Attento Trinità... arrivano i vampiri!

di Il Moro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***
Capitolo 5: *** 4 ***
Capitolo 6: *** 5 ***
Capitolo 7: *** 6 ***
Capitolo 8: *** 7 ***
Capitolo 9: *** 8 ***
Capitolo 10: *** 9 ***
Capitolo 11: *** 10 ***
Capitolo 12: *** 11 ***
Capitolo 13: *** 12 ***
Capitolo 14: *** 13 ***
Capitolo 15: *** 14 ***
Capitolo 16: *** 15 ***
Capitolo 17: *** 16 ***
Capitolo 18: *** L'autore ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


Questo racconto è un'opera di fantasia basata sui personaggi interpretati da Bud Spencer e Terence Hill nei due film Lo chiamavano Trinità e Continuavano a chiamarlo Trinità, diretti da E.B Clucher.

Per la realizzazione della copertina sono state utilizzate immagini provenienti dai film Lo chiamavano Trinità, Mr. Vampire e Grosso guaio a Chinatown.

Non detengo i diritti di sfruttamento dei personaggi o delle immagini, che appartengono ai rispettivi proprietari. Quest'opera è stata scritta senza scopo di lucro.

Questo vuole essere un omaggio ai miti della mia infanzia. In quest'opera troverete polvere, pistole, botte, risate. E vampiri cinesi.

Non si tratta di una storia alternativa ma semplicemente di un'altra avventura dei due fratelli del west. Spero che vi divertirete a leggerla almeno quanto io a scriverla.



Sul blog dell'autore troverete approfondimenti su questo racconto e sulla figura dei vampiri cinesi, numerosi racconti in ebook e molti altri argomenti interessanti:

storiedabirreria.blogspot.it

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Capitolo 2
*** 1 ***


Bambino sbadiglia senza curarsi di coprire la bocca con la mano, strizza gli occhi, si gratta la folta barba. Non sa bene cosa l’ha svegliato, ma è sicuro come dell'inferno che ci siano problemi in arrivo.
Toglie un piede dalla scrivania, poi l’altro, lascia ricadere in avanti la sedia sulla quale stava facendo un pisolino. Sbadiglia di nuovo, si alza grattandosi prima la nuca poi il sedere, prende il Winchester dalla rastrelliera e sposta senza fretta la sua notevole mole verso la porta.
Appena la apre capisce che a svegliarlo sono state le grida che sente in lontananza, giù per la main street. Si appoggia al parapetto di legno che delimita il porticato. C’è parecchia gente che corre, laggiù, a giudicare dalla polvere che alzano. Ma stanno venendo dalla sua parte, quindi non è il caso di affrettarsi.
Si siede sulla sedia a dondolo, posa il fucile accanto a sè, appoggia i piedi sul parapetto, sbuffa, incrocia le grosse dita sulla pancia imponente, reclina la testa e chiude gli occhi.
Li riapre quando sente avvicinarsi i passi di qualcuno che corre.
Un uomo alto e magro, biondo, con occhi azzurri, con un vestito talmente logoro che è impossibile capire se sia una camicia o un pigiama e con un capellaccio altrettanto logoro che gli sventola dietro alla nuca trattenuto dal cordino, si avvicina a tutta velocità salutandolo con allegria.
«Ciao, fratellino!»
Bambino si dà una manata sulla fronte, passa la mano sul viso fino a tirarsi la barba, sbuffa, tira giù i piedi, si china in avanti e guarda lungo la main street, mentre il biondo gli passa davanti senza rallentare. I suoi inseguitori sono un bel po’, ma meno dell’ultima volta.
Bambino scuote la testa e scende in strada, correndo fino ad affiancarsi al fratello.
«Trinità! Che diavolo hai combinato stavolta?» gli grida.
«Ma niente, cosa vuoi che abbia combinato?»
Bambino indica dietro di sé col pollice. «Quindi quelli ti stanno seguendo per darti un premio?»
«Senti, come facevo io a sapere che i cavalli che gli ho venduto erano malati?»
«Come facevi a non saperlo?»
«Ehm…»
«Li hai rubati. Ovvio.»
Bambino afferra Trinità per il colletto della camicia e lo solleva da terra. Poi si volta ad affrontare gli inseguitori, badando a mettere bene in mostra la patacca di sceriffo sul suo petto.
I cowboys, quasi una decina, si fermano a loro volta, tirando il fiato, e uno di loro intima: «Quell’uomo è nostro, sceriffo.»
Bambino fruga nelle tasche di Trinità, che protesta invano, fino a trovare un sacchetto pieno di monete e qualche banconota. Lo butta per terra, verso i mandriani. «Immagino che questi siano i vostri soldi. Prendeteli e andate. Di questo delinquente si occuperà la legge.»
«Ehi, quelli erano i risparmi di una vita!» protesta Trinità, ma Bambino lo zittisce con uno scrollone.
Uno dei cowboys raccoglie il sacchetto. «Va bene, sceriffo,» dice, alzandosi, «ma dovete anche consegnarci quell’uomo così che possiamo appenderlo…»
Il cappello del cowboy vola via, spinto dal colpo della pistola apparsa come per magia nella mano sinistra dello sceriffo.
Bambino dà due colpetti sulla stella sul suo petto con la canna fumante della pistola, e inclina la testa sfidando il cowboy a dire qualcos’altro.
«D’accordo, d’accordo. Va bene così. Grazie, sceriffo, arrivederci!» Il cowboy raccoglie il cappello e se ne va insieme ai suoi compagni.
«Ehi, ma così si tengono soldi e cavalli, non vale!»
«Sta zitto, idiota.» risponde Bambino, spingendo il fratello verso il suo ufficio.

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Capitolo 3
*** 2 ***


Gli sguardi curiosi delle poche persone che passeggiano lungo la main street, e quelli di coloro che si sono affacciati alle finestre, sono rivolti verso l’origine del trambusto e del colpo di pistola. Nessuno sta guardando dall’altra parte, all’estremità opposta della via, dove un anziano cinese, terribilmente magro, calvo, con lunghi baffi bianchi e coperto di vestiti vecchi e logori ma che un tempo dovevano essere stati splendidi, attraversa la strada lanciando alla città sguardi carichi d’odio, dirigendosi verso un grande casolare isolato, poco oltre l’ultima casa. Alle sue spalle, il sole tramonta indifferente.

