The Umbrella Academy and The Morgana Order: dawn of new heroes di __Dreamer97 (/viewuser.php?uid=542786)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 0 ***
Capitolo 2: *** SELEZIONE OC ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 5.1 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 5.2 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 9 ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 10 ***
Capitolo 14: *** AVVISO IMPORTANTE ***
Capitolo 1 *** CAPITOLO 0 ***
CAPITOLO
0
Era
da poco appena passata la mezzanotte quando Felikz rientrò a
casa. Silenzioso,
cercò di fare il meno rumore possibile per non svegliare
Richard McKinnon,
famoso mago che aveva partecipato ad entrambe le battaglie contro il
Signore Oscuro
e in lizza per essere il nuovo Ministro. Era certo che, se si fosse
svegliato,
il padre lo avrebbe sgridato, iniziando a dirgli cose come
“Non sei più un
bambino, Numero Sette, devi prenderti le tue
responsabilità…” e baggianate
varie. Il ragazzo sorrise tristemente, ripensando a quanto si divertiva
ai
tempi dell’Umbrella Academy, il gruppo che il patrigno aveva
formato per
proteggere il mondo magico e il mondo dei babbani dal male.
Ripensò ai suoi
compagni, i suoi fratelli di vita, che però avevano deciso
di andarsene
dall’Istituto, probabilmente per scappare dal padre, compreso
Numero 1, che era
sempre stato un punto fisso per lui. Così, Numero Sette
aveva deciso di
rimanere a Villa Olympus, complice il suo cuore buono e il suo animo
gentile.
Anche Numero Tre sarebbe voluto rimanere, ma Numero Quattro glielo
aveva
impedito, portandoselo via senza lasciar segno.
Preso
com’era dai suoi pensieri, non si accorse del mobile di
fronte a lui, finendoci
contro causando parecchio trambusto. Un’imprecazione gli
uscì dalle labbra,
mentre iniziava a massaggiarsi il fianco. Un rumore lo portò
ad alzare lo
sguardo verso le scale, dove vide la Signora Davis, la domestica e
Libby,
l’elfo domestico, che cercavano di capire cosa fosse
successo. Non appena si
accorse del ragazzo, la Signora Davis sorrise dolcemente.
-Felikz, sei
sempre il solito! Come minimo tuo padre
te ne dirà di tutti i colori! - Numero Sette
ridacchiò, aspettandosi il padre
arrivare di gran lena. Tuttavia, nel non sentire alcun rumore, si
preoccupò:
che fosse in missione? Impossibile, non usciva dalla Villa dal
dodicesimo
compleanno dei fratelli. Preoccupato, afferrò la sua
bacchetta e salì di corsa
le scale, dirigendosi verso l’ufficio di suo padre, seguito
dalla Signora
Davis. Arrivato davanti alla porta, iniziò a bussare con
insistenza, sperando
di svegliare il padre. Tuttavia, non ottenne risposta. Deciso
più che mai,
chiuse gli occhi, cercando di richiamare a sé il suo potere,
che la miracolosa
nascita gli aveva assegnato. Appena aprì gli occhi, si
ritrovò davanti un
portale, che permise a lui, alla domestica e all’elfo di
entrare nell’ ufficio
di suo padre. Ritrovandosi al buio, si occupò di illuminare
la stanza. Ciò che
si ritrovarono davanti li paralizzò: seduto alla sua
scrivania, Richard McKinnon
stava seduto privo di vita, con un coltello nel petto. Mentre la
Signora Davis
iniziava a gridare e Libby cercava di sostenerla prima che svenisse,
Felikz si
diresse immediatamente verso il corpo, cercando di trovare qualcosa che
gli
facesse capire il colpevole. Non trovando nulla, Felikz si
girò verso la
domestica, che guardava spaventata il corpo senza vita del suo ex
datore di
lavoro.
-Signora Davis,
Libby, andate ad avvertire il Ministero:
Richard McKinnon è stato assassinato. - non appena la
domestica e l’elfo corsero
fuori dalla stanza, il ragazzo cominciò a camminare avanti e
indietro, cercando
di farsi venire un’idea. Poi, qualcosa gli balzò
in testa: si tirò su la manica
del braccio sinistro dove, opposto al tatuaggio dell’Umbrella
Academy, stava
raffigurato il suo Tarocco, La Ruota della Fortuna. Numero Sette
osservò la
figura, ricordandosi di quando, con i suoi fratelli e sorelle, avevano
scelto
di assegnarsi le carte dei Tarocchi, in modo da creare più
unione tra loro. Vi
appoggiò sopra la bacchetta, facendo sì che il
simbolo si illuminasse. Sospirò,
sapendo di non poter più tornare indietro:
l’Umbrella Academy era stata
convocata.
Gabriel
McKinnon era certo di una cosa, ovvero di essere stato fortunato a
nascere con
il dono della polvere dorata. Lavorando a stretto contatto con i
bambini,
Numero Tre aveva il potere di creare i sogni, proteggendoli
così dagli incubi. Dopo
essersene andato dalla sua casa di infanzia, era riuscito ad ottenere
un posto
nell’Ospedale Magico di Edimburgo, cominciando a lavorare nel
reparto
pediatrico, non stancandosi mai del suo lavoro.
Era appena
passata la mezzanotte quando entrò nel suo
appartamento, stanco dopo un turno durato otto ore. Tuttavia, notando
la luce
della cucina accesa, si accigliò: era insolito trovare
Numero Quattro sveglio
ad aspettarlo oppure a casa, visto i turni che faceva al pub.
Dirigendosi in
cucina, notò il fratello intento a preparare quella che
doveva sembrare una
pizza che però sembrava qualcosa appena uscito dal peggior
bar dei bassifondi scozzesi.
-Mi spieghi cosa
diamine stai facendo? - distratto
dalla voce, l’altro ragazzo si girò verso di lui,
facendolo sentire a disagio.
