galeotto fu lo scherzo di dracodraconis (/viewuser.php?uid=37886)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** fai del bene e ti tirano le pietre ***
Capitolo 2: *** questione di strategie - prima parte ***
Capitolo 3: *** questione di strategie - seconda parte ***
Capitolo 4: *** non c'è due senza tre ***
Capitolo 5: *** ci pensano le ragazze! ***
Capitolo 6: *** un contratto speciale ***
Capitolo 7: *** cinghiale a cena ***
Capitolo 8: *** un inizio incerto ***
Capitolo 9: *** una notte agitata e un sabato quasi inesistente ***
Capitolo 10: *** la domanda ***
Capitolo 11: *** la risposta ***
Capitolo 1 *** fai del bene e ti tirano le pietre ***
La posto in tutta
fretta... Come al mio solito!
Fatemi sapere cosa ne pensate...
Ci sono alcune cose in comune con la mia altra fanfiction, "l'ottavo
anno": questo perché ad alcune situazioni, personaggi e
scene non so proprio rinunciare... Ma sentivo il bisogno di
scrivere qualcosa di molto leggero ed allegro...
In grassetto (nei capitoli seguenti) sono riportati alcuni brani tratti
dal diario di “guerra” di Draco Malfoy…
Ho potuto carpirne solo pochi stralci prima che se ne accorgesse e
desse alle fiamme tutte le prove scritte. O forse le ha fatte mangiare
a Tiger e Goyle… Non lo so e preferisco non saperlo: mi
preme restare viva.
Stava giungendo ormai la fine della scuola.
Con Voldemort risorto ma provvidenzialmente disperso chi sa dove a fare
chi sa cosa, Harry aveva avuto un anno insolitamente tranquillo, dove
la cicatrice non gli aveva fatto male, non aveva rischiato la vita, non
lo avevano torturato, non era morto nessuno dei suoi cari.
La sua sola spina nel fianco era stato come al solito Piton.
La sua solita nemesi del quotidiano, invece, Draco Malfoy: se Piton era
una spina nel fianco, Malfoy era un dito in culo, come Harry non
mancava mai di far notare al biondino.
Era stato un buon sesto anno, dove finalmente aveva potuto far
più che risolvere misteri e salvare il Mondo Magico: aveva,
cazzo, finalmente studiato per vedere di farsi un futuro, Voldemort
permettendo; e poi si era divertito, aveva giocato a Quidditch, aveva
infilato la lingua in bocca a qualche ragazza di Hogwarts, prima di una
rivelazione sessuale presentatasi come Justin Finch-Fletchley parecchio
ubriaco per i corridoi poco prima delle vacanze di Natale, dopo la
quale aveva guardato il mondo con occhi nuovi.
Occhi che non disprezzavano toraci muscolosi invece di tette.
Una ridente mattina di festa si era guardato allo specchio e si era
salutato come
Il-bambino-che-è-sopravvissuto-ED-È-GAY.
Una triste sera di cinque settimane dopo aveva ammesso di
avere seri peccaminosi pensieri su Draco Malfoy e si era dato la
buonanotte come
Il-bambino-che-è-sopravvissuto-ed-è-gay-E-QUESTO-È-UN-GROSSO-CASINO-HARRY.
Dopo di che, si era sforzato di mandare avanti la sua vita pensando che
aveva cose più importanti da fare che lasciarsela rovinare
dalla linea della mascella di Malfoy.
Solitamente, ci era riuscito decentemente.
Sempre meno con il passare dei mesi.
Ad un certo punto, preferiva gli incubi di Voldemort a quei sogni
vividi e bagnati.
Ecco, lo sapeva: Voldemort non era mai nei paraggi, quando serviva.
Merda!
Ed era arrivata quasi la fine della scuola.
A quel punto, avrebbe voluto attaccare Malfoy ad un muro in piena Sala
Grande e fargli e farsi fare cose indicibili.
Il caldo si era ripresentato prepotentemente ad Hogwarts e gli studenti
cercavano riposo durante le ore vuote da lezione tra le fresche mura
del castello.
I Grifondoro deambulavano come zombie, visto che la notte sulla torre
era impensabile dormire, data la temperatura da altoforno che
raggiungeva il dormitorio dopo un’intera giornata di
esposizione al sole. Simile era la situazione per i Tassorosso, che con
le loro stanze accanto alle cucine erano assaliti dalle peggiori vampe
infernali: potevano scegliere se morire lessati tenendo le finestre
chiuse o mangiati vivi dalle zanzare se lasciavano i vetri aperti.
I Corvonero non godevano di sorte migliore.
Gli unici a girare freschi come rose erano i Serpeverde, i soli a
riuscire a riposare nelle ore notturne, dal momento che rintanati nei
loro sotterranei sotto il Lago Nero godevano del giusto clima a
dispetto della stramaledetta afosissima fine di aprile, inimmaginabile
per quelle latitudini.
Tutti erano durante la giornata comunque abbastanza isterici, persino
gli elfi domestici, che un paio di volte avevano servito la colazione
al posto della cena e poi avevano tentato di punirsi gettandosi fuori
dalla finestra dell’ufficio di Silente come lemming impazziti.
Il fatto preoccupante e che dava la giusta misura dello stato in cui
tutti versavano era stato che Silente non avesse mosso dito per
fermarli. Piton li aveva bloccati affermando che altrimenti sarebbero
dovuti scendere loro a preparare i pasti. La Cooman aveva chiesto con
aria interessata se nelle cucine potesse fare più fresco.
-Prova a indovinare-,
aveva risposto Piton, acidissimo.
Era scoppiata una lite furiosa.
Non erano certo momenti buoni per esasperare situazioni già
al limite. Come quelle di rapporti tesi a cose normali.
-Cosa ti salta in mente, Ron?-
-Eddaihermioneèsolounoscherzoinnocente…-
-Assolutamente no! Harry dimmi che almeno tu non c’entri
niente in questa storia!-
-Beh, Hermione… È molto buona come
idea… Originale… Seamus e Dean ci si sono
impegnati tanto…-
-Il fatto che la cosa sia partita dalle loro menti malate non
è che un incentivo a lasciar perdere!-
-Ehi, l’ho progettato anche io!-
Harry si passò una mano sugli occhi: come faceva a volte il
suo amico ad essere così deficiente da fregarsi da solo?
La ragazza si rigirò come se fosse una delle Erinni verso il
rosso.
“Appunto”, confermò Harry a se stesso.
-Ronald Weasley!! Ammetti la tua colpa! Proprio ora che dovremmo
cercare di collaborare tra di noi…-
-Oh, andiamo! Quando mai quelli
hanno collaborato?-
-Non mi lasciate altra alternativa: venti punti in meno a Grifondoro! E
adesso tutti…-
Ma proprio in quel momento un piccolo fuoco d’artificio blu
partì da sotto il porticato.
-Eccolo!-, sussurrò carico di anticipazione Ron saltando su
Hermione e tappandole la bocca con una mano. Poi, la
trascinò dietro il grosso albero del cortile.
Una figura alta e longilinea si muoveva con grazia attraverso il
porticato: il mantello era slacciato e buttato indietro sulle spalle
con fare noncurante, il nodo della cravatta allentato solo un pochino,
giusto per permettere ad un filo d’aria di arrivare sul collo
pallido. Non appena il ragazzo arrivò sotto la luce del
sole, un lampo, un riflesso quasi argenteo da quanto era chiaro
partì dalla sua chioma.
-Malfoy!-, chiamò una voce proveniente dal nulla.
Draco si voltò ed il giro di sole sui suoi capelli era
abbacinante.
-Pietrificus Totalus-, sbraitò la solita voce dal solito
nulla.
Draco crollò a terra rigido come uno stoccafisso.
Urla di giubilo risuonarono nello spiazzo; Ron mollò
Hermione che era talmente basita da essere rimasta senza parole e si
scapicollò dall’altra parte del cortile insieme a
Neville e Dean, dove nel frattempo Seamus si era sfilato il Mantello
dell’Invisibilità di Harry e roteava la bacchetta
tra le mani con fare superiore.
Colin iniziò a scattare foto forsennatamente.
L’unica ragazza del gruppo stava tentando di convincere i
suoi testosteronici amici che quella non era per niente una buona idea:
dopo aver minacciato ritorsioni sul punteggio (ignorata), denunce alla
McGranitt (ignorata di nuovo), si era attaccata al braccio di quello
che sapeva essere il più sensibile tra tutti: Harry.
-Non potete farlo…!-
-Herm, lo stanno già facendo-, puntualizzò il
moro mentre si godeva la scena dei suoi compagni che issavano il corpo
di Malfoy su un pinnacolo. Va bene che gli piaceva parecchio e che
vederlo gli procurava antipatici arrotolamenti dello
stomaco… Ma, cazzo, era pur sempre soddisfacente vedere che
quella indiscussa merda ogni tanto riceveva una lezione! Nel frattempo
Dean urlava a squarciagola richiamando quanta più gente
possibile: dato che gli unici a non aver nessuna lezione a
quell’ora erano i Grifondoro stessi, a godersi lo spettacolo
c’era tutta la loro casa, che si sganasciava alle spalle, e
neanche poi tanto, di Malfoy.
Hermione si strinse ancora un po’ di più per
entrare nel campo visivo di Harry appendendosi ora alla sua spalla.
-Harry, tutto ciò è sbagliato-,
iniziò a dire con il suo migliore, o peggiore, a seconda dei
punti di vista, tono saccente. -Silente non vorrebbe che in periodi
come questi noi ci mettessimo a rinfocolare il divario tra le Case.
Anzi, ha chiesto più volte che ci sostenessimo gli uni con
gli altri. Anche se-, proseguì distraendosi dal discorso e
con un tono del tutto diverso, -Malfoy ha un fisico veramente
spettacolare e mozzafiato-.
I ragazzi infatti avevano deciso che legarlo alla guglia non bastava e
lo avevano spogliato; al grido di Ron “rosa è
bello!” lo avevano cosparso da capo a piedi di una pasta
brillante fucsia e poi lo avevano avvolto di funi con
l’intenzione di lasciarlo appeso ad oltranza. Harry aveva
strizzato gli occhi per mettere meglio a fuoco la scena, poi di colpo
li aveva strabuzzati. A quel punto Hermione lo aveva visto arrossire
improvvisamente: all’inizio aveva pensato che fosse per
l’imbarazzo creato dal senso di colpa derivato dal suo
discorso, salvo accorgersi dopo che gli stava schiacciando il seno
addosso.
-Oh, accidenti, Harry, ti fai problemi per le cose più
stupide! Alla tua età ancora ti vergogni di queste
bazzecole?-
Sbuffò esasperata allontanandosi con un gesto spazientito:
Harry Potter la guardò veramente stralunato e confuso.
-Ma come fai a sap…-, cominciò, ma lei non lo
ascoltava.
–Ora andrò dalla McGranitt e
sarà bene che nessuno di voi si faccia trovare qui al nostro
ritorno-, gridò ai ragazzi in aria e fece per voltarsi con
la tipica camminata Granger…
-Ahia!-
-No, Granger! Ahia io!-, ribatté Zabini, che era appena
sopraggiunto, ridacchiando mentre si massaggiava il petto.
–Cosa guardate di bello?-, proseguì interessato.
Hermione restò senza parole.
Cosa strana per Hermione.
Harry sentì che si approssimava la catastrofe e
reagì d’impulso, prima che l’altro
potesse piantare un casino.
-Ok, basta con questa storia. Vado a recuperarlo. Accio Firebolt!-
Saltò sulla scopa al volo e salì verso i suoi
amici che improvvisavano un giro di quadriglia intorno al Serpeverde in
mutande, legato ed impiastricciato. Dal basso arrivavano fischi ed
applausi, addirittura grida estatiche.
Colin continuava con il suo servizio fotografico.
-Ragazzi, andiamo, smettetela… Hermione è fuori
di sé dalla rabbia ed è arrivato Blaise Zabini;
vi conviene scendere e prepararvi ad una bella strigliata, forse ad un
duello… Lui… Lui lo tiro giù io-,
aggiunse tetro voltando il manico verso il castello.
Malfoy era ancora sotto l’incanto della pastoia total-body;
solo gli occhi erano liberi dalla fattura, e facevano realmente
impressione: dardeggianti qua e là, neanche avesse potuto
uccidere con lo sguardo: in realtà per un momento Harry si
chiese se potesse avere sangue di Basilisco nelle vene ed
optò per un approccio cauto e progressivo.
-Malfoy, ora ti libererò dall’incantesimo e ti
porterò a terra. Se non tenterai di farmi cadere, nessuno
dei due si farà male-.
Per un attimo si chiese che effetto gli avrebbe fatto avere sul manico
di scopa il biondo, discinto, lì accanto a lui.
“Mi impiastriccerà l’ultima tunica
leggera pulita”, considerò tentando di rimanere su
pensieri pratici e neutrali.
Qualcosa si mosse nelle sue parti basse, nonostante tutto.
“Fa che almeno non se ne accorga lui”,
pregò.
La sua erezione continuò ad insorgere, fieramente
fregandosene delle preoccupazioni del cervello.
Imprecò pesantemente, prese un respiro e lanciò
l’incantesimo.
–Finite Incantatem-.
La Serpe non fiatò e non gli sputò contro:
sembrava un ottimo inizio, così Harry
pensò di potersi avvicinare.
Ma quello che vide lo pietrificò come se fosse stato messo
lui stesso sotto fattura.
Gli occhi di Draco erano colmi di lacrime. Certo,
l’espressione era dura ed incazzata, oltremodo incazzata, ma
il grigioazzurro delle sue iridi era tremulo di lacrime e Draco neanche
si azzardava a chiudere le palpebre per paura che qualcuna rotolasse
fuori.
E non guardava Harry.
-Draco…-, mormorò tendendo una mano… E
poi? Cosa avrebbe fatto? L’avrebbe consolato, tirandoselo
sulla scopa? Si parlava di Malfoy, cazzo!
Per quanto in quel momento facesse quasi tenerezza, a dispetto della
furia con cui due ore prima si erano presi a cazzotti, quando Malfoy
aveva visto bene di lanciargli una Tarantallegra alle spalle.
-Draco…-, ripeté.
-DRACO!-
Un urlo, una voce allarmata e squillante e poi un proiettile umano
travolse il Grifondoro che precipitò facendo appena in tempo
a recitare qualcosa che lo salvasse dall’impatto con il
terreno.
Era Pansy Parkinson, scoprì Harry appena si
rialzò.
Pansy che si era lanciata al salvataggio con una foga indicibile per
tirare giù il suo amico ed ora stava tentando di farla
pagare carissima a tutti i presenti: Neville era già riverso
a terra ricoperto di brufoli verdi; Finnigan correva via tenendosi una
mano sul culo, dove i pantaloni gli erano stati incendiati. Ron aveva
strane cose tra i capelli.
La Serpeverde stava minacciando di morte chiunque avesse addosso i
colori oro e rosso: metà della casa se l’era
già data a gambe. In realtà, rimanevano solo loro
dell’ultimo anno, e nemmeno tutti.
-Tu, ragazzino! Consegnami immediatamente quella macchina fotografica
prima che io decida che le tue gambe non ti servono-, urlò
contro Colin.
Tempo perso: era già arrivato ai margini della Foresta
Proibita prima che Pansy avesse terminato la parola
“ragazzino”.
Harry si fece l’appunto mentale di andare a recuperare Canon
se non si fosse ripresentato entro la cena del giorno dopo.
Blaise Zabini, nel frattempo, stava aiutando il biondo a rialzarsi e
ripulirsi… Ma non a rivestirsi, visto che Seamus aveva
utilizzato i suoi indumenti per spegnere i propri, con il risultato di
aver dato fuoco anche a quelli.
In un lampo di rara carità verso i Grifondoro, Zabini
nascose la bacchetta di Draco nella tasca della propria uniforme.
Malfoy, disarmato, insultò ampiamente e ad alta voce tutti i
presenti, forse fatta eccezione per Hermione, dato che anche lei stava
urlando contro i suoi compagni di casa.
Ma fu solo Harry che guardò fisso negli occhi.
Ad un certo punto abbassò il tono e si sporse in avanti
contro la stretta di Blaise sul proprio petto, lottando per non farsi
portare via di lì, gli occhi ridotti a due fessure cattive.
-Pagherai per questo, Potter. A costo di uccidere io stesso Tu-Sai-Chi
per avere personalmente il piacere ed il privilegio di rendere la tua
vita un inferno al posto suo-, sibilò velenoso e gelido.
E osservando quelle iridi ghiacciate ed il viso stravolto dalla furia,
mentre Zabini trascinava Draco fuori dal cortile a viva forza, Harry
seppe che l’avrebbe pagata sul serio.
-Ma io ti ho salvato-, mormorò sconsolato ai dorsali tesi
del Principe delle Serpi.
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Capitolo 2 *** questione di strategie - prima parte ***
Pensavate che fossi
fuggita, vero?
No, ho solo avuto un
periodo molto caotico, in cui sono stata poco a casa ed ancora meno
davanti al computer.
Non so se il peggio
è passato, ma oggi ho avuto una mezza giornata tranquilla da
dedicare alle mie due creature… Purtroppo,
l’aggiornamento de “L’ottavo
anno” tarderà ancora qualche giorno (lo so che
hanno appena spiccato il volo i gufi con le vostre minacce di morte),
perché le mie manie di perfezionismo stanno straziando il
nuovo capitolo che non mi viene come vorrei.
Perdonatemi ed abbiate
ancora un poco di paziena…
Per quanto invece
riguarda questa fanfiction… Ta-dan!
Grazie per avermi fatto
sapere che “Galeotto fu lo scherzo” vi ha
stuzzicato: lucylu, samek, kyon, kiboo, kumiko shirogane (che mi ha
scritto praticamente un poema!), e91y, marimalfoy e Kalira: mi sa che
l’indice di gradimento è stato abbastanza alzato
da Draco in boxer, vero?
Anche voi che mi avete
messo tra i preferiti avete la mia imperitura gratitudine; per citare
chi già non è stato nominato: alii, animablu,
bluesnaky, fio91, illyria93, marisasca, martinina, natsume, pink rose,
rioki, terrinda.
Buona lettura…
Strategia Serpeverde
n°1: CONOSCI IL TUO AVVERSARIO.
Bisogna sapere ogni cosa
della vittima da colpire: punti di forza, debolezze, abitudini.
Mi ci sono volute
ventiquattro ore di tempo per imparare l’Incantesimo di
Disillusione; ventiquattro stronze ore in cui né Blaise
né io abbiamo dormito per esercitarci… In
realtà, dove io mi esercitavo e lui sotto ricatto mi
assisteva perché quell’incanto l’ha
appreso prima di me, per poter spiare la Mezzosangue Zannuta quando si
ferma a studiare da sola in Biblioteca. Ma questa è la mia
vendetta, non il suo piano di conquista della Grifondoro: piano per
cui, in cambio del suo appoggio, mi sono offerto di aiutarlo. Come se
ne avesse bisogno! Si vede che a lei piace lontano un miglio.
Ingenuità
altrui a parte, da domani mattina inizierò a pedinare Potter
per scoprire quanto più posso su di lui. Per
controbilanciare, per il resto del tempo sarò civile e
disinteressato: così sarà disorientato; o nel
migliore dei casi, abbasserà la guardia credendo che io
abbia rinunciato ai miei turpi propositi.
Illuso.
Passarono i giorni, e Harry sempre più spesso si sorprendeva
a guardarsi sospettoso oltre la spalla: aveva la netta sensazione di
essere seguito… E si era fatto anche una mezza idea di chi
potesse avere tanta acredine da pedinarlo.
Si ritrovò a pensare che se Voldemort fosse stato tanto
assiduo come Malfoy, lui sarebbe già stato morto da un pezzo.
Ma il problema principale era: perché non riusciva a vedere
Malfoy? Che avesse anche lui un Mantello
dell’Invisibilità?
Inoltre, era preoccupante che Malfoy fosse quasi cortese durante tutte
le lezioni che avevano in comune, che lo ignorasse quando si
incrociavano nei corridoi, che lo snobbasse in Biblioteca.
Eppure, Harry sentiva quegli occhi grigi sulla nuca persino nei momenti
più assurdi, come sotto la doccia o quando si girava su un
fianco per addormentarsi.
In effetti, per mesi aveva desiderato che quello sguardo si posasse su
di lui, di averlo su di sé quando la sera chiudeva gli
occhi, ma… E se fossero stati i suoi ormoni che proiettavano
l’odore di Draco Malfoy intorno a lui? Se fosse stata tutta
un’allucinazione?
Certo che se pensava che Malfoy si trovasse in stanza con lui,
improvvisamente sentiva molto più caldo…
La vita di Potter
è di una noia mortale. Tutto Sparaschiocco, la sua civetta
ed innocue scorribande notturne a reperire cibo da quel traditore di
Dobby, scadentissimo elfo domestico. E poi, il dormitorio dei
Grifondoro è soffocante: Potter si è fatto tre
docce in una notte per avere un po’ di frescura! E per non
perdermi particolari importanti ho dovuto presenziarle tutte e tre!
E devo dire
che…
TOC TOC.
-Chi cazzo è?-
-Complimenti, Draco-, esordì Pansy, entrando nella parte
maschile del dormitorio Serpeverde del sesto anno ed avvicinandosi al
letto del ragazzo. –Un linguaggio forbito degno di un re-.
Lanciò uno sguardo a quello che il biondo stava cercando di
occultare sdraiandocisi sopra.
-Non mi dirai che sei ancora dietro al Diario di Guerra?! E poi come ti
è venuto in mente di battezzare così quel povero
quadernucolo?-
-Taci, Pansy. Tu non puoi capire: devo vendicarmi-, replicò
Malfoy tetro.
-Bravo, vendicati-, concesse lei. –Ma perché di
Potter? Potrei capire se tu te la prendessi con Finnigan, Weasley,
Thomas… Al limite, con quel Canon. Non Potter!-
-Lui mi ha umiliato-, sentenziò lapidario Draco.
-Umiliato?!? Ma se quando sono salita da te stava salvandoti! Era sulla
sua stramaledetta scopa che tentava di portarti a terra!-
-Smettila! Lui la pagherà e basta!-
Draco stava urlando.
-Come vuoi, come vuoi-, ribatté laconicamente Pansy, alzando
le mani in segno di resa, abbandonando ogni proposito di farlo
ragionare. –Ma credo che tu stia sbagliando tutto-.
-Pensi dunque che invece di una strisciante vendetta dovrei sfidarlo a
duello?-
La moretta stava scuotendo il capo, avviandosi verso
l’uscita: conosceva bene il suo amico e sapeva che non
c’era verso di fargli intendere una cosa che lui si rifiutava
di vedere.
-Non è questo tipo di rapporto che vorresti fra voi due-,
bisbigliò Pansy chiudendosi la porta alle spalle e guardando
Blaise che la aspettava in Sala Comune per discutere della situazione.
-Non ho capito quello che hai detto, Pansy-, disse Draco,
distrattamente, di nuovo chino sul quaderno; poi, girò la
testa notando che la stanza era vuota.
-Donne-, commentò con fare superiore, rimettendosi a
scrivere.
Allora. Dicevamo... Ah,
sì: Potter sotto la doccia…
In capo ad una settimana, Draco era convinto di conoscere tutte le
abitudini di Potter, anche quelle che uscivano dall’apparente
schema del moro. Sapeva, per esempio, che lo Sfregiato dormiva con la
bacchetta sotto il cuscino e che faceva orrendi incubi la notte; che
spesso, nel caos che regnava la sera nella Sala Comune dei Grifondoro,
Potty si isolava guardando il camino, anche se spento, sospirando;
aveva imparato le stupide canzoni babbane che Potter cantava mentre si
insaponava i capelli. Sapeva che Harry di tanto in tanto entrava in
aule deserte e chinando la testa su un banco piangeva amaramente. Che
amava le Cioccorane ma per qualche strano motivo scansava le Gelatine
Tuttigusti+1, soprattutto quelle gialle; che era in linea di massima
gentile con tutti ma si infiammava facilmente ed allora aveva un
caratterino niente male. Che aveva una voglia color caffellatte sotto
la scapola sinistra.
In realtà, Draco lo aveva spiato più del
necessario, perché si era ritrovato a voler condividere
ancora un poco i rituali quotidiani di Harry…
“Harry?! Merda… Devo assolutamente passare alla
seconda parte del piano!”, si disse, tentando di ignorare
scomode, ovvie verità.
Strategia Serpeverde
n° 2: SPIAZZA IL TUO AVVERSARIO.
Sii incongruente: nelle
azioni, nei toni, nelle espressioni del viso. Salutalo per qualche
giorno con calore ed affetto (e con il ghigno utilizzato per
affascinare folle e platee); poi, quando il nemico si sarà
ripreso dalla novità ed avrà smesso di guardarti
con aria dubbiosa, quando addirittura avrà iniziato per
primo a darti il buongiorno, solo allora lo guarderai come se fosse un
Vermicolo ricoperto dei suoi stessi escrementi. Dopo qualche giorno
ancora avvicinalo e proponiti di aiutarlo nei compiti della materia in
cui va peggio, permettendogli di rimediare a qualche votaccio: sii
totalmente affidabile e poi dagli buca la sera prima del compito,
quando dovevate ripassare insieme la parte più difficile del
programma: a notte fonda, fagli recapitare via gufo un biglietto dove
scrivi che non puoi presentarti all’appuntamento per problemi
improrogabili. Dai la colpa al gufo per il ritardo. Continua con questi
improvvisi cambi di comportamento finché non noterai che
l’avversario appare come sotto Confundus, che ha perso
l’appetito e nel migliore dei casi ha
un’espressione sul viso come se stesse insorgendogli la
gastrite. A quel punto, sii totalmente affabile con i suoi amici ed
ignoralo per qualche giorno, poi invitalo ai Tre Manici di Scopa.
Bevete qualcosa insieme, dagli (oh, Merlino, sforzati!) alcune pacche
sulle spalle. Quando si sarà spinto a confidarti qualche sua
debolezza o qualche ferita insanabile, inarca con forza un sopracciglio
e poi scoppia a ridere. Afferragli saldamente il polso quando
starà scappando ferito e chiedi scusa. Se proprio vuoi
distruggerlo, attendi una settimana e spargi volantini riguardo alla
confessione.
Si rivela talvolta una
manovra complicata, perché il rischio di essere internato al
San Mungo per gravi disturbi della personalità è
alto. È inoltre necessaria una buona dose di
sensibilità per dosare i due atteggiamenti,
l’amichevole ed il sadico. Essendo Draco Malfoy posso
farcela. Posso fare anche di meglio.
Se Harry pensava di essere arrivato ai paradossi della sua vita
nell’ultima settimana, rimase intimamente stroncato quando
entrando in Biblioteca il sabato mattina vide Malfoy che si offriva di
aiutare Neville con Pozioni.
-Ciao, Harry!-, lo salutò il biondo, convincendo il moro di
non essersi ancora alzato dal letto e star sognando. –Allora,
ci vediamo domani, Paciock: stesso posto, stessa ora!-
Anche Neville non era molto sicuro di quello che era successo e
balbettava ringraziamenti insensati.
Sono un genio! Ho fatto
in modo che il nemico sapesse dove mi troverò domani
mattina: sono sicuro che verrà di persona a
controllare… Ed io sarò a-do-ra-bi-le con quella
mezza sega di Paciock!
Oh, Potty, ti
rovinerò!
-Blaise-, esordì Pansy. –Draco sta ancora
scrivendo le sue assurde teorie su quel diario?-
-Pansy, per l’amor del cielo, parla piano! Se si accorge che
lo abbiamo letto, ci sevizia! Comunque, sì, è
ancora chino su quelle pagine. Da questa mattina appena è
rientrato dalla Biblioteca…-
-Hai provato a farglielo ammettere?-, chiese lei cripticamente
abbassando il tono della voce.
-Ci ho provato-, confermò mestamente il ragazzo.
–Senza nessun risultato evidente che non fosse quello di
farmi tirare dietro qualche libro…-
-Mi spiace, Blay-, lo stava consolando lei, accarezzandogli una
guancia. –Ma vedrai che ce la faremo!-
-No, non credo. Sembra piuttosto ottuso a riguardo…-
-BLAAAIIIIIIISE-.
-Oh, eccolo che mi chiama: vorrà espormi il suo nuovo
piano…-
-Vai, allora! E mi raccomando: mostrati entusiasta!-
-Come no…-, mormorò il ragazzo avviandosi dalla
Sala Comune Serpeverde verso il dormitorio maschile.
È oramai
lunedì sera ed il mio trionfo si avvicina. Come volevasi
dimostrare, ieri Potter è venuto a controllare cosa stessi
facendo al suo amico imbranato! Ovviamente, ci ha spiato da dietro una
colonna, sperando che non mi accorgessi di lui… Povero
sprovveduto! Altrettanto ovviamente, io sono stato un perfetto
insegnante, tanto che questa mattina Paciock ha ricevuto addirittura un
elogio (sia pure contro voglia) del professor Piton!
Altri cinque giorni erano trascorsi, e Harry ormai stava malissimo.
La settimana precedente l’aveva passata come sotto
persecuzione, sentendosi una cavia da laboratorio.
Si era sforzato di mantenere la calma e non aveva raccontato a nessuno
dei suoi dubbi, perché aveva un passato da probabile
psicolabile… Ma era sicuro che Malfoy lo stesse pedinando.
Ora però, le cose stavano addirittura peggio.
Draco Malfoy era palesemente impazzito.
Lo aveva salutato con un sorriso che da solo era bastato a far andare
in tilt il testosterone di Harry, poi lo aveva ignorato; due giorni
dopo gli aveva fatto un complimento sul suo modo di volare con la
scopa. Successivamente, gli aveva passato il compito di Trasfigurazione
e aveva insultato la famiglia Potter quasi contemporaneamente.
Escludendo il fatto che l’aveva già visto per due
volte studiare insieme a Neville, a parte il fatto che aveva raccolto i
libri che Luna aveva fatto cadere mentre si avvicinava a salutare
Neville… Malfoy era arrivato a dare il buongiorno a Ron!
Nel dormitorio Grifondoro la notizia si era sparsa a macchia
d’olio… E quasi tutti parevano averla presa bene!
Persino il rosso, solitamente pronto alla lite, aveva fatto un discorso
molto posato, mentre Hermione annuiva convinta al suo fianco…
-Harry, amico mio, sai benissimo che per quanto mi riguarda Malfoy
è un bastardo che dovrebbe affogare nella melma…
Ma se ci lascia in pace e possiamo concludere l’anno in
tranquillità, non è solo tanto di guadagnato?-
-Ron, devo farti notare che sei stato tu a legarlo nudo ad un pinnacolo
qualche tempo fa?-, ribattè secco il moro.
Le orecchie di Ron ebbero la decenza di tingersi di rosso ed il ragazzo
ammutolì.
Harry avrebbe voluto infierire, anche perché oramai le sue
notti erano un invivibile susseguirsi di sogni erotici vietati ai
minori e la mancanza di sonno lo rendeva di pessimo umore. Inoltre,
doveva assolutamente recuperare un pessimo voto preso a Pozioni e
sapeva che sarebbe stata ardua. Neville gli aveva fatto venire un
travaso di bile vantandosi di come aveva preparato la Pozione
Refrigerante… L’aveva provata insieme a
Draco…
Persino quel coglione di Neville poteva godere della compagnia e delle
ripetizioni del biondo mozzafiato…
No, non era geloso.
E no, non sarebbe mai andato a chiedere un favore al Serpeverde. A meno
che non fosse quello di potersi infilare nei suoi pantaloni.
E quello glielo avrebbe chiesto solo quando fosse stato pronto a dare
l’addio al mondo, perché a quel punto Malfoy lo
avrebbe ucciso.
È pronto, lo
so che è pronto: quel Grifondoro è
così confuso che cascherà nella mia trappola! La
mossa decisiva è per domani. Potter, se tu mi odi come ti
odio io, la mia vendetta sarà ancora più grande!
-Ammettilo che il nostro amico è scemo. Devono essere stati
i fumi delle pozioni di bellezza scadute della madre quando era
piccino…-, si lamentò Blaise chiedendo il Diario
di Guerra con un sospiro rassegnato.
Ma Pansy non era pronta ad arrendersi.
-Taci, uomo di poca fede! Ti dico che bisogna solo fargli capire che ha
dato il nome sbagliato a questo sentimento!-
-Quindi non è scemo ma solo analfabeta?-, domandò
Blaise speranzoso.
-Qualcosa del genere… E poi, ho visto come lo guarda Potter:
più che odiarlo vorrebbe farselo! Dobbiamo solo instradare
quei due nella giusta direzione-
-Quella del San Mungo?-
-Stupido…-, disse lei ridendo. Poi, si fece seria.
–Ora, anche noi dovremo predisporre un piano…-
Harry stava facendo colazione da solo al tavolo dei Grifondoro,
perché si era svegliato tardi: per fortuna, quella mattina
non aveva lezione: avrebbe passeggiato un po’ per rilassarsi
e poi avrebbe studiato all’ombra di qualche albero del Parco.
Si era mantenuto lontano da Ron e Hermione,
perché… Ehm, perché…
Andiamo, ma a chi voleva darla a bere? Voleva stare da solo
perché sperava che così Draco lo avrebbe
avvicinato di nuovo!
Stava perdendo la dignità per davvero.
Era tutto nato da quel primo sorriso per i corridoi, giorni fa o attimi
prima, non avrebbe saputo dirlo. La smania di toccare il Serpeverde
faceva rantolare Harry oramai anche in pieno giorno, in un
inestinguibile rincorrersi di figure di merda con i suoi compagni e di
fughe precipitose in bagno… Harry si chiedeva se tutti gli
adolescenti gay girassero quasi ventiquattro ore su ventiquattro con
un’erezione nei boxer.
-Perso in pensieri profondi, Potter?-, gli mormorò una voce
strascicata all’orecchio: ogni volta che una
“p” veniva pronunciata, un piccolo soffio
solleticava il collo di Harry… Addio tranquillità
mentale. Benvenuta erezione odierna.
“Tu non sei qui, io non sono qui, nessuno è qui,
questo è il niente…”, iniziò
a recitare nella propria testa il moro.
-Potter, battere la testa sul tavolo non migliorerà la tua
intelligenza-, considerò Draco laconico mettendosi a sedere
a cavalcioni della panca; era stato fortunato: la Sala Grande era
praticamente deserta e nessuno sarebbe intervenuto a interrompere
quell’incontro. Certo, ora che si trovava da solo e
così vicino a Harry, non poté fare a meno di
osservarlo con attenzione, soprattutto perché
l’altro era impegnato a sfondarsi la fronte contro il tavolo
e non prestava attenzione al Serpeverde. A Draco erano tornate in mente
quelle notti in incognito nel dormitorio del sesto anno Grifondoro ed
al ricordo di Harry Potter sotto la doccia uno strano calore gli si era
diffuso nelle viscere… Accidenti se era affascinante! Quei
riccioli scuri che gli davano un’aria ribelle e selvatica e
quegli occhi verdi che sapevano infiammarsi
all’improvviso…
-Potter, ti senti bene?-
“Tu non sei…”, riattaccò
Harry nella sua testa.
Draco lo scosse gentilmente per una spalla: si stava iniziando a
preoccupare sul serio. Cioè, se Harry Potter doveva
impazzire, doveva farlo per mano sua, di Draco Malfoy.
Harry girò lo sguardo e se lo vide lì accanto,
con la bocca lievemente imbronciata e dischiusa…
Ave, o madre delle erezioni!
“Silente e la Cooman che fanno sesso insieme…
Draco… Draco legato nudo al mio letto, che si contorce e
geme e mi supplica di non fermarmi mentre io… Piton! Piton e
la Umbridge che si accoppiano nella palude!! Bleargh! Sì!
Piton e la Umbridge… ”
Lo scappellotto che gli arrivò sulla nuca lo riscosse dai
suoi pensieri.
-Quando avrai finito di fare lo sclerato, avrò il piacere di
informarti che mi offro volontario per darti ripetizioni di Pozioni. Un
po’ di ripasso non può che farmi bene e so per
certo che tu devi riparare un voto pessimo. In fin dei conti, se ho
portato Paciock a dei livelli accettabili, perché non dovrei
riuscirci con te? Ti aspetto questa sera dopo cena
all’imbocco dei sotterranei-, lanciò fuori tutto
di un fiato Draco. Si era preparato un discorso più ad
effetto e maggiormente distaccato… Ma una qualche emozione
era strisciata sotto la sua pelle rendendo tutto caotico e
soffuso… Il giubilo per l’imminente vendetta
doveva averlo emozionato. Sì, di sicuro era stato il
giubilo… Per cui, poteva togliere la mano dai capelli di
Potty dove l’aveva lasciata dopo lo scappellotto. E
precipitarsi con immensa dignità Malfoy fuori dalla Sala
Grande.
Sorprendendo persino se stesso, Draco aveva realmente aiutato Harry
Potter in Pozioni. Certo, lo aveva sbeffeggiato e preso in giro, ma lo
aveva realmente aiutato. E non gli aveva dato buca la sera prima del
compito… Aveva giustificato la cosa dicendosi che
più fiducia fosse riuscito a guadagnarsi da parte del moro,
maggior danno avrebbe fatto la sua vendetta.
Più in alto
arrivi, maggiore sarà la tua caduta.
Questa era l’unica frase tracciata sul Diario di Guerra in
quei giorni: si riferiva ad uno dei modi di dire della sua famiglia,
coniato secoli prima, dopo che un suo antenato palesemente ubriaco per
i festeggiamenti era precipitato dal proprio cavallo alato dopo aver
sconfitto una Chimera… Lucius Malfoy aveva dato il nome di
quel parente al proprio Crup (*)
preferito: Bellerofonte.
Tradizioni di famiglia a parte, perché stava andando ad
incontrare Harry Potter di
nuovo? Beh, perché lo stupido Grifondoro si era
offerto di dargli una mano con Difesa contro le Arti Oscure e Draco
aveva accettato di slancio, prima di rendersi conto che così
sarebbe stato in debito di qualcosa con la persona che voleva
rovinare… Fece spallucce, incurante: lui era Draco Malfoy:
la sua coscienza non aveva diritto di parola.
Più che altro, poteva per favore smettere di lustrarsi ed
andare a quel benedetto appuntamento?
Aveva detto “appuntamento”?
-Fanculo!-, urlò Draco ad un attonito ed ignaro pubblico
mentre usciva dalla Sala Comune Serpeverde.
Harry guardava Draco impegnato a scrivere un tema sull’uso
dell’Incantesimo Scudo contro le fatture più
pericolose: era indeciso sul chiedergli se lui le Arti Oscure le
volesse combattere o praticare; così, giusto per sapere se
in futuro si sarebbero trovati dalla stessa parte o su fronti
avversari. Ma quella domanda non ne voleva sapere di uscire dalla sua
bocca, perché dirla ad alta voce avrebbe significato
ammettere che oltre che al corpo del biondo si stava iniziando ad
interessare a Draco anche come persona, e Harry non era pronto ad
affrontare un discorso simile, infatti stava procrastinando
inesorabilmente il momento del chiarimento interiore: si diceva che non
avrebbe avuto senso sovrapporre quel problemi di attrazione fisica che
diventava forse emotiva (ma ad un livello ben leggero, si capisce!)
agli svariati problemi che già aveva.
Nel frattempo, Draco, concentratissimo, si era dimenticato della
presenza del Grifondoro: stava mangiucchiando una penna
d’aquila di zucchero, che sciogliendosi gli bagnava le labbra
rendendole lucide ed attraenti.
D’un tratto, realizzata la scena, gli ormoni di Harry
arrivarono al gran galoppo al cervello, soppiantando i poveri neuroni
confusi e provati, cozzando tra di loro con un rumore che
stordì il moro, che produsse un singulto strozzato mentre
osservava quelle labbra e immaginava di… Che…
-Ehi, ti andrebbe di andare a bere qualcosa domani sera? Conosco un
modo per sgusciare fuori dal castello…-, chiese Harry di
getto, trasportato dal momento e dai suoi sogni ad occhi aperti. Era
totalmente perso in un mondo parallelo dove Draco lo
accarezzava…
-Sì-, rispose semplicemente il biondo alzando gli occhi dal
libro.
Le fantasie di Harry subirono un’impennata che gli
impedì di vedere altro che Draco sorridente. Quello di cui
non si accorse fu che non era per niente un buon sorriso.
-Allora, alle dieci di questa sera al dolmen accanto al Platano
Picchiatore-, precisò con un tono trasognato, raccogliendo i
propri libri nonostante la lezione fosse solo a metà:
infatti era estremamente desideroso di allontanarsi da lì:
non credeva che fosse opportuno saltare sul tavolo per infilare la
lingua in bocca al Principe delle Serpi.
Non ancora almeno.
In più, era molto probabile che il tessuto leggero dei
pantaloni lasciasse capire in che condizioni pietose erano le sue zone
basse…
Salutò il più dignitosamente possibile
l’altro ragazzo improvvisando una scusa e se ne
andò.
Draco lo guardò andare via, mentre i suddetti leggeri
pantaloni si attaccavano al fondoschiena di Harry Potter: per un
attimo, il suo sorriso si trasformò in qualcosa di caldo,
concupiscente e vagamente affettuoso. Poi, però, il consueto
ghigno riprese il sopravvento e Draco tirò fuori dalla borsa
un quadernuccio avvolto in stoffa rossa.
Fin troppo facile. Non mi
sono neanche dovuto impegnare: e dire che alla fine è stato
lui a chiedermi di uscire… Trema, deficiente! Incasserai la
più grande bastonata della tua vita! Altro che Oscuro
Signore… Sei mio, Harry!
Mio…
Ehi, cosa mi metto per
questa sera?
(*)
“Crup:
proviene dal sud-est dell’Inghilterra. Assomiglia abbastanza
ad un Jack Russell Terrier, tranne che per la coda: quella del Crup
è biforcata. È quasi sicuramente un cane creato
dai Maghi: è molto fedele a questi ultimi e feroce contro i
Babbani. È considerato un animale-spazzino, dal momento che
mangia qualsiasi cosa: dagli gnomi ai copertoni. Si può
ottenere una licenza per possedere un Crup dal Dipartimento per la
Regolazione ed il Controllo delle Creature Magiche dopo che il Mago
abbia sostenuto una prova in cui dimostri di saper controllare il Crup
in zone abitate da Babbani. I proprietari dei Crup sono obbligati dalla
legge a rimuovere la loro coda con un Incantesimo Separante indolore
quando l’animale è tra le sei e le otto settimane
di vita per evitare che i Babbani la notino.”
Ora che ho spiegato cosa
è un Crup, lasciate che vi dica anche che Lucius Malfoy non
ha mai rimosso le code dei suoi Crup, perché la ritiene una
pratica barbara ed inoltre ci tiene che le sue bestie siano ben
distinguibili da quelle babbane. Inoltre, detiene i suoi Crup
illegalmente, non avendo mai voluto insegnare loro a non attaccare i
Babbani, pratica che anzi incoraggia. Infine, i Crup di Lucius Malfoy
non mangiano gnomi né tanto meno copertoni: loro si cibano
di fatine e patè di foie gras.
Lucius Malfoy mi prega
di dirvi che smentisce assolutamente ognuna di queste affermazioni, che
lui considera diffamanti e denigratorie oltre che non vere e non
verificabili.
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Capitolo 3 *** questione di strategie - seconda parte ***
Ecco il capitolo nuovo!
E ho anche aggiornato
“L’ottavo anno”!
Ditelo, che ci avevate
perso le speranze… Mi trattengo poco, se non per ringraziarvi
tutti quanti!
Non appena ebbe varcato la soglia, maledisse il clima umido e quel
vento caldo che gli scompigliava i capelli insinuandosi lungo il collo
sotto la camicia, minacciando di renderlo un bagno di sudore. In
più, era oltremodo seccato perché doveva
affrettarsi per non rischiare di essere in ritardo: Draco odiava essere
in ritardo, fosse pure per incontrare Potty.
Arrivò sul luogo dopo soli cinque minuti di camminata
abbastanza sostenuta e per allora si era calmato: l’ansia da
prestazione non avrebbe giovato al suo piano.
Aveva detto ansia da prestazione? Di sicuro si era confuso: intendeva
senso di anticipazione.
Rivisse con particolare partecipazione la sua lite di
mezz’ora prima con Blaise, che gli aveva posto domande
insinuanti: come per esempio quale fosse il motivo per cui si stava
provando l’intero guardaroba. Stupido Blaise! Era ovvio! Un
Malfoy è sempre splendente! Il fatto che avesse appuntamento
con Harry Potter era insignificante!
Si guardò intorno e non si stupì di non vedere
nessuno, perché potevano esserci solo due conclusioni
plausibili: o quel maleducato di un Grifondoro non conosceva il
concetto di puntualità o… Allargò
lievemente le narici girando la testa a destra e a sinistra e poi
esclamò secco.
-Esci da sotto quel mantello, Pottonzo!-
-Oh, un nuovo soprannome: è una ricorrenza particolare e non
me ne ero accorto? Ho dimenticato qualche nostro anniversario?-,
esordì il moro tirando giù il cappuccio e poi
sfilandosi l’indumento del tutto. Pareva stranamente
divertito.
-Certo!-, ribatté pronto l’altro. Poi prese a
guardarsi con noncuranza le unghie della mano sinistra, mentre la
destra spariva dietro la schiena a controllare
l’estraibilità della bacchetta. –Per la
precisione quello del giorno in cui invece di picchiarmi per la prima
volta con te avrei dovuto rinchiuderti a vita in una delle segrete di
Hogwarts! O cruciarti a morte…-
-Ah, vuoi riprendere da dove abbiamo lasciato quella volta?-
-Potter, come ti scaldi in fretta! Fai così in tutto?-
-Francamente, solo tu riesci a tirarmi fuori emozioni così
istantanee…-, ribattè il moro, sicuro di star
vincendo la discussione.
-Lusingato di tanta considerazione! E…
Com’è che ricordi con tanta precisione un momento
di una lite di cinque anni fa? È tanto importante per te?-,
sussurrò Draco.
Beh, forse non la stava proprio vincendo…
Draco si rendeva conto di quanto fosse una manovra rischiosa; in fin
dei conti era stato lui stesso a tirare fuori quel giorno…
La domanda che aveva fatto a Potter gli si poteva tranquillamente
ritorcere contro…
Inizio
flashback
Si erano incontrati in
uno dei tanti corridoi di Hogwarts: Draco aveva mancato la porta giusta
ed erano quaranta minuti buoni che vagava nel buio, fatta eccezione per
la debole luce che tremolava attorno alla punta della sua bacchetta;
Harry si era perso due ore prima ed era intimamente convinto di aver
camminato così tanto da essere ormai di nuovo nelle
vicinanze di Londra.
Stava per mettersi a
piangere quando all’improvviso dal muro si era materializzata
una cancellata che aprendosi con violenza lo aveva centrato in pieno:
ne era uscito Draco Malfoy, la faccia un misto di terrore e rabbia, le
vesti malconce, tutto incollato da una sostanza viscida e maleodorante.
-Quel cazzo di cane!
Aspetta solo che lo dica a mio padre… Per Merlino, guarda
come mi ha sbavato addosso, con le sue boccacce puzzolenti; ora
dovrò tornare giù a cambiarmi sperando che
nessuno mi veda in questo stato e… Uh!-
Era inciampato in Harry
finendoci sopra.
-Oh, perfetto! Lo
Sfregiato!-
-Malfoy! Da quando in
qua vai a giro a sbavarmi addosso?-, chiese Harry parecchio incazzato
perché ora si sarebbe dovuto infilare sotto la doccia, forse
addirittura scartavetrarsi la pelle.
-Non crederai a quello
che ho visto! Era enorme ed aveva tre teste… Ehi,
cos’è che mi hai chiesto? Scordati che io possa
anche solo… Potter, non osare mai più! Ti
piacerebbe, ma ti assicuro che non accadrà neanche fra
eoni…-
Harry lo guardava come
se l’altro fosse un pazzo farneticante.
-La smetti di
straparlare, Serpe? Da dove sbuchi?-
Harry valutò
se accompagnarlo in infermieria. Poi fece spallucce: ma in fin dei
conti che gliene fregava di come stava Malfoy? Tuttavia a quella
domanda sentì un improvviso innalzamento del
livello di acidità del suo stomaco.
In sottofondo, il biondo
continuava a sbraitare.
-E poi, se anche fosse?
Dovresti solo sentirti onorato! Voglio dire: guardami!!!-
Ed Harry effettivamente
lo guardò: aveva un portamento eccezionale anche se
ricoperto di viscidume… Come se fosse davvero il principe
del mondo…Lo invidiava e lo ammirava… E lo
detestava…
Ma perché
continuava ad urlargli contro cose incomprensibili? In fin dei conti
lui gli aveva solo chiesto perché fosse ricoperto di bava...
Cosa aveva sbagliato? Forse certe domande nel mondo dei maghi non erano
consentite. No, forse Malfoy aveva battuto la testa…
-Senti,
dovresti farti vedere... Io non credo che tu stia bene,
c’è qualcosa che non va in te-, esordì
tendendo una mano per indicargli quella che credeva fosse la strada per
uscire da quell’intrico di cunicoli.
-Ah! E così
sarei io a non stare bene, eh? E ci sarebbe qualcosa che non
va in me,
eh? Sei un cretino, Potter!-
Il cazzotto aveva colto
Harry del tutto inaspettato e gli era sembrato un vero affronto: lui si
stava solo preoccupando della salute di quel borioso arrogante e cosa
ci guadagnava? Non un “grazie”, ma botte a
tradimento. Si rialzò mentre già perdeva sangue
dal naso.
Ringhiando un
“quanto sei stronzo” a denti stretti lo aveva
caricato a testa bassa nella pancia tirandolo a terra.
Li avevano divisi un
tempo non ben determinato dopo. A quanto pareva, una Corvonero del
quarto anno li aveva visti passando di là mentre si recava a
lezione: aveva chiamato il proprio capocasa (in realtà,
aveva biecamente fatto la spia sperando che venisse levata una marea di
punti a quei due piccoli casinisti maneschi) che a sua volta
aveva chiamato Piton e la McGranitt e tutti insieme erano venuti a capo
del groviglio di mantelli, lividi ed insulti che i due studenti erano
diventati.
Harry e Draco avevano
così iniziato a conoscere il termine della parola
“punizione” ad Hogwarts.
Fine
flashback
Harry si sentì mancare a quella domanda, ma decise di
partire al contrattacco, prima che le palpitazioni gli stroncassero una
coronaria.
Gli ci vollero comunque almeno un paio di tentativi a vuoto prima di
riuscire a formulare una frase, cosa che diede a Draco il tempo di
intervenire.
-Punto per me, San Potty-, interloquì con aria maligna
disegnandosi un ghigno in faccia. Mentalmente rese lode alla tontaggine
del suo nemico.
-Puoi prenderti tutti i punti che ti pare, Biscia-, ribattè
però quieto Harry, smontando l’altro con un
sorriso. -Non ho intenzione di farmi rovinare questa splendida serata
dal tuo atteggiamento da zitella inacidita. Voglio bere qualcosa e fare
due chiacchiere. Ora, se vuoi seguirmi, ti porto fuori da Hogwarts-,
propose con un tono estremamente dolce che turbò la
superficie del lago di vendetta e ricatto che abitava la mente di
Draco; il quale si domandò distrattamente se quella serata
non potesse in realtà rivelarsi più piacevole del
previsto… E vedere Potter che lo fissava da sopra la spalla
con quell’aria strafottente lo metteva a disagio…
“Cazzate! Draco Malfoy non è mai a
disagio!”, si rammentò Draco.