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Capitolo 4
*** 3 ***


«Andiamo, fratellino, apri questa cella! Cosa direbbe nostra madre se ti vedesse trattare così tuo fratello?»
«Mi bacerebbe in fronte per averti salvato la vita, idiota!» risponde Bambino dall’altra parte delle sbarre, seduto alla sua scrivania. «I ladri di cavalli qui di solito li impiccano.»
Trinità si lascia cadere sul pagliericcio nella cella. «Ma quale ladro di cavalli, quel vecchio rimbambito dovrebbe essermi grato per avergli portato via quelle bestie malate! Non ha dovuto nemmeno spendere soldi per farle macellare.»
«Ma perché perdo tempo a parlare con te?» Bambino incrocia i piedi sulla scrivania e spinge all’indietro la sedia, mettendosi comodo.
«E poi, è già la seconda volta che ti ritrovo sceriffo. Basta che ti perda d’occhio per un po' e subito ti metti sulla strada della legge, eh? Papà ne sarebbe devastato.»
«La gente di queste parti sembra pensare che chiunque sia abbastanza in gamba da stendere lo sceriffo possa prendere il suo posto. Chi sono io per contraddirli? Ho un ufficio, un letto, pasti gratis al saloon, e uno stipendio. Tutta roba che tu ti puoi scordare.»
«Non invidio il cuoco del saloon, lo obbligherai a fare gli straordinari.»
Bambino salta sulla sedia. «Porc… vuoi che richiami indietro quei cowboys?»
«Dai, a me non la dai a bere. Su cosa hai messo gli occhi? La banca?»
«Se pure avessi messo gli occhi su qualcosa, tu saresti l’ultimo a cui lo verrei a dire!»
Vengono interrotti da un furioso bussare alla porta. Bambino si alza con esagerata lentezza, sbuffando, e va ad aprire.
Un uomo alto e magro dall’aria nervosa, ben vestito, con folti baffi e una bombetta che rende la sua faccia ancora più lunga, entra sfregandosi nervosamente le mani.
«Sindaco…» Bambino si fa da parte per farlo entrare.
«Sceriffo, ci sono dei disordini al saloon di Clayton.»
«Umpfh… spero che sia per quello che non hanno ancora portato la cena per il prigioniero.» «Dico sul serio, deve venire a vedere!»
«Ma sì, ma sì…» Bambino si avvia con passo lento verso la rastrelliera dei fucili. «Il problema qual è?»
«C’è un cinese che dà in escandescenze…»
«Uno? E come mai non l’avete già buttato fuori a calci?»
«Non… non riescono a tenerlo fermo…»
«Va beh.» Bambino prende la doppietta e ci infila due cartucce caricate a sale grosso. Niente di meglio per far passare i bollenti spiriti a chiunque.
«Tu sta’ buono lì!» intima al fratello in cella.
Trinità allarga le braccia. «E dove vuoi che vada?»
«Umpfh.»
Bambino fa segno al sindaco di precederlo, ma quello si sfrega le mani  e si guarda nervosamente intorno. «Ehm… se non le dispiace, io rimarrei ad aspettarla qui.»
«Umpfh… va bene, ma non dia confidenza al tizio in gabbia.»
Il sindaco annuisce vigorosamente e si precipita dentro l’ufficio, mentre Bambino si avvia per la main street.
Ormai è notte, e le poche finestre illuminate sono quelle dei locali notturni. I cinque saloon, le tre case da gioco, il bordello grande e quello piccolo. Ma ecco che si illumina anche la finestra del becchino. Deve aver fiutato l’affare.
Il saloon di Clayton è quello più vicino, nonché quello da cui arriva più baccano.
Bambino apre le porte a battente ed entra, trovandosi di fronte uno scenario che non differisce di molto da quello solito. Tavoli rovesciati, piatti e bicchieri sparsi per terra insieme a carte da gioco, dollari e persone, e un mucchio di gente che si agita e grida.
Ma qualcosa di diverso c’è: gli uomini che corrono avanti e indietro, cercando di nascondersi dietro ai tavoli o al bancone, invece dei soliti rissaioli ubriachi sembrano sinceramente spaventati.
«Che è questo casino?» tuona Bambino. Un giovanotto con lunghi capelli biondi indica un angolo del locale, prima di passargli dietro e correre via a tutta velocità.
Alcuni uomini si fanno da parte, e finalmente ecco il famoso cinese. Sembra giovane, ma con questi cinesi non si riesce mai a capire. Ha una lunga treccia che gli arriva fino al sedere, ed è vestito con abiti sporchi e logori. È evidentemente uno di quelli che lavorano alla ferrovia. O meglio,  che hanno lavorato, dato che ormai il cantiere si è spostato parecchie miglia oltre il paese.
Tiene le braccia tese rigidamente davanti al petto, come un sonnambulo. Gira la testa con rapidi scatti, in un modo che ricorda un passero, così in fretta che è strano che non gli si sia già svitata. Soffia e sibila come un gatto, ma magari è la sua lingua.
«Questa sì che è una ciucca coi fiocchi.» commenta Bambino, poi nota i fori nella camicia, sporchi di quello che sembrerebbe sangue, se non fosse che è troppo poco.
«Attenzione!» urla qualcuno. «Non fatevi mordere!»
E allora Bambino nota gli uomini a terra che cercano di trascinarsi via con vistose ferite al viso e al petto, graffi attribuibili a un puma, e quello che se ne sta riverso sotto un tavolo, con gli occhi sbarrati e la gola squarciata.
Risuona un colpo di pistola, seguito da un altro. Sul petto del cinese si aprono due nuovi fori. Le pallottole lo attraversano uscendo dalla schiena, portandosi dietro pochissimo sangue. Il cinese non ha nemmeno sussultato.
Bambino apre la doppietta ed estrae le cartucce caricate a sale.
Il cinese sembra avere anche le gambe rigide, le tiene unite e piega a malapena le ginocchia, eppure riesce a fare un lungo balzo, lanciandosi contro l’uomo che ha sparato e afferrandolo per il collo.
Bambino inserisce due cartucce caricate a pallettoni da 9 mm e chiude la doppietta.
L’uomo cerca di liberarsi ma il cinese è troppo forte. Un altro interviene spaccandogli una bottiglia in testa. Il cinese si scrolla di dosso i pezzi di vetro scuotendo la testa in quel modo da uccello. Un’altra pallottola lo attraversa. Forse ha fatto qualche effetto, perché il cinese lascia andare l’uomo e saltella via, come se avesse le gambe legate insieme. Saltellando ruota su sé stesso, cercando altre vittime, fino a trovarsi di fronte al grande specchio dietro il bancone. Vedendo il suo riflesso emette un grido stridulo e porta le mani davanti al viso, e salta ancora per allontanarsi, un salto innaturalmente alto che lo porta a sfiorare il lampadario, atterrando poco distante da Bambino, che lo raggiunge con due lunghi passi e fa fuoco quasi a bruciapelo.
I due colpi sparati in rapida successione devastano la camicia del cinese e scavano una miriade di buchi nel suo petto, ma lui non sembra farci molto caso. «Per la miseria.» Sbotta Bambino. Il cinese protende le braccia verso di lui tirando indietro le labbra a scoprire i denti, che sono lunghi e affilati. Bambino indietreggia di un passo e brandisce il fucile come una clava, colpendo il cinese con una mazzata che gli rivolta, letteralmente, la testa all'indietro.
Forse i nervi che dal cervello portano gli ordini al corpo sono stati recisi perché cade a terra, ma continua a muoversi. I suoi arti rigidi scattano privi di controllo, scalciando e cercando di ghermire qualche caviglia.
«Questa dovevo ancora vederla.» sbotta Bambino. «Clayton! Ce l’hai un’accetta?»
La testa pelata del padrone del saloon fa lentamente capolino da dietro il bancone. «S-s-s-s…»
«Dammela.»
Il barista si infila in una porta che conduce sul retro, e torna qualche istante dopo con un’accetta che appoggia sul pavimento e spinge verso Bambino, rifiutando di avvicinarsi al cinese che ancora si muove.
«Umpfh.» Bambino raccoglie l’accetta e la usa per spingere in strada il cinese senza toccarlo. Dall’interno del saloon si sente una serie di colpi, poi Bambino rientra tenendo in mano l’accetta gocciolante sangue. «Anche a farlo a pezzi continua ad agitarsi.» afferra una bottiglia di whisky da dietro il bancone, ne beve un lungo sorso e torna fuori, portandosela dietro. Qualche istante dopo la notte viene rischiarata dal bagliore di un fuoco.
Bambino torna dentro. «E con questo spero che la pratica sia chiusa.
Nel frattempo, qualcuno sa cosa diavolo fosse?» Facce spaesate, occhi sgranati.
Bambino guarda la gente ferita e seduta per terra, e il cadavere abbandonato sotto il tavolo. «Qualcuno ha pensato di chiamare il segaossa, tra l’altro?»
Un ragazzo che non avrebbe l’età per frequentare quei locali a quell’ora raccoglie il cappello da terra e schizza fuori.
«Umpfh. Qualcuno lo conosceva, almeno?» Le facce non mutano espressione.
«Va beh. Vado fuori a controllare la cottura. Mandatemi il doc quando ha finito qui.»
Il dottore esce dal saloon mezz’ora più tardi, affiancandosi a Bambino che sta osservando gli ultimi resti fumanti del cinese.
«Com’è la situazione, doc?»
«Ho fatto portare il vecchio Smitthy nel mio studio, dovrò tenerlo sotto osservazione per un po’, ha perso molto sangue. Ha tracce sul corpo che sembrano causate dagli artigli di un animale, ma gli altri giurano che è stato il cinese. Abbiamo contusioni o graffi, molti dei quali causati semplicemente dal correre uno sull’altro per tenersi lontani da quel… coso. Purtroppo non c’è stato nulla da fare per Bryan Malcolm. Quel cinese gli si è attaccato al collo come una sanguisuga, e quando sono riusciti a staccarglielo ha iniziato a sprizzare sangue come una fontana. Clayton avrà bisogno di un bel po’ di segatura per il pavimento.»
«Dice che l’ha morso per… mangiarlo?»
«Hanno raccontato che sembrava che gli stesse succhiando il sangue.
Doveva essere impazzito.»
«La pazzia non spiega come abbia potuto sopravvivere a tutte quelle pallottole in corpo, né saltare fino al lampadario.»
«I pazzi spesso dimostrano una forza maggiore del normale, e una resistenza al dolore…»
«E continuano ad agitarsi dopo che li hai fatti a pezzi?»
Il dottore si stringe nelle spalle. «È un peccato che non ne sia rimasto niente. Mi sarebbe piaciuto potergli fare un’autopsia.»
«Una che?»
«Esaminare il cadavere…»
«Stregonerie da scienziati. Può esaminare le ossa, se vuole, quando si saranno raffreddate. Dia un’occhiata ai denti. Si metta solo d’accordo con Lenny.» Bambino indica la soglia della bottega del becchino, dove il longilineo Lenny si sta sfregando le mani soddisfatto.
«Va beh, qui continui lei.» Bambino si avvia verso il suo ufficio.
«Un momento, sceriffo! Non indaga? Qualcuno saprà chi era questo cinese!»
«Sì, sì, domani vado a chiedere ai cinesi se ne manca qualcuno. Ora me ne vado a letto.»

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Capitolo 5
*** 4 ***


Trinità salta giù dal parapetto del porticato dell’ufficio. «Ehi, fratellino!
Che è successo laggiù?»
«Porc… e tu che ci fai qui fuori?»
«Oh, il sindaco si è offerto di tenermi caldo il letto.»
Bambino si passa una mano sul viso. «Ma che ho fatto di male…» Entra, prende le chiavi dalla scrivania e va a liberare il sindaco in cella.
«Facciamo così, sindaco. Io non dico a nessuno che lei si è fatto abbindolare da questo tizio qui, e lei in cambio dimentica che lui stava in prigione. Tanto i tizi che aveva truffato non erano di qui, se ne sono andati appena riavuti i loro soldi.»
«Sì… sì, d’accordo.»
«Bene, ora faccia un salto al saloon di Clayton, così i suoi cittadini non potranno accusarla di non sapere cosa succede in città.»
«Ma… il pericolo è passato? Cioè…»
«Fuori!»
Il sindaco schizza via a gambe levate tenendo la bombetta in testa con la mano, e alzandola leggermente per salutare Trinità quando gli passa vicino.
«Allora, che è successo?» chiede Trinità, entrando.
«Non è affar tuo.» Bambino si dirige verso la piccola porta sul fondo dell’ufficio, dove ha il letto. «Tanto appena farà giorno te ne andrai. Puoi dormire nella cella.»
«Ah, no!» Trinità infila un piede in mezzo alla porta, impedendo a Bambino di chiudersi dentro. «Non so quale sia il tuo progetto, fratellino, ma ti ricordo che nostro padre ha sempre voluto che noi ci aiutassimo a vicenda.»
«Allora aiutami togliendoti dalle scatole!»
Trinità ritira il piede appena in tempo per non farselo tranciare via. La porta si richiude con tale violenza che probabilmente non si aprirà mai più.
Trinità rimane per un attimo di fronte alla porta con le mani sui fianchi, poi sorride e scuote la testa. «Sempre il solito, fratellino.»
Recupera la sua pistola e il cinturone dalla scrivania ed esce, avviandosi per la main street. Magari farà un giro al saloon di Clayton per vedere cosa è successo, poi ne troverà uno integro per passare la serata. O forse farà un salto alla casa da gioco per ripulire qualche pollo.
Dietro di lui, nell’ombra, una figura furtiva lo segue. Trinità non dà segno di essersene accorto.
La figura si tiene dove non può essere vista, approfittando di angoli e vicoli, cercando di non farsi distanziare troppo. Trinità è sempre lì davanti, cammina baldanzoso guardando in giro con aria sorniona.
L'inseguitore lo perde d’occhio per un solo istante, mentre si nasconde in un androne. Quando guarda fuori non c’è più. «Ma…» Avanza allo scoperto, chiedendosi dove sia finito. Lo capisce quando sente un clic e avverte il freddo della pistola appoggiata alla tempia.
«Salve, amico. Cercavi me?»
Trinità spinge il suo inseguitore in strada, alla luce della luna.
«Ohibò!» La pistola si allontana dalla tempia ma rimane puntata verso la ragazza.
Ed è anche una bella ragazza. Chi dice che i cinesi sono tutti uguali probabilmente non ha mai dato un’occhiata da vicino alle loro ragazze, che purtroppo non sono tutte uguali a questa. Capelli neri come la notte e lisci come seta, lunghi fino all’attaccatura del sedere. Occhi altrettanto neri e profondi che sormontano un naso piccolo e grazioso e due labbra piene e sensuali, incorniciati da un volto perfettamente ovale. Un po’ bassina, forse, ma con tutte le curve al posto giusto.
Trinità sfodera il suo miglior sorriso. «Ora mi potrebbe dire perché mi stava seguendo, signorina?»
La ragazza deglutisce vistosamente. «Tu… tu sei mano destra di Diavolo, vero?» chiede, in un inglese più che accettabile, venendo da una bocca così piena di promesse.
«C’è chi mi chiama così.»
«Noi bisogno di tuo aiuto, città grande pericolo!»
«E io che speravo che mi stessi seguendo per il mio fascino…»
«Tu puoi salvare città da morti! Segui me, mio nonno spiega!»
La ragazza fa due passi addentrandosi nel vicolo, ma torna indietro quando si accorge che Trinità non la sta seguendo.
«Eh, no, bellezza. Il fascino di una bella donna ha il potere di rendermi stupido, ma non al punto da seguirla in un vicolo buio dove probabilmente ci saranno i suoi sei fratelli pronti a saltarmi addosso per prendermi…» abbassa lo sguardo sui suoi vestiti logori «Beh, non molto.» rinfodera la pistola. «Facciamo che non ci siamo mai incontrati e la finiamo lì, va bene? Ciao ciao!» Trinità si volta sfiorando la tesa del cappello con le dita, e si avvia per la sua strada.
«Ma…»
«Ciao ciao, ho detto!»

