So, kiss me...

di Melanto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I: L'ultima estate della nostra adolescenza ***
Capitolo 2: *** II: Who run the world? ***
Capitolo 3: *** III: Sakè o Aciditè? ***
Capitolo 4: *** IV: Perché i giovani non hanno mai problemi... forse. ***
Capitolo 5: *** V: Quisiera... ***
Capitolo 6: *** VI: Trovare la strada ***
Capitolo 7: *** VII: Il primo bacio fa un male cane ***
Capitolo 8: *** VIII: In bocca ha oro e fiele ***
Capitolo 9: *** IX: Come stelle nel buio ***
Capitolo 10: *** X: Le brave ragazze sono passate di moda ***
Capitolo 11: *** XI: Fame emozionale ***
Capitolo 12: *** XII: So, kiss me... ***
Capitolo 13: *** Extra1 - Extra2 ***



Capitolo 1
*** I: L'ultima estate della nostra adolescenza ***


So, kiss me - #1

Note Iniziali:

Questa storia partecipa alla Flash Challenge: Bacio indetta dal gruppo facebook ‘Il Giardino di EFP’.

Purtroppo per i personaggi ho dovuto scegliere, ma la dicitura perfetta sarebbe 'NANKATSU', perché questa è una storia corale, quindi non c'è un vero protagonista. Ma visto che non si può mettere, mi sono dovuta adattare.
Prima che qualcuno lo chieda: ho chiesto alle admin se fosse un problema che i capitoli non avessero massimo 500parole e hanno detto di no! XD Quindi metto le mani avanti!
Per tutte le altre info, ci ritroviamo nelle note finali.

 

Buona lettura. ♥

 

 

 

 

 

 

 

So, kiss me...

- I: L’ultima estate della nostra adolescenza -

(prompt #57: Mandare un bacio)

 

 

 

 

 

 

 

L’autobus ha il motore acceso, ed è già carico di tutti gli occupanti che dovrà riportare a Nankatsu.

Fuori dalle porte, mentre i kohai del primo e secondo anno fanno casino all’interno, mister Furuoya si sta raccomandando con Takasugi, Misaki e Sanae Nakazawa.

I capelli sono diventati ancora più grigi di quando tutti loro erano alle medie e gli occhi più stretti, ma ha l’espressione rilassata di chi sa di potersi fidare. Dopotutto, i suoi ragazzi presto si diplomeranno e prenderanno la loro strada. Ragazzi che gli hanno dato le soddisfazioni migliori della carriera, per questo aveva organizzato un ultimo ritiro prima che avessero lasciato il club per dedicarsi agli esami del terzo anno.

In quella struttura nella Penisola di Izu ci ha portato la Nankatsu al completo nell’ultima occasione di averla riunita, tra kohai e senpai. E per i primi tre giorni così è stato: ha visto i suoi ragazzi – quelli che ha cresciuto – prendersi cura di quelli più giovani, istruirli a dovere e farli sudare come mai in vita loro. Sono stati l’Esempio migliore che i kohai potessero avere, concentrato in settantadue ore, ma è giunto il momento che anche loro ricevano un ‘premio’ per tutto l’impegno che ci hanno sempre messo e per i traguardi che hanno raggiunto. Sono grandi, ormai, e Furuoya sa che in questi casi un grazie e una pacca sulla spalla non sono sufficienti.

Proprio per tale motivo, quegli ultimi due giorni di ritiro resteranno lì, tutto a sue spese e completamente da soli. Tra il paesino adagiato al livello del mare, il verde della foresta alle spalle della struttura sportiva situata in cima a una pittoresca salita e la tavola azzurra della Baia di Suruga c’è solo l’imbarazzo della scelta di come godere di quella piccola vacanza solitaria.

«Non prendete per sfiducia le mie ultime raccomandazioni di rito, ragazzi. So che avete tutti la testa a posto, ma non posso lasciarvi senza proprio dirvi nulla.»

Furuoya porta le mani dietro la schiena e guarda i giovani allineati che annuiscono.

«Le siamo riconoscenti di questa opportunità. Sappiamo che si fida di noi», dice Misaki e ha quel tono che lo fa sentire rinfrancato.

«So che il capitano è Ishizaki, e forse questo discorsetto dovrei farlo a lui, ma vorrei che foste voi a tenere tutti sott’occhio. Sapete… con discrezione.»

«Stia tranquillo, mister. Ishizaki non farà danni.» Centra il punto Takasugi senza girarci attorno.

«Spero che non darete troppi fastidi alle vostre manager. Vero che si prenderanno cura di voi come sempre, ma in questo momento sono in vacanza anche loro. Quindi, non tormentatele.»

«Grazie per aver permesso anche a Kumi di restare. Già sarà un po’ difficile con Ishizaki e Urabe insieme...» Sanae alza gli occhi al cielo.

«Tranquilla, eviteremo che partano per una delle loro solite discussioni.»

«Lo spero, Bear

«Sono certo che ve la caverete.» Si congeda Furuoya salendo sul bus. «Godetevela, ragazzi. Ormai state per diventare grandi. È la vostra ultima estate.»

Le porte si chiudono sull’inchino dei suoi allievi e un po’ si sente come un padre che lascia andare i figli. C’è orgoglio misto a tristezza nel suo cuore, ma mentre il bus scende dalla collina, sa che non può permettersi di pensarci troppo, perché il suo ruolo di allenatore è già ricominciato.

«E allora, laggiù? La piantiamo di fare tutta questa confusione? Kinomoto, sei sempre tu! Adesso ci mettiamo a ripassare quello che avete appreso in questi giorni!»

 

«Il bus è andato?»

«Direi di sì.»

«Allora possiamo smettere di stare inchinati?»

«Direi di sì.»

Shingo si tira su con un gesto deciso e tra i compagni svetta come una montagna. Taro e Sanae lo imitano, e tutti insieme restano a guardare per dove il bus è sparito.

«Siamo soli, quindi.» Dondola la testa in avanti, mentre Misaki abbozza.

«Così pare.»

«E allora direi che possiamo scatenare l’inferno.» Con le sue braccia lunghe e muscolose, Shingo circonda le spalle degli amici, esalando un profondo respiro soddisfatto.

«Oh, andiamo, Orso! Il mister se n’è appena andato, un minimo di dignità.»

«Ne ho avuta pure troppa in questi giorni, manager!»

Fa passare la testa dei compagni sotto le braccia, dando loro una spettinata ai capelli in un gesto affettuoso e poi avanza di qualche passo. Quando si volta, sta già sfregando le mani.

«Stabiliamo le priorità della giornata? Prima fra tutte: mettere in frigo la birra.»

«Se solo Furuoya sapesse…» Sanae scuote il capo. «Mi sento un po’ in colpa, si è tanto raccomandato a noi preoccupandosi di Ishizaki…»

«E non ha tenuto conto che potevamo essere tutti lupi in questo branco.»

«Ha sottovalutato la pericolosità di una manciata di diplomandi e un’imbucata più giovane.» Shingo incrocia le braccia al petto. «Uno al mister vuole bene, ma ormai ha una certa.»

«No, siamo noi a essere dei buoni imbroglioni.»

«Andiamo a dare la notizia agli altri», s’intromette Sanae. «Sono curiosa di vedere che fine farà il programma di allenamento che avete stilato. Ci proprio credo che lo porterete a termine.»

«Oh, ma noi avevamo stilato anche quello di emergenza. Mi sembra che il punto uno sia: imparare a stappare le bottiglie con i denti. Vero, Taro?»

«E tenere alla larga Ishizaki dalle dispense.»

«Gara di rutto libero dopo pranzo.»

«Bagno nudi nella spiaggetta privata della struttura.»

«Con annessa partitella?»

«Meglio di no. Vorrei evitare morti e feriti per tackle troppo alti e trattenute alle palle sbagliate.»

«Eddai, siete disgustosi, ve lo dico col cuore.» Sanae si passa le mani in faccia. «Scordatevi di tenerci in considerazione per queste ‘messe in libertà’

Shingo li circonda di nuovo con le braccia, mentre lentamente si avviano alla struttura. «E perdervi un momento di così solenne stupidità?»

«Non moriremo senza la mancata visione delle vostre grazie», dice Sanae in uno sbatter di ciglia. «E non sognatevi di farci lavare ancora la biancheria! Lo abbiamo fatto per il ritiro ufficiale, ma avete sentito il mister? Siamo in vacanza anche noi! Tutta vita!»

«Avreste potuto avere materiale di sfottò inesauribile, ve lo assicuro.»

«E chi ti dice che non ne abbiamo già a palate, Misaki-kun? Devo ricordarti da quanto ci conosciamo?» Sanae si sporge per scambiare con la metà – mica tanto – pacata della Golden Combi uno sguardo furbo. Poi gli manda un bacio volante, che ha lasciato sulla punta delle dita. Taro agita le mani davanti alla faccia, lo scaccia con teatralità.

«Il bacio della mantide! Pussa via, signora mia!»

«No, Misaki, mai rifiutare i baci di quella che ti lava i calzini. E, soprattutto, mai contraddirla. Parlo per esperienza.»

«Diglielo, Bear. E, giusto per restare in tema di ‘materiale’, perché non parliamo delle voci interessanti che mi sono giunte a scuola?»

«Voci? Di che tipo? Se parlano bene del sottoscritto, allora sono vere.»

«Bene? Sì, direi. Pare che qualcuna si sia fatta sfuggire che tu sia ben corazzato.» Sanae lo inquadra con la coda dell’occhio e poi fa scivolare in fretta lo sguardo in basso per un istante.

Taro si sporge, portando una mano al petto. «Nakazawa Sanae. Io potrei essere l’uccellino che canterà questa conversazione a Tsubasa, lo sai, vero?»

«Guarda che la timorata di Dio è Yukari, non la sottoscritta. E poi avete cominciato voi! Non vorrai mica passare per santo, adesso? Vuoi un altro bacetto?! Te ne mando quanti ne vuoi!» Sanae glieli lancia a raffica con entrambe le mani, mentre Taro li schiva con movimenti alla Matrix.

«Non mi centrerai mai! Sono troppo agile!»

«Ne sei convinto?! Non puoi sottrarti ai miei sbaciucchi! Ti colpiranno in nome dell’amore!» Sanae bacia l’aria e poi la schicchera via, in un immaginario lancio di missili cruiser.

«Oh, ma quanti anni avete, cazzo? La finite?» Preso nel mezzo, tra Taro che lo usa come scudo umano e Sanae che lo circonda come una scimmietta, Shingo sta ridendo a crepapelle. «Manager, se dicessi che le voci sono vere sarei di parte, ma dovresti dirmelo tu. Insomma, mi hai visto nudo più della mia ragazza.»

«Sì, ma solo dalla vita in su! Non ho i raggi-x

«E allora fai una capatina alla spiaggia. Se Ishizaki lo sapesse, sarebbe capace di mettere su una gara a chi ce l’ha più lungo, con tanto di tavolo per i giudici e passerella.»

«L’abilità speciale sarebbe chi riesce a fare meglio l’elicottero

«Adesso chi è il malizioso, Misaki?!»

«Io rispondo alle provocazioni. Volevi il trucido, hai avuto il trucido, Sanae-chan! Sappiamo fare anche di peggio.»

«Ti credo sulla parola.»

Shingo tira un lungo sospiro e poi dà una manata in testa a entrambi. «Okay, okay. Facciamo i seri, ora.»

«Ero seria quando dicevo che non vi laveremo più un solo calzino.»

«Quello lo so.»

Taro si ferma, e costringe anche loro a fare lo stesso dopo qualche passo. Porta le mani ai fianchi e osserva, a distanza, la calma piatta che sta per finire. Shingo non direbbe che sia preoccupato, quanto rassegnato.

«Siete pronti a tenere a bada una masnada di adolescenti scemi?»

«E perché noi che siamo?»

Taro lo guarda, solleva le spalle. «Quelli intelligenti?»

«Certo, e dopo la ‘gara di sbaciucchio’ ti dovrei anche credere?»

«È una tecnica di mimetizzazione! ‘Fai lo scemo in mezzo agli scemi’! Quanto ancora avete da imparare dalla vita, principianti!»

Le risate riempiono il piazzale mentre il sole brilla sull’ultima vacanza della loro adolescenza.

 

 

 

 

 

 


 

 

Note Finali: XD okay. Mi sembra di essere tornata al Writober 2019.

Allora, prima di tutto: questa storia è un esercizio.

Ho scritto sempre poco al tempo presente, perché di solito preferisco il passato, ma volevo esercitarmi a farlo e quindi ho deciso di sfruttare questa challenge per fare pratica.

In realtà, anche la lunghezza sarebbe dovuta rientrare nell’esercizio (avrei voluto scrivere massimo 500 parole per capitolo), ma era una sfida forse troppo impegnativa per la mia prolissità, quindi ho cercato comunque di contenerne la lunghezza il più possibile pur senza darmi un limite fisso.

 

La storia si comporrà di 10 capitoli, ognuno dedicato a un prompt (messo nel sottotitolo), ed essendo la challenge terminerà il 25 Febbraio, gli aggiornamenti saranno 1 o a volte anche 2 al giorno per riuscire a rientrare nei tempi.

Fino all’ultimo sono stata tentata se partecipare o meno. Mi piaceva l’idea, e avevo voglia di scrivere qualcosa di breve e di slegato, tipo raccoltina, solo che poi le cose sono un po’ cambiate ed ecco qui una piccola long ambientata nell’estate che precede il World Youth. I nostri eroi hanno 17/18 anni circa (tranne Kumi che è più piccola di due anni – quindi ne ha 15/16 – e Nitta che è più piccolo di un anno – quindi ne ha 16/17), sono giovani, sono belli e sono dei CAZZO DI ADOLESCENTI SCEMI con il patentino per le cretinate. XD

Ho scelto di restare comunque nel canon generale, ma slegandoli dalla mentalità troppo perbenista tipica degli anni ’80. Loro sono chiaramente figli del 2000. XD

 

Per quanto riguarda il rating, visto che mi mancano da scrivere dei capitoli, non ho ancora la certezza di quale sarà, quindi ho scelto il GIALLO in maniera momentanea (non è detto che non salga più avanti. Diciamo che sarà colpa di due pg in particolare e di come si comporteranno *ride*)

 

Ultimo, ma non meno importante: il titolo viene da un verso della canzone ‘Kiss me’ dei Sixpence None the Richer, che è un po’ la colonna sonora dell’intera storia :3

 

Per il resto… boh, si scoprirà solo scrivendo XD

Grazie a chiunque deciderà di leggere questa scemenza ♥

 

 

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Capitolo 2
*** II: Who run the world? ***


So, kiss me - #2

Note Iniziali:

Questa storia partecipa alla Flash Challenge: Bacio indetta dal gruppo facebook ‘Il Giardino di EFP’.

 

 

 

 

 

 

 

- II: Who run the world? -

(prompt #18: "Il bacio è solo un simbolo")

 

 

 

 

 

 

 

All’ennesimo urletto di Kumi – un acuto ‘kyaah!’ dalla sfumatura hentai – Sanae ne ha abbastanza, ma Yukari la batte sul tempo e urla per prima.

«Ebbasta! È da quando abbiamo cominciato il ritiro che non fai che versetti striduli, sempre con quei dannati fumetti tra le mani! Prima era solo la sera, ma adesso ti ci metti anche di mattina? Si può sapere che diavolo stai leggendo?!»

Nelle cucine della struttura sportiva ci sono solo loro tre, intente a preparare il pranzo mentre i ragazzi terminano l’allenamento mattutino. La sicurezza per cui torneranno così affamati da addentare i muri è praticamente un dogma e loro cercano di non farsi trovare impreparate; hanno cibo a sufficienza per sfamare un esercito. O solo Ryo.

«No, senpai, non potete capire! Mi si è aperto un mondo, okay? Un mondo meraviglioso che ignoravo e che, ommioddio come ho fatto a vivere senza fino adesso? Mi sento così ingenua!»

Yukari alza gli occhi al cielo. Asciuga le mani sul grembiule e poi le puntella sui fianchi. «Sono solo fumetti, Kumi. È finzione. Dovrebbe essere la realtà a condizionarti tanto, non un paio di disegni.»

«Lo pensavo anche io. Insomma, questa mia amica viene tutta entusiasta dicendomi che la sua visione dell’universo è cambiata, che devo assolutamente leggere il manga che sta leggendo lei, perché non ha niente a che vedere con gli shoujo che leggiamo di solito. È tutta un’altra cosa.»

Kumi sembra animata da un fuoco sacro mentre agita le mani nell’aria, disegnando ampi cerchi e poi stringendo il tankobon al petto come fosse un tesoro prezioso.

Sanae trasforma lo sbuffo in sorriso per tutto quell’entusiasmo che un po’ le invidia. Ha ancora la testa nelle stelle e lo scotto della sua infatuazione per Tsubasa non le brucia più; glielo si legge negli occhi che sta guardando oltre tutte le possibili ferite che l’amore può lasciarle addosso. Sì, eccome se la invidia. Kumi è elastica, ed elastica è la sua pelle: si piega e deforma il tempo della pressione e poi torna liscia e perfetta, senza neppure un segno.

«E io allora ero scettica. Cioè, chi ci credeva? Sono più concreta di così, mi sono detta, e so benissimo la differenza tra finzione e realtà. Certo, sì, fantasticare è una cosa ma poi bisogna tenere i piedi a terra, giusto, senpai

«Brava ragazza», annuisce Yukari.

«Ecco, solo che poi ho letto quel manga e, oddio!, aveva ragione! È stato come se la mia testa avesse fatto boom! Capite? Ho spalancato dei confini che non credevo di avere e ora il mondo è cambiato sul serio! Cioè, io questa roba la vedo ovunque. Ovunque, vi dico! E, soprattutto, non guarderete più i ragazzi con gli stessi occhi. Garantito, cento per cento.»

Yukari le toglie il manga dalle mani poi glielo picchietta sulla testa. «Tutte queste scene per uno yaoi.»

«Non è solo uno yaoi. È Lo Yaoi, senpai. È tipo una religione: mi sono votata al Dio dello Slash

«Non ti sembra di essere un tantino morbosa ed esagerata?» Yukari scuote il capo, tutta presa dal suo ruolo di senpai che deve essere un esempio per le ragazze più piccole. Agita il volumetto nella mano e poi lo sfoglia con un sorriso ironico. «Quante storie per un bacet-…»

D’un tratto, Yukari si immobilizza e il suo viso diventa di una sfumatura bordeaux carica sulle guance.

«Non è solo un bacetto, senpai», sorride Kumi a braccia conserte mentre Yukari deglutisce con un ‘glom’ che sale e scende lungo la gola.

Incuriosita, Sanae fa capolino oltre la sua spalla e l’immagine di questi due aitanti ragazzi, avvinghiati l’uno all’altro, con le bocche aperte e le lingue che si intrecciano in un concerto di saliva ma, soprattutto, delle notevoli quanto mitologiche lunghezze da porno-attori che hanno tra le gambe le strappa un’espressione di sincera approvazione che la fa annuire piano.

«Interessante.»

Yukari chiude di scatto il volume e subito lo riconsegna a Kumi.

«Noi non abbiamo visto nieeente, okay?» dice, mentre torna a sminuzzare le verdure.

«Ah, senpai, come fai a non vedere una cosa simile?» Kumi si abbandona sulla superficie del tavolo sostenendo il volto tra le mani. Sta già sognando a occhi aperti. «Non sono così romantici e sensuali?»

«E dotati.»

«Sì, ma quello passa in secondo piano, anche il bacio è solo un simbolo. Sono i sentimenti a essere bellissimi. Non penseresti mai che i ragazzi possano essere così profondi, soprattutto quelli che frequentiamo noi. Solo che poi ci pensi davvero e come fai a guardarli allo stesso modo? Io mica ci riesco più. Nemmeno con i senpai della squadra. Cioè, non vi viene da domandarvi se qualcuno di loro, sotto sotto…»

«No, io non penso niente, non vedo niente e non so nieeeente.» Yukari affonda sul tagliere, talmente curva da formare una gobba. A Sanae scappa da ridere.

«Oh, andiamo! Non vi piacerebbe vedere due ragazzi che si baciano in maniera tanto appassionata?»

«E magari non solo…» Sanae ammicca, Kumi non nega.

«So essere molto discreta e silenziosa, se voglio. Mi metterei in un angolino; giuro, non si accorgerebbero mai di me!»

«Vi prego. Finitela. Questi sono discorsi che mi aspetto da Ishizaki o quantomeno da Taki, ma non da voi due!»

«Eddai, Yukari, che male c’è?»

«È sconveniente, Sanae.»

«Sconveniente è super retrò anche per te, lo sai?»

L’altra agita una mano, mentre Kumi ha ancora lo sguardo per aria.

«Io me li immagino proprio che si guardano negli occhi e poi si sfiorano il viso e si mettono le mani dappertutto per stringersi e sono così vicini…» sospira, e ha un sorriso così trasognato che Sanae vorrebbe scattarle una foto da usare contro di lei in qualche scherzetto. Poi, però, quel sorriso si trasmette anche alle sue labbra e allora ecco che torna una piccola vena di invidia per quella spensieratezza.

«Io vado a dire ai ragazzi di iniziare a raggiungere le docce, perché qui è quasi pronto.» Yukari scappa dalla cucina senza nemmeno togliere il grembiule e Kumi l’accompagna con lo sguardo fino a che non scompare.

«Nishimoto-senpai dovrebbe essere un po’ meno rigida,» dice, «io la ricordavo più sfacciata, quando eravamo alle medie, e intraprendente.»

Sanae è della stessa opinione e non si è mai riuscita a spiegare come mai Yukari, invece di sbocciare magnificamente come tutte le ragazze della loro età, sia invece involuta come un riccio. La mente chiusa in compartimenti stagni, rigidi e molto giapponesi. Forse troppo anche per lei, che a volte fa battute sconvenienti, ma che nei fatti è tutta chiacchiere e distintivo, perché il resto del suo cuore e della spensieratezza che invidia a Kumi lo ha perso da qualche parte in Brasile e non sa quando riuscirà a riaverlo. Forse mai.

«E tu, senpai, pensi che tra i ragazzi ci sia qualcuno a cui piacciono anche i maschi? O solo i maschi, magari…» Kumi si tira su e la raggiunge, prendendo il posto di Yukari e stando attenta che le verdure non si attacchino nella padella. «Secondo me Izawa, un po’. Le ragazze gli fanno una corte spudorata a scuola, però anche tra i ragazzi ho sentito qualche frasetta di ammirazione più spinta.»

«Sai che non ci avevo mai pensato? Diciamo che, se dovessi sospettare, lo farei di Taro.»