-Come lei comanda, signore!-, replicò in ogni caso il biondo
con inflessione fintamente formale, incamminandosi a sua volta,
ripetendosi che non era per niente preoccupato e che la situazione era
perfettamente gestibile.
Se tutto fosse andato come credeva, entro la fine della serata avrebbe
avuto lui il coltello dalla parte del manico…
Si bloccarono proprio sul limitare dei rami
dell’agguerritissimo albero: a quel punto Potter
intimò a Draco di star fermo e mentre questi lo guardava
scettico estrasse la bacchetta e con un incantesimo levitante
spedì un sasso a schiacciare qualcosa contro il tronco, dove
le radici affondavano a terra; poi fece qualche passo avanti e da
lì lo chiamò con un gesto per farsi raggiungere.
-Scordatelo! Non verrò a farmi malmenare da quel coso!-
-Andiamo, Malfoy! Ho bloccato i rami!-, lo rassicurò. E a
dimostrazione di questo si avviò verso il Platano
Picchiatore. -Dai, vieni!-
Draco sporse la bocca in un’espressione dubbiosa e si
avvicinò piano, ma quando vide che non succedeva niente
camminò spedito fino a fermarsi accanto all’altro,
che a quel punto gli voltò le spalle e si incuneò
in un’apertura tra le radici sporgenti.
-Potter, razza di cretino, scordati che io mi possa infilare in quella
pertugio melmoso! Sono reduce da un bagno di due ore e non ho
intenzione di ridurmi come un maiale…-
Harry era ormai sparito sottoterra quasi del tutto, solo la testa
sporgeva ancora mentre si calava all’interno, per cui quando
si girò a guardare Malfoy dava la strana impressione di un
animale che sbucasse dalla sua tana; a Draco venne da ridere
perché trovava Harry molto tenero in quel momento, ma non lo
giudicò prudente da esternare.
-Se fosse per te-, iniziò Harry, -dovrei scordarmi di un
sacco di cose…-
Draco si chiese come quel portatore sano di disgrazie potesse ancora
riuscire a sorridere in modo tanto sincero e luminoso nonostante
navigasse in oceani di disperazione.
-…Però ora tu verrai giù con me e,
sì, ti sporcherai come un maiale… Ma appena
avremo finito di percorrere il tunnel, ti insegnerò qualche
incantesimo per ripulirti… E ti prometto che ne
sarà valsa la pena: stiamo per andare a Hogsmeade!-
Beh, era già qualcosa, quella promessa, si disse Draco
scendendo e sperando di non vomitare.
Si trovavano in una specie di anticamera ricavata sotto il Platano
Picchiatore, non molto alta ma in cui si poteva ancora stare in piedi.
–Là ci sono delle tute che utilizziamo per
coprirci quando attraversiamo il cunicolo-, spiegò Harry,
-dal momento che in dei punti è necessario andare carponi-,
continuò ignorando gli occhi del biondo ridotti a due
feritoie: quelle da cui nel medioevo si lanciavano le frecce dai
castelli. –Tu puoi usare quella di Ron, siete più
o meno della stessa altezza-, concluse alzando una mano per prevenire
l’ovvia risposta. –Non ti azzardare a chiamarlo
“pezzente” o ti schianto-.
-“Sudicio pezzente” invece può andar
bene?-, chiese l’altro con ostentata cattiveria.
Harry sospirò: sembrava stanco più che
arrabbiato, avvilito per qualcosa che sapeva solo lui.
-Per Morgana, Draco, ma non ce la fai proprio a stare zitto, ogni
tanto?-
-Non è colpa mia se è effettiv… Come
mi hai chiamato?-
-Eh? No, ti sbagli, io non… Oh, e va bene! Ti ho chiamato
per nome, contento? Il suono del tuo cognome non mi piace,
cioè, voglio dire, dopo l’anno scorso…
Tuo padre… Ed allora mi viene più facile pensare
a te come Draco che non come Malfoy …. Cioè, non
è che io pensi a te, ma se ci pensassi…
Sai… Insomma…-
Draco, inclinando la testa sulla spalla sinistra, valutò se
lasciarlo andare avanti fino a che non si fosse impiccato con le sue
stesse parole; forse era il momento di assestare il primo colpo, visto
che il Grifondoro gli forniva l’occasione su un piatto
d’argento.
-Non c’è davvero bisogno che cerchi delle scuse,
se vuoi chiamarmi per nome: è ok, fallo-, lo
rassicurò.
Ad Harry si sganciò la mascella.
-Io continuerò a chiamarti come ho sempre fatto-, riprese
con tono calmo mentre si infilava la tuta sopra i vestiti. –O
forse ti chiamerò “Harry”: ancora non lo
so, perché è strana questa confidenza fra noi
due. Ma non ho problemi se per te sono “Draco”-.
Gli mise le mani sulle spalle e guardandolo diritto negli occhi
sussurrò. –Mi piace il suono del mio nome nella
tua bocca-, affermò, senza rendersi conto che era stato
più sincero di quanto lui stesso avesse compreso.
Harry iniziò a boccheggiare come un merluzzo spiaggiato; la
sua mascella decise di prendere una strada alternativa e
rotolò via.
Draco ne approfittò per girarlo e spingerlo verso il
cunicolo, dolcemente.
-Mostrami la strada. Ti seguo a ruota-.
Si rifiutò di riconoscere quanto quel discorso gli avesse
scosso qualcosa dentro.
Ed iniziò a contare il tempo alla rovescia prima del
tracollo del moro.
Riemersero tempo dopo alla luce di quella che Draco
identificò come una macilenta catapecchia. Stava per
chiedere dove si trovassero, quando fu colto da
un’illuminazione: corse verso la finestra più
vicina, alla prima rampa di scale, e si affacciò, girando la
testa a destra e sinistra per scrutare il paesaggio.
-È la Stamberga Strillante!-, esclamò tutto
contento della sua scoperta. L’esultanza e il movimento gli
avevano arrossato le guance ed i capelli gli ricadevano scompigliati ad
incorniciare il viso… A Harry si mollarono le ginocchia: per
Merlino, se era bello! Ed arrossì a sua volta. Per sviare
l’attenzione dal proprio viso, domandò la prima
cosa che gli stava passando per la mente.
-Com’è che prima ti sei accorto della mia
presenza?-, chiese abbassando la faccia tutto intento a levarsi la
tuta, ingaggiando una fiera lotta con la cerniera lampo.
Bravo, Harry: ci vuole impegno ed attenzione per vincere la tuta
cattiva!
Draco si staccò dal vetro e prese a spogliarsi a sua volta,
sebbene in maniera molto meno forsennata.
-So del Mantello dell’Invisibilità dal terzo anno,
se te lo ricordi. Quando ci attaccasti con le palle di neve, proprio
qui fuori. Sul momento mi terrorizzai vedendo la tua testa galleggiare
a mezz’aria, ma poi riflettendoci giunsi all’ovvia
conclusione del Mantello dell’Invisibilità; avevo
sentito accennare da mio padre dell’apparente
imprendibilità del tuo e non mi ci volle molto a collegare
che poteva avertelo in un qualche modo lasciato in
eredità… Forse tramite Silente?-,
domandò.
Harry si ritrovò ad annuire, suo malgrado ammirando la
perspicacia di Malfoy.
-Giusto. Ma non pensavo che lo avessi intuito… Non ho
sentito dire che tutta la scuola sappia del mio segreto! Avresti dovuto
mettere i cartelloni già da un pezzo! Da bravo Serpeverde
vigliacco!-, tentò di scherzare il moro.
Ma Draco non la prese bene: alzò uno sguardo fiammeggiante e
buttando con mala grazia la tuta da una parte si avvicinò a
grandi passi. I suoi occhi assomigliavano pericolosamente a cieli in
tempesta.
-Primo-, ringhiò, -non osare presumere di indovinare quello
che potrei o non potrei fare. Secondo-, urlò battendogli
l’indice contro lo sterno, -chiamami ancora una volta
“vigliacco” e ti infilerò la tua
bacchetta in culo così a fondo che quando farai delle magie
le scintille ti usciranno dalla gola!!!!!-
Harry reagì d’istinto, dato che improvvisamente si
era sentito in pericolo, afferrando quel dito teso e torcendolo. Poi,
però, si fermò a riflettere…
Così non andava: erano insieme da poco e già si
scannavano… L’amarezza si impadronì di
Harry ed involontariamente strinse la presa. Draco emise un verso di
dolore, ma la furia non si cancellò dal suo volto.
-Lasciami, Potter! Lasciami andare, ho detto!-
-Draco, ma che cazzo ti è preso?-, soffiò, triste
e stupito, mollandolo. –Io… Era solo una
battuta… Una battuta, Draco, e pure stupida. Mi dispiace.
Davvero-.
Vedere sparire l’ira dal viso del biondo fu come guardare
un’alba sulla neve: luminosa e glaciale da far dolere gli
occhi. I tratti si ricomposero, chiuse le palpebre un paio di secondi,
espirando rumorosamente, e quando li riaprì era tornato
normale.
-Scusami Potter. Sei stato l’obiettivo sbagliato di uno sfogo
fuori luogo. Non potevi sapere… Detesto che mi diano di
vile. Mio padre, lui me ne ha sempre fatto una colpa: non ha mai capito
come distinguere la viltà dal voler vivere
tranquillo… Beh, ma il campione di Hogwarts questo non
può certo capirlo!-
Ora fu il turno di Potter di risentirsi.
-Non dire così…-, ribatté oscurandosi.
–Non sai quanto vorrei fare a meno della gloria, delle
splendide azioni e della notorietà: odio tutto questo con
ogni fibra di me stesso. Ma pare che proprio non riesca a
liberarmene…-
-Vuoi liberartene solo perché non sai gestirlo…-
-Non so gestirlo perché non mi piace! Il mio peggiore incubo
è finire di nuovo sui giornali in articoli di scandalo e
gossip, dove le mie cose personali sono date in pasto al pubblico!! A
volte penso a quando la guerra sarà finita, e mi auguro che
la gente finalmente mi lasci in pace: mi auguro di vincere, di fare
quello che la comunità magica si aspetta da me e di venire
dimenticato!-
-Questo è impossibile, e lo sai…-,
insinuò Malfoy. Una parte di lui stava registrando quel
dialogo per poterci ricavare qualcosa di utile più tardi;
un’altra si sentiva seriamente coinvolta dagli stati
d’animo del moro: magari Harry Potter non era proprio uno
stupido Grifondoro. Magari era una persona realmente interessante…
-Sì, beh, lo so-, ammise Potter. –Ma lo spero lo
stesso. Ora come ora non posso neanche avere una vita privata, tutti
credono di poter dire la loro, quando una cosa riguarda me. La mia casa
mi da anche consigli sulle mie scelte sentimentali!-
Draco lo guardò di sottecchi.
-Davvero?-, chiese con un tono un tantino troppo interessato. Sarebbe
potuto sembrare quello di Piton che avesse appena ricevuto una soffiata
su un Grifondoro colto in flagranza di reato…
-Certo!-, ribatté Harry senza accorgersi di niente.
–Chi mi consiglia Ginny, chi fa il tifo per Luna,
chi… E poi Lavanda, o Mandy Brocklehurst…-
-Ma a te
chi piace?-, si intromise il Serpeverde: che si scoprì
sinceramente interessato alla risposta, al di là dei suoi
loschi piani e delle sue contorte strategie…
-Oh, nessuna di loro!-, rispose vivacemente il moro. Poi parve farsi
pensieroso. –A me non piace nessuna…-,
continuò a mezza voce per poi spegnersi del tutto sul finale.
Draco sentì qualcosa guizzare nelle sue viscere e
lasciò prolungare il silenzio che seguì, ma
quando fu ovvio che l’altro non avrebbe aggiunto niente,
riprese la loro conversazione da prima della brusca deviazione: forse,
per quella sera, poteva segnare un altro punto, anche se doveva esporsi
un po’: una piccola confessione in cambio della fiducia dello
sprovveduto.
-Comunque, tornando alla tua domanda: sapevo che saresti venuto sotto
il Mantello dell’Invisibilità, e potevo indovinare
anche che saresti arrivato in anticipo per potermi tenere
d’occhio… Ma ne ho avuto la conferma solo quando
ho sentito il tuo profumo: per essere uno sciatto Grifondoro, hai un
buon odore. Ed io ho un ottimo olfatto-.
Tentò di osservarlo senza farsi vedere.
Harry aveva le guance in fiamme.
“E ti piace, il mio buon odore?”, pensò
in modo confuso persino per se stesso, il che poteva classificarsi come
un record.
-E… Il mio buon odore… No, come fai a sapere
quale odore ho?-
-Conosci il tuo nemico, Potter. Riuscire a fiutare la tua vicinanza
può costituire un vantaggio. E poi, diciamo che ti trovo
interessante-, proseguì un filo più onestamente.
–Anche se spesso francamente insopportabile. Beh, che
c’è? Riesco a conciliare perfettamente il fatto di
detestarti con quello di ammettere che hai un qualche tipo di fascino-.
Era fatta: neanche Harry Potter avrebbe resistito di fronte ad un
così bel complimento!
-Co-co-come?-, balbettò Harry.
-Ehi, non farne una questione di stato, adesso! Non riesci neanche ad
accettare un elogio?-
-Non è questo-, borbottò.
-Parola mia-, rise sommessamente il biondo. -Un po’ di
autostima in più non ti farebbe male! Pensi che possiamo
salire al piano di sopra? A questo punto, immagino che non ci siano
realmente i fantasmi-
Detto questo Draco si incamminò su per le scale. Il
movimento di salire gli scalini lo faceva ancheggiare.
-Non è questo, Draco. Non è questo per niente-,
ribadì piano Harry fissandolo prima di incamminarsi a sua
volta.
Erano arrivati alla Testa di Porco e l’atmosfera tra loro due
era stata insolitamente rilassata.
Draco aveva dovuto ammettere con se stesso che, inspiegabilmente, gli
piaceva parlare con quel ragazzo che non aveva mai avuto la
possibilità di conoscere: Harry era uno strano miscuglio di
passionalità ed ingenuità, di altruismo e
violenza… Per lunghi momenti i propositi di vendetta di
Draco furono dimenticati: non cercò di spingere la
conversazione verso argomenti che avrebbero potuto dargli una fonte di
scherno verso Potter: semplicemente, lasciò che il discorso
fluisse dal Quidditch alle lezioni di scuola, dai draghi alle
rispettive infanzie. Ci fu posto per confidenze in cui Draco ammise che
non avrebbe voluto seguire il destino della famiglia Malfoy, ma che
tanto non vedeva molte vie d’uscita senza rischiare la pelle
e Harry gli suggerì di provare a farsi una chiacchierata con
il Preside.
Il biondo lo aveva guardato dubbioso ma non aveva fatto alcun commento.
La serata volgeva alla fine ed il Serpeverde non aveva messo a segno il
colpo definitivo: in parte se ne stava fregando, ma il Malfoy dentro di
lui gridava ancora rivalsa…
Harry era del resto palesemente alticcio e semplicemente giubilante:
l’oggetto indiscusso di tutti i suoi desideri era
lì con lui, e se si concentrava poteva sentire il calore
emanato dal suo corpo… Draco che si stava aprendo con
lui… Cazzo, sembrava persino umano, in quel
momento… Così… Bello… E
bello era anche stare con lui… Oramai si era perfettamente
reso conto che era più del suo corpo che
desiderava…
-Ho bisogno di aria-, annunciò ad alta voce, giusto per
spezzare quella litania di pensieri, e si incamminò
barcollante.
Ma prima che si fosse potuto alzare dallo sgabello su cui stava, una
donna piangente si era catapultata dentro il pub.
-P… Per fa… Vore… Aiuto…-,
singhiozzò la donna accasciandosi contro il bancone. Subito
l’eterogenea clientela le si accalcò intorno,
mentre qualcuno se la filava fuori dal locale guardandosi indietro con
aria sospetta. I due ragazzi si avvicinarono anch’essi,
giusto in tempo per sentire la storia narrata tra lacrime e singulti:
la sua bambina, con cui era arrivata quel pomeriggio a Hogsmeade, era
introvabile: madre e figlia avevano partecipato ad una festa e la donna
non si era preoccupata più di tanto non vedendo la piccina,
dato che nella stanza accanto a dove si svolgeva il ricevimento era
stato allestito uno spazio per far giocare i figli degli invitati; alla
fine della cena, però, Melisse non si trovava in nessuna
parte della casa.
-Lei… Ha circa cinque anni… Non so a che ora sia
scomparsa… Io ero alla cena… Lei…
Assomiglia a te…-, aggiunse volgendo gli occhi su Draco e
prendendolo per un polso.
Draco la guardò con tutto il gelo possibile, in una versione
giovanile ma incattivita del padre, e Harry si ritrovò a
posargli una mano sulla spalla: pur senza sapere cosa avesse causato il
repentino cambiamento di umore, sentiva che il biondo era stato colpito
in maniera molto forte da quella situazione.
Per la seconda volta nell’arco della stessa sera, la presenza
di Potter, i suoi gesti, le sue parole placarono l’animo di
Draco: si ritrovò nuovamente a voler allentare la tensione,
solo che questa volta era più difficile… Era
attraversato da ricordi e rancori infantili da cui non era facile
liberarsi: inoltre, aveva paura. Avere a che fare con i sentimenti era
roba da deboli, per un Malfoy: non poteva,
non voleva
averci a che fare, ma la vicinanza di Harry gli apriva la visuale su
mondi interi di sentimenti, dove tutto era vissuto con
intensità… Non si poteva rimanere immuni, era
come un gorgo che attirava verso il basso, verso un fondale ignoto ma
per questo affascinante. Per cui, optò per una via di mezzo
e ricompose il viso in un’espressione più gentile
ma ancora distaccata.
-Signora, lei ha messo da parte sua figlia e ne sta pagando le
conseguenze. Se fosse in discussione solo la sua preoccupazione, me ne
fregherei e starei qui a guardarla piangere: se lo merita, per via
della sua superficialità e dell’aver trascurato
una bimba così piccola per una stupida cena. Ma è
di Melisse che mi preoccupo… Per cui andrò a
cercarla: si da il caso che conosca un paio di posti in cui un bambino
piccolo sui cinque anni potrebbe nascondersi-, le lanciò
contro Draco con fredda schiettezza. -Potter, io vado. Tu raccogli la
descrizione della bambina e vedi se riesci a convincere qualcuno di
questi signori
a cercarla; aspettami qui con la madre, tornerò il prima
possibile-, disse a Harry con un tono di voce meno freddo ma comunque
molto pragmatico.
E senza attendere replica era uscito dal locale.
Non appena fuori, i ricordi lo avevano assalito: anche lui aveva
vissuto una cena noiosissima in una delle case di Hogsmeade. Anche lui
era stato trascurato mentre suo padre e sua madre si intrattenevano in
rapporti sociali vantaggiosi. Anche lui alla fine si era allontanato e
dopo aver girovagato per un po’ tra le stradine era stato
attirato da un capanno che brillava di luce blu.
Girò la testa alla sua sinistra, individuò quel
che cercava e partì a passo spedito.
Sempre sul ciglio del gorgo, continuò a rammentare cosa
fosse successo. I suoi genitori lo avevano cercato disperati quando a
fine serata si erano resi conto che era sparito: quando
l’avevano trovato, addormentato nel capanno, la loro gioia
era stata tale che Draco non era stato neanche sgridato. Anzi, per
qualche tempo Narcissa e Lucius si erano dedicati con maggior cura al
loro unigenito.
Draco aveva vissuto il periodo migliore della sua infanzia.
E poi le cose, piano piano, erano tornate quelle di sempre: genitori
impegnati che amano il loro bambino ma che hanno altro da fare.
“I sentimenti fanno schifo”, si disse Draco
voltando le spalle al gorgo sul cui fondo poteva intravedere la figura
scarmigliata di Harry Potter.
E comunque, era arrivato al capanno, che emanava sempre la stessa luce
blu.
Girò la maniglia della porta ed entrò.
Era stato veramente fortunato, l’aveva trovata al primo colpo.
La bambina era seduta sul pavimento, con la gonna graziosamente
allargata intorno a sé, come una bambola, e guardava
estasiata le lucciole blu che viaggiavano avanti e indietro
nell’aria.
-Vengono qui a dormire, sai-, mormorò Draco accovacciandosi
accanto a lei. –Ciao, Melisse-.
-Ciao-, rispose la bimbetta, per niente stupita che quel giovane adulto
sapesse il suo nome: non riusciva a staccare gli occhi dalle lucciole.
-Tua madre ti cerca, è in pensiero per te-, le
comunicò con voce sommessa, insinuandosi
nell’incanto del momento.
Melisse mise il broncio.
-Per cercarmi dovrebbe essersi accorta che manco. Lei a malapena mi
vede, quando ha queste cene-, confessò di malumore.
-Ti assicuro che è molto in ansia, invece-, disse Draco con
aria solenne. –Sta piangendo perché non ti trova.
Che ne dici se la raggiungiamo? Le potresti raccontare dove sei stata e
chiederle se vuole ritornarci con te. Così avrete questo bel
posto da condividere. Quando ti rivedrà sarà
così contenta che non ti sgriderà e
passerà più tempo con te-.
Tacque la parte dove sarebbe tutto tornato come prima molto presto:
magari Melisse sarebbe stata più fortunata; in ogni caso,
non era davvero il caso di sciuparle la cosa in anticipo.
La bimba si era alzata in piedi e lo aveva preso per mano. Draco
sentì di aver fatto di nuovo un passo verso il gorgo.
-Loro vivono qua tutte insieme?-, chiese Melisse indicando le lucciole.
-Tutte insieme-, confermò Draco, riaffacciandosi sul
maledettissimo vortice.
-Per sempre?-
-Per sempre-, affermò Draco con un sospiro, incamminandosi
verso la Testa di Porco con Melisse.
Dal fondo del gorgo, Harry lo salutava sorridente con la mano.
Quando i due biondi entrarono nel locale, questo era quasi deserto. La
madre si lanciò sulla bambina soffocandola in un abbraccio e
prese a mormorarle dolci parole di scuse; si dimenticò
all’istante di tutto il resto, tranne che per balbettanti
scuse rivolte a Draco, che rispose soltanto con un inchino formale. Ma
sorrise a Melisse strizzandole un occhio, stando attento a che nessuno
lo vedesse.
Da dietro il bancone, il barista asciugava un boccale con aria burbera,
ma i suoi occhi di un azzurro splendente e schietto brillavano
divertiti. O forse commossi. Quando si accorse che stava anche
sorridendo, emise un brusco colpo di tosse e si girò, perso
in chi sa mai quali faccende.
L’unico altro essere umano presente era Harry Potter, che si
avvicinò a Draco guardandolo in una maniera strana.
Stettero in silenzio qualche secondo ad osservarsi, poi Draco
sentì il bisogno di spezzare quel momento.
-Hai visto? Ho fatto presto! Come mai questo posto è
deserto? Hai fatto scappare chiunque con i tuoi accorati appelli di
aiuto?-, chiese sarcastico.
-Veramente sono tutti usciti a cercare la piccola-, ammise con
semplicità Harry. –A volte anche le persone
più impensabili sanno essere generose ed altruiste. Vero,
Draco?-
-Non so a cosa tu ti stia riferendo-, ribatté il biondo a
disagio. Forse arrossendo impercettibilmente.
Harry si avvicinò di un passo.
-Guarda, la bambina ti sta lanciando dei baci con le mani-.
-Solo perché è una bambina ingenua che non sa che
razza di bastardo sono-.
-Smettila-.
-Potter, io sono
un bastardo-.
L’altro ignorò l’affermazione.
-Non so cosa ti abbia spinto a cercarla, ma l’hai fatto
comunque. So che è merito tuo, tutto questo… La
loro gioia, il sorriso del barista che guarda la scena, le lacrime di
gioia di quella mamma… Sei stato grande-.
Draco aveva tentato di minimizzare, perché i complimenti di
Harry Potter, stranamente, lo mettevano in imbarazzo. E dire che lui
nei complimenti di solito ci si crogiolava.
-Potty, non ho fatto niente di speciale…-
-No, non è vero. Tu hai reso quella famiglia felice-,
affermò intenerito: se fino a poco prima era stato devastato
da visioni di sesso rovente, ora sentiva sbocciare qualcosa di
vagamente malinconico e molto delicato, qualcosa che non aveva il
proprio fulcro al cavallo dei pantaloni ma all’altezza dello
sterno. -Al di là dei tuoi spaturni e della tua
insopportabile boria, sai capire gli altri e… Hai reso
felice me. Molte volte, questa sera-.
Fu con queste parole che Harry si avvicinò ulteriormente a
lui e lo baciò.
Un bacio casto, certo. Un bacio a fior di labbra che non era
né una promessa né una richiesta, ma tanto
bastò perché qualcosa cedesse dentro Draco, che
smise improvvisamente di lottare contro il gorgo che
dall’inizio della serata minacciava di tirarlo a
fondo… Smise di lottare conscio che sarebbe stato contento
di annegare.
-Vieni con me, Harry-, ordinò roco afferrando il moro per un
polso e trascinandoselo dietro.
Molte cose accaddero nel corpo di Harry in quel momento.
Tanto per cominciare, le sue sinapsi si rifiutarono di processare cosa
le sue labbra avessero fatto.
Quando poi Draco lo portò fuori dal locale, il potteresco
cervello uscì di casa chiudendo a doppia mandata, dopo di
che lanciò il mazzo di chiavi a caso per strada
lì vicino. Harry non si preoccupò neanche di
chiedersi se sarebbe mai rientrato. Per il resto, procedura di infarto
standard in corso: salivazione azzerata, cuore tachicardico che
minaccia di sfondare le costole, improvviso bruciore di stomaco.
Harry sapeva di non essere mai stato bravo con i sentimenti ed i
rapporti sociali. Dopo sei anni conosceva Ron e Hermione, ma non li
capiva. Poteva pensare come qualcun altro, mettersi nei suoi panni, ma
non indovinare cosa provava: a parte Voldemort… E quello non
era per un cazzo un pensiero confortante. Viveva nell’ansia
di comprendere le persone con cui interagiva: raramente ci riusciva
.Allora, i volti cari erano semplicemente facce, le mani che lo
toccavano erano solo carne e le parole d’affetto solo suoni.
Aveva anche considerato l’ipotesi di essere gay solo
perché avendo a che fare con uomini sarebbe stato
facilitato; si era detto che le ragazze gli piacevano, solo lo
mettevano in soggezione… Era una teoria che aveva retto fino
a che non si era ritrovato una dolorosa erezione nelle mutande una
volta che Seamus decisamente ubriaco gli si era buttato addosso con
fare da gatto in calore dopo una festa Grifondoro particolarmente
sfrenata di quella primavera: avevano passato la notte tra baci umidi e
toccamenti e strusciamenti; la mattina dopo Seamus si era svegliato da
solo sul divano… Ricordava di aver fatto qualcosa con
qualcuno… E non ne ricordava il viso. Per un po’
le congetture si erano sprecate, ma poi tutto era caduto nel
dimenticatoio ed un moro sulla corda del violino aveva tratto un
sospiro di sollievo. Le sue esperienze omosessuali si limitavano a
quella notte, escludendo la pomiciata inaspettata con Justin.
E a tutta una serie di fantasticherie, mentre si toccava, di corpi
vaghi che avevano progressivamente preso la forma ed il volto di Draco
Malfoy.
Ed ora, lo stesso Draco Malfoy lo aveva guidato fuori dalla Testa di
Porco, tirandolo con urgenza fino ad un vicolo. Lo aveva letteralmente
lanciato contro il muro, per poi riprendere quel bacio, che oramai non
era per niente casto: era durato a lungo: irruente dapprima, la lingua
di Draco aveva forzato la linea delle labbra di Harry e si era
insinuata con forza nella sua bocca, mentre Draco gli teneva fermo il
viso con entrambe le mani, quasi che volesse berlo con quel bacio.
Tuttavia con il passare dei minuti tutto era diventato dolce e languido
e lento, tanto che Harry aveva sentito le ginocchia molli, travolto
sì dal desiderio ma anche da qualcosa di maggiormente
profondo e… Beh, ed emotivo.
Avevano le labbra tumefatte quando si staccarono.
Draco lo guardò con espressione persa, incerta,
confusa… E poi, prima di poter comprendere cosa stesse
facendo, la bocca gli si compose nel consueto ghigno. Le parole vennero
fuori da sole, senza che potesse controllarle.
-Cosa farai quando tutti sapranno questo? Oh, il grande Harry Potter
preferisce i maschietti! Rita Skeeter ci andrà a nozze! E
come hai potuto pensare di interessarmi davvero? Sei cascato nella mia
trappola come il piccolo imbranato che sei… Ti avevo detto
che l’avresti pagata! Ti consiglio di non scendere a
colazione domani mattina, dato che tutta la scuola sarà
pronta a ridere di te! Potter che non è altro che una tacca
in più per Malfoy! O magari mi terrò questa
rivelazione per un altro momento e ti lascerò vivere nel
terrore di essere sputtanato da un secondo
all’altro… Sì, credo che
farò così e ti lascerò campare nel
terrore di diventare ancora e di nuovo una preda
dell’opinione pubblica…-
Non attese neanche la risposta e si smaterializzò via da
quel vicolo, perché sentiva uno strano malessere che si
impadroniva di lui.
Un falco d’argento svegliò Blaise.
-Sono ai cancelli di Hogwarts, mi serve qualcuno che mi apra
dall’interno-, comunicò la voce di Draco
attraverso il Patronus; suonava stranamente piatta ed atona.
Blaise bestemmiò sonoramente contro un paio di pantheon, ma
la curiosità fu abbastanza da indurlo a sgattaiolare fuori
dai sotterranei: cosa ci faceva lì il suo amico se era
uscito con Potter?
-Morgana, ti prego, fa’ che non abbia rovinato
tutto…-, bisbigliò uscendo sul prato ed
intravedendo da lontano la figura del biondo che si ergeva dietro la
cancellata.
Draco era da solo.
Aveva evidentemente rovinato tutto; restava da capire quanto
irreparabilmente.
Tuttavia, quando il Serpeverde di colore aprì il cancello
mormorando gli incantesimi e le parole d’ordine che avevano
rubato dall’ufficio di Piton, capì che non era il
caso di fare domande e tanto meno di riprendere l’amico:
Draco sembrava sconvolto e francamente al di là delle sue
capacità di ragionamento; continuava a ripetere frasi
sconnesse del tipo “cretino, non dovevi” e
“come ho potuto”, ma ad un certo punto fu
attraversato da un brivido e si piantò in mezzo ai prati di
Hogwarts. Seguendo la direzione del suo sguardo, Blaise vide Harry
Potter e decise che aveva molta nostalgia del suo letto: si
ritirò senza una parola.
-Credo che dovremmo parlare-, affermò il Grifondoro
lapidario.
-Non credo proprio-, ribatté Draco ostentando una certa
arroganza.
-Preferisci che ti prenda a pugni?-, minacciò Harry facendo
un passo avanti.
-Vuoi che ti lanci un Avada Kedavra?-, chiese con nonchalanche il
biondo.
-Lo faresti?-, domandò incerto l’altro.
-Puoi scommetterci il tuo culo rotto che lo farei!-, sputò
fuori Draco con tutta la cattiveria possibile.
Fu in quel momento che Harry Potter si concesse il lusso di crollare.
Non l’avrebbe mai più fatto per Draco Malfoy,
giurò a se stesso in quell’istante… Ma,
per quella sera, sì. In quel momento, decise di voler
crollare. Si afflosciò come un fiore reciso tenuto in un
vaso per troppi giorni, ripiegandosi su se stesso, il mento che quasi
toccava la sommità dello sterno.
-Potter, ti prego, dimmi che stai per piangere-, lo schernì
il Serpeverde chinando il capo da un lato per osservarlo con studiato
interesse.
Sì, stava per piangere, ma quelle parole lo riscossero. Col
cazzo che avrebbe pianto per quella merda!
Si passò furiosamente la manica della giacca sugli occhi ed
approfittando della vicinanza del viso di Draco gli piantò
una testata ben assestata sul naso, il quale smise di vederci e cadde
in ginocchio, gli occhi lacrimanti ed un dolore lancinante che si
diffondeva ovunque nella testa, impedendogli di parlare e persino di
pensare.
-Quel bacio non ha significato niente per me, capito? NIENTE!-,
sibilò cattivo il Grifondoro all’orecchio del
Serpeverde. Dopo di che si avviò con passo deciso verso il
castello.
Draco, invece, rimase ancora a lungo inginocchiato nell’erba,
a smaltire il dolore e tentare di smettere di far scorrere le lacrime.
Dal momento che ho
deciso di adottare i nomi italiani per questa fanfiction, il Platano
Picchiatore è, appunto, un platano, come già
avete potuto notare nello scorso capitolo. Ma la mia indole purista si
ribella e devo a tutti i costi precisare che in inglese è
“Whomping Willow”: per cui, il manesco albero
è in realtà un salice…
Senza rancore verso i
traduttori.
|
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Capitolo 4 *** non c'è due senza tre ***
Eccomi qua!
Sono contenta che la
storia vi stia piacendo: tra le recensioni e i preferiti, mi avete
fatto venir voglia di continuarla!
Disgraziatamente, il
fatto di star fuori dodici ore al giorno rallenta molto i miei ritmi di
scrittura… E poi internet è andato per un
po’ a pascolare nei campi della burocrazia della
Telecom…
Potrei arrischiarmi a
dirvi che sarà finita in non più di tre o quattro
capitoli, ma come sapete non ho un grande controllo sulle storie che
scrivo: più che altro mi sembra di essere semplicemente la
narratrice di cose che avvengono comunque.
So che aspettate il
seguito anche de "L'ottavo anno", il cui capitolo arriverà
(mi sbilancio) lunedì notte; per il momento, sono felice di
essere qua: mi lasciate qualche recensione di benvenuto?
Nel frattempo (angolo
della pubblicità), ho postato anche una one-shot, che oramai
dovretsa aver visto: dato che l’ho impostata come roundrobin,
mi farebbe piacere se qualcuno di voi che mi legge volesse dire la sua
con qualche capitolo…
Vi lascio alla lettura,
ma prima... Per la cronaca, Harry sotto la doccia canta le canzoni dei
Puddle Of Mudd, dei Sum 41, dei The Shins e qualcosa dei My Chemical
Romance: Hermione gli ha regalato una specie di radio magica che,
opportunamente modificata, capta anche i canali babbani.
Spero che non vi foste
aspettati ballate romantiche del folklore britannico!
Dal momento che
è molto geloso della sua privacy, per favore non
andategli a raccontare che ve l’ho detto.
La mattina successiva era stata data voce in giro per il dormitorio dei
Serpeverde di non rivolgere parola a Draco Malfoy. Persino i compagni
del suo stesso anno si tenevano a debita distanza, figuriamoci i
più piccoli.
Al ritorno dalla colazione in Sala Grande, dove di Draco non si era
vista l’ombra, Tiger aveva posato un piatto di leccornie
davanti alla porta del loro Prefetto ed aveva bussato tre volte, per
poi allontanarsi: qualche secondo dopo una mano candida ed affusolata
si era introdotta nel varco creato dal battente ed aveva ritirato il
piatto. Il tutto senza che venisse proferito verbo.
Verso le due del pomeriggio un elfo di Hogwarts era venuto a bussare
alla Sala Comune ed aveva consegnato direttamente nelle mani di Malfoy,
che lo aveva atteso sulla soglia della sua stanza, una missiva. Nott
aveva visto Draco inchiodato lì rabbrividire ed aprire la
busta con una furia controllata che si era via via fatta meno
controllata mentre ne scorreva il breve contenuto. Alla fine, Draco
aveva accartocciato e lanciato via la pergamena con un urlo, un
ruggito, e schiumante di rabbia si era di nuovo chiuso in camera sua
dove da ore passeggiava avanti ed indietro come una tigre in gabbia.
Goyle, incuriosito, era entrato nella stanza e ne era stato cacciato
fuori con una fiumana di insulti che avrebbero scosso persino un
gigante dei ghiacci. Da allora, regnava un silenzio innaturale da
entrambi i lati della porta. Le congetture si erano sprecate, ma
nessuno aveva osato chiedere.
Blaise, che immaginava cosa fosse successo, parlottava in un angolo
della Sala Comune con Pansy: avevano recuperato la lettera e dopo
averla letta avevano lanciato sguardi preoccupati in direzione della
stanza dove Draco era barricato.
“Se parlerai
tu, parlerò io, ripetendo quello che ti ho detto questa
notte.
NON HA SIGNIFICATO NIENTE”.
Solo queste parole erano vergate sulla pergamena, per di più
anonima.
Ma i due ragazzi sapevano a chi appartenesse quella grafia un poco
sghemba.
Mi rifiuto
categoricamente di ammettere che la serata appena trascorsa possa avere
avuto altro fine e significato che non fosse la vendetta!
Nego ogni coinvolgimento,
ogni partecipazione emotiva! Capito, diario del cazzo?
E non mi interessa e non
mi tange che lui accampi stupide scuse, come quella che il bacio non
è contato niente per lui, solo per evitare che io divulghi
la mia notizia!
Attenderò il
momento opportuno per sputtanare Harry… Cioè,
Potter!
Lui non mi piace,
baciarlo è stato orribile e non l’avrei mai fatto
se non avesse portato al compimento del piano!
Credo.
-Harry?-, chiamò Hermione da dietro la porta del dormitorio
del sesto anno Grifondoro. -È tutto il giorno che non esci
di lì, iniziamo ad essere in pensiero… E poi, qua
su fa un caldo terribile e tu non hai mangiato e bevuto niente in tutto
il giorno: finirai con il sentirti male…-
-Amico-, si intromise Ron. –Hai ancora fatto quegli strani
sogni? Quelli per cui da mesi non riposi bene?-
Dentro la stanza, Harry premette ancor più la faccia sul
cuscino e pianse più forte.
Fuori, Hermione tirò una forte gomitata a Ron, che
però non colse il velato
accenno dell’amica a zittirsi e continuò a girare
il coltello nella piaga.
-Sai, mi dispiace per te… Anche se non te l’ho
detto mai prima. Quegli incubi devono essere tremendi,
perché passi le notti a gemere e a rigirarti nel letto come
se le visioni che hai non ti dessero pace… A volte ti guardo
e sei tutto sudato…-
Harry attaccò ad ululare, la voce soffocata fortunatamente
dalle piume del cuscino.
Hermione tentò di trascinare via Ron prima che
l’altro suo amico decidesse di buttarsi di sotto dalla torre,
spinto dalle consolazioni
del rosso.
-Vieni via, Ron, per l’amor del cielo…-, lo
esortò lei esasperata.
-Ma, Hermione, prima mi dici che devo parlare di più con lui
e poi…-
-VIENI VIA, HO DETTO!! Seamus, prenditi questo cretino e portalo a fare
due tiri a Quidditch! Harry-, continuò girandosi e parlando
alla porta in modo più controllato. –Se solo tu ti
decidessi ad ammettere cosa ti fa stare male… Io…
Guarda, mi dispiace di non averlo capito prima, neanche quel giorno in
cui è stato fatto lo scherzo a Malfoy… Ma ora ci
sono arrivata, e ti assicuro che non c’è niente di
male… Niente di sbagliato… Nessuno ti
biasimerà… Beh, forse Ron all’inizio
non sarà proprio esultante, ma lo
accetterà… Harry, ti prego, esci e
parliamone…-, lo scongiurò Hermione. Poi aggiunse
quello che secondo lei avrebbe dovuto sollevare di morale il ragazzo.
–Nessuno sceglie di chi innamorarsi…-
Adesso il pianto si poteva distintamente sentire oltre il cuscino e la
camera, fino alla Sala Comune.
E così, rifletté Harry con un angolo della sua
mente mentre singhiozzava, era di quello che si trattava: sembrava
paradossale che lo avesse compreso Hermione al posto suo…
Che fosse stata lei a tradurre in parole il tremendo sospetto che lo
aveva colto al rientro nel castello quella notte: era innamorato.
Né più, né meno.
Era una catastrofe.
Molto più grande del semplice essere gay ed attratto da
Draco Malfoy.
Si disse che non poteva essere… Non ci si può
innamorare così, in una serata, e per di più di
uno stronzo che rovina il tuo più bel bacio della vita con
minacce e cattiverie.
Decisamente no.
Allora perché stava sorridendo come un beota al solo ricordo
di quel bacio, persino tra le lacrime?
Perché era stato fantastico.
Il modo in cui Draco gli aveva reclinato la testa per poter avere
meglio accesso alla sua bocca, il modo in cui lo aveva sovrastato
spingendolo contro il muro con tutto il proprio corpo. Come aveva mosso
la lingua, le mani, le dita nei capelli di Harry.
Il gemito che aveva emesso poco prima di forzare le labbra del moro.
Era stato tanto magnifico il durante quanto terribile il dopo.
E Harry lo amava. Di un amore appena sbocciato, di un amore che ancora
non era propriamente amore… Harry era innamorato, ecco.
Un po’ meno grave essere innamorato, rispetto ad amare.
Un gran casino lo stesso.
“Però… Magari meno doloroso”,
si disse il ragazzo rialzando la faccia dal cuscino.
Magari se lo poteva dimenticare.
Poteva imporsi
di dimenticarlo.
In fin dei conti, quanto mancava alla fine della scuola? Qualche
settimana, semplici manciate di giorni: manciate di giorni in cui
doveva tener duro e poi non lo avrebbe rivisto fino a settembre; Harry
sarebbe andato dai Dursley, poi alla Tana.
Niente Malfoy.
Si sarebbero rincontrati per l’inizio del settimo anno, se
Voldemort non avesse deciso di scombinare le vite di tutti prima: per
allora, per Harry, Draco Malfoy sarebbe stato un Signor Nessuno
qualsiasi.
E da qui alla fine della scuola lo avrebbe ignorato. E detestato per
quello che gli aveva fatto.
“Fanculo all’essere innamorato”, concluse
uscendo dal dormitorio per andare a farsi una doccia nei bagni al
settimo piano.
“Risponderò alle sue offese, ai suoi
insulti”, si ripromise fieramente. “Non mi
tirerò indietro se vorrà fare a botte. Non mi
lascerò mettere sotto”.
Alla menzione di “lasciarsi mettere sotto” qualcosa
guizzò nei boxer di Harry, che con un gemito decise di
optare per una doccia gelida.
Nel frattempo, Draco era diventato ormai presso che isterico, pronto ad
avadakedavrizzare il prossimo… Quando una calma innaturale
scese su di lui. Ruotò la testa a destra e sinistra,
eliminando la tensione dal collo e smise di camminare per la camera,
dirigendosi invece verso la porta: anche lui aveva deciso che
l’acqua gli avrebbe schiarito le idee e lo avrebbe rimesso
nel giusto stato d’animo, per cui si era indirizzato verso il
comodo bagno dei Prefetti del quinto piano.
Sì, un bel bagno lo avrebbe calmato. Un bel
bagno… E Mirtilla Malcontenta da gambizzare, metaforicamente
parlando
-Mirtilla!-, tuonò spalancando la porta ma con voce allegra.
–So che sei qui! Presto, vieni!-
La faccia perennemente triste di Malcontenta sbucò da un
rubinetto e la sua espressione si fece quasi morbosamente simile a felice quando vide
chi era entrato.
-Ohoooo, sei tuuuu!-
Draco le scoccò un’occhiata assolutamente
compiaciuta: dopotutto, anche se era morta, era pur sempre qualcuno che
lo adorava.
-Mirty, mi faresti compagnia mentre mi faccio un bagno?-, chiese,
sapendo già quale fosse la risposta. La ragazza
annuì con enfasi e scivolò fuori dalle tubature,
mentre Draco iniziava a spogliarsi: da questo punto di vista erano
perfetti insieme: lui non aveva problemi a farsi vedere nudo, lei non
aveva problemi a vederlo nudo.
-Allora-, cominciò distrattamente mentre si sfilava la
camicia dalle spalle, lasciando che gli si vedessero i muscoli della
schiena mentre li fletteva, -hai poi fatto quello che ti avevo
chiesto?- e girò la testa da sopra una spalla per guardarla.
Mirtilla stava sbavando, o almeno Draco credette questo, anche se forse
i fantasmi non possono sbavare.
-Come?-, parve riscuotersi.
-Hai poi fatto quello che ti avevo chiesto?-, ripeté non
molto pazientemente.
-Io… Beh, lui non si è visto molto
ultimamente…-
-Imago stato!-, esclamò di punto in bianco Draco girandosi e
puntando la bacchetta contro il corpo… La
persona… La forma di Mirtilla, che rimase bloccata a
fluttuare sopra la vasca, con la bocca ancora aperta
nell’ultima parola. Il biondo terminò di
spogliarsi e si calò nell’acqua. Sorrise beffardo.
-Allora, Mirtillina, ti è piaciuta questa mia nuova magia?
Mi sono preparato nell’ultimo mese, in attesa dei nostri
incontri, e questo è un vecchio incantesimo che non
conoscono o non usano più in molti: del resto, di solito non
c’è bisogno di fermare i fantasmi, visto che la
maggior parte di loro, contrariamente a te, non crea disturbi. Ora-,
proseguì mellifluo, -ti libererò, ma tieni
presente che potrei ripetere la magia se dovessi, come dire, diventare
pressante come il tuo solito. E voglio informarti che questa fattura
può essere sciolta solo da chi l’ha pronunciata.
Vedi, sarebbe molto fastidioso
per te rimanere a dondolare in quella posizione in quel posto per
diversi giorni… Imago exempta-
Come fu libera, Mirtilla iniziò a lamentarsi con singhiozzi
ululanti. Draco la lasciò fare per un periodo indeterminato,
ignorandola, durante il quale si tuffò sott’acqua
e ne riemerse con una montagna di sapone sulla testa, sbuffando e
riavviandosi i capelli; perse qualche respiro a considerare che ormai
avrebbe dovuto tagliarli di nuovo, giusto per non accentuare troppo la
somiglianza con il padre, ma chi sa perché non riusciva a
decidersi… E forse la tortura alla ragazza fantasma poteva
cessare, o sarebbe stato poi impossibile cavarle qualche informazione
utile: si alzò in piedi nella vasca spalancando le braccia e
sorridendo mentre la guardava da sotto in su: sapeva di offrire uno
spettacolo magnifico, con le goccioline di acqua colorata che
scorrevano lungo il suo corpo sulla pelle diafana come la porcellana,
le guance e le labbra più rosse del solito per via
dell’alta temperatura raggiunta nella stanza, gli occhi
brillanti di malizia.
Mirtilla si strangolò con un suo stesso singhiozzo, sempre
che gli spettri potessero strangolarsi.
-Dai-, la invitò la Serpe con un tono confidenziale, -vieni
a sederti accanto a me e chiacchieriamo un po’: raccontami
come hai passato questo ultimo periodo-.
Lei gongolò, tutta risolini e gridolini.
Ma Mirtilla era Malcontenta mica a caso. Le sue avventure di non-vita
avrebbero annoiato persino il professor Ruf; Draco si era stampato in
faccia una maschera di interesse dietro la quale pensava ai cazzi suoi
ed un paio di volte dovette nascondere degli sbadigli dietro cumuli di
schiuma. Ad un certo punto una nota di verde sulla vetrata del bagno
gli ricordò il suo appuntamento della sera prima e decise di
interrompere quel fiume di parole.
-Sì, credo anche io che dovrebbero sfrattare le sirene dal
lago e credo che si siano comportate in modo veramente orrendo con te
e, sì, mi dispiace di non essere potuto passare a salutarti
prima d’ora-, la rassicurò. –Ma
dimmi… Di lui
cosa sai?-
Durante il quarto anno anche Draco aveva frequentato abusivamente il
bagno dei Prefetti, e non aveva impiegato molto ad ingraziarsi
Mirtilla; quando poi aveva scoperto che da dopo la seconda prova del
Torneo Tremaghi Harry Potter aveva preso a recarsi lì
abbastanza spesso, aveva visto nella ragazza una fonte di possibili
notizie e da allora aveva raddoppiato i suoi sforzi per tenerla dalla
sua parte. Inoltre, Mirtilla lo aggiornava su tutti i pettegolezzi che
sentiva nei bagni delle ragazze, e questo dava a Malfoy il potere di
ricattare praticamente tutta la scuola.
Non che ne avesse mai approfittato in modo plateale od
eccessivo… Ma conoscere i segreti degli altri da
potere… E Draco adorava il potere, anche se poi finiva per
non servirsene spesso: ti permetteva di vivere tranquillo. Molti dei
suoi calunniatori sarebbero stati sorpresi di sapere quanto poco Draco
in realtà si interessasse alle faccende altrui; nel suo
dormitorio, tranne quando aveva le palle girate, era in genere
benvoluto: temuto, ma benvoluto.
Ed in fin dei conti era pienamente odioso solo con Potter. E con i
Grifondoro, che erano la banda di Potter. E con gli amici di Potter,
che erano appunto suoi amici. E con l’Esercito di Silente,
che erano i sostenitori di Potter. E con i conoscenti di Potter che
parlavano di lui come se fossero, o Merlino!, intimi. E… Il
biondo si trovò a considerare che gran parte di Hogwarts
sarebbe vissuta meglio se Potter non avesse avuto a che fare con Draco
Malfoy. Mai.
Forse la cosa migliore era obliviare entrambi…
-Oh, aveva smesso di venire qui già dalle vacanze di Pasqua
dell’anno scorso e, sai, mi è dispiaciuto molto
perché eravamo veramente due spiriti affini: lui non faceva
che piangere…-
-Piangere?-, chiese lui interompendo il filo dei suoi pensieri. Pasqua
era stato più o meno il periodo in cui Silente era scappato
dalla scuola.
-Sì!-, confermò Mirtilla scuotendo
affermativamente la testa con veemenza. –Fin dai primi giorni
del quinto anno veniva qui a disperarsi. Povero bel Harry, che credeva
di essere responsabile della morte di Cedric…-
-Si incolpava per quel che è successo a quel coglione?-
E dire che aveva tifato per lui, piuttosto che per Potter. Per uno
squallido Tassorosso che si era fatto fregare da Voldemort come un
pivello. Potter lo affrontava e ne usciva illeso da quando aveva un
anno… Bravo Potter!
E ora che cazzo significava quel pensiero? Si passò una mano
tra i capelli, gonfiando il torace in un sospiro. Mirtilla
ridacchiò.
-Cedric era bello!-
-Sì, certo. E Tiger è intelligente!-
-Comunque-, riprese il fantasma con tono sostenuto, -le cose sono
andate sempre peggiorando, per Harry: gli incubi, nessuno che gli
credeva…-
-Mirtilla, queste cose le so già. Stupiscimi con notizie
nuove!-
-Pensava di non avere successo con le ragazze!-, aggiunse
precipitosamente quella per placare la crescente irritazione del
ragazzo. Il quale strinse gli occhi in un guizzo di autentico interesse.
-Davvero?-
-Si lamentava di non provare interesse per la piccola Weasley quando
lei era così affascinata; sosteneva di aver combinato un
casino con la cinese Corvonero, di non aver concluso niente al Ballo
del Ceppo al quarto anno e cose così… E dire che
Chang non è poi così carina… E poi,
poco prima di Pasqua, una volta ha aggiunto qualcosa riguardo a
qualcuna che non lo considerava neanche… E parola mia questa
tipa doveva veramente avere gli occhi ricoperti di pancake!-
Le sinapsi ed i neuroni nel cervello di Draco stavano improvvisando una
polka, dopo aver sparato razzi di segnalazione a destra e a manca.
