La principessa del Nord e Il Mastino

di Giuls_breath
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un uccelletto in trappola ***
Capitolo 2: *** Attacco ad Approdo del Re ***
Capitolo 3: *** La Foresta Nera ***
Capitolo 4: *** Il Signore della Luce ***
Capitolo 5: *** Fight to be free ***
Capitolo 6: *** Lessons of trust ***
Capitolo 7: *** Don't let me down ***
Capitolo 8: *** Something there ***
Capitolo 9: *** Routine ***
Capitolo 10: *** Grazie! ***
Capitolo 11: *** My duty is to bring you in your land ***
Capitolo 12: *** Kissed by fire ***
Capitolo 13: *** So different, so unique ***
Capitolo 14: *** Into the depths ***
Capitolo 15: *** Stranger Facts ***
Capitolo 16: *** What if...? ***
Capitolo 17: *** Un cane non può sopravvivere in un branco di lupi ***
Capitolo 18: *** Ammissioni ***
Capitolo 19: *** Face to face ***
Capitolo 20: *** Running again ***
Capitolo 21: *** Winterfell ***
Capitolo 22: *** Resilience ***
Capitolo 23: *** Closer, more and more ***
Capitolo 24: *** Fuoco ***
Capitolo 25: *** Ti fidi di me? ***
Capitolo 26: *** Cure e turbamenti ***
Capitolo 27: *** Seagard ***
Capitolo 28: *** Samel e lo Sconosciuto ***
Capitolo 29: *** Le confessioni dello Sconosciuto ***
Capitolo 30: *** Il ritorno dell'Uccellino ***
Capitolo 31: *** Come un bruco divenne una farfalla ***
Capitolo 32: *** Nel fuoco ***
Capitolo 33: *** Conta solo il presente ***
Capitolo 34: *** Una notte senza stelle ***
Capitolo 35: *** Sono questo per te? ***
Capitolo 36: *** Una questione irrisolta ***
Capitolo 37: *** Ramsay Bolton ***
Capitolo 38: *** Torture ***
Capitolo 39: *** Pronti a combattere ***
Capitolo 40: *** Una catena pesante da sostenere ***
Capitolo 41: *** Cold eyes. Cold soul. ***
Capitolo 42: *** Winterfell ***
Capitolo 43: *** Come neve fra le dita ***
Capitolo 44: *** Il Sanguinario Mastino ***
Capitolo 45: *** Into the fire ***
Capitolo 46: *** Il Ritorno ***
Capitolo 47: *** Libera di amare ***
Capitolo 48: *** La cruda realtà ***
Capitolo 49: *** Nuove alleanze ***
Capitolo 50: *** I Tyrell ***
Capitolo 51: *** Due anime un corpo ***
Capitolo 52: *** Il Parco degli Dei ***
Capitolo 53: *** Accettazione ***
Capitolo 54: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** Un uccelletto in trappola ***


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Un uccelletto in gabbia 


 
Sansa era rimasta sola, completamente sola.
Suo padre era stato ucciso, era stato ucciso da Joffrey con l’accusa di essere un traditore della corona, ma lei sapeva che cosa aveva portato alla morte suo padre: i suoi principi, la sua onestà e la sua sete di giustizia.
Sua sorella Arya era scomparsa.
La sua septa era stata uccisa.
Sua madre e suo fratello erano considerati dei traditori.
Sansa nella sua ingenuità aveva invocato e sperato che colui che lei considerava il suo “dolce signore” mostrasse bontà e clemenza verso la sua famiglia, verso suo padre, verso il padre di colei che avrebbe dovuto sposare, ma così non era stato. Joffrey aveva mostrato alla sua promessa sposa e a tutta Approdo del Re chi era veramente: un mostro.
Un mostro travestito da re, un mostro che ben celava questa sua natura con il suo viso tondo, gli occhi chiari e i capelli biondi, mostro che ben si celava se lo si sapeva accontentare, mostro al quale bisognava sempre e solo dire di sì.
 
Era una mattina presto, Sansa si destava sempre alle prime luci dell’alba ormai.
Il suo sonno pesante, quello che aveva a Grande Inverno, era solo un dolce ricordo.
Da quel giorno, da quel terribile giorno, Sansa a mala pena riusciva a riposare qualche ora.
Si rimirò allo specchio e notò quanto fosse pallida, di come persino i suoi capelli fossero spenti.
Lei era spenta.
Prese a spazzolarsi i capelli, lunghi ciuffetti rossi presero a caderle sul pavimento, nel fare quel gesto abitudinario, Sansa pensò che fino a un anno fa lei non si sarebbe mai pettinata, avrebbe lasciato il compito a una delle domestiche, ma anche quello era un pallido ricordo.
Da quando viveva ad Approdo del Re, lei era cambiata, era diventata ancora più magra e persino più alta, i suoi capelli erano diventati più lunghi, il suo sguardo era sempre però quello di una ragazzina troppo spaventata da tutto e tutti.
*Il giorno del compleanno di re Joffrey spuntò sereno e ventoso, la lunga chioma della grande cometa rossa visibile tra le nubi che scivolavano rapide nel cielo. Sansa Stark la stava osservando dalla finestra della torre quando ser Arys Oakheart arrivò a prenderla per scortarla fino al campo del torneo.
«Quale pensi che sia il suo significato?» gli domandò.
«Gloria al tuo promesso sposo.» Non ci fu la minima esitazione nella risposta di ser Arys. «Non vedi come si distende attraverso il cielo, proprio oggi che è il compleanno di sua maestà? Sembra quasi che gli dei abbiano deciso di innalzare un vessillo in suo onore. Il popolino l'ha chiamata "Cometa di re Joffrey".»
Questo era quanto dovevano aver detto a Joffrey, era chiaro, ma Sansa non era affatto sicura che fosse davvero così: «Ho sentito i servi chiamarla "Coda del drago"».
Sansa aveva impiegato la massima cura nel trucco del viso e nella scelta dell'abito. La veste di seta color porpora pallido e la rete che le ornava i capelli, fatta di pietre di luna, erano entrambi regali di Joffrey. L'abito aveva le maniche lunghe, in modo da nascondere i lividi sulle braccia. Anche quelli erano regali di Joffrey. Quando era stato informato che Robb Stark era stato proclamato re del Nord, il furore di Joffrey era stato incontrollabile e aveva mandato ser Boros a picchiarla.
«Vogliamo andare?» Ser Arys le offrì il braccio e Sansa lasciò che lui la guidasse fuori delle sue stanze. Visto che le era impossibile muoversi senza uno dei cavalieri della Guardia reale a farle da scorta, fra tutti era ser Arys che preferiva. Ser Boros aveva un brutto carattere, ser Meryn era gelido come un pezzo di ghiaccio e gli strani occhi spenti di ser Mandon Moore le davano i brividi; quanto a ser Preston, la trattava come una bambinetta stupida. Arys Oakheart, invece, era cortese e le si rivolgeva con gentilezza. Una volta, quando Joffrey gli aveva ordinato di colpirla, aveva addirittura obiettato. Alla fine, aveva dovuto percuoterla, ma non con la medesima brutalità di ser Meryn o di ser Boros, e quanto meno aveva tentato di opporsi. Gli altri obbedivano senza mai discutere… eccetto il Mastino: Joffrey non aveva mai chiesto al Mastino di punirla. Per quel compito, si serviva degli altri cinque.
La giovane ormai poteva muoversi solo in questo modo, era in gabbia. Quella in cui viveva era una gabbia dorata in cui aveva l’illusione di poter volare, ma poi c’erano sempre le percosse o le varie angherie a ricordarle il posto in cui viveva.
Giunse nei pressi del palco reale sul quale si trovavano re Joffrey, sua sorella Myrcella e il fratellino Tommen tutto entusiasta all’idea di poter partecipare a suo modo al torneo, dietro di loro torreggiava il Mastino, imponente quanto spaventoso come sempre.
“Maestà.” salutò Sansa con un breve inchino.
Joffrey le rivolse un rapido sguardo “Siediti e fammi assistere al torneo!” le ordinò bruscamente il ragazzo, Sansa abbassò lo sguardo ed eseguì. Sansa sperava in cuor suo di poter cambiare prima o poi il suo re, si illudeva che con i suoi modi gentili prima o poi la bestia che sedeva sul Trono potesse diventare un re degno di questo nome.
«Ser Hobber della nobile Casa Redwyne di Arbor» intonò l'araldo.
«Lothor Brune, mercenario al servizio di lord Baelish» si fece nuovamente udire l'araldo.
“Tagliagli la testa!” urlò divertito re Joffrey.
I due cavalieri diedero inizio ad uno scontro all’ultimo sangue, Sansa non aveva mai sopportato la vista del sangue, ne aveva visto molto poco, o almeno fino a quando non era arrivata a Sud. Da quel momento di sangue ne aveva visto anche troppo.
Confidava di essere forte ormai e di averci fatto l’abitudine, ma vedere quell’uomo morire dissanguato la fece stare profondamente male, il Re rideva e anzi incitava l’altro cavaliere a tagliare la testa del suo avversario. Lungi dal non accontentare sua grazia, l’altro soldato ubbidì e Sansa chiuse gli occhi portandosi una mano al cuore.
Quella vista le ricordò l’esecuzione di suo padre, Ned Stark.
“Qualcosa non va, Mia Signora?” le chiedeva Joffrey con finto interesse. Sansa si costrinse ad aprire gli occhi e a guardare il giovane in volto “Siete molto pallida, qualcosa vi turba?”
Sansa abbozzò un sorriso “Va tutto, Vostra Grazia. Ho solo molto caldo. Potrei ritirarmi nelle mie stanze?” chiese nel tono più dolce che la ragazza possedesse.
“Ora? Ma come? Ora ser Hobber porterà al mio cospetto la testa del perdente. Non vuoi compiacere il tuo Re?”
Sansa deglutì “Come comandate, Altezza.”
Ser Hobber giunse poco dopo tenendo in una mano la spada ancora grondante sangue e nell’altra la testa del mercenario, gliela porse ai piedi di Joffrey il quale con un sorriso agghiacciante la mostrò a Sansa che si costrinse a dover subire quella vista.
“Grazie per i tuoi servigi.” disse Joffrey con un piccolo sorriso.
“Ser Meryn?” proseguì il sovrano “Fa in modo che questa testa sia messa su una picca.”
“Altezza.” disse senza aggiungere altro la Guardia Reale.
Qualche istante dopo Joffrey diede il permesso alla giovane Stark di potersi ritirare nelle sue stanze: aveva ottenuto quello che voleva. Il timore e il rispetto della sua futura sposa.
 
 
Sansa fu scortata dal Mastino nelle sue stanze, non proferì parola né lei né Clegane.
La ragazza era sinceramente scossa, aveva capito che Joffrey era un sadico, ma stupidamente continuava a sperare che le cose sarebbero migliorate prima o poi e invece peggioravano e basta.
“Ti diedi già questo consiglio, ma forse l’uccelletto non mi ha capito.” disse aspramente.
Sansa a testa bassa disse “Credevo che la situazione potesse migliorare…”
Sandor rise “Sciocco uccelletto, credi davvero che uno come il Re possa cambiare?” le rammentò bruscamente l’uomo “O sei davvero sciocca o sei sola troppo ingenua!” aggiunse.
La giovane abbassò il capo, il Mastino la metteva a disagio che la chiamasse ‘uccelletto’ o che la rimproverasse: l’effetto era il medesimo.
“Guardami!” esclamò in tono quasi rabbioso “Dagli sempre ciò che vuole e non ti farà del male, digli di no e ti farà passare le pene dell’inferno, osalo contraddire e passerai lune decisamente poco serene.”
Sansa lo guardò tristemente “E togliti quello sguardo, non impietosirai mai re Joffrey così!”
“Come posso conquistarlo allora?” osò chiedere Sansa guardando il lato non bruciato dell’uomo.
L’uomo rise di nuovo “Lo chiedi alla persona sbagliata. Sei vuoi dei fottuti consigli d’amore, allora dovresti parlare con una delle donne della Regina, loro sanno sempre cosa dire e quando dirlo.
In ogni caso, uccelletto, il tuo cuore è troppo tenero. Non andrai da nessuna parte così. Devi imparare a mentire per sopravvivere.”
Erano arrivati dinanzi alle stanze della ragazza, il Mastino poco prima di lasciarla le disse «Che cosina graziosa sei. Un mastino sente il puzzo delle menzogne, lo sai? Guardati attorno e annusa bene: sono tutti bugiardi qui…» detto questo la lasciò sola e confusa.
Quella sera, così come le sere successive, Sansa non dormì bene.
Pensava spesso ai suoi fratelli, a sua sorella, a sua madre, sperava e pregava con tutto il suo cuore che fossero in salvo o quantomeno vivi ovunque fossero. Sansa aveva paura per la sua vita, ma anche per tutte le persone a lei care, non avrebbe sopportato di essere l’ultima Stark vivente.



*righe tratte da “Lo Scontro dei Re”.
 

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Capitolo 2
*** Attacco ad Approdo del Re ***


        

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CAPITOLO 2: Attacco ad Approdo del Re

 

«Miagoli come un poppante» sibilò Joffrey. «I principi non piangono.»
«Il principe Aemon, Cavaliere del drago, pianse il giorno in cui la principessa Naerys andò sposa a suo fratello Aegon» disse Sansa Stark. «E i gemelli ser Arryk e ser Erryk morirono con gli occhi pieni di lacrime dopo essersi vicendevolmente inflitti le ferite mortali.»
«Fa' silenzio!» ringhiò Joffrey alla sua promessa sposa. «Se non vuoi che ordini a ser Meryn di infliggere a te una ferita mortale.»
Sansa tacque come le era stato ordinato, temeva per la sua vita ogni giorno, ogni giorno era una punizione per una parola di troppo, per uno sguardo o che fosse stato suo fratello Robb a fare qualcosa, lei pagava sempre per colpe sue o meno, per colpe lievi o gravi che fossero.
Gli uomini della Guardia cittadina si allineavano lungo le strette strade di Approdo del Re, tenendo indietro la folla con le picche messe in orizzontale. Ser Jacelyn Bywater si spostò alla testa del corteo, guidando un cuneo di lancieri a cavallo in maglie di ferro nere e mantelli dorati. Dietro di loro, venivano ser Aron Santagar, maestro d'armi della Fortezza Rossa, e ser Balon Swann, il quale reggeva vessilli del re, il leone dei Lannister e il cervo incoronato dei Baratheon.
Quindi seguiva re Joffrey, poco più dietro Sansa lo seguiva, i folti capelli fulvi le fluivano sulle spalle, trattenuti da una reticella costellata di tormaline. La coppia era fiancheggiata da due spade bianche della Guardia reale: il Mastino alla destra del re, ser Mandon Moore alla sinistra di Sansa.
Poi veniva Tommen, il naso ancora rosso per il pianto, con ser Preston Greenfield in armatura e mantello bianchi. Lo seguiva Cersei, accompagnata da ser Lancel e protetta da ser Boros Blount e ser Meryn Trant. Tyrion la seguiva da presso. Dietro di lui c'era l'Alto Sacerdote, nella sua carrozza, e poi si dipanava il resto del corteo: ser Horas Redwyne, lady Tanda e le sue due figlie, Jalabhar Xho, il principe in esilio delle isole dell'Estate, lord Gyles Rosby e molti altri. La retroguardia era formata da una doppia colonna di armigeri Lannister.
Da dietro le barriere delle picche impugnate dalle cappe dorate, i laceri, macilenti cittadini di Approdo del Re li guardarono passare con espressioni torve.
Superarono la Piazza della Pescheria e imboccarono la Strada Fangosa, avvicinandosi alla stretta a gomito dell'Uncino prima d'iniziare la salita dell'alta collina di Aegon.
«Viva Joffrey! Viva Joffrey!» tentarono alcune voci al passaggio del giovane re. Ma per ognuno che si aggiungeva al grido, cento altri rimanevano in un cupo silenzio. I Lannister continuarono a muoversi in quella massa composta da uomini coperti di stracci e donne scavate dagli stenti, seguiti da molti, troppi occhi ostili.
Sansa osservò impaurita tutta quella miseria che li circondava, ma soprattutto osservò i volti dei popolani, affamati e furiosi. In pochi istanti la situazione degenerò: alla loro sinistra, tre cappe dorate crollarono a terra sotto l'impeto della folla. Tutti e tre vennero calpestati a morte. Del Mastino, nessuna traccia. Sansa vide Aron Santagar che veniva tirato giù di sella, il vessillo nero e oro dei Baratheon strappato via chissà dove. Ser Balon Swann abbandonò il leone dei Lannister per sguainare la spada lunga. I suoi fendenti si abbatterono a destra e a sinistra. La folla s'impossessò dello stendardo e lo fece a brandelli. Mille stracci purpurei volarono via nel nulla, come foglie secche prese in un mulinello di vento. In un momento, svanirono, inghiottiti dalla furia. Un urlo, un tonfo distorto, uno schianto di ossa macellate. Joffrey non si fermò. Joffrey continuò a correre, terreo in viso, con ser Mandon Moore come uno spettro bianco dietro di lui.
Sansa aveva provato a divincolarsi, a ripararsi dalla folla inferocita, aveva perso il corteo reale e aveva creduto per un solo istante di poter tornare alla Fortezza da sola, pensava che nessuno avrebbe badato a lei, ma non fu così perché tre uomini l’avevano circondata e allora lei comprese che qualcosa di terribile stava per accaderle. Corse il più velocemente possibile, ma senza grande successo: si ritrovò per terra e trascinata via da quegli uomini che l’avevano inseguita.
Sansa gridava per la paura, aveva capito quali erano le intenzioni di quei tre uomini e gridò, gridò forte, nessuno di quei tre però pareva sentirla, anzi, era motivo di eccitazione forse per loro; in pochi istanti le loro risate si trasformarono in grida di dolore: Sandor Clegane, era arrivato in suo soccorso sventrando e sgozzando i suoi aggressori.
“Va tutto bene, uccelletto. Sei al sicuro!” la rassicurò tirandola in piedi e caricandosela sulle spalle la riportò alla Fortezza Rossa. La giovane Stark aveva temuto di vomitare o svenire nel corso di quel tragitto, aveva visto braccia e teste mozzate, sangue lungo le strade di Approdo del Re, corpi sventrati, viscere sparse.
Il Mastino la portò finalmente all’interno delle mura fortificate e delle ancelle la circondarono, il primo a chiederle come stesse fu Tyrion “Sei ferita, mia signora?”
Sansa non riusciva a parlare, troppo scossa da quell’orribile spettacolo, fu  Clegane a parlare.
«L'uccellino sta sanguinando» disse. «Qualcuno la riporti nella sua gabbia e si occupi di lei.»
Le sue ancelle si precipitarono ad obbedire, conducendo via Sansa.
 
Sansa non mangiò quasi nulla né quel giorno né i giorni successivi, l’esperienza vissuta l’aveva segnata nel profondo. Maestro Frenken la visita tutti i giorni, anche Tyrion Lannister – lo zio del suo futuro sposo – le faceva spesso visita, era gentile, sembrava quasi di potersi fidare di lui, ma poi Sansa rammentò che era pur sempre un Lannister così come rammentò le parole del Mastino “Guardati attorno e annusa bene: sono tutti bugiardi qui…” la Stark si rigirò nel letto, no, neanche di Tyrion poteva fidarsi.
Il suo promesso sposo non era mai andato a farle visita, solo sua madre la Regina reggente, Cersei, era venuta una volta, le aveva detto di guarire presto e poi con un sorrisetto aveva aggiunto che presto sarebbe sbocciata e che non troppo poco tempo dopo lei e suo figlio avrebbero potuto sposarsi e poi mettere al mondo dei futuri principi e principesse. Queste parole, se le avesse ascoltate mesi fa, l’avrebbero riempita d’orgoglio e di entusiasmo, oggi? Oggi l’idea la turbava profondamente.
Non voleva più sposare il figlio della Regina, il suo cuore non batteva più per lui, non dopo gli orrori a cui l’aveva sottoposta, non dopo che l’aveva fatta picchiare, non dopo che l’aveva continuamente minacciata di morte. No, Sansa, non poteva più.
Avrebbe voluto fuggire, ma… come? Quando?
Le Guardie erano dappertutto, ogni corridoio era sempre battuto da una o più Guardie, spesso per i corridoi girava il Mastino o Ser Meryn, no, Sansa non poteva proprio farcela, non da sola.
 
L’occasione giunse in una notte senza stelle, in una notte il cui cielo era un tripudio di colori che andava dal verde all’arancione, dal rosso al giallo a sfumature di smeraldo e giada, l’aria sapeva di bruciato, Sansa si era rifugiata nella sua stanza completamente avvolta nel buio, solo aprendo le tende poté osservare lo spettacolo di colori che animava il cielo.
Sansa fece per arretrare, era spaventata, intendeva approfittare di quella situazione, ma non aveva idea di come fare di preciso… qualcuno alle sue spalle tossì e Sansa sobbalzò voltandosi. Per un momento, lei lo vide, tutto nero contro il verde. Il sangue che gli copriva la faccia era scuro come catrame, gli occhi accesi da un lampo ferale.
“Che cosa ci fai in camera mia?” chiese la giovane al Mastino.
“Sto andando.”
“Andando?” ripeté Sansa.
«L'uccellino ripete tutto quello che sente. Sì: sto andando via.»
«E dove?»
«Lontano da qui. Lontano dai fuochi. Fuori dalla Porta di Ferro, immagino. E poi da qualche parte a nord, da qualsiasi parte.»
«Non riuscirai a uscire» disse Sansa. «La regina ha sigillato il Fortino di Maegor, e anche le porte della città sono sbarrate.»
«Non per me. Io ho il mantello bianco. E ho questa.» Diede qualche corpetto all'elsa della spada. «L'uomo che cercherà di fermarmi è un uomo morto. A meno che già non sia avvolto dalle fiamme.» Fece una risata amara.
“Ti porterò con me.” aggiunse dopo qualche istante «Io potrei tenerti al sicuro» rantolò il Mastino. «Tutti quanti hanno paura di me. Nessuno ti farà mai più del male. Se lo faranno, io li ucciderò.»
“Con voi?” ripeté Sansa.
“L’uccellino proprio non ce la fa a non ripetere tutto… cos’è vuoi diventare uno di quegli uccelli dalle piume tutte colorate?” la prese in giro.
“Io con voi non ci vengo.” Sansa disse con un coraggio che non credeva di possedere “Voi siete sempre così… duro, cattivo… io non…” la giovane si fermò.
“Sono troppo crudele per la delicatezza di Vostra Grazia?” chiese Sandor guardandola dritta negli occhi «Sono onesto. È il mondo a essere crudele.» la informò rudemente “Il mondo non è fatto per quelle graziose come te, per quelle delicate come te, il mondo è un posto crudele, se non sei in grado di proteggerti da solo, allora muori e cedi il passo a quelli che ci riescono.”
Il Mastino afferrò Sansa per il polso improvvisamente tanto che Sansa gemette per la paura, temeva che l’avrebbe uccisa e invece l’uomo si avvicinò soltanto al suo viso e le disse “Vieni con me.” non era una domanda, era soltanto un’affermazione, un’affermazione detta in un tono che finora Sansa non aveva mai udito provenire dall’uomo.
“D – devo cambiarmi.” disse solo Sansa.
“Non c’è tempo.” dette queste parole l’uomo la trascinò via con sé.
Il Mastino si muoveva con una velocità e una grazia incredibile per essere un uomo grande e grosso, Sansa faceva fatica a tenere il suo passo, doveva quasi correre. Quando l’uomo aprì la porta che avrebbe permesso loro di raggiungere le stalle, la terra fu scossa e tutto intorno a loro iniziò a prendere fuoco, gli uomini gridavano. Sandor Clegane per un istante vacillò di fronte a quelle fiamme, poi bruscamente si ridestò e riprese a correre. Urtarono uomini in fuga, donne urlanti, Sansa non riusciva neanche più a capire chi stessero urtando pur di raggiungere la loro meta, improvvisamente qualcosa la colpì alla tempia e Sansa perse i sensi…

 

 

 
 
 
*righe tratte da “Lo Scontro dei Re”.

                                                                                                                 ______________________
L'ultima scena l'ho riscritta pensando a come sarebbero potute andare le cose
se Sansa fosse per davvero andata via col Mastino quella notte.
Se notate, è scritto tutto in corsivo questo non perché è un capitolo
preso totalmente dal libro G. R. R. Martin, 
ma perché oggi efp ha deciso di darmi questa formattazione e basta...
Dal prossimo in ogni caso, non ci saranno più citazioni (o quasi!),
grazie a chi mi sta leggendo,
alla prossima!

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Capitolo 3
*** La Foresta Nera ***





La Foresta Nera


 
Sansa si destò bruscamente, alzò il capo dal giaciglio di paglia su cui si trovava, la testa le pulsava, si guardò attorno: quella non era la sua stanza ad Approdo del Re. Dov'era?
Si portò una mano alla tempia, aveva dolore, fece per alzarsi, ma le gambe le vennero meno.
La porta, di quella che aveva tutta l'aria di essere una stalla, si aprì e il Mastino fece il suo ingresso, restò quasi interdetto nel vederla in piedi "Non avresti dovuto alzarti!" la rimproverò prendendola poi per le braccia e facendola sedere alla meno peggio.
"Dove siamo? Questa non è Approdo del Re, vero?"
"No, infatti. Siamo quasi arrivati alla Foresta Nera." le spiegò l'uomo.
"La Foresta Nera?" ripeté Sansa.
"Il colpo di ieri sera non ha fatto danni!" esclamò ironico Sandor.
"Cosa mi è successo?" gli chiese.
"Bevi questo, me lo ha dato... uno, un guaritore, su bevi."
"Che cos'è?"
"Latte di papavero." le rispose "Quella cosa che ti ha colpito poteva ucciderti."
"Chi mi ha curato?"
"L'uccelletto dovrebbe imparare a non cantare troppo."
Sansa tacque. Voleva sapere, ma il Mastino si ostinava a rispondere in modo evasivo o a prenderla in giro, alla fine prese a bere la pozione che il suo salvatore le aveva dato: piano piano scivolò in un sonno senza sogni, l'ultima cosa che vide fu il volto del Clegane e non ne fu certa, ma le sembrò di averlo ringraziato.

 
Quando riaprì gli occhi il Sole aveva cessato di essere forte e i suoi ormai deboli raggi penetravano in quella che Sansa riconobbe essere una stalla, ma al cui interno non c'era neanche un animale, c'erano solo lei e il Mastino.
Alzò nuovamente il capo e guardò verso di lui, Sandor le dava le spalle, guardava fuori, Sansa non sapeva che cosa stesse osservando esattamente e così mossa dalla curiosità, si alzò e raggiunse piano l'uomo.
"Hai dormito a lungo, uccelletto."
Non si era voltato, ma l'aveva ugualmente sentita: forse era vera la storia secondo la quale lui discendesse direttamente dai cani!
"Sto bene, grazie." affermò lei.
Sandor la osservò "Non te l'ho chiesto."
"Eppure vi siete preso cura di me.
Grazie." disse lei cercando di sostenere lo sguardo dell'uomo.
"Dovresti ringraziarmi se siamo usciti vivi, non per quella pozione!" esclamò bruscamente distogliendo lo sguardo.
Sansa non riusciva a capire il perché di quel suo atteggiamento, lei ci provava ad essere sempre dolce e a modo, come le aveva insegnato la sua septa, ma con Sandor Clegane era veramente arduo esserlo.
"E cosa state guardando, ser?"
Sandor rivolse alla giovane uno sguardo carico di disprezzo e disgusto "Crepino i ser e tutto il loro seguito! Non sono un ser, né un cavaliere… mio fratello lo è…" la sua voce si perse e Sansa non approfondì anche se avrebbe voluto chiedergli se quel disprezzo fosse esclusivamente per quel terribile atto che gli era costato metà del volto o se c'era anche altro, ma questo la Stark non lo chiese.
"Sto aspettando che ci sia un cambio della guardia, al calar del sole c'è sempre!" la informò senza guardarla.
"E cosa capiterà allora?"
Il Mastino sorrise "Li uccido."
Sansa rabbrividì "No, vi prego, risparmiate loro la vita! Che cosa vi hanno fatto di male?"
"Sei troppo buona, uccelletto. Non assisterai, tu resti nella tua bella gabbia e poi verrò a prenderti."
"Grazie, ma… perché ucciderli?"
"Cosa dovrei fare chiedere loro se posso passare? Non funziona così, mio bell'uccelletto. Nel mondo devi farti spazio con la spada, non c'è altro modo!"
"C'è sempre un altro modo!" gli rammentò la ragazza.
"Ah sì? Tu prova a dire a quelle sei guardie di spostarsi, sai cosa ti farebbero? Riderebbero di te e poi ti stuprerebbero. No, uccelletto, non c'è altro modo."
Sansa non riuscì a farlo desistere dal suo intento. La giovane si sentì impotente di fronte a quello sguardo feroce, di fronte alla sue parole dure e di fronte alla sua spada.

 
Il cambio della Guardia avvenne dopo non molto tempo e il Mastino, senza rivolgere altra parola alla sua compagna di viaggio, sguainò la spada e uscì dal loro nascondiglio. I cavalieri non ebbero scampo: caddero l'uno dopo l'altro. Quando il loro assassino ebbe finito di infliggere i suoi colpi mortali, rinfoderò la spada e tornò indietro, Sansa sobbalzò, ma poi lo seguì.
Il Mastino rubò l'unico cavallo che i caduti avessero e su di esso fece salire la ragazza degli Stark. Camminarono lentamente per una stradina acciottolata e leggermente in salita, la ragazza dovette più volte aggrapparsi al suo destriero.
"Non siete uno di tante parole!" esclamò Sansa cercando di intavolare un qualche genere di conversazione, ma Clegane le rivolse uno sguardo divertito "Nemmeno tu, uccelletto, e credimi è una cosa che apprezzo tanto."
La giovane si voltò verso di lui e sbottò dicendo "Smettetela di chiamarmi così!"
Sandor le scoccò uno sguardo tra il seccato e il divertito "Solo quando smetterai di cantare e avere sempre parole dolci per tutti, anche per uno come me."
"Solo perché vi ringrazio, non vuol dire che canti!" precisò.
“No, ma ti hanno preparata per un mondo che non potrai più vivere perché tuo padre è morto, i tuoi fratelli più piccoli sono morti, l’altra tua sorella sarà stata probabilmente stuprata e uccisa, di quali ringraziamenti del cazzo pensi io abbia bisogno?” le chiese aggressivo ancora.
Sansa non aggiunse altro, le parole brutali dell’uomo le avevano tolto qualunque altro possibile appiglio per poter intavolare una qualche forma di conversazione.

 
La Luna con i suoi raggi illuminava il cammino dei due viandanti e una civetta cantava in lontananza riempiendo il cupo silenzio che aleggiava fra i due. Sansa non osava volgere il suo sguardo verso il suo accompagnatore, o salvatore, temeva che solo se lei avesse cercato di parlagli, lui avrebbe potuto aggredirla di nuovo. La Stark si ritrovò a ripensare a quei giorni felici trascorsi a Grande Inverno, a quei giorni in cui si lamentava con sua madre di non avere abbastanza vestiti o di non poter acconciare i capelli come le regine di cui aveva letto, a quei giorni in cui sperava di poter essere lei stessa una regina con accanto un uomo bello, dolce e generoso.
Oggi quei pensieri le parevano assai ridicoli. Niente di tutto quello che aveva sperato si era realizzato, Sansa provò una sensazione di profondo fallimento e delusione. Piccole lacrime cominciarono a rigarle le guance, posò le dita sotto gli occhi e si asciugò rapidamente le guance, sperava di fare tutto il più silenziosamente possibile, ma non riuscì a non tirar su col naso e così il Mastino alzò il capo verso di lei e scrollò il capo “Cosa sono quelle lacrime? Gli uccelli non piangono, cacano merda.”
“Potreste smetterla di essere così volgare?” lo implorò tra le lacrime la ragazza.
Clegane scosse nuovamente il capo “Hai smesso di cantare dunque? Ora dovrò portarti in giro con te che piagnucoli?” il Mastino poi aggiunse “Se frigni non passerai inosservata e io non riuscirò mai a portarti alla tua amata casa.”
“Grande Inverno?” chiese singhiozzante.
“A meno che tu non abbia un’altra casa, sì.” rispose in tono meno brusco.
Sansa tirò di nuovo su col naso “Mi dispiace… non vorrei piangere… so che è una cosa sciocca, ma… ho paura. Non so se potete capirmi, ma… mi sento così sola. Mi manca casa mia, mi mancano i miei fratelli, mi manca mia madre e darei qualunque cosa pur di riavere mio padre indietro.” la Stark non seppe neppure il motivo per il quale si stesse confidando in quel modo con quell’uomo così rozzo e così volgare, forse ne aveva semplicemente necessità.
Sansa pensò per un istante che la Bestia accanto a lei non l’avesse nemmeno udita, ma poi lui commentò dicendole “La protezione l’avrai da me. A casa ti ci sto riportando.” la Stark voleva dirgli ‘grazie’, ma temeva che il Mastino avrebbe nuovamente ringhiato contro di lei pertanto si limitò ad annuire e ad abbassare il capo.
“Sai perché questa di fronte a noi la chiamano ‘Foresta Nera’?” le chiese improvvisamente Sandor, Sansa scosse solo la testa “Perché risucchia tutta la luce, non c’è luce lì. Solo i maledetti dei sanno cosa c’è realmente!”
Sansa rabbrividì, per davvero il luogo di fronte a loro era una massa buia di cui si notavano a malapena le cime degli alberi, la Luna sembrava non sfiorare quel luogo, era come se tutta l’oscurità si trovasse concentrata lì.
“Dobbiamo per forza passare di lì?” chiese la ragazza.
“A meno che tu non conosca un’altra via!” replicò il Mastino prendendo quello che sembrava essere un tronco inizialmente, ma che pochi istanti dopo Sansa riconobbe essere un avambraccio umano, le girò quasi la testa “Forza, uccelletto, non svenire proprio ora!” la riprese l’uomo che armeggiava con il braccio e con qualcos’altro, Sansa comprese che il Clegane aveva utilizzato quel resto umano come se fosse una torcia. Si fece forza per non vomitare o svenire, “Cosa facciamo ora?”
“Scendi da cavallo.” le ordinò lui “Prendi questo, e resta vicino a me!” aggiunse, Sansa tremò nell’afferrare quell’arto, ma poi si fece forza e obbedì agli ordini di Sandor Clegane.
A mano a mano che avanzavano i due viandanti l’aria attorno a loro diventava quasi opprimente, la ragazza si sentiva spiata da mille occhi invisibili, un verso d’improvviso riecheggiò nell’aria, Sandor si fermò e protese la spada, la Stark guardò dinanzi a loro stringendo gli occhi per far sì che la vista si potesse abituare a quella “luce” e ciò che vide fu una sagoma avanzare verso di loro…

 

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Capitolo 4
*** Il Signore della Luce ***




 
 
Il Signore della Luce



 
La sagoma si avvicinava con passo lento, la cosa inorridì Sansa, mentre il Mastino fece due passi avanti brandendo la spada e gridando a quello che pareva essere uno spettro “Fatti sotto!”
“Chi siete?” chiese una voce cavernosa.
“Vi prego, mio buon signore” disse Sansa “siamo due semplici viandanti che hanno perduto la via, lasciateci passare.”
“Due semplici viandanti?” ripeté la voce “Eppure il tuo amico viaggia armato.” affermò.
“Avete ragione, mio nobile ser, lui mi sta guidando a casa.”
“Hai già parlato troppo!” la interruppe Sandor “Fatti da parte e lasciaci passare.” aggiunse brusco.
“Per quale casata combatti?”
“Per me stesso.” rispose il protettore di Sansa.
“Buona risposta… qual è il tuo nome?”
“Perché dovrei dire chi sono a un’ombra?” replicò il Mastino.
La sagoma rise “Quello che è giusto è giusto.” dette queste parole la figura si avvicinò, il Mastino strappò quasi dalle mani la torcia improvvisata dalle mani della giovane affinché lui potesse vedere meglio chi avanzava verso di loro, se questi era armato o disarmato, se era innocuo o un nemico. L’uomo si fermò e sia Sansa che il Mastino lo osservarono.
Era un uomo alto tutto pelle e ossa, senza capelli e indossava una lunga veste verde smeraldo.
“Sono Ben Fox, protettore della Foresta Nera.”
L’uomo osservò prima Sansa e poi il Mastino “Tu sei Sansa Stark!” la ragazza stava per chiedergli come facesse a sapere chi fosse quando lui riprese “I tuoi capelli rossi sono inconfondibili” poi aggiunse “Cosa ci fai con il cane del Re?” le chiese.
“Fanculo il Re!” sputò Clegane.
“Mi ha salvato la vita.” rispose Sansa.
“Cosa fa uno come te vestito così in questa foresta di merda?” chiese sgarbatamente il Mastino.
“Prègo.”
“A fanculo anche gli dei.” disse Sandor sputando per terra.
“Per quali dei state pregando?” chiese Sansa “Gli antichi o i nuovi? O forse entrambi?”
“Per l’unico vero dio, il Signore della Luce.”
Sansa non commentò, non conosceva alcun Signore della Luce, si morse piano il labbro inferiore e poi disse usando quel tono pacato che dava tanto fastidio al Mastino “Vi prego, nobile Ben Fox, perdonateci se vi abbiamo disturbato durante le preghiere, lasciateci passare ora.”
“Spiacente, giovane Stark, non posso. Vedi, io potrei anche, ma… il Signore della Luce ha altri progetti per voi e fintanto che non li capiamo, siete nostri… ospiti.” mentre il cavaliere terminava quelle parole, Sansa e Sandor Clegane furono accerchiati, la prima fu tirata giù da cavallo e il suo volto coperto, al secondo furono legate le mani e anche il suo viso fu coperto. Qualcuno li spinse a camminare, si muovevano a tentoni, erano goffi nei movimenti nonostante qualcuno indicasse loro la presenza di un ramo o di una pietra da scavalcare, né la giovane né l’uomo seppero per quanto precisamente avessero camminato quando si fermarono, si trovarono all’interno di una caverna che a Sansa parve essere grande quanto la sua amata Grande Inverno.
“Che posto è questo?” chiese la ragazza rivolgendosi a una donna dai lunghi capelli scuri e dalla pelle chiara, ma questa le rivolse solo un rapido ed ostile sguardo che costrinse Sansa a guardare il terreno ai suoi piedi, la donna la guidò in una zona ben più buia di quella in cui si trovava precedentemente con tutti gli altri, Sansa aveva freddo, si strinse nella sua veste i cui orli ormai erano rovinati e seguì ubbidiente la donna.
“Siediti.” le ordinò, la sua voce risultò cavernosa alle orecchie della ragazza la cui paura cresceva ogni istante di più. Fece come le era stato ordinato e guardò la donna che invece restò in piedi “Le tue sofferenze sono finite, il Signore della Luce ti ha guidato fino a noi per uno scopo, lui conosce ogni cosa, ogni nostro passo è un passo che lui voleva che noi compissimo. Sei qui per una ragione, Sansa Stark.” disse in tono solenne per poi sedersi accanto a lei.
"Mi conoscete, mia signora?" chiese la giovane spaventata, il suo cuore batteva forte nel petto, grande era l'angoscia che provava in quel momento, grande era il desiderio di alzarsi di scatto e uscire di corsa da quel luogo, ma senza il Mastino, si rese conto, non sarebbe potuta andare lontano.
"Hai paura." non era una domanda la sua, Sansa la guardò "Riconosco la paura e tu ne hai, ma di me non devi avere paura, ma dell'uomo che ti ha presa con sé."
Sansa capì che stava parlando del Mastino "Perché? Mi ha salvata. E' un uomo arrogante, rozzo, ma mi ha sempre difesa... a modo suo." affermò Sansa.
"Vedo tanta oscurità nel suo cuore, neanche il più puro dei cuori può salvarlo. Il Signore della Luce può fare ben poco per lui, per un animo già dannato, ma per te... ha progetti grandiosi e gloriosi."
Sansa fissò negli occhi la donna "Non capisco, io non conosco questo dio. Come può lui avere progetti per me? Lui non è il mio dio. Io prego gli antichi e nuovi dei, nessun altro... vi prego, mia buona signora, lasciate andare me e anche il Mastino che vuole solo riportarmi a casa."
La donna però replicò dicendo "Il Mastino non dice tutto ciò che si affolla nella sua testa e nel suo cuore; non c'è solo la volontà di riportarti alla tua dimora, Sansa Stark, sai?"
"Voi conoscete il mio nome, conoscete le mie origini, ma di voi non so nulla, neanche il nome."
La donna sorrise "Hai ragione mia giovane Lady. Io sono Sha, una delle tante sacerdotesse che venerano il Signore della Luce nel vecchio continente."
"E voi come potete sapere cosa c'è nella mente e nel cuore degli altri, Sha?"
La donna si alzò in piedi e sedette di fronte a Sansa "Lui mi ha fatto un grande dono, quello del saper sondare il cuore, la mente e l'animo umano e predire cose che possono accadere se si seguono precisamente i passi che il nostro grande dio stabilisce per ciascuno di noi."
Sansa avrebbe voluto ribattere circa questo misterioso Signore della Luce, ma da come parlava Sha le sembrò inutile insistere circa il suo credo e quindi non commentò circa i misteriosi piani di cui lei parlava usando un tono profetico "Cosa volete da me?"
"Vogliamo ricondurti a casa, ma prima dovrai seguire un profondo e lungo cammino di purificazione che comporterà l'eliminazione di qualunque soggetto che abbia influito negativamente nella tua formazione come futura sovrana."
Alla giovane girò la testa, Sha parlava di delitti, dunque di compiere altri crimini, tutto questo in nome di un fantomatico progetto che l'avrebbe riguardata e che l'avrebbe resa di nuovo sola e soprattutto facilmente influenzabile e manovrabile. Sansa si guardò attorno, voleva raggiungere Sandor, non intendeva restare con quella donna un istante di più, aveva paura di lei: i suoi occhi neri, la sua voce e le sue parole l'avevano inquietata.
"In questo posto naturalmente non ci sono stanze." le disse senza che la Stark chiedesse o affermasse nulla "Tuttavia tu potrai riposare su un giaciglio in fondo a questa caverna, ti scorterò io stessa."
"Grazie... vorrei però vedere il mio compagno di viaggio, vorrei accertarmi che stia bene."
"Il tuo amico è al sicuro, non temere. Prendi." le disse porgendole una piccola coppa "E' acqua fresca, niente di velenoso o pericoloso." le spiegò, Sansa ingenuamente bevve "Vieni, ti faccio strada." proseguì Sha dopo che la giovane aveva finito di bere "Sarai molto stanca, il tuo cammino a cavallo sarà stato lungo, faticoso e decisamente poco confortevole." disse la sacerdotessa.
"Come lo sapete?"
Sha sorrise "Te l'ho detto, prevedo eventi che possono accadere se coloro che sono prescelti rispettano quanto voluto dal Signore della Luce."
La donna prese Sansa sotto il braccio e la portò in un luogo, se possibile, ancora più buio...




 

______

Buongiorno a tutti,
grazie infinite per leggere questa storia, 
non credevo che qualcuno l'avrebbe mai letta in verità!
Quindi, grazie per farlo e grazie delle vostre recensioni ❤

Ora veniamo alla storia, ci sono alcune precisazioni che devo fare:
1) Il Mastino è quello dei libri, ovvero un giovane di circa 27 anni;
2) A mano a mano che leggerete, noterete degli intrecci tra libri, serie tv e fantasia mia, ovviamente spero di essere riuscita a combinarli bene (me lo direte voi, spero!);
3) Sha e Ben Fox li ho inventati io, non esistono nel Trono di Spade.

Detto ciò, vi lascio e alla prossima, GRAZIE ANCORA!

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Capitolo 5
*** Fight to be free ***









Fight to be free


 
 


Sansa, benché avesse gli occhi aperti, non vedeva nulla: tutto era buio.
Era come trovarsi nella pancia di un Gigante, l’aria era rarefatta, il cuore della giovane prese a battere più veloce, deglutì più volte e provò a pensare che in fondo poteva trovarsi ancora ad Approdo del Re e quindi la sua situazione poteva essere ben peggiore! L’ottimismo durò però un istante, un battito di ciglia, una goccia d’acqua cadde dall’alto e s’infranse rumorosamente al suolo.
La ragazza si mise in piedi e a tentoni iniziò a camminare, non ricordava di essersi addormentata… poi ricordò che Sha le aveva dato dell’acqua e Sansa comprese che la donna doveva averle dato una pozione per farla dormire.
 
Di nuovo si era fidata e la sua fiducia era stata mal riposta!
 
Dopo alcuni metri, Sansa incespicò e cadde in avanti… non urlò per pudore o forse per paura, era caduta su qualcosa, toccò l’oggetto che l’aveva fatta cadere, lo tastò e sentì sotto le sue dita una bocca, gli occhi e poi qualcosa di appiccicoso che Sansa intuì essere sangue, la ragazza sussultò e per scappare cadde di nuovo, prese a correre anche se non sapeva dove stesse andando… all’improvviso urtò contro quella che sembrava una porta; Sansa vi si appoggiò e l’aprì, fece pochi passi e cadde di nuovo… questa volta la giovane cadde in quella che era acqua…
 
“AIUTO!” urlò la ragazza.
“Chi è?” chiese una voce.
“Chiunque voi siate, vi imploro, aiutatemi!” invocò Sansa terrorizzata.
“Dove sei?”
“Sono… nell’acqua.”
“C’è dell’acqua?” chiese di nuovo la voce.
“Sì, vi prego mio buon ser…”
“Fanculo i tuoi Ser, Stark!” esclamò la voce che Sansa riconobbe essere quella del Mastino “Dove sei?” le chiese di nuovo.
“Non lo so.” rispose angosciata la ragazza.
“Continua a parlare. Un mastino ti fiuta benissimo!”
Sansa non seppe se essere terrorizzata da quella frase o esserne felice, ma non c’era tempo per chiederselo, la Stark tremava “Sono contenta che voi siate qui. Siete ferito? Siete riuscito a capire chi sono? C’è una donna che mi ha dato… qualcosa… io…” Sansa fu afferrata per le braccia e tirata su. Il Mastino le tastò il volto “Stai bene? Ti hanno fatto del male?”
“N – no.” rispose volgendo il viso nella direzione da cui proveniva la voce “Grazie. Sono contenta che voi siate qui.” ammise per poi stringergli le braccia attorno al torace, il corpo dell’uomo era caldo, solido e Sansa non fu mai più felice di avere lui al suo fianco.
“Che sono queste smancerie?” chiese infastidito l’uomo “Smettila di fare queste sciocchezze e usciamo dall’acqua, odio l’acqua!” aggiunse Sandor allontanando Sansa da sé e prendendo la sua mano la portò oltre quella pozza d’acqua; Sansa toccò nuovamente terra e guidata alla cieca dal Mastino si sedette su una pietra che, a giudicare dal tatto, pareva liscissima.
“Avete idea di chi siano queste persone?” chiese di nuovo Sansa.
“Sono un branco di religiosi del cazzo.” rispose velenoso Sandor, Sansa lo sentì sputare per terra “Hanno detto che hanno progetti per te, ma a fanculo i loro disegni del cazzo, io da qui ti faccio uscire intera se possibile, ma viva.”
Sansa deglutì “So che odiate sentirlo, ma grazie. Grazie per quello che fate!”
“Lo faccio solo per avere una grande ricompensa dai tuoi fratelli, niente di più, non ti illudere!” sbottò lui. Sansa sorrise, il Mastino non avrebbe mai detto una parola gentile solo per accontentarla.
“Sarà grande, vedrete.” affermò lei semplicemente.
“Lo spero, sarebbe altrimenti tutta fatica sprecata!” abbaiò lui.
“Proprio non riuscite a dire una parola carina, vero?”
Sandor sbuffò “Un cane va solo dietro al suo padrone e quando lo lascia o morde o al massimo lecca la mano di chi se ne prende cura, ma di certo non è pronto a scodinzolare alla prima gentilezza!” ringhiò sulla difensiva.
Sansa riprese “Forse il cane è stato bastonato troppo a lungo perché possa anche solo ricordare com’era quando qualcuno gli accarezzava la testa o gli dava da mangiare.” si stava addentrando in un territorio sconosciuto e che forse avrebbe potuto anche provocare una violenta reazione nel Mastino, questi avrebbe potuto schiaffeggiarla, spingerla, o peggio, ma ciò non accadde.
La giovane sentì solo l’uomo respirare e poi dire “Non tutti i cani nascono per vivere coccolati nei castelli dei loro padroni, qualcuno finisce per essere ammazzato, qualcuno per scappare, qualcuno a lottare per sopravvivere, qualcuno solo per nascere in un bel posto e poi vedersi togliere ogni cosa.”
“State parlando di voi?” chiese prima di rendersene conto, quando lo fece, si morse la lingua.
“L’uccelletto sta cantando un po’ troppo, prima o poi il suo canto finirà per ucciderlo.” replicò Clegane. Lei non replicò, provava timore e al tempo stesso una forma di tenerezza verso il gigante dal volto semi-bruciato accanto a lei.
 
Quanto doveva aver sofferto per comportarsi a quel modo?
 
Né l’uno né l’altro seppero quantificare il tempo che trascorsero nel più totale silenzio, l’uno ascoltò il respiro dell’altro, a entrambi per un momento sembrò di sentire il battito del cuore dell’altro, una goccia d’acqua – l’ennesima – interruppe il loro silenzio.
“Dovremmo provare ad uscire.” affermò Sansa.
Lei sentì l’uomo alzarsi in piedi e poi la sua voce dire “Forse non l’hai notato, ma siamo avvolti nell’oscurità più nera che si sia mai vista! Tu sai come uscire?” la stava prendendo in giro.
“N – no, ho chiesto a voi per questo.”
“Beh, il senso dell’orientamento del cane stavolta non funziona, è immerso nel buio da troppo e anche volendo non riesce ad annusare nulla… stavolta temo che il cane morirà qui.”
“Il Mastino non si arrende mai.” disse Sansa, lei seppe che se ci fosse stata anche solo una torcia a illuminarli, si sarebbe trovata il suo sguardo su di sé e per la prima volta fu contenta del buio che li circondava: era arrossita.
“L’uccelletto ha parole troppo gentili per uno come me. Per uno che morde.”
“Morde chi se lo merita.” Sansa tacque “Giusto?”
Lo sentì sorridere “Cos’è, hai paura che il cane possa ringhiarti contro e staccarti un braccio? Questo cane si farebbe mordere per te.”
Sansa si voltò nella sua direzione “Perché vi sto tanto a cuore?” gli chiese.
Sandor non rispose, lei lo percepiva, ma dalla sua bocca non uscì neanche un sospiro.
Il silenzio intervallato dalle gocce d’acqua che s’infrangevano con regolarità al suolo fece cadere Sansa in un sonno profondo, sognò di trovarsi nel suo letto a Grande Inverno, la vecchia Nan le raccontava una storia circa l’Ultimo Eroe dei Primi Uomini che aveva salvato il mondo dalle tenebre, c’era anche Bran nel suo sogno ed era totalmente assorto dalle parole della donna, Arya – la sua sorellina – era poco più in là e non ascoltava la storia, ma si stava esercitando con la spada che aveva tra le mani, i suoi genitori erano vicini al fuoco, erano sereni e si sorridevano, il piccolo Rickon si trovava tra le braccia di sua madre. Sansa sorrise: avrebbe fatto e dato qualunque cosa pur di essere di nuovo a Grande Inverno con tutta la sua famiglia. Se solo i sogni potessero diventare realtà!
 
Quando si svegliò, era sulle spalle di qualcuno che correva, era forte l’uomo che la reggeva.
Lo sentì combattere con foga, Sansa non si mosse, se fosse stato un nemico avrebbe potuto scaraventarla per terra e ucciderla, se era il Mastino avrebbe potuto inveire contro di lei e poi abbandonarla: Sansa si finse priva di sensi anche se prese a osservare il terreno cambiare sotto i suoi occhi, esso da terreo e roccioso, divenne erboso, poi nuovamente terreo e infine… Sansa provò una sensazione di vuoto, poi si ritrovò in acqua. Sansa riemerse pochi istanti dopo e si rese conto di trovarsi in un fiume, l’uomo che l’aveva gettata in acqua era il Mastino che stava combattendo contro quelle che erano le Cappe Dorate. Era un soldato valoroso, su questo non c’era dubbio: ne abbatté una prima, infilzò una seconda, sgozzò una terza. Sansa osservava questa scena restando a malapena in superficie, il vestito che aveva addosso era pesante e quindi galleggiare le era difficile.
 
Perché stava combattendo i suoi stessi uomini per lei?
 
Pochi istanti dopo il quinto soldato che gli era andato contro fu ucciso, Sandor abbassò la spada insanguinata e guardò verso Sansa “Stai bene, uccellino?” le chiese, stava per rinfoderare la spada quando Sansa vide un’altra Guardia di Approdo del Re e gridò “Alle vostre spalle!” Clegane si voltò e con un movimento rapidissimo gli trapassò il cuore con la spada.
Sansa si rese conto di trarre un sospiro di sollievo e allora gli rispose “Io sto bene. Perché mi avete gettata in acqua?”
“E’ il primo posto a cui ho pensato quando sono comparsi i soldati del Re.” rispose sincero rinfoderando la spada, Sansa si sarebbe offesa se fosse stata una circostanza diversa, tuttavia aveva un’altra domanda da porgere a colui che si ostinava a non essere chiamato cavaliere “Come siamo fuggiti?”
Il Mastino sputò e poi si avvicinò alla sponda del fiume “Ti tiro fuori, ti starai congelando.” l’uomo l’aiutò e quando Sansa uscì dall’acqua tremò “Dovremmo accendere un fuoco, ma temo che quei preti ci stiano ancora cercando…”
“Non fa niente…” disse tremante “proseguiamo, non è grave. Posso farcela.”
“L’uccellino potrebbe ammalarsi.” Sansa non seppe esattamente se la stava prendendo in giro o se fosse preoccupato per lei, ma non indagò, anzi insistette affinché l’uomo non accendesse il fuoco, era una Stark lei dopotutto, era abituata al freddo, non intendeva mostrarsi debole “Non devi dimostrare niente.” aggiunse pochi metri dopo Sandor “Hai freddo, tremi.”
“No, sto bene.” lo contraddisse Sansa continuando a camminare.
 
Quanto era stupido l’uccelletto, credeva veramente che avere quell’atteggiamento potesse aiutarla o potesse servire per arrivare prima alla loro destinazione?  Che se ne sarebbe fatto di lei se fosse giunta a casa sua malata e quasi morta?
Sapeva che lei era forte, tuttavia ebbe la sensazione che lei volesse dimostrarsi coraggiosa più del dovuto, “Menti.” le disse notando i brividi che percorrevano le sue braccia e gambe “Non mi devi dimostrare di essere più di quello che sei. Aspetta qui.” aggiunse per poi tornare poco dopo con dei grossi tronchi, il fuoco pochi minuti dopo scoppiettava tra i ceppi.
“Grazie.” disse lei guardandolo, lui fece una piccola smorfia e poi abbassò il viso verso la lama della sua spada, la stava ripulendo, mentre Sansa si riscaldava “Allora, come siamo fuggiti?” chiese di nuovo.
Il Mastino le lanciò una rapida occhiata “Uno di quei pazzi c’ha portato da mangiare, io gli ho messo un coltello alla gola – l’unica arma che non avevano preso perché nascosta negli stivali – e ho obbligato quello a portarci all’uscita, ti eri addormentata e ti ho presa, eravamo quasi fuori quando sono spuntati degli uomini, seguaci forse di quei religiosi, ora non ha più importanza; staranno pregando tutti gli dei del cazzo nell’aldilà.” Sandor tacque per un istante “Eravamo nella foresta, quando di fronte a noi sono sbucati dei soldati dei Lannister, la Guardia Cittadina. E il resto lo sai.” concluse sbrigativo.
“Avrei potuto aiutarvi.” il Mastino sbuffò per poi scoppiare a ridere “Dico davvero.”
“Certo e cosa avresti fatto? Pregato i tuoi nobili cavalieri di non colpirmi? Non sai usare una spada, non sai combattere… non potevi fare nulla.” le disse bruscamente facendola sentire stupida e inutile, forse se ci fosse stata Arya al suo posto, il Mastino per davvero avrebbe avuto un aiuto.
Sansa si sentì un peso e così prima di poterci ripensare e prima di potersene rendere conto gli disse “Bene, allora insegnatemi.”

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Capitolo 6
*** Lessons of trust ***




 
Lessons of trust


 
“La spada deve essere il prolungamento del tuo braccio!” le ripeté il Mastino.
Sansa non sapeva se darsi della pazza per aver chiesto a Clegane di insegnarle ad usare la spada oppure se farsi le congratulazioni per la bella ed utile idea, ma soprattutto Sansa si stupì di come l’uomo di fronte a lei avesse accettato quasi subito.
“NO! Per i Sette maledetti Inferi, non così!” sbottò guardando l’errata posizione del braccio della giovane “Così.” le disse andandole vicino e facendo estendere il braccio di Sansa leggermente verso l’esterno, il suo movimento fu deciso, ma estremamente delicato “E’ pesante.” commentò la Stark facendo per prendere l’arma con entrambe le mani “Devi usare un solo braccio, due ti appesantirebbero soltanto. Per un combattimento rapido, non daresti più di due colpi.” disse lui.
“Vi prego, siate paziente con me. Io non ho mai usato una spada, mi è stato insegnato che ci sono i cavalieri per questo, non pensavo sarebbe venuto un tempo in cui…” la sua voce si strozzò in gola e Sansa abbassò il capo.
 
 
●                           ●                                ●
 
 
Lui si diede del pazzo per aver accettato di insegnare a Sansa Stark ad usare la spada, come gli era venuto in mente?
Per i Sette Inferi!
Posò una mano sulla spalla di lei che alzò lo sguardo su di lui per un brevissimo istante “Lo so, uccelletto, ti hanno cantato tante belle storie, ma il mondo non è come ne parlano i cantastorie.”
Lei a testa bassa annuì “Io volevo solo… sono solo una stupida ragazzina a cui hanno insegnato cose stupide e inutili.”
Provò un moto di pena, una sconosciuta pietà per lei “Sei una ragazzina istruita per essere una sovrana, ma non sei affatto pronta a vivere nel mondo. Quello vero, dico. Non quello dorato dei castelli. Anche se in fondo tutto quest’oro non c’è nemmeno, è solo un fottuto mondo di apparire, un mondo in cui si gioca a chi ha più potere, a chi sa anticipare le mosse dei suoi avversari. Il tuo mondo, quello da cui provieni è un mondo di giochi di poteri. Il mio mondo invece è fatto di sangue, di sudore, di sete di vendetta e di giustizia. Ed è quello vero. Sono due mondi totalmente diversi.
Io da te non posso né voglio imparare nulla, ma tu da me puoi imparare.” ed era vero, cosa mai avrebbe potuto insegnare lei a lui? A fare ricami e merletti? Ad usare belle parole?
No, quello non era decisamente il suo mondo.
 
 
●                       ●                          ●
 
 
Sansa lo guardò per un brevissimo istante: era ancora troppo intimorita da quelle iridi scure e dalle ustioni dell’uomo; sapeva quanto lui fosse coraggioso e forte con la spada, avrebbe dovuto sentirsi al sicuro, ma lui ancora non riusciva a trasmetterle tranquillità e fiducia.
 
Come ci si poteva fidare di un uomo che uccideva quelli che erano stati suoi soldati per denaro?
 
Sandor Clegane sbuffò e scosse la testa, “Arriverà l’inverno prima che tu riesca a sostenere il mio sguardo. Ma in fondo tu devi guardare come mi muovo, non di certo la mia faccia! I cani non li si guarda perché sono belli, ma perché sanno assolvere il loro compito.
Il mio al momento è insegnarti quello che so sulla spada. E ora non perdiamo altro tempo e riprendiamo, qual è il piede che usi di più?” le chiese avvicinandosi a lei d’impeto.
“Il destro.” rispose Sansa retrocedendo appena, spaventata da quel movimento veloce.
“Bene, se qualcuno ti aggredisce solleva il braccio sinistro” proseguì lui facendole alzare il braccio “lo blocchi e usi la sua forza contro di lui. Tu sei piccola perciò aspetta che si avvicini, poi spingi la spada nel suo corpo fino all’elsa se necessario e aspetta.” aggiunse guardandola dritta negli occhi, in quegli occhi azzurri innocenti e spaventati.
“Cosa?” chiese lei.
“Che la vita lasci i suoi occhi.” le rispose l’uomo a poca distanza dal suo viso, Sansa deglutì per poi corrugare la fronte “Non esitare, o sei morta.” aggiunse Sandor allontanandosi da lei “E allora sarebbe tutta fatica sprecata sia da parte mia che tua.” dette queste fatali parole, Sandor si allontanò appena da lei e i due ripresero il loro allenamento.
 
I due si allenarono fino quasi al tramonto, poi si rimisero in viaggio quando il cielo ormai era immerso nel buio. Sansa era stremata, tuttavia si ripromise di non lamentarsi: aveva già dimostrato troppe debolezze all’uomo accanto a lei, non voleva dargli ulteriore motivo per essere schernita.
Gli uccelli notturni comparvero lentamente, qualcuno cinguettava sopra le loro teste, altri in lontananza, le ombre divennero via via più spesse e più numerose, il fiume gorgogliava alla loro destra, qualche pietra rotolava al loro passaggio ai lati della piccola collina sulla quale i due marciavano. Sansa per un momento pensò di ritrovarsi in una delle inquietanti storie della vecchia Nan, solo che quella che stava vivendo la ragazza non era una storia fantastica dalle pieghe inquietanti, era reale ed era orribile: Sandor aveva ragione, il mondo non è come quello cantato nelle corti. Non c’è nulla di spettacolare o di avvincente in ciò che li circondava.
Se mai qualcuno avesse cantato delle vicende di Sansa Stark, probabilmente nessuno si sarebbe sprecato nel dedicarle più di due parole, l’avrebbero derisa sicuramente: non si sentiva coraggiosa, non si sentiva valorosa. Se qualcuno avesse per davvero raccontato la storia dei due viandanti, pensò Sansa, si sarebbe concentrato sulla figura massiccia di Sandor Clegane, l’uomo dal volto semibruciato dotato di grande forza e coraggio, che disdegnava il titolo di cavaliere pur comportandosi come tale.
La Stark si rabbuiò ripensando alla canzone su Florian e Jonquil, quante sciocchezze le erano state narrate pur di proteggerla e farle credere che la sua vita sarebbe stata piena d’amore, di cerimonie sfarzose e tante risate. La sua vita era un incubo, non sarebbe mai stata come una di quelle ballate.
“Hai perso la lingua, uccellino?” le chiese improvvisamente il Mastino.
“No.” rispose semplicemente, tuttavia non diede un’ulteriore spiegazione circa il suo mutismo, come avrebbe potuto spiegare a uno come lui, ad un uomo che disdegnava le ballate, i cavalieri, i comportamenti principeschi, ciò che lei – una nobile – provava in quel momento?
“E allora perché non canti? Ricordo che mi dovevi una canzone.” le rammentò l’uomo. Erano passati solo pochi giorni da quando avevano lasciato Approdo del Re, ma a Sansa parvero mesi, aveva dimenticato la richiesta del Mastino.
“Non conosco più nessuna canzone.” gli rispose semplicemente.
“Vuoi dire che ti sono bastati pochi maledetti giorni per dimenticare le tue amate ballate dei tuoi amici cantastorie?” la sbeffeggiò. Sansa abbassò il capo non rispose, voleva soltanto restare in silenzio e sentire i rumori che animavano la foresta durante la notte.
“Va bene, come vuoi restiamo in silenzio.” si arrese infine lui.
 
Marciarono per due giorni e due notti, il terzo giorno Sansa si ritrovò a pregare affinché qualcuno che combattesse per gli Stark li fermasse e la portasse da sua madre e suo fratello, ma ciò non accadde.
“Vieni.” le disse il suo compagno di viaggio prendendola per il busto e facendola scendere da cavallo “Riposiamoci per un po’ qui.” Sansa vide il posto che aveva scelto il Mastino: era una casa in legno su due piani, la porta era stata divelta, le finestre rotte, qualcuno c’era già stato lì e sicuramente – a detta dell’uomo – non sarebbero venuti altri in un posto simile.
“Aspetta qui.” le ordinò entrando con la spada sguainata per controllare l’interno “C’è solo un cadavere, ma sarà morto da settimane, puzza.” Sansa deglutì “Togliti quell’aria spaventata, i morti sono morti. Lo tiro fuori e poi entri.” il corpo era in decomposizione, puzzava, Sansa fu costretta a mettere una mano sulla bocca e sul naso per non respirare quell’aria pregna di morte che le provocò una forte nausea “Vieni, principessa.” la invitò Clegane ad entrare. Sansa si guardò in giro, era tutto abbandonato, i pochi mobili presenti al suo interno erano caduti o rovesciati, la polvere impregnava l’aria del piccolo abitacolo, la ragazza guardò verso Sandor “Io vado a cercare una lepre o qualcos’altro da mangiare. Tu resta qui.” le ordinò “E non farti vedere da nessuno per nessuna ragione al mondo, capito?” Sansa annuì e il Mastino si allontanò.
La giovane ne approfittò per sistemarsi con le mani i capelli e guardò il suo bel vestito ormai logoro, sospirò e pensò che avrebbe dato qualunque cosa per trovarsi in quel posto almeno con sua sorella Arya, lei sì che avrebbe saputo cosa fare, avrebbe accompagnato persino il Mastino a cacciare la preda! Arya era sempre stato un tipino sveglio, piccolo, agile e soprattutto sempre pronto all’azione. Sempre e comunque. I merletti, i bei vestiti, le buone maniere non erano mai state il suo forte.
Le due sorelle non si somigliavano per nulla, l’una aveva ereditato i capelli rossi della madre della casata Tully, l’altra aveva i capelli castani, la prima era remissiva, dolce e ingenua, l’altra sempre curiosa e soprattutto sempre tra i piedi. La prima era dolce e onesta, la seconda molto furba e soprattutto veloce con le parole e soprattutto con la spada. Per uno scherzo del destino, Sansa si ritrovava a vivere avventure che avrebbe dovuto vivere sua sorella Arya.
 
Come le era venuto in mente di scappare con il Mastino?
 
Sandor Clegane la sopportava a malapena: la prendeva in giro da quando l’aveva vista, non faceva che chiederle canzoni e la chiamava sempre ‘uccelletto’, inoltre – sapendo quanto Sansa fosse paurosa – le chiedeva spesso di guardarlo, cosa in cui lei ancora non riusciva!
La giovane si guardò rapidamente in giro e notò una spada, l’impugnatura era annerita tuttavia notò due piccoli draghi intrecciati fra loro, la lama era diversa da quelle che aveva visto fino a quel momento sia a Grande Inverno che ad Approdo del Re. Se la rigirò tra le mani e in quel momento entrò l’uomo con due ciotole tra le mani, si guardarono per un lungo istante poi lui notò l’arma tra le mani della ragazza e le disse “Posa quella prima che tu possa tagliarti o peggio!”
“Non sono una bambina, so che è un’arma e che non è un giocattolo!” gli rammentò la rossa.
“Dammi quella spada.” le disse il Mastino.
“No, la tengo io. L’ho trovata io.”
“Smettila di comportarti come una ragazzina viziata.” sbottò lui posando le ciotole sul tavolo e strappandole l’arma dalle mani “Solo da pochi giorni stai imparando come usare queste armi e questa… è una spada… particolare, non credo di aver mai visto una lama tanto spessa e tanto scura.” commentò l’uomo.
“Perché me l’avete tolta?”
“Non te l’ho tolta!” le rispose seccato “Ecco la tua spada, uccelletto, basta che la smetti di piagnucolare.”
“Io non sto piagnucolando.” replicò lei mentre Sandor le restituiva la pesante spada “Era solo una precisazione la mia.”
“Certo, certo. Ora siediti e mangia.” disse porgendole la sua ciotola contenente del pollo.
“Dove l’avete preso?”
Sandor non rispose, prese ad addentare il pollo con grande voracità “Cazzo, avrei dovuto prendere anche una fiasca di vino!” sbottò quando la coscia era quasi finita.
“L’avete rubato?” chiese Sansa contrariata.
“Cosa avrei dovuto fare? Chiedere di darmi due polli? Con quali soldi?” replicò Sandor facendo zittire Sansa “Potresti dire soltanto grazie invece che criticare ogni cosa che faccio?” aggiunse seccato.
“Siete voi quello che non vuole mai un grazie!” gli ricordò lei “Se ve lo dico imprecate, se non ve lo dico mi dite che dovrei dirvelo…!” sbottò lei lasciando nel vuoto la frase.
“Meglio un grazie che tante parole inutili! Come avresti mangiato stasera, mh? Nessuno ti dà nulla per nulla, prima lo capisci e meglio è!” replicò dandole un’altra perla di saggezza.
“Io e voi non andremo mai d’accordo. Siete rozzo, arrogante e… un ladro.” affermò lei lapidaria addentando poi l’ultimo pezzo di carne.
Lui la guardò a lungo prima di risponderle “Eppure sono l’unico che ti sta portando a casa. Dov’è quel bel fiorellino che ti piace tanto ora, Loras Tyrell? Perché mi hai seguito allora?” Sansa tacque “Nonostante i miei modi, sono l’unico che si è preoccupato di tirarti fuori da quella fottuta gabbia, ecco perché, uccelletto.” proseguì lui per poi riprendere a mangiare.
Tra i due scese il silenzio.

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Capitolo 7
*** Don't let me down ***






Don't let me down


 
La Luna era alta nel cielo e illuminava tutta la foresta e la distesa rocciosa davanti alla casa presso cui si erano rifugiati Sansa e il Mastino, lei si trovava su quello che a malapena poteva chiamarsi letto, era duro e cigolava ad ogni suo minimo movimento. Si rigirò nel letto. Si sentiva sporca, cosa non avrebbe dato per poter fare un bel bagno caldo e poi poter bere del latte freddo per rilassarsi!
Da quando c’era stato quello scambio di battute, né lui né lei parlarono più, entrambi pensavano alle parole che l’altro gli aveva rivolto: Sandor, dal canto suo, non era offeso, aveva detto ciò che pensava, lui l’aveva aiutata a fuggire da quella gabbia di leoni in cui lei veniva divorata pezzo dopo pezzo. Sapeva come ci si sentiva a vedersi strappare via tutto, prima la carne, poi l’affetto altrui, a seguire le proprietà e infine anche il nome, sapeva come ci si sentiva a diventare l’ombra di se stesso e in lei, lui in lei si rivide in un certo senso, rivide quello che era stato da piccolo: una creatura innocente e indifesa.
Suo fratello, Gregor, gli aveva strappato via prima la carne e poi lo sguardo di tutti quelli che lo circondavano, nessuno guardava un ragazzo dal volto brutto come quello che aveva lui, nessuno, neanche una puttana, persino a loro destava orrore. Sandor non avrebbe permesso che qualcuno strappasse via l’anima a Sansa Stark, non a una ragazzina dolce, buona, innocente e idealista come lei.
Posò un braccio sotto la sua testa, e pensò ancora, io sono migliore di Gregor, di quel mostro. Lui l’avrebbe già stuprata e uccisa, ma io non la toccherò, non le farò mai del male. Non le mancherò mai di rispetto!
Sandor si voltò verso il letto su cui giaceva l’uccellino e notò che la posizione del suo corpo era rigida, non dormiva, fingeva di dormire, del perché non dormisse, Sandor lo ignorava, ma preferì non chiedere cosa passasse in quella graziosa testolina dai folti e lunghi ricci rossi e si voltò dall’altra parte usando come cuscino il suo stesso braccio e sforzandosi di dormire, chiuse gli occhi.
 
