Clopin & Roxanne: Moments Escaped

di Angelica Cicatrice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bella come un fiore ***
Capitolo 2: *** Anima libera ***
Capitolo 3: *** Un giorno da ricordare ***



Capitolo 1
*** Bella come un fiore ***


                                                                                          Moments Escaped 
                                                                                         Bella come un fiore
                                                                  (Tratto dal capitolo 7 La Corte dei Miracoli)

 
- Sbrigatevi voi due, la cena è già pronta in tavola - disse la bella zingara dagli occhi color smeraldo. In quella tenda, con i veli aperti, si diffuse un profumo invitante capace di far venire l'acquolina in bocca a chiunque. Specialmente al re della Corte dei Miracoli.
- Non potevi darmi una notizia migliore, sorellina - ammise lo zingaro dal pizzetto beh disegnato, mentre si massaggiava lo stomaco. E pensare che pochi secondi prima aveva lanciato un'occhiataccia di sdegno nei confronti di Esmeralda. Il motivo era comprensibile; la zingara aveva interrotto un momento molto delicato tra suo fratello Clopin e la bella violinista Roxanne. Anche se a dirla tutta, era stata la capretta Djali a intrufolarsi per prima lì dentro, cogliendo di sorpresa i due giullari mentre si stavano scambiando sguardi ammalianti.
" Cosa sarebbe successo se Djali non fosse entrata in quel preciso momento?..." si chiedeva Roxanne " Era una mia impressione, o Clopin mi stava fissando troppo intensamente...".
Oltre a quelle domande, Roxanne avvertiva lo strano calore nelle viscere che l'aveva accompagnata nell'ultimo periodo. Da quando aveva cominciato ad approfondire l'amicizia col re dei giullari, aveva notato quanto le sue emozioni si accendessero ogni volta che si trovava in sua presenza.
"Roxanne...ma allora lui ti piace davvero?...in quel senso..." si chiese mentre usciva dalla tenda seguendo i due gitani. Nell'aria si respirava un'atmosfera gioiosa e tranquilla; da ogni angolo della Corte vi era una tenda da dove provenivano profumi di cibo e spezie aromatiche, mentre alcuni falò erano stati accesi per scaldare pentoloni o arrostire la carne, con tanto di voci e risate felici che si diffondevano nello spazio circostante.
- Prego, Modemousaille - fece a un certo punto il giullare, aprendo il velo di una grossa tenda per facilitare l'accesso alla sua amica. Roxanne abbozzò un sorriso ed entrò in quella che doveva essere la " stanza da pranzo" o comunque dove si consumavano pranzi e cene con tutta la famiglia. Un grande tavolo tondo e basso si trovava al centro della stanza, sopra un tappeto e con tanti cuscini che facevano da "sedie". La luce tenue delle candele, tutte sparse attorno, donavano un'atmosfera magica e suggestiva. Appena il re dei gitani fece la sua comparsa, qualcuno esultò un caloroso benvenuto ad alta voce. Oltre a Esmeralda, erano presenti alcuni uomini e donne, i vicini stretti ella famiglia Trouillefou. Clopin allora approfittò di quell'attenzione, e dopo essersi schiarito la voce prese la parola.
- Mi familia, questa sera abbiamo un ospite speciale che ci onorerà della sua presenza. La giullare Roxanne, mia amica e collega di piazzale -.
Subito si levò un battere di mani da parte di tutti e alcuni di loro esultarono un " Bienvenida ". Lusingata per tanto calore, Roxanne fece un inchino e lasciò che Clopin la guidasse verso la tavolata, che man mano si stava riempiendo di vari piatti e ciotole colme di cibo. Il re gitano scelse i posti e la invitò a sedersi su un cuscino viola scuro.
- Prego, cheriè, prendi posto accanto a me - disse senza indugi il giullare, e Roxanne, con velata soddisfazione, non se lo fece ripetere due volte. Intanto, erano giunti alla tenda anche Febo, di ritorno da una delle sue ronde serali, e il campanaro Quasimodo, invitato dallo stesso capitano. Roxanne fece un cenno di saluto ai nuovi arrivati e invitò subito l'amico gobbo a sedersi accanto a lei, alla sua destra. Il capitano con l'armatura dorata, invece, si sedette proprio accanto a suo cognato e a sua moglie Esme. A quel punto la cena poteva ufficialmente iniziare. Stando lì, con la luce soffusa che creava un bel gioco di sfumature e ombre, i due artisti di strada sembravano più di una semplice coppia di colleghi che condividevano lo stesso piazzale. La sintonia e il feeling che li univa era così palpabile che anche un cieco lo avrebbe notato, udendo solo il suono delle loro voci mentre si parlavano. Lui non faceva altro che mostrarle e offrirle le varie pietanze che costituivano la cena, mentre lei ammirava affascinata quella combinazione di colori e profumi. Tutti i piatti presentavano porzioni minime, ma le leccornie avevano un aspetto delizioso.
- Cos'è questa? - chiese a un certo punto lei, indicando una ciotola con un mucchio misto di cibo poco definibile. Il profumo che si espandeva sembrava quello di carne e spezie.
- E' migas - rispose Clopin, ma Esmeralda, notando la perplessità marcata negli occhi vermigli di Roxanne, aggiunse:
- E' un tipico piatto dell'Andalusia, la nostra terra d'origine. Devi sapere, mia cara, che per evitare di sprecare il pane, lo sbricioliamo e dopo averlo bagnato con acqua tiepida, lo si cuoce in un tegame con olio e aglio, aggiungendo poi spezie, fagioli e carne. Sono sicura che lo gradirai -.
La giullare, allora, assaggiò qualche boccone di quella specialità e lo trovò davvero appetitoso. Altre ciotole in terracotta erano piene di alcune zuppe e creme agli ortaggi, ma una di queste era di colore arancio pallido decorata con semini gialli. Roxanne la osservò incuriosita e Clopin afferrò un cucchiaio.
- Vuoi assaggiare? E' una crema alla zucca con semi di sesamo. Tra tutte è quella che preferisco - le spiegò lui, mentre raccoglieva un po’ di crema col cucchiaio. Roxanne, con un po’ di imbarazzo, si lasciò imboccare dal suo giullare. Si sentiva come una ragazzina, ma quelle attenzioni non le dispiacevano. La crema era soffice e tiepida, molto gustosa e aveva il tipico gusto dolce della zucca, ma con una leggera nota speziata.