Facevano capriole su tappeti elastici.
Un Draco di tre anni aveva alzato un cartello con su scritto
“vai, Draco, sei tutti noi!”.
Ecco qual era la soluzione!
A Potter piaceva qualcuno! Un ragazzo!
Doveva solo scoprire chi… E poi, Draco avrebbe potuto
continuare a torturarlo, magari ricattandolo, causandogli anzi il
doppio dei tormenti.
Deduzione giusta, conclusione sbagliata.
Draco di tre anni uscì di scena trascinandosi dietro
mestamente il cartello che aveva sbandierato fino a dieci secondi prima.
-Sei un genio, mio carissimo spettro!-, giubilò invece Draco
in carne e ossa alzandosi in piedi fuori dall’acqua ed
iniziando a sciacquarsi: concesse a Mirtilla abbondanti visioni del
proprio corpo per ricompensarla delle informazioni, perfino mentre si
vestiva. Non appena fu pronto, e gli ci volle un po’ per
essere perfetto come lui pretendeva, la guardò e chiese a
bruciapelo chi tra loro tre fosse più bello. Lei
sbatté gli occhi, confusa.
-Fra me, Potter e Diggory-, spiegò lui.
-Ah! Oh, beh, non saprei…-
-Il nome, Mirtillina-, minacciò il biondo.
Il sorriso di lei si illuminò, avendo raggiunto una
verità universale con il suo cervellino morto.
-Tu e Harry! Siete opposti ma ugualmente belli! Uno chiaro come il
sole, l’altro scuro come… Come… Ma
sì, siete il vostro riflesso opposto, la… Anche
come carattere! Anche se a prima vista non sembrerebbe! È
come se foste in un qualche modo complementari… Una
splendida coppia di opposti! Io credo che…-
Il ragazzo annuì e si avviò verso il corridoio;
era ormai sull’uscio quando si girò e
sussurrò “imago stato” dolcemente e
satanicamente.
Poi corse nella sua stanza ad aggiornare il proprio Diario di Guerra.
Forse dovrei smetterla.
La prospettiva di
infastidirlo non mi arride poi molto, al momento.
Anche se è
bello guardarlo quando ha il viso corrucciato per la rabbia.
Certo, Potter
è parecchio carino. Affascinante in una maniera tutta sua,
con quel cespuglio incasinato in testa e quegli occhi che sembrano
sezionarti, con il suo stupido complesso dell’eroe e la sua
maniera di ridere, piena e travolgente.
Forse non è
così male neanche quando non è arrabbiato.
Draco si interruppe, solleticandosi il mento con la punta della piuma,
pensieroso. L’immagine che gli era passata nel cervello,
quell’intrico di corpi e lenzuola, lo aveva lasciato per un
istante senza fiato. Chiuse gli occhi respirando a fondo per scacciare
la visione e rifiutandosi di procedere su quella linea di pensieri
scomodi e che gli dava un certo bruciore di stomaco. Riprese a scrivere
cambiando decisamente registro. Convinto che negando con forza avrebbe
cancellato il brivido di eccitazione che gli aveva dato immaginare
Harry e lui insieme a letto.
Strategia Serpeverde
n°3: ATTENDI…
OH, FANCULO LE STRATEGIE!
DOMANI MATTINA, APPENA LO BECCO IN CORTILE, LO SCHIANTO!
E così era andata: Draco aveva schiantato Harry prima delle
dieci di mattina, alle dodici Harry aveva fatto un incantesimo
Herbivicus alle piante presso cui Malfoy riposava in attesa della
successiva lezione, lasciandolo imprigionato in un intrico di verde.
Verso le quindici Potter si era ritrovato a testa in giù ed
alla fine delle materie della giornata i due, rincontrandosi in cortile
erano niente poco di meno riusciti a disarmarsi vicendevolmente e
contemporaneamente, per passare a quel punto alla zuffa a mani nude.
Si erano ritrovati poco dopo in Infermieria pesti in maniera assurda.
Madame Chips aveva drogato entrambi, perché continuavano a
sputarsi addosso insulti come due mitragliette.
-Mi stavano facendo venire mal di testa-, si giustificò con
gli amici dei rivali, che li avevano scortati là e la
stavano guardando a bocca aperta.
Così, alle sei del pomeriggio, Harry e Draco dormivano.
Ron ed Hermione da una parte, Pansy e Blaise dall’altra, li
vegliavano, lanciandosi occhiate imbarazzate.
Una scena simile si era ripetuta il giorno dopo, e quello dopo ancora,
con la variante di scenario: la Scalinata Principale ed una Sala
Studio.
Sentirli gridarsi fatture attraverso i pianerottoli, separati da scale
che continuavano a mutare direzione, era stata una scena abbastanza
memorabile: addirittura il Barone Sanguinario si era fermato ad
osservare.
La Sala Studio era stata chiusa per restauri.
Persino Pix era fuggito.
Al quarto giorno, appena i due si erano incontrati, davanti
all’imbocco dei sotterranei che conducevano a Pozioni,
avevano istantaneamente lasciato cadere il libri che portavano e senza
neanche provare ad estrarre le bacchette avevano iniziato a darsele di
santa ragione, accompagnando il tutto con urla belluine ed offese da
primato.
Si erano ritrovati come da copione tutti e sei in Infermieria, con i
due disgraziati come al solito k.o. per via delle pozioni…
Unica variante: l’orario: un record: non era nemmeno ora di
pranzo.
Ad un certo punto Pansy esplose.
-Io non ce la faccio più a star qui seduta ad aspettare che
si svegli! Mi annoio a morte!-
E tirò una gomitata a Draco, che mugolò nel sonno.
Ron la guardava come se si aspettasse di vederle uscire le fiamme dalle
narici.
-Tu-, esordì, indicando per l’appunto Ron, che
sbiancò.
Pansy tirò fuori la bacchetta.
Ron mugolò disperato, rendendosi conto di aver lasciato la
propria nel dormitorio..
-Partita a Gobbiglie?-
Hermione e Blaise sospirarono di sollievo all’unisono e si
guardarono, sorridendosi in modo titubante.
La Serpeverde nel frattempo aveva evocato due sacchetti ed aveva
tracciato un cerchio per terra.
-Ci sto-, rispose Ron avvicinandosi. –Ma non avrò
pietà!-
-Oh, nemmeno io…-, ribatté lei mielosa e ambigua:
il tono che potrebbe avere una chimera che ti fa un complimento prima
di mangiarti.
Ron questa volta arrossì.
Blaise, invece, avvicinò la sua sedia a quella di Hermione.
-Allora, cosa ne pensi dell’ultima lezione di Aritmanzia?-
Ed iniziarono a parlare.
Quando Harry e Draco si svegliarono, era pomeriggio inoltrato ed erano
soli. Il tempo di notare che i loro rispettivi amici non
c’erano e che per terra era stato disegnato un cerchio per il
gioco delle Gobbiglie, che avevano ripreso ad azzuffarsi.
Smisero solo quando arrivarono i loro rispettivi Capocasa, comunicando
che sotto ordine del Preside, si erano guadagnati tre giorni di
detenzione ciascuno in un’ala isolata del castello. Sia Piton
che la McGranitt ci tennero a sottolineare che Silente non aveva mai
ordinato la detenzione da quando era diventato Preside.
Furono tre giorni tranquilli per la scuola: tutto lo staff di Hogwarts,
gli studenti e persino ritratti, fantasmi ed armature parevano
più rilassati, distesi.
Anche la calura si era ridimensionata.
In più, si poterono notare quattro personaggi, due
Grifondoro e due Serpeverde, che giravano sempre più spesso
insieme nel tempo libero.
Harry aveva scontato quella punizione in bilico tra sentimenti di furia
verso Draco Malfoy, vendetta verso Draco Malfoy, desiderio verso Draco
Malfoy… insomma, aveva pensato costantemente a Draco Malfoy,
e la cosa lo aveva depresso.
Draco ne aveva approfittato per sfogarsi.
Non era servito a molto, ed ora si sentiva ancora più
confuso, sempre rifiutandosi di dare una definizione a quella
confusione.
Stupido Silente, stupida
punizione, stupido Harry, stupide canzoni di stupidi Babbani che non se
ne vanno dal mio cervello da quando ho sentito lo stupido Harry
cantarle, stupido caldo che fa in questa torre, stupidi ricordi di
quella stupida sera, stupida sera che non ha significato niente,
stupido bacio che per Potter non ha significato niente… E
neanche per me, ovviamente! Lo ribadirò fino alla morte!
Stupide mani di Potter
sui miei fianchi, stupido buon sapore della pelle di Potter,
stup…
La chiave che girava nella toppa interruppe lo sproloquio scritto di
Draco, che infrattò il Diario di Guerra sotto una pila di
libri.
Il volto severo della Professoressa di Trasfigurazione fece capolino
dalla porta aperta.
-Signor Malfoy, la sua detenzione è finita. Raccolga i suoi
oggetti e mi segua.
In corridoio c’era già Harry Potter scortato da
Severus Piton.
Draco si risentì che fosse stato scarcerato prima Harry di
lui, poi si dette di idiota infantile, ma il risentimento non si
placò, se non quando notò che Harry Potter non
aveva per niente il viso felice: doveva aver passato tre giorni di
merda, lode a Salazar.
Draco sperò che le zanzare non lo avessero fatto riposare mai.
Forse avrebbe invece preferito sapere la reale motivazione di
quell’espressione; forse, nel saperla, avrebbe gioito di
più. O forse, avrebbe avuto una diversa reazione, che lo
avrebbe portato su una strada nuova.
Ma Draco la reale motivazione non la sapeva, e si limitò a
ringraziare sentitamente il popolo delle zanzare.
Perché Harry Potter doveva soffrire.
Meglio se per mano di Draco Malfoy.
Anzi, Draco stava già progettando nuovi e rinnovati
tormenti, perché non sapeva risolversi a lasciare in pace
Harry, neanche per un secondo.
E non c’entrava niente con quello che insinuava Blaise,
né con le stupide teorie di Pansy: non era assolutamente
vero che dava il tormento a Harry perché non sapeva stargli
lontano.
Anzi: lui lo odiava!
Lo avrebbe martirizzato con ulteriori e migliorati piani e…
E poi Harry sollevò lo sguardo e lo fissò con
tutta la rassegnata tristezza di questo mondo, lo guardò
come se Draco fosse un fiore raro, anche se velenoso, un animale
magnifico anche se letale.
Draco si sentì travolgere da quello sguardo, ebbe in qualche
modo paura del carico di sentimento che vi si leggeva e fece un passo
indietro: per un secondo, un solo secondo, valutò la
possibilità di ricambiare quello sguardo, ma poi la sua
dannatissima bocca si aprì di sua propria iniziativa, come
al solito per vomitare insulti.
-Potty, sarà stato difficile per te star da solo…
Voglio dire… Con tutto il vento che tira in quella testa
vuota…-
Non era stato un grande insulto, per la verità. Ma tanto
bastò perché la tenera tristezza dallo sguardo di
Harry scivolasse via. Il volto si indurì
nell’espressione rabbiosa che tante volte aveva riservato a
Malfoy.
-Io almeno non ho avuto difficoltà a prender sonno
perché ho paura del buio…-, replicò
acido il Grifondoro. –Io non ho urlato come una mammoletta,
facendomi sentire a metri di distanza-.
Si scrutarono in cagnesco, arrabbiati. Di nuovo. Come sempre.
Fu la McGranitt a parlare, forse perché Piton, alle spalle
di lei, era troppo impegnato a guardarli schifato.
-Adesso basta. Quanto successo non dovrà ripetersi. Nel caso
scoppi ancora una lite in cui siete coinvolti nei pochi giorni che
restano prima del termine dell’anno scolastico, verrete
espulsi senza possibilità d’appello; spero di
essere stata chiara. Adesso, stringetevi la mano come due gentiluomini.
Avanti!-
I giovani si strinsero le mani come se ognuno dei due temesse di
prendere la lebbra dall’altro.
Nel frattempo, si stavano guardando come se si volessero sputare
addosso.
Non appena si furono lasciati i palmi, scattarono via da quella torre
afosa, quasi all’unisono.
-Neanche io e James Potter ci odiavamo tanto-, considerò
Piton affiancandosi a Minerva McGranitt. –E dire che io ero
più diabolico di Malfoy e lui molto più stronzo
del figlio-.
-Severus, tu dei ragazzi non hai mai capito niente. Dei sentimenti
ancora meno-, sospirò la Vicepreside. –Vieni con
me, ti offro un bicchiere di tè freddo e ti spiego un paio
di cose su quei due là-, aggiunse osservando le schiene dei
due studenti che si allontanavano stando ben attenti a rimanere lontano
uno dall’altro. Troppo attenti. Davvero troppo.
Nei giorni successivi Draco fu tentato, la sera, dopo aver cenato, di
andare a cercare Harry Potter. Sapeva che il ragazzo spesso si recava
alla Torre di Astronomia, lo aveva imparato quando lo pedinava: si
portava lì una bottiglia di succo di mela freddo e la beveva
seduto sul davanzale di una delle finestre, talvolta con la sua stupida
civetta accanto, spesso da solo.
La scuola sarebbe finita dopo tre giorni e loro due non avevano
più litigato.
A malapena si infamavano.
Draco non lo avrebbe mai ammesso, ma Harry Potter gli mancava. E sapeva
di mancare a lui. Lo vedeva da come lo guardava: per esempio, quando si
incontravano entrando od uscendo dalle aule, dalle stanze del
castello… Per un secondo, sembrava che Harry stesse per
aprire bocca per lanciargli un insulto, o forse dirgli
qualcos’altro, ma poi serrava le labbra ed in tutta fretta si
allontanava.
Draco aveva fatto la stessa cosa diverse volte.
E poi, si erano ritrovati tutti e due da soli. I loro rispettivi amici
si erano fidanzati al termine di quelli che Draco aveva giudicato i
corteggiamenti più fulminei della storia.
Il biondo aveva amaramente litigato con Blaise e Pansy, che avevano
difeso i Grifondoro con cui adesso stavano, una volta che lui li aveva
infamati durante una conversazione a tre nella Sala Comune dei
Serpeverde.
-Siamo stufi del tuo atteggiamento, Draco!-, aveva esclamato Pansy alla
fine della discussione scattando in piedi. –Abbiamo fatto di
tutto per farti aprire gli occhi, ma non si può aiutare un
drago che si rifiuta di sputar fuoco! Ti deciderai mai a crescere ed
affrontare i tuoi sentimenti? Io non ne posso più di
guardarti sprecare il tuo tempo in stupidi dispetti a Potter! Per me da
adesso in poi puoi fare quello che preferisci: me ne lavo le mani! Ma
ti avverto: insulta ancora Ronald in mia presenza e ti affatturo la
lingua!-, aveva minacciato al colmo dell’esasperazione.
Dopodichè si era fiondata fuori dalla stanza.
Draco era rimasto a bocca aperta: da quando si conoscevano era la prima
volta che la ragazza gli si rivolgeva in quel modo: doveva essere
seriamente infatuata del rosso pezzente… E dire che tempo
prima pareva che spasimasse per Draco stesso… Certo, magari
il fatto che lui si fosse fatto trovare a letto con Montague non aveva
alimentato la cosa…
-Pansy ha ragione-, rincarò Blaise. La sua voce era
più tranquilla, ma ugualmente stanca. In un qualche modo
colpì Draco ancora di più. –Noi siamo
andati oltre le apparenze e i pregiudizi e ora siamo felici. Tutti e
quattro. Quando ti deciderai a fare lo stesso?-, chiese uscendo a sua
volta per andare dietro all’amica.
E così, Draco aveva deciso di provarci: avrebbe guardato
Harry Potter negli occhi e gli avrebbe detto che gli era dispiaciuto
aver rovinato quella famosa serata: “quello”, come
aveva ribattezzato il bacio nel suo cervello.
Niente di più: non si sarebbe scusato, gli avrebbe solo
detto che gli dispiaceva.
E così, aveva lanciato un incantesimo di disillusione su se
stesso, dato che oramai lo sapeva eseguire alla perfezione, e sul
tardi, quando ormai era sicuro che gli studenti dormissero, era
sgattaiolato fuori dal proprio dormitorio e si era diretto alla Torre
di Divinazione.
Non sapeva se lo avrebbe trovato, non sapeva in realtà
nemmeno se desiderasse trovarlo; cosa avrebbe potuto dirgli in quel
caso?
“Ehi, guarda, ho finto che tu mi piacessi come persona per
poterti strappare un segreto compromettente e poi ricattarti a vita, ma
invece mi sono accorto che mi interessavi sul serio e quando ci siamo
baciati, quando tu mi hai baciato, il pensiero del ricatto era ormai
lontano mille miglia dalla mia testa, però dopo è
scattato qualcosa nella mia testa e ho rovinato tutto… Ho
continuato giorno dopo giorno a rovinare le cose, quando magari invece
se ti avessi spiegato tutto prima tu mi avresti anche perdonato e
saresti passato sopra alla mia cattiveria, dimostrandomi di essere
davvero generoso e… Potter, lo vedi che sei un cretino? Ti
pare il modo di farsi maciullare il cuore, concedendolo ad una delle
persone che più ti ha tormentato? Cosa
c’è che non va in te?”
No, questa ultima parte era meglio se non la diceva. Suonava un
po’ troppo controproducente… Ma alla fine, cosa
è che lui, Draco Malfoy, desiderava? Che fosse finalmente
giunto il tempo di fare chiarezza nel marasma che sentiva dentro? Che
bisognasse guardare oltre Hogwarts, oltre la guerra? Che invece di
occhi rossi fossero quelli verdi che voleva seguire?
Così tante domande, così poche scale…
Quando salì gli ultimi gradini, Draco era ormai convinto di
voler attraversare l’aula di corsa per fiondarsi
giù dalla finestra, altro che chiarirsi con Harry.
Solo che quello che vide gli gelò il sangue nelle vene e lo
inchiodò lì dove si trovava.
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Capitolo 5 *** ci pensano le ragazze! ***
Ok, ammetto che con
questo capitolo alcuni personaggi mi sono andati un poco
ooc… Ma mi volevo levare alcune soddisfazioni con Pansy e
Hermione!
E visto che io sono la
tiranna padrona di questa fanfiction, i personaggi devono fare come
voglio io!!
Come sono
democratica…
Ed ora, buona lettura!
E, sempre
democraticamente, vi dico… Recensite!
Un abbraccio enorme a
tutti…
Nonostante la sorpresa, Draco compose il viso in
un’espressione tranquilla e vagamente acida.
-Granger-, secco, senza inflessioni.
“Bravo, Draco, vai così…”, si
complimentò con se stesso…
-Oh, Malfoy, piantala! Sono tre sere che ti aspetto e non ne posso
veramente più di piallarmi il culo in questa stanza
soffocante!-, sbottò Hermione esasperata, agitando le mani
in aria come se scacciasse una mosca.
Draco inghiottì a vuoto, sconvolto dal linguaggio della mora
che gli stava di fronte.
-Granger?!?-
-Sto venendo meno ai miei doveri di Prefetto e devo a quel bastardo di
Macmillan più favori di quanti vorrei, visto che ha dovuto
coprire i miei turni! Oltretutto, sto anche trascurando Blaise! Ora
entra, prima che mi incazzi di brutto!!-, sbraitò la ragazza.
Draco era talmente scosso dall’atteggiamento e dalle parole
della Granger che fece qualche passo avanti e si chiuse alle spalle la
porta.
-Colloportus-, esclamò allora lei, sigillando il battente e
guardandolo torva, bacchetta alla mano.
Ecco, lo sapeva: ora era fottuto: non sarebbe riuscito ad estrarre la
propria abbastanza alla svelta.
Tentò comunque di non darsi per vinto.
-Granger-, reagì il biondo chiamandola per la terza volta di
fila. -I miei compagni sanno che sono qui. Se dovesse accadermi
qualcosa, se dovessi non tornare, verranno a cercarmi…-
-Ma non dire cazzate!-, gli urlò contro quella.
Draco si appiattì al muro. Per Diana, la mezzosangue faceva
proprio paura… Ora avrebbe smesso di biasimare Blaise per
aver avuto tante remore a dichiararsi…
-Nessuno sa che sei qui-, continuò lei, -perché
ti vergogni troppo a confidare a qualcuno che sei salito per vedere
Harry Potter, il tuo arcinemico, per cui hai un’attrazione
senza limiti ed una cotta smisurata-.
Hermione si godette a pieno l’espressione basita del
Serpeverde.
-Cosa ti fa credere che quello che dici sia vero?-, provò ad
controbattere lui.
-Non confondermi neanche lontanamente con quei due imbranati dei miei
amici. Harry ha la maturità emotiva di un termosifone,
cresciuto com’è tra dissesti, catastrofi e
familiari che lo disprezzano; l’unico più o meno
parente che si è affezionato a lui, in realtà
proiettava solo il ricordo e l’immagine del proprio amato
amico sul povero Harry… E comunque glielo hanno ammazzato
sotto gli occhi! Per quanto riguarda Ron… Beh, ha ammesso
che gli piaceva Pansy da ubriaco una sera di due anni fa e se non si
fosse dichiarata lei sarebbe ancora a chiamarla per cognome!!
Sì-, continuò Hermione notando il moto di
sorpresa di Malfoy, -tutti e quattro ci abbiamo impiegato un
po’ a superare i pregiudizi, ma ora siamo due coppie
più o meno felici, se si escludono i nostri due rispettivi
amici che sono due spine sotto l’unghia… In ogni
caso, mi son chiesta come mai tu non avessi fatto fuoco e fiamme quando
Pansy e Blaise si sono fidanzati con Ron e me, i due odiati amici del
suo odiatissimo nemico. Mi sono domandata, cosa potrebbe spingere Draco
Malfoy a non ostacolare quelle relazioni? Cosa potrebbe guadagnarci?-,
concluse la ragazza addolcendo impercettibilmente il tono.
Lui non diede segno di voler replicare a quella domanda. In
realtà, non avrebbe saputo cosa poter ribattere per essere
credibile: in fin dei conti, a Draco non fregava un cazzo di quei due
Grifondoro. Anche se ultimamente non aveva più voglia di
sputar loro in faccia quando li incontrava in giro per i corridoi o nel
cortile.
Hermione fece spallucce, alzando le sopracciglia ad arco.
-Niente, è la risposta. Non ne avresti nessun ricavo
materiale. Né vantaggi di altro genere. No, tu
l’hai fatto per vedere Harry contento, perché
sapevi che questa cosa gli avrebbe fatto piacere. A quel punto, tutto
quello che avevo notato durante le settimane passate e che mi aveva
lasciato addosso un sacco di dubbi… Tutto si è
chiarito. La persecuzione a cui sottoponi Harry… Santo
cielo, se ne sono accorti pure i muri che non sono altro che infantili
tentativi di attrarre l’attenzione del mio amico! Mi
correggo: se ne sono accorti tutti tranne il diretto interessato-.
-Balle-, affermò fieramente Draco, senza che la vibrazione
che riverberava nelle sue viscere trapelasse nella voce.
-Poi-, continuò la Grifondoro senza dar mostra di averlo
sentito, -sono andata ancora più indietro con i
ricordi… Per esempio, te la ricordi la festa che Seamus ha
organizzato all’inizio del secondo semestre? Avevamo deciso
di invitare i Serpeverde per pura formalità… Ma
voi vi siete presentati sul serio. Ti vengono in mente i particolari di
quella serata?-
Draco adocchiò disperatamente la finestrella più
vicina, valutando mentalmente se ce l’avrebbe fatta a
sopravvivere alla caduta libera di centinaia di metri.
-Quella festa è stata uno schifo-, sentenziò con
il suo più altezzoso e schifato tono strascicato.
–Per niente all’altezza dei miei aristocratici
gusti: sono rimasto meno di un quarto d’ora, saputella-.
-Ma tu pensa! Ed in questo breve lasso di tempo io ho potuto notare
alcune cosette: il fatto che volessi schiantare Lavanda per aver
ballato con Harry, anche se tra loro due non c’è
palesemente niente… Il fatto che tu abbia accettato di
mescolarti a gente che non fa parte della tua casa, anzi che rientra in
categorie che sei abituato a disprezzare. Il fatto che Colin, fan
sfegatato di Harry fino alla maniacalità, abbia
misteriosamente perso il suo invito e non sia potuto entrare-.
-Potter mi fa schifo e tu queste cose te le sei sognate-.
-Posso anche concederti le tue barricate certezze, se vuoi. Ma torniamo
a cose più recenti: ho visto Harry prepararsi per la sua
uscita a Hogsmeade con te; tutti al dormitorio l’hanno visto.
I suoi occhi… I suoi occhi brillavano! Mi sono affacciata
dalla torre del nostro dormitorio e vi ho visti sparire verso il
Platano Picchiatore: avevo dei fortissimi dubbi: Harry si stava
lasciando condurre in quella situazione con una docilità ed
una tranquillità che non mi sarei aspettata…
Allora, ho capito: nonostante quello che ora so che prova per te, non
si sarebbe così lasciato andare se non avesse anche solo un
poco sperato di essere ricambiato. Quando la serata era già
inoltrata e voi ancora non eravate ricomparsi… Beh, ho
sperato per il meglio, vi ho mandato i miei migliori auguri e ho
spedito tutti a letto-.
Hermione si concesse un lungo sospiro e parve d’un tratto
molto triste.
–Ma Harry è rientrato la mattina dopo, disperato e
con la voce arrochita dalle urla, scarmigliato e con gli abiti
strappati. Continuava a tremare e piangere. Abbiamo dovuto sedarlo con
una pozione che ci era avanzata da quando questa estate faceva incubi
così orrendi che non chiudeva occhio per intere nottate. E
quando si è svegliato, ha continuato a piangere, senza mai
raccontarci niente. Gli altri credono che Voldemort si sia riaffacciato
nella sua mente-.
-Io l’ho visto rientrare nel castello-, borbottò
Draco, intimamente diviso suo malgrado dalla gioia per aver arrecato
strazio e dolore a Potter ed un senso di rimorso grosso come il Malfoy
Manor.
E poi cosa era quella storia secondo cui il grifondoro avrebbe provato
qualcosa per lui, Draco Malfoy?
-A me risulta che abbia girovagato per la Foresta Proibita fino
all’alba-.
-Questo perché è stupido-, decretò il
biondo.
A quel punto, Hermione fece una faccia strana, a metà strada
tra il furibondo ed il dispiaciuto.
Prese fiato, sembrò sul punto di dire qualcosa.
Draco ci tenne ad intervenire precedendola.
-Non mi piace Potter. Io lo odio, lo detesto, spero che patisca le pene
dell’inferno-.
L’espressione sul viso di Hermione virò,
inspiegabilmente, ancora di più sul dispiaciuto; ma si
aggiunse un cipiglio di determinazione.
-Non mi interessa essere tua amica, Malfoy. Quello a cui sto mirando
è la felicità di Harry… Certo, avrei
preferito vederlo con Ginny, che lo adora da anni, o comunque sistemato
in una maniera più “convenzionale”, con
una persona che non gli complichi la vita, a prescindere dal suo sesso.
Harry ha passato l’inferno e non gli si prospetta un futuro
migliore, a breve termine. Gestire la tua presenza a l suo fianco
sarà un casino, per lui: l’opinione pubblica vi si
scaglierà addosso, in molti continueranno a nutrire forti
dubbi sulla sincerità del vostro rapporto… Tu
probabilmente verrai coinvolto in un tipo di vita che come rampollo
Malfoy neanche ti saresti immaginato: quella di chi rischia il culo per
gli altri. Perché è questo che il mio amico fa,
da cinque anni a questa parte; vedi, lui, quando
c’è da aiutare qualcuno, non si tira mai indietro
e non cerca mai aiuto a sua volta-.
-Stai dando molte cose per scontate, Granger-, osservò atono
Draco.
Non riuscì proprio ad essere tagliente.
Chi sa perché.
-Io-, proseguì imperterrita Hermione, -voglio essere sicura
che tu possa essere qualcuno su cui Harry possa contare, senza temere
che gli strappi il cuore per un capriccio. Ora, tirando le fila del mio
lunghissimo monologo, ti dirò cosa farò:
aspetterò tre giorni, fino alla fine della scuola,
perché tu faccia chiarezza in te stesso. Se per allora
dimostrerai di saper affrontare la situazione, lascerò che
gli eventi prendano la piega che vogliono. Altrimenti, se non ti sarai
fatto avanti per chiarire questo garbuglio, ti forzerò io la
mano, nel bene o nel male. Questa cosa non può andare avanti
così oltre: Harry ha bisogno di risposte, se le
merita… E tu non gliele negherai-.
-Potrebbe non essere così facile farmi fare qualcosa che non
sono intenzionato a fare-, ribatté Draco molto sicuro di
sé.
-Continui a non cogliere il nocciolo della questione, Draco: io
troverò comunque il modo di sciogliere questo nodo che
blocca Harry nell’incertezza. Per quanto mi riguarda, la
nostra chiacchierata è conclusa; non credo che tu voglia
sprecare il poco tempo prezioso che ti rimane ciarlando con me. Pensa, Draco,
pensa…-
E con queste parole, Hermione si alzò e si diresse verso la
porta.
-Finite incantatem-, ordinò interrompendo la magia
Colloportus. Aveva una mano sulla maniglia quando si girò ed
aggiunse, con un tono semplice ed un mezzo sorriso. –Potreste
essere felici insieme, veramente. I miei migliori auguri da sciocca
sentimentale Grifondoro perché le cose si risolvano bene per
entrambi, Draco. Anche per te-.
-Non mi piace Harry Potter. Io lo detesto-, ribadì con
fermezza il ragazzo.
-Sì, certo, come no-, lo accontentò Hermione.
Draco avrebbe giurato a se stesso di poter chiarire alla svelta i
propri dubbi, ma si ritrovò in un vicolo cieco
già dieci minuti dopo che la Granger aveva lasciato
l’aula.
Potter non gli piaceva.
Se gli veniva in mente più volte al giorno il suo viso era
solo per mantenere vivo l’odio, l’antagonismo. Se
gli mancava quando non lo aveva intorno, era solo per la forza
dell’abitudine di avere tra le palle la sua antipatica
faccia. Se lo trovava bello, era perché era oggettivamente
bello.
Draco era un esteta, non avrebbe mai negato la bellezza di spalle
forti, braccia tornite, gambe…
Iniziò a passeggiare nervosamente per l’aula,
imprecando senza ritegno.
E va bene, poteva ammettere, solo nel profondo della propria anima, che
se lo sarebbe fatto volentieri.
Ma non avrebbe concesso al moro questa soddisfazione.
E poi, anche facendoselo, cosa avrebbe risolto?
Non c’era un futuro per loro.
Non c’era mai stata neanche l’ipotesi di un
rapporto, tra loro due: avevano fatto del loro meglio per restarsi
sulle palle vicendevolmente.
E c’erano riusciti alla perfezione.
La Granger doveva aver preso un granchio grosso come la Piovra Gigante:
Potter non era infatuato di Draco… Semplicemente, essendo
attratto dai ragazzi, aveva puntato il migliore della scuola.
Si specchiò sulla superficie riflettente di una sfera di
ossidiana.
Per le vaporose gonne di Morgana! Come si faceva ad essere
così affascinanti?
Così dotati di charme, di classe, di sofisticato
sarcasmo…
-Oh, sei tu-, constatò neutralmente una voce alle sue
spalle. Una voce che conosceva bene. –Cercavo Hermione: Sir
Nicholas ha detto di averla vista salire qui… Ma si deve
essere sbagliato-.
Eccolo, lo aveva davanti: era lì, che dondolava il peso del
corpo da un piede all’altro, evidentemente restio ad
andarsene, forse desideroso di avviare una conversazione.
Harry Potter lo guardava con un’aria incerta, a tratti tenera.
“O forse vagamente patetica”, commentò
tra sé Draco.
Harry che sorrideva timido, quasi che attendesse qualcosa.
Come aveva detto la stupida Grifondoro?
Ah, già: avere
delle risposte.
Dolce Harry, con un cuore grande e tanto affetto da donare al prossimo.
Draco ripensò al discorso che si era costruito per le scale,
o almeno alla sua prima parte.
Aprì la bocca…
-Potter, sei un cretino-, sibilò con rabbia, mentre lo
sorpassava in corsa precipitosa per inforcare l’uscita.
Da secoli i Malfoy
tramano nell’ombra, tessono ragnatele e detengono le redini
del potere occulto nella società. Per questo, la gente
è portata a credere che essi siano dei vigliacchi che
preferiscono non battersi per quello in cui credono.
Sciocchi, costoro!
I Malfoy sono
semplicemente troppo raffinati per lottare sporcandosi le mani,
preferendo quindi le sottili arti della politica e della strategia,
della manipolazione e del ricatto. Della corruzione e della concussione.
Ma questo non vuol dire
che un Malfoy all’occorrenza non sappia tirare fuori il
coraggio di un drago e combattere strenuamente rischiando la propria
incolumità: forte delle proprie convinzioni, un Malfoy si
getterà nella mischia e farà valere le proprie
ragioni con atti di coraggio e di eroismo.
Ed io credo in quello che
penso e che provo. Cioè, che non provo.
Ecco perché
per i restanti tre giorni mi fingerò malato e
lascerò che la scuola termini senza che il sottoscritto sia
visto fuori dalla propria stanza.
Mi farò venire
a prendere da mia madre solo dopo che tutti gli altri allievi saranno
partiti.
Era l’ultima sera dell’anno scolastico. Per
consuetudine, i professori chiudevano un occhio sul fatto che quasi
tutti gli studenti uscivano a godersi l’atmosfera del parco
di Hogwarts e non venivano impartite punizioni se, ben dopo
l’orario del coprifuoco, questi andavano passeggiando in riva
al Lago Nero o intorno alla Guferia o nel campo di Quidditch.
Due figure, per l’appunto sedevano molto vicine sulle
scalinate del settore di Corvonero dello stadio: tenevano le teste
vicine e parlottavano tra di loro.
Una voce femminile ruppe la quiete che aveva regnato fino a quel
momento.
-Non hai proprio niente da dirmi?-
-…-
-Credevo che avessimo stabilito di parlare sinceramente, tra noi due-.
Dall’altra parte ancora silenzio.
La voce femminile iniziò a scaldarsi.
-Ma insomma! Come fa ad esserci un rapporto se non
c’è sincerità? Io provo a fare dei
passi avanti e tu invece indossi quella superba aria
Serpeverde…-
Nessuno rispose a questa lamentela e Hermione decise che ne aveva
abbastanza di quella situazione.
-Melifèro!-
Uno sciame di api, comparse dal nulla, prese ad aggirarsi lì
intorno.
-Che accidenti fai? Io ho il terrore delle api! Richiama quelle cose!-
Hermione fece sventolare la bacchetta e le api si dissolsero. Quello
che invece rimase fu il sorriso soddisfatto che la Grifondoro aveva
inalberato.
-Finalmente ti decidi a parlarmi… Pansy Parkinson!-
-Scommetto che te lo ha detto Blaise! Quel bastardo! Rivelare
così il mio punto debole a…-, Pansy si
ringoiò quello che stava per dire.
Ma Hermione aveva intuito il resto della frase.
-A una mezzosangue?-
La Serpeverde non ebbe la faccia tosta di negare.
-Certe abitudini sono dure a morire-, ammise la Grifondoro con
rammarico. –Io stessa ho tenuto la bacchetta in mano per
tutta la strada che abbiamo percorso fino a qui, certa che avresti
tentato una mossa infida. Non mi aspetto che tra noi nasca della
simpatia solo perché il mio fidanzato è tuo amico
e viceversa. Ma se ti ho chiesto di incontrarci è solo per
un motivo più che valido… Ed immagino che tu
sappia bene quale sia-.
-Due ragazzi con gli ormoni impazziti che si insultano, si picchiano e
si affatturano in giro per tutto il castello?-, domandò
Pansy con marcato sarcasmo. –Sì, diciamo che me lo
ero immaginato-.
-Sarai d’accordo con me che la cosa non può andare
avanti così-, disse Hermione con tono pacato e ragionevole.
–Io e Ron da una parte e tu e Blaise dall’altra
abbiamo provato a far ragionare i nostri rispettivi amici e nessuno di
noi ha ottenuto il ben che minimo risultato; non so dire se siano molto
stupidi o molto codardi, ma commettono un grosso errore a non guardare
in faccia le cose-.
-Ammettendo che si muoiono dietro da non si sa nemmeno più
quanto tempo? Non ho idea di come vadano le cose su nella vostra torre,
ma nei nostri sotterranei io e Blaise ci abbiamo perso la voce tentando
di mettere Draco di fronte ai suoi sentimenti… Ogni volta
è un fallimento totale, che passa attraverso le sue orecchie
da mercante e la sua sgusciante capacità di dirottare la
conversazione su qualsiasi altro argomento!-
-Non ho ottenuto risultati migliori con Harry-, confessò a
malincuore Hermione torcendosi le dita con frustrazione.
–Anche quando era disperato non si è deciso a
prendere in mano la situazione… Lui è
così coraggioso quando deve affrontare i pericoli e poi
davanti alle faccende sentimentali…-
-Beh, Draco non è coraggioso praticamente mai…-
Entrambe sghignazzarono, quasi contemporaneamente.
E quella sghignazzata fece sì che si guardassero per la
prima volta negli occhi, quando fino a quel momento ognuna aveva
fissato lo spazio davanti a sé.
Hermione fu la prima a riscuotersi e raccontò
all’altra ragazza di come avesse tentato di indurre Draco a
fare una qualsiasi prima mossa, sperando che la situazione si
sbloccasse.
-Ma non è servito a niente-, concluse lamentandosi del suo
insuccesso. –Sinceramente, speravo che la minaccia lo
spingesse a tradirsi in qualche modo…Ma Draco è
semplicemente sparito dalla circolazione! Ho un po’ bluffato
e non ho ottenuto quel che speravo-.
-Non so che dirti: ho tentato in tute le maniere di far uscire Draco
dalla camera: a niente sono valse le minacce e le lusinghe; neanche
quelle di Piton. Ha detto di stare male, ha fatto talmente tanto la
lagna che persino Madame Chips si è arresa e lo ha lasciato
in pace. No, Draco non uscirà da quella stanza se non dopo
che l’Espresso sarà ripartito alla volta di Londra
con tutti gli altri studenti a bordo-.
-E Harry è fermamente deciso a non cercarlo-.
-Loro due stanno perdendo un’occasione d’oro per
essere felici-.
-Lo dici a me?!-
Tacquero entrambe, perse ad imprecare contro la stupidità
dei due.
-Non riuscirebbero a chiarirsi neanche se fossero vincolati tra di loro
per l’eternità!-, esclamò di botto
Hermione con uno scatto di rabbia, battendo il piede a terra.
-Ehi, quanta… Aspetta! Cosa hai detto?-
-Ho espresso in modo carino il concetto che sono due deficienti?-
-No… Essere vincolati tra di loro! Ma certo! Senti, mi
è venuta un’idea…-
Passarono oltre due ore a pianificare le loro mosse: i tempi, le
modalità, i luoghi.
Via via che trascorrevano quella serata insieme, scoprivano di avere
affinità nel modo di ragionare, di intuire le mosse giuste
da fare…
Senza accorgersene, passarono dai cognomi e dai toni formali ai nomi
propri e ad un clima di tranquillità.
Alla fine, Pansy ricapitolò tutto quanto.
-Dici che funzionerà?-, chiese Hermione, che sentiva un
bisogno intimo di essere rassicurata sul fatto di star facendo la cosa
giusta.
-Sinceramente… Non lo so. Ma è il miglior colpo
che abbiamo nel nostro arsenale. Ne parlerai tu a Blaise? Io lo
spiegherò a Ron-.
-Va bene. Pansy, posso star certa che non giocherai un brutto tiro a
Harry?-
-Ti fidi di me?-
-No-.
-Era una domanda retorica-, ribatté Pansy.
-Oh! Allora, in questo caso… No lo stesso-.
Si guardarono in cagnesco per qualche secondo, poi scoppiarono entrambe
a ridere.
-Credo di capire cosa Blaise abbia visto in te, sai Hermione? E
dovremmo fare questa cosa un po’ più spesso-.
-Questa cosa… Cosa?-
Pansy abbassò lo sguardo, improvvisamente impacciata.
-Questa cosa… Sai, tra ragazze-.
-Come trovarci per chiacchierare?-
-Esattamente-, ammise contro voglia l’altra.
-Magari davanti ad un bicchiere di tè freddo?-
-Probabile-, rispose ancora più riottosa la Serpeverde.
-Passare del tempo insieme?-
-Mhmmm-, si limitò ad annuire Pansy, con il viso in fiamme.
-Qualcosa tipo… Essere amiche?-
Ma non arrivò nessuna replica.
Tuttavia, la bacchetta di Pansy si agitò un poco e comparve
nell’aria un piccolo fiocco di seta azzurra che si
andò a depositare sul grembo di Hermione. Lei
ricordò di aver confessato a Blaise di aver invidiato a
Pansy quello stesso fiocco durante l’anno precedente:
sembrava una farfalla che battesse pigramente le ali.
Il tempo di alzare gli occhi e vedere la schiena di Pansy che si
allontanava di fretta… la Grifondoro sorrise intenerita.
-Lo prendo per un sì-, mormorò al venticello
serale.
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Capitolo 6 *** un contratto speciale ***
Scrivere
questo capitolo, dopo aver aggiornato “L’Ottavo
Anno” è stato un po’ come
passare un pomeriggio a poltrire dopo aver corso una
maratona… So bene che è
molto più leggera (anche come volumi oltre che come
atmosfera), ma anche questo
figlio minore merita una conclusione.
Mangiamorte
o meno che fossero, simpatizzanti o no per Voldemort, i Parkinson erano
comunque ben inseriti nella società magica; una famiglia che
forse non vantava
aristocratiche origini, ma pur sempre benestante e in vista.
Pansy,
in quanto rampolla, aveva ben presto imparato a districarsi in eventi
sociali e
mondani, anche se il suo carattere pepato le procurava spesso
più punizioni da
parte della madre di quante fosse disposta ad accettare.
Fin
da piccina aveva dovuto fare i conti con le ristrettezze che il suo
ruolo di
figlia unica le imponeva: modi di comportamento da apprendere, regole
da
seguire, etichetta da memorizzare.
Viveva
all’interno di un mondo abbastanza rigido… Forse
era per questo che si sentiva
attratta da Ronald Bilius Weasley: così rozzo,
così spontaneo. Pepato quanto
lei.
In
ogni caso, per il momento le cose andavano bene: fino a che
l’esito della
guerra non fosse stato deciso, i Parkinson non si sarebbero schierati
in modo
palese; Voldemort per il momento non aveva mostrato il desiderio di
averli
accanto.
Pansy
si fissò l’avambraccio a cui stava legando dei
braccialetti di fiori
intrecciati: era ancora candido ed intoccato: con un poco di fortuna,
sarebbe
rimasto scevro da marchi.
Lei
e Blaise avevano parlato a lungo qualche giorno prima della fine della
scuola:
nessuno di loro due desiderava diventare Mangiamorte… Quali
che fossero le loro
opinioni sulla società magica e sul modo di governarla,
principalmente loro due
volevano restare liberi e non vivere in un regno di terrore quale
quello di
Voldemort si preannunciava. Ed inoltre, il fatto di essere cotti dei
migliori
amici del principale oppositore del Signore Oscuro… Beh, la
cosa aveva il suo
peso.
La
Serpeverde non si era fatta troppi problemi concernenti il futuro, fino
a quel
momento.
Ma
se avesse dovuto scegliere lo schieramento così su due
piedi…
Sorrise:
era inutile stare a pensare alla guerra, in quel momento: aveva di
fronte a sé
una serata impegnativa, un compito titanico e un colpo vincente da
segnare.
Infilò
l’ultimo fiore tra i capelli ed uscendo di stanza scese al
piano inferiore dove
la serata di beneficenza che aveva organizzato al posto di sua madre
stava per
avere inizio.
-Hermione?-
-Sì,
Harry?-
-Ripetimi
perché siamo qui-.
“Oh,
Morgana, no, non di nuovo!”
-Beneficenza,
Harry. Tutti i soldi che ricaveranno da questa asta oggi saranno
devoluti ad un
orfanotrofio che deve essere costruito-.
Usò
un tono intermedio tra quello che avrebbe utilizzato per spiegare Rune
Antiche
un cerebroleso (cioè il modo in cui le spiegava a Ron) e
quello che gli sarebbe
servito ad ammansire una delle “innocue” creature
di Hagrid.
La
ragazza era sicura che il moro non avrebbe detto di no ad una simile
causa:
troppo facile far leva su orfanelli indifesi.
“Perdonatemi,
orfanelli indifesi”.
-Ma
sembra tanto simile ad una festa! Sai che non mi piace stare in
pubblico. Tutti
hanno la tendenza a guardarmi in fronte quando mi parlano…-
-Questo
perché hai una fronte molto affascinante-,
ribatté distrattamente Hermione
mentre scrutava tra la folla alla ricerca di qualcuno.
-Chi cerchi, Herm? E no, non mi fissano per la mia fronte-,
proseguì l’altro in tono lamentoso. Harry non si
lamentava spesso, ma quando
attaccava poteva andare avanti anche ore. -Cercano
di vedere sempre la
cicatrice. Mi sono fatto anche allungare la frangia, ma non serve a
niente. In
me tutti vogliono vedere solo il Bambino Sopravvissuto e
mai…-
Ma Hermione nel frattempo aveva individuato una chioma
corvina: alzò un braccio per attirare l’attenzione
e si vide rispondere con un
pollice verso l’altro.
-E poi lo smoking mi soffoca e non capisco perché non ti sei
fatta accompagnare da…-
-Blaise arriverà più tardi-, tagliò
corto lei.
-Ma lo stesso, io…-
La Grifondoro sospirò: Harry l’avrebbe uccisa per
quello che
stava per fare. Che diamine, anche lei stessa si sarebbe uccisa per
quello che
stava per fare!
Ma qualcuno doveva pur fare qualcosa!!!
Si spostò dietro Harry e gli puntò la bacchetta
tra le
scapole.
“Scusa, amico mio”.
-Confundus-, bisbigliò.
-Pansy?-
-Dimmi, Draco-.
-Non sono sotto Imperius, vero?-
-Non che io sappia, Draco-.
-Allora puoi rispiegarmi cosa ci faccio qui?-
“Merlino, che pppalle!”
-Stiamo per fare della beneficenza. Sai, quei poveri…-
-Ah, ci sono i Weasley! Non me ne può fregare di meno! Io
non faccio beneficenza senza un tornaconto personale!-
-Ok…-, capitolò la Serpeverde, che trovava
inutile
sottolineare come “fare beneficienza” e
“tornaconto personale” stonassero tra
di loro in una stessa frase. –Allora, siamo qui
perché questo è un evento
sociale di spicco per la società magica e non puoi
perdertelo. Siamo qui perché
io ho organizzato l’asta e tu hai promesso che mi avresti
aiutato…-, alzò una
mano non appena il biondo fece per intervenire. -Anche se dietro
compenso, lo
so. Infine-, e si concesse di sorridere, -siamo qui perché
questo smoking ti
dona moltissimo!-
-Mhmmm-, bofonchiò Draco. Poi assottigliò gli
occhi in una
smorfia calcolatrice. –A quanto ammonta il mio compenso?-
-Te l’ho già spiegato: è una
percentuale sul ricavo: quindi,
datti da fare perché le offerte siano alte!-
Il giovane gonfiò il petto, inorgoglito.
-Lo saranno, vedrai. Lascia fare a me; sono o non sono Draco
Malfoy? Ehi, Pansy, mi ascolti? Cosa stai guardando in giro per il
salone?-
-Eh?! No, no, niente… Perfetto-, si riprese la ragazza che
aveva appena individuato due persone di suo interesse.
–Allora firma qui per il
contratto…-
Mentre Draco si chinava su un tavolo a siglare con la sua
elegante grafia una pergamena, Pansy alzò il braccio in
aria, la mano stretta a
pugno ed il pollice diretto al soffitto. Non appena l’altra
l’avesse visto,
avrebbe dato subito il via alla contromossa.
“E che Morgana ce la mandi buona…”.
Non appena Draco salì sul
palco, fu subito chiaro che
sarebbe stata una sfida all’ultimo sangue. Decine di mani
guantate di fanciulle
(e, ebbene sì, anche di qualche signora) scattarono verso
l’alto.
Draco non faceva molto altro che starsene fermo, rivolto di
tre quarti verso il pubblico, ma riusciva ad infondere nel viso una
tale
sensuale malizia che le offerte cominciarono a salire velocemente,
mentre Pansy
fomentava la competizione.
-Gentili partecipanti a questa asta di beneficienza,
superate la vostra timidezza! Draco Malfoy è qui disponibile
per voi! Chi
vincerà facendo l'offerta più alta si
aggiudicherà la sua compagnia per un
intero fine settimana presso la residenza di campagna della famiglia
Zabini!
Potrete non solo trascorrere ben tre giorni in compagnia di questo
splendido
ragazzo, ma farlo in uno dei più fantastici manieri del
Somersetshire! Senza
contare-, si sentì in dovere di aggiungere, -che
contribuirete con la vostra
donazione ad aiutare la costruzione del nuovo orfanotrofio dedicato ad
Alice
Molland-.
Altre mani si alzarono al soffitto. Pansy continuò ad
incitare.
-Uhuuu, siamo arrivati a quaranta galeoni! Ma vedo mani che
continuano a fare altre offerte! Quarantacinque! Cinquanta! Chi offre
di più?-
Draco se la stava godendo un mondo a vedere tutte quelle
fanciulle che lottavano a suon di rilanci per lui; in realtà
non è che proprio
le vedesse, perché aveva i riflettori puntati addosso e la
platea rimaneva in
ombra, e neanche le sentiva distintamente, avvolto come era
dall'Incantesimo
Muffliato; gli sfuggiva la logica per cui Pansy lo avesse messo sotto
Muffliato, forse era una qualche strana regola di quell'asta.
Sperò che alla
fine avrebbe vinto qualcuna con cui passare il suo tempo, dal
venerdì
pomeriggio alla domenica sera, non sarebbe stato troppo tremendo:
qualcuna con
cui divertirsi, non troppo oca e abbastanza carina: sebbene Draco
sapesse di
preferire i ragazzi, non si sarebbe certo tirato indietro davanti ad
una bella
fanciulla con cui stropicciarsi gli abiti.
Eteroflessibile era un termine che trovava elegante e
sofisticato per la propria persona.
Infoiato come un cinghiale sarebbe potuto andare bene lo
stesso.
Soprattutto, sperava che vincesse qualcuna che poi non gli
restasse appiccicata una volta terminato il tempo a sua disposizione:
da dopo
la fine della scuola si era sentito via via meno incline ad essere
coinvolto in
storielle ed avventure. La verità è che da quella
sera passata a Hogsmeade ci
provava sempre meno gusto.
Ma quello che era fatto era fatto, si disse; e probabilmente
aveva solo bisogno di un pretesto per rimontare in sella: per questo,
in
definitiva, si era lasciato convincere da Pansy a offrirsi come premio
in
palio.
Il rilancio
era arrivato a trecento galeoni, era il momento
giusto.
Hermione scosse piano il suo amico per la spalla: lui la
guardò trasognato e la ragazza temette di averlo confuso
troppo.
-Harry-, lo chiamò incoraggiante. -Il professor Ruf ha
chiesto in che anno è stata fissata la nascita del
Quidditch: è l'anno mille.