 
●                                    ●                                     ●
 
 
Sansa, pensò, che aveva detto quelle parole perché in fondo le pensava per davvero: il Mastino era un uomo dai modi troppo arroganti, troppo scorbutici, troppo feroci per lei. Tuttavia lei aveva scelto liberamente di seguirlo, aveva visto in lui, in quell’uomo, uno spiraglio, la sola e unica possibile via d’uscita. I due non sarebbero mai potuti andare d’accordo, nemmeno tra cent’anni!
Restò con gli occhi chiusi, ma ascoltava ogni singolo rumore, ogni cigolio, ogni fruscio, al minimo calpestio sobbalzava, tremava, temeva che un soldato Lannister o una pantera ombra potesse ucciderla da un momento all’altro nonostante la forte presenza del Mastino.
“Uccelletto, dormi.” l’ammonì una voce, quella del Mastino “Devi riposare o domani non riuscirai a reggerti su Straniero. Sei un fiore troppo delicato e la minima difficoltà potrebbe spezzarti, quindi dormi.”
Sansa si voltò verso di lui colta in fallo “Perdonatemi… io – io…. io… io non…”
“Smettila di blaterare stronzate, chiudi gli occhi e dormi!” la rimproverò l’uomo.
Quelle parole scossero Sansa e al tempo stesso la indignarono profondamente, perché quell’uomo che aveva solo pochi anni in più di lei non la capiva? Perché non si metteva nei suoi panni?
Era davvero tanto difficile capire ciò che provava?
 
Il mattino seguente quando la ragazza si svegliò notò che Clegane non c’era: era già sveglio.
Si alzò e osservò le prime timide luci dell’alba illuminare il paesaggio circostante, tutto era tinteggiato di un pallido celeste, Sansa respirò forte e chiuse gli occhi, pregò gli dèi affinché potessero sostenerla in quest’altra giornata e che le dessero la forza di giungere fino a casa sua, al Nord.
Scese al piano di sotto, i gradini al suo passaggio cigolarono vistosamente tanto che lei per un istante ebbe il timore che quelli potessero spezzarsi e farla cadere. Uscì fuori dalla piccola casa e vide il Mastino vicino ad un albero darle le spalle, rivolgeva lo sguardo verso il basso, Sansa impiegò pochi istanti a comprendere cosa stava facendo e si voltò dalla parte opposta sentendo le guance imporporarsi per l’imbarazzo. 
Poco dopo sentì un fruscio e si azzardò a voltare nuovamente il capo verso la direzione dell’uomo, Sandor Clegane stava facendo il suo ritorno.
“Buongiorno!” lo salutò lei.
Lui rispose al suo saluto con una smorfia che gli fece orribilmente contrarre la metà ustionata del suo volto e fece per superarla, ma poi ci ripensò “Se devi… pisciare, ti suggerisco di farlo ora!” Sansa arrossì ancora di più “E togliti quell’aria sempre imbarazzata! Sbrigati che tra un po’ ci rimettiamo in viaggio!” abbaiò.
“Potreste essere un pochino più gentile? Vi costa tanto?” lo rimproverò Sansa.
Una vera Lady non si arrabbia mai né alza la voce, quello le era stato insegnato. Sansa respirò profondamente e proseguì sforzandosi di mantenere un tono di voce calmo e controllato “Per favore, datemi qualche minuto e poi potremo proseguire.”
Sandor storse la bocca assumendo un’espressione grottesca, ma non aggiunse altro, semplicemente la superò entrando in quella casetta mal ridotta. Sansa – si disse – non avrebbe mai soddisfatto le sue esigenze a quell’albero, mai. Non voleva che il Mastino la vedesse!
Si voltò per un momento dietro di sé e poi avanzò lungo la distesa rocciosa, avrebbe cercato un albero un po’ più appartato e soprattutto nascosto alla vista dell’uomo che, Sansa era sicura, la stava osservando. La ragazza inciampò più volte e rischiò anche un paio di volte di cadere, ma alla fine riuscì a raggiungere un albero sufficientemente distante dalla casa e dalle sue finestre.
 
Mentre si sistemava la sottana, Sansa udì alcune voci e presa dalla vergogna e dalla paura che qualcun altro fosse lì nei paraggi e che potesse vederla, si nascose dietro un grosso cespuglio di quelle che sembravano ortiche e li vide: erano in sei, avevano un vessillo rappresentante un albero e tre serpenti intrecciati attorno ad esso. Sansa non ricordava a chi appartenesse quello stemma, però ricordò di averlo visto una volta nella biblioteca di Grande Inverno quando da bambina – un’unica volta – giocò a nascondino con sua sorella Arya. 
Gli uomini dovevano essere messaggeri di questa casata perché di solito, quando c’era un Lord o una Lady questi si muovevano con un nutrito esercito a loro protezione. Del perché fossero lì, Sansa lo ignorava e non le interessava. Fece per tornare indietro, ma nel retrocedere, pestò un ramoscello che si spezzò sotto il suo peso e gli uomini dall’ignoto lignaggio iniziarono a urlare frasi come “Chi va là?”, “Fatti vedere!”, Sansa voltò le spalle alle loro voci e prese a correre, ormai era in pericolo e ciò che doveva fare era fuggire.
La ragazza però non era mai stata particolarmente veloce, perciò pochi passi e gli uomini la raggiunsero urlando “Fermati, puttana, dove credi di andare!” Sansa fu spinta in avanti e perse l’equilibrio, batté la testa prima contro un piccolo sasso e poi contro un tronco, alla giovane prese a girare forte la testa, stava sanguinando nel punto in cui aveva picchiato la testa, vide sei volti circondarla e troneggiare su di lei.
“Chi sei?” le chiese qualcuno, ma qualcun altro esclamò ridendo “Penso che ci divertiremo!” anche altri risero, qualcun altro replicò “Ma non c’è gusto, è più morta che viva! Io non mi scopo una mezza morta!” Sansa gemette per il dolore, dov’era il Mastino, pensò tra sé e sé.
“Uccellino.” qualcuno la chiamava, ma Sansa non riuscì a rispondere, uno di quei soldati le premette una mano sulla bocca e disse “Quindi sei un uccel di bosco! Bene, vediamo se ci farai divertire.” Sansa prese a urlare contro la mano di quello, sentì un paio di mani toccarla violentemente e scendere sulle sue gambe scoperte, gli stavano alzando la sottana strappandogliela, no dèi no, no vi prego… si ritrovò a pregare Sansa, abbiate pietà di me, avrebbe voluto gridare, ma non ce la fece.
Il cuore le batteva forte nel petto per la paura, cercò di scalciare e riuscì – non seppe neanche lei come – a colpire in pieno volto colui che la stava toccando, questi la lasciò immediatamente portandosi le mani sul naso, per un istante quello che le premeva le mani sulla bocca la lasciò e Sansa gridò aiuto, fece per girarsi e rimettersi in piedi, ma fu nuovamente afferrata e una terza persona la schiaffeggiò con così tanta violenza che la ragazza ebbe il timore che quei gesti avrebbero potuto strapparle via la pelle, “Puttana, vieni qui, adesso ti insegno io le buone maniere!” gridò ancora un’altra voce, lei era talmente stordita che le sembrò di non vederci neanche più, si sentì strappare il corpetto e fu spinta di nuovo per terra; sentì qualcuno toccarla con la stessa indelicatezza di prima, le stava graffiando il seno e Sansa si sentì… sporca, terribilmente sporca… lentamente riprese a vedere e vide il volto di quell’uomo: era una maschera di odio, di perversione e cattiveria.
Quando sentì le dita di quell’uomo toccarla nell’intimo, sentì un grido che le parve un latrato, poi una figura piombò sull’uomo che la stava toccando violentemente, si gettò su di lui e Sansa riuscì a respirare quasi normalmente, non vide cosa accadde perché chiuse gli occhi: era troppo scossa per osservare.
 
 
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Il Mastino si era gettato sul primo sgozzandolo, prese il secondo facendolo cadere a terra, gli pose un piede sul petto e gli trapassò con la spada il collo, con il terzo e il quarto duellò contemporaneamente tenendo a entrambi testa e uscendone vittorioso, il quinto e il sesto si diedero alla fuga. Sandor Clegane in un’altra circostanza li avrebbe inseguiti e infilzati contro un albero forse, ma li lasciò vivere non prima di aver visto il loro vessillo, che cazzo ci facevano quelli della Terra degli Aryas lì? La loro casata non si era estinta da un pezzo?
Si voltò verso Sansa: era in una condizione pietosa, il suo volto era più rosso dei suoi capelli, sullo zigomo, sotto al naso e a un lato della bocca c’era del sangue, le sue vesti erano lacerate. Prese il suo mantello e lo gettò sulla ragazza che gemette terrorizzata aprendo gli occhi; quando si rese conto che era lui, Sansa si rilassò impercettibilmente e gettò le braccia al collo del Mastino, questi non la respinse, non la scacciò e non ebbe per lei parole cariche di rimprovero o di scherno, semplicemente si lasciò abbracciare dalla giovane Stark per alcuni minuti, poi la sollevò di peso riportandola in quella sorta di casa che avevano trovato il giorno prima.
 
 
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Sansa non parlò per le successive ore, era profondamente scossa dall’accaduto, si sentiva… piccola, inerme, ma soprattutto sporca, non era così che aveva immaginato di essere toccata da un uomo! Il Mastino la fece stendere facendole tenere addosso il mantello che le aveva dato e lei vi si avvolse, “Devo trovare il modo per medicarti, aspetta qui.” le disse lui, lo aveva sentito, ma non replicò. Sentì solo i passi pesanti dell’uomo allontanarsi da lei e si ritrovò a pensare che la sua septa, ma anche forse la sua stessa madre avevano torto sull’amore e sui cavalieri: i cavalieri le avevano fatto questo, quello che lei credeva essere un re aveva fatto uccidere suo padre e la sua septa, i cavalieri non sono quelli che splendono in un’armatura scintillante, i cavalieri non sono quelli delle ballate.
Sansa si sentì presa in giro e pianse, pianse fino ad addormentarsi.
 
Quando riaprì gli occhi, vide il Mastino che armeggiava con delle bende, probabilmente rubate da qualche parte, e un piccolo bacile in legno con dentro dell’acqua. Sansa osservò il volto stanco, sporco e rovinato del Mastino, era di brutto aspetto lui, ma si stava prendendo cura di lei.
Era forse questo un vero cavaliere? Si chiese Sansa per un momento, per rammentare successivamente quanto lui odiasse i cavalieri e tutto il loro mondo dorato, eppure la Stark non poté fare a meno di pensare che quell’odio era dovuto a suo fratello che gli aveva tolto tutto e che con la violenza si era preso il titolo di cavaliere.
Lo vide intingere una benda nell’acqua, la strizzò appena e la premette contro lo zigomo, Sansa sobbalzò e lui esclamò dicendo “Stai ferma, o rischi di trasformarti in una zucca!” lei lo guardò dritto negli occhi, quegli occhi grigi che la stavano a sua volta osservando e che stavano lentamente cominciando a farle meno paura. Premette poi sul naso e con più delicatezza sul labbro inferiore gonfio un’altra benda.
 
 
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Il Mastino provò uno strana e sconosciuta pietà per la ragazzina di fronte a lei, intendeva proteggerla da qualsiasi cosa, ma aveva fallito, aveva fallito miseramente e tutto per colpa sua, per una sua distrazione, non era riuscito nel suo intento. E’ vero, l’aveva salvata, ma ora la giovane Stark era di fronte a lei in condizioni pessime, non sembrava più neanche lei, quel delicato uccelletto dalle parole sempre dolci e gentili, era silenzioso e riportava ferite che mai avrebbe voluto vedere su di lei.
Era stato un fottuto idiota a pensare di potersi prendere cura di un’altra persona al di fuori di se stesso, non ne era assolutamente capace, si disse.
Non parlarono, non si dissero nulla per tutto il tempo, lei lo guardava e basta, non replicava, non aveva parole né dolci né pungenti per Sandor Clegane. Questi le scostò il mantello con una delicatezza sorprendente per essere un uomo tanto possente, lei non gli tolse gli occhi di dosso e l’uomo pensò che se gli sguardi potessero causare lo scioglimento del ghiaccio, beh la Stark poteva! Per la prima volta nella sua vita si sentì a disagio nel guardare il corpo esile della fanciulla, quel corpo che era già stato più volte picchiato e arrossato, quel corpo ora nuovamente martoriato dai graffi di quelle belve.
 
“Posso?”
Sandor le scostò del tutto i lembi del corpetto e le passò la benda bagnata sui graffi nel solco tra i piccoli seni della Stark, lei chiuse per un istante solo gli occhi e li abbassò: non ebbe il coraggio di guardare in volto l’uomo che si stava silenziosamente prendendo cura di lei e che la stava toccando con una delicatezza disarmante.
Strinse le labbra e osservò la mano grande del Mastino, una volta quell’uomo le faceva paura, una volta ne temeva persino la stazza, ora? Non lo sapeva ancora per certo, ma sicuramente non era più la paura che nutriva verso di lui quando si trovava ad Approdo del Re, quando serviva Joffrey.
L’acqua bruciava sulle ferite e Sansa gemette sommessamente per poi trovare di nuovo il coraggio di guardare il suo salvatore negli occhi, Sandor non ricambiò il suo sguardo, lei osservò la metà del volto dell'uomo che era stata ustionata irreversibilmente e provò… pena? Pietà? Compassione?
 
“Ti faccio orrore, vero?”
Il Mastino alzò lo sguardo su di lei sentendosi osservato, Sansa arrossì e il suo volto un po’ per le ferite e un po’ per l’imbarazzo divenne rosso come il fuoco. “N – no.” rispose lei balbettando.
“Non mentire, ricorda che io fiuto la bugia, piccola Stark!” le rammentò l’uomo “Il tuo sguardo non è di apprezzamento, o sbaglio?” la provocò.
Il cuore di Sansa prese a batterle più forte ancora nel petto “Cosa dite? Vi guardo perché… perché…” non sapeva cosa aggiungere, perché lo stava osservando con tanta intensità?
“Sono tutt’orecchi!” aggiunse lui come per acuire quel disagio che lei sentiva.
“Smettetela di mettermi in imbarazzo!” replicò lei guardandolo dritto negli occhi.
“Quindi ti senti a disagio? Perché? Perché ti toccavo le tette o perché sono troppo brutto per farlo?”
Sansa scostò la mano dell’uomo e si coprì alla meno peggio, l’aveva offesa.
“Come osate?”
“L’uccelletto è forse abituato a parlare con cavalieri tipo quel frocio di Cavaliere dei Fiori? Beh, tu sai come parlo io e cosa faccio e se io faccio qualcosa, la faccio non perché me la impone una qualche legge del cazzo! Se poi tu ami le regolette che ti hanno insegnato da bambina, non sono affari miei! Visto che siamo costretti a stare insieme per questo periodo di tempo, ti suggerisco di smetterla di riprendermi continuamente perché io non cambio per una signorina del Nord che venera i cavalieri e gli dèi! Sopra a queste regole ci piscio su!” concluse alzandosi e allontanandosi da lei, poco prima di uscire dalla stanza la avvisò “Sistemati che tra un po’ ripartiamo!”
Sansa scosse la testa: non sarebbero mai andati d'accordo loro due, mai.

 

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Capitolo 8
*** Something there ***





Something there


Sansa e il Mastino ripartirono poche ore dopo, tra loro era sceso il silenzio, si sentiva solo Straniero – il possente cavallo di Sandor – calpestare l’erba o le rocce sotto i suoi zoccoli, lei era infastidita dal linguaggio così sgradevole e sboccato dell’uomo, tuttavia le uscì dal cuore un sincero ringraziamento per averle salvato la vita e per aver curato le sue ferite, dette queste parole voltò il capo verso l’uomo dietro di lei che le restituì subito lo sguardo “Dovere.” disse lui semplicemente in tono serio.
Sansa poi chiese “Chi erano quegli uomini? Sapete a quale casata appartengono?”
Il Mastino contorse la bocca prima di rispondere “Sono della Terra degli Aryas.”
“Terra degli Aryas?” chiese Sansa “Non ne ho mai sentito parlare.”
“Perché non dovrebbe esistere più, uccelletto. Quella che tu conosci come Capo della Piovra aveva il nome di Terra degli Aryas, gli Aryas erano un popolo di selvaggi per lo più abili nell’uso della spada, violenti. Erano una casata rivale ai Clegane ecco perché so della loro esistenza. Mio padre affrontò quello che era il loro capo all’epoca, un certo Ga-rarg o Ga-nang non mi ricordo, comunque sconfitto lui e restando solo donne lì, credevo che la loro casata – se la si può chiamare così – fosse estinta, ma oggi… quando ho visto il loro stemma, ho capito che mi sono sbagliato e che qualcun altro è tornato al potere di quella feccia!” finì di spiegare per poi sputare.
“E tuo padre è morto…?” Sansa stava per chiedergli se fosse morto combattendo con onore per proteggere la sua casa e i suoi figli, ma lui la fermò ridendo “Non è morto combattendo, uccelletto, se mi stavi per chiedere questo. E’ morto durante una battuta di caccia, come re Robert. Ammesso che sia veramente morto così.” gli sfuggì quella riflessione.
Sandor non aveva mai del tutto creduto alla storia di suo fratello che era andato a caccia con il padre quel giorno, una parte di lui credeva che il padre fosse morto per mano o comunque a causa di Gregor.
 “Hai pianto per la sua morte?” le chiese Sansa voltando appena il viso.
“Che domanda idiota! No! Non c’è nulla da piangere, i morti sono morti, punto. Che senso ha sprecare le lacrime per qualcuno che non ti vede né ti sente più?” le rispose bruscamente.
Sansa appoggiò appena la schiena contro il petto di Sandor coperto dall’armatura, avrebbe voluto dirgli che le dispiaceva per la sua perdita anche se ormai accaduta molti anni prima e che avrebbe pregato per lui, ma ne fu sicura: il Mastino non avrebbe gradito il pensiero né ringraziato.
“Perché ti sei messo al servizio dei Lannister?” chiese Sansa dopo qualche istante.
Sandor sospirò e fermò un istante il cavallo, si guardò intorno “Che succede?” chiese Sansa notando lo sguardo indagatore dell’uomo.
“Fa’ silenzio!” la ammonì lui “Soldati in arrivo.” aggiunse per poi far partire Straniero al galoppo e inoltrarsi velocemente in una foresta, Sansa si aggrappò con una mano alla criniera del cavallo e con l’altra all’armatura del Mastino che spinse Straniero a correre ancora più velocemente, Sansa ebbe paura di cadere quando il cavallo superò con un salto un piccolo fiume, scongiurò gli dèi di permetterle di vivere, di aiutarla e poi pregò affinché anche il Mastino trovasse un po’ di pace, era un uomo buono – nel profondo del suo cuore – che doveva aver sofferto tanto per diventare così!
Straniero proseguì il suo galoppo finché Sandor non tirò leggermente le briglie e il cavallo rallentò la sua andatura, attraversarono un piccolo ruscello sempre in silenzio, poi tornarono sulla strada principale; Sandor fermò il cavallo e guardò indietro, Sansa fece lo stesso, ma lei non vide nessuno, osservò quindi l’uomo ponendogli una muta domanda, “Pericolo passato, uccelletto.” la tranquillizzò “Siamo quasi ad Harrenhal. Ma non ci fermeremo là.”
“Perché?”
“Non è sicuro e poi lì c’è Tywin Lannister, non vorrai che lui ti riconosca e ti riporti ad Approdo del Re!” al solo pensiero Sansa rabbrividì “E poi non ho intenzione di andare lì, in quella fortezza maledetta!”
“Siete superstizioso dunque?”
“No, ma se posso evitare la morte ancora per un po’ è meglio!” replicò senza distogliere lo sguardo dall’orizzonte, Sansa sorrise impercettibilmente “In cosa credete?” gli chiese.
“In niente se non la forza bruta!” rispose lui sicuro “Niente ti protegge di più della spada e della tua forza.”
“Eppure avrete creduto in qualcosa da bambino!” insisté Sansa, l’uomo rispose con uno sbuffo.
 
I due giunsero in un misero villaggio, le case erano costruite per metà in pietra e per metà in legno, i suoi abitanti popolavano le strade fangose, i cani correvano liberi e altri lottavano per un pezzo di carne, c’erano tanti bambini e genitori dai volti scavati e dagli occhi imploranti aiuto. La Stark provò pena per loro “Azzardati a dire una sola parola e ti strappo la lingua.” la ammonì brutalmente il Mastino “Meglio se nessuno ci riconosce: tira su il cappuccio, nascondi i capelli e sguardo basso.” proseguì con tono meno aggressivo.
Sansa avrebbe potuto gridare aiuto e dire che lei era la Lady di Grande Inverno, qualcuno forse l’avrebbe riconosciuta e portata a casa e l’avrebbe strappata dalla grinfie del Mastino che non sapeva fare nulla se non rivolgerle parole astiose e spaventose, o forse l’avrebbero semplicemente consegnata ai Lannister in cambio di un tozzo di pane.
No, Sansa non poteva fidarsi di nessuno se non del Mastino, lui – anche se brutalmente – la stava proteggendo.
 
Sandor fece scendere la ragazza “Vieni.” le disse semplicemente e Sansa obbedì, entrarono a testa bassa in un posto che lei riconobbe dallo schiamazzo essere una locanda, vi erano poche persone e così Sansa osò alzare appena il suo volto verso quello dell’uomo dietro il bancone “Benvenuti alla locanda Moor, in cosa posso servirvi?”
“Dammi del vino e del pollo.” rispose Clegane porgendo all’uomo delle monete che Sansa immaginò essere state prese a qualcun altro, l’uomo gettò un rapido sguardo prima al Mastino e poi a Sansa “Farà freddo stanotte, perché non restate qui? C’è una camera di sopra e in più potete contare sulla mia discrezione, ser.”
Il Mastino guardò l’uomo e rispose dicendo “Quanto vuoi?”
“Dieci monete d’argento per la camera e il mio silenzio.”
Sansa alzò lo sguardo sul Mastino, stava per estrarre la sua spada, ma Sansa posò una mano sulla sua e allora Sandor la guardò, che intendeva fare la ragazzina?
“Va bene, ser.” rispose lei “Tenete.” dette queste parole si sfilò un braccialetto che valeva almeno 30 pezzi d’oro, pensò Clegane.
L’uomo guardò prima la ragazza e poi il preziosissimo braccialetto senza aggiungere altro.
Piuttosto fece loro avere cibo e vino in abbondanza e la camera più grande della locanda, “Perché non mi hai detto di avere con te dei gioielli?” chiese il Mastino guardando Sansa mentre sbocconcellava la sua coscia di montone. Sansa lo guardò con quegli occhi chiari che Sandor stava lentamente cominciando ad apprezzare e gli rispose “Temevo che se ve l’avessi detto, mi avreste derubata e abbandonata da qualche parte.”
Il Mastino sbuffò per poi mandare giù un altro bicchiere di vino “Non vi dà fastidio bere così tanto?” chiese lei osservandolo trangugiare quel liquido rosso.
“No, c’è una cosa che m’infastidisce e cioè le domande stupide a cui si possono dare solo stupide risposte. Vuoi sapere perché servivo i Lannister? Perché mio padre era un loro alfiere molti, molti anni fa e perché avevo solo voglia di uccidere e con loro potevo farlo spesso.” tacque “Tieni, bevi anche tu.” la invitò.
Sansa osservò il bicchiere contenente del vino e poi Sandor “Se non lo fai tu, lo bevo io. Dai, prova, male che vada domani avrai mal di testa!” la rassicurò a modo suo, Sansa prese il calice e lo portò alle labbra e lentamente ne bevve un po’, aveva un sapore decisamente strano tanto che lei arricciò appena le labbra provocando una risata nell’uomo.
“Un altro sorso.” la incoraggiò lui.
“Domani ve la faccio pagare.” lo minacciò.
“Tremo al solo pensiero.” la sbeffeggiò Sandor.
Bevve altri due, quattro, sei sorsi, finì un primo, un secondo e un terzo bicchiere: Sansa era decisamente fuori di sé, rideva e scherzava con il Mastino come se fosse stato un suo amico più che un uomo che la stava riportando a casa.   
 
“Sei l’uomo più coraggioso che conosca.” gli disse quando lui la portò in braccio in camera e la adagiò sul letto. Sansa in circostanze normali non gli avrebbe mai dato del tu e non lo avrebbe mai definito così. La sua educazione le imponeva di mantenere un certo distacco e superiorità dagli altri, dopotutto lei era una Lady, non una popolana!
Sandor sapeva che lei non era in sé, ma nonostante questo si sentì lusingato dalle parole di quella ragazzina, le spostò i capelli e le chiese “Come vanno i graffi?”
“Meglio, non bruciano più. Grazie, grazie per quello che hai fatto.” disse posando la mano sulla guancia, su quella guancia che il fuoco aveva irrimediabilmente rovinato: ebbe come un sussulto, non perché provasse dolore, ma perché nessuno lo aveva più toccato con quella dolcezza, l’ultima donna che lo aveva fatto era stata sua madre quando lui era un marmocchio di circa otto anni.  
Sandor non rispose, la guardò dritto negli occhi e lei non abbassò lo sguardo, il volto martoriato del Mastino non le sembrava più spaventoso come qualche settimana fa, le risultava quasi di conforto, la faceva sentire stranamente al sicuro, era forse il vino?
Lui sorrise “Non hai paura di me? Fino a ieri mattina ti faceva orrore il mio viso.”
“Non ti guardavo con orrore, ti sbagli. Pensavo solo… che se sei così è per colpa di qualcosa che ti ha fatto soffrire a tal punto da spingerti a non credere più in nessuno se non nel ferire gli altri che sia con la spada o con le parole.”
Lui sorrise e poi sputò tra i denti “Cazzate!”
 
E invece quel fottuto uccelletto aveva ragione, eccome se aveva ragione: Sandor Clegane non versava più una lacrima né rivolgeva più preghiere da quando aveva undici anni, da quando la sua amata madre era scomparsa, ricordò che aveva pregato affinché qualche dio avesse pietà di lei, che le facesse scendere la febbre, che facesse rimarginare quelle ferite, ma nessun dio aveva avuto pietà per lei, né avevano prestato ascolto alle sue preghiere.
Da allora il bambino non pianse più, a che serviva piangere?
 
Il Mastino fece per alzarsi e lasciarla riposare lì su quel letto che sapeva di muffa, ma lei gli afferrò una mano e gli chiese “Resti con me?”
Sandor la guardò sorpreso per un momento, poi ricordò che lei parlava così solo per via del vino bevuto, non perché lo volesse davvero, ciononostante non riuscì a dirle di no, anzi.
“Girati dall’altra parte.” le ordinò e Sansa rotolò su un fianco lasciandogli tutto lo spazio necessario per distendersi. Si tolse l’armatura e appoggiò la cintola con il pugnale e la spada al muro, poi si stese dietro di lei.
Lei dormiva già, ma lui non riusciva a chiudere gli occhi: non era la prima volta che giaceva con una donna, ne aveva avute tante per una notte e a pagamento, ma mai una di loro gli faceva l’effetto che quella pura ragazzina aveva su di lui. Provava... una qualche strana forma di tenerezza verso di lei. Provava qualcosa che ancora non gli era ben chiara. Si strinse appena a lei e sentì il profumo dei suoi capelli, avrebbe voluto accarezzarli, avrebbe voluto accarezzare quel viso tanto dolce e fiero, avrebbe voluto… non lo sapeva bene neanche lui. 
 
Il giorno seguente Sandor si svegliò con il sole che illuminava la stanza, Sansa gli dormiva praticamente appiccicata e lui era… in uno stato indecente… se solo la piccola avesse visto l’effetto che gli aveva fatto, sarebbe arrossita e si sarebbe nascosta.
Non era la prima volta che gli accadeva quando qualcuna dormiva vicina a lui, ma per la prima volta si sentì a disagio. Si ritrovò persino a pensare a lei e a come non si sarebbe mai concessa a lui, il Mastino, l’Uomo Spezzato e dal volto sfigurato, mai. Sandor sciolse l’abbraccio che lo teneva legato a lei e, dopo essersi reso presentabile, uscì fuori dalla stanza, doveva bere.
Il Mastino scese e si sedette su uno sgabello, chiese del vino, ma la donna che stava dietro al bancone – che doveva essere la moglie dell’uomo che Sansa e Sandor avevano incontrato – gli rammentò che loro non servivano mai vino prima del calare del Sole, Sandor si alzò da lì usando una serie di epiteti e bestemmie che avrebbero fatto arrossire gli abitanti di Fondo delle Pulci. Ciò che trovò in giro fu solo acqua, acqua e ancora maledetta acqua.
Ritornò nella locanda e risalì senza degnare di uno sguardo la donna, poteva fottersi lei e le sue regole!
Avrebbe trovato altrove ciò che cercava.
 
Quando aprì la porta della loro stanza, Sandor vide Sansa in piedi intenta ad osservare il suo corpicino: era pieno di lividi e graffi, si toccò piano i graffi nel solco tra i seni e poi toccò l’interno coscia. Sandor provò quasi l’istinto di entrare nella stanza e baciare quel suo piccolo corpo una volta niveo e perfetto, ora pieno di tagli.
Non fece questo però. Sandor si limitò a fissare la sua giovane compagna di viaggio e si sentì… impotente, avrebbe voluto fare di più, essere capace di dire le cose giuste, di dirle quello che lei voleva sentirsi dire, provò una strana e in un certo senso inquietante dolcezza farsi strada in lui.
 
Da dove veniva? 
 
Sandor non aveva mai provato una sensazione simile, che cosa gli stava capitando?
Decise di riprendere il controllo su se stesso e di ricordarsi chi era, lui era Sandor Clegane, il terribile Mastino, violento e aggressivo, aveva preso con sé la Stark solo per trarne un profitto, poi sarebbe andato via e avrebbe abbandonato là la Stark, quello che gli stava scaldando il cuore era solo una cosa momentanea e sicuramente dovuta alla sobrietà!
Sì, lui era lì con lei solo per denaro, nient’altro.
Sandor aprì la porta e nel farlo sentì lei prendere qualcosa, quando lui la vide, lei indossava il suo mantello, “Vi prego, non ho ancora terminato di vestirmi. Attendetemi fuori.” lo implorò quasi lei e lui, ubbidiente come un cane, fece marcia indietro senza dirle nulla. Attese fuori.
Clegane restò nel silenzio più totale sentendo il cuore stranamente battergli nel petto.
Decise di riprendere il controllo della situazione con una delle sue solite frasi pungenti che avrebbe fatto ritornare le cose come prima, aprì nuovamente la porta e vide che Sansa si stava sistemando i capelli con le mani ed ebbe il desiderio di passargli lui stesso una mano tra i suoi capelli rossi, chissà come dovevano essere morbidi!
Sansa si accorse della sua presenza e così si voltò sorridendogli innocentemente “Sono pronta.”
“Bene, non ho tutto il fottuto giorno da perdere!” sbottò facendole perdere il sorriso.
 
Perché gli faceva così male ora farle perdere il sorriso?
 
“Bene.” replicò lei in tono freddo “Quando volete.” aggiunse raggiungendolo e restituendogli il mantello. Sandor si sentì piccolo, piccolo pur essendo molto più alto di lei e molto più forte della Stark, si sentì come se avesse appena ricevuto un pugno che gli aveva tolto il fiato. Lui la seguì a pochi passi di distanza, Sansa salutò cortesemente la donna usando quei modi che a lui parevano essere un mucchio di stronzate fatte per abbagliare gli idioti di turno, poi uscì.
Sandor invece, approfittando della lontananza della ragazza, si avvicinò alla donna e le intimò di restituire il braccialetto di cui si erano appropriati poche ore prima, la donna spaventata dalla daga dell’uomo e sicuramente anche dal suo aspetto, restituì quanto Sansa aveva dato precedentemente per pagare l’alloggio.
 
Sansa osservò Sandor montare su Straniero dietro di lei, poi lo speronò e rapidamente lasciarono alle loro spalle la locanda. Sansa non riusciva a comprendere l’uomo che si dava tanto da fare per lei, ma che faceva di tutto per tenerla lontana.
 
Che cosa voleva dimostrare?
Di essere un duro? Lo era.
Di essere al di sopra di tutto e tutti? Forse.
 
Sansa si sforzò di non fare osservazioni che potessero irritare l’uomo e cercò di essere anche meno loquace possibile, per usare i termini del Mastino, si sforzò di non pigolare onde evitare frasi pregne di irritazione da parte del suo accompagnatore.



 

_____________

Buongiorno, questo è l'ultimo capitolo prima delle vacanze, 
il prossimo sarà fra una decina di giorni più o meno, 
non mi abbandonate, mi raccomando!!
A inizio capitolo e il titolo sono tratti da "La Bella e la Bestia", 
penso che abbiate riconosciuto la citazione alla famosa scena del cartone
e il titolo di una delle canzoni dello stesso.
Mi sembravano due parti particolarmente adatti ai nostri eroi.
Se vi fa piacere, fatemi sapere cosa ne pensate.

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Capitolo 9
*** Routine ***


 

 

 
Routine


Sansa rimase a lungo in silenzio, si sforzò di ricordare che cosa avesse fatto o detto: cercava, insomma, di giustificare il comportamento del Mastino. Ella sapeva per certo che lui non l'aveva toccata: se l'avesse fatto, pensò, glielo avrebbe sicuramente ricordato o le avrebbe rivolto qualche frase spinta per metterla a disagio.
Invece il Mastino aveva l’aria particolarmente truce e sbottava per ogni cosa.

Il sole del mattino illuminò le colline circostanti, mentre Sansa e il Mastino attraversavano un’altra foresta, lì l'aria era fresca e non c'era nessun particolare rumore se non quello della natura immacolata a loro circostante.
"E' bellissimo qui." disse lei con un piccolo sorriso "Che posto è?"
"Una fottuta foresta, una maledetta foresta, sono tutte le une uguali alle altre." rispose lui prendendo la sua borraccia e bevendo.
"Vino?" chiese lei volgendo la testa verso di lui.
"Sì, vuoi?" chiese lui porgendole la borraccia, lei arricciò il naso e guardò avanti.
"No, vi ringrazio. Ho troppo male alla testa." gli rispose voltandosi e osservando il paesaggio che si offriva alla loro vista.
Lui ridacchiò "La mia prima sbronza l'ho avuta a dodici anni, avevo fatto una scommessa con un guardiano di porci." le raccontò abbozzando un sorriso.
"Davvero?" chiese lei stupita.
"Già."
"Com'eravate da piccolo?" chiese lei curiosa.
"Silenzioso." rispose lui ammonendola "Cosa è questa tua domanda? Domanda di cortesia? O altro?"
"No, insomma... se dobbiamo arrivare a Grande Inverno, dovremmo conoscerci, non credete."
"No." replicò lui secco.
"Perché siete così... poco propenso a parlare di voi e del vostro passato? Vi ho solo chiesto della vostra infanzia! Sarete stato bambino, no?" cercò di approfondire la ragazza.
"Ho dimenticato com'ero!" esclamò lui. E in parte era vero.
"Per via di vostro fratello?" ebbe l’audacia di chiedergli anche se non osò guardare la sua espressione.
Lui scosse la testa, non parlava volentieri di quel capitolo della sua vita. Anzi, meno ne ricordava e meglio stava: la sua infanzia era legata a tanti dolorosi ricordi. Non voleva parlarne!
"Come si chiamava vostra madre?" gli chiese ritentando dopo un po' di parlare con lui.
Sandor sbuffò "Che importanza ha?"
"La mia si chiama Catelyn. E' una delle donne più forti e fiere che io conosca, quando crescerò spero di diventare come lei." gli confidò.
"Ho saputo che tua madre tiene prigioniero quel maledetto Lannister che si crede al di sopra di tutti! Che gli Inferi se lo portino!" sputò velenoso Sandor.
Sansa sorrise "Lo so. Sta dimostrando tanto coraggio."
"Anche tu, uccellino, anche tu." aggiunse lui facendo voltare la testa di lei verso di lui e facendo incrociare i loro sguardi.

Quel cielo terso ben presto lasciò il posto alla pioggia e i due furono costretti di nuovo a fermarsi.
Raggiunsero una piccola locanda dove Sansa mangiò della carne stufata con verdure e bevve tanta, tanta acqua, non avrebbe più bevuto vino per... di sicuro non tanto presto.
Si ripromise.
Sandor invece mangiò e bevve a sazietà, era talmente ubriaco che a un certo punto quasi gli cadde il bicchiere dalle mani e fu allora che Sansa lo fermò: non era mai successo che una donna riuscisse a fermarlo, ma lei doveva avere qualche strano potere su di lui perché stranamente non la aggredì, anzi quando lei gli disse di andare a dormire, si lasciò guidare nella stanza che Sansa aveva precedentemente domandato per loro. L'uomo si appoggiò alla ragazzina che lo reggeva a malapena per via della sua stazza e si lasciò guidare su per i gradini polverosi e scricchiolanti, la testa gli doleva più del solito.
I due entrarono in una stanzetta vecchia e che sapeva di muffa, Sansa fece sedere il Mastino sul letto che cigolò sotto il suo peso, poi la giovane si diresse alla finestrella e la aprì. L'aria fresca inondò quella stanza che probabilmente non veniva aperta da anni e Sansa si sentì meglio, appoggiò i palmi delle mani sul piccolo davanzale e chiuse gli occhi respirando l'aria frizzante che le riempì le narici e le mosse dolcemente i capelli.
Chissà se a Grande Inverno stava nevicando, se i lupi ululavano e correvano tra i boschi, aprì gli occhi e guardò il cielo diventare sempre più scuro, poi tornò a guardare dentro e vide il Mastino steso su un fianco, i lineamenti della metà sana del suo viso erano rilassati e per un momento a Sansa sembrò di avere per davvero accanto a sé un uomo poco più grande di lei e non uno di quaranta!
Fu tentata dallo spostargli i capelli neri che gli ricadevano sul viso, ma preferì non toccarlo, non turbare il suo sonno e così fece per stendersi accanto a lui dall'altra parte del letto: questo cigolò appena sotto il lieve peso della giovane Stark e lei solo in quell'istante si rese conto di star giacendo con un uomo, avvampò. Era ubriaco sì, dormiva è vero, ma era un uomo!
Che cosa avrebbe detto sua madre o la sua septa se avessero visto che lei, Sansa Stark di Grande Inverno, giaceva con un uomo che non era suo marito e che per di più era stato al servizio dei Lannister?
Poi però rammentò che quasi sicuramente avevano dormito insieme anche la notte precedente e il cuore perse un battito per poi ripartire al galoppo.

"Puoi stenderti, non ti farò del male."
Il Mastino la tranquillizzò, almeno a parole, circa i suoi intenti, ma Sansa continuò a provare quello stato di profonda vergogna. Strinse gli occhi e posò le mani al petto, poi cedette e si stese, la testa rivolta dall'altra parte. Il Mastino era troppo ubriaco anche solo per pensare di poter toccare l'uccellino, ma anche se l'avesse fatto, non sarebbe stato per farle del male: lui non le avrebbe mai torto un capello.
Stava facendo quel viaggio con lo scopo di riportarla al suo nido, non le avrebbe mai spezzato le ali per soddisfare il suo desiderio, mai.

Il mattino seguente i due ripartirono, il loro rapporto stava cambiando, ormai era evidente.
Si era creata una strana routine: si cavalcava per diverse ore, poi Sandor andava a cercare delle bacche o una lepre, mentre lei accendeva il fuoco o soddisfava impellenze personali, poi dopo aver consumato il loro frugale pasto, Sandor la aiutava a risalire su Straniero per poi continuare a cavalcare, Sandor teneva le briglie e lei teneva le mani sulle sue o lei reggeva le briglie di Straniero e lui le copriva con le sue.
Quel rapporto che si stava creando era strano, ma agli occhi di Sansa risultava bello, semplice e meno spaventoso con il passare dei giorni, agli occhi di Sandor magnifico perché per la prima volta condivideva qualcosa di semplice con qualcuno.

 

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Capitolo 10
*** Grazie! ***


                                                     


 
Grazie!


 
Una fitta nebbia cominciò ad avanzare verso di loro e Straniero fu costretto a rallentare la sua andatura, il Mastino coprì Sansa con il mantello che lei gli aveva precedentemente restituito “E voi?” chiese Sansa lasciandosi avvolgere dal calore dell’indumento dell’uomo.
“Sto bene.” rispose usando un tono di voce sicuro.
Sansa osservò la terra attorno a loro diventare grigiolina, poi prese a piovere e il Mastino speronò nuovamente il suo cavallo affinché accelerasse il suo galoppo e li conducesse al riparo da qualche parte. Straniero si fermò dopo quelle che a Sansa sembrarono ore in una caverna, il Mastino era zuppo, i suoi lunghi capelli scuri erano adesi alla fronte e alle guance, la pioggia aveva bagnato la sua armatura, inzuppandolo fino alla tunica che indossava al di sotto dell’armatura. Anche Sansa era bagnata, tuttavia sapeva già cosa fare: sarebbe bastato il fuoco ad asciugarli.
 
Qualcuno era già stato in quella caverna perché Sansa trovò della legna che era rimasta lì e non era stata accesa: suo padre una volta le aveva mostrato come la servitù accendesse il camino gigantesco a Grande Inverno, di certo però non avrebbe mai immaginato di dover mettere in pratica ciò che il suo amato genitore le aveva insegnato molto tempo prima!
Il fuoco si accese e Sansa vide Sandor sobbalzare e rifugiarsi in un angolo della caverna, lontano dal fuoco. Sansa lo invitò a più riprese, ma il Mastino fu irremovibile “Meglio morire di freddo che stare vicino al fuoco!”
Sansa non insistette, non voleva che l’uomo la mandasse al diavolo. La giovane si riscaldò in un batter d’occhio e i suoi capelli e vestiti si asciugarono velocemente, mentre Clegane prese a tossire. Lei si voltò preoccupata verso di lui e lo guardò: tremava.
 
Cocciuto!
 
“Vi prego, venite qui.” riprovò lei.
L’uomo si appoggiò alla parete rocciosa e prese a respirare affannosamente.
“Non dovete per forza stare vicino al fuoco, ma quel tanto che basta a sentirne il calore, starete meglio.” riprovò ancora dolcemente.
“Il fuoco mi ha fatto questo!” le rammentò “L’ho sentito abbastanza il suo maledetto calore!”
“Ma morirete di freddo!” gli ricordò lei.
Lui rise sommessamente “L’uccellino ha paura per un cane? Sarebbe la prima volta.”
“Vi prego.” riprese ancora lei, ma Sandor non si mosse, allora fu lei ad andare da lui, a togliersi il mantello di nuovo e a porlo sul corpo del suo compagno di viaggio; lui sembrò rilassarsi a contatto con quel calore “Avete visto com’è bello?” aggiunse la giovane.
“Smettila di preoccuparti tanto per me.” l’ammonì lui “Nessuno si preoccupa di un cane.”
“Voi non siete un cane, voi siete… un uomo… buono, anche se fate di tutto per nasconderlo, io so che avete un animo nobile.”
“No, ti prego, non tirare fuori ora la stronzata del cavaliere! Non sono uno di loro.”
“Lo so, ma se voi foste non il cavaliere delle ballate, ma un uomo ferito e coraggioso? Questo vi rende meno valoroso? Ai miei occhi voi avete tanto coraggio, la grazia vi manca, ma siete dotato di un grande spirito proprio come i cavalieri.” gli disse Sansa.
Non era una cosa propriamente da Lady quella che aveva detto, ma con lui le buone maniere che aveva appreso cominciavano a venire meno; per la verità tutto ciò che aveva appreso le si era rivelato inutile, tutto ciò che aveva agognato sino a quel momento si era rivelata una dorata messinscena.
Sandor la guardò, aveva gli occhi lucidi: aveva la febbre.
“Quante belle stronzate che dici, uccelletto.” le disse con un ghigno.
Lei abbassò per un momento il capo “Io credo… che voi siate molto più di quello che vi ostinate a mostrare e che io… valga molto meno di un uccellino nella sua gabbia.” lei disse in un sospiro.
L’uomo allora le disse: “E’ ciò che si fa che dimostra chi si è o si è diventati. Non le belle parole, non i bei vestiti, non i castelli, contano solo le azioni che siano disgustose o belle poco importa: definisce solo chi le compie.”
Sansa lo guardò, poi si schiarì la voce e gli disse: “Ora dormite, siete stato…” voleva dirgli coraggioso, ma si limitò a sorridergli dolcemente, lui non sorrise, ma i suoi occhi “parlarono” per lui e non gli stavano rimproverando quelle parole né erano derisori verso quel tenero sorriso, erano – notò Sansa per la prima volta – tranquilli.
“Ho capito.” disse lui semplicemente per poi chiudere gli occhi e distendersi del tutto.
 
Sansa si sentì profondamente confusa di colpo, le parole di Sandor Clegane erano sempre state cariche di disprezzo, dure da accettare e da sentire, ma per una qualche ragione le sue parole stavano diventando via via sempre meno inaccettabili e si stavano trasformando in verità agli occhi e alle orecchie della ragazza: la sua vita era sempre stata fatta di tante etichette, di tante belle storie, di vestiti sontuosi e complicate acconciature e aveva a lungo creduto che per davvero tutta la sua vita sarebbe stata fatta di questo, credeva che la sua vita sarebbe stata quella di innamorarsi di un bellissimo principe dai capelli color dell’oro e che l’avrebbe sposata conducendola su un cavallo bianco nel suo magnifico e imponente castello dove tutti si sarebbero inchinati a lei, ai suoi modi regali e alla sua bellezza.
La vita però aveva riservato ben altro per lei: non c’era il suo bel principe, lo aveva immaginato, idealizzato e sperato che l’amore per lei potesse cambiarlo e invece si era trasformato in una bestia; era bello, regale, ma un mostro. Avrebbe dovuto sposare un mostro. Quella avrebbe dovuto essere la sua vita: restare alla mercé del suo re finché la cosa lo avesse compiaciuto, poi lei non avrebbe significato più nulla nella vita del principe.
Un giorno però un uomo travestito da bestia le rammentò che tutte le cerimonie che si ostinava ad eseguire erano un mucchio di sciocchezze e se la cosa l’aveva addolorata all’inizio, poi non poté fare altro che realizzare quanto avesse ragione.
 
Improvvisamente un lamentò e parole che nemmeno comprese la ridestarono dalle sue riflessioni e si voltò: il Mastino, che le era sembrato invincibile e soprattutto un uomo che niente mai avrebbe potuto abbattere, aveva la febbre alta.
Sansa non aveva mai curato qualcuno prima di allora, aveva visto un paio di volte come Maestro Luwin avesse fatto per far abbassare la temperatura, ma lui aveva anche delle pozioni; pozioni di cui Sansa però non disponeva. Fece ciò che rammentò ovvero strappò un lembo del suo vestito già logoro e lo inzuppò in una pozza d’acqua che la pioggia aveva formato vicino alla caverna, poi lo posò sulla fronte dell’uomo scostandogli i capelli.
“Per i Setti Inferi!” urlò lui trasalendo “Stark!” sputò aprendo gli occhi “Appena mi sento meglio ti spezzo le mani!” la minacciò, ma Sansa ormai ci era abituata a quel modo assolutamente sgraziato di porsi del Mastino.
“Prego.” gli disse semplicemente e lui rivolgendole uno sguardo carico di rimprovero chiuse di nuovo gli occhi, Sansa lo interpretò come un gesto di fiducia da parte di lui e così intinse molte altre volte altri lembi del suo vestito nell’acqua e glielo passò sulla fronte, sulle palpebre, poi sul collo e sui polsi.
 
Sandor apriva di tanto in tanto gli occhi e guardava la ragazzina prendersi tanto disturbo per lui, osservava i suoi movimenti delicati, la osservò da principio con fare guardingo come se sospettasse che la piccola potesse prendere un pugnale dalla sua cintola e pugnalarlo, poi con curiosità quando notò che le sue cure proseguivano e infine con gratitudine.
Incrociarono molte volte lo sguardo, ma non si dissero nulla, a fare rumore c’era il crepitio del fuoco e la pioggia che ancora non cessava di picchiare la roccia e le distese d’erba a loro circostanti.
“Perché non fuggi?” le chiese quando gli occhi presero a bruciargli di meno.
Lei lo guardo perplessa “E dove dovrei andare?”
“A casa tua.” le rispose con tono ovvio.
“Mi ci state portando voi.” obiettò lei con altrettanta ovvietà “Che motivo avrei di fuggire? Non mi avete fatto del male, mi state proteggendo.” riprese lei.
“Passo metà del tempo a trattarti male, te ne sto dando mille di motivi per scappare. Perché tu non lo fai?” chiese di nuovo.
“Non saprei dove andare senza di voi… Sandor.” rispose lei chiamandolo per nome per la prima volta.
“Potresti magari incontrare uno di quei froci che ti piacciono tanto!” sbottò lui.
“Io voglio stare con voi.” replicò lei decisa stupendosi lei stessa di ciò che aveva detto e stupèndo lo stesso Clegane che la osservò quasi come se si trovasse una folle seduta vicino a lui.
“Nessuno vuole stare con un cane.”
Sansa gli prese delicatamente la mano avvolgendola tra le sue “Io infatti voglio stare con voi, Sandor, non con il Mastino. E’ solo una maschera quella del Mastino, ormai sto imparando a conoscervi, sapete.”
 
Sandor non seppe perché, ma essere chiamato per nome da lei ed essere trattato con tanta dolcezza, gli provocò un brivido e una sensazione di improvvisa pace.
Stava facendo qualcosa di buono per una persona finalmente!
La sua vita dunque non era fatta solo per mordere, strappare e uccidere, forse c’era uno spiraglio a cui potersi aggrappare, forse questo spiraglio era proprio la piccola Stark accanto a lui.
“Grazie.”
 
Lo aveva detto veramente?
Lui, Sandor Clegane, aveva detto veramente grazie a qualcuno che non era lui?
 
Quella parola lo sconcertò e dovette stupire anche lei perché lo guardò per diversi secondi con le labbra socchiuse prima di sorridergli e dirgli “Prego.” stringendo appena la presa sulla sua mano troppo grande per le sue piccole. Sandor ricambiò come meglio poteva stringendole a sua volta la mano.
Doveva essere la febbre a fargli girare la testa, a fargli battere più forte il cuore e a fargli dire quelle parole che fino a pochissimo tempo prima gli sembravano vuote e inutili.
Sì, era sicuramente la sua dannata febbre!

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Capitolo 11
*** My duty is to bring you in your land ***


  
                      


 

         My duty is to bring you in your land



 
L a febbre cominciò a essere meno alta e Sandor riuscì a riposare decentemente, non sognò nulla.
Non gli capitava da un po’ di non sognare suo fratello, il suo sguardo freddo e carico di odio, le sue mani che lo tenevano premuto contro i tizzoni ardenti, quell’odore di carne bruciata, la sua carne che lentamente si scioglieva, le sue urla.
 
Sandor riaprì lentamente gli occhi e vide che la pioggia era cessata, splendeva di nuovo il Sole.
Si guardò intorno e vide l’uccelletto dormire, si mise a sedere lentamente e la osservò: i capelli le erano ricaduti in piccola parte sul viso angelico appena arrossato, dormiva su un fianco stringendo nella manina un piccolissimo ciondolo a forma di lupo, quasi come se volesse ricordarsi delle sue origini, di chi era.
Sandor in un moto di tenerezza – tenerezza che non credeva nemmeno di avere – le si avvicinò barcollando appena e le si sedette vicino, la osservò a lungo e intensamente: il suo cuore non cessava di battere all’impazzata, maledetta febbre, quando sarebbe passata del tutto?
Le spostò la ciocca di capelli che le ricadeva sul viso e Sansa si mosse nel sonno, Sandor sollevò la mano, non voleva che la ragazzina lo vedesse chino su di lei e si fosse fatta strane idee!
Si allontanò da lei e si avvicinò all’entrata della caverna, guardò il Sole alto nel cielo e si disse che era ora di svegliarla e rimettersi in viaggio: quella vicinanza alla Stark non gli faceva per nulla bene!
Lui era il Mastino, un cane fedele al proprio padrone, ma pur sempre un cane pronto a mordere, squartare, ammazzare, spezzare chiunque egli volesse, non sarebbe stata quell’innocente creatura a fargli perdere la rotta!
 
Quando Sansa riaprì gli occhi vide l’uomo in piedi a scrutare l’esterno: il Sole era alto e faceva brillare l’erba e le rocce all’esterno. Sansa sorrise, non le capitava da un po’ di sorridere in quel modo e non era solo per il bel tempo che si sentiva così serena, ma lo era anche nel vedere la sua guida stare meglio, era felice di sapere di nuovo in forze l’uomo che faceva di tutto per sembrare una belva.
“Buongiorno!” lo salutò lei e Sandor sobbalzò estraendo fulmineamente il pugnale dalla cintola “Per i Sette Inferi non farlo più!” esclamò rinfoderando l’arma. Sansa ridacchiò guardando il Mastino “Come state?” gli chiese guardandolo dritto negli occhi.
“Bene.” rispose lui semplicemente “Anche se credo che la febbre non mi abbia lasciato del tutto.” aggiunse in tono burbero.
“Posso vedere?”
Lui si voltò verso di lei assumendo un’espressione perplessa che contrasse grottescamente la parte bruciata del suo volto, lei però non provò più repulsione verso quella carne rosacea consumata dal fuoco, ma solo una grande e profonda tenerezza. 
 
Da dove nasceva questo sentimento?
 
Entrambi sapevano che ciò che avrebbero potuto provare si sarebbe sciolto come la neve con i primi raggi più caldi del Sole e perciò nessuno disse all’altro ciò che realmente stava cominciando ad animare il loro animo, nessuno ne aveva il coraggio e la forza.
Entrambi avevano paura.
In modo diverso.
Ma la paura di essere definito uno sciocco e un illuso da lei era più forte dell’ammettere quello che ormai in Sandor Clegane stava diventando ogni secondo più chiaro e lei temeva che lui le avrebbe riso in faccia se gli avesse detto che cominciava a provare tenerezza, comprensione e affetto per lui.
 
Sansa allungò la mano verso la guancia integra dell’uomo e poi gli sfiorò la fronte, era calda, ma non bruciava più tanto come la notte scorsa, stava meglio.
“Non sapevo ti intendessi anche di guarigioni, uccelletto.” le disse lui quando si ritrovarono in marcia su Straniero, lei gli raccontò di come facesse a sapere cosa fare con lui, gli raccontò brevemente delle febbri che avevano colpito i suoi fratelli quando lei era piccola e lui non ringhiò nel sentirla parlare, per la verità – e forse per la prima volta – la ascoltò senza pensare a quanti inutili pigolii proferisse, ascoltò ogni sua parola senza però mai distrarsi troppo: ogni scricchiolio, ogni pietra che cadeva, ogni scalpiccio poteva indicare la presenza di un potenziale nemico.
 
Cavalcarono per molte leghe poi giunsero in un piccolo villaggio non lontano da Pinkmaiden, situato a sud di Delta delle Acque, il cui castello – ricordava Sansa – era tra i più grandi della zona sudoccidentale delle Terre dei Fiumi. Lì si fermarono per far abbeverare il cavallo e fu lì, in una taverna, che i due udirono della sconfitta di Stannis Baratheon e che solo l’arrivo di Tywin Lannister ad Approdo del Re aveva evitato la sua disfatta definitiva. Sansa rabbrividì e il Mastino lo notò perché le disse “Non temere se qualche fottuto Lannister si azzarda a toccarti, si ritroverà senza una mano o un braccio prima che il sole tramonti!”
Sorrise, sapeva che ne era capace e gli restituì uno sguardo complice.
“Edmure Tully sposerà una Frey.” disse un uomo grassoccio a un gruppetto di viandanti seduti a un tavolo e Sansa non poté fare a meno di voltarsi sentendo il nome di suo zio, tuttavia Sandor le posò una mano sulla sua e le ricordò che non doveva reagire in alcun modo sentendo il nome degli Stark o dei Tully o la loro fuga sarebbe rapidamente terminata.
“I Bolton e i Lannister gli daranno il benservito al Giovane Lupo!” esclamò un altro.
Quest’ultima frase allarmò profondamente Sansa.
 
“Dovremmo andare alle Torri Gemelle.” suggerì Sansa una volta allontanatisi dal villaggio.
“Andremo a Grande Inverno. Io lì ti devo portare…” ribatté Sandor.
“Ma mia madre e mio fratello Robb sono alle Torri! A Grande Inverno non c’è nessuno!”
“Ragazzina, il mio compito è portarti nella tua terra, non di lasciarti tra i Frey!”
“Sì, va bene. Però mia madre e mio fratello sono lì, dobbiamo avvisarli! Sono in pericolo!” esclamò insistendo.
“Avranno un esercito, no? A che serve che c’andiamo noi lì?” replicò seccato Sandor.
“Sicuramente avranno un esercito e sicuramente sarete ben ricompensato per il vostro servigio.” gli disse Sansa guardandolo dritto negli occhi “Pensate a quanto oro potreste avere!”
Lui rise “Ho capito a che gioco stai giocando, ragazzina, ma ora oro o meno, ho il compito anche di riportarti a casa…”
“So quali sono le vostre intenzioni, grazie. Davvero. Ma se non li aiutiamo, io non avrò più una casa o una famiglia da cui tornare. Vi prego.” lo implorò Sansa guardandolo a lungo negli occhi, Sandor sbuffò, “Va bene. In pochi giorni dovremmo raggiungerli.”
Stavano per rimettersi in cammino e risalire sul destriero nero come la pece, quando alcuni uomini armati sbucarono fuori da cespugli e alberi con cani ringhianti al loro seguito, il Mastino fu colto alla sprovvista perché qualcuno lo fece cadere in ginocchio, qualcuno colpì Sansa alla nuca e lei perse i sensi.


 
 
_______________________


 
Io qui ho immaginato che 
in qualche modo Sansa venisse a sapere del 
tradimento ordito ai danni del fratello e 
così ho fatto in modo di farla capitare al posto giusto e al momento giusto,
ma la domanda ora è: 
riusciranno ad arrivare in tempo 
o, visto come è terminato il capitolo, non ce la faranno?

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Capitolo 12
*** Kissed by fire ***






Kissed by fire


 
*I suoi occhi si erano abituati alle tenebre. Così, quando un uomo tolse il cappuccio che le copriva la testa, il chiarore rossastro all'interno della caverna fece ammiccare Sansa.
Al centro del pavimento di terra battuta era stata scavata una enorme fossa, nella quale ardeva un fuoco gigantesco. Ruggendo, contorcendosi, le fiamme si levavano fino al soffitto annerito dal fumo. Le pareti della caverna erano un mosaico di pietre e terriccio, tra cui strisciavano gigantesche radici bianco grigiastre che parevano un groviglio di migliaia di serpenti albini. Fece scorrere lo sguardo su quello strano mondo sotterraneo. Figure umane cominciarono a emergere tra le radia, a comparire dalle ombre, per dare un'occhiata ai prigionieri. Per quanto grande fosse il fuoco al centro, la caverna era ancora più grande.
Era difficile dire dove cominciava e dove finiva. Oltre la soglia, i tunnel potevano fermarsi dopo qualche passo oppure continuare per miglia. Sansa vide uomini, donne e bambini piccoli, tutti che la osservavano guardinghi.
 
“Chi siete?” chiese Sansa spaventata guardandosi attorno.
“Sansa?” una voce la fece voltare verso sinistra, Sansa non riuscì a credere ai suoi occhi e alle sue orecchie, era sua sorella Arya, era viva. Sansa si alzò in piedi e andò incontro a sua sorella abbracciandola, Arya non ricambiò l’abbraccio, rimase rigidamente composta nella sua posizione.
Sansa sciolse l’abbraccio “Credevo… credevo che fossi morta!”
“E invece sono qui!” replicò fredda, Sansa guardò tutti quegli uomini, donne e bambini, chi erano?
“Che posto è questo?” chiese un giovane seduto vicino ad Arya dall’aspetto forte e dai capelli scuri.
“Un posto dove né lupi né leoni possono disturbarci.” rispose Thoros di Myr.
Sansa e Arya rabbrividirono anche se l’una lo nascose all’altra.
Sansa si guardò intorno alla ricerca del Mastino e lo vide in piedi vicino al fuoco con un cappuccio sulla testa e le mani legate.
 
«Come hai fatto a catturarlo?» chiese il prete rosso.
«I cani hanno fiutato l'odore. Da non credere, stava fuggendo con una bella rossa.»
«Tradito dalla sua stessa indole.» Thoros si voltò verso il prigioniero e gli strappò via il cappuccio. «Benvenuto nella nostra umile dimora, cane. Non è magnifica quanto la sala del trono di Robert Baratheon, ma la compagnia è migliore.»
Sul volto ustionato di Sandor Clegane, le fiamme proiettavano ombre rossastre, rendendolo addirittura più spaventoso di quanto apparisse alla luce del giorno.
La bocca del Mastino si contrasse: «Io ti conosco» disse a Thoros.
«È vero. Durante le grandi mischie, tu maledivi la mia spada fiammeggiante, anche se è con quella che ti ho abbattuto per tre volte.»
«Siamo tutti fratelli, qui» dichiarò Thoros di Myr. «Fratelli che hanno prestato sacro giuramento al reame, al nostro dio e a noi stessi.»
«La fratellanza senza vessilli.» spiegò Beric Dondarrion «I cavalieri della collina cava.»
«Cavalieri?» Clegane pronunciò la parola come un insulto ringhiante.
«Dondarrion è un cavaliere, ma il resto di voi è la più patetica banda di fuorilegge e di uomini finiti che io abbia mai visto. La mia merda è meglio di voi.» sputò il Mastino.
«Ogni uomo può essere un cavaliere» replicò il macilento Beric Dondarrion  «E ogni uomo che tu vedi davanti a te ha sentito il peso della spada sulla spalla. Noi siamo la compagnia dimenticata.»
«Lasciatemi andare, e io mi dimenticherò che esistete» ringhiò Clegane. «Se volete assassinarmi, fatelo pure, il vostro assassinio del cazzo. Mi avete tolto la spada, il cavallo, l'oro. Toglietemi anche la vita e sia finita… Ma almeno risparmiatemi questo belare da baciapile.»
«Morirai fin troppo presto, cane» garantì Thoros. «Ma non sarà assassinio: sarà solamente giustizia.»
«È un destino ben più gentile di quanto meriti, dopo tutto il male che hai fatto. Voi osate chiamarvi leoni. A Sherrer, a Mummer's Ford, ragazzine di sei, sette anni sono state stuprate. Infanti che ancora succhiavano il latte sono stati tagliati in due sotto gli occhi delle loro madri. Nessun leone ha mai ucciso con tanta crudeltà.»
«A Sherrer e a Mummer's Ford io non c'ero» ribatté il Mastino. «I tuoi bambini morti va' a scaricarli davanti alla porta di qualcun altro.»
Fu Thoros a rispondergli. «Neghi forse che la Casa Clegane sia stata costruita sui bambini morti? Li ho visti io depositare i cadaveri del principe Aegon e della principessa Rhaenys davanti al Trono di Spade. Per diritto delle armi, in luogo di quei brutti cani, sul vostro vessillo dovrebbero campeggiare due infanti sgozzati.»
Il Mastino fece una smorfia. «Mi prendi forse per mio fratello? È forse uncrimine essere un Clegane?»
«L'assassinio è un crimine.»
«E chi avrei assassinato?»
Una sfilza infinita di nomi risuonarono lungo le pareti della caverna e Sansa guardò preoccupata il Mastino.
«Basta così!» L'espressione del Mastino era irrigidita dall'ira. «Piantatela con questa litania. Questi nomi non significano niente per me. Chi erano?»
«Gente» rispose lord Beric. «Gente grande e piccola, giovane e vecchia. Gente buona e gente cattiva, morta sulle punte delle lance dei Lannister, morta con il ventre squarciato dalle spade dei Lannister.»
«Non è stata la mia spada a squarciargli il ventre. E chiunque dica il contrario è un mentitore.»
«Sei al servizio dei Lannister di Castel Granito» replicò Thoros.
«Lo ero un tempo. Io e migliaia di altri uomini. Adesso ognuno di noi è colpevole dei crimini commessi dagli altri?» Sandor Clegane sputò. «Ma forse voi siete davvero cavalieri. Mentite come mentono i cavalieri, e magari assassinate come assassinano i cavalieri.»
Dondarrion alzò una mano, imponendo il silenzio. «Chiarisci le tue parole, Clegane.»
«Un cavaliere è una spada in sella a un cavallo. Tutto il resto - i giuramenti, gli unguenti sacri, i pegni delle dame - non è altro che un nastro di seta legato alla lama della spada. Può darsi che quella lama sia più bella con un nastro attorno, ma vi uccide nello stesso identico modo. Ebbene, all'inferno i vostri nastri. Voi e io siamo la stessa cosa. C'è un'unica differenza: io non mento sulla mia identità. E allora uccidetemi pure, ma non chiamate me assassino mentre voi ve ne state lì a dirvi gli uni agli altri che voi non lo siete. Avete capito?»
Arya sgusciò e gridò «Tu sei un assassino!» gridò. «Hai ucciso Mycah, non negarlo. Lo hai assassinato!»
Il Mastino la guardò senza dare segno di averla riconosciuta. «E chi sarebbe questo Mycah, ragazzo?»
«Io non sono un ragazzo! Mycah invece lo era. Era il garzone del macellaio e tu lo hai ucciso. Jory Cassel ha detto che lo hai quasi tagliato in due, e lui nemmeno aveva la spada.»
«E questa chi è?» chiese qualcuno.
«Per i Sette Inferi!» Fu il Mastino a rendersene conto. «La sorellina di…» gli occhi dell’uomo cercarono quelli di Sansa che subito ricambiò lo sguardo.
«La ragazza ti accusa di essere un assassino» disse lord Beric. «Neghi di aver assassinato questo garzone di macellaio, questo Mycah?»
«Ero lo scudo giurato di Joffrey Baratheon» disse il Mastino scrollando le spalle. «Il garzone di macellaio aggredì un principe ereditario.»
«È una menzogna! Sono stata io ad aggredirlo! Ho colpito Joffrey e ho gettato Artiglio di leone nel Tridente. Mycah è scappato e basta, come io gli avevo detto di fare.»
«Tu hai visto il ragazzo attaccare il principe Joffrey?» chiese lord Beric Dondarrion al Mastino.
«Così ho udito. Non spettava a me mettere in discussione le parole di un principe.»
«E la sorella di questa stessa ragazzina lo ha confermato al cospetto del tuo prezioso re Robert Baratheon.»
«Sansa è solo una bugiarda!» Arya era di nuovo furiosa contro sua sorella. «Non è andata affatto come ha detto lei!» gridò la Stark dimenticando che la sorella Sansa era nella caverna lì con loro.
Thoros prese lord Beric in disparte. Parlarono a voce bassissima per qualche momento, mentre Arya ribolliva di rabbia.
Beric Dondarrion tornò a rivolgersi al Mastino «Sei accusato di omicidio, ma qui nessuno è in grado di appurare la verità o la falsità dell'accusa. Per cui, non è nostro compito giudicarti. Ora è il Signore della luce l'unico che può farlo. Io ti condanno a un verdetto per singolar tenzone.»
Il Mastino corrugò la fronte, pieno di sospetto, come se non si fidasse delle proprie orecchie. «Che cosa sei tu, Dondarrion, uno stolto o un folle?»
«Né l'una cosa né l'altra. Sono semplicemente un lord. Prova la tua innocenza con una spada in pugno, e sarai libero.»
 
Sansa tirò un sospiro di sollievo, il Mastino era praticamente imbattibile con la spada, lo sapevano tutti, inclusa sua sorella Arya che era furibonda.
 
«Allora, chi sarà il prode?»
«È me che affronterai» disse lord Beric Dondarrion.
Thoros si preparò a riconsegnare al Mastino il suo cinturone e uno scudo.
Il Mastino snudò la spada d'impeto e gettò via il fodero.
Il Mastino fece il primo passo verso l'avversario. Thoros di Myr lo fermò.
«Prima preghiamo.» Si girò verso le fiamme e sollevò le braccia al cielo.
«Signore della luce, abbassa il tuo sguardo su di noi.»
Dovunque nella caverna, i membri della fratellanza senza vessilli levarono le loro voci in risposta. «Signore della luce, difendici.»
«Signore della luce, proteggici nelle tenebre.»
«Signore della luce, possa il tuo volto risplendere su di noi.»
«Accendi la tua fiamma tra di noi, o R'hllor» disse il prete rosso. «Mostraci la verità o la falsità di quest'uomo. Abbattilo con la tua potenza se è colpevole, concedi forza alla sua spada se non lo è. Signore della luce, dona a noi la tua saggezza.»
«Perché la notte è oscura» dissero tutti gli altri in coro «e piena di terrori.»
Lord Beric si passò il filo della spada lungo il palmo della mano sinistra. Lentamente, fece scorrere l'acciaio. Il sangue corse scuro dal taglio, colando sulla lama.
E a quel punto, la sua spada prese fuoco.
 
Il Mastino retrocesse di mezzo passo totalmente scioccato alla vista della sua spada fiammeggiante, Sansa dal canto suo ne fu totalmente stupefatta.
 
Il Mastino scatenò l'attacco, e allora Dondarrion si mosse, rapido come la folgore.
L'acciaio fiammeggiante si sollevò a intercettare l'acciaio gelido, lunghi vessilli di fuoco nella scia, simili a quei nastri di seta di cui aveva parlato Clegane. Le lame cozzarono l'una contro l'altra. L'istante stesso in cui il primo colpo venne parato, il Mastino ne assestò un altro. Questa volta, fu lo scudo di lord Beric a mettersi di mezzo, schegge di legno volarono via sotto la violenza del fendente. E i colpi continuarono, feroci, furiosi. Dal basso in alto, da destra a sinistra. Dondarrion li parò tutti. Le fiamme vorticavano dalla sua spada, spettri rossi, fantasmi gialli che disegnavano archi nell'aria della caverna Adesso era lord Beric ad attaccare, riempiendo l'aria di vortici fiammeggianti, costringendo il gigantesco guerriero alla ritirata. Clegane parò un colpo alto. Uno dei cani dipinti sul suo scudo perse la testa. Passò al contrattacco, Dondarrion intercettò di nuovo con lo scudo il suo fendente e rispose duramente.
La fratellanza dei fuorilegge gridò incitamenti al suo capo.
Il Mastino parò un colpo alla testa, la sua espressione si distorse nel sentire il calore delle fiamme che gli alitava sulla faccia. Clegane grugnì, imprecò, arretrò.
Lord Beric non gli diede respiro. Si avventò sul guerriero deturpato, le braccia che mulinavano senza sosta. Le spade cozzarono, si separarono, cozzarono di nuovo. Altre schegge volarono via dallo scudo con la folgore. Fiamme tornarono a baciare i cani dipinti, una volta, due, tre. Il Mastino fintò a destra, Dondarrion lo anticipò con un rapido passo laterale e lo respinse dalla parte opposta… verso la vampata ruggente del fuoco al centro della caverna. Clegane arretrò fino a quando non sentì il morso del calore sulla schiena.
Sandor Clegane andò ferocemente al contrattacco. I grandi scudi di quercia incassarono un colpo dopo l'altro, una mazzata dell'acciaio dopo l'altra.
Una patina di sudore appiccicava i lunghi capelli sulla fronte del Mastino.
La spada di lord Beric falciò e sciabolò. In un unico, feroce assalto, il lord della Folgore riguadagnò tutto il terreno che Clegane aveva conquistato. Ancora una volta, il Mastino fu costretto sul margine
del cratere.
Le fiamme stavano lambendo il retro delle sue cosce. Andò al contrattacco, mulinando sempre più velocemente la grande spada, cercando di annientare l'avversario più piccolo con la forza bruta, cercando di spezzargli la spada, lo scudo, un braccio. Ma nei suoi occhi lampeggiavano le fiamme delle parate di Dondarrion. E quando il Mastino cercò di allontanarsi da esse, un piede gli cedette.
Sandor Clegane fu con un ginocchio a terra.
Sansa urlò per il terrore.
Lord Beric si avventò, il colpo decisivo che sibilava nell'aria, disegnando torridi pennoni di fuoco. Con il respiro ansimante per lo sfinimento, proprio all'ultimo secondo Clegane riuscì a sollevare lo scudo sopra la testa. Tutta la caverna parve vibrare all'impatto della spada sul legno di quercia che incassò il colpo eruttando un vulcano di schegge.
«Il suo scudo… brucia…» affermò Gendry. Le fiamme erano dilagate sulla vernice gialla scheggiata, stavano divorando i tre cani neri.
Con un temerario contrattacco, Sandor Clegane era riuscito a rimettersi in piedi. Lord Beric arretrò di un altro passo. Fu solo allora che il Mastino sembrò rendersi conto che il fuoco che gli ruggiva a un palmo dalla faccia proveniva dal suo stesso scudo. Con un urlo di repulsione, calò su di esso un colpo selvaggio, completandone la distruzione. Lo scudo si spezzò. Una metà volò via roteando, ancora avvolta dal fuoco. L'altra metà si ostinò a rimanergli attaccata all'avambraccio. I suoi sforzi disperati di liberarsene attizzarono le fiamme. Il fuoco raggiunse la manica. Tutto il suo braccio sinistro cominciò a bruciare.
«Finiscilo!» urlò Arya. Altre voci si levarono in un unico coro. «Colpevole! Colpevole!» Arya gridò assieme a tutti gli altri. «Colpevole! Uccidilo! Colpevole! Uccidilo!», Sansa era l’unica a gridare e implorare gli dèi affinché fosse risparmiato.
Lord Beric scivolò in avanti per il colpo conclusivo. Il Mastino emise un grido rauco. Sollevò la spada a due mani. La calò con tutta la sua forza. Lord Beric parò facilmente e la sua spada fiammeggiante si spezzò di netto in due. L'acciaio del Mastino continuò nella sua corsa di devastazione. Affondò nel corpo di Beric Dondarrion nel punto tra il collo e la spalla. L'acciaio fece scempio di tutto quello che incontrò, fino allo sterno.
Sandor Clegane sussultò all'indietro, continuando a bruciare. Si strappò di dosso i resti dello scudo. Imprecando, li lanciò lontano. Poi si rotolò sulla nuda terra, cercando di spegnere le fiamme che continuavano a torcersi sul suo braccio.
Le ginocchia di lord Beric si piegarono lentamente, come in una genuflessione. Mentre crollava in avanti, la spada del Mastino rimase conficcata di traverso nel suo corpo.
«Vi prego…» implorò Sandor Clegane con un rantolo mentre si stringeva il braccio ustionato. «Brucio. Aiutatemi. Qualcuno… qualcuno mi aiuti.» Sandor Clegane stava piangendo. «Vi prego.»
 
