Se è uno dei tuoi soliti scherzi, ti crucio.

di Matagot
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 7 ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


Lily Luna Potter era da sempre una piccola peste.

Era stata una bambina sveglia e presto divenne anche caparbia e tenace, come può essere una nanerottola costretta ad interagire con ben due fratelli più grandi.

Odiava quando le si diceva che lei non poteva giocare con loro perché era piccola, perché era una signorina e perché si sarebbe fatta male. Presto fu chiaro a tutti che Lily, la piccola cucciola indifesa di Harry Potter, non aveva proprio paura di piangere o farsi male. Non si tirava mai indietro, la sua età o il suo sesso non l’avrebbero resa inferiore ai fratelli. Nei primi anni della sua infanzia collezionò un encomiabile numero di lividi, bernoccoli e cicatrici nei suoi tentativi di non rimanere mai indietro nei progressi che i suoi fratelli facevano nel gioco del Quidditch (su scope per bambini, quelle che al massimo si sollevano ad ottanta centimetri da terra), nel tentare di cacciare gli gnomi dal giardino della Tana e nelle continue sfide che i tre piccoli Potter solevano lanciarsi per stabilire chi fosse il più coraggioso di tutti.

Si volevano un gran bene i Potter: James, il più grande, era in tutto e per tutto uguale al nonno di cui portava il nome: capelli arruffatissimi e neri, occhi bruni e un orgoglio smisurato, tanto quanto la sua voglia di ridere; Albus, il secondogenito, era un bambino più riflessivo. Spesso lo si poteva vedere intento ad osservare minutamente, con i sui occhi verdissimi, tutto ciò che non riusciva a decifrare del mondo, fino a quando la soluzione non veniva rivelata e allora correva prontamente dalla sorella, per spiegarle ciò che aveva appena scoperto, da bravo fratellone; Lily, uno scricciolino dai capelli rossi, solitamente raccolti in una ridicola coda scarmigliata proprio laddove un tempo c’era la fontanella, aveva un fegato notevole per la sua giovane età e non perdeva mai l’occasione di tentare di eguagliare i due fratelli nelle abilità che apprendevano.

Harry e Ginny amavano i loro figli con ogni fibra del loro essere, ma questo non impediva loro di sapere che avevano messo al mondo dei mostriciattoli combina guai: quei tre non passavano giorno senza ricevere una bella grattata di capo, una volta per uno scherzo ai danni di questo o quel parente, un’altra per una prova di coraggio in cui avrebbero sicuramente rischiato l’osso del collo. In segreto, dopo averli sgridati, Harry e Ginny si trovavano a ridacchiare orgogliosi delle malefatte dei tre, perché era innegabile, avevano del talento e dell’ingegno.

A volte però, i figli facevano talmente dannare che non vedevano l’ora di spedirli ad Hogwarts e poter finalmente fare colazione (il tempo di una fetta di torta e un caffelatte, niente di particolare) senza dover sedare un paio di litigi tra Albus e James, riparare la tazza che Lily aveva appena fatto cadere ed evitare che Bob, il pastore australiano di casa Potter, rubasse dalla tavola qualsiasi cosa il suo naso fiutasse.

 

I Potter vivevano in una villetta a Ottery St. Catchpole, non troppo distante dai genitori di lei. Ginny infatti aveva chiesto ad Harry, appena prima di sposarlo, di poter prendere casa in prossimità della Tana, poiché non voleva allontanarsi troppo da quei genitori che, non troppo tempo prima, avevano perso uno dei figli. Bill e Fleur si erano trasferiti a Shell Cottage, Charlie era ritornato in Romania e Percy viveva a Londra con la moglie Audrey. George, dopo aver trascorso qualche settimana alla Tana conseguentemente alla scomparsa di Fred, era tornato a vivere a Diagon Alley, vicino al negozio ormai solo di sua proprietà. Hermione e Ron, dopo qualche mese trascorso in Australia per andare a recuperare i signori Granger e sciogliere l’incantesimo su di loro, avevano trovato una piccola villetta sempre nel Devonshire, a Plymouth, in modo da poter raggiungere comodamente sia Molly e Arthur, che Harry e Ginny, per quelli che pensavano sarebbero stati meravigliosi aperitivi e cenette sfiziose, ma che nel giro di pochi anni divennero compleanni pieni di marmocchi urlanti e sghignazzanti.

Meno male che avevano deciso di stabilirsi vicino ai signori Weasley, loro sì che avevano dato loro un gran supporto e aiuto nell’essere genitori. Ogni tanto Ginny ed Harry giuravano che avrebbero volentieri affrontato una terza e pure una quarta Guerra dei Maghi, pur di prendersi un mesetto di ferie dalla genitorialità del trio funesto e da Teddy. Ogni weekend estivo, il figlioccio di Harry e sua nonna Andromeda andavano a trovarli e rimanevano per il weekend.

Teddy era già un ragazzo in età scolastica e i piccoli Potter lo attorniavano per tutte le 48 ore che passava a casa loro, chiedendo avidi informazioni di quel posto meraviglioso che era la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Teddy rispondeva con dovizia di particolari ai loro quesiti e smetteva solamente quando Harry iniziava a lamentarsi dicendo che il figlioccio non stesse più respirando da tanto che lo facevano parlare e minacciando di scrivere alla preside McGonagall di non disturbarsi ad invitarli nella scuola scozzese, giacché loro ormai sapevano tutto del castello e delle materie. I bambini allora iniziavano a brontolare un poco, per poi ricominciare a mangiare ciò che la madre aveva preparato per cena, ma non prima di aver fatto promettere silenziosamente a Teddy di continuare a raccontare tutto non appena non fossero più stati a tiro di orecchie adulte.

Durante le feste comandate, l’intero clan Potter-Weasley-Granger e amici si riuniva. Lo scompiglio portato alla Tana era indescrivibile e nonna Molly ne traeva una gioia immensa. Quel luogo, quella casa, ricominciava finalmente ad animarsi di grida, risate e piagnistei, facendola tornare a quei momenti in cui tutti i suoi figli vivevano ancora sotto lo stesso tetto. Un po’ di malinconia le stringeva il cuore quando si soffermava sui ricordi di Fred da bambino, ma quel velo di tristezza aveva le ore contate: i piccoli nipoti, forse apposta o forse no, quando vedevano la nonna un po’ assente con lo sguardo, decidevano che era proprio ora di combinare uno scherzo o una marachella.

Molly sentì dei tonfi provenire dal piao di sopra e intimò con un urlo a chiunque stesse combinando qualcosa che non avrebbe dovuto, di smettere subito o, nel migliore dei casi, si sarebbe beccato una strigliata con punizione annessa. Poi tornò a mescolare l’intingolo dall’odore delizioso che quella sera per cena avrebbe abbinato ai suoi famigerati Yorkshire Pudding e sorrise. Essere nonni era una gioia.

Nell’udire l’urlo della nonna, uno spaventatissimo bambino di cinque anni, dai capelli ovviamente rossi, emise un gemito e sibilò: “Lily, non credo che dovremmo continuare…”
Lily Potter sporse il mento in fuori con una fierezza comica se abbinata ai suoi cinque anni e, dopo essersi portata le mani sui fianchi in una meticolosa imitazione di sua madre, disse: “Senti un po’, non fare il pisciasotto ora, io sono qui per aiutarti, Hugo.”
Hugo annuì mestamente, d’altronde aveva ragione Lily. Sospirò e continuò a guardare Lily che riempiva le scarpe di sua cugina Rose di Caccabombe.

Così crebbe Lily Potter: in mezzo ad una famiglia numerosa, per cui aveva imparato ad essere discreta; attorniata da cugini e frtelli più grandi con caratteri decisamente forti, che le avevano insegnato a non tirarsi mai indietro e a non aver paura; cresciuta da un Potter e una Weasley, cosa che le aveva permesso di sviluppare una grandissima curiosità per cose bizzarre o pericolose, un talento particolare nel cacciarsi nei guai e un’insaziabile e onnipresente voglia di torta di mele di nonna Molly.

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 1 ***


CAPITOLO 1
 
Lily Potter, Grifondoro, V anno


Nulla era palese quanto l’appartenenza di Lily al clan Weasley.

Lily assomigliava violentemente nell’aspetto alla madre. I capelli, talmente rossi da sembrare un incendio, cadevano in morbide onde fino a metà schiena e ad ogni passo danzavano leggeri, permeando l’aria di un lieve profumo di vaniglia e mela. Gli occhi erano color nocciola ed era cosa nota che fossero incapaci di celare al mondo l’emozione che li animava. Potevano stringersi in due fessure tempestose, lasciando presagire una perfida vendetta, oppure accarezzare i profili dei suoi cari con una dolcezza talmente autentica da disarmare anche i cuori più freddi.
Lily Potter era, ad onor del vero, una bella ragazza di quindici anni, il cui aspetto angelico celava l’animo più pestifero che Hogwarts avesse avuto l’onore di ospitare dai tempi dei Malandrini.

D’altronde, la genetica non poteva che rivelarsi in maniera preponderante: come padre si ritrovava il paladino del mondo magico, il Bambino che è Sopravvissuto e notorio lanternino per situazioni complicate nel contesto scolastico, il cui record di regole (e addirittura qualche legge magica) infrante era superiore a quello dei gemelli Weasley; sua madre, l’eroina della Seconda Guerra dei Maghi, Ginevra Weasley, era una bomba a mano con la miccia piuttosto corta e la lingua tagliente quanto veloce era la sua bacchetta.
 
Se non fosse bastato il suo aspetto fisico a chiarire a quale famiglia magica Lily appartenesse, lo avrebbe fatto il vociare e gli sguardi che attorniava il passaggio della famiglia Potter sul binario 9 e ¾ di King’s Cross, nonostante fossero ormai passati anni dalla sconfitta di Voldemort.
“Non curatevi di loro” disse Lily ad Albus e ai genitori, spingendo il carrello carico del suo baule e della gabbia in cui teneva Mefisto, il suo soriano. “Sono estremamente famosa per aver salvato il mondo magico da Albus e James, ma non voglio rilasciare autografi… Sapete, farsi desiderare dai fan tiene vivo l’interesse.”
Albus le diede una gomitata con fare fraterno e ad Harry scappò un sorriso. Stava accompagnando i suoi due figli minori all’Espresso per Hogwarts e finalmente avrebbe potuto trascorrere tre mesi da fidanzatini con la moglie, grazie anche al recente trasloco di James. Non vedeva l’ora, l’estate era stata particolarmente turbolenta, ogni anno che passava rendeva i suoi figli sempre più inventivi nell’intrattenersi e sinceramente ne aveva abbastanza di esplosioni e urla per casa.

“Che non debba ricevere dei gufi almeno fino ad Ottobre, chiaro Lily?”
Ginny la squadrò con fare indagatore e Lily si profuse in una teatrale scena di diniego, invero magistrale, se solo gli occhi non tradissero un palese lampo di divertimento.
“Madre, tu mi offendi! Te lo giuro, sono un piccolo angioletto che capita solo nel posto sbagliato al momento sbagliato, è Albus che riesce a far ricadere la colpa delle sue malefatte su di me!”
Ginny sbuffò quando Lily si piegò in un mezzo inchino.
Albus, anche nell’adolescenza, aveva conservato quell’indole calma e riflessiva che lo aveva pervaso sin da bambino e anzi, a diciassette anni, si accingeva all’anno dei M.A.G.O. con una media altissima e la carica di Caposcuola sulle spalle. Albus era sempre stato il meno Potter dei Potter. Smistato al suo primo anno nella Casa di Serpeverde, nonostante l’iniziale senso di smarrimento, di fallimento e di delusione lo avesse fatto sentire come se stesse disonorando il nome di famiglia, aveva trovato tra i suoi compagni in verde e argento terreno fertile per riuscire a diventare il brillante giovane uomo che era. In uno in particolare aveva sempre riposto una fiducia che aveva fatto ridacchiare i professori da subito e storcere il naso ai genitori non appena aveva scritto che era diventato molto amico di Scorpius. Solamente Salazar può sapere quanto le Moire dovessero ridersela nell’aver abbinato due anime così affini, in tutto tranne che nel cognome.

 Proprio Scorpius stava ora salutandolo con la mano, accompagnando il gesto con un sincero sorriso nel ritrovare l’amico che le vacanze estive gli avevano impedito di frequentare ogni giorno. Nel ragazzo erano fioriti i geni Malfoy lievemente addolciti da quelli della madre. I suoi capelli non erano di un biondo platino al pari di quello del padre; erano sì chiari, ma di una tonalità piacevolmente calda, come i primi soli di maggio. Dal padre aveva preso gli occhi grigio chiaro che molte ragazze avevano fatto sospirare al suo passaggio, così come gli zigomi sporgenti, ora enfatizzati dall’ombra di una barba fatta qualche giorno prima. Si era alzato ancora durante l’estate, ormai sfiorava il metro e novanta e superava in altezza sia la madre che il padre, dietro di lui per aiutarlo con il baule e salutarlo prima della sua partenza.

“Albus, per favore, bada a tua sorella e non farti remore a punirla se dovesse comportarsi male, posso contare su di te?”
La voce di Harry distrasse suo figlio dal saluto che stava rivolgendo all’amico e subito Albus fu pronto ad annuire.
“Papà, meno male che non mi chiedi più di farla rigare dritto, quello era impossibile.”
Una risata animò la famigliola che si accinse a salutarsi.
“Scrivete, mi raccomando!” urlò Ginny, salutando i figli con la mano.
“Sì mamma, ti spedirò un sacco di lettere e anche la tavoletta di una tazza del gabinetto di Hogwarts!”
Ginny rise, cogliendo la citazione che la figlia aveva fatto di ciò che le avevano detto i suoi due fratelli quando lei era troppo piccola per andare alla Scuola di Magia. Probabilmente Lily si era identificata un po’ troppo nei due gemelli in effetti.

Quando Lily e Albus sparirono sul treno alla ricerca disperata dei loro amici, una piccola lacrima fece capolino negli occhi della madre, che si scostò subito per asciugarla.
“Fa sempre male quando partono, vero?”
Ginny si voltò e abbracciò prima Hermione e poi Ron, che erano lì per salutare Hugo e Rose.
“Sono già al settimo e al quinto anno, dovremmo metterli in punizione, non si cresce così alla svelta.” borbottò Ronald Weasley pensieroso, prima di sospirare, girarsi verso la moglie, il suo migliore amico e sua sorella ed esordendo nuovamente a parlare.

“Beh, aperitivo?”
Hermione, la solita Hermione, scoccò un bacio veloce sulla guancia del marito prima di rispondere.
“Non oggi Weasley, mi aspettano al lavoro, difendo un caso di maltrattamenti prolungati su una famiglia di Goblin, perpetrati da un mago a cui, secondo mio parere, dovrebbero levare la bacchetta per come la utilizza.” e subito, con lieve “pop!” si smaterializzò al Ministero della Magia, dove l’udienza presso il Wizengamot la attendeva.

Anche Ginny doveva andare, ormai non giocava più come Cacciatrice professionista nelle Holyhead Harpies, ma ne era diventata l’allenatrice. Si era ritirata poco dopo i trent’anni, nonostante fosse all’apice della carriera. Nonostante le tre gravidanze, Ginevra Weasley era agile e scattante come lo era sempre stata, ma la gestione della discendenza infernale la teneva occupata a tempo pieno. La lontananza dal campo di Quidditch si ripercosse sull’animo della Weasley, questo era innegabile. Le mancava l’adrenalina del campo, la competizione, le urla degli spettatori e la leggerezza che provava nell’animo ogni volta che riusciva a fare un goal. L’abbandono del Quidditch era un sacrificio che aveva fatto volontariamente e lo avrebbe rifatto mille volte per la sua famiglia, ma era appunto questo, un sacrificio. La sua famiglia presto se ne accorse e, quando arrivò la proposta da parte della squadra che lei diventasse allenatrice, Harry e i figli fecero un segreto accordo che imponeva loro di non combinare guai mentre la mamma era al lavoro, pena una settimana di lavori forzati a casa di zio Percy.

I figli acconsentirono, limitando le scorribande più grosse solo a quando vi era, in effetti, uno dei genitori in casa o in zone limitrofe e fu così che Ginny tornò ad essere l’allegra persona che era sempre stata.
“Rimaniamo solo io te, come ai vecchi tempi no?”
Ron accennò ad un sorriso supplichevole ed Harry non poté dire di no. D’altronde, si era preso la mattinata libera e un’ora in più lontano dal Quartier Generale degli Auror, da lui gestito, non avrebbe sortito effetti irreversibili sulla sorte della comunità magica mondiale.
“Certo, questa volta tocca a me offrire.”

Ron si sciolse in un sorriso. Era da tanto che non riuscivano più a vedersi solo loro due, due vecchi amici, senza preoccupazioni ed impegni. Era mancato ad entrambi e si sarebbero proprio goduti quell’Idromele.
 
**
 
“Lily, ti prego, fammi arrivare ad Hogwarts senza che mi abbiano già sottratto dei punti.”
Cassandra Goldstein, quinto anno di Corvonero e migliore amica di Lily, la stava scongiurando.
“Cassie, rilassati, non ho intenzione di combinare nulla di irrimediabile, davvero. È solo…” e qui Lily fece una breve pausa ad effetto “è solo che la Zabini se lo merita e lo sai anche tu.” L’occhiolino di Lily strappò un mezzo sorriso alla Corvonero.

Cassandra Goldstein era una ragazza giudiziosa, tranquilla e amante dei libri. Aveva gli occhi verdi e i capelli scuri che le incorniciavano il viso fino alle spalle, uno sguardo intelligente e molte idee sul come organizzare alla perfezione i ripassi pre-G.U.F.O.
La sua unica macchia, scolasticamente parlando, era l’inossidabile amicizia che la legava alla giovane Potter. Quante volte aveva condiviso le colpe della Grifondoro, quante volte si era messa nei pasticci solo perché non riusciva a lasciare da sola Lily in situazioni che avrebbero inesorabilmente condotto ad una punizione. Tutti sapevano che l’artefice delle mille malefatte era la rossa, ma tra le due era talmente forte l’amicizia che Cassandra passava le sue giornate a far desistere Lily da varie stupidaggini da compiere e, notando l’inutilità dei suoi tentativi, provava almeno ad aiutarla così da non farsi beccare e spedire nell’ufficio della preside.

“Se solo ogni tanto te ne fregassi di quello che dice la gente…” mormorò Cassie con tono di rimprovero, scuotendo poi la testa, come se anche lei avvertisse l’odore stantio di una predica che ormai aveva fatto troppe volte alla sua amica.
“Se tutto va bene, entro sera Persephone Zabini imparerà a non dare troppa aria a quella sua maledetta boccaccia.”
Cassie roteò gli occhi al cielo e sospirò. Maledetto il giorno in cui strinse amicizia con Lily Luna Potter.
 
**



Persephone Zabini, Serpeverde, VII anno
 
 
Albus, seduto in un vagone mediamente affollato di Serpeverde degli ultimi anni, stava distrattamente accarezzando le piume del suo barbagianni, mentre ascoltava i suoi amici che si raccontavano le vacanze estive.
“Sapete, pensavo che Parigi fosse molto più divertente… Invece i francesi sono dei rozzi cafoni, ecco cosa sono, probabilmente tutti dei Grifondoro mancati…”

La voce modulata in modo che risultasse calda e suadente di Persephone Zabini riempiva il vagone. Aveva passato tutto il tempo a lamentarsi di quanto fosse sciatta Parigi, di quanto i francesi non fossero nulla di che e di quanto la cucina sembrasse il frutto di un elfo domestico con disturbi della personalità. Non stava parlando con nessuno in particolare, ma la voce era abbastanza alta da essere udita da tutti i presenti. L’unico sguardo fisso su di lei era quello di Jasper Nott, adorante nell’osservare i bei tratti della ragazza.

Persephone sapeva di poter esercitare un particolare ascendente sul compagno di casa, ma non era la sua di attenzione che puntava ad accaparrarsi.
Sedeva composta sul sedile, con le mani affusolate si accarezzava in modo languido i lunghi capelli neri, il petto lievemente sporto in fuori. Sapeva che quei piccoli gesti, studiati per risultare seducenti in modo discreto, avrebbero fatto sbavare qualsiasi ragazzo, ma evidentemente qualcuno era deciso a non confermare la regola. Non diede a vedere il suo disappunto, ma una punta di irritazione avvelenò le sue parole.
“E tu, Scorpius caro, come hai trascorso le vacanze?”
Cercò di ammorbidire la voce nel pronunciare il nome dell’oggetto dei suoi desideri e gli occhi di Nott si strinsero delusi. Nemmeno oggi sarebbe stato fortunato.
Scorpius Malfoy, che leggeva una rivista seduto a fianco del suo migliore amico, non rispose subito. Terminò di leggere le poche parole che lo dividevano dalla fine di un paragrafo intitolato “Fluttuazioni di temperatura e umidità atmosferica: incidono davvero sulla vivacità della fiamma nella preparazione della Soluzione Corroborante?” prima di rispondere.
“Io sono andato a Nizza con i miei genitori.” disse con voce un po’ annoiata. “Parigi sarà il ricettacolo di tutto ciò che in Francia c’è di orrendo, perché a me la città e il cibo sono piaciuti davvero tanto.”
Persephone spalancò lievemente gli occhi nel sentirsi smentire di netto, ma subito riacquisì la maschera algida che era abituata a portare.
“Già, la tarte tatin di mia zia è sempre ottima.” Asserì prontamente Albus.
Scorpius lo guardò per un secondo e Albus capì subito che lo stava ringraziando silenziosamente per averlo salvato dall’ennesimo attacco della compagna di casa. Chissà quanto le sarebbe servito per capire che non era interessato a lei. La Serpeverde parve non accorgersene, perché si alzò con grazia e iniziò a camminare in modo lento verso di lui, ancheggiando sapientemente. Albus alzò gli occhi dal barbagianni per constatare che Persephone si stava sedendo di fronte a loro, a Scorpius precisamente. Lei cercava lo sguardo di Malfoy mentre beveva il suo succo di zucca con fare lascivo. Tornò con lo sguardo al suo animale. Se la sarebbe dovuta vedere il suo amico da solo contro quell’attacco frontale.
“Allora la prossima volta mi premurerò di visitare la Francia con te, caro. Sicuramente saprai mostrarmi… il suo lato migliore.”
La Zabini rincarò la dose, scoprendo le sue intenzioni ora in modo palese, poggiando lievemente le sue dita su quelle di Scorpius, che non si scompose solo in apparenza. La sua mente frullava veloce nel vagliare quale azione potesse farlo uscire dalle grinfie dell’amica senza scatenare la sua ira, perché era noto che fosse una maledetta serpe vendicativa, ancora più di ogni altra donna, se rifiutata.
La soluzione tardava ad arrivare e Scorpius si stava già disperando quando…

CLANG.

“Ciao fratellone!”
Lily Potter, con tutta la grazia di un ippopotamo imbufalito, fece un rumoroso e plateale ingresso nel vagone, interrompendo la situazione spinosa e sedendosi di fronte a suo fratello, mostrandogli un sorriso di quelli che non presagivano nulla di buono. Si premurò di urtare accidentalmente Persephone, che fece un ghigno infastidito. Ancora quella maledetta rossa da strapazzo, evidentemente non ne aveva avuto abbastanza.
“È arrivata lo Schiopodo…” bofonchiò con tono velenoso, rivolta alla rossa.
Lily non se ne curò, continuava a fissare Albus cercando di apparire il più innocente possibile, ma inutilmente.
“Lils, sei riuscita a far esplodere qualcosa e sei venuta da me per annunciarmi che mamma e papà ti hanno diseredato per questo?”
Albus accennò ad un sorrisetto, incuriosito da cosa avrebbe tirato fuori dal cilindro sua sorella questa volta. Sapeva che questa incursione nel vagone dei Serpeverde non era del tutto casuale, come la sua impellente necessità di venire a salutarlo d’altronde. Nonostante le innumerevoli differenze caratteriali, Lily ed Albus erano molto legati e spesso si trovavano per fare lunghe chiacchierate quando uno dei due ne aveva bisogno, ma avevano sempre preferito mantenere quegli incontri intimi e limitare le interazioni in pubblico. D’altronde, tra i Serpeverde e i Grifondoro scorreva da sempre cattivo sangue, alimentato da continue frecciatine e tiri mancini. Avevano provato, durante il primo anno di Lily, ad avvicinarsi in pubblico, ma ogni volta si finiva a bisticciare perché qualche loro amico partiva a punzecchiare l’altro gruppo e il rischio di zuffa o peggio, di litigi tra i due fratelli causati dall’idiozia degli amici, era sempre troppo probabile. Da allora avevano capito che il loro rapporto fraterno necessitava di privacy per poter essere coltivato.
“No, ti chiedevo solo se potevi prestarmi Edgar, ho dimenticato a casa alcuni vestiti e volevo scrivere alla mamma di mandarmeli subito.”

Lily era amabile. Troppo amabile. Stava decisamente architettando qualcosa, ma Albus non riuscì a comprendere chi fosse l’obiettivo ultimo di tutto quel teatrino.
“Ah, non darti troppe noie, sei sempre un pugno nell’occhio qualsiasi cosa indossi, tu e quella cornacchia fate pena per come girate nei corridoi…”
La leziosa voce di Persephone invase l’aria e tutti si girarono a guardare la scena, trepidanti. Nessuno si sarebbe perso uno scontro tra le due, meglio ancora se si fosse tramutato in duello.
“Seph, vacci piano, è comunque mia sorella.” Disse calmo Albus, giusto per tentare di placare gli animi. Non pensava che nessuna delle due necessitasse di aiuto o supporto in caso di litigio, d’altronde lui era un Caposcuola ed era nelle sue responsabilità evitare situazioni del genere.
Lily rispose al sorriso della Zabini con altrettanta falsità, poi afferrò il succo di zucca dell’altra, levò la bottiglietta e aggiunse “Un brindisi alla boccaccia larga di Zabini che, quando non è impegnata a far altro, si premura di diffondere maldicenze.”
Qualche risata scoppiò nel vagone e Lily fece per portarsi il succo alla bocca e tutto accadde in modo fulmineo.

Persephone aveva estratto la bacchetta per lanciare una qualche fattura a Lily, ma la cosa non le riuscì perché Albus aveva scagliato un Protego sulla sorella e qualcuno aveva disarmato la ragazza con un incantesimo non verbale prima che potesse affatturare la Grifondoro.
Lily rimase un attimo interdetta nel constatare che oltre ad Albus, cosa su cui lei aveva fatto affidamento, qualcun altro si era messo tra lei e la Serpeverde. Fu sconcertante notare che l’Expelliarmus era stato scagliato da… Scorpius Malfoy.
I quattro si guardarono per un attimo interdetti.

