Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Potter e l'Ordine del Corvo Morto

di z e r o
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 00_Introduzione ***
Capitolo 2: *** 01_Dudley Dissennato ***
Capitolo 3: *** 02_Un Mazzo di Condor ***
Capitolo 4: *** 03_L'Avanguardia ***
Capitolo 5: *** 04_Grimmauld Place Numero Diciassette ***
Capitolo 6: *** 05_L'Ordine del Corvo Morto ***
Capitolo 7: *** 06_L'Ignobile e Squallidissima Casata dei Black ***
Capitolo 8: *** 07_Il MiniMinistero della MagiMagia ***
Capitolo 9: *** 08_L'Udienza ***
Capitolo 10: *** 09_Le Seghe Mentali della Signora Weasley ***
Capitolo 11: *** 10_Luna Peace&LoveGood ***
Capitolo 12: *** 11_La Nuova Hit del Cappello Cantante ***
Capitolo 13: *** 12_La Professoressa Ahi-Che-Dolores Umbridge ***
Capitolo 14: *** 13_Punizione con Ahi-Che-Dolores ***
Capitolo 15: *** 14_Percy e Felpato ***
Capitolo 16: *** 15_La Mistress Suprema... ***
Capitolo 17: *** 16_Alla Testa di Pony ***
Capitolo 18: *** 17_Decreto Didattico Numero Diciassette ***
Capitolo 19: *** 18_Il F.I.C.A.U. ***
Capitolo 20: *** 19_Il Leone e l'Agnello ***
Capitolo 21: *** 20_Il Racconto di Hagrid ***
Capitolo 22: *** 21_L'Occhio del Pac-Man ***
Capitolo 23: *** 22_L'Ospedale San Fungo per Malattie, Ferite, Lesioni ecc. ecc. Magiche ***
Capitolo 24: *** 23_Natale a Casa Black ***
Capitolo 25: *** 24_Occlu-che? ***
Capitolo 26: *** 25_La Zanzara e la Trappola al Raid ***
Capitolo 27: *** 26_Visto e Stravisto ***
Capitolo 28: *** 27_Il Centauro E Il Provino ***
Capitolo 29: *** 28_Il Peggior Ricordo Di Piton ((ovvero Come Harry Scoprì...) ***
Capitolo 30: *** 29_Orientamento Professionale ***
Capitolo 31: *** 30_Nodo ***
Capitolo 32: *** 31_31_I N.E.C.S.O.A.F. ***
Capitolo 33: *** 32_Undici Scarpe di Cemento ***
Capitolo 34: *** 33_Cotto e Mangiato ***
Capitolo 35: *** 34_L'Ufficio Misteri Misteriosi ***
Capitolo 36: *** 35_Oltre il Foulard ***
Capitolo 37: *** 36_L'Unico il Quale Gli Abbia Mai Fatto Venire la Pelle d'Oca ***
Capitolo 38: *** Cap. 37&38_Finalmente l'Ultimo Capitolo! ***



Capitolo 1
*** 00_Introduzione ***


Autrice: _zeRo_  [in questo caso, z e r o]

Rating: arancione

Genere: parodia

Disclaimer: I personaggi presenti nella fic appartengono a J.K.Rowling. Quasi. *w°

Nota: Parodia del quinto libro di Harry Potter (HP –che non è Hewlett Packard ndA– e l’Ordine della Fenice) con dei protagonisti un tantino diversi dall’originale.

 

da_Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn  Potter_bc

da_e_bc

da_l’Ordine del Corvo Morto_bc

 

 

Oh tu, Lettore, clicca sulla freccetta in alto a sinistra (o sulla X in alto a destra) e torna alla pagina precedente (o al desktop), al fine di preservare la tua Sanità Mentale.

 

E se…

           

E se… Harry Potter fosse stato un goth con lunghi capelli neri, vestito con un assortimento di colori che vanno dal nero tenebra al nero corvino, con un livello abnorme di narcisismo e un sarcasmo talmente acido da sciogliere una porta blindata?

 

E se… Ron Weasley fosse stato un emo depresso e apatico, dall’espressione invariabile, caratterizzato da una densa aura di apatia di color violetto e la gamma di emozioni di un bradipo morto?

 

E se… Hermione Granger fosse stata una sadica stronza e bastarda con l’hobby delle arti marziali, sempre pronta ad arrecare danno al prossimo e a menare le mani?

 

E allora, caro Lettore/Lettrice, ho stuzzicato la tua curiosità? Talmente tanto da spingerti a leggere queste cazzate messe in croce? E magari a commentare? *_*

Oppure devo tornarmene nel mio antro buio&tenebroso e farmi un esamino di coscienza? E darmi fuoco? Con delle candele nere? Rubate in un cimitero? Durante un funerale? Di notte? Con la luna piena? E senza stelle? Tracciando pentacoli con il sangue di gallina sulle lapidi? E scrivendo cazzate perché a questa grandezza non le può leggere nessuno, MUAHAHAH? XD che idiota sono!

 

 

Cooooomunque, buona lettura! ♥

 

 

Alcune delucidazioni

 

Questa fic languisce nel mio computer da circa due anni ._.

Questo perché non sapevo come fare a postare su EFP, avendo una così poca disponibilità di internet da potermi nemmeno permettere il lusso di informarmi sul come fare. °_°

Nel momento in cui scrivo ciò [martedì 04/08/’09] i capitoli sono arrivati a quota 17 [il diciassettesimo è in cantiere], quindi all’inizio potrò postare regolarmente, ma arrivati ad un certo punto non posso garantire niente .-. visto che i capitoli saranno 38, più un eventuale epilogo [questo perché ho deciso di seguire il libro pari-pari]. [ehi, ma non ho calcolato l’introduzione! Quindi sarebbero 39… °__°|||| sarò in grado?]

 

Nonostante il mio impegno, i primi capitoli non sono un granché, ma mi sto impegnando perché la narrazione prenda una svolta migliore… =>_<=

 

Il rating è arancione perché sono presenti doppi sensi (a volte anche solo accennati), linguaggio scurrile, comportamenti poco ortodossi. Ho creato dei mostri! =_=|||  [ß detta così è peggio di quanto sembri… .-.]

Inoltre, sparse qua e là, troverete citazioni e allusioni a un po’ di tutto: anime, manga, film… non riesco ad evitare di mettercele. °__°

 

Un ultima cosa: potrebbe capitare che qualcuno trovi qualcosa che considera offensivo… a questo proposito, sottolineo che non è mia intenzione offendere niente e nessuno. Se si dovesse trovare qualcosa di pesante, allora la causa sarebbe solo l’ingenuità che ogni tanto mi domina [o stupidità, è uguale =w=]. La mia è solo un’innocente presa in giro… Chiedo perdono in anticipo!

[è la prima fic che posto °__° *ansia da prestazione* …speriamo bene]

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Capitolo 2
*** 01_Dudley Dissennato ***


CAPITOLO 1

 

DUDLEY

DISSENNATO

 

Il giorno più caldo dell’estate – almeno fino a quel momento – volgeva al termine e un silenzio sonnacchioso gravava sulle grandi case quadrate di Privet Drive. Un gran bel pezzo di ragazzo sui diciassette anni se ne stava disteso in mezzo ad un aiuola, rammaricandosi del fatto che il colore dei fiori faceva a pugni con quello dei suoi occhi. Era un ragazzo magro, atletico, dal fisico praticamente perfetto, con lunghi, lisci e lucenti capelli neri e due fa-vo-lo-si occhi verdi – che di sicuro non avevano bisogno di uno stupido paio di occhiali tenuti insieme con il nastro adesivo. In realtà Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Potter – questo il suo nome –, abbreviato Harry o HP, si era nascosto lì con l’intenzione di ascoltare di nascosto la classifica di Mtv alla TV, visto che i suoi zii glielo impedivano.

 

«Non possiamo permetterti di traviare il nostro adorato figlio Dudley con quella porcheria gothic metal che ascolti tu!» gli diceva lo zio Vernon.

 

«Lui deve ascoltare solo musica House!» gli faceva eco la zia Petunia.

 

E così Harry Mystryss Darque ecc. ecc. se ne stava disteso in mezzo a quella benedetta aiuola dal colore antiestetico, rischiando di rovinare la sua bellissima chioma con la volgare nuda terra su cui era straiato. La classifica era ormai finita – al primo posto qualcosa di indefinito che la società odierna si ostina a definire musica – e stava cominciando Total Request Live quando si udì un forte crac ed un gatto schizzò fuori da sotto una macchina. Harry sfilò la sua fedele pistola magica dal fodero nascosto chissà dove e, alzandosi di scatto, tirò una craniata contro la finestra aperta.

 

«Porcaputtanalavaccaeva!» strillò, tenendosi la testa – e pensando che avere il cranio fratturato non è molto bello da vedere. Mentre si stava ancora contorcendo dal dolore, due mani sbucarono fuori dalla finestra e lo sollevarono di venti centimetri buoni.

 

«Metti via quella cosa!» gli ringhiò in faccia zio Vernon.

 

«E tu mettimi giù» replicò Harry – che si era già ripreso accuratamente – «Do ut des»

 

Cioè, io faccio qualcosa per te e tu fai qualcosa per me. Vernon mollò la presa e Harry ricadde non-molto-elegatemente sul suo divino fondoschiena. Riprese subito il controllo e si rialzò in piedi.

 

«Che diavolo – chiedo scusa  al diavolo– stavi facendo nascosto lì in mezzo?» ringhiò zio Vernon, mentre una piccola lucina rossa omicida, molto simile ad un led, si accendeva nelle oscure profondità dei suoi occhi.

 

«Ascoltavo la classifica di Mtv» sospirò Harry, rassegnato.

 

«Ancora?!» sbottò zio Vernon «Mi sembrava di averti detto che non voglio sentire nemmeno un accordo di chitarra elettrica in casa mia! E comunque» disse, abbassando un po’ la voce «ti abbiamo fregato: questa è la classifica di AllMusic».

 

Harry, intanto, si era reso conto che NON doveva ascoltare la classifica di Mtv – e neanche quella di AllMusic – bensì il telegiornale, per vedere se il suo arci-nemico-recentemente-resuscitato aveva fatto qualche truculenta azione ai danni dei non-maghi, comunemente chiamati Babbei.

 

«D’oh!» esclamò, dopo aver concluso il ragionamento. «Maledizione! Io dovevo guardare il telegiornale!» gridò contro Zio Vernon «è tutta colpa tua, dannato, maledetto, malefico…»

 

Intanto si stava allontanando, dirigendosi verso la strada.

 

«…sfortunato, malaugurato, nefasto, funesto, riprovevole, deprecabile, esecrabile, dannato…»

 

Aveva percorso quasi un chilometro.

 

«…dannoso, negativo, nocivo, pernicioso, cattivo, castigato, diabolico, spiacevole, sgradito…»

 

Due chilometri.

 

«…pericoloso, deleterio, mefistofelico, luciferino, infausto!» concluse tre chilometri dopo, buttando il Dizionario dei Sinonimi e dei Contrari in un cestino.

 

Vagò per la “città”, il cervello saturo di tutti i sinonimi di dannato-maledetto-malefico appresi un momento prima, finché giunse nei pressi di un parco giochi miracolosamente sgombro da mocciosi urlanti.

 

Si avvicinò all’altalena, chiedendosi se fosse il caso di sedersi – gli si potevano sporcare i pantaloni, oppure, orrore!, una diabolica scheggia di legno avrebbe potuto infilzarsi nel suo perfetto didietro – quando sentì in lontananza la voce di suo cugino Dudley.

 

«Come posso essere imparentato con una persona così kitsch?» si chiese sconsolato Harry.

 

Finalmente in lontananza apparve la figura del cugino Dudley, intento a mangiare ciambelle, lecca lecca, mele caramellate, banane split, frittelle, brioche, krapfen, maritozzi, bomboloni alla crema, caramelle allo zucchero-cioccolato-panna-arancia-fragola-limone-mandarino-menta-anice e chi più ne ha, più ne metta. Il poverino, tra una masticata, un leccata e un conato di vomito e l’altro, parlava con i suoi amici immaginari: il signor Savoiardo e l’Uomo Focaccina, esempi più che validi dei danni provocati dalla combinazione zucchero a gogo & musica House.

 

«Poveri noi» commentò sconsolato Harry, scuotendo la testa- e con essa, i suoi meravigliosi-lisci-morbidi-lucenti-lunghi capelli neri in una maniera davvero arrapate, molto goth.

 

Vide passare il cugino, che discuteva animatamente – bocca strapiena permettendo – con l’Uomo Focaccina, seminando involontariamente caramelle e dolciumi vari dietro di sé. Harry decise che era ora di tornare a casa, e seguì Dudley a distanza, appiattendosi dietro gli angoli come 007. Dudley si fermò all’incrocio tra due strade, salutando l’Uomo Focaccina e il Signor Savoiardo.

 

HP decise che era arrivato il momento di strapazzare un po’ il cugino – ovvero, pavoneggiarsi della sua incomparabile bellezza e del suo impareggiabile sex appeal. Si avvicinò alle spalle del cugino e gli sfiorò una spalla con un legno raccolto per terra, per non entrare in contatto con l’essere kitsch che aveva di fronte. Questi trasalì, trasformando il marciapiede nella vetrina di una pasticceria. Harry raccolse – in modo molto sexy, come solo lui sapeva fare – il super bombolone riempito con tutte le schifezze possibili e immaginabili create dall’industria dolciaria su questa terra, una bomba calorica che avrebbe fatto diventare obeso un anoressico. La faccia di Dudley si incupì.

 

«Dammi quel bombolone» borbottò, non molto convinto.

 

«Altrimenti?» chiese soavemente Harry, sfoderando un sorriso da calendario.

 

«Altrimenti… ti vomito addosso!» ribatté il cugino che, avendo assunto un colorito verdastro, sembrava più che mai capace di mettere in atto la minaccia.

 

«Ok» disse semplicemente Harry, tirando fuori, senza alcun motivo apparente, la pistola magica da chissà dove – è pur sempre una pistola magica. Dudley sbiancò, ovvero assunse un colorito verde pastello pallido.

 

«Papà non vuole che la tiri fuori» piagnucolò Dudley, continuando a far piovere dolciumi.

 

«Vomitami addosso e ti apro qualche presa d’aria nella testa – forse il tuo neurone unico ha bisogno di ossigeno» lo minacciò Harry, assumendo un aria tipica da ribelle di quelli che piacciono tanto in questo periodo.

 

All’improvviso, l’oscurità calò sulla via, spegnendo la luna, le stelle, i lampioni e, con sua grande amarezza, il riflesso della luce sui capelli di Harry.

 

«Però, fa molto goth!» esclamò, prima di essere inghiottito dalle tenebre.

 

Mosse qualche passo, ma finì su un dolcetto e, per la seconda volta quella sera, il suo divino sedere entrò violentemente – e dolorosamente – in contatto con la superficie terrestre, causa forza di gravità + dolcetto fellone, infingardo e traditore. Intanto Dudley si dimenava piagnucolando e, senza vederlo, finì addosso a Harry, a cui sfuggì di mano la pistola.

 

«Ma che cazzo fai? Cretino!» gli urlò contro Harry, mettendosi carponi per cercare a tentoni la pistola. Dudley, che nel frattempo si era rialzato, cominciò a correre e andò a schiantarsi dritto contro un palo, fu colpito da una lattina, fu messo sotto da una macchina e fu centrato da un missile della NATO.

 

«Idiota» sibilò Harry tra i denti, continuando a cercare la sua pistola magica.

 

«Ma dove cavolo…Lumos!»

 

E la pistola cominciò a brillare.

 

«Ah-ha, eccoti qui!» esultò, prendendola in mano. Nel tenue chiarore sprigionato dalla pistola, vide che un ombra nera svolazzante incombeva su di lui, facendo un rumore simile a quello di un lavandino mezzo otturato.

 

«Oh, cazz…» imprecò Harry, che alla vista della creatura era impallidito – assumendo un aria più sexy, più dark, ma soprattutto più goth.

 

Il dissennatore femmina – tra l’altro indistinguibile da un dissennatore maschio, ma questo era una femmina – gli fu addosso, e lo prese per il collo.

 

«Capisco che tu voglia saltarmi addosso» disse Harry con voce suadente «e che voglia baciarmi, ma non ho proprio voglia di perdere una delle caratteristiche che fanno di me un ragazzo così figo – cioè l’anima» – come se si vedesse.

 

Detto questo, puntò la pistola contro la faccia del dissennatore femmina e pronunciò l’incantesimo.

 

«Expectro…Eh, see, expectroExpecto Patronum!»

 

Il proiettile luminoso esploso dalla pistola assunse le sembianze di un lupo – che i cervi non sono proprio goth – anch’esso luminoso – e bello come il suo evocatore – che assalì il dissennatore femmina, facendolo volare via. Poi, svogliatamente, Harry cercò il cugino, per salvare anche lui. Lo trovò rannicchiato contro un palo contorto – come se qualcuno ci avesse sbattuto involontariamente sopra – mentre il dissennatore maschio stava tentando di succhiargli l’anima attraverso la bocca. Harry ordinò pigramente al lupo luminoso di “fare piazza pulita”, e questi, dopo aver spedito il dissennatore maschio nell’oscurità, scomparve. Scomparve anche l’oscurità, e le luci di luna, stelle e lampioni si riaccesero – e con esse, il riflesso sui capelli di Harry, che si ammirò sulla canna lucida della pistola magica. Si stava giusto sistemando i capelli quando alle sue spalle comparve la vicina maniaca dei gatti, la signorina Figg. Questa, con un sorriso ebete, fissò Harry, che si affrettò a far sparire misteriosamente  la pistola magica.

 

«Non metterla via» disse svaporatamente la signorina Figg «E se poi quei cosi svolazzanti cattivi cattivi tornano? (smile)». Poi, cambiando improvvisamente personalità, entrò in assetto da combattimento.

 

«Io uccidere Mundungus Fletcher, Ja! Io ridurre suo corpo ad ammasso di fratture scomposte! Io fare piccoli pezzettini di suo corpo e mettere in Mozartkügeln!»

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Capitolo 3
*** 02_Un Mazzo di Condor ***


CAPITOLO 2

 

UN MAZZO

DI CONDOR

 

«Cosa?» disse Harry stupito «Cos’è un Mozartkügeln?» chiese, non preoccupandosi minimamente del fatto che la signorina Figg sapesse che era un mago.

 

«È andato via perché doveva vedere un pusher che spacciava nargilli. Io uccidere Mundungus Fletcher. Lui lasciato te in balia di dissennatori! UCCIDERE! SQUARTARE!» gridò, in preda ad una violenta crisi d’identità, credendo momentaneamente di essere un basilisco.

 

«Signora» disse Harry, cercando di sovrastarne gli strilli «potrebbe…?».

 

Ma non riuscì a finire la frase perché la signorina Figg si voltò verso Harry, le pupille ridotte a due fessure verticali che la facevano davvero somigliare ad un serpente.

 

«SIGNORINA!!!» urlò «SI-GNO-RI-NAAAAAAA!!!»

 

«Sì… mi scusi signorina Rotterme… ehm, Figg!» balbettò Harry spaventato »Lei è…lei è… una medium?» chiese, dato che la signorina Figg poteva vedere i dissennatori.

 

«No» rispose la signorina Figg.

 

«Una sensitiva?»

 

«No»

 

«Un esper?»

 

«No»

 

«Una negromante?»

 

«No»

 

«Una sciamana?»

 

«No»

 

«Una… una…aspetti, ce l’ho sulla punta della lingua… ehm… lei è una s… una st…» tentò Harry, spremendosi le meningi.

 

«Dai, che ci sei quasi!» lo incoraggiò la signorina Figg, che era momentaneamente uscita dall’assetto da combattimento.

 

«Una str… una vera STRONZA!» gridò Harry alla fine «Proprio una stronza, perché non me lo dice subito che cos’è?»

 

«Sono una strega, caro. Anzi, una non-strega» rispose la signorina Figg, con la stessa espressione ebete stampata in faccia.

 

«Sì, ecco, ci stavo arrivando» cercò di giustificarsi Harry.

 

All’improvviso si udì un forte crac e si materializzò un mago.

 

«Tuuuu!» ululò la signorina Figg, rientrando in modalità da combattimento «Tu, Mundungus Fletcher! Tu dovevi essere qui a proteggere l’incolumità – e l’aspetto fisico, soprattutto – di questo ragazzo! E invece dove vai?! A spacciare nargilli!» e, aperta la borsetta, ne tirò fuori una mazza chiodata lunga almeno due metri e mezzo.

 

«Oggesùgiuseppeemaria!» squittì Mundungus terrorizzato, mentre la signorina Figg cominciava a ruotare la mazza sopra la testa, mentre una luce omicida le si accendeva negli occhi. Dopo aver lanciato una serie di urletti acuti degni di Xena, cominciò a picchiare selvaggiamente Mundungus, mentre Harry, per evitare di sporcarsi con gli schizzi di sangue – è faticosissimo da lavare via dai vestiti! Però si intona con il colore dei capelli…– si allontanò, trascinando Dudley per una gamba.

 

«E ora vai SUBITO da Smilente – che si pronuncia ‘smailente’ (perché sorride sempre), tra l’altro – a dirgli perché non stavi sorvegliando il ragazzo!” sbraitò selvaggiamente la signorina Figg. Harry continuò a camminare, scuotendo la testa, mentre il povero Mundungus subiva ferite lacero-contuse su tutto il corpo. Arrivò davanti a casa e bussò alla porta. Fu zia Petunia ad aprire.

 

«Era ora, Diddy! Diddy… che cos’hai?!” strillò zia Petunia, guardando i miseri resti del figlio.

 

Dudley aveva un enorme bernoccolo pulsante e sanguinolento sulla fronte, i vestiti a brandelli e il colorito color verde mela.

 

«Vernon! Vernon, vieni qui! Diddy non si sente molto bene» squittì zia Petunia, mentre zio Vernon correva lungo il corridoio, inciampava in Dudley, volava fuori dalla porta aperta e faceva una scivolata – sulle ginocchia – di una cinquantina di metri lungo il vialetto.

 

«L’eufemismo del secolo» commentò sarcasticamente Harry, venendo ignorato da tutti.

 

«Perché sei coperto di polvere, Diddy?!» piagnucolò zia Petunia.

 

«Ha avuto un têtê-a-têtê con un lampione» spiegò divertito Harry, anche se fu come se parlasse con il muro.

 

«Portiamolo dentro» suggerì zio Vernon, che si trascinava sul vialetto, con le ginocchia ridotte a mezzo chilo di carne trita sanguinolenta.

 

Lui e zia Petunia sollevarono Dudley e lo misero su una sedia in cucina. Harry, dal canto suo, si stava chiedendo in che condizioni fossero i suoi capelli, e cominciò a salire le scale. La suola del suo elegantissimo stivale in pelle lucido, con inserti di borchie si era quasi posata sulla moquette del primo scalino, quando un verso che sembrava provenire dritto dall’oltretomba, degno de L’alba dei morti viventi lo fece fermare. Si girò verso la porta aperta della cucina e vide due paia di occhi rossi accesi come led, che lo scrutavano torvamente.

 

«Tuuuuu» ululò zio Vernon «Vieni subito qui!»

 

Harry si avviò lemme lemme verso la cucina.

 

«Cos’hai fatto a mio figlio?!» domandò molto minacciosamente zio Vernon.

 

«Niente», rispose calmo Harry, sedendosi in una posizione molto provocante su una sedia – come se dovesse fare un servizio fotografico.

 

«Hai fatto una… una… una-di-quelle-cose-là al mio piccolo Diddy?!” chiese zia Petunia.

 

«Una… cosa?» domandò stupidamente Harry.

 

«Vediamo… comincia per M, finisce per A ed ha 5 lettere» spiegò zia Petunia.

 

«Uhm… c’è la E?»

 

«No. Una riga»

 

«La G?»

 

«Sì»

 

«La H?»

 

«No. Due righe»

 

«La L? La N? La P»

 

«Tre righe. Quattro righe. Cinque righe»

 

«La W? La K? La J? La Y? La X?»

 

«Un cerchietto. Sei righe. Sette righe. Otto righe. Nove righe. Hai ancora un tentativo»

 

«Uuhmmmm… vediamo…» si concentrò Harry «La… vediamo, la… la… la T!»

 

«Mi dispiace, sei impiccato! Hai perso» esultò zia Petunia.

 

«Ok, basta scherzare, mi hai preso per cretino? So benissimo che la parola era MAGIA!» sbottò Harry.

 

«Insomma, hai fatto quella cosa che comincia per M, finisce per A, ha una G in mezzo e ha 5 lettere?» chiese poco pazientemente zio Vernon, mentre il led aumentava d’intensità e una vena gli pulsava sulla fronte.

 

«Eeeeeeeeh….» cominciò Harry in una palese imitazione di un certo signor Kyle «eeeh… NO!»

 

In quel momento, un condor entrò dalla finestra – quasi staccandola dalla parete – con una busta tra gli artigli e si posò soavemente – eufemismo – sul tavolo, sfondandolo. Harry raccolse la lettera tra i resti del tavolo e la aprì.

 

«Condor!” gridò esasperato zio Vernon “Non voglio né gufi, né civette, né gazze, né corvi, né pterodattili, né tantomeno condor in casa mia!»

 

Harry lesse la lettera, mentre zio Vernon chiuse la finestra, o quello che ne rimaneva.

 

Caro signor Potter,

Siamo stati informati che lei ha praticato l’Incanto Patronus alle diciassette e diciassette di questo pomeriggio in una zona abitata da Babbei e in presenza di un Babbeo.

            La gravità di questa infrazione al Decreto per la Stupida Legge di Restrizione delle Arti Magiche tra Minorenni si è tradotta nella sua espulsione dalla scuola di Magia, Stregoneria, Arti Marziali e Tattiche Militari di OhSchwartz. Rappresentanti  del MiniMinistero saranno tra breve al suo domicilio per distruggere la sua pistola magica, prenderla a legnate e rasarle a zero i capelli.

            Poiché lei aveva già ricevuto un’ammonizione ufficiale per un precedente reato in base all’articolo 17 dello Statuto di Segretezza della Confederazione Nazionale dei Maghi, siamo spiacenti di informarla che la sua presenza è richiesta per un’udienza disciplinare al MiniMinistero della MagiMagia alle ore 17 di venerdì  17 agosto.

Sperando che stia male, molto male,

Scortesi saluti,

Hannabel Lecter

Ufficio per l’Uso Improprio delle Arti Magiche, Marziali, Illusorie ecc.ecc.

MiniMinistero della MagiMagia

 

 

«Minchia, che sfiga!» commentò Harry, dopo aver letto data e ora dell’udienza «E ho pure 17 anni! Doppia sfiga!» preoccupandosi più del giorno dell’udienza che del fatto di essere appena stato sbattuto fuori da OhSchwartz. Il suo cervello cominciò a fare 2+2.

-         Mi hanno sbattuto fuori.

-         Tra un po’ saranno qui per distruggermi la pistola!

-         Riempiranno il mio bellissimo e perfetto corpo di lividi assolutamente antiestetici!

-         Oh My Goth!, i miei capelli! Non possono permettersi di toccare i miei bellissimi capelli!

-         Devo scappare! Fuggire, lontano da quelli!

 

Dopo aver pensato tutto questo, assumendo un’aria assente da sto-comunicando-con-l’aldilà, si avviò verso la porta, ma lo zio Vernon gli sbarrò la strada. Harry tirò misteriosamente fuori la sua pistola magica e la puntò contro zio Vernon.

 

«Levati di mezzo» gli intimò, togliendo la sicura.

 

«Non puoi puntare quella cosa contro di me, lo so che non puoi usarla fuori da quella scuola che chiami manicomio!» sibilò zio Vernon.

 

«Semmai manicomio che chiamo scuola, idiota!» lo corresse Harry con un ringhio «Levati o ti apro una terza orbita sulla faccia! Hai diciassette secondi. Uno… due… tre… quattro…»

 

Zio Vernon si preparò una tazza di tè, e si sedette comodamente al tavolo per sorbirlo con un vassoio di biscotti.

 

«…quindici… sedici…diciassett…» continuò Harry, finché...

 

Un tonfo rimbombante riempì la cucina. Zia Petunia balzò in piedi e prese una testata contro una mensola, urtando la sedia su cui era seduto Dudley, che finì per terra dopo aver colpito i resti del tavolo. Il rumore l’aveva provocato un altro condor, che si era schiantato contro il vetro, schizzandolo di sangue. Harry spalancò la finestra per prendere il messaggio, che il condor gli porse, per poi volare via zampillando sangue come una fontana. Harry srotolò il messaggio e lo lesse.

 

Harry,

            Smilente è appena arrivato al MiniMinistero e sta cercando di sistemare tutto. NON USCIRE DALLA CASA DEI TUOI ZII. NON SPARARE ALTRE MAGIE. NON CONSEGNARE LA PISTOLA MAGICA.

Arthur Weasley

 

«Ah, certo, questo sistema tutto!» commento ironicamente Harry, rinfoderando misteriosamente la sua pistola magica. «Bene, ho cambiato idea, resto».

 

«Da dove vengono tutti questi condor?» sbuffo zio Vernon.

 

«Se speri che te lo dica, sei un babbeo! Oops, dimenticavo che, effettivamente, SEI un babbeo!» rispose Harry, scoppiando a ridere. Il led negli occhi di zio Vernon aumentò d’intensità.

 

«Ok, ok. Il primo era del MiniMinistero della MagiMagia, che mi ha espulso dal manicom… dalla scuola» spiegò pazientemente Harry.

 

«E pecché?» chiese zio Vernon.

 

«Perché ho sparato una magia – anzi, due» ammise.

 

«Aha!» esultò zio Vernon «Allora è vero! Hai fatto qualcosa a Dudley!»

 

«No, non sono stato io» replicò Harry, assumendo un aria esasperata terribilmente sexy – e rubando la battuta ad un certo Bart Simpson –  «Ho tirato fuori la pistola magica ma non… no, negazione, rifiuto, opposizione, protesta, diniego, ritrattazione, smentit…» zio Vernon gli strappò di mano il Dizionario dei Sinonimi e dei Contrari «Si, stavo dicendo…non l’ho usata».

 

Dudley sembrò tornare dal mondo delle anime perse.

 

«Invece sì…» mugolò Dudley «Mi ha puntato addosso la pistola magica, e poi è diventato tutto buio, e poi ho sentito delle voci dentro la testa e poi ho avuto come l’impressione che un’orrenda, svolazzante creatura volesse baciarmi…»

 

«Era un dissennatore» spiegò Harry «Un dissennatore. Maschio».

 

«E che cos’è un dissennatore?» domandò zio Vernon, inorridito dal fatto che una qualunque creatura dello stesso sesso del figlio volesse baciarlo.

 

«Delle orride creature che fanno la guardia alla Prigione dei Maghi AzGaban» rispose zia Petunia al posto suo.

 

«Eh?» disse Harry.

 

«Eh?» disse zio Vernon.

 

«Eh?» disse Dudley, tanto per non essere da meno, anche se non aveva capito niente come al solito.

 

«Come fai a saperlo?» chiese Harry stupito.

 

«Internet» rispose misteriosamente zia Petunia.

 

In quel momento, un boato degno di un ordigno fatto in casa scosse la cucina; la finestra si staccò e con essa mezza parete, e un condor delle dimensioni di un camion dei rifiuti irruppe nella stanza, tenendo una minuscola lettera tra due artigli grossi come quelli di un tirannosauro. La aprì.

 

Caro (tsk) signor Potter,

            In seguito alla nostra lettera di diciassette minuti e diciassette secondi fa, il MiniMinistero della MagiMagia ha rivisto la propria decisione di distruggere immediatamente la sua pistola magica. Può conservarla fino all’udienza disciplinare di venerdì diciassette agosto prossimo, quando verrà presa una decisione ufficiale.

            In seguito ad una discussione con il Preside della Scuola di Magia, Stregoneria, Arti Marziali e Tecniche Militari di OhSchwartz, il MiniMinistero ha convenuto che la questione della sua espulsione verrà anch’essa discussa in quell’occasione. Dovrà dunque considerarsi sospeso dalla scuola fino a ulteriori indagini.

            I peggiori saluti.

Hannabel  Lecter

Ufficio per l’Uso Improprio delle Arti Magiche, Marziali, Illusorie ecc.ecc.

MiniMinistero della MagiMagia

 

«Phew, che culo!» si rallegrò Harry, appallottolando la lettera e tirandola nella boccia dei pesci rossi, che schiattarono a causa dell’inchiostro.

 

«E quindi?» chiese zio Vernon.

 

«Devo andare ad un’udienza» rispose.

 

«E chissenefrega! Cos’è successo a Dudley?!» insistette zio Vernon. Harry s’incazzò di brutto.

 

«I Dissennatori, delle bestie malvagie e perverse giunte fin qui dalle più profonde oscurità dell’Averno, hanno preso Dudley e, dopo averlo seviziato e massacrato di botte, gli hanno estratto l’anima in un modo violento e super super doloroso!» gridò in preda ad una crisi di nervi vera e propria – che gli conferiva un aspetto ancora più affascinante. «E adesso, se non vi dispiace, mi eclisso in camera mia». E uscì altezzoso, facendo svolazzare i suoi meravigliosi, lunghi, lucenti e lisci capelli neri.

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Capitolo 4
*** 03_L'Avanguardia ***


Non posso aspettare! Posto tutto oggi U__U sono la debolezza fatta persona °__° D'altrone perchè aspettare, quando sedici capitoli sono già belli che pronti? XD

CAPITOLO 3

 

L’AVANGUARDIA

 

Una volta in camera sua, Harry scrisse tre lettere identiche ai suoi amici e al suo padrino.

 

Sono appena stato molestato dai dissennatori, potrei essere sbattuto fuori da OhSchwartz e quei rompicoglioni dei miei zii non mi lasciano vedere Superock su Mtv. Voglio, esigo, pretendo di sapere che cosa sta succedendo e quando uscirò da questo buco di fogna.

 

Poi diede le lettere al suo pellicano bianco, Edwig, e gli ordinò di portarle ai suoi amici e al suo padrino, e di costringerli a scrivere delle risposte dignitosamente lunghe, cioè almeno diciassette pagine, a costo di vomitargli resti di pesci in putrefazione in testa. Poi, in preda all’irritazione, cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, meditando sulla sfiga e sul fatto che esistesse davvero. Poi si buttò sul letto, sistemandosi in una maniera che sembrava voler dire saltami-addosso-e-stuprami-sono-tutto-tuo, con i capelli aperti a ventaglio sul cuscino. Poi si addormentò.

 

* * *

 

La mattina dopo, però, Edwig non era ancora tornato, e Harry passò il resto della giornata a sistemarsi i capelli e a rimirarsi nel suo specchio a grandezza naturale. Passarono altri tre giorni, e la sera di quel quarto giorno dopo la partenza di Edwig, se ne stava disteso sul letto ad guardarsi nello specchio che aveva collocato nel soffitto, quando zio Vernon gli annunciò che lui, la moglie e il figlio sarebbero usciti. Per tutta risposta, Harry gli tirò il Dizionario dei Sinonimi e dei Contrari. Il cielo di oscurò e divenne nero. Harry si stava per addormentare quando sentì un’esplosione da bottiglia molotov provenire dal piano di sotto. Subito balzò in piedi e sbirciò attraverso la porta socchiusa, tirando misteriosamente fuori la pistola magica.

 

«Mettila misteriosamente via» gli disse una voce «siamo venuti a farti uscire da questo buco di fogna».

 

Harry guardò giù e vide delle persone che lo fissavano – non che la cosa gli dispiacesse, era sempre ben felice di attirare gli sguardi di migliaia di ammiratori.

 

«Professor Lupin» disse, guardando quello che aveva parlato. Remus Lupin gli presentò gli altri: Alastor ‘Malocchio’ Moody, Ninfadora Tonks, Kingsley Shacklebolt e Sturgis Podmore.

 

«Allora, chi vuole aiutare Harry a fare i bagagli?» chiese Lupin.

 

«IOIOIOIOIOIOIOIOIO!!!» saltellò Tonks, fin troppo entusiasta. Harry accompagnò Tonks in camera sua, per farsi fare i bagagli. Harry entrò e si mise in un angolo, incrociando le braccia e aspettando che Tonks facesse i bagagli. Lei si fermò davanti allo specchio – uno dei tanti – di Harry, studiando il proprio riflesso.

 

«Non credi che questa tonalità di rosa mi sbatta un po’?» chiese Tonks.

 

«Decisamente» rispose spietatamente e senza esitazioni Harry. Tonks gli lanciò un occhiata truce e poi assunse un’espressione concentrata.

 

«Fatto!» disse poi. Harry alzò un sopracciglio con aria di sufficienza, come a dire ‘fatto cosa?’, innalzando drasticamente la barra del suo sex appeal.

 

«Ho cambiato il colore dei capelli, no?» sbottò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

 

«A me sembrano ancora rosa» commentò Harry con aria saccente.

 

«PRIMA erano rosa pastello, ORA sono rosa confetto!» sbraitò Tonks, come se chiunque non cogliesse la differenza tra quei due colori fosse un emerito imbecille. Poi tirò misteriosamente fuori il suo boomerang magico e lanciò l’incantesimo per fare i bagagli.

 

«Bagaglius!» ordinò. Ogni singolo oggetto, dal libro Squadre di Kwiddich del Giappone e dell’Asia in Generale all’armadio di tre quintali e al letto con la testata in metallo – e non dimentichiamo il Dizionario dei Sinonimi e dei Contrari – si sollevarono a mezz’aria e si fiondarono dentro il baule, disintegrandolo.

 

«Oops.. I did it again!» canticchiò ridacchiando Tonks.

 

«Vaffanculo, Britney Spears del cazzo!» la apostrofò Harry furioso, tirandole un calcio che la fece volare fuori dalla porta.

 

Tonks cozzò contro il muro e rotolò giù per le scale, schiantandosi contro la porta d’ingresso. Harry tirò fuori misteriosamente la sua pistola magica, ma poi si ricordò che non doveva sparare magie, e allora tirò fuori da chissà dove una tanica di cherosene e diede fuoco a quelli che fino a poco prima erano i suoi mobili – tanto lui era schifosamente ricco e poteva sempre ricomprare tutto. 

 

Dopo che tutto si fu incenerito per bene, il nostro affascinante piromane scese le scale con le poche cose sopravvissute – la gabbia di Edwig e la sua scopa extralusso nera con il sellino rivestito in pelle e imbottito con piume di fenice, che gli tenevano caldo il posteriore. Tonks, con un taglio che gli andava da una tempia all’altra e un’espressione da rincoglionita sulla faccia, lo sorprese alle spalle, con il boomerang magico ancora in mano.

 

«Hit me baby one more time!» gli disse, sorridendo e brandendo minacciosamente il boomerang magico. Harry si voltò verso di lei e la squadrò torvamente.

 

«Dovremmo dare una pulita a questa gabbia» continuò Tonks, come se nulla fosse «Gratta e netta!».

 

Prese a boomerangate magiche la gabbia, che si ridusse ad un ammasso di ferraglia contorta. Harry gliela tirò in testa e poi andò dagli altri che lo stavano aspettando.

 

«Sei pronto, Harry?» gli chiese Lupin. Tonks entrò nella stanza, come se non fosse mai rotolata giù da una rampa di scale, si fosse schiantata contro una porta e si fosse presa un ammasso di metallo contorto in testa.

 

«Ooh, ma che bella scopa!» chiocciò «me la fai vedere?». Harry le passò la scopa. Lei la guardò ammirata. La scopa era nera, lucida, con un sellino in pelle, il nome stampato in caratteri rossi sanguinolenti, Bloodybolt. Tonks sorrise nervosamente e restituì la scopa a Harry.  

 

«Ahem, ma che scopa macabra…» disse.

 

«Fa molto goth» ribatté Harry, mettendosi la scopa in spalla, figurando come un dio della morte particolarmente bello.

 

Uscirono tutti in giardino e si misero in fila, aspettando il segnale. All’improvviso, delle scintille rosse esplosero tra le stelle, formando una parola: Ready. Il gruppetto salì sulla scopa – ognuno sulla propria, non tutti su una sola scopa come un’ammucchiata umana. Dopo un breve lasso di tempo di circa diciassette minuti, apparve una seconda parola scintillante nel cielo: Set. Gli occupanti delle scope cominciarono a saltellare, perché stare seduti su delle scope non è che sia poi così comodo, specialmente vista la durezza del manico di scopa e il posto in cui lo si tiene. Harry, infatti, stava cominciando a preoccuparsi seriamente della sua personale caratteristica che lo distingueva dal sesso femminile – tanto per non essere volgari. Finalmente, diciassette minuti dopo, la tanto attesa parola Go! comparve tra le stelle. Volarono in formazione per diciassette lunghi minuti, e quando atterrarono, Harry era leggermente alterato – eufemismo – perché l’umidità gli aveva fatto arricciare i sui capelli perfettamente lisci e totalmente privi di doppie punte. ‘Malocchio’ Moody gli passò un bigliettino.

 

«Leggi e imprimitelo nella mente» ordinò.

 

Il Quartier Generale dell’Ordine del Corvo Morto si può trovare al numero diciassette di Grimmauld Place, Londra.

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Capitolo 5
*** 04_Grimmauld Place Numero Diciassette ***


CAPITOLO 4

 

GRIMMAULD PLACE,

NUMERO DICIASSETTE

 

Harry guardò i numeri scritti sulle porte delle case che aveva davanti. A destra: diciassette. A sinistra: diciassette. Confuso, si girò verso Malocchio Moody.

 

«Visto che furbata?! Tutte le case hanno il numero diciassette, così se i cattivi scoprono l’indirizzo del quartier generale  dell’Ordine del Corvo Morto si fanno un mazzo così per scoprire qual è quello vera! Bwahahahahah!!!» – risata satanica.

 

«Già, proprio furbi…» borbottò Harry, pensando invece che quelli dell’Ordine fossero delle gran teste di cazzo.

 

Dopo che furono passati diciassette minuti, durante i quali cercarono di individuare la porta dell’Ordine, riuscirono finalmente ad entrare. Moody spinse non tanto gentilmente Harry all’interno della casa, dove venne risucchiato dall’oscurità più completa.

 

«Oh, è così goth qui dentro» trillò Harry al buio. All’improvviso le luci si accesero, togliendogli tutta la precedente gaiezza.

 

«Non più» brontolò poi, con voce sepolcrale. Davanti a lui apparve la madre del suo migliore amico Ron, la signora Molly Weasley.

 

«Oooh, Harry, è così bello rivederti!» chiocciò la signora Weasley.

 

«Lo so, sono bello, e vedermi è sempre un piacere» commentò altezzoso Harry. Poi la signora Weasley si rivolse a Malocchio Moody, Remus Lupin, Kingsley Shacklebolt, Sturgis Podmore e Ninfadora Tonks.

 

«La riunione è già cominciata, se non vi sbrigate finiranno tutta la vodka» sussurrò «Tu, Harry, vai su che ci sono Ron e Hermione che ti aspettano. E non fare troppo rumore, o potresti fare una fine molto dolorosa. Sali i diciassette gradini, è la diciassettesima porta a sinistra» e poi se ne andò in cucina chiudendosi la porta alle spalle.

 

«Chissà perché non mi meraviglio» commentò Harry, salendo i diciassette gradini ed entrando nella diciassettesima porta a sinistra.

 

Dentro c’erano i suoi due migliori amici:  Ron era seduto sul suo letto, circondato da una fitta aura di apatia, mentre Hermione stava sadicamente giocando a Devil May Cry con la Play Station, sghignazzando in maniera perversa ogni volta che Dante faceva a pezzi un demone.

 

«Ciao Hermione» la salutò Harry «A che missione sei?» le chiese poi.

 

«Diciassette» rispose lei piatta. Harry si rivolse poi a Ron.

 

«Ciao Ron, perché quell’aria depressa?» gli chiese.

 

«Mi sto chiedendo quand’è che quell’autrice del cazzo di questa fan fiction del cazzo la taglierà corta con questi capitoli del cazzo che non servono a un cazzo e ci farà andare in quell’ Hogwarts del cazzo» sibilò Ron minacciosamente.

 

«Guarda che si chiama OhSchwartz» lo corresse Hermione.

 

«Bravo Ron, hai detto ben cinque cazzo in una sola frase. Ora sei pronto per scrivere i testi a Mondo Marcio» disse Harry.

 

Passarono diciassette minuti.

 

«Mi chiedo perché tra un avvenimento e l’altro passino sempre diciassette minuti» commentò Ron, più a se stesso che a qualcuno in particolare.

 

«Non so perché, ma sento che dovrei incazzarmi di brutto» disse Harry passandosi una mano tra i capelli, gesto molto fashion.

 

All’improvviso, si materializzarono i gemelli Weasley. Hermione mise il gioco in pausa e si voltò a guardarli.

 

«Mi chiedo come voi due possiate essere gemelli» chiese.

 

«È almeno la diciassettesima volta che ce lo chiedi rispose Fred.

 

«È almeno la diciassettesima volta che ce lo chiedi» gli fece eco George.

 

«La pianti di ripetere tutto quello che dico?» gli ringhiò contro Fred.

 

«La pianti di ripetere tutto quello che dico?» ripeté George a pappagallo.

 

«Vuoi che ti riempia di botte?» lo minacciò Fred.

 

«Vuoi che ti riempia di botte?» chiocciò George. Fred lo prese per il collo e i due rotolarono fuori dalla stanza. La porta sbatté.

 

«Amore fraterno» commentò Hermione, ricominciando a giocare. La porta si riaprì ed entrò la minore dei fratelli Weasley, Ginny.

 

«Oh, ciao Harry, mi è sembrato di sentire la tua voce» lo salutò Ginny.

 

«Lo so, la mia voce è bella almeno quanto me» si atteggiò Harry.

 

«Ho modificato ciberneticamente  le Orecchie Oblunghe di Fred e George, e adesso captano perfino AlJazeera» sorrise Ginny.

 

«Non gliene frega un cazzo a nessuno, quindi vai affettuosamente a quel paese, sorellina» la aggredì a parole Ron – pur la sua espressione restando impassibile.

 

«Oh, ma che bello avere un fratello che ce l’ha col mondo e mi manda al diavolo ogni volta che mi vede! È così costruttivo! Sono certa che in futuro diventerò un membro degli Alcolisti Anonimi, e tutto grazie al mio fratellino che odia tutto e tutti!» disse sarcasticamente Ginny, uscendo e sbattendosi la porta alle spalle. Poco dopo la porta si riaprì ed entrò la signora Weasley.

 

«È pronta la cena» annunciò, per poi rewindare indietro.

 

Hermione spense di malavoglia la play, mentre Ron si trascinò comatosamente al di là della porta. Harry gli andò dietro. Per le strade incrociarono Tonks che, dopo aver visto Harry, si spaventò e inciampò addosso ad un tavolino su cui erano esposti diciassette statuette di cristallo. Il fracasso fu terrificante, e un paio di tende di velluto si aprirono, rivelando un quadro che urlava istericamente.

 

«To be or not to beeeeeee… M’illumino d’immensooooo... Ed è subito seraaaaaaa!!!» strillò.

 

«Sai quanto rompe il cazzo quella, grida poesie tutto il giorno!» gridò Ron a Harry, per sovrastare gli urli della vecchia. All’improvviso una porta si aprì sulla faccia di Tonks, che si schiantò sui resti delle statuette di cristallo. Ne uscì il padrino di Harry. Partì la colonna sonora de “Il Padrino”.

 

«Padrino!» gridò Harry.

 

«Picciott… ehm… Harry!» gridò Sirius «Benvenuto in casa mia!»

 

«…bella merda…» commentò Harry.

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Capitolo 6
*** 05_L'Ordine del Corvo Morto ***


CAPITOLO 5

 

L’ORDINE

DEL CORVO MORTO

 

Andarono tutti in cucina, dove il signor Arthur Weasley stava parlando con suo figlio maggiore, Bill Weasley. Appena Harry entrò, il signor Weasley saltò su.

 

«Harry! È bello rivederti!» disse.

 

«Lo so, lo so» ribatté Harry, ammirandosi le unghie recentemente smaltate di nero.

 

«Oh, Harry, sono contendo di vedere che sei sano e salvo!» disse Mundungus Fletcher entrando nella stanza. Harry gli lanciò uno sguardo carico di rancore.

 

«Non grazie a te, stronzo!» gli ringhiò contro.

 

«Suvvia, trovare un pusher di nargilli non è mica così facile…» cercò di giustificarsi Mundungus.

 

«Me ne sbatto dei tuoi pusher di nargilli del cazzo, stronzo! È colpa tua se sono stato molestato da un dissennatore, bastardo!» gridò Harry,lanciando verso Mundungus un coltellaccio da cucina incrostato di sangue rappreso che aveva trovato lì vicino. Il coltello si piantò nella fronte di Mundungus, che scappò via ululando di dolore. Intanto la signora Weasley stava preparando la cena.

 

«Cosa posso fare, Molly?» le chiese Tonks, rovesciando una sedia.

 

«Niente, è meglio» ribatté acida la signora Weasley.

 

«Ma io voglio aiutare!» piagnucolò Tonks, rovesciando una bottiglia di acido muriatico sulla testa del signor Weasley.

 

«Ho detto NIENTE!» si spazientì la signora Weasley «NIENTE! Nada de nada, nulla, nisba, tabula rasa!». Tonks corse fuori dalla stanza in lacrime urtando un estintore, che esplose aprendo una voragine nella parete.

 

La cena passo tranquillamente, ad esclusione della furibonda lite che era scoppiata tra i gemelli Weasley, che avevano cominciato a tirarsi bottiglie molotov a metà pasto.

 

«Mi chiedo coma mai non hai cominciato a fare domande sul tuo arci-nemico-recentemente-resuscitato…» chiese ad un certo punto Sirius a Harry.

 

«Non mi è passato nemmeno per l’anticamera del cervello» rispose Harry felice e contento.

 

«Dai, chiedimi qualcosa!» lo supplicò Sirius.

 

«E va beeene…» cedette Harry, posando la lima per le unghie. La signora Weasley si alzò.

 

«Però prima George, Fred, Ginny, Ron, Hermione, fuori!” ordinò.

 

«Tanto poi Harry racconterà tutto a me e a Hermione» disse Ron in tono piatto.

 

«Fottiti» intervenne Harry.

 

«Vaffanculo» lo insultò Ron, uscendo dalla stanza. Harry si rivolse poi a Sirius.

 

««Ho cambiato idea, non voglio sapere niente» gli disse, felice e contento – senza alcun motivo apparente.

 

«E pecchè?» chiese infantilmente Sirius.

 

«Così il capitolo finisce più in fretta!» spiegò Harry.

 

«E perché vuoi che il capitolo finisca più in fretta?» chiese Sirius incuriosito.

 

«Perché prima arriviamo a OhSchwartz, prima entriamo nel vivo della storia, e quindi alla gente che legge, anche se dubito che ce ne sia, viene voglia di continuare a leggere» spiegò pazientemente Harry.

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Capitolo 7
*** 06_L'Ignobile e Squallidissima Casata dei Black ***


Capitolo 06_L'Ignobile e Squallidissima Casata dei Black

CAPITOLO 6

 

L’ IGNOBILE E

SQUALLIDISSIMA

CASATA DEI BLACK

 

Salirono al piano di sopra, e Harry e Ron entrarono nella loro stanza. Il pellicano di Harry, Edwig, era appollaiato sull’armadio, e vicino a lui c’era la poiana di Ron, Leatorda. Ron lanciò dei pesci in putrefazione sull’armadio per farli stare buoni. Poi chiuse la porta a chiave. Harry lo guardò preoccupato.

 

«Capisco che tu possa avere voglia di farlo, ma non provare a mettermi le mani addosso!» lo ammonì Harry.

 

«Non ci penso nemmeno» replicò piatto Ron «è per via di Cracker».

 

«Hai paura di un cracker?» domandò stupito Harry, immaginandosi un minaccioso cracker ambulante che vagava per la casa nell’oscurità.

 

«È un elfo, cretino» rispose seccato Ron. Harry si stava giusto chiedendo come fosse fatto un cracker elfico quando dal nulla si materializzarono Fred e George. Fred teneva bloccato George per il collo con una presa da wrestling.

 

«Oh, scusate» si scusò Fred. Poi i due si smaterializzarono.

 

Harry e Ron passarono felicemente i successivi diciassette minuti scommettendo allegramente su quale dei due gemelli si sarebbe svegliato – o meglio NON si sarebbe svegliato – con il collo spezzato la mattina dopo. Poi si stesero – ognuno nel proprio letto, nessuno dei due aveva strane tendenze. Harry se ne stette per un po’ a fissare il soffitto, rattristandosi del fatto che non ci fosse appeso uno specchio, poi si addormentò e sogno di essere stato eletto Mister Universo.

 

* * *

 

La mattina dopo fu svegliato da Fred – che aveva ancora il collo perfettamente intatto – che gli disse di scendere a fare colazione. Harry si alzò di malavoglia, e stette diciassette meravigliosi minuti a pettinarsi davanti allo specchio. Quando fu soddisfatto dei suoi lunghi, lucenti e lisci capelli neri, scese in cucina. Diciassette minuti dopo, lui e Ron andarono in salotto, dove la signora Weasley, Hermione, Ginny, George – anche lui con la colonna vertebrale del tutto sana – e Fred stavano caricando i lanciafiamme.

 

«Prendete un lanciafiamme e indossate una tuta ignifuga» disse la signora Weasley. Harry e Ron ubbidirono – anche se Harry storse un po’ il naso perché quel colore non gli si addiceva -, poi presero un lanciafiamme a testa.

 

«Cos’è che doppiamo fare, esattamente?» chiese Harry. Glielo disse Hermione, con un’espressione leggermente sadica.

 

«Dobbiamo defoxyzzare le tende» spiegò «dobbiamo massacrare i foxy, insomma».

 

«Che cosa sono i foxy?» domandò stupito Harry.

 

«Sono dei rotoli di carta igienica volanti» chiarì la signora Weasley «e mordono. Questo» disse poi, indicando una fila di siringhe «è l’antidoto, e spero che nessuno di voi ne abbia bisogno perché crea dipendenza». Harry inorridì al pensiero di essere avvelenato da un rotolo di carta igienica. In quel momento entrò Sirius, trascinandosi dietro mezza mucca insanguinata.

 

«Sto andando a dare da mangiare a Squartabecco» disse, in tono di scusa, e scomparve su per le scale.

 

«Allora, dovete colpire i foxy con una bella fiammata, e poi raccogliere la cenere con l’aspirapolvere. Poi però dobbiamo buttare l’aspirapolvere il un fiume, perché anche la polvere di foxy bruciati crea dipendenza…» spiegò la signora Weasley.

 

Cominciarono a lanciare fiammate, incenerendo i rotoli di carta igienica che volavano nella stanza. Fred e George, invece, facevano man bassa della cenere di foxy, nascondendosela nelle scarpe.

 

«Vogliamo aprire un giro di cenere di foxy» spiegò Fred sottovoce «si guadagna bene. Tu prova a dirlo a mamma e ti faccio un german suplex» lo avvisò.

 

Harry, dal canto suo, continuò a incenerire foxy. Nel frattempo Hermione si divertiva come una matta, sghignazzando sadicamente ogni volta che un foxy finiva carbonizzato sul pavimento. Ron, invece, se ne stava fermo immobile in mezzo alla stanza, circondato da foxy, fiamme e foxy in fiamme, avvolto dalla sua solita aura apatica viola. A mezzogiorno passato il pavimento era ricoperto di cenere e sembrava la spiaggia di un’isola vulcanica. La porta si aprì ed entro un elfo puccioso come un Teletubbies, che si avvinghiò alla gamba di Hermione.

 

«Cracker ti vuole bene!» trillò con la sua vocina zuccherosa. Hermione, per tutta risposta, gli tirò un calcio che lo fece schiantare contro lo spigolo di uno scrittoio.

 

«Che dolce!» commentò l’elfo puccioso, osservando lo zampillo di sangue che gli usciva dalla testa. Come se avesse detto qualcosa di terribilmente offensivo, qualcosa dentro Harry scattò. Prese il lanciafiamme e lo incenerì.

 

«NON DIRE MAI “CHE” E “DOLCE” NELLA STESSA FRASE, MAI! CAPITO?!»

 

I resti carbonizzati dell’elfo puccioso uscirono squittendo dalla stanza, ed entrò Sirius.

 

«Buona fortuna per l’udienza» disse a Harry, senza seguire alcun senso logico. Harry si ricordò di colpo che doveva presentarsi ad un’udienza al MiniMinistero della MagiMagia venerdì diciassette alle ore diciassette.

 

«D’oh!» esclamò Harry.

 

«Non preoccuparti» gli disse affettuosamente Sirius «se ti sbattono fuori, puoi sempre venire a vivere qui». Harry si guardò rapidamente intorno: si trovava in una stanza che sembrava lì lì per crollare, con della carta da parati color vomito ricoperta di schizzi di sangue e il pavimento di parquet con degli strani rigonfiamenti qua e là.

 

«Col cazzo!» piagnucolò. Sirius s’incupì e se ne andò dalla stanza.

 

* * *

 

Ridendo e scherzando – ovvero sghignazzando e sanguinando – arrivò la poco attesa vigilia dell’udienza, che avrebbe decretato l’espulsione o no di Harry da OhSchwartz. Harry aveva lo stomaco chiuso e a cena non mangiò niente. Quell’espressione pallida e tesa gli fece assumere un certo fascino – come sempre.

 

«Ho stirato i tuoi vestiti migliori per domani mattina, Harry» gli disse la signora Weasley «E voglio anche che stasera ti lavi i capelli». Guardò i capelli perfettamente puliti, pettinati, lucidi, setosi ecc. ecc. di Harry.

 

«Ok, come non detto» constatò. Poi guardò Sirius, che aveva passato tutta la cena con un muso lungo come la transiberiana. La signora Weasley assunse un cipiglio severo.

 

«Il professor Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – non crede che sia una buona idea che Sirius venga con te» disse, rivolgendosi a Harry.

 

«Quando gliel’ha detto Smilente – che si pronuncia “smailente – ?» chiese Harry.

 

«Ieri sera, è venuto mentre dormivi» intervenne il signor Weasley.

 

Harry si irritò al pensiero che Smilente – che si pronuncia “smailente” – fosse stato in quella casa il giorno prima dell’udienza e non avesse chiesto di vederlo. Tutti volevano vederlo! Sempre!

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Capitolo 8
*** 07_Il MiniMinistero della MagiMagia ***


CAPITOLO 7

 

IL MINIMINISTERO

DELLA MAGIMAGIA

 

La mattina dopo Harry si svegliò di colpo e completamente, mentre il pensiero dell’udienza riempiva ogni piccola parte della sua mente e lo schiacciava, schiacciava, schiacciava, come se avesse un peso sullo stomaco. Aprì gli occhi e vide che il puccioso Cracker era disteso sopra di lui. Nel giro di qualche secondo, durante i quali Harry connesse tutte le sue sinapsi cerebrali ed esegui un check-up completo, si rese conto della cosa è saltò in piedi urlando; Cracker volò addosso a Ron, che stava placidamente avendo incubi avvolto nella sua perenne aura apatica. Harry, liberatosi dalla pucciosa minaccia, si accinse a indossare i vestiti stirati dalla signora Weasley il giorno precedente. Dopo una rapida occhiata agli immondi stracci che la perversa signora Weasley avrebbe voluto fargli indossare – una camicia bianca! BIANCA! Ma stiamo scherzando?! E poi… i blue jeans! Ma come si fa?! Cose da pazzi! – optò per la solita maglia con il collo alto nera, i pantaloni neri, gli stivali con inserti di borchie neri e il cappotto lungo di pelle. Nero. Si vestì sghignazzando diabolicamente senza alcun motivo, poi uscì dalla stanza e si diresse in cucina, mentre Ron parlava nel sonno.

 

«No… con la motosega no…quello mi serve… aaah, che male…» bofonchiò, voltandosi dall’altra parte.

 

In cucina trovò i signori Weasley, Sirius, Lupin e Tonks che lo stavano aspettando. Harry entrò nella stanza come se stesse sfilando. La signora Weasley lo fulminò con lo sguardo – in segno di disapprovazione per i vestiti che indossava – ma lui si spostò e il fulmine finì addosso a Tonks, che cadde dalla sedia, folgorata. Harry si sedette, e guardò la colazione – un penoso mucchietto di cenere.

 

«L’ho preparata io» disse Tonks rialzandosi in piedi, i capelli afro «Mangia!»

 

“Contaci” pensò Harry, guardandola con odio. Poi avvertì un pizzicorino alla nuca – sesto senso? – e vide che la signora Weasley gli si stava avvicinando alle spalle con in mano un pettine bagnato, l’espressione folle e gli occhi ridotti a due lucine bianche.

 

«Uh uh uh uh…» ridacchiò la signora Weasley. Harry inorridì, i suoi capelli erano in pericolo.

 

«Vade retro, creatura demoniaca!» la apostrofò Harry. Poi prese il piatto con la colazione carbonizzata e lo lanciò come un frisbee. Il piatto si convinse di essere il chakram di Xena, e cominciò a rimbalzare per la stanza, finché sfondò una finestra e finì fuori.

 

«Andiamo» disse ad un certo punto il signor Weasley «starai meglio al MiniMinistero che qui a ciondolare».

 

«Ma a me piace ciondolare! Ciondolo sempre!» protestò Harry, ciondolando.

 

«Andrà tutto bene» gli disse l’ebete Tonks, dandogli delle pacche affettuose sul braccio. Harry le spezzò il polso.

 

«E se non va bene» disse sepolcrale Sirius «ci penso il al giudice…uh uh uh… BWAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!» e scomparve in una nuvola di fuoco, fiamme e fumo nero, ridendo satanicamente come un certo Bryan Fury di un certo videogioco chiamato Tekken 5.

 

* * *

 

Harry e il signor Weasley giunsero infine alla stazione della metropolitana.

 

«Eccoci alla metropolitana… Underground!» disse il signor Weasley, come se stesse recitando in una pubblicità. «Dobbiamo solo stare attenti alle lotte tra Vampiri e Lycan…»

 

«Quello è Underworld» lo corresse Harry.

 

Lo sguardo del signor Weasley incrociò le biglietterie automatiche; partì la colonna sonora de Il tempo delle mele, e il signor Weasley abbandonò la ventiquattrore e corse, al ralenty, verso le biglietterie. Harry scosse la testa, mentre il signor Weasley svolazzava al rallentatore, poi prese l’iniziativa e tirò la valigetta in testa al proprietario. La musica di bloccò e il signor Weasley rinsavì. Non ci furono altri particolari problemi, e Harry e il signor Weasley salirono a bordo.

 

«Ancora diciassette fermate» lo avvertì il signor Weasley.

 

Harry si esibì in una lugubre risatina nervosa, mentre i maniaci sessuali, i necrofili e i vagabondi che di solito bazzicavano nei dintorni lo fissavano famelici. Durante il resto del viaggio, Harry fu parecchio occupato a difendere la sua integrità sessuale. Quando giunsero alla loro fermata, Harry schizzò giù dal mezzo. Il signor Weasley lo guidò fino ad una cabina del telefono rossa. Harry fece per entrarvi, ma il signor Weasley lo bloccò.

 

«Da questa parte» gli disse, indicando un cassonetto della spazzatura.

 

Harry inorridì al pensiero della spazzatura a contatto con il suo bellissimo e incontaminato corpo. Il signor Weasley lo prese e, senza tanti complimenti, lo ficcò nel cassonetto. Poi lo seguì, il fondo del cassonetto si aprì e precipitarono entrambi nel buio più totale.

 

«Com’è gooooooooooooooooth!!!» gridò Harry, mentre precipitava.

 

* * *

 

Dopo chilometri e chilometri passati a precipitare nel vuoto durante i quali Harry si era quasi addormentato – come se ci si potesse addormentare precipitando nelle tenebre – i due si schiantarono su un materasso. Lì intorno era ancora tutto buio, ma Harry riuscì ugualmente a distinguere una cabina del telefono, gemella di quella che aveva visto in superficie. Sopra c’erano delle lucine come quelle degli ascensori.

 

«Scendere in cabina no, eh?» commentò sarcasticamente Harry, controllando che le sue bellissime ossa – come facciano ad essere bellissime delle ossa, poi – fossero tutte integre e pettinandosi stizzito i capelli scarmigliati.

 

Il signor Weasley, intanto, si diresse verso una parete su cui era attaccato una specie di citofono con una tastiera simile a quella dei telefoni. Digitò il numero.

 

«1…7…1…7…1…7…1… e 7». Harry alzò in modo molto fashion gli occhi al cielo, come per dire chissà-perché-ma-me-lo-aspettavo. Si udì una voce.

 

«Benvenuti al MiniMinistero della MagiMagia» disse la Voce «Per favore, dichiarate il vostro nome e il motivo della visita».

 

«Arthur Weasley, Ufficio per l’Uso Improprio dei Babbei; sono qui per accompagnare Harry Mystryss Darque Nyght ecc. ecc. Potter che deve presentarsi ad un udienza disciplinare» disse il signor Weasley.

 

«Grazie» disse la Voce «Il visitatore è pregato di raccogliere la spilla e fissarla sul vestito».

 

Si udì un rumore, in alto, e Harry e il signor Weasley alzarono lo sguardo per vederne l’origine. Dall’alto cadde una spilla – aperta – che si conficcò nella fronte del signor Weasley. Questi, dopo aver lanciato un ululato degno d’un coyote, cominciò a danzare selvaggemente dal dolore. Harry era piegato in due cercando di non ridere. La Voce cominciò a sghignazzare diabolicamente. Dopo qualche momento di caos, durante il quale la Voce smise di ridere, Harry ricevette la spilla. Sopra c’era scritto Harry M.D.N.R.R. Potter, Udienza Disciplinare PS Se dopo l’udienza hai un momento…il mio ufficio è al diciassettesimo piano… Ti aspetto, tesoro ♥ BY VOCE.

 

«Ho fatto colpo» pensò gongolando Harry, poi guardò la spilla in cagnesco e se la mise in tasca –bucare i suoi vestiti? MAI! –.

 

«Il MiniMinistero della MagiMagia vi augura una buona giornata» salutò la Voce. La parete su cui si trovava il citofono si sollevò in alto, e dietro di essa si intravide un grande ingresso, con il soffitto nero e il pavimento dello stesso colore.

 

«Com’è goth!» pensò Harry, commosso.

 

A destra e a sinistra c’erano due file di camini argentati dai quali entravano e uscivano maghi e streghe – alcuni entravano in collisione e finivano per prendere fuoco –. Al centro dell’ingresso c’era una grande fontana, con un gruppo di statue in mezzo.

 

Queste statue rappresentavano:

- un ninja del villaggio della foglia;

- un partecipante allo Shaman Fight;

- un campione (come no) di Beyblade;

- un alchimista;

- un insegnante-mago-bambino di dieci anni;

- un giovane uomo sulla ventina con un quaderno nero in mano e un’espressione da pazzo schizofrenico.

 

Guardando quell’accozzaglia di individui, a Harry venne quasi da rimettere – per usare un sinonimo elegante di “vomitare” –. L’acqua zampillava dal kunai del ninja, dalla katana dello sciamano, dalle orecchie del campione di Beyblade – che, come si sa, dentro la testa non è che abbia granché –, dall’auto-mail dell’alchimista, dal bastone dell’insegnante-mago-bambino, e dalla penna del giovanotto.

 

«Da questa parte» disse il signor Weasley, artigliando Harry per un braccio e trascinandolo attraverso l’ingresso. Passando vicino alla fontana, Harry lesse il cartello vicino ad essa posto:

 

TUTTI I PROVENTI DELLA FONTANA DEI MAGICI FRATELLI

(RAPPRESENTANTE – PER CHI NON L’AVESSE ANCORA CAPITO –

NARUTO UZUMAKI, YOH ASAKURA, TAKAO KINOMIYA

EDWARD ELRIC, NEGI SPRINGFIELD E LIGHT YAGAMI)

VERRANNO DEVOLUTI ALL’OSPEDALE SAN FUNGO

PER MALATTIE, FERITE, LESIONI ecc.ecc. MAGICHE

 

«Se non mi espellono da OhSchwartz, butto diciassette galeoni» pensò Harry – chissà perché proprio diciassette, poi… –.

 

Harry e il signor Weasley giunsero ad una scrivania sopra la quale era scritto Sorveglianza. Il mago seduto ad essa si alzò e tirò fuori un lungo arnese metallico, con aria minacciosa. Harry impallidì, ma il mago si limitò a passarglielo davanti e dietro, poi gli chiese l’arma magica. Harry gliela porse e questi la mise sotto ad uno scanner e controllò i dati sul computer. Poi restituì la pistola magica a Harry, non prima di avergli preso le impronte digitali e un campione di dna. Quindi il signor Weasley lo prese per la collottola e lo trascinò senza tanti complimenti fino all’ascensore. Le porte dell’ascensore si chiusero, e questi schizzò in alto, con un’accelerazione da 0 a 100 in un secondo. Quando giunse a destinazione, si fermò di botto e tutti gli occupanti si spiaccicarono sul soffitto. Si udì una voce, anzi, la Voce.

 

«Settimo Livello, Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici, comprende il Quartier Generale della Lega Giappo-Asiatica del Kwidditch, il Club Officiale di Trollbiglie e l’Ufficio Brevetti Grotteschi».

 

La porta si aprì, ma non salì nessuno – nell’ascensore c’erano solo Harry e il signor Weasley –. Le porte si richiusero e Harry si rannicchiò a terra terrorizzato. L’ascensore scattò come poco prima, frullando ben bene i passeggeri. La porta si riaprì.

 

«Sesto Livello, Ufficio per il Trasporto Magico, comprendente l’Autorità della Metrosabbia, il Controllo Regolativi delle Scope, degli Aspirapolvere e dei Catturapolvere Swi**er, l’Ufficio TeletrasPorta, e il Centro Esami di Materializzazione» disse la Voce.

 

Ovviamente, nessuno salì su quella macchina infernale. Le porte si richiusero minacciosamente; Harry era inginocchiato sul fondo dell’ascensore e pregava il suo Dio Oscuro. L’ascensore ripartì, riducendo gli occupanti in polpette. La porta si aprì nuovamente.

 

«Quinto Livello, Ufficio per la Cooperazione Internazionale Magica, comprendente il Corpo delle Convenzioni dei Commerci Magici Internazionali, l’Ufficio Internazionale della Stupida Legge sulla Magia e la Confederazione Internazionale dei Maghi» spiegò la Voce.

 

Anche qui nessuno si avvicinò all’ascensore, e quindi le porte si richiusero. A Harry venne quasi una crisi di pianto. L’ascensore continuò la sua ascesa, mentre i due passeggeri sperimentarono cosa prova la frutta per diventare marmellata. L’ascensore si fermò e aprì le porte per l’ennesima volta.

 

«Quarto Livello, Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, comprendente la Divisione Bestie, Esseri, Spiriti Maligni, Fantasmi-che-non-sono-ancora-passati-oltre, l’Ufficio delle Relazioni con i Gobelin e lo Sportello Consulenza Flagelli» disse la Voce con il suo solito tono monotono.

 

L’ascensore ripartì, mentre Harry cominciava a scrivere il suo testamento. Quando si fermò, aveva quasi finito.

