Believer

di kamy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 Capendo di amarti ***
Capitolo 2: *** Cap.2 Pattinaggio ***
Capitolo 3: *** Cap.3 Dichiarazioni il giorno di San Valentino ***
Capitolo 4: *** Cap.4 La trota ***
Capitolo 5: *** Cap.5 Sul treno ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 La luce del cuore ***
Capitolo 7: *** Cap.7 La melodia dell’anima ***
Capitolo 8: *** Cap.8 Scala di grigi ***
Capitolo 9: *** Cap.9 Visita al cimitero ***
Capitolo 10: *** Cap.10 Aspettando Pasqua ***
Capitolo 11: *** Cap.11 Giudicati ***
Capitolo 12: *** Cap.12 Infiammazione da sella ***
Capitolo 13: *** Cap.13 Dopo le esplosioni al mattatoio ***



Capitolo 1
*** Cap.1 Capendo di amarti ***


Ringrazio anche solo chi legge.

Scritta col prompt dell’iniziativa ‘I prompt del lunedì’ di Il giardino di Efp.

Prompt di Koa Sato: Prompt 2: Holmes/Watson. Durante Game of Shadow. Watson si è appena sposato con Mary, ma invece che essere con lei in luna di miele, se ne sta su un treno con Holmes a farsi sparare. Il momento in cui si rende conto che è felice solo facendo questa vita, è anche lo stesso in cui comprende quel che prova per Holmes.

 

Cap.1 Capendo di amarti

 

Ho lasciato i proiettili volare, oh, li ho lasciati piovere.

 

Watson ansimò e si voltò, accanto a lui era ancora steso Holmes. I frammenti di legno volati dalla cabina traforata dai proiettili gli erano ricaduti addosso.

Holmes aveva le labbra sporche di rossetto piegate in un ghigno e stava fumando dalla propria pipa. I suoi occhi truccati di azzurro si muovevano inquieti e brillavano di luce.

Watson avvertì il battito cardiaco accelerato, era vicino all’altro abbastanza da sentire l’odore del tabacco, da avvertire il corpo sudato e in tensione dell’altro.

“Ha visto? Giacendo con me tutto è andato per il meglio.

Sua moglie, inoltre, con mio fratello, non corre alcun pericolo” disse Holmes con voce sicura di sé.

Watson si rialzò di malagrazia e si passò le mani tra i capelli, scuotendo il capo.

< Ho il battito cardiaco a mille. Dannato lui, le sue folli idee! > pensò.

“In che guaio mi ha messo questa volta?” gemette.

“Se lei non avesse avuto tutta questa fretta di sposarsi…”. Iniziò a dire Holmes.

“Holmes…” ringhiò Watson.

“Avevo cercato di avvertirla che la più grande mente criminale di tutti i tempi era in azione. Lei non ha voluto credermi, non ha voluto seguire la mia tela di ragno…”. Proseguì Holmes.

“… Oh, adesso…” gemette Watson.

“… Ha deciso che per fermarmi utilizzare lei sarebbe stata la mossa migliore. Per me era un gatto che giocava col topo usando un fioretto, per lui è una partita a scacchi tra trote…”. Continuò Holmes.

“La prego!” sbraitò Watson.

“Suvvia. Questa è la nostra ultima collaborazione di coppia. Un po’ forzata dagli eventi, ma non mi dica che non la sta apprezzando anche lei.

Si sarebbe annoiato in una noiosa luna di miele” ribatté Holmes.

Watson si deterse le labbra secche con la lingua e sospirò.

< Ha ragione. Fuggo dalla guerra e dall’azione, ma sono per me una droga, una dipendenza ben maggiore rispetto a quella del tabacco. Non posso fare a meno d’impugnare una pistola come… Non sono in grado di stare lontano da lei, Holmes! > pensò.

Si lasciò cadere seduto pesantemente e sospirò.

“Ha gettato mia moglie da un treno proprio durante il nostro viaggio di nozze” gemette.

“Si calmi. In fondo andremo a Parigi, quale luogo migliore per un viaggio di nozze?” chiese Holmes.

“Io lo volevo fare con Mary, non con lei! Le ricordo che non l’ho sposata” piagnucolò Watson.

Holmes scrollò le spalle, il tabacco arrossato gl’illuminava il volto di riflessi vermigli nella penombra.

“Su, andiamo, non faccia il bambino. C’ero anche io in Chiesa e ho tenuto le fedi” ribatté Holmes.

< Queste donne sono così sopravvalutate. Non si devono di certo sposare per forza > pensò.

“Lei era il testimone, non la sposa” brontolò Watson.

< Sono più felice a stare su un treno con lui a farmi sparare che con l’unica donna con cui io abbia avuto un rapporto profondo.

Diamine! Credo di essere innamorato di lei, Holmes. Questi discorsi non mi aiutano affatto.

Ho appena compreso di avere una qualche malattia mentale perché mi sento attratto, non da un uomo qualsiasi, ma proprio da lei! > pensò. Si massaggiò le tempie, sentendole pulsare.

“Ci divertiremo a Parigi e, poi, ho intenzione di portarla a teatro” lo confortò Holmes.

“Non credo di avere altra scelta, mio malgrado” esalò John.

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Capitolo 2
*** Cap.2 Pattinaggio ***


“Questa storia partecipa a “Una Challenge sotto l’Albero” indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp.

Prompt: 24) A non sa pattinare e B prova a insegnarglielo.

Scritta sentendo: Imagine Dragons – Believer; https://www.youtube.com/watch?v=7wtfhZwyrcc; http://www.testimania.com/testitradotti/29118.html.

 

Cap.2 Pattinaggio

 

Prima di tutto,

Dirò tutte le parole che ho dentro la mia testa.

 

“Watson, mi lasci dire ciò che penso di questa idea…” disse Holmes.

Watson si strinse nella sciarpa di una misura più grande, fatta a maglia, e si raddrizzò il cilindro che portava in testa.

“Lei non poteva rimanere ancora rinchiuso nel suo appartamento…” lo richiamò.

“Il nostro” ribatté Holmes e rischiò di cadere.

Watson gli passò le braccia sotto le ascelle e lo sostenne, appoggiandosi alla transenna.