- E' buonissima! Giuro che non ho mai mangiato niente del genere - affermò lei e alla fine i due si ritrovarono a dividere la pietanza, così come col pane e una bella forma di formaggio. In quello stesso frangente, Esme e Febo si scambiarono qualche occhiata d'intesa, e si bisbigliarono qualcosa tra loro.
- Come sono carini, tutte e due insieme! - fece Esme all'orecchio di suo marito - dici che tra loro c'è qualcosa? Sai, ieri Clopin non ha fatto ritorno a casa. Scommetto che ha passato la notte nel carretto con lei -.
A quell'ultima affermazione Febo incurvò le labbra in un sorriso malizioso, ma poi rispose:
- Conoscendolo ne è capace, ma credo che non si siano ancora spinti così lontano. Di sicuro c'è del tenero tra loro. Però tuo fratello deve darsi una mossa, invece di perdere tempo a ingozzarla di cibo e farle gli occhi dolci - terminò il capitano, facendo sorridere di gusto sua moglie. La cena stava procedendo alla grande, e la giullare stava scoprendo non solo dei sapori così nuovi, ma un'intera tradizione e cultura che proveniva dalla calda ed esotica Andalusia. Anche le parole che si scambiavano gli altri commensali, tutti di origine spagnola, incuriosiva la giovane franco-italiana. Nonostante fosse una lingua che non comprendeva, la trovava affascinante.
- E' difficile imparare lo spagnolo? - chiese a un certo punto la giullare a Clopin. Quella domanda inaspettata lo aveva colto di sorpresa.
- Beh, dipende. Ma se ci tieni tanto posso insegnarti qualche parola - disse lui, con un certo orgoglio nella voce.
- Sarebbe fantastico. Fammi un esempio, sono troppo curiosa - gli chiese Roxanne, mettendo da parte il boccale di vino rosso. Di comune accordo, i due giullari avevano deciso di dividersi anche quello, un po’ perché era un'antica usanza del popolo gitano, e un po’ per evitare a Clopin di ubriacarsi. A quella richiesta, il re dei gitano rimase un attimo a riflettere per scegliere le parole giuste. I suoi occhi color carbone vagarono sulla figura della violinista, e si soffermarono sui capelli lisci e corvini, impreziositi dalle rose rosse. Poi, dopo aver dato un'occhiata intorno, Clopin si avvicinò un po’ al viso di Roxanne, arrivando abbastanza all'orecchio. La giullare avvertì un piacevole brivido per via dei sussurri che seguirono.
- Tan hermosa como un flor - fece la voce di Clopin.
- Cosa vuol dire? - chiese lei, cercando di non arrossire per quella situazione.
- Bella come un fiore...-.
A quel punto, quando Clopin si ritrasse per guardarla negli occhi, la giullare si accorse che le sue dita e quelle del gitano si stavano sfiorando. Col viso in fiamme, Roxanne cercò di sorridere disinvolta, prese il boccale di vino portandoselo alle labbra e finse di guardare altrove. Dal canto suo, Clopin si morse le labbra. Forse era stata una mossa troppo azzardata, e l'aveva messa in imbarazzo.
"Complimenti, vecchio mio!" si disse fra sé, con ansia e nervosismo.
- I tuoi vecchi metodi da seduttore non danno i loro frutti? - gli disse a bassa voce Febo. Il giullare non ebbe il tempo di voltarsi che suo cognato lo afferrò per il collo con un braccio e se lo portò più vicino.
- Sei scemo?! Di cosa stai parlando? - chiese piano Clopin, per non farsi sentire dagli altri. In realtà sapeva benissimo cosa intendesse il capitano, ma non voleva ammetterlo, perché così voleva dire ammettere che la bella Roxanne aveva fatto breccia nel cuore del re dei giullari.
- Ti rispondo con questo consiglio, amico mio: ti conviene farti davvero avanti, o altri baldi giovani non perderanno l'occasione di provarci e te la porteranno via...proprio sotto il tuo nasone - disse con aria ironica Febo, lanciando un'occhiatina furba a suo cognato. Clopin, fulminandolo con lo sguardo, si divincolò e si liberò dalla presa del capitano, non sapendo però che la sua amica giullare aveva notato quella scena. Ma per fortuna, almeno per Clopin, non era riuscita a capire nulla di ciò che si erano detti. Il re gitano rimase solo con i suoi pensieri, e pian piano gli occhi si posarono in automatico sulla figura di Roxanne. Una cosa era certa: poteva mentire a tutti i presenti, negare l'evidenzia. Ma non poteva fare lo stesso con il proprio cuore. Provava qualcosa per Roxanne, che fosse attrazione, desiderio, ma era ovvio come la luce del sole. Allora qual era il problema? Forse era perché, a differenza con le altre donne che aveva corteggiato in precedenza, con quella giullare era molto diverso. Roxanne era giocosa, ma per nulla superficiale. Era matura ma si concedeva attimi esuberanti. Era forte, ma anche sensibile nei momenti di cedimento. Era bella e brava, ma non per questo se ne vantava. Inoltre, quando si trovavano in quei momenti particolari, mostrava con chiarezza le sue emozioni, ma non aveva mai ceduto, almeno non completamente alle fugaci avance di Clopin. Un'altra donna interessata a lui sarebbe caduta ai suoi piedi nell'arco di un giorno.
"Lei...mi piace sul serio...perché è così unica" affermò a se stesso il re dei giullari " Forse, ha ragione Febo...devo farmi avanti".
All'improvviso al centro della tavola fu presentata una bella torta di mele. Il dolce preferito dei due giullari.
- Clopin svegliati, o la nostra ospite d'onore ti lascerà a bocca asciutta! - disse ad alta voce Esmeralda, riportando suo fratello alla realtà. Il re dei gitani avvertì il familiare profumo di mele cotte, e vide Roxanne già intenta a tagliare il dolce con un coltello.
- Ho l'impressione che Vostra Maestà ha il pancino gonfio. Tranquillo, mi sacrificherò io - fece la giullare, canzonando divertita il gitano. Clopin spalancò gli occhi e il solo pensiero di rinunciare alla sua fetta di torta preferita, lo fece scattare in avanti, rivendicando la sua parte.
- Nina codiciosa! - esclamò con quella inconfutabile pronuncia spagnola, rivolto a Roxanne.
-...e quest'ultima cosa vuol dire? - chiese lei, con lo sguardo curioso e ammaliante al tempo stesso.
- Piccola golosa -.    