 

«Terzo Livello, Dipartimento delle Catastrofi e degli Incendi Magici, comprende la Squadra Cancellazione della Magia Accidentale, il Quartier Generale degli Sterminatori di Massa e il Comitato Eliminazione Babbei» illustrò la Voce ai suoi sciupati passeggeri.

 

Harry si stese a terra come i cadaveri nelle bare.

 

“Devo sembrare davvero goth” pensò Harry, mentre il cigolio minaccioso dell’ascensore in movimento giungeva alle sue orecchie. L’ascensore riaprì le porte quando giunse al Secondo Livello.

 

«Secondo Livello» disse la Voce «Ufficio Applicazioni della Legge sulla Magia, comprende l’Ufficio per l’Uso Improprio delle Arti Magiche, il Quartier Generale degli Avatar e i Servizi Amministrativi Wizard-gamot».

 

«È il nostro, Harry» disse il signor Weasley. Harry schizzò fuori dall’ascensore prima che chiunque potesse dire “goth”.

 

I due voltarono un angolo e si ritrovarono davanti ad un ufficio con un cartello appeso: Quartier Generale degli Avatar. Al loro interno Harry vide Kingsley Shacklebolt. Harry si mise a saltellare agitando le braccia per salutarlo.

 

«Yuuuhuuu, Kingsyyyyyyy!!!» cantilenò Harry in modo pericolosamente gaio. In tutta risposta, il signor Weasley gli tirò un calcio negli stinchi, scatenando la sua indignazione.

 

«Ma signor Weasley! Che cosa fa?!» e poi, pensando “Se mi viene un livido vedi, brutto bastardo!”

 

Comunque, in qualche modo i due arrivarono all’ufficio del signor Weasley (uno sgabuzzino per le scope), e vi si… accomodarono? dentro. All’improvviso, la porta si aprì violentemente, sbattendo altrettanto violentemente sulla faccia di Harry, che ci era seduto proprio dietro.

 

«D’oh!» esclamò Harry.

 

«Oh, Arthur!» esclamò l’intruso attentatore «È arrivato un messaggio urgente diciassette…»

 

«Minuti?» intervenne Harry massaggiandosi il naso.

 

«No, SECONDI!» sbraito l’intruso attentatore »Hanno cambiato l’udienza del giovane Potter, comincia alle diciassette e diciassette SECONDI giù nel vecchio tribunale, nell’aula diciassette».

 

«D’ho!» esclamò il signor Weasley.

 

«Ehi!» strepitò Harry «Quella è la mia battuta!» – anche se la battuta appartiene di diritto ad un certo Homer Simpson –.

 

Il signor Weasley impallidì visibilmente, poi afferrò Harry per un braccio e lo trascinò fuori.

 

«GERONIMOOOOOOO!» urlò – citando inspiegabilmente il noto capo indiano –, correndo lungo il corridoio. Poi i due si fermarono davanti alla diabolica macchina.

 

«No, quello NO!» piagnucolò Harry, guardando terrorizzato la porta dell’ascensore. Ma il signor Weasley lo trascinò dentro – contro la sua volontà, s’intende –. L’ascensore scese in picchiata battendo la velocità del suono – ciò significa, per i mal informati, molto, ma molto velocemente –.

 

«Ufficio Misteri Misteriosi» disse l’ormai famosa Voce.

 

Quando l’ascensore si fermò, i due scesero barcollando, e il signor Weasley, sempre afferrando saldamente il braccio di Harry, cominciò a tirarlo verso delle scale che scendevano, scendevano… ed erano così buie, in fondo, che non se ne vedeva la fine. Harry guardò a sinistra e vide un luuuuungo corridoio con in fondo una porta nera e lucida.

 

«Come i miei capelli» pensò Harry altezzoso.

 

«Andiamo» disse, barcollando, il signor Weasley. Harry liberò la presa del suo artiglio d’acciaio dal suo braccio e il signor Weasley rotolò giù per le scale, rimbalzando, qualche volta. Harry gli andò dietro con tutta calma. Alla fine, in un modo o nell’altro, entrambi giunsero di fronte ad una porta grande come quella di un hangar. Il signor Weasley cominciò a spingerla, spingerla e spingerla ancora.

 

«Puff… pant… non pensavo che fosse così dura» ansimò sbuffando il signor Weasley.

 

«Ahem, signore…» cercò di interromperlo Harry.

 

«Non ora, non ora, non vedi che sono occupato? Se non apriamo questa porta in tempo, è la fine!» disse preoccupato il signor Weasley, continuando a spingere, spingere e spingere.

 

«Signor Weasley» sospirò spazientito Harry «guardi che c’è scritto TIRARE».

 

«Ah».

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Capitolo 9
*** 08_L'Udienza ***


CAPITOLO 8

 

L’UDIENZA

 

Harry entrò, scuotendo la testa per la stupidità del genitore del suo miglior apatico amico. Si guardò intorno: panche vuote si ergevano attorno a lui, ma di fronte, sulle panche più alte, c’erano molte sagome in ombra. Una fredda voce spettrale risuonò nell’aula.

 

«Si è fulminata la lampadina».

 

«Ah» commentò Harry, dirigendosi verso la sedia – con delle catene appese – al centro della stanza. Si sedette, ma si rammaricò del fatto che le catene non lo incatenassero.

 

“Peccato” pensò “sarebbe stato davvero molto goth”. Poi guardò su – o meglio, cercò di guardare su, dato che si era fulminata la lampadina –. Insomma, guardò su e vide che al centro della folla c’era il MiniMinistro della MagiMagia, Cornelius Caramella.

 

«Sei pronto?» chiese il MiniMinistro rivolto verso il basso. Harry vide il fratello di Ron, Percy Weasley.

 

«Sissignore!» rispose Percy.

 

«Udienza Disciplinare di venerdì diciassette agosto» annunciò Caramella «per violazioni commesse contro il Decreto per la Stupida Legge di Restrizione delle Arti Magiche tra Minorenni e lo Statuto Internazionale Noi-Non-Esistiamo da Harry Mystryss e-qualche-altro-nome-che-non-mi-ricordo Potter, residente al numero diciassette di Privet Drive, Londra, Gran Bretagna, Europa, Pianeta Terra, Via Lattea, Universo. Inquisitori: Cornelius Caramella, MiniMinistro della MagiMagia; Hannabel Lecter, Direttore dell’Ufficio Applicazione della Legge e delle Torture sulla Magia; Ahi-Che-Dolores Umbridge, Sottosegretario Sadico del MiniMinistro. Scrivano – e scrivania – della Corte: Percy Weasley; testimone per la difesa: Albus, e un’altra ventina di nomi che non sto ad elencare, Smilente – che tra l’altro si pronuncia “smailente” –».

 

Smilente – che si pronuncia “smailente”, ma ormai l’anno capito tutti e quindi e inutile specificarlo ancora… almeno si spera – avanzò con il suo perenne sorriso stampato in faccia e gli occhi da volpe. Avanzò, quindi e guardò su verso i membri del Wizard-gamot. Non vedendoci niente, comunque, perché si era fulminata la lampadina. Harry lo guardò seccato chiedendosi perché non lo guardava con ammirazione reverenziale – ma insomma, perché non lo guardava?! Tutti volevano guardarlo, sempre! –. Smilente – ci siamo capiti, no? – evocò una sedia tracciando un cerchio alchemico sul pavimento e recitando un mantra voodoo, mettendo le mani nella posizione della tigre.

 

«Onkirikirivajaraunhatta… ONKIRIKIRIVAJARAUNHATTA!» recitò. Con un turpiloquio – parola che non c’entra una mazza – di tuoni, fulmini e saette, comparve… il drago delle sette sfere.

 

«Ah no, ho sbagliato» si giustificò Smilente.

 

Aggiunse un trattino di zerodue millimetri al cerchio alchemico, e apparve una sedia. Smilente si sedette, sempre con il sorriso idiota e gli occhi da volpe. Caramella, che fino ad allora si era ripetutamente colpito in testa con il martelletto da giudice, sfilò un foglio.

 

«Dunque. Le accuse. Sì. Le accuse sono le seguenti: che consapevolmente, deliberatamente e in piena conoscenza delle sue azioni, avendo ricevuto un precedente avvertimento scritto dal MiniMinistero della MagiMagia per un’accusa analoga, l’imputato ha prodotto un Incanto Patronus in una zona abitata da Babbei, in presenza di un Babbeo, il xxx agosto alle diciassette e diciassette, ciò che costituisce violazione al Decreto della Stupida Legge di Restrizione delle Arti Magiche tra Minorenni, 1717, Comma K, nonché all’articolo 17 dello Statuto Internazionale Noi-Non-Esistiamo. Lei è Harry Mystryss ecc. ecc. Potter e vive al numero diciassette di Privet Drive, Londra, Gran Bretagna ecc. ecc.?!»

 

«No» rispose sarcastico Harry «Sono il suo gemello figo».

 

Purtroppo per lui, Caramella non colse il sarcasmo e andò avanti imperterrito.

 

«Lei ha ricevuto un’ammonizione scritta dal MiniMinistero per aver praticato magia illegale xxx anni fa? Eppure lei ha evocato un Patronus la sera del xxx agosto? Sapendo che non le è permesso usare la magia al di fuori del manicom… scuola fino al raggiungimento della maggiore età?  Sapendo di trovarsi in una zona piena di Babbei? Pienamente consapevole di essere in stretta vicinanza con un Babbeo in quel momento?” domandò a mitraglietta Caramella.

 

Il cervello di Harry si sovraccaricò.

 

«Argh!» gemette Harry, tenendosi la testa. Poi, lentamente, utilizzò la tecnica per svuotare la mente insegnatagli da Chuck Norris – la quale, resterà un segreto – e si calmò.

 

«L’ho fatto per i Dissennatori!» esclamò alla fine.

 

«Sì, certo, come no!» lo schernì Cornelius «E io sono un homunculus».

 

«Ma è vero, porca troia!» si arrabbiò Harry.

 

«Infatti c’è un testimone» intervenne Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro - ritornato dal suo mondo mentale fatto di piantine e fumo colorato. La porta si aprì ed entrò… suspance… rullo di tamburi… violini… flauti… ottoni…la signorina Figg.

 

«D’oh!» esclamò Harry, stupito&deluso contemporaneamente. La gattara avanzò timidamente nella sala. Cioè, impiegò tre quarti d’ora per percorrere cinque metri. Poi si appollaiò con delicatezza sulla pagliuzza di una sedia evocata con frizzi, lazzi e pompa magna da Smilente – che sembrava divertirsi un sacco con quegli assurdi riti – e che si pronuncia “smailente”, sia chiaro –.

 

«Nome completo?» domandò minaccioso Caramella – una minacciosa caramella…

 

«Arabella Figg» rispose timidamente la signorina, con una foce di parecchi decibel al di sotto della media captata da un orecchio umano.

 

«Eh?» fece Caramella. Grosso errore. La signorina Figg entrò in assetto da combattimento, la mutazione accompagnata dalla colonna sonora di Transformers, il cartone animato.

 

«ARABELLA FIGG!» gridò, con il tono di voce della bambina dell’esorcista potenziato di parecchi decibel.

 

Caramella cadde, ovvero prese il volo da parecchi metri d’altezza e si spappolò tragicamente sul suolo. Dopo che Hannabel Lecter e la Umbridge l’ebbero pescato su con un gancio da baleniera, l’udienza poté ricominciare.

 

«E chi è lei di preciso?» chiese, tamponandosi il sangue e guardando intimorito Figg, che ora sbavava formando pozzanghere sul pavimento.

 

«Sono un abitante di Privet Drive, vicina di casa di Harry Mystryss Darque ecc. ecc. Potter. Sono una non-strega» rispose Figg, sempre con la stessa voce ma ad un livello più basso.

 

«Qual è la sua versione?» domandò Cornelius.

 

«Ero uscita per comprare del plutonio nel mercato nero di XYZ, erano circa le diciassette e diciassette» raccontò la signorina Figg «quando ho sentito un rumore nel vicolo che unisce x2+x-2 e CTRL-MAIUSC-ALT. Sono andata là e ho visto due Dissennatori che correvano…»

 

«Correvano?!» intervenne Hannabel Lecter «I Dissennatori non corrono!»

 

«Filavano…»

 

«No!»

 

«Fluttuavano…»

«No!

 

«Strisciavano…»

 

«No!»

 

«Ballavano…»

 

«No!»

 

«Emergevano…»

 

«No…»

 

«Cantavano…»

 

«…»

 

«Scivolavano…»

 

«Alleluja!»

 

«Scivolavano lungo il vicolo verso quelli che sembravano due ragazzi – cioè un porcospino antropomorfo e un gran bel pezzo di figo – e poi hanno aggredito i ragazzi. Uno di loro indietreggiava e poi ha evocato il Patronus e li ha fatti scappare. The End» e si applaudì da sola.

 

Hannabel Lecter la guardava come si guarda un pazzo. Caramella giocava a Spider sul portatile. Alla fine della partita – «Ma porca…» – alzò gli occhi.

 

«Bene» disse «Può andare». La signorina Figg, ormai definitivamente uscita dall’assetto di combattimento, scivolò giù dalla sedia e strisciò – come fa qualche volta Pingu – fuori dalla porta.

 

«Un testimone non molto convincente» commentò Caramella «e poi, non mi sembra molto probabile che una coppia di Dissennatori se ne andasse in giro per Privet Drive e per caso avessero incontrato un mago».

 

«Grammatica terrificante» commentò Hannabel Lecter.

 

«Oh, io non penso che nessuno di noi pensi che gli altri pensano pensando che lo pensino ma magari in realtà non pensano di pensarlo anche se io penso che lo pensino… che i Dissennatori fossero là per caso» intervenne Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – sorridendo come un’idiota.

 

«E questo cosa vorrebbe dire?» chiese Caramella glaciale come un Polaretto.

 

«Vuol dire che secondo me hanno ricevuto l’ordine da qualcuno» spiegò Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro” -.

 

«Ci sarebbe traccia nei registri se qualcuno nel MiniMinistero avrebbe ordinato a una coppia di Dissennatori andassero in giro per Privet Drive!» abbaiò Caramella – bau.

 

«Grammatica raccapricciante…» commentò Hannabel Lecter.

 

«Non se i Dissennatori prendono ordini da qualcuno che non è il MiniMinistero» sorrise spasticamente – come al solito – Smilente-che-si-pronuncia-“smailente” «Ti ho già esposto le mie opinioni in proposito».

 

«Peccato che tu sia un idiota» replicò stancamente Caramella, passandosi una mano sugli occhi.

 

«Allora vuol dire che qualcuno del MiniMinistero ha ordinato ai Dissennatori di andare a Privet Drive» concluse Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro –.

 

«La parola a Ahi-Che-Dolores Umbridge, Sottosegretario Fetish Sadico del MiniMinistero» annunciò alla fine Caramella.

 

La Umbridge si sporse e Harry la vide per la prima volta. Era una donna sulla trentina, tutta vestita in succinti abiti di pelle lucida, piena di borchie, catene, e con una frusta appesa alla cintura.

 

«Oh oh oh!» rise Ahi-Che-Dolores, giocherellando con le borchie killer del collare «Per un attimo ho creduto che lei avesse accusato il MiniMinistero di aver sguinzagliato due Dissennatori per aggredire questo…» guardò insistentemente Harry, sbavando «…ragazzo» – dicendo “ragazzo” come se avesse voluto dire “oggetto per la riproduzione”. Harry rabbrividì.

 

«Se è vero che i Dissennatori prendono ordini solo dal MiniMinistero, e due Dissennatori hanno aggredito Harry e suo cugino la settimana scorsa, e l’acqua è bagnata, e l’autrice e sclerata, e oggi piove, e… ne consegue logicamente che il MiniMinistero ha dato l’ordine di aggredirli» espose le sue teorie Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – «A meno che non ci siano Dissennatori fuori controllo».

 

Ahi-Che-Dolores si alzò in piedi e mise un piede calzato da uno stivale di pelle a punta e con un tacco a spillo alto diciassette centimetri sul banco davanti a se.

 

«Non ci sono Dissennatori fuori dal controllo del MiniMinistero… Bwahahahahahahahahahah ahahahahahahahahahahahahahahah!!!» rise sguaiatamente la Umbridge, agitando la frusta a destra e a manca e colpendo – involontariamente, sembra – senza pietà i poveri membri del Wizard-gamot.

 

«Allora sicuramente il MiniMinistero chiamerà i R.I.S., C.S.I. e l’N.C.I.S. e condurrà un’indagine approfondita per scoprire perché due Dissennatori se ne andavano allegramente a passeggio a Privet Drive cercando di molestare il mio pupillo” sorrise Smilente – che, come si sarà oramai capito, non smetteva un attimo di sorridere, e perciò si pronuncia “smailente” – affabilmente.

 

«Non sono cazzi tuoi» rispose maleducatamente Cornelius Caramella «Va bene, facciamola finita che questo capitolo si è trascinato a sufficienza. Alzi la mano chi vota per l’assoluzione!». La maggior parte dei presenti alzò la mano.

 

«Molto bene…» concluse Caramella “Anzi, molto male. Assolto.” E batté il martelletto sul banco, riducendolo in mille schegge di legno che gli si infilarono… dappertutto. Smilente – che si pronuncia “smailente” – sorrise – *smile* – e uscì dall’aula, lasciando Harry seduto sulla sedia come un’idiota.

 

«Uaaaai… eeeem… siiii… eeeei…» canticchiò Smilente, saltellando come Heidi, Heidi le caprette ti fanno ciao.

 

«Che schifo di capitolo» commentò Harry «Ho detto pochissime battute e non c’è neanche una farse che sottolinei in pieno il mio sex appeal».

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Capitolo 10
*** 09_Le Seghe Mentali della Signora Weasley ***


CAPITOLO 9

 

LE SEGHE MENTALI DELLA

SIGNORA WEASLEY

 

Harry rimase come un idiota seduto sulla sedia, aspettando che qualcuno gli dicesse che poteva andare. Alla fine perse la pazienza e se ne andò. Fuori dalla porta, Arthur Weasley si era rosicchiato tutte le unghie delle dita, che adesso erano più corte di almeno una falange.

 

«Assolto» disse disgustato Harry, mentre il signor Weasley banchettava con le proprie dita. La porta si riaprì ed uscì il Wizard-gamot al completo.

 

«Per tutte le canne di Bob Marley!» esclamò il signor Weasley «Sei stato giudicato dalla corte plenaria, porca troia?!».

 

«E che cazzo ne so io?!» rispose Harry, cercando di pettinarsi specchiandosi sulla superficie scarsamente riflettente del portone.

 

«Bon, andiamo a casa, così dai agli altri la splendida splendente notizia!» esclamò allegramente il signor Weasley, prendendo Harry per il braccio.

 

A Harry tornò in mente la trappola mortale altrimenti nota come ascensore e cominciò a tremare. Era quasi in lacrime, mentre il signor Weasley lo trascinava per il corridoio, quando i due incrociarono l’ultima – no, forse la penultima… la terzultima? – persona che Harry avrebbe voluto vedere in quel momento. Lucius Malfoy stava parlando con Caramella – ovvero stavano confrontando lunghezza e colore dei propri capelli –. Poi si accorse di Harry.

 

«Aaah… il MiniMinistro mi stava giusto raccontando dell’udienza» disse Lucius, sparando una balla grossa come una casa «Hai un culo tremendo, vero? Riesci sempre a cavartela… Allora, andiamo su nel suo ufficio, MiniMinistro?» chiese poi a Caramella.

 

«Eh?» chiese Cornelius, un tantino fuori dal mondo «Ah, nel mio ufficio, sì…» e se ne andò con Lucius.

 

«Chissà a fare cosa» borbottò perfidamente sottovoce Harry.

 

Fortunatamente, il signor Weasley non lo sentì, e continuò a trascinarlo per il corridoio, verso la macchina infernale ascendente. Harry finì di pregare il suo Dio Oscuro e rassegnato entrò nell’ascensore.

 

«Addio, mondo crudele» disse, mentre le malevoli porte gli si richiudevano in faccia.

 

* * *

 

«Ce l’ho fatta!!!» gridò Harry aprendo la porta di casa Black, mentre dietro di lui si vedeva una luce bianca accecante «È fatta! È fatta! È fatta! È fatta! È fatta! È fatta! È fatta! È fatta! È fatta! È fa… Chi cazzo ha acceso quel neon?!» chiese poi, voltandosi a vedere chi fosse il responsabile di quella cosa così poco goth e così tanto dannosa.

 

«Ah» commentò Ron, seduto sul divano e avvolto da una cappa di aura negativa che quasi non lo si vedeva, in piena crisi esistenziale.

 

«Ah» commentò Hermione mentre, abbandonato Devil May Cry, si dilettava con Resident Evil e si divertiva a mandare gli zombie all’altro mondo – o meglio, a RImandare – con la sua solita aria da pazza omicida.

 

«Minchia, che entusiasmo…» commentò infine Harry, afflosciandosi – in maniera sensuale, s’intende – per la delusione.

 

«Harryyy!» trillò la signora Weasley correndo verso di lui, le braccia spalancate. Proprio in quel momento, però, Harry stava afflosciandosi per la delusione, e quindi la signora Weasley finì per abbracciare il cilindro al neon elettrico per ammazzare le zanzare.

 

«Harry caro» gli disse poi, con una pettinatura degna di quella di Bill Kaulitz, più comunemente chiamata “due dita nella presa” «avrai fame. Vieni, che ti nutro!». Detto questo, lo afferrò per un braccio.

 

«Sta diventando un vizio…» borbottò Harry, ormai stufo di essere trascinato a babordo e a tribordo come una bambola.

 

* * *

 

C’era una persona, però che non sembrava contenta della sua assoluzione. Il suo padrino Sirius, infatti, era diventato più scontroso e irascibile che mai, dato che ogni volta che qualcuno gli si avvicinava gli chiedeva il pizzo, e se ne stava tutto il giorno nella sua camera con Squartabecco.

 

“Ma guarda” pensò Harry “non sapevo che il padrino avesse queste tendenze”.

 

* * *

 

Harry passava le giornate a fantasticare su OhSchwartz – quando non doveva fuggire dalle attenzioni di Tonks e della signora Weasley e quando non veniva molestato da Cracker – e a rendersi ancora più attraente di quanto non fosse. Nei più profondi meandri della casa oscura, Harry aveva trovato una piastra lisciante agli ioni e un set completo anti-doppie punte, e ora era al settimo cielo. La mattina del suo ultimo giorno in quella catapecchia ammuffita, Harry stava ammirandosi nello specchio quando entrò Ron con due buste. Sembrava meno depresso del solito.

 

«Ti vedo meno depresso del solito» constatò Harry stupito.

 

«È che finalmente la finiamo con questi capitoli noiosi e passiamo a qualcosa di più divertente… forse» spiegò Ron, anche se ora non ne sembrava più così sicuro. Poi gli tirò la lettera come uno shuriken.

 

«Sono arrivate le lettere con i libri di testo da OhSchwartz».

 

Harry sfilò la busta che gli si era piantata sulla fronte e la aprì. Dentro c’erano due fogli: uno con l’elenco dei libri di testo e nell’altra c’era scritto:

 

La scuola comincia domani.

 

 

«Cazzo, quanto preavviso» commentò stizzito. Poi la sua attenzione si focalizzò sull’elenco dei libri di testo. Solo due nuovi: Il Libro Standard degli Idioti volume Diciassette e Teoria della Magia Sado-Masochista. Si materializzarono i gemelli Weasley.

 

“Sembra che Smilente abbia trovato un nuovo insegnante di Corruzione Verso le Arti Oscure” disse Fred, mentre faceva un fliyng drop a George.

 

«Sembra che Smilente abbia trovato un nuovo insegnante di Corruzione Verso le Arti Oscure» gli fece eco George, prendendolo in pieno e sputando sangue.

 

«Cos’hai, Ron?» gli chiese Harry, mentre l’amico guardava la lettera con un’espressione che era un misto tra l’irritato, il depresso, il disgustato e un’altra ventina di emozioni – negative – diverse messe insieme – cosa assai spettacolare da vedere –. Fred gli andò vicino e gli prese la lettera dalle mani. Dalla busta cadde una spilla di dubbio gusto.

 

«Oooh, una spilla da Perfetto» commentò Fred.

 

Poi si girò verso il gemello guardandolo con un’aria di sfida da provaci-e-ti-faccio-la-619. George se ne stette zitto e buono. In quel momento entrò Hermione, anche lei con una spilla identica. Hermione guardò Ron. Ron guardò Hermione. I due si guardarono, persi in un dialogo silenzioso che durò parecchi minuti – diciassette, per la precisione –. Poi entrò la signora Weasley che, non appena vide la spilla da Perfetto nelle mani di Ron, esplose come un petardo.

 

«Oooooh, Roooon!!! Perfetto!!! Cioè… Perfetto!!!» chiocciò svolazzando a qualche metro da terra. Poi strinse Ron in un abbraccio stritolante. L’aura di apatia di Ron si infittì.

 

«Ora mi autolesiono» commentò il nostro mancato suicida preferito con voce sepolcrale, mentre la madre lo strangolava. 

 

«Oh, immagino che tu voglia un regalo» constatò Molly Weasley «Cosa vuoi?» chiese al figlio.

 

«Niente» rispose Ron, perso in una spirale depressiva sempre più profonda.

 

«Ma come siamo pretenziosi!» cinguettò la signora Weasley, come se Ron avesse appena chiesto in regalo la Luna, il monte Everest e il Dalai Lama. «Una cosa sola. Cosa vuoi? Un aspirapolvere? Una moto? Uno yacht? Una scatola di preservativi? O magari due?» chiese a mitraglietta la signora Weasley.

 

Ron – la cui espressione era indecifrabile, a causa dei capelli che gli nascondevano il viso – perse i contatti con il mondo esterno.

 

«Va bene, ti compro la scopa!» decise autonomamente la signora Weasley, mentre usciva dalla stanza.

 

Harry, seccato per le innumerevoli righe dedicate al suo immeritevole e indifferente amico, spinse tutti fuori dalla stanza e si concesse una seduta calmante in compagnia della piastra lisciante agli ioni – il kit contro le doppie punte lo aveva buttato, cosa se ne faceva? Ma insomma, era famoso per la sua chioma perfetta! Tenere un kit contro le doppie punte era un insulto al suo sex appeal! – e dello specchio. Passò il resto della giornata a cercare la sua roba sparsa in giro per la casa, fuggendo da Tonks che si ostinava a volerlo aiutare a fare i bagagli, finché Harry non la chiuse in un armadio, che poi gettò dalle scale della cantina, chiudendone la porta con diciassette lucchetti e varie catene. Quella sera c’era una sorta di festicciola. Quando Harry scese, trovò in cucina Sirius, Malocchio Moody, Kingsley Shacklebolt, Ninfadora Tonks – come cazzo era riuscita a scappare dalla cantina?! – e Remus Lupin.

 

«Alastor» disse la signora Weasley «Credo che nella scrivania di sopra ci sia annidato un Flaccido… potresti dare un’occhiata?»

 

Malocchio Moody prese gli occhiali a raggi x che aveva trovato nelle patatine quattro anni prima, li infilò e guardò Remus Lupin.

 

«Ehi!» esclamò Lupin, coprendosi le parti incriminate.

 

Moody guardò su, verso il salotto in cui si trovava lo scrittoio.

 

«Sì» disse alla fine «È un Flaccido. Vuoi che me ne liberi?».

 

«No, faccio io» ribatté la signora Weasley, mentre la porta si apriva. Entrarono il signor Weasley e suo figlio Bill, portandosi dietro Mundungus Fletcher.

 

«TUUUU!» ululò Harry «BASTARDO!». Ed estratto un coltello lungo diciassette centimetri, cominciò a correre dietro a quello spregevole individuo a causa del quale aveva quasi perso l’anima.

 

Ad un certo punto della serata, la signora Weasley uscì, dicendo che andava a sistemare il Flaccido. Poco dopo se ne andò anche Harry, visto che il suo tentato omicidio non andava a buon fine e tutti parlavano tra loro invece di ammirarlo. Era arrivato a metà scala, quando senti una risata isterica. Aprì la porta da cui proveniva e si trovò davanti la signora Weasley che rideva come un’ossessa, mentre davanti a lei c’era… il signor Weasley con un tanga rosa bordato di pelliccia bianca e un boa fucsia attorcigliato intorno al collo! Harry corse in bagno a vomitare.

 

«Un momento» pensò «Non può essere, il signor Weasley è di sotto che racconta barzellette sporche…».

 

Tornò di corsa nella stanza e, al posto del signor Weasley, c’erano Malocchio Moody e Remus Lupin, il primo con un armatura medioevale rosa decorata con delle margheritine bianche e il secondo vestito da marinaretta. La signora Weasley si rotolava sul pavimento ridendo come un’invasata. All’improvviso, la porta si spalancò sulla faccia di Harry ed entrò Remus Lupin. Alla vista del suo sosia in divisa, divenne rosso, poi viola, poi verde, poi blu… e dopo aver passato tutte le tonalità dell’arcobaleno, fece un incantesimo.

 

«Dementicus!».

 

Harry uscì dalla stanza massaggiandosi il naso preoccupato per il fatto che potesse gonfiarsi e compromettere la sua celestiale bellezza. Rassicurato dal fatto che l’urto non avesse danneggiato la sua statuaria avvenenza, se ne andò a dormire.

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Capitolo 11
*** 10_Luna Peace&LoveGood ***


CAPITOLO 10

 

LUNA PEACE&LOVEGOOD

 

Harry passò una notte inquieta. Sognò che la signora Weasley ballava sul cadavere di Cracker, mentre Hermione lo prendeva a calci e Ron se ne stava rannicchiato in un angolo avvolto dalla sua solita, fitta aura viola e nera. Infine, Harry sognò che correva su un monopattino lungo un corridoio, e si schiantava contro la porta sul fondo. Si svegliò di soprassalto, mentre Ron gli stava parlando.

 

«Meglio muoversi. Siamo in ritardo» disse, disteso sul letto.

 

In casa c’era un gran casino. Fred e George stavano di nuovo partecipando ad un incontro di wrestling uno contro l’altro, e avevano coinvolto la povera Ginny, che era rotolata giù per le scale. Il rumore aveva risvegliato la madre di Sirius, che urlava insieme alla signora Weasley.

 

«POTEVATE FARLE MALE SUL SERIO, IDIOTI!» urlava Molly Weasley, come da copione.

 

«CANTAMI O DIVA DEL PELIDE ACHILLE… NELLA MIA GIOVANEZZA HO NAVIGATO LUNGO LE COSTE DALMATE…» urlava la signora Black.

 

Harry stava finendo di lucidare gli stivali in modo che neanche un granello di polvere potesse resistere sulla loro superficie, quando entrò Hermione tenendo in braccio il suo gatto Raschiatibie.

 

«Are you readyyy?!» gli chiese, imitando Dante, non Alighieri, bensì Sparda.

 

«Quasi» rispose «Ginny sta bene?» chiese poi.

 

«Quando gli avranno riattaccato tutti gli arti starà bene» rispose Hermione “Ma Malocchio scassa dicendo che se non arriva Sturgis Podmore mancherà qualcuno alla scorta. Devi andare a Evil’s Cross con la scorta”.

 

Harry a questo punto si scazzò veramente. Saltò in piedi e corse fuori dalla casa urlando come se fosse posseduto. Uscendo, passò davanti a Malocchio Moody.

 

«Ehi, e la scorta?» chiese Malocchio alla scia di fumo che Harry si era lasciato dietro.

 

Harry corse, corse, corse e corse fino a Evil’s Cross, dove giunse alla barriera che divideva la stazione dal binario diciassette e diciassette diciassettesimi e… Si spaccò il cranio contro la barriera sbagliata.

 

«Waaaaaaaah, porca troia!» urlò Harry piangendo e contorcendosi sul pavimento della stazione. Arrivò la signora Weasley, che aveva scippato un motorino a un poliziotto per raggiungerlo. Poi, senza farsi vedere da nessuno, gli fece un incantesimo per guarirgli la testa.

 

«Aggiustus Testus!» disse, con il latino dei poveri.

 

Purtroppo qualcuno al vide, e la folla urlante la rapì urlando cose come “eretica” e “al rogo”. Harry, riaggiustato e come nuovo, balzò in piedi e si fiondò attraverso la barriera (quella giusta, stavolta), cercando di seminare il tizio del MiniMinistero che voleva confiscargli la pistola magica. Entrato al binario, si accascio, con un gemito sensuale, su una panchina. Poco dopo arrivò Malocchio trascinando il suo baule, che caricò sul treno insieme alla gabbia di Edwig. Dopo che lo ebbe fatto, Harry schizzò sul treno, dove trovò Hermione e Ron.

 

«Cerchiamo uno scompartimento?» chiese Harry.

 

«Dobbiamo andare nel vagone dei Perfetti» lo informò Hermione «Che rottura di coglioni!»

 

I due si allontanarono trascinando la gabbia di Leatorda e la cassaforte in acciaio inossidabile rinforzata in ferro di Raschiatibie, e Harry rimase con Ginny.

 

«Andiamo» disse Ginny «se riusciamo a nasconderci bene, quei due non riusciranno a trovare posto dopo, muahahah!»

 

«Giusto… bwahahah!» rispose Harry.

 

I due sadici amici si avviarono lungo il vagone, e dopo aver percorso i diciassette km di treno…

 

«Minchia, ma quanto è lungo ‘sto treno?!» si chiese Harry, esausto.

 

…arrivarono all’ultima carrozza, dove incontrarono Neville Paciock con il suo alligatore Oscar.

 

«Ciao Harry» disse «Ciao Ginny… non riesco a trovare un posto, mi spingono tutti fuori dagli scompartimenti ridendomi in faccia… sigh».

 

«Li capisco…bwahahahah!» gli disse Harry, ridendogli in faccia.

 

«Sigh» sospirò Neville.

 

«Ma che dici, qui è vuoto, c’è solo Luna “Lunatica” Peace&LoveGood” disse Ginny.

 

«Mmh… ah, però!» assentì Neville, riprendendosi. Ginny aprì la porta dello scompartimento.

 

«Ciao Luna. Possiamo sederci qui?» le chiese Ginny. La ragazza li squadrò per qualche istante.

 

«Non vorrete mica portarmi via la mia scorta di Nargilli, vero?» chiese minacciosa. Quando i tre negarono, Luna cambiò atteggiamento «Aaah, allora sì!». I tre si sedettero. Passò il tempo.

 

«Indovinate cosa ho ricevuto per il mio compleanno» disse ad un certo punto Neville.

 

«Non ci frega» rispose Harry, continuando a pettinarsi e guardando il proprio riflesso nel vetro del vagone.

 

«Un cervello?» provò ad indovinare Ginny.

 

Neville si inginocchiò in un angolino a tracciare cerchietti per terra con il dito, circondato dalla stessa aura di Ron. In quel momento, la porta si aprì ed entrò Cho Chang, una della squadra di Kwidditch di una Casa rivale.

 

«Oh, ciao» le disse Harry, che aveva visto il suo riflesso sul vetro. La ragazza svenne, cadde all’indietro e rotolò fuori dal vagone. La porta si chiuse.

 

«Meglio che vado a vedere come sta» disse Harry, stupendo tutti per il suo improvviso attacco di altruismo. Dopo parecchio tempo rientrò.

 

«Hai la cerniera dei pantaloni aperta…» osservò Neville, troppo stupido per capire.

 

«Oooh, ehm… ma guarda, queste cerniere…» si giustificò Harry, mentre Ginny usciva di corsa dallo scompartimento per cercare un bagno in cui vomitare.

 

Arrivarono Hermione e Ron. Ron scacciò Neville dal suo angolino depresso e prese il suo posto, mentre Hermione scacciò Ginny – che nel frattempo era tornata – per prendersi il suo. In quel momento, entrarono Draco Malfoy e la sua gang, ovvero Vincent Tiger e Gregory Goyle.

 

«Ciao, tesssoro!» trillò Draco, a Harry, evidentemente.

 

«Evapora, scarafaggio omosessuale» lo schernì malignamente Harry.

 

«Cattivo!» piagnucolò Malfoy «guarda che potrei metterti in castigo» lo avvisò, abbandonandosi a chissà quali fantasie censurabili.

 

Harry lo spinse fuori dalla porta a calci nel didietro. Dopo un po’ arrivarono in vista di OhSchwartz.

 

«Meglio cambiarsi» li avvisò Hermione. Poi, guardando Harry, Neville e Ron «Voi fuori» e gli sbatte la porta dello scompartimento in faccia.

 

«Simpatica» commentò Neville, mentre Harry cercava di cambiarsi e contemporaneamente si pavoneggiava per le ragazze che sbirciavano dagli altri scompartimenti.

 

«Quando hai finito il tuo strip-tease» lo interruppe Ron, che si era misteriosamente già cambiato, «noi abbiamo finito».

 

In un modo o nell’altro, riuscirono a scendere dal treno, e Harry si avviò verso le solite carrozze senza cavallo che portavano alla scuola. Però, guardando bene con i suoi meravigliosi occhi cerulei – ma sono verdi! ndHarry – si accorse che, in effetti, quelle carrozze non erano propriamente senza cavallo. Delle repellenti creature rosa e azzurre, con lunghe criniere e code glitterose e sbrilluccicanti, ali candide e piumate e orribili tatuaggi  pucciosi sulle cosce, erano attaccate alle carrozze.

 

«Argh!» gemette – in maniera sexy, s’intende – Harry «questo uccide il mio essere goth! Ehi, Ron, guarda! Cosa sono queste cose tremendamente mielose?» chiese all’amico. Il comatoso Ron si girò verso Harry.

 

«Cosa?» domandò. Harry lo prese, lo strattonò, e lo piazzò davanti ai repellenti esseri.

 

«Cosa?» ripeté Ron.

 

La brillante mente di Harry cominciò a fare 2+2:

- Ci sono delle cose pucciose terrificanti attaccate alle carrozze.

- Io le vedo.

- Ron dice sempre “cosa”.

- Ron non le vede?

 

«Tranquillo» disse una voce alle sue spalle, interrompendo le sue brillanti macchinazioni «io li vedo i My Little Pony, sei sano di mente quanto me». Harry si girò e vide Luna Peace&LoveGood, con l’aria di chi è appena stato ad impasticcarsi ad un rave party.

 

«Porca troia, adesso sì che mi preoccupo!» si preoccupò il nostro affascinante eroe.

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Capitolo 12
*** 11_La Nuova Hit del Cappello Cantante ***


CAPITOLO 11

 

LA NUOVA HIT

DEL CAPPELLO

CANTANTE

 

Le carrozze si avviarono lungo il viale decorato da cinghiali alati (“Signoriiiinaa… al cinghiale non puoi fargli caro caro, perché se no ti uccide!” ndMio-ex-prof-di-biologia) e infine arrivarono davanti alla porta di OhSchwartz. Harry e compagnia bella entrarono nella Grande Sala, dove i quattro lunghi tavoli delle Case si stavano lentamente riempiendo. Harry, Ron e Hermione si sedettero a metà del tavolo, vicino a Nicholas, il fantasma di Grifonplatino.

 

«…ka?» disse il fantasma. I tre lo ignorarono, e Hermione guardò il tavolo degli insegnanti.

 

«Chi è quella?» domandò ad un certo punto. Harry si girò a vedere – seccato perché Hermione lo aveva interrotto mentre si rimirava in un coltello –. Seduta al tavolo c’era la fetish goth presente alla sua udienza.

 

«È la Umbridge!» esclamò in tono drammatico «Era alla mia udienza, lavora per Caramella!».

 

«Lavora per una caramella?» chiese stupidamente Ron, la cui mente viaggia tra il cielo e la Terra

 

 Il portone si aprì, ed entrò una fila di mocciosi – no, non i fan di Moccia – che si sistemarono davanti al tavolo dei professori. Entrò la professoressa Minerva McGranitt, portando una fiaccola come un tedoforo. Giunse davanti al tavolo degli insegnanti e diede fuoco ad una struttura, che si infiammò e rivelò un piccolo palco su cui stava un cappello rosa sciòcching cosparso di lustrini fucsia e blu. Davanti al cappello, un microfono. Uno strappo vicino al bordo del cappello si aprì come una bocca, e il Cappello si mise a cantare:

 

Parlami d’ammooooouuureeee se

Quando nasce un fioooooooouuurrreeeeee……

 

Ci fu una fuga di massa dalla Grande Sala, mentre i pochi miserabili fan dei Negramaro venivano schiacciati dalla ben più grande maggioranza di coloro che provavano repulsione al sentire quella canzone. La confusione regnò sovrana, mentre i poveri studenti si tappavano le orecchie, per salvare i propri delicati timpani dalle terrificanti note di una canzone al cui confronto l’Avada Kedavra è un massaggio shiatsu in riva al mare. Harry, Ron e Hermione si rifugiarono sotto il tavolo – dove quest’ ultima non perse occasione di rivelare il suo perverso sadismo infilzando forchette e coltelli nelle gambe dei passanti –. Intanto, il cappello cantante aveva finito l’obbrobrioso attentato alla musica mondiale, e attaccò con quella preferita dai piromani:

 

Bruuuuuci la città…

E croooolli il grattacielo…

 

Dopo la semidistruzione della Grande Sala, e la fine dei canti letali, calò il silenzio, la calma e la tranquillità. Si alzò il preside.

 

«Ai nuovi studenti… benvenuti (smile)!  Ai nostri vecchi amici… bentornati (smile)! C’è un tempo per i discorsi, ma non è questo. Abbuffatevi (smile)!».

 

Mentre Harry cercava pietanze ipocaloriche per mantenere statuario il suo fisico, e Hermione maneggiava pericolosamente un paio di coltelli da macellaio, Ron passò la cena a fissare il proprio piatto (vuoto), avvolto nella sua solita aura depresso-oppressa.

 

Quando tutti gli studenti ebbero finito di mangiare – nel caso di Ron, di non-mangiare – Smilente – che si pronuncia “smailente” – si alzò di nuovo.

 

«Ora che ci siamo goduti questo splendido banchetto… avvisi alla comunità» disse, come in chiesa, sfilando una pergamena da sotto il mantello. «Quelli del primo anno devono sapere che l’accesso alla foresta proibita è… beh, proibito (smile) perché è pericoloso (smile). Non lo dico perché temo per la vostra incolumità (smile), ma perché dopo il corpo insegnanti deve rompersi i cosiddetti per venire a cercare i vostri cadaveri (smile). Poi, il signor Gazza, il custode, mi ha chiesto di ricordarvi che è vietato usare la magia nei corridoi tra le classi, e altre duemila cose che potete leggere sulla lista appesa alla porta del suo ufficio che comincia là e finisce a circa venti km a sudovest da qui. Poi… abbiamo due nuovi insegnanti. La prima è la professoressa General, che terrà le lezioni di Difesa dalle Creature Magiche, mentre l’altra è la professoressa Ahi-Che-Dolores Umbridge, che insegnerà Corruzione Verso le Arti Oscure. I provini per le squadre di Kwiddich si terranno…»

 

Ad un certo punto, si interruppe: la professoressa Umbridge si era alzata in piedi ed ora troneggiava sui suoi diciassette centimetri di tacco che sommati al suo metro e parecchio di altezza facevano sembrare Smilente – che si pronuncia “smailente” un nano da giardino. Questi si voltò verso di lei, continuando a sorridere con il suo sorriso a sessantaquattro denti tirato da un orecchio all’altro, anche se qualcosa nella sua espressione faceva intuire pensieri non proprio benevoli. Accortosi che era evidente che la nuova arrivata volesse tenere un discorso, si sedette sempre con la sua espressione da sto-sorridendo-amichevolmente-ma-vorrei-tanto-spaccarti-la-faccia,-brutta-stronza.

 

«Oh oh oh, grazie Preside per le sue gentili parole di benvenuto» esordì la Umbridge, nel suo strizzatissimo completino fetish che poco lasciava all’immaginazione «è bello essere qui e vedere tutte queste faccette felici che mi guardano!».

 

Harry si guardò attorno, notando solo due tipi di espressione, e nessuna delle due rientrava nella definizione di “felice”: la prima, per lo più sulle facce delle ragazze, era la tipica espressione da minchia-che-tette-ma-come-cazzo-fa-le-voglio-anche-io, mentre l’altra, quella da maniaco sessuale con bava da attacco epilettico alla bocca, era causata dal soprannominato strizzatissimo completino fetish che poco lasciava all’immaginazione ed erano perciò persi nella contemplazione del suo bel corpo di trentenne. Tutti tranne Harry, che contemplava solo se stesso. E Ron, che non contemplava niente – anzi, per essere precisi, stava ancora contemplando il proprio piatto vuoto dall’inizio della cena.

 

«Non vedo l’ora di conoscervi tutti, e sono certa che diventeremo ottimi amici!» continuò la Umbridge.

 

Inutile precisare che la stragrande maggioranza degli studenti avrebbe superato volentieri il limite posto dalla parola “amici”. Poi la Umbridge si lanciò in un discorso lungo e ricco di termini aulici dai significati instrinsechi e sofisticati, ma tutto ciò che capirono gli studenti fu all’incirca:

 

«Bla blabla, blabla bla bla blablabla blabla bla bla bla blabla blabla bla bla blablabla…».

 

Quando finì e si sedette, Smilente – che si pronuncia “smailente” – applaudì, anche se conservava l’espressione descritta qualche riga fa, seguito a ruota dagli altri insegnanti.

 

Anche gli studenti cominciarono ad applaudire, ma non riuscirono neanche a prenderci gusto che il Preside si alzò di nuovo.

 

«Allora, come vi dicevo, i provini per…»

 

«Ma insomma! Questa storia, come si intitola? Harry Potter! E perciò di chi deve parlare? Di Harry Potter! E chi è Harry Potter? Io sono Harry Potter! E allora perché si sprecano tutte queste righe per gli altri?! Eh?! EH?! Cos’è ‘sta storia?! Insomma!»

 

Tutti presenti si voltarono verso di lui.

 

«Ecco, bravi, così dovete fare, adorarmi!»

 

Il Preside, senza smettere di sorridere, cercò a tentoni qualcosa sotto il tavolo: un bottone, che premette. I vetri sul soffitto si sfondarono, ed uno squadrone della SWAT penetrò nella Grande Sala. Mitra alla mano, corsero tra i tavoli fino a raggiungere quello di Grifonplatino e attorniarono Harry.

 

«Volpe Furba a Bradipo Scemo, Volpe Furba a Bradipo Scemo. Mi ricevi, Bradipo Scemo? Abbiamo individuato il soggetto, ripeto, abbiamo individuato il soggetto. Procedo all’immobilizzazione»

 

«Ehi, un attimo!» esclamò Harry «Cos’è ‘sta storia?»

 

«Caro Harry, lo sappiamo che ‘sta storia si intitola Harry Potter, ma ciò non vuol dire che si debba parlare sempre di te. Chiaro?! Inibitelo!»

 

Lo squadrone della SWAT estrasse delle cerbottane e sparò qualche decina di dardi soporiferi addosso ad Harry, che si addormentò sul colpo. Lo sollevarono di peso e lo portarono fuori dalla Grande Sala, poi lo chiusero in uno sgabuzzino.

 

* * *

 

Nella Grande Sala, mentre Harry veniva malmenato, Ron ed Hermione si godevano le proprie righe.

 

«Dai, muoviti, dobbiamo portare quelli del primo anno ai dormitori»

 

Ron emise un qualche verso liberamente traducibile con “Che palle”.

 

* * *

 

Dopo essersi liberato, Harry si diresse verso la Sala di Ritrovo di Grifonplatino ma, una volta giunto davanti al quadro della Signora Grassa, si accorse che qualcosa non andava.

 

«Signora Grassa! Lei non è più grassa!» esclamò stupido Harry, notando miracolosamente qualcosa che non riguardasse la sua persona. Infatti, durante l’estate, la signora grassa si era imbattuta su internet in un blog di anoressiche, e aveva deciso di aderirvi. Ora era la Signora Anoressica.

 

«Ora sono la Signora Anoressica» disse inutilmente la Signora Anoressica, visto che le parole Signora e Anoressica sono comparse ben quattro volte in queste tre righe.

 

Dopo aver assimilato, la cosa, Harry si rese conto che non conosceva la parola d’ordine per entrare. Chissà come mai, visto che durante la cena, Smilente – che si pronuncia “smailente” l’aveva pronunciata non meno di duemilasettecentonovantatre volte.

 

«Niente parola d’ordine, niente ingresso!» lo informò.

 

«Ma và?» replicò Harry acido. Alle sue spalle, ansante, arrivò Neville.

 

«E tu che cazzo vuoi?» lo aggredì Harry, voltandosi verso l’essere inferiore e facendo svolazzare la sua lunga chioma corvina.

 

«Io so la password! La password è… … …non mi ricordo!»

 

Harry lo prese per il bavero della divisa e lo scaraventò giù per la tromba delle scale, quelle a cui piace cambiare, e dopo qualche secondo arrivò il rumore che segnalava che il povero malcapitato aveva ormai toccato il fondo – in tutti i sensi. Mentre Harry si pettinava i capelli scompigliati e cercava di farsi venire un’idea, la Signora Grassa, pardon, la Signora Anoressica ebbe uno dei suoi attacchi bulimici e corse fuori dal proprio quadro per andare nel Quadro dei Sanitari Felici qualche rampa di scale più in là, ed Harry ne approfittò per entrare nella Sala di Ritrovo. La attraversò in fretta, desideroso di raggiungere la propria stanza, e vi entrò. Era di forma circolare, come tutte le altre, e la condivideva con quattro persone. Cioè, l’unica cosa che condivideva con loro era l’ossigeno, perché tre quarti buoni della stanza erano occupati da: il suo letto a baldacchino con le tende di pizzo nere, il suo paravento fatto di specchi, la sua tavola per il trucco, il suo armadio nero di metallo, il suo baule a forma di bara, il suo simulatore per i videogiochi, la gabbia formato famiglia di Edwig, un televisore ultrapiatto da cinquantadue pollici, un armadio con la sua collezione di tavole OuiJa, ventidue copie della cassetta maledetta che uccide, qualche centinaio di candele nere.  Il resto della stanza era occupato dai quattro striminziti letti di Ron – che o non dormiva o era tormentato dagli incubi –, di Neville, di Seamus Finnigan, detto Scemus, e di Dean Thomas, detto Dead Thomas – ovvero Morto Thomas. Gli ultimi due, infatti, erano nel loro angolino di stanza e cercavano di stare in piedi contemporaneamente sull’unica piastrella che Harry gli aveva concesso.

 

«Ciao Harry, hai passato una buona estate» gli chiese il Morto.

 

«Un mantello aspiratore semovente ha cercato di violentarmi, un branco di necrofili, maniaci e stupratori ha cercato di violentarmi, un elfo puccioso ha cercato di violentarmi… ma sì, una meraviglia» rispose Harry con un tono di voce che diede un nuovo significato alla parola “sarcasmo”.

 

«Mia madre non voleva che tornassi qui quest’anno» intervenne Scemus.

 

Harry gli concesse un’espressione da “chi te l’ha chiesto” molto figa, poi riprese ad estrarre dal suo baule il pigiama – seta di nobili bachi allevati nella vasca da bagno della regina d’Inghilterra e puro kashmir dell’Himalaya – nero.

 

«Immagino che sia per colpa tua» continuò Scemus, anche se nessuno lo cagava.

 

Harry si eclissò dietro al paravento per celare la statuaria bellezza della sua nudità dai bulbi oculari di quegli indegni omuncoli per i quali il termine “goth” è soltanto un nome da dare al proprio cane – o forse erano soltanto complessi di inferiorità perché ce l’aveva piccolo e non voleva sentire battutine del tipo “Ehi, Harry, la fama non è tutto” per poi essere costretto a compiere una strage nella scuola sprecando i preziosi proiettili della sua pistola magica.

 

«Mia madre dice che tu sei un bugiardo e Smilente – che si pronuncia “smailente” un vecchio pazzo» continuò Scemus, che sembrava averci preso gusto nel non essere considerato minimamente.

Harry, continuando ad ignorarlo, si infilò sotto le coperte – dopo aver evocato attorno al letto uno scudo contro i malintenzionati – e si girò dall’altra parte per non sentirlo.

 

Dopo un po’ entrò Neville, cioè, un ammasso di fratture scomposte che indossavano la pelle di Neville, e Dead pensò fosse il caso di accompagnarlo in infermeria. Infine entrò Ron, che cadde a faccia in giù sul letto e non si mosse più.

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Capitolo 13
*** 12_La Professoressa Ahi-Che-Dolores Umbridge ***


CAPITOLO 12

 

LA PROFESSORESSA

AHI-CHE-DOLORES

UMBRIDGE

 

La mattina dopo, Scemus si vestì in tutta fretta ed uscì dal dormitorio prima che Harry potesse dire goth – cosa che fa molto, ma molto velocemente per la cronaca. Il fatto che Scemus non lo guardasse adorante come il resto della massa là fuori era motivo di grande turbamento per Harry, che cercò consolazione nello sguardo dei compagni di stanza, che però sembravano non avere molta voglia di collaborare. Dead Thomas il Morto stava appendendo i suoi poster sullo scarso metro quadrato di parete concessogli dal vero padrone della stanza; lo sguardo di Ron era occultato dalla folta frangia di capelli un tempo rossi; Neville era ancora in convalescenza, e comunque il trauma avrebbe lasciato un segno indelebile sulla sua povera psiche da povero nerd sfigato. Constatando che non avrebbe ricevuto sostegno da quel branco di idioti, Harry – dopo aver finito di pettinarsi la sua lucente chioma corvina – agguantò Ron per il cappuccio e, agitando le braccia per dissipare la densa e violacea aura di depressione che l’amico aveva provocato, uscì dalla stanza.

 

Scese fino alla sala comune, dove Hermione si stava rompendo le palle – che non aveva, ovviamente – ad aspettarli.

 

«Allora? E poi sono le donne quelle lente!» borbottò.

 

Il suo sguardo cadde sulla bacheca, dove erano stati affissi due nuovi cartelli.

 

Le vostre paghette non bastano per procurarvi la dose di nargilli quotidiana?

Vi piacerebbe guadagnare in un modo che non comporti la vendita di un vostro organo?

Contattate Fred Weasley, sala comune di Grifonplatino,

per un impiego semplice, part time e virtualmente privo di dolore.

 

Sotto al primo cartello uno identico, firmato però George Weasley.

 

Hermione, bellicosa com’era, tirò in ballo il fatto di essere un Perfetto e li staccò entrambi, già pregustando il round di wrestling di alto livello che avrebbe combattuto di lì a poco con due gemelli contrariati.

 

Mentre Hermione si perdeva nelle sue violente e sanguinarie fantasie, una ragazza con i dread si avvicinò ad Harry con un cannone di diciassette centimetri in bocca. Si trattava di Angelina – non Jolie –; Harry non si preoccupò minamene di salutarla.

 

«Ciao Harry» lo salutò lei, fumata come un cammello in una tenda di fumatori di hashish «sono diventata capitano della squadra di Kwiddich!».

 

«Ah» - l’atona risposta di Harry.

 

«Abbiamo bisogno di un nuovo Portinaio adesso che Baston se n’è andato. I provini sono venerdì alle diciassette e voglio che ci sia tutta la squadra»

 

«Ah» - replica.

 

Angelina sollevò un sopracciglio come a dire “ma qui quella fumata sono io o sei tu?” e se ne andò lasciando quell’imbecille alla contemplazione dei cinque armour ring che portava alla mano sinistra.

 

I tre scesero nella Grande Sala per fare colazione – o meglio, soltanto due di loro per fare colazione, mentre l’ambizione del terzo era soltanto quella di fissare il proprio piatto vuoto generando una fumosa aura nera nella quale le giovani matricole si perdevano uscendone in lacrime –, e si sedettero al tavolo dopo aver fatto sloggiare un gruppetto del primo anno punzecchiandolo con delle forchette. Quando si furono seduti, un avvoltoio delle Ande planò sul tavolo portando un giornale tra gli artigli. Hermione lo pagò, poi prese il giornale. Harry guardò male il giornale – un po’ perché riportava diffamazioni sul suo conto, e un po’ perché il fotografo del giornale era talmente incapace da non riuscire a fare una foto decente ad una persona fotogenica come lui –, mentre Hermione cominciava a sfogliarlo febbrilmente. Finalmente trovò la pagina che le interessava – quella di cronaca nera – e si immerse nella lettura; Harry riuscì ad appropriarsi della pagina che interessava a lui – i necrologi. Nel frattempo, la professoressa McGranitt stava distribuendo gli orari. Depositò uno dei fogli sul piatto – vuoto – di Ron, il quale, seppur con la solita espressione comatosa, lo lesse; il risultato fu un acuirsi della sua depressione, ergo un infittirsi dell’aura di apatia che prese un color antracite screziato d’ebano. Harry se ne accorse – perché gli risultava impossibile continuare a leggere –, e rivolse a Ron uno sguardo che stava a dire ma-che-cosa-cavolo-hai-adesso.

 

«Due ore di Preistoria della Magia, due ore di Intrugli, Divinazione, due ore di Difesa Corruzione verso Le Arti Oscure…» lesse atono.

 

Ad Harry andò di traverso la colazione – cereali Count Chocula: era l’unico a mangiarli in tutta la scuola. Infatti, gli elfi domestici giù nelle cucine dovevano farsi un mazzo così per procurarseli… e poi c’era la questione di individuare il posto dove si sedeva Harry… –, e rischiò di farsi contagiare dalla depressione dell’amico.

 

Finito di mangiare – o di soffocarsi, nel caso di Harry, o contemplare di piatto, nel caso di Ron – andarono a lezione di Preistoria della Magia. Si sedettero in aula, e cominciò la lezione, che era tenuta da un fantasma tedesco, il professor Rüf, che oltre ad essere noioso come una capra che fa l’uncinetto era anche incomprensibile a causa del forte accento teutonico che contribuiva a rendere le sue astruse frasi ancora più astruse. Cominciò a parlare, con il suo accento hitleriano e gli sputi ectoplasmici dovuti alle scatarrate tipiche della lingua tedesca.

 

«Allorha, racazzi, occi parhlihamo tella rifolta tei cicanti, kvelle prutte scheiß…»

 

Come da copione, la sonnolenza calò sui poveri studenti oberati da tute quelle parole pesanti intrise di saliva fantasmatica e così, uno dopo l’altro, caddero in coma sui banchi. Il professor Rüf continuò imperterrito per tutto il resto delle due ore, senza minimamente rendersi conto che gli studenti non erano in grado di ascoltare alcunché. Finalmente suonò la campanella, e il professor Rüf uscì dalla stanza passando attraverso la gabbia del criceto, che morì d’infarto fulminante. Gli studenti uscirono di corsa dalla classe, ben consapevoli che quella sarebbe stata la prima di un’interminabile serie di lezioni tutte uguali. Per questa ragione, alcuni di loro decisero di suicidarsi dalla torre di astronomia, ma noi non ce ne frega perché sono personaggi minori e ininfluenti nello svolgersi nella trama. Dato che era appena cominciato l’intervallo, gli studenti furono mandati in giardino – contro la loro volontà, dato che scendevano gocce di pioggia gelata taglienti come pugnalate –. Harry, Ron ed Hermione si rifugiarono sotto un cornicione, e vennero raggiunti da qualcuno.

 

«Ciao Harry» disse Qualcuno, ignorando bellamente gli altri due.

 

Harry guardò seccato la persona che aveva interrotto il componimento mentale di un’oscura poesia ispiratagli dal pessimo tempo e dai corpi sanguinanti degli studenti riversi per il giardino, feriti dalle taglienti gocce di pioggia: era Cho Chang, detta Qualcuno. Rispose con un verso che poteva voler dire “ciao”, ma anche “vai fuori dalle palle”. Nonostante questo, si sforzò di essere cordiale, cosa assolutamente contraria alla sua natura.

 

«Hai passato una bella estate?»

 

Il sorriso sul volto di Qualcuno si congelò, come se avesse preso una pugnalata nella schiena – che, visto il tempo, non era una cosa da escludere.

 

«Mah, non so, il mio ragazzo Figo-Che-Somigliava-A-Zac-Efron-Ed-Era-Il-Più-Bello-Della-Scuola è morto assassinato da un tizio che avrebbe dovuto essere morto, ma che in realtà non è morto, cioè, la gente crede sia morto, ma tu e Smilente – che si pronuncia “Smailente” – dite che non è morto, e il giornale dice che è morto… insomma è morto il mio ragazzo Figo-Che-Somigliava-A-Zac-Efron-Ed-Era-Il-Più-Bello-Della-Scuola, e la cosa mi ha fatto deprimere e mi sta facendo diventare emo…»

 

Harry aveva smesso di ascoltare alla parola “mah”, ma le orecchie – anche se coperte dai capelli – di Ron avevano captato quelle tre letterine che, insieme, formavano l’unica parola che per lui avesse un senso.

 

«Emo?» ripeté, e alzò lo sguardo dalla punta delle sue Vans a quadretti.

 

Squadrò Qualcuno con sguardo critico, come se la stesse passando allo scanner, e giunse ad una conclusione che solo un vero emo-kid come lui poteva trarre.

 

«Poser, vorrai dire».

 

Cho Qualcuno Chang si offese a morte.

 

«Cosa?! Come osi darmi della poser?! Io sono una vera emo, lo sai?! Guarda! Ho i polsini a quadretti! E gli orecchini a dadini! E le Vans! E la cintura con le borchie! E la canottiera a righe! Sono un vero emo, io!» e se ne andò con il naso all’aria.

 

«Sei privo di qualsiasi tatto!» lo aggredì Hermione.

 

«Cosa?» replicò Ron apatico.

 

«Cosa ti perdi a fare tanti discorsi? In questi casi bisogna agire! Dovevi mollarle un cazzotto sul naso, altro che “poser” e “poser”!»

 

Mentre Ron ed Hermione dialogavano allegramente, Harry sentì la campanella. Invece di avvisare i sue, si dileguò con la discrezione di un’ombra che si ritira alle prime luci dell’alba e in quattro e quattr’otto e due dieci fu nei sotterranei per la lezione di Intrugli. Mentre aspettava gli altri, ne approfittò per specchiarsi sul fondo del calderone, pettinarsi i lunghi, lisci e lucenti capelli corvini, passarsi un altro strato di matita sugli occhi e guardare la foto di Brandon Lee sullo schermo del cellulare.

 

«Ah, Brandy, ma perché sei morto? Di gente come te ce n’è poca al mondo…»

 

Nel frattempo, gli altri studenti erano arrivati – compresi Ron ed Hermione – e si erano posizionati vicino ai calderoni. Entrò anche il professor Piton, che li mise a sedere con un’occhiataccia. Harry lo guardò con odio: quel dannato professore sembrava sempre più goth di lui.

 

«Oggi prepareremo la Pozione della Pace» annunciò «che calma l’ansia e rende felici e contenti chi la beve. Un veleno letale per tutti gli emo» e lanciò uno sguardo malevolo a Ron, che cominciò a tremare.

 

«Avete un’ora e mezza» annunciò.

 

Dopo un’ora abbondante, Piton decise che era ora di controllare che cosa aveva combinato quella manica di incapaci.

 

«A questo punto, dalla vostra pozione dovrebbero uscire scintille di fiorellini e cuoricini e stelline e tutte quelle boiate là» spiegò.

 

Harry guardò la sua pozione, dalla quale emergevano morti viventi, lapidi a forma di croce e altre simpatiche cose che di solito si trovano nei cimiteri: nemmeno lontanamente identificabile con la Pozione della Pace, eppure Harry era molto orgoglioso della cosa. La superficie della pozione di Ron era piatta e a scacchi, mentre Hermione prendeva gli studenti di Bisciargento e li buttava nel calderone – nel quale si scioglievano – ogni volta che Piton guardava da un’altra parte. Il professore arrivò davanti alla Pozione di Harry. La guardò, non senza un po’ di ammirazione mentale che non si rifletté sulla sua espressione.

 

«Cosa sarebbe questa?» gli domandò.

 

«Una cosa strafiga e terribilmente goth che sicuramente non è la Pozione della Pace…» rispose Harry.

 

«Appunto» commentò Piton, e con un gesto della sua bacchetta magica - che demodé! – fece sparire tutto il contenuto del calderone di Harry, il quale fu molto dispiaciuto della cosa.

 

Mentre gli altri mettevano un campione di Pozione della Pace nella fiaschetta da consegnare, Harry se ne stette appollaiato sul suo sgabello con un muso lungo come la Transiberiana. Appena suonò la campanella, uscì di corsa dalla classe tornò nella Grande Sala per il pranzo. Si appropriò di un posto dietro una colonna – perché lì il sole non ci arrivava – e aspettò che gli altri due lo raggiungessero. Quando lo raggiunsero, lo trovarono intento a ripassarsi lo strato di fondotinta bianco sul viso.

 

«È stato davvero ingiusto» disse, riferendosi a quello che era successo poco prima nei sotterranei «Mi odia solo perché sono finito in questa stupida casa di Grifonplatino! La divisa è nera, almeno questo, ma le rifiniture! Rosso e oro! ROSSO E ORO! Manco fossi un tifoso della Roma! Ah, maledetto Cappello Cantante… se mi capita tra le mani…»

 

Ron ed Hermione aspettarono pazientemente che la rabbia di Harry sbollisse, ma ciò non accadde. Dovettero subirsi tutti i suoi sproloqui a proposito di vendette a base di teste di cavallo mozzate, riti satanici ed esecuzioni capitali tramite ghigliottina. Quando finalmente la pausa pranzo finì, Harry e Ron si diressero verso la torre dove i sarebbe svolta la lezione di Divinazione. Si arrampicarono sulla fune che portava alla torre – la scala magica comprata all’Ikea si era rotta – ed entrarono nell’aula. Strani fumi colorati fluttuavano nell’aria, e piantine sospette decoravano i davanzali delle finestre. Bizzarri alambicchi cilindrici di vetro erano sparsi per la stanza. C’erano dei tavolini rotondi, e su ogni tavolino rotondo c’era una sfera rotonda, piena di fumo – questo non rotondo. Presero posto accanto a uno di quei tavolini rotondi, sedendosi sui cuscini rotondi.

 

«Con tutta questa rotondità, mi si stanno rompendo due cose rotonde» commentò Ron, prima di risprofondare nella sua apatia.

 

Quando la classe si fu riempita, fece la sua apparizione la professoressa Melinda Gordon, una tipa che apparentemente sembrava una persona normale, ma aveva il brutto vizio di scambiare chiunque per un fantasma che non riusciva a “passare oltre”. Si avvicinò ad Harry.

 

«Tuuu… quale tormento ti tiene ancora attaccato a questa Terra, povero spirito errante? C’è qualcosa che posso fare per te? Hai per caso qualche faccenda in sospeso?» e andò avanti così per un’altra mezz’ora.

 

Harry si infilò gli auricolari dell’IPod nelle orecchie e passò tutti quei minuti in compagnia della voce di Whiplasher Bernadotte, che gli sfondò i timpani già lesi in precedenza da Marilyn Manson.

 

Quando la prof. smise di parlare, fece finalmente quello per cui era pagata: insegnò – o meglio, ci provò. Diede ad ognuno degli studenti un libro di testo e disse loro di mettersi a coppie e di interpretare ognuno il sogno dell’altro. Cominciò Harry.

 

«Io ho sognato che ero in un cimitero, e prendevo la luna disteso in una bara aperta. Vicino a me c’era una lapide a forma di croce…poi è comparso uno shinigami con una falce tripla e mi ha detto “Tu morirai”, e poi mi ha sventrato».

 

Ron interpretò il sogno.

 

«Allora… Il cimitero è presagio di disgrazie, malattie e lutto. La luna… vediamo… malattie o morte di una persona cara, dolore e pena, problemi in famiglia e nel lavoro, stanchezza, problemi sia fisici che mentali che renderanno difficoltoso affrontare una situazione dolorosa. Essere distesi in una bara è l’avviso di un cambiamento importante nella vita. Una lapide in un cimitero annuncia un momento di profonda tristezza. La croce annuncia cambiamenti improvvisi e dolorosi, forse anche pene e rimorsi. Lo shinigami non c’è… la falce è lo strumento della morte che porta dolore e distruzione».

 

«Che bello» commentò Harry sarcastico «E tu cos’hai sognato?»

 

«Ho sognato… che diventavo… un poser».

 

Harry assunse un’aria profondamente preoccupata, mentre Ron riviveva da sveglio l’incubo terrificante che gli aveva fatto visita quella notte.

 

«Ron… mi dispiace dirtelo ma… è un sogno premonitore! Diventerai un POSER!»

 

Ron uscì dalla classe urlando di puro terrore. Cadde dalla botola e si schiantò sul pavimento sottostante, con gli arti piegati in angolazioni inusuali. Harry trovò la cosa molto spassosa e, pensò, anche Hermione lo avrebbe trovato assai divertente. Quando, alla fine dell’ora, lo raggiunse, una strana pozzanghera rossa si era formata sotto il suo corpo inerte. Ad Harry venne sete.

 

* * *

 

Qualche minuto dopo, erano seduti nell’aula di Corruzione Verso le Arti Oscure. Quando anche tutti gli altri si furono seduti, un inquietante rumore di tacchi risuonò dal fondo della stanza. La professoressa Ahi-Che-Dolores Umbridge sfilò tra le due file di banchi fino alla cattedra, sulla quale salì con un balzo.

 

«Buongiorno ragazzi!» tuonò, agitando la frusta a destra e a manca. Nessuno osò rispondere.

 

«Quando io vi dico buongiorno…» cominciò la professoressa Umbridge «voi dovete rispondere “Buongiorno Signorina Professoressa”! Ripetete!» sottolineò l’importanza della frase con un sonoro schiocco di frusta.

 

«Buongiorno Signorina Professoressa!» ripeterono gli alunni terrorizzati.

 

«Molto bene» assentì la Umbridge. Poi, con uno schiocco della sua frusta magica, fece apparire delle scritte alla lavagna.

 

Corruzione Verso le Arti Oscure

Ritorno ari principi di base

 

  1. Prendere il libro.
  2. Aprire il libro.
  3. Leggere il libro

 

I poveri studenti guardarono la lavagna senza capire. La professoressa perse la pazienza.

 

«Allora?! Che vi ci vuole per eseguire?! Eppure non mi sembra che sia tanto difficile quello che c’è scritto sulla lavagna! Adesso leggete, che io devo cercare la pazienza che ho perso!»

 

Mentre la professoressa Umbridge cercava la pazienza perduta, i poveri studenti cominciarono a leggere, ma furono presi dalla sonnolenza a metà della prima riga, e quindi si stancarono. Hermione alzò la mano.

 

«Cosa c’è?» chiese la Umbridge.

 

«A che cosa ci servirà questo fuori di qui?» domandò la ragazza.

 

«Credo di non capire…»

 

«Voglio dire, come faremo a difenderci fuori di qui, se non facciamo pratica? Prendiamo a librate i nemici, o li leggiamo a morte?» chiese ironica Hermione.

 

«E contro che cosa ci si dovrebbe difendere?» ribatté la Umbridge.

 

«Mah, non so, i maniaci stupratori, i necrofili, gli adolescenti ubriachi e drogati e, magari, ma anche no... Lord Tromedlov!» intervenne Harry annoiato.

 

La classe ammutolì e trattene il respiro: Harry aveva pronunciato il nome del suo Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri.