«Già! Lui è sempre così…»

«Gentile», dicono in coro e annuiscono.

«Oppure Bear!» aggiunge Kumi.

«Nah, ha la ragazza.»

«Davvero? Peccato, una mia compagna ha una cotta per lui.» Poi si illumina. «A proposito! Ho sentito delle voci che-»

«Lo so! Le ho sentite anch’io!»

Ridacchiano e si danno di gomito.

«Secondo te è vero? Ammetto di essere curiosa.»

«Be’, Bear è un armadio, se tutto è in proporzione…»

«Io una sbirciatina la darei!»

«Kumi!»

«Tanto sono single, senpai! Insomma, posso guardare, toccare e scegliere. È come al banco della frutta: devi tastarle un po’ le mele per sentire quale è matura.» Kumi solleva le sopracciglia. «Il mondo è mio, senpai

Non sta scherzando e forse la sua elasticità è stata segnata davvero. Un taglietto piccolo che ha saputo fare la differenza. L’ha resa più forte e sicura, determinata e spregiudicata abbastanza da non aver paura del diventare adulta e fare le sue esperienze. Kumi non aspetta il principe azzurro: lei se lo va a prendere.

Sì, la invidia.

La invidia davvero.

Ed è felice per lei.

«Be’, se deciderai di sbirciare…» aggiunge, spegnendo il cooker con il riso. Negli occhi ha quel brillio che può ancora insegnare qualcosa alla giovane malizia della sua kohai, soprattutto quando le fa l’occhietto. «Poi fammi sapere.»

 

 

 

 

 

 


 

 

Note Finali: …GIRLS! X3 risponderebbe Beyoncé alla domanda nel titolo! E farebbe bene.

Per quanto questa storia non abbia un vero protagonista, ma si focalizzi un po’ su vari pg, la componente femminile – che in CT è sempre ridottissima all’osso – qui è molto forte e determinata. C’è chi ha la maturità dell’amore a distanza sulle spalle, chi è spensierato ma non sprovveduto e chi appare bloccato in schemi troppo rigidi.

Le nostre Manager interagiscono, qualcuna si confessa e, come sempre, cucinano per i ragazzi, mentre loro stanno ad allenarsi XDDDD

Ci rileggiamo domani con il Capitolo 3 (che, ops, lo sto ancora scrivendo XD). Riuscirà Kumi a SBIRCIARE?! XDDDD

 

 

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Capitolo 3
*** III: Sakè o Aciditè? ***


So, kiss me - #3

Note Iniziali:

Questa storia partecipa alla Flash Challenge: Bacio indetta dal gruppo facebook ‘Il Giardino di EFP’.

 

 

 

 

 

 

 

- III: Sakè o Aciditè? -

(prompt #10: bacio sulla guancia)

 

 

 

 

 

 

 

Un sospiro soddisfatto, il fondo della bottiglia che sbatte sulla superficie del tavolo e infine un rutto clamoroso che si attira una parte di applausi e una blanda parte di insulti.

Gli insulti sono soprattutto di Yukari.

«Ishizaki, fai schifo.» Sta raccogliendo le stoviglie del pranzo appena terminato, ma si ferma solo per lanciargli un’occhiataccia.

Ryo fa spallucce. «Ho gradito, dovresti essere contenta.»

«Non era un geppu e tu non sei un vecchio di mezz’età, ma solo un cafone!»

Senza dargli modo di replicare se ne va con i suoi piatti e il suo sdegno.

Ishizaki sospira. «Deve esserle rimasto il pranzo sullo stomaco.» Spera di riuscire a mascherare l’amarezza nello sguardo tanto bene come riesce a fare con le parole.

«Be’, non ha tutti i torti, senpai. Non è stato molto carino.»

Ryo alza mani e occhi. «Va bene, va bene. Le manager siete voi, avete ragione.»

Attorno alla tavola si è tutti più rilassati e non c’è la voglia di fare discussioni inutili. Sente un po’ di stanchezza nelle gambe e il desiderio di schiacciare un pisolino dopo aver fatto fuori tre ciotole di riso, pesce e verdure. Quella mattina, subito dopo che il mister è andato via, hanno fatto il loro dovere – si sono allenati – e questo significa che possono finalmente godersi il pomeriggio in pace secondo i loro pessimi piani. L’idea di stare in panciolle sulla spiaggetta privata della struttura l’ha solleticato fin dalla mattina.

«Sarebbe bello se te lo ricordassi sempre e non quando ti fa comodo o vuoi evitare una discussione in cui hai torto, Ishizaki.»

«Eddai, Anego. Abbi pietà.»

Sanae sotterra l’ascia e si versa un bicchiere di acqua fresca. Nella brocca, il ghiaccio è quasi tutto sciolto.

«Che programmi avete per la giornata?» domanda Iwami, rivolgendosi proprio alla manager.

«Dipende, voi avete da fare?»

«Decisamente!» Ryo s’intromette a braccio teso e indice puntato. «Noi oggi pomeriggio saremo off-limits. Non veniteci a cercare, torneremo noi.»

«Addirittura?» Yukari è tornata dalla cucina e raccoglie le ultime ciotole, ma non le porta subito di là. Resta ferma accanto al tavolo con espressione incuriosita.

«Sì, addirittura. E sai perché? Perché noi siamo giocatori seri. Siamo la Generazione d’Oro e dobbiamo mantenere alta la bandiera della nostra forma fisica e delle nostre capacità.»

«…soprattutto per la bandiera. Alta.» Hajime camuffa un paio di colpi di tosse che fanno affilare lo sguardo di Sanae seduta al suo fianco.

«Ah, sì. Penso di aver capito cosa dovete fare.» Molla una gomitata a Taki e questi crolla con la faccia sul tavolo ridendo come un disperato. «Quanto siete zotici…»

«Che cosa? Io non ho capito. Si tratta di un allenamento speciale?»

Ryo vorrebbe interrompere la ridacchiata generale che è partita alla domanda perplessa di Kumi, onde evitare sospetti. E poi è convinto che Sanae non abbia capito sul serio, a meno che qualcuno non glielo abbia detto... Naah! Impossibile! Avevano giurato di tenere le bocche cucite!

«Lascia perdere, Kumi. Si tratterà di qualche idiozia tipica maschile, tipo, prova di coraggio, forza fisica o solo Stupidità Applicata. Chi l’ha proposta questa cosa? Fammi indovinare: tu?»

«Il fatto che tu debba sempre prendere le mie idee poco sul serio, mi perplime, Yukari. Non so, te lo ha ordinato il medico o sei proprio odiosa di natura?»

«Finitela.» Una sola parola di Taro ed entrambi tornano nei rispettivi angoli del ring. Si scambiano un’occhiata intensa in cui ci sarebbe tutto e il suo contrario di quello che vorrebbero dirsi in quel preciso momento.

«Oh… e quindi non possiamo venire?»

«No! Proprio, no!» rispondono tutti in coro, tanto che Kumi, già delusa, ci resta ancora peggio e incrocia le braccia al petto, mettendo un broncio grazioso.

«Okay, okay! Che sarà mai?! Come se andassimo a rivelare i vostri segreti agli avversari.»

«Tranquilla. Per quello non ce ne sarebbe neppure bisogno, tanto perdono già così.»

«Questa è infame e gratuita, Yukari.» Ryo è punto sul vivo. Le tre sconfitte consecutive al campionato nazionale pesano per tutti e lui, che è anche il capitano, lo sente più degli altri.

Lei accenna un sorriso divertito. Prende le ultime cose e si volta, guardandolo da sopra la spalla.

«Non è colpa mia se la verità fa male.» Come prima, se ne va senza aggiungere altro.

In tavola è calato un silenzio imbarazzato in cui si sente solo il rumore dei passi di Yukari e il tintinnare delle stoviglie che ha in mano.

«Di solito, a fine pranzo si beve un goccio di sakè, tu che hai preso: aciditè?!» Ryo gracchia come un corvo e la tensione attorno si scioglie in mezze risate.

«Lascia perdere quello che ha detto, non so che le prende da un po’ di tempo.» Sanae non è l’unica a essere perplessa.

«Ultimamente Nishimoto è sempre antipatica, pare che non le vada mai bene nulla.» Fa notare Nakayama. Taki sogghigna: «Avrà le sue cose.»

«Da mesi? Cazzo è?» Teppei scuote il capo. «E poi non è sempre vero, perché con i kohai era tutta miele e gentilezze.»

«Si starà mettendo nell’ottica del fare la maestra.» Morisaki solleva le spalle.

«Ho capito, ma perché trattare noi a pesci in faccia?»

Ryo ha abbassato lo sguardo sul bicchiere in cui un cubetto solitario, l’unico ancora rimasto dallo sciogliersi, nuota nel tè annacquato. Avrebbe la risposta a quelle domande, ma non la dice né ci vuole pensare. Se una parte di sé riesce a capire, l’altra – che è poi la fetta più grande – è incazzata come e più dei suoi amici, perché niente giustifica a sufficienza quei modi del cazzo.

Due braccia sottili gli circondano il collo in maniera inaspettata mentre è perso con la mente altrove, tanto che quasi sobbalza.

«Sono sicura che la senpai non pensa affatto male di te o delle tue idee. Né che non siate bravi. Deve solo stuzzicarvi, lo fa per non farvi abbassare la guardia, ma sono certa che vi rispetti moltissimo.» Kumi gli stampa un bacio sulla guancia, morbido come lo zucchero filato – ha pure lo stesso odore – che lo lascia intontito, perché non se l’è aspettato, e poi lo fa sorridere.

«Kawaii, Kumi-chan», dice in un teatrale sbatter di ciglia. Al suo fianco, Urabe alza la mano.

«Ehi! Anche io sono stato trattato male da Yukari! Spetta anche a me un bacino di consolazione?»

«Sì, sì! Anche io!»

«Presente!»

«Qui, qui!»

«Polletti», ridacchia Sanae con il mento nella mano, mentre Kumi è un girasole con le mani piene di baci.

 

 

 

 

 

 


 

 

Note Finali: …qualcuno continua ad avere un atteggiamento da spina nel chiul, e qualcun altro sembra sapere più di quello che dice.

Ma.

Scusate.

Qui si sta parlando della spiaggetta.

Ve lo ricordate, vero, cosa si era detto a proposito della spiaggetta?

Cos’è che dovevano fare i ragazzi al mare…?

*ride*

Ci rileggiamo domani, con il Capitolo 4! XD

(I capitoli sono appena diventati 12. Posso bestemmiare? Posso bestemmiare. *facepalm*)

 

 

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Capitolo 4
*** IV: Perché i giovani non hanno mai problemi... forse. ***


So, kiss me - #4

Note Iniziali:

Questa storia partecipa alla Flash Challenge: Bacio indetta dal gruppo facebook ‘Il Giardino di EFP’.

 

 

 

 

 

 

 

- IV: Perché i giovani non hanno mai problemi… forse. -

(prompt #42: baciarsi di nascosto)

 

 

 

 

 

 

 

Il mare. Il sole. Una spiaggetta sassosa. Le scogliere attorno che riparano dalla brezza. L’odore della salsedine. E il batacchio al vento.

Cosa chiedere di più alla vita?

Probabilmente di avere qualcuno con cui trasformare quell’angolino di Paradiso in una Laguna Blu, ma va bene anche così: gli amici possono essere considerati dei validi sostituti, per una volta.

Di stare nudi in spiaggia se ne era parlato fin da quando il mister aveva comunicato loro il regalo che voleva fare alla squadra. Insomma, aveva un sapore così di libertà e trasgressione da averli stuzzicati tutti, chi più chi meno. E alla fine si erano convinti ad andare fino in fondo.

I più intraprendenti come Mamoru, Hajime, Urabe e Ishizaki hanno fatto sparire i costumi praticamente appena messo piede sulla spiaggia. Taro e Shingo se la sono presa comoda, ma poi si sono messi in libertà anche loro, dopo aver sistemato i teli. Gli altri sono stati più o meno titubanti. Insomma, non tutti hanno la faccia tosta di quel deficiente del suo migliore amico e i suoi degni compari. Quello che ha visto più in difficoltà, però, è stato Yuzo. Ha tergiversato all’infinito, prima di venire praticamente spogliato a forza da Ryo, ma non ne è sembrato lieto – come se non l’avessero mai visto nudo, poi! Alla fine, ha scelto di isolarsi con il suo lettore e-book, pancia in giù e cuffiette; tanto non avrebbero dovuto allenarsi – su quei sassi è impossibile, a meno che non vogliano giocare al massacro e tornare in struttura come nemmeno Kenshiro dopo uno scontro con Raho.

Lui, invece, è una primadonna e qualsiasi cosa fa deve essere portata a termine secondo un rituale ben preciso e che possa esaltare il bello del momento.

Teppei ha quindi passato, prima di tutto, quel fazzoletto di spiaggia al vaglio del suo occhio critico. Ha scelto l’angolino che fosse equamente nascosto e in bellavista e ha sistemato gli abiti che ha portato con sé: una maglietta, bermuda, ciabatte e telo da mare. Si è spogliato senza la smania del ‘Elicottero libero!’ che Ishizaki ha fatto subito e ha ripiegato gli abiti con una cura quasi maniacale. Non è certo colpa sua se non sopporta gli sciattoni.

E allora per quale diavolo di motivo è così amico con Hajime Taki?

Quello sciagurato della sua metà combi ha appallottolato maglietta e costume e lasciato tutto nelle sue mani dicendogli: «Oh, li metti dove ti sistemi tu?», poi si è buttato in acqua senza nemmeno aspettare la sua risposta.

Sciatto.

Sciatto nella vita, sciatto nella scuola. L’unica disciplina in cui fa le cose per bene è il calcio. Sul campo è ordinatissimo, un po’ meno nello spogliatoio, ma sono dettagli. Sul campo ha metodo, rigore, precisione e tempismo.

E poi a letto. Ma anche quello è un dettaglio, dopotutto.

Lui invece è ordine ovunque e in ogni occasione: a casa, a scuola, in campo, negli spogliatoi.

Il vero disastro, lo combina sotto le lenzuola. Quando sta per fare sesso lancia tutto via, si libera dei vestiti come fossero spazzatura e le coperte sono campo di battaglia che gli si intrecciano addosso, e alle cosce di Hajime, così che non possa andare da nessuna parte fino a che non hanno terminato.

Anche per quello si è spogliato con tutta la lentezza e cura del mondo. Perché, per quanto quello sciattone del suo compagno si sia gettato in acqua senza pensarci un momento, sa di avere i suoi occhi puntati addosso, sa cosa gli piace e lo fa apposta. Vediamo se avrà il coraggio di uscire dall’acqua, dopo.

L’ha detto, è una primadonna.

Del tempo che resta in spiaggia, senza raggiungere la riva, ne approfitta per osservare i suoi compagni. Sono tutti sparsi lungo quel ventaglietto pianeggiante. Nakayama, Iwami, Kishida e Ishizaki si lanciano in tuffi di dubbia eleganza da piccoli spuntoni di scogliera. Le loro risate si sentono fino a dove si trova lui, dalla parte opposta. Taro sta facendo le parole crociate con Tsuyoshi, Shingo messaggia al cellulare. Nell’ultimo periodo lo fa spesso, ma al momento non ha un’espressione molto allegra. Ancora noie con la tipa, pensa quando d’un tratto gli vede lanciare il cellulare sul telo, in un gesto carico di fastidio. Poi si alza di slancio per arrivare con ampia falcata fino alla riva dove resta a bagnarsi i piedi, proprio accanto a Nishio e Nakazato con cui attacca bottone.

«Ehi!» Urabe richiama la loro attenzione. «Mi ha appena scritto Nitta, dice che sta rosicando troppo di non essere con noi. Che dite, gli diamo il carico?!»

«Megaselfie per Shun!» incita Ryo che esce in fretta dall’acqua con la sua eleganza da tricheco. Lui, Bear e il gruppo Otomo si mettono in posa super-macha – o super-scema, a seconda dei punti di vista – per un paio di scatti, prima che Ryo aggiunga: «Di culo!»

«Oddèi…» sospira.

Dall’acqua, Hajime e Mamoru stanno tornando. I capelli neri di entrambi sono incollati addosso, e Hajime scuote la testa, lanciando schizzi dappertutto.

«Ma che sei un cane?» gli domanda appena è vicino e lo osserva buttarsi a peso morto sull’asciugamano che ha sistemato accanto al suo, ma leggermente più in alto. Le posizioni dei loro corpi sono sfalsate di poco.

«L’acqua è perfetta», dice Mamoru con il viso rivolto al sole per farsi baciare dai suoi raggi, che sono bollenti e piacevoli quel giorno. Perfetti per stare al mare. «Perché non ti butti anche tu, invece di stare qui a farti segnare il culo dai sassi?»

«Dopo.»

L’amico annuisce e li supera, ha lasciato le sue cose un po’ più distante. Teppei lo segue con lo sguardo e poi lo abbassa su Hajime che ha tirato i capelli indietro; ora è scoperto anche il solito occhio dove ricade il ciuffo ribelle.

«Piaciuto lo spettacolo?»

«Sempre. E indovina perché non sono tornato prima.»

«L’obiettivo era quello.»

«Che stronzo.»

Teppei ha il sorriso soddisfatto di chi voleva sentirselo dire e poi guarda verso il mare.

«Dopo lo fai un bagno con me?»

«Ovvio. Ma non possiamo esagerare, ci sono gli altri.»

«Li conosco i limiti», cincischia Hajime con un sassetto che poi lancia in direzione della riva, ma questo ricade poco dopo la punta del suo piede. «Che facevi?»

«Studiavo i ragazzi.»

«Del tipo?»

«Morisaki è strano. Non si è neppure avvicinato all’acqua. Di solito, poi, è molto più loquace e di compagnia, ma da quando siamo rimasti soli sembra diventato un fantasma.»

«È così già da un po’. Tu che ne pensi?»

«Che ha un bel culo», dice in un’alzata di spalle.

«Teppei.»

«Vuoi negarlo? Comunque, ho una mia idea. Ne ho parlato anche con Mamoru.»

«La conosco e penso che abbiate ragione.»

«E non credi che dovremmo parlarci?»

Hajime scuote il capo e l’asciugamano si sta riempiendo di goccioline che gli cadono dappertutto. «Lascia che sia lui a fare il primo passo. Poi vediamo.»

«Certo che questo ritiro avrebbe dovuto essere quello scanzonato e di totale stupidità…»

«E perché Nakayama e Iwami che fingono di fare nuoto sincronizzato ti sembrano intelligenti?»

Teppei alza la testa oltre il corpo di Hajime e vede i due che agitano le gambe fuori dall’acqua come delle papere, tra le risate degli altri che li stanno riprendendo.

«No, okay, però ti sei accorto che anche Ryo è nervoso a volte? Soprattutto quando si tratta di Nishimoto.»

«Cristo, la Nishimoto si dovrebbe togliere il palo dal culo. O magari mettercelo, chissà.»

«Animale.»

«Oh, è vero, cazzo! Le posso volere tutto il bene del mondo, ma in questo periodo la manderei affanculo per direttissima come Ishizaki non riesce a fare. L’hai sentita anche tu a tavola! È stata stronza.»

«Lo so, l’ho detto anch’io che è strana. Ed è strano Yuzo e, sotto sotto, è strana pure Sanae.»

«Anego

«Sì, mi sembra pensierosa…»

«C’ha la testa in Brasile.»

«E poi c’è Bear…»

«Lascia stare che pure quella è una situazione del cazzo.»

«E quindi chi è che ha detto che i giovani non hanno mai problemi?»

Hajime sbuffa un sorriso, poi lo carica di una nota maliziosa e abbassa il viso verso di lui. «Gli unici che stanno in grazia degli dèi, allora, siamo solo io e te?»

«Dipende?»

«Da cosa?»

«Da quanto ci metti a baciarmi.»

Hajime approfondisce il sorriso e si solleva un po’ di più, quel tanto affinché con la sua figura copra tutta la visuale di Teppei e di chi ha alle proprie spalle, mentre dietro le sue c’è solo uno spuntone di parete e il mare. Nascosti agli occhi di tutti, in maniera accurata da almeno tre anni di allenamenti mirati e studiati. Lui è un maestro nel nascondere e ha insegnato ad Hajime come seguirlo e ottenere poi la giusta ricompensa.

Taki ha labbra che sanno di sale, un retrogusto che gli piace e che cerca di più dentro la sua bocca, esplorata con attenzione e cura. È come se non si baciassero da un secolo, ma l’hanno fatto pochi minuti prima di arrivare in spiaggia. Solo che quando lo fai con la persona che ami sembra che non sia mai abbastanza. Per lui non lo è mai, per questo gli sfiora il petto con le dita fino ad arrivare al sesso.

«No…» Un’ammonizione blanda di cui è consapevole già da solo, per questo non insiste oltre. «Poi sarebbe un casino.» In caso di erezione.

Allora lo bacia ancora un po’, nascondendo ciò che stanno davvero facendo dietro un braccio allungato verso l’alto nel gesto di scattare un selfie per ricordo. E quel selfie lo vede con la bocca di Hajime aggrappata alla sua, e lui che fissa in camera con la coda dell’occhio.

«Narcisisti», ironizza Mamoru e loro ridacchiano facendosi bastare quel poco che si sono concessi.

Una fugace occhiata attorno e nessuno si è accorto di nulla.

«Lo sai anche chi è felice e senza paturnie?» domanda Hajime. «Kumi!»

«È vero! Chissà che le passa in quella testolina!» Ma non è poi così importante quando si alza e si dirige verso la riva. Un’ultima occhiata alle spalle e la brezza tra i ricci. «E allora, idiota? Lo muovi il culo per un altro bagno?»

 

 

 

 

 

 


 

 

Note Finali: …ELICOTTERO! XD

La parola d'ordine degli adolescenti appena possono fare i cretini in compagnia. E poi le foto stupidissime, i tuffi e chi più ne ha più ne metta.

Quindi, in questa storia trova spazio anche l’adorata Silver Combi *-* non potevano mancare, con la loro relazione già parecchio rodata. E ci permettono di avere un quadro generale anche degli altri compagni.

Oltre ai comportamenti di Yukari e Ryo, pare ci siano cose che non sono ancora state dette, situazioni dubbie… Morisaki che si isola? Bear che ha problemi con la ragazza?

Oh, ma state a vedere che questo ritiro spensierato finirà col mettere in luce molto di più di un ‘selfie di culo’?! :3

E comunque, per fortuna che c’è Kumi! XD

 

A domani! :*

 

 

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Capitolo 5
*** V: Quisiera... ***


So, kiss me - #5

Note Iniziali:

Questa storia partecipa alla Flash Challenge: Bacio indetta dal gruppo facebook ‘Il Giardino di EFP’.