Sansa si alzò di scatto e fece per afferrare la borraccia di uno degli uomini che stavano assistendo al combattimento, ma Sansa fu fermata proprio da sua sorella Arya “Che cavolo ti prende?” la rimproverò “Sai chi è quello, no? E allora perché stai andando da lui?”
“Mi ha salvato la vita, glielo devo.” rispose Sansa che fece per superare sua sorella, ma inutilmente.
“E’ un assassino, non merita la tua compassione.” urlò rabbiosa.
«Brucia negli inferi, Mastino» Arya urlò in faccia a Sandor Clegane, piena di furore cieco, disarmato. «Brucia negli inferi!»
«Già fatto.» disse una voce. Arya e Sansa si voltarono. Beric Dondarrion in piedi dietro di lei, una mano lorda di sangue appoggiata alla spalla di Thoros di Myr.

 

 
*righe tratte da “I fiumi della guerra”


 
_________________

Buon pomeriggio, 
scusate l'attesa, so di essere in un ritardo tremendo,
ma il lavoro è ripreso e conciliare sonno/lavoro/fantasia/scrittura 
non è facile.
Spero di farmi perdonare con questo capitolo.
Il capitolo si chiama "Kissed by fire" come la puntata 3x05 della serie tv
e come in quell'episodio Arya e il Mastino si incontrano di nuovo,
ma visto che la mia ff è una SanSan, ho immaginato che ci fosse anche Sansa in quella caverna
assieme al Mastino, Arya, Gendry e tutti gli altri.

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Capitolo 13
*** So different, so unique ***








So different, so unique



 
on sommo disgusto di Arya, il Mastino fu liberato: i fuorilegge avevano curato il braccio ustionato di Sandor Clegane, gli avevano restituito spada, armatura e cavallo, l'unica cosa che si erano presi era stato il suo oro.
Arya provò una grande e fortissima rabbia nel vederlo andare via, mentre Sansa una grandissima disperazione: la sua unica, anzi la loro unica possibilità di ritorno stava sfumando e lei era di nuovo prigioniera assieme a sua sorella che però la detestava.
 
“Sei proprio stupida allora!” inveì Arya contro la disperazione di sua sorella.
“Smettila!” la implorò Sansa con gli occhi lucidi.
“Piangi per quel mostro! Un assassino! Sei pazza.” Sansa tirò su col naso “Piantala di piangere, sei patetica!” proseguì Arya “Quello non si preoccupa di niente e nessuno se non della sua sporca pelle!”
“Non è vero.” replicò Sansa tra i singhiozzi “E’ rude, ma… mi ha salvata, mi ha portata via con sé da Approdo del Re, avrebbe potuto abbandonarmi al mio destino, ma non l’ha fatto, come si può chiamare mostro una persona che ti salva la vita?” poi Sansa proseguì il suo racconto narrando alla sorella tutto quello che lei aveva vissuto, ma Arya non si scompose, anzi i suoi lineamenti divennero ancora più duri e le labbra si stirarono in una linea dritta carica di rimprovero verso la sorella maggiore.
“Sei una stupida, Sansa, oltre che bugiarda. Prima hai difeso Joffrey e mi hai costretto a lasciar andare via Nymeria, con le tue parole hai condannato a morte Mycah e ora stai difendendo quel… lurido assassino. Sei il disonore della nostra famiglia!” sentenziò Arya con disprezzo.
Sansa perse il controllo di sé e dimenticò le buone maniere, schiaffeggiò sua sorella che l’aggredì con veemenza graffiandola e picchiandola, fu Gendry a separare le due sorelle, qualcun altro si affacciò incuriosito da quella scena.
“Ma che vi prende si può sapere?” intervenne il ragazzo dagli occhi chiari e dai capelli scuri strappando Arya che si era lanciata con impeto su sua sorella.
“Mia sorella è matta, ecco cosa c’è.” rispose Arya furiosa.
Sansa respirò affannosamente, poi si rannicchiò in un angolo e iniziò a piangere.
“Tutto quello che sa fare è piangere.” continuò Arya “E mentire.”
 
La odiava, odiava sua sorella.
 
“Dai, lasciala stare. Calmati” disse di nuovo Gendry per poi trascinare via la piccola Stark da Sansa.
Sansa si portò le ginocchia al petto e pianse silenziosamente.
Voleva che lui tornasse da lei, che trovasse il modo di mantenere la sua promessa, ma i giorni passarono, il Sole sorgeva e tramontava e lui se n’era andato.
Forse era veramente stupida come diceva sua sorella Arya!
 
“Ti ho portato qualcosa da mangiare.” le disse Gendry quando di nuovo la Luna fu alta nel cielo.
Gli occhi di Sansa erano gonfi, le facevano male ed era sicura di avere un aspetto decisamente grottesco, ma ormai la giovane Stark non ci badava neanche più molto al suo apparire.
“Grazie.” disse Sansa.
Lei prese il piccolo piatto in legno da cui prese con le mani una patata cotta e dei pezzetti di carne, non mangiava da tanto questi cibi che le sembrarono una vera e propria delizia al palato.
“Non far caso ad Arya.” le disse “E’ arrabbiata, ha visto… tante cose brutte che non dimenticherà mai.”
Sansa annuì “Lo so, so cosa sente. Ma lei non mi sopporta. Non lo faceva prima di… non lo farà ora che ho preso le parti del Mastino che disprezza con tutta se stessa. Io e Arya non ci vorremo mai bene, neanche sforzandoci. Siamo tanto giovani eppure abbiamo così tanto rancore già l’una verso l’altra.”
Gendry posò una mano sulla sua delicatamente assumendo un’espressione dispiaciuta “Spero che vi comprendiate e riusciate a parlare serenamente prima o poi.” le disse prima di allontanarsi da lei e lasciarla da sola.
 
Sansa rimase sola per i successivi giorni, si sforzò di dormire e mangiare, ma ormai stava facendo l’abitudine anche a non mangiare né dormire più, il sesto giorno – quando si rialzò – ogni muscolo le doleva, doveva mantenersi. Trovò in un angolo poco lontano da lei Arya che fissava il fuoco, aveva un’espressione rabbiosa, quando si avvicinò a lei, la sua sorellina la guardò velenosa in viso “Anche Gendry se n’è andato! Le tue preghiere si sono esaudite. Sono anch’io da sola. Solo che io ho perduto un amico, tu… uno schifoso assassino!”
“Dove è andato?” chiese Sansa.
“La Fratellanza l’ha… venduto.” rispose Arya gettando con rabbia una manciata di polvere nel fuoco.
“Perché?”
Arya non rispose “Non ci possiamo fidare di loro. Potrebbero fare lo stesso con noi in cambio di qualche moneta d’oro! Dobbiamo…” Arya si guardò intorno prima di aggiungere “…fuggire.” Sansa la guardò a lungo “Sei capace di farlo? O ti metterai a piangere e chiedere aiuto?” la rimbeccò Arya.
Sansa si limitò a guardare sua sorella, niente da fare non l’aveva perdonata per la perdita del suo meta – lupo, non la perdonava per aver sostenuto Joffrey, non la perdonava di essere stata lì e non aver fatto niente per evitare la morte del padre, non la perdonava per sostenere il Mastino.
 
La notte venne e assieme ad essa molti uomini andarono a dormire, ma né Sansa né Arya dormivano. Erano sveglie e pronte a fuggire. Arya aveva una luce strana negli occhi, pensò Sansa che invece si limitava a fissare l’uscita nella speranza di vedere Sandor Clegane entrarvi, prendere le due Stark e fuggire, ma ciò non accadde. Il Mastino doveva essere ormai a molte leghe da lì!
“Guardie Lannister a un centinaio di piedi da noi!” urlò qualcuno, quello fu il segnale che le due sorelle stavano aspettando, le due nella confusione generale riuscirono a superare facilmente i due cavalieri posti a guardia della caverna. Sansa e Arya fuggirono a perdifiato nel bosco buio, Sansa arrancava, ma non si fermò. Fu afferrata improvvisamente mentre correva, colui che la strattonò era forte e aveva un’armatura che si distingueva chiaramente alla luce della luna, lei scalciò e si dimenò, ma quando sentì la sua voce smise di farlo “Per i Setti Inferi, smettila!” Sansa si voltò, era il Mastino.
Avrebbe voluto abbracciarlo, sorridergli, ma lui le chiese bruscamente: “Dov’è quel mostriciattolo?”
“Ha continuato a correre.”
 
Non si è nemmeno fermata a controllare per vedere dove fossi…
 
Il Mastino la lasciò lì dicendole “Nasconditi in questo cespuglio e non emettere neanche un suono, capito?” poi corse e corse nella speranza di non fare troppo rumore.
La Stark correva, era veloce.
Eccome se lo era, ma Sandor fu più veloce. La colse da dietro circondandola per un braccio e poi le disse all’orecchio “Scalcia quanto vuoi, lupacchiotta, non ti servirà a niente.”
Sandor avrebbe voluto che la piccola fosse docile quanto Sansa, ma se Sansa era docile quanto un agnello, Arya era incontrollabile, un vero e proprio lupo selvatico, lui, per il loro bene, fu costretto a colpirla e così, caricatasela sulle spalle e recuperata Sansa, i tre si allontanarono dal Bosco dei Sussurri. 




 
__________________



TOC, TOC c'è nessuno?
Buonasera, scusatemi per l'immenso ritardo!
Vi ricordate ancora di me e della mia storia?
Beh, allora siamo al punto in cui quando Sansa sembrava essersi rassegnata nello stare
con sua sorella Arya, ecco ritornare il Mastino che - a quanto pare - 
era rimasto lì nascosto in attesa di fare la sua mossa... 
Dite che la convivenza tra Sansa, il Mastino e Arya sarà facile?
Come avrete anche notato libro, fantasia e serie tv qui si sono praticamente intrecciate...
diciamo che mi piaceva l'idea di poter inserire qualcosa del libro e della serie,
soprattutto in questo capitolo che considero di transizione.
Mi chiedo come sarebbe andata se
per davvero Sansa fosse stata assieme
ad Arya e al Mastino,
cosa avrebbe fatto, cosa avrebbe detto,
quali avventure avrebbe vissuto...!
Termina qui il mio sproloquio,
grazie per avermi letta, 
come sempre - e se vi fa piacere - lasciatemi un commento.
Alla prossima!
 

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Capitolo 14
*** Into the depths ***






Into the depths


 
“Sei un maledetto vecchio bifolco!” gridò Arya.
“Ancora una parola e te la faccio mangiare quella lingua!” abbaiò rabbioso il Mastino.
“Sei un assassino, sei… talmente orribile che neanche l’Inferno ti vuole!” riprese Arya.
Arya e il Mastino non facevano che litigare da quando avevano lasciato il Bosco dei Sussurri, Sansa di contro era diventata tremendamente taciturna. Sansa sospirava di tanto in tanto e pregava affinché riuscisse a salvare la vita di sua madre e suo fratello.
“Dì qualcosa a questo… a questo lurido verme!” sibilò Arya rivolgendosi per la prima volta a sua sorella nella speranza di trovare sostegno, ma Sansa – che sedeva su Straniero – le rivolse solo un lungo e severo sguardo. Ad Arya sembrò di vedere lo sguardo carico di rimprovero di sua madre e abbassò lo sguardo diventando finalmente silenziosa.
“Siano ringraziati i Sette maledetti Inferi!” sbottò il Mastino e Sansa sorrise.
Tuttavia gli scontri verbali – e poi fisici – di Arya verso Sandor Clegane continuarono tanto che alla fine lui sbottò esasperato «La prossima volta che cerchi di colpirmi, ti lego le mani dietro la schiena. La prossima volta che cerchi di scappare, ti lego i piedi. Urla, strepita, cerca di mordermi, e ti metto un bavaglio. Possiamo cavalcare assieme, oppure posso sbatterti di traverso alla sella come una scrofa da macello. La scelta è tua.»
Sansa rivolse uno sguardo verso sua sorella, voleva dirle silenziosamente di smetterla di comportarsi come un cavallo selvaggio, ma sua sorella le mimò con le labbra un epiteto osceno che la fece arrossire violentemente.
 
Le due sorelle stavano insieme, ma ognuna ignorava l’altra: Sansa osservava il fuoco crepitare e si sentì tremendamente sola. Arya se ne stava in disparte su un albero con le gambe penzoloni.
Il Mastino osservava la scena e per una qualche strana ragione, si sentì quasi in obbligo ad avvicinarsi all’uccelletto che aveva un’espressione tremendamente triste dipinta sul volto.
“Tua sorella non è un tipo facile.” le disse accostandosi a lei.
“Già. Lo è sempre stata in verità, ma da quando è rimasta completamente sola è peggiorata. E’ aggressiva, sempre furiosa, sempre… alla ricerca di qualcosa.”
“Vendetta.” completò per lei Sandor “Lei in un certo senso mi ricorda me, rabbiosa e sempre con la voglia di vendicare i torti subiti.”
“Sì, ma se la prende con me per tutto. Anche se piove! Io sono la causa di ogni sua sciagura, forse ho sbagliato a prendere le parti di Joffrey, ma… credevo che farlo fosse la cosa giusta.” cercò di giustificarsi lei “Arya non me lo perdonerà mai.”
“Forse.” disse lui “O forse tempo una o due lune e ci riderà su.”
“Arya? Non la conosci.” lo contraddisse Sansa “E poi odia il fatto che io prenda le tue parti, lei dice che tu sei… un assassino.”
“Ma lo sono.” convenne lui.
Sansa lo guardò “So chi siete, ma credo anche che in voi ci sia del buono.”
Sandor guardò la ragazzina dai capelli rossi “Sei troppo buona, vedi solo quello che vuoi vedere.” scosse la testa e per un istante osservò le fiamme “Ma in me non c’è niente se non morte e distruzione. Quei quattro cazzoni in quella caverna me l’hanno ricordato.”
Lei lo guardò stupita "Quindi a voi son bastate le parole di Beric Dondarrion e Thoros per farvi tornare a credere questo?!"
"Io sono quello! Solo morte e distruzione per Sandor Clegane."
"Io non ci credo! Insomma guardate cosa state facendo per me e per Arya! Non è forse un atto lodevole quello che state facendo?"
"Lo faccio per denaro, non per il fottuto desiderio di viaggiare, dormire all'aperto e pisciare dove capita!" abbaiò il Mastino.
Sansa deglutì distogliendo lo sguardo: non ci credeva. Non voleva crederci.
 
In verità non ci credeva nemmeno lui, ma lo disse con tono particolarmente convincente da far desistere altre parole in merito da parte della maggiore delle Stark.
Sandor quella notte non dormì: vegliò sulle due sorelle Stark. La più piccola andò a dormire lontano dal fuoco e si nascose dietro un cespuglio, quando Sandor andò a controllarla lei gli rivolse un epiteto degno di Fondo della Pulci. La maggiore, colei che gli si era affidata totalmente, si rannicchiò poco lontano dal fuoco e si addormentò poco dopo avergli detto “Io mi fido di voi.”
 
Perché quella dolce ragazzina gli ricordava continuamente quanta fiducia riponesse in lui?
Cosa voleva veramente da lui?
Ma lo aveva visto bene in faccia?
Non sapeva che era un assassino, un mostro?
 
Eppure lei si ostinava a vedere quella minuscola e invisibile parte di lui che lei definiva “buona”.
Il Mastino pensò che avrebbe fatto di tutto per lei, ma soprattutto per non deludere le sue aspettative.
 
Ma quali aspettative?
 
Se la Stark si illudeva che bastassero quelle belle paroline che le piacciono tanto per trasformarlo in un principe o in un Lord, aveva sbagliato completamente persona!
Lui era un uomo libero che si era posto l’obiettivo di portare una persona a casa in cambio di denaro, punto. Che cosa poteva esserci di lodevole o buono in questo?
Niente, si rispose.
 
Ma allora perché sentiva che quelle parole sul fare quel viaggio per denaro gli risuonarono improvvisamente false?
 
Con quella domanda in testa, lentamente scivolò in un sonno tormentato dal calore del fuoco e dal bruciare della carne, della sua carne.
 
 
 
Alle prime luci dell’alba la prima a destarsi fu Arya che avrebbe tanto, ma tanto voluto colpire e uccidere quel mostro, ma vide con orrore che invece il mostro si era addormentato a due passi da sua sorella; si avvicinò a Sansa che dormiva con le labbra schiuse e le braccia abbandonate vicino al fuoco ormai spento e la destò.
“Co - ?” fece per chiedere Sansa, ma Arya le tappò la bocca.
“Andiamo via.” mimò con le labbra in modo che il Mastino non la sentisse.
Sansa scosse la testa e rimase lì, ferma.
Arya prese la mano di sua sorella “Fallo per la nostra famiglia.” le disse in un sussurro.
“Lui” disse Sansa indicando Sandor “ci sta portando da nostra madre e nostro fratello.”
Arya scosse la testa “E’ un inganno. Ci vuole vendere. L’ho sentito.”
Sansa pensò che forse sua sorella non aveva tutti i torti, ma qualcosa la spingeva a fidarsi di quell’uomo tanto forte quanto rozzo e perciò non si mosse.
“Sei proprio stupida.” la rimproverò Arya.
“Lui è la nostra miglior protezione.” le rammentò Sansa.
Arya maledisse sua sorella e andò ad allenarsi da qualche parte.
 
Sansa ormai era sveglia, il Mastino riposava ancora, perciò si disse che forse era meglio darsi una rinfrescata: si avvicinò al fiume e bagnò delicatamente i piedi. L’acqua era fredda, ma a Sansa risultò piacevolissima. Chiuse gli occhi e pregò affinché potessero fare in tempo a trarre in salvo il resto della sua famiglia, affinché Arya potesse volerle di nuovo bene e affinché il Mastino trovasse un po’ di serenità.
Pregati gli dèi, si tolse ciò che ne rimaneva del suo vestito e osservò attentamente che i graffi e i lividi di quell’orrendo episodio nei boschi erano quasi del tutto scomparsi, poi entrò in acqua e provò una sensazione di benessere, si bagnò i capelli e intonò una nenia che sua madre le cantava sempre quando lei era piccola.
 
Quando il Mastino aprì gli occhi Arya Stark e Sansa Stark erano scomparse, si alzò di colpo ed estrasse la spada, dove diavolo erano finite?
Qualcuno le aveva rapite?
Ma mentre si chiedeva questo, si addentrò appena nel boschetto e vide quel piccolo demone di Arya Stark saltellare e muoversi come una danzatrice di Braavos.  
Si avvicinò a lei “Che stai facendo?”
“Mi esercito.” rispose lei concentrata e riprendendo a muovere la sua piccola spada e facendo poco dopo una piccola capriola in aria.
“E in cosa? In modi di morire?” chiese lui deridendola.
“Non mi ucciderà mai nessuno.” rispose lei sicura.
“Oh sì, che lo faranno! Se fai quel balletto soprattutto. Che modo idiota di combattere!”
“Non è combattere.” gli spiegò “E’ la danza dell’acqua.”
“La danza dell’acqua? E chi è che ti ha spiegato questa merda?”
“Il più grande primo spadaccino, Syrio Forel.”
Sputò nel vedere quella specie di balletto “E dov’è ora?”
“E’ morto.”
“E chi l’ha ucciso?”
“Meryn Trant.”
“Il più grande spadaccino ucciso da Meryn Trant? Puff, persino un bambino potrebbe batterlo.”
“Syrio non aveva nulla né spada né armatura.”
“Il più grande spadaccino non aveva una spada? Bene, tu hai una spada, cosa ti ha insegnato?”
Arya fece roteare la piccola spada e colpì il Mastino, ma la sua armatura era troppo spessa e la spada di Arya troppo poco affilata per fare veramente qualche danno e così l’unico risultato fu che l’arma della ragazzina sfiorò appena l’armatura di Sandor che, stanco delle parole e dei gesti della piccola Stark, la colpì e le rammentò che era inutile tentare di ferirlo o mandarlo all’Inferno: lui era la sola possibilità per tentare di arrivare alle Torri Gemelle prima del matrimonio dello zio.
 
Poi si allontanò per andare a cercare l’altra, l’uccelletto.
Mentre pensava a dove potesse essersi nascosta, udì una voce angelica cantare una canzone dolce, una canzone che non conosceva, si avvicinò lentamente e la vide nel fiume. Avrebbe dovuto immediatamente tornare sui suoi passi, ma la visione di spalle di quel corpicino lo bloccò, la sua piccola schiena, la curva del sedere che per metà scompariva tra le acque del torrente e le braccia di lei che si stavano lavando lo paralizzò.
Si sentì come avvinto da una forza che nemmeno lui poteva sconfiggere, pur volendo.
Il cuore prese a battergli in modo strano e diverso nel petto…
Un rumore lo fece ridestare da quei pensieri che stavano assumendo sfumature peccaminose e allora, per non essere scoperto a guardare Sansa, urlò guardando dall’altra parte “STARK!”
 
Sansa trasalì e si coprì il seno portandosi le braccia al petto e abbassandosi appena per coprire le natiche, da quanto il Mastino era lì?
“Aspettate, per favore, non vi voltate.” gridò lei per farsi sentire e dette queste parole uscì e si coprì indossando quel vestitino – una volta tanto bello e prezioso – ora minuscolo.
Il vestito aderiva alla sua figura lasciando ben poco all’immaginazione altrui.
Quando raggiunse l’uomo, questi la guardò a lungo e lei si sentì… strana.
“Hai freddo.” le disse in tono quasi divertito.
“Non è vero.” affermò lei, ma mentiva.
Sandor osservò il suo corpo notando i capezzoli turgidi per il freddo “Il tuo corpo dice altro.”
Sansa si guardò, poi arrossì e replicò dicendogli “Non mi guardate!”
“E’ impossibile non farlo, uccelletto.” la rimbeccò sorridendo in modo strano.
“Beh, fatelo!” gli ordinò “Da oggi, vi prego, non guardate più il mio corpo. Mi fate a sentire a disagio!” aggiunse.
Ed era vero, ogni volta che Sandor la osservava, anche solo una manciata di secondi in più, la faceva sentire a disagio, qualcosa che non sapeva neanche lei definire, ma partiva da dentro, dal centro del suo corpo e la faceva sentire… incredibilmente strana e nervosa.
 
Sandor sorrideva, grottescamente, ma sorrideva.
Da quanto non sorridesse più neanche lo ricordava!
Con quella ragazzina al suo fianco però tutto gli risultava semplice, anche sorridere di quelle parole cariche di nervosismo da parte di lei.
 
Qualche istante dopo Arya li raggiunse, ma non salutò la sorella né ebbe parole gentili, anzi la rimbeccò dicendole che con quel vestito addosso sembrava una meretrice. Sansa abbassò il capo profondamente umiliata, forse era per questo che il Mastino sorrideva?
Perché era ridicola?
 
“Smettila subito, ragazzina!” la rimproverò Sandor.
Odiava quella piccola ragazzina al suo fianco, detestava come si poneva, ma soprattutto come parlava a sua sorella. D’accordo, lui non era l’uomo che poteva dare giudizi sui rapporti tra fratelli, ma odiare una sorella per un maledetto lupo e delle parole non dette a sua difese, pareva troppo persino per uno come lui.
“Altrimenti cosa fai? Sguaini la tua spada e mi uccidi come Mycah?” lo provocò la più piccola.
Sandor scosse la testa e fece salire Sansa su Straniero.
Arya guardò quella scena e uno strano presentimento si fece spazio in lei.
“Che cosa le hai fatto veramente, mostro?” gli chiese.
Sansa e Sandor la osservarono a lungo.
“Mia sorella è una stupida e le saranno bastate due moine per farle credere chissà che cosa! Tu cosa le hai promesso? Un castello, che le farai trovare un principe e nel frattempo potrà sbatterti?”
“ARYA!” urlò Sansa, la ragazza un po’ maldestramente scese da cavallo e colpì sua sorella con tutte le forze che aveva facendola cadere all’indietro “Parlami così di nuovo e ti faccio lasciare qui.”
Nessuno dei tre parlò di nuovo per le successive ore: Sansa era ferita, profondamente ferita nell’animo; Arya era disgustata dall’atteggiamento di totale fiducia di sua sorella verso l’assassino che le stava scortando – a detta di Sansa – a casa; Sandor era stupefatto di come la prima avesse colpito la sorella, ma Arya se l’era cercata!

 

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Capitolo 15
*** Stranger Facts ***







Stranger Facts


 
Si fermarono il giorno seguente in una locanda, c’era una festa in quel villaggio sperduto, c’erano cantastorie, giocolieri, musicanti, nessuno dei tre sapeva di che festa si trattasse: Sansa un tempo sapeva ogni cosa in merito, faceva di tutto per sapere che cosa festeggiassero gli altri affinché anche lei potesse prendervi parte, ma quella volta di contro Sansa non ne sapeva nulla.
Il villaggio non era tra quelli più ricchi in cui erano stati finora, tuttavia l’allegria che trasudava dai volti pallidi ed emaciati di quella gente che animava le strade di quello sconosciuto villaggio, fece sorridere Sansa. Lì, la ragazza poté finalmente comprare un vestito, non era come i bei vestiti che aveva lasciato ad Approdo del Re o a Grande Inverno, ma almeno era coperta e poteva evitare i commenti di Arya, le occhiate che alcuni uomini le scoccavano e gli sguardi via via più intensi di Sandor.
Lei amava le feste, anche se quelle che amava lei erano feste di ben altro tipo! Nonostante questo si incantò nell’osservare degli strani frutti colorati dai poteri, diceva un venditore, afrodisiaci o nell’osservare degli strani oggetti in legno alla cui estremità vi erano delle piccole piume colorate pendenti, furono Arya e il Mastino a dover tirare via la ragazza. 

“Per stanotte ci fermiamo qui.”
Annunciò il Mastino. 
Sansa ne fu contenta e sorrise, in quel momento i suoi occhi si posarono su un ragazzo dai capelli scuri e ricci, il naso all’insù e dalle labbra piene, non era come il principe dei suoi sogni, ma si avvicinava veramente tanto. Era bello, pensò lei. 
Il ragazzo dai capelli scuri, alzò lo sguardo e la notò che lo stava osservando rapita e perciò decise di dedicarle una canzone, una canzone su una giovane fanciulla dai capelli baciati dal fuoco. 
Sansa sorrise: nessuno le dedicava più una canzone da tanto tempo. La prima e unica volta era stata quando un cantastorie le aveva dedicato una storia che narrava della bellezza di una futura principessa del Nord.

“Mia sorella è così.” disse Arya in modo cupo. 
Erano in quella locanda da qualche ora, Arya e il Mastino erano seduti ad un vecchio tavolo polveroso a mangiare e bere, lui beveva perlopiù. Sansa invece rideva e ballava in modo sinuoso accanto ai popolani che ridevano e urlavano contenti di quella fugace gioia che i tamburi, arpe e liuti trasmettevano ai danzatori.
“Che vuoi dire?” le chiese trangugiando un altro grosso sorso di vino rosso.
“Basta che sbatte un po’ le palpebre, sorride e tutti le cadono ai suoi piedi regali.” sputò velenosa senza perdere di vista la sorella maggiore.
“Sei gelosa o sbaglio?” le chiese il Mastino distogliendo per un solo fugace momento lo sguardo dalla ragazzina dai lunghi capelli rossi.
“Io? Di quella principessa bugiarda? Neanche un po’.” sputò lei con tono aggressivo.
“Sarà.” commentò lui non credendo però alle parole della sua compagna di tavolo. Osservò Sansa che, euforica, ballava. Era regale persino il suo modo di danzare, anche come sorrideva. 
Sandor la osservò rapito “Direi che anche con te è andata così, no?” riprese Arya.
“Cosa?” chiese lui colto in fallo.
“Ti piace mia sorella.” non era una domanda, Arya ne era certa “Ho visto come la guardi. Cos’è sfregiato la vuoi prima di ammazzarci?” lo provocò violentemente.
“Attenta, ragazzina.” la ammonì lui nella speranza di far smettere la giovane accanto a lui.
“A cosa? Alla verità? E’ questa.” riprese la ragazzina “Sei proprio stupido!” inveì Arya per poi alzarsi e andando fuori, qualcosa gli diceva di seguire la Stark appena allontanatasi, ma un’altra gli diceva di restare lì. Quella sera Sansa era fottutamente bella, oltre ad essere dannatamente ubriaca, e tutti se la stavano mangiando con gli occhi, incluso quel ragazzo che lei aveva subito adocchiato appena arrivati lì.
Sandor si diede dello stupido, era ovvio che lei guardasse un giovane di bell’aspetto che le si rivolgesse anche bene, che le rivolgesse soprattutto parole dolci; d’altra parte era tutto quello che lei meritava. 

Sansa si stava divertendo, era felice, come non lo era da tanto, complice anche qualche bicchierino di troppo. Si era lasciata convincere da Lian, il ragazzo che aveva subito attratto la sua attenzione, a lasciarsi andare e divertirsi. 
Lui aveva cantato per lei e ballato con lei, lei si sentì felice. Non ricordava neanche da quanto non provasse più una sensazione simile. Le sembrò quasi di ritornare a sentirsi bene. Tuttavia di tanto in tanto si ritrovava a osservare Sandor, “Ciao Straniera.” la salutò Lian “Sei bellissima.” di certo era un tipo diretto, pensò Sansa abbassando lo sguardo leggermente imbarazzata.
“Grazie.” disse lei semplicemente.
“Cosa ci fa una bellezza così rara in un villaggio simile? Non sembri essere una di qui.”
“No.” rispose di getto per poi ricordare in un barlume di lucidità che il Mastino le aveva detto di non parlare troppo e soprattutto di non svelare la sua vera identità per nessuna ragione al mondo.
“Di dove sei?” le chiese prendendo un bicchiere con del liquido ambrato dall’odore speziato.
“Tu?” replicò lei.
“Capo della Piovra, un piccolo villaggio.” rispose lui, Sansa aggrottò la fronte.
Gettò un altro sguardo verso il Mastino che stava bevendo senza controllo, lei sospirò e poi tornò a guardare verso il ragazzo di bell’aspetto: nel farlo notò uno stemma, un albero e tre serpenti intrecciati attorno ad esso. Sansa sbiancò e guardò verso il giovane che notando il cambiamento sul volto di lei le chiese se si sentisse bene, lei disse “Quello è il tuo vessillo?”
Lian voltò il capo verso la direzione indicata e lui rispose “Sì.” Sansa lo guardò con disprezzo “Cosa succede?” chiese interdetto.
“Tu sei il loro capo?” chiese ancora.
“Capo?! Li guido, ma… non mi piace definirmi capo.”
“I tuoi soldati mi hanno aggredito e stavano per farmi violenza nel bosco.” sbottò lei alzandosi in piedi, lui la fermò per un polso “Lasciami mi fai male!” urlò lei, ma senza destare l’attenzione di nessuno dato che erano tutti troppo impegnati a cantare, danzare, bere e mangiare.
“Ti prego, scusa. Mi dispiace per… per quello che hanno fatto. Sono stati tutti puniti.”
“Bugiardo! Il mio amico li ha puniti!” 

Da quando Sansa aggrediva così qualcuno?
Non l’aveva mai fatto prima di allora. Quell’atteggiamento sarebbe stato tipico di Arya: forte, rancorosa. Sansa non era così, ma lo era diventata: le esperienze vissute fino a quel momento e le parole dure come schiaffi del Mastino le avevano aperto gli occhi.
Sansa ora sapeva cosa fare con chi non conosceva: niente belle parole, niente cerimonie. 
Lei era una Stark di Grande Inverno e si sarebbe fatta rispettare, dal nobile o popolano che fosse.
Ma soprattutto si chiese da quanto considerava il Mastino un suo amico?

“Gli unici due superstiti sono stati puniti, ti prego, principessa, credimi.”
“Non sono una principessa.” obiettò lei duramente.
“Ma sei bella come una di loro, la tua pelle è così… perfetta, le tue labbra…” 

Quel giovane la stava corteggiando?
Se a Sansa avessero rivolto parole di quel genere tempo prima, lei probabilmente sarebbe arrossita e sarebbe caduta ai piedi dell’uomo, ma oggi… oh, per un momento si era illusa di poter essere di nuovo felice come quando era a Grande Inverno con tutta la sua famiglia, ma quell’illusione non era durata che un battito di ciglia: la realtà le aveva subito rammentato ciò che stava in realtà vivendo.
I suoi occhi colsero un movimento: il Mastino si era alzato e si stava dirigendo al piano di sopra, stava andando nella stanza che avevano pagato per quella notte, avrebbe voluto raggiungerlo, fermarlo e trascinarlo lì con sé, ma Sansa non lo fece.

“Fermati.” gli disse lei con voce ferma “Le tue lusinghe non mi interessano.” 
“Per colpa dei miei uomini?” 
“Non m’interessano e basta.” rispose sbrigativa e allontanandosi da lui.
Era troppo stanca per continuare a bere o ballare o sentir cantare, salì le scale e aprì la porta della stanza, quella che con imbarazzo poche ore prima aveva saputo di dover dividere con sua sorella e il Mastino; quando la aprì però, non vide sua sorella, ma solo il Mastino abbandonato su una sedia a bere.
“Credevo che dormiste già.” 
Sansa lo osservò e gli sembrò come invecchiato di colpo nonostante fosse non troppo più grande di lei, gli si avvicinò e riprese dicendo “Perché non dormite?”
“Non potevo.” rispose lui semplicemente e biascicando le due parole.
“Perché?” le chiese lei.
I capelli di lui cadevano scompostamente davanti al suo viso e lei, forse complice l’ebbrezza, gli si avvicinò per allontanare quelle ciocche di capelli e accarezzargli il viso, lui reagì in un modo che fece trasalire Sansa: le afferrò il polso e si alzò bruscamente.
“Mi fate paura.” disse lei guardando verso il suo viso nascosto dai capelli.
“Non dovresti averne… non di me…” disse lui lasciandole il polso e posando una mano tra i suoi capelli “…Sansa.” lei lo guardò dritto negli occhi: era la prima volta che la chiamava con il suo nome e non usando uno dei soliti soprannomi.

Si ritrovò a deglutire a vuoto, l’aria attorno a loro si era caricata di una strana e sconosciuta forza e né lui né lei sapevano cosa fare, Sansa aveva l’aria di chi avrebbe voluto avere qualcosa o si aspettava qualcosa, ma non sapeva cosa dire o fare, Sandor sapeva di contro cosa fare, ma aveva paura di farla con lei. Lei non era una qualunque, non era una puttana qualunque trovata nel primo bordello, era Sansa Stark e lui si sentì improvvisamente a disagio. 
Cazzo, quella ragazzina gli aveva annebbiato totalmente la mente!
“Sansa?” la chiamò nel semibuio e lei puntò i suoi occhi azzurri in quelli grigi di lui “Ti sto per baciare.” la avvisò, se avesse voluto lei avrebbe potuto allontanarsi e uscire di corsa, magari avrebbe potuto persino urlargli contro, ma Sansa non si mosse, restò lì in attesa e lui le chiese “Lo vuoi davvero? Vuoi davvero questo bacio?” 

Lui, Sandor Clegane, stava veramente chiedendo a qualcuno se volesse qualcosa?
Il mondo e il suo ordine si stavano completamente rovesciando.
Mai lui avrebbe pensato di chiedere a qualcuno se volesse per davvero qualcosa da uno come lui.

E così, era così che ci si sentiva a baciare qualcuno, pensò lei mentre le labbra imperfette di lui si posarono sulle sue, è davvero così che ci si sente? 
Arrendevole e forte al tempo stesso?
Sansa pensò per un istante a sua madre, a quando lei le parlava come era bello amare ed essere amati dal proprio signore, lei sperava e sognava con tutto il cuore che il signore di cui parlava sua madre sarebbe stato un cavaliere dall’armatura scintillante e che su un cavallo bianco la conducesse al suo castello dove avrebbero vissuto insieme felici come sua madre e suo padre. 
La vita però le aveva dato un uomo dall’armatura scura e sempre sporca di sangue, dai capelli scuri e lunghi e dal volto rovinato, un uomo sempre pronto a mordere e ad aggredire, ma un uomo fedele, impavido e forte. Sandor la strinse a sé avvolgendola con un braccio e con l’altra infilò una mano tra i suoi capelli. 

Quando Sansa aprì gli occhi, la luce illuminava la stanza e lei era sola lì, stesa sul letto con addosso il mantello del Mastino, la testa le faceva male e poi ricordò quel bacio… ma era veramente accaduto o era stato l’effetto dell’alcool a rivelarle ciò che desiderava veramente?
Ovvero baciare ed essere baciata da lui.
Da Sandor Clegane.






 

_____

Buongiorno a tutti!
Due cose voglio dirvi, la prima e più importante GRAZIE MILLE PER SEGUIRMI E LEGGERMI,
GRAZIE GRAZIE GRAZIE,
seconda, il nome Lian così scritto non è un errore, è un nome fantasy che esiste (almeno secondo un sito, ma ovviamente non nell'universo GoT).
E ora, secondo voi, 
Sandor e Sansa si sono baciati davvero o 
è solo frutto dell'ebbrezza - chiamiamola così - di Sansa?


 
 

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Capitolo 16
*** What if...? ***







What if...?


 
Arya e il Mastino la aspettavano fuori dalla locanda, i musicanti erano partiti e ciò che era rimasto della festa della sera prima era solo un gran silenzio intervallato da pianti, grida e qualche rumore di piatto in frantumi. Quando Sansa incrociò lo sguardo del Mastino, si chiese se avrebbe dovuto dirgli qualcosa e che cosa avrebbe dovuto dirgli, ma poi pensò che – se non fosse accaduto nulla e fosse stato tutto frutto della sua fantasia – lui l’avrebbe solo schernita per non parlare di Arya che l’avrebbe sicuramente additata come una stupida accentuando ancora di più l’accaduto.
“Hai finito di dormire?” protestò Arya gettando un legno che aveva tra le mani.
“Sì.” le rispose semplicemente Sansa Stark.
“Sai non abbiamo tutto il giorno!” riprese la prima.
“Scusa.”
“Forza, principessa, sali!” la schernì ancora Arya.
Sansa non replicò, montò semplicemente su Straniero, il Mastino tentò di fare la stessa cosa anche con Arya, ma la ragazzina gli aveva morso una mano talmente forte da far desistere persino uno forte come lui. Sansa si sentì improvvisamente a disagio: voleva parlare con lui di quello che era probabilmente accaduto, ma non ne aveva il coraggio.
 
L’occasione le si presentò quando alcune ore dopo Arya si allontanò per andare a soddisfare i suoi bisogni.
Sandor fece scendere la ragazzina dai capelli rossi e così anche Straniero poté riposarsi, abbeverarsi e mangiare dell’erba fresca. Lei si schiarì la voce e si avvicinò a Sandor. Lui prese a frugare nell’erba, “Vuoi chiedermi qualcosa, giusto?” le chiese lui notando come Sansa si stesse torturando le mani.
“Sì, ma co-?”
“Come so che mi volevi chiedere qualcosa?” disse lui “Sei tesa, anche Straniero lo è diventato. Cosa ti preme sapere? Se hai dato via la tua virtù con il musicante?”
La stava prendendo in giro? A questo Sansa non seppe darsi una risposta.
“N – no, i – io…”
“Forza, uccellino. E’ più facile di quello che credi!” la incalzò lui.
Lui sapeva qual era la domanda che premeva in Sansa Stark.
“E’ accaduto veramente?” gli chiese.
.
“Che cosa?” continuò lui.
“Quello che è successo stanotte.” rispose lei imbarazzata all’idea di sapere, ma al tempo stesso curiosa di conoscere la risposta.
“Tu cosa vorresti sentirti dire?” le chiese fissandola.
Che era accaduto quanto lei che ricordava.
“La verità.” rispose lei guardandolo negli occhi.
Le sarebbe piaciuta?
“La vuoi davvero?” replicò lui senza darle la risposta che cercava.
No, che non la vuole sapere, pensò Sandor.
“Non lo so.” rispose sincera.
Lo sapeva, Sandor ne era convinto. La ragazzina era troppo nobile, troppo bella, semplicemente troppo per uno come lui, e quel bacio c’era stato solo perché sicuramente la Stark lo aveva confuso per quel cantastorie da quattro soldi, non di certo perché voleva baciare lui!
Senza distogliere lo sguardo le disse ancora “Tranquilla, niente di quello che immagini c’è mai stato. Sei crollata tra le mie braccia.”
“Grazie per la vostra risposta.” Lui annuì con un mezzo sbuffo per poi abbassare il capo “Tieni, mangia queste! E resta qui, vado a cercare quel piccolo demone di tua sorella.”
 
Sansa non seppe se essere contenta di ciò che aveva saputo oppure se avesse appena ricevuto una cocente delusione, sta di fatto che si limitò semplicemente a mangiare e si ritrovò a pensare che in fondo era tornato tutto come prima: lei – una Lady – scortata da un uomo coraggioso che la teneva a distanza. Niente era cambiato, pensò lei.
Tuttavia nell’animo – e nel cuore – di entrambi tutto stava cambiando.
Quando Arya ritornò, lesse sul volto della sorella, ma anche su quelle del volto ustionato dell’uomo parole a cui né l’uno né l’altra volevano o sapevano dar voce: l’umorismo pungente del Mastino aveva lasciato il posto ad un sordo silenzio da cui nessuno dei tre volle – o riuscì – a sottrarsi.
 
Guadarono un fiume, poi un altro e poi un altro ancora, risalirono colline e attraversarono un boschetto. Quando fu sera, le due sorelle Stark erano troppo stanche per proseguire il viaggio e così Sandor scelse di fermarsi in una piccola radura dove accese un fuoco per loro due, anche se non faceva che imprecare il suo odio verso il fuoco e verso il “bastardo che l’aveva ridotto così”.
Arya nonostante la stanchezza fisica, non mancò di avere parole dure verso il Mastino definendolo brutto e osceno, Sandor scosse la testa definendola coraggiosa per le sue parole così schiette.
«Non c'è nessuno peggio di te.» commentò Arya dopo aver gettato uno sguardo verso sua sorella.
«Non hai mai conosciuto mio fratello. Gregor una volta uccise un uomo perché russava. Uno dei suoi.» Il Mastino sogghignò, la metà ustionata della sua faccia si tese, distorcendogli la bocca in modo grottesco.
“Lo so che ci stai riportando ad Approdo del Re!” sbottò lei.
“A fanculo Approdo del Re, Joffrey e la Regina.” sputò il Mastino «Quel fiume era il Tridente, ragazzina, non le Rapide Nere. Domattina dovremmo raggiungere la strada del Re. E dopo viaggeremo più in fretta, forse riusciremo ad anticipare l’esercito di tuo fratello prima che arrivi alle Torri Gemelle. E sarò io a riconsegnarvi a tua madre e tuo fratello. Per cui falla finita di berciare e di digrignare i denti, ne ho la nausea. Tieni la bocca chiusa, fa' come ti dico e forse faremo in tempo per salvare la vita della tua famiglia.”
“Non capisco se lo stai facendo per denaro o per fottere mia sorella.”
Sandor la guardò “Il tuo linguaggio, ragazzina, è decisamente osceno per essere una Lady!”
“Non sono una Lady.” replicò “E poi proprio tu mi parli di linguaggio osceno? Davvero? Farai meglio a tacere.”
“Non ti taglio in due solo per via di tua sorella.” le disse sperando di intimorirla, ma Arya sbuffò semplicemente per poi allontanarsi e addormentarsi lontano sia da sua sorella, che era diventata una perfetta estranea, e da quel lurido assassino.
 
Il giorno seguente, come Sandor aveva detto, raggiunsero la Strada del Re: si ritrovarono ad attraversare immani pianure devastate. Su ambo i lati del tracciato, si stendevano miglia e miglia di campi anneriti, di frutteti distrutti in cui i monconi degli alberi si protendevano verso l'alto simili a pali da bersaglio per arcieri. Anche i ponti erano bruciati. Questo li costrinse a vagare lungo le rive del fiume alla ricerca di un guado.
“Ma che cosa è successo qui?” chiese Sansa guardando a destra e a manca.
“Quel maledetto fottuto di mio fratello! Ci scommetto un otre di vino!” affermò il Mastino.
“Potrebbero vederci se seguiamo la strada principale.” obiettò Arya.
“Vero, ma noi cerchiamo l’esercito di tuo fratello, ricordi? Credo non manchi molto.”
“E come fai a saperlo?” le chiese Arya.
“Vedi quello sterco? Chiunque sia non è lontanissimo. E’ ancora fresco.” spiegò Sandor per poi dare di speroni e accelerare il passo di Straniero.
“Potrebbe essere chiunque, sfregiato!” esclamò Arya offensiva.
A Sansa sembrò che stavolta il Mastino si fosse sbagliato, non c’era nessuno se non distese infinite di cenere, di case e campi bruciati, di suo fratello, di sua madre o dell’esercito degli Stark neanche una traccia.
Giunse ben presto il tramonto e Sansa cominciò a perdere le speranze di raggiungere in tempo Robb, Arya poi non le era di grande aiuto perché non faceva che darle contro e sbraitare contro la sua eccessiva fiducia verso quel Cane. Lei pregò e sperò che invece fosse Arya nel torto… proprio mentre stava per invocare gli dèi, si udì un ululato e le orecchie dei tre viandanti si tesero nella direzione di quel verso.
“Vento Grigio.” disse Arya in un sussurro che non sfuggì a Sansa “Stavolta forse non hai detto una cavolata, sfregiato.” aggiunse rivolgendosi verso il Mastino.




 
__________


Abbastanza antipatica Arya, non è vero?
Ora che hanno raggiunto Robb e la loro madre pensate che Arya avrà 
un atteggiamento diverso nei confronti di Sandor o peggiorerà ancora?

Tornando al capitolo,
il famoso bacio-dubbio dello scorso capitolo 
c'è stato, ma Sandor preferisce negare di fronte ai dubbi di Sansa.
Sansa d'altra parte non sa cosa provare, poverina... 
Il tempo le fugherà qualunque dubbio... 
forse! ;)

Io vi ringrazio ancora per le vostre recensioni e per le vostre numerose letture, 
grazie davvero!

 

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Capitolo 17
*** Un cane non può sopravvivere in un branco di lupi ***








Un cane non può sopravvivere in un branco di lupi



 
Vento Grigio, il meta – lupo di Robb, apparve pochi istanti dopo seguito dal suo padrone, da una giovane donna dai capelli castani, sua madre più alcuni cavalieri che Sansa non aveva mai visto.
“SANSA! ARYA!” urlò sua madre andando dalle sue figlie e abbracciandole forte.
“Madre.” disse Sansa stringendola e chiudendo gli occhi. Era a casa. Ce l’avevano fatta.
Il Mastino restò in disparte, in silenzio.
 
Un cane non può sopravvivere in un branco di lupi, almeno non a lungo.
 
“Come avete fatto a…?” chiese Robb avvicinandosi alle sue sorelle sorridendo e abbracciando prima Sansa e poi abbassandosi leggermente per poter stringere anche l’altra sua sorellina.
“Siete al sicuro ora.” disse mentre abbracciava Arya.
Arya lo guardò “Abbiamo fatto in tempo!”
“In tempo per cosa?” le chiese Robb squadrando sua sorella e tornando serio.
Fu Sansa a prendere la parola “Robb, ti devo parlare, ma devo farlo…” guardò verso quei cavalieri di cui ignorava nome e lignaggio “…devo farlo quando saremo soli, ho udito… delle cose… gravi.” gli disse guardandolo dritto negli occhi.
Suo fratello corrugò la fronte e strinse gli occhi come perplesso “Tu che parli di… questioni non da principessa?”
“E’ una storia lunga, spero di potertela raccontare un giorno, ma non oggi.” affermò Sansa in tono grave.
“Che ci fa lui qui?” sputò tra i denti Robb notando il Mastino che era rimasto immobile e in silenzio fino a quel momento “Sei venuto fin qui per spiarci e riferire tutto ai Lannister?”
“Ci piscio sui Lannister e sul loro vessillo.” gli rispose Sandor senza mezzi termini.
“Robb, è grazie a lui se io e Arya siamo qui.” gli spiegò Sansa, mentre tutti gli occhi puntarono su Sandor Clegane il quale non sapeva se estrarre la spada o se avere un’aria dimessa “Lui ha lasciato i Lannister, mi ha condotta… ci ha condotto fin qui affinché potessimo essere al sicuro.” proseguì Sansa.
“La mia dolce sorella ha però omesso che vuole del denaro.” aggiunse Arya velenosa.
“Avrà tutto il denaro che vuole.” intervenne Catelyn Stark “Vi ha portato a casa.”
Sansa e Arya furono condotte in una tenda dove poterono lavarsi, pettinarsi e vestirsi in modo decente.
 
Quando Sansa terminò di vestirsi, raggiunse suo fratello: doveva parlargli e dirgli quello che aveva udito. Doveva farlo subito.
“Sorellina, ci sono carne e verdure a sufficienza di là, come mai non sei lì? Arya è corsa subito a mangiare!” le disse suo fratello con un gran sorriso.
“Sì… lo so, ma io ti devo parlare di quello che ho sentito. E’… non è facile. Ho visto il vessillo dei Bolton insieme al nostro fuori…”
“Sì, casa Bolton ha giurato fedeltà e ci ha aiutato sino ad oggi.”
“Robb, io ho sentito udire da… alcuni cavalieri, mentre ero in viaggio, che i Bolton e i Lannister stanno complottando contro di te e useranno il matrimonio come… non so, ma non fidarti dei Bolton e soprattutto non andare alle Torri Gemelle, è una trappola.”
“Sansa, ma ti senti bene? E’ una storia assurda quella che mi racconti: un complotto. Perché i Bolton dovrebbero farlo?” chiese Robb.
“Ti ricordi quello che nostro padre ci raccontava dei Bolton? Ti ricordi cosa ci disse riguardo a loro? I Bolton migliaia di anni fa erano alleati con i Greystark e assieme a loro si sono ribellati contro noi Stark di Grande Inverno.”
“Non ti seguo. Insomma, questo è accaduto migliaia di anni fa e Roose Bolton non ci ha mai dato motivo di pensare a un complotto contro la nostra famiglia.”
“Eppure ricordi cosa è accaduto? I Bolton si sono alleati con la Casa Greystark, casata a noi sottoposta, contro gli stessi Stark, non capisci? La storia si ripete. Solo che stavolta i Bolton si sono alleati con il nostro peggior nemico, i Lannister.”
“Ma perché? Sansa, a me sembra incredibile questa storia!”
“Lo so, so che può sembrarti assurdo, come immagino io stessa ti debba sembrare folle nel parlarti di politica o di giochi di potere fra le casate, ma ti prego, Robb, ascoltami. E’ la verità. E la verità a volte fa male solo perché non la si vuole vedere realmente.”
Il fratello fissò a lungo con aria corrucciata sua sorella “Sei proprio cambiata, sai? Sei una donna. E sei diventata… saggia.” concluse sorridendole “E riguardo a ciò che mi hai detto, come dice Jeyne, la notte porta consiglio.”
“E chi è Jeyne?” chiese Sansa.
“Lei è… mia moglie.”
“Cosa?” chiese sorpresa Sansa sorridendogli.
Robb annuì sorridendole “Sì, mi sono sposato.”
“E’ di nobili origini?”
“Io la amo.” fu la risposta eloquente del fratello.
“Certo, l’amore.” fu il commento di Sansa.
Per la prima volta dopo aver parlato con il fratello, Sansa poté riprendere fiato e si permise di chiedergli dove fosse il Mastino, il volto di Robb si irrigidì “Per ora lo teniamo in catene in una… gabbia.”
“Ma ci ha portato sane e salve qui.” replicò Sansa contrariata.
“Arya mi ha detto che ti ha picchiata e che ti ha anche toccata, e poi non dimentichiamo il suo passato, Sansa. Il Nord non dimentica.”
Sansa fu senza parole per pochi istanti, poi esclamò “Arya ha mentito! Lui… non mi ha fatta del male, mi ha… trattata con rispetto, difesa, accudita, mi ha curata quando degli uomini hanno cercato di… prendere la mia… insomma, Robb, Arya non ha detto la verità! Sandor Clegane è un uomo rude, certo, ha un linguaggio e dei modi terribili, ma non ha alzato un dito contro di me.”
“Sai il fratello cosa ha fatto e cosa fa? Sai che è stato il cane di re Joffrey che ha ucciso nostro padre?” le rammentò Robb.
“Cosa succede?” chiese una giovane donna, la stessa che Sansa aveva visto vicino a Robb qualche ora prima, dal viso a forma di cuore, aveva boccoli castani e fianchi larghi entrando nella tenda.
“Nulla, Jeyne.” rispose Robb “Mia sorella deve essere molto stanca.”
“Sono stanca sì, ma sono… me stessa.” replicò infervorata Sansa “Ti prego, Robb, ti giuro sugli dèi Antichi e Nuovi che Sandor Clegane è un uomo di cui ci si può fidare e di cui io mi fido ciecamente.”
“Sansa, ne riparliamo. Ora vai a mangiare qualcosa, sarai stremata.” disse Robb, sua sorella con aria profondamente contrariata lasciò la tenda del fratello.
 
Sansa entrò nella tenda dove trovò Arya intenta a mangiare quanto più poteva, sua sorella non alzò lo sguardo su Sansa, ma l’aveva sentita arrivare nonostante il vociare di sottofondo.
“Hai parlato con Robb?” le chiese senza distogliere lo sguardo dal suo cosciotto di pollo.
“Sì.” le rispose semplicemente guardando verso la sorella.
“E?” chiese ancora Arya senza ancora guardare il volto della sorella maggiore.
“Domani prenderà una decisione.” le rispose semplicemente la maggiore.
“Bene.” commentò Arya.
Sansa mangiò poco quanto nulla: pensò a quanto Arya aveva riferito a Robb, si era vendicata per la sua bugia che aveva portato alla morte di Mycah e al lasciar andare Nymeria. Arya la odiava.
Ormai, anche Sansa che cercava di vedere del bene in sua sorella, le era chiaro.
“Non parli tanto, vero?” proseguì Arya.
“Nemmeno tu ed è una cosa che apprezzo tanto.” replicò Sansa ricordando quelle stesse parole che Sandor le aveva rivolto nel bosco, quando il loro viaggio era all’inizio.
“Non vuoi chiedermi perché ho fatto imprigionare il Mastino?”
“Lo hai fatto per punire me.” rispose Sansa senza degnarla di uno sguardo.
“Questo viaggio ti ha aperta gli occhi, almeno non sei la stupida che ricordavo!”
“Tu invece sei cambiata: sei diventata crudele.” commentò per poi alzarsi.
Voleva vederlo.
 
Attraversò tutto l’accampamento, molti la riconobbero e fecero un mezzo inchino al suo passaggio, altri la guardarono soltanto, vide il vessillo degli Stark, poi quello dei Bolton, superò molte tende e molti focolari ancora accesi. Il campo era finito e la vide, enorme, era quasi totalmente al buio la gabbia in cui Sandor si trovava, c’era solo una torcia piantata a terra vicino alla porta d’ingresso.
Non c’era nessuno in quel momento a fare la guardia e così lei s’arrischiò a chiamarlo per nome.
“Sandor.”
 
Da quando chiamarlo per nome le provocava quel batticuore?
 
Lui sollevò il capo, la massa folta e incolta di capelli rivelò la parte ancora intatta del suo viso e gli occhi scuri dell’uomo la individuarono e la riconobbero nonostante il buio “Uccelletto.” rispose lui “Hai visto?” riprese alzando le mani e mostrando le catene ai polsi delle mani e ai piedi, catene che lo tenevano fermo contro un tronco di un piccolo albero posto al centro della stessa prigione “Che coglione! Dovevo lasciarvi lì e fuggire subito!”
Sansa si avvicinò in modo da poter stare di fronte a lui “Sei stato coraggioso, ancora più coraggioso perché hai affrontato i lupi.”
“Un cane non sopravvive in mezzo ai lupi, e infatti guarda dove sono!” esclamò lui.
“Sei qui solo per una bugia.” gli rivelò Sansa.
“Quella piccola stronza!” sbottò Sandor “Se la prendo…” le catene tintinnarono pesantemente sbattendo a terra.
“Domani sarai libero. Avrai il tuo oro e… potrai… p – partire, anche se…” disse lasciando la frase sospesa.
“Anche se cosa?” le chiese lui.
Indugiò per qualche istante sulla risposta da dare, poi gli confidò “Mi piacerebbe che restassi con noi, con me. So chi sei, ti conosco. Sei tra gli uomini migliori che io abbia mai avuto al mio fianco.”
“Perché? Perché dovrei restare?” le chiese guardandola negli occhi.
Sansa aveva il cuore che le batteva forte nel petto, non sapeva come dirgli quello che animava il suo spirito, non sapeva come dirgli che era grazie a lui se era diventata quella che era, non sapeva come dirgli che – anche se non era il cavaliere che un tempo sognava – lei lo amava.
“Resta.” fu la sola parola che uscì dalle labbra di Sansa.




_______

Sono in un ritardo pazzesco, ma purtroppo 
riprendendo il lavoro non è facile conciliare i momenti vari.
Dunque finalmente l'incontro è avvenuto e l'ho immaginato un pò così
perché, detto tra noi, dopo tanti anni ancora non ho accettato la morte di Robb u.u

Arya Stark anche in questo capitolo ne ha fatta un'altra,
peggiore delle prese in giro o del cercare di ferire Sandor,
lo ha accusato di quelle efferatezze pur di colpire la sorella.
Beh... se da una parte è stata una strega, 
dall'altra ha spezzato quella barriera che si ergeva ancora in Sansa,
ormai la ragazza ha capito cosa prova per l'uomo che l'ha scortata fin lì. 
Bene! Per ora è tutto fatemi sapere cosa ne pensate,
un bacione e grazie di seguire con tanta passione questa storia nata in un pomeriggio estivo,
grazie!

 

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Capitolo 18
*** Ammissioni ***









Ammissioni

 
Sansa non riuscì a dormire affatto bene quella notte: sognò continuamente due paia di occhi grigi che la fissavano, sognò di baciare, toccare ed essere toccata da quelle mani grandi, di essere amata da lui. Quando le prime luci dell’alba la svegliarono si scoprì… avvinta dal desiderio.  
Provò vergogna mista ad eccitazione per quella nuova sensazione. Non aveva mai provato per nessuno quelle sensazioni tanto forti quanto totalizzanti come le stava provando in quel momento. Si chiese inevitabilmente che cosa avrebbe fatto o detto sua madre, avrebbe voluto confidarle tutto quello che stava provando, ma temeva che se l’avesse fatto, la madre avrebbe potuto ricordarle delle sue origini e di come lui invece fosse di un lignaggio troppo basso per poter anche solo sperare di poter… ma potere cosa?
Si chiese mentre prese ad allontanarsi appena dal campo che cosa le stesse capitando: forse era davvero stupida come le aveva detto a più riprese Arya, forse per davvero c’era qualcosa che non andava in lei, forse avrebbe dovuto lasciare le cose come stavano e basta. Lei e sua sorella erano con Robb e la loro madre, il Mastino probabilmente sarebbe stato graziato. Forse a Sansa sarebbe bastato solo tacere e seguire il corso degli eventi… ma il forte battito del suo cuore le rammentò che non avrebbe mai potuto essere solo una spettatrice di quella sequenza di eventi, ma che avrebbe dovuto anche lei fare la sua parte. E mai come in quel momento la sua parte sarebbe stata veramente importante non solo per il suo destino o per quello di Sandor Clegane, ma anche per la stessa casata degli Stark.
Si sedette ai piedi di una quercia e chiuse gli occhi: se lui fosse stato un cavaliere o un lord, le cose… sarebbero parse accettabili alla sua famiglia, ma lui era… un uomo libero, sì sapeva usare la spada, ma disdegnava avere un titolo prima del suo nome e disdegnava appartenere a qualcuno se non a se stesso. Inoltre era stato al servizio dei Lannister, aveva assistito alla decapitazione di Ned Stark e non aveva fatto nulla. Robb non avrebbe mai acconsentito all’unione fra di loro, pensò, ma un istante dopo Sansa pensò anche che il Mastino non aveva mai detto nulla che la potesse incoraggiare, era stata probabilmente tutta una sua fantasia dovuta alle tante ore di sonno perse, dovuta al non aver mangiato più come si doveva per settimane, dovuta al timore di restare da sola.
Sì, probabilmente lei era solo molto grata a Sandor e basta.
Quando aprì gli occhi, Sansa incontrò gli occhi timidi e scuri di Jeyne “Ciao Sansa.” la salutò.
“Buongiorno.” ricambiò il saluto abbozzando un sorriso.
“Sei già sveglia?”
Sansa annuì “A quest’ora si ripartiva… quando ero con Arya e il Mastino.” spiegò.
“Dev’essere stata dura!”
“Sì, soprattutto all’inizio. Vivi negli agi e poi…”
“Intendevo prima di partire con loro. Robb mi ha detto della crudeltà di re Joffrey, tu dovevi sposarlo, giusto?”
Sansa respirò profondamente sentendosi stupida per quel suo infantile desiderio “Sì, ma non farlo e fuggire è stata la scelta migliore. Con Joffrey non potevi mai sapere se avresti visto le stelle di nuovo. Era… è un mostro.”
“Allora diciamo grazie al Mastino, no?” disse lei sorridendole e prendendo la sua mano.
Sansa sorrise “Sì, è grazie a lui se sono libera e se siamo, sia io che mia sorella, vive e qui.”
“Già. A volte le persone più impensabili ci sorprendono.” Sansa si ritrovò ad annuire, la loro conversazione fu interrotta da un grido e poi da un vociare sempre più crescente.
 
Le due donne si avvicinarono all’origine di quel fracasso e videro il Mastino tenere un soldato Bolton per la gola e schiacciato contro la gabbia in cui era imprigionato.
“Che succede?” chiese Robb seguito da sua madre e poco più dietro da Roose Bolton e altri soldati “Cane, lascialo andare!” sputò il Giovane Lupo.
“Certo, Lupo, ma non prima che questo lurido verme abbia mostrato quanto nasconde!”
“Di che parli?” chiese Catelyn Stark.
“Del messaggio appena ricevuto dai Lannister, forza merda mostragli il messaggio!” esclamò sballottolando l’uomo che Sandor teneva fermo.
“Muori.” sibilò e Sandor strinse più forte la sua gola “Vai all’Inferno!”
“Allora vuoi proprio morire?” sputò Sandor, alla fine il soldato si arrese e gettò il messaggio.
“E’ il sigillo dei Frey.” disse Robb assumendo un’espressione prima confusa poi incredula “Siamo pronti, la trota sta abboccando, per le sue nozze riceverà un paio di pellicce di lupo, che vuol dire?” chiese assumendo un’espressione rabbiosa e voltandosi verso Roose Bolton.
Quest’ultimo divenne bianco come neve e assunse un’espressione confusa “Non ne ho idea. Mio Re, tu sai bene che ti sono fedele. E’ solo un trucco per separare le nostre forze.”
“Eppure altre voci hanno parlato di un tuo complotto ordito alle mie spalle con i Frey e i Lannister, ora questo. Troppe coincidenze. Rinchiudeteli tutti.” sentenziò Robb “E liberate il Mastino! Devo capire cosa diavolo sta succedendo!” sbottò, mentre l’esercito degli Stark si diede un gran daffare per eseguire gli ordini del loro Re, tuttavia non tutti furono messi sotto chiave, purtroppo molti fuggirono e Robb fu costretto a lasciarli andare. Il Re del Nord ordinò che Roose Bolton fosse assassinato per alto tradimento, l’avrebbe decapitato lui stesso al tramonto. Gli altri avrebbero ricevuto un trattamento non troppo diverso dal loro comandante.
 
Al Mastino fu data una piccola tenda in cui poté lavarsi, cambiarsi e mangiare.
Si stese sul piccolo giaciglio che gli era stato preparato e all’improvviso tutta la stanchezza dei mesi precedenti sembrò piombargli addosso di colpo. Chiuse gli occhi e in quel momento vide entrare Sansa.
“Che ci fai tu qui?” le chiese sorpreso mettendosi a sedere.
Sansa non gli rispose, quella ragazzina cominciava a farlo sentire a disagio e al tempo stesso bene.
Gli gettò semplicemente le braccia al collo stringendolo forte.
“Sei libero.” disse.
Era la prima volta che si rivolgeva a lui dandogli del tu e senza usare tante cerimonie.
Si sciolse in quell’abbraccio, ricambiò stringendola e posando una mano in quella nuvola rossa che erano i suoi capelli.
Il loro abbraccio si sciolse appena, i due erano a brevissima distanza l’una dall’altro, i loro nasi si sfioravano, erano occhi negli occhi “Stavolta non te lo chiederò…” le disse come per avvisarla di ciò che avrebbe fatto.
Lei sorrise leggermente confusa “Allora è accaduto veramente?”
“Sì.” le rispose in un soffio.
“Sapevo che era accaduto.” ammise lei guardandolo dritto negli occhi.
Fu lei a coprire la distanza fra loro due, lo fece con slancio e al tempo stesso con innocenza, quell’innocenza di chi si sta donando e affidando completamente all’altro. Le loro bocche e lingue si assaggiarono prima delicatamente, poi sempre più intensamente; Sansa si sentì andare a fuoco tanto il trasporto che ebbe verso di lui e verso quel bacio, avrebbe voluto che fosse per sempre, ma il fiato ben presto le mancò e fu costretta ad allontanarsi. Provò… imbarazzo, ma al tempo stesso felicità perché sapeva che era stato un gesto che entrambi avevano cercato e voluto.
“Sansa?” la chiamò lui e lei alzò lo sguardo su di lui “Adesso, vai. Tuo fratello ti starà cercando.”
Lei annuì, si alzò e andò verso l’uscita, ma prima di farlo, guardò di nuovo verso di lui che la stava ancora osservando, poi uscì.
 
Pochi passi dopo sentì una voce chiamarla, era sua madre.
“Madre.”
“Sansa, vieni.” la invitò.
La tenda di sua madre era decisamente più grande di quella del Mastino, il letto che le era stato preparato a vista sembrava essere più comodo di quello di Sandor e per terra c’era un grosso tappeto.
“Siediti.” le disse “Fatto colazione?”
Sansa scosse “Per la verità non mangio molto.”
“Hai vissuto troppe cose che ti hanno costretta a cambiare.” non era una domanda, era una certezza.
Catelyn poteva solo immaginare quanto avesse vissuto la figlia, poteva solo pensare a ciò che Joffrey o Cersei le avessero detto mentre lei era ad Approdo del Re.
“Sì, madre, è stata… veramente dura.”
“Il Mastino ti ha aiutata.” le disse, non era una domanda. La donna stava cercando di dare un senso a quanto avesse appena visto: sua figlia uscire dalla tenda dell’uomo.
“Sì, lui… è sempre stato brusco, ma mi ha sempre mostrato una parvenza di bontà. Non ha mai alzato un dito contro di me, anzi. Le volte in cui mi ha toccata sono state per asciugarmi il labbro spaccato da uno schiaffo di una Guardia Reale o quando nel bosco alcuni cavalieri mi hanno aggredita e lui mi ha soccorsa e curata. Si è preso cura di me, non avrei mai creduto che uno come lui potesse dimostrare una simile… mi fa sorridere dirlo, ma ha dimostrato grande dolcezza e soprattutto rispetto per la mia persona.”
Catelyn si sedette vicino alla figlia “Perché allora tua sorella dice che lui ti ha toccata e picchiata?”
“Madre, io in passato ho mentito e ho detto parole che hanno condannato a morte un suo amico per mano di Sandor Clegane. Ecco perché ha detto quelle cose, perché sa che io tengo a lui.” le rispose d’impeto prima di pensare alle parole che aveva usato.
Sua madre la guardò a lungo con aria indagatrice e Sansa arrossì violentemente.
“Tu… lo ami, figlia mia?”
Sansa alzò lo sguardo su di lei “Madre, non lo so. Quello che so è che… quando sono con lui sto bene, con lui mi sento al sicuro. Io non so se è questo l’amore… credevo di provarne anche per Joffrey, ma… il principe che credevo di vedere era… solo una maschera che nascondeva il mostro. Sandor è… ha un volto… insomma, non è bello o regale, non indossa gioielli o vestiti sontuosi, non ha titoli, ma niente di tutto questo può essere minimamente paragonato a quello che ha fatto per me, alla protezione e al rispetto che mi ha sempre manifestato e garantito. Io… so che con lui posso… essere tranquilla e sentirmi forte, ed è la prima persona che mi fa sentire così dopo tante lune.”
Lo sguardo di Catelyn si intenerì, ma fu un istante “Sansa, tu sai come vanno queste cose, no?”
Sansa annuì tristemente “Lui è di un lignaggio troppo basso.” rispose come se fosse una risposta imparata a memoria.
“Sì, purtroppo non ci si può sposare solo e soltanto per amore.”
“Ma Robb… lui…”
“Lui è un uomo, Sansa.” le rammentò sua madre “Noi donne non possiamo scegliere semplicemente chi sposare. Lui dovrebbe chiedere la tua mano a Robb, ma sono sicura che lui non sarebbe pronto ad acconsentire alle nozze con lui. Non ora almeno. Ha questioni molto più delicate a cui pensare.”
“Sì. Lo so.”
“Vai a mangiare qualcosa, adesso. Quando la guerra finirà ne riparleremo, promesso.”
Sansa sorrise per poi uscire dalla tenda.

