire laddove Wellesley, il suo rivale, aveva fallito, quando nella stanza apparve Remus.
Strabuzzò gli occhi nel vederlo assieme a Paige. Sorriderle, amabile.
Il cuore la morse dolorosamente.
Non si erano accorti di lei. Balzò giù dalla panca e si infilò fra due colonne, lasciando che il suo aspetto, pelle, occhi e capelli, ne assumessero l’esatto colore.
“Che? Una sfida di bevute?” stava dicendo Paige, sorpresa. Quella dannata gallina aveva smesso di tormentarlo quando James li aveva messi sulla sua personale lista nera ma, ora che erano tornati quasi alla normalità, a quanto pareva aveva ripreso!
“...E non devi dire a James che parteciperò anche io.”
“E che sfida è, se partecipi tu?” Quella ridacchiò con fare ciarliero. “Non esiste un solo studente in grado di batterti.”
Remus ricambiò il sorriso...e poi le sfiorò il viso. Il suo gesto fu così inaspettato che sia Tonks, nascosta dietro di loro, che Paige, trasalirono.
“Magari è la volta buona.”
Tonks serrò le mandibole. Avrebbe dovuto andarsene. Il tono con cui le parlava Remus… non l’aveva mai visto così soffice verso una ragazza. Così dolce e suadente…
Paige ne era in totale balia. Sbatté le ciglia, confusa da quella situazione nuova, e un delicato rossore le si diffuse sulle guance.
“Non so…” mormorò, un po’ a disagio. “… Mentire a James… non mi piace l’idea. Lui è…”
“...Sì, lo so com’è James. Un mito e tutto il resto.” tagliò corto Lupin. “Ma apprezzerà una bella sfida. E ultimamente sembra invincibile, no? Sicuramente non perderà contro di me, stavolta.”
Lei tentennava ancora, fissandogli spudoratamente le labbra. Probabilmente si stava chiedendo quanto fossero morbide. Quanto fossero abili.
Molto, non riuscì a trattenersi di pensare Tonks, con una punta di gelosia e dolore.
Era davvero così masochista?! Remus aveva messo bene in chiaro le cose. Non importava cosa aveva sentito di lui. Non avrebbe più fatto dei capricci per averlo per sé. Né si sarebbe fatta spezzare il cuore di nuovo.
A malapena si parlavano, adesso. Quell’amicizia era appena ad un filo così sottile… ma non aveva intenzione di rinunciarci!
“Cosa ci guadagno se dico di sì?”
“Dimmelo tu.”
Cosa?!
Tonks strabuzzò gli occhi. Davvero le stava chiedendo di mettergli su un piatto d’argento ciò che voleva lei?! O era matto o Paige doveva improvvisamente piacergli!
Ed infatti la biondina stirò un sorriso goloso e gli scoccò un’occhiata, arricciando il nasino sapientemente truccato per mascherare una leggera gobbetta.
“Ci sarà un incontro tra qualche giorno, tra le famiglie più ricche dell’Inghilterra. Un galà a villa Malfoy. Sono invitate tutte le signorine dell’Alta società, comprese quelle che hanno partecipato al Ballo delle Debuttanti… non è obbligatorio, ma è un suicidio sociale non andarci. Si faranno delle sfide di galateo e cose del genere.”
Remus attese. Tonks si sentì congelare. La sua mano scattò a stringere un foglio di carta nella tasca. Lo strinse fino a farsi sbiancare le nocche.
“Sono stata invitata, NATURALMENTE. Ma ogni signorina deve portare con sé un servetto. Una specie di maggiordomo personale, che l’aiuti nelle gare contro le altre Signorine, che la serva e che la tenga al sicuro. Sai come sono certi ricchi.”
“Che cosa c’entra, questo, con la Festa Strigora?”
La voce di Lupin era fredda e piatta, in confronto alla morbidezza di prima.
Gli occhi di Paige scintillarono.
“Organizziamola a scaglioni e dividiamo le coppie in varie sezioni. Saranno presenti anche alcune delle Signorine, direttamente in finale. Chi perde diventerà lo schiavetto della Signorina contro cui ha perso per un giorno intero. Obbligato con la magia a fare tutto ciò che vuole la sua padrona. Compreso l’accompagnarla all’evento.”
“E se a perdere è la Signorina?” mormorò Lupin.
“Uguale. Solo che non ci sarà nessun mega galà di lusso dove fare da chaperon a una bella e ricca ragazza. Quasi quasi conviene perdere, eh?”
No.
Tonks strinse i pugni, sentendo il cuore battere all’impazzata. Non poteva davvero...prendere in considerazione l’idea.
Pensarlo laggiù, in mezzo a quella gente… in balia dei capricci di Paige…
Lui rimase in silenzio a lungo.
“Ci sto. Fa solo in modo che James partecipi...e che l’alcool sia molto forte.” disse infine. “Pensi tu a preparare il banchetto?”
Paige sorrise di assenso...col sorriso di chi ha qualche asso nella manica.
“Perde chi vomita?”
“Perde chi vomita. O collassa.”
“Andata.”
Non era così stupida come voleva far credere. Vedendola allontanarsi con l’aria trionfate, Tonks fu certa che stesse tramando qualcosa.
Diede un’ultima, disperata occhiata a Remus, che si stava allontanando rigidamente, e poi decise di seguire Paige senza farsi notare.
Lei si acciambellò accanto ad un tavolo, facendosi circondare dalle sue amiche e raccontando tutto, omettendo solo il dettaglio di James.
Elidora Blake la guardò scettica.
“Lupin ti mangia a colazione.” ghignò, inarcando un sopracciglio. “Anche se ti piazzi direttamente in Finale contro di lui, cosa di cui dubito tesoro, nessuno riesce a batterlo in una gara di bevute. E’ risaputo.”
“E ti ricordo che con soli due martini sei andata a letto con Prentice.” la prese in giro un’altra ragazza, una Tassorosso che non conosceva. “Non hai giocato bene le tue carte, mi sa. Reggi meno di un bambino. E’ probabile che tutta la faccenda finisca con te costretta a svolgere qualche noioso lavoro da Prefetto.”
Tonks si nascose dietro una pesante tenda di broccato, cercando disperatamente di non inciampare.
Ci riuscì a malapena. Giusto il tempo di sentire la sua risatina e il versetto di sorpresa delle altre.
Si sporse un po’, cercando di vedere cosa avesse creato così tanto scalpore.
La biondina reggeva tra le mani una boccetta. D’oro.
“Ma… quella è…”
“Felix Felicitis.” Paige sorrise, estasiata. “Mio padre l’ha presa ad un prezzo esagerato, ma ne vale ogni goccia.”
La Grifoncina si sentì lo stomaco sprofondare. Voleva barare.
Quell’arpia...voleva barare!
“Remus arriverà sicuramente in finale. Batterà qualsiasi studente e poi, qualsiasi Signorina gli si presenti davanti, come ha sempre fatto. Fino ad arrivare a me e alla mia Felix.” cinguettò la Corvonero. “Sarò la prima persona nella storia della scuola a batterlo...e pure a dare un assaggio alla torta, se tutto andrà bene! Non so se mi spiego!”
Le risatine acute e stridule che le sfondarono i timpani le fecero intuire di aver udito abbastanza.
Cercando di non pestarsi i piedi da sola, sgusciò fuori dalla tenda e si spiaccicò contro la parete cercando di non farsi notare mentre si allontanava...ma quelle oche erano talmente prese dalla loro depravazione che nemmeno si accorsero di lei.
Accidenti a lui!
Ma cosa gli era saltato in testa?!
Tonks si mise le mani nei capelli e quasi uggiolò. Era chiaro che Rem voleva far sbronzare James per rifilargli l’antidoto più facilmente...ma così si era ficcato in una tana di lupi!
Non sapeva quanto potevano essere pericolose e diaboliche le ragazze di quella scuola!
Sospirò, guardando amareggiata il pezzo di carta che aveva nella tasca.
Una trappola...o una mera provocazione. O forse, solo vacua superficialità da ricchi annoiati che scoprivano un nuovo gioiellino su cui poter mettere le mani.
Aveva deciso di buttarlo, come saggiamente le avrebbe ordinato di fare sua madre.
Odiava disubbidire a sua madre. Lei si era sempre presa cura di tutti loro. Con una tale devozione e un tale sacrificio che non le era mai passato nemmeno per l’anticamera del cervello di fare qualcosa che potesse preoccuparla più di quanto non fosse ogni giorno.
Ma a quanto pare non aveva scelta.
Strinse l’invito al petto e prese la sua decisione.
Le scritte “Signorina Ninfadora Tonks” e “Galà primaverile di Villa Malfoy” scintillarono al calore del fuoco.
 

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Capitolo 61
*** La strigora ***


Me l’ero messa in testa: prima delle vacanze, dovevo aggiornare. E...beh, pronostico riuscito! Ci ho messo davvero un sacco ma, beh, questo capitolo sarà lungo il doppio del normale, ben trenta pagine word. Non riuscivo proprio a tagliarlo a metà.
Come altra novità, ragazzi miei, ho deciso di pubblicare di volta in volta un’immagine/fanart/disegno dedicato a questa fanfiction. Ne ho veramente un sacco ma ho deciso di cominciare con la nostra Tonks impegnata a mangiarsi un gelato! Quanto è carina?
















Il rullo dei tamburi era inquisitorio, profondo e ritmico.
Entrava dentro.
Il suono della Strigora, il magico Sabba del fuoco. Che batteva senza smettere fino alla fine.
Un grande contrappasso, seguito da altri più piccoli, a rinvigorire lo scalpiccio quasi nevrotico dei piedi che danzavano sull’erba.
Il crepuscolo stava lentamente lasciando posto alla sera, il cielo era dipinto di pennellate rosse e viola e l’aria stessa del Cortile del Viadotto pareva crepitare al calore dei cinquanta falò fluttuanti o ancorati a terra, su grandi treppiedi reticolati in ferro battuto.
Pennacchi di fumo nero risalivano in ampie volute attraversando striscioline di luce fatata che dipingeva l’oscurità di colori verdi e azzurri, simili a quelli dell’aurora boreale.
Ovviamente nessuna fatina in vista, non così vicine alla scuola. Arrivava fino a lì solo qualche scia residua e colorata, di una Foresta che si risvegliava in massa e festeggiava l’arrivo della primavera. Era tassativamente vietato entrarci. A meno di non voler finire in uno dei cerchi di funghi del Piccolo Popolo e venire rapito per chissà quali scopi.
Le fate erano nobili e sagge, ma anche perverse e oscure. Una strana combinazione.
Perfino i Marauders se ne tenevano lontani, quella notte.
Ma anche se la scuola era a parecchia distanza dai ritrovi delle Creature magiche e l’unica testimonianza di quel risveglio erano quelle strani luci filanti nel cielo, simili a nastri fluorescenti, l’aria era comunque densa di magia quella notte.
E alcool.
Parecchio alcool.
I Professori erano rimasti per propiziare il Rito di passaggio, ma poi si erano congedati lasciando il tutto alle mani del Comitato.
Che a quanto pareva, aveva tutta l’intenzione di vedere la gente collassare.
James Potter stirò un sorrisetto, acciambellato su un tronco un po’ in disparte dalla folla adorante. Osservava gli altri studenti con aria indolente e pigra.
C’era una sorta di gara di bevute.
Svettante al centro del giardino c’era un grande podio di legno con una decina di padiglioni più piccoli su cui erano stati posizionati barili di Whisky Incendiario, tavolini e cespi di paglia su cui sedersi. Lunghi gonfaloni variopinti ondeggiavano dal palo centrale, con rossi intensi e gialli vivaci, infinite tonalità di verde e blu, neri, grigi e porpora. Una filiera di candeline galleggianti svettava sopra di loro come lucciole ardenti.
Non aveva capito bene i dettagli, ma a quanto pareva chi perdeva si ritrovava a fare da schiavetto o cose del genere.
Ovviamente, la gara era truccata. Le delicate signorine della MagiNobiltà erano tutte in finale senza nemmeno un capello fuori posto.
Piuttosto sospetto.
E non erano le sole ad avere vinto a dispetto di tutte le previsioni: le partecipanti non avrebbero mai accettato di portarsi al guinzaglio la peggio feccia ubriacona di Hogwarts davanti ai genitori imbellettati di gioielli per il loro squallido evento sociale.
Così, gente come Buck il Beone, un tizio di Corvonero parecchio grasso che ingollava alcolici fin da quando aveva dieci anni come fossero caramelle, finiva per avere un triplo carico tale da stendere un cavallo, mentre i calici dei ragazzi più a modino – e più carini – venivano annacquati di proposito.
James aveva accettato la sfida, ovviamente. Le aveva accettate tutte, quella sera. Tiro alla fune, beer pong, gare di lotta, corsa ad ostacoli. Mancava solo quella. E per quanto potesse essere un bersaglio appetibile in altre occasioni, nessuna avrebbe mai rischiato di portarsi un Potter a villa Malfoy. Non dopo la scenetta al Ballo delle Debuttanti, dove aveva steso Nott Senior con un pugno in faccia.
Ma anche fosse stato, dubitava seriamente che qualcuna avesse veramente il fegato di inimicarselo truccando la partita contro di lui.
Quindi aveva buone possibilità di vincere qualche turno.
Non che gli servisse uno schiavetto. Gli bastava alzare un dito e c’erano vere e proprie risse per fargli i compiti.
Ma era terribilmente annoiato. Forse un po’ di alcool gli avrebbe fatto bene.
Scoccò un’occhiata alle coppiette che si scambiavano birra e danzavano l’uno per l’altro. E poi seguì con lo sguardo tutto il resto della scuola.
Lily non c’era. Ammalata, o qualcosa del genere. E nemmeno i Marauders erano in vista...tranne uno.
Peter Minus si districò tra la folla accalcata di gente che ballava, che cuoceva marshmallow sulle griglie e si sfidava a vari giochi fisici allestiti e gli si fece vicino con uno sguardo mesto che lo fece sogghignare.
“Heylà, Codaliscia.” ironizzò Potter, accendendosi una sigaretta. L’arancione delle fiamme adombrava l’oro dei suoi occhi. “Gli altri?”
“Indaffarati.” bofonchiò lui, accoccolandoglisi vicino.
Minus cercò di impostare il suo viso su un’espressione neutra.
Sirius di certo non avrebbe mai chiesto a Cristhine di danzare per lui alla Strigora, benché l’idea persistente dei suoi riccioli che fluttuavano nell’aria e delle sue gote deliziosamente arrossate dall’alcool aveva riempito le loro teste per settimane.
No, troppo rischioso. Però, più tempo passavano lontani l’uno dall’altro e più diventava irrequieto. Si erano concessi il lusso di approfittare del caos per stare un po’ assieme in segreto.
Non si baciavano, ovviamente. Sarebbe stato troppo forte, e James l’avrebbe sentito sulle labbra.
Era già abbastanza stronzo quando cercava di provocare Remus facendo allusioni su Tonks. Lui reagiva guardando altrove, quasi annoiato. Ma con Sirius la cosa sarebbe finita male.
E visto com’era andata l’ultima volta con Lily, meglio non rischiare di attirare eccessivamente la sua attenzione. Tonks si sarebbe saputa difendere visto il suo potere di Metaformagus ma Cristhine no di certo.
“E tu? Non riesci a stare lontano da me?” miagolò Ramoso, caldo come miele. Gli occhi gli scintillarono, perfidi, e Peter arrossì guardando altrove.
Sapeva quello che pensava. Li aveva perdonati, ma ogni sua parola era studiata per provocarli e fare male.
E Peter, durante quei giorni, si era reso conto di una cosa che l’aveva devastato.
James… Peter gli sarebbe stato vicino anche così. Anche in quel modo.
E… no, non era sano. Non era… normale.
Si stava impegnando come tutti per riaverlo, ma se per caso avessero fallito… lui… lui sarebbe rimasto comunque al suo fianco. Gli sarebbe… andato bene. Se lo sarebbe fatto andar bene.
Ramoso parve captare quel pensiero e si chinò su di lui. La letalità dei suoi occhi avvampò come una brace. Un brivido gli rotolò giù per la schiena.
Sensazioni dolorosamente familiari.
Paura. Disagio. Vergogna.
“Ti sei mai chiesto…” mormorò lui, basso e crudele. “… Ti sei mai chiesto se questo attaccamento nei miei confronti sia amicizia o nient’altro che il mio potere di Incantatore che agisce su di te? Su un tipo come te?”
Un tipo debole. Amorfo. Pieno di paure. La preda perfetta di un potere del genere.
Non aveva mai capito appieno come funzionava. Se era una cosa che si potesse davvero contenere o se era come avere una bestia particolarmente vorace sulla spalla, che attirava le attenzioni di tutti e intrappolava ogni tanto qualcuno di passaggio senza che ci potesse fare niente. Qualcuno come lui.
Peter rimase in silenzio a lungo.
“Spesso, in questi giorni.” sussurrò poi, senza osare guardarlo negli occhi. Lui sembrava divertito dalla sua umiliazione, dal suo senso di colpa. “Ma… poi…” continuò Minus, la voce roca.
“Sì? Ti ascolto.”
“… Ma poi, ho pensato che quel potere avrebbe dovuto avere su di me ancora più effetto, adesso. Ora che è libero e senza freni. E invece… invece io desidero ancora che tu torni come prima.” alzò gli occhi su di lui con il mento che tremolava, stringendo forte i pugni contro i pantaloni. “Quindi…quindi sì, forse il fatto che io ti veneri e ti cerchi in quel modo non è altro che una scia del tuo potere che negli anni mi è rimasta attaccata addosso. Forse è morboso e ingannevole. Ma...ma la mia amicizia per te è sincera, James.”
Lui lo fissò dritto per un istante. Poi si sollevò, e sospirando guardò le stelle che facevano capolino ogni tanto fra le volute di fumo.
“Se è sincera, perché non mi lasci così?” sbottò, improvvisamente irritato. Quei cambi di umore repentini erano davvero destabilizzanti.
Peter guardò quel viso così bello gettato in faccia alla notte, la mandibola un po’ rigida, la frustrazione sul suo viso.
“E’ davvero così fantastico?” gli sfuggì di bocca, ed era curioso davvero.
Lui lo guardò di sbieco.
“Vuoi che te lo mostri?”
Peter trattenne il respiro.
Da qualche parte, dietro quel muro insondabile, c’era James.
Il vero James. E lo sentivano ancora.
Era sempre stato strano e difficile da spiegare. Le loro menti così connesse. Era come avere un senso in più.
Poter allungare le mani ed immergersi delicatamente nell’altro. Sentire le emozioni come proprie. Viverle così profondamente, intimamente.
Certo, per tacito accordo c’erano sempre delle difese alzate.
Come dei muri invisibili, attorno ai loro nuclei mentali più preziosi. C’era un motivo per cui James e Sirius erano riusciti a imparare Occlumanzia così velocemente.
Non era certo una pratica che si affinava dall’oggi al domani. Sapeva che era difficile, e dolorosa anche. Ma quel processo inconscio e istintivo li aveva fatti diventare tutti Occlumanti naturali fin dall’età di quindici anni.
Era come avere allenato tutti i giorni un muscolo che nessun altro allenava. Loro alzavano muri che altri avrebbero impiegato mesi e mesi anche solo per riuscire a costruire.
Severus – e Silente per James, visto che si era rifiutato categoricamente di continuare con il Serpeverde – li avevano soltanto aiutati a metterci porte e lucchetti.
Quando si trasformava in Ramoso, quelle barriere un pochino cedevano e loro tornavano a sentire il loro James. Come se fosse un’eco che gridava e gridava dentro le loro teste. Era incazzato. Disperato. Solo la presenza di Lily placava tutta quella angoscia feroce, forse perché tutti quei pensieri confusi si concentravano in uno solo, ovvero nella sua missione da Famiglio, senza fare posto ad altro.
Forse era per questo che quando si trasformava senza accorgersene, filava dritto da lei, ovunque si trovasse.
Ad ogni modo, nessuno di loro...aveva mai sentito quel James. Quello nuovo.
C’era un silenzio impenetrabile. Mura altissime, insondabili, indistruttibili.
Era come se fosse un’altra persona. Nemmeno sforzandosi erano riusciti ad allungare le loro dita mentali dentro di lui. Un Bunker sarebbe stato meno difficile da aprire. Era come trovarsi di fronte a un cancello alto quanto una montagna, di duro diamante.
Per cui, la proposta di aprirgli l’uscio di casa lo lasciò spiazzato e anche un po’ nel panico. Cosa avrebbe trovato, al di là…?
Si tese, sentendo un’ondata di naturale diffidenza. Poi, piano piano, annuì.
James batté solamente le palpebre.
Una volta sola.
E lui lo sentì.
Fu come se gli avessero rovesciato gelatina gelida all’interno del cervello. James, il nuovo James, spalancò le porte e trasudò dentro di lui e non ci fu più spazio per niente altro che James.
La sua personalità non venne completamente annullata, ma schiacciata fino allo stremo in un angolo. Il cuore, che prima aveva pompato frenetico, ora parve rilassarsi.
Avrebbe dovuto sentire terrore per un’invasione così viscerale, eppure… non sentiva niente.
Con orrore, si rese conto che era quello che sentiva James.
Niente.
Aveva sempre pensato che la pozione che gli toglieva i rimorsi lasciasse spazio a emozioni feroci e violente che si incendiavano senza più nessun freno. D’altronde James era sempre più caotico e squilibrato col passare dei giorni.
E invece… Peter avrebbe potuto fare tutto. Qualsiasi cosa gli fosse passata nella testa.
Avrebbe anche potuto uccidere qualcuno, e andare a mangiarsi una pizza come se niente fosse.
Non… non sarebbe stato niente. Non avrebbe contato niente. Niente era più… importante, in qualche modo.
Era come essere sul fondo del mare.
No, non sul fondo del mare, si rese conto dopo un secondo.  Era un’immagine troppo pesante per quello che sentiva, per quella orrenda leggerezza.
Non era schiacciato, appesantito.
Era… in alto.
Nel cielo.
Sì, era come volare. Al di sopra di tutto.
Si sforzò disperatamente di provare qualcosa. Paura, rabbia, un po’ di ansia. Felicità, sdegno, imbarazzo.
Niente.
Non c’era niente.
Scivolava nella personalità amorfa di James come se fosse fango vischioso e fissava tutto ciò che era intorno a loro come avrebbe potuto fare una statua di pietra.
Doveva per forza provare paura. Doveva.
James aveva il totale controllo di lui.
Ma il suo battito cardiaco continuava a rimanere stabile. La pelle liscia e morbida, perfino un po’ calda. Niente sudore. Nessuna ondata di gelo giù per la schiena. Nessuna voglia di vomitare l’anima.
Sapeva che avrebbe dovuto reagire così solo perché prima di quello lo avrebbe fatto. Ma era niente più che un’informazione stipata nel suo cervello, un ricordo di ciò che era prima. Ora a guidarlo c’era solo… l’ego. Il proprio piacere. Come un faro luminoso in una densa foschia mentre ogni altra cosa sprofondava nelle sabbie mobili.
Era quasi...rilassante. Se non fosse stato orribile.
“E allora? Come ti senti?” chiese James, ad un certo punto.
Libero.
“E’ come se fossi morto.” mormorò Peter.
James rise leggero e improvvisamente si ritirò da lui.
E tutto tornò. Con il doppio della potenza.
Il Grifoncino strabuzzò gli occhi e cadde carponi sull’erba, boccheggiando. Il viso aveva perso colore.
L’acido gli risalì su per lo stomaco in modo doloroso. Vomitò e sudò freddo per parecchi minuti.
Paige arrivò dietro di loro ancheggiando, con l’aria un po’ trasognata, quasi esaltata.
Un luccicore le brillava nelle iridi.
“Qualcuno qui ha perso alla gara delle bevute ancor prima di cominciare.” notò, con allegria.
Sirius, dietro di lei, la scansò bruscamente. Sembrava uscito direttamente dalle ombre. Ansimava per la corsa.
Si chinò su Peter circondandogli un braccio attorno alle spalle con aria protettiva e sollevò le labbra sui denti in un ringhio silenzioso.
“Eccoti qui!” rise Ramoso.
“Cosa cazzo… ?” fece per dire violentemente l’altro, ma la mano di Peter si serrò attorno al suo braccio.
“N-no. S-s-sto b-b-ene.”
“Non sembra proprio, sai?” cinguettò di rimando la biondina, per nulla impressionata da quel violento tremare.
“Paige, chiudi quella cazzo di bocca.” sibilò Black, scoccandole un’occhiata astiosa.
Incredibilmente, lei non se la prese. Non si spaventò nemmeno.
Era davvero strana quella sera, sembrava che nulla potesse spaventarla. Era decisamente sicura di sé. Troppo, per una che si era appena scolata quattro birre formato gigante. Incredibilmente, non era stata male. Aveva anche trovato per caso dieci galeoni per terra.
Una serata particolarmente fortunata… come amava far notare a chiunque ascoltasse quella sua vocetta leziosa.
“James, è il tuo turno.” disse amabilmente, sbattendo le lunghe ciglia sul nasino incipriato a dovere. “Metticela tutta!”
“Come sempre, tesoro!” James ricambiò il sorriso e l’allegria, alzandosi con un balzo. “Ci vediamo dopo, gente!”
Un invito, ma anche un ordine a cui non potevano sottrarsi. Era stufo marcio di dover starli a cercare, quella sera, mentre erano a zonzo. Li avrebbe obbligati a fare l’alba assieme a lui. Letteralmente.
Stranamente, non incontrò resistenza. Anzi.
“Oh, ci puoi giurare.” cinguettò Sirius con aria un po’ feroce e sadica, sollevando lo sguardo da Coda.
La cosa avrebbe dovuto turbarlo. Non lo turbò.
Tutto quello che voleva era farsi una bevuta e poi finire la serata attorno ad un fuoco abbarbicato a qualche bella ragazza, assieme ai suoi fedeli Marauders.
Liu non era in vista.
Da quando era sua, sembrava che non le interessassero più gli eventi sociali. Prima era una delle più popolari, sempre in vista, sempre aggiornata. La prima ad arrivare e l’ultima ad andarsene.
Ora veniva alle feste e alle partite amichevoli quel tanto che bastava per non rendersi noiosa ai suoi occhi, ma se poteva scegliere, preferiva rimanere da sola con lui. Sapeva staccarsi quando serviva, però.
Era terribilmente brava a capire cosa desiderasse James. Ed era ossessionata da lui in modo squisito. La sua presenza a volte bastava a placare quasi del tutto la sua fame.
Si sedette allo sgabello davanti ad un cespo su cui il vomito era stato fatto evanescere e fu seguito da un boato. Rise e ringraziò i Grifondoro che facevano il tifo per lui più di tutti.
“E allora, chi sta vincendo?” strizzò l’occhio alla Prentice che gli portò davanti il primo boccale.
“Tobs e Calton collassati. Morris si è ritirato, ma di poco.” elencò quella. “Ah, e mi han detto che qualcuno del Quinto sta facendo una strage. Ha fatto fuori Bennet. Ma era il mio turno di pulizie, non ho visto chi.”
“Del Comitato?”
“Nah, una esterna.”
“Ma dai?” si stupì James, ignorando la sua smorfia un po’ schifata. Una marmocchia che reggeva così tanto? “Interessante! Non vedo l’ora di batterla.”
Lei divenne tutta una moina… prima di paralizzarsi sul posto guardando qualcosa dietro di lui.
“Oh, sì, sicuramente tu…oh merda.” alitò. “Ma non era fuori dal gioco?!”
Una ventata d’aria fredda invase il podio…
Ci fu un brivido generale che percorse tutta la folla accalcata a guardare quel delirio e qualsiasi concorrente fosse in fila per partecipare.
Silenzio terreo.
Poi lo sgomento ed il panico esplosero tutti assieme.
“Ma cosa…!”
“Ma non è giusto!”
“Lui no, dai!”
“No, no, col cazzo, io esco!”
Ci fu un frenetico rumoreggiare e alcuni cercarono di ritirarsi pur avendo stretto un Patto Vincolante e ritrovandosi la faccia piena di pustole.
La cosa avrebbe dovuto far sentire James un pelino in ansia ma il cretino non fu per nulla sospettoso mentre si girava a vedere chi doveva sfidare… per finire a guardare a bocca aperta il viso pulito e sereno di Remus Lupin che si sedeva tranquillo davanti a lui.
Merda.
Quella parola gli balenò in mente di istinto. Poi fu soppressa dalla pozione.
Non si sarebbe tirato indietro.
“Paige aveva detto che non ci saresti stato.” affermò, chinandosi in avanti con aria battagliera. Perché avrebbe dovuto? Sì, certo, Moony amava mietere vittime alle gare di bevute. Ma non era certo negli interessi di Lupin diventare il giocattolo di quelle psicopatiche! E nemmeno avere schiavetti! Il fatto che lui non fosse in gara era il motivo per cui tanta gente si era iscritta!
A meno che…
James assottigliò gli occhi.
Rem sorrise angelico.
“Ho cambiato idea.” sbatté le lunghe ciglia contro due occhi che brillavano della stessa luce che aveva invaso le iridi di Sirius poco prima. “Allora, cominciamo?”
Merda!




Un cervo che scappa.
Lui era un cazzo di Incantatore. Era il migliore della scuola, cavolo!
Eppure si stava defilando dalla festa il più velocemente possibile come una preda che fiuta l’odore dei lupi!
Trattenne l’irritazione digrignando i denti e allo stesso tempo cercando di non sbandare e finire dritto giù per le scale.
I piedi erano di gomma. Il pavimento del corridoio sembrava un letto di piume.
Rem l’aveva stracciato. Ovviamente.
Giocando sul suo ego, sul suo orgoglio e sulla sua incapacità di incassare una sconfitta davanti a tutti. Non si era nemmeno impegnato.
Bastardo.
Sorrideva ancora con quella dannata aria serafica quando lui, tremando per lo sforzo di non tirare su l’anima o non cadere steso a terra, aveva raccolto la poca dignità rimasta e aveva sollevato la mano per indicare la resa.
E negli occhi azzurri e perfettamente lucidi del lupo in questione… mentre lo guardava con aria così squisitamente angelica…
Cervi. E Lupi.
Mai, mai fare a gara di bevute con un mannaro.
Aveva in mente qualcosa.
Che cosa?
Che stava pensando? Non riusciva a connettere due pensieri coerenti di fila. Girava tutto…
Merda, era ubriaco.
Voleva Lily.
Chissene se era malata.
Guardò una statua con occhi vacui.
“Voglio… dirle… ghe adoro i suoi gapelli…” le biascicò. La statua lo fissò schifata ma non si mosse.
Era nei corridoi, senza ricordarsi nemmeno perché ci era arrivato o dove stesse andando. Lo stomaco gli si rimestolava in modo tremendo.
Rem… Rem l’aveva battuto. In realtà avrebbe battuto chiunque. Anche le finaliste. Anche se baravano.
Nessuno sconfiggeva Rem al gioco delle sbronze.
Perché cazzo ci si era iscritto?
Voleva una schiavetta? A cui delegare l’essere così dannatamente perfettino?
L’idea lo fece ridere.
Pessima idea ridacchiare così. Lo stomaco si contrasse e lui si ritrovò a rigettare in un vaso di narcisi facendo strillare di indignazione un paio di quadri.
Oh dio, Gazza stavolta lo ammazzava!
E lui era così dannatamente sbronzo…
Poi il suo sesto senso gli fece aguzzare le orecchie. Ma molto in ritardo.
Scattò all’indietro come una lepre colto da un senso di pericolo ma le braccia di Remus gli si avvolsero attorno alla vita.
“Ciao James!” sorrise dolcemente quello, come un demonio.
“Cosa… che cazz…!”
Fece per divincolarsi - d’altronde Remus era quasi vicino alla Luna piena ed era in quella fase in cui non era poi così invincibile - ma Sirius gli afferrò un braccio e Peter gli si appese all’altro.
Merda!
“Scusa Jam, è per il tuo bene!”
“Da bravo, su!”
“Che volete?!” ringhiò. “Cosa cavolo pensate di fare?!”
Poi la testa iniziò a girargli. Parecchio. Tutto quel movimento rischiava di farlo vomitare di nuovo…
“Oh cavolo…”
Dannata sbronza!
Si agitò come un dannato cercando di far prevalere il suo potere di alpha ma era troppo ubriaco e pieno di nausea per capirci un accidente!
Confundus!”
Lo stordimento fu totale. Quando dalle ombre uscirono anche Cristhine e Tonks, capì quello che stava succedendo.
Un’imboscata!
“Lasciatemi! Lasciatemi subito! Che intenzione avete?! Ve la faro pagare!” ruggì, cercando di opporre resistenza ma non avendo più alcun controllo sul suo corpo e su ciò che rimaneva dei suoi pensieri. I Marauders boccheggiarono appena, strizzando gli occhi, ma non cedettero. Non riusciva più a inviare i comandi mentali. Non riusciva più a fare niente se non cercare di impedirsi di vomitare di nuovo!
“Dai forza! Tonks, il dolce!” sbottò Sirius, faticando a tenergli ferma la testa. “Avanti razza di idiota, mangiati questo dannato affare!”
Peter gli premette sulle mandibole con le dita fino a fargli spalancare la bocca.
Avevano discusso molto su come rifilargli l’antidoto. Un siero liquido sarebbe stato improbabile da riuscire a somministrare. Vaporizzandoglielo sulla faccia ne avrebbe annullato gli effetti.  Optarono per ficcarlo dentro dei piccoli bignè ripieni. L’idea di sbatterglieli dritti in gola con le cattive era stata allettante per tutti!
“Mangialo, James!”
Tonks spiccò un salto, mentre Remus gli apriva la bocca a forza ma…
“Virgandium Leviosa!”
Il pasticcino si fermò a mezz’aria tra la mano di Tonks e la bocca di James.
“Stupeficium!”
Poi sia lei che Cristhine furono scaraventate di lato.
“Waaaah!”
Il Confundus si interruppe, e l’adrenalina riportò bruscamente James alla lucidità. Quel tanto che bastava per dare un ultimo ordine prima di crollare su se stesso.
“Lasc...Lasciatemi! Ora!” Abbaiò, seppur sbiascicando.
Gli altri scattarono indietro di almeno mezzo metro mentre Liu Chang gli si fiondava tra le braccia, pronta a sorreggerlo mentre lui cadeva in ginocchio.
La ragazza si voltò verso i Marauders con occhi infuocati, scuotendo i lucenti capelli neri. Era stropicciata e scompigliata, ancora in pigiama.
“Cosa credevate di fare?!” sibilò. “Non sapete nemmeno cosa ha preso! Potevate ammazzarlo, idioti!”
“Togliti-di-mezzo!” ringhiò Sirius, rialzandosi. “E prega di non aver fatto male alle ragazze, Chang, o ti giuro che… !”
“Stiamo bene…” bofonchiarono Cristhine e Tonks, entrambe a gambe all’aria l’una sull’altra.
“Avevo un brutto presentimento.” mormorò lei, stringendosi a James che aveva iniziato bellamente a russarle e a sbavarle sulla spalla. “Stategli lontano!”
“Stanne fuori Chang! Facciamo ritornare James com’era prima!”
“Non finché ci sarò io!” tuonò quella, agitando la bacchetta contro di loro. “James vuole rimanere così! Gliel’ho promesso!”
Era pronta a dare battaglia, senza dubbio, quando la voce gentile di Cristhine la gelò.
“Ratcliff è preoccupato per te.” disse, rialzandosi un po’ dolorante e facendo un passo avanti con tutta la delicatezza di cui era capace. “Liu, il nostro Prefetto non sta più dormendo per l’ansia. E’ pazzesco che tu non te ne accorga...”
Lei sgranò appena gli occhi, serrando le mandibole. Si morse le labbra e un lampo le sfrecciò negli occhi.
“Sta zitta. Daniel sta benissimo.”
“Non parlate da secoli. Prima… prima stavate sempre assieme e ora… ti stai isolando da tutto e tutti… gli manchi, Liu.”
“Ho tutto ciò che mi serve. Proprio qui.” lei indicò James con aria un po’ folle.
Cristhine avanzò di un passo, alzando le mani a mo’ di resa.
“Ne sei certa?” chiese tristemente. “E’ lui, che vuoi davvero?”
“Tu… tu non sai… ” sibilò la Corvonero, assottigliando lo sguardo e diventando di ghiaccio. “Non nominare Daniel, McRanney…”
“Forse… se provassi a parlarci… ti farebbe capire che… ”
“Sta’ zitta!”
Uno Schiantesimo partì nella sua direzione, cogliendola alla sprovvista. Sirius lo parò e le si mise davanti.
“Bel tentativo, amore. Ma è la seconda volta che prova a ferirti. Se con le buone non ci arriva, allora userò le cattive.” sibilò, negli occhi qualcosa che fece sbiancare la Chang. Cercò di indietreggiare, guardandosi freneticamente attorno, ma James era troppo pesante su di lei.
Anche Cristhine notò lo sguardo su Sirius e si allarmò, cercando di afferrargli un braccio.
“Hey. Calmati.” Remus, che aveva aiutato Tonks a rialzarsi e che ora aveva uno strano tic all’occhio, si girò bruscamente verso di lui.
“James è incosciente. Un’occasione del genere non ci capiterà più. E non sappiamo nemmeno se questo antidoto abbia una data di scadenza."
“Calmati, Sirius.” continuò Remus, ora alzando il tono di voce, ma quello non diede l’impressione di averlo sentito.
“Rivoglio il mio migliore amico.” Black continuava ad avanzare. La voce, lenta, bassa e di una calma micidiale, avrebbe gelato l’inferno.
“Sirius!”
“Ho detto…” lui sollevò la bacchetta. “...Che lo rivoglio.”
Fu solo una questione di fortuna se Liu non venne fatta a pezzetti. E tale fortuna si materializzò con un miagolio spacca-timpani e una bestemmia a dir poco indecorosa, seguita da un’ulteriore fila di imprecazioni.
“MA QUESTO E’ VOMITO! ANCHE QUI! GIURO SU DIO CHE SE PESCO L’IDIOTA CHE...E voi che ci fate qui?!”
Gazza piombò su di loro come un becchino, le guance scavate paonazze e gli occhi iniettati di piccoli capillari rotti dallo stress.
Si immobilizzarono tutti come conigli colti dai fari di un’auto.
“Voi!” abbaiò il Custode, prima di guardare James e accendersi come una miccia. “TU!”
Mrs. Purr si strusciò su di loro e soffiò a Sirius, che la fissò assottigliando gli occhi e scoprendo le labbra sui denti prima che Lupin gli tirasse un calcio sugli stinchi.
Allora la gatta si buttò su Peter, che strillò in modo ben poco virile e cadde all’indietro.
Gazza ignorò bellamente i tentativi di omicidio del suo gatto e zoppicò fra di loro con la solita aria isterica.
“Quindi, cosa succede, qui?!”
“La Strigora.” Remus avanzò di un passo prendendo in mano la situazione. “C’è la festa, si ricorda?”
Quello parve sgonfiarsi di delusione. Ancora silenzio.
Peter continuava a lottare con il gatto, per terra.
“Aaaaargh!”
Era tutto tragicomico.
“Ah, sì… giusto. E lui?” Gazza indicò Potter mezzo svenuto con un dito nodoso.
“Si è sentito poco bene durante una sfida, Signor Gazza. La Signorina Chang è venuta da me chiedendomi una mano.”
La calma di Remus avrebbe fatto impazzire un santo. A Gazza martellò un nervo sulla tempia.
“E perché avrebbe dovuto chiederti una mano?!”
“Sono un Prefetto. Si ricorda? Prefetto di Grifondoro.”
Lui lo guardò come se cercasse di trovare il tranello. Rem sospirò e si puntellò la spilla sulla camicia. Meno male che se l’era portata dietro…
“Oh. Giusto. Lupin.” Lui si avvicinò alla Spilla con una smorfia, prima di voltarsi verso la Chang come un’arpia.
“Confermi anche tu quanto detto dal Prefetto, mocciosa?”
Lei era ancora pallida e instabile sulle gambe, ma parve raddrizzarsi. Nascose prontamente la bacchetta dietro la schiena, in una piega della vestaglia di seta blu.
Guardò i Marauders animata di una nuova determinazione e sollevò il mento.
“Si, Signor Gazza.” disse amabile. “Non stava succedendo nulla di particolare. Né succederà. Io e James stavamo andando a letto.”
“A-Aiuto!”
“Mieow!”
“Non farebbe meglio a svegliare quella povera disgraziata della Chips? Non che mi importi che uno di voi scapestrati ci lasci le penne…”
“S-signor Gazza… il suo gatto… Peter…” azzardò timidamente Cristhine.
“Non sarà necessario. E’ solo molto stanco. Gli basteranno le mie cure.” la interruppe Liu, fissando spudoratamente gli altri.
I ragazzi la fissarono con sguardi omicidi, ma impossibilitati a ribattere, mentre lei sbatteva le ciglia sulle gote con un sorriso irritante.
“Allora andate dovunque dobbiate andare! Ho da pulire! Fuori dai piedi!” ringhiò il Custode, scacciandoli con un colpo secco della mano. Poi parve ripensarci e si voltò di nuovo verso Liu, con i piccoli e maligni occhietti che grondavano di sadica soddisfazione. “E cinque punti in meno a Corvonero per il suo andare in giro in pigiama. Vieni Mrs Purr, smettila di giocare!”
La gatta finalmente liberò Peter, che finalmente poté rialzarsi da terra con aria stravolta e la faccia piena di graffi.
Aveva la cravatta a brandelli.
Guardarono tutti disperatamente James e poi la Chang, e lei guardò loro… ma Gazza era troppo vicino per fare qualsiasi cosa. La streghetta sorrise con freddo trionfo e si defilò assieme a Ramoso come una scheggia, bisbigliando un lieve incantesimo per rendere il peso morto di quel beota leggero come una piuma. E lasciandoli sconfitti e amareggiati ad osservare la loro scia…
“Quel cazzo di gatto…” sospirò Peter.
“Vieni, ti aiuto a sistemare quei tagli…” mormorò Tonks, afflitta, aiutandolo a rialzarsi.
Il corridoio era silenzioso e freddo. Sirius raccolse i bigné da terra.
“E ora?”
Remus si massaggiò con le dita la base del setto nasale, come se sentisse mal di testa. Il suo bel piano era stato un fallimento su tutti i fronti. Non ci era abituato.
“Torniamo alla Strigora.” rispose, con voce piatta. “Ho bisogno di pensare.”