“Il suo, ormai. Io mi sono trasferito” lo richiamò.

“Lo ammetta, tutto questo è solo per insegnarmi un altro sport su cui vuole scommettere i suoi guadagni” lo richiamò Sherlock.

“Sono sei mesi che è rinchiuso. Come suo medico, come suo amico, le impongo di prendere una boccata d’aria” lo richiamò Watson.

Pattinò più indietro sulla spessa lastra di ghiaccio, raddrizzando Holmes, che indossava dei bianchi e sgualciti stivaletti da pattinatore.

“L’unica cura alla mia malattia, il tedio, è un nuovo caso. Se lei li seguisse insieme a me, saprebbe che al momento che non ce ne sono d’interessanti” lo richiamò Holmes.

“Si lasci insegnare a pattinare” lo pregò Watson.

Holmes assottigliò gli occhi, notò il bastone di John appoggiato su uno dei gradini di legno oltre il parapetto, il sorriso sotto i suoi baffi e le sue gote arrossate dal freddo, il fiato che si condensava davanti al suo viso.

< Per prima cosa, come sempre, ho detto tutte le parole che mi passavano in testa. Nei suoi confronti sono assai più infantile e polemico di quanto mi appartiene.

La presenza di Mary è deleteria per il nostro rapporto!

Ora, però, è tempo di arrivare alle giuste conclusioni.

Avete dimenticato il conflittuale rapporto con la vostra gamba e mi state rallegrando in queste tetre feste prive di omicidi interessanti. Per il vostro bene, posso anche lasciarmi convincere a proseguire quest’arte ludica assolutamente insensata > pensò.

“Mi faccia vedere come devo fare” disse, richiudendosi uno dei bottoni della giacca che gli si era sciolto. I capelli scuri gli ricadevano disordinati ai lati del viso.

Watson gli porse il braccio e Holmes gli passò intorno il suo. John lo condusse con sé lungo la pista, sollevandolo le diverse volte in cui rischiava di cadere.

“Si lasci andare e vedrà che si divertirà” lo spronò John.

“Lei è un inguaribile ottimista se pensa che riusciremo in questa folle impresa” disse Holmes, lasciandosi guidare.

John ridacchiò, il suo uscì di gola, leggermente gracchiante. Il freddo gli faceva pizzicare il naso.

“Lei è riuscito a insegnarmi a ballare il valzer egregiamente, forse un giorno a seguire scimmiescamente le sue orme. Non vedo perché io non debba riuscire in questa impresa” lo rassicurò.

Holmes gli sorrise.

“Vedremo” disse.

< Anche se sono più propenso a credere che in questo caleidoscopio d’informazioni, tra gli altri clienti e le innumerevoli sfaccettature e crepe del ghiaccio, cadrò a terra schiantata e sopraffatto. Però, per averla vista così contenta e fiduciosa, ne sarà valsa la pena > pensò.

Watson gli fece fare alcuni giri, se lo appoggiò contro per non farlo precipitare, ed entrambi arrossirono con aria impacciata.

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Capitolo 3
*** Cap.3 Dichiarazioni il giorno di San Valentino ***


“Questa storia partecipa a “Garden in love (attività miste)” indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp.

Prompt di L.A.: A trova il coraggio di dichiararsi a B il giorno di San Valentino. Ma anche C si dichiara ad A.

 

Cap.3 Dichiarazioni il giorno di San Valentino

 

Sono pieno e stanco per il modo in cui le cose sono sempre andate, oh-ooh.

 

Holmes si allacciò un foulard rosso intorno al collo e si passò la mano tra i morbidi capelli scuri, si allontanò dallo specchio e proseguì nel corridoio, scese dalle scale ed estrasse la chiave dalla tasca del cappotto, raggiunse la porta e l’aprì.

L’aria fredda e uggiosa lo investì, arrossandogli le guance, il cielo era grigio e l’ambiente era illuminato da dei lampioni, si muoveva silenziosamente, fischiettando ogni tanto. La luce soffusa si mischiava alla bassa nebbia, creando dei giochi di ombre giallastre.

Holmes roseguì in strada con passo veloce, rubò un mazzo di rose che un uomo teneva dietro le spalle, mentre era intento a bussare ad una porta. Holmes accelerò il passo ed entrò al volo in una carrozza parcheggiata. Si sedette, affacciò la testa e gridò l’indirizzo al guidatore, che spronò i cavalli e partì.

Il rumore degli zoccoli risuonava mischiandosi allo stridio delle ruote di metallo, confondendosi al suono prodotto dalle altre carrozze nella strada.

Holmes guardò le rose e ne ispirò il profumo, socchiudendo gli occhi.

< I fumi dell’oppio di cui ho abusato ieri notte mi confonde le idee, ma so benissimo che oggi è il momento a cui mi stavo preparando. In fondo San Valentino è il giorno migliore per dichiararsi >. Un petalo rosso gli finì sulle gambe e ticchettò con la scarpa contro il sedile su cui era accomodato.

< Non mi sono annunciato, ma so che Watson sarà in casa per tutta la giornata. Dopo avermi abbandonato da solo nel nostro appartamento per quel piccolo studio medico non dovrei neanche parlargli, dovrebbe ringraziarmi di questa mia scelta.

No, non è vero, lo amo… >. Chiuse gli occhi e visualizzò la scena diverse volte, studiando le possibili espressioni o le frasi di Watson.

< Non trovo un finale positivo, ma sono sicuro che ci riuscirò. Nessuno può rifiutare le avance di un Holmes > si rassicurò Sherlock.

La carrozza parcheggiò davanti a una fila di edifici con giardino, uno di questi aveva un gazebo.

Holmes scese e lanciò una moneta, che il guidatore si affrettò a prendere al volo.

“D’oro? Guardi che bastava d’argento” disse l’uomo, con voce tremante.

Sherlock scrollò le spalle e si avviò, stringendo il mazzo di rose al petto.

“Il resto lo tenga di resto” disse, raggiunse la porta e bussò, si accorse che la porta era socchiusa. Le tempie gli pulsarono, notò delle impronte di fango oltre a quelle di Watson, il tappetino per pulirsi le scarpe leggermente spostato e un forte profumo da donna.