 

 

 

 

 

 

 

- V: Quisiera… -

(prompt #23: immaginare un bacio)

 

 

 

 

 

 

 

Comunque, un pallone leggero lo hanno portato lo stesso sulla spiaggia: se non possono giocare sui ciottoli, possono farlo almeno in acqua. Ed essere addirittura acrobatici.

«Rovesciata!» esclama Ryo scalciando un piede in aria che solleva una cascata sugli altri che gli stanno attorno. Col piede non la prende, ma fa centro pieno col culo.

«Io direi ‘chiappata’.» lo sfotte Nakazato.

Fuori dall’acqua sono rimasti solo in tre: lui, Taro e Yuzo.

Mamoru è proprio quest’ultimo che cerca con lo sguardo, girando la testa a sinistra: se ne sta con le ginocchia piegate a guardare il mare.

Il portiere s’è schiodato dall’asciugamano e ha nuotato a lungo solo perché Taro è andato a recuperarlo con quei modi che ti convincono a fare qualsiasi cosa, e poi è rimasto a parlarci per parecchio, riuscendo a metterlo a suo agio come, evidentemente, loro non sono stati capaci di fare. Eppure, anche ora continua a stare un po’ sulle sue, ma meno di quando sono arrivati alla spiaggia.

Non ha la certezza di cosa gli passi per la testa, però una sua idea se l’è fatta, e Hajime e Teppei sembrano pensarla uguale. Questo lo incuriosisce. Ma c’è da dire che Morisaki lo ha sempre incuriosito, dalla prima selezione per la Nankatsu a quella sua venerazione per Genzo. Con i ragazzi, per scherzare, hanno sempre detto: ‘trovati qualcuno che ti guardi come Morisaki guarda Wakabayashi’. Solo che, da qualche tempo, Mamoru sta pensando che non vuole che sia uno qualunque a guardarlo così.

Vuole che sia proprio Yuzo.

Senza stare a rimuginarci ancora, si alza e afferra il telo, portandolo accanto al portiere, che per tutto il tempo ha avuto lo sguardo un po’ verso il cielo e un po’ verso il mare.

Prende posto e per una volta se ne frega di apparire invadente.

«Stai a vedere se tra un po’ non faranno la guerra delle Spade Laser.» Anche se non si volta, sente che il compagno sghignazza e la soddisfazione gli dà una sensazione euforica. «Non ti unisci?»

«Per carità. Sono già comici così.»

Yuzo stringe un po’ di più le ginocchia al petto.

Mamoru percepisce una sensazione di difficoltà, da parte sua, nello stare nudi e vicini, quando è sempre stato normale, tra la condivisone di spogliatoi, docce e camere d’albergo. La prende come una conferma in più alla propria idea. Lui, invece, distende le gambe senza alcuna paura di mostrarsi. È un modo per fargli capire che ‘okay, stiamo rilassati, non ci sono problemi, non vergognarti’. Anche se non si sono mai frequentati molto, soprattutto da soli, si conoscono da troppo tempo per stare ancora alle cerimonie.

Addosso, gli occhi di Yuzo sono un bacio timido, di quelli dati dietro le porte, che gli altri non devono vedere e hanno la consistenza della carta di riso degli shoji. Mamoru può immaginare il tocco leggero delle labbra che gli sfiorano le gambe, il ventre, le spalle. Lo percepisce con la vista periferica mentre simula di guardare gli amici e sogghignare per la loro idiozia. Ma sulla pelle cammina qualcosa di caldo e non è il sole, che di solito colpisce dritto in faccia, mentre questo è un calore discreto che vorrebbe soffermarsi di più su alcuni punti, ma poi ha vergogna di sé e scappa via. Scivola, come la seta.

Mamoru è sereno, perché quello non è un bacio che eccita ma che coccola, e lui ne vorrebbe a palate così. E vorrebbe voltarsi per scoprire che sguardo ha Yuzo negli occhi quando lo osserva. Poi si accorge che la magia è finita e Morisaki si è girato di nuovo con un gesto brusco.

«Che stavi ascoltando?» domanda allora per ravvivare la conversazione.

Yuzo ha una sola cuffietta all’orecchio mentre l’altra l’ha tolta quando l’ha visto arrivare. Lui prende quella libera e la indossa. Preme play sul lettore che Morisaki ha ancora tra le mani e la schitarrata elettrica gli invade l’orecchio, lasciandolo un attimo stordito. Raddrizza la schiena, guarda il portiere con occhi spalancati per la piacevole sorpresa.

«E questo rock duro? Non ti facevo il tipo!»

Yuzo distoglie lo sguardo. «Ascolto un po’ di tutto.»

«E chi sono? Fammi vedere…» Gli prende il lettore dalle mani e fa praticamente come se fosse a casa sua con gli spazi del portiere. Un modo per provare a fare breccia nello strano muro che sta sollevando un pannello per volta.

La playlist restituisce il nome di un gruppo che non conosce, ma sentire questo tizio che canta a squarciagola che ‘i suoi mostri sono reali e sono allenati a uccidere’ non gli sembra sia la colonna sonora ideale per quel momento, per il luogo in cui sono e per i silenzi del compagno. Allora si mette a smanettare alla ricerca di qualcosa di più allegro, giusto per risollevare il mood.

«Ma le hai divise per genere?! Cazzo, quanto sei preciso?»

«Mi piace l’ordine.»

«Così maniacale fa un po’ serial killer!» ride nel mollargli una spallata. «E comunque, generi qui e lì, e non hai nemmeno un po’ di J-Pop?»

«Ghhh! A chi vuoi darlo? Non a me!»

«Cos’è questa mancanza di spirito nazionalistico?»

«Non è colpa mia se è brutto!»

«Però il pop lo ascolti comunque», nota mentre scrolla le canzoni nella cartella e una, in particolare, attira la sua attenzione. «Questa…»

«Ah, sì… L’avevo sentita da te. Era carina.»

Nella voce di Yuzo torna una leggera incertezza che ha il suono dell’imbarazzo, quello di chi si sente scoperto in qualcosa che doveva restare nascosto.

Potrebbe far finta di niente e passare oltre, ma Mamoru con queste cose ci va a nozze. Fa partire la canzone e la chitarra è dolce, un accompagnamento che col mare sta benissimo. Mare e pop latino sono come menta e mojito.

«Sai cosa dice?»

Yuzo solleva le spalle. «Mi pare di aver cercato il testo, tempo fa. Però alla fine queste canzoni si assomigliano un po’ tutte… sei la tipa dei miei sogni, sposiamoci, facciamo una barca di figli, evviva l’amor.»

«Rip per il romanticismo, Morisaki!»

«Non sono un tipo romantico.»

«Non l’avrei detto. Giuro. Cioè, ti facevo da cioccolatini e fiori a San Valentino.»

«Mi hai mai visto regalarne?»

Mamoru lo osserva più di quanto si è concesso fino a quel momento, tanto che Yuzo, dopo la soglia massima in cui i loro occhi possono stare in contatto, distoglie lo sguardo. «No, è vero. Non ti ci ho mai visto. Però lo hai ricevuto.»

«Be’, è buono. Lo mangio.»

Poche parole e in un paio di minuti Morisaki è riuscito a ribaltare parte delle sue convinzioni in maniera nuova e interessante. Più di quanto sperato. Di certo, non si sarebbe aspettato che in playlist avesse ancora una canzone che aveva suggerito lui un paio di anni prima.

Mamoru ne canticchia il ritornello, in cui, sì, c’è la tipa dei sogni, più figa di tutte le fighe, ma è quella semplice frase, quel ‘vorrei averti ogni primavera, per amarti a modo mio’ che gli è sempre rimasto in testa. Ora un po’ ne capisce il perché.

«Hai una bella pronuncia… Lo hai imparato da quei tuoi cugini che vivono in Spagna?»

L’ammirazione nel tono di Yuzo gli dà un formicolio alla schiena.

«Sì, anche se non lo parlo benissimo. Però è divertente, e posso cantare a squarciagola ‘facciamo una barca di figli’ senza che nessuno capisca.»

La risata di Yuzo è inaspettata, sincera e piena; di quelle che non gli sente da un po’. Sono state il campanello d’allarme, ciò che gli ha fatto capire che c’era qualcosa che non andava: Yuzo ha smesso di ridere e lui se n’è accorto. Non era ciò che si sarebbe aspettato da sé stesso e un po’ ne è rimasto sorpreso, ma è stata la conferma di voler vivere l’Effetto Morisaki sulla propria pelle.

In silenzio ascoltano il resto della canzone, guardando verso la spiaggia.

Shingo è uscito dall’acqua e ha raggiunto Misaki, si sta asciugando col telo che abbandona sulla spalla. Gli altri sono ancora a fare gli stupidi quando vengono raggiunti dall’eco della voce di Iwami: «Ecco l’elica del sottomarino!»

«No, niente Spade Laser», sospira Yuzo. «Hanno scelto Caccia a Ottobre Rosso

Mamoru si fa scoppiare una risata in bocca. «Dovrebbero vederli le manager. Chissà che penserebbero…»

«Non oso immaginare Yukari.»

«Nemmeno io!» L’occhiata che scambiano è divertita e lui cerca di farla durare il più possibile perché Yuzo appare finalmente tranquillo. «A proposito, chissà che stanno facendo.»

«Non avevano detto che sarebbero andate in paese?»

«Be’, magari sono addirittura già rientrate.»

Quello che accade dopo è tutta una sequenza talmente perfetta che lui non ha neppure modo di opporsi.

Mamoru sente solo l’allegro e squillante: «Ragazzi!» e vede Shingo avvolgersi l’asciugamano attorno ai fianchi con la fluidità d’un matador con la muleta, Yuzo che aspira un ‘occazzo!’ e gli lancia addosso la sua maglia, mentre copre sé stesso con i pantaloncini. Dall’acqua arrivano strilli da galline scannate e il mare viene sollevato e spruzzato dappertutto mentre Ryo grida: «Questa non è un’esercitazione! Niente panico!»

Lui guarda la maglietta di Yuzo e non capisce tutto questo pudore. Insomma, per lui non è mica un problema se Kumi gli vede il pene: è un maschio, ce l’ha. Al massimo potrebbe venire fuori una lezione di biologia. Ma quando prova a dire la sua, Yuzo lo ha già crocifisso con un’occhiataccia.

«Okay, okay…»

Kumi piomba tra loro sempre splendida come il sole e carica di allegria.

«Ah! Ma allora era questo l’allenamento segreto?!» Li prende in giro, portando le mani ai fianchi. In un attimo è arrivata a riva. «L’acquagym?! Siete degli imbroglioni! Posso unirmi?» E mentre lo dice si è già tolta la maglietta.

«No!» tuona Ishizaki. «Non stiamo facendo acquagym! Questo… questo è un rituale. Un rituale… dei monaci buddisti del… Tempio di… Kawasaki Daishi!»

«Un rituale?»

«Sì! Un rituale! Una cosa tipo…  tipo yoga, no? Dove dobbiamo… ehm… celebrare il… nostro… nostro…»

«Vigore!» suggerisce Urabe.

«Sì, vigore! Il nostro vigore e la nostra gioventù…»

«…bruciata.»

«Zitto, cazzo!»

Kumi annuisce adagio. «Una cosa come… lo yoga tantrico

«Bravissima! Tantrico! Proprio quello! Ed è un rituale solo maschile, capisci? Tu hai la nonna che è una mezza santona e sai che se un rituale non viene completato come si deve, poi non è valido.»

«Uhm… e le donne non sono ammesse, eh?»

«Eh, no. Ma ti prometto che domani faremo il bagno tutti insieme! Prooomesso

La ragazza tergiversa qualche altro minuto, abbassa la testa, poi la alza.

«Okay. Meno male che con le altre senpai lo abbiamo fatto giù in paese. Allora vi precedo su, però non risalite troppo tardi, altrimenti Nishimoto-senpai si arrabbierà come al solito. A dopo!»

Così com’è arrivata, si gira e torna verso la scalinata che porta in cima alla scogliera. Indossa il reggiseno di un bikini a triangolo tutto colorato che le copre un seno tondo e perfetto che ha di sicuro scatenato una guerra nucleare sotto il pelo dell’acqua. Guarda verso di loro e Mamoru le capta un sorriso soddisfatto dietro al gesto innocente di saluto che rivolge a entrambi.

Lui risponde al saluto, aspetta di vederla sparire sulla scalinata e poi scuote il capo, masticando una risata sotto i denti.

«Dèi, che vergogna. Sapevo che era una pessima idea…» mormora Yuzo.

«No, nessuna vergogna. Quella è furba, oh se è furba.»

«In che senso?»

«Lo so io.»

Nel frattempo, Taro si è alzato e diretto verso la riva a passo lento. Gli altri sono ancora tutti allineati in acqua, non si arrischiano a uscire fino a che non sono certi di aver messo un po’ di tempo tra loro e la ragazza.

Nishio fischia. «L’abbiamo scampata bella.»

«Cazzo, e mi ero pure raccomandato! Quelle dannate, manager! Mai una volta che mi ascoltino! Perché quando era Tsubasa a dire cosa fare, lo stavano sempre a sentire?»

«Perché lui non aveva idee bislacche come le tue.» Misaki si ferma con l’acqua alle caviglie. Porta le mani ai fianchi e Ryo lo addita subito.

«E tu quando hai messo il costume?! Traditore!»

«Si chiama ‘farsi furbi’. E a proposito di idee bislacche, Mr. Yoga Tantrico, la prossima volta che scegli di nascondere in acqua le tue grazie, assicurati almeno che non siano così cristalline.»

Ryo rimane fermo per un istante, abbassa lo sguardo…

«…che figura di merda.»

 

 

 

 

 

 


 

 

Note Finali: SBIRCIONA KUMI: MISSION COMPLETE!!! XDDDD

I nostri eroi sono stati sorpresi dalla loro manager dall’occhio lungo che non solo li coglie in fallo (al vento), ma li piglia anche sottilmente per il culo e loro sono troppo fessi per capirlo. Tutti tranne Mamoru, perché anche Mamoru ha l’occhio lungo. Tra menti furbe ci si intende. XD

Mamoru che, zitto zitto, cerca di attaccare bottone con un Morisaki inspiegabilmente reticente e che pare aprirsi, ma giusto un pochino.

Una cuffietta, una canzone.

L’estate è fatta anche di quello :3

 

Ci rileggiamo domani!

Kumi confermerà le famose voci?! XD

 

PS: le due canzoni di cui parlo nel capitolo sono Monsters degli Shinedown e Quisiera dei CNCO! :3 (due cose totalmente DIVERSE XDDD)

 

 

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Capitolo 6
*** VI: Trovare la strada ***


So, kiss me - #6

Note Iniziali:

Questa storia partecipa alla Flash Challenge: Bacio indetta dal gruppo facebook ‘Il Giardino di EFP’.

 

 

 

 

 

 

 

- VI: Trovare la strada -

(prompt #2: bacio sulla fronte)

 

 

 

 

 

 

 

Il sospiro che le scivola tra le labbra è di pura soddisfazione e benessere.

Quella doccia, appena rientrate dal loro giro in paese, è stata il toccasana di cui aveva bisogno per togliersi di dosso il sole e la salsedine.

Si sono divertite, loro tre. Tanto che anche Yukari le è sembrata più serena e meno acida. Hanno girato per il paesino che affaccia sul mare della Baia di Suruga, si sono fatte il bagno in una spiaggetta graziosa e tranquilla dove c’erano giusto qualche famigliola e qualche turista straniero e poi hanno terminato mangiando un gelato sedute sul piccolo molo, dove le uniche barche erano a remi o piccoli pescherecci. Hanno anche diviso dei takoyaki fatti da un banchetto di street food posizionato proprio fuori dal pontile. Il polipo era freschissimo e il sapore non aveva nulla da invidiare a quelli originali di Osaka.

Durante il giro, ne ha approfittato per comprare qualche souvenir per suo padre e Atsushi – altrimenti chi se li sente che non ha portato loro neppure un pensierino? – poi uno per la mamma e qualche cartolina da spedire a Yoshiko e Yayoi.

Ne ha presa anche una terza che vorrebbe mandare in Brasile, a Tsubasa. Però non sa se la spedirà. Insomma, lui è lì ad allenarsi tutti i giorni e lei gli invia una cartolina dove si stanno divertendo? Le sembra davvero fuori luogo. Forse sarebbe meglio consegnargliela a mano quando tornerà in Giappone.

Un respiro profondo le scappa dal petto, mentre si ferma sul pianerottolo che divide il piano superiore dove ci sono le camere, da quello inferiore dove ci sono la palestra, le sale comuni, cucine e bagni.

Perché deve sempre farsi paranoie per tutto?

Credere che qualsiasi scelta sarà quella sbagliata e magari dargli noia in qualche modo… O forse è solo la paura di non ricevere risposta, di non sentire l’interesse da parte di Tsubasa. La distanza sa mettere dubbi che quando sono insieme non la sfiorano nemmeno di striscio. Pensa che non si abituerà mai a quella condizione nonostante siano già passati tre anni e lo sguardo si abbassa sulla cartolina che ha portato al petto, dove lo scorcio del paese e della baia, proprio l’angolino del molo con le sue barchette, sembra sospeso nel tempo. Tra tutte ha scelto quella di proposito: la sospensione le ricorda la loro storia, in bilico su distanze che appaiono insormontabili ogni giorno che passa. Lei vorrebbe averlo vicino, sentire che è orgoglioso dei suoi risultati, affrontarli insieme. E a sua volta vorrebbe sostenerlo negli allenamenti, nei traguardi luminosi che lo aspettano. Non può fare e avere niente di tutto ciò e allora che diavolo di paranoie si sta facendo per una dannata cartolina?

«Sì, mister. È tutto a posto, non abbiamo combinato ancora nessun danno irreparabile, stia tranquillo.»

Sanae riconosce la voce di Shingo e resta ferma sul pianerottolo. Fa capolino, vede che il ragazzo è ancora in tenuta da mare, con l’asciugamano sulla spalla.

«Sono appena rientrato dalla spiaggia della struttura, gli altri sono rimasti lì, ma c’è Taro con loro, non si preoccupi… Giuro solennemente che non stiamo battendo la fiacca. Ci siamo allenati molto questa mattina e poi… nel pomeriggio abbiamo svolto una sessione speciale in acqua.»

Sì, adesso si chiama ‘sessione speciale’. Shingo, sei un paraculo. Sanae si tappa la bocca con la mano per trattenere la risata.

«D’accordo, mister. Allora ci sentiamo domani. Grazie di tutto.»

Takasugi chiude la conversazione e Sanae non si palesa subito, ma resta ad aspettare che si accorga di lei, appena farà per salire le scale.

Il cellulare del ragazzo emette il trillo di un messaggio. E poi un altro, e un altro ancora. Sono tipo quattro o cinque, tutti in sequenza. Sanae perde il conto, ma sogghigna. Oddio, ma quanto è insistente la ragazza di Bear?! Se adesso lo becca in atteggiamenti da scolaretta innamorata lo sfotterà a vita.

Invece Shingo guarda il display con le notifiche, ma non ne apre nessuna. Affonda invece una mano nei capelli corti e serra il cellulare con l’altra. Un grosso respiro, e poi un secondo che emette un rumore graffiato. Con quel ‘plin-plin’ che diviene penetrante e fastidioso al punto tale da spezzare anche la pazienza secolare di Shingo Takasugi.

«Porca puttana, esci dalla mia vita!»

Il ruggito precede lo schianto del telefono lanciato contro il muro. Uno schianto che spacca il vetro dello schermo in mille pezzi.

Sanae non trattiene un urletto di sorpresa e poi si copre la bocca, ma è troppo tardi. Shingo alza la testa, la vede e restano a fissarsi per degli attimi lunghissimi in cui sono immobili come statue ed entrambi sconvolti.

«Sperare che tu finga di non aver visto niente è chiedere troppo, vero?» Shingo fa scivolare il telo dalla spalla fino a che non tocca terra.

Sanae resta ferma per un altro istante e non sa neppure cosa rispondere. Infine, scende piano piano fino a metà scalinata, restando rasente al muro.

È la prima volta che vede Shingo così fuori di sé; alle elementari e alle medie ha avuto qualche scatto in campo, ma si è sempre saputo controllare, perché non è un violento, ma una montagna pacifica, consapevole della propria forza.

«Una semplice litigata con la ragazza non giustifica un gesto così.»

«Non dire che è la mia ragazza, mi viene da vomitare. Chiamala con il nome che merita: sanguisuga.»

«Be’, lo hai detto tu che-»

«Non parlavo di lei.»

Sanae inarca un sopracciglio e incrocia le braccia al petto. Lo guarda fisso e fatica a riconoscere la persona seria e posata di cui è molto amica. «Quante ne hai, Shingo? Vedi che se stai tenendo il piede in due scarpe, non approvo per niente, okay? E non ti facevo il tipo!»

«Non lo sono infatti.»

«E allora cos’è sta storia?»

Bear fa scivolare le mani dalla testa fino alla nuca e lì ne intreccia le dita, chiudendo i gomiti in avanti. Prende un lungo respiro prima di avvicinarsi e se non è lei a scendere, allora è lui a salire un paio di scalini per poi appoggiarsi di schiena al muretto del corrimano. Sanae è al muro opposto.

«La sanguisuga l’hanno scelta i miei», dice, sollevando una spalla.

Sanae collega la frase con un secondo di ritardo e l’espressione severa per ciò che ha pensato si scioglie in incredulità assieme all’incrocio delle braccia che abbandona lungo i fianchi. «Ti hanno combinato il matrimonio?»

«Benvenuti negli anni 2000 del moderno Giappone. Alla mia sinistra potete ammirare gli smartphone di ultima generazione navigare a 1Gbps, e alla mia destra le relazioni sociali appena uscite dai fottutissimi anni Quaranta del 1900!» Shingo ironizza, ma l’amarezza che gli storce la bocca sull’ultima imprecazione la mette davanti a un avvilimento di cui fino adesso non si è mai accorta. È stata troppo presa dal suo piccolo dramma personale per notare quelli degli altri.

«Non lo sapevo…»

«A parte Taro e i ragazzi della Shutetsu non lo sa nessuno.»

«Da quanto va avanti?»

Bear butta fuori l’aria e si lascia cadere a peso morto sullo scalino, le gambe lunghe arrivano fino a toccare il pavimento. Sanae, con la stessa lentezza, gli si siede accanto.