Per “pensare” Remus intendeva ovviamente “distruggere qualsiasi altro partecipante alla gara delle bevute”. Se prima i concorrenti ne avevano paura… adesso, a vederlo lì seduto in gelido silenzio e circondato da una strana bora da maniaco omicida, si poteva dire che la paura era diventata terrore! Anche perché Lupin era così incazzato, assorto e meditabondo che non si accorgeva nemmeno quando qualcuno gli chiedeva la resa… andando avanti a trasfigurare bicchieri e bevendoli come se l’alcool finisse in un altro posto che non fosse il suo stomaco.
Il clima della serata era decisamente cambiato, ma avendo Lunastorta tutte le attenzioni ed essendo James fuori gioco, Cristhine e Sirius decisero di accoccolarsi assieme accanto a uno dei falò, mogi e pensierosi.
Quando una coppietta – entrambi ubriachi persi -, danzò troppo vicino a loro, Black emise un ringhio sordo che li fece scappare a gambe levate.
“Che crudele. Diane lo puntava da tanto e oggi è riuscita a conquistarlo!” Cristhine sorrise mestamente.
“Già...almeno loro si divertono…” Black annuì in direzione delle risatine, dove un gruppetto di ragazze si stava dando alla pazza gioia nel sedurre i rispettivi amori con danze decisamente esplicite, accolte da fischi e ovazioni da stadio da parte di tutti.
Cristhine guardò Sirius  e intrecciò le loro dita davanti al fuoco.
“Vuoi che balli per te, signor Black?”
La bocca bella e piena di lui si arcuò in un lieve sorrisetto.
“Solo in privato.”
“Davvero volevate far fare una cosa del genere a Lily?”
Il sorriso divenne un ghigno.
“Oh, dio, sarebbe stato divertente…”
Lei rise sottovoce, appoggiandogli la testa sulla spalla. Lui la strinse in un modo un po’ brusco, facendo scivolare il suo viso in basso e sollevando appena quello di lei con la punta del naso, come a volersi nascondere contro il suo collo. Lo sentì sospirare e bearsi del suo odore mentre affondava il naso nei suoi riccioli e il suo palmo scendeva sulla sua nuca. Le sue dita si aggrovigliarono nei boccoli alla base del cranio.
Cristhine chiuse gli occhi, sfiorandogli una guancia con la mano e lasciandolo fare. Beandosi della sensazione del suo peso addosso, del suo respiro vicino all’orecchio e del calore del suo corpo, più intenso delle fiamme che accartocciavano ciocchi di legno davanti a loro.
Avrebbe potuto rimanere così per sempre. Gli era mancato tanto…
Ma non attese che fosse lui a parlarne, questa volta. Delicatamente, gli prese la mano e, dopo avergli baciato leggera la punta delle dita, gli sollevò il mento con l’altra.
“Cosa ti è preso prima, Sirius?”
Gli occhi di Felpato divennero ancora più neri del solito e la mascella si tese. Cambiò direzione dello sguardo triste e serio che Cristhine gli aveva piantato addosso, non riuscendo a sopportarlo.
“Ti ho fatto paura?” chiese, cupamente.
“Un… un po’.” mormorò Cristhine, non riuscendo a mentirgli. “Sembravi...così fuori di te. Credevo potessi davvero farle del male.”
Un lampo di devastazione gli sfrecciò nello sguardo, e lei si morse le labbra, sentendosi un po’ in colpa per quello che gli stava dicendo.
Lui rimase in silenzio per un po’ e poi si passò le mani nei capelli con aria stanca.
“E’… James.” ammise a bassa voce. “E’ solo che… io… tutti noi…  non riusciamo a cavarcela a lungo… senza James.”
Lei gli massaggiò le mani, che si erano improvvisamente contratte sulle ginocchia.
“Manca a tutti, Sirius. Devi solo avere pazienza…”
“Te l’ho detto, che mi ha rapito?”
“Rapito?” lei sbatté le palpebre. Sirius sorrise con affetto, perso nei ricordi.
“Lui…  ha fatto altare per aria la finestra di Black Manor. Un secondo prima dormivo e un secondo dopo… mi trovo un emerito idiota in piedi su una scopa davanti alla finestra devastata della mia stanza, al quarto piano, mentre gli volano addosso le maledizioni della tenuta da ogni parte. A momenti crepava ma lui era soltanto esaltato ed euforico come un bambino.” Rise. “Non ha voluto sentir ragioni. Mi ha afferrato e...e beh, mi ha rapito. Mi ha accolto nella sua casa, mi ha accettato come un fratello… e lo sono diventato davvero. Mi ha dato una famiglia. Io… non avevo mai avuto una famiglia, prima di allora. Euphemia, Fleamont… li amo come se fossi uno dei loro. Come se fossero i miei veri genitori. Quando Eu ci ha trovati davanti alla porta alle cinque del mattino, sporchi, fradici e con qualche osso rotto… credevo mi avrebbe ammazzato, ed invece non ha fatto una piega. Ha polverizzato un’arpia che era riuscita a seguirci fino a lì solo con lo schiocco delle dita, si è accesa una canna e mi ha chiesto se gradivo del whisky. Avevo quindici anni ed erano le fottute cinque del mattino!”
Cristhine ridacchiò.
“Sì, me lo immagino!”
Sirius guardò il cielo, le stelle… con una calma triste.
“Non importa cosa mi ha detto James. So che mi ha scelto. So che mi considera davvero come suo fratello. Non so dove sarei finito, o come sarei oggi, se lui non mi avesse rapito. E...niente ai miei occhi sarà mai sufficiente a ripagare quel debito. Io...non me la cavo bene, senza James.”
Lei rimase in silenzio, accoccolandosi più vicina a lui. Le mani ora erano meno contratte.
“Sirius…” mormorò. Poi si zittì, mordendosi le labbra. “No, non è nulla.” Lui le sfiorò delicatamente il mento, alzandole la testa fino a guardarla negli occhi.
“Puoi dirmi tutto.” le mormorò, sincero.
“La vostra amicizia è...meravigliosa. Quel calore...l’ho sentito anche io. Ma…”
“Ma?”
Lei arrossì.
“Ma qualcosa in essa...non va bene.” soffiò infine, stringendosi le braccia al petto. Lui la guardò sorpreso e lei si imbarazzò ancor di più. “Non fraintendermi. E’ davvero qualcosa di unico e speciale. Ma tua reazione di prima...il modo in cui sembrate tutti persi e disorientati da questa situazione.” Cercò le parole, aggrottando le sopracciglia. “E’ come se...come se fosse una dipendenza. E’ come se...come se sentiste tutti di non valere nulla, senza James. Come se pensaste tutti di poter finire in un buco nero se non ci fosse la sua luce a tenervi a galla. Sono solo… solo preoccupata per te. Per voi. Non voglio vedervi perdere il controllo o legarvi l’un l’altro in un modo sbagliato, tutto qui.”
“Cristhine…”
“Io ti amo, Sirius. E… ti vedo per quello che sei. James non c’entra in quello che sei. Capisci quello che voglio dire?” I suoi occhioni color miele parvero scaldarsi come caramello, illuminati da un guizzo ribelle del fuoco che sfrecciò fra i loro nasi. “E c’è qualcosa...qualcosa, in questo rapporto fra tutti noi. Qualcosa in cui sento… di essere invischiata anche io. Una sorta di legame… che va oltre. Ed è...strano.”
“James è un incantatore, ma… non…”
“No, no, non c’entra il potere di James.” lei si affrettò a dire. “Gli voglio bene perché è James, e non perché mi sta incantando o altre assurdità del genere. Certo, all’inizio ho provato un’istintiva simpatia per lui, ma dopo, l’affetto che abbiamo costruito assieme è sincero, puro e reale. E’ solo che… oh, scusami, non so nemmeno cosa sto dicendo. Ti sembrerò matta.”
Scosse la testa, non accorgendosi del suo irrigidirsi. Cristhine...era molto più acuta di quanto non desse a vedere. Pur non sapendo nulla, la sua percezione, la sua sensibilità le avevano fatto sentire la verità molto più di quanto Sirius non sospettasse. Ciò che si stava costruendo fra loro. Ciò in cui stava incastrando anche lei, senza volerlo.
“Non farlo.” lo interruppe lei. Lui si riscosse.
“Uh?”
“Non… andare lontano. A volte… sento che la tua anima è altrove.” la ragazza sorrise, mettendogli una mano sul cuore. “Rimani qui, con me.”
Lui pose il palmo sulla mano di lei, stringendole le dita. Sorrise dolcemente, e tristemente.
“Sempre.” sussurrò.
“Sei migliore di quanto tu possa immaginare, Sirius Black. Tu, Remus, James, Peter, Lily e Tonks… siete tutti migliori di quanto crediate. Che siate Marauders o meno.” Cristhine si avvicinò, baciandogli leggera la punta del naso. “Volevo solo assicurarmi che almeno tu lo sapessi.”
 


“Lupin… ti prego, ti scongiuro…”
“Uhm?”
Remus alzò gli occhi chiari con l’aria di uno che era stupito di essere lì. Davanti a lui c’era un tizio di Corvonero con l’aria disperata e le mani congiunte a preghiera.
Non si accorse che era una delle sue spie speciali fino a quando lui non strabuzzò gli occhi e fece il loro gesto segreto. Conciati da ninja come facevano sempre, iniziava a diventare difficile riconoscerli. E in realtà, il loro gesto segreto – uno schiocco di dita seguito da uno sfarfallio del pollice - l’avevano inventato loro di loro iniziativa, ma a una certa aveva iniziato a usarlo anche Remus perché in alcuni contesti era utile.
“Lockhart. Scusa, senza maschera non ti avevo riconosciuto. Hai bisogno di qualcosa?”
Lui fece un risolino isterico come se non riuscisse a crederci e indicò il tavolo sotto di loro.
“Hai fumato per caso?!” bisbigliò. “Tu e la marmocchia state ammazzando tutti quanti!”
Remus parve riscuotersi solo in quel momento. Batté le palpebre, fissando vagamente sorpreso l’ammontare di vittime che aveva appena devastato.
Tutti i corpi dei poveretti che l’avevano sfidato a bere giacevano mugolando e gemendo attorno a lui come un orrendo tributo alcolico.
Sembrava un film horror!
Oramai lo spettacolo non era più paragonabile a un’allegra sfida tra studenti, ma una specie di santa inquisizione dell’astemia, un processo pubblico con tanto di boia!
I partecipanti in gara erano già verdi in faccia ancor prima di iniziare a bere, e lo fissavano con l’aria dei condannati a morte!
“Oh. Devo...hem…” lui ridacchiò nervosamente. “… Scusa, ero un po’ distratto e credo di averci preso un po’ la mano…”
“Preso un po’ la mano…” soffiò fuori quello, disperato. “Remus, ti imploro. Ti darò qualunque cosa ma accetta la mia resa dopo due bicchieri! Sei praticamente in Finale, giuro, non ho intenzione di soffiarti la tua Signorina dell’alta società se ci tieni tanto a farle da schiavetto! Ma ti prego, non farmi diventare così!” e indicò un tizio che sbiascicava come uno zombie mentre veniva trasportato via dal podio su una barella magica fluttuante.
“Ma no… che hai capito…”
“Cosa vuoi? Pergamene truccate? Pozioni rare? Ne ho una scorta intera!Guarda!” ululò quello, e li sbatté davanti una valigetta aperta. “Ti darò qualunque cosa se non mi distruggi così! Domani ho un’interrogazione, abbi pietà!”
“Ma non c’è...bisogno…”
“Non credevo che fare da domestico a una bella e ricca ragazza fosse un tuo fetish amico, giuro, io non ti giudico! Io mi sono già arreso, vedi? Non c’è bisogno di inferire ancora! Voglio solo prendere Eccezionale a Incantesimi domani!”
“Ma quale fetish!” si spazientì Remus. “Sono solo incazz…”
Poi guardò all’interno della valigetta e si ammutolì. All’interno c’erano varie boccette di cristallo dai colori più disparati, ma una in particolare attirò la sua attenzione.
La indicò.
“Ma...quella?”
“E’ gratis per te, amico! Dico davvero! Lasciami solo andare!”
“E’ quello che penso?” Lunastorta allungò il naso. Qualcosa stava iniziando a girare di nuovo nella sua testolina, dopo quasi un’ora di silenzio e scervellamento a vuoto.
“Oh sì, ci puoi giurare!” Il ragazzo sorrise invitante, inarcando entrambe le sopracciglia con aria un po’ disperata. “Bella eh? Da quando il prof di pozioni si è messo in malattia è difficile reperire merce del genere in giro, eh? Vero? Vero?”
“Come hai fatto ad averla?”
“L’avevo fregata a Lumacorno prima che aumentasse improvvisamente le difese al suo ufficio e sparisse per settimane. Vista la rarità, l’ho conservata con cura! Ti interessa, sì? Dimmi che ti interessa, Lupin…”
Lui rimase in silenzio ignorando le sue suppliche, riflettendo tenendosi il mento fra le dita come faceva sempre.
Sì.
Sì, quello poteva andare. Avevano ancora un po’ di granaglia di rose dell’oblio con cui potenziarla. E con un po’ di fortuna… poteva funzionare…
I suoi occhi si accesero come candele.
“Mi interessa.” disse con rinnovata grinta, trasfigurando un bicchiere fra di loro e buttandolo giù come acqua al limone. “Accetto la resa!”



Paige Harrington aveva avuto un sorrisino fastidioso per tutta la sera ma  ora, mentre allungava la proboscide verso un vero e proprio massacro, non era più tanto sicura della sua Felix.
E chissà se Potter non fosse incazzato a morte per la rovinosa sconfitta e pubblica umiliazione di cui LEI era in parte responsabile… anche se non era solo quello a preoccuparla!
Lupin stava al centro di una carneficina con l’aria di un angelo della morte da sbronza. Non pareva di umore allegro, anche se l’ultimo sfidante era stato graziato e lo avevano visto lasciarsi andare ad un vago sorrisino prima di ritornare ad avere la sua aria fredda e meditabonda e a ignorare tutti.
Elidora parve captare la direzione del suo sguardo e, dopo aver scoccato un’occhiata astiosa a Black e alla McRanney che tubavano in un angolo, si lasciò andare ad un ghigno.
“Non mi sembri più tanto su di giri, tesoro!” soggiunse perfidamente.
La biondina deglutì prima di stringere più forte la boccetta di vetro tra le mani. Era praticamente finita. Forse era stata troppo ingorda...la fortuna liquida sarebbe durata fino alla Finale?
“Tranquilla, ne ha ancora un paio da fare fuori.” disse l’amica, accendendosi una sigaretta prima di far brillare gli occhi. “Ah, guarda, questa è interessante. Ora sfida la marmocchia!”
E quella chi cazzo era?!
La Corvonero vide salire una mocciosetta bassina con delle treccine afro ma non ricordava di averla mai vista. Era stata così impegnata con la Felix che non ci aveva nemmeno fatto caso!
“Di che anno è?” chiese sospettosa.
“Boh.” fu la sagace risposta. “So solo che ha fatto una strage pure lei e regge più di un marinaio. Ma contro Lupin non ha scampo.”
Eppure aveva un brutto presentimento…
“Hey, tu! Aspetta!”
… che divenne concreto quando, salendo le scale e afferrando la sconosciuta per un braccio, si ritrovò davanti un’aria ribelle alquanto familiare!
“E’ il mio turno, no?”
“Conosco tutte quante le discendenti della Magi-Nobiltà.” sibilò la biondina, duramente. “E tu non rientri decisamente nella lista! Che ci fai tra le Finaliste?! Non sei una di noi!”
Oh no, la cosa buffa era che era MOLTO più in alto di persone come loro.
Tonks sbuffò, divincolandosi e scoccandole un’occhiata seccata.
“Guarda meglio!”
Quando assunse il suo vero aspetto, l’altra strabuzzò gli occhi e sbiancò.
“TU!”
“In persona. E ora scansati!”
Ma la più grande la riafferrò per un braccio, fumando di rabbia.
“Tu… da quando hai interesse alle feste di Villa Malfoy?!”
“Non ne ho il minimo interesse, infatti!” gli occhi della Grifoncina fiammeggiarono. “Non è per questo che sono qui!”
Paige sgranò gli occhi e gonfiò le guance in modo quasi comico, non fosse che era livida.
“Vuoi Lupin per te! Lo sapevo! Vuoi soffiarmelo!”
“Di certo, non lo lascerò ai tuoi biechi trucchetti…” sibilò gelidamente Tonks, poi si guardò il braccio con fare eloquente, e in un breve istante qualcosa dei Black affiorò nelle sue iridi che da verde-acqua e puri che erano, divennero più densi e scuri, quel tanto che bastava a costringere l’altra a retrocedere di qualche passo.
Paige la lasciò andare, digrignando i denti come un mastino prima di ricomporsi sprezzante.
“Beh, tesoro, preparati a perdere la faccia.” cinguettò colma di veleno. “Remus ti farà fuori. E quando sarà il mio turno la mia Felix…”
“Quale, la pozione che ti sei scolata per tutta sera?” Tonks sollevò le sopracciglia ammiccando amabilmente, poi stirò un ghigno. “Te l’ho annacquata di nascosto! A quest’ora l’effetto sarà finito. Tanti baci!”
E lasciandola di pietra, salì il podio con due grandi balzi prima che potesse afferrarla di nuovo.
“Tu...non sei una di noi! Non sai niente di galateo! A Villa Malfoy ti ricoprirai solamente di ridicolo!” la sentì strillarle dietro istericamente, ma nemmeno si voltò.
Come se fosse quello a preoccuparla… pensò un po’ cupamente, avvicinandosi alla sua postazione.
Non solo avrebbe tradito tutti i sacrifici che aveva fatto sua madre infilandosi nella fossa dei leoni rischiando di rimetterci la pelle. Ma era anche… il pensiero di come avrebbe reagito il loro amato Prefetto a preoccuparla. L’avrebbe mai perdonata?
Ma quando vide Remus baciato e scaldato dalla calda luce del fuoco, i capelli leggermente scompigliati sulla fronte e l’aria concentrata e distante, decise di smettere di pensarci. Oramai era fatta. Non si sarebbe tirata indietro.
Si stampò in faccia un gran sorriso sfrontato mentre quello alzava lo sguardo sul suo nuovo sfidante… e sbiancava.
Lo vide irrigidire in un attimo ogni singolo muscolo del suo corpo e guardarla in un misto tra lo spaesato e l’impanicato.
“Ma… cosa…”
Prese posto e trasfigurò il primo boccale.
“Sono la tua nuova sfidante.” disse dandosi un tono leggero. “Sorpresa, eh?”
Lui era così scioccato che per un istante non disse niente. Poi la realizzazione di quel che stava accadendo prese piano piede sul suo volto e divenne di pietra.
“… No.” Remus contrasse le mandibole, prima di incenerirla con gli occhi. Si sporse in avanti sussurrando con rabbia: “…NO, Tonks! che cosa hai intenzione di fare?!”
I suoi occhi divennero quasi neri e la macella gli si tese mentre emetteva un basso sibilo tra i denti. Non fosse stato visibilmente disperato, le avrebbe quasi fatto paura.
“Mi dispiace.” sospirò Tonks. “Paige ti avrebbe teso una trappola, Remus! Aveva la Felix Felicitis!”
“Ti rendi conto di quello che stai facendo?!” esplose lui, chinandosi ancora di più. “Hai quattordici anni, per Merlino!”
La cosa la irritò parecchio, come ogni volta che si toccava il discorso dell’età. Gli scoccò un’occhiata stizzita.
“Sono arrivata in finale, se non te ne sei reso conto!” fece notare astiosamente, schioccando la lingua. Lui non se ne accorse nemmeno.
Sembrava non vederla. Nei suoi occhi le opzioni e le macchinazioni si ingarbugliavano frenetiche, calcolatrici. Parve riflettere per un tempo infinito, prima di arrendersi digrignando i denti.
“Ti rendi conto che ora le uniche opzioni che ho sono farti ubriacare fino a farti stare male o vederti finire a Villa Malfoy?! In mezzo agli amici di quelli che vorrebbero solo farti secca?!”
“Ma… Paige…”
“Me ne sbatto di Paige!” abbaiò lui sottovoce, incredulo ed esasperato. “Credi che non sappia tenere a bada una ragazza?! Ma che accidenti avevi in testa?!”
Quel tono… Remus aveva il magico potere di farla sentire una totale imbecille e qualcosa di orgoglioso e testardo guizzò dentro di lei con rabbia.
“Oh, non saprei, con l’ultima conquista hai dovuto baciarmi in mezzo ad un corridoio per togliertela dai piedi, e sembrava ancora più scema di quella lì! Te la ricordi, no?! Era alta due metri!” sbottò vivacemente, intimamente soddisfatta nel vederlo sgranare gli occhi ed arrossire, ancora più sgomento. “E ora mi hai rotto! Zitto e bevi!”
Lui parve calmarsi anche se il petto gli faceva su e giù. Si accorse che tutti gli occhi erano puntati su di loro e che la folla iniziava a rumoreggiare, visto che nessuno stava sentendo quello che si stavano dicendo ma dalle loro espressioni doveva trasparire un gran numero di cose.
Cercò di placare il respiro e, sempre più a disagio, la fissò negli occhi.
“Tonks, dichiara la resa.” le disse, ma a quanto pare, pur avendo impostato la sua voce nel timbro più gentile possibile, qualcosa in quell’ordine doveva averla fatta alterare ancora di più perché lei gli scoccò un’occhiata ribelle e rise cinicamente prima di portarsi il bicchiere alle labbra.
“Bevi.” ripeté… ed era chiaro che, adesso, la sua intenzione era di sfidarlo davvero.
Dannata testarda!
Scolò il suo calice con rabbia, ma prima che potesse parlare, la ragazza ne trasfigurò altri due.
Accidenti a lei.
“Tonks, finirai per stare male e mi sono sentito già abbastanza un verme con te senza che ci mettiamo pure questa!”
“E perché dovresti sentirti un verme?” replicò lei con rabbia e tristezza, mandando giù anche il secondo e sentendo gli occhi diventare caldi e umidi. “Sono io che sono stata esasperante, no? Tu hai messo bene in chiaro le cose fin da subito! Anzi, forse il tuo obbiettivo era proprio finire con Paige e ti sto mettendo i bastoni tra le ruote di nuovo!”
Lui la fissò incredulo, poi socchiuse gli occhi. Dio, che testa allucinante! Non poteva dire sul serio!
“Paige non mi interessa.” sibilò secco.
“Oh, davvero? Perchè non mi sembrava proprio da come le stavi incollato l’altro giorno!”
“Cosa…?! No… io non… dio, ma lo sai che sei impossibile?! Non pensi che forse io potessi avere altri fini?”
“Sì, certo.” lei lo guardò scettica e ferita e lui parve imbestialirsi ancor di più.
“Fammi capire…” esplose, scoprendo i denti. “… IO sono stato costretto a vedere una sfilza di imbecilli quindicenni con gli ormoni a palla sfilarmi davanti al naso per correrti appresso dall’inizio dell’anno e TU vieni a parlare a me di Paige?!”
“Ma… che stai dicendo?! Sono i miei compagni di classe! Non puoi avercela con me perché finalmente riesco a parlarci senza la paura che mi dimentichino!”
Lui parve pentirsi di quella sparata nel momento stesso in cui gli uscì dalle labbra.
“No, hai ragione, io… ahhh!” Rem alzò frustrato il viso al cielo e si batté le nocche sulle palpebre cercando di riprendere lucidità. Non era certo corretto da parte sua sbatterle in faccia il fatto che fosse geloso marcio. Non ne aveva il diritto, cazzo. E lei aveva tutto il diritto di farsi le sue storie con chiunque volesse e anzi, lei a maggior ragione più di altre. Era solo che...sapeva davvero mandarlo al manicomio! Tutta quella situazione lo mandava al manicomio!
“Senti, lascia perdere, ok? Ti basti solo sapere che so tenere Paige a bada perfettamente, cristo santo, non sono del tutto deficiente!”
“Tu non sai com’è quella! Farebbe di tutto per portarti a letto.” lei scosse la testa cocciuta riprendendosi dallo sgomento di quella mezza scenata di gelosia che a dirla tutta, aveva dell’assurdo. Ma ormai la rabbia stava montando fra loro e non c’era verso di fermarla. “Sempre che non sia quello il tuo scopo finale!”
“Ma devo scrivertelo in aramaico?! Ti ho detto che non mi interessa e a dirla proprio tutta non la sopporto proprio, per quel che ti può bastare! Abbiamo finito, adesso?”
“No.”
Un terzo paio di bicchieri fece capolino tra di loro.
“Tonks…!”
“Abbiamo una sfida, no? Intendo vincerla!”
“Non dire sciocchezze! Non puoi fare sul serio davvero!”
Tonks sospirò con stizza, prima di guardare alle sue spalle. Paige era sparita, probabilmente a fare di nuovo il pieno di pozione. Se perdeva o accettava la resa, Remus sarebbe finito contro di lei e non c’era fegato al mondo che poteva contrastare gli effetti di un’alchimia porta-fortuna.
Per cui scosse il viso e gli piantò gli occhi addosso.
“Lo sai, ODIO quando fai così! Quando pensi di dovermi proteggere, quando pensi che non sia in grado di farcela. Non lo sopporto! Per cui, afferra quel dannato calice e prendimi sul serio perché se non te ne sei accorto, su questo podio finale ci siamo arrivati insieme! Sono in finale anche io e ho tutta l’intenzione di batterti!”
Il bel viso del lupo mannaro si tese, prima di sospirare stancamente e portarsi il calice alla bocca. Non c’era verso di convincerla. Doveva vincere con le cattive...e avrebbe preferito tagliarsi un braccio piuttosto che vederla stare male.
Ma tra il saperla a Villa Malfoy come un agnello tra i lupi e il vederla stramazzare a terra in preda a una sbronza colossale, era comunque preferibile la seconda.
I calici scintillarono alle stelle assieme al boato eccitato della folla.
“E sia.”





“Bevi.”
Sirius Black sollevò un sopracciglio mentre Lupin gli sbatteva da sotto il naso una strana brodaglia dall’aspetto schifoso.
“EEET-CIU!”
Contemporaneamente a quello strano ordine, a Lily partì l’ennesimo starnuto.
“Scusate l’interruzione…dicebate?” borbottò la Grifoncina, ridotta ad uno straccio a dire poco.
Non che fosse la sola, quella mattina. Peter era un lenzuolino di pezza e a quanto pareva, Lunastorta doveva aver fatto qualcosa di davvero drastico alla Strigora perché entrò in Infermeria con due occhiaie da far paura, la faccia verdastra e un nauseabondo odore di alcool e vomito.
Oltre ad essere incazzato nero.
Piombò tra loro assieme a Cristhine e senza dire un’altra parola rifilò a Sirius un bicchiere di qualcosa che pareva tanto diarrea di Troll.
“Ma che cazzo ti è successo?” esclamò Black, l’unico ad esser fresco come una rosa visto che si era ritirato dalla Festa con Cristhine abbastanza presto e aveva anche bevuto poco considerando l’umore tetro e la zero voglia di festeggiare.
“Stavamo dicendo a Lily del fiasco totale di ieri sera.” borbottò Minus. “Ma stai bene? Sembri messo peggio di lei, e lei ha un aspetto proprio di merda.”
“Senti chi parla!” sbottò la rossa, risentita. “Ma che accidenti vi è successo, eh? Doveva essere una cosa facile!”
“Non lo è stata. Ma ora la sarà. Bevi.” scandì lapidario Lupin, dando un colpetto a Black.
“Oh, ma che cavolo!” sbottò quello, balzando in piedi. “Ma che ti prende stamattina?! E che accidenti è sto schifo?!”
Remus sollevò piano il viso.
Polisucco.”
“EH?!”
Tutti in coro spalancarono gli occhioni e si sporsero istintivamente in avanti.
“Potenziata.” continuò Rem, funereo. A quanto pare, veder fallire i propri ingegnosi piani non era una cosa che gli capitava spesso. Doveva averla presa come uno smacco personale, perché aveva tutta l’aria di chi avrebbe ucciso volentieri qualcuno.
“Dove… Gome hai fatto a trovare una Bolisucco?” chiese Lily, sorpresa.
Era una pozione non propriamente etica e, non che Lumacorno si facesse scrupoli, ma per prepararne una ci volevano settimane e un gran numero di ingredienti rari. Doveva averla pagata una fortuna.
“L’ho barattata alla Strigora. E’ ancora stabile, me ne sono accertato.” il biondino sbuffò, sollevandola davanti ai loro occhi e facendola riflettere al sole. “Non abbiamo molto tempo. L’antidoto per James non è certo qualcosa che si vede tutti i giorni…e noi siamo pur sempre studenti. Si sta già destabilizzando, entro domani sarà brodaglia per galline.”
“Sì, ma...che c’entra la Polisucco?” Chiese Peter.
“James ci evita da tutta la mattina, e la Chang gli sta appiccicata come un dannato cane da guardia.” sbottò Lunastorta. “C’è una sola persona con la quale si apparterebbe volentieri.”
Guardò Lily con fare eloquente, e lei avvampò.
“Hey, hey frena! Non bosso bresentarmi così! Sono in Gondizioni… oh.” Realizzò in quel momento. “Tu… non vuoi mandare me.”
“Se posso evitare, preferirei non metterti nuovamente in...certe situazioni. E sì, Lily, mi spiace dirtelo ma il tuo aspetto non è dei migliori ora come ora.” Il maghetto appoggiò le spalle allo schienale della sedia e si fece dondolare la boccetta davanti al naso con aria indolente. “Mi basta che tu gli spedisca un altro di quei bigliettini. E prima che tu me lo chieda sì, me ne sono accorto.”
Non bastasse la febbre ad arrossarle naso e guance, ci pensò l’ultima frase. Lily annaspò, vergognandosi come una ladra.
“I-io…”
“Quali bigliettini?!” saltò su Black, ma Lupin lo fermò con un colpo di mano.
“Non ha importanza. Ho già preso un capello di Lily dal suo cuscino, quindi è pronta.”
“Quindi…” Cristhine si mise un dito sul mento. “Qualcuno di noi dovrebbe trasformarsi in Lily…e flirtare con James.”
“Qualcuno bravo nelle imitazioni…” frecciò Peter, pensieroso.
“Le ragazze sono escluse a prescindere. Peter ed io siamo due stracci. Direi che la scelta è abbastanza chiara.” sibilò Rem e quella frase cadde fra di loro come una mannaia.
Tutti gli sguardi scattarono su Sirius, che sollevò gli occhi dalla canna che si stava rollando e inarcò le sopracciglia. Prima di realizzare, sgranare gli occhi e sbiancare.
“Perché mi state…Ah no!” balzò in piedi, l’espressione distorta. “No, non fissate me, cazzo! Non voglio essere molestato da James! A me piacciono le ragazze!”
“Andiamo…” fece Peter. “Tu sei bravo nelle imitazioni! Ti ricordi quando hai sfottuto Calton?”
“ERA UNO SCHERZO! E non stavo imitando una ragazza né corteggiando il mio migliore amico! Fatelo voi, che cazzo!”
“Ma se sei l’unico che si regge in piedi stamattina! Su, non ci sarà nemmeno bisogno di baciarlo…non credo…”
“Niente da fare!” Black stava arretrando piano piano contro il muro, sconvolto, mentre tutti iniziavano lentamente a farglisi intorno.
“Sirius se non lo fai, James è Berduto!” accorò Lily, a carponi sul materasso.
“FOTTETEVI! Statemi alla larga!”
“Preferiresti che lo facesse Tonks? Non avrebbe nemmeno bisogno della pozione…” insinuò Cristhine, furba, e lui boccheggiò.
“Io… no! Certo che no! Trovate un’altra soluzione! Rem! Tu sei il genio del gruppo, inventa qualcos’altro!”
“Paddy, oggi non sono proprio dell’umore.” L’espressione del lupetto divenne pericolosa a dir poco. “Se non vuoi, ti faremo diventare Lily con la forza.”
“Fermi…che cazzo volete fare?!” Latrò Sirius ora terrorizzato, sentendosi messo sempre più spalle al muro. “State lontani! Non ci provate!”
“Coda, il braccio destro!”
Gli saltarono addosso in un secondo. Fu tentato di tirare qualche cazzotto ma Cristhine gli si spalmò contro mettendosi in linea d’aria degli altri, che gli abbrancarono le braccia in una morsa ferrea.
“GIU’ – LE – MANI!”
“Apri la bocca amore, da bravo!” cinguettò Cristhine, mentre lui teneva le labbra serrate, in pieno panico. Sollevò il mento per portarsi fuori tiro da quella pozione schifosa.
“Andiamo! Bevi!” sbottò Rem, ansimando per lo sforzo. Niente da fare.
Bocca chiusa.
Ma poi…  
“Ci penso io!” esclamò Lily e gli tappò il naso.
Bastardi!
Cercò di resistere più che poteva ma quando non ce la fece più a trattenere il respiro dovette per forza aprire le fauci e una cosa vischiosa, densa e dal sapore orribile gli scivolò giù per la gola.
Giusto il tempo di qualche conato di vomito e poi, il proprio corpo iniziò a trasformarsi. Non era come quando diventava Felpato.
Era una sensazione estranea e spiacevole. La pelle pizzicò e il corpo iniziò a muoversi senza che potesse controllarlo, diventando… decisamente più debole  e fragile.
Le mani si fecero più fini ed affusolate, la pelle del viso si schiarì, i muscoli scomparvero…
Un’altra Lily, questa volta sana come un pesce, comparve nell’Infermeria,  quasi minuscola ora in confronto ai vestiti da maschio di tre taglie più grandi.
“Noooo!”
“Caboli! Sei identico a me!” fece la vera Lily, impressionata, mentre quello tirava una serie di bestemmie da far spavento.
“QUESTA ME LA PAGATE!” ruggì, mentre si tastava la faccia orripilato. “Ho le tette! Ho delle dannate tette!”
“Cristhine, ti va di dargli una mano a cambiarsi i vestiti?” lo ignorò bellamente Lupin, dando alla ragazza una vecchia divisa di Lily. “Ad occhi chiusi, Paddy, mi raccomand…”
La Evans, quella vera, lo interruppe cacciando un urletto acuto.
“Lily, ma dove li tieni i chili?! Ma non mangi mai?!” Black aveva iniziato a tastarsi dappertutto facendola morire.
“HEY!” Sbraitò, paonazza. “Piantala di toccarmi!”
“Coraggio!” ridacchiò nervosamente Cristhine, prendendogli le mani e allontanandogliele dalla zona petto prima che Lily gli saltasse al collo. “Ti spoglio io. Non ti scoccia, vero Ev?”
“No… ma tienigli le zampacce lontano da certi punti!” gridò loro dietro la rossa, mentre la Corvonero lo sospingeva delicatamente dietro un piccolo separè di bamboo. “O gli taglio le mani!”
“Le palle me le avete già tagliate… peggio di così non può andare…” sibilò cinicamente Sirius, cercando di abituarsi a quella nuova forma.
E al fatto che Cristhine lo stesse… beh, spogliando. Certo, aveva il corpo di Lily, però…
“Merda, se è strano.” sbottò, fissando il soffitto. Cristhine era sempre più bassa e sottile di lui ma… non più così tanto. Vederla da quella nuova prospettiva era bizzarro. Ma era sempre incantevole e lo stava toccando e spogliando e lui…
Merda. Merda se era strano.
“Almeno qualcosa di positivo c’è.” frecciò malizioso, aiutandosi a farsi infilare la camicia. Che si vergognasse pure lei, ora!
“Hai il corpo e la voce della mia migliore amica.” sorrise la streghetta, scuotendo i boccoli e allacciandogli l’ultimo bottone. “Spiacente, non potresti farmi meno effetto di così. Dovrai punirmi in un altro modo.”
“Oh, ci puoi giurare.” sibilò tra i denti lui, prima di uscire fuori e continuare a bestemmiare.
“Dai, prova a imitare Lily.” ordinò Lupin, sfinito. “Se vai avanti a tirare giù ogni santo in paradiso, non sarai credibile.”
“Vaffanculo.”
Ma iniziò a fare avanti e indietro per provare la camminata, che divenne una specie di marcia da bufalo incazzato. L’immagine non fu delle migliori.
“Sirius! Sta più composto mentre cammini! Io non sono cosi rozza!” lo sgridò la Evans, beccandosi un’occhiataccia. Ingoiando l’insulto che le avrebbe volentieri rivolto, quello raddrizzò la schiena e strinse meglio le gambe.
“Ora prova a fare l’imitazione di Lily!” sghignazzò Peter, iniziando a divertirsi.
“Ooh, ma dove avrò messo i miei libri? Devo studiare! James, non è aria, capito?!”
“Ah, finiscila! Io non sono così!” ma anche la Grifoncina si lasciò sfuggire un sorriso. In effetti, poteva essere quasi convincente.
Lo torturarono per almeno quaranta minuti facendolo camminare avanti e indietro, parlare e atteggiarsi in modo quantomeno femminile. Remus era metodico fino alla paranoia ma quando ebbe la certezza che il povero Felpato li avrebbe davvero fatti fuori, decise che era pronto.
Più o meno.
Il potenziamento con la rosa dell’Oblio avrebbe reso la Polisucco abbastanza concreta da confondere per un tempo sufficiente il legame che li univa a James, o perlomeno lo sperava. La velocità di azione e un posto poco illuminato avrebbero fatto il resto.
Era azzardato, ma era l’unica opzione che gli rimaneva.
Fu così che Lily inviò a Potter un invito a incontrarsi nella Torre di Astronomia per parlare di qualcosa di estremamente importante e Sirius si ritrovò a camminare per i corridoi come se avesse un palo nel didietro, e per quanto potesse sforzarsi di essere simile a Lily, si beccò più di un’occhiata perplessa.
La cosa più spiacevole avrebbe dovuto essere che le persone non si scansavano più al suo passaggio ma, si sa, le sfighe non vengono mai da sole.
E mentre saliva le scale, si ritrovò faccia a faccia con l’ultima persona che avrebbe voluto incontrare.
Lucius la fissò dall’alto al basso con un sorriso malevolo, bloccandosi a metà di uno scalino mentre lei/lui quasi gli finiva addosso.
Aveva le occhiaie e l’aria distrutta. Perfino i vestiti, che di solito portava perfetti ed eleganti, sembravano raffazzonati e gli cadevano addosso. Ma ciò non gli impedì di ghignare con cattiveria davanti a una delle sue nemiche giurate.
“Ma tu guarda.” disse amabile. “Buongiorno, Mezzosangue. Come mai non sei a piangere tutte le tue lacrime per Potter?”
Peccato che Sirius non fosse proprio dell’umore.
“Levati dal cazzo, Malfoy.”
Quello spalancò gli occhi, sorpreso. Da quando la Prefetto usava certi termini?!
“Accidenti!” fece, colpito, tagliandole di nuovo la strada. “Siamo aggressive oggi, uh? A quanto pare, Potter deve mancarti più di quanto si creda. Oh beh, se soffri così tanto l’assenza di un uomo puoi sempre ripiegare su uno degli altri, no? Lupin, Minus… perfino quel rinnegato di Black. La feccia d’altronde è tutta uguale…”
“MALFOY SPARISCIII!!!”
Quello che ottenne il Serpeverde, ben poco incline a fiutare il pericolo crescente, fu un ruggito isterico e… beh, letteralmente un calcio nelle palle.
Mentre il Purosangue cascava a terra, ululando di dolore, Black si voltò, facendo danzare i capelli rossi che non erano i suoi e scintillare occhi verdissimi che non gli appartenevano e che, ora, avevano l’aspetto un po’ psicotico.
“Ben ti sta, coglione!” tuonò in una risata sadica facendo spalancare gli occhi ad una decina di passanti.
Ma che accidenti gli prendeva ai Grifondoro di quei tempi?!