 

«Hai pronunciato il nome del tuo Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri!» esclamò sconvolta la Umbridge, ponendosi una mano sulla superficie in lycra del costumino nella zona dove avrebbe dovuto esserci il cuore.

 

«Infatti l’ho detto al contrario per non sconvolgervi… ma a quanto pare vi siete sconvolti lo stesso» replicò Harry, studiandosi una doppia punta all’estremità del capello n° 3457 della zona 4B del cuoio capelluto.

 

«Come osi prendermi in giro?! Dieci punti in meno a Grifonplatino!»

 

«Eeeeh?! Solo dieci?! Perché non cinquanta? Cento? O meglio, mille?» domandò Harry deluso. Poi decise che a Grifonplatino avrebbe fatto bene perdere un po’ di punti.

 

«Strega! Troia! Puttana! Meretrice delle Tenebre!» insultò la Umbridge.

 

«Grazie, grazie, quanti complimenti…» replicò lei «Punizione per Potter! Prendi questa chiavetta USB e vai dalla McGranitt».

 

Harry prese la chiavetta USB a forma di monoguanto e uscì dalla stanza. Harry percorse saltellando i corridoi, fino ad arrivare nella sala professori. Bussò e poi entrò. Dentro c’era la professoressa McGranitt.

 

«Cosa c’è?» chiese lei, nascondendo polverine, erbette e cartine sospette dietro la schiena.

 

«Sono stato mandato da lei» rispose Harry, porgendo il monoguanto USB alla prof.

 

Questa aprì il portatile e lesse il file contenuto all’interno.

 

«Uhm… bene, anzi male. Potter, qui c’è scritto che hai detto alla Umbridge che il tuo Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri è vivo…»

 

«Seeee» rispose Harry annoiato, cercando una superficie riflettente in cui riflettersi.

 

Partì la colonna sonora di Mission Impossibile, e la McGranitt si appiattì sulla cattedra, guardandosi attorno furtivamente. Harry la guardò annuendo, pensando che la demenza senile prima o poi arriva per tutti. La prof spiccò un salto sopra al tavolo e atterrò con una capriola dall’altro lato. Rotolò fino alla finestra più vicina, alla quale abbassò la persiana. Fece rotolando tutto il giro della stanza, finché tutte le finestre furono chiuse e il buio fu completo. La McGranitt accese una torcia e strisciò con il passo del giaguaro sotto il tavolo, tirò fuori un fumogeno dalla tasca posteriore del vestito, gli strappò la sicura con la dentiera e lo lanciò nella stanza, prendendo contemporaneamente Harry per uno stivale e tirandolo sotto al tavolo.

 

«Potter, devi stare attento» disse sottovoce, continuando a guardarsi attorno con fare furtivo.

 

“Sì, a te” pensò Harry.

 

«Stai attento a Ahi-Che-Dolores Umbridge» precisò la McGranitt «Devi stare attento e controllarti, altrimenti…»

 

E con queste ultime misteriose parole, fece una capriola all’indietro e sparì nel fumo che aveva invaso la stanza.

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Capitolo 14
*** 13_Punizione con Ahi-Che-Dolores ***


CAPITOLO 13

 

PUNIZIONE CON

AHI-CHE-DOLORES

 

La sera dopo, a cena, tutti bisbigliavano tra di loro di quello che era successo durante la lezione di Corruzione Verso le Arti Oscure. Il risultato era che tutti stuzzicavano Harry per farlo incazzare.

 

La cosa continuò finche questi non estrasse un mitra dalla borsa e lo portò a tracolla come fosse un fucile. Salirono alla torre di Grifonplatino. Nessuno dei tre si ricordava la password.

 

«Password?» chiese la Signora Anoressica.

 

«Signora Gra…Anoressica!» esordì Harry accondiscendente «Vedo che ha messo su qualche chiletto, ultimamente…»

 

La Signora Anoressica uscì dal quadro per andare a vomitare, e i tre ne approfittarono per entrare. Si sedettero sulle loro poltrone preferite, quelle vicino al fuoco, per fare i compiti. Ron si aprì un polso con la lametta e cominciò a scrivere, con il suo stesso sangue: Le proprietà della Pietra di Luna e i suoi usi nella preparazione delle pozioni. Guardò Hermione in attesa – nonostante il pessimo carattere, Hermione era pur sempre una secchiona –, ma Hermione stava guardando quello che stava succedendo da un’altra parte della stanza. Fred e George erano impegnati in una royal rumble dentro un ring improvvisato. I loro avversari: piccoli e innocenti primini. Hermione si alzò e andò da loro.

 

«Voooi! Che cosa state facendo?!»

 

«Chi, noi? Niente!» rispose Fred.

 

«Chi, noi? Niente!» ripeté George, beccandosi una chop slam.

 

«Lo sapete che solo i Perfetti possono picchiare i primini!»

 

«Ma noi li paghiamo!» protestò Fred.

 

«Ma noi li paghiamo!» lo imitò George.

 

Hermione si ricordò del cartello che aveva visto appeso la mattina stessa.

 

«Beh, ma c’era scritto “virtualmente indolore”…»

 

«Virtualmente sì, fisicamente no» precisò Fred.

 

«Virtualmente sì, fisicamente no» replicò George.

 

«Comunque non potete!» ribatté Hermione, distruggendo il ring a calci «Altrimenti vi picchio».

 

Dopo aver strigliato per bene i gemelli, Hermione tornò da Harry – che stava seduto in modo bizzarro contemplando il fuoco – e Ron – che si ricuciva il polso, dato che era palese che quella sera non avrebbe scritto più niente.

 

* * *

 

Il giorno dopo, a Incantesimi, fecero pratica con gli Incantesimi di Appello, che consistevano nel puntare la propria arma magica contro una persona, e questa era costretta a dire “Presente”.

 

Nelle due ore successive, Trasfigurazione, si allenarono con gli incantesimi Evanescenti, che avevano l’effetto di far risuonare nell’aria le canzoni degli Evanescence.

 

Nel pomeriggio, avevano Difesa Dalle Creature Magiche, con la professoressa General. Harry, Ron ed Hermione attraversarono i prati, mentre il vento soffiava forte – con gran irritazione di Harry, che doveva continuamente appiattirsi i capelli sulla testa. Arrivarono a circa diciassette metri dalla capanna di Hagrid, dove la professoressa General era in piedi accanto ad un tavolo con dei bastoncini sopra. Dopo un po’ arrivarono anche gli studenti di Bisciargento, e con loro Draco Malfoy, che fece gli occhi da cernia ad Harry. Harry andò a vomitare dietro un cespuglio.

 

«Ci siete tutti?» abbaiò la professoressa General «Allora cominciamo. Cosa sono questi?»

 

«Paletti» rispose Harry.

 

«Cotton fioc» rispose Ron.

 

«Bacchette cinesi» rispose Hermione.

 

«Sbagliato. Sono Bastoncelli».

 

I Bastoncelli saltarono su, rivelando zampe, occhi, mani, piedi e anche qualcos’altro.

 

«Adesso ognuno di voi prenda un Bastoncello e lo disegni».

 

Harry prese il portatile, lo scanner, vi schiaffò dentro il Bastoncello, lo scansionò, stampò la scansione, la ricalcò.

 

«Fatto».

 

Dopo la lezione di Difesa Dalle Creature Magiche, andarono a Cannologia.

 

«Il modo in cui vengono affrontate le lezioni lascia alquanto a desiderare» commentò Ron «Se devono essere scritte in modo così vago, tanto vale non scriverle affatto».

 

«Sì, ma sai com’è» replicò Harry pettinandosi «Se il capitolo è troppo corto, dopo sembra squallido…»

 

Finita anche la lezione di Cannologia - «E dillo che non te ne frega niente!» - Harry andò a cena, dato che alle cinque aveva la punizione con la Umbridge. Dopo aver mangiato, e aver imprecato ancora per la stiticità delle frasi usate per descrivere la sua giornata, andò nell’ufficio della Umbridge.

 

«Avanti».

 

Harry entrò, e gli sembrò di essere piombato in un fetish club. Alle pareti erano appese diverse varietà di fruste e frustini, mentre in un angolo erano accatastate diverse paia di stivali. Al centro della stanza, una panca per spanking. Harry cominciò a tremare.

 

«Accomodati, prego» disse la Umbridge facendo un cenno verso la panca e stringendo le cinghie dei guanti «e si tolga i vestiti. Può tenersi i pantaloni, se vuole».

 

Harry impallidì – sì, più del solito – ma eseguì l’ordine. Tolse cappotto, corsetto, maglia, rete e si sedette sulla panca, mentre la Umbridge sceglieva una frusta dall’ampia scelta che si trovava davanti.

 

«Ora, signor Potter» annunciò la Umbridge « inciderò la frase Non devo dire bugie sulla sua schiena a frustate, così imparerà la lezione. Muahahahahah!»

 

Harry pensò al suo funerale.

 

* * *

 

Non aveva avuto il tempo di esercitarsi negli Incantesimi Evanescenti – tutto quello che riusciva ad ottenere era un fievole Bring Me To Life –, non aveva scritto nessun sogno nel diario – anche perché, tra lapidi, cimiteri, corvacci, zombie, croci, bare e obitori i suoi sogni si somigliavano tutti –, e non aveva nemmeno fatto i temi. La mattina dopo, si alzò alle 3 e scese nella Sala Comune per cercare di rimediare al danno – non che ci tenesse, visto che, essendo schifosamente ricco, poteva permettersi una notevole quantità di bustarelle. Vi trovò Ron, avvolto dalla sua aura depressoide color gabbiano-in-decomposizione-avanzata-ucciso-da-una-macchia-di-petrolio.

 

«Come mai non li hai fatti ieri sera?» chiese Harry all’amico depresso.

 

Ron borbottò che aveva “fatto qualcosa”. Sospettando strane cose come riti satanici ai quali non era stato invitato, coca-party, orge pentasessuali e cose simili, Harry lo guardò e annuì, assecondandolo come si fa con i poveri decerebrati come lui. Quando ebbero finito di scrivere cazzate sul diario dei sogni, si avviarono verso la Torre Nord.

 

«Com’è stata la punizione con la Umbridge?» gli chiese Ron.

 

«Mah… mi ha scritto delle frasi» rispose. “Sulla schiena con una frusta di cuoio” aggiunse mentalmente.

 

Dopo la lezione di Divinazione, gli toccarono Incantesimi – Incantesimi Evanescenti, accidenti a loro! –, e tutte le altre lezioni che gli lasciarono un’ulteriore caterva di compiti a gravare sulle sue esili e gotiche spalle.

 

* * *

 

Il secondo castigo con la Umbridge fu uguale, se non peggiore, del precedente. Dopo essersi fatto frustare ben benino – disperandosi (mentalmente, per non dare soddisfazione a quella mistressaccia sadica) al pensiero della sua bellissima ed immacolata schiena sfigurata in quel modo barbaro –, tornò alla Sala Comune ma, invece di andare a letto, si trascinò su una poltrona per fare almeno un po’ di compiti. Cominciò a scrivere il tema sulla pietra di luna per Piton – “La pietra di luna si chiama così perché viene dalla luna, come CapaRezza.” scrisse, sotto l’influenza delle innumerevoli lattine di Red Bull che aveva ingurgitato per restare sveglio e che gli avevano messo sì le ali, ma per volare in bagno a vomitare ogni cinque minuti –. Poi scrisse delle risposte alle domande assegnatagli dalla McGranitt – sì, no, forse, perché lo chiede a me? Dovrebbe saperlo lei! – e sul trattamento corretto dei Bastoncelli – “Li butterei tutti nel fuoco, quelle bestiacce!” –. Dopo questo sforzo immane, si trascinò fino al suo letto sul quale si addormentò.

 

* * *

 

Come i giorni precedenti, passò anche il giovedì. Ron, oltre che depresso, sembrava anche molto assonnato, ma Harry non riusciva a capire perché. Il terzo castigo con la Umbridge passò esattamente come gli altri due, ma finì un po’ prima perché la Umbridge si ficcò involontariamente una borchia killer nell’occhio. Harry stava tornando alla sala comune quando andò a sbattere conto qualcosa che se ne stava in piedi in mezzo al corridoio.

 

«Ron!» esclamò, riconoscendo il profilo molto emotional dell’amico, il quale, seppur accorgendosi della presenza di Harry, non manifestò alcuno stupore.

 

«Che cosa fai?» continuò Harry.

 

«Niente» rispose l’emo-kid «e tu?»

 

«Niente» rispose Harry «e tu?»

 

«Niente» rispose Ron «e tu?

 

«Niente» rispose Harry. E non aggiunse altro, perché altrimenti al cosa sarebbe potuta andare per le lunghe.

 

«Perché ti nascondi?» disse invece.

 

«Non mi sto nascondendo» rispose Ron. Ed era vero, perché nessuno sano di mente si piazzerebbe in mezzo ad un corridoio se volesse nascondersi.

 

«Perché hai la scopa?» continuò Harry, rendendo questo piatto discorso ancora più monotono ed insulso «Non sei andato a volare, no?»

 

Ron stava per rispondere con una battutaccia sarcastica, ma quando si rese conto di quanto poco emo fosse la cosa, preferì lasciar perdere. Fu la sua aura color pupilla-di-pantera-nera-nella-giungla-di-notte a risponder e per lui. Si limitò a nascondere la sua Lametta Undici dietro la schiena – ci provò, se non altro.

 

«Perché?» infierì Harry, mandando affettuosamente affanculo quello che sarebbe potuto diventare un dialogo intelligente se solo i due interlocutori avessero deciso di dar fondo alla propria cultura riguardo alla grammatica e alla sintassi della lingua italiana, per non parlare della possibilità di sfruttare il ricchissimo – e pesantissimo – vocabolario di quest’ultima.

 

«Volevo fare il provino per diventare Portinaio della squadra di Kwiddich» rispose Ron, sbalordendo tutti – ma tutti chi? – per la lunghezza della frase appena pronunciata, cosa profondamente contraria alla sua natura.

 

«Ah» fu la laconica risposta di Harry, impegnato com’era a specchiarsi nella corazza di un’armatura lì vicino.

 

«Tu cos’hai?» chiese Ron, accorgendosi della strana postura dell’amico – della serie “gli hanno infilato una scopa su per il” –.

 

«Io? Niente» negò Harry, anche se si era lasciato una scia di sangue talmente estesa alle spalle che le donne delle pulizie si sarebbero suicidate piuttosto che pulire quello scempio «Sono inciampato in una trappola per orsi».

 

E Ron gli credette.

 

* * *

 

Il venerdì cominciò con una bella pioggerellina stile tempesta tropicale, con lampi, fulmini, saette, tuoni, e tutte quelle belle cosine che ad Harry piacevano tanto. Si svegliò, quindi, felice come una Pasqua. Come un Halloween. Come un funerale. C’erano due cose che lo rallegravano in particolare quel giorno: il fatto che le punizioni con la Umbridge fossero quasi finite, dato che la settimana era agli sgoccioli, e il fatto che piovesse in quella maniera durante i provini per la selezione del Portinaio della squadra di Kwiddich. La sera, alle cinque spaccate, bussò per l’ennesima volta alla porta della Umbridge. Si fece il suo bel castigo, e quando tornò alla Sala Comune, trovò la squadra di Kwiddich che festeggiava allegramente l’ammissione di Ron come Portinaio. Ron, dal canto suo, era tutt’altro che allegro – come al solito, naturalmente: normale amministrazione. Harry lo lasciò al suo destino e se ne andò a dormire.

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Capitolo 15
*** 14_Percy e Felpato ***


CAPITOLO 14

 

PERCY E FELPATO

 

La mattina dopo, Harry fu il primo a svegliarsi. Si alzò, si pettinò con cura, si truccò, e fece tutto ciò che ogni bravo goth come lui fa la mattina, in modo da rendersi presentabile al resto del mondo. Scese alla Sala Comune, dove tutte le schifezze della sera precedente erano state meticolosamente ripulite dagli elfi domestici che sfacchinavano come schiavi neri in giro per il castello. Prima o poi, probabilmente, si sarebbero ribellati e si sarebbero rivelati come la sanguinosa razza assassina che in realtà erano. Dopo aver pensato questi pensieri, Harry si sedette su una poltrona e pensò a come scrivere al suo padrino senza far capire ad un eventuale ladro di lettere che cosa volesse dire. Dopo averci pensato un po’ su – qualcosa come diciassette minuti, per essere precisi – prese la bic (nera) e cominciò a scrivere.

 

Caro Tubero,

            Spero che tu stia bene. I primi giorni qui sono stati terribili, peggio di essere legati ad una sedia e doversi guardare tutti i film di High School Musical, Camp Rock e la serie completa di Hannah Montana senza neanche una pausa. Abbiamo una nuova insegnante di Corruzione Verso le Arti Oscure, la professoressa Umbridge. È simpatica quasi come Adolf Hitler. Scrivo perché la cosa di cui ti avevo scritto la scorsa estate è successa di nuovo ieri sera mentre ero in castigo con la Umbridge. Ma davvero non serve che vado da un dottore? Cioè, sarà anche normale, ma se poi si rompe, come faccio? Non che abbia urgenze di quel genere, in questo momento, però, sai com’è, è sempre utile. Metti che danno una festa e incontro qualcuno, e che mi serve… se si è rotto, cosa faccio? Comunque, rispondi in fretta.

Ciao

Harry

 

Dopo aver finito questo capolavoro della letteratura, Harry uscì dal buco del ritratto e si diresse verso la Guferia, anche se gli uccelli delle altre razze avevano protestato sul fatto che il nome “Guferia” comprendesse soltanto i gufi, e che fosse davvero razzista da parte della scuola permetterlo. Avrebbe dovuto chiamarsi “Uccelleria”, per esempio, o anche “Volatileria”. Comunque, Harry si diresse verso la Guferia. Mentre camminava tranquillo e contento lungo il corridoio, qualcosa di peloso gli sfiorò le caviglie. Lo spavento fu tale che Harry colpì con un violentissimo calcio quella cosa, che andò a sfondare la vetrata istoriata più vicina e, molto probabilmente, finì nel lago. Dopo un quarto d’ora, si rese conto che quella cosa pelosa non era altri che Mrs. Purr, la gatta del guardiano Gazza. Superato il trauma – ma anche no… - continuò il suo avventuroso cammino verso la Guferia. Finalmente ci arrivò, e guardò in alto per cercare il suo pellicano Edwig, ma non lo trovò. Dopo un paio d’ore passate con la testa per aria, Harry si chiese se per caso non fosse il caso di guardare da un’altra parte. Infatti: il povero pellicano, o meglio, i suoi miseri resti giacevano sul pavimento in avanzato stato di composizione. Nonostante lo preferisse così, Harry si rese conto che, per quanto affascinante ed estremamente goth possa essere, un pellicano morto non è in grado di portare lettere.

 

“Pazienza” pensò Harry “quella cosa, in effetti, non era minimamente goth. Devo procurarmi un uccello più goth”.

 

Si avvicinò ad una parete, dove stavano uno schermo touch-screen a cristalli liquidi e un foro stile buca delle lettere. Harry accese lo schermo touch-screen , selezionò il nuovo volatile e, pochi secondi dopo – diciassette, ma anche no… - un sonoro tlonk lo avvisò che l’ordinazione era arrivata. Tirò fuori dal foro stile buca delle lettere un pacco postale, lo scartò, e guardò con ammirazione il suo nuovo animaletto. Si trattava di un corvaccio più nero dei suoi capelli – il che, per la cronaca, significa molto, ma molto nero –, con un’apertura alare di almeno un metro.

 

«Sei bellissimo, amore!» squittì Harry in adorazione, fin troppo euforico, uno stato di euforia che un goth non dovrebbe mai e poi mai raggiungere «Ti darò un nome bellissimo! Il tuo nome sarà… Brandon Lee! Sì, Brandon Lee!»

 

Il corvaccio, neobattezzato Brandon Lee, guardò il suo padrone con aria avvilita. Harry gli porse la busta (nera) – la quale, voglio precisare, conteneva la sua carta da lettere preferita, e cioè nera pure quella – e lo guardò volare via, con una lacrimuccia – mischiata a una notevole quantità di eyeliner – che gli scendeva lungo la guancia. In quel momento magico, entrò qualcuno.

 

«Ma porca…» imprecò Harry. Qualcuno compariva sempre nei momenti peggiori. Comunque, si sforzò di apparire affabile.

 

«Ma ciaaaao, cara…» esordì, con un tono non troppo convincente.

 

Quel giorno, Cho Qualcuno “Poser” Chang indossava – oltre alla classica divisa – Vans a quadretti neri e fuxia, una cintura con delle cose che definire borchie sarebbe un’eresia, e una spilla del diametro di una tazza da te con su scritto “Sono emo, lasciatemi annegare nel mio dolore” e altre boiate simili.

 

«Oh, ciao. Mi sono appena ricordata che è il compleanno della zia della cugina di secondo grado del fratello della moglie del cognato del cugino della madre acquisita della prozia del padre del mio ex ragazzo morto Zac Cedric Efron-Diggory…» disse Cho Qualcuno.

 

«Ah» solita risposta atona a-la-Harry-Mystryss-Darque-Nyght-Rayn-Ravyn-Potter – giusto per ricordare come si chiama.

 

In quel momento, entrò il guardiano della scuola, Argus Gazza, un vecchio metallaro in pensione.

 

«Aha!» esordì, puntando contro Harry un unghia ricoperta di scaglie di quello che doveva essere stato smalto nero in un passato molto, ma molto remoto.

 

«?» rispose Harry – perché lui, essendo goth, riusciva a dire a voce alta anche i segni di interpunzione –.

 

«Ho le prove che sei stato tu a prendere a calci la mia gatta e a farla finire nel lago!»

 

«E cosa glielo fa pensare?»

 

Gazza tirò fuori la gatta da una tasca del cappotto che un tempo, forse, era stato di pelle. Su un fianco dell’animale, il pelo era andato via, ed era rimasta un orma proprio uguale alla suola degli stivali di Harry – stivali che, inutile dirlo, era l’unico ad indossare all’interno della scuola.

 

«D’oh!»

«Ora, per punizione, sarai costretto a lucidare tutti i miei dischi degli Iron Maiden, Metallica, Black Sabbath, Helloween…» cominciò ad elencare, ma non finì mai, perché Harry lo aveva già mandato al diavolo e se n’era andato per i fatti suoi.

 

Avvertendo un certo languore – i Count Chocula mancavano dal suo stomaco da ben 24 ore! Tragedia! –, Harry scese a fare colazione, dove Hermione gli ricordò gentilmente – ma anche no – che aveva una marea di compiti da fare. Ma lui, non avendone voglia, la distrasse indicandogli un primino innocente che passava di là, il quale fu presto aggredito dalla furia dirompente della ragazza. Ron, invece, gli chiese di aiutarlo ad allenarsi un po’ a Kwiddich. Harry stava per mandarlo a quel paese, ma poi gli venne in mente che era da un bel po’ che la sua Bloodybolt non assaggiava sangue altrui, perciò acconsentì. Hermione, che nel frattempo era tornata, si era immersa nella lettura della cronaca nera del giornale. Finita la colazione, Harry e Ron si diressero verso il campo da Kwiddich. Harry lanciava pigramente pluffe verso gli anelli, ascoltando beatamente l’iPod – stavolta, a fargli compagnia, c’era il caro Wes Borland –, mentre Ron cercava di prenderle, tagliandosi misteriosamente ogni volta che ne toccava una. All’ora di pranzo, fecero ritorno al castello, mangiarono, e tornarono al campo per l’allenamento vero e proprio. Man mano che si avvicinavano agli spogliatoi, l’aura color topo-morto-ammuffito di Ron si intensificava sempre di più. Cominciarono ad allenarsi – e dato che, tra la gentaglia accorsa per ammirarli/schernirli c’era pure Draco Malfoy che gli faceva gli occhi dolci, Harry si schiantò diverse volte contro i pali delle porte, spaccandosi il suo bel nasino. Dopo un po’ che si allenavano – evviva la grammatica – Angelina ordinò a Fred e George di andare a prendere una mazza ed un Bolide. Infatti, il loro ruolo nella squadra era quello dei Bastonatori, il cui compito era bastonare gli altri giocatori e massacrarli a suon di mazzate. I Bolidi, quindi, erano praticamente inutili. Mentre Angelina – avvolta da una nuvola di fumo proveniente dalla grossa canna che teneva in bocca – rimproverava l’emo-kid per la sua immensa incapacità nel gioco, Harry cercava in tutti i modi di ripristinare la perfezione della sua faccia. Fred e George tornarono con il Bolide, e cominciarono a svolazzare per il campo prendendo a mazzate chiunque gli capitasse a tiro. Ron, intanto, cercava di parare quella maledettissima Pluffa, che non ne voleva sapere di farsi prendere e, dalla frustrazione, aveva infine deciso di suicidarsi buttandosi dalla scopa. Si buttò, ma cadde addosso a Katie Din-Don-Dan, che si spiaccicò sul fondo del campo. Visto che senza un Calciatore non si potevano allenare, Angelina decretò la fine dell’allenamento e mandò tutti quanti a cambiarsi. Harry trascinò il mancato suicida fino alla Sala Comune, dove trovarono Hermione che tirava sassi con la fionda ad un gufo che volava fuori dalla finestra. Ron riconobbe il gufo di suo fratellone Percy. Fece entrare il gufo e prese la lettera che trasportava, una sorta di poema di venti pagine che Ron non si disturbò nemmeno a leggere. Lo diede ad Hermione, che lo riassunse più o meno così:

 

Fratello Ron

            non devi essere amico di Harry Potter! È un goth (e, secondo me, anche parecchio gaio…)! Potrebbe traviarti!!!

Percy

 

«Che uomo vittima dei pregiudizi!» commentò Harry, stravaccato sulla poltrona con una spazzola in una mano e uno specchio nell’altra.

 

Ron buttò i fogli nel fuoco. E, dal fuoco, spuntò una testa.

 

«Coff coff… ciao, picciotto»

 

«Padrino!» esclamò Harry, riconoscendone la figura nel fuoco.

 

«Ho ricevuto la tua lettera…» continuò Sirius «Ma la pianti di scrivere in nero sui fogli neri?! Non si capisce un cazzo!»

 

«Non puoi capire» ribatté Harry «Non sei goth, non puoi capire».

 

«Comunque» riprese il padrino «cosa mi volevi dire?»

 

Harry si guardò furtivamente alle spalle, dove Ron ed Hermione attendevano ansiosamente la sua risposta – in realtà, Ron non attendeva ansiosamente proprio niente. E, dato che un discorso così intimo non poteva essere affrontato in loro presenza, elaborò in velocità un piano che gli facesse levare le tende.

 

«Ron, lo sai che somigli pericolosamente ad un poser?»

 

La reazione dell’emo-kid fu deflagrante – miii, che termine! –. L’aspirante suicida saltò in piedi come se gli avessero morso il sedere, e fece per uscire urlante dal buco del quadro della Signora Anoressica, ma proprio in quel momento entrò il nerd, Neville, che non si faceva vedere da parecchi capitoli – anche se non abbastanza da sentire la sua mancanza. Lo scontro fu parecchio violento, tanto violento che Hermione dovette portare entrambi in infermeria.

 

Harry, compiaciuto del risultato ottenuto, verificò nuovamente che nessuno, ma proprio nessuno fosse rimasto nei dintorni. Dopo essersene assicurato, si inginocchiò davanti al fuoco e si chinò verso la testa del suo padrino.

 

«…ho perso la chiave della cintura di castità!»

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Capitolo 16
*** 15_La Mistress Suprema... ***


CAPITOLO 15

 

LA MISTRESS SUPREMA

DELLA SCUOLA DI MAGIA,

STREGONERIA, ARTI MARZIALI

E TATTICHE MILITARI DI OHSCHWARTZ

 

La mattina dopo, Harry si svegliò assonnato come non mai. La sera prima, infatti, era rimasto alzato fino a tardi per guardare Metallo su AllMusic. Poi, però, c’era una maratona di Non aprite quella porta… non poteva mica perdersela. Comunque, scese nella Grande Sala praticamente dormendo in piedi, anche se nessuno si accorse della differenza. Giunse al tavolo, barcollando come uno zombie e si sedette sul canarino di Ginni, uccidendolo sul colpo.

 

            [Un minuto di silenzio per il povero pennuto]

 

Hermione stava sfogliando, con la sua solita caratteristica violenza, il giornale del mattino, ritrovandosi di tanto in tanto con brandelli di pagina in mano. Ron, dal canto suo – miracolosamente ripresosi dallo scontro con il nerd della sera precedente – aveva il viso immerso nella sua tazza di latte, dal quale, di tanto in tanto, delle bolle risalivano in superficie, facendo capire così che l’emo-kid viveva ancora. Ad un certo punto, la furia distruttrice di Hermione si placò quando la ragazza raggiunse il centro del giornale. Lo appoggiò sul tavolo, aperto – coprendo il cada… corpo di Ron – mostrando ad un poco interessato Harry – che si stava nutrendo con un tovagliolo, scambiato con un omelette a causa del sonno arretrato – la foto e l’articolo che occupavano quelle pagine. Sulla destra, una foto di Ahi-Che-Dolores Umbridge, con tanto di vestito fetish, taccazzi e frustino, mente nell’altra c’era scritto: Il MiniMinistero riforma l’Istruzione – Ahi-Che-Dolores Umbridge nominata Mistress Suprema della Scuola di Magia, Stregoneria, Arti Marziali e Tattiche Militari di OhSchwartz. Harry fissò la pagina. Hermione gli sventolò una mano davanti alla faccia. Non ottenendo reazione, gli tirò un calcio da sotto il tavolo.

 

«Argh!» imprecò Harry, ricomponendosi dallo stato preudo-catatonico nel quale era piombato da alcuni minuti.

 

«La Umbridge potrà sottoporre a giudizio gli altri professori, e, in caso, farli licenziare!» fece il riassunto Hermione, sconvolta?

 

«Cosa?» domandò Harry, il cui cervello non aveva ancora eseguito l’upload completo – e che presentava una certa sordità da quando aveva scoperto l’aggrotech.

 

«La Umbridge andrà a ficcare il naso negli affari degli altri prof e potrà prenderli a calci in culo».

 

«Ah».

 

Ron, ansimando come uno scampato all’annegamento, riemerse dalla sua tazza di latte, gocciolante come una mozzarella. Harry lo prese per la collottola e lo trascinò giù dalla panca. Avevano lezione di Intrugli, e non potevano fare tardi. Giunti nel sotterraneo, il professor Piton restituì loro i temi sulla Pietra di Luna. Harry guardò il voto, poi capovolse il foglio per vedere se migliorava. Non soddisfatto, bruciò il compito per celare le prove di quell’imbarazzante fallimento scolastico. Finita la lezione flash, i tre tornarono nella Grande Sala, dove apparvero Fred e George, che cominciarono, non invitati, a fare un ripassino dei voti.

 

«Allora, il più alto è S che sta per Secchione» cominciò Fred.

 

«Allora, il più alto è S che sta per Secchione» ripeté George.

 

«Poi c’è L, che sta per Leccaculo…» continuò Fred, contando sulle dita.

 

«Poi c’è L, che sta per Leccaculo…» disse George, fissando le dita del fratello.

 

«Poi c’è la sufficienza, che è P, Potevi Studiare Di Più…»

 

«Poi c’è la sufficienza, che è P, Potevi Studiare Di Più…»

 

«E poi c’è I, che sta per Idiota» concluse Fred.

 

«E poi c’è D» aggiunse George.

 

Silenzio di tomba. Mai, in tutta la loro breve vita, George aveva detto qualcosa di sua iniziativa, senza ripetere le esatte parole di Fred. L’Apocalisse era alle porte – con grande gioia di Harry, che la attendeva con trepidazione.

 

«D?» chiese Hermione, rompendo il silenzio carico di oscuri e macabri presagi che si era accumulato nella Sala.

 

«Datti all’Ippica» intervenne Harry, sfogliando il libretto personale.

 

All’improvviso, si sentì tirare per una manica. Seguendo il braccio attaccato alla mano che aveva osato un tale affronto, giunse ad una spalla, un collo, ed infine una testa. Quella di Ron, che lo fissava con muta insistenza. Harry sospirò. Non aveva voglia di giocare al gioco dei mimi solo perché Ron era troppo depresso per aprire la cavità orale in modo da farvi

 

 

*z e r o ha un attimo di blackout, perché il divino Ville è apparso in tv, muore e resuscita*

 

 

passare l’aria e far vibrare le corde vocali consentendogli di proferir verbo – ovvero parlare. L’emo-kid intendeva informarlo che erano in un discreto ritardo per la lezione di Divinazione, discreto ritardo che si trasformò in catastrofico nel lasso di tempo che Harry impiegò per decifrare i silenzi di Ron. Corsero a perdifiato fino alla torre e su per la scala dell’Ikea, raggiungendo appena in tempo i cuscini rotondi sistemati attorno ai tavolini rotondi recanti al loro rotondo centro una sfera di cristallo rotonda, attorniata da libri di testo. Rotondi.

 

La professoressa Melinda Gordon annunciò che avrebbero dovuto continuare a interpretare i sogni del compagno, e si allontanò il più velocemente possibile dalla cattedra, sulla quale era seduta la Donna In Latex, la Vergine (tsè!) in Lurex, BDSM Woman, la Umbridge, insomma, che si rigirava tra i lunghi artigli laccati di rosso scarlatto una penna stilografica a due punte.

 

Harry distolse a fatica lo sguardo dalla donna per posarlo sull’amico, perduto in una sorta di trance da sto-comunicando-con-l’aldilà. Decise, mentre attendeva che l’amico tornasse sulla dimensione astrale di tutto il resto del mondo, di intrattenersi en solitaire con la sua adorata tavola OuiJa, che si portava sempre appresso. Dopo che il suo spirito guida lo ebbe informato di catastrofi planetarie, pandemie mondiali, pericolo dietro l’angolo – insomma, le solite cose… - si decise finalmente a dirgli dove aveva nascosto le chiavi della cintura di castità. Harry non ebbe neanche il tempo di rallegrarsi che Ron tornò alla vita in evidente stato confusionale.

 

«Allora, mio caro amico» esordì Harry, aprendo con un gesto teatralmente figo il libro di testo «dimmi ordunque quale sogno ha visitato il tuo subconscio nelle prime ore di questo fausto giorno».

 

«Ho sognato…» cominciò lentamente Ron «che… mi tingevo i capelli… di biondo platino… e diventavo un… hippy».

 

Harry, sebbene tentato di replicare la performance della settimana precedente, quando aveva convinto Ron che sarebbe diventato un poser spingendolo a gettarsi dalla botola della torre, decise che forse, e sottolineo forse, era meglio non sgarrare troppo davanti alla Umbridge. L’ultima volta erano state frustate, ma chissà cos’altro nascondeva in quell’ufficio… Harry rabbrividì mentre la professoressa Melinda Gordon, in preda al panico, fuggiva per l’aula inseguita dalla Umbridge. Quando la campanella suonò, la situazione non era cambiata e gli studenti lasciarono le due prof al loro perverso gioco dei Quattro Cantoni.

 

La lezione successiva era proprio Corruzione Verso le Arti Oscure. Harry, deciso a rigare dritto, si sedette in fondo all’aula, il più lontano possibile dalla cattedra, a darsi una ripassatina allo smalto e all’eyeliner. Quando la professoressa entrò, annunciò alla classe di leggere il capitolo due del libro di testo. Hermione alzò la mano.

 

«Professoressa, ho già letto il capitolo due» annunciò.

 

«Allora vada al tre»

 

«Ho già letto anche il tre. Ho letto tutto il libro. E non solo quello. Ho letto tutta la biblioteca. Sa, l’altra sera ero nervosa per via del ciclo, così sono andata in biblioteca e mi son messa a leggere, ma veloce, come se fossi posseduta da una qualche entità che…». E andò avanti per mezz’ora.

 

Alla fine, la Umbridge assunse un cipiglio irato. «Signorina Granger» disse, lentamente «ho deciso di togliere cinque punti a Grifonplatino».

 

«E perché?» intervenne una voce. La Umbridge prese un binocolo dal cassetto della cattedra e lo puntò in fondo alla classe.

 

«Ah-ha, sgamato, signor Potter».

 

Harry assunse l’aria più innocente del mondo – per quanto un adolescente bianco come un cadavere, con i capelli lunghi tinti di nero, tre quintali di trucco nero sugli occhi e borchie, croci e catene sparse in ogni dove possa apparire innocente.

 

«Ma io?!» esordì sconvolto, portandosi una mano al petto. «Non sono stato io! È stato lui!». E così dicendo, puntò l’unghia di nero tinta verso il nuovo compagno di classe venticinquenne, costretto da chissà quale malattia a stare appollaiato sulla sedia tutto rattrappito e a consumare dolci in quantità industriale – malattia che, a quanto pare, gli causava delle occhiaie che definire borse era troppo poco (erano almeno trolley), e un colorito malsano. Ignorando le scuse che costui tentava di accampare («Non sono stato io! È stato Kira!»), la Umbridge tirò una corda discesa dall’alto e lo studente,banco e sedia inclusi, sprofondarono in una voragine nel pavimento.

 

«Comunque, stavo dicendo, ho deciso di togliere dieci punti a Grifonplatino…»

 

«Ehi!» la interruppe Hermione «Erano cinque!»

 

«Se lei mi interrompe, come faccio a togliere questi benedetti venti punti a Grifonplatino?! E ringrazi che sono solo trenta! Quaranta punti si recuperano in un lampo, mi creda. E poi, cinquanta punti in meno non hanno mai ucciso nessuno!»

 

«Ma continua ad aumentare!» piagnucolò Hermione «Harry, dille qualcosa?»

 

«Ma che cazzo c’entro io?!» si difese Harry.

 

«Ah-ha, sgamato, signor Potter» ripeté la Umbridge, probabilmente non ricordandosi che questa sagace battuta è già comparsa alcune righe fa.

 

«Ma non ho fatto niente!»

 

«La smetta di farneticare, signor Potter!» lo interruppe la Umbridge. «Penso che un’altra settimana di punizione le farà bene… Se sì perché, se no com’è, oppure vabbè, eh?!»

 

* * *

 

La seconda settimana di punizione fu esattamente uguale alla prima, il che da un lato era una cosa buona, visto che Harry non aveva dovuto affrontare niente di nuovo e probabilmente peggiore delle frustate. La cosa peggiore fu la reazione di Angelina che, avvolta in una densa cappa di fumo grigio proveniente dalle tre canne che teneva in bocca, aggredì verbalmente Harry.

 

«Che cosa succede?» chiese la professoressa McGranitt avvicinandosi agitando un ventaglio per dissipare il fumo.

 

«Potter si è fatto punire di nuovo!» piagnucolò la capitana della squadra di Kwiddich.

 

«Punire? E da chi?» chiese la prof rivolgendosi ad Harry.

 

«Dalla Umbridge» sospirò rassegnato quest’ultimo, scrutato dal cipiglio severo della donna-falco.

 

«Potter devi controllarti! Dieci punti in meno a Grifonplatino!»

 

«Eeeeh?!» strillò scandalizzato Harry «Solo dieci?!»

 

«È la mia ultima parola, Potter» replicò altezzosa la McGranitt, poi si allontanò a testa alta seguita da Angelina.

 

Potter mise il broncio. «Mi ha tolto solo dieci punti perché mi faccio squartare la schiena tutte le sere!» si lamentò con il poco empatico –ma molto apatico- Ronald.

 

«Che bello» commentò l’emo-kid atono.

 

Subito dopo pranzo, era la volta di Incantesimi, il cui inutile svolgimento non occuperà una sola riga di questo capitolo. La lezione dopo era invece Trasmutazione – che stranamente ha cambiato nome da qualche capitolo a questa parte… bah, i misteri di OhSchwartz… - , proprio con la McGranitt. Entrando in aula, vi trovarono anche la Umbridge.

 

«No…» mugolò Harry, pensando a quale tra i diecimila malori improvvisi inventati presenti nel suo repertorio usare. Ma non fece in tempo, perché la mandria di studenti entranti lo sospinse nella stanza, ed Harry si ritrovò, non si sa come, seduto al suo posto.

 

«Ma d’oh!»

 

«Allora, ragazzi, da oggi in poi questa materia si chiamerà Trasfigurazione, e il nostro obiettivo finale sarà di creare la pietra filosofale…»

 

«Ma prof» la interruppe Hermione alzando la mano «’sta storia della pietra filosofale sta cominciando a farsi ripetitiva… ha presente Harry Potter – Harry starnutì – e la Pietra Filosofale? Ecco…»

 

«Signorina Granger» riprese la McGranitt «le pare che un libro fantasy posso equipararsi alla realtà che noi stiamo vivendo? Può per caso trovare delle similitudini tra il mondo in cui noi, veri esseri umani, viviamo e la descrizione di un universo inventato qual è quello di Harry Potter e la Pietra Filosofale?»

 

«Beh, in effetti…» cominciò Hermione, ma la prof la liquidò con un gesto della mano.

 

«Sono d’accordo con lei, prof» intervenne Harry Mystryss ecc. ecc. «Io non ho niente da spartire con quell’Harry Potter. Che nome volgare, poi…» - ha parlato, lui… -.

 

Mentre la prof spiegava i fondamenti della nuova materia e la Umbridge prendeva nota, Harry pensava seriamente a quante cose il suo piccolo mondo aveva in comune con quel romanzo fantasy, turbando non poco la sua ombrosa psiche.

 

* * *

 

Quella sera Harry, tornando dalla punizione, trovò Hermione ad aspettarlo.

 

«Ho la soluzione al tuo dolore» annunciò la ragazza, e gli tirò una ginocchiata là dove fa male.

 

«Argh!» gemette Harry, reputando ormai compromessa qualsiasi possibilità di avere una discendenza. «Ma porca pu…»

 

«Adesso, non senti più dolore alla schiena, vero?»

 

Harry si rese conto che, effettivamente, non sentiva più dolore alla schiena, ma poi il tarlo del dubbio cominciò a farsi strada nel suo legnoso cervello. Ma aveva per caso detto ad Hermione in cosa consisteva la punizione? E se sì, quando? Non se lo ricordava, ed era troppo pigro per andare a rileggersi i capitoli precedenti.

 

Sulla poltrona accanto al fuoco c’era anche Ron.

 

«Comunque» riprese Hermione, aggiungendo il nome di Harry alla sua lista di successi come schiaccianoci – chiedo venia per la volgarità… -_- - «Io e Ron stavamo giusto pensando che si dovrebbe fare qualcosa… io pensavo di preparare un imboscata alla Umbridge, pestarla a sangue, farla a pezzettini e buttarla nelle fogne con lo scarico del water… ma poi ho pensato: troppe borchie, mi farei male alle mani».

 

Harry si stava giusto chiedendo da dove arrivasse quel discorso, quando Ron intervenne suscitando lo stupore di tutti i presenti.

 

«Insomma» cominciò lentamente «non stiamo imparando niente da Corruzione Verso le Arti Oscure, e pensavamo… chi meglio di te potrebbe insegnarci una cosa del genere?»

 

Harry gonfiò in petto «In effetti…» constatò, tronfio, dandosi un sacco di arie.

 

«Lo supponevo» annuì Hermione, sfilando un foglio dalla borsa. «Questo contratto di lavoro di obbliga ad insegnare Corruzione Verso le Arti Oscure di straforo per i prossimi vent’anni, mentre ogni altro lavoro ti sarà precluso. Inoltre, il 90% di ogni ricavato andrà alla sottoscritta, mentre il 10% finirà su un conto corrente bancario al quale potrai avere accesso solo tra trent’anni, e solo a rate mensili da 10 € l’una. Inoltre, qualsiasi danno alla tua persona non potrà essere rimborsato, e qualunque assicurazione sulla vita non sarà valida. Inoltre, non potrai citarmi in giudizio pena l’arresto immediato.»

 

Harry, stordito dal lungo discorso, ci pensò su molto attentamente.

 

«Uhm...» considerò.

 

«Metti una firma qui, qui e qui» continuò Hermione, indicandogli tre righe.

 

«Harry stava per firmare, quando… «Aspetta un attimo! Ogni altro lavoro ti sarà precluso! Non firmerò mai e poi mai! Io devo diventare il chitarrista – e leader – assatanato di una band black metal! Scalerò le classifiche e diventerò talmente ricco che neanche la Chiesa potrà perseguitarmi, così ricco che potrei assumere la Regina d’Inghilterra come cameriera personale!» si esaltò.

 

«Ma Harry…» tentò di interruppero Hermione.

 

«Sst! Niente Harry!» la zittì con un gesto imperioso «D’ora in poi, chiamatemi Shagrath!»

 

«Come l’orchetto del Signore degli Anelli?»

 

«Tch!» Harry, pardon Shagrath, indispettito da tanta ignoranza, se ne andò verso il suo dormitorio canticchiando Burn in hell.

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Capitolo 17
*** 16_Alla Testa di Pony ***


CAPITOLO 16

 

ALLA TESTA

DI PONY

 

Due settimane dopo, Hermione riportò in auge la richiesta fatta ad Harry di insegnare Corruzione Verso le Arti Oscure, ritirando fuori il famoso contrattino.

 

«No» sbottò perentorio Harry, irritato dal fatto di aver scoperto di non avere la vocazione del blackster.

 

«Ma daaaai…» replicò Hermione. «E se modifico il contratto? Diciamo che a te va il 20%...»

 

«Hermione» la interruppe Potter «sarò anche narcisista, vanesio, ipocrita, egoista, egocentrico...» aprì di nascosto il Dizionario dei Sinonimi e Contrari sotto il tavolo «superficiale, frivolo, immodesto, vanaglorioso, falso, bugiardo, impostore, menefreghista, prepotente, avaro, pigro, aggressivo, tiranno, dispotico, autocratico, meschino… ma non sono stupido».

 

«Uff…» Hermione cedette, stracciando il contratto. «Va bene… vuoi allora per favore insegnarci senza alcun obbligo nei miei confronti?»

 

«Cosa ci guadagno?» chiese con noncuranza Harry, studiandosi le unghie.

 

«Eh?»

 

«Voglio sapere, io, me medesimo, il sottoscritto, la mia persona, il qui presente, che cosa ci guadagno. Quali benefici ne trarrà il mio fondo pensione?»

 

«Aspetta un attimo». Afferrò Ronald – riverso su una pila di libri – e lo trascinò dietro uno scaffale. Dieci minuti dopo, fecero ritorno.

 

«Veloce» commentò Harry, sottintendendo con quell’unica parola un sacco di significati poco casti.

 

«Ron ha acconsentito a vendere un suo rene. Il ricavato andrà dritto dritto nel tuo fondo pensione».

 

Harry unì le dita della mano destra con quelle della mano sinistra, assumendo un’aria alquanto oscura e perversa. «Eccellente».

 

«Bene, allora dirò a tutte le persone interessate di incontrarci alla Testa di Pony questo fine settimana».

 

«Dobbiamo andare fino a Hogsmeade?!» sbottò Harry «Che palle!»

 

«Beh, non credo che la Umbridge sarebbe contenta di sapere che stiamo tramando alle sue spalle di costituire un gruppo nel quale tu, suo acerrimo nemico, la sostituirai nell’insegnamento umiliandola tra gli studenti e facendo scendere le sue quotazioni del 68%»

 

«Ma è lontano!» obiettò Harry «Ciò significa che bisogna camminare un sacco! Io non sono nato per svolgere attività fisica, il mio corpo è costituito in modo tale da impedirmi qualunque azione stancante! Io sono nato per tramare nell’ombra ed esprimere tutta la mia goticità in ogni mio gesto, espressione, aspetto ed abbigliamento! Sono nato per leggere Poe, Baudelaire e Rice, dipingere oscuri quadri carichi di oscuri significati, apparire inquietante agli occhi della gente e ipnotizzare i bambini con la mia presenza, svettare sul misero mondo di voi gente comune che non vedete il lato attraente della morte come lo vedo io, che inorridite davanti ad una bara o ad una lapide, mentre io vorrei averne un sacco da collezionare…».

 

Ron ed Hermione lo lasciarono andare avanti con il suo soliloquio, consci del fatto che interromperlo avrebbe portato a morte certa o, per lo meno, ad un’elevata dose di fastidio.

 

«E comunque» concluse Harry «Non ho alcun motivo che mi spinga ad intraprendere quest’esaustiva passeggiata fino ad Hogsmeade».

 

«Ma là c’è un’impresa di pompe funebri che ha aperto da poco…»

 

Harry assunse un espressione interessata. «Pompe funebri, eh? Comunque, non ho mai capito perché “pompe funebri”… Avrei due teorie in merito: la prima, che è meglio non descriva perché assai volgare, comporta la presenza di un necrofilo e un cadavere, o un necrofilo e uno zombie… la seconda paragona le lapidi agli idranti, ma dubito che degli individui di bassa lega come voi possano intendere il mio pensiero…»

 

Ron ed Hermione aspettarono pazientemente la fine di questo secondo, lungo monologo.

 

«…e comunque» disse Harry «non ho bisogno di andare da nessuna parte, perché…» batté le mani un paio di volte «Sebastian!» ordinò perentorio. Un individuo vestito di nero con un ghigno satanico stampato in volto fece la sua apparizione.

 

«Yes, my Lord».

 

«Il bastardo si è fatto il maggiordomo!» sbottò Hermione irritata.

 

Harry estrasse un paio di buste da sotto la divisa, e le porse all’inquietante individuo con un “Sai quello che devi fare” alquanto misterioso. Poi il maggiordomo si dileguò nel nulla.

 

«Che individuo inquietante…» commentò Hermione «ma chi è? Mi sembra di averlo già visto…»

 

«Uh, niente… è soltanto un demone costretto a servirmi a causa di un contratto che ho stipulato con lui in cambio della mia anima… quisquilie. Ci sono un sacco di persone alle quali ho promesso la mia anima… sarà divertente quando dovranno riscuotere, muahahah!».

 

Hermione proruppe in una risatina isterica. Ron non rise affatto.

 

«Non è che per caso a volte indossa un cappello beige…?»

 

«No, ti stai confondendo con quel maleducato che va in giro ad indicare la gente…»

 

«Oh, sì, hai ragione».

 

* * *

 

Nonostante tutto, quel weekend, con gran cordoglio di Harry, i tre andarono ad Hogsmeade, al pub nominato da Hermione: la Testa di Pony. Il locale era riconoscibile dall’insegna: la testa rosa e azzurra di un puccioso minipony decapitata, dalla cui estremità mozza zampillavano fiorellini, cuoricini, e tutte le cose che ad Harry facevano venire il mal di stomaco. L’interno non era da meno: con tutto quel rosa e quei cuscini, il diabete era assicurato.

 

«Ugh…» commentò Harry schifato.

 

Il padrone del pub, un omino tondo alto meno di un metro e mezzo, se ne stava dietro il bancone a spolverare i bicchieri con un chilometrico catturapolvere. I tre si sedettero su un divanetto bianco, in attesa delle persone che avrebbero dovuto raggiungerli. Harry, comunque, sfilò un foulard nero dalla tasca e si sedette su quello. Nel frattempo, l’uomo tondo li aveva raggiunti.

 

«Che cosa vi porto, tesorini miei?» chiese con la sua voce zuccherosa.

 

«Ugh…» ripeté Harry, replicando il commento di tre capoversi fa.

 

«Hug? Dovrei averne ancora un po’…»

 

«Ma veramente…»

 

Il proprietario se ne andò a cercare qualcosa che i tre non avevano neanche mai sentito nominare.

 

«Chi dovrebbe venire?» domandò Harry, cercando di rattrappirsi il più possibile per evitare il contatto con cuscini, tavolo, fiori e amenità varie.

 

«Oh, un paio di persone» rispose Herm. «Oh, eccoli, devono essere loro».

 

La porta si aprì, ed una caterva di gente si riversò nel locale.

 

«Un paio, sì… alla decima» commentò sarcastico Harry.

 

Le persone che entrarono nel campo visivo del nostro eroe in nero furono: il nerd Neville, Dead Thomas il Morto, e una tizia irrilevante con il nome di un fiore; le gemelle indiane insieme a Cho “Qualcuno” Chang, che scambiò un’occhiata rovente con Ronald, il Vero ed Unico Emo; Luna Peace&LoveGood; Angelina Johnson, Katie Din-Don-Dan e quell’altra Calciatrice di cui non ricordava il nome; quei due sgorbi di cui uno armato di macchina fotografica; Ernia Macmillan, Justin Cognome-Astruso e Hanna Mon… Abbott, e un’altra tizia sconosciuta ed irrilevante; tre tizi di Falcogiallo che gli pareva si chiamassero Michael Corner, Anthony Rigore e Terry Traversa; Ginni seguita da una sorta di Brad Pitt, ed infine Fred, George e il loro amico rasta.

 

Si sedettero tutti – sfondando il divanetto – e fissarono Harry, come in attesa di qualcosa.

 

«Beh?» chiese questo. Hermione prese la parola.

 

«Allora, ci troviamo qui riuniti oggi per celebrare la nostra decisione di imparare per conto nostro Corruzione Verso le Arti Oscure. Ed abbiamo deciso di farci insegnare da Harry. Vi va bene?»

 

I presenti scrutarono il goth guy.

 

«Ehm…»

 

«Okay, allora mettete il vostro nome qui» disse Hermione tirando fuori un foglio A4 dalla borsa «altrimenti vi pesto tutti a sangue».

 

Quando tutti ebbero firmato e se ne furono andati, anche Harry, Ron ed Hermione si avviarono verso il castello.

 

«Che capitolo orribile» commentò Ron, rivolto a nessuno in particolare.

 

«Senti, Harry, credo che Ronald abbia qualcosa che non va… tu le capisci, certe sue uscite?»

 

«In effetti… capitolo? Chissà cosa intende…»

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Capitolo 18
*** 17_Decreto Didattico Numero Diciassette ***


CAPITOLO 17

 

DECRETO

DIDATTICO

NUMERO

DICIASSETTE

 

Harry sedeva apatico sul proprio letto. Erano ormai giunti al capitolo 17, e la storia stava prendendo una brutta piega: il livello dei capitoli, infatti, era decisamente calato, anzi, precipitato, sfondando il pavimento e causando un bernoccolo al povero Lucifero che, all’Inferno, si stava facendo allegramente i fatti propri. Deciso più che mai a dare una svolta positiva alla storia – e non dimentichiamo il numero del capitolo! 17! C’è forse numero più meraviglioso?! – smise di giocare a Fatal Frame con la Play Station e scese nella sala comune.

 

La prima cosa che i suoi gotici occhi azzurri notarono fu che l’intero studentame  del Grifonplatino era radunato attorno alle bacheche. Famoso per la sua morbosa curiosità, Harry volle a tutti i costi scoprire il motivo di tanta agitazione. Prese quindi il suo fedele taser (o forse teaser) – penso, ma con non molta sicurezza, che si scriva così, ma non avendo né la certezza della cosa, né la voglia di alzarmi per andare a consultare il dizionario, facciamo finta che vada tutto bene -, lo storditore elettrico, insomma, e cominciò allegramente a fulminare i compagni.

 

Quando finalmente giunse alla bacheca, lasciandosi alle spalle diversi corpi inermi, notò una grande, grosso, enorme avviso che ne occupava la maggior parte. Su questo avviso c’era scritto:

 

PER ORDINE DELLA MISTRESS SUPREMA

DELLA SCUOLA DI MAGIA, STREGONERIA,

ARTI MARZIALI E TATTICHE MILITARI

DI OHSCHWARTZ

 

Tutte le organizzazioni, società, squadre, gruppi, circoli di studenti,

sette sataniche, orge pentasessuali, gruppi di terroristi, nuovi governi sorgenti,

gruppi religiosi votati al culto di Kira, servizi segreti, compagnie dell’Anello

 gruppi di studenti che complottano alle spalle del corpo insegnante di formare un compagnia

atta a metterne in dubbio l’autorità, sono sciolte a partire da questo momento.

Per organizzazione, società, squadre, gruppi, circoli di studenti ecc. ecc.

si intende l’incontro regolare di tre o più studenti.

L’autorizzazione alla ricostruzione può essere chiesta alla Mistress Suprema.

 

“Seee, come no” pensò Harry “Mi scusi, prof, posso ricomporre la mia setta satanica? Sa, domani abbiamo in programma il sacrificio rituale di tutti gli studenti…

 

Qualsiasi studente che costituisca, o appartenga, ad un organizzazione,

società, squadra, gruppo o circolo che non siano stati approvati

dalla Mistress Suprema sarà espulso.

 

Quanto sopra ai sensi del Decreto Didattico Numero Diciassette.

Firmato: Ahi-Che-Dolores Umbridge, Mistress Suprema

 

L’aria era tesissima. All’improvviso, un'unica, sola nota di violino ruppe l’atmosfera, facendo accapponare la pelle dei presenti – quelli che non erano svenuti fulminati, ovviamente…

 

Zin, zin, zin, zin, zin, zin…

 

«Ma questo non va affatto bene» disse Hermione, comparsa da chissà dove, mentre saccheggiava le tasche dei compagni a terra. «Questa è una colonna sonora stra-abusata. Non solo stiamo cadendo nella banalità più assoluta, ma dovremo pure vedercela con i diritti d’autore! E comunque, non è un po’ innaturale che, nella vita reale, parta una musichetta che risuona nell’aria, e sembra non provenire da nessuna parte? Cioè, qualcuno potrebbe pensare di essere diventato pazzo… aspetta un secondo, tu la senti, vero Harry? Non vorrei essere diventata anche una visionaria, adesso… voglio dire…»

 

«Hermione» la interruppe Harry, irritato da tanta logorroicità «è la suoneria del mio cellulare».

 

«Ah» fu l’atona risposta di Hermione – chi va con lo zoppo…

 

«Ma io pensavo» intervenne l’emo-kid, che ultimamente appariva meno apatico del solito «che la suoneria del tuo cellulare fosse Toccata e Fuga». E assunse un’espressione orripilata, come se tutte le sue certezze, le convinzioni sulle quali aveva fondato l’intera vita, ma che dico, tutta la sua esistenza, fossero crollate brutalmente schiacciando e riducendo in poltiglia la sua psiche già lesa in precedenza dal suo essere emo.

 

«Ron…» replicò cauto Harry «lo sai che le suonerie si possono cambiare, vero?»

 

L’aura – grande ritorno – dell’emo-kid si incupì, assumendo un tono nero tenebra screziato di verde melma. Evidentemente no, non era a conoscenza della cosa.

 

«Questo è un bel problema» commentò Hermione.

 

«Cosa, che le suonerie si possono cambiare, il ritorno dell’aura di Ron o perché tutte le sue certezze e convinzioni sulle quali aveva fondato la sua intera esistenza sono crollate brutalmente schiacciando e riducendo in poltiglia la sua psiche già lesa in precedenza dal suo essere emo?» domandò Harry.

 

«Il Decreto Didattico Numero Diciassette, ovviamente! Non ti è passate neanche per l’anticamera del cervello che la cosa comprendesse anche il nostro gruppo clandestino di Corruzione Verso le Arti Oscure, nel quale tu ci insegnerai alla faccia di quella fetish-woman?»

 

«Ma se è clandestino…» replicò ragionevolmente Harry.

 

«Si…» cominciò Hermione, mentre la luce calava notevolmente – forse a causa di un’eclissi improvvisa… - e un denso fumo grigio proveniente da chissà dove cominciava a riempire la stanza, illuminato a tratti dai fulmini che cadevano in continuazione fuori dalla finestra, dando ad Hermione, i cui capelli si erano increspiti più del solito, un’aria da scienziata pazza schizofrenica «…può…FAREEEEEE!»

 

 

* * *

 

Harry si diresse verso la Grande Sala, seguito da Hermy e dall’emo-kid, domandandosi il senso del capoverso precedente.

 

«Chissà come mai gli è venuto su quel Decreto…» si domandò Hermione. «La sola spiegazione è che sia venuta a sapere di ciò che avevamo intenzione di fare… ma come avrà fatto? Visto che il foglio che vi ho fatto firmare era maledetto, se qualcuno ha parlato gli sarà capitato qualcosa di terribile e ce ne accorgeremo di sicuro. Ma soprattutto… quando ha pubblicato i precedenti sedici decreti?».

 

Ma nessuno dei cospiratori presentava qualche orrenda mutazione, perciò i tre constatarono che nessun di loro aveva cantato. Comunque, Angelina corse da loro in preda alla disperazione, senza il solito cannone in bocca.

 

«Ommioddio, è terribile! Quel cartello parlava anche delle squadre di Kwiddich! Dobbiamo chiedere il permesso di riformare la squadra!»

 

Harry, che pensava che la soppressione del Kwiddich l’avrebbe finalmente liberato dalla costrizione di dover fare per forza quello stupido gioco al quale era stato costretto fin dal primo anno – e la grammatica va a farsi fottere -, trovò la cosa particolarmente gradita.

 

Lasciando Ange al suo destino i tre si dedicarono al consumo della colazione, per poi dirigersi nell’aula di Preistoria della Magia, dove li attendevano due ore di catalessi profonda. Comunque Harry, per precauzione, si era portato la/il Nintendo DS, e giocava allegramente a Guitar Hero. Ad un certo punto, Hermione notò qualcosa fuori dalla finestra, e cercò di attirare l’attenzione di Harry. Cominciò tirandogli addosso una cartina: la cosa sembrò non avere alcun effetto. Provò con una cartina più grande: niente. Seguirono una gomma, una matita, un tubetto di colla stick, un evidenziatore, un temperamatite, un compasso, un taglierino, direttamente l’intero astuccio, un quaderno, un libro, il Dizionario dei Sinonimi e del Contrari, una sedia, e infine il banco stesso. Harry, che aveva misteriosamente schivato tutti gli oggetti che Hermy gli aveva tirato contro senza neanche muoversi – probabilmente Hermione aveva una mira talmente schifosa… - non poté neanche lontanamente evitare il banco, che gli si fracassò in piena faccia.

 

Harry ne fu così scioccato che non riuscì nemmeno a gridare di dolore. Aveva il terrore di toccarsi il viso, per timore di trovare al posto del naso… di non trovare il naso, e di essersi trasformato in una versione Voldemort fresco di parrucchiere. Nonostante tutto – nonostante, cioè, che Harry si trovasse imbrattato di sangue dalla testa ai piedi (normale amministrazione… peccato che stavolta fosse il suo) – Hermione era riuscita ad attirare la sua attenzione. Oppure, se non altro, le sue intenzioni omicide. Indicò la finestra al ragazzo, il quale, profondamente offeso dall’attacco subito, guardò in quella direzione. Fuori dalla finestra, sul davanzale, stava il suo nuovo animaletto, messo non tanto meglio di lui. Harry dimenticò improvvisamente tutti i propri patimenti e corse alla finestra, aprendola e traendo in salvo il povero Brandon Lee.

 

[Forse non avrei dovuto chiamarlo così… °__° mi fa impressione…]

 

Cullandolo come fosse un neonato e sull’orlo della disperazione, Harry corse fuori dall’aula, senza nemmeno preoccuparsi di avvisare il docente, il quale, d’altro canto, non si era accorto nemmeno di tutto quello svolazzare di articoli di cancelleria avvenuto pochi istanti prima. Saettò per i corridoi con il pennuto tra le braccia – un paio di volte si schiantò in fondo ad un vicolo ceco – della Repubblica Ceca – o addosso ad un armatura, provocando l’aggravarsi delle condizioni della povera bestiola (ma anche le sue… non dimentichiamoci che ha appena preso un banco in faccia) – finché giunse in prossimità della sala professori. Stava per bussare, quando la porta si spalancò, sbattendogli – indovinate un po’? – dritta in faccia.

 

«Ma allora ditelo, cazzo!» sbottò Harry, finito a terra «Ditelo che siete così gelosi della mia statuaria ed avvenente bellezza da attentarvi ogni volta che ne avete l’opportunità!! E, con tutto questo stress, mi stanno venendo le doppie punte!»

 

Da dietro la porta fece capolino la McGranitt. Quando notò Harry, la sua espressione si fece preoccupata. Temendo che il giovin fanciullo fosse venuto ad informarla di un nuova punizione inflittagli, tirò fuori una ricetrasmittente dalla tasca e premette il pulsante rosso.

 

«Houston, abbiamo un problema» disse. Dall’alto scese un’imbracatura , che la donna si affrettò ad indossare. Conclusa la vestizione, l’imbracatura la sollevò verso l’altro, facendola scomparire alla vista.

 

«Quella donna mi preoccupa…» commentò Harry, pensando che la demenza senile fosse davvero una gran brutta cosa.

 

Fortunatamente, la professoressa General uscì dalla porta, inciampando in Harry, ancora accasciato sul pavimento. Ricompostasi, la donna capì immediatamente quello che doveva fare. Prese una ricetrasmittente – pure lei?! Ma allora era un vizio! – e premette l’oramai famoso pulsante rosso.

 

«Abbiamo un’emergenza!» strillò. All’improvviso, correndo e sgommando attraverso i corridoi, arrivò un’ambulanza dalle ululanti e rumorose sirene blu. Il retro dell’ambulanza si aprì, e ne uscirono due infermieri con una barella. La General, che all’improvviso aveva cambiato abbigliamento ed ora era vestita da medico, con tanto di camice, cartellino e stetoscopio, prese il corvo e lo adagiò sulla barella, che venne velocemente issata nel veicolo. Le porte dell’ambulanza si richiusero e il mezzo ripartì a velocità folle, lasciando uno sbigottito Harry seduto sul pavimento. Il mezzo era quasi arrivato in fondo al corridoio quando fece una brusca inversione a U, dirigendosi verso il goth guy che, impietrito, non ebbe nemmeno la prontezza di spostarsi. Non ce ne fu bisogno, comunque, perché l’ambulanza frenò a pochi millimetri da lui. Scese la General.

 

«Mi ero dimenticata di darti questo post-it che era attaccato alla zampa della tua più oscura delle creature angeliche che rappresenta la follia e presagisce la morte che indugia al nostro fianco».

 

Appiccicò il post-it alla fronte martoriata di Harry, che non sapeva se essere più scioccato dall’apparizione dell’ambulanza o per la frase terribilmente goth che la prof aveva appena pronunciato.

 

«E comunque, Potter…» aggiunse la General, poco prima di risalire sull’ambulanza «…non ti agitare… che poi magari… sudi… ti viene… il mal di gola… e muori». E se ne andò a bordo dell’Ambulanza Tutta Matta.

 

Quando si fu ripreso, prese il post-it e lo lesse. Oggi, stesso camino della sala comune di Grifonplatino, più o meno verso le due e trenta del mattino che prima devo vedere Superock. By il tuo Parino Sirius Black ricercato in tutto il mondo da tutti i Dissennatori di AzGaban, e non solo, e che si trova al numero 17 di Grimmauld Place, Londra, il quartier generale dell’Ordine del Corvo Morto. Harry pensò che il suo Padrino era proprio un genio. Sarcasticamente parlando, ovviamente.

 

* * *

 

«Harry, io e Ron stavamo pensando…» scoppiò a ridere. Ron che pensa? Muahahahah! «…che forse Brandon Lee è stato intercettato perché qualcuno voleva leggere la lettera che portava».

 

«Era un post-it» puntualizzò Harry, e batté le mani in modo che il suo maggiordomo demoniaco Sebastian glielo portasse. Prese il giallo foglietto e lo porse ai compagni.

 

«Se qualcuno l’ha letto…» commentò Hermy.

 

«…siamo nella merda» concluse poco elegantemente Ron.

 

«E non possiamo neanche scrivergli di non farlo, perché potrebbero intercettare la nostra lettera!» aggiunse Hermione sconvolta, portandosi le mani alla bocca.

 

«Magari con un SMS?» suggerì Harry.

 

«Lo sai che qui non c’è campo» replicò Hermione scocciata. E allora, come mai quella mattina il cellulare di Harry aveva squillato? E perché Harry non solo non aveva risposto, ma non aveva neanche guardato lo schermo del cellulare? OhSchwartz si fa sempre più misteriosa <_<

 

«E allora basta che gli mandiamo una lettera con su scritto NO. Capirà».

 

«Non arriverà mai in tempo» ribatté Hermione.

 

«Donna vuota» la apostrofò Harry seccato.

 

Cammina e cammina, i tre arrivarono nel corridoio che portava ai sotterranei per la lezione di Intrugli. Purtroppo per Harry, appena svoltato l’angolo incapparono in Draco Malfoy, il quale, all’apparizione dell’oggetto dei suoi desideri, abbandonò al proprio destino i suoi seguaci per gettarsi al suo inseguimento. Harry corse via, inseguito dal biondo.

 

«Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyyyyyyyn!» strillò Malfoy, lanciandosi in un selvaggio inseguimento – lodiamo la sua capacità di ricordare un nome così chilometrico.

 

«Ma noooooo!» urlò Harry di rimando, orripilato, fuggendo alla velocità che gli consentiva il suo corpo inadatto all’attività fisica.

 

L’anomala partita a Guardie e Ladri si interruppe quando il prof Piton spalancò la porta del sotterraneo.

 

«Eccheccazzo, qualcuno sta cercando di preparare la lezione, qua!»

 

Harry fu salvato dallo sverginamento dal trillo della campanella. Il giovin fanciullo – e sono due – si fiondò nel sotterraneo, fino a raggiungere il riparo sicuro costituito dal proprio calderone. Vi si incastrò all’interno e si rifiutò di uscirne finché Draco non sarebbe stato ad una distanza sufficiente. Quando si decise ad uscire, si rese conto che, oltre all’odiato Piton, nella stanza era presente anche… la Umbridge! Quella donna era come il prezzemolo, l’herpes, le zanzare in estate… era dappertutto!

 

Vedendola accanto a Piton, pensò una serie di cose:

 

- Pensò che la Umbridge e Piton sarebbero stati proprio una bella coppia…

- Riusciva quasi ad immaginare i loro figli…

- Immaginò che Piton avrebbe potuto avvelenare la moglie, se per caso si fosse stufato di lei…

- Immagino che la Umbridge e Piton che… no, era meglio non immaginare cose del genere…

- Immaginò Piton con la tutina fetish della Umbridge.

 

Harry scoppiò in una serie di risatine convulse, che cercò di soffocare accovacciandosi sul pavimento. Quando riuscì a calmarsi, e si rialzò, il suo sguardo si  impigliò nuovamente nella figura di Piton, e l’immagine del professore in abbigliamento fetish tornò a fare capolino nell’ampio spazio della sua immaginazione, scatenando una nuova serie di quelle che un medico troppo zelante avrebbe scambiato per convulsioni da attacco epilettico. Mentre tutto questo sfacelo accadeva nella mente di Harry, Ron ed Hermione, ignari di tutto ciò, gli lanciavano delle occhiate oblique. Nel frattempo, la donna in latex stava intervistando Piton. Se era il caso di insegnare una pozione del genere alla classe, da quanto tempo insegnava a OhSchwartz, se aveva fatto domanda per la cattedra di Corruzione Verso le Arti Oscure, se era un adepto della religione di Jashin… Passando davanti al calderone di Harry, Piton diede un’occhiata al suo interno e vi scoprì uno sghignazzante signor Potter. Questi, resosi conto di essere stato sgamato, si congelò – metaforicamente parlando -.

 

«Ma cosa abbiamo qui» disse sarcastico Piton «il signor Potter».

 

«Oh, mer…» cominciò Harry, già preparandosi psicologicamente alla terribile punizione che si sarebbe abbattuta su di lui di li a poco. Fortunatamente, venne salvato, per la seconda volta, dalla campanella.