«I nostri genitori si sono accordati che ero in prima media. I Takasugi non fanno mai le cose di fretta e a caso, se le studiano per anni. Questa chissà da quanto la stavano preparando, magari da prima che noi nascessimo. Dovrebbero farsi curare. Ma a quell’età, sai, che ti frega? A me interessava solo continuare a giocare. Che cazzo ne capivo, eravamo troppo piccoli, quindi non ci ho dato peso. Almeno fino all’inizio del liceo…» Shingo cambia tono ed espressioni più volte. Si arrabbia e poi si calma fino a rassegnarsi. «Hanno pensato che fossimo ormai grandi abbastanza per iniziare a conoscerci meglio, a frequentarci. Le cose, per quanto non mi facessero sprizzare gioia, andavano. Anzi, da un lato pensavo ‘ehi, così non devo perdere tempo’. Non avevo nessuna esperienza dello stare con una ragazza, non sapevo quanto i sentimenti fossero fondamentali. Io giocavo, non mi ero mai innamorato. Pensavo sarebbe continuata a così.»

«E poi hai incontrato lei…»

La frustrazione sul volto di Shingo si scioglie in un sorriso che Sanae conosce bene: le spunta ogni volta che pensa a Tsubasa e, prima che sulle labbra, è nel cuore che nasce, pieno di dolcezza, gioia e amore.

«A una matinée, ci pensi? Io accompagnavo una mia cuginetta, lei il suo fratellino. Due liceali, seduti in un cinema alle dieci del mattino a vedere Frozen. Diavolo, l’abbiamo massacrato per tutto il tempo, così tra un pop-corn e una battuta. Ci siamo scambiati i numeri e poi, fuori dal cinema, ci siamo detti ‘dai, ci sentiamo’. Ero convinto che non l’avrei sentita mai più, e invece lei mi ha scritto, io le ho risposto, siamo andati a bere qualcosa e…»

«…e ti sei trovato fregato.»

«Nel mio caso anche in trappola.»

Quella è la sensazione che ha anche Sanae verso di lui. È come se vedesse delle sbarre sottili attorno alla sua figura massiccia. Un Orso che la sua stessa famiglia ha chiuso allo zoo: gli fanno credere di avere libertà, ma è sbarrata da confini stretti e recinzioni.

«Hai provato a dire ai tuoi che ti sei innamorato di questa ragazza? Magari se vedono che sei sincero-»

«Lo sanno. Gliel’ho detto all’inizio di quest’anno e non l’hanno presa bene. Forse la colpa è anche mia, sono stato troppo ottimista. Okay, la mia famiglia ha una memoria storica che risale agli shogun, sono dei nazionalisti che rasentano la xenofobia, però… pensavo che, sai, per il figlio forse si potesse fare un’eccezione… A quanto pare il nome della famiglia vale di più.»

Per quanto voglia mostrarsi in grado di affrontare tutti i problemi, la sua solidità scompare e lui crolla in avanti, poggiando la fronte sulle sue gambe chiuse.

«Non so che cazzo devo fare, manager. Mi sento stanco morto. Non ho ancora diciotto anni, che si aspettano da me?!»

Sanae accenna un sorriso e gli accarezza la testa.

«Lei che ne pensa?»

«Capisce bene la mia posizione e l’ha accettata, ma… questo non è giusto. Non è giusto per lei, non è giusto me e non è giusto neppure per la sanguisuga!»

«Poverina, potresti non chiamarla così? Non è bello per niente essere il terzo incomodo. Magari lei a te ci tiene.»

«Sì, lo so e hai ragione, però…» Shingo si solleva di nuovo, indica il telefono ancora abbandonato a terra, contro lo spigolo del muro. «L’hai vista anche tu come mi tartassa! Non mi dà tregua! Ti prego, fammi respirare, cazzo! Dammi aria!»

«Lo sa che ami un’altra?»

«Certo! È anche per questo che mi sta addosso e vuole controllarmi in tutti i modi! Ogni istante che non le scrivo, pensa che sia con Fawziya!»

Sanae scrolla la testa e sbatte in fretta le ciglia. «Fawziya?» assottiglia lo sguardo e lascia affiorare un sorrisetto furbo. Conosce Shingo abbastanza bene da sapere che ha sempre avuto un debole per le ragazze straniere e la motivazione al perché la sua famiglia, così tanto chiusa nei canoni giapponesi, si sia opposta diviene palese. «Di dov’è?»

Bear risponde con un’occhiata colpevole.

«Shingo… mi devo preoccupare?» insiste, trattenendo strenuamente quel sorriso che vorrebbe scappare dalle labbra serrate.

«Se dici che me la sono cercata, mi incazzo…»

«Di dove diavolo è?!»

«Afghanistan…»

«Bear!»

«Sì, sì! Lo so!»

«E se lo sai allora perché?!»

«Perché non posso precludermi la vita solo per far contenti i miei! Perché davvero non l’ho cercata! Perché… perché lei è bellissima e la sua famiglia è così accogliente che mi fanno vergognare di come si comporta la mia!» Shingo sostiene il viso con entrambe le mani. Ha i gomiti sulle ginocchia, l’espressione abbattuta.

Sanae torna ad accarezzargli la testa in un gesto affettuoso in cui gli scompiglia e sistema i capelli già corti e spettinati dall’acqua del mare e dal sole.

«Si direbbe che ne valga proprio la pena, eh.»

«Già…» Bear la lascia fare e le concede un altro, raro sorriso da che hanno iniziato quella conversazione. «I suoi non sanno tutta la situazione e noi siamo consapevoli di non poter andare avanti così in eterno. Però io non so come uscirne se non sbattendo la porta. Non vorrei arrivare a questo punto, ma se non ho altra scelta lo farò. Confido nel professionismo dopo il World Youth per poter avere un futuro, anche se da solo.»

Sanae lo vede tirare su la schiena, essere di nuovo il solido Takasugi, quello che nemmeno le spallate spostano dalla sua posizione.

«La cosa che più mi fa incazzare è che, se solo i miei non fossero così idioti e ci lasciassero stare, magari, chissà, uscirebbe fuori che non siamo fatti per stare insieme. A quest’età tutto nasce e muore in fretta, figurati una storia. E invece loro più cercano di tenerci alla larga, più mi fanno desiderare di stare con lei.»

«E con la sanguisuga come la metti?»

«Ah, adesso la chiami così anche tu?»

Sanae incrocia le braccia con uno sbuffo. «Non so come chiamarla, altrimenti!»

«Ho cercato in tutti i modi di convincerla a rompere il nostro fidanzamento. Volevo che fosse lei a farlo, così da non farle pesare il ‘disonore’, ma niente. È succube della sua famiglia e allora toccherà a me mettere la parola fine per tutti. Fawziya però ha detto di aspettare la fine del World Youth e di pensare solo a quello e agli esami.»

«Per dire una cosa simile e anteporre la tua tranquillità alla sua, deve amarti molto anche lei.» Un punto di vista che Sanae comprende. Le sembra di rivedersi nelle scelte di questa ragazza venuta da lontano. Rivede la decisione di legarsi a Tsubasa nonostante abbia sogni troppo forti e troppo grandi che a volte la schiacciano. Rivede il continuo dirsi di aspettare e sopportare le distanze un po’ per entrambi. Rivede la voglia che avrebbe di stare insieme e non poterlo fare. E chissà quanti dubbi e quante incertezze e magari anche nottate a piangere. Ma d’improvviso si rende conto di non essere affatto sola in questi sentimenti. Oltre agli amici, ha la sua famiglia e quella di Tsubasa ad appoggiarla e sostenerla.

Ma Fawziya e Shingo?

Finirà davvero con le porte sbattute?

«Quasi quasi le mie pene d’amore sembrano cretinate da ragazzini…»

«Nah! Ogni problema è importante. Tu devi solo capire che la distanza non è altro che una questione mentale.» Shingo le pungola la fronte con l’indice. «Te l’avrò detto mille volte!»

«Sì, e i chilometri?!»

«Ma per quello basta un aereo!»

«Non provarci.» Sanae stringe gli occhi minacciosa e l’Orso sghignazza, poi si volta verso il telefono e sospira. Si alza, lo raccoglie, mentre con l’asciugamano fa sparire i cocci del vetro alla bene e meglio.

«Volevo fartela vedere, ma…»

«E pensi che mi accontenti di una fotografia? Fammela conoscere, invece!»

«Scordatelo, manager! Finirebbe per piantarmi su due piedi! Chissà che le diresti!»

«Ehi! Per chi mi hai preso?! Gran bella fiducia, la tua! Adesso ho davvero un sacco voglia di scambiarci due chiacchiere e stai a vedere se non lo farò! Ti pedinerò!» Sanae solleva furbescamente le sopracciglia, mentre Bear la guarda da sopra occhiali immaginari.

«Piuttosto, hai modo di chiamarla, ora? Almeno per avvisarla di come il telefono si sia sacrificato all’altare del tuo scazzo.»

«Suppongo mi farò prestare il cellulare da qualcuno dei ragazzi.» Shingo fa spallucce e Sanae sospira.

Dalla tasca dei pantaloncini estrae il proprio.

«Non aspettare il ritorno di quella banda di debosciati. Chiamala.»

Bear esita e la guarda con una punta di imbarazzo che la fa ridacchiare.

«Adesso non fare il timido, ché non ci crede nessuno! Prendilo, ma promettimi che non lo farai volare dal balcone!»

«Grazie.»

Ma nel momento in cui Shingo allunga la mano, Sanae sposta la sua e solleva di nuovo le sopracciglia. «Me la fai conoscere?»

«Ho detto scordatelo.»

«Che antipatico!»

Gli cede il cellulare, ma resta seduta sulle scale. Shingo si allontana solo di qualche passo, prima di fermarsi e tornare indietro. Le lascia un bacio sulla fronte e uno sulla testa prima di avvolgerla tutta in un abbraccio stretto, pieno di gratitudine.

«Vedrai che si risolverà per il meglio, Orso. Se c’è qualcuno che può affrontare una situazione così difficile senza farsi abbattere, quello sei tu.»

«Stai a vedere se in mezzo a questa manica di idioti, quello serio sono davvero io. Ma chi ci crede?»

Sanae lo osserva prendere la via che porta al retro della struttura, probabilmente per fare la sua telefonata in tutta tranquillità.

«Ehi, ma quello è Takasugi? Se lui è tornato dove sono gli altri?» La voce di Yukari sorprende i suoi pensieri. Ne sente il passo e non è da sola.

«Forse ancora alla spiaggia? Chissà quanto durava il rituale…» dice Kumi e Sanae trattiene una risata.

‘Rituale’?! Questa è opera di Ishizaki, ci scommetterebbe la vita.

«Sì, sono ancora alla spiaggia.»

Yukari ha un sobbalzo, nel momento in cui passano davanti alle scale. «Sanae! Ma che fai qua dietro?! Mi hai fatto prendere un colpo!»

«Parlavo con Shingo. Il mister lo ha chiamato, voleva sapere se fossimo ancora tutti vivi e vegeti.»

Yukari alza gli occhi al cielo, mentre Kumi, un passo dietro di lei, si illumina appena la vede. L’espressione furba e maliziosa che vuol significare una sola cosa.

Quella piccola disgraziata ci è riuscita!

«Ah! Al solito! E meno male che Kumi gli ha detto di tornare presto! Chissà a che ora si presenteranno e noi dobbiamo preparare la cena. Sono irresponsabili, che hanno nel cervello?»

Yukari parte a raffica con una delle sue filippiche, ma lei sta guardando Kumi e il suo sorriso a dir poco smagliante.

Con gli occhi, la kohai indica per dove Bear si è allontanato. Sanae capisce al volo.

Le sue mani e il labiale mimano un chiarissimo: ‘dieci e lode’.

«Ah! Lo sapevo!»

«Eh? Cosa? Che sapevi? Ma che state facendo vuoi due?! Vi scambiate segnali di fumo?! Che succede?!»

Yukari si guarda attorno, Kumi agita le mani e lei pensa che se una sanguisuga non ti si stacca dal culo, forse forse non è solo per una questione di famiglia.

 

 

 

 

 

 


 

 

Note Finali: E ALLOOOOOORAAA?! XDDD

Kumi ha portato la buona novella, annunciaziò annunciaziò XD

E quindi si svelano un po’ di arcani, a questo giro di valzer, in cui la vacanza allegra, assume i toni del teendrama che a quell’età tutti ci troviamo sempre ad affrontare, perché c’è, fa parte di noi. E quando io ero adolescente, deh, se ne sentivo di cose (non matrimoni combinati perché da noi non ci sono, ma in Giappone ancora sì).

Ora sappiamo perché Shingo a volte era di pessimo umore (e non gli appiopperò mai una giapponese, a meno che non sia Sanae, sorry not sorry XD), e la situazione non è proprio meravigliosa, però, dai, viva l’ottimismo.

Il ragazzo ha le qualità.

Tante. XD

Ne uscirà fuori!

 

Un’altra cosa che è uscita fuori è la lunghezza di ‘sto capitolo che, mon dieu, è venuto decisamente più lungo degli altri \O/ Scusate! Mi doserò, giuro!

Ma… oh! Siamo a metà storia! **

 

A domani! :3

 

PS: oggi proprio le admin de Il Giardino di EFP hanno annunciato che la challenge sarà prorogata fino al 15 Marzo, e hanno dato pieno accesso anche alle oneshot e alle minilong (XD cioè praticamente alle storie come questa! LOL Mi sa che gliel’abbiamo chiesto in tanti LOL).

Ciò significa che la storia terminerà il 27 Febbraio, mantenendo il ritmo di un capitolo al giorno (così me la tolgo in fretta dai piedi e voi non dovete aspettare XD).

 

 

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Capitolo 7
*** VII: Il primo bacio fa un male cane ***


So, kiss me - #7

Note Iniziali:

Questa storia partecipa alla Flash Challenge: Bacio indetta dal gruppo facebook ‘Il Giardino di EFP’.

 

 

 

 

 

 

 

- VII: Il primo bacio fa un male cane -

(prompt #20: primo bacio)

 

 

 

 

 

 

 

«Verità!»

Yuzo lo esclama con abbastanza sicurezza da tenere alta la testa. È deciso a scamparsi gli obblighi impossibili e imbarazzanti cui ha assistito fino a quel momento, così da preservare almeno un briciolo della dignità che i suoi compagni hanno perso da qualche ora.

Non è mai stato un patito dello stare, anche solo per un istante, così al centro dell’attenzione, e quindi, anche quando è costretto a partecipare – altrimenti chi la sente Sanae? – sceglie sempre la soluzione indolore. Con le parole è più bravo che con i fatti, e poi chi mai potrebbe sapere se sta mentendo o no?

«Okay, Morisaki-kun, fammi pensare…»

«Come se tu debba pensarci sul serio, Anego.» Ishizaki affonda il viso nella mano insieme a uno sbuffo. Come ogni sera, da che hanno iniziato il ritiro, anche quella sono seduti all’esterno, nel ‘cerchio dell’amicizia’ come l’hanno ribattezzato: uno spiazzo circolare, con grossi tronchi di quercia intagliati in cui sedersi e un braciere centrale. Ognuno di loro è sprofondato in uno spazio o sul bordo del tronco, o a terra; visto che i kohai sono rientrati a Nankatsu già da quella mattina, hanno molto più spazio da occupare e sono più rilassati. Nel braciere scoppietta il falò grande il giusto per illuminare le loro facce e arrostirci qualche sfiziosità sulla punta di lunghi forchettoni di metallo, nell’imitazione di un vero e proprio campeggio.

Per quella sera, visto che al ritiro è rimasto solo il cuore della Nankatsu, le ragazze hanno scelto un gioco molto più confidenziale, considerato un classico di simili occasioni: obbligo o verità.

«Tanto lo sappiamo tutti cosa vorresti chiedergli! Lo hai chiesto praticamente a chiunque dicesse ‘verità’; per questo ho scelto ‘obbligo’

«Avresti potuto scegliere anche ‘verità’, tanto non te l’avrei mai posta quella domanda, visto che so già la risposta.» Sanae sbatte velocemente le ciglia, mento sollevato con altezzosità e braccia conserte; sposta lo sguardo su Yukari, accanto a lei, divenuta di colpo ‘rosso-falò’.

«Ma di che parli?! Non sai niente!» Ryo gira il viso dall’altra parte, ma tanto stanno ridendo tutti.

Ride anche Yuzo, almeno fino a che la voce squillante di Kumi si leva al di sopra delle altre con sicurezza: «Hai mai baciato un ragazzo?»

Il silenzio si appollaia sul loro cerchio con la delicatezza di un ippopotamo dopo il bagno, lasciando Yuzo senza una risposta efficace per i secondi successivi, quelli necessari a capire la domanda. Poi, attorno, è tutto un ululare di lupi.

«Uuuh!»

«Sugimoto!»

«Questa è bella!»

«Ah, maliziosa!»

«Kumi-chan!» Yukari sgrana gli occhi. «Non sono cose che si chiedono.»

«Oh, invece sì», incalza Sanae. «Allora, Morisaki-kun?»

«I-io… n-no! Perché avrei dovuto?!»

Sanae solleva le spalle. «Voi ragazzi fate spesso cose a caso.»

«Ma lo faresti?» incalza Kumi. «Lo baceresti un ragazzo?»

«Non doveva essere una sola domanda?»

«Coffcoff-stai scappando-coffcoff!» tossicchia Takasugi, al suo fianco.

A Morisaki sudano le mani e non sa che dire. O, meglio, lo saprebbe ma il discorso è troppo lungo, complicato e mette addosso una paura che spacca le ossa. «Be’, s-sì… credo… Cioè, voglio dire, se fossi obbligato a farlo…»

Partono nuovi ululati scoordinati, mentre lui cerca di darsi il tono che non ha e che, sotto sotto, sa di non potersi permettere.

«Ma nemmeno se mi pagassero!» esclama Iwami, con le mani alzate, mentre Urabe è chirurgico.

«Nel tuo caso, penso che saresti tu a dover pagare per essere baciato!»

«Io ho già dato, che sarà mai?» Izawa lo dice con quella noncuranza che gli è usuale; un po’ altezzosa, a volte, tanto è sicuro di sé stesso. Yuzo gliel’ha invidiata in più occasioni, chiedendosi come possa sembrare sempre tutto così semplice quando è lui a farlo.

Morisaki lo guarda; Mamoru è seduto su un tronco, tra Hajime e Teppei, le braccia larghe sulla spalliera del legno e la testa un po’ inclinata all’indietro. Mentre i compagni schiamazzano del perché e percome e perquando sia avvenuto, il ragazzo sorride e non risponde, ma si stringe nelle spalle.

«Non mi sembra che il mondo sia finito per un bacetto», aggiunge, poi abbassa appena lo sguardo e quando lo rialza trova il suo.

Yuzo lo distoglie in fretta, sperando che non se ne sia accorto. Distrattamente si morde il labbro inferiore in un frequente gesto di nervosismo. Già quel pomeriggio, alla spiaggia, quando se l’è visto arrivare vicino gli è quasi preso un colpo e ora questo.

«Mamoru, tocca proprio a te», dice Sanae. «Che scegli?»

«Obbligo.»

Yuzo ne era sicuro; diversamente da lui, Mamoru si diverte parecchio in situazioni come quelle perché non sa cosa sia l’imbarazzo. Anzi, è sempre pronto a cimentarsi nelle richieste più strane, vivendole come sfide da vincere a ogni costo.

Kumi torna a sbracciarsi per avere la parola e Yuzo prova il desiderio irrefrenabile di staccarle gli arti a morsi.

«Sugimoto-chan è lanciatissima, stasera», ridacchia Teppei nell’entusiasmo generale.

«Solo stasera?» aggiunge Taki. «In questi due giorni si è scatenata! La vedi piccola, ma è tremenda.»

Kumi fa la linguaccia ad Hajime e poi si sporge dal suo posto, sbattendo le ciglia lunghe.

«Be’, se Izawa-senpai già lo ha fatto e Morisaki-senpai lo farebbe…» È tutta un sorriso mentre guarda prima Mamoru e poi lui, che vorrebbe un biglietto di prima classe e solo andata per la tomba.

«Io ve l’avevo detto che era lanciata!»

«Oh, eddai! Sto leggendo dei manga bellissimi dove ci sono questi ragazzi così carini che si baciano e volevo vederlo fare dal vivo! Che c’è di male?» La manager estrae un volumetto dalla borsa che ha con sé. In copertina, i due personaggi non si stanno solo baciando.

Il panico strilla nella testa di Yuzo in toni ultrasonici, perché tutto avrebbe detto di Kumi tranne che fosse una cazzo di fujoshi.

«E non potevi chiederlo a Ryo?!»

«Ehi! Io che c’entro?!»

«Ma Ishizaki-senpai non è abbastanza carino…»

«Sugimoto-chan, questo mi ferisce…»

«Scusa, senpai. E poi ti shippo solo con Yukari-senpai!»

Tutto intorno è una baraonda. Dalle risate, Takasugi è scivolato a terra e pare che debba morire da un momento all’altro. Misaki vorrebbe cercare di essere meno palese, ma ha le lacrime.

«Kumi ha ragione. Anche l’occhio vuole la sua parte, e considerando che io sono un gran figo e Morisaki si difende bene, let’s do it!» Mamoru si alza di slancio abbandonando le sue ali d’argento che applaudono e non si scompongono.

«Letscosa?!» Yuzo ha una dislocazione parziale della mascella. È un miracolo che non abbia già toccato terra. Mamoru invece è così a suo agio da fargli rabbia.

«Dai, Yuzo. Che vuoi che sia? È un obbligo, funziona così. Avanti, mi raggiungi o devo venire in ginocchio da te?»

Mentre Morisaki medita l’omicidio-suicidio e i doppi sensi volano alti, Izawa è avanzato di un altro paio di passi; è a metà strada, con il falò giusto nel mezzo. Sul viso e nei gesti continua ad avere quella tranquillità che rende tutto semplice.

È tutto semplice.

Baciare un ragazzo? Facilissimo!

Baciarlo davanti a tutti? Una scemenza!

E lui non ha scelta perché se rifiuta è la fine e se lo fa è la fine lo stesso. Fantastico.

Nel momento in cui si alza l’applauso si fa più forte, con sottofondo di gridolini delle manager, ma Yuzo non ha più un filo di saliva in bocca e dopo due passi crede che la lingua sia divenuta un’estensione distaccata del Deserto del Gobi.

«Non ti mangio mica. Non stai andando al patibolo. Un po’ più di entusiasmo?»

«Non sfottere», protesta in un sibilo e ora sono abbastanza vicini da essere certo che Mamoru si sia accorto del suo colorito troppo acceso, perché gli vede stemperare la faccia tosta.

«Si tratta solo di un bacetto a stampo.»

«E me lo devi spiegare tu? Non crederti tanto superiore.»

«Ehi! Perché sei così aggressivo?»

«Senti, facciamolo e basta. Okay?»