“Lily, vengo a trovarti stasera per portarti Edgar. Ridai anche il succo di zucca a Seph, che ora se ne starà tranquilla intanto che tu torni dai tuoi amici e Scorp le ridarà la bacchetta quando tu sarai uscita.”
Il tono di Albus era calmo, ma fermo e autoritario e nessuno osò contraddirlo. Evidentemente, nonostante l’indole tranquilla del giovane Potter, i suoi compagni lo rispettavano. Sebbene Lily sentisse l’adrenalina di un duello che la annebbiava e fosse davvero incline a farla pagare alla ragazza, sorrise compiaciuta e si alzò. Fece esattamente come suo fratello aveva detto e, accostandosi alla porta del vagone, si voltò per salutarlo con un occhiolino. Albus inarcò un sopracciglio e lei si voltò, non abbastanza velocemente da perdersi il sorriso incerto che Scorpius le aveva fatto. Quello sì che era strano.
 
Si allontanò dal vagone solo quando iniziò a sentire le urla strozzate di Persephone Zabini e sorrise.
La Serpeverde avrebbe imparato a non dire cattiverie su Cassie e se non lo avesse fatto… La Mou Mollelingua che le aveva messo nel succo di zucca le avrebbe fatto capire che era meglio non mettersi contro di lei.


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Angolo autrice
Ciao a tutti! Vi ringrazio per aver letto il capitolo e spero che vi stia piacendo. Questa è la prima fanfiction che scrivo, quindi per favore, siate clementi!
Se avete voglia di lasciarmi una recensione anche con critiche e suggerimenti vi invito a farlo, sono sempre apprezzate :)

Un bacio
Matagot

 

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 2 ***






 CAPITOLO 2



Lily Potter, Grifondoro, V anno
 
 
“LILY LUNA POTTER!”

Quel tono e l’uso del suo nome completo non lasciava mai presagire nulla di buono. Si girò quasi a rallentatore, con gli occhi che cercavano il soffitto e l’espressione imbronciata. Si sarebbe potuta dichiarare innocente finché non l’avessero beccata e quell’avvertimento segnava decisamente che qualcuno l’aveva invero sbugiardata, il suo ingresso a stretto giro nell’ufficio del Professor Paciock o peggio, della McGranitt, non parevano così improbabili.

Albus si stava avvicinando a lei con gli occhi che lampeggiavano severi. Il suo distintivo da Caposcuola brillava come di luce propria, illuminato dai raggi solari che entravano dalle vetrate del corridoio del secondo piano, rischiarando quella mattina di inizio ottobre.

“Ciao Al, mi sembri di buon umore stamattina.”

Lily non cercò di apparire innocente, o almeno, così pareva dall’espressione sul suo viso, perché aveva praticamente stampato in fronte la parola colpevole. Si sarebbe beccata la solita ramanzina e una delle punizioni più fantasiose che il fratello potesse inventare sul momento o magari se la sarebbe cavata solo con qualche punto sottratto.

“Sii sincera, Lily. Hai fatto recapitare alla Zabini della Puzzalinfa nella posta di stamattina, firmandoti Qualcuno che è decisamente più profumato di te?”

Lily scoppiò a ridere di gusto e quella risata riempì presto il corridoio semideserto, non tentò nemmeno di negare. La scena avvenuta poco prima le tornò in mente: era stata talmente plateale che tutta la Sala Grande era esplosa in fragorose grida e risa di scherno che Persephone, cercando di mantenere un contegno che la stava decisamente abbandonando, scappò dalla colazione con lacrime di rabbia che minacciavano di sgorgarle dagli occhi. La Serpeverde era totalmente ricoperta da quella sostanza color verde marcio, innocua, ma decisamente odorosa e difficile da lavar via.

Il padre di Lily, durante un Natale passato alla Tana, le aveva raccontato un aneddoto in cui sull’Espresso per Hogwarts, un anno, il professor Paciock aveva inavvertitamente azionato il meccanismo di difesa della sua nuova Mimbulus Mimbletonia e che ci avevano messo settimane a far sparire totalmente l’odore. Lily, allora undicenne, si era ripromessa di sfruttare questa nuova informazione almeno una volta nella sua vita e la Zabini le aveva dato modo di esaudire questa sua preghiera.

“Ci è rimasta male, vero? Così impara a fare la bulla con Hugo. Hai idea di cosa gli ha detto la scorsa settimana?”

Albus fece cenno di diniego, aveva lo sguardo decisamente curioso e, silenziosamente, invitò sua sorella a proseguire.
Lei non si fece attendere scimmiottò la voce della Zabini, con il mento sporto in fuori.

“Oh, che orrore! Non sentite anche voi il tanfo da mezzosangue che emana il piccolo Lenticchia? Vi immaginate che puzza che ci deve essere a casa loro?”

L’espressione di Lily era disgustata dalle parole che stava citando e non appena finì, inspirò profondamente, come se dovesse lenire il bruciore di quelle calunnie con l’aria fresca del mattino. Poi la sua espressione mutò e le apparve un ghigno malefico alla zio George (e probabilmente anche alla zio Fred, ma non potevano saperlo con certezza). Diede una scrollata di spalle e soggiunse: “Io ho fatto bene. Davvero, Al, non so come mai lei ce l’abbia così tanto con noi e non so come tu riesca a non lanciarle una fattura Gambemolli ad ogni ora del giorno, è odiosa!”
Albus annuì comprensivo e lanciò a sua sorella uno sguardo lievemente supplichevole.

“Lily, è una mia compagna di Casa e non è sempre una megera, anzi, lo diventa sempre quando sbuchi fuori tu. Non la sto giustificando.” Disse poi perentorio, alzando pacatamente una mano per cercare di tacitare la sorella quando questa fece per ribattere.

“Ma devi capire che io sono un Caposcuola e non posso far finta di niente. Per favore, cerca di limitare le rappresaglie contro Seph, non voglio essere costretto a punirti. O forse un po’ sì, non mi dispiacerebbe farti pulire i bagni dei prefetti con uno spazzolino, ovviamente il tuo.” Un sorrisetto scappò fuori dalle labbra del Serpeverde, scivolò fuori con naturalezza, come quando erano bambini. Lily aveva lo strano potere di strappargli sempre una risata. “Tra un anno sarà comunque fuori da qui. Tieni duro, birba.”

Usò il soprannome che lui le aveva dato quando erano ancora due monelli che scorrazzavano per il giardino di casa Potter e le scompigliò affettuosamente i capelli. Lei scrollò le spalle, vinta dalla dolcezza del fratello. Non avrebbe dato fastidio a Persephone Zabini. A meno che lei non se lo meritasse e, questa volta, Lily si sarebbe premurata di non essere scoperta.

“Albus, hey Al! Muoviti, o arriveremo in ritardo ad Aritmanzia. La Vector oggi spiega l’oscillazione e interazione tra la stringa temporale runica e la carica magica nelle maledizioni auto-attivanti!”

Scorpius Malfoy si avvicinò velocemente al compagno e gli fece cenno di muoversi, interrompendo il momento. I suoi occhi danzarono un attimo sulla figura di Lily e sul sorrisetto colpevole che le si stava dipingendo in volto mentre la mente si arrovellava sui nuovi metodi per farla franca e, non seppe neppure lui perché, ma sentì gli angoli della sua bocca sollevarsi. Che strana cosa, la sorellina del suo migliore amico doveva aver acquistato qualcosa di strano dal negozio dello zio, un Profumo Perfetta Pulzella o un Anello Animo Avvenente, qualcosa che rendesse inevitabile sorridere alla persona che indossava una di quelle diavolerie, quelle sciocchezze che le ragazze dal quarto anno in su usavano per attirare le attenzioni dell’altro sesso. Sicuramente sarà stato un profumo, Lily in effetti aveva un vago sentore di vaniglia e mela, gradevole e rilassante, chissà come faceva a profumare così di buono e di famiglia. Strano invero, perché da un filtro d’amore lui si sarebbe aspettato qualcosa di diverso, per esempio finta fragola estremamente dolce come quella roba in cui la Zabini o la Rosier si facevano il bagno prima di uscire dai loro dormitori, appestando l’aria intorno a loro. Si riscosse quando Albus iniziò ad avviarsi e, con noncuranza, salutarono entrambi Lily.

Una Lily che, rimasta ora sola nel corridoio, non si fece problemi ad esibire un’espressione stupita. Due volte? Quel biondino snob amico di suo fratello, dopo anni e anni di visite a casa Potter durante le vacanze in cui le rivolgeva sì e no la parola per non perdere il prezioso tempo che poteva trascorrere con Albus, ora aveva deciso di sorriderle (in verità in modo un po’ grottesco, come se lui non fosse del tutto conscio della sua espressione) ben due volte?
Scrollò le spalle e si mise a correre verso le serre. Sarebbe arrivata in ritardo a lezione e sentiva già il suono della voce del professor Paciock dire: “Potter, sei in ritardo, cinque punti in meno a Grifondoro.”
 
**

 
Jasper Nott era intento a copiare da Esther Selwyn il lunghissimo tema di Erbologia su ‘Warlingtonia, come estrarne il succo scottante e i suoi sette usi’, quando sentì un vago odorino di pan au chocolat riempirgli le narici e solleticargli l’appetito. Si girò, cercando con lo sguardo cosa potesse avere quel delizioso odore all’interno della Sala Comune di Serpeverde e subito i suoi occhi golosamente porcini trovarono la fonte.
Albus Potter si era appena seduto su una poltrona vicino al fuoco, proprio di fianco a Malfoy, porgendogli poi un vassoio pieno di leccornie che sicuramente veniva dalle cucine di Hogwarts.

“Un dolcetto per i tuoi pensieri.” Disse lui, strappando un sorriso all’amico.
Sin dal primo viaggio sull’Espresso per Hogwarts, i due ragazzi, un po’ intimoriti da tutto il baccano proveniente dai vari vagoni, avevano stretto un saldo rapporto di amicizia. Entrambi sentivano il peso di un cognome che inevitabilmente avrebbe influenzato tutta la loro vita, a prescindere dal loro valore come persone ed entrambi cercavano quindi rifugio lontano dalla confusione e dai riflettori. Scorpius stava vagando sul treno, non aveva perso l’Espresso per un soffio e quindi i vagoni in cui avevano trovato posto Jasper, suo cugino, e Esther, amica di famiglia, erano già pieni. Avevano provato a far posto per lui e il suo baule, ma se anche Scorpius, mingherlino e basso per la sua età, poteva sedersi comodamente, il baule non ci sarebbe stato e al giovane Malfoy non andava di abbandonare in un altro scomparto le sue cose e la gabbia di Ragù, il suo gatto rosso. Nonostante gli sguardi tristi degli amici, si era messo a vagabondare per il corridoio fino a trovare un vagone semi-pieno e, dopo aver inspirato per prendere coraggio, aprì lo scomparto e mise dentro la testa.

“Ciao, il treno è quasi pieno, posso sedermi qui?”

Nessuno sentì la richiesta fatta timidamente, perché all’interno del vagone, due persone stavano bisticciando animatamente.

“James, smettila di prendere in giro tuo fratello, sei palloso!”

Una ragazza dalla pelle color cappuccino e dai riccissimi capelli neri, aveva il dito indice puntato contro il cugino, alto e sghignazzante, con l’aria di essere uno popolare.
Quando si accorsero della nuova figura all’interno del vagone, tutti si zittirono in un nanosecondo e Roxanne Weasley colse l’attimo di distrazione di James Potter per mollargli un sonoro scappellotto.

“Ahia, Roxy! Smettila!”

James si abbassò istintivamente, ridacchiando al caratterino di fuoco della cugina e facendole la linguaccia.
Scorpius non si era azzardato ad entrare fino a che un altro bambino, dai capelli scuri, gli fece cenno di sedersi di fianco a lui ad un tavolo se no vuoto. Malfoy si avvicinò e si sedette, mentre i due ragazzi più grandi si acquietarono e tornarono ai loro sedili, vicino ad una bambina dai capelli rossi e ad un ragazzo che era davvero molto simile a quella Roxanne. Scorpius scoprì da lì a breve che Fred e Roxanne erano effettivamente gemelli.

“Scusali, loro si fanno sempre riconoscere.” Disse con semplicità il bambino smilzo di fronte a Scorpius, mentre gli allungava la mano.
“Io mi chiamo Albus e sono del primo anno.”

Scorpius strinse quella mano e non gli dispiacque il fatto che si fosse presentato a lui in modo così formale. La formalità era qualcosa che era abituato a gestire bene, d’altronde sia Astoria che Draco gli avevano impartito un’educazione del genere, nonostante il padre gli rimarcasse che fosse nettamente meno rigida rispetto a quella a lui impartita.

“Io invece mi chiamo Scorpius.”

James si voltò sardonico nell’udire quel nome. Gli occhi lampeggiarono divertiti e Scorpius seppe che quello era il trattamento che gli sarebbe stato riservato da ogni studente di Hogwarts.

“Ma sei il figlio di Draco Malfoy?”

Il tono era eccitato, come se avesse appena ricevuto un nuovo giocattolino da tormentare con le sue prese in giro e Malfoy decise di lasciar perdere e di non farsi provocare, annuendo distrattamente. James stiracchiò un sorriso e fece per parlare, ma venne prontamente interrotto.

“James, devi calmarti o dirò alla mamma che fine hanno fatto tutti i maglioni che nonna Molly ti ha regalato…”

Quando Albus parlò, il suo viso rimase calmo e pacifico, anche se il suo tono aveva un lieve sentore di minaccia e James sbuffò contrariato, per poi abbandonarsi ad una partita a Sparaschiocco con sua cugina Rose.
Scorpius guardò Albus con riconoscenza e i due seppero che quel piccolo gesto era bastato ad entrambi per trovare un amico. Parlarono molto durante tutto il viaggio e Scorpius scoprì che Albus era il secondogenito del leggendario Harry Potter e che, come lui, avvertiva un senso di inadeguatezza quando la gente realizzava quale cognome portasse. Scoprirono di avere parecchi interessi comuni, dai magi-manga all’odio per gli Zuccotti di Zucca (“sanno decisamente troppo di zucca, vero?) e soprattutto entrambi giocavano a Quidditch e non vedevano l’ora di poter essere abbastanza bravi da poter fare i provini per la squadra della loro Casa.

“E tu sai già in che Casa vuoi essere smistato?”

La fatidica domanda fu posta da Scorpius, lievemente preoccupato. Chissà se lui e il suo amico sarebbero stati nella stessa Casa.

“Papà dice che io sarò sicuramente in Serpeverde, come tutti nella nostra famiglia e che non devo curarmi di ciò che la gente dice sul conto dei Serpeverde. Non esistono Case oscure o buone, esistono solo le qualità che ogni Casa predilige e sono, per l’appunto, qualità.”

Malfoy recitò quasi parola per parola il discorso che Draco gli aveva fatto in un momento di insicurezza prima della partenza. Albus annuì, rinfrancato dal fatto che il ragionamento di suo padre, fatto anch’esso prima della partenza, fosse condiviso anche da altre persone.

E meno male che entrambi furono smistati a Serpeverde, perché la loro amicizia aveva basi talmente forti che non sarebbero riusciti a non vedersi ogni giorno da lì fino al settimo anno.
 
**


Scorpius Malfoy, Serpeverde, VII anno
 
 
“Un dolcetto per i tuoi pensieri.” Ripeté ancora Albus all’amico, che afferrò un croissant ancora caldo e lo addentò vorace. Era indescrivibile l’aumento di appetito che aveva subito negli ultimi anni, da quando il suo corpo aveva deciso di crescere.
Jasper si avvicinò e fu lesto nell’accaparrarsi un paio di bomboloni con cannella e zucca, poi si accomodò di fianco agli amici.

“Anche per i tuoi Jasper, se vuoi.” Ghignò pronto Potter.
“Ragazzi, che faticaccia stare dietro a tutte le lezioni. Cosa pensano i professori, che viviamo con il solo scopo di copiare dei compiti tutto il giorno? Ho ben altro da fare…” e soffocò il lamento con un generoso morso.
“Sai che se non passassi tutte le lezioni a pavoneggiarti con Persephone, non dovresti faticare così tanto nello studio e avresti molto più tempo libero?”
“Sì, probabilmente dovrei lasciar perdere, lei ha solo occhi per quel bel biondino tenebroso seduto di fianco a me.” sospirò Jasper.

Scorpius roteò gli occhi al cielo e soppresse un’imprecazione a Morgana. Persephone Zabini non lo lasciava mai stare, ormai era diventata una piaga che lui aveva deciso di fronteggiare. Inizialmente aveva badato bene a non incoraggiare la sua compagna di Casa e spesso la ignorava nella speranza di far scemare questo interessamento nei suoi confronti, ma ciò sembrava semplicemente attizzare le fantasie della ragazza.

“Davvero Jasper, non so cosa ci trovi, è diventata davvero snervante quella donna, si comporta come se fosse al centro dell’universo di ogni singola persona vivente.” Scorpius sputò la sentenza con un po’ di fastidio. Era sempre stato in buoni rapporti con la ragazza, finché la pubertà aveva trasformato quella bambina simpatica in un’insopportabile gallinella, futura regina dei salotti di un qualche enorme maniero.

“Non so che dirti Scorp, io mi sveglio e penso a lei e vado a dormire pensando a lei e se mi guarda, io sono semplicemente felice. Ma non preoccuparti, prima o poi mi noterà e avremo un sacco di bambini belli come lei e divertenti come me!” concluse gioioso.

I due amici scossero la testa e si unirono alle risate di Jasper. Il loro compagno era cotto da sempre della Zabini e purtroppo era un caso irrecuperabile, l’avevano già appurato l’anno precedente, quando avevano combinato per lui innumerevoli appuntamenti al buio nel tentativo di scacciare quel maledetto chiodo dagli occhi azzurri e i capelli lucidi e fluenti.

“E tu perché sei così pensieroso Malfoy?” interruppe Jasper.
“Esatto, io ero venuto qui per questo, è un po’ di tempo che sei assorto.” Rincarò la dose Albus.

Scorpius tastò il terreno con lo sguardo e vide che nessuno dei due avrebbe mollato l’osso. Entrambi avevano capito che qualcosa gli solleticava la mente ed era quindi inutile negare, li avrebbe semplicemente accaniti. Sospirò e decise che una mezza verità non avrebbe ferito nessuno, nemmeno lui.

“Mettiamo caso che conosci una persona da molto, no?” esordì lui, puntando gli occhi sul croissant con nonchalance, così da poter evitare il famigerato sguardo indagatore del migliore amico.
“E diciamo che un giorno la rivedi e boh, sembra meno anonima, diciamo quasi più carina…” ponderava le parole, come per valutare quanto sbottonarsi. “Forse tuo zio ha trovato un modo di ricreare un’Amortentia decisamente più blanda e condensarla in un profumo o cose del genere, Albus?” chiese poi speranzoso, rivolto al suo migliore amico.
Jasper e Albus scoppiarono fragorosamente a ridere e Scorpius si sentì subito preso in giro.

“Ma perché ridete? Ragazzi, la cosa è seria, la distribuzione dell’Amortentia è illegale, Albus, sei un Caposcuola!”

I due sghignazzarono ancora di più, ormai prossimi alle lacrime. Scorpius arrossì lievemente e li guardò infastidito. “Sembrate due Grifonscemi, piantatela!”
Albus, ancora con voce rotta dai singhiozzi e gli occhi che brillavano di curiosità, gli rispose.

“Amico, ti posso assicurare che mio zio non venderebbe mai roba del genere, soprattutto con delle figlie e delle nipoti che frequentano regolarmente il suo negozio.”
“Sì, forse la testolina razionale di Scorpius ha un piccolo problema nella comprensione della macro situazione…” aggiunse Jasper, ancora ridacchiante.
“Scorp, sputa il rospo, chi ti piace?”
“Sì dai, sputalo, tanto voi due lo sapete chi piace a me!” sghignazzò Nott.
I due continuarono a fare domande a Scorpius che, scrollò le spalle e liquidò la questione con un “vabbeh, chiamatemi quando ritornate a far funzionare i neuroni.”

Prese un libro al volo e si mise a leggerlo, giusto per chiudere la discussione. I due presto si calmarono, perché ormai conoscevano Malfoy e non sarebbero riusciti a cavare un ragno dal buco se lui non aveva voglia di parlare. Nott tornò al suo tema da copiare, non prima di aver dato una pacca sulla spalla al suo amico e sussurrato un “L’importante è che non sia Seph, mi dispiacerebbe dover duellare con te.”

Albus rimase sulla sua poltrona, davanti ad uno schema di Quidditch che cercava di perfezionare in vista del Campionato. Ogni tanto lanciava sguardi di sottecchi al migliore amico, con il lievissimo sorriso di chi la sa lunga ad increspargli le labbra.
Stettero sulle poltroncine un’oretta abbondante, prima di scendere per cena. Albus trattenne una risata quando si rese conto che l’amico, durante tutto quel tempo passato a leggere, non si era nemmeno premurato di girare pagina.

Scorpius si avviò con i suoi amici verso la Sala Grande, augurandosi che per dessert, quella sera, ci fosse la torta di mele.

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Angolo Autrice

Ciao a tutti! Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno seguito la mia storia o l'hanno messa tra i preferiti, ho fatto anni a leggere fanfiction ed effettivamente non mi ero mai resa conto di quanto questo potesse stimolare e appaggare l'autore.
So di aver delineato abbastanza bene il personaggio di Lily e poco quello del piccolo Malfoy, ma ho sempre pensato a Scorpius come una persona più difficile da inquadrare, ma a breve si sbottonerà un po' di più, volente o nolente.
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Baci
Matagot



 

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 3 ***


CAPITOLO 3



 Draco Malfoy, ex Serpeverde, padre di Scorpius Malfoy
 
 
“Albus, ti prego, dammi una mano, quella donna non vuole demordere e io mi sento come se i Mangiamorte stiano cercando di stanarmi, è ovunque!”
Scorpius giaceva nel suo letto, a pancia in giù, tentando di leggere il capitolo sui Dissennatori che la professoressa Frost aveva assegnato per la settimana seguente.

Albus sapeva di essere l’unico con cui Scorpius si sarebbe abbandonato ad una simile metafora, giacché chiunque altro avrebbe storto il naso ad una battuta del genere.
Scorpius non parlava quasi mai di come la sua famiglia fosse stata assolta dai processi svoltisi dopo la Seconda Guerra dei Maghi poiché l’omissione di Narcissa Malfoy era risultata determinante nella sconfitta di Voldemort e inoltre Draco, padre di Scorpius, aveva collaborato per stanare gli ultimi Mangiamorte in fuga.

Certo, la loro reputazione non ne uscì intatta, ma grazie anche alla testimonianza di Harry Potter, Draco fu ritenuto manipolato e costretto alla collaborazione con il Signore Oscuro mediante coercizione e quindi scagionato da gran parte delle accuse.

Scorpius ricordava perfettamente la mattina di metà estate che precedette la sua partenza per Hogwarts, il giorno in cui suo padre gli chiese gentilmente di raggiungerlo nel suo studio e di mettersi comodo.

Disse che gli avrebbe raccontato tutta la storia, non solo quella riveduta e corretta che un padre avrebbe dovuto raccontare al figlio pur di proteggerlo dai mali del mondo. Gli avrebbe detto tutto, veramente tutto, anche le cose che avrebbero distrutto la sua fiducia, anche se questo lo avrebbe portato a provare diffidenza o addirittura odio verso di lui. Gli giurò che riconosceva tutto quello che di sbagliato commise, ma voleva fargli capire i vari perché così che, una volta ad Hogwarts, quando avrebbe sentito mille persone calunniare la sua famiglia, si sarebbe potuto aggrappare a quel ricordo, a quella verità che lui aveva raccontato a chiunque avesse voluto ascoltarlo davvero, ma che non lo scagionava dagli errori commessi. Suo padre asserì anche che era da lì, dalla volontà di rimediare in modo decisamente esiguo a tutto il male che aveva inferto, che aveva dirottato le sue aspirazioni verso la Medimagia. Si era convinto che cercando di salvare la vita alle persone, negli anni sarebbe riuscito a perdonarsi la malvagità di cui si era sporcato le mani e, a dire il vero, anche l’avanbraccio. Mostrò il Marchio Nero al figlio, gli raccontò di come i suoi genitori, da sempre, erano stati vicini al Signore Oscuro. Raccontò di come si fossero accostati a lui inizialmente per affinità di ideali, un mondo perfetto in cui regnavano i Purosangue e le antiche famiglie magiche erano equiparate alla nobiltà. Riferì di come tutto fu semplice all’inizio, di come Lord Voldemort apparisse accattivante, da abile oratore che era. Quello che inizialmente si trattava solo di un circolo di amici che condividevano l’ideale della purezza, con ritrovi sistematici in cui potevano, in tutta privacy, discutere di queste idee così contrarie al perbenismo diffuso che li avrebbe additati come razzisti, si trasformò gradualmente. Narcissa fu la prima ad averne il sentore e, quando espresse i suoi timori al marito, questo la guardò con dolcezza, le scoccò un lieve bacio sulla fronte e le disse di non preoccuparsi, che la sua mente stava galoppando un po’ troppo velocemente. Presto anche Lucius si rese conto che Lord Voldemort sarebbe passato all’azione e, se all’inizio poté considerare divertente qualche scorribanda a discapito di Babbani, cose semplici, tipo l’appenderli a testa in giù nel cuore della notte per terrorizzarli a morte e generare un po’ di scompiglio per gli addetti ministeriali, successivamente il Signore Oscuro non mancò loro di chiedere di riconfermare la loro lealtà nei suoi confronti tre volte, con la maledizione Imperius, con la maledizione Cruciatus e con l’Avada Kedavra.