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Capitolo 2
*** Anima libera ***


                                                                                                             Anima libera
                                                                     (Tratto dal capitolo 7 - La Corte dei Miracoli)

 
Dopo aver gustato il dolce, Roxanne fece una bella chiacchierata con il suo amico campanaro Quasimodo. Quei due avevano già fatto amicizia, quella sera alla taverna di Marcel, e nonostante la timidezza il campanaro era riuscito ad aprirsi con la nuova arrivata. Intanto, Clopin, pieno come un uovo, ne aveva approfittato per assentarsi dal suo posto e andare vicino a sua sorella, dove vi era Zephyr nella cesta di vimini. Lo zio buffone tirò fuori le sue marionette per far divertire il piccolo. L'atmosfera era così calma e giocosa al tempo stesso, che anche la capretta Djali ne fu attratta, trotterellando in giro per la stanza. Il tempo trascorse piacevolmente, e Roxanne, tra tante cose che aveva visto e imparato, fece la conoscenza dei vicini di Clopin. Una coppietta, in particolare, erano Mireya e Tadeo, due vecchi amici d'infanzia di Clopin, cresciuti nello stesso villaggio in Andalusia.
- Siamo sposati da otto mesi, ma fra poco non saremo più soli - disse Mireya con un sorriso radioso, accarezzandosi il ventre, mentre suo marito Tadeo la cinse con un braccio in maniera amorevole. La giullare strabuzzò gli occhi vermigli e capendo che la giovane donna era in dolce attesa non poté che esclamare:
- Congratulazioni! E' una bellissima notizia! -.
I due sposini sembravano davvero felici e Roxanne pensò che fossero una gran bella coppia. Poi Mireya diede un'occhiata all'orecchino con la mezzaluna che portava la giullare.
- Che bel gioiello! - esclamò la gitana suscitando così anche l'interesse di suo marito.
- Merciè. E' il cimelio di famiglia, da parte di mia madre - disse la giullare, con una punta di orgoglio nella voce. Per quell'occasione speciale, aveva deciso di indossarlo, dato che lo aveva portato con se, custodito gelosamente nella fodera del suo corsetto. Dopo averlo studiato per bene, Mireya abbozzò un sorriso dolce e con nota romantica aggiunse:
- Sono certa che sarà ancora più bello accompagnato dalla sua "metà" -.
In quel momento Roxanne aggrottò la fronte, non capendo il significato di quelle parole. Notando la sua espressione, Tadeo intervenne.
- Quando riceverai l'orecchino del tuo promesso sposo. Insomma quando ti sposerai, dato che adesso non sei impegnata con nessuno, giusto? -.
La giullare rimase atterrita. Vero, lei non era né fidanzata ne sposata. Ma come facevano quei due a saperlo? Da cosa lo avevano capito? Mentre Roxanne, ancora più confusa si rigirava il cerchio dorato tra le dita, i due sposi si scambiarono un'occhiata e infine fu Mireya a parlare.
- Forse nella tua famiglia è sconosciuta, ma noi gitani dell'Andalusia abbiamo una tradizione molto antica, I nostri orecchini non sono semplici cimeli che vengono passati da una generazione all'altra. Sono simboli che dimostrano lo status di ogni individuo. Se una donna ha un solo orecchino, come nel tuo caso, vuol dire che è nubile. Mentre se porta due orecchini allora è sposata. Questo perché, di solito, lo sposo dona uno dei suoi orecchini alla sua amata, in questo modo anche lui si distinguerà dagli altri -.
Roxanne rimase ad ascoltare con attenzione. Quella usanza così affascinante la colpì profondamente. Anche se sua madre era una gitana, non aveva mai sentito parlare di un'usanza simile, forse perché era qualcosa che faceva parte della cultura spagnola, e per di più così antica.
- Capito. Quindi è per questo che hai due orecchini - disse la violinista, indicando l'amica.
- Esattamente - rispose Mireya - Beh, così vuole la tradizione, ma ci sono casi d'eccezione, come ad esempio Esmeralda. Sposandosi con Febo, che non è uno zingaro, le è rimasto solo il suo unico orecchino -.
Roxanne si voltò verso la gitana dagli occhi color smeraldo, e in effetti aveva ragione Mireya. Portava un orecchino solo, al lobo sinistro. Come per essere sicura di aver capito tutto, la giullare tornò a rivolgersi alla coppia.
- Credo di aver capito. Invece, risulta il contrario per gli uomini. Cioè, come te Tadeo che hai un solo orecchino, vuol dire che sei sposato -.
- Brava, ti è tutto chiaro - rispose Tadeo compiaciuto. Ma proprio in quel momento, un pensiero colpì la mente della violinista. Sul suo volto c'era un'ombra indecifrabile. I suoi occhi erano fissi nel vuoto. Era come se un incantesimo maligno l'avesse colpita, pietrificandola da capo a piedi.
- Roxanne? - la chiamò Mireya, notando quel cambiamento repentino. La giullare non rispose, e si limitò a voltarsi alla sua sinistra, dove intanto Clopin era tornato al suo fianco, troppo occupato a parlare col cognato Febo. " Anche Clopin porta un solo orecchino..." pensò la giullare, e in quel momento sentì una morsa dolente allo stomaco. " Possibile che...no, non posso crederci...".
Nel cuore di Roxanne era calato il vuoto, e il suo silenzio era così forte che perfino tutti gli altri della tavolata se ne accorsero.
- Roxanne, va tutto bene? - chiese Quasimodo, lievemente preoccupato. Udendo quelle parole, anche il re del piazzale rivolse la sua attenzione alla violinista.
Quando la vide, rimase spiazzato davanti a quelle gemme vermiglie, colme di una preoccupazione e amarezza devastanti. Ma prima che potesse chiederle qualcosa, Roxanne tornò in se, e cercò di fare la disinvolta con una semplice spiegazione.
- Ehm, nulla. Mireya mi stava raccontando della vostra tradizione sugli orecchini...e mi stavo solo chiedendo...- a quel punto la giullare si interruppe, non sapendo come continuare. Non voleva chiedere al suo giullare se era davvero sposato, proprio lì davanti a tutti. Sarebbe stato troppo imbarazzante. Meno male che tra loro c'era Esme, che aveva percepito qualche frase di quella conversazione tra la giullare e la coppietta. Aveva capito cosa turbava la bella violinista, e nascondendo dietro a una mano un lieve sorriso, la zingara intervenne per aiutarla.
- Sai, mia cara, ognuno di noi potrebbe raccontare una storia riguardante i nostri inseparabili monili - incominciò a parlare, mentre riprendeva a cullare la cesta di vimini dove il piccolo Zephyr giaceva quasi addormentato.