 

«Dovrei fargli una statua, a quella campanella» sospirò Harry, camminando tutto storto – perché rannicchiarsi in un calderone non è che faccia tanto bene alla spina dorsale… - «O, al limite, un sacrificio umano in suo onore». Lanciò delle occhiate fameliche a Ron, che non si accorse di nulla, avvolto com’era dalla sua aura, che quel giorno era blu marina.

 

«Forse salto Divinazione» annunciò Harry al tavolo del pranzo. Si guardò il polso. «Oh, no! Sono le cinque! Tra un’ora ho scuola guida!»

 

«Cosa cavolo stai dicendo?!» sbottò Hermione. «Ronald, cosa cavolo sta dicendo Harry? …Ronald?»

 

Ron era poco interattivo. «Sono Ron Weasley. Prego, inserire floppino».

 

Hermione si rese finalmente conto che quelli che si era scelti per amici erano due pazzi visionari. Meglio tardi che mai.

 

***

 

Dopo pranzo, Harry e Ron il Lettore Multimediale salirono a Divinazione. La scala dell’Ikea si era rotta di nuovo, ed ora al suo posto c’era una carrucola attaccata ad un secchio.

 

«Va bene essere in un castello sciroccato» cominciò Harry. «Va bene non avere né il riscaldamento d’inverno né il condizionatore d’estate. Va bene usare pennuti al posto di e-mail ed sms. Va bene scrivere con penne d’oca e non con penne biro. Va bene non avere uno straccio di computer in tutta la scuola. Va bene non avere corrente elettrica né acqua calda. Va bene andare in giro vestiti come mago Merlino. Ma non avere una fottuta scala a pioli mi sembra l’apice dell’idiozia!»

 

Nonostante l’esattezza delle sue considerazioni, Harry non poteva farci niente, e quindi usò la carrucola e il secchio. Arrivato in cima, lasciò cadere il secchio che colpì Ron proprio in testa. Abbandonandolo al proprio destino – è che palle di ‘sto destino! – Harry entrò nel mondo rotondo della Divinazione. Quel giorno, però, la professoressa Melinda Gorgon non era affatto affabile come al ffolito… ehm, solito. Arrivò al tavolo tondo di Harry e vi sbatté sopra il libro di testo, per poi proseguire replicando il gesto per ogni libro.

 

«Professoressa» disse una tipa insignificante di cui Harry non si era preso nemmeno il disturbo di imparare il nome «C’è qualcosa che non va?»

 

«Ma nooooo!» rispose questa, con il sarcasmo che le sprizzava da tutti i porti. “Questa cosa del sarcasmo utilizzato da tutti non va bene” pensò Harry “Io sono l’unico degno di fare il sarcastico qua dentro. Forse un po’ anche Piton… un po’”. «Non c’è niente che non va! Sono stata inseguita per tutta l’aula da quell’insaccato umano e adesso sono pure in verifica! Non c’è niente che non va! E voi fottuti fantasmi non vi decidete a passare oltre! Non c’è niente che non va! E…» continuò a berciare per tutta l’ora, mentre Harry leggeva placidamente un altro capitolo della sua Bibbia Gotica – oh, sì che esiste… i 20€ meglio spesi della mia vita *__* -.

 

Successivamente fu l’ora di Corruzione Verso le Arti Oscure, che salteremo completamente vista la noiosità.

 

* * *

 

Quando tornarono nella sala comune quella sera, Angelina li informò che la squadra di Kwiddich non poteva ancora essere ricomposta.

 

“Evvai!” esultò Harry mentalmente, facendo mentalmente un trenino mentale nella sua mente contorta.

 

I tre aspettarono pazientemente che la sala si svuotasse. Finalmente, all’ora stabilita, Sirius fece capolino tra le fiamme.

 

«Padrino!» lo salutò Harry.

 

«Michia, picciott... ma perché continuo a parlare così? E da dove arriva questa strana musichetta?» replicò Sirius.

 

Harry ed Hermione si scambiarono uno sguardo che ci rimanda all’inizio di questo capitolo.

 

«Ho saputo che hai organizzato un gruppo di Corruzione Verso le Arti Oscure…» continuò Sirius, non riuscendo a liberarsi del tutto dall’accento siciliano che non riusciva a scollarsi dalla lingua. «Bravo, bene… e ricorda: se vuoi vendicarti dei tuoi nemici…»

 

«Sì, lo so, lo so» lo interruppe stancamente Harry «Teste di cavallo».

 

«Sirius» intervenne Hermy «hai in mente qualche posto in cui possiamo riunirci per questa cosa del gruppo?»

 

«Beh, ci sarebbe il passaggio segreto il cui ingresso si trova nel water del preside…»

 

«Oh, quello non è più agibile» lo interruppe Harry «si è intasato un anno fa, me l’ha detto Fred e ripetuto George».

 

«Ah. Beh, allora ci penso e poi ve lo…» e scomparve.

 

«Sirius?»

 

Dove fino a un attimo prima c’era la testa di Sirius, era apparsa una mano con luuunghe unghie laccate di rosso., che si agitava tra le fiamme.

 

«Spostati, Harry!» gridò Hermione, prendendo un attizzatoio dalla rastrelliera posta di fianco al camino. Harry e Ron si ritirarono in camera, mentre Hermione si divertiva a punzecchiare la mano con l’attizzatoio.

 

 

 

 

[Come ho fatto a scrivere questo capitolo guardando “Non aprite quella porta?” O.o XD]

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Capitolo 19
*** 18_Il F.I.C.A.U. ***


RINGRAZIAMENTI!!! Ringrazio: sigaretta_93, Clara111294, Pia_mi_idola_XS, e piccola sciamana che hanno recensito. Di nuovo Clara111294, sigaretta_93, Pia_mi_idola_XD, ed anche keik che hanno trovato un posticino per Harry Mystriss ecc. ecc. nei preferiti. Ed infine wwwww, 3x2, Anle, e LyndaWeasley che hanne messo questa delirante fic nelle seguite. Grazie!! *__* Avete elevato del 5% il mio livello di autostima XD

CAPITOLO 18

 

IL F.I.C.A.U.

 

Harry, Ron ed Hermione erano a lezione di Incantesimi, e si stavano esercitando con l’Incantesimo Silenziatore, incantesimo molto utile per i serial killer che amavano colpire in mezzo alla folla. Il loro compito era quello di zittire alcuni grossi rospi sparsi per la classe. La formula per l’incantesimo era: Zitto!

 

«Zitto! Zitto! Zittoooo!» strillò Harry, incavolato perché l’incantesimo non gli riusciva, sparando in continuazione contro il rospo con la sua pistola magica.

 

Qualcosa andò storto, perché il rospo esplose. Imbrattandolo completamente di interiora di rospo. Harry rimase impietrito per lo shock – ovviamente non per la miserabile fine del povero animale, ma perché i suoi resti gli avevano macchiato i vestiti –, ma Hermione lo guardò ammirata.

 

«Harry… che cosa hai fatto? È stato fantastico!» trillò la ragazza, e cominciò a far saltare, uno per uno, tutti i rospi nella stanza, ridendo come un’assatanata.

 

«Nuoooo!» ululò Harry, mentre i rospi esplodevano attorno a lui come fuochi d’artificio.

 

Il professore fu costretto ad interrompere la lezione, e mandò Hermione in infermeria, dato che la ragazza continuava a ridere in modo sconnesso, vittima di innumerevoli tic nervosi che l’avevano colpita simultaneamente in quel momento. Harry e Ron uscirono per la ricreazione, e se ne stettero nel corridoio, mentre Pix, nascosto sul lampadario, prendeva di mira gli studenti con un fucile da cecchino. I due vennero raggiunti da una raggiante Angelina, avvolta come al solito nella nuvola di fumo verdastro proveniente dalla canna che aveva in bocca.

 

«Ragaaaazziiii» cinguettò Ange «ho avuto il permesso di ricostruire la squadra di Kwiddich!»

 

L’atmosfera nel corridoio si fece ancora più tetra. L’aura negativa di Ron si infittì a tal punto che questi scomparve, come se fosse stato risucchiato da quello che sembrava un buco nero. Harry assunse un’espressione tra l’orripilato e il disgustato, come se gli avessero appena ordinato di tingersi i capelli di biondo platino e vestirsi da Scene Queen.

 

«Siete contenti, vero?» fu la domanda retorica di Angelina, che stava senza ombra di dubbio negando l’evidenza. Ma non era colpa sua, poverina… forse tutto quel fumo semplicemente le offuscava la vista.

 

Angelina se ne andò saltellando e, ogni tanto, sbattendo contro un armatura, e al suo posto arrivò Hermione, che sembrava aver riacquistato un minimo di sanità mentale.

 

«Ho un’ipotesi» annunciò, fissando Harry «la Umbridge legge la tua posta».

 

«Ah, sì?» replicò Harry poco convinto. «E come avrebbe fatto a prendere Brandon Lee in volo? Mica vola rasoterra… come avrebbe fatto, secondo te? Con una canna da pesca? Un retino per farfalle? O forse gli ha detto “Ehi, tu, puoi venire qui che leggo di straforo la posta di quel pirla del tuo padrone che mi sta tanto in quel posto?”» aggiunse sarcastico. Hermione scattò sull’attenti.

 

«In verità, signore, la mia opinione sarebbe che il soggetto abbia utilizzato un fucile di precisione caricato con dardi soporiferi, e abbia addormentato il bersaglio. L’intenzione del soggetto era senza dubbio quella di impadronirsi delle informazioni top secret presenti nella missiva, ma qualcosa dev’essere andato storto, e il bersaglio ha riportato danni, portandoci così a conoscenza di ciò che gli è accaduto, e facendomi sospettare che qualcuno lo abbia attaccato proprio per impossessarsi della tua posta, scoprendo così l’appuntamento che Sirius aveva citato nel biglietto». Aveva detto tutto questo senza riprendere fiato una sola volta. Harry e Ron la guardarono – per quanto Ron potesse vedere, sprofondato nel buco nero che egli stesso aveva involontariamente creato – allibiti.

 

«Hermione… sei vittima di sdoppiamenti di personalità, oppure sei posseduta dallo spirito di un militare…?» le domandò cauto Harry.

 

«Negativo. Ritenevo che l’utilizzo di termini tecnici mi avrebbe aiutato a sostenere la mia tesi e dato un tono più professionale alla mia esposizione» replicò Hermy monocorde, sempre rigida come un manico di scopa. Nel frattempo, l’aura di Ron stava assorbendo le particelle di luce nelle sue immediate vicinanze – che si stesse trasformando in una supernova? -.

 

Proprio in quel momento, Pix decise di prendere di mira la ragazza. Grosso errore: questa si girò di scatto e gli lanciò uno shuriken, che gli si piantò in fronte.

 

«Giustizia è compiuta» disse senza alcuna ragione logica, e scomparve in una nuvola di fumo, lasciando un precedentemente allibito Harry ancora più allibito. Il nostro tenebroso eroe cominciò a pensare che forse i suoi amici non avevano proprio la testa a posto.

 

* * *

 

Quel pomeriggio, Harry e Ron la Supernova avevano l’allenamento di Kwiddich. Diluviava un sacco, ma questo non basto a far desistere Angelina dai suoi propositi da bravo capitano, con gran disperazione di Harry, che già si vedeva con i capelli talmente crespi da poter essere definiti “pettinatura afro” – non c’è bisogno di dire che questo era il peggiore incubo di Harry, subito dopo “essere rinchiuso in un monolocale con Draco Malfoy” -. Cominciò l’allenamento, ma nessuno vedeva ad un palmo dal proprio naso, così continuavano a scontrarsi a mezz’aria e a precipitare, scavando delle buche a forma di giocatore di Kwiddich nel campo di gioco. Quando Angelina si rese conto che la sua canna sotto la pioggia non si accendeva – e di tempo perché se ne accorgesse ce volle molto – pose fine all’allenamento, anche se il danno ormai era fatto. Harry la maledisse, auspicandole che tutte le piastre liscianti che avrebbe toccato da quel momento in poi le sarebbero esplose in mano – evviva la grammatica e chi la sa usare =_= -.

 

Mentre erano nello spogliatoio ad asciugarsi, Harry ebbe una premonizione.

 

«Che c’è?» gli domandò Ron, che aveva finalmente abbandonato la forma di buco nero per riacquistare il proprio aspetto.

 

«Ho avuto una premonizione» rispose piano Harry in modo mistico. «Riguardava... Voldemort. Posso sintonizzarmi sulle sue onde alfa» aggiunse, concentrandosi. «È… aspetta… questa è Radio Maria… Virgin Radio… Radio Deejay… Ah, ecco Radio Voldemort. È… arrabbiato. Perché… ha perso giocando a monopoli con Nagini».

 

«Dovresti dirlo a Smilente – che si pronuncia “Smailente”, tra l’altro -» gli suggerì Ron.

 

«Dopo che alla mia udienza non mi ha guardato con ammirazione reverenziale lodando la mia notevole avvenenza come fanno tutti? No! Così impara!»

 

* * *

 

I due tornarono al castello ma, mentre Ron si ritirò nel suo letto per passare una tranquilla notte tormentato dagli incubi, Harry dovette dedicarsi al tema che Piton gli aveva assegnato, ovvero “Cento buoni motivi per cui non devo ridere in faccia all’insegnante”. Pensare a Piton gli fece tornare in mente la sua fantasia, causandogli un accesso di risatine nevrasteniche che, fortunatamente, nessuno sentì – a parte Raschiatibie, che si allontanò pensando che gli umani erano proprio una razza demente, e che quando loro gatti avrebbero preso il controllo, le cose sarebbero state molto diverse. Quando finalmente riuscì a smettere di ridere, tentò di concentrarsi sul tema. Appena finì di scrivere la parola “cento”, cadde addormentato come un sasso.

 

Cominciò a sognare. Correva lungo un corridoio con una motosega in mano, e ad un certo punto apparve la professoressa McGranitt, che lo guardò con l’aria sempre più sconvolta man mano che si avvicinava.

 

«Potter… no….non… non si corre nei corridoi!»

 

Harry inciampò e la motosega gli sfuggì di mano, tranciandogli la destra.

 

«Nooo, Federica la Mano Amica!» gemette lui. La mano prese vita e cominciò a correre lungo il corridoio. Harry si alzò e le andò dietro, e stava per acchiapparla quando sul soffitto si aprì una botola e ne uscì un parallelepipedo giallo a pois verdi, che cominciava a ridere con quella sua risatina irritante.

 

«Ah-ah-ah-ah-ah. Ah-ah-ah-ah-ah. Ah-ah-ah-ah-ah. (risata a~la~Spongebob)»

 

Harry arrivò in fondo al corridoio, dove trovò uno specchio. Rallegrandosi della cosa, vi si avvicinò, ma quello che vide gli gelò il sangue nelle vene. Era GIALLO!

 

Si svegliò urlando.

 

* * *

 

Quando aprì gli occhi, vide davanti a sé una cosa gialla, e quasi gli venne un infarto. Quando si calmò, si rese conto che davanti a lui c’era un suo vecchio amico.

 

«Dobby è venuto a riportare il corvo a Harry Potter, signore!» squittì l’elfo, che indossava… una maglia gialla a pois verdi!

 

«Argh» gemette Harry, coprendosi gli occhi. Probabilmente, il trauma gli sarebbe rimasto per sempre. Si chiese come avrebbe fatto se zio Voldy l’avesse affrontato con una veste gialla a pois verdi… probabilmente si sarebbe suicidato pur di non dover sopportare la vista dell’odiato colore.

 

«Leva-quella-roba!» gli ordinò Harry, ma lo fermò immediatamente. Se doveva scegliere come compromettersi la vista, tra Dobby “al naturale” e Dobby vestito di giallo a pois verdi preferiva di gran lunga il secondo. Ad un certo punto, gli venne un’idea.

 

«Dobby» cominciò, guardando tutto fuorché l’elfo «sai se nella scuola c’è un posto dove un gruppo di persone possa incontrarsi per tenere lezioni clandestine di Corruzione Verso le Arti Oscure alle spalle della Umbridge facendo calare la sua reputazione agli occhi degli studenti?»

 

«Dobby conosce un posto perfetto, signore! Ah-ah-ah-ah-ah. Ah-ah-ah-ah-ah. Ah-ah-ah-ah-ah. Ma che cos’ha, Harry Potter, signore? Non si sente bene?»

 

«Ugh… non è niente, ma smettila di ridere in quel modo o quello che non si sentirà bene sarai tu» rispose Harry. «Allora, dov’è ‘sto posto?»

 

Dobby gli disse che si chiamava Stanza del Bisognino, gli disse dove si trovava e gli diede un foglio dov’erano scritte le istruzioni per entrarvi.

 

* * *

 

Il giorno dopo, subito dopo Cannologia – la materia preferita da Angelina… - i tre, che avevo riferito agli altri il luogo dell’appuntamento, si diressero nel luogo in cui Dobby sosteneva si trovasse la Stanza del Bisognino. Appena entrati al castello, Harry decise si utilizzare la Cartina del Malandrino, un pezzo di carta di dieci centimetri per dieci sul quale era possibile far apparire la mappa del castello.

 

«Dove dobbiamo andare?» chiese Ron.

 

«Al settimo piano» rispose Harry, mentre studiava la Cartina con una lente d’ingrandimento «davanti all’arazzo di Virgola il Gattino Schiacciato dal Telefonino».

 

Giunti a destinazione, Harry sfilò dalla tasca il foglio con le istruzioni consegnatogli da Dobby, sul quale erano scritti i procedimenti da fare per far apparire la porta della Stanza del Bisognino. Harry srotolò il rotolo di carta davanti a se ostentando importanza, e…

 

«…ballare la Caramelldansen?!» lesse.

 

Gli altri due lo guardarono inorriditi – o meglio, Hermione lo guardò inorridito. Ron mostrò semplicemente una variazione dell’aura –, pensando che se quello era il prezzo che dovevano pagare per garantire il successo del gruppo, allora preferivano restare a farsi bastonare dalla Umbridge e non imparare un tubo.  Nel frattempo, Harry scorreva velocemente la lista, interdetto.

 

«Aaah, no» disse sollevato «questa è la mia lista delle Cose da fare prima di essere massacrato da zio Voldy» precisò, indicando il punto Ballare la Caramelldansen, situato subito prima di Conoscere Sunako-chan.

 

Dopo aver riposto la prima pergamena, Harry finalmente trovò quella giusta.

 

«Allora» cominciò «fare tre giri su se stessi». I tre eseguirono. «Alzare il braccio sinistro e fare cinque saltelli sul piede destro. Alzare il braccio destro e fare cinque saltelli sul piede sinistro». I tre eseguirono, anche se cominciavano a sentirsi un po’ cretini. «Fai un salto, fanne un altro, fai la giravolta, falla un’altra volta, guarda in su, guarda in giù, dai un bacio a chi vuoi tu».

 

Dopo aver portato a termine le istruzioni ed essersi sentiti più idioti che mai… non successe nulla.

 

«Eh, no, eh! Non ho mandato a quel paese la mia reputazione per ottenere… nulla!» sbottò Harry, cominciando a prendere a calci il muro con i suoi stivali dalla punta in metallo.

 

«Fammi leggere» replicò Hermione, prendendogli il foglio con le istruzioni. Subito dopo la parte letta da Harry, ce n’era un’altra scritta più in piccolo. «Ah-ha! Qui c’è scritto: “Quello che ha letto prima, Harry Potter signore, era la Danza della Felicità degli elfi, signore. Noi elfi la usiamo sempre, signore, spero che le sia piaciuta».

 

«Harry smise di prendere a calci la porta e il cielo fuori dalla finestra si oscurò. Prese anche a cadere qualche fulmine.

 

«Harry… sei arrabbiato?»

 

«…arrabbiato, io? No, non sono arrabbiato. Sono FURIOSO! DOOOOOOOBBYYYYYY!!! Non osare venirmi tra i piedi mai più o giuro che ti massacroooo!!!»

 

Hermione continuò a leggere le istruzioni dell’elfo, mentre Harry dava sfogo a tutta la sua rabbia repressa. Secondo Dobby, per aprire la porta c’era bisogno di una Testa di Emo.

 

«Ci serve una Testa di Emo» annunciò Hermione. Lei e Harry – che aveva sbollito – guardarono Ron. Ron, spaventato, arretrò.

 

«Vieni qui, Ron caro, prestaci la tua testa…» disse minacciosamente Harry.

 

«Coraggio, Ronron, non sentirai alcun male…» aggiunse Hermione, brandendo una mannaia.

 

Dopo un rapido inseguimento, Hermione riuscì a catturare Ron, e cominciò a sbattergli la testa contro il muro. Come annunciato, la porta si aprì.

 

«Oh, proprio adesso che cominciavo a divertirmi» proferì la ragazza, delusa.

 

Il suo interno era ciò che di più meraviglioso Harry avesse mai visto in vita sua. Le pareti nere ospitavano una notevole quantità di artiglieria d’ogni genere, e in fondo alla stanza, su un tavolo, c’era una collezione di armi da killer nevrastenico assassino sadico&bastardo: la motosega di Leatherface, l’armamentario di Jason – maschera da hockey compresa -, il piccone di Harry Warden, le unghiette di Freddy Krueger… Mentre Harry contemplava ammirato tutto l’armamentario, arrivarono anche gli altri membri del club.

 

«Ora che ci siamo tutti» annunciò Hermione «dovremmo trovarci un nome…»

 

«Ce l’ho già io, un nome» annunciò Harry, pavoneggiandosi davanti a tutti «ci chiameremo F.I.C.A.U., che significa Ficchiamoglielo in cu

 

«La U sta per Umbridge, vero?» lo interruppe Neville, che d’ora in poi si chiamerà Nerdville causa illuminazione improvvisa.

 

Hermione prese il foglio sul quale tutti i presenti avevano apportato la propria firma, vi scrisse in cima F.I.C.A.U. a grandi lettere e la appese al muro.

 

Per prima cosa, cominciarono ad allenarsi con l’Expelliarmus, che serviva ad evocare un cartellino rosso che provocava l’espulsione della bacchetta se puntato conto una persona. Harry lasciò la marmaglia ad allenarsi, mentre lui si ritirò in un angolo a farsi la manicure. Cinque ore dopo, quando ormai erano tutti esausti, Harry dichiarò chiusa la prima riunione del F.I.C.A.U. e tutti quanti tornarono ai propri dormitori. Ron pensò con angoscia alle future riunioni, in quanto, per aprire la porta, ci sarebbe sempre stato bisogno di lui. O meglio, della sua testa.

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Capitolo 20
*** 19_Il Leone e l'Agnello ***


CAPITOLO 19

 

IL LEONE

E L’AGNELLO

 

Nelle due settimane seguenti, Harry non solo doveva sopportare gli allenamenti di Kwiddich, le lezioni, l’apatia di Ron e la violenza di Hermione, ma anche le riunioni del F.I.C.A.U., quando avrebbe voluto soltanto ritirarsi tra le quattro mura nere della sua stanza a giocare ad Assassin’s Creed con la Play Station 3.

 

Comunque, a risolvere il problema di come avvertire i membri del gruppo – perché se si fossero incontrati tutti quanti nella Grande Sala avrebbero attirato un po’ l’attenzione – ci pensò Hermione. Distribuì a tutti gli affiliati del F.I.C.A.U. una specie di collare con una spia luminosa lampeggiante.

 

«Vedete quella spia luminosa lampeggiante?» domandò alla marmaglia. «Quando Harry preme il pulsante del suo telecomando (Harry alzò il telecomando come se stesse alzando un trofeo) i collari rilasciano un elettroshock, così saprete quando dovete venire alla riunione». Hermione annuì tra sé e sé, complimentandosi con se stessa della splendida – e perversa – idea.

 

«Ma…» obiettò Nerdville, ma venne subito fulminato da Harry e dal suo magico telecomando. «Muahahah… penso che ci prenderò gusto…» commentò Harry, anche se quella sadica e violenta dovrebbe essere Hermione.

 

* * *

 

Si avvicinava la prima partita della stagione di Kwiddich e, con gran cordoglio di Harry, la McGranitt aveva sì smesso di dare compiti, ma aveva duplicato, no, triplicato, no, moltiplicato a dismisura gli allenamenti di Kwiddich. Ad un certo punto, Harry non ce la fece più.

 

«Basta!! Mi trasferisco in Svezia!» decise «Mi arruolerò nei Deathstars!». Cominciò a preparare il baule e lo trascinò nell’ingresso del castello, seguito da uno-stranamente-non-troppo-depresso Ron e da un’alquanto annoiata Hermione.

 

«Beh, come aspetto ci siamo» constatò saggiamente la ragazza. «Però non credo che potrai avere una parte molto attiva…»

 

«Amen, diventerò lo zerbino di Whiplasher. Oppure mi troverò un sacco di amici metallari e insieme ci divertiremo tutto il giorno tutti i giorni! Andremo a caccia di truzzi, li bruceremo sul rogo, ci divertiremo, insomma! Addio, sfigati!» li salutò Harry, sognando un futuro felice.

 

Harry chiamò un taxi e si fece portare all’aeroporto più vicino. Salì sull’aereo ma, dopo quattro ore di viaggio, si rese conto di essere salito sul mezzo sbagliato. Quando l’aereo atterrò, si ritrovò in Giappone.

 

«Oh, cazz… ehm… E adesso?» si domandò, cercando di richiamare alla memoria tutte le parole giapponesi che conosceva. «Allora… sushi? No, quello si mangia… sashimi? Anche… Takoyaki, ramen, okonomiyaki… no, è tutta roba da mangiare… aiuto!»

 

Alla fine, decise di prendere un aereo a caso, che lo portò in… America. Scese a New York, più spaesato che mai.

 

«Beh, almeno qui parlano inglese…» si rasserenò, fermandosi in un McDonald per fare uno spuntino. Dopo essersi rinfrancato ed aver aumentato notevolmente il colesterolo presente nel proprio sangue, cercò un aereo per Londra. E lo individuò anche, peccato che prese quello per l’Australia.

 

* * *

 

Nel frattempo, al castello di OhSchwartz, Ron ed Hermione, seduti sui gradini del castello, aspettavano il ritorno di Harry.

 

«Scommetto» disse Hermione «che sarà qui alle 17.17 spaccate».

 

* * *

 

Il nostro oscuro eroe intanto si aggirava come un’anima in pena in mezzo alla pista di decollo dell’aeroporto australiano nel quale era finito. Cominciava a pentirsi di essersene andato dal castello, tanto più che non era nemmeno riuscito ad arrivare in Svezia… salì su un altro aereo, l’ennesimo, che percorse placidamente la pista alzandosi in volo. Harry, completamente scombussolato dal jet lag, cominciava ad avere visioni mistiche. Gli apparve Ville Valo sull’ala destra dell’aereo.

 

Ad un certo punto, dopo parecchie ore di viaggio, l’aereo cominciò ad avere dei problemi.

 

«Si avvisano i gentili passeggeri…» cominciò la calma e rassicurante voce della hostess «…che STIAMO PRECIPITANDO!! SI SALVI CHI PUÒ!!» e, aperto il portellone, la donna si gettò nel vuoto.

 

A bordo si scatenò il panico, mentre i passeggeri gridavano e correvano a destra e a sinistra. Harry, calmissimo, percorse tranquillo la distanza che lo separava dal portellone, si infilò un paracadute e si buttò.

 

* * *

 

Ad OhSchwartz, Hermione guardava l’orologio.

 

«Sono le 17.15. Tra due minuti è qua» si girò verso uno scetticissimo Ron «Fidati».

 

* * *

 

Harry aprì il paracadute e cominciò a planare in mezzo alle nuvole. Quando riuscì a vedere il panorama, gli sembrò stranamente familiare.

 

«Oh, San Kratos!» esclamò «Non può essere…».

 

Atterrò proprio davanti alla scalinata del castello.

 

«17.17 spaccate!» esultò Hermione. Tese il braccio verso l’apatico Ronald e la sua aura nero-bluastra. «Mi devi un polmone».

 

Harry cominciò a ripiegare il paracadute.

 

«Che senso aveva tutto questo?» chiese, più a qualche entità superiore che controllava la sua vita che a quei due individui che lo fissavano dalla scala senza degnarsi di dargli una mano. «Voglio dire, questa cosa degli aerei… non ha nessuna logica!»

 

«Perché» replicò Hermione «ti sembra che ci sia una qualche logica in quello che facciamo da diciannove capitoli?»

 

«In effetti…»

 

 

[*cinque minuti di pausa per permettere a  z e r o  di inveire contro i maledetti piercing che ad un certo punto decidono si svitarsi e cadere sul pavimento grigio, dal quale verranno raccolti dopo lunghissimi minuti di interminabili ricerche e reinfilati maldestramente nella loro sede*]

 

 

 * * *

 

Il tentativo di fuga di Harry non andò a buon fine, quindi il nostro goth guy preferito fu costretto ad allenarsi a Kwiddich, insieme a Ron, la cui aura tenebrosa oscurava tutte e tre le porte.

 

«Beh» commentò Angelina, lasciandosi dietro una scia di fumo degna di un jet «Se durante la partita è così, voglio vedere come faranno gli avversari a segnare…».

 

Per gran fortuna di Angelina, la mattina della prima partita della stagione, Ron era profondamente depresso – sai che novità… -. Aveva l’aspetto di un cumulonembo semovente, mentre si sedeva al tavolo della colazione, con tanto di fulmini.

 

Al loro tavolo si avvicinò Luna Peace&LoveGood, portando un leone al guinzaglio.

 

«Io faccio il tifo per Grifonplatino» disse Luna, strattonando il guinzaglio del leone che le morse un braccio. La ragazza se ne andò, zampillando sangue arterioso ovunque.

 

Hermione strattonò un braccio ad Harry, che stava cercando di mangiare i suoi Count Chocula, facendogli cadere di mano il cucchiaio e scatenando le ire dell’oscuro eroe.

 

«Ma che cazz…» sbottò Harry.

 

«Harry, devi assolutamente fare leggere a Ron quello che c’è scritto sulle spille dei Bisciargento, così si deprime ancora di più e vinciamo la partita».

 

Harry prese un binocolo da sotto il tavolo e lo puntò verso il tavolo dei Bisciargento. Portavano tutti una spilla con su scritto:

 

Weasley è il nostro emo

 

Si chiese perché mai Ron avrebbe dovuto deprimersi per una scritta del genere, e decise all’istante di non dare ascolto a Hermione – anche perché era un terribile bastian contrario… –. Ebbe così inizio il piano “Mostriamo A Ronald Quello Che C’è Scritto Sulle Spille Dei Bisciargento”. Trascinò Ron per tutto il prato verso gli spogliatoi – anche se era il primo a non voler giocare – e, dopo che si furono infilati le divise, ascoltarono il discorso prepartita. Tra l’aura temporalesca di Ron e la cortina fumogena di Angelina, non si vedeva una mazza. Finalmente venne l’ora di scendere in campo. I Bisciargento, tutti della taglia di gorilla obesi – a parte Malfoy, naturalmente – occupavano un quarto del campo.

 

I due capitani si strinsero la mano – si poté chiaramente sentire il crack delle falangi di Angelina che si spezzavano –, dopodiché la prof soffiò nel fischietto ed ebbe inizio la partita. Harry cominciò pigramente a svolazzare per il campo in cerca del pallino d’oro, evitando bolidi, bastonatori, mine antiuomo e proiettili vaganti. Ad un certo punto, Malfoy gli tagliò la strada.

 

«Pirata dell’aria!» lo insultò Harry. Draco fece un’inversione a U e gli si piazzò davanti. Era un tantino diverso dal solito.

 

«Ti trovo un tantino diverso dal solito» constatò Harry interdetto.

 

«I miei fan non hanno gradito il mio ruolo in questa parodia, perciò ho deciso di cambiare e di riuscire dove tu non hai riuscito».

 

«Se intendi la composizione grammaticale delle frasi, allora non hai speranze. Hai un unico neurone, usalo con parsimonia».

 

«Io diventerò un BLACKSTER! Muahahahahahahah!!!» dichiarò Malfoy, ridendo come un assatanato e volando via.

 

«Va beeeene» sospirò Harry, infilandosi le cuffie dell’iPod nelle orecchie e andandosene per i cazzi suoi.

 

«INCREDIBILE!» sbottò l’amico rasta di Fred e George, che commentava la partita «Credevamo tutti che l’impenetrabile aura del nuovo portiere non avrebbe permesso alcun goal, ed invece i Bisciargento si sono fatti furbi! – questo che è incredibile… –»

 

Infatti i Bisciargento, muniti di elmetti da minatore, penetravano facilmente la nube oscura provocata dalla depressione di Ron, il quale, immobile, fluttuava davanti alle porte chiedendosi se una caduta da quell’altezza lo avrebbe ucciso o no. In quel momento, dal pubblicò si alzò un canto.

 

«Oooooo fortuna… veeeeelut luuuna…. Staaaatuuuu variabiliiis….»

 

Ehm, no.

 

Perché Weasley è il nostro emo

Basso, brutto e pure scemo

I suoi polsi taglieremo

Perché Weasley è il nostro emo

 

 

[Non mi è venuto niente di meglio ç___ç Buuuhuuuu]

 

 

Weasley ha una lametta

Se la tiene stretta stretta

Di sicuro vinceremo

Perché Weasley è il nostro emo

 

[Okay, ho toccato il fondo. Mi trasferisco in Tibet. Addio…]

 

Harry, che grazie all’iPod non sentiva niente, continuava a svolazzare per il campo alla ricerca dell’arnese d’oro. Finalmente lo vide.

 

«Ah!» esultò «Ho visto il coso d’oro!»

 

Harry partì in quarta verso la sferetta d’oro, subito seguito dal Malfoy. Harry riuscì ad acchiappare l’affare d’oro, ma Malfoy lo placcò da dietro e lo fece precipitare. Harry atterrò – indovina – di faccia. Nemmeno il tempo di riprendersi, che i compagni lo acchiapparono in un grande abbraccio di gruppo, al grido di «ABBIAMO VINTOOOO!» - ovviamente tutti a parte Ron, che, tentando di impiccarsi ad un anello, era rimasto incastrato.

 

«E chissene frega!» protestò Harry, cercando di togliersi di dosso tutte quelle persone fastidiose.

 

Malfoy guardava intristito i resti della bottiglia di birra che si era portato dietro per tutta la partita.

 

«Hai salvato il culo a Weasley, eh?» ringhiò rivolto ad Harry, anche se sul copione c’era scritto “il collo” «Non ho mai visto un Portinaio peggiore… d’altronde è il nostro emo. Ti sono piaciute le mie rime?»

 

«Le tue rime? E tu vorresti diventare un blackster?! Ma per favore… Puoi diventare un’idol jPop, se vuoi. Draco Hamasaki. Oppure, Draco Heavenly6. O ancora Draco Utada, Draco Wakeshima… ».

 

Per vendetta, Malfoy lanciò ad Harry una serie di insulti che non mi va di scrivere e, come risultato, venne aggredito da questi e da George. Harry si rammaricava di aver lasciato gli armour ring nella sua stanza, perché se ne avesse indossato almeno uno i suoi cazzotti avrebbero avuto più effetto. George, dal canto suo, dava dimostrazione di tutte le mosse di wrestling che aveva imparato assieme a Fred.

 

«RIS-SA! RIS-SA! RIS-SA!» li incitavano le tre Calciatrici di Grifonplatino. Purtroppo, il corpo insegnanti non era altrettanto entusiasta, e la rissa venne stroncata prima di giungere al termine.

 

Quando furono separati a sufficienza, Harry puntò l’indice contro Malfoy, che si accovacciò a terra tenendosi le mani sulla testa.

 

«AAAAH! Sta cercando di uccidermi!»

 

«Suvvia» disse qualcuno – no, non Qualcuno – «Nono è mai morto nessuno perché qualcun altro gli ha puntato un indice addosso» - … -.

 

«28 giorni» disse Harry, con una voce cavernosa che non sembrava la sua «6 ore, 42 minuti, 12 secondi… ecco quando il mondo finirà». Tutti si voltarono verso Harry.

 

«Cosa?»

 

«Harry» gli disse Hermione, spuntata da chissà dove e contrariata per non aver potuto partecipare alla rissa «Che cosa stai dicendo?»

 

«Me l’ha detto quel tizio laggiù…» Harry indicò un punto dall’altra parte del campo di Kwiddich.

 

«Non c’è nessuno laggiù».

 

«Ma sì che c’è! Quello là… quello grigio… il coniglio! Quel coniglio grigio! Fraaaaank! Hey, Fraaaaank!» lo salutò Harry, saltando e agitando le braccia in aria. La McGranitt sfilò il cellulare dalla tasca, pronta a chiamare la neuro.

 

«Bwahahahahah!» rise assatanato Malfoy – benché ridotto a un Picasso – senza alcun motivo apparente.

 

«Malfoy, non dovevi andare in bagno?» disse Piton atono.

 

«Ma veramente…»

 

«VAI IN BAGNO!»

 

«Subbito!».

 

Liquidato l’aspirante blackster e iniettato una dose di tranquillanti ad Harry, che ora vedeva le fatine verdi, fece la sua comparsa la Umbridge, i tacchi a spillo che affondavano nella soffice terra del campo di Kwiddich. Tirò fuori una busta – da chissà dove, vista la scarsa superficie ricoperta dalla tutina fetish in latex –.

 

«Ehm, ehm… Decreto Didattico Numero Diciassette Bis» lesse «Alla Mistress Suprema è conferita la massima autorità su punizioni corporali, sanzioni e soppressioni di privilegi – ma non solo – riguardanti gli allievi di OhSchwartz, nonché la facoltà di alterare punizioni corporali, sanzioni e soppressioni di privilegi – ma non solo – comminate da altri membri del personale. Firmato Cornelius Caramella, MiniMinistro della Magia. Indipercuiciò… Potter, Weasley 1 e 2, siete squalificati dal Kwiddich a tempo indeterminato…».

 

“Sììììì!” pensò Harry, dando un rave party dentro la sua testa. I suoi neuroni, fatti e ubriachi, si rotolavano sul prato della sua materia grigia…

 

«E le loro scope sono confiscate».

 

«Sìììì- COSA?!» strillò Harry. «No! La mia goticissima Bloodybolt! Non può farmi questo, donna crudele!»

 

«Posso, e lo farò» replicò la Umbridge, raccogliendo la summentovata – cosa vorrà mai dire questa parola? Non credo sia coerente con il contesto, però la userò lo stesso… anche perché non ho voglia di andare a prendere il vocabolario – scopa, assieme a quelle di Fred e George.

 

* * *

 

Quella sera, i Grifonplatino si deprimevano nella sala comune – e Ron non c’era nemmeno! –. Tutti tranne Harry, che combatteva tra due istinti: la felicità per essere riuscito finalmente a liberarsi dall’obbligo di dover partecipare a quelle stupide partite, ed il cordoglio per la perdita della Bloodybolt. Entrò Ron, la cui aura era diventata bianca e sbrilluccicante, con qualcosa tipo specchietti che vorticavano al suo interno.

 

«Hermione, Ron è diventato un’anomalia» constatò Harry, affascinato.

 

«Mi dispiace» esordì Ron «È tutta colpa mia».

 

«Hai ragione» replicò Harry «È tutta colpa tua».

 

«Se non fossi un tale disastro a Kwiddich…»

 

«Già, fai proprio schifo»

 

«…è stata quella canzone a farmi impazzire…»

 

«Se sei così idiota da stare a sentire una cosa così stupida…»

 

«Avrei dovuto suicidarmi prima…»

 

«Sì, avresti dovuto».

 

«Piantatela» li interruppe Hermione «Sta per entrare in scena un nuovo personaggio: Hagrid è tornato».

 

« E se non fossi l’eroe?» cominciò Harry «Se fossi il cattivo? Io ho diciassette anni. Sai da quanti anni ho diciassette anni? E il leone si innamorò dell’agnello».

 

«Harry, cosa-cavolo-stai-dicendo

 

«Stavo solo cercando di dare un senso al titolo di questo capitolo».

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Capitolo 21
*** 20_Il Racconto di Hagrid ***


CAPITOLO 20

 

IL RACCONTO

DI HAGRID

 

Harry andò a prendere la Cartina del Malandrino e il Mantello dell’Invisibilità, e i tre uscirono dal buco del ritratto per andare a trovare Hagrid.

 

«E spostati!» protestò Harry, tirando una gomitata a Ron.

 

«Non c’è spazio» rispose l’emo-kid.

 

«Scale» li avvisò Hermione. Harry, che guidava la fila, inciampò e i tre precipitarono per le scale.

 

«Ma chi è che ha creato il Mantello dell’Invisibilità?!» si lamentò Harry, reinserendo nella propria sede la spalla lussata. «Qualcosa di più comodo no, eh? Tipo… il Trench dell’Invisibilità. O il Cappotto dell’Invisibilità, il Cappello dell’Invisibilità, i Calzini dell’Invisibilità…»

 

«Armatura»

 

SDENG!

 

«D’oh!»

 

Nonostante le numerose ammaccature, contusioni, lussazioni, traumi cranici e ferite più o meno gravi, i nostri eroi riuscirono ad uscire dal castello e a raggiungere la capanna di Hagrid. Harry bussò.

 

«È chi?» domandò il vocione cavernoso di Hagrid.

 

«Noi» rispose Harry.

 

«Chi noi?»

 

«La Fatina Verde, Tinkerbell e il Fantasma Formaggino» rispose Harry sarcastico.

 

«In sono non casa».

 

«Apri! Siamo Harry, Ron e Hermione!»

 

«Ahhhh! Prima dirlo potevate! Entrate!»

 

La porta si aprì e apparve Hagrid, che sembrava messo peggio di loro. Aveva i capelli incrostati di sangue, ogni centimetro di pelle coperto di tagli e lividi e qualche dente in meno.

 

«Hagrid, cosa hai fatto!»

 

«Niente, inciampato sono».

 

«In cosa, un orso in letargo?»

 

«Bene vedo vi. Harry, sempre con tu vestiti quei neri, eh? Pensato cambiare look mai?»

 

« Una volta ho provato a cambiare look, ed ho comprato un cappotto rosso. Ma tutti si rivolgevano a me chiamandomi Vincent, o Mr. Valentine, o ancora anima impregnata di terra corrotta, quindi ho deciso di lasciar perdere».

 

«Tu e Ron, emo sempre kid, eh?»

 

«…» rispose Ron nel suo silenzio carico di significati intrinsechi.

 

Riassumendo in poche parole, Hagrid era andato a cercare i giganti per ordine di Smilente – che si pronuncia “Smailente”, tra l’altro –. Raccontò – con la sua grammatica raccapricciante – che era andato assieme a Madame Maxxxime sulle montagne, e che avevano trovato i giganti. Purtroppo le cose non erano andate nel modo sperato, ed erano stati costretti a scappare.

 

Il rumore di tacchi a spillo di centimetri diciassette mise in allarme i nostri eroi.

 

«Oh Santo Sephiroth!» imprecò Harry guardando fuori dalla finestra «È la fetish meretrice delle tenebre!»

 

Ci fu un attimo di frenesia, durante il quale Harry, Ron ed Hermy corsero per tutta la capanna di Hagrid in cerca di un posto in cui nascondersi – c’è il Mantello dell’Invisibilità, idioti! –. Ronald rotolò sotto al letto, Hermione nell’armadio ed Harry si appese al soffitto tipo Spiderman.

 

Toc toc.

 

Hagrid aprì la porta, e la Umbridge fece il suo ingresso in tutta la sua fetish impetuosità.

 

«Oh oh oh oh!» rise la Umbridge.

 

«Diavolo è chi lei?» chiese Hagrid.

 

«Sono Ahi-Che-Dolores Umbridge».

 

«Ah» replicò Hagrid, con l’ormai comune e stra-abusata battuta atona di Harry.

 

La Umbridge spiegò ad Hagrid che era la Mistress Suprema della scuola, e che aveva il potere di porre in verifica gli insegnanti ed eventualmente licenziarli. Fatto ciò, se ne ritornò al castello. Harry perse la presa e si schiantò sul pavimento della capanna, con un rumore di vertebre spezzate.

 

«Dolore…» si lamentò.

 

 

Praticamente, il capitolo sarebbe finito, ma fa talmente schifo… all’improvviso, si accesero tutti i riflettori e apparve il cast al completo di Harry Mystryss Darque ecc. ecc. Potter e l’Ordine del Corvo Morto.

 

Persona sconosciuta di cui non c’importa un tubo: Siamo lieti di consegnare il premio per il Peggior Capitolo In Assoluto di questa patetica fan’s fiction!

 

*boato della folla. La persona sconosciuta di cui non c’importa un tubo porge il premio ad Harry, che lo guarda male – normale amministrazione –*

 

Harry: E io che c’entro?

 

Persona sconosciuta di cui non c’importa un tubo: Sei l’attore principale, no?

 

Harry: E allora? Dallo a quell’idiota dell’autrice, non a me.

 

*entra l’autrice*

 

zero: Oh, un premio per la mia incapacità?! Grazie, grazie, troppo gentili…

 

Harry: A proposito… io non vedo il mio stipendio da due mesi…

 

zero: ehm…

 

Harry: *estraendo un fucile* Hermione, è aperta la caccia all’autrice…

 

Hermione: *estraendo un bazooka* Caccia all’autrice? Ma è il mio sport preferito!

 

zero: Andiamo, ragazzi… che vantaggio ne trarrete dalla mia eliminazione?

 

Hermione: *affilando un machete* Placheremmo momentaneamente la nostra sete di sangue. Giusto, Harry?

 

Harry: *mettendo in moto la motosega* Giustissimo, Hermione.

 

*Harry ed Hermione inseguono l’autrice con l’intento di trucidarla… che, sinceramente, se lo merita*

 

 

 

Ecco, sono di nuovo ricaduta nella banalità .-.

In verità, la colpa è anche di questo capitolo, per niente stimolante…

Per il prossimo, mi impegnerò di più, lo giuro! >_<

Grazie a tutti quelli che hanno recensito, inserito questa storia tra le preferite, o tra le seguite. Grazie! Grazie! Questa è una gran cosa per la mia scarsa autostima! Grazie!

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Capitolo 22
*** 21_L'Occhio del Pac-Man ***


CAPITOLO 21

 

L’OCCHIO

DEL PAC-MAN

 

Il martedì successivo, Hagrid riprese ad insegnare Difesa dalle Creature Magiche, perciò Harry, Ron ed Hermione si avviarono verso la sua casetta, ai margini della Foresta Proibita, un ameno boschetto dove vivevano dolci creaturine – come ad esempio ragni grossi come elefanti, demoni perversi e sanguinari risaliti direttamente dalle profondità dell’Averno, esseri subumani assatanati e gli Happy Tree Friends – e nel quale la luce non penetrava mai, mantenendolo in una perenne oscurità. Tutto ciò era molto stimolante per Harry che a volte, di notte, andava a farsi una passeggiata in quell’ameno boschetto, che gli ispirava componimenti gotici vagamente poetici.

 

I tre, quindi, si avviarono verso la capanna di Hagrid, aspettandosi di trovarci la Umbridge, che però non c’era – in realtà, la Umbridge avrebbe voluto andarci, ma nel tragitto era stata risucchiata da misteriose sabbie mobili, con le quali era impegnata dalla mattina di quel giorno –. Raggiunsero il luogo della lezione, dove Hagrid li stava aspettando. Portava sulla spalla qualcosa che somigliava ad un bastoncino di zucchero bianco e rosso gigante.

 

«Allora» cominciò l’illetterato mezzogigante «Lavoriamo qui oggi!» disse, indicando la Foresta Proibita.

 

Gli studenti – quelli normali – rabbrividirono, impauriti. Harry si rallegrò, pensando a quale Progenie dell’Oscuro aveva in serbo Hagrid per loro. Hermione si rallegrò anch’ella, pensando che una bestia selvaggia e assassina avrebbe potuto ispirarle nuove tecniche di tortura. Ron si rallegrò (!), guardando un albero e constatando che i suoi forti rami avrebbero potuto sorreggere il suo corpo nel caso avesse deciso di impiccarsi. Malfoy si rallegrò, pensando che quella sarebbe stata una buona prova per la nuova Via che aveva deciso di intraprendere. Harry si rallegrò, avendo appena avuto un flashback nel quale vide se stesso bambino giocare a nascondino – da solo – nel cimitero vicino a casa. Hermione si rallegrò, avendo appena avuto un flashback nel quale vide se stessa il giorno del suo decimo compleanno, quando gli regalarono un AK-47 e una Vergine di Norimberga. Ron si rallegrò (!), avendo appena avuto un flashback nel quale vide se stesso alle elementari, quando veniva pestato dai truzzi, dai punk, dai metallari, dai rapper, dai rocker, dai giunge, dai comunisti, dai mods, dai boy scout, dai goth (ciao, Harry! XD), da quelli di Nonciclopedia, dalle gothic lolita, dai nerd, a volte anche dai professori, dai bidelli e dai banchi, mentre lui voleva solo leggersi Schopenhauer – del quale non scriverò nulla avendo misteriosamente dimenticato tutto quanto riguardante questo filosofo nonostante fosse presente nella mia tesina – in pace. Draco si rallegrò, avendo appena avuto un flashback nel quale vide se stesso quando, con una foto di Harry… no, no, ricordo sbagliato!

 

Mentre i tre eroi + l’antieroe (anche se sarebbe più corretto dire “i tre antieroi + il personaggio di contorno”) erano immersi nei loro flashback, Hagrid aveva condotto la classe al limitare della Foresta Proibita, dove aveva abbandonato il bastoncino di zucchero bianco e rosso gigante.

 

«Avanti venite» disse Hagrid agli studenti, restii ad avvicinarsi «Dello odore li zucchero attirerà l’!» (Ma perché lo faccio parlare così? Perché sono così masochista?!) «Caso ogni in però, con fischietto chiamerò li un».

 

Hagrid estrasse il fischiettò e suonò. Dal fischiettò uscì un suono così dolce, ma così dolce, che i denti di metà degli studenti si cariarono all’istante – compresi quelli di Harry che, per quanto amasse il nero (possibilmente nella sua sfumatura più scura) non gradiva colorasse la sua perfetta dentatura da pubblicità di dentifricio –. Qualcosa si mosse nel buio, ed Harry ebbe un flashback – ancora?! –, ma un flashback più chic stavolta, perché sarà scritto in corsivo.

 

FLASHBACK DAL CAPITOLO 10

 

Però, guardando bene con i suoi meravigliosi occhi cerulei – ma sono verdi! ndHarry – si accorse che, in effetti, quelle carrozze non erano propriamente senza cavallo. Delle repellenti creature rosa e azzurre, con lunghe criniere e code glitterose e sbrilluccicanti, ali candide e piumate e orribili tatuaggi  pucciosi sulle cosce, erano attaccate alle carrozze.

 

«Argh!» gemette – in maniera sexy, s’intende – Harry «questo uccide il mio essere goth! Ehi, Ron, guarda! Cosa sono queste cose tremendamente mielose?» chiese all’amico. Il comatoso Ron si girò verso Harry.

 

«Cosa?» domandò. Harry lo prese, lo strattonò, e lo piazzò davanti ai repellenti esseri.

 

«Cosa?» ripeté Ron.

 

La brillante mente di Harry cominciò a fare 2+2:

- Ci sono delle cose pucciose terrificanti attaccate alle carrozze.

- Io le vedo.

- Ron dice sempre “cosa”.

- Ron non le vede?

 

«Tranquillo» disse una voce alle sue spalle, interrompendo le sue brillanti macchinazioni «io li vedo i My Little Pony, sei sano di mente quanto me». Harry si girò e vide Luna Peace&LoveGood, con l’aria di chi è appena stato ad impasticcarsi ad un rave party.

 

«Porca troia, adesso sì che mi preoccupo!» si preoccupò il nostro affascinante eroe.

 

FINE FLASHBACK

 

Dopo questo illuminante flashback, Harry si ricordò di dover aggiornare il profilo su Netlog. NO! Dopo questo abbacinante flashback, Harry si ricordò delle mefitiche creature dai colori pastello che le sue fosche pupille avevano avuto il cruccio di vedere il giorno del suo ritorno ad OhSchwartz. Ma c’era una cosa molto, molto importante che Harry non era riuscito a ricordare, una cosa di vitale importanza per la sua instabile psiche da goth: una buona metà delle creature era… GIALLA!

 

Nel giro di un nanosecondo, durante il quale l’elettrocardiogramma di Harry sfiorò lo zero assoluto, le espressioni degli studenti si divisero nello stupore di quelli che vedevano e nello stupore di quelli che non vedevano. Frattanto, le mielose bestiacce continuavano ad uscire dalla foresta, con i loro occhi brillantini che sbrilluccicavano nella fievole luce che riusciva a fendere il fitto fogliame.

 

Una passò accanto ad Harry – una GIALLA! – e questi spiccò un balzo e si arpionò a Ron, che subì l’assalto rigido come un tronco d’albero.

 

«OMFG! Escono dalle pareti!» gemette il fascinoso goth guy «ESCONO DALLE FOTTUTE PARETI!»

 

«Harry!» lo rimproverò Hermione, prendendolo a sassate per spingerlo a scendere dal povero emo-kid, ormai cianotico. «Non c’è nessuna parete qui!»

 

Gli altri insignificanti, inutili studenti, abituati agli squilibri e ai momenti di pazzia del Terzetto delle Tenebre, si limitarono ad ignorarli. Draco, suo malgrado, si ritrovò ad ammirare la forza e la costanza dell’eroe Oscuro e Tenebroso, impegnato nell’atto eroico della scalata all’emo-kid.

 

Hagrid, con il suo notevole ritardo mentale, guardò la scena con interesse fittizio, giusto per sembrare più intelligente. Quando finalmente Hermione riuscì finalmente ad abbattere Harry, permettendo a Ron di riprendere a respirare – anche se forse lui avrebbe preferito il contrario… –, Hagrid si decise finalmente a fare quello per cui era pagato.

 

«Allora» esordì «Sa chi e vedono dire li certe mi persone no perché altre?» (Sono un mostro… muahahahah! ndA)

 

Hermione alzò la mano.

 

«Vedono i My Little Pony…» cominciò Hermione, interrompendosi per creare suspance «…solo coloro che hanno visto HIGH SCHOOL MUSICAL!». Pronunciò le ultime tre parole gridando e puntando un indice accusatorio verso Harry, seduto sulle foglie morte – ARGH! I vestiti! …mmmh… morte… – , ammaccato dai sassi, spettinato – Nooo, catastrofe! – e, in quel momento, tra l’orripilato e lo sconvolto.

 

«NO! Non è possibile! Io non ho mai visto High School Musical! Mai!»

 

«Confessa!» lo aggredì Hermione, puntandogli dritta in faccia una lampada presa chissà dove – e, soprattutto, collegata a chissà quale presa della corrente, in mezzo alla foresta… – «TU hai guardato High School Musical!»

 

«NO!» negò nuovamente Harry, proteggendosi gli occhi con il Dizionario dei Sinonimi e dei Contrari che non aveva fatto in tempo a consultare. «Come avrei potuto?!». L’ennesimo flashback gli fornì la risposta.

 

«Il-Ragazzo-Figo-Di-Qualcuno-Che-Somigliava-A-Zac-Efron-Ed-Era-Il-Più-Bello-Della-Scuola! Zac Cedric Efron-Diggory!» articolò «È colpa sua, sua e della sua maledetta abitudine di mettersi a cantare e ballare e giocare a basket nei corridoi della scuola! Maledetto! È sua la colpa se vedo quelle schifezze!»

 

Da qualche parte, in un cimitero, nell’angusto spazio della sua tomba, Zac Cedric Efron-Diggoy starnutì (?). La sua bis-prozia, che stava portando dei fiori alla sua ultima dimora, sentì lo starnuto, e fu portata via dalla neuro dopo aver passato la notte al freddo e al gelo in mezzo al cimitero. Passò i successivi sei mesi in terapia – “I morti mi parlano, dottore! Mi parlano e starnutiscono!” – poi si ritirò a vivere in cima all’Everest, dove si guadagnò il pane quotidiano con il sudore della fronte e il formaggio di yak, finché non incappò nell’abominevole uomo delle nevi che l’accompagnò a Shangri-la facendola bere dalla fonte della vita eterna. La bis-prozia di Zac Cedric Efron-Diggory vive tuttora in Tiber, col suo secondo marito Abominevole Uomo (Delle Nevi di cognome), e ha aperto una fiorente industria di formaggio spalmabile di yak, spacciato in tutto il mondo con il nome di uno degli Stati Uniti.

 

Ma torniamo a Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Potter. In fondo, tutti noi siamo ormai stati calamitati dalla sua prorompente personalità, il suo ragguardevole sex-appeal, il suo fascino magnetico da goth guy, e non possiamo più fare a meno della sua presenza… (ma quante cazzate scrivo… ndA) Ed inoltre, siamo tutti in grado di scrivere il suo nome completo ad occhi chiusi…

 

«Allora!» disse Hagrid (Hey! Io ho detto “torniamo ad Harry”!) «Brava Hermione! I My Little Pony, che pochissimi di voi possono vedere (questi pochissimi, come li ha definiti Hagrid, comprendono: tutte le studentesse pseudo-innamorate megafan di High School Musical – e siamo già ad una cifra notevole –; alcuni studenti maschi costretto contro il loro volere a guardare il suddetto… film – possa la loro anima trovare la pace eterna nella prossima vita, visto che in questa non hanno avuto fortuna. Un minuto di silenzio per questi poveri ragazzi –; Harry, ma abbiamo già constatato il perché; Nerdville, perché il giorno in cui avevano trasmesso quel… film al suo computer era esplosa la scheda madre e perciò non aveva la scusa di dover smanettare in internet tra Faccialibro e TuTubo; Draco Malfoy, perché quel giorno era in punizione, consistente appunto nel sorbirsi due ore – qua tiro a indovinare… – di adolescenti preda di turbe ormonali impegnati a saltare qua e là, cantare, ballare, e giocare a basket) sono degli animali molto intelligenti».

 

Gli sguardi dei presenti si spostarono sulle creature, due delle quali impegnate a girare su se stesse con un’espressione beota stampata sul muso, mentre un’altra stava infilando una forchetta nella presa della corrente – la stessa presa che Hermione ha usato precedentemente per collegare la lampada… e dire che mi accusano (leggi: che mi accuso) che non c’è logica in questa fic! XD –  e una quarta si phonava la criniera immersa nella vasca da bagno. Non solo, una quinta stava facendo benzina fumando un sigaro cubano, e una sesta giocava a mosca cieca in autostrada. Un paio stavano giocando alla roulette russa, un’altra correva in moto bendata su un campo minato.

 

«Dolci intelligenti creaturine mie le» disse Hagrid, contemplando le creature. «Allora, My i Pony Little…»

 

Il rumore dello schiocco di una frusta costrinse Hagrid ad interrompersi, e a guardarsi in giro. Dal folto dell’ameno boschetto fece la sua comparsa la Umbridge, piena di sabbia ovunque: sabbia nei capelli, negli stivali, nel poco latex costituente il suo abitino fetish.

 

«Oh, salve» la salutò Hagrid, mentre la donna cercava di liberarsi della sabbia.

 

«Ha ricevuto il mio messaggio che le diceva che sarei venuta a fare un’ispezione?». La Umbridge cominciò ad aggirarsi in mezzo agli studenti come un grosso avvoltoio. Un grosso avvoltoio in latex.

 

Nel frattempo, il nostro eroe tentava di riprendersi dallo shock subito, cosa che gli risultava assai complicata essendo circondato da pucciosi cavallini gialli, che sembravano avere una particolare predilezione per lui.

 

«Lei riesce sempre» chiese la Umbridge ad un’insignificante studentessa di Bisciargento «a capire il professor Hagrid quando parla?»

 

«Ma anche no» rispose l’insignificante studentessa di Bisciargento, mentre Harry – che non pensava minimamente di darsi un contegno –, nascosto dietro alla veste di Ron – impassibile nella sua aura depressoide blu cobalto screziata di grigio perla –, cercava di liberare un lembo della sua veste dalle fauci di uno di quei mefistofelici esseri.

 

Quando la Umbridge ebbe finito il giro, comunicò al mezzogigante che avrebbe ricevuto i risultati dell’ispezione dieci giorni dopo. Fu con grandissimo sollievo che gli studenti si allontanarono dal luogo in cui si era tenuta la lezione, specialmente da parte di Harry, più che lieto di potersi allontanare dalle gialle presenze.

 

«Credevo che sarei morto dall’orrore» piagnucolò, pettinandosi «Non voglio vedere mai più qualcosa di giallo in vita mia!». Appena ebbe finito di pronunciare quella frase, apparve un gruppo di studenti di Falcogiallo, indossando vesti del suddetto colore. Ad Harry venne una sincope, e si accasciò a faccia in giù in una pozzanghera fangosa.

 

«Oh-oh» gemette Hermione, poi si rivolse a Ron. «Non vorrei essere qui quando si sveglierà… e lo stesso vale per te».

 

* * *

 

Arrivò dicembre e, oltre alla vista del colore giallo, Harry entrava in crisi ogni volta che qualcuno pronunciava la parola fango in qualsiasi contesto, come ad esempio:

- «Stamattina il pout-pourri sembra fango…»

- «Che bella la tua sciarpa color fango

- «Hai infangato il mio onore!»

 

Quella parola, allegata ad un’altra, era diventata un potentissimo anatema anti-Harry, ed Hermione non faceva certo economia nell’usarlo.

 

«FANGO GIALLO!» urlò ad un certo punto Hermione, al tavolo della colazione.

 

L’eco non aveva fatto nemmeno il tempo a svanire che Harry si era già buttato di testa sotto il tavolo, e aveva preso ad incidere esorcismi sul ripiano di legno con il coltello, mormorando versetti dell’Apocalisse a mezza voce, semi-avvolto nell’estesa aura color bistro di Ron, che quella mattina era più depresso del solito avendo fatto un sogno per niente consono al suo essere emo. Aveva sognato di avere lunghi capelli biondo platino e correre, nudo e felice, in mezzo a campi fioriti, e di avere il simbolo della pace tatuato su una chiappa. Fortunatamente, nel sogno, era inciampato e si era tagliato le vene cadendo su un mucchio di rovi, e questo l’aveva prevenuto dall’avere un’aura nero tenebra.

 

Comunque, con dicembre, si avvicinavano anche le vacanze di Natale. Hermione sarebbe andata in montagna con i suoi, a provocare valanghe, mentre Ron ed Harry sarebbero andati a casa dell’emo-kid, la Chiavica. Prima dell’inizio della vacanze, si sarebbe tenuta l’ultima riunione dell’anno del F.I.C.AU. Quando Harry entrò nella Stanza del Bisognino, ebbe quasi un attacco epilettico. La sala era decorata con decorazioni natalizie rosa (ARGH!) e gialle (DOPPIO ARGH!), e un mega striscione glitter con su scritto BUON NATALE HARRY MYSTRYSS DARQUE NYGHT RAYN RAVYN POTTER SIGNORE!. Lo striscione, per la cronaca, era lungo quindici metri, e avviluppava la stanza in tutta la sua interezza. Harry, che in questo capitolo si è stufato di fare la vittima, prese uno dei cimeli di serial killer custoditi nella stanza – optò per la motosega di Leatherface – e cominciò a triturare, affettare, tritare, macinare, sbriciolare, tagliuzzare, polverizzare, spezzettare, tranciare le decorazioni, sulle note di Merciless Cult dei Dir en grey. Disintegrò anche il regalo dell’elfo, un pacco dalla forma vagamente umanoide. Fece molto male, perché il pacco conteneva Chuck Norris, che cambiò completamente i connotati del miserabile goth guy. Quando Hermione e Ron entrarono nella Stanza del Bisognino, non credettero (uhm… qua Word mi segna errore, ma non è che mi fidi tantissimo di Word…)  ai propri occhi.

 

«Harry!» esclamò Hermione, impallidendo «I tuoi connotati!». La ragazza nascose velocemente tutti gli specchi – e ce n’erano parecchi, una quantità direttamente proporzionale al livello di narcisismo di Harry –, perché se Harry avesse visto il suo aspetto sarebbe sicuramente andato incontro ad un attacco cardiaco.

 

«I miei connotati!» gemette Harry, tastandosi il volto congestionato che lo faceva somigliare ad un Picasso vivente. Hermione, donna completamente priva di tatto, scoppiò a ridere.

 

«Guarda, Ron» disse all’emo-kid, dandogli una gomitata che gli spezzò quattro costole «Abbiamo fatto una grande scoperta nell’ambito della storia dell’arte: ora sappiamo chi ha fatto da modello per Les Demoiselles d’Avignon

 

«Donna Vuota» la apostrofò Harry, per la seconda volta, se non erro, dall’inizio di questa parodia.

 

Hermione, perché oltre ad essere una donna completamente priva di tatto aveva comunque dei sentimenti benevoli (AHAHAHAHAH! Ok, chi l’ha scritta questa? ndHermy-mentre-fa-scrocchiare-le-nocche), decise di aiutare il povero goth guy.

 

«Sta fermo Harry» disse Hermione con voce calda e rassicurante, brandendo un tubo di metallo «Ora, pian pianino, rimettiamo a posto i tuoi connotati… credimi, farà più male a me che a te». Quest’ultima frase sembrava contrastare leggermente con l’espressione schizofrenico-assetata di sangue di Hermione, che trasudava sadismo da tutti i porti.

 

«Tieni» articolò l’emo-kid, porgendo ad Harry un sacchetto contenente un’ambigua polverina bianca «Ti aiuterà».

 

«Cos’è?» chiese Harry, gravato dalla duplice scelta dolore+bellezza e non dolore ma bruttezza.

 

«Sembra talco ma non è, serve a darti l’allegria» rispose semplicemente Ron.

 

«Bravo Ron» commentò sarcastica Hermione, infilando un paio di guanti di pelle e un grembiule da macellaio «Adesso la folla di coloro a cui abbiamo violato i diritti d’autore e che vogliono la nostra testa su un vassoio d’argento si infittirà!»

 

«Sono cazzi dell’autrice, mica nostri» replicò saggiamente l’emo-kid, saggiando la resistenza delle ghirlande e chiedendosi se avrebbero retto il suo peso.

 

«Hai ragione… non ci riguarda» approvò Hermione, infilandosi un caso integrale. «’Sta fermo, Harry caro, adesso facciamo tornare bello il tuo gotico faccino».

 

Harry si chiese se avrebbero trovato il suo testamento, piegato in quattro e nascosto nella sua libreria, tra la videocassetta omicida e il cofanetto con la saga di Omen.

 

* * *

 

Qualche litro di sangue, migliaia di contusioni ed innumerevoli grida di dolore dopo, Harry aveva recuperato tutta la sua avvenente perfezione.

 

«Uhm» commentò, specchiandosi da tutte le angolazioni.

 

«Aspetta» lo interruppe Hermione «Trovo che il tuo naso abbia bisogno di alcune correzioni». Con un cazzotto ben assestato, l’appendice nasale di Harry era di nuovo a posto.

 

«Però!» si complimentò Harry «Fa un male boia, ma il risultato è eccellente!»

 

«Fufufufu» ridacchiò Hermione, pregustandosi la futura attività di chirurgo plastico alternativo.

 

Recuperò un paio di lanciafiamme e, assieme ad Harry, proseguì all’eliminazione dei residui delle decorazioni, scatenando uno spettacolo di fuoco degno del miglior live dei Rammstein. Anche la ghirlanda alla quale Ron stava appeso per il collo, attendendo la morte, prese fuoco, lacerandosi.

 

«Andiamo Ron, non è tempo di suicidarsi».

 

L’emo-kid strisciò in un angolo e vi si accovacciò a piagnucolare sull’ingiustizia della vita, staccando pezzetti di intonaco dalla parete.

 

«Bastardo! Smettila di rovinare quel perfetto muro nero!» lo minacciò Harry, lanciandogli addosso la caterva di shuriken che aveva trovato in un angolo.

 

In quella, cominciarono ad arrivare gli altri membri del F.I.C.A.U., i quali, entrando, si ritrovarono con i piedi immerse nella cenere, residui dell’attacco bellico combinato di Harry ed Hermy.

 

«Oggi» annunciò Harry, poco stimolato «ripasseremo quello che abbiamo fatto finora…»

 

«Cosa?!» lo interruppe un certo Zacharias Smith – tua madre è stata crudele con te, ragazzo… – «Non facciamo niente di nuovo? Se l’avessi saputo, non sarei venuto!»

 

«Allora» replicò Harry, nella sua gelida goticità «perché non te ne vai?». Tirò un cordone appeso chissà dove e una botola si spalancò sotto i piedi di Zacharias, che non vedremo mai più. Salutate Zacharias, lettori/lettrici! (Ciaaaaaao, Zacharias… ndLettori/Lettrici).

 

Dopo che gli adepti del F.I.C.A.U. si furono Schiantati tra di loro per due ore, Harry, che non vedeva l’ora di tornare in camera per il suo pisolino di bellezza, li sbatté fuori dalla stanza. Purtroppo, Cho Qualcuno Chang sfuggì alla “pulizia” di Harry e, quando furono soli, scoppiò a piangere.

 

«Ma che palle!» sbottò Harry «Senti, tu, vai a frignare da un’altra parte!»

 

«Ma-ma-ma-ma!» replicò indignata Qualcuno «Il mo Ragazzo-Figo-Che-Somigliava-A-Zac-Efron-Ed-Era-Il-Più-Bello-Della-Scuola è morto!»

 

«Ma và?!» replicò Harry, stillando acido sarcasmo.

 

«È tuo dovere di uomo consolarmi!» esordì l’emo/poser «Vieni qui, e slinguazziamoci finché ci mancherà il respiro!». Detto questo, partì all’inseguimento di Harry che, dal canto suo, non era per niente d’accordo.

 

«Ma anche no!» replicò il goth guy, schivando un assalto di quella pazza ninfomane. Rotolò sotto ad un tavolo ed estrasse il suo cellulare dallo schermo scheggiato. Lo aprì e gli apparve la faccia di Brandon Lee – l’attore, non il corvo… cioè, si, il Corvo, ma non l’animale… bah! –. «Brandy! Che cosa devo fare?!» gemette Harry facendosi scudo con il tavolo, mentre la poser, con un’accetta trovata in un angolo, lo faceva a pezzi urlando «Prenditi la mia verginità, o sensuale creatura venuta dalle tenebre!».

 

Harry più propenso a dare il via all’Armageddon che fare una cosa del genere con un emo, per di più poser come Cho Qualcuno, chiamò il 911.

 

«Qui Horatio Caine» rispose una voce.

 

«Aiuto! Una pazza peudo-emo mi vuole stuprare!» strillò Harry nella cornetta, mentre schegge di legno volavano in tutte le direzioni.

 

«Mando subito una vola… aspetta, tu per caso sei Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Potter?»

 

«Sì, perché?»

 

Dall’altra parte dell’oceano, più precisamente a Miami, il capo del laboratorio di criminologia se ne stava seduto nel suo ufficio, con la cornetta del telefono in una mano e il registro delle Persone a cui non dare mai e poi mai ascolto nel caso telefonassero nell’altra, aperto a pagina diciassette, dove l’avvenente volto del nostro gotico amico faceva bella mostra di sé.

 

«Uhm…» prese tempo l’analista forense «In questo caso, temo proprio che non potrò fornirti nessun aiuto. Addio!»