La Torre di Astronomia era immersa nel buio più totale.
Sirius sospirò, intuendo che evidentemente Potter doveva essere già arrivato e rabbrividendo.
Gli venne la pelle d’oca quando Ramoso accese le luci, che rimasero comunque soffuse, e lo guardò con occhi caldi come braci.
“Heyla Evans! Ma allora non era uno scherzo!” cinguettò sfrontato.
Aveva l’aria di uno con una sbornia mostruosa ma il sorriso che stirò era tutto un programma.
Cazzo.
Cazzo.
Vaffanculo Remus.

“H-Heylà.” stirò un sorrisetto nervoso che non convinse nessuno e che fece inarcare un sopracciglio a James.
“… Heylà?” la imitò, squadrandola. “Che ti prende?”
Merda.
“Mi… mi prende che…”
E ora che cavolo gli diceva?! Come si flirtava con un uomo, accidenti a loro?!
Improvvisamente, se lo ritrovò vicino. Troppo.
Arretrò nel panico fino ad arrivare ad un muro. Ci si spalmò contro come una gelatina, mentre James appoggiava una mano oltre le sue spalle e inclinava il viso. Rimase a fissarlo così, compiaciuto, mentre lui deglutiva sonoramente.
“Devo dedurne che hai cambiato atteggiamento?” miagolò, con voce sprezzante e divertita assieme. “O è un’altra delle vostre trappole? Uh?”
Le labbra.
Le. labbra. di. James.
Vicine. Alle. Sue.
MERDA.
“Mi...mi hanno mandato i Marauders. A... a scusarmi a nome di tutti!” inventò di sana pianta, mentre iniziava a sudare freddo e lottando contro l’impulso di tirarsi indietro a costo di diventare tutt’uno con la pietra e murarsi vivo.
“Ah sì?” lui ridacchiò. “E in che modo intendi scusarti?”
Non prenderlo a pugni, non prenderlo a pugniGli vuoi bene, è il tuo migliore amico... ricorda... migliore amico...gli vuoi bene...”
Le mani gli si strinsero di nascosto dietro la schiena e dovette controllare ogni muscolo del suo corpo per non levarselo di dosso con un cazzotto. Sentiva l’odore di quel cretino a un passo da lui, la dura pietra della parete dietro la schiena  e niente, assolutamente niente a ridurre anche solo di un minimo la distanza fra loro!
Lui lo fissava come se fosse una caramella! E conosceva bene quell’espressione!
L’idiota era esaltato. Ed eccitato, cristo! Era talmente preso da Lily che non si accorgeva nemmeno di aver davanti Sirius!
“Senti, ascolta…”
Ok, calma. Doveva solo trovare la posizione più comoda per scaraventargli in gola quei dannati pasticcini.
Certo, facile a dirsi… perché James gli prese i fianchi, avvicinandosi ancor di più e rivolgendogli un sorriso acquoso ed appannato. Era ancora sbronzo dalla sera prima?! Un’intera generazione di Potter si stava rivoltando nella tomba in quel momento!
“Ieri ti ho pensata tutto il tempo.” confidò sommessamente, sfiorandole una ciocca di capelli con le dita e guardandola ammaliato. “Lo sai?”
Ok. Ok, poteva farcela. Doveva solo essere accondiscendente un altro po’.
“A-Anche io ti pensavo…”
Bene, Sirius, così. Sorrisi e moine. A lui non basta altro.
“Ah, sì?”
“Voglio… voglio tornare ad essere la tua ragazza… T-tesoro.”
Lui la guardò con occhi furbi. Oh, se la stava godendo, questo era certo.
“Tesoro?” La prese in giro. “Accidenti, che cambiamento.”
“Eh già…” lui rise nervosamente. “… mi mancavi così tanto…non resistevo senza di te!”
Era l’ultima cosa al mondo che avrebbe detto Lily in un momento come quello. Ma non sapeva cos’altro dire! Avrebbero dovuto fargli studiare un copione, accidenti a loro!
James gli accarezzò improvvisamente la mandibola con un sorriso scaltro e lui trasalì come una ragazzina vera e propria.
“Dimostrami che sei cambiata… è l’unica scusa che accetterei.”
Ma si poteva essere più stronzi?!
Sbarrò gli occhi mentre le labbra a ventosa di Ramoso assumevano una posizione spaventosamente familiare e si avvicinavano.
Lo stronzo voleva baciarlo!
Fu panico. Puro.
Esalò una serie di pensieri sconnessi in cui il Signore dei piani alti veniva tirato in causa e…
“AAAAGH!”
Diventò uno scattista nato. Tirò fuori una rapidità e una fluidità degli arti che non sapeva di avere e sgusciò fuori da quella presa disarticolandosi come un’anguilla.
Si scaraventò dall’altra parte della stanza come una lepre in pericolo, sbattendo entrambe le mani aperte contro la pietra gelida della parete opposta per impedirsi di vomitargli davanti alla faccia.
“Allora, si può sapere che intenzioni hai davvero? Mi sto stancando, sai?” sbottò Ramoso, decisamente contrariato.
“Sai, ho un po’ di raffreddore…forse è meglio non far nulla, per oggi…” cinguettò Sirius,con un nervo pericolosamente pulsante sulla tempia. “Non vorrei attaccarti la malattia, amore…”
Maledetto Remus Lupin!
Ma guarda in che razza di guaio lo avevano cacciato quei deficienti!!!
“A me sembra che tu stia benissimo. E poi… correrò il rischio.” Sorrise James.
“Oh no, no, non potrò vivere sapendo che tu sei malato!” farneticò tragicamente Sirius, portandosi una mano alla fronte per dare un tocco in più di drammaticità. Oramai era in pieno delirio, non sapeva più quello che stava facendo.
“Sei strana, oggi! Cioè...più del solito.” lui si avvicinò di nuovo.
E statti un po’ fermo, razza di pervertito! Sei diventato un cazzo di maniaco!”
Frugò disperatamente nella tasca della gonna, e tirò fuori il fazzoletto dove avevano avvolto con cura il bigné, mentre il ragazzo ci riprovava, forse solleticato da quel suo fuggire.
Ok. Basta fare i carini.
Ora glielo cacciava giù a forza e tanti saluti!
Ma non aveva contato un piccolo particolare.
Pensava, sbagliando, che sarebbe stato facile levarselo di dosso, perché Sirius si era sempre ritenuto forte.
James era sempre stato più veloce, ma lui era sempre stato più muscoloso. In un incontro ravvicinato, lo avrebbe sopraffatto facilmente.
Sbagliava, come già detto. Ovviamente.
Perché quello era il corpo di Lily. Troppo esile tra le sue braccia. Troppo fisicamente più debole e lento.
Perciò venne sbattuto al muro con facilità allucinante, mentre il fazzoletto ed il suo contenuto scivolavano di mano.
Inutile dire che gli prese un mezzo attacco di panico e iniziò a strillare isterico.
“James! JAAAAAMEEEES!!! Non essere cosi irruente!!! Fermo! A CUCCIA SU!” gridò, mentre l’altro iniziava a tempestargli il collo di baci. Piccoli bacetti roventi sulla pelle.
“Cheschifocheschifocheschifo!”
I pensieri allora diventarono assolutamente disperati e lacrimevoli.
La mano di Ramoso passò dal fianco alla coscia, sfiorandola con dita abili.
E la gamba di Sirius scattò. Come se fosse parte di un complesso meccanismo di auto conservazione di maschio etero.
“AHIOO!”
James si piegò in due esattamente come Malfoy, con le mani in mezzo alle gambe e l’aria incredula.
“M-mi...Lily, mi hai colpito nelle palle! DI NUOVO!” guaì come un cucciolo.
“Oops! Ma guarda!” ridacchiò angelicamente Sirius, portandosi una mano alla bocca con fare civettuolo. “Mi è scappato il ginocchio! Scusa!”
Si tuffò verso il fazzoletto e, una volta preso, si voltò verso James con occhi a dir poco spiritati.
Inutile dire che a Potter prese un mezzo infarto. Ancora inginocchiato per terra con le mani sui gioielli di famiglia, osservò sconvolto la sua Lily abbandonare ogni formalità femminile e ruggire con un’espressione folle e assatanata: “Vieni qua, amore mio dolce!” e lanciarglisi addosso come un’arpia.
Gli balzò a cavalcioni afferrandolo per il colletto come se fosse un mostro pronto a divorarlo e, finalmente, dopo tanti giorni di agonia, un Sirius Black portato al limite estremo riuscì a ficcargli in bocca quel dannato bigné.
A pugno pieno e senza nemmeno un riguardo.
James boccheggiò, tossì e cercò di sputare ma Sirius gli piantò una manata sul pomo d’Adamo tale che mandò giù il boccone intero.
Poi Potter balzò in avanti, l’afferrò per un fianco cercando di ribaltare la posizione e levarselo di dosso, ma prima che potesse sferrargli un calcio ben piazzato sulla tibia, quello gli crollò addosso completamente incosciente.
Ed improvvisamente, così come erano stati eretti, i muri di nero diamante attorno alla sua testa crollarono. Tutti gli studenti della scuola furono sbalzati leggermente in avanti...mentre il potere dell’Incantatore si ritirava.
Sirius, ansimando come un matto, si scrollò di dosso il corpo del loro leader e lo fissò in silenzio mentre il suo fisico ritornava alla forma originaria, pizzicando e bruciacchiando.
James aveva gli occhi chiusi...e un’espressione innocente mentre gli dormiva sulle ginocchia, le labbra dischiuse e la fronte leggermente increspata.
Lo sentiva di nuovo nella mente. Ma anche se non ci fosse stato il loro legame, c’era qualcosa in quel viso, quell’espressione… qualcosa di puro e buono che gli fece capire che era di nuovo lui. Che era tornato.
Sirius sorrise, sfiorando i capelli di quello che era a tutti gli effetti suo fratello.
E poi, gli tirò un pugno in faccia.







“Hn…”
“Dormi ancora? Ma sei un ghiro!”
Calore. Sole tiepido sulla pelle. Odore di erba fresca, foglie che frusciavano nella brezza. Da qualche parte, un usignolo cantava.
E… due gambe morbide sotto la sua guancia. Un profumo...che era meravigliosamente reale. Meravigliosamente suo.
James Potter batté le palpebre solo una volta. Il fuoco del tramonto giocò contro le sue iridi dorate facendogliele scintillare come quelle di un gatto.
Una mano, fra i suoi capelli, a giocare con le ciocche ribelli. Un tocco fresco. Dissetante.
Sarebbe stato un bel quadro, rifletté confusamente. Un salice su una collina accanto al Lago nero, il tramonto a indorare il paesaggio. Lui, dolcemente addormentato sulle ginocchia di Lily mentre lei gli accarezzava i capelli con una dolcezza senza eguali.
Scattò a sedere, voltandosi verso di lei. La Grifoncina sorrideva.
La mano era ancora incastrata fra le sue ciocche, all’altezza della tempia.
“Lily.” mormorò, sfiorando quelle dita. Poi si guardò intorno, disorientato. “Dove…”
“Hai corso fino a qui. E sei crollato di nuovo.” rispose lei, mestamente. “Non… non te lo ricordi?”
Tutto gli si rovesciò addosso. Di nuovo. Come un manto di acqua gelida.
Si era risvegliato dopo un’infinità. I Marauders l’avevano portato in Infermeria, e a ben vedere. Quando aveva riaperto gli occhi…
Rimorsi.
Dolore.
Emozioni umane.
Tutto era piombato su di lui. Cupo e ottenebrante.
Uno scossone interno l’aveva irrigidito tutto, le mani si erano contratte come artigli e il cuore aveva iniziato a battere… al doppio della potenza.
Aveva tremato e vomitato a lungo. Loro gli erano stati vicini, sorreggendolo a turno.
Senza dire una parola, Potter aveva fatto scorrere gli occhi frenetici su sui suoi compagni, pallido come un morto. Ma aveva lasciato che lo toccassero. Che si prendessero cura di lui, incapace anche solo di reggersi in piedi.
Poi era arrivata Liu.
Aveva strillato con orrore e gli occhi le si erano riempiti di lacrime e disfatta. Era corsa verso di lui… mentre l’aria crepitava fra loro.
Gli occhi di James si erano contratti. E una delle più potenti onde d’urto che avessero mai visto l’aveva scaraventata lontano, contro la parete.
Prima che quelle sudicie mani potessero anche solo sfiorarlo di nuovo. Le fiamme del camino erano esplose, animate da una furia senza precedenti. I quadri dell’Infermeria avevano tremato assieme alle pareti.
Non disse una parola, James Potter. Ma lo sguardo che riservò a Liu Chang… erano gli occhi di un assassino, quelli.
Occhi che Lily non gli aveva mai visto addosso.
L’avrebbe ammazzata, se solo avesse osato avvicinarsi a lui. Ma Liu non muoveva un muscolo.
Terrea, rannicchiata contro un angolo, si era stretta le braccia al petto ed era rimasta immobile come una pietra, così spaventata e sconvolta da dimenticarsi anche di singhiozzare, tant’è che le lacrime le scorrevano sulle guance immobili come lunghi fili argentati. Come le lacrime di qualcun altro.
A sentire il peso di tutto quell’odio addosso. Soffocante e terribile.
Sembrava minuscola ora, una bambina che tremava. Ma non bastò a placare quello che lo stava divorando dentro.
Lui si era alzato, spingendo con la sola forza della sua rabbia tutti gli altri lontano da lui. Voleva lei.
Voleva Liu.
Era…stata lei…a ridurlo…così.
A farlo trasformare nel mostro che era sempre stato…
A rivelare a tutti…
Fu solo il cedere delle gambe che gli impedì di arrivare a ghermire la Corvonero. A commettere quello che sarebbe stato un errore.
La debolezza… e Lily, che si era parata davanti alla sua rivale con le braccia e gambe tese.
La stava difendendo… per un istante, James Potter non capì da cosa. Poi, la finestra aveva rimandato il suo riflesso. L’aria dorata che crepitava e si arricciava attorno al suo corpo. Come tante fiammelle liquide di luce.
La tensione fra loro vibrò nel silenzio. Come un archetto di violino tirato sulle corde. Acuto. Stridente.
Da lui. La stava difendendo da lui.
Un lampo di devastazione gli era corso sul volto. E poi, tutto quello che ricordava era che era fuggito via. Fino a crollare laggiù.
Non sapeva quanto tempo aveva dormito. Da quanto tempo Lily gli stava accarezzando i capelli. Il sole era alto nel cielo quando aveva ripreso i sensi in Infermeria. Ora stava calando, caldo e luccicante dietro il profilo maestoso della scuola.
I capelli di Lily si muovevano piano in una brezza calda e confortante. Rimase ad attendere paziente che il viso di James, che la fissava gelido e di pietra, quasi come un animale diffidente, tornasse ad animarsi.
E lo fece… nel modo più doloroso.
Il suo cuore urlò quando il Grifondoro scorse il polso della ragazza, livido e violaceo nel punto in cui gliel’aveva stretto.
La disperazione fece di nuovo capolino nei suoi occhi.
Era stato lui a farle male.
Lui, il suo Famiglio.
Lui che aveva sempre giurato di proteggerla.
“Che guardi?” fece lei, abbassando gli occhi. “Oh! Non importa, davvero. So che non intendevi farmi male…”
Si morse le labbra, fissandosi la pelle. Era da codardi, ma non riusciva a tollerare gli occhi di James. Vederlo così...distrutto. Vulnerabile e indifeso. Era sbagliato, pensò, vederlo in quel modo. Era orribile, e sbagliato, come vedere spegnersi il sole.
Il ragazzo l’abbracciò di botto, zittendola, e lei sgranò gli occhi, sorpresa nel sentirlo tremare.
Lo sentì affondare il viso nel suo collo, le braccia avvolgerla e le mani vagare frenetiche contro la sua schiena. La strinse contro di sé aggrappandosi a lei come un uomo che annega. La strinse fino a non capire più dove iniziasse il corpo di uno o dell’altro.
Il suo corpo aveva ripreso calore, aveva iniziato a riprodurlo di nuovo e lo sentì anche attraverso gli strati dei loro vestiti.
Improvvisamente la sua mano era intrecciata alla sua e gliela aveva premuta contro il suo petto. Sentiva il suo battito cardiaco sotto la punta delle dita. Così rapido. Così forte.
Così angosciato.
“Mi dispiace…” lo sentì sussurrare. “Giuro su dio… che non ti farò del male mai più…”
Lily sospirò, passandogli una mano sulla nuca e sostenendogli il capo contro l’incavo della spalla. Come temendo che, se avesse tolto quella mano, lui si sarebbe disintegrato.
“Tieni.”
Lui sgranò gli occhi stupito quando lei gli mise davanti al naso un pacchetto di cioccolatini.
“Era San Valentino, ricordi?” Lei ridacchiò e lui sorrise. “I vecchi cioccolatini li ho dovuti buttare ma… beh, ho provato a rifarli. Non c’era Molly stavolta a darmi una mano ma sappi che ci ho messo fatica e dedizione! E’ un prodotto cento per cento Lily Evans, questo!”
“Aaargh, Evans, mi hai avvelenatoo…” lui la prese in giro fingendo di mangiarne uno e mettendosi le mani sulla gola.
“Oh, dai, non dire così! Mi ci sono impegnata!” lei mise il broncio, e lui rise leggero.
Osservò il pacchetto. Erano piccoli e paffuti dolcetti di cioccolato bianco, con una strana forma, un po’ ammaccata ma… sembravano buoni.
La prima cioccolata della sua ragazza. La prima cioccolata di Lily. Il loro primo San Valentino.
Lily lo vide mettersene uno in bocca. Passò qualche istante. Poi il viso del ragazzo divenne verde.
“Com’è?” chiese ansiosa, vedendolo irrigidirsi. “E’ così terribile?”
Terribile era dire poco. A momenti ci rimaneva secco davvero.
Come cavolo si faceva a rendere così immangiabile un cioccolatino?! Sembrava...no, meglio non pensare a cosa sembrava.
Ma poi, guardò gli occhioni speranzosi della sua ragazza e deglutì l’amaro boccone con un profondo “gulp”.
Cercò di strabuzzare gli occhi il meno possibile e di non vomitare, e si stampò in faccia un sorriso tirato.
“B-buonissimo.” mentì, afferrandone un altro.
Lei lo fissava mangiare con clamoroso coraggio tutta la cioccolata sorridendo in un modo così dolce che gli si strinse il cuore.
Cercò...cercò di farcela. Non a mandare già l’ultimo – dopo il quarto la bocca gli si era come anestetizzata – ma… a sorriderle. A rincuorarla. A…non sentirsi così svuotato. Disintegrato.
A tornare velocemente come prima. Il loro James. Il SUO James.
Ma qualcosa doveva comparire sulla sua faccia perché gli occhi di Lily si velarono. Il pacchetto di cioccolatini gli cadde allora di mano e gli arti cominciarono a tremare di nuovo, il respiro a mozzarsi e farsi pesante e…
Lily allora lo prese tra le braccia, muovendosi piano, teneramente. Come a volerlo cullare.  
“Sei qui.” mormorò lei, stringendolo forte, perdendosi in quel dolce e confortevole contatto. “James, ora importa solo… che sei qui… ”
“No…” sibilò lui, trattenendo il fiato. “Tutto quello che ho detto… e che ho fatto…”
“Nessuno di noi ci ha dato peso. Non ha importanza.”
“Ne ha.” Lui si scostò da lei con uno scatto. Le sue iridi tremarono.  Lui stirò una smorfia triste. “Ne ha perché… dio. Mi ha fatto… stare bene. Cazzo, mi ha fatto stare così dannatamente bene. Nonostante vi abbia fatto male. Nonostante la vergogna… quella sensazione… diavolo, anche ora, il solo pensarci… mi fa girare la testa…”
“James…”
Lily si bloccò. James si stava mettendo una mano tra i capelli e qualcosa, nella sua espressione… nella sua voce che tramava senza freno…
Forse, sarebbe stato meglio se avesse pianto. Ma non c’erano lacrime in quegli occhi. Solo… una sofferenza antica.
Qualcosa che… gli era stato tenuto nascosto, fino a quel momento. Qualcosa che era stato tenuto nascosto a tutti.
Qualcosa che la paralizzò.
“Me la sto facendo sotto dalla paura… sai?” lui sorrise mentre lo ammetteva, nonostante la voce ed il cuore spezzati. “… In questo momento… sono terrorizzato al pensiero di tornare ad essere lui… quel tipo che ero un tempo. Quello che in una parte oscura e profonda di me preme per emergere fuori.”
Le sfiorò il viso con una mano, le iridi contratte, il dolore che tirava gli angoli della sua bocca all’insù con un immenso sforzo. Aveva la voce impastata, sembrava ancora ubriaco. Non era del tutto lucido quando aggiunse, con triste ironia: “Il fatto è che… se non torno quel tipo… non potrò… non sarò abbastanza forte. Non… non sarò in grado di salvarti… ”
Me?”
Lily sgranò gli occhi. Quello fu solo un pensiero, perché dalla bocca non riusciva ad emettere un suono.
Lui parve tornare di nuovo lucido e di nuovo, chiudersi in se stesso. Rimase con la fronte contro le sue clavicole, quasi accasciato contro di lei, senza osare dire altro.
E le mani di Lily si mossero da sole. Lo strinse di nuovo, più forte.
Lo sentiva di nuovo vicino a sé, di nuovo stretto a lei, legato alla sua pelle.
Era tornato normale…era tornato il suo James…
“Va tutto bene…” sussurrò. “Va tutto bene, James. Non importa cosa accadrà. Non importa quale sarà il nemico. Non importa cosa farai o sarai mai costretto a fare. Io…”
Il vento si sollevò di nuovo, facendo cadere le foglie attorno a loro, piccole lucciole turbinanti e belle volteggiarono nei suoi soffi leggeri, assieme agli ultimi sprazzi di quella strana luce acquosa verde-blu, rimasugli delle danze delle fate alla Strigora che si era adagiata sui fiori in prossimità di sbocciare.
I capelli di lei avvolsero le spalle di lui come una coperta. I loro mantelli si gonfiarono e si strinsero attorno a loro come in un bozzolo caldo e soffice.

“… Io sarò sempre con qui con te… ”

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Capitolo 62
*** Villa Malfoy ***


Eccoci qui!
Piccolo riassunto della puntata precedente: Dopo il disastro alla Strigora, - dove Remus ha dovuto scendere a patti e partecipare a una gara di bevute che aveva in palio il diventare un lacché di una delle signorine invitate a Villa Malfoy e dove Tonks ha partecipato per il motivo opposto, ovvero salvarlo dalle grinfie di Paige e far sì che fosse lei quella che il nostro lupetto avrebbe accompagnato, i nostri Marauders sono finalmente riusciti a riavere indietro James, che era stato stregato da Liu Chan con il Liber Obstaret Conscientiam, l’Elisir delle Inibizioni , imbevuto di rosa dell’oblio.
Nel frattempo, vediamo la nostra Lily perseguitata da una strana presenza negli specchi e un misterioso personaggio che sembra avere a che fare col passato di Sirius…
Piccola nota prima di cominciare: alcuni estratti del capitolo sono tratti dal libro Scholomance.
E dato che ho deciso di inserire una Fanart dedicata alla storia ad ogni capitolo, ecco qui la nostra bella LIly!



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Dire che la tenuta dei Malfoy era leziosa era quasi un diminutivo.
Remus Lupin si strinse nelle braccia, alzandosi il bavero del cappotto di pelle di drago che non riusciva a coprirlo a sufficienza dagli spifferi freddi di quella mattina di marzo.
Di solito non aveva quasi mai freddo, ma lì… su quel vialetto così ordinatamente potato…
Sospirò, guardando mogio la grande villa rinascimentale a ferro di cavallo che si stagliava davanti a loro. Era la classica villa di chi ha un mucchio di soldi e poca fantasia: due piani, finestre coperte da tende di lino, una loggia centrale illuminata di luci di fata infilate in grandi bouquet di narcisi e tulipani, un quartetto d’archi magico che si suonava da solo e fontanelle sovrastate da orrendi putti di marmo che si pavoneggiavano malevoli sui loro piedistalli.
E naturalmente, un interminabile vicolo di ingresso davanti al quale il paggio li aveva bellamente sloggiati dalla carrozza senza degnarsi di dire una parola!
Erano rimasti lì impalati per qualche minuto senza sapere bene cosa fare ma, non vedendo nessuno, si erano rassegnati a prendere i piccoli bagagli e farsela a piedi. Probabilmente era una stupida mossa dei Malfoy per obbligare gli ospiti a notare ogni singolo dettaglio di tutto quel lusso.
In effetti, tutto lì era immenso e opulento compreso il giardino, protetto da un altissimo cancello in ferro, da una cintura di piante profumate e disseminato di meticolosi parterres di fiori.
Eppure, nonostante la nevrotica cura dei giardinieri, niente lì sembrava avere colore.
Tranne lei.
I suoi capelli rosa e i suoi vestiti color giallo e fiordaliso netti contro la monocromia.
Remus guardò Tonks di sottecchi per la millesima volta. Non si erano quasi rivolti parola per tutto il viaggio.
I suoi occhi acquamarina fissavano ciò che avevano davanti con una determinazione che rasentava l’incoscienza. Eppure, notava un leggero tremore del labbro inferiore, che puntualmente si masticava.
Chissà cosa doveva provare in quel momento.
Di certo, Remus era ben consapevole di ciò che provava lui: tanto per cominciare una cocente umiliazione!
Ricordò il silenzio attonito della platea attorno a loro alla Festa della Strigora quando, per la prima volta nella storia di Hogwarts, qualcuno aveva battuto Remus Lupin a una gara di bevute.
Era stata una sfida appassionante, questo era poco ma sicuro. All’inizio nessuno ci aveva fatto molto caso, avendo dato Tonks per spacciata fin da subito. Ma poi, i bicchieri sul tavolo avevano preso ad aumentare… e l’interesse si era acceso fino al punto che si era radunata un’immensa folla attorno al patio di legno, in religioso silenzio.
Nessuno aveva mai resistito così a lungo contro Lupin. Di certo, aveva dell’assurdo che lo stesse facendo una marmocchia di quattordici anni piccola la metà di lui!
Ma le ore passavano e Tonks continuava a bere senza – apparentemente – risentirne affatto. E Remus, con sommo orrore, ne aveva intuito il motivo più o meno a metà gara.
Tonks era una Metaformagus… loro non erano propriamente in grado di rigenerare il proprio sangue - di certo non riuscivano a farlo se venivano colpiti da un’arma o se ne subivano una grossa perdita in un breve lasso di tempo - ma… a quanto pareva, Tonks era in grado di mutarlo il minimo sufficiente da non permettere all’alcool di farla stare male.
Insomma, lo cambiava giusto quel tanto per far sì che le molecole di etanolo non facessero mai in tempo di arrivare al fegato per essere metabolizzate - o comunque la maggior parte di esse veniva disintegrata molto prima di dare assuefazione.
Non era come per Remus, i cui geni da lupo mannaro acceleravano in modo istintivo e naturale qualsiasi processo di guarigione del suo corpo, che era molto più resistente di quello umano (tranne quando si trattava di ferite autoinflitte o inflitte da uno della sua specie, di cui restavano i segni)... lì era Tonks, la sua mente straordinaria, a gestire con precisione chirurgica ogni particella fisica di sé!
Era stupefacente a dir poco! Remus non si era mai posto il quesito di quanto i suoi poteri fossero efficienti. Probabilmente, se allenati a dovere, sarebbero perfino stati in grado di bloccare la vasodilatazione. Le implicazioni per un simile controllo del proprio corpo erano infinite… il ché spiegava perché gli infiniti lividi di Tonks guarivano così in fretta.
Ma l’ammirazione aveva fatto spazio poco a poco alla disperazione. Perché l’aveva sottovalutata… e a quanto pareva, la sfida tra un Lupo Mannaro e una Metaformagus sarebbe andata avanti a lungo e il finale non era più così scontato.
Fu così che rimasero tutta la notte lì seduti, concentrati, tesi e silenziosi.
Dieci. Venti. Cinquanta bicchieri. Un quantitativo tale da mandare in coma etilico chiunque.
Fino al prodigio, che lasciò tutti a bocca aperta.
Incredulo ma incapace di buttare giù un altro boccale, Rem si era proteso in avanti, aveva fatto per afferrare il bicchiere numero cento...e si era rovinosamente e indecorosamente accasciato sul tavolo senza emettere più un suono.
Una colossale, plateale sconfitta. Pubblica umiliazione era dire poco!
E la sbornia, dio! La prima sbornia della sua vita, che l’aveva torturato tutta la notte… avrebbe preferito essere preso a calci da cento troll piuttosto che subire un minuto di più quella sensazione tremenda! Ma come accidenti faceva Paddy?!
Ma la cosa più grave è che aveva perso. Perso!
E così, eccoli lì.
A fare quella immensa, grandissima idiozia.
Era stato facile tenere nascosto agli altri il vero motivo della sua assenza a scuola, quel week end. Tonks l’aveva guardato seria, il giorno dopo, facendogli promettere di non dire nulla a Sirius, a nessuno.
E siccome per uno strano e perverso incantesimo lui era diventato qualcosa come lo schiavetto personale di Tonks, aveva dovuto ingoiare il rospo e ubbidire.
Era in sua totale balia, a dire il vero. Tonks avrebbe potuto farlo spogliare e fargli ballare il valzer davanti a tutti e lui l’avrebbe fatto.
Ma la ragazzina non era certo il tipo. In qualche modo, comunque, si sentiva tranquillo, anche se era vicino a lei, anche se lei poteva ordinargli qualsiasi cosa.
Chissà cosa avrebbe pensato, Tonks, se si fosse resa conto di aver addomesticato un lupo mannaro…
Ma... si fidava di lei più di qualsiasi altra persona al mondo.
Era degli altri che non si fidava affatto, pensò con un moto di angoscia mentre salivano le scalinate che portavano al portico e fissava le altre Signorine con i loro lacché in attesa davanti a villa Malfoy.
No, non si fidava affatto di quella gente. E sapere Tonks lì, tra loro, così innocente e ingenua…
Qualcosa gli ruggiva dentro.
Strinse le dita contro i jeans quando uno dei damerini tagliò loro la strada e scoccò a Tonks un’occhiata lasciva.
“Ciao!” le sorrise malizioso. “Io sono…”
“… In mezzo.” finì gelidamente Lupin per lui, piazzandogli senza tanti riguardi il palmo aperto sulla faccia e spostandolo dal loro cammino come se fosse un appendiabiti.
Tonks si affrettò a seguirlo, saltellandogli dietro con aria incerta, mentre tutti gli occhi puntavano su di loro. Iniziarono i primi borbottii, nulla di sorprendente dal momento in cui la Grifoncina era vestita al suo solito modo stravagante ed era un vero pugno in un occhio nel loro immacolato quadretto!
Tutti erano impeccabili, lì.
Remus notò un piccolo rinfresco e alcuni domestici umani dall’aria glaciale immobili davanti all’entrata. Qualche sparuto elfo domestico dall’aria triste sgambettava fra loro.
Le altre ragazze erano vestite come delle principesse. Non tutti i loro accompagnatori sembravano molto felici di essere lì, compreso quello di Paige, un ragazzetto dall’aria afflitta che le stava sistemando i boccoli contro i fermagli d’argento mentre lei li squadrava schiumando di rabbia.
Una sua amica si staccò dal loro gruppetto e scivolò verso di loro reggendo una strana catenina scintillante.
Era una del sesto anno, di Serpeverde. Si piazzò davanti a lei e la squadrò da capo a piedi inarcando le sopracciglia, prima di ricomporsi e porgerle il legaccio.
“Vuoi?” chiese, ammiccando maliziosamente a Remus al suo fianco.
“Uh?” Lei guardò in basso. “Ma… è un…”
“Guinzaglio.” la Serpeverde la fissò perfidamente divertita. “Carino, vero?”
Tonks la fissò spaesata. C’erano dei cani in giro…?
L’altra rise, poi ritornò a fissare Remus come se fosse un dolcetto.
E’ per loro. Puoi metterglielo, se ti piace.”
Il viso di Tonks perse colore, poi le guance le si arrossarono di rabbia.
“No! Certo che no!” sbottò, scostandosi da quell’aggeggio come se fosse putrido. “Non metterei mai a Remus… è orribile!”
Aveva alzato la voce, e chiunque non si fosse ancora accorto del suo arrivo si voltò verso di lei. Ora l’attenzione era totale.
Tonks fece qualche passo indietro, sentendosi improvvisamente di gelatina.
Gli altri bisbigliavano tra loro, alcune guardavano i suoi vestiti così strampalati e colorati con evidente sdegno.
Qualcosa di spiacevole le scivolò dietro la schiena, freddo. Paige aveva ragione, pensò. Lei lì non c’entrava niente.
Il modo in cui la stavano fissando… come tanti avvoltoi…
Poi, una calda mano le premette con delicatezza la spalla. Rem si portò al suo fianco, senza lasciare la presa, apparentemente tranquillo e serafico ma con negli occhi qualcosa di scuro, come un cupo avvertimento.
Molti distolsero lo sguardo, la Serpeverde ridacchiò.
“E’ solo per gioco. Ad alcuni dei ragazzi piace pure, no? Sei una Black, giusto?”
Remus.
Era lì per Remus.
Per proteggerlo da quelle streghe.
Non doveva scordarselo.
“Sono solo Tonks.” disse piattamente, e l’altra non aggiunse altro perché Paige la richiamò aspramente a sé.
Lupin la vide raddrizzare le spalle e alzare la testa, ma non gli sfuggì l’impercettibile sospirò che le uscì dalle labbra. Poi lo guardò, tristemente.
“Mi dispiace.” bisbigliò, desolata.
Lo diceva davvero. Era stato furioso con lei, con quella sua testaccia, ma ne doveva riconoscere il coraggio. Pensava di fare la cosa giusta e di certo, non era così spavalda come voleva fargli credere… il ché significava che il suo era un coraggio vero. Solo chi ha paura di qualcosa e lo affronta comunque può definirsi davvero coraggioso.
Erano pur sempre dai Malfoy. C’era quasi il rischio che incontrassero i Black, là dentro. La stessa maledetta famiglia da cui sua madre era fuggita via, da cui l’aveva nascosta in modo così rigido.
Non conosceva Andromeda Black, ma a Sirius brillavano gli occhi quando parlava di lei. Doveva essere una brava persona...e per arrivare a maledire in quel modo sua figlia, doveva avere maledettamente paura di quella gente e di ciò che potevano farle.
A Tonks costava molto essere lì, era evidente.
Per cui ammorbidì appena la sua espressione e le diede una leggera pacca sulla testa.
“Non fa niente.” sussurrò, gentile. “Ormai è fatta. Pensiamo solo ad arrivare alla fine della giornata, ok? E non lasciarti intimorire da quelle arpie. Vogliono solo testarti.”
Negli occhi verde acqua di Tonks brillò una luce più decisa e annuì.
Non doveva avere paura. Non con Remus al suo fianco.
Le porte si spalancarono improvvisamente e una donna biondissima avvolta in una nuvola di profumo marciò spedita fra loro con un sorriso di plastica.
“Mie care!” cinguettò, stridula. “Benvenute a Villa Malfoy!”
Scostò un piccolo elfo domestico che le era tra i piedi con un calcetto e si risistemò lo scialle color cobalto attorno alle spalle, senza perdere quel sorriso inquietante che non si estendeva agli occhi… i quali indugiarono qualche secondo di troppo su Tonks.
“Per le nuove arrivate, io sono Porfiria Malfoy.” disse con voce stucchevole, sbattendo le ciglia molto lentamente. “La Signora di questa tenuta. E’ un piacere avere tra noi tante splendide fanciulle, così fresche e a modo!”
Remus trattenne una smorfia. Scoccò un’occhiata agli altri ragazzi trascinati lì. Alcuni di loro erano un po’ a disagio, si dondolavano sui piedi e guardavano da una parte all’altra. Altri invece gonfiavano i petti spavaldi, probabilmente erano ricchi.
Porfiria parlava e guardava solo le sue “signorine”, come se tutti loro non esistessero.
E quella storia dei guinzagli… che cosa pacchiana e di cattivo gusto…
Ma non doveva rilassarsi, pensò, fissando Tonks al suo fianco. Potevano anche sembrare tutti solamente degli snob imbecilli, ma conosceva fin troppo bene la loro recita. Facevano finta di nulla ma sentiva che la Grifoncina era letteralmente sotto un riflettore.
Non stavano squadrando il suo aspetto appariscente – non solo, almeno – ma si stavano probabilmente chiedendo cosa farne di lei, come metterla sulle loro personali scacchiere… o come togliercela in modo definitivo.
Era un gioco davvero pericoloso, ma… in quel momento, non riuscì a non coglierlo un pensiero infantile: si rese conto con un impulsivo moto di orgoglio che ADORAVA che Tonks fosse venuta fin laggiù con i suoi soliti capelli rosa. ADORAVA che li stesse sconvolgendo con il suo abbigliamento ridicolmente colorato e male abbinato!
Era così preso a guardarla fiero che si perse metà delle ciance di Porfiria Malfoy fino a quando non disse civettuola: “Bene, mentre i vostri domestici andranno a ritirare le divise e le istruzioni, lasciate che vi conduca nella Sala del Fregio, mie care, a seguito di un piccolo rinfresco fra noi vi mostreremo le vostre stanze e gli abiti che vi abbiamo fatto ordinare su misura!”
Le altre ragazze esplosero in gridolini eccitati, che però si spensero immediatamente nella mente di Remus, a cui mancò la terra sotto i piedi.
Doveva separarsi da lei…?!
Si irrigidì e la sua mano strinse il gomito di Ninfadora istintivamente.
Doveva lasciarla sola?! Per quanto tempo…?!
Qualcuno si mosse dietro le loro schiene. L’istinto di Remus schizzò alle stelle.
Due mani ruvide si posarono morbidamente sulle loro spalle e uno strano profumo, pungente, acetoso, scivolò tra loro.
“Tranquillo…” disse una voce, una bocca che sogghignava paciosa nell’angolo del loro campo visivo. “Non starete separati a lungo. Devono solo darci le loro stupide divise da damerini e probabilmente sottoporci a qualche piccola tortura mentale per loro diletto. Quelli fanno così.”
Tonks si voltò verso quella voce, scontrandosi… con due occhi da rapace.
Quello alle loro spalle non era un ragazzo. E di certo non era di Hogwarts. Era più grande di loro, quasi un uomo, e nonostante portasse al collo quella specie di grottesco guinzaglio, non sembrava accompagnare nessuno.
Le sorrise spensierato, l'espressione cadente e quasi impastata, così come la sua voce. Aveva pesanti occhiaie e orbite arrossate come per mancanza di sonno. Sembrava a suo agio lì, e aveva l’aria di uno che voleva solo mettersi da qualche parte e dormire… ma spiccava fra loro esattamente come Tonks, visto che portava abiti trasandati a dire poco, rattoppati alla bene e meglio con pezze di altro colore e in alcuni casi, perfino macchiati di quello che sembrava vino. Lo sconosciuto aveva il viso spigoloso, su cui facevano bella mostra una leggera barbetta che sembrava non sistemata da settimane e un naso un po’ storto che qualcuno doveva aver rotto tempo addietro.
Le ciocche castano scuro scivolavano disordinate sulle tempie e il resto dei capelli era stretto in una bassa coda nientemeno che da uno spago. Una sottile cicatrice lambiva la pelle della sua faccia appena sotto lo zigomo destro. Non era certo in linea con il resto dei damerini di quel posto, perfettamente curati, profumati e in ordine, perfino gli elfi domestici.
Avrebbe dovuto suscitarle simpatia. Ma in quegli occhi acquosi c’era qualcosa di vuoto, freddo, oscuro e distante come lo spazio tra le stelle.
E in quel corpo… quasi poteva sentirlo. C’era una pericolosa, raffinata brutalità nel modo in cui sorrideva.
“Che facce, ragazzi. Scherzavo.” lui rise leggero. “Nulla di troppo brutto, comunque. Sono pur sempre nobili Purosangue. Magari vi faranno camminare con un libro sulla testa giusto per farsi due risate alle vostre spalle.”
La letalità in lui era palpabile. Se ne accorse dal modo in cui Remus si era irrigidito, dal modo in cui le sue dita le stavano affondando nel gomito fin quasi a stritolarglielo.
“E’ ridicolo che io abbia dovuto partecipare a questa pagliacciata, a dirla tutta.” continuò l’altro, come se stesse conversando con dei vecchi amici, le mani ancora ben salde sulle loro spalle. “Ma il numero uno dei damerini e padrone di casa era… indisposto. Per cui, quando la sorella dell’amore della tua vita ti chiede un favore, non è certo gentile rifiutare. E poi a dirla tutta, è sempre piacevole fare da schiavetto a una bella ragazza, dico bene? Beh, mettiamocela tutta, eh? Anche noi improvvisati domestici dovremo essere all’altezza.”
Finalmente li lasciò. Alcool. Ecco che cos’era quello strano odore acetoso che proveniva dalla sua pelle. Sapeva di alcolici, sigari… e sangue.
Continuava a sorridergli amichevole ma non infondeva alcun calore. A Tonks diede l’idea di uno che avrebbe potuto tagliarle la gola guardandola dritta negli occhi, sempre con quello stesso sorriso cordiale.
“Lestrange, caro.” lo chiamò Porfiria, con un angolo della bocca che si arricciava in una smorfietta di apprensione. “Ho fatto portare abiti nuovi per te e per gli altri. Saresti così gentile da mostrare a questi giovani la strada?”
Lui sorrise sardonico, voltando loro le spalle.
“Come desideri.” disse atono, facendo cenno ai maghetti di seguirlo.
Remus non si schiodò dal suo posto. La fama di Rodolphus Lestrange, il promesso sposo di Bellatrix, lo precedeva.
E se lui era lì, c’era probabilmente anche lei. L’irascibile, vendicativa e squilibrata Bellatrix Black… assieme all’uomo che per lei, avrebbe fatto qualsiasi cosa. Anche vendere l’anima. Sempre se non l’avesse già fatto.
“Remus.”
No, aveva detto… la sorella. Lì c’era la sorella dell’amore della sua vita. Narcissa. Ma… nulla vietava che fossero entrambe lì. Allora perché non Lucius…? Com’è che aveva detto? Era indisposto…?
Sirius lo ammazzava davvero, stavolta. L’aveva permesso. Si era fatto sconfiggere come un idiota e ora lei era lì, era fra loro… in pericolo…!
“Remus!” lo richiamò Tonks, più forte. Lui batté le palpebre e guardò giù.
Gli occhi di lei erano limpidi.
“Me la caverò.” promise.








