Ar lasa mala revas

di Eliot Nightray
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ar lasa mala revas ***
Capitolo 2: *** Fenedhis lasa ***



Capitolo 1
*** Ar lasa mala revas ***


C’è sangue, troppo sangue
Sulle sue mani, nella sua bocca, tra i suoi capelli
C’è sangue, troppo sangue
Sulla tenda, negli occhi di Felron, nelle mani del suo amante
 
«Solaire» Cassandra lo chiama, una forse due volte. L’elfo si ricompone, abbasso lo sguardo dal ramo del pino su cui si è accomodato. La cercatrice lo guarda con fare insistente, è preoccupata lo si legge dal fare materno con cui gli sta porgendo una ciotola di sbroscia calda. Lo fa perché ha visto il suo sguardo alla vista dei templari, Solaire lo sa ma non lo turba. Resta sul suo trespolo, come un uccellino costretto nella sua gabbia d’oro e la fissa con i suoi grandi occhi azzurri.
 
Non ha problemi con gli umani, da tempo ha smesso di additarli come un dalish, di chiamarli shemlen. Lui non ha problemi con nessuno, meno che con i templari. Solaire trema, si regge al ramo portando la mano dietro la schiena così da non farsi notare, espira rumorosamente dal naso rotto. Ha il setto deviato da anni, Solas si è proposto più volte di ripararglielo, ma lui sa di non avere niente di rotto e quel gorgoglio che emette a sera lo fa sentire meno solo nelle lenzuola. Solaire Lavellan non ha problemi con nessuno, il suo gruppo di mercenari capeggiati da Katari Adaar lo sa bene perché è lui il diplomatico del gruppo.
 
Porta la testa all’indietro, rovesciando i capelli rossi ed espira ancora. Non ha voglia di mangiare, ma di certo non vuole preoccupare ulteriormente Cassandra. Gli sta simpatica la cercatrice, è scontrosa e burbera quanto sua sorella e forse per questo si sente complice del suo malumore
 
«Non dirmelo» alla fine si costringe a parlare con quel suo sorriso sghembo che si trova addosso, quello che lo fa passare a tutti come un simpatico chiacchierone. A Solaire sta bene così, non gli piace che gli vengano rivolte le domande sbagliate «ancora stufato di nug o finalmente Varric è riuscito a catturare qualcosa che assomigli minimamente ad un drufalo»
 
«Beh» la cercatrice abbassa lo sguardo sulla ciotola, si fa impacciata ed esala un sospiro rassegnato «temo che sia pesce»
 
«Non sono un gatto» la cercatrice sorride, Solaire la segue e si allunga per afferrare il piatto e portarlo con sé sul suo trespolo di legno. La cercatrice però lo sta ancora guardando, muove i piedi come fa una bambina pronta a chiedere una caramella al padre
 
«C’è posto attorno al fuoco, potresti scendere almeno eviteresti di congelarti»
 
«Scenderò Cassandra, ma tra un po’»
 
«E’ per colpa di quei templari?» Solaire si volta scocciato, la cercatrice indica i tre templari che hanno accolto nel loro accampamento. Tre stronzi che si erano presentati al suo cospetto chinando il capo e chiedendo misericordia. Volevano pietà da lui. «Se posso fare qualcosa per te» Cassandra tenta di proseguire, ma gli occhi azzurri dell’elfo sono una risposta esaustiva e batte in ritirata tornando da Varric che non ha mai smesso di guardarli
 
È colpa dei templari? Certo che lo è, è sempre stata colpa loro. Lo avevano ridotto in quello stato, lo avevano coperto di sangue e lasciato lì davanti al cadavere ancora caldo di Felron come fosse morte lui stesso. In un certo senso quel giorno i templari avevano ucciso due elfi.
 
Solaire dondola sul grosso ramo volgendo le spalle al falò poco dietro. Abbassa la testa sul piatto solo per essere investito da un pungente odore di pesce, svuoto la ciotola a terra senza badare di poter colpire qualcuno o qualcosa. Cyrron, il suo halla, gratta il capo contro il tronco, deve essere il periodo dell’accoppiamento. Non gli sarebbe dispiaciuto tramutarsi in un halla, avrebbe cavalcato nel vento senza badare ai passanti e poi si sarebbe ricongiunto alla terra in un luogo appartato
 
Qualcosa scivola nel buio, afferra il resto della sua cena e scivola via da dove era comparso. Un serpente? Forse, ma Solaire non ci bada troppo è solo un animale venuto a reclamare un pasto facile. Se solo all’epoca fosse stato così bravo a fuggire nel buio, forse Felron sarebbe sopravvissuto.
 