Il crepitare del fuoco e lo stupido coretto che si è levato riescono a coprire una certa amarezza nel tono della voce. Almeno, Yuzo lo spera, perché non riesce a guardare Mamoru negli occhi.

Dentro è una corda di violino pizzicata senza archetto, dal suono stridulo; va allo stesso ritmo del tamburo che gli batte nel petto.

«La smetti di essere così teso?»

«E tu la pianti di fare domande del cazzo?»

Yuzo si sporge per primo, con l’intenzione di darci un taglio in fretta: sarà il contatto più veloce del West, come gli schiocchi che dava da bambino quando andava all’asilo. Ma ha fatto i conti senza Mamoru e senza la mano che gli piazza sulla nuca nell’istante perfetto in cui le loro bocche entrano in contatto.

Era stato convinto che si sarebbe trattato di una vicinanza da meno di un secondo, e invece si trova bloccato sulle labbra del compagno abbastanza a lungo da potersi scambiare anche i respiri.

Quando si separano c’è lo schiocco che aveva programmato e poi lo shock che non aveva calcolato.

«Andava bene, Kumi?» Mamoru alza due dita in segno di vittoria verso la manager in visibilio.

«Aaaah! Kawaii ne! È proprio come nel fumetto! Sono emozionatissima!»

Tutti ridono, commentano e in un attimo si è già passati oltre.

A chi tocca? Forza, Misaki-kun!

Obbligo o verità?

Ah, nessuno può dire che la Nankatsu non sia la squadra più unita della Prefettura! Ma che dico? Del Giappone intero, altro che la Furano! Scommetto quello che vuoi che Matsuyama non lo ha mai baciato Oda!

Verità!

Mamoru sorride ai compagni come se nulla fosse accaduto, e continua a farlo anche quando si gira verso di lui, ma poi l’espressione muore repentina.

Yuzo non ha idea della faccia che sta facendo, ma non ha nulla di amichevole né divertito, di questo è certo. Il fiato di Mamoru, quello che ha respirato, gli brucia nei polmoni. Brucia tutto e, anche se non vorrebbe, è arrabbiato. Ferito.

Si tira indietro quando Izawa prova a dirgli qualcosa, e torna a sedersi senza aggiungere altro.

Non parlerà più per tutta la serata e quando Nishio si congederà per primo, lui lo seguirà a ruota anche se non ha sonno. Nemmeno un po’.

Perché quello era il primo bacio dato a un ragazzo e non pensava potesse fare così male.

 

 

 

 

 

 


 

 

Note Finali: aaaahn, scusa gioia! XD

Ecco che un giochetto e un bacetto innocenti fanno danno. Di giochi idioti, a quell’età, se ne sono fatti sempre a iosa, e ‘Obbligo/Verità’ ci stava bene (ma anche DireFareBaciare XD solo che non avevo voglia di giostrarmi tra le opzioni XDDD LOL).

E così, invece che migliorare la situazione tra questi due, sembra che di colpo sia precipitata in peggio.

Che Yuzo nasconda qualcosa (ovvia! XD) è ancora più palese, e che Mamoru abbia preso la faccenda sottogamba, anche.

Che succederà, adesso? :3

KUMI SBIRCIONA LIVELLO MASTER E SENZA VERGOGNA ALCUNA! XDDDD

 

A domani! :*

 

 

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Capitolo 8
*** VIII: In bocca ha oro e fiele ***


So, kiss me - #8

Note Iniziali:

Questa storia partecipa alla Flash Challenge: Bacio indetta dal gruppo facebook ‘Il Giardino di EFP’.

 

 

 

 

 

 

 

- VIII: In bocca ha oro e fiele -

(prompt #31: un quasi-bacio)

 

 

 

 

 

 

 

Quel mattino, in bocca, ha oro e fiele.

Morisaki è tornato a stare sulle sue, anche più di prima, e sta evitando Izawa fin dalla colazione. Solo che lo fa con talmente tanta abilità, che in pochissimi sembrano essersene accorti, visto che nessuno fa domande né ne parlottano sottovoce.

Dall’altra parte c’è Izawa, che fa un passo avanti e due indietro appena si sente rifiutare dal portiere, in un valzer fuori tempo.

Che a Takasugi il telefono sia ‘magicamente’ sfilato dalle mani mandando in esplosione lo schermo è la terza balla che aleggia come una nuvola già dal giorno prima, però nessuno ha notato la cosa più strana: invece di portargli uno scazzo atomico, Shingo è magicamente più rilassato e tranquillo.

Infine, Ishizaki e Nishimoto sembrano camminare su un filo di rasoio ogni volta che vengono in contatto.

Tutto questo si potrebbe dire il fiele, quelle incognite che abbassano l’asticella del mood e non si capisce da che parte penderanno o perché.

Dall’altro lato, il resto è oro. Urabe e gli altri, Taro e la sua ironia pungente, Sanae. Kumi.

Nel mezzo ci sono lui e i suoi occhi che seguono una sola persona e si chiedono se avranno mai il coraggio, ora che il tempo sta per scadere, di uscire fuori dall’ombra e scegliere se bere fiele o mordere l’oro.

 

L’ultimo giorno di ritiro.

L’ultimo giorno da vivere alla grande.

Kumi si è svegliata con quel pensiero accelerato. Lei lo è tutta da quando è arrivata lì con l’unica grande certezza: sarebbero stati gli ultimi momenti che avrebbe vissuto a stretto contatto con i senpai, e vuole che siano memorabili e le rimangano addosso come tatuaggi, qualcosa di indelebile. Nella vita, sa che non incontrerà più senpai come quelli, sa che non può avere la certezza di mantenere stretti i contatti perché le strade sono tante e le direzioni diverse, e sa che poi dovrà prendere le proprie, di strade. Non è detto che saranno ancora tutte vicine.

Lei non è Sanae, non è Yukari.

Lei è la più piccola e dimenticabile, finirà nel cassetto dei ricordi, forse, e vuole fare in modo che siano almeno quelli belli.

La mattinata si è svolta tra un mezzo allenamento e un mezzo bagno tutti insieme, quello che Ishizaki le aveva promesso.

Quanto le mancheranno le scuse inverosimili del capitano? Quella del ‘rituale’ è stata così divertente che avrebbe voluto scoppiare a ridere, ma poi lo avrebbe messo in imbarazzo. Sono stati uno spettacolo, tutti. Sorprenderli in spiaggia, dopo essere rimasta almeno una mezz’ora a spiarli di nascosto e a ridere di gusto della loro ingenuità, è stato uno spasso. Grandi e grossi, che si fanno fregare come dei bambini. Ma da quel poco, ha potuto vedere e capire cose che aveva solo sospettato nel passare del tempo e spera di aver dato qualche spinta giusta.

Tra Morisaki e Izawa lo spera tantissimo!

Oddio! Sono proprio l’esempio del perfetto BoysLove!

Se non finiscono insieme quei due, chi altri potrebbe?!

Anche se quella mattina non le hanno dato le soddisfazioni che si era aspettata, ma insomma, si dice che se son rose

Al mare sono rimasti fino all’ora di pranzo e poi sono risaliti nella struttura. Un pranzo velocissimo con qualche tramezzino e poi si sono goduti la tranquillità delle cicale. Qualcuno più temerario ha pensato di allenarsi lo stesso, ma sfruttando la palestra.

Anche se di malavoglia, lei e le ragazze hanno iniziato a preparare le valigie.

Kumi non sa come prendere quei momenti in cui è da sola con le manager: se di tranquillità o di distacco, perché sono gli unici in cui non sente i suoi occhi addosso.

Durante il ritiro con i kohai, gli impegni giornalieri, l’attenzione per gli allenamenti e l’elevato numero di persone, la presenza di quello sguardo è stata diluita tra le troppe cose da fare e gli ordini del mister. Più che altro le ha fatto compagnia la sera o durante i pasti, quando si era tutti insieme e percepiva in esso una sensazione pacifica.

A dirla tutta, all’inizio non aveva neppure capito di chi fossero quegli occhi che le si poggiavano addosso in maniera quasi tattile. Una carezza tra le spalle, una mano tra i capelli. Ci ha messo un po’ a individuarli; quando, cioè, si è resa conto che con lui ci parlava meno che con gli altri. Lo sguardo attento finiva per confondersi in mezzo a quelli che facevano troppo rumore; ed erano un agitarsi di mani nell’aria, gli occhi degli altri, mentre i suoi sono ombrosi, ma che ti puntano come un cane da caccia. Solo dopo che i primini e quelli del secondo anno sono andati via assieme al mister, e quindi la folla si è ridotta all’osso, sono emersi con tutta la loro forza. Non c’erano altri a schermarli e nasconderli, e le è risultato facile, a volte, girarsi con decisione e trovare lui dove sapeva sarebbe stato, ma non i suoi occhi: subito impegnati in conversazioni con chi gli era accanto o abbassati sul cellulare, quasi sapesse anticipare le sue mosse.

Non sa dire perché.

Non sa dire se le piacciano o meno.

Sa solo che se non li avverte è come se le mancasse qualcosa: non si sente più al sicuro.

Nel tardo pomeriggio hanno deciso di festeggiare l’ultima sera lì mangiando in paese, così da non mettersi a cucinare. Escono presto, mangiano presto, bevono qualcosa e poi ritornano in struttura per stare ancora una volta riuniti attorno al cerchio dell’amicizia e tirare le somme di quel ritiro.

Kumi è felicissima di uscire tutti insieme, sfoggiare i senpai in mezzo alle altre persone, avere la loro attenzione e dire quasi ‘ehi, loro sono i miei senpai! Guardateci quanto siamo belli! Guardate che meravigliosa è la Generazione d’Oro! Vi faranno sognare, al World Youth! Ma voi non potrete averli così vicini, come li ho io!’.

Una parte di sé ne è orgogliosa e l’altra parte così gelosa da non volerli condividere con nessuno. Quel piccolo gruppo è il suo tesoro.

Per le strade del paese fanno faville, come ha sospettato. Li guardano tutti, qualcuno si ferma a parlare, ma la maggior parte si limita a osservarli e bisbigliare. I mormorii le camminano sul corto vestitino a fiori come la brezza della sera. Sandaletti aperti ai piedi, un foulard che le svolazza attorno al collo. È tutto bello, tutto perfetto tanto che vorrebbe che il tempo li bloccasse lì, a quell’istante, per sempre, assieme a quello sguardo che sente più insistente del solito. Sa di avercelo addosso e non sa perché questo la fa ridere ancora più forte per ogni battuta, la fa saltellare tra tutti con maggior sicurezza, le fa trascinare via le altre manager prendendole sottobraccio con una confidenza poco da kohai. Lei gira col sole che ormai è tramontato e inizia a brillare come le lucciole che ogni tanto si accendono e spengono vicino al pelo dell’acqua del molo. Oggi si sente davvero in grado di conquistare il mondo intero, perché sa di essere la più bella del reame.

«Kumi-chan, oggi sei più allegra e trottola del solito», scherza Iwami mentre le fa fare una piroetta.

«Perché oggi è una bellissima giornata!»

«Bellissima?! Ma se è l’ultima e poi domani si tornerà di nuovo a casa?! Hai tutta questa voglia di fare gli esami di luglio? Io no!»

«Ma no, Nakazato-senpai! Oggi è una giornata bellissima perché siamo tutti qui insieme senza pensare al calcio!»

«Ci fosse stato Tsubasa, ci staremmo ancora pensando.» Urabe sghignazza degli scappellotti che riceve, soprattutto da Sanae, e anche Kumi ride, indietreggiando di alcuni passi fino a che non urta qualcuno.

«Oh! Mi scusi!» dice, voltandosi e continuando a sorridere, a un ragazzo in compagnia degli amici – suppergiù la loro età – di certo, anche loro lì a godersi la passeggiata sul lungomare. Il paese si è riempito di turisti e locali che gironzolano tra le bancarelle del Tanabata che già sono state montate. La festa sarà tra qualche giorno e loro la trascorreranno a Nankatsu, ma lì sembra che sia arrivata in anticipo. Odori di cibo di strada, gente che passeggia in yukata, lanterne che dondolano. Il Tanabata è lì e loro lo stanno assaggiando.

Il ragazzo che ha urtato le accenna un bel sorriso e un gesto col capo. Lei saluta con la mano e torna a trottolare con i suoi amici e a farsi rapire da ogni cosa che ha intorno.

Alla fine, tra un po’ di street food e qualche tentativo infruttuoso ma comico al kingyo sukui – dove Ishizaki e Urabe si sono dati sfida matta senza pescare nemmeno un pesciolino – decidono di fermarsi in un locale grazioso con dei tavolini all’aperto.

È pieno di ragazzi come loro e allora riescono a mischiarsi bene, anche se hanno occupato tre tavoli che hanno riempito di coca-cola con ghiaccio, melon soda e tè freddo mentre spiluccano noccioline e patatine in piccole ciotole sparse.

«Ah, ragazzi, se si potesse vivere sempre così… Che darei.» Nakayama è sbracato sulla sedia e ha gli occhi socchiusi sull’espressione in estasi.

«Piuttosto, voi avete pensato a cosa farete dopo gli esami?» Urabe si rivolge ai ragazzi che non sono stati selezionati per la Nazionale. E cioè quasi tutto il gruppo della ex-Otomo, Iwami e Nakazato.

«Io passo.» Koji risponde per primo, alzando entrambe le mani. «Niente università per me. Proverò con qualche scuola professionale o si vedrà.»

«Non c’era quel fratello di tuo padre che ti aveva già trovato un posto ad Hamamatsu?» domanda Nakayama cincischiando con la cannuccia che galleggia nel tè.

«Sì, lavorerei in magazzino. Potrei anche diventarne il responsabile, se dimostro di essere all’altezza.»

«Io pensavo di provare con l’università… ma non ne sono tanto sicuro», sospira Kenichi dondolando il capo da un lato e dall’altro. «Mi ispira molto di più l’idea di provare con il Junior College per studiare medicina sportiva.»

«Cosa? Anch’io!» esclama Oda con entusiasmo. «E anche Masato!»

«Maddai! Allora ci si potrebbe pensare davvero. Sarebbe una figata andarci insieme!»

«TeamNankatsu sempre unito!»

E si scambiano il pugno da sopra i tavolini.

«Prima di gasarvi tanto, pensate a passare gli esami!» ridacchia Nakayama e lei gli molla una gomitata.

«Senpai, devi appoggiarli, gli amici, non scoraggiarli!»

«Sono solo realista!»

Kumi gli lancia un’occhiataccia prima portare il bicchiere alle labbra e accorgersi di aver finito la propria bevanda. Ha così tanta sete, per il suo continuo volteggiare e ridere, da averla terminata in un attimo.

«Vado a prendere un’altra bibita, volete qualcosa?»

Gli altri declinano e lei si allontana con il suo abito che le svolazza attorno alle gambe leggero come lei e il suo spirito. Non si sente a disagio a stare in un posto tanto affollato di giovani e che non conosce, anzi, un po’ la fa sentire più adulta, soprattutto perché è in compagnia dei senpai, tanto da sentirsi ben sicura di sé e andare a ordinare. E poi ci sono i suoi occhi.

«Ehi, ciao.» Si sente salutare mentre è in coda per le ordinazioni.

«Ciao…» risponde con un sorriso un po’ incerto e che non vuole sembrare maleducato nei confronti dello sconosciuto.

Il ragazzo che l’ha salutata è carino e le sorride molto più apertamente.

«Prima, sul lungomare, ricordi? Mi hai urtato.»

«Ah! Sì! Ciao! Scusa ancora, non l’ho fatto di proposito. Siamo in tanti e il lungomare era pieno…»

«Ma no, tranquilla! Non preoccuparti. Ecco… senti, sono un po’ in difficoltà a chiedertelo.» Il ragazzo si passa la mano dietro la nuca e ogni tanto abbassa lo sguardo. «Ma c’è un mio amico che prima ti ha notata e ti trova molto carina, solo che è timido. E allora mi chiedevo se non ti andrebbe di scambiarci due parole, così, veloci.»

Kumi inarca un sopracciglio e sente un leggero moto di fastidio che le formicola nella pancia. «Uhm… veramente sono in compagnia, e dovrei tornare da-»

«Ah! Davvero! Un minuto, nient’altro. Oggi è anche il suo compleanno. Lo faresti felice.» Si avvicina con fare complice. «Devi sapere che non ci sa proprio fare con le ragazze… Ma magari, parlando con te, si scioglie un po’.»

Kumi non è molto convinta, però alla fine si tratta di qualche minuto e poi, poverino, lei lo sa cosa significa essere tanto timidi, ha un sacco di amici del primo anno così ed è sempre stata un po’ la loro guru, vista l’amicizia che ha con i senpai del terzo anno.

«Okay. Se sono solo due parole...»

«Ah! Grazie! Sei un angelo!»

Il ragazzo la invita a seguirla e lei gli va dietro. È un tipo affabile, dai modi simpatici e parla molto, tanto che non si rende conto che sono praticamente usciti dai tavolini per girare nel retro del locale se non quando sono lì e non c’è nessuno a parte loro.

«Dove sarebbe questo tuo amico?» domanda, guardandosi intorno. Quando si volta, il ragazzo è a un passo da lei con un sorriso languido sulle labbra.

«Scusa. Piccola bugia, ma se ti avessi detto che quello interessato ero io, mi avresti di sicuro liquidato e io volevo un’occasione per stare un attimo solo con te.»

«Non è corretto mentire a una persona che nemmeno si conosce.» Kumi fa per superarlo e andarsene, ma lui le para la strada.

«Oh, andiamo. Un minuto. Sei così carina, ti ho vista prima come mi hai sorriso.»

Le tocca il mento e lei si ritrae subito, con espressione contrariata.

«Era un sorriso di cortesia! Avrei dovuto dirti ‘cretino, levati dai piedi’?!»

Il ragazzo la chiude contro il muro del locale e lei si sente bloccata in una sensazione d’impotenza che l’annichilisce. Non si è mai trovata ad affrontare da sola qualcuno così molesto, addirittura in un luogo sconosciuto. A Nankatsu sa sempre dove andare e come allontanare le persone, come se le riconoscesse subito, ma qui, tra l’euforia del momento e i posti così diversi, è come se le sue capacità difensive si fossero spente per un istante.

«Fammi passare, devo tornare dai miei amici.» Cerca di spostarlo, ma lui le blocca di nuovo la strada, allungando un braccio.

«Un bacio. Un bacio solo e poi ti lascio andare. Coraggio, che ti costa? Chissà quanti ne ha baciati una carina come te.» Si avvicina troppo e Kumi ritrae la testa, ma c’è il muro e non può farsi più indietro.

«Scordatelo! E fammi passare!»

«Uno! Vedrai che poi me ne vorrai dare un altro.» Il ragazzo sorride sornione, così convinto delle proprie capacità che lei gli riderebbe in faccia se non fosse che ce l’ha praticamente addosso e che sta quasi per baciarla.

D’un tratto, la certezza. Quella sicurezza assoluta di essere protetta.

Kumi smette di divincolarsi. «È qui», dice, perché ha sentito i suoi occhi.

«Uh? Chi?»

«Quello che ti dà due possibilità…»

Il ragazzo si gira di scatto e le apre la visuale.

Takeshi è appoggiato con una spalla al lampione che illumina quell’angolo più defilato dal caos del locale. Ha le braccia conserte e gli occhi fissi sul ragazzo.

«…la prima è quella di andartene sulle tue gambe.»

«E la seconda è quella di strisciare via sui gomiti.»

Il ragazzo sobbalza, e anche Kumi ha un sussulto, quando la voce di Hanji spunta vicinissima a loro. Difatti, il senpai appoggia un gomito contro il muro e sta sorridendo senza però snudare i denti.

«Io partirei subito con la seconda.» Nishio, invece, gesticola adagio. «Sai, uno si porta avanti.»

«Sì, ma se ce lo lavoriamo un pezzo per uno, a questo qui non resteranno intatti neppure quelli.»

E con Nakayama, l’ex-gruppo Otomo è arrivato al completo.

Kumi ha un tuffo al cuore che le fa pizzicare gli occhi.

Lo sconosciuto, invece, vedendosi così in netta minoranza perde tutta l’aura del gradasso avuta fino a quel momento. Indietreggia solleva le mani e tenta di sorridere.

«Scusate… non sapevo fosse in compagnia. Era lì, sola soletta e credevo…»

«Ora lo sai», continua a sogghignare Urabe, parandosi proprio al suo fianco. «E non ci siamo solo noi. Tienilo a mente, mh?» solleva le sopracciglia e in un attimo l’altro scompare a gambe levate.

Kumi si fa ancora più piccola quando l’occhiata di Hanji la rimprovera, pur senza usare un tono aspro.

«Tutto bene, Sugimoto-chan?»

Lei annuisce, ma mantiene lo sguardo a terra fino a quando le mani di Nakayama l’afferrano saldamente per le spalle e la scuotono un pochino.

«Sicura? Stai bene?! Ti ha fatto cose che non doveva?! Dobbiamo andarlo a recuperare e dargliene qualcuna giusto per sottolineare il discorso?! Eh?!»

«Secondo me l’ha capita.» Koji tiene il mento tra indice e pollice. «Perché siamo stati troppo fighi, non è vero?»

«Fighissimi! Dei supereroi!» ride Kumi, ma smette subito quando sente che gli occhi di Takeshi le sono addosso come aghi, questa volta, e quando li incrocia con i suoi il ragazzo non li distoglie come fa di solito. Ha ancora le braccia conserte e un’espressione talmente dura che Kumi capisce al volo che il rimprovero non è finito.

«Torniamo dagli altri, o si domanderanno perché siamo spariti tutti insieme.»

«Sì, andate. Noi veniamo subito.»

Nakayama stringe i denti prima di lasciarla andare, mimando un ‘è incazzato’ cui lei risponde con un sorriso timido e consapevole. Poi i ragazzi vanno via e lì dietro restano solo loro due.

Ecco, ora quello sguardo addosso le crea un disagio pazzesco quando fino a un istante prima aveva sperato di sentirlo con tutte le sue forze.

«Io-»

«Che cazzo ti è venuto in mente?»

«Mi dispiace, credevo non ci fosse niente di male…»

«Niente di male?» Il tono di Takeshi trasuda acido. «Seguire uno sconosciuto a caso, ‘niente di male’

«Mi sembrava una cosa innocente. Lui aveva detto-»

«Non è quello che sembrava o che diceva! Ce l’hai un cazzo di cervello? Be’ vedi di usarlo! Pensa, prima di fare cose stupide. Pensa!»

«Certo che ci penso! E tu chi ti credi di essere per dire che non lo faccio?!»