Lucius Malfoy ben presto comprese che ormai era troppo tardi per tornare indietro, che se solo avesse accennato a tradire Voldemort, le ripercussioni sarebbero state irrimediabilmente fatali per la sua famiglia. Imparò a reprimere ogni traccia di umanità e studiò l’Occlumanzia, perché Colui Che Non Deve Essere Nominato era un abile Legilimens. Si premurò che anche la moglie e il figlio studiassero l’arte del chiudere la mente, così che nessuno di loro avrebbe corso rischi a causa delle avventate scelte di Lucius. Scelte che lo condussero ad Azkaban, con grande ira di Voldemort, il quale stabilì il suo quartier generale a Malfoy Manor e impose a Draco Malfoy, appena sedicenne, di prendere il Marchio Nero e votare la sua vita alla causa della purezza. Draco viveva nel terrore e non vedeva l’ora di tornare ad Hogwarts, almeno non avrebbe visto casa sua, la casa in cui aveva trascorso così tanti momenti felici nella sua infanzia, profanata da quei Mangiamorte abietti e assetati di nefandezze di ogni genere. Li vedeva vagare per i corridoi in cui aveva imparato a camminare, adocchiando i preziosi tesori di famiglia e insozzando la casa dei suoi avi con azioni abominevoli, cose che lui non si sarebbe mai riuscito a togliersi dalla testa. Avrebbe pagato qualsiasi prezzo per potersi liberare di quella vita che ormai non gli apparteneva più, niente aveva più senso o valore. Si ritrovò presto prigioniero in casa sua, dove era costretto a recitare una parte. Draco confessò al figlio che vagliò l’idea del suicidio, ma non ne fu davvero capace, ebbe paura di abbandonare la madre ad un terribile destino. Raccontò di quanto lo aveva logorato la missione che doveva compiere, di come dover uccidere una persona non sia lontanamente semplice come i Mangiamorte continuavano a ripetergli. Davanti ai suoi amici, tutti figli di altri Mangiamorte, era costretto a pavoneggiarsi, a vantarsi dell’onore che il Signore Oscuro gli aveva riservato, a mostrarsi fiero e determinato. Si chiudeva spesso in bagno a piangere, Draco, piangeva lacrime amare, piangeva sperando sempre di svenire per passare poche ore nell’oblio. Le lettere della madre erano strazianti e i messaggi di Greyback, appostato ad Hogsmeade, gli mettevano fretta nel compiere ciò che avrebbe dovuto fare. Raccontò poi dell’essere riuscito a far entrare i Mangiamorte ad Hogwarts, mettendo in pericolo la vita dei suoi compagni di studi ma salvando quella della madre, la fuga dopo la morte di Silente, le torture che era stato costretto a compiere, le sevizie perpetrate dietro minaccia, tutto ciò che era avvenuto nella Battaglia di Hogwarts e poi il sollievo nella morte definitiva di Lord Voldemort, di quanto si fosse sentito leggere dopo, libero, intoccabile.

E invece intoccabile non lo era e lo scoprì ben presto. Aveva cercato di redimersi, seppur debolmente, collaborando con il ministero, lasciandosi interrogare sotto Veritaserum, intraprendendo gli studi da Guaritore, ma tutta la vita come l’aveva conosciuta prima dei suoi sedici anni era svanita, ormai per lui c’erano solo insulti, sguardi d’odio e ancora peggio, quelli addolorati e vendicativi che gli rivolgevano i famigliari delle vittime. Scoprì ben presto di non essere abbastanza forte per tutto questo e ancora una volta, pensò ad un modo per cessare tutto quell’odio, quell’orrore, quel dolore.

L’unica ancora di salvezza fu per lui Astoria Greengrass, una boccata di ossigeno dopo anni di asfissia.

“Fu solo per l’amore di tua madre che non compì quel gesto. E quando mi disse che aspettavamo te, fui davvero grato di non averlo fatto, di aver tenuto duro, perché non credevo potesse esistere qualcosa al mondo che potesse guarirmi dentro, che mi avrebbe davvero fatto ringraziare di essere vivo e invece tu mi smentisti. Avevo una ragione per svegliarmi ogni mattina ed essere una persona migliore, avevo un motivo per poter sorridere e ringraziare Merlino. Ti devo ringraziare, Scorpius, perché grazie a te sono oggi la persona che avrei sempre voluto essere, tu mi hai dato la forza per farlo.”

Suo padre era una maschera impassibile, ma centinaia di lacrime silenziose gli erano scivolate via dalle ciglia in quelle due ore.

“Lo so che questa è una cosa enorme da metabolizzare e capirò se per un po’ non avrai voglia di vedermi, parlarmi o abbracciarmi, ma ho pensato che tu dovessi sapere, prima di Hogwarts, perché non potrei sopportare l’idea che quello che ho fatto io possa essere usato contro di te e ferirti.”
Scorpius era scioccato, quasi non respirava più da quando suo padre aveva iniziato a parlare. Aveva la gola secca, continuava a sbattere le palpebre e a grattarsi il collo con le mani. A fine discorso, il collo era ormai rosso vivo. Non sapeva bene come reagire a tutto questo, gli orrori compiuti da suo padre ai danni di quelli che erano, probabilmente, i genitori dei suoi futuri compagni di scuola, l’orrore e la paura che il comportamento da terrorista di Lord Voldemort avevano generato nell’intera comunità magica e l’animo spezzato di quel padre che, seppur rigido saltuariamente, era stato sempre amorevole nei suoi confronti.

D’impulso, Scorpius gettò le braccia al collo del padre, che rimase paralizzato dalla reazione del piccolo.
“Grazie per essere stato sincero, papà. Io ti perdono e ti difenderò davanti a chiunque.” gli scappò detto velocemente, stringendosi forte al genitore.
Draco Malfoy quella sera esaurì tutte le sue lacrime, ma almeno quelle finali furono generate dalla commozione di essere riuscito a crescere un figlio esattamente come avrebbe voluto essere stato allevato lui.
 
**
 
Tyler Wood, ex Grifondoro, Cadetto all'Accademia Auror

“Al, ti prego, aiutami, Persephone è una spina nel fianco.”

Scorpius chiuse di scatto il libro e si voltò per guardare il suo migliore amico. Albus era davanti allo specchio, invero strano, era un’abitudine che non aveva mai avuto, probabilmente era la diretta conseguenza di un commento malevolo ricevuto da qualche ragazza. Stava cercando di arruffarsi i capelli, un po’ sullo stile di suo fratello. Malfoy lo guardò incuriosito, ma non disse nulla, ci sarebbe stato tempo per indagare su quella cosa.

“Non so Scorpius, ti ricordi quando Tyler Wood aveva cercato di piantarla?” accennò l’amico, ricordandosi di quello spiacevole accadimento.

Tyler Wood aveva terminato gli studi due anni prima. Era alto, con la struttura fisica muscolosa tipica dei battitori, un sorriso genuino ad illuminargli il bel viso e la chioma color cioccolato che puntualmente generava commenti svenevoli da parte delle ragazze. Era stato eletto Fusto dell’Anno per tre anni di fila dalle studentesse di tutte le Case e, ovviamente, si trascinava ad ogni passo il cinguettio noioso di uno stormo di fan accanite. Lui e James Potter erano migliori amici e questo non faceva che accrescere il numero di ormoni scatenati al loro passaggio, incrementandolo esponenzialmente.

La quindicenne Persephone si era posta come obiettivo proprio quel belloccio e non le fu difficile avvicinarlo. La pubertà l’aveva trasformata, il viso si era affilato e le rotondità infantili iniziavano a ridistribuirsi sul suo corpo, aggiungendo qualche curva che lei non si premurava di nascondere.
Una sera, durante la cena in Sala Grande, si era avvicinata a lui. Sfoggiava la camminata felina che ben presto l’avrebbe caratterizzata, avanzava lenta tra i tavoli con un sorriso ingenuo stampato in faccia. Sorriso strano se accostato allo sguardo sensuale che aveva puntato dritto nelle iridi castane di Wood. Sembrava un’incantatrice di serpenti ed ignorò i vari fischi di apprezzamento e i commenti del tipo “hey Zabini, ti sei persa?” che ricevette durante il percorso.

Si sedette di fianco a Tyler e, per aiutarsi, poggiò casualmente la sua mano sulla spalla di lui, regalandogli un sorriso.
“Hey Wood, mi hanno detto che dai ripetizioni di Incantesimi.”
Nel dirlo, si era sporta un po’ verso di lui dopo aver gettato dietro la spalla i capelli lunghi, con gesto noncurante.
Mezzo tavolo di Grifondoro tacque e le reazioni furono plurime: le ragazze morirono di invidia, inghiottendo la bile con gli occhi spalancati e fissi sui due, i ragazzi lanciarono sguardi carichi di gelosia a lui e avidi verso di lei, qualcuno sollevò le sopracciglia pensieroso, altri osservarono incuriositi. James Potter, seduto di fronte all’amico, lo guardò con un sorriso impertinente, in silenzio. Tutti sembrarono trattenere il respiro.
“Ciao Zabini. Sì, mi mancano alcuni crediti extra prima dei M.A.G.O. e ho deciso quindi di dare ripetizioni, sei interessata?”
Il tono gioviale di lui fu del tutto mal interpretato da lei, le ultime due parole infatti la fecero annuire come una gattina allusiva. Tyler deglutì nel realizzare il fraintendimento.

Fu così che Persephone, che non aveva assolutamente bisogno di ripetizioni in nessuna materia, fece in modo di passare due ore a settimana da sola con Tyler Wood, in un’aula a loro disposizione.
La storia tra di loro non tardò molto ad iniziare e fin da subito tutta la scuola si chiese come un animo gentile come quello di Tyler potesse accettare di essere sbandierato a mo’ di trofeo dalla Serpeverde. Perché quasi tutti si rendevano conto che, di lui, a lei non importasse molto. Certo, aveva sempre un ghigno soddisfatto nel constatare che tutte le ragazze la fissavano con odio, avvelenate visceralmente di gelosia, e come i ragazzi fissassero lei e Wood con gli occhi frementi di chi avrebbe venduto l’anima per fare cambio con lui.

Giravano mano nella mano nei corridoi, sparivano per intere serate, non cercavano assolutamente di nascondersi quando sentivano l’impellente bisogno di baciarsi appassionatamente in pubblico e nemmeno di tenere la mani al loro posto durante quelle effusioni. Erano a tutti gli effetti la coppia più popolare di Hogwarts, lui era bello da mozzare il fiato, lei era ammirata da tutti i ragazzi al pari di una Veela, era naturale che stessero insieme. Tutti parlavano di loro, tutti volevano essere loro e, in alternativa, loro amici. Erano visti al pari di una coppia reale, destinati ad esistere l’uno di fianco all’altra.

Wood si sentiva così fortunato ogni volta che guardava la sua ragazza, decisamente la studentessa più seducente di tutta la scuola, di cui era perdutamente innamorato ma, nonostante l’infatuazione iniziale gli avesse fatto perdere in alcune occasioni tutta la decenza di cui era dotato, dopo un paio di mesi ritornò ad essere il bravo ragazzo che era sempre stato, il tipico vicino della porta accanto pronto ad aiutare la vecchietta a far scendere il gatto dall’albero o a recuperare il pallone di alcuni bambini che, giocando, lo avevano fatto finire al di là della recinzione del parco.

Gli amici di lui, quelli più intimi, gioirono nel constatare che Wood era rinsavito e che stesse finalmente realizzando che la Zabini non era l’angelo sensuale che lui si era immaginato. Lui iniziò ad accorgersi dei commenti velenosi di lei verso le altre ragazze, dell’atteggiamento di superiorità che riservava a tutti e di come gli imponesse di amoreggiare con lei quando attorno vi era una piccola folla. A dirla tutta, lei voleva amoreggiare selvaggiamente solo con un pubblico presente, sussurrandogli paroline dolci e maliziose ad un orecchio dopo avergli lanciato uno sguardo di quelli che gli facevano venir voglia di spogliarla. Questo amore passionale svaniva nell’animo di lei non appena erano in intimità.

In poco tempo Tyler si convinse di dover parlare con la Zabini, per capire se fosse cambiato qualcosa tra di loro, se vi fosse un qualche problema. 

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Persephone Zabini, Serpeverde, VII anno

Persephone era arrivata in anticipo al loro appuntamento e quando Tyler entrò nel bagno dei Prefetti, la trovò già completamente nuda, che lo aspettava nell’enorme vasca. Rimase per un attimo senza fiato perché, nonostante i suoi buoni propositi di chiarire quella situazione un po’ dubbia, lei era incantevole con i capelli bagnati e il corpo celato solo in parte da qualche accumulo di schiuma sparuto. In un attimo la sua mente si svuotò e, con tutto l’ardore che può provare un diciassettenne, non perse troppo tempo con l’ingombro dei vestiti addosso. Entrò nella vasca fremente e cercò subito le labbra di lei mentre la cingeva alla vita. Lei gli concesse giusto un bacio prima di staccarsi da lui, un po’ infastidita, e girò il viso in direzione opposta. Lui si concentrò quindi sul collo di lei, martoriandolo di baci e morsi, mentre le mani gli scivolarono velocemente sulle natiche, accarezzando, stringendo, rimarcando il suo possesso. La strinse a sé, così che i loro bacini si toccarono e lei iniziò una danza lenta e morbida, per eccitare ancora di più il ragazzo, che ora aveva afferrato con foga un seno. Wood buttò la testa all’indietro, con gli occhi chiusi e il respiro strozzato, mentre con le mani sul suo bacino la aiutava a muoversi e inconsciamente la attraeva ancora più vicino a sé, per riuscire ad entrare in lei. Persephone, fiera e capricciosa come una gatta, gli buttò le braccia al collo e, con la labbra quasi a sfiorare le sue mormorò: “Aspetta un attimo campione, non ti sembra che prima tocchi a me?”.

Vorace, lui la prese in braccio per poi stenderla a bordo vasca a pancia in su, prendendosi un attimo per rimirare quel corpo magnifico, coperto ancora in alcuni punti di schiuma. L’eccitazione di lui era ormai al limite, ma decise di accontentarla e, dopo averle allargato le cosce, si buttò a capofitto nel sesso di lei per portarla gradualmente al piacere con la lingua.

Persephone era esigente e del tutto dimentica che il sesso si faceva in due. Lei viveva il tutto come un mero processo per arrivare al piacere, al suo piacere. Tyler leccava, succhiava e si aiutava con le dita, ma per lei non era abbastanza. Lo spinse di lato, rovesciandolo sulla schiena. Puntò le sue ginocchia ai lati della testa di Tyler e si abbassò un poco, così che lui potesse continuare agevolmente a farla godere. Lei gli afferrò i capelli e strinse quasi con violenza, tenendolo fermo a terra e decidendo che, ancora una volta, avrebbe dovuto provvedere da sola ad alleviare la frenesia che ora le stava inondando il corpo. Strinse più forte e Tyler gemette appena per il dolore alla cute, ma a lei non importava e sapeva che nemmeno lui ci stava dando troppo peso. Iniziò ad ondeggiare con il bacino sulla faccia di lui, era una danza che ormai conosceva fin troppo bene, presto avrebbe aumentato il ritmo e si sarebbe abbandonata a quella meravigliosa sensazione di appagamento che la percorreva come scariche elettriche ogni volta che scopava con qualcuno. Guardò in basso e lo sguardo adorante di Tyler ebbe un macabro effetto sulla sua libido, azzerata da quegli occhioni da cucciolo. Spostò lo sguardo sui suoi capelli e strinse ancora più forte, volendogli causare un po’ di dolore, per far sparire quel maledetto sguardo pieno di unicorni e arcobaleni. Questo gesto scatenò in lei un’eccitazione senza pari e non passò molto tempo prima che Persephone gemette, arrivata al culmine. Solo allora, sudata e con il viso arrossato, si premurò di lasciare la chioma del ragazzo. Lei fece per allontanarsi, ma lui l’abbracciò teneramente e affondò il viso nei capelli di lei e Persephone poté alzare gli occhi al cielo a quelle romanticherie senza ricevere un rimprovero. Avrebbe voluto andarsene, si sarebbe voluta risparmiare quel supplizio, ma effettivamente lui non le avrebbe concesso di lasciarlo insoddisfatto. Ancora abbracciati, lei prese a massaggiargli il membro, sperando di cavarsela così, ma lui la prese in braccio e la sdraiò su un telo per terra. Persephone aspettò che lui raggiungesse l’orgasmo con espressione scocciata, insensibile alle premure che lui le riservava o ai baci. Pensò che era davvero una bella fregatura doversi preoccupare anche dell’appagamento del partner, perché invero a lei non interessava.
 

Dopo il famelico amplesso, Persephone corse a rivestirsi, senza degnare di uno sguardo il Grifondoro. Questo lo avvilì ancora di più e, nonostante la passione che quella ragazza riusciva sempre a tirargli fuori, si convinse definitivamente che quello non era il tipo di relazione che a lui sarebbe andato bene ancora per molto.
“Sephy, dolcezza, siediti un attimo.” Disse lui, con voce calma e il solito sorriso che ispirava fiducia a chiunque lo vedesse.
Lei si girò verso di lui, inarcò un sopracciglio con fare indagatorio, ma decise di non ribattere. La curiosità la spinse a fare come lui, stranamente, chiedeva.
“Vorrei capire cos’è questa relazione per te, perché io non la sto vivendo serenamente come vorrei.” Proseguì sempre con voce affabile, sedendosi di fianco a lei per poi avvolgerle le mani con le sue. Prima di proseguire, cercò il suo sguardo e parlò solo quando lei si degnò di guardarlo negli occhi.
“Mi piacerebbe capire se c’è qualcosa che non va, se ho fatto qualcosa di sbagliato. Un momento sei amorevole e mi dai attenzioni, il momento dopo non riesci neppure a guardarmi negli occhi mentre facciamo sesso, poi ritorni subito possessiva e poi ancora eviti di baciarmi. Ti prego, io ci tengo a te, dimmi cosa c’è che non va.” Terminò lui, con gli occhi che guardavano dolcemente quelli di lei.
A lei si mozzò il fiato. Cos’era quel discorso? Perché non se ne stava zitto e buono come al solito? Era il preludio di un piagnucolio quello?
Cosa? Tyler, cosa vuoi? Perché devi rovinare del sesso meraviglioso con queste stronzate da femminuccia?” gli occhi di Persephone si strinsero e, uniti al tono avvelenato, sembrava davvero un animale pronto ad attaccare ferocemente, perché Persephone Zabini non sapeva mettersi sulla difensiva, non lo aveva mai fatto e non avrebbe certo iniziato ora.
“No Sephy, non reagire così, voglio solo sapere se ho fatto qualc…”
“Wood, tu non hai fatto niente, a parte tediarmi ora con queste pippe mentali da primina. Cosa vuoi da me, che ti rimbocchi le coperte? Le coccole dopo una semplice scopata?
“Beh…” esordì Tyler, avvilito da quell’aggressività. Perché lei stava facendo di tutto per sminuire la loro relazione? Non vedeva come lo stava facendo soffrire?
“Beh, sì.” Concluse semplicemente, denudando il suo animo di fronte a lei, ora immobile.
“Persephone, io ci tengo a te e vorrei che la cosa funzionasse. Tu ci tieni a me?”
Lei si morse le labbra, gli occhi freddi andarono a cercare quelli di Tyler. Qualcosa le mozzava le parole in bocca, sarebbe stato davvero semplice dire Sì Tyler, ci tengo a te, ma non sarebbe riuscita a mentire così spudoratamente davanti ai maledetti occhi da cucciolo sincero che la natura aveva donato al maledetto Wood. Ora che ci pensava, non aveva davvero voglia di giustificarsi o di spiegarsi con quel bamboccione.
Rimasero qualche secondo a fissarsi e Tyler, intuendo la situazione, scosse il capo come per liberare la mente di tutto ciò che stava per ferirlo. Avrebbe dovuto ascoltare i suoi amici, quelli che gli avevano detto che lei lo stava solo usando, avrebbe dovuto proprio dar retta a James quando lo rimproverò di essere accecato al sesso e che lei lo stava solamente sfruttando per la sua popolarità.

“Penso che dovremmo smettere di vederci.”
La voce di Wood era quella calma e affabile di sempre, ma aveva perso tutto il calore che l’aveva sempre resa irresistibile. Fece per alzarsi, ma lei con un gesto fulmineo gli afferrò l’avanbraccio e lo costrinse a sedersi di nuovo.
“Tu mi stai lasciando?” Persephone Zabini parlò con voce grave e bassa. Sembrava quasi un ringhio incredulo. Quando lui annuì, lei sbarrò gli occhi.
“Tu non puoi lasciarmi, Wood. Tu non puoi lasciarmi, tutti vogliono stare con me, non puoi lasciarmi!” ormai lei stava gridando, non disperata, ma vittima di una furia quasi animalesca. Lui non rispose e tentò nuovamente di andarsene. Questa volta lei non lo fermò. Gli occhi lampeggiarono d’ira mentre lo seguivano e, con un sorriso perfido, aggiunse in tono falsamente amabile: “Te ne pentirai, Wood.”
Lui la sentì, ma non si curò della vuota minaccia che lei gli mosse contro, lasciò il bagno silenziosamente mentre si riprometteva di stare alla larga il più possibile da quella pazza della Zabini.
 
Una settimana dopo, alla vigilia degli esami, Wood rimase misteriosamente chiuso a chiave nel bagno dei maschi al quarto piano. Disperato, si mise a gridare, a chiamare aiuto. Batté i pugni sulla porta e provò un Alohomora, un Bombarda, un Evanesco, ma nulla. Qualcuno aveva stregato la porta perché non si aprisse, l’aveva protetta e l’aveva poi imperturbata perché nessuno potesse sentire le urla. Iniziò a respirare sempre più velocemente, ma l’ossigeno sembrava essere svanito dal cubicolo. La fronte gli si imperlò di sudore e la mente non riuscì più a mettere a fuoco la porta.
Come si fa a respirare? Non si respira qua dentro, sto soffocando! Aiuto, qual era quel maledetto incantesimo per liberare le vie respiratorie? Fatelo smettere! Fa caldo o fa freddo? Non capisco. James! Dov’è James? Perché le pareti si stanno stringendo? Alohomora! Cazzo Alohomora! Le pareti! Mi schiacciano, sto per morire! Mamma, aiuto, mamma. Come si fa a non vomitare? Oddio. Maledette pareti! Oddio. Aiuto. Mi stanno scoppiando i polmoni! Dove sono gli insegnanti? Aiuto! Cazzo, sto morendo! Perché i bagni sono così piccoli? Dannazione, odio tutto sta collassando, le pareti, la porta, tutto! La porta, la porta non si apre, perché cazzo non si apre? Aiuto, non respiro, dov’è l’aria? Fatelo smettere, vi prego. Mi sta per scoppiare il cuore, la testa, gli occhi. Dov’è l’uscita? DOV’È?
 
James si preoccupò quando, alla vigilia dell’esame, l’amico non si presentò. Ebbe la sensazione che qualcosa non andasse, Tyler aveva lavorato sodo per ottenere buoni risultati nel suo M.A.G.O. di Incantesimi, il suo sogno era infatti quello di diventare un Auror, non avrebbe potuto saltare la prova scritta. Scongiurò la preside McGonagall di andare a cercarlo, perché quel comportamento non era sicuramente nella norma per l’amico Caposcuola. La preside si offrì di mandare qualche studente degli anni inferiori per non far perdere del tempo prezioso per lo svolgimento dell’esame a Potter, che si rifiutò categoricamente. Fuggì velocemente dall’aula alla volta della torre di Grifondoro. Corse come un forsennato, aveva il fiatone quando arrivò al suo dormitorio. Iniziò a svuotare il baule in modo confusionario, rovesciandolo alla bell’e meglio sul pavimento, alla ricerca disperata della Mappa del Malandrino. Individuato l’amico imprecò sonoramente e ripartì celere. Raggiunti i bagni maschili del quarto piano, spalancò rumorosamente la porta e, dopo molti tentativi, riuscì ad aprire il gabbiotto in cui era stato rinchiuso Wood.

James trovò l’amico accucciato per terra, bianco, tremante e in iperventilazione, subito si premurò di sollevarlo ed abbracciarlo. Gli ci vollero una decina di minuti per calmarlo e, nonostante la sua insistenza nell’accompagnarlo in infermeria, Tyler si rifiutò, poiché dall’esame in corso sarebbe dipeso il loro futuro lavorativo. Promise subito all’amico che, terminata la produzione scritta, si sarebbe recato da Madama Chips e dalla preside e solo allora James smise di assillarlo per la sua salute. Quando raggiunsero l’aula dell’esame, avevano già perso mezz’ora delle due a disposizione per lo svolgimento del tema
Durante tutta la prova, James lanciò varie occhiate all’amico per controllare il suo stato di salute, ma ormai Tyler sembrava essersi ripreso. Si era totalmente immerso nella spiegazione dell’Incanto Fidelio e probabilmente stava reprimendo tutto ciò che lo aveva sconvolto per non mettere a repentaglio la sua futura carriera che, inutile rimarcarlo, dipendeva strettamente da quel voto.

Terminato l’esame, James si premurò di informare dell’accaduto la McGranitt.
La preside convocò subito nel suo ufficio i due giovani e Madama Chips per un controllo veloce. Quando l’infermiera scolastica disse che Tyler necessitava solamente di riposo e cioccolata, fu congedata.

“Vorrei sapere che cos’è successo.” Esordì la preside senza la glaciale severità che era il suo marchio di fabbrica.

Tyler raccontò tutto l’accaduto, minimizzando il violento attacco di panico che lo aveva colto e assicurando la preside di sentirsi bene.
James fu di tutt’altra opinione. Si infervorò subito e Tyler non perse il suo tempo nel cercare di domarlo. Potter raccontò tutto, di come la porta fosse stata protetta, imperturbata e isolata dall’esterno e che questo denotava per certo che qualcuno avesse avuto l’intenzione di rinchiudere in un bagno Wood appena prima del suo esame. Disse anche che sicuramente questa persona era a conoscenza della claustrofobia dell’amico, perché erano incantesimi minori che Tyler sarebbe riuscito in condizioni normali a bypassare, ma dato l’attacco di panico, questo gli era stato impossibile.

“Capisce professoressa? Lo sapeva. Sapeva della sua claustrofobia e l’ha usata contro di lui!”

James sputò fuori quelle parole con rabbia, stringendo i pugni. La McGranitt pensò con nostalgia alle varie volte in cui aveva visto Harry in quello stato, le loro reazioni erano pressoché identiche.

“Abbiamo un’idea di chi potesse essere a conoscenza della fobia del signor Wood?”

Tyler aveva confessato di soffrire terribilmente di claustrofobia solamente a due persone: ovviamente a James e a… Persephone Zabini. Raccontò velocemente quel dettaglio alla preside, che si premurò di indagare sulla faccenda. Quando Tyler la guardò negli occhi, vide in lei una luce risoluta e combattiva e seppe di potersi affidare serenamente nelle mani di Minerva McGranitt.

“Purtroppo Wood, sai anche tu che le prove M.A.G.O. sono gestite da una commissione esterna e che si svolgono solamente una volta all’anno, non ho il potere di farti rifare l’esame, nonostante queste circostanze siano del tutto eccezionali.” La preside sospirò e soggiunse: “Tengo le dita incrociate per il tuo esame, Tyler.”