< Strano… Non ci sono clienti, non sento il loro vociare e questo profumo… >. Il battito cardiaco gli accelerò, mentre i suoi occhi si arrossavano. < Tutti gli indizi portano ad un’unica conclusione, ma non può essere, non voglio accettarlo. Non posso saltare frettolosamente a una risoluzione sbagliata > rifletté.

S’irrigidì vedendo Watson seduto accanto a una donna dal sorriso gentile ed i vestiti semplici.

“John, so che è inusuale che una donna si dichiari ad un uomo…” disse Mary con voce tremante.

“No, Mary, lo avrei fatto io se non lo avessi fatto tu. Attendevo solo perché so che è abusato dichiararsi a San Valentino. Non desidero altro che averti come mia fidanzata, ma, tu sei sicura?” domandò John con voce tremante, gli occhi liquidi.

“Certo che voglio” sussurrò Mary e gli avvolse il capo con le braccia.

Watson chiuse gli occhi e la baciò con trasporto.

Holmes se ne andò con passo felpato, senza farsi notare, gettò i fiori in una spazzatura e corse verso un’altra carrozza. Aveva iniziato a piovere, l’acqua gelida gli scivolò lungo il viso, mentre la nebbia londinese s’inspessiva.

< Sono stanco di come le cose vanno sempre nella mia vita > pensò Holmes, fu colto da un capogiro e rischiò di cadere a terra.

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Capitolo 4
*** Cap.4 La trota ***


“Questa storia partecipa alla Red Challenge indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp”.

Prompt: 1. Tortura.

 

Cap.4 La trota

 

Il modo in cui le cose sono sempre andate, oh-ooh.

 

Moriarty danzava sul posto, con le braccia aperte, cantando a squarciagola.

Nell’intera cittadina industriale risuonava, dagli altoparlanti, la melodia della trota, che lui cantava a sua volta in perfetto tedesco.

Le urla di dolore di Holmes, mentre l’amo penetrava nella carne della sua spalla, risuonava insieme alla melodia. La carne era squarciata, i muscoli dilaniati.

Sherlock era sempre più pallido, mentre il sangue sgorgava dalla ferita, la sua vista era completamente annebbiata e respirava a fatica. Per terra si era venuta a creare una sinistra pozza nero-vermiglia, densa, costellata da macchie prodotte da gocce sporadiche tutt’intorno.

Moriarty sorrise e fece finire più a fondo l’uncino, la sua risata arrivava deformata alle orecchie della vittima.

< Sei uno sciocco. Pensavi davvero di potermi fermare? Io sono il progresso. La guerra mondiale si farà che io ci sia oppure no, fa parte dell’animo umano il voler combattere, distruggersi a vicenda e conquistare. Tutti sono assetati di potere.

Io voglio soltanto avvantaggiarmi. Aiutare l’offerta ad esserci un po’ prima, per potermi arricchire. Le armi che ho creato, queste tecnologie, arriveranno comunque. Io le ho solo anticipate, fornendole diventerò ricco e potente quanto si merita una mente superiore e geniale come la mia.

Un peccato che un genio come il tuo, quasi all’altezza del mio, non capisca che un’alleanza tra noi è molto più conveniente per entrambi. Beh, peccato, quando due corpi celesti come noi si scontrano, gente inferiore come il suo Watson è solo un danno collaterale. Mi sforzerò di fargli avere una morte dignitosa, interessante più di quanto sia stata la sua stessa vita > pensò.

La tortura stava andando avanti ormai da almeno una decina di minuti.

“Allora, non voglio domandarglielo più. A chi ha mandato quel telegramma?” domandò il carnefice, con gli occhi febbricitanti. Fece una smorfia infastidita non riuscendo a comprendere cosa diceva Holmes, lo afferrò per una gamba e lo scese, ignorò l’urlo di dolore dovuto allo strappo e si piegò. Avvicinò il suo viso a quello dell’altro, portandogli l’orecchio all’altezza della bocca.

“A chi ha mandato quel telegramma?” scandì piano.

“A mio fratello… Mycroft…” esalò Sherlock con le sue ultime energie. Nascose il libretto rosso che aveva scambiato con un abile gesto della mano nella sua giacca.

< Mi dispiace di averla coinvolta in tutto questo, Watson. Probabilmente rischieremo entrambi di morire. Soltanto che ero geloso di lei. Perché ha sposato Mary? Io non le bastavo? Questa per me era un po’ una luna di miele tra noi, per farle capire che sarei stato un compagno di certo migliore. Sono stato così egoista.

Non mi sono reso conto che avrei dovuto tenerla al sicuro. Una volta averla salvata, avrei dovuto celarla agli occhi di questo ‘diavolo’ venendo qui da solo. Lei è sempre stata la cosa più preziosa per me.

Io la amo > pensò.

Moriarty fece un ghigno storto. “Ora voglio che lei si faccia una domanda. Chi è tra noi il pescatore e chi la trota?” soffiò, arcigno.

Un’esplosione fece crollare il tetto, travolgendo entrambi in una pioggia di calcinacci.

 

 

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Capitolo 5
*** Cap.5 Sul treno ***


“Questa storia partecipa alla Red Challenge indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp”.

Prompt: 2. Bollente

 

Cap.5 Sul treno
 

 

Come seconda cosa non dirmi cosa pensi che io possa essere.

 

“Questa doveva essere la mia prima notte di nozze. Lo ammetta, quello non è il suo travestimento peggiore. Lo ha fatto di proposito!” sbraitò Watson. Era steso sul vagone che andava all’indietro, guardando il cielo attraverso il buco che si era creato nel tetto.

“Io le apro finestre di opportunità che lei non coglie. Mi costringe a stare qui a fumare, quando potremmo avere un momento bollente” sussurrò Sherlock.

John schioccò la lingua sul palato, poggiandogli la testa sulla spalla, graffiandogli il petto muscoloso e nudo. “Io dovrei essere con Mary, adesso! Lei ha buttato mia moglie giù dal treno” sibilò. Gli morse la spalla con foga. “Solo per obbligarmi a giacere con lei” sibilò.