Dobbiamo guadagnare punti per Grifondoro: presto, alza la mano e dai la
risposta!-
La mano di Harry scattò in alto.
-Mille!-, ruggì orgoglioso di se stesso.
L'offerta esorbitante spiazzò le fanciulle della sala e per
una manciata di secondi regnò il silenzio.
Pansy ne approfittò, aspettando il tempo minimo per un
rilancio e poi dichiarando conclusa l'asta.
Il pubblico, deluso, cominciò a sciamare via e la Serpeverde
riaccompagnò il suo amico dietro le quinte, in un camerino,
spiegando che sarebbe
andata subito a riscuotere il pagamento e lo mollò
lì ad aspettare che
arrivasse chi aveva vinto.
Hermione, dal canto suo, si complimentò con Harry e lo
spinse ad un banco prima che l'incantesimo Confundus svanisse.
-Vieni, Harry, bravissimo! Hai vinto la gara di storia di
Ruf, devi firmare il registro!-
Harry appose la sua firma su una pergamena e poi Hermione lo
accompagnò in una stanza dove disse che avrebbe ricevuto il
suo premio.
Il ragazzo si
sentì schiarire improvvisamente la mente;
contemporaneamente, realizzò di essere legato.
Andò in panico, iniziando a guardarsi intorno: era certo che
si sarebbe trovato circondato da Mangiamorte.
Vide Draco Malfoy, legato pure lui.
Il panico diminuì, ma aumentò
l’imbarazzo: nel vedere l’altro
immobilizzato alla sedia qualcosa aveva iniziato a muoversi nei suoi
pantaloni.
“Avere gli ormoni di un adolescente fa schifo”, si
ritrovò a
pensare, tentando di accavallare le gambe per nascondere la crescente
erezione.
-Potter, piantala di ballare quella stupida danza babbana e
liberami!-
-Non sto ballando, idiota! E come faccio a liberarti? Sono legato
anche io e non ho la bacchetta!-
-Questo perché volevamo avere il tempo di spiegarvi senza
che faceste qualche cazzata-, esordì una voce dalla penombra.
-Pansy, slegami subito!-
-Se non stai zitto ti imbavaglio anche!-, ribatté la
Serpeverde avanzando
al centro della stanza, seguita da
Hermione. Le due avevano sul viso un’aria soddisfatta, anche
se quella della
Grifondoro era macchiata da un accenno di senso di colpa.
Harry, pur distratto dal pensiero di Draco che si dibatteva
al suo fianco (e le gocce che gli imperlavano la fronte adesso lo
mandavano
fuori di testa), cominciò a capire.
-Hermione, mi hai confuso!-, affermò risentito ed offeso.
Il senso di colpa aumentò nell’espressione di
Hermione, ma
la ragazza contemporaneamente serrò le labbra in una smorfia
decisa.
-Lo avevo detto sia a te che a lui-, disse indicando con un
cenno del mento Draco, che si bloccò all’istante
assumendo un atteggiamento
molto circospetto. -Ma non mi avete voluto dar retta-.
Fu l’unica frase, ma venne pronunciata come se spiegasse un
sacco di cose.
-Lasciatemi spiegare-, intervenne Pansy. -Perché mi sto
divertendo
davvero un mondo e voglio godermi le vostre facce mentre vi racconto
cosa è
successo. Tu, stupido Grifondoro, sei stato confuso e hai partecipato
ad un’asta,
che hai vinto; e tu, stupido Serpeverde, sei il suo premio-.
I due ragazzi si guardarono orripilati.
Harry nella fattispecie era anche ammutolito, ma l’altro
iniziò subito a replicare.
-Non puoi obbligarmi… Io ora…-
-Tu ora un bel niente. Avete firmato un contratto magico,
una sorta di Voto Infrangibile. Vi impegnate a trascorrere del tempo
insieme da
venerdì pomeriggio a domenica sera prossimi presso la casa
di campagna di
Blaise, tempo durante il quale non potrete lanciare magie uno
sull’altro-.
-Né su di noi-, si sentì in dovere di
puntualizzare Hermione.
-Bene-, ringhiò Draco. -Datemi la mia bacchetta che vi
schianto tutti adesso-.
Pansy sorrise con sincero affetto, avvicinandosi all’amico:
gli restituì la bacchetta e lo slegò,
mormorandogli all’orecchio.
-Se neanche in un angolo della tua mente pensi che in realtà
ti abbia fatto un favore, sei libero di schiantarmi e torturami, fai
pure-.
Draco scattò in piedi e lì rimase, tremante ed
immobile per
una manciata di secondi; dopo di che si avviò con passo
furibondo verso la
porta: aveva già una mano sul pomello quando Pansy si
sentì in dovere di
aggiungere un ultimo particolare.
-Draco, non pensare nemmeno di non presentarti: infrangere
il contratto magico avrebbe conseguenze altamente… Nefaste-.
-Andatevene a fanculo tutti!-, sbraitò il biondo ed un
attimo dopo non era più nella stanza.
-Mi pare sia andata benissimo!-, commentò Pansy, rivolta ad
Hermione. -Io devo tornare di là: a lui pensaci tu, vi
lascio soli-.
Così dicendo uscendo a sua volta e nella stanza rimasero
solo Hermione ed Harry.
Lei
lo liberò e gli restituì la bacchetta. E
finalmente lo
guardò dritto negli occhi.
Harry aveva un’aria smarrita e sembrava che tutti i suoi
lineamenti si fossero allentati sul viso pendendo verso il pavimento.
Hermione si tese in attesa dei rimproveri e delle
colpevolizzazioni: quello che invece uscì dalla bocca del
ragazzo la stupì.
-Non funzionerà, sai-, disse mesto. -Lui mi detesta. Ha
fatto tutto… Sai, faceva parte di un piano: non importa
quanto lui mi piaccia,
era tutta una farsa da parte sua-.
La ragazza non sapeva se essere felice perché Harry
finalmente
aveva ammesso che Draco gli piaceva o se essere dispiaciuta
perché il suo amico
non aveva capito una beneamata mazza della situazione. Stava per
rispondere,
quando lui riprese a parlare.
-Però… Grazie. Davvero. Avrò questi
tre giorni, e poi riuscirò
a dimenticarmi di lui, mi impegnerò a farlo: mi ha trattato
come una merda e
andrò avanti e me lo dimenticherò-,
confermò quasi del tutto a sé stesso, mentre
la voce assumeva una calda sfumatura di rabbia.
A Hermione venne da scuotere la testa, esasperata: Harry
ogni tanto sembrava un mentecatto; forse la cicatrice che Voldemort
aveva
lasciato aveva colpito più in profondità del
previsto e gli si era lesionato
qualcosa nel cervello: qualcosa che aveva a che fare con la
comprensione
emotiva.
Ma decise di assecondarlo e poi… Be’, si sarebbe
visto.
Lasciò lì il suo amico e raggiunse Pansy: la
trovò che
parlava con Blaise e Ron; inizialmente i ragazzi non erano stati troppo
entusiasti della loro idea, ma dato che non erano riusciti a trovare
nessuna
soluzione migliore, avevano deciso di collaborare: la svolta decisiva
era stata
scegliere la casa di Blaise come luogo: appartato, dotato di
incantesimi di
protezione, deserto perché appena rimesso a nuovo.
Fece scivolare la propria mano in quella del suo ragazzo e
si sentì felice quando lui ricambiò la stretta:
aveva tenuto che ad una festa
di maghi lui l’avrebbe trascurata; ma evidentemente a Blaise
non interessava
che lei fosse una Mezzosangue nata Babbana, non più almeno.
Guardando Pansy
appesa al braccio di Ron considerò che gli eventi stavano
prendendo una piega
ben strana, ma per niente spiacevole.
-A questo punto il grosso è fatto; non ci resta che invitare
qualcun altro perché l’atmosfera non diventi
troppo pesante: altrimenti quei
due rischiano di passare tutto il tempo a guastarci l’umore.
Tanto di spazio ce
n’è in abbondanza-, propose Blaise.
-Penso che non sia il caso di invitare altri Serpeverde, in
modo che Draco non si senta troppo spalleggiato nella sua pretesa di
giocare a
fare il piccolo Mago Oscuro-, considerò Pansy. -E neanche
dei Grifondoro troppo
concentrati sulla guerra tra Case-, aggiunse.
Ron fece una faccia delusa, perché evidentemente avrebbe
voluto che venissero anche Dean e Seamus; però propose
Ginny, che ottenne l’invito
in quanto buona giocatrice di Quidditch.
A ruota venne il nome di Michael Corner, con cui Ginny si
era da poco rimessa, ed il suo amico Terry Boot: poi furono incluse
nella lista
Luna e Megan, una simpaticissima Tassorosso, gioviale ed accomodante.
Blaise si prese ovviamente il compito di spedire subito gli
inviti, e si eclissò insieme ad Hermione.
-Scommetto che gli inviti erano solo un pretesto-, considerò
Pansy ad alta voce. Poi rivolse la sua attenzione a Ron. -Ti rendi
conto che lo
scopo del prossimo fine settimana non è giocare a Quidditch,
vero?-
Ron si mostrò deluso, ma dopo un attimo tornò
alla carica
con il suo temperamento Grifondoro.
-Passare del tempo insieme noi due, invece? Guarda, se non
mi fai stare insieme a Malfoy ti faccio da cavalier servente, ti regalo
quello
che vuoi, ti…-
-Oh, sono tutte cose che puoi comunque fare; ma il nostro
fine è che quei due capiscano di voler stare insieme-.
La delusione si fece di nuovo strada sul volto di Ron.
-Non so se sono d’accordo che Harry e Malfoy…
Insomma…
Quello-.
-Non fare il guastafeste e tenta di non litigare con Draco. Un
po’ di collaborazione non ti ucciderebbe, sai, Ron?-, disse
la moretta.
-Pansy, ascolta-, le disse il
ragazzo poggiandole le mani sulle spalle. –Pur con tutto il
bene che ti voglio…
Scordati che io possa essere gentile con Malfoy! Ma come! Hai assistito
a tutte
le beffe, ad ogni insulto… Ti pare il caso di chiedermi una
cosa del genere?-
Ma Pansy stava attualmente
boccheggiando…
-Ehi, va tutto bene?-
-Ron, tu hai appena detto che
mi vuoi bene?-, chiese con voce strozzata.
-Oh, cazzo-, esclamò il rosso
levando in aria di botto le mani, come in segno di resa.
–Ehm, ecco, io… Naturalmente
era così, un modo di esprimersi generico e poi
io… Noi… Cioè…-
Si stava letteralmente
arrampicando sugli specchi, passando lentamente ad un aranciato color
lava… No…
Rosso peperone…
Lei sorrise.
-Va bene, Ron. Posso
accettarlo. Posso perfino esserne contenta-, parlò con voce
dolce. –Ovviamente-,
proseguì con tono acido, -non sognarti neanche che io possa
dirti una cosa del
genere a mia volta. Sono una Serpeverde e noi Serpeverde non parliamo
mai dei
nostri sentimenti-.
-Immagina la mia felicità…-,
sbuffò lui.
Ma Pansy era radiosa,
bellissima e quello che non diceva, traspariva comunque
dall’espressione del
suo viso.
-Baciami, scemo!- , ordinò
tuffandosi tra le sue braccia.
Lui la guardò, un attimo prima
di obbedirle.
-Questo fine settimana mi farà
venire un infarto, e per più di un motivo-.
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Capitolo 7 *** cinghiale a cena ***
Dedico
questo capitolo a Ste_exLagu, che mi ha provvidenzialmente fornito
l’ispirazione per sbloccare la narrazione: cinghiali marinati
always!
Grazie,
Ste, da parte mia, ma soprattutto da parte di Harry che non sapeva come
uscire dall’impasse.
Piccola
nota ad alcuni capitoli precedenti: vengono fatte delle magie da
personaggi che
sono ancora minorenni e al di fuori di Hogwarts; teoricamente questo
non
sarebbe possibile senza un intervento del Ministero; tuttavia la
Rowling stessa
nei suoi libri viene meno al rispetto di questo Decreto (vi prego,
fidatevi e non
mi fate elencare gli esempi): si può presumere che
l’applicazione sia piuttosto
flessibile, soprattutto se i minorenni si trovano in ambienti senza
Babbani
intorno.
Anche
qui e nei prossimi capitoli, se mi servirà per la trama, i
protagonisti faranno
magie: quindi tenete per favore presente che siamo sempre tra maghi e
streghe e
che il Ministero deciderà di chiudere un occhio.
Ammetto
anche che qui ho focalizzato molto su Harry e Draco, lasciando gli
altri
personaggi di sfondo; contrariamente all’altra fanfiction
(L’Ottavo Anno) non
ho molto interesse a portare avanti una narrazione corale e ad
approfondire
molto le personalità di tutti…
Draco
si era premurato di caramellare a suon di lamentele le orecchie di
Blaise, via
camino, via gufo, via Strillettera: tuttavia il contratto era
irrevocabile e
lagnanze varie non avrebbero mutato la situazione di una virgola.
Il
biondo Serpeverde aveva anche pensato di raccontare l’intera
storia a sua
madre, che di sicuro avrebbe raso alle fondamenta la dimora degli
Zabini a suon
di fatture se lui avesse dipinto il fine settimana abbastanza
foscamente: ma
quando scese dalla sua camera per la cena, i genitori lo informarono
che sarebbero
partiti quella sera stessa per una seconda… No, terza luna
di miele.
-Draco,
tesoro, qualsiasi cosa tu mi debba dire può aspettare che io
ritorni-, mormorò
distratta la madre, accarezzando la testa del figlio e poi tirandoselo
al petto
in un abbraccio profumato e tenero.
Narcissa
era molto prodiga di manifestazioni di affetto, ma in quanto a sesto
senso
materno… Non ne possedeva un’oncia e non aveva mai
indovinato la realtà del
carattere del figlio: non era della tempra algida dei suoi genitori e
spesso
rimaneva vittima del proprio temperamento, scostante ma
fondamentalmente
appassionato.
E
parlarne con il padre? Per Merlino, non si sarebbe fatto scoprire
così debole
da non sapere affrontare un fine settimana insieme a Potter, per quanto
la cosa
lo disgustasse.
Certo,
per essere disgustato dalla prospettiva aveva accumulato una notevole
quantità
di bagagli, una volta risalito in camera dopo aver cenato e salutato i
suoi:
non sapeva decidersi su che abiti portarsi dietro. Ed inoltre aveva
cominciato
a riempire bauli giorni e giorni prima. Come se fosse scandalosamente
in preda
all’entusiasmo. Assurdo, davvero assurdo.
“Sono
abbastanza sicuro che la veste cerimoniale non mi
servirà”, pensò occhieggiando
la tunica di seta nera che pendeva da un attaccapanni in un angolo
della
stanza. “Ma non si sa mai, io me la porto, metti che
decidiamo di sacrificare
Potterginello su un altare…”
Come
sempre, pensare allo Sfregiato gli procurò un intenso
brivido giù per la
colonna vertebrale, come se una goccia di pioggia gelida fosse
scivolata lesta
dal collo all’osso sacro; per quanto fuori si schiattasse di
caldo, nel Maniero
dei Malfoy la temperatura era decisamente più bassa grazie a
muri spessi e
incantesimi refrigeranti: però sentì il bisogno
di farsi una doccia fredda, pur
negando con fermezza a sé stesso che il motivo fosse il
ricordo di due occhioni
verdi e di una bocca umida…
Cacciò
velocemente la veste cerimoniale nell’ennesimo baule e corse
in bagno,
disseminando indumenti per il corridoio man mano che se li toglieva di
dosso,
gridando agli elfi domestici di sistemare il suo casino.
Gli
elfi domestici del Maniero detestavano il signorino Malfoy: ogni tanto
se lo
confessavano l’un l’altro, per poi punirsi
stirandosi le orecchie o tirandosi
in testa a vicenda l’intera collezione di calderoni a doppio
fondo in ferro del
quindicesimo secolo; soprattutto odiavano il signorino Malfoy quando
restava da
solo nel Maniero e si annoiava, ed allora li coinvolgeva, obbligandoli,
nei
suoi giochi e passatempi. La prima volta era capitato quando il piccolo
erede
aveva sette anni: i suoi genitori erano rimasti a dormire fuori dopo
una cena e
lui aveva fatto mascherare tutti gli elfi da coniglietti per poi
inseguirli
tirando loro certe strane pallette erbacee piene di piccoli aculei che
si
attaccavano ai loro sudici indumenti e poi davano un fastidio di
inferno; oltre
al danno la beffa: gli elfi prima avevano dovuto ripulire tutto il
tessile del
Maniero da quelle pallette insidiose e poi avevano dovuto picchiarsi
con delle
mazze per aver maledetto il ragazzino. Poi c’era stata
quell’estate, dopo il
primo anno di scuola, in cui li aveva reclutati a giornate
perché lo aiutassero
con gli allenamenti di Quidditch in vista dell’ammissione in
squadra dei
Serpeverde.
“Per
Morgana, volate da fare schifo!”, aveva urlato contro loro.
In
effetti, gli elfi domestici sulla scopa fanno una misera figura.
E
adesso questo: il signorino Malfoy assolutamente fuori di testa in
preda agli
ormoni come un Erumpent sulla soglia della stagione
dell’accoppiamento.
I
piccoli esserini facevano il conto alla rovescia per la sua partenza,
mentre si
martellavano le dita con i pesanti cucchiai da portata del servito
d’argento
per aver osato essere felici di liberarsi del padroncino.
Draco
non stava un gran che in quanto a stabilità mentale, ma si
sarebbe sentito
rifiorire se avesse potuto vedere lo stato in cui versava Harry Potter:
questi aveva
inizialmente accolto con un senso di ineluttabilità il
contratto firmato ed
aveva deciso di affrontare il fine settimana con razionalità
e
un’arrendevolezza da placida mucca condotta alla fiera di
campagna;
successivamente erano subentrate le paranoie, miste a momenti di
euforia, per
il fatto di poter comunque rivedere il soggetto delle sue
fantasticherie
emotive e sessuali, ed inframmezzate a lunghe parentesi di scoramento,
perché
era certo che sarebbe stata un’esperienza deludente.
Nei
suoi sogni ad occhi aperti (ed anche in quelli ad occhi chiusi) Draco
gli si
sarebbe avvicinato con fare allusivo e sensuale, gli avrebbe sorriso e
poi gli
avrebbe infilato trenta metri di lingua giù per la trachea;
e questo sarebbe
stato solo l’inizio. Non si sarebbero chiesti scusa a parole,
ma le azioni
avrebbero parlato per loro dichiarando la loro tenerezza ed i loro
sentimenti.
E
avrebbero fatto sesso, sì, assolutamente tanto sesso,
così tanto sesso che i
muscoli delle gambe di Harry avrebbero continuato a tremare per giorni.
Di
solito, a questo punto dai sogni ad occhi aperti e ad occhi chiusi
spariva la
componente sentimentale e si accentuava la parte in cui erano sudati ed
appiccicati e gementi. Il che lo riportava al punto di partenza: niente
di tutto
questo sarebbe successo, ed il solo motivo per cui Harry non avrebbe
corso
pericoli era che Draco non poteva attaccarlo magicamente; anche se, a
ben
pensarci, forse il biondo sarebbe riuscito ad escogitare qualcosa di
tremendo
anche senza l’ausilio della magia. Del resto, lo aveva ferito
tantissimo quando
erano stati a Hogsmeade e, altro che magia, non aveva neanche dovuto
usare le
mani…
-Merda,
non posso farcela!-, sbraitò in mezzo alla cucina di casa
dei Dursley.
-Se
papà ti sente dire queste parole, è la volta che
ti sbatte fuori casa-, esordì
una voce atona dietro di lui.
I
rapporti con Dudley non erano idilliaci, ma dopo l’attacco da
parte dei
Dissennatori il grosso cugino aveva migliorato il suo comportamento,
come se le
visioni di dolore ed angoscia subite lo avessero indotto a cambiare
direzione;
era sempre odioso, ma meno prepotente. Non era diventato grande amico
di Harry,
ma ogni tanto riuscivano ad interagire in maniera quasi cordiale.
-Zia
Petunia glielo impedirebbe-, rispose Harry, e di questo era certo. Non
che dopo
i fatti dell’anno precedente sua zia fosse più
affettuosa o più tollerante, per
carità. Però il racconto di Silente dopo i fatti
accaduti al Ministero aveva
indotto il ragazzo che in fondo in fondo qualcosa a sua zia lo doveva:
gli
aveva permesso di avere una vita, anche se insieme al resto della
famiglia
Dursley aveva provveduto a renderla uno schifo.
Dudley
intanto si era servito una più che generosa porzione di
pudding al caramello,
accompagnato da altrettanto gelato alla vaniglia e granella di
nocciole:
praticamente una promessa di infarto a quarant’anni; si era
seduto a tavola, su
una sedia che aveva protestato vivacemente contro la sua mole e poi
aveva
alzato lo stolido sguardo dal piatto per rivolgerlo al cugino.
-Cosa
non puoi riuscire a fare?-
Fantastico:
miliardi di persone su questo pianeta e l’unico che si
interessava ai suoi
problemi era l’unico a cui non avrebbe mai voluto confessarli.
Tuttavia
Harry aveva disperatamente bisogno di uno sfogo.
-Mi
piace una persona-, si ritrovò ad ammettere, senza
però sbilanciarsi con i
dettagli. -Ma non credo di essere ricambiato-, aggiunse dopo un secondo.
-Non
puoi farla innamorare di te con la bacchetta?-, chiese il Babbano.
-Credimi,
magari potessi; purtroppo non va così-.
-Allora
comprale dei fiori e dedicale una canzone: alle ragazze piacciono cose
del
genere-, suggerì Dudley, dando per scontato le preferenze di
Harry, cosa che
lui non si sentì di contraddire: davvero non gli pareva il
caso di iniziare una
discussione sulle sue preferenze sessuali.
Harry
immaginò la scena di sé stesso che porgeva un
mazzo di fiori a Draco e la
reazione del Serpeverde: gli venne alle labbra una risata con un
accenno di
esasperazione.
-Non
credo che funzionerebbe-, sospirò tra l’afflitto e
il divertito.
Ma
Dudley aveva iniziato a mangiare e a guardare la televisione,
perennemente
accesa in quella casa: il parente era sparito dall’orizzonte
dei suoi
interessi.
Così
il Grifondoro si risolse a salire in camera propria: in attesa di poter
liberare Edvige per un volo notturno le dette da mangiare e poi si
buttò sul
letto con l’intenzione di leggere e finendo invece con
pensare a… Tanto per
cambiare a quello che lo aspettava nel fine settimana.
Stava
rimuginando da un bel po’ quando gli venne in mente che non
aveva ancora letto
le clausole del contratto magico ed iniziò a rovistare sul
fondo dell’armadio
dove lo aveva cacciato tentando invano di dimenticarsi
dell’intera faccenda. Lo
recuperò e si mise a studiarlo con attenzione.
Mezz’ora
dopo lo riavvolse con cura: aveva appreso molte cose utili e aveva
iniziato a
spuntargli un piano in testa, a metà tra la rivalsa ed un
inconfessato
tentativo di conquista. Un po’ come tirare le trecce alla
ragazza più carina
dell’asilo per farsi notare.
Sorrise.
“Ci
vediamo presto, Draco”.
Il
fine settimana fatidico arrivò sin troppo presto.
Blaise
aveva scritto a tutti per dare istruzioni: l’appuntamento era
fissato per
venerdì prima di pranzo, davanti al Paiolo Magico: avrebbero
mangiato lì e poi
avrebbero utilizzato una Passaporta per arrivare a casa sua; dei loro
bagagli
si sarebbero occupati gli elfi domestici della famiglia Zabini.
Harry
ricevette un gufo anche da Ron, dove questi gli chiedeva se dovesse
passare a prenderlo
in qualche maniera; il ragazzo rispose che sarebbe andato a Londra con
il
Nottetempo dalla sera prima, ed avrebbe pernottato al Paiolo Magico,
per cui si
sarebbero visti là; chiese anche se poteva far restare
Edvige alla Tana per il
fine settimana, convinto che la risposta sarebbe stata positiva.
-Edvige,
ti va di restare dalla famiglia Weasley mentre io non ci sono?-
La
civetta fece un verso in risposta che non poteva essere interpretato
che come
un assenso: era molto meglio cacciare topi nel Devonshire che in
città.
-Bene,
allora consegna il messaggio e resta semplicemente lì. Se ci
sono problemi,
raggiungimi al Paiolo Magico-.
Poi
aprì la finestra e lasciò volare fuori la candida
civetta: la guardò
allontanarsi silenziosa ed aggraziata e, solo quando fu diventata un
puntino
lontano, si riscosse per preparare il baule da portarsi dietro.
Per
fortuna che aveva perfezionato con Hermione l’incantesimo
Adduco Maxima ed ora
era in grado di far entrare una gran quantità di oggetti,
compresa la sua attrezzatura
da Quidditch, in un baule molto più piccolo, leggero e
maneggevole di quello
che usava per la scuola. Ripensare alla sua amica riportò di
conseguenza alla
mente l’imbarazzata telefonata che lei gli aveva fatto per
tentare di spiegare
il suo comportamento riguardo al piano escogitato con Pansy: Harry
tuttavia
aveva liquidato l’argomento, perché in quei giorni
provava una sorta di sordo
fastidio nel sapere i suoi amici felicemente, diciamo, fidanzati e che
rinsaldavano i legami della nuova combriccola, da cui lui per ovvie
ragioni si
sentiva escluso; sperava che almeno la presenza di altri ragazzi
durante il
ritrovo lo avrebbe distratto dal sentirsi un intruso: sapeva che Luna
gli
sarebbe stata di sicuro di appoggio, anche se nella sua trasognata ed
assurda
maniera.
Pernottare
al Paiolo Magico fu piacevole.
Probabilmente
non esisteva una sorta di percezione extrasensoriale per la magia, ma
Harry era
convinto di poter avvertire intorno a sé
un’atmosfera diversa da quella che si
respirava nel resto di Londra e soprattutto in Privet Drive: si sentiva
svagato
e leggero, a suo agio.
Chiese
sia la cena che la colazione in camera, così non sarebbe
dovuto scendere di
sotto e sorbirsi tutta la tiritera su
Il-bambino-che-è-sopravvissuto-e-‘sti-cazzi.
Il
giorno dopo, di buon’ora uscì per fare un giro a
Diagon Alley, che trovò come
sempre magnifica; passò alla Gringott a ritirare un tot di
soldi, visitò
ovviamente il negozio di Accessori di Pima Qualità per il
Quidditch, si prese
un gelato alla Gelateria Fortebraccio e infine entrò nel
negozio di Fred e
George, dove fece incetta di ogni cosa: soprattutto comprò
un edizione deluxe
dei Fuochi Forsennati Weasley pensando che sarebbe stato bello farli
esplodere
con gli altri durante il fine settimana; Fred e George ovviamente non
vollero
che li pagasse, anzi, dissero che quanto prima gli avrebbero versato la
sua
parte degli utili: Harry, dopo il primo finanziamento, aveva proposto
loro di
essere un socio minoritario, non voleva mettere bocca nella gestione
del negozio
e nella produzione degli articoli, ma avrebbe fornito una certa cifra
per
contribuire a tenere in piedi l’attività.
La
cosa non era ufficiale perché il ragazzo era per il momento
ancora minorenne,
ma Fred e George si sentivano riconoscenti per questo e non mancavano
mai di
dividere con Harry i guadagni; la realtà era invece che
Harry si sentiva
enormemente in debito con i due gemelli: dandogli la Mappa del
Malandrino loro
gli avevano in parte restituito suo padre.
In
ogni caso, i Tiri Vispi Weasley andava alla grande, e il conto di Harry
si
incrementava costantemente.
Trascorse
bighellonando il resto della mattinata e quando rientrò al
Paiolo Magico,
alcuni dei ragazzi erano già arrivati.
Blaise
e Hermione, Pansy e Ron con Ginny, Megan Jones: tutti gli si fecero
incontro,
Harry li salutò con calore ma volse lo sguardo a
scandagliare il pub.
-Se
cerchi Draco, ha scritto che arriverà dopo mangiato-, gli
spiegò Blaise con
condiscendenza, mentre rivolgeva un cenno con il mento a Terry Boots,
che stava
entrando nel locale in quel momento.
-No…
Io… Ecco… Cercavo la cameriera per ringraziarla
del servizio in camera-, buttò
lì
Il-bambino-che-è-sopravvissuto-con-scarsa-immaginazione-per-le-scuse.
-Sì,
certo, come no-, concesse Pansy.
Harry
ammutolì, pensando a quanto odiasse i Serpeverde intuitivi.
L’atmosfera
non era proprio cameratesca, ma grazie al buon cibo e alla Burrobirra
piano
piano riuscirono ad instaurare una buona conversazione allegra,
soprattutto
quando, con l’arrivo di Michael e Luna, Ginny si
rilassò visibilmente e smise
di lanciare occhiatacce ali due Serpeverde. Harry stava ingurgitando un
grosso
boccone di arrosto, quando la porta del Paiolo Magico si
spalancò e Draco
Malfoy fece il suo ingresso, sostando appena due passi oltre la soglia
e osservando
intorno, mentre il suo consistente bagaglio gli levitava dietro.
Harry
ingoiò il pezzo di carne che si stava cacciando in bocca e
manca poco anche la
forchetta:
Draco
era bellissimo, con il viso altero, i capelli intrecciati e…
Vestito con indumenti
babbani?!
Lo
sguardo grigio si posò sul Grifondoro e le pupille si
dilatarono per una
frazione di secondo prima che Draco assottigliasse gli occhi ed
arricciasse la
bocca in una smorfia che sembrò di fastidio.
Nessuno
avrebbe potuto immaginarlo, ma il motivo per cui Draco era arrivato
tardi era
di dover passare a ritirare gli abiti commissionati a Telami e
Tarlatane, dove,
contando sulla discrezione del proprietario e dei commessi, si era
fatto cucire
alcune cose sul modello di vestiti babbani: jeans che però
non erano jeans,
magliette che però non erano magliette; così gli
aveva suggerito di fare Pansy
per conciliare il suo rifiuto di mischiarsi ai Babbani con uno
spiraglio di
moderazione per campare in pace in quel fine settimana.
Pareva
aver funzionato, perché quasi tutto il tavolo lo osservava
meravigliato e nella
fattispecie Potter sembrava che stesse soffocando per la sorpresa:
fantastico.
A saperlo, se fosse riuscito a liberarsi dello Sfregiato con
così poco avrebbe
commissionato dei jeans-non-jeans anni prima.
Il
biondo inspirò a fondo per farsi forza di affrontare quella
tavolata di
traditori del loro sangue, inetti, Mezzosangue, Nati Babbani e amici
fedifraghi: lui era la vittima di quella congiura e se avesse potuto
l’avrebbe
fatta pagare a tutti; ma dato che era obbligato a frequentarli e che si
trovava
in evidente inferiorità numerica, tanto valeva frequentarli
con classe e stile.
Sorrise
con cordialità e si avvicinò.
A
Harry, che lo stava mangiando con gli occhi mentre tentava di non
soffocare con
il boccone di carne, sembrò che la stanza si illuminasse al
sorriso di Draco,
anche se dovette ammettere che per affabilità assomigliava
ad un Nundu che
scoprisse i denti per divorare una pecorella; quando Draco prese posto
accanto
a lui mormorando “tanto prima o poi mi tocca”, lo
stomaco di Harry si chiuse
repentinamente, tanto che spinse via il piatto.
Ron
gli chiese se non ne mangiasse più, Harry fece un vago cenno
di assenso e il
rosso si impossessò della sua razione per trangugiarla.
-Ron,
sei un maiale!-, esclamarono all’unisono Hermione e Pansy,
scoppiando poi a
ridere.
Il
resto della compagnia riprese a mangiare e discorrere, come niente
fosse, ma
per Harry producevano solo un indistinto brusio, perché
Draco, gomito sul tavolo
e mento sulla mano, lo studiava con intensità; in
più, le loro cosce sotto il
tavolo aderivano per tutta la lunghezza.
E
niente, il cervello del Grifondoro si era spento come un cerino
consumato. Il
ragazzo tentò un sorso di Burrobirra, ricordando a
sé stesso di non sorridere
prima di aver inghiottito, poi provò a replicare la
posizione di Draco per
studiarlo a sua volta, ma mancò clamorosamente il tavolo con
il gomito e
arrossì imbarazzato, aspettando il commento acido del
biondo: il quale però se
ne stette zitto, continuando a guardarlo e anzi aprendo la sua
espressione in
qualcosa di più amichevole.
“Eccoci,
ci risiamo con la tiritera dell’ultimo periodo a scuola,
quando mi ha mandato
fuori di testa”, pensò il Grifondoro, ma invece di
incupirsi sorrise: per fortuna
aveva ingoiato la Burrobirra.
Draco
non aveva pianificato di sedersi là, ci era andato di
impulso; ma a conti fatti
si disse che il suo istinto doveva essere bastardo come la sua parte
cosciente se
quello era l’effetto che sortiva in Potter la sua vicinanza:
di sicuro l’astio
che provavano uno nei confronti dell’altro doveva averlo
confuso. Rimase a
fissarlo ancora un po’ e a godersi il contatto delle loro
gambe (aveva detto “godersi”?),
poi distolse l’attenzione e cominciò a parlare con
Ron (tentando di non far
trapelare quanto fosse disgustato dal suo modo di mangiare) di
Quidditch: li avrebbe
frequentati con classe e stile e forse ci sarebbe stato anche spazio
per
qualche piccola vendetta.
-Tu
stai scherzando!-, sbottò Draco
indignato.
-Per
niente, te lo assicuro-, ribatté serio Blaise sulla soglia
della stanza.
Erano
arrivati alla dimora in Galles della famiglia Zabini: non era grande a
detta
del ragazzo, ma a Harry, che veniva da un sottoscala, era sembrata
enorme e
sfarzosa.
Il
Serpeverde padrone di casa aveva illustrato loro i vari ambienti:
cucina,
bagni, camera da pranzo, salone, stanza della musica e dei giochi ed
infine
camere da letto. Era a quel punto che il melodramma era esploso, quando
Draco aveva
scoperto che avrebbe dovuto pernottare insieme a Harry Potter.
-Sono
tutte camere doppie o triple, e ringraziami che non vi sia toccata una
di
quelle con il letto matrimoniale-, proseguì
l’amico, infierendo.
Draco
lo guardò stravolto e senza parole, ma solo per un attimo:
si riprese
prontamente e dichiarò di voler dividere la camera con Terry
Boots.
Harry
si intrufolò nella stanza e nella conversazione, con un
sorriso da orecchio a
orecchio. Da dopo pranzo tampinava Draco abbastanza da vicino:
quest’ultimo se
ne era accorto, però non si era domandato come mai.
Blaise
invece ritenne opportuno squagliarsela.
-Non
puoi, non hai letto il contratto? Non possiamo stare a più
di tre metri di lontananza.
E visto che le camere da letto sono tutte distanti tra di loro, non
possiamo
che dividere la stessa; a meno che tu non voglia dormire nella vasca
del bagno
qui accanto, ma forse è già troppo lontana. Ehi,
Blaise, mi piace qui! Draco,
io prendo il letto vicino alla finestra, se per te va bene-, concluse
gaio
lasciandosi cadere seduto sul materasso e facendo un paio di saltelli
per
testarne la morbidezza. Se gli passò per la mente come
sarebbe stato
rotolarvisi sopra con Draco, riuscì a dissimularlo
perfettamente. Era matematicamente
certo che Malfoy non si fosse degnato di scorrere il contratto, e
gongolava
nell’aver segnato quel punto a suo favore: lui aveva avuto
modo di prepararsi
mentalmente, il biondo no; in quel momento il Grifondoro si
sentì molto
Serpeverde.
Draco
boccheggiava come un capodoglio spiaggiato: bello, elegante,
proporzionato, ben
vestito e ben pettinato, per carità! Ma pur sempre pesce
fuori dall’acqua.
-Cos…
Cosa?! Io… No! Come? No!-
-Bello
sfoggio di eloquenza, Malfoy. Allora per te va bene il letto vicino
alla porta?-
-Potter,
levati subito di testa questa puttanata di idea per cui divideremo la
stanza
per la notte!-
Potter
per tutta risposta allargò ancora il sorriso sulla sua
faccia.
-Non
vedo come potresti svicolare!-
-Io…
Io russo, ecco! Riesco perfino a svegliare Tiger e Goyle!-
-Perfetto!
Io ho degli incubi in cui sogno Voldemort e urlo come un pazzo! Vedrai,
sarà
bellissimo-, disse battendo le mani in una perfetta parodia di
sé stesso sotto
esaurimento nervoso.
Draco
avanzò a lunghi passi fino ad arrivargli davanti per
sventolargli un dito
minacciosamente davanti al naso.
-Prendi
il cazzo di letto che ti pare, Potty. Hai vinto una battaglia, non la
guerra-,
sibilò minaccioso, per poi dirigersi glaciale verso la
porta. Certo, la sua
uscita teatrale avrebbe sortito un migliore effetto, se non fosse stata
bloccata dal fatto che si trovava a più di tre metri da
Harry, per cui Draco
non riuscì per niente ad uscire e gli toccò
rimanere lì imbronciato a battere
un piede sul pavimento con fare impaziente, intanto che Harry
cominciava a
sganasciarsi dalle risate: si sentiva bene a tormentare Draco,
perché indispettirlo
era comunque meglio di niente.
Nell’immediato
il piano di Draco per vincere la sua guerra fu di rinchiudersi in un
ostinato,
astioso silenzio, con un’espressione immusonita; e tanti
saluti alla classe e
allo stile.
Ora,
Harry trovava la sua bocca imbronciata desiderabilissima e sexy, ma non
gli
parve il caso di dirlo ad alta voce.
Entrambi
sistemarono i bagagli e poi scesero al piano di sotto nel salone: il
Grifondoro
entusiasta davanti e il Serpeverde dietro, di malavoglia, alla distanza
massima
consentita dal contratto. Riunitisi agli altri, Harry prese posto in
una
poltrona, mentre Draco si lasciò sprofondare con mala grazia
in un divano lì
appresso, appoggiando le gambe sul bracciolo e distogliendo lo sguardo
verso
dei trofei appesi al muto, ostentando indifferenza verso quello che gli
accadeva intorno.
Il
resto del gruppo stava decidendo di scendere al fiume, anche quello
dentro la
tenuta, per imparare tutti insieme uno sport babbano che Michael aveva
proposto: si era detto convinto che sarebbe piaciuto agli altri
perché in parte
simile al Quidditch e aveva aggiunto di essersi portato dietro
l’equipaggiamento
per chiunque avesse voluto provare.
Il
biondo fece un commento a bassissima voce su sport babbani del cazzo,
ma lo
sentì solo Harry, perché andò perso
nella confusione della discussione mentre
il Corvonero spiegava le regole del baseball e gli altri facevano
domande.
Lo
spirito Grifondoro ebbe la meglio sugli altri, facendo optare Harry per
non
accodarsi al programma così da non rovinare il pomeriggio a
tutti, cosa che
sarebbe inevitabilmente accaduta se Draco fosse stato con loro; inoltre
voleva
stare con lui da solo il più possibile, perché
sentiva dentro di sé che questa
sarebbe stata la sua sola ed unica occasione per passare più
tempo possibile
con l’oggetto della sua concupiscenza: terminato quel fine
settimana sarebbe
terminato tutto. Si stava arrabattando il cervello per trovare una
scusa alla
loro defezione, quando tra i ragazzi trotterellò
l’unico elfo domestico rimasto
con loro, mentre gli altri erano tornati nella casa principale con la
signora
Zabini: era ben vestito ed aveva uno sguardo sereno e vivace. Fece un
piccolo
inchino a tutti e poi si rivolse a Blaise; mentre parlava il suo
sguardo era
carico di affetto e Harry si ricordò del racconto di
Hermione in cui gli
spiegava che in quella famiglia gli elfi venivano trattati bene e,
anche se non
erano pagati (del resto loro non avrebbero voluto), avevano condizioni
di
lavoro accettabili e indumenti dignitosi: il trucco per farglieli avere
senza
liberarli era di lasciare che li trovassero in giro per casa senza
donarli
loro.
-Padroncino
Zabini, questo è menù per la cena-,
esordì la creatura porgendo un foglio.
-Mi
fido di te, Ghisten-, lo rassicurò Blaise, sorridendo,
restituendo la carta
senza neanche guardarla.
L’elfo
prese a torcersi le mani con violenza.
-Però
io teme che cena sarà servita tardi, io deve ancora fare
tante cose per
prepararla-, confessò lamentoso.
Tutti
cominciarono a dire che non era un problema, che non si preoccupasse;
tutti
tranne Draco, che guardò l’esserino in silenzio,
alzando un sopracciglio.
L’elfo
si scusò e ringraziò, per poi ritirarsi verso la
cucina.
Harry
ebbe un’epifania: scattò in piedi.
-Ti
aiuto io, Ghisten!-, disse trionfante. Poi guardò Draco che
lo fissava a bocca
aperta. -Anzi, ti aiutiamo noi!-, aggiunse, agguantando il biondo per
un polso
e trascinandoselo dietro di peso, caracollante nel tentativo di
recuperare l’equilibrio.
Hermione
e Pansy si scambiarono un sorriso di intesa e poi incitarono gli altri
ad avviarsi.
Ghisten
era sull’orlo delle lacrime per quell’insperato
supporto, ma lo stesso fece un sacco
di cerimonie prima di accettare. Harry riuscì a spuntarla
solo perché lo
convinse che era l’elfo a fargli un favore, accettando il suo
aiuto.
Be’,
in una certa maniera era anche vero.
Draco,
nel frattempo, era rimasto alla massima distanza consentita: la cosa di
fatto
si traduceva nel Serpeverde appoggiato ad un muro, caviglie incrociate,
braccia
conserte e tempesta sul viso.
Harry
lo aveva ignorato, per il momento gli bastava che fosse lì
con lui e che
fossero soli. Chiese invece all’elfo cosa potesse fare:
questi riemerse dalla
dispensa con un grosso involto tra le braccia e lo poggiò
sul piano da lavoro,
in mezzo a barattoli di spezie e bottiglie di condimenti; a quel punto
guardò Harry
diretto negli occhi e chiese con rispetto se davvero padron Potter
sapesse
cucinare.
-Me
la cavo, mia zia mi ha spesso obbligato ad aiutarla-.
-E
padron Malfoy sa cucinare?-, domandò abbassando la voce in
un bisbiglio
dubbioso.
Draco,
sentendosi nominare ma non capendo il resto si avvicinò,
vinto dalla curiosità.
Harry
si abbassò verso un orecchio dell’elfo, che gli
ricordava tanto Dobby.
-Non
credo, ma non ti preoccupare: è qui solo per farmi
compagnia, gli impedirò di
fare disastri-, rispose con fare complice sussurrando. Poi si
rialzò, vedendo
che Draco era sopraggiunto. -Dimmi cosa vuoi che faccia, Ghisten-,
aggiunse con
un tono più alto.
-Padron
Potter può marinare il cinghiale, mentre Ghisten finisce di
pulire casa; poi
Ghisten torna e prepara la torta e cuoce il cinghiale e le patate,
sì, sì-,
propose andando via dalla cucina.
Così
Harry rimase davvero solo con Draco, ed un tocco di cinghiale davanti
da
marinare per la cena.
Guardò,
il biondo, gli scappò un sorriso genuino per la strana ed
intima situazione in
cui si trovavano e poi iniziò a studiare i barattoli per
scegliere quelli
giusti.
Forse
un gruppo di neuroni e sinapsi proiettò l’immagine
dei due insieme a preparare
la cena in una casa che apparteneva a loro, poco vestiti e in
confidenza: ma
erano neuroni e sinapsi cattivi, ed andavano ignorati.
Draco,
dal canto suo, era rimasto in silenzio più che aveva potuto,
deciso ad essere
spettatore passivo di tutto quel che accadeva, ma ad un certo punto la
sua ironia
proprio non ce la fece a restargli dietro la linea delle labbra.
-Potter,
davvero non capisco perché dovresti voler portare pezzi di
cinghiale morto al
mare e gettarcelo dentro-, commentò Draco trasudando
sdegnata perplessità. -Mi
sembra altamente antigienico, visto che lo dobbiamo mangiare-,
considerò
infine.
-Draco,
marinare non vuol dire mica buttare a mare-, ribatté il
moro, tentando di non
dare enfasi al fatto che l’altro avesse ripreso a parlare.
-È una cosa che si
fa con la carne per renderla più tenera e darle aroma-.
-E
come avrei potuto saperlo? Queste cose per me di solito le fa qualcun
altro: un
cuoco, un elfo…-
-Ma
non desideri essere indipendente nella tua vita?-, domandò
il moro, stupito ed
incuriosito, come se fosse una domanda pienamente lecita da fare a chi
aveva
evitato di parlarti fino a qualche secondo prima.
Draco
lo guardò come se gli fosse spuntata una seconda testa, e
per di più brutta.
-Economicamente
indipendente, vorrai dire. Mica culinariamente indipendente. Se
sarò molto
ricco e potente, e non vedo perché non dovrei esserlo,
basterà che io paghi
qualcuno che dipenda da me e mi marini il cinghiale-. Ci
pensò su un attimo e
sogghignò. -Potrei assumere te-.
Harry
lo guardò storto, ma Draco proseguì nella sua
ironica e assurda fantasticheria
senza badarci.
-Nel
caso che tu non venga sconfitto dall’Oscuro Signore,
trionferai e sarai
osannato. Però la gloria ti darà alla testa,
diventerai instabile e finirai
internato al San Mungo per aver aggredito dei disgraziati bambini che
ti
chiedevano un autografo; dopo qualche anno ne uscirai per scoprire di
essere
rimasto solo al mondo e povero perché il Ministero
avrà confiscato tutti i tuoi
beni. Allora, disperato, ti rivolgerai a me per avere un impiego; io,
nella mia
magnanimità, ti concederò di marinarmi il
cinghiale e lustrarmi le scarpe,
debitamente inginocchiato ai miei piedi-.
Parve
soddisfatto della sua fantasia e rivolse una smorfia
all’altro, una smorfia di
scherno e superiorità.
-Preferirei
spulciare un lupo mannaro con la lingua che stare sotto di te-,
ribatté secco
Harry di getto.
Fu
subito lampante che entrambi avevano interpretato “stare
sotto di te” in una
maniera che niente aveva a che fare con cinghiali e scarpe ed
assunzioni
lavorative: si guardarono ad occhi sgranati, con le pupille
istantaneamente
dilatate per lo scatto immaginativo. Nella fattispecie, Draco
visualizzò Harry
inginocchiato davanti a lui a prenderglielo in bocca e Harry si
immaginò
riverso sul tavolo con Draco sopra che gli faceva cose che non sapeva
nemmeno
bene se fossero compatibili con le leggi anatomiche umane.
Dimenticandosi
del contratto magico ciascuno dei due tentò di scappare
precipitosamente via
dall’altro per sottrarsi all’imbarazzo, ma
raggiunta la distanza massima
vennero riattratti tra di loro come se fossero legati da un
potentissimo
elastico, con il risultato di sbattere violentemente uno addosso
all’altro e
cadere rovinosamente a terra.
Rimasero
lì, a guardarsi senza saper che fare, in preda ad una
galoppata ormonale ma
ognuno reticente ad agire per i propri motivi: Harry per paura di
essere
respinto e deriso, Draco per aver male interpretato la recita di Harry
quando
gli aveva scritto che quella cosa successa ad
Hogsmeade non aveva
significato niente.
Quel
momento sarebbe durato ancora in eterno, o forse si sarebbe risolto in
qualcosa
di più piacevole, se Ghisten non avesse inopportunamente
scelto di rientrare in
cucina per iniziare a preparare da mangiare: non mostrò di
aver notato i due
sul pavimento o, se lo aveva fatto, non sembrò reputarlo
degno di stupore.
-Bravo,
padron Potter! Io ora porta il cinghiale di là e mette al
fresco fino a che non
arriva l’ora di cuocerlo! Grazie, amici di padroncino
Blaise!-, comunicò trotterellando
fuori dalla stanza.
E
l’attimo magico era passato: il Serpeverde si era tirato su.
-Potter,
basta giocare allo sguattero! Io voglio divertirmi con gli altri!-,
proruppe
sgarbato. Fare i capricci aveva risolto molti dilemmi nella sua vita,
forse
sarebbe andato bene anche con questo.
Tuttavia
Harry, aveva notato che Draco aveva il respiro un po’
affannato e che gli
voltava le spalle con troppa convinzione ed un filo ingobbito:
intuì cosa ci
fosse dietro a quella scena. Lo intuì perché lui
aveva passato mesi a tentare
di dissimulare le sue erezioni.
Una
flebile scintilla di speranza baluginò in fondo al suo
animo: forse Draco non
lo voleva, ma forse non lo schifava neanche.
In
ogni caso aveva ottenuto il suo scopo: smuoverlo da
quell’apatico malumore e dal
silenzio cocciuto.
-Bene,
allora, prendiamo le scope e raggiungiamo gli altri che sono scesi al
fiume da
un po’-, propose Harry: Blaise gli aveva spiegato che la
villa era in mezzo a
una vasta tenuta di proprietà della famiglia Zabini e
protetta da incantesimi
che impedivano ai Babbani di entrarvi e di vedervi dentro; per cui non
c’erano
problemi a volare sui manici di scopa, a patto che non fosse troppo in
alto.
|
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Capitolo 8 *** un inizio incerto ***
https://www.youtube.com/watch?v=T0icmS-xASo&list=RDkQdp3O-7Ri4&index=4
Ho
in mente di ripubblicare i capitoli, inserendo all’inizio,
come vedete qui
sopra, il link della canzone di accompagnamento.
Aggiornare
questa fanfiction mi risulta un po’ complicato,
perché per certi versi è simile
all’Ottavo Anno, ma l’impianto della storia
è totalmente diverso: quindi la
trascuro, ahimè, per evitare di confondermi su dettagli e su
ambito emotivo.
Comunque,
mancano veramente pochi capitoli, mi applicherò per
concluderla.
In
settimana dovrei riuscire ad aggiornare anche l’altra.
E
poi mi capitano cose come questa: aver trovato la canzone perfetta per
la
fanfiction; e allora ritorno con foga e idee…
“Kiss
with a fist”, Florence And The Machine:
https://www.youtube.com/watch?v=1SmxVCM39j4
Come
specificato nei commenti del link, non tratta di abusi domestici e
violenza
nella coppia, ma di passione focosa un po’ mal dirottata;
sì, insomma, parla di
Draco e Harry: fierce and firy passion!
È
una canzone leggera e scherzosa, in nessun modo va intesa come qualcosa
di
orribile e drammatico.
Testo:
You
hit me
once
I hit you back
You gave a kick
I gave a slap
You smashed a plate
Over my head
Then I set fire to our bed
You hit me once
I hit you back
You gave a kick
I gave a slap
You smashed a plate
Over my head
Then I set fire to our bed
My black eye casts no shadow
Your red eye sees no blame
Your slaps don't stick
Your kicks don't hit
So we remain the same
Blood sticks, sweat drips
Break the lock if it don't fit
A kick in the teeth is good for some
A kiss with a fist is better than none
Whoa a kiss with a fist is better than none
Broke your jaw once before
I spilt your blood upon the floor
You broke my leg in return
So let's sit back and watch the bed burn
Blood sticks sweat drips
Break the lock if it don't fit
A kick in the teeth is good for some
A kiss with a fist is better than none
Whoa a kiss with a fist is better than none
You hit me once
I hit you back
You gave a kick
I gave a slap
You smashed a plate over my head
Then I set fire to our bed
You hit me once
I hit you back
You gave a kick
I gave a slap
You smashed a plate over my head
Then I set fire to our bed
Buona
lettura, fangirl e fanboy!