Provava l’irrefrenabile desiderio di ridurre la stanza in brandelli. Di farla a pezzi, facendo a strisce la pelle di ogni poltrona e chaise longue ed il lino delle tende che profumavano di pulito tanto da fargli venire la nausea. Il sole illuminava la stanza facendo scintillare le porcellane, l’anello di ematite che gli stringeva l’anulare.
Continuava a rigirarselo nervosamente, un vecchio tic nervoso che non era mai riuscito a togliersi. Incisa nella gemma nera, il motto dei Black, “Tojours pur”, su cui puntualmente faceva scorrere l’unghia. Quasi a volerla cancellare.
Scoccò l’ennesima occhiata allo specchio, scontrandosi di nuovo con grandi occhi azzurri che avevano sempre quella strana espressione smarrita, pavida e confusa che detestava. Quel viso ancora quasi infantile, non cesellato e regale come quello di Sirius, ma dai lineamenti ancora dolci… che trasudavano debolezza ed il peccato più grande di tutti, per un Black: innocenza.
Sospirò malamente.
I vestiti gli prudevano addosso, cadevano male sulle spalle esili e incurvate - come a volersi rendere più piccolo. I capelli, spessi e setosi e neri, erano di nuovo in disordine.
Regulus Black ci passò una mano attraverso e grugnì di nuovo.
“Smettila, Reg.”
Alle sue spalle, un’esile figura accoccolata su una dormeuse.
Impeccabile come un soave petalo di neve.
Il sole entrava a ondate, baciava la pelle bianca di Narcissa Black e le faceva scintillare fili fulgidi nei capelli chiarissimi. Controluce, sembrava risplendere.
Non aveva un filo fuori posto, come sempre. Una bella bambolina avvolta in una sottoveste candida che le lasciava nude le spalle aguzze e le arrivava alle scarpine di velluto e che la faceva apparire ancora più piccola e fragile. Poteva apparire una camicina da notte, ma addosso a lei, così filiforme ed elegante, sembrava l’abito di una regina.
La Serpeverde sospirò, scocciata da quel suo continuo osservarla e chiuse il libro che aveva tra le mani con uno scatto.
Occhi ferini che non regalavano nulla. Apatici, come quelli di un morto.
Narcissa era bella ma...vuota. Non ricordava una sola volta in cui il suo viso fosse stato in qualche modo… vitale. Anche da bambina non sorrideva mai e se lo faceva, sembrava recitare.
Non aveva mai… una vera espressione.
Solo il suo timbro di voce lasciava trapelare il fastidio.
“Capisco il tuo raccapriccio per eventi come questi, ma se non riesci a simulare un minimo di entusiasmo, perlomeno cerca di stare fermo.”
La voce sempre bassa, quasi sussurrata, eppure stranamente autoritaria.
“Hai ragione,” rispose a tono. “Molto meglio mascherarsi dietro facciate di menzogne come fai tu, non è così?”
“Si fa meno fatica.” fu la laconica risposta.
“Ne sei convinta?” non riuscì a trattenersi Reg, con tono cattivo. “Perché penso che sopportare la boria di Lucius debba essere parecchio estenuante, o sbaglio?”
“Capisco tu abbia bisogno di sfogarti su di me oggi, quindi arriva al punto, così posso smettere di ascoltarti.” Narcissa si stava fissando le unghie.
“Lo sai, sì, che tu non sei solo il tuo corpo e sei dotata di cervello?”
“Stai diventando noioso, Reggie.”
“E diventeresti davvero una strega in gamba se non passassi tutto il tuo tempo a impegnarti in attività… come posso chiamarle? Vediamo… extracurriculari?”
“A-ha.” rispose Narcissa, decidendo che le sue unghie erano a posto. “Ti rendi conto che questo non è un metodo efficace per ferirmi, vero? Sono stata definita in modi molto peggiori da persone che contavano molto di più.”
La ciliegina sulla torta dell’indifferenza. Sempre più irritato, Regulus le voltò le spalle. In realtà, non ce l’aveva davvero con lei. Non era nemmeno giusto sbatterle in faccia il fatto che fosse in una gabbia.
Ad esempio, Narcissa detestava essere lì tanto quanto lui, per dirne una. Ma era la famiglia del suo promesso sposo ed i Black ci tenevano alle apparenze. Narcissa avrebbe obbedito a qualsiasi cosa le avessero chiesto, fingendo disinteresse, fingendo che non importasse. Ribolliva dentro, ma sapeva che stare lì era nei suoi interessi.
Forse era questo, a irritarlo tanto. Il fatto che le andasse bene così.
Mentre lui…
Fissò il gioiello tra di loro, adagiato con cura in una scatolina confezionata con fiocchi di chiffon e bambagia.
Un violino. Un vero e proprio violino interamente d’argento.
Un dono di Porfiria Malfoy. Elegante ed aguzzo come una lama pronta a trapassargli la carne.
Sua cugina seguì la linea dei suoi occhi e accennò allo strumento.
“Dovresti suonarlo.”
Suonare… era da tempo che non suonava.
Sfiorò gli arabeschi con la punta delle dita, non riuscì a impedirselo. Nella cordiera, i fili erano così tesi da sembrare quasi taglienti, perfettamente allineati ai piroli. Avevano piallato magicamente l’argento per seguire alla perfezione le elaborate curvature del più pregiato dei legni e all’estremità dell’archetto era fissato un fascio di crini di unicorno.
Doveva essere costato una fortuna.
Regulus represse un brivido e se ne allontanò con un moto di nausea.
Porfiria Malfoy aveva cercato di scavalcare l’autorità di suo padre smerciandogli sotto il naso la sua primogenita come se fosse un pezzo di carne in vendita e cercando di fare le scarpe a Sirius per levarselo dai piedi. Colpo di stato. Una pedina che si muoveva di sua iniziativa sull’illustre scacchiera dei Black. Un gesto avventato, e folle, di cui aveva pagato lo scotto, visto che meno di due settimane dopo il patrimonio dei Malfoy era “sorprendentemente” diminuito della metà. Suo padre aveva preferito punirli dove erano più sensibili, ovvero attraverso i soldi. Aveva alzato un dito e direzionato investimenti e titoli di risparmio in tutt’altra direzione, come un toro dorato che improvvisamente guardava ovunque tranne che su di loro. Era certo che Porfiria avesse ora nuove rughe da nascondere sotto i chili di cipria e non aveva osato più fare un solo fiato fuori posto da allora, né tantomeno si era più avvicinata a lui.
Ma… adesso sembrava cambiato qualcosa.
Se lui era lì, a casa della donna che aveva cercato di far espellere suo fratello da scuola, significava solo una cosa.
“Posso… farti una domanda?” deglutì, continuando a fissare il regalo. “Tu… sei davvero innamorata di Lucius?”
Seguì un lungo silenzio che lo costrinse a sollevare il viso.
Narcissa guardava il cielo come se desiderasse volarci dentro.
“Sì.” disse infine. Lentamente.
Non mentiva.
“Anche se…” lui si morse il labbro. “…Anche se ti rende infelice?”
Arrossì quando vide un suo delicato sopracciglio incurvarsi verso l’alto.
“Cosa ne sai, tu, della felicità?” Narcissa si rituffò tra i cuscini, sbuffando pigramente. “Cosa ne può sapere mai ognuno di noi? Oh, sei così adorabile a volte, Reg, lo sai?”
“…Cissa…”
“L’amore è complicato, Regulus.” tagliò corto la Serpeverde, improvvisamente fredda. “La felicità lo è ancor di più. Smettila di fare il bambino.”
Non era possibile ricavare empatia da lei. Era stato strano anche solo provarci. L’aveva solo scocciata di più, probabilmente.
Per un breve istante, Regulus si concesse il lusso di ricordarselo. Ricordarsi di sentirsi molto, molto solo.
Eppure, qualcosa negli occhi lattiginosi della ragazza… gli faceva venir voglia di afferrarla, scuoterla, stringerla. Di continuare a parlare, scavare nei suoi evidenti traumi e aprire una breccia e distruggere quei muri che circondavano tutti loro, soffocanti, putridi, marcescenti.
“Narcissa, cara, sei richiesta nella Sala del Fregio.” una delle lacché d Porfiria fece capolino nella stanza dentro la quale si erano entrambi rifugiati sperando di venir rapiti il più tardi possibile.
La ragazza fece un cenno con il capo e si sollevò con la leggerezza di una piuma.
“Suonalo, Reg.” gli posò la mano esile su un gomito prima di superarlo. “Ti farà stare meglio.”
Aveva le unghie stranamente lunghe, laccate di bianco. Era strano, lei di solito le portava corte, arrotondate e ben limate.
Un pensiero inquieto gli attraversò la mente.
“Cissa.” sbottò, agitandosi. “Comportati bene con…”
Fu sufficiente l’occhiata di lei, glaciale come la siberia, a mozzargli le parole in gola. Un odio così intenso da sentirlo vetrificarsi sulla pelle le attraversò lo sguardo.
Cazzo.
“Cissa…”
“Per chi mi hai preso?” mormorò la ragazza fissando il vuoto, scuotendo i crini biondi contro gli zigomi scarni. “Siamo ad un ricevimento e io sono una signora.”
“E’ una di noi. Che ti piaccia o no, Ninfadora è…” replicò Reg, per nulla persuaso anche perché la bionda aveva stirato un sorriso gelido poco rassicurante, che a quelle parole si spense. Un guizzo di rabbia omicida le attraversò le iridi lattiginose.
“Non lo è.” sibilò, scoprendo appena le labbra sui denti. “Non è una di noi. Non lo sarà mai.”
Erano rare le volte in cui si lasciava andare ad un’emozione.
Regulus ricordò improvvisamente. C’erano state volte in cui Narcissa aveva sorriso… sorriso davvero. Erano piccoli, minuscoli. Lui più di tutti.
Non ricordava molto, era davvero troppo giovane, ma l’immagine di una bambina bionda che rideva felice gli si era stampata nella memoria e ora riapparve davanti ai suoi occhi.
Così come il viso di Andromeda, giovane e fresco come una delicata alba estiva, la pelle pallida e cremosa e boccoli color del cioccolato fuso, che la teneva fra le sue braccia e le baciava le palpebre con amore, accarezzando nel mentre la testa di Bellatrix che dormiva sulle sue gambe tranquilla come un gattino.
Andromeda, che aveva tradito. Che le aveva abbandonate.
Che Ninfadora Tonks aveva portato via da loro.
Lo stomaco gli si contrasse in modo strano. Non conosceva quella ragazzina, ma gli sembrava quasi di sì. Provava per lei un’inspiegabile simpatia anche se l’aveva solo vista di sfuggita, e ciò era assurdo, ma… si sentiva preoccupato per lei!
Forse era solo il richiamo del suo stesso sangue. Eppure… sentiva quasi di conoscerla… come se ci avesse parlato innumerevoli volte…
“Non sono come noi, Reg.” sussurrò Narcissa. “E noi non saremo mai come loro. Ricordatelo bene, mentre suoni quell’affare.”
Ricordare…
Ricordava un ufficio, all’interno del Ministero della Magia. Tanti anni fa. C’era qualcosa che aveva scatenato il panico.
Qualcosa che strisciava fuori dalla sua porta, e scricchiolava, e mugolava e sapeva del fetido odore dell’oscurità.
Regulus si era rannicchiato sotto la scrivania di uno dei Ministri e si era abbracciato le gambe mentre gli Auror urlavano nel corridoio accanto. Era solo.
Solo, con un cristallo stretto tra le mani che aveva creato una barriera debole attorno a sé.
Quando l’essere aveva cominciato a grattare su quella barriera, producendo sprizzi di scintille che si levavano davanti all’entrata come avrebbero fatto lame sull’acciaio, aveva urlato e stretto al cuore ancora di più l’amuleto.
Sua madre non c’era, era uscita da qualche parte smollandoglielo in mano e poco dopo, quelle creature nefaste erano sbucate da chissà dove trascinando distruzione e scompiglio nel corridoio.
Erano simili a quelle che giravano per casa.
Solo che lì non erano a Black’s Manor. Lì non c’era nessun divieto, nessun sangue reale e nessun incantesimo a tenerle a distanza da lui.
Lì erano nel Ministero della Magia, e lui era solo un bambino qualunque ai loro occhi, uno squisito, piccolo maghetto traboccante di magia da ingurgitare e con bassissime possibilità di difesa, di rappresentare per loro un pericolo.
Una tentazione troppo grande.
Avevano iniziato ad sciamare lì attorno in pochissimo tempo, come falene attirate da un faro. Il loro arrivo fu come il calar della sera, tutte le luci parvero abbassarsi di colpo, anche quella del sole.
L’amuleto che reggeva la barriera non era abbastanza forte per contrastarle tutte.
Il grattatore cominciò piano piano ad entrare, prima con le dita, lunghe cose snodate e minute di artigli.
Regulus aveva continuato ad urlare, a chiedere aiuto.
Il Ministero traboccava di Auror e Cacciatori di Creature Oscure, d’altronde.
E lui era solo un bambino. All’epoca, da qualche parte dentro di lui, credeva ancora che qualcuno sarebbe arrivato.
Era così abituato a richiedere e smerciare attenzioni per conto dei suoi, a casa, che si curava solo se determinate persone piacevano – e non piacevano – a lui. Non si era mai posto il quesito che fosse lui, quello che non piaceva.
E quello di cui non si era reso conto era che al Ministero, le persone a cui non piaceva erano proprio quegli Auror a cui stava supplicando aiuto, gli stessi che avevano evitato di ricambiare il suo sorriso per tutta la mattina e che si tenevano a distanza da lui e sua madre con un qualcosa nello sguardo, una sorta di disprezzo feroce ma impotente.
Gli stessi che lo avrebbero abbandonato, solo e impaurito in quello stupido ufficio senza sua madre, che non sarebbero mai arrivati a salvarlo neanche se avesse urlato ancora di più, nella maniera in cui può urlare un bambino che sta per essere attaccato da un mostro tutto denti.
Non arrivò nessuno neppure al suo secondo grido, quando anche l’altra mano del grattatore penetrò all’interno contorcendosi, le dita che che aprivano a unghiate la barriera come un topo che si introduce in un sacco.
E gli altri lo sentivano, sapeva che lo sentivano, perché dall’entrata poteva scorgere le loro sagome in lontananza, che lo fissavano perfettamente immobili come statue.
Senza fare nulla.
La rivelazione l’aveva colpito con la forza di un proiettile in pieno stomaco.
L’avrebbero lasciato morire. Non avrebbero fatto niente.
Fu un bene che non arrivarono, in realtà, un bene per loro intendo, perché nel momento in cui il suo cervello di giovane mago traumatizzato realizzò di potersi salvare solo con le proprie forze, il suo corpo reagì di conseguenza.
Non aveva una bacchetta, e così cercò di accumulare magia nell’unico modo che un giovane Black conosceva: rubando energia vitale agli altri.
Le piante iniziarono ad appassire, marcire, e l’energia magica iniziò a scorrere sotto la pelle come un fresco ruscello.
Ma era solo un bambino, e non aveva la più pallida idea di cosa farne.
Avrebbe probabilmente fatto esplodere l’intero piano se non fosse intervenuta sua madre, apparsa come una visione di tenebra dietro le creature.
Aveva agitato la bacchetta con un movimento fluido e annoiato e quelle erano letteralmente esplose, schizzando brodaglia nera e pezzi di carne pelosa ovunque.
Le loro mani erano solo a pochi centimetri da Regulus, che stava continuando a urlare, e urlava, urlava e urlava fino a che la gola non gli andò letteralmente in fiamme.
Walurga Black rimase a fissarlo ma stranamente, non lo sgridò per le lacrime che gli correvano sul viso.
Anzi, fece una cosa del tutto innaturale per lei. Si chinò con un dolce sorriso e lo strinse fra le braccia.
“Oh, il mio povero bambino.” sussurrò, accarezzandogli i capelli. “Non avere paura, Regulus. La tua mamma è qui, adesso. I mostri non ci sono più.”
Ma lui non urlava per i mostri. Urlava per quelle facce, quelle facce che l’avevano fissato immobili e che avrebbero continuato a farlo nei suoi incubi per parecchio tempo.
Suonava ora, Regulus Black, ormai cresciuto.
Aveva preso in mano il violino d’argento e suonava, finalmente solo, le labbra scoperte sui denti, le vene delle mani gonfie e tese, i movimenti bruschi e rabbiosi. Un sottile rivolo di sudore gli imperlava la fronte, le ciocche eleganti e setose dei capelli.
Il suono usciva stridente, violento, eppure incantevole.
Suonò perso in quel ricordo, perso nella rabbia, perché nessun Auror era venuto ad aiutarlo e lui era solo un bambino, solo uno stupido bambino codardo che al di fuori della sua casa, al di fuori dell’opprimente rete della sua famiglia avrebbe trovato solo persone immobili, se non proprio girate di spalle, se non proprio pronte a piantargli una lama nel cuore.
Perché il rispetto che avevano al di fuori di Black’s Manor era ottenuto con la paura e con l’odio e quel filo, quel filo così sottile su cui camminavano… la paura e l’odio… sentimenti che avrebbero dovuto alimentare per sempre, perché se si fossero spenti… tutto ciò che amava, tutta la sua famiglia, sarebbe stata massacrata da quelle stesse persone là fuori che si riempivano la bocca di parole come giustizia e onore.
Perché quel giorno, nell’abbraccio di sua madre, le sue parole erano penetrate a fondo.
Lo capisci, ora, piccolo mio? Nessuno, là fuori, ti aiuterà mai. Quei piccoli, miserabili parassiti avrebbero ottenuto un vantaggio se tu fossi morto oggi e per questo non hanno fatto nulla. Non importa altro nel mondo, bambino mio, se non il vantaggio che puoi ottenere sugli altri. Tu sei un Black, un bambino maledetto ai loro occhi, un errore da correggere, un nemico da abbattere. Tutti noi lo siamo. La fuori o uccidi o vieni ucciso. Non esistono terze possibilità.
Le mani passarono sui crini di unicorno abili, veloci e metodiche, mentre la melodia assumeva forma nella sua mente e scorreva tramite le dita come se avesse una propria vita. Non seguiva né note né copioni, solo quello che gli brulicava dentro.
Paura, rabbia, disprezzo.
Sirius si sbagliava. Andromeda si sbagliava. Perfino Tonks si sbagliava. Si illudevano ancora come lui quel giorno sotto quel tavolo, perché non avevano ancora fatto davvero i conti con quello che c’era là fuori, con quella gente. Lui sì.
Lui non sarebbe mai piaciuto a loro e loro non sarebbero mai piaciuti a lui. Nessuno di loro sarebbe mai accorso al suo grido e quindi era inutile disturbarsi a gridare.
Aveva fatto pace con la cosa, dopotutto.
Ma c’erano giorni, ad Hogwarts… in cui aveva solo voglia di salire in piedi sul tavolo e mettersi a urlare contro tutti loro proprio come avrebbe voluto urlare a quei bastardi in quel corridoio.
Aveva voglia di dire loro che li odiava e che avrebbe volentieri dato loro fuoco in cambio di cinque minuti di pace e perché non avrebbe dovuto, visto che loro sarebbero rimasti volentieri a guardarlo bruciare?
Era da quando era bambino che aveva quell’urlo dentro, annodato all’abbraccio di sua madre di quel giorno.
Lei c’era. Lei l’aveva salvato.
Lei, non loro.
Per questo aveva ubbidito, per questo era saltato dentro quella fottuta carrozza, per questo era lì, docile e servile come un cagnolino a farsi vendere come una puttana a Porfiria Malfoy e per questo, per questo stava suonando quel maledetto violino con tutta la rabbia e la disperazione di cui era capace.
L’anello luccicò alla luce del sole mentre le note stridevano e inveivano contro le pareti di quella stanza.
Tojours Pur.
Difendi il sangue…





C’erano delle piccole perline scintillanti dentro una grande brocca d’argento al centro del tavolo.
Tonks cercò di concentrarsi su come la luce ci giocava creando iridescenze ma per l’ennesima volta il suo corpo parve accartocciarsi sul tavolo in un modo che a quanto pareva non era “ di classe”. Una piccola elfetta domestica tossicchiò piano cercando di avvisarla ma la udì a malapena.
Una ragazza alla sua destra si chinò su di lei, piano, bisbigliando: “Hai mal di testa?” con sincero interesse.
Mal di testa? Mal di testa?! Era esausta!
Era passata mezz’ora, e non ne poteva già più di tutte quelle assurde ciance su chili di troppo, ultime mode di cui non capiva un accidente e tutta una serie di pettegolezzi inconsistenti che la stavano uccidendo!
E a che accidenti servivano tutte quelle posate? C’erano almeno dieci forchette e le sarebbe taaanto piaciuto usarne almeno una, visto che il tavolo era pieno di dolci dall’aria squisita e lei aveva una fame pazzesca, ma quelle non la finivano più di cianciare e nessuno si azzardava a prendere nemmeno una fetta!
Quando ci aveva provato, la ragazza al suo fianco le aveva tirato un pizzicotto e un’occhiata di rimprovero!
La guardò di nuovo, sospirando mogia. Al tavolo c’erano almeno una ventina di streghette di svariata età, tutte perfette, magre e curate. Alcune avevano un’aria malevola – Paige e la sua cricca in primis – ma altre, poche a dirla tutta, erano semplicemente quiete ed intimidite.
La ragazza che si era chinata su di lei era tra quelle, e a Tonks era subito piaciuta: era una Tassorosso del suo stesso anno con un viso paffuto e simpatico, si chiamava Lemon ed il suo nome rispecchiava in pieno il suo aspetto perché aveva i capelli più gialli che si fossero mai visti.
Non biondi: gialli.
Li adorava, ma lei sembrava sentirsi a disagio perché continuava a lisciarseli e a guardare con rammarico la cuffietta bianca che era stata obbligata a togliere.
“Sono belli, sai?” le sorrise. “I tuoi capelli!”
Lei le scoccò un’occhiata incredula e le sue dita ripassarono di nuovo tra le ciocche con un movimento nervoso.
“Oh. G-grazie. Anche… i tuoi…?” aggiunse con poca convinzione, come se non fosse certa della veridicità né dell’una né dell’altra affermazione, venendo interrotta sulla fine da un versetto malevolo uscito dal becco di Paige, che la fissava con un sorrisetto odioso dall’altro lato del tavolo.
Tonks la ignorò. Strapparle dalla testa la parrucca ingioiellata sarebbe stato “poco di classe”.
“Per curiosità, come mai non mangiamo?” buttò lì, e Lemon arrossì di nuovo.
“Oh, beh… non sta bene…”
“E perché? Io sto morendo di fame!”
“Non sei mai stata a uno di questi eventi?” si incuriosì Lemon, chinandosi verso di lei.
“Mai. Preferisco ingrassare, sai.” cinguettò Tonks e la Tassorosso si lasciò sfuggire una risatina.
“A proposito, grazie per le dritte!” continuò Ninfadora, raddrizzando il busto per la cinquantesima volta prima di chiedere conferma a lei sulla sua postura.
“Così?”
Lemon annuì senza farsi notare, con un sorriso dolce.
“Non c’è di ché! Anche io all’inizio facevo una gaffe dietro l’altra, sai? Mio padre commercia gioielli con le fate e li rivende ad eventi simili, quindi dopo un po’ ci ho fatto l’abitudine…” Scoccò un’occhiata incerta ai biscotti al burro e alle brocche di tisane ancora immacolate. “P-penso che… tra poco finiscano di parlare…e immagino potremmo assaggiare qualcosa…”
Tonks sospirò di nuovo - un po’ troppo rumorosamente e attirandosi le occhiatacce di alcune di loro – rassegnandosi a saltare la colazione quando la matrona delle oche, Porfiria Malfoy, decise di alzarsi in piedi ponendo fine a quel suplizio fatto di discorsi vuoti e su sangue e razza e senso di superiorità, borbottando irritata che una certa “figlia insolente” era in ritardo.
“Mie care!” Tubò, imponendo il silenzio con un gesto della mano. “Inizio con il dire quanto siamo lieti di avervi qui con noi in questi due giorni di amabili frivolezze! Come ben sapete, eventi come questi sono essenziali per la crescita personale di signorine di buona famiglia come voi! Non solo per imparare come essere delle perfette padrone di casa e come comportarsi e presentarsi al meglio in società… ” i suoi occhi slavati puntarono un velocissimo secondo sui capelli di Tonks. “… ma anche per migliorare le vostre abilità magiche e creare legami per la vita con persone del vostro stesso rango. Siete tutte parte di nobili e decorose famiglie magiche e da voi ci si aspetta il meglio! Si potrebbe dire…” ridacchiò civettuola. “… che non solo qui si impara ad essere delle mogli impeccabili e delle vere ladies, ma anche ad essere delle donne in carne ed ossa!”
Lo stomaco di Tonks decise che era il momento più adatto per rumoreggiare con tutta platealità, rovinando la maestosità dello sproloquio delirante di quella che doveva probabilmente essere la creatura più stupida e vuota sul pianeta terra. Paige emise uno scioccato verso di stizza, e Lemon affondò il viso nel tovagliolo soffocando una risata isterica.
A Porfiria Malfoy guizzò solamente un piccolo nervo sulla tempia. Una reazione da vera lady.
“Quelle che vedete qui sono chiamate Lucie.” continuò, un po’ più freddamente, indicando le perle al centro del tavolo. “Ognuna di voi ne guadagnerà in proporzione alle vostre buone maniere e alle vostre abilità magiche. Seguiranno una serie di piccole competizioni di galateo, e la streghetta con più lucie alla fine delle giornate verrà eletta Signorina delle Delizie.”
Doveva essere una cosa sensazionale perché le altre ragazze iniziarono ad emettere gemiti sognanti e “ahhh…” di emozione, ma il viso di Tonks rimase piatto fino a che Lemon non si chinò su di lei spiegandole.
“La Signorina delle Delizie di ogni anno è una ragazza che può accedere a convegni e feste private di alta classe nella nobiltà magica. Addirittura a quelle private dei Membri del Winzegamot! E’ un trampolino di lancio pazzesco dopo il Ballo delle Debuttanti! Si dice che quasi tutte le Signorine abbiano trovato marito a eventi come questi.”
“Fammi indovinare: mariti schifosamente ricchi?” ridacchiò Tonks, scuotendo la testa. Certo che erano veramente sceme, quelle! E poi, erano tutte decisamente giovani per pensare già a cose come mariti ed eredità varie!
“A te interessano cose come queste?” chiese sottovoce alla sua compagna.
Lemon negò col capo.
“Non particolarmente, a dirla tutta. Ma papà dice che partecipare potrebbe tornare utile per dare un lancio alle mie aspirazioni lavorative. Vorrei diventare anche io un Membro del Winzegamot, in futuro! Sto studiando tutto ciò che posso del Diritto Magico, ma le liste di accesso sono davvero restrittive...”
“Oh. E in che ramo vorresti specializzarti?” chiese Tonks, molto più interessata a quel discorso che al resto degli starnazzamenti.
A Lemon brillarono gli occhi. Tirò su col naso, delicatamente a patata e spruzzato di deliziose lentiggini, e il suo bel viso si animò di una luce deliziosa.
“Voglio proteggere le Creature Magiche. Voglio varare leggi che possano davvero fare la differenza, capisci?”
Tonks sorrise ma le loro chiacchiere furono interrotte da un colpo di tosse ben deciso da Porfiria, che scoccò loro un’occhiata severa prima di richiamare l’attenzione di tutte.
“Le perline vi saranno assegnate autonomamente tramite un incantesimo, rientrando in questo portagioie che verrà assegnato a ognuna di voi.” sul tavolo davanti a loro comparvero delle scatoline di ottone tutte lavorate con fregi di squisita fattura, dentro le quali c’erano piccoli fori dell’esatta dimensione delle perle, cinque in tutto.
Quella di Tonks ondeggiò stranamente un po’ troppo forte sul tavolo e le cadde a terra con un tintinnio.
“Ops!”
Si chinò a raccoglierla, sentendo vagamente Paige che commentava qualcosa tipo “un segnale ben chiaro del destino, non trovate?”, quando improvvisamente una mano gelida e liscia apparve nel suo campo visivo.
La invase un profumo di fiori freddi, delicato e invernale, mentre dita bianchissime si chiusero attorno alle sue con leggerezza, un secondo prima di sollevare la scatolina da terra.
Il contatto fu così freddo che Tonks sobbalzò, lasciando la presa.
Al tavolo ci fu un altro detestabile coro di “ohhh…” e “aaahh…” ammirati mentre Narcissa Black si risollevava da terra con la grazia di una principessa, riponendo accuratamente il portagioie davanti a Tonks senza degnarla di uno sguardo.
“Oh, cara.”
A Porfiria si illuminarono gli occhi mentre quella che era senza ombra di dubbio la sua pupilla si univa al tavolo assieme a loro, portando soggezione e riverenza fra tutte le altre.
E per un valido motivo…
Tonks si accorse di non riuscire a staccare gli occhi di dosso a quella che era sua zia.
La sorella di sua madre.
Si vedeva proprio che era di tutta un’altra pasta rispetto alle altre. Una vera Black, che irradiava attorno a sé come una sorta di luce, fatta di eleganza e raffinatezza.
Il modo silenzioso in cui si muoveva, in cui si sedeva… non aveva detto una parola, ma aveva subito messo in chiaro chi sarebbe stata la vincitrice di quel week end e si era attirata addosso l’ammirazione e la devozione di tutte le altre.
“Non sono riuscita a trovare Eris, Porfiria.” disse, con voce bassa. La donna minimizzò con un gesto stizzito.
“Non dovevi preoccuparti, mia adorata. Ci penseranno gli elfi a tirare fuori quella marmocchia disubbidiente. Al lavoro, su!” abbaiò poi in malomodo alle creature, che scattarono con un “pop” e non meno di parecchi gemiti terrorizzati.
“Ci sarà anche Lucius, Narcissa cara?” cercò di allisciarsela una Serpeverde più piccola, gravitando attorno a lei come una cometa particolarmente appiccicosa.
“Mio nipote Lucius si sente… poco bene.” si intromise rapidamente Porfiria, con uno strano scatto della testa. “La Signorina Black sarà accompagnata da suo cognato, che ha cortesemente acconsentito a farle da maggiordomo in via del tutto eccezionale.”
Cognato? Intendeva forse quel Lestrange…?
C’era qualcosa… Tonks strizzò gli occhi, cercando di mettere a fuoco quel dettaglio che l’aveva colpita. Narcissa si era seduta all’altro capo del tavolo, e la sua faccia era impenetrabile ma… sembrava quasi che l’idea di essere accompagnata da Lestrange non le piacesse.
Le era quasi sembrato di vedere...come del disgusto, un balenio negli occhi di raccapriccio. L’aveva sognato?
Ma smise di pensarci quando la ragazza alzò il viso su di lei e la inchiodò con i suoi gelidi occhi azzurri. Rimase a fissarla in silenzio, le ciglia bionde portate appena calate, a dimezzare le iridi.
Un piccolo brivido le corse su per le braccia.
Non aveva mai ricevuto uno sguardo tanto freddo…
Ma non abbassò lo sguardo. Sfacciatamente, sostenne quel gelo con occhi grandi e puri. Senza abbassare la testa.
Tonks non lo faceva mai.
Fu Narcissa a farlo, concentrandosi sul dorso della mano della ragazzina dove ora, senza che lei se ne fosse accorta, spiccava un piccolo graffio.
La Serpeverde stirò un tiepido sorriso enigmatico mentre riportava la sua attenzione su Porfiria e sulle leccapiedi che sembravano fare a gara a starle più vicine possibile.
“Bene mie care, gli elfi Domestici vi faranno vedere le vostre stanze, dove potrete cambiarvi e rinfrescarvi. Sono desolata che dobbiate avere a che fare con codeste miserabili creature, ma i vostri maggiordomi sono tutti impegnati nella prova di resistenza e…”
“Prova di resistenza?”
Tonks era scattata in piedi, l’espressione allarmata ignorando Lemon che cercava di riportarla giù.
“Quale prova di resistenza?!”
“Mia cara, quei ragazzi sono designati a servirvi a proteggervi al meglio durante questo evento, hanno la responsabilità di accudire il meglio della Società Magica! Non crederai davvero che non serva loro un po’ di addestramento…” sbuffò la Malfoy un po’ stizzita. “Nulla che li danneggi in modo permanente, se può consolarti.”
Non la consolava nemmeno un po’! Anzi, l’esatto contrario! Che accidenti stavano facendo a Remus?!
“I vostri guinzagli sono sui vostri letti, se vi compiace metterli, assieme al vestiario più appropriato. I maggiordomi verranno a servirvi appena terminato l’allenamento… coloro che ne avranno ancora la forza, perlomeno. In caso uno di loro non lo superi e si riveli inadatto al proprio compito, vi verrà affidato uno dei nostri professionisti. Siete congedate, care.”
Non fece nemmeno in tempo a finire la frase, che Tonks schizzò fuori dalla stanza.