Pochi giorni dopo, la McGranitt convocò Wood nel suo ufficio e gli spiegò brevemente come si erano svolte le indagini. Lei e altri professori avevano sondato il bagno, decifrandone la Tracciatura e arrivando alla conclusione che la bacchetta utilizzata per tali sortilegi apparteneva ad un certo Rupert McDougal, primo anno di Tassorosso, il quale ne aveva denunciato la scomparsa poche ore prima. Trovata la bacchetta abbandonata sulla Torre di Astronomia, avevano confermato la tesi grazie al Prior Incantatio, ma la faccenda era morta lì. Non avevano modo, tramite la magia, di riconoscere chi effettivamente aveva scagliato gli incantesimi. L’autore del torto a Wood era stato davvero furbo, lasciandoli in un vicolo cieco.

Qualche mese dopo, Tyler scoprì di essere riuscito a strappare il M.A.G.O. con Accettabile e il suo sogno poteva comunque realizzarsi a patto che sostenesse ulteriori esami presso il Ministero. Maledisse la Zabini, tutta la furbizia tipica della Casa di Serpeverde, le donne, Salazar e le accuse cadute per mancanza di prove di quell’atto che gli avrebbe anche potuto far saltare la carriera.
 
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Albus Potter, Caposcuola, Serpeverde, VII anno
 
“Forse ho un’idea, anche se è un po’ stramba.” Mormorò Albus dopo una lunga pausa.
“Al, sono disposto anche a rinunciare al mio patrimonio. Non posso chiedere agli insegnanti di intervenire, perché teoricamente non sta infrangendo nessuna regola. La affronterei se non fosse in grado di rovinarmi e sai che, dato il mio cognome, non posso permettermi che qualcuno mi rovini.”

Scorpius non sembrava scherzare. Trascorse qualche secondo, Albus inspirò prima di parlare e poi diede una scrollata di spalle.

“Le ho pensate tutte, ma questa mi sembra l’unica soluzione. Mi costa dirlo, ma abbiamo bisogno di Lily.” Concluse semplicemente, come questa idea fosse l’ultima di una lunghissima lista, il cosiddetto Piano Z.

“Lily?” ripeté incredulo Scorpius. “Cosa può fare Lily?”

“Beh è l’unica che riesce a tener testa a Persephone. È una trovata geniale.” Rispose semplicemente, con un’alzata di spalle.

“Scorp, lo so che non la sopporti, ma a mali estremi…”

Lo sguardo di Albus era sconsolato ma convinto dell’ingegnosità della sua idea. Indagò un attimo con lo sguardo l’espressione dell’amico per capire quali fossero i suoi sentimenti rispetto alla soluzione da lui trovata.

“Bevi e rimedi.” Ribatté Malfoy ed entrambi scoppiarono a ridere.

“Sai Potter, in realtà tua sorella è forte. Alla fine mi ha già salvato da un agguato di Persephone, in treno, ricordi?” mormorò Scorpius mentre si fissava le mani. Non riusciva a distinguere bene la combinazione di sentimenti che stavano sormontando dentro di lui. Si convinse, dopo una breve analisi, che era eccitato perché probabilmente il suo migliore amico aveva trovato una via di fuga, era speranzoso perché quasi sicuramente Lily sarebbe riuscita a far dannare la Serpeverde e contento perché… sicuramente perché sarebbe riuscito ad arrivare ai M.A.G.O. con serenità, senza doversi chiudere a chiave nel dormitorio per studiare.

“A proposito, non ti ho mai chiesto come mai sei intervenuto disarmando Seph quella volta sul treno.” Albus la buttò lì con noncuranza ed era decisamente più bravo di tutti i suoi fratelli a dissimulare le sue vere intenzioni. Meno male che quella dote l’aveva presa lui e non Lily, o probabilmente sarebbe diventata una terrorista all’età di 10 anni.

“Mi aveva appena salvato dalla Zabini, mi sembrava doveroso.”

Scorpius rispose velocemente, forse troppo, e Potter se ne accorse. Quelle parole suonavano come una cantilena, come qualcosa che Scorpius si era ripetuto nella testa un po’ troppo spesso. Forse non riusciva a trovare un modo per giustificarsi della cosa e quindi si era inventato quel debole pretesto. Entrambi sapevano che Albus era abilissimo nei duelli, grazie ai suoi riflessi pronti e alla costante pratica che suo padre gli faceva fare ogni estate, quindi non vi era pericolo alcuno che Persephone riuscisse a stregare Lily in sua presenza, anche Lily ne era conscia, o non si sarebbe permessa di essere così impudente.

“Hai ragione. Ora andiamo a cercare Wilkes, ha detto che doveva passarci lo schema Zampata della tigre fiammeggiante da studiare prima del prossimo allenamento.”

Sorrise, pensando che Scorpius era da sempre un tipo molto perspicace, ma evidentemente anche lui aveva dei limiti.

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Angolo Autrice

Rieccomi! Lo so, questo capitolo è un po' più pensate dei precedenti, ma a mia discolpa posso addurre le seguenti ragioni:
1) fatemi redimere Draco, perché io sono follemente innamorata di questo personaggio da sempre
2) per quel che riguarda la vendetta di Persephone, ho vagliato ogni modo in cui lei potesse davvero tentare di rovinarlo, facendola franca anche con la magia a disposizione come strumento di indagine, ci ho pensato e ripensato e questa era la circostanza meno debole. Sono sicura che qualcuno potrà trovare una falla, ma perdonatemi.
Vi chiederete perché semplicemente la McGranitt non dia del Veritaserum alla ragazza e qui vi anticipo in questo modo: non penso che un'insegnante possa somministrare una pozione della verità ad un minorenne, senza il genitore presente e senza un'accusa ministeriale ad avallare questo mezzo. La semplice deduzione di James può essere vista, da un occhio adulto e soprattutto da insegnante, come una ritorsione dettata più dall'antipatia e dalla storia finita male con l'amico. La McGranitt affronta il tutto basandosi sui fatti più che sulle congetture e sulle idee. Sappiate comunque che ai fini della storia, mi serve che Persephone sia una bulla del peggior tipo, abituata a farla spesso franca.
3) Sempre riguardo a Tyler e Persephone, mi scuso in anticipo se la scena di sesso può risultare descritta male. Questa è la prima volta che mi trovo a scrivere di questi temi, non siate troppo severi con me!

Detto questo, grazie a chi mi supporta recensendomi e inserendo la storia tra le preferite o le seguite, siete dei tesori.
Un bacio

Matagot

 

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 4 ***


 
CAPITOLO 4



Olivia Parker, Caposcuola, Corvonero, VII anno
 
 
Era venerdì sera e Cassandra Goldstein stava effettuando la terza ronda serale della settimana, insieme a Carl Jackson, prefetto di Tassorosso. Entrambi avevano gli occhi cerchiati da pesanti segni neri, frutto di ore di sonno perse. Erano del quinto anno e nessuno di loro si sarebbe aspettato che già a fine ottobre il carico di lavoro sarebbe stato così pesante. Di recente erano state aggiunte le ronde extra che perché la Caposcuola Parker aveva il terrore che qualcuno degli studenti più iperattivi si sentisse in vena di combinare qualcosa di stupefacente in senso negativo in prossimità delle feste e Cassie immaginò che la sua amica Lily facesse maledettamente parte di quella lista, dato che era stata sorpresa proprio da Olivia a ricoprire ogni superficie dell’ufficio del custode di letame di drago.

Cassie e Carl svoltarono a destra ed imboccarono la scorciatoia che li avrebbe portati nella Sala dei Trofei, dove tutti i Prefetti si sarebbero dovuti incontrare dopo aver pattugliato la scuola. La raggiunsero quando l’orologio batté le undici e mezza di sera.

“Meno male che è finita, dove ancora finire il tema di Babbanologia.” Bisbigliò il Tassorosso. Non era obbligato a mantenere la voce bassa, ma lo fece inconsciamente per non turbare l’innaturale silenzio che stava pervadendo Hogwarts.

“Speriamo che Olivia non la tiri troppo lunga con le istruzioni, sto dormendo in piedi.”

 Anche Cassandra bisbigliò nel rispondere all’amico, soprattutto per evitare che Olivia Parker potesse udirla e farle una bella ramanzina. Entrarono nella sala e vi trovarono dentro gli altri Prefetti. Alcuni stavano già compilando i rapporti giornalieri sui punti sottratti e le punizioni assegnate, altri stavano scambiando due chiacchiere. I Capiscuola Olivia Parker e Albus Potter stavano discutendo in un angolo e all’ingresso degli ultimi due studenti, si girarono e invitarono tutti a sedersi.

“Buona sera ragazzi, abbiamo aggiornamenti sul banchetto di Halloween. Purtroppo non sono buone notizie.”

La Parker aveva iniziato il suo discorso con tono severo e tutti la guardarono con occhi insofferenti. I ragazzi erano oltremodo esausti e la prospettiva di cattive notizie dopo due ore e mezza di pattugliamenti sarebbe stato il culmine di una settimana decisamente difficoltosa per tutti loro.

“Dai Parker, non essere tragica.”

Albus, con un sorriso bonario e l’aria di chi già pregusta qualcosa di appetitoso, rincuorò gli animi di tutti.
“Quello che Olivia voleva dirvi è che la preside ci ha comunicato i suoi piani per il banchetto di domani sera. Ovviamente sono informazioni riservate solo a noi, in quanto si tratta di una sorpresa per tutti gli allievi. Al termine del consueto banchetto, Hogwarts ospiterà un concerto dal vivo dei Dark Phoenix.”
Un gridolino eccitato sfuggì a qualche ragazza e subito la stanza venne invasa da mormorii eccitati. I Dark Phoenix erano una band decisamente famosa tra i giovanissimi e i loro ultimi successi erano stati trasmessi a tutte le frequenze radiofoniche magiche e quindi tutti, volenti o nolenti, conoscevano a memoria il testo di Hex to my ex e Essence of Dittany.°°

Lo sguardo disgustato di Olivia ridestò l’attenzione di tutti.

“Era proprio quello che temevo, che avreste subito preso la situazione sotto gamba. I Prefetti saranno tutti chiamati a monitorare la situazione, per evitare che in Sala Grande esploda il delirio collettivo.” Li rimbeccò subito lei.

Albus stemperò prontamente la stoccata della Caposcuola, aggiungendo con tono sereno che a tutti era chiesto semplicemente di aiutare gli insegnanti a non far degenerare il banchetto, sia durante il concerto, che per il dj set a seguire. Il dj set sarebbe stato riservato solamente agli studenti dal quinto anno in su, quindi sarebbe stato compito loro assicurarsi che tutti gli studenti più giovani raggiungessero le rispettive Sale Comuni a concerto terminato, giusto in tempo per il loro coprifuoco. Dopo aver dato tutte le direttive per la sera seguente e stabilito l’orario di ritrovo, li congedò augurando una buona gita ad Hogsmeade per l’indomani.
 
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Hugo Weasley, Grifondoro, V anno
 
“Davvero ragazze, non potremmo semplicemente prendere una Burrobirra da Madama Rosmerta e viverci un normalissimo pomeriggio ad Hogsmeade?”

La voce di Hugo suonò appena incrinata da un filo di preoccupazione, accompagnato da un’occhiata supplichevole alle due amiche. Cassie annuì con fare accondiscendente, dopotutto aveva tantissime cose a cui pensare per i preparativi del banchetto. Si era ripromessa di non fare parola nemmeno con i suoi amici del concerto, dato che Lily ne avrebbe parlato in continuazione e non si sarebbe potuta contenere in nessun modo che non fosse uno Schiantesimo ben assestato, mentre Hugo avrebbe sicuramente spifferato tutto ai suoi compagni di dormitorio, anche loro particolarmente pettegoli.

“No dai, ragazzi, sveglia! È Halloween! H-A-L-L-O-W-E-E-N! Non possiamo non andarci e anche voi sapete che la Stamberga Strillante non è davvero infestata, dai, ci andava il padre di Teddy per trasformarsi!”

Lily stava opponendo strenua resistenza, gli amici sapevano entrambi che avrebbe continuato così tutto il giorno senza smuoversi dalle sue idee. Maledetta cocciutaggine ereditata dai Weasley.

“Lily, te l’ho già detto, preferisco andare a scaldarmi ai Tre Manici di Scopa, fa davvero freschino e io sono un po’ stanca, ti prometto che poi ti ci portiamo.”

Cassandra aveva un piano infallibile. Sarebbero stati nella via principale di Hogsmeade tutto il tempo, la più vicina al castello, e improvvisamente alle quattro si sarebbe sentita un po’ debole e con il mal di testa. Avrebbe fatto ritorno alla scuola e si sarebbe adoperata per coordinare quella che sicuramente sarebbe stata ricordata come una delle serate più memorabili di tutta Hogwarts. E questo l’avrebbe salvata anche dall’infausta gita alla Stamberga che, nonostante non fosse davvero infestata, metteva i brividi.
Lily piantò il broncio, ma non volle tediare l’amica che pareva davvero spossata, quindi annuì ripromettendosi che questa non sarebbe stata una sconfitta, ma solo un piccolo intoppo sulla strada della vittoria.
Entrarono a I Tre Manici di Scopa e si bearono subito del tepore all’interno del locale. Quella mattina la pioggia che batteva sulla Scozia da ormai sei giorni si era placata, animando i cuori dei giovani, ma ovviamente la temperatura non ne era stata mitigata, anzi l’intemperia incessante aveva permeato l’aria di umidità, che acuiva la sensazione di freddo. Trovarono un tavolino che si accalappiarono subito e non passò molto prima che il dolce sapore di Burrobirra iniziasse a dar loro calore.

Intavolarono una breve discussione sull’imminente partita di Quidditch, e Cassie promise a Lily e Hugo che sarebbe stata non solo presente, ma anche la fan più accanita. Parlarono di qualche schema che Georgia Davies, capitano della squadra di Grifondoro, aveva consigliato loro di utilizzare contro il gioco offensivo dei Serpeverde e ricordarono l’ultima partita contro i verde-argento, l’anno scorso, in cui Hugo aveva segnato ben dodici goal e Lily aveva preso il boccino dopo un serrato testa a testa contro Morton, il cercatore avversario, decretando quindi la vittoria di Grifondoro. Lily in effetti aveva ereditato il talento della madre e il coraggio del padre, cosa che le era valso il posto in squadra dal suo terzo anno. Hugo invece, nonostante avesse un’indole gentile e remissiva, sul manico di scopa sembrava avere uno sdoppiamento della personalità. Era feroce e letale. I suoi compagni di squadra lo avevano soprannominato “il Gramo”, perché era un orribile presagio per la squadra avversaria quando lui si avvicinava nella zona dei loro tre anelli. La sua abilità gli era costata parecchi soggiorni gratuiti in infermeria, poiché era il bersaglio principale dei Bolidi e delle scorrettezze nemiche, gli avversari avrebbero fatto di tutto pur di non lasciargli prendere la Pluffa.

Quando l’argomento Quidditch fu del tutto sviscerato, la conversazione verté sul banchetto di quella sera e sugli scherzi che Lily poteva aver architettato per i suoi Trick or Treat, ma la rossa non si lasciò scappare niente, se non che la cugina Rose sarebbe dovuta stare particolarmente attenta. Hugo ridacchiò, l’alleanza tra lui e Lily si era rinsaldata nell’infanzia non solo a causa della stessa età, ma anche per la piccola coalizione che avevano costituito contro le innumerevoli burle di James e i modi saccenti di quella secchiona della primogenita di Ronald Weasley ed Hermione Granger.
Furono raggiunti poco dopo da Chloe Caplan e Julian Ross, i due Prefetti del quinto anno di Grifondoro, e si persero velocemente in chiacchiere, confrontandosi sui compiti, gli ultimi gossip scolastici e terminarono con una magnifica imitazione del professor Hagrid eseguita da Hugo. Risero così forte che attirarono l’attenzione di un gruppetto Serpeverde seduto pochi tavoli più in là. Albus raggiunse silenziosamente la sorella e le diede un leggero buffetto sulla testa a mo’ di saluto. Lei rispose con una smorfia grottesca.

“Hey Al, dolcetto o scherzetto?”

“Lils, sei prevedibile, giro con delle Cioccorane in tasca da stamattina.”

Albus le fece un occhiolino simpatico mentre la canzonava e si batté l’indice un paio di volte contro la tempia, volendo sottolineare l’astuzia con cui l’aveva abilmente aggirata.

“Non sei al sicuro fino alla mezzanotte, Potter.” Ribatté lei scherzosa, generando ilarità nel gruppo.

Albus fu abile nel cogliere il momento di distrazione e quindi appoggiare una mano leggera sulla spalla di Cassandra, facendolo passare per un gesto involontario dovuto alla risata spasmodica. Lei si girò e fece appena in tempo a cogliere un breve cenno che il Serpeverde le fece. Albus l’aveva cercata il suo sguardo, assicurandosi di essere visto, per poi volgere gli occhi in direzione del castello. Cassie batté le palpebre, sperando che l’assenso fosse percepito dal Caposcuola, a breve lei avrebbe finto un violento mal di testa e si sarebbe fiondata ad Hogwarts. Il tacito discorso sfuggì a quasi tutti. Un accigliato Hugo Weasley pensava di aver colto qualcosa negli sguardi dei due, ma subito si riscosse da quei pensieri. Albus e Cassandra non erano certo tipi di tramare qualcosa. Non passò molto tempo che la Goldstein annunciò che sarebbe rientrata a scuola a causa di un mal di testa improvviso.

“Vengo anche io, tanto devo andare a compilare la programmazione dei prossimi turni di ronda.”

La voce di Albus, noncurante, fece ribollire il sangue a Hugo. Pensare che la sua amica si sarebbe fatta accompagnare da un Potter pronto a vegliare sul tragitto, gli scatenò una lieve morsa a livello intercostale. Le orecchie del Weasley avvamparono violentemente, ormai non si distinguevano più dalla chioma rossa. Perché suo cugino, il Caposcuola, il figlio di Harry Potter, il bel Cacciatore di Serpeverde, doveva passare del tempo da solo con Cassandra? Non aveva già abbastanza ragazze che gli morivano dietro, doveva per forza prendersi anche la sua amica?
Hugo strinse la mascella e, risoluto, asserì che anche lui doveva aver preso un po’ freddo e che sarebbe rientrato a scuola con loro, perché non si sentiva particolarmente bene nemmeno lui.

Due cose successero non appena Weasley annunciò che li avrebbe accompagnati. Lily inarcò un sopracciglio divertita nel constatare che, per la prima volta in vita sua, Hugo aveva usato lo stesso tono di voce scocciato che zio Ron aveva quando lanciava a zia Hermione delle frecciatine sull’allenatore della nazionale bulgara Viktor Krum. Cassandra lanciò uno sguardo furtivo ad Albus e lui scrollò impercettibilmente le spalle, pensando che non avrebbero potuto discutere dei dettagli del banchetto durante il tragitto verso la Sala Grande e che era necessario inventarsi un modo per liberarsi del cugino, ma nonostante questo intoppo, asserì che se qualche altro infermo voleva essere scortato al castello dal Caposcuola, era ben accetto. Hugo fece finta di ridere divertito alla battuta, ma un occhio più attento avrebbe scorto un lampo di gelosia nei suoi occhi, mentre scrutava Cassandra, come per carpire se tra lei e suo cugino ci fosse effettivamente qualcosa. Franco con sé stesso, si ripromise di non lasciarli mai da soli. I tre si alzarono per incamminarsi, ma non appena lo fecero, un lamento riempì il tavolo.

“Siete una noia, peggio di Rüf, avevate promesso!”

Lily aveva realizzato che tutti i suoi piani per un Halloween con i fiocchi si stavano allontanando verso il castello insieme agli amici. Incrociò le braccia sul petto mentre Hugo e Cassie la guardavano con occhi imploranti. Dopo qualche secondo, la piccola Potter scrollò le spalle e prese ad infilarsi velocemente giacca, sciarpa e cuffia per seguire gli amici e Albus, che nel frattempo si era fatto raccontare dagli altri quale fosse l’origine del capriccio della sorella. Lui fece cenno al gruppetto di Serpeverde con cui era entrato e Scorpius si alzò per raggiungere il migliore amico, con aria curiosa.

“Fidati di me.” Bisbigliò il Caposcuola in modo che solo Malfoy potesse sentirlo e poi si girò verso la sorella.

“Lily, anche Scorpius voleva andare alla Stamberga Strillante, ma nessuno degli altri aveva voglia di seguirlo, quindi potete andarci insieme.”

Sia Lily che Scorpius guardarono Albus accigliati per un secondo, ma il suo sorriso innocentemente bonario non lasciava spazio a nessuna replica. Dopo quell’attimo iniziale di sgomento, Scorpius si riscosse.

“Eh sì… In effetti… Volevo proprio andarci… Sapete… Halloween…”

Il tono incerto del diciassettenne non convinse nessuno dei presenti, ma Albus pareva talmente affabile che nessuno osò fiatare. Lily fissò con cruccio prima il fratello e poi l’altro Serpeverde, cercando sui volti di entrambi una traccia di indecisione per poter sollevare una qualsiasi obiezione. Decise di fidarsi di Albus con il beneficio del dubbio e, roteando gli occhi al cielo, acconsentì.
Mentre il gruppetto finiva di vestirsi, Scorpius cercò con lo sguardo il suo amico che mimò con le labbra le parole Piano fuga da Persephone.
 
**

Lily Potter, Grifondoro, V anno
 
Scorpius e Lily stavano risalendo la collinetta che li avrebbe portati alla Stamberga Strillante. Lei aveva tutti i capelli scarmigliati da qualche folata di vento che si alzava saltuariamente, dando la parvenza di un fuoco acceso lungo la sua schiena, come non mancò di pensare Malfoy. Scorpius era un paio di passi dietro a lei, troppo imbarazzato a starle di fianco, ma questa si stava dimostrando una tattica errata. Lily oggi profumava di mela e cannella e lui convenne che doveva essere una variante invernale del profumo-filtro d’amore, quindi si spostò leggermente di lato per evitare di odorarlo, sebbene la cosa gli dispiacque un po’.

“Non sapevo che ti piacesse Halloween. Ape frizzola?”

Lily aveva deciso di spezzare quell’imbarazzante decina di minuti in silenzio tra lei e l’amico del fratello e l’offerta della caramella sembrava di buon auspicio. Entrambi, per ovvie ragioni, sapevano dell’esistenza dell’altro, ma a nessuno dei due era molto importato approfondire la conoscenza. Lily aveva sempre pensato che Scorpius fosse un tipo snob e un po’ presuntuoso, parlava solo se interpellato e prettamente a monosillabi, non lasciava trasparire nessun tipo di emozione se non la noia e l’unico che sembrava suscitare in lui qualcosa in più dell’apatia sembrava Albus. Scorpius, dal canto suo, pensava che Lily fosse la versione umana dell’incrocio tra un bolide e un diavolo della Tasmania con i capelli rossi. Era piccola, curiosa e rumorosa, di solito attorniata da uno stuolo di cugini cinguettante, e ovunque lei passasse seminava caos, disordine e rumore.

Lui accettò la caramella più per gentilezza che per golosità. La scartò in fretta e iniziò a succhiarla, aspettandosi il solito giocoso effetto di quel dolcetto. Notò che stranamente il sapore era diverso, e pensò che doveva essere un’edizione limitata al gusto zucca, probabilmente per la festa di Halloween. Scorpius boccheggiò quando, invece di iniziare a levitare a pochi centimetri da terra come dopo ogni ape frizzola, sentì un improvviso pizzicore alla cute. Lily esplose in una sonora risata nell’osservare l’effetto della sua ultima invenzione: Scorpius aveva un caschetto di capelli color arancione fluo, agghindati in boccoli strettissimi adornati di fiocchettini neri ed era decisamente ridicolo, dato che per condire il suo aspetto aveva deciso di abbinarci un’espressione confusa.

Avevano ormai raggiunto la Stamberga, quindi lui si avvicinò ad una delle poche finestre ancora intatte per specchiarsi nel vetro. Appena si vide, strinse le labbra con disapprovazione e vergogna, gli occhi dardeggiarono impetuosi sul suo riflesso e poi su Lily, che provò una lievissima stretta allo stomaco per la paura. Come le era saltato in mente di poter testare la sua ultima trovata su una persona quasi sconosciuta a lei? Il sorriso le si era congelato sulle labbra per il timore che questo suo scherzo avesse delle ripercussioni. Maledetta lei e maledetto il suo desiderio di tramutare ogni situazione in una burla, era più forte di lei, soprattutto quando veniva provocata o si sentiva un po’ a disagio. Scorpius esplose in una fragorosa risata, di quelle che partono dal fondo della gola e che arrivano fino agli occhi e Lily tirò un sospiro di sollievo.

“Che cos’ho appena mangiato?” chiese lui, ancora divertito.

“Le ho inventate io, sono caramelle che se mangiate, trasformano i capelli del disgraziato consumatore. Non so ancora come chiamarle, al momento ho creato quelle alla zucca per i boccoli arancioni e una variante alla menta che devo ancora testare, ma voglio ampliare la gamma e cercare di ricreare almeno i sette colori dell’arcobaleno. Zio George approva e dice che sono l’unica con del talento in famiglia.”

Lily disse tutto d’un fiato, con una punta di orgoglio per il suo progetto segreto. Nessuno, a parte suo zio presso cui aveva lavorato l’estate precedente per racimolare qualche zellino, era in effetti a conoscenza di questa dote. Aggiunse, sempre frettolosamente, che avrebbe dovuto mantenere il segreto con Albus perché non era sicura che il fratello avrebbe approvato.

“Sai, in effetti sono molto ingegnose, però la prossima volta avvertimi, mi premurerò di avere uno specchio.”

Stavano ridendo insieme. Lily non si era accorta che quella era la prima volta che sentiva Scorpius ridere, le era sembrato parecchio naturale lasciarsi contagiare dalla cosa.
Del tutto dimentichi dei loro propositi di esplorazione della catapecchia, trascorsero l’ora successiva a discutere di cosa piacesse all’uno o all’altra, delle materie preferite e aspirazioni per un’eventuale futura carriera. Lily scoprì che Scorpius era ancora indeciso sul suo futuro, non aveva capito se voleva diventare Medimago e seguire le orme del padre o se scegliere invece la carriera di Spezzaincantesimi, sicuramente meno remunerativa ma più avventurosa a causa dei lunghi viaggi all’estero che il lavoro avrebbe comportato. Lui seppe che lei non aveva minimamente idea di cosa volesse fare terminati gli studi, perché amava davvero il negozio di suo zio George, simpatico inventore, ma che suo padre e sua madre si sarebbero aspettati qualcosa di grande da lei, come dai suoi fratelli. James non li aveva delusi e appena finita la scuola, strappando 5 M.A.G.O. per il rotto della cuffia, ma iniziando la sua carriera agonistica come portiere di riserva dei Montrose Magpies ed era cosa risaputa che Albus aveva intenzione di scalzare il padre e diventare il più giovane Capo dell’Ufficio Auror dell’ultimo secolo. Lei si aprì con lui, rivelando che da bambina sognava di fare la Magizoologa e che sua madre aveva storto il naso nel sentirglielo dire.