Volare
insieme a Draco era stato magnifico, e non aveva avuto niente a che
fare con
gli ormoni.
Fino
a quel momento avevano sempre volato uno contro
l’altro, mai in accordo.
Harry
considerò che se avessero potuto volare insieme prima, forse
non si sarebbero
scannati per anni in quella maniera accanita.
Certo,
non è che avessero fatto una passeggiata romantica a cavallo
delle scope,
quanto piuttosto una corsa forsennata competendo fianco a fianco: il
fatto di
non poter superare una distanza reciproca di tre metri aveva fatto
sì che si
impegnassero in manovre strette di placcaggio e abilità,
avvitando le
traiettorie, girandosi intorno, sfiorandosi in un volo dissennato; la
sfida era
una costante del loro rapporto, ma questa sembrava quasi una danza,
possedeva
una complicità che gli insulti e i cazzotti non potevano
eguagliare in nessuna
maniera.
Quando
atterrarono nei pressi del grande spiazzo in cui gli altri stavano
giocando,
erano accaldati e soddisfatti.
E,
appena furono sotto in compagnia, ognuno rientrò nei propri
schemi
comportamentali: Draco inalberò quella sua collaudata
espressione impettita e
andò a sdraiarsi all’ombra di un albero in
solitaria; Harry reagì alla sua
condotta stranendosi e allontanandosi, se non fisicamente almeno
nell’atteggiamento, gridando agli altri di voler giocare
anche lui.
-Ci
so fare con le mazze e le palle!-, assicurò Harry tutto
contento.
“Merda”,
si disse un attimo dopo.
-Guarda
che lo abbiamo capito che ci sai fare!-, buttò lì
Ginny. -Io per la precisione
lo so da un pezzo!-, continuò ridendo.
-Già,
proprio così, amico!-, aveva scherzato Ron. -Alla fine ci
sono arrivato pure io
che ho… Cos’è che ho, Hermione?-
-La
varietà di emozioni di un cucchiaino! Ma forse Pansy sta
riuscendo a farti
arrivare a quella di un… Pansy?-
-Cucciolo
di Schiopodo?-, sparò lei con leggerezza. -E comunque lo
hanno capito pure
Tiger e Goyle, ed è tutto dire-, concluse laconica.
Tutti
erano scoppiati a ridere.
Draco,
dal suo posto all’ombra sotto gli alberi, alle spalle di
Harry, cupo studiava la
scena.
Era
contrariato.
Pensava
che la rivelazione dell’omosessualità di Harry
avrebbe fatto scalpore, notizia,
che il ragazzo si sarebbe vergognato e che lui, il crudele e
vendicativo Draco,
avrebbe avuto un’affilata spada di ricatto tra le sue mani:
tuttavia non era
successo niente del genere. La spada di ricatto non solo non era
affilata, ma
pareva fatta di morbida stoffa, per di più tanto poco
imbottita da afflosciarsi.
Harry,
dopo un attimo di imbarazzo era scoppiato a ridere con naturalezza
insieme agli
altri.
Vederlo
così aveva stupito il ragazzo biondo: negli ultimi tempi,
tranne quando si
menavano, se stava solo con lui era spesso teso, incerto, e si
innervosiva per
un niente; invece avrebbe dovuto ridere in quel modo anche con lui,
perché così
era più bello.
Bello?
Aveva detto “bello”?! Il caldo di sicuro gli stava
dando alla testa!
E
comunque, a onor del vero, c’era stato un momento in cui era
stato del tutto
rilassato e a suo agio: esattamente prima che Draco gli masticasse il
cuore e
poi lo sputasse sul selciato di Hogsmeade.
Non
che avesse una grande esperienza di rapporto con Harry Potter, eh.
Erano
passati da odio viscerale a brevissima frequentazione, bacio, per poi
tornare
all’odio viscerale, il tutto in un calderone di emozioni
dissimulate abilmente.
E ora questo fine settimana.
Harry
continuava a sghignazzare spensierato mentre si bardava con le
protezioni,
inconsapevole degli occhi grigi che lo radiografavano.
-Pensavo
non volessi che si sapesse dei tuoi gusti-, puntualizzò
acida la voce di Draco
alle sue spalle.
Harry
smise di ridere, ma continuò a mantenere le labbra
increspate e voltò la testa
sopra la spalla: senza però osservare l’altro
dietro di lui e tenendo lo
sguardo sempre sul resto del gruppo che aveva ricominciato a giocare
nell’attesa che lui si aggiungesse: così non
poté cogliere l’espressione di
Draco, meditabonda e seria.
-Mai
detto nulla del genere. Non me ne è mai potuto importare un
cazzo di meno. Mi
hanno accusato di essere un Mago Oscuro, di essere l’Erede di
Serpeverde, di
essere un pazzo paranoico in cerca di gloria ed instabile, e sono
comunque
andato avanti, figurati se mi interessa che si sappia che sono gay.
Sì, magari
sarà uno strazio da sopportare, all’inizio; ma
quando avrò sconfitto Voldemort
renderanno il giorno del mio coming out, o outing che possa essere,
festa
nazionale. Odio essere al centro dell’attenzione proprio, ma
del motivo non me
ne può fregare di meno. E, comunque, vedi? Importa al resto
del mondo meno del
previsto, neanche i tuoi amici Serpeverde ci fanno caso. Gli unici a
cui non
vorrei farlo sapere sono i miei parenti per non farmi buttare fuori
casa, ma
fra poco compirò diciassette anni e allora me ne
fregherò pure di loro (*)-,
rispose con semplicità, facendo spallucce; finì
di sistemarsi la bardatura da
ricevitore e senza aggiungere altro andò a giocare.
Draco
rimase perplesso: c’era qualcosa che non tornava sul serio:
perché allora
Potter era sembrato tanto devastato quando lui aveva minacciato di
sputtanarlo?
Aveva forse a che fare con il discorso che Granger gli aveva fatto
sulla Torre
di Astronomia?
Mah,
chi se ne fotteva: probabilmente tutti i Grifondoro avevano delle
instabilità
caratteriali; bastava guardare come il Pezzente tentasse di giocare
mentre
abbracciava Pansy: un’azione da idiota. Anche se Pansy
sorrideva beata.
Era
circondato da idioti e sciacquette.
Fu
in quel momento che sentì un rumore al suo fianco: la
stramba Corvonero stava
raccogliendo dei fiorellini per intrecciare una ghirlanda: era carina,
la
Stramba, peccato che fosse assolutamente assurda e…
Luna,
sentendosi osservata, alzò lo sguardo e trasalì
quando notò che Draco la stava
osservando: non si allontanò, ma diventò
più circospetta nei movimenti.
Draco
corrugò la fronte.
-Lovegood,
perché nessuno di voi è a proprio agio con me?-,
buttò fuori di getto, tra
l’esasperato e l’incuriosito.
-Perché,
Draco, tu sai essere crudele-, rispose Luna come se stesse facendo
considerazioni sul tempo, prima di chinarsi per raccogliere altri
fiori, con
una schietta naturalezza che lo lasciò di stucco.
In
famiglia e poi tra i Serpeverde gli avevano insegnato la lezione che
essere
crudele era giusto, anzi, doveroso: era il modo di dimostrare che si
riuscisse a
esercitare il potere oltre misura.
La
sua attenzione fu calamitata da Blaise e Pansy che giocavano e
scherzavano,
sforzandosi di integrarsi con gente diversa da loro.
“Ma
forse era la lezione sbagliata”, considerò Draco.
“Forse loro hanno imparato
un’altra lezione, migliore, e io sono rimasto indietro.
Detesto rimanere
indietro”.
Continuò
a seguire la propria linea di pensieri fino a che, inavvertitamente, si
appisolò.
Gli
altri erano oramai ritornati alla villa, ma Harry aveva insistito per
rimanere
indietro accampando delle scuse assurde e totalmente non plausibili: la
realtà
era che voleva rimanere un po’ a guardare Draco che dormiva.
Chiunque
nel gruppo aveva capito le sue vere intenzioni ma erano stati tutti
discreti e
non avevano commentato, anche se erano scappati risolini
d’intesa e Ron gli
aveva addirittura strizzato un occhio prima che Pansy riuscisse ad
assestargli
una gomitata nelle costole.
Comunque,
se ne erano andati e li avevano lasciati soli.
“Santo
cielo, sono patetico”, si disse: guardare la nivea pelle di
Malfoy macchiata
dall’ombra che le fronde gettavano su di lui, sentire i
brividi che si
rincorrevano sulla propria pelle al pensiero che tra poche ore
sarebbero stati
insieme nella stessa camera al buio… Ok, non sarebbe
successo niente perché
Malfoy magari avrebbe circondato il proprio letto di incantesimi
repellenti… Ma
era sempre una possibilità in più di quella che
avrebbe avuto restando da solo
nella sua stanzetta di Privet Drive.
Harry
rimase così molto tempo, imprimendosi nella memoria la curva
delle labbra di
Draco perché sembrava che nel sonno la sua bocca si
rilassasse, finalmente;
oppure la leggera contrazione di un dito mentre Malfoy sognava chi sa
cosa;
oppure…
Sospirò:
doveva svegliarlo, il sole stava calando e loro dovevano rientrare,
anche
perché lui doveva farsi una doccia prima di cena. Aspetta,
una doccia…
Il
Grifondoro compose il suo viso in un’espressione accigliata e
spazientita.
-Malfoy…
Malfoy… Sveglia-.
Draco
scattò su come se gli avessero tirato una secchiata di
acqua, guardandosi
intorno spaesato.
-Potter!
Dove… Che…-
-Spicciati,
dobbiamo rimontare sulle scope e tornare indietro! Gli altri sono
già andati!-,
lo sollecitò, fingendosi irritato: era fondamentale per il
suo piano che Draco
non avesse tempo per pensare.
Dal
canto suo, Draco registrò l’espressione di Potter:
ecco, erano soli di nuovo e
di nuovo lui appariva nervoso e scontento.
E
Draco reagì a quello scontento: immusonito a sua volta
montò a cavallo della
scopa e decollò: Harry dietro di lui si concesse un sorriso:
la sua piccola
rivalsa stava per iniziare; neanche il viaggio di ritorno, condotto in
silenzio
e così diverso dall’andata, poté
spegnere quella fiammella di subdola gioia.
Quando
entrarono nel salone, c’era solo Luna, che intrecciava la sua
ghirlanda.
-Gli
altri sono andati tutti a lavarsi-, comunicò con quella sua
voce trasognata.
“Bell’assist,
Luna!”
Harry
si parò davanti a Draco.
-Devo
farmi una doccia anche io-, affermò serio, anche se dentro
lui un Harry Potter
di cinque anni iniziava a vergognarsi.
-Non
vedo dove sia il probl…-, cominciò Draco, per poi
rendersi conto delle
implicazioni. Serrò istantaneamente le labbra in una smorfia
caparbia.
-Scordatelo-.
-Draco,
Draco…-, lo chiamò Harry con un tono fintamente
mellifluo di presa in giro. E
decise di sganciare la bomba. -Ti sfugge un dettaglio: anche se non
possiamo
allontanarci più di tre metri, sono io che ti ho comprato;
fino a domenica
sera, tu sei mio. Mio. Sono io che detto le
condizioni, se vado da
qualche parte tu devi seguirmi-.
Oh,
cielo, si sarebbe fatto cruciare pur di poter rivivere ripetutamente
quel
momento: Draco strabuzzò gli occhi, gli si gonfiò
una vena su una tempia e
soffocò nella sua stessa incredula indignazione.
Harry
continuò impietoso.
-Prima,
in cucina, siamo stati riattratti uno all’altro probabilmente
perché ci siamo
mossi simultaneamente, ma se io mi sposto, tu devi venirmi
dietro. E io
ora vado a farmi una doccia-, concluse e gli venne in mente che forse
il
Cappello Parlante ci aveva visto giusto allo Smistamento nel volerlo
schiaffare
tra i Serpeverde.
Poi
si incamminò, senza pensare che a breve si sarebbe dovuto
spogliare di fronte a
Draco e nascondendo il proprio incipiente imbarazzo nel trionfo del
momento.
Draco
provò a fare resistenza quando il moro arrivò
alla massima distanza consentita,
ma una forza impalpabile parve trascinare tutto il suo corpo al seguito
dell’altro: pur puntando i piedi sul tappeto si
ritrovò a tallonarlo, rigido e
furioso. Furioso ma non a disagio: aveva già visto nudo
Potter una discreta
quantità di volte mentre lo pedinava durante
l’anno scolastico. No, quello che
gli rodeva era di aver perso il controllo della situazione, il punto
della sua
superiorità da cui poteva giocare tranquillo: Potter lo
aveva messo in
difficoltà e sembrava divertirsi, proprio come se fosse
stato uno della sua
Casa, un Serpeverde.
Se
una parte di Draco si inchinò riconoscendo un degno
avversario, l’altra si
indispettì oltre misura: nessuno gli aveva mai affibbiato un
aggettivo tale:
“mio”.
Draco
Lucius Malfoy non era di nessuno.
E
Potter non si era neanche guardato indietro da quando si era
incamminato!
Appena
avesse recuperato la sua libertà, Draco li avrebbe
maledetti: lui, la Granger e
Pansy!
Poi
si ricordò della linea dei dorsali di Potter mentre si
insaponava e cominciò a
camminare di sua volontà, senza più venir
trascinato: tanto valeva cavar
qualcosa di buono da quella situazione del cazzo. Sorrise: avrebbe
giocato anche
lui. Gliel’avrebbe fatta vedere chi sarebbe andato dietro a
chi!
D’altronde
Harry ostentava una sicurezza che non provava più e che si
era dileguata
rotolando giù per gli scalini mentre saliva al primo piano:
si sarebbe scannato
da solo prima di tornare su propri passi, ma all’improvviso
fu colto
dall’insicurezza; Draco aveva tempo prima ammesso di trovarlo
affascinante, ma
Harry sarebbe riuscito a fare la ruota come un pavone per attrarre il
biondo o
quel dispetto si sarebbe concluso con la sola umiliazione del prestigio
Malfoy?
Si
sarebbe accontentato della seconda, pur preferendo la prima.
Forse
fu proprio per contrastare quell’insicurezza che
puntò dritto alla camera e una
volta lì iniziò a spogliarsi con decisione, senza
curare l’altro di uno sguardo
e dandogli le spalle: quando rimase a torso nudo la voce di Malfoy si
fece
sentire.
-Voltati-.
Harry
lo ignorò e si sfilò le scarpe e i calzini.
-Voltati-.
Era
la stessa parola di prima, eppure totalmente diversa: pronunciata in
quel modo
lento e basso sembrava una promessa di piacevole dannazione eterna.
Harry
si girò e gli si mozzò il fiato: come cazzo aveva
fatto Draco a spogliarsi
tanto in fretta e tanto silenziosamente? Gli restavano addosso solo i
boxer e,
oh merda, era bellissimo. Harry non riuscì neanche
lontanamente a darsi un
contegno: rimase inchiodato lì come una farfalla sotto uno
spillo, e lo spillo
erano gli occhi di Draco che lo studiavano. Harry non lo sapeva, ma il
vantaggio del biondo era quello di conoscere già il suo
fisico e di potersi
permettere di non essere stupito. La cosa non valeva per niente al
contrario:
il Grifondoro lasciò scorrere lo sguardo, uno sguardo
davvero inconsapevolmente
famelico, sul corpo di Draco, registrando cose come l’assenza
di peluria sul
suo petto, l’addome non scolpito ma teso e compatto, il lieve
rigonfiamento dei
quadricipiti, le braccia che cadevano elegantemente ai lati del bacino
da cui
sporgevano le ossa delle anche, la pelle senza neanche una macchia o
un’imprecisione, il biondo dei peli ricci che ricoprivano le
cosce e sparivano
sotto l’orlo dei boxer che…
-Ehm-,
si schiarì la voce Draco, senza nessun imbarazzo ma con
palese divertimento.
Non appena l’attenzione del moro fu di nuovo al suo viso,
sorrise umettandosi
le labbra. Gli rivolse un ammiccamento e gli occhi di Potter si fecero
vacui,
anche se solo per un attimo. -Sbrigati e andiamo in bagno-.
Harry
considerò se farsi la doccia con i jeans fosse
un’opzione, perché i jeans erano
larghi e rassicuranti e forse Draco non si sarebbe accorto che stava
per avere
un’erezione. Tuttavia Malfoy gli dette le spalle, come per un
improvviso senso
di pudore e Harry saltò fuori dai pantaloni a
velocità inumana avvolgendosi
subito in un asciugamano posato su una panca ai piedi del letto.
-Andiamo-,
disse con voce roca e con la sensazione di star per perdere
quell’incontro.
Draco
si era perfettamente reso conto dell’effetto che stava avendo
sull’altro; dopo
tutto quello che gli aveva fatto in quegli anni e soprattutto
nell’ultimo
periodo… Santo cielo, Potter non sapeva proprio proteggersi!
Spiattellava le
proprie emozioni e sensazioni così, senza
ritegno… Ora Draco avrebbe di nuovo
potuto affondare il coltello nella piaga, per esempio prendendolo in
giro per
l’evidente rigonfiamento nei suoi jeans… Invece si
era girato dall’altra parte.
Buffo:
aveva desiderato dare un po’ di tregua al moro.
Così
lo aveva aspettato sulla soglia del bagno e una volta lì
aveva continuato a dargli
le spalle per andare a riempire la grande vasca che si trovava
incassata nel
pavimento; non c’erano docce.
L’acqua
calda ci mise poco a riempire la vasca e i due intanto lasciarono
dilatare il
silenzio tra loro: Draco per una sorta di nuovo e strano accenno di
riguardo,
Harry perché si stava chiedendo se i suoi pollici si
potessero adattare alle
fossette che Draco aveva in fondo alla schiena.
Il
moro scese in acqua benedicendo la schiuma come aveva fatto al quarto
anno alla
presenza di Mirtilla Malcontenta e lasciando andare
l’asciugamano che lo
copriva solo poco prima di toccare con i piedi le prime bolle di
sapone; scese
qualche scalino e si ritrovò immerso: la protezione della
spuma e il calore
dell’acqua lo rilassarono.
Non
sapendo bene come procedere nella sua rivalsa si risolse a godersi per
un
momento quel bagno.
-Ti
sei tenuto i boxer-, constatò in tono piatto Draco, seduto
su un tappetino a
due metri abbondanti dalla vasca, le ginocchia tirate al petto e le
braccia a circondarsi
le gambe, il capo reclinato contro la parete.
-Anche
tu-, rispose Harry tirando fuori le prime parole che gli passarono per
il
cervello e rendendosi subito conto della loro stupidità.
Se
Draco la colse, decise di non approfittarne; anzi, continuò
quel dialogo di
ovvietà.
-Ma
tu sei in acqua-.
-E
tu no-.
“Complimenti,
Harry, questa sì che è una risposta capace di
rintuzzarlo e zittirlo”, si disse
con autocritica.
-Allora,
dovremmo parificare le cose-.
E
un attimo dopo Draco si alzò, aggraziato e ferino, e si
diresse verso la vasca,
che improvvisamente a Harry non sembrò poi così
grande: ma non riuscì a
profferir verbo o muovere muscolo, come un cervo abbagliato di fari
della
macchina che sta per investirlo. Si riscosse solo quando piccole onde
gli lambirono
il petto, segno che l’acqua era stata increspata
dall’entrata di Malfoy, il
quale sparì brevemente sotto la superficie, per riemergere
bagnato e lucido di
schiuma.
L’inguine
di Harry ebbe un’inequivocabile contrazione, seguita da una
seconda e più forte
quando Malfoy si lisciò indietro i capelli e alcune gocce
scivolarono sul suo
collo. Harry artigliò il bordo della vasca per tentare di
rimanere al suo posto
invece di gettarsi su quel collo, leccarlo e dichiarare che era stato
una mossa
di lotta babbana. Solo il ricordo di quella sera,
di come le labbra di
Draco erano diventate crudeli dopo averlo baciato, lo avevano fermato.
Malfoy
si stiracchiò, pigramente, come un gatto.
Harry
capì che non avrebbe resistito ancora a lungo.
Draco
sapeva che effetto stava esercitando su Potter e sapeva anche quale
effetto
l’altro stesse esercitando su di lui: un conto era stato
vederlo nudo a sua
insaputa. Ma, contrariamente alle proprie previsioni,
tutt’altro era guardarlo
adesso che lui era consapevole della sua presenza. E che indossasse i
boxer o
meno non cambiava per niente lo stato delle cose.
Se
fosse stato solo sesso, Draco avrebbe anche potuto soccombere; e poi,
al
massimo, obliviare Potter per fargli dimenticare il proprio attimo di
cedevole
debolezza carnale.
Draco
però temeva che in una qualche maniera bazzecole fastidiose
e pericolose come i
sentimenti avrebbero finito per andarci di mezzo: Potter lo avrebbe
guardato
come se si aspettasse altro e Draco non era sicuro di sapere come
rispondere a
quell’assurda possibile richiesta negli occhi verdi e
brillanti di Harry.
Immaginò
che fosse quello il motivo per cui improvvisamente tagliò
fuori i propri
pensieri impudichi e smise di gettar provocazioni; per lo stesso motivo
per cui
prima si era girato.
Riguardo.
Lui?!
Lui stava avendo del riguardo?!?!
Qualcuno
doveva avergli scagliato contro un Confundus.
Era
una situazione imbarazzante: di cosa parli con la tua nemesi per
dissimulare la
reciproca attrazione?
Quidditch,
il Quidditch poteva risolvere tutto.
-Per
quale squadra tifi?-, buttò lì Draco come se si
trovassero in Sala Grande e non
quasi nudi in una vasca.
Stranamente,
Potter parve sollevato, anche se sorpreso.
-Oh,
inizialmente seguivo Ron tifando per i Cannoni di Chudley, ma poi, via
via che
conoscevo le squadre, hanno iniziato a piacermi i Pipistrelli di
Ballycastle:
vedi il loro tecnicismo e la loro agilità nei
passaggi…-
-È
praticamente inutile contro il gioco dei Falmouth Falcons-, lo
interruppe
Draco.
-Solo
perché, vedi, si da il caso che i Falcons siano una squadra
di giocatori
fallosi-, ribatté Harry punto sul vivo.
-Non
sono fallosi, solo determinati. Vieni, ti spiego-, obiettò a
sua volta Draco,
avvicinandosi al bordo della vasca e cominciando a tracciare dei
disegni sul
vapore che copriva le mattonelle per spiegare alcune azioni e strategie.
Harry
si appressò a sua volta e, coinvolti nella discussione a
stento si accorsero
delle loro spalle che si toccavano, della loro pelle che inconsciamente
si
cercava.
Senza
farsi problemi funzionavano molto meglio insieme, fosse benedetto il
Quidditch.
Tuttavia
i problemi riaffiorarono quando capirono che era il momento di darsi
una lavata
e uscire da quella bolla spaziotemporale.
Harry
riprese il suo atteggiamento tra l’eccitato e
l’impacciato, che virò al risentito
quando interpretò il riguardo di Draco per distacco.
Non
che Draco ci sapesse fare, eh, con le dimostrazioni di riguardo: aveva
davvero
poca esperienza in merito; sembrava più che altro un educato
mantenere le
distanze.
Quindi
uno trasmetteva segnali sbagliati che l’altro interpretava in
maniera ancora
più sbagliata.
Non
c’era ostilità, ma una premessa di incomprensione
che avrebbe potuto portare da
qualsiasi parte.
Nell’immediato,
portò all’imbarazzo e al silenzio.
Ognuno
dei due si lavo e si sciacquò, voltandosi reciprocamente le
spalle e
lanciandosi sguardi che non si incrociarono mai.
Furono
incredibilmente e artificiosamente coordinati, attenti a non
distanziarsi per
non sollecitare la magia del contratto che li vincolava, silenziosi e
ben
presto scontenti.
Draco
impiegò meno del previsto a prepararsi e Harry si
dilungò per sincronizzare i
propri tempi.
L’unica
cosa per cui collaborarono in maniera esplicita fu di spostare i letti
sulla
parete confinante con il bagno: in modo tale, se uno dei due avesse
dovuto
utilizzarlo durante la notte l’altro non sarebbe stato
svegliato per
avvicinarsi.
Scesero
composti a cena, senza liti e senza scontri.
Così
poco loro stessi.
Pansy
aggrondò immediatamente le sopracciglia quando i due
comparvero nella sala da
pranzo.
Che
Potter fosse mogio e contrariato si vedeva lontano un miglio; tuttavia
fu
l’espressione di Draco a preoccuparla.
Sembrava…
Rassegnato. Era un’emozione così inusuale da
vedere sul viso dell’amico: Draco
era spesso furibondo, a volte impaurito, malizioso, algido e tutta
un’altra
gamma di stati d’animo, ma non l’aveva mai visto
rassegnato.
Se
neanche il contratto magico stava funzionando per avvicinarli forse
voleva dire
che per quei due non c’era niente da fare; se si fosse
trattato solo di
qualcosa di fisico, Pansy li avrebbe legati nudi insieme fino a che non
fosse
successo qualcosa. Ma in ballo c’era di più: quei
due potevano davvero essere
una coppia, se solo avessero provato a capirsi. La ragazza in questo
scommetteva
sul moro: Potter aveva più probabilità di
lasciarsi trasportare dai sentimenti
e forse sarebbe riuscito a smuovere Draco; il quale stava comunque
tentando di
essere accorto nei confronti di Potter: d’altronde di questo
se ne sarebbero
potuti accorgere solo Blaise e lei stessa in tutta la stanza. Per tutti
gli altri,
Draco stava semplicemente snobbando Potter. Soprattutto per Potter.
Osservando
mestamente il suo amico, provò un istintivo moto di
compassionevole empatia.
Povero
Draco: innamorato di un minorato mentale.
Successivamente
girò gli occhi su Ron che guardava la scena intorno a
sé con espressione vuota
biascicando alcuni stuzzichini dell’aperitivo: povera
sé stessa.
In
ogni caso, si disse, c’era ancora molto tempo prima che quel
fine settimana
finisse e lei e Hermione erano molto determinate, anche se avevano idee
un
tantino diverse sul concetto “il fine giustifica i
mezzi”.
In
particolare, Pansy lo riteneva una verità incontestabile e
l’altra no.
Ed
era per questo che Pansy non le aveva detto di aver corretto
generosamente il
succo di zucca che tutti avrebbero bevuto a cena con una pozione che
non
avrebbero percepito ma che li avrebbe disinibiti un bel po’.
L’atmosfera
di distensione generale avrebbe aiutato. Lei stessa ne avrebbe avuto
bisogno
per spronare un po’ Ron.
Se
solo avesse saputo che anche Hermione, pur senza dirle niente per non
sentirsi
rinfacciare di aver mutato il suo punto di vista, aveva sposato la sua
stessa
ideologia e aveva di nascosto corretto il succo di zucca dei due
ragazzi con del
Distillato Sviante (**) insapore…
Era
quasi mezzanotte, la cena giaceva parzialmente consumata sul tavolo,
senza che
l’elfo avesse potuto risistemare, anche se ogni tanto
qualcuno vi si
avvicinava, sbocconcellava qualcosa e beveva un po’ di succo
di zucca.
Hermione
e Blaise erano spariti un’ora prima: lui le aveva proposto di
uscire a vedere
le stelle e non erano più tornati.
Ron
e Pansy se l’erano svignata alla chetichella senza nessun
pretesto e non si
sapeva neanche dove fossero.
Gli
altri giocavano a Obbligo o Verità e gli obblighi stavano
virando
pericolosamente sull’equivoco, tra risate generali e
scarsissimo imbarazzo.
Harry
si era rimorchiato Draco in camera senza una parola un’ora
prima, dopo averlo
guardato come se lui fosse un pellegrino perso nel deserto da giorni e
il
biondo un’oasi di acqua e ombra. Draco l’aveva
seguito come se Harry fosse il
Pifferaio Magico.
Si
era sentita la chiave della loro camera girare nella toppa, ma il
rumore si era
perso nell’ilarità sguaiata e nei fischi di
incoraggiamento di chi al piano
terra stava giocando, perché qualcuno aveva appena ordinato
a Terry Boot di
fare la Danza dei Sette veli.
(*)
Ovviamente
dietro c’è tutto il discorso che fa Silente alla
fine del quinto libro sulla
protezione che Harry ha acquisito grazie al sacrificio della madre e
che si è
estesa quando Zia Petunia lo ha accolto in casa: Harry deve poter
chiamare
“casa” quel posto, per lo meno fino alla sua
maggiore età; per cui farsi
buttare fuori sarebbe… Ehm… Controproducente. E
penso siate d’accordo con me
che zia Petunia, pur avendo preso le sue parti in precedenza, lo
caccerebbe se
pensasse che Harry potesse attentare alla virtù di
Diddino-Didduccio (e di
sicuro lo penserebbe, anche se Harry piuttosto si farebbe castrare con
una
spatola da cucina).
(**)
Dal
capitolo 18 del quinto libro:
“Codeste
piante sono quanto mai efficaci nell'infiammare la mente, e sono
pertanto d'uso
nei Distillati Svianti e di Confusione, laddove il Mago desideri
produrre stati
di imprudenza e testa-calda...”
Evidentemente
Hermione ha pensato che sarebbe bastato indurre un po’ di
imprudenza nei due
ragazzi…
Allora
che ne dite?
Pare
proprio che quei due non riescano a trovarsi sulla stessa lunghezza
d’onda e
continuino a fraintendersi… Ma forse la notte
porterà “consiglio” (se è
così
che vogliamo chiamarlo…).
Per
questo capitolo mi sono ispirata ad una bellissima poesia.
Non
sono tipo da poesie, di solito.
Questa
è una delle rarissime eccezioni.
È
di Wislawa Szymborska.
Amore a prima vista
Sono
entrambi convinti
Che un sentimento improvviso li unì.
È
bella una tale certezza,
Ma l’incertezza è più bella.
Non
conoscendosi prima, credono
Che non sia mai successo nulla fra loro.
Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
Dove da tempo potevano incrociarsi?
Vorrei
chiedere loro
Se non ricordano –
Una volta un faccia a faccia
Forse in una porta girevole?
Uno “scusi” nella ressa?
Un “ha sbagliato numero” nella cornetta?
– ma conosco la risposta.
No, non ricordano.
Li
stupirebbe molto sapere
Che già da parecchio
Il caso stava giocando con loro.
Non
ancora del tutto pronto
A mutarsi per loro in destino,
Li avvicinava, li allontanava,
Tagliava loro la strada,
E soffocando una risata,
Si scansava con un salto.
Vi
furono segni, segnali,
Che importa se indecifrabili.
Forse tre anni fa
O martedì scorso
Una fogliolina volò via
Da una spalla a un’altra?
Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
Chissà, era forse la palla
Tra i cespugli dell’infanzia?
Vi
furono maniglie e campanelli
Su cui anzitempo
Un tocco si posava sopra un tocco.
Valigie accostate nel deposito bagagli.
Una notte, forse, lo stesso sogno
Subito confuso al risveglio.
Ogni
inizio infatti
È solo un seguito
E il libro degli eventi
È sempre a metà aperto.
|
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Capitolo 9 *** una notte agitata e un sabato quasi inesistente ***
Sono
tornata dopo una discreta assenza, dovuta a beghe ma soprattutto a una
tendinite bastarda che rende lo scrivere alla tastiera un supplizio: a
breve
dovrei iniziare la cura e quindi essere in grado di pubblicare, io
spero, con
più regolarità.
Intanto
aggiorno questa storia, spero con domenica di aggiornare anche
l’altra.
Vi
ringrazio per i vostri commenti, sia qui che là: mi sto
rimettendo in pari
anche su quel versante, rispondendo a commenti e messaggi
privati… Ancora
grazie!
La
canzone che fa da sfondo al capitolo è questa:
https://www.youtube.com/watch?v=VnL3NfhOsBM
Questo
capitolo sarà croce e delizia, vi avverto…
Dopo
averlo scritto ho deciso di alzare il rating ad arancione.
I
miei commenti in fondo, as usual.
Buona
lettura, Puffole Pigmee!
Appena
fuori dal salone, Harry non era riuscito ad aspettare un secondo di
più per
trovarsi solo con l’altro e li aveva Smaterializzati entrambi
in camera, dove
la luce della luna entrava tenue, appena un passo dietro la porta:
Draco aveva
barcollato, colto di sorpresa, divaricando le gambe per tenersi in
piedi e
finendo con la schiena contro il battente in pesante legno bianco, in
una
postura senza baricentro che non avrebbe potuto mantenere se non fosse
stato
appoggiato contro qualcosa. Aveva già gli occhi chiusi
quando Harry invase il
suo spazio vitale, posizionandosi tra le sue gambe, abbastanza vicino
da
sentirne il calore ma non il contatto; poté percepire il
movimento del braccio con
cui Harry si tese per chiudere a chiave la porta: ritirando la mano la
portò a
stringere quella di Draco in una presa calda e delicata.
Ogni
gesto era lento e dilatato, e sembrò che i loro visi
rimanessero vicini perché
si potessero respirare e annusare per un tempo indefinito, chiedendosi
come mai
tutto fosse così normale e leggero e spontaneo.
Una
parte di loro ancora attaccata alla realtà forse
registrò la stranezza del
frangente e Draco tentò un movimento in avanti, con tutta
probabilità un
tentativo di sottrarsi alla situazione: invece ottenne solo di finire
contro il
petto di Harry, che strinse di rimando la mano nella sua e si
lasciò sfuggire
un breve singulto a labbra serrate, tra l’esasperato e
l’appagato.
Quello
fu il segnale che la mente di Draco stava aspettando: si fece da parte,
rassicurata sul fatto che le cose stavano andando esattamente come
dovevano
andare.
C’era
ardore, ma non fretta; anticipazione ma non urgenza; desiderio ma non
smania.
Harry
si sporse verso la bocca di Draco, ma all’ultimo momento
cambiò un poco la
propria traiettoria e baciò quell’angolo dove le
labbra si incontravano e che
tanto bene sapeva piegarsi in una smorfia deridente: rimase appoggiato
lì in un
tocco lieve soffiando aria calda sulla pelle di Draco con tremula
soddisfazione
e spostò la presa della mano per far aderire i loro palmi e
intrecciare le loro
dita.
Draco
gli accarezzò l’interno del polso con il pollice
in un movimento ripetuto e
ipnotico.
I
loro cuori, dopo un attimo di frenetico martellare contro la cassa
toracica,
battevano calmi e regolari come l’atmosfera al centro
dell’occhio del ciclone.
Draco
alzò le dita della mano libera per farle scorrere negli
indomiti capelli
corvini e ne tastò la consistenza tra i polpastrelli, come
se fossero filati di
pregio: solo in quel momento Harry abbassò le palpebre;
Draco si chiese che
sensazione gli avrebbero dato quelle ciglia sulla pelle e di
conseguenza gli
sfilò gli occhiali, girandoseli tra le dita come se fossero
una bacchetta. Li
appoggiò con un movimento alla moviola su un qualcosa che
stava a portata di
braccio.
E
ancora rimanevano prossimi, quasi del tutto immoti, nel godimento
dell’attesa,
dilatandola e dipanandola.
Harry
inclinò il viso e accarezzò la guancia di Draco
con la propria, esalando il suo
sospiro lentamente, Draco piegò la propria testa sul collo
come un fiore che
riposa per prolungare quella carezza e fece un verso molto simile alle
fusa.
Era
tutto così sospeso, così rarefatto.
I
loro volti si strofinarono uno sull’altro e fu quasi solo per
caso che le
labbra si incontrarono in uno sfioramento delicato. Lo ripeterono
ancora e
ancora, dondolando le teste quasi seguissero una melodia sottintesa.
Le
ciglia di Harry erano davvero carezzevoli come era sembrato.
I
reciproci aneliti appena accennati erano gli unici rumori che contavano
e che
li irretivano.
All’ennesimo
sfioramento Harry lambì con la punta della lingua il
contorno del labbro
superiore di Draco, là dove la carne creava un piccolo
avvallamento e trovò
meraviglioso che le due parti sembrassero fatte per essere
complementari. Draco
di rimando assaggiò la fessura tra le labbra
dell’altro, con l’accortezza che
si possa avere per un cibo squisito ma ancora troppo caldo per essere
degustato;
poi la sua attenzione venne calamitata dal lieve tremore che il corpo
di Harry
ebbe un attimo prima che il ragazzo percorresse la breve distanza che
si
trovava dalla bocca di Draco al suo mento, dove posò un
bacio leggero, il primo
di una lunga e flemmatica sequenza che si protrasse per tutta la linea
della
mandibola fino al lobo dell’orecchio: lo prese tra i denti
con tale accortezza
che la sensazione di piacere fu come le increspature a pelo
d’acqua dopo il
lancio di un sasso, superficiali e continue ed espanse.
La
mano di Draco, che aveva ripreso a filare i capelli di Harry, scese a
percorrere la giugulare con il suo battito da tamburo tribale e le
lunghe dita
di Draco si avvolsero intorno alla spalla: non per trattenerlo o per
attrarlo, quanto
per saggiare la consistenza della sua carne.
Harry
espirò alito caldo vicino all’orecchio di Draco e
ritornò sui suoi passi,
ripercorrendo all’indietro la scia di baci.
Tornarono
uno di fronte all’altro, talmente tanto vicini che, quando
aprirono gli occhi,
Harry non ebbe nessuna difficoltà a mettere a fuoco le iridi
grigie e quelle
pupille dilatate come se dovessero ingoiare il mondo intero.
Fu
Draco a muoversi per primo, lento e indolente come una tigre al sole:
reclinò
il capo all’indietro, senza perdere nonostante tutto il
contatto visivo, unendo
i piedi per recuperare un po’ di altezza, offrendo, adesso
davanti alla bocca
di Harry, la gola: arresa, candida, vulnerabile e desiderabile.
Harry
vi si piegò sopra come se fosse un’ape e Draco il
nettare di un fiore.
Appena
ne lappò la pelle, Draco si fece scivolare lentamente a
terra, seduto contro la
porta, con Harry che lo seguì in quel movimento aggraziato e
quasi pigro e quasi
casuale per ritrovarsi accoccolato vicino alle sue gambe lievemente
flesse, un
po’ a sovrastare il biondo.
Poteva
essere un segno di conquista, di dominanza. O magari di protezione e
deferenza.
Le
loro mani erano ancora intrecciate saldamente, il loro mondo sospeso
nel tempo
e nella delicata reciproca scoperta.
Mentre
Harry lo assaggiava, Draco mosse impercettibilmente il viso per godere
della
carezza che la capigliatura scomposta di Harry gli faceva.
Poi
Harry fu di nuovo davanti a lui e gli prese il viso tra le mani: pareva
fosse
una coppa a cui dissetarsi.
E
le loro bocche combaciarono con naturalezza, risultando combacianti
come due
pezzi di puzzle.
Si
presero tutto il tempo di pregustarsi e assaporarsi con dedizione in
una
reciproca offerta di sé: soavi baci a fior di pelle, quasi
neghittosi nella
loro lentezza e nel loro, in un certo senso, candore; senza fretta,
totalmente
immersi nell’emozione del momento, che scorreva al
rallentatore.
Ognuno
dei due emetteva piccoli suoni di apprezzamento, lievi controllati
singhiozzi
appena accennati, sospiri appena più carichi di suono
ovattato.
Harry
spostò una mano di lato alla testa di Draco, la carta da
parati contro il
palmo, per sostenere la propria posizione e gli fece scivolare
l’altra dietro
il collo con un tocco delicato. Draco reagì a quel movimento
con rilassatezza,
cambiando angolazione del proprio volto per accogliere quella mano
contro la
propria pelle; così facendo aprì le labbra e
inaspettatamente un gemito
gutturale e roco ne fluttuò fuori, qualcosa di primordiale e
animalesco,
strappato dal centro del suo stesso essere, che riverberò
contro Harry come un
incantesimo potente, come una scudisciata di sensualità che
neanche avrebbe
pensato potesse esistere.
La
delicatezza si infranse, come un sottile strato di ghiaccio sotto il
peso di un
macigno di passione.
Harry
strinse entrambe le mani, quella sul muro grattò con le
unghie la carta da
parati, l’altra artigliò il collo di Draco
tirandoselo contro.
Dove
c’era stata lenta scoperta ci fu divampante bramosia; se
prima era stata
anticipazione ora prevaleva lo slancio.
Draco
spinse avanti il petto puntellandosi sulle mani per fare forza e
approfondire
il bacio, facendo saettare la lingua in profondità nella
bocca di Harry, che si
aprì per accoglierlo come se in vita sua non avesse fatto
altro e
contemporaneamente torreggiando per poter ricambiare con altrettanta
veemenza.
Ma
non era una posizione soddisfacente e allora Harry lo tirò
lontano dalla porta
piazzandogli una mano alla base della schiena e facendolo slittare sul
tappeto
per spingerlo contemporaneamente sdraiato con il solo impeto del bacio:
l’unica
accortezza che ebbe fu quella di riparare la testa di Draco con la
seconda mano
perché non si facesse male; gli si mise cavalcioni, ma
ancora non bastava e la
distanza era davvero troppa per non essere gelosi dell’aria
che li divideva.
Così
Draco interruppe il bacio per far scorrere i denti sulla gola di Harry
e ne
approfittò per dare un colpo di reni che lo portò
sopra al moro e ora andava di
sicuro meglio, con le gambe intrecciate e molte parti dei loro corpi a
contatto
e la lingua di velluto di Draco che leccava Harry per strappargli la
sanità
mentale attraverso i pori della pelle, facendolo inarcare sotto di
sé per avere
ancora più contatto, ancora più Draco addosso.
Draco
si fece spazio scansando il colletto del serafino di Harry e ne
sganciò i
bottoncini per avere maggior pelle a disposizione: parve soddisfatto di
poter
suggere la clavicola che affiorava una volta slabbrato il cotone.
Harry
uggiolò di piacere e alzò la maglia di Draco per
affondare i polpastrelli nei
muscoli dorsali in quello che sarebbe potuto sembrare un massaggio se
non fosse
stato troppo spasmodico per essere definito tale.
Pareva
che non riuscissero a trovare requie, che niente fosse abbastanza, e
quindi
finirono per aggrovigliare le magliette in alto senza avere il
raziocinio di
sfilarsele, perché in tal caso avrebbero dovuto separarsi
troppo e troppo a
lungo.
Harry,
probabilmente perché trovava inaccettabile non assaggiare
Draco in posti che
prima gli erano stati irraggiungibili, ribaltò le loro
posizioni e si dedicò a
leccare lo sterno e l’addome del biondo, che in cambio ne
graffiò la schiena
mugolando la sua approvazione a quanto gli veniva fatto.
Fu
quando Harry risalì per baciare nuovamente Draco sulla bocca
che entrambi
presero coscienza, con uno strusciamento che inviò scariche
elettriche ai loro
nervi, delle rispettive parti basse.
La
presa di coscienza si tradusse per Harry in un verso a metà
tra un singhiozzo e
un muggito, accompagnato da un movimento ampio, deciso e oscillatorio
del
bacino; Draco invece lasciò totalmente perdere la schiena
dell’altro e gli
infilò di prepotenza entrambe le mani dentro i jeans, sotto
i boxer: se le
riempì delle natiche di Harry per aumentare la frizione di
quell’oscillazione,
premendosi contro il corpo del moro.
Questa
mossa soddisfò entrambi e cominciarono a ripeterla con
l’unica variante di
Harry che si puntellò con le mani ai lati della faccia di
Draco per poterlo
baciare a fondo: fu ancora meglio, perché
l’inclinazione dei due corpi fece
aderire meglio le loro erezioni e impresse più violenza agli
affondi di Harry.
La
luna era tramontata, nella stanza regnava il buio ma i due ragazzi non
avevano
bisogno della vista, guidati come erano dalle sensazioni e dai loro
respiri
affannati, soprattutto quando le spinte non furono abbastanza e Harry
si decise
a staccarsi rotolando su un fianco: fu come strapparsi una maglietta
bagnata di
dosso, ma ora poteva arrivare alla patta dei pantaloni di Draco,
perché il
ragazzo lo aveva seguito nel movimento e giacevano sdraiati uno di
fronte
all’altro, le mani che lottavano contro cerniere e bottoni e
stoffa, quel tanto
che bastava per arrivare ad afferrare, a carezzare, a palpare.
Si
dovettero aggiustare dimenandosi un po’ per raggiungere il
vicendevole miglior
contatto, ma trovarono ben presto il giusto compromesso tra distanza
fra i loro
corpi e capacità di movimento delle mani.
Le
loro magliette in quella manovra erano ridiscese a coprire gli addomi,
ma poco
importava dal momento che avevano entrambi conquistato un premio
più ambito,
più sensibile e più soddisfacente.
Avrebbero
dovuto prendersi il tempo per studiarsi e conoscersi, ma non ne avevano
la
capacità; rallentare non era più
un’opzione, moderarsi non più concepibile,
trattenersi neanche a parlarne.
Erano
quasi speculari: una mano nei capelli dell’altro stretta con
inconsapevolezza
quasi a impedirne la lontananza e una mano avvolta intorno alla parte
dei loro
corpi in cui tutto sembrava raccogliersi e concentrarsi: il calore, le
sensazioni, il movimento.
I
loro cuori sarebbero esplosi, i loro cervelli erano mesmerizzati,
poteva anche
essere che non avessero più confini fisici, a parte quei due
fulcri bollenti
che li ancoravano alla realtà con gesti sempre meno misurati
e più frenetici.
Non
finirono esattamente insieme, ma poco ci mancò: e
l’apice del godimento fu
talmente forte che non si accorsero di quel piccolo slittamento tra i
due
orgasmi mentre si inarcavano uno verso l’altro per ottenere
di più, quando più
di così non si poteva ottenere.
Draco
sporcò sé stesso e la mano di Harry, e
rotolò supino gemendo forte e tentando
di recuperare fiato.
Harry
macchiò il tappeto finendo prono proprio un secondo dopo che
il biondo aveva
liberato le proprie dita dall’intrico dei suoi vestiti, anche
lui boccheggiando
di piacere e dispnea: trascorse pochissimo prima che un pesante torpore
lo
avvolgesse: la rilassatezza dei muscoli e dei nervi lo cullò
trasportandolo
rapidamente tra le braccia di Morfeo.
Draco
senza guardarsi intorno si alzò e andò in bagno.
Draco
aprì gli occhi trasalendo, perché durante il
sonno aveva avuto la sensazione di
star precipitando, e scoprendosi a mollo nella vasca: l’acqua
era oramai poco
più che tiepida e trasmetteva un senso di fastidio alla sua
pelle, nonostante
fosse estate.
Si
afferrò la radice del naso tra indice e pollice con forza,
tentando di far
mente locale.
Ma
quanto aveva bevuto per essersi dimenticato della sera precedente? E
che ore
erano? E che ci facevano i suoi vestiti galleggianti a pelo
d’acqua?
Era
buio pesto e se era lì da solo significava che Potter doveva
al massimo
trovarsi nella stanza accanto.
Riprese
a far scorrere l’acqua calda; l’unica spiegazione
era che fosse entrato in
vasca vestito e si fosse spogliato solo dopo. Per le palle di Zeus,
doveva aver
bevuto come una spugna: sperava solo di non aver fatto qualcosa che
potesse
averlo messo in imbarazzo. Comunque, si sentiva stranamente
rilassato… E molto
insonnolito.
Si
sciacquò, più per riscaldarsi che per lavarsi,
visto che era rimasto immerso
per un tempo indefinito.
La
sbronza sembrava passata, almeno per quanto riguardava la coordinazione
motoria
e la lucidità, ma rimanevano quel senso di ovattata
distensione e la necessità
di dormire.
Lasciò
gli abiti bagnati in bagno e si asciugò pelle e capelli.
Quando
tornò in camera per recuperare un pigiama e mettersi a letto
vide
distrattamente il corpo di Potter riverso sul tappeto, la testa girata
dalla
parte opposta rispetto a dove si trovava lui, una mano vicino al viso e
l’altra
incastrata sotto lo sterno. Anche lui doveva aver bevuto parecchio per
essere
crollato addormentato in quel modo sul pavimento. Ma Draco sentiva il
bisogno
di dormire e non si perse dietro ad altre considerazioni: si
infilò il pigiama,
strisciò tra le lenzuola e sprofondò in un sonno
pesantissimo.
Harry
si destò di soprassalto con la sensazione che ci fosse
qualcosa di sbagliato.
Pur nella nebbia del risveglio capì abbastanza velocemente
cosa fosse: qualcosa
che si era seccato e rappreso nei suoi boxer.
Si
alzò carponi guardandosi intorno perché, se lui
si trovava lì, Malfoy non
poteva essere lontano; infatti lo vide nel suo letto, girato su un
fianco a
volgergli la schiena: aveva il respiro lento e pesante di chi sta
dormendo
profondamente.
Fu
istantaneamente orripilato dalla situazione: non ricordava niente, ma
era
abbastanza sicuro di essersi masturbato e poi di essersi addormentato
proprio
lì sul tappeto, sul luogo del misfatto.
Con
Malfoy nella stanza!!!
Chiuse
gli occhi, ondeggiando brevemente sotto la consapevolezza crescente di
quello
che aveva fatto.
E
dove diavolo erano i suoi occhiali? Tastò intorno, ma non li
trovò; recuperò
invece la propria bacchetta e con un flebile “Lumos
Minor” ne fece debolmente
illuminare la punta.
Appellò
gli occhiali, che afferrò come fossero un Boccino
d’Oro appena arrivarono alla
sua portata.
Subito
dopo provvide a lanciare incantesimi per pulire sé stesso, i
propri vestiti e
poi… Oddiomioavevasporcatoiltappeto!
Gettò
più “Evanesco” e “Gratta e
Netta” che in tutto il resto della sua vita e alla
fine la superficie risultò linda.
Gli
fu impossibile ricostruire l’accaduto, non ricordava niente;
ma cosa gli
avevano dato da bere? E, soprattutto, quanto?
L’unica
cosa che riuscì a capire fu che Malfoy non aveva colto cosa
fosse successo,
altrimenti Harry si sarebbe ritrovato morto. O, peggio, preso in giro
per il
resto della sua vita. Se Malfoy ronfava beato nel suo letto, allora
la… Ehm,
distrazione che Harry si era preso doveva essere accaduta dopo che
l’altro si
era addormentato.
“Harry,
ogni tanto qualche botta di fortuna capita anche a te”, si
disse, a metà strada
tra la mestizia e il divertimento.
In
ogni caso, avvertiva ancora la necessità di dormire:
seguendo l’esempio del suo
compagno di stanza si cambiò infilandosi il pigiama e si
accomodò tra le
lenzuola, sprofondando in un sonno profondissimo subito dopo aver
posato gli
occhiali sul comodino.
-Ma
Hermione-, si lamentò Ron. -Potrebbero essere morti!-
Hermione
si tenne la testa tra le mani, premendo con forza gli indici e i medi
sulle
tempie.
-Ronald,
abbassa la voce se non vuoi che ti silenzi con un incantesimo-, lo
ammonì. -Se
sei così preoccupato vai a controllare-.
Il
rosso indietreggiò negando che avrebbe fatto una cosa del
genere con il rischio
di trovarsi davanti a scene che non sarebbe più riuscito a
cancellare dalla
propria mente. Girò speranzoso gli occhi su Blaise, che
però scosse la testa.