Un guizzo dorato sfrecciò davanti al nasino di Cristhine McRanney seguito subito dopo da una sequela di bestemmie e un centinaio di passi in corsa.
La streghetta alzò gli occhioni color miele dal suo libro con un sospiro, mentre tutta la Casata dei Grifondoro le sfrecciò davanti correndo appresso a uno strano boccino indemoniato che stava fracassando cose varie da venti minuti buoni facendo impazzire tutti quanti.
L’erasmus era quasi alle porte, ormai. E anche l’elezione del Caposcuola.
Stavano allestendo con la magia la stanza per rendere omaggio ad entrambe gli eventi, e ogni Casata avrebbe sfoggiato i propri colori in Sala Grande come mai prima: striscioni, candele, arazzi e palloncini fatti di fiamme dorate fluttuavano sopra il tavolo dei Grifondoro. La Casata di Cristhine aveva già finito da un pezzo, con favolosi corvi dalle ali sfumate di nero e blu che svolazzavano sopra di loro perdendo una pioggia di piume che finiva sfumandosi in brina sopra le loro teste, anche se stavano avendo qualche problemino...
“Potter, che cazzo!” sbraitò Alice, aumentando di tono fino all’ultima vocale. “Vuoi far star fermo quel dannato affare?!”
Se pensavano che senza Tonks che inciampava ovunque e faceva magie sbagliate allestire la Sala Grande sarebbe stata una pacchia, si sbagliavano: i Prefetti erano sull’orlo della crisi isterica, qualcuno – probabilmente Pix – aveva incantato le valigie degli studenti in partenza facendole scorrazzare di qua e di là e lo strano boccino d’oro di James aveva bellamente deciso di dare man forte a creare il caos scagliandosi con la precisione di un missile contro qualsiasi cosa fluttuasse, corvi magici compresi!
A quanto pareva, in quell’affare ci viveva davvero un folletto… e si stava divertendo un mondo, visto che nessuno riusciva ad acciuffarlo!
La Corvoncina decise che era decisamente ora di chiudere la sua lettura e si concentrò su James, che stava appendendo le ultime candeline a cavallo di una scala magica.
Il ragazzo ghignò, lanciò un fischio e il boccino smise di essere trasparente e gli schizzò sulla spalla emettendo strani gorgoglii simili a fusa e strusciandoglisi contro la guancia.
“Da quando è riuscito ad acchiapparlo, ha ottenuto da quel coso una specie di strano rispetto ed ora lo ascolta come se fosse il suo padrone. L’ha letteralmente addomesticato.” spiegò Sirius, schiantandosi al suo fianco. “Ci ha impiegato un mese, lo stronzo! Peccato che il dannato aggeggio stia diventando geloso marcio e l’altro giorno abbia cercato di staccarmi il naso a morsi solo perché ero entrato nel bagno quando c’era anche lui dentro! Un giorno o l’altro apro la finestra e lo faccio sparire!”
“Impossibile, gli si è affezionato. Farebbe il giro della torre e rientrerebbe dall’altro lato. Non vedi che torna già al richiamo? Ramoso gli ha anche dato un nome!” continuò Minus, sedendosi all’altro lato.
“Cioè?”
“Spyro. Dice che è il nome di un videogame strafigo a cui aveva giocato mentre eravamo in gita…”
Solo loro potevano definire ancora “gita” il fatto di essere stati rapiti da una vampira assetata di sangue e quasi fatti a pezzi, ma la Corvonero lasciò correre.
“Un boccino da guardia?” rise invece, concentrandosi di nuovo sul ragazzo. Sembrava stare bene… sorrideva e sghinazzava come sempre, ma c’era qualcosa nei suoi occhi… che sembrava cambiato. Ma non l’avrebbe mai ammesso. Oh, no, perché mai fare qualcosa di così assurdo come parlare, quando si poteva ignorare e fingere che non fosse successo niente?
“Uomini…” sbuffò, facendosi guardare in modo interrogativo dagli altri due. “Niente, niente...notizie di Tonks e Remus?”
Sirius emise un basso grugnito che sembrava tanto una promessa di morte.
“Eddai, non sarai ancora paranoico!” sbuffò Peter. “Stanno via solo due giorni! Te l’hanno detto, no? Avevano entrambi impegni di famiglia!”
“Nello stesso fottuto momento?! Un po’ sospetto o sbaglio?!”
“Ma dai, è di Remus che parliamo! Cosa credi, che abbiano entrambi mentito e lui l’abbia rapita come il lupo cattivo nelle favole?” ironizzò Cristhine divertita, ma a quelle parole stranamente Peter sussultò e Black emise un drammatico gemito e accasciò la testa contro il tavolo.
“Deve solo pregare che non sia una dannata fuga d’amore o giuro che lo ammazzo davvero, stavolta…”
“Mi spieghi perché sarebbe tanto male, comunque? Remus sarebbe il fidanzato perfetto per chiunque!”
“Prima di tutto perché lui ha diciassette dannati anni e lei quattordici!” ringhiò Black, scattando in piedi.
“Ma dai, ne ha quasi quindici…”
“Codaliscia, dille qualcosa!”
“Uh?” Quello parve cadere dalle nuvole e divenne più rosso di un peperone.
“E ora che ti prende…?”
“Ma nulla…” sbuffò lui, continuando però a guardare con la coda dell’occhio un gruppetto di ragazze che ridacchiava in lontananza. Ultimamente Peter, in effetti, era stato parecchio strano… spariva in continuazione, si metteva a sorridere come un fesso senza che James avesse fatto battute e altre volte, invece, era disperato senza ragione, cosa che una volta l’avevano beccato a tirare da solo delle testate al muro!
“Bah, lasciamo perdere! Fatto sta che è piccola! E’… innocente!” continuò Sirius, decidendo di ignorare l’amico che improvvisamente non li ascoltava più e diventava di gelatina senza una ragione apparente.
“Mica tanto…” si lasciò sfuggire Cristhine ripensando ai discorsi di Tonks ma pentendosene subito dopo.
“Cheee? Perché dici così?! Ti ha detto qualcosa?! E’… non mi dirai che lei lo ricambia!”
“’Lo ricambia’…?” La ragazza spalancò un sorrisone. “Perchè, vuoi dirmi forse che Remus prova qualcosa per Tonks…? Sai FORSE qualcosa che io non so, signor Black?”
“Cos… io… no!” Sirius si impappinò tutto d’un tratto e decise di arrendersi alla sua furbizia, come sempre, fuggendo via. “… James, ti do una mano con quello striscione!”
Cristhine rise, sentendosi una mano calda sul cuore. Oh, se ne sarebbero viste delle belle…
Si voltò allegra verso Lily pronta a condividere la bella scoperta e ad organizzare un diabolico piano per far sì che quei due si decidessero a mettersi finalmente assieme, ma la ragazza era girata di spalle e aveva davvero qualcosa di strano!
Borbottava tra sé e sé senza degnare James e il boccino indemoniato di uno sguardo – cosa ben strana…
“Ma che stai facendo?”
Lily era infatti piantata da mezz’ora davanti alla colonna sopra la quale svettava la sfera magica che avrebbe enunciato a breve il Caposcuola.
Era un globo bianco della dimensione di una palla da bowling, brillava di una bella luce azzurrognola e dentro di esso ogni tanto si intravedevano i foglietti con i vari nomi vorticare sbattendo le ali come uccellini.
L’avevano posizionata proprio davanti alle clessidre sommapunti delle Case. La Grifoncina stava per l’appunto fissando le scintillanti pepite della coppa delle Case come se si stesse concentrando, in assoluto silenzio.
Quella di Grifondoro era desolantemente vuota.
La vide staccare gli occhi a fatica e sospirare un qualcosa che sembrava tanto “Speriamo bene…” … così Cristhine alzò gli occhi al cielo con un sorriso e decise di rituffarsi nel suo libro.
Erano davvero tutti troppo strani, rifletté, con però un moto di caldo affetto. Chi l’avrebbe mai detto… pensava, mentre ignorava le bestemmie di Sirius quando il boccino decise di nuovo che James era SUO e di riprovare a staccargli un dito… chi l’avrebbe mai detto, che sarebbe finita a voler bene a persone così stravaganti e folli!
Da quando stava assieme a loro, tutta la sua vita aveva subito uno scossone dietro l’altro, però… strinse a sé le braccia, sentendosi a casa.
Però, era così meraviglioso...

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Capitolo 63
*** Scacchi e Pedine ***


Eh niente. Per farmi perdonare di averci messo la bellezza di quattro mesi per aggiornare, vi regalo un altro capitolo alla velocità della luce! Ragazzi, l’ho scritto in una giornata, merito almeno un applauso!
Anche se si parla esclusivamente di Tonks e Remus in questi capitoli, spero che apprezzerete lo stesso. Cercherò di metterci un po’ dei nostri James e Lily nei prossimi, promesso!
Piccola nota prima di iniziare: c’è un pezzo che è tratto da Midnight Sun, vediamo chi indovina quale!
Ed ora, godiamoci la nostra ennesima Fanart. :) La notte di Capodanno di James e Lily!
Sarah


























“Eh…?”
“Ma scherziamo…?”
“E’ uno scherzo, vero? Deve essere così…”
La stanza brulicava di mormorii di sgomento e di un tremendo odore di sudore maschile deliziosamente umano. Era diversa dal resto della casa, semplice quasi, un misto di architettura italiana composta da grandi colonne di marmo rosso e art decò, con il pavimento in travertino e archi rotondi che davano su asettici muri bianchi e padiglioni con vasi di terracotta.
Non c’era altro. Una lunga stanza dove trenta ragazzi svettavano in piedi creando file ordinate, vestiti tutti alla stessa maniera: completo scuro, camicie lise e cravatte annodate alla perfezione.
Sembravano tante statuine… e anche sulle loro facce c’era la stessa identica espressione. Pallore, incredulità, un crescente senso di agitazione e panico che si rifaceva sugli ormoni e che pizzicava dolorosamente il naso ipersensibile di Remus, in mezzo a loro.
Davanti a tutti loro… l’espressione del Marauder, una specie di permafrost, riuscì comunque a guastarsi leggermente.
Seduta su una poltroncina, con il piccolo polso avvolto da nastri scintillanti, una bambina.
Biondissima ed esile, lineamenti fini e tipici dei Malfoy. Cercava con tutte le sue forze di non guardare negli occhi nessuno di loro e ogni tanto osava muovere appena un piedino, un piccolo tic nervoso.
Era relegata lì con loro per quella che era a tutti gli effetti un’evidente punizione. Un domestico umano dall’aria gelida le stava accanto, impeccabile, immobile come una statua.
Non aveva dubbi che avrebbe ucciso senza problemi chiunque di loro avesse anche solo osato provare a torcerle un capello.
C’era una sorta di inquietante ironia in quello, doveva ammetterlo.
L’incantesimo con cui Porfiria Malfoy aveva incatenato la bambina era lo stesso che era stato usato ad Abbotts Grange.
Non si preoccupavano nemmeno di nasconderlo.
La piccola non era priva di sensi come lo era Sirius - o per meglio dire come aveva fatto finta di essere Tonks, trasformata in Sirius – era vigile e quieta e composta come una bambolina di porcellana ma era comunque evidente che quei nastri attorno ai polsi le causassero un enorme disagio.
Forse non erano potenti come quelli usati da Lydia Toulouse, la vampira francese, ma l’immagine aveva in sé qualcosa di nauseante, come se quei nastri fossero in qualche modo vivi.
Fuori dalla stanza, una cupola del tempo. Ne scorgeva il profilo attraverso la porta.
Tale e quale ad allora.
All’inizio i suoi compagni erano stati quasi tutti entusiasti, divertiti, chiacchieroni.
Ma dopo il discorso di Porfiria Malfoy il vociare allegro si era tramutato lentamente in silenzio ed infine, in un mormorio lamentoso.
Al di fuori di lì sarebbero passati soltanto venti minuti. Ma dentro quella stanza, sarebbero trascorse ventiquattro ore intere.
Ventiquattro ore dove loro, i domestici, avrebbero dovuto semplicemente...stare in piedi. Senza muoversi. Senza sudare. Senza lamentarsi.
Faceva d’altronde parte dell’addestramento di base, aveva ricordato loro con un sorriso di plastica insopportabile la padrona di casa, gli occhi slavati che scintillavano di una vena di cattiveria.
Le signorine dell’Alta Nobiltà Magica avevano bisogno solo dell’eccellenza. Anche se era per finta. Anche se era per un paio di giorni.
Non avrebbero certo tollerato incompetenza o disordine, lì dentro. Ne valeva del buon gusto della casa o come cavolo l’aveva chiamata.
E della sicurezza e del benestare delle sue adorabili bambine, che venivano prima di tutto.
Stronzate!
Remus cercò di non sospirare, allentando appena i muscoli delle spalle, immobile come uno stocco e con gli occhi celesti dritti davanti a sé.
Prima non ci aveva fatto caso, ma era stato chiaro fin da subito una volta messo piede lì dentro per iniziare l’addestramento per domestici.
Aveva riconosciuto qualche volto, qualche compagno di classe, e allungato le orecchie verso vaghi chiacchiericci che avevano confermato ciò che sospettava: lì dentro non c’era un solo Purosangue.
No, certo che no. I domestici che erano stati accettati erano tutti Sanguesporco, o con almeno qualche Magonò in famiglia, anche alla lontana.
Non li conosceva tutti ma poteva metterci la mano sul fuoco: i Malfoy avevano ideato quel bel giochino solo allo scopo di umiliarli…
Il suo sguardo guizzò brevemente verso la sua destra.
Lestrange stava a due file da lui. Le mani dietro la schiena, l’aria rilassata.
Devono sottoporci a qualche piccola tortura mentale per loro diletto. Quelli fanno così…”
Quello che gli faceva strano è che ci fosse lì anche lui. Il futuro marito di Bellatrix non contava abbastanza?
Evidentemente no. A giudicare dalle sue parole e dal modo in cui parlava di “loro”, era chiaro che quel tizio doveva considerarsi un membro a parte della famiglia.
Il trattamento che gli stavano riservando ne era la conferma, d’altronde…
Non sapeva molto dei Lestrange, se non che fosse una famiglia di maghi del tutto rispettabile, potente, una delle famiglie gregarie dei Black, gli alfieri del loro piccolo esercito elitario. Ma a quanto pareva, Rodolphus non aveva sangue magico puro nelle vene.
Interessante.
Come se avesse percepito il suo sguardo, l’uomo fece guizzare lo sguardo su di lui. Veloce come un colibrì.
Remus distolse gli occhi, avvertendo un brivido.
C’era qualcosa di profondamente sbagliato in quel tizio. Lo percepiva sulla pelle.
Doveva solo stargli lontano, rifletté, serrando le mandibole. E doveva tenergli lontana Tonks.
Due giorni. Solo due giorni…
Un ragazzo alla sua sinistra gemette appena tra i denti. Gli vedeva le gambe tremare.
Erano passate solo sei ore ma i primi segni di cedimento iniziavano ad emergere.
Remus resisteva, imperturbabile, mentre gli altri cedevano sotto il peso della fatica. Vedeva i muscoli degli altri tremare, il sudore colare lungo la schiena.
Anche lui sentiva, nonostante tutto, una sorta di indolenzimento. Nulla di eccessivo, ma era nella fase della Luna in cui il suo corpo iniziava a sentirsi debole, affaticato.
Fu per un istante grato di sentire anche lui il peso di quella tortura: in qualche modo, lo faceva sentire più simile agli altri. Più unito a loro.
Umano.
Ciò che lo disturbava di più era la bambina. Era evidente che fosse la principessina di casa. Aveva accettato il suo castigo senza fiatare, ma vederla seduta su quella poltrona troppo grande per lei, così immobile da sembrare finta, per tutte quelle ore e con quegli orrendi nastri oscuri avviluppatesi addosso che lampeggiavano sulle sue vene… gli dava come un senso di vertigine.
Quale accidenti di madre pensava a una punizione simile per sua figlia?! Che razza di gente era, quella?!
La sola idea che Tonks fosse in mezzo mostri simili… !
Di nuovo, un lampo di rabbia gli contorse i lineamenti.
Una frazione di secondo, per poi tornare a mostrare immobilità.
Ma non sfuggì a Lestrange di certo.
Sentiva i suoi occhi sulla schiena… per tutto il tempo. Un vago sorrisetto, come di complicità, come se loro due avessero qualcosa in comune o che li legasse in qualche modo.
Ecco, quello gli dava ancora più la nausea.
Decise di concentrarsi sui suoi pensieri, su ciò che osservava attorno a lui.
Innanzitutto, l’incantesimo che dilatava il tempo. Magia oscura, magia che di solito non si mostra. Non così apertamente.
Una dimostrazione di potere? Oppure pensavano che dei ragazzini mezzosangue non contassero abbastanza da mantenere davanti a loro le proprie immacolate apparenze?
No, non era quello… cioè, era certo che per i Malfoy tutti loro non fossero altro che feccia ed erano stati deliziosamente abili nel farlo capire fin da subito.
Ma perché non avevano usato semplicemente una Giratempo…? C’erano sicuramente modi più semplici per creare un’illusione del tempo, con quelle.
Ed era certo che, per quanto rare e introvabili fossero quelle cose, di certo i Malfoy ne possedevano una o due.
Tutte le famiglie più potenti ne avevano. Non che potessero fare molti danni, visto che erano tutte registrate e tenute costantemente sotto controllo dal Ministero, ma di certo avrebbero potuto usarle per trucchetti come quelli.
Dal punto di vista del prestigio, sarebbe stato certamente più d’effetto.
Ed invece, avevano scelto di utilizzare la loro amabile pupilla come canalizzatore e sbatterli sotto una cupola decisamente familiare che avrebbe creato di certo numerosi sospetti.
Si credevano davvero così intoccabili oppure non avevano altra scelta…?
Porfiria Malfoy aveva detto qualcosa, quando l’aveva attivato. Lì per lì non ci aveva prestato attenzione, ma ora che ricordava… diceva che le Giratempo fossero...com’è che aveva detto?
Quegli affari non funzionano più molto bene da qualche tempo!”
Sì, era così che aveva detto. Poco più di un sussurro tra il marasma delle altre voci, ma ora gli era tornato in mente con la forza di un missile.
Difettose.
Il ché era...beh, il ché era impossibile. Le Giratempo non potevano rompersi o smettere di funzionare! Non era così che funzionava!
Erano oggetti immortali, infiniti quanto il tempo stesso. Era come dire che le giornate andavano al contrario, che il mattino era sera e la sera era il mattino.
Aveva forse capito male…?
Il primo a cedere fu un Tassorosso, dopo otto ore. Cadde carponi con un lamento, reggendosi le stomaco, gli addominali in fiamme, i polpacci pieni di crampi.
Non era solo lo stare in piedi, quello potevano anche reggerlo. Era… l’immobilità.
Si richiedeva una compostezza che semplicemente non era umana. Nessun tremore, nessun fremito. Dovevano essere non più carne, ma marmo.
Passavano ogni tanto altri domestici, dando avvertimenti con voce crudele, pizzicando, ammonendo e colpendo con un sottile bastone chi ammosciava troppo le spalle, o semplicemente si grattava il naso.
Dopo dodici ore, le persone che cadevano a terra si erano fatte numerose. Non avevano mangiato nulla per tutta la giornata. Ci fu qualcuno che svenne, anche. Anche la bambina sembrava pallida, sfiancata da quel castigo così crudele.
Remus continuò a fissare dritto davanti a sé. Le ondate di nausea l’avevano raggiunto dopo qualche ora ma a quelle ci era abituato… anche se il tempismo non aiutava di certo!
Avrebbe voluto essere nel pieno delle sue forze, accidenti! Per una volta, desiderava la sua potenza da lupo mannaro! Si sentiva fin troppo debole per riuscire a proteggere Tonks… una lieve patina di sudore iniziò a imperargli la fronte dopo la quattordicesima ora.
Nulla di importante. Poteva farcela. Avrebbe messo sotto chiave la sua malattia, relegata in un angolino fino alla fine di quelle due giornate infernali.
Resisti.” sibilò a sé stesso dentro la sua mente. “Resisti…”
Non avrebbe mai permesso che lo sostituissero. Sarebbe stato il domestico di Tonks.
Avrebbe accettato umiliazioni, torture e perfino guinzagli al collo, se necessario.
Ma sarebbe stato al suo fianco fino alla fine. Niente l’avrebbe separato da lei.
E nulla le avrebbe fatto del male…












“Ahia!”
Ninfadora Tonks tirò una poderosa testata contro lo spigolo di una finestra quando, nel tentativo di salvare un vaso dall’aria parecchio costosa che aveva accidentalmente urtato mentre era impegnata a inciampare nei suoi stessi piedi, si era lanciata a pesce verso il vuoto.
“Accidentaccio!” sbraitò, frustrata, al nulla, mentre finiva gambe all’aria con tra le braccia la giara di porcellana ben stretta al seno come se fosse un neonato.
Ok, fare cose semplici come camminare senza suicidarsi per lei era sempre stato più difficile che per le altre persone, forse merito del prolungamento della sua stasi da metaformagus che aveva irrimediabilmente compromesso i suoi percettori dell’equilibrio (grazie tante, famiglia Black!), ma farlo in uno stato di totale agitazione e in una casa che sembrava un gigantesco labirinto sfiorava l’apice dell’impossibile!
Dopo aver corso e inciampato e distrutto cose per un’ora, si era ritrovata in un antro con l’amara certezza di aver a) finito i cerotti da spiaccicarsi in fronte e b) essersi inesorabilmente persa!
Ed ora eccola lì come un accidenti di agnellino smarrito mentre tutto ciò che voleva fare era correre a salvare Remus da qualunque cosa gli stessero facendo!
Gli sfuggì un tremendo versaccio isterico che pareva tanto un urlo da scimmia fino a quando un piccolo elfo domestico non le apparve accanto con un “pop” e le porse servile e docile un fazzolettino ricolmo di ghiaccio per tamponarsi la faccia.
“… MA PORCA DI QUELLA PUTT…! Oh… ah… Grazie…” si arrese, zittendosi e schiaffandoselo in fronte con aria afflitta. “Senti, non è che potresti…”
Ma quello era già sparito.
Oh, cavolo!
Era la peggior salvatrice della storia!
Il verso che le sfuggì di bocca ora assomigliava più a un lamento da animaletto ferito, patetico a dire poco, ma era esausta e demotivata!
E di usare la bacchetta nemmeno a parlarne visto che se con il suo corpo faceva danni, con la sua magia ne faceva il triplo!
Aveva pensato di dire un qualcosa come “Accio Remus” ma probabilmente l’avrebbe fatto esplodere o chissà ché!
Era un impiastro con gli incantesimi. Era un impiastro con tutto, a dire il vero!
Rimase quindi seduta in quel corridoio con il vaso ancora tra le braccia e il ghiaccio sulla fronte a crogiolarsi nell’autocommiserazione e nella disperazione quando… qualcosa la distrasse.
Note.
Tonks rialzò il capo dalla parete di scatto, aggrottando le sopracciglia.
Una… melodia…
Veniva dal corridoio accanto… un violino.
Era… struggente. Non ci fu altro modo di definire quella musica. Ma anche… bella.
Meravigliosamente bella.
Tonks si alzò, ipnotizzata come un topolino, seguendo il suo udito fino a quando non si ritrovò proprio a correre.
Non riusciva a farne a meno.
Quel suono l’attirava. Era forse… la prima cosa bella che aveva percepito in quella casa e… non so.
Aveva un sentore familiare, intimo. Come… di casa.
Svoltò l’angolo a tutta velocità e fu solo con un fenomenale colpo di reni che non si schiantò addosso a una bambina.
Lei parve sorpresa quanto lei di trovarsela di fronte e fece un salto molto comico all’indietro, avvampando fino alla radice dei capelli color platino.
Era affacciata alla porta di una stanza, dalla quale proveniva la musica, quasi interamente nascosta dalla parete e bene attenta a non farsi scoprire.
“Oh...ciao!” sfuggì a Tonks ma quella sgranò gli occhi azzurrissimi come se l’avesse schiaffeggiata e in pieno panico le saltò addosso portandole la mano alla bocca.
Si voltò terrorizzata verso la porta ma chiunque stesse suonando il violino non le aveva sentite e continuava a suonare.
La bambina tirò allora un leggerissimo sospiro.
Era magra, piccola e pallida. Aveva l’aria stanca, distrutta quasi, avvolta in un vestitino color fiordaliso tutto stropicciato e i nastri fra i capelli tutti storti, ma ora, avendola tra le braccia, Tonks riusciva a sentire il suo piccolo cuore che batteva forte e veloce come le ali di un uccellino.
Rimase immobile, stretta in quello strano abbraccio e con ancora la sua manina sulla bocca a zittirla. Era leggerissima sulle sue gambe, come un pupazzetto.
Profumava di buono… e la pelle di burro si colorò di rosso in modo delizioso quando tornò a guardare dentro la stanza con aria rapita senza riuscire a resistere.
Tonks allora si tolse la sua mano dalla bocca ma quando lei parve agitarsi le strizzò l’occhio con aria amichevole e si fece il segno della cerniera sulle labbra.
Va bene, sto zitta.”
Allungò il viso e capì perché la piccola sembrava così presa.
Non era solo la musica, rifletté, affascinata. Era il modo in cui Regulus Black suonava.
Lievemente sudato, gli occhi chiusi, le ciglia imperlate e le labbra contratte. I movimenti bruschi, quasi arrabbiati ma...al contempo eleganti, come se danzasse.
La camicia sbottonata sul ventre, la pelle bianca del petto, le clavicole sporgenti.
Sirius aveva la pelle olivastra ma suo fratello sembrava fatto di selenite, liscio, magro e acerbo, senza imperfezioni, sinuoso come un lungo filo di seta lasciato a vibrare nella luce del sole.
Lo strumento che produceva quelle incantevoli note musicali era di un argento che sembrava liquido e rifletteva il giorno in mille raggi evanescenti che ricordavano l’aurora boreale e sfrecciavano da tutte le parti alla stessa velocità con cui il ragazzo muoveva le braccia.
Era incredibile.
Immerso nella musica, completamente. Era raro vedere Regulus così… sciolto.
Anche se c’era della rabbia. Anche se c’era del dolore.
Poteva quasi sentirlo sotto la pelle, attraverso quella melodia che graffiava e urlava contro i loro timpani.
La bambina lo guardava con una strana espressione, completamente catturata da lui. Il cuore continuava a batterle fortissimo, lo sentiva attraverso i loro vestiti, forte quasi quanto il suono di quel violino.
I suoi occhi mentre scrutava suo cugino erano… tristi. Spaventati. Ma anche pieni di… non fosse stata così piccola avrebbe pensato a desiderio, ma era qualcosa di più articolato di una semplice attrazione – benché fosse assolutamente certa che quella marmocchietta stesse sperimentando quella fantastica sensazione che è il prendersi la prima cotta della propria vita.
Poi un urlo da megera irruppe nel corridoio e la magia svanì.
“ERIS! SI PUÒ SAPERE DOVE DIAVOLO TI SEI CACCIATA?!”
La bambina sussultò tra le sue braccia, poi si guardò attorno piena di terrore, artigliandola senza accorgersene. Il violino smise di suonare.
Tonks non ci pensò due volte.
“Vieni con me!” esclamò, afferrandola per la mano.
La bambina emise un singulto un po’ stridulo e comico, come quello di un coniglietto preso in trappola, ma si lasciò trascinare via.
Corsero come matte per i corridoi procedendo a ritroso e a casaccio fino a quando non raggiunsero senza accorgersene i giardini… e decisero di aver seminato a sufficienza Porfiria Malfoy per potersi permettere di fermarsi.
Tonks ansimò e boccheggiò, tenendosi un fianco, prima di alzare il viso al cielo ed esclamare allegramente: “uhhh! C’è mancato poco, eh?”.
Si erano fermate vicino a una fontana enorme, circolare, con una bella sirena di pietra che suonava il liuto al centro e dalle cui conchiglie partivano enormi getti d’acqua che quasi coprivano le loro voci.
Anche la bambina ansimava dalla corsa, e la guardò un po’ smarrita, la mano ancora intrecciata alla sua che prontamente tirò via, avvampando.
Tonks le sorrise incoraggiante e si chinò su di lei.
“Allora, ti chiami Eris eh?” cinguettò allegra. “Io sono Tonks! Piacere!”
La bambina la fissò per un secondo e timidamente, annuì in silenzio.
Oh, era davvero carina! Sembrava così dolce e impaurita!
“Senti Eris, puoi aiutarmi? Sto cercando… beh, sto cercando il mio amico Remus. E’ un domestico e… sono in pensiero per lui! Sai per caso dove potrebbe trovarsi al momento?”
Tanto valeva tentare…ma la bimba rimaneva in silenzio. Timida era dire poco!
Si sedette sul bordo della fontana, sospirando mogia, quando sentì improvvisamente la sua manina che le tirava il vestito.
“...anno...ene...”
“Eh?”
“… Stanno bene…” mormorò lei, prendendo coraggio. “Ero con loro… poco fa. Stanno… bene…”
“Oh, cielo, G-R-A-Z-I-E!” esclamò improvvisamente Tonks, un po’ troppo vivacemente perché Eris sussultò. “Ops, no, scusa! Non volevo spaventarti!” Tonks ridacchiò, grattandosi la nuca. “A volte sono un po’… hemmm… “
Non sapeva dire bene cosa fosse in realtà ma qualunque cosa fosse la bambina sembrava gradirlo, perché si ammorbidì un pochino e si lasciò andare ad un bel sorriso, che Tonks ricambiò felice.
Quella bimba le piaceva!
“Allora, Eris, come mai in fuga da mamma? Che hai combinato?”
Lei arrossì, poi si sedette affianco a lei.
“A volte scappo.” sussurrò, imbarazzata. “Mamma… si arrabbia sempre un sacco con me. Così scappo. Ma poi lei mi trova e mi mette in castigo…”
La piccola Malfoy rabbrividì e si guardò istintivamente i polsi.
“Tua mamma è Porfiria Malfoy?”
“S-sì…”
“Beh, scapperei pure io.” ammise Tonks con sincerità, facendole spalancare gli occhi.
La piccola stirò un altro sorriso incerto.
“Mi piacciono i tuoi capelli.” bofonchiò, guardandosi i piedi. Tonks le strizzò l’occhio.
“Carini, eh? Guarda…”
Nel giro di un secondo, la sua chioma diventò verde pistacchio. La bambina sgranò gli occhi, incredula.
“Oppure preferisci… vediamo…” un battito di ciglia, e i suoi capelli divennero ricci, quasi afro, e di un bel turchese frizzante.
Inutile dire che ora aveva la sua totale attenzione, e nelle pupille di Eris balenò un barbiglio eccitato e meravigliato.
“Che colore ti piace?” le chiese, indicandosi la chioma.
“Io…non saprei…”
“Andiamo! Devi pur averlo un colore preferito!”
Era una domanda davvero facile per i bambini, perché tutti ne avevano uno. Lei invece… sembrava non averci mai pensato davvero. Si chiese come quella bambina vivesse in quella casa. Tutto di lei emanava eleganza, compostezza e… era freddo. Innaturale. Come si parlava, come si muoveva… sembrava già adulta. Era così, che sarebbe diventata se sua madre non fosse fuggita da lì? Le venne istintivo chiederselo e provò un moto di malinconia.
“Forza. Sono a tua disposizione.” disse solenne, e la piccola strinse gli occhi, concentrandosi.
“… B-bianco…”
Che colore strano. I bambini di solito non sceglievano mai quello.
Tonks sorrise dolcemente e i suoi capelli crebbero, divennero lunghissimi, volando nel vento morbidamente come aveva visto fare a quelli di Lily. Li rese lisci, e soffici come nuvole e candidi come fossero zucchero filato. La bambina spalancò gli occhi, piena di meraviglia. I capelli ricaddero al loro posto, accarezzandole le spalle e la bambina fece istintivamente per toccarglieli, prima di sussultare e togliere la mano, scusandosi fin troppo educatamente.
Tonks rise, e il suo naso divenne allora a patata come quello di Lemon.
Poi si ingrandì le orecchie così tanto ed assunse un’aria così ridicola che finalmente la piccola Malfoy scoppiò a ridere.
Sembrava non ci fosse abituata, ma una volta iniziato non riuscì a trattenersi e si tenne perfino la pancia!
Finalmente una reazione da vera bambina! Tonks rise con lei e, improvvisamente, si chinò a togliersi le scarpe.
La bambina si incuriosì e allarmò un pochino.
“Che… che fai?”
“Gioco!” rispose semplicemente Tonks, e infilò i piedi nell’acqua. Era gelida ma rinfrescante. La giornata era soleggiata e calda.
“Ma… ma… non si può!” balbettò Eris, affacciandosi al cornicione mentre lei schizzava acqua tutt’intorno, incurante di bagnarsi i vestiti. “I domestici si arrabbieranno!”
“Al diavolo i domestici!” esclamò vivacemente la Grifoncina, prima di assumere un’espressione furbetta. “Hey Eris! Aguamenti!”
L’afferrò per le mani e la tirò dentro. La bambina sbarrò gli occhi e ancor di più quando usò la bacchetta e un getto d’acqua la inondò da testa a piedi.
“Ma… ma…”
“Su, fallo anche tu! Ti concedo un vantaggio perché ti ho presa a tradimento!” e le si mise davanti con le braccia spalancate.
Le sopracciglia della bambina ebbero un guizzo di sconcerto, di stupore ma poi, timidamente, si avvicinò a lei, scrosciando nell’acqua. I vestiti le penzolavano addosso, fradici ma… qualcosa nel suo viso si stava accendendo.
Le schizzò timidamente con una mano.
“Tutto qui?” la prese in giro Tonks, ricambiando e facendola saltare all’indietro. “Dovrai fare di meglio, mi sa!”
La bambina allora rise e le lanciò molta più acqua… e non seppe più fermarsi.
Fu così che le trovò Lemon: intende a ridere, a schizzarsi e rincorrersi, fradice da testa a piedi. Le gocce cadevano dai loro nasi rifulgendo la luce come perle scintillanti.
“Ma… che state combinando?” chiese la biondina, correndo verso di loro. Quella tipa era assurda! Ma lo sapeva chi cavolo stava insozzando?! Nientemeno che Eris Malfoy, la pupilla di casa! Quel vestito che aveva addosso valeva da solo quanto uno stipendio di suo padre!
La Grifondoro si girò verso di lei con il più bel sorriso che avesse mai visto in vita sua in una ragazza. Trasmetteva tantissimo calore e Lemon si ritrovò suo malgrado a sorridere a sua volta, divertita.
“Hey Lemon!” le disse Tonks, scialacquando vivace verso di lei. “Ti unisci a noi?”
“No, grazie! Vorrei evitare che a sua madre venga un infarto… sempre che non le venga guardando come hai conciato sua figlia!”
“Ma ci stiamo divertendo così taaaaanto!”
La Malfoy sembrò essersi resa conto di essersi lasciata un po’ troppo andare e arrossendo cercò di ricomporsi.
“Oh… mamma si arrabbierà un sacco…” bisbigliò nel panico, come se se lo fosse ricordato solo in quel momento.
“Lascia fare a me…” sbuffò Lemon, e le puntò la bacchetta addosso.“Essicco!”
Un getto d’aria calda la rimise a posto, anche se era ancora un po’ troppo stropicciata per gli standard del luogo. Però aveva le guance rosse e gli occhi brillanti e vivi…
“Signorina Eris!”
Una voce in lontananza la fece saltare come un petardo.
“Oh, è Alfred!” soffiò, guardando da tutte le parti in cerca di una via di fuga.
Tonks si chinò su di lei con aria maliziosa.
“Ti copriamo noi! Va’!” le bisbigliò con aria complice e la marmocchia non se lo fece ripetere due volte.
“Non so se mi va davvero di aiutare la figlia di Porfiria a combinare marachelle, sai?” sospirò Lemon, asciugando anche lei. Ben scarso risultato, visto che quella tipa era assurda e fuori luogo dalla testa ai piedi! E lei che si preoccupava per i suoi capelli gialli!
Non aveva un solo indumento o accessorio che non fosse di un colore sgargiante e male abbinato! Per non parlare dei capelli rosa confetto da cantante punk!
Ed infatti, quando un maggiordomo dall’aria gelida si piantò davanti a loro guardò Tonks un secondo di troppo malcelando uno sdegno di cui la suddetta sembrò non accorgersi di pezza. Aveva un naso lungo e due occhi così freddi e vuoti da sembrare punte da spillo.
“Avete visto Milady, la Signorina Eris Malfoy?” chiese, con voce lenta e mortifera.
“No!” risposero loro in coro, un po’ troppo in sincrono e un po’ troppo velocemente per essere prese sul serio. Il maggiordomo inarcò un sopracciglio.
“Posso chiedervi che cosa ci fate qui? I vostri… domestici…” pronunciò la parola a fatica e con evidente sprezzo. “… vi stanno aspettando nelle vostre stanze per fornirvi i vestiti.”
Era talmente spaventoso che Lemon se ne uscì con una domanda del tutto stupida, come le capitava sempre quando era agitata.
“N-nel senso che… c-ci cambiano loro?!” chiese, sconvolta.
L’uomo la guardò con pazienza infinita.
“I domestici fanno tutto ciò che gli viene chiesto, signorina. Perciò, se vi compiace.” sibilò, indifferente. “O se siete inabilitate a cambiarvi da sole…”
“NO! NO, siamo capaci!” quasi strillò la ragazzina, diventando rossa come un peperone.
“Devo andare, ora. Vi raccomando di non indugiare da sole e raggiungere i vostri servitori il prima possibile. Non è prudente per delle signorine di alto lignaggio gironzolare da sole. E’ per la vostra sicurezza. Sono a vostra disposizione per proteggervi, prima di ogni altra cosa. Tenetelo a mente.”
E le piantò lì.
Lo guardarono allontanarsi e quando fu fuori portata, Tonks esplose.
“E chi protegge LORO dalle signorine?!” sbraitò, girandosi di scatto verso di lei. “Ahhh! Se solo immagino Remus costretto qui con Paige… io… Ahhh!”
“Carrington? Sei venuta qui per questo, allora!”
“Già! Voleva mettere le sue zampacce su Remus e gliel’ho impedito!” la ragazza digrignò i denti e un nervo le saettò sulla tempia. “Il solo pensiero di ciò che sarebbe potuto succedere…!”
“Oh, quindi è per questo ce l’ha con te. Ma mi spieghi come fai a sopportarla? Certo che hai una pazienza…”
“Non mi importa nulla dei suoi commentini. Mi importa che non tocchi Remus.” bofonchiò quella, ancora incavolata nera.
“Tu piace Lupin, eh?” ridacchiò Lemon, e lei arrossì appena… e si fece malinconica.
“E tu, con chi sei?” cambiò discorso. Evidentemente non voleva parlarne.
In effetti, Lemon non ricordava di aver visto il Prefetto di Grifondoro una sola volta in compagnia di una ragazza. Forse solo con la sua collega con quei capelli rossi stupendi, Lily Evans.
“Oh, io sono con mio cugino.” alzò le spalle. “E’ un ragazzo gentile e adorabile e mi sento un po’ in colpa ad averlo trascinato qui…ma immagino che se la caverà come sempre.”
“Davvero vieni a questi eventi così spesso?” le chiese Tonks, un po’ corrucciata. “Non… non ti viene da impazzire?”
Lemon sospirò. Era davvero facile aprirsi con quella ragazza. “Prometti di mantenere un segreto?”
“Certo…”
Odio venire qui.” Lemon si guardò i piedi, triste. “Mi sento sempre fuori posto… e questi dannati capelli…”
“Ma i tuoi capelli sono bellissimi!”
“Sei l’unica a pensarlo! E davvero, senza offesa… ma non sei molto attendibile!” Lemon ridacchiò. “In realtà, non mi importerebbe granchè ma… loro… hanno questo terrificante potere, sai, di farti sentire fuori luogo… ma devo farlo, capisci? Anche se detesto questi vestiti, questi cerimoniali senza senso e tutto il resto. Devo farlo se voglio raggiungere i miei obiettivi… vorrei ancora essere quella bambina che giocava nei fossi nel cortile di casa e fuggiva nei boschi a cercare gli Sneagle ma… non si può tornare indietro a questo punto, si può soltanto andare avanti…giusto?”
“No.” rispose Tonks con sincerità, scrollando le spalle. “Puoi andare dove vuoi. Devi solo capire dove desideri andare!”
Lemon arrossì e un sorriso le sbocciò sulla bocca sottile. Le lentiggini si tesero sul suo viso buffo.
“C’è una comunità.” confidò, abbassando la voce. “Sono Druidi, principalmente, c’è anche qualche centauro e… anche magizoologi in fuga. Sono… nomadi. Vivono nelle tende, si spostano continuamente, più che altro nelle Highlands, e la loro magia… oh Tonks, non crederesti mai alla loro magia! E’ completamente fedele agli antichi principi della natura, è una cosa che… non so spiegare! Non hanno nemmeno bisogno delle bacchette! Loro chiedono e… e la natura risponde e dona! E’ una pratica che è si è persa nel tempo ma è così… così liberatoria! Senza vincoli! Loro la usano principalmente per liberare gli animali dalle trappole dei bracconieri, creare protezioni e maglie magiche per nascondere le loro tane e così via… è la loro missione e anche la mia.”
“Wow! Forte! Sembrano brave persone!”
“Sono formidabili.” La voce della Tassorosso si riempì di affetto. “La magia… noi la intendiamo come un mero strumento ma… è… come se fosse senziente, sai? E’ come una corrente… una connessione con il mondo… e non va solamente ‘usata’, va anche capita, rispettata… e loro me l’hanno mostrato! Mi hanno mostrato che si può davvero vivere in armonia con la magia e con le creature magiche, che è possibile! Con loro… mi sentivo davvero a casa, capisci? Mi sentivo capita, accettata… e mi mancano tantissimo.”
“E perché non li raggiungi?”
Lemon sospirò ancora e la sua voce sfumò. Poi la guardò negli occhi, seria.
“Vieni con me.” disse.
La prese per mano e la condusse un una piccola via acciottolata sulla destra, che correva dietro la casa.
“Lo sapevi che i draghi non sono semplici lucertoloni sputafuoco?” le disse, inoltrandosi sempre di più in mezzo alle siepi ben potate. “Che hanno una gerarchia e sistemi di socializzazione ben precisi?”
Tonks si abbassò per evitare un ramo, mentre le siepi iniziavano a farsi sempre più fitte, fino a che non si ritrovò a proseguire quasi carponi. Dove la stava portando? Nell’aria c’era uno strano odore, ora, come di zolfo…
“Ah sì?” chiese, senza capire bene dove volesse andare a parare.
“Sì.” rispose Lemon, infilandosi in un cunicolo fra i rami e cercando di allargarli per farle spazio. Le siepi ora erano quasi labirintiche e le avvolsero come una coperta. Il mondo sembrò spegnersi di ogni suono. “Loro non… hanno un cervello proprio, non come lo intendiamo noi. Sono connessi. Sono come… tanti rami, dello stesso albero. E la loro coscienza, la loro memoria millenaria, risiede tutta nel loro re, che la custodisce, la protegge. Sono tutti parte di un unico tutto, capisci cosa intendo?”
Non molto, a dire la verità, ma non glielo disse. Lemon aveva cambiato espressione, sembrava ora incredibilmente seria, non più timida e goffa ma… determinata. Nel suo viso brillava una luce nuova mentre avanzava.
“Se ne ferisci uno, li ferisci tutti. Se ne incateni uno…”
Tristemente, scostò una tenda di licheni e Tonks sbucò in un’area di Villa Malfoy che non si vedeva dall’esterno e che dubitava fosse di pubblico accesso.
“OH!” sussultò, sentendo sul viso una corrente calda. C’era un padiglione di legno, pieno di casse e… gabbie.
“… li incateni tutti.” concluse amaramente Lemon, mentre davanti a loro si agitavano cinque esemplari di drago.
Erano piccoli, dei cuccioli. Avevano le dimensioni di grossi cani. Soltanto uno, quello più in fondo, era più grande, seppur sempre giovane dall’aspetto, un adolescente con scaglie nere e traslucide e ali membranose che rifulgevano di un viola vivido.
Non era grande come un drago adulto ma era comunque spaventoso… doveva avere una voce possente, da far tremare gli alberi.
Per questo, gli avevano legato la bocca con spesso cuoio pieno di speroni aguzzi.
Il cuore di Tonks si sgonfiò a quella visione.
Le zampe gli sanguinavano, perché gli speroni servivano a impedire che si togliesse quella barbara museruola che gli serrava le mandibole impedendogli di emettere alcun suono. I cuccioli erano raggomitolati su loro stessi, con collari stretti di acciaio che graffiavano le loro gole. Non riuscivano a stendere neppure le ali, tanto piccole erano le loro gabbie.
“E’… orribile.” mormorò, sconvolta. “Perchè…?”
“Commercio.” sibilò Lemon, gelidamente. “Illegale, ovviamente. Alcune delle loro scaglie valgono un sacco sul mercato nero. Ci credi?” si asciugò rabbiosamente una lacrima che le stava sbucando fra le ciglia. “Animali così grandi ridotti in schiavitù per cose così piccole. Solo poche delle loro scaglie. La mia comunità li stava tenendo d’occhio da parecchio tempo ma… oh, Tonks, loro sono così tanti e noi così pochi…!”
La voce le si spense e il viso le si accartocciò.
“Se solo vedessi… come potrebbe essere invece.” si strofinò il naso con la manica, desolata. “… non noi che dominiamo su di loro, li confiniamo in gabbie e recinti e li torturiamo ma… noi che… ci conviviamo. Che ci connettiamo a loro. Capisci, ora? Io… io devo venire qui, devo avere a che far con questa gente! Perchè loro sono così tanti, e così forti, e l’unico modo per contrastarli, per contrastarli davvero, è giocare secondo il loro gioco, stare alle loro regole e far parte del sistema che hanno creato!”
Tonks la vide iniziare a singhiozzare, dando le spalle ai draghi.
Il più grande la guardò attraverso le sbarre, un grande occhio giallo, splendente come una moneta.
“Io…” mormorò, seria, prendendo per mano la compagna. “Io non so se quello è davvero l’unico modo. Ma se sei sicura del tuo percorso, non cercherò più di fermarti Lemon. Diventerai un ottimo membro del Winzegamot e fermerai queste cose, un giorno. Spetta a te decidere dove andare domani… ma sarò io a decidere dove andremo oggi.” Strinse i pugni contro la gonna. “E oggi andremo a liberare quei draghi.”
Lemon colse la differenza nella sua espressione, che era prima sconvolta e smarrita. La conosceva bene anche lei, d’altronde, quella sensazione. Era come un’impennata di resilienza, di determinazione, che saliva lungo la spina dorsale vertebra dopo vertebra.
Ma purtroppo, la determinazione, anche la più ferrea e pura, in quel mondo non era abbastanza.
“E’… davvero molto carino da parte tua, ma…” Lemon si asciugò le lacrime e sorrise amaramente. “Le gabbie si sbloccano con una parola segreta che nessuno conosce, a parte i Malfoy. E anche se la trovassimo, io sarei l’unica che potrebbe liberarli. Si fidano solo di me, perché ho creato io le protezioni attorno alle loro tane – beh, per quello a cui sono valse - e quando sono nati erano circondati dal mio odore. Purtroppo per me, credo proprio che abbiano fatto in modo di non far passare mio cugino alla selezione per domestici. Mi assegneranno uno dei loro e mi marcheranno a vista. Sanno bene che in passato ho avuto a che fare con i Magi-Ranger – la nostra comunità si chiama così. Purtroppo temo che questo sia l’ultimo momento in cui io possa concedermi il lusso di parlare e muovermi liberamente qui dentro…”
“No, non lo accetto!” gridò improvvisamente Tonks, facendola saltare per aria. La fissava imbronciata.
“M-ma che ti prende adesso?!” esclamò, tastandosi un timpano.
La ragazzina serrò di nuovo i pugni e li alzò per aria.
“Non lo posso accettare, lo capisci?! Non è giusto!” sbottò. E poi cambiò improvvisamente umore e stirò un ghigno largo e un tantino folle che fece domandare a Lemon se non avesse tutte le rotelle in regola… “E le regole non mi sono mai piaciute, sai? Per cui, non intendo seguirle!”
“E come pensi di fare…?” ma si zittì, perché… oddio!
Tonks stava cambiando faccia! Stava… diventando tale e quale a lei!
La voce le uscì un po’ più stridula di quanto non volesse e la fissò strabuzzando gli occhi.
“SEI UNA METAFORMAGUS!”
Era pazzesco! Era come guardarsi in uno specchio!
“Scopriremo la parola magica!” Tonks le sorrise incoraggiante “E giocheremo secondo le NOSTRE regole, per una volta! Allora, ci stai?”
Oh.
Oh, che tipa folle e sconsiderata.
“Sì…”
Le piaceva tantissimo.