 
 

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Capitolo 19
*** Face to face ***





 
Face to  face



 
La giovane Stark raggiunse suo fratello nella sua tenda, Robb aveva l’aria estremamente preoccupata e tesa “Cos’altro è accaduto?” gli chiese cercando di trovare una risposta a quell’espressione.
“Tua sorella Arya.”
“Che cosa le è successo?”
“E’ … leggi il biglietto.” disse Robb porgendole il bigliettino, la calligrafia di Arya era inconfondibile: disordinata e assolutamente priva di garbo.
Questo non è più il mio posto, da oggi cercherò da sola la mia strada.
Sansa guardò suo fratello perplessa “Non capisco.”
“Nemmeno io. Ci eravamo appena ritrovati e lei… scappa, perché? Tu mi sai dare una qualche spiegazione?”
“No.” rispose Sansa semplicemente “Robb, cosa ne sarà del matrimonio pattuito tra nostro zio e la Frey?”
“Ci sto pensando. Noi avevamo bisogno di quel passaggio, ma se andassimo lì come abbiamo scoperto ieri ci aspetterebbe un’imboscata. Ci metteremo più tempo, ma arriveremo ugualmente ad Approdo del Re, anche senza l’aiuto dei Frey.” le spiegò Robb.
Sansa annuì semplicemente.
“Invierò un messaggero per avvisare Walder Frey che le nozze sono state annullate.”
Sansa annuì “E’ la scelta migliore, Robb.” tra i due scese per un istante il silenzio “Cosa facciamo con Arya?”
“Sai quanto è testarda e soprattutto selvaggia come uno scoiattolo quella ragazzina” lasciò per un momento in sospeso quella frase, poi aggiunse “manderò tre dei miei migliori soldati a cercarla. La troveranno rapidamente.”
“Bene.”
Sansa fece per voltarsi e andare via.
“Sansa?” Robb la osservò a lungo “Sei diversa.”
Sansa sorrise appena “In che senso?”
“Sei… cresciuta. Somigli ogni giorno di più a nostra madre, quello sguardo almeno è lo stesso.”
Il sorriso di Sansa crebbe “Sono fiera di poter essere come lei.”
Robb annuì “Papà ne sarebbe stato molto fiero. Sei una Stark, una vera Stark. Una giovane e fiera lupa, pronta ad azzannare cani, pesci e chiunque si opponga a noi e al nostro ritorno come vincitori.”
Sansa nel sentire la parola ‘cane’, si adombrò appena, ma sorrise lo stesso e poi fece per congedarsi, ma Robb la trattenne di nuovo “Che ne facciamo del Mastino?”
Sansa deglutì, voleva che Robb non notasse l’attaccamento che nutriva verso Sandor Clegane, ma al tempo stesso non intendeva provocarne la morte o l’allontanamento “Perché lo chiedi a me?”
“Perché tu lo conosci, tu solo puoi dirmi cosa si nasconde realmente dietro quel viso… solo tu lo conosci più di tutti noi.” le rispose Robb guardando sua sorella negli occhi.
“E’ tra gli uomini più coraggiosi che conosca. Se nostro padre fosse vivo, credo che ne apprezzerebbe il coraggio e la lealtà che mi ha dimostrato. Credo che non tutti… anzi, nessuno l’avrebbe fatto.
Lui mi ha aiutata e tesa una mano quando tutti lì ad Approdo del Re ridevano delle mie percosse.
Lui mi ha pulita il sangue provocato dalle percosse di Meryn Trant.
Lui è stato l’unico che non mi ha mai colpito, ma che mi ha fatto capire cos’è il mondo. Quello vero.
A lui devo il mio ritorno qui, a lui devo l’aver fatto in tempo ad avvertirti, a lui devi l’aver scoperto l’inganno ordito da Roose Bolton alle tue spalle, lui mi ha fatto capire chi sono veramente.”
Robb la guardò a lungo “Sai, sorellina, hai espresso parole lodevoli verso di lui. Mi auguro che sappia di meritarle da parte tua!”
Sansa sorrise appena “Lui forse non sa chi è, ma grazie a lui so chi sono io.”
 
Robb fece convocare il Mastino nella sua tenda.
Sandor fu trascinato in catene fin dentro, ma lì poi quei vincoli gli furono tolti. Nonostante le parole lusinghiere della sorella, Robb decise di lasciare comunque due soldati all’ingresso.
“Non ti fidi di me, Lord Stark?” gli chiese lui.
“Re del Nord.” precisò lui.
“Ah, ho perso la conta dei Re ultimamente!” esclamò ironico.
“Farai bene a essere meno spiritoso!” lo ammonì il Giovane Lupo.
 “Che cosa vuoi da me?” gli chiese diretto.
“Mi hanno molto colpito le parole di mia sorella su di te.” gli disse.
“Davvero?” chiese perplesso.
“Sì. Lei in te vede del buono.” Robb tacque “Ce n’è davvero?”
Sandor lo guardò dritto negli occhi “Chiedilo a tua sorella.” replicò “Su di me non scommetterei nulla, io vivo per me stesso. Ho smesso da tempo di preoccuparmi per qualcuno che non fossi io.”
“O sei molto stupido o molto furbo. Sansa, per una qualche strana ragione crede in te. Ti loda, usa parole ammirevoli. Tu invece ti diffami da solo.” il Re del Nord lo guardò dritto negli occhi “Perché? Cosa vuoi dimostrare?”
“Non capisco.” rispose Sandor.
“Quello che voglio capire è, sei venuto solo per denaro o per altre ragioni? Sappi che io non credo del tutto nella tua innocenza, ma credo in mia sorella e alle sue parole. Se lei si fida, proverò a fidarmi di quello che lei dice sul tuo conto. Ma ho bisogno di sapere da te, dalla tua voce, le tue intenzioni.”
Il Mastino indugiò a lungo sulla sua risposta, ma poi decise di ammettere una mezza verità “La notte della battaglia delle Acque Nere, ho lasciato tutto, il mio posto nella Guardia Reale, il mio posto accanto al Re Bambino, il Folletto che mi dava ordini. Tutto. Stavo per andare via, ma poi mi sono ricordato di tua sorella e di tutta la sofferenza che ha subìto giorno dopo giorno e ho deciso di portarla con me. Avrebbe potuto dire di no, ora starebbe ancora lì, magari quel folle di Joffrey l’avrebbe data in sposa al Folletto pur di farla soffrire!
Ho deciso di portarla con me e l’ho fatto. L’ho fatto per soldi… poi ho incontrato quell’altro piccolo demonio di tua sorella…”
“Attento a quello che dici!” lo avvertì Robb.
“E ho deciso di prendere anche lei, la ricompensa sarebbe stata il doppio. Ecco.”
“Hai mai colpito mia sorella? Ad Approdo del Re o quando l’hai portata qui?” gli chiese.
“Mai. Mi taglierei un braccio piuttosto che colpirla.” gli rispose alzando appena la voce.
“Hai mai… toccato Sansa?”
Robb voleva capire esattamente se le parole di Sansa erano vere e se c’era qualcosa di veritiero in ciò che Arya gli aveva riferito, ma dalle parole della prima e dalle parole dell’uomo dinanzi a lui comprese quasi subito che Arya non era stata sincera con lui e che probabilmente era stata questa la decisione che l’aveva spinta a scappare.
“Non lo farei mai. Mi strapperei le palle se solo lo facessi contro la sua volontà!” esclamò con furore Sandor.
Robb indugiò a lungo sulle parole che sarebbero seguite, ma alla fine riprese dicendogli “Ti credo. Quanto vuoi per il tuo servigio?”
Sandor ci pensò un po’ su, ma poi scelse di seguire per una volta il cuore, quel cuore che non credeva neanche più di avere prima del lungo cammino affrontato con Sansa Stark.
“Nulla.”
“Come? Hai appena detto che sei venuto qui per riscuotere una ricompensa, ma ora non vuoi nulla?”
“Esatto.”
“Perché?” gli chiese stringendo gli occhi e aggrottando la fronte.
“Non si può comprare quello che provo.”
In un istante Robb capì e mise insieme le parole di sua sorella e l’ultima frase di Sandor Clegane.
Si erano innamorati?
Robb ci pensò per qualche secondo, poi lo congedò dicendogli “Va bene. Grazie per quanto hai fatto. Ti auguro buon viaggio e di giungere sano e salvo alla tua meta, qualunque essa sia.”
Sandor fece un mezzo inchino “Partirò domattina, se mi è concesso.”
Robb annuì semplicemente, poi il Mastino si voltò e andò via.
Doveva dire addio alla giovane Stark.



 
*****
Buonasera a tutti,
lo so sono in ritardissimo,
ma purtroppo mi si è rotto il pc e quindi ho dovuto riscrivere tutto.
Mi auguro che il capitolo sia di vostro gradimento, 
a presto, spero!

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Capitolo 20
*** Running again ***


Prima di lasciarvi al capitolo, mi preme scusarmi con voi per il vergognoso ritardo con cui aggiorno...
Spero di non aver perso nel corso di questo mese di latitanza da parte mia tutte voi lettrici, 
ad ogni modo conto di aggiornare con un pò più di frequenza da oggi in poi.
Spero che gradiate questo mio ritorno e il capitolo che segue!
Un bacio




 






Running again

 




Avrebbe detto addio all’unica persona che era riuscito a vederlo oltre al suo orribile volto, oltre al suo abile uso della spada, oltre la ferocia e la rabbia che si celava dietro quegli occhi sempre scuri, l’unica che aveva visto del buono in lui nonostante le parole sempre taglienti.
Sandor non sapeva come affrontare la questione, si morse più volte il labbro pensando a quanto era stato coglione nel permettere a qualcuno di avvicinarlo così tanto e permettergli di fargli vedere che anche lui aveva un cuore. Era stato un fottuto coglione, la piccola Stark lo aveva fregato alla grande con i suoi bei pigolii e quei begli occhi azzurri, maledetta!
Aveva rovinato per sempre il Mastino, non sarebbe mai più riuscito a tornare quello che era: se fosse stato quello di un tempo, avrebbe riscosso la sua ricompensa e sarebbe immediatamente ripartito, ma ora come avrebbe fatto? Cosa le avrebbe detto?
Era inutile negarlo a se stesso, si era affezionato molto a quella fanciulla dai capelli rossi e non poteva fare a meno di pensare a lei in modo tenero. Con lei lui aveva imparato a conoscere i sentimenti e le sensazioni più dolci, gli sguardi più puri e innocenti, aveva visto come nonostante l’orrore che aveva subìto non l’avesse scalfita a differenza di quanto era accaduto a lui in passato. Quel dolore profondo, quell’orrore lo avevano danneggiato non solo nell’apparenza, ma anche nell'anima, lo avevano scavato e trasformato.
Si era detto che mai nulla avrebbe potuto rimarginare una ferita come la sua, ne restava ancora convinto, tuttavia in Sansa lui aveva trovato un lenitivo efficace e che allontanava – anche se non rimuoveva – quello che era stato l’origine e causa del Mastino: suo fratello.
Sandor lo sapeva: tutto era iniziato con Gregor e tutto sarebbe terminato con lui.
 
Aprì la tenda e vide Sansa in compagnia di una giovane che le stava spazzolando i capelli, lei rideva e parlava di vestiti e di ricevimenti, la sentì raccontare dell’incontro che aveva avuto in viaggio con un giovane dai capelli scuri, le sentì dire che lui era bello fuori, ma brutto dentro, ma ciò che lo colpì furono le parole seguenti: la giovane che doveva essere una sorta di dama di compagnia le chiese com’era stato stare con il Mastino, Sansa aveva sorriso e le aveva risposto così “All’inizio ho avuto il terrore che mi potesse fare del male da un momento all’altro, era come un cane sempre rabbioso e aggressivo, poi ho capito che non era cattivo anche se ringhiava, era solo ferito.”
“Lo avete curato?” le chiese la giovane.
Sansa strinse le labbra “Non credo di esserci riuscita, vorrei potermi prendere questo merito, ma penso che la sua ferita sia troppo profonda e troppo sporca per poter essere curata con qualunque tipo di pozione.”
Sandor richiuse la tenda e andò a sedersi vicino a Straniero che brucava l’erba vicino a un albero, voleva bere: era sobrio da troppo tempo.
“Sandor Clegane.” lui alzò lo sguardo e si trovò di fronte gli occhi seri e azzurri di Catelyn Stark.
“Lady Stark.” la salutò alzandosi in piedi e finendo col sovrastare la donna.
“Mio figlio mi ha appena informata della tua volontà di non ricevere alcun compenso per quanto hai fatto, perché? Eppure hai rischiato la tua vita tante volte a detta di mia figlia Sansa.”
“No, tua figlia è solo una ragazzina che ha paura di tutto e ha visto il pericolo là dove non c’era. E’ stato un viaggio tranquillo.”
“Davvero?” chiese perplessa e Sandor capì da chi aveva ereditato Sansa quello sguardo indagatore, quei modi cortesi, ma decisi.
Lui annuì.
“Va bene. Ti devo ringraziare allora per averla protetta più del dovuto, di avermi permesso di rivederla e di riabbracciarla. Cosa vuoi in cambio? Denaro mi è stato detto di no, e allora cosa?”
Sandor stava per rispondere, tua figlia, ma quelle due parole gli si strozzarono in gola; come poteva lui, un uomo qualunque, chiedere di avere la giovane Lady di Grande Inverno?
“Vino.” le rispose.
“Vino?” gli chiese perplessa.
“Sì, del maledetto vino.”
“Provvederò a fartene avere quanto ne vuoi per il tuo viaggio.” Catelyn fece per andarsene, ma poi ci ripensò “So che tieni a mia figlia e lei tiene a te, spero che questo tu lo abbia notato e capito.”
Catelyn Stark stava per dirgli probabilmente altre parole di monito, quando l’aria improvvisamente attorno a loro divenne strana: gli uccelli volarono via, si udirono dei tamburi in lontananza e l’eco di una canzone inquietante
 
E chi sei tu, disse l'orgoglioso lord,
che così in basso io devo inchinarmi?
 
Il Mastino si guardò attorno e così fece la donna vicino a lui, l’aria divenne improvvisamente tesa.
 
Solo un gatto con un altro pelo,
questa è l'unica verità che conosco.
 
Il Mastino conosceva fottutamente bene quella canzone…
 
Pelo d'oro o pelo rosso,
un leone artigli ancora ha.
E i miei sono lunghi e affilati, mio lord
Lunghi e affilati come i tuoi
 
“Vai, corri da tuo figlio!” la scosse improvvisamente il Mastino “Digli che i Lannister sono qui e ne sono tanti, corri più veloce che puoi.”
Catelyn gettò un rapido sguardo al Mastino e poi nella direzione da cui proveniva quella lugubre canzone, poi corse…
 
Così lui parlò, così lui parlò,
il lord di Castamere.
 
Sandor slegò Straniero e corse verso le altre tende dell’accampamento degli Stark: la sua missione lì non era affatto conclusa. Il campo si illuminò in pochi istanti: tutti accesero velocemente centinaia di torce.
«Non sprecate frecce a meno di non avere un bersaglio sicuro» urlò Robb.
L’esercito degli Stark si sistemò in doppia fila, prima la fanteria dotata di scudi e lance, la seconda erano cavalieri a cavallo, poco dietro di loro c’erano gli arcieri pronti a incoccare e scoccare le loro frecce.
Si udirono nella radura grida in lontananza, poi si videro delle ombre, tante rapide ombre correre incontro all’esercito degli Stark. Gli arcieri incoccarono e poi scoccarono, una pioggia di dardi riempì la foresta per poi colpire l’orda di soldati a cavallo e a piedi che si era lanciata contro di loro.
La luce della luna scintillava sulle loro lance, sulle loro spade, illuminando i vessilli sui loro scudi. Altre frecce furono incoccate e scoccate, altri uomini caddero, altri invece procedevano urlando.
Poi alcuni cavalieri si gettarono contro la prima fila di cavalieri: alcuni urlanti furono trapassati da parte a parte, altri riuscirono ad aprire un piccolo varco e con la loro spada si aprivano la strada uccidendo e mutilando l’esercito Stark.
L’aria attorno all’accampamento divenne densa e soffocante, fumo nero e fili di paglia incendiata salirono a vorticare nell'aria. Le fiamme si levarono con un ruggito così forte che quasi inghiottì l'urlo dei corni da guerra dei Lannister. Almeno cinquanta guerrieri avanzarono a ranghi serrati, con gli scudi tenuti alti, a protezione della testa. Un combattimento furibondo, disperato, era in corso lì in quella pianura, asce contro spade lunghe.
La maggior parte aveva lance corte d'assalto, le punte a losanga lampeggiavano alla luce dell'incendio delle tende. Si avventarono contro la barricata urlando nell'antico linguaggio, cercando di colpire con le lance, mulinando le asce.
"Inferi fottuti!”
Non c'era tempo per pensare, né per organizzarsi diversamente. Il Mastino si guardò attorno socchiudendo gli occhi: vide Sansa fuggire da una tenda e l’uomo speronò Straniero.
 
Al diavolo Robb Stark, al diavolo qualunque moneta d’oro, quello era l’Inferno e lui avrebbe salvato ancora una volta Sansa Stark da esso!
 
La raggiunse e fece per farla salire, ma lei scosse forte la testa e si abbassò verso qualcuno piangendo.
 
Cazzo!
 
Imprecò e come impazzito scese da cavallo; quando lo fece, Sandor vide perché Sansa piangeva: non per l’odore di morte che cominciava a levarsi in aria, non per il fuoco, non per il fumo, ma per via di sua madre, la donna sanguinava da un braccio.
Non era grave, ma questo il Mastino non riuscì a dirglielo in quell’occasione. Sansa si accasciò contro sua madre e piangendo chiedeva aiuto, ma per tutta risposta fu Catelyn Stark a rivolgersi a lui.
“Sandor Clegane, ti prego, prendi mia figlia con te e portala al sicuro. Te la affido, fate attenzione a chiunque. Non sappiamo chi ci è per davvero rimasto fedele. ORA VA’, FORZA!” gridò infine spingendo sua figlia verso il Mastino, lui rapidamente salì in groppa al suo cavallo per poi issare Sansa davanti a lui.
Lei piangente gli si affidò totalmente posando il capo sul petto di lui e stringendo forte la sua armatura.
Con un colpo di speroni, Sandor Clegane fece partire velocemente Straniero che fendendo l'aria si allontanò da quello scenario infernale.

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Capitolo 21
*** Winterfell ***






Winterfell


 
 
Il Mastino speronò per quelle che sembrarono ore Straniero, a mano a mano che i due si allontanavano dalla furiosa battaglia le grida e quel tanfo di morte si attutirono sempre più fino a lasciare i due immersi nel più totale silenzio e nel profumo della piccola foresta in cui si inoltrarono.
 
Sansa non parlò, non disse nulla per tutto il tempo in cui lei si allontanava, assieme a Sandor, da ciò che rimaneva della sua famiglia, non aveva avuto il tempo neanche di vedere se Robb era stato ferito, se stava combattendo bene o se qualcuno lo aveva disarmato, non poté aiutare sua madre ferita, non poté fare nulla se non essere trascinata di nuovo via da un’altra battaglia.
Sansa sentì gli occhi pizzicarle, tirò su col naso e prima che potesse pensarci, sentì le lacrime rigarle le guance, tirò di nuovo su col naso. Il dolore, la disperazione la stavano spezzando.
“Non piangere” le disse il Mastino “tua madre aveva solo una piccola ferita al braccio.”
Capì che lui intendeva consolarla, tuttavia le sue parole non riuscirono a placare quell’agitazione e quell’angoscia che turbavano Sansa Stark nel profondo: lei era stata di nuovo separata dalla sua famiglia.
“L’esercito di tuo fratello mi sembrava… capace. Scommetto il mio pugnale che Robb Stark ne uscirà vincitore.” riprese lui.
Sansa tirò di nuovo su col naso “E se invece qualcuno l’avesse pugnalato alle spalle? Se qualcuno avesse ucciso sia lui che mia madre e massacrato tutti gli uomini del Nord?”
Sandor Clegane non aveva una risposta che potesse realmente tranquillizzare la ragazzina, avrebbe mentito se le avesse detto che sicuramente le cose sarebbero andate bene perché non ne aveva la certezza. Lei posò la testa contro il petto di lui continuando a piangere, lui si guardò attorno con aria guardinga mentre la stringeva appena un po’ in più a sé.
La ragazza avrebbe voluto dormire, avrebbe voluto essere svegliata dalla mano di sua madre che le accarezzava la fronte e la guancia, avrebbe voluto rivedere appena sveglia il sorriso dolce e rassicurante di suo fratello Robb, avrebbe anche desiderato sentire la voce di quello scoiattolo pestifero di sua sorella Arya, avrebbe dato qualunque cosa perché tutto ciò che aveva visto e vissuto fino a quel momento fosse stato solo un interminabile e orribile incubo, ma Sansa non dormì.
Non riusciva a chiudere gli occhi, questi le bruciavano terribilmente e la gola le faceva molto male per via del fumo respirato, non riuscì a pensare a nulla di diverso nel corso di quel tragitto la cui meta restava ignota sia a lei che al Mastino.
 
I due si fermarono quando le prime luci del giorno illuminarono la loro via, un ruscello scorreva a poca distanza dai due. Sansa scese e si diresse ai piedi di un albero, si appoggiò alla sue spesse radici che fuoriuscivano dal terreno e si sedette.
Il Mastino la guardò incapace di formulare una qualunque frase sensata e che potesse soprattutto strapparla da quel mutismo e trasformare la sua espressione cupa in una più serena. Avrebbe voluto essere di più, avrebbe voluto poterle dire di più, avrebbe voluto che lei si sentisse tranquilla, ma si limitò a far abbeverare Straniero e poi gli fece mangiare dell’erba fresca, lui ogni tanto guardava la sua compagna di viaggio: se ne stava lì, vide che muoveva le labbra in un muta preghiera a qualche dio probabilmente.
Sciocca, innocente Sansa Stark, non c’è divinità che possa lenire le tue ferite!
Devi trovare la forza dentro di te e basta, pensò Sandor accarezzando distrattamente il suo destriero.
 
Sansa stava pregando, guardava il cielo nella speranza di trovare una risposta a ciò che richiedeva, ma nulla, c’era solo il vento a scuotere gli alberi e i capelli lunghi di lei; la ragazza non sapeva se interpretare quel vento come un evento lieto o una manifestazione infausta… non sapeva più in cosa credere. Forse Sandor aveva ragione!
Non esistono gli dèi.
E lei era una sciocca ad averci creduto per così tanto.
Si chiese se sua madre…, se suo fratello… oh, se i suoi familiari fossero vivi!
Bramava quella risposta, sperava di vedere un corvo che gli dicesse che loro, gli Stark, avevano vinto, ma niente sembrava poterla tranquillizzare.
Sospirò e abbassò il capo, poi lo sollevò e vide Sandor rivolgerle uno sguardo e al tempo stesso accarezzare il suo cavallo in un gesto di distratta tenerezza, quando lui vide che lei stava ricambiando il suo sguardo, voltò la testa verso Straniero.
Sansa si alzò e andò verso di lui.
 
“Questo bestione sta mangiando tanta di quell’erba da poter star bene per due giorni!” esclamò Sandor.
Lei si avvicinò allo stallone nero e gli accarezzò la criniera, Straniero alzò la testa volgendola verso Sansa e nitrì piano per poi abbassare di nuovo la testa e riprendere a mangiare.
Sansa sorrise appena “Ne ha bisogno.”
“Dormiamo qui stanotte, tu sei troppo stanca per proseguire e anche il mio culo deve riposare.” lei non si scompose “Pregavi?” le chiese.
“Sì. Pregavo di avere un segno, qualcosa… qualunque cosa pur di sapere.” Sansa guardò verso il cielo grigio “Non so come interpretare questo vento… gli dèi vogliono dirmi qualcosa o è solo vento?”
Sandor conosceva la risposta, ma non gliela disse. Lui comprese quanto in quel momento Sansa Stark necessitasse di credere in qualunque cosa, anche in un po’ di vento.
“Credi che… se incontrassimo qualcuno potremmo chiedergli se sa niente di quanto accaduto a mio fratello e mia madre?”
“Potremmo, certo. Ma ricordi le parole di tua madre? Fate attenzione a chiunque. Dovresti dosare bene le parole.” le rispose stranamente in tono pacato.
“E’ tutta la vita che lo faccio.” gli disse cupamente “Una vita in una gabbia dorata. Tutta improntata alla buona educazione, ai sorrisi, ai vestiti, alle parole da dire e quelle da evitare.” Sansa tacque e strinse appena la criniera di Straniero, le labbra si strinsero in una linea dura “Modi di vivere inutili. A cosa mi sono serviti? A rendermi una stupida, a farmi prigioniera, a farmi trascinare da un luogo ad un altro come se fossi un essere privo di volontà.” Straniero nitrì “Forse era meglio se Joffrey… mi avesse uccisa quel giorno ad Approdo del Re!”
Sandor le si avvicinò bruscamente prendendole la mano che stringeva il crine dell’animale e la fece voltare verso di sé “Smettila! Basta! Tu sei viva! So che anche tuo fratello e tua madre lo sono, ma se non dovessero più esserlo, tu hai il dovere di vivere almeno per loro e vendicarli, hai capito?
Tu sei Sansa Stark, cazzo, mica una popolana qualunque! Combatti. Sei una lupa e devi lottare, capito? Smettila di pigolare inutilmente e comincia a mordere e sbranare!”
 
Duro, ma sincero.
Era proprio nella natura del Mastino esserlo, Sansa ringraziava gli dèi – ammesso che esistessero – per averglielo mandato: la aiutava almeno nell’uscire da quello stato di profondo sconforto in cui si stava rintanando.





______


Buongiorno a tutti e buona Epifania!
Lo so, avevo promesso di pubblicare prima, ma le cose sono andate diversamente.
Ne approfitto del post scriptum per farvi anche gli auguri di un buon anno e... dunque,
siamo in questo nuovo capitolo e i nostri sono di nuovo in fuga da soli e questa volta lo sono più che mai...
Sansa rivedrà più suo fratello? E sua madre?
E il Mastino imparerà ad essere meno brutale nell'esprimersi?
Per quest'ultimo aspetto credo non ci sia rimedio.
Bene, fatemi sapere cosa ne pensate e alla prossima!

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Capitolo 22
*** Resilience ***


Buonasera! Spero non mi stiate aspettando con i forconi,
so che aspettavate questo capitolo da tanto tanto tempo!
Le mie scuse.
Volevo dirvi, prima di lasciarsi alla lettura, che la storia sarà portata a termine, 
ma ci saranno anche dei rallentamenti a causa del lavoro e dello studio.
Voi continuate a seguirmi, per favore, detto ciò vi lascio alla lettura del nuovo capitolo.
Leggetelo e fatemi sapere se vi piace :*





 




 
Resilience




La sera giunse rapida e Sansa crollò in un sonno profondo dal quale si ridestò solo il giorno seguente quando Sandor la svegliò “Dobbiamo andare ora.” le disse mentre sellava Straniero.
Sansa sbadigliò e si rimise in piedi, era pallidissima.
“Ti senti bene?” le chiese l’uomo notando quel pallore.
“Mi fa un po’ male la testa.” gli rispose.
“E’ colpa del vento di ieri. Speriamo che tu non abbia la febbre.” disse lui per poi avvicinarsi a lei e posare una mano sulla sua guancia e poi sulla sua fronte.
Da quando avevano lasciato l’accampamento del fratello, Sandor non l’aveva più toccata né baciata, quando Sansa sentì la mano grande di lui sul suo viso, non poté fare a meno di trasalire.
“Credo tu non ce l’abbia.” sentenziò, poi notò quegli occhi blu che continuavano a fissarlo increduli “Me lo hai insegnato tu, ricordi?”
L’espressione di Sansa divenne più serena, poi le sue labbra si piegarono leggermente all’insù e rispose “Sì, lo ricordo.”
“Ne sono cambiate di cose da allora, eh?” notò lui montando su Straniero e dando di speroni.
“Sì. Hai ragione.”
“Per esempio, io parlo di più e mordo di meno, tu parli di meno e pigoli di meno.”
“Vero.” affermò lei semplicemente.
“Mi dispiace per il dolore che stai provando.” gli disse lui stupendosi delle sue stesse parole: prima di lei Sandor non aveva mai provato empatia per gli altri, che gli altri fossero felici o arrabbiati o addolorati, non era affare suo. Lui viveva per se stesso, e basta.
Viveva così, ma poi con Sansa tutto era mutato.
“Grazie.” disse lei flebilmente.
Lui posò una mano su quella di lei che era posata sul suo grembo. Fu un gesto che Sandor fece senza neanche pensarvi, un gesto di strana naturalezza e lei provò una sconosciuta elettricità a quel contatto, provò una grande confusione e ciò le diede modo di pensare a qualcos’altro, qualcosa di ben diverso dall’angoscia che l’aveva attanagliata nei giorni addietro.
Sansa non sapeva come reagire, non sapeva come rispondere alle attenzioni di un uomo. Aveva udito delle voci in merito quando era ad Approdo del Re, ma aveva udito anche cose indicibili che l’avevano messa in grande imbarazzo tanto che – ricordò – di essersi poi chiusa in camera sua a pregare gli dèi affinché un giorno trovasse qualcuno da poter amare senza dovergli fare le cose che aveva udito.
Si schiarì la voce ignorando quel gesto tanto delicato quanto intimo e continuò a guardare dritto davanti a sé: davanti a loro c’era un altro villaggio situato nella Terra dei Fiumi, le abitazioni erano quasi tutte in pietra ad eccezione delle stalle per i cavalli. Sansa guardò il Mastino che ricambiò fugacemente il suo sguardo, poi questi scese da cavallo e le disse “Copriti i capelli e tieni la testa bassa, non parlare con nessuno, non muoverti per nessuna ragione al mondo, devi aspettare il mio arrivo e basta, capito?”
Lei annuì per poi tirare su il cappuccio della sua mantella. Sansa prese ad accarezzare la criniera di Straniero e si chiese se sua madre avesse fatto la scelta giusta a farla fuggire con uno come il Mastino. Lei era tanto pura quanto ingenua, si chiese se avesse mai potuto veramente reggere un confronto con lui che invece era un uomo che aveva visto tanto e ucciso tanta gente. Sansa lo vide allontanarsi e dirigersi a passo svelto verso quella che pareva essere una locanda, l’ennesima.
 
Obbedì all’ordine ricevuto dal Mastino almeno fino a quando non udì una donna gridare aiuto, Sansa non poté fare a meno di alzare la testa e lì vide un uomo, un contadino sembrava, trascinare una bambina – forse la figlia della donna – per i capelli, Sansa allora non riuscì a trattenersi e scese di corsa dal cavallo e raggiunse i tre, “Cosa fate? Lasciatela stare.” disse parandosi dinanzi all’uomo.
“E tu chi sei? Che vuoi? Questa è una piccola ladra, mi stava rubando il pane.” protestò l’uomo stringendo i capelli della piccina la quale urlava per il dolore.
“E’ solo una bambina affamata, abbiate compassione!”
“Il pane è mio e se lo vuole deve pagarmelo, altrimenti le insegno io le buone maniere, a lei e alla madre! E tu fatti gli affari tuoi!” urlò l’uomo.
La madre prese a urlare misericordia all’uomo, ma Sansa tirò fuori una moneta d’argento “Vi basta? Datele quello che ha preso e lasciatele stare.”
L’uomo guardò con sospetto prima la ragazza che gli porgeva la moneta, poi la prese e lasciò andare la bambina con un tonfo, dopo che il primo ebbe intascato il soldo lanciò a terra il pane che probabilmente la piccola aveva rubato e andò via: la madre baciò le mani di Sansa e benedicendola si allontanò di corsa con sua figlia che aveva recuperato il pane.
 
“Allora io parlo al vento! Che cazzo ti avevo detto?” abbaiò il Mastino alle sue spalle.
“Dovevo farlo. Ho visto troppe ingiustizie per restare indifferente.” affermò per ritornare poi verso Straniero. Sandor scosse la testa “Meno male che non dovevamo attirare l’attenzione! Adesso anche i topi sapranno di quello che hai fatto!”
Sansa sorrise amaramente “Almeno non sanno chi sono.”
“Questo è un bene. O saremmo morti ancora prima di rendercene conto! Comunque ci fermiamo qui per stanotte, domani dovremmo arrivare a Seagard.”
“D’accordo, io però devo allontanarmi… ho bisogno di rinfrescarmi. Ci vediamo dentro.” lo informò per poi allontanarsi, ma Sandor la fermò posando una mano sul suo braccio.
“Tua madre ti ha affidato a me, non ti lascio andare in giro da sola e se ci sono i Lannister?”
Sansa sorrise “Ti preoccupi per me?”
 
La ragazzina lo stava rigirando proprio per bene, ah che fine che stava facendo!
 
“Ho dato la mia parola a tua madre, non verrò meno proprio ora.”
“Sei fedele.” disse lei sorridendogli dolcemente.
“Sono pur sempre un cane, ricordalo.”
“Non lo sei, Sandor.” gli disse con veemenza “Tu sei un uomo, capito? Un uomo.” fece una pausa e scosse leggermente la testa “Comunque se desideri scortarmi, vieni. A proposito dov’è il fiume?” chiese guardandosi intorno.
Il Mastino alzò gli occhi al cielo e scosse la testa “Visto! Non puoi andartene in giro senza di me.”
“Hai ragione, stai diventando indispensabile.” disse lei rivolgendogli un sorriso per poi accelerare appena il passo, in quel momento Sandor ne fu certo: la ragazzina gli piaceva e non sarebbe esistito nessun fottutissimo dio capace di fargli cambiare quello che sentiva per lei.
La seguì, ma non prima di essersi guardato attorno di nuovo e aver notato alcuni occhi osservarli curiosi, altri con sospetto, altri con paura per via del suo volto sfigurato. Avrebbe dato la vita per lei e non perché Catelyn Stark glielo aveva chiesto! L’avrebbe fatto per lei, solo per lei.

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Capitolo 23
*** Closer, more and more ***








Closer, more and more


 

 
“Ma non avevi detto di non sentirti bene?” protestò lui girandosi di spalle, mentre Sansa si spogliava ed entrava in acqua.
“Ho detto di avere mal di testa, non di non potermi lavare! E poi ne avevo bisogno.”
“Non capisco che bisogno ci sia!”
“Vuoi scherzare? Tutti hanno bisogno di rinfrescarsi e pulirsi.” pigolò lei.
 
Il Mastino sentì l’acqua muoversi al passaggio della ragazzina e poi sentì un mugolio di piacere della giovane, non poté non sorridere: Sansa era davvero l’ingenuità fatta persona.
Chi si sarebbe lavata davanti ad un uomo senza secondi fini?
Chi soprattutto l’avrebbe fatto con uno come lui?
Lui scosse la testa piano e pensò che Sansa Stark lo stava rammollendo.
Che fine: il Mastino sottomesso da un uccelletto che stava iniziando lentamente a trasformarsi in qualcosa di decisamente meno delicato.
 
“Perché non ti lavi anche tu?” gli chiese lei e Sandor voltò appena il capo, aveva sentito bene?
“Non lo faccio mai davanti ad altri, figuriamoci davanti a una Lady.” rispose lui leggermente irritato.
“Non intendevo davanti a me!” esclamò Sansa “Puoi farlo però tranquillamente più in là.”
 
Il confine, Sansa lo sapeva, tra i due stava lentamente scomparendo.
Stava dimenticando tutte quelle che erano le buone maniere: una Lady non si sarebbe mai dovuta lavare dinanzi ad altri se non alle proprie ancelle. Lei non solo si stava lavando davanti ad un uomo, ma gli aveva anche proposto di lavarsi!
Septa Mordane l’avrebbe punita se le avesse sentito dire parole simili, Sansa ne era certa.
 
“Stai cambiando, uccelletto. Una volta non mi avresti mai parlato così.” disse lui.
“Lo devo tutto a questi eventi che hanno coinvolto la mia vita.” non a te, pensò lui “Se fossi rimasta lì sarei rimasta un uccellino per tutta la vita.” aggiunse.
 
Quindi lei non era pentita di averlo seguito.
Forse indirettamente gli stava dicendo grazie e Sandor non lo aveva capito?
Tra loro scese il silenzio, questo era interrotto solo dai sospiri di Sansa e dal gorgoglio perpetuo del fiume, in quegli istanti Sandor pensò ciò che non credeva avrebbe mai pensato: voleva essere lì con lei. Avrebbe voluto essere lì e accarezzare ogni centimetro della sua candida pelle, ma più di tutto avrebbe voluto perdersi fra le sua cosce. Avrebbe voluto farla sua.
Mentre però pensava a questo, si rese conto che era a Sansa Stark che stava pensando, non a una puttana: non poteva fare quello che cazzo voleva a una come lei!
Lei era intoccabile, avrebbe potuto fantasticarci su, avrebbe potuto sognare di fottersela come e quanto voleva, ma la realtà non sarebbe cambiata: non l’avrebbe mai avuta.
Mai.
Lui doveva solo proteggerla, nient’altro.
 
“Stai bene?” chiese Sansa.
“Sì.” rispose semplicemente “Devo andare…” disse solo.
“Dove?”
“A bere.”
“E mi lasci da sola? Non eri tu quello che mi doveva proteggere?”
“Ti lascio questa spada!” sbottò buttandola lì per terra e lasciando Sansa da sola.
 
Sansa indignata uscì dall’acqua e si rivestì, che cavolo gli era preso di colpo?
Non credeva che uno come lei, uno come Sandor Clegane potesse mutare il proprio stato così, da un secondo all’altro, un istante prima parlava ed era stranamente gentile, l’istante dopo ringhiava e scappava via. Era estremamente difficile capirlo.
 
Con qualche difficoltà Sansa ritrovò la via per tornare al piccolo villaggio e trovò anche la locanda, ma di Sandor non c’era alcuna traccia. Chiese alla donna che stava lì se avesse visto un uomo alto e possente, dal volto rovinato passare di lì a bere.
“Sì, ma non mi ha pagato. Paghi tu per lui?”
Quella che Sansa aveva era una delle ultime monete e gliela porse, poi andò al piano di sopra ed entrò nella stanza che lui aveva preso per loro, il letto era uno solo ed era troppo piccolo affinché potessero dormire sia lui che lei. La ragazza si sentì a disagio, che cosa aveva in mente veramente Sandor?
Presa dai dubbi, ripensò alle parole misteriose della sacerdotessa Sha che le aveva detto che lui non era sincero e non le aveva mai detto ciò che per davvero animava la sua mente e il suo cuore.
Si chiese se non avesse avuto ragione, e se lui voleva… Sansa arrossì violentemente e lasciò di corsa la stanza. Una parte di lei era profondamente turbata e imbarazzata, ma dall’altra si sentì confusa.
Scese al piano di sotto e chiese alla donna qualcosa da bere, prese a bere della birra scura. Le pizzicò il palato, non era abituata a bere.
Non seppe quantificare il tempo in cui rimase lì, seduta e da sola con mille strani sentimenti che le animavano lo spirito e il cuore.
Stava per alzarsi, quando la raggiunse una giovane donna dai capelli rossi e gli occhi verdi, era una bella donna, pensò Sansa, anche se dal suo abbigliamento comprese che lei era una meretrice.
“Sei da sola?”
“Aspetto una persona.” rispose la ragazza guardando la giovane.
“Io sono Myra, tu?”
“Sa…” Sansa stava per dire il suo vero nome, ma poi si rese conto che non sarebbe stato saggio “Sai” si corresse “il mio nome è un po’ particolare, mi chiamo Sha.”
“Sha.” ripeté lei “Sì, particolare. E cosa fai qui?”
“Aspetto il mio compagno di viaggio.” le rispose semplicemente “Tu?”
Myra sorrise “Mi hai vista, credo. Lavoro. Ho appena finito con un… tipo.”
Sansa annuì abbassando il capo e poi bevve un altro sorso: non aveva mai parlato di simili questioni.
“Sei molto bella. Scommetto che gli uomini fanno la fila per… averti.”
Sansa alzò il capo “Oh, ma io non sono una…” si affrettò a chiarire imbarazzata e agitando le mani.
Myra rise “Tranquilla, lo so. Si vede. Però non significa che gli uomini non ti guardino, giusto?”
Sansa non sapeva cosa dire e allora fu la donna a parlare di nuovo “Oh, mio Dio, tu non sei mai stata con un uomo!” era quasi felice Myra, forse Sansa le appariva come una gemma rara.
“Ti prego, non urlare!” esclamò la Stark abbassando il capo.
“Scusa, ma non incontravo una… come te da quando avevo 12 anni! Sei una rarità, Sha. E com’è possibile?” Sansa aggrottò la fronte “Voglio dire, sei bellissima, hai questi bei capelli rossi, questi occhi chiari! Sei una di bellissimo aspetto, perché nessuno ti ha mai…?”
Sansa alzò il capo “Ero… prigioniera.” rispose con una mezza verità.
“Oh, mi dispiace. Beh, recupererai. Se vuoi ti insegno!” si offrì lei.
“Cosa?”
“Ma come cosa? L’arte della seduzione.”
Sansa arrossì “No, grazie.”
“Ti dico solo questo, siamo noi donne a dover essere sempre seducenti e dobbiamo saper sedurre l’uomo, lui… fa il resto del lavoro e nel mio caso, poi pagano. Invece prima mi è capitato uno che era talmente… insomma, ha fatto tutto lui, io ho dovuto solo assecondarlo.”
In quel momento il Mastino entrò nella locanda e prese da bere sedendosi poi in un angolo semibuio.
“Ecco, è lui il tipo.” a Sansa sembrò di sentire quasi il cuore fermarsi per un istante per poi ripartire più veloce, la testa prese a girarle violentemente “Poi non ha fatto altro che chiamarmi con un nome… Sammy… no, Sandy… no… ehm, ah Sansa! Brutto com’è non oso immaginare lei come sia, mi ha pagato e poi è sparito, ma uno così va bene per una volta e basta.”
A Sansa girò la testa, si alzò “Scusa, io… non mi sento bene.” la informò congedandosi per poi andarsene a passo svelto nella sua stanza, si chiuse dentro e si lasciò cadere sul letto.
Non sapeva se essere sconvolta per aver appena saputo di essere l’oggetto del desiderio del Mastino o per aver appena saputo che aveva condiviso il letto con un’altra donna chiamandola con il suo nome o per entrambe questioni.
Sta di fatto che Sansa Stark non riuscì a prendere sonno, forse era la birra o forse era per quello che aveva appena scoperto a farle tardare il sonno, poi si convinse che doveva essere stata certamente la birra.

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Capitolo 24
*** Fuoco ***


                                                                          


 
Fuoco



   Quando il giorno seguente i due si rividero, in Sansa aleggiarono mille domande su se stessa, ma anche su ciò che sentiva lei nel profondo. Era confusa dalle parole che le aveva rivolto quella donna, lui la desiderava, questo ormai le era divenuto chiaro come il Sole, ma ciò che non riusciva ancora a comprendere era se anche lei dal canto suo lo desiderasse in quel senso e se effettivamente quel bacio che c’era stato significava che i due si amavano o se lei per lui era semplicemente qualcuno da possedere.
Sia Sansa che Sandor rimasero in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, si rivolsero a malapena uno sguardo, lei era in imbarazzo per ciò che aveva scoperto su di lui, il Mastino… Sansa non sapeva cosa passasse nella testa di lui: avrebbe preferito una dichiarazione, un gesto, qualunque cosa che almeno la aiutasse a comprendere in modo evidente quello che lui veramente sentiva per lei. Invece lui taceva o si comportava in modo tutt’altro che chiaro.
 
   Sandor al contrario pensava a cose più pratiche: aveva visto dalla stalla in cui aveva dormito dei soldati. Non aveva individuato lo stemma della casata e perciò i suoi sensi erano immediatamente scattati e si era diretto a chiamare la Stark che lo aveva accolto in modo distaccato; lo aveva guardato a lungo, ma a stento lo aveva salutato.
Che cosa passasse in quella graziosa testolina tutti boccoli, Sandor lo ignorava.
Lui aveva ben altro a cui pensare: alla sua sicurezza. La madre – come del resto la figlia – si fidava di lui, gli aveva chiesto di proteggere la figlia, di tenerla al sicuro ed era ciò che avrebbe fatto.
Lo aveva promesso.
Non si sarebbe tirato indietro.
Non sarebbe stato da lui.
 
   Dei soldati entrarono nella locanda, Sandor tirò su il cappuccio di Sansa la quale sobbalzò e fece per guardare nella direzione del suo compagno di viaggio, ma Sandor la tirò per un braccio e dalla sua espressione lei capì che erano in pericolo.
“Alzati e seguimi.” le disse tirandosi anche lui il cappuccio per coprire la metà del volto bruciata.
I due si alzarono e raggiunsero l’ingresso, uscirono e da lì raggiunsero la stalla in cui si trovava Straniero: lì però trovarono due soldati che stavano guardando proprio lo stallone nero.
I cavalieri si voltarono e riconobbero purtroppo subito il Mastino, estrassero le loro spade, cosa che fece anche Sandor spingendo poi Sansa da parte. Lei perse l’equilibrio e cadde su della paglia e da lì osservò quanto lui fosse abile con la spada, come respinse i loro attacchi e come ferì un primo e tagliò la gola ad un secondo. Quel combattimento però finì con l’attirare l’attenzione di altri soldati che evidentemente si trovavano nei paraggi perché altri tre entrarono e affrontarono contemporaneamente il Mastino: le spade cozzarono con incredibile violenza tra loro, il Mastino respinse prima un attacco, poi un secondo e poi un terzo, stava tenendo testa a quei tre cavalieri armati di tutto punto.
Mentre la situazione sembrava essere estremamente favorevole a Sandor, uno dei tre lo colpì facendolo cadere in avanti, un secondo stava per trapassargli la schiena con la sua spada, ma il Mastino fu più veloce ruotò su se stesso e lo trafisse. Il secondo e il terzo fecero per colpirlo, ma lui parò.
Allora fu Sansa a fare qualcosa che lei stessa non si sarebbe mai aspettata: si ricordò di avere con sé la spada che Sandor il giorno precedente le aveva dato e con difficoltà la alzò e fece per colpire il soldato, questi rise nel vedere una donna con una spada tra le mani e la spinse via con un calcio nello stomaco. Sansa cadde e fu allora che, non seppe neanche lei con quale forza, prese la spada e con una forza che non credeva di possedere, colpì l’uomo tranciandogli di netto un braccio. Sansa si paralizzò mentre il sangue sgorgava copioso schizzando la ragazza e gli altri combattenti, Sandor riuscì a rimettersi in piedi per combattere l’ultimo soldato e poi diede il colpo di grazia all’uomo che Sansa aveva già ferito mortalmente.
Sansa era completamente sporca di sangue, sporca del sangue di quel cavaliere che lei aveva ucciso: era impallidita e tremava come una foglia guardandosi le mani. Il Mastino le strappò la spada dalle mani e trascinò via la giovane, salirono sul destriero del primo e partirono al galoppo allontanandosi da quel villaggio.
 
   La sera venne e i due si fermarono in un bosco, il terreno era molle e pieno di pozze d’acqua sporca, Sansa scese di corsa da Straniero e si gettò a terra, immerse le mani in una pozza d’acqua e prese a strofinarle ripetutamente in gesti forsennati. Quando Sandor la raggiunse, Sansa tremava come una foglia scossa dal vento, diceva parole sconnesse, pregava gli dèi implorando pietà per se stessa e per ciò che aveva fatto.
“Sansa?” la chiamò lui “SANSA?” urlò lui facendo alzare gli occhi azzurri pieni di terrore di lei su di lui “Grazie.” le disse sperando di calmarla, ma lei abbassò di nuovo lo sguardo sulle sue mani “Guardami, guardami! So com’è uccidere per la prima volta, non dovevi farlo, me la sarei cavata. Ma grazie per il tuo gesto, sei stata… coraggiosa, ma anche stupida. Non avrei mai voluto che uccidessi, non per me.”
Sansa restò in silenzio a lungo, poi disse tornando a guardarsi le mani: “Sono un’assassina, ho ucciso un uomo. Vivrò con questo rimorso.”
Lui prese il mento di lei e lo sollevò appena affinché i loro occhi potessero incrociarsi “Se non l’avessi ucciso tu, l’avrei fatto io. In ogni caso, quell’uomo sarebbe morto lo stesso. Eravamo in pericolo e ci siamo difesi, tutto qui.”
Sansa osservò le mani ancora rossastre, aveva tolto la vita a un uomo che probabilmente aveva moglie e figli, aveva distrutto una famiglia come aveva fatto Joffrey, era un’assassina. Lei che era sempre stata brava, pudica, cortese, a modo… lei aveva ucciso.
“Non sarai mai come me.” aggiunse lui con calma “Non permetterò mai che tu divenga come me. Sei troppo pura, sei troppo… non permetterò che tu debba soffrire quanto ho sofferto io. Sei stata coraggiosa, piccola Stark.” disse lui sorridendole appena “Non me lo sarei mai aspettato.”
Lei alzò lo sguardo su di lui e gli sorrise, piccole lacrime scivolarono lungo le sue guance “Ho avuto paura.”
“Lo so. Ma sei stata coraggiosa lo stesso.” ribadì ancora.
“Volevo solo aiutarti e… proteggerti.”
“Proteggere me? Mi hai visto? Ti sembro uno che necessita di protezione?” lei scosse piano la testa sorridendogli “Eppure tu l’hai fatto per me, grazie uccelletto.”
 
   La sera divisero un coniglio vicino al fuoco, o meglio Sansa lo mangiò vicino al fuoco, lui alla solita distanza. “Non oso immaginare come deve essere bruciarsi.” disse lei all’improvviso “Ti senti bruciare, ma non riesci a spegnere l’incendio che la tua stessa carne sta alimentando. Fa male. Brucia. Per quanto ti sforzi, non riesci a sottrarti.”
Sandor voltò la testa verso di lei “Che pensieri… a cosa lo devo? Ti sei ricordata del mio brutto viso?”
Lei anche lo guardò “No, parlavo in generale. Non di te.”
“Certo, certo.”
“Non sei il centro del mondo!” sbottò lei “Davvero il mio era un parlare in generale, Sandor. Non ce l’avevo con te.”
Lui sospirò pesantemente e lei aggrottò la fronte “Non mi credi? Dopo tutto quello che abbiamo passato insieme credi davvero che farei un discorso simile su di te e la tua sventura?”
“La mia sventura?!” sputò “Non è stata una sventura né un incidente, lo sai bene stupido uccelletto.” aggiunse brusco bevendo dalla sua inseparabile fiaschetta.
Sansa contorse la bocca in un’espressione ferita “So cosa hai sopportato, so le bugie che hanno riguardato la tua faccia, ma tu non sai niente della sensibilità altrui! Sei… un egoista!” esclamò lei.
Lui sbuffò “Sai la scoperta! Sandor Clegane l’egoista per eccellenza. Alla salute.” disse lui bevendo ancora.
Sansa in un moto di rabbia si alzò, buttò la sua razione di cibo per terra e gettò a terra la fiaschetta del Mastino “Sei ubriaco e dici cose senza senso! Prima di aprire la bocca, rifletti sul male che puoi fare parlando!”
Sansa fece per andarsene, ma perse l’equilibrio perché fu lui a spingere lei a terra e poi voltandola verso di lui le fu addosso “LASCIAMI!” urlò.
“Altrimenti che fai?” la provocò lui.
Sansa avrebbe voluto essere veloce come sua sorella Arya e in quel momento rimpianse di non averla accanto a sé, si limitò solo a guardare in cagnesco l’uomo sopra di lei cercando di respingerlo e farlo alzare, ma fu un tentativo inutile il suo: il Mastino era troppo grande e troppo pesante per lei.
“Non parlavo di te prima.” insisté lei.
“No?” la provocò lui a pochi centimetri dal suo viso.
“No.” rispose lei a tono “Parlavo di me e del fuoco non quello fisico!” si stava mettendo a nudo lei, ma lui – forse per via della sua cultura fatta di morte e spada – non capiva ciò che realmente lei gli voleva dire.
“Mi stai prendendo per il culo, uccelletto?”
“NO!” urlò lei “Allenta la presa e fammi almeno respirare.” urlò quasi lei, mentre l’uomo lentamente si alzava appena per gravare di meno su di lei.
“Non so se mi stai intortando con una delle tue belle parole o se sei sincera, ricorda che io annuso la bugia.”
“E cosa fiuti sentiamo?” lo provocò.
Comprese che la sua non era stata una bugia e soprattutto si rese improvvisamente conto di aver esagerato nell’aggredirla verbalmente e fisicamente come aveva appena fatto. Lui respirò pesantemente, poi prima di ragionarci troppo avvicinò le sue labbra a quelle morbide e calde di lei.
Fu un bacio disperato il suo, un bacio in cui anche Sansa – nonostante le resistenze iniziali – si sciolse.
 
   Provò una sensazione di pace, sentì di trovarsi nel posto giusto e al momento giusto. Le sue labbra furono per lui un porto sicuro in cui poter trovare rifugio. Fu un bacio che sciolse, anche se solo in piccolissima parte, il laccio che teneva fermo il desiderio bruciante di Sandor.
Si appoggiò sul suo avambraccio posato contro la sua testa, con l’altra prese ad accarezzare lentamente il fianco coperto della ragazza, voleva scoparla, desiderava farlo, ma al tempo stesso comprese che non poteva.
Non lui.
Non un cane quale lui era.
Non sarebbe stato lui a strappare il fiore di Sansa Stark.
Non ne era degno.
Prese a baciarle piano il collo, mentre con la mano che prima era sul fianco, le sollevò piano il vestito e accarezzò le sue gambe, cosa non avrebbe dato per infilarcisi in mezzo e prenderla con tutte le sue forze!
 
   Sansa non sapeva come reagire a quelle attenzioni, si limitò solo ad assecondare ciò che lui faceva vibrando a quei suoi tocchi delicati, mentre una sensazione di strano piacere si irradiava dentro di lei.
Quando pensò che lui avrebbe continuato e approfondito quel loro contatto, il Mastino smise di baciarla e la guardò a lungo negli occhi, “Non dovevo arrabbiarmi prima. Il passato fa male. Il passato è un luogo pericoloso: pieno di decisioni che non si possono cambiare, pieno di fantasmi da cui non si può fuggire. Scusami se… se ti ho toccata, non accadrà più.” dette quelle parole lui si alzò del tutto e si allontanò per un po’ nel buio della foresta.
 
   Sansa solo inizialmente aveva parlato senza riflettere sul fuoco, ma poi aveva colto l’occasione per dirgli seppur non in modo diretto ciò che lei cominciava a provare: un fuoco che lentamente stava cominciando a divampare e a bruciare il corpo della giovane. Si chiese se Sandor avesse capito cosa lei gli aveva detto o se di nuovo lui si fosse soffermato all’aspetto carnale della questione.
Quel toccarla le impedì di dormire e per alcuni minuti le fu impossibile pensare ad altro, non aveva mai provato una sensazione simile di paura mista a piacere, avrebbe voluto che lui continuasse


 

________


 
Buonasera a tutti!
Chiedo scusa per la lunga assenza,
purtroppo ho avuto qualche decimo di febbre che 
mi ha tenuta lontana dal pc.

Purtroppo stiamo vivendo un momento terribile,
difficile, buio, in cui sembra quasi mancare l'aria...
Seppur virtualmente, vi sono vicina e spero 
di farvi distrarre per qualche minuto.
Forza, non mollate!

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Capitolo 25
*** Ti fidi di me? ***






Ti fidi di me?


 
Chiuse gli occhi alcuni minuti dopo quando sentì dei passi avvicinarsi, era lui. Ormai li riconosceva.
Lo sentì sedersi per terra e poi imprecare, fu tentata dall’aprire gli occhi e guardare cosa stesse facendo o perché avesse inveito e contro chi, ma non lo fece.
Cercò di rilassarsi, provò a respirare profondamente così da rallentare il battito del suo cuore che sembrava essere impazzito, ma tutto le sembrava vano.
Alla fine tirò un grosso respiro e aprì gli occhi, vide le stelle sopra di loro, erano luminosissime e questo la fece sorridere e in parte calmare: ricordavano le stelle splendenti che si potevano ammirare in serate senza nuvole a Grande Inverno. Forse quello era un segno di buon auspicio, forse qualcuno voleva dirle di non mollare e continuare a credere di potercela fare a tornare a casa sua.
 
Il Mastino bevve un grosso sorso di vino per poi realizzare che quello era l’ultimo goccio, imprecò contro i Sette maledetti Inferi, contro gli dèi e poi buttò a terra la sua borraccia ormai vuota. Questa cadde a terra senza fare particolare rumore e quando la vide per terra, ricordò che la giovane lupa aveva fatto lo stesso e non poté evitare di volgere lo sguardo verso di lei. Sansa guardava il cielo, aveva un’espressione che rasentava il divino, la perfezione, chissà a cosa pensava. Avrebbe voluto entrare nella sua testa anche solo un istante e scorgere i suoi pensieri, quelli che la facevano sorridere pacatamente come in quel momento e quelli che la rendevano rabbiosa e quelli che l’angosciavano, tormentavano e addoloravano turbando la sua giovane vita.
 
Entrambi erano animati da pensieri diversi eppure collegati fra loro, lei pensava alla sua amata casa, pensava che le avrebbe fatto piacere se lui fosse rimasto con lei lì al Nord, se avesse combattuto per la loro casata e se fosse diventato una sorta di sua guardia del corpo; lui pensava a lei, ma in particolare a come fare per avere notizie certe della vittoria o sconfitta di Robb Stark. Lui lo sapeva fin dall’inizio che la sua intenzione di portare Sansa al Nord era assurda e pericolosa, ma non pensava che combattere contro ciò che provava fosse ancora più pericoloso e infido: lui poteva sconfiggere chiunque, poteva squartare qualunque soldato gli si parasse contro, ma non era assolutamente capace di fronteggiare ciò che lo animava nell’animo.
Sandor infatti era sempre vissuto con l’obiettivo di vendicarsi prima o poi di quel fratello che tanto odiava e nel profondo sapeva che lui sarebbe morto combattendolo, era pronto a tutto affinché quel rancore verso Gregor potesse essere messo a tacere, anche a morire. Di sicuro però non si sarebbe mai aspettato di legarsi ad un altro essere umano, di volersene prendere cura – o almeno provarci – e fare di tutto affinché l’altro fosse sereno, non era preparato nel fronteggiare quegli occhi chiari che lo avevano guardato sin dall’inizio con paura e timore per poi divenire occhi carichi di gratitudine e comprensione. Sandor non aveva assolutamente nessuna preparazione in sentimenti né in nulla che non riguardasse strettamente la spada. Aveva vissuto tutta la vita per le armi, ma stava cominciando ad imparare a lasciar entrare anche un piccolo spiraglio di luce e quella luce era lei, ormai il Mastino ne era convinto. Lei gli stava insegnando tanto pur non avendo la presunzione di farlo e lo stava facendo anche se lui non avrebbe mai voluto imparare da lei quei modi tanto gentili e quei sentimenti che lui aveva sempre giudicato inutili.
Nessuno dei due sarebbe giunto alla propria destinazione così com’era partito, con lo stesso proposito, ciascuno aveva contribuito a cambiare l’altro, anche se l’uno si chiedeva se certamente l’altro gli avesse fatto bene, o se lo avesse semplicemente deviato e rimbecillito del tutto.
 
Il giorno successivo i due si svegliarono bruscamente a causa di un forte tuono che sembrò scuotere anche gli alberi, Sandor montò su Straniero e fece salire subito Sansa dietro di sé. Diede di speroni e il cavallo partì al galoppo, altri tuoni scossero l’aria che si caricava sempre più di pioggia.
“Dove stiamo andando?” chiese Sansa.
“Cerchiamo un riparo, poi andremo a Seagard.” rispose l’uomo.
“Cosa ci andiamo a fare lì?”
“Te l’ho detto, io ti porterò a casa in ogni caso. Starò lì con te fin quando tuo fratello e tua madre non torneranno. L’ho promesso a tua madre. Ma l’ho promesso prima di tutto a te ed è ciò che intendo fare.” tacque per qualche istante poi si voltò appena verso di lei “Ti fidi di me?”
“Da quando siamo fuggiti da Approdo del Re.” le rispose lei sincera.
Sandor guardò avanti a sé e sorrise grottescamente.
“Mi spiace non essere quasi mai riuscita a dimostrartelo.” aggiunse Sansa.
“Non dirlo. Lo hai fatto invece. Tutti i giorni.”
Quelle parole cariche di sentimento furono spezzate dal rombo di un altro violento tuono a cui fece seguito una saetta che colpì un albero squarciandolo a metà. Straniero impennò e Sansa cadde rovinosamente all’indietro. Sandor restò in sella, ma fu Straniero a cadere e portò con sé il suo padrone. Straniero si risollevò subito e prese a correre via, in quel momento un ramo si spezzò e nella sua violenta caduta trafisse la coscia dell’uomo che lanciò un urlo disumano.
Gocce di pioggia presero a bagnare il volto dell’uomo che alzò il volto per osservare la ferita appena ricevuta, afferrò il ramo e provò a tirare, ma il dolore lo paralizzò e lo costrinse a urlare di nuovo forte. Respirò affannosamente poi, non sentendo più Sansa, la cercò e la vide a terra svenuta. Si mise a sedere faticosamente e trascinandosi la raggiunse, la scosse, urlò quasi per sovrastare il rumore incessante della pioggia sempre più fitta, ma la Stark non si ridestò.
Doveva portarla via di lì, fece per alzarsi, ma nuovamente il dolore alla coscia lo bloccò.
Rantolò per poi mettersi in ginocchio, respirò profondamente e, afferrato il ramo, lo tirò con tutte le forze che aveva. L’urlo che uscì dalla sua bocca probabilmente lo udirono fino alla Barriera, Sandor quasi svenne per il dolore, ma non poteva farlo. Doveva pensare a Sansa.
La raggiunse mettendosi con gran fatica in piedi e la prese in braccio, Sansa giaceva inerme fra le sue braccia, la testa piegata all’indietro, i capelli che quasi toccavano terra, il vestito logoro e sporco di fango rendevano la sua figura ancora più fragile.
Sandor raggiunse una caverna e lì vi trovò anche Straniero, in un’altra circostanza avrebbe insultato il suo cavallo, ma non in quella. Adagiò Sansa in un angolo e poi, tremando, svenne.

 


 
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Buonasera a tutte, o forse dovrei dire buongiorno! 
Dunque la serie di sfortune a carico dei nostri continua XD
I nostri hanno ripreso il viaggio pur essendo "turbati" da ciò che è accaduto la sera prima,
quando un temporale li costringe a fermarsi di nuovo e ancora una volta a combattere per la loro vita...
Bene, per questo appuntamento è tutto, alla prossima,
ciao!

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Capitolo 26
*** Cure e turbamenti ***


                                            


 
Cure e turbamenti


 
Quando Sansa si svegliò, la testa le doleva e le girava. Non ricordava come ci fosse arrivata lì.
L’ultima cosa che ricordava bene era che stava osservando le stelle, poi più nulla.
Cosa ci facesse in quella caverna e perché fosse sporca in quel modo non lo sapeva.
Si guardò intorno e solo in quel momento notò qualcosa che stonava con l’immagine che aveva sempre avuto del Mastino, di quell’uomo tanto forte eppure così umano che lei aveva imparato a conoscere: Sandor era scompostamente steso a terra, perdeva sangue. Tanto sangue. Le braccia distese lungo il corpo. Il capo piegato di lato verso il terreno. Le labbra schiuse.
“Sandor?” lo chiamò lei.
Lei osò sfiorargli il viso, ma non si mosse “Sandor?” pensò immediatamente a cosa fare, si strappò un lembo del vestito già rovinato, strappò parte del pantalone dell’uomo scoprendo l’enorme ferita e fece un nodo poco sopra la ferita e poi coprì con il lembo del suo vestito la ferita, premette con tutta la forza che aveva. Tremò per tutto il tempo, poco dopo il sangue smise di inondare il terreno.
Sansa sciolse il nodo che gli aveva fatto e poi aspettò e sperò di vederlo aprire subito gli occhi, ma non fu così. Era molto, molto pallido. Gli bagnò il viso, le mani, i polsi e la ferita.
Sandor non si svegliava, cominciò a temere il peggio. Spaventata e infreddolita, si stese accanto all’uomo, posando il capo sulla sua spalla. Aveva paura. Tanta paura.
 
Cosa avrebbe fatto se lui non fosse sopravvissuto?
 
Sansa cadde in un sonno profondo fatto di scontri fra lupi e leoni, leoni che azzannavano e lupi che azzannavano ancora più forte. Sangue che sgorgava copioso dalle ferite degli animali. Ciuffi di peli che volavano via. Carne che si spezzava sotto i denti degli altri animali. Ossa che si rompevano.
Sansa prese ad agitarsi e quando aprì gli occhi vide gli occhi grigi di lui osservarla, “Sansa?”
“Sandor?” lei si mise a sedere di scatto “Sei vivo!”
“Sì…” disse con tono fiacco “Aspetteremo la fine di questo diluvio prima di ripartire e poi… non credo di farcela a stare in sella” aggiunse poco dopo massaggiandosi la coscia e assumendo un’espressione carica di dolore.
“Tranquillo.” disse lei posando la mano sulla sua “Staremo qui anche domani, poi se te la senti proseguiamo. Non ti preoccupare.”
La guardò a lungo, forse cercava le parole con cui schernirla, ma non vi riuscì. Solo dopo qualche istante aggiunse un semplice “Vedremo.” per poi riposare nuovamente il capo contro il terreno della caverna.
Rimasero per alcuni minuti in silenzio, a occupare quel silenzio c’era solo lo scroscio violento dell’acqua che picchiava la terra. Sansa sospirò pesantemente poi osservò il Mastino mentre cercava di rattoppare alla meno peggio la sua veste “Mi spiace, ma ho dovuto.” si scusò lei, l’uomo alzò lo sguardo su di lei e disse semplicemente “E’ solo un indumento. Niente che valga spreco di parole o denaro.”
 
Le stava dicendo di tacere? O solo di non preoccuparsi?
 
Sansa abbassò la testa e lo sguardo, poi si alzò e andò verso l’ingresso di quel loro ennesimo rifugio. Posò una mano sulla parete rocciosa della caverna e osservò il cielo plumbeo, il vento era tagliente, la notte prese rapidamente a scendere sulla foresta e su tutti i suoi abitanti.
Lentamente iniziarono a udirsi gufi e altri versi di animali di cui Sansa ignorava l’esistenza. Per via del freddo, o forse per la paura, o forse per entrambe ragioni si allontanò dall’ingresso della caverna e si sedette accanto al suo compagno di viaggio. Si strinse nelle spalle rabbrividendo.
“Hai freddo?” gli chiese.
Sansa tirò su col naso e una nuvola di vapore si levò dalle sue labbra, era buio, ma la Stark era certa che Sandor lo avesse ugualmente notato perché gli pose sulle spalle ciò che rimaneva del suo mantello.
“Grazie.” disse lei.
“Mhm, mhm.” disse lui quasi a volerle dire prego.
“Cosa farai quando tutto questo sarà finito?” chiese Sansa dopo alcuni istanti di silenzio.
La risposta non arrivò, non subito almeno, tanto che la ragazza pensò che non l’avesse sentita, ma la sua risposta le confermò il contrario “Me ne andrò.”
Quelle tre parole, me ne andrò, le provocarono un dolore indicibile, il labbro inferiore prese a tremarle forte e alcune piccole lacrime ad appannarle la vista, lei aveva immaginato un epilogo diverso per loro. Non si sarebbe mai aspettata che le avrebbe risposto con quel distacco e quella disinvoltura.
Credeva che quel loro stare insieme li avesse in un certo senso uniti, ma evidentemente Sansa si era sbagliata ancora. Forse per davvero lui l’aveva sempre vista come una ragazzina da portare a casa e basta, come un oggetto che lo si porta da un posto all’altro, come qualcosa privo di volontà e sentimenti. Forse era questa l’idea che gli aveva dato.
Probabilmente lui l’aveva vista solo per il suo bell’aspetto e la desiderava solo fisicamente. Desiderava possederla e poi lasciarla.
Sì, forse era quello ciò che lui voleva da lei.
Niente di più e niente di meno.
Sebbene il dolore che provava sembrava averle risucchiato via l’aria, si sforzò di rispondere “E dove pensi di andare?”
Il Mastino sbuffò “Ovunque si trovi mio fratello. Deve morire.” Sansa lo sapeva, sapeva che quella di Sandor era una vera e propria ossessione, suo fratello, l’unico con il quale desiderava combattere e pareggiare i conti. Tutti quelli che aveva ucciso sino ad ora erano niente. Lui voleva solo suo fratello.
Voleva ucciderlo. Niente contava più di questo.
“Non hai paura di morire?” gli chiese.
“No. Ho paura di morire senza avergliela fatta pagare.” rispose con veemenza Sandor.
“Cosa vuoi dire?”
“Che morirò se sarà necessario. Farò tutto quello che è necessario pur di vederlo soffrire anche solo la metà di quello che ho subìto io.” rispose con vigore.
Sansa deglutì, la Montagna era invincibile, forte come il Mastino, se non di più. Ricordò quello scontro che vi era stato fra i due quando Sandor era intervenuto per proteggere sir Loras.
“E se io… ti chiedessi di restare con me?” Sansa azzardò nel porgli quella domanda.
Sandor rise “Con te? E a fare che? A ricamare? A parlare di vestiti? O di ragazzi?”
Sansa si offese “Non parlerei di queste sciocchezze con te!” sbottò mettendo il broncio “Potremmo fare anche tutto il continente occidentale insieme, ma il tuo modo di vedermi come una sciocca non cambierà mai. Non farai mai lo sforzo di pensare che gli altri possano cambiare.
Magari anche tuo fratello è cambiato e si è pentito di ciò che ha fatto!”
All’udire quell’ultima esclamazione Sandor rise, una risata priva di entusiasmo, una risata amara “Mio fratello cambiato? Sei proprio stupida allora! Mio fratello era ed è rimasto un mostro. Uno come lui non cambia! Può cadergli addosso anche la Barriera, ma resterà sempre un mostro. Ammazza e stupra chiunque gli si capiti a tiro e lo fa senza rimorso perché lui non ha coscienza, non ha pietà, non si ferma davanti alle suppliche, davanti alle grida, davanti ai pianti. Niente lo ferma. Capito, sciocca?”
Sandor le disse quelle parole con un’energia e una veemenza tale che Sansa non osò replicare.
“Dormi. Ho ascoltato abbastanza per oggi.”
Sansa non osò dire altro, Sandor non parlò né emise altro rumore. Quel silenzio fece scivolare Sansa lentamente in un sonno fatto di altri feroci scontri, non fra animali, ma fra due uomini, due fratelli.

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Capitolo 27
*** Seagard ***


                                    


 
Seagard


 
La luce colpì improvvisamente Sansa che si destò di colpo, nel mettersi seduta, notò che teneva il capo posato sul ventre del suo compagno di viaggio che invece dormiva ancora. Aveva le labbra semiaperte e il sole gli illuminava la parte consumata del viso rendendola quasi trasparente.
Si chiese come avesse potuto chiedergli di restare con lei una volta che tutto questo fosse finito, che ingenua che era stata, come poteva sperare che uno spirito libero quale era lui potesse fermarsi per sempre in un posto!
Si mise in piedi e andò verso l’ingresso, piccole gocce d’acqua cadevano dai rami e s’infrangevano delicatamente in altre piccole pozze, aveva smesso di piovere da non tanto tempo. L’aria era fresca e sarebbe stato perfetto ripartire, ma tutto dipendeva dalle condizioni in cui si trovava Sandor Clegane.
Non gli avrebbe detto nulla, in qualunque caso – sapeva – avrebbe fatto di testa sua che lei fosse d’accordo o meno!
Udì un movimento alle sue spalle, era lui.
Si voltò verso di lui e lo guardò, la luce ora gli illuminava tutto il viso che lui prontamente coprì con una mano.
“Sei già sveglia.” constatò lui debolmente con la voce ancora impastata per il sonno.
“Sì.” asserì lei.
 