«Fasta vas» si trova costretto a ricomporsi un’ennesima volta, Dorian sta malamente tentando di aggrapparsi al ramo per risalire. Solaire gli sorride, celando una smorfia di disappunto. Non gli piaceva affatto quando fingevano di non ascoltarlo, aveva detto che sarebbe sceso. Ad un certo punto. Il mago gli si avvinghia addosso, finisce con la testa contro quella dell’elfo, gli accarezza i capelli corti ai lati per tenersi in equilibrio. Solaire sa di piacergli, ha notato come lo guarda passeggiare per tutta Skyhold, come il mago si faccia stranamente trovare in ogni stanza in cui decide di soffermarsi per un pisolino. Sa che è lì per lui «A voi dalish o come vi fate chiamare piace così tanto arrampicarsi?»
 
«Non sono più un dalish Dorian e comunque lo hai pronunciato bene, di certo meglio dell’ultima volta»
 
«Bah» Dorian grugnisce, sistemandosi i baffi e per poco non piomba di sotto. Nel suo essere un damerino è un dannato imbranato, ma questo a Solaire piace, rende Dorian più umano e lo fa scendere dal suo dannato piedistallo. L’elfo strattona il necromante, così da tenerlo vicino ed evitare che cada di nuovo. percepisce i battiti dell’altro accelerare, un rumore che lo rincuora e rasserena «Grazie»
 
«Non ringraziarmi, è sempre un piacere stringersi ad un uomo tanto bello» Non ha mai nascosto i suoi gusti, perché avrebbe dovuto? Aveva già conosciuto il disgusto ed il delirio di chi è incapace di accettare un mondo diverso dal loro. Non ha mai nascosto un certo interesse per Dorian, gli piace parlare con lui. Le loro conversazioni sono sempre interessanti, colorate e vive. Si sente vivo in sua presenza come quando era assieme a Felron
 
«Solaire» Da quanto tempo lo sta chiamando? Si è di nuovo perso nei suoi pensieri, nei suoi ricordi. Dorian gli sta sventolando sotto il naso una bottiglia di vino, sembra pregiata, non che faccia alcuna differenza. Non è un amante del vino, preferisce la birra. Si rende conto che col passare del tempo è diventato sempre di meno un elfo, ma forse non è un male
 
«Perdonami, stavo rimuginando»
 
«Rimugini molto ultimamente» Solaire si limita ad annuire e Dorian non gli fa altre domande. Lo vede attaccarsi alla bottiglia e l’elfo resta in silenzio, in attesa del suo turno. «E’ colpa dei templari?» L’inquisitore Lavellan si blocca nuovamente, serra le labbra, stringe i pugnoli e sente i muscoli irrigidirsi. Certo che è colpa dei templari
 
C’è sangue, troppo sangue per capire dove finisca il suo corpo ed inizi quello di Felron
C’è sangue, troppo sangue per capire cosa sta colpendo il pugnale del templare
C’è sangue, troppo sangue per capire se la sua vita sia finita o meno
 
«Non ho avuto un bel passato con i templari» la risposta dell’elfo lascia Dorian stupito, forse non sa bene come rispondere. Lui i dalish non li conosce e di certo non ne conosce le abitudini. Solaire si attacca alla bottiglia, ne mordicchia la bocca di vetro cercando il giusto modo di bere. La cicatrice sulla lingua sta pulsando e gli riesce difficile ingurgitare in quello stato. Ai suoi amanti non dispiace quella cicatrice sulla lingua, sul palato, dicono che diano uno strano senso di piacere sotto le lenzuola. Tutte le volte che se lo sente dire la mano di Solaire corre al pugnale che porta accosto al cuscino e freme dalla voglia di fargli provare cosa significhi trovarsi una lama in bocca. Come era successo a lui
 
«Voi dalish»
 
«No» risponde secco Solaire mordicchiandosi la punta della lingua «solo io»
 
«Tua sorella sembra non condividere il tuo pensiero» Traxex, sua sorella è diversa da lui, lo è sempre stata. È piccola, minuta, dalla pelle scura ed i capelli di neve. Gli occhi rossi della sorella sembrano in netto contrasto con i suoi azzurri, come fossero due lati della stessa moneta.  Sua sorella non ama i maghi, ma è anche vero che sua sorella non sa davvero cosa gli sia successo dieci anni prima. Non sa davvero chi gli ha inferto quelle cicatrici, ma Solaire lo sa bene  
 
«Mia sorella è convinta che la magia sia un male, fosse stato per lei saremmo corsi dai templari»
 
«Quindi hai cercato l’appoggio dei maghi perché, come spesso ripete tua sorella, sei una testa calda?» Solaire ghigna, gli passa volutamente una mano sulla coscia fingendo di doverlo sostenere e Dorian distoglie lo sguardo
 