Lily, sei sveglia e con molta grinta, da te mi aspetto qualcosa di più.”

Quelle parole avevano inizialmente ferito Lily e quindi quando l’anno scorso aveva iniziato a sognare un futuro claudicante come futura promessa dei Tiri Vispi Weasley, se l’era tenuto per sé. Iniziarono ad incamminarsi verso il castello per aver tempo di prepararsi al banchetto di quella sera, ma non smisero mai di parlare, perché la conversazione non si fermava mai. Lily appurò che Scorpius aveva un’intelligenza vivace, anche se ad una prima occhiata poteva sembrare solo uno snob secchione. I suoi occhi si illuminavano di curiosità ogni volta che lei accennava a qualcosa e si rese presto conto che lui non si lasciava intimorire dalla sua impulsività da testa calda e dalle sue rimbeccate dure, perché Scorpius riusciva a smontare ogni traccia di collera con una risposta tagliente, seppur addolcita da una battuta. Questo scambio serrato di opinioni avvinceva entrambi. Avevano idee diverse su un sacco di cose, ma la possibilità di parlarne tranquillamente e con un interlocutore che reputavano al loro livello, intellettualmente parlando, li divertiva. Lily era passionale e impulsiva, così come tutte le sua convinzioni, ma era anche stuzzicata dalla capacità del Serpeverde di contrastare le sue opinioni con osservazioni più razionali e pragmatiche, senza però insultarla o farla sentire stupida, come magari poteva fare sua cugina Rose. Lo scambio era sano e lei si era sentita così mentalmente affine solamente con Hugo e Cassandra, fino ad allora. Si soffermò un attimo a guardarlo con una nuova luce negli occhi, cercando di capire l'esatto momento in cui Scorpius era diventato una persona così piacevole. Ovviamente Lily era convinta che non fosse un mostro, poiché Albus era giudizioso e non si sarebbe mai scelto uno sciocco come amico, ma invero lei non aveva mai avuto il sentore di una personalità così arguta. Questi pensieri le attanagliarono la mente e, senza nemmeno realizzarlo, continuò a fissarlo. Si interrogò su cos’altro riservava Malfoy dietro quegli occhi grigi dannatamente misteriosi e, con un po' di imbarazzo, pensò che poteva celare cose anche dietro la curva birichina che le labbra assumevano quando sorrideva, probabilmente molte di più. Era assorta così tanto nello scrutare quel viso che era inciampata sul terreno dissestato. La rovinosa caduta sembrava inevitabile, ma qualcosa la afferrò per le braccia, evitandole dolore e imbarazzo, Scorpius Malfoy l’aveva afferrata al volo e rimessa in piedi. Lily sentiva ancora il tocco gentile sulle braccia e si domandò come mai lui non si fosse scansato. Sembrava un goffo abbraccio che rispettava un’ipotetica distanza minima di sicurezza di una spanna. Era la prima volta che Lily si trovava così vicina ad Scorpius, o ad un ragazzo in generale. Lo guardò con sguardo intenso, ora più che mai aveva voglia di decifrare l’enigma dietro quel volto.
 
“Grazie.”
 
Scorpius la guardò interdetto. Lily si era fatta decisamente vicina, con l’espressione di chi contemplava un quadro criptico cercando di scovarne la soluzione e lui fu avvolto dal sentore di mela. Chissà se anche lei sa di mela… Ma cosa dici, stupido, allontanati!
Ma Scorpius, nonostante la sua indole razionale, non si spostò. La mezza tachicardia che lo aveva appena avvolto fu registrata dal suo emisfero sinistro, che veloce lo andò ad associare al fiato mozzato e all’incapacità di spostarsi. Cosa mi sta succedendo? Aritmia respiratoria? Attacco di panico? Un principio di edema polmonare?

Lei era vicinissima, lo scrutava con occhi che parevano ora più grandi e limpidi, ormai solo il divario delle loro altezza li divideva, perché se lui ormai sfiorava il metro e novanta e Sia ringraziato Salazar lei arrivava sotto alle sue spalle. Scorpius inspirò poiché si era accorto di trattenere il respiro da troppo tempo e seppe subito di essere spacciato, quel profumo era troppo invitante e avrebbe vinto su tutte le diagnosi che la parte razionale del suo cervello stava elaborando.
 
Pericolo, dannazione Lily, maledetta te, diamine-miseriaccia-santa Morgana-svegliati imbecille, pericolo!

Lily si riscosse all’improvviso dalle sue elucubrazioni mentali e, come se si fosse appena risvegliata, realizzò quanto si fosse avvicinata al ragazzo. Rimase per un attimo sconvolta, anche perché lui la stava osservando con lo stesso sguardo turbato che probabilmente anche lei aveva ora. Si impose di mantenere il sangue freddo e di trovare una soluzione alla svelta, una soluzione qualsiasi, qualsiasi cosa davvero. E Lily, nel panico più totale, si affidò all’unica cosa che l’aveva sempre salvata, i suoi scherzi.

Fece una sonora pernacchia alla Pix, sputacchiando giocosamente e poi scappò via, veloce come un Billywig.


Scorpius Malfoy, Serpeverde, VII anno
Scorpius riuscì a muoversi solo quando lei interruppe quel braccio di ferro di sguardi, ma rimase lo stesso impalato perché non riusciva a credere a cosa lei avesse appena fatto. La tensione che lo aveva inchiodato fino a poco prima era scemata ed ebbe un improvviso attacco isterico di risate, che però non gli impedì di partire alla rincorsa della rossa.

Quando la raggiunse, toccandole la spalla con un “Presa!” e ricominciarono a parlare, ignorando entrambi con un tacito accordo il momento che avevano appena condiviso. Risero di gusto e trattennero il fiato agli aneddoti che venivano raccontati e la maggior parte di quelli che Lily narrò riguardavano scherzi da lei architettati ai danni di sua cugina Rose, qualcuno che le aveva fatto qualche sgarro e infine alla regina dei bulli di Hogwarts, quella maledetta Zabini.
Quel nome fece riscuotere prontamente Malfoy che si ricordò quale fosse effettivamente lo scopo di quella gita e si interrogò su come avesse fatto a dimenticarsene. Era la sua preoccupazione più urgente e sicuramente non se ne sarebbe dimenticato per un semplice pomeriggio passato in dolce compagnia. Ciò lo fece accigliare e si ripromise di chiedere subito a Lily quel favore che si vergognava tanto a strappare alla ragazza, ma lei lo aveva prontamente distratto accennandogli a qualche altra invenzione che avrebbe voluto mostrargli il giorno seguente, prima di salutarlo appena arrivati al portone del castello. Lui la guardò correre in direzione della Torre di Grifondoro.
Doveva assolutamente capire se Lily aveva in sé qualche gene Veela o se fosse particolarmente abile nella preparazione dei filtri d'amore.
 
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°°
Hex to my ex: maledizione (nel senso di anatema) al mio ex
Essence of Dittany: Essenza di Dittamo (presumibilmente una canzone sdolcinata in cui una ragazza viene paragonata all’unguento dai poteri curativi)

 

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 5 ***


CAPITOLO 5



Scorpius Malfoy, Serpeverde, VII anno
 
Nelle Sale Comuni di tutte le case era stato affisso l’avviso in cui si annunciava che al banchetto serale non era necessario indossare le divise scolastiche e che, oltre ai normali abiti, erano accettati anche vari travestimenti di Halloween, festa amata sia dai maghi che dai Babbani e celebrata in modo non troppo dissimile.  Era inoltre comunicato che il banchetto si sarebbe protratto nella serata e che i coprifuoco erano stati modificati in via del tutto eccezionale, solo per quella sera. Gli allievi dal primo al quarto anno erano costretti rientrare nei rispettivi dormitori entro le ore 22:30, mentre ai più grandi era concesso andare a dormire a mezzanotte.

Olivia Parker ci aveva visto lungo e tutti l’avrebbero dovuto ammettere. I Prefetti di Grifondoro stavano cercando di placare l’isteria comune unita alla folle corsa verso i bagni di tutte le ragazze che davano gridolini eccitati, ottenendo niente più che la totale indifferenza ai loro richiami, ma non se la presero troppo. Nemmeno loro riuscivano più a resistere alla gioia e già il fatto di non aver rivelato ai compagni la sorpresa della serata era un enorme traguardo.
Chloe Caplan, Prefetto di Grifondoro, si trovava nel dormitorio femminile del quinto anno insieme alle sue compagne di stanza Lily, Annette e Cornelia, e tutte loro si stavano dando da fare nel caos più totale. Annette rovistava nel suo baule alla disperata ricerca di un qualche abito, e ormai su letto vi era una montagna di abiti ammassati alla bell’e meglio. Cornelia si stava truccando davanti allo specchio con Chloe in procinto di farsi una complicata acconciatura di fianco a lei. Lily era seduta a gambe incrociate sul suo baule. Aveva l’espressione particolarmente concentrata, resa buffa dalla sua abitudine di mordersi la punta della lingua quando si faceva pensosa riguardo a qualcosa. Aveva la bacchetta puntata contro uno dei suoi vestiti neri e borbottava qualcosa intanto che con la magia lo modificava. Ginny Weasley, sua madre, se la cavava molto bene con gli incantesimi di cucito e aveva trasmesso qualche conoscenza di base ad una figlia decisamente recalcitrante allora, dato che le serviva per rammendare tutti i calzini della casa, ma che al momento considerava davvero utile. La confusione durò per un’ora abbondante e infine furono pronte, nonostante le varie proteste di Lily riguardanti il travestimento di Cornelia, perché ‘Connie, come ti viene in mente di vestirti da regina delle farfalle ad Halloween lo sa solo l’animo dannato di Merlino’. Scesero al banchetto in fretta e furia, pronte a godersi la serata che si preannunciava elettrizzante.

 

 
La Sala Grande era adornata con centinaia di Jack-o’-Lantern che galleggiavano a circa tre metri da terra, tra cui spesso facevano lo slalom stormi di pipistrelli origami, stregati in modo da volare esattamente come quelli veri, ma lasciando alle loro spalle una scia di fumo verde profumata alla menta. La notte era cupa e nuvolosa, sfondo perfetto per tutti gli addobbi galleggianti. Le pareti erano state incantate in modo che sembrassero costruite con ossa e teschi di varie creature, lucenti di fresche macchie di sangue rosso e nero. I candelabri erano stati sostituiti da lanterne fluorescenti che colavano in modo da assumere la forma di serpenti, ragni o insetti vari. I lunghi tavoli dove i ragazzi si sedevano per i pasti sembravano enormi altari sacrificali già insanguinati e gli schienali delle sedie al tavolo degli insegnanti avevano le sembianze di lapidi sinistre che lanciavano sordi lamenti ogni qual volta qualcuno prendeva posto a tavola. I fantasmi della scuola fluttuavano per la Sala con orgoglio, trovando l’intero arredamento scenografico e decisamente di loro gusto.
Gli insegnanti e i Caposcuola si erano superati nelle decorazioni quell’anno, questo era innegabile.
 
Il banchetto fu un trionfo di leccornie a base di zucca, mele e verdura di stagione e l’atmosfera generale, a causa dell’abbandono della consueta divisa, si rivelò decisamente più festaiola del consueto e forse del consentito. La serata trascorse in modo più sereno del caos previsto, tranne per qualche brusìo al tavolo di Grifondoro quando Rose Weasley urlò inveendo contro qualcuno si ritrovò in testa una sgargiante chioma verde a spuntoni da punk o quando per dieci minuti la voce di Julian Ross venne sostituita dal ruggito di un felino ogni volta che tentava di parlare. Scorpius si era girato entrambe le volte a cercare con lo sguardo una chioma rossa e vedere se c’entrasse qualcosa, ma non riusciva a scorgerla al tavolo dei Grifondoro perché praticamente tutta gli studenti avevano sfoggiato maschere per la ricorrenza di Halloween, rendendo impossibile trovare una specifica persona nell’assembramento.
 
“Cosa guarda questo bel demone?”

Scorpius seppe che la vampira che si sedette a fianco a lui era Persephone ancora prima di guardarla.

“Nulla Seph, ma i Grifondoro continuano a fare baccano e quindi mi chiedevo cosa stesse succedendo.”

Scorpius si portò alle labbra, nere con screziature vermiglie come ogni parte del suo viso, una forchettata di purè. Pensò che se fosse stato troppo intento a mangiare, sarebbe riuscito a limitare la conversazione a poche battute.

“Beh, sono Grifondoro, è risaputo che nessuno di loro sia proprio un genio.”

“Tranne Wood, presumo.”

A Malfoy la risposta era scivolata fuori dalle labbra prima che se ne rendesse conto, un proiettile nel cielo. Persephone sorrise nell’aver finalmente scatenato una reazione nel biondino e l’effetto parve parecchio inquietante dato che esibiva due canini insanguinati. Si era premurata di sfruttare l’occasione per indossare un regale abito di seta color smeraldo che le calzava addosso come un guanto, tanto che si scorgeva quasi il movimento della cassa toracica che si abbassava e alzava al ritmo del suo respiro. La schiena era scoperta fino all’osso sacro e l’acconciatura abbinata, un elegante chignon, era studiata così da non coprire assolutamente la pelle esposta.

“Non sapevo fossi interessato alla mia vita amorosa.”

“Sarebbe stato difficile studiare ad Hogwarts senza assistere incidentalmente ad uno dei vostri show a luci rosse.”

Touchée.”

Lei miagolò quasi l’ultima parola, lasciando intendere i significati nascosti dietro a quella conversazione. Gli occhi azzurri di Persephone erano in tempesta, scesero dal viso di Scorpius alle sue spalle e torace, spogliandolo senza troppi complimenti, prima di venire interrotta da una voce lapidaria.

“Zabini, un mantello starebbe benissimo con il suo travestimento, aspetti che la aiuto.”

Con un colpo di bacchetta il professor Periwinkle, insegnante di Pozioni e direttore della Casa di Serpeverde, evocò un pesante mantello argentato che si strinse attorno al collo della studentessa, celando l’intero corpo.

“Decisamente scelta azzeccata, Professore.”

Il commento di Malfoy generò un sorriso nel docente, ma tutti sentirono nettamente il bollire rabbioso di un nuovo sentimento dell’animo di Persephone mentre si allontanava da Scorpius, altera e iraconda.
 
**

 
 
Un boato di voci esplose nella Sala Grande quando la preside fece sparire i tavoli, a banchetto finito, annunciando che seguendo suggerimenti dei Caposcuola degli anni passati, quelli sera ci sarebbe stato un gruppo ad esibirsi dal vivo, i Dark Phoenix avrebbero suonato ad Hogwarts. Invitò tutti ad abbandonarsi alla gioia senza dimenticare il regolamento scolastico, ma furono in pochi ad udire quella parte, dato il gran frastuono. Con un gesto plateale della bacchetta, Minerva McGonagall fece apparire ai lati della Sala dei piccoli tavoli circolari, agghindati con ragnatele, presso cui si sarebbero potute trovare bevande e piccoli dolcetti per chi ancora fosse stato affamato.

Gli insegnanti lasciarono il ripiano rialzato della Sala e si mescolarono agli alunni, così da far spazio alla band e agli strumenti. Le luci calarono e un vociare si sparse per la sala.

Ho sentito che sono giovanissimi, hanno tutti tra i 18 e i 20 anni!”

“Secondo voi faranno degli autografi dopo?”

“Spero che suonino Amor Mortis!”

“Svelta, andiamo sotto al palco!”

Un paio di colpi di batteria e la folla esplose gioiosa. La band iniziò a suonare, erano energici e davvero accattivanti da vedere. La chitarra elettrica sembrò turbare un pochino la preside e alcuni degli insegnanti più anziani, mentre il professor Paciock, insieme a Periwinkle e alla professoressa Frost di Difesa contro le Arti Oscure, i più giovani nel corpo docenti, tentavano di tenere il tempo in modo ridicolo, tale per cui si creò un imbarazzante vuoto intorno a loro.
Albus ciondolava la testa a ritmo di musica da dietro al palco apparso al posto del tavolo degli insegnanti, lui faceva parte dello staff a diretto contatto con i musicisti insieme a due prefetti rigorosamente maschi, dato che il gentil sesso aveva già dato prova di non potersi dare un contegno.

Scorpius e Jasper osservavano la folla da uno dei tavoli delle bevande. Jasper stava raccontando all’amico che avrebbe tentato di far ubriacare Persephone quella sera, oppure si sarebbe ubriacato lui e in ogni caso avrebbe fatto la sua mossa, quella era l’occasione perfetta. Aveva battuto l’indice un paio di volte contro la tasca dei suoi pantaloni e Malfoy dedusse che avesse una fiaschetta piena di qualche alcolico ricevuto di contrabbando. Dopo l’annuncio si volatilizzò a cercare la ragazza, perché la band stava ora iniziando una di quelle ballate zuccherose che ammaliavano le signorine. Scorpius gli augurò buona fortuna con una pacca sulla spalla, ma non si mosse, stava ancora cercando di identificare, nel buio e tra mille travestimenti, una certa Grifondoro.
Devo ancora chiederle di aiutarmi con la Zabini. Non ha niente a che vedere con oggi. Chissà se Rose Weasley aveva i capelli verdi per qualche suo dolcetto, devo chiederglielo. E poi mi è venuto in mente che non so quando è il suo compleanno, il suo posto preferito a Hogsmeade e…

I suoi pensieri furono interrotti dalla visione di Lily. Finalmente l’aveva trovata.

Stava ballando insieme ad un gruppetto misto di Grifondoro e Corvonero, si dimenava incurante di tutto. Lily non ballava come le altre, non sculettava e non tentava di apparire seducente, questo di sicuro, perché il ballo del robot che stava tentando di fare, con scarso successo, era tutto meno che sensuale. Lei saltava, rideva, scuoteva i capelli e non aveva paura di fare la buffona. Si poteva dire che ballasse nello stile Paciock sotto Incantesimo Rallegrante, ma con una luce negli occhi tale che risultasse tenera e divertente.

Indossava una tuta nera, integrale e aderente, su cui spiccava la riproduzione fedele di uno scheletro umano in bianco. Si era truccata il viso da teschio, sempre in bianco e nero, mentre i capelli non avevano subito nessun trauma, erano stretti in una coda alta e vaporosa così che non le rovinassero il trucco. Lily-Skeleton ora stava ballando come una papera, causando il soffocamento del cugino Hugo, vestito da pirata.

La musica cambiò e, dopo Sharpen your teeth, un pezzo decisamente adrenalinico, il gruppo intonò le prime note Drag me through hell under your spell, la loro più famosa ballad romantica. L’agitazione generale scemò e il pubblico si divise prontamente tra chi, sudato e accaldato, andò a prendere da bere ai tavoli e quelli che iniziarono a ciondolare al ritmo lento della canzone, da soli o i più fortunati in coppia.

‘So you can drag me through hell
If it meant I could hold your hand’

Hugo volse lo sguardo verso l’amica Corvonero e, dopo un breve attimo di indecisione condito dal rossore violento delle sue orecchie, cinse svelto il fianco di Cassie, come se l’essere lesto potesse rendere l’azione meno imbarazzante. Deglutì vistosamente, un tic nervoso che spesso lo coglieva in situazioni particolarmente tese e tentò di mostrare quello che voleva essere un sorriso affabile alla ragazza. Qualcuno dei presenti ridacchiò, un paio puntarono il dito contro di loro. Cassie, nonostante la sorpresa iniziale, gli fece l’occhiolino e iniziò a cantare a squarciagola dondolando insieme al rosso senza troppe lamentele. Hugo aveva stampato in volto il sorriso raggiante di chi aveva appena realizzato un sogno.

‘I will follow you 'cause I'm under your spell
And you can throw me to the flames’


Lily li lasciò, così che loro potessero vivere quel momento che tutti avevano intuito dovesse succedere prima o poi. Si asciugò la fronte dalla lieve patina di sudore e decise di prendere da bere. Si era già incamminata, ma un’idea le guizzò in mente, glielo si leggeva in faccia, nemmeno il trucco poteva nascondere le emozioni della Grifondoro. Aveva il suo sorriso, quello di chi sta per combinare qualcosa di davvero divertente e virò decisa verso l’uscita.

‘I will follow you, I will follow you.’

Malfoy stava osservando Lily da un po’ e, vedendola accaldata, aveva afferrato una Burrobirra prima di dirigersi verso di lei per offrirgliela e avere una scusa per intavolare la conversazione rimandata per tutto il pomeriggio. Le stava andando in contro, ma lei aveva cambiato direzione e stava uscendo dalla Sala Grande, con un alone scaltro e malizioso ad attorniarla. La osservò dileguarsi nella folla e non seppe cosa lo spinse a seguirla, forse la mera curiosità, forse l’atmosfera che era calata sulla sala o forse perché era l’occasione perfetta per chiederle aiuto con la Zabini. Scansò velocemente una stizzita Caposcuola Parker che tentò di fermarlo poggiandogli una mano sull’avanbraccio e uscì anche lui dalla Sala.

Tallonò Lily silenziosamente fino a che non la vide infilarsi in un’aula studio. Era saggio seguirla lì dentro? Presumibilmente sarebbero stati soli. Soppesò l’idea di rimanere da solo con lei e tutte le implicazioni che potevano nascere dalla situazione, ma si decise ad entrare poco dopo.

“Hey Potter, volevo chiederti un favore.”

Vide Lily con le labbra poggiate su una piccola bottiglietta di vetro intarsiata, stava trangugiando del liquido trasparente il cui odore pungente rivelò a Scorpius si trattasse di una bevanda alcolica, sicuramente procurata attraverso loschi giri. Lei spalancò gli occhi, beccata in pieno, complimenti Lily. Dovevi portarti dietro la Mappa del Malandrino, pivella. Lily si portò la mano alla bocca per rimuovere i residui di Acqua Allegra dalle labbra e nascose velocemente la bottiglietta all’interno del suo stivale. Tutti sapevano che il consumo di bevande alcoliche era proibito ai maghi minorenni e ancor di più all’interno delle mura scolastiche. Era risaputo anche che qualcuno riuscisse ad introdurre illegalmente delle scorte, trangugiate alla veloce durante qualche festicciola non autorizzata, quindi gli insegnanti e i Prefetti stavano sempre all’erta, tant’è che all’interno della Sala Grande, le coppe erano state stregate in modo che, a contatto epidermico con un minorenne, tramutassero in innocuo succo di zucca i pochi bicchieri di vino elfico che giravano.

“Non osare fare la spia, Malfoy.”

Lily cercò di mostrarsi decisa e impavida, poggiò le mani sui suoi fianchi sporse in fuori il mento, il tono di voce sfidava a ribattere. Era bella, fiera, come un’indipendente amazzone, ma il tentativo risultò troppo debole per intimidire il ragazzo.

 “Non è necessario che tu sia tanto aggressiva.”
 
Il cuore di Lily prese a martellare forte, questa volta non l’avrebbe passata liscia. Scorpius, ineccepibile allievo del settimo anno e migliore amico del Caposcuola, non si sarebbe fatto remore a denunciarla alla preside. La vera paura di Lily però aveva le sembianze di Albus Potter mentre le faceva una sfuriata e raccontava tutto a quei genitori che, ormai tediati di tutti i tafferugli causati dall’ultimogenita, avrebbero scosso la testa per l’ennesima delusione prima di spedirla in qualche collegio femminile decisamente severo e farle terminare gli studi magici là, come spesso minacciavano di fare.

“Non dirlo ad Al, ti prego.”

In pochi avevano sentito la voce di Lily con voce così implorante. Scorpius non aveva intenzione di tradirla, non seppe neppure lui spiegarsi il perché, forse era per il momento che avevano condiviso quel pomeriggio, forse perché Lily rendeva ogni cosa divertente o per gli occhi da bambina che sembravano ancora più grandi sotto al trucco. Stava per dirglielo, voleva rassicurarla e vedere il panico scemare dal suo viso, quando entrambi udirono distintamente un pesante vociare accompagnato dai innumerevoli passi. Il coprifuoco per i giovani doveva essere appena scattato, perché sopra ai lamenti di chi a letto non ci voleva andare, si udirono i rimproveri di vari Prefetti che coordinavano il rientro alle Sale Comuni.

“Non provate ad infilarvi nelle aule studio o vi metterò in punizione. Chi ha aperto quella porta?”

A Lily si gelò il sangue nelle vene quando udì la voce del fratello. Sarebbe venuto a controllare a breve e la sua vita sarebbe finita in quell’istante. Ebbe pochissimi secondi per riflettere e salvare il salvabile. La mente vorticò veloce, vagliò ogni singola via di uscita, ma tutte le idee risultavano troppo inconsistenti per riuscire a fregare Albus, lui era troppo sveglio.

“Malfoy, ho un’idea, Albus leverà presto dalle scatole.” Bisbigliò lei mentre si avvicinava a lui.

Lei gli prese entrambe le mani e se le poggiò senza troppa grazia sui fianchi. Lui disegnò una piccola O con le labbra, a metà tra lo sconcertato e il confuso. Se non fosse stato truccato, Lily avrebbe potuto vedere il suo incarnato pallido diventare dello stesso colore dei capelli della Weasley. Cos’aveva in mente quella piccola mina vagante? Cosa stava succedendo? Il nostro primo bacio sarà così? Scorpius si diede mentalmente dello stupido ed imbrigliò la valanga di pensieri che gli stava bruciando il cervello. Davvero Scorp? Pensi a qualcosa del genere ora?

“Lily ferma, cosa fai?”

Lei si alzò in punta di piedi, gli prese sbadatamente le guance tra le mani e si avvicinò inesorabile al suo viso. Scorpius iniziò a fantasticare a briglia sciolta, perso nell’osservazione delle labbra, delle ciglia e degli occhi di Lily. Inconsciamente la strinse più vicino a sé facendo una leggera pressione con le dita e sentì che lei faceva lo stesso sul suo collo, per abbassarlo e ridurre il divario tra le due altezza. Scorpius assaporò il calore dei fianchi femminili sotto i polpastrelli e non poté che soccombere alla carezza del respiro della Grifondoro che gli pizzicava il collo.