Sandor la guardò, i capelli sembravano essere ancora più fulvi, il suo viso invece sembrava essere piuttosto pallido, i lineamenti erano tesi. La sua figura era divenuta ancora più smilza, ma armoniosa.
Cercò di non darle a vedere che aveva notato quel suo aspetto così incantevole e si alzò in piedi, la coscia gli doleva incredibilmente, aveva bisogno di qualcuno che gli medicasse ben bene le ferite e non una piccola che, nonostante tutti gli sforzi fatti, non ne capiva molto.
“Come va?” gli chiese avvicinandosi.
“Va come vedi.” le rispose brusco e trattenendo il fiato per il dolore.
Sansa sospirò “Forse dobbiamo attendere ancora un giorno.”
“No, no. Ogni giorno che non ci muoviamo è un giorno perso.” affermò.
Era come se Sandor cercasse di tenere le distanze da lei, come se stesse cercando di ricostruire un confine che era stato distrutto, come se cercasse di arginare quell’empatia che stava trapelando da quelle spesse mura che Clegane aveva costruito nel corso degli anni.
Si mise dritto e con andatura leggermente claudicante, si avvicinò al suo cavallo, Straniero, gli diede una pacca quasi come a volerlo rassicurare e prese a parlare all’animale nell’orecchio. Una conversazione fitta, fatta di chissà quali parole e quali segreti. Una conversazione dalla quale Sansa si sentì esclusa.
 
“Bene.” disse tutto a un tratto il Mastino “Ora possiamo rimetterci in viaggio.”
“E la tua ferita?” chiese Sansa avvicinandosi ai due.
“A Seagard di sicuro ci sarà qualcuno che può fare qualcosa in più.” rispose con tono distaccato. Sandor si diede una spinta e salì, Sansa lo guardò con ammirazione: il dolore gli si leggeva in faccia, aveva un’espressione incredibilmente tesa, le labbra strette eppure emanava una fierezza che la giovane gli invidiò.
Le porse la mano e lei afferratala, fu issata con forza in sella dietro il suo compagno di viaggio.
Straniero partì al trotto prima per poi accelerare fendendo quasi l’aria.
 
 
La città non era lontana da dove si trovavano, se non si fossero fermati forse sarebbero addirittura già ripartiti dalla città. Era una città molto bella all’apparenza, il ponte era in pietra così come le sue alte e spesse mura grigie. Le strade erano perlopiù dritte e tagliavano di netto altre vie della città, solo pochi vicoli erano talmente stretti che a stento ci passava un bambino.
C’erano soldati alle porte, non erano soldati dei Lannister e questo fu già un bene. Combattevano per il Nord, il loro stemma era rappresentato da un alce marrone su sfondo arancione. Sansa ricordava essere una casata del Nord, ma non ricordava proprio il nome. Tante nozioni che prima le ingombravano la testa, erano sparite e sostituite da regole ben più pratiche e semplici.
Non chiesero il nome né di Sansa né di Sandor, troppo impegnati a scrutare l’orizzonte, chissà chi o che cosa aspettavano…
La città per quanto bella potesse apparire dall’esterno, era popolata da gente poverissima che chiedevano la carità, chiedevano aiuto, che stringeva tra le braccia un bambino piccolo o un bimbo urlante, Sansa aveva già visto simili povertà ad Approdo del Re che ricordava con angoscia e terrore. Sandor proprio in quell’occasione l’aveva salvata dalla folla inferocita riportandola al sicuro a palazzo.
Ora era anche lei una di loro, nessuno la chiamava, nessuno cercava di destare la sua attenzione, era una di loro, sporca, gli abiti logori, il fetore di chi è in viaggio da un po’ e l’aria di chi non mangia bene da tanto tempo.
“Restiamo qui per un po’, devo bere e dormire.” le annunciò Sandor senza darle il tempo di chiedere che cosa ne pensasse a riguardo, senza chiederle se avesse una buona o cattiva sensazione nello stare lì. Tutto era già stato deciso e di nuovo Sansa fu costretta ad accettare gli eventi.
“Bene.” riprese l’uomo “Cerchiamo una maledetta taverna e poi qualcuno che sappia fare qualcosa per questa ferita.”
 
E lei?
Di Sansa sembrava essersene completamente dimenticato. Parlava ad alta voce, ma era più un ragionare ad alta voce che un comunicare con la sua compagna di viaggio.
Lei lo seguì a testa china, non perché temesse di essere riconosciuta, ormai era irriconoscibile persino a se stessa figuriamoci agli altri! Camminava a quel modo perché, nonostante cercasse di apparire forte, c’era lui che con una parola, una risatina o uno sguardo tornava a farla sentire quella ragazzina spaventata quale era mentre si trovava ad Approdo del Re.
 
Seguì Sandor in un abitacolo piccolo, buio e maleodorante, era il luogo che cercava. Due aspetti positivi però l’uomo li aveva: sapeva sempre cosa fare. Sapeva farla sentire protetta nonostante i suoi modi spesso odiosi. Oltre ad essere tremendamente abile con la spada.
La fece sedere quasi di peso a un tavolo e poi si allontanò.
Sansa si ostinò a tenere gli occhi bassi e a fissare il tavolo mangiato dai tarli, c’era un vociare di sottofondo, ma non riuscì a cogliere nemmeno una parola, era stanca, aveva dolori dappertutto e aveva bisogno di dormire.
“Ecco, questo è per te.” disse Sandor tornando con una ciotola con della carne stufata e un tozzo di pane dall’apparenza vecchio e duro “E c’è anche questa per te.” disse porgendole una chiave arrugginita “Appena finisci di mangiare, vai di sopra a dormire. Mi ha detto il tipo lì che è l’ultima porta a destra.” concluse bevendo un bicchiere di quello che era vino presumibilmente.
“Va bene.” Sandor fece per allontanarsi “Dove vai?” chiese Sansa prima che lui andasse via.
“A farmi sistemare questa ferita e a capire che cosa succede.” le rispose secco.
“In che senso?” gli chiese interdetta.
“Qualcosa non va.”
“Quindi cosa facciamo?” chiese Sansa.
Il Mastino non chiarì quell’affermazione e lasciò Sansa da sola e piena di dubbi.
 
Pochi minuti dopo che il Mastino era andato via, qualcuno prese a parlottare più forte se possibile. O forse era solo Sansa a percepire quelle voci più forti del dovuto. La testa le doleva sempre di più.
Stava per addentare l’ultimo pezzo di quel pane duro, quando la porta si aprì e apparve un giovane dai capelli neri come la notte, indossava l’armatura di un soldato, ma Sansa percepì – da come altri soldati gli parlavano – che non era un soldato. Il giovane si guardò intorno e Sansa ne vide gli occhi chiari e tremendamente espressivi.
“Miei amati confratelli, siamo qui oggi per combattere contro chi si è ingiustamente imposto al potere qui al Nord. Sono consapevole che non dovrei essere io a parlarvi, ma avrebbe dovuto esserci Robb Stark a incitarvi a combattere per ciò che è giusto: la nostra terra, le nostre città, la nostra gente, le nostre donne e bambini.” fece una pausa “Robb Stark ha iniziato una battaglia contro gli usurpatori del Nord, contro coloro che si credono i padroni, contro coloro che credono di poter regnare su Grande Inverno come se appartenesse da sempre a loro. I Bolton.” fece una pausa e si levò un gran vociare, a Sansa batté forte il cuore “I Bolton stanno per giungere a Grande Inverno credendo di potersi imporre come legittimi sovrani.
Io vi dico che loro non saranno mai i miei, i vostri padroni, mai! Stanotte ci sarà uno scontro che dovrà arrestare la loro avanzata, stanotte combatteremo per Robb Stark, stanotte moriremo se necessario e moriremo per ciò che è giusto: le nostre case e per il Nord!”
“PER IL NORD!” urlarono insieme i commensali sbattendo piatti, bicchieri e tutto quello che potevano contro i tavoli del locale.
 
Sansa osservò meglio il giovane, aveva l’età del suo fratellastro Jon Snow ed era per certi aspetti simile a lui, ma aveva una grinta che in Jon non aveva mai visto. Chissà se anche Jon era cambiato come era cambiata lei!
Il giovane aveva l’aria di essere molto determinato, pronto a morire pur di difendere ciò in cui credeva. Sansa avrebbe voluto che il Mastino fosse come lui, forte, che sapeva incitare gli altri a combattere per qualcosa di grande oltre che per se stessi come faceva lui.
 
“So che avete paura, tutta l’abbiamo. E’ inutile negarlo, ma se lo facciamo, lo facciamo per tutti noi, per le nostre donne e i nostri bambini. Per tutte le casate che sono state costrette a sottomettersi ai Bolton.” riprese, stava per dire altro quando notò Sansa e sul suo viso apparve un sorrisetto “Quello che ho da dirvi però, non può essere sentito dalle orecchie di una donna.”
Tutti si voltarono verso Sansa, improvvisamente era diventata nuovamente visibile agli occhi di tutti i presenti e la cosa la fece arrossire oltre che provocarle un forte batticuore.
“Le mie scuse per simili discorsi basati sulla morte.” proseguì lui “Spero di non avervi eccessivamente turbata…”
Sansa doveva dire qualcosa, doveva farlo, ma senza ostentare la sua cultura “Non l’avete fatto… mio signore.”
“Mio signore?” ripeté lui “Qui, ragazzina, nessuno è signore di nessuno. Ciascuno qui è disposto a dare la vita per il Nord. Ma non mi aspetto che una ragazzina come voi sia consapevole di ciò che dico.”
“Vi sbagliate!” lo contraddisse Sansa indignata “Non so chi voi siate, ma non sono disposta ad ascoltare altro dalla vostra bocca. Credete che una donna non possa capire le parole di un uomo? Credete che una donna sia stupida? Beh, oggi ci sono io a smentirvi. Capisco benissimo quello che dite, ma non intendo ascoltare un’altra parola che esce dalla vostra bocca!” replicò Sansa alzandosi e salendo al piano di sopra, a quel gesto sentì molti ridere e in Sansa crebbe la rabbia, una rabbia cieca.
 
Quando giunse nella sua stanza, premette un cuscino sulla bocca e urlò con tutto il fiato che aveva.
Dove diavolo era finito il Mastino?
Sapeva che da lì a poche ore ci sarebbe stato una battaglia?
Era stato forse aggiunto ai ranghi? O si era arruolato di sua spontanea volontà dimenticandosi di lei?
Avrebbe voluto avere tutte le risposte a quelle sue domande, ma non ci fu nessuno che le poté sciogliere quei dubbi.
Avrebbe potuto dire a quell’arrogante che lei era la sorella di Robb, ma la prudenza le aveva impedito di aprire bocca, di osare. Se l’avesse fatto le reazioni potevano essere due: lo scherno da parte del giovane o avrebbero potuto consegnarla a qualcuno che avrebbe affermato di conoscere Robb, ma che poteva essere un altro traditore. No, Sansa aveva fatto bene a tacere.
 
Si lasciò cadere di peso sul letto e prima che potesse anche solo rendersene conto, si addormentò; quando si ridestò, si udirono scoppi e urla. La battaglia era iniziata…

 

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Capitolo 28
*** Samel e lo Sconosciuto ***






 
Samel e lo Sconosciuto


 
Si lasciò cadere di peso sul letto e prima che potesse anche solo rendersene conto, si addormentò; quando si ridestò, si udirono scoppi e urla. La battaglia era iniziata. Sansa si alzò di colpo e non seppe bene perché aprì la porta e imboccò il lungo corridoio che portava alla sala sottostante. Questa era immersa nel buio, ad eccezione di pochi lampi che la illuminavano di tanto in tanto. Sansa aprì la porta e – sebbene sapesse dell’imprudenza che stava compiendo – uscì.
Voleva cercare il Mastino.
 
Dov’era finito?
Perché l’aveva lasciata in quel luogo sconosciuto senza protezione, lui che l’aveva più volte rassicurata in merito? Ormai in Sansa la risposta più ovvia era che si fosse unito agli altri soldati.
 
Qualcuno urlò e Sansa si voltò nella direzione delle urla, dei soldati correvano andando verso l’ingresso della città, lei li seguì seppur a distanza, stava per svoltare a destra, ma un colpo di cannone colpì un palazzo non troppo distante da lei e Sansa trasalendo cadde. Qualcuno corse e senza neanche vederla le calpestò le mani correndo. Lei gridò, ma le sue grida erano sovrastate da grida molto più forti e dai rumori di una violenta battaglia.
Fece per rialzarsi, ma qualcun altro giunse e quel qualcuno la colpì alla testa.
Sansa svenne.
 
Furono di nuovo le urla a farla svegliare, il cuore sembrava pulsarle nelle tempie, aveva l’affanno e perdeva sangue da una guancia, deglutì e barcollante si rimise in piedi. Le urla erano alternate a momenti di silenzio totale, un silenzio inquietante.
Sentì altri passi, sembrava essere una marcia… Sansa si infilò in un vicolo, ma era un vicolo così stretto che finì col rendersi presto conto di non poter proseguire e così sperò soltanto di non essere notata da chiunque stesse giungendo.
Voltò il capo verso il buio, sperando di passare inosservata. I passi divennero sempre più pesanti e vicini, sempre più vicini, sempre più vicini. I passi si fermarono e qualcuno sguainò la spada, Sansa fu strattonata e lei fu costretta a voltarsi verso il suo aggressore… era quel giovane, quello che lei aveva udito parlare tanto animatamente poche ore prima.
I loro visi furono a poche spanne di distanza e i loro occhi si incatenarono, gli occhi di quel ragazzo – quelli che lei avrebbe a lungo ricordato nei suoi sogni e nei suoi ricordi – divennero da furiosi e minacciosi a sorpresi “Siete voi, ragazzina.”
Sansa era come pietrificata, la mano del ragazzo le stringeva con fermezza il braccio, il cuore le batteva forte nel petto.
Aveva paura. E se si trattava di un traditore?
Lo vide deglutire per poi allentare lentamente la presa “Cosa fate qui? E’ pericoloso.” la ammonì “Vi siete persa?”
Sansa si decise a ritrovare un contegno “S – sì, cioè… cercavo il mio compagno di viaggio.”
“Chi è? Forse ha combattuto con noi.”
Sandor Clegane, stava per rispondere, ma temeva di fare peggio e così si decise a non dirgli quale fosse il suo nome. Abbassò lo sguardo.
“Siete ferita.” notò lui alzando il viso della Stark.
“Non è niente.” disse lei, proprio lei che quando vedeva un po’ di sangue era solita svenire.
“Lo so.” convenne lui, le sorrise. Era un sorriso caldo, rassicurante, ma che strideva con il sangue che gli imbrattava il viso, le vesti e con la circostanza in cui si trovavano.
Solo allora lei notò altri uomini che erano con lui, tutti armati, pochi a cavallo, perlopiù a piedi.
“Non temete. Nessuno di loro vi farà del male. Stavate alla locanda di stamattina?” le chiese.
Lei annuì.
“Bene, ora che tornate lì, chiudetevi dentro e non aprite a nessuno ad eccezione del vostro amico. Chiunque lui sia.” lei non disse niente “Avete l’aria di essere finita in qualcosa di molto più grande di voi, ragazzina.” aggiunse.
Sansa sospirò e annuì semplicemente.
“Bene, se gli dèi lo vorranno ci rivedremo. Fate come vi ho detto.” ordinò lui per poi liberarla dalla stretta, seppur lieve, che ancora la tratteneva.
“Grazie.” disse lei.
 
Lei fece pochi passi, quando si sentì nuovamente chiamare “Ragazzina!” lei si voltò “Qual è il vostro nome?”
Sansa non sapeva cosa rispondere, si limitò ad osservare il volto di quel giovane illuminato dalle poche torce che avevano tra le mani i suoi uomini e a sorridergli, non sapeva quale nome inventare.
Poi si voltò e andò via a passo svelto e, facendo esattamente come il giovane le aveva ordinato, tornò nella sua stanza.
 
Quando si svegliò il giorno dopo, era ancora sola. Si toccò la guancia, era gonfia e pulsava.
Di Sandor non vi era alcuna traccia.
Scese al piano di sotto dove trovò lo stesso uomo che aveva accolto lei e il Mastino intento a distribuire vino, cibo, acqua a chiunque potesse.
“Avete visto un uomo con il volto sfigurato?”
L’uomo la guardò come se avesse appena detto un’ovvietà “Guardati attorno, non vedi? Qui sono tutti rovinati dalla battaglia di stanotte.” Sansa si guardò intorno, non aveva notato che ora non era più una locanda, ma sembrava essere uno di quei posti in cui si curano gli ammalati, i feriti, i moribondi, tutti avevano ferite gravissime, alcune erano orripilanti “E non è finita.” riprese l’uomo “Bolton ci ha chiusi qui dentro, Stark temo abbia abbandonato l’impresa. E noi tutti siamo perduti.” concluse drammaticamente per poi allontanarsi.
Sansa si sforzò di non svenire, nonostante la testa le girasse per il fetore e le immagini drammatiche che le si presentavano sotto gli occhi, cercò di identificare Sandor, ma senza alcun successo.
 
Uscì dalla locanda e riprese a respirare. L’aria era sì pesante per via del fumo, ma almeno era decisamente più respirabile rispetto a quella che si respirava dentro.
Vide finalmente altre donne, cominciava a credere di essere la sola! Entravano e uscivano da un’altra casa, Sansa si affacciò e vide che anche lì la situazione non era delle migliori, osservò i feriti che ricambiarono – alcuni di loro – lo sguardo, ma non trovando chi cercava proseguì.
Camminò ancora, giunse quasi alle porte della città, quelle porta che avevano accolto non troppe ore prima lei e il Mastino, ma lì i soldati le impedirono di continuare “Là non c’è niente per una come te.” così le disse una delle guardie, Sansa sbirciò alle sue spalle, centinaia forse migliaia erano i morti, lo stemma dei Bolton si stagliava all’orizzonte; Sansa deglutì. Avrebbe voluto fargliela pagare.
Voltò le spalle ai due e con andatura lenta imboccò nuovamente le viuzze che portavano alla locanda, era sola, aveva paura e provava rabbia. Una rabbia non sconosciuta, ma che la faceva sentire di nuovo impotente. Era come se di colpo fosse tornata ad Approdo del Re!
 
“Ehi, ragazzina.”
Sansa si voltò e vide di nuovo lui, quel giovane uomo che l’aveva salvata in un certo senso, i suoi abiti, il suo viso e i suoi capelli erano di nuovo puliti.
“Salve.” disse lei, formalmente.
“Come state?” chiese lui per poi posarle una mano sopra la guancia gonfia “Non è grave.”
“Sì, l’avete già detto.” rispose lei abbassando lo sguardo.
Lui sorrise “Cos’è che non mi dite di voi?”
Sansa alzò lo sguardo “Come dite?”
“Avete l’aria di chi sa qualcosa, ma non può o non vuole dirla. Ditemi.”
“Dirvi cosa?” chiese lei.
“Chi siete?” chiese di nuovo.
“Sono…” doveva dirgli un nome questa volta, non poteva evitarlo di nuovo o il ragazzo avrebbe potuto pensare che fosse una spia e avrebbe potuto benissimo pensare di poterla uccidere “Sa…mel. Samel.” disse lei. Stava per dire Sansa, ma decise di celarsi ancora una volta.
“Samel?” lui ripeté il suo nome e sorrise “Perdonate la mia insistenza, ma dovevo dare al vostro volto un nome.”
“Perché?” chiese lei.
Lui si guardò intorno “Vi va di fare quattro passi? Prometto che sarò il più galante possibile.”
“Di questi tempi? Non credo proprio che sia possibile.” sorrise prendendolo quasi in giro.
Lui sorrise “Siete una vera esperta, ragazzina.”
 
Da quanto Sansa non sorrideva?
Da quanto non si sentiva così bene?
Non lo ricordava neanche più. Nello sguardo, nelle parole di quel giovane ancora senza nome Sansa sembrò trovare un po’ di serenità, sembrò ricordarsi di avere solo sedici anni. Si sentì tranquilla, riuscì – seppur con le dovute precauzioni – a parlare con lui, a parlare di cose come gli intrighi, la politica, i giochi di potere, lui la ascoltava attento e di tanto in tanto faceva osservazioni o complimenti circa la sua esposizione, circa il corretto uso di parole, alla fine – Sansa ne fu certa – doveva aver capito che lei non era una popolana.
“Eravate promessa a qualcuno?” le chiese a un certo punto, passando di colpo dalla politica al matrimonio, Sansa un po’ impreparata rispose “Sì, lo ero. Ma il mio promesso sposo era… è un mostro.” la risposta rispondeva al vero. Joffrey era un mostro sotto le sembianze di un bel principe. Tanto affabile all’apparenza, ma tanto crudele in realtà.
“Cosa vi ha fatto?” le chiese.
“Ha ucciso mio padre.” rispose lei di colpo. Le lacrime presero a pizzicarle gli occhi, ma nascose quella sua fragilità guardando la strada sotto i suoi piedi.
“Come?”
Sansa deglutì e le sembrò di rivivere in quell’istante quella scena… il padre accusato di tradimento, il padre in ginocchio ai piedi della folla inferocita, la spada che calava sul suo collo e poi il silenzio della folla… la testa di suo padre su quella picca che Joffrey le aveva mostrato.
“Gli ha tagliato la testa.” rispose.
Non era stato di fatto Joffrey, ma era come se l’avesse impugnata lui quella spada.
“Mi dispiace.” disse solo.
Sansa sospirò mestamente.
“E voi eravate promesso?” gli chiese. Se si fosse trovata a casa sua, o ad Approdo del Re, o da qualunque altra parte non si sarebbe permessa di fare una simile domanda, ma data la situazione Sansa osò.
Lui fece un sorriso, ma era un sorriso privo di allegria “Lo ero, ma… di questi tempi non c’è tempo per pensare alle unioni, anche a quelle di interesse!”
“Però se fosse una giovane appartenente ad una nobile casata per voi sarebbe un vantaggio.” affermò Sansa non riuscendo a trattenere quelle parole, quelle che aveva più volte udito laggiù a Sud.
Lui la guardò “Non siete proprio una popolana, Samel.” asserì il giovane sorridendole e confermando il sospetto di Sansa “Non so neppure se il vostro nome sia questo, ma…” fece una pausa “di questi tempi è più che comprensibile la vostra paura nel dire chi siete veramente.”
A Sansa batté forte il cuore, provava uno strano di senso di tranquillità nello stare con lui anche se lui sapeva che lei gli stava nascondendo alcune questioni di non poca rilevanza.
“Non temete.” riprese come se le avesse letto nella mente “Capisco. E se fossi una ragazza immagino farei la stessa cosa.” gli occhi chiari di entrambi si incatenarono per qualche istante, poi lui sorrise e abbassò lo sguardo “Ieri parlavate del vostro compagno di viaggio… chi è?”
“Ehm… perdonatemi, ma se vi dicessi il suo nome… potrebbe essere un pericolo.”
“Per voi? O per me?” le chiese.
“Per entrambi.” rispose diplomaticamente Sansa.
Il giovane scosse la testa “Per me non c’è problema, so difendermi… per voi… perché? Temete che se mi diceste il suo nome io possa farvi qualcosa?” chiese lui
“N – no. Se aveste voluto, lo avreste già fatto.” rispose lei “Siamo qui… da soli.”
Lui annuì.
“Sì. Non insisto, ma almeno ditemi com’è, che aspetto ha. Se lo vedo, gli dico che lo state cercando. Vi giuro sul mio onore che lo farò.” asserì posando una mano sul cuore.
Sansa volle dargli fiducia “E’ più alto di voi, molto più alto di voi, ha gli occhi grigi, i capelli scuri e lunghi, metà volto ustionata ed è il migliore che conosco nell’usare la spada.”
Lui annuì di nuovo.
“Se combatte con noi, state pur certa che riferirò.” tacque, poi in un gesto di improvvisa confidenza le posò una mano sulla guancia gonfia. Fu un istante, un tocco leggero, eppure Sansa sembrò scottarsi con quel gesto tanto naturale quanto delicato. Ben presto lui si rese conto dell’atto compiuto e ritrasse la mano, “Perdonate la mia sfacciataggine. Vi riaccompagno alla locanda.”
 
Sansa era sola e confusa, l’atteggiamento premuroso del giovane la stava lentamente conquistando. Avrebbe voluto essere in un certo senso guidata dalle parole, anche se dure, del Mastino, avrebbe voluto sapere che cosa ne pensava, se gli sembrava sincero nelle intenzioni e nelle parole o se si trattava di un giovane solo molto scaltro.
La ragazza ragionò a lungo e decise che a decidere tutto sarebbero stati i fatti. Soltanto i fatti avrebbero effettivamente potuto chiarire chi era quel ragazzo in realtà, non si poteva scappare sempre e proprio in quel momento men che meno.




 
§§§
 

Buonasera prima di tutto,
scusate se - come sempre - è passato tanto tempo,
avrei voluto pubblicare il capitolo in verità qualche giorno fa nello stesso giorno in cui finì la serie,
ma la linea ha fatto i capricci perciò... niente sono riuscita a postare solo ora!

Dunque siamo ancora a Seagard, Sansa ha conosciuto questo giovane, Sandor... lui... dov'è?
Per ora non vi è dato saperlo xD
Non è morto, piccolo spoiler, tranquille.

Riguardo al nome di Sansa... beh, avrei potuta chiamarla Alayne, ma sono sincera
il nome Samel l'ho sognato perciò ho deciso di dargli questo "nome".

Penso di avervi detto tutto, per ora.
Allora, buona lettura (spero) e fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.

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Capitolo 29
*** Le confessioni dello Sconosciuto ***





 
Le confessioni dello Sconosciuto



La sera stava nuovamente facendo capolino e gli uomini, quelli che potevano, raggiunsero nuovamente le mura, i feriti, quelli più gravi, restarono sui giacigli che erano stati loro preparati.
Sansa si era decisa, poche ore prima, a rendersi utile e dare una mano alle altre giovani donne e alle donne più anziane nel curare i soldati. La ragazza non faceva che andare e venire dalle cucine, riempiva bacili di continuo con acqua fresca per poi gettare quella sporca di sangue o croste.
Le urla, il fumo, i lampi dei cannoni presero a invadere nuovamente l’abitacolo.
 
Sansa aveva paura e ricordò quella notte… quella in cui fuggì dalla sua prigione assieme a Sandor. Ma di Sandor non vi era stavolta traccia, nessuno sarebbe venuto nella sua stanza e l’avrebbe portata via. Questa volta doveva restare lì. Nessuno l’avrebbe cercata in quel momento. Nessuno avrebbe avuto un pensiero per lei.
Si chiese perché il Mastino l’avesse lasciata lì da sola, le aveva detto che sarebbe andato a farsi medicare e poi? Cosa era successo? Erano ormai passati quasi tre giorni e di lui non sapeva nulla.
Avrebbe dato qualsiasi cosa anche solo per sapere che stava bene.
 
Urla, urla, urla, ancora urla.
La porta si aprì e le donne sobbalzarono, erano in due, un soldato teneva posato il braccio sulle spalle di un altro che, affaticato dal peso del primo, camminava sbilenco. Due donne abbastanza corpulente afferrarono il primo e lo posero di peso su un giaciglio libero, il soldato grondava sangue dall’addome.
Il secondo soldato alzò lo sguardo e Sansa lo riconobbe subito, era quel ragazzo, quello con cui lei aveva passato gran parte della mattina e del pomeriggio. Gli si avvicinò vedendo che anche lui era ferito “No!” esclamò lui “Ce ne sono altri molto più gravi di me.” proseguì lui concitatamente per poi risparire nel cuore di quella notte tempestosa.
Un’altra donna chiuse la porta alle sue spalle e corse ad aiutare il soldato ferito.
Sansa attese il suo ritorno dietro ai vetri di quella finestra tanto piccola.
La porta si aprì di nuovo, era ancora lui che assieme ad un altro soldato ne portavano un terzo, quest’ultimo aveva una gamba quasi del tutto staccata dal corpo, urlava, urlava a più non posso. A Sansa girò la testa, alzò lo sguardo incrociando lo sguardo del giovane che si rituffò nuovamente nel buio.
Fece questo gesto per altre tre volte, poi la terra sembrò tremare, polvere prese a cadere dall’alto e quelle poche luci che illuminavano l’abitacolo presero a tremolare. Sansa respirava a fatica per la paura.
La porta si aprì per la quinta volta e questa volta quel coraggiosissimo ragazzo si manteneva ad un altro soldato, aveva i capelli che scompostamente gli ricadevano sulla fronte, gli occhi chiusi, la labbra semiaperte e un’espressione carica di dolore dipinta sul viso. Sansa vedendolo si precipitò all’uscita e lo aiutò assieme a un altro soldato, che l’aveva accompagnato lì, a farlo stendere su un giaciglio.
Il ragazzo aprì gli occhi e vide che era Sansa, “Non è niente.” disse lui seppur con la voce carica di sofferenza, lei gli sorrise “Lasciate che sia io a dirlo.” si sforzò di trattenere quella sensazione di forte nausea che le stava attanagliando lo stomaco e gli sfilò la maglia di ferro, vi erano decine di tagli che non sembravano essere particolarmente gravi e poi una ferita al basso ventre abbastanza profonda.
“Mi curerai tu?” gli chiese dopo qualche attimo di silenzio, Sansa prese una tinozza d’acqua e prese a intingere l’acqua per tamponare le ferite, poi prese una benda e la premette con forza sulla ferita, il giovane saltò quasi per il dolore, urlò a denti stretti. Ansimò stringendo gli occhi.
“Devo mettere dei punti… ho visto fare così.” lo informò Sansa.
“Fai quello che serve.” disse lui ansimando.
“Ti farò male.” proseguì lei.
“Lo so… ma fallo. Mi fido di te. Adesso sei tu che hai la mia vita nelle tue mani.” le disse.
Sansa prese ago e filo… di quello disponevano e… prima di iniziare guardò il volto sudato e sofferente di quel ragazzo, poi seppur tremante prese a cucire. Vide il viso del soldato diventare rigido, lo vide stringere i denti e poi svenire.
Non era certa di ricordare come si facesse, ma vedendo il “lavoro” terminato si disse che forse tutte quelle ore di cucito erano servite realmente a qualcosa.
 
Sansa si prese molta cura di lui, gli asciugava spesso il sudore che imperlava la fronte alta del soldato, gli bagnava di tanto in tanto la fronte, il collo, le braccia. Gli controllava le ferite, controllava che i punti non cedessero. Di tanto in tanto si alzava dalla sua sediolina e aiutava le altre donne che correvano di qua e di là per soccorrere i nuovi feriti o per cambiare le bende a chi era già stato curato.
L’ambiente sapeva di sangue, morte, fumo, e altri acri odori, ma nessuna si lamentò di questo, anzi, era un motivo in più per darsi da fare, Sansa spinta dai loro stati d’animi, si decise a continuare, a non cedere. Si decise nel continuare quanto aveva fatto nelle ore precedenti: aiutare.
Aiutare gli altri, aiutare quegli uomini e quei tanti giovani la faceva sentire utile, si sentiva parte attiva di qualcosa, era partecipe di un dolore che per quanto grande e grave fosse la aiutava a sentirsi viva.
Quando il cielo si tinse di un timido color pastello, la battaglia sembrò essere conclusa, qualcuno urlava con toni minacciosi, altri chiedevano una tregua, qualcuno cercava di spronare i propri uomini, alla fine Sansa udì solo un sordo silenzio.
La battaglia doveva essersi conclusa, quale fosse l’esito, Sansa lo poté solo supporre.
Il proprietario del locale aprì la porta d’ingresso e permise al vento del mattino di invadere violentemente quel luogo pregnante di morte e dolore.
 
La ragazza si allontanò solo per pochi istanti per lavarsi le mani e rinfrescarsi il viso, poté osservare il suo viso dopo tanto tanto tempo: era sempre più simile a sua madre, i lineamenti erano sempre meno quelli di una bambina, anche l’espressione sul suo viso era tanto più vicina a quello della mamma, si sfiorò lo zigomo ancora un po’ gonfio e leggermente rossastro.
Si asciugò alla meno peggio e tornò nella sala, molte delle donne, che come lei avevano vegliato la notte, erano andate a dormire, ma lei no. Lei voleva, e doveva, parlare con lui.
L’unico che poteva darle le informazioni che tanto cercava.
 
Gli si sedette accanto e lo osservò più attentamente, i lineamenti del suo viso erano distesi, aveva le labbra socchiuse e i capelli nerissimi erano tutti arruffati, le mani erano piene di tagli, erano mani che avevano lavorato, usato le armi, ciononostante Sansa le trovò molto belle. Non riuscì a trattenere l’impulso di accarezzare quella mano grande, la sentì callosa e tanto calda, non riuscì ad evitare di accarezzargli il dorso così rovinato di quella mano; una parte di lei avrebbe voluto baciarla e dirgli che se lei gli era accanto era stato per merito suo, quella notte – quella in cui era uscito a cercare Sandor – avrebbe potuto essere uccisa, ma gli dèi avevano mandato lui.
Avvicinò la testa alla mano del ragazzo e chiudendo gli occhi prese a pregare gli dèi, chiese che quel ragazzo fosse risparmiato, che gli fosse concesso tanto altro tempo per vivere, che gli dèi le permettessero di ritrovare il Mastino, di rivedere, se mai avessero voluto, Grande Inverno.
 
Si sentì sfiorare il contorno del viso da un dito e immediatamente aprì gli occhi: il sonno aveva prevalso sulle preghiere e sulla sua buona volontà. La fanciulla aprì gli occhi e lo vide sveglio.
Aveva gli occhi ancora più chiari se possibile con quella luce che illuminava il locale.
“Vegliavi su di me?”
Quella forma di rispetto e distanza che avevano mostrato sin da subito l’uno per l’altra era venuta meno quella notte, quando l’una aveva capito che poteva fidarsi dell’altro.
“Ti ho curato… come ho curato i tuoi uomini.” gli rispose nel tentativo di non sembrare eccessiva.
Miei? Loro sono uomini del Nord, non miei. Combattono con me, non per me. Non sono così importante." spiegò lui con un filo di voce.
“Eppure hai l’aria di essere una persona che ne sa tanto. Di politica, di guerra. Eri persino promesso.” gli ricordò Sansa.
“Sì… a una bambina di poco più di sette anni. Che matrimonio sarebbe stato? Avrei potuto solo trattarla come una sorella, ma mai come una moglie! Sarebbero passati anni prima che potesse darmi un erede… odio i matrimoni combinati, odio questa società, queste regole che impongono i matrimoni sia per voi donne che per noi uomini.” le confessò “Forse pensi che per noi uomini sia più facile, e da un certo punto di vista è vero, ma neanche per noi lo è. Noi siamo visti come quelli che devono fare in modo che le loro mogli facciano figli, che debbano portare onore alla propria casata, ma chi pensa a quello che ognuno ha nel proprio cuore e nella propria indole? Nessuno.
Siamo una società in cui regnano apparenze in ogni dove e dove i sentimenti sono l’ultima delle questioni da affrontare; i nostri genitori, e prima di loro i loro padri ci trattano come marionette, come qualcosa priva di volontà.”
Le sue parole la colpirono nel profondo, erano parole che la bruciarono improvvisamente. Erano concetti che lei stessa aveva più volte pensato, ma che non aveva mai avuto il coraggio di dire a qualcuno. Nemmeno alla sua dama di compagnia.
“Preferisco restare solo piuttosto che darmi e dare infelicità o vedere la mia sposa solo come un contenitore.” riprese “Hai fatto bene a fuggire. Anche tu avresti vissuti di rimorsi e rimpianti. Se non fossi fuggita, chissà a che cosa ti avrebbero costretta!” chiuse gli occhi e sospirò socchiudendo le labbra, Sansa gli accarezzò in un moto di strana intimità i capelli “Sei molto saggio.” gli disse lei “E ti ammiro per quello che hai detto.” lui aprì gli occhi “Oh, se solo ci fossero più uomini come te, uomini che riescano ad andare oltre l’apparenza, oltre le convenienze! Sarebbe così bello se ci si potesse sposare solo per amore.”
Le sorrise “Credo che quel mondo che sogniamo entrambi sia fatto solo per chi vive di ideali come me e te, ma… la vita ogni giorno mi sta mostrando quanto essa sia crudele, brutale e ingiusta.”
Lei abbassò lo sguardo “Anche mio padre credeva negli ideali, nei valori, ma tutto questo gli si è ritorto contro ed è morto in nome di una lealtà che nessuno gli ha riconosciuto.”
Samel…” disse solo, le posò una mano sulla guancia e lei quasi vi si appoggiò chiudendo gli occhi “Tutto andrà bene.” aprì gli occhi “Se tu vuoi io ti proteggerò… sempre.”
Lei lo guardò incerta sul da farsi, su ciò che dire, ma soprattutto incerta era l’espressione dipinta sul suo volto. Con lui si sentiva bene, provava una strana sicurezza, ma non aveva pensato che lui, questo giovane misterioso ragazzo, le proponesse di porla sotto la sua protezione.
Aveva dimenticato che non era giunta da sola lì?
“Ti ringrazio, ma io…” iniziò Sansa, ma lui la fermò subito “Ah sì, è vero!” stava per dire altro quando reclinò la testa all’indietro di colpo come preso da uno spasmo, la sua espressione divenne carica di dolore e strinse forte gli occhi. La giovane gli sollevò la benda e vide che un paio di punti avevano ceduto e del sangue stava iniziando a sgorgare dalla ferita “Tieni duro, vado a prendere dell’acqua pulita e degli unguenti che ti aiuteranno.” detto ciò la giovane Stark si alzò e andò a prendere quanto occorreva.
Trovò il giovane che aveva un’espressione contratta che rendeva terribilmente marcati i suoi lineamenti, “Questo ti farà molto male.” gli disse aprendo una boccetta da cui verso un liquido trasparente come l’acqua, ma che produsse una schiuma biancastra sulla ferita.
Il giovane sobbalzò e imprecò contro gli dèi per poi ringraziarli subito dopo di averle mandato Samel sul suo cammino. Quando il dolore abbandonò il suo corpo, lui aprì gli occhi dai quali uscirono due timide lacrime e la ringraziò “So che non sei obbligata a fare ciò che fai, ma… grazie. Di tutto.”
 
Lei gli sorrise timidamente per poi rammentargli che lei lo avrebbe fatto per qualunque valoroso uomo del Nord, sentito ciò lui non replicò si limitò a fissare la giovane che si dava tanto da fare per lui e per tutti i compagni feriti. Aprì le labbra e rimase per un po’ così come se stesse per fare una domanda che non era certo di porre, di cui non sapeva se lei avesse la risposta, una domanda che però lo incuriosiva e gli avrebbe dato qualche elemento sulla fanciulla dai lunghi capelli rossi e dagli occhi azzurri “So che non dovrei chiedertelo, ma… devo. Sei del Nord?”
“Per te cambia qualcosa?” replicò lei sulla difensiva.
Lo sapeva. Sapeva che non avrebbe mai dovuto chiederglielo, ma la curiosità, quell’ardente curiosità, che cominciava a mutare in un interesse sempre più profondo, gli stava esplodendo nel petto. Non poté evitarlo e non evitò di replicare o di distogliere lo sguardo dai suoi occhi “No, per me no. Io lo sono. Hai paura che possa riferirlo ad altri?” fu lei a distogliere lo sguardo e a guardare altrove, fuori da una finestrella situata alle spalle del ragazzo.
 
In lei si dimenava lo spasmodico desiderio di aprirsi, confessarsi e fidarsi di qualcun altro oltre al Mastino, poteva fidarsi di lui? Poteva fidarsi di quella sempre meno muta imposizione di tacere?
Lo sentì sospirare, “Non ti fidi. Lo capisco, te l’ho detto. Credo però di aver appena dimostrato per chi combatto. Combatto con gli Stark… con quelli che restano almeno…” tacque e Sansa avvertì quasi dolore al petto e si ritrovò per un momento a pensare che forse poteva sussurrare all’orecchio di quel giovane soldato la sua vera identità, le sue origini, ma fu solo un momento “io sono e starò sempre con loro. E’ orribile ciò che ne è stato della loro casata… ma soprattutto quello che hanno fatto qui.”
“Non è che non mi fido… è solo che troppe persone si sono finte mie amiche in questi tempi e nessuno lo è stata fino in fondo. Ognuno aveva contatti con altri… e ognuno aveva l’arma per ricattare chi li aveva protetti fino a quel momento. Ho visto troppi giochi di potere per…” lasciò a metà la frase, ma lui immaginò che il resto fosse per potermi fidare di qualcuno, figuriamoci di te. Lui annuì, “Mio padre neanche si fidava di me. Diceva che ero un buono a nulla, per nulla dedito allo studio, focalizzato sulle armi e da questo punto di vista è vero, ma poi decisi di dimostrarmi pronto a difendere il mio, il nostro nome e gli dissi che avrei fatto di tutto per dimostrargli che invece ero un bravo figlio. Devoto. Pronto. Coscienzioso. Maturo.
Mi disse ‘Bene, allora tra tre lune sposerai la principessa di Castle Rock’, io gli dissi va bene, convinto di stare per sposare una giovane donna, che avesse la mia età o solo pochi anni in meno, ma quando seppi che era una bambina e che amava giocare con le sue bambole, fare loro trecce… mi sono sentito… un mostro. Stavo per conoscere e sposare una… bambina che poteva essere mia sorella… no, urlai no a mio padre e lui mi disse ‘sapevo che non saresti mai stato all’altezza del nostro nome’.” lui deglutì e rivide quegli occhi freddi di suo padre, quei lineamenti che divennero in un lampo duri “Ricordo che mi disse anche che allora se non ero disposto a fare questi sacrifici, potevo lasciare tutto quanto. Se non onoravo la famiglia per lui ero un peso inutile. Partii quel giorno stesso, non ho rivisto mai più mio padre né mia madre né i miei fratelli, nessuno. Ho lasciato quella che chiamavo casa, ma non me ne sono mai pentito. Meglio essere ovunque piuttosto che lì.
Da allora combatto, combatto pur di dimostrare almeno a me stesso che non sono una persona inutile.”
Sansa ascoltò in silenzio il suo racconto e in un certo senso lo capì, anche lei era stata a lungo vista come una ragazzina sciocca, con la testa piena di sogni e futili pensieri che però si erano infranti a contatto con una realtà tanto dura e tanto diversa da quella immaginata. La prima che l’aveva vista come una stupida era stata sua sorella Arya, la prima a farle continuamente cattiverie era stata proprio lei che avrebbe dovuto volerle bene e farle anche dispetti certo, ma non farne di ogni colore solo per poter ridere di lei e dirle quanto fosse esagerata nei suoi modi di porsi e vestirsi.
“Ti capisco. Mia sorella è sempre stata convinta che io non valessi più di quello che mostro, mi ha sempre definita una stupida e inutile. Sai, a un certo punto ho anche cominciato a crederci.” tacque, provò un improvviso moto di rabbia e frustrazione se solo pensava alla sua sorellina.
“Provi rabbia? Dolore?” le chiese.
Lei sospirò “Amarezza.” forse, anzi sicuramente se sua sorella la odiava era stata per colpa sua, non aveva saputo ascoltarla o ben comprenderla, ormai era tardi per chiederselo. Chissà dov’era in quel momento!
“Puoi ancora rimediare?”
“Mia sorella era con me, o meglio l’ho ritrovata lungo questo mio errare. Poi è fuggita. Non so dov’è. Non so se è viva, cosa fa. Non so più niente di lei.” tacque “Come non so più niente dei miei fratelli e di mia madre. Ci siamo tutti divisi. Io sono qui e…” alzò le spalle non sapendo come completare quella frase.
“Io ci sono.” le disse lui stringendole la mano e guardandola incoraggiante “Se ti può anche solo minimamente consolare.”
Lei sorrise un po’ imbarazzata “Ah, ehm… hai visto il mio compagno di viaggio?” chiese cambiando argomento.
Lui allora provò a mettersi seduto, ma sentendo i punti tirare fece una smorfia e ci rinunciò mettendosi seduto “Stando alla tua descrizione, ci sono due uomini che corrispondono. Hanno un brutto carattere entrambi e uno è quasi sempre ubriaco, ma combatte con una maestria e una bravura lodevole. Nessuno sa il suo nome. Combatte. Combatte come se fare quello fosse l’unica cosa che conta davvero. Se dovessi scegliere a chi somigliare, sarebbe lui. Non credo di aver mai visto nessuno destreggiarsi fra tanti uomini con quella ferocia e fierezza come fa lui.”
Quella sembrava essere la descrizione di Sandor “Per caso hai notato se ha paura del fuoco?”
Ci pensò su un momento “No. Quello proprio no, sai quando si combatte non si possono notare proprio tutti i dettagli degli altri. Lui però mi ha colpito per la sua tempra.”
Sansa annuì semplicemente “Grazie.”
“E’ lui?”
“Da come ne parli sembra proprio di sì.” Sansa tacque “Quando non combattete dove state?” gli chiese.
“Se non si è stati feriti, siamo poco al di fuori delle mura.”
“Grazie.” disse Sansa per poi alzarsi di corsa e uscire subito da lì, ora sapeva con certezza dove poteva trovare il Mastino.





_______________

Buonasera!
Forse finalmente nel prossimo capitolo capiremo
che fine ha fatto Sandor Clegane!
Nell'attesa abbiamo conosciuto un pò meglio il giovane Sconosciuto.
Il nome del giovane misterioso l'ho lasciato di proposito
ancora senza nome.
Spero di leggere vostre recensioni e che il capitolo vi sia piaciuto,
CIAO!

 

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Capitolo 30
*** Il ritorno dell'Uccellino ***






Il ritorno dell’Uccellino


 
Sansa oltrepassò le mura senza incontrare alcuno che le vietasse di farlo. Si guardò intorno e sentendo un gran vociare, si recò in quella direzione. Avanzò prudentemente fra gli arbusti, quando raggiunse il gruppetto, osservò se fra di loro c’era Sandor, ma non era lì.
Si voltò e vide comparire altri tre uomini, erano giovani, arretrò appena mentre sentiva qualcuno ridacchiare “Sei venuta a tenerci compagnia, tesoro?”
“Io stavo… stavo cercando un cavaliere.” disse Sansa spaventata e guardandosi intorno.
“L’hai appena trovato.” affermò un altro facendo ridere gli altri.
A Sansa girava la testa per la paura.
“N – no, nessuno di voi lo è.”
“Così ci offendi però, credi che siamo contadini non degni del tuo gioiello?”
Altri risero, la ragazza deglutì spaventata.
“Lei è con me.” tuonò una voce.
Quando Sansa voltò il capo lo riconobbe, i capelli neri sporchi erano appiccicati alla testa, l’armatura che portava era graffiata e sporca di sangue. Nel momento in cui parlò, il gruppetto che aveva tentato di avvicinarsi a lei si diradò rapidamente e prese a fare quello che stava facendo poco prima.
L’espressione spaventata di Sansa lasciò il posto a una leggermente più felice di vederlo e nel saperlo vivo “Sono contenta di averti trovato.”
Il Mastino la prese per un braccio e la tirò via senza dirle una parola, la giovane fu portata in quel modo per diversi metri in silenzio, poi lui sciolse la presa e prese a osservarla bene in viso.
“Sei matta! Perché diavolo sei venuta qui?” abbaiò.
“Sei scomparso da giorni, credevo fossi morto!” replicò lei risentita.
“Morto io?! Ma mi hai visto? Ti sembro uno che può morire in uno scontro con quattro polletti che osano anche definirsi soldati?” ribatté lui sarcastico.
“Ero preoccupata. Mi avevi detto che andavi a farti medicare…” disse lei lasciando la frase in sospeso.
Lui la guardò bene in volto “Che hai fatto alla faccia?”
“Niente… sono caduta.”
“Sembra un calcio.” constatò lui.
Lei scosse forte la testa “No, tranquillo. Non sono andata in nessuna locanda ad azzuffarmi.” disse lei sorridendogli, ma lui non rise né divenne più sereno anzi “Di questi tempi c’è poco da scherzare!”
“Che hai si può sapere? Sei vivo, io sono viva. Stiamo bene. Dobbiamo stare solo qui qualche altro giorno. Perché sei tanto irato?” gli chiese perplessa.
“Stai ritornando ad essere lo stupido uccellino che ho conosciuto.”
Sansa si offese, corrugò la fronte e assunse un’espressione disgustata per poi dire “Quand’è così, sappi che non ho più intenzione di stare con te o di seguirti! Vai dove ti pare, vattene, combatti, fai quello che ti pare! Se mi credi tanto stupida, lasciami qui a morire.”
Gli voltò le spalle e non si fece più vedere. Lei non cercò lui. Lui non cercò lei.
Era difficile sapere che cosa pensasse davvero Sandor Clegane, con lui era sempre tutto un mistero, un delicato quanto complicato equilibrio tra detto e non detto, tra ciò che era deducibile da una vicenda e ciò che si sapeva.
 
Sansa ci era rimasta tanto male nel sentire quelle parole, non era più abituata. Era convinta che Sandor avesse cambiato opinione su di lei, che la credesse una giovane pronta a vivere la vita, anche se questa non era come l’aveva immaginata. Quando si stese accanto al fuoco, osservò a lungo le fiamme bruciare i ceppi di legno e si chiese dove avesse sbagliato con lui.
Si chiese perché il Mastino avesse di nuovo quell’opinione così piccola di lei?
Cosa aveva fatto per meritarla?
Cosa aveva detto da indurlo a pensare che fosse ritornata ad essere l’uccellino di cui parlava?
“Brutti pensieri?” le chiese una voce alle spalle.
Era notte fonda, ed era la prima senza urla e senza alcun rumore. Tutto taceva, forse gli altri avevano rinunciato. Sansa pensava di essere la sola sveglia così sobbalzò per lo spavento.
Quando si rese conto che era quel ragazzo si rilassò “Scusami non volevo spaventarti.”
“Ero sovrappensiero.” gli disse semplicemente “Come stai?”
“Bene. La ferita pizzica solo un po’, ma sono qui e in piedi soprattutto.” lei sorrise “Posso farti un po’ di compagnia?”
Sansa annuì semplicemente. Il giovane si sedette accanto a lei seppur con qualche difficoltà per via della ferita, osservò il fuoco in silenzio e insieme lo contemplarono. Né l’uno né l’altro sapevano cosa dire esattamente, come dare voce a qualcosa che ardeva nel petto di entrambi.
Lui sospirò a più riprese, poi scosse un paio di volte la testa “Qualcosa ti turba?” gli chiese Sansa.
Samel, tu ti sei mai innamorata?” le chiese di rimando.
“Sì.” le rispose lei di getto.
“Io intendo davvero, non l’amore per il protagonista di una ballata. Hai mai amato qualcuno più di te stessa? Qualcuno che ti ha fatto stare bene, che ti ha scaldato il cuore? Qualcuno per cui faresti follie? Con cui vorresti dividere tutto? Con cui lasciarti andare?”
Quelle parole la fecero sentire molto a disagio, si morse piano il labbro inferiore “Sì.” deglutì “Credevo di sì e per diverso tempo mi sono anche illusa che lui ricambiasse, ma ieri ho avuto la dimostrazione che ho confuso ancora questo sentimento.”
“Parli del tuo compagno di viaggio?” le chiese sperando che dal canto suo la giovane non si sentisse offesa da una simile domanda.
“Non so nemmeno se lo è ancora, non so se è rimasto, o se è andato via. Mi ha offesa e non voglio più vederlo.” si confessò Sansa senza guardarlo in volto. Un brivido l’attraversò nonostante il calore del fuoco, provò una sorta di dolore acuto. Un dolore non fisico, ma un dolore che le fece ugualmente male, quel male era l’amore che provava per lui, per Sandor. Si chiese se l’amore facesse così male davvero o se anche quel modo di viverlo per lei fosse particolare così come lo era tutta la sua storia.
Vicino a quel giovane e a quel fuoco così intenso ne ebbe la certezza, e quella consapevolezza ne provocò non piacere, ma un grande immenso dolore. Non avrebbe mai creduto che amare significasse questo. Per lei l’amore era sempre stato altro. Complice la vita di corte e le ballate con cui era cresciuta.
“Io ti amo.” le disse di colpo, quelle parole la fecero voltare bruscamente verso di lui, la sua espressione prima scettica divenne incredula. Fu totalmente incapace di proferir parola, non perché non corrispondesse, ma perché non sapeva dar voce – non ancora almeno, ciò che provava per lui le sarebbe stato chiaro solo in seguito – a quel che si agitava dentro di sé.
Quando lui la baciò, lei non si ritrasse, non scappò. Semplicemente restò lì. Immobile.
 
Quel bacio era ben diverso dai baci che Sandor le aveva dato, era un bacio lento questo, un bacio cauto, un bacio come per verificare fino a dove lui potesse spingersi con lei, un venerarla quasi. Un bacio molto casto. Il suo esplorarla le riportò alla mente i baci rubati con il suo compagno di viaggio, quelli di Sandor invece erano stati baci pieni di foga, di desiderio, di una voglia sempre meno muta di avere di più. Un desiderio sempre meno silenzioso. Un desiderio che si stava affacciando anche in Sansa lentamente. La ragazza aveva ingenuamente creduto che il fatto che la baciasse rappresentasse una forma di amore e di rispetto verso di lei, un credere in lei, credeva che lui la ritenesse in un certo senso matura. Le parole che però le aveva rivolto avevano semplicemente messo in chiaro che, anche se si erano scambiati dei baci, le cose tra loro non erano mutate, anzi. Lei era solo un cucciolo smarrito da riportare dalla mamma. Nient’altro.
 
“Perdonami.” disse lui allontanandosi da lei “Non avrei dovuto.”
Lei tacque per qualche istante, ma poi riprese il controllo di sé e ribatté dicendogli “Sì, non avresti dovuto.”
“Non lo farò più.” si alzò e senza degnarla di uno sguardo uscì.
Sansa si sentì vuota, si sentì in una bolla priva d’aria: anche lui l’aveva baciata e anche lui le aveva detto che non l’avrebbe fatto più. Cos’era una specie di oggetto del desiderio di due uomini che volevano entrambi possederla, ma di cui avevano entrambi paura?
Era davvero così spiacevole come persona da non meritare le attenzioni di nessuno?
Possibile che né a Sandor né al giovane era mai passato per la testa che anche lei aveva un’opinione?
Possibile che nessuno dei due aveva capito che anche lei stava cominciando ad avere dei desideri?


___

Buonasera!
Io sono quella che doveva postare quanto prima xD
Mi dispiace, ma lavorando i ritmi sono leggermente cambiati.
Ci tengo però a dirvi che la storia sarà completata, non vi abbandono ;)
Ora veniamo ai nostri: non mi ammazzate per come sto facendo svolgere gli eventi,
mi sembrava interessante dare una piega un pò "strana" alla vicenda giovane/Sansa/Sandor.
Volevo che Sandor reagisse in modo duro alla vista di Sansa; d'altro canto si erano lasciati, se vi ricordate,

in modo non proprio romantico (?) i due perciò si sono ritrovati in modo decisamente strano.
Sansa... non sa nemmeno lei, secondo me, cosa prova per Sandor. O meglio, è molto confusa in merito.

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Capitolo 31
*** Come un bruco divenne una farfalla ***






Come un bruco divenne una farfalla


 
Quando il giorno seguente si svegliò si accorse di essere piena di cenere, si scosse gran parte di essa, ma il viso, le mani, le gambe, i piedi erano quasi del tutto anneriti. Scese così al piano di sotto e senza che nessuno la fermasse, scese recandosi al fiume.
Rimase con la sottana e si immerse, l’acqua era fredda perciò non vi rimase a lungo, solo il tempo di pulirsi e rinfrescarsi. Quando uscì dall’acqua vide poco più in là il giovane, anche lui si stava lavando.
Sansa rimase come ipnotizzata nell’osservare le sue mani accarezzare le sue membra, le sembravano movimenti ipnotici e, per la prima volta in vita sua, fu mossa da un ardore, da un desiderio a lei ignoto.
Si ritrovò a deglutire a vuoto, il cuore le batteva forte nel petto. La testa le diceva smettila, non comportarti come una donzella qualsiasi, datti un contegno; ma la parte più profonda di lei le diceva di no e che era bello ciò che vedeva, le piaceva.
Improvvisamente il giovane si voltò verso di lei e la vide, lei si paralizzò e si voltò dalla parte opposta assumendo un’espressione imbarazzata. Che vergogna! Si rivestì in fretta e furia e fece per andarsene, ma lui l’aveva già raggiunta “Buongiorno.” aveva la veste che gli copriva il busto ancora bagnato e i pantaloni che gli aderivano perfettamente al suo fisico asciutto, i capelli erano bagnati e grondanti d’acqua “Scappi?” le chiese prendendola in giro sorridendole.
“N – no.” rispose “Buongiorno.” lo salutò sebbene imbarazzata dalla situazione.
“Non fa niente…”
“Cosa?” gli chiese.
“Se mi stavi spiando.”
“Oh, no, io non…”
“Non mentire.” le sorrise di nuovo “Ti ho vista.”
“Mi hai vista?” ripeté lei sempre più imbarazzata.
Sorrise di sghembo “Sì. Tranquilla. La cosa non mi imbarazza.”
Colta in fallo, Sansa tacque.
“Perdonami.” disse improvvisamente come una sciocca.
“Di cosa?”
“Non dovevo… guardarti. Insomma… eri… era… un momento tuo.” gli rispose balbettante e con la testa bassa.
“Non dovevi fare qualcosa che qualunque ragazza avrebbe fatto? Samel, sei una giovane donna. Non hai fatto nulla di sconveniente. Ero praticamente vestito. Non temere. Gli dèi non ti puniranno.” la prese un po’ in giro.
Lei sorrise “Mi dispiace lo stesso.”
Lui le sollevò il viso “Avrei voglia di baciarti… ma ho capito che forse ho esagerato ieri sera.”
“Fallo allora. Baciami di nuovo.” gli disse lei audacemente.
“Sei sicura?” gli chiese come se stesse ricevendo una meravigliosa concessione.
“Sì…” rispose.
“Lo vuoi davvero questo bacio?” chiese di nuovo come per assicurarsi di aver ben interpretato le parole della fanciulla che ancora bagnata si trovava dinanzi a lui.
Lei fece un cenno con la testa e lui avvicinò le labbra alle sue prima con timore, poi con desiderio quando comprese che ricambiava anche lei timidamente il suo gesto.
Sansa, pur avendo già scambiato altri baci, non era ancora espertissima e perciò fece quello che faceva lui o faceva quanto ricordava di quei due baci scambiati con Sandor. Il cuore incespicò e batté più veloce quando lui l’avvinse a sé. Quel bacio sembrò stravolgere i delicati equilibri di Sansa, sembrò donarle un vigore e un’energia a lei stessa sconosciuti, da quel momento le sembrò quasi di sentirsi diversa. Più forte e più consapevole di quanto lui la desiderasse realmente.
 
Quando lui allontanò le labbra dalle sue, Sansa si rese conto di non star respirando regolarmente. Era senza fiato eppure era improvvisamente contenta. Da quanto non fosse così contenta nemmeno lo ricordava, ma ciononostante una parte di lei insisteva nel rammentarle che quella felicità presto o tardi si sarebbe conclusa, non sarebbe durata per sempre.
Presto o tardi si sarebbe ricongiunta con la sua famiglia ed era bene che lo tenesse a mente per non scollarsi del tutto dalla realtà dei fatti.
Quella gioia improvvisa sarebbe ben presto svanita e sarebbe divenuta un ricordo. Come un ricordo era diventata la sua infanzia, i suoi giochi, i suoi sogni di bambina.
 
“Sei pentita?” le chiese.
Lui che se ne stava innamorando sempre di più, sperava vivamente che lei ricambiasse quella passione, o che corrispondesse almeno in parte. Nulla lo avrebbe più reso felice dell’amare ed essere amato. Quanto gli era mancato quel coinvolgimento, quanto aveva desiderato essere voluto da qualcuno che anche lui desiderava profondamente!
“No.” fu la semplice risposta della fanciulla che con quegli occhi chiari lo aveva sin dal primo istante ammaliato e incuriosito.
“Dimmi che resterai con me.”
Forse, anzi sicuramente, aveva osato troppo con quelle poche feroci parole, ma il sentimento che nutriva per lei lo stava divorando e agognava una risposta che sperava essere nuovamente affermativa.
“Non lo so.” rispose Sansa semplicemente. Ed era vero. Lei stessa non sapeva cosa sarebbe stato di lei, non sapeva nemmeno se il giorno dopo si sarebbero rivisti o se all’ennesimo assalto qualcuno avrebbe strappato via la vita a quel meraviglioso dolce ragazzo che gli dèi avevano posto lungo il suo cammino. O se lei stessa fosse stata rapita. Era una vita così burrascosa la loro.
L’espressione divenne eloquente sul volto del giovane, ne era addolorato, ma al tempo stesso comprese che non aveva il diritto di dirle quelle parole e soprattutto di avanzare alcuna pretesa su di lei, chi era lui in fondo per fermare una giovane di cui non sapeva praticamente nulla?
Sansa posò una mano sulla sua guancia a mo’ di carezza “Mi spiace non darti la risposta che vorresti udire.”
Sospirò mestamente “No. Non devi. Scusami per le mie parole.” tacque per qualche istante per poi congedarsi velocemente.
 
Sansa sentì battere le mani poco lontano da lei per poi udire “Dovresti vedere la tua faccia ora!” era il Mastino, era seduto dietro a un cespuglio dall’altra parte del fiume, sputò per terra e si mise in piedi e si avvicinò.
“Mi stavi spiando?” gli chiese la giovane contrariata.
“Macché, era uno spettacolo penoso! Pareva una di quelle schifose ballate che piacciono tanto a te, com’era Jankil e Florance?”
“Florian e Jonquil!” lo corresse Sansa incrociando le braccia “Ma che vuoi si può sapere?”
“Io niente. Ma lui sì.” rispose fulmineo indicando col mento il ragazzo che si stava allontanando.
“Che vuoi dire?” gli chiese.
Lui sospirò “Che vuole farsi una bella scopata!” le rispose senza mezzi termini e facendo sgranare gli occhi alla fanciulla “SVEGLIA!” le urlò. Sansa abbassò gli occhi sentendosi di colpo nuda, senza difese e sentendosi altrettanto colpevole perché una piccola parte di lei l’aveva capito e, se una parte di lei ne aveva paura, dall’altra ne era attratta. “A meno che non sia qualcosa che desideri anche tu.”
 
Come al solito, Sandor aveva capito tutto. Era stato brusco e feroce con le parole, ma aveva fatto centro, aveva colto il punto: i due giovani sebbene non si conoscessero per nulla, si desideravano. Desideravano avere l’uno un ricordo indelebile dell’altro.
Sandor provò rabbia quando ebbe conferma dal mutismo di lei che erano così che stavano le cose. Aveva stupidamente pensato che lei avrebbe ribattuto, negato, che dicesse quanto lo odiava per le false parole che le aveva mosso, ma Sansa non ribatté, non disse hai torto, non disse che si sbagliava. Nulla. Abbassò gli occhi colta in fallo, poi li rialzò verso di lui e Sandor non riuscì a non leggere quanto avesse già capito.
“Lo ami?” le chiese.
Che diritto aveva uno come lui di porle quella domanda? Che diritto aveva nel sentirsi male ed impotente di fronte a quella che sarebbe stata la risposta? Lo aveva sempre saputo, ma in quel momento se lo negava, che Sansa si sarebbe legata ad un altro giovane bel cavaliere. Non avrebbe dovuto rappresentare una sorpresa per lui, ma la sorpresa gli venne dal profondo di sé. Mai come in quel momento comprese quanto amasse Sansa e quanto volesse vederla felice.
“Se è così.” riprese lui “Vai da lui e diglielo.”
Non le rivolse ulteriori parole né di scherno né di rabbia, le voltò semplicemente le spalle e tornò a sedersi lì dov’era, prese la sua fiaschetta di vino e prese a trangugiarne il contenuto ignorandola del tutto e ignorando l’aria sorpresa e stravolta della giovane.
 
Sansa si sentì scossa nel profondo da quell’incontro avuto con Sandor, non era riuscita a nascondere i suoi sentimenti, era un libro aperto. O almeno lo era diventata per il Mastino.
Ciò che lei provava nel cuore e pensava, le si leggeva in faccia, era una qualità, o difetto, che aveva sempre avuto. Non era mai stata brava nel mascherare insofferenza, disgusto, disprezzo, felicità. Era sempre stata una ragazza buona e onesta.
Il Mastino aveva dato voce a un sentimento che lei stessa, per pudore o paura, aveva messo a tacere, ma ora che lui aveva, con le sue parole dure, portato alla luce quanto si celava nel suo cuore, a Sansa sembrò impossibile negarlo a se stessa o al diretto interessato.
Voltò le spalle al Mastino che la seguì con sguardo indecifrabile…
 
Quando tornò alla locanda, vide che i giacigli di paglia erano stati rimossi, la padrona stava spazzando per terra e ogni tanto bofonchiava parole come gli dèi se li portino via, maledetti, ci sarà una punizione per tutti loro. Sansa si avvicinò alla donna e chiese notizie dei soldati, quella la guardò seccata e le disse che il suo amico e gli altri se n’erano andati in quello che restava di una torre semi diroccata in cima a Seagard. Dopo averle detto un frettoloso grazie, Sansa corse fuori e guardò verso l’alto, la vide. Era impossibile non notarla, le pietre usate erano più scure rispetto a quelle delle case della città, le varie finestre erano prive di vetro e parecchie di esse erano cadute. La ragazza corse all’inizio, poi rallentò: era situata troppo in alto.
Vi giunse quasi venti minuti dopo con un leggero fiatone, la porta d’ingresso mancava e al loro posto c’erano due soldati che vedendo la giovane le chiesero perché fosse lì e lei disse loro che si trovava lì per il loro comandante. I due si scambiarono uno sguardo sorridendosi, forse l’avevano scambiata per una fanciulla di un qualche bordello, poi le fecero largo e Sansa entrò.
Si sorprese nello scoprire che quel posto all’interno era tutt’altro che fatiscente, vi erano sedie, tavoli, alcuni letti e poi una scala a spirale che conduceva ai piani superiori, la fanciulla dopo aver osservato i presenti per un rapido momento, salì. Salì altri tre piani, poi lo trovò.
Guardava fuori dalla finestra “Ti ho vista arrivare.” iniziò lui “Stai andando via?” le chiese.
Lei scosse la testa “No.”
“Perché allora sei venuta?”
“Perché ti amo.” fu la risposta secca di Sansa, niente parole che accompagnassero quel sentimento, nessuna parola velata che chiarissero quanto lei avesse appena detto. Quel modo di parlare non sarebbe stato mai accettato in luoghi come Approdo del Re. Ma lei ora era tanto lontana da lì, era sola. La sua guida le aveva in un certo senso voltato le spalle e lei si sentì improvvisamente sciolta da qualsiasi vincolo, da qualsiasi paura che prima le animava l’animo.
Lui si voltò e non commentò quanto lei gli aveva appena detto, semplicemente la raggiunse a grandi falcate e presole il viso tra le mani la baciò con ardore, con tutto l’ardore che anima il suo giovane spirito. Erano ben consci che quella sarebbe stata la loro prima e unica volta.
Sansa tremò fra le sue braccia, ma lì si sentì amata e le sembrò quasi di sentirsi come una farfalla che si libra in volo abbandonando il bozzolo in cui era silenziosamente cresciuta. Sansa tra le sue braccia divenne una donna.

 
_____


INVOCO LA VOSTRA CLEMENZA
PER DUE RAGIONI:
1) Sono di nuovo in ritardo, anzi ritardissimo 
2) Sansa ha scelto (?) il ragazzo che ha conosciuto a Seagard

Sansa da sola ha scelto quello che le sembrava in quel momento sicuro e, parliamoci chiaro,
Sandor non è stabile da un punto di vista sentimentale, anzi è molto combattuto tra ciò che vuole
e ciò che deve fare, Sansa invece vuole una sua stabilità dopo tante peripezie.
L'ha trovata?
Lo scopriremo nei prossimi capitoli ;)

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Capitolo 32
*** Nel fuoco ***






Nel fuoco


 
Quando il Mastino la vide andare via, seppe che cosa sarebbe accaduto… sapeva che con quanto le aveva detto, l’aveva spinta fra le braccia di quel ragazzino, sapeva che fra loro sarebbe successo qualcosa di più di uno stupido bacio. Si diede dello sciocco, non per quello che le aveva detto, o meglio non solo, ma anche per ciò che sentiva: nessuno lo aveva mai amato, nessuno lo aveva voluto, nessuno guardava al di là della sua spada e della sua forza bruta.
Tornò a sedersi lì dove stava prima dell’arrivo di Sansa e sentì contrarre dolorosamente lo stomaco, lui che credeva di essere così forte, così duro, era stato sconfitto da una giovane di alcuni anni più giovane di lui, da una ragazza che non aveva armi, ma aveva la forza di penetrare la sua corazza con parole gentili, sorrisi dolci e quegli occhi che l’avevano sin da subito colpito.
Strinse gli occhi e dandosi dell’idiota, riprese a bere.
 
 
Quando aprì gli occhi, Sansa non trovò il giovane accanto a sé. Lo vide davanti alla finestra, guardava fuori: era scesa la notte e quella era una notte buia senza stelle e che non faceva presagire niente di buono.
“Cosa fai?” gli chiese mettendosi a sedere sul letto stringendo la coperta al petto nudo.
Lui si voltò e l’espressione tesa lasciò il posto ad un sorriso “Sei bellissima.” lei sorrise mentre lui si avvicinava al letto, vi si mise a sedere e la baciò. I due restarono fronte contro fronte per diversi minuti in silenzio, poi fu lui a parlare “Questa notte non la dimenticherò mai.”
Lei aprì gli occhi e i due si ritrovarono occhi negli occhi.
Un’improvvisa malinconia si insinuò fra i due come se i due stessero realizzando che nonostante ciò che provavano dovevano andare avanti, dovevano continuare su una strada che non li avrebbe mai visti camminare insieme.
“Devi andare via?” gli chiese Sansa.
“Sì.” le rispose in un soffio “Samel… io…”
“Sansa.” gli rivelò “Il mio vero nome è Sansa.”
Lui la guardò, la sua espressione divenne indecifrabile. Non per la bugia perché in fondo lo aveva sempre saputo che quello non era il suo nome, ma per la consapevolezza che ora che la fiducia e anche qualcos’altro si era ben saldato fra loro, le loro vite sarebbero state di lì a poco sconvolte dall’ennesimo scontro.
Lui infilò le mani tra i capelli ramati di lei e restando fronte contro fronte le disse “Stanotte mi hai fatto sentire amato, ho amato come non mai e quello che mi hai dato lo porterò per sempre con me. Sarai con me anche quando andrai via.”
“Io non me ne andrò.” furono le parole di Sansa, furono parole che Sansa pronunciò senza neanche riflettere, di getto. Sapeva di essere stata precipitosa, ma in quell’occasione non se ne pentì.
Lui deglutì e chiuse gli occhi “Ti amo. Ricordati di me anche in un angolo remoto della tua testa, ma non lasciarmi preda del tempo.”
“Perché parli così? Pensi che non ci rivedremo più?”
“Sono realista e stanotte…” disse sciogliendo quel loro legame “i Bolton attaccheranno di nuovo. Combatteremo e non so cosa ne sarà di me. Tu, se le cose si mettono male, va via. Hai capito?”
“Io resto qui.” disse indicando il letto “Ti aspetto.”
Lui scosse la testa “Non fare la stupida.” disse alzandosi e cominciando a rivestirsi “Dico sul serio. Se le cose diventassero troppo gravi, vai via con il compagno con cui sei venuta. Mi hai capita?”
“Io resto qui.” ribadì.
“Smettila di fare la bambina, fallo e basta.” disse lui bruscamente.
Sansa corrugò la fronte “Non sono una bambina, ma voglio restarti accanto.” ribatté energicamente.
“Sansa” le disse più dolcemente “sii realista. Se i Bolton dovessero invadere questa città, torna verso la locanda. E’ molto probabile che succeda, i nostri sono troppo deboli e pochi.”
“Perché devo andare lì?” gli chiese.
“Lui ti troverà lì e da lì scapperete. Conosce già la via da prendere. Tu seguilo e non voltarti mai indietro.” la fanciulla fissò atterrita il volto del ragazzo “E’ stato bello ciò che abbiamo vissuto in questi giorni.” tacque, poi guardando fuori e notando dei movimenti “C’è una cosa che ti devo dire prima di andare via. Il mio nome. Il mio nome è…” la porta dietro di loro si aprì e due soldati, quelli che avevano fatto entrare ore prima Sansa, richiamarono il loro capo che si finì di vestire di fretta e furia, poi dopo aver osservato Sansa per alcuni lunghi istanti, uscì.
 