- Ad esempio, quella degli orecchini di Clopin è molto particolare e insolita. Sono certa che la troverai deliziosa -.
E cosi, mentre Roxanne era pronta ad ascoltare quel racconto, Esme richiamò la sua capretta Djali, che belando felice andò a coccolarsi sul grembo della gitana.
- Questa storia, anche se sembra bizzarro, ha come protagonista proprio Djali - introdusse Esme, e diede una carezza alla capretta - tutto ebbe inizio più o meno tre anni fa, quando incontrai per la prima volta questa piccolina. Si aggirava per i vicoli di Parigi, senza una corda e senza alcun padrone. Non sapevo se fosse scappata da qualche recinto o fosse stata abbandonata. Sta di fatto, che dopo averle dato qualche carezza, mi ha seguita per tutto il tempo, fino alla Corte. Ha fatto lo stesso nei giorni seguenti, e mi accompagnava ovunque io andassi. Poi, un giorno, mentre ballavo nella piazza, Djali cominciò a ruotare su se stessa, saltellando a ritmo di danza e facendo risuonare gli zoccoli sulla pietra. Sembrava che fosse rapita dalla musica e che stesse proprio ballando insieme a me. Fu una meravigliosa scoperta, e Djali ebbe un successo clamoroso. Tutti gli abitanti della zona erano impazziti per lei, e una pioggia di monete riempirono il terreno dove lei continuava a danzare. Fu allora che si fece avanti un contadino che reclamava Djali come la sua capretta, scappata dalla sua fattoria. Io non crebbi neanche a una parola, perché Djali sembrava non riconoscerlo e si nascondeva dietro di me. Era ovvio che quell'uomo volesse portarla via per sfruttare il suo talento e arricchirsi. Ma lui insisteva nel dire che lei era di sua proprietà, e disse che se non gliela avessimo restituita ci avrebbe accusati di furto di bestiame -.
Esmeralda si fermò, e la giullare, che aveva ascoltato ogni parola di quel racconto, si chiedeva ancora cosa centrasse Djali con la questione degli orecchini di Clopin. Inoltre, era molto curiosa di sapere come si fosse risolta quella faccenda. Povera, piccola Djali, pensava Roxanne.
- E poi, cosa è successo? - chiese ansiosa la giullare. Esmeralda allargò un radioso sorriso e si rivolse a suo fratello, che a sua volta sorrise in segno di intesa.
- Mi sembra giusto che sia Clopin a terminare la storia - fece la zingara e allora tutti, compreso la giullare, si voltarono verso il gitano.
Lui fece un sospiro alzando le spalle, come a voler dire " ecco, lo sapevo!", e si mise comodo sul cuscino.
- Djali, qui cheriè! - disse Clopin alla capretta, e quest'ultima trotterellò verso di lui, per poi accucciarsi come un cucciolo proprio in mezzo ai due giullari. Il gitano non perse tempo nel coccolarla con carezze sul manto argenteo, per poi recuperare il filo del racconto.
- Il contadino era sul punto di portare via con la forza Djali, ma prima che fosse troppo tardi sono arrivato io nella piazza. Dopo che mi fu spiegata la situazione, mi sono rivolto a quell'avaraccio in tal modo: Non è possibile che questa capra sia tua. Perché Djali, così si chiama, prima di tutto non appartiene a nessuno. Né a Esmeralda, né tanto meno a te. E' un essere vivente come tutti noi, e come tale ha fatto la sua scelta. Non di diventare la proprietà di qualcuno, ma di essere libera. Libera di andare e vivere, come e con chi vuole lei. Quindi, anche se fosse vero che sia "tua", non cambia nulla. Djali è libera, tanto quanto un gitano. E se ha scelto questa vita, nessuno può tenerla prigioniera. Detto ciò, il contadino se ne andò frustrato, capendo di aver perso la battaglia per soddisfare la sua avarizia. E da quel giorno, questa capretta è diventata parte della famiglia Trouillefou, vivendo libera proprio come un vero membro della Corte dei Miracoli. E per tenerlo presente a tutti in futuro, le ho donato uno dei miei orecchini, come simbolo della sua identità gitana e anima libera -.
La voce di Clopin tacque e la storia era ormai arrivata al suo termine. Mentre tutti i commensali si scambiavano commenti e opinioni tra loro, la giullare osservava quel cerchio dorato che Djali sfoggiava all'orecchio sinistro. Lo aveva già notato in passato, come quando conobbe Esmeralda qualche giorno prima della festa dei Folli. Ma mai avrebbe pensato che quel gioiello appartenesse proprio al re del piazzale.
- Ti è piaciuta la storia? - fece la voce del giullare, e quando Roxanne alzò gli occhi il suo viso si accese di vergogna. Clopin la guardava con uno sguardo furbetto, come a volerle dire che aveva capito tutto e che grazie a quel racconto le avesse dato la risposta che cercava.
"Tranquilla, cheriè, non sono sposato".
- Oui...è proprio una bella storia - rispose lei, con un leggero imbarazzo. A parte la vergogna, la giullare sentiva crescere sempre di più l'ammirazione e la stima per il suo giullare. Nessuno avrebbe fatto un gesto così altruista nei confronti di un semplice animale, e ne era rimasta conquistata. Il gitano stava ancora accarezzando il pelo della capretta, e allora la violinista allungò una mano e si unì a quel semplice gesto di puro calore.
- Quindi in un certo senso, è come se ti fossi sposato con Djali - disse infine lei con una nota ironica.
- Se vuoi metterla così - rise il giullare, mentre continuava ad accarezzare il mantello della capretta - Ma non importa. Se un semplice cerchio dorato ha potuto darle la libertà, del mio apparente status nubile posso anche farne a meno... -.
A quel punto, gli occhi dei due giullari si incontrarono di nuovo, legandosi più che mai. Un forte desiderio di maggiore contatto si accese: le mani dei due si cercavano e si sfioravano, mentre continuavano a plasmare la soffice pelliccia di Djali. Roxanne avvertì un caldo intenso nel suo petto, nelle viscere del suo corpo, e tutto ciò le inebriava la mente, più dello stesso vino che aveva bevuto a cena. Se in quella tenda ci fossero stati solo loro due, probabilmente avrebbero dato voce ai seguenti pensieri custoditi nei meandri delle loro menti:
" Mi piaci, davvero tanto...".
Un improvviso belare esasperato di Djali li fece scuotere da quel torpore, e la capretta saltellò via, lasciando esterrefatti i due giullari, che subito dopo scoppiarono a ridere all'unisono, come due anime in un solo corpo.