Lily aveva lo sguardo fisso nel suo e maledizione Scorpius non riusciva a sfuggire a quegli occhi. Lei si stava avvicinando sempre di più a lui, quella lentezza era sfiancante però. Scorpius abbassò impercettibilmente il mento, ormai il momento dell’impatto tra di loro era prossimo, sentiva il suo respiro salire dal collo al suo viso, inesorabile. Qualcosa cambiò negli occhi di Lily. A pochi millimetri di distanza, lei abbandonò la risolutezza meccanica con cui aveva agito finora e si perse nello sguardo di Scorpius. La maschera canzonatoria e strafottente si era sciolta e ora stava fissando le labbra del Serpeverde con intensità, come se fosse in trepida attesa. Scorpius inspirò dopo molto, non si era nemmeno accorto di trattenere il respiro fino a quando non si sentì quasi soffocare. Lui sapeva già, conosceva già il profumo che avrebbe sentito una volta che non avrebbe più potuto resistere in apnea. Ecco di cosa odora l’Amortentia.

“Ragazzi, il coprifuoco è scattato, a letto!”
 

Albus Potter, Caposcuola, Serpeverde, VII anno

 
Albus fece il suo ingresso con passo sostenuto, ma nemmeno lui era preparato alla scena che gli si parò di fronte. Qualcuno aveva, per la prima volta, lasciato Albus Potter senza parole. I tre si scrutarono per un paio di secondi e Al colse l’occasione per fare una breve analisi della scena vista. Nonostante l’ostinazione con cui la sua mente frullava, non trovò nessuno scenario che spiegasse il perché Lily e Scorpius fossero avvinghiati se non… beh, se non un bacio.

All’ingresso del Caposcuola, entrambi avevano frettolosamente sciolto l’abbraccio e si erano allontanati di un passo l’uno dall’altra. Le azioni simultanee però avevano sortito l’effetto plateale di una coreografia eseguita goffamente. I due avevano le facce colpevoli di chi era stato colto in flagrante, ma se per Lily questo equivaleva all’espressione naturale che regnava sul suo viso dall’infanzia, su Scorpius l’effetto era quantomeno singolare, qualcosa da lasciare in eredità ai posteri.

“No, per voi in effetti il coprifuoco è tra un’ora e mezza.”

Albus accennò ad un sorrisetto beffardo. I due erano impacciati, resi imbranati dall’imbarazzo e indescrivibilmente ridicoli con quelle smorfie. Forse il piano contro la Zabini aveva funzionato inaspettatamente troppo bene. Albus diede un’alzata di spalle e fece per andarsene in silenzio, ma Scorpius lo fermò.

“Non è come sembra.”

Scorpius, assolutamente a disagio, cercava di mantenere il contegno di sempre, non riuscendoci.

“Esatto, io e Scorpius… Nella Sala Grande c’era confusione… Lui! Lui doveva chiedermi una cosa, cioè, siamo venuti qui per questo!”

Albus non tentò nemmeno di indagare su quello che la sorella gli stava dicendo, aveva solo una gran voglia di sghignazzare, ma si stava trattenendo per non far esplodere dalla vergogna i due. Alcuni comportamenti di Scorpius ora potevano finalmente trovare una spiegazione.

“Certo! Lily ha accettato di darmi una mano, sai quella cosa no Al? Quella per cui lei doveva aiutarmi a liberarmi di Persephone? Quell’idea geniale che è venuta in mente a te, lo sapevi che glielo avrei chiesto no? E Lily ha accettato.”

“E questo era parte del piano contro Persephone?”

Albus non riuscì ad evitarselo, aveva tentato di abbandonare la stanza in fretta, ma loro si erano ostinati a voler spiegare qualcosa che, anche per persone non dotate della perspicacia che deve possedere chi sogna la carriera da Auror, era abbastanza ovvio. Il sorrisetto malizioso sul suo viso ormai si era trasformato in una risatina alla sua stessa battuta, che uscì ancora più preponderante quando vide sua sorella passarsi il pollice sulla gola con espressione feroce, una muta minaccia di morte.

Malfoy sembrava lievemente sollevato dalla spiegazione che lui era riuscito a raffazzonare nel breve tempo concesso prima che Albus infierisse. Implorò con lo sguardo l’amico, invitandolo ad andarsene, conscio di cosa lo avrebbe aspettato al rientro nel dormitorio.
Il Caposcuola Potter, avendo deciso che la sua presenza era sicuramente richiesta altrove, li lasciò soli lanciando una breve risata.
 
“Vedi, dovevi fidarti. Non gli è nemmeno venuto in mente che stessi combinando qualcosa e la mia acqua allegra è al sicuro. A proposito, ne vuoi? Io non l’ho mai provata, ma hanno detto che è uno spasso!”
 
**


Amelia Firestorm, tastierista della band Dark Phoenix
 
Albus tornò nella Sala Grande con un ghigno divertito stampato in volto mentre ripensava al panico che aveva animato l’amico e la sorella. Dribblò un paio di domande di Persephone su dove si trovasse Scorpius, sghignazzando nel riferire che fosse da qualche parte con Lily e proseguì verso il palco, ignorando le lagne della ragazza.

Gli strumenti erano stati riposti e la band aveva lasciato il palco per far spazio ad una specie di futuristico grammofono azzurro pieno di manopole e levette, mosse agilmente da un ragazzo che si stava occupando dell’intrattenimento. Il dj fece un cenno ad Albus, che rispose. Era infatti un ragazzo poco più grande di lui, all’epoca di Hogwarts faceva parte della cricca del fratello e Albus aveva sentito che, intrapresa la carriera musicale, si esibiva spesso nei locali magici lì in Scozia.

Olivia Parker, a fianco del dj, osservava altera i comportamenti della gente in Sala. Aveva appena requisito un paio di fiaschette di Whiskey incendiario ad un gruppetto di Tassorosso del sesto anno e la cosa l’aveva messa all’erta. Aveva una piccola rughetta di espressione tra le sopracciglia, sembrava che stesse cercando minuziosamente qualche situazione in Sala Grande che richiedesse il suo intervento. Dal suo posto di vedetta, indicò ad Albus di recarsi dietro le quinte allestite per l’occasione, sicuramente per dare una mano durante lo smontaggio.
Albus non perse tempo e si recò dove indicato, pronto a darsi da fare.

In futuro non seppe poi ben spiegare come si ritrovò a parlare con Amelia Firestorm, la tastierista dei Dark Phoenix. Lei aveva visto Albus e, riconoscendolo come uno dei ragazzi che dovevano dar loro una mano, lo aveva chiamato per aiutarla a radunare tutte le sue cose e infilarle nel baule. Non sono mai stata troppo brava negli incantesimi domestici, aveva detto, prima di scoppiare in una risata cristallina.

“E quindi voi ve ne state qui a pattugliare la festa senza godervela?”

“L’ingrato compito dei Caposcuola, a qualcuno tocca.”

“Ad Ilvermorny non ci sono Caposcuola, ma in effetti le feste non sono così. Sete? Sto morendo disidratata.”

Dopo pochi minuti, Albus scoprì che Amelia aveva frequentato la scuola di Magia statunitense, diplomandosi due anni prima e subito dopo il diploma era partita per l’East Sussex e far visita a dei parenti.

“È stato lì che ho conosciuto questi maledetti.” disse con un cenno del mento verso gli altri tre componenti del gruppo. Amelia raccontò di quando, un giorno, vide l’allora gruppo sconosciuto esibirsi in un angolo della piazza. Brighton era decisamente affollata in quel periodo, perché la città costiera era una nota meta turistica. Si era fermata ad ascoltarli perché avevano un qualcosa di davvero affascinante e si complimentò con loro, augurandosi che li avrebbe sentiti ancora in giro. Lei andò a sentirli un altro paio di volte nei pub vicino al Brighton Pier e presto divennero amici. Saltò fuori che anche lei suonava e le proposero una jam session alla fine di una serata sulla spiaggia. Quella festa era fantastica, c’erano un sacco di ragazzi di ogni parte del mondo stretti intorno ad un falò o intenti a ballare a piedi nudi sulla sabbia. Amelia accettò, semplicemente per divertirsi, ma tutto cambiò quando dopo quella sera, ai Dark Phoenix arrivarono parecchi ingaggi. Avevano trovato l’elemento mancante.

“Hey Potter, hai visto Malfoy?”

La Corvonero Olivia Parker era corsa frettolosamente verso di lui, aveva l’aria nervosa e particolarmente infastidita, continuava a mordersi il labbro inferiore per sfogare l’irrequietezza.

“Pensavo non vi parlaste più.”

Albus mantenne il tono pacato, ma tutto nella sua postura e nel suo sguardo suggerì che era particolarmente guardingo a tal proposito.

“Sì beh, lascia stare, andrò a cercarlo io.”

La Caposcuola svanì a passi pesanti, come se volesse spaccare il pavimento sotto di lei tanto che era inquieta, alla ricerca del povero ragazzo che aveva avuto la sfortuna, evidentemente, di irritarla.
 
“Ah, quindi in realtà dovrei chiedere io l’autografo a te! Pensavi di tenermi segreta la tua celebrità ancora per molto?”

Amelia gettò indietro la testa per ridere e se normalmente ad Albus non andava a genio essere giudicato per la notorietà del padre, stranamente quel commento da parte della ragazza non lo turbò. In effetti, era così poco turbato che scoppiò a ridere e per un attimo svestì i panni dell’autorità.

“Facciamo che io ti faccio un autografo se tu mi fai il tuo.”

Cretino, questa è proprio una di quelle cavolate che direbbe James per rimorchiarsi le tipe.

“Facciamo che il mio lo devi vincere, signor Potter.”

Albus sorrise, evidentemente tanto azzardo non aveva spaventato la ragazza appena conosciuta. Anche lei stava sorridendo e, dopo avergli fatto cenno verso la pista da ballo, lo prese per mano per trascinarlo verso il centro della Sala.

“Firestorm, aspetta! Se vai tra il pubblico, ti assaliranno per degli autografi.”

“Allora ci toccherà ballare qui dietro alle quinte.”

Lei spostò una ciocca di capelli biondi e rosa dal viso e iniziò a scatenarsi. Albus rimase un attimo impalato e, quando lei lo invitò ad unirsi a lei con l’indice, lui non se lo fece ripetere due volte.


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Angolo Autrice
Ciao a tutti! Scusatemi, il periodo è un po' quello che è, lo sappiamo tutti, quindi al momento ho decisamente molto poco tempo per scrivere.
Ringrazio tutti quelli che continuano a recensirmi, mi aiutato davvero tanto, non avete idea di cosa voglia di per un autore sentire così tanti feedback.
I Dark Phoenix sono del tutto ispirati ai Bring Me The Horizon, band che a me piace molto. I titoli delle canzoni non sono le originali della band, perché ho tentato di declinare il tutto in chiave più magica. La canzone di cui ho riportato il ritornello è Follow you, sempre dei BMTH, ma voi siete liberissimi di immaginare i Dark Phoenix come la band che più vorreste ad un vostro ipotetico ballo scolastico :)

Spero di riuscire ad aggiornare presto e che questo capitolo vi possa aver intrigato.

Baci!
Matagot

 

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 6 ***


CAPITOLO 6



Albus Potter, Caposcuola, Serpeverde, VII anno
 
Albus Potter si tolse il Mantello dell’Invisibilità appena varcato l’ingresso segreto alla Sala Comune di Serpeverde. L’orologio indicava le due di notte e, nonostante fosse un Caposcuola, nemmeno lui aveva il permesso di rientrare a quell’ora.

“Dimmi almeno che hai preso da mangiare, ucciderei per un panino con pomodoro e bacon.”

La voce di Scorpius lo fece sussultare, più per la sorpresa che per un vero e proprio spavento. Sorrise all’amico, mostrando il vassoio di vivande che era andato a recuperare poco prima nelle cucine. Albus Potter era sempre integerrimo, tranne quando aveva fame.
Si sedettero di fronte al camino, alle loro abituali poltrone, azzannando tramezzini e patatine. Nessuno dei due osò parlare per una decina di minuti, aspettando entrambi che l’altro iniziasse il discorso. Gli unici rumori udibili erano il crepitio del fuoco, la masticazione dei due e qualche saltuario miagolio di Ragù che tallonava Scorpius per ricevere un pezzettino di prosciutto.

“E così l’Amortentia profuma come mia sorella?”

Il tono casuale di Albus colpì in pieno Scorpius che, nonostante si aspettasse qualcosa del genere, sbiancò. Boccheggiò per qualche secondo, tentò di iniziare a parlare un paio di volte, ma ogni volta che era lì lì per farlo, cambiava idea. Non riusciva a decidere come riordinare i suoi pensieri per esprimerli al meglio. Albus era tutto per lui, la famiglia che lui si era scelto, il loro legame solido e fraterno aveva aiutato entrambi in momenti difficili e non c’era stato giorno in cui non si fossero cercati, anche solo per parlare del tempo. Una vita senza l’appoggio di Albus era impensabile per Malfoy, poiché non riusciva davvero ad immaginare come potesse essere e non avrebbe mai messo a repentaglio quel legame per delle sciocchezze come le ragazze.

Eppure Lily era divertente ed imprevedibile e lo faceva sentire bene, ne era attratto quasi magneticamente e non poteva fare a meno di guardarla se lei si trovava nella stessa stanza, sentiva questo bisogno dentro, nei polmoni, nelle viscere. Non capiva perché, non riusciva a trovare un senso logico all’effetto che lei scatenava in lui da qualche settimana e questo lo mandava fuori rotta, perso in un mare in tempesta su di una piccola bagnarola sgangherata.
Scorpius non aveva ancora capito come organizzare quest’impasse in pensieri di senso compiuto e lasciò che il silenzio parlasse per lui, perché il legame con Albus era talmente forte da intendersi sempre, anche senza parole, scuse o pretesti, riuscivano a comprendersi anche nel silenzio.

“Questa cosa è tutto un enorme casino.”

“Tranquillo Scorp.  Per me è ok. Lily è ok. Tu sei ok.”

Si guardarono e improvvisamente e tutto fu chiaro.
Scorpius non aveva letto nello sguardo di Albus la collera per il tradimento, anzi, Potter aveva fatto un inaspettato cenno di assenso con il capo e a Scorpius bastò. Come a voler ulteriormente rassicurare l’amico sulla veridicità del suo animo, Albus allungò il braccio e batté un paio di pacche sulla spalla a Scorpius, com’erano soliti fare terminata ogni partita di Quidditch o dopo ogni esame.

“Vedi solo di non coinvolgermi quando litigate. E non ti dico nemmeno che se la farai soffrire ti gonfierò di botte, perché Lily probabilmente sarebbe ben più efficacie di me nello sterminare qualcuno.”

“Al, frena gli Ippogrifi. Non credo che succederà mai, io e Lily, intendo.”

Albus inarcò sorpreso il sopracciglio destro. Sapeva che Scorpius non gli avrebbe mai mentito, non ci sarebbe riuscito, così come lui a parti invertite, e aveva colto un palese velo di rimpianto nella voce di Malfoy quando si era costretto a pronunciare le ultime parole. Guardò l’amico e vedendolo abbattuto, evitò di infierire chiedendo ulteriori dettagli.

“Allora te lo dico per un eventuale futuro.”

“Olivia mi ha tirato uno schiaffone in Sala Grande, davanti a tutti.”

“Immaginavo. Ti ha cercato tutta sera, sembrava fuori di testa, tipo una Veela incazzata. Pensavo che aveste già chiarito il tutto.”

Scorpius sospirò, imbronciando le labbra. Aveva lo sguardo di chi è colpevole e si è poi pentito. Si stava perdendo nei suoi pensieri, facendo ritorno con la mente a quella peccaminosa sera di fine luglio sulle rive del fiume Avon, finché il gatto fulvo non si balzò sulle ginocchia per acciambellarsi addosso al suo padrone, riscuotendolo.

“Penso che le parlerò uno di questi giorni. Ma tu invece? Mi dici perché sei tornato così tardi?”

Albus ghignò soddisfatto al ricordo della sua serata.
 
**

Cassandra Goldstein, Prefetto, Corvonero, V anno
 
 
“Dobbiamo convenire su un gesto tattico per farmi capire che devo levarmi dalle pluffe se tu e Hugo volete sbaciucchiarvi, ok?”

Cassandra e Lily erano in biblioteca a ripassare per il test di Divinazione che avrebbero avuto da lì a qualche giorno e per questo erano costrette a sussurrare. Alla piccola provocazione della Grifondoro, Cassie le aveva lanciato un’occhiataccia severa, scatenando l’ilarità dell’amica.

“E invece tu? Sei sparita per un po’ ieri sera ed è da stamattina che sei meno adrenalinica del normale.”

Le lanciò un’occhiata di sbieco. Lily si era morsa il labbro inferiore e aveva affilato lo sguardo, seppur mantenendolo su un punto indefinito della pergamena che doveva leggere. Le sopracciglia aggrottate lasciarono intendere alla Corvonero che aveva osato troppo.

“Se non vuoi dirmelo non farlo, non ti obbligo.”

Le ultime parole furono bisbigliate velocemente, per anticipare eventuali rimostranze. Ormai conosceva talmente bene Lily che sapeva che metterla alle strette non serviva a nulla se non a farla irrigidire sempre di più, ‘come un Occamy chiuso in una scatola di fiammiferi’ diceva Hugo. Palesare l’interesse e poi rimarcarle che non era obbligata a confidarsi, con tono noncurante, era l’unico modo per far sentire Lily libera di parlare, perché lei era decisamente una persona riservata e si sarebbe affatturata le orecchie perché si trasformassero in vasi da notte piuttosto che rivelare i suoi segreti controvoglia.

Cassandra lasciò qualche momento all’amica per riflettere e intanto afferrò il diario dei sogni della Grifondoro per iniziare ad interpretarne qualcuno. Iniziò a sfogliare L’Oracolo dei Sogni fino a trovare ‘serpente’, ‘mela caduta’ e altri soggetti salienti del sogno scritto dall’amica, annotando tutto su un foglio di pergamena. Tenne lo sguardo fisso sui libri anche quando Lily iniziò a raccontarle della scena all’interno dell’Aula Studio e dell’intrusione di Albus, che aveva decisamente spezzato un momento singolare. Cassandra sollevò un sopracciglio indagatore e si azzardò a lanciare uno sguardo alla ragazza.

“Quindi sei triste perché Albus vi ha interrotti? Volevi avere più tempo con Malfoy, per finire quello che avete iniziato ad Hogsmeade?”

Cassandra sapeva che Lily non sarebbe riuscita a mentirle a domande dirette.

“Dai, piantala di dire stupidate. Non lo so perché sono triste, davvero. Boh, poi quando tu e Hugo siete spariti è successa una cosa strana, questa mi puzza davvero.”

Cassandra affilò lo sguardo e la invitò silenziosamente a continuare e Lily non poté più trattenersi, raccontò tutto esattamente come se lo era rivissuta almeno un migliaio volte durante la notte.
Olivia Parker, Caposcuola, Corvonero, VII anno

Lily la sera prima era rientrata in Sala Grande decisamente euforica e sghignazzante a causa del superalcolico, cosa che non destò sospetti perché in effetti la giovane Potter non era mai troppo seria, e aveva iniziato a cercare i suoi due amici, senza trovarli. Non ci volle una sfera di cristallo per immaginare come potessero essersi evolute le circostanze, quindi non si preoccupò troppo, anzi non si preoccupò affatto. Mancava più di un’ora al coprifuoco, la festa era fantastica, la colonna sonora giusta e le decorazioni pazzesche, nulla avrebbe potuto rovinare un Halloween del genere.

La musica iniziò a farle vibrare la cassa toracica e si abbandonò al ritmo dei bassi, ancheggiando in modo sgraziato in un angolo poco illuminato della Sala Grande. Sentì una mano sulla vita e una che intrecciava le dita con le sue, rise e aprì gli occhi. Scorpius l’aveva afferrata, voleva ballare con lei mentre condividevano l’euforia del cicchetto che avevano bevuto insieme. Il Serpeverde era molto diverso dal solito, il viso non aveva paura di incresparsi animato da varie emozioni, aveva i capelli leggermente scarmigliati e stava decisamente sfidando Lily a chi ballasse in modo più ingombrante. Ridevano e ballavano dinamici, dimentichi di dove fossero o di chi fossero, come se la gioia del momento andasse semplicemente vissuta senza pensieri.
Si erano avvicinati a loro altri ragazzi, amici dei due, unendosi alle rocambolesche danze, tra cui un compiaciuto Jasper Nott.

“Sei uno spettacolo amico, cos’avete bevuto?”

Jasper si era avvicinato a Scorpius con aria malandrina e non si stupì quando Malfoy rispose semplicemente facendo un cenno verso Lily, per poi tentare di fare il moonwalk.
Il buio della Sala Grande celava la scena di questa gioia incontrollata ai più, ma la cosa non sfuggì agli occhi di una certa Caposcuola che, ormai intrisa di isteria fino alla punta dei capelli, brancò con un braccio Scorpius e lo strattonò in modo che la guardasse negli occhi, allontanandolo da Lily quel tanto che bastava per non essere uditi.

“Malfoy, adesso io e te parliamo, smettila di evitarmi!”

Scandì ogni parola con rabbia, i suoi occhi neri erano una pozza di puro odio che riluceva grazie la tenue illuminazione delle candele. Aveva le mani strette a pugno, gli occhi spalancati e la mascella rigida, poteva quasi sembrare una discendente della preside tanto era impettita. Scorpius, lievemente alterato nelle percezioni, non parve rendersi conto dei sentimenti di Olivia Parker e fu così che le scoppiò a ridere in faccia, incapace di contenere l’euforia. La cosa non fece che aizzare l’ira della Corvonero, che strinse sempre di più le labbra, quasi non si potevano più scorgere. L’aria si insozzò di tensione.

“Sei solo l’ennesimo idiota, non puoi fare finta che quest'estate non sia mai esistita, stronzo!”

Tutto fu fulmineo, il colpo fu udito distintamente ben prima che qualcuno potesse intendere cosa sarebbe successo. Lei schiaffeggiò forte il biondino e poi corse verso l’uscita, con le lacrime che lottavano per iniziare a scorrere. Il gruppo di amici, vedendo la scena appena accaduta poco distante, si zittì un attimo. Scorpius era attonito, con una mano portata laddove la ragazza l’aveva colpito, sotto lo strato di trucco magico doveva ormai essersi formata una cinquina purpurea in netto contrasto con il candore della sua carnagione. Aveva la bocca spalancata, esattamente come i suoi occhi, tutto esprimeva incredulità, ma mai delineata quanto quella dei ragazzi intorno a lui. Olivia Parker era sempre stata una ragazza severa, ma mai violenta o preda delle sue emozioni.

“Te l’ho detto anche la scorsa estate che non è stata la tua miglior pensata. Vado a vedere come sta.”

Jasper Nott scosse la testa mentre sussurrava le parole all’amico prima di sparire alla ricerca della Parker.
A Scorpius, di seguire Olivia, non era nemmeno balzato in mente. I suoi occhi si fiondarono rapidi alla ricerca di una certa ragazza dai capelli rossi, che lo stava osservando attonita. Lei aveva sentito, come avevano sentito anche i ragazzi intorno a lei, la musica non aveva coperto le parole urlate con rabbia, e comunque la scena doveva essere stata abbastanza eloquente. Scorpius osò fare un passo verso la ragazza, il cui volto era una maschera di amarezza mutato prontamente in uno stiracchiato sorriso di circostanza, con gli occhi fiochi inchiodati a quelli del Serpeverde. Rimasero un secondo lungo una vita a fissarsi, prima che lei si girasse per raggiungere uno dei tavoli delle bevande. Fu allora che Scorpius si risvegliò da quel torpore melancolico.

“Ti posso spiegare.”

Il suo sussurro era esitante, come se avesse paura di spezzare lo stato simil-catatonico in cui Lily versava.

“So di non avere una media impeccabile come la tua, ma sono abbastanza dotata da aver capito, Malfoy. Ora scusa, ho degli scherzi da fare, anche se non all’altezza di quelli che riesci a fare tu.”

Il tono di Lily era piatto, privo di qualsiasi oscillazione di tono o colore, in netto contrasto con l’acidità delle frasi pronunciate. Aveva gli occhi estremamente lucidi, ma non si premurò di nascondere quella debolezza, non stavolta. Indossava come una maschera da rabbiosa guerriera ferita e Scorpius seppe che non ci sarebbe stato nulla da fare. Quelle parole gli bruciarono dentro, in una parte indefinita all’altezza del petto e lo logorarono ben più dello schiaffo, della vergogna e della colpa che provava.
 
**


Lily Potter, Grifondoro, V anno
 
 
“Sicuramente c’è qualcosa tra lui e la Parker e io non ho intenzione di essere trattata come la seconda scelta di nessuno.”

Verso la fine del racconto, la voce di Lily era sfumata in una veritiera replica di quello atona della sera prima. Non era più combattiva, lo spirito le si era smorzato a forza delle lacrime silenziose che le avevano imbevuto gli occhi la notte prima e solo l’abile incantesimo di camuffamento che si era gettata sopra alle borse scure aveva evitato lo sconforto dell’essere sbugiardata. Odiava sentirsi così ferita, così come odiava l’essere vulnerabile alle azioni di un ragazzo che, forse qualche mese prima, non le avrebbe fatto né caldo né freddo e anzi, avrebbe riso dei pettegolezzi che si sarebbero diffusi a vista d’occhio dopo lo schiaffo ricevuto.

“Magari era solo un fraintendimento. Forse lei lo aveva pescato a fare qualcosa che non avrebbe dovuto, che ne so, magari aveva infranto qualche regola.”

“No. Gli avrebbe tolto dei punti, non gli avrebbe stampato una cinquina in piena faccia.”

La Corvonero si stava scervellando così da trovare una soluzione a quel rompicapo che pareva portare solamente ad un’unica via, ma non ne volle sapere di demordere, nonostante le altre opzioni risultassero claudicanti. Usò i suoi toni più dolci per provare a confutare ancora una volta l’accusa a Malfoy.

“Forse avresti dovuto ascoltarlo. Probabilmente le cose non sono come sembrano o si sarebbe risparmiato anche di parlarti subito dopo.”

Tentò di suonare incoraggiante, ma lo sguardo truce che le arrivò in risposta non lasciava nessuno spiraglio di redenzione per il Serpeverde. Cassandra guardò la sua amica e capì che l’unica cosa che poteva fare ora era distrarla dal suo cuore spezzato.

“Eh niente Lils, mi toccherà cruciarlo durante una delle mie ronde da Prefetto. Se vuoi lo ammazzo eh, però penso che non ti andrebbe di venirmi a trovare ad Azkaban.”

Lily abbozzò ad un sorrisetto, prima di rispondere.