Gabriel e Cameron erano gli unici veri fratelli di sangue
dell’Umbrella
Academy: nati dalla stessa madre, non si era mai riuscito a capire il
perché di
questo curioso fatto. Persino i loro poteri erano uguali, ma se Numero
Tre
creava i sogni, al contrario Numero Quattro creava incubi. Cameron fece
per
rispondere, ma un forte dolore al braccio sinistro colpì
entrambi nel medesimo
istante. Gabriel si tirò immediatamente sù la
manica della maglia, rivelando
così La Temperanza, quattordicesimo Tarocco degli Arcana
Maggiori. Alzò lo
sguardo verso il gemello, che intanto aveva scoperto La Morte,
tredicesima
carta dei Tarocchi e suo simbolo. Entrambi capirono immediatamente di
cosa si trattasse.
-L’Umbrella
Academy è stata convocata.
-È
successo, è stato assassinato! - Emanuel smise
immediatamente di guardare i fascicoli che aveva sulla scrivania,
alzando lo
sguardo verso la ragazza appena entrata nel suo studio.
-Chi
è stato assassinato? - domandò. Katrina, dopo
aver ripreso fiato per la lunga corsa, rispose.
-Richard
McKinnon. - alle parole della strega, il
ragazzo si alzò di scatto dalla sua scrivania, sconvolto.
Dopo qualche minuto
di silenzio, piantò gli occhi in quelli della ragazza.
-Alla fine, ce
l’hanno fatta. Corri ad avvertire gli
altri, dobbiamo subito metterci al lavoro. -
-E i ragazzi
dell’Umbrella Academy? Numero Sette li ha
convocati. Non dovremmo dirglielo? - Emanuel rifletté un
attimo, prima di dare
una risposta.
-Non possiamo
rivelare la nostra esistenza, ci sono
cose che non possono sapere. Ora va’, fa presto. - Katrina
annuì e, com’era
venuta, se ne andò di corsa.
ANGOLO AUTRICE
Buonsalve,
signore e signori! Ho appena chiuso le mie
vecchie storie per perdita di interesse e mi dispiace un sacco, ma con
questa
so che non mollerò! Innanzitutto, benvenuti in questa mia
nuova avventura! The
Umbrella Academy è una serie tv che mi ha preso un sacco,
tra l’altro sta per
uscire la seconda stagione e non vedo l’ora! Ho pubblicato
questa storia anche
su Shadowhunters, ma con caratteristiche differenti: ho dovuto cambiare
il potere
di Numero Sette perché i maghi hanno la capacità
di smaterializzarsi; quindi,
il suo potere sarebbe stato alquanto inutile.
Come
avrete capito, il fondatore dell’Umbrella Academy
è stato assassinato e
toccherà ai nostri ragazzi capire cosa è
successo! Quindi, potete inviare due
categorie di personaggi: i primi sono ovviamente i ragazzi
dell’Umbrella
Academy, mentre i secondi fanno parte dell’Ordine di Morgana,
un gruppo di
maghi e streghe che lavorano sull’omicidio come
l’Umbrella Academy. In caso
scegliate il secondo tipo di personaggio, vi dovrò inviare
tutte le
informazioni, ovvero perché stanno indagando,
ecc.…
Ecco le mie note:
-non accetto
licantropi, vampiri e altre creature
strane, preferirei rimanere solo su maghi e streghe perché
mi viene più facile
trattare solo loro (in caso qualcuno voglia una creatura strana
c’è sempre
l’altra interattiva XD);
-potete inviare
al massimo tre Oc, basta che siano di
sesso, fazione e orientamento differenti, per variare un po’;
-l’idea
dei Tarocchi mi è venuta da un’interattiva che
sto seguendo (tra l’altro ho chiesto all’autrice e
non si tratta di plagio). I
Tarocchi sono il modo che hanno i membri per comunicare tra di loro,
una sorta
di simbolo di unione. Vi consiglio di prenderne in considerazione
almeno due o
tre, perché se ho due personaggi che mi piacciono con la
stessa carta posso
decidere di cambiarla a uno;
-Niente Mary
Sue/Gary Sue;
-i membri
dell’Umbrella Academy hanno la stessa età,
ovvero 25 anni, mentre i membri dell’Ordine possono andare da
24 a 35 anni;
-i poteri non
devono essere ultra-mega potenti, siate
coerenti su questo fatto, ma soprattutto: sbizzarritevi!
-essendo
un’interattiva, vi farò delle domande ogni
tanto: gli autori che non risponderanno per tre capitoli di fila, fatta
eccezione
per chi ha problemi e me lo comunicherà, si ritroveranno con
i loro personaggi
espulsi dalla storia.
-ovviamente,
andando avanti con la storia, i due
gruppi si incroceranno, ma per i primi capitoli ovviamente no.
Ricordate: i
membri dell’Ordine possono conoscere o aver frequentato
Hogwarts insieme a loro
(basatevi in base all’anno di nascita che ho dato), ma i
membri UA non
conoscono la loro identità.
Questi sono i
Tarocchi, tra i quali potete scegliere:
Persona spontanea,
originale,
intraprendente, ma imprevedibile.
Persona determinata,
pianificatore, intelligente ma arrogante.
Persona paziente,
studiosa, intuitiva, ma diffidente.
Persona materna,
creativa, dolce, ma gelosa.
Persona paterna,
lungimirante, stabile, ma egocentrico.
Persona coscienziosa,
una guida, generosa, ma orgoglioso.
Persona passionale,
audace, tenace, ma vanesia.
Persona avventurosa,
carismatica, coraggiosa, ma impulsiva.
Persona sincera,
leale,
arguta, ma pignola.
Persona saggia,
paziente, leale, ma schiva.
- LA RUOTA DELLA FORTUNA già occupato
Persona carismatica,
indipendente, furba, ma competitiva.
Persona tenace,
combattiva, magnetica, ma irascibile.
Persona versatile, originale,
simpatico, ma incostante.
Persona risoluta,
stratega, meticolosa, ma materialista.