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Capitolo 6
*** 5 ***


«Salve, è libero questo posto?»
Uno dei tre gambler squadra Trinità da capo a piedi, soppesando il suo abbigliamento. «Servono almeno dieci dollari per aprire.»
Trinità si siede al tavolo da poker e si sfila uno stivale, prendendone un mucchietto di dollari spiegazzati. «Ecco i miei dieci.» dice, mettendoli davanti a sé sul tavolo. Gli altri giocatori si ritraggono, storcendo il naso.
«Va bene, tocca a John dare le carte.»
Trinità lascia che vincano le prime due mani, rafforzando nei suoi avversari l’idea di avere a che fare con un pollo. Intorno a loro la sala da gioco è agitata e più rumorosa del solito. C’è un solo argomento di conversazione, molte domande e alcune risposte, semplicemente sbagliate o vere stupidaggini: cosa è successo nel saloon di Clayton, solo due edifici più avanti?
Ma Trinità non dà retta alle voci, concentrato com’è a ripulire i suoi avversari senza che lo accusino di barare. Anche perché avrebbero ragione.
Quando tocca a lui dare le carte si diverte per un po’ a guardare le facce stupite degli altri giocatori mentre le mescola in maniera acrobatica, facendole saltare da una mano all'altra. Distratti dalle carte che sembrano volare non si accorgono delle tre donne che scivolano tra la sua gamba e la sedia.
«Bene, signori!» dice, dopo qualche altra mano, «Sento che la fortuna è dalla mia!» e spinge verso il mucchietto di soldi al centro del tavolo tutto quello che gli è rimasto. Intanto si sente un forte rumore di qualcosa che si spezza provenire dal piano di sopra, dove c’è la roulette.
Il giocatore alla sua destra osserva le sue carte a lungo, togliendosi residui di cibo dalla barba, poi copre la puntata con un grugnito. Comincia a esserci un bel gruzzolo, lì in mezzo.
Una parte del parapetto del primo piano va in pezzi, sfondata dal corpo di un uomo che cade di schiena su un tavolo, spezzando anche quello. Alcune schegge di legno cadono sulle puntate, e il giocatore di fronte a Trinità le toglie con le dita prima di spingere in avanti i suoi soldi.
Molti dei giocatori agli altri tavoli si alzano e osservano la balaustra distrutta. Dal primo piano vengono grida e alcuni colpi di pistola. Il giocatore alla sinistra di Trinità si liscia i folti baffi. «Per me stai bluffando.» mormora, aggiungendo i suoi soldi sul piatto.
La gente che stava al primo piano si accalca giù per le scale, cercando di scendere il più in fretta possibile. Alcuni scavalcano il corrimano e saltano giù, altri inciampano e gridano quando vengono calpestati.
Trinità chiede una carta.
«Cerchi l’incastro per una scala?»
«La curiosità uccise il gatto.»
Un cinese dalla pelle violacea, vestito con abiti poveri, si avvicina alla balaustra saltellando a piedi uniti, con le braccia protese in avanti. Le sue unghie lunghissime e il contorno della bocca sono sporchi di sangue.
Mentre gli altri giocatori seguono il volo delle due carte chieste dal giocatore di destra Trinità scambia tre delle sue carte con le donne che aveva messo da parte, con un gesto così rapido che nemmeno la sua ombra riuscirebbe a stargli dietro.
Il cinese non smette di saltellare quando arriva alla balaustra distrutta, semplicemente si lascia cadere atterrando senza difficoltà e voltandosi immediatamente verso l’uomo più vicino.
Tre donne e due sette. Trinità si accerta che gli altri lo vedano sorridere. Il cinese afferra l’uomo per le spalle, che cerca di divincolarsi senza riuscirci, e affonda i denti nel suo collo. L’uomo lancia un grido terribile, e altri vanno in suo soccorso strattonando le braccia del cinese, che sembrano
fatte di pietra.
Pensando che Trinità stia bluffando i giocatori rilanciano tutti, aumentando il mucchio al centro del tavolo. «Io ci aggiungo questa,» dice Trinità posando la sua pistola sul tavolo «e il mio cavallo.»
«Hai un bel fegato a rischiare tutto, ragazzo.» dice quello coi baffi. Il cavallo di Trinità è stato preso a titolo di risarcimento dai cowboys che aveva cercato di truffare, ma loro non lo sanno.
Qualcuno spacca una sedia in testa al cinese, che lascia andare l’uomo che stava dissanguando e si volta con un saltello per affrontare la nuova minaccia. Una buona metà dei clienti della sala da gioco si avvicina per affrontarlo, l’altra metà si schiaccia contro le pareti. Il giocatore barbuto deve spingere rudemente va un uomo che stava per cadere sul loro tavolo. Compaiono le prime pistole.
«Ma lo sceriffo non l’aveva fatto fuori?»
«No, non è lo stesso!»
«Ma che gli prende ai cinesi in questa città?»
«Allora possiamo vedere, signori?» chiede Trinità.
Il barbuto tira giù le sue carte. Doppia all’asso. Tris di otto per il giocatore di fronte. Quello coi baffi borbotta «Al diavolo!» e sbatte le sue carte a faccia in giù sul tavolo.
«È stato un piacere giocare con voi!» Trinità cala il suo full sogghignando.
Il cinese sembra insensibile alle sedie e ai bicchieri che gli vengono spaccati addosso, e saltella cercando di abbrancare qualcuno con le mani ad artiglio. Le labbra sono tirate a mostrare denti affilati come rasoi. Un uomo lo colpisce alla testa con la pesante sputacchiera di metallo. Il cinese cade all’indietro, ma si rimette subito in piedi come se un burattinaio l'avesse sollevato tirandone i fili e cerca di afferrare il braccio dell'uomo, che salta via come se la terra gli bruciasse sotto i piedi.
«Un momento, amico!» il giocatore con la barba si alza in piedi mentre Trinità si protende verso il mucchio di dollari. «Io credo che tu abbia barato.»
«Oh, bella, e come fai a dirlo?»
«Lo verificheremo.»
Diverse pistole fanno fuoco, e il cinese lascia andare la sua preda, barcollando. Ma non cade.
«È un’accusa grave, la tua.»
«Lo so. Intanto, lascia la pistola sul tavolo e alzati.»
«Quale pistola?» chiede Trinità, alzandosi. Il barbuto abbassa lo sguardo, e si accorge che la pistola, invece di essere sul tavolo, è nella fondina alla gamba di Trinità.
«Questa pistola?» la pistola compare come per magia nella destra di Trinità, puntata verso la pancia del barbuto. «Non sai neanche tenere d’occhio una pistola? Aspetta, riprova.»
La pistola torna rapidissima nella fondina mentre la mano sinistra di Trinità schiaffeggia il barbuto. Prima che questo possa fare qualsiasi cosa però la pistola è di nuovo puntata verso il suo stomaco.
«L’hai vista? Lo rifaccio? Dai, l’ultima volta però, eh?»
Vengono interrotti dall’urlo lacerante del giocatore con i baffi. Il cinese l’ha afferrato da dietro e ha piantato i denti nel suo collo, che ora sprizza sangue.
«Ehi!» Trinità colpisce la testa del cinese con il calcio della pistola, staccandolo dal baffuto che però si accascia sul tavolo. Trinità e gli altri due si precipitano ad arraffare i soldi prima che si sporchino di sangue.
Il cinese torna all’attacco, saltellando con le braccia protese verso il collo di Trinità. Ha già diversi buchi sul petto, ma non ne esce sangue. Trinità indietreggia rapidamente infilando i soldi nella tasca dei pantaloni.
«Ehi, amico, che ti prende?»
Il cinese sembra volersela prendere proprio con lui, adesso. Trinità schiva l’artiglio proteso e colpisce il cinese con un pugno alla mascella che lo fa a malapena barcollare. La sua pelle è gelida. «E che cavolo.» gli spara due volte, ma le pallottole hanno meno effetto del pugno.
«Ma che ti ho fatto?» Trinità indietreggia fino a trovarsi con le spalle al muro, scaricando tutto il tamburo della pistola nel cinese impazzito.
«Ahia…»
Un attimo prima che il cinese lo afferri per il collo le porte della sala da gioco si spalancano di colpo, e la ragazza cinese si precipita dentro gridando: «Trattenete il respiro!»
Trinità preme le mani su naso e bocca, e il cinese dentato si ferma, come se non riuscisse più a vederlo. La testa prende a scattare in qua e il là come quella di un uccello, annusando l’aria.
Si gira su se stesso con un saltello, poi si dirige con decisione verso un altro giocatore, che si affretta a coprirsi a sua volta naso e bocca. Il cinese si ferma di nuovo, indeciso, e la ragazza si avvicina a lui tenendo in mano una striscia di carta con degli scarabocchi indecifrabili.
Quando giunge accanto al cinese forse le sfugge un fiato, perché quello si gira verso di lei, ringhiando. Le afferra una spalla affondandovi le unghie, ma lei stringe i denti e sbatte con violenza la striscia di carta sulla sua fronte.
Il cinese si blocca, immobile come una statua. Intorno, tutti stanno a bocca aperta.
Dopo qualche istante di incredulità Trinità si accorge che la ragazza sta soffrendo, e la aiuta ad aprire la mano con cui il cinese le sta ancora stringendo la spalla. È come piegare un pezzo di legno.
«Ma che succede?»
«Vieni con me!» esclama lei, trascinandolo fuori. Prima di uscire si rivolge agli altri clienti del locale. «Non togliere foglio per nessuna ragione, o lui sveglia! Chi ha preso morso ma non morto è contagiato, ma servono due giorni prima di trasformazione! Deve stare in vasca con acqua calda e questi sali fino a domani mattina, poi prendere primo sole di mattino e stare al sole tutto giorno, senza vestiti.» la ragazza butta su un tavolo un sacchetto che evidentemente contiene i sali di cui parlava, poi esce tirandosi dietro Trinità. I clienti della sala da gioco si guardano perplessi, poi i tre che hanno ricevuto morsi si avvicinano al tavolo col sacchetto.
«Bagno? Non faccio un bagno da questa primavera!»
«Al sole nudo tutto il giorno? Ma siamo sicuri?»
«Se non siete convinti, il sacchetto lo prendo io.»
«Ah no, molla l’osso!»