Il suo odore. Era nell’aria. Latte e fragole...
Doveva ammettere che era un toccasana per le sue narici dopo aver passato ventiquattro ore – finte, certo, ma tangibili per loro – immerso in un odore acre di sudore da maschio, composto principalmente da un misto di fatica, stress e paura.
Quando l’addestramento era finito, il silenzio si era rotto in un gemito collettivo fatto di “ahhh…” e “oooh…” e gente che cadeva carponi sulle ginocchia incapace di reggere nemmeno un secondo di più, come se qualcuno avesse tirato una corda tesa fino a quel momento e, improvvisamente, allo scadere dei minuti l’avesse tagliata. C’era addirittura anche chi aveva esultato, innocentemente, con goliardia e soddisfazione per avercela fatta, ed erano nati sorrisi e pugni alzati e risate, come se fosse stata una loro scelta essere lì e farsi trattare come pezze da piedi. Ma la soddisfazione e l’ego dei giovani maghi nel pieno del loro testosterone era fatta di cose semplici.
Qualcuno l’aveva anche guardato con ammirazione e qualcun altro gli aveva dato una pacca sulla spalla.
“Remus, razza di mostro! Guardati come mantieni ancora la tua posizione! E non sei nemmeno sudato! Ma che ti mangi la mattina?”
Il ché avrebbe avuto tutta un’altra piega se avessero saputo che il motivo per il quale aveva resistito con facilità era che fosse a tutti gli effetti un mostro vero, e che se si fosse semplicemente abbandonato ai suoi primordiali istinti in certe notti del mese la sua dieta sarebbe consistita in tutti loro, e di certo l’avrebbe reso ancora più forte di quanto non fosse adesso.
In altre occasioni avrebbe recitato la parte del debole umano – non che si sentisse pieno di energie ma era ancora comunque più resistente di tutti loro – ma era troppo in ansia e preoccupato per Tonks.
Fuori di lì erano passati solo venti minuti ma… lui aveva penato per lei per ventiquattro ore, ventiquattro ore che il suo cervello immaginava i più terribili scenari, ed era difficile da razionalizzare!
Non poteva essersi cacciata nei guai in soli venti minuti ma era di Tonks che si stava parlando! E dei Malfoy, cristo santo…
aveva a malapena guardato in direzione di Lestrane ma sentiva i suoi occhi fissi sulla schiena. Anche lui non aveva fatto una piega, sembrava fresco e riposato come se avesse dormito.
Decisamente fuori scala, sotto ogni punto di vista, e il pensiero non l’aveva aiutato di certo ma nonostante volesse solo correre a cercare Tonks, fu trattenuto per un’altra ora senza che potesse farci niente.
Gli avevano insegnato le basilari regole d’etichetta – cose che Remus conosceva fin da bambino e di cui non aveva assoluto bisogno – e gli avevano smollato in mano il vestiario di Tonks con l’ordine di ripiegarlo sul letto e invitarla a indossarlo.
Erano abitini di vari colori – neutri e scialbi pastello - e stoffe, tutti rigorosamente confezionati in alta sartoria, lo si vedeva dalle cuciture. Ridicolo.
Tonks non avrebbe mai accettato di indossare qualcosa di così banale.
“Il ché sarà soltanto un problema tuo.” gli aveva detto il maggiordomo capo, quello con la faccia da becchino che stava accanto alla bambina, come se gli avesse letto nel pensiero. “Perché qualsiasi guaio combini la signorina, è il domestico a rispondere della punizione.”
“E perché tu non sei stato punito al posto della bambina che accompagnavi?” non riuscì a trattenersi il Marauder, digrignando i denti dalla rabbia. Quello non si scompose.
“A volte, i gradi più elevati richiedono di… disciplina.” aveva risposto solo. “Ma ho ricevuto anche io la mia dose di punizioni, per cui mi creda quando le suggerisco caldamente, Signor Lupin, di tenere a bada la sua protetta. Temo che non saranno gentili nei suoi confronti come lo sarebbero nei confronti della signorina Black.”
Tonks.” aveva corretto gelidamente Rem. “Signorina Tonks.”
Disgustoso. Ridicolo. Roba da medioevo, pensava, marciando per i corridoi.
Anche lui aveva frequentato certi ambienti, più che altro quando era bambino. Quando era… prima di… oh, al diavolo.
Ciò che stava considerando era semplicemente che, nonostante lui fosse stato cresciuto seguendo l’etichetta, non aveva mai vissuto fanatismi del genere.
Oh, no, tu hai vissuto tutto un altro tipo di fanatismo…, parve ridacchiare una voce dentro di lui, crudele. Una voce che gli ricordava tanto quello della Creatura e ricacciò giù nel profondo a forza di pugni mentali.
Serrò le mandibole cercando, sforzandosi come sempre, di non pensare nemmeno per un istante a suo padre quando… finalmente la vide.
Si paralizzò davanti alla finestra come se una fune l’avesse appena strattonato.
Stava bene. Questo fu il primo pensiero, e gli colò nello stomaco come un balsamo dolce, sciogliendo la contrattura che l’aveva arpionato fin dal momento in cui si era separato da lei.
Più che bene, in verità. Il ché era positivo e negativo allo stesso tempo, perché Tonks era stata così sconsideratamente incosciente da addormentarsi sotto le fronde di un albero, sdraiata nell’erba umida.
Spaventosamente vulnerabile. Alla mercè di qualunque pericolo. Perfino le rose, cespugli incantevoli e rigogliosi attorno a lei, sembravano volerle fare male.
Era sdraiata supina, la guancia a sfiorare il terreno, con una mano adagiata sullo stomaco e l’altra al lato del capo, quasi a sfiorarsi uno zigomo, e il ventaglio dei capelli rosa che si apriva sopra la sua testa in un fiume rosa sul prato, così noioso in effetti senza di lei a dargli colore.
Si mosse appena, per togliersi una ciocca sul viso, quasi svegliandosi prima di tornare immobile. Il suo respiro rallentò di nuovo, pochi istanti dopo. Aveva le labbra socchiuse, le guance rotonde e rosse come fosse stata all’aperto per molto tempo colpita da un vento pungente.
“Il ritratto dell’innocenza.” disse qualcuno alle sue spalle. Remus non si voltò.
“Non trovi?” continuò Rodolphus gentilmente, affiancandolo e buttando i suoi occhi su Tonks sotto di loro. La sua voce si venò di ironia gelida. “Deliziosa e squisita come un’alba di primavera. Così fresca e innocente, con quei capelli parzialmente raccolti e quella pelle dall’aria così... cremosa. Sembra fatta di burro. Come se non aspettasse altro che essere morsa, non è così?”
“Falla finita.” sibilò Lupin, fissando davanti a sé. Il suo astio lo fece sorridere.
“E’ molto bella, non puoi non averlo notato. Oh, ma certo che l’hai notato, perché tu la desideri. Te lo si legge in faccia. Non fai altro che chiederti quanto morbida sarebbe sotto i tuoi denti, non è così?” non era una domanda. Remus serrò le mandibole e irrigidì le spalle ma non diede altro segno di averlo udito.
Rodolphus scoppiò a ridere, indolente.
“Non ti scomponi mai, eh, ragazzino?” Si avvicinò pericolosamente al suo orecchio, e la voce gli si abbassò in un soffio di letale brutalità. “…un autocontrollo niente male, per essere un lupo.”
Remus si scostò da lui. Non riuscì ad evitarlo. Sul suo viso c’era un accenno di nausea che non riusciva a mitigare del tutto.
“…tranquillo…” Rodolphus non parve cogliere i segnali e gli si avvicinò. Il sorriso subdolo quasi quanto i suoi movimenti. Sembrava un serpente, era così silenzioso che nemmeno i sensi acuti di Remus lo percepivano. “Non sono certo qui per ucciderti. Te l’ho detto, ho accompagnato Narcissa e nulla più.”
“Perchè avete invitato Ninfadora Tonks qui a Villa Malfoy?” Remus tagliò la testa al toro, sollevando finalmente gli occhi su di lui.
Vaffanculo. Non avrebbe sopportato ancora a lungo le sue provocazioni.
Pensava che gli avrebbe mentito, o avrebbe continuato a cercare di farlo incazzare - probabilmente era curioso di vedere in azione il Lupo Mannaro di Hogwarts - ma Rodolphus si limitò a stringersi nelle spalle e… a dire la verità.
“Perchè stanno ancora decidendo cosa diavolo farne di lei.”
“Che cosa intendi dire?”
“Oh, andiamo.” Lui ridacchiò. “Pensi davvero che ci possa essere un lieto fine per un Lupo Mannaro e una discendente dei Black?”
“Ti crei sempre questi film in testa o sono solamente fortunato?”
“Non sono film. E non sei fortunato. O non ti saresti preso una cotta per la piccola laggiù.”
“Qui non stiamo parlando di me.”
“No. Infatti. Stiamo parlando di lei. E lei può colorarsi i capelli come le pare e piace ma rimane pur sempre una giovane Black. E in età da marito, per giunta.”
Tasto scoperto, pensò Rodolphus Lestrange quando Remus Lupin gli piantò addosso il suo sguardo.
Finalmente.
Oh, finalmente riusciva a vedere quell’espressione.
Quella vera, non la maschera. Quei denti scoperti dalle labbra, quegli occhi pieni di odio, di furia. Quel ringhio che gli brontolava lieve e sordo nella gola. Quel barbiglio rosso acceso nell’azzurro degli occhi, così rivelatore.
Alzò le mani in segno di resa, inarcando le sopracciglia.
“Oh, so che tu la vedi ancora come una bambina, so riconoscerli i tipi come te. Onesti, puri di cuore, dei veri cavalieri… perlomeno in facciata. Ma dentro di te sai bene che è così. Ma, hey, non le faccio io le regole. Pensavi davvero che avrebbero semplicemente lasciato stare? Perché buttare via una pedina quando la si può posizionare da qualche parte sulla scacchiera?”
“Tonks non sarà mai una vostra pedina…” Remus raddrizzò le spalle, spegnendo l’interruttore della sua rabbia.
Si ricordò di respirare, rammentandosi che erano in pubblico e saltargli alla gola per lacerargliela con i denti non sarebbe stato considerato socialmente accettabile. E non avrebbe aiutato Tonks a uscire prima da lì dentro.
“Può essere.” concluse lui, voltandogli le spalle. “Ma allora significherebbe che non è utile. E diventerebbe nientemeno che una bruciatura di sigaretta su un vecchio affresco. Una macchia. L’eredità imbarazzante e di troppo di una figlia folle e sconsiderata convinta di poter fuggire per sempre. Per quello che ho visto io, per Ninfadora Tonks è decisamente preferibile starci, su quella scacchiera. Vedila così: potrebbe tenerti come domestico per sempre. Non sarebbe nemmeno tanto male, lupetto!”
Il fantasma della sua risata l’avrebbe inseguito nei suoi incubi, pensò cupamente Remus Lupin mentre lo guardava allontanarsi.
Si sentiva… vuoto.
Solamente vuoto.
Aprì le imposte della finestra senza pensare.
Terzo piano. I rami dell’albero quasi toccavano il cornicione. Distanza di cinque metri.
Decisamente troppo facile, pensò amaramente, saltando su di essi senza esitazione. Il grosso ramo dondolò appena, reggendo facilmente il suo peso.
Un uccellino fuggì via, allarmato.
Saltò a terra, atterrando silenziosamente sulle punte dei piedi e, sospirando, scivolò furtivo verso di lei. Tonks continuava a dormire.
I raggi del sole l’avvolgevano.
Latte. E fragole.
Assaporò con doloroso tormento il modo in cui il sole e l’aria aperta influivano sul suo profumo umano. Alcune punte dei capelli erano umide, come se si fosse bagnata e poi asciugata di fretta. Quello, e il caldo, sembravano addolcirne la fragranza.
La gola gli avvampò di desiderio, tanto che dovette allontanarsi di qualche passo.
Furtivamente tornò a rifugiarsi all’interno delle ombre, quelle create dai rami. Un posto nel posto al quale apparteneva, pensò tristemente.
Una nuvola parve captare i suoi pensieri e iniziò a muoversi nel cielo, volubile, veloce, lasciandolo impotente a guardare quelle stesse ombre che avanzare strisciando sull’erba verso di lei.
Avrebbe voluto spingerle via. Lasciarla per sempre sotto la luce del sole.
Ma poi, questa scemò dal suo corpo.
Quando la luce fu svanita, la sua pelle parve troppo pallida, spettrale. I suoi capelli si erano fatti più scuri, quasi che fossero privati di colore.
Remus strinse le labbra, guardando altrove. Non lo sopportava.
Il battito forte e regolare del cuore di Tonks era l’unica rassicurazione, il suono che impediva a questo momento di sembrare un incubo.
Poi, come se l’avesse percepito, la ragazza aprì gli occhi, svegliandosi con un mugolio.
Il suo viso si illuminò quando lo vide.
“Remus!”
Tonks sapeva distruggerlo in un modo incantevole. Remus lasciò andare l’aria nei polmoni con calma prima di afferrare la mano che lei gli aveva teso e sedersi al suo fianco.
Non ci fu nemmeno bisogno di dire niente che Tonks era tra le sue braccia.
Il suo profumo gli esplose nella bocca, si infilò tra i denti – che pizzicarono dolorosamente contro le gengive – e sulla punta della lingua, facendogli venire una fastidiosa acquolina che represse deglutendo sonoramente.
Accidenti.
Sirius l’avrebbe sentito, se continuava di quel passo…
“Stai bene?” Tonks gli afferrò il bavero della camicia e lo obbligò a guardarla in faccia, in apprensione. “Ma come accidenti ti hanno conciato?”
Lui si lasciò andare ad un sorriso conciliante che rasserenò subito le rughette sulla sua fronte. Era sempre stato bravo a fingere che andasse tutto bene.
“Dovresti vedere come vogliono conciare te!” ridacchiò, facendole strabuzzare gli occhi. “Comunque è tutto ok. E tu?”
“Decisamente no, data la tua ultima affermazione! Ma davvero non posso tenere i miei vestiti?!”


Dovrai convincerla, o la punizione ricadrà sul suo domestico, ovvero te.”


“Puoi fare quello che vuoi.” le disse Rem, con decisione. “E’ un nuovo cerotto, quello?”
“Eddai, smettila!” Tonks si imbronciò. “Sei troppo apprensivo!”
“Sono o non sono il tuo domestico?” Lui si indicò con un pollice e le strizzò l’occhio.
Tutta la tensione che gli si era accumulata addosso parve allentarsi, sciogliersi. Poi si rese conto che Tonks era ancora stretta a lui e, schiarendosi la gola con imbarazzo, si staccò da lei.
In quel momento, mentre i suoi riflessi erano decisamente fuori gioco, una pera si staccò dall’albero sopra le loro teste e lo colpì in fronte con un sonoro “POFF”.
“Ma… che…” farfugliò, sempre più in imbarazzo.
La Grifoncina, che aveva assistito alla traiettoria dell'impietoso frutto, scoppiò in una fragorosa e ben poco elegante risata.
“Ben ti sta!”
La guardò storto ma quella non sembrava intenzionata a smettere di ridere sguaiatamente, fino ad avere le lacrime agli occhi.
“Non ci trovo nulla di così divertente!” sbottò Remus, oltraggiato. “Ora te ne lancio anche io una in testa, e vediamo se ridi ancora!”
Tonks lo guardò con aria furbetta.
“Non oseresti colpire la tua Signorina.”
“Oh, ma davvero?” Remus sorrise e sollevò un’altra pera e Tonks, fra le lacrime e le risa, gli afferrò il braccio cercando di proteggersi da un lancio che non sarebbe mai andato a segno.
Remus si ritrovò con la sua mano stretta al polso ed il suo viso, ancora rosso per la risata, appena sotto il mento.
Qualsiasi forza governasse il suo corpo ed il suo intelletto in quel momento, smise di funzionare. Si congelò in quella posizione, spostando lo sguardo in ogni punto del suo viso troppo vicino.
Pelle di burro. Pelle da mordere.
Senza che se ne rendesse conto, prese una ciocca dei suoi capelli lisci e soffici fra le dita della mano libera, avvicinando il suo viso al proprio, l’altro braccio ancora sollevato sopra le loro teste.
La pera gli scivolò via dalle dita.
Riuscì a tornare lucido prima di fare qualsiasi cosa stesse per fare quando Tonks gli rivolse uno sguardo interrogativo che trasudava tutta l’innocenza che aveva giurato di proteggere nemmeno pochi istanti prima.
Si allontanò da lei bruscamente, quasi saltando all’indietro, con il respiro accellerato.
“A-Avevi un insetto fra i capelli…” farfugliò, nel panico.
“Ah, grazie!”
Cosa stava facendo?!
Si alzò, in preda alla confusione. Per un momento, era come se il suo corpo non gli fosse appartenuto.
Tonks lo fissò incuriosita mentre cercava di riprendere il controllo, con il risultato di farlo agitare ancora di più.
Oh, accidenti. Questo Sirius l’aveva SICURAMENTE sentito.
E l’avrebbe ammazzato. Non poteva raggiungerli – perlomeno ci sperava – ma sapeva che erano assieme, che avevano mentito e l’avrebbe ammazzato al loro rientro!
“Ci sono dei draghi qui.” buttò lì Tonks da qualche parte nei suoi pensieri.
“Cos...che?!”
“Dei draghi. Li tengono in delle gabbie e io intendo liberarli. Ti va di darmi una mano?”
Tonks lo guardava con occhi luminosi.
Avrebbe potuto ordinarglielo, ma gliel’aveva chiesto. Tipico di lei.
“Sì. S-Sì, certo.” si limitò a balbettare Rem.
Oramai, non lo stupiva più niente. Il suo limite era già stato superato da un bel pezzo…
Tonks gli sorrise radiosa, quando… improvvisamente un’ombra le attraversò il viso.
“Tonks…”
“Mi sento davvero stanca…” borbottò lei. “Ahi, pizzica…” aggiunse poi, guardandosi il dorso della mano.
Su di esso, spiccava un piccolo graffio. Sottile come quello di un gatto.
Non aggiunse altro.
“TONKS!” urlò Remus, prendendola tra le braccia mentre Ninfadora si accasciava di colpo, perdendo i sensi, la pelle di gesso e gli occhi rovesciati all’indietro.
Come Biancaneve e la mela avvelenata… solo che lì non c’era nessuna mela.
C’erano soltanto un lupo, così fuori luogo in un castello… e, sulla torre più lontana, una bionda strega bella e crudele, con le unghie bianche come neve…



 

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Capitolo 64
*** About Time ***


Buongiorno a tutti! Ed eccoci al nuovo capitolo. Spero tanto che vi piaccia e non disturbo oltre, lasciandovi l’ennesima Fanart, che in realtà non è una Fanart fatta apposta per la mia Fanfiction ma mi trasmette tantissimo le stesse vibes dello scontro fra Remus e Lestrange!
Un bacione!















L’odore di zolfo intossicava l’aria, resa densa dalle fiamme. Gli stendardi verde-argento dei Malfoy venivano ripiegati su loro stessi da una coltre di vento...no, non semplice aria.
Ali.
Ali che sbattevano.
Lupin!”
Qualcuno lo stava chiamando, ma la sua voce appariva ovattata, come sotterrata da un lungo fischio. La terra, resa arida e secca, mulinava attorno alla sua faccia in un turbinio, appiccicandosi in modo sgradevole alla pelle improvvisamente sudata.
Quel posto si era surriscaldato in meno di un minuto. L’aria stessa sembrava bollente. Sentiva già la bocca screpolarsi.
LUPIN!”
E dire che volevano fare una cosetta rapida e silenziosa. L’esplosione aveva rimbombato in ogni angolo del giardino, provocando una nube di fumo e detriti.
Merda.
Avevano meno di tre minuti per filarsela da lì prima che quel posto brulicasse di maghi.
Remus si sollevò sui palmi escoriati, digrignando i denti...fino a quando nel suo campo visivo comparvero due maestose zampe insanguinate. Le avvertì ancor prima di vederle, pesanti e terrificanti, come una viscerale vibrazione che gli corse su per il corpo raggomitolato a terra facendogli tremare le ossa.
E quando alzò il viso… si ritrovò di fronte a due enormi occhi gialli.
Odio. E antichità.
Non riuscì a muoversi. Fu come essere colpiti dallo sguardo di dio.
Il sangue gli si cristallizzò nelle vene e il respiro smise di funzionare.
Il drago più grande era a pochi centimetri da lui. Il suo fiato incandescente gli sfiorò le palpebre socchiuse, bruciando.
Libero dalla sua prigione, e libero dal morso che gli stringeva le fauci impedendogli di aprire la bocca, quell’essere mostruoso spalancò le ali membranose sollevando fiumi di fuliggine tra di loro.
Era stato facile per lui togliersi la museruola, una volta liberi gli arti.
Ed ora lo guardava, immobile, mentre i suoi compagni più giovani si libravano nell’aria in un orgia di fiamme e ruggiti che fendevano il cielo come una tempesta.
Aveva le scaglie più nere del carbone, un nero cupo e polveroso su cui nemmeno il colore del rogo sembrava riflettere. Il rosso vivido di piccole lacerazioni spiccava sul suo corpo come se le gocce di sangue fossero file di rubini, mischiandosi alle intense gradazioni di viola che parevano risucchiare la luce.
Remus osò a malapena sollevare la testa, inginocchiato a terra come un umile servo.
L’animale lo soppesava. Sentiva il suo odio scivolargli addosso, più denso e soffocante del suo odore ceroso.
Il drago spalancò la bocca, proprio davanti a lui. Remus si specchiò in un inferno di denti grandi come tagliole.
E’ la fine…”
In fondo a quella gola, iniziò a germogliare come un bocciolo un nucleo di fuoco vivo.







Il giorno prima.



Narcissa Black inclinò il capo ed i capelli biondissimi ricaddero a ventaglio contro lo schiena della poltrona dove si era rifugiata.
Un piccolo nido imbottito di gommapiuma che si chiudeva sul suo corpicino esile.
Agitò pigramente la bacchetta e tutte le persiane della stanza si chiusero, togliendole la fastidiosa sensazione della luce del sole sulle palpebre dolenti.
Sentiva come un peso sullo sterno che la schiacciava e un principio di emicrania che minacciava di farla impazzire.
Sopportare quelle emerite cretine ed i loro sdolcinati convenevoli avrebbe provocato i conati di vomito a chiunque, rifletté, e comunque con tutto il trambusto che c’era in quel momento nessuno avrebbe badato alla sua assenza.
Al pensiero, un sorriso perfido le sbocciò sulle labbra.
Pace. Silenzio. Buio.
E il dolce sapore della vendetta.
Al di fuori del corridoio Porfiria era in pieno panico e da qualche parte un certo Prefetto di Grifondoro stava scatenando un vero putiferio ma tutto quel caos non le sfiorava le orecchie.
In realtà le bastava rimanere sola per chiudere fuori dalla testa le gracchianti voci degli insetti che brulicavano in quel posto. E in ogni altro posto dove i suoi l’avessero posizionata negli ultimi diciassette anni.
La solitudine era stata il suo unico, vero rifugio.
“Cissa! COSA DIAVOLO HAI FATTO?!”
Per l’appunto.
Regulus Black piombò nella stanza sbattendo la porta così forte da farla quasi uscire dai cardini.
Ai suoi grandi occhi sbarrati la Black replicò con la perfetta rappresentazione della noia.
Darsi tante pene per una stupida mocciosa mezzosangue.
Patetico.
“Non urlare. Ho mal di testa.” soffiò, con appena un accenno di fastidio.
“Non scherzare, è una cosa seria! Tonks non si sveglia più!” Il ragazzino balzò in avanti, e ci fu qualcosa nella sua apprensione che le diede sui nervi.
“… ’Tonks’?” replicò acidamente. “Cos’è, te la sei fatta per caso?”
“Smettila di dire stronzate.” lui digrignò i denti, facendosi sotto. “Porfiria sta per avere una sincope. Hanno dovuto tener fermo Lupin in dieci per impedirgli di entrare nella stanza!”
“Ecco cos’erano quei penosi lamenti…” la bionda sbuffò, divertita.
“Smettila. So che sei stata tu. Aveva un graffio violaceo sulla mano…era veleno, vero? L’hai avvelenata!”
“E se anche fosse?”
Sapeva che l’espressione sul suo viso lo stava vagamente mettendo a disagio, lo capiva dal modo in cui Reg si rimetteva in riga, faceva qualche passo indietro e la fissava con quell’insopportabile misto di pena e sgomento.
C’erano volte in cui si mettevano sulla stessa poltrona, giù a Slytherin. Lei allungava le pallide gambe su di lui e lui la lasciava fare, ognuno concentrato sulle proprie letture o semplicemente sulle note di qualche vecchio grammofono lasciato andare per coprire le lagne di qualcuna che non trovava più la cipria o i singhiozzi quasi quotidiani di quei pochi sfigatissimi mezzosangue che avevano avuto la sfortuna di ritrovarsi lì.
Sapeva che in quei momenti il ragazzino si sentiva rincuorato, vicino a lei in un certo senso.
Per questo si premurava di allungare i momenti in cui tra di loro c’erano invece muri insormontabili, anche se trovava irritante quell’aria da cucciolo addolorato.
Fino a quando lui non decise di usare l’ultima carta. Quella decisiva.
“Stai disobbedendo a quanto ti è stato detto.”
La Serpeverde serrò le mandibole. Il divertimento scemò.
Disubbidire. Che stronzata. Era un lusso che non poteva permettersi.
“Non farti saltare la mosca al naso.” sbuffò, fissandosi le unghie. “Non morirà. Volevo solo divertirmi un po’. Rodolphus si sta già occupando di lei.”
“Ah, allora siamo a posto!” ironizzò acidamente il quindicenne, con una risata isterica. “Ora sì che sono tranquillo!”
“Lestrange non piace a me quanto non piace a te, ma è leale ed efficiente e su questo non ci piove. E poi…” fece scivolare tra le dita un collare d’argento scintillante e sorrise perversamente. “…è il mio schiavetto oggi, no?”
Lui la guardò in silenzio. Conosceva bene quello sguardo. Delusione.
Che noia. Nulla a cui non fosse abituata.
Non c’era mai niente di nuovo, lì…
“Non è da te. Potevo aspettarmi scenate da Bellatrix, ma tu… perché l’hai fatto? Non riesco a capirti, Cissa…”
“Io neanche. Perché te la prendi tanto?”
Lui corrucciò le sopracciglia. Era sinceramente confuso.
“Io… non lo so…”
Bizzarro. Ma comunque niente di esaltante. Dio, quanto era annoiata…
“Starà bene.” minimizzò con la mano. “Sarà solo un po’ più debole del solito e il suo potere magico per un po’ farà ancora più schifo di quanto non faccia già, ma non morirà se è questo che ti preoccupa. Regole rispettate. Visto? Sono ancora la brava e ubbidiente bambina dei Black. Ora levati dai piedi.”
Aggiunse all’ultima frase una nota aggressiva che non si poteva rifiutare e il ragazzo uscì dalla stanza sbattendo la porta esattamente come era entrato.
Oh. Silenzio. Pace.
No.
Non più.
La stava provando di nuovo, si rese conto. Era come una brama. Un bisogno sfrenato di essere placata.
Un guizzo di emozione che faceva crollare la sua indomabile corazza. Digrignò i denti e serrò le unghie nei palmi fino al sangue.
Non l’aveva ammazzata.
Pensava solo a questo.
Non l’aveva ammazzata. Ma avrebbe voluto. Era andata di nuovo fottutamene vicino a perdere il controllo. Era eccitante e terrificante allo stesso tempo.
Quando si trattava di lei…
Aveva pensato che Andromeda rappresentasse solamente una sua crisi esistenziale ma lei significava ben più di questo. Lei non era stata solo la causa del vuoto che la divorava dentro ma ne era in qualche modo parte. Era un pezzo di qualcosa che il suo stupido cervello non riusciva a comprendere. Era lei, il motivo per cui si sentiva così.
Come una bestia incapace di provare emozioni normali. Solo un lurido buco nero fatto di perversioni che era costretta a tenere in catene.
Andromeda Black le aveva abbandonate.
Aveva tradito.
Erano solo delle bambine e lei era stata l’unica ancora di salvezza ma ora era troppo tardi. Ora il sangue aveva iniziato a marcire nelle loro vene come per tutti gli altri. Gratificante e potente e tossico.
Non che desiderasse essere salvata. No, a Narcissa andava più che bene così.
Solo che… lei non c’era più e finché fosse stata via a Narcissa sarebbe sempre mancato qualcosa. La sua… bontà? Il suo senso morale? Qualcosa di fondamentale. Qualcosa che non capiva.
Qualcosa che traduceva nell’unico modo in cui una bambina deviata avrebbe potuto. Una brama inesauribile di violenza. Che però rimaneva inappagata.
Poi, all’improvviso… il guizzo della fiamma del caminetto.
E lei… non fu più sola.
L’atmosfera crepitò di una sorta di elettricità statica. Non tensione, non ansia. Qualcos’altro.
Le ombre parvero allungarsi verso di lei, le fiamme si fecero vive...e lui apparve.
Erano anni che non lo vedeva. Avrebbe dovuto trasalire, fuggire via.
Ma avrebbe significato esprimere una debolezza. E lui l’avrebbe fatta sua...
Narcissa Black si limitò ad inarcare un sopracciglio e stringere sotto di se i piedi fasciati dalle deliziose scarpine di seta, rannicchiandosi e scostandosi pigramente dalle ombre e dalle sottili lingue di fuoco che strisciavano verso di lei come per ghermirla.
“Cosa ci fai, tu, qui?”
La figura era completamente nel buio. Guizzi di fuoco sottili, come vapore aranciato e crepitante, si levavano dai suoi contorni ma non facevano luce. Riusciva a vedere solo il suo solito sogghigno ferino, che le scatenò dentro al ventre un caldo languore...e un gelido terrore.
“Mi hai evocato.” rispose. La voce dura e ammaliante allo stesso tempo.
“Non è vero.” sibilò Cissa. La figura sorrise.
“Oh, ma tu sai che è così. Come quella notte, quando bruciavi così tanto e in modo così delizioso, con tutto il tuo bel pacchetto umano di angoscia, rabbia e crudeltà. Mi hai chiamato perché volevi bruciare e ora hai la stessa identica frenesia, lo stesso disperato tormento. L’ho sentito e sono venuto. Era troppo irresistibile.”
Narcissa rimase in silenzio.
“Dimmi un segreto.” sibilò lui.
Una richiesta a cui era impossibile opporsi. Un segreto. Uno dei tanti che lui collezionava per poter corrompere l’anima degli umani fragili.
Il pegno da pagare per averlo evocato tanti anni fa.
La ragazza contrasse le labbra con fastidio.
“Mi manca sentire Regulus suonare.” sussurrò, gelidamente. “Così ho cercato di farglielo fare, oggi.”
Ammetterlo era peggio che spalmarsi acido addosso.
“Gliel’ho hai mai detto? Che ami ascoltarlo mentre suona?”
“Ovviamente no.”
Lui rise a bocca chiusa della sua cocente umiliazione. Lei non gli diede il vantaggio di farglielo capire e si limitò ad accoccolarsi meglio sulla poltrona con una smorfia di disgusto.
“Sei squisita, signorina Black.”
“Perché sei qui? Sai bene che non ti cederò. Mi pare di avertelo fatto capire allora.”
“Sì, tu sei una strega in gamba. Ma sai bene che una volta evocato uno di noi, non si può più scappare. Sei marchiata, bambina umana.”
La Serpeverde sorrise… e allungò una gamba bianca verso di lui. Languidamente. Uno dei ciocchi del camino scoppiò e l’aria fra loro parve incendiarsi.
“Da quel che ricordo, ha anche dei vantaggi.” la voce di Narcissa era diversa, ora. Seducente. Morbida come il suo sguardo, che ora scintillava pieno di promesse. Di ricordi di notti passate fra seta e fiamme. Quando si era sentita viva per la prima volta in vita sua. “Ma credo che di tentazioni ce ne siano, lì in fondo. Non sono così vanitosa dal credere che ti mancavo.”
“Anche noi ci annoiamo, sai?”
“Ma va? Tra un sacrificio e l’altro trovate anche il tempo di annoiarvi?”
“Ero di passaggio. Ed eri meglio delle alternative quaggiù. Trovavo troppo delizioso il tuo piccolo attimo di crisi per non assistervi, tesoro. Così giovane. Così tormentata.”
Ridicolo, pensò Narcissa. Disperazione, tormento, dolore.
Significava che avrebbe dato importanza. E per lei niente era importante. Non era importante che avesse solo anestetizzato un po’ la figlia di Andromeda, quella fastidiosa propaggine di lei, anziché ucciderla come avrebbe desiderato.
Non era importante che aveva anteposto ancora i voleri della sua famiglia a ciò che anelava la sua anima.
Distruzione. Morte. Grida e supplizio.
Sentirsi vive.
Aveva passato tanto di quel tempo a ribollire di abbia per poi giungere all’inevitabile conclusione che non c’era nessun grande nemico. Anche se Andromeda avesse desiderato la loro morte, nemmeno allora sarebbe stata un nemico nel senso stretto del termine.
Era semplicemente così che andava il mondo. Confidavi nelle persone, le amavi, concedevi loro l’onore del tuo tempo, l’intimità dei tuoi pensieri e la fragilità delle tue speranze e loro le accettavano o le rifiutavano e alla fine, niente di tutto questo dipendeva da te o sottostava al tuo controllo. Era semplicemente ciò che si riceveva. Il dolore era inevitabile. La delusione garantita.
Non ne valeva la pena. Non valeva la pena dare importanza. Al massimo, potevi solo perseguire un po’ il cupo desiderio che avevi dentro, lasciarti andare al piacere di fare del male, ma non per riparare ad un qualche tipo di dolore, no, era più come il gusto di cacciare. Era solo perché sarebbe stato terribilmente divertente togliere ad Andromeda la sua adorabile bambina.
Era questa la conclusione a cui era giunta Narcissa tanto tempo fa.
Evocare lui avrebbe significato che la sua conclusione fosse sbagliata. Che i sentimenti del suo cuore dipendevano da ciò che facevano gli altri. Non poteva accettarlo.
La creatura parve leggerle il pensiero, e probabilmente lo sapeva fare. L’aggirò come un predatore, annusando l’aria con aria indolente.
“Stai ancora assieme a quel patetico umano?” chiese, sardonico, mentre il fuoco lo avvolgeva.
“Ci sposiamo.”
“Che tremendo spreco di talento.”
“Spiacente di averti deluso.” Narcissa guardò altrove, tediata. Stava di nuovo riacquistando il controllo.
“Ne sei innamorata?”
Di nuovo quella domanda. Assurdo. Erano tutti così fottutamente fissati con l’amore. Cosa pensavano che fosse? Follia? Era questo che pensavano?
Che se nessuno si struggeva come stava facendo pochi corridoi più in là il Prefetto di Grifondoro, allora era come se l’amore non esistesse, come un albero abbattuto in una foresta senza che nessuno lo sentisse cadere?
“Certo che lo ami.” lui si deliziò. “Certo che sei in grado di amare. In quale altro modo avresti potuto essere così costellata di buchi? Come, se fossi stata davvero impermeabile come credi di essere, tanto invulnerabile alle ferite?”
“E’ fin troppo banale quello che stai dicendo. Ti ricordavo più interessante.”
Non doveva cedere.
Lui rise ancora. Aveva una risata capace di far sentire di miele la propria stessa carne. Bassa, roca. Ricordava di quando le rideva piano sulla pelle nuda, in ben altri contesti.
“Sempre la solita. Oh, ma io lo so. Nel tuo profondo, non sai resistere, eh?”
“Non pensare di ferirmi…”
Farsi ferire da lui avrebbe significato perdere. Soccombergli. Farlo mangiare, masticare pezzetto per pezzetto la sua anima.
“… nel profondo, non sai resistere a chi ti dice che sei unica. Che sei speciale.” insistette, avvicinandosi troppo al suo orecchio. La sua voce era la promessa di un lungo brivido sulla schiena. Necessaria.
“So cosa sono.” e gli lanciò un’occhiata astiosa mentre lo allontanò con la mano come se fosse una zanzara.
“No, tu pensi di sapere cosa sei ma non è così. Pensi di essere fredda, insensibile, ma non lo sei.” Lui si era chinato in avanti e Narcissa si era irrigidita. Ma quel gioco aveva stancato entrambi. Su una cosa erano uguali: si annoiavano facilmente. Così lui ritornò nelle fiamme, ma non prima di averla guardata oltre la sua spalla e averle lanciato l’ennesimo, tremendo monito. “Il momento in cui ti concederai di amare, Narcissa Black, per te sarà la fine. Te lo garantisco…”