«Oh sì, molto calda» risponde con vare lascivo tornando a perdersi nel liquido scuro della bottiglia «Amavo un mago» alla fine risponde, Dorian sembra stupito «era il “primo” del nostro guardiano, si chiamava Felron» Solaire guaisce nel pronunciarne il nome, ma poi riprende questa volta quasi senza fiato «Lui era il mio vhenan, era così straordinario, gentile, dolce, accorto e premuroso. Era così bello» l’elfo sospira mordendosi un labbro e nel rivedere il volto dell’amato nella mente sente un fremito scuotergli il corpo «aveva i capelli castani, dello stesso colore dei castagni, lunghi fino alle spalle. Li portava sempre raccolti dietro la testa, diceva che era meglio così perché altrimenti li avrebbe carbonizzati. Aveva gli occhi neri, così grandi, così intensi, così puri» Dorian non risponde, lo lascia parlare sperando che l’alcool lo faccia sciogliere l’elfo
 
«Un nome molto.. elfico» Solaire solleva un sopracciglio, Dorian pondera prima di parlare «diversamente dal tuo»
 
«Ah» la risposta asciutta di Solaire lasciano Dorian spaesato, teme di aver detto la cosa sbagliata «forse perché non è un nome elfico»
 
«Sei… nato in un enclave?»
 
«Cosa?» la risata di Solaire è strana, un misto di tristezza e pura euforia «Per il Creatore assolutamente no»
 
«Eppure lodi il Creatore e sei molto diverso»
 
«Da chi? Vorresti dirmi che hai incontrato altri dalish»
 
«No, ma»
 
«Allora sta zitto» si rende conto di essere stato brusco, che Dorian non se lo merita e che forse è colpa dell’alcool. Spera sia colpa dell’alcool e non della sua dannata paura. Dondola il capo, si massaggia la punta del naso «scusami, sono stato uno stronzo»
 
«Solaire, stai bene?»
 
«Sono solo stanco, ecco tutto» non vuole spaventarlo né farsi detestare «Me lo sono scelto questo nome»
 
«E’ una pratica dei dalish?» domanda l’altro curioso. Ancora una volta Solaire sospira, si dimena sul grosso albero
 
«No, l’ho scelto io quando sono scappato»
 
«Oh»
 
«A loro non piaceva l’idea che un Lavellan si portasse a letto altri uomini, così mi hanno dato un ultimatum. Potevo sposarmi con una del clan e passare la vita a rinnegare me stesso, ma con il viso guarito, oppure fuggire via e rimanere sfregiato.»
 
«Il tuo viso?» “un elfo sfregiato” così riportava il rapporto su di lui scritto da Leliana. Non c’è altro modo per descriverlo, il suo viso è sfregiato, ha sette cicatrici. Due sulle guance, tre sulla bocca, due attorno agli occhi. Il rapporto però non riporta nulla sulle cause. Solaire invece lo sa
 
C’è troppo sangue per lasciarlo pensare, ragionare, scappare
C’è troppo sangue e Adhaleni ha paura
 
«Beh si, non è che me le sono fatte da solo radendomi. Agli elfi non viene la barba, la battuta è questa» Dorian trova commovente come l’elfo riesca a scherzarci su, ma vorrebbe sapere «Il mio nome era Adhaleni, Adhaleni Lavellan. Il mio clan mi ha rinnegato, non io quindi continuo comunque a farmi chiamare Lavellan»
 
«Loro si sono rifiutati di curarti?» Dorian è sconvolto, Solaire solo disgustato da quel ricordo
 
«Il mio volto in cambio della mia vita. Un giusto scambio»
 
«Erano stati loro?»
 
«No, non ci sarebbero riusciti. Troppo vigliacchi per fare una cosa simile, in più Felron gli avrebbe abbrustoliti all’istante se mi avessero toccato» Dorian si volta, gli occhi dell’inquisitore sono lucidi. Solaire sta piangendo, ma non se ne è reso conto «Lui ha provato a difendermi, mi ha sempre protetto»
 
«Solaire» Dorian allunga una mano, ma l’elfo si ritira nel sentire passi pesanti scanditi dal tintinnio di un’armatura. Uno dei templari si è accostato all’albero
 
«Sua eminenza» la voce del templare lo terrorizza, lo costringe a rannicchiarsi come un riccio infreddolito «vorremmo ringraziarla per averci concesso questa possibilità» Solaire trema, stringe i pugni, si affloscia come stesse per cadere. Ha voglia di vomitare, ha voglia di scappare
 
«L’inquisitore Lavellan è stanco, sono certo che sia contento di avervi aiutato» Dorian risponde al posto suo, il templare fa un cenno al mago per ringraziarlo e torna indietro dai commilitoni. Il respiro di Solaire si fa di nuovo calmo, sereno, lineare «Stai bene?»
 