-Non
entrerei in quella camera neanche in catene: che stiano succedendo cose
belle o
cose brutte, non voglio finirci in mezzo. Uh, arriva Pansy con i
biscotti!-
Ron
sussultò e diventò rosso come un peperone fino
alla radice dei capelli,
assomigliando a una grossa e impacciata Salamandra di Fuoco.
Hermione
lo studiò assottigliando gli occhi: tutti si erano
risvegliati con un motivo di
imbarazzo riferito alla sera prima e un gran mal di testa, ma oramai
era
pomeriggio inoltrato ed erano scesi a patti con quello che era
successo. Solo
Ron persisteva in quel suo atteggiamento di disagio appena Pansy
compariva
nella sua sfera personale; ma dal modo in cui la guardava sembrava che
sotto il
disagio covasse la gioia.
Avevano
trascorso una giornata in un ozio indolente a smaltire gli effetti
della sera e
notte precedente, aspettando che Draco e Harry facessero la loro
apparizione;
tuttavia all’ora del tè ancora di loro non vi era
traccia.
Pansy
entrando lanciò un’occhiata nella stanza,
individuò Hermione, posò i biscotti
sul tavolino e le fece cenno di seguirla: aveva impiegato un certo
lasso di
tempo a rovistare nella dispensa per recuperare i dolcetti, tempo che
le era
servito per racimolare il coraggio della confessione; del resto, era
convinta
di non poter scantonare oltre, di sicuro Hermione aveva intuito
qualcosa, era
troppo intelligente per non aver riconosciuto i sintomi e gli effetti
collaterali della pozione che lei a cena aveva versato nel succo di
zucca.
E
come si era aspettata, Hermione non la prese bene.
Pansy
tentò comunque di minimizzare.
-Andiamo,
Hermione, ne avevamo tutti bisogno! Ron era teso come una corda di
violino,
Ginny aveva l’atteggiamento di chi aspettasse un attacco alle
spalle e Blaise…-
-Discuteremo
un’altra volta dell’etica di drogare i tuoi amici a
loro insaputa-, sentenziò
l’altra di rimando, con una smorfia rigida.
Pansy
stava per dirle che in realtà, a vari livelli, questo
accadeva abbastanza
spesso tra i Serpeverde senza grandi conseguenze e senza che nessuno ne
facesse
una tragedia, però si rimangiò la frase sul
nascere: Hermione assomigliava
pericolosamente alla McGranitt e a Pansy la severa professoressa aveva
sempre
istillato un certo timore.
Era
evidente lo sforzo che Hermione stava compiendo per andare avanti nella
discussione.
-D’altronde,
non posso biasimarti, perché… Perché
anche io ho fatto lo stesso: ho corretto
le bevande di Harry e Draco con del Distillato Sviante-, sbotto tutto
d’un
fiato: via il dente, via il dolore.
Tralasciando
il resto, si guardarono spaesate, senza il coraggio di dar voce ai loro
pensieri: cosa sarebbe sortito fuori da quella combinazione?
“Niente
di buono, sospetto”, si risposero entrambe.
Forse
era meglio se qualcuno fosse salito a controllare.
Era
toccato a Luna, alla fine: era montata a cavallo di una scopa e aveva
spiato la
situazione da fuori della finestra, riferendo che i due dormivano
tranquillamente,
ognuno nel proprio letto, come due bambini. Li aveva definiti
“teneri”.
Hermione
e Pansy strinsero le labbra in un’espressione scontenta e
delusa: non era
servito a niente.
Harry
stava sognando: era a cavallo della sua amata scopa e stava andando a
salvare
Malfoy legato al pinnacolo; ma quando arrivava alla giusta altezza,
Malfoy era
vestito con uno smoking ed era per niente incazzato: anzi, gli stava
sorridendo
mentre gli diceva: “tu lo sai cosa succederà,
è come se fosse già successo”;
poi Malfoy si tirava la maschera da Mangiamorte sul viso e gli sfilava
la scopa
da sotto; mentre Harry precipitava sentiva Malfoy che parlava:
“il problema non
è la caduta, ma l’atterraggio”; a quel
punto Harry si schiantava sul tappeto,
che però era morbido, e non si faceva male: si trovava nella
camera della villa
di Blaise e accanto a lui c’era la maschera da Mangiamorte;
Harry la prendeva e
mentre la indossava entrava Hermione che tirava fuori una sciarpa con i
colori
di Serpeverde e gli raccomandava di imparare cosa si provasse a stare
dietro le
maschere degli altri; a quel punto il tappeto prendeva vita e si
avvolgeva
intorno a Harry che iniziava a dibattersi nel tentativo di liberarsi
e…
Una
mano lo scosse con fermezza.
-Se
continui ad arrotolarti così nelle lenzuola finirai per
strangolarti. E i tuoi
amici daranno la colpa a me per la tua morte. E anche Voldemort
darà a me la
colpa della tua morte. Un sacco di gente si incazzerà.
Questo mi renderà
piuttosto difficile continuare a vivere. Dato che vivere mi piace,
potresti per
favore stare fermo in modo che io possa liberarti?-, disse Malfoy in
tono
piatto.
Harry
aprì un occhio nella luce che entrava obliqua e bassa in
stanza e guardò verso
il Serpeverde tentando di metterlo a fuoco con scarsi risultati,
riuscendo a
realizzare solo di trovarsi dalla parte sbagliata di una bacchetta
puntata
contro di lui.
Tuttavia,
prima che potesse reagire, Malfoy bisbigliò un incantesimo e
le lenzuola si
ricomposero sul corpo di Harry come se il letto fosse appena stato
rifatto da
mano invisibili. Il moro allungò una mano verso i propri
occhiali senza
profferir verbo e, solo dopo averli inforcati, riportò la
sua attenzione sul
viso dell’altro: Malfoy, vestito di tutto punto e in ordine,
lo osservava con
un’aria a metà strada tra il puerilmente divertito
e il canzonatorio. Harry
pensò che fosse bello come una statua marmorea, ma si tenne
quel pensiero per
sé e si limitò a dargli un buon giorno che
suonò alle sue stesse orecchie più
cordiale di quanto si aspettasse: per un attimo il ragazzo sdraiato
guardò
quello in piedi e percepì una sorta di appagamento, come se
qualcosa fosse
andato al proprio posto senza sapere cosa e quando.
Si
sorrisero, complici, e si stupirono di quella complicità:
per cui, entrambi la
ritirarono indietro e tentarono di intavolare una conversazione
spicciola.
-Sembra
tardi-, buttò lì Harry alzandosi.
-In
effetti è tardi, abbiamo dormito per
gran parte della giornata: ieri
sera dobbiamo aver bevuto molto-.
Rimase
un qualcosa di sospeso nell’aria, come se Malfoy si
aspettasse una conferma da
Potter, il quale lo accontentò.
-Immagino
di sì-, disse, recuperando il sorriso di poco prima, anche
se incerto. Si passò
una mano tra i capelli, riavviandoli all’indietro e gonfiando
il torace mentre
si stiracchiava. Lo sguardò di Draco vagò per una
frazione di secondo e si
assottigliò impercettibilmente.
-Preparati-,
lo esortò senza animosità. -Ho fame e voglio
scendere dagli altri-.
Lo
seguì quindi in bagno e si accomodò su uno
sgabello vicino alla porta,
appoggiandosi con la schiena al muro: sembrava stranamente rilassato.
-Ehm-,
tentò Harry.
-Sì?-
-Non
c’è bisogno che stai qui mentre mi lavo.
Puoi… Sai, puoi aspettarmi di là-,
concluse Harry con un’increspatura di imbarazzo. Non era la
vicinanza di Draco
a metterlo a disagio: era il fatto che il biondo sembrasse, cazzo, mansueto.
Forse stava architettando qualcosa di maligno.
Malfoy
sorrise.
-Ve
bene così. Intanto possiamo fare due chiacchiere-.
Dentro
di sé, Draco sobbalzò, pur riuscendo a mantenere
all’esterno un’aria
compassata: che gli succedeva? Sembrava che Potty lo avesse di nuovo
trascinato
in quel gorgo di bontà sentimentale come quando erano usciti
insieme; solo che
adesso Draco ci si sentiva… A proprio agio. Tentò
di ignorare il tutto e
cominciò a parlare a caso, anche per eliminare dalla faccia
di Potter quel
sentore di sospetto: lo infastidiva, ecco, gli sembrava un passo
indietro
rispetto a… A che cosa? Ma che gli era successo durante la
notte?
-Quindi…
Uhm… Combatti il male?-
Forse
non era stato un esordio impeccabile.
Harry
lo guardò perplesso, l’acqua che gli gocciolava
dal viso appena lavato: Malfoy
tentava di fare della conversazione?
Draco
però fraintese la sua espressione, pensò che
forse non era il caso di
affrontare quell’argomento, con la storia di suo padre che
aveva tentato di
ucciderlo e sua zia che gli aveva ammazzato il padrino.
Fu
in quel momento che gli cadde lo sguardo sugli occhiali
dell’altro.
-Hai
mai pensato di eliminare quei cosi? Non ti da fastidio essere mezzo
cieco
quando non li indossi?-
Harry
abbandonò la perplessità e gli rispose: da quando
si era risvegliato si
sentiva, sorprendentemente, molto a suo agio con l’altro;
qualunque cosa stesse
spingendo Draco a interagire, era una piacevole novità.
-Certo
che mi da fastidio, ma al San Mungo mi hanno detto che bisogna essere
maggiorenni per potersi sottoporre all’incantesimo di
guarigione che mi fa
recuperare la vista del tutto; l’anno scorso mi spiegarono
che devo apporre
delle firme: lo potrebbero fare i miei tutori, ma visto che i miei zii
sono
Babbani non possono assumersi questo incarico; non che lo farebbero,
eh. In
ogni caso, fra poco compirò diciassette anni, me ne
andrò da quella stupida
casa, butterò i miei stupidi occhiali e andrò
incontro al mio stupido destino-.
C’erano
così tanti punti dolenti in quella breve spiegazione,
entrambi lo sapevano: il
suo tutore mago morto, i suoi orribili zii e l’orribile vita
che aveva fatto,
lo spettro della morte per mano dell’Oscuro Signore.
Proseguire quella
chiacchierata poteva diventare complicato: dovevano letteralmente fare
lo
slalom tra le questioni spinose, sia esplicite che implicite.
Harry
se ne rese improvvisamente conto e volse le spalle a Draco con il
pretesto di
asciugarsi il viso e preparandosi mentalmente a incassare la frase
successiva.
Draco
rimase a guardare la schiena nuda e stranamente graffiata di Harry, si
accigliò
pensieroso e domandò di getto quello che gli stava passando
per la testa.
-Hai
paura per quello che accadrà?-
Neanche
finsero di non sapere a cosa si stesse riferendo.
-Sì-,
confessò Harry con il viso contro il tessuto di spugna. -E
vorrei che tutto
fosse diverso: vorrei poter girare le spalle a questa cosa e forse lo
farei, se
non sapessi con assoluta certezza che non risolverei sicuramente
niente:
Voldemort non mi lascerebbe comunque in pace, neanche se giurassi di
non
volerlo combattere. A volte mi pare di essere sopravvissuto solo per
questo:
per mettere fine alla sua follia-. Si voltò verso Draco e lo
fissò con improvvisa
aria di sfida. -E puoi avere tutte le idee da Purosangue che vuoi, ma
non dirmi
che non è folle-.
Vibrava,
Harry.
Vibrava
di tale furioso convincimento che Malfoy si ritrovò senza
possibilità di
replica: quando suo padre parlava dell’Oscuro Signore aveva
negli occhi una
sorta di calcolato invasamento; ma gli occhi verdi di Harry
sfolgoravano di
giusta ira, di giusta certezza.
Draco
si ritrovò privo di una risposta adatta, ma
archiviò quel momento dentro di sé
per rifletterci in seguito: per la prima volta tentennò sul
proprio ipotetico
schieramento, ma non lo volle ammettere neanche a sé stesso.
-Ho
lo stomaco troppo vuoto per parlare di cose tanto serie-,
Replicò invece con
tranquillità. -Che ne dici se scendiamo e ne riparliamo in
un altro momento?-
Harry
rimase in silenzio qualche momento, poi spianò le rughe
della propria fronte e,
un po’ incerto, acconsentì; dopo essersi vestito
si avviarono al piano di
sotto.
Hermione
li stava osservando di sottecchi: quei due erano arrivati poco prima di
cena;
le sembravano… Strani. La ragazza si disse che avrebbe
dovuto trovare un
termine più adatto, non era da lei essere tanto vaga e
generica, ma davvero non
riusciva a inquadrarli, soprattutto non con Blaise che le accarezzava
il palmo
della mano con il pollice, in un tocco tanto leggero quanto
coinvolgente.
Gli
rivolse un sorriso mesto.
-Hanno
perso quasi tutto il sabato, e la situazione non sembra essersi smossa
in
maniera significativa-, commentò.
Ma
lui le rivolse un sorriso che, di contro, era rassicurante.
-Per
questo dopo aver mangiato andremo tutti fuori nel parco a vedere le
stelle: è
una cosa molto romantica e rilassante, sortirà qualche
effetto. Anzi, meglio:
mangeremo direttamente lì, come un pic-nic-.
Lei
arrossì: la sera precedente l’osservazione delle
costellazioni da parte di loro
due era presto stato abbandonato e la volta celeste era solo stata
spettatrice
di uno spettacolo ben molto meno contemplativo e ingenuo.
-Come
le abbiamo viste noi?-, domandò sottovoce guardandolo da
sotto le ciglia
abbassate.
Lei
voleva apparire imbarazzata, lui la trovò splendida e
seducente.
-Ammetto
che la frase “farti vedere le stelle” non sia il
massimo della galanteria, in
una sua accezione; ma i miei intenti di ieri sera erano innocenti. O
almeno lo
credevo; ritrovarsi al buio con te è stato un po’
più travolgente di quanto mi
aspettassi-.
Hermione
si disse che si sarebbe dannata prima di dirgli della pozione nel succo
di
zucca: lei e Pansy avevano giurato di portarsi quel segreto nella tomba.
Le
era piaciuta come era finita la serata. Però come sarebbe
andata senza a
pozione?
Blaise
interruppe le sue insicure considerazioni.
Le
stava rivolgendo un sorriso di quelli da far tremare le ginocchia.
-Questa
sera ho intenzione di portarvi tutti fuori, e osserveremo davvero il
cielo: ho
dei telescopi incantati che possiamo usare. Ma non ho niente in
contrario se
poi noi due decideremo di allontanarci; o, meglio ancora, di tornare in
camera-, concluse infondendo al sorriso tanta malizia da colmare la
mente di
Hermione espellendo ogni reticenza, e si chinò a baciarla.
Draco
gettò uno sguardo alla sala, adocchiando il suo amico che
baciava la Granger e
Pansy che, molto meno morigerata, era letteralmente seppellita con il
viso nel
collo di Lenticchia.
-Potter,
devono essere successe un sacco di cose ieri notte, mentre io e te
dormivamo.
Ci siamo persi il fulcro dell’azione, a quanto pare.
Cos’hai da sorridere?-,
chiese girandosi a guardarlo.
-Niente.
Sono solo felice per i miei amici. Tu no?-
-Mhmmm-,
fu la sibillina risposta di Draco. -Vieni, andiamo a sentire cosa
c’è per
cena-.
Ghisten
aveva, su richiesta di Blaise, preparato una cena al sacco che aveva
provveduto
a caricare su una specie di grande carretto, posto appena oltre la
soglia di
casa e ricolmo di coperte e tovaglie, torce dal lunghissimo manico,
cestini,
bottiglie, frutta, telescopi, cuscini.
Non
appena Harry e Draco avevano raggiunto gli altri, era stato loro
spiegato che
avrebbero mangiato in una particolare radura nel parco, invece che a
tavola.
Harry
a quel punto aveva appellato da camera sua la scatola deluxe di Fuochi
Forsennati Weasley e l’aveva aggiunta alle cose
già presenti sul carretto.
Ron
si era avvicinato tutto contento: adorava i fuochi
d’artificio dei suoi
fratelli.
-Miseriaccia,
Harry, che bella idea portarli!-, si era complimentato incuneandosi fra
il suo
amico e Malfoy, che si era scansato infastidito da quella presenza: il
biondo
dal suo risveglio si sentiva stranamente restio ad allontanarsi da
Potter.
Sfortunatamente per lui, Weasley non sembrava averlo notato. Draco era
ancora
più infastidito nel notare come Potter si fosse visibilmente
rilassato quando
Lenticchia gli si era appeso a una spalla per poter sbirciare la
confezione
colorata.
-Ma
sono quelli deluxe!-, aveva aggiunto il rosso pieno di entusiasmo
infantile,
rimanendo appoggiato a Harry e senza che quest’ultimo desse
segno di volerselo
levare di dosso.
Draco
stava già aprendo la bocca per insultare il responsabile di
quell’intrusione,
quando Pansy si era avvicinata.
Draco
le aveva sorriso: la cavalleria stava arrivando: certo ora la sua amica
avrebbe
rimesso al suo posto Weasley.
Pansy
invece si era avvicinata all’altro lato di Harry, prendendolo
a braccetto ed
esclamando deliziata che aveva sempre voluto provare ad accenderne uno:
Harry
non aveva fatto una piega per quel comportamento inusuale.
Anzi,
i due Grifondoro avevano iniziato a spiegarle nel dettaglio il
funzionamento
dei fuochi d’artificio e il trio si erano messo in marcia
dietro al carretto
che aveva cominciato a muoversi da solo. Draco invece era rimasto
impalato,
lasciandosi superare dal resto della compagnia, per lo meno fino a che
Blaise
non gli si era affiancato per un momento: teneva un braccio intorno
alla vita
di Hermione, la quale guardava verso il gruppo di persone che si
spostava pigramente
facendo del suo meglio per passare inosservata e disinteressata a
quanto Blaise
stava dicendo.
La
voce del suo amico era carica di affetto e comprensione mentre parlava
a Draco,
ripetendogli quello che gli aveva già detto durante la
scuola, intanto che
tutti e tre si accodavano agli altri, perché Draco non
poteva restare più di
tanto indietro per rispettare la regola dei tre metri.
-Noi
siamo andati oltre le apparenze e i pregiudizi. Tutti noi abbiamo
pensato di
dover ereditare il pensiero dei nostri genitori: non voglio discutere
ora se le
loro posizioni siano giuste o sbagliate. Dico solo che forse dovremmo
crearci
un pensiero nostro e decidere noi stessi a cosa dar peso e a cosa no.
Indipendentemente dalle scelte che alla fine prenderemo,
l’importante è sapere
di averle prese da soli e non per retaggio-.
Solo
a quel punto Hermione aveva parlato, continuando però a
tenere gli occhi
puntati verso gli altri che li precedevano.
-Ricordo
che al quarto anno Pansy tentò di nascondere quanto le
piacessero i puledri di
unicorno per non dare soddisfazione a Hagrid: così
rinunciò ad avvicinarsi per
accarezzarli. Mi ha confessato alla fine dell’anno scolastico
che le è
dispiaciuto tantissimo e che rimpiange di non essersi avvicinata,
perché da
allora non è più riuscita a vederne.
Così le ho promesso che l’anno prossimo
chiederò a Hagrid di fargliene incontrare uno-.
-Non
colgo il punto-, ribatté Draco atono.
-Il
punto è che non vale la pena di rinunciare a qualcosa che si
desidera per
mantenere una posizione. Anche perché a volte non si hanno
seconde occasioni-,
rispose serena.
Poi
la coppia, accelerando il passo, raggiunse il resto del gruppo senza
aspettar
replica e Draco si risolse a seguirli a breve distanza in silenzio e
lentamente.
Così,
arrivò alla radura per ultimo e scoprì con
disappunto che tutti gli altri avevano
subito cominciato a darsi da fare per sistemare il posto: oltretutto
parevano
molto soddisfatti di farlo senza la magia.
Che
rozzi.
Le
ragazze sistemavano le stoviglie, il cibo e le bevande, i cuscini e le
coperte:
ridevano e scherzavano tra di loro.
Blaise,
Michael Corner e Weasley stavano piantando le lunghe torce nel terreno
tutto
intorno e anche loro sembravano divertirsi.
Harry…
Harry era fuori dal cerchio di torce, sulla sinistra di Draco, con
Terry Boot,
e stavano approntando i telescopi: li avevano posizionati a una certa
distanza
gli uni dagli altri e li stavano mettendo a fuoco; in quel momento
erano chini
entrambi sullo stesso, le loro teste si alternavano
sull’oggetto e discutevano
di qualcosa che non arrivava alle orecchie di Draco, il quale comunque,
trovandosi entro tre metri, poteva vedere gli occhi di Harry brillare
alla luce
dei fuochi delle torce e di divertimento, mentre rideva a una frase di
Boot.
Era
la qualità della mimica di Potter a stupirlo: di nuovo
così poco guardinga,
diversamente da quando stava con lui. Draco sapeva molto di Potter, lo
aveva
pedinato e spiato e studiato, gli aveva infilato la lingua quasi
nell’esofago. Sapeva
di piacergli fisicamente. Ma cosa aveva lasciato che Harry gli
concedesse in
quanto a spontaneità? Nella sua testa Draco sapeva
razionalmente di non poter
esigere che Harry fosse spontaneo e volutamente indifeso nei suoi
confronti:
cielo, non appena lo aveva fatto Draco aveva tentato di distruggerlo.
Tuttavia
lo contrariava che così non fosse, perché era
così che lo voleva, soprattutto
da quando si era svegliato poco prima. E voleva piacergli, nel senso
vero del
termine.
Forse
non era pronto ad ammettere cosa provava lui nei confronti di Harry, ma
sapeva
cosa voleva che Harry provasse nei suoi. La cosa lo spiazzava e tentava
di non
elaborarla, ma non è che riuscisse a ignorarla.
In
quel momento Terry Boot appoggiò una mano tra le scapole del
Grifondoro e lo
fece chinare, spingendolo dolcemente, verso il telescopio, mentre
l’altra
circondava Harry per poter arrivare al focheggiatore: in tal modo la
bocca di
Boot fini veramente troppo vicina all’orecchio di Potter.
Non
era niente, davvero: questo si disse. Solo due compagni di scuola in
vacanza
insieme che guardano insieme in un telescopio. Niente di importante. Se
lo
ripeté. Ma, prima di averci riflettuto, Draco aveva tirato
fuori la bacchetta e
aveva lanciato una silenziosa fattura in direzione della caviglia di
Boot:
sentì il ragazzo sbottare in una sorpresa esclamazione
dolente.
-Ahi!
Qualcosa mi deve aver punto!-, strillò Boot buttandosi
seduto sull’erba e
portandosi entrambe le mani subito al di sopra della scarpa.
Draco
rinfoderò furtivamente la bacchetta, mentre
l’attenzione di tutti si rivolgeva
al Corvonero; Harry si chinò a fare luce e vide che la
caviglia si stava lievemente
gonfiando intorno a quello che in tutto e per tutto sembrava una
puntura o un
morso di insetto.
-Vieni-,
disse, -dobbiamo portarti su una delle coperte, così potremo
curarti. Ecco, ti
aiuto io-, aggiunse, portandosi una mano di Boot oltre le spalle e
passandogli un
braccio intorno alla vita: lo tirò su quasi di peso e si
incamminarono verso
gli altri che stavano sopraggiungendo.
Draco
guardò quella scena scurendosi in volto, ma si impose
un’espressione
partecipativa e fece cerchio intorno a Boot come il resto del gruppo.
Non
sapendo quale insetto lo avesse colpito, si limitarono a mettere un
po’ di
ghiaccio e Blaise chiamò Ghisten e gli fece portare un
balsamo sfiammante.
Draco
era poco soddisfatto del risultato, perché aveva solo
ottenuto che Potter,
fosse maledetto il suo complesso dell’eroe, stesse intorno a
quel Corvonero: a
quanto pareva si incolpava di quanto era successo perché era
stato lui a
chiedere a Boot che lo aiutasse.
-Terry,
mi dispiace-, stava ammettendo in quel momento, con gli occhi verdi che
fissavano l’altro, intenti e sinceri. Gli si era seduto
accanto, le gambe
incrociate, i polsi appoggiati sulle cosce.
-Ma
figurati-, rispose Boot con leggerezza, posandogli il palmo della mano
su un
ginocchio per rinfrancarlo. -Sono cose che capitano, sta già
passando-.
Draco
si pentì di non avergli amputato un piede. Tentò
di ricordarsi cosa aveva
scritto tempo addietro sul Diario di Guerra riguardo alle persone
inopportune e
invadenti: all’improvviso il suo quadernuccio gli parve
puerile perché al
momento voleva solo staccare la mano di Terry Boot dal suo braccio e
poi
ficcargliela in gola. Si fottessero le strategie.
Sussultò
quando la voce di Pansy fluttuò melliflua al suo orecchio.
-Geloso?-,
bisbigliò lei.
-Col
cazzo-, sibilò lui di rimando, subito trincerandosi dietro
ai vecchi e rodati
comportamenti. -È solo che sono abituato a primeggiare, e
non mi farò battere
da un cocco dei professori-.
Pansy
gli mostrò i denti in un sorriso tutto incoraggiamento e
comprensione.
-Allora
fagliela vedere, Principe delle Serpi-
Oh,
certo che gliela avrebbe fatta vedere.
Harry
desiderava che quella serata non finisse mai.
Due
ore prima Draco si era seduto tra lui e Boot e da allora era
stato… Be’ era
stato come quella sera a Hogsmeade: aveva avvolto
Harry in una bolla di
benessere e complicità e Harry ci era andato alla deriva,
cullato dalle onde
della malizia scherzosa di Draco, dai suoi racconti, dalle sue domande;
il
Grifondoro non si era neanche accorto di come Draco lo avesse isolato
dagli
altri, della faccia scontenta di Boot, delle occhiate di intesa che
Hermione e
Pansy si erano scambiate, di come Ron si fosse avvicinato solo per
essere
intercettato da Ginny che lo aveva trascinato altrove.
Intorno
a loro le persone scherzavano, mangiavano e bevevano, ammiravano il
cielo con i
telescopi, facevano capriole sull’erba e, che Harry fosse
dannato, ci sarebbero
potuti essere i Mangiamorte a intonare canti natalizi a luglio per
quanto poco
gliene fregava di cosa accadeva al di fuori dello spazio che occupavano
lui e
Draco.
Si
accorse di desiderarlo in una maniera diversa da prima: con la stessa
bramosia,
ma come se conoscesse già il corpo di Draco; si disse che
già una volta era
caduto nella trappola di quel Draco disponibile e aperto e
apparentemente inoffensivo
e il suo cuore dopo era stato spezzato; si raccomandò
prudenza e funzionò forse
per la prima mezz’ora, fino a che Draco gettò la
testa indietro ridendo, i
capelli che riflettevano la luce calda delle torce e la gola scoperta e
il
petto che sussultava per le risate.
-Vuoi
dirmi che quel coglione in completo lilla si è automutilato
il cervello
lanciando un Oblivion con la bacchetta di Weasley? Oh, cosa non avrei
dato per
esserci…- (*)
Harry
lo seguì nel suo divertimento, anche se si sentì
in dovere di puntualizzare che
nel complesso era stata una bell’avventura di merda che non
avrebbe mai voluto
ripetere.
Draco
prese un sorso dal suo boccale di birra e commentò qualcosa
sulla dura vita
degli eroi, ma Harry si perse le parole, perché stava
fissando un accenno di
schiuma sul labbro superiore di Draco e smaniava dalla voglia di
leccarla via.
Così non rispose e tra di loro scese un silenzio disteso e
condiviso,
interrotto poco dopo da Ron che chiamava il suo amico perché
accendessero i
Fuochi Forsennati Weasley.
-Sei
richiesto-, interloquì Draco.
Harry
annuì e si alzò in piedi, dopo di che gli tese
una mano.
-Vieni,
ti piaceranno i fuochi d’artificio (**)-,
propose dolcemente. -Ti aiuto
ad alzarti-.
Draco
guardò a lungo e intensamente quella mano, come se potesse
nel contempo sia
trarlo in salvo che azzannarlo.
-Ce
ne hai messo di tempo-, commentò criptico, stringendola e
venendo quindi tirato
in piedi con slancio.
Il
gruppo si allontanò dal cerchio di luce delle torce e Harry
distribuì un fuoco
d’artificio a testa, dopo di che si sparpagliarono per
poterli accendere in
sicurezza.
Draco
notò che il moro era rimasto senza e gli venne naturale
proporgli di stare
accanto a lui e accenderlo insieme: parve molto interessato quando
Harry
estrasse un massiccio accendino dalla tasca e ne fece scattare
l’apertura
metallica con un movimento rapido del polso; a quel punto il ragazzo
fece
scorrere l’accendino sulla coscia, contro i jeans, e la
pietra focaia incendiò
lo stoppino, alimentato dalla benzina.
Accorgendosi
dello sguardo incuriosito del biondo, il Grifondoro tese avanti
l’accendino.
-Sì,
lo so che di solito i fuochi d’artificio vengono accesi con
la magia-,
confessò. -Ma questo l’ho trovato l’anno
scorso nel parco dietro casa e mi è
sembrato un peccato lasciarlo lì; è
un’invenzione babbana, sai, ma può tornare
utile in momenti in cui non è consentito fare magie. Quindi
l’ho raccolto e
l’ho portato a casa: quando l’ho ripulito dalla
terra che ci si era incrostata
sopra ho visto il disegno e allora non ho potuto fare a meno di
tenerlo-.
Così
dicendo Harry girò la mano: su un lato dello Zippo,
argentato e opaco,
risaltava un disegno di un drago sorprendentemente simile a un Ungaro
Spinato.
-Per
i Babbani i draghi sono animali della fantasia-, aggiunse.
-Anche
i maghi hanno gli accendini, sai-, replicò Draco, tendendo
un dito. -Soltanto
che non hanno un aspetto così…-
-Moderno
e aggressivo?-, tentò Harry.
-Stavo
per dire “pratico”. Ma moderno e aggressivo si
adatta comunque. Dai accendi quel
fuoco d’artificio-, lo spronò quando una farfalla
multicolore fatta di
scintille e grande un metro passò sopra le loro teste.
Il
moro eseguì, poi con un altro movimento secco del polso fece
richiudere il
coperchio dell’accendino.
Risultò
che il loro era in realtà una fontana, che a Harry ricordava
molto i variopinti
getti di acqua che scorrevano dai centinaia di rubinetti della vasca
del bagno
dei Prefetti: in questo caso, però, il getto si muoveva dal
basso verso l’alto
e sembrava non esaurirsi mai: anche quando tutti gli altri fuochi
d’artificio
si furono estinti, e ci volle moltissimo tempo, la fontana
continuò a lanciare
per metri e metri in verticale le sue scie di scintille e luce:
guardandola a
lungo si aveva l’impressione che in mezzo ci si muovessero
delle figurette
animate. Harry in realtà più che altro
concentrato a guardare di traverso e
sottecchi Draco che fissava la fontana, archiviandosi nella memoria
ogni
sfumatura di colore che passava sulla pelle chiarissima, ogni
espressione di
infantile stupore, ogni battito delle palpebre.
“Cazzo,
pensavo che questo fine settimana potesse essere solo una breve
parentesi per
poi lasciarmi Draco alle spalle. Magari per rivalermi un po’,
magari per
rendermi conto che non è poi questa gran cosa. Invece mi sa
che sto finendo
impantanato fino alla gola”, fu la desolante presa di
coscienza che ebbe a un
certo punto.
Non
sarebbe successo niente, fra loro due: questo lo sapeva. Forse Draco
era
interessato a lui, forse no, molto probabilmente no, ma in ogni caso il
Serpeverde non si sarebbe sbilanciato e Harry avrebbe fatto bene a
ricordarselo: Draco poteva essere delizioso, ma sotto quella delizia
giacevano
schegge di vetro; se il biondo in quel momento si stava comportando in
quel
modo era solo per fare buon viso a cattivo gioco: scaduto il contratto
magico
sarebbe tornato tutto come era sempre stato, fatto salvo per la breve e
felice
parentesi che Draco aveva concesso prima di masticargli il cuore. Harry
sentì
ogni fibra del suo essere sfiancarsi: voleva lanciarsi avanti da bravo
Grifondoro, ma aveva anche molta paura; oh, se solo Draco gli avesse
fornito
qualche certezza…
Abbassò
lo sguardo sull’erba, mentre intorno a lui le persone
chiacchieravano e si
scambiavano aneddoti e battute, cose allegre e di poco conto:
incominciò a
rimuginare.
La
cosa non sfuggì a Draco, che stava raccontandogli di una
volta che si era perso
nella campagna intorno al maniero e aveva scoperto questa chiesa
babbana
abbandonata e lo aveva colto un acquazzone (***):
ecco che succedeva di
nuovo: lui si stava sforzando, ma sforzarsi non serviva a niente,
Potter
continuava a sfuggirgli, a prendere le distanze…
-Potter,
cazzo, ma la smetti di comportarti come una scimmia lobotomizzata?-
Si
era subito reso conto che la frase gli era uscita molto male, ancora
prima che
Potter alzasse gli occhi e lo incendiasse con lo sguardo.
-Sai
cosa? Vado dove sono meglio accetto!-, ringhiò alzandosi e
raggiungendo Boot
sul lato opposto della fontana.
Draco
non ebbe il tempo di ribattere o opporsi e, quando Lovegood prese il
posto di
Potter iniziando a snocciolare una serie di nomi di bestie troppo
fantastiche
anche per il Mondo Magico, non trovò in sé la
capacità di ribellarsi e si sorbì
quella lezione di fantamagizoologia da parte della Corvonero piuttosto
alticcia.
Parlando
con Boot, Harry si era rilassato: Boot era tranquillo, prevedibile,
innocuo.
Invece
l’ultima frase di Malfoy aveva dimostrato per
l’ennesima volta che la sua
lingua biforcuta non sapeva trattenersi dall’essere stronza e
insultante.
Da
dove Harry si trovava seduto in quel momento non poteva vedere Malfoy e
le cose
andavano bene così; sorrise, compiaciuto: oltretutto il
biondino non se ne
sarebbe potuto andare fino a che Harry stesso non lo avesse deciso e
Harry era
del tutto intenzionato a tenerlo in quella radura fino a che il culo
non gli si
fosse infradiciato di rugiada.
Trascorse
ancora un bel po’ di tempo prima che Harry si guardasse
intorno: a quel punto
il getto della fontana si era fortemente ridimensionato e si andava
esaurendo e
non erano rimasti in molti, dal momento che le coppiette si erano
appartate,
con pretesti più o meno plausibili.
Ron
e Pansy erano semplicemente andati via insieme abbracciati; Ginny e
Michael
Corner avevano avuto la decenza di aspettare che il fratello di lei
fosse
scomparso dalla vista prima di imboscarsi. Hermione e Blaise avevano
addotto la
patetica scusa di essere stanchi, ma nessuno ci aveva creduto e li
avevano
salutati con fischi di incoraggiamento mentre si incamminavano verso
casa.
Luna
e Megan stavano sdraiate sulla destra di Harry, un po’
discoste, a inventare
nomi nuovi per costellazioni improvvisate, come Scheletro Pendulo o
Scodella Di
Zuppa; ogni tanto Luna provava a convincere l’altra della
reale esistenza della
costellazione del Ricciocorno Schiattoso, con scarsissimi risultati.
Lui
era con Terry e questo voleva dire che… Girò lo
sguardo dalla fontana che
ancora gettava scintille e vapori e fiammelle, anche se a un livello
oramai
basso, e cercò intorno nella radura.
Draco
era in piedi, solo e rigido, in penombra, probabilmente al limite
massimo di
distanza consentito, con un’espressione tanto selvaggia sul
volto che Harry non
riuscì neanche a definirla collera.
Gli
rivolse un cenno beffardo con il mento, sentendosi in salvo solo
perché sapeva
che l’altro non poteva affatturarlo.
A
quel cenno le labbra di Draco si contrassero di furente oltraggio.
Harry
sentì il mostro nel suo stomaco fare le fusa di bieca
soddisfazione.
Mentre
Harry pensava che solo Malfoy sapeva condurlo tanto in basso ed esporre
le sue
azioni più meschine, Terry Boot, seguendo la direzione del
suo sguardo, parlò.
-Deve
essere un bel fardello portarsi dietro Malfoy per tutto il fine
settimana. Cosa
hai fatto di tanto orribile per meritarti una punizione del genere?-
Sarebbe
stato troppo complicato spiegare tutto, così Harry si
risolse a dire che era
solo uno scherzo sfuggito di mano.
-Be’,
forse la prossima volta potremmo vederci fuori dalla scuola senza la
tua
scorta-, buttò lì il Corvonero con
semplicità.
-Ah,
sì, certo-, annuì automaticamente Harry, prima di
spalancare gli occhi. -Cosa?-
Ma
Boot si stava alzando in piedi.
-Si
è fatto tardi, dovremmo rientrare-, propose prima di
rivolgersi alle ragazze.
-Luna! Megan! Diamo una sistemata e rientriamo!!-
Harry
stava per proporsi come aiuto per mettere a posto, quando si
sentì afferrare
poco al di sopra del gomito e poi riconobbe la familiare sensazione
della Smaterializzazione.
Atterrarono
in mezzo alla camera che condividevano.
Per
un attimo ebbero un fremito, non proprio un ricordo, quanto una
percezione che
non riuscirono a identificare; quindi Draco sigillò la porta
con un
Colloportus, gettò Incantesimi Imperturbabili tutto intorno
e poi si girò verso
Harry: aveva l’espressione disgustata di uno che avesse
assaggiato un fiotto
della propria stessa bile, e che la stesse per sputare in faccia
all’avversario.
Era
in collera, ma era anche gelido come una lama di ghiaccio.
Harry
fece l’unica cosa che sapeva avrebbe fatto ancora di
più imbestialire l’altro:
stette zitto e fece una smorfia di amaro sorriso; avrebbe preferito
ritrovare
quello stato di benessere condiviso di prima con il biondo, ma in
mancanza di
quello si sarebbe accontentato di vedergli le coronarie stroncate
dall’ira.
Anche
l’ira, in definitiva, era meglio di niente da parte di Draco.
Anche
i dispetti e le rappresaglie infantili erano meglio che lasciarselo
alle
spalle.
(*)
Il
coglione in completo lilla è ovviamente Gilderoy Allock e il
fatto a cui si
riferisce Draco accade nella Camera dei Segreti.
(**)
La
scena in cui i Fuochi Forsennati Weasley inseguono Draco è
presente solo nel
film; nel libro la cosa si svolge diversamente e Draco non viene
menzionato in
quel pezzo; così posso dedurne che non li abbia mai visti.
(***)
Vedi
la mia one-shot “Il discorso… Quel
discorso”.
E
quindi, succede ma non succede: non poteva essere così
semplice, vero? Un paio
di pozioni e tutto risolto…
Il
capitolo è anche un esercizio stilistico: descrivere tutto
il loro incontro fisico
senza che si scambino una parola, senza quasi che si legga un solo
pensiero… Da
contrapporre alla serata, densa di considerazioni personali e
chiacchiere. E la
loro parentesi in camera, divisa in due momenti, caratterizzati dalla
lentezza
e dalla delicatezza e poi dalla brama e dalla lussuria. E la chiusura,
speculare e opposta all’apertura.
Be’,
che dire, spero di essere riuscita a rendere bene per iscritto i miei
intenti.
|
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Capitolo 10 *** la domanda ***
Ed ecco l’aggiornamento!
Non so se seguite entrambe le mie fanfiction e magari
speravate in un nuovo capitolo dell’altra…
In ogni caso, spero che abbiate festeggiato adeguatamente
l’anniversario della Battaglia di Hogwarts!
Scherzi a parte, mi auguro che stiate tutti e tutte bene.
La canzone di accompagnamento a questo capitolo è
un
omaggio a una serie televisiva: il primo bacio tra Veronica Mars e
Logan Echolls!
https://www.youtube.com/watch?v=LdETOdMFWOs
Buona lettura, Puffole Pigmee!
Era ovviamente una sfida: a chi avrebbe ceduto prima; a cose
normali Harry sarebbe sbottato come il coperchio di una pentola che
bolle, era
quello che faceva sempre: lasciarsi sopraffare dallo scoppio emotivo e
non
riuscire a tapparsi la bocca in tempo; ce la mise tutta per far
imbestialire Malfoy
con la propria mancanza di reazione. Ma Draco, seppur furioso, era un
vero e proprio
professionista nel far andare fuori di testa la gente, e soprattutto
Harry Potter:
si allenava da anni in questo, conosceva le mosse giuste; non sembrava
intenzionato a lasciarsi influenzare e, dopo un ragionevole lasso di
tempo in
cui stettero frementi di rabbia uno davanti all’altro, si
limitò a girarsi e
incamminarsi verso il proprio letto: si spogliò con gesti
misurati, indossò il
pigiama e si mise a letto, volgendo la schiena al Grifondoro e
apparentemente
rilassandosi sotto le lenzuola; in realtà, rimase vigile e
con gli occhi
puntati di fronte a
lui, sul muro, in
assoluta concentrazione per cogliere un qualsiasi movimento di Potter,
furente
e a mala pena controllato.
-Devi per forza essere il frutto di ripetuti accoppiamenti
tra consanguinei, è chiaro che hai il cervello marcio-,
constatò la voce del
moro, vibrante di risentimento.
A quel punto Draco si permise di sorridere, rassicurato:
anche se malmostoso, Harry gli stava dando una possibilità
di rapporto, di
confronto. Oh, conosceva sin troppo bene quel ragazzo occhialuto e
testardo, sapeva
che non lo avrebbe lasciato andare così, che anche la lite
sarebbe stata meglio
di niente. E sotto alla sensazione trionfante di sapere come Potter si
sarebbe
comportato e di averlo portato esattamente dove voleva, si
sentì stranamente confortato
e sollevato dall’aver meritato ancora una volta
l’attenzione dell’altro, se pur
in maniera distorta: la rabbia scemò un poco. Ma non
abbastanza: si girò verso Potter,
che sostava ancora nei pressi della porta e raccolse la sfida, bene
felice di
poter finalmente lasciar correre a briglia sciolta il risentimento che
covava
per essere stato messo in disparte a vantaggio di Boot.
-In ogni caso io non mi perdo a scodinzolare dietro a una
qualsiasi persona che mi riservi un minimo di attenzione solo
perché penso di
essere l’ultima ruota del carro dell’intero Mondo
Magico, così come lo ero in
quel sottoscala pulcioso da bambino; santo cielo, Potter, sei
imbarazzante.
Sono gli ormoni a farti comportare così, o è la
tua autostima che rasenta lo
zero?-
-Adesso basta! ADESSO BASTA!-, sbraitò Harry, e la sua furia
fu accompagnata dallo scoppio di un vaso di fiori su un tavolino.
Draco ruotò piano gli occhi, piuttosto allarmato, in tempo
per notare l’acqua che gocciolava sul pavimento.
Harry nel frattempo stava continuando a urlare.
-Porcamerda, Malfoy, ma non ci riesci proprio mai a
startene tranquillo con quella lingua inacidita dentro la bocca?
C’è una cazzo
di occasione al mondo in cui riesci a restare zitto e a non rovinare le
cose?
Ogni volta che inizio a pensare che tu sia una persona decente
mandi
tutto a puttane con un’uscita che mi fa pentire di averlo
pensato! Ogni volta
che mi rilasso, tu mi dimostri che ho fatto male ad abbassare la
guardia! Sei
uno stupido ragazzino viziato che crede che tutti debbano seguire il
suo culo
purosangue! Ma, ehi, notizia dell’ultimo momento: il tuo culo
non ha davvero
niente di speciale!-
-Il mio culo? Il mio culo?! Razza di idiota, siamo qui in
questa situazione assurda proprio perché tu non riesci a
smettere di SEGUIRE IL
MIO CULO!-
-SÌ, BE’, TI DO UN AGGIORNAMENTO! IL TUO CULO
È DECISAMENTE
MIGLIORE DEL TUO CARATTERE DI MERDA!!! SE SOLO SI POTESSE SEPARARE
QUELLO DAL
RESTO ME LO POTREI DI SICURO GODERE SENZA CHE LA TUE SPARATE DEL CAZZO
GUASTASSERO TUTTO!-
-NON TI LASCEREI GODERE IL MIO CULO A COSTO DI FARMELO ESLPODERE
CON UN INCANTESIMO!-
-OH, ORA COME ORA IL TUO DANNATO CULO VORREI SOLO PRENDERLO
A CALCI, SPOCCHIOSO DEFICIENTE!-
Mentre si insultavano si erano avvicinati e girati intorno,
per cui a quel punto fu facile aggredirsi: lasciarono da parte le
parole e
cominciarono a darsele di santa ragione.
Fu Harry ad avere la meglio, quasi subito, probabilmente
perché il pigiama di seta di Draco non era il migliore
abbigliamento per fare a
cazzotti.
Tempo pochi minuti, Draco era riverso supino sul tappeto,
che tentava di strisciare probabilmente verso un oggetto contundente da
usare
come arma; dato che il pigiama di seta lo rendeva scivoloso, Harry, a
cavalcioni
sulla sua schiena, stava fallendo nel trattenerlo: quindi smise di
tentare di
slogargli una spalla tirandogli il braccio all’indietro e gli
si sdraiò di peso
sopra, passandogli l’avambraccio intorno alla gola, per
immobilizzarlo. Il Serpeverde
provò a scrollarselo di dosso dimenandosi e tentando di
alzarsi carponi, ma Harry
fece forza per trattenerlo a terra, schiacciandoglisi contro.
Draco ululò, acuto e indispettito, per quel contatto che non
lasciava niente all’immaginazione e raddoppiò gli
sforzi: forse tutto quello
strusciarsi avrebbe potuto avere dei risvolti positivi, se non fosse
stato per
l’ultima sgroppata di Draco. Infatti il ragazzo iniziava a
sentire una certa
carenza d’aria e questo rese alquanto irrazionali i suoi
movimenti: piantando
una mano a terra riuscì a far perno e a divincolarsi
rotolando su un fianco;
appena si fu tirato in piedi, assestò un calcio al moro, ma
si era dimenticato
di essere senza scarpe e si fece male contro le costole di Harry:
mentre imprecava
saltellando su una gamba sola, l’altro si tirò in
piedi e partì alla carica.
Volarono cazzotti come mai prima di allora tra i due, fino a
che non ebbero più fiato e il sangue e il sudore appannarono
la loro vista. A quel
punto si erano dimenticati il vero e proprio oggetto della lite, ma
sbandieravano entrambi risentimento l’uno verso
l’altro: un risentimento
cocente, appassionato, fiero e selvaggio, che faceva ansimare e
rabbrividire e…
“Dio, è bellissimo anche stravolto dalla rabbia e
scarmigliato e con un sopracciglio spaccato”,
pensò incoerentemente Harry,
mentre avvertiva i quadricipiti tremare e minacciare di venirgli meno
per via
della stanchezza e dello sforzo. Non ce l’avrebbe fatta a
tirare un altro pugno
senza stramazzare svenuto.
“Gli splendono gli occhi come due fuochi di smeraldo,
è
ipnotico”, si disse Draco tentando di alzare il destro per un
colpo e sentendo
pesare la mano come un macigno. Non sarebbe riuscito a mettere a segno
un altro
cazzotto neanche se ne fosse dipesa la sua vita.
Restarono ancora a fronteggiarsi per un momento,
ringhiandosi contro in attesa di riprendere fiato.
Ma prima che potessero decidere come proseguire, e sarebbe stato
davvero interessante scoprirlo, un uccello picchiettò alla
finestra.
Sobbalzarono entrambi, ma fu Draco, con passo malfermo e fiacco,
ad andare ad aprire: aveva riconosciuto il barbagianni della madre e la
preoccupazione
montò rapida, rendendo i suoi gesti frenetici
nell’aprire la pergamena dopo
averla staccata dalla zampa dell’animale, il quale
volò via senza attendere una
risposta.
Appena Draco ebbe finito di leggere la missiva, e ci mise
parecchio, il suo viso divenne una maschera inespressiva:
bruciò la pergamena, senza
una parola prese a guarirsi le ecchimosi e i graffi, poi si diresse in
bagno,
da dove provenne il rumore di acqua corrente; tornò in
camera poco dopo, con la
sola biancheria intima addosso e senza una parola o un cenno si
sdraiò a letto
tirandosi il lenzuolo fino a sopra la testa.
Sembrava aver cancellato la presenza di Harry, il quale
preso in contropiede non seppe come comportarsi in quella situazione:
il
ragazzo attese un qualsiasi segno di vita per un certo lasso di tempo,
ma Malfoy
sembrava diventato una statua. Quindi, incapace di imbastire una
reazione,
rimase a fissare la silhouette dell’altro, fino a che gli
parve che si fosse
addormentato: a quel punto, con un sospiro di frustrazione e disagio,
si
spogliò a sua volta e si mise a letto.
Draco attese a lungo che il respiro di Potter si regolarizzasse
in un sonno profondo: solo a quel punto si concesse di piangere, con
brevi
singhiozzi accorati e poche lacrime.
I suoi genitori non sarebbero tornati.
Narcissa Malfoy aveva inviato la lettera ragionevolmente
sicura che nessuno avrebbe provato a intercettarla, dato che
l’Oscuro Signore
era all’estero e nessuno del suo schieramento aveva motivo di
tenere d’occhio
la famiglia Malfoy.
I suoi genitori avevano di fatto disertato.
Draco cominciò a mettere insieme i pezzi e capì
che la madre
aveva da tempo pianificato il tutto: chi sa come era riuscita a
convincere suo
marito dell’inutilità di seguire
l’Oscuro Signore e a lasciarsi alle spalle
quella situazione. Evidentemente lei era arrivata alla conclusione che
il loro
prestigio come Maghi Oscuri e famiglia altolocata non valesse la pena
del rischio
di perdere tutto in caso di sconfitta e aveva impiegato
l’anno trascorso a organizzare
quella fuga.
Draco aveva sempre pensato che la madre appoggiasse senza
riserve le scelte del marito, ma a un certo punto Narcissa Malfoy
doveva aver
riveduto le proprie posizioni e deciso che per sopravvivere e rimanere
liberi
avrebbero dovuto allontanarsi dall’Oscuro Signore e da quella
guerra imminente.
Era stato uno shock leggere le parole di sua madre: Lord Voldemort
non era più un capo sensato e degno di essere seguito, la
sua vittoria non era
certa e i Malfoy avrebbero fatto meglio a pensare a loro stessi, come
del resto
avevano fatto già all’epoca della sua prima
sconfitta.
Il prestigio andava benissimo, ma l’autoconservazione veniva
prima.
Verso la fine della lettera vi erano le istruzioni per
raggiungerli senza destare sospetti: avrebbe impacchettato le sue cose
appena
rientrato a casa, e poi un vecchio pupazzo di Draco si sarebbe
trasformato in Passaporta
la mattina del trentuno di luglio e lo avrebbe trasportato in un luogo
sicuro
in cui i genitori sarebbero andati a prenderlo; da lì
successivamente avrebbero
continuato a viaggiare verso un luogo sicuro, si sarebbero nascosti
all’estero
facendo perdere le proprie tracce. Gli elfi domestici avrebbero pensato
al
resto e poi li avrebbero raggiunti con i beni e il denaro. Le
probabilità che la
loro fuga non venisse scoperta se non quando fossero stati lontani e al
sicuro
erano dalla loro parte.