“Io non uso questi mezzucci. La nostra relazione atipica è stata messa in crisi dalla sua folle idea di sposarsi, lo ammetto. Però ero qui per salvarvi! Sua moglie sta bene, è con mio fratello le ho detto. Un’orchestrazione perfetta” borbottò Holmes. Si lasciò sfuggire un basso verso roco, mentre John gli accarezzava il petto, scendendo con le dita febbricitanti fino al fianco.

Watson si lasciò sfuggire un sospiro lussurioso. “Non si può avere una relazione stabile con lei. Da quando la conosco il mio vizio del gioco d’azzardo è peggiorato. Ho perso il conto di quante volte mi sono ubriacato e…”.

Sherlock gli avvolse il braccio intorno alla vita e lo trasse a sé, lo issò, facendolo stendere sopra di sé. Avvertiva il proprio membro sempre più eccitato, un bisogno impellente.

“Non dia la colpa a me. Lo sa che è quando balla che esagera col bere. Dovrebbe smettere di farlo, le fa un effetto simile alla…”. Lo interruppe Holmes.

John gli parlo a sua volta di sopra: “Alla droga? Mi faccia il piacere! Come suo medico, e suo amico, so benissimo che è lei ad avere un problema in quel senso. Abusa di cose che avrebbero dovuto ucciderla molto tempo fa”. Gli leccò le labbra, inumidendole di saliva.

< … Ed io che speravo di avere tutto questo la notte del mio addio al celibato. Così da poter chiudere definitivamente con lei, e con la passione che cresce nel mio cuore ogni volta che la guardo. Io l’ammiro e la desidero, lei è il mio Don Giovanni, il mio tentatore che mi spinge al peccato > pensò, sentendo la gola secca.

“Lei passa da momenti di pura eccitazione, a settimane in cui non fa nulla. Non esce di casa, non vede nessuno come un’eremita, non si concede neanche la luce del sole.

Io non posso continuare a vivere così. Ho bisogno di una vita normale” si lamentò.

“Oh, andiamo. Lei si annoierebbe con una vita normale” ribatté Sherlock. Gli sollevò i vestiti, accarezzandogli i fianchi. “Ormai lei è un po’ come me. I miei metodi sono entrati in lei, è come se le avessi infuso una parte di me”.

Watson iniziò a spogliarsi, col vestito corto.

< Non si può dire che non mi abbia corteggiato in tutti i modi. Mi ha insegnato a danzare come farebbe una donna. Mi ha ricoperto di rose, mi ha regalato gioielli. Mi ha deliziato col suo violino e ha voluto sentire quello che scrivevo, elogiandomi. Allo stesso tempo si è fatto spesso salvare da me. Mi ha cullato e mi ha allacciato la cravatta come se fosse la mia sposa.

Sì, la nostra è stata proprio una relazione atipica > pensò. “Lei è un perverso!” si lamentò.

“Soprattutto con lei, mio buon dottore” sussurrò roco Sherlock, con le pupille dilatate. Si era denudato completamente e ora risaltava la sua evidente eccitazione. Il trucco pesante, sciolto sul suo viso, faceva risaltare i suoi occhi, mentre le sue labbra erano accentuate dal rossetto sbavato che arrivava fino alle sue guance.

 Persino la sua pelle è bollente > pensò Watson.

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Capitolo 6
*** Cap. 6 La luce del cuore ***


"Questa storia partecipa alla Valentine's Day Run indetta dal forum Piume d'Ottone".

Prompt: 1 - Glow!AU (quando si è vicino alla propria anima gemella per la prima volta il petto si illumina).

 

Cap. 6 La luce del cuore

 

Sono io al timone, sono io il padrone del mio mare, oh-ooh

 

La luce della lampadina, tremante, era circondata da falene, ed illuminava l’ufficio in penombra.

La lampada sul soffitto era fulminata e la tapparella rotta, che ricadeva storta, filtrava le luci della città, lasciando entrare qualche spiraglio colorato.

Holmes era seduto in poltrona, con la schiena appoggiata al sedile. Indossava un completo nero e un cappello a falde larghe gli copriva in parte il viso aguzzo, dal naso pronunciato. Si grattò il mento tagliente ed ispirò dalla sua pipa, espirando il fumo dalle narici.

Teneva i piedi appoggiati sulla scrivania, con i talloni sopra un dossier ingiallito, e le gambe incrociate.

Sprofondò nella poltrona, scendendo più in basso. Il suo volto, particolarmente lungo, aveva dei riflessi vermigli dovuti alla brace della pipa.

< Nessun caso ormai da due settimane. La mia vita è di nuovo diventata monotona, appiattita in un grigiore ripetuto. I volti delle persone si confondono e i dettagli danzano davanti a me, pronti a far sprofondare ciò che rimane della mia sanità mentale >. Si deterse le labbra sottili con la lingua, facendo delle smorfie.

La lampada sulla scrivania si fulminò, con uno scoppiettio e un bagliore, lasciandolo completamente al buio. Imprecando a mezza voce, si piegò in avanti, facendo cadere un po’ del tabacco della pipa sul pavimento lercio.

Frugò nei cassetti e, tastando con le dita adunche, riuscì a trovare una candela. Recuperò dal taschino un accendino d’oro, su cui risaltava lo stemma della casata Holmes, e l’accese. Si scottò le dita e la mise nella tazzina del caffè, ancora un po’ sporca di zucchero.

Tornò a sprofondare nella poltrona.

La luce della candela illuminò una siringa abbandonata su un laccio emostatico, accanto a quest’ultima c’era un cofanetto di metallo con della polverina candida.

< Ho bisogno di applicare la mia mente, di trovare un colpevole, di rimuovere ogni informazione non essenziale > implorò. Si grattò gli zigomi pronunciati, su cui colava del sudore gelido. Lo stesso che percorreva la sua schiena, inumidendogli la camicia.

La sua spina dorsale, come il resto delle ossa, premeva sulla pelle ed era ben visibile dal collo in giù.

La porta, su cui si erano staccate in parte le lettere del suo nome, le stesse riportate su una targhetta dorata abbandonata su un divano sfondato, si aprì con un cigolio.