Rodolphus Lestrange si accese il sigaro con uno schiocco del suo zippo e scoccò un’occhiata ai Medimaghi attorno al grande letto a baldacchino.
“Fuori.” ordinò, asciutto.
“Ma… Signor Lestrange…La signora Malfoy ci ha fatto accorrere qui in tutta fretta per…”
“FUORI.” Ripeté, scoprendo i denti. La stanza si svuotò di tutta fretta.
Lui tirò fuori una piccola bustina dalla tasca e prese una pomata verde con un pollice, prima di spalmarla sul dorso della mano della ragazza che dormiva nel letto davanti a lui.
In pochi attimi, le guance di Tonks ripresero un delizioso colore rosato.
Lupin stava ancora strepitando la fuori, quasi impossibile da contenere.
Sorrise, poi scoccò un’occhiata alla più piccola erede dei Black. Era riversa a pancia in sù su un letto di sontuoso lino bianco, le lenzuola a coprirla fino alle clavicole, i capelli sparsi a ventaglio dietro di lei su un pomposo cuscino di piume, le labbra luccicanti come fragole, appena dischiuse in un respiro che ora era tranquillo.
Sorrise cupamente.
Il fottuto ritratto dell’innocenza.
Era quasi paradossale che un animaletto così docile e dolce fosse lì, a Villa Malfoy, e discendesse da quei demoni dei Black. Ma Andromeda era sempre stata diversa.
Tuttavia, ragionò, qualunque cosa Ninfadora Tonks avesse nel cuore… dopo aver conosciuto i Black… vivere tra di loro avrebbe rovinato inesorabilmente quella tenue, piccola luce di dolcezza che aveva dentro. Lui avrebbe dovuto saperlo più di chiunque altro, no? La versione del mondo dei Black era senza freni e piena di bordi affilati, di denti che aspettavano di perforare il fragile ottimismo di quella piccola Grifondoro, il suo senso morale, le sue speranze.
L’avrebbero fatta a pezzi esattamente come avevano fatto a pezzi Bellatrix.
Sarebbe spettato a lei decidere se rinascere nella meravigliosa fenice nera che era la sua futura sposa, la femmina più splendida e più intensa che avesse mai conosciuto, o se soccombere alle zanne come una vittima qualsiasi.
Lui… lui era semplicemente lì per capirlo.
“Lasciatemi ENTRARE!” Ruggì da qualche parte Remus Lupin. In lontananza si udirono dei tonfi sordi e qualche grugnito.
Che maggiordomo modello, sogghignò Lestrange. Un vero cavaliere.
Oppure no? Ridacchiò fra sé, guardando il cesto in vimini accanto al letto.
I maggiordomi avevano avuto il compito di ritirare il vestiario delle loro Signorine, dopo l’allenamento. Lupin voleva fiondarsi a cercare la sua marmocchietta ma Alfred gli aveva fatto capire senza mezzi termini che o le andava a ritirare i vestiti, o l’avrebbe vista molto presto girare nuda. O peggio, aveva aggiunto disgustato alludendo molto chiaramente a quale opzione considerasse più umiliante, con i vestiti sporchi del giorno prima.
Nel corredo però, c’era anche la biancheria intima.
Immaginarsi quel bamboccio alle prese con mutandine e reggiseni fece ridere Lestrange di gusto. Oh, c’erano divertimenti a cui non si sapeva propri resistere.
E a proposito di tentazioni… Il suo sguardo divenne crudele quando afferrò le lenzuola che coprivano Tonks.
Le sollevò in un unico gesto e la sua smorfia sadica si estese, gelidamente, mentre faceva scivolare gli occhi sul corpo inerme della ragazzina.
I medi-maghi l’avevano spogliata, lasciandola solo con la biancheria intima addosso.
Aveva i palmi delle mani e le ginocchia sporche di erba ma profumava lo stesso, la pelle come crema, il cuore calmo e caldo ed il sospiro che le scuoteva leggermente il petto.
Un laccetto del reggiseno era scivolato giù dalla piccola spalla nuda. Gli bastò un’occhiata per capire che era della taglia sbagliata.
“Ah, Lupin… che errore da principiante.”
Rodolphus allungò una mano verso la Grifoncina. Come l’artiglio di un mostro. Le sfiorò con un dito un seno, costretto in quel indumento troppo piccolo. Lei non si mosse. Era in balia di ognuno di loro e nemmeno se ne rendeva conto.
“Tu pensi che sia ancora una bambina…” mormorò fra sé e sé. “Ma la nostra piccola Black sta già diventando una donna.”
Tonks mugolò appena nel sonno, una leggera ruga sulla fronte come se fosse turbata da quel contatto indesiderato.
L’uomo sorrise, prima di risistemarle la spallina al suo posto e rimetterle le lenzuola addosso.
Lupin ormai aveva vinto la sua piccola lotta, lo sentiva dai suoi passi in corsa.
E quando Remus lo vide uscire dalla sua camera da letto, chiudendosi la porta alle spalle, si sentì morire.
“Tu!” ringhiò, scoprendo i denti. “DOV’È?! COSA LE HAI FATTO?!”
Fece per colpirlo ma l’uomo si mosse con una velocità inumana che lo colse di sorpresa. Un colpo del torso e improvvisamente, non gli era più davanti mal su fianco. La mano gli calò addosso tra le scapole catapultandolo rovinosamente sul pavimento e mozzandogli il respiro, assieme al piede che gli piantò sulla schiena inchiodandolo a terra e facendogli sfuggire un urlo di dolore.
Merda! Era troppo debole… e lui… era troppo veloce! Non aveva nemmeno avuto bisogno della bacchetta per fermarlo!
Remus tossì, cercando di liberarsi ma Lestrange gli tolse la scarpa di dosso in un istante, facendosi indietro.
“Urlare così non s'addice per nulla ad un domestico.” Aveva un tono deciso. Non propriamente freddo, però con una nota metallica. Ferro. Ecco che cos’era. “E in ogni caso, Ninfadora Black sta bene. Puoi vederlo tu stesso.”
“Lei si chiama… Tonks!” sibilò Remus, odiandolo a morte, ma fu interrotto dallo squittio di Porfiria Malfoy.
“Oh… GRAZIE AL CIELO!” Strillò, fiondandosi su di loro. “Ma che cosa accidenti è successo qui, eh?!”
Era pallida come un morto. Benché l’aspetto stravagante di Tonks la irritasse visibilmente, era pur sempre una dei Black… e Porfiria era già abbastanza ai ferri corti con loro senza aggiungerci una loro parente che stava male sotto il suo tetto e la sua protezione!
Tra lui e Remus, non si sapeva chi si fosse agitato di più!
“Nulla di grave. Le ho dato un rimedio e starà presto meglio.”
“OH, Lestrange caro! Se non ci fossi tu! Quegli idioti di Medi-maghi non sapevano che pesci prendere!” la donna si posò una manona sul cuore e fece un respiro tragicomico, poi sventolò in modo insopportabile un dito verso Remus. “TU! Domestico! Va a preparare subito una tisana per la tua Signorina!”
Ora la mordeva. Non l’aveva nemmeno guardato in faccia, quella! E volevano allontanarlo DI NUOVO da Tonks!
Lupin fece per perdere il suo proverbiale autocontrollo e mandare tutti al diavolo quando Lestrange si mise in mezzo.
“Ho già provveduto io. Tutto ciò di cui ha bisogno la Signorina Black è un riposino rigenerante e un domestico pronto ad obbedirle per quando si risveglierà.”
La stronza – così l’avrebbe soprannominata Remus da ora in poi in barba alla sua educazione – tirò un sospiro di sollievo.
“Un cavaliere perfetto! Non che avessi dubbi, mio caro! Insegnerai molto bene a questi ragazzini ad essere bravi quanto te come maggiordomi, molto meglio di quanto potrebbe fare Alfred mi sa!”
“Non oserei mai paragonarmi al tuo Capo domestico, Porfiria cara.”
“Oh, e che mi dici di…”
SBAM.
Lupin entrò come una furia nella camera di Tonks e si sbattè la porta alle spalle.
Non avrebbe retto un minuto di più tutto quel dannato gracchiare! Ma poteva andare peggio di così?!
Tonks era lì da pochissimo e lui era stato tormentato in una sala del Tempo, lei era svenuta senza svegliarsi più e cos’è che aveva detto…? C’erano dei draghi da qualche parte da liberare…?!
Ok, doveva calmarsi, decise tra sé cercando di respirare. Non era da lui reagire così…
Gettò un’occhiata alla stanza e a Tonks, che dormiva beata. Effettivamente, il volto aveva ripreso colore e sembrava stare bene… le sfiorò una mano con la propria e fece un balzo quando si accorse che i suoi vestiti erano tutti ripiegati sulla sedia.
Saperla lì, quasi nuda sotto quel lenzuolo e vicino a quel Lestrange lo fece stare decisamente male… ma decise di togliersi dalla testa certe immagini o lo avrebbe ammazzato davvero.
Si concentrò sul fare esattamente quel che gli avevano richiesto di fare: il domestico.
Purtroppo i vestiti colorati di Tonks erano troppo fradici per poter essere indossati, ed il cambio che lei si era portata non si trovava da nessuna parte, per cui gli toccava ripiegare su quelli forniti dai Malfoy.
Fortunatamente c’era una vasta scelta ma dubitava che lei avrebbe gradito qualcuno di quei capi. Erano tutti leziosi e...ordinari. Sospirando, tolse di torno quelli troppo pieni di pizzi e merletti e scelse tra i più semplici che c’erano. Tra di essi c’era una specie di prendisole di tessuto caldo con un motivo a fragole che forse le sarebbe potuto piacere.
Diede un’occhiata alla stanza. Era enorme, sembrava più un mini appartamento.
Poi, con un improvviso moto di imbarazzo si rese conto che… avrebbero dovuto dormire assieme.
La camera aveva infatti la parte più ampia dedicata a Tonks, con cassettoni, un armadio, lampade a goccia e un rosso tappeto di pelo morbido, un antro che fungeva da cucina, un bagno fornito di una sontuosa vasca da bagno e un piccolo spazio a destra separato dove c’era un letto singolo e un paio di mobili dall’aria fin troppo modesta rispetto allo sfarzo del resto della camera.
Doveva essere per forza il suo alloggio.
Da una parte era scontato, visto che si presupponeva che le preparasse perfino la colazione, ed era decisamente meglio che stessero vicini! Non aveva scordato certo la forza con cui Lestrange l’aveva messo fuori gioco. No, con un tizio del genere nei paraggi era molto meglio che Remus stesse vicino a Tonks! Anche se si sentiva debole, non si sarebbe più fatto cogliere di sorpresa.
Ma d’altro canto… arrossì appena, concentrandosi sul sistemare.
Sirius l’avrebbe ammazzato davvero.






Ninfadora Tonks si svegliò che era ormai pomeriggio inoltrato e si stiracchiò con un sorriso sornione mugolando come un gattino. Non sapeva esattamente dove si trovava ma era in un letto decisamente comodo e soprattutto la stanza era piena di un profumo di cibo che le stava facendo venire l’acquolina in bocca.
Aveva dormito proprio bene, a dirla tutta!
Anche se non ricordava esattamente come fosse arrivata fino a lì. Si guardò attorno ancora un po’ intontita prima di accorgersi di una camicia da notte soffice come piuma adagiata con cura accanto a lei. C’erano due piccoli corridoi che davano su due stanze – una delle quali doveva essere una cucina a giudicare dal profumo – e un bagno dietro la quale sentiva scrosciare dell’acqua.
Dov’era Remus…?
S’infilò la camicia da notte aguzzando il naso in cerca di cibo visto che il suo stomaco stava ruggendo di fame quando si accorse… di un biglietto.
C’era un bigliettino ripiegato con cura sopra il comodino accanto al letto.
Lo prese ed il suo cuore mancò un balzo per l’eccitazione.
Parlava di…

La parte d'ogni drago che mai è nel cielo, che può solcare oceani e rimanere asciutta.”

Draghi! Parlava di draghi! Ma chi poteva averlo lasciato lì?! E che accidenti significava?!
“REMUS! REMUS!” Gridò, fiondandosi verso la stanza da bagno stringendo quello strano enigma e spalancando la porta di botto. “REMUS, GUARDA COSA…!”
Effettivamente Lupin ERA in bagno e rimasero a fissarsi nelle palle degli occhi per un breve momento mentre lei taceva, ormai a corto di parole perché Remus mezzo nudo era decisamente l’unica cosa in grado di serrarle la gola.
Il ragazzo aveva ben pensato di togliersi la camicia e approfittarne per farsi una doccia visto che lei non si decideva a svegliarsi ed ora si sentiva leggermente preso sotto esame e anche un tantino violato visto che Tonks sorrideva come un’ebete senza vergognarsi nemmeno per un secondo, impalata lì davanti a mangiarselo con gli occhi e lasciandolo pieno di brividi.
Si schiarì la voce e si rimise in fretta la camicia, arrossendo, mentre lei ridacchiava deliziata.
“Non si usa più bussare?” sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
“Scuuuuusa.” lei finse di pentirsi, anche se pentita non era affatto. “Nulla che non abbia già visto, comunque! Ti ricordi ad Abbott’s Grange?”
“Preferirei dimenticare…” bofonchiò lui. “Come avrai capito, questo è il nostro dormitorio personale. Stai meglio?”
Si avvicinò a lei senza pensarci sollevandole i capelli dalla fronte e sfiorandole la pelle con le nocche, preoccupato. Aveva ancora la camicia slacciata… e la pelle umida, ad un soffio da Tonks che si ritrovò improvvisamente con il naso quasi affondato nel suo petto nudo ed il cuore che spiccava il salto delle olimpiadi.
Fu con un enorme sforzo che si impose di ritornare alla realtà.
“Guarda! Ne sai qualcosa?” gli sventolò sotto il naso il foglietto e lui corrucciò le sopracciglia.
“E questo da dove salta fuori?”
“Era sul mio comodino! Qualcuno deve avermelo fatto recapitare!”
“In effetti, mi pareva di aver sentito le ali di un gufo…e la finestra era aperta.” Corrucciato, Lunastorta lesse l’indovinello e sollevò lo sguardo su di lei. “Che significa?”
Tonks era elettrizzata.
“Credo che ci sia qualcuno che voglia aiutarci a liberare i draghi! Anzi, sono SICURA che la soluzione sia la parola segreta per liberarli dalle gabbie!”
“Tonks… hey, alt, frena. Non ti sembra di esserci cacciati in un po’ troppi guai oggi? Non sappiamo chi ti abbia fatto recapitare il messaggio e nemmeno se fidarci, e poi che accidenti vuol dire?”
“Non so, quello intelligente sei tu…” pigolò la Grifoncina, mentre lui sospirava.
“Dai, raccontami per filo e per segno quello che hai scoperto.” Quando Tonks lo fece, la ruga sulla sua fronte era più profonda. “Tonks, nessuno potrebbe sapere del piano tuo e di Lemon e anche se per sfuggita qualcuno vi avesse ascoltate – cosa che spero vivamente di no per la vostra salvaugardia qui dentro – perché mandarci un indovinello piuttosto che direttamente la parola chiave?”
“Forse mandarci un foglietto con la password era troppo rischioso. Forse vuole che ci arriviamo da soli!”
“O forse è una trappola.”
“Andiamo, Rem! Non hai idea di come erano tenuti quei poveri animali! E Lemon… lei era così addolorata! Dobbiamo aiutarla!”
Perchè? Perchè dovevano sempre ficcarsi nei guai?
Lunastorta alzò per l’ennesima volta gli occhi al cielo, un po’ disperato.
“E va bene, va bene… cercherò di ragionarci su ma non ti prometto molto. Per ora limitiamoci a tenere gli occhi aperti e a dare meno nell’occhio possibile, va bene?”
I capelli di lei divennero giallo limone dall’entusiasmo. Certo, era una parola…
“Andiamo, ti ho preparato qualcosa da mettere nello stomaco.” cambiò discorso, sorridendo appena nel vederla spalancare gli occhi.
“Eh? Mi hai… preparato da mangiare?”
“Sono il tuo domestico o no?” Remus sorrise e la condusse nella cucina.
“Oh, Rem… non dovevi!”
Ma era inutile negare che avesse una fame abissale, visto che davanti a tutto quel ben di dio il suo stomaco aveva letteralmente ruggito!
Sul tavolo davanti a loro c’erano tazzine di porcellana e una tisana che profumava di fiori, piattini pieni di piccole torte ricoperte di glassa zuccherata, bon bon e pasticcini che cambiavano colore, pudding di pan di spagna, frutta intagliata a forma di boccioli di rosa…
Non sapeva che fosse così bravo a cucinare… e aveva fatto tutto quello da solo in poche ore?! C’era da mangiare per un esercito!
“Non è nulla di ché, davvero.” lui si strinse nelle spalle mentre lei lo guardava stupefatta...e subito dopo mortificata.
“Avresti dovuto riposare anche tu…”
“Ho riposato abbastanza.”
Tonks cedette e si sedette al tavolo. Il primo pasticcino che prese un po’ intimidita sembrava fatto della stessa consistenza delle nuvole.
Accidenti… è squisito…”
Il suo stomaco fece le fusa quando assaggiò il primo morso. Remus avrebbe tranquillamente potuto fare lo chef! E ora che ci pensava, chi diavolo era in grado di piegare in quel modo i vestiti? Erano perfetti… come appena stirati, senza nemmeno una pieghetta o una sgualcitura. Per non parlare delle sculture di frutta!
Eppure… c’era qualcosa che non andava. Che… la rendeva triste in qualche modo, ma non sapeva definire cosa.
Mangiò in silenzio, cercando di concentrarsi sullo strano indovinello che qualcuno le aveva fatto recapitare in camera, ma la sensazione di malinconia non accennava a smuoversi dal suo animo.
Lì era tutto così lussuoso e pulito… così diverso dalla casetta dove aveva vissuto con sua madre, così diverso da Hogwarts e dal suo caotico calore…
Si distrasse solo quando Rem le fu vicino, prendendole il piatto vuoto.
Tonks sobbalzò e lui la fissò interrogativo. Anche lui era stato silenzioso.
“Oh, scusa, avevi ancora fame? Ti cucino altro?”
“N-no, ma… che fai?”
“Lavo il piatto… hey, che c’è?” Il ragazzo la fissava sorpreso mentre lei balzava in piedi.
“N-no! Fermo! Non voglio che lavi il piatto che ho sporcato io!”
Doveva sembrarle piuttosto deficiente. La fissava un po’ sorpreso, con ancora le posate tra le mani, mentre lei ricambiava con aria allarmata.
Gli afferrò il piatto dalle mani, arrossendo – cosa che stupì Remus ancor di più perché in Tonks era decisamente raro da vedere.
“So pulire da sola le mie cose!” sbottò, un po’ troppo vivacemente. “Non devi fare tutto tu!”
“Tonks, davvero, non è un problema così…”
“Lo è, invece!” La grifondoro alzò la voce, sempre più agitata. “E da quanto tempo non mangi?! Non hai toccato cibo!”
“I… hem… ai domestici a quanto pare servono la cena in camera dopo che…”
Ecco. Ecco cos’era.
Tonks lo fissò in un misto di rabbia e disperazione. Era passato solamente un pomeriggio e loro due sembravano già su due mondi diversi.
Erano già lontani.
Ed era stato così dannatamente veloce e...e normale. Erano bastate poche ore e quel mondo, quel modo di fare che avevano tutti… già stava manipolando le loro teste!
“Tu sei mio amico!” digrignò i denti, sentendo gli occhi pizzicare. “Non sei il mio domestico!”
“Tonks… ma…”
La ragazza afferrò un bignè.
“Mangia.” ordinò, asciutta, e senza tante remore andò a sventolarglielo sotto il naso e quando lui fece un passo indietro ci mancava poco che glielo ficcasse direttamente in bocca.
“Tonks, aspetta, hey…!”
Lui la prese impacciatamente per le braccia ma lei continuò a tirare dritto fin quasi a spingerlo e persero entrambi l’equilibrio.
“Waaah!”
Il pasticcino le scappò via dalle dita quando Rem la prese tra le braccia e se la strinse contro per proteggerla nella caduta. Gli franò sopra il ventre ma si rialzò subito sui gomiti, fino a ritrovarsi a pochi centimetri dal suo viso.
Lui aveva della crema pasticcera fra i capelli.
Lei aveva gli occhi lucidi.
“Non voglio essere così.” sbottò tristemente, mordendosi le labbra. “Non voglio che tu sistemi le mie cose e mi prepari la colazione e tutto il resto!”
Perchè niente di quello era lei. Niente di quello le apparteneva né le sarebbe mai appartenuto. Così come non era mai appartenuto ad Andromeda Black.
E sapere che sua madre era stata costretta lì per anni, tra quei sorrisi di plastica, così sola, così spezzata… eppure così dannatamente coraggiosa da non lasciarsi plagiare. Quanto a lungo aveva combattuto? Quanto doveva aver sofferto? E ora Tonks era lì, nella tana del mostro, aveva tradito la sua fiducia, aveva infranto tutte le promesse che si sussurravano tra le lenzuola nelle notti in cui sua madre perdeva la sua corazza di donna invincibile e si rannicchiava ancora spaventata e fragile nel suo letto, stringendola fra le braccia come se non riuscisse a credere di essere riuscita a scappare. Facendole spergiurare e spergiurare che sarebbe stata attenta, che avrebbe dovuto fare tutto il possibile per non finire mai nelle mani di quei Black che la terrorizzavano ancora così tanto.
E invece, ora lei era dai Malfoy e qualcuno aveva deciso che la persona per la quale stava facendo tutto questo dovesse servirle il pasto, dovesse resistere senza mangiare o lamentarsi, che fosse in qualche modo diverso da lei, che era meno importante di lei e solamente...per cosa? Per del sangue che scorreva loro nelle vene? Lo odiava, quel dannato sangue! Non lo voleva! Non voleva niente di quello!
Non voleva che lei e Remus fossero lontani o diversi nemmeno per finta, nemmeno per due giorni!
Finalmente lui parve capire e si fece serio. Sollevò una mano e le sfiorò una guancia, cercando di calmare il suo ansimare con un rilassante movimento delle dita sulle mandibole, leggero e appena percettibile.
Sospirò, e poi le sorrise.
“Ho capito. Se è quello che desideri… ti lascerò sbrigare da sola queste faccende.” la rassicurò, serafico.
Poi, improvviso come una saetta, si sollevò sul busto e sempre tenendosela sulle ginocchia la strinse a sé, passandole una mano dietro il collo e una sulla schiena.
Fu così rapido e inaspettato che Tonks fece un verso buffo, come un singhiozzo trattenuto.
La pelle di Rem sapeva ancora di sapone. Le sue mani sembravano sempre grandi rispetto a lei, ma non le facevano male mentre passavano piano sulla sua schiena e poi tra i capelli alla base della nuca. Il suo tocco sulla cute era rilassante, piacevole.
Aveva affondato il viso sulla sua spalla, ignorando il fatto che il cuore le stesse battendo forte ed il respiro le fosse rimasto incastrato in gola. Remus era… come una cometa. Gelido e irraggiungibile da lontano, ma quando lo spazio fra loro si colmava… il calore era immenso.
“Scusami, Tonks.” mormorò nella stoffa del suo vestito. “Vederti in quel letto… così pallida… io …” la strinse un pochino di più. “…Mi sono sentito così inerme… non riuscivo a raggiungerti e…dio, non riuscivo a raggiungerti…!”
Non aveva visto la sua espressione quando l’aveva abbracciata, era stato troppo veloce, ma ora… ora poteva immaginarla.
Doveva essersi davvero preoccupato a morte. Non riusciva nemmeno a sollevare le braccia - che aveva lasciato a penzoloni lungo i fianchi - per consolarlo.
Era davvero… un contatto troppo intimo. E quell’intimità era dolorosa. Dio, se faceva male…
C’era davvero così tanta tenerezza in quel abbraccio che si sentì di gomma.
Pensava di essere una ragazza fin troppo disinibita per la sua età ma quando lui faceva così… ritornava di nuovo ad essere una marmocchia…
“Hey, Rem…” sussurrò soave, facendogli alzare lo sguardo. Aveva allungato una mano sul tavolo e afferrato un altro pasticcino. Questa volta lui fece per prenderlo ma lei gli fece una linguaccia e gli spiaccicò la sua crema pasticcera sulla fronte.
Poff.
Lui scoppiò a ridere, le prese un polso senza fare male e, nonostante lei lottasse, ricambiò il dispetto riuscendo a dirottare la sua mano contro la sua stessa guancia, impiastricciandogliela di panna montata.
Divenne ben presto una lotta forsennata che si tramutò poi in una strana e colossale stanchezza, e finì che si ritrovarono ancora l’uno fra le braccia dell’altro, fronte contro fronte… i volti di nuovo aperti in due splendidi sorrisi.
“Sei tremenda, sai?”
“Mai quanto te! Non azzardarti mai più a farmi da schiavo!”
“Quante storie, che ne sai che non volessi solamente prendermi cura di un’amica? Paige non si sarebbe lamentata così… ” insinuò lui con aria birichina, beccandosi in faccia una torta intera.
“Già, so io cosa avrebbe voluto farti Paige!” rise, fingendo che niente degli ultimi, bellissimi e dolorosi istanti fosse mai capitato. “Sarà mica un ringraziamento per aver salvato le tue virtù da un attentato vero e proprio?”
“Se ti fa piacere vederla così… sappi che ti sono infinitamente riconoscente!”
“Oh, meno male che lo hai ammesso…” soffiò perfida Tonks. “Iniziavo a pensare che forse lo avresti preferito…”
“Sicuramente mi avrebbe dato meno da fare!”lui le puntò il dito contro.“Draghi, eh?”
“Ups… Touchè…”
Lui tirò fuori la bacchetta dalla tasca e le porse il palmo.
“Dammi il biglietto.”
Lo prese e iniziò a guardarlo in silenzio. Poi lo sfiorò con la punta della bacchetta mormorando “Lumos”.
“Che fai?”
“Controllo che non ci sia un messaggio nascosto nella carta. Se in alcuni punti la carta è più spessa, la luce penetrerebbe in un modo diverso.”
“Oh!”
Remus fece anche qualche altro esperimento, sussurrando “Revelio” e altri incantesimi, ma alla fine sospirò.
“E’ quello che è. Solo un foglietto con scritto un indovinello sui draghi. Potrebbe voler dire tutto o niente.”
“Ci vorrebbe Cristhine. Lei è bravissima a risolvere enigmi.” sbuffò Tonks, delusa.
“Da brava Corvonero. Ma sprecheremmo troppo tempo. E anche io ho qualcosa di Corvonero, dentro di me.”
“Ah sì? Te l’ha detto il Cappello Parlante?”
Lui annuì con aria assorta.
“Era indeciso della Casata in cui mettermi. Secondo lui andavano bene tutte.”
Non si rese conto di quello che si era appena lasciato sfuggire fino a che Tonks non chiese d’istinto “Anche Serpeverde?”.
“Già.” Ammise con voce piatta, dopo un lungo silenzio. Tonks fece spallucce.
“Piton è Serpeverde. Mi piace Piton.”
Remus sorrise pensando alla faccia che avrebbe fatto James e poi la guardò bonariamente.
“Tu non sei attendibile! A te piacciono tutti, Tonks!”

Ma tu mi piaci più di chiunque altro…

Ma non lo disse.
“Riassumendo il tutto.” continuò Rem, grattandosi il mento. “Abbiamo dei draghi trattenuti illegalmente, una Tassorosso che farà di tutto per liberarli con o senza di noi, una parola d’ordine che sblocca le gabbie che li imprigionano, parola che conoscono solo i Malfoy e… altro?”
“E serve la presenza di Lemon per non essere fatti arrosto quando li si libera, ma dice che sarà marcata stretta per tutto il resto del tempo.”
“E solo un giorno per risolvere tutti questi problemi. Oh, e questa sera c’è la cena di gala, giusto che tu lo sappia.”
“Dio, uccidimi!”
“Attenta a quello che ordini, ‘Signorina’… ”
“Non possiamo inventarci una scusa?”
“Temo di no.” Rem si alzò con un ghigno e le porse la mano. “Coraggio. Stando in camera di certo non risolveremo quel dannato indovinello. E magari riesco anche a capire chi accidenti ce lo abbia spedito e perché.”
Lei si sollevò di scatto con rinnovata energia e si piazzò la mano sulla fronte a mo’ di militare.
“Facciamogliela vedere!”