 

«Aspetta!» lo supplicò  Harry «Fammi parlare con Abby Sciuto prima!»

 

«Hai sbagliato telefilm, idiota!» *click*.

 

Harry sentì incombere la presenza della morte – no, quella era la benvenuta, la invitava a prendere il tè ogni settimana –. Harry sentì incombere la presenza dell’allupata Qualcuno, che era riuscita a ridurre il tavolo in schegge piccolissime, tutte a forma di cuore comunque. 

 

«Vieni, o mio virile stallone, consumiamo questa depravata e fugace frenesia in questa notte di dilagante passione!».

 

Harry, ormai inerme sotto l’assalto dell’emo/poser, vide i suoi meravigliosi pantaloni pieni di fibbie, borchie e catene ridotti in piccoli brandelli di stoffa, che si sparsero nell’aria come coriandoli neri - coriandoli neri! *o* –. Una volta che la pervertita della situazione ebbe rimosso il primo ostacolo, si accorse che qualcosa non andava.

 

«Ehm…» balbettò Cho Qualcuno, fissando il qualcosa che non andava in questione. «Cos’è questa cosa metallica?»

 

Prima che tutti i presenti pensino male (Ma nooo, noi, esseri casti, puri e innocenti, pensare male?! Ma cosa ci dici mai?! ndTutti-i-presenti-mentre-pensano-male), andiamo tutti insieme a vedere la fine del capitolo 14, dove siamo venuti a conoscenza del fatto che il nostro eroe indossa, per qualche oscuro e misterioso motivo, una cintura di castità.

 

Harry, approfittando dell’incertezza della stupratrice, afferrò il meraviglioso crocifisso gotico in argento 100% appeso sul muro dietro di lui e, brandendolo come una mazza da baseball, colpì violentemente la ragazza sulla testa, tramortendola.

 

«La mia integrità è salva» dichiarò il goth guy. Inspiegabilmente, gli spuntò un’ala nera, con la quale si avvolse. «I will… never be a memory», e scomparve lasciando qualche piuma nera a svolazzare nella stanza. (Ok, chi mi indovina questa citazione? XD)

 

* * *

 

Harry tornò nella sala comune senza pantaloni, spettinato, coperto di schegge di legno a forma di cuore e trascinando un enorme crocifisso d’argento schizzato di quello che sembrava pericolosamente sangue. Hermione alzò lo sguardo dal suo libro – “1001 modi per torturare il tuo compagno di banco usando il contenuto del tuo astuccio” di MacGyver – per posarlo sulla figura sfatta e sfinita del nostro fascinoso eroe, preda di un violento tic nervoso.

 

«Harry, che ti è accaduto?» esclamò Hermione, piegando l’angolo inferiore della pagina al quale era arrivata – Capitolo 5: Il tuo temperamatite può diventare un’arma di distruzione di massa con le dovute modifiche – e chiudendo il libro.

 

«Quella… quella cosa» gracchiò Harry «ha tentato di stuprarmi!».

 

«Chi?»

 

«Mia nonna» rispose Harry, che, nonostante l’ennesimo trauma subito, non aveva perso il dono del sarcasmo.

 

«TUA NONNA?!» esclamò Hermione che, evidentemente, non riusciva sempre a coglierlo, il sarcasmo. «Ma è terribile! Devi denunciarla, Harry! Lo so che è difficile, però se ti convinci che va tutto bene, poi le cose andranno sempre peggio e…»

 

«NON MIA NONNA, CRETINA!» la interruppe Harry, furioso del fatto che il suo nobile sarcasmo non fosse stato colto «Cho Qualcuno Chang! E adesso cogli quel sarcasmo! Coglilo! Subito!»

 

Hermione, imprecando, appoggiò il libro al tavolo e si chinò verso il pavimento, per cogliere il sarcasmo. Harry, soddisfatto, annuì.

 

«Va bene, va bene, però non serve che ti arrabbi, perché se no poi magari sudi, ti viene il mal di gola…»

 

«…e poi muoio, sì, l’ho già sentita» concluse Harry per lei.

 

«Comunque, devi uscire con lei» dichiarò Hermione, seria. «Appena la incontri, la inviti ad Hogsmeade».

 

«Cosa?!» sbottò Harry, lucidando l’estremità macchiata del crocefisso «E perché mai?!»

 

«Perché ho scommesso mezzo fegato di Ron con quella sua amica insignificante!»

 

Ron, i cui organi sembravano ormai appartenere più ad Hermione che ad egli stesso, sospirò, e la sua aura calò di una tonalità.  

 

Lasciando gli “amici” al loro traffico di organi, Harry se ne andò a dormire. Come da copione, sprofondò nel mondo dei sogni, o meglio, degli incubi.

 

Harry sognò di essere di nuovo nella Stanza del Bisognino, solo che le pareti, invece di essere nere, erano gialle e spugnose. Come se non bastasse, Cho Qualcuno, in tenuta da emo-fetish, brandiva il suo kit da stupro. All’improvviso, cominciò a risuonare nell’aria la solita risatina irritante:

 

«Ah-ah-ah-ah-ah. Ah-ah-ah-ah-ah. Ah-ah-ah-ah-ah.»

 

Poi il sogno cambiò. Sogno di essere tondo e giallo, e di correre… cioè, fluttuare lungo i corridoi di un labirinto, mangiando sferette bianche sospese a mezz’aria. Ad un certo punto, comparve qualcosa nel suo campo visivo: una ciliegia! La mangiò, guadagnando 500 punti. Stava percorrendo un nuovo corridoio, quando si accorse di essere seguito: con la coda nell’occhio, vide un fantasma blu avvicinarsi sempre di più. Provando un insolito terrore, Harry svoltò al primo angolo, ma il fantasma blu fece lo stesso. Harry cominciava a tenere il peggio quando un altro fantasma, questa volta rosso, fece la sua apparizione davanti a lui. Fortunatamente, riuscì a svoltare appena in tempo, e, all’angolo, vide una di quelle sferette bianche, però questa era stranamente più grande: la mangiò, e i fantasmi cambiarono. Conscio di poterli sconfiggere, Harry fece dietrofront e li mangiò, lasciandone solo gli occhietti, che fluttuarono via nel labirinto. Continuò a sterminare fantasmini, finché si ritrovò davanti un uomo in carne ed ossa addormentato. L’uomo si svegliò ed Harry, per istinto, lo morse ad un fianco.

 

* * *

 

Mentre Harry era immerso in questo suo strano sogno, le inquietudini che viveva nel mondo onirico venivano riflettute sui suoi movimenti. Aveva strappato il cuscino, annodato le lenzuola, limato i piedi del letto, fatto a pezzi la stoffa del baldacchino, lisciato le molle del materasso, spezzato le doghe in legno, mangiato la federa del cuscino, sniffato le piume che ne erano fuoriuscite, lanciato il rivestimento del materasso per tutta la stanza, e svegliato quei quattro che dormivano nei loro letti incassati in un angolo.

 

«Ron, fallo smettere» ordinò Dead Thomas il Morto.

 

Ron, incapace di opporsi, si avvicinò ad Harry addormentato, che stava rosicchiando una colonna del letto a baldacchino.

 

«Svegliati» disse, con un tono di voce talmente basso che non l’avrebbe sentito neanche Clark Kent.

 

Sconfitto, Ron fece ritorno dagli altri tre.

 

«Non si sveglia».

 

«Nerdville, vai a chiamare aiuto!» ordinò Dead Thomas.

 

Nerdville si scapicollò fuori dal buco del ritratto, mentre Harry, dopo aver gustato il mogano della colonna, si svegliò da solo.

 

«Ron!» esclamò, tossendo schegge di legno. «Tuo padre! È stato aggredito!»

 

«°_°» esclamò Ron usando un emoticon, che fa molto emo.

 

Tornò Nerdville accompagnato dalla McGranitt in pigiama mimetico, fondina e fucile a tracolla.

 

«Che succede Potter? Un rapimento? Un omicidio? Un attentato terroristico su scala mondiale?!» esordì, estraendo una Sig Sauer dalla fondina e puntandola ora su Nerdville, ora su Ron, ora su Scemus, ora su Dead Thomas e infine su Harry.

 

«Il padre di Ron è stato aggredito da una sfera gialla!» sbraitò Harry.

 

«Potter, hai di nuovo assunto sostanze stupefacenti?»

 

«Ma no! Il padre di Ron è stato aggredito! Io l’ho visto! Non sto mentendo e non sono matto! L’ho visto! Ero giallo! Ero una palla gialla! Waaaah!»

 

«Ti credo, Potter» replicò brusca la McGranitt, rimettendo la Sig nella fondina «Andiamo dal Preside, e poi in un centro di disintossicazione. Maledetta sembra talco ma non è, serve a darti l’allegria


Questo è un po' più lunghetto del precedente, eh? XD

Come sempre, grazie a tutti quelli che hanno commentato (in particolare Clara111294, che sembra essere la mia fan numero 1 XD), ha chi ha messo questo delirio nelle preferite o nelle seguite, e anche ha chi ha letto soltanto! Grazie! Se vi serve un killer su commissione, sapete a chi rivolgervi... fufufu *sparisce in una nuvola di fumo in stile ninja*

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Capitolo 23
*** 22_L'Ospedale San Fungo per Malattie, Ferite, Lesioni ecc. ecc. Magiche ***


Ringrazio ancora tutti quelli che leggono questa fiction, non riesco a trovare le parole per esprimervi la mia gratitudine! Mi rendo conto che alcuni capitoli sono davvero pessimi, ma voi continuate a leggere nonostante tutto, ed è questo che mi sprona a continuare, perché se fosse stato per me mi sarei arenata già da un bel pezzo! Grazie, grazie mille!

 

CAPITOLO 22

 

L’OSPEDALE

SAN FUNGO PER

MALATTIE, FERITE, LESIONI

ECC. ECC. MAGICHE

 

«Potter!» esordì la McGranitt, autoritaria «Andiamo dal Preside! Venga anche lei, signor Weasley!».

 

La McGranitt estrasse un fumogeno e lo gettò in mezzo alla stanza. Il fumo la riempì velocemente e, mentre Dead Thomas, Nerdville e Scemus tossivano, l’intrepida professoressa afferrò Ron per il cappuccio della divisa (resta un mistero del perché dormisse con la divisa, ma sorvoliamo), quasi strangolandolo – con gran gioia dell’emo-kid –, ed Harry per i capelli – Sacrilegio! –, zompando agilmente fuori dalla stanza e fuori dal buco del ritratto. Ron ed Harry percorsero i corridoi qualche passo dietro alla McGranitt, che si appiattiva contro ogni muro, e scrutava dietro ogni angolo come se vi si nascondesse una minaccia mortale. Dopo aver assassinato un armatura, ferito un arazzo e steso con un colpo di JuJitsu la povera Mrs Purr, la prof si arrestò davanti alla statua del tacchino che faceva la guardia all’ufficio di Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – .

 

«Parola d’ordine, gluglugluglugluglu?» chiese il tacchino.

 

«Gluglugluglugluglu!» rispose la McGranitt. Il tacchino si animò e si fece da parte, rivelando la lucida porta di un ascensore.

 

«Ehi!» sbottò Harry, dimentico del brutto sogno «Cos’è ‘sto sprazzo di tecnologia?! Perché noi dobbiamo usare quelle cavolo di scale a cui piace cambiare mente il preside ha l’ascensore?! Non è giusto!»

 

L’ascensore si aprì, rivelando (e dagli con la ripetizione…) una serie di lucidi pulsanti con delle etichette appiccicate sopra. La McGranitt premette quello con su scritto “Ufficio del Preside” e l’ascensore si mise in moto.

 

«Ho uno strano deja-vu…» commentò Harry, parlando tra sé e sé.

 

«Questo ascensore è della stessa ditta che ha costruito quello del MiniMinistero» lo informò la McGranitt.

 

«…NOOOOOOO!»

 

* * *

 

Dopo essere miracolosamente sopravvissuto al suo terzo, traumatico, viaggio in ascensore, Harry cominciò seriamente a pensare al suo futuro. Il testamento l’aveva già scritto – “Voglio che tutti i miei vestiti, i miei cd, e tutto il resto vengano seppelliti con me nella mastodontica piramide che verrà eretta in mio onore. Firmato, Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Potter. –.

 

Mentre Harry pensava al suo testamento, il gruppetto era arrivato dinnanzi alla porta dell’ufficio di Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro –. La McGranitt bussò, e la porta si aprì da sola. (Anche la porta automatica! Automatica! NdHP). La stanza era immersa nella semioscurità, e una specie di tacchino rosso e oro ronfava su un trespolo accanto alla porta.

 

«Oh, è lei professoressa» rispose Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro -, nella sua virilissima camicia da notte bianca con delle roselline ricamate lungo il bordo.

 

«Professor Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro –, Potter ha avuto un incubo-

 

«Non era un incubo!» la interruppe Harry «Era troppo giallo per essere un incubo!»

 

«Va beh, allora raccontalo tu al Preside, visto che sei tanto bravo» replicò la McGranitt acida, mettendo il broncio.

 

«Ecco, io stavo dormendo…» cominciò Harry, con questa affermazione di importanza irrilevante «e poi, all’improvviso…» continuò, abbassando la voce. Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro -, la McGranitt e Ron si protesero verso il nostro eroe gotico-tendente-al-metallaro. «e poi, all’imrpovviso… AAAAAH!» gridò, facendo saltare il pacemaker della McGranitt. «Ero giallo! Giallo e tondo! E ho aggredito il padre di Ron!»

 

Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – si alzò in piedi, e troneggiò autoritario dietro la scrivania, seppur conservando il sorriso idiota che lo contraddistingue.

 

«Pinco! Pallino!» esordì, rivolgendosi ad una coppia di ritratti. «Andate nei vostri altri quadri e assicuratevi che Arthur Weasley sia soccorso e portato al sicuro! …altrimenti, c’è quell’agenzia di pompe funebri che…»

 

Passò qualche minuto – diciassette o giù di lì –, durante il quale la McGranitt – che si era salvata evocando un defibrillatore – fissò Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro –, Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro” – fissò Ron, Ron fissò la punta delle sue Vans a quadretti, ed Harry fissò se stesso riflesso in uno specchio.

 

«Gianni e Pinotto ci metteranno un po’ di tempo a tornare» annunciò Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro –. «Nel frattempo, che ne dice, professoressa McGranitt, di farci una partita a tressette? O magari a ramino?»

 

«Tressette? Ramino?!» sbottò Harry, staccandosi a fatica dal proprio riflesso «Questa parte della storia dovrebbe essere intrisa di angoscia, suspance e oscuri presagi!»

 

«Hai ragione Potter» assentì Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro «Tressette e ramino sono dei passatempi troppo allegri da fare in questo macabro frangente. Ma, visto che Tom e Jerry ci metteranno un sacco di tempo a tornare… ce la facciamo una partita a Cluedo?»

 

«Solo se è la versione con il dvd!» replicò Harry, facendo il difficile.

 

I quattro cominciarono la loro partita a Cluedo. Mentre erano immersi nella partita, fecero ritorno Stanlio e Ollio.

 

«Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – …» fece il primo.

 

«Sst!» lo zittì il preside «Ci sono quasi!»

 

«Ma preside!» si lamentò l’altro.

 

«E va bene!» si arrese Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – «Tanto si sa che alla fine il colpevole è sempre il maggiordomo!»

 

«D’oh!» sbottò Harry, con la pedina del maggiordomo.

 

«Lo hanno portato a San Fungo» riprese uno dei due ritratti.

 

«Bene, bravi, ottimo lavoro, Tizio e Caio! Salutatemi Sempronio, quando lo vedete!» fece Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro –, liquidando i dipinti. Mandò la McGranitt a chiamare gli altri Weasley e sprofondò nella lettura di un grosso volume delle pagine gialle.

 

Dopo un po’ la McGranitt fece ritorno, accompagnata da Fred, George e Ginni.

 

«Vostro padre è rimasto gravemente ferito nel corso del suo lavoro per l’Ordine *smile*» annunciò Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro –, sorridendo «Probabilmente a quest’ora starà brancolando sul confine tra la vita e la morte *smile*, più dalla parte della morte, direi *smile*… se fossi in voi, comincerei ad ordinare bara e lapide *smile*, ho giusto qui il numero di un’agenzia di pompe funebri… *smile*».

 

«Ora vi mando a casa di Sirius» continuò il preside, ignorando le espressioni scioccate dei Weasley. «Dove vi aggirerete come anime in pena *smile* corrosi dall’ansia nella snervante attesa di notizie, probabilmente negative *smile*»

 

Detto questo, spedì i cinque a casa di Sirius.

 

* * *

 

I cinque comparvero nella cucina di Grimmauld Place numero Diciassette.

 

«Che dolce!»

 

Harry venne aggredito da Cracker, che gli si arpionò ad una gamba.

 

«Argh!» gemette Harry inorridito, saltellando sul piede “sano”, mentre il puccioso elfo serrava la presa ancora di più. Cominciava già a temere il peggio, quando Sirius fece la sua comparsa sulla porta, accompagnato dalla solita, inconfondibile colonna sonora.

 

«Minchia, Cracker, vuoi andare a dormire con i pesci?» esordì, con uno spiccato quando inspiegabile accento siciliano. L’elfo, colpito nel profondo della propria smisurata sensibilità, corse fuori dalla cucina piangendo disperatamente.

 

«Padrino Don Sirius!» esclamò Harry illuminandosi – metaforicamente parlando –.

 

«Picciott… eh, ma basta!»

 

Don Sirius fece accomodare i Weasley, ancora scossi per via dell’aggressione di Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro –, distribuendoli sulle varie poltrone e poltroncine in salotto. Lui, dal canto suo, si spaparanzò sul divano, aprì una birra e continuò a guardare tranquillamente la partita.

 

«Ma cazzo!» sbottò, mentre la squadra per cui tifava prese l’ennesimo goal.

 

«Ahem, Padrino…» lo chiamò Harry, tentando di attirare la sua attenzione. «Guardare la partita non sottolinea in modo sufficiente l’angoscia e il terrore che proviamo in questo momento…»

 

«Ma come no?!» replicò Sirius, aprendosi la quinta birra «Stiamo perdendo 25 a 0! Più angoscia e terrore di così…»

 

«Perché non… giochiamo a Cluedo?» propose Harry, dato che la sconfitta nella partita precedentemente giocata gli bruciava ancora.

 

«Okkey…» concesse Don Sirius «Chi usa la pedina del maggiordomo?»

 

* * *

 

Dopo diciassette partite di Cluedo (e diciassette sconfitte per Harry), la porta del salotto si aprì e apparve la signora Weasley.

 

«Guarirà» li informò «Più tardi possiamo andare a trovarlo».

 

Li spedì a dormire, ed Harry aprofittò per aggiornare il suo profilo su Netlog.

 

«Allora» borbottò, parlando da solo «commento… aggiungi foto… aaaah, questo stronzo mi ha insultato! Ora gli faccio vedere…»

 

Tutti passarono la mattina dormendo – a parte Harry –, e dopo pranzo arrivarono Tonks e Malocchio.

 

«Harry!» esclamò Tonks, correndogli incontro.

 

«NO! La Catastrofe Ambulante!» esclamò Harry, inorridito.

 

Tonks inciampò in una piastrella sporgente e cadde di faccia, spaccandosi tutti i suoi bei dentini perlacei, che però si fece ricrescere subito grazie alla sua abilità di strega. Tonks e Malocchio scortarono i Weasley ed Harry a San Fungo, che si trovava nel cuore di Londra.

 

«È uno scherzo?» sbottò Harry, una volta giunto davanti all’edificio.

 

«Perché?» cinguettò Tonks, che nel tragitto si era scontrata frontalmente con cinque pali, era inciampata in quindici tombini e sette idranti ed aveva travolto almeno una dozzina di vecchiette col deambulatore stracariche di borse della spesa, che le avevano inveito contro con un vocabolario degno del peggior scaricatore di porto.

 

Harry indicò l’edificio.

 

«Cioè… è a forma… di fungo!»

 

«Certo» intervenne la signora Weasley «Se no perché si chiamerebbe San Fungo?»

 

«Ma non ha senso!»

 

«Perché?» borbottò Ron, infagottato nella propria aura color rosso di Borgogna «Ti sembra che ci sia qualcosa di sensato in questa parodia?»

 

«Perché la gente continua a dirmelo?» replicò Harry irritato. «Comunque mi chiedo perché i Babbei non lo vedano…»

 

«Perché sono dei babbei» rispose intelligentemente Ron.

 

Entrarono nell’edificio fungiforme, dove numerosi maghi e streghe, alcuni con orrende deformità, bazzicavano nella sala d’attesa attendendo il proprio turno. Altri maghi e streghe, vestiti di verde acido, andavano su e giù per le stanze, prendendo appunti su tavolette.

 

«Odio il verde» commentò Harry, quando un’infermiera gli passò accanto.

 

«C’è qualche colore che non odi?» sbottò Ginni, rivolgendogli un’occhiataccia.

 

«Il rosso mi ispira violenza» replicò Harry, accennando ai suoi capelli e facendo scrocchiare le dita.

 

«Di qua» intervenne la signora Weasley stroncando la potenziale rissa sul nascere.

 

Giunsero davanti ad un enorme cartello, che indicava i vari piani dell’edificio.

 

Quinto piano – Sala da tè per i visitatori, vendita gadget ed organi di pazienti ormai deceduti

 

Quarto piano - Lesioni da incantesimo

 

Terzo piano – Avvelenamento da pozioni e piante

 

Secondo piano – Batteri magici

 

Primo piano – Lesioni da creature

 

Pianterreno – Incidenti da manufatti

 

Piano interrato – Obitorio

 

«Andiamo al piano interrato?» supplicò Harry come un bambino davanti alla vetrina di un negozio di giocattoli, tirando la signora Weasley per la manica della giacca.

 

«No» replicò questa.

 

Harry, che, viziato com’era, era abituato ad ottenere sempre tutto ciò che voleva, mise il broncio.

 

«Se vuoi ti ci mando io, al piano interrato» disse soavemente ma perversamente Ginni, adocchiando un ombrello particolarmente appuntito.

 

«Cos’è ‘sto scoppio di violenza?» ribatté Harry «Stai cercando di rubare la parte a Hermione?»

 

La signora Weasley spinse i figli ed Harry nell’ascensore (NOOOOO! ndHarry-ormai-traumatizzato-da-qualsiasi-ascensore). Giunsero infine davanti alla porta del signor Weasley.

 

«Noi aspettiamo fuori, Molly» fece Malocchio, cercando di disincastrare Tonks dal carrello portavivande, sul quale era accidentalmente caduta dopo aver pestato il piede ad Harry. «Prima la famiglia».

 

Harry fece per dileguarsi, e magari sgattaiolare al piano interrato, ma la presa d’acciaio della signora Weasley stroncò sul nascere i suoi propositi.

 

«Non fare lo sciocco, Harry» chiocciò, con qualcosa di letale nel tono di voce «Arthur vorrà ringraziarti».

 

La signora Weasley trascinò Harry nella corsia – sgualcendo il suo bel cappottino di pelle nero, accidenti a lei! –, dove il signor Weasley se ne stava spaparanzato sul letto a leggere la Gazzetta dello Sport.

 

«Ma porca… abbiamo perso 25 a 0» borbottò tra sé e sé, prima di rendersi conto di avere visite. «Ciao!» disse.

 

«Come stai Arthur?» gli chiese la moglie «Sei un po’ pallidino…».

 

Il signor Weasley, che accanto al pallore di Harry sembrava quasi abbronzato, recuperò la Gazzetta dello Sport e si rimise a leggere le vicende della sciagurata squadra per la quale aveva deciso di tifare.

 

«Okay» disse la signora Weasley. Fece uscire i figli, due dei quali in questo capitolo non hanno detto un’H, e fece entrare Malocchio e Tonks, quest’ultima che riportava ancora i segni dell’incontro ravvicinato con il carrello portavivande.

 

«E adesso?» si chiese Fred, visto che, nelle righe precedenti, è stato accusato di non aver aperto bocca in questo capitolo.

 

«E adesso?» gli fece eco George, per non essere da meno.

 

«Adesso si origlia» fece Ginni risoluta, prendendo un bicchiere dal carrello portavivande e appoggiandolo sulla porta, accostandovi successivamente l’orecchio. In breve, gli altri quattro al imitarono, ignorando le occhiate stralunate dei Guaritori che passavano di lì.

 

«…hanno perquisito tutta la zona, ma non hanno trovato la cosa che ti ha aggredito» stava dicendo Malocchio.

 

«Certo che non avrei mai pensato che l’Arci-Nemico-Di-Harry-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri avesse dalla sua… un Pac-Man» mormorò Tonks, rabbrividendo.

 

«Un Pac-Man!» le fece eco la signora Weasley «È terribile…»

 

«E così Potter dice di aver visto tutto attraverso gli occhi di quella creatura» continuò Malocchio. «Certo, non si rende conto di che cosa significa, ma se Potter è posseduto dal suo Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri…»

 

«Oh» fece Harry, dall’altra parte della porta «Quindi potrei essere posseduto dal mio Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri… che figata! Che ne pensate, ragazzi? …ragazzi? Ehi, dove siete finiti?»

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Capitolo 24
*** 23_Natale a Casa Black ***


CAPITOLO 23

 

NATALE A CASA BLACK

 

Per tutto il tragitto che li separava da Grimmaul Place, Ron, Ginni, Fred e George se ne stettero a debita distanza da Harry, come se potesse all’improvviso trasformarsi nello sferico essere giallo e farli a pezzi a morsi. Harry si godeva questa sensazione di potenza, trastullandosi nel terrore che instillava nei suoi amici (Okay, chi si offre volontario per bruciarmi il vocabolario? ndA).

 

«Stai bene, caro?» gli domandò la signora Weasley preoccupata «Hai un colorito stranamente giallastro…»

 

«Una favola» commentò Harry, guardando i figli Weasley sbiancare e fuggire lungo il vagone della metropolitana, colti da un improvviso bisogno simultaneo del bagno.

 

«Davvero Harry» riprese la signora Weasley davanti alla porta del numero Diciassette di Grimmauld Place «Non mi sembri tanto a posto. Magari è meglio se vai su e ti fai un pisolino…». Alle sue spalle, la sua prole annuì vigorosamente.

 

«Okay» acconsentì Harry, pensando che finalmente poteva guardarsi tutti gli episodi di Kuroshitsuji in santa pace. Salì nella stanza che aveva condiviso con Ron durante le vacanze estive, ma invece di guardarsi l’anime si perse nelle sue seghe mentali.

 

“Ma se il mio Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri è nella mia testa, sente i miei pensieri… quindi anche quando… e quando… e perfino quando…!”. Harry cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, finalmente conscio della gravità della cosa.

 

«Se sono posseduto» borbottò tra sé e sé «dovrei chiamare un’esorcista. Non voglio mettermi a vomitare roba verde e a girare la testa di 360°, anche perché sarebbe terribilmente antiestetico…».

 

Recuperò le pagine gialle (Argh! Gialle!) da un cassetto e le sfogliò da cima a fondo, non trovando comunque alcun esorcista. «Ma guarda te» sbottò, sempre parlando da solo, chiaro sintomo di carenza di sanità mentale «siamo nel 2000 e passa e non si trova neanche un esorcista nell’elenco telefonico… di questo passo, ci ritroveremo tutti a girare la testa come gufi e a vomitare roba verde…».

 

Lanciò le pagine gialle in un angolo e provò a cercare nell’unico libro che per lui, oltre alla Bibbia Gotica, contasse qualcosa: il Dizionario dei Sinonimi e dei Contrari.

 

«Posseduto» esordì, cominciando a sfogliare le pagine «indemoniato, invasato, ossesso, spiritato, assatanato, avuto, tenuto occupato, indiavolato, fuori di sé, arrabbiato, infuriato, furibondo, furente, imbestialito, ossessionato, esaltato, acceso, appassionato, isterico, sconvolto, diabolico…»

 

Andò avanti per due ore buone, finché giunse alla conclusione di essere un maniaco sessuale affetto da disturbo ossessivo-compulsivo.

 

«Caspita!» esclamò leggendo la propria autodiagnosi, che aveva scritto su un foglio – nero – trovato sotto al letto. «Sono da ricovero! Potrei… tentare di violentare Ron nel sonno senza neanche rendermene conto!». Rabbrividendo al pensiero, Harry decise all’istante che se ne sarebbe tornato a scuola. «No» constatò subito dopo «là ci sono Dead Thomas il Morto, Scemus e Nerdville…». Non aveva altra scelta: doveva tornare dai Dursley. Questo voleva dire niente più Metallo e Superock… Con al morte nel cuore – Wow! XD – Harry prese il baule per la maniglia e cominciò a trascinarlo verso la porta.

 

«Ce la battiamo, eh?»

 

«Chi?» replicò stupidamente Harry, voltandosi in cerca della fonte della voce. Una persona era apparsa nella cornice precedentemente vuota appesa alla parete.

 

«Piacere, Sempronio» si presentò il dipinto «Ho un messaggio di Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – per te. Resta dove sei

 

«Per quanto tempo?» ribatté Harry, più immobile di una statua di marmo.

 

«A bò» replicò Sempronio «io vado. Ciao ciao!». Sempronio raggiunse il bordo della cornice e sparì. Harry rimase immobile, sentendosi più idiota che mai.

 

«’fanculo, Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro –» sibilò minacciosamente.

 

Visto che doveva restare dov’era fino a nuovo ordine e cominciava ad annoiarsi, Harry si addormentò (In piedi! È un prodigio, ‘sto ragazzo!). Cominciò a sognare…

 

Oh no!, pensò Harry nel sogno, Sto sognando! Devo svegliarmi, prima che succeda qualcosa di… di giallo! Si guardò attorno. Si trovava in un luuungo corridoio. Nero. Niente giallo per ora, bene. Avanzò lungo il corridoio. In fondo al corridoio, l’aspettava la solita porta nera. Non so perché, pensò, ma senti un’irrefrenabile desiderio di entrare in quella porta… Forse perché è così nera, così lucida… così riflettente… All’improvviso, la porta si spalancò, sbattendo violentemente sulla faccia di Harry.

 

«Harry». La voce di Ron, che era rimasto per un po’ ad ammirare quel fenomeno di ragazzo dormire in piedi, lo riportò alla realtà. «Cena».

 

«Non posso muovermi» replicò Harry.

 

«Perché?»

 

«L’ha detto Smilente – che si pronuncia “smailente” tra l’altro –» rispose Harry.

 

«Ok». E Ron ridiscese di sotto, lasciando Harry nella sua madornale interpretazione di una statua di marmo.

 

* * *

 

La mattina successiva, tutti gli altri passarono il tempo appendendo le decorazioni natalizie per tutta la casa, anche addosso ad Harry che non aveva ancora ottenuto il permesso di muoversi. Si ritrovò una corona di vischio in testa, un paio di palline da albero di natale a mo’ di orecchini, e decine di ghirlande verdi in finto pino avviluppate un po’ ovunque. Verso le diciassette, qualcuno suonò alla porta, e la Signora Black ricominciò con i suoi urli in rima:

 

«CANTAMI O DIVA DEL PELIDE ACHILEEEEEEE… QUOTH THE RAVEN NEVERMOREEEEEE…».

 

«Senti, Sempronio» disse Harry alla figura che faceva capolino nella cornice del quadro. «Posso muovermi adesso?»

 

«A bo» rispose tranquillamente il dipinto, perso nella risoluzione di uno schema della Settimana Enigmistica.

 

Harry, l’Albero di Natale Umano, sospirò. La porta si aprì – non in faccia ad Harry, tanto per cambiare, e fece il suo trionfale ingresso Hermione.

 

«E tu che ci fai qui?»

 

«Ci hanno cacciati dalla montagna dopo la diciassettesima slavina che ho causato» rispose la ragazza, girando attorno a quel prodigioso albero di Natale parlante. «Ah, Harry, sei tu. Non ti avevo riconosciuto, così verde. Andiamo giù, che la madre di Ron ti ha preparato del cibo».

 

«Non posso muovermi! Me lo ha detto Smilente- che si pronunci “smailente” tra l’altro –» ribatté Harry per l’ennesima volta.

 

«Da quando in qua presti ascolto alle autorità?»

 

«In effetti…»

 

Quel gran genio (sarcasticamente parlando, ovviamente) di Harry ed Hermione scesero al piano inferiore, in salotto, dove Ron si nascondeva dietro ad una poltrona in preda al terrore.

 

«Cos’ha Ron?» chiese Hermione.

 

«Ha paura che Harry lo aggredisca» rispose Ginni, indicando Harry che affilava un coltello, spuntato da chissà dove.

 

«Che c’è? Voglio solo tagliare la torta» replicò piccato il goth guy, mentre si rigirava il letale arnese metallico tra le mani.

 

«Harry crede di essere posseduto dal suo Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri» spiegò Ginni. «Anche se non è vero».

 

«E tu che ne sai?» replicò Harry, smanettando con una motosega.

 

«Io so. E comunque, ultimamente, ti è capitato di avere estreme torsioni del capo e rigurgiti dal colorito verdastro?» continuò.

 

«Beh, no».

 

«Ecco. Non hai visto L’Esorcista

 

«Sì, ma che c’entra? Lì c’era Pazuzu, mica il mio Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri…»

 

«Pazuzu, il tuo Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri, Cuck Norris… che differenza fa?» concluse Ginni, stringendosi nelle spalle. «E poi ho preso il diploma da esorcista per corrispondenza. Dopo quello che è successo il secondo anno…».

 

«Quindi non sono posseduto?»

 

«A quanto pare…»

 

«Yuppi!» esultò Harry, in modo molto poco gotico, considerando anche il fatto che indossava ancora le ghirlande verdi in finto pino e gli orecchini-palle di Natale.

 

«Lo preferivo in paranoia da possessione» sussurrò Ginni ad Hermione.

 

* * *

 

La mattina di Natale, al suo risveglio, Harry trovò una pila di regali ad attenderlo. Accanto al suo letto, Ron scartava le sue strenne (che termine…).

 

«Lametta…» elencò, scartandola e appoggiandola sul piumone «…lametta… lametta… lametta… cappio… lametta… lametta… lametta… scatola porta-lamette…liquido per pulire le lamette… panno per lucidare le lamette… lametta…»

 

Harry decise di imitarlo, e cominciò a scartare i suoi doni. Per primo aprì il regalo di Hermione: una cassetta del pronto soccorso, accompagnata dal presagivo biglietto: “Preparati, perché quest’anno sarai il mio punchingball”. Sirius e Lupin gli avevano regalato un’autentica ghigliottina del XVIII secolo – perfettamente funzionante –, Tonks qualcosa di inutile, come lei. Harry lo gettò nel cestino. Hagrid gli aveva mandato una sciarpa rosa e azzurra fatta di peli di My Little Pony, che andò a raggiungere l’inutile regalo di Tonks nel cestino. I signori Weasley un maglione verde vomito – nel cestino –, Ron una lametta – cestino… – e Dobby qualcosa di giallo – sì, cestino –. Harry si perse nell’ammirazione reverenziale della sua ghigliottina, ammirando il letale luccichio della lama, l’elegante simmetria dei componenti in legno, le piccole incrostazioni di sangue rappreso da secoli.

 

«Ron… puoi mettere la testa qui, un attimo?» domandò all’emo-kid, in modo più affabile possibile.

 

Purtroppo (ma anche no… forse), prima che il nostro sadico eroe potesse mettere alla prova il suo regalo, si materializzarono nella stanza Fred e George.

 

Furente per il tentato omicidio, pardon, emocidio sventato, Harry lasciò i Weasley al suo destino e scese al piano di sotto. Per le scale incontrò Hermione.

 

«Ciao Harry, grazie per il tirapugni d’argento… mio futuro punchingball. Hu hu hu…» e scese le scale, scomparendo dietro ad una porta.

 

Finito il pranzo, i Weasley avevano intenzione di andare a trovare di nuovo il signor Weasley scortati da Malocchio e Lupin. Mundungus arrivò in tempo per il dolce, e per schivare il coltello da macellaio che Harry gli tirò contro. Dopo avergli fottuto le chiavi della macchina, il gruppetto partì quindi alla volta di San Fungo. Trovarono il signor Weasley semidisteso sul letto, con i resti del pranzo nel vassoio appoggiato sulle ginocchia.

 

«Oh, salve» li salutò «Avete avuto una buona giornata? Oh, Harry, è magnifico!». Il Signor Weasley aveva aperto il regalo di Harry, una lampadina. Gli scivolò di mano e si ruppe in mille pezzi sul pavimento. «Oh… vabbè».

 

Visto che stare a sentire i signori Weasley che cianciavano qualcosa riguardo a punti di sutura, Harry, Ron, Hermione e Ginni decisero di andare a farsi un tè al quinto piano. Stavano passando davanti alle porte di vetro al quarto piano, quando notarono un uomo che li guardava con il naso premuto contro il vetro.

 

«Perché c’è George Clooney che ci guarda?» domandò stupidamente Harry, indicandolo.

 

«Ma che George Clooney» commentò Ginni «È quel professore che avevamo al secondo anno… Allocco!»

 

«Come sta, professore?» domandò Hermione all’uomo.

 

«Sto molto bene, grazie» rispose Geor… l’ex professor Allocco. «Quanti autografi volete?»

 

Nel frattempo, Harry cercava di ricordare.

 

«Allora, questo professor Chiurlo…»

 

«Allocco!»

 

«Vabbè, è uguale…»

 

Un’infermiera altra due metri e larga quattro passò faticosamente attraverso le porte di vetro.

 

«Gilderoy!» tuonò, con il suo vocione da tenore «Ragazzaccio, dove ti sei cacciato?». La gorillesca infermiera prese l’ex-prof per il colletto e si avviò verso il reparto. All’improvviso, si accorse di quelle quattro pulci che infestavano il suo piano.

 

«Oh, Gilderoy, hai visite! Sapete, nessuno viene mai a trovarlo…»

 

L’enorme infermiera oltrepassò a fatica le porte, seguita da Harry & Co., e piazzò Allocco su una poltrona.

 

«Questo è il reparto lungodegenti» spiegò ai ragazzi «Per lesioni permanenti da incantesimo».

 

Dopo avergli propinato questa vitale informazione, l’infermierona se ne andò per la corsia, distribuendo i regali inviati dai parenti ai pazienti. Gilderoy trasse a sé una pila di fotografie e cominciò a firmarle. Harry si guardò pigramente in giro, finché il suo sguardo venne catturato da un condor delle Ande impagliato. Il condor in questione se ne stava appollaiato in precario equilibrio sulla punta di un cappello. Il cappello in questione se ne stava appollaiato in precario equilibrio sulla testa di una strega di duecento anni o giù di lì. La strega di duecento anni o giù di lì se ne stava appollaiata in precario equilibrio sul pavimento. E così via…

 

«Nerdville!» constatò, notando il nerd affianco alla strega-condor.

 

«Oh, cazz…» imprecò Nerdville.

 

«Sono i tuoi amici, Nerdville caro?» chiese la donna-condor, presumibilmente la nonna di Nerdville, allungando un artiglio in loro direzione. «Nerdville è un  bravo ragazzo, però non ha il talento di suo padre». Con il solito artiglio, indicò un letto nascosto dietro a un separé.

 

«C’è tuo padre là dietro?» chiese Harry, Re del Tatto, Sovrano dell’Acume, Conte della Stupidità.

 

All’improvviso, una donnina che somigliava molto alla versione femminile di Nerdville con il doppio dell’età. Una musichetta cominciò a diffondersi nell’aria. La donnina si avvicinò a passo di danza a Nerdville ed allungò la mano.

 

«Ti porgo codesta cartina / un regalo della tua mammina» intonò la donna, porgendo una cartina al figlio.

 

«Oh, che sciagura» commentò nonna-condor «l’ Arci-Nemico-Di-Harry-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri ha torturato i genitori di Nerdville fino a farli impazzire, e da allora credono di essere in un musical e parlano solo in rima».

 

«Ma non usarla per farti una sigaretta/ o ti infilzo su una baionetta» continuò la signora Paciock, piroettando di nuovo verso al separé.

 

Il separé scivolò di lato, e tutti i degenti – alcuni manovrando il palo della flebo come un bastone da majorette – scesero dai loro letti e cominciarono a ballare, creando una coreografia spettacolare e perfettamente sincronizzata. Si unirono anche l’infermiera-gorilla e nonna-condor, così il serraglio fu completo. Allocco balzò in piedi e cominciò a lanciare le sue foto in giro come fossero coriandoli, saltellando in mezzo ai ballerini improvvisati. Qualche minuto dopo, finita la coreografia, sotto gli occhi inorriditi di Harry, Hermione e Ginni – Ron no, perché, avendo la frangia davanti agli occhi, non aveva visto niente –, ognuno tornò al proprio posto, facendo come se niente fosse successo.

 

«Cos’è stato?» chiese Ginni scossa.

 

«Qualunque cosa fosse» replicò Harry «spero che non sia contagioso».

 

 

 


     Capitolo cortino, ma non ho avuto molta ispirazione questa settimana… Pardon, pardon! Ormai abbiamo superato la metà, forza, mancano soltanto 15 capitoli… dovrò darmi una mossa, perché continuare al ritmo di un capitolo a settimana mi sembra frustrante sia per me che per voi! Come sempre, ringrazio tutti coloro che hanno commentato, e chi ha inserito questa fic tra le seguite o le preferite! Grazie! Grazie mille!

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Capitolo 25
*** 24_Occlu-che? ***


CAPITOLO 24

 

OCCLU-CHE?

 

Si scoprì che il puccioso Cracker, che non si trovava, si era nascosto in soffitta: Harry l’aveva trovato per caso quando era andato a ficcanasare tra le cose del padrone di casa. Man mano che la fine delle vacanze si avvicinava, Sirius diventava sempre più silenzioso e arcigno, e più di qualche volta era stato visto aggirarsi con misteriose bamboline di paglia con corredati paletto e martello di legno, inquietanti croci di metallo tenute al contrario e incrostate di sangue, un libro consunto dal preoccupante titolo Necronomicon, il cofanetto con la serie de Il Padrino, e passava il 90-95% della sua giornata nella stanza di Squartabecco – il restante 5% in bagno –. Ogni volta che gli si rivolgeva la parola, inoltre, cominciava a borbottare qualcosa a proposito di scarpe di cemento e teste di cavallo mozzate e si adombrava ancora di più.

 

Harry avrebbe voluto rimanere con Sirius, dato che non aveva poi tutta questa voglia di tornare a scuola: tornare ad OhSchwartz significava dover affrontare di nuovo quella pazza fetish della Umbridge, quei poveri scemi del F.I.C.A.U., lezioni… Poi, l’ultimo giorno di vacanza, successe qualcosa che gli fece davvero pensare con terrore al ritorno a scuola.

 

«Harry caro» chiocciò la signora Weasley, entrando nella camera del goth guy e di Ron che, in quel momento, erano assorti in un violento duello a Soul Calibur III.

 

«Muori bastardo, muori!» inveiva Harry, pestando violentemente i tasti dei joystick.

 

«Harry caro» ripeté la signora Weasley cordiale.

 

«Muori, muori, MUORI!» continuò Harry, sudando le proverbiali sette camicie. Al contrario, il suo avversario era calmo, rilassato e depresso, e non ci vedeva neanche granché attraverso quella frangia.

 

«Harry caro» disse nuovamente la signora Weasley.

 

Quando sullo schermo fu finalmente comparsa la scritta “GAME OVER” – e Ron si fu beccato un joystick in fronte – Harry si rivolse alla madre dell’emico (non è un errore di battitura, c’è scritto proprio emico).

 

«Che c’è?» sbottò maleducatamente.

 

«Puoi venire giù in cucina, Harry caro? C’è il professor Piton che vorrebbe parlarti».

 

Harry assunse un’espressione che si può facilmente riconoscere guardando l’Urlo di Munch. Il professor Piton! In cucina! Perché il professor Piton era in cucina? O meglio, perché il professor Piton che era in cucina gli voleva parlare? Era per caso venuto a conoscenza di certe fantasie riguardanti la sua persona e la tutina fetish di un’altra persona? O voleva solo umiliarlo ostentando la sua smisurata goticità? Depresso quasi quanto Ron – e ce ne vuole! –, Harry scese le scale e si avviò verso la cucina. Harry varcò la porta e vi trovò Sirius e Piton seduti al tavolo, uno di fronte all’altro, separati da una pila di giornali.

 

«F9» disse Piton, con il suo solito tono sepolcrale.

 

«Cazz… colpito e affondato» replicò Sirius, appallottolando il foglio di carta sul quale stava scribacchiando e ricominciando a borbottare le sue maledizioni.

 

«Siediti Potter» ordinò Piton. «Sono qui per ordine di Smilente – che si pronuncia “smailente” tra l’altro –» continuò. «Il Preside mi ha mandato a dirti che vuole che tu studi Occlumanzia il prossimo trimestre».

 

«Occlu-che?»

 

«La difesa magia della mente contro la penetrazione esterna» spiegò Piton.

 

«Ah» fece Harry, fingendo di capire. «Perché devo studiare occlu-che?»

 

«Perché il Preside ritiene che sia una buona idea».

 

, pensò Harry, e riteneva una buona idea anche farmi stare fermo immobile in piedi come un coglione, presumo. «Chi mi insegnerà?»

 

«Io» rispose Piton, bastardo e perverso come non mai.

 

Harry si pentì di aver buttato il regalo di Ron, che in quella circostanza sarebbe potuto tornargli utile.

 

«Ti aspetto lunedì alle diciassette e diciassette» continuò Piton, poi se ne andò, con il suo svolazzante mantello goticheggiante che Harry avrebbe tanto voluto fottergli.

 

Per uno che se ne va, un altro che arriva: il signor Weasley fece il suo ingresso, indossando un’improbabile pigiama a righe ed un impermeabile.

 

«Guarito!» esordì. Guardò Sirius, che stava ancora rodendosi per la sconfitta a battaglia navale. Guardò Harry, che guardava il set di coltelli da cucina con aria pericolosamente suicida. Guardò Ron (?), apatico e depresso. Si depresse anche lui.

 

Così, la cena che quella sera avrebbe dovuto essere un’occasiona allegra, gaia e spensierata si trasformò in un funerale. Harry con la fronte appoggiata al tavolo aspettava che qualcosa o qualcuno lo uccidesse; Sirius stracciava ogni pezzo di carta a quadretti gli capitava sotto mano; Ron era depresso – ma và?! –; il signor Weasley era depresso anch’esso, contagiato dalla depressione degli altri tre. Lupin e Malocchio passarono a salutare il signor Weasley, ma appena la porta d’ingresso si aprì, facendo fuoriuscire la mefitica aura pessimistica che ammorbava l’aria, tirarono in ballo alcuni impegni come “devo passare in lavanderia”, oppure “ho lasciato il gatto sul fuoco”, e si dileguarono appena in tempo.

 

* * *

 

Il giorno del loro ritorno a OhSchwartz (che Harry chiamò poeticamente “Il Giorno del Principio della Fine”) era infine arrivato; dovevano tornare al castello con il Nottetempo, uno sgangherato autobus viola a tre piani che si ribaltava ad ogni curva. Lupin e Tonks erano incaricati di scortarli, perciò se li ritrovarono in cucina quando scesero per fare colazione.

 

«Harry!» trillò Toks «Lascia che ti aiuti a portare il baule!», e sollevò il boomerang magico.

 

«No!» strillò Harry terrorizzato. Le prese il boomerang dalle mani e lo gettò fuori dalla finestra, senza tener conto, povero idiota, che i boomerang tornano indietro. Infatti l’arma tornò indietro, dritta dritta tra le mani di Tonks.

 

«No!» ripeté Harry, e corse fuori, inseguito da quella pazza armata.

 

Dopo averla seminata rinchiudendola in soffitta tra le grinfie di Squartabecco, tornò in cucina, dove il Padrino aveva un regalo per lui. Harry prese il pacchetto avvolto in carta nera e fece per aprirlo.

 

«No, non qui!» lo bloccò il Padrino «Usalo se Piton ti rende la vita difficile».

 

Uscirono in strada, i tre eroi, i gemelli, Ginni, Lupin e Tonks, che era misteriosamente riuscita a liberarsi dalla soffitta e da Squartabecco. Lupin tese il braccio, unico modo per richiamare l’autobus malefico. Il mezzo viola comparve a velocità folle e investì in pieno Tonks, che si fece un paio di chilometri in volo e altrettanti strisciando sull’asfalto.

 

«Tonksina!» gemette Lupin, trotterellando in direzione dei resti della strega.

 

«Harry, perché hai spinto Tonks?» gli domandò Ron atono.

 

«Io? Spinto? Tonks? Ma cosa dici? Io non farei mai una cosa simile!» replicò Harry indignato.

 

«Ti ho visto» insistette Ron.

 

«Hai visto male, Ron. È ora di tagliare il frangione» fece Harry, cominciando ad estrarre dal baule i pezzi della ghigliottina – che aveva smontato per farcela stare –. Nel frattempo tornarono Lupin e Tonks, che si era miracolosamente ricomposta ed aveva ricominciato a saltellare come un grillo sotto l’effetto di LSD.  

 

Salirono sul mezzo, pieno di sedie scompagnate e pezzi di spago, probabilmente surrogati di cinture di sicurezza. Presero posto e il Nottetempo partì, schizzando a velocità folle per le strade in barba a tutte le basilari leggi di sicurezza stradale e ignorando bellamente la segnaletica, investendo pure un vigile urbano.

 

«Dove siamo?» chiese Harry al bigliettaio occhieggiando i resti del vigile urbano spappolati sul parabrezza, giusto per distrarsi dal fatto che la colazione nel suo stomaco aveva tanta voglia di uscire all’aria aperta dall’estremità sbagliata.

 

«A bò» rispose il bigliettaio, continuando a sfogliare il suo porno. Dopo una serie di curve a S – nelle quali l’autobus si ribaltò innumerevoli volte –, il malefico mezzo giunse finalmente ai portoni di OhSchwartz. Appena messo piede a terra, Harry si fiondò dietro ad un cespuglio, per esaudire il desiderio della sua colazione. Poi scesero Ron ed Hermione, seguiti da Ginni, Fred e George. Quando Harry si fu ripreso – ed ebbe appioppato il proprio baule a Ron – i sei si avviarono verso il castello, trascinando i bagagli.

 

* * *

 

Harry passò gran parte del giorno seguente in preda all’ansia, angosciato dalla prospettiva della lezione di Occlumanzia con Piton. Si stava appunto angosciando in un angolo della Sala d’Ingresso, qualcuno gli si avvicinò alle spalle, facendogli prendere un mezzo infarto.

 

«Ciao, Harry!» trillò Qualcuno. Il mondo di Harry crollò catastroficamente: non solo lezioni supplementari con Piton, ora ci si metteva pure la maniaca stupratrice!

 

«Argh!» gemette Harry, usando quella che, probabilmente, sarà la sua battuta preferita per molto, molto tempo.

 

«Hai visto che c’è un finesettimana a Hoghsmeade il prossimo San Valentino?» annunciò Cho Qualcuno Chang raggiante.

 

«No» rispose brusco Harry, cercando di ripararsi da tutti quei raggi.

 

«E la cosa non ti suggerisce niente?» continuò Cho Qualcuno.

 

«No» ripeté Harry, cercando velocemente una scusa per dileguarsi tra le tremila presenti nel suo archivio menmonico. Scartò “devo passare a ritirare la roba in lavanderia” e “non ho chiuso il gas”, passando a setacciare la zona “Scuse per liberarsi – possibilmente per sempre – di Cho Qualcuno Chang”.

 

«Proprio niente?» insistette «Qualcosa che riguarda due persone, magari… una delle quali sono io… e l’altra tu?»

 

Harry stava per rispondere che non era auspicabile eseguire messe nere con sacrifici umani a San Valentino, quando, alle spalle di Cho Qualcuno, apparve Hermione. Ricordati quello che ti ho detto, diceva il suo sguardo pluriomicida, e Soffrirai, mio punchingball. (ma forse l’ultima frase l’aveva interpretata male).

 

«Caaara» esordì Harry, rodendosi dentro. «Che ne dici di allietarmi con la tua presenza durante la prossima gita ad Hogsmeade?» le chiese, con un sorriso talmente tirato che comincia a fargli male la mandibola.

 

«Oh, Harryno!» cinguettò Cho Qualcuno, pronunciando uno dei Cinque Nomi Con I Quali Harry Non Vorrebbe Mai E Poi Mai Essere Chiamato (C.N.C.I.Q.H.N.V.M.E.C.), appolpandoglisi ad un braccio.

 

Harry scrollò l’arto, come so fosse stato vittima dell’aggressione di una grossa sanguisuga. «Mollami!» sbottò.

 

«Ma perché, Harryno, siamo così felici insieme!».

 

«Sarò felice al tuo funerale!» replicò Harry, liberandosi con un ultima, violenta scrollata e defilandosi.

 

Ridendo e scherzando – seee, scappando e subendo ndHarry – arrivò l’ora, per Harry, di recarsi all’incontro con Piton. Giunse davanti alla nera porta dell’ufficio del professore, bussò ed entrò. Gli scaffali erano ingombri di teschi, pipistrelli imbalsamati, crocifissi, una lapide del ‘700, la discografia dei Bauhaus, fiale piene di sangue, una foto autografata di Robet Smith, il tanga di Morticia Addams, e altre robe oscure e gotiche che fecero diventare Harry verde d’invidia.

 

«Siediti, Potter» disse Piton, con la solita, vecchia, scontata battuta. «Perché è verde, signor Potter? Non siamo ad una festa a tema di Guerre Stellari».

 

Harry ingoiò la risposta a tono che avrebbe tanto voluto usare.

 

«Allora» riprese Piton «devi imparare l’Occlumanzia impedirà all’Oscuro Signore di leggerti nel pensiero e vedere tutti quei pensieri perversi da adolescente che hai ora io cercherò di forzare la tua mente mentre tu dovrai cercare di opporti LEGILIMENS!»

 

Il prolisso discorso privo di segni d’interpunzione di Piton aveva stordito Harry, che non riuscì ad opporsi all’attacco mentale. Vari ricordi si susseguirono nella sua testa, come se si trattasse di un film.

 

Aveva cinque anni e aveva squarciato le gomme della bicicletta nuova di Dudley dopo averlo spinto in un cespuglio di ortiche… aveva sette anni, ed aveva appena scoperto il magico ed affascinante mondo del gotico… aveva nove anni, ed aveva aizzato il Dobermann dei vicini contro quella mezza tacca di cane della sorella di zio Vernon… aveva dodici anni, e aveva venduto la sua anima per la terza volta ad un demone che poi aveva cominciato a servirlo part-time come maggiordomo…  era seduto sotto al Cappello Cantante, che voleva assegnarlo a Grifonplatino mentre lui si opponeva con tutte le sue forze… era ad un party pieno di Dissennatori, che si complimentavano con lui per la brillantezza dei suoi capelli, e gli chiedevano quale shampoo usasse… Cho Chang che tentava di stuprarlo… Piton con la tutina fetish della Umbridge. Uh-oh.

 

L’incantesimo si sciolse da solo. Harry pregò perché una divinità qualsiasi intercedesse per lui facendolo sprofondare nel pavimento, mentre Piton cambiava colore come un semaforo.

 

«Potter…» ringhiò Piton, come se stesse pronunciando una sentenza.

 

«Oh, ma come si è fatto tardi» pigolò Harry «Non pensa che per oggi possa bastare? Bene, io me ne va-

 

«Potter, che cos’era quello che ho visto?» scandì Piton lentamente.

 

«Ah, a che cosa si riferisce?» continuò Harry facendo il finto tonto e sudando copiosamente.

 

«Alla mia persona con indosso gli ignobili stracci di quella Meretrice delle Tenebre» spiegò Piton, mentre una vena pulsava sulla sua fronte, presagendo sangue e morte.

 

«Ah, quello… ma non era lei! Era la Umbridge struccata!» tentò di difendersi Harry.

 

«Non prendermi per il culo, Potter. Va bene. Per questa volta passi, ma se per la prossima volta non ti sarai esercitato e vedrò di nuovo quell’immagine… non uscirai vivo da qui».

 

Con questa minacciosa minaccia aleggiante nell’aria, Harry uscì dall’ufficio di Piton, ancora più preoccupato di quanto fosse prima di entrare. Raggiunse in qualche modo la biblioteca, dove Ron ed Hermione stavano facendo i compiti – o meglio, Hermione stava facendo i compiti mentre Ron le rendeva difficile la lettura con la sua fitta aura grigio-violetta –.

 

«Come è andata?» gli chiese Hermione, cercando di dissipare l’aura Ronesca (nuovo termine: prendete nota) sventolando una mano «Stai bene, Harry?»

 

«Benissimo» rispose Harry sarcastico, estraendo dalla borsa uno specchio e il beauty-case «Il caro professor Piton mi ha sgamato riguardo alla mia piccola fantasia comica e come se non bastasse mi ha pure minacciato di morte».

 

«Ma certo» replicò Hermione.

 

«Ma certo cosa?» ribatté Harry, passandosi l’ennesimo strato di matita sugli occhi «Senti, se Piton mi elimina, trafuga il mio cadavere e fammi resuscitare con una magia negromantica. Dovresti esserne in grado, mi sembra… Oppure potrei mandare una lettera a quel mio amico di penna a New Orleans… com’è che si chiamava? Ah, sì, Lestat».

 

Mentre Harry scriveva la sua letterina all’amico vampiro, Hermione aveva ormai rinunciato a finire i compiti ed aveva messo via i libri, mentre Ron ascoltava la sua cantante preferita, Donatella Rettore. Harry imbustò la lettera e la consegnò a Brandon Lee, il quale, da bravo corvo qual’era, passava il suo tempo libero in biblioteca a leggere Edgar Allan Poe. Dopo averlo guardato volare fuori dalla finestra, raccolse la sua roba e si avviò verso la torre di Grifonplatino. Stava appunto varcandone la soglia quando scoppiò a ridere incontrollabilmente e, soprattutto, inspiegabilmente.

 

«Cosa?» domandò Ron, chiedendosi il perché di un tale scoppio d’ilarità.

 

«Niente» rispose Harry. «Mi sono dimenticato di disconnettermi dalle frequenze di Radio Voldemort. È molto, molto felice… ha vinto a Risiko contro Nagini» spiegò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Grazie mille a tutti quelli che commentano, quelli che hanno inserito questa fic nelle seguite e/o nelle preferite, e anche a chi legge soltanto! Grazie, grazie davvero! Mi rende davvero felice sapere che questa stupida fic sia così apprezzata! *si commuove* ç_ç

 

 

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Capitolo 26
*** 25_La Zanzara e la Trappola al Raid ***


CAPITOLO 25

CAPITOLO 25

 

LA ZANZARA

E LA TRAPPOLA AL RAID©

 

Il mattino dopo, mentre erano seduti al tavolo della colazione, Hermione vide qualcosa sulla prima pagina del giornale che le fece lanciare un’imprecazione che fece voltare tutti i presenti, e che entrò nel Guinnes dei Primati come parolaccia più lunga e volgare pronunciata in una scuola di magia:

 

«Porca puttana la vacca troia bastarda e pure stronza!»

 

«Che c’è?» chiese Harry, distogliendo l’attenzione dai suoi adorati cereali Count Chocula.

 

«Cosa?» domandò Ron, distogliendo l’attenzione dal piatto vuoto posato sul tavolo davanti a lui, al quale ormai si era affezionato.

 

Hermione, con la sua solita delicatezza, strappò la prima pagina e gliela mostrò. Harry e Ron si avvicinarono, curiosi di scoprire cosa avesse risvegliato lo spirito da scaricatore di porto sopito nella ragazza.

 

«Entrata in vigore nuova legge: il traffico di organi da oggi è illegale”» lesse Harry. Hermione scoppiò in lacrime. Ron sorrise – ovvero sollevò di 0.2 millimetri gli angoli della bocca –, felice come non lo era mai stato in tutta la sua emo-vita.

 

«Ma guarda» continuò Harry voltando il foglio, mentre faceva pat-pat sulla spalla di Hermione per consolarla (Miracolo!).

 

Sull’altra facciata, infatti, una notizia ben più importante campeggiava in cima al foglio, sottolineata da dieci fotografie animate a colori in HD. Stando a come diceva il giornale, quei dieci erano tutti stati rinchiusi ad AzGaban.

 

Antonino Dolore, diceva la didascalia sotto alla foto di un uomo con un espressione addolorata in volto, condannato per il brutale omicidio di Tizio, Caio e Sempronio.

 

Grell Sutcliffe, recitava quella sotto all’immagine di un ambiguo individuo dai capelli rossi e dalla dentatura alquanto affilata, condannato per l’omicidio di qualche prostituta.

 

Prince of Persia, condannato per possesso e spaccio di stupefacenti conosciuti come “Sabbie del Tempo”.

 

Samara Morgan, condannata per diffusione di videocassette dal dubbio contenuto vietato ai minori.

 

Chef Tony, condannato per contrabbando di armi.

 

Babbo Natale, condannato per ripetuta violazione di domicilio.

 

Ma l’attenzione di Harry fu attratta dalla foto di una strega: aveva lunghi capelli neri, pelle cinerea, trucco pesante, collare con le borchie, quantità di orecchini non indifferente.

 

«Hermione» disse Harry con uno strano tono di voce, come se fosse sotto ipnosi «Ti secca se ritaglio il tuo giornale?»

 

«Ma Harry, è un’ergastolana! Non puoi infatuarti di un’ergastolana!»

 

«Ma è così bella…» si oppose Harry, con aria sognante.

 

«Harry!» lo riprese Hermione «Non puoi rammollirti adesso! Mancano 13 capitoli, e se mi vai in brodo di giuggiole adesso, come facciamo ad arrivare alla fine? Eh? Chi lo fa il protagonista? Ron, così la finiamo nel sangue? Oppure io, così la finiamo nel sangue? Oppure Nerdville, così la finiamo nel sangue?»

 

«Però…» obbiettò Harry, sbattendo le ciglia, illudendosi di infondere pietà nel granitico cuore di Hermione. Hermione lo guardò male, malissimo, ma così male che Harry pensò che, per il momento, sarebbe stato meglio mettere da parte la propria infatuazione per l’ergastolana.

 

«Bella…» cominciò a leggere Hermione.

 

All’improvviso, un vam… un tizio dai capelli castan-rossicc-bruno-dorati e dagli occhi ambrati fece irruzione nella Grande Sala. «Bella!» strillò «Dove sei, amor mio? Questi biechi figuri ti tengono segregata in questo losco castello? Ma io ti ritroverò e ti salverò, quant’è vero che mi chiamo Edward Cullen

 

Il suddetto Edward Cullen fu aggredito da qualcuno.

 

«Zac Cedric Efron-Diggory!» trillò Qualcuno «Il mio Ragazzo-Figo-Che-Somigliava-A-Zac-Efron-Ed-Era-Il-Più-Bello-Della-Scuola! Allora sei vivo!»

 

«Oh, mia Bella! Una turpe figura mi ha aggredito alle spalle, ma non temere, io, Edward Cullen, il Magnifico tra i Magnifici, riuscirò a superare anche questo ostacolo e a giungere finalmente tra le tue umane braccia con la mia pallida e scultorea figura».

 

Nel frattempo, Cho Qualcuno aveva avuto tutto il tempo di studiarsi il nuovo venuto.

 

«Ma tu… non sei Zac Cedric Efron-Diggory, il mio Ragazzo-Figo-Che-Somigliava-A-Zac-Efron-Ed-Era-Il-Più-Bello-Della-Scuola!» gemette, profondamente offesa, allontanandosi di corsa piangendo come una fontana.

 

«…trix Lestrange» concluse Hermione. Edward Cullen si bloccò.

 

«Cosa

 

«Bellatrix Lestrange» ripeté Hermione.

 

«Quindi…» gemette il Magnifico tra i Magnifici «… non è qui che è imprigionata la mia Bella? Oh, mia Bella, dove sei, cosa fai, dove vai, come mai?»

 

«Scusami, surrogato di vampiro…» lo interruppe Harry. «Il mio amico di penna Lestat mi ha chiesto di darti questo…».

 

Un cazzotto spaventoso degno di Dragon Ball spedì il surrogato di vampiro fuori dal portone della Grande Sala, facendolo chiudere sbattendo (il portone, non il surrogato di vampiro).

 

«Oooh, Harry, che bel pugno!» sospirò Hermione, meravigliata.

 

«Grazie» replicò Harry altezzoso, assestandosi la capigliatura «Ora devo fare un salto in infermeria per rimettere in sesto le ossa della mano…»

 

«Dicevo: Bellatrix Lestrange, condannata per aver costretto Frank ed Alice Paciock a vivere in un musical permanente». Indicò il titolo sopra le foto.

 

EVASIONE DI MASSA AD AZGABAN

IL MINIMINISTERO DICE: ARRANGIATEVI!

 

Lessero l’articolo, nel quale il MiniMinistro della MagiMagia annunciava un’evasione di massa da Azgaban risalente alla tarda serata del giorno prima. Mentre erano immersi nella lettura, alle loro spalle apparve Hagrid.

 

«Posto tutto a?» disse, nella sua solita grammatica raccapricciante.

 

«Zitto, stiamo cercando di leggere» lo liquidò bruscamente Hermione.

 

«Ma… verifica sono in!» piagnucolò il mezzogigante.

 

«E chissenefrega» rincarò Harry.

 

«Ma-ma-ma…»

 

Rendendosi conto che la cosa non suscitava il minimo interesse nei suoi… amici? Hagrid se ne attraversò mesto mesto il portone e si diresse verso la foresta, dove probabilmente le creature omicide e sanguinarie che vi abitavano avrebbero avuto più compassione di lui.

 

* * *

 

Nei giorni seguenti, uscì un nuovo decreto didattico, il numero Diciassette-gamma, che stabiliva che gli insegnanti non avrebbero dovuto fornire agli allievi nessuna informazione che non fosse strettamente pertinente alla materia da loro insegnata. La Umbridge, dal canto suo, era determinata ad ottenere un licenziamento quanto prima, restava solo da decidere chi, tra la professoressa Melinda Gordon e Hagrid se ne sarebbe dovuto andare. Perciò, la fetish-woman partecipava ad ogni lezione di Difesa Dalle Creature Magiche e di Divinazione, in agguato come uno sciacallo, in attesa che l’insegnante sotto esame facesse un passo falso che gli sarebbe costato il licenziamento. Tra una lezione e l’altra, Harry era ancora costretto a presiedere agli incontri del F.I.C.A.U., e a seguire le lezioni di Occlumanzia con Piton. Per sua fortuna, l’immagine Piton in tutina fetish non era più riapparsa, non ancora… ma la sua resistenza stava venendo meno, ed Harry temeva che, un giorno non troppo lontano, le avrebbe prese sul serio. Come se non bastasse, San Valentino si avvicinava pericolosamente, e con esso l’appuntamento con Cho Qualcuno Chang.

 

Il giorno in questione, Harry si svegliò e guardò il calendario, sul quale campeggiava un grosso teschio.

 

«Oh, merda!» esclamò.

 

Saltò giù dal letto e andò a svegliare Ron.

 

«Sveglia!» gridò, buttandolo letteralmente giù dal letto. L’emo-kid si rialzò a fatica, tastandosi il bernoccolo che gli si era formato sulla fronte – fortunatamente nascosto dal ciuffo di capelli un tempo rossi –.

 

«Cosa?» chiese Ron.

 

«Travestiti da me e vai all’appuntamento con quella iena al posto mio» ordinò Harry.

 

«Cosa?» ripeté Ron.

 

«Hai capito, sei emo, mica idiota! (Di questo ne riparleremo… ndAutrice-che-si-è-appena-attirata-l’odio-di-tutti-gli-emo-del-pianeta)» esordì Harry, estraendo i propri vestiti dal baule, in cerca di qualcosa di adatto.

 

Per prima cosa, acchiappò Ron e lo piazzò su una sedia, poi estrasse il beauty case e cominciò a sistemare Ron in modo che gli assomigliasse. Parrucca, fondotinta, matita, kayal… In quel momento, entrò Scemus, che guardò Harry con la matita in mano, poi Ron inerme, poi di nuovo Harry.

 

«Io non ho visto niente» precisò Scemus, facendo dietrofront, autoconvincendosi di non aver visto davvero una scena tanto ambigua.

 

«Che cosa hai capito, coglione!» strillò Harry, tirandogli dietro di beauty case.

 

Dopo aver completato trucco e parrucco, Harry affidò Ron alle “amorevoli cure” del maggiordomo Sebastian, che inguaiò Ron in un paio di pantaloni con una ventina di fibbie, una maglia con una trentina di fibbie e un paio di anfibi con un’ottantina di fibbie. Alla fine, Ron sembrava pronto per essere trasportato al manicomio locale.

 

Quando la tortura fu finita, Harry acchiappò Ron e gli infilò un auricolare nell’orecchio, rendendosi conto solo ora di un piccolo particolare fondamentale: Ron non aveva alcun orecchino.

 

«Uhm…» commentò pensoso il goth guy. «Questo è un bel problema. Ma non importa, è facilmente risolvibile» continuò, estraendo un ferro da calza da un anfibio.

 

Quando ebbe completato anche questo atto sadico, Harry guardò il risultato.

 

«Sì, mi sembra che vada bene. Ovviamente, io sono molto più bello, ma quella cretina di Cho è troppo stupida per accorgersi della differenza».

 

Il povero emo-kid si avviò, barcollando, verso la Sala d’Ingresso, chiedendosi come aveva fatto a farsi coinvolgere in una cosa del genere quando, fino a un’ora prima, se ne stava placidamente a letto immerso in uno dei suoi soliti incubi emotional, mentre adesso si ritrovava ad uscire con una poser nei panni – letteralmente – del suo “migliore amico”, che gli dava ordini attraverso un auricolare.

 

«Harryno!» trillò Qualcuno, aggredendo letteralmente Ron/Harry. «Cos’hai oggi? Mi sembri leggermente depresso… e cos’è quell’aura nera screziata d’amaranto che ti circonda?»

 

Ron/Harry non rispose. Si sentiva un po’ spaesato, senza frangione ad offuscargli la vista. I due si avviarono, seguiti a debita distanza dal vero Harry che voleva assicurarsi che Ron non facesse qualche cazzata.

 

«Come sto?» disse ad un certo punto Cho Qualcuno, indicando il proprio vestito.

 

«Dille che fa schifo» suggerì subito la voce del vero Harry nell’auricolare.

 

«Ehm» cominciò Ron, restio a proferir verbo, come il suo solito «Sembri un ippogrifo».

 

«Cosa?» fece Cho Qualcuno, interdetta.

 

«Cosa?» sbottò il vero Harry, nascosto in un cespuglio poco distante.

 

«Oh, Harryno!» cinguettò la ragazza «È un complimento, vero? Oh, come son felice, come son contenta!»

 

«Ma che cazzo ha quell’auricolare?» si chiese Harry, mentre tutti i passanti guardavano quel cretino vestito di nero che tentava di nascondersi dietro ad un cespuglio.

 

Harry continuò a seguire il suo doppione malriuscito e la stupratrice fino al villaggio di Hogsmeade, dove Cho Qualcuno trascinò Ron/Harry in un posto disgustosamente rosa, pieno di pizzi e merletti e putti dorati svolazzanti. Reprimendo il desiderio di giocare al tiro a segno con le creturine svolazzanti, il vero Harry, schifato, si camuffò come meglio poteva (cappello, occhiali scuri, impermeabile e giornale di una settimana prima) e si infiltrò nel locale dietro di loro, accomodandosi ad un tavolino seminascosto da una pianta. Aprì il giornale e continuò a sorvegliare Ron/Harry di sottecchi, mentre tutti gli avventori osservavano quel tizio molto, molto sospetto.

