Looking for my Father

di Rainbow_ Girl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Something has started today ***
Capitolo 2: *** Sing along ***
Capitolo 3: *** TRASLOCO ***



Capitolo 1
*** Something has started today ***


Capitolo 1 – Something has started today

-June!- 
Sento la voce di Catherine risuonare dietro di me. Mentre corro, mi volto verso di lei, rimasta ferma sul marciapiede ad agitare una mano. 
-DOPPIO COLORE, VIOLA NERO!- le urlo di rimando, correndo sempre più forte e veloce.

Abbiamo un codice speciale per comunicare, noi vagabondi. In questo caso, vuol dire “Mi hanno scoperta, mi nascondo” e anche se so che è una cosa poco saggia, io mi nascondo sempre nello stesso posto. 
Man mano che mi addentro nelle stradine più sconosciute di Londra assumo un’andatura più regolare. Il cuore mi batte forte, perché stavo rischiando di farmi cogliere con le mani dentro la borsetta di una signora. 

Mentre le mie gambe mi portano automaticamente al posto desiderato, al mio porto sicuro dove chiudere gli occhi e godermi della buona musica in santa pace, ripenso a quello che è successo prima. Vorrei poter non rubare, eppure è l’unico modo che ho per sopravvivere. Però io rubo in modo onesto, eh. Se vedo che hai i soldi per comprarti il nuovissimo iPhone, allora avrai i soldi anche per pagarmi una pizza, che non è affatto una cosa sbagliata. 

Mi sistemo lo zaino sulle spalle prima di alzare lo sguardo verso l’enorme struttura davanti ai miei occhi, a metà fra uno studio di registrazione, una casa e un cimitero di gorilla. So che tecnicamente non dovrei entrarci, ma nel giardino c’è un bellissimo albero cavo dove molto spesso mi sistemo per riflettere o ascoltare musica o, appunto, nascondermi. Me l’ha mostrato la Catherine di prima questo posto, lei ci viene per recuperare i bassi rotti che periodicamente qualcuno lancia dalla finestra. Insieme li aggiustiamo e per tutta la domenica giriamo per le piazze e piccoli locali a suonare. O almeno, lei suona, io canto. Spesso facciamo cover di vecchi pezzi famosi, e la nostra preferita è 21 Guns, dei Green Day. 

È, diciamo, la nostra canzone portafortuna, la canzone che ci ha fatto incontrare e poi, successivamente, conoscere. 
Successe lì vicino, in una stradina del tutto invisibile ad occhi indiscreti. Stava scendendo la notte, sarebbe stata la quarta o la quinta che passavo fuori casa, da vagabonda. Mi guardavo intorno, spaventata e infreddolita fino al midollo, alla ricerca di un angolino riparato dove potermi accucciare e riposare, quando sentii la melodia della canzone. Senza pensarci troppo e buttando alle ortiche la prudenza e il buon senso (ma a ripensarci, ne avevo ancora di buon senso?) mi misi a cantare. Prima era solo un flebile sussurro, per poi finire come una vera canzone, compresa di appalusi da un tizio altissimo, che ci guardava da lontano. Io e lei ci sorridemmo, ci raccontammo le nostre storie. Lei era stata  cacciata di casa a causa del suo amore per una ragazza ritenuto “immondo” da entrambi i suoi genitori; io me n’ero andata perché stufa di mia madre e del suo compagno. Mio padre? L’avrò visto un paio di volte da piccola e ricordo a stento il suo volto e la sua voce. Eppure, da qualche settimana a questa parte, provo il desiderio di conoscerlo, di sapere chi è veramente. Da mia madre non ho mai saputo nulla riguardo la sua vita, nemmeno il suo nome o il cognome. Ho provato a fare alcune ricerche su Internet con il cellulare di Catherine, ma Google dice solo che io dovrei  essere figlia di un certo Justin Willmore, che però è in carcere, in Spagna. E dalle foto, non ci assomigliamo per niente, e l’unica cosa che ci accomuna è lo sguardo perennemente incazzato. E io non mi ricordo di averlo mai visto in vita mia. Le poche volte che l’uomo che chiamavo papà veniva a trovare me e mia madre ne approfittavo per stamparmi bene in testa l’immagine del suo viso e il suono della sua voce. Ad oggi, le uniche cose che mi rimangono di lui sono i ricordi di lunghi pomeriggio assolati passati fra i parchi più belli di Londra, a piedi o in bici. Da piccola adoravo quell’uomo, e anche l’aria aperta.