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Capitolo 7
*** 6 ***


La ragazza trascina quasi di peso Trinità fino a una catapecchia che sembra stare in piedi per miracolo. Appena entrano vengono investiti dall’odore che possono avere molti uomini chiusi in uno spazio ristretto: per niente piacevole.
I cinesi dormono su materassi buttati per terra, e altre brande sono accatastate lungo le pareti. Eppure, nonostante ci siano già molte più persone di quanto sia igienico o prudente stiparne in uno spazio così piccolo, molte brande sono vuote.
Scavalcano diversi cinesi dormienti cercando di non fare rumore, poi salgono le scale mezze diroccate fino al piano superiore. Altri cinesi dormono sul pianerottolo, alcuni li mandano al diavolo nella loro lingua, ma la ragazza lo guida verso una porta chiusa, che apre con una cautela che sfiora la riverenza. Mette la testa dentro, dice qualcosa e un’altra voce risponde, poi spinge dentro Trinità senza troppi complimenti.
La stanza è ammobiliata con solo un comodino e un letto, ma è impregnata dell’odore dell’incenso che sta bruciando in diversi candelieri disposti tutt’intorno. Il comodino è affollato di alambicchi e scodelle, con bottiglie piene di liquidi dai colori vivaci.
Nel letto c'è un cinese vecchio come il mondo o giù di lì, con la pelle sottile come carta e tesa su ossa spigolose. I sottili baffi bianchi sono così lunghi che gli cadono ai lati del volto. Osserva Trinità con occhi acquosi, ma stranamente vispi in quella faccia da cadavere.
«Questo è nobile Hu Zhao, capo di questa comunità e monaco taoista.»
Trinità sorride e annuisce come se sapesse cosa significa “taoista”. La ragazza dice qualcosa al vecchio in cinese, e l’unica parola che Trinità riesce a cogliere è il suo nome. Spera che non abbia detto qualcosa del tipo “è l’uomo che dobbiamo sacrificare ai nostri dei pagani e sanguinari” o  roba del genere. O peggio, che abbia chiesto al vecchio il permesso di sposarlo.
Il vecchio fa cenno a Trinità di avvicinarsi, e lui obbedisce. Puzza di incenso, di vecchio e di roba fritta. Pessima dieta per uno nelle sue condizioni.
Il vecchio esamina Trinità attentamente, estrae con fatica da sotto le coperte una mano con unghie incredibilmente lunghe e gli volta la testa da una parte e dall’altra, gli apre la bocca, gli esamina i denti e la lingua, gli fa chinare il capo, gli toglie un po’ di pidocchi, poi lo spinge indietro sussurrando qualcosa. Deve aver superato l’esame, perché la ragazza sorride felice.
«Maestro ha detto che tu è uomo giusto!»
«Per cosa?...»
«Per salvare questa città da morte che non muore!»
Trinità sorride. «Forse abbiamo qualche problema di lingua. Ma non importa, piuttosto, come ti chiami?»

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Capitolo 8
*** 7 ***


«Che ne pensa, sceriffo?»
Bambino sbadiglia platealmente. «Umpfh. E non fa niente? Rimane così?»
«Sì…»
«Allora potevate lasciarcelo e venirmi a svegliare domani mattina.» Bambino si strofina il petto, stressato. Deve essere riposato per domani, non ha tempo di stare dietro alle stupidaggini.
«Ma sceriffo…» fa il sindaco, che è rimasto sulla porta della sala da gioco, pronto a scappare.
«Va bene, va bene.» oltre al cinese, bloccato con i denti sdenudati, le braccia protese e un foglietto in faccia, nella sala da gioco semidistrutta sono rimasti solo un paio di curiosi, ansiosi di dimostrare il loro coraggio o semplicemente stupidi (ma le due cose solitamente vanno a braccetto), i croupier, la vecchia che fa le pulizie e il titolare nonché barista. È lui che lo sta inondando di parole da dieci minuti.
«Sceriffo, questa cosa è pazzesca! Gli hanno sparato e non gliene è fregato niente! Poi è arrivata quella cinese, ha detto a tutti di tenere il respiro, gli ha schiaffato il foglietto in fronte e se n’è andata col biondo, dicendo a chi era stato morso-»
«Biondo? Che biondo?»
«Un tizio vestito di stracci, che stava ripulendo a poker tre clienti abituali…»
Bambino si gratta la nuca. «Sempre tra i piedi, quello…»
«Pensa che i cinesi vogliano vendicarsi dell’incidente alla stazione?»
«Se tutti quelli che vogliono vendicarsi di qualcosa si mettessero a mordere il collo alla gente in America dovremmo girare tutti con colletti di ferro… tra l'altro, di che incidente stai parlando?»
È il sindaco a rispondere, dalla porta che tiene aperta con la spalla. «È stato prima che lei arrivasse in città, sceriffo, giusto una settimana fa. In paese è arrivata la ferrovia da poco, lo sa. La fine della strada ferrata si è già spostata più a ovest, ma molti cinesi sono rimasti qui per costruire una stazione. È successo che a lavori quasi conclusi la stazione è crollata, uccidendo quasi tutti i cinesi che ci stavano lavorando, una ventina. Gli altri cinesi della ferrovia non l’hanno presa bene, pare che il crollo fosse colpa di un errore di progettazione, fatta ovviamente da un bianco. I cinesi sono ancora in città, hanno riadattato un vecchio edificio come dormitorio, in attesa che arrivino i nuovi progetti.»
«Divento sceriffo e nessuno si degna di informarmi che c’è appena stata una strage e che la città è piena di cinesi arrabbiati?!»
Il sindaco ammutolisce e mette un piede fuori dalla porta.
«Va bene, non importa. Venga qua, sindaco, venga.»
«Ma…»
«Non abbia paura, è immobilizzato. Venga, dovrà rendersi conto di persona cosa succede nella sua città, no?» Bambino si volta verso il proprietario del locale e gli fa l’occhiolino.
Il sindaco entra, titubante, con le mani strette davanti al petto.
«Venga, guardi la cosa che ha spaventato i suoi concittadini. Ecco, si metta qui.» Bambino spinge rudemente il sindaco a pochi passi dal cinese immobilizzato, esattamente di fronte.
«Guardi. Vede i denti appuntiti? E le unghie? In Cina non se le tagliano le unghie?» Bambino si mette di fianco al cinese. «Sembra che a tenerlo fermo sia questo foglietto qui…»
Bambino inspira e trattiene il fiato mentre stacca il foglio dalla fronte del cinese, che ringhia e protende le mani verso il sindaco.
«AAAH!» Il sindaco urla con una vocetta acuta, e Bambino riappiccica il foglietto.
«Ma dai? Sembra che togliendo il foglietto possa muoversi di nuovo… riproviamo.»
Bambino stacca il foglietto e il cinese riprende a saltellare verso il sindaco, che dimostra notevoli doti di soprano e di centometrista. Spalanca la porta con tale violenza che per poco non si stacca dai cardini, e sparisce nella strada buia.
Bambino riattacca il foglio e rilascia il fiato, ridendo insieme al padrone della sala da gioco.
«Potresti tenerlo qui come attrazione!»
«Non giocare con jiangshi!» dalla porta aperta è entrata una nanerottola cinese, e subito dietro di lei…
«Ero sicuro che tu ci fossi di mezzo.»
«Andiamo, fratellino, non è mia la colpa di tutto quello che succede!»
«Su questo c'è solo la tua parola.»

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Capitolo 9
*** 8 ***


«Tu sai di crollo che uccide tanti cinesi?»
«L'ho appena scoperto, già.»
«Guo Peng, capo di nostra comunità e sacerdote Taoista, perso tre figli in crollo.»
«Guo Peng?» interviene Trinità. «Ma non si chiamava Zao?»
«Mano destra di diavolo, attento!»
Bambino ride. «Ecco, stai attento, una volta ogni tanto!»
«Mio nonno Hu Zhao è anche sacerdote taoista, ma vecchio e stanco. Guo Peng preso suo posto come nostro capo spirituale. Nemico di tua gente è Guo Peng, Guo Peng!»
«Guo Peng. Capito. Chiaro.»
«Cinesi vuole essere sepolto in Cina, dove sua terra e sua famiglia. In Cina, sacerdote taoista usa polveri e incantesimi per dare non-vita a morti freschi, per potere spostare loro facile. Jiangshi, questo nome di morti vivi, seguono sacerdote che suona campanella sacra fino a luogo di sepoltura.»
«Questo mi sembra un cumulo di str...»
«Bambino, e andiamo! Lascia finire la signorina.»
«Umpfh.»
«Dopo giunti luogo di sepoltura, sacerdote fa riti per togliere non-vita a morti e lascia loro riposare in pace in loro tombe. Guo Peng sacerdote taoista che può dare non-vita a morti, e Guo Peng molto, molto arrabbiato per morte suoi figli. Nostri morti ammucchiati in grande casa in aspetta per bare, e Guo Peng risvegliati con suoi riti. Ora loro aspetta momento buono per sterminare bianchi di città!»
«E questi due che abbiamo visto...»
«Sacerdote mantiene calmi jiangshi con incantesimo scritto su foglio messo su fronte. Se foglio cade, jiangshi libero. Questi deve essere scappati.»
«Va bene, farò finta di credere a tutte queste cinesate.»
«Credici, fratellino, che motivo avrebbe questa bella signorina per mentire?»
«Zitto, tu. Lo sapevo che con te sarebbero arrivati i guai. Quindi, bellezza, dobbiamo fermare questo prete cinese prima che scateni i suoi cinesi morti e affamati per il paese?»
«Sì!»
«E gli altri cinesi non potrebbero aiutarci?»
«Tutti loro ancora furiosi per incidente di stazione...»
«Siamo alle solite. Guai. Che avevo detto? Guai! Cerchiamo di sbrigarci, che domani devo essere in forma.»
«Perché? Cosa succede domani?»
«Stammi a sentire, tu: aiutiamo la signorina, salviamo il paese, facciamo fuori il cinese, ti prendi la ricompensa che ti avrà promesso e della quale non voglio sapere la natura, e alle prime luci dell'alba monti a cavallo e te la fili. Chiaro?»
«Ma non ce l'ho, un cavallo!»
«E quando mai è stato un problema? Bellezza, cosa dobbiamo fare adesso?»
«Si chiama Hu Ciao.»
La ragazza colpisce Trinità con una manata. «Hu Jiao, mio nome Hu Jiao!»
«...Hu Jiao, certo. E io che ho detto?»