I lavori di quel sabato erano stati decisamente faticosi e dovevano ancora volgere al termine, cosa che di unanime accordo si era stabilito di completare il giorno dopo perché il Boccino di James aveva fatto dannare tutti quanti e il Marauder rischiava seriamente il linciaggio pubblico.
Lily Evans si accoccolò meglio vicino al camino della Sala Comune sentendo… una presenza calda che le ancorava la vita.
James sonnecchiava piano, i capelli che ricadevano sul viso e le braccia che la stringevano come se fosse stata il suo peluche ma… non le dava fastidio.
Anzi, era piacevole. Come avere una coperta termica spalmata addosso.
Quella su cui si erano rannicchiati assieme era la famosa poltrona della discordia… lei e James litigavano sempre un sacco per quel posto.
La poltrona del Re.
Ed ora, vi si accoccolavano assieme, gambe e mani intrecciate, ad accogliere lo scoppiettio del fuoco sulla pelle.
Chi l’avrebbe mai detto… nessuno a Grifondoro ci avrebbe mai creduto solo qualche mese prima.
La Grifoncina sorrise dolcemente e si raggomitolò meglio contro di lui. James mugolò come un micio, quasi vibrando di piacere, e strofinò il naso contro il suo braccio senza aprire gli occhi.
Dopo il fattaccio di San Valentino, James era apparso sempre stanco… esausto era la parola giusta. Si addormentava durante le lezioni e saltava gli allenamenti, gli occhi gonfi e l’aria sempre stropicciata e assonatissima.
Lei gli stava vicino e lasciava che l’abbracciasse durante quei pisolini, in un modo così intimo e familiare che sembrava stessero assieme da sempre. Anche se non avevano più parlato di ciò che era successo, non piaceva a nessuno dei due l’idea di separarsi dall’altro e ogni pretesto era buono per… stringersi.
Sentiva che lui era stato spezzato, in qualche modo. Liu l’aveva traumatizzato molto più di quanto non pensassero, ma James non voleva parlarne.
Solo… dormire, e sentirla vicina durante il suo sonno.
E per una volta Lily aveva deciso di dargli esattamente ciò di cui aveva bisogno e di ignorare l’elefante nella stanza.
Si godettero il silenzio per un po’ fino a che James non fece uno sbuffo e Peter irruppe nella stanza pochi secondi dopo, trafelato e paonazzo.
Ci si sarebbe mai abituata?
“James! Allarme Rosso!”
“Sono invisibile, sono invisibile…” mugugnò lui, affondando ancora di più il naso nella camicetta di Lily come a nascondersi. Lei li guardò interrogativa.
“Che succede?”
“Pericolo! Panico!” continuava a sbraitare Peter fino a che lui non aprì pigramente un occhio solo puntandoglielo addosso.
“Dov’è?”
“Che?”
“Che vuol dire che? Il motivo per cui sei qui!”
“S-sì… cioè…”
“Ma non puoi pensarci tu?”
“Sì, stavo solo… stavo solo per dirti che lui è…”
“Parla pure tutto il giorno!” frecciò Potter, sarcastico. “Davvero, recita poesie. Non mi importa.”
“Non riesco a calmarlo, va bene?!”
“La piantate di fare i misteriosi, voi due?!” sbuffò la Evans, alzando gli occhi al cielo. “Che succede?”
“Succede che Sirius ha sviluppato un fastidiosissimo istinto paterno nei confronti di sua cugina che lo porta a dare i numeri.”
“E quindi?”
“E quindi vuole picchiare Remus.” sbuffò James, del tutto indifferente.
“Non lo voglio solo picchiare!” ruggì Black, entrando dopo Minus con una strana espressione e gli occhi chiazzati di rosso. A Lily sembrò di captare una vaga strisciolina di fumo e fiamme dietro di lui ma il quadro si richiuse subito. “IO LO AMMAZZO, MI HAI SENTITO RAMOSO?! IO VADO LA’ CAZZO, IO LO TROVO, GIURO SU DIO, LO STANO COME UN FOTTUTO SEGUGIO E DOPO…!”
Seguì una serie di commenti su come avrebbe torturato uno dei suoi migliori amici.
“Tonks?” sussurrò Lily, divertita.
“Tonks.” confermò James, con un mezzo ghigno.
“Quindi sono davvero assieme!”
“Si saranno incontrati fuori da scuola mentre dovevano sbrigare le loro faccende…”
“Quali faccende?”
“E che ne so? Roba di famiglia immagino…”
Il fatto che James non fosse curioso la diceva lunga sul grado di stanchezza che si sentiva addosso.
A quanto pare era di comune accordo e di comprovata prassi Maraudersiana lasciare che Sirius facesse il diavolo a quattro fissandolo in silenzio come quando si ha a che fare con un bambino particolarmente capriccioso, ma Lily non era d’accordo.
Così, Black andò avanti ad abbaiare fino a quando la rossa Grifondoro non ne poté davvero più, e cioè esattamente dieci minuti dopo.
“La vuoi piantare?!” scoppiò, sorprendendo tutti. “Insomma, Sirius! Che ti piaccia o meno, Tonks non è più una bambina! E’ una giovane, effervescente novità in una scuola piena di ragazzi allupati, esattamente cosa pensavi potesse capitare?!”
Lui la fissò strabuzzando gli occhi e per un bellissimo, miracoloso momento chiuse il becco.
“Ed in più è una Black! Non sono in molti a saperlo ma non pensi che non appena la verità sul suo conto prenderà piede non ci sarà un solo ragazzo qui dentro che vorrà farle la festa?! Ah, no, non ti azzardare nemmeno a strozzarti con la tua stessa saliva adesso! E’ la verità e tu lo sai bene! Non ho idea del perché una come Tonks sia rimasta inosservata fino ad adesso e a dirla tutta ogni volta che ci penso mi accorgo di essere un tantinello confusa, il ché mi fa presupporre che Silente ci abbia messo lo zampino, e questo spiegherebbe la verità che nessuno ha il coraggio di sbatterti in faccia!” si alzò, esasperata, andandogli sotto al naso come mai nessuno aveva osato fare con Paddy. “Sai che cosa penso? Che Tonks sia stata costretta fino ad adesso a mantenere un profilo basso, ora invece è riuscita a venire allo scoperto, ed è nel pieno del suo boom di ormoni e – NO, TAPPARTI LE ORECCHIE NON TI IMPEDIRA’ DI SENTIRE QUELLO CHE STO PER DIRTI! - ed è LAMPANTE che sia famelica!”
Ignorò il silenzio attonito che seguì quella parola.
“Sì, famelica! Come tutti gli accidenti di Marauders! Ha fame di vita, di esperienze, di normalità, e solo un cieco non se ne accorgerebbe! Per cui che ti piaccia o meno Tonks prima o poi si farà le sue storie, e non pensi – per un solo momento – che sarebbe meglio che al suo fianco ci sia uno come Remus e non un imbecille qualunque? Perché ti assicuro che se continuerà a disperarsi così accadrà proprio questo, che si accontenterà di un imbecille, e quell’imbecille si approfitterà della sua ingenuità come Rem non farebbe mai! Quindi che farai, signor Felpato, farai secchi tutti gli adolescenti scemi di questa scuola facendoti odiare dall’unico elemento non fuori di testa della tua famiglia o lascerai che finalmente sia felice con il tuo migliore amico?! Migliore amico che, per altro, finalmente riesce a scoprire un minimo di interesse per una ragazza dopo aver passato gli ultimi cinque anni a chiudersi in se stesso e a vedere, anzi no, peggio ancora, a sentire la sfilza di cretine che gli avete fatto sfilare da sotto il naso! E tanto per la cronaca…” finì ansimando, rigettandosi sulla poltrona con James che la fissava strabiliato, “… il fatto che Tonks sia la fuori con Remus, con uno che ha la forza e la gentilezza di Remus, non farebbe altro che rendermi contenta! Quante streghe al mondo possono vantare la protezione di un Lupo Mannaro gentiluomo? Quindi tappati il naso e accetta il fatto che due persone a cui vuoi bene possano finalmente avere il loro lieto fine!”
Sbam. Bomba lanciata.
E a quanto pare, aveva appena vinto un round.
Sbuffò mentre Sirius afflosciava le spalle sotto la sua cinica logica e, funereo e sconfitto, abbrancava il suo ragazzo per la collottola.
“Ho bisogno di bere.” gli sibilò.
Non aggiunse altro.
James ridacchiò, anche se istintivamente un suo braccio parve scattare verso Lily. O forse se l’era solo sognato.
Le strizzò l’occhio.
“Ritorno fra poco.” le promise, facendosi trascinare via.
La Grifoncina lottò contro la tentazione di afferrarlo a sua volta e fare un imbarazzante tiro alla fune con Black, ma a quanto pareva l’amico era in piena crisi e aveva molto più bisogno di James di lei.
Perlomeno farlo sbronzare avrebbe impedito a Sirius di fare qualche follia, che sembrava disperatamente pronto a fare.
Rimase solo Peter, che la guardò pieno di una meraviglia che la imbarazzò un pochino, sussurrando un :”forte…” prima che Black tuonasse anche a lui di seguirli.
Li fissò allontanarsi e sospirò, fino a quando non si accorse della lucina azzurrastra che emetteva la sfera dove, fino a pochi giorni prima, era stata il contenitore della votazione dei Grifondoro per il Caposcuola.
Ora i biglietti svolazzanti non c’erano più, confluiti assieme a quelli delle altre Casate nella sfera principale in Sala Grande.
Solo dodici ore alle elezioni.
Qualcosa le si appesantì sullo stomaco.
Solo dodici ore al grande cambiamento della scuola. E della sua vita.
Non sopportò di vedere quella luce un secondo di più e si trascinò fuori dalla Sala Grande, decidendo di prendere aria nel cortile. James non sarebbe tornato tanto presto.
Camminò sovrappensiero per un po’ fino a quando non vide qualcosa che la costrinse a fermarsi.
“Professor Silente?” le sfuggì di bocca, sorpresa.
Il vecchio mago stava contemplando con le mani dietro la schiena il lago Nero in lontananza, con qualcosa di indecifrabile nello sguardo. Era nel vialetto principale accanto ad una carrozza e ad alcune valigie consunte.
“Sta partendo?!”
Lui non diede segno di essere stupito di vederla lì e si girò, calando una maschera di porcellana sulla sua espressione di prima, che coprì con un sorriso gentile.
“Oh, Signorina Evans. Si gode anche lei l’aria fresca?” indicò con il capo le valigie. “Temo di dover partire per qualche tempo, in effetti…”
La cosa le mise addosso un vago senso di allarme.
“Ma… ma tra poco ci sarà l’arrivo degli studenti delle altre scuole… e… le elezioni… e…“ si zittì di botto, rendendosi conto di assomigliare a una bambina piagnucolosa che prega il papà di non lasciarla da sola.
Il preside però non se la prese, anzi, sembrò capire il suo senso di panico.
“Non preoccuparti, Lily. Vi lascio in buone mani. Hagrid, la Professoressa McGranitt e i nostri professori… hanno tutto sotto controllo e tengono a voi più di chiunque altro. Mi spiace solo perdermi la prima elezione del Caposcuola di questo istituto. Dimmi, sei emozionata?”
Solo dodici ore.
Lily non rispose, mordendosi le labbra. Silente ammorbidì il suo sguardo, fissandola con tenerezza.
“Ne sei proprio sicura, non è così?” la sconvolse, con un’occhiata sagace. “Sei certa della tua decisione?”
Quindi… lo sapeva?! Certo, a lui non poteva sfuggire mai nulla. Ma perché non l’aveva fermata…? Come avrebbe dovuto sentirsi lei, ora? Quale emozione era consona all’essere stata beccata in pieno ad infrangere le regole dall’autorità massima?

Di certo non eccitazione.

Eppure…era ciò che provava.

Famelici… i Marauders sono tutti famelici…

Raddrizzò le spalle e lo guardò quasi con sfida.
“Lo sono.”
Silente non si risentì. Anzi, nei suoi occhi comparve un brillio divertito e scoppiò a ridere.
Che uomo bizzarro…
“Ti va di aiutare un povero vecchio a sistemare i suoi bagagli?”
“Cos…oh, certo…”
Quando afferrò una delle valigie, quella fischiettò un allegro motivetto e parve farsi più leggera di proposito.
“Le piaci. Di solito a me cerca di staccare le dita!”
“Professore… posso chiederle…” mormorò Lily, cercando di non pensare alle sue falangi in pericolo e sistemando le borse nella carrozza. “… per caso… non è che potrei… riavere la mia collana…?”
Ci fu un breve momento di silenzio prima che lui le rispose calmo: “Temo non ancora, purtroppo. Mi duole privarti di un così bel gioiello, immagino che tu ci tenga molto.”
“E’… un regalo.” ammise lei, arrossendo, caricando l’ultima sulla pila. “E… so che è strano, ma… averla al collo mi fa sentire più al sicuro.”
Non sapeva perché la partenza improvvisa di Silente la facesse sentire tanto a disagio. Quasi esposta.
Avevano affrontato tanti pericoli in quell’ultimo anno, ma la presenza del loro preside aveva trasmesso loro quel tipo di fiducia che si può percepire soltanto sotto la luce di una candela nel bel mezzo dell’oscurità.
“Cercherò di non stare via a lungo.” rispose lui, flemmatico, chinando il capo per ringraziarla dell’aiuto. “Sai, c’è davvero tanto della tua famiglia in te.”
“Che intende dire?”
“Un mago cresciuto fra maghi avrebbe usato la bacchetta per spostare le borse…”
Lily arrossì di nuovo.
“Oh… giusto…”
“Non c’è da vergognarsi. Le nostre radici fanno di noi ciò che siamo…”
“E’ solo che… beh, da tempo sono abituata così, visto che in estate non possiamo usare le bacchette…”
“Il tempo…” lui parve perdersi. I suoi occhi si velarono, e guardò di nuovo all’orizzonte con quell’aria strana, quasi malinconica. “… un concetto pieno di mistero, se ci pensi bene. Forse, meno astratto di quanto si pensi. Eppure, così inafferrabile. Viene da chiedersi se si possa davvero controllare, o se tutto ciò che facciamo lungo la sua scia sia sempre e solo prestabilito da un fato già scritto. Rimane allora da chiedersi quale sia davvero il senso di quello che facciamo.”
Lei non seppe bene cosa rispondere e rimase lì, a dondolarsi sui piedi, sentendosi un po’ goffa.
L’atmosfera fra loro era cambiata. Silente non le trasmetteva più la sua solita aria di tenerezza e calore, e le sue rughe, mentre scrutava il vuoto, si erano fatte più profonde.
Come se vedesse qualcosa che lei non riusciva a vedere. Qualcosa che sembrava addolorarlo in un modo molto intimo, un dolore a cui Lily sembrava sbagliato assistere.
Un intrusa in un quadro.
“Perché… perché sta partendo?” mormorò, per spezzare quella stasi e perché sinceramente curiosa. Non era da Silente abbandonare la scuola, a meno che non fosse assolutamente necessario. A meno che non ci fosse una qualche emergenza.
Lui le piantò lo sguardo addosso come un macete. Occhi freschi, limpidi e dolci, eppure con una liquidità antica e saggia come quelli di una creatura quasi ultraterrena.
“C’è qualcosa che devo scoprire. Qualcosa che voglio provare a cambiare. A salvare.”
Le sorrideva adesso, ma era un sorriso triste. Lo percepì anche se la sua maschera di porcellana era ancora ben tirata sulla sua faccia, sulla sua anima.
C’era qualcosa che feriva Silente. Immaginò che in una vita così ricca come la sua, così lunga, le cose che lo addoloravano dovevano essere tante. Erano abituati a vederlo sempre allegro e sorridente, quasi che fosse sbucato dal nulla da sotto il Cappello Parlante, già così, come lo strambo personaggio di una fiaba che prendeva vita all’improvviso. Già con quella barba bianca, quegli occhiali a mezzaluna perennemente impolverati, il suo lungo cappello blu tutto storto e la sua espressione buffa e rassicurante.
“La aspetteremo.” La maghetta gli rivolse il più dolce e rassicurante dei sorrisi. Era davvero egoista pretendere che quell’uomo vivesse per loro. Non spettava a lui essere sempre la loro candela nell’oscurità. Aveva tutto il diritto di spegnersi ogni tanto, se lo desiderava.
Lui parve analizzare qualcosa nel suo viso e ridacchiò, smorzando la tensione.
“Ed io non vi farò aspettare troppo! Temo che i viaggi troppo lunghi facciano poco bene al mio stomaco, non so se mi spiego. E poi, non resisterò molto senza rubare i zuccotti nella dispensa privata di Minerva! Il Signor Potter te li ha fatti mai assaggiare? Una vera delizia! Sarà un vero tormento senza poterli intingere nel latte, la mattina!”
Sorpassò sul fatto che sapesse che James trafugava nell’ufficio della McGranitt e pure sul fatto che lo faceva lui stesso, e ricambiò la risatina.
“Spero che ne valga la pena, allora!”
La mano di Albus Silente calò su di lei. Sulla sua testa.
Lei si sorprese, così come si sorprese nel vedere il suo sguardo.
Era lucido, e pieno di… amore. Gli occhi di Silente erano pieni di amore.
L’uomo diede un buffetto alla ragazza che aveva davanti a sé, in un silenzio quasi religioso.
Così giovane. Così coraggiosa.
La contemplò come si contempla un dipinto. E ritornò con la memoria ad altri occhi, che lo fissavano, così adulti e seri, in un letto di Infermeria.
Ritornò a quella promessa, al giuramento macchiato di sangue fatto ad un ragazzo terrorizzato.

Qualcosa che doveva provare a salvare.

Al momento in cui tutto, per Albus Silente, era cambiato.

Deve proteggere Harry. Deve proteggere mio figlio.”
Io cambierò il tuo destino.”



“Ne varrà la pena.” sussurrò, sorridendo a Lily Evans dal profondo del cuore. E suggellando una nuova promessa. “Anche se dovessi andare in capo al mondo intero. Anche se dovessero passare mille anni.”
“Dopo tutto questo tempo?” rise stupita la Grifoncina.
Le sopracciglia di Silente si arcuarono all’insù per un breve momento. Poi il mago smise di accarezzarle la testa, voltandole le spalle. Ma, anche se non poteva vederlo, l’ombra di quel sorriso così bizzarro ed enigmatico aleggiava in ogni sillaba della parola che pronunciò, salendo sulla carrozza.
Impressa in quella parola come pietra.

Sempre.”









James non stette via a lungo. La trovò seduta sotto il glicine nello stesso punto in cui Silente era partito. Era rimasta a lungo a fissare la carrozza, fino a che non era diventata un puntino nel cielo, e anche dopo.
Non si era resa conto del tempo che passava fino a quando Potter non le sfiorò la spalla.
Guardò distrattamente l’orologio.
Mancavano undici ore.
“Vieni con me!”
James la guardò con un’aria strana. Ma che prendeva a tutti quel giorno?
“Non sei ubriaco.” constatò Lily, ironica.
“Nah. Avevamo un impegno, non potevo sbronzarmi.”
Lei lo guardò, iniziando a farsi sospettosa.
“Quale impegno?”
Lui ghignò, prendendola per mano senza rispondere.
Ah, quello sguardo. Quella fame. La fame dei Marauders. La loro fame.
La condusse dentro al castello, senza guardare nessuno di quelli che li salutavano e quando il Prefetto di Tassorosso li fermò perché cercava l’aiuto di Lily per allestire uno dei palchi, fece letteralmente esplodere un lampadario.
E mentre quello si voltava strabuzzando gli occhi, la obbligò a darsela a gambe portandola via praticamente di peso.
“Insomma, James! Ma ti sembra il modo?!” Abbaiava Lily, venendo allegramente ignorata. “Con tutto quello che c’è da fare!”
“Appunto, hai bisogno di una pausa.” cinguettò lui, amabile, fermandosi davanti a una statua a forma di goblin. “E anche io.”
“James… anche a me piacerebbe prendere un attimo di respiro ma non c’è davvero tempo… le elezioni, i prossimi esami, le partenze…!”
Si bloccò di botto. James aveva tirato fuori qualcosa dalla tasca del mantello.
“No.” alitò, sconvolta. “No, non ci credo.”
Era un ciondolo dorato, con un congegno circolare ancorato a una manopola e che reggeva al proprio centro una piccola clessidra di vetro.
“Sei eccitata, ammettilo.”
“Do… dove… diavolo…”
“Lo sapevi che Gazza ne stava portando una cassa piena da Silente settimana scorsa?” lui se la dondolò pigramente davanti al naso, come un gatto che gioca con un topolino. “Una cassa intera! Ma ci credi? Strano forte. Beh, sgraffignargliene una a quel cretino non è stato affatto…”
DOVE DIAVOLO HAI TROVATO UNA GIRATEMPO?!” urlò Lily, e lui le balzò addosso tappandole la bocca con le mani.
“Ma che ti gridi! Vuoi farci sentire?! Ahi!”
La ragazza gli aveva appena morso un dito, e bello forte anche!
Lo guardò con un misto di panico e sgomento, incapace di pensare o ragionare.
Più o meno come quando ci si trova davanti ad un disastro imminente. Non un disastro come quando si sta per venire investiti da un treno, più un disastro… come quando si vede una città affondare portandosi dietro grattacieli e tutto il resto.
Perché James dannato Potter, l’essere più incosciente sulla faccia del pianeta, aveva appena rubato una Giratempo.
“James… qualsiasi cosa tu abbia in mente di fare, sappi che è pericoloso. Terribilmente, irrimediabilmente pericoloso.”
Il ché sarebbe stato un avvertimento per qualsiasi essere umano normale. Per James era un incentivo.
Se ne rese conto quando vide i suoi occhi brillare.
Cavolo!
Lui le puntò un pollice sotto il mento, sollevandoglielo appena mentre, improvvisamente, qualcosa dentro di lei sembrava andare a fuoco.
“E cosa senti, in proposito?”
C’era una sorta di solennità in quella domanda, come una sfida a dare la risposta giusta.
Eccitazione.
Lily ricacciò molto saggiamente i suoi sentimenti in un angolino lontano lontano del suo cervello e gli piantò addosso uno sguardo di sfida.
“Pensi davvero che te lo lascerò fare?”
Il tipo di sguardo di una strega pronta a combattere a suon di bacchetta, se necessario.
Che avrebbe intimorito qualsiasi essere umano normale.
Ma James non era normale.
Le sorrise, estasiato. Ci si crogiolò come se quello sguardo fosse il sole e lui avesse quel tipo di pelle che non si scotta mai.
“Rilassati, Rossa. Sono il figlio di una Veggente, ho a che fare con le Giratempo da tutta la vita.”
“Tua madre… ti lasciava maneggiare delle Giratempo?!”
“Certo che no, è fuori di testa ma non così fuori di testa!”
Lui se la stava godendo davvero un mondo.
“James…”
“Sto solo dicendo che capitava che ogni tanto qualcuno del Ministero le chiedesse di verificare la sicurezza di alcune di esse, quelle più potenti. Quindi la osservavo all’opera, tutto qui.”
“E tua madre ti ha mai spiegato niente al riguardo di NON usarle in modo scorretto?” ormai la voce di Lily aveva raggiunto livelli di isteria e acidità decisamente elevati. “Ti ha parlato – che ne so – del caso di Eloise Mintumble, tanto per dirne una? C’è un motivo per cui questi aggeggi sono sotto sorveglianza ministeriale! Ci vogliono dei corsi appositi solo per poterne toccare una!”
“Per rispondere alla tua domanda, sì, conosco il caso della Mintumble. Era andata indietro nel 1402 per ben cinque giorni, e ritornando al presente il suo corpo aveva portato con sé tutti i cinquecento anni di viaggio, facendo fuori lei e anche parecchi suoi discendenti. Ma io non voglio andare nel 1402, e questa è una banalissima Giratempo base, ovvero, il massimo a cui puoi aspirare di arrivare è di cinque ore nel passato. La danno ogni tanto anche agli studenti più nerd per stare al passo con le lezioni.”
“Sì, ma dopo durissime selezioni e sempre sotto la supervisione di un insegnante! Ci sono delle regole che…!”
“… E prima che tu me lo dica, no, non incontreremo i nostri noi-stessi di cinque ore fa, perché se ben ricordo stanno sonnecchiando su una poltrona in Sala Comune come due amabili piccioncini e noi invece stiamo andando in un posto molto, molto diverso.” la interruppe lui, con un’alzata di spalle.
“E dove, di preciso?”
Lui sorrise pigramente e fece il solletico a un’orecchia appuntita del goblin. Quello rise e nella sua pancia si aprì un varco, grande a sufficienza per passarci uno alla volta.
James staccò una torcia dal muro e, quando illuminò quel passaggio buio, Lily notò una lunga e tortuosa scala che scendeva nelle tenebre.
“Via libera! Allora, ti fidi di me o no?”
Si trovava davanti ad un passaggio segreto male illuminato affiancata dal capo dei Marauders che aveva in mano una Giratempo rubata, abbastanza vicina a lui da sentire il calore del suo corpo.
“Niente affatto.”
“Ottimo.” cercò la sua mano, l’afferrò e la tirò a sé. “Reggiti forte.”
Puntò il piede sul primo gradino e il pavimento cominciò a mutare, diventando liscio come ossidiana.
“Waaah!” Gli si aggrappò alle spalle, ma la scivolata ebbe breve durata.
Finirono col sedere in una stanzetta grande quanto uno sgabuzzino di pochi metri, alta e circolare. Non aveva luci né arredamento a parte uno strano armadio nero dall’aria parecchio sinistra. Era di legno, intagliato con strani simboli da ambo i lati.
Sembrava non venire aperto da parecchio tempo, a giudicare dalla ruggine sulla maniglia.
“E questo posto, come l’avete trovato?” chiese, non riuscendo a contenere la curiosità crescente.
“Non l’ho trovato da dentro la scuola, in realtà.” James aprì l’armadio. “Ma faccio prima a mostrartelo.”
“Vuoi… vuoi entrare in quell’armadio?”
Lui sorrise, già con un piede dentro. Si girò verso di lei porgendole la mano con il palmo rivolto verso l’alto e ripeté la domanda di prima.
“Allora, ti fidi di me?”
E Lily ripeté la stessa risposta.
“Niente affatto.”
E afferrò la sua mano.




L’interno dell’armadio era stretto, tanto che dovette sollevare entrambe le braccia sopra la sua testa per riuscire a starci dentro insieme. Potter le passò un braccio dietro la vita e l’altra mano, invece, risalì lentamente verso le sue. Il movimento li portò ancora più pressati uno sull’altro, ma tutto quello che Lily riusciva a sentire era il suo dito che risaliva, come un ronzio elettrico, lungo il profilo del suo gomito, poi su, fino alle vene sui polsi, in una lenta carezza che arrivò impercettibile alle sue dita con una lentezza frustrante.
Represse un brivido, zittendosi di botto mentre i loro nasi si sfioravano e il sangue le affluiva sulle guance in un incendio.
Dannato Marauder.
L’armadio era ancora aperto, e solo uno spiraglio di luce arrivava a loro tramite la torcia che avevano appoggiato al muro.
Quando avrebbe chiuso l’anta, sarebbero stati completamente al buio…
James appoggiò la fronte contro la sua, il braccio ancora alzato sopra le loro teste, un ghigno sardonico che faceva capolino nella mezzombra che rendeva i suoi lineamenti diabolici affettati come il profilo una spada.
Le passò tra le mani la Giratempo. La sentì colpire dura e tiepida il suo palmo.
“Cinque giri, Rossa.” sussurrò.
Una sfida.
Voleva che fosse lei a farlo.
Il James Potter stanco, spezzato e fittizio che Liu Chang aveva lasciato dietro di sé era improvvisamente scomparso.
Era di nuovo lui. Era di nuovo pronto a… no, era proprio un bisogno. Aveva bisogno di sfidarla. Aveva bisogno di quello. Di loro.
E anche lei.
Senza smettere di guardarlo negli occhi, Lily chiuse le proprie dita sulla manopola della Giratempo.
La porta dell’armadio si chiuse e improvvisamente lo spazio divenne molto più largo, ma la Grifoncina rimase ancorata a lui mentre la girava.
Un giro. Due giri. Tre giri.
Non aveva mai utilizzato una Giratempo. Ovviamente.
Erano oggetti rari, e sorvegliati.
Quattro giri. Cinque giri.
Il buio si dissolse. Ebbe la sensazione di volare all’indietro, a grandissima velocità. Un turbine di colori e forme le sfrecciò davanti agli occhi.
Le orecchie le pulsavano e per un folle momento le parve di sentire una ragazza gridare il suo nome, da qualche parte in quel vortice.
Poi si ritrovò di nuovo al buio, con i piedi per terra. Lo stesso armadio di prima.
“Figo, eh?” ridacchiò James al suo orecchio. “Dai, vieni!”
Le Giratempo erano straordinariamente potenti.
Il fatto che ne fosse stata recapitata una scatola a Silente, settimana scorsa, e Silente fosse dovuto improvvisamente partire subito dopo per un viaggio di emergenza le aveva fatto suonare un campanello di allarme, ma decise che a quello avrebbe pensato dopo.
Perché quando James aprì la porta dell’armadio, la stanza di prima non c’era più. Al suo posto, c’era una… una spiaggia.
“Ma… che cosa…”
Strabiliata, Lily balzò fuori. Il rumore spumoso del mare riecheggiava attorno a loro, mentre una lunga lingua di sabbia bianca correva fino a perdita d’occhio, affiancata da picchi e colline di un verde brillante. Con la schiena rivolta alla scogliera, perfettamente incastonata nell’ambiente, una casetta bianca svettava davanti all’oceano.
Aveva il tetto spiovente color acquamarina un po’ rovinato e un porticato dove fila di collane di conchiglie blu e sonagli argentati tintinnavano nel vento.
Sulla sabbia, proprio davanti, c’erano coperte di patch, candele e due cestini di vimini.
Non si trovavano più ad Hogwarts.
“Ci siamo… ci siamo smaterializzati?” chiese, stupefatta, mentre James si toglieva le scarpe.
“Non proprio! E’ un Armadio Svanitore!” cinguettò allegro. “I miei a quanto pare ne hanno uno, che ho scoperto portare alla sua esatta copia ad Hogwarts, più o meno un mese fa, quando sono venuto qui in vacanza!”
“Dov’è qui, per l’esattezza?!”
“Siamo a White Rocks, Irlanda, in una delle proprietà dei miei.”
“Una delle… perché, quante ne hai scusa?”
Lui fece spallucce.
“Un po’. Non le ricordo tutte!”
Oh, certo, una frase perfettamente normale! Con la sincera nonchalance di uno sfondato di soldi!
Lily scosse la testa, allibita e divertita assieme, mentre James davvero sembrava non rendersi conto di essere probabilmente una delle persone più ricche che conoscesse e che le persone comuni non avevano “una quantità di residenze di cui non si ricordavano l’esatto numero”.
Quando glielo disse, non fece una piega.
“Cristhine è più ricca.” disse solo.
Tutto perfettamente sensato.
Lily guardò la casetta, immaginandosi James, il piccolo James, a cavallo di quell’altalena sull’albero sbiancato dalla salsedine, o a giocare con le onde cavalcando la sua piccola scopa giocattolo. O adocchiando uno strano armadio nero in mezzo alla sabbia, probabilmente chiuso a chiave e ricoperto di incantesimi di sicurezza fino al momento in cui non era riuscito a capire il modo per forzarli tutti. Tipico di lui.
“I miei qui non ci vengono spesso, e la casa è un po’ vecchia, ma a me piace.”
Lily guardò di nuovo la residenza. Sembrava una grossa conchiglia incastonata negli scogli. Il cuore le si gonfiò come un palloncino.
“E’… bellissima…”
Lei… non aveva avuto molto modo di viaggiare. I suoi genitori non erano ricchi, e la scuola di Petunia era ancora più costosa di quella di Lily, per cui le vacanze erano rare. Non vedeva il mare da moltissimi anni.
L’intento di James fu chiaro dopo una seconda, rapida occhiata.
Un appuntamento. Una giornata tutta per loro.
Lontani da tutti e da tutto, perfino dal tempo.
Avevano a disposizione… tutto il pomeriggio. Su quella spiaggia solitaria, accompagnati solo dal rumore dei gabbiani.
Lily sorrise, poi si tolse le scarpe e cominciò a correre. Un istante dopo e, ridendo, James era al suo fianco.
Le sembrava pazzesco essere fuori da Hogwarts. Le sembrava pazzesco essere lì.
Si rincorsero fino ad arrivare alla riva.
Immerse i piedi nell’acqua, ancora fredda, e rimase a contemplare meravigliata gusci di conchiglia fino a quando James non la raggiunse e, sospirando, le appoggiò il mento sulla spalla.
Non era della loro sfida che aveva bisogno. Non solo.
Le sembrò che James tornasse a respirare davvero solo in quel momento, dopo lunghi giorni di apnea.
Odiò Liu Chang per ciò che gli aveva fatto. La ragazza era sparita dai radar, rinchiudendosi nel proprio dormitorio, e a quanto aveva sentito in giro premeva per farsi spedire in Erasmus a Durmstrang, ma Lily ne sentiva ancora la presenza tossica tutto intorno a loro.
Il sorriso terrorizzato di James mentre svelava le sue paure a lei per la prima volta…

Se non torno quel tipo… non potrò… non sarò abbastanza forte. Non… non sarò in grado di salvarti…”

“Shht.”
James parve quasi udire i suoi pensieri e glieli zittì. Era sereno, e aveva fatto le cose con una certa romantica organizzazione, bisognava dirlo.
Un picnic a lume di candela.
Un volo sulla scopa fino al golfo, a quota abbastanza bassa da poter sfiorare il mare con i talloni, in modo che non le venissero le vertigini.
Un ballo lento, a piedi nudi sulla sabbia.
L’oceano. Una scogliera. Una scommessa. Una corsa. Una sfida.
Inseguirono Spyro, il boccino di James, cercando di acchiapparlo fino a non avere più fiato, sia per la fatica che per le risa. Si schizzarono fino a ritrovarsi entrambi fradici, e si scaldarono accendendo un piccolo falò.
Me ne ricorderò per sempre.” Pensò Lily Evans. Era sopraffatta da questo pensiero. “Ricorderò ogni cosa e, fra moltissimi anni, sarò ancora capace di percepirlo con i sensi.”
Il peso dell’abito, il vento salato ed il sole sul viso, le fragole ricoperte di cioccolato che si scioglievano sulla lingua.
Il tramonto arrivò fin troppo in fretta.
Era stato un giorno perfetto.
Niente folla, niente pericoli, niente paure.
Solo loro due.
Il loro piccolo giorno segreto rubato al tempo.
E la stanchezza con cui James si sdraiò con il ventre rivolto verso la tovaglia da picnic fu diversa stavolta, una stanchezza sana e felice.
Lily allungò le gambe permettendogli di passarci sopra un braccio, possessivo e tenero allo stesso tempo, immergendo i piedi nella sabbia e guardando l’orizzonte che si incendiava.
“Ancora pochi minuti e poi dobbiamo tornare indietro.” bofonchiò di malavoglia James, affondando la faccia contro una piega della sua gonna. “Dobbiamo tornare prima che i nostri alter ego scendano nel passaggio segreto, altrimenti rischiamo di beccarli…”
“Si ritorna alla solita vita, eh?” ridacchiò Lily, guardando il cielo. “Però in fondo, non è tanto male… sempre che tu non abbia intenzione di dormire per sempre.”
Lui rimase un po’ in silenzio e poi sospirò senza alzare il viso.
“Ho abusato del potere dell’Incantatore… la stanchezza è una conseguenza di questo. Non è una magia che sprigiono spesso, e non allenandola mai comporta dei limiti fisici decisamente importanti…”
Oh. Interessante.
Quindi il potere di James non era illimitato… anzi, andava allenato, addirittura! Come un muscolo…
Si morse la lingua perché, fosse stato per lei, avrebbe parlato di quello per ore. Era un’accademica, dopo tutto! E sarebbe stato decisamente interessante scoprire fin dove la magia di James potesse arrivare… ma lasciò perdere e si limitò a passargli le dita fra i capelli, cosa che parve gradire molto di più.
Che razza di Famiglio viziato…
Fece per sorridere quando qualcosa guizzò nel suo campo visivo. Non riuscì a capire per bene che cosa fosse effettivamente cambiato nel paesaggio fino a quando non abbassò gli occhi sul bicchiere di succo di fragola che aveva appoggiato al suo fianco.
Strizzò gli occhi, mentre il suo riflesso sul bordo del bicchiere… decideva di muoversi per conto suo.
Di nuovo quella sensazione. La Lily nel bicchiere era solo una macchia confusa rossa e rosa, ma… non era più lei.
Ne ebbe la certezza assoluta.
La fissò senza che James si accorgesse di nulla per un breve secondo, paralizzata, fino a quando qualcosa – qualcuno - le sussurrò dentro la testa.
Scappa.”
Sussultò di scatto, sollevando il viso. E lo vide.
Il fiato le schizzò fuori dai polmoni, le orecchie fischiarono, la percezione della forza di gravitò si distorse.
Nel cielo c’era una crepa.
E accanto a quella crepa, che svettava luminosa nell’assoluto nulla come se fossero ancora sotto una cupola del tempo in procinto di frantumarsi, il Dissennatore Grigio, il Rinnegato, li fissava immobile come un angelo della morte.
Scattò in piedi nell’esatto istante in cui le mani di Potter si stringevano all’improvviso e lui sollevava gli occhi percependo il pericolo.
“James!” strillò, ma i piedi persero l’equilibrio per via dell’improvvisa forza gravitazionale tra lei e il suo Famiglio e franarono entrambi sulla sabbia.
Era tornato! Non riusciva a pensare ad altro mentre cercava di divincolarsi dalle coperte e dalle braccia del suo ragazzo. Era tornato, era tornato… perché?! Voleva… voleva di nuovo baciare James, rubargli l’anima come quel giorno…?!
“Cazzo!” tuonò James, riuscendo a staccarsi da lei.
Afferrò la bacchetta e balzò in piedi prima del Marauder ma il Dissennatore era sparito.
Non c’era più.
Ma il panico rimase… anche perché, improvvisamente, il terreno sotto i loro piedi cominciò a tremare.
“James! Che succede?!” strillò, balzando all’indietro mentre tutto attorno a loro… delle strane crepe multicolore facevano affondare la sabbia e spaccavano la roccia.
E’ il tempo, pensò all’improvviso, senza sapere perché ma sentendo sulla pelle piena di brividi che quella era la verità. Il tempo si sta rompendo.
E James parve pensare la stessa cosa perché tirò fuori dalla camicia la Giratempo...e sbiancò.
“Cosa… cazzo…” alitò, sgomento, perché su quel dannato affare… c’erano delle crepe.
Ma era… era impossibile! Le… le Giratempo non si rompevano! Mai!
Potevano essere dissolte tramite specifici incantesimi del Ministero, ma rompersi in quel modo, come se fossero stati gioielli di vetro qualunque…!
Era assurdo!
James l’afferrò per un braccio.
“Dobbiamo tornare. Ora!” tuonò, e iniziarono a correre verso l’armadio lanciando dietro di sé incantesimi a casaccio nel caso il Dissennatore li stesse inseguendo.
Si lanciarono dentro l’armadio e se lo richiusero alle spalle mentre un boato esplodeva alle loro spalle.
James armeggiò frenetico la manopola della Giratempo e Lily si contorse nel tentativo di fargli spazio.
Un giro… due giri… tre giri…
“James! Sbrigati!” gridò Lily. Non c’era più tempo…!
“Questo… questo dannato affare si è incastrato…!” James sbuffò digrignando i denti mentre cercava di completare il quarto giro. Era assurdo… la manopola di una Giratempo… non poteva incastrarsi…
Qualsiasi legge della fisica stava venendo infranta davanti ai loro occhi!
L’armadio iniziò a tremare attorno a loro. La strana luce multicolore sembrò filtrare dall’alto sulle loro teste.
Si stava aprendo una crepa… proprio lì?! Cosa sarebbe successo cadendoci dentro…?! Si sarebbero… dissolti?!
Lily chiuse gli occhi, affondando le unghie nella sua camicia.
James sbloccò la manopola con un urlo feroce.
Quattro giri. Cinque giri.
Il viaggio di ritorno fu decisamente diverso da quello di andata. Non ci fu più l’impressione di cadere all’indietro ma… le sembrò che tutto si dilatasse, anche i respiri.
Il turbinio multicolore dell’andata era durato pochi attimi, il tempo di un battito di ciglia. Quello del ritorno durò molto di più… e per uno strano, assurdo secondo parve loro di affondare in quella strana dimensione fatta di bagliori accecanti e forme convulse… forme nelle quali, Lily vide loro stessi.
Sbarrò gli occhi, mentre accanto a sé, come se fossero davanti a uno strano film multidimensionale, vedeva sé stessa afferrare la mano di James ed entrare nell’armadio.
Li sentì passarle accanto come se potessero toccarsi, ma la Lily del passato – o del futuro? Non riusciva più a capirlo – non parve sentirla né vederla.
Ed improvvisamente, li vide girare la Giratempo come avevano fatto loro cinque ore prima.
No! No, sarebbero finiti dritti dal Dissennatore Grigio! Dritti in quelle crepe!
Allungò la mano verso di loro. Non andate! Non fatelo!
“LILY!” Gridò, con tutto il fiato che aveva nei polmoni. L’altra versione di sé, abbracciata a James, fece per girarsi verso di lei… ma prima che potesse vederla, tutto finì e loro ruzzolarono fuori dall’armadio Svanitore.
Era finita. Erano in salvo.
Rimasero per terra ad ansimare per lunghi, interminabili minuti.
“Ero io…” realizzò Lily a voce bassa e roca, sentendosi infinitamente scema. “Quel grido che avevo sentito… che chiamava il mio nome… ero io…”
La Giratempo si crepò definitivamente con un sonoro “crack”… e poi si dissolse come polvere scintillante davanti ai loro occhi, lasciandoli attoniti.
“Ecco perché Silente ne aveva una cassa intera.” sussurrò James, serio. “Le stava analizzando!”
“Cosa pensi che sia successo?” sussurrò di rimando Lily, sconvolta. “Quello che abbiamo appena visto… non è possibile!”
“Eppure è successo…”
“James… pensi che ci sia… un problema nel tempo?”
La domanda cadde fra di loro come una mannaia.
Entrambi rabbrividirono alla sola idea. James scosse la testa, desolato.
“Non lo so.” ammise.
“Tua madre!” si ricordò Lily all’improvviso. “Tua madre ha dei problemi nella sua chiaroveggenza, non è così?”
“Più o meno dall’inizio dell’anno, sì!”
“Pensi che… pensi che sia tutto collegato? Pensi che stia succedendo a tutti i Veggenti? Le era mai capitato prima d’ora?”
Lui alzò le spalle, scuotendo la testa e stirando la bocca in una smorfia.
“No, ma non posso dirlo con certezza. I miei non parlano spesso del loro lavoro o del loro passato con me, a dire il vero.” C’era una sorta di amarezza in quella frase che cercò di far passare per leggerezza e disinteresse. “Io… so solo che questa cosa non mi piace affatto…”
No, pensò Lily. Non piaceva nemmeno a lei.
Mostri ed ex psicopatiche… potevano anche affrontarli. Avrebbero potuto affrontare una guerra vera e propria, probabilmente, con quel pizzico di sconsideratezza, follia e coraggio che li contraddistingueva.
Ma problemi con il tempo…
James captò la linea dei suoi pensieri e sospirò.
“Andiamo. Abbiamo da fare.”
Fare cose che potevano affrontare. Fare cose da studenti. Cose normali.
Quello era decisamente dentro la loro portata. Quell’altra, invece, era roba da Silente e Ministri, roba da Potter senior e consorte. Roba da adulti. Anzi, era probabile che stavano analizzando la situazione proprio in quel momento, ed era per quello che erano partiti tutti quanti senza dire dove andavano!
E… beh, i suoi genitori non venivano mai sconfitti. A lui non rimaneva che fidarsi, lasciare fare ai “grandi” e non fare mai più la stronzata di maneggiare una Giratempo rubata. Insomma, la solita routine del figliol prodigo.
Allora perché era così turbato?
Forse perché, qualcosa gli suggeriva, dentro di sé, che al centro di tutto… c’erano loro. Era folle ed egocentrico anche solo pensarlo, ma… sentiva sulla pelle che c’era qualcosa che gli stava sfuggendo.
Una cosa importante, un dettaglio o un indizio fondamentale che era andato perduto.
Non ricordava assolutamente niente di quando quel Dissennatore aveva cercato di portargli via l’anima, quel giorno sul Campo di Quidditch. Ma era da allora che aveva la sensazione di aver perso qualcosa di fondamentale.
Aveva attribuito quell’amnesia al trauma, ma… e se dentro quel ricordo smarrito si trovavano più risposte di quanto avesse pensato?
Restava da chiedersi se voleva davvero scoprirle… o se decidere di lasciarle perdute.

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