Entro da un buco nella recinzione e mentre mi dirigo verso il mio albero cavo, sento una melodia che mi stuzzica il cervello. Rimango impietrita ad ascoltare mentre ricordo. Quella è la mia ninna nanna, quella che mio padre mi cantava da piccola ogni volta che veniva a trovarmi , fino a quando non abbandonò me e mia madre. Non glie ne ho mai fatto una colpa per questo, dopotutto mia madre è insopportabile e l’ho abbandonata anche io, ma poteva anche ricordarsi della mia esistenza. 
Una voce comincia a cantare le parole e mi stupisco quando anche io riesco a cantarle. Però la voce è davvero stonata e vorrei tanto cantasse bene. 
Colpi di basso. Urla. La canzone ricomincia. Anche stavolta la voce stona terribilmente, così per le altre quattro volte in cui riprende.

Per cui, invece di farmi i fatti miei e rimanere nel mio angolino nascosto, decido di uscirne e buttare nuovamente il buon senso alle ortiche. Vado all’ingresso principale e noto che la porta è leggermente socchiusa, quindi mi infilo silenziosamente dentro, e seguendo le note all’interno della casa capito in una stanza adibita a studio di registrazione. 
Faccio un bel respiro prima di spalancare la porta. 
Per i primi due secondi, i tre uomini e la ragazza non mi prestano attenzione, ma poi la musica si interrompe e mi ritrovo quattro paia di occhi addosso. Scommetto che non gli capita tutti i giorni che una ragazzina di quindici anni si infiltri nella loro casa. 

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Capitolo 2
*** Sing along ***


Capitolo 2 – Sing along 

-E LEI chi è?- la mia attenzione si focalizza sul bassista, un uomo di media statura e  dalla carnagione verdastra che a sua volta guarda il ragazzo alto dietro la tastiera. -Te le scegli sempre più piccole le fidanzate, vero Stuart? Però stavolta hai esagerato, questa sarà una 2000!- 
Le sue parole non mi fanno effetto, semplicemente cammino verso il tastierista che, a giudicare dal microfono posto sopra il suo strumento, è anche il cantante. 
-Senti- gli dico quando gli arrivo di fronte e lo guardo, dannazione è altissimo -Dovresti prendere le note un po’ più alte, sono troppo basse così, senza offesa.- 
Prima che lui possa replicare, la ragazza in fondo appoggia la chitarra ad una parete e viene verso di me. Non so come faccia a non inciampare in qualche cavo a causa degli occhi coperti dai capelli, ma non mi faccio domande.
-Sì, perché tu magari sai fare di meglio, ragazzina.- dice con il tono più altezzoso del mondo.
-Mettimi alla prova allora.- le dico io di rimando, incrociando le braccia sul petto e cercando gli occhi sotto la massa nera di capelli. 
-Subito.- dice, mentre si dirige verso il fondo della sala per recuperare la sua chitarra. In tutto questo, né il tastierista né il batterista hanno detto una singola parola. 
Quest’ultimo batte quattro colpi sulle bacchette e la chitarrista comincia a strimpellare le note sul suo strumento. Io mi perdo nel flusso dei miei ricordi, cercando le parole sempre più indietro.
-Gravity… on me, never let me down, gently; Gravity on me… never let me go, no no, gravity…- 
E mi lascio trasportare ad occhi chiusi dalla bellezza dell’armonia che sono riuscita a creare con la mia voce, mentre l’uomo dai capelli blu elettrico comincia a suonare la tastiera e, straordinariamente, riesco a ricordarmi il resto della canzone. 
Ma lui mi precede, e con voce profonda intona le note successive. 
-I don’t pull me down, I don’t pull me down on me; I don’t pull me down, I don’t pull me down on you-.
Presto le nostre voci prendono ad alternarsi: io canto le parti alte, lui quelle basse, rendendo la canzone ancora più particolareggiata. 
Alla fine, il batterista finisce con una scarica di colpi alla grancassa. -Credo sia perfetto così.-
Mi giro verso l’unica ragazza nella stanza a parte me con un ghigno soddisfatto, quello che secondo Catherine mi sarebbe stato fonte di guai. -Quindi?- le chiedo, mentre anche gli altri componenti si avvicinano. 
-Quindi- esordisce il bassista, dando un poderoso schiaffo sul collo all’uomo accanto a me -2D deve impegnarsi di più, se non vuole che una ragazzina lo superi in quanto a doti canore e prenda il suo posto nella band.- 