“S-scusi… Trovo qui il signor Holmes?” domandò un uomo, entrando. Era appoggiato ad un bastone, i capelli ricadevano su un viso segnato dal tempo.

< Un soldato, sicuramente. In congedo permanente, a giudicare dai troppi indizi. Per non parlare del fatto che è un medico fin nelle ossa > rifletté Holmes.

“Mi hanno detto che cercava un coinquilino con cui dividere le spese del suo appartamento” biascicò lo sconosciuto.

I suoi occhi incontrarono quelli di Sherlock, febbricitanti.

Holmes si portò una mano al petto e rabbrividì, scottandosi.

< Sembra che la mia defunta lampadina si sia accesa nel mio cuore. Il mio petto non è solo bollente, ma brilla > rifletté.

“N-non è possibile” esalò Watson, vedendo che anche il suo petto risplendeva.

Sherlock si alzò in piedi.

“Secondo la cultura corrente, lei è venuto qui per molto di più che un appartamento. Crede nei soulmates? Dicono che quando s’incontra la propria anima gemella la prima volta il petto s’illumina” disse.

Watson arrossì.

“C-ci credo… Ecco io… Ci dev’essere un errore, però…” balbettò.

Sherlock posò la pipa sulla scrivania e lo raggiunse.

“Posso sapere il suo nome?” domandò.

“John” esalò Watson, con aria sconcertata.

“Sherlock Holmes, piacere” si presentò Sherlock.

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Capitolo 7
*** Cap.7 La melodia dell’anima ***


"Questa storia partecipa alla Valentine's Day Run indetta dal forum Piume d'Ottone".

Prompt:4. Song!AU (Non fai che sentire in testa a ripetizione la canzone con cui la tua anima gemella è in fissa in questo momento)

 

Cap.7 La melodia dell’anima

 

Il padrone del mio mare, oh-ooh.

 

Sulla parete, dalla carta da parati marrone, c’era un grande specchio dalla cornice in argento.

Sotto di esso c’erano dei fori di proiettile e una freccetta tribale, in legno e piume rosse, conficcata.

Watson osservò Holmes portarsi la pipa alla bocca. Il fortissimo odore del tabacco riempiva il salottino.

“Lo ammetta, da quando vive con Mary non ascolta più buona musica” disse Sherlock.

Watson ribatté: “Io e Mary andiamo regolarmente a teatro”.

< … E lei lo sa, e non solo perché ogni volta lei è misteriosamente uno degli altri spettatori.

Nessuno dei due lo ha mai ammesso, ma siamo soulmates. Una cosa così rara nel nostro mondo, da essere leggenda, alla stregua della magia nera.

Io non lo dirò mai, perché voglio seguire le convenzioni sociali. Non c’è spazio per l’amore tra due uomini, sarebbe fatale per la mia carriera di medico e lei distruggerebbe il buon nome della sua famiglia.

Lei non ammetterà mai che esistono cose così ‘sovrannaturali > pensò.

“Io non mi riferisco a quello” ribatté Holmes.

< A cosa, allora?

Ogni volta che lei pensa ad una melodia, o canticchia tra sé e sé un motivo, questo risuona nella mia testa fino a farmi impazzire > pensò Waston.

Sherlock assottigliò gli occhi, rispondendo: “Mi riferisco al fatto che Mary non suona”.

Watson schioccò la lingua sul palato.

“Oh andiamo, non è possibile”. Scosse il capo, passandosi la mano tra i capelli. “Non penserà davvero che io possa sentire la mancanza di lei che strimpella col suo violino alle tre di notte”.

“Mio fratello Mycroft ha proposto d’insegnare a Mary a suonare. Potremmo andare tutti insieme alla casa di campagna.

Mentre loro fanno lezione, noi due potremmo appartarci. In questo modo le potrò far sentire un po’ di musica, sopperendo alla sua mancanza finché Mary non sarà adeguatamente preparata” disse Sherlock.

John sospirò.

“Io non posso crederci. Lei non finirà mai di sorprendermi” esalò.

< Così finalmente potrei convincere Mary a suonare quelle melodie, per illudermi almeno per un po’ che vengano dal mondo circostante e non dal legame tra le nostre mani > pensò.

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Capitolo 8
*** Cap.8 Scala di grigi ***


"Questa storia partecipa alla Valentine's Day Run indetta dal forum Piume d'Ottone".  

Prompt: 2 - ColorBlind!AU (il mondo è in una scala di grigi fino a quando non si incontra l'anima gemella) 

  

Cap.8 Scala di grigi 

  

Sono stato spezzato in giovane età  

  

Sherlock era seduto in una poltrona, davanti ad una ciotolina colma di gamberetti. 

< I primi colori che dimentichi sono il marrone ed il rosso. Inizi a confonderli e man mano non sei più sicuro di quale fosse uno e quale l'altro >. Afferrò un paio di bacchette e li prese uno a uno, portandoseli alla bocca. 

Aveva un tovagliolo posato sulle gambe e aveva controllato, prima di iniziare a mangiare, l’orario riportato dal suo cipollone d’oro. 

< Non puoi certo chiedere ai camerieri di che colore sono le cose che stai mangiando o rivangare i bei vecchi tempi in cui non avevi perso la possibilità di scorgere i colori uno dopo l’altro. 

È convenzione sociale che non si parli mai dei colori. Sarebbe un’offesa per i diversamente ‘percettivi’. 

Io la trovo una baggianata. Non mi è mai importato molto di ferire gli altri, ma non voglio perdere i miei privilegi in questo club. 

Io e Watson ci venivamo tutti i venerdì sera. Era un circolo che frequentava con gli altri medici e non voleva separarsi della mia compagnia neanche in quei momenti. 

Qui tutto mi parla di lui >. Si deterse le labbra con un tovagliolo. 

< Nel nostro mondo si può passare tutta la vita come se si fosse in parte ciechi. L’essere umano è deficitario di una parte di anima, finché non incontra il tassello mancante. 

Trovo i Soulmates una cosa così svilente. Gli animali o le piante possono sopravvivere anche da soli, al contrario dell’uomo. Nasciamo senza artigli, incapaci di camminare o badare a noi stessi senza l’ausilio di un genitore >. Socchiuse gli occhi, gli bruciavano ed erano arrossati. 