Arrivarono di notte, naturalmente. Come i ladri.
Quando i corni suonarono, i soldati che si trovavano ancora all’interno delle mura uscirono impugnando archi, spade, lance.
«Non sprecate frecce a meno di non avere un bersaglio sicuro» urlò il giovane raggiungendoli «Ne abbiamo una bella scorta quassù, ma non è inesauribile.»
Si sistemarono su tre diversi settori della torre rotonda. Il soldato si agganciò una faretra al cinturone, estrasse la prima freccia. Così come molti altri. L'asta era nera, l'impennaggio grigio. Nell'incoccarla notarono figure scure scivolare verso le mura, nere contro la pietra, ma non ne avevano una visione abbastanza chiara da arrischiare una freccia. Grida in lontananza, poi gli arcieri sulla Torre delle guardie lanciarono verso il basso. Era troppo distante perché potesse intervenire… Altre ombre, tre ombre. Si staccarono dalle vecchie stalle, a una cinquantina di iarde da loro.
Stavano correndo. Li seguirono con la punta della freccia, rimanendo in attesa, in attesa…
Sssssh! Ci furono esili sibili quando il dardo lasciò l'arco. Un attimo come sospeso, poi una serie di grugniti. Le ombre accelerarono il passo, altri avevano già incoccato altre frecce. Ma questa volta finirono con l’essere troppo precipitosi e molti mancarono il bersaglio. Quando incoccarono di nuovo i soldati dei Bolton erano fuori dal mirino.
La luce della luna scintillava sulle loro lance, sulle loro asce, illuminando le immagini grottesche sui loro scudi rotondi di cuoio: teschi e tibie, uomini rovesciati… era il simbolo di quei folli.
Il capo prese di nuovo la mira, lanciò la freccia. Incoccò un'altra freccia, tese, lanciò. Il primo dardo perforò uno scudo, il secondo attraversò la gola dell'uomo che gli stava dietro. Molti caddero sotto i suoi precisi colpi, poi si levarono altre grida «Ne ho preso uno! Al petto, l'ho colpito al petto…».
La prima faretra era vuota. Ne prese un'altra, si spostò a un altro varco tra i merli, prese a lanciare tre frecce per ogni dardo della balestra, ma era uno dei vantaggi dell'arco lungo. La balestra penetrava più in profondità, sostenevano alcuni, ma era lenta e ingombrante da ricaricare. In basso, i soldati nemici urlavano gli uni con gli altri. Da qualche parte a ovest, ululò un corno da guerra. Il mondo era chiarore della luna e ombre. Il tempo divenne un ciclo senza fine: incoccare-tendere-lanciare, incoccare-tendere-lanciare… le dita presero a sanguinare.
Un lembo di fiamma avvampò ai limiti del suo campo visivo. Si voltò. La porta della sala comune stava bruciando. In pochi momenti, l'intera struttura di tronchi di legno si tramutò in un immenso braciere.
«L'armeria!» qualcuno urlò.
Erano sul tetto. Uno aveva una torcia. Un soldato dell’esercito del giovane soldato saltò sul varco tra i due merli, si portò la balestra alla spalla per avere una migliore angolazione di tiro. Scoccò il dardo verso l'uomo con la torcia. Fallì il colpo. L'arciere avversario sotto di lui non fallì.
L’uomo non emise alcun suono. Semplicemente, cadde in avanti, nel vuoto. Era un vuoto di cento piedi. Il ragazzo udì il tonfo dell'impatto, imprecò, si riposizionò, scoccò contro gli uomini sul tetto dell'armeria. Niente da fare: mancati.
Adesso anche le stalle stavano bruciando, fumo nero e fili di paglia incendiata salirono a vorticare nell'aria. Quando il tetto crollò, le fiamme si levarono con un ruggito così forte che quasi inghiottì l'urlo dei corni da guerra dei Bolton.
Almeno cinquanta guerrieri avanzavano a ranghi serrati, con gli scudi tenuti alti, a protezione della testa. Altri Bolton presero a scoccare frecce, molti caddero. Così com’era caduto il primo soldato. Tre dei Bolton presero a sfondare con le arieti le mura che circondavano la città.
Molti soldati che erano all’interno attendevano, sembravano cavalli che si trattenevano dal partire al galoppo. Quando i soldati penetrarono vi fu un combattimento furibondo, disperato, asce contro spade lunghe.
Molti impugnavano asce di bronzo, alcuni brandivano mazze di pietra. La maggior parte aveva lance corte d'assalto, le punte a losanga lampeggiavano alla luce dell'incendio delle stalle.  Fontane di grano e di sangue volarono con pari intensità.
«Che cosa facciamo?» urlò qualcuno.
«Li uccidiamo.» fu la risposta del comandante «Li uccidiamo tutti!»
Non c'era tempo per pensare, né per organizzare, né per gridare aiuto. Il ragazzo impugnò a due mani la sua spada, calò in verticale. Spaccò elmi, crani, trapassò armature.
Il calore degli incendi stavano divorando lentamente le mura, le fiamme danzavano. I gradini presero a tremare sotto i passi pesanti degli uomini che cercavano di salvarsi la vita.
Nonostante il valore del comandante e degli altri suoi soldati, erano troppo pochi. Erano valorosi certo, ma l’esercito dei Bolton era cento volte superiore a quello che si era rifugiato nelle mura di Seagard che stava cedendo ogni secondo di più sotto i colpi mortali dei Bolton.
Il ragazzo si voltò verso la torre, sperò che Sansa fosse uscita da lì, che si fosse vestita e avesse fatto quanto lui le aveva ordinato, avrebbe voluto correre per accertarsene, ma non poteva lasciare il mal nutrito esercito.
Notò l’uomo di cui Sansa gli aveva parlato, il suo compagno di viaggio, combatteva furiosamente, aveva coraggio, forza, ma non sarebbe mai bastato lui da solo contro tutti quei soldati. La battaglia era persa. Avrebbe combattuto certo, ma non intendeva lasciare lì Sansa, non intendeva far vedere il suo cadavere. L’uomo si voltò solo per un istante verso di lui, bastò un cenno tra i due per capirsi, per dirgli corri da lei e portala via immediatamente.
 
Il Mastino fendendo i corpi di quegli uomini si fece spazio, era un inferno quel posto. Quel posto, quella gente, erano tutti morti. Tutto sarebbe finito prima dell’alba.
Andò nella locanda, ma Sansa non c’era. Maledisse quella stupida ragazzina e corse al piano di sopra per controllare che non si fosse nascosta in qualche stanza o sotto il letto, ma niente.
Era ancora lì.
Corse ritrovandosi decine di persone che correvano nella direzione opposta, urla sempre più forti avvolsero Sandor che prese a sentire il calore delle fiamme. Urlò contro i Sette Inferi, contro gli dèi e chissà contro chi altri. Forse contro i Bolton. Forse contro quel moccioso che gli aveva fatto promettere di prendere Sansa di nuovo con sé nonostante le parole che si erano rivolti.
“SANSA!” urlò Sandor una volta entrato, ma non udì alcuna risposta. Salì maledicendo l’armatura, maledicendo le scale, maledicendosi. Quando arrivò e la vide, la vide intenta a pregare. Quando lei si voltò, aveva gli occhi gonfi di pianto. Gli sembrò di essere tornato ad Approdo del Re.
Di nuovo lui la stava sottraendo ad una battaglia.
“E’ morto, vero?” gli chiese tremante.
Non le rispose, le afferrò bruscamente la mano e la tirò giù con sé velocemente. Arrivarono rapidamente all’ingresso, stavano per uscire, ma giunsero in quell’istante due soldati dei Bolton. Sandor stava per colpirli, ma due frecce trapassarono contemporaneamente le loro teste, il sangue schizzò sul viso di Sansa e in parte sul viso del Mastino. I due soldati caddero, Sandor li superò senza troppi complimenti, Sansa arrancando.
Sandor imboccò un vicolo semibuio per poi raggiungere un cunicolo sotterraneo, Sandor a malincuore prese una torcia e, sempre tenendo saldamente Sansa per un polso, prese a correre. A entrambi sembrò sentire la battaglia svolgersi sopra le loro testa, urla, a un tratto sembrò di sentire persino gli schizzi di sangue imbrattare il terreno sovrastante.
Dopo quelle che parvero ore, i due uscirono. Erano a centinaia di piedi di distanza dalla città, Sansa vide Straniero e molti altri cavalli lì, Sandor raggiunse immediatamente il suo destriero montandovi sopra. Sansa, invece, fece qualche passo verso la città, o meglio verso quello che restava della città.
Essa ormai sembrava essere un immenso falò, fumi neri si levavano da più parti della stessa, giungevano urla, poi se ne aggiungevano altre.
Sansa non seppe mai con certezza se quel suo giovane amore fosse sopravvissuto a quella notte o se fosse stato ucciso da una freccia o da un colpo d’ascia, non lo seppe mai. Ma le piacque pensare che invece lui era lì e che la stava vedendo lì in cima alla collina assieme al suo compagno di viaggio che, ora educatamente, ora con meno garbo, la esortava a lasciare quell’inferno.
Sansa guardò un’ultima volta Seagard sentendo gli occhi pizzicarle, poi afferrò la mano di Sandor e insieme si allontanarono da lì, dando le spalle a tutto quanto per sempre.





______


Buonasera!
Come previsto, purtroppo per Sansa, 
i due ragazzi sono stati separati per sempre.
Si sono amati, ma il tempo e gli eventi li hanno strappati l'uno all'altra
e ha riportato Sansa dal Mastino.

Ci sono due aspetti che volevo farvi notare,
il primo è che la parte in corsivo è tratta dal sesto libro proprio de Il Trono di Spade "I fiumi della guerra"

anche se ovviamente l'ho riadattato un pò al contesto del capitolo.
Secondo il titolo richiama la canzone della serie Il Trono di Spade "Into the Fire" se non l'avete ascoltata, fatelo ;)

 

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Capitolo 33
*** Conta solo il presente ***







Conta solo il presente



 
Il Sole le illuminò il viso e lei aggrottando la fronte e stringendo gli occhi, voltò il capo dall’altra parte sentendo il prato accarezzarle la guancia sinistra. Aprì gli occhi e di colpo ricordò dov’era, ricordò quanto aveva vissuto poche ore prima, quanto aveva lasciato.
Non era più in città, non era più nel letto che – per quanto duro fosse – l’aveva accolta nelle ultime notti, non c’era più nessuno se non tanta natura e se non Sandor che stava pulendo i suoi stivali poco più in là. Si mise a sedere per poi tentare di dare un ordine ai suoi sempre più lunghi capelli rossi, sbadigliò silenziosamente per poi alzarsi.
“Ce l’hai fatta!” esclamò Sandor senza levare lo sguardo dai suoi stivali.
Sansa si strinse nelle spalle non sapendo cosa rispondere. Si sedette su una pietra restando in silenzio, guardò prima davanti a sé, poi osservò il Mastino che gli sembrò di colpo diventato più vecchio, i capelli scuri erano diventati se possibile ancora più lunghi e scuri, la barba – seppur solo per metà volto – gli era cresciuta in modo abbastanza vistoso e la battaglia a cui aveva preso parte gli aveva lasciato nuovi tagli sulle mani e sulle braccia, almeno per quello che Sansa poteva vedere.
“Che hai da guardare?” abbaiò l’uomo.
Lei sobbalzò e tornò a fissarsi i piedi restando in silenzio.
 
Era come se il loro rapporto fosse improvvisamente regredito, come se di colpo entrambi avessero preso coscienza l’uno del ruolo dell’altro. Non riuscivano a trovare più quella che era la routine che si era creata prima del loro arrivo a Seagard, era come se quella città avesse scosso nell’animo sia Sandor che Sansa.
Sandor era come se avesse ricordato che il suo ruolo era di semplice protettore della ragazzina.
E Sansa aveva visto com’era bello essere amata pur non conoscendo nulla dell’altro, aveva scoperto la semplicità e la purezza di quel sentimento.
Sandor aveva anche capito che per uno come lui non ci sarebbe mai stato posto nella vita di Sansa, vi aveva anche sperato per un po’, ma quel posto gli aveva ricordato chi era e chi sarebbe sempre stato: nessuno.
Sansa aveva amato seppur forse troppo prematuramente quel ragazzo la cui identità le sarebbe rimasta ignota e aveva compreso quanto poco conoscesse Sandor.
Si ritrovarono entrambi a pensare di doversi proteggere l’uno dall’altro, pensarono che in qualche modo l’uno avrebbe potuto ledere l’altro, violare una parte intima dell’altro.
 
“Hai fame?” le chiese.
Lei scosse il capo.
“Devi mangiare. O morirai anche tu.”
Quelle parole la scossero da quello stato di torpore “Pensi che… che lui sia…?”
 
Sandor si ritrovò a pensare che erano bastati pochi giorni e un bel faccino per farla innamorare, quanto era stato ingenuo da parte sua credere che lei ricambiasse quanto lui provava per lei. Forse i baci non avevano la stessa importanza per le lady quanto per la gente come lui.
 
“Perché ti preoccupi ancora per lui? In quel posto non è più possibile tornare anche volendo e, per come la vedo io, saranno tutti crepati, saranno corpi ammassati gli uni sugli altri, corpi che saranno mangiati dai corvi o da pantere-ombra, quindi smettila di pensare a loro, smettila di pensare a lui!” le rispose con aggressività.
“Sei crudele.” Sansa strinse le ginocchia al petto.
“Sono realista, Sansa. Da battaglie come quelle molto difficilmente se ne esce vivi, o se si è vivi, inevitabilmente si subiscono gravi conseguenze. Occhi, mani, dita mozzate.” sbuffò “Non puoi farci niente, siamo in un’epoca in cui o muori o vivi. E se vivi, faresti bene a tenerti stretta la vita e a fuggire il più lontano possibile.”
Sansa lo guardò “Sei un codardo.” lo accusò “Siamo due codardi.” si corresse con un filo di voce.
“E questo come ti fa sentire? Male? Io penso che non potevamo fare altrimenti. Saremmo morti come due idioti se fossimo rimasti.” ribatté con tono ovvio.
“E chi te lo dice che magari non avresti fatto la differenza?”
“Perché per esempio noi eravamo a stento duecento, loro… circa mille, avevamo possibilità? No. Certo erano tutti coraggiosi, pazzi, ma coraggiosi. Non condanno questo, ma un’impresa che era in partenza impossibile da vincere. Quel tuo fratello avrebbe dovuto raccogliere più uomini invece che un branco di disperati!” replicò ancora il Mastino.
“Robb avrà fatto tutto quello che poteva ne sono sicura.” replicò Sansa dal canto suo.
Tacquero nuovamente e lei iniziò a guardare verso ovest, persa in mille e una congetture su quello che avrebbe o non avrebbe potuto o dovuto fare. Forse avrebbe dovuto imporsi di non cedere al Mastino, forse avrebbe dovuto dirgli con forza che voleva restare lì, forse avrebbe potuto convincere il suo amato a non andare e anzi ad andarsene insieme, forse…
“I tuoi pensieri fanno un gran casino, smettila!” sbottò Sandor facendo cadere gli stivali e alzandosi per andare verso di lei.
Sansa si voltò “Non ho detto nulla.”
“E’ vero, ma stai pensando troppo. Ora sei qui ed è questo quello che conta: il presente. Il passato lascialo dov’è.”
“Vorrei essere come te.” disse Sansa.
 
Non sapeva se il suo voleva essere un complimento per la sua capacità di vivere così o un’offesa indicando il suo disprezzo verso tutto e tutti. Sandor fece finta di non cogliere la frase né come l’una né come l’altra disse solo “Non te lo augurerei nemmeno tra trent’anni.”
Ed era vero.
Sandor era cresciuto da solo, armato di spada e della sua lingua tagliente. Tutti lo evitavano sin da piccolo, non solo per il suo viso terribilmente sfigurato, ma anche e soprattutto perché sin da giovane era stato molto alto – non quanto suo fratello – ma certamente più alto di tutti gli altri i bambini della sua età e tanto abile con la spada, questi aspetti combinati insieme non avevano certo aiutato il giovane Sandor a farsi degli amici. Da piccolo ci aveva anche provato, ma nessuno lo voleva come tale. Al massimo lo usavano per difendersi dai marmocchi che li maltrattavano ora per una ragione ora per l’altra.
All’inizio pur di avere un amico aveva anche accettato quel ruolo, per poi rinunciarvi e seguire il padre e il fratello ad Approdo del Re, lì non aveva fatto altro che proteggere l’uno o l’altro aspirante erede al Trono, esaudire i desideri di chi gli ordinava questo o quello, ciò che pensava Sandor era ben poca cosa agli occhi di tutti, che fossero nobili o plebei.
La prima che lo aveva veramente visto era stata questa sciocca ragazzina dai lunghi capelli rossi che credeva nei buoni sentimenti e in qualche forma di nobiltà che, a suo dire, i cavalieri possedevano. La prima che gli si era abbandonata e lo aveva seguito era stata sempre lei. Lei che nonostante le sue paure, incertezze, mezze parole traboccanti di buoni sentimenti o buoni propositi, lo aveva seguito, scalpitando a volte certo, ma non era fuggita via da lui atterrita.
 
“Fidati non lo vorresti mai!” sputò lui.
“Tu sai sempre cosa fare e cosa dire, cosa non fare e cosa non dire!”
“Lo imparerai con il tempo, quando capirai che la vita è al di là dell’amore o di quello che credi di sapere sull’amore e sui buoni sentimenti.” replicò ancora lui.
“Mia madre avrebbe voluto che fossi felice!” esclamò lei cambiando discorso.
“No!” esclamò lui di rimando “Tua madre vuole che tu viva e grazie a me lo sei ancora.”
“Sono viva, ma infelice.” asserì lei incrociando le braccia.
“Perché? Perché il tuo cavaliere l’hai lasciato lì?” la schernì “Da quant’è che lo conoscevi? Cinque, sei giorni? Credi che saresti stata felice con uno che conoscevi appena? Ti saresti stufata dopo pochi giorni.” riprese lui con tono esperto e severo.
“O magari sarei stata felice.” ribatté ancora Sansa.
Lui alzò gli occhi al cielo “La felicità è per pochi e lì non lo saresti stata a lungo. I fatti te lo hanno mostrato in modo abbastanza ovvio, non credi?”
“Avrei dovuto convincerlo a restare lì con me alla torre e noi tre insieme avremmo…”
“Bla, bla, bla… Sansa, ormai è andato, smettila!” sbottò brusco “Non c’è più nulla che tu possa fare per lui, lascialo lì dov’è. Dimenticalo.” riprese ancora, poi tornò indietro e riprese a pulirsi gli stivali appoggiando un piede a un masso.
Sansa corrugò la fronte, poi di colpo gli chiese “Sei geloso?”
Sandor girò appena il viso verso di lei guardandola con la metà ustionata del volto “Geloso io? Di chi? Di te o di quel ragazzino morto?” le chiese, Sansa non rispose, deglutì e basta “Stai tranquilla, non ho assolutamente nulla di cui essere geloso di uno come lui… io sono qui, respiro, ho merda di cavallo sotto gli stivali, ho la borraccia piena di vino, lui… probabilmente è a nutrire i corvi adesso!” concluse riprendendo a pulirsi gli stivali.
Sansa non riuscì a controllarsi, prese il pugnale che Sandor aveva lasciato lì assieme alla spada e si scagliò contro il Mastino, lanciando un urlo rabbioso, lui si voltò bloccando a mezz’aria il braccio teso della ragazza e bastò un movimento secco per far cadere sia l’arma sia lei che arretrò inciampando.
“La verità fa male, ma prima la si accetta e prima si può riprendere a vivere normalmente.”
Sansa lo guardo con gli occhi stretti e i denti digrignati, “La fai facile tu! Tu che vivi solo per te stesso!” sputò Sansa piena di rabbia.
 “Ed è per questo che sono qui ora con una mocciosa che tenta di uccidermi, perché sono egoista!” ribatté subito “Se lo fossi non ti avrei mai portata con me, ti avrei lasciata lì dov’eri, col tuo amato principino Joffrey e invece ti ho portata perché ho avuto pietà di te.” fece una mezza pausa “Perciò la prossima volta che pensi che io sia un egoista, prova a ripensare a quella notte e alle tante che sono seguite e a chi ti ha difesa quando tremavi piena di paura.” concluse per poi voltarle di nuovo le spalle e riprendendo a pulirsi gli stivali.
 
Quelle parole le provocarono un pizzicore agli occhi, provò un forte senso di colpa per ciò che aveva fatto, gli aveva detto, aveva esagerato, era stata crudele. Lui certo mancava di tatto, ma lei era stata assolutamente inopportuna con quelle parole e quella tentata aggressione fisica.




_________


Buongiorno a tutti!
Ditemi la verità, non vi aspettavate questa reazione da parte di Sansa, vero?
Beh diciamo che Sandor se l'è cercata con le sue parole sempre così taglienti.
Questo sarà un ulteriore episodio che fratturerà il loro rapporto?
A voi i commenti.
Questo è l'ultimo capitolo prima della pausa estiva, il prossimo non so esattamente 
quando lo pubblicherò, ma sarà certamente postato, non temete ;)
Buon proseguimento e buona estate :*

 

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Capitolo 34
*** Una notte senza stelle ***


Una notte senza stelle
 
 
Quella notte fu molto più silenziosa delle tante notti che avevano vissuto all’aperto, non c’era nemmeno un gufo a tenere loro compagnia, era una notte fredda, una notte senza stelle.
Sandor era seduto su una roccia molto distante da lei, guardava il cielo, lo osservava con attenzione.
Sansa era rimasta vicino al fuoco, stretta nel mantello che il Mastino le aveva gettato ai piedi dopo l’ennesimo litigio e dopo il quale nessuno dei due aveva più rivolto la parola all’altro.
 
Sansa era arrabbiata con lui, ma lo era anche con se stessa. Avrebbe voluto che Sandor la capisse, anche solo minimamente, avrebbe voluto sentirgli dire almeno un mi dispiace e invece per lei non aveva avuto che parole di scherno, parole piene di rabbia, piene di una dura verità, piene di una saggezza che a Sansa parevano troppo crudeli da capire o da sentire.
Sansa avrebbe anche voluto scusarsi per le parole che gli aveva rivolto quella mattina, ma sapeva già quale sarebbe stata la sua reazione e perciò tacque.
 
Si distese su un fianco e provò a dormire, ma le parole del Mastino gli ronzavano in testa ripetutamente perciò si rimise in piedi e stretta nel mantello gli si avvicinò.
Lui benché l’avesse certamente sentita avvicinarsi, non si voltò, continuò a osservare il cielo.
Lei lo osservò per pochi istanti per poi chiedergli “Hai freddo? Vuoi il tuo mantello?”
“No.” fu la risposta secca di Sandor senza rivolgerle uno sguardo.
Sansa tacque, poi disse “Mi dispiace per quello che ti ho detto stamattina, ero arrabbiata con te… ma soprattutto con me. Non so cosa avrei potuto fare e se veramente avrei potuto fare di più, ma mi sento in colpa.”
Lui la guardò un momento con la coda dell’occhio “Lo avevo capito.”
“Davvero?” replicò lei sorpresa.
“Sì, mi hai aggredito per rabbia stamattina, non per odio. Sono due cose diverse.”
Ancora una volta aveva visto in modo lucido e capito ciò che l’animava nel profondo, si chiese se lei avrebbe mai potuto leggere anche solo vagamente un’emozione che corrispondesse al vero stato del suo compagno di viaggio.
“Quindi non sei… deluso?” gli chiese timorosa.
Lui si voltò mostrandole la metà intatta del volto “No.” ancora una volta la sua era un’espressione indecifrabile, si chiese se era vero ciò che le diceva o se si era imposto quella maschera dura e inflessibile anche in quella circostanza. Si decise a chiedergli se le stesse dicendo la verità e la sua fu una risposta che le lasciò tanti interrogativi “Niente è mai come sembra.”
Quella risposta la lasciò senza altre parole. Pur riempiendola di tanti interrogativi.
“Torna al caldo, o domani starai male.” la congedò.
“E tu?” gli chiese alzandosi.
“Io resto qui.” fu la sola risposta che ebbe.
“Non dormi?” gli chiese ancora.
“No.” quella risposta pose fine a tutte le altre eventuali domande che lei avrebbe potuto porgli. Si allontanò e si distese là dove poco prima si trovava e osservando il Mastino, che sembrava danzasse attraverso le lingue di fuoco, si addormentò.
 
Quando aprì gli occhi poche ore più tardi, non vide più Sandor.
Si mise in piedi e benché avesse osservato attentamente la zona a lei circostante, non riuscì a vederlo. Ebbe per un istante il timore che fosse andato via, ma poi notò Straniero poco lontano da lei e allora capì che doveva essere nei dintorni.
Prese a scendere lungo la collinetta sulla quale avevano dormito, arrivò fino al fiume dove pensò di trovarlo, ma lì non c’era… stava per tornare indietro quando sentì come uno sciabordio d’acqua e allora lo vide: emerse dall’acqua tenendo gli occhi chiusi, fu forse la prima volta che lo vide con un’espressione diversa, meno tesa, meno contratta, per un momento le sembrò davvero un giovane uomo.
Rimase ipnotizzata dal suo viso e poi dal suo corpo che le si mostrò seminudo in tutta la sua imponenza, notò vari tagli sul petto e sull’addome. Cicatrici molto recenti e altre rosee, altre ancora biancastre, segno che erano cicatrici molto meno recenti che abbondavano sul suo corpo.
Il cuore prese a batterle molto forte, lo sentì battere così forte che pensò che l’avrebbe potuta sentire, ma lui continuò a fare come se lei non ci fosse. Si ritrovò ad abbassare e alzare molte volte lo sguardo su di lui incerta sul da farsi e improvvisamente fortemente impacciata.
Aveva già visto un uomo nudo eppure guardare il suo fisico, il fisico statuario di Sandor, la faceva sentire piccola e in forte imbarazzo. Non avrebbe mai creduto di sentirsi così nel guardare quello che doveva essere solo un compagno di viaggio.
 
“Ti stai godendo lo spettacolo?” chiese improvvisamente Sandor e lei si ridestò dai suoi pensieri realizzando che l’uomo l’aveva vista lì intenta a fissarlo, deglutì e abbassò lo sguardo.
“N – no, i – io… ehm…” prese a balbettare come una stupida e peggiorò la situazione voltandosi, Sandor rise “Sei stata lì a fissarmi tutto il tempo, perché ora ti volti? Hai capito che non sono bello come il tuo soldato… come si chiamava?”
“Non lo so, non ho mai saputo il suo nome.” gli rispose, e questo improvvisamente la fece sentire stupida perché di colpo realizzò che si era concessa a un giovane di cui non conosceva assolutamente nulla né lo avrebbe mai saputo, ne ignorava persino il nome!
“Quindi figurati che felicità avreste avuto insieme!” esclamò Sandor nel mentre usciva dall’acqua, Sansa osservò con la coda dell’occhio l’uomo mentre si rivestiva: qualcosa prese ad agitarsi nel petto di Sansa, una voce prese a gridare forte dentro di lei e prese a rammentarle ciò che lei conosceva ormai molto bene e che ciononostante lei si era sforzata di seppellire, quella voce le gridava smettila di essere tanto orgogliosa e sciocca, diglielo. Digli cosa senti realmente.
“Puoi guardarmi senza sentirti a disagio.” asserì Sandor, quando Sansa lo guardò lo vide intento a sistemarsi la sua maglia sottilissima e che aderì di colpo al suo corpo bagnato “Guardavi per fare un confronto? Il tuo soldato aveva le mie stesse cicatrici o aveva il corpo liscio come quello di una bambina?” le chiese provocandola.
Sansa deglutì, allora sapeva che loro due avevano consumato il loro seppur fugacissimo amore e la cosa le provocò un enorme disagio, lei respirò profondamente e poi gli rispose dandogli le spalle “Non sono fatti tuoi.” iniziò a risalire lungo la collinetta.
“Certo, così come non lo è chiedermi se io sia geloso o meno.” replicò Sandor rammentando le parole che lei stessa il giorno prima aveva detto.
Sansa colta in flagrante arrossì, dal canto suo anche lei non avrebbe dovuto eppure aveva avuto la sfrontatezza di porgli una domanda tanto delicata quanto personale, Sandor l’aveva nuovamente messa con le spalle al muro.



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Buonasera a tutte!
Rieccomi qui dopo... penso almeno un mese se non di più, sono imperdonabile lo so,
ma ho avuto problemi con la linea telefonica, poi con il lavoro e infine in famiglia quindi insomma...
scrivere è stata una passione e un piacere che ho dovuto mettere da parte. 
Stasera però finalmente sono riuscita a ritagliarmi un pò di tempo ed ecco il capitolo,
spero vi piaccia, l'unica differenza rispetto ad altri capitoli è che non ha un'immagine che "presenta"
il capitolo colpa di internet che non mi fa aprire le schede :( 
A presto!
Spero ;)

 

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Capitolo 35
*** Sono questo per te? ***




 
 
Sono questo per te?


La sera era calata sulla radura e sulla fitta foresta che avvolgeva i due viandanti, ben presto prese anche a piovere, una pioggia fitta e un vento tagliente. A Sansa presero a rovinarsi le mani, a Sandor ad arrossarsi il viso. Dopo quelle che sembrarono ore, i due si fermarono e, posti al riparo, si scaldarono vicino al fuoco, o meglio Sansa lo fece. Sandor rimase a debita distanza.
Sansa non ci provava nemmeno più a convincerlo ad avvicinarsi, conosceva la sua avversione per il fuoco, non intendeva ricevere frasi sprezzanti o commenti poco gradevoli. Non quella sera, non in quella silenziosa serata in cui né lui né lei si rivolgevano la parola.
Sansa prese a sfregare energicamente le mani e a tirare su col naso, una nuvola di vapore fuoriuscì dalla sua bocca, si gelava in quel posto e più cercava di riscaldarsi, più a Sansa sembrava di gelare.
Tirò su col naso ripetutamente finché non fu Sandor a interrompere quella sequenza, “Vieni qui.” le disse col suo solito tono poco paziente e imperioso, Sansa lo guardò interrogativa “Ti stai ghiacciando, vieni qui.” la invitò sotto una coperta che aveva l’aria di essere tremendamente calda. “E quella dove l’hai presa?” chiese Sansa senza lasciare il suo posto.
“Nella taverna mentre ti stavo cercando a Seagard. Vieni.” le disse in tono meno aggressivo “Dai, non mordo mica!” aggiunse volendo trasmettere tranquillità alla giovane, cosa che però non ebbe quell’effetto.
“Perché?” chiese ancora.
“Stiamo più caldi, qui fa un cazzo di freddo!” sbottò “Allora vuoi venire o no?” aggiunse con lo stesso tono.
Sansa un po’ intimorita e un po’ infreddolita, rispose con un debole .
La giovane si avvicinò lentamente a lui che sollevò la coperta e lasciò un po’ di posto a lei. Lei in modo impacciato si distese accanto a lui dandogli le spalle: aveva ragione Sandor. Sansa prese a riscaldarsi velocemente e smise di tremare come una foglia.
“Va meglio, giusto?” le chiese Sandor in tono meno irruento.
“Sì.” rispose lei.
“Non sarò come il tuo cavaliere, ma almeno evito di farti morire!” disse lui sottovoce.
“Ti prego, Sandor, non parlare più di lui. E’ morto. A che serve parlare di lui?” gli chiese sottovoce, quasi come se stesse parlando a se stessa e stesse tentando di mettere a tacere quei momenti vissuti con lui.
“Perché non vuoi parlarne? Perché ti ho convinta o perché ti fa male farlo?” le chiese l’uomo.
Sansa non rispose subito, ma poi replicò dicendo “Mi fa male qui.” posò la mano sul petto, tacque per poi aggiungere “Avevi ragione tu. L’amore è per pochi o per gli stupidi.” fece un’altra breve pausa poi proseguì dicendo con tono amaro “Mia sorella Arya aveva proprio ragione, sono una stupida. Lo sono sempre stata e lo sarò per sempre. Non ho capito ancora nulla della vita. Credevo che sentirmi bene con qualcuno volesse dire fidarmi ciecamente eppure sono stata tradita. Ho deciso poi di fidarmi di nuovo e quando l’ho fatto ho trovato un mondo violento e troppo difficile da capire per chi è come me. E quando ho deciso di nuovo di abbandonarmi a qualcuno… l’ho dovuto lasciare ancora. Forse io sono destinata a stare da sola.”
 
Sandor aveva solo inizialmente provato una sensazione di soddisfazione nel sapere che la piccolina gli dava ragione, ma poi provò un senso di profonda angoscia e amarezza quando la sentì darsi della sciocca e di quei suoi malesseri.
Tentò poi di farla reagire in un moto di rara dolcezza “E io chi sono?” chiese stringendola appena a sé e scuotendola affettuosamente: ottenne l’effetto voluto, sorrise. Piano, ma sorrise.
 
“Scusami.” disse lei “Mi spiace, non intendevo dire che tu non sei nessuno…” si affrettò ad aggiungere. Ed era vero per lei non era nessuno, non era solo una guida, non era solo l’esperto, non era solo il suo salvatore, era qualcosa che oscillava tra l’amicizia – un’amicizia seppur singolare – e qualcosa a cui Sansa aveva creduto per un po’ fosse amore, o qualcosa di molto vicino ad esso.
“Lo so, uccelletto. So cosa volevi dirmi.”
Davvero? Davvero sapeva che cosa intendeva dirgli?
Perché non lo sapeva nemmeno lei figuriamoci lui!
O forse lui, abituato molto a leggere il non detto, aveva capito più di quanto lei volesse e avrebbe mai avuto il coraggio di dirgli?
“Ora cerca di dormire un po’.” affermò Sandor.
“Solo se mi prometti di farlo anche tu.” replicò lei voltandosi appena verso di lui.
“Non preoccuparti per me.”
“Sì, invece. Per proteggere me trascuri te stesso e non va bene. Non voglio che anche tu muoia per colpa mia o di un mio capriccio.” asserì riferendosi al ragazzo di Seagard e a suo padre Ned Stark.
Sandor corrugò la fronte “A me non succede niente. Non morirò. Se accadrà sarà solo in un’occasione. L’ho sempre saputo.”
Sansa voltò il capo verso di lui “Ti prego, non parlare più di ciò che intendi fare con… lui. Ho visto già troppe persone morire e non voglio che tu… che tu, insomma… faccia parte della lista.” disse lei con voce incrinata per l’emozione.
Sandor le sorrise “Che lista?”
“Non scherzare, Sandor. Io dico sul serio. Non devi morire.” replicò lei con vigore.
“E a te cosa cambierebbe? Ti riporto dalla tua famiglia che oramai sappiamo essere viva e… poi il mio compito finisce lì.” disse lui.
“Quindi io questo sono per te: una missione da concludere? Un cucciolo da riportare alla mamma?”
Sandor non rispose subito, non disse né sì né no, lasciò cadere la domanda e questo non fece che acuire il dolore di Sansa che sperava di sentirsi dire va bene, rinuncio alla mia decisione e sperava anche che le dicesse ho pensato a quanto mi hai detto qualche tempo fa e ho deciso di restare con te a Grande Inverno. Sansa però non ebbe né quella né altra risposta, sentì solo un debole sospiro dell’uomo che le disse solo “Il destino non si cambia. Prima lo si accetta meglio è.”
Sansa lo guardò torva “E quale sarebbe? Combattere fino alla morte? Sottostare agli altri? Quale?”
Sandor ricambiò lo sguardo “Mi sembri confusa… non eri tu quella che voleva tornare al Nord? Non eri tu quella che voleva restare con la propria famiglia? Io ti ci sto portando e una volta che tu sarai al sicuro, io andrò per la mia strada. Lo sai da sempre, Sansa. Sono sempre stato molto chiaro in merito. La mia vita non è lì al Nord. Non lo sarà mai.”
Sansa distolse lo sguardo voltandosi dall’altra parte e osservando il crepitio del fuoco. Una forte angoscia le si fece largo nel cuore e nella mente. Sandor l’avrebbe lasciata. Sarebbe accaduto e lei tanto prima se ne faceva una ragione, tanto prima avrebbe potuto riprendere a vivere senza di lui.
Sarebbe stata dura senza di lui… molto dura… le sarebbe mancato.
Le sarebbe mancata ogni cosa di lui, anche l’aspetto più odioso del suo carattere.
Se ne sarebbe andato. Lontano.
Forse sarebbe morto. E forse lei ne sarebbe venuta a conoscenza settimane dopo.
Provò una dolorosa fitta allo stomaco e chiuse gli occhi per cercare di non manifestare quel suo sentimento, quel suo dolore. Non sarebbero mai stati nello stesso posto insieme.
Mai.
 
Quel rapido e sordo silenzio fu una ulteriore conferma per Sandor: la ragazzina avrebbe voluto averlo accanto a sé. Sarebbe stato folle. Lui era ben conscio che nessuna eventuale situazione avrebbe trovato seguito una volta arrivati a Grande Inverno.
Non avrebbe mai voluto farla soffrire: l’aveva tenuta lontana da sé intenzionalmente e con l’obiettivo di proteggerla in ogni modo, eppure quel maledetto sentimento aveva trovato lo stesso il modo di venir fuori; non era servito a nulla negare, allontanare, urlare contro, uccidere, niente.
 
Quel maledetto li stava divorando entrambi e lentamente li stava portando a una lenta e inevitabile rovinosa caduta.



_________

Buongiorno, sono ritornata dopo un mese e più.
Vi avevo promesso di postare presto il capitolo, ma ahimè 
tornando in DAD il tempo e la testa soprattutto se ne sono andate per altro.
Se non c'è più nessuno a seguire la storia, lo capisco.
Non vi faccio promesse di postare quanto prima perché non mi è possibile, 
ma ringrazio tutte voi che mi avete letto fino ad oggi e mi avete fatto i migliori complimenti possibili.
Grazie di cuore! 

 

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Capitolo 36
*** Una questione irrisolta ***





Una questione irrisolta

 
Quando Sansa riaprì gli occhi, il sole illuminava già l’ingresso della caverna, gli uccellini cinguettavano in lontananza e Sandor stava maledicendo gli Inferi per non si sa cosa.
Esiste un buongiorno migliore di questo? si chiese Sansa non riuscendo ad evitare di sorridere. Ricordò poi però le parole di Sandor e questo le fece perdere il sorriso e strizzare forte gli occhi scuotendo la testa. Non avrebbe mai dovuto legarsi così tanto a uno come lui, mai.
Com’era stato possibile? Come e quando glielo aveva permesso? Perché era stata tanto ingenua?
Forse non avrebbe mai dovuto lasciare Approdo del Re… forse… forse Joffrey sarebbe cambiato col tempo… forse lì, è vero che sarebbe stata in una gabbia dorata per sempre, ma forse… forse non si sarebbe mai legata a qualcuno che non avrebbe mai avuto veramente.
Forse, troppi forse. E con i forse non ci si fa nulla. Sandor le aveva detto così una volta col suo solito tono sgarbato e rude, ma le aveva detto una cosa giusta: Sansa doveva essere concreta e pensare al passato o a ciò che avrebbe potuto essere era inutile.
Lei era lì ed era con Sandor, si era affezionata grandemente a lui e questo non sarebbe cambiato, anche volendo. Non aveva senso chiedersi come o quando era accaduto, era accaduto.
 
Sandor rientrò e Sansa ne vide l’aria preoccupata, non fece in tempo a chiedergli che cosa fosse accaduto che lui sbottò “Per i Sette maledetti Inferi, Stark, muovi il culo e andiamocene!”
Sansa interdetta si mise in piedi “Che cosa è successo?”
Lui sbuffò sistemando le redini a Straniero, il cavallo nitrì percependo il nervosismo del suo padrone. Sansa mosse qualche passo e gli ripeté la domanda, Sandor voltò la metà ustionata del suo volto verso di lei e le rispose “Tira un’aria che non mi piace, dobbiamo muovere il culo e filare via di qui!” esclamò duro e facendo quasi trasalire la ragazza.
Sansa sospirò e sebbene aveva altre domande da porgli, decise di tacere: quando era nervoso, era bene tacere. La giovane osservò il suo compagno e notò come in quel momento Sandor non ci fosse più e fosse ricomparso il Mastino. Sansa deglutì: odiava il Mastino, amava – in qualche modo – Sandor.
Stette in silenzio per quasi tutta la mattinata.
Il Mastino non le disse nemmeno una parola né chiese come mai lei non commentasse nulla né gli rivolgesse la parola. Entrambi si limitarono a sospirare. Che cosa gli passasse per la testa Sansa lo ignorava. Che cosa era accaduto da far ritornare in lui quel lato duro e odioso di sé, Sansa non lo capì, almeno non subito.
Si fermarono quando era quasi calato il sole e in un boschetto, i cui alberi avevano spesse radici e fitte foglie tanto da far sembrare l’ambiente più oscuro di quanto non fosse già. Sandor scese per primo e poi stranamente la aiutò a scendere prendendola per i fianchi. Sansa guardò Sandor negli occhi, ma lui rifuggì il suo sguardo.
Sandor si muoveva in modo veloce eppure silenzioso, preparò tanto in fretta il fuoco, il giaciglio per la ragazza e per lui che a Sansa girò quasi la testa, prese poi Straniero per le briglie e lo portò ad abbeverarlo vicino a un rigagnolo non troppo lontano da lì. Quando ritornarono Sansa era ancora in piedi là dove lui l’aveva lasciata, fu in quel momento che lui la guardò ed esclamò “Che fai lì impalata?! Muoviti, vieni a sederti. Io vado a prendere da mangiare.”
“Che hai?” gli chiese avvicinandosi e stringendosi nelle braccia per il freddo.
“Vado a prendere da mangiare, tu aspetta qui.” disse lui ignorando la domanda della giovane.
Sansa ebbe a malapena il coraggio di schiarirsi la voce. Voleva capire Sandor, lo voleva davvero, ma con lui che si comportava così era impossibile. Tanto più sembrava di capirlo tanto più sembrava restare invischiati in pensieri e gesti incomprensibili.
Quando Sandor tornò, Sansa vide che aveva tra le mani dei funghi.
“Stasera si mangia questo.” la avvertì l’uomo.
Sansa prese i funghi tra le mani sporche e se li rigirò fra le dita, mentre Sandor si sedette e prese a mangiarli avidamente, lei lo guardò con aria interrogativa. Quando lui vide che lo stava guardando le chiese in malo modo perché lo guardasse con tanta insistenza, fu allora che lei gli ripeté “Che hai? Perché mi tratti così? Cosa ho fatto? Ti ho offeso in qualche modo?”
“Offeso me?” sbuffò riprendendo a mangiare.
“E allora che hai? Mi parli, per favore? Voglio capirti…” disse “E’ da ieri che… insomma, sei diverso. Sei sempre stato scorbutico e brusco, ma mai così tanto evasivo. Ho capito che ti ho infastidito con ciò che ti ho detto ieri sera e… mi dispiace. Non avrei dovuto.
So che non intendi restare con me, è stato stupido da parte mia proporlo, ma… è che… mi avrebbe fatto piacere. E’ stato infantile da parte mia, ma ci ho sperato. Scusami.”
Sansa tacque, ma lui non accennava a rispondere, si limitava a guardarla di sottecchi.
“E mi dispiace se in qualunque altro modo ti ho ferito o infastidito. Mi dispiace non essere stata la compagna di viaggio ideale… io – io… avrei dovuto essere di più e fare di meno forse… non so… ma vorrei che tornassimo al rapporto che avevamo. Era strano, ma bello.” Sansa sentì pizzicare gli occhi “Vorrei che tutto tornasse a come eravamo prima… prima di Seagard.” sospirò “Sei cambiato da allora.”
“Ti sbagli.” replicò finalmente Sandor.
“Se mi sbaglio, allora perché mi tratti in modo diverso? E’ da quando abbiamo lasciato Seagard che sei irritabile e sei… diverso.” affermò lei.
“Sono sempre così. Ormai mi conosci.” ribatté lui.
“No, non è vero. O meglio, non sempre. Non sei questo esempio di virtù e pazienza, sei spesso aggressivo e volgare, ma sei anche la persona migliore del mondo.”
Sandor la guardò per un momento, un lungo momento e Sansa pensò di averlo colpito, chissà se c’era riuscita davvero, con lui non si poteva mai davvero sapere. Sandor indugiò a lungo sulla risposta e alla fine con un mezzo sorriso esclamò “Non hai conosciuto molta gente allora! Ce ne sono tante meglio di me.”
“Per me lo sei.” ribatté decisa senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi impenetrabili.
Sandor senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi finì di mangiare, poi si mise in piedi superò Sansa dicendole “Mangia, io torno subito.”
Quando la superò, Sansa sospirò pesantemente per poi sedersi scompostamente a terra e mangiando il suo misero pasto, con Sandor funzionava così: quando si alzava e si allontanava voleva dire ‘la questione è chiusa’. Eppure Sansa avvertiva che non era affatto chiusa né tantomeno chiara.
 
Si addormentò poco dopo il ritorno di Sandor che le disse “Dormi, uccelletto.” le sembrò di aver sentito anche le parole smettila di pensare a me, ma di questo Sansa non ne fu certa: il sonno la prese e la travolse di colpo.
Fu svegliata di colpo da una mano che le coprì la bocca e da qualcun altro che la caricava di peso e la trascinava via da Sandor che intanto fu circondato da tre soldati… Sansa spalancò gli occhi per il terrore, ma non riuscì ad emettere neanche un suono… 

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Capitolo 37
*** Ramsay Bolton ***





Ramsay Bolton



Sansa fu svegliata di colpo da una mano che le coprì la bocca e da qualcun altro che la caricava di peso e la trascinava via da Sandor che intanto fu circondato da tre soldati… Sansa spalancò gli occhi per il terrore, ma non riuscì ad emettere neanche un suono… lei aveva provato a reagire, ad aggrapparsi alle rocce o ai tronchi, ma tutto fu vano. Non sarebbe mai riuscita a resistere alla forza di quei soldati. Vide tre uomini avvicinarsi a Sandor mentre dormiva, vigliacchi!
Sansa fu caricata su una carrozza che non aveva nulla di bello o elegante, era sporca e arrugginita, sembrava uno di quei trasporti usati per condurre via i condannati a morte. Sansa comprese in quel preciso istante che chiunque fossero quei cavalieri e a qualunque casata appartenessero, avevano il compito di rapirla e imprigionarla.
Questo significava che suo fratello Robb era stato sconfitto e che lei, come forse sua madre, era una prigioniera? Pregò affinché non fosse così. Pregò che ci fosse stato uno sbaglio e che quei cavalieri l'avessero solo confusa con qualcun'altra, ma le sue speranze furono vanificate quando vide un castello dall'aria decisamente sinistra: il castello aveva alte mura e merli triangolari che sembrano affilati denti di pietra. Le torri avevano un'aria decisamente imponente. Quel profondo stato di inquietudine fu acuito anche dal cielo plumbeo che rendeva quella roccaforte ancora più tetra.
Sansa respirò forte e osservò il castello avvicinarsi sempre più e quando le porte si chiusero dietro di lei capì che era in trappola.
Fu trascinata giù dall'abitacolo con pochissima grazia dagli stessi uomini che l'avevano portata via e condotta in luoghi ancora più cupi: quella in cui la stavano conducendo doveva essere una prigione, pensò Sansa, ma si sbagliò perché fu condotta nella sala grande che era decisamente buia e carica di fumo, file di torce su entrambi i lati della sala erano sorrette da braccia scheletriche sporgenti dalle pareti.
La ragazza terrorizzata guardò verso il fondo dell'ampia sala e da lì vide seduto al tavolo principale, il Bastardo di Bolton seduto sullo scranno del lord suo padre intento a bere forse vino da una coppa.
Sansa aveva solo sentito nominare il Bastardo di Roose Bolton, ma non l'aveva mai visto: Ramsay vestiva di nero e rosa: stivali, cinturone, fodero e farsetto di pelle nera e un giubbotto di velluto rosa con tagli ornamentali di seta rosso scuro. Nonostante lo splendido abbigliamento, rimaneva un uomo brutto, dall'ossatura grossa e con le spalle cadenti. Aveva la pelle rosacea e foruncolosa, il naso largo, la bocca piccola, i capelli lunghi, scuri e secchi. Le sue labbra erano grosse e carnose, ma la prima cosa che si notava in lui erano gli occhi. Gli stessi occhi del lord suo padre: piccoli, ravvicinati, stranamente pallidi. "Grigio spettro" definivano alcuni quella sfumatura, ma in realtà erano tutt'altro che incolore, come due schegge di ghiaccio sporco.
"Avvicinati." disse una voce, la sua voce. Sansa tremò visibilmente prima di essere spintonata dagli uomini di Bolton a farsi avanti e obbedire agli ordini del giovane seduto poco più avanti a lei, Sansa scossa mosse passi incerti verso di lui e lo guardò dritta negli occhi, quegli occhi la spaventarono sin da subito, avevano qualcosa di strano e malefico al tempo stesso.
"Lei" riprese Ramsay "è la sorella dell'ormai famoso Re del Nord? Siete sicuri che sia lei?" chiese rivolgendosi ai suoi stessi soldati "Non è una lupa, è al massimo... un cerbiatto, o qualcosa che si avvicini ad esso. Guardate come trema!" la sbeffeggiò "Ce l'ha la lingua? O gliel'avete tagliata prima che ve l'ordinassi?"
Sansa rabbrividì e senza cessare di tremare disse "Perdonami, mio lord. E' solo che sono stata condotta alla tua presenza contro la mia volontà."
Ramsay rise, ma era una risata priva di allegria la sua, aggiunse quindi "Un cerbiatto ammaestrato. Quante belle parole l'una dietro l'altra, giovane Stark. Continua."
La stava forse prendendo in giro? Sansa lo guardò perplessa "Mio lord?"
"Mio lord!" ripeté lui ridendo e facendo ridere i suoi uomini "Da oggi sarò lord, capito?" disse rivolgendosi agli altri, Sansa guardava a destra e a sinistra, sperava di vedere una via d'uscita – fino a quel momento rimasta a lei nascosta – da cui scappare, ma niente.
"Sai cosa ha fatto tuo fratello?" le chiese tornando di colpo serio.
Sansa trasalì per quel suo repentino cambio d'espressione "No, mio signore."
Il Bastardo sorrise "Ha ammazzato mio padre come un comune criminale." Sansa sbiancò "Non amavo mio padre." sorrise "Tuttavia devo dare un segnale a tuo fratello, intendo farlo punendolo attraverso te."
"Me?" ripeté.
"Sì." tacque "Ma come? Come dovrei punirla?" chiese ai suoi uomini.
"Tagliale una mano." propose uno.
"Frustala e poi tagliale le dita dei piedi."
"Frustala e lasciacela a noi." propose un terzo.
Ogni ipotesi era più terrificante della precedente, Sansa si sentì come carne da macello. Cercò di restare forte e non cedere alla propria paura, «I Bolton sono sempre stati tanto crudeli quanto astuti» aveva sentito dire dagli uomini di suo padre una volta tanto tempo prima.
Ramsay la guardò e lei sostenne il suo sguardo, doveva essere forte, doveva essere forte, si ripeté. Non doveva cedere. Se l'avesse fatto, forse le avrebbero fatto di tutto, ma se si dimostrava impavida avrebbe anche potuto far desistere il giovane dai suoi propositi.
"Portatela giù." disse ai suoi con un sorriso alquanto diabolico che non fece presagire nulla di buono alla giovane che fu immediatamente afferrata e trascinata lungo una ripida scalinata a chiocciola che conduceva nei sotterranei probabilmente.
Ben presto la giovane comprese di trovarsi nelle segrete del castello: attraversarono stanze pregne di muffa, ma anche catene agganciate ai muri e Sansa scorse in una stanza un focolare acceso e nei pressi dello stesso tanti utensili di cui lei ignorava l'uso, ma a giudicare dall'aspetto non erano strumenti per preparare pozioni o per curare il castello.
Superarono poi una porta enorme a forma d'arco e da lì in poi il sole o qualunque tipo di luce aveva cessato di baciare quelle stanze: tutto era immerso nell'oscurità più totale. Ebbe la raggelante sensazione di essere stata inghiottita da un gigante e cosa ancora più agghiacciante fu che all'improvviso qualcuno la prese per le spalle e la spinse in avanti verso il buio: Sansa cadde e picchiò la testa e i palmi delle mani.
Restò per qualche istante ferma, poi tossì. Si mise a quattro zampe e poi seduta sulle ginocchia, avrebbe voluto essere in grado di vedere qualcosa, ma le fu pressoché impossibile.
Sentì qualcuno ringhiare in lontananza, ma non seppe la direzione da cui proveniva.
"C'è nessuno?" chiese tremando.
Aveva paura, ma anche tanto freddo: lì si gelava.
Nessuno le rispose se non il medesimo sommesso ringhio di prima.
Improvvisamente un cane abbaiò e ringhiando sbatté contro qualcosa, il mammifero si trovava in una gabbia presumibilmente e lei era a pochissima distanza da essa.
Retrocesse fino a toccare qualcosa che cadde rovinosamente a terra producendo un rumore metallico e che fece inferocire i cani ancora di più; Sansa si rannicchiò portandosi le ginocchia al petto e pianse per la paura, dov'era Sandor?
Che ne era stato di lui?
 
 
Sandor fu svegliato da un violentissimo calcio allo stomaco, quando realizzò che sopra di sé si trovavano tre soldati armati di tutto punto, i suoi sensi divennero immediatamente pronti: prese al volo la gamba di uno dei tre che stava per colpirlo e lo fece cadere all’indietro, rotolò prendendo al volo la spada del soldato nemico e iniziò a duellare con gli altri due, Sandor colpì violentemente il secondo soldato con un calcio e trafisse il terzo.
In quel momento ebbe la possibilità di guardare verso Sansa, ma ciò che vide fu solo il suo mantello lasciato per terra e una carrozza ormai troppo distante per poterla inseguire. Sandor si voltò verso il primo soldato prendendolo per la gola “Dove l’hanno portata?”
“Va – va – vaffanculo.” rispose senza fiato.
“Te lo chiedo di nuovo e stavolta gentilmente.” disse Sandor stringendo ancora più forte la presa e sollevando il soldato di qualche centimetro “Dove l’avete portata?”
“…” Sandor strinse ancora più forte “F – forte… Terrore. Forte Terrore, lasciami… t – ti prego…” rispose il soldato che stava divenendo paonazzo in viso.
Sandor strinse appena poco più forte la presa e poi lo lasciò cadere, il soldato era svenuto.
Il primo soldato provò a colpire Sandor che però con un debole gesto lo immobilizzò e trafisse uccidendolo. Sputò per terra e maledisse i Bolton tutti.
Raggiunse Straniero che si era allontanato in parte dalla scena e, dopo aver raccolto il mantello di Sansa e poche altre cose, si issò in sella e partì alla volta di Grande Inverno: non era lontano da lì e soprattutto realizzò che non avrebbe mai potuto entrare a Forte Terrore da solo.

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Capitolo 38
*** Torture ***





Torture

 
Sandor Clegane non era a molte leghe di distanza, aveva speronato Straniero fin quasi allo sfinimento di entrambi. Aveva dovuto poi fermarsi e far riposare il suo destriero, avrebbe anche proseguito se fosse dipeso esclusivamente da lui, ma non poteva arrivare lì senza l'aiuto del suo stallone.
Aveva da poco superato un villaggio in cui aveva udito che Robb Stark aveva vinto poco lontano da Seagard contro l'esercito dei Bolton, alla fine della battaglia aveva giustiziato Roose Bolton per il suo tradimento ordito già lune addietro contro gli Stark.
Subito dopo aver appreso la notizia, era ripartito.
Se ora a Forte Terrore c'era il figlio di Bolton e Sansa si trovava lì, Sandor non osò immaginare cosa potesse farle per vendicare la morte di suo padre. Deglutì e bevve un grosso sorso dalla sua fiaschetta, avrebbe dato qualunque cosa per potersi trovare in quel momento lì con lei, anche solo per rasserenare quel tenero uccelletto: ne era sicuro stava tremando in un angolo, mentre l’erede di Forte Terrore torreggiava su di lei ed esercitava chissà quali pressioni.
Aveva conosciuto più di un re e lui sapeva bene come qualunque monarca potesse esercitare il proprio potere, specie sui più deboli o su chi non poteva difendersi. Conosceva le parole che un sovrano avrebbe potuto dire per terrorizzare e sottomettere il debole, come dominarlo. D'altronde lui stesso era stato il braccio fidato del re bambino, sapeva quali ordini potesse ricevere anche per il puro gusto di torturare la propria vittima, cosa dirle o cosa farle.
Sandor respirò profondamente e si disse che avrebbe ucciso se necessario il figlio di Bolton, lo avrebbe sventrato se gli avesse dato il pretesto per farlo. Non aveva paura di uccidere, d'altra parte uccidere era ciò che sapeva fare meglio.
Difendere il più debole no, ma lo aveva imparato con lei.
Anzi, grazie a lei.
Non si deve difendere solo chi ci paga o chi ci fa comodo proteggere – gli aveva insegnato – ma anche chi non può farlo con le proprie forze, anche chi è in un momento difficoltà, e, soprattutto, chi chiede aiuto.
Passate alcune ore, Sandor si ritrovò a sperare, e lui che sperava era una rarità, che lei stesse resistendo e non si piegasse a lui. Il cavallo saltò e superò un fiume che sembrava dividere l'Incollatura dalle terre del Nord, cavalcò lungo una distesa di terre, case e campi bruciati, attraversò un paio di gole per poi superare ancora il castello di Cerwyn. Avrebbe dovuto fermarsi lì con lei e poi portarla a Grande Inverno, ma i nemici degli Stark erano stati decisamente più veloci e più furbi di lui.
Sandor fu costretto a fermarsi ancora una volta, Straniero era allo stremo.
Avrebbe dovuto proseguire l'indomani.
Non intendeva perdere il suo destriero.
 
 
Sansa fu accecata improvvisamente dalla luce di una torcia, questa le bruciava la pelle tanto era vicina. Si coprì il volto con una mano e l'uomo che l'aveva accecata, la tirò via facendola uscire bruscamente dalla gola buia in cui era stata gettata. Sansa rivide la luce dopo quasi due giorni di totale buio e la cosa fu devastante perché lei non riusciva a tenere gli occhi aperti né a vedere alcunché. Cadeva perché non vedeva ciò che la circondava e perché le forze le stavano venendo meno dato che non le avevano dato nulla da mangiare per quei due giorni di prigionia.
Capì di essere nella sala grande solo perché udì la voce di Ramsay "La mia cerbiattina!" esclamò usando un tono derisorio, Sansa gemette coprendosi gli occhi "Cos'è? Non vedi? Oh, ma che impertinente che sono! Ralf, spegni qualche torcia. Rendiamo più buio questo posto."
Le luci divennero meno forti e Sansa riuscì a vedere, la ragazza cadde a terra "Grazie, mio signore." gli disse esanime, lui sorrise "Mi vedi?" le chiese, lei annuì "Abbastanza."
"Bene. Perché voglio che veda cosa stanno per farti i miei uomini."
Sansa trasalì e allora Ramsay sorrise e le disse "Niente mi eccita di più di chi ha paura."
La ragazza fu sollevata di peso e con la forza qualcuno la trascinò contro il muro, le tennero ferma la testa, mentre qualcun altro prendeva quella che sembrava essere una catena, di fatto pochi istanti dopo, Sansa fu incatenata al muro. Le braccia tese verso l'alto e la faccia rivolta verso il muro "Ti supplico, mio lord, non farlo." lo implorò Sansa con le lacrime agli occhi "Ti scongiuro. Mio fratello troverà il modo di ricompensare la tua clemenza, ti supplico, abbi pietà."
Lo sentì ridere "Quella che sto per farti è già clemenza. Procedete."
"NO, NO, TI PREGO!"
Gli uomini di Bolton le aprirono il vestito sulla schiena squarciandolo a metà e presero a frustarla, una, due, tre, sei, dieci, venti, trenta volte... Sansa perse il conto, crollò sulle ginocchia e iniziò a pregare e piangere allo stesso tempo. Il sangue colava lungo la schiena e solo allora Bolton diede l'ordine di riportarla giù nella sua prigione, ma senza che nessuno la curasse.
La Stark ripiombò nel buio e l'odore del sangue in quello spazio chiuso divenne ancora più forte e i cani ancora più rabbiosi e bramosi probabilmente di poter mangiare la sua carne. Sansa pianse ancora più forte a mano a mano che quei guaiti aumentavano, aveva paura e invocava aiuto, ma nessuno sarebbe venuto da lei. Gridò.
Ripensò a Sandor, a quando le aveva promesso che con lui sarebbe stata al sicuro, ripensò a quella strana e inaspettata intimità che si era creata tra loro... le sembrava un così pallido ricordo in quel momento. Avrebbe dato qualunque cosa in quel momento anche solo per sentire la sua voce, anche solo per sentirgli dire quella parola che l'aveva infastidita tante e tante volte uccelletto, avrebbe voluto persino sentirlo maledire e sbottare, avrebbe voluto sentire la sua voce e il suo odore così forte, così rassicurante per lei. Avrebbe voluto sentire gli uomini di Ramsay urlare e poi vedere la porta aprirsi, sentirgli dire 'ora ci sono io' e andare via con lui a Grande Inverno come promesso.
Ma lui non c'era.
Lui era probabilmente morto per mano dei suoi attuali aguzzini.
 
 
Sandor non era molto lontano dalla sua meta, ma una terribile frana gli impedì di seguire la strada che rammentava, fu costretto quindi a cambiare strada.
Giunse in un piccolo villaggio noto come Deadfield proprio per via del fatto che lì non riusciva mai a crescere nulla, tutto era sterile. Si diceva che persino le sue donne fossero sterili.
Ma di quello Sandor non seppe mai se si trattasse di una mera leggenda per evitare che qualcuno vi si potesse avvicinare o se fosse la verità, in ogni caso vi restò solo per far abbeverare il suo cavallo e per mangiare un tozzo di pane duro come una pietra, ma doveva pur nutrirsi.
Vagò ancora giungendo in un altro remoto villaggio, Black Pilt, la cui popolazione aveva invece il colore della pelle scuro quasi come l'ebano e il colore dei capelli nero come la notte, lì vi era infatti un vecchio giacimento di un materiale di cui il Mastino non aveva mai udito parlare e di cui ignorava il nome. Tanti lo guardavano curiosi per via del colore della sua pelle tanto diverso e per via del suo bellissimo cavallo nero.
Il Mastino non parlò con nessuno di loro, si limitava a dare una moneta per poter bere o mangiare e subito dopo ripartiva, al tramonto vide il castello di Grande Inverno.
Era arrivato.
 
 
Sansa alcune ore dopo fu nuovamente ricondotta al piano di sopra, ma stavolta non fu portata nell'enorme sala di prima, ma in quella che vide essere una stanza da letto al centro c'era un letto a baldacchino con tende color rosso sangue e un mobile di legno in un angolo della stanza, l'arredamento era estremamente povero.
Lei tremò, sapeva cosa voleva farle, cosa volevano farle, ma non riuscì a evitare che le lacrime le scorressero lungo le guance. Strinse gli occhi e si sforzò di controllarsi, ma fu tutto inutile.
"La mia dolce prigioniera non ha altre dolci parole da rivolgermi?" le chiese Ramsay avvicinandosi a lei, lei voltò appena lo sguardo stringendo forte gli occhi "Oh, non fare quella faccia. Guardami. Ho detto guardami!" ripeté imperioso e lei lo guardò negli occhi, lui sorrise, ma quel sorriso ormai Sansa lo conosceva: non prometteva nulla di buono.
"Voglio che mi guardi" aggiunse "mentre ti farò mia." terminate queste parole Sansa fu buttata su quel letto e lì fu costretta a subire quanto aveva temuto...





**

Buonasera!
E' stato un capitolo molto duro da scrivere questo,
ma era necessario scriverlo,
da qui il personaggio di Sansa avrà un cambiamento forte e importante. 
Il prossimo capitolo, se riesco, ve lo posto prima di Capodanno.
Auguro un buon Natale a voi e alle vostre famiglie,
grazie per avermi letta e avermi aspettata nonostante i periodi di attesa
tra un capitolo e l'altro.
A presto e ancora auguri!

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Capitolo 39
*** Pronti a combattere ***


  


 
Pronti per combattere



Sansa tremava, a stento riuscì a rimettersi in piedi e fare due passi per tentare di raggiungere la porta, ma fallì. Respirò pesantemente, poi vide l'uomo che l'aveva ridotta in quello stato che riposava tranquillo: lei aveva i capelli sporchi, impiastricciati di polvere, di sangue, il suo sguardo era stravolto da un'espressione di dolore mista a confusione, gli occhi gonfi e lucidi, le labbra rosse e sanguinanti, i vestiti ridotti ad un ammasso di stracci. Il suo corpo pieno di graffi e tagli sanguinanti.
Non sarebbe forse mai più riuscita a dormire, non sarebbe mai più riuscita a rilassarsi.
Era come se in quell'istante e in quella stanza, Sansa Stark si fosse spezzata del tutto. Dagli occhi caddero altre piccole calde lacrime, ma lei si ripromise che sarebbero state anche le ultime che avrebbe versato. Lei non si sarebbe salvata con le sue parole, non si sarebbe salvata con la sua educazione e mai nessuno sarebbe venuto per lei, avrebbe dovuto salvarsi da sola.
Guardò l'aguzzino dormire beatamente nudo nel suo letto, avrebbe tanto voluto avere un pugnale, ma lei non ne aveva, quello che le aveva dato il Mastino era con lui forse sepolto nel bosco ormai. Avrebbe soltanto dovuto avvicinarsi al suo letto premere le mani contro la sua gola e spingere fino a che lui non avesse esalato il suo ultimo respiro. Lo guardò con odio, disprezzo e si avvicinò a lui, ma in quell'istante Ramsay aprì gli occhi e la guardò: l'intento della ragazza doveva essere evidente perché lui sorrise, sorrise come se avesse appena visto qualcosa di bello, di particolare.
"Vedi bene ora?" la ragazza non rispose "Sai, ti confesso che non amavo particolarmente mio padre e... la sua morte mi ha solo reso il signore di questo posto. Tu sei stato un piacevole intrattenimento." Sansa non aggiunse una sola parola "Ma ora che ti ho assaggiata, vorrei che anche i miei mastini ti assaggiassero... a proposito, penso tu li abbia conosciuti! Adorabili, no?" proseguì ridendo.
La giovane avrebbe voluto che il Mastino assaggiasse lui, avrebbe trovato carne per i suoi denti.
"Mio signore" disse un uomo aprendo la porta "uomini del Nord alle porte!"
Ramsay si vestì in fretta "E' cominciata." sorrise "Portatela giù."
 
 
Il Mastino giunse a Grande Inverno rapidamente, fu accolto dalla neve e dal vento gelido che graffiava la sua pelle. Riconobbe alcuni degli uomini del Re del Nord, riconobbe anche il suo lupo che ululò come per avvisare il suo padrone che c’era un cane nel branco.
Centinaia di occhi seguirono l’ingresso di Sandor Clegane nell’enorme sala, alcuni lo guardavano curiosi, altri lo salutarono con un lieve cenno del capo, altri ancora sussurravano al suo passaggio, altri ancora invece strinsero gli occhi come insospettiti dalla sua presenza lì. Il giovane Robb Stark era lì con sua madre, la sua donna, due ragazzini e un anziano consigliere seduti all’enorme tavolata in fondo alla sala non troppo distanti dalla bocca enorme del camino.
Sandor si inchinò e non osò alzare lo sguardo verso gli Stark, sentì la voce della donna, Catelyn Stark, chiedergli “Clegane, dov’è mia figlia? Perché non è con te?”
“Ho fallito, mia signora. L’erede di Roose Bolton l’ha presa con sé.”
Sandor non ebbe il coraggio di vedere l’espressione della famiglia di Sansa, pregò solo di ritrovarsi ancora la testa nel giro di qualche minuto.
“Avevi detto che con lui sarebbe stata al sicuro!” sbottò Robb Stark.
“Così credevo anch’io, Robb.” disse con voce controllata sua madre.
“Credevamo di aver smesso di fare la guerra e invece!” tacque “Dovrei farti giustiziare per la tua mancanza, lo sai?” sibilò minaccioso il giovane Stark.
“Robb, calmo. Clegane racconta cosa è accaduto.” lo invitò Catelyn Stark “E alzati, per favore.”
Sandor sollevò il capo e osservando principalmente il volto della donna, iniziò a raccontare ciò che era accaduto dal momento in cui le loro strade si erano divise.
 
Robb sbottò qualcosa di incomprensibile mentre la sua donna gli posò una mano sulla sua e lo invitò a calmarsi. Sua madre respirò profondamente, poi ordinò all’uomo seduto due posti più in là di portare a letto i suoi due figli più piccoli: i discorsi che stavano per fare non erano adatti a due bambini.
Sandor ascoltò la strategia militare di Robb, ascoltò la sua idea di accerchiare il castello di Forte Terrore e assaltarlo. Udì quanto Robb amasse sua sorella e quell’amore lo sentì come vibrare e diffondersi nell’aria, era evidente anche se non parlò mai direttamente di Sansa.
“Se le è accaduto qualcosa… ti riterrò responsabile, Clegane.” fu l’unico chiaro riferimento alla sorella, fu un sibilo minaccioso quello di Robb Stark che gli puntò un dito contro.
Un tempo se qualcun altro gli avesse puntato il dito contro, il Mastino gli avrebbe addentato il dito e glielo avrebbe staccato, ma non stavolta: lui era colpevole, o comunque si sentiva colpevole.
Sandor rimase in silenzio di fronte a quella minaccia, cosa c’era da obiettare?
Nulla.
Distrazione o meno Sansa era prigioniera di un folle a detta degli uomini del Nord, dalle parole sembrava essere addirittura peggio di re Joffrey. Sentì che lì a Forte Terrore c’era l’usanza di usare la pelle dei propri nemici come sorta di mantello il che era decisamente inquietante persino per un uomo come il Mastino.
 
“Se partiamo adesso, al tramonto saremo lì.” annunciò Robb, immediatamente si levò un grido inneggiando al Re del Nord, alle voci entusiaste e cariche degli uomini si unirono gli ululati del meta-lupo di Robb Stark.
L’esercito era decisamente più nutrito dall’ultima volta che Sandor lo aveva visto, c’erano forse qualche centinaio di uomini in più e ad essi l’uomo poté unirsi, anche se ciò lo dovette a Lady Stark in quanto il figlio non avrebbe voluto che lui gonfiasse l’esercito; alla fine acconsentì ponendolo in prima fila. Gli uomini in prima fila sono i primi a morire, pensò Sandor, il Re del Nord mi disprezza proprio tanto per volermi mandare immediatamente al patibolo. Sorrise, avrebbe dimostrato a quel giovane coglione che invece lui, Sandor Clegane, avrebbe liberato sua sorella e l’avrebbe riportata al sicuro a casa sua!
 