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Capitolo 3
*** Un giorno da ricordare ***


            Un giorno da ricordare

Nel cuore del boschetto, dove scorreva il ruscello cristallino, in mezzo alla schiera d’alberi dalle fronde rigogliose, si ergeva in tutta la sua massiccia forma il teatrino mobile del “Sole” e della “Luna”. I due giullari di Parigi, re e regina dei gitani, si stavano per svegliare al primo chiarore dell’alba. Ma per essere precisi, la bella violinista era già in piedi in largo anticipo.  Il motivo? Quello era un giorno molto speciale. Roxanne non perse neanche un secondo. Euforica ed eccitata, indossò la vestaglia color vinaccio, quella che le donava di più. Si lavò la faccia con l’acqua del catino, pettinò i lunghi capelli e infine usò un olio profumato per spalmarlo sulla pelle. Aveva un gran desiderio di farsi bella, per lei stessa, e per lui. Proprio in quel momento, forse avvertendo il dolce aroma di rosa selvatica, il re dei giullari emise un grosso sbadiglio. Sua moglie si precipitò subito sul giaciglio di cuscini, elettrizzata e sorridente. Clopin aveva ancora gli occhi chiusi, ma lei lo baciò dolcemente sulle labbra, come una principessa delle favole intenta a risvegliare il suo principe.
-Bonjour, mon Roi- sussurrò Roxanne, dolce e sensuale al tempo stesso. Suo marito fece un mugugno, con la voce ancora impastata dal sonno. Incredibile, come quel tono vellutato capace di far incantare persino gli angeli, potesse risultare anche roca come un grugno. Ma Roxanne lo trovava adorabile. Finalmente il giullare schiuse gli occhi, stropicciandoli un po’.
-Bonjour- rispose infine, con poco entusiasmo. Lei, allora, gli accarezzò i capelli e disse:
-Sai che giorno è oggi?-.
La violinista, emozionata come non mai, attese trattenendo quasi il respiro. Lui aggrottò la fronte per un breve istante, poi si rilassò emettendo un lieve sospiro.
-Certo- rispose, con la voce ancora strapazzata –è il giorno del nostro spettacolo di inizio estate-.
Il viso della regina gitana si rabbuiò di colpo. Non era possibile che se ne fosse dimenticato…