-Murdoc.- lo richiama la chitarrista, scuotendo la testa. 
-Beh, Noodle- dice lui guardandomi per un secondo per poi riportare lo sguardo sulla ragazza -Non puoi certo negare il fatto che sia stata brava.-
-Non sto dicendo questo!- esclama lei -Sto dicendo che per ovvi motivi, Stu-san non può essere cacciato dalla band e nemmeno essere messo in secondo piano da una ragazzina.-
Nel momento stesso in cui apro la bocca per dire la mia, una mano me la chiude. Appartiene a Stu, o Stuart o Stu-san o 2D o come diamine si chiama quello con i capelli blu. 
-Sh, goditelo.- mi dice solo questo prima di tornare a seguire lo scambio di battute dei due, che sarebbe continuato all’infinito se alla fine il batterista non fosse intervenuto.
-Noodle, a te brucia perché non vuoi che qualcuno ti tolga il primato di essere l’abitante  più giovane dei Kong Studios, oltre che all’unica ragazza, ma credo che te ne dovrai fare una ragione.-

Il mio sguardo passa dal viso di Murdoc a quello del batterista, a quello furioso di Noodle, fino a quello di Stu, totalmente perplesso, come me.
-Mi spiegate?- urlo prima che il litigio possa riprendere.
-Sì- dice stancamente Stu, passandosi una mano fra i capelli -Dopo ben cinque anni che stavamo fermi, abbiamo pubblicato il nostro nuovo album circa quattro mesi fa, e fra due settimane cominceremo il nostro primo, dannatissimo, tour mondiale, ma c’è qualcosa che non va nella mia voce. E se i concerti non vanno bene, non ci vorranno pagare  e noi, io, ho un disperato bisogno di quei soldi, per cui, quando ti abbiamo sentita cantare, abbiamo pensato, circa tutti…- 
-… No- conclude Noodle. -Stu-san, hai bisogno di quei soldi, se la prendessimo a bordo non credi che ti pagherebbero di meno?- tenta lei con tono lamentoso. 
-Oh, andiamo- la interrompe Murdoc, di nuovo -Sono comunque un sacco di soldi, e poi è solo per questo tour, mica per sempre! Cazzo, fai la ragazza matura per una volta!- 
-Murdoc, le puzza ancora la bocca di latte!- 
-EHI!- dico infuriata. Perché non mi faccio mai i fatti miei?!
-Tu puzzi e basta!-  
-Non ho nemmeno accettato!- provo a farmi sentire io.
In effetti la mia affermazione fa girare tutte le teste dalla mia parte. 
-Ma accetterai, vero? Vero?- mi scuote Stu per un braccio. 
Li guardo nuovamente, ad uno ad uno, scorgo le loro emozioni. Stu, preoccupato che io possa non accettare, Murdoc, al contrario, totalmente sicuro del mio sì, il batterista il cui nome mi è ancora sconosciuto, che aspetta pazientemente una mia risposta, Noodle, che schiuma di rabbia.

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Capitolo 3
*** TRASLOCO ***


Ciao ragazzi, sono ancora viva. La storia sta continuando su Wattpad, si chiama How It Feels To Be Lost. Nel caso in cui vogliate sapere come finisce, vi consiglio di traslocare lì. -bluehead

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