Al tramonto l’esercito vide il castello di Forte Terrore situato sulle sponde del fiume Acqua Piangente. Era arrivato e la battaglia poteva iniziare…


 
______
 
Con questo capitolo si conclude il 2020, 
spero di postare per i primi di gennaio il nuovo ;)
Grazie di avermi letta fin qui e di recensirmi anche con brevi messaggi, 
grazie di cuore.
Auguro a voi tutte una buona fine e un buon inizio 2021

 

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Capitolo 40
*** Una catena pesante da sostenere ***







Una catena pesante da sostenere
 
 
Sansa era nuovamente circondata dalle tenebre, ma le sembrò quasi di non accorgersene, sembrò come se non fosse lei a stare laggiù al buio, come se non fosse lei a sentire il gelo penetrarle nella carne e nelle ossa, come se non fosse lei a sentir ringhiare i cani di Ramsay Bolton.
Sbatté gli occhi molte volte e a un certo punto fu anche tentata dall’avvicinarsi alla gabbia dei cani e lasciarsi mangiare, ma poi pensò anche che invece avrebbe voluto che fosse lui ad essere sbranato dai suoi stessi cani e quest’ultima idea la fece sorridere e fu la prima volta che Sansa sorrise per la sventura altrui, ma soprattutto per la morte di qualcun altro.
In quel buio accecante, la Stark udì i corni di guerra e poi il sibilo delle frecce seguito da urla, tante urla, sperò che quei corni fossero degli uomini del Nord. Sansa era bloccata lì sotto, non poteva fare nulla, poteva solo ascoltare le grida di dolore, il clangore delle spade e delle asce che cozzavano e squarciavano l’armatura dei nemici, udì che stavano anche colpendo le mura con palle di fuoco e lo dedusse dai lampi infuocati e dalle grida soffocate degli uomini che correvano davanti alla sua porta. Lei si avvicinò alla porta, ma non riuscì ad aprirla: illusa. Strinse gli occhi e cercò di regolarizzare il suo respiro, lì si soffocava, c’era un odore tremendo di sterco e aria umida.
Con tutte le sue forze soffocò l’impellente voglia di vomitare e di svenire, doveva essere forte. Respirò con la bocca e quando sentiva la bile in bocca deglutiva forte, i cani presero a ringhiare e a lanciarsi contro le porte della loro gabbia scuotendola. Sansa urlò spaventata.
Al suo grido ne seguirono altre, ma non provenivano da lei, ma dagli uomini oltre la sua porta.
Sansa udì distintamente i passi frettolosi di qualcuno poi lo scontro e il rumore strozzato della carne squarciata, a questi altri rumori simili e infine qualcuno urtò la porta. Qualcuno intendeva aprirla, ma non vi riusciva, “Per i Sette Fottuti Maledetti Inferi!” imprecò la voce oltre la porta e Sansa la riconobbe: scattò in piedi nel buio più totale.
Per un istante non udì più niente, il silenzio era di nuovo il padrone laggiù.
Forse era stata la sua immaginazione?
Poi sentì battere forte contro la porta una, due, tre, quattro volte, alla fine la porta si aprì. Sansa fu illuminata dalla luce di una torcia, la guardò stringendo gli occhi.
Era lui.
Era il Mastino.
Era tornato da lei.
Era lì per lei. 
 
 
Quasi non riconobbe la figura che lentamente lo stava raggiungendo, le sembrò di vedere un fantasma dai lunghi capelli rossi e dal volto bianco quanto la neve di Grande Inverno. Era un’ombra splendida, ma era anche un’ombra che gridava angoscia, terrore, turbamento.
Lo raggiunse e lo guardò a lungo negli occhi, il volto era bianchissimo, le labbra rosse come una mela matura con un taglio piccolo al labbro inferiore da cui vi era sangue secco, il vestito copriva a stento il suo fiore e il suo petto, i piedi erano sporchi e toccavano la pietra fredda e sporca.
Sandor le gettò addosso il suo mantello avvolgendola, lei non gli disse nulla, lo guardò e basta.
Sembrò di sollevare un pezzo di ghiaccio: era gelida e non parlava. L’aveva sollevata altre volte, ma quella volta era diverso, lei era diversa, non era la ragazza che aveva lasciato e lo intuì solo guardando il suo volto bianco latte, i suoi occhi pieni di lacrime, le labbra rosse e i graffi che aveva sul collo.
La vide chiudere gli occhi, ma non la sentì rilassarsi tra le sue braccia. Era tesa come un arco.
 
Li riaprì solo quando sentì la voce del fratello.
Erano nel cortile di Grande Inverno e lì la fece scendere.
La vide gettargli le braccia al collo e poi sussurrargli qualcosa all’orecchio, Robb lo guardò.
Fu poi Robb a parlare “Portatele una coperta e datele subito qualcosa da mangiare, mandate da lei il Maestro e fate in modo che sia medicata.” gli uomini del Nord scortarono via Sansa, ma non prima che lei si voltasse verso di lui rivolgendogli un muto sguardo.
Robb si avvicinò a lui e con aria grave lo guardò dritto negli occhi “Tu non mi sei mai piaciuto.” ammise “Dalla prima volta che ti ho visto a Grande Inverno. Eri, e sei, una persona strana e pericolosa. Chiunque ti sta intorno muore o subisce le sorti peggiori! Sono stato contro di te da allora e quando ti ho rivisto quella sensazione non è né cessata né tantomeno diminuita, anzi.
Mia madre aveva insistito affinché Sansa scappasse con te dai nostri nemici, ma hai fallito. Solo gli dèi sanno cosa ha fatto il Bastardo a mia sorella!
Avresti meritato la decapitazione, ma ancora una volta mia madre ha intercesso per te permettendoti di combattere con noi uomini del Nord.” fece una lunga pausa “Oggi hai combattuto bene, e hai combattuto come uno di noi. Quindi grazie per questo. E grazie per aver trovato e portato sin qui mia sorella.
Hai reso un grande servigio.
Vuoi ancora quel denaro?” gli chiese.
Sandor avrebbe dato precedentemente qualunque cosa anche solo per avere qualche pezzo d’oro e d’argento, oggi? Niente valeva più come prima.
Sarebbe stato ricco e libero, ma… avrebbe sempre portato una catena al collo, una catena pesante da sostenere. Era quello il prezzo che doveva pagare lui per aver reso libera la figlia di Ned Stark?




_______

...buonasera, perdonate l'attesa per questo capitolo,
ma riprendendo a lavorare e studiando al tempo stesso 
non è molto semplice incastrare un momento tutto per me per poter scrivere.
Torniamo al capitolo, i nostri ce l'hanno fatta!
E ora? Sandor accetterà i soldi e andrà via?
Scopritelo nei prossimi capitoli, a presto (spero!)
 

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Capitolo 41
*** Cold eyes. Cold soul. ***


  



Cold eyes. Cold soul.
 
Sansa da quel giorno per i successivi quattro giorni non parlò e non volle vedere nessuno, mangiò il minimo indispensabile per restare in piedi ed evitare di avere collassi. Dormiva tanto in compenso, ma a parlare ancora non si decideva. Era come se ciò che aveva visto le impedisse di esprimersi come invece avrebbe voluto. Sua madre e suo fratello Robb la andavano a trovare nella sua stanza tutti i giorni e tre volte al giorno, i suoi fratellini Bran e Rickon solo su permesso del Maestro Luwin. Non aveva ancora visto Sandor in quei giorni, ma la sua mente e il suo cuore erano ancora troppo scossi per potersi chiedere dove fosse o perché non fosse ancora andato da lei.
Il quinto giorno Sansa mise fine a quel voluto e pesante mutismo e chiese a suo fratello che cosa ne fosse stato di Ramsay Bolton e dei suoi soldati, il fratello le rispose che tutti gli uomini del Bastardo erano stati uccisi, mentre Ramsay si trovava insieme ai suoi cani nelle segrete. Sansa sorrise e chiese poi di essere portata lì, Robb corrugò la fronte, ma di fronte alla sua espressione non trovò la forza di negare quella sua richiesta.
La ragazza chiese che fosse il Mastino a portarla lì, Robb acconsentì quasi subito. Sansa vide Sandor solo in quel momento, lui la osservò a lungo, ma lei non gli rivolse neanche una parola.
Era ferita, ma era anche arrabbiata e delusa: aveva sbagliato ad avere tanta fiducia in lui forse. Probabilmente aveva solo esaltato esageratamente la sua figura e quando ciò si era infranto, si era resa conto di trovarsi nelle mani di un uomo non più protettivo di altri.
 
Sansa procedette a passo lento, ma sicuro. Sapeva bene cosa farne di Ramsay.
Respirò profondamente poi dopo aver lanciato uno sguardo al Mastino, scese.
L’uomo dietro di lei si mosse come un’ombra silenziosa, i due raggiunsero la porta delle segrete e fu allora che si voltò verso Sandor e gli disse semplicemente: “Aspetta qui.”
La giovane scese i sei gradini e poi vide la stanza finalmente illuminata, poté vedere anche quanto fosse grande la gabbia in cui ora si trovava Ramsay: questi era seduto in un angolo e con un dito contava qualcosa. Sansa guardò quel gesto due volte, poi fece volutamente rumore nella stanza e lui la vide “Sansa?” sorrise “Non vedo bene.”
Lei silenziosamente prese la torcia appoggiata al muro e senza entrare nella gabbia dove lui si trovava, si avvicinò a lui, gli illuminò il volto “Mi vedi?” gli chiese con voce incolore “Voglio che tu mi veda così saprai esattamente cosa sto per farti.” aggiunse scandendo ogni singola parola così come lui aveva fatto con lei in precedenza, poi entrambi udirono un ringhio basso, uno dei mastini di Ramsay si stava avvicinando a lui, Sansa e Ramsay si guardarono e allora lei proseguì “Le tue parole svaniranno. La tua casata svanirà. Qualunque ricordo di te svanirà. Ora.”
Lui sorrise “I miei mastini non mi toccheranno, sono il loro padrone. Sono bestie fedeli.” un altro ringhio riecheggiò nella stanza, Sansa allora aggiunse “Sono affamati ora e tu sei proprio qui. Con loro.” altri due mastini uscirono dal cono d’ombra della stanza e raggiunsero il primo annusando l’uomo lì in gabbia con loro, un attimo dopo tutti e tre gli saltarono addosso e lui urlò, urlò con quanto fiato aveva in gola.
Sansa vide come le tre bestie stavano divorando ciò che restava del loro padrone, il sangue era tanto, i ringhi sempre più lunghi e rabbiosi, udì la carne di ciò che restava del suo aguzzino strapparsi e allora decise che ne aveva abbastanza, voltò le spalle a quella scena e uscì.
 
 
Sandor non aveva mai visto quegli occhi, o almeno quelli di lei non avevano mai avuto quell'espressione. Guardava davanti a sé e aveva un piccolo sorriso trionfante, Sandor guardò verso l’oscurità da cui era appena uscita Sansa e dai rumori comprese subito che cosa stava accadendo laggiù: si limitò a seguirla silenzioso come un’ombra. Non avrebbe potuto fare altro.
Raggiunsero gli altri due cavalieri, Sansa disse “Il prigioniero è morto. Domattina ripulita la gabbia e affidate i mastini a qualcuno che sappia cosa farsene.” Sandor fu percorso da un brivido nel sentirla tanto fredda, tanto composta e tanto risoluta: quella non era più il suo uccelletto.
Era… qualcos’altro.
La guardò pochi istanti in volto e vide la fierezza, ma anche in qualche modo l’espressione della madre tanto compita e quella del fratello Robb in qualche modo fiera e fredda al tempo stesso. Sansa voltò lo sguardo verso di lui e lo guardò, gli occhi azzurri di lei sembrarono quasi volerlo perforare da parte a parte, non credeva che lei avrebbe mai potuto essere capace di guardare qualcuno a quel modo. Si ritrovò costretto a distogliere lo sguardo e a dirle “Me ne posso occupare io dei mastini, Sansa.”
Lei lo guardò con aria distaccata per qualche secondo poi disse “No, ho già chi se ne occupa.”
Rimpianse la Sansa di prima, quella tenera e ingenua creatura che gli si era affidata completamente e che, seppure con qualche timore, si era fidata di lui. Rimpianse quei goffi tentativi da parte di lei di parlargli, quei modi tanto gentili quanto garbati che a lui avevano sempre fatto sorridere.
Ora Sansa evitava di guardarlo e se lo faceva lo trafiggeva con lo sguardo.
Che ce l’avesse con lui?
Sandor osservò fugacemente il suo profilo e si chiese quali orrori avesse dovuto sopportare, immaginò – conoscendola – che li avesse dovuti subire in silenzio o che avesse pigolato una qualche sua civetteria per tentare di evitare le torture invece ricevute.
Si disse che era giunto il momento di andare via: aveva fallito, Sansa lo odiava, aveva fallito due volte e come guerriero e come uomo. L’indomani avrebbe parlato con Robb Stark e sarebbe andato via, avrebbe affrontato il suo destino: suo fratello. Poteva morire, si disse, per chi altri doveva sopravvivere?
Per se stesso? Sai che affare.
Per combattere? Contro chi se avesse ucciso suo fratello?
Per Sansa Stark? L’uccelletto… lei aveva la sua famiglia e dunque che cosa se ne sarebbe fatto di un cane che per giunta disprezzava? 





Buonasera!
Lo so, questo capitolo non si è discostato molto 
da quello che si è visto già nella 6x09 (spero di non ricordare male!),
ma non ho resistito all'inserire questo momento.
Le parti che trovate in corsivo sono le parole che Sansa e Ramsay si scambiano
nel corso di quel momento e ho voluto riproporle anche qui.
Voi quale versione di Sansa preferite? La versione dolce o quella fiera di questo capitolo?
Buona serata e a presto, spero!

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Capitolo 42
*** Winterfell ***





Winterfell

 
Sansa, dopo aver ucciso Ramsay, chiese di restare da sola. Sandor la vide allontanarsi, non la seguì: capì che per quanta fierezza e distacco volesse mostrare, la morte l’aveva sconvolta.
Sandor andò via, Sansa salì sulla torre. La giovane sentì il vento freddo divenire sempre più graffiante, salì ancora e là, sul punto più alto della torre, lontano da tutti i soldati a difesa di Grande Inverno, si sedette e stette a sentire il vento diventare sempre più penetrante, gli ululati dei meta – lupo presero a cullarla in quella gelida serata.
Gli occhi presero a pizzicarle, era il freddo, era il freddo, non ciò che aveva fatto.
Si era vendicata.
Aveva fatto bene.
Strinse gli occhi, ma quando li riaprì, timide lacrime presero a rigarle il volto.
Ramsay meritava di morire, meritava di soffrire, lo meritava.
Non aveva sbagliato.
Se non l’avesse fatto lei, l’avrebbe fatto Robb.
Calma, Sansa. Stai calma.
Sei a casa.
Nessuno più ti farà del male.
Calma.
Uccidere Ramsay non l’aveva appagata come aveva pensato, anzi.
Si sentiva un’assassina.
Era un’assassina.
Era diventata esattamente come gli altri.
Come Joffrey.
Come il boia di Approdo del Re.
Come le tante persone che aveva incontrato sul suo cammino.
Lei aveva sempre e solo desiderato il meglio per se stessa, voleva solo essere felice, essere una principessa, avere un uomo forte accanto a sé con cui un giorno avere dei figli. Invece…
Invece… il tempo l’aveva resa dura, aggressiva, feroce. Le erano rimaste solo le belle parole, ma era divenuta sgraziata nei modi di porsi e verso la vita.
Provò una terribile vergogna verso se stessa, pianse.
 
Sandor intanto si recò nella sala dove c’erano già tanti soldati intenti a mangiare e a bere, Sandor si mise in un angolo a bere… voleva annegare in quel liquido rosso, l’unica cosa che gli dava pace e consolazione dalla sua fottuta e inutile vita. Pensò che forse sarebbe stato meglio morire per mano di quei maledetti Bolton, a quest’ora Sansa avrebbe avuto un buon ricordo di lui, invece ora lo odiava!
Questo gli sembrò il segno che forse gli occorreva per lasciare per sempre la Stark: lei ora era al sicuro, era tornata a casa sua, aveva raggiunto il suo obiettivo e da quel giorno poteva dormire serenamente. Lui non avrebbe mai potuto restare lì, non con lo sguardo carico di… non sapeva neanche lui di cosa esattamente, ma sapeva che non riusciva a restare lì con lei senza capire, senza sapere che cosa le passasse per la testa.
“Clegane” lui alzò lo sguardo era il Giovane Lupo “grazie per aver accompagnato Sansa oggi. Doveva affrontare i suoi dèmoni.” Sandor annuì solo debolmente col capo “Domani marceremo verso Sud, andremo ad Approdo del Re.” tacque “So che vuoi andartene per la tua strada, ma tu sei un uomo valoroso e hai saputo ben guidare l’esercito che ti avevo affidato per espugnare Forte Terrore. Vuoi unirti a noi?”
“Approdo del Re?” ripeté Sandor.
“Sì. Paura di rivedere la tua gente o di affrontare anche tuo fratello, Clegane?” lo provocò Robb Stark.
“Mio fratello è lì?” chiese e un lampo sembrò attraversargli la mente.
“Proprio così, allora sarai dei nostri?” incalzò lo Stark.
Aye, cazzo sì!” rispose con ardore facendo sbattere il bicchiere vuoto sul tavolo.
Smise di bere poco dopo quando Robb e i suoi uomini erano andati via e il fuoco nel camino stava lentamente morendo, si alzò e andò quindi nella sua stanza…
 
Dopo ore, o meglio quelle che le sembrarono ore, la dama di compagnia di Sansa la trovò, era gelida. La accompagnò immediatamente nella sua stanza e accese il fuoco, poi la fece sedere su una sedia accanto ad esso dove Sansa riprese calore e colore.
Poi la sua dama di compagnia la condusse dinanzi allo specchio e prese a spazzolarle i lunghi capelli rossi e lì Sansa prese a osservarsi a lungo nello specchio, poi chiese alla giovane dietro di lei, ma sembrava più parlare a se stessa “Ti sembro tanto diversa da quando sono partita?”
“Lady Sansa, se posso essere sincera…” iniziò lei.
“Devi.” la incitò Sansa.
“Beh, lo siete. E non parlo solo dei vostri capelli tanto più lunghi o del vostro viso tanto più pallido e magro, ma anche i vostri modi e la vostra andatura è cambiata. Siete più donna e meno bambina.”
“Lo sono.” disse lei abbassando la voce “Si dovrebbe essere grati di ogni cosa, giusto? Sia bella che brutta?”
“Dipende. Mia signora, io… oso solo immaginare cosa abbiate potuto affrontare e sopportare con i Bolton e con quell’uomo dal volto orrendo!”
Sansa alzò lo sguardo “Sandor è… solo un uomo ferito. Ma è decisamente l’uomo migliore che abbia avuto al mio fianco, è colui che… mi ha protetta e… sopportato le mie fandonie. Eppure l’ho trattato in modo così… orribile in questi giorni.” disse ad alta voce, ma era chiaro che parlasse a se stessa e al suo comportamento terribilmente disdicevole nell’ultima settimana.
“Non sentitevi in colpa, lady Sansa, avete affrontato terribili pene con Ramsay Bolton.”
“E Sandor cosa c’entrava?” chiese “Perché me la sono presa con lui?” tacque, doveva scusarsi immediatamente “Perdonami.” disse alzandosi e andando verso la porta “Io… devo… fare una cosa.”
“Ma, mia signora, vostro fratello mi ha raccomandata di farvi compagnia fino a quando non vi foste addormentata!” disse la ragazza.
Sansa si voltò “Se incontri mio fratello, digli che mi hai vista addormentarmi.” dette quelle parole, lei uscì e, presa una fiaccola, scese due piani più sotto. Fece molta attenzione a non fare troppo rumore o a non attirare eccessivamente l’attenzione e ricordando di aver visto dove si trovava la sua stanza, bussò piano alla porta subito dopo aver posto poco lontano da essa la fiaccola.



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Ho postato il capitolo in tarda serata 
in quanto ora ho avuto l'ispirazione,
in un freddo sabato cullata dalle
note di
'Winterfell'.
Spero vi sia piaciuto, se vi fa piacere lasciate un commento
e... se potete leggete questo capitolo ascoltando
la musica di GOT 'Winterfell' ;)

 
 

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Capitolo 43
*** Come neve fra le dita ***





Come neve tra le dita

 
Lui le aprì la porta e lei senza dirgli niente gli si lanciò contro, lo abbracciò gettandogli le braccia al collo: probabilmente lui pensava che era impazzita o che forse voleva solo prenderlo in giro, ma Sansa sperò con tutto il cuore che lui comprendesse, almeno un po’, il tormento che le incendiava l’animo e il cuore. Quando fu sul punto di credere che lui l’avrebbe respinta e cacciata dalla sua stanza, lui invece l’avvolse tra le sue braccia e immerse la testa tra i suoi capelli. Lo sentì come rilassarsi di colpo in quell’abbraccio: Sansa strinse più forte la sua presa e respirò anche lei forte.
Di colpo era come se avesse sganciato una pesante armatura da cui non riusciva a liberarsi e tornasse a respirare e a stare bene.
Non sapeva cosa dirgli o cosa fare, lasciò che in quel momento fosse il suo cuore a parlare se fosse stato necessario o ad agire se lo avesse ritenuto opportuno, Sansa sciolse lentamente l’abbraccio e guardò Sandor: grazie alla luce del fuoco poteva vedere solo la parte bruciata della sua pelle colorarsi ora di nero ora di colori arancioni.
“Sansa.” la chiamò lui e lei lo guardò negli occhi.
“Sandor.” rispose lei usando quasi il suo stesso tono.
Lui si avvicinò lentamente al suo viso, avrebbe potuto respingerlo e avrebbe potuto gridare, ma lei non lo fece. Lei gli permise di avvicinarsi a lei e di accarezzarle prima le sue labbra e poi di assaggiarle piano, con calma. Gli si aggrappò come nel timore di poter cadere o non riuscire a sostenere quel contatto e lui, quasi comprendendo ciò che provava, la prese tra le sue braccia e la strinse in una piacevole morsa dalla quale la ragazza non riuscì né tantomeno intese sottrarsi.
 
 
L’alba venne fin troppo presto per Sandor Clegane: avrebbe dato qualunque cosa pur di poterla guardare ancora dormire serena, poter vedere il suo viso rilassato e le sue labbra dischiuse.
La notte appena trascorsa era stata quella più bella che lui avesse mai passato: si erano riavvicinati e a lui questo bastava e valeva più di ogni altra possibile cosa. Bastava anche se non l’aveva avuta come lui avrebbe desiderato averla, ma comprese che amare qualcuno non era necessariamente possederla, ma anche sapere che lei si fidava di lui e che soprattutto la fiducia di Sansa nei suoi confronti aveva solo vacillato, ma non era venuta meno.
Deglutì pensando che quella notte che avevano appena passato insieme era stata anche la loro prima e ultima notte: lui sarebbe partito con gli Stark e avrebbe marciato verso Sud. A Sud c’era suo fratello e lì tutto sarebbe finito. Avrebbe avuto la sua vendetta.
Osservò ancora la giovane che giaceva lì accanto a lui e che cominciava lentamente a muoversi nel sonno, guardò ogni sua singola piccola smorfia contrarle il delicato viso e poi la vide aprire gli occhi: il cielo più limpido sembrava fissarlo, uno specchio d’acqua in cui lui si rifletteva annegandoci quasi.
“Buongiorno.” lo salutò lei.
Lui non le aveva mai rivolto un saluto per augurarle il buongiorno o cose simili, e quella mattina non fece distinzioni, lui le rivolse un piccolo sorriso che fece contrarre in modo grottesco la parte lesionata della sua bocca.
“Sei riuscito a dormire?” le chiese lei dolcemente.
Sembrò come ricevere un pugno, lui abbassò lo sguardo e divenne di colpo triste, ma le rispose semplicemente “Sì.”
“Qualcosa ti turba?”
Lui la fissò “Avrei dovuto dirtelo ieri sera, ma… lo faccio adesso. Oggi parto.”
Lei corrugò la fronte “Per dove?”
“Verso il posto da cui sei fuggita.” le rispose.
Lei stupita gli chiese “Ma perché?”
“Tuo fratello marcia verso sud e mi ha chiesto di unirmi a lui, e poi lì c’è mio fratello.” Sansa sbiancò “Hai sempre saputo che ciò che volevo di più era combatterlo e vincere contro di lui.” le ricordò, ma Sansa si mise a sedere così che i loro volti fossero alla stessa altezza.
“Ma… io…” lo guardò, era come se di colpo l’aria fosse stata risucchiata via “io… credevo che…”
“Beh, ti sbagliavi, uccelletto.” disse lui sedendosi meglio sul letto “Il mio destino è sempre stato quello.”
“Ma lui…” tacque per un istante “è troppo forte e…” le mancò il fiato, ma Sandor capì cosa volesse dirgli, sorrise e la guardò a lungo, le accarezzò la guancia in un gesto lento e dolce.
“Posso sconfiggerlo.”
Sansa lo guardò in volto “E se… ti uccidesse?” lei tremava e lui lo vedeva, le prese una mano e le rispose “Se mi uccide, allora tutto sarà finito.” tacque “Ma saprò di aver dato la mia vita affinché la tua non fosse persa laggiù come potrebbe accadere alla mia.”
Gli occhi di Sansa si riempirono di lacrime “N – n – no. Ti prego…”
Sandor proseguì “Ma se vinco, potrò forse ricominciare a vivere e riuscirò forse a togliere la corazza del Mastino dalle spalle per sempre.”
Sansa non replicò, abbassò la testa, le labbra presero a tremare forte e le lacrime a solcarle le guance.
“Lo sapevi, lo hai sempre saputo che lo avrei affrontato prima o poi.”
A Sansa sfuggì un gemito di dolore, non riusciva a commentare le parole dell’uomo che le stava accanto, ma che sentiva scivolare via come neve tra le dita.
“Ho una cosa per te.” disse lui “O meglio, è sempre stata tua.” frugò nella sua tunica e da lì Sansa vide il suo braccialetto, quello che lei aveva venduto per riposare in una locanda tanto tempo prima, quel braccialetto che suo padre le aveva portato dalla Terra Oltre la Barriera “Non so perché non te l’abbia restituito prima, ma è giusto che ritorni dalla sua legittima proprietaria.” Sansa con gli occhi pieni di lacrime guardò quel prezioso gioiello che Sandor le stava restituendo, tirò su col naso e lei poi gli disse “Significa che non tornerai.”
Non era una domanda la sua e Sandor lo capì, lui aggiunse “E’ un modo per ricordarti del viaggio che abbiamo compiuto insieme e che un cane si è preso cura di te e ha vegliato su di te come meglio poteva.”
“Un uomo.” precisò lei “Tu non sei un cane, per me non lo sei mai stato. Sandor.”
Sandor seppe che se non se ne fosse andato allora, non sarebbe più partito, avrebbe asciugato le sue lacrime, l’avrebbe stretta a sé e gli dèi solo sapevano cosa le avrebbe fatto, ma non poteva. Non era più il momento di procrastinare l’inevitabile: Sandor si vestì e si mise l’armatura, gettò lo sguardo più e più volte sugli occhi ora in tempesta di Sansa, ma non cedette.
“Ti amo.” lei gli disse quando lui stava per varcare la soglia e andare via.
Lui la guardò a lungo, non le rispose, non disse che l’amava anche lui, ma ciò non perché non ricambiasse il suo sentimento, ma perché sentiva che se avesse ammesso l’esistenza di quell’amore, lui non l’avrebbe più lasciata e purtroppo doveva invece farlo.
Era giunto il momento di affrontare il suo demone.





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Buongiorno!
E' passato tanto dall'ultimo aggiornamento, chissà se ci sarà ancora qualcuno...
Non so se ve l'ho già scritto, nel caso mi ripeto, la storia sarà portata a termine anche se,
come potete già notare, ci vorrà più tempo tra un aggiornamento e l'altro.
Nel caso in cui ci sia ancora qualcuno a leggermi, lo ringrazio dal più profondo del cuore
per la pazienza e la voglia che ha ancora di seguirmi.
Buona giornata!!

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Capitolo 44
*** Il Sanguinario Mastino ***





Il Sanguinario Mastino

 
Trascorsero tante lune da quando Sandor era partito assieme all'esercito di suo fratello Robb. Sansa osservava tutte le sere l'orizzonte nella speranza di scorgere un vessillo o un segno tangibile del loro ritorno, del suo ritorno.
Lei non si rassegnava all'idea che Sandor avesse incontrato un destino infausto.
Non sarebbe stato giusto.
Non dopo tutto quello che lui era riuscito a fare, a conquistare, non dopo che aveva ritrovato e riscoperto il suo lato umano.
No, Sansa non poteva credere che gli dèi avrebbero permesso una simile ingiustizia. Non verso un'altra persona a lei tanto cara.
Se Sandor non fosse sopravvissuto probabilmente lei avrebbe smesso di credere in qualunque dio, se lui fosse morto allora Sansa pensò che lui aveva ragione quando le diceva che non c'era nessuno dio clemente o buono a cui affidarsi: ci si doveva affidare esclusivamente a se stessi.
Sansa benché non nutrisse la stessa fede di quando era fanciulla, voleva ancora sperare in un dio antico o nuovo che fosse che aiutasse Sandor nel suo intento. Non era una nobile azione la sua certo, ma a Sansa non importava: Sandor doveva vivere, per lei, o lei ne sarebbe morta.
Non aveva idea di quando precisamente fosse iniziato quel sentimento così forte verso Sandor, ma sapeva certamente che era un ardore che non aveva mai nutrito verso nessuno e soprattutto mai così forte e così totalizzante.
 
La neve riprese a cadere lenta e a coprire ancora una volta la strada che conduceva lì al castello, ancora un giorno senza nessuna notizia di Robb né sua. Sansa si avvolse nella sua mantella color ghiaccio e uscì fuori dalla sua stanza; a passo svelto si diresse verso la porta che dava all’ingresso della fortezza: il cancello era aperto e lì fuori vi erano le guardie a protezione della famiglia Stark e degli altri abitanti della roccaforte.
La ragazza osservò le luci del sole abbandonare ancora una volta Grande Inverno, la neve brillava e riluceva sotto quegli ultimi raggi di sole, provò quasi una sensazione di vuoto improvvisa nell’osservare quella soffice coltre che via via si formava sotto e intorno a lei e alla sua casa e alla sua gente.
Amare significava questo? Essere più vulnerabili? Sansa si sentiva come nuda senza di lui, indifesa come un soldato senza l’armatura, lui e quelle perenni battute le mancavano terribilmente. Avrebbe dato qualunque cosa per ricevere un corvo e sapere se l’esercito di Robb aveva vinto, perso o se stavano ancora combattendo, avrebbe voluto sapere chi era stato il vincitore tra Sandor e la Montagna.
Avrebbe spedito lei stessa un corvo, ma con quella neve che non cessava di cadere era impossibile mandarne o riceverne uno.
 
“Questo inverno è decisamente più freddo del precedente.” disse Catelyn raggiungendo la figlia fuori.
“Sì, lo è.” disse semplicemente Sansa.
“E’ terribile l’attesa, vero?” chiese nuovamente sua madre.
La ragazza guardò il volto pallido e stanco di sua madre: anche lei aveva perduto il sonno.
“Quando ci fu la ribellione” riprese il genitore “e aspettavo tuo padre, ricordo quanta angoscia e pena provavo per lui. E’ il destino di noi Lady aspettare e pregare per il ritorno dei nostri uomini.”
Sansa abbassò leggermente il capo e poi disse “Io non so più quali dèi pregare. Nessuno di loro ascolta. E a questo punto mi chiedo se Sandor… se il Mastino” si corresse “non abbia avuto sempre ragione. E se non ci fossero dèi e fossimo soli? Se ci fossimo costruiti gli dèi per sperare in un aiuto superiore, ma fossimo soltanto noi a esistere?”
Catelyn la guardò e spostò una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio “Sei cambiata, bambina mia. Prima eri… ingenua, ora sei così… disillusa. Non so se lasciarti con lui sia stato così saggio da parte mia.”
“Madre, lasciarmi con lui è stato ciò che andava fatto. Lui mi ha fatto guardare alla vita in modo diverso: ho capito che la vita non è una ballata e che con i miei modi tanto garbati non si arriva da nessuno parte e ho anche imparato che ci sarà sempre qualcuno pronto a tradire e pugnalare alle spalle per il proprio interesse.” Sansa guardò sua madre “Con lui ho capito chi sono. Sono una principessa del Nord, ma non so se sarò mai capace di regnare con tutto quello che ho appreso nel corso delle lune passate.”
Sua madre sospirò “Troverai qualcuno con il quale capirai come fare.”
Sansa osservò le tenebre avanzare, quelle parole le fecero contrarre dolorosamente lo stomaco, non commentò le ultime parole di sua madre: in realtà, nel suo animo si celava una verità che forse sua madre non avrebbe né capito né supportato.
“Sono un po’ stanca, vado a dormire.” la informò.
“Ti faccio mandare qualcosa da mangiare, devi nutrirti. Sono passati due giorni da quando hai mangiato l’ultima volta, così morirai prima che arrivi la primavera!” esclamò la donna.
“Come desideri, madre.”
 
La giovane si stese e immediatamente sprofondò in un lungo sonno popolato da strane creature fatte di ghiaccio, i loro occhi erano blu, c’erano corvi e altri uccelli che volavano nel cielo e che al loro passaggio gracchiavano più forte, poi improvvisamente tutto tacque, quelle creature erano svanite e assieme ad esse anche i corvi. Vide un castello in fiamme, riconobbe poco dopo che si trattava della Fortezza Rossa, bruciava e le sue torri cadevano pezzo dopo pezzo, un drago immenso vi volava su e bruciava ogni cosa al suo passaggio e quando la terribile bestia le permise di vedere il resto della Fortezza, vide su uno scalone in pietra Sandor e suo fratello combattere: Sandor era pieno di sangue, tagli e graffi. La Montagna era furente, spietata e colpiva suo fratello con gran forza.
Sansa avrebbe voluto urlare a Sandor di stare attento e schivare il colpo, ma non poteva: dalla sua bocca non usciva un singolo suono. Lei poteva solo guardare quanto gli stava accadendo…
 
Sansa sobbalzò destandosi, il sudore le bagnava la fronte e la veste che indossava per la notte le era adesa come una seconda pelle. Si alzò e guardò fuori dalla sua finestra: sperò con tutto il suo cuore che quelle immagini viste non corrispondessero al vero, sperò che fosse la paura soltanto ad averle giocato un brutto scherzo. Forse quel terribile incubo era solo un modo attraverso il quale la sua mente voleva spingerla a riflettere a fondo su ciò che sentiva e soprattutto sul trovare il coraggio di ammettere ad alta voce ciò che il suo cuore desiderava.
Sì, doveva essere quello.
 
 
Sangue, fango, polvere, schegge di legno, cadaveri, fuoco. Era questo quello che Sandor aveva visto da quando aveva rimesso piede ad Approdo del Re, la guerra aveva dilaniato le case, le mura della città. Questa a poco a poco aveva ceduto agli assalti del Nord. Il Giovane Lupo stava conquistando progressivamente la città, i morti che caddero per mano sua e dei suoi uomini furono innumerevoli. Le ferite riportate da lui, da Sandor, da tutti gli uomini degli Stark furono innumerevoli.
Avevano affrontato talmente tanti uomini da quando avevano lasciato Grande Inverno, che Sandor non ne ricordava né il numero né tantomeno i loro volti, giovani, vecchi, malati, in salute, grassi, magri, bianchi, scuri, Sandor non ne ricordava nemmeno uno. Le sue mani erano sporche di sangue vecchio e che ormai tinteggiava la sua pelle rendendola più scura e più impiastricciata.
I tagli che gli ricoprivano le braccia muscolose, il petto massiccio e il volto semibruciato lo rendevano ancora più minaccioso se possibile, il sangue che gli scorreva e quello che ormai era essiccato aveva fatto sì che i suoi compagni avessero cominciato a soprannominarlo come “Il Sanguinario Mastino”.
Lui che aveva lottato per sbarazzarsi del soprannome di Mastino, si vide affibbiare un soprannome peggiore e ancora più temibile del precedente, forse il suo destino era questo: ammazzare e ricoprirsi del sangue altrui.
La piccola Stark si sbagliava: il Mastino non l’avrebbe mai lasciato. Non in questa vita almeno.
 
La sera era sopraggiunta e gli uomini del Nord come quelli del Sud si erano ritirati per assistere e curare le ferite dei propri soldati: Robb e il Nano, pensò Sandor, dovevano aver pattuito in questo modo. Che ne fosse dei Lannister, Sandor lo ignorava. Fino a quel momento non aveva incontrato né intravisto nessuno di loro, aveva combattuto contro la Guardia Cittadina, mercenari e altri soldati appartenenti ad altre casate, ma di loro neanche l’ombra. Sandor non vide nemmeno suo fratello Gregor.
Lui era lì per lui, solo per lui, ma questo non lo disse mai ad alta voce. Non per mancanza di coraggio, ma perché aspettava solo di vederlo e sarebbe partito al suo inseguimento.
Che la Regina lo avesse preso al suo seguito e gli facesse da Guardia del Corpo?
Gregor una Guardia del Corpo? No, non poteva essere. Quell’essere viveva solo per se stesso e per uccidere, stuprare, niente di più.
O forse lei lo aveva scelto proprio per tale ragione? Avrebbe dovuto immaginarlo da molto prima!
Si diede dello stupido, ma decise che il giorno seguente avrebbe raggiunto la Fortezza Rossa sia che il ragazzo approvasse sia che non gli avesse dato il suo permesso, ne aveva abbastanza di ubbidire e basta!
 
All’alba abbandonò la sua tenda e si diresse verso la Fortezza Rossa, vi giunse con molta facilità. L’immensa roccaforte sembrava abbandonata, vi entrò senza che nessuno lo fermasse, salì l’immensa e imponente scalinata, attraversò i corridoi e poi giunse nella Sala del Trono, non c’era nessuno. Possibile che i Lannister avessero abbandonato il loro baluardo senza combattere?
Sandor fu salvato dal rumore dei passi di corsa di qualcuno, si voltò e fece appena in tempo a parare e schivare due colpi di un’ascia e di una spada, roteò su se stesso e sgozzò i due della Guardia Reale, immediatamente altri lo aggredirono, ma lui non si fece cogliere impreparato da neanche un colpo.
“Un cane che si rivolta contro i propri padroni.” disse una voce alle sue spalle, era la Regina. Era comparsa da non si sa dove, i capelli erano tremendamente corti dall’ultima volta che l’aveva vista, ma il suo atteggiamento era sempre regale e al tempo stesso sprezzante.
“Hai fatto male i tuoi conti, Clegane.” sputò con disprezzo “Qui c’è pane per i tuoi denti. Ser Gregor.” suo fratello comparve dal buio a lato della Regina Cersei, era mastodontico e dall’aria ferina.
“Sapevo che Robb Stark avrebbe mandato te, ma non immaginavo da solo.” in quell’istante si udirono urla e tonfi qualche piano più sotto, la Regina perse il sorriso e ordinò ai suoi di lasciare che la sua Guardia se la vedesse contro il Mastino. Dopodiché lei e altre ombre sparirono dietro ad una porta, ma a Sandor non importava assolutamente nulla della regina o della famiglia reale: lui voleva Gregor e basta.




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Buonasera e buona Pasqua!
Spero che il mio aggiornare sia stato gradito :)
Ci lasciamo in un altro momento cruciale... 
un momento decisivo: Sandor, a differenza della serie tv/libri, vivrà?
Morirà?
Fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti!
Ancora auguri a voi e alle vostre famiglie, 
a presto!

 

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Capitolo 45
*** Into the fire ***


Buonasera!
Devo ammettere di aver scritto questo capitolo
ascoltando la musica 'into the fire' in loop
ed è la stessa musica presente
nella scena in cui i Clegane si affrontano
nella serie tv.
Non me ne vogliate, please.
Premesso ciò vi invito a non abbandonare la lettura!
Un saluto e un abbraccio

P.S. Ascoltatela anche voi in loop per entrare nel mood ;)
Qui il link per la musica: 
https://www.youtube.com/watch?v=dOtk9s_RoBs

 

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Into the fire

 


Sandor era a pochissimi passi da lui, da quel fratello che disprezzava, da colui che aveva rovinato il suo aspetto, la sua vita, colui che aveva dato inizio a un'esistenza fatta di sguardi negati o carichi di disgusto, quello che aveva preso tutto fino a quel momento. Era arrivato il turno di Sandor di prendere: la sua vita.
Estrassero contemporaneamente le spade che cozzarono con una violenza terribile, il Mastino ruotò su se stesso e fece per colpire Gregor, ma questi era protetto dall'armatura che fu appena scalfita dal feroce attacco del fratello. Gregor affondò la lama verso il petto di suo fratello che scansò abilmente il colpo, Sandor colpì nuovamente la Montagna, ma stavolta lo fece alle spalle e fece per affondare la lama, ma Gregor fu più veloce e riuscì a fermare suo fratello con l'arma a mezz'aria e lo spinse via. Il Mastino retrocesse e il fratello attaccò nuovamente mirando stavolta al collo del primo, Sandor schivò ancora e colpì il fratello a un braccio; l'armatura si scalfì e Gregor urlò.
Era esattamente come lo ricordava: una bestia. Quando stava perdendo o quando qualcosa di suo si rompeva, Gregor urlava e iniziava a pestare a sangue chi aveva osato strappargli via l'oggetto che lui possedeva.
Gregor si strappò l'armatura di dosso e, sebbene non avesse più alcune protezione, a Sandor parve ugualmente gigantesco e mostruoso. Violento e micidiale come sempre.
La Montagna fece roteare nuovamente la sua lunga spada e tentò di colpire di nuovo suo fratello, ma Sandor si allontanò e il colpo del primo andò a vuoto. Gregor urlò e buttò via la spada, si avvicinò al fratello e, cogliendolo di sorpresa, lo colpì alla mandibola forte. Sandor cadde a terra sotto quel violento colpo, Gregor prese a colpirlo ancora, ancora, ancora e ancora.
Il volto del fratello più piccolo divenne una maschera di sangue, ciononostante Sandor urlando lo colpì con una violenta testata che fece retrocedere il maggiore dei due: il primo ne approfittò per rimettersi in piedi e riprendere la spada, ma l'altro gli diede un calcio talmente forte sul fianco destro che Sandor cadde a terra e sputò sangue.
Il Mastino non intese arrendersi, non così. Prese la spada di nuovo e si allontanò correndo, era ben conscio che Gregor non l'avrebbe mai lasciato andare via: l'avrebbe inseguito. Infatti, come previsto, la Montagna con la sua spada prese a seguire di corsa suo fratello.
Sandor corse lungo quei corridoi che ricordava molto bene, svoltò prima a destra, poi a sinistra e poi di nuovo a destra, suo fratello lo seguiva e quando il primo svoltava, Gregor tentava sempre di colpirlo con la spada alla testa, ma inutilmente.
Fuori intanto la guerra continuava a infuriare, di tanto in tanto si udivano scoppi, urla, e il cielo era squarciato dalle fiamme e dalle frecce. Imperversava una violenta guerra dentro e fuori la Fortezza Rossa.
Sandor salì una scala a chiocciola in legno e mentre stava salendo, la lama di Gregor trapassò con violenza uno dei gradini, mancò al primo tentativo, ritentò, ma fallì, al terzo colpo prese – seppur di striscio – la gamba del primo che gemette senza cedere. La Montagna tentò altre volte, ma i suoi colpi andarono a vuoto. Sandor era arrivato quasi in cima quando realizzò che quella scala non portava da nessuna parte, si fermò e vide che l'unica via d'uscita era una finestra laterale alle scale.
Gregor lo raggiunse e i due diedero inizio ad un altro scontro a colpi di spada, colpi a cui Sandor rispose colpo su colpo. Vigliaccamente Gregor colpì suo fratello con un pugno sulle labbra e poi lo colpì, là dove anni prima aveva impresso irrimediabilmente la sua firma.
Sandor urlò e indietreggiò, il fratello maggiore fece per colpirlo e trapassargli il cuore, ma Sandor fu più veloce del massiccio fratello e lo colpì violentemente al petto con un calcio che lo fece retrocedere di qualche passo. Il Mastino si rimise in piedi e la Montagna riprese terreno, ma il primo sapeva cosa fare, sapeva di essere più veloce con la spada rispetto al fratello che desiderava solo ucciderlo, non importava come: le loro spade cozzarono tante, ma tante volte che alla fine si spezzarono entrambe e fu allora che Sandor prese alla sprovvista suo fratello, lo afferrò con tutta la forza che aveva e lo spinse contro la finestra. Questa s'infranse e Gregor cadde, ma afferrò il fratello che cadde assieme a lui...

● ● ●

Quella mattina, quando la sua dama di compagnia venne ad aprire le tende, un timido raggio di sole baciò la stanza di Sansa e il suo delicato viso. Sansa era da tanto che non vedeva più il sole, nemmeno così debole, perciò sorrise alla sua vista.
La dama restò in silenzio, la ragazza lo notò e la guardò preoccupata "Che cosa è successo?"
"Vostra madre ha appena ricevuto un corvo..." Sansa udì solo quelle parole, il resto non lo sentì, aveva indossato in fretta e furia un mantello ed era uscita dalla stanza.
Quando entrò nella sala grande c'era un gran chiacchiericcio, ma quando si accorsero della sua presenza, tutti tacquero: la Stark avanzò verso il tavolo grande in legno in fondo alla stanza e raggiunse la sua famiglia.
La madre piangeva, "Madre? Cosa è accaduto?"
"Tuo fratello, Robb." rispose tirando su col naso "è scomparso. Quale altra disgrazia deve sopportare la nostra sventurata famiglia?"
"Dice niente di Sandor Clegane?" chiese Sansa con gli occhi pieni di lacrime.
Sua madre scosse la testa "Hanno trovato solo il suo elmo, ma non sanno neanche lui che fine abbia fatto. Tutti e due spariti." Catelyn tirò su col naso "Non so che cosa fare..."
Sansa scoppiò in lacrime: sua madre aveva ragione, la sua famiglia ne aveva passate già tante, lei si illudeva che avrebbero potuto avere finalmente un po' di serenità, ma a nessuno a quanto pare importava della serenità della loro famiglia già tanto dilaniata. Corse via nella sua stanza e si chiuse dentro, si gettò sul suo letto e pianse, pianse così tanto che dopo la testa le doleva tanto e gli occhi a stento li riusciva a tenere aperti.
La dama di compagnia, la giovane Aerys, le portò la cena alcune ore dopo. Sansa abbracciava il suo cuscino fissando la finestra da cui non si vedeva altro che oscurità. "Mia Lady" cominciò lei "so che è un brutto momento, ma dovete mangiare. Almeno la zuppa. C'è della carne che vi sosterrà e vi permetterà di pregare affinché vostro fratello torni."
Sansa la guardò "Ma quali dèi?"
Aerys esitò per un istanti "I vostri. Gli antichi e nuovi dèi. Quelli che pregate, insomma."
Sansa si mise a sedere posando il cuscino sulle sue cosce "Io non credo più in nessuno. Se davvero gli dèi ci fossero come hanno potuto permettere che mio padre morisse? Come hanno potuto permettere che mio fratello Bran cadesse? Come hanno potuto permettere che fossi aggredita nei boschi e quasi stuprata? Come hanno potuto permettere che Ramsay Bolton mi usasse violenza?
Come hanno potuto permettere che Robb scomparisse? Come possono non dare una seconda possibilità a chi la merita?" Sansa tacque "Ce li siamo creati noi e basta gli dèi." chiuse gli occhi e scosse la testa "Mi sembra di impazzire. Avrei voluto ricevere notizie felici... avrei addirittura preferito sapere che mio fratello era ferito, ma stava tornando! Avrei voluto sapere Sandor Clegane sulla via del ritorno... magari anche lui ferito, ma vivo." si alzò dal letto e andò alla finestra "Invece ciò che gli dèi ci hanno dato è silenzio e morte."
"Mia signora" proseguì Aerys "siete in un momento di profondo sconforto e lo capisco..."
"La tua famiglia è stata decimata e divisa nel continente?" le chiese Sansa interrompendola.
"Mia madre è morta quando avevo 5 anni, mio padre... beh, lui non l'ho mai conosciuto. Mia madre mi ha detto che aveva combattuto durante la Ribellione di Re Robert e che nel corso di essa era stato assassinato, quindi capisco la tua disperazione e anche il tuo bisogno di avere buone notizie."
Sansa sospirò pesantemente, poi si sedette e mandò giusto un paio di cucchiaiate della sua zuppa.
Era notte quando sua madre entrò di corsa nella sua stanza gridando "Hanno trovato Robb, è ferito, ma sta bene! E' a mezza giornata da qui! Io vado a far preparare da mangiare, avviso Maestro Luwin e faccio accendere il camino nella loro stanza. Gli dèi hanno ascoltato le nostre preghiere!" esclamò Catelyn, Sansa aveva sollevato il capo speranzosa, quando la madre uscì, lei si mise seduta e se fu da un lato contenta nel sapere suo fratello di ritorno, dall'altra aveva anche sperato che Sandor fosse con loro.
Scosse la testa, forse nessuno poteva esaudire una preghiera tanto complessa! 

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Capitolo 46
*** Il Ritorno ***


 


Il Ritorno


Robb fu subito portato nella sua stanza. Aveva la febbre e una ferita abbastanza profonda lungo l’addome che poteva infettarsi facilmente.
Maestro Luwin andava e veniva dalle sue stanze, la madre Catelyn, la moglie e la sorella Sansa restarono fuori dalle sue stanze in attesa di una buona notizia, i fratelli più piccoli venivano costantemente informati di quanto accadeva, ma la madre non permise loro di restare lì fuori.
Sansa avrebbe voluto chiedere a Robb se sapeva quale sorte era toccata a Sandor che sembrava essere sparito nel nulla, ma la madre non le avrebbe mai permesso di avvicinarlo: doveva riposare. Attese per tre giorni, poi quando la loro madre si fu allontanata, Sansa ne approfittò e sgattaiolò nella stanza del fratello: la luce filtrava dalla finestra e così lei vide suo fratello Robb disteso al centro del letto, il suo volto era di un pallore spettrale, gocce di sudore gli imperlavano la fronte alta, aveva gli occhi chiusi e le labbra socchiuse. La sorella si avvicinò con la massima delicatezza al fratello, gli prese la mano e lui aprì subito gli occhi. La scrutò e quando capì che era Sansa, le sorrise.
“Ciao.” le disse in un sussurro.
“Ciao.” ricambiò Sansa il saluto “Come ti senti?”
“Stanco. Potresti darmi dell’acqua, per favore?” chiese lui.
“Sì.” rispose lei semplicemente versandogli da bere e avvicinandogli poi il calice alle labbra, lui bevve piano un paio di sorsi, poi buttò la testa all’indietro respirando affannosamente.
“Come sta Jeyne?”
“Sta bene, è andata a riposare.”
Robb sospirò sollevato “Bene.” chiuse gli occhi per un istante, li riaprì “Vuoi sapere di lui, vero?”
Sansa non rispose alla domanda del fratello, ma Robb sapeva e così non attese la sua risposta e le disse “Si è allontanato improvvisamente una mattina all’alba, un mio uomo lo ha visto andare alla Fortezza Rossa da solo. Quando siamo arrivati lì, non lo abbiamo visto, la guerra stava distruggendo i nostri uomini e non potevamo vedere se Clegane fosse vivo o morto.” fece una pausa e tossì “Quando tutto è finito, c’era fuoco e morte ovunque, l’unica cosa che abbiamo visto di suo è stato il suo elmo. Ma di cosa ne sia stato di lui… non lo so.” Robb finì respirando affannosamente “Mi dispiace non averti dato una risposta diversa.”
Sansa abbassò il capo con espressione cupa “Non è colpa tua. Ora riposati, va bene? Cerca di guarire in fretta. Grande Inverno ha bisogno di te.”
Lui sorrise semplicemente e poi Sansa si allontanò uscendo dalla sua stanza.
Quando la porta si chiuse alle sue spalle, Sansa pensò che era giunto il momento che lei si rassegnasse e che pensasse anche alla possibilità che lui, Sandor, non fosse sopravvissuto allo scontro con suo fratello. Lui era pronto a morire, glielo aveva detto. Era lei che non era pronta a saperlo morto.
 
Sansa strinse forte gli occhi e poi si recò sui bastioni: là la neve era ammucchiata sui lati consentendo così il passaggio alle Guardie a difesa della roccaforte. Sansa guardò verso l’orizzonte, il cuore gonfio di tristezza e dolore, i capelli scompigliati dal vento freddo… piccoli fiocchi di neve furono sollevati da terra con l’azione del vento, turbinarono per pochi metri e ricaddero al suolo infrangendosi come acqua sull’erba.
Stava per rientrare dentro quando poco più in là un uomo, che era rimasto a guardia del castello di Grande Inverno, suonò un corno urlando “UOMO A CAVALLO IN AVVICINAMENTO! SEMBRA SOLO!”
Sansa fu raggiunta da altri soldati lì sul bastione che prepararono gli archi e le frecce: si doveva essere pronti a tutto, ordini di sua madre. Lei sentì il suo cuore accelerare dapprima per lo spavento, poi però realizzò che il cavallo era uno stallone nero, nero come la pece, strizzò gli occhi e vide che l’uomo che si trovava su di esso, era praticamente aggrappato alla criniera scura del suo destriero.
Sansa riconobbe subito Straniero e così corse a perdifiato ai piani di sotto, rischiò più volte di scivolare, ma quando giunse ai cancelli, il cavallo stava ancora galoppando verso l’ingresso, l’uomo – a pochi passi da lei – cadde rovinosamente a terra nella neve lì fangosa producendo un rumore sordo. Sansa corse verso di lui anche se qualcuno aveva cercato di impedirglielo per proteggerla, ma lei non se ne faceva nulla della protezione in quel momento: si accostò all’uomo e lo vide.
Sandor era lì.
 
Si gettò su di lui e lo vide, era pieno di sangue, di ferite, il suo volto era quasi irriconoscibile tra ciò che era già stato precedentemente compromesso e ciò che gli era stato fatto non troppo tempo prima.
“Sandor.” lo chiamò lei sollevandogli con gran fatica il busto “Sandor.” i capelli di lui gli aderivano come una seconda pelle alla testa, i vestiti erano zuppi di sangue, pioggia e fango.
“Ti prego, apri gli occhi.” lo scosse lei piano.
“Lady Stark.” chiamò qualcuno poco più indietro di lei, Sansa si voltò e urlò “CHIAMATE MAESTRO LUWIN, PORTIAMOLO DENTRO!”
“Uccelletto… non ricordavo che il tuo canto fosse così… così… forte.” biascicò lui aprendo appena gli occhi, lei lo guardò tremante, mentre lui cercava di sollevare un braccio come per accarezzarle il viso, ma non ci riuscì. Era stremato.
Richiuse gli occhi e qualcuno lo portò dentro.
 
“Sansa.”
La ragazza si voltò, era sua madre.
“Che succede?”
“Sandor… il Mastino è ritornato.” le rispose, si voltò tentando di seguire gli uomini e Maestro Luwin nella stanza in cui avevano portato Sandor, ma sua madre la fermò “E tu dove stai andando?”
“Da… voglio accertarmi che stia bene.” le rispose.
“Sansa, lui non è tuo marito né il tuo promesso sposo. E’ molto sconveniente entrare per vedere un uomo ferito e grondante sangue.” le rammentò “Lo vedrai più tardi.”
“Ma dopo potrebbe essere tardi!” esclamò Sansa.
“Figlia mia, ti prego, fai come ti dico. Vai a cambiarti. Sei tutta sporca. Preserva un minimo di dignità, ti prego, ricordati chi sei.”
Sansa guardò sconvolta sua madre, poi la porta oltre la quale si trovava Sandor, ma non ebbe scelta.
Superò il genitore rabbiosa e si cambiò come le aveva ordinato.
 
Il cuore le galoppava forte nel petto, aveva imparato a memoria le fenditure del legno della porta, sentiva la voce ovattata di Maestro Luwin e del suo apprendista un tale Jonah e le gocce d’acqua che di tanto in tanto si intervallavano con il silenzio via via sempre più cupo che serpeggiava nel corridoio ormai deserto.
Sansa sospirò pesantemente, non sapeva se bussare o semplicemente attendere che qualcuno le desse una qualche notizia, anche vaga circa le sue condizioni, ma nessuno le diceva nulla, nessuno usciva, nessuno entrava.
Il vento prese a soffiare fuori e i meta – lupo di Robb, Bran e Rickon a ululare forte.
La ragazza cominciò a vagare lungo il corridoio, ma da lì non si mosse.
Il sole era calato da un pezzo quando Maestro Luwin e il suo apprendista uscirono chiudendosi la porta alle spalle.
“Come sta?” chiese Sansa quasi aggredendo il Maestro.
“Ha molte ferite, Lady Sansa, alcune non ne avevo mai viste… ha la febbre molto alta, sicuramente dovuta alle tante ferite su tutto il corpo. Gliele ho medicate, ma… non so se la cura data sia veramente efficace nelle sue condizioni.”
“Sopravvivrà?” chiese lei quasi senza respirare.
L’uomo sospirò mestamente “Bisogna pregare. Non ho mai sentito un uomo bruciare così tanto e con quelle ferite, ripeto, non so se le mie cure possano procurargli sollievo o beneficio.”
Quelle parole diedero il colpo di grazia a Sansa che si accasciò lì davanti cadendo sulle ginocchia…




_____ 

Salve a tutti!
Chiedo scusa per il mio, ormai solito, ritardo,
temo che purtroppo si andrà a questo ritmo fino a metà giugno :(
Vi ringrazio di seguirmi nonostante i rallentamenti e
vi chiedo di avere tanta pazienza tra un capitolo e l'altro.
Un abbraccio forte a tutti voi :*

 

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Capitolo 47
*** Libera di amare ***






Libera di amare


 
Maestro Luwin le diede del latte di papavero per lenire i terribili dolori alla testa che accusava e così Sansa dormì per quasi tutto il giorno, quando si ridestò si ricordò dove e perché era svenuta, ricordò del ritorno di Sandor, ricordò che maestro Luwin e il suo allievo lo stavano visitando e ricordò le angoscianti parole del primo. Sansa si alzò, le girò lievemente la testa e così fu costretta ad appoggiarsi allo scrittoio in legno accanto al suo letto, poi – seppur con qualche difficoltà – raggiunse la porta e la aprì. Prese una candela e la accese accostandola a un lumicino che illuminava flebilmente il corridoio fuori dalla sua stanza; chiuse la porta alle sue spalle e si addentrò nel corridoio buio, conosceva tutti i corridoi, gli anfratti di quel posto, non temeva il buio o i suoi passaggi, quanto l’idea che la madre, vedendola, avrebbe potuto proibirle di vedere Sandor.
Tuttavia, con gran coraggio, proseguì. Sansa udì le risate dei soldati che risuonavano dal cortile, qualcuno rideva, qualcun altro parlava del terribile scontro avvenuto ad Approdo del Re, altri intonavano nuove canzoni su suo fratello.
Quando arrivò nel corridoio dove si trovava la stanza di Sandor, lei si guardò attentamente intorno, a destra, a sinistra, osservò che dalle scale non giungesse nessuno, poi osò avvicinarsi alla porta e lentamente la aprì. La stanza era illuminata dal fuoco del camino, al centro della stessa, c’era un letto a baldacchino su cui vi era disteso Sandor, era completamente nudo, era coperta soltanto la zona attorno al bacino da una coperta ripiegata più volte su se stessa. Sansa si avvicinò a lui e vide il corpo massiccio e muscoloso pieno di tagli, alcuni erano rosacei, altri biancastri, altri ancora segnavano profondamente la sua pelle tanto da sembrare delle linee nerastre disegnate da un artista ubriaco sul suo corpo, parte del fianco era coperta da spesse bende.
Il suo volto era gonfio e anch’esso presentava varie lacerazioni, la zona già terribilmente segnata sembrava pulsare, in alcune parti la carne già consumata dalle fiamme era sollevata. Sansa fece scorrere il suo sguardo sul corpo di quel coraggioso, coraggiosissimo uomo e con estrema delicatezza gli strinse una mano abbandonata a lato del suo corpo.
“Uccelletto…” biascicò lui, Sansa sollevò lo sguardo, ma comprese quasi subito che non l’aveva sentita, stava sognando e forse stava sognando lei. Avrebbe sorriso se non avesse visto com’era terribilmente segnato il suo corpo, di contro rimase seria e anzi strinse appena la sua mano grande.
Lei c’era e avrebbe voluto che lui lo sentisse in qualche modo.
 
Principessa?”
Lei sobbalzò, si era addormentata: era mattina. E il Maestro Luwin l’aveva trovata lì, nella stanza di Sandor Clegane, con una mano della piccola Lady che stringeva quella dell’uomo.
“Maestro Luwin!” esclamò lei senza neanche sapere esattamente che cosa dirgli.
“Mia Lady, voi non potreste stare qui… non è un comportamento molto consono a… insomma, una Lady non dovrebbe mai vedere il corpo di un uomo che non sia quello di suo marito!”
Le sembrava di sentire sua madre.
“Lo so, ma dovevo vederlo e sapere come stava.”
L’anziano uomo alzò appena le sopracciglia “E’ un guerriero. E si vede. Alcune sue ferite si stavano già rimarginando, ma ce n’è una… a lato del fianco sinistro che… non vi consiglio di vederla, ma sembra stia facendo infezione e potrebbe essere il motivo della sua febbre alta.” le spiegò.
Lei annuì, “Grazie. Mi spiace se… se, insomma, mi avete vista… in una situazione… ambigua.”
Lui scosse piano la testa “Vi ho vista nascere. Vi voglio bene, mia giovane principessa. Mi spiacerebbe soltanto che violaste un regolamento che dura da generazioni per… perdonate la mia franchezza, ma per qualcuno che non è del vostro rango.”
Sansa si sentì stringere il cuore: a tutti, nessuno escluso, importava solo ed esclusivamente del ceto sociale, ma c’era veramente spazio per i sentimenti? Per l’amore?
 
Colpita da quelle parole, si alzò e uscì. Quando si richiuse la porta alle spalle, comprese che stare lontana da lui, da quell’uomo che ora combatteva con tanta forza per vivere, non le era mai costato così tanto!
Si rese conto di colpo che mai come in quel momento essere una Lady le pesava, le pesava terribilmente. Avrebbe dato in quel momento qualunque cosa pur di essere una popolana o di essere nella stessa condizione di Aerys. A lei non avrebbero certamente impedito di stare accanto all’uomo che… comprese soltanto allora che ciò che animava il suo spirito, non era soltanto preoccupazione o tenerezza, ma un sentimento ben più forte, ben più totalizzante dell’affetto. Quella consapevolezza le fece accelerare il ritmo del cuore. Altre volte in passato aveva creduto di amare, prima il cavaliere descritto in varie meravigliose ballate, poi del cavaliere di Fiori, e poi aveva creduto che fosse Joffrey, poi il cavaliere di Seagard, ma niente di quello che credeva di aver provato allora corrispondeva a ciò che sentiva in quel preciso istante.
Era una sensazione che si irradiava nella mente, nel cuore, nel corpo, tutto sembrava urlare dentro di lei il nome di lui, quel nome che lei un tempo temeva con tutta se stessa e che quel giorno, lei comprese, di amare profondamente. Desiderava stare con lui. Stargli vicino quando si sarebbe svegliato. Prendersi cura di lui. Fasciargli le ferite. Incoraggiarlo.
Avrebbe fatto di tutto per lui e con lui.
Quando si sarebbe sentito meglio, Sansa avrebbe esternato tutto ciò che sentiva per lui: gli aveva detto ‘ti amo’, ma non le parve sufficiente. Era impossibile esprimere ciò che sentiva in due parole.
Era una vera e propria passione quella che la animava.
E avrebbe combattuto affinché lui lo capisse, ma avrebbe combattuto anche affinché suo fratello o sua madre non la ostacolassero nel provare quell’amore verso Sandor Clegane.
 
 
Il giorno seguente fece visita a suo fratello il quale stava decisamente meglio: Robb, infatti, aveva riacquistato un po’ di colore, anche se la febbre continuava a persistere.
“Sto molto meglio.” le rispose alla domanda circa la sua salute.
Lei gli sorrise “Ne sono felice.”
Robb la guardò di sottecchi, poi le disse “Sansa, ehm… come sta Sandor Clegane?”
Lei alzò lo sguardo incrociando gli occhi del fratello “Maestro Luwin dice solo che sta combattendo ancora e che alcune ferite sono più difficili da guarire, una in particolare sembra essere la causa del persistere della febbre.”
Lui annuì semplicemente, poi le sorrise appena ed esclamò “Sei molto informata su di lui!”
Sansa aprì le labbra, ma non sapeva cosa aggiungere esattamente, così rimase in silenzio.
Il sorriso di Robb si stirò appena di più “Tranquilla, non intendo giudicarti.” Sansa guardò suo fratello in volto “Non arrabbiarti con lui… Maestro Luwin mi ha detto che… insomma, l’altra mattina eri con lui.”
“Perché dovrei provare rabbia verso di lui? E’ la verità, non è una bugia.” ammise, deglutì poi e aggiunse “So che non è… adeguato a una… come me, ma dovevo farlo. Devo.”
Robb corrugò appena la fronte, poi sorrise affermando “E’ la prima volta che non ti vanti di essere una Lady, ma hai detto ‘una come me’. Non vuoi più essere una nobile, Sansa?”
Lei sospirò per poi rispondergli “Robb, quello che so è che per colpa del mio essere nobile, tutti mi dicono non è adeguato, non si dovrebbe fare. Ciò che invece vorrei è essere libera, libera di poter dire e fare quello che voglio, vorrei poter…” sospirò “in questi giorni sto rimpiangendo la libertà che avevo quando ero nel bosco. Ero sola sì, ma ero libera e potevo essere una persona qualunque.
Lì non c’erano titoli nobiliari, non c’era nessun castello che mi proteggesse, lì non era necessario usare i modi garbati che Septa Mordane mi aveva insegnato, lì ero io, ero Sansa e basta.” lei tacque e osservò la luce biancastra provenire dall’esterno, lasciò che per qualche istante il silenzio facesse da padrone nella stanza.
Fu Robb a parlare “Non credo tu debba aggiungere altro, sai?” la sorella osservò il fratello che a quella luce pareva estremamente pallido “Credo tu abbia scoperto la dolcezza e la forza travolgente dell’amore, sorellina.” lei avvertì il cuore incespicare “Per lui non nutrivo nessuna stima né simpatia, ma sai mi ha salvato più volte e non parlo solo della mia persona, ma anche dei miei uomini… insomma la prima volta è stato quando ci avete avvisato della congiura dei Bolton, la seconda quando ha guidato l’esercito per venirti a liberare, la terza ad Approdo del Re… ma soprattutto ha trovato sempre il modo di riportarti a casa.
Grazie a lui, ma anche a te certo, io sono vivo e sono qui con te, e grazie a lui tu sei qui.
Quindi sia tu, ma soprattutto io gli devo la vita e la mia gratitudine. Avrebbe davvero potuto pretendere denaro e andarsene, sai… glielo avevo proposto poco prima del tuo ritorno dalla prigione a Forte Terrore, ma lui ha rifiutato. Mi ha detto che ormai non era il denaro ciò che contava di più per lui.” a Sansa mancò il respiro “Credo che anche lui nutra qualcosa per te, non so se sia amore o… solo desiderio, ma di certo non gli sei indifferente. Solo un cieco non noterebbe come tramuta il tuo viso quando parli di lui o quanto lui si animasse per salvarti dalle grinfie del Bastardo di Roose Bolton.
Io capisco, sai? Più di tutti. Io ho sposato una giovane appartenente ad una casata nobile, ma le cui ricchezze sono andate perdute nel corso del tempo. L’ho sposata non per il titolo, non per le terre, non per un’alleanza, ma per amore. Solo per amore.”
 
Cosa le stava dicendo il fratello?
 
E nostra madre? Cosa ti ha detto?”
“Lo sai, lei mi ha solo lanciato un lungo, anzi lunghissimo sguardo, ma poi… beh, si è arresa. Del resto sono un uomo e sono ormai il capofamiglia… in un certo senso.”
Sansa abbassò il capo: certo, lui era un uomo e lui poteva. Lei, una donna, doveva piegarsi alla volontà del padre, in questo caso del fratello, e accettare la decisione che avrebbe preso sul suo futuro e avrebbe dovuto farlo senza lamentarsi. Lei sospirò, poi si alzò e fece per raggiungere la porta, il fratello allora le chiese “Stai andando da lui?”
Lei si voltò “E’ ciò che desidero.”
Robb annuì, poi disse “Se è questo ciò che il tuo cuore desidera, vai.”
Sansa accennò l’ombra di un sorriso e poi uscì dalla stanza di suo fratello per andare da Sandor.