«Odio quei dannati templari, odio tutto di loro»
 
«Beh sono un po' rozzi, ma»
 
«No» l’elfo urla istericamente, sta per afferrare Dorian per la tunica ma si trattiene. Respira, espira, torna a fissare la bottiglia. «Hanno ucciso il mio vhenan»
 
«Il tuo vhenan? Il tuo amante intendi»
 
«Non eravamo solo amanti. Certo passavamo le sere assieme, il sesso era delizioso e quando stavo accanto a lui mi sembrava che il mondo avesse senso. Profumava di more e di frutti secchi» il pianto di Solaire non si arresta, ma Dorian resta nel suo spazio. Lo sguardo dell’inquisitore ora è rivolto alla luna «Non era solo sesso» la sua voce è rotta «Parlavamo, cantavamo, facevamo tutto assieme. Certe volte ci limitavamo a sdraiarci e rimanere in silenzio fissando il cielo. Io mi sentivo completo, unico e speciale. Volevo scappare con lui, volevamo fuggire via nel Tevinter. Sarei stato la sua spalla e lui sarebbe diventato un magister potente»
 
«Poi che accadde?» forse è l’alcool, ma Solaire ha voglia di parlare ancora. Da quanto non parla di lui, del suo vhenan?
 
C’è troppo sangue, Adhaleni ha capelli lunghi, rossi, un naso delicato. Sembra una ragazza, lo ripetono anche i templari davanti a lui
C’è troppo sangue, ecco cosa si ripete Adhaleni mentre tenta disperato di rianimare il corpo esamine dell’amante
C’è troppo sangue, ecco cosa pensa Adhaleni mentre uno dei templari lo trascina fuori dalla tenda tirandolo per i capelli
 
«Eravamo assieme quel giorno, accanto ad un lago. Solo io e lui. A sera finimmo col fare l’amore, non ricordo quante volte. Alla fine restammo distesi nella tenda, ricordo che Felron mi passò una mano tra i capelli. Poi udimmo delle grida, quattro templari entrarono nella tenda. Felron mi urlò di scappare e poi» Solaire si tasta la gola, stringe il collo «gli tagliarono la gola davanti a me, come fosse stato un agnello.»
 
«Kaffas»
 
«Io rimasi immobile, lo guardai dissanguarsi. Non capivo cosa stesse succedendo, forse ancora non ho realizzato»
 
«Sono stati i templari a farti quelle» Dorian indica le cicatrici dell’elfo, l’altro annuisce
 
«Pensavano fossi una ragazza, avevo i capelli lunghi, rossi, gli occhi grandi, un naso piccolo, lineamenti delicati. Ero giovane, avevo solo diciannove anni. Mi trascinarono fuori dalla tenda, mi violentarono a turno. Potevo vedere il volto di Felron dalla tenda aperta» Dorian si pente di aver chiesto, fa l’atto di abbracciare l’elfo e quello non si ritira «L’ultimo disse che avrebbe dovuto insegnarmi a non fraternizzare con i maghi, così mi ha infilato un coltello nella bocca. Non ricordo quante volte, ha continuato a pugnalarmi la faccia. Sono strisciato dal mio clan, ho trascinato con me Felron, si meritava di essere sepolto. Eravamo ancora nudi, ricordo lo sguardo inorridito del guardiano. Non perché era morto, solo perché eravamo nudi entrambi» Solaire non si ferma, continua parlare «Mi disse che avrebbe potuto guarirmi, ma che avrei dovuto smettere di essere diverso» Dorian lo guarda, nel suo sguardo c’è comprensione sa che cosa intende l’elfo e Solaire si sente compreso per una volta «Sono scappato via, ho cambiato nome perché non volevo più essere come loro»
 
C’è troppo sangue sul suo corpo
C’è troppo sangue nella sua bocca
C’è troppo sangue sui suoi occhi, ma riesce comunque a vedere la lama del templare avvicinarsi, la carne cedere, il dolore in ogni angolo del corpo
 
«Solaire è un bel nome» il complimento di Dorian lo costringe a guardare il mago e tira su col naso un paio di volte
 
«Adatto ad un tipo solare come me» Dorian sorride nervoso, poi Solaire gli si avvicina. Piega il capo, gli sfiora il naso, appoggia le labbra su quelle del mago. I baffi di Dorian lo fanno starnutire e ripiega indietro scocciato «Grazie per il complimento»
 