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Capitolo 10
*** 9 ***


Trinità, Bambino e Hu Jiao escono dalla sala da gioco.
«E di quel bel tomo lì dentro cosa ce ne facciamo?» chiede Bambino.
«Io no sacerdote, ma mio nonno insegnato me rito per dare riposo a jiangshi. Ma adesso no tempo.»
«Speriamo che non si stacchi il foglietto... allora, dov'è che sono stipati questi cadaveri?»
Hu Jiao alza un braccio puntando il dito. «Da quella...»
Le parole muoiono sulle sue labbra. Trinità e Bambino seguono la direzione del dito e del suo sguardo. In mezzo alla main street un cinese con la schiena curva, con baffi talmente lunghi da arrivargli al petto, così vecchio che sembra dover essere portato via dal prossimo alito di vento, li osserva con uno sguardo carico d'odio. Dietro di lui venti cinesi stanno in piedi, perfettamente immobili. Il buio impedisce di distinguerli bene, ma anche così si capisce che molti di loro hanno qualcosa che non va. Braccia piegate al contrario, gambe storte, colli in posizioni innaturali, e tutto il campionario di quello che può capitare a gente a cui crolla una stazione della ferrovia sulla testa.
Il vecchio sacerdote estrae una mano scheletrica dal lungo mantello logoro, reggendo una piccola campanella dorata. Muove leggermente le dita, e nella notte risuona il suono limpido della campanella, seguito da un ordine in cinese. I morti portano una mano alla fronte.
«Oh, porc...» mormora Bambino, puntando il fucile, mentre Trinità estrae la pistola.
Un altro scampanellio, un altro ordine, e i morti strappano i foglietti gialli dai loro volti. Un istante dopo iniziano a muoversi.
Trinità e Bambino fanno fuoco contemporaneamente, ma il vecchio è già sparito in mezzo ai suoi mostri. Gli jiangshi saltellano, liberi da ogni freno, seguendo l'odore delle vite addormentate nelle case, dirigendosi verso porte che sfondano senza difficoltà.
Trinità e Bambino sparano ancora, più per dare l'allarme che sperando di fare veri danni.
«Tutti fuori!» gridano. «Sveglia! Caricatevi bambini e vecchi a spalle e uscite dal retro! Non vi vedono se trattenete il respiro!»
Indietreggiano gridando e sparando, ma i morti si avvicinano più in fretta di quanto sembrerebbe possibile vedendoli saltellare su quelle gambe rigide. I primi sono vicini quando si accorgono di aver finito le munizioni.
Trinità si abbassa per fare lo sgambetto al primo che arriva, ma quello si rialza immediatamente rimbalzando come una molla. Bambino si avvicina e lo colpisce con un pugno su una spalla che quasi gli stacca il braccio e gli piega la schiena e una gamba, rendendogli ancora più difficili i movimenti, ma se ne stanno già avvicinando altri.
«Respiro!» grida Hu Jiao, e tutti e tre si coprono bocca e naso con le mani. Seguendo i loro istinti i morti li ignorano e si voltano verso le case.
I tre si allontanano di corsa lungo la strada prima di osare riprendere a respirare. «Uff... e adesso?»
«Noi deve riattaccare fogli su loro volti!»
Bambino guarda la torma di morti saltellanti per strada. «I fogli sono rimasti per terra, dietro a... quelli.»
«Andiamo noi a prenderli.» risponde Trinità. «Sei con me, Hu Ciao?»
«Hu Jiao!»
«Ehm, scusa.»
Trinità corre verso una casa e salta afferrando la mensola di un balcone, poi si tira su con un agile volteggio. Allunga la mano per aiutare la ragazza a salire e le fa scaletta per arrivare sul tetto, da dove potranno aggirare i morti al sicuro dai loro artigli.
Bambino porta le mani a coppa e grida, cercando di superare gli strilli della gente svegliata dai mostri. «Arrivano dalla main street! Uscite dal retro! Non sparpagliatevi, riuniamoci davanti al bordello!»
Gli fanno eco i primi colpi di pistola.

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Capitolo 11
*** 10 ***


I morti viventi sono distratti dai respiri dei dormienti, ma alcuni si accorgono di Trinità e Hu Jiao sul tetto e saltano per cercare di raggiungerli.
«Non credevo che potessero saltare così in alto, rigidi come sono!»
«Loro ha forza più che umana.»
«Eh, vedo.»
Gli jiangshi compiono balzi a gambe unite che li portano fin quasi sui tetti, ma la rigidità delle loro braccia impedisce loro di trovare un appiglio. Ricadono trascinandosi dietro parte delle assi, ma si rialzano subito, illesi. Uno riesce a piantare le unghie in un asse del tetto e cerca di tirarsi su, ma non è facile per qualcuno che non riesce a piegare i gomiti. Trinità si avvicina, infila la canna della pistola sotto l'asse e fa leva. Il morto cade con le dita ancora piantate nel legno. «Andiamo.»
Superano il gruppo di jiangshi ancora in strada e si trovano sopra al tratto dove hanno lasciato cadere i foglietti gialli. Trinità aiuta Hu Jiao a calarsi dal tetto, poi salta giù con facilità e si precipita ad aiutarla a raccogliere i fogli, prima che quei cosi li fiutano.
Li hanno presi quasi tutti, quando una voce dal pesante accento risuona nell'aria. «Cosa credete di fare, voi due?»
Trinità, inginocchiato a terra, si volta e si trova di fronte il vecchio pazzo che ha dato inizio a tutto.
«Se stendo questo tizio i morti si fermeranno?»
«No...» risponde Hu Jiao.
«Ma non è necessario che resti vivo, vero?»
«No, ma...»
«Bene.»
La sua mano è come il battito dell'ala di un pipistrello nella notte, e la pistola fa fuoco quando l'eco delle sue parole non si è ancora spento. Ma il vecchio rimane in piedi.
«Ehi, ero sicuro di averlo colpito!» spara ancora, senza effetto se non un breve sussulto del corpo di Guo Peng. Scarica la pistola nel suo corpo, ma quello resta in piedi.
«Non possibile!» esclama Hu Jiao, poi rivolge al vecchio una domanda nella loro lingua. Trinità segue il dialogo tra i due spostando lo sguardo da uno all'altro, poi si stringe nelle spalle e ritorna a raccogliere foglietti.
Un calcio nel sedere lo manda con la faccia per terra proprio un attimo dopo aver stretto in mano l'ultimo.
«Anche lui è jiangshi!» esclama Hu Jiao, mentre Trinità rotola via prima che il vecchio possa colpirlo di nuovo. «Lui grande stregone! Fatto rito su sé stesso quando sentito vicina morte, ma solo grandissimi stregoni può tenere sua mente dopo morto!»
«E visto che è appena morto non ha neanche il rigor mortis, scommetto.
Di bene in meglio.»
«Voi morirete come tutta questa città!» sibila il vecchio.
«Che colpa ne avrà la città, poi... Hu Ciao, tieni questi.» Trinità porge alla ragazza i foglietti che aveva raccolto. «Vai a portarli allo sceriffo. Ne tengo uno per lui.»
«Hu Jiao. E non so se con lui funziona.»
«Fantastico. Vai.»
La ragazza corre via, e il vecchio scatta con una velocità che non aveva nemmeno quando aveva ancora tutti i capelli in testa, per ghermirla. Trinità gli colpisce le gambe con una spazzata, mandandolo faccia a terra. «Non importunare la signora, mascalzone. Non sei il suo tipo.»
Guo Peng si rialza in piedi come se qualcuno dall'alto lo stesse tirando con dei fili, poi si volta ad affrontarlo sdenudando denti da squalo. Trinità cerca di avvicinarsi con il foglietto, ma il vecchio glielo strappa dalle mani con un gesto rapidissimo e lo fa a pezzi.
Trinità deglutisce rumorosamente.

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Capitolo 12
*** 11 ***


«Non sparategli, è inutile! E ricordate che se tenete il respiro non vi vedono. E smettetela di chiedermi cosa sta succedendo!»
Gli abitanti della città si sono riuniti tutti nella main street, seguendo gli ordini dello sceriffo. Meglio non disperdersi, così da mantenere tutti nello stesso posto anche i morti viventi. Chi ha una famiglia l'ha portata il più lontano possibile lungo la strada, mentre tutti gli uomini validi affrontano i mostri per tenerli occupati. Nonostante la forza innaturale sono rigidi e lenti, per fortuna, e non è così difficile girargli intorno e confonderli, se si è abbastanza agili per non farsi prendere da quelle unghiacce.
«Siete pronti, voi?» Bambino si volta a osservare i ragazzi che hanno staccato i grandi specchi da dietro i banconi dei tre saloon vicini. «Bene! Portateli dentro al bordello e fate come vi ho detto!»
«Attento, sceriffo!» risponde uno dei ragazzi. Bambino si volta e piazza un cazzotto in faccia al cinese morto che stava tentando di afferrarlo per il collo. Quello cade all'indietro, rimbalza e torna immediatamente in piedi come un pupazzo a molla. Bambino lo colpisce di nuovo, il cinese cade e si rialza ancora. «Cavolo, qui non ne usciamo più.» Bambino dà un altro cazzotto al cinese, e quando torna gli afferra il camicione logoro per le spalle e tira, strappandogliele. Un altro cazzotto, appallottola rapidamente le maniche e appena il cinese salta di nuovo in piedi gliele infila nella bocca spalancata. «Buon appetito.» fa bambino andandosene, mentre il cinese cerca inutilmente di raggiungere la bocca per togliersi l'ingombro con le braccia troppo rigide.
Bambino si rivolge alle famiglie in fondo alla strada, mettendo le mani a imbuto intorno alla bocca. «Voi, laggiù, trattenete tutti il respiro, adesso!» Poi si gira verso gli uomini che stanno lottando con i cinesi. «Forza ora, tutti dentro al bordello!»
Non aspetta di guardare se lo seguono e corre dentro per primo.
Un attimo dopo entrano tutti gli altri, seguiti dai cinesi saltellanti. «Via, via, via!» esclama Bambino, aiutandoli a uscire dalla porta sul retro, mentre i ragazzi che reggono gli specchi, ora coperti con delle lenzuola, e alcune delle ragazze del bordello attendono ai lati della grande sala, trattenendo il respiro.
«Sono entrati tutti?» chiede Bambino, cercando di respirare il meno possibile.
«Sembra di sì, sceriffo!»
«Giù i teli, ora!»
Il bordello di Mary Jo ha l'atrio più grande della cittadina, e per farlo sembrare ancora più grande ha piazzato strategicamente un gran numero di specchi. I vampiri stanno comodamente tutti dentro la sala, e si stanno guardando intorno con aria spaesata quando gli uomini e le ragazze tolgono i teli che coprono tutti gli specchi del bordello e le grandi specchiere portate dai saloon.
Non appena scorgono i loro riflessi i cinesi reagiscono come se avessero messo i piedi in un nido di crotali. Saltellano come matti, cercano di  coprirsi il volto, si sbattono addosso tra di loro, fanno di tutto per tenersi lontani dagli specchi. Qualcuno cerca di saltare sulla balconata interna, ma le ragazze di Mary Jo li stanno già aspettando armate con gli specchi tolti dalle toelette delle camere. I cinesi ricadono in basso per finire di nuovo in mezzo ai loro simili che li calpestano senza pietà.
Bambino aspetta che gli uomini escano e che spostino una delle specchiere grandi davanti alla porta, poi esce a sua volta e si concede un sorriso. «Questo per un po' li terrà impegnati. Qualcuno vada a dare una mano anche alle ragazze al primo piano. Passando da fuori, chiaro.»