 

All’improvviso, Cho Qualcuno allungò l’artiglio, pronta a ghermire l’indifesa mano di Ron/Harry nella sua morsa letale.

 

«Ron, attento, a ore nove!» strillò il vero Harry.

 

Ron/Harry spostò meccanicamente il braccio, urtando la propria tazza di caffè, che si rovesciò spandendo il contenuto sul pavimento, e facendo scivolare una povera cameriera che passava di lì, il cui vassoio fu lanciato in aria e colpì un putto, che precipitò addosso al vero Harry.

 

«Questa me la paghi» ringhiò il vero Harry scacciando la creatura – come se la colpa fosse stata del povero emo-kid –.

 

«Cosa stai facendo?» gli chiese qualcuno – no, non Qualcuno, qualcun altro. Rifacciamo.

 

«Cosa stai facendo?» gli chiese qualcun altro.

 

Harry sollevò lo sguardo e si ritrovò davanti Hermione.

 

«Niente» rispose il vero Harry.

 

«Perché sei qua e anche là?» contino Hermione.

 

«Non sono io, è Ron»

 

«Ron?». Hermione guardò Ron/Harry, poi il vero Harry, poi Ron/Harry, poi di nuovo il vero Harry. «Certo che sei proprio un bello stronzo

 

«Solo bello» la corresse. «Perché

 

«Ma povero Ron! Guarda come lo hai ridotto!»

 

«Ridotto? L’ho valorizzato, semmai. Dovrebbe ringraziarmi per averlo reso almeno lontanamente simile alla mia mirabile persona» replicò Harry altezzoso.

 

«Seee» ribatté Hermione. «Guarda che il tuo sosia e la tua ragazza se ne stanno andando».

 

«Ron!» abbaiò Harry nell’auricolare «Dille che devi andare in bagno».

 

«Guarda» disse immediatamente l’emo-kid «un ragno». Cho Qualcuno strillò.

 

«Non capisco se è l’auricolare a non andare oppure il suo cervello» commentò Harry «Lo sapevo, dovevo starmene al castello a giocare a Monopoli da solo».

 

«Va bene» fece Hermione. «Me ne occupo io».

 

Abbandonò il vero Harry al suo destino e si avviò a grandi passi verso Ron e Cho Qualcuno.

 

«Ciao Harry» fece Hermione, falsamente cordiale.

 

«Io non sono…» cominciò Ron, ma dovette ben presto preoccuparsi di qualcosa di più urgente, ovvero l’impatto del piede di Hermione sul suo.

 

«Che cosa ci fai tu qui?» domandò Cho, artigliando il braccio di Ron/Harry.

 

«Oh, Harry doveva vedersi con me, non te l’ha detto?»

 

«Harryno, è vero?! Tieni il piede in due staffe?! Come puoi farmi una cosa simile?!». E Cho Qualcuno si allontanò, piangendo come una fontana e innaffiando i poveri passanti.

 

«Fatto» disse Hermione.

 

Lei ed il falso Harry vennero raggiunti da quello vero. «Però, se era così facile l’avrei fatto io» commentò, arrotolando il giornale e liberandosi di impermeabile, occhiali e cappello. Fissò Ron.

 

«Okay, tu non mi servi più». Batté le mani. «Sebastian! Riporta Ron al castello e fallo tornare come prima!» ordinò.

 

«Yes, my Lord». Il maggiordomo prese Ronron per la collottola e si avviò verso il castello.

 

«Bene» disse Hermione. «Andiamo».

 

«Andiamo dove?» replicò Harry.

 

«Ai Diciassette Manici di Scopa, dobbiamo vedere una persona».

 

* * *

 

Harry ed Hermione entrarono ai Diciassette Manici di Scopa, dove li aspettavano Luna Peace&LoveGood e una vecchia conoscenza.

 

«Oddio» fece Harry «Rita Mosqueeter

 

Riassumento, Hermione aveva invitato la giornalista folle perché scrivesse un articolo in cui Harry diceva la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità sul ritorno del suo Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri e sull’identità dei Mangiamorte. L’articolo sarebbe stato pubblicato sulla rivista del padre di Luna, e ciò giustificava la presenza della fumata ragazza.

 

«E io che cosa ci guadagno?» fece Rita Mosqueeter.

 

Hermione prese la borsa e ne estrasse un arnese verde a spirale: uno zampirone. Rita cominciò a tremare.

 

«Se non lo fai, ti costringerò ad usare il tuo potere da Animagus di trasformarti in una zanzara e ti rinchiuderò in una stanza con centinaia di questi» disse Hermione soave.

 

«Va bene, va bene» replicò Rita, fissando lo zampirone. «Ma metti via quell’arnese!»

 

Gongolante, Hermione rimise l’insetticida nella borsa.

 

 

 

 

 

 

 

Come al solito, ringrazio tutti coloro che recensiscono, quelli che hanno inserito questa fic nelle seguite/preferite e anche a chi legge soltanto! Grazie infinite! =^_^=

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Capitolo 27
*** 26_Visto e Stravisto ***


CAPITOLO 26

Lo so, ci ho messo una vita a postare... scusatemi. Non cercherò scuse assurde o pretesti vari, semplicemente non ho voglia di continuare a scrivere questa fic. Non sto dicendo che l’abbandonerò e non la finirò mai…è solo che, per ora, non trovo l’ispirazione, e se scrivessi senza ispirazione verrebbe fuori una schifezza (non che non lo sia già… XD). In fondo, ha languito nel pc per ben due anni prima che la continuassi

 

Mi rimetto nelle vostre caritatevoli e benevole mani, sperando che questa provvisoria interruzione non vi spinga ad imbracciare forconi e fucili per venirmi a stanare e condannarmi ad una giusta fine.

 

 

Una piccola domandina. Perché ho l’impressione che Harry Mystryss ecc. ecc. non sia simpatico a nessuno?

Voglio dire, non dovrei fare una domanda del genere dopo che ho fatto di tutto per renderlo odioso, però dai, poverino, sarà anche dispotico, vanesio, ipocrita, antipatico, vanitoso, violento, e chi più ne ha più ne metta, ma è pur sempre il protagonista della storia… Non che la mia opinione conti qualcosa, io sono di parte.

Scommetto che se dovessi fare un sondaggio della serie “Quale personaggio preferite di più?” vincerebbe Ron…

 

 

 

CAPITOLO 26

 

VISTO E

STRAVISTO

 

Qualche giorno dopo, Harry ricevette la rivista del padre di Luna, dove era stata pubblicata la sua intervista. Raccolse il giornale e, con due dita, ne sollevò la prima pagina, apparentemente disinteressato.

 

«È troppo piccola» commentò subito stizzito.

 

«Cosa, l’intervista? Ma se è lunga 20 pagine!» replicò Hermione.

 

«La mia foto! Sarà… dieci centimetri per dieci… è minuscola!»

 

Harry schivò la ciotola di porridge che Hermione gli aveva tirato e cominciò a leggere, ma dopo dieci righe la sua attenzione vacillò e cominciò a distrarsi guardandosi attorno. Qualche minuto dopo, un intero stormo di pennuti atterrò sul tavolo della colazione. Ce n’era per tutti i gusti: gli ormai onnipresenti condor, allodole, corvi, piccioni, passeri, pappagalli, struzzi – i quali, vorrei far notare, non volano –, e gufi – pochi, perché erano passati di moda.

 

«Iiiih!» strillò Harry, tirando indietro la sua ciotola di Count Chocula perché non venisse calpestata dalle zampacce artigliate dei volatili.

 

«Oh, che bello!» esordì Hermione «La posta dei lettori!». E cominciò allegramente a ficcare il naso negli affari di Harry. «Queste sono le proposte di matrimonio» cominciò, passando ad Harry una pila di fotografie, che il goth guy cominciò a sfogliare svogliatamente.

 

«Cesso… cesso… cesso… cesso… cesso… oh my Goth!... cesso… cesso… emo, questa è per te… ». Harry continuò a sfogliare le fotografie, lanciandone di tanto in tanto qualcuna nel piatto vuoto di Ron, che non sembrava nemmeno rendersene conto.

 

«Poi abbiamo le minacce di morte…» continuò Hermione, porgendogli un mucchio di buste e pacchetti.

 

«Oooh, davvero?» chiese meravigliato Harry. Cominciò ad aprire le minacce di morte. «Ooooh, guardate! Questa è piena di puntine!» trillò deliziato, rovesciandole sul tavolo. «E qua… lamette! Tieni, Ron».

 

Le lamette andarono a raggiungere le fotografie – il piatto di Ron non era mai stato così pieno (il fatto che non si trattasse di cose commestibili è poco importante).

 

«Ooooh!» proseguì, aprendo l’ennesima busta «Antrace!»

 

La Grande Sala si svuotò misteriosamente. Chissà perché…

 

Mentre Harry continuava ad aprire le buste e i pacchi, ammucchiando i letali “regali” sul tavolo, qualcuno si avvicinò al tavolo – no, non Qualcuno, qualcun altro.

 

«Cosa succede qui?» domandò la Umbridge, dalla vertiginosa altezza dei suoi tacchi a spillo, comparendo alle spalle del gruppetto.

 

«Niente» rispose Harry, cominciando a scartare un pacco-bomba.

 

«Mmmh…» commentò Ahi-Che-Dolores, poco convinta. «Perché riceve tutte queste lettere, signor Potter?»

 

«Che c’è, è un reato?» intervenne Hermione, passando ad Harry una busta che ticchettava in modo sospetto. Harry porse (leggi: lanciò in faccia) la rivista del padre di Luna alla Umbridge, che la sfogliò rapidamente, incazzandosi sempre più.

 

«S’è incazzata!» esclamò Harry. «Oooooh

 

«No, non mi sono arrabbiata» replicò la Umbridge «E lei non vedrà Colorado per almeno un mese. Comunque, sì, sono incazzata! Non ci saranno più finesettimana per lei ad Hogsmeade

 

«Davvero?» domandò Harry in visibilio, vedendo profilarsi all’orizzonte la realizzazione del suo sogno.

 

La Umbridge si allontanò con passi pesanti – sfondando le piastrelle con i suoi tacchi assassini – e qualche ora dopo fece la sua comparsa l’ennesimo Decreto Didattico, il Diciassette-omega.

 

PER ORDINE DELLA MISTRESS SUPREMA

DELLA SCUOLA DI MAGIA, STREGONERIA,

ARTI MARZIALI E TATTICHE MILITARI

DI OHSCHWARTZ

 

Tutti gli studenti trovati in possesso della rivista del padre di

Luna saranno espulsi e frustati a sangue.

Prima frustati a sangue e poi espulsi.

 

Quanto sopra ai sensi del Decreto Didattico Numero Diciassette-omega.

Firmato: Ahi-Che-Dolores Umbridge, Mistress Suprema

 

Ovviamente, gli studenti non erano così cretini da farsi beccare a leggere quella rivista, perciò si diffuse rapidamente un incantesimo che la camuffava agli occhi degli altri. Purtroppo, l’incantesimo non era perfetto, e la rivista acquistava una copertina a casaccio, generando non poche incomprensioni e figuracce.

 

«Harry, perché stai leggendo Omo Moderno?» chiese perplessa Hermione, mentre i dubbi sull’orientamento sessuale del goth guy si rafforzavano.

 

«Ma no!» sbottò Harry sulla difensiva. «È la rivista del padre di Luna!»

 

«Ah» fece Hermione, non del tutto convinta.

 

«E tu allora? Che leggi Il Pacifismo?!»

 

«Ma no!» sbottò Hermione, rubando la battuta ad Harry, che si sentì molto offeso per questo. «È la rivista del padre di Luna!».

 

Harry ed Hermione si voltarono verso Ron, che sfogliava in modo apatico la rivista ufficiale della Lega Anti-Emo.

 

«Anche lui sta leggendo la rivista del padre di Luna, vero?» chiese Harry perplesso.

 

«Chissà…» replicò Hermione. «Comunque, hanno beccato Nerdville con un numero di Playboy, che forse è anche peggio…»

 

Comunque, incomprensioni e figuracce a parte, alla fine della giornata tutta la scuola aveva letto il fantomatico articolo, e la sera, al suo ritorno nella sala comune, venne accolto come un eroe.

 

Dopo un’ora o due di pacche sulle spalle e aggressioni, Harry si stufò e si eclissò nel dormitorio. Come da copione, cominciò a sognare.

 

Era in piedi in una stanza buia – e questo è bene –, davanti ad una finestra con delle tende rosa a pois gialli – e questo è male, molto male! –. Le sue mani afferravano la spalliera di una poltrona davanti a lui. Aveva dita lunghe e bianche – e questo e bene – senza alcuna traccia di smalto nero – e questo è male –. Sul pavimento davanti alla poltrona, era inginocchiato un uomo vestito di nero.

 

«A quanto pare sono stato consigliato male, Rookwood» disse Harry, con una voce fredda e crudele.

 

«Padrone, imploro il vostro perdono»gracchiò l’uomo in ginocchio.

 

«È il minimo che dovresti fare» proseguì Harry «Se non mi avessi detto di prendere ancora una carta, non avrei perso a Blackjack».

 

«Perdono, padrone!» piagnucolò Rookwood «Non succederà più!»

 

«Bene» replicò Harry. Si voltò e si ritrovò davanti uno specchio. Non era giallo, come nel precedente sogno. Questa volta… non aveva il naso!

 

 

«AAAAAAAARGH!»

 

«Cosa?» chiese una voce nelle vicinanze.

 

Harry si agitò, avviluppandosi nelle tende e nelle lenzuola, e cadde a terra ammaccandosi il fondoschiena.

 

«Cosa?» ripeté la voce, che ormai abbiamo capito appartenere a Ron.

 

«Rookwood gli ha dato l’informazione sbagliata…» farneticò Harry «…così… ha perso…»

 

«Cosa?» domandò Ron per la terza volta.

 

«…ha perso a Blackjack…» proseguì, Harry.

 

«Hai sognato il tuo Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri

 

«IO ero il mio Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri!» ribatté Harry guardandosi le mani per paura di trovarle prive di smaltino della Maybelline New York. «Era orribile» proseguì. «Ero senza il naso!» continuò, controllando di avercelo ancora.

 

Ron lo lasciò alle sue farneticazioni e tornò ai suoi incubi.

 

* * *

 

Harry aspettò fino all’intervallo del giorno dopo, per raccontare del sogno a Hermione – dopo aver passato tutta la mattina controllare che il naso ci fosse ancora. Purtroppo, quando espose le sue paure ad Hermione, lei sembro non farci molto caso, e lo sgridò, dicendogli che avrebbe dovuto impegnarsi di più nell’OccuOcclu… quella roba là. Nel pomeriggio, Harry si avviò mestamente nell’ufficio di Piton, per l’ennesima lezione, cercando in tutti i modi di dimenticare l’immagine del professore in abiti fetish. Stava appunto sbattendo la testa contro il guanto di un’armatura – per dimenticare più in fretta – quando la porta dell’ufficio si spalancò, e il gothic professor ne uscì, accompagnato da tuoni, fulmini, ed una quantità non indifferente di fumo grigio.

 

«Che diamine sta facendo, signor Potter?» chiese l’Uomo Nero.

 

«Niente» rispose il goth guy, sanguinando copiosamente dalla fronte.

 

Il professor Piton lo fece “accomodare”, e cominciò subito a rimproverarlo perché non aveva ancora imparato l’Occlumanzia.

 

«Tu sai perché sei qui, vero Potter? Per imparare l’Occlumanzia. Anzi, perché Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – vuole che tu impari l’Occlumanzia. E perché Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – vuole che tu impari l’Occlumanzia? Per non avere connessioni mentali con il tuo Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri. E perché Smilente – che si pronuncia “Smailente”, tra l’altro – vuole che tu non abbia connessioni men – LEGILIMENS!»

 

Harry, colto alla sprovvista, prese in pieno l’incantesimo senza quasi rendersene conto. Ricominciarono i flashback… ed Harry si ritrovò a guardare la sua oscura, tormentata vita per l’ennesima volta. Quando il goth guy decise di averne avuto abbastanza, distrasse Piton con uno stratagemma stracollaudato, utile in qualunque circostanza uno si trovi.

 

«Guardi, un UFO!» gridò ad un certo punto Harry, indicando la lapide del700.

 

«Dove?» chiese Piton stupidamente, cascando in pieno nella trappola tesagli da Harry.

 

«Fufufufu…»

 

Purtroppo, l’incantesimo rimbalzò non so dove e colpì Piton. Harry poté quindi godersi dei ricordi inediti ad alta risoluzione e, soprattutto, non suoi. Vide un bambino piccolo con i capelli neri nascosto sotto un tavolo a disegnare intricati cerchi da evocazione… un adolescente rintanato in un angolo di una biblioteca a leggersi il Dracula di Bram Stoker… lo stesso di prima armato di motosega e con una maschera da hockey sul volto che correva dietro ad un branco di altri adolescenti… una festa di addio al celibato, con una gentildonna tutta curve dentro una bara piena di champagne… Piton in lacrime con una vanga in mano, che dava l’estremo saluto al suo gatto Aion-“Io-sono-l'Alfa-e-l'Omega;-il-Giorno-e-la-Notte;-il-Principio-e-la-Fine”...

 

Il flusso di ricordi s’interruppe, ed Harry si ritrovò seduto sul polveroso pavimento a guardare un alquanto annoiato Piton appoggiato alla scrivania.

 

«Hai finito?» chiese questi, sarcastico.

 

«Ehm…» rispose – ma anche no – Harry, capendo di trovarsi in un mare, no, un oceano di guai.

 

«Riproviamo?» chiese falsamente affabile il professore, con un sorriso luciferino.

 

Mentre Harry sbiancava di diversi toni, un urlo trapanatimpani si sentì in lontananza (Evviva la Grammatica 2: la Vendetta). Fortunatamente per il goth guy, Piton considerò più interessante la ricerca dell’origine dell’urlo che la tortura psicologica del suo allievo, perciò si avviò verso l’ingresso del castello, seguito dal suddetto allievo.

 

Le grida venivano proprio dalla sala d’ingresso, dove il 90% degli studenti si era radunato – il restante 9%, consistente in nerd, era nel proprio dormitorio a studiare. Manca l’1%, giusto? Ecco, quello era Harry – per assistere a quello che sembrava uno scadente musical.

 

La professoressa Melinda Gordon era al centro della sala d’Ingresso, con una bottiglia di vodka in una mano e l’aria completamente folle. Un paio di trolley giacevano accanto a lei, uno sopra l’altro.

 

«No!» gridò la povera donna «No! Questo non può succedere! Non può essere, mi rifiuto di accettarlo!»

 

«Sapeva che sarebbe successo!» l’interruppe una voce, proveniente dal metro e ottanta – con i tacchi – di fetish woman piazzata in cima alla scalinata con una frusta in mano.

 

«Su, su» intervenne Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – «Non sarà costretta a lasciare OhSchwartz, (smile) in fondo».

 

«Ah, no?» rispose acida la Umbridge «E dove metteremo il nuovo insegnante che sceglierò personalmente in qualità di Mistress Suprema della Scuola?»

 

«Ho già trovato un nuovo insegnante (smile)» continuò Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – «che preferisce abitare al pianterreno, anche perché quella scala dell’Ikea…»

 

Il Preside si fece da parte. «Posso presentarvi…?». Il protone d’ingresso si spalancò, facendo intravedere il cielo buio, tuoni, fulmini, e una quantità non indifferente di fumo grigio – il professor Piton corse via allarmato con l’aria di chi ha dimenticato di spegnere qualcosa –. Quando il fumo si fu diradato, fece il suo ingresso una specie di nordico biondo con gli occhi azzurri alto due metri, con la parte inferiore del corpo non dissimile a quella di un cavallo.

 

«Io sono Beowulf!» esordì.

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Capitolo 28
*** 27_Il Centauro E Il Provino ***


CAPITOLO 27

CAPITOLO 27

 

IL CENTAURO

E IL PROVINO

 

«Sì, sì…» fece Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – accondiscendente, facendo pat-pat sulla spalla del centauro.

 

«Come sono andato?» chiese questi, in trepidante attesa del verdetto del preside.

 

«Mmmh… sì» rispose. Il centauro inorridì.

 

«Come “mmmh…sì”? Cosa c’era che non andava? Era la pronuncia? La postura? Il tono di voce?! Cosa?! Lei lo sa che…» la sala d’ingresso si oscurò e si accese un riflettore, che proiettò un cono di luce sulla tragica figura del centauro. «Lei lo sa che, da quando non ho passato i provini come comparsa per “Le Cronache di Narnia”, la mia autostima è precipitata in una voragine senza fondo, e mi sono sentito fallito come attore. Ma poi, appena ho saputo che si girerà questo grande kolossal, non ho potuto fare a meno di vedermi, nei panni del grande Beowulf, una parte che sembra scritta apposta per me-

 

«Sì, ok, va bene» lo interruppe Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro –, per poi rivolgersi alla folla che brancolava nel buio – letteralmente.

 

«Questo è il nuovo insegnate di Divinazione (smile): si chiama Fiorenzo. È un centauro».

 

Dalla folla si levarono dei sarcastici “Un centauro? Ma no, davvero? Chi l’avrebbe mai detto!». Fiorenzo si guardò attorno, e il suo sguardo cadde sulla Umbridge. O meglio, su ciò che la Umbridge teneva in mano.

 

«Aaaaargh!» gemette il centauro, “nascondendosi” dietro a Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro –.

 

«Cosa?» domandò il preside. Qualcu… Una persona tra il pubblico tossicchiò come protesta per l’uso non autorizzato della propria battuta.

 

«Queque… quella cosa!» gemette il mezz’uomo, cercando di farsi piccolo piccolo – cosa assai difficoltosa.

 

«È la Umbridge» spiegò paziente Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro.

 

«No! Quell’altra cosa! Quella che ha in mano

 

«Il vi… frustino?» tentò di capire il Preside.

 

«Sì, quello! Gli dica di metterlo via, per favore!»

 

«Signorina Umbridge» cominciò placido Smilente - che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – «può per cortesia riporre suddetto strumento (smile) il quale provoca un non indifferente malessere (smile) nel nuovo membro del corpo insegnanti

 

«No».

 

* * *

 

«Scommetto che adesso ti dispiace di aver mollato Divinazione, neh?» chiese ad Hermione un personaggio secondario di infima importanza del quale non ha senso riportare il nome.

 

«No» rispose lapidaria la ragazza, continuando a sfogliare il giornale. «Non mi sono mai piaciuti i cavalli».

 

«Ma non è un cavallo!» s’indignò lo stesso personaggio di poco fa. «È un centauro!».

 

«Ma và?» replicò sarcastica Hermione.

 

«Hem hem».

 

Hermione, il personaggio di infima importanza, Ron, e tutto il resto del cast si voltarono verso la fonte del suono.

 

«Lieto che vi stiate divertendo» disse, caustico «ma non vi sembra che manchi qualcuno?».

 

I presenti si guardarono attorno. «No, non ci pare».

 

«Come no?!» s’infuriò «Manco io! IO! Il protagonista! Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Potter! Come potete esservi scordati di me

 

«Le ultime statistiche» intervene Hermione «parlano chiaro. Sei il personaggio più odiato della fan’s fiction. Stiamo raccogliendo firme per eliminarti».

 

«Cosa?!» sbottò il goth guy orripilato. «Non potete farmi questo! Chi sarà il protagonista dopo?»

 

«Mmmmh… Ron?»

 

I due si voltarono verso l’apatica figura dell’emo-kid, profondamente immerso in una profonda fase depressiva ed avvolto dalla solita aura antracite.

 

«Facciamo che ne riparliamo dopo» concesse Hermione, raccogliendo il kit di sopravvivenza ed avviandosi a lezione.

 

«Ron, è terribile!» piagnucolò Harry, mentre lui e Ron si dirigevano verso la nuova aula di Divinazione. «Vogliono sostituirmi con… te».

 

Illuminato da un’idea improvvisa, Harry spalancò la porta di uno sgabuzzino, schiaffò dentro l’apatico Ron, richiuse la porta.

 

«Bene» disse il nostro… bah, “eroe”, entrando nella classe, che era stata trasformata in un ameno boschetto.

 

«Harry qualcosa Potter» disse il centauro vedendolo entrare.

 

«Sì, è il mio nome, ma non me lo consumare» replicò questi.

 

Si accomodò su un’Amanita muscaria – l’allegro funghetto rosso a pois la cui ingestione provoca disturbi gastrointestinali, eccitamenti, sudorazione ed ebbrezza – ed assistette alla lezione del centauro, consistente in dubbi sulle capacità della precedente insegnante da parte di Fiorenzo, principi di colpo della strega da parte degli studenti costretti a guardare un finto cielo stellato dipinto sul soffitto, disturbi gastrointestinali da parte di Harry – chissà perché… –, parziale incenerimento della classe da parte del falò che l’insegnante aveva appiccato nel bel mezzo della stanza. Quando finalmente suonò la campanella, Harry fece per andarsene, ma venne placcato dal centauro.

 

«Harry Potter, tu sei amico di Hagrid, vero?» gli chiese.

 

«Ma anche no»

 

«Allora comunicagli un messaggio da parte mia» proseguì Fiorenzo, ignorandolo come fanno tutti. «Il suo tentativo non porta a nulla, farebbe meglio a lasciar perdere. Glielo direi io, ma quei gelosi degli altri centauri, invidiosi della mia fama cinematografica, potrebbero causarmi dei fastidi. Dovrei seriamente pagarmi qualche bodyguard»

 

Harry lasciò il mezz’uomo ad elucubrare e se ne andò per i fatti suoi.

 

* * *

 

Alla successiva lezione di Difesa dalle Creature Magiche, Harry ne approfittò per riferire ad Hagrid il messaggio del centauro.

 

«Quello dice sa che non!» replicò Hagrid, nella sua ormai famosa – e spaventosa – grammatica personale.

 

Harry sospirò, senza nemmeno preoccuparsi di dare un senso alle parole di Hagrid – e ce ne vuole… –. Se ne andò, seguito da Ron, misteriosamente evaso dallo sgabuzzino. Harry si sarebbe impiccato quella sera stessa al baldacchino del suo letto, ma stava appunto preparando un perfetto e scenografico nodo scorsoio quando Ron venne ad avvisarlo che la riunione del F.I.C.A.U. incombeva. Borbottando maledizioni e parole poco carine, Harry ripose il cappio e si diresse verso il settimo piano, dove lo attendeva, come al solito, l’Arazzo di Virgola il Gattino Schiacciato dal Telefonino, che gli trapanò ben bene i timpani con la sua artificiosa vocetta stridula.

 

«Mi chiamo Virgola, sono un gattino… SPLAT»

 

Hermione tese una mano verso Ron. «Dai, Ron, che siamo già in ritardo».

 

L’emo-kid, ormai rassegnato alla missione della sua vita, ovvero aprire la porta della Stanza del Bisognino, subì le craniate con diplomazia.

 

La lezione del giorno consisteva nell’evocare un Patronus. La stanza si riempì ben presto di bestioline argentate, che fluttuavano per tutta la stanza.

 

«Guarda, Harry!» lo chiamo Nerdville «Siamo bravi?»

 

Harry – che se ne stava in un angolino a giocare con la PSP – lo liquidò con un gesto della mano, senza staccare gli occhi dalla console. «Seee, seee…».

 

All’improvviso, la porta della Stanza del Bisognino si aprì, e nella stanza fece irruzione Dobby, l’elfo domestico, abbigliato con la solita maglia gialla a pois verdi. L’essere si gettò su Harry, che, dallo spavento, lanciò la PSP in aria, e questa finì nella boccia dei pesci rossi(?).

 

«Harry Potter signore!» gemette l’elfo, arpionato ad uno stivale del goth guy «Dobby viene per avvertire… ma non può parlare…». Dobby estrasse una pinzatrice e cominciò a pinzarsi in varie parti del corpo, per punirsi.

 

«Cos’è successo, Dobby?» chiese Harry, mentre l’elfo si pinzava un braccio.

 

«Lei… lei…»

 

«Ma insomma! Fatti capire!»

 

L’elfo mollò la pinzatrice e alzò una mano. Harry lo guardò senza capire, poi, colto da illuminazione improvvisa, capì.

 

«Ho capito! Allora… 5 parole». L’elfo annuì, e alzò due dita. «La seconda». L’elfo si alzò in punta di piedi e agitò il braccio, come se stesse brandendo una frusta.

 

«Sei… un domatore di leoni. No?» provò ad indovinare Hermione. «Una prostituta? Una… una mistress sadomaso!». L’elfo annuì.

 

«Una mistress sadomaso…» cominciò Harry «No, aspetta, dovrebbe essere una parola sola…»

 

I parecchi cervelli presenti nella stanza cominciarono a lavorare.

 

«Io lo so!» disse ad un certo punto Nerdville «La Umbridge!»

 

L’elfo annuì di nuovo, poi alzò cinque dita ed indicò il pavimento.

 

«Quinta parola» disse Hermione «Pavimento… piastrella? Terra? …pinzatrice?»

 

L’elfo scosse la testa e continuò ad indicare il pavimento.

 

«Qui!» sbottò Harry «Vuol dire qui!»

 

«Allora» ricapitolò Hermione «spazio – Umbridge – spazio –spazio – qui…»

 

I presenti, assorti nel divertente giochetto con Dobby, non sentirono il rumore della motosega che stava pian piano aprendo uno squarcio nella porta della Stanza del Bisognino.

 

«La prima. Articolo… Il, lo, la… La? La! La Umbridge – spazio – spazio – qui…»

 

Una lampadina si accese sulla testa di Hermione. «OMG, la Umbridge sta venendo qui!». L’elfo si mise a saltellare e applaudire. «Sta’ fermo, tu!».

 

«Oh my Goth, dobbiamo fuggire! Dov’è la Cartina del Malandrino?!» si disperò Harry, cercando nelle tasche. «Oh, sì: l’avevo affidata ad Angelina!»

 

Parecchie teste si voltarono nello stesso istante, e altrettante paia di occhi si fissarono sulla fumata ragazza.

 

«…vuoi dire quella cartina 10x10 cm che mi hai dato qualche ora fa, quella su cui erano disegnati i corridoi della scuola e si vedevano tutte le persone che ci camminavano dentro?» mormorò Angelina «…l’ho fumata!»

 

Una fulminea depressione colpì tutti i presenti – tranne Ron, lui è già depresso di natura –.

 

«Siamo fottuti» disse Hermione con semplicità.

 

Tutti i presenti si fondarono sulla porta sul retro(?), spalancandola, e cominciando a riversarsi nel corridoio in preda al panico, travolgendo Harry e schiacciandolo sul pavimento come una sottiletta, mentre la motosega portava a termine il proprio lavoro. Un piede calò con decisione sul braccio in 2D di Harry.

 

«Prof., ne ho preso uno!» annunciò la voce di Malfoy.

 

«Tecnicamente, non sei stato tu a prendermi» precisò Harry, spalmato sulle piastrelle. «È stata solo una fortunata coincidenza».

 

«Eccellente» fece la fetish woman, unendo le dita della mano destra con quelle della mano sinistra. Estrasse una vanga da neve da chissà dove e cominciò a staccare Harry dal pavimento. Quando ci fu riuscita, trascinò il nostro… sì, eroe, verso l’ufficio del preside, che se ne stava, sorridente come al solito, sprofondato nella sua poltrona a giocare a Tetris sul portatile. Nella stanza erano presenti anche Kingsley Shacklebolt, un altro tizio senza nome, e Cornelius Caramella.

 

«Bene» disse questi; gli mancava solo un coltello da macellaio insanguinato in mano per sembrare un serial killer psicopatico. «Suppongo che tu sappia perché sei qui, Potter, vero?»

 

«No»

 

«No?»

 

«No»

 

«No?»

 

«No»

 

«Davvero? Non sai che in questa scuola è stata scoperta un’organizzazione illegale?»

 

«Ma no, davvero?» replicò Harry, infondendo forse un po’ troppo sarcasmo nella frase.

 

«Abbiamo una testimone molto attendibile» intervenne la Umbridge, «l’amica insignificante di Cho Qualcuno Chang! La ragazza in questione è venuta nel mio ufficio e mi ha informato che nella Stanza del Bisognino si svolgevano degli incontri moooolto illegali. Ed ho la prova!». La fetish woman estrasse il foglio su cui stavano scritti tutti i nomi degli appartenenti al F.I.C.A.U.

 

«D’ho!» esclamò Harry.

 

«F.I.C.A.U….» decifrò Caramella «Quale significato recondito ed oscuro nasconderà mai questo misterioso acronimo?»

 

«“Fondazione Idioti Compulsivi Assolutamente Unici”?» tentò di indovinare il tizio senza nome, esibendosi nell’unica battuta che avrà in questo capitolo.

 

«“Fantastichiamo Insieme Complottando Adorabili Uccisioni”?» provò la Umbridge.

 

«Magari semplicemente “Fantomatica Istituzione Cerca Auto Usata”…» disse Kingsley Shacklebolt, tentando di portarli fuori strada.

 

«Vuol dire “Facciamo In modo Che l’Autrice si Uccida”…» intervenne Harry.

 

«Zitto tu!» lo zittirono i presenti.

 

«Va bene (smile)» li interruppe Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – «confesserò. La verità è che F.I.C.A.U. vuol dire Esercito di Smailente in ugro-finnico antico. (smile) Sono stato io ad organizzare questi incontri illegali (smile), perché la demenza senile mi ha ahimè infine colpito (smile)».

 

Il Preside, finito questo illuminante discorso, estrasse dal taschino uno strano oggetto oblungo, somigliante ad una penna particolarmente grossa. Dallo stesso taschino tirò fuori anche due paia di occhiali da sole: uno lo indossò, l’altro lo tirò ad Harry, che lo prese al volo. Harry osservò gli occhiali: due cosi inguardabili dalla montatura rosa a cuore spessa almeno due centimetri, decorata con degli strass gialli.

 

«Urgh…» gemette Harry, ma li indossò ugualmente, perché se il Preside glieli aveva dati un motivo ci doveva pur essere.

 

Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – sollevò la strana penna, dalla quale partì un flash che sparaflesciò tutti i presenti.

 

«Io non sono qui (smile)» cominciò il Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – «Non sono mai stato qui, (smile) voi siete venuti qui per giocare ad Un Due Tre Stella, (smile) e non per accusare Harry di aver organizzato incontri illegali nel territorio scolastico. Perciò io ora me ne vado (smile), e voi continuate pure a giocare ad Un Due Tre Stella».

 

Il Preside si alzò placidamente in piedi ed uscì tranquillamente dalla stanza. Harry si sfilò quegli orrendi occhiali e lanciò un’occhiata ai presenti, che si stavano riprendendo.

 

«…che cosa stavamo facendo?» riuscì a dire Caramella.

 

«Mi pare stessimo giocando a moscascieca…» replicò la Umbridge.

 

«No, era qualcos’altro…» intervenne Kingsley Shacklebolt.

 

«Ah, Un Due Tre Stella!» esclamò Caramella. «Uno…Due…Tre… Stella! Potter, ti sei mosso! Sei eliminato, perciò vattene! Sparisci! Sciò!»

 

Harry uscì dalla stanza, sghignazzando e sfregandosi le mani come il cattivo di un film d’azione di serie Z.

 

 

 

 

 

 

Eh… l’ispirazione ha fatto in fretta a tornare! Forse se n’era andata da qualche parte per le vacanze di Natale, ed ha allungato un po’ le ferie… XD No, la verità è che finalmente ho trovato il coraggio (e l’autostima necessaria) di registrarmi a DeviantArt, che calamita la mia attenzione come un gigantesco magnete. Cooomunque, vedere che continuate a leggere e a commentare è un pretesto più che valido per andare avanti. Vi adoro! Chuuu! ~ <3

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Capitolo 29
*** 28_Il Peggior Ricordo Di Piton ((ovvero Come Harry Scoprì...) ***


CAPITOLO 28

CAPITOLO 28

 

IL PEGGIOR RICORDO

DI PITON

(ovvero Come Harry Scoprì Che Suo Padre Era Un Bulletto Nerd E Subì Uno Shock)

 

Per ordine del MiniMinistero della MagiMagia

 

Ahi-Che-Dolores Umbridge (Mistress Suprema) sostituirà

Albus e un’altra ventina di nomi che non sto ad elencare Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – in qualità di Preside della Scuola di Magia, Stregoneria, Arti Marziali e Tattiche Militari di OhSchwartz con il nome di Dittatrice.

 

Firmato: Cornelius Caramella

 

Gli avvisi erano comparsi durante la notte in tutto il castello (con gran malumore da parte degli elfi domestici, per il lavoro extra non pagato). La fuga di Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – si era diffusa a macchia d’olio tra gli studenti, fino ad assumere proporzioni bibliche: si favoleggiava che il Preside, dopo aver estratto Excalibur dal famoso taschino, avesse tranciato arti e mozzato teste, sbudellato, squartato ed evirato (urgh…), reciso e troncato, e alla fine, dopo essere saltato a bordo di un Harley Davidson, si fosse gettato dall’alto della torre in cui si trovava il suo ufficio, impennando e sfondando le vetrate, mentre una violenta musica heavy metal risuonava nell’aria. Harry, pur essendo un testimone oculare, non fece niente per smentire tali voci, anzi, a chiunque gli chiedesse cosa mai fosse successo in quell’ufficio, rispondeva con la prima cazzata che gli veniva in mente, contribuendo così ad alimentare la confusione che si era creata.

 

«Sì, Ernia» stava dicendo ad Ernia Macmillan, «è vero, il Preside ha tirato fuori un fucile mitragliatore e si è messo a sparare all’impazzata come Tony Montana in Scarface, ridendo e gridando come un assatanato».

 

«Harry» lo rimproverò Hermione, tirandolo da parte mentre si avviavano nella Grande Sala per fare colazione. «Dovresti smetterla di dire tante stronzate. Diventerai stupido. Ma non preoccuparti, in fondo l’intelligenza non è tutto. Nel tuo caso è niente».

 

Ad Harry ci volle appena qualche ora per capire l’insulto. «Ehi!» sbottò a cena, rovesciando una brocca d’acqua addosso al povero Ron, del quale non abbiamo notizie da quasi un capitolo «Ma mi stai insultando?».

 

Hermione non lo stette neanche a sentire, assorta com’era nel tentare di capire che cosa diavolo stessero combinando Fred e George, che stavano sfogliando libri con titoli come Esplosivi, questi sconosciuti, Divertiamoci con il trinitrotoluene, 100 e passa modi per usare l’esplosivo con fantasia (quest’ultimo potete trovarlo su Nonciclopedia, tanto per fare un po’ di pubblicità non-proprio occulta). I gemelli si accorsero dello sguardo indagatore tendente al pluriomicida di Hermy.

 

«Cosa state architettando voi due?»

 

«Noi? Niente!» rispose Fred, richiudendo il volume Storia di un ordigno nucleare.

 

«Noi? Niente!» ripeté George, afferrando I molti usi della nitroglicerina.

 

«Pensavamo solamente che adesso, dato che Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – non c’è più, è arrivato il momento di fare casino» continuò Fred, con la solita inutile, obsoleta ripetizione di George.

 

«Ma non dovete!» li rimproverò Hermione «Vi espellerà!»

 

«Appunto» replicarono in coro i gemelli. «Vi conviene farvi trovare nella Grande Sala, per non essere coinvolti».

 

«Ci siamo già» intervenne Harry, acido.

 

«Ah».

 

Un’ombra minacciosa apparve alle spalle di Harry, ma no, non era il Tristo Mietitore così tanto atteso dal goth guy: era semplicemente il guardiano Gazza, che informò Harry sul fatto che la preside volesse vederlo. Vagamente intimorito , Harry seguì Gazza fino all’ufficio della Umbridge, che ora recava la targa “Ahi-Che-Dolores Umbridge, Dittatrice”. Entrato nell’ufficio/fetish club, Harry si guardò attorno, notando l’ormai dolorosamente familiare panca per spanking, la collezione di fruste e frustini appesi alle pareti, e la catasta di stivali nell’angolo.

 

«Si sieda, Potter» disse la fetish woman falsamente affabile. Harry cercò qualcosa sul quale sedersi, ma l’unica cosa che trovò fu una sedia dell’inquisizione, con diversi spuntoni aguzzi sulla seduta e sullo schienale.

 

«…ma anche no» replicò il goth guy, determinato a salvaguardare tutto ciò che sta al di sotto della propria cintola – e anche il resto, sia chiaro.

 

«Che cosa le andrebbe di bere?» proseguì la Umbridge, facendo apparire, con una frustata magica (XD) dei bicchieri sul tavolo. «Tè al velen… ehm, limone? Latte e cianur… caffè? Succo di vetriol…zucca?».

 

Harry scrutò diffidente i bicchieri sulla scrivania, che contenevano liquidi di strani colori ed emettevano una gran quantità di fumo apparentemente poco salutare. «Niente, grazie» rispose.

 

«Desidero che lei beva qualcosa assieme a me» insistette la Umbridge, aumentando la stretta sul manico della frusta e assumendo un aria particolarmente omicida.

 

«Va beeene» replicò Harry, ripensando con immenso cordoglio alle parole incise sulla sua schiena a frustate, che ancora si rifiutavano di andarsene. Prese la tazza con il tè al velen…limone, che emise uno sbuffo di fumo pericolosamente somigliante ad un fungo atomico.

 

«Bene» riprese la Umbridge «E ora, signor Potter, dovremmo fare una chiacchierata su quello che è accaduto ieri nell’ufficio del Preside. …allora, non beve il suo tè? Che c’è, vuole l’arsenic…lo zucchero?».

 

Harry finse di bere.

 

«Bene» ripeté la Umbridge, sfoggiando il proprio scarso vocabolario «Dov’è Albus e un’altra ventina di nomi che non sto ad elencare Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro –?».

 

«A bò» rispose tranquillamente Harry.

 

«Beva, beva» disse lei, e non gli passò neanche nell’anticamera del cervello il fatto di sembrare sospetta quanto un uomo con un passamontagna in una banca.

 

Harry finse di bere. Ancora.

 

«A bò» ripeté, dimostrando che nemmeno il suo vocabolario era poi così ampio.

 

«Bene» replicò la Umbridge per la terza volta, cominciando a scassare leggermente i co…comeri. «Allora dov’è Sirius Black?»

 

«Perché non mi chiede dov’è Osama Bin Laden, già che c’è?» replicò il goth guy.

 

Un esplosione proveniente da chissà dove risparmiò la Umbridge dall’onere di trovare una risposta a tono. Perfino il pavimento tremò, facendo cadere dai sostegni diversi frustini. Harry approfittò della confusione per versare il tè in uno stivale in PVC, che si sciolse formando una pozza nera sul pavimento. Ma la Umbridge non se ne accorse e, brandendo la frusta magica corse precariamente fuori caracollando sui suoi tacchi per vedere quale fosse l’origine di quel pandemonio, seguita da Harry. Qualcuno aveva dato fuoco ad un’intera cassa di esplosivi e fuochi d’artificio, che avevano cominciato a svolazzare e a provocare esplosioni dappertutto. Gruppi di studenti amish correvano a destra e a sinistra, brandendo bottiglie di alcolici, e gridando «Ruuuumspringaaaaa!», altri improvvisavano cori di “We don’t need no education” nei corridoi e sulle scale, Draco Malfoy scorazzava nell’atrio agitando una Fender sopra la testa e urlando “ANARCHY IN UK!».

 

Harry fissò la chiatta elettrica. «Ehi!» sbottò all’indirizzo di Malfoy «Quella è mia!». Malfoy si fermò.

 

«Cosa?» replicò «Ma non è tua, è mia! Ho ancora lo scontrino, guarda! L’ho comprata su eBay per fare… ANARCHY IN UK!».

 

Harry lo schiaffeggiò con una mazzetta di banconote. «ORA è mia».

 

Malfoy si allontanò contando i soldi. Harry prese la Fender per il manico come un’ascia e cominciò a colpire i muri, il pavimento, e il corrimano delle scale, finché l’ebbe sfondata, sotto lo sguardo attonito di Hermione e Ron che passavano di lì. Il goth guy gettò i resti della chitarra sul pavimento e gli diede fuoco, inginocchiandoglisi davanti e alzando le mani al cielo.

 

«Ma sta bene?» domandò Hermy all’ormai quasi inutile emo-kid.

 

* * *

 

Quella sera, quando Harry andò a dormire, sognò di nuovo di trovarsi in un corridoio.

 

«Tuuuu, bastardo!» lo accusò una voce. Harry si voltò. Dall’ombra del corridoio spuntò un tizio che non aveva mai visto.

 

«E tu chi saresti?» gli chiese.

 

«Sono Leo Fender, il fondatore della Fender Musical Instruments Corporation, inizialmente chiamata Fender Electric Instrument Manufacturing Company. Come hai osato trattare così quella chitarra? Se è una rockstar a fare una cosa del genere lo accetto, ma tu, insignificante darkettone, come hai potuto solo pensare di violentare quello strumento con le tue indegne manacce gotiche?».

 

Detto questo, Leo Fender estrasse una chitarra-falce e una chitarra-motosega, e cominciò ad inseguire Harry lungo il corridoio.

 

«Sei forse Eric Clapton? Sei Jimi Hendrix? Sei Stenie Ray Vaughan? NO! E allora fatti massacrare ed espia questa tua immorale colpa!».

 

Harry arrivò in fondo al corridoio, davanti alla porta che non si apriva mai.

 

«Oh, cazzo!» gemette il goth guy, cominciando a tempestarla di colpi. Miracolo dei miracoli, la porta si aprì! Harry vi entrò velocemente e la sbatté in faccia all’incazzato inseguitore. Harry si guardò attorno. C’erano delle cosine sbrilluccicanti nell’aria. Superò un’altra porta e si trovò in uno spazio gigantesco, come quello di una cattedrale, con file e file di scaffali come quelli di una biblioteca e pieni di CD-R 80 SQ 700MB. Là dentro c’era qualcosa che lui, o qualcun altro, voleva…

 

Si svegliò. I suoi compagni di stanza, relegati nel loro angolino, guardavano fuori dalla finestra – tutti meno che Ron, naturalmente, che stava frugando in uno degli innumerevoli cassettoni di Harry.

 

«Hei! Cosa diavolo stai facendo?».

 

Ron si allontanò con aria colpevole. «Volevo solo quel bel cappio che hai creato nello scorso capitolo» disse, mettendo in fila più parole di quante fosse solito usare.

 

* * *

 

Il giorno dopo, Harry si avviò verso l’ufficio di Piton per la consueta lezione di OccuOcculu… quella roba lì, preoccupato che la solita immagine di fetish-Piton facesse capolino condannandolo ad un prematuro ingresso nell’aldilà. Stava attraversando la Grande Sala – che era da tutt’altra parte rispetto ai sotterranei dove avrebbe dovuto andare, ma Harry non era famoso per il suo senso dell’orientamento –, quando fece la sua comparsa Cho Qualcuno Chang, che venne in fretta verso di lui.

 

«Ma cazz…»

 

Fuggi rocambolescamente – hei, ho creato un nuovo vocabolo! XD E di diciassette lettere, per di più! XDD – dalla Sala e, dopo varie peregrinazioni, giunse infine davanti alla porta dell’ufficio del suo rivale.

 

«Allora» disse questi, dopo che Harry fu entrato nella stanza, accolto come sempre da teschi, pipistrelli imbalsamati, crocifissi, una lapide del ‘700, la discografia dei Bauhaus, fiale piene di sangue, una foto autografata di Robet Smith, il tanga di Morticia Addams, e altre robe oscure e gotiche che lo fecero diventare verde d’invidia. «Ti sei esercitato?».

 

«Certo» mentì Harry, pregando mentalmente che il Robert Smith della foto diventasse reale e distraesse Piton.

 

«Lo scopriremo subito» replicò Piton, sollevando la sua bacchetta demodé. All’improvviso, la porta si spalancò ed entrò Malfoy.

 

«Signore!» esclamò «Ci sono i Cure davanti al castello!».

 

«Cosa?!» strillò poco decorosamente il professore. Afferrò un block notes e si scapicollò fuori dall’ufficio seguito dal suo biondo studente.

 

Harry approfittò dell’assenza del nemico per ficcanasare di qua e di là, facendosi scivolare casualmente in tasca ora un crocifisso gotico, ora un collare borchiato. Stava curiosando in un armadio chiuso a chiave, che si era misteriosamente aperto da solo, quando trovò uno scatolone con su scritto “Tesori di Piton”. Ci trovò un Teddy Bear decapitato con un coltello infilato nello stomaco, alcune figurine della collezione “Serial Killer & Maniaci Omicidi Famosi” – Harry sgraffignò quella di Charles Manson, che gli mancava –, qualche fotografia di concerti black metal, vecchi bambolotti dei Dimmu Borgir, la testa del Teddy Bear sopraccitato truccato come uno dei KISS, qualche candela nera, la barbie di Siouxsie Sioux e un porta CD con su scritto “Ricordi”. Harry aprì il contenitore e lesse i titoli dei CD, cose come “prima messa nera”, “matrimonio di zia Dementia”, “il piccolo Piton che sacrifica i peluche a Cthulhu”. Harry prese “quinto anno a OhSchwartz” e lo inserì nel nero portatile del professore (il Pensatoio? Superato! Suvvia, siamo nell’era della tecnologia! E ho pure fatto la rima!) – che chissà come riusciva a caricare, dato che nel castello non c’è la corrente elettrica… ma chissenefrega, in fondo, tanto la logica di questa fic è andata a farsi fottere ventotto capitoli fa… =_= –.

 

Harry ammirò per un attimo, non senza un pizzico d’invidia, l’immagine sul desktop del computer, ovvero l’illustrazione dal titolo “Goth Rock” di Anne Stokes, poi cominciò a smanettare con il portatile finché non riuscì a far partire il disco – e così scopriamo che tra Harry e la tecnologia moderna non corre buon sangue –.

 

Tenendo d’occhio la porta, - invisibile, visto che nera e circondata da muri neri – per timore che il nemico tornasse, Harry avviò il filmato, e fu risucchiato dallo schermo del computer.

 

Si ritrovò al centro della Grande Sala, ma i tavoli delle quattro Case erano scomparse: al loro posto, centinaia di banchi, ognuno occupato da uno studente. Era in corso un esame. Harry, rendendosi conto che nessuno poteva vederlo, cominciò a darsi alla pazza gioia, infilando matite nei nasi, facendo svolazzare fogli e annodando capelli. Quando si rese conto che, in effetti, non poteva fare niente di tutto questo, si rassegnò a cercare il proprietario del ricordo, ovvero Piton. Eccolo la, con i suoi lunghi capelli neri, il suo crocifisso a rovescio, la sua T-shirt dei Black Sabbath sotto alla divisa al posto del gilet…

 

«Ancora diciassette minuti!» disse qualcuno – no, non Qualcuno, qualcun altro… –.

 

Harry si voltò per veder chi aveva parlato e notò qualcuno che aveva visto solo in fotografia, parecchi anni dopo… si avvicinò al suo fantomatico padre, e lo osservo. Capelli scandalosamente corti. Occhiali da nerd. Faccia da schiaffi. Harry piombò nella depressione. Come poteva suo padre – suo padre – essere così… poco gotico? Al contrario, Sirius era molto, mooolto più dark e attraente di lui (di James, non di Harry). Che sua madre avesse cornificato il suo cosiddetto padre? Beh, questo giustificava come mai James si trasformasse in un cervo…

 

Due posti più indietro individuò Lupin e Codaliscia, il ragazzo-topo.

 

«Giù le piume!» disse il professore di guardia «E restate seduti mentre raccolgo i compiti. Accio

 

«Salute!» risposero gli studenti in coro.

 

Harry, costretto a seguire Piton, riuscì comunque ad origliare i discorsi del suo cosiddetto padre e dei suoi amici. Uscirono all’aperto, ed Harry notò come il suo cosiddetto padre facesse lo sborone con un boccino d’oro, esibendosi come un tacchino davanti a gruppetti di ragazzine urlanti. Quando quel passatempo gli venne a noia, James si dedicò ad un'altra cosa che gli riusciva particolarmente bene: fare il bullo. La sua scelta ricadde sul povero… “povero” Piton.

 

«Tutto bene, Mocciosus?» gli chiese James ad alta voce.

 

Neanche il tempo di estrarre la sua bacchetta demodé, che Piton si ritrovò disarmato. Un altro incantesimo, e finì a terra.

 

«Lascialo stare!» disse qualcuno – …no, non Qualcuno… qualcun altro… uff XD –.

 

A parlare era stata una delle ragazze in riva al lago, dai folti capelli rosso scuro che gli arrivavano alle spalle. Sua madre. La madre di Harry, cioè. Sì, lei andava bene, constatò Harry, rispetto a quel nerd del suo cosiddetto padre…

 

«Che cosa ti ha fatto?» continuò Lily.

 

«Esiste» replicò James, tronfio.

 

Mentre Lily e James battibeccavano, Piton si liberò dall’incantesimo che stava svanendo e riuscì ad impadronirsi della propria bacchetta demodé. La puntò contro James e, con un lampo di luce, gli ferì una guancia. Harry rabbrividì: se l’avessero fatto a lui, se qualcuno avesse solo osato scalfire la sua statuaria bellezza neoclassicista, non sapeva come avrebbe potuto reagire. James, dal canto suo, fece partire un altro lampo di luce, e Piton si ritrovò appeso a mezz’aria a testa in giù.

 

«Allora» annunciò James «chi vuole vedermi togliere le mutande a Mocciosus?».

 

Harry inorridì: cos’era, il suo cosiddetto padre, un maniaco (omo)sessuale? Fortunatamente per la sua sanità mentale, Harry non seppe mai se James avesse fatto quanto annunciato, perché una mano gli serrò il braccio e lo trascinò all’indietro, fuori dal monitor del computer portatile.

 

«Oh, doppio cazzo!» gemette Harry.

 

«Allora» disse Piton, pallido – sì, ancora di più! Sconvolgente! – di rabbia «ti stavi divertendo, Potter?»

 

«N-no» rispose Harry, constatando di essere davvero nei casini. Altro che Piton con la tutina fetish della Umbridge… questa volta era davvero nella merda fino al collo, tanto per essere volgari.

 

«Fuori!» sbottò il prof «Fuori di qui! Non voglio vederti mai più qui dentro!» e gli sbatté la nera porta in faccia. Sulla faccia.

 

Perdendo sangue come un rubinetto aperto, Harry si allontanò, spaesato, lungo i sotterranei. Non aveva voglia di tornare alla torre di Grifonplatino, né di raccontare a Ron ed Hermione quello che era successo. Ciò che lo riempiva d’orrore e di infelicità erano i dubbi che gli erano sorti nella mente: il suo cosiddetto padre era veramente suo padre? Perché Lily non sembrava molto ben disposta nei suoi confronti… ed inoltre, Harry non gli somigliava neanche un po’. Rifletté con chi Lily avrebbe potuto tradire James. Il primo candidato era Sirius: in fondo, quale ragazza sana di mente preferirebbe l’insignificante James a quel figaccione di Sirius? – si ode coro di lettrici che esclamano risolute “Io!”, mentre un altro coro altrettanto numeroso dice “Io no!” –. Il secondo candidato, invece… Harry inorridì: non è che magari suo padre, il suo vero padre… era Piton? In effetti, ciò avrebbe spiegato un sacco di cose…

 

 

 

 

 

 

Ben due capitoli oggi, mi sto proprio rimettendo in carreggiata! XD A presto!

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Capitolo 30
*** 29_Orientamento Professionale ***


CAPITOLO 29

CAPITOLO 29

 

ORIENTAMENTO

PROFESSIONALE

 

«Perché non vai più a lezione di Occlu-che?» gli domandò Hermione, ficcando il naso in faccende che non la riguardavano, come al solito.

 

«Farti i fatti tuoi tu no, eh?» replicò irritato Harry, urtando la pila di libri che Hermione aveva precariamente ammucchiato, che crollarono addosso al nostro povero emo-kid, il quale, più depresso che mai, oscilla pericolosamente sull’orlo del dimenticatoio (ben due tempi verbali in una sola frase… la qualità della fic precipita inesorabilmente verso il basso, fino a sfondare il pavimento… ah, che tristezza…).

 

«Allora hai smesso di fare sogni strani?» continuò la ragazza, per la quale la frase “fatti gli affari tuoi” non ha significato alcuno. Harry ripensò all’ultimo sogno, quello con Leo Fender, che ultimamente era tornato a fargli visita nel suo mondo onirico, e risentì nella mente il rombo della chitarra-motosega a pochi centimetri dalla sua testa.

 

«Più o meno» rispose, mentre Raschiatibie infilava tutti e diciotto – acc… diciotto! Maledizione! – i suoi artigli nella sua gamba.

 

Harry, invece di tirargli un calcione che l’avrebbe spedito nella stratosfera e anche oltre come chiunque si aspettava avrebbe fatto, si limitò a staccarselo di dosso, un’unghia alla volta. Era ancora profondamente turbato dai dubbi che gli erano sorti nella testa la sera prima. Hermione e Ron lo guardarono stupiti – ma forse Ron non era stupito, essendo estremamente difficile decifrare la sua espressione tra aura neroblu e ciuffo di capelli sulla faccia –, neanche Harry si fosse rapato a zero per ritirarsi in Tibet tra i monaci per una vita di ascesi priva di ombretto nero e unghie dipinte. Hermy gli sventolò una mano davanti alla faccia, gli tirò i capelli, gli disegnò dei fiorellini sugli stivali con un pennarello a vernice giallo, gli scarabocchiò la faccia con un indelebile, gli appuntò una spilla sul petto con su scritto “Amo gli Emo”, ma Harry non reagì, perso com’era nelle sconfinate praterie della sua mente.

 

«ORA comincio a preoccuparmi» affermò Hermione «Non ho neanche voglia di spaccargli la faccia per vedere se si incazza».

 

Il gruppetto fu raggiunto da Ginni, che recava con se un pacco che aveva superato i controlli della Dittatrice.

 

«Uova di pasqua per tutti» annunciò la ragazza, porgendo ad ognuno il suo – dentro a quello di Ron c’era… una lametta, che quasi gli tranciò il tubo digerente, avendo l’emo-kid ingoiato l’uovo tutto intero, nella speranza di soffocare –. Harry non diede segni di interazione con il mondo esterno nemmeno quando Ginni posò l’ovetto davanti a lui, un adorabile sfera di cioccolata ornata di teschi e croci di zucchero.

 

«Che cosa ha?» chiese ad Hermione.

 

«A bò» rispose l’interpellata. Harry disse qualcosa di poco intelligibile.

 

«Cosa

 

«Voglio parlare con Sirius» disse, come un bambino piagnucoloso davanti alla vetrina di un negozio di giocattoli. «Ma lo so che non posso». “Devo scoprire se mammina ha cornificato il paparino” pensò.

 

«Se proprio vuoi» replicò Ginni «possiamo trovare un modo. Quando sei cresciuta con un emo-kid, niente è impossibile»

 

* * *

 

La mattina successiva, Harry, dopo che fu riuscito a raschiarsi via dalla faccia tutto l’inchiostro indelebile, lavato gli stivali e gettato la spilla dalla finestra della torre colpendo un povero malcapitato che passava di sotto, notò un nuovo annuncio affisso in bacheca.

 

Orientamento professionale

Durante la prima settimana del trimestre estivo,

tutti gli studenti del quinto anno sosterranno un breve

colloquio con il direttore della propria casa per

discutere di che morte dovranno morire

della loro futura professione.

Di seguito sono elencati gli orari degli

appuntamenti individuali.

 

Harry prese mentalmente nota dell’orario del proprio appuntamento: era atteso nell’ufficio della McGranitt lunedì alle 17 e 17 spaccate. Tornò nella sala comune, dove Ron ed Hermione stavano sfogliando dei depliant con le future professioni disponibili. Hermione ripose quello del Comitato Eliminazione Babbei e passo a quello del Quartier Generale degli Sterminatori di Massa, mentre Ron fissava apaticamente Suicidarsi per una Buona Causa: Diventa un Mago-Kamikaze. Prima che Harry potesse anche solo sfiorare uno di quei volantini, fecero la loro comparsa Fred e George, con fare molto cospiratore.

 

«Ehi, fratello. Ginni ci ha parlato del tuo problema» disse Fred.

 

«Ehi, fratello.» ripeté George, come da copione «Ginni ci ha parlato del tuo problema».

 

«E visto che domani abbiamo intenzione di fare un gran casino, tanto vale che ne approfitti per parlare con Sirius» continuò Fred.

 

«E visto che domani abbiamo intenzione di fare un gran casino, tanto vale che ne approfitti per parlare con Sirius» gli fece eco George.

 

«Dal camino della Umbridge, che non è controllato» concluse Fred.

 

«Dal camino della Umbridge, che non è controllato» ripeté George.

 

«Ma la Umbridge non ha il camino» intervenne Hermione «Ha una stufa a pellet».

 

«D’ho!» commentò Harry, violando per l’ennesima volta l’ennesimo copyright.

 

«Vabbè, c’è pur sempre lo sportellino sopra, no?» replicò Fred.

 

«Vabbè, c’è pure lo sportellino sopra, no?» replicò anche George.

 

«Ed io – io! – dovrei mettermi a testa in giù su una stufa a pellet con la testa infilata nello sportellino, con rischio che i miei – i miei! – capelli si sporchino?!»

 

«Vuoi parlare con Sirius?»

 

Harry rifletté profondamente. Valeva la pena mettere a rischio la lucentezza, la nondoppiapuntezza (okay, qua si tocca il fondo delle parole inventate…), la perfezione della sua chioma, per scoprire se mammina aveva cornificato il paparino, magari con lo stesso padrino (o magari – ma anche no – proprio con Piton) (Urgh!)? Sì, decise infine, ne valeva la pena. La sua vita non sarebbe più stata la stessa se avesse avuto la certezza di essere figlio di un nerd e una cheerleader. Se fosse stato figlio di una cheerleader e un metallaro, sarebbe stato già meglio…

 

* * *

 

La mattina dopo Harry si svegliò prestissimo – correndo il rischio di beccarsi delle antiestetiche occhiaie –, preoccupato quanto la mattina dell’udienza al MiniMinistero – ma senza elfo puccioso sullo stomaco, per fortuna. Dopo una sequela di lezioni che non stiamo ad elencare (come al solito, martoriamo questo capitolo già scarno di suo, avanti! ndHarry), alle 17 e 17 spaccate Harry si recò nell’ufficio della McGranitt, che lo aspettava trinceata dietro la cattedra, rovesciata su un fianco – la cattedra, non la McGranitt – come un fortino. Prima che potesse anche solo fare un passo nella stanza, Harry si trovò un’AK47 puntato in faccia.

 

«Chi sei, cosa fai, dove vai, come mai?» domandò a raffica la Umbridge.

 

«Sono Harry» rispose con un sospiro «vengo qui, per l’orientamento professionale, ha presente?»

 

La McGranitt ripose l’arma e si alzò in piedi. Indossava la divisa blu e nera della SWAT. Harry si accorse anche di un’altra cosa: in un angolo della stanza se ne stava acquattata la fetish woman!

 

«Allora, Potter» disse la McGranitt «Hai già pensato che cosa ti piacerebbe fare dopo aver lasciato OhSchwartz?»

 

«La rockstar maledetta» rispose prontamente Harry «O il serial killer psicopatico. O il capo di una setta satanica».

 

«Ah, cioè vorresti diventare un Avatar?»

 

 

PICCOLA PARENTESI

Ho storpiato il termine “Auror” con “Avatar” già nel capitolo 7, cioè secoli prima che uscisse l’omonimo film di Cameron… devo dire che capita proprio a fagiolo, no? XD

 

 

«Un coso blu alto tre metri con dei filamenti nella treccia? Ma anche no» replicò asciutto Harry.

 

«Sì» continuò la McGranitt, ignorando Harry come fa la maggior parte della gente «Direi che quella di diventare Avatar, cioè un cacciatore di maghi oscuri, dovrai seguire un sacco di corsi…»

 

«Un cacciatore di maghi oscuri?!» sbottò Harry «Dovrei cacciarmi da solo?»

 

«…e questi corsi sono Corruzione Verso le Arti Oscure, Trasmutazione, Incantesimi e Intrugli.» proseguì imperterrita la McGranitt, come se Harry non esistesse.

 

La Umbridge si schiarì la voce. «Non credo che il signor Potter abbia il carattere adatto per diventare un Avatar».

 

«Ecco» borbottò Harry «glielo dica anche lei».

 

«Ha precedenti criminali, è svogliato, pigro, apatico, vanesio, frivolo, volubile, puerile, fu…»

 

«Ehi! Quello è il mio Dizionario dei Sinonimi e Contrari!» affermò Harry «Ecco dov’era finito!»

 

«Potter!» esclamò la McGranitt «Ti farò diventare un Avatar, fosse l’ultima cosa che faccio!»

 

«Ma io non voglio!» gemette Harry.

 

«Il MiniMinistro della MagiMagia non assumerà mai Harry Potter!» replicò la Umbridge «Non sarà mai un Avatar!»

 

«E invece sì!» sbottò la McGranitt.

«E invece no!» ribatté la Umbridge.

 

«E invece sì!» ringhiò la McGranitt, facendo scattare la sicura della Sig Sauer.

 

«E invece no!» latrò la Umbridge, facendo schioccare la frusta.

 

«E invece sì!» abbaiò la McGranitt, azionando il mirino laser del fucile da cecchino.

 

«E invece no!» ululò la Umbridge, brandendo il gatto-a-nove-code.

 

Harry decise saggiamente di levare le tende e allontanarsi il più possibile da quella cagnara. Quando si chiuse la porta alle spalle, sentì raffiche di mitra ed esplosioni e ringraziò il cielo per averla scampata – perché un buco in fronte non è quel che si dice il massimo dell’eleganza.

 

Stava percorrendo il corridoio quando, in lontananza, udì le grida tipiche di un diversivo. Allora deviò verso l’ufficio della Umbridge, estrasse la sua collezione di arnesi da scasso, forzò la serratura ed entrò. Eccola là, acquattata nell’angolo come una belva feroce in attesa di staccargli la testa a morsi… quella malefica stufa a pellet. Scovò una scatolina di Polvere Volante e, rivelando doti atletiche incredibili, riuscì ad infilare la testa nello sportello superiore della stufa. Riuscì in quale modo a buttarci dentro la polvere volante e a dichiarare l’indirizzo. Quando riaprì gli occhi si ritrovò a fissare il salotto della casa del suo padrino. Lupin, che era stravaccato sul divano a guardare una telenovela in spagnolo alla tv, saltò su.

 

«Cristo!» esclamò, facendosi il segno della croce «Sirius, corri presto! È comparso il diavolo nel tuo camino! Porta l’acqua santa».

 

«Grazie dei complimenti» borbottò Harry sarcastico «Adesso posso parlare con Sirius, o devi prima esorcizzarmi?»

 

«Ah, Harry, sei tu»

 

«Ovviamente»

 

Sirius entrò nella stanza, portando una tanica di acqua santa, un crocefisso d’argento e una tunica da prete. Guardò nel camino, e la solita trita colonna sonora riconoscibile risuonò nell’aria.

 

«Padrino!» esclamò Harry!

 

«Picciot… Harry! Che succede? Ti serve aiuto? Devo assassinare qualcuno?»

 

«No, volevo solo parlare… di mio padre. O meglio, di mia madre. Cioè no, di mio padre…».

 

Harry gli raccontò quello che aveva visto del CD-RW dei ricordi di Piton, poi aggiunse «…perciò volevo sapere: mammina ha cornificato papino?»

 

«Beh… tua madre era davvero una bella donna, sai… » replicò maliziosamente Sirius «Però era anche molto prudente, non so se mi spiego…»

 

«Ah. Ecco perché il soprannome di paparino era “Cornuto”…»

 

«Già»

 

«Quindi paparino è proprio mio padre? Sono figlio di un nerd?»

 

«Sì, Harry. Mi dispiace. So quanto questo lederà la tua autostima, ma… è così».

 

Un silenzio gravoso calò nella stanza. Si udì un rumore di passi.

 

«Oh my Goth, sta arrivando Cracker!» gemette Harry, come se tutto quello che aveva saputo fino allora non bastasse a renderlo di cattivo umore.

 

«No» replicò Lupin» dev’essere qualcuno dalla tua parte.

 

Harry estrasse la testa dallo sportello della stufa a pellet quando la porta si spalancò ed entrò Gazza, che si mise a rovistare tra le carte della Umbridge, cercando qualche documento chiamato “approvazione frustate” o qualcosa di simile. Harry non dovette nemmeno nascondersi: gli bastò starsene in piedi dando le spalle alla porta, e le pareti nere fecero il resto, mimetizzandosi alla perfezione. Quando Gazza se ne andò di corsa, Harry lo seguì a distanza fino a raggiungere l’ingresso, dov’erano radunati studenti e corpo insegnanti. In mezzo alla sala Fred e George, con l’aria di chi è appena stato sgamato.

 

«Bene!» esultò la Umbridge «Vi sembra divertente trasformare un corridoio nella Bocca dell’Inferno, eh?»

 

«Molto divertente, sì» rispose Fred.

 

«Molto divertente, sì» rispose anche George.

 

«Abbiamo convenuto che è tempo di interrompere la nostra carriera accademica, perciò leviamo le tende» proseguì Fred – e anche George.

 

Poi i cavalli su cui stavano seduti(?) impennarono, e i gemelli sventolarono i cappelli da cowboy(??) in aria con un sonoro «Yiiiiiih-aaaaaaah!», mentre una colonna sonora country rendeva il tutto più western, con tanto di tramonto sullo sfondo. Fred e George sfondarono le vetrate e partirono al galoppo, rimpicciolendosi man mano che si avvicinavano all’orizzonte.

 

«Che partenza epica!» commentò Harry «Io però avrei optato per fumo, fiamme, qualche litro di sangue e qualche arma tagliente e contundente».

 

 

 

 

 

 

 

E anche oggi ho postato, ma che brava, sono fiera di me (XD). Grazie a tutti, come sempre! Vi adoro, non mi stancherò mai di dirlo! A presto <3

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Capitolo 31
*** 30_Nodo ***


CAPITOLO 30

CAPITOLO 30

 

NODO*

 

La storia della fuga epica di Fred e George sembrava destinata ad entrare nella leggenda. Il souvenir che avevano lasciato – ovvero la Bocca dell’Inferno che faceva bella mostra di sé in mezzo al corridoio – continuava a vomitare creature da incubo, che rendevano difficile, se non impossibile, seguire regolarmente le lezioni. Specialmente per Harry, che trovava la cosa incredibilmente eccitante.

 

«Guarda, Hermione!» esclamò Harry, esaltato «Un demone! Ehi, potrei fare questo, in futuro: l’Evocatore di Demoni! Trooooppo fiiigo!» commentò, con fare molto truzzo. «Whoa! Una succube! Una banshee! Uno psicopompo! Ehi, e se invece diventassi direttamente uno shinigami?! Ron, guarda! Quell’Incubo sta cercando di staccarti un braccio!»