«Grazie del bacio»
 
«Vorresti una replica, magister?» gli afferra la tunica, se lo tira addosso e questa volta lo cerca in un bacio più invasivo. Dorian percepisce la cicatrice sulla lingua di Solaire, è stranamente piacevole, ma sapendo che cosa l’ha causata ne percepisce anche la tristezza. Le fila di denti si incontrano, battono l’una contro l’altra. Solaire si stacca con un gorgoglio di vittoria, si pulisce la bocca dal vino e collassa all’indietro sull’erba. Si è ubriacato abbastanza da parlare e Dorian spera che possa anche ricordare
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Fenedhis lasa ***


Credeva di conoscere il volto della morte, lo credeva davvero perché lo aveva visto nel proprio riflesso nelle stanze di stamberghe da quattro soldi e case luccicanti. Eppure eccola apparire con un nuovo volto dagli occhi neri e la pelle olivastra. Solaire strinse l’Ancora, cercò di respirare nascondendo un conato di vomito dovuto al dolore. Il passaggio dall’ultimo Eluvian lo aveva destabilizzato ed era convinto di essere ad un passo dalla morte perché i suoi occhi lo stavano tradendo. Doveva essere così, doveva essere diventato cieco o folle improvvisamente
 
«Fel… Felron?» sussurrò infine cercando di rialzarsi
 
«Felron?» Dorian subito accanto a lui ripeté quel nome come fosse stata una maledizione, perché il necromante sapeva bene di chi stesse parlando l’inquisitore. Era un’ombra che si portava appresso un passato di sangue e violenza. Dorian si voltò verso Solaire, ne cercò la mano ma l’elfo fece un passo avanti come ipnotizzato da quell’apparizione ed il necromante sentì una fitta nel petto come se a breve si sarebbe visto portare via tutto quanto. Il suo mondo era nel sorriso di Solaire, nei suoi gesti affettuosi e premurosi, nelle sue mani pallide e callose «Solaire»
 
«Sei vivo?» non sentì la voce di Dorian chiamarlo, continuò a camminare con passi lenti come sentendosi un macigno sulle spalle ed in gola «com’è possibile»
 
Il secondo elfo sorrise con fare strano, un bagliore sinistro luccicò negli occhi di Felron «Adhaleni»
 
«Adhaleni?» ripeté Dorian confuso
 
«E’ il suo nome» rispose Felron con tono rabbioso indicando Solaire «ma dopotutto cosa può saperne un tevinter?»
 
«Era… il mio nome» puntualizzò Solaire deglutendo ancora
 
«Era?» Felron curvò la testa, assottigliò lo sguardo e sollevò il labbro come fosse stato schifato dalla sua presenza «Perché hai un nuovo nome?»
 
«Mi chiamo Solaire adesso, l’ho scelto io. Quando sei morto, sono stato ucciso con te. Volevo cambiare» Solaire sembrò quasi volersi giustificare, abbassò la testa, le orecchie si afflosciarono come erba bagnata. Si sentiva in colpa, quasi lo avesse tradito
 
«Non temere» Felron gli sorrise, gli sfiorò la treccia di capelli rossi sulla schiena per poi passare al ciuffo folto di capelli in testa, adagiato su una parte come un’onda rossa, intagliato e scolpito tra i capelli corti e ritti ai lati della faccia. Solaire non riusciva a domare quella sensazione febbrile di felicità, eppure lo sguardo di Felron era strano. I suoi occhi non lo stavano tradendo, la sua mente era felice eppure il suo corpo era tirato e contorto di paura come gli capitava da ragazzino quando qualche uomo lo spingeva su un letto. Lo stesso sguardo famelico e voglioso che lo faceva vomitare mentre si intascava i soldi quando era costretto a cedere il proprio corpo per un tozzo di pane ammuffito. Solaire si ritrasse, il suo corpo agì di volontà propria «Sei ancora così bello, ma vhenan»
 
«Felron» gracchiò «io… ti credevo morto, ci ho messo del tempo, ci ho messo dieci anni ma alla fine» aveva la gola secca, gli tremavano visibilmente le mani. Felron però non indietreggiò continuò a cercare un contatto con il suo viso ed ancora una volta Solaire batté in ritirata «Lui» gli tremò la voce, ma si sforzò di indicare Dorian «lui è il mio vhenan adesso» Dorian sorrise, tirò su col naso un paio di volte e si coprì gli occhi. Non si aspettava di essere scelto «Allergia?» Solaire cercò di buttarla a ridere, Dorian arrossì coprendosi il viso «un’allergia forte eh, vhenan? Hai portato il fazzoletto?»
 