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Capitolo 13
*** 12 ***


«Hop!» Il vecchio capo dei cinesi morti cerca di afferrare Trinità alla gola, ma non è abbastanza veloce.
«Hoplà!» Trinità si china passando sotto le sue braccia protese. Lo jiangshi si volta di scatto ma Trinità si abbassa di nuovo «Ehi!» e si allontana, ma il vecchio lo incalza e salta più in alto della sua testa, ricadendo su di lui con gli artigli assetati di sangue.
«Hoplà!» Trinità si butta da una parte e rotola via, mentre il vecchio cade per terra, rialzandosi immediatamente dopo in quel suo modo innaturale. Trinità si fa sotto colpendolo al viso con un pugno che lo fa barcollare, poi uno al petto e e un altro al viso. Il suo avversario è talmente vecchio che sembra fatto di cartapesta, e a ogni colpo segue il crack di qualche osso che si spezza, eppure ritorna sempre ad attaccare come se niente fosse.
«Così non vale!!» Trinità fa un salto all'indietro evitando gli artigli del vecchio e colpendolo con un calcio in faccia che lo sbatte all'indietro. È talmente leggero che vola per un paio di metri, poi si blocca a mezz'aria e si raddrizza senza toccare terra. «Ahia.»
Il vecchio si slancia in avanti. «Hop!» Trinità si abbassa e fa una mezza capriola all'indietro, poi fa perno sulle braccia e stampa sul mento del vecchio entrambi i tacchi degli stivali. Il crack è più sonoro, stavolta.
Trinità si rialza. Il collo del vecchio è spezzato, la sua testa è rivoltata all'indietro a un angolo impossibile. Sta cercando di raggiungerla con le mani per raddrizzarla, ma anche i suoi arti stanno iniziando a diventare sempre più rigidi. Trinità ne approfitta per filarsela a gambe levate.

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Capitolo 14
*** 13 ***


«Liang, fermati, ti prego!»
Hu Jiao corre tenendo i foglietti stretti a sé come tesori.
«Liang, non mi riconosci? Sono Jiao! Ci conosciamo da quando eravamo bambini!»
Dietro di lei uno jiangshi saltella a gambe unite, famelico, con le mani dalle unghie lunghissime protese nel tentativo di afferrarle i lunghi capelli sventolanti.
«Liang, non farmi questo! Liang!»
Un terribile dolore alla nuca le fa scattare all'indietro il capo e la costringe a fermarsi, quando lo jiangshi riesce finalmente ad afferrarle i capelli. Cade, e il mostro che era stato suo amico si abbassa verso di lei con le fauci spalancate.
«No, Liang! No!»
Cerca di trattenere il respiro, ma ormai i denti del morto vivente sono sulla sua gola.
Poi lo jiangshi sparisce dalla sua vista, proiettato in avanti, oltre il suo corpo. «Cosa... Chi...»
Lo sceriffo riabbassa il piede con cui ha calciato il sedere dello jiangshi e le porge una mano. «Meglio che parli in inglese se vuoi che ci capisca qualcosa. Hai quei dannati foglietti?»
Hu Jiao afferra la mano (la mano sinistra del diavolo, pensa mentre la stringe) e si rialza, rendendosi conto di essere arrivata a pochi passi dal bordello. Tutti gli uomini validi del paese sono lì, e anche qualche vecchietto arzillo che spera di avere ancora la forza e l'occasione per prendere a calci un morto vivente.
«Ecco.» dice, porgendo i foglietti allo sceriffo, che ne prende uno e se lo posiziona sul palmo. Si avvicina al povero Liang che si è già rialzato e che si tuffa letteralmente verso di lui. Lo sceriffo fa solo un passetto di lato e le braccia protese si limitano a sfiorarlo, mentre lui colpisce Liang con una manata sulla fronte che lo ribalta all'indietro. Liang cade a terra con il foglietto sulla fronte.
«Uno è andato. Vieni, che ti faccio vedere gli altri.»
Ho Jiao lancia un ultimo sguardo a Liang, immobile nella polvere, poi segue lo sceriffo verso una finestra del bordello da cui qualcuno ha scostato le pesanti tende.
«Come andiamo qui?» chiede lo sceriffo a uno degli uomini che stanno guardando dalla finestra. Altri tengono d'occhio la porta e le altre tre finestre del pianterreno.
L'uomo ridacchia, prima di rispondere. «Saltellano in giro come tanti gallinacci. Non so cosa siano, ma sono davvero stupidi. È un peccato che il pianoforte sia rimasto dentro, potevamo provare a farli ballare.»
Hu Jiao si affaccia alla finestra. Dentro, gli jiangshi si agitano come impazziti, cadono gli uni sugli altri, si spintonano e si schiacciano cercando di tenersi lontani dagli specchi che li circondano. Il loro riflesso ricorda loro che sono morti, una vista insopportabile per chiunque.
«Cosa facciamo adesso, sceriffo?» chiede l'uomo alla finestra.
«Io dico di dare fuoco al locale.» risponde un altro.
«Un accidente!» esclama Mary Jo, raggiungendo l'uomo e colpendolo con uno scappellotto così forte da fargli sbattere la testa contro il muro. La donnona pesa più dello sceriffo, e sa come farsi rispettare. «Bruciati la tua di attività, se ci tieni.»
«E poi rischieremmo di incendiare l'intero paese. No, abbiamo questi.» lo sceriffo prende i foglietti dalle mani di Hu Jiao e li mostra agli uomini.
«Avete visto l'effetto che hanno avuto su quel tipo lì.» indica il corpo di Liang. «Bisogna appiccicarglieli in fronte. E bisogna farlo prima che qualcuno di loro spacchi per sbaglio uno specchio ed escano tutti. Chi se la sente prenda una manciata di fogli e mi segua dentro. Il sindaco c'è? »
Il sindaco sbuca da dietro gli uomini più lontani dall'edificio, e si avvicina lentamente. Molto lentamente. «Ehm, forse dovrebbe andare qualcuno più giovane...»
«Non si preoccupi sindaco, venga, venga qui.» appena il sindaco è abbastanza vicino lo sceriffo lo afferra per la camicia e lo tira accanto a sé, chinandosi per parlargli in un orecchio. «Spero che si renda conto che la cattura di morti viventi esula dalle mie competenze. Per l'impresa di questa notte dovranno essermi pagati gli straordinari.»
«Certo, certo...»
«Raddoppiati.»
«Ehm...»
Lo sceriffo si rivolge alla piccola folla. «Gente, il vostro eroico sindaco vi guiderà pers...»
«Cosa dice, aspetti...» il sindaco tira lo sceriffo per una spalla, sussurrando. «Va bene, straordinari doppi.»
«Bene.» lo sceriffo spinge via il sindaco, che trema talmente tanto da cadere proprio sul corpo rigido di Liang. Salta su come se si fosse seduto sulle braci ardenti.
«Allora?» continua lo sceriffo. «Nessun volontario?»
Gli uomini si guardano tra loro, guardano le loro scarpe, si grattano la nuca, sputano per terra.
Mary Jo raddrizza la schiena e mette le mani sugli abbondanti fianchi.
«Un servizio completo gratis per tutti quelli che mi aiuteranno a salvare il mio locale da quei mostri!»
Lo sceriffo deve trattenere qualche foglietto per sé prima che glieli strappino tutti dalle mani.
«Mary Jo, sei sicura?» chiede, vedendo che anche lei ha preso dei foglietti.
«Che io sia dannata per l'eternità se lascerò che degli stupidi cinesi morti e risorti mi devastino il locale! Lo sai quanto costano le fodere dei divani?» si rivolge a Hu Jiao. «Con tutto il rispetto per la tua gente, signorina. Quando questa storia sarà finita, se avrai bisogno di un lavoro vieni a trovarmi.»
Hu Jiao non riesce a far altro che annuire.
«Dentro, gente, e ricordatevi di trattenere il respiro quando la vedete brutta!» grida lo sceriffo, prima di guidare all'interno gli uomini esaltati.