“Credi che mi faranno entrare con una valanga di Fuochi d’Artificio Freddi del Dott. Filibuster con innesco ad acqua? Sarebbe pazzesco spararli in faccia ad uno di quei dannati Dissennatori.”

A Cassandra questo bastò per considerare il suo tentativo di distrarre l’amica come una vittoria con boccino preso per un soffio e si premurò di sventolarle sotto il naso il diario dei sogni e il libro di Divinazione. Evitò accuratamente di riferirle l’interpretazione del sogno che Lily aveva fatto qualche giorno prima, dicendole di non essere stata in grado di capirlo. Inveendo contro la Cooman e la sua dannata materia da troll, Lily iniziò a cercare gli elementi del sogno di Cassandra, mentre quest’ultima nascondeva un piccolo pezzetto di pergamena che recava le seguenti parole:

SERPENTE: conflitto tra ragione ed istinto
CHE STRISCIA: pulsioni sessuali represse
SU UNA MELA CADUTA: situazioni mature non considerate
CHE POI SI RIEMPIE DI VERMI: delusione, raggiro

 
**

Persephone Zabini, Serpeverde, VII anno
 
 Albus si trovava nella sezione di Antiche Rune della biblioteca scolastica, ma ad un tratto decise che la traduzione di un brano che descriveva la lavorazione del pellame di Zhouwu non era interessante quanto la scena che gli si parava di fronte. Jasper era a qualche tavolo da lui, intento a scopiazzare malamente l’intero paragrafo di un libro di Difesa Contro le Arti Oscure sugli Aswang, sperando invano che la professoressa non si sarebbe accorta della cosa. Persephone si era avvicinata a lui con aria da seduttrice a caccia e gli fece qualche moina di rito: sbatté le ciglia, rise silenziosamente buttando indietro i lunghi capelli e gli poggiò casualmente la mano su un ginocchio. Jasper deglutì, facendo sobbalzare il pomo d’Adamo, per poi concedere alla ragazza la sua piena attenzione, oltre che uno sguardo di pura adorazione. Lo scambio di battute parve breve e, come era arrivata, la Zabini si volatilizzò. Jasper, ancora rintronato da quell’improvviso cambio di atteggiamento nei suoi confronti, si spostò al tavolo dell’amico.

“Falso allarme, non vuole ancora dei figli da me, ma prima o poi mi implorerà.”

Si lasciò cadere con poca grazia su una sedia, che grattò sul pavimento causandogli un’occhiata ammonitrice di Madama Pince.

“Come mai questo agguato da Basilisco?”

Albus non mosse nemmeno gli occhi dal dizionario runico mentre rivolgeva la domanda all’amico, diligente com’era sempre stato.

“Credevo che avesse notato il mio nuovo taglio di capelli, che per inciso è una vera bomba, ma era solo interessata a scoprire come mai Olivia ha mollato uno schiaffo a Scorp. Ho fatto finta di non saperne nulla, ovviamente.”

“Hai fatto bene, Jas. Brutta storia comunque, pensavo che Scorpius le avesse già parlato a riguardo.”

“Sai, dopo sono andato a controllare come stava e un po’ abbiamo parlato. Non si è rassegnata, nonostante lui le abbia spiegato che è stato tutto un errore e che si è pentito. Sai, in realtà faceva un po’ pena, ho tentato di consolarla, ma sembrava a pezzi.”

Albus inarcò un sopracciglio divertito, vedere Jasper che si preoccupava di qualcuno all’infuori della sua stretta cerchia di amici era davvero insolito. Se era vero che Jasper Nott, mosso da compassione, aveva tentato di confortare la Caposcuola, voleva dire che per tutti c’era effettivamente speranza di crescere. Annuì all’affermazione dell’amico prima di rispondergli.

“Sì, stamattina non aveva un aspetto riposato quando la preside ci ha fatto presente che capisce perfettamente il nostro bisogno di socializzare a quest’età, ma che non si aspettava che entrambi i Caposcuola sparissero ad una certa ora.”

Jasper scartò un pacchetto di Gelatine Tutti i Gusti+1. Osservava sornione l’amico, aspettandosi che questo proseguisse con il racconto. Le occhiaie di Albus lasciavano presagire un tardo rientro nei Dormitori, ben oltre quello consentito agli studenti, probabilmente era stato a zonzo sotto quel maledetto mantello che gli permetteva di infrangere qualsiasi regola, ma che Albus utilizzava solo per sgattaiolare alle cucine e farsi riempire le tasche di pasticcini e tramezzini dagli Elfi Domestici. Evidentemente, il perfetto Caposcuola Potter non era poi così intoccabile.

“Mi dirai mai dove sei stato ieri sera?”

Ma mentre Jasper cercava di mettere alle strette l’amico, Madama Pince iniziò a dar di matto per la presenza di cibo vicino ai suoi preziosi libri e lo cacciò dalla biblioteca a colpi di scopa sugli stinchi. Nott, veloce come un fulmine, raccolse alla bell’e meglio i suoi compiti e fuggì dalle maniere forti della bibliotecaria.

Albus era riuscito, come al solito, a farla franca.
**

Scorpius Malfoy, Serpeverde, VII anno
 
La pioggia batteva incessante e aveva ingrigito ogni cosa, tanto che guardando verso il parco scolastico, gli studenti non avrebbero potuto credere che quell’erba sarebbe ritornata col tempo ad un verde vivo. Le nuvole lasciavano filtrare qualche lieve spiraglio di luce, ma nel primo pomeriggio il buio stava iniziando a calare tanto fitto che nel castello ben presto si sarebbero accese le torce.
Terminati i compiti, Lily era corsa al dormitorio per recuperare la scopa e indossare la divisa invernale di Quidditch. Aveva chiesto al cugino di accompagnarla al campo, ma lui aveva rifiutato deciso, poiché aveva intenzione di andare a trovare Cassandra e colse l’occasione per sconsigliare a Lily di volare con quel tempo, ma lei sembrava non interessarsi delle condizioni climatiche. Nulla era meglio che un bel volo per calmare i nervi, glielo aveva sempre ripetuto suo padre dopo ogni screzio che Lily aveva con la madre, per questo aveva afferrato la sua Fulgurea X, manico di scopa ricevuto come dono di compleanno l’anno prima, e si era incamminata.
Uscendo dal buco del ritratto, incespicò in qualcuno che aveva avuto la brillante idea di piazzarsi davanti all’uscita del dormitorio.

“Condividi dei cromosomi con i troll o ti impegni per essere così geniale?”

La rabbia repressa da tutta la giornata aveva modellato quelle parole e non le interessava nemmeno su chi fosse inciampata, doveva assolutamente fiondarsi al campo o probabilmente avrebbe cruciato le persone intorno a lei anche solo perché osavano respirare.

“Ti stavo aspettando.”

Fu come un montante preso sul diaframma, quella voce aveva lo stesso tono supplicante della sera prima parve essere la miccia che incendiò Lily, che d’un tratto parve ben più alta e minacciosa del suo solito metro e sessanta, di solito buffo se paragonata all’altezza di Scorpius Malfoy. Il volto di Lily, indurito dalla bile, divenne quasi dello stesso colore dei capelli.

“Non ho tempo per te, ma Olivia so che ne ha.”

La risposta, sputata fuori con indignazione, avvilì il Serpeverde. Era decisamente consapevole che quella rabbia era tutta frutto di un enorme fraintendimento a causa sua, ma non trovava la maniera di spiegarsi.

“Lily, ti prego, tu devi ascoltarmi, non è come sembra.”

“No Malfoy, io non ti devo proprio nulla. Perché continui ad annoiarmi? Non devi proprio spiegarmi niente.”

“Lo sai perché devo.”

Lui aveva bisbigliato quell’ammissione di colpa, rendendo tutto improvvisamente intimo. Non seppe nemmeno lui perché si sentisse così in dovere di redimersi, ma il ricordo di ciò che era successo nell’aula studio era martellante nella sua mente e non aveva intenzione di sciupare tutto. Nessuno dei due aveva accennato a quei momenti condivisi prima di allora e fu forse questo a bloccare Lily. Lei inspirò, con rabbia crescente, prima di rispondere.

“Pensavo di essere io quella con il dono per gli scherzi, ma anche tu hai talento, un bel tiro mancino da donnaiolo, ma io non sono una tacca. Ora, ti prego, lasciami andare.”

Lei girò i tacchi e iniziò a camminare spedita lungo il corridoio, ogni passo risuonava come un tamburo di guerra. Lui la guardò svoltare l’angolo, con la scopa in spalla e si ripromise di non lasciar correre questa volta. Era fermo, deciso, lei si sarebbe potuta arrabbiare tanto da cruciarlo, ma almeno l’avrebbe fatto conoscendo la sua versione.
Nel giro di quindici minuti Scorpius era riuscito in modo forsennato a recuperare la sua scopa da dormitori e si stava fiondando sotto la pioggia, deciso a confrontarsi con la rossa.

Lily volava con rabbia, aveva un che di rapace nel modo in cui cambiava traiettoria e si lanciava in picchiate da mozzare il fiato. Aveva eseguito un Impervio sul viso, perché le gocce di pioggia evitavano gli occhi corrucciati, inzuppando però il resto della testa e del corpo.  Aveva un’espressione rabbiosa e concentrata mentre volava veloce con in mano la piccola mazza da battitore. Un bolide, liberato sicuramente dalla ragazza, cambiò improvvisamente direzione e puntò dritto con il suo petto, pronto a disarcionarla. Lei lo respinse con rabbia, urlando per la forza che aveva dato al suo colpo. Il bolide fu sbalzato via, dandole qualche secondo di tregua prima di rigirarsi e tentare un nuovo attacco, ma Lily era pronta, gli occhi bruciavano ancora della rabbia che non vedeva l’ora di sbattere via a suon di mazzate. La costituzione minuta di lei le aveva fatto prendere qualche botta e ogni volta che colpiva, si vedeva il corpo in tensione oscillare per l’impatto, ma a livello tecnico non le si poteva dire niente, evidentemente era vero che a casa Potter le partite in famiglia erano un’abitudine ben radicata.

Sembra un’amazzone.

Lei notò con la coda dell’occhio una figura avvicinarsi e non fu difficile riconoscere la chioma bionda del Serpeverde. Lanciò un grido rabbioso nel colpire l’ultimo attacco della palla, fu violenta, come se la sua intenzione fosse quella di frantumare il bolide e non solo di deviarlo. Malfoy si accorse che lei aveva intenzionalmente scagliato il bolide verso di lui, ma fu pronto a scansarlo salendo di quota con la scopa.

“Sarò felicissimo di farmi disarcionare da te, ma prima devi ascoltarmi.”

Lei colpì l’ennesima volta, sempre sparando contro a Scorpius la palla. Lily stava tremando dal freddo, le vene sulle braccia ormai erano visibili e in rilievo, lo sforzo era enorme, i suoi muscoli ormai avevano iniziato a produrre acido lattico ed era palese che, zuppa e stanca, iniziava ad accusare la fiacchezza fisica, ma lo spirito non era ancora stato domato, bruciava come il ringhio di un felino ferito. Scorpius scartò più volte il bolide, era abituato a gestirli durante le partite di Quidditch dato che il battitore, tra i due, era lui. Cercava di avvicinarsi in volo a lei, schivando i suoi attacchi e non ci volle molto per arrivare ad un paio di metri da Lily.

“Non posso obbligarti a non essere incazzata con me, ma almeno devi sapere cos’è successo.”

Tentò per l’ennesima volta e lei, per la prima volta nei venti minuti in cui aveva provato a massacrarlo, si fermò per scrutarlo in viso. Sembrava ponderare le sue scelte e, nonostante il viso tradisse tutto il suo disappunto, annuì come per accordargli il permesso di parlare. Scorpius fece per iniziare, ma Lily non riuscì ad ascoltare nessuna delle parole. Spalancò gli occhi, d’un tratto vigile e conscia di ciò che sarebbe successo da lì a poco. Con la coda dell’occhio aveva infatti notato una palla scura che si stava dirigendo inarrestabile verso il Serpeverde, sorprendendolo alle spalle.

“LEVATI MALFOY, LEVATI!”

Il bolide, probabilmente esagitato dalla combattività che Lily gli aveva riservato per una generosa mezz’ora, aveva deciso di virare e colpire di netto Malfoy sulla nuca. Lui non fece in tempo a realizzare nulla, vide Lily con espressione stranamente preoccupata, ma non riuscì a sentire cosa avesse detto a causa della pioggia. La stava ancora guardando quando un tonfo sordo risuonò nonostante lo sfrigolio della pioggia. Il dolore che provò Scorpius in quel momento fu immenso perché inaspettato, ma ben presto passò, come i pensieri e la concezione di dove si trovasse. Si sentì senza peso, come se fosse stato in grado di volare senza scopa. Chiuse gli occhi senza volerlo e tutto divenne inodore, impalpabile e buio.

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Angolo Autrice
Ciao a tutti!
Scusatemi per l'assenza, ma nel periodo che stiamo vivendo al momento ho davvero poco tempo libero, il lavoro mi prende gran parte della giornata e quando arrivo a casa sono davvero distrutta, quindi non riesco ad essere costante come vorrei nello scrivere.
Spero comunque che i vari capitoli continuino a piacervi e vi ringrazio, perché se continuo a scrivere anche quando sono esausta è per tutte le belle cose che mi avete scritto, che sono al momento davvero una boccata di gioia.

Baci a tutti
Matagot


 

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 7 ***


CAPITOLO 7



Lily Potter, Grifondoro, V anno

“Se continui così, invece di far evanescere quel verme, lo schiaccerai e basta.”

Era lunedì pomeriggio e Hugo stava abilmente schivando i colpi di bacchetta della cugina durante la lezione di Trasfigurazione. La professoressa McGranitt, che nonostante la carica di Preside non aveva intenzione di abbandonare la cattedra, aveva dato a ciascuno di loro un verme, poiché avevano terminato la lunga introduzione teorica sugli incantesimi Evanescenti sugli invertebrati ed era giunto l’ingrato momento di cimentarsi nella pratica. Trasfigurazione era da sempre una materia che richiedeva la massima concentrazione, ma quell’anno stava iniziando a scremare di netto le menti più acute da quelle meno dotate.

Evanesco. Evanesco. Evanesco!”

Lily aveva accompagnato ogni parola con una stoccata della bacchetta di ciliegio con il nucleo di piuma di Tuono Alato, ma sembrava non riuscire ad incanalare la sua energia magica nel catalizzatore. Sfogliò i suoi appunti per tentare di trovare la soluzione mentre Hugo tentava a sua volta. Erano seduti allo stesso tavolo, in seconda fila.

Seguivano la lezione insieme ai Tassorosso, ma nessuno era ancora riuscito, dopo mezz’ora di tentativi, a far sparire un bel niente. Il morale collettivo era decisamente sconsolato, dato che tutti avevano ripetuto loro che gli incantesimi Evanescenti sarebbero stati sicuramente richiesti agli esami che si sarebbero svolti solo l’estate successiva. La classe era piena di borbottii delusi, bacchette agitate, formule pronunciate più o meno correttamente e qualche saltuaria esplosione.

“Concentratevi e utilizzate l’energia magica per spedire i vermi nel non-essere, forza, ce la potete fare!”

Il tono severo della preside non era incoraggiante quanto le parole avrebbero voluto essere. Pochi istanti passarono prima che il lieve borbottio della classe fu tagliato da un gridolino eccitato e poi da un’esclamazione infausta. Una ragazza di Tassorosso era riuscita a far sparire una metà del suo verme e per lo stupore lasciò cadere la bacchetta direttamente sul povero invertebrato, che ora era semplicemente una poltiglia viscida sul tavolo della ragazza.

“Prima di cena io e Cassie ci vediamo, ha detto che ha preparato un piano di studi per tutti e tre, vieni con noi?”

Hugo aveva approfittato del temporaneo chiacchiericcio in aula per poter parlare con la cugina.

“Ti va di portarmi il mio a cena? Prima devo fare una cosa.”

Hugo annuì velocemente e riprese ad agitare inutilmente la sua bacchetta. Alla fine della lezione di Trasfigurazione nessuno degli esausti allievi era riuscito a far sparire nulla, nemmeno la valanga di compiti che la Preside assegnò per il giovedì.
 
**


Persephone Zabini, Serpeverde, VII anno
 
Scorpius giaceva su un fianco, con la testa poggiata su due morbidi cuscini, e tentava di mantenere il respiro lento e regolare. Si trovava ancora in infermeria perché Madama Chips aveva deciso di tenerlo in osservazione per quarantott’ore, a seguito dalla caduta dal manico di scopa con conseguente trauma cranico e botte varie. Il ragazzo aveva tentato di convincerla a lasciarlo almeno trascorrere la notte nel suo dormitorio, asserendo che si sentiva bene a parte un leggero mal di testa e il dolore alla schiena, ma l’infermiera scolastica non aveva voluto sentire ragioni. Fortunatamente il bolide lo aveva travolto ad un’altezza esigua e quindi l’impatto con il terreno fangoso non era stato particolarmente violento, ma questo non era un valido motivo per comportarsi da sciocco e rifiutare le cure, a detta di Madama Chips.

“Come stai Scorp? Lo so che stai fingendo di dormire.”

Malfoy seppe che non sarebbe riuscito a fingere ancora e si issò sui gomiti per fronteggiare la ragazza. Durante la giornata si erano avvicendati diversi visitatori al suo capezzale e Scorpius ne era stato felice, ma quella era decisamente una persona che non aveva proprio voglia di vedere. Prima ancora di sentire la sua voce, aveva inspirato il profumo vomitevolmente dolciastro di Persephone Zabini, che ora gli aveva poggiato una mano sulla spalla, abbandonandosi a qualche lieve carezza. Al suo tocco, lui cercò di reprimere il viscido brivido freddo che gli percorse la schiena, perché suo padre gli aveva sempre insegnato che contro alcuni tipi di bulli era importante non lasciare trasparire la paura. Lei si era seduta sulla sedia di fianco a lui, accavallando sapientemente le gambe in modo che la gonna, già magicamente accorciata oltre al limite consentito dal regolamento scolastico, si alzasse e lasciasse intravedere il pizzo nero che bordava un paio di autoreggenti.

“Ciao Seph. Non c’è male, ma le pozioni che ho dovuto bere mi mettono molta sonnolenza.”

Aveva accennato al comodino di fianco al suo letto su cui erano poggiati un paio di boccali vuoti e qualche ampolla con piena di un liquido viscoso color carta da zucchero che ribolliva autonomamente.

“Madama Chips mi ha detto che ti serve riposo per rimetterti, però questi materassi sembrano piuttosto duri, forse un massaggio alla schiena potrebbe aiutarti a rilassarti.”

Le dita della Serpeverde danzarono lentamente lungo la clavicola e Scorpius rabbrividì, incapace di trattenersi questa volta, immaginando che quella doveva essere la sensazione che si provava nell’essere avvolti tra le spire di un boa. Portò la mano destra su quella della ragazza, fermandola prima che questa potesse scivolare ulteriormente.

“Sono comodo Zabini, grazie. Ora però è meglio se vai, sono esausto”

“Prima o poi verrai a letto con me, caro, e sarà anche una delle notti più belle della tua vita. Non ti ricorderai nemmeno dell’esistenza di quella nullità della Parker, immagino che anche i migliori ogni tanto facciano errori di valutazione.”

Soffiò queste parole versò di lui con tono sicuro e dopo avergli lanciato uno sguardo saturo di sfida e desiderio, si alzò per andarsene con la sua solita andatura ancheggiante. Lasciando Scorpius a maledire la casualità delle circostanze che lo avevano portato a conoscere quella maledetta di Persephone Zabini.
 
Lily non riuscì a trattenere uno sguardo di disapprovazione nell’incrociare la sua acerrima nemica sulla strada per raggiungere il letto di Malfoy. Qualcosa all’interno del suo petto iniziò a ruggire indomabile, una specie di creatura feroce che non vedeva l’ora di staccare la testa a morsi a quella maledetta oca prepotente.

“Zabini, mi dispiace che non te l’abbiano detto, ma Madama Chips non ha intrugli per risolvere quel tuo piccolo problema con la dignità, puoi anche sloggiare ora.”

“Nemmeno per il tuo problema con l’intelligenza, piccola smorfiosa impudente.”

Si guardarono per un momento in cagnesco, entrambe avevano la mano destra già sulla bacchetta e i sensi tesi al massimo per captare un qualsiasi segnale dall’altra. L’aria era elettrica, ma mai quanto gli animi delle ragazze. Da entrambe le bacchette iniziarono a sprizzare scintille rosse e blu.
Madama Chips uscì velocemente dal suo ufficio e bastò la presenza di un adulto ad spezzare la palpabile tensione. Con fare superiore, dopo essersi squadrate male un’ultima volta, proseguirono una verso l’uscita e l’altra attraverso il piccolo corridoio che portava ai letti.

“Malfoy, sei vivo! Credevo di trovarti morto nel letto dopo la visita della tua amica.”

Scorpius si illuminò. Non si curò nemmeno di nascondere il sorriso che al momento gli si era stampato in viso, una semi paresi facciale che in pochi avevano avuto modo di vedere.

“In realtà sei tu quella che ha attentato alla mia vita, Potter.”

Lui aveva sorriso, ma la battuta del biondo non parve divertire troppo la ragazza che, dopo un breve sospiro, iniziò a parlare con voce sommessa.

“Senti, mi dispiace. Non pensavo che il bolide ti avrebbe colpito, cioè colpito davvero.”

Lily aveva le gote arrossate dalla vergogna e teneva lo sguardo basso, mentre giocherellava con una ciocca di capelli. Tutto in lei, dall’espressione alla voce, tradiva quanto fosse dispiaciuta. Lily era sempre così, intensa in tutte le emozioni che provava e che trasmetteva, non riusciva a limitare la sua capacità emotiva.

“Mio fratello mi ha accusato di averti sabotato in previsione della partita, però non credevo nemmeno che ti saresti impicciato nel mio allenamento privato, quindi alla fine la colpa è un po’ tua, no?”

Il ghigno beffardo di Lily, che cercava di mantenere un minimo di normalità nei suoi modi nonostante lo stato d’animo, generò nel biondino una risata sincera, che stemperò l’aura di rimorso in cui lei galleggiava dalla sera precedente.

“Non potevo fare altro, sei un osso duro da convincere, Potter.”

“Comunque mi dispiace, davvero. La prognosi?”

“Lussazione alla spalla, trauma cranico e qualche osso rotto, tutto sistemato quasi subito però. Immagino che i segni che ho sulle caviglie siano dovuti ad un tuo Levicorpus per portarmi al castello, vero?”

Lei fece un cenno di assenso con il capo. Quell’affermazione le aveva portato alla mente l’attimo di paura che aveva vissuto giusto la sera prima, velandole blandamente lo sguardo di tristezza.

 “Al momento sono solo un po’ dolorante e devo rimanere in osservazione un altro giorno qui in infermeria a causa della botta in testa, o penso che Madama Chips mi ucciderà.”

Lui accennò ad un sorriso nel tranquillizzarla sulle sue condizioni di salute, come aveva fatto con tutti. Probabilmente era qualcosa dettato dalla perdita di coscienza prima della caduta in sé, quindi non si era spaventato perché non aveva memoria della cosa. Madama Chips era stata chiara con lui, lo aveva definito parecchio fortunato a cadere da un’altezza ridotta per chi gioca a Quidditch e grazie all’intervento medico tempestivo non avrebbe subito danni permanenti, sempre che lui rispettasse le disposizioni dell’infermiera.

“Ho tentato di afferrarti. Quando il bolide ti ha colpito e sei scivolato dalla scopa, mi sono buttata in picchiata per tentare di issarti sul mio manico. È stato orribile, non ne hai idea, tu eri lì, incosciente tanto da sembrare morto, e stavi cadendo da almeno venti metri da terra. Sono riuscita a raggiungerti quando mancavano tre o quattro metri, ti ho afferrato, cioè ho tentato, ma eri zuppo fradicio! Io sono quasi caduta dalla scopa perché mi sono sbracciata per prenderti, ma tu sei scivolato lo stesso. La pioggia non ha coperto il tonfo orribile che hai fatto quando sei volato nel fango. Davvero Scorpius, è stato spaventoso, temevo fossi morto.”

L’apprensione e il nervosismo sporcarono l’espressione e la voce della ragazza, lasciando che Scorpius potesse davvero intendere quanto fosse stato fortunato, ora che aveva un resoconto delle dinamiche che lo avevano spedito dritto dritto in infermeria. Lei proseguì nel racconto, accennando alla paura, alla colpa e al sentimento di impotenza l’avevano tormentata durante la corsa verso l’infermeria e poi, nonostante avesse piena fiducia in Madama Chips, alla sua attesa che pareva infinita. Durante quell’ora che l’infermiera si era presa per il primo soccorso su Malfoy, Lily si era scavata i palmi delle mani con le unghie, tormentata da tutte le emozioni che aveva soffocato per rimanere lucida e aiutare il ragazzo, ma che la sommersero non appena l’unica cosa che poté fare fu aspettare. Non poté tenerselo dentro e gli confessò che l’impotenza e la colpa l’aveva logorata tutta la notte e tutto il giorno e che malgrado Albus l’avesse rassicurata, lei non era stata in grado di concentrarsi su nulla. A Scorpius scappò un sorriso canzonatorio quando lei gli raccontò del totale fiasco a lezione di Trasfigurazione.

“A proposito, riuscirai a giocare la prossima partita?” chiese Lily noncurante.

La risposta del Serpeverde fu accompagnata da un sorrisetto impertinente.

“Ho la scorza abbastanza dura, vi farò vedere i sorci verdi, dillo pure alla Davies.”

Lily ridacchiò immaginandosi la reazione della Capitana di Grifondoro che aveva esultato nel constatare la probabile assenza di Malfoy dal campo all’imminente partita, prima di dare un’orgogliosa pacca sulla spalla alla sua Cercatrice ed esclamare “Ben fatto, Lily!”

“In realtà ho detto a Georgia che se tu giochi, io salto la partita, farei tutto il tempo a controllare che tu sia ben saldo sulla scopa, anche se so che è una cosa stupida. Lei non ammette defezioni però.”

Scorpius le lanciò un’occhiata intensa quando sentì le parole di Lily. Lui non seppe stabilire con decisione se a prevalere sul suo umore c’era lo sdegno per essere ritenuto tutt’un tratto come un gracile novellino su un manico di scopa che può essere sbalzato via al primo soffio di tramontana o se crogiolarsi nel piacevole calore che l’apprensione di Lily gli generava nel petto.

“La Davies fa bene. Dobbiamo stracciarvi con tutti i migliori in gioco, o diranno che non ci siamo meritati la vittoria.”