«Accogli dentro di te il seme di uno shemlen, quale infida creatura farebbe una cosa simile?» disprezzo? No, era qualcosa di diverso. Dalla bocca di Felron era uscita una sentenza di morte contro la sua persona
 
«Mi stai chiedendo se faccio… sesso?» buffo che fosse stato proprio lui, il simpatico ed allegro Solaire, ad imbarazzarsi facendo tremare il labbro inferiore come un bimbo sgridato. Dorian fece un passo avanti, puntò l’indice come Felron
 
«Non mi pare una domanda elegante, neppure da un primo amore» Solaire non ebbe la forza di sorridere, neppure quando Dorian si impose del tutto davanti a lui come per difenderlo. Felron fissò intensamente Dorian per poi sputargli in faccia con tanta foga da lasciare il necromante ad occhi sbarrati. La maledizione in elfico che uscì dalle labbra di Felron costrinsero Solaire ad allungare una mano verso Dorian, come per proteggerlo da quella infamia così sporca, ma il necromante fu sbalzato via. Dorian si ritrovò a qualche metro da Solaire, Bull, che li aveva infine raggiunti assieme a Traxex, caricò direttamente su Felron sbattendo contro lo scudo di energia che l’elfo aveva creato. Solaire si ritrovò da solo, cercò di slanciarsi verso Dorian ma lui stesso si ritrovò a rimbalzare contro la barriera
 
«Felron, che stai facendo?»
 
«Ti ripeto la mia domanda, Adhaleni» Felron gli piantò addosso gli occhi, sempre neri ma ora spogli di quella leggera purezza che Solaire aveva amato un tempo «Accogli in te il seme di uno shemlen? Di uno del Tevinter, un lurido porco che ci vede come schiavi»
 
«Dorian non è così, non lo conosci»
 
«Non devo conoscerlo, non mi serve. Come hai potuto fare questo alla nostra razza?»
 
Non era la prima volta che sentiva quella domanda, il custode del clan gliela posta molto tempo prima «Non devo giustificarmi, sono felice adesso. Tu eri morto, ti credevo morto» Solaire si accorse di non aver ancora domandato come fosse possibile, perché stava parlando con un morto? «Perché sei vivo, ti hanno tagliato la gola»
 
Felron gli dette le spalle, l’eluvian da cui era passato Solas luccicò con forza «Non è questo il momento delle domande, Adhaleni»
 
«Mi chiamo Solaire» la sua voce stava tornando la stessa, il braccio gli faceva male, bruciava come fosse stato in fiamme «Rispondi alla mia domanda»
 
«Andiamo in un luogo dove parlare, tu ed io. Saremo soli, due amanti in fuga come hai sempre voluto, ma vhenan»
 
«No» si drizzò, strinse i pugni, ma ancora non aveva la forza di arrabbiarsi. Quel sentimento di gioia incondizionata non era scivolato via, era ancora ancorato nella sua bocca «Non sono più il tuo vhenan, non sono più Adhaleni»
 
«Non essere stupido» rispose l’altro prendendogli la mano «Avanti» il tono di Felron si fece più lascivo, gli accarezzò le labbra seguendone i contorni e Solaire schizzò indietro «Hai paura di eccitarti davanti allo shemlen? È normale avere reazioni di questo tipo con il proprio vhenan, te l’ho già detto»
 
«Io non ho reazioni di questo tipo con te, non sei più niente per me. Eri un fantasma, sei ancora un fantasma. Mi vieni a domandare se scopo con Dorian senza tentare di spiegarmi perché sei vivo»
 
«Sei ancora lo stesso ragazzino di un tempo, troppo spaventato dal sesso per accettarlo. Vuoi davvero che ti insegni da capo, ancora una volta?» Solaire cercò di ribattere, ma si sentì stritolare. Non riusciva più a respirare, slittò sulla terra senza poter frenare quello spostamento forzato e schiantò con la faccia contro la barriera magica. Conosceva quella sensazione di impotenza, il suo corpo era rigido, terrorizzato, i suoi occhi sbarrati alla ricerca di aiuto. Dorian era davanti a lui, urlava in tevene, ma Solaire non riusciva a capirci niente. Amatus, l’unica parola che era riuscito a riconoscere tra uno strillo e l’altro. Traxex, sua sorella non aveva mai mostrato una singola emozione se non qualche tenue sorriso, ma adesso aveva il palmo della mano appoggiato contro il suo. La piccola elfa dagli occhi rossi e la pelle di notte stava piangendo, poteva vederne le lacrime scintillare, si stava scusando come fosse stata colpa sua. Bull aveva inclinato la grossa lama cercando di spaccare la barriera «Perché non facciamo vedere allo shemlen quello che ti piace dal tuo vhenan, Adhaleni?» Sentì la mano di Felron affondare nei pantaloni, sbarrò ancora di più gli occhi, Dorian si zittì e fece un passo indietro preparando un dardo infuocato «Avanti, di allo shemlen quanto ti piace»
 