8 giugno. Nonostante fosse ancora presto per festeggiare l’arrivo dell’estate, al re del piazzale piaceva troppo organizzare spettacoli ed eventi. Forse un po’ troppo. Era quello che stava pensando sua moglie mentre lo vedeva andare avanti e indietro, con addosso il suo costume variopinto, in mezzo alla piazza tra festoni e bandierine. Sembrava così preso e impegnato. Peccato che aveva tralasciato una cosa tanto piccola quanto importante.
-Auguri, cherì- fece all’improvviso una voce, calda e amichevole. Roxanne subito la riconobbe e aprendo un sorriso accolse il suon buon amico campanaro.
-Mercì, Quasi – gli rispose cercando di sembrare felice –Sei stato così carino a ricordartene-.
Se da una parte la bella violinista fosse davvero commossa da quel gesto, dall’altro si sentiva così amareggiata. Il gobbo di Notre Dame,  per via della sua forte sensibilità, percepiva qualcosa di strano nella sua amica. Nonostante sorridesse con le labbra scarlatte di rosso, il campanaro sapeva che dietro alla maschera in merletto bianco si celasse qualche sorta di dispiacere. La conosceva molto bene.
-Qualcosa non va?- le chiese, prendendola contropiede- non mi sembri così entusiasta-.
Roxanne si irrigidì all’istante, ma non voleva confessare nulla. Non poteva far preoccupare Quasimodo e rovinargli quel momento che doveva essere di buon augurio. Così scosse la testa.
-Va tutto bene. Sono solo un po’ stanca. Sai, questi ultimi mesi sono stati sfiancanti- rispose infine.
Quasimodo seguì lo sguardo della giullare e scorse Clopin che correva da una parte all’altra per terminare i preparativi. Sembrava un grillo saltellante e vivace.
-Oh, beh, sì immagino. In fondo siete tornati solo di recente dal vostro ultimo viaggio, per gli spettacoli di Luigi XI-.
Infatti, da quando Rozanne e Clopin erano diventati i giullari personali del re di Francia, la loro vita era diventata più movimentata e caotica. Ma anche quel genere di stile, per quanto potesse sembrare pieno di soddisfazioni e benefici, aveva il suo rovescio della medaglia. Non per lamentarsi, ma la giullare dagli occhi vermigli sentiva che qualcosa era cambiato, almeno negli ultimi periodi. Suo marito, specialmente. Non sapeva come spiegarlo, ma lo sentiva così distante e distratto. Si chiedeva spesso, ogni volta che terminavano uno spettacolo alla corte reale, se fosse solo per il troppo lavoro accumulato o forse ci fosse sotto qualcosa.
-Ora devo andare- fece Quasi, richiamando l’attenzione della sua amica –Tra poco inizierà la seconda messa mattutina e devo correre al campanile per suonare la Grand Marìe. Ci vediamo più tardi alla Corte dei Miracoli. A bientò!-.
-Cert0, a stasera!- lo salutò lei, con un cenno della mano. Solo dopo che il campanaro si allontanò la violinista spense il sorriso e tornò ad essere cupa, mentre i suoi pensieri tornarono a vagare nei meandri dell’incertezza. Purtroppo, il re dei giullari era troppo occupato per rendersene conto.

La metà della giornata passò in un lampo. Lo spettacolo fu un gran successo, grazie all’abilità e alla creatività dei due regnanti della piazza. Dopo aver viaggiato in altri paesi e città della Francia, ormai la loro fama si era sparsa in tutto il territorio. I giullari di Luigi “il prudente”, così venivano chiamati. Forse per Clopin quello era motivo di vanto. Una carriera che mai aveva sognato nella sua umile vita da gitano. In quei tre mesi aveva speso tutto, tempo ed energie, per concentrarsi sul suo nuovo ruolo. Ma per Roxanne, che fino a quell’ultimo periodo aveva condiviso con gioia e soddisfazione i traguardi raggiunti col suo amato sposo, tutta quella situazione le sembrava “troppo” oramai.  E lei ne stava pagando le conseguenze. Come quello stesso giorno che stava vivendo così diversamente da come se lo era immaginato.  Poi, una coppia di volti a lei familiari la fece destare dal suo triste torpore.
-Bonsoir, carissimi- disse Esmeralda che portava in braccio il piccolo Zephyr, suo figlio.
-Come va, piccioncini?- fece Febo con i suoi soliti modi per stuzzicare il cognato.
Roxanne li salutò entrambi con calore. Inoltre, il visino dolce e paffuto del nipotino era riuscito a rallegrarla. Anche Clopin, dopo essersi cambiato d’abito fu lieto di vederli.
-Che bello ricevere la vostra visita- disse tutto ad un fiato il giullare – ma scusate devo assentarmi-.
-Eh, perché tutta questa fretta?- gli chiese sua moglie, stranita e incredula. Non era da lui andarsene così, specialmente quando c’era sua sorella Esme e il piccolo Zephyr. Senza offesa per Febo, ovvio.
- Ahm, devo scappare da Marcell. Deve consegnarmi alcune cose, per conto del Re – rispose lui, con un tono freddo e distaccato. Senza dare molta importanza  alla sua amata regina, il gitano salto giù dal carretto e corse via sparendo in mezzo alla folla. Roxanne avvertì una pugnalata al petto.
-Ehm, va tutto bene, cherì? – le chiese Esme mentre cercava di decifrare quella strana scena.
A quel punto, la violinista dovette raccogliere tutto il suo coraggio per nascondere il dispiacere.
-Certo. In questi giorni Clopin è molto indaffarato. Sapete com’è?- disse, giocherellando con le ciocche dei capelli.
-L’abbiamo notato. Caspita, non si è nemmeno innervosito quando ho aperto bocca – aggiunse Febo, con tono incredulo. Esme dal canto suo era molto perplessa. La cosa non la convinceva.
-Comunque, auguri. Cento di questi giorni! – esclamò Febo – pronta per la cena di stasera? Esme ha organizzato una cena coi fiocchi. Ci sarà anche la torta di mele -.
A quella notizia Roxanne ne fu contenta, soprattutto per il dolce, il suo preferito. E quello di Clopin.
La giullare fece un cenno col capo deciso, e in cuor suo sperò che almeno quella sera il suo amato re del piazzale si sarebbe ricordato di lei…