«Sono il tuo senpai, ecco chi sono! Sono quello che è responsabile della tua incolumità, assieme agli altri! E se ti dico che devi pensare, è perché non sono certo io quello che ha seguito uno sconosciuto solo perché gli ha detto qualcosa!»

Se poteva peggiorare la situazione, lo ha appena fatto. La voce di Takeshi è stata tuono e lei riesce a sostenere i suoi occhi solo per un secondo, prima di piantare lo sguardo a terra e non dire altro. Se lo facesse, sarebbe piangendo e non vuole dargli questa soddisfazione. Anche se sa di essere nel torto, vuole conservare un minimo di orgoglio.

Anche Takeshi non aggiunge altro, ma volta le spalle e se ne va.

La differenza di età tra loro è minima, ma non le è mai pesata così tanto come in quel momento. E il divario vede ognuno su sponde diverse: i suoi amici stanno per attraversare la porta del regno degli adulti, mentre lei è ancora sulla soglia di quello dei ragazzini.

 

«Non pensi di aver esagerato?» Hanji lo ferma appena gira l’angolo del locale. Takeshi lo trova che sta appoggiato al muro con le braccia conserte ad aspettarli. «Aveva capito di aver sbagliato.»

A lui un po’ tremano le mani, perché a quel coglione gli avrebbe volentieri mandato a donne un ginocchio con un calcio. E poi si sente in colpa, perché non era proprio quello che avrebbe voluto dire a Kumi, soprattutto, non con quel tono. Ma è arrabbiato per la sua ingenuità troppo sulle nuvole, e preoccupato che l’idiota potesse fare qualcosa di spiacevole.

Il fatto è che con le parole non ci sa fare per niente; già parla poco di suo, ma quando lo fa, si spiega malissimo o parte subito in quarta. Dentro la testa è tutto chiaro, lineare e tranquillo, solo che deve esserci qualche problema con i collegamenti alla bocca e ciò che pensa viene fuori distorto al massimo con conseguenze catastrofiche.

Tipo, sa di essersi appena bruciato ogni più remota possibilità con Kumi. E non può farci molto.

«Lo so, per questo ci siete voi. Ma qualcuno doveva pur fare la parte del cattivo.»

Si allontana per raggiungere gli altri, tanto lo sa che ci penserà Hanji a mettere una pezza e a far tornare il buon umore alla piccola manager mentre lui tornerà a immergersi nell’ombra a bere il suo fiele.

 

 

 

 

 

 


 

 

Note Finali: teendrama back agaaain! XD

E doveva toccare pure alla piccola, allegra Kumi. *nods*

Un po’ ciascuno, non fa male a nessuno… si spera XD

Allora, la sua allegria e ingenuità l’hanno portata in una situazione in cui puoi finirci quando sei una ragazzina. Lei è convinta ancora che il mondo sia tutto puccio e figo, ed è fortunata ad aver avuto attorno dei falchi come gli ex-membri della Otomo a farle da guardie del corpo!

E così, viene fuori anche la cotta di Takeshi… che si gioca ogni possibilità.

…ma davvero?

L’adolescenza è pure questo: si litiga, anche furiosamente, ma chissà se le cose non finiscono per risolversi lo stesso.

 

A domani :*

 

 

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Capitolo 9
*** IX: Come stelle nel buio ***


So, kiss me - #9

Note Iniziali:

Questa storia partecipa alla Flash Challenge: Bacio indetta dal gruppo facebook ‘Il Giardino di EFP’.

 

 

 

 

 

 

 

- IX: Come stelle nel buio -

(prompt #55: “Cos’è un bacio?”)

 

 

 

 

 

 

 

L’ultima sera prima di una partenza ha sempre un’aura di malinconia, anche se ci sono ancora diverse ore prima che il bus riporti tutti a Nankatsu. Però Taro quella sensazione la conosce forse meglio di chiunque altro. Ci è cresciuto, l’ha provata così tante volte da averne perso il conto e da considerarla come una parte di sé, del proprio carattere. Anche se già da tre anni è tornato per restare in Giappone, quando deve ripartire si sente strappare un pochino, da qualche parte dentro di sé.

Però non lo dice a nessuno e sta col naso all’insù sulla soglia che porta al cortile posteriore. Un bicchiere colmo di tè freddo nella mano e guarda le stelle. Ha visto quelle di entrambi gli emisferi nei suoi tanti viaggi, ma sono sempre bellissime e ascoltatrici fidate.

Gli altri stanno uscendo poco alla volta dalla struttura per andare a prender posto nel ‘cerchio dell’amicizia’, dopo essere tornati dal loro giro in paese ed essersi messi comodi. Bear ha già acceso il fuoco del falò; soffia sotto le braci affinché prenda meglio e la fiamma divampi in fretta. Odore di dorayaki gli passa accanto, e con lo sguardo segue i vassoi pieni di dolcetti fatti dalle manager che le ragazze stanno portando fuori, assieme alle loro risate.

Vede che ci sono quasi tutti e allora si muove per unirsi quando nota, con la coda dell’occhio, un’ombra passargli alle spalle.

«Dove stai andando, Yuzo?»

Morisaki ha un sussulto. È tutto stretto nelle spalle, sembra voglia divenire sottile come un filo.

«Ah… Vado a fare due passi lungo la strada.»

«Vuoi un po’ di compagnia? Ti seguo volentieri.»

«No, no! Tu resta pure qui, io vi raggiungo dopo.»

Per Taro è facile leggere tra le righe quel ‘voglio stare da solo’ che Yuzo non ha detto. Non gli è sfuggito il nervosismo che lo ha accompagnato per tutto il giorno, ma non ha l’aria di chi vorrebbe parlarne.

«Okay, allora. Tieni il cellulare con te, però.»

«Sì, certo.»

Poi sparisce in un attimo.

Taro stringe lo sguardo, ma non capisce quale sia il problema, anche perché è sempre molto raro vedere Morisaki di pessimo umore o sfuggente. Magari anche lui soffre di malinconia da ripartenza e non è tanto atipico volersene stare un po’ da soli, a lui è capitato spesso in passato. Si isolava per quell’oretta o due e poi tornava più o meno come nuovo.

Quando raggiunge il cerchio, sono già state stappate un paio di birre, ma non si sente un’educanda per star bevendo qualcosa di analcolico. Prende posto accanto a Urabe che sta addentando il primo dorayaki.

«Sì, insomma, è tutto un ‘forse’», sta dicendo. «Non so ancora di preciso, ma papà non ce la fa da solo con l’azienda. Certo, cerca sempre di non farmelo pesare o di non chiedere il mio aiuto, ma non mi va di continuare a giocare a calcio come se niente fosse.»

«Allora lasci?» Nakayama ha un tono amareggiato.

«Se non si trova una soluzione, sì. E la soluzione sarebbe trovare qualcuno che aiuti il mio vecchio, cosa che, al momento, non ci possiamo permettere.»

La contrarietà di Nakayama è evidente nel modo in cui gira la faccia e schiocca la lingua.

«Senti, che vuoi che faccia?! Ho le mani legate! Mamma si fa già in quattro così, e mia sorella sta per sposarsi, dobbiamo pensare anche a questo.»

«Mollerai anche la Nazionale? C’è il World Youth a breve… non puoi rimandare neppure per un anno?»

«Fossi io a decidere non mollerei e basta, Ryo. Però certo che lascio anche la Nazionale, non posso pretendere una convocazione se non gioco in mezzo campionato. Non avrebbe senso. E poi lo sappiamo tutti che non sono indispensabile, insomma ci sono difensori più validi del sottoscritto. C’è Soda, c’è Jito, c’è Matsuyama. Potete fare benissimo a meno di me.»

«Non era per quello», dice Kishida. «Era per il bello di giocare ancora un ultimo campionato internazionale insieme. La coppa del mondo giovanile sarebbe un bel traguardo…»

«A me basterebbe anche solo giocare a calcio nella squadretta di quartiere, se può consolarti. E penso che questo farò.»

«Anche perché sarebbe un peccato sprecare il tuo talento.» Taro si sente in dovere di dare il suo appoggio e nel sorriso ironico di Hanji c’è sincera gratitudine.

«Farò quello che potrò. Voi, invece, siete decisi a saltare per un anno il professionismo?»

«Ma quindi è sicuro?» incalza Yukari.

Automaticamente gli occhi si puntano su di lui.

«Con Kojiro ne abbiamo parlato spesso e ci siamo trovati d’accordo. Matsuyama e i Tachibana hanno già dato conferma. Anche Jito è favorevole.» Il suo sguardo si fa circolare nel ruotare la testa e guardare ciascuno di loro. «Voi cosa ne pensate?»

«Te l’ho detto, per me si può fare.» Takasugi è il primo a dargli appoggio definitivo e poi man mano vengono tutti gli altri.

«Anche Morisaki era d’accordo, ne avevamo parlato pure prima di partire per il ritiro», aggiunge Takeshi ed è lì che si accorge di come Mamoru faccia saettare lo sguardo su tutti loro, arrivando a sporgersi dalla panchina intagliata. Si guarda attorno, scruta al di là delle fiamme. Cerca.

Facile capire anche chi.

«Ma Yuzo dov’è?»

«Vero non è qui!» Ryo scatta dal suo posto preso dallo spirito del buon capitano, ma lui lo ferma alzando la mano.

«Ha detto che ci avrebbe raggiunto dopo. Andava a fare due passi qui vicino.»

«Oh. Okay.» Ryo torna a sedersi, mentre Mamoru seguita a mantenere un’espressione accigliata.

Anche lui è strano fin da quella mattina. E il caso che siano in due a sembrare a disagio nei propri panni è un po’ troppo preciso per essere una coincidenza.

Taro lo osserva mentre gli altri decidono di giocare di nuovo a ‘Obbligo o Verità’, visto che si erano divertiti la sera precedente. Mamoru invece è con gli occhi sul cellulare. Alla fine, si alza di slancio.

«Ehi, te ne vai anche tu?!»

«Raggiungo Morisaki», dice in fretta uscendo dal cerchio. Con un paio di saltelli è già diretto alla struttura senza neppure guardarsi indietro.

Già, si dice Taro, avrebbe dovuto capirlo. Ieri sera hanno esagerato e quella che pareva essere una stupidata di poco conto forse avrebbero dovuto gestirla meglio.

Incrocia lo sguardo di Shingo, anche lui sta osservando la direzione presa da Mamoru; è perplesso e accenna un leggero movimento del capo.

Lui sorride, solleva la mano e gli fa intendere di non preoccuparsi. Le cose si risolveranno, Mamoru è andato via proprio per quello.

Alla loro età tutto è risolvibile in due modi molto semplici e molto opposti: o ci si suona come tamburi o si va a bere qualcosa insieme. Considerati i soggetti in questione, può stare tranquillo che sarà la seconda o che, quantomeno, non torneranno con un occhio nero ciascuno.

«Chi comincia?»

«Io! Stasera sono carico!» Ishizaki si alza addirittura in piedi, petto in fuori e mento sollevato, alla domanda di Sanae. Ha le mani ai fianchi, sicurissimo che nessuno lo fregherà mai e a qualsiasi scherzo o presa in giro, cadrà sempre in piedi.

Peccato che quella sera lui sia malinconico abbastanza da diventare infame.

«Obbligo o-»

«Obbligo! Non avrai nessuna verità, da me, Anego

«Tanto non ci avrei creduto. Dunque, il tuo obbligo sarà…»

«…passare un’ora chiuso nel ripostiglio degli attrezzi con Yukari.»

«Cosa?!» esclamano in coro i due interpellati guardandolo con occhi spalancati, tra i fischi e gli applausi dei compagni. C’è addirittura chi sospira un: ‘Effinalmente!’.

«E poi perché devo essere coinvolta anch’io in quest’obbligo?! È il suo!» Nishimoto ha le mani strette lungo i fianchi e il viso in fiamme, ma lui non ha alcuna pietà e Sanae lo spalleggia alla grande.

«Non mi sembra che ieri tu abbia avuto molto da ridire quando Morisaki è stato costretto a baciare Izawa. Anche quello non era un suo obbligo.»

«Sì, ma-»

«Oh, be’, se non ne siete capaci, lasciate pure perdere, ma questo non vi fa molto onore. Dopotutto, il ritiro era nato anche per rafforzare lo spirito di squadra e cooperazione.» Taro apre le braccia con enfasi. «E dovrebbe essere una vera banalità per voi che vi conoscete da tanti anni. Dobbiamo forse dedurre che ci sia qualcosa che non va? Dei dissapori, incomprensioni? Parliamone.»

È palese che Yukari non sappia rispondere, la sua bocca si apre e si chiude come quella di un pesce appena pescato, ma non ne esce niente. Guarda Ryo forse in cerca di un appiglio, o sperando che dica qualcosa, ma Ishizaki, all’improvviso, butta indietro le spalle e afferra la manager per un polso.

«No, che non lasciamo perdere! Un obbligo è un obbligo! Non ci sono dissapori qui! Andiamo, Yukari!»

«Cos-?! Dov-?! Ryo! Ryo, non tirarmi! Ryo!»

Vanno via di fretta e furia. O, meglio, è Ishizaki a dettare il passo marziale e un po’ collerico di entrambi, mentre la povera Nishimoto non fa che arrancare e cercare di divincolarsi dalla presa del difensore.

Quando scompaiono all’interno della struttura, la risata esplode in maniera generale e questa volta l’applauso è tutto per lui.

«Bella giocata, Misaki. Davvero. Bella giocata.» Lui e Urabe si scambiano il cinque. «Sei il MacGyver situazionale: con un sorriso e un filo di spago hai sganciato un’atomica!»

«State a vedere che forse è la volta buona che si svegliano, quei due. Non fanno che rincorrersi come pinguini saltatori», dice Iwami. «Magari, se si dà una mossa, Ishizaki riesce pure a strapparle un bacio.»

«Oh, se fallisce con un’ora a disposizione, gliene do tante, ma tante!» aggiunge Hajime accompagnando la verve con il taglio della mano.

«Sì, ma povera Nishimoto-senpai…» Kumi è dispiaciuta. «Sembrava davvero agitata… sarà stata la scelta giusta lasciarli soli?»

«Yukari è cotta di Ryo. Lo so con certezza, ed è anche un po’ sotto gli occhi di tutti.» Sanae è categorica. «Obbligarli a stare soli sarà stato poco ortodosso, okay, ma magari la farà sciogliere un po’…»

«In tutto questo, comunque, c’è dell’ingiustizia.» Oda emette un lungo sospiro. Ha le spalle afflosciate e rigira una bottiglietta di aranciata. «Addirittura Ishizaki bacerà qualcuno e io quanto dovrò aspettare ancora perché avvenga questo miracolo?»

«Tsuyoshi, non ti abbattere e non farne una tragedia.» Shingo solleva la birra con solennità. «Dopotutto, cos’è un bacio? Un apostrofo rosa tra le parole: t’ho lavato le mutande

«Orso! Ma. Quanta. Poesia.» Sanae lo colpisce ripetutamente con uno dei vassoi su cui hanno portato i dorayaki.

Le risate crepitano più forti del falò e Taro si sente meno malinconico di quando è arrivato, però butta lo stesso un’altra occhiata alle stelle. È vero, la vacanza è finita e dopo il World Youth ci sarà il grande salto nel buio, ma vuole ancora sperare che nessuno di loro si perda per strada: perché loro, di quel buio, sono le stelle.

Così, con il sorriso, afferra un dorayaki prima che li finiscano tutti.

 

 

 

 

 

 


 

 

Note Finali: Io ve lo dico, muovere questo Trio meraviglioso di Taro/Sanae/Shingo è stato bellissimo. Loro sono venuti fuori divertenti, ironici e paraculi in maniera del tutto naturale. XDDDD

E così, Ryo e Yukari sono stati incastrati. *wink*

Yuzo, invece, si è dato alla macchia… e Mamoru gli è andato dietro! OH! *wink-wink*

Qui ci sono cose nell’aria, e non sono virusincoroneti! XD

 

A domani! :*

 

 

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Capitolo 10
*** X: Le brave ragazze sono passate di moda ***


So, kiss me - #10

Note Iniziali:

Questa storia partecipa alla Flash Challenge: Bacio indetta dal gruppo facebook ‘Il Giardino di EFP’.

 

 

 

 

 

 

 

- X: Le brave ragazze sono passate di moda -

(prompt #49: “Baciarmi è stato il tuo unico sbaglio.”)

 

 

 

 

 

 

 

«Lasciami, dannazione! Smettila!»

Con uno strattone, Yukari si divincola e si ferma. Ryo la imita qualche passo più avanti ed entrambi non hanno una bella espressione.

«Sei diventato scemo?!»

«E a te fa tanto paura restare un’ora da sola con me? Questa è una novità!»

Yukari si guarda alle spalle per un istante; teme che qualcuno dei ragazzi li abbia seguiti per essere certi che stiano dirigendosi allo stanzino. «Sai che non è per quello…»

«E allora vieni con me e basta.»

Quel tono perentorio, Ryo lo usa solo quando è arrabbiato sul serio e in quel momento deve esserlo almeno quanto lei. Forse di più.

Yukari smette quindi di protestare e si accoda ai suoi passi collerici. Uno avanti, l’altra dietro. Danno proprio l’idea della classica coppia rodata e vecchia, dove i ruoli sono scolpiti nel marmo. È quello che sta cercando di raggiungere, dopotutto, quindi dovrebbe sentirsi soddisfatta, ma dalle caviglie le sale la mortificazione che nel suo intimo prova di continuo per ogni risposta piccata che dà, per ogni pensiero che ingoia e le va di traverso.

Davanti allo stanzino, Ryo apre la porta e la fa entrare per prima, sempre senza dire niente, ma con le labbra strette e le sopracciglia aggrottate sull’espressione dura.

La luce interna è fioca, una vecchia lampadina che non è neppure a led. Chissà da quanti millenni ce l’hanno lì, consumerà un accidenti.

La porta viene richiusa, accompagnata da un netto giro di chiave. Solo allora le spalle di Ryo perdono la tensione e si rilassano, cadendo verso il basso.

«Non possiamo continuare così», sospira e lei si stringe il polso nella mano con forza. «Diciamoglielo e facciamola finita.»

«No. Basta solo che tu non sia così palese.»

«Ah, io sarei quello palese?!» Ryo la raggiunge come una furia. Yukari non sente il bisogno di indietreggiare e lo affronta a testa alta. «Ogni volta che fanno una battuta su noi due, tu arrossisci come una stupida!»

«È quello che si aspettano che faccia! Se non li accontentassi sarebbe peggio!»

«Oh, quindi vuoi farmi credere che non te ne frega proprio niente, vero? Ricordamelo la prossima volta che vieni a letto con me!»

Ryo la supera di qualche passo e lei non si volta, accontentandosi di sentirlo respirare come un toro inferocito. Non avrebbe mai creduto che fingere sul loro rapporto potesse cambiarlo così tanto: spensierato con gli amici, ingabbiato con lei. Gran bella soddisfazione, pensa con ironia.

«Se è questo il problema possiamo anche chiuderla qui. Magari fa bene a entrambi.»

«Ma, certo. Scappa. È quello che ti riesce meglio, Yukari. Scappa da me, scappa da te stessa, scappa dal mondo che hai attorno, brava! Vuoi anche l’applauso per la stupidità?»

«Non parlarmi in questo modo», sibila lanciandogli un’occhiataccia.

«E tu non trattarmi come un idiota!»

Il gong suona solo nelle loro teste o, almeno, a Yukari pare di sentirlo mentre si arrestano sulle rispettive posizioni, prendendo fiato. Lo spazio è diviso, proprio come loro, e non ha mai detto di trovarlo comodo, ma solo necessario.

Ha deciso di diventare insegnante, e la società impone un certo comportamento. Lo impone la sua famiglia e lei deve farselo andare bene perché è così che funziona, o ti tagliano fuori e per riuscire a raccogliere anche le briciole devi farti un culo doppio rispetto agli altri. Basta poco a rovinarsi la reputazione, non se lo può permettere.

«È ancora troppo presto.»

«Lo era già l’anno scorso. Abbiamo diciotto anni, che dovremmo fare?! Chiuderci in un convento?!»

«Ryo…»

«No, Yukari! Lo vedo come ti comporti, come parli… cazzo, sembri un Transformers. Ma Sanae lo sa almeno un po’ tu come sei davvero? Perché spesso mi viene il dubbio che lei non abbia capito niente e tu la stia solo prendendo per il culo.» Ryo si passa le mani sui capelli cortissimi, prendendo fiato.

Se crede sia facile mantenere quel livello di controllo, è un illuso. Non è facile per niente. Non è facile passare per la bacchettona quando ne potrebbe dire a palate molto più di chiunque altro, lì in mezzo. Quando vorrebbe fare una battutaccia sconcia che i giornaletti yaoi di Kumi sarebbero linee guida per educande. Quando vorrebbe mettere una gonna più corta, un tacco più alto, una maglia più scollata e un rossetto più scuro. Quando vorrebbe sciogliere i capelli e tenerli selvaggi e non con un codino dimesso da zitella triste.

Yukari, dentro, non è triste per niente e sa quanto può essere donna, come un’esplosione.

«Sbagliare è un attimo.»

«Baciarmi è stato il tuo unico sbaglio! E corrisponderti è stato il mio!»

Yukari abbassa lo sguardo ai propri piedi. Quella frase un po’ le fa male. Un po’ tanto.

«Be’, mi dispiace di averti rovinato questi due anni, ma c’è un ordine da seguire, papà è stato chiaro: prima lo studio, poi il lavoro e poi la famiglia. Le brave ragazze-!»

«Le brave ragazze non vanno più di moda! Sono noiose e costruite. La fotocopia di un ideale del cazzo che le vuole angeli del focolare a tutti i costi e a pulirci il culo come fossimo dei bambini pure a cinquant’anni. Non so che farmene della brava ragazza costruita. Ne voglio una che sia vera. Stronza, fuori di testa e gran puttana, ma vera!»

È la prima volta che Ryo ci va giù così a muso duro. Le discussioni ci sono state, in passato, ma quel ritiro è come se avesse fatto scoppiare una situazione tesa a dismisura. Yukari sapeva che sarebbe stato un problema, ma non pensava fino a che punto.

Però allo stesso tempo c’è del bello nel modo in cui litigano. C’è del calore. E sembra quasi un paradosso, perché dovrebbe essere l’amore a farli sentire vivi e uniti e non il gridarsi addosso i rispettivi errori e mancanze. Ma se davanti al peggio si cerca di tenere insieme i fili, più che davanti al meglio, allora forse può pensare che Ryo ci tenga davvero e non si sia stancato del tutto dei loro sotterfugi e segreti e amore nascosto.