«Ti prego» lo supplicò, strinse le gambe come per bloccargli la mano, si sentiva dannatamente piccolo e fragile. Era tornato ad essere un ragazzino di diciotto anni strisciante ed infreddolito, che pregava il prossimo cliente di non fargli male, di essere gentile, di non picchiarlo. Si sentiva come allora, una foglia secca sotto lo scarpone di qualche signorotto con un vizio da nascondere alla moglie «ti prego» si mise a piangere, non se ne vergognò
 
«Ne vuoi di più?» Felron gli sussurrò nell’orecchio, gli baciò il lobo e Solaire tremò ancora.
 
«Basta, ti prego»
 
«Non mi hai mai chiesto di fermarmi quando eravamo assieme, anche quando ti faceva male. Mi hai sempre voluto» quando sentì le dita di Felron in bocca serrò i denti. Felron cacciò fuori un urlo, ma Solaire non perse la presa fino a staccargli una falange. L’elfo si ritirò, Solaire si staccò dalla barriera e sputò a terra il pezzo di carne di Felron. Stava ancora tremando, voleva scappare. Si ripulì la bocca dal sangue «Ti piace dominare adesso? Non l’avrei mai detto»
 
«Tu» Solaire provò a parlare, Felron si abbassò per raccogliere il resto della falange e si concentrò su un incantesimo di cura per riattaccarla «come fai ad essere vivo?»
 
«Ancora con questa domanda? Ma vhenan»
 
«Vaffanculo!» questa volta fu Solaire a sputare contro Felron e l’altro elfo ridacchiò
 
«Ho sempre saputo che avevi carattere, peccato per i capelli»
 
«Come cazzo fai ad essere vivo?» aveva la pupilla ridotta ad uno spillo, la bocca impastata di muco, bava ed il sangue di Felron «Dimmelo»
 
«Ho incontrato una strega, Adhaleni» Solaire attese il resto della spiegazione, Felron ammirò la sua stessa mano ora guarita come se l’inquisitore non fosse stato presente «Si chiama Flemeth, la strega delle Selve. Lei mi disse che non avevo abbastanza potere per la nostra causa»
 
«La nostra causa? La nostra fuga intendi?» non era speranza, Solaire stava solo cercando di capirci qualcosa
 
«Sei davvero lo stesso ragazzino che ho lasciato in quella tenda, no Adhaleni. La nostra causa, la causa degli elfi»
 
«Segui Solas quindi»
 
«Certo, è per questo che ero qui. La strega disse che non ne avevo le capacità, che dovevo aumentare il peso sulla bilancia. Una vita per una vita, capisci, vhenan?»
 
Solaire scosse la testa poi la realizzazione lo scosse come un terremoto «Tu…»
 
«Si, Adhaleni, ho scelto di morire per rinascere» il sorriso trionfale di Felron gli fece andare il sangue alla testa e da lì alle gambe. era pronto a scappare, fuggire via da quel sorriso maligno che nascondeva ben altro «quando i templari sono arrivati»
 
«Tu… sapevi dei templari»
 
«Certamente»
 
«Mi hai venduto» Solaire si afflosciò a terra, le mani davanti al viso a cercare di raccogliere i pezzi
 
«Ho pensato che due vite fossero un miglior compenso per il destino, speravo che si limitassero ad ucciderti. Ti avrei potuto riportare in vita, a suo tempo si intende non potevo di certo chiedere un altro favore alla strega»
 
«Loro» Solaire si alzò lentamente e così anche la sua voce. Partì con un ruggito per poi sciamare in un urlo isterico «mi hanno violentato, erano in cinque. Mi hanno violentato a turno per tutta la notte, prima da soli, poi a coppie. Mi hanno colpito e tagliato e deriso mentre mi pisciavo addosso dalla paura. Mi hanno ficcato un coltello in gola dicendo» inspirò, non riusciva più a respirare dal naso rotto. Cacciò fuori un rivolo di bava preso dallo spasmo «Mi hanno detto che dovevo assaggiare entrambe le loro lame, che dovevo imparare a vivere. Mi sono trascinato il tuo cadavere dietro, ero nudo, ero sporco, puzzavo ed avevo paura. Mi hanno cacciato dal clan, ero solo, non riuscivo a mangiare perché avevo la lingua tagliata. Mi sono dovuto vendere e subire quello stesso incubo senza poter dire niente per poi vomitarmi addosso dallo schifo»
 