Draco era sconvolto, e per più motivi: il cambio di
posizione di sua madre, suo padre che la assecondava, la prospettiva di
un
cambio tanto radicale nella sua vita, il fatto che si fossero
allontanati da
lui per avvertirlo solo a cose fatte senza chiedere il suo parere. Ma,
in fin
dei conti, era quello che avevano sempre fatto: avevano deciso e
semplicemente
comunicato le loro disposizioni; fino a quel momento Draco aveva subito
le
decisioni senza metterle in discussione, perché pensava che
tutto sommato così
dovessero andare le cose: i suoi genitori forse non erano molto
affettuosi e la
loro formalità spesso lo aveva ferito, ma lo amavano e
volevano solo il meglio
per lui. Nonostante questi pensieri razionali si sentiva abbandonato,
almeno un
pochino: la sua partenza avrebbe dato meno nell’occhio in
questo modo, ma non
potevano almeno chiarirgli come stavano le cose di persona? Non
avrebbero,
almeno per una volta, potuto discuterne? Invece che poche righe
lapidarie di spiegazione
e concise istruzioni senza diritto di replica, non avrebbero potuto
raccontargli tutto come se lui fosse un’entità
senziente e non una loro
emanazione? Draco non dubitava del loro amore. Era della loro
considerazione
che diffidava. Pensò a Potter, steso a poca distanza da lui:
respirava un po’
pesantemente, e ogni tanto emetteva un soffio un tremulo quando buttava
fuori l’aria.
Potter era sicuro della sua posizione, e stava rischiando molto
più che privilegi
e libertà: magari era vero che non aveva alternative e che
volente o nolente
sarebbe arrivato allo scontro con il Signore Oscuro, tuttavia Draco
aveva
scorto in lui una fiducia nel proprio schieramento che ora scopriva
mancare ai
suoi genitori; se loro vacillavano e lui no, voleva dire che la parte
vincente
era quella di Potter? Che lui sapesse, Potter non aveva mai dato
istruzioni a
qualcuno perché lo seguisse, ma li aveva coinvolti
con… Quale era l’arma di Potter
per indurre la gente a schierarsi con lui? Le persone lo frequentavano
e…
Persino Blaise e Pansy avevano imparato a… A cosa? A
volergli bene? Andiamo,
era assurdo: Harry Potter era un casino vivente. Eppure, Draco doveva
ammetterlo, qualcosa covava dentro quel ragazzo moro dai modi
inqualificabili. Una
spontaneità, una forza, una forza positiva,
una convinzione: né Piton, né
la Umbridge o l’Oscuro Signore in persona erano riusciti a
scalfirlo. Neanche Draco
stesso, se per questo. A parte quella sera a Hogsmeade. Di colpo,
capì: Draco si
era insinuato dentro la spontaneità di Potter e poi aveva
colpito. Potter non
veniva ferito dai nemici, ma dagli amici, da quelli che lasciava
avvicinare.
Non se ne era reso conto, ma le lacrime e i singhiozzi si
erano arrestati: Draco aveva qualcosa su cui riflettere, per la prima
volta
guardava a Harry Potter non come alla sua nemesi, ma come a un modo
diverso di
vedere la vita, come il vero opposto di Lord Voldemort, come a
un’alternativa.
Quando arrivò l’alba stava ancora furiosamente
riflettendo,
cercando di trovare un senso alla matassa dei propri pensieri.
Scesero a colazione, silenziosi. L’allegra tavolata si
sforzò di restare impassibile, ma si vedeva lontano n miglio
che Draco era di
un pessimo umore non meglio identificabile: appariva come assente e
distante. Harry
non sapeva come interagirci. Rivolse uno sguardo di muta richiesta di
aiuto agli
altri due Serpeverde, i quali dopo colazione intercettarono il loro
amico e si
appartarono con lui: ne seguì una breve e poco concitata
discussione, che
nessuno udì per via degli incantesimi posti a barriera da
Blaise, alla fine
della quale Pansy abbracciò il biondo con forza; per un
breve momento, Draco ricambiò
l’abbraccio aggrappandosi alla ragazza come se fosse un porto
sicuro in mezzo al
mare burrascoso. Durò solo un istante, quasi impercettibile,
e poi Draco rindossò
la sua maschera impassibile e distante. Mentre i due Serpeverde
raggiungevano
gli altri per cominciare il divertimento di quell’ultima
giornata, Blaise fece
una smorfia che dichiarava impotenza: non avevano scoperto niente.
Invece Pansy
si accostò a Harry, mentre Draco si lasciava sprofondare sul
divano che lo
aveva già accolto venerdì, e gli
sussurrò all’orecchio, lasciandolo stupefatto.
-Lo lasciamo alle tue cure-.
Poi erano tutti scivolati fuori casa, lasciandoli soli;
forse Hermione avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma Blaise aveva
scosso
impercettibilmente la testa e lei aveva inalberato
un’espressione risoluta,
rinunciando a intromettersi.
Harry era matematicamente sicuro che Malfoy non gli avrebbe
raccontato cosa gli aveva fatto cambiare umore: sapeva che
c’entrava la lettera
ricevuta la sera prima e aveva intuito che chiaramente non potevano
essere
buone notizie; ma non conosceva nemmeno il mittente e quindi ogni
congettura
era assolutamente campata in aria. Se Malfoy non si era confidato con i
suoi
amici di certo non lo avrebbe fatto con qualcuno che una manciata di
ore prima
gli aveva sfigurato il viso a pugni. Così chiese a Ghisten
se poteva procurargli
qualcosa per passare il tempo e si sedette in silenzio sul tappeto
accanto al
divano su cui Draco giaceva, apparentemente dimentico del mondo e
totalmente
assorto in elucubrazioni mentre fissava il soffitto. L’elfo
domestico tornò
indietro dopo poco con una serie di rompicapo magici che coinvolsero
Harry in
una maniera che non avrebbe potuto prevedere: quando riemerse dai suoi
tentativi di traghettare, da una sponda all’altra di un
fiume, un Nundu, un
Mooncalf e un Cavolo Carnivoro Cinese a bordo di una foglia di Ninfea
Gigante,
era oramai ora di pranzo e Ghisten stava chiedendo a lui e a Malfoy se
preferissero
mangiare a casa o raggiungere gli altri al fiume.
Draco si strinse nelle spalle con noncuranza e indifferenza,
Harry optò per mangiare a casa: nonostante si sentisse in
colpa, non poteva
fare a meno di godersi quella solitudine con Draco, che sapeva
così tanto di
quieta routine. Certo, era di sicuro una brutta cosa essere contento
dello
stato di palese malessere di Malfoy e forse stare in compagnia avrebbe
risollevato
il morale del biondo alla fine, ma Harry non voleva dividerlo con gli
altri.
Trascorsero quel pomeriggio silenziosamente, immersi in una
nuova, strana atmosfera.
Draco continuava le sue frenetiche riflessioni interiori tentando
di incastrare tra di loro le nuove prospettive che la lettera della
madre aveva
spalancato: esteriormente appariva quasi apatico, dentro era un
convulso
vorticare di considerazioni.
Harry lasciava passare le ore, scaldato dall’autoillusione
che sarebbe andata avanti così per sempre: dopo aver letto
abbastanza di
geografia magica (gli piaceva pensare che in futuro avrebbe esplorato
qualche
terra magica lontana) e forse dormicchiato un po’, era
tornato all’ultimo
rompicapo, per riuscire finalmente a portare il Nundu e il Cavolo
Carnivoro
Cinese sulla seconda sponda, non gli restava che traghettare il
Mooncalf, senza
che niente e nessuno avesse divorato o fosse stato divorato: gli parve
di
ottimo auspicio, quindi osservò Malfoy, ancora spalmato sul
divano e intento a
fissare il soffitto, e si arrischiò a lanciare una domanda,
una qualsiasi
questione che avviasse un discorso leggero tra loro due…
-Sei felice?-
Per Merlino, ma che diamine gli era saltato fuori dalla
bocca??? Alla faccia del discorso leggero!
Draco aveva tirato su la testa e l’aveva voltata di scatto
verso Harry, gli occhi sgranati e sconvolti e sorpresi: il Grifondoro
si sentì
arrossire fino alla radice dei capelli e gli si intrecciò la
lingua, ma non
riuscì comunque a distogliere lo sguardo da quei pozzi grigi
e spalancati nella
reazione più genuina che avesse mai visto sul volto
dell’altro.
Draco si umettò le labbra, prima di rispondere con cautela.
-Senza offesa, Potter, ma non vedo come la cosa possa
interessarti sul serio-.
Non era una provocazione, era una constatazione offerta
senza animosità, poteva quasi a sua volta essere considerata
una domanda: Harry
non voleva rispondere, non lo voleva proprio per niente, ma si
ritrovò a
parlare come se la bocca fosse diventata indipendente dalla sua
volontà, un
apparato ribelle e autonomo. Cattiva boccaccia dissidente.
-Ma mi importa. In un certo senso. Immagino che tu non
voglia venire a raccontare a me quello che ti è successo.
Però ti vedo lì a
riflettere come se ne andasse del tuo destino, come se dovessi prendere
le scelte
più importanti della tua intera vita e allora…
Immagino che debbano almeno
essere decisioni che ti renderanno felice. No?-
Non pensava di essersela cavata male anche se aveva sparato
frasi un po’ a casaccio, dal momento che Draco fece un mezzo
sorriso prima di rispondergli.
-Sai cosa, Harry Potter? Penso che appena lo avrò scoperto
te lo farò sapere. Piuttosto, ti rendi conto che hai
impiegato ore per
risolvere un rompicapo che di solito nel Mondo Magico diamo ai bambini
piccoli?-, aveva aggiunto con ironia ma senza astio. Poi si era rimesso
nella
sua posizione da elucubrazioni mentali.
Harry aveva ridacchiato ed era passato al gioco successivo,
dove doveva riuscire a sciogliere un complicatissimo nodo incantato che
a ogni
sbaglio si intrecciava nuovamente dall’inizio: era sul serio
un casino, ma non avvertiva
la frustrazione; stare lì a condividere il tempo e lo spazio
con Draco era
tanto atipico quanto rilassante.
L’atmosfera si infranse poco dopo, quando tutti gli altri
rientrarono.
-Amico!-, esclamò Ron varcando la soglia del salotto.
-Neanche
te lo immagini che temporale è scoppiato lì
fuori! Siamo tornati di corsa prima
di infradiciarci! Del resto, oramai è tardi: il tempo di
farci tutti la doccia,
rilassarci un po’… Poi la cena e il fine settimana
a quel punto sarà finito!-
“E grazie tante, Ron, per aver rovinato l’atmosfera
con
poche semplici parole”, pensò Harry, corrugando la
fronte e serrando la bocca in
una smorfia. Voleva bene al suo amico, davvero, però ogni
tanto avrebbe voluto
riempirgli la bocca di sabbia.
Anche il viso di Blaise non era certo una maschera di
cordialità: lanciò uno sguardo intriso di veleno
in direzione del rosso, deprecando
ovviamente la sua mancanza di tatto. Tuttavia provò a
salvare la situazione.
-Possiamo rimanere tranquillamente fino a domani mattina e
rientrare a casa dopo la colazione. Basterà avvertire le
famiglie. Hermione, tu
hai modo di contattare i tuoi genitori?-, aggiunse dopo un attimo di
esitazione.
-Chiederò al Signor Weasley di chiamarli via telefono-,
rispose
lei mentre scagliava pugnali dagli occhi alla volta di Ron. -Non ci
dovrebbero
essere problemi-.
Draco, che si era tirato su a sedere, stava per rispondere e
all’improvviso Harry non volle sentire quello che avrebbe
detto: di sicuro avrebbe
dichiarato che ne aveva abbastanza di quel teatrino e che non appena
fosse
scaduto il contratto lui se ne sarebbe tornato nel suo aristocratico
palazzo e
tanti saluti a tutti. Per cui, il Grifondoro si alzò di
scatto, dribblando Terry
Boot che gli stava chiedendo con interesse se lui si sarebbe
trattenuto, e si
rivolse a Draco, interrompendo sul nascere ogni frase il biondo stesse
per
pronunciare.
-Vieni, andiamo fuori, mi è venuta voglia di volare-,
sentenziò cupo, afferrandolo per un polso e trascinandoselo
dietro. Draco ne
rimase talmente stupefatto da non ribellarsi in alcun modo.
-Ma, amico, in nome di Merlino, sta piovendo di brutto!-,
protestò Ron.
-Smetterà-, ringhiò in risposta Harry a denti
stretti e poi
appellò le loro scope.
Appena usciti, si fermarono sotto il porticato, perché
effettivamente la pioggia veniva giù abbondante e violenta.
-Potter, che ti è preso?-, chiese Malfoy, indagatore.
Solo in quel momento Harry si rese conto di aver ancora le
dita avvolte intorno al polso dell’altro: si
rifiutò categoricamente di
lasciarlo andare. E soprattutto, come poteva spiegargli che non voleva
che quel
fine settimana finisse, perché era sicuro che non ce ne
sarebbero stati altri?
-Siamo stati al chiuso tutto il giorno, una boccata d’aria
ci farà bene-, fu invece tutto quel che scelse di dire. -E
comunque volare
piace a tutti e due-.
-Non volerò sotto questo acquazzone torrenziale-, si oppose
il Serpeverde.
-Staremo qui ad aspettare che finisca e poi voleremo-,
sentenziò
lapidario Harry, rigettando di porre la parola fine alla giornata,
mentre guardava
l’ampio giardino illuminato dalle torce che magicamente
ardevano anche sotto la
pioggia. La stretta su Draco si allentò abbastanza da
permettergli di liberare il
polso, anche se lo fece lentamente.
-Come desideri: sei tu che comandi, almeno per poco ancora,
goditela-, replicò Draco atono allontanandosi da lui fino al
limite del
porticato coperto, dove rimase voltandogli le spalle, gli schizzi che
si
infrangevano sulle scarpe e sui pantaloni.
Harry rimase inchiodato dov’era, colpito
dall’ironia della
situazione: con Draco non era mai stato tanto lontanamente al comando
come negli
ultimi mesi. Aveva fatto il grosso e l’aggressivo, lo
strafottente e il
superiore, ma la realtà è che si sarebbe venduto
un rene per poter semplicemente
restare in quel salotto a condividere lo spazio e il tempo senza nessun
vincolo
contrattuale. A quel punto avrebbe preso il pacchetto completo:
irritante
spocchia, lingua tagliente, sorrisi e ironia, mani affusolate e
sopracciglio
alzato, gomiti, pelle, arroganza, vulnerabilità e
crudeltà…
-Dio, sono proprio nella merda-, mormorò lievissimamente,
sapendo che gli scrosci di acqua avrebbero coperto quella sua
ammissione.
-Ginny, allontanati da quella finestra, o ti vedranno!-, le
raccomandò Hermione.
-Tanto stanno solo parlando…-, si lamentò la
rossa.
In sottofondo si potevano sentire i lamenti di Ron, che si
difendeva debolmente dalla reprimenda di Pansy riguardo a quanto fosse
appena
stato un idiota totale. Inoltre, pareva che Megan si fosse assunta il
compito
di spiegare la situazione a Terry Boot, e lui non pareva molto contento
di
quello che stava udendo, anche se alla fine fece spallucce in un gesto
rassegnato.
Michael Corner raggiunse la sua ragazza, circondandole le
spalle con un braccio e avvicinandosi anche lui al vetro della finestra.
-Toh, ha smesso improvvisamente di piovere! Harry e Malfoy stanno
decollando con le scope!-, annunciò lui.
Blaise e Luna, con due sorrisi gemelli, rinfoderarono le
bacchette con cui avevano allontanato il temporale.
Ognuno degli occupanti della casa a quel punto andò a
lavarsi e cambiarsi di abito, poi si concessero un torneo di
Sparaschiocco e si
dimenticarono di Harry e Draco per la successiva ora e mezza.
-Ah, finalmente-, esclamò Draco passando attraverso il
portone
di ingresso. E poi attaccò subito a lamentarsi e a inveire
contro il moro.
-È tutta colpa tua, stupidissimo imbranato! “Ma
no, dai, allontaniamoci
ancora un po’, dai, vediamo cosa c’è
più in là, dai, facciamo due passaggi ad
Aingingein (*)”-, lo scimmiottava.
-Cretino! E poi ricomincia questo
temporale furioso e lui fa: “lascia fare a me, Hermione mi ha
insegnato un incantesimo
per impermeabilizzare!” e BAM!, mi ritrovo a essere travolto
da un’onda anomala
di fango! Si può essere più deficienti di questo
qua?-
Harry lo superò e gli si parò di fronte. Non era
stata sua
intenzione sommergere Draco con una mareggiata fangosa.
-Mi hai rotto le palle, hai capito? Se invece di criticare
tanto tu avessi impiegato questi anni a imparare a volare su una scopa come
si deve avresti evitato la… Sì,
insomma, l’incantesimo senza problemi!-
Le urla stavano richiamando all’entrata di casa tutti gli
altri
abitanti della casa che si trovavano ancora a tavola dopo la cena.
-Ah! Potter! Bella schifezza provare a dare la colpa a me
quando sei tu a essere un incompetente in fatto di magia! Altro che
Salvatore
del Mondo Magico! Basterà che Voldemort ti lasci abbastanza
tempo con la
bacchetta in mano e ci penserai tu stesso a devastare
l’Inghilterra e a
ucciderti accidentalmente!-
-Bastardo! Io tentavo solo di aiutarti!-
-Ma guardami: altri aiuti così e finirò al San
Mungo! E,
Merlino, i miei capelli…-
In effetti, Draco sembrava il mostro della palude: aveva
fango sui vestiti, fango nei capelli che colava lentamente…
Un po’ meno sulla
faccia, che si era ripulito alla meglio, ma dove spiccavano grossi
graffi per via
dei rami che lo avevano investito durante lo tsunami di melma innalzato
da
Harry; aveva perso le scarpe e tremava vistosamente, anche se non si
sarebbe potuto
stabilire se per il freddo e l’acqua presa o se per la
violenta incazzatura che
lo stava attraversando.
Non che Harry fosse ridotto meglio: anzi, in realtà era
persino più ridicolo, visto che era stato investito alle
spalle: se da davanti
appariva normale, dietro era totalmente marrone di terra: un cremino,
insomma.
Da lontano, alcune paia di occhi li osservavano: Blaise
stava valutando chi dei due dovesse andare a salvare, Ron sghignazzava
smodatamente
dell’aspetto di Malfoy, ma prudentemente nascosto dietro
Pansy e Hermione, che
a loro volta non sapevano bene come comportarsi in bilico tra un
femminile
riserbo e la voglia di sganasciarsi dalle risate; Ginny veniva
trattenuta a
viva forza da Terry e Michael, che le impedivano di andare a
sbeffeggiare pubblicamente
il Serpeverde, evitandole così una morte atroce e
l’innesco di una faida
familiare. Luna, osservava tutto con aria trasognata, la testa
inclinata da una
parte… Come se stesse vedendo due Nargilli.
-Sì, sì confermo, sei proprio
un’idiota! Idiota maghetto da
strapazzo! Dico io, ma con tutto quel tempo passato attaccato al
mantello di
Silente, proprio niente hai imparato?-
-Che cazzo vai blaterando? Era l’incantesimo di Hermione a
essere sbagliato! Si sarà confusa quando me l’ha
insegnato!-
La appena citata fanciulla cercò di scavalcare un tavolino
per andare a cavare gli occhi al suo amico, bloccata solo dalla
prontezza di
riflessi di Blaise, che l’agguantò per la vita;
Hermione allora si risolse a
insultare pesantemente Harry, ma i suoi improperi a getto continuo
furono sovrastati
dalle urla dei due nell’ingresso.
-Ora sì che hai toccato il fondo, patetico avanzo di mago!
Quando mai la Granger ha sbagliato un incanto?-, sbraitò il
biondo essere
coperto di fango, guadagnandosi un’occhiata di gratitudine
della Grifondoro. -Sei
tu che sei incapace! Vergognati!-
-Io? Vergognarmi io?! Ma senti da che pulpito viene la
predica! Viziatissimo figlio di papà! La tua sola
occupazione è maltrattare i
più deboli e leccare il culo ai più forti! Con
che coraggio ti guardi allo
specchio la mattina?-
-Per tua informazione io non lecco il culo! Io metto a
frutto le mie innate doti diplomatiche! E certo che mi guardo allo
specchio! E
con soddisfazione, anche! Sono bello, io, piacevole
da guardare, io,
e non ho un gatto morto sulla testa come te!-, ribatté
l’altro gonfiando il petto
sotto strati di fango.
-Piacevole da guardare…-, lo schernì Harry. -In
questo
momento non credo proprio!-
Harry girò i tacchi e fece per entrare nel salone, convinto
di aver avuto la meglio nella discussione.
Draco era sul punto di ribattere ma quel vedersi ignorato
mentre reputava che la lite non fosse finita gli fece andare il sangue
alla
testa: lo seguì a grandi passi.
-Come osi, Potter! Pagherai con la vita! Io ora… Oh, Avada
Ked…-
-STUPEFICIUM!-, tuonò Harry voltandosi e puntando la
bacchetta contro Draco, agendo di riflesso alle parole che tanto
avevano
minacciato e minacciavano la sua vita: aveva reagito senza pensare che
il contratto
magico impediva loro di lanciarsi magie; allora forse si sarebbe
ricordato che
Draco non avrebbe potuto fargli del male.
Il colpo catapultò il malcapitato attraverso il salone
addosso
a un muro, per fortuna contro una rara porzione spoglia e non adorna di
armi o
cristalli, mentre tutti gli altri ragazzi si precipitavano verso i due
urlando
all’unisono.
-Harry, NO!-
In effetti il contratto era scaduto, le magie potevano essere
lanciate e uno Stupeficium di grandissima potenza aveva beccato Draco
in pieno,
cogliendolo del tutto alla sprovvista.
-Ridillo-.
-Il mio gatto. Il mio vecchio gatto. Draco ci è molto
affezionato.
Era sparito da mesi, pensavamo fosse morto-.
-Hai chiamato il tuo gatto “Avada Kedavra”?-
-Sì-, confermò Blaise, chino sul biondo per
esaminarne e
ripulirne la faccia, senza mostrare l’adeguato pentimento che
Harry immaginava
dovesse esibire per aver battezzato il proprio animaletto domestico con
il nome
di una magia mortale.
-Hai chiamato il tuo gatto “Avada Kedavra”?-,
ripeté Potter,
con un tono lievemente isterico, sbattendo le palpebre in maniera quasi
udibile.
Pansy si trovò a riflettere, per l’ennesima volta,
che ogni
tanto quel ragazzo non sembrava troppo sveglio.
Dall’espressione di Hermione,
dedusse che pensava la stessa cosa; tuttavia era anche probabile che lo
stesse
ancora odiando per quell’insinuazione
sull’incantesimo sbagliato.
Forse, però, potevano volgere quel piccolo disastro dello
Stupeficium a vantaggio del loro piano…
-Potter-, si risolse a dire prendendo la parola, girandosi
verso il diretto interessato, che in quel momento era seduto su una
sedia nella
propria camera, dove avevano trasportato il corpo di Draco svenuto: non
solo
per l’incantesimo, ma anche per via della botta contro il
muro.
Tutti la osservavano: ok, forse aveva calcato un po’ troppo
disprezzo Serpeverde in quel cognome, ma doveva giocare pesante sul
senso di
colpa.
-Potresti aver fatto seriamente del male a Draco-, proseguì
imperterrita.
-Ma lui stava per…-
-No, mio caro. Tu credevi che lui stesse per. In
realtà il mio amico non ti ha aggredito in alcun modo. E tu
l’hai scaraventato
contro la pietra attraverso un salone. Lui non aveva neanche messo mano
alla
bacchetta. Tu l’hai aggredito mentre era
disarmato-.
-Ma…-
-Pansy ha ragione, Harry-, s’intromise Hermione dopo averle
rivolto una rapida occhiata obliqua e significativa. -Quello che hai
fatto è
stato scorretto e pericoloso. Inoltre, anche se abbiamo curato tutte le
ferite
visibili, non è detto che non sorgano problemi quando Draco
si sveglierà. La
pietra su cui ha sbattuto è mooolto dura…-
-Già-, rincarò la dose Ron prendendo per mano la
sua ragazza.
-Mi scoccia dirtelo, amico, ma potresti avercelo veramente sulla
coscienza. Va
bene che è Draco Malfoy e io non tengo a lui, manco mi
piace, anzi lo detesto
abbastanza, ma hai esagerato-.
-!-
-Ci pensi se davvero avesse riportato dei danni alla
testa?-, rilanciò di nuovo Hermione. -Danni di cui tu
saresti responsabile-.
-…-
“Bravi Grifondoro. Brave piccole serpi”,
pensò Pansy.
-Il meno che tu possa fare, Harry-, tirò le fila del
discorso Blaise mentre versava una fiala di Pozione Soporifera tra le
labbra di
Draco, dopo avergli lanciato un Innerva: Pansy ringraziò il
cielo che lui si
trovasse alle spalle del ragazzo: niente e nessuno avrebbe potuto
mascherare il
ghigno di trionfo e allegro sadismo con cui stava parlando.
-È stare qui con
lui questa notte a vegliarlo, assisterlo e accudirlo da vicino
nel caso
si svegliasse: è vero che il contratto magico è
scaduto, ma glielo devi, avendolo
ferito. Gli dovrai cambiare gli impacchi e le medicazioni, controllare
che non
insorgano complicazioni. Noi ora andremo a dormire; se ci fossero
peggioramenti,
potrai avvertirci. Su ragazzi, auguriamo tutti la buonanotte a Harry-.
-Buonanotte Harryyyy!-, dissero in coro.
-Ma mi lasciate qui da solo?-, mormorò il giovane in tono
sconsolato, senza sapere più che pesci prendere per uscire
da quel casino. Non
era sicuro di riuscire a trattenersi con un Draco indifeso sotto i suoi
occhi,
dovendolo osservare per tutta la notte. Si sentiva orribile per averlo
pensato,
e tuttavia non riusciva a smettere di pensarlo: era l’ultima
occasione e Draco era
inerme sotto le sue mani. Era evidentemente un pervertito a immaginare
di
allungare le mani sopra un ragazzo indifeso (termine che in condizioni
normali
non si poteva certo accostare a Draco Malfoy). -Che devo fare?-, chiese
perché
qualcuno gli spiegasse come affrontare il viso rilassato di Draco senza
desiderare baciarlo.
Luna, l’ultima della fila, tornò indietro e gli
sfiorò una
guancia con il dorso della mano.
-Io credo che tu abbia già la risposta, quella vera, se solo
saprai guardare nel posto giusto -, sussurrò convinta e
incoraggiante,
annuendo.
Dopo di che, uscì saltellando e si chiuse la porta alle
spalle.
-Merda, Luna, io ignoro persino la domanda, quella vera…-
Ma la stanza era silenziosa e nessuno rispose.
Draco dormiva, grazie alla pozione somministrata da Blaise:
se avesse riposato, si sarebbe ripreso prima dalla tremenda capocciata
che
aveva battuto.
Harry non credeva che avesse picchiato poi così forte, ma
era abituato a sentirsi in colpa per tutti i casini che succedevano
alle persone
a lui care… Sapeva di essersi affezionato a quel biondino,
da quando lo aveva
visto piangere di frustrazione e rabbia appeso a una guglia;
affezionato in una
maniera contorta e burrascosa. Già prima della
metà del sesto anno aveva
iniziato a guardarlo con interesse e non si era fatto troppe illusioni
sul
perché i suoi boxer diventassero improvvisamente stretti se
nelle vicinanze
c’era Malfoy: Draco Malfoy che si sporgeva al di sopra della
sua spalla soffiandogli
in un orecchio e non appena Harry si voltava, confuso e distratto,
lanciava una
radice di Campanula Assassina nella sua Pozione Deturpante e gliela
faceva
esplodere; Draco Malfoy che lo aspettava alla fine della lezione di
Astronomia,
gli si avvicinava conturbante… Lo spingeva dentro una
rimessa per le scope… E ce
lo chiudeva dentro! Draco Malfoy che trangugiava lecca-lecca giganti a
tutte le
ore con lussuriosa applicazione e quando Harry si trovava a passare
nelle vicinanze
faceva uscire lentamente il lecca-lecca dalla bocca,
lascivo… E glielo tirava contro!
Draco Malfoy era uno stronzo!
E allora perché Harry Potter gli stava accarezzando i
capelli, scostandoglieli dal viso pallido?
Perché si stava abbassando a baciarlo?
Perché era smanioso di strofinare il suo naso contro quella
pelle diafana, là, dove la giugulare batteva velocemente?
Velocemente???
Merda! Era sveglio! Maledette le pozioni inefficaci di Blaise!
-Cosa
è che stai facendo di preciso al mio collo?-,
domandò una voce strascicata.
-Ti trovo bene, Malfoy-, esordì Harry controvoglia,
tirandosi su. Non avrebbe negato, ma non avrebbe neanche risposto.
-Non essere parco di parole, Potter: io sono me-ra-vi-glio-so!
A dispetto dei tuoi interventi di rovinare la mia immagine-,
ribatté arrogante
Draco. -Cosa che in tutta onestà non si può dire
di te-.
-Benissimo-, replicò acidamente il Grifondoro. -Se riesci a
stronzeggiare, vuol dire che stai alla grande-, aggiunse girando il
culo per
andare al suo letto.
-Ehi, dove vai? Non mi assisti?-, chiese il biondo con
un’impercettibile
nota sconsolata nella voce. Nota che Harry evidentemente non colse.
-No-.
-Harry!-
-Senti, Draco-, proruppe il moro voltandogli le spalle, non
rilevando l’uso del suo nome, ma reagendo comunque in maniera
inconscia. -Sono
stufo marcio di essere preso in giro. Voglio andare a dormire e
considerare
questa vacanza solo come un sogno. Tu stai bene, il nostro stracazzo di
contratto è terminato, nessuno ti obbliga a starmi accanto;
domani mattina ce
ne andiamo via da qui, ognuno se ne torna a casa propria e chi si
è visto si è
visto: ci rincontriamo a settembre a Hogwarts per il settimo anno se
Voldemort
non mi ha ammazzato prima-.
-Harry…-
Il moro si maledisse perché sapeva che quel tono di
richiesta
lo avrebbe fermato, lo avrebbe fatto girare. Lo avrebbe fatto tornare
indietro.
Tornò indietro.
Appoggiò le ginocchia al materasso, passandosi le dita nella
frangia, scompigliandosela ulteriormente. Quando parlò, gli
uscì una voce
demoralizzata.
-È una dichiarazione che vuoi, Draco? Vuoi essere il
vincitore
di questa assurda nostra competizione su chi la darà vinta
all’altro? Vuoi che
mi sputtani? Ok. Mi piaci, mi piaci da così tanto tempo che
neanche me lo
ricordo quando ho iniziato a fantasticare su di te e poi su di te e su
di me
insieme. Contento?-
Fece di nuovo per andarsene.
-Harry…-
-Draco, per Morgana e le sue gonne, vuoi lasciarmi in pace?-,
chiese, sull’orlo dell’esasperazione. -Hai vinto,
vuoi che vada a dichiararlo alla
Gazzetta del Profeta? Vuoi che ti consegni la mia bacchetta? Vuoi
portarmi
legato da Voldemort? Vuoi…-
Il Serpeverde non fece assolutamente caso al tono iroso
dell’altro, ne ignorò lo sproloquio.
-Harry, qual è la domanda, quella vera?-
Il Grifondoro oramai era molto al di là della sua soglia di
rassegnazione:
considerò che, sputtanato come si era mezzo minuto prima,
tanto valeva seppellirsi
del tutto e dare a Draco materiale buono per sfotterlo fino ai
cinquanta anni
davanti all’intero Mondo Magico.
Draco aspettava, sperando che quella domanda fosse la risposta
ai suoi pensieri del pomeriggio.
-Mi chiedevo se anche io ti piaccio-.
Trattenne il fiato. In attesa della risata.
E Draco scansò il lenzuolo, rivelando di essere quasi del
tutto
nudo.
Perché Blaise lo aveva spogliato prima di metterlo a letto?
Quei Serpeverde non ci sapevano davvero fare con le Arti Curative.
Aveva visto Draco già abbondantemente discinto, ma
c’era
qualcosa di nuovo nella sua postura… Qualcosa di invitante,
qualcosa… una sorta
di senso di anticipazione. Un invito.
A Harry venne una sincope. Non riuscì a dire niente, o
pensare
niente, a fare nessun movimento, neanche quelli spontanei come
respirare o far
battere il cuore o le palpebre. Le sinapsi improvvisarono qualche salto
mortale
per cavarsi d’impaccio, inciamparono negli assoni e morirono
lì soffocate. Elettroencefalogramma
piatto: l’utente da lei contattato non ha al momento
attività cerebrale, si prega
di riprovare più tardi.
-Che ne dici-, chiese il biondo, totalmente privo di
sarcasmo, -di venire qui a trovare la risposta, quella vera?-
Poi fece un timido e vulnerabile accenno di sorriso,
inclinando la testa di lato: la luce di una delle candele
giocò a baluginare
sulle sue ciglia chiarissime e quel particolare preciso
riavviò il cervello del
Grifondoro, che recuperò il suo proverbiale coraggio, le sue
proverbiali tempra
e determinazione: attraversò veloce i pochi passi che lo
separavano dal Serpeverde,
gli prese saldamente il volto tra le mani e senza una briciola di
esitazione
cominciò a baciarlo come se lo avesse fatto da sempre.
Ignorava se la risposta si trovasse nelle mutande di Draco…
Ma forse si poteva di certo fare un tentativo.
Harry venne a sua volta, gemendo forte, in maniera
incontrollata. Venne tra le mani di Draco, che lo avevano accarezzato e
toccato
fino allo sfinimento, esattamente come lui aveva deliziato il corpo di
Draco. Harry
si era trovato a supplicare con voce tremante che Draco ponesse fine a
quel
delizioso supplizio e gli concedesse quell’orgasmo tanto
agognato: non se ne
vergognava neanche un po’. Poteva implorare senza vergogna
sotto le mani e le
labbra di Draco.
Il quale, gli diede il tempo di riprendere fiato, dopo di
che li pulì entrambi e puntellandosi su un gomito gli pose
un bacio leggero a
fior di labbra, di quelli che ci si scambia quando ormai si ha
confidenza con
il corpo dell’altro, e indicò con un cenno della
testa la porta: lì dietro, un
po’ distante in realtà, si sentivano urla di
giubilo e bottiglie stappate. Evidentemente
i rumori delle loro, ehm, attività ricreative erano arrivati
ben oltre la loro
camera. Harry sperava solo che non ci fossero di mezzo le Orecchie
Oblunghe dei
gemelli Weasley.
-Li senti, quei cretini?-
Ma Harry era in pace con il mondo e bendisposto verso tutti,
in particolare con i loro amici che avevano organizzato tutto quel
casino per
farli finire insieme.
-Lasciali festeggiare-.
-Che avranno da fare tutto questo casino, poi?-
-Questo-, rispose Harry attirandoselo vicino per riprendere
a baciarlo.
Dopo poco, la foga era tornata a scorrere in entrambi: nuovi
intrecci gambe e braccia, ancora pelle da assaporare, ancora odori,
sapori,
sospiri, altre parti del corpo desiderose di essere esplorate, e
vezzeggiate, e
compiaciute.
-Dio… Harry… sì…-,
mugolò Draco.
“In fin
dei conti”,
si trovò a riflettere Harry prima che la
razionalità lo abbandonasse, travolta e
annullata da quel concentrato di sensualità che il biondo
era, “pareva proprio
che la risposta si trovasse nelle mutande di Draco”.
(*)
Definizione presa
da http://www.potterpedia.it/?v=Aingingein#ixzz5qLyXRqML:
in Irlanda fiorì il
gioco dell'Aingingein, soggetto di tante ballate irlandesi (si dice che
il leggendario
mago Fingal il Focoso fosse il campione di Aingingein).
A uno a uno i giocatori
prendevano il Dom, o palla (si trattava della cistifellea di una
capra), e
sfrecciavano attraverso una serie di botti incendiate disposte in alto
su pali.
Il Dom doveva essere scagliato attraverso l'ultima botte. Il giocatore
che
riusciva a far passare il Dom attraverso l'ultima botte nel minor tempo
possibile, senza bruciare vivo lungo il percorso, era il vincitore.
Bene, siamo davvero agli sgoccioli.
Inizialmente la storia doveva concludersi così,
senza
troppe pretese. Però pare che non riesca proprio a lasciarla
così, quindi
probabilmente aggiungerò un capitolo che tiri un
po’ le somme, magari con una
scena più piccante… Che ne dite?
Sto anche continuando a lavorare su
“L’Ottavo Anno”, purtroppo
in maniera alquanto discontinua, perché entrare nel mood
giusto per quella
storia è un pochino più complicato.
|
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Capitolo 11 *** la risposta ***
Questo
capitolo è sia una conclusione alla storia che uno spiraglio
per un eventuale
seguito: non credo che lo scriverò, perché non ho
molta voglia di impelagarmi
nella Seconda Guerra e sostanzialmente riscriverla. Però
volevo dare
un’apertura all’immaginazione e soprattutto sentivo
il bisogno di un capitolo
più maturo a conclusione di quella che ho sempre dichiarato
essere una storia
senza pretese.
Se
volete adattarci un ulteriore finale, potete pensare alla one-shot
“Il
discorso… Quel discorso” (anche se forse qualche
particolare non collimerà).
Vi
ricordo che il sesto anno trascorso da Harry differisce del tutto da
quello
canonico (niente Horcrux, niente Silente morto, niente orribile anno di
Draco),
come pure il fatto che Lucius non sia stato incarcerato.
Musica
di accompagnamento:
https://www.youtube.com/watch?v=FykoPDeZd4k
Buona
lettura, Puffole Pigmee!
Harry
si girò nel letto sfatto della sua stanza a Grimmauld Place,
dove si era
trasferito il giorno stesso del suo diciassettesimo compleanno, appena
raggiunta la maggiore età secondo il Mondo Magico:
già da prima della fine
della scuola la famiglia Weasley gli aveva dato una mano a ripulirlo e
renderlo
più accogliente e meno tetro; rispetto
all’atmosfera del quinto anno era stato
molto più divertente, anche se altrettanto faticoso.
Dobby
si era stabilito lì in pianta stabile: nonostante oramai
fosse un elfo libero
aveva insistito per stare accanto a Harry Potter e la cosa si era
rivelata una
benedizione, soprattutto perché teneva d’occhio
Kreacher, il quale si era
piegato veramente controvoglia a servire Harry Potter. Dopo i tragici
fatti del
quinto anno Harry tentava di interagirci il meno possibile, ma non
poteva
liberarsene o la cosa avrebbe avuto risvolti davvero drammatici.
Dobby
era stato seguito a ruota da Winky, come se il ragazzo fosse una
calamita per
elfi domestici. A quel punto Harry, un ragazzo adolescente con ben tre
elfi al
suo servizio, di cui due liberi, aveva semplicemente deciso di
ammassare molti
dei cimeli della famiglia Black in una parte del sottotetto e aveva
dato a
Kreacher il permesso di vivere lì: lo aveva vincolato con
ordini tali che la
creatura a malapena poteva uscire dalla stanza; cosa che del resto non
avrebbe
neanche voluto fare, soprattutto da quando i tre elfi erano riusciti a
staccare
il ritratto di Walpurga Black e Kreacher se l’era portato nel
suo covo: passava
giornate a coltivare livore insieme al dipinto; anche se sembrava che
l’arrivo
di Winky lo avesse ammorbidito e spinto a una riottosa collaborazione:
Harry si
rifiutava di pensare alle ipotesi di intrallazzi romantici tra gli elfi
domestici, che Merlino gli risparmiasse certe immagini mentali!
Silente
aveva organizzato un modo per raggiungere l’abitazione
abbastanza sicuro: dato
che il Preside era ancora il Custode dell’Incanto Fidelius
posto a protezione
dell’avita dimora dei Black, solo in pochi potevano accedere
e nello specifico
aveva arrangiato un punto di Materializzazione sugli scalini esterni,
al riparo
da sguardi indiscreti di Babbani e altri maghi; da lì
però nessuno poteva
procedere oltre se non inviando un Patronus ad annunciare la propria
presenza e
dietro autorizzazione di Harry stesso: anche se Grimmauld Place era il
quartier
generale dell’Ordine della Fenice, Harry poteva dunque godere
di una sicurezza
e di una privacy e intimità che mai prima di quel momento
aveva sperimentato.
Inoltre nessun Mangiamorte poteva produrre un Patronus e questa era una
discriminante basilare per la sicurezza del giovane. Aveva fornito a
Dobby una
lista di Patronus sicuri e conosciuti grazie ai quali anche
l’elfo poteva
aprire la porta di casa.
Era
bello starsene da solo ed essere padrone di andare e venire a ogni
orario dalla
cucina per mangiare, girare in mutande per le stanze, indugiare a lungo
nella
vasca e utilizzare l’acqua calda a volontà senza
le violente reprimende di zio
Vernon e zia Petunia.
La
sera, con fare casuale ma non troppo, almeno uno dei membri
dell’Ordine della
Fenice si faceva vivo per un controllo: a volte Remus e Tonks si
fermavano a
cena; Silente, Kingsley o Moody passavano per un po’ di
allenamento (Harry
aveva imparato di più con loro tre in poco tempo su
Incantesimi e Difesa contro
le Arti Oscure che in anni di scuola, anche se dalle sessioni con Moody
usciva
di solito piuttosto acciaccato); i signori Weasley portavano qualcosa
da
mangiare che a Harry bastava per quattro o cinque giorni.
Ci
era voluto di più perché Piton si facesse vivo:
Harry ne avrebbe fatto
volentieri a meno, ma Silente aveva praticamente obbligato sia lui che
il
Pozionista a riprendere le lezioni di Occlumanzia a cadenza quasi
quotidiana,
con sommo scontento di entrambi; il ragazzo pensava che semplicemente
Piton non
volesse avere niente a che fare con lui e con quel posto, ma
l’imbarazzante e
penosa verità era venuta a galla all’appuntamento
per la seconda lezione. La
prima volta Harry era stato avvisato dell’arrivo dei due
dalla fenice di
Silente, ma la successiva il Preside era arrivato da solo in anticipo e
aveva
dichiarato che avrebbero atteso insieme l’arrivo del
Professor Piton: il
luccichio degli intensi occhi azzurri dietro alle lenti degli occhiali
avrebbe
dovuto essere un indizio per Harry.
Qualcuno
più tardi aveva bussato con forza: Harry e Silente,
avvertiti da Dobby, si
erano apprestati alla porta e avevano udito Piton chiedere che lo
facessero
entrare; il ragazzo era rimasto scosso dalla voce del Pozionista, che
suonava
esasperata e demoralizzata, per cui si era mosso per aprire la porta di
ingresso.
Ma Silente lo aveva bloccato: il suo viso era una maschera di
determinazione,
ma la frase che aveva pronunciato era dolce.
-Severus,
il tuo Patronus: dobbiamo essere sicuri che sia davvero tu-.
Al
di là del battente il silenzio si era protratto per un tempo
tanto lungo da
indurre Harry a pensare che l’uomo se ne fosse andato. Poi
una cerva argentata
di indicibile bellezza e grazia aveva trottato attraverso il corridoio
di
Grimmauld Place, voltandosi a guardarli: Harry aveva avvertito una
stretta al
cuore che lo aveva paralizzato in contemplazione, per cui era stato
Silente
stesso ad aprire la porta e i due uomini si erano guardati:
infinitamente
compassionevole il più anziano, furente il più
giovane.
-Oh,
Severus, dopo tutto questo…-
-Taci-,
lo aveva interrotto sibilando Piton e passando risentito oltre lui e
Harry.
-Vieni,
Harry-, aveva sollecitato il Preside, con una voce che improvvisamente
lasciava
trasparire tutta la sua età, roca e smorzata. -Seguiamo il
Professor Piton; immagino
che per questa sera l’Occlumanzia possa aspettare:
è tempo che voi due vi
chiariate-.
Avevano
ritrovato Piton nel salotto a versarsi, in totale autonomia e con
metodica
ostinazione, generose dosi di Whisky Incendiario; Harry era stravolto:
aveva visto
il suo professore così scosso e alterato solo quando aveva
inappropriatamente
spiato i suoi ricordi nel Pensatoio al quinto anno.
-Severus…-,
lo chiamò con dolcezza Silente. -Per favore…
È davvero necessario che Harry
capisca, non si può attendere oltre-. Fece una pausa, ma
Piton continuò a
tracannare il liquore senza dar segno di averlo udito. -Potrebbe
succedere di
tutto, nel prossimo futuro; e, qualora io dovessi morire, tu saresti la
guida
migliore per Harry, perché sei la persona meglio informata
sulle mie strategie:
quindi è di vitale importanza che lui si fidi di te come mi
fido io e sappia
perché sono sicuro che non ci tradirai mai e che sarai
sempre dalla sua parte,
nonostante tutto-.
Harry
guardava stralunato i due, che adesso si fronteggiavano: il Preside
impietosito
e il Pozionista rabbioso e quasi allarmato, come una bestia messa
all’angolo;
tuttavia Silente doveva aver scorso qualcosa sul viso
dell’altro durante quel
confronto di sguardi, perché aveva addolcito la propria
espressione e si era
ritirato lasciandoli soli e chiudendosi la porta alle spalle.
Erano
seguite due ore di penosa, stentata conversazione e di sconvolgenti
riluttanti
confessioni, al termine delle quali Harry era emerso dal salone con gli
occhi
gonfi di pianto, intontito dalla verità, le proprie certezze
azzerate e la
sensazione di essere davvero un piccolo pesce in un grande mare di
eventi.
Il
crudele professore di Pozioni innamorato per tutto quel tempo di sua
madre
aveva cambiato fazione per rimediare ai propri peccati accettando di
fare la
spia per i buoni e proteggendolo dal peggio?
Il
cielo di sicuro sarebbe crollato.
Il
giovane non aveva salutato nessuno dei due uomini e si era diretto
incespicando
verso il suo letto, sul quale si era lasciato cadere continuando a
piangere
fino ad addormentarsi.
Al
suo risveglio, ore dopo, né silente né Piton
erano presenti in casa.
Aveva
rivisto il Pozionista il giorno seguente, con grande imbarazzo e tesa
circospezione
da entrambe le parti.
Non
molto era cambiato nei loro rapporti: Harry era comunque insofferente e
Piton
comunque astioso.
Ma
adesso Harry si fidava dell’insegnante e con il procedere
degli incontri Piton
appariva comunque lievemente più collaborativo e meno
vendicativo nei confronti
del ragazzo, il quale era fermamente intenzionato a dimostrare di non
essere
Sirius o il proprio padre: Silente gli aveva ricordato che Piton poteva
essere
un ottimo alleato e Harry era intenzionato a ricavarne il meglio
possibile, a
prescindere da quanto lo trovasse sgradevole e odioso, dal momento che
aveva
appreso la lezione “stare dalla parte dei buoni non vuol dire
essere buono”.
Forse
fu per questo spiraglio di apertura che Piton a un certo punto si
offrì di
aiutarlo anche con l’attività di duellante e Harry
scoprì definizioni del tutto
nuove di “impegno” e
“assiduità”: le lezioni con Piton,
quotidiane e a sera
inoltrata, avevano sostituito gli incontri con Moody e Kingsley: lo
lasciavano
stremato e frustrato perché sembrava che non fosse mai
abbastanza bravo per gli
standard del Pozionista; tuttavia stava imparando ad applicare
l’Occlumanzia
anche mentre duellava e il vantaggio della cosa era di non poco conto.
Non
sarebbe mai stato un buon Occlumante, ma aumentava la sua
concentrazione e di
conseguenza i suoi riflessi.
Era
reduce da una lezione di tale tipo proprio quella sera del trentuno di
agosto:
Piton aveva voluto un ultimo allenamento prima che si tornasse a
Hogwarts, perché
negli ultimi giorni gli aveva insegnato alcuni incantesimi che forse
Silente
non avrebbe del tutto approvato, per cui era stato meglio apprenderli
al di
fuori del suolo scolastico.
Il
giorno dopo Harry sarebbe montato sul treno diretto a Hogwarts con la
sua
indipendenza economica e giuridica, con una nuova sicurezza nelle sue
capacità
magiche, con nuovi alleati e nuovi amici, con vecchi alleati e vecchi
amici
ancora più fidati; protetto dagli adulti ma anche parte del
mondo degli adulti.
Insomma,
considerando che ci si avviava verso una guerra che sarebbe potuta
scoppiare in
qualsiasi momento e che lo avrebbe visto in prima linea a rischiare la
pelle,
stava andando tutto bene: se lo ripeté con convinzione
continuando a girarsi
nel letto.
Cioè,
stava andando quasi tutto bene.
Non
sentiva Draco da un mese; il biondo gli aveva scritto per il compleanno
di
Harry, inviandogli addirittura un regalo: un globo di vetro in cui
volavano due
figurine sulle scope. A ben guardare, le figurine erano loro due e il
paesaggio
circostante era quello in cui avevano volato nella tenuta di Blaise. Il
biglietto di accompagnamento era scherzosamente formale, ma erano state
le
ultime parole a far trattenere il respiro di Harry: “a
presto”. Il pacchetto
era arrivato a Privet Drive appena scattata la mezzanotte, prima che
lui si
trasferisse: il Grifondoro si era commosso in maniera quasi ridicola
che i
primi auguri ricevuti fossero quelli di Draco.
Nonostante
quella rassicurazione, dalla fine di luglio Harry non aveva avuto
più notizie
di Draco: le lettere che si era arrischiato a inviargli tramite Edvige
erano
tornate indietro con Edvige stessa; cosa molto strana, visto che la sua
civetta
riusciva sempre a trovare il destinatario. L’unica notizia
che aveva ricavato
dall’ultima missiva era che Draco avrebbe raggiunto i suoi
genitori per una
breve vacanza: non sapeva dove né quando e lo ignoravano
pure Blaise e Pansy;
nessuno di loro aveva più ricevuto niente e le ipotesi si
erano sprecate senza alcuna
conferma di alcun tipo.
Voldemort,
insieme al suo corteo di fedelissimi, era ancora il grande assente
dalla scena
e non si poteva sapere se la famiglia Malfoy fosse con lui, di propria
volontà
o meno.
Piton,
dietro un’accorata supplica di Harry, si era recato al Malfoy
Manor e aveva
dichiarato che risultava impenetrabile e apparentemente disabitato.
Inizialmente
Harry era stato triste, perché pensava di essere stato
scaricato prima ancora
che tra loro due potesse esserci qualcosa di concreto; poi si era
arrabbiato e
adesso era semplicemente preoccupato da morire. E insieme alla
preoccupazione
si era reso conto che voleva Draco accanto a sé in maniera
stabile e duratura:
forse non sarebbe stato un per sempre, ma voleva provarci. Sentiva di
meritarselo,
percepiva che in una qualche oscura maniera avrebbe fatto la
differenza. Avrebbero
litigato e si sarebbero scontrati su un sacco di cose… Ma
per Merlino, lo
voleva con sé, se ne era conto quando si era sorpreso a
sentire la mancanza dei
lati più terribili del carattere di
quell’aristocratico principino.
Ricordava
ancora come si erano salutati al rientro di quel fine settimana a casa
di
Blaise, dopo una notte di tenerezze e passione in cui aveva scorto uno
scampolo
di quel che sarebbe potuto essere: Draco lo aveva trascinato in un
angolo buio
del Paiolo Magico, dove tutti si erano fermati per un ultimo pranzo
insieme, e
lo aveva baciato a lungo con una foga quasi disperata, graffiandolo con
i denti
nel tentativo di avere più accesso possibile alla bocca di
Harry; quando si
erano separati, con il fiato corto e le labbra tumefatte, Draco aveva
appoggiato la propria fronte contro quella di Harry e aveva chiuso gli
occhi,
come sopraffatto da qualcosa.