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Capitolo 15
*** 14 ***


Trinità corre dentro la casa da gioco dove per poco non ha ripulito quei tre imbecilli di tutti i loro risparmi. Non c'è nessuno, ovviamente, hanno tutti risposto alla chiamata di suo fratello. Dà un'occhiata fuori: il vecchio non è ancora riuscito a riaggiustarsi il collo, ma sta caracollando dalla sua parte.
Si lancia dietro il bancone, cercando una corda. Non la trova, allora strappa alcuni cordoni dalle tende. Fuori, il vecchio si avvicina, con la testa ciondolante.
Corre verso il cinese immobilizzato in mezzo alla sala, che è rimasto lì da quando Hu Ciao (o era Miao? Fondoschiena indimenticabile, comunque) gli ha attaccato il foglietto alla fronte.
Abbassa le braccia del cinese in modo che siano vicine al corpo, ma tornano su di scatto. Ci riprova, e alla fine è costretto a tenerne giù una con una mano e l'altra con un piede mentre arrotola la corda intorno al corpo del cinese con la mano libera e i denti. Gli blocca allo stesso modo anche le gambe, e quando sta usando l'ultimo pezzo di corda per imbavagliarlo si volta a guardare oltre la porta.
In strada, il vecchio finalmente riesce a prendersi la testa tra le mani e a rimetterla al suo posto con uno schiocco da far digrignare i denti. Fissa Trinità con un'espressione colma d'odio, protende le mani verso di lui e si solleva da terra di qualche centimetro, scivolando in avanti come una barca su un fiume.
«Oh, mamma.» Trinità serra il nodo in modo che il cinese non riesca a chiudere la bocca e gli stacca il foglio dalla fronte.
Il cinese riprende vita e cerca di azzannare Trinità, ma perde l'equilibrio e cade faccia a terra. Trinità lo lascia lì a rosicchiare la corda e si volta a fronteggiare il suo capo.
Le porte si spalancano di schianto staccandosi dai cardini un attimo prima che il vecchio le tocchi. Scivola dentro con le fauci spalancate e i lunghi baffi sollevati da un vento soprannaturale.
Trinità scappa, incalzato da vicino dal vecchio. Salta e si puntella sul bancone del bar, saltando ancora all'indietro, superando il vecchio che non riesce a sollevare le mani in tempo per ghermirlo e va a sbattere contro il bancone. Trinità si appende al lampadario facendolo oscillare vistosamente. Il vecchio si gira, ringhiando, appena in tempo per assistere all'oscillazione di ritorno di Trinità, che lo colpisce di nuovo con gli stivali mandandolo a sbattere la nuca sul balcone, un colpo che avrebbe avuto ragione di un toro. Il vecchio cade a terra, ma scuote la testa e si sta già rialzando. Trinità ora è in piedi sul bancone e tira con forza il pesante lampadario, staccandolo dal soffitto e facendolo cadere proprio sul vecchio, che emette un urlo stridulo. Trinità salta giù dal bancone e schiaffa il foglietto sulla fronte del vecchio prima che riesca a spingere via il lampadario.
Il vecchio si immobilizza in quella posizione, con la bocca spalancata a mostrare i denti aguzzi. Trinità raddrizza la schiena con un lungo sospiro.
«Uff... credevo che non saresti più andato giù, vecchio.»
Ora che la situazione si è tranquillizzata riesce a sentire il baccano proveniente dal bordello. «Ehi, laggiù si stanno divertendo!»
Trinità corre fuori, ansioso di menare le mani, saltando il cinese legato che morde l'aria. Non si accorge che le dita della mano destra di Guo Peng si stanno contraendo impercettibilmente.

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Capitolo 16
*** 15 ***


«Bene, gente: facciamo festa!» Bambino corre dentro il bordello ridendo, seguito da Mary Jo e dalla banda di scalmanati ansiosi di stendere qualche cinese cannibale in cambio di sesso gratuito.
Girano intorno alla grande specchiera posta davanti all'ingresso e si lanciano nella mischia, piombando sui poveri morti viventi come uno stampede, gridando e agitando foglietti.
I cinesi sembrano rimanere interdetti per un istante al loro ingresso. Smettono di saltellare come stambecchi impazziti e si girano a guardare i nuovi arrivati con aria famelica. Si getterebbero su di loro, se gli americani non li anticipassero lanciandosi tra le loro braccia.
I primi foglietti vengono schiaffati sulle fronti dei cinesi più vicini all'ingresso, bloccandoli sul posto. Gli altri sembrano rendersi conto del pericolo e iniziano a saltellare ancora più rapidamente, cercando di graffiare i viventi con i lunghi artigli. Ma la ricompensa promessa da Mary Jo è tale da donare forza e velocità anche ai più malmessi, e non è così difficile schivare gli attacchi di quei morti dagli arti rigidi.
Bambino si distingue da subito colpendo in fronte due cinesi contemporaneamente. Cadono a terra come alberi abbattuti, con i foglietti sul viso. Uno lo incalza da destra, Bambino lo ferma con un montante al mento che lo solleva da terra e subito lo sbatte giù colpendolo dall'altro con l'altra mano armata di foglietto.
Un cowboy calcia allo stomaco un morto facendolo finire di fronte a Bambino, che gentilmente glielo tiene fermo mentre gli attacca il foglietto, poi lo getta da una parte. Il vecchio Stuart grida, con un cinese attaccato al collo. E sì che sua moglie gliel'aveva detto di starsene a casa. Bambino si avvicina con calma e attacca un foglietto al cinese, lasciando poi che Stuart se la sbrighi da solo per staccarselo dal collo. Lenny il becchino se la ride di gusto, correndo qua e là con una manciata di foglietti attaccata alla sua fedele pala, che cala con soddisfazione sulle teste dei cinesi. I morti viventi sembrano concentrarsi su Mary Jo, forse perché essendo una donna la credono più debole o perché il loro olfatto funziona in modo diverso da quello dei vivi e trovano gradevole il suo orribile profumo. Pessima idea, comunque, perché intorno a lei cadono come birilli.
«Mi sono perso qualcosa?» chiede Trinità entrando e atterrando subito con un calcio un morto vivente.
«Umpfh.» fa Bambino, porgendogli alcuni foglietti. Trinità ne attacca uno alla fronte del cinese che ha appena steso e si abbassa per schivare l'attacco di un altro.
Sembrerebbe che tutto si stia mettendo bene. I morti viventi, quando smettono di fare paura e si conoscono i trucchi per fregarli, non sono poi così pericolosi. Per questo, quando la voce di Hu Jiao da fuori grida
«Attenti!» nessuno si preoccupa più di tanto.
Un istante dopo, però, il grande specchio piazzato davanti all'ingresso principale va in pezzi, spargendo frammenti ovunque. Guo Peng fa il suo ingresso levitando, con i baffi sollevati dal vento inesistente, seguito dall'altro morto vivente ancora legato come un salame che arranca saltellando dietro di lui e cadendo faccia a terra appena superata la soglia.
«Ehi, non vale!» esclama Trinità. «Io gliel'avevo messo il foglio a quello!»
Guo Peng grida un ordine nella sua lingua, e le mani di tutti i morti viventi già bloccati iniziano a muoversi lentamente verso i foglietti sulle loro fronti, ostacolate dal rigor mortis.
«Ehi, no, ehi!» Bambino blocca il braccio di uno dei cinesi, abbassandoglielo, ma quello riprende subito ad alzarsi. Lo tiene fermo, ma un cinese ancora libero lo attacca da dietro. Se ne libera con una spallata, ma non riusciranno mai a fermarli tutti.
«Si mette male!» esclama Mary Jo.
Trinità attacca un foglio sulla fronte di un cinese, poi gli blocca le braccia perché non se lo tolga «Dobbiamo fermare il vecchio!»
«Dove ve ne andate, voi?!» Bambino cerca di afferrare un cowboy che se la sta filando attraverso una finestra, ma gli rimane in mano solo tutta la parte posteriore della camicia. «Se scappate non la finiremo mai!»
Atri ordini in cinese risuonano nell'aria, ma Trinità e Bambino capiscono che non è stata la stessa voce a darli solo quando vedono che le mani dei cinesi bloccati si sono fermate.
Guo Peng si volta verso la soglia ed emette un ringhio cupo, seguito da un altro ordine. Le braccia dei cinesi bloccati riprendono a muoversi lentamente.
«E quello chi sarebbe?» chiede Bambino, mentre tiene schiacciato a terra con un piede sulla nuca un morto vivente libero e blocca le braccia di uno col foglietto.
Sulla soglia due cinesi, vivi stavolta, reggono un altro cinese ancora più vecchio, talmente vecchio da sembrare più morto di quelli che si agitano dentro il bordello. È così debole che se fosse solo cadrebbe, ma la sua voce risuona forte, e le mani dei morti viventi smettono di nuovo di muoversi verso i fogli.
«È l'altro stregone!» spiega Trinità. «Quello buono!»
«Ma quanti ce ne sono?»
Un gruppo di cinesi, vivi anche questi, si precipita dentro il bordello, tenendo in mano dei nuovi foglietti con le scritte. Si scagliano contro i loro fratelli morti, schivando elegantemente i loro attacchi con le mosse tipiche delle loro terre, gridando e a volte piangendo, quando si trovano ad affrontare quelli che erano stati i loro cari.
«Sì!» Bambino solleva il piede, lo riabbassa mettendoci tutto il suo peso e lascia lì il cinese con i denti piantati nel pavimento. I nuovi venuti sono in gamba e sono tanti, ed è chiaro che i morti viventi rimasti saranno sottomessi in fretta.
Hu Jiao si precipita verso Trinità, appoggiandosi al suo petto. «Hu Ciao!
Che succede? Credevo che i tuoi connazionali non volessero aiutarci.»
«Mio nome... no importa. Mio nonno convinto alcuni a fare cosa giusta.
Ma ora deve fermare Guo Peng, lui ancora molto forte!»
Guo Peng muove rapidamente le braccia nell'aria, pronunciando parole incomprensibili all'indirizzo del nonno di Hu Jiao. I suoi occhi risplendono di una luce vermiglia, e dalla sua bocca inizia a uscire del fumo. Hu Zhao e i due uomini ai suoi fianchi indietreggiano, spaventati, coprendosi con le mani.
Guo Peng solleva le braccia, preparandosi a scatenare... qualunque cosa stesse invocando. Trinità prende la rincorsa, poggia le mani sulle spalle di un morto vivente e si dà la spinta per saltare, balzando sulla schiena di Guo Peng e trascinandolo a terra.
Bambino vede passare accanto a sé un morto vivente con le unghie di entrambe le mani intrappolate in un'asse di legno con dei chiodi sporgenti. Lo prende per il collo e lo solleva di peso con una mano, afferrando l'asse con l'altra.
Trinità cerca di tenere a terra il vecchio, ma quello è troppo forte e si gira sotto di lui, prendendolo per il collo con un ringhio. Trinità gli sbatte un foglietto in faccia un istante prima che Bambino faccia lo stesso, per poi calare l'asse in modo da piantare uno dei chiodi in mezzo alla fronte del vecchio, bloccando lì i fogli.
«Togliteli adesso, se ci riesci!» Trinità si alza con un sospiro stanco.
«Ehi, ti dispiace?» Bambino sta tenendo un piede sull'asse e le mani intorno alla testa del cinese che ha usato come arma, chiudendogli la bocca.
«Ho finito i fogli.»
«Ma certo, fratellino.» Trinità blocca il cinese con il suo ultimo foglietto. «Dobbiamo procurarcene degli altri?»
Bambino si gira a guardare il bordello. Impossibile trovare un mobile intero, se si escludono le belle statuine a forma di cinese morto sparse qua e là. Ma i cinesi vivi e i cittadini che non erano scappati hanno quasi finito il lavoro. Mary Jo sta tenendo per il collo due morti viventi, uno per braccio, mentre Lenny li colpisce uno per volta con la pala. «Ottimo lavoro, ragazzi!» esclama.
Bambino sorride alzando il pollice. «No, mi sembra che se la cavino da soli.»