Ryo la meriterebbe una ragazza vera di animo e sentimenti.

Poi però Yukari ripensa alle sue ultime parole e stringe gli occhi a fessura. «Perché se ci piace fare sesso allora siamo puttane per voi?!»

«No, ma… era in senso figurato!»

«E l’hai figurato una merda, cretino!» Yukari non gli risparmia nemmeno un ceffone, lo colpisce ovunque le sue mani riescano ad arrivare. Sulla testa, sul viso, sul collo, tra le spalle. Il ragazzo cerca di difendersi come può, ma serve a poco.

«Ahia! Scusa! Hai ragione! Scusa!»

«Certo che ho ragione e no, non ti scuso. Fatti perdonare.»

«E come?»

«Ah, non lo so.» Yukari incrocia le braccia fissandolo con aria risoluta, poi incurva le labbra in un sorriso di quelli che la brava ragazza l’hanno lasciata a casa a fare la calza. «Abbiamo un’ora… e spero che tu abbia anche dei preservativi.»

«Sono nato preparato.»

«Diciamo che ti ho fatto una buona scuola.»

«Hai visto?» Ryo l’aggancia alla vita e se la tira addosso. «Sei già insegnante, non devi studiare più nulla.»

Mentirebbe se dicesse che non ama il calore che si genera quando sono così vicini. Non è per niente sconveniente, e allora si stringe a lui un po’ di più.

«Sì, ma Educatrice di Deficienti non suonerebbe un granché sul curriculum.»

Ryo ride, e Yukari quella risata la mangia di baci, la frantuma sotto i denti e la ingoia. Buonissima. Tra loro non c’è più neppure la distanza dell’aria; i corpi seguono le forme dell’altro, si adattano, premono forte da voler diventare uno solo.

Quando riprendono fiato, Ryo sospira. «Però se neppure stavolta dico ai ragazzi che ci siamo baciati, non ce li scrolliamo più da dosso. L’hanno presa come una Mission Impossible. Lo spogliatoio diventerà un incubo!»

«Lo so, ma sai come si dice? Soffri in silenzio.» Yukari piega leggermente il capo di lato, sorride. «Sono abbastanza vera così?»

«Sì… e anche abbastanza stronza.»

Sorridono, e a occhio e croce gli restano ancora una cinquantina di minuti.

Hanno tutto il tempo.

 

 

 

 

 

 


 

 

Note finali: …uops! X3

In barba a tutti gli amici, loro sono già a un paio di livelli successivi, anche se non l’hanno detto a nessuno.

Visto che volevo restare ‘in canon’, ho lasciato che la loro relazione resti ‘segreta’, dato che fino a dopo gli esami e al WY non viene mai detto che loro stanno insieme. In realtà, forse non viene detto chiaramente neppure dopo, però si capisce, ecco. :3

Quindi, per ora, loro resteranno amanti clandestini! XDDD

Il fattore ‘reputazione’ in Giappone è molto importante, spesso si tende a valutare una persona fin dal suo curriculum scolastico a partire dalle elementari: ogni macchia potrebbe portare disonore all’azienda, alla famiglia. Qualcosa che la società finisce per farti pesare tantissimo. Suo padre quindi le ha imposto – e lei segue pedissequamente questo schema, per non disonorare la famiglia – un programma chiaro e preciso: prima studi, poi lavori e poi ti sposi. Il tutto restando entro i 25 anni, perché pare che in Giappone se sei ancora single oltre i 25 diventi zitella e non è buono (e ti combinano gli omiai, cioè gli appuntamenti a scopo matrimoniale)!!!

Dura la vita per degli adolescenti, ma Yukari dopotutto è un transformers davvero X3

Ora, sotto a chi tocca! ;3

 

A domani! :*

 

 

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Capitolo 11
*** XI: Fame emozionale ***


So, kiss me - #11

Note Iniziali:

Questa storia partecipa alla Flash Challenge: Bacio indetta dal gruppo facebook ‘Il Giardino di EFP’.

 

 

 

 

 

 

 

- XI: Fame emozionale -

(prompt #7: Bacio alla francese)

 

 

 

 

 

 

 

“Ba-cio! Ba-cio! Ba-cio! Ba-cio!”

 

Il fottuto coretto dei suoi amici ce lo ha in testa da ieri, quando era stato convinto di non averlo neppure sentito perché troppo preso da tutte le emozioni che gli suonavano dentro peggio della Filarmonica di Vienna il giorno di Capodanno.

Quella è l’ultima sera di ritiro, domani dopo pranzo saliranno sul pullman per tornare a Nankatsu e invece di andare come sempre dietro alla struttura nel cerchio dell’amicizia, ha scelto di stare per conto suo.

Vado a fare due passi lungo la strada.

La semplice frase snocciolata a Misaki che l’ha colto in flagrante e poi ha preso un’altra strada, è uscito dall’ingresso anteriore e si è diretto al promontorio con il belvedere. Il panorama della baia, da lì, è molto bello, ci sono passati spesso in quei giorni e gli sembra il luogo ideale per stare da solo. L’aria è dolce, estiva ma non afosa. C’è una brezza che gli solleva le maniche della maglietta mentre cammina con le mani affondate nelle tasche dei pantaloncini lunghi al ginocchio. Lì che sono in alto di svariate decine di metri spira più che al livello del mare, però non gli dà fastidio né increspa la pelle.

È piacevole starsene un po’ da soli dopo cinque giorni trascorsi tutti insieme; Yuzo ne sente il bisogno, soprattutto perché non ha voglia di finire di nuovo in mezzo a qualcosa come quella di ieri. Non ci ha dormito la notte, perché come chiudeva gli occhi sentiva di nuovo la bocca di Mamoru sulla sua ed era impossibile sperare di prendere sonno, soprattutto con il cuore che iniziava a pompare come un ossesso.

Mamoru lo ha tenuto sveglio con un semplice bacio a stampo nemmeno fosse un ragazzino delle medie alla prima cotta. Neppure allora si era sentito così, ma quello forse era colpa del fatto che stava iniziando a capire che il proprio mondo interiore non viaggiava sugli stessi binari di quelli dei suoi compagni e amici.

Camminando sulla stradina che dalla struttura scende verso il paese, Yuzo si rende conto che forse il problema è proprio quello.

Alle medie non ha potuto emozionarsi perché il bacio di una ragazzina non aveva alcun significato per lui, mentre quello sciocco sprecato con Mamoru è l’emozione che alle medie non ha assaporato.

E niente, anche nella crescita, il suo mondo è proprio destinato a girare sempre al contrario.

Il cellulare vibra nella tasca un paio di volte, ma non è una chiamata, quanto una notifica di messaggio: ed è di Mamoru.

Dove sei? Non riesco a trovarti.

Perché dovresti? Vorrebbe scrivere, ma c’è quel tuffo al cuore inaspettato che gli fa scegliere di rispondere invece che ignorarlo.

Sono quasi arrivato al belvedere. Voi cominciate pure senza di me.

Yuzo eclissa di nuovo il cellulare nei pantaloncini e stavolta decide che qualora dovesse vibrare ancora non risponderà. Starsene in pace non è chiedere la luna, dopotutto.

Il belvedere ha delle panchine disposte a semicerchio in modo che tutti possano godere del panorama e dell’eco del fruscio del mare.

Yuzo prende posto scegliendolo con calma, tanto c’è solo lui. Si è fatto buio e i lampioni sono accesi, compresi quelli della piazzola. La panchina di mezzo viene eletta a trono e lui tira su i piedi in modo da poter circondare le ginocchia e poggiare la testa. Quest’ultima è un focolaio che non ha smesso nemmeno un po’ di bruciare.

Tutto brucia, dalla sera prima. Anche lo stomaco.

Yuzo vorrebbe solo tornarsene a casa, a Nankatsu, dedicarsi allo studio e non pensare più a quel bacio senza senso. Sanae ha ragione nel dire che a volte i ragazzi agiscono a caso e le conseguenze, chissà perché, sono sempre le peggiori o quelle che lasciano più il segno e ti piantano dentro particolari minuscoli come granelli di sabbia che all’improvviso si scatenano in tempesta.

Per lui, ad esempio, il granello di sabbia che gli è rimasto, più del contatto stesso con le labbra di Mamoru, è stato l’attimo in cui ha respirato il suo fiato.

Perché il contatto è scomparso appena separati, ma quel respiro gli è entrato in circolo, lo hanno assorbito i polmoni e il sangue.

Yuzo sospira, chiude gli occhi e nel fruscio del mare sente anche il rumore del fiato di Mamoru contro la pelle e il cuore batte di nuovo troppo veloce.

L’avvicinarsi di uno scalpiccio affrettato spezza l’incantesimo e gli fa tirare su la testa per guardarsi alle spalle, da dove è venuto anche lui. Una figura in pantaloncini come i suoi si fa più vicina, ma è nell’oscillare dei capelli che la riconosce e allora butta giù le gambe dalla panchina e tende la schiena, quasi si alza.

Mamoru si ferma a qualche passo di distanza, per riprendere fiato. Scioglie la bassa coda di cavallo e scrolla la testa. I capelli neri sono belli e selvaggi mentre ricadono sulle spalle.

«Ehi…»

«Che fai qui?»

«Ti cercavo.»

«Ti avevo detto che vi avrei raggiunti dopo. Se era urgente avresti potuto scrivermi di nuovo, sarei tornato indietro da solo.»

«Perché te ne sei andato e non sei rimasto con noi?»

Yuzo si stringe nelle spalle e guarda il panorama. Da lassù, il paese è uno sfracello di puntini luminosi e qualche macchia più ampia dei lampioni. C’è anche la luna, con il suo alone d’argento sul mare.

«Volevo starmene un po’ per i fatti miei.» Poi si volta, Mamoru è ancora in piedi ma si è avvicinato fino al lato opposto della panchina dove è seduto lui. «Che volevi?»

«Io… Posso sedermi con te?» Mamoru guarda lo spazio ancora vuoto. «Volevo parlarti.»

«È un paese libero.» Yuzo cerca di dissimulare il reale effetto che gli fa la sua presenza. Nonostante si conoscano da anni, c’è sempre stata un po’ di soggezione verso Izawa e un interesse sottile che lo sorprendeva a fissarlo più del normale o di quanto avrebbe fatto con qualsiasi altro. Deve essere per il suo modo di fare, si è sempre detto, o perché è molto bello; ma la seconda è una consapevolezza più recente.

Mamoru si siede piegando un ginocchio sulla panchina e poggiando il braccio sulla spalliera. È girato verso di lui, con sguardo serio. Yuzo direbbe accigliato.

«Sei arrabbiato con me? È tutto il giorno che mi eviti.»

Yuzo ha sperato che non se ne accorgesse, invece Mamoru è andato dritto a colpo sicuro, perché fin dalla mattina si è tenuto impegnato in altro e con altri, e sempre distante. Un po’ sciocco da parte sua, al limite dell’infantile, ma standogli accanto si è trovato a disagio, perché era quello il momento in cui il dannato ricordo del suo respiro diveniva più forte. Gli era sembrato di avere un incendio sotto la pelle.

«No! Perché?»

«Be’, per ieri sera.»

«E tu che c’entri? Al massimo dovrei avercela con Kumi, è lei che ti ha proposto l’obbligo di baciarmi.»

«Avrei potuto rifiutare. Non mi sembravi a tuo agio.»

Yuzo sbuffa un sorriso, guarda il mare e non i suoi capelli smossi dal vento che battono contro il collo in maniera sensuale.

«Quando mai? Era solo uno scherzo.»

«Avresti potuto rifiutare tu, allora…»

«E farmi prendere in giro da Ryo? No, grazie. Lo fa già così.»

«Maddai, dopotutto non era mica un bacio vero.»

«Ah, no? E cos’era?» Yuzo gli scocca un’occhiata ironica che Mamoru sostiene senza alcuna difficoltà. Lo provoca, invece, tirando un sorriso solo dal lato sinistro.

«Il bacio vero è quello alla francese.»

«Oh, alla francese», scimmiotta. «Ovviamente tu sai già tutto.»

«L’ho detto di aver baciato un ragazzo. Non parlavo mica di un bacetto a stampo.»

Ora Yuzo è interessato sul serio e l’ironia è sparita, almeno dal suo volto. Su quello di Mamoru aleggia ancora il sorriso, ma non è più provocatore. Al solito, è rilassato nel parlare di argomenti che per lui, invece, sono delicati come cristallo. Una parte di sé non vorrebbe neppure toccarli, ma la curiosità è forte. È tutto. È quella fame di sapere che non riesce a saziare. È quel desiderio di capire che lo fa sentire stupido, a volte, perché fino adesso ha potuto solo immaginare certe sensazioni e mai provarle.

Le farfalle nello stomaco, i brividi sotto la pelle, i formicolii dietro la nuca e in mezzo alle gambe, la terra che manca da sotto ai piedi, il fuoco che risale tra i reni. Li ha captati tra i bisbigli delle ragazze, mentre i suoi amici sono più sguaiati e materiali; dimenticano, in mezzo alle divise sudate, l’astrazione dei sentimenti, la loro poesia. La magia.

E lui vorrebbe provare entrambe le cose, dal rude al delicato, ma la paura torna sempre, come un boomerang, e ogni volta che qualche ragazzo ha tentato di mostrare interesse nei suoi confronti, lui è stato colpito alle gambe e si è ritratto. Scappato senza voltarsi mai in tutte le occasioni, perché poi dovrebbe ammettere di essere così e basta, e non si può tornare indietro, non si può fingere con sé stessi né con gli altri. Sei gay e non c’è niente da fare, non lo puoi cambiare né puoi cambiare la percezione che avranno di te; potete solo accettarvi a vicenda, con tutti i vostri limiti.

Per questo cedere fa paura, perché nessuno vuole sentirsi limitare nella propria esistenza.

Yuzo afferra il labbro inferiore tra i denti e ne sfiletta una pellicina con gli incisivi. «Davvero?»

Mamoru solleva il viso alle stelle; i capelli contro il collo sono black mamba che scivolano sulla gola. «In Spagna, l’estate scorsa. Ero andato a trovare i miei cugini, ricordi? Lì non si fanno tanti problemi.»

«Non lo avevi detto.»

«Non è che devo sbandierare sempre tutto.»

«E com’è stato?» chiede ancora, dopo un attimo di silenzio troppo lungo.

La fame. La fame è micidiale.

Mamoru ci pensa, fa qualche smorfia buffa che gli arriccia le labbra e poi conclude: «Salivoso. Come un bacio qualunque.»

«Detta così fa schifo.»

«Vorresti provare? Questa volta sul serio.»

Il sussulto che lo coglie per quello sguardo così penetrante è camuffato nel gesto distratto di cambiare posizione sulla panchina. «N-no! Perché mai-»

«Perché ti piacciono i ragazzi, Yuzo», sospira Mamoru. «L’ho capito, non sono mica scemo. Però sono stato insensibile con te, ieri. Scusa. E volevo dirti che non c’è niente di male, a me piacciono anche quelli.»

«Anche?»

«Certo. Se una persona mi piace, mi piace e basta, non importa se maschio o femmina.»

Quell’ultima frase gliela dice quando sono occhi negli occhi. Yuzo vi legge di nuovo tutta la sicurezza che lui non proverà mai. Il segreto del sentirsi sazi e non perennemente affamati come lupi, la forza di afferrare il boomerang prima di venire colpiti: è tutto lì, racchiuso in quelle iridi scure.

E il brutto sta nel capire che non si sarà mai all’altezza della propria natura, visto che gli hanno dato quella sbagliata per il suo carattere. Yuzo abbassa il viso, si guarda le mani, si sente vulnerabile come non mai e allo scoperto. Non gli piace.

«Non voglio mettere a disagio nessuno.»

«A me fa sentire più a disagio sapere che stai dicendo delle bugie. Bastavano le omissioni; ho notato anche quelle, non ti credere.»

«Non è che ci si possa fare molto.»

«Ma almeno con me puoi stare tranquillo, sai che non lo dirò a nessuno.»

L’ennesima frase che non si è aspettato perfora il muro invisibile che ha messo per separare sé stesso dagli altri. Passa attraverso tutti gli strati, come fossero di cartongesso e quella una punta d’acciaio. Poi arriva il colpo di grazia che spazza via tutto.

«Non hai motivo di mentire con me.»

Così semplice – come sempre, per Mamoru tutto lo è – e lo fa crollare, lasciando macerie che le lacrime compresse da mesi di paranoie, in cui ha dubitato di ogni certezza a partire dall’amicizia che lo lega ai suoi compagni di squadra, possono sommergere con un’ondata. Si sente meschino, ma la paura non fa sconti né guarda in faccia nessuno. La sua, poi, teme anche sé stessa.

«Merda…» mastica mentre cerca di asciugarsi il viso con il taglio della mano, però le lacrime scappano dappertutto e quelle che non gli cadono dagli occhi le ingoia a fatica. «Merda… accidenti! Merda!»

Yuzo si accartoccia, nascondendo la testa tra le braccia e quando Mamoru cerca di toccarlo prova a divincolarsi, a rifiutare qualsiasi pietà, perché l’ha sempre odiata, però il compagno è ostinato e lui tanto debole da cedere, farsi abbracciare e restare così per il tempo che sente necessario. Ha il suo fiato calmo sulla nuca e le braccia attorno alle spalle; sembrano una fortezza.

«Non l’ho chiesto io…»

«Lo so, ma è tutto a posto.»

«Come fa a essere a posto? Non sarò mai come gli altri.»

«Ma certo che lo sei!»

«Ah, davvero?!» Yuzo si divincola e si alza di scatto. Vorrebbe guardarlo con ferocia, ma è convinto di essere solo patetico. «Se fosse tutto okay potrei andare tranquillamente a dirlo ai miei genitori o dirlo a voi, e invece no! E se mi rifiutassero?! I tuoi lo sanno che ti piacciono maschi e femmine? Glielo hai detto?!»

«No, ma un giorno lo farò. Se mi rifiuteranno, farà male, ma… io sono così, che ci posso fare? Non sono diverso da te o da Ryo o chiunque altro. Mi fa schifo il natto e mi avrebbe fatto schifo pure se fossi stato solo gay o solo etero. E non smetto di essere tuo amico.» Anche Mamoru si alza e tornano a guardarsi alla stessa altezza. «Puoi scommetterci, non smetteranno neppure gli altri. Su Shingo, Hajime e Teppei posso addirittura metterci le mani sul fuoco. E anche su Taro e Genzo.»

«No, non dirlo a Genzo! Ti prego!» Se il suo esempio di vita dovesse scoprirlo e rifiutarlo sarebbe una tragedia, per lui, ma Mamoru è tranquillo, continua a sorridere.

«Ovvio che non lo farò: spetta a te. Dove lo hai messo il tuo coraggio?» 

Yuzo non lo sa. È da un bel po’ che sente di averlo perso da qualche parte, ma non ricorda dove. Con la manica delle maglietta asciuga il bagnato lasciato dalle lacrime.

«Quindi adesso devi solo scegliere che cosa vuoi fare. Vuoi continuare a piangerti addosso o vuoi deciderti a provare che sapore avrebbe la vita che ti appartiene?»

Mamoru non sta scherzando e lui come sempre è combattuto, perché decidere non è un passo semplice.

Nervoso, afferra il labbro tra i denti, ma le dita di Mamoru gli camminano sul viso, facendoglielo alzare assieme allo sguardo. È un gesto semplice, ma così intimo da sentire una scarica attraversarlo dalla testa ai piedi.

«Non morderle, se no le rovini. Sarebbe un peccato.»

Si rende conto, Mamoru, di quanto sia desiderabile? Si rende conto di come lo riduce dentro? Di come spalanchi una voragine nella fame di emozioni che lo sta divorando?

La comprensione, il sostegno, la serietà, la seduzione.

Yuzo ha sentimenti rimescolati con lo shaker, in cui il cuore è il cubetto di ghiaccio che rimpalla solitario in attesa dell’ombrellino. Ma è troppo grande per ridursi come le ragazzine che a Mamoru fanno il filo sfegatato. Dovrebbe semplicemente rimettere insieme quel poco rimasto della propria spina dorsale, declinare, andarsene. Discorso chiuso, perché per quanto Izawa si ostini a dire che lui è normale, Yuzo saprà sempre di essere diverso agli occhi degli altri. Questo, ovviamente, se non fosse che, dal mento, le dita di Mamoru si aprono sulla guancia seguendo la linea della mascella. Sfiorano il lobo e i brividi sono così intensi da increspare la pelle e lasciarlo immobile sul fondo della trappola.

Gli sembra di rivivere la scena della sera precedente: in piedi, uno di fronte all’altro e sempre più vicini a ogni respiro. Respiro che si mischierà al suo, verrà inalato, gli entrerà dentro e brucerà tutto. Dovrebbe scapparne a gambe levate, invece le palpebre calano come la vicinanza aumenta. E nell’attimo in cui si chiudono, il resto dei sensi si spalanca.

La prima cosa che scopre è che tutto è diverso, già dal momento in cui si toccano, perché le labbra sono rilassate e non serrate; non temono l’invasore, ma lo lasciano entrare al secondo respiro, invadono a loro volta in un contatto salivoso che per poco non lo fa sorridere, ma poi sente il rumore del fiato di Mamoru, sente di averlo assorbito e la mano si aggrappa alla maglietta del compagno, stracciando il tessuto all’altezza del petto. Sotto, sente il cuore che batte fortissimo, e per riflesso la sua schiena diventa un alveare di brividi.

«È… normale che batta tutto così veloce?» chiede appena si separano, ma non si allontanano. Sono sempre lì a respirarsi di continuo, entrare e uscire dai polmoni dell’altro, mentre gli occhi neri di Mamoru lo inghiottono. Poi le mani sul viso diventano due, lo afferrano stretto tra guancia e mascella, lo tirano in avanti e la fame divora entrambi.

Perché la fame sono loro e mangerebbero il mondo con tutta quella passione che non sanno controllare e che li lascia senza fiato, peggio di prima.

«Sei bravo, non credevo…» sussurra Mamoru.

«Io sì. Di te ne ero sicuro al cento per cento.»

E ora che ha capito com’è, come fare, come vivere quell’esplosione stellare di carne e respiri, Yuzo lo anticipa e nello stomaco non ci sono farfalle, ma sciami di api assassine, i brividi sono ovunque e ha così tanto caldo che si strapperebbe i vestiti da dosso per non sentirli sfregare sulla pelle sensibilissima. La testa gira in una vertigine infinita, nemmeno fosse in carenza di ossigeno, eppure ha tutto ciò di cui ha bisogno: Mamoru glielo sta dando, gli sta insegnando il mondo di cui ha avuto paura, alimenta e sazia la sua fame al tempo stesso. E lui si sente bene, su quelle labbra si sente benissimo.