- LA TEMPERANZA
già occupato
Persona diplomatica,
ottimista, altruista, ma timida.
Persona magnetica,
ironica, ambiziosa, ma vendicativa.
Persona
anticonvenzionale, autonoma, volitiva, ma testarda.
Persona loquace,
allegra, onesta, ma indelicata.
Persona calma,
amorevole, pratica, ma pigra.
Persona coraggiosa,
carismatica, simpatica, ma possessiva.
Persona onesta,
protettiva, altruista, ma permalosa.
Persona
affascinante, autorevole, audace, ma lunatica.
E
questi sono i dati che mi servono:
OC UMBRELLA
ACADEMY
Nome e cognome:
Paese
di nascita:
Nome
in codice:
Ex-casa:
Aspetto
fisico:
Prestavolto:
Carattere:
Potere:
Percorso
scolastico:
Tarocco
ad esso associato?
Paure
e debolezze:
Passioni
e talenti:
Orientamento
sessuale:
Pregi
e difetti:
Bacchetta:
Patronus:
Amortentia:
Molliccio:
Rapporto
con Richard:
Rapporto
con Felikz, Cameron e Gabriel:
Ama
e odia:
Amicizie/inimicizie:
Relazione
(da chi potrebbe essere attratto? Ha una relazione al momento? Volete
che abbia
un qualcosa con uno dei cinque Oc presentati? Ogni dettaglio serve al
fine di
descrivere al meglio il vostro Oc):
Cosa
ha fatto dopo essersene andato dall’Umbrella Academy?
Cosa
ne pensa della riunione organizzata? (è contento? Non vuole
rimanere? Vuole
scoprire cos’è successo?)
Canzone
che lo rappresenta?
Frase
che lo rappresenta?
Altro:
OC ORDINE DI
MORGANA
Nome:
Cognome:
Nome in codice:
Età
(dai 24 ai 35 anni):
Nazionalità:
Ex-casa:
Aspetto:
Prestavolto:
Carattere:
Percorso
scolastico:
Paure e
debolezze:
Passioni e
talenti:
Orientamento
sessuale:
Pregi e difetti:
Bacchetta:
Patronus:
Amortentia:
Molliccio:
Cosa pensa
dell’Umbrella Academy (possono anche averci
avuto a che fare):
Cosa pensa di
Richard McKinnon:
Ama e odia:
Amicizie/inimicizie:
Relazione (da
chi potrebbe essere attratto? Ha una
relazione al momento? Volete che abbia un qualcosa con uno dei cinque
Oc
presentati? Ogni dettaglio serve al fine di descrivere al meglio il
vostro Oc):
Canzone che lo
rappresenta:
Frase che lo
rappresenta:
Altro:
Ed ecco i miei
Oc:
Richard
McKinnon, deceduto
Mago di grande
prestigio, ha deciso di occuparsi del
caso dei bambini nati in circostanze misteriose. Tuttavia, non
è stato un padre
esemplare: trattava i bambini come degli esperimenti, per capire le
loro
capacità e abilità. Non ha mai voluto nemmeno
rivolgersi a loro con i nomi
affidati loro dalla domestica, ma sempre con i numeri. È
stato un uomo burbero,
severo e autoritario, del tutto sconosciuto ai gesti
d’affetto.
Felikz
McKinnon, Numero Sette
Foxy
| Australia | omosessuale | portal creation | La Ruota della Fortuna
Bacchetta
di frassino, 11 pollici, flessibile, nucleo di crine di unicorno
Numb
– Linkin Park
Il
momento giusto è all’improvviso.
È
il terremoto dell’Umbrella Academy: sbadato, maldestro e
distratto, ha come
unico obiettivo quello di far sorridere i suoi fratelli. Ha un animo
buono, per
questo ha deciso di rimanere con il padre. Ha sempre delle idee
strampalate e
ne combina sempre una. Nonostante ciò, è molto
furbo e competitivo, non ha mai
perso una sfida e cerca sempre di pensare ad una buona soluzione, anche
se poi
finisce per seguire l’istinto.
Gabriel
McKinnon, Numero Tre
Morpheus
| Scozia | omosessuale | dream control | La Temperanza
Bacchetta
di biancospino, 23 pollici, flessibile, nucleo di piuma di fenice
Castle
of Glass –
Linkin Park
Non
ho particolari talenti, sono soltanto
appassionatamente curioso.
Gabriel
è molto timido, difficilmente si apre con
le persone. Preferisce un buon libro piuttosto che stare in compagnia.
Ama
scrivere poesie, soprattutto di notte visto che, dato il suo potere,
non riesce
a dormire ad orari umani. Di solito, vegliava sui sogni dei suoi
fratelli. È
attaccatissimo a Cameron, il suo gemello nonché Numero
Quattro e ha paura di
perderlo. Lavora come medimago in un reparto pediatrico, dove aiuta i
bimbi con
il suo potere.
Cameron
McKinnon, Numero Quattro
Phobos
| Scozia | pansessuale | nightmare control | La Morte
Bacchetta
di mogano, 20 pollici, rigida, nucleo
di capelli di veela
In
the end
– Linkin Park
Non
c’è niente di più contagioso di una
risata.
Cameron
è l’esatto opposto di Gabriel: impavido,
sfacciato ed egocentrico, niente lo spaventa, complice anche il fatto
di saper
causare incubi nelle persone. Il suo unico punto debole sembra essere
Gabriel,
che protegge anche a costo della vita. È stato uno dei primi
ad andarsene
dall’Istituto, trascinando poi il gemello. Lavora in un pub
babbano come
barista. Non offenderlo o toccare le persone a cui tiene: diventa
crudele e
spietato.
Emanuel
Hedervary, 28 anni
Thanatos
| Ungheria | bisessuale | Capo dell’Ordine di Morgana
Bacchetta
di Tiglio, 13 pollici e mezzo,
sufficientemente elastica, nucleo di corda di cuore di drago
Monster – Skillet
I’m in the mood for
some chaos.
A
capo dell’Ordine di Morgana, Emanuel
è un mago ambizioso e astuto, difficilmente si fa fregare.
Ex-Serpeverde, non
si ferma davanti a niente; infatti, è se si pone un
obiettivo cercherà in tutti
i modi di realizzarlo. Vero manipolatore, sa convincere la gente a
farsi dire
quello che vuole. Ma attenzione: nonostante sia il capo, arriva sempre
in
ritardo agli incontri.
Katrina
Arlovskaya, 28 anni
Medusa |
Bulgaria | eterosessuale | Vicecapo dell’Ordine di Morgana
Bacchetta
di Cipresso, 12 pollici,
elastica, nucleo di capelli di veela
Pretty Little Psycho – Porcelain Black
B.I.T.C.H. : Beautiful, intelligent,
talented, charming and hot.
Non
fatevi ingannare dal suo bel
faccino: sa essere spietata e crudele. Compagna di casa di Emanuel e
migliore
amica di quest’ultimo, lo ha sempre appoggiato nelle sue
scelte, anche in
quelle che prevedevano soluzioni “tragiche”.
Nonostante ciò, è gentile con le
persone a cui vuole bene e si occupa dell’addestramento dei
più giovani.
Esperta di incantesimi, sul campo da battaglia è una vera
guerriera.
Perfetto,
spero di avervi
intrigato con questo prologo. Ci
vediamo
alla prossima! Bacioni,
__Dreamer97
|
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Capitolo 2 *** SELEZIONE OC ***
SELEZIONE OC
Benvenuti
a tutti! Con un giorno di anticipo, ecco qua la selezione! E’
stato davvero
difficile scegliere i personaggi, perché erano tutti davvero
molto belli, ma
questi sono quelli che mi interessavano di più. Non sono
riuscita a soddisfare
tutti per quanto riguarda i numeri e le carte ma ho fatto il possibile.
Spero
li amiate come sto facendo io!
THE UMBRELLA
ACADEMY
Richard
McKinnon, deceduto
Mago di grande
prestigio, ha deciso
di occuparsi del caso dei bambini nati in circostanze misteriose.
Tuttavia, non
è stato un padre esemplare: trattava i bambini come degli
esperimenti, per
capire le loro capacità e abilità. Non ha mai
voluto nemmeno rivolgersi a loro
con i nomi affidati loro dalla domestica, ma sempre con i numeri.
E’ stato un
uomo burbero, severo e autoritario, del tutto sconosciuto ai gesti
d’affetto.
Fëdor
McKinnon, Numero Uno
Kratos
| Russia | Ex Serpeverde |
eterosessuale | Enhancement
Il Diavolo
Bacchetta di
tasso, 12 pollici,
rigida, nucleo di corda di cuore di drago
Detroit Rock City
– Kiss
La mia ambizione
è diventare un
campione dei duelli per proteggere la mia famiglia e non mi
fermerò davanti a
nulla pur di ottenere quel titolo.
Fëdor
è un ragazzo molto ambizioso,
tenace e combattivo. Gli piace combattere seguendo un codice
d’onore, infatti
detesta chiunque sia sleale in un duello. Se lo si offende o lo si
prende in
giro diventa irascibile, sia fuori che all’interno dei
duelli. Se qualcuno se
la prende con i deboli o con un membro della sua famiglia diventa
vendicativo.
Nonostante sia Numero Uno, non è incline al comando.
ELIMINATO
Emerald
McKinnon, Numero Due
Gattopardo |
Cuba | Ex Serpeverde |
bisessuale | Metamorphosis
La Forza
Bacchetta di
agrifoglio, 9 pollici e
¾, leggermente flessibile, nucleo di corda di cuore di drago
No New Friends
– LSD
La vita
è come quando vai dal parrucchiere; tu gli
dici cosa ti piacerebbe e lui fa quel cavolo che vuole.
Emerald sa di
essere bella, è egocentrica e cerca in
tutti i modi di stare al centro dell’attenzione. Inoltre,
è molto sicura di sé,
non si ferma davanti a niente ed è una persona che ama la
libertà. Perde subito
la pazienza, ama le persone schiette e odia le persone pignole e che
credono di
sapere tutto. E’ un ottima ballerina. Non amante della
scuola, ha trovato
lavoro presso I Tiri Vispi Weasley, a detta sua “un lavoro
adatto a lei”. Mai
farla arrabbiare se non si vuole fare una brutta fine.
Gabriel
McKinnon, Numero Tre
Morpheus
| Scozia | Ex Corvonero |
omosessuale | Dream Control
La Temperanza
Bacchetta
di biancospino, 23 pollici, flessibile, nucleo di piuma di fenice
Castle of Glass
– Linkin Park
Non
ho
particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso.
Gabriel
è molto timido, difficilmente si apre con le persone.
Preferisce un buon libro
piuttosto che stare in compagnia. Ama scrivere poesie, soprattutto di
notte
visto che, dato il suo potere, non riesce a dormire ad orari umani. Di
solito,
vegliava sui sogni dei suoi fratelli. E’ attaccatissimo a
Cameron, il suo
gemello nonché Numero Quattro e ha paura di perderlo. Lavora
come medimago in
un reparto pediatrico, dove aiuta i bimbi con il suo potere.
E’ un Legilimens
ma non ha mai usato questa capacità sui suoi fratelli e
sorelle.
Cameron
McKinnon, Numero Quattro
Phobos
| Scozia
| Ex Serpeverde | pansessuale | Nightmare Control
La
Morte
Bacchetta
di mogano, 20 pollici, rigida, nucleo di capelli di veela
In
the
end
–
Linkin Park
Non
c’è
niente di più contagioso di una risata.
Cameron
è l’esatto opposto di Gabriel: impavido, sfacciato
ed egocentrico, niente lo
spaventa, complice anche il fatto di saper causare incubi nelle
persone. Alle
parole preferisce i pugni e dove c’è una rissa lui
è di sicuro coinvolto. Il
suo unico punto debole sembra essere Gabriel, che protegge anche a
costo della
vita. E’ stato uno dei primi ad andarsene
dall’Istituto, trascinando poi il
gemello. Lavora in un pub babbano come barista. Non offenderlo
o toccare le persone a cui tiene: diventa crudele e spietato.
Ophelia
McKinnon, Numero Cinque
Flowers
| Stati Uniti | Ex Corvonero |
pansessuale | Weather
Manipulation
Il Mondo
Bacchetta di
abete, 13 pollici,
rigida, nucleo di piuma di fenice
What About Us
– P!nk
Tutti i nostri
sogni possono
realizzarsi se abbiamo il coraggio di inseguirli.
Ophelia
è una ragazza affascinante,
arguta e audace. Ha un grande ingegno e sa riparare di ogni, dai
giocattoli dei
fratelli all’orologio a pendolo del padre. E’ molto
esigente con gli altri ma
soprattutto con sé stessa. E’ abbastanza lunatica
e nessuno capisce quando e
come cambierà umore. Lavora duro per ogni cosa, non le piace
giocare sporco ed
è sempre sincera. Quando inventa o ripara qualcosa ha
l’abitudine di legarsi i
capelli con un nastro azzurro.
ELIMINATO
Oberon Ulrich
Merlin McKinnon, Numero
Sei
Shakespeare
| Irlanda | Ex Grifondoro | pansessuale | Object Manipulation
Gli Amanti
Bacchetta di
corniolo, 13 pollici e
¾, leggermente elastica, nucleo di corda di cuore di drago
Grow
Old, Die Young – One Ok Rock
I
want the cause of my death to be amazing sex
Oberon ha
un’indole molto focosa e
spesso fa molte allusioni mentre parla con qualcuno. E’ un
grande amante della
vita e cerca sempre qualcosa di spettacolare in grado di sorprenderlo. Adora viaggiare e stare
con gli amici, ma più
di tutto ama la danza, che lui stesso pratica. E’ il classico
pagliaccio del
gruppo, ma non bisogna sottovalutarlo: a prima vista può
sembrare un idiota ma
ha una grande personalità.
Felikz McKinnon,
Numero Sette
Foxy
| Australia | Ex Tassorosso |
omosessuale | Portal Creation
La Ruota della
Fortuna
Bacchetta
di frassino, 11 pollici, flessibile, nucleo di crine di unicorno
Numb
– Linkin Park
Il momento
giusto è all’improvviso.
E’
il
terremoto dell’Umbrella Academy: sbadato, maldestro e
distratto, ha come unico
obiettivo quello di far sorridere i suoi fratelli. Tutta la sua
goffaggine
sparisce con il ballo, talento che coltiva oltre al disegno. Ha un
animo buono,
per questo ha deciso di rimanere con il padre. Ha sempre delle
idee
strampalate e ne combina sempre una. Nonostante ciò,
è molto furbo e
competitivo, non ha mai perso una sfida e cerca sempre di pensare ad
una buona
soluzione, anche se poi finisce per seguire l’istinto.
E’ un Metamorphomagus e
si presenta sempre con i colori più strampalati.
ELIMINATO
Lauren Amber
McKinnon, Numero Otto
Nives | Canada |
Ex Corvonero |
eterosessuale | Psychokinesis and Mentalism
La Giustizia
Bacchetta di
faggio, 9 pollici e ½,
piuttosto rigida, nucleo di piuma di fenice
Bird
Set Free – Sia
I’m
not an adventurer by choice but by fate.
Testurbante tra
Grifondoro e
Corvonero ma poi smistata nella Casa dei corvi, Lauren è una
ragazza cinica,
introversa, studiosa e matura, che maschera le sue insicurezze e paure
con il
sarcasmo. Pignola e ligia al dovere, è la classica
“so-tutto-io” che detesta
quando la gente non comprende cose che per lei sono semplici.
E’ molto
selettiva sulle sue amicizie; tuttavia, se la si prende per il verso
giusto, è
un’ottima ascoltatrice e confidente e può essere
un’ottima amica.
Elaija
McKinnon, Numero Nove
Orpheus
| Germania | Ex Grifondoro | omosessuale | Music Creation
Le
Stelle
Bacchetta
di acacia, 15 pollici e ¾, rigida, nucleo di piuma di fenice
Love
Me
– Yiruma
Danza
la vita, canta e cammina.
Elaija
ha una personalità particolare: è rispettoso e
tranquillo, ma ha una sincerità
schietta e dice sempre quello che pensa. Non ha cattive intenzioni,
semplicemente vuole essere sincero, rendendo impossibile arrabbiarsi
con lui.
Non è un amante della violenza, ma se si vuole fare capire
farà in modo che i
suoi gesti siano molto chiari. A causa di una meningite magica ha perso
l’uso
della parola e da allora comunica solamente con i gesti e con la
musica, sua
più grande passione. Quando si ritrova qualcuno davanti che
inizia ad
offenderlo, cercherà in tutti i modi di innervosirlo e di
fargli perdere la
calma, con il suo classico sorriso canzonatorio e ironico.
Mathias
Morgan McKinnon, Numero Dieci
Mad
Hatter | Paesi Bassi |
Ex Grifondoro | bisessuale | Multiple
Personalities
Il
Matto
Bacchetta
di pioppo bianco, 12 pollici e ½, molto elastica, nucleo di
corda di cuore di
drago
Brother
– Kodaline
Essere
pazzi è stupendo: puoi dire tante verità, tanto
nessuno ti ascolta…
Mathias
è un ragazzo imprevedibile: a causa del suo potere, non si
può sapere se si sta
parlando con lui oppure con una delle altre personalità che
albergano nella sua
testa. Tuttavia, se si becca la personalità giusta, Mathias
è un ragazzo estroverso,
simpatico e chiacchierone. E’ sempre distratto e dice sempre
la prima cosa che
pensa, non rendendosi conto di quello che ha intorno. E’ un
ottimo cuoco e
pasticciere: dopo la fuga dall’Umbrella Academy ha trovato
lavoro in una
pasticceria babbana.
Sheryl
McKinnon, Numero Undici
Carmen
| Islanda | Ex Tassorosso | bisessuale | Charme
L’Imperatrice
Bacchetta
di castagno, 10 pollici, flessibile, nucleo di crine di unicorno
The
lovers of the world
– Jerry Wallace
Il
senso di vuoto che provo non potrà mai essere riempito, se
non da una persona
che mi ami per tutta la vita e che la passerà insieme a me,
fino al
sopraggiungere della nostra morte.
Sheryl
è una persona estroversa e affettuosa, con la quale
è facile fare amicizia. E’
molto creativa quando si tratta di trovare un modo per fare amicizia ma
è anche
molto gelosa. E’ una grande appassionata di pozioni e si
diverte ad inventarle
oppure a modificare quelle già esistenti, arrabbiandosi se
non ci riesce. In
amore, quando punta un ragazzo che gli piace non lo molla fino a quando
questo
non sarà ai suoi piedi. Con gli altri ragazzi
dell’Umbrella Academy è molto
protettiva e materna.
ELIMINATO
Travis
McKinnon, Numero Dodici
Doctor
Strange | Danimarca | Ex Tassorosso | bisessuale | Healing and
Regeneration
Il
Carro
Bacchetta
di corniolo, 11 pollici e ½, molto flessibile, nucleo di
crine di Unicorno
Drama
– AJR
Live
each day as if it were your last.
Travis
è un ragazzo solare e sorridente, ma molto testardo e
impulsivo. Non si tira
mai indietro davanti ad una sfida e si infila sempre in qualche rissa.
In una
situazione difficile cerca sempre di far tornare il sorriso agli altri
anche
con frasi stupide, ma sa sempre come controllarsi. Se qualcuno tocca o
danneggia la sua roba si arrabbia moltissimo e odia gli scherzi. Adesso
gioca a
Quidditch come professione, ma fa parte di una squadra tra le ultime in
classifica.
ORDINE
DI MORGANA
Emanuel
Hedervary, 28
anni
Thanatos
| Ungheria
| Ex Serpeverde | bisessuale | Capo dell’Ordine di Morgana
Bacchetta
di tiglio, 13
pollici e mezzo, sufficientemente elastica, nucleo di corda di cuore di
drago
Monster
– Skillet
I’m
in the mood for some chaos.
A capo
dell’Ordine di Morgana, Emanuel è
un mago ambizioso e astuto, difficilmente si fa fregare. Ex-Serpeverde,
non si
ferma davanti a niente, infatti è se si pone un obiettivo
cercherà in tutti i
modi di realizzarlo. Vero manipolatore, sa convincere la gente a farsi
dire
quello che vuole. Ma attenzione: nonostante sia il capo, arriva sempre
in
ritardo agli incontri.
Katrina Arlovskaya,
28 anni
Medusa | Bulgaria | Ex
Serpeverde |
eterosessuale | Vice-capo dell’Ordine di Morgana
Bacchetta di
cipresso, 12 pollici,
elastica, nucleo di capelli di veela
Pretty
Little Psycho
– Porcelain Black
B.I.T.C.H. :
Beautiful, intelligent, talented, charming and hot.
Non fatevi ingannare
dal suo bel faccino:
sa essere spietata e crudele. Compagna di casa di Emanuel e migliore
amica di
quest’ultimo, lo ha sempre appoggiato nelle sue scelte, anche
in quelle che
prevedevano soluzioni “tragiche”. Nonostante
ciò, è gentile con le persone a
cui vuole bene e si occupa dell’addestramento dei
più giovani. Esperta di incantesimi,
sul campo di battaglia è una vera guerriera.
ELIMINATO
Caleigh
Hasegawa, 27 anni
Kitsune
| Giappone | Ex Grifondoro | eterosessuale
Bacchetta
di frassino, 1° pollici, flessibile, nucleo di crine di unicorno
First
Burn – Rachelle Anne Go, Lexi Lawson, Shoba
Narayan, Julia Harriman e Arianna Afsar
Think
like a proton: always positive.
Testarda,
vivace e dalla lingua tagliente, Caleigh perde queste sue
caratteristiche di
fronte a dei ragazzi, diventando improvvisamente timida. Ha una bassa
autostima
e, quando soffre, fa spuntare sempre una specie di sorrisetto falso.
Come una
Kitsune, è furba e brava a mentire. Con le persone a cui
tiene diventa
iper-protettiva e si butta sempre nelle situazioni pericolose, senza
rendersi
conto del rischio. Lavora come medimaga al San Mungo.
Scarlett
Cross, 30 anni
Velvet
| Inghilterra | Ex Corvonero | bisessuale
Bacchetta
di ciliegio, 13 pollici, abbastanza rigida, nucleo di crine di unicorno
What
I’ve Done –
Linkin Park
Pensa,
credi, sogna e osa.
Scarlett
è una donna che sa quello che vuole: intelligente e
riflessiva, fa sempre una
lista di pro e contro prima di prendere una decisione. E’
paziente e tollerante
ma non bisogna mai irritarla troppo, sa essere vendicativa e la gente
le sta
alla larga finché non si calma. E’ molto
determinata e riesce a capire quando
qualcuno mente. E’ divorziata, ha un figlio di undici anni di
nome Michael e
lavora come Auror.
Jem
Crowley, 35 anni
Magnus
| Stati Uniti | Ex Tassorosso | eterosessuale
Bacchetta
di abete, 12 pollici, flessibile, nucleo di piuma di coda di Thunderbird
Carry
On My Wayward Son
– Kansas
Sono
un uomo buono, non amo la violenza e mi piace aiutare gli altri, ma se
provi a
fare del male ad uno dei miei compagni o allievi, preparati
perché diventerò
spietato e crudele.
Jem
insegna pozioni ad Hogwarts, gentile e premuroso con i suoi studenti,
ma severo
quando serve. E’ gentile con tutti, ma quando qualcuno o
qualcosa intacca la
sicurezza dei suoi studenti o delle persone che ama, diventa spietato,
nonostante sia un uomo che ripudia la violenza e che la usa solamente
come
ultima carta. Durante la sua vita ha iniziato a bere e a fumare, senza
più
riuscire a smettere e cadendo in una vera e propria dipendenza.
Harry
Lynch, 24 anni
Eros
| Inghilterra | Ex Serpeverde | eterosessuale
Bacchetta
di quercia rossa, 12 pollici e ¾, leggermente flessibile,
nucleo di capelli di
veela
Fly
– Ludovico Einaudi
H.O.P.E.:
Hold On, Pain Ends.
Harry
è un ragazzo molto sicuro di sé, determinato e
con la battuta pronta. Dice
sempre quello che pensa e non sa mai quando è tempo di
fermarsi. E’ molto
permaloso e detesta chi cerca di comandarlo. Sotto sotto,
però, è un ragazzo
sveglio, intelligente e molto romantico. Viaggia per il mondo lavorando
come
spezzaincantesimi. Amante del silenzio e della musica classica, detesta
il
disordine e il troppo rumore.
Charlotte
Henderson, 26 anni
Ruby
| Francia | Ex Grifondoro | eterosessuale
Bacchetta
di pino, 13 pollici, rigida, nucleo di crine di unicorno
Power
– Little Mix
Life
is short: smile while you have teeth.
Charlotte
è una ragazza molto testarda, che farebbe di tutto per farti
dire che ha
ragione lei. Non si fa mettere i piedi in testa ed è molto
orgogliosa. E’ anche
una ragazza coraggiosa, determinata e solare, che adora partire
all’avventura e
alla ricerca di qualcosa di nuovo. Ottima conoscitrice di pozioni,
lavora come
aspirante alchimista nel sud della Francia, in una delle botteghe
più famose el
paese.
Ed eccoli qua!
Come prima cosa, ecco le prime domande
per voi: le domande che riguarderanno i ragazzi dell’Umbrella
Academy saranno
segnate in blu, mentre quelle dell’Ordine in verde. Partiamo
subito:
Spiegatemi i
vari rapporti con i vari
fratelli.
Attenzione a
questa domanda: non voglio due righe
scarse in cui mi dite “va d’accordo con questo
mentre con questo no”, ma non
pretendo neanche i papiri visto che per ora sono ancora poche
informazioni.
1.
I
rapporti con i vari membri;
2.
Come
hanno conosciuto Emanuel e Katrina e come sono entrati
nell’Ordine;
Ricordo anche
che, chi non risponde per tre capitoli
di fila, vedrà i suoi personaggi eliminati dalla storia. Per
adesso, una sola
autrice mi ha dato delle motivazioni di impossibilità a
recensire, voi non
avete scusanti XD.
Ho finalmente
detto tutto e spero che gli Oc vi
piacciano! Fatemi sapere se le descrizioni sono adatte oppure ho
sbagliato. Ci
vediamo al primo capitolo! Bacioni,
__Dreamer97
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Capitolo 3 *** CAPITOLO 1 ***
CAPITOLO
1
4 Novembre 2020,
Villa
Olympus
Era
una piovosa mattinata di novembre e, nonostante fosse arrivato da
almeno un
quarto d’ora, Numero Sei non si azzardava a percorrere il
vialetto di Villa Olympus.
Non che avesse paura, figuriamoci: Oberon Ulrich Merlin McKinnon
difficilmente
si faceva spaventare da qualcosa. Semplicemente, non era ancora pronto
ad
incontrare quelli che per anni avevano costituito la sua famiglia: si
ricordava
molto bene di quanto si divertisse a fare casini con Emerald, Felikz e
Travis,
alias Numero Due, Numero Sette e Numero Dodici, oppure di quanto
adorasse
osservare Numero Cinque, Ophelia, riparare oggetti di ogni tipo. Il
ragazzo
sorrise malinconicamente, a ripensare a tutte quelle cose a cui aveva
rinunciato. Mentre si trovava ancora assorto nei suoi pensieri, una
dolce
brezza lo raggiunse, mentre una melodia, che sembrava quella di un
violino, si
propagò attorno a lui. Oberon sorrise e si voltò:
Numero Nove lo osservava
sorridendo, felice di essersi fatto riconoscere dopo così
tanto tempo. Elaija
corse ad abbracciare il fratello, che ricambiò la stretta.
-Ciao El, mi sei
mancato.- Disse Oberon una volta
sciolto l’abbraccio. Numero Nove sorrise ancora di
più e annuì, confermando che
la cosa fosse reciproca. A quel punto, Oberon prese la sua valigia e,
con la
compagnia del fratello, entrò nella sua vecchia casa.
Ophelia
stava sistemando
le sue cose nella vecchia camera. Appena entrata, aveva subito notato
che
niente era stato cambiato, probabilmente una scelta di Numero Sette per
non
dimenticarli. La ragazza sospirò, mentre metteva i suoi
vestiti nel vecchio
armadio: perché chiamarli con così tanta urgenza?
E perché usare i Tarocchi?
Aveva bisogno di capire.
-Sapevo di
trovarti qui.- Ophelia si girò di scatto,
trovandosi davanti Sheryl che la guardava sorridendo. Passarono pochi
secondi,
prima che la rossa si lanciasse addosso all’altra.
-Mi sei mancata
tantissimo!- disse mentre la bionda
rideva.
-Anche tu!
Merlino, è da troppo che non ci vediamo.-
le due iniziarono a parlare del più e del meno, fino a
quando una voce non le interruppe.
-Non vorrei
rompere questo bel quadretto, ma giù ci
attendono e dovreste sbrigarvi.- Le due si voltarono verso la porta,
dove
Emerald le guardava annoiata. Dietro di lei, Lauren fissava il
soffitto, come a
voler evitare un qualsiasi contatto visivo.
-Emerald,
Lauren, è un piacere rivedervi! Grazie mille
per averci avvertito, scendiamo subito!- rispose Sheryl sorridendo,
mentre Ophelia
guardava storta sia Numero Due che Numero Otto.
-Wow, neanche un
ciao. Simpatica come sempre, no
Emerald? E tu Lauren, non hai neanche il coraggio di guardarci in
faccia?- alle
parole della bionda, Sheryl cercò di dire qualcosa ma
Emerald strinse i pugni cercando
di avvicinarsi a Numero Cinque, venendo però fermata da
Lauren.
-Il problema non
è mio, Ophelia. Dovresti smetterla di
fare la bambina e di comportarti come un’adulta.- un silenzio
glaciale calò
nella stanza, prima che Sheryl lo interrompesse.
-Che cosa ci
è successo, ragazze? Ophelia, Lauren, voi
eravate migliori amiche, cosa vi prende? Andavamo tutte così
d’accordo…- nonostante
le parole di Numero Undici, Emerald uscì dalla stanza
sbuffando, mentre Lauren
piantò gli occhi in quelli delle altre due sorelle.
-Semplice: siamo
cresciute.-
-Lo
sapevo che saresti
tornato!- prima ancora di rendersi conto di chi avesse parlato, Travis
si
ritrovò stretto in un grosso abbraccio, che sembrava
più la stretta di un
serpente. Riconosciuto Cameron, iniziò a ridere.
-Anche tu,
brutto imbecille! Ora staccati che così mi
soffochi!- Non appena riuscì a liberarsi
dall’abbraccio del fratello, Travis
notò Gabriel sulla soglia della sua camera, che gli sorrise
timidamente.
-Ciao Travis.-
disse il rosso e Travis sorrise a sua
volta, andando poi ad abbracciarlo.
-Ciao Gabi, mi
sei mancato anche tu.- disse il moro,
mentre Numero Tre raggiungeva il colore dei suoi capelli.
-Ma come,
perché non mi viene a trovare nessuno? Noi
ci stavamo annoiando!- Mathias, Numero Dieci, entrò nella
stanza sorridendo.
Con il “noi” sottolineava le sue altre
personalità, cosa a cui i fratelli
avevano fatto abitudine.
-Matt, da quanto
tempo!- esclamò
Numero Quattro, mentre andava ad
abbracciare il fratello.
-Vorrei tanto
stare qui a chiacchierare, ma giù ci
aspettano. Felikz deve comunicarci qualcosa.- disse Gabriel con voce
flebile.
Gli altri tre annuirono dandogli ragione e, recuperata la
serietà, uscirono
dalla stanza.
Dal
casino che proveniva
dalla stanza principale, Fëdor capì di essere
l’ultimo arrivato. Lasciato il
suo bagaglio vicino all’atrio. Si avvicinò alla
sala, dove vide tutti i suoi
fratelli: Emerald stava ridendo, probabilmente a causa di una battuta
fatta da
Oberon, mentre Elaija gesticolava rispondendo; Gabriel chiacchierava
con Lauren,
mentre Cameron, vicino a Sheryl e Ophelia, lo osservava da lontano;
Travis e
Mathias parlavano tra di loro, probabilmente parlando di una qualche
partita di
Quidditch e Felikz guardava tutti sorridendo. Fu proprio
quest’ultimo ad
accorgersi di lui e, appena lo notò, gli corse incontro per
abbracciarlo!
-Fëdor,
mi sei mancato tantissimo!- ormai notato,
anche gli altri fratelli andarono ad abbracciarlo, mentre Numero Uno
sorrideva.
-Oh
Fëdor, finalmente! Mancavi solo tu!- la Signora
Davis si avvicinò al ragazzo sorridendo.
-Signora Davis,
da quanto tempo! Non è cambiata per
niente.- rispose il ragazzo e la domestica si mise a ridere.
-Voi invece
siete tutti così diversi, non siete più
dei bimbi! Avevo preparato dei biscotti per l’incontro ma
Felikz li ha mangiati
tutti.- Gli sguardi dei fratelli volarono su Numero Sette, che
iniziò a
boccheggiare.
-Ero nervoso, va
bene?!- disse mentre i suoi capelli
passavano dal lilla all’arancio, colore che assumevano quando
provava imbarazzo
o vergogna. I fratelli iniziarono a ridere e, dopo che la Signora Davis
se ne
andò congedandosi, i ragazzi si sedettero sulle varie
poltrone. A prendere
parola fu Lauren.
-Forza, di cosa
volevi parlarci? E dov’è il Signor
McKinnon?- a quelle parole Fëdor sbuffò.
-Probabilmente
non voleva vederci e se ne sta
rinchiuso nel suo ufficio, come sempre.- Felikz sospirò.
-Veramente…-
prese a parlare, ma venne subito interrotto
da Oberon.
-Non essere
così cattivo. Papà ci raggiungerà tra
poco.- disse Numero Sei e questa volta fu il turno di Sheryl.
-Cattivo? Vorrei
ricordarti che non mai stato un padre
per noi. Lauren non lo chiama nemmeno così e secondo te
dovremmo farlo noi?- i
ragazzi iniziarono a parlare contemporaneamente, mentre Elaija cercava
di
calmarli, non riuscendoci. Gabriel, l’unico che non parlava,
si accorse dello
sguardo di Numero Sette.
-Ragazzi, adesso
basta, Felikz deve dirci qualcosa di
importante.- tutti si zittirono, non abituati a quel tono deciso da
parte del Numero
Tre. Persino Cameron lo guardò scioccato. Grazie al suo
intervento, l’attenzione
di tutti torno su Felikz, che ormai aveva assunto
un’espressione seria. Puntò
lo sguardo su quello dei suoi fratelli e sorelle, prima di parlare.
-Papà
è morto una settimana fa.- Un silenzio glaciale
cadde sul gruppo, interrotto poi da una piccola risata.
-Beh, e allora?
Lo detestavamo tutti, no?- i vari
sguardi si puntarono su Mathias, che lo osservava con i suoi grandi
occhi blu,