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Capitolo 17
*** 16 ***


La prima luce dell'alba filtra dalle finestre del bordello mentre cinesi (vivi) e americani portano in strada i cinesi morti. Mary Jo si avvicina a Trinità e Bambino calciando i resti di un tavolo spaccato a metà. «Guarda che casino... Beh, non si poteva fare altrimenti, no? La città è salva, e questo grazie anche agli specchi del mio bordello! Questa sì che è una pubblicità. Ragazzi, ovviamente l'offerta del servizio gratis vale anche per voi.»
Bambino ride e ringrazia, mentre Trinità scocca un'occhiata a Hu Jiao, abbracciata al suo fianco. «Oh, io sono a posto, grazie.»
«Cosa tu vuole dire?»
«Niente, niente... che ne sarà dei morti, adesso?»
«Faremo rito per far trovare loro pace.»
«Funzionerà anche su quello?» Trinità indica i tre cinesi che stanno spostando, con molte difficoltà, la strana statua costituita da Guo Peng e dal cinese con le unghie piantate nell'asse.
«Certo. Guo Peng grande stregone, ma suo potere è Yin, mentre luce sole è Yang, come potere di mio nonno, perciò adesso che sole è sorto...»
«Va bene, va bene, non importa. Ho capito che andrà tutto bene.
Usciamo?»
Una volta fuori Bambino si scherma con la mano dai raggi del sole.
«Accidenti...» estrae un orologio dal taschino. «E il treno sarà qui a mezzogiorno... meglio che me ne vada a dormire un po'.» Si avvia verso il suo ufficio.
«Il treno...» Trinità lascia il fianco di Hu Jiao e corre dietro a Bambino, facendolo voltare. «Il treno! Altro che eroico sceriffo, ho capito adesso. Cosa c'è sul treno?»
Bambino si passa una mano sul viso e si tira la barba, sospirando, e riprende a camminare. «Cosa vuoi che ci sia un un treno? Passeggeri, bestiame... che ne so?»
Trinità tiene il passo. «Oh, tu lo sai benissimo! Ecco qual è il colpo! Andiamo, fratellino, ti conosco come le mie tasche. Cos'è? Le paghe della ferrovia? Un trasferimento di un carico d'oro nelle banche dell'est? Scommetto che hai degli uomini già sul treno.»
«Non so di cosa stai parlando.»
«Voglio farne parte!»
«Ma di che?»
«Siamo fratelli, dovremmo condividere!»
«L'unica cosa che dividerò sarà la tua testaccia...»
 
  

FINE

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Capitolo 18
*** L'autore ***


Moreno Pavanello
 
 
Nato nell'agosto del '78 in un paese della provincia di Torino, la lettura è sempre stata la sua passione, e non si stancherà mai di ringraziare suo padre e lo scatolone con i suoi vecchi numeri di Tex che ha trovato in un sottoscala quand'era piccolo, che hanno dato il via a tutto. Da allora ha continuato a leggere, fino a diventare un fanatico divoratore di parole scritte. La sua collezione di libri e fumetti ha ormai raggiunto un peso preoccupante per il pavimento su cui poggia, e meno male che hanno inventato gli ebook.
Fin da piccolo ha sempre pensato di essere più in gamba degli altri, e leggendo una storia pensava "io l'avrei fatto finire così" oppure "qua mi sarebbe piaciuto di più se fosse successo questo". Visto che nessuno gli dava retta, si è messo a scrivere storie tutte sue, e ora provate a farlo smettere, se ci riuscite.
Oltre alle storie, come se non avesse di meglio da fare, tiene anche un blog sulla fantascienza, l'universo e tutto quanto, dove raccoglie anche suoi racconti: storiedabirreria.blogspot.it.

Di seguito, alcune delle sue altre opere:

 

TEX – ZAGOR: LA VALLE NASCOSTA

 
Zagor viaggia verso sud, diretto al grande raduno dei capi Cherokee. Tex sale al nord, all'inseguimento di un malvivente. Si ritrovano a passare nello stesso luogo, separati dall'abisso del tempo.
La fitta foresta sul fondo della valle appare antica, e silenziosa. Persino gli animali tacciono. Come per non disturbare. Eppure a volte, la notte, si possono udire dei sussurri sinistri...
Riusciranno Tex e Zagor a svelare il mistero de La valle nascosta? 
 
Da tempo molti fan dei due personaggi chiedono che possano incontrarsi. Io ho pensato di porre rimedio a modo mio a questa esigenza, con una fanfiction in cui i due... non si incontrano.
Tutte le informazioni a riguardo e i link per scaricarlo o leggerlo online gratuitamente sono disponibili a questo indirizzo: http://storiedabirreria.blogspot.it/2016/03/tex-zagor-la-valle- nascosta.html



 
EVERGLADES
 
Everglades è un racconto contenuto nell'antologia a tema western Storie di frontiera – 1, risultante dal contest Scrittori del west indetto dal sito farwest.it, il primo portale italiano dedicato all'ovest americano e alla sua epopea.
 
Il mio racconto, Everglades, narra di una spedizione dell'esercito americano nella suddetta zona paludosa della Florida, durante la guerra con i Seminole. Questo tipo di spedizioni furono una tremenda prova per i muscoli e i nervi dei soldati americani, costretti a confrontarsi sia con la natura avversa che con un nemico apparentemente invisibile. E questa spedizione in particolare si rivelerà come una tremenda odissea.
 
Tutte le informazioni al riguardo sono disponibili a questo indirizzo: http://storiedabirreria.blogspot.it/2014/06/il-mio-racconto-everglades-su-storie-di.html
La raccolta, contenente anche altri 11 racconti a tema western, può essere scaricata gratuitamente da questa pagina sul sito farwest.it.


 

CHAVEYO

 
Nella tradizione Hopi, il Chaveyo è lo spirito vendicatore con il compito di punire chi contravviene agli ordini degli anziani e alle usanze dettate dalla tradizione. Il suo nome viene invocato per spaventare i bambini e chiedere obbedienza.

Sembra accogliente, la cittadina in cui è giunto Liam Calavera. Disposta ad accoglierlo, senza chiedergli conto del suo passato.
Ma il passato non ti molla. Il passato ti insegue. A volte sotto forma di un mortale spirito vendicatore.
Liam Calavera è l'ultimo sulla lista del Chaveyo. Gli altri hanno già trovato la loro giusta punizione.
Liam Calavera pensa di aver trovato una casa. Non sa che si sta portando dietro l'inferno.
 
 
Chaveyo è un romanzo thriller-western scritto a quattro mani da Moreno Pavanello e Luigi Iapichino, nel quale un nemico misterioso e implacabile colpisce uno dopo l'altro degli uomini legati da un passato comune.
E' possibile acquistarlo su: Delos Books,Amazon, Kobo, Google Play.
Tutte le informazioni a riguardo a questo link: https://storiedabirreria.blogspot.com/2018/05/chaveyo-e-uscito.html


 

IL DIARIO DELL'AMNESIA

 
Il diario dell'amnesia è una raccolta di quattro miei racconti di genere “weird” pubblicata in ebook da Edizioni Hypnos.

Nel dettaglio, questi sono i racconti:

Il suo sguardo: un Dio che dà all'umanità un'altra possibilità e un'umanità che non impara dai suoi errori. E la rivelazione di come la misericordia di Dio non sia infinita.
Speranza Perduta: la primavera araba, la tragedia di un paese, e un terrore dal passato che si aggiunge a quanto c'è già di terribile sulle rotte dei migranti.
Diario dell'amnesia: la storia di un uomo che si ritrova a vivere nel futuro... ma senza viaggiare nel tempo. Una mente fragile in un mondo alieno, dove tutto quello che conosceva è cambiato.
Quell'unico viaggio: questa sì, è una storia di viaggi nel tempo. Di un viaggio. Ma nella realtà non funziona come al cinema. Non si possono scrivere delle regole e poi infrangerle. Gli errori di sceneggiatura non sono ammessi.
  
Tutte le informazioni al riguardo sono disponibili a questo indirizzo: http://storiedabirreria.blogspot.it/2016/03/il-diario-dellamnesia.html
E' possibile acquistarlo sul sito dell'editore in versione epub, oppure su Amazon in versione per Kindle.


 

UCRÒNIA

 
 
Sembra il nostro passato, ma non lo è. Ma non è nemmeno il futuro.
L'anno è il 1200 dell'era cristiana. Ma qui questo calendario, e questa religione, non hanno mai preso piede. 
Sono passati 1970 anni dalla fondazione di Roma. Gli spettacoli dei gladiatori bionici sono lo spettacolo televisivo più seguito di un impero che si estende dal vallo di Adriano alle terre nere di Kush, dalle coste dell'oceano Atlantico ai monti Urali. 
Qui i legionari romani sono impegnati a contenere la pressione delle truppe mongole di Gengis Khan che, grazie ai naniti che li potenziano e ai misteriosi poteri del loro signore, hanno sottomesso l'intero continente asiatico. 
Il Giappone è disabitato, unica testimonianza della presenza di una fiorente civiltà sono le rovine che ha lasciato dietro di sè. Nessuno sa dove siano andati i suoi abitanti, ma di certo non sono semplicemente scomparsi.
Il popolo vichingo è stato scacciato dalle sue terre d'origine dalla potenza di Roma, e ora vaga per gli oceani sulle immense navi-montagna, in cerca di una nuova terra da chiamare casa. 
L'impero Maya di Theotihuacan parla con i suoi dei offrendo loro sacrifici, e gli dei rispondono donando agli uomini il potere di dominare la materia inerte. 
Il califfato arabo domina il potere del fuoco e del petrolio, piccolo in un mondo di giganti eppur sicuro della sua forza. 
Il popolo pellerossa nel nord del continente americano ha accolto dentro di sè i doni del cielo, che ha trasformato i loro corpi rendendoli tutt'uno con qualcos'altro. 
E c'è ancora molto altro da scoprire.
 
 
Ucrònia (con l'accento sulla O) è un ciclo di racconti, attualmente al settimo volume, di genere ucronico- fantascientifico.
 
Ambientato nel 1200, tra un impero romano che ha resistito oltre la sua fine naturale impegnato a resistere alle orde mongole di Gengis Khan, un fiero popolo vichingo costretto all'esilio in mare e un Giappone che domina i cieli con la sua luce solida, un impero Maya al massimo splendore e i misteriosi abitanti del nordamerica, in Ucrònia la storia non assomiglia per niente a quella che conosciamo. Arti bionici, città volanti, navi grandi come montagne, pietra vivente: questo e altro vi aspetta in Ucrònia.
Con l'accento sulla o.
 
Ogni racconto è leggibile a sé stante, ma tutti insieme vanno a comporre un grande affresco di questa storia passata e futura al tempo stesso.
 
Trovate non solo tutti i racconti fin'ora pubblicati, ma anche una serie articoli di approfondimento sull'ambientazione e sulla realtà storica che è stata piegata al volere degli autori, sul sito:
 
http://ucroniasaga.altervista.org/
 

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