«Pensa se ti fosse capitato Ishizaki…»

Si guardano, scoppiano a ridere e le loro fronti sono collise per tenerli uniti, perché non sanno se saranno ancora capaci di respirare di nuovo da soli quando si separeranno.

«E… ora che succede?»

Mamoru lancia una veloce occhiata alle proprie spalle, verso la salita che porta alla struttura. «Possiamo tornare dagli altri, e amici come prima.»

Tutto finito. Prospettiva dell’Apocalisse.

Anche Yuzo guarda la strada; i lampioni la intervallano con coni di luce e macchie di buio.

«Altrimenti…?»

«Non lo so…» Il naso di Mamoru sfiora il suo di proposito, così come le labbra, in una carezza sensuale di preludio. Yuzo si fa distrarre dal suo sorriso, ma non abbastanza da non sentire la mano appoggiarsi sulla schiena per tirarlo più vicino. «…scopriamolo.»

E poi sono di nuovo solo respiro.

 

 

 

 

 

 


 

 

Note finali: *-* teendramapuccio, e se qualcuno porta i tarallucci, io porto il vino! XD

Piccolini, ma che li potevo lascià litigati e con le incomprensioni addosso?!?!?!

Qui abbiamo uno Yucciolo megacomplessato che sta cercando di accettare la propria natura. T_T aveva bisogno di qualcuno vicinissimo che lo guidasse, e chi meglio di Mamoru-guru-dellavita?! XDDD Lui è già più avanti della luce e deve fare da faro per quella povera animella di Yuzo ç_ç (più che guru, mi sa che Mamoru è proprio Caronte XD – oltre che carogna! Perché in tutto questo, si è accaparrato la sua stellina disperata! AH! Che lenza! XD).

Sooo, another piece in place, per questi adolescemi e tutte le loro paturnie! <3

Oh, be’, e cosa ci è rimasto ancora?

Ah, già! La chiusura! ;)

 

A domani, con l’ultimo capitolo di questa storia :3 (o forse non del tutto? 😉 )

 

 

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Capitolo 12
*** XII: So, kiss me... ***


So, kiss me - #12

Note Iniziali:

Questa storia partecipa alla Flash Challenge: Bacio indetta dal gruppo facebook ‘Il Giardino di EFP’.

 

 

 

 

 

 

 

- XII: So, kiss me… -

(prompt #36: “Allora baciami.”)

 

 

 

 

 

 

 

Si sveglia che ha la gola secchissima e nell’allungare il braccio, in maniera brusca e contrariata, urta la schiena di qualcuno che non riconosce, sul momento, perché ha gli occhi ancora incollati dal sonno.

Kumi cerca di fare mente locale, mentre si tira a sedere. I futon sono spiegazzati, in alcune parti si sovrappongono e loro sono tutti spostati, non occupano un singolo letto a testa come dovrebbe essere, ma qualcuno ha il piede su uno, le gambe su un altro e le braccia su un altro ancora. Tutto è diventato bene condiviso in quell’ammucchiata di gente, perfino i cuscini.

Stropicciandosi i capelli, Kumi ricorda come è finita la serata e le si affaccia un sorriso. I senpai hanno dato fondo a tutte le birre portate di nascosto e non dubita che qualcuno si sveglierà con un leggero cerchio alla testa tra un’oretta o due.

Alla fine, hanno deciso di dormire tutti insieme in una delle stanze più grandi, stile pigiama party delle medie. A terra hanno disposto i futon, in una partita a tetris che hanno vinto non senza numerose risate. Un po’ la birra, un po’ l’allegria.

E ora che lei è in piedi deve stare attenta a non pestare nessuno, ma neppure vuole perdersi le loro espressioni mentre sembrano indifesi angioletti. Da quella posizione, la prospettiva che le si apre è illuminante. Sembra di essere davanti a un quadro, dove l’insieme di singoli corpi ne restituisce uno più grande e unico.

La Nankatsu è unica, unita fino all’ultimo giorno di quella giovinezza che ha i riflessi dell’oro. E, lei ne è certa, lo sarà anche dopo. Lo sarà sempre. Perché nel suo corpo batte un cuore che li ha tenuti insieme fin dalle elementari.

Quel cuore è Sanae, lì, nel centro. C’è da prima di Tsubasa, c’è sempre stata e li ha aggregati, poco alla volta. Poi Tsubasa ha fatto da collante, ma chi è rimasta a tenere insieme le fila anche dopo che il campione se n’è andato per rincorrere i suoi sogni è sempre stata lei. Ha continuato a battere sotto le vittorie e le sconfitte e ora si gode il meritato riposo delle ultime ore.

Da un lato ha Bear, che ronfa della grossa, e dell’altro ha Taro che è perfettamente composto nel suo spazio di futon. Gli altri sono disposti tutti attorno, creano una specie di semicerchi, come le spirali dei petali di una rosa, collegati tra loro.

C’è Hanji che tira un calcio a Nakazato, che sta occupando metà futon di Oda, che ha spinto fuori dal letto Nishio, che è tutto addossato a Nakayama, che ha rubato il cuscino a Iwami.

Hajime e Teppei nascondono la loro relazione in bellavista, tanto nessuno se ne accorge e allora chi noterà mai il braccio di Taki attorno alla vita di Kisugi? Lei, ovviamente, e solo chi sa.

Come Mamoru, per esempio, e nel vederlo vicino a Morisaki le scappa quasi un gridolino che trattiene nella bocca chiusa dal pugno. Quando li ha visti tornare la sera prima ha capito subito che le rose erano fiorite come aveva sperato, diventando meravigliose. L’uno accanto all’altro, ora, i visi alla stessa altezza – forse per sussurrarsi qualcosa di carino durante la notte – e quelle dita distrattamente intrecciate: indice di Mamoru legato al mignolo di Yuzo. Scatterebbe loro una foto se non fosse che un momento così dolce dovrebbe appartenere solo al sonno, alla notte e a nessun altro.

All’opposto, schiena contro schiena ma comunque vicini, Ryo e Yukari sono aggrappati ai rispettivi cuscini. Kumi si domanda per quanto ancora terranno in piedi la farsa dell’odio reciproco, invece di ammettere di stare già insieme. Non è riuscita a capire quale sia il problema, ma per quanto Ryo faccia lo ‘stupido’, a volte, non lo è affatto, quindi il motivo non deve essere da sottovalutare.

Così conclude il giro fino a trovare la sua posizione e solo in quel momento si accorge che accanto a lei c’è Takeshi. Per tutta la notte sono rimasti vicini e non se n’è accorta. Era stata convinta che lui non l’avrebbe avvicinata per qualche giorno, dopo quanto accaduto nel pomeriggio, invece eccolo lì, al suo fianco. Nel modo di fare che ha nei suoi confronti è silenzioso come i corvi, mentre con gli amici ha addosso tutta l’arroganza dell’adolescenza, soprattutto nel sorriso quando scherza e discute.

Kumi torna a sdraiarsi dove stava, questa volta trovandosi faccia a faccia con Takeshi. Il ciuffo lungo che gli cade sulla fronte nasconde in parte gli occhi chiusi e, per una volta, sente di essere lei quella che lo tiene sotto controllo e non il contrario. È come avere un piccolo vantaggio, e si domanda se lui riesca a sentire il suo sguardo, così come avviene il contrario. Perché Kumi lo ha osservato spesso, come ha fatto con gli altri, ed è quello che le è sempre rimasto più difficile da capire e stuzzicare; forse perché è il modo in cui la guarda che un po’ la fa arrossire. A volte ha l’impressione che vorrebbe dirle di più dei convenevoli o battute che si sono scambiati nelle rare occasioni, ma non lo fa mai. Non sa mai cosa pensi davvero di lei.

O, almeno, non lo sapeva fino a ieri, mentre adesso le è chiarissimo. Cosa dovrebbe pensare se non che è una stupida ragazzina? Magari reputa estranea la sua presenza all’interno del loro gruppo, chi può dirlo. E inoltre, ehi, non si può mica piacere a tutti, però… però a lei dispiace di non piacere proprio a lui, di non poter scherzare con lui come fa con gli altri, di non poter avvicinarsi di più.

Perché a Kumi, Takeshi piace molto.

Piace più di quanto non abbia mai ammesso fino al giorno prima, quando il suo rimprovero le ha fatto troppo male per credere che del suo parere non gliene freghi niente e le ha fatto rabbia al tempo stesso, in cui avrebbe voluto urlargli: “E allora baciami tu, se non vuoi che sia un altro a farlo!”.

Con la punta dell’indice, scosta i capelli ricaduti sulla fronte. Un gesto lentissimo per non svegliarlo, ma il suo occhio da corvo si apre già privo di sonno; la sorprende tanto da farle ritrarre appena la mano e sentire le guance bruciare dall’imbarazzo.

Quello che si aspetta è un’occhiataccia o una smorfia di disappunto, ma Takeshi suggerisce di non fare rumore, portando un dito alle labbra.

Poi sorride.

E Kumi per un attimo non ci crede che lo stia rivolgendo proprio a lei, ma il suo sguardo è dolce nella penombra rischiarata dalle luci dell’alba che filtrano dalle tende mal tirate.

L’imbarazzo scende dietro la nuca e tra le spalle, assieme al calore nel rispondere a quel sorriso.

«Mi dispiace per ieri.»

«Anche a me.»

Due sussurri appena udibili, ma che vorrebbe non si esaurissero così in fretta tra un lento addormentarsi e poi i mille preparativi e la confusione degli amici. Quel silenzio lì, quella quiete, non sa quando potranno averla di nuovo e Kumi non vorrebbe sprecarla.

«Parliamo?»

Takeshi annuisce e insieme si alzano adagio. Nessun rumore, in punta di piedi, mentre superano gli ostacoli di quelle spirali adolescenziali fatte di nuove esperienze, scelte decisive e scoperte sconvolgenti. Loro escono dalla stanza, dopo aver affrontato tutto, e chiudono quello che resta alle proprie spalle per affrontare il nuovo che hanno davanti.

Quindi non sentono, tra i respiri pesanti del sonno, il sospiro di Misaki.

«Sul più bello, tch

«Non fare la pettegola», sussurra Sanae.

«Non faccio la pettegola. È come se cancellassero una serie prima dell’ultima puntata.»

Sanae soffoca una risata nel cuscino.

«E poi non ci credo che non vuoi sapere anche tu come andrà a finire.»

«Ah, ma io lo so già.»

«Sì?»

«Dieci a uno, Kishida-kun la bacia. Sotto sotto, il suo lo fa.»

«Lo sprona prima Kumi.»

«Bear!» Sanae gli mastica i capelli con le dita. «Stavi origliando anche tu?»

«Eccerto.»

«Siete due brutte persone»

«È nel nostro diritto: dopo che lei ci ha spiato alla spiaggia, tocca a noi.»

«Ben detto. Allora? Scommessina?» incalza Taro. «Sanae ha detto che sarà Takeshi, io dico che non combinano niente.»

«Per me sarà Kumi-la-guardona a fare la mossa.» 

«Andata.»

«…e che si vince?»

«Lo vedi che ti interessa? Anche tu sei una brutta persona, Nakazawa.»

«Ah, non rompere!»

«Su, scegli la posta.»

«Se vinco, mi presenti Fawziya!»

«Ma anche no!»

«Oh, sì! Approvo!»

«Misaki!» Bear sbuffa. «Okay, ma se vinco io: mi offrite la cena.»

«Vuoi mandarci sul lastrico?»

«Una scommessa è una scommessa.»

Sanae sospira. «Mi sa che ha ragione.»

«D’accordo… e cena sia.»

Torna il silenzio, accompagnato dal brontolare di Iwami; qualcuno si sta grattando manco avesse le pulci e Yukari starnutisce nel sonno.

La vacanza è finita, ma loro hanno lo stesso troppi motivi per ridacchiare, riassumibili nell’ultimo mormorio di Sanae: «Altro che ‘quelli intelligenti’, qua siamo tutti adolescemi!»

 

 

“Oh, baciami sotto il latteo crepuscolo,

guidami sul pavimento illuminato dalla luna.

Solleva la tua mano aperta,

avvia la band e fai danzare le lucciole.

La luna argentea scintilla.

Così, baciami.”

 

Kiss me – Sixpence None The Richer

 

 

 

 

FINE

- So, kiss me... -

 

 

 

 

 

 


 

 

Note Finali: :3 o almeno avrebbe dovuto esserlo. La fine, dico. E invece… domani ultimissimo aggiornamento con un extra composto da DUE flashfic di 500 parole ciascuna! ;)
Quindi, per i saluti di rito vi rimando a domani, ma intanto devo ringraziare Sissi149 per aver tirato fuori ‘ADOLESCEMI’ XDDDDDD Mai termine fu più azzeccato per questa squadra e per le sue manager che hanno dimostrato a più riprese, tra lol e drama, quanto lo siano fin nell’ultima unghia del minolo! XDDDD

 

E allora… a domani! :D

 

 

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Capitolo 13
*** Extra1 - Extra2 ***


So, kiss me - #13

Note Iniziali:

Questa storia partecipa alla Flash Challenge: Bacio indetta dal gruppo facebook ‘Il Giardino di EFP’.

 

 

 

 

 

 

 

- Extra-1: Chiamami col mio nome -

(prompt #5: “Perché non mi baci invece di parlare?”)

 

 

 

 

 

 

 

«Ieri ho esagerato.»

«Me lo sono meritata. Non volevo farti arrabbiare.»

«In realtà, ero preoccupato. Non tutti sono brave persone; devi stare attenta, perché sarai la prossima senpai e toccherà a te badare ai più piccoli.»

Fuori dalla struttura, l’umidità dell’alba è fresca tanto da costringere entrambi a stare con delle maglie di cotone più pesante.

Usciti alla chetichella, la foresta stormisce nei primi colori del giorno che schiariscono il cielo e fanno scappare i baluginii delle stelle ritardatarie.

Per un po’, cadono nel silenzio dei propri pensieri, ma oltre la scogliera il mare continua a mormorare anche per loro. Sembra avere troppo da dire e nessuno che lo voglia ascoltare. Kumi si chiede se riusciranno mai a capirlo, seduta accanto a Takeshi nel tronco di quercia del cerchio dell’amicizia, davanti a un falò spento e con un telo da spiaggia sulle spalle che li tiene uniti e vicini.

«Mi mancherà. Tutti voi, tutto questo… mi mancherà. Mi mancherà stare insieme.»

«Ci saranno gli altri a cui pensare.»

«Ma non saranno voi.» Non sarai tu.

Una frase che però non dice perché, per una volta, le manca il coraggio. È una sensazione nuova, la fa sentire timida quando di solito è fin troppo arrembante.

Distoglie lo sguardo, sorride.

«E io vi mancherò? A te per niente, ammettilo.»

«Perché?!»

«Perché non credo di piacerti molto. Insomma, non c’entro granché con voi e poi sono più piccola…»

«Davvero pensi di non piacermi?!» La sua espressione stravolta la fa ridere. «È per colpa di quello che ho detto, vero? Per il tono. Non sono molto bravo con le parole…»

Kumi inclina il capo, stringendosi un po’ di più sotto al telo. «E in cosa sei bravo, Kishida-senpai?»

«…senza ‘senpai’.» Takeshi la guarda dritto negli occhi. Lei sente le guance bruciare d’improvviso, ma non abbassa lo sguardo.

«Kishida… kun

«Senza ‘kun’

«Kishida…»

Lui la osserva in un silenzio più lungo. «Chiamami Takeshi.»

Chiamami per nome.

E lo ha chiesto a lei, che adesso ha il cuore intrappolato nella gola come un passerotto, cerca di rimetterlo a posto ma non c’è verso.

«Quindi… in cosa sei bravo, Takeshi

«A far capire sempre il contrario di quello che penso; in quello sono un maestro.» Il ragazzo accenna un sorriso che addolcisce di nuovo lo sguardo.

Quella è l’occasione, l’unica, se non vuole essere solo un ricordo, se non vuole che lui la dimentichi e rimanga passeggera come la spuma sulla cresta di un’onda.

«Allora… perché non mi baci invece di parlare?»

Non è sorpreso dalla sua intraprendenza, perché ormai la conosce bene per tutte le volte che l’ha osservata, scortata e protetta. Anzi, Kumi è certa che un po’ se lo aspettava, per questo non ha timore di baciarla davvero.

Dalla gola, il passerotto vola via in un mulinare d’ali e loro stretti sotto al telo, incuranti dell’alba, del freddo, del sole e delle stelle. Sono loro a contare di più, e hanno capito il mormorio del mare coi suoi mille segreti, svelati dritti al cuore.

 

 

 

 

 

 

- Extra-2: Adolescemi -

(prompt #3: Baciamano)

 

 

 

 

 

Sta rimirando il menù da almeno dieci minuti, con un sorriso compiaciuto, e sente le occhiatacce degli amici seduti davanti a lui in quel famiresu.

«Guardalo com’è soddisfatto…» borbotta Sanae.

«Sta scegliendo come spennarci», rimarca Taro.

«Se avessi voluto spennarvi, non ve la sareste cavata con un ristorante per famiglie.» Bear appoggia il menù sul tavolo. «Avete perso, stateci.»

«Chi l’avrebbe detto che sarebbe stata proprio Kumi a cominciare?» Taro affonda il viso in una mano. «Sono cresciuti…»

«Ha parlato il vecchio.» Sanae lo pungola, poi si guarda attorno. «Non conoscevo questo posto.»

«È lontano dai quartieri che frequentiamo di solito.»

«E tu come lo hai scoperto?» incalza la manager.

«Sai che mi piace mangiare bene.»

«E tanto.»

«Hai visto la mia stazza?» Bear allarga le braccia. «Non posso mica tenermi in piedi con le briciole. E comunque sono tutti muscoli.»

«Sì, certo...»

«Però non è solo per il cibo che vi ho portato qui.»

Taro e Sanae sono perplessi, ma prima che possano chiedere una cameriera li anticipa.

«Benvenuti da Doki-Doki Factory

Bear studia le reazioni degli amici nel momento in cui alzano il viso. La sorpresa di Sanae è così palese da farlo ridere e Fawziya gli molla il notes sulla testa; solo allora lui cerca gli occhi della ragazza. Un colore insospettabilmente chiaro, tra nocciola e verde, che le accende lo sguardo.

«Se me lo avessi detto prima, avrei indossato uno shayla più carino.» Lo ammonisce, sistemando il velo che le copre parte dei capelli. «Siete i primi amici di Shingo che conosco di persona, ma lui parla sempre così tanto di voi…»

«Davvero?! I primi?!» Sanae gongola, sbattendo le ciglia.

«Sì, e se continuate così anche gli unici.»

«È un vero piacere per noi», aggiunge Taro.

Mentre parlano, Bear resta a guardare il sorriso di Fawziya, le fossette che si avvallano nelle guance e come rigira il blocchetto tra le mani. Anche se può trattenersi pochissimo, si capisce che vorrebbe restare, conoscere meglio i suoi amici. Ancora poco, si dice, e la presenterà a tutti per smettere di vivere nell’ombra e abbracciare il sole. Distrattamente, le prende una mano; nella sua è piccola, ma conosce la forza che nasconde. Sono due orsi, anche se di statura diversa, e sono disposti a tutto per proteggere ciò che amano. Sempre distrattamente, mentre Fawziya risponde a Sanae che le sta già dando il tormento, porta quella mano alle labbra, ne bacia il dorso e crea un momento di silenzio e sorpresa.

«Sei impazzito!» Fawziya si guarda attorno, mentre ridacchia. «Scemo! Torno subito con gli ordini.»

«Ehi, a me non hai chiesto nulla!»

«Tanto lo so già!»

Shingo sorride, poi guarda gli amici dalle schiene dritte e i sorrisi trattenuti allo stremo. Aspettano il momento giusto per dire una cretinata e allora tanto vale servirgliela, così sospira.

«Che ne pensate?»

Taro e Sanae scambiano un’occhiata d’intesa, poi lo guardano ed esclamano in coro, con tanto di pugnetti stretti sotto al mento. «Kawaii neeee!»

Shingo scuote il capo. Sono proprio degli adolescemi.

 

 

 

 

 

 


 

 

Note finali: Ora sì, ora Fine. :3 Stavolta possiamo dirlo.

 

Queste due flash (da 500 parole tonde ciascuna) non ci sarebbero dovute essere ma una è un regalo e una è una sfida! XD

La prima flash è un regalino per Sissi149 che ha appena terminato di leggere e recensire tutta ‘Malerba’!!! *_* *applaude* (oh, arrivare alla fine di quella storia merita molto di più di un ringraziamento! Soprattutto quando uno fa partire il recuperone! XD)

Mentre la seconda è una sfida con Micenedisagitter che mi aveva chiesto se un giorno ci sarei riuscita a scrivere una flash e visto che mi aveva dato la possibilità di scegliere o Taro o Shingo… ne ho approfittato e ho aggiunto questo momentino! XDDD

Piccola nota sulla prima flash: in Giappone, le persone si chiamano raramente con il 'nome proprio', e solo quando hanno rapporti molto stretti di amicizia o affetti (noi nelle fic siamo molto più scialli su questo punto). Il fatto che Takeshi le chieda di chiamarla per nome, quindi, è un qualcosa di davvero moooolto forte.

 

E poi: grazie. :3

Grazie a tutti voi che avete letto, seguito e recensito “So, kiss me…”! :D

Come spesso mi capita, doveva essere una cosa da due, tre capitoli e via… ma poi m’è sfuggita di mano, però è stato davvero divertente scriverla e leggere che vi ci ritrovavate in un sacco di cose e di ricordi. Anche per me qui ci sono ricordi e situazioni e sensazioni vecchie come la ruggine; rispolverarle insieme è stato bellissimo :3

Spesso dico che detesto scrivere storie tanto corali perché è difficile stare dietro a tutti, epperò alla fine sono quelle che adoro di più <3

Sono felice che sia piaciuta anche a voi e non mi aspettavo tutto questo entusiasmo e calore e parole stupende che le avete riservato. <3

 

Infine, grazie a ‘Il Giardino di EFP’ per questa challenge stra-carina che non pensavo mi avrebbe tirato fuori così tanto in così poco tempo.

XD Sto diventando esperta della scrittura rapida a tempo di record! LOOOOOOOOOL

E, per chiudere: grazie, stupidi adolescemi. <3

 

Con alcuni di voi ci si rilegge lunedì per l’ultima shot della raccolta ‘Family…’ e poi… e poi verso Aprile dovrebbe arrivare ‘Roots’ l’ultima della serie legata a Malerba che pubblicherò. :D

I’ll keep writing <3

 

 

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