 

Ron ruotò apaticamente la testa verso la creatura arpionata al proprio braccio, che si dimostrò particolarmente entusiasma dell’aura color fumo dell’emo-kid, mordendone le carni con maggior vigore con i suoi dentini da squalo.

 

«Harry» ringhiò Hermione «Questa tua esaltazione è decisamente irritante. Provvedi a chiudere il becco da solo o devo pensarci io?»

 

«Ma Hermione!» obiettò Harry, indicando l’ennesima creatura spaventosa che strisciava fuori dalla Bocca dell’Inferno «È una viverna

 

«Ti avevo avvisato!» sbottò la ragazza «Muori!». E, detto questo, spinse Harry nella Bocca dell’Inferno, dalla quale venne ripescato con l’aria di un drogato che ha appena fatto un tuffo in una piscina piena di eroina.

 

«Meraviglioso» articolò il goth guy.

 

«Forza» disse Hermione, rivolgendosi a Ron «devi andare, sta per cominciare la partita di Kwiddich Grifonplatino contro Falcogiallo

 

Ron mormorò qualcosa di inintelligibile, ed Hermione lo spinse fuori dal castello, verso il campo da gioco. Harry gli andò dietro, anche solo per assistere alla patetica esibizione dell’emo-kid sulla sua Lametta Undici. Ed infatti le sue aspettative vennero soddisfatte, con Ron che cadeva dalla scopa ogni cinque minuti spiaccicandosi sul fondo del campo, o si schiantava deliberatamente contro le porte. Mentre si godeva il patetico spettacolo, qualcosa colpì il retro del suo sedile, facendolo cadere dalle tribune.

 

«Harry scusa!» gli disse qualcuno – no, non Qualcuno, qualcun altro – da lassù.

 

Harry imprecò molto volgarmente. L’attentatore misterioso – che si rivelò poi essere Hagrid – ed Hermione lo raggiunsero.

 

«Venite con sentite me ci?» chiese il mezzogigante, nella sua solita grammatica raccapricciante.

 

«Ma anche no» risposero in coro Hermione ed Harry – che stava contando gli antiestetici lividi che cominciavano a spuntargli un po’ dappertutto.

 

«Andiamo» continuò Hagrid, acchiappandoli per la collottola e trascinandoli via in direzione della Foresta Proibita.

 

«Posso camminare da solo!» sbottò Harry, divincolandosi. Hagrid lo mise giù, raccolse un arco che aveva lasciato appoggiato ad un albero e cominciò ad addentrarsi nella foresta, seguito dagli altri due. Mentre il mezzogigante camminava spedito come una rompighiaccio al Polo Nord, Harry ed Hermione rimanevano impigliati nelle ragnatele giganti, inciampavano nelle radici e cadevano in pozzanghere profonde diversi metri.

 

«Allora» cominciò a parlare Hagrid – come se le insidie della foresta non fossero abbastanza per i poveri nervi dei ragazzi – «probabile un sapete che altro da è che all’ licenziano lo mi momento…»

 

«Speriamo» replicò causticamente Harry, che aveva miracolosamente compreso l’oscura composizione grammaticale della frase.

 

«Bisogno di cacciano vi ho mi perciò se occupiate cosa via che una…» continuò Hagrid.

 

Raggiunsero una radura, al centro della quale sorgeva una specie di cumulo. Ad un esame più attento, si resero conto che non era affatto un cumulo, ma un’enorme schiena.

 

«Fratello Grop mio!» esordì Hagrid, indicandolo.

 

«No!» strillò inorridito Harry «Già sopportarne uno solo era dura! Adesso ce ne sono addirittura due!»

 

«Ti prego di non paragonarmi a quel decerebrato del mio fratellastro» disse l’uomo-montagna mettendosi a sedere.

 

«Ma tu… parli grammaticamente corretto!»esclamò Hermione meravigliata.

 

«Naturalmente sì» replicò l’uomo-montagna. «Al contrario di vossia, a quanto pare» aggiunse, parlando tra sé e sé.

 

«Voi non caso occupaste lui vi io che di vorrei potessi nel» spiegò Hagrid.

 

«Ma anche no!» replicò Harry, per una volta di troppo in questo capitolo, che sono sul punto di stroncare causa patologica mancanza di idee.

 

«Tranquilli» li rassicurò l’uomo-montagna «Assecondatelo per ora, che appena lo silurano me ne torno all’università».

 

«I giganti vanno all’università?» gli domandò Hermione.

 

«Certo che andiamo all’università. Alcuni di noi si preoccupano della propria istruzione» rispose, lanciando un’occhiata più che eloquente all’indirizzo di Hagrid.

 

«Ti chiami davvero Grop?» intervenne Harry «Se messo peggio di Zacharias Smith».

 

«Vuol dire “colui il quale possiede un pantagruelico cervello ed un non indifferente quoziente intellettivo” nella lingua dei giganti».

 

«Ah».

 

L’allegra e colta conversazione venne interrotta dall’arrivo di un branco di centauri, che fecero la loro comparsa galoppando al rallentatore, in modo che la moviola mettesse in evidenza il fluire delle loro criniere e delle loro code, il guizzare dei loro muscoli – sia umani che equini – e la magnificenza della corsa stessa.

 

«Ehi, potrei farmelo insegnare» commentò Harry, mentre i centauri, muovendosi ad un quarto della velocità normale, si avvicinavano accompagnati da “La cavalcata delle Valchirie”.

 

«Non sei più il benvenuto qui, Hagrid» esordì quello che sembrava il capo. «Non avresti dovuto portare quel nerd gigante nella Foresta. Ci mette in ombra con la conoscenza stipata in quello spropositato cervello. E ci distrae mentre sudiamo le nostre parti».

 

«Ci hanno preso tutti come comparse in “Narnia”» spiegò un altro centauro, leggendo un copione. «Alla faccia di quello sfigato di Fiorenzo».

 

«La nostra sopportazione è agli sgoccioli» riprese il capo «O se ne va lui, o ce ne andiamo noi».

 

«Bene va. Ciao!» fece Hagrid, dirigendosi verso il castello con i nostri eroi, salutando il centauro con la mano. Scortò Harry ed Hermione fino all’ingresso del castello, dove li lasciò al proprio destino.

 

Dal campo si riversò una marea di studenti, che cominciò a risalire il pendio erboso che portava al castello. Ben prima di loro, la solita, stupida canzoncina raggiunse le orecchie del goth guy e della sua brutale amica.

 

Perché Weasley è il nostro emo

Basso, brutto e pure scemo

I suoi polsi taglieremo

Perché Weasley è il nostro emo

 

Weasley ha una lametta

Se la tiene stretta stretta

Di sicuro vinceremo

Perché Weasley è il nostro emo

 

[Sinceramente, me la ricordavo peggio… ndA]

 

«Dai» fece Hermione «rientriamo prima di incrociare i Bisciargento, che ho troppo mal di testa per menare le mani, e tra l’altro la mia fedina penale è praticamente nera».

 

Il canto, però, non veniva dalla folla verde e argento di Bisciargento, ma da quella rosso e oro di Grifonplatino, che portavano in trionfo una figura non molto riconoscibile, anche perché avvolta da diverse spire di nubi temporalesche.

 

«Oh, ma guarda» commentò Harry «Scommetto che hanno perso la partita, e stanno andando a far fuori Ron… quasi quasi vado anche io».

 

Le speranze di Harry, però, vennero stroncate sul nascere dall’arrivo di una cosa che sembrava una strana cometa con una scia di fumo, che si rivelò essere Angelina. La ragazza placcò Harry, stritolandolo in una parodia di un abbraccio e, ignorando gli strepiti del goth guy - «Iiiiih! Non toccarmi! Non mi toccareeee!» - esclamò: «ABBIAMO VINTO!»

 

«Ma chissenefrega!» ribatté Harry, liberandosi dalla parassita.

 

Nel frattempo, la folla che portava Ron in trionfo era arrivata nei pressi del portone. Ron, per niente cosciente di ciò che gli stava succedendo, guardò spaesato Harry ed Hermione, ma non fece in tempo a dire niente perché coloro che lo stavano trasportando gli fecero sbattere la testa contro l’architrave. E contro quello successivo. E quello dopo ancora.

 

 

*Significato del titolo: “grop” vuol dire “nodo” in friulano… è una stronzata, lo so, ma è una stronzata divertente XD. Almeno per me… okay, non fa ridere. La verità è che non ha nessuna logica… ma, come ben sapete, non è che ce ne sia poi tanta di logica insta fic. E non me la sono sentita di chiamare Grop “Nodo”, è troppo stupido anche per i miei standard. Morale della favola: il titolo di questo capitolo non c’entra una fava con questo capitolo. Fine.

 

 

 

 

 

Ohmmioddio, questo capitolo – oltre a fare schifo – è stato un autentico strazio! Finalmente è finito! (Ed è anche cortino…) Ora posso cominciare a disperarmi per il prossimo…

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Capitolo 32
*** 31_31_I N.E.C.S.O.A.F. ***


CAPITOLO 31

31 capitoli… mai una mia fic fu così lunga. OO|||

 

CAPITOLO 31

 

I N.E.C.S.O.A.F.

 

Quando Ron si fu ripreso dal trauma cranico, Harry ed Hermione gli comunicarono l’agghiacciante novità, ovvero che il gigantesco fratellastro nerd di Hagrid bazzicava nel bel mezzo della Foresta Proibita. Ron prese la notizia proprio come si erano aspettati.

 

«Ah».

 

«Ron, quella battuta-è-mia» ringhiò Harry, passandosi un altro strato di smalto.

 

«Considerando tutti i copyright che hai violato tu…» intervenne Hermione.

 

«Che cavolo stai dicendo, Hermione?!»

 

«…appunto».

 

* * *

Finalmente, dopo ben 31 capitoli, era finalmente arrivato giugno, il mese più odiato da Harry, subito dopo luglio, agosto, settembre, marzo, aprile e maggio. Oltre ad arrecare un notevole danno allo stato d’animo del nostro (anti)eroe, giugno era foriero di un’altra terrificante notizia, l’incubo per ogni studente fosse riuscito a sopravvivere per vedere l’alba del proprio quinto anno: i terribili N.E.C.S.O.A.F., ovvero i “Noiosi Esami Che Siamo Obbligati A Fare”, inferiori sono ai E.P.I.Q.B.S.F.A.F.E.G.O., ugualmente impossibili da pronunciare. Gli insegnanti avevano rinunciato ad inculcare qualcosa di nuovo negli ottusi cervelli dei propri studenti, e perciò avevano optato per il ripasso delle poche nozioni che erano riusciti incredibilmente a scolpire in quelle teste di granito (per non dire di altro).

 

Da parte degli studenti, invece, si riscontrava una notevole quantità di metodi per affrontare la cosa. C’era chi studiava fino a farsi sanguinare le orbite. C’era chi ideava nuovi, fantasiosi metodi per copiare. C’era chi beveva un energy drink dietro l’altro, e poi studiava a velocità inumana, salvo poi crollare in una sorta di coma onirico. C’era chi spacciava strane polverine miracolose – come per esempio quella ragazzina bionda con una coroncina di alloro sulla testa. E c’era chi, come Harry e Ron, se ne sbatteva altamente.

 

«Ron, passami quella bottiglia» disse pigramente Harry, che stava lucidando la sua collezione di crocefissi d’argento spaparanzato su una poltrona davanti al camino nella sala comune.

 

«Voi due» esordì Hermione, passando nelle vicinanze con un’enorme e precaria pila di libri in mano «dovreste seriamente mettervi a studiare. Harry, vuoi o non vuoi diventare un Avatar?»

 

«Non voglio» replicò il goth guy, riponendo la croce celtica per passare a quella gotica. «Io voglio fare la rockstar maledetta».

 

Durante l’ultima ora di Trasmutazione, la professoressa McGranitt, infagottata come al solito nella tuta mimetica dell’esercito, comunicò loro i dettagli sullo svolgimento degli esami.

 

«I vostri N.E.C.S.O.A.F. dureranno due settimane di seguito. La mattina sosterrete il compito scritto, il pomeriggio quello pratico. Sarete sorvegliati durante ogni prova, e chiunque copierà sarà freddato all’istante dai uno dei duecento cecchini sparsi per tutto il perimetro della scuola». Fece un cenno ad uno di essi, appostato su un ramo fuori dalla finestra, che li salutò agitando la mano.

 

Il primo esame in programma era Incantesimi, il lunedì mattina (il giorno più odiato da Harry subito dopo martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato e domenica). La domenica sera venne dedicata al ripasso (tranne Ron, la cui attività principale fu quella di fissare in modo apatico la pila di libri posti sul tavolo dinnanzi a lui, l’aura blu-grigio che turbinava nell’aria). Durante la cena, fecero il loro ingresso nella Grande Sala i membri della commissione d’esame, un gruppetto di streghe e maghi decrepiti che miracolosamente stavano ancora in piedi. La Umbridge – che svettava sulle loro artritiche ossa di trenta centimetri buoni – stava parlando con una di loro, la più rachitica, la più vecchia, la più rugosa, la più avvizzita strega che avesse mai posato piede sul suolo terrestre.

 

«Come è andato il viaggio?» domandò deferente la fetish woman, mettendo in atto la tattica comune del lecchinaggio.

 

«Cosa ho fatto a maggio?» replicò la strega, apparentemente sorda come una campana.

 

Lasciando la Umbridge ai propri problemi di comunicazione, i nostri (anti)eroi dedicarono la serata ad un ripasso dell’ultimo minuto. Con i nostri (anti)eroi intendo ovviamente Hermione, perché, come abbiamo già visto, Ron ed Harry se ne sbattevano altamente.

 

* * *

Il mattino dopo, si recarono nella Grande Sala, allestita proprio come nel CD-RW dei ricordi di Piton, per il primo esame scritto, cioè Incantesimi. Fuori dalle finestre, lampeggiavano minacciosi i mirini laser dei cecchini nascosti in mezzo alla vegetazione; i puntini rossi che proiettavano sui muri danzavano per la stanza come tante macabre lucciole.

 

«Hai qualcosa di rosso qui» disse Harry a Ron, indicandosi la fronte.

 

Tutto sommato l’esame andò relativamente bene (i cecchini dovettero abbattere solo una decina di studenti). I sopravvissuti, si ritirarono nelle proprie sale comuni, ad attendere con ansia l’esame pratico del pomeriggio. Seguirono, i giorni seguenti, gli esami di Trasmutazione, Corruzione Verso le Arti Oscure, Intrugli, Difesa dalle Creature Magiche e Divinazione (e così liquidiamo tre pagine in due righe… ndA). Durante la prova notturna di Astronomia, cinque sagome scure attraversarono il prato dirette verso la capanna di Hagrid. Nemmeno cinque minuti dopo, la porta della capanna si spalancò e ci fu un breve tafferuglio, conclusosi con la fuga di Hagrid e la McGranitt in infermeria, dopo essere stata colpita da diversi incantesimi (e via altre pagine… scusate, non mi viene in mente nulla… =_= ndA).

 

Il giorno dopo, fu la volta dell’esame di Preistoria della Magia. Dopo aver disegnato un’immagine di se stesso in cima ad un precipizio a picco sul mare con un’incudine attorno al collo pur di non lasciare il foglio in bianco, Harry si addormentò di schianto sul banco.

 

 

Harry accedette al proprio mondo onirico, e si ritrovò nello spazio gigantesco simile ad una cattedrale con file e file di scaffali come quelli di una biblioteca e pieni di CD-R 80 SQ 700MB. Raggiunse la fila 17 e si infilò tra due file di scaffali. Giunto in fondo al corridoio, sollevò una mano bianca – ma senza smalto nero, orrore! – in direzione di un uomo rannicchiato sul pavimento.

 

«Prendilo per me, tiralo giù…io non posso, ma tu sì» si sentì dire.

 

«No» replicò l’uomo, che si rivelò essere Sirius.

 

«Pensaci» riprese Harry «non vorrai mica trovarti una testa di cavallo sul letto, vero? O preferisci andare a dormire con i pesci con un bel paio di scarpe di cemento?»

 

«No, le scarpe di cemento no! Aaaaargh!»

 

 

Harry si svegliò, urlando.

 

 

 

 

Il capitolo peggiore della storia =_=

Ma stiamo entrando nella fase finale, perciò credo (anzi, spero!) che i prossimi capitoli saranno migliori. Grazie mille a chi continua a seguirmi nonostante tutto! <3

…sperando che l’altra fic a cui sto lavorando non uccida anche il poco di creatività che mi rimane! A presto, spero!XD

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Capitolo 33
*** 32_Undici Scarpe di Cemento ***


CAPITOLO 32

Come posso dire... sono semplicemente commossa per i commenti che mi avete lasciato... mi chieso se sia possibile avere dei lettori più affettuosi di voi, davvero, non ho parole per espriemere la mia gratitudine! ç_ç *si commuove*

 

CAPITOLO 32

 

UNDICI SCARPE

DI CEMENTO

 

Duecento e passa teste si voltarono nella sua direzione – molte delle quali seccate per l’interruzione. (ehi, ho fatto la rima! ndA; … ndTutti)

 

“Che bello” pensò Harry compiaciuto “sono al centro dell’attenzione, proprio come dovrebbe sempre essere!”.

 

«Oh Santo Cielo!» esclamò l’esaminatore di turno, portandosi le mani al viso in una parossistica imitazione dell’Urlo di Munch «Lei sta male, molto male! Deve andare subito in infermeria!» e gli sbatté la porta in faccia dopo averlo accompagnato (leggi: afferrato e trascinato) fuori.

 

Harry, irato per essere stato strappato così brutalmente dal centro dell’attenzione, da sempre suo habitat naturale, si diresse verso l’infermeria, pensando al sogno appena avuto. Povero padrino! Doveva fare qualcosa, in fondo era l’unico parente che gli era rimasto! E poi, se l’avessero scagionato da tutte le accuse, avrebbe potuto farsi adottare e acquisire così quel cognome così dark, così gotico, invece che trascinarsi dietro per tutta la vita quell’orrendo “Vasaio”. Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn VASAIO… c’era qualcosa di più patetico? Come poteva accettare un cognome così poco goth?! Ah, dannato James… Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Black… aaaah, pura poesia… quello sì che era un nome che valesse la pena avere…

 

Mentre Harry era perso in questi consolanti seppur vacui pensieri, la campanella suonò, ed una fiumana di studenti si riversò nei corridoi. Cosa doveva fare?, si chiedeva, mentre le rapide studentesche lo sbattevano contro muri ed armature, trascinandolo lungo il corridoio. Doveva parlare con qualcuno… ma Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – era latitante, Hagrid chissà dove, e la McGranitt al San Fungo. Gli rimanevano soltanto due persone a cui rivolgersi suo malgrado: Ron ed Hermione.

 

«Vi devo dire una cosa» gli disse, quando li ebbe trovati. «Voldemort ha preso Sirius… vuole fargli un paio di scarpe di cemento, è terribile! Il cemento è così… grigio, granuloso… kitsch… è assolutamente antiestetico! Povero padrino! E poi vuole mandarlo a dormire con dei pesci puzzolenti…»

 

«Harry» lo interruppe Hermione paziente «credo che tu non abbia afferrato appieno il significato di “scarpe di cemento”…»

 

«Sì che ho capito, non sono mica un idiota!» sbottò Harry, strappandosi i capell… ma no, che assurdità…

 

«Io non penso affatto che tu sia un idiota» replicò pacatamente Hermione, controllandosi distrattamente le unghie «Ma che cosa conta la mia opinione contro quella di tutti?»

 

Ad Harry ci volle appena un’ora per capire l’insulto. «Mi stai insultando?» sbottò. «…avverto un insolito déjà-vu…» aggiunse poi.

 

«Sì, vero?»

 

Se ne andarono a pranzo, poi tornarono alla sala comune, dove si misero a giocare a Scarabeo. Harry alzò lo sguardo dalle proprie lettere – gli mancava la R per comporre la parola NECROSCOPIA –.

 

«Ho come l’impressione che stiamo dimenticando qualcosa» mormorò, posando le tesserine per DECOMPOSIZIONE.

 

«Intendi forse il tuo padrino?» provò a suggerire Hermione, componendo PRECIPITEVOLISSIMEVOLMENTE e vincendo la partita.

 

«Oh Diavolo, è vero!» saltò su Harry, rovesciando il tavolino con il tabellone dello Scarabeo e spargendone tesserine per tutta la stanza. Afferrò Ron – la cui presenza si fa sempre più insignificante, povero – per un braccio e lo trascinò fuori dalla sala comune. Hermione gli andò dietro.

 

«Che cosa pensi di fare?» gli chiese.

 

«Devo salvare Sirius, ovviamente!» replicò Harry. «Non permetterò che il mio unico parente sia costretto ad indossare delle scarpe di cemento!».

 

Hermione sospirò; si era dimenticata di spiegare ad Harry la questione delle scarpe di cemento… ma ormai era troppo tardi. «Ron, dì qualcosa anche tu» tentò.

 

«L’Oscurità Stupra la Mia Tormentata Anima» scandì l’emo-kid.

 

«…»

 

A metà scalinata incrociarono Ginni e Luna Peace&LoveGood.

 

«Ciao» disse Ginni «Non ho niente di meglio da fare che andarmene in giro a ficcare il naso negli affari degli altri in compagnia di una ritardata che non fa altro che parlare di nargilli. Che cosa state facendo?»

 

«Stiamo andando ad evitare che Sirius indossi delle antiestetiche scarpe di cemento» sospirò Hermione alzando gli occhi al cielo.

 

«Scarpe di cemento?» gli fece eco Ginni, confusa.

 

«L’ho visto!» esordì tragicamente Harry, insinuandosi nel discorso «Voldemort ha preso Sirius e lo ha trascinato nell’Ufficio Misteri Misteriosi, dove vuole fargli indossare delle scarpe di cemento! Devo andare a salvarlo!»

 

«Cosa si è fumato?» domandò Ginni ad Hermione. La ragazza scosse la testa. Guardarono Luna Peace&LoveGood con sospetto.

 

«Basta chiacchiere, dobbiamo andare, subito!» strillò il goth guy isterico, strattonando il catatonico emo-kid.

 

«Harry, sei sicuro? Magari era solo un sogno…»

 

«Non era un sogno! Cioè, sì, era un sogno… ma era vero! Ed io non permetterò mai che il mio unico parente indossi delle antiestetiche scarpe di cemento!» fece per andare, ma venne bloccato.

 

«Prima di fare cazzate, dovresti assicurarti che Sirius sia effettivamente nelle mani del tuo Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri, e che il tuo sogno non sia una trappola per attirarti nell’Ufficio Misteri Misteriosi…»

 

«E come facciamo?»

 

«Dalla stufa a pellet della Umbridge, ovviamente».

 

«Come facciamo a tenere lontani gli studenti dal suo ufficio in modo che non facciano la spia?»

 

«Diciamo a tutti che il corridoio è pieno di gas nervino» intervenne Ginni.

 

«Sì» esclamò Hermione, con gli occhi che le brillavano. «Ho giusto qua qualche granata al gas nervino…» disse, estraendone due o tre da sotto la gonna.

 

«Per finta, Hermione».

 

«Ah».

 

Ginni e Luna si piazzarono ai due accessi del corridoio, cominciando a tenere le persone alla larga. Mentre Ron era stato incaricato di distrarre la Umbridge - «Distraila in qualche modo, non so, tagliati le vene nella Grande Sala…» - Harry cominciò ad armeggiare con la serratura dell’ufficio. Provò con la tessera della biblioteca, la patente (non sua ), la carta di credito (non sua), la tessera sanitaria, invano.

 

«Spostati, Harry» disse Hermione con uno strano tono di voce, reggendo su una spalla un arnese cilindrico. Un grosso arnese cilindrico. Un grosso, pericoloso arnese cilindrico.

 

BOOOOOM!

 

«Davvero molto discreto, Hermione» commentò Harry sarcastico, dopo che il fumo si fu diradato, guardando l’enorme squarcio che si era aperto nella parete. «Potevi almeno colpire la porta».

 

«La prossima volta lo usi tu, il bazooka, Signor Perfezione» replicò stizzita Hermione, riponendo l’arma.

 

I due si insinuarono nell’ufficio della Umbridge – quanti stivali erano rimasti spaiati, dopo quell’esplosione… –, ed Harry guardò con angoscia la stufa a pellet, che sembrava sorridergli malignamente acquattata nel suo tetro angolino. Doveva infilare di nuovo la testa là dentro… gli faceva male la cervicale solo al pensiero.

 

Fece comunque quello che doveva fare, e quando riaprì gli occhi si ritrovò a fissare il soggiorno di Grimmauld Place, numero 17.

 

«Padrinoooo!» chiamò, vedendo la stanza deserta. «Dove sei?!»

 

La porta si aprì ed entrò il puccioso elfo domestico Cracker, con la sua solita aria fastidiosamente felice. «Che dolce!» squittì alla vista del goth guy – o meglio, della sua testa – nel camino, facendo incazzare Harry oltre l’umanamente possibile.

 

«Tu, rifiuto elfico! Dov’è Sirius?!»

 

«Cracker ti vuole bene!» trillò l’elfo, infilzando un marshmallow su uno stecchino e arrostendolo sul fuoco, da qualche parte alla sinistra di Harry.

 

«Dove cavolo è Sirius!?» strillò Harry, infuriato.

 

«Il padrone è uscito» disse l’elfo «Cracker vuole bene al padrone, anche quando lo usa come Mocio Vileda».

 

«Cracker» ringhiò Harry «Vediamo se riesco a cavare qualcosa da quel tuo cervello di gelatina, sempre che tu ne abbia uno. Dove: avverbio di luogo. È: voce del verbo essere, terza persona singolare, presente indicativo. Sirius: nome proprio di persona, un po’ retrò ma ugualmente figo, sicuramente meglio di “Harry” – Uhm… Sirius Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Black… figo! –. Punto di domanda?».

 

Harry non sentì mai la risposta, perché si sentì afferrare per i capelli – ORRORE! – e trascinare all’indietro, in un turbinio di fiamme… e quando gli fu passata la nausea, si ritrovò sul nero tappeto dell’ufficio della Umbridge.

 

«Oh, cazzo!» esclamò, poco elegantemente.

 

«Credeva davvero» ringhiò Ahi-Che-Dolores «Che non ci fossero dei sistemi di sicurezza in questo ufficio?». Indicò le numerose telecamere disseminate per la stanza, con la loro ammiccante lucina rossa ad intermittenza. «E poi avete rovinato il mio paio di stivali preferiti» aggiunse, sollevando un miserabile brandello di cuoio al quale era ancora miracolosamente attaccata una fibbia a forma di teschio fiammeggiante. «Con chi cercava di mettersi in contatto?» sbottò, minacciando Harry con il suo onnipresente frustino.

 

«Con nessuno» rispose prontamente Harry, fissando preoccupato l’estremità ondeggiante del frustino.

 

In fondo all’ufficio, strettamente sorvegliati dalla Squadra d’Inquisizione aka S-Team, se ne stavano Hermione, Ron, Ginni, Luna e, chissà perché, l’inutile Nerdville.

 

«Presi tutti!» annunciò un membro dell’S-Team, pericolosamente somigliante ad un gorilla parlante (rima XD).

 

«Bene bene» commentò la Umbridge. «Eccellente» si corresse poi, unendo le dita delle mani in un gesto ormai stra-abusato in questa fic che viola l’ennesimo copyright nei confronti del “povero” Matt Groening. Dopo che ebbe ritenuto di aver gongolato a sufficienza per la cattura dei nemici del suo sistema scolastico, tornò a rivolgersi ad Harry.

 

«Molto bene, signor Potter. Le ho offerto la possibilità di confessare spontaneamente, ma lei si rifiuta di collaborare. Non ho altra scelta…». Harry deglutì, aspettandosi il peggio. Che cosa gli sarebbe toccato? Guardò con angoscia la panca per spanking, un po’ impolverata dall’esplosione ma ancora integra, ed un vasto assortimento di oggettistica fetish sfilò nella sua mente, come una pubblicità trasmessa su un canale semisconosciuto nel bel mezzo della notte (prima che pensiate male, non ho mai visto una cosa del genere, grazie a Dio. U_U ndA).

 

«Draco!» lo chiamò la Umbridge «Vada a chiamare il professor Piton!»

 

Il professor Piton!!!

 

Harry si rese conto che, nonostante ciò che aveva pensato, c’era ancora un membro dell’Ordine a cui rivolgersi nella scuola: il professor Piton, appunto. Il fatto che suddetto professore volesse vedere Harry perire tra le più atroci sofferenze, poi, era una faccenda al momento trascurabile.

 

Malfoy fece ritorno, seguito dalla goticissima sagoma nera del professore.

 

«Voleva vedermi, signora Preside?» disse.

 

«Ah, professor Piton!» lo accolse la Umbridge. L’ormai famoso binomio Piton-tutina fetish minacciò di fare la sua comparsa nella mente di Harry, che però riuscì a non sganasciarsi dalle risate come al solito. «Avrei bisogno di avere un’altra bottiglia di Veritaserum (non mi è venuta in mente nessuna alternativa, sigh)».

 

«Ha usato l’ultima che avevo per interrogare Potter» replicò Piton facendo un cenno in direzione del goth guy, il quale, ancora semi-stravaccato sul tappeto, cercava in tutti i modi di non ridere.

 

«Ma può prepararne dell’altro, no?» sbottò la Umbridge.

 

«Certo» rispose Piton. Estrasse un’agenda (nera) dalla tasca, e cominciò a sfogliarla. «Dovrebbe essere pronto traaaaaa… vediamo, mercoledì prossimo ho il concerto dei Paradise Lost… poi c’è il post concerto… venerdì c’è il party al cimitero… poi il weekend con il morto… la messa nera del lunedì… la settimana nera… il venerdì nero… dovrebbe essere pronto tra due mesi, o giù di lì».

 

«Due mesi?!» eruppe la Umbridge «A me serve ora, adesso, subito, immediatamente, dico! Ho appena sorpreso Potter impegnato in un’improbabile verticale sulla mia stufa a pellet che cercava di comunicare con uno o più Soggetti Ignoti!»

 

«Ma davvero?» commentò Piton, non mettendo tuttavia nella frase l’enfasi necessaria che avrebbe richiesto, voltandosi a guardare Harry, la cui testa sarebbe esplosa se non avesse potuto liberare al più presto la risata che attendeva di erompere e che se ne stava acquattata irrequieta da qualche parte dentro di lui. (Mamma mia, che frase atroce… ndA)

 

«Voglio interrogarlo ora!» urlò la Umbridge, sventolando il frustino in aria come per scacciare mosche invisibili. «Voglio che lei mi fornisca subito una pozione che lo costringa a dire la verità!»

 

«Gliel’ho già spiegato: la mia scorta di Veritaserum è finita» replicò Piton calmo, nella sua pragmatica ed elegante goticità. «A meno che non voglia avvelenare Potter, non posso aiutarla».

 

«Lei mi sta ostacolando deliberatamente!» sbraitò la Umbridge «Esca dal mio ufficio, ora!»

 

Piton fece per andarsene, ed Harry ebbe solo un nanosecondo per agire, prima che il suo ultimo contatto con l’Ordine svanisse oltre uno squarcio nel muro con uno svolazzo del suo nero mantello così figo.

 

«Ha preso Tubero!» esordì il goth guy «Ha portato Tubero nel posto dove è nascosta, e vuole fargli mettere delle scarpe di cemento!». – Dall’angolino in cui era relegata, Hermione alzò nuovamente gli occhi al cielo. Un bel giorno avrebbe preso Harry per mano, l’avrebbe portato in una stanza isolata e tranquilla, l’avrebbe fatto sedere comodamente… e gli avrebbe urlato contro fino a fargli entrare in testa il significato di “scarpe di cemento” nel gergo mafioso in un modo talmente indelebile che non l’avrebbe dimenticato neanche in un milione di anni, a costo di aprirgli la scatola cranica e tatuarglielo direttamente nel cervello. –

 

«Tubero?!» esclamò la professoressa Umbridge «Che tubero? Una patata? Un ravanello? Una barbabietola? Una rapa? E quali scarpe di cemento?»

 

«Non ne ho la minima idea» replicò Piton, liberando la stanza dalla propria gotica presenza.

 

«Benissimo» commentò la Umbridge, molto, ma molto incazzata. «Non ho scelta… qui è in gioco la sicurezza del MiniMinistero…» disse tra sé e sé, rigirandosi il frustino tra le unghie laccate di rosso sangue. «È lei che mi costringe, Potter… io non vorrei… la maledizione Cruciatus dovrebbe scioglierle la lingua».

 

Nonono, non andava affatto bene…

 

«Professoressa Umbridge, no!» esordì Hermione, dal suo angolino. Se Harry doveva soffrire, avrebbe dovuto essere per mano sua, e non avrebbe permesso ad un’attempata fetish woman di farlo al posto suo. «È illegale! (…disse colei che scommise gli organi interni dell’amico emo-kid…) Il MiniMinistro non vorrebbe che lei lo facesse!»

 

«Beh, come si dice…» replicò la Umbridge «Lontano dagli occhi… lontano dagli occhi».E srotolò la fidata frusta, che aveva tenuto fino ad allora arrotolata attorno ad un passante della cintura come una novella Indiana Jones. «Per esempio, non ha mai saputo che avevo ordinato ai Dissennatori di attaccare Potter l’estate scorsa…»

 

«Cosa?!» sbottò il goth guy, più che altro contrariato dal fatto che la sua ultima battuta risale a diverse righe fa. «Sono quasi stato violentato da un lenzuolo ambulante per colpa sua?!»

 

«Qualcuno doveva agire!» esclamò la Umbridge. Alzò il braccio che reggeva la frusta, pronta a schioccare la sua frustata magica (XD ma sono proprio un’idiota… ndA).

 

«NO!» intervenne Hermione. «Harry, dobbiamo dirglielo!»

 

«Bene!» disse la Umbridge, per l’ennesima volta, afferrando la ragazza e facendola “accomodare” sulla propria poltrona. «Con chi stava cercando di parlare Potter poco fa?»

 

«Ecco…» rispose Hermione, falsamente titubante «cercava di parlare con il professor Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… -. Abbiamo provato un po’ dappertutto, però… dovevamo dirgli una cosa importante…»

 

«Che cosa, che cosa?» la incitò la fetish woman.

 

«Che l’arma di distruzione di massa è pronta, ma non sappiamo come usarla…»

 

«Arma? Che arma? Avete creato un’arma da usare contro il MiniMinistero?» indagò la Umbridge.

 

«Sì» rispose Hermione.

 

«Mi porti dov’è nascosta quest’arma» ordinò autorevolmente la Umbridge, ergendosi nella propria maestosa statura – aiutata anche dai tacchi a spillo assassini.

 

«Okay» rispose semplicemente Hermione, con un’alzata di spalle.

 

«Bene» disse ancora la Umbridge, saturando definitivamente il capitolo di quella parola. Puntò la frusta verso Harry, e gli fece cenno di alzarsi. «Andiamo dov’è nascosta quest’arma. Fatemi strada, muovetevi!»

 

Malfoy si staccò dai compagni dell’S-Team e si fece avanti, un po’ esitante.

 

«Signora Preside» esordì «non sarebbe meglio che qualcuno di noi l’accompagnasse…»

 

«Le sembra che abbia bisogno d’aiuto?» replicò sarcastica la Umbridge.

 

«Beh, no, ma…»

 

«Malfoy, non dovevi andare in bagno?» lo interruppe la fetish woman, guardandolo di traverso.

 

«Ma veramente…»

 

«VAI IN BAGNO!»

 

«Sì, subbito!» piagnucolò Malfoy, correndo fuori dalla stanza attraverso lo squarcio nel muro.

 

 

 

* * *

 

Un po’ meglio mi sembra… (almeno spero XD).

Sono circa le due di notte, e non ho la più pallida idea di che razza di boiate ho scritto. XP (povero Malfoy, un’altra figuraccia…)

Il titolo del capitolo è incredibilmente stupido… semplicemente il numero di volte che “scarpe di cemento” compare nel capitolo.

Grazie mille a tutti coloro che recensiscono, seguono, preferiscono e/o leggono soltanto! Vi adoro, come sempre <3 <3 Se non fosse per voi, avrei abbandonato la fic molto tempo fa! Grazie ancora e a presto!

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Capitolo 34
*** 33_Cotto e Mangiato ***


CAPITOLO 33

 

CAPITOLO 33

 

COTTO E

MANGIATO*

 

Harry non riusciva a capire quale fosse il piano di Hermione, sempre che ne avesse uno. Voleva forse attirare la Umbridge in un angolo isolato e freddarla con la letale abilità di un ninja? Oppure sperava che incespicasse in quei suoi tacchi improbabili e si rompesse l’osso del collo rotolando lungo due rampe di scale? La ragazza li precedette attraverso la Sala d’Ingresso; una volta all’aperto, si diresse risoluta in direzione della foresta proibita, il fascinoso luogo d’origine di alcuni dei più famosi poemi oscuri e tenebrosi partoriti dalla gotica mente del goth guy.

 

«Allora, dov’è?» chiese la Umbridge, guardandosi attorno.

 

«Là dentro» rispose Hermione, facendo un cenno vago in direzione della folta vegetazione.

 

Quando raggiunsero i primi alberi, la Umbridge cominciò subito a rimanere incastrata nelle radici con i suoi tacchi assassini, mentre i rovi tentavano, invano, di impigliarsi nella tutina in latex, rischiando di tenderla ancora più indecorosamente volgare. Hermione continuò a camminare speditamente, dirigendosi, suo malgrado, lungo il sentiero che portava dall’adorabile ragno gigante che infestava la foresta, del quale la ragazza ignorava l’esistenza.

 

«Hermione, sei sicura che questa sia la strada giusta?» le chiese Harry, guardando affascinato diverse paia di occhietti rossi ammiccare nelle tenebre, accompagnati da strane ed inquietanti risatine isteriche.

 

«ALTROCHÈ!» urlò Hermione, nonostante si trovasse a meno di un metro da lui.

 

«E abbassa la voce!» sbottò Harry, portandosi le mani sulle orecchie doloranti. Ah, i suoi poveri, gotici timpani… come avrebbe fatto ad ascoltare l’iPod se i suoi timpani venivano danneggiati dalla trapanante voce della ragazza? «Potrebbe sentirci… qualcosa». Con quel “qualcosa” non intendeva certo cose come ragni grossi come elefanti, demoni perversi e sanguinari risaliti direttamente dalle profondità dell’Averno, esseri subumani assatanati o gli Happy Tree Friends, ma qualcosa di peggio, molto, molto peggio.

 

«MA COSA DICI, HARRY?! IO NON VOGLIO CHE QUALCHE GROTTESCA CREATURA CI SENTA E VENGA QUI A FARE IL CULO NERO ALLA UMBRIDGE, PERMETTENDOCI COSÌ DI SCAPPARE, TORNARE AL CASTELLO E TROVARE UN MODO PER ANDARE ALL’UFFICIO MISTERI MISTERIOSI A SALVARE IL TUO PADRINO CHE È STATO PROBABILMENTE RAPITO DAL TUO ARCI-NEMICO-RECENTEMENTE-RESUSCITATO-PER-ALCUNI-E-DEFINITIVAMENTE-MORTO-PER-ALTRI CHE NON SI SA COME È RIUSCITO AD INFILTRARSI NEL MINIMINISTERO DELLA MAGIMAGIA IN BARBA A TUTTI QUELLI CHE GLI DANNO LA CACCIA!»

 

Harry si sentì morire – che bello! –, mentre Hermione paonazza ansimava per cercare di riprendersi dalla carenza d’ossigeno che l’aveva colta pronunciando un discorso così lungo ad un tale volume e senza pause.

 

«Quanto manca, ancora?» ansimò la Umbridge, cercando di liberare una gamba da un cespuglio di liane dotate di vita propria e che, incredibilmente, non aveva sentito niente del lungo monologo urlato di Hermione.

 

«NON MOLTO!» gridò Hermione, con l’ultimo sbuffo di fiato che gli restava. Decise di adottare un metodo più drastico per attirare l’attenzione, tirando fuori da chissà dove una pentola e cominciando a battervi contro con un mestolo, facendo un fracasso d’inferno.

 

Una freccia attraversò l’aria sibilando, e si conficcò in un tronco alle loro spalle. Poco dopo, si ritrovarono circondati da una cinquantina di centauri armati di arco e frecce.

 

«Chi sei?» chiese una voce.

 

«Sono Ahi-Che-Dolores Umbridge» annunciò la Umbridge, agitando la frusta. La cosa provocò una non indifferente angoscia nelle fila centauriche (ecco qua, un’altra parola appena coniata solo per voi! XD ndA). «Mistress Suprema della Scuola di Magia, Stregoneria, Arti Marziali e Tattiche Militari di OhSchwartz e Sottosegretario Sadico del MiniMinistero della MagiMagia».

 

«Sei del MiniMinistero?» ripeté quello che sembrava il capo, leggermente inquieto.

 

«Proprio così!» esclamò la Umbridge. «E voi chi sareste, bei fustacchioni?»

 

Harry ed Hermione si voltarono a guardare l’insegnante: “bei fustacchioni”? I centauri abbassarono gli archi, pensando che forse quella di farsi vedere non era stata proprio una buona idea; tennero gli sguardi inchiodati sull’ondeggiante estremità della frusta, trafitti dalle occhiate focose della Mistress, che era spuntata proprio nel bel mezzo del loro campo di tiro con l’arco.

 

«Oh, sì è fatto proprio tardi» esclamò il capo dei centauri, consultando l’orologio da polso che non aveva «Dobbiamo proprio andare…».

 

«Ma no» obiettò la Umbridge, facendo un passo verso i centauri, che manifestavano un crescente senso d’inquietudine. «Restate ancora un po’, abbiamo così tante cose da dirci…»

 

«No, no, abbiamo un appuntamento a… all’ippodromo!» gemette il capo, facendo un passo all’indietro.

 

«Venite qui, bei fustacchioni! Venite dalla vostra Ahi-Che-Dolores!» esclamò la fetish woman, allargando le braccia in direzione dei mezz’uomini.

 

Ciò causò un fuggi fuggi generale da parte dei centauri, che si allontanarono galoppando nel folto della foresta, tallonati dalla Umbridge che continuava a berciare. Quando le urla della donna si furono spente, Hermione si voltò verso Harry.

 

«Sai, Harry, pensò che il tuo primato di idiozia in questa fan’s fiction sia seriamente in pericolo» constatò la ragazza. Si guardò attorno. «Siamo nel bel mezzo della foresta, soli e disarmati» commentò. «È arrivato il momento di usarla» dichiarò, con uno strano scintillio malvagio nello sguardo.

 

Prima che Harry potesse chiedere alcunché, Hermione aveva già tirato fuori una chiave d’argento dalla tasca della veste. Si avvicinò ad un albero e infilò la chiave in un buco, la girò, e il tronco si aprì come uno sportello.

 

«Questa è la chiave universale» spiegò Hermione «puoi infilarla in qualsiasi buco e, una volta girata, si aprirà uno sportello nel quale potrai ficcare tutto ciò che vuoi, per poi ritirarlo fuori in qualsiasi momento».

 

«Figo» commentò Harry, pensando a quante e quali cose avrebbe potuto metterci dentro, mentre Hermione trafficava con qualsiasi cosa ci fosse nell’apertura. La ragazza estrasse una fondina ascellare, nella quale infilò una semiautomatica; altre due fondine, legate alle gambe (tipo Lara Croft, per intenderci) contenevano altrettante pistole. Si mise a tracolla un fucile d’assalto e uno da cecchino, poi infilò un paio di coltelli negli anfibi che aveva indossato, assieme alla tuta mimetica.

 

«Quand’è che ti sei cambiata?!» sbottò Harry stupito. Magari anche lui avesse saputo cambiarsi così velocemente… avrebbe potuto fregiarsi di una decina di cambi d’abito al giorno, in modo che la propria figura non fosse mai banale, e avrebbe potuto sfoggiare la sua invidiabile varietà di indumenti gotici.

 

Hermione gli porse un’arma. «Ti servirà» lo ammonì, notando lo sguardo schifato del goth guy.

 

«Pfui! Io ho già la mia, di arma» asserì sprezzante. «Sebastian!»

 

Dall’ombra emerse l’inquietante maggiordomo demoniaco, reggendo un vassoio. Il maggiordomo porse il vassoio al goth guy, che afferrò la pistola che vi era adagiata sopra, e che mise misteriosamente via.

 

«Ottimo lavoro, Sebastian. Torna pure da quel moccioso monocolo con i capelli blu con cui stai di solito».

 

«Yes, my Lord» disse Sebastian, inchinandosi e scomparendo nell’ombra dalla quale era venuto.

 

Harry lanciò un’occhiata ad Hermione, schiacciata sotto il considerevole peso dell’artiglieria che si portava appresso. I due si avviarono verso l’uscita della foresta, ma prima che potessero arrivarci vennero raggiunti da Ginni, Luna e Nerdville. Ron li seguiva apaticamente a due metri di distanza, simile ad una cometa dalla coda nerastra. Ricomposto il gruppetto, il problema principale era: come raggiungere l’Ufficio Misteri Misteriosi? Immersi nel loro profondo cogitare, non si accorsero che, diverse grottesche creature, li osservavano da dietro gli alberi.

 

«Cos’è stato?» squittì Nerdville, sussultando al rumore di un bastoncino che si spezzava nelle profondità della foresta.

 

«Oh my Goth esclamò Harry, balzando in piedi.

 

Dall’oscurità emersero alcune creature che il nostro goth guy avrebbe preferito non vedere mai più, se non sei suoi più peggiori incubi – mmmh, incubi… -, con i loro enoooormi occhi sbrilluccicosi, i tatuaggi pucciosi sulle cosce e la loro peluria GIALLA!

 

«Ecco, abbiamo risolto il problema di come andare all’Ufficio Misteri Misteriosi!» commentò Nerdville, fissando le creature che gli altri – a parte Harry, povere le sue gotiche orbite, e Luna – non potevano vedere.

 

«Sono quelle cose che ad Harry fanno tanti ribrezzo e che può vedere solo chi ha visto High School Musical?» indagò Ginni, guardandosi attorno senza vedere nulla.

 

«Sì» rispose Nerdville. «Grazie alle loro graziose alucce glitterose dai colori pastello potremo solcare i cieli della Gran Bretagna lasciandoci alle spalle una scia di luccicanti stelle cadenti… che c’è?». Si bloccò, notando lo sguardo disgustato degli altri.

 

«No!» strillò isterico Harry, appeso ad un ramo, desideroso di mettere più distanza possibile tra sé e quelle creature. « No cazzo! Io voglio i Thestral, nonste merde! Andateci voi consti cosi! Io non ci salgo! Voglio un Thestral che è dark e fa figo!»

 

«Smettila di fare il bambino!» lo rimproverò Hermione, caricando minacciosamente il fucile. «O scendi tu, o ti faccio scendere io. E credimi, non ti piacerà!».

 

Harry scese dall’albero imprecando e borbottando maledizioni, tenendo gli occhi fissi sui My Little Pony nel caso avessero la malaugurata idea di avvicinarglisi. Sempre tenendolo sotto tiro, Hermione lo “convinse” ad avvicinarsi ad una di quelle creature.

 

«Non ce n’è uno di un altro colore?» piagnucolò il goth guy «Un colore qualsiasi… mi va bene anche il rosa, ma giallo no, ti prego, giallo no!»

 

«Harry…» ringhiò Hermione.

 

Sospirando, Harry salì sull’animale. Perfetto, avrebbe dovuto bruciare tutti i suoi vestiti, dopo. E quelli erano i suoi pantaloni preferiti. Cercò di non pensare su che cosa era seduto.

 

 

 

 

* Ecco un altro capitolo dal titolo assurdo… Non vuol dire niente, semplicemente, quando ho letto l’originale (“Lotta e Fuga”) il mio deviato cervellino lo ha subito associato al programma della Parodi (mi scuso con chi non lo conosce…) (chissà perché poi, non c’è nemmeno un’assonanza…), con conseguenti ed inspiegabili risatine isteriche (mica tanto inspiegabili… qualcuno guarda Nientology? XD Ho riso fino alla morte! XDD) Ecco, ho anche pubblicizzato dei programmi televisivi, mi dovrebbero pagare! XD

 

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Capitolo 35
*** 34_L'Ufficio Misteri Misteriosi ***


Questo capitolo è lunghissimo (beh, rispetto agli altri)! O.o Beh, che dire, divertitevi (spero)! XD Ci sentiamo alla fine!

CAPITOLO 34

 

L’UFFICIO MISTERI

MISTERIOSI

 

Grazie all’aiuto di Luna, anche Ginni, Ron ed Hermione riuscirono a salire in groppa a delle bestie che non riuscivano nemmeno a vedere. Harry continuò a borbottare maledizioni senza senso, pensando che in quel momento avrebbe potuto essere in groppa ad una possente e malvagia creatura, nera come l’Averno, progenie del Diavolo stesso, con delle grandi ali di cuoio, lo sguardo di fuoco e zanne d’avorio. E invece no, era seduto sulla schiena di una specie di pony spastico, giallo e, molto probabilmente, stupido.

 

«Bene, andiamo!» li spronò Hermione, il cui Pony ansimava cianotico sotto il peso dell’artiglieria che la ragazza portava addosso. Harry, dal canto suo, stava armeggiando con l’iPod.

 

«Harry… Cosa diavolo stai facendo?» chiese Ginni, nervosamente sospesa nell’aria, almeno per quanto poteva vedere lei.

 

«Sentite» ringhiò Harry, senza guardarla, infilandosi le cuffiette nelle orecchie. «Mi avete costretto a salire su questo coso. Adesso, per favore, mi lasciate trovare una colonna sonora adeguata, in modo che questa missione di salvataggio non sia proprio lo schifo totale che è stata finora. Chiaro?»

 

«Limpido» asserì Ginni.

 

«Cristallino» confermò Hermione.

 

Continuo a smanettare con l’iPod per un abbondante quarto d’ora. Quando qualcuno cercava di fargli notare che avrebbero dovuto andare a salvare un certo Sirius Black, lui li zittiva sostenendo che, senza un’adeguata colonna sonora, lui non avrebbe mosso un dito. Finalmente, Harry poté godersi la più oscura, aggressiva, metallica, gotica colonna sonora che avesse mai compromesso la funzionalità dei suoi timpani.

 

«Possiamo andare, adesso?» domandò caustica Ginni, che nel frattempo si era fatta la manicure ad entrambe le mani.

 

«Sì, adesso sì» concesse Harry, alzando il volume e danneggiando ulteriormente il suo udito già profondamente leso.

 

«Hai sentito, Ron?» disse Hermione, rivolgendosi all’emo-kid che stava apportando gli ultimi preparativi al rudimentale patibolo che aveva costruito con i resti di vegetazione trovati nei paraggi, e che stava appunto assicurando il cappio, ricavato da erba secca intrecciata, ad un ramo. «Andiamo!»

 

Ron, depresso (che novità…), lasciò cadere l’elaborato nodo scorsoio che aveva confezionato con tanta cura e montò sul My Little Pony – come caspio abbia fatto senza vederlo resta un mistero -, che stava assorbendo un po’ l’aura apatica dell’emo-kid. Probabilmente, di lì a poco, il primo My Little Pony emo avrebbe camminato sulla terra – per poi finire, morto stecchito, in fondo ad una scarpata sassosa nel quale si sarebbe involontariamente gettato. Di testa. Con una benda sugli occhi. E le zampe legate. Tenendo un candelotto di dinamite tra i denti. Acceso.

 

I sei animali spiccarono il volo con le loro grandi ali glitterose, volando in formazione nel cielo plumbeo sopra ad OhSchwartz. Il volo verso il MiniMinistero fu, tutto sommato, tranquillo – senza calcolare le precipitazioni di Luna, le collisioni di Ron con ogni aereo passasse nel raggio di un chilometro, le imprecazioni d Harry contro l’aria che continuava a spettinarlo, e le razzie di pennuti ad opera di Hermione.

 

I My Little Pony planarono, atterrando accanto ad un familiare – per Harry – cassonetto della spazzatura.

 

«E adesso?» domandò Nerdville, dopo aver vomitato l’anima in un tombino.

 

«Da questa parte» fece strada Harry, pettinandosi. Indicò il cassonetto della spazzatura. «Quella è l’entrata del MiniMinistero».

 

«Sei sicuro?» domandò Hermione scettica, stringendo la cinghia della tracolla del fucile, che stava cominciando ad allentarsi.

 

«Lo giuro sulla mia anima» rispose Harry – frase per niente rassicurante, considerando il fatto che l’aveva già venduta per tre volte e che quindi non gliene rimaneva nemmeno un briciolo.

 

Ginni alzò il coperchio del cassonetto e guardò dentro, in quella voragine oscura che sembrava non avere fine. Tanto per provare, raccolse un sassolino, che gettò nel buco. Due ore dopo non aveva ancora sentito nessun rumore. «Non sono convinta» commentò. Un’insegna al neon di due metri per due sospesa sopra al cassonetto – INGRESSO MINIMINISTERO DELLA MAGIMAGIA – fugò ogni suo dubbio.

 

Per nulla rassicurata, scavalcò il bordo e si lasciò cadere al suo interno, seguita da Luna, Ron – Harry fu lietissimo di aiutarlo –, Hermione e Nerdville. Precipitarono nel vuoto per chilometri e chilometri, per poi, infine, schiantarsi su un povero materasso che aveva sicuramente visto tempi migliori, e che non era mai stato sostituito dagli albori del MiniMinistero – i maghi non guardavano le televendite di Mastrota, evidentemente. Tre quarti d’ora dopo, vennero raggiunti da un rilassatissimo Harry, comodamente appoggiato alla parete della cabina telefonica-ascensore.

 

«Hermione, risparmia i proiettili per dopo» la ammonì Ginni, stroncando sul nascere la furia omicida che Hermione era pronta a scatenare contro goth guy.

 

Scavando nella propria memoria, Harry individuò il citofono con la tastiera simile a quella dei telefoni appeso ad una parete. Non ci volle un grande sforzo per ricordare la sequenza di numeri da digitare.

 

«Benvenuti al MiniMinistero della MagiMagia» disse la solita Voce. «Per favore, dichiarate il vostro nome e il motivo della visita».

 

«Allooora… Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Potter, Ron Weasley, Hermione Granger, Nerdville Paciock, Luna Peace&LoveGood, Ginni Weasley. Siamo qui per impedire che il mio Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri faccia indossare delle scarpe di cemento al mio padrino, Don Sirius Corleo… ehm, Black» disse Harry.

 

«Grazie» disse la Voce «Il visitatore è pregato di raccogliere la spilla e fissarla sul vestito».

 

Tre lunghissime spille, di almeno trenta centimetri l’una – quella di Harry raggiungeva almeno i cinquanta -, caddero scintillando dal cielo.

 

«Cosa ce ne facciamo di queste?» domandò Nerdville, raccogliendo la sua.

 

«Secondo il detto che ogni cosa può diventare un’arma, io propongo di portarcele dietro ed usarle come pugnali» propose Ginni, ricevendo uno sguardo di pura ammirazione da parte di Hermione.

 

«Oh, Ginni!» fece questa, commossa «Non avevo mai notato quanto le nostre menti fossero così affini! Vieni qua, fatti abbracciare!»

 

L’aria si riempì di stelline, fiorellini, retini, e quant’altro di inutile ed opulento compare nei manga shojo-ai, mentre le due ragazze si abbracciavano, in lacrime.

 

«Possiamo andare, adesso?» fu l’acida interruzione di Harry, che troncò quel momento topico. Estrasse l’emo-kid dal pavimento – nel quale si era conficcato fino alla vita essendo caduto di testa – e attraversò la parete che si era sollevata verso l’altro, seguito dalla sua combriccola.

 

Si prese un attimo di tempo per rimirare il goticissimo atrio del MiniMinistero, tutto nero, con i camini argentati, a quell’ora spenti. Meraviglioso, ad eccezione di quell’orrenda fontana kitsch che faceva bella mostra di sé nel bel mezzo dell’androne, quando avrebbe dovuto essere disintegrata con una bella esplosione, in modo da non nuocere mai più agli artistici sguardi di coloro che ne posavano gli occhi sopra. Quando si riscosse, si accorse che i suoi cosiddetti compagni erano dall’altra parte dell’atrio, e lo stavano aspettando.

 

«Harry, chiama l’ascensore» lo spronò Hermione.

 

Harry si portò le mani a coppa attorno alla bocca, prese un bel respiro, e…

 

«ASCENSOREEEEEEEEE!»

 

Hermione lo guardò allibita. Dopo alcuni lunghissimi secondi di assoluto sconcerto, si voltò verso Ginni, sconvolta almeno quanto lei, se non addirittura di più. «Fermami, perché se no lo massacro» disse.

 

«Siamo in due» le rispose l’altra.

 

Incredibilmente, contro ogni aspettativa, l’ascensore arrivò sferragliando. Hermione provò la sgradevolissima e per lei nuova sensazione di avere appena fatto una colossale figura di emme. Quando le porte si aprirono, Harry, memore della precedente agghiacciante presenza, guardò l’ascensore come se fosse stato un gigantesco, soffice, GIALLO marshmallow dotato di cavità orale, pronto ad ingoiarlo.

 

«Sembra che Harry abbia bisogno di un piccolo incoraggiamento» ghignò Hermione, facendo scattare la sicura della semiautomatica.

 

Luna si avvicinò al goth guy, ed estrasse furtivamente una bustina trasparente dalla tasca della veste. «Prova questa» gli disse, con la sua solita aria svampita «Poi tutto ti sembrerà più bello». Harry osservò attentamente la vacua espressione della ragazza, e decise che no, non era proprio il caso.

 

Nel frattempo, erano tutti entrati nella cabina dell’ascensore, a parte Harry.

 

«Harry, ti vuoi muovere?» lo esortò Ginni.

 

«No» replicò Harry, nel suo miglior tono da bambino viziato che ottiene sempre tutto quello che vuole.

 

«In questi casi» intervenne serafica Hermione, ci vuole quella che io definisco “terapia d’urto”». Da una tasca della tuta mimetica, Hermione estrasse un sacchettino di carta. «Lo sai cos’è questo?» disse, all’indirizzo di Harry. Il goth guy scosse cautamente la testa. Con una lucina pericolosa negli occhi, Hermione estrasse l’oggetto dal sacchetto. Harry impallidì – sì, ancora di più.

 

«NO!» gemette.

 

«Oh, sì» fece Hermione.

 

«Il mio Eric Draven* pluriaccessoriato con indumenti di vera pelle! Come hai fatto a prenderlo?!» squittì il goth guy, profondamente disperato, tendendo le mani in direzione del bambolotto.

 

«Le cose sono due» proseguì spietata Hermione, ignorandolo. «Uno. Tu sali su questo ascensore, e io ti ridò la bambola. Due. Tu resti lì e il caro Eric Draven diventa un mucchietto di plastica liquefatta. Ora scegli». Per enfatizzare la minaccia, estrasse un accendino da un’alta delle innumerevoli tasche.

 

Harry fu travolto da una furiosa tempesta interiore. Non poteva permettere che il suo adorato Eric venisse profanato in quella maniera! Aveva venduto l’anima, per quella bambola – letteralmente –! Si fece coraggio e, ignorando il terrore istintivo che la cabina infernale esercitava su di lui, entrò nell’ascensore.

 

«Bravo bambino» fu il commento di Hermione, che rese il bambolotto al legittimo proprietario, che scoppiò a piangere dalla felicità (urgh…).

 

«Guarda che ti cola il trucco» gli suggerì spassionatamente Luna, mentre il mascara non-waterproof di Harry cominciava a liquefarsi.

 

L’ascensore, nel frattempo, aveva cominciato la sua precipitosa discesa verso il basso. Ben presto, si ritrovarono tutti spiaccicati contro il soffitto, per poi schiantarsi sul pavimento quando la cabina si arrestò all’improvviso. Ron ne sembrava stranamente entusiasta – quanto può essere entusiasta un emo-kid, ovviamente, e cioè molto poco -.

 

«Lo rifacciamo?» chiese, mentre la sua aura prendeva un leggero tono blu pervinca, assolutamente insolito nella sua consueta gamma cromatica.

 

Cinque paia di occhi omicidi si posarono su di lui – anzi, quattro, perché Luna non è che sia poi tanto capace di intendere e di volere. Dopo che Nerdville ebbe vomitato anche l’anima – per la seconda volta in un capitolo, un record – in un solitario cestino per la raccolta della carta piazzato inspiegabilmente in mezzo al corridoio, i sei furono finalmente pronti a scendere la lunga scalinata senza fine che li avrebbe portati attraverso la porta nera che infestava i sogni di Harry.

 

Dopo due o tre ore che scendevano, Harry si rese improvvisamente conto che la suddetta porta non si trovava in fondo alle scale, bensì dopo un luuuungo corridoio al quale si accedeva dal pianerottolo che si erano appena lasciati alle spalle. Quando lo riferì agli altri, si fece tutti i rimanenti scalini rimbalzando sul sedere, mentre Ginni ed Hermione si chiedevano se avrebbero dovuto spingerlo un po’ più forte.

 

Comunque, nonostante tutto, i sei baldi eroi riuscirono finalmente a raggiungere la lucida porta, nera come i lividi sul posteriore di Harry. La porta si spalancò, dritta sulla faccia del goth guy, che cominciò ad inveire contro una cera autrice che continuava ad attentare alla sua bellezza causandogli un’infinita dose di sofferenze.

 

I sei varcarono la soglia, e si trovarono in una stanza circolare, nera: pavimento nero, soffitto nero, pareti nere, porte nere, tutto nero. Perfino la fiamma delle candele nere era nera. Qualcuno chiuse la porta, e si ritrovarono tutti al buio – anche la luce era nera.

 

«Qualcuno ha un accendino?» chiese Nerdville, che se la stava letteralmente facendo sotto.

 

«No» replicò secca Hermione, nonostante qualche riga fa abbiamo visto perfettamente che ce l’ha. Ma sappiamo anche che è una stronza, quindi lasciamo perdere.

 

«Ho sentito un sibilo» piagnucolò Nerdville.

 

«Tranquillo, è soltanto il vento che soffia nella tua testa» replicò caustico Harry. Cominciò ad agitare le braccia, per cercare un qualsiasi punto di riferimento tattile nella stanza.

 

«Porco!» strillò Ginni, tirandogli un calcio in mezzo alle gambe.

 

Si udì un sonoro DONG!, e la ragazza cominciò a saltellare, tenendosi il piede dolorante.

 

«Ti ho mai parlato della mia cintura di castità?» le chiese tranquillamente Harry (cos’è, un sospensorio corazzato!? ndA).

 

Sospirando, Hermione cominciò a frugare nelle numerose tasche, dalle quali estrasse un cilindro di metallo, un tronco di cono anch’esso di metallo, una lampadina, un disco di vetro dal diametro di dieci centimetri, dodici batterie alcaline formato AA, ed un pugno di fili di rame rossi e blu. Mise tutto insieme – al buio! È un fenomeno,sta ragazza! – ed accese la torcia che aveva fabbricato in meno di due minuti.

 

«Chi cazzo sei, McGyver?!» sbottò incredulo Harry – e seccato, anche, perché quella luce gialla rovinava tutta la lugubre goticità dell’ambiente.

 

«Come fai a conoscere il nome dell’amante di mia madre?» domandò sospettosamente Hermione.

 

«…»

 

Ignorando quale fosse la porta che li avrebbe condotti a destinazione, ne scelsero una a caso. Varcando la soglia, si ritrovarono attorniati da cose pelose avvolte nel cellophane, tra le quali si fecero faticosamente strada.

 

«Sembrano pellicce» commentò svaporatamene Luna, togliendo un sacchetto di plastica dalla testa dell’emo-kid ormai cianotico.

 

Dopo aver attraversato a gomitate una gran quantità di “sembrano pellicce”, i sei si ritrovarono in uno spiazzo in mezzo ad una foresta innevata. Al centro dello spiazzo, completamente fuori posto, troneggiava un lampione. Mentre i nostri… mah, eroi continuavano a fissare il lampione, uno strano essere dalle zampe caprine uscì dal bosco.

 

«Salute a voi, Figli di Adamo e Figlie di Eva» disse l’essere, un ominide boccoloso mezzo uomo e mezzo caprone con una sciarpa rossa attorno al collo.

 

«AAAAAARGH!» strillò Harry. “Il Diavolo!” pensò. Tempo due secondi e fu in cima al lampione. No, non poteva essere! È vero, gli aveva venduto l’anima – a lui e ad altri due… - però era troppo presto perché venisse a riscuoterla! Non era ancora morto, insomma…

 

«Non mi chiamo “aaaaaargh”!» fece l’essere. «Il mio nome è Tumnus!»

 

«Harry» intervenne Hermione, guardando il goth guy abbarbicato in cima al palo come un bradipo al suo albero «Nel tuo sogno c’era questo signor Tonnus?»

 

«NO!» gemette Harry, che stava cominciando a perdere la presa.

 

«Allora mi sa tanto che abbiamo sbagliato porta» ragionò Hermione, constatò l’ovvio. Il tempo di far scendere gentilmente Harry dall’albero, e i sei tornarono a farsi strada attraverso le pellicce.

 

«Aspettate!» berciò il mezz’uomo «Non andate via! Voi dovete salvare Narnia! Ehi, mi sentite?!» ma le sue suppliche caddero nel vuoto, perché i nostri eroi erano già tornati nella stanza nera.

 

«Fallimento» commentò l’emo-kid apatico. Non capirono se si riferisse al fatto che avevano sbagliato porta, oppure al suo tentato suicidio sventato dalla drogata della compagnia.

 

«Proviamone un’altra» incoraggiò Nerdville, svelando tutto il malessere che quella stanza provocava alla sua psiche da nerd.

 

Fu Ginni ad aprire la porta, che dava su una stanza con il pavimento a scacchi bianco e nero. Lungo le pareti di questa stanza, c’erano altre porte – e che palle! ndI-Nostri-“Eroi” –, e nel bel mezzo stava un tavolino, al quale Hermione si avvicinò.

 

«C’è una bottiglietta, qua» constatò. «C’è scritto “BEVIMI”».

 

«Oooh, che bello!» fece Luna, strappandole di mano la bottiglietta e bevendone a canna tutto il contenuto.

 

Gli altri cinque la guardarono, allibiti. Che sarebbe successo, ora? Avrebbero visto la svampita Luna contorcersi per avvelenamento sul pavimento della stanza? Oppure sarebbe esplosa, imbrattando pareti e pavimento? Niente di tutto ciò. La ragazza cominciò a rimpicciolire.

 

«Oh no, ecco altre violazioni di copyright!» gemette Ginni «Non bastava Narnia, adesso anche questo!»

 

Raggiunte le dimensioni di un bonsai, Luna cominciò a rendersi conto che qualcosa non andava.

 

«Aiuto!» squittì, guardando quei cinque giganti che la sovrastavano.

 

All’improvviso, dall’alto cadde, in testa ad Harry – e te pareva… ndHarry -, una ragazza bionda, vestita alla moda di Harajuku.

 

«Ah, però!» fece questa, rassettandosi il vestito da Lolita «Non mi ricordavo che nel Paese delle Meraviglie ci fosse un bonazzo del genere! Piacere, Alice!»

 

Harry era combattuto tra lo sbatterle la testa contro il tavolino per vedere quanto fosse vuota, o prendere la Sig Sauer di Hermione e spararsi. Alla fine, giunse ad un compromesso.

 

«Puoi gentilmente toglierti di dosso?» fece, mentre una vena aveva cominciato a pulsargli sulla fronte.

 

«Cosa facciamo con Luna?» domandò preoccupato Nerdville, raccogliendola dal pavimento per appoggiarla sul tavolo.

 

«Dovrebbe esserci una scatola di biscotti con su scritto “MANGIAMI” sul pavimento» li aggiornò la nuova arrivata, facendo gli occhi dolci ad Harry. “Un’altra” pensò il goth guy, seccato; gli spigoli del tavolino acquisirono nuovo fascino, ai suoi occhi.

 

Nerdville si piegò sotto al tavolo e raccolse la sopraccitata scatolina, la voltò e il suo volto si fece cereo. «Oh, no!» piagnucolò «Sono scaduti!»

 

«Ah, beh, pazienza» fece cinica Hermione, guardando la minuscola Luna zampettare sul tavolo come uno scarafaggio biondo. «Abbiamo un’altra bionda qua… prendiamo lei e lasciamo Luna qui, nessuno noterà la differenza…»

 

«No!» esclamò Harry.

 

«Che palle, Harry, non ti va mai bene niente! Adesso basta, me ne sbatto di quello che vuoi tu: prendiamo Alice e lasciamo Luna, non cambia niente».

 

«E io cosa faccio?» domandò Luna, che stava cominciando a riacquistare un po’ della lucidità che non possedeva da anni.

 

«Vai a salvare il Paese delle Meraviglie, cara» la liquidò Alice, afferrando la biondina e ficcandola in una piccola porta apertasi nella parete. «Come ti chiami, splendore?» chiese poi ad Harry, sbattendo le folte e lunghe ciglia, probabilmente finte.

 

Harry la ignorò alzando gli occhi al cielo, e se ne tornarono tutti nella stanza nera.

 

«Tutto ciò mi turba» fece Nerdville, occhieggiando la ragazza.

 

«Ah, a te ti turba» replicò caustico Harry.

 

Preparandosi al peggio, varcarono la soglia dell’ennesima stanza, che aveva tutta l’aria dei essere una camera da letto.

 

«Pareti nere» commentò Harry compiaciuto, annuendo.

 

«Beh, qui non c’è niente, a parte una abnorme collezione di manga» liquidò il tutto Hermione. «Torniamo indietro».

 

«Aaaargh!» strillò all’improvviso il goth guy, indicando una parete. «Quale indegna creatura ha osato appendere un poster del grandissimo Brandon Lee?! Nessuno, e ripeto, nessuno che non sia io ha il diritto di farlo!». Per ovviare a quell’empietà, Harry cominciò a staccarlo dal muro, approfittando dell’occasione per appropriarsi anche di quello di Ville Valo, appeso accanto. «Aaaaah, un ritaglio di giornale con una foto dei Deathstars! Staccare, staccare tutto!».

 

Mentre lo scempio si compiva, la porta si aprì e qualcuno – no, non Qualcuno, qualcun altro… – entrò nella stanza.

 

«Ma che cazz…» fece l’intruso, o meglio, l’intrusa, guardando inorridita il buco vuoto dove un tempo l’affascinante Brandon Lee aveva vegliato sul suo sonno. «Ehi!»

 

«Oh» commentò Hermione, fissando la nuova arrivata. «Ti assomiglia, Harry. È tua sorella?»

 

«Non ho nessuna sorella, e se ce l’avessi non sarebbe sicuramente un cesso come questa qua» rispose cinico il goth guy.

 

«Oh, grazie. Non sperare in un lieto fine, brutto stronzo. Entro il trentottesimo capitolo avrai perso tutti i capelli… e questa non è una minaccia vana».

 

Harry si portò le mani alla testa e indietreggiò, sconvolto. «No…»

 

«Oh mio Dio!» gemette Nerdville, puntando il dito con il cess… ehm, la legittima proprietaria della stanza. «È l’Autrice!»

 

«Ma che bravo» replicò cinica questa «Adesso volete spiegarmi, per favore, che cosa ci fate qui?»

 

«Che domanda è?» intervenne Ginni «Sei tu quella che scrive, lo dovresti sapere. E poi, non ti rendi conto di quanto sia stupida questa cosa?! È illogico!»