-Promettimi
di darmi…-, aveva cominciato a dire, ma poi era corso senza
aggiungere niente
fuori dal locale.
Harry
aveva ondeggiato, destabilizzato dall’improvvisa mancanza del
ragazzo tra le
sue braccia e lo aveva inseguito sulla strada di Diagon Alley, ma il
biondo era
sparito dalla vista.
Ricordava
anche di aver mormorato la risposta.
-Quello
che vuoi, Draco, ti darei tutto quello che vuoi, lo prometto-.
Si
era rifiutato di pensare che fosse finita lì.
Ma
adesso, dopo un mese, cominciava a credere di essersi sbagliato.
Si
svegliò di soprassalto, il che voleva dire che alla fine era
riuscito a prender
sonno, mentre qualcuno bussava alla porta della camera. Non appena
disse
“avanti”, Dobby si precipitò in stanza
trafelato.
-Harry
Potter, signore, c’è di sotto un Patronus che
Dobby non ha mai visto, signore!-,
esclamo vivace l’elfo domestico. -No, no, Dobby è
sicuro di non aver mai visto
questo Patronus, così non ha aperto e non ha fatto entrare
nessuno!-
Dobby
prendeva davvero molto sul serio il suo ruolo di guardiano di Grimmauld
Place e
Harry confidava che la magia della creatura potesse tenerlo al sicuro
tanto
quanto quella di un Auror.
Harry
fu incuriosito e anche un pochino allarmato: conosceva le forme di
tutti i
Patronus dell’Ordine e di alcuni Auror che sapevano come
raggiungere Grimmauld
Place 12, per cui si trattava di un estraneo. Come aveva fatto a
scoprire
l’ubicazione della casa? Non ne erano al corrente neanche
Blaise e Pansy, di
cui oramai si fidava… Certo, non si poteva trattare di un
Mangiamorte, ma non
voleva dire che non potesse essere qualcuno con cattive intenzioni.
Quindi
Harry scese rapidamente le scale e si diresse verso la porta di
ingresso, la
bacchetta pronta in mano e tutti i sensi all’erta; Dobby lo
guidò in cucina,
dove il ragazzo poté vedere con i propri occhi un grande e
maestoso airone
argentato che volava pigramente in cerchio, sbattendo le ali con grazia.
No,
era certo di non aver mai visto in vita sua quel Patronus: stava per
dire a
Dobby di ignorare la chiamata, quando…
-Potter,
sbrigati ad aprirmi, piove e mi si stanno infradiciando le palle qui
fuori!-,
sbottò una voce perentoria e strascicata fuori dal bel
Patronus elegante.
Harry
avrebbe riconosciuto quella voce tra miliardi e si precipitò
a spalancare la
porta di entrata, dimentico di ogni sorta di prudenza.
Per
fortuna non era una trappola e sugli scalini c’era solo
Draco: bagnato come un
pulcino, con i capelli lievemente scuriti dalla pioggia appiccicati ai
lati del
viso e un’espressione scontenta sul viso che gli imbronciava
deliziosamente le
labbra.
Harry
non riuscì a spiccicare parola e non aspettò che
l’altro profferisse verbo: lo
trascinò dentro casa e se lo tirò addosso, troppo
felice e rincuorato di
vederlo sano e salvo, anche se inzuppato e infreddolito. Lo
abbracciò stretto
perché la presenza di Draco diventasse reale contro la sua
pelle e nella sua
testa e si decise a lasciarlo andare solo quando Draco
parlò, lievemente
imbarazzato e irrigidito nella stretta.
-Ti
stai bagnando tutto anche tu…-, mormorò
timidamente.
Non
era esattamente la frase che Harry si era aspettato, ma non importava.
Harry
lo scostò, per guardarlo negli occhi, facendogli un sorriso
che lasciava
trapelare tutto il suo sollievo e il suo affetto. Avrebbe voluto
gridare ai
quattro venti quanto fosse felice di averlo lì, quanto gli
era mancato e quanto
lo aveva pensato, quanto era stato in pensiero e come tutto si fosse
ridicolmente ridimensionato di fronte ai suoi occhi grigi che lo
guardavano
incerti. Avrebbe voluto chiedergli dove era stato e cosa aveva fatto e
come mai
era tornato e come aveva trovato quel posto. Avrebbe anche voluto
chiedergli
come mai era proprio lì da Harry.
Ma
nessuna di queste frasi uscì fuori, bloccate nella gola di
Harry
dall’atteggiamento distante dell’altro.
Era
passato poco più di un mese da quando si erano salutati con
un vaghissimo e
indefinito proponimento di portare avanti il loro rapporto in una
qualche forma
non meglio specificata, eppure all’improvviso appariva
difficile riallacciare i
fili, riprendere la trama da dove si era interrotta.
Proprio
quando Harry desiderava stringere quei fili e quella trama come mai
prima
d’ora.
Draco
era davanti a lui, incerto e remoto.
-Vieni-,
fu l’unico commento ad alta voce, pieno di premura e
tenerezza. -Facciamo
qualcosa per i tuoi capelli e per il tuo vestito-.
Lo
scortò personalmente fino al bagno degli ospiti, lo fece
sedere su una piccola
panca e cominciò a far scorrere l’acqua calda per
riempire la vasca; arrivò
Dobby portando alcuni asciugamani, alzando in sfida il mento fiero di
fronte al
rampollo Malfoy, ma Draco si limitò a fargli un cenno di
ringraziamento senza
ulteriori commenti; dopodiché il Serpeverde se ne stette
appollaiato sulla
panca in silenzio e lievemente a disagio, guardandosi intorno: sembrava
spaesato e incerto sul restare lì o meno.
Quando
tutto fu pronto Harry accennò a ritirarsi per una sorta di
strano pudore
indotto dal comportamento dell’altro, ma Draco gli chiese di
rimanere lì: prese
a spogliarsi senza malizia e con un po’ di impaccio, mentre
Harry divorava
avidamente con gli occhi ogni nuova porzione di pelle lasciata allo
scoperto
senza però muovere un muscolo, inchiodato dalla palese
reticenza di Draco, il
quale si immerse nell’acqua calda, appoggiò la
nuca contro la ceramica della vasca
e chiuse gli occhi.
-Cielo,
dopo tutto il giorno che cammino per le strade di Londra starsene qui a
mollo
equivale alla beatitudine. Potter, non hai niente da dirmi?-,
domandò il biondo
aprendo un occhio per guardare l’altro in tralice.
Harry
avrebbe voluto dirgli molto, e ancora di più avrebbe voluto
fargli: ma
avvertiva una sorta di distanza fra loro due, un qualcosa che poteva
essere
risolto o saltando nella vasca e baciandolo di forza o recuperando il
tempo
perduto in un’altra maniera.
Durante
la lunga assenza di Draco si era ripromesso che avrebbe fatto le cose
in modo
diverso se lo avesse riavuto accanto: che avrebbe fatto sul serio, che
avrebbe
dimostrato all’altro che ne valeva la pena e che non era solo
una cotta o un
mero impeto ormonale: perché ci aveva riflettuto su a lungo
e si era
assolutamente convinto di voler accanto Draco per qualcosa di
più di una
storiella. Era così tanto tipico di lui, gettarsi nelle
situazioni a capofitto
credendoci fino in fondo. Ma non sapeva ancora come la pensasse Draco a
riguardo e preferiva evitare la domanda diretta fino a che
l’altro appariva
così teso e guardingo.
Quindi
si avvicinò alla vasca e, presa una bottiglia di shampoo, ne
versò una buona
dose sui capelli bagnati di Draco, iniziando a massaggiare in silenzio:
aveva
agito senza pensare ma fu ripagato da un sospiro di approvazione e
dalla
tensione che si allentava un minimo nella postura del biondo. Era
comunque un
piccolo passo per diminuire la distanza, andava bene.
Continuò per un
considerevole lasso di tempo, fino a che le mani furono piene di
schiuma
soffice e vaporosa e Draco apparve più rilassato.
-Come
mai hai girovagato per Londra sotto la pioggia?-, chiese in maniera
casuale.
Entrambi
sapevano che l’uso della magia evitata certi inconvenienti
come bagnarsi per
via del maltempo o muoversi a piedi: Draco Malfoy che non ricorreva
alla magia
era quanto meno inusuale.
-Non
sapevo se ero seguito e non volevo rischiare che l’uso di
incantesimi mi
facesse identificare e li portasse fino a te-, spiegò senza
la necessità di
chiarire quel “li”.
Harry
ne fu oltremodo incuriosito, ma aspettò pazientemente che
l’altro continuasse
di propria volontà.
Draco,
dopo un paio di profondi sospiri riprese a parlare e decise finalmente
di
partire da capo con la storia.
-La
lettera che mi ho ricevuto mentre ci trovavamo da Blaise era da parte
di mia
madre: ha reputato saggio che lei e mio padre rivedessero le loro
posizioni
riguardo ai rischi di seguire l’Oscuro Signore. Non conosco i
dettagli di come
lo abbia convinto che non sarebbe stato giudizioso rispondere alla
chiamata per
prendere parte al prossimo conflitto; del resto, non sarebbe neanche
stato
possibile porre un rifiuto senza patirne le… Ehm…
Conseguenze-.
Harry
reputò che “conseguenze” fosse un
termine alquanto edulcorato e pure che il
padre di Draco si fosse già abbastanza lasciato coinvolgere
in atti turpi, ma
non commentò ad alta voce e lo lasciò proseguire
nel racconto: non sapeva di
cosa Draco fosse a conoscenza su Lucius Malfoy.
-Di
sicuro mia madre ha pianificato da lungo tempo la nostra fuga,
perché nella
lettera erano contenute istruzioni precise. Loro erano partiti giorni
prima con
la scusa di una sorta di nuovo viaggio di nozze: la cosa non era
insolita e non
avrebbe destato nessun tipo di sospetto nella comunità
magica. Mi ha comunicato
che la mattina del trentuno di luglio li avrei raggiunti. Non me lo
stava né
chiedendo né domandando: semplicemente me ne metteva al
corrente come un dato
di fatto. Quell’ultimo pomeriggio che abbiamo trascorso da
Blaise, ho
riflettuto su molte cose, compreso il fatto che se i miei genitori
avevano
abbandonato la loro posizione, forse non era una posizione che meritava
di
essere mantenuta. Prima di allora avevo avuto fiducia nel fatto che
loro
credessero fermamente nella loro ideologia, ma…
Cioè, li capisco: rischiare la
vita per consegnare il potere a Tu-Sai-Chi non è la loro
priorità; allora mi è
capitato di dubitare che dovesse essere la mia. Forse ti piace
immaginare che fossi
pronto a dirle che in quanto maggiorenne potevo decidere della mia vita
come
meglio ritenessi, ma avevo comunque paura di farlo: ci sono abitudini
dure a
cambiare e essere il figlio di Lucius e Narcissa Malfoy è
una di quelle. Così
ho seguito le istruzioni di mia madre e sono partito con il pretesto di
raggiungerli. Abbiamo iniziato a girovagare per far perdere le nostre
tracce, tagliando
i ponti con tutti e smettendo di avere contatti i conoscenti: non
stavamo mai
molto in un luogo, con la copertura ancora del viaggio di piacere a
tappe. A
parte una vita sociale formale non abbiamo parenti che si preoccupino
per la
nostra assenza immotivata. Mi sarebbe piaciuto avvertire Blaise e
Pansy, ma non
mi è stato permesso-.
Harry
notò che lui non era stato nominato, ma si sforzò
di non farci caso.
-Fino
a che dopo pochi giorni siamo arrivati molto lontano, dove mia madre
conosceva
una comunità di maghi che ci ha definitivamente nascosto,
addirittura cambiando
le nostre identità. Ho vissuto lì con loro solo
qualche giorno prima di
rendermi conto che non ero soddisfatto di quella situazione.
Inizialmente mi
era sembrata un’ottima soluzione, ma vivendola ho capito che
non poteva durare,
almeno non per me. Così per la prima volta sono uscito dal
sentiero che i miei
genitori avevano tracciato per me; mia madre non è stata
molto contenta e si è
preoccupata tantissimo, ma mio padre mi ha inaspettatamente
incoraggiato:
suppongo lo abbia fatto perché pensa che in questa maniera
potrà tornare sui
propri passi cambiando le carte in tavola a giochi conclusi, usandomi
come
appiglio. Ma per la prima volta, ho agito senza pensare al bene della
famiglia,
sono tornato indietro, perché voglio essere Draco Malfoy e
nessun altro:
Purosangue residente in Inghilterra, con tutto quel che ne consegue. E
posso
esserlo solo in un modo: stando dalla parte del vincitore di questa
guerra. E-,
a quel punto Draco strinse per un breve momento le labbra, prima di
buttare
fuori di colpo la frase successiva, -sono convinto che questa guerra la
vincerai tu. Non è una questione di sentimentalismo e
fiducia nel trionfo del
bene: ne sono convinto a livello strategico-.
Draco
a quel punto aprì le palpebre guardando in su, verso Harry:
nei suoi occhi
grigi aleggiava una domanda: “vincerai tu, vero?”
Si
poteva rispondere una sola cosa.
-Certo
che vincerò io-, confermò con tutta la forza
della sua testardaggine e della
sua nuova sicurezza: si rese conto, mentre lo diceva, che ne era certo
sul
serio e fino in fondo. Avrebbe vinto e sarebbe tornato da vincitore tra
le
braccia di Draco e lì, finalmente, avrebbe piegato il capo
sulla sua spalla e
si sarebbe concesso la normalità.
Draco
annuì di rimando.
-Così
sono ho fatto ritorno. Ho contattato una persona che ha abilitato una
Passaporta che mi ha trasportato alle Isole Ebridi, tutto imbacuccato
per
essere il meno riconoscibile possibile; da lì ho volato con
una scopa presa a
noleggio e il noleggiatore ha lanciato su di me un Incantesimo di
Disillusione,
compreso nel prezzo. Sono atterrato fuori Londra. Le mie intenzioni
erano di
muovermi con i mezzi babbani, per quanto la cosa mi disturbasse:
nessuno
avrebbe mai sospettato che Draco Malfoy utilizzasse metodi di
spostamento non
magici. Ma non sono riuscito a capire come funzionano; allora ho
chiamato il
Nottetempo, perché per quello basta estrarre la bacchetta
senza lanciare
incantesimi: ho dato un nome falso e mi sono fatto portare in zone
diverse di
Londra babbana a più riprese e quando oggi sono stato sicuro
che nessuno mi
seguisse ho camminato fino a qui. Soltanto quando sono arrivato sugli
scalini
di casa tua mi sono arrischiato a lanciare l’Incanto
Patronus. Non usare la
magia è tremendo, ma non potevo rischiare che qualcuno mi
scoprisse: per quanto
ne so, potrebbero avermi messo addosso una sorta di Traccia Magica: non
voglio lanciare
incantesimi fino a che qualcuno di competente non mi avrà
controllato. Suppongo
che non stiano cercando proprio me per farmi del male, ma forse
vogliono
trovarmi per sapere che fine hanno fatto i miei genitori, quindi avrei
potuto
condurli a te indirettamente-, congetturò il ragazzo. Poi
abbandonò quel tono
pratico e narrativo per assumere una sfumatura di voce molto
più lamentosa. -Potter,
fare il Babbano è la cosa peggiore che io abbia fatto fino a
ora. E per di più
un Babbano povero. Non avevo neanche i soldi per comprarmi un ombrello.
Non
essere me fa schifo-.
Harry
era del parere che quello che Draco aveva fatto in quegli ultimi giorni
fosse
la cosa più coraggiosa della sua intera vita, considerato
quanto poco incline
fosse a non essere un capriccioso ragazzino, uscendo dai propri schemi
come mai
prima, tuttavia un altro pensiero lo distrasse.
-Ma
come facevi a sapere l’indirizzo? Come hai fatto a trovare la
porta e come
sapevi che dovevi evocare il tuo Patronus? Quando hai imparato a
evocare un
Patronus? E come facevi a sapere che la magia gettata sulla casa ti
avrebbe
coperto? E come hai fatto ad architettare tutto questo?-
Draco
si accigliò un momento, poi si sporse per aprire
l’acqua e iniziò a sciacquarsi
la testa, piegandola all’indietro. In un altro momento Harry
avrebbe dedicato
tutta la propria attenzione alla gola tesa, luccicante di goccioline di
acqua e
sapone, ma non era francamente il frangente adatto.
-La
sera prima del tuo compleanno ho ricevuto a palazzo una visita da parte
di una
persona che mai mi sarei aspettata di vedere nella mia stanza: sapevi
che le
fenici possono Materializzarsi anche dove la Materializzazione
è proibita?-
Harry
ricordò la fuga di Silente dal suo ufficio durante il quinto
anno: ma certo,
Silente.
-Il
Preside è venuto da te?-
Draco
annuì.
-Proprio
lui: abbiamo preso un tè insieme in camera mia, fatto
abbastanza insolito e
inquietante, dato che non pensavo di essere nei suoi pensieri e nei
suoi piani.
Si è scusato per essersi presentato senza aver avvertito, ma
supponeva di aver
dovuto accelerare un po’ i suoi programmi. Pareva sapere che
stessi partendo
per non tornare. Mi ha fatto un lungo discorso su cose…
Be’, non è importante
adesso. Mi ha posto alcune domande che per me non avevano molto senso.
Solo
alla fine mi ha chiesto se ero disposto a sottopormi al Veritaserum per
rispondere all’ultima questione, dopo di che mi avrebbe
fornito una scappatoia
se fossi voluto tornare indietro. Ha spiegato che gli dispiaceva usare
mezzi
tanto rudi, ma purtroppo scarseggiava il tempo per cui doveva
accelerare il
legame di fiducia nei miei confronti. Che avevo da perdere? Era chiaro
che non
voleva nuocermi in nessun modo, anzi, cercava di aiutarmi. In quel
momento non immaginavo
che avrei avuto dei ripensamenti, ma meglio lasciarsi una porta aperta.
Ho
bevuto il Veritaserum, ho risposto alla domanda. A quel punto mi ha
fornito le
istruzioni per prendere contatto con chi mi avrebbe fornito la
Passaporta e la
scopa, mi ha fornito l’indirizzo a cui ti avrei trovato e
come fare per essere
ricevuto, mi ha suggerito di esercitarmi con l’Incanto
Patronus. Mi ha
raccomandato di tornare solo se fossi stato veramente convinto e mentre
mi
salutava mi ha dato una piuma di Fanny spiegandomi come utilizzarla per
prendere accordi con il contatto per la Passaporta. Peccato che non mi
abbia
spiegato anche che senza l’uso della magia sarebbe stato
tutto complicato e
disgustoso e scomodo-.
-E
quale era la domanda?-, chiese Harry, in un’eco del dialogo
che avevano avuto a
casa di Blaise in Galles.
Draco
abbassò lo sguardo e si tese: pareva non voler rispondere.
-Andiamo-,
insistette il Grifondoro, -non può essere più
imbarazzante di quella che ti ho
fatto io poco tempo fa-.
-Invece
lo è-, ribatté Draco asciutto, strappando un
sospiro esasperato a Harry.
Draco
era lì dopo aver passato delle peripezie assolutamente fuori
dai suoi standard
di mago cresciuto nella bambagia, Silente si era fidato abbastanza di lui da rivelargli
l’ubicazione del luogo
dove Harry abitava… Cosa poteva contare se non gli
confessava una semplice domanda?
-Non
importa-, ammise il moro. -L’importante è che stai
bene-. “E che sei qui, anche
se non sembra che tu mi abbia pensato un gran che in questo
periodo”, aggiunse
tra sé. Avrebbe desiderato abbracciarlo e baciarlo, ma Draco
sembrava voler
mantenere le distanze e Harry non sapeva come comportarsi con quel
nuovo e
insolito Draco serio e per niente sprezzante, educato e
sottotono… Come aveva
fatto a cambiare così tanto in così poco tempo? E
cos’era quell’ombra che gli
aleggiava sul viso?
-Draco…
Per caso hai paura?-
Draco
sbuffò tirandosi a sedere nella vasca e occhieggiandolo con
risentimento.
-Potter,
mi sembra ovvio che io me la stia facendo sotto: sono lontano dalla mia
famiglia, non ho dove andare, al momento non ho uno status sociale, ho
con me
solo quei pochi soldi e vestiti che sono riuscito a infilare in valigia
prima
di ridurla, non ho certezze per il futuro, mi aspetta la partecipazione
in una
guerra in cui rischierò il culo e dipendo da te per la mia
protezione e per un
tetto sopra la testa! Inoltre domani dobbiamo andare a Hogwarts e io
non ho
libri e uniforme e attrezzature, perché non ho neanche
ricevuto la fottutissima
lettera! Anzi, in fin dei conti non so neanche se potrò
tornare a scuola!-,
buttò fuori tutto d’un fiato, la voce che
diventava sempre più stizzosa e
altera, ma anche tesa. -Non ho neanche pensato a cosa dire alla
comunità magica
per giustificare che non sono con i miei genitori e trovare un pretesto
plausibile per sostenere che non so dove siano! Inoltre non
è che io sia
tornato proprio per spirito altruistico, per rettitudine o per il Bene
Superiore! Potrò anche aver deciso di non stare dalla parte
di V… Di Vol… Di
lui, ma non è che io sia improvvisamente diventato amico dei
Babbani! Non so
come mi comporterò in questa nuova situazione e ho il
sospetto che fallirò alla
grande! Merlino, odio fallire! Pensavo di averci riflettuto sopra
abbastanza,
ma forse non ho davvero considerato tutto! Certo che ho paura! E non
voglio
essere considerato un vigliacco! Sei stupido o cosa, a farmi certe
domande?-
-Questo
è il Draco che conosco!-, sorrise di rimando Harry,
stranamente confortato
dalla vulnerabilità che strisciava sotto la pelle di Draco e
dalla sua reazione
spontanea: ricordò a sé stesso che stare dalla
parte dei buoni non significava
essere buono: ma era già qualcosa. -Avere paura è
normale, non vuol dire essere
un vigliacco: una volta Silente mi disse che il coraggio è
una dote che si
esercita (*). Dai, finisci di lavarti e poi ti
porto in cucina a
mangiare qualcosa, al resto penseremo dopo-, aggiunse con leggerezza,
tentando
di nascondere la felicità che si faceva strada nel suo
cuore, nell’aver
intravisto quel barlume del Draco a cui era abituato e forse anche un
barlume
di un altro Draco che sarebbe potuto essere.
Così
Draco si lavò e si asciugò e dai suoi abiti
fradici tirò fuori una valigia che
Harry riportò alle dimensioni normali: il biondo
tirò fuori un morbido completo
da camera con tanto di vestaglia.
Per
tutto il tempo Harry rimase in bilico tra il desiderio per
l’altro e il
riserbo: Draco non si vergognava a farsi vedere nudo, non era cosa a
cui si
faceva troppo caso se si era abituati ai dormitori di Hogwarts e agli
spogliatoi del Quidditch; ma dal suo atteggiamento emanava una sorta di
messaggio che dichiarava quanto il pensiero del sesso fosse lontano
dalla sua
mente.
Non
c’era imbarazzo tra di loro, ma neanche vera e propria
confidenza. Era un
frangente strano, per cui Harry non era preparato: si era augurato che
il corpo
di Draco avrebbe reagito alla sua presenza, lo aveva quasi dato per
scontato; però
evidentemente non era così.
Scesero
in silenzio le scale e stavano entrando in cucina quando il Patronus di
Silente
si fece vivo, con la voce dinamica e brillante che tanto bene
rispondeva al
carattere vivace del mago.
-Ah,
Draco mi fa piacere che tu sia qui! Mi sono permesso di procurarti il
necessario per il tuo ultimo anno scolastico, lo troverai al tuo arrivo
a
Hogwarts: purtroppo non potevamo rischiare che la tua lettera venisse
recapitata svelando la posizione attuale o quella in cui ti trovavi con
i tuoi
genitori, così ho provveduto personalmente alla lista di
attrezzature, libri e
uniformi. Domani mattina alle undici gli Auror Kingsley e Tonks, con
l’aggiunta
di Remus Lupin, verranno a prendervi per scortarvi direttamente al
castello:
abbiamo giudicato che sia meglio che non viaggiate con il treno. Vi
Materializzerete congiuntamente con loro direttamente entro i confini
del
castello in un luogo in cui avrò sospeso il divieto di
Materializzazione.
Harry, mio caro, Arthur avvertirà i tuoi amici. Arriverete
prima degli altri
studenti, così avremo tempo e modo di discutere di come
annunciare la presenza
di Draco a scuola senza mettere in pericolo i suoi genitori e di come
permettergli di non essere malvisto all’interno della scuola,
conservando la
sua autonomia economica e decisionale. Ho già qualcosa in
mente a riguardo. Vi
auguro una serena notte, ragazzi-, concluse soavemente il Patronus
prima di
scomparire.
-Ma
come diamine fa a sapere…-, cominciò Draco
perplesso.
-Lascia
perdere, fidati-, replicò Harry che aveva rinunciato a
scoprire il limite dei
poteri del Preside.
Draco
mangiò in silenzio e, nonostante i suoi modi educati, si
notava da lontano
quanta fame avesse. Quando alla fine fu sazio, la stanchezza
piombò su di lui
come una tonnellata di mattoni: già dagli ultimi bocconi di
dolce le palpebre
presero ad abbassarsi pesantemente.
Harry
avrebbe voluto godere ancora della sua compagnia sperando di poter
ridurre le
distanze tra loro due, ma non ebbe cuore di insistere e
pregò Winky di
scortarlo in una delle camere per gli ospiti: oramai era notte fonda e
avevano
davanti solo qualche ora di sonno ristoratore prima che la mattina
giungesse.
Il biondo seguì l’elfa quasi catatonico senza
neanche augurare la buona notte e
Harry solo allora si rese conto che avrebbe passato le prossime ore in
solitudine quando a pochi metri da lui c’era la persona che
bramava anima e
corpo sopra ogni altra. Intuiva di dover dare a Draco il tempo di
adattarsi a
quella nuova situazione, ma gli sembrava lo stesso di sprecare ogni
momento che
non gli stava accanto, adesso che lo aveva sotto il suo stesso tetto.
“Essere
un fottuto eroe che fa la cosa giusta non è per niente
divertente”, si disse
sdraiandosi sul letto.
Era
passata sì e no un’ora quando Harry, ancora
sveglio al buio, percepì un fruscio
sulla soglia e accese la lampada sul comodino.
-Certo
che per essere un Grifondoro manchi in maniera spettacolare
di
intraprendenza-, interloquì una voce, delusa. -Mi aspettavo
da te la famosa passione
focosa della Casa di Godric, sono rimasto ad attenderti in camera per
tutto
questo tempo e tu…-, Draco gesticolò nella sua
direzione, indicandolo come se
lo avesse sorpreso a compiere qualche atto deprecabile.
Harry
chiuse gli occhi e contò mentalmente fino a dieci per essere
sicuro di non
urlare contro a quel ragazzo incomprensibile. Riaprì le
palpebre.
-Draco-,
cominciò e si rese subito conto che quasi gli veniva da
ridere nello scorgere
il broncio dell’altro, -Vuoi per favore spiegarmi cosa mi
avrebbe potuto far
supporre che tu aspettassi una mia visita nel tuo
letto dopo che
da quando hai varcato la soglia di casa il tuo atteggiamento ha
praticamente
gridato “stammi lontano”?-
Draco
attraversò la stanza, si sedette sul bordo del letto e lo
guardò con sdegno e
sufficienza.
-Mi
pare chiaro, Potter-.
-Oh,
Dio, no, davvero, non è proprio per niente chiaro, razza di
folle lunatico!-
-Non
volevo che tu pensassi che stessi tentando di comprarmi la tua
protezione e le
tue risorse economiche con il sesso. Per Merlino, chiunque lo avrebbe
capito!-
Oh.
-Posso
assicurarti di no-, ribatté incredulo il moro, scuotendo il
capo allibito.
Draco
si rassettò il bordo della casacca del pigiama e assunse un
tono leggero e discorsivo.
-Comunque,
adesso le parole di Silente hanno risolto tutto. Mio padre si
è sempre
sbagliato su quel vecchietto allampanato: la sa davvero lunga. Silente
mi ha
garantito il ritorno a scuola, il mio benessere economico e protezione.
Non ti
devo più niente, quindi ora non ho nessun motivo di
rifiutare le tue avances
sessuali-.
Harry
perse il filo dei propri pensieri ed evidentemente ci mise troppo a
rispondere,
perché il viso del Serpeverde si offuscò.
-Avevi
promesso-, recriminò flebilmente. -Avevi promesso di darmi
un’opportunità, se
fossi tornato indietro-.
Oh,
di nuovo.
-Draco…
Ma tu… Tu… Ti rendi conto di essere scappato via
dal Paiolo Magico prima di
completare la frase?-
-Certo.
Sarebbe stato troppo umiliante da dire ad alta voce: mi pareva
implicito
nell’aver bussato alla tua porta. Ma devo essermi sbagliato-,
terminò secco
alzandosi dal letto e incamminandosi verso l’uscita della
stanza.
Harry
scattò fuori dal letto e lo bloccò parandoglisi
di fronte, esasperato ma
speranzoso.
-E
come avrei mai dovuto fare a capire tutto questo? Sei contorto, lo sai?-
Draco
si strinse nelle spalle.
-Quello
che ti pare, Harry, basta che adesso mi baci: penso
alla tua bocca da
più di un mese-, concluse con una nonchalance che
cancellò ogni riluttanza dal
cervello di Harry: lo afferrò per un polso e se lo
tirò addosso, possessivo e
del tutto intenzionato a fare in modo che continuasse a pensare alla
sua bocca
ancora per molto, moltissimo tempo ancora.
Hermione
gli aveva sempre detto che lui agiva prima di riflettere e che nei
rapporti di
coppia bisognava lasciar spazio alle parole: giusto, corretto,
cristallino.
Ma,
per la miseria, aveva diciassette anni e Draco gli aveva appena leccato
il
collo.
Avrebbero
parlato.
Dopo.
Draco
cacciò un risolino estasiato quando Harry gli percorse con i
polpastrelli
l’interno di una coscia: il Grifondoro trovava eccezionale
come l’altro
riuscisse a dismettere ogni alterigia e ad abbandonarsi al piacere;
nessuno dei
due era un consumato amante, ma Draco sembrava nato senza reticenza,
senza
capacità di scandalizzarsi e in compenso con una naturale
inclinazione per la
sensualità e, di quando in quando, quel pizzico di riserbo
che rendeva il tutto
solo più piccante.
Harry
si conosceva abbastanza per sapere di essere irruento e passionale, ma
Draco
era per lui ogni declinazione di come il sesso avrebbe dovuto essere.
Era
risultato difficile spogliarlo, perché le mani di Harry
continuavano a tremare
di aspettativa: non aveva poi tutta questa esperienza e il pensiero di
trovarsi
lì, con lui, che lui era tornato indietro… Draco
era solido tra le sue braccia,
una presenza concreta dopo tutte le fantasticherie del mese passato:
fantasticherie che non reggevano per niente il passo con le sensazioni
reali;
in quel preciso istante il biondo stava spingendo in avanti la bocca
nel bacio,
con l’evidente tentativo di cancellargli la
razionalità e l’autocontrollo a
colpi di lingua.
Erano
in piedi uno davanti all’altro, il pigiama di Draco un
mucchio sul pavimento:
l’unico tentativo di Harry di andarci piano era stato
mantenere i boxer di
entrambi al loro posto, il che rendeva le cose sia più
frustranti che più elettrizzanti,
come se l’attesa amplificasse le sensazioni. Girò
intorno al corpo di Draco,
circondandogli lo sterno con le braccia e trovandosi la nuca platinata
a
portata di bocca: azzardò un morso, leggero, e fu ripagato
da un lungo brivido
di Draco, che gli si schiacciò contro.
Harry
avvertì una scossa che gli partiva dall’inguine e
sembrava irradiarsi in tutto
il ventre.
-Più
forte-, ordinò il ragazzo, e quello sembrò essere
il segnale che il Grifondoro
attendeva. Morse un po’ più a fondo, mantenendo
una mano sullo sterno di Draco
per stringerselo contro e abbassando l’altra fino ad
accarezzarlo da sopra la
stoffa dei boxer: voleva che Draco implorasse per avere di
più, che chiamasse
il suo nome con quei toni sommessi che lo avevano eccitato da morire la
volta
passata; voleva che lo desiderasse abbastanza da non allontanarsi di
nuovo,
voleva…
“Mio”,
pensò truce e primitivo, graffiando il collo di Draco con i
denti,
artigliandogli il petto e appesantendo la frizione con
l’altra mano.
Quando
prima Draco si era concesso perché aveva dichiarato di non
dover più dipendere
da Harry, lui si era sentito… Deluso. Se
Draco fosse dipeso da lui per
protezione e sostentamento, Harry avrebbe provato maggior sicurezza sul
fatto
che non sarebbe andato via in futuro. Non si
sentiva per niente una
bella persona a pensare di intrappolare Draco, e la parte migliore di
lui era stata
sollevata di aver perso quell’arma. Ma… Harry si
strusciò contro quel corpo
candido: la parte peggiore di lui gli stava suggerendo di legarlo a
sé in tutti
i modi possibili; lo girò improvvisamente e lo spinse sul
letto, confuso da
quei pensieri animaleschi e gretti: lo avrebbe irretito, conquistato,
lo
avrebbe indotto a restare con lui, questo pensò agganciando
i pollici
all’elastico dei boxer di Draco e iniziando a sfilarglieli.
Non
aveva molta esperienza, Harry, e se si fosse fermato anche un solo
secondo
sarebbe forse caduto nell’incertezza: ma Draco
sollevò il bacino per essere
spogliato meglio e venne naturale posargli un bacio dove la luce della
lampada
gettava ombre, lì dove la pelle si incavava lievemente
appena accanto alla
sporgenza del bacino. Draco espirò in un soffio secco e
tronco, che rastrellò
fuori dalla sua gola un mugolio basso.
Harry
decise di voler ascoltare ancora e ancora quel suono e
continuò la sua
esplorazione con le labbra e la lingua, l’orecchio teso a
cogliere ogni variazione
del respiro di Draco. Seppe di essere sulla strada giusta quando Draco,
con il
fiato mozzo e spezzato, gemette balbettando il suo nome:
continuò a muoversi,
continuò a incatenare Draco con la propria bocca fino che
lui si tese e vibrò
per un lungo istante, prima di rilassarsi, appagato e ansante. Harry
aveva la
vista resa lucida da qualche lacrima e un gusto amaro in bocca, ma era
esaltato
come non mai e avvertiva una sorta di trionfo dentro al petto, una
sensazione
per lui difficilissima da spiegare e tuttavia non meno euforizzante. Si
lasciò
cadere accanto al corpo di Draco che recuperava l’aria a
pieni polmoni e che
iniziò ad accarezzarlo indolente su un fianco.
-Mi…
Serve un attimo…-
Harry
sorrise, passandogli un braccio sotto il collo e tirandoselo contro:
Draco era
morbido e caldo, e gli aderiva contro come se fosse liquido, sia nelle
curve
che sugli spigoli del corpo.
-Tutto
il tempo che vuoi-, gli disse teneramente.
Ed
era proprio quello che intendeva, nel suo significato più a
lungo termine.
Probabilmente
si erano entrambi
assopiti, perché dopo
un tempo indefinito Harry aprì gli occhi, svegliato da un
movimento sul
materasso, il suo corpo oramai non più in stato di
eccitazione. Ebbe un momento
di panico irrazionale al pensiero che Draco stesse tornando nella
propria
camera, ma il ragazzo gli si era invece rannicchiato di fianco, come un
felino
pronto a balzare sulla vittima: aveva assottigliato gli occhi in uno
sguardo
intento e predatorio.
Tuttavia,
quando parlò lo fece con un tono quasi dolce.
-Stai
bene senza occhiali-.
Sarebbe
stato impossibile che non se ne fosse accorto, ma Harry fu grato per
quel
complimento, anche se tardivo. Prima che però potesse
rispondere, Draco
continuò: e questa volta c’era una risonanza
diversa nella sua voce.
-Sono
contento che tu non ne abbia bisogno per guardarmi negli occhi mentre
faccio
questo-, aggiunse accarezzandogli una guancia con il dorso della mano,
tenendogli gli occhi imprigionati con quelle iridi glaciali. -O
questo-,
aggiunse portandosi una mano di Harry alla bocca e succhiandogli
l’indice.
Il
vellutato calore della lingua di Draco che gli spingeva
l’indice contro il
palato mentre succhiava mandò Harry letteralmente fuori di
testa: inghiottì
l’aria quasi in un sibilo e la trattenne un momento, mentre
Draco facendo perno
sulle ginocchia, gli si posizionava a cavallo delle cosce,
imprigionandogli le
gambe solo di un po’ aperte; Harry provò a tirarsi
su per dare e ricevere un
bacio, ma l’altro lo spinse contro il materasso con fermezza.
-Mio
il turno, mie le regole: resta sdraiato e continua a guardarmi. Negli
occhi-,
aggiunse malizioso quando lo sguardo di Harry virò verso il
pube biondo,
inaridendogli la bocca.
Le
mani di Draco erano agili e irrequiete mentre si intrufolavano sotto la
biancheria intima di Harry e sarebbe anche potuto sembrare un gioco se
non
fosse stato per quegli occhi tempestosi e seri che lo scrutavano: i
boxer
sparirono così in fretta da indurre Harry a pensare di
averli fatti evanescere
con uno scoppio di magia incontrollata. Avvertì
l’eccitazione tornare, una
serie di scariche che partivano da tutto il corpo per concentrarsi
sotto le
dita di Draco, che iniziò a toccarlo e fu da subito chiaro
che non sarebbe
stata una cosa veloce, ma sospirata e… Oddio, cosa aveva
appena fatto con la
punta del pollice?
-Non
chiudere gli occhi, non distoglierli, guarda solo me-.
Avrebbe
voluto dirgli che non avrebbe mai guardato nessun altro, che si era
sbagliato,
oh, quanto si era sbagliato! Era lui, Harry, quello incatenato e
irretito… Qualunque
cosa, purché
amplificasse il
contatto di quelle dita erratiche che solleticavano e si ritraevano:
Harry
provò a spingere con il bacino per avere un po’ di
soddisfazione, ma il peso di
Draco sulle cosce era un controllo ferreo per i suoi movimenti.
Tuttavia il
Serpeverde gli concesse tutto il palmo della sua affusolata mano destra
che lo
circondò, mentre l’altra raccolse a coppa i
testicoli, come cullandoli.
Continuò
a guardarlo fisso negli occhi, mentre la sinistra compiva una lenta
rotazione,
così che quando la aprì le dita si distesero
verso le natiche di Harry, che
senza un attimo di esitazione spalancò le gambe.
Un
angolo della bocca di Draco si arricciò in un ghigno di
compiacimento, mentre
inclinava la testa per studiare meglio il suo amante. Lasciò
lì la sinistra, lieve,
una promessa sospesa per il futuro, mentre la destra
cominciò a muoversi
inesorabile: ora lenta, ora veloce; ora delicata, ora decisa. Mai
uguale, mai
ferma. Sembrò dovesse durare per sempre.
Harry
sentiva le palpebre abbassarsi in
una
risposta naturale al piacere, ma Draco sapeva riportarlo alla
realtà,
catturandogli di nuovo lo sguardo mentre gli spappolava il cervello con
i suoi
tocchi.
E
proprio quando Harry iniziava a pensare che sarebbe impazzito, Draco si
chinò in
avanti su di lui, gli occhi ancora spalancati e piantati nei suoi, la
bocca a
poca distanza dalla sua, il fiato bollente.
-Guardami
e di’ il mio nome-, ordinò piano, aumentando il
ritmo e la portata degli
affondi della mano.
Il
verde delle iridi di Harry parve incendiarsi.
-D…
Dra… A… Ah… AHAAAA-, urlò,
mentre perdeva totalmente il controllo, sussultando
violentemente per via di quell’orgasmo agognato e molto a
lungo procrastinato.
-Qualcuno
avrebbe dovuto dirmelo prima che il sesso sarebbe stato così
bello-, rantolò
quando riuscì a riprendere fiato e le luci dietro le sue
palpebre smisero di
danzare.
Draco
gli posò un bacio morbido e vagamente umido su una tempia.
-Vorrai
dire che il sesso con me è
così bello-, lo corresse, compiaciuto.
-Oh,
il sesso in generale è bello-, scherzò Harry, per
poi aggiungere in fretta, -ma
quello con te è straordinario-, quando Draco gli diede un
buffetto sulla testa.
Erano
stesi nel letto, le gambe intrecciate, le teste vicine; Harry
circondava Draco
con un braccio tenendoselo vicino, Draco aveva appoggiato una mano
pigra sul
petto di Harry. Sembrava che lo avessero fatto da…
Be’, da sempre.
L’unico
momento in cui Harry si allontanò fu per allungarsi a
prendere la bacchetta e
ripulire i corpi di entrambi.
-E
pensa, siamo solo all’inizio-, considerò Draco.
Harry
richiamò involontariamente il ricordo delle dita che
scendevano lievemente tra
le sue natiche e quasi quasi… Ma, anche se il suo corpo di
diciassettenne era
pronto a ricominciare, voleva godersi quel momento di
intimità e rilassatezza.
Sentiva
di averne bisogno a un livello viscerale.
Si
era ripromesso che avrebbero parlato, e molto probabilmente era meglio
farlo
prima del ritorno a Hogwarts.
-Sono
stato in pensiero per te-, bisbigliò cauto, sperando che non
suonasse come un
rimprovero. -Ho temuto che tu… Che ti fosse capitato
qualcosa… Che… Non saresti
tornato-, concluse, sperando che la sua incertezza non echeggiasse
nelle ultime
parole. -All’inizio ero arrabbiato, ma poi… Poi
ero solo preoccupato. Avresti
dovuto avvertirmi-.
E
adesso il rimprovero era palese.
Draco
si alzò su un gomito per guardarlo, ma la sua espressione
non si scompose,
anche se appariva tremendamente serio.
-Harry,
non voglio certo litigare, tanto meno ora. Ma devi capire che non mi
sono
svincolato dalle decisioni della mia famiglia per cadere nella
ragnatela delle
tue. Domani torneremo a scuola e a prescindere dalla situazione tra noi
due io
continuerò a essere me stesso. Come ti ho detto prima, non
volevo fare sesso
con te per guadagnare una qualche posizione; non diventerò
quello che tu speri
di avere al tuo fianco, e molte delle mie idee non cambieranno-.
-Io
non spero…-, cominciò Harry, accalorandosi.
-Sì,
tu speri che io arrivi a vedere le cose come le vedi tu. Ma
è altamente probabile
che questo non accada mai; posso arrivare a pensare che Hermione sia in
gamba e
posso tollerare Weasel perché altrimenti Pansy mi
evirerebbe, ma continuo a
disprezzare i Babbani e penso che ci siano inferiori, come penso che i
maghi
dovrebbero distinguersi da loro e non cercare di imitarli. Anche se
trovo
eccessivo ucciderli e schiavizzarli, in effetti. Non avvertirti e non
darti mie
notizie faceva parte del piano, perché non dovevi sapere
dove mi trovassi, nel
caso non fossi tornato-.
-Però
hai detto che ti dispiaceva di non aver contattato Blaise e Pansy-,
recriminò
il moro.
-Loro
sono miei amici fidati da moltissimo tempo. Tu segui l’orlo
delle mie mutande
da qualche mese-.
-Questo
è offensivo-, brontolò il Grifondoro.
Draco
lo guardò senza astio.
-No,
è razionale. Loro mi conoscono, mi prendono per come sono e
non rischio che mi
girino le spalle se me ne esco con una frase infelice-,
spiegò con tutta la
forza della logica inoppugnabile. -Io di loro posso essere certo, di te
no. Non
lancerò il cuore oltre l’ostacolo a occhi chiusi,
quando fino a pochissimo
tempo fa la nostra unica interazione era sputarci contro insulti,
prenderci a
cazzotti e lanciarci incantesimi-.
Quindi
era di questo che si trattava: era un giro di prova. Ah, sì?
Vaffanculo, Harry si
disse che lo avrebbe superato.
-Hai
l’aria di averci riflettuto parecchio-.
-È
quello che di solito fanno le persone, sai? Riflettono. A parte te e il
tuo
amico pel di carota. Pensi che Silente sia venuto da me per mera
bontà d’animo?
Forse in parte; ma sa che se mi avrete dalla mia parte, con i miei
genitori
lontani, l’Oscuro Signore perderà dei potenti
seguaci e appoggi finanziari. Sa
che potrei tentare di convincere gli altri Serpeverde: questo potrebbe
portare
nuove leve nello schieramento, se non intere famiglie. Per esempio,
Pansy crede
che i suoi genitori la ripudieranno, ma io sono abbastanza incline a
supporre
che almeno suo padre tentennerà: è un uomo buono,
dopo tutto. Silente di sicuro
ha tentato di darmi una possibilità alternativa, ma
quell’uomo… Merlino, mi
chiedo come abbia fatto a finire a Grifondoro invece che a Serpeverde!
Quell’uomo
è uno stratega, in praticamente tutti i frangenti. Io non
sono un pezzo
importante in questa guerra, ma potrei in parte diventarlo: ci ho
ragionato e sfrutterò
le carte che ho in mano. Solo che probabilmente quelle che
butterò sul tavolo
da gioco a volte non ti piaceranno. Come il fatto di non averti
avvertito. Non
ti farò promesse perché non so se
potrò rispettarle. Fondamentalmente non sono
cambiato, mi sto solo comportando in maniera diversa per una serie di
calcoli-.
Harry
si sentì avvizzire per una tristezza improvvisa: come poteva
tenerlo con sé e
sperare di vincere ogni ostacolo se Draco stesso tentennava e non si
sbilanciava? Gli girò le spalle e si rannicchiò
su un fianco.
Il
silenzio si protrasse a lungo, fino a che Draco non tirò un
lungo sospiro che
pareva strappato dal centro del suo stesso essere.
-Non
ti basta vero? Volevi che fosse come sotto Amortentia: passione senza
freni, cuori
palpitanti, perfetto affiatamento. Cielo, sei così
Grifondoro!-
-Ho
sperato che fossi tornato indietro per me-, confessò
l’altro suo malgrado. -Che
c’è di male ad averlo desiderato? Che
c’è di male a pensare che quel Draco che
ho intravisto quella sera a Hogsmeade fosse quello vero?-
-Il
punto è che non puoi saperlo, come non lo so neanche io. Il
massimo che possiamo
aspettarci ora è una probabilità-.
-Quindi
mi stai dicendo: “ehi, non ti impegnare, tanto
andrà come deve andare”?-
Hermione
si sbagliava: lasciar spazio alle parole faceva schifo.
-Cazzo,
Harry, non stai facendo neanche lo sforzo di ascoltare! Ti sto dicendo
che ti
starò accanto liberamente, e non perché mi stai
mantenendo o stai salvando il
mio culo! Questo è impegnarsi, razza di
idiota! Il minimo che mi aspetto
da parte tua è che tu capisca!-
E
meno male che non voleva litigare.
-Certo!
Perché non ho mica passato tutto il mese scorso ad aspettare
che tu tornassi da
me! E non mi sono mica detto che ti voglio al mio fianco anche con il
tuo
carattere di merda! Dio-, disse esasperato, tirandosi seduto e
passandosi una
mano tra i capelli, -Mi ero ripromesso che mi sarei comportato
diversamente e
invece… Invece… Senti, lo capisco, quello che
vuoi dire: ha un senso, davvero.
Solo, non fa per me. Non posso ragionare in termini di
probabilità e possibilità.
Io… Guarda, lascia perdere, neanche te lo so spiegare!-,
concluse frustrato
gettandosi all’indietro sul materasso.
Draco
lo guardò, un sopracciglio inarcato ad arte e una smorfia
beffarda sulla bocca.
-La
tua proprietà di linguaggio non cessa mai di stupirmi.
Dimmi, per caso ti
riuscirebbe meglio esprimerti utilizzando delle figure o dei
pupazzetti?-
Harry
rispose con uno sbuffo, e non avrebbe mai lontanamente ammesso che
conteneva un
sottotono divertito.
Il
viso di Draco però trascolorò rapidamente in una
sfumatura più calda e aperta.
-La
risposta alla domanda di Silente era
“sì”-, annunciò enigmatico,
forse a
disagio, catturando tutta l’attenzione di Harry.
-E
la domanda?-, chiese trepidante, improvvisamente convinto che fosse
molto
importante.
Draco
lo soppesò con lo sguardo abbastanza a lungo prima di
rispondere, come se
stesse prendendo una decisione di vitale importanza: quando
parlò lo fece precipitosamente,
come a volersi liberare in fretta di un peso.
-Il
vecchio bislacco mi ha fatto un discorso lunghissimo sulla guerra e sul
fatto
che saresti dovuto essere tu a porvi la parola fine. Mi ha spiegato
come tu
fossi coraggioso e buono e pronto a batterti per la salvezza di tutti-.
Draco assunse
un’aria benevola e sapiente, imitando la posa e la voce di
Silente. -“Signor Malfoy,
quello che serve agli eroi per vincere una guerra è una
giusta causa; ma quello
che serve agli eroi per far ritorno dalla guerra è una buona
motivazione. Di
solito la buona motivazione è quella di tornare da qualcuno,
qualcuno di
realmente importante. Lei sarebbe disposto a essere quel
qualcuno?”-.
Draco
fece una pausa, portandosi una mano davanti agli occhi per mascherare
l’imbarazzo.
-Cazzo,
guarda cosa mi hai fatto dire, stupido ammasso di grifondoraggine. Di
questo
passo domani mi indurrai ad accarezzare la testa qualche Tassorosso del
primo
anno-, commentò sbigottito e melodrammatico.
Forse
avrebbe continuato a lamentarsi, ma Harry gli si gettò sopra
soffocandolo di
baci e le proteste presto si spensero tra le risate.
La
mattina sarebbe arrivata presto, decisioni sarebbero state prese, passi
importanti sarebbero stati compiuti: Harry sentiva di aver guadagnato
molto in
quegli ultimi minuti… A dispetto di tutti i discorsi
razionali e le manovre
evasive delle sue parole e le incertezze interiori valutate con cura,
Draco gli
aveva appena offerto un posto dove tornare: accanto a lui.
Tutto
sarebbe andato bene, benissimo.
(*)
In
realtà, la citazione viene da Ruth Gordon:
“il
coraggio è molto importante. Come un muscolo, si rinforza
con l’uso”.
E
quindi è finita.
Questo
figlio minore, spesso trascurato… È comunque
malinconico salutarlo.
Non
sono pienamente soddisfatta del finale, perché secondo me
l’arco narrativo
dello sviluppo dei personaggi è stato troppo accelerato.
Avrei potuto
procrastinare il ritorno di Draco di un anno per dare a entrambi il
tempo di
maturare, ma nella mia testa era molto importante il rientro a
Hogwarts, così
ho un po’ forzato la mano al suo cambio di fazione e ai loro
sentimenti.
Probabilmente
non è del tutto credibile, ma mi pare di aver fatto comunque
un lavoro
accettabile.
Giudicate
voi e fatemi sapere: mi piacerebbe avere qualche commento di commiato a
questa
storia.
Ci
vediamo prossimamente tra le righe de “L’Ottavo
Anno”.
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