< L’essere umano non riesce a percepire i colori. Potrebbe anche vivere tutta la sua vita così. 

Io la trovo un’assurdità. Io, ossessionato come sono dal cogliere i dettagli, la trovavo una mancanza assurda e profonda. 

Watson aveva un’ottica più poetica >. 

Diversi capelli di Holmes erano ingrigiti ed il suo viso era una ragnatela di rughe. 

  

“Io la trovo una cosa romantica, è come nascere di nuovo. 

Il mondo è in una scala di grigi fino a quando non si incontra l'anima gemella. A quel punto è come se si togliesse un velo ed i colori esplodono davanti a te. Tutto il mondo si colora, è travolgente” disse Watson. 

Sherlock smise di suonare il violino, facendo una smorfia. 

“L’ho trovato alquanto stordente” borbottò. 

John giocherellò con il lobo del suo orecchio. 

“Oh, andiamo. Al contrario di me, lei l’ha superata benissimo. Non è neanche caduto a terra” si lamentò. 

Sherlock scrollò le spalle. 

“Devo dire che la devo ringraziare. La sua provvidenziale apparizione, e la sua successiva collaborazione, mi hanno aiutato a risolvere diversi casi” disse. 

Watson si sporse e gli posò un bacio sulla testa. 

“Lo ammetta, musone, neanche a lei è dispiaciuto scoprire i colori insieme a me” borbottò. 

  

< Watson ed io litigavamo tutto il giorno. Sembrava che non apprezzasse niente di me, e forse è quello che più mi manca. 

Tutta la mia vita era improntata proprio sul dargli fastidio. Non amavo niente di più che indisporlo. 

Forse non c’era niente che amassi più di lui, nella sua interezza. 

Non mi sorprende che fosse proprio lui, nella mia esistenza, ad essere associato ai colori > pensò Sherlock. 

Posò le bacchette, la ciotolina era vuota, quella con la salsina da abbinarci ancora colma. 

< Si può vivere tutta la vita senza colori. Se non li hai mai conosciuti, puoi vivere senza, ti sai ben giostrare nella scala di grigi. 

Quando il tuo soulmates muore, portandosi quel pezzo essenziale di anima, e perdi quell’arcobaleno perenne… tutto cambia. 

Ti fa quasi venire voglia di non averlo mai incontrato >. Una lacrima solitaria gli solcò il viso, mentre guardava la sedia vuota davanti a lui. 

“Mi manca, Watson” esalò con voce roca. 

 

 

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Capitolo 9
*** Cap.9 Visita al cimitero ***


Seguito di: Scala di grigi. Che aveva partecipato alla Valentine's Day Run indetta dal forum Piume d'Ottone. 

Tipo di Coppia: M/M. 

"Questa storia partecipa alla White Day Run indetta dal forum Piume d'Ottone"; 

Prompt: 17- Compleanno 

  

Cap.9 Visita al cimitero 

  

Tenendo il muso alle masse 

  

Il rumore dei grilli risuonava per il grande giardino, insinuandosi tra i grandi olmi ai lati delle strade ciottolate. Ovunque vi erano innumerevoli statue in marmo di angeli piangenti. 

Holmes si sedette sull'erba, davanti alla tomba di Watson. 

"Sa, aveva ragione il nostro vecchio comune nemico” sussurrò. Si accese il sigaro e mosse la mano su e giù per spegnere il fiammifero. Se lo infilò in tasca, ancora annerito. 

“Non c'è stato modo di fermare non una, ma ben due guerre mondiali. 

La sua amata patria l'ha tradita. Ha voluto una prima guerra ed ora è cominciata la seconda. Un nuovo conflitto totale”. 

< Oggi ho perso la capacità di vedere il colore verde. Costantemente viene sempre a mancarmi qualche colore in più, a ricordarmi di averla persa > rifletté. 

"Potrebbe obiettare dicendomi che anch'io sono inglese, ma... Lei mi gridava spesso che io non sono umano ed io non ci tengo a far parte di una razza così stupida" borbottò. Espirò una nuvoletta di fumo. 

"Ero venuto per festeggiare con lei il suo compleanno, ma suppongo che lei troverebbe ben poco per cui allietarsi. 

Mi limiterò perciò a farle compagnia" propose, chiudendo gli occhi. 

  

Holmes si sistemò il fazzoletto sulle gambe e l’orologio d’oro nel taschino. 

“Ha già ordinato?” domandò. Osservò i muscoli massicci di Watson, ancora allenati nonostante il bastone appoggiato accanto a lui. Si soffermò sul suo corpo ben proporzionato e sorrise. 

< Gli altri non hanno mai visto quanto è bello il suo corpo ignudo. Quanto siano affascinanti i suoi glutei. Non molti uomini sono dotati come lui. 

Nonostante non abbia mai avuto altri amanti, ai miei occhi non sfuggono nemmeno dettagli come questi > pensò. 

Watson annuì lentamente. 

“Lei?” domandò. 

Holmes socchiuse gli occhi. 

“Dapprima di lei” mormorò. “In fondo io sono sempre puntuale, al contrario di voi medici”. 

Watson sussurrò: “La prego di non mettermi in imbarazzo”. 

Sherlock sorrise. 

“Potrei dirle la stessa cosa, ma non lo farò per educazione. Non voglio rovinarle il compleanno”. 

John infilò la mano sotto il tavolo e gli sfiorò il ginocchio. 

“Le sono molto grato” sussurrò. Addolcì lo sguardo in sorriso. “Quando vuole sa essere premuroso”. 

Sherlock lo indicò con la forchetta. 

< Dovrei odiare i colori. Mi hanno dato fin troppi elementi in più per affaticare la mia mente sovraeccitata.  

Però mi permettono di vedere ogni dettaglio di lui e questo mi fa impazzire. Non credo ci sia niente di eguale a lui in tutto il creato > pensò. 

“Non si abitui. Da domani desidero di nuovo che mi affianchi in un caso. 

La sua mente è più acuta di quanto lei stesso non creda” sussurrò. 

John assottigliò gli occhi. 

“Mi sorprende non mi abbiate trascinato in qualche investigazione segreta questa notte stessa” borbottò. 