«Sei stato intelligente»
 
«Come?» tutta la foga e la rabbia si trasformarono in un sospiro davanti all’osservazione di Felron. Chiuse la bocca, lo ascoltò mentre applaudiva e sorrideva estasiato
 
«Ho detto che sei stato intelligente, hai sfruttato la situazione per sopravvivere, ti sei adattato. Il mio vhenan è sempre stato intelligente»
 
Solaire scoppiò in una risata isterica, si contorse come un foglio di carta nelle fiamme per poi boccheggiare fino a vomitare «Mi hanno violentato ogni giorno della mia dannata vita per quasi un anno. Quattro volte al giorno, certe volte cinque. E tu pensi che sia stato intelligente»
 
«Avrai imparato qualche tecnica nuova intrigante, ci sarà utile. Scommetto che quella lingua deve essere particolarmente erotica, quella bella cicatrice che ti ritrovi»
 
«Sei un demone, dimmi solo questo»
 
«Cosa?» Felron sogghignò, si avvicinò a Solaire e sorrise ancora «Adhaleni, sono io. Non capisci?»
 
«Io volevo vivere, volevo una vita, volevo essere felice. Non mi hai salvato tu, non mi ha salvato un elfo. Mi ha salvato un umano, Marcus Trevelyan. se non fosse stato per lui sarei stato ammazzato. Tu dov’eri? Dov’eri mentre mi violentavano, picchiavano e torturavano. Dove cazzo eri?»
 
«Adhaleni» lo canzonò Felron ancora con un sorriso «non siamo solo noi due. La causa è più importante, dovevo crescere ed imparare a plasmare i miei poteri. Per noi elfi, non capisci? L’umano dovrà morire, tutti dovranno morire per lasciarci vivere»
 
«Quindi sapevi tutto, sapevi anche cosa mi era successo»
 
«Ovviamente»
 
«Sapevi che i templari erano lì, hai finto di salvarmi»
 
«Volevo lasciarti un ultimo ricordo, mi sembra un gesto dolce» Solaire rimase inerme, anche quando Felron si allungò verso di lui «Come questo» si discostò dalla realtà, come faceva sempre in compagnia di qualche bruto. Sentì la lingua di Felron in bocca a cercare la sua, ma rimase inerme «Forse ti saresti dovuto ripulire, sapevi di bava e vomito ma fa niente avremo modo di replicare»
 
«Mi hai lasciato morire, Adhaleni Lavellan è morto quel giorno per colpa tua» Solaire ringhiò lo respinse con una manata e sibilò una maledizione in elfico tanto antica da essere dimenticata. Felron lo guardò negli occhi, si ripulì le labbra come schifato
 
«Hai la pronuncia di uno shemlen, Adhaleni»
 
«Io» sentenziò l’altro alzandosi e puntando l’Ancora contro Felron «non sono Adhaleni Lavellan, quell’elfo è morto» l’Ancora brillò intensamente
 
«Non vuoi proprio capire? Grazie alla tua Ancora noi potemmo»
 
«Io sono l’inquisitore Solaire Lavellan» il Velo si fece più sottile, il cielo si tinse di verde fino a lasciare posto ad uno squarcio «e mi opporrò con ogni forza a questa follia. Chiunque si merita di essere felice» Felron osservò la propria mano vicina allo squarciò, sfruttò un incantesimo di gelo per strisciare via e sparì nell’eluvian senza degnarlo di uno sguardo. Solaire si accasciò a terra, si strinse la mano. Il fascio nervoso bruciò ancora, poteva sentire l’Ancora pulsare con forza. I rami verdi si allungarono fino alla sua spalla, Solaire cacciò fuori un urlo disperato mentre la barriera scendeva lasciando passare gli altri. Dorian lo strinse, tentò di prendergli la mano, di studiare l’Ancora ma faceva troppo male. Solaire nascose il capo contro la spalla di Dorian, ne cercò l’odore «vhenan, non voglio morire. Ti prego, non farmi morire. Non voglio andare in quel posto freddo, non voglio essere da solo»
 
«Andrà tutto bene»
 
«Mi dispiace» biascicò l’altro stringendosi alla tunica di Dorian
 
«Se parli del bacio sappiamo entrambi che sono più bravo, Amatus» Solaire abbozzò un sorriso, Traxex dietro di loro stava pregando in ginocchio contro la testa del fratello «Bull» Il qunari si voltò livido di rabbia per non essere riuscito a fare niente «tagliagli il braccio»
 
«Kadan fallo, salva mio fratello»
 
«Stringiti a Dorian boss, perché farà male»
 
«Qualunque cosa Bull, mi basta essere felice»

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