 

«Ti sembra che in questa fan’s fiction ci sia qualcosa di logico?!» sbottò piccata l’Autrice. «Ti pare di scorgere anche un solo barlume di logicità in questo pot-pourri di stronzate, un sottile filo di criterio in questo gomitolo di idiozia, un solo tassello di razionalità in questo puzzle di demenza?! Sarebbe come dire che io ho un cervello!» si sfogò, con fare melodrammatico.

 

«Ora capisco perché siamo tanto coglioni» commentò Harry, ficcandosi i poster arrotolati sotto il braccio, chiedendosi se fosse il caso di prendersi anche la locandina di Stay Alive.

 

«Ho la soluzione a tutti i nostri problemi» annunciò Hermione. Tramortì l’Autrice con il calcio del fucile e cominciò a svuotare taniche di cherosene in giro per la stanza. «Restando qui non andremo da nessuna parte. Torniamo indietro».

 

Accese un fiammifero e lo lasciò cadere. La stanza prese fuoco in pochi istanti. I nostri “eroi” tornarono velocemente nella Stanza Nera.

 

«Non ci credo, abbiamo fatto fuori l’Autrice!» esclamò Ginni «Vuol dire che adesso siamo liberi di fare quello che vogliamo!»

 

«Non è un controsenso?» rifletté Nerdville «Insomma, non dovremmo poter fare niente…»

 

«Nerdville, non pensare o ti esploderà il cervello».

 

Aprirono l’ennesima porta, ormai pronti al peggio. Si ritrovarono un una stanza anonima, nella quale un uomo aveva tutta l’aria di starli aspettando. Porse ad Harry un lungo cappotto di pelle ed un paio di occhiali da sole.

 

«Tu sei l’Eletto» disse, porgendogli anche uno spinotto.

 

«Prego?» replicò Harry, guardandolo con sospetto.

 

La porta – non quella da cui erano entrati, un’altra – si spalancò all’improvviso, ed una folla di uomini tutti uguali in smoking fecero irruzione nella stanza.

 

«OMG!» esclamò l’uomo «Eletto, presto! Sei la nostra unica speranza! …Eletto?»

 

«Non so voi» disse il suddetto “Eletto”, al sicuro nella Stanza Nera «Ma io mi sto, come dire, rompendo i sacrosanti a finire ogni volta in un posto assurdo che non ha niente a che fare con questa stupida parodia».

 

Diverse porte dopo, riuscirono finalmente ad accedere alla stanza simile ad una cattedrale e grande come un hangar piena di CD-R 80 SQ 700MB.

 

«Dove dobbiamo andare adesso?» indagò Hermione.

 

«Fila 17» la informò Harry, dando uno spintone ad Alice, che continuava ad avvicinarglisi troppo per i suoi gusti.

 

Guardarono i cartellini appesi agli scaffali. Quello alla loro destra segnava 17. Ma anche quello alla loro sinistra segnava 17. E quello dopo. E quello dopo ancora…

 

«Fantastico» commentò Ginni caustica. «Dov’è Ron?» aggiunse, guardandosi attorno.

 

«Oddio» gemette Hermione «l’abbiamo dimenticato nel bel mezzo delle Termopili… a quest’ora gli spartani lo avranno fatto fuori».

 

Una vistosa macchia nera semovente la smentì. Ron, infatti, si era involontariamente mimetizzato all’ombra di uno degli scaffali.

 

«Guarda, Harry» disse ad un certo punto Nerdville «qui c’è scritto il tuo nome».

 

Infatti, una lunghiiissima etichetta dirottava l’attenzione ad un particolare CD-R, tutto nero, a differenza degli altri, che erano argentati. Oltre all’esteso nome del goth guy, l’etichetta riportava anche degli strani acronimi (M.G. a A.e-u-a-v-d-n-c-n-s-a-e.S-c.s.p.“s”.). Accanto al suo nome, il nostro fascinoso “eroe” notò che c’era scritto anche il nome d’arte del suo Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri, ovvero Signor Oscuro.

 

«Tsk!» commentò onomatopeicamente Harry «Io meriterei molto più di lui quell’appellativo». Allungò la mano ed afferrò il CD-R, soppesandolo. «Qualcuno ha un notebook a portata di mano?» chiese. Il suo sguardo indugiò sulle numerose tasche della tuta mimetica di Hermione, che sembravano essere in grado di contenere qualsiasi cosa.

 

«Molto bene, Potter» disse una voce proveniente dalle loro spalle «Adesso voltati lentamente e dammelo».

 

 

 

 

Allora, è o non è il capitolo più stupido che abbiate mai letto in questa fan’s fiction? XD (ma non era poi così lungo XD) Sono riuscita pure a farmi fuori da sola! XDD Oh, a proposito, non vorrei essere sembrata troppo ipocrita, ad avere messo quella scena… però ci fantasticavo su da un sacco di tempo, e mi sarebbe dispiaciuto non metterla…

Oh, e non temete per la povera Luna, mi inventerò un modo per farla tornare. XD

Grazie mille, come sempre a tutti voi che continuate a seguirmi! Non trovo più le parole per dimostrarvi la mia gratitudine XP A presto! <3

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Capitolo 36
*** 35_Oltre il Foulard ***


Capitolo 35… vuol dire che siamo quasi alla fine. Ç_Ç

Non so se essere contenta, per essere riuscita a portare avanti una cosa del genere per così tanto tempo, oppure triste…

Ma passiamo ad argomenti più allegri. Scusateeee per il ritardo, ma la scorsa settimana sono stata impegnata con una fan art (che non è nemmeno venuta bene come speravo… che crudele, la vita!), che mi ha portato via un sacco di tempo… Ma chissenefrega, in fondo, l’importante è che il capitolo 35 sia finito! Fufufufu…

 

CAPITOLO 35

 

OLTRE IL FOULARD

 

I nostri eroi si voltarono di scatto in direzione della voce. Dietro di loro, ad una distanza un po’ troppo ravvicinata per i loro gusti, stavano dei tizi inquietanti, tutti vestiti di nero, che indossavano delle strane, spaventose, angoscianti maschere…

 

«Ma…» ansimò Nerdville, pericolosamente sull’orlo di una sincope «…ma…sono…sono…»

 

«…sono gli SLIPKNOT!» lo interruppe Harry, non credendo ai propri occhi. «Presto, datemi una penna! Voglio un autografo!». Si volse in direzione di Hermione, in attesa che una penna spuntasse magicamente da una delle innumerevoli tasche della sua tuta mimetica.

 

«Macché Slipknot!» lo riprese Ginni «Sei sempre stato così idiota o stai facendo uno sforzo speciale per impressionarci?»

 

«Mi stai insultando?»

 

«Dammelo, Potter» ripeté il tizio inquietante numero 1, stroncando la lite sul nascere e tendendo la mano in direzione del goth guy. «Dammi il CD-R con la profezia e nessuno si farà male».

 

«Fammi pensare» replicò Harry, assumendo un’aria pensosa. «Eeeeeeeeeeh… no». Passando dall’aria pensosa ad un aria molto figa, Harry estrasse misteriosamente la pistola magica da chissà dove, mettendosi in posa a-la-Lara-Croft. «Al mio segnale» disse ai suoi compagni di merende «…scatenate l’inferno».

 

«Uh, ma che bravo» commentò ironica Hermione «pure le frasi da film, adesso. E per di più una scontata e stra-abusata come questa. Perché allora non “che la forza sia con te?” Oppure “dopotutto, domani è un altro giorno?” O magari “non può piovere per sempre”, già che ci siamo…?»

 

«Ah, certo!» replicò Harry «Perché dire adesso “non può piovere per sempre” ha senso, no? Vabbè che di logica qua non ce n’è neanche un briciolo, ma così si esagera…»

 

I cattivi, come succede sempre in questi casi, in particolar modo negli anime, se ne stettero placidamente ad aspettare che i buoni smettessero di battibeccare. Non gli passò neanche nell’anticamera del cervello di farli fuori mentre erano distratti, oh no! Che figura ci avrebbero fatto, in quel caso? Erano cattivi, certo, ma cattivi di classe. Perciò si misero comodi ed aspettarono pazientemente che quella specie di Snake al femminile e Morticia al maschile smettessero di urlarsi contro.

 

«Avete finito?» sbottò una voce femminile tra le fila dei nemici, dopo circa un quarto d’ora di lite furibonda.

 

«…sì, ma almeno cita un film che finisce bene, lo sai come finisce “il Gladiatore”?!» continuò imperterrita Hermione, ignorandola.

 

«Ma cosa c’entra?» ribatté Harry, deciso a non dargliela vinta «Tanto ormai l’ho detta!»

 

«SCUSATE!» intervenne il cattivone numero 1, alzando la voce per farsi sentire. «Avete finito?!»

 

«No, dobbiamo ancora ideare un piano per fregarvi» rispose Ginni. I nostri sei eroi si avvicinarono gli uni agli altri per non farsi sentire, mentre i nemici, sospirando, se ne tornarono ai loro cruciverba.

 

«Allora» cominciò Harry «tu, Hermione, passi la palla a Ron. Ron, fai finta di correre verso Luna»

 

«Alice» lo corresse la bionda.

 

«Sì, è uguale… allora, Ron, fingi di andare verso Luna, ma invece vai verso Ginni, che fingerà di dirigersi verso Nerdville, ma che invece placcherà il cattivone numero uno. Poi passate a me ed io faccio touchdown».

 

«Eh?» fecero gli altri 5 che, comprensibilmente, non avevano capito una fava.

 

«Gli gridiamo “C’è un alieno!” e quando si girano a guardare scappiamo» riassunse in poche parole Harry.

 

«Avete finito, adesso?» gemette il cattivone numero 1, i cui nervi stavano cominciando a logorarsi irreparabilmente. «Dovreste tremare, di fronte a noi… noi…»

 

«Voi cosa?»

 

«Noi… m…rte…» concluse, a malapena udibile.

 

«Cosa?!»

 

«Mangiatorte!» ripeté, a voce un po’ più alta.

 

Harry e compagnia scoppiarono a ridere. Il cattivone numero 1, imbarazzato, si voltò verso i colleghi. «Ve l’avevo detto, io, che era un nome ridicolo!» piagnucolò.

 

«Abbiamo scelto a maggioranza» replicò uno degli altri, stringendosi nelle spalle.

 

«All’inizio avevamo pensato a “Mangiamorte”» spiegò Numero 1, cercando di giustificare una così lacunosa mancanza di creatività «Ma poi ci abbiamo riflettuto su… come si fa a mangiare la morte? Non si può… al limite si potrebbe mangiare un morto, ma che schifo… allora abbiamo optato per Mangiatorte, che ha una certa assonanza… e mangiare una torta e decisamente meno rivoltante che mangiare un cadavere…»

 

«Lucius, guarda che se ne sono andati» lo interruppe l’unica rappresentante femminile del gruppo – che se l’era portata dietro per non apparire troppo maschilista.

 

«Hai detto il mio nome!» gemette istericamente il cattivone numero 1, aka Lucius Malfoy «Non avresti dovuto farlo! Adesso sanno chi sono!».

 

«Ah, perché prima non si capiva» replicò ironica la donna, lanciando un’occhiata di traverso ai 50 centimetri buoni di capelli biondo-platino-tendente-al-bianco-abbagliante-stile-Sephiroth-anche-se-in-realtà-quest’ultimo-li-ha-più-grigi-che-bianchi che ricadevano sulla schiena abbigliata di nero dell’uomo.

 

I… Mangiatorte (pfff…ahahahahahahah!!! Muoio! – sì, di nuovo – XD! ndA) cominciarono febbrilmente a cercare, tra le infinite file di scaffali, le loro prede.

 

(comincia siparietto stile Benny Hill Show – o come cavolo si chiama – durante il quale i cattivoni corrono a destra e spuntano a sinistra, e viceversa, velocizzati in maniera innaturale ed accompagnati da una musichetta comica)

 

Finalmente, riuscirono a trovare l’isterigoth e i suoi amici in fondo alla sala, che ceravano un’immaginaria porta nascosta nella parete.

 

«Te l’avevo detto che era la parte sbagliata!» strillò Hermione, sul punto di aggredire Harry con una delle migliaia di alternative proposte dalla sua praticamente infinita artiglieria.

 

«Va bene, Miss Perfezione, la prossima volta ascoltiamo tutti te ed andiamo nella direzione indicata dal cartello USCITA!» ribatté acido.

 

«No, non di nuovo!» gemette Lucius, strappandosi i capelli. (Aaaah, questo non farà affatto bene alle sue doppie punte… ndHarry)

 

«Via, ci penso io» intervenne la donna «Potter, dacci il CD-R».

 

«Okay» fece questi, consegnandoglielo.

 

«Harry, ma cosa hai fatto!?» sbottarono sconvolti i suoi compagni.

 

«Fufufufu… in realtà, quello non è il CD-R che cercando. L’ho sostituito poco fa con un altro».

 

«E invece no» lo smentì Lucius, trionfante «Perché prima che tu lo sostituissi, io l’avevo già sostituito con il CD-R che cercavo, in previsione che tu facessi una cosa simile».

 

«Sapevo che l’avresti fatto, così io l’ho sostituito prima di te, una ventina di volte».

 

«Non mi inganni, è questo l’originale, lo so».

 

«E allora guardalo».

 

Lucius, sollevò sospettosamente lo sportellino della scatolina contenente il CD-R, senza staccare gli occhi dal goth guy e compagnia. Giusto il tempo di lanciare un’occhiata al contenuto della custodia, che i nostri eroi erano spariti.

 

«D’oh!» sbottò Lucius.

 

«Lucius, sei un coglione!» lo apostrofò la donna, strappandogli di mano la falsa profezia. «E poi, chi è il deficiente che ha comprato ‘ste maschere?! Non si respira, qua sotto!». La donna si levò la maschera, imitata dagli altri.

 

«Ma non potete!» piagnucolò Lucius «E l’anonimato? E poi abbiamo un’immagine da difendere! Non potete…!»

 

«Dacci un taglio».

 

I poveri Mangiatorte ricominciarono a cercare tra gli scaffali. Nel frattempo i nostri eroi era giunti in prossimità della porta dalla quale erano entrati. Nerdville fece per aprirla, ma…

 

«Ah-ha! Trovati!» esclamò esultante l’unica rappresentante femminile dei Mangiatorte, che si affrettarono a raggiungerla.

 

«Oh my Goth!» gemette Harry, indicandola affascinato. «Ma è Bella-

 

«BELLA!»

 

Immancabilmente, il solito, patetico, sedicente vampiro mancato fece la sua comparsa nell’Ufficio Misteri Misteriosi – come se qualcuno ne sentisse la mancanza.

 

«Bella, amor mio? Dove sei? Dove costoro celano la tua così seducente ottusità? Quale indegna mano sacrilega ti tiene lontana dalla mia tenebrosamente affascinante persona? Ho sentito pronunciare il tuo incantevole nome, perciò non devi essere lontana! Oh, mia Bella!»

 

«Che cazzo vuoi?» domandò acida la donna, squadrandolo torvamente.

 

«…Bella? Oh, mia Bella, che cosa ti hanno fatto?» gemette teatralmente Edward Cullen – come si faccia, poi, a scambiare quella strafiga di Helena Bonham Carter con Kristen Steward, non lo capirò mai… – «Dov’è il tuo dolce visino dalla soave espressione da deficiente?».

 

«Hermione, credo sia ora di spargere un po’ di tutto quel piombo che ti sei portata appresso» esordì spassionatamente Harry, mentre i cattivoni erano distratti dalla presenza assolutamente molesta del sedicente vampiro.

 

«Concordo» replicò la ragazza, stranamente d’accordo, per una volta, con il goth guy. Con un AK-47 in una mano e una mitraglietta uzi nell’altra, Hermione fece fuoco, ridendo come un’assatanata, mentre il vento prodotto dallo sfrecciare delle pallottole attraverso l’aria le faceva svolazzare i capelli come ad un’indemoniata.

 

«Bwahahahahahah! Guardatemi!» sghignazzò la ragazza, a malapena udibile in mezzo al fragore prodotto dalle armi da fuoco. «Sono Tony Montana!»

 

Finalmente, i caricatori si svuotarono. Fili di fumo si levarono dai fori che avevano provocato sul pavimento e sugli scaffali, donando alla scena una parvenza di irrealtà. Hermione ansimava come un mantice, i capelli ancora sparati in tutte le direzione ed un’espressione folle stampata sul viso. Diradatosi il fumo, scoprì, con profondo rammarico, di non aver colpito nessun Mangiatorte… ma, in compenso, il sedicente vampiro aveva più buchi delle calze a rete della Umbridge.

 

«Oh mia Bella!» piagnucolò, tutt’altro che defunto «Come farò a stringerti al mio marmoreo e statuario torace, ora che è traforato come la mia anima senza te?»

 

«Ma quello non muore mai?» sbottò Harry, subito dopo aver riacquistato l’udito.

 

«Oh Bella, mia Bella» continuò la seccante creatura «Non m’importa se sei cambiata così tanto, sei sempre la mia Bella!»

 

«Bellatrix, lo conosci?» intervenne Lucius, controllando i danni provocati dalle pallottole al suo sciccoso mantello svolazzante.

 

«Bellatrix?» ripeté Edward Cullen «Non Isabella?»

 

«Qui non c’è nessuna fottuta Isabella!» sbottò Bellatrix, sferrando al sedicente vampiro un montante che lo spedì dritto dritto nella stratosfera.

 

«Non è meravigliosa?» commentò estasiato Harry «Così affascinante, e così decisa… E ah, che carattere…».

 

«Lo abbiamo perso» considerò Nerdville, sventolando una mano davanti al viso del goth guy.

 

«Chi sarebbe questa Bellatrix?» intervenne Alice, irritata, guardando torvamente l’ergastolana.

 

«Ora che sono distratti!» li esortò Ginni, spalancando la porta. Assieme ad Hermione, afferrò Harry e lo trascinò oltre la soglia.

 

«Bellatrix, IO TI AMOOOO!» gridò il goth guy, poco prima che la porta gli si richiudesse in faccia.

 

«Che cosa facciamo, adesso?» piagnucolò Nerdville, respirando affannosamente in un sacchetto di carta.

 

«Usciamo, ovviamente» gli rispose Harry, recuperando rapidamente il self-control.

 

Hermione accese la torcia. «Dov’è Ron?» chiese.

 

«Ah, beh… pazienza, dirò alla mamma che è caduto in battaglia» asserì Ginni stringendosi nelle spalle.

 

«Sono qui» assicurò il diretto interessato, comparendo nel fascio di luce rivolto verso l’altro.

 

«AAAAAAAAARGH!» gridarono gli altri cinque, terrorizzati dall’apparizione. Ron, dal canto suo, si scostò il ciuffo dagli occhi.

 

«Ci avranno sentito» commentò Ginni, ricomponendosi. «Dobbiamo uscire, subito!». Spalancò una porta e la varcò, seguita da Ron e Alice. La porta si richiuse.

 

«Ehi, e noi?» si lamentò Nerdville.

 

I tre eroi rimasti superarono una porta a caso, finendo in un’anonima stanza dotata di tavoli e librerie. Corsero verso la porta aperta dall’altro lato della stanza, ma, prima che potessero raggiungerla, un Mangiatorte comparve dietro di loro. I nostri eroi vennero scaraventati contro il muro, e se ne stettero per un po’ a terra a vegetare, rincoglioniti dal colpo.

 

«Li abbiamo trovati!» gridò trionfante un cattivone «In un ufficio…». Una granata lo colpì alla testa facendogli perdere i sensi. L’ordigno rimbalzò ed andò a finire in un angolo.

 

«Togli la sicura, prima, fenomeno» sbottò Hermione rivolgendosi ad Harry, il quale, irritato, continuava a lisciarsi i capelli.

 

«Non è che hai un pettine?» chiese alla ragazza, ignorando la frecciatina.

 

All’improvviso, un secondo Mangiatorte fece irruzione nella stanza, e colpì Hermione alla testa con un flying drop*.

 

«Hermione!» squittì Nerdville, che solo allora stava cominciando a riacquisire le proprie facoltà mentali. Il Mangiatorte-wrestler gli tirò un calcione in faccia, spappolandogli un naso che, anche prima, non è che fosse poi così attraente.

 

«Dammi la profezia» intimò il Mangiatorte, allungando la mano verso Harry.

 

«Noddaiela, Harry!» biascicò Nerdville, tenendosi il naso zampillante sangue come una fontanella.

 

«…eh? Non ti capisco, parli peggio di Hagrid…» constatò il goth guy, cercando freneticamente nel proprio archivio mentale qualcosa che gli permettesse di evadere da quella spiacevole situazione. «Guarda!» esclamò alla fine, puntando l’indice verso un punto alle spalle del nemico «Un UFO!». Quando il Mangiatorte si girò, Harry lo colpì forte sulla nuca con un gigantesco martello di legno da un quintale – preso direttamente da una delle innumerevoli tasche di Hermione, naturalmente.

 

«Allora, Nerdville, facciamo così…» disse poi, abbandonando il martello al suo destino «Tu prendi Hermione ed esci di qui. Io devo trovare gli altri…»

 

«Oh Harry!» pianse Nerdville «Non pensciavo foscti coscì altruista…».

 

«Infatti non lo sono» borbottò il goth guy di rimando «Solo che ho affidato a Ginni i poster che ho fottuto all’Autrice, e che non ho assolutamente intenzione di lasciare qua».

 

«Ah».

 

Aspettando che Nerdville trascinasse un’Hermione priva di sensi per la stanza, Harry fece ritorno nella roteante stanza nera. Una volta che il nerd fu riuscito nell’impresa ed ebbe chiuso la porta, un altro uscio si spalancò – indovinate un po’ dove – sulla faccia di Harry.

 

«Ma porca trota!» strepitò questi, desideroso più che mai di svuotare il caricatore della propria pistola magica addosso a chiunque avesse osato insidiare la sua avvenenza.

 

«Ginni, Ron, Luna…» ringhiò, facendo scattare la sicura.

 

«Alice» lo corresse nuovamente la bionda.

 

«E’ uguale…».

 

Però, prima di portare a compimento la propria incontenibile vendetta, Harry si rese conto che Ron aveva qualcosa di strano. Innanzitutto sorrideva (!), un grottesco sorriso che gli andava da un orecchio all’altro, e che perfino il gatto del Chesire gli avrebbe invidiato. Poi, i suoi capelli erano inspiegabilmente mutati in un solare biondo platino, che sembrava quasi emanare luce propria. Terzo, la sua tetra aura oppressiva era scomparsa.

 

«Che cavolo ha?» chiese. Ginni si strinse nelle spalle.

 

«A bò. È la mia ultima preoccupazione, in questo momento» replicò la ragazza indicando il proprio piede, girato in modo raccapricciante all’indietro.

 

«Ma che bell’albero abbiamo qui…» commentò uno stranamente loquace Ron, abbracciando il tronco della pianta situata per qualche misteriosa ragione nel bel mezzo della stanza.

 

«Fantastico…» commentò Harry, sepolcrale, guardando quello che, fino a poco tempo prima, era un gruppo di preudo-eroi, forse un po’ male assortiti, ma almeno funzionanti.

 

«Erano in quattro» riferì Alice, l’unica apparentemente sana – fisicamente, almeno…** –. «Ci hanno inseguito in una stanza piena di pianeti… Ron si è schiantato contro Saturno, che gli ha quasi tagliato la gola con il suo anello…»

 

«Aspetta» la interruppe Harry, voltandosi verso Ginni. «Dove sono i miei (tsè, suoindA) poster?»

 

«Poster? Quali poster?» domandò la ragazza, continuando a fissare il proprio grottesco piede. «Ah, quei, poster» ricordò, di fronte allo sguardo torvo di Harry. «Sono andati, mi dispiace».

 

«NOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!»

 

«Tutto ciò è molto teatrale, Harry, tesoro» lo rassicurò Alice, avvicinandoglisi e posando una mano sulla spalla del goth guy, inginocchiato a terra. «Ma se fai così i cattivi ci sentiranno…»

 

«Leva quella mano» intimò Harry, con la sottintesa minaccia di infliggere all’arto di Alice la stessa tortura subita dall’articolazione di Ginni.

 

In quel drammatico momento, fecero irruzione nella stanza tre Mangiatorte, guidati da Bellatrix Lestrange.

 

«Oh» fece Harry, passando dall’ira funesta ad un disgustoso love-mode.

 

Ginni alzò gli occhi al cielo. Spalancò una porta, vi scaraventò dentro i compagni – il tutto su un piede solo! È fenomenale,sta ragazza! – e se la richiuse alle spalle. Erano finiti in una stanza contenente una vasca, nella quale galleggiavano diversi cervelli.

 

«Ehi, Harry, qui dentro è pieno di cervelli» disse Ron, affacciandosi oltre il bordo della vasca.

 

«Ecco, bravo, guarda se riesci a trovare il tuo» borbottò caustico l’interpellato, aiutando Ginni ad inchiodare delle assi contro la porta.

 

Ron pescò un cervello dalla vasca, portandolo verso i compagni impegnati a fortificare l’uscio.

 

«Non portarlo qui, stupido!» lo apostrofò Harry, guardando disgustato la specie di cavolfiore che l’ex emo-kid reggeva tra le braccia.

 

«Oh, che bello!» commentò Ginni, martellando un chiodo «Un idiota che dà dello stupido a un cretino!»

 

Prima che Ron potesse raggiungerli, dall’ammasso di materia grigia si srotolarono nastri di immagini in movimento, simili alla pellicola di un film (seeee… cinematic record… ndA-citando-Kuroshitsuji), che si avvolsero strettamente attorno a Ron.

 

«Oh, mi sta strangolando» commentò l’ex emo-kid estasiato, osservando le proprie estremità farsi blu.

 

In quella, i cinque Mangiatorte riuscirono a penetrare nella stanza, proprio dalla porta stracarica di assi che Harry e Ginni ci avevano inchiodato sopra. Stranamente, invece di spaccare la faccia ad Harry come al solito, la porta colpì Ginni, tramortendola. Stessa fine fece Lun… ehm, cioè, Alice. Così, con Hermione fuori uso da diverse righe e Ron semisoffocato sul pavimento, gli unici che potessero affrontare il nemico erano il nostro favoloso protagonista ed uno sgrammaticato Nerdville.

 

Lasciando il secchione al proprio destino, Harry corse dall’altra parte della stanza e superò l’ennesima porta, ritrovandosi in un ampio spazio, costituito da enormi scaloni e, al centro, su una piattaforma, un arco al quale stava appeso un gigantesco foulard. All’improvviso, Harry non sentì più il terreno sotto di sé, e cadde, rimbalzando sui gradoni, fino ad atterrare scompostamente in fondo.

 

«Auch…» gemette, raddrizzandosi.

 

I cinque Mangiatorte della Stanza dei Cervelli lo seguirono, e vennero ben presto raggiunti da altrettanti. Tutti insieme, circondarono Harry.

 

«Dacci quella fottuta profezia» lo esortò un alquanto spettinato e stravolto Lucius.

 

Prima che Harry potesse rispondere con una battutaccia delle sue, che gli sarebbe costata qualche arto spezzato e diversi denti in meno, irruppero nella stanza Sirius, Lupin, Malocchio Moody, Tonks e Kingsley.

 

Malfoy si voltò con il bastone da passeggio levato, ma venne colpito in pieno da Tonks, che era inciampata in cima agli scaloni ed era precipitata inesorabilmente. Harry ne approfittò per saltare giù dalla piattaforma e portarsi fuori tiro, mentre Mangiatorte e membri dell’Ordine se le davano di santa ragione. Harry si avviò velocemente verso l’uscita, ma venne bloccato da un Mangiatorte con i capelli rossi armato di motosega.

 

«Non trovi anche tu che il rosso sia un colore meraviglioso?» esordì, puntando l’arnese da giardiniere in direzione di Harry.

 

«Okay…»

 

Il rosso venne atterrato con un placcaggio, e finì in fondo agli scaloni. L’ormai solita e familiare colonna sonora risuonò nell’aria.

 

«Padrino!» esclamò sollevato il goth guy, vedendo l’adorato parente rialzarsi a fatica dopo aver placcato il nemico.

 

«Picciott… Harry!»

 

La riunione di famiglia fu guastata dall’apparizione di Lucius, che afferrò da dietro Harry intimandogli di consegnargli il CD-R. Harry, prontamente, estrasse il CD dalla tasca e lo lanciò come un frisbee a Nerdville, che era riuscito a trascinarsi fin lì. Nerdville alzò le braccia per prenderlo, ma questo all’improvviso deviò, andando a fracassarsi contro una colonna.

 

«Ops» fece il goth guy.

 

«Smiledde!» fu la replica di Nerdville, che si illuminò tutto guardando qualcosa che aveva fatto la sua comparsa nella stanza.

 

«Che cosa?»

 

«Smiledde!» ripeté Nerdville, indicandoglielo.

 

Albus-e-un’-altra-ventina-di-nomi-che-non-sto-ad-elencare Smilente – che si pronuncia “Smailente”, tra l’altro – era comparso sopra di loro, in cima ai gradini. Sguainò la sua arma magica – una bella spada laser, molto futuristica – e la puntò contro i Mangiatorte, che smisero di duellare e vennero trascinati verso il fondo della stanza da una forza invisibile. Soltanto due continuavano a combattere: Bellatrix e Sirius.

 

«Hai staccato la testa a tutte le mie Barbie!» si lamentò Bellatrix, scagliando un incantesimo contro il cugino.

 

«Tu hai bruciato tutti i miei poster dei Bauhaus!» replicò Sirius, schivandolo.

 

«Hai sacrificato il mio criceto durante un rito satanico!» proseguì Bellatrix, tentando nuovamente di colpirlo.

 

«Hai detto che Siouxie Sioux è una zoccola!»

 

«Hai sventrato il mio Cicciobello

 

«Hai rotto tutti i miei vinili degli AC/DC!»

 

«Mi hai rubato gli stivali col tacco a spillo!»

 

«Non è vero!»

 

I Mangiatorte, Smilente – che si pronuncia “Smailente”, tra l’altro –, i membri dell’Ordine, Harry e Nerdville si misero comodi comodi a guardare i due parenti che si vendicavano di screzi passati.

 

Alla fine, Bellatrix estrasse una colt e sparò in pieno petto al cugino, che fu sbalzato indietro. Non contenta, svuotò l’intero caricatore contro il cugino, lo colpì con una raffica di mitragliatrice ed un razzo. Sirius – o quello che restava… - finì oltre l’arco, oltre il foulard, sparendo.

 

«Sirius!» gemette Harry, correndo in soccorso dell’unico parente vagamente dark che avesse. Prima che potesse attraversare il tessuto svolazzante, però, venne bloccato da Lupin.

 

«Non puoi fare niente, Harry…» gli disse, moderando la voce per farla apparire il più rassicurante possibile «Sirius… È MORTO!»

 

«Aaaaaaaaah!»

 

«SPARITO PER SEMPRE, MORTO DI UNA MORTE ORRENDA E SUPER DOLOROSA, ANDATO, ANDATO, ANDATO, COME IL TUO CANE!»

 

«Il mio cane è morto?!»

 

«L’ho messo sotto con la macchina quando sono arrivato, TUTTI QUELLI CHE AMI INTORNO A TE STANNO MORENDO!»

 

«AAAAAAH!»

 

«AAAAAAH!»

 

« AAAAAAH!»

 

« AAAAAAH!»

 

«AAAAAAH!»***

 

 

*è una mossa di wrestling… credo.

** sia chiaro, non ho niente contro l’Alice originale… solo che la mia è un po’ cogliona.

***scambio di battute copiato spudoratamente da Scarie Movie 3

 

 

No, non lo dirò. Non dirò che questo capitolo, come tanti altri – tutti, in pratica – non mi soddisfa per niente. (…la solita disfattista… non fateci caso…)

 

Come sempre, vi ringrazio dal più profondo del cuore per i commenti, sempre numerosi, che mi rileggo spesso per farmi venire voglia di scrivere (in pratica, è grazie a voi che vado avanti!^^). Grazie infinite ai nuovi lettori, a chi ha inserito la fic tra le preferite, le seguite, e le da ricordare, e grazie mille anche a chi legge soltanto! Vi adoro tutti!! <3

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Capitolo 37
*** 36_L'Unico il Quale Gli Abbia Mai Fatto Venire la Pelle d'Oca ***


Capitolo 36_L'Unico il Quale Glii Abbia Mai Fatto Venire la Pelle d'Oca

Sì… sono ancora viva. (Non per molto…ndTutti). Lo so, questo tremendo ritardo è da imputare solo all’accidia che mi affligge da tempo immemore. Meriterei di passare il finesettimana nella capanna di Hagrid ad ascoltarlo declamare la Divina Commedia: questa sarebbe una punizione abbastanza adeguata?

Hagrid: Di mezzo nostra cammin del vita nel…

zero: ARGH!

 

CAPITOLO 36

 

L’UNICO IL QUALE GLI

ABBIA MAI FATTO

VENIRE LA PELLE D’OCA

 

Dopo essersi gridati contro la solita, abusata, lunghissima vocale per un periodo di tempo esageratamente lungo, Harry e Lupin dovettero interrompersi per ossigenare il proprio sangue. Ansimante, Harry tornò a voltarsi in direzione del tessuto svolazzante, che si era appena ingoiato il suo Padrino. Le sue rade sinapsi cerebrali, affaticate dalla mancanza d’ossigeno, cominciarono finalmente a fare sei per otto.

 

-               Il Padrino è morto, sparito per sempre, morto di una morte orrende e super dolorosa, andato, andato, andato, come il mio cane. (un momento: io non ho un cane…)

 

-               Non potrà mai adottarmi, ergo non avrò mai il suo cognome figo. (promemoria: disdire l’ordine dei fazzoletti, degli asciugamani e delle lenzuola con su ricamato il nome Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Black).

 

-               Mi chiamerò per sempre VASAIO! Aaaaaaargh! (promemoria: informarsi all’anagrafe sulle mie possibilità di cambiare cognome).

 

-               Sei per otto fa quarantotto.

 

Mentre Harry era perso negli oscuri vicoli ciechi della propria mente labirintica e stratificata, Bellatrix riuscì a fuggire utilizzando l’Arcana Tecnica Ninja dello Schiaccianoci per sopraffare Kingsley.

 

«Sta scappando!» gridò qualcuno – no, non Qualcuno, qualcun altro… -, e diverse paia d’occhi – amici e non – si volsero in direzione della fuggitiva. Nessuno degnò di un’occhiata il povero Kinglsey, che si rotolava sul pavimento gemendo e reggendosi l’organo che gli avrebbe garantito una sua discendenza (…).

 

«Ha ucciso il Padrino!» urlò Harry, andandole dietro «Lo ha ucciso, e io ucciderò lei!». Dopo un paio di gradoni, gli si presentò un problema esistenziale: se uccideva Bellatrix, tutti i suoi progetti di matrimonio sarebbero falliti. Certo, il mare era pieno di pesci…ma un’ergastolana quando gli sarebbe ricapitata? «Pazienza,» disse tra sé e sé, stringendosi nelle spalle «tanto sono anche necrofilo».

 

E dopo essere giunto a questa conclusione, partì di gran carriera all’inseguimento della sua futura Sposa Cadavere. Nello stesso momento, diversi chilometri più a sud, un’alquanto bruciacchiata Autrice, sopravvissuta miracolosamente al rogo capitato CASUALMENTE nella sua camera, si voltò con apprensione verso la finestra affumicata della stanza, dietro la quale i legali di Tim Burton – e di un sacco di altri film – affilavano asce e coltelli, decisi come non mai a reclamare la sua testa su un vassoio d’argento.

 

Harry arrivò in cima agli scaloni ed attraversò la porta dalla quale la nera veste svolazzante di Bellatrix era appena scomparsa. Entrò nella stanza, nella quale trovò Ron cianotico ancora semisoffocato dalle viscere del cervello, Ginni che cominciava a riprendersi e guardava preoccupata il suo piede girato di centottanta gradi all’indietro, ed Hermione e Alice abbandonate in un angolo in una posizione scomposta.

 

Avendo perso tempo come un emerito imbecille, non si accorse che Bellatrix aveva lanciato un incantesimo contro la vasca dei cervelli, che si inclinò, rovesciando il suo disgustoso contenuto su tutto il pavimento. Con un balzo disumano, Harry si attaccò al lampadario, strillando come se gli avessero detto che sarebbe diventato calvo. (E lo sarà… eccome se lo sarà… mufufufufufu…ndA)

 

Per niente desideroso di permettere che i suoi adorati stivali gotici entrassero in contatto con lo schifoso liquame, tentò di elaborare in fretta una soluzione, anche perché i suoi rachitici bicipiti, tricipiti, deltoidi ecc. non l’avrebbero retto ancora per molto. Guardò in basso, dove la soluzione gli si palesò in tutta la sua sadica evidenza. Mollò la presa e atterrò sul corpo di Ron, il quale, oltre al soffocamento e all’annegamento, doveva confrontarsi ora anche con lo schiacciamento. Saltando di corpo in corpo, Harry raggiunse incolume la porta.

 

Si ritrovò nuovamente nella stanza nera, quella con i muri neri, le porte nere, il pavimento nero, il soffitto nero, e le candele nere dalla luce nera. Non avendo il tempo di provare tutte le porte, afferrò il bazooka che Hermione aveva lasciato per ogni evenienza e le fece saltare tutte. Individuata quella che cercava, la varcò di corsa e riprese l’inseguimento.

 

Quando si accorse che la porta dell’ascensore si stava chiudendo, aveva ormai raggiunto una velocità troppo elevata per fermarsi in tempo. Frenò ugualmente, per tentare almeno di evitare di spaccarsi la faccia sbattendoci contro, e a farne le spese furono gli stivali che con tanta cura aveva salvato dall’inondazione, la cui suola si consumò completamente a causa dell’attrito col pavimento. Harry, scalzo e in lacrime, sollevò i miseri resti delle sue calzature con mani tremanti.

 

«Maledetta bastarda» ringhiò «pagherai anche questa!».

 

Chiamò l’ascensore, pestando sul pulsante anche più del dovuto. L’ascensore, nonostante la sua letale velocità, ci mise una vita a scendere. Dopo dieci minuti che lo aspettava, Harry si rese conto che c’erano anche le scale. Meditando vendetta atroce e sanguinaria contro il signor Weasley che non gliel’aveva detto costringendolo ad usare l’infernale mezzo, Harry entrò nella cabina e premette il pulsante per l’Atrium – ma se ti sei accorto che ci sono le scale, che cazz prendi l’ascensore a fare?! ndA -. L’ascensore schizzò verso l’alto con la potenza e la velocità di un razzo katiusha, riducendo Harry in 2D sul pavimento.

 

Quando il satanico mezzo fu giunto a destinazione, Harry ne strisciò miserevolmente fuori e si accorse, con sommo orrore, che Bellatrix aveva quasi raggiunto la cabina telefonica che le avrebbe permesso di fuggire. Si rimise in piedi a fatica, ma prima che potesse lanciarsi all’inseguimento, la donna si voltò e gli lanciò una maledizione, che colpì l’ascensore facendolo esplodere.

 

Tiè, fottuto ascensore!” pensò Harry trionfante, schivando frammenti di ascensore incandescenti e nascondendosi dietro la fontana dei Magici Fratelli per evitare di fare la stessa fine.

 

La successiva maledizione di Bellatrix fece saltare la testa del campione di Beyblade – poco male, non è una gran perdita –. «Non puoi vincere contro di me, Potter» lo schernì «Io ero e sono la serva più fedele dell’Oscuro Signore. Da lui ho appreso le Arti Oscure, ho tagliato teste, cucinato torte ripiene di carne umana, interpretato una regina dall’abnorme massa cranica e doppiato un cadavere! Ho imparato incantesimi che tu nemmeno ti sogni di affrontare… e adesso dammi la profezia!»

 

«Quale? Quella che è andata a pezzi un capitolo fa?» replicò caustico il goth guy. Dopo un’accurata scansione delle frequenze di Radio Voldemort, aggiunse «E lui lo sa!».

 

«No, non è vero!» negò la donna. «Tu menti!»

 

All’improvviso, accompagnato dalle note della colonna sonora di Guerre Stellari, fece la sua comparsa un losco figuro, ammantato di tenebra e circonfuso di oscuri presagi (ma come sono poetica…XD). La mefistofelica apparizione, il Lex Luthor senza appendice nasale, l’Orochimaru senza capelli, il cattivo per eccellenza assieme a Sauron e al-momento-non-mi-viene-in-mente-nessun-altro-ma-pazienza-tanto-i-lettori-hanno-sicuramente-più-fantasia-di me, avanzò lungo l’atrio e raggiunse Bellatrix, che si gettò supplichevole ai piedi del proprio padrone.

 

«No, Bella» disse l’Oscuro Signore. «Non mente».

 

Harry nel suo nascondiglio, alzò gli occhi al cielo: il suo Arci-Nemico-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri aveva appena pronunciato la parola proibita di cinque lettere. E infatti

 

«Bella, amor mio, il tuo soave nome ha intriso i miei padiglioni auricolari con il suo eufonico suono! Dove sei, perciò? In qual loco glaciale e disagevole costoro ti detengono?».

 

Tre paia d’occhi si voltarono in direzione del sedicente vampiro, due di queste gravide della promessa di una dipartita molto dolorosa e, soprattutto, definitiva. Lord Voldemort alzò la sua arma magica, una spada laser non dissimile da quella di Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… – se non per il colore, e pronunciò il letale incantesimo Abra Kadabra Alakazam.

 

Il raggio verde colpì in pieno mister Cullen, che fu sbalzato via e sparì per sempre (si spera) in una nuvoletta di fumo. Liquidato il fastidioso imprevisto, l’Oscuro Signore tornò a concentrare la sua attenzione sul suo gotico nemico mortale.

 

«E così hai rotto la mia profezia» disse malevolo, guardando torvamente Harry – e riuscendo ad apparire ancora più brutto di quanto effettivamente fosse. Fece per dire qualcosa, ma non ci riuscì mai perché le statue della fontana cominciarono a prendere vita.

 

Il giovane uomo sulla ventina dall’espressione schizofrenica reggente un quaderno scese dal piedistallo e si esibì in una silenziosa risata da pazzo maniaco che lo scosse tutto. Poi guardò con aria folle Voldemort, prese la sua penna di ferro e la accostò al quaderno di ferro. Non appena cominciò a scrivere – o meglio, a tentare di scrivere – un suono fastidiosissimo trafisse i timpani dei presenti, suono che continuava ad aumentare man mano che il pazzo maniaco tentava di scrivere sul quaderno.

 

«Qualcuno lo fermi!» gemette Harry, tentando di tappare le orecchie sanguinanti per salvare i brandelli di timpano ancora utilizzabili.

 

La statua del giovane uomo sulla ventina inorridì, apparentemente perché gli risultava impossibile scrivere, ma prima che potesse riprovarci, Voldy gli fece saltare il braccio destro con una maledizione. Il giovane uomo sulla ventina guardò il moncone e assunse un’espressione inorridita – l’unica che ha, a parte quella da pazzo maniaco –, dopodiché si accucciò in un angolino a deprimersi.

 

Lord Voldemort, che era rimasto a guardare incuriosito il comportamento assurdo della statua del giovane uomo sulla ventina, tornò a dedicarsi al suo obiettivo principale, ovvero eliminare il goth guy, ancora miserevolmente nascosto dietro alla dannata fontana.

 

Il pernicioso individuo sollevò la spada laser, pronto a scagliare il colpo definitivo che avrebbe fatto saltare tutto per aria – fontana, nemico mortale, Atrium… – quando l’altro suo nemico mortale, ovvero colui il quale gli abbia mai fatto venire la pelle d’oca fece la sua apparizione.

 

«Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro» sussurrò il bieco figuro quand’ebbe individuato la sua perennemente sorridente nemesi armata di spada laser. Il turpe personaggio gli lanciò subito contro un incantesimo, ma il palese plagio di mago Merlino svanì nell’aria, per poi ricomparire accanto alla fontana, facendo risvegliare anche le rimanenti statue.

 

La statua del ninja si moltiplicò inspiegabilmente, riempiendo l’Atrium e spiaccicando Harry contro una parete, mentre Voldy (sembra il nome di un Pokèmon…o il soprannome di un certo inquietante personaggio di Soul CaliburndA) e Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… – cominciavano a darsele di santa ragione.

 

«Sei stato uno sciocco a venire qui stanotte, Tom» disse calmo Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… –. «Gli Avatar stanno per arrivare».

 

Voldemort alzò gli occhi al cielo, infastidito. Quei cosi blu alti due metri non gli erano mai piaciuti. Partì all’attacco, roteando la spada laser, che sprizzò scintille quando entrò in contatto con quella del suo avversario. I due continuarono a duellare, mentre le spade laser lasciavano quell’adorabile scia luminosa che persiste sulla retina per ore ed emettevano il caratteristico ronzio da neon ammazza-zanzare. All’improvviso, da Chissà Dove, arrivò, volando, l’uccello infiammabile di Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… –, il quale, dopo aver compiuto diversi giri in aria sopra ai due contendenti, andò a ficcarsi proprio in mezzo alle due spade, finendo fulminato. I suoi miseri, cinerei resti si ammucchiarono sul pavimento.

 

Incuranti della cosa, Voldy e Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… e non ne posso più di scriverlo… – continuarono a duellare. Nel frattempo, la colonna sonora presente all’arrivo dell’Oscuro Signore si rifece prepotentemente sentire, aumentando addirittura di volume, in modo che tutti, ma proprio tutti, potessero sentirla. Mentre Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… – avanzava, Voldemort arretrava, e continuò ad arretrare finché non inciampò e cadde nella fontana, inzuppandosi il popò.

 

Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… – si mise poco decorosamente a sghignazzare, imitato da Harry, il quale aveva visto poco e niente, essendo ancora costretto ad intrattenere un rapporto molto intimo con la parete. Voldy fece una smorfia, lasciò andare la spada laser e si alzò in piedi lentamente, con espressione contrita e lacrimosa, guardando Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… – come se avesse appena decapitato tutti i suoi peluche. Si tirò un lembo della veste con aria schifata e poi la lasciò andare. Offeso a morte, raccolse la spada laser e, continuando a guardare torvamente il suo avversario, lo superò e se ne andò dalla porta principale, meditando vendetta, tremenda vendetta.

 

«Ma come?!» esordì Harry dal suo angolino, irritato per non essere comparso quasi affatto nelle ultime righe. «È finita così?! Niente sconto mega apocalittico con magie super complicate e spettacolari che se fossero inserite in un film meriterebbero l’oscar? Si riduce tutto ad una roba così squallida?! Dove sono le teste mozzate, gli arti amputati che si muovono ancora, il sangue, il sangue?!»

 

Il nostro eroe fece per muoversi, ma Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… – lo immobilizzò sul posto con un ordine perentorio: «Resta dove sei!».

 

«No…» gemette Harry «…non di nuovo…».

 

All’improvviso, Harry si sentì strano, molto strano. Si sentiva il collo stranamente mobile, tanto che avrebbe potuto girare la testa di centottanta gradi. Lo fece. Sentiva anche un certo movimento nello stomaco, e vomitò un sacco di roba verde.

 

«Oh» sorrise Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… – «È posseduto». Guardò con vago divertimento il suo pupillo vomitare roba verde, ruotare la testa come un gufo e camminare a quattro zampe su per le pareti e sul soffitto. Sperò solo che non trovasse un crocifisso… vedere una cosa del genere gli avrebbe di certo rovinato la cena. …che cosa aveva per cena? Ah…zuppa di piselli.

 

Non era particolarmente preoccupato della cosa: recentemente, si era appassionato ad una serie televisiva nella quale due fratelli, che avevano per cognome la marca di un fucile, eseguivano esorcismi una puntata sì e una no. Oltre a fare esorcismi, aveva imparato anche che portarsi dietro una considerevole scorta di sale era la soluzione a molti problemi.

 

Con l’immenso pragmatismo che lo caratterizzava, Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… – estrasse da sotto la veste una pistola ad acqua benedetta, che usò per abbattere Harry – il quale stava scalando i muri come una sorta di Spiderman indemoniato –, che poi trascinò nel cerchio esoterico che aveva dipinto sul pavimento in modo da iniziare l’esorcismo.

 

Dopo aver vomitato un’intera nuvola temporalesca, Harry si sentì molto meglio. Il “molto meglio” si ridusse ad un “appena accettabile” quando vide di che cosa erano imbrattati i suoi vestiti. Inoltre non si ricordava assolutamente niente, come il risveglio dopo una notte durante la quale ci aveva dato dentro un po’ troppo con l’assenzio. Solo che, stavolta, l’unica cosa verde che vedeva non era una fatina.

 

Con un fracasso madornale, un sacco di persone si riversarono nell’Atrium, un pallidissimo Cornelius Caramella in testa.

 

«Ho… incrociato… l’Arci-Nemico-Di-Potter-Recentemente-Resuscitato-Per-Alcuni-E-Definitivamente-Morto-Per-Altri-Tra-I-Quali-Temo-Di-Non-Esserci-Più venendo qui!» esordì tremante.

 

«E perché cavolo non l’ha fermato?!» sbottò Harry, tentando di distogliere l’attenzione dallo scempio che erano diventati i suoi vestiti – Addio t-shirt dei Gothminister, non ti dimenticherò mai… ndHP – e lanciando un’occhiataccia al MiniMinistro e alla trentina di persone che lo accompagnava.

 

«A bò» fu l’illuminante risposta.

 

Harry pensò che davvero il mondo pullulava di teste di cazzo. Come si dice… la madre degli idioti è sempre incinta.

 

Caramella si guardò attorno. Il suo sguardo indugiò sulla fontana dei Magici Fratelli –per qualche oscuro motivo priva di statue, una delle quali se ne stava stranamente rannicchiata in un angolo a deprimersi –, su quello che un tempo si poteva definire “ascensore”, e su altre amene cosine palesemente fuori posto, come la disgustosa pozzanghera verde costituita da un liquido a lui ignoto, e che desiderava restasse tale. «Cosa è successo qui?» chiese in tono lamentoso a Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… –

 

«Parleremo dopo che avrò rimandato Harry a OhSchwartz *smile*» disse questi.

 

«Harry-e-qualche-altro-nome-che-al-momento-non-ricordo Potter?!» esclamò stupito Caramella.

 

«Salve» replicò Harry ironico. «Mi ha rivolto la parola alcuni paragrafi fa, nel caso non se ne ricordasse».

 

«Ti spiegherò tutto quando Harry sarà tornato ad OhSchwartz *smile*» ripeté Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… –.

 

Il metodo più rapido che conoscesse per spedire qualcuno in un determinato posto era la Calcinculoporta. Non doveva far altro che gettare un incantesimo sulla propria scarpa, che si sarebbe trasformata in uno stivale e avrebbe spedito Harry a quel paese. Cioè, a scuola.

 

Harry fissò lo stivale inquieto. Aveva già viaggiato tramite Calcinculoporta, e la cosa non gli era piaciuta affatto. Specialmente per l’artistico livido che aveva decorato il suo statuario deretano per settimane. «Non c’è un altro modo?» piagnucolò, arretrando. «Potrei andare a piedi, per esempio…».

 

«Suvvia, Harry *smile*» sorrise affabile il Preside. «Questo è il metodo più rapido. Ci vediamo tra mezzora» concluse pacato, tirandogli una vigorosa pedata nel didietro.

 

Harry sentì la familiare quanto spiacevole sensazione di dura suola a contatto con una parte delicata e il lucido pavimento tanto fashion sparì da sotto ai suoi piedi, insieme all’Atrium, Caramella e il suo esercito di deficienti, e il dannato Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… - mentre veniva proiettato in un vortice di colori e rumori…

 

 

 

C’è nessuuunoooo? (ah, ecco che i legali dell’Acqua Lete si uniscono agli altri…)

Perdonatemi per la Calcinculoporta: l’ora è tarda, e il cervello comincia a perder colpi.

Come sempre, voglio ringraziare tutti coloro che continuano a leggere questa cosa nonostante i cali di qualità della stessa, sia che recensiscano, preferiscano, ricordino e seguano o restino nell’ombra! Grazie, grazie di tutto!

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Capitolo 38
*** Cap. 37&38_Finalmente l'Ultimo Capitolo! ***


Finalmente l'Ultimo Capitolo!

In realtà, questo capitolo era pronto già a dicembre dell’anno scorso, solo che mi faceva, come dire, schifo, perciò ho deciso di lasciarlo vegetare un po’ *coughcoughtremesicoughcough* nel pc, per poi riprenderlo in mano “un giorno”. Quel giorno è infine arrivato, e sapete una cosa? Non ho cambiato nemmeno una virgola, perciò fa schifo uguale (XD).

 

 

CAPITOLI 37&38

 

FINALMENTE L’ULTIMO

CAPITOLO!

 

Harry finì il suo psichedelico viaggio schiantandosi contro il muro dell’ufficio di Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… –, trovandosi così ad affrontare un duplice dolore anteriore/posteriore. Massaggiandosi il didietro, Harry si diresse alla porta, che si rivelò tuttavia essere chiusa a chiave.

 

Sotto lo sguardo di diverse paia d’occhi che lo osservavano furtivamente dai quadri, Harry raggiunse la scrivania del Preside e cominciò a frugare febbrilmente nei cassetti, finché non trovò quello che cercava: come le innumerevoli puntate di McGyver gli avevano insegnato, con una graffetta poteva fare tutto! Baldanzoso, si avvicinò alla porta e fece per infilare il piccolo articolo di cancelleria nella serratura, quando si accorse, con orrore, che la superficie della porta non presentava alcuna apertura: aveva la serratura elettronica.

 

Si guardò attorno, alla ricerca di qualsiasi cosa lo aiutasse ad uscire. Individuò un busto di Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro – situato sopra una colonna ionica, e provò ad usarlo come un ariete, invano. Non appena impattò contro la porta, infatti, la testa della statua si staccò, prendendo il volo attraverso il vetro della finestra dopo averlo disintegrato.

 

Cercando un modo per sfogare la frustrazione senza strapparsi i capelli, ritornò mestamente alla scrivania, e si dedicò ad un attento esame del contenuto dei cassetti. Trovò un pennarello indelebile (nero).

 

Si guardò attorno, cercando qualcosa da vandalizzare, e la sua attenzione venne immediatamente calamitata dalle tele ordinatamente esposte alle pareti. Esibendo il suo ghigno caratteristico, si avvicinò minacciosamente alla cornice più vicina.

 

Quando Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… - fece finalmente la sua comparsa, trovò il goth guy intento a disegnare un paio di baffetti a-la-Hitler sul ritratto di uno dei suoi predecessori – che rendeva tutto più difficile continuando a muoversi nella tela. Per il bene della sua ulcera perforante, decise di lasciar perdere la cosa; da sotto il mantello estrasse uno di quei piccoli aspirapolvere portatili e si avvicinò al trespolo del suo pennuto infiammabile. Aprì l’aspirapolvere e svuotò le ceneri sotto di esso: lo attendevano diversi mesi di Ricomponi la Fenice.

 

«Saltiamo a piè pari le parti in cui sbrocchi e butti per aria tutto quanto *smile* mentre io faccio del mio fiacco meglio per impedirtelo» esordì il Preside. «E passiamo direttamente alla parte interessante, ovvero… questa» concluse, sollevando il CD-RW che teneva in mano. Si avvicinò al suo personale Pensatoio, non dissimile da un giradischi, e, dopo aver inserito il ricordo, ci appoggiò delicatamente la puntina.

 

Una strana e indefinibile figura deforme si materializzò nell’aria al di sopra del Pensogiratoio – o Giropensatorio. Con un tono di voce mistico, la cosa si mise a parlare:

 

«Di fuoco, ghiaccio e fulmine,

l’armonia giammai va offesa,

o il Mondo soltanto rovine

dai tre tita-*

 

«Perdonami *smile*» intervenne Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… - sollevando la puntina. «Profezia sbagliata».

 

Ne estrasse una seconda da sotto il mantello, e la sostituì alla prima. Stavolta, comparvero due figure: una era Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… - con indosso un cappello da cowboy, mentre l’altra era difficilmente identificabile. I due erano su una montagna circondati da pecore.

 

«Riuscissi almeno a lasciarti!**» stava dicendo in tono lamentoso il ricordo di Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro…».

 

Il Preside bloccò immediatamente il ricordo. Si voltò lentamente verso Harry, sorridendo in modo molto, ma molto minaccioso. «Tu non hai visto niente» ordinò.

 

Harry deglutì, poi annuì lentamente. «Va…bene…».

 

«Sembra che questo sia il ricordo sbagliato!» disse il Preside, ritornato improvvisamente l’arzillo centocinquantenne di sempre. «Orsù, dunque, cerchiamolo!» continuò, aprendo le ante di uno dei tanti armadi. Harry ebbe appena il tempo di vedere un lampo rosa e decine di Barbie allineate sugli scaffali prima che Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… -, dopo aver chiuso in fretta l’armadio, si voltasse verso di lui con la stessa aria malefica di poco prima.

 

«Tu non hai visto niente» ripeté.

 

Harry annuì, anche se la figura del Preside stava cominciando a perdere autorità ai suoi occhi a velocità esponenziale.

 

Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… - aprì un altro armadio, rivelando centinaia, anzi, migliaia di CD-RW. Tutti senza etichetta.

 

«Oh, bella!» esclamò allegramente. «Ci vorrà un bel po’, temo

 

Harry meditò seriamente di seguire l’esempio della testa del busto e lanciarsi fuori dalla finestra, ma la mancata comparsa del sedicente vampiro dopo la parola proibita di cinque lettere pronunciata da Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… - non poté che rallegrarlo. Un pochino.

 

«Silenzio! Ascolta il richiamo del Corvo!

Mentre la quiete del vento caldo

Si leva sulla strada,

Le torri nascondono

Le Tenebre del gior-***

 

«Eh, non è nemmeno questo» annunciò Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro… -, togliendo il duecentotrentottesimo Ricordo dal Giropensatoio – o Pensogiratoio – rivolgendosi ad un alquanto distratto Harry, che russava di malagrazia abbandonato contro una parete.

 

«Uh?» esordì poco intelligentemente il goth guy, strappato dalle braccia di Morfeo, mentre il Preside posizionava l’ennesimo CD-RW.

 

«Ah, ecco, l’ho trovato!» esultò, applaudendosi da solo e saltellando sul posto, accompagnato da scricchiolii sospetti provenire dalla zona delle rotule. Harry si avvicinò al Giropensatoio – o Pensogiratoio –.

 

Sopra l’arnese apparve la figura sfocata della professoressa Melinda Gordon. «Grande festa alla Corte di Hogwarts… c’è nel regno un bimbo in più… neri capelli e bianco di guancia… Harry ti chiamerai tu».

 

Harry, schifato e sconvolto allo stesso tempo, fece per dire qualcosa, ma l’imbarazzante Profezia non era ancora finita.

 

«Oh Harry Harry Harry Potter, tutti fanno festa quando passi tuu…» cantava il ricordo della prof. «Oh Harry Harry Harry Potter, tu l’Oscuro Sire lo prendi a calci in cu-».

 

«Ora capisci, Harry?» chiese Smilente – che si pronuncia “smailente”, tra l’altro -, voltandosi verso la finestra sfondata di cui il suo pupillo stava scavalcando il davanzale.

 

«Cosa? Che la mia vita è condizionata da una profezia che sembra la versione italiana della sigla di uno shojo anime degli anni non-so-bene-quali-e-piuttosto-che-dire-una-cazzata-mi-astengo?! Ma io mi uccido!»

 

«No *smile*. La Profezia dice che tu, soltanto tu, solamente tu puoi sconfiggere Voldemort».

 

«Ma và?» replicò Harry.

 

* * *

 

Una volta uscito dall’ufficio del Preside, non sapendo bene dove andare, Harry si diresse verso l’infermeria, supponendo che i suoi amici – o quello che ne era rimasto, almeno – fossero lì. La fitta nebbia nerastra che filtrava al di sotto della porta e che lo accolse all’entrata confermò la sua ipotesi. Se non altro, Ron stava meglio – o peggio, a seconda dei punti di vista. Essendo un emo-kid, il suo meglio era il suo peggio, e viceversa. Perciò, Ron stava peggio.

 

Dall’altra parte dell’infermeria, dove la mefitica aura di Ron non poteva arrivare, Hermione e Ginni leggevano il giornale. All’arrivo del goth guy, interruppero l’attività.

 

«Hey, Harry» lo salutò Ginni «Guarda cosa ho imparato a fare!». Sollevò la gamba infortunata e il piede girò a trecentosessanta gradi per diverse volte, accompagnato da una raccapricciante serie di scricchiolii ossei.

 

«Urgh…»

 

«Ma aspettate» intervenne Hermione abbassando il giornale. «Non vi pare che ci sia una certa discrepanza temporale? Fino a poco più di mezzora fa eravamo nell’Ufficio Misteri Misteriosi, e adesso, PUFF!, siamo tutti qua felici e contenti in infermeria! Non è anormale? Voglio dire, più anormale del solito? Va bene la mancanza di logica, ma qui stiamo cadendo nel ridicolo…»

 

«A proposito di incongruenze» la interruppe Harry. « Alla fine hanno recuperato Luna o è ancora nel Paese delle Meraviglie e ci tocca tenerci Alice?»

 

«Hanno recuperato Luna, ma ci tocca tenerci anche Alice» rispose Ginni, indicando la ragazza bionda spiaccicata contro il vetro della finestra che fissava Harry ansimando come una maniaca sessuale, appannando il vetro ad ogni rantolo.

 

«Splendido» replicò sarcastico il goth guy, tirando le tende. «E la tardona?» aggiunse, accennando al letto su cui era sdraiata la Umbridge.

 

«Non fa che lamentarsi. Dice che le mancano i suoi attrezzi sado-maso, e che non riesce a dormire senza di suo Bondage Bear».

 

* * *

 

Poco prima della fine della scuola, Ron ed Hermione vennero dimessi dall’infermeria. Trovarono Harry nella Sala Comune di Grifonplatino, intento a smanettare con una tavola ouija. Hermione lo guardò con disapprovazione: non si aspettava che Harry trasgredisse così palesemente alla regola numero uno sull’utilizzo della tavola, ovvero mai usarla da soli.

 

«Silenzio!» la zittì Harry prima ancora che potesse aprir bocca. «Sto cercando di contattare Sirius… Ah, un altro spirito maligno…» sospirò, mentre la planchette continuava ad indicare il numero 8.

 

«Comunque complimenti» riprese Hermione «Hai preso la morte di Sirius molto meglio di quanto immaginassi». Evidentemente, non si rendeva conto con chi stesse parlando…

 

«Ma certo, Hermione» replicò tranquillamente Harry. «Ho un rapporto molto flemmatico con la morte. Ci ho anche giocato a scacchi, una volta. Me la sto ingraziando nella speranza che fulmini Voldemort prima che Voldy fulmini me».

 

«Mi sembra ragionevole» asserì Hermy. «Per il resto, tutto bene? Ti è passata la cotta per l’ergastolana? Che, tra parentesi, è sposata?»

 

Harry sbiancò oltre l’umanamente possibile. «COSA?! BELLATRIX È SPOSATA?!». Rendendosi conto di quello che aveva appena detto, si tappò la bocca. I tre – sì, c’è anche Ron. La sua presenza è praticamente inesistente, però c’è anche lui – si guardarono attorno con circospezione, attendendo la comparsa della figura molesta del sedicente vampiro. Al che, Harry si ricordò l’accaduto.

 

«È vero! Voldy l’ha fatto fuori! Una volta tanto fa qualcosa di buo-»

 

«BELLA!».

 

La finestra implose, innaffiando i tre di schegge di vetro.

 

«Bella, mio mortal tesoro, continuo a peregrinare per mari e monti alla tua disperata ricerca senza che il mio vagar veda mai la sua fine! Qual è il loco in cui posi il tuo leggiadro plantare, ove l’aria è rallegrata dall’esser filtrata dai tuoi dolci organi di respirazione?!»

 

«Ma non è possibile!» strillò Harry per sovrastare il blaterare del fastidioso individuo. «Era morto! Morto!!»

 

«Finché ci sarà qualcuno che mi seguirà con fervore, anche una sola, unica ott-nov-diec-undi-dodicenne non morirò mai!» annunciò Edward, illuminato da un opportuno raggio di sole che lo faceva sbrilluccicare come un albero di natale con manie di grandezza, in precario equilibrio sul davanzale della finestra non più tale.

 

«Fantastico» borbottò Hermione. «Siamo fottuti».

 

Harry tirò la tavola ouija contro il sedicente vampiro, che colpì in un occhio con uno spigolo, portandolo a schiantarsi senza tanti complimenti nel giardino del castello. «Ecco, così ce lo leviamo dalle scatole per un po’» annunciò, sporgendosi dalla finestra a guardare la folla incuriosita che si accalcava attorno al sedicente vampiro, meditando seriamente di appropriarsi di un pezzettino di quella pelle dalle incredibili proprietà luccicanti – per farsi, magari, una borsetta o un bel paio di scarpe.

 

«Sei morto, Potter»

 

I tre si voltarono verso la porta, dalla quale un alquanto irritato Malfoy lo guardava male.

 

«Tu non dovresti essere qui» esordì ragionevolmente Hermione.

 

«Già» rincarò Harry «tu dovresti minacciarmi mentre mi sto dirigendo da Hagrid».

 

«Lo so, ma l’Autrice ha deciso di ignorare quella parte, così ti minaccio adesso. Sei morto, Potter. Te la farò pagare per quello che hai fatto a mio padre».

 

«Che cosa ho fatto a tuo padre?» chiese Harry.

 

«Lo hai mandato in prigione».

 

«Davvero? E quando?»

 

«Sì».

 

«Ah. Là non ti danno lo shampoo, vero? Povero, sarà un disastro per i suoi capelli…»

 

«Potter!»

 

Piton apparve alle spalle di Malfoy, spingendolo da parte per entrare.

 

Eccone un altro” pensò Harry.

 

«Non so esattamente perché sono qui» continuò Piton. «Ma so che provo l’irrefrenabile desiderio di togliere dei punti a Grifonplatino».

 

«Potter!»

 

«Ma basta!» strepitò il goth guy, mentre la McGranitt spingeva da parte i due con una spallata, irrompeva nella stanza, faceva una capriola e si tuffava dietro a una poltrona, sbucando oltre lo schienale e puntando su tutti i presenti a turno il suo fidato fucile d’assalto.

 

«Sono qui quasi per lo stesso motivo del professor Piton» annunciò la prof. «Ma a differenza sua, ho deciso di assegnarti tredicimilanovecentocinquantasei punti!».

 

Un fragore immane proveniente dalla Grande Sala annunciò a tutti gli occupanti del castello che i soliti rubini avevano raggiunto il fondo della clessidra segnapunti.

 

«E inoltre» proseguì la McGranitt da sotto l’elmetto – che era l’unica cosa di lei visibile da dietro la poltrona - «assegno undicimilacinquecentoventiquattro virgola sei periodico punti alla signorina Granger e settemilaottocentocinquantanove alla seconda punti al signor Weasley».

 

Un boato scosse il castello fino alle fondamenta. La clessidra era esplosa, spargendo rubini per tutta la Sala Grande – rubini che ogni studente con un minimo di istinto ladresco non esitava ad intascare. La McGranitt parve intuire la cosa, perché salto su come se le avessero infilato una vipera nei pantaloni.

 

«Fermi!» berciò, correndo fuori con un agilità insolita per un’arteriosclerotica in menopausa come lei «Chiunque si approprierà di un bene della scuola verrà punito all’istante!».

 

Piton e Malfoy, consci della propria momentanea inutilità, la seguirono.

 

* * *

 

Il giorno dopo, salirono sul treno, tornarono a casa, e vissero tutti felici e contenti fino al libro successivo.

 

FINE

 

 

 

Harry: «Aspetta, non può finire così!»

 

Certo che può finire così. Non ho assolutamente idea di come farla finita, perciò non sto nemmeno a pensarci. Invece di lagnarti, ringrazia piuttosto il mio feticismo per il capello lungo maschile se la tua splendida chioma è ancora intatta.

 

Harry: «Grazie, ma. Non. Può. Finire. Così. Non posso sopportare un finale così squallido! Voglio, esigo, pretendo di avere un finale alla mia altezza!

 

Altrimenti?

 

Harry: Altrimenti io e Hermione ti pestiamo a sangue. Giusto, Hermy?

 

Hermione: *affilando un’ascia bipenne* Giusto. Vero, Ron?

 

Ron: …

 

Che banalità. Le solite minacce. Sapete che vi dico? Cancello tutto, così imparate.

 

*l’Autrice porta il puntatore del mouse sulla cartella che contiene tutti i file di questa inutile fic e preme il tasto destro. Ma prima che il puntatore possa raggiungere la voce elimina, viene crivellata di colpi e si accascia sulla tastiera*.

 

Hermione: *che imbraccia il fucile mitragliatore ancora fumante* Muahahahahah!

 

Urgh…

 

Harry: È ancora viva! *tira un cordone che pende dal soffitto e si apre una botola sul pavimento, che ingoia Autrice e sedia. Dalla botola provengono versi disumani e rumori disgustosi*

 

Hermione: Che c’è là sotto?

 

Harry: Sai, Fuffy si è rivelato essere una Fuffyna, perciò Hagrid mi ha regalato i cuccioli… sono così carini, con tutti quegli artigli per sbudellare, e quelle zanne per squartare…

 

Hermione: Oh, che peccato. Questo significa che questa fic non avrà un seguito…

 

Harry: Ma certo che ce l’avrà. Come ha detto la brutta copia di vampiro, finché ci sarà qualcuno che mi seguirà, io continuerò ad esistere. *si volta verso i lettori* Avete capito? Adoratemi, veneratemi, amatemi appassionatamente, e forse, e dico forse, farò lo sforzo di bearvi ancora della mia presenza. Le offerte in denaro mettetele lì, i quadri e le sculture vanno lì, il resto lì.

 

Hermione: Si sta montando la testa, Ron…

 

Ron: …

 

Hermione: *pensando* Forse far fuori l’Autrice non è stata una buona idea… adesso il protagonista della fic è fuori controllo, e chissà che la situazione non degeneri… Chissà se ho ancora quel vecchio libro di negromanzia…

 

 

…FINE?

 

 

*dal secondo film dei Pokèmon. Ghghgh

** da I Segreti di Brokeback Mountain

*** dal Libro di Nod del gioco di ruolo Vampiri: la Masquerade

 

 

 

Questo finale fa schifo, non lo metto in dubbio. Siete autorizzati a scorticarmi viva con una sega circolare arrugginita (urgh…).

 

Tuttavia! Non mi aspettavo davvero che una cosa così stupida avesse un tale successo! Non ho parole per esprimervi la mia gratitudine! Cavolo, non avrei neanche lontanamente immaginato di ricevere così tanti commenti, è stata davvero una bella sorpresa!

Grazie infinite a coloro che hanno recensito, preferito, ricordato, ma anche a tutti gli altri che sono rimasti nell’ombra (il posto preferito di Harry M. Potter, tra l’altro XD)

 

Spero che vi siate divertiti a leggere questa fic almeno la metà di quanto io mi sia divertita a scriverla!!

Spero di ritrovarvi nella prossima avventura di Harry Mystryss Darque Nyght Rayn Ravyn Potter! A presto! ^^

 

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