Quella sera, alla Corte dei Miracoli, l’atmosfera era festosa e gioiosa. Giustamente si trattava pur sempre del compleanno della Regina degli zingari. Da quando Roxanne aveva sposato il capo di quel rifugio, si era presa una grande responsabilità. Essere la moglie di Clopin Trouillefou significava prendersi cura di un’intera popolazione. Ma la giullare di origini veneziane non ne fu mai spaventata. Avendo Clopin accanto era certa di superare qualsiasi prova. Lei lo amava tantissimo. E anche lui l’amava. O almeno, lei sperava che fosse ancora così…
Dopo essersi esibita, accompagnata dal suo inseparabile violino, Roxanne accolse i suoi affezionati sudditi che la ricoprirono di doni di ogni tipo. I bambini le ornarono i capelli con fiori di campo e gli anziani la benedirono con solenni preghiere. Tutto era meraviglioso. Il calore della sua gente, dei suoi amici, le riscaldava il cuore. Ma in mezzo a tanti volti sorridenti, lei non riusciva a vedere quello che tanto cercava. Era tremendamente in ritardo. Ormai la cena stava per cominciare. E infatti, nell’arco di pochi minuti, un suono di flauto avvisava che era pronto in tavola.
-Roxanne, dov’è Clopin? – chiese Quasimodo guardandosi intorno. La giullare scosse la testa, non sapendo cosa rispondere. In effetti, nella tenda violacea dove ci si radunava per i pasti, del re della Corte non vi era la minima traccia. La cena non poteva incominciare senza di lui. A un certo punto apparve un sottoposto di Clopin. Portava con sé un messaggio personale per la Regina.
La giullare, scossa dalla curiosità e dall’ansia, lesse in silenzio il messaggio. Diceva semplicemente:
“Mi dispiace, mia Regina, ma non posso essere presente stasera alla Corte. Sono stato trattenuto da un impegno urgente. Ci vediamo dopo”.
Un messaggio inaccettabile. Una sterile giustificazione. Il cuore della giullare si stava increspando dal dolore. Era insopportabile. Tristezza, delusione e rabbia si stavano mescolando dentro di lei.
-Roxanne…?- fece la voce cauta di Esmeralda, mentre le poggiava una mano sulla spalla. Ma la regina dei giullari non emise un lamento. Si limitò a stringere la pergamena tra le mani. I suoi occhi erano offuscati, ma la sua mente era ancora lucida. Alla fine, prese una decisione, anche se un po’ drastica.
-Perdonatemi, ma dovrete continuare senza di noi – disse fermamente la regina. Alzandosi dal suo posto, lasciò senza fiato tutti i commensali. La sorpresa fu così grande che nessuno osò proferire parola. La violinista si scusò nuovamente con un profondo inchino, per poi uscire dalla tenda senza dare altre spiegazioni.
-Ma cosa sta succedendo…?- chiese a bassa voce Febo, rivolgendosi a sua moglie Esme. Ma presto tutto fu chiaro, quando lo stesso uomo che aveva portato quel messaggio, tese la mano verso la zingara dagli occhi smeraldo. Era un altro messaggio. Esme lo lesse in silenzio e poco dopo un sorriso beffardo si curvò sul viso.
-Che pazzo…!-.