______

Buonasera a tutte!
Dopo quasi un mese sono tornata, forse non c'è più nessuno,
forse sì, purtroppo lavorando mi è molto difficile scrivere o pensare di scrivere,
oggi finalmente ci sono riuscita ed ecco il capitolo.
Ci tengo a dirvi che la storia sarà completata, spero di non far arrivare l'inverno, 
nel caso saremmo in tema! XD

Grazie per i vostri commenti al capitolo e i vostri commenti privati, grazie, grazie, grazie
 

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Capitolo 48
*** La cruda realtà ***





La cruda realtà

 
La giovane rimase accanto a Sandor per tre giorni e tre notti, anche contro la volontà del Maestro e la volontà di sua madre. Non le importava cosa avrebbero potuto pensare di lei o che cosa avrebbero detto su di lei. Lei voleva soltanto esserci per lui quando avrebbe aperto gli occhi, voleva che sapesse che lei gli era accanto.
La sera del quarto giorno, Sansa gli stringeva la mano come ormai era solita fare alla sera con lui, il fuoco scoppiettava nel camino della stanza, le pareti avevano assunto un colorito rossastro, la pelle di Sansa e di Sandor un colore ambrato, tutto era come al solito, lei sentiva il respiro di lui – a volte sereno, altre affannoso – sentiva quando si agitava per via della febbre, lo aveva anche sentito esclamare un paio di volte il nome del fratello, ma il più delle volte era lei che chiamava. Lei, quando lui biascicava il suo nome nel sonno, gli stringeva soltanto un po’ più forte la sua mano come a volergli dire ‘io ci sono’. Ed era questo quello che sperava di potergli dire al più presto la fanciulla.
Desiderava solo questo.
Quella sera, dopo che il Maestro Luwin era andato da lui a cambiargli le bende, lei era rimasta da sola con lui e proprio quando il sonno stava per portarla in un mondo fatto di speranze e fantasia, Sansa si sentì stringere con più vigore la mano; la ragazza aprì gli occhi e si piegò appena verso il volto di lui, “Sandor? Sandor?” lo chiamò, lui non rispose e lei pensò di averlo soltanto immaginato. Ancora.
Poi avvertì nuovamente la stretta e lei allora vide le labbra di Sandor aprirsi lentamente e la fronte di lui contrarsi in un’espressione carica di fatica, lentamente aprì gli occhi e scattò quasi a sedere: Sansa posò le mani sulle sue clavicole ed esclamò “No, mettiti giù! Stai tranquillo, è tutto finito. Sei qui. Sei a Grande Inverno, sei tornato! Stai giù, stenditi. Tranquillo.”
Sandor la guardò a lungo come se non avesse completamente realizzato che era Sansa quella accanto a lui, probabilmente credeva di trovarsi ancora ad Approdo del Re.
Fece come lei gli aveva detto e si distese, la fissò a lungo guardandola dritta negli occhi, lei gli sorrise contenta, ma anche tesa “Sono… oh, speravo tanto che tu ti svegliassi!”
“Uccellino…” biascicò lui chiudendo per un istante gli occhi “ho sete.”
Lei gli porse e diede da bere un po’ d’acqua, lui si ritrasse dopo un piccolissimo sorso “Vino no?”
Sansa sorrise e scosse la testa “Hai avuto la febbre e molte delle tue ferite sono ancora in via di guarigione, devi bere tanta acqua. Il vino fra qualche giorno.”
“Cazzo.” sputò tra i denti “Non ricordo di bere acqua da… non ricordo neanche!”
Sansa sorrise rincuorata dal sentirlo richiedere vino e al tempo stesso per il suo sarcasmo.
Il cuore incespicò per poi partire in una folle corsa quando i loro occhi si incontrarono e le loro mani si intrecciarono in una stretta ferrea, il sorriso di lei piano piano si tramutò in un'espressione seria "Temevo che non avrei mai più rivisto i tuoi occhi… il tuo viso… credevo… che andando laggiù ti avrei perso per sempre."
Lui invece sorrise "Oh, beh, non vedendo più il mio viso ci avresti guadagnato, sai? Non sono come uno dei tuoi bei cavalieri, uccelletto…"
"I cavalieri non mi piacciono." asserì convinta, lui accennò un vago sorriso e poi le chiese "E tutti quei bei cinguettii? Di cosa te ne farai ora? Non puoi mica usarli con chiunque!"
Lei scosse piano la testa "Non so neanche più che cosa ne sarà di me!" confessò a mezza voce.
"Perché dici questo?" le chiese.
"La legge mi impone di comportarmi in un certo modo, ma il cuore mi dice altro. Mi spinge a…" sorrise guardandolo negli occhi "a cercare un altro nido."
Lui ricambiò il sorriso "E quale sarebbe?"
"Sei tu." gli rispose in un sussurro.
Un sussurro tanto sincero quanto forte.
Lui sospirò perdendo il sorriso "Uccelletto… no, non dire questo. Tu vuoi sacrificare tutto per me? Tutto quello che hai? Il tuo titolo? La possibilità di sposare un reale e sfornare marmocchi reali per me?
Con che coraggio posso accettare una simile scelta da parte tua? Come pensi che io possa sentirmi nel saperti priva di titoli per colpa mia?
Io non sono nessuno e nessuno resterò. Non avrò mai titoli né terre. Tu… oh, uccelletto, perché?"
"Ma quando stavi per partire tu…" lasciò in sospeso la frase.
Sansa non riusciva a credere alle sue orecchie… la stava respingendo.
"Pensavo di morire e non vederti più. Ho detto quello che il mio cuore sentiva, ma ora è diverso." lei si rabbuiò "Sansa" la chiamò "anche io provo quello che tu provi per me, ma sapere quanto ti costa, mi spinge a fare mille passi indietro.
Vederti sposata sarà orribile, ma è giusto così."
"Giusto per chi?" chiese lei corrucciando la fronte.
“Lo sai.”
“No, non lo so. Per te sarà una sofferenza, per me anche. Perché farsi del male quando…?”
Lui sospirò dicendo “Sei rimasta un grazioso uccelletto, cinguetti, voli… ma dimentichi che la realtà è ben altra cosa. Tu sei una Stark, una Lady di Grande Inverno, ricordi quante volte me lo dicevi?”
“Avevo torto.” lei ribatté.
“No, avevi ragione. Tu sei una privilegiata, hai titolo e hai ancora una casa, tuo fratello è uscito vittorioso da un epico scontro e questo significa che tu e la tua famiglia avrete ancora più potere nel continente. Tuo fratello ti darà in sposa a un uomo che vi consentirà di creare giuste alleanze e di preservarle nel tempo con dei figli che uniscano le vostre casate.
Io so qual è il tuo destino, l’ho sempre saputo. Sin da quando ho deciso di portarti via con me.
Non c’è modo di sottrarsi al destino.”
“Parla quello che diceva di crearsi da sé il proprio destino! Non eri tu che non credevi negli dèi, ma solo nel potere della spada?” lo incalzò lei.
“Sono ancora convinto di questo, ma il destino lo si può costruire quando non si è nessuno. Come me. Ma tu sei qualcuno, e questo non può cambiare anche se tu lo vorresti! Cosa vuoi fare: scappare, rinnegare tutto e tutti pur di stare con me? E’ follia, uccelletto.”
“Io lo farei.” gli rispose.
“Te ne pentiresti dopo poco.” affermò lui voltando la testa dall’altra parte “Ora vai, voglio riposare.” disse lui allentando la presa dalla sua mano per poi allontanarla definitivamente, lei si sentì di colpo svuotata e tremendamente in imbarazzo: non era così che aveva immaginato il suo risveglio.
Fu costretta ad alzarsi e poi dopo aver rivolto ancora uno sguardo verso di lui, uscì.
 
 
Quando sentì la porta chiudersi, Sandor voltò il capo verso l’ingresso della sua stanza: le parole della ragazzina erano vere e sincere, questo lo aveva capito e percepito persino uno come lui abituato ad usare solo ed esclusivamente la violenza. La dolcezza di quelle parole lo avevano turbato e trafitto, era come se quelle parole gli fossero penetrate nella carne e lo stessero lentamente consumando dall’interno.
Sandor avrebbe voluto dirle che sarebbe andata così, che insieme avrebbero lasciato Grande Inverno e avrebbero vissuto alla giornata, avrebbero mangiato e bevuto quando e se capitava, avrebbero cavalcato su Straniero e visitato terre lontane, ma lui non voleva assolutamente questo per lei. Sarebbe stato tremendamente egoistico da parte sua proporle un simile progetto!
La ragazzina era confusa e se lui avesse sul serio espresso questo pensiero ad alta voce, lei avrebbe accettato, ma sarebbe stato soltanto per un momentaneo entusiasmo, poi lei lo avrebbe odiato e magari gli avrebbe anche rimproverato di aver lasciato la vita agiata che conduceva a casa sua per stare con uno come lui. Gli avrebbe rivolto tante di quelle spiacevoli parole che comunque prima o poi si sarebbero separati, tanto valeva farlo in quel momento: quando entrambi si volevano ancora.
Sandor emise un flebile gemito di dolore quando si sfiorò la ferita sul fianco sinistro, la osservò era lunga e irregolare, era nerastra, gonfia e tremendamente calda. Ricordò come se l’era procurata e sbottò “Che i Sette Inferi ti inghiottano!”



___

Buonasera!
Desidero ringraziare profondamente 
chi
ancora ad oggi legge e attende i miei capitoli,
apprezza la mia storia,
mi contatta,
mi incoraggia,
mi supporta,
mille volte grazie!
Davvero.
Solo questo, grazie.

 

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Capitolo 49
*** Nuove alleanze ***





Nuove alleanze

 
Sansa andò a trovarlo tutti i giorni da quel giorno, ma più passava il tempo e più lui sembrava infastidito dal vederla lì. Alla fine lei si convinse che quello che lei sentiva fosse soltanto un suo sogno, lui non la amava né aveva il desiderio di volerla accanto a sé.
Divenne cupa, triste. Passò molto del suo tempo a leggere fino a quando la luce del Sole glielo consentiva o passava il suo tempo sotto l’albero-diga nel giardino di Grande Inverno.
Una luna passò e Sansa sembrava sfiorire lentamente sotto gli occhi del fratello Robb, che invece stava meglio e sorrideva di più, e sotto gli occhi di sua madre, la quale non sapeva come aiutare in modo appropriato sua figlia.
“Dobbiamo fare qualcosa.” un giorno la sentì Sansa parlare con il fratello.
“Cosa proponi di fare, madre? Sansa non è più una ragazzina.”
“Potremmo… darla in sposa a Loras Tyrell, è un bel giovane e poi questo ci darebbe ulteriore controllo nell’Altopiano contro i Lannister.
Qualcuno mi ha riferito che stanno facendo di tutto per riportare molte casate sotto il loro comando. Sansa per questa alleanza è fondamentale.”
“Madre, ma avete visto Sansa! E’ così magra, pallida, non sorride neanche più! Come potete pensare alle alleanze in questo momento!” sbottò quasi Robb.
“Lo faccio per la nostra famiglia. Ma non capisci che se non giochiamo d’anticipo, i Lannister ci faranno decapitare come tuo padre!”
Sansa strinse gli occhi nell’ascoltare questa frase e tutte quelle successive, di nuovo si sentì un oggetto che da casa sua passava nelle mani di un altro. Era questo il suo destino? Sposare Loras Tyrell?
Le piaceva una volta, era stato coraggioso. A modo suo.
Le sarebbe piaciuto di nuovo? Lei era cambiata, tanti aspetti del suo carattere erano mutati: prima lei ci teneva molto alla cura del suo aspetto, ai capelli, ai gioielli, ai vestiti, ai modi di porsi verso gli altri, alle parole da usare che variavano da circostanza a circostanza; in quei giorni lei si specchiava a malapena, mangiava quel tanto che bastava per non svenire, ma vedeva pochissime persone e andava da sola nel parco o al massimo nel corridoio presso la sua stanza.
Il cuore le faceva male, le doleva. Pulsava ogni giorno più dolorosamente.
 
Vagò come un fantasma nel parco attorno al castello, il suo lungo vestito rosso porpora lasciava dei profondi solchi nella neve e il vestito rosso a contrasto con il candore della neve sembrava sangue.
Si sedette ai piedi dell'albero-diga ancora e ancora e chiuse gli occhi, vedeva il suo futuro già tutto deciso ancora prima di poterlo vivere e costruire. Quel futuro improvvisamente la oppresse, le sembrò di avere un macigno sul petto e l'aria sembrò mancarle di colpo.
Riaprì gli occhi e si trovò di fronte Sandor che la osservava preoccupato "Sembravi morta, cazzo!" imprecò lui e si sedette accanto a lei, nel farlo una smorfia di dolore gli contrasse il volto.
Lei lo guardò semplicemente, ma poi abbassò di nuovo il capo e lasciò che fosse il fruscio del vento a occupare quel posto; Sandor dal canto suo la osservò, era diversa. I suoi bei capelli rossi sembravano essersi schiariti, i suoi occhi erano tristi, il volto cupo.
“Vuoi prendere il mio posto?” le chiese.
“Come?” chiese lei alzando lo sguardo su di lui.
“Sei malata?”
“No. Perché me lo chiedi?”
“Sei… cupa, silenziosa, triste. Cosa c’è che non va?” le chiese.
Lei gli lanciò una rapida e gelida occhiata “E a te cosa importa?”
“Mi dispiace se stai male.” le rispose in modo stranamente gentile.
Lei accennò un vago sorriso, poi gli rispose “Mia madre vorrebbe darmi in sposa a Loras Tyrell.”
Sandor la guardò e sorrise piano “E non era il tuo sogno? Ricordo quanto ne parlavi bene ad Approdo del Re, il Cavaliere di Fiori di qui, il Cavaliere di Fiori di là… ne parlavi anche troppo! Di colpo non ti piace più?” le chiese.
“Come ti dissi qualche tempo fa, io sono cambiata. Tante cose che un tempo mi piacevano, oggi le trovo inutili.”
“Per esempio?”
“Per esempio, cucire… non mi piace più. Vestirmi… lo trovo superfluo, insomma non ci tengo più ad apparire sempre perfetta o bella, so di non esserlo.” abbassò lo sguardo la ragazza, mentre Sandor audacemente posò una mano sulla sua e lei alzò gli occhi sul volto dell’uomo.
Sandor allora le disse “Tu sei bellissima. Solo un matto direbbe che non lo sei. Il tuo Cavaliere impazzirà per te quando ti rivedrà.” le disse, ma in cuor suo l’idea che lei sorridesse a quel ragazzetto, gli rivolgesse parole tenere o che lui la potesse sfiorare, gli faceva ribollire il sangue nelle vene.
“Sono io che non voglio conoscerlo. Prima, ripeto, avrei dato qualunque cosa pur di conoscerlo, di passare del tempo insieme a lui, ma… ora no.” lo guardò “Nel mio cuore e nella mia testa ci sei solo tu.” gli confidò, ma poi abbassò rapida lo sguardo “Perdonami, so come la pensi, ma dovevo dirtelo. Se non l’avessi fatto, sarei impazzita.” lei poi a testa bassa proseguì “Conoscerò l’uomo che mia madre intende farmi sposare, accetterò il mio destino. Quello di una principessa del Nord.
Sarò al suo fianco se è questo quello che devo fare, ma non amerò mai qualcuno perché devo.” gli occhi dell’uomo divennero tristi, avrebbe voluto farla tacere baciandola, avrebbe dato qualunque maledetta cosa, ma ormai i giochi sembravano fatti.
“Mi riaccompagni dentro?” gli chiese alzando lo sguardo, i loro occhi si incatenarono in un’espressione di muto dolore, poi lui le offrì il braccio e la guidò dentro fino alla sala grande dove di lì a poco avrebbero pranzato tutti insieme.
 
 
Il pranzo fu particolarmente abbondante quel giorno, c’erano zuppe varie, frittelle, pane, strani frutti che venivano dal continente orientale dal sapore particolarmente dolce, tutto quel cibo e l’allegria che provavano un po’ tutti, strideva con l’umore di Sansa, ma anche di Sandor che se ne stava in un angolo a bere assieme ad altri soldati particolarmente allegri.
“Un attimo di silenzio, per favore!” esclamò Robb e nella sala scese il silenzio, tutti gli occhi erano puntati su di lui inclusi quelli della sua famiglia “Abbiamo sino ad oggi ottenuto grandi e varie vittorie, i nostri nemici sono caduti, ma ce ne sono altri ancora che non accennano a farlo.
Voi sapete di chi sto parlando. Abbiamo dunque bisogno di creare un’alleanza forte e duratura, un’alleanza con qualcuno che ha potere nell’Altopiano e che ci consenta di tenere sempre sotto controllo Approdo del Re, ecco perché mi è stato saggiamente consigliato di favorire questa alleanza con un matrimonio. E quale migliore unione tra la mia dolce sorella Sansa e l’erede di Alto Giardino, Loras Tyrell.” molti uomini batterono le mani sui tavoli provocando rumori stridenti e facendo vibrare i loro piatti e bicchieri “Domani Loras Tyrell sarà qui. Quindi… Sansa devi essere magnifica per domani.” aggiunse Robb guardando sua sorella negli occhi, lei assunse un’espressione angosciata per poi abbassare lo sguardo.
“Dovresti dire qualcosa.” le disse la madre posando una mano su quella della figlia.
Sansa chiuse gli occhi e commentò dicendo semplicemente “Se questo è il tuo volere, Robb, lo accetterò.” seguirono altri battiti di mani e qualche esclamazione carica di entusiasmo da parte dei commensali.
“Ora, ho un altro annuncio da fare. Sandor Clegane, avvicinati.” disse Robb, Sandor si alzò dal suo posto e avanzò come gli era stato chiesto, si fermò dinanzi al tavolo “Hai combattuto valorosamente nel corso delle ultime lune e devo, dobbiamo a te il ritorno a casa di Sansa, ma anche il ritorno di mia madre, di mia moglie e il mio qui a Grande Inverno. Ecco perché ti conferisco la nomina di Guardia del corpo di Sansa e Cavaliere di Grande Inverno.”
“Grazie, mio signore. Sono lieto di questi titoli.” disse inchinandosi e abbassando il capo, quando lo rialzò, incrociò gli occhi di Sansa che avevano una strana espressione.
Alla fine del pranzo, Sandor seguì e scortò Sansa nella sua stanza.
“Se hai bisogno di me, principessa, io sono qui fuori.” disse lui fermandosi dinanzi alla porta della ragazza, lei lo guardò in volto poi gli disse “Avrei voluto che mio fratello ti nominasse cavaliere e ti desse la possibilità di scegliere qualcosa.”
Sandor la guardò, allora lei riprese “Se fosse andata così, tu cosa avresti voluto? Cosa avresti scelto?”
Lui indugiò a lungo sulla risposta, sapeva bene che cosa avrebbe chiesto: lei. Avrebbe chiesto di poterla portare con sé e lasciarla libera di scegliersi da sola il proprio fato, ma Sandor sapeva anche che se avesse detto quelle parole, l’avrebbe solo illusa: la realtà era ben diversa.
“Avrei chiesto la libertà, la libertà di andarmene. Farei qualunque cosa pur di lasciare questo posto.”
L’espressione di Sansa mutò, poi abbassò lo sguardo e quando parlò la voce le tremava appena “Spero che prima o poi la tua preghiera sia esaudita. Ci vediamo più tardi.” poi entrò nella sua stanza e si sottrasse alla vista dell’uomo.


 

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Capitolo 50
*** I Tyrell ***




 
I Tyrell


 
Il giorno seguente, Loras Tyrell giunse in compagnia di sua nonna Olenna, una donna tanto minuta quanto arguta, gentile e autoritaria. Loras Tyrell era come Sansa lo ricordava: di corporatura snella e di aspetto molto attraente, con una folta cascata di riccioli castani e occhi dorati, vividi e intelligenti. Lei in compagnia di sua madre e suo fratello accolsero i loro ospiti e l’esercito che li aveva scortati fin lì. La nonna del giovane si dichiarò immediatamente favorevole alla loro unione, anche se più volte incrociando lo sguardo di Sansa, la ragazza ebbe come l’impressione che l’anziana donna avesse compreso o quantomeno intuito che qualcosa nel profondo della Stark si agitava turbandone la serenità.
I due giovani furono ben presto lasciati soli a passeggiare nel parco, mentre l’anziana Lady Olenna chiese di poter gustare del vino rosso per potersi rimettere in sesto dal viaggio lungo e noioso.
“Sei bellissima, Sansa.” le disse Loras sorridendole appena e camminando accanto a lei, le offrì il braccio per camminare insieme e vicini.
Sandor li seguiva a un po’ di distanza in quanto guardia del corpo della giovane.
“Grazie, ser.” disse la ragazza.
“Sei più alta dall’ultima volta che ti ho vista ad Approdo del Re.” constatò il Cavaliere.
“Sì, il tempo cambia le persone.”
“Già.” la osservò “Tu però sei cambiata solo in altezza, sei sempre così elegante, dolce e gentile.”
“Beh, non proprio.” lo contraddisse “Perdona la mia insolenza, ma sai, il tempo mi ha resa più schietta. Prima ero tremendamente superficiale, pensavo alle acconciature, ai ricami, a come dovevo comportarmi, ma poi c’è stata la fuga da Approdo del Re, sai… non sapevo mai se il giorno dopo sarei stata viva o morta.”
“Tua madre ha accennato qualcosa nella lettera indirizzata a mia nonna.” affermò Loras.
“Leggi la corrispondenza di tua nonna?” chiese Sansa perplessa.
Lui la guardò negli occhi “No, cioè… in realtà, lei mi aveva detto di questa cosa insomma del matrimonio combinato, solo che volevo sapere con chi avrei dovuto… sposarmi e allora ho letto.”
La giovane annuì anche se assunse l’aria leggermente contrariata “Non volevo offenderti” proseguì lui “ero solo curioso.”
“Non fa niente. Cosa ti piace fare nel tempo libero, Loras?” chiese lei.
“A parte usare la spada, beh leggere libri sulle antiche casate. E’ utile conoscere il passato. Ti insegna tanto.” asserì lui.
“Sì, immagino.” disse lei voltandosi verso Sandor che solo per un istante incrociò il suo sguardo per poi assumere un’espressione autoritaria e distaccata. Sansa tornò a guardare il cavaliere al suo fianco.
“Mi piace adornare il mio mantello e la mia armatura di fiori, sai è per questo che mi chiamano Cavaliere di Fiori.”
Lei sorrise “Sì, lo so.” distolse lo sguardo e si voltò verso Sandor che camminava a venti passi di distanza da loro, anche Loras si voltò “Ti mette a disagio lui?”
“Chi? Sandor? No! E’ grazie a lui se ho tutto questo e… se ho potuto rivederti.” concluse sorridendogli imbarazzata e aggiungendo quella frase solo per non sembrare una completa maleducata.
“Oh, te lo chiedo perché sei un po’ nervosa. E distratta.”
“No.”
“Sì. Guardi costantemente altrove. O alle nostre spalle. Sono io che ti metto a disagio?” le chiese.
Sansa si morse appena il labbro inferiore “Scusami. Non è colpa tua. E’ che…”
“Non vuoi sposarti.” completò lui.
Sansa non osò dirgli qual era il suo pensiero in merito: non era certa che lui avrebbe capito.
Abbassò il capo completamente a disagio.
“Tu sei così gentile, galante, ma…” non sapeva come concludere la frase.
“Non sei pronta per sposarti.” concluse lui sistemando una ciocca di capelli dietro il suo orecchio.
Sansa abbassò lo sguardo con aria colpevole, ma fu lui a parlare di nuovo “Nemmeno io lo sono, ma se devo fare un sacrificio per la mia famiglia, lo faccio.” lei deglutì “Io ti rispetterò sempre, Sansa. Non ti metterò mai fretta per… sai, avere… figli o altro. Ti tratterei bene. E so che la stessa cosa la faresti anche tu con me. Sarebbe un matrimonio basato sul rispetto reciproco.” Sansa lo guardò “Per te va bene?”
Sansa guardò di nuovo Sandor, lo guardò a lungo e intensamente, anche l’uomo la guardò e i loro sguardi si incatenarono, fu Loras a interrompere quel muto dialogo “Sansa, ho capito. Si vede. Ma non potrete. Non potrete mai stare insieme, tu e lui. Sì, tuo fratello l’ha nominato cavaliere, ma… la tua unione con lui è qualcosa che deve decidere lui. Spetta al capofamiglia decidere. E io ne so qualcosa.”
“E a te sta bene?” chiese lei guardandolo dritto negli occhi.
Lui si dondolò sui piedi “Non ho molta scelta. Se tu scegliessi di sposarti con me, sappi che insomma… mi imbarazza dirlo, ma… ehm, potrai scegliere di… stare con lui, io… insomma, ehm… quello che voglio dirti è che… potrai avere rapporti con chiunque tu voglia, non per forza con me.”
Sansa corrugò la fronte “Ma che matrimonio sarebbe se non è consumato? Credevo che il matrimonio fosse questo, oltre al rispetto e all’amore verso il proprio sposo.”
“S – sì, lo è. In teoria. In pratica ognuno fa quello che vuole. Sai quanti figli bastardi ci sono in questo e nell’altro continente!” esclamò lui.
“Ma io non voglio dare alla luce figli bastardi, so cosa vuol dire e non mi piace. Se devo sposarmi per dare poi alla luce eredi illegittimi, no. Non voglio sposarti. Scusami, Loras.” dette queste parole Sansa si voltò e fece per incamminarsi di gran fretta, ma le parole di Loras la raggelarono “Lo so, Sansa, ma non puoi evitarlo. Né io né te possiamo farci nulla.” Sansa si fermò qualche istante sbarrando gli occhi, poi si congedò del tutto fuggendo di buona lena seguita da Sandor.
Sansa non si fece vedere quella sera a cena, mandò Sandor dal fratello e dai suoi ospiti per scusarsi della sua assenza. Robb guardò a lungo prima il cavaliere poi guardò Loras e infine proseguì la sua conversazione con Lady Olenna circa la politica difensiva del Nord.
Sansa rimase in camera sua tutta la sera e tutta la notte, aveva il cuore che le doleva e la testa che le martellava senza sosta, cosa non avrebbe dato in quel momento per essere libera, per essere chiunque tranne Sansa Stark!
 
Il giorno seguente fu Lady Olenna a voler parlare con la giovane, Sansa indossò – a malincuore – il suo vestito più bello, i capelli le furono spazzolati e acconciati con gran cura, era bellissima, ma qualcosa strideva, la giovane stessa lo notava nell’osservarsi allo specchio, a Lady Olenna quel particolare non sarebbe di certo sfuggito!
Quando la dama di compagnia di Sansa ebbe finito, aprì la porta per permetterle di uscire, appena fuori la stanza la attendeva Sandor che fece un passo verso di lei e la guardò: ad altri forse sarebbe sfuggito quello sguardo, ma non a Sansa che lo vide intento a scrutarla da capo a piedi.
“Principessa.” esordì lui facendo un piccolissimo cenno.
“No.” disse lei scuotendo la testa, ma lui non la guardava già più, lei abbassò il capo e sospirando mestamente s’incamminò lungo il corridoio del castello.
I due giunsero nella Sala grande dove li attendevano  Catelyn Stark e l’anziana donna che vedendo la principessa sorrise, la madre, senza che la Tyrell lo notasse, le fece segno di fare un inchino quasi come se sua figlia fosse ancora una bambina da istruire; Sansa fece una piccola riverenza e disse “Mia signora, vi chiedo di perdonare la mia assenza di ieri sera.”
“Oh, bambina mia, tirati su!” esclamò alzandosi e sorridendole in modo affettuoso “Tranquilla, il tuo cavaliere qui ci ha detto che non eri in forze, spero vivamente che stasera tu lo sia.” Sansa sorrise appena per poi abbassare un momento lo sguardo e incrociare quello della madre che le restituì uno sguardo compiaciuto e al tempo stesso severo.
“Lo spero.”
“Bene! E ora mostrami il vostro delizioso giardino, so che c’è un Albero – Diga qui, vero?”
“Sì, mia signora, prego, da questa parte.” la invitò Sansa “Madre.” salutò con freddezza il genitore per poi darle le spalle.
Le due donne camminavano a passo lento lungo il giardino di Grande Inverno avvolto da un’insolita gelida nebbia e ad una certa distanza le seguiva Sandor che bramava nel sentire i discorsi delle due donne, non perché il discorso della vecchia gli importasse più di tanto quanto quello che lei, Sansa, avrebbe risposto alla donna. Sapeva che Lady Olenna non era proprio un agnellino, anzi il suo linguaggio estremamente diretto e pungente avrebbe potuto turbare Sansa e se così fosse stato, lui avrebbe voluto esserci.
Sì, ma come?
“Mi ha raccontato tuo fratello del tuo trascorso, che tragedia!” disse la donna passeggiando accanto alla giovane Stark “Deve essere stato un vero strazio vivere accanto a quel piccolo mostro laggiù! Non oso immaginare come sarebbe stato esserne la moglie.” commentò.
“Credevo che sposandomi lui sarebbe cambiato, ne vedevo gli aspetti migliori, anche se… non so come abbia fatto a vederne!” asserì Sansa a testa bassa.
“L’amore rende ciechi, come si suol dire. Ed è vero. Tu eri solo una bambina cresciuta negli agi, non sapevi nulla della vita vera, della sua crudeltà. E l’amore dei cantastorie stordisce fino a farci perdere il senso del reale. Tua madre mi ha detto che adoravi le ballate!”
“Sì, mia Lady.” intervenne fugacemente Sansa guardando ancora una volta alle sue spalle.
“A volte l’amore” riprese la donna “non ci permette di vedere con chiarezza le cose che ci circondano.” Sansa non poté evitare di abbassare il capo e guardare indietro, Sandor la stava guardando, lei riluttante tornò a guardare la donna “Ci sono persone o eventi che nessuno dovrebbe sopportare o subire.” sospirò “Anche il viaggio che hai intrapreso con la tua guardia per tornare a Grande Inverno deve essere stato terribile, insomma una ragazza del tuo lignaggio che vive nei boschi è terribile e poi lo stupro da parte del Bastardo di Bolton, ah!” esclamò lei “Un’altra persona nelle tue stesse condizioni si sarebbe già tolta la vita.” le disse schietta “E io forse l’avrei fatto e se fossi stata al tuo fianco te lo avrei suggerito! Meglio morta che carne priva di volontà nelle mani di un uomo qualsiasi.”
A Sansa lo stomaco si contrasse nervosamente, “Sono una Lady di Grande Inverno, non mi piego così.” le rispose freddamente.
“Lo so, ed è un bene e un male questo.”
“E perché mai?” le chiese corrugando la fronte.
“Perché non potrai mai vivere accanto a nessuno con questo tuo atteggiamento. Ed io ne so qualcosa. Tu sei una persona che solo da sola può vivere o accanto a qualcuno certamente di non alto lignaggio.”
“Mia signora, mi state offendendo.” replicò con tono glaciale Sansa.
“E perché? Perché dico la verità? Perché vedo anche quello che si cerca di nascondere? Perché non temo il giudizio di una ragazzina innamorata del soldato che l’ha riportata a casa?” a Sansa sembrò di ricevere uno schiaffo in pieno viso, le mancò il fiato “Ascoltami, ragazza, l’amore è qualcosa che né io né tu ci potremmo mai permettere, puoi provarlo certo, ma viverlo mai. Non ti è possibile né ora né mai, prima lo accetti e prima inizierai a vivere rassegnata. Capisco l’interesse di tuo fratello e tua madre nel favorire l’unione e da stratega lo appoggio, ma da nonna…” Lady Olenna scosse la testa “no.”
Sansa retrocesse di un paio di passi, poi disse “Mia signora, con il vostro permesso rientro nelle mie stanze, temo di non sentirmi troppo bene.” Sansa si allontanò a passo svelto dall’anziana lady con le lacrime agli occhi superando Sandor che vedendola correr via guardò prima Lady Olenna a cui fece un rapidissimo cenno e poi corse dietro Sansa.
Sansa sentì le lacrime bagnarle il viso, si fermò nel mezzo del giardino deserto avvolto dalla nebbia che la celava dalla vista di chiunque: si permise di singhiozzare, quando fu bruscamente voltata il suo pianto si fermò di colpo, ma quando vide che era Sandor che la guardava intensamente si permise di riprendere a piangere stringendosi a lui.
“Ho paura.” si consentì di dire “Io voglio… essere libera.”
Sandor la strinse a sé, non prima di essersi accertato che fossero realmente soli, non disse niente. Cosa mai avrebbe potuto dirle? Vorrei non averti mai riportata qui? Vorrei aver chiesto già diverse volte di poterti avere? Cosa? Si limitò a stringerla ancora più forte a sé posando una mano tra i suoi lunghi capelli rossi, quando incrociò i suoi occhi chiari resi ancora più vividi dalle lacrime, Sandor dimenticò chi era lei e chi era lui stesso, dove si trovavano, che potevano essere visti dalle altre guardie a difesa di Grande Inverno o dalla stessa Lady Olenna, la baciò. Un bacio in cui entrambi si persero e si ritrovarono, un bacio che fece loro dimenticare chi erano, che fece perdere completamente il contatto con la realtà. Un bacio in cui Sansa avrebbe voluto restare e vivere sempre, ma così non poteva essere, non per tanto.
Sandor si allontanò da lei facendo violenza quasi su se stesso “Principessa, ti riaccompagno nelle tue stanze.” disse cercando di riprendere il suo ruolo, ma la sua voce lo tradiva e lo stesso sguardo di Sansa lo fece sentire di colpo inadeguato. Non avrebbe mai voluto chiamarla così, avrebbe voluto chiamarla ‘uccelletto’, ma non gli era più permesso scherzare con lei.
 
Sansa non si fece vedere neanche quella sera a cena, mandò Sandor dal fratello e dai suoi ospiti per scusarsi della sua assenza. Non intendeva più rivedere Lady Olenna o suo nipote.
Sandor fece ritorno rapidamente da lei; bussò alla sua porta e Sansa aprì la porta “Glielo hai detto?”
Lui annuì, “Ti lascio sola, sarai stanca.”
“No, aspetta.” lo fermò lei “Vorrei andare a cavalcare.”
“A cavalcare, principessa?” chiese lui.
“Ti prego, non chiamarmi anche tu così! Quando mi chiamavi ‘uccelletto’ mi facevi sentire piccola sì, ma leggera e libera! Ed è così che voglio sentirmi anche stasera, ti prego. Fallo per me.”
Sandor acconsentì quindi e silenziosamente, attraversando un passaggio segreto, sgattaiolarono nelle stalle, da lì i due salirono sulla groppa di Straniero e dopo aver dato al destriero un colpo di speroni, i due si allontanarono nella notte.
 
 
L'aria era incredibilmente fresca e il lieve vento soffiava dolcemente tra i loro capelli, Sansa si sentì di nuovo viva, forte, libera.
Protese le braccia ai lati del cavallo, sfiorò l'erba che scivolava velocemente ai propri fianchi, le sembrò persino di sentire il vento toccarle i palmi delle mani.
Sansa sorrise e Sandor la vide "È la prima volta che ti rivedo sorridere dopo tanti giorni."
Lei si voltò verso di lui "Mi sembra di poter respirare di nuovo." tacque per un momento "La mia potrà sembrarti una frase sdolcinata e forse stupida, ma devo dirtela." lui rallentò l'andatura di Straniero "Mi sembra di poter respirare solo accanto a te."
Sansa lo guardò in volto, la metà bruciata era avvolta dalla semioscurità della luce della luna, l'altra parte del suo volto invece era completamente avvolta dalle tenebre.
"Sai a cosa pensavo mentre cadevo e pensavo che la mia vita finisse lì?" le disse Sandor, lei scosse la testa "Ho pensato a te, a quello che avevamo passato, alle frasi che ci eravamo detti. Ho pensato che almeno una cosa buona l'avevo fatta nella mia vita, una cosa preziosa l'avevo riportata dove doveva stare. Ho pensato di essere riuscito a insegnare a un uccellino a volare con le proprie ali." la guardò "Vedendoti così però in questi ultimi giorni mi ha fatto male, sai perché?
Perché so che la colpa di questo tuo malessere è la mia. Mai avrei voluto che soffrissi eppure non ti ho protetto da quel Bolton, non volevo che soffrissi eppure sono stato io la causa di ciò.
Io ti amo, ti voglio da... da sempre forse, ma più di tutto voglio che tu sia felice."
"Questo avverrà solo se resto con te." gli disse cogliendolo alla sprovvista, lui chiuse per un istante gli occhi e respirò profondamente, Sansa avrebbe voluto potergli dire che non avrebbe sposato Loras Tyrell, che la sola idea di sposare qualcuno che, aveva già premesso, non l’avrebbe amata mai la soffocava ancora di più dell’idea stessa di sposarsi, ma ciò che fece fu guardare avanti e osservare il fiume dinanzi a loro.
“Tu resterai con me.” le disse “Io sarò sempre la tua guardia del corpo, non penso che quel frocio di Cavaliere che sposerai ti dirà di no, se tu mi vuoi con te.”
“Pensi che lui sia…?” gli chiese Sansa.
“Non lo so, per la verità non me ne frega un cazzo di cosa preferisca, ma uno che si mette tutti quei fiori addosso…” rispose lasciando la frase in sospeso.
“Forse… vuole solo coprire il suo odore, magari puzza.” disse per poi sorridere all’idea che uno così curato come il Cavaliere di Fiori puzzasse, la frase fece sorridere anche Sandor.
“Profumerai tanto anche tu, uccelletto, magari di fiori di campo o di rose.” riprese lui “Sarai bellissima quel giorno, tutti ti invidieranno e invidieranno soprattutto lui.” Sansa abbassò lo sguardo per poi stringere appena gli occhi, sentì le mani di lui accarezzare le sue e stringerle come per infonderle coraggio di fronte a quella prospettiva che pareva tanto angosciante a lei quanto a lui “Io ci sarò sempre per te. Farò in modo che nessuno ti faccia più del male, che tu sia felice e che tu possa dormire sogni tranquilli.”
“Sogni tranquilli.” ripeté lei quasi sottovoce “Non avrei mai immaginato che finisse così per me. Insomma sì, quando ero prigioniera ad Approdo del Re avrei dato qualunque cosa pur di sposarmi con chiunque che non fosse Joffrey, ma oggi è ben diverso. Ti ho conosciuto, ho capito chi sei e mi piace quello che vedo.”
“Non esageriamo adesso. Resterò sempre un mostro con il volto mangiato dalle fiamme.”
Fu lei stavolta a stringere di più le sue mani “Io non esagero, dico solo la verità. Tu che fiuti la verità, sai che dico il vero.”
Lui sospirò poi guardò verso la luna e Sansa voltandosi vide la metà sana del suo volto “Sandor” lui la guardò “tu pensi di essere un mostro, ma ti assicuro che non è così. Tu mi hai vista dentro e hai capito che oltre alla ragazzina viziata e superficiale c’era altro, e anch’io ho visto altro oltre al tuo viso e alle tue cicatrici. Non è quello che appare a definirci, ma ciò che facciamo… ricordi?”
Lui posò una mano su una guancia della giovane e sussurrò il suo nome prima di posare delicatamente le sue labbra sulle sue e baciarla delicatamente. Sansa ricambiò con ardore e al tempo stesso con innocenza a quel bacio, a sua volta posò la sua mano sulla metà sfigurata di lui e se lui sobbalzò appena a quel contatto, poi anche lui si lasciò andare a quel trasporto e a quella dolcezza.
 
 
Tornarono al castello e, per rientrarvi senza essere notati, passarono attraverso lo stesso passaggio segreto usato per uscire. Sandor la riaccompagnò fin davanti alla porta di casa sua, poi le disse “Allora… buonanotte, è così che si dice no?”
Lei sorrise e rispose “Sì.” lui stava per andare via “Aspetta, resti ancora un po’ con me?”
Lui indugiò guardandola negli occhi “Uccelletto, non…”
Gli sorrise “Per favore.”
E lui entrò, mentre lei chiuse la porta a chiave dietro di lui…



______

Buongiorno e buon Ferragosto a tutti!
Vi dirò che scrivere questo cinquantesimo capitolo con questo caldo 
è stata veramente un'impresa, spero non ci siano errori di battitura, 
ma nel caso non me ne vogliate, spero apprezziate ugualmente!
E' un capitolo in cui succedono tante cose e
che è il prologo di quanto avrete intuito, forse, accadrà nel cinquantunesimo capitolo 
ed è al tempo stesso un capitolo che inizierà a far avvicinare la storia alla sua,
credo, giusta conclusione. 
Alla prossima! xoxo

 

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Capitolo 51
*** Due anime un corpo ***


Buonasera a tutte!
Il capitolo in verità è pronto già da un pò,
ma ho avuto problemi con la linea telefonica.
Ora eccoci qui, questo è un capitolo a luci rosse
pertanto se vi dovessero dar fastidio certe descrizioni,
certi momenti, potete saltare il capitolo. A presto!



 



Due anime un corpo

 
Ancora prima di poter riflettere alle conseguenze delle loro azioni, Sansa baciò Sandor con impeto, mentre lui la avvolse in un abbraccio appassionato, il loro bacio divenne via via più intenso, lui le divorava quasi le labbra e la baciava con così tanta foga che i due smisero di respirare normalmente.
Quando entrambi ebbero bisogno di respirare, si allontanarono, ma fu una lontananza che durò una manciata di secondi, Sandor riprese a baciarla poi si allontanò per un momento preso da un dubbio che lo attraversò per pochi istanti “E’ quello che vuoi? Non dovremmo…”
Ma Sansa lo zittì posando un bacio delicato sulle sue labbra “So quello che voglio e tu sei ciò che voglio di più.” quindi lui incoraggiato da quella risposta riprese a baciarla e le posò delicatamente le mani sui fianchi poi le fece scendere lungo le cosce, a Sansa sembrò di andare a fuoco: nessuno l’aveva mai toccata, non così, desiderò le sue mani sul suo corpo.
Sansa gli diede le spalle per consentirgli di slacciare il suo vestito, quando sentì le mani dell’uomo sfiorarla mentre scioglieva i nodi del suo vestito, lei sentì una sensazione di bollente desiderio crescerle dentro.
Quando il vestito cadde, a Sandor mancò il respiro: la schiena di Sansa era solcata da piccoli segni biancastri e altri rosacei, erano evidenti segni di frustate. “Sansa, io…” a lui mancarono le parole, fu Sansa a voltarsi verso l’uomo e, con un’audacia che non credeva di possedere, guidò le sue mani sui suoi fianchi nudi e riprese a baciarlo. Il loro bacio fu stavolta diverso, fu lento e dolce. Il petto nudo di Sansa aderì a quello di Sandor ancora coperto, posò le mani sulla cotta di maglia per poi risalire lungo il suo collo e posarsi sulle guance rovinate dell’uomo.
Quando entrambi ricaddero sul letto, lui era ancora vestito, mentre lei gli si offrì in tutta la sua nuda bellezza: era rossa in viso eppure non accennava a nascondersi né a dire parole sconnesse, voleva godersi quel momento anche se l’imbarazzo era tanto. Sandor comprese l’imbarazzo della ragazza, ma non fece nulla per farglielo notare, anzi. Le accarezzò piano i seni nudi, mentre la baciava ancora e Sansa sentì riverberare un bollente piacere in tutto il suo corpo, fu allora che realizzò che Sandor era ancora vestito, si allontanò appena dalle sue labbra e lo guardò “Perché sei ancora… vestito?”
“Sansa, ho visto le tue cicatrici… non dovrei esserci io qui... tu sei la promessa sposa di un altro, non so cosa cazzo mi succede, ma per quanto ti voglia, no, non posso” le rispose, ma lei replicò dicendogli “Io ti amo.” gli accarezzò la parte ustionata e lo baciò delicatamente “Non avere paura.” lo incoraggiò “Come ti si toglie questa cosa di dosso?” gli chiese facendolo ridere.
Fu lui che si tolse la cotta di maglia e l’altro strato di vesti che indossava al di sotto di essa, Sansa rivide il suo corpo enorme pieno di tagli e desiderò baciarglieli, fargli capire attraverso quei baci che lei non lo considerava né brutto né tantomeno mostruoso. Protese una mano e gli sfiorò una cicatrice che aveva poco più sotto la clavicola, ne seguì il taglio e fu allora che lui fermò la sua mano e i loro occhi si incontrarono di nuovo per un lungo interminabile momento. I loro occhi mal celavano il crescente desiderio che cresceva sempre più velocemente l’uno nel corpo dell’altro.
Una volta liberi da tutti i vestiti, Sandor la baciò di nuovo facendo attenzione a non gravare troppo su di lei con il suo peso, liberò la mano di Sansa e fece vagare la propria lungo il suo fianco, lentamente scese a baciarle il collo e poi il suo petto che si alzava e abbassava velocemente.
Lei si sentiva andare a fuoco per il piacere immenso che stava già provando, non sapeva su che cosa concentrarsi esattamente, era in imbarazzo sì, ma al tempo stesso bramava lui e il suo tocco sicuro e delicato. Quando lui la guardò negli occhi, lei capì che la sua discesa non era finita e con curiosità, ma anche con timore vide scendere il suo viso tra le gambe, lei strinse le labbra quando la sua lingua frugò in mezzo ad altre labbra ben più intime. Le sembrò quasi di andare a fuoco con quel tocco leggero eppure preciso, un languore sempre più forte e bollente la riempiva a mano a mano che lui continuava a baciarla e a leccarla intimamente, chiuse gli occhi e si lasciò andare completamente rapita dalla maestria con cui la eccitava; quando il piacere esplose le sembrò come se ogni cosa, ogni pensiero si sfaldasse e lei sudata emise un lungo gemito.
Sandor la leccò fino a quando non la sentì rilassarsi del tutto, poi la guardò e vide che il piacere l’aveva raggiunta. Quando i loro occhi si incontrarono di nuovo, entrambi capirono che quella bollente passione che li animava non era ancora scemata. Si baciarono nuovamente e Sansa sentì il suo sapore sulle labbra di lui, fu una sensazione ancora più eccitante di quella precedente se possibile. In quel momento le loro intimità entrarono in contatto e Sansa si ritrovò ad osservare a lungo l’intimità dell’uomo che torreggiava su di lei con curiosità, ma anche con timore, era tanto diverso da quella del Bastardo o del Cavaliere di Seagard.
Con un braccio Sandor la tirò su di lui ribaltando le posizioni e fu allora che Sansa sentì chiaramente la virilità dell’uomo premere contro di lei, la giovane lo baciò e scese fino a baciargli ogni cicatrice, ogni tratto, ogni solco, ogni ferita che aveva creato e formato l’uomo che Sansa amava e stava amando; lei sperava di farglielo capire baciandogli quelle cicatrici, lei sperava di fargli capire che, anche se lui si riteneva mostruoso, per lei lui era bellissimo, forte e meritava soltanto amore.
Sansa si fermò quando vide la sua virilità… non sapeva come si facesse a dare piacere a un uomo, nessuno glielo aveva mai insegnato, “Mi… ecco, mi insegni? Come…?” chiese lasciando la frase a metà, ma lui aveva capito che cosa gli stesse chiedendo.
“Non te l’hanno insegnato?” la prese in giro sorridendole.
Lei scosse la testa e fu allora che lui si mise a sedere, i loro visi si ritrovarono l’uno di fronte all’altro, le baciò delicatamente la mano e poi divaricò le gambe facendole divaricare anche alla giovane che era ancora seduta su di lui; prese delicatamente la sua mano e la portò sul suo membro e la avvolse attorno ad esso, Sansa trasalì quasi nello stringere la sua carne tenera e tesa, lui deglutì. La guidò nei movimenti, delicatamente all’inizio poi più velocemente dopo. Quando notò che Sansa aveva capito come dargli piacere, lasciò la presa e si abbandonò al piacere che la ragazza gli stava dando. Il suo respiro si mozzava a mano a mano che lei faceva qualcosa di particolarmente piacevole per lui, poi a un certo punto la fermò.
“Cosa ho fatto?” le chiese lei guardandolo confusa negli occhi.
“Non voglio che… insomma, non così.” la guardò di nuovo “Tu sei sicura che è questo quello che vuoi veramente?” le chiese di nuovo.
“Sì.” gli rispose.
“Sei sicura di volerlo proprio con me?” le chiese ancora.
“Sì, lo voglio.”
La baciò a lungo e profondamente, mentre si guidava dentro di lei. Quando lui le fu dentro, lei interruppe il bacio e trattenne il fiato, si morse il labbro inferiore e guardò quasi stupita come i loro corpi aderissero alla perfezione. Sansa lo guardò per un momento, poi dopo avergli baciato il collo e la metà ustionata prese a muoversi lentamente, mentre lui chiuse per qualche istante gli occhi lasciandosi andare con il busto sul materasso.
La ragazza non credeva di essere nemmeno capace di muoversi così o di dare piacere a quel modo a un uomo, ma in quei minuti che a lei parvero infiniti ebbe modo di rendersi conto del contrario. Si stese lentamente su di lui continuando a muoversi lentamente, mentre lo vedeva sotto di lui gemere e imprecare.
Quando lui aprì gli occhi, la vide con un’espressione carica di piacere che le stravolgeva i suoi lineamenti perfetti e fu in quel momento che lui ribaltò nuovamente le posizioni e si spinse in lei sempre più a fondo, ma facendo attenzione a non essere troppo irruento. Lei prese a gemere sommessamente e si lasciava andare ogni istante di più alle ondate di immenso piacere che lui le stava dando ancora una volta. Si stese completamente su di lei gemendo frasi sconnesse e frasi che l’avrebbero fatta arrossire in un’altra circostanza, ma non in quel momento, non in quel momento in cui tutto sembrava esplodere o accendersi in lei di una luce mai vista prima di quegli istanti. Quando il piacere esplose fu accecante per entrambi, entrambi si ritrovarono a baciarsi duramente per evitare che qualcuno oltre la porta potesse sentire i loro gemiti e capire che cosa stava accadendo nella stanza della principessa.
Si distesero l’uno accanto all’altra incapaci di proferir parole, ma d’altra parte non c’era bisogno di parlare, non in quel momento così perfetto per entrambi.

 

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Capitolo 52
*** Il Parco degli Dei ***


Buonasera!
Sono passati mesi dall'ultima volta che ho pubblicato,
probabilmente non ci sarà più nessuno a leggere quanto scrivo,
ma come vi dissi tempo fa, anche se con ritardo, la storia sarà completata.
Dopo questo, penso ci saranno al massimo o uno o due capitoli ancora.
Detto ciò mi congedo e vi lascio al capitolo!
xoxo





Il Parco degli Dei 


I loro corpi erano ancora nudi, si erano addormentati così. Il corpo di Sansa adeso al suo, il petto di Sandor adeso alla schiena di lei. Era quasi l’alba e Sandor non dormiva già più da un po’, osservava le cicatrici che le frustate avevano impresso sulla pelle candida di lei, si allontanò appena per accarezzarne una, seguì con il dito una delle cicatrici e si sentì stringere il cuore pensando al dolore che doveva aver sofferto.
“Non farlo.” disse lei svegliandosi di colpo “Non voglio che… insomma, che le tocchi.” aggiunse voltando il suo viso verso di lui.
Lui allontanò di colpo la mano dalla cicatrice e la posò sul ventre di lei, lei gliela prese portandosela all’altezza del petto e la strinse forte per poi baciarla delicatamente.
“Non avrei mai dovuto addormentarmi quella notte. Non me lo perdonerò mai.” le confidò con voce amara.
“Sono qui. Con te. Ramsay è morto. E io sono qui, viva grazie a te.” lo rassicurò Sansa, lei che era sempre stata rassicurata da lui, oggi era lei che cercava di rasserenare l’uomo.
Lui le baciò delicatamente i capelli “Vedere come ti ha ridotto… mi fa male. Avrei preferito avere io la schiena segnata.” lui fece passare un braccio sotto la sua testa facendo in modo che potesse appoggiarcisi su e stare comoda “Farei di tutto per te.”
“Lo fai già.” gli ricordò voltando leggermente la testa e baciandolo.
Le loro lingue si incontrarono di nuovo e il loro bacio fu ancora meno impacciato della notte precedente, meno casto, si stavano amando di nuovo con meno paura di alcune ore prima, si stavano amando con la consapevolezza che oltre quella porta c’era la realtà, la dura realtà che volente o nolente bussava alla porta della principessa del Nord e della sua guardia del corpo. L’uno sapeva esattamente qual era il posto dell’altra eppure lì, in quella stanza ancora avvolta da una leggera penombra, tra le lenzuola della Stark, tutto pareva possibile. Sapevano quanto erano sciocchi solo nel crederlo, ma in quegli istanti, non c’era nessun altro, nessun titolo, nessun obbligo, nessun padrone o servitore, nessun confine da dover conquistare o proteggere, c’era solo l’amore tra due persone apparentemente molto diverse fra loro, in realtà più simili di quanto avessero creduto fino a quel momento.
“Io ora però devo andare. Nessuno mi deve vedere nel tuo letto.” disse Sandor mettendosi a sedere e rivestendosi.
Sansa lo guardò “Ma…” stava per replicare, ma Sandor scosse la testa e le disse “Non dire niente, continua a dormire.” le baciò delicatamente le labbra, poi si rivestì cercando di fare il tutto il più silenziosamente possibile e poi se ne andò, scivolando fuori la porta nel corridoio ancora buio e facendo finta di essere rimasto lì, davanti alla porta, a guardia della sua principessa.
Sansa pensò a come sarebbe stato bello vivere sempre con lui, lasciare Grande Inverno insieme a lui: aveva tanto aspirato a tornare a casa sua e mai avrebbe pensato di desiderare di fuggire da essa, ma forse per restare con l’uomo che amava, doveva solo fuggire, nessuno l’avrebbe mai capita, né sua madre né suo fratello né gli abitanti di Grande Inverno. Avrebbero tutti pensato che avesse perso il senno, l’avrebbero mal giudicata, scrutata, additata e giudicata.
 
Quando Sandor chiuse la porta alle sue spalle, provò una sensazione di benessere e al tempo stesso di grande inquietudine. Quella notte era stata decisamente la più bella, la più sorprendente e la più sconvolgente che avesse mai vissuto: aveva trascorso la notte con la donna che amava, ma al tempo stesso lo aveva fatto nel modo più squallido, di nascosto, da vile.
Se fosse stata una qualunque, a Sandor gliene sarebbe importato poco o nulla di lasciarla lì nel letto ancora nuda a dormire, ma era Sansa Stark, cazzo! A cosa pensava esattamente quando aveva condiviso il suo letto, a quando ci faceva l’amore e a quando le aveva detto di doversene andare via?
Si era comportato come un ladro, come un vile ladro: aveva rubato la sua virtù e… no, un momento, la virtù di Sansa se l’era presa quel maledetto schifoso di Ramsay Bolton, quindi lui non le aveva rubato nulla in fondo.
Ma chi voleva prendere in giro?
Si sentiva ugualmente colpevole.
Uscì fuori dalla fortezza e andò da Straniero, voleva lavarsi e liberarsi da ogni possibile odore che potesse ricondurre a lei, che potesse far capire agli altri – ma soprattutto a Robb Stark e a sua madre – quanto era accaduto con Sansa. Si sentiva… solo i maledetti Inferi lo sapevano veramente!
Quando si buttò nel fiume, si lavò come un forsennato, ma quando ebbe finito, gli sembrò come se l’odore di Sansa gli fosse penetrato nella carne, la sentiva ancora, c’era ancora quel suo buonissimo profumo che ricordava quella notte.
Anche il cielo terso di quella mattina, così bello, così pulito gli rammentava i suoi occhi. Ogni cosa quella mattina sembrava ricordargli di aver trascorso la notte con la sua giovane principessa.
Ritornando a Grande Inverno si sentì da una parte come se avesse violato qualcosa di sacro e che non spettava a lui toccare e amare, ma dall’altra si sentì il cane più fortunato di tutto il continente!
Lei lo aveva voluto con sé quella notte, lo aveva amato e lo aveva fatto sentire amato. Sandor non credeva ci si potesse mai sentire così dopo aver condiviso il letto con una donna, ma lei non era mai stata una qualunque, o meglio non per lui: lui l’aveva sempre vista come una ragazzina da proteggere, da mettere in guardia, a volte persino da se stessa tanto che era ingenua! L’aveva vista indifesa, impaurita, tremante, spezzata, ma l’aveva anche vista risollevarsi ed essere ancora più forte di prima e questi momenti lei li aveva vissuti con lui e Sandor non poté che sentirsi fortunato per averla in un certo senso vista crescere e cambiare.
Ricordò quel giorno quando lui le stava mostrando come maneggiare una spada e le disse che da lei lui non avrebbe mai imparato nulla, quanto si sbagliava: aveva imparato che cos’era la compassione, com’era aiutare gli altri ed essere aiutati, come ci si sentiva a stare bene con sé stessi, come porre fine a un’ossessione che divorava l’animo, aveva imparato che cosa significasse amare.
Tutto questo lui lo doveva a lei, a Sansa Stark.
Riportò Straniero nella stalla, poi salì ai piani superiori, incrociò un tipetto smilzo e dai capelli rosso fuoco che gli si parò davanti “Clegane, il nostro Signore ti sta cercando! Ti aspetta nel Parco degli Dei.” lo avvisò, dette quelle parole il ragazzino se ne andò via a passo svelto.
Sandor per la prima volta ebbe timore che Robb Stark avesse compreso ogni cosa, se così però fosse stato – si disse – avrebbe accettato la decisione sia che fosse di mandarlo via sia di destituirlo da cavaliere o guardia di sua sorella. D’altronde non avrebbe mai potuto replicare, non era lui al comando.
A passo svelto si recò nell’antico parco e vide Robb Stark in procinto di parlare con Lady Olenna lì sotto l’antico albero diga, i suoi passi riecheggiarono in quell’immenso luogo e così non fu difficile per i due udirlo arrivare. Quando Sandor fu vicino ai due, fece vagare il suo sguardo dall’uno all’altra per poi inchinare leggermente la testa in segno di rispetto.
“Clegane.” gli disse a mo’ di saluto il giovane.
“Lord Stark, Lady Olenna.” li salutò.
“Ti starai chiedendo perché ti abbiamo voluto vedere.” affermò l’anziana donna.
Sandor non rispose, attese che fosse la donna o il ragazzo a parlare, Robb rivolse uno sguardo alla donna prima di proseguire, come se stesse aspettando il permesso della stessa per parlare “Certe cose si notano e noi le abbiamo notate.”
“Altezza?” disse Sandor non capendo a cosa alludesse, o meglio sperava di sembrare estraneo alle loro parole.
“Mio nipote Loras ha capito che la sorella del qui presente Robb Stark non manifesta alcun tipo di interesse nei suoi confronti. A dirla tutta non mi sorprende.” affermò la donna “Mio nipote è un po’ troppo… delicato, troppo incline ad attività fatue, non poteva pretendere che la giovane Sansa Stark, dopo quanto ha vissuto, fosse ancora interessata a simili superficialità.” Sandor non distolse lo sguardo dalla donna “Quindi il matrimonio non avrà luogo. Non posso dire di non esserne dispiaciuta, in fondo voi Stark” sostenne guardando il Lord di Grande Inverno “mi siete sempre piaciuti e il matrimonio tra le nostre casate è ciò che avrei gradito, ma al cuore non si comanda. Ho ragione Sandor Clegane?” l’uomo guardò la Regina di Spine “Suvvia, con noi puoi parlare, non ti mangiamo mica! E poi, pur volendo, sei più alto di me e sei il doppio del Giovane Lupo!”
“Non saprei cosa dire, Altezza.” disse semplicemente.
La donna annuì “Diplomatico il vostro cavaliere, Lord Stark. Mi piace.” gli rivolse un altro sguardo per poi alzarsi e rivolgersi al fratello di Sansa “Bene, per noi è ora di tornare ad Alto Giardino, se vorrete, sarete sempre i benvenuti.”
“Vi ringrazio, Lady Olenna.” la salutò Robb Stark baciandole la mano in segno di rispetto.
“Lady Olenna.” la salutò Sandor inchinandosi leggermente.
La donna rivolse un mezzo sorriso a Sandor per poi allontanarsi lentamente.
Sandor e Robb rimasero in silenzio per alcuni minuti, poi fu il giovane a prendere la parola “Come hai appena sentito il matrimonio fra Sansa e Loras Tyrell è stato annullato.”
“Sì.” disse semplicemente Sandor.
Robb guardò a lungo il Cavaliere poi disse “So cosa provi per mia sorella.” Sandor lo guardò in volto “E so cosa lei prova per te. Tu la ami. E lei ama te. Se ne sono resi conto un po’ tutti, persino Lady Olenna.”
“Mi dispiace, mio Signore.”
Robb corrugò la fronte “Davvero? Non dire parole che non pensi.”
“Ciò che provo io non conta.” affermò Sandor.
“Ma ciò che prova Sansa sì. Lei ci tiene a te. Ci tiene più di quanto lei stessa voglia ammettere. Quando tu sei stato male lei non si è mai allontanata da te. Forse solo alcune volte perché le veniva imposto di uscire, ma altrimenti sarebbe rimasta sempre. Avrebbe vegliato notte e giorno.
Quello che voglio sapere da te, e ti prego di essere assolutamente sincero con me, è se la ami anche tu. Perché stiamo parlando di mia sorella, l’unica sorella che ho qui. L’altra… solo gli dèi sanno dove sia!”
Sandor sentì il suo cuore battergli forte: mai avrebbe pensato di avere una simile conversazione con qualcuno, figuriamoci con il suo Signore e fratello della donna che amava.
“Sì, Altezza. La amo. Farei di tutto pur di saperla felice.”
Robb annuì “Bene. Ora puoi andare.” gli disse lasciandolo interdetto, tuttavia non replicò, non indugiò un istante di più in quel luogo: fece come gli era stato ordinato.
Quando fu fuori dalla stanza di Sansa, si sentì completamente frastornato, non si capacitava dell’incontro avuto con il fratello di lei e al tempo stesso non si capacitava di come fosse ancora lì al loro servizio, si chiese se non stava per essere ordita una qualche trappola ai suoi danni.
Si sforzò di apparire sereno a Sansa e alla sua dama di compagnia quando la porta si aprì, la visione che ebbe di Sansa gli smorzò il fiato: i capelli rossi erano stati pettinati con molta cura, le guance erano rosee e gli occhi azzurri sembravano essere ancora più belli del solito, il vestito che indossava era di un verde brillante che metteva in risalto il colore dei suoi capelli e il candore della sua pelle.
Quando i loro occhi si incontrarono, lei gli sorrise e quelle nuvole che avevano adombrato fino a quel momento il cuore e lo spirito di Sandor sembrarono svanire.

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Capitolo 53
*** Accettazione ***





Accettazione

 
Robb le aveva fatto dire che intendeva parlare a lei e a tutta la corte: aveva un annuncio importante da fare. Le aveva pregato di vestirsi bene e pettinarsi con cura, doveva essere ancora più bella.
Probabilmente doveva comunicare a lei e a tutti quanti il giorno delle nozze con Loras Tyrell.
Ritrovare fuori dalla sua stanza Sandor la fece sorridere: le trasmise una grandissima sicurezza. Respirò profondamente poco prima di attraversare la porta della sala grande, poi entrò e tutti gli occhi e tutte le attenzioni furono per lei. Sorrise piano, ma poi notò che i Tyrell non erano lì e quel sorriso di circostanza svanì. Incontrò subito gli occhi del fratello che la osservò con sguardo indecifrabile, lei si fermò dinanzi a lui e gli chiese “Cosa succede?” poi guardò verso la madre che però le rivolse uno sguardo dispiaciuto “Che succede?” ripeté, ma non ebbe risposta.
“Vai a sederti, Sansa.” la invitò suo fratello indicandole la sedia accanto a quella della madre, Sansa ubbidì e Sandor la seguì restando un passo dietro di lei “Mia dolce sorella, miei Signori, Uomini del Nord, sono felice che ci siate tutti. Ho un annuncio importante da fare. Le nozze tra mia sorella Sansa e ser Loras Tyrell sono annullate.” Sansa corrugò la fronte e a quell’annuncio seguirono commenti concitati “Lo so, lo so. Con il loro matrimonio si sarebbe creata un’alleanza con una potentissima casata del Sud, ma…” tacque per qualche secondo “all’amore non si comanda e io sono il primo ad averlo fatto.” disse rivolgendo un rapido sguardo a sua moglie “Perciò, darò a mia sorella la possibilità di scegliere da sola il proprio futuro marito che sia nobile per nascita… o per merito.” aggiunse rivolgendo uno sguardo lungo a Sandor, Sansa seguì il suo sguardo e allora capì.
La ragazza avrebbe voluto abbracciare di slancio suo fratello, ma non così, non davanti a quegli occhi increduli e dubbiosi, no. Forse, anzi sicuramente nessuno di loro avrebbe capito la sua scelta. Abbassò la testa, ma sorrise piano: era libera, suo fratello l’aveva liberata da quella catena pesante che sentiva stringerle il collo ogni giorno di più.
Poteva di nuovo respirare grazie a lui.
“Robb, cosa ti ha fatto cambiare idea?” gli chiese quando i due fratelli erano rimasti da soli.
“Sono stati i tuoi sguardi, le tue parole non dette a farmelo capire. Anche se a onor del vero è stata Lady Olenna a farmelo notare: mi ha detto da subito che tu non eri affatto entusiasta di sposare suo nipote.” le rispose il fratello.
Sansa abbassò il capo: sapeva che quella donna era molto arguta, ma non pensava che riuscisse a leggerle dentro con un solo lungo sguardo.
“E poi… mi era chiaro già da un po’, ma per egoismo avevo fatto finta di nulla.” Sansa corrugò la fronte “Era evidente che tu tenessi a lui, bastava vedere come e quanto gli stavi accanto.” Sansa abbassò lo sguardo “Non devi vergognarti, non ti sto giudicando.” le sorrise “L’amore non può essere una condanna, Sansa. Io ti chiedo scusa se ti stavo per usare per un mero scopo politico. Puoi farlo? Puoi perdonarmi?”
Sansa gli sorrise e lo abbracciò forte, l’abbraccio fu ricambiato dal fratello che la rassicurò e le diede anche l’appoggio e la sicurezza di cui aveva bisogno. Ora poteva amare chi voleva lei, era libera.
“Grazie. Non sai quanto significhi per me!” esclamò “Cosa pensi dirà nostra madre?”
Robb divenne serio “Lei capirà, un giorno.”
“Forse dovrei parlarle.” affermò, lui annuì per poi darle un bacio sulla fronte “Qualunque cosa tu scelga, Sansa, io per te ci sarò sempre. Ricordalo.” le disse tenendole la testa fra le mani per poi accarezzarle una guancia.
“Ti voglio bene, fratellone.”
Lui sorrise e poi l’abbracciò di nuovo forte come se una parte di lui avesse intuito quanto stava per accadere.

Sansa raggiunse sua madre nella sua stanza, aprì piano la porta e la vide inginocchiata intenta a pregare, “Madre?” si annunciò la fanciulla, sua madre si voltò nella sua direzione e le scoccò una lunga e penetrante occhiata.
“Figlia.” le disse.
“Perché sei così delusa dalla possibilità che mi ha dato Robb? Avresti preferito sapermi infelicemente sposata con un uomo che non mi vuole e che io non amo?” le chiese diretta.
Sua madre le si avvicinò e le accarezzò i capelli “Ogni madre vorrebbe vedere la propria figlia felice.”
“E allora? Qual è il problema?” le chiese la ragazza.
“A te piaceva Loras, perché non lo hai voluto sposare?” le chiese di nuovo.
“Madre, hai ragione amavo Loras. Lo amavo quando ero poco più che una bambina, ma ora… ora sono cresciuta, so cosa voglio, so a cosa aspiro e so chi voglio accanto a me. Voglio accanto a me un uomo forte che mi dia sicurezza, che mi faccia sentire protetta e che soprattutto mi ami.”
“E Loras non aveva queste doti?”
Sansa scosse il capo “Madre, tu sai a chi appartiene il mio cuore. Io stessa te lo dissi quando ci trovavamo all’accampamento poco prima che i Lannister ci attaccassero.”
Catelyn sospirò “Speravo che quella fantasia ti passasse!” esclamò.
“Fantasia? Mamma io lo amo. Come può l’amore essere solo una fantasia? Non è il sogno di vivere in un bel castello, ma è una sensazione profonda che mi avvolge e riempie l’animo e il cuore. Quello che provo non è una fantasia passeggera, credimi mamma!”
La madre distolse lo sguardo, poi chiese “Per quel Clegane hai rinunciato a tutto, vero?”
“L’ho fatto per amore, solo per amore. Tu non hai fatto ogni cosa per amore di noi figli? Bene, ora sto facendo lo stesso: mi comporto e ragiono seguendo il mio cuore. So che non me ne pentirò.”
“Ti chiedo di rifletterci bene, Sansa. Lui non è e non sarà mai uno di noi. Robb ti avrà anche dato il permesso di sposare chi vuoi, ricco o povero che sia, ma la corte e il popolo mormorerà sempre la tua scelta. Ricordalo.”

Le parole della madre furono la spinta di cui necessitava Sansa, ci aveva già pensato all’alba quando Sandor l’aveva lasciata ancora a letto a dormire, ma ora quel pensiero le pareva l’unica vera soluzione: sua madre non avrebbe mai approvato la sua unione con Sandor, gliel’avrebbe sempre fatta pesare in un modo o in un altro; Sandor avrebbe fatto finta di nulla ne era certa, ma lei?
Lei non era capace di ignorare le parole dure della madre o i suoi sguardi carichi di rimprovero.
Quella notte, quando Sandor entrò lentamente e la abbracciò nell’oscurità che sembrava dare loro il giusto riparo per potersi vivere serenamente, Sansa comunicò la sua scelta a Sandor.
“Fuggire? Insieme? Tu sei pazza, uccelletto.”
“Lo so, ma l’uccelletto vuole volare, vuole vivere. E vuole vivere con te. Ovunque tu voglia. Io ti seguirò.” gli rispose.
“E il tuo titolo? La tua casa?” le chiese.
Sansa gli accarezzò il viso “Non mi importano più, non senza di te.”
“Io resterei con te, lo sai.” la rassicurò.
“E a te andrebbe bene viverci così al buio? Mai alla luce del sole? Ti starebbe bene comportarci come due eterni amanti? Sarebbe romantico per un po’, ma anche triste.”
Sandor non sapeva cosa replicare, la guardò come poteva, poi aggiunse “E pensare che abbiamo passato le pene dell’Inferno per tornare qui! Sei proprio un pazzo uccelletto.”
Lei sorrise “L’uccelletto è pronto a volare. E vuole farlo con te.”

L’alba aveva appena accarezzato Grande Inverno quando Sansa si voltò a guardare la roccaforte, Sandor reggeva le briglie di Straniero. Questo scalpitava, mentre Sansa rivolgeva ancora uno sguardo a casa sua. Era triste, amareggiata, ma sapeva di star compiendo la scelta giusta.
“Sei sicura di non volerci ripensare?” le chiese Sandor “Possiamo tornare indietro.”
“No. Sto bene qui.” lo guardò “Con te. Casa mia è dove sei tu.”
Sandor la guardò per un lungo momento, poi entrambi rivolsero lo sguardo di nuovo alla roccaforte avvolta dalla neve. Era così piccola da laggiù, poi Sansa girò lo sguardo verso la schiena di Sandor stringendo le mani attorno alla sua armatura. Sandor diede di speroni e Straniero partì velocemente al galoppo.
L’ultima cosa che Sansa e Sandor udirono di Grande Inverno fu l’ululato dei meta-lupi, Sansa sorrise: Grande Inverno era salva, i suoi fratelli erano salvi, sua madre era lì con loro.
Lei era per la prima volta felice della sua vita e si preparava ad affrontarla con l’uomo che amava.


 
___

 
Buon pomeriggio!
Sono tornata dopo mesi, lo so,
ma ho partecipato ad un concorso che mi ha portato via forze ed energie,
ho lavorato perciò non sono riuscita a pubblicare 
con la stessa regolarità di prima.
Oggi sono qui e questo è il capitolo conclusivo,
seguirà un epilogo, ma
in effetti è questo il capitolo finale vero e proprio.
E' stato, credo e spero, un bel viaggio..
Avevo pensato ad un eventuale seguito, ma 
non sono molto sicura se scriverlo o meno.
Fatemi sapere anche voi cosa ne pensate e
fatemi sapere se naturalmente la storia vi è piaciuta.
Un abbraccio e un saluto a voi tutti



 

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Capitolo 54
*** EPILOGO ***




 
EPILOGO



Caro Robb,
quando leggerai questa mia lettera io sarò già lontana.
Scusami Penserai che mi sia comportata da vigliacca andandomene così senza salutarti, ma l’ho fatto perché non avrei sopportato di vivere un altro minuto in quella condizione lo sguardo di nostra madre così.
Amo Sandor Clegane, il mio amore per lui è cresciuto a mano a mano che ci avvicinavamo a Grande Inverno e quando siamo arrivati qui, tutto è esploso e ha assunto chiare sfumature. Ci ha fatto ben comprendere che il viaggio che avevamo intrapreso, non era stato solo un viaggio fisico, ma anche un viaggio che ci ha cambiati nel profondo e che ci ha fatto comprendere quali siano le cose a cui affidarsi, le persone di cui fidarsi e da amare. Sandor è una di quelle.

Ti prego di perdonarmi se non ti ho salutato né abbracciato, un giorno ci rivedremo, ma prima ho bisogno di trovare la mia strada e di poterla percorrere con l’uomo con cui ho scelto di condividerla. Non ti preoccupare è un uomo buono, non mi ha mai mancata di rispetto, ha sempre rispettato la mia volontà e fatto di tutto per proteggermi.
Tu ne hai avuto la prova.

Forse sarai deluso e arrabbiato per il mio comportamento, ma è stato un atto dettato dal cuore e tu lo sai che non sono mai stata una ragazza avventata… beh, forse un tempo lo ero, ma ho imparato a mie spese a non esserlo più. Ora so di chi posso fidarmi e chi invece devo evitare.
Grazie Robb per la tua decisione e per il tuo appoggio, ti voglio bene.
Salutami Jeyne, Bran, Rickon e nostra madre. Pregala di darmi un po’ di fiducia
Dille che le voglio bene e che mi mancherà, mi mancherete tutti voi.
Sansa Stark,
Lady di Grande Inverno,

Principessa del Nord




 
E si conclude qui il nostro viaggio,
ma per loro è solo l'inizio....
Grazie a quante mi hanno seguito e silenziosamente
e facendomi sapere cosa ne pensassero!
P.S. Fatemi sapere cosa ne pensate e
se gradireste un eventuale sequel

 

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