  

Sherlock finì di fumare il tabacco nella pipa. 

 

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Capitolo 10
*** Cap.10 Aspettando Pasqua ***


Partecipa a PROMPT DI SCORTA, WEEK #1 di LandediFandom. 

Prompt: D1) “Stare con un’altra persona è complesso, perché non sarà mai noi.” (Diodato) 

Fandom: Sherlock Holmes (Downey movie) 

Coppia: Johnlock 

  

  

Cap.10 Aspettando Pasqua 

  

Annotando le mie poesie per pochi 

  

Sherlock si portò la forchetta alle labbra e gustò lentamente, espirando dalle narici. 

“Possibile che lei non riesca ad amare neanche la Pasqua?” domandò Watson con tono polemico. 

Sherlock, seduto a tavola, era intento a tagliare una bistecca. Alzò lo sguardo ed osservò John. 

“Io non disprezzo nessuna festività, né il Natale, né la Pasqua, né qualunque altra cosa del genere. Semplicemente non vi trovo alcuna attrattiva” rispose Sherlock. 

John era in piedi davanti alla finestra, camminava avanti e indietro con sguardo truce. 

“Capisco che non vi piacciano le persone, ma di sicuro è meglio che vedere il peggio di questo mondo attraverso i vostri casi”. Osservò il calendario appeso alla parete, la carta da parati aveva bruciature per spari di pistola, buchi prodotti da delle freccette e dei tagli di pugnale. 

“Ditemi un’azione legata a queste feste che non sia pacchiana, per non dire inutile” ribatté Sherlock. 

< A lui piacciono sciocchezze come incontrarsi con gli amici, fare comunella con i parenti > pensò. 

Watson gli rispose: “Quello che lei considera inutile per me non lo è affatto. Vogliamo parlare delle splendide decorazioni alle uova? O dei meravigliosi dolci del periodo?”. 

Sherlock inarcò un sopracciglio. 

“Si possono gustare prelibatezze anche lontano dalle feste” ribatté. 

John corrugò la fronte. 

“Pasquetta?” tentò. 

Holmes ridacchiò. 

“Non vi sarà volta in cui non pioverà. Inoltre né a me né a mio fratello sono mai piaciute le scampagnate” si lamentò. 

Fuori dalla finestra aveva iniziato a piovere. La giornata era grigia e cupa. 

Innumerevoli carrozze passavano davanti agli alti edifici tutti uguali, che si confondevano nel grigiore uggioso che li circondava. 

“Ci sarà pur qualcosa di positivo che l’appassioni” si lamentò John. 

< Qualcosa che posso regalarle o un modo in cui possiamo condividere un momento positivo senza orrendi omicidi o rischi di morte > pensò. 

< Evidentemente vuole farmi un regalo. Come se non sapessi ogni volta di cosa si tratta. Posso indovinarlo molto prima che decida anche solo di comprarlo, ma se anche avessi dei dubbi questi scompaiono molto prima che io li scarti > rifletté Sherlock. 

“Suppongo che parlarle dei miei incontri clandestini, nonostante lei ci scommetta il nostro affitto, non rientri nel discorso” disse. 

Watson si abbandonò su una sedia a braccia aperte. 

“Forse dovrei rinunciarci” gemette. 

Sherlock si pulì il viso con un tovagliolo, rispondendogli: “Lei”. 

“Cosa?” domandò John, con aria confusa. 

“Lei. 

Lei mi appassiona” spiegò Sherlock. 

Watson aggrottò la fronte. 

< Stare con lui è così dannatamente complicato. Però non è solo colpa di Holmes. 

Stare con un’altra persona è sempre complesso, perché non sarà mai noi. Non possiamo mai capirla fino in fondo > rifletté. 

Watson si alzò dalla sedia e gli si avvicinò. 

“Allora festeggerà Pasquetta con me anche se dovesse piovere?” domandò. 

Sherlock annuì. 

“Possiamo andare alla tenuta di mio fratello. Anche se dovesse piovere nel giardino potremmo sempre trovare rifugio in casa” propose. 

John si sfregò le mani. 

“Bene, abbiamo un accordo. Però, con la scusa, questa volta non si prenda la mia giacca. Non è neanche della sua misura” borbottò. 

Sherlock ribatté: “Quest’ultima cosa non posso promettergliela”. 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Cap.11 Giudicati ***


Ha partecipato a PROMPT DI SCORTA, WEEK #1 di LandediFandom. 

Prompt: J1) Oh My God, They Were Roommates 

  

Cap.11 Giudicati 

  

Che mi esaminavano, mi scuotevano  

  

La gitana era seduta a gambe incrociate accanto ad uno dei suoi uomini.  

Quest'ultimo le domandò: “Quei due...", facendo un gesto eloquente della mano, "... Stanno insieme?". 

Simza rispose: "Certo. Dichiaratamente. Ero presente al loro addio al celibato" rispose lei con spiccato accento francese. 

Il suo compagno le disse: " a me hanno raccontato di essere coinquilini". 

La zingara sgranò gli occhi. Osservò Sherlock posare la testa sulla spalla di Watson, John gli avvolse il braccio intorno alle spalle. 

Holmes sbadigliò, addormentandosi. 

John gli sorrise, posando la testa sulla sua. I capelli di entrambi erano aggrovigliati, i loro vestiti strappati erano sporchi di terra e sangue. 

"Oh mio Dio, erano coinquilini? Avrebbero dovuto aspettare il matrimonio per vivere insieme. Poi dicono che siamo noi zingari i promiscui" si lamentò Simza. 

Il suo compagno ridacchiò. 

“Certo che gl’inglesi sono strani. Fanno anche sposare gli uomini tra loro” borbottò. Giocherellando con la sciarpa di lana fatta a mano di Mary. 

< Ha detto che gliel’aveva regalata sua moglie. Ho capito che quel tipo è un fifone, non ha avuto il coraggio neanche di salire su un cavallo, ma potrebbe anche non fingere che sia una donna > pensò. 

“Dici che stanno parlando di noi?” domandò John, rivolto a Sherlock. 

Mnh mnh…” mugolò Holmes, con voce sonnolenta.  