Lily soppesò la risposta del ragazzo e dopo poco cedette ad un sorriso timido, d’altronde le aveva appena fatto un complimento indiretto definendola una delle migliori. Prontamente tramutò quel sorriso nel solito ghigno da combina guai che la faceva sentire sempre a suo agio.

“Bisognerà allora che mi guardi le spalle dai tuoi Bolidi. Nessun trattamento speciale tra di noi, promesso? Oppure dovrò suonartele alla Babbana, ti avverto che i miei pugni non sono niente male.”

Le parole le erano sgusciate fuori veloci e solo a discorso fatto si accorse che lui poteva pensare ad un’allusione alla sberla ricevuta due sere prima. Vi fu un attimo di imbarazzo, spezzato prontamente da Scorpius.

“Lily, per quel che riguarda la sera del Ballo…”

Lily scosse il capo per interromperlo. Gli poggiò la mano sulla sua con tocco gentile e rassicurante.

“Non ti preoccupare, parleremo quando Madama Chips decreterà che la tua povera testolina indifesa potrà sopravvivere al Bolide Lily.”

Detto ciò, la rossa si alzò per andarsene o sarebbe arrivata tardi per la cena. Abbandonò l’infermeria silenziosamente come era entrata, non prima di aver scoccato al Serpeverde un sorriso e Scorpius si addormentò da lì a breve, ma non seppe capire se per l’effetto di un intruglio rifilatogli dall’infermiera dopo che l’ultima visita o per la serenità che aveva provato quando Lily gli aveva preso la mano.

Il risveglio fu scioccante, in quanto fu strappato da un profondo sonno senza sogni dall’urlo di sorpresa di Madama Chips, sbalordita nel constatare che le chiazze maculate gialle e viola comparse su tutto il viso di Scorpius non erano uno strano effetto collaterale delle sue cure, ma il frutto di una diavoleria presumibilmente acquistata al negozio di quel burlone di George Weasley.
 
**
 
Amelia Firestorm, tastierista della band Dark Phoenix


‘Hey straniero!
Sono la ladra di orologi, ho giusto il tuo al polso.
A lui manchi molto, sai?
Se ci tieni a rivederlo incolume, ti consiglio di scrivermi la data del prossimo fine settimana ad Hogsmeade, così potremo incontrarci da Rosmerta, tu potrai corrompere il mio animo truffaldino con una Burrobirra e io farò finta di non volertelo ridare finché non me ne offrirai un’altra ancora.

Fammi sapere, oppure dovrò cruciarti. O cruciare l’orologio, ma non so se ne vale la pena.

A.F.
P.S. Sarò quella con i capelli un po’ rosa e un po’ forse me li tingo.’

La posta via gufo del mercoledì aveva portato ad Albus Potter una lettera scritta con inchiostro viola. Le parole erano state vergate nella pergamena con tratto veloce e disordinato, ma Albus non ebbe problemi a decifrarne il contenuto. Il Caposcuola l’aveva letta velocemente, inclinando con noncuranza il foglio in modo che fosse impossibile per i suoi vicini sbirciarne il contenuto. Aveva anche tentato di mantenere l’espressione neutra e leggermente annoiata durante la lettura, ma a fine biglietto la sua proverbiale freddezza si era sciolta in un mezzo sorriso, cosa che Nott e Scorpius non mancarono di notare. Jasper, di fronte ad Albus, stava ingollando ettolitri di caffè così ammorbidire tutti i pancake appena ingeriti, mentre Scorpius, seduto a fianco dell’amico, leggeva svogliatamente La Gazzetta del Profeta.

“Potter, che magnifica novità essere deliziati da un tuo sorriso!”

Jasper era, come al solito, canzonatorio ai limiti dell’insopportabile, ma ormai gli amici erano immuni alla sua pesantezza. Albus infilò velocemente la lettera all’interno della sua borsa e, con il consueto tono neutro, rispose all’amico. Il tavolo dei compagni di casa non era il luogo adatto ad una discussione del genere, solo Scorpius pareva aver inteso la cosa.

“Hey Nott, mi sbirci di nascosto? Ti ho sedotto, vero? Sapevo che questo nuovo dopo barba mi avrebbe causato guai del genere.”

Una decina di Serpeverde si abbandonò a sorrisini e risa e Albus ebbe la conferma che intorno a lui vi erano persone all’ascolto, ergo la lettera appena ricevuta non era passata inosservata. A volte era davvero sfiancante vivere a stretto contatto con così tanti adolescenti, era inevitabile essere privati della propria privacy. Afferrò un paio di fette di pane tostato su cui spalmò burro e confettura di fichi, si versò un bicchiere di spremuta d’arancia e, sapendo di essere ancora sotto attenta osservazione, decise di cambiare argomento per troncare ogni minimo residuo di curiosità.

“Jas, farai da cronista anche durante questa partita?”

Nott scosse la testa, incapace di rispondere poiché la bocca era stipata di biscotti.

“No, la preside ha deciso che il commentatore deve essere imparziale e quindi non può essere uno appartenente alle case in campo. Questo giro se ne occupa il fratello di Olivia, un Tassorosso del sesto anno.”

Aveva atteso un paio di secondi prima di rispondere, giusto il tempo di deglutire. Quando menzionò il nome della famigerata Caposcuola, ormai era definita Olivia Mano Lesta dalle male lingue, nomignolo su cui parecchi ragazzi iniziavano a fare battutacce, si premurò di lanciare un’occhiata veloce a Scorpius per sincerarsi della reazione dell’amico, ma Malfoy non sembrò essere toccato dalla cosa.

“Chissà se anche il fratellino ha la mano lesta come la sua, in effetti per quanto è brutto potrebbe dover provvedere a certi bisogni in autonomia.”

Il commento era venuto da un ragazzo del quinto anno seduto un paio di posti più in là rispetto a Nott. Le ragazze iniziarono a cinguettare di risa, parevano la fedele imitazione di un branco di chihuahua sotto Incantesimi Rallegranti e i ragazzi batterono il cinque al ragazzo.
Albus si sporse per osservare meglio la scena e valutare in quanto tempo sarebbe potuta degenerare, ma commise l’errore madornale di focalizzarsi solamente sul gruppo del quinto anno. Jasper Nott si era alzato, aveva raggiunto a passi lenti la schiena dell’autore del commento e, mentre questo ancora era scosso dai singulti delle risa, si avvicinò al suo orecchio e sussurrò, in modo che non fosse udibile ad altri che a lui.

“Osa ancora fare delle battutacce scadenti sulla Caposcuola e sulla sua famiglia e mi premurerò personalmente di far in modo che tu non possa aprire quel letamaio di boccaccia per un bel po’ di tempo, ci siamo intesi, Peeks? E se questo non dovesse bastare a spaventare una piccola nullità maleodorante come te, sono sicuro che la professoressa Frost gradirà sapere di quella volta che ti ho beccato nei bagni del secondo piano a fare graffiti in cui la omaggiavi con parole come troia frigida e sanguesporco.”

Jasper si ritrasse, lanciando un sorriso bonario al ragazzino, ormai bianco come un cencio. Nott gli diede un paio di pacche affettuose sulla spalla, concludendo ad alta voce e con tono amabile, così da salvare le apparenze.

“Non ti preoccupare, è sempre un piacere aiutare dei Serpeverde più giovani, fammelo sapere se hai bisogno di altro aiuto.”
 
**


Scorpius Malfoy, Serpeverde, VII anoo
 
La stagione sportiva era a pochi giorni dall’inizio e tra i corridoi della scuola era palpabile l’astio crescente tra le due case rivali durante la prima partita di Quidditch. Grifondoro e Serpeverde erano storicamente rivali per primeggiare tra le case della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e non era inusuale che vi fossero scaramucce tra i ragazzi durante tutto il corso dell’anno, ma l’aggiunta dell’eccitazione pre-partita aveva reso l’odio tra i due ancora più rimarcato. I ragazzi presero a percorrere i corridoi in gruppo, nel tentativo di scoraggiare eventuali rappresaglie contro i giocatori, dopo che Harry Stone, cacciatore di Grifondoro, subì un agguato da parte di Hades, cacciatore di Serpeverde, che lo spedì tra le cure sbrigative di Madama Chips per un’eruzione di giganteschi brufoli, bolle e piaghe purulente su viso e ‘altri posti che di solito la gente non vede’, a detta dei presenti.

Albus, Lily e Hugo, come durante ogni periodo scolastico in cui si trovavano a fronteggiarsi da nemici, cercavano di mantenere i rapporti tra di loro al minimo, così da non aizzare eventuali contrasti tra gli amici adolescenti, prede di una tempesta di testosterone che li spingeva a voler menare le mani il più spesso possibile. Ogni volta che si incrociavano nei corridoi, si lanciavano sguardi fugaci per salutarsi silenziosamente, riuscendo ad evitare il delirio collettivo anche grazie alla presenza di Albus ed alla sua spilla argentata intarsiata di una grossa C. Gli appartenenti al clan Potter-Weasley tentavano da sempre di convincere amici, tifosi e compagni di squadra a confrontarsi esclusivamente sul campo da Quidditch e, anche se in presenza di Hugo, Lily e Albus non accadeva mai nulla di spiacevole, i tre erano perfettamente consci dell’impossibilità del loro obiettivo.

Scorpius aveva lasciato l’infermeria del tutto ristabilito da ormai una settimana, una lunghissima settimana in cui aveva tentato di incrociare Lily nei pochi pomeriggi liberi dagli allenamenti che Wilkes programmava con costanza sfiancante, senza mai riuscirci. Quando il campo era libero dalla squadra di Serpeverde veniva utilizzato senza sosta dai giocatori rosso e oro e, nonostante avesse tentato di avvicinarsi alla piccola Potter dopo gli allenamenti, a cui gli era stato vietato di assistere in quanto avversario, la sua squadra non la lasciava mai da sola, nemmeno quando lei iniziò a minacciarli di affatturarli nel sonno. Le guardie del corpo di Lily Potter non la lasciavano mai sola, nemmeno nei corridoi, nei bagni e nella Sala Comune e la posta ricevuta da lei e Hugo veniva prima controllata da Rose Weasley in modo che non si rivelasse un tiro mancino da parte dei Serpeverde. Anche Albus, l’unico Serpeverde che pareva poter avvicinare sua sorella senza essere linciato dalla folla, evitava comunque di incontrare troppo spesso la sorella nelle settimane pre-partita e quindi Scorpius non fu troppo sorpreso quando si rifiutò di consegnare alla Grifondoro un biglietto da parte sua.

“Non te la prendere Scorp, ma stiamo cercando di starci lontano per evitare che scoppino risse ogni giorno. E poi non voglio essere coinvolto nei vostri psicodrammi ormonali, te l’ho già detto che non ho problemi, ma non voglio essere messo in mezzo.”

Lily sembrava essere parecchio divertita dalla frustrazione provata da Scorpius e non mancò di lanciargli occhiate canzonatorie o fargli linguacce quando lo vide sbuffare dopo l’ennesimo tentativo fallito di placcarla dopo un allenamento, la sera prima della partita. Scorpius aveva atteso all’ingresso del castello il ritorno della squadra di Grifondoro che, vedendolo, sguainò prontamente la bacchetta con fare chi spavaldo, chi minaccioso. Lily e Hugo avevano messo mano alla bacchetta di riflesso più che per attaccare il Serpeverde e subito Weasley si premurò di smorzare la tensione creatasi.

“Andiamo ragazzi, non ne vale la pena. E poi lo sapete che Cassandra mi ucciderebbe, diamine, non smette di fare il Prefetto nemmeno con me. Mi sarebbe difficile fare goal da morto assassinato dalla mia ragazza.”

Un paio di risate fecero eco alle parole di Hugo, tra cui quelle di Lily. I due si scambiarono uno sguardo di intesa e il ragazzo capì subito cosa avrebbe dovuto fare. D’altronde Lily si era confidata con il cugino da giorni, lui sapeva che se da una parte era divertita da quel giochino da gatto e topo che stava intrattenendo con il Serpeverde, dall’altro non aveva scordato il motivo che lo spingeva a cercarla continuamente e questo non faceva che aumentare la sua curiosità nell’ascoltare la sua versione dei fatti per quel che concerneva l’argomento Olivia Parker. Hugo iniziò a chiedersi a voce alta cosa ci potesse essere per cena quella sera e tentò di attirare tutta l’attenzione su di sé per lasciare pochi secondi di privacy a Lily e Scorpius. Lily capì subito e fece finta di allacciarsi una scarpa per mettere qualche metro tra lei e la squadra, distratta dal monologo piuttosto rumoroso del cugino.

“Stasera alle undici nell’aula davanti alla statua di messer Mortimer mezzo malmenato dai Maridi al terzo piano, sempre che al diligente Scorpius Malfoy venga voglia di uscire dopo il coprifuoco.”

Aveva bisbigliato e tenuto lo sguardo puntato fisso in basso, armeggiando con i lacci di una scarpa perfettamente allacciata. Fece appena in tempo a finire la frase che nel corridoio echeggiò la voce di Georgia Davies che pigolò “Ma Lily dov’è?”. Lei lanciò uno sguardo malizioso di sfida al ragazzo, prima di seguire i suoi compagni di squadra verso la Torre di Grifondoro.
 
**


Mirtilla Malcontenta, Fantasma del bagno delle ragazze del secondo piano
 
Un singhiozzo echeggiò sulle pareti del bagno delle ragazze del secondo piano. Era sempre poco frequentato quel bagno, perché a nessuna delle studentesse piaceva essere importunata dal fantasma di Mirtilla Warren, meglio conosciuta come Mirtilla Malcontenta, mentre nel migliore dei casi stava facendo la pipì. Mirtilla aveva l’insopportabile abitudine di avvicinarsi a qualsiasi avventore della toilette per lamentarsi della scortesia dei vivi, per ululare tutto il suo dolore con scenate tragiche o per prendere in giro malignamente la gente. Non doveva essere stata una ragazza troppo amata da viva e da morta forse ancora meno e per questo la sua dimora nel castello era uno dei pochi posti dove, in effetti, chiunque poteva trascorrere qualche attimo in quasi totale solitudine.

Una ragazza, ormai giovane donna, si passò malamente la manica dell’uniforme scolastica sulla guancia, per asciugarsi le innumerevoli lacrime. Un altro singulto la scosse, ma ormai questi andavano diradandosi, era ormai al termine di uno di quei disperati pianti che segnavano il viso inconfondibilmente. La ragazza era sì bella, ma gli occhi, gonfi dal pianto, sovrastavano un paio di occhiaie decisamente marcate e aveva il naso, il collo e le guance arrossati dall’afflizione. Si sciacquò il viso con l’acqua gelida che scorreva dal lavandino, per recare un po’ di sollievo alla pelle e per cercare nello shock termico l’appiglio per riportare sé stessa alla normalità.

“Ancora quel maledetto Malfoy? E dire che suo padre aveva un animo così nobile, mi ero davvero affezionata a lui. Avrà preso dalla madre.”

La ragazza si voltò lentamente, riconoscendo la voce. I suoi occhi incontrarono il profilo etereo del fantasma di Mirtilla Malcontenta, una delle poche persone con cui era riuscita stranamente ad aprirsi nelle ultime settimane, da quando durante il secondo giorno di scuola aveva avuto un crollo emotivo che l’aveva spinta a rifugiarsi nell’unico posto in cui sapeva di poter sfogare il suo dolore in solitudine. Era rimasta lì a piangere per un’ora, osservata per tutto il tempo dalla figura nascosta di Mirtilla, prima che questa si palesasse e si mostrasse comprensiva con lei e da allora, ogni volta che si sentiva fragile, aveva cercato conforto nella compagnia di un ectoplasma che aveva sicuramente già condiviso i dolori di decine di studenti prima di lei. Mirtilla era seduta a gambe incrociate, levitando a circa mezzo metro da terra, con gli occhi puntellati sulla figura della giovane.

“Ciao Mirtilla, scusami. Non volevo disturbarti ancora.”

La voce tremò un paio di volte, riecheggiando della disperazione appena vissuta, e Mirtilla volò prontamente di fronte alla ragazza, con fare consolatorio. Era tanto vicina che pareva sul punto di abbracciarla, ma all’ultimo Mirtilla si fermò, conscia che la giovane studentessa sarebbe stata attraversata da brividi se ciò fosse successo e visto il pianto disperato appena passato, non credette che fosse un’idea brillante. Si fermò quindi a ciondolare di fronte a lei, seduta sul lavandino a fianco.

“Lo sai che puoi venire qui tutte le volte che vuoi, io sono molto felice di vederti. Però davvero, dovresti togliertelo dalla testa, da quello che mi hai raccontato è un meschino farabutto. Non è la prima volta che passi intere ore a piangere in questo bagno, non so cosa ti spinga a stare così male per lui.”

La ragazza alzò i grandi occhi ad incontrare quelli incorporei del fantasma e così facendo, una lacrima intrappolata nelle lunghe ciglia sfuggì al tentativo di controllare le proprie emozioni. Ricominciò a piangere, silenziosamente.

“Mirtilla, io lo so che hai ragione, sei una buona amica. Io però non posso, io devo parlarci, devo riuscirci, non sai cosa succederà se non ci riesco…”

Lo sguardo della ragazza si abbassò, alludendo a qualcosa di terribile, mentre il bagno piombava in qualche secondo di silenzio.

“Perché, cosa succederà?”

Mirtilla parve confusa, ma incuriosita. Aveva trascorso ormai qualche settimana in compagnia dei pianti della ragazza e aveva sempre creduto che Scorpius Malfoy fosse semplicemente una cotta non corrisposta, anche se il modo di manifestare dolore della studentessa era talmente struggente che Mirtilla, mossa da pietà, si era avvicinata a lei per consolarla, divenendo col tempo sua confidente.

“Però mi devi giurare di non dirlo a nessuno, sono seria.”

Ed effettivamente la sua voce risultò meno tremolante, più decisa in qualche modo. Il fantasma annuì solennemente. La ragazza scrutò con decisione il viso del fantasma, come per cercare una traccia di incertezza prima di proseguire.

“Mio padre ha fatto alcune cose durante la Seconda Guerra dei Maghi. Nessuno, a parte noi della famiglia, ne è a conoscenza e ciò è di vitale importanza per noi, perché nonostante mio padre fosse convinto di agire nel giusto, le sue azioni hanno portato alla caduta del Ministero della Magia e alla morte dell’allora Primo Ministro, Rufus Scrimgeour. Verrebbe giudicato colpevole a prescindere, capisci? Lui non ha agito con l’intento di favorire il Signore Oscuro, ma non credo che potrebbero assolverlo. Qualcuno sa della cosa, l’ha sempre saputo e lo scorso luglio ha iniziato a ricattarmi. Succede una cosa stranissima, improvvisamente tutto intorno a me si riempie di fumo nero, come avvolto da una sostanza tossica, io non riesco più a vedere nulla, è spaventoso! Però nessun altro vede questo fumo, quindi sembro una pazza. E poi sento una voce, la sua voce, fa paura Mirtilla e la sento solo io, rimbomba forte nella mia testa e mi fa male ovunque, mi sento come svenire, succede ogni settimana. Ha detto che se non riesco ad avvicinarmi a Scorpius Malfoy, a fare in modo che lui si fidi ciecamente di me, lui farà arrivare questa informazione dritta al Wizengamot. Non so come mai debba avvicinarmi a Scorpius, mi ha lasciato presagire che questa sia solo la prima parte del suo piano, ma non posso permettermi che mio padre venga incriminato.”

Le parole erano uscite frettolose e ricche di ansia, le pause erano state brevi e gli occhi della studentessa erano stretti, come per chiuderli e smettere di vedere l’orrore che stava raccontando. Il viso addolorato venne nuovamente attraversato da lacrime silenziose, che le scavavano una strada infuocata dai dotti lacrimali al mento.

“Sei la prima persona a cui lo dico, Mirtilla. Non sai che sollievo poterlo raccontare.”

“E ogni volta che succede, tu vieni qui. Mi vieni a trovare una volta a settimana.”

Mirtilla si lasciò sfuggire quella considerazione ad alta voce e la ragazza annuì mestamente.

“È per questo che non mi hai mai voluto dire il tuo nome? Perché hai paura che ti possa tradire? Ma tu puoi fidarti di me, siamo amiche!”

La studentessa annuì ancora, Mirtilla stava traendo le giuste conclusioni. Chiuse nuovamente le palpebre ed inspirò, per tornare padrona di sé stessa.

“Scusami Mirtilla, ma è come se avessi sempre saputo che mi sarei confidata con te.”

Mirtilla tornò a sedersi sul lavandino, lasciando ciondolare le gambe. Aveva lo sguardo fisso per terra, perso in pensieri che frullavano all’impazzata. Passò qualche secondo prima che ricominciasse a parlare.

“Non credi che avresti dovuto dirlo a qualcuno? Anche solo ai tuoi genitori.”

Lei fece segno di diniego con la testa.

“Mio padre si sacrificherebbe e andrebbe velocemente ad Azkaban, seppur innocente, per salvarmi da questa tortura, se solo sapesse cosa mi succede. Ma io non posso permetterlo, lui è innocente, capisci? Non posso condannarlo.”

“E cosa pensi che il ricattatore potrebbe volere da Malfoy? Perché dovresti guadagnare la sua fiducia? Credi che voglia fargli del male?”

Gli occhi di Mirtilla si spalancarono di sorpresa quando la ragazza diede un’alzata di spalle. Il fantasma disegnò un piccolo cerchio con le labbra, stranita da quella reazione e ci rimase ancora più di stucco nell’osservare che la ragazza si stava rassettando i capelli per poi avviarsi verso la porta.

“Mors tua, vita mea. Farei di tutto pur di proteggere chi amo, anche a costo di danneggiare estranei.”

Il tonfo della porta che si chiudeva fu come una ferita nel cuore di Mirtilla, delusa da chi credeva fosse una vittima ingenua della meschinità degli altri giovani.
 
**

Albus Potter, Caposcuola, Serpeverde, VII anno
 


 
“Dove stai andando?”

“E invece tu dove stai andando?”

“Perché voi due uscite senza di me?”

Jasper si era parato di fronte al magnifico duo Potter&Malfoy con braccia conserte.

“Sto andando da Periwinkle, mi ha convocato nel suo ufficio urgentemente. E poi io sono un Caposcuola, posso uscire, zuccone!”

Albus aveva la risposta pronta, perché si era immaginato di dover bypassare alcune domande sul perché stesse uscendo, ancora completamente vestito, dalla Sala Comune dei Serpeverde a quella tarda ora della notte. Certo, avrebbe potuto inventarsi una bugia che comprendesse una ronda extra, ma non poteva rischiare che qualche Prefetto lo sbugiardasse. Lo sguardo di Nott parve convinto e Albus ringraziò tutti i suoi avi, senza sapere da chi, di preciso, avesse acquisito la capacità di mentire in modo convincente. Jasper spostò lo sguardo verso Scorpius che, a confronto con l’assoluta calma dell’amico, pareva un bambinetto spaurito, saltellante sul posto come se stesse per farsela addosso.

“Io volevo andare a vedere Madama Chips, sono inciampato sul casino che hai lasciato in camera e ho battuto il ginocchio per terra, proprio all’altezza della frattura.”

Un lieve strato di sudore imperlò la fronte del biondino nel constatare che il silenzio che aveva seguito la sua affermazione era carico di dubbi.

“Con un ginocchio andato non potrò giocare e solo Salazar sa quanto ho voglia di sparare Bolidi contro Hugo Weasley, è una forza quel ragazzino. Senza offesa, Al.”

Questo ultimo tentativo parve convincere i suoi amici. Jasper tornò a sedersi di fianco al fuoco, di fianco a Esther Selwyn e Eve Rosier che spettegolavano animatamente dei vari compagni di scuola, mentre Albus e Scorpius uscirono dalla Sala Comune, lasciandosi alle spalle l’indesiderato pubblico. Si squadrarono in modo curioso per un attimo.

“Tu dove stai andando in realtà?”

Albus non l’aveva bevuta, Albus non la beveva mai. Un lampo divertito gli animò gli occhi verdi.

“Io devo spiegare a Lily come mai Olivia mi ha eletto suo punching ball personale, non sono riuscito ad avvicinarla tutta settimana. Tu invece?”

“In guferia, a spedire la risposta ad Amelia.”

Scorpius si aprì in un sorriso sincero.

“Quindi l’ora e mezza in biblioteca a buttare fogli di pergamena perché la risposta non ti convinceva ha dato i suoi frutti.”

Albus aveva in effetti tentato di rispondere alla ragazza per un’infinità di tempo, accartocciando e facendo evanescere centinaia di fogli di pergamena. Voleva sembra divertente, ma senza apparire come una persona stupida e la cosa gli aveva richiesto parecchi tentativi. Aveva sbuffato, si era messo le mani nei capelli e la piuma in bocca così tante volte che Madama Pince aveva iniziato a chiedergli se finalmente avesse trovato un libro abbastanza complicato da capire, quasi con una punta di divertimento. Non aveva mai avuto difficoltà ad esprimersi, ma quella lettera sembrava un esame talmente difficile da bloccare anche lui. Amelia era, a tutti gli effetti, una ragazza diversa da tutte quelle con cui Albus era uscito durante i suoi anni ad Hogwarts e qualcosa in lei lo spronava a voler suonare accattivante e sveglio.

Allungò la risposta a Scorpius, che lesse velocemente e annuì per dare fiducia all’amico. Dopo qualche secondo si scambiarono un’occhiata complice e presero due strade opposte, uno con la testa piena di una chioma rossa profumata alle mele e l’altro con un foglio di pergamena sigillato in mano.
 
‘Cara Amelia,
Vedi di non spassartela troppo a torturare il mio orologio, è un osso duro!
Non credevo che mi avresti mai scritto, ma ne sono stato davvero felice.
La nostra prossima libera uscita ad Hogsmeade sarà l’ultimo sabato di novembre e sono proprio convinto che sarai tu a dovermi offrire da bere per farti perdonare, ho letto l’ultima intervista rilasciata al Settimanale delle Streghe in cui dichiari che nessuno ti sta facendo battere il cuore al momento, ma sappiamo entrambi che l’indomabile punk Firestorm è follemente persa del perfetto bravo ragazzo inglese con un particolare talento per gli incantesimi domestici!


Albus
P.S. Posso tenere i capelli neri o devi tingermeli anche io?’

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Angolo autrice
Ciao, sono tornata!
Avevo questo capitolo pronto da un po', ma non sono mai riuscita a rileggerlo e ad editarlo un po', il tempo libero purtroppo scarseggia in questo periodo.
Spero che vi sia piaciuto!
Alla prossima
Baci
Matagot

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