La giullare, spinta da una forza interiore, si allontanò e si lasciò alle spalle la Corte dei Miracoli. Da sola uscì fuori dal cupo cimitero. Percorse le stradine di Parigi e infine arrivò alle porte della città. Il sole era da poco tramontato, e le splendide fiamme rosso arancio si addensavano con il viola indaco della sera imminente. Era uno spettacolo da mozzare il fiato. Ma lei non aveva tempo da perdere. Non era certa di trovare il suo sposo già a “casa”, ma era stanca di indugiare oltre. La rabbia la stava spingendo verso quel luogo a lei tanto caro. Avrebbe fatto sentire la sua voce, avrebbe chiesto spiegazioni, esigeva la verità. Il suo cuore non poteva più sopportare l’incertezza, ingabbiato nell’ignoto. Ma quando arrivò a destinazione per un attimo rimase allibita. Davanti ai suoi occhi si presentava una scena stupefacente, ancor più bella ed emozionante del tramonto sulla Senna. Il teatrino mobile era stato addobbato esteriormente con bandierine e drappi di colore rosso. Le lanterne appese ai ganci vicino alle finestre erano accese e creavano giochi di luce, in pieno contrasto con il crepuscolo della sera. Infine, una scia di petali rossi scorreva lungo il terreno fino ai gradini del carretto. Era come se la invitassero a entrare. Col cuore colmo di emozione, si fece coraggio e aprì la porta del teatrino. Appena entrò nella stanza, i suoi occhi si spalancarono dallo stupore. Anche l’interno del carretto era stato decorato nei minimi particolari. Come ad esempio il giaciglio di cuscini che era stato sostituito con un “letto” di rose rosse. La luce delle candele sfumava i contorni donando un’atmosfera sognante e nell’aria vi era un penetrante profumo floreale. Roxanne non potè che rimanerne affascinata.
-Bentornata, ti stavo aspettando- fece una voce pacata e soffice. Girandosi verso il separè, vide un’ombra e l’immagine chiara del suo giullare si presentò al suo cospetto. I loro sguardi si incrociarono per un lungo momento. La giullare conosceva così bene quei occhi color carbone, ma dopo tanto tempo, e non capiva da quanto, le sembrava di incontrarli per la prima volta. E il suo cuore si infiammò di nuovo. Alla fine fu lo zingaro a rompere quel pesante silenzio.
-Hai ricevuto il mio messaggio- fece lui, smorzando un mezzo sorriso –sapevo che mi avresti raggiunto subito -.
In quel momento, alla violinista le venne in mente il motivo per cui era lì. La rabbia e l’orgoglio tornarono a infuriare come una tempesta nel suo animo.
-Perché, Clopin?- chiese lei, arrabbiata- perché hai fatto tutto questo? Che c’è, vuoi farti perdonare per aver dimenticato un giorno così importante per me?-.
Il giullare scosse il capo.  Fece qualche passo avanti verso sua moglie.
-Non l’ho dimenticato- disse senza timore –non voglio farmi perdonare per questo. Ma per come ti ho trattata nell’ultimo periodo -.
Le candele nella stanza tremolarono leggermente. Clopin si stava avvicinando ancora di più.
-Lo so bene. So che di recente sono stato troppo concentrato su me stesso, sugli spettacoli, su tutto quello che re Luigi ci ha offerto. Ed ero felice, non solo per soddisfazione personale. Ma perché c’eri tu al mio fianco-.
Clopin fece una pausa. Roxanne era rimasta chiusa nel suo mutismo. Sentiva ancora il rancore bollirle nelle vene, ma aspettò con pazienza.
-Ma sai, anche io mi sono accorto che stavo sbagliando in qualcosa. Ti ho dato per scontata. Ho dato tutto per scontato. E così sono diventato freddo, distaccato, assente. Non mi ero accorto che ti stavo trascurando, anche nelle più piccole cose-.
Fermandosi a metà strada, al centro della stanza, Clopin sospirò inerme. Era molto dispiaciuto.
-Lo so che non merito subito il tuo perdono, ma volevo a tutti i costi che questa serata fosse perfetta per la donna più bella, la regina più coraggiosa, la creatura più splendente che abbia mai conosciuto-.
A quel punto tutto fu chiarito. In realtà, Clopin aveva pianificato fin dal quel mattino la sua sorpresa per il compleanno di Roxanne. Lo spettacolo, Marcel, e soprattutto “l’impegno” era tutto un pretesto. La giullare, nonostante il dispiacere che aveva subito, ripensò a ciò che aveva ascoltato.
-Prima che mi cacci via da questo teatrino a calci, lascia che ti faccia gli auguri- disse e fece un inchino degno di un principe di un grande reame. Il viso della violinista arrossì. I suoi occhi celavano lacrime trattenute. Il suo cuore stava scoppiando di una felicità soffocante. Lo amava tantissimo. E, ora lo sapeva, anche lui l’amava altrettanto.
-Hai rinunciato alla cena…alla torta di mele, per fare tutto questo…per me?-.
La voce tremolante, scossa da un leggero risolino di Roxanne era dolce come il miele.
-Mon cher, per te rinuncerei a tutte le torte del mondo per renderti felice-.
Senza dargli il tempo di aggiungere altro, la violinista lo raggiunse correndo. Si tuffò tra le braccia del suo unico amore. Si strinsero con un trasporto come se si fossero persi durante una lunga battaglia.
Il loro bacio fu un esplosione di passione e tenerezza. Poi si guardarono negli occhi.
-Ha fame, mon Roi?...- chiese lei sottovoce, come per nascondere un segreto. Lui rise e le rispose.
-Molto…mia signora…-.
Senza ulteriori parole, i due giullari si svestirono di ogni incertezza, dubbio, e ogni drappo superfluo che li divideva. Si unirono su quel giaciglio che avevano condiviso da sempre, ma che quella notte appariva così nuovo. Si amarono come non avevano fatto da tanto tempo. E fu meraviglioso. Nella loro frenetica danza si sussurrarono parole mai udite, mentre negli sguardi traboccava un amore morto, ma rinato sotto spoglie ancor più belle. Infine, stanchi e soddisfatti si concessero un attimo di pace. Non avevano bisogno di confermare il loro amore con le parole, bastava la dolcezza dei loro gesti.
Roxanne sollevò la testa dal petto di lui e gli solleticò il pizzetto come al suo solito. Ma prima che potesse dire qualcosa, Clopin le accarezzò il viso armonioso e con occhi ammaliati disse:
-Buon compleanno, ma Reine-.
     

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