< Ho rischiato di perderlo. Non riesco a credere che ora sia qui, accanto a me. Quando ho udito le sue urla ho pensato d’impazzire > pensò Watson. Sorrise notando che Sherlock si era addormentato, lo fece stendere, mettendogli la testa sulle proprie gambe. 

Osservava fuori dal portellone aperto del treno lo scenario che si susseguiva. Il sole illuminava delle campagne verdeggianti puntellate da paeselli e campi di girasoli. 

Simza pensò, guardandoli: < Non ho bisogno di leggere le carte per sapere che il loro legame è così forte da poter abbattere qualsiasi ostacolo. 

Seguendo quei due possono accadere miracoli. Anche l’impossibile diventa possibile. 

Posso ritrovare il mio adorato fratello persino in questo mondo impazzito, in cui i diavoli sembrano ballare sulla Terra >. 

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Capitolo 12
*** Cap.12 Infiammazione da sella ***


Partecipa all'#HARDBLUSHINGCHALLENGE della pagina: Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart. 

Prompt: Prompt: Personaggio A e personaggio B affrontano un viaggio a cavallo. La sella provoca una bruttissima irritazione a Personaggio A. 

  

Cap.12 Infiammazione da sella 

  

Sentendomi cantare per il dolore al cuore 

  

“Holmes la vuole smettere di muoversi una buona volta? Sto cercando di disinfettarla” si lamentò Watson. 

Holmes incrociò le braccia dietro la testa, fissando il cielo stellato che s’intravedeva tra gli alberi. Sentiva i sassi sotto di lui fargli dolere la schiena. 

“Lo sapevo che ci sarebbero state delle conseguenze. Non si possono utilizzare creature così demoniache senza pagarne un qualche prezzo” si lamentò. Socchiuse gli occhi e guardò il medico intento a sfregargli vigorosamente la mano sui glutei. “Se lei mi avesse lasciato portare un po’ delle mie droghe adesso avrei almeno quelle a lenire questa sofferenza…”. 

John gli rivolse uno sguardo carico di rabbia. 

“Se lei non avesse mandato a monte il mio viaggio di nozze ora non ci ritroveremmo in questa spiacevole situazione” ribatté. 

Holmes schioccò la lingua sul palato. 

“Anche l’utilizzo della mia amata pipa potrebbe darmi refrigerio”. 

Watson roteò gli occhi. 

“La smetta di cambiare discorso” borbottò. 

Sherlock fece un mezzo sorrisetto mellifluo. 

“Non sto prendendo il discorso più interessante per risparmiarla. In fondo non sono io che sto palpeggiando le terga di un altro uomo da più di mezz’ora con incredibile naturalezza2. 

John arrossì di colpo, incassando il capo tra le spalle e deglutì a vuoto un paio di volte, avvertendo la bocca secca. 

“Si vede che lei non è abituato ad andare a cavallo. Ha lasciato che la sella le provocasse una terribile irritazione cutanea. Con quello che le sto dando riusciremo a tenere a bada l’infiammazione e il sovvenire di patologie più gravi. 

Quando risalirà sull’asino cerchi di stare più attento” lo richiamò. 

Sherlock chiuse gli occhi. 

“Ne ho avuto di peggiori da bambino. Anche mio padre aveva l’insana fissazione di andare in giro su esseri senzienti dotati di loro volontà e quattro poderose armi di morte” rispose. 

Watson domandò inarcando un sopracciglio: “Armi?”. 

“Gli zoccoli, Watson. Quegli zoccoli sono montati su delle micidiali zampe e sono pronti a spaccarti la testa” spiegò Holmes. 

John si rialzò in piedi, sospirando. 

“Si rivesta” borbottò. 

Sherlock gli domandò: “Sicuro che non vuole godersi un altro po’ la vista, dottore?”. 

Watson strillò: “Si rivesta!”. 

 

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Capitolo 13
*** Cap.13 Dopo le esplosioni al mattatoio ***


Scritto per il Writeptember.

26 giorno.

Prompt: 2. Ricerca; L’immagine rappresentava una scena H/C come questa tra Sherlock e Watson.

What if.

 

Cap.13 Dopo le esplosioni al mattatoio

 

Prendi il mio messaggio dalle vene.

 

Holmes spense la fiamma e versò il contenuto della pentola in un piatto: si trattava di minestra bollente. Aveva ancora i capelli umidi e gocciolanti, il corpo bagnato, sotto l'accappatoio, la vita stretta una fascia di seta. Riempì un bicchiere d'acqua con una brocca di cristallo e raggiunse l'altra stanza, camminando a piedi nudi sul tappeto. Passò oltre una vecchia cassapanca, al suo interno vi era incastonato un orologio antico; la carta da parati riportava delle bruciature da polvere da sparo e buchi di pistola.

«Watson, si svegli» chiamò gioviale. «Le ho portato qualcosa che la farà sicuramente sentire meglio». Scostò i tendaggi del grande letto in mogano, dai disegni geometrici, al contrario le lenzuola erano decorate da disegni floreali.

John si alzò lentamente seduto con la schiena ritta, mugolò per soffocare un gemito. Aveva il petto e una spalla fasciati, le bende sporche di sangue, la stoffa era sporca di sangue e nella pelle c'erano le cicatrici lasciate dai frammenti della bomba. Guardò Holmes porgergli un vassoio dove aveva sistemato tutti gli alimenti.

«Lei cosa ci fa a casa mia?» domandò John.

«Mi sono finto il suo medico, ma sua fidanzata mi ha riconosciuto. Ha chiamato un vero chirurgo, ma mi ha permesso di rimanere qui a curarla» spiegò Sherlock.

«Lei... LEI... Lei è ricercato» sibilò Watson.

Sherlock gli sistemò il vassoio sulle gambe.  «Watson, nessuno mi troverà. Sto per infilarmi nella tana del Bianconiglio e lasciarmi guidare in una ricerca profonda nelle arti oscure. Troverò ciò che il nostro uomo nasconde» gli fu risposto.

Il soldato sospirò, pensando: "Cercare di capirlo, è impossibile"; il dolore gli fece avere uno spasmo, serrò un pugno e con l'altra mano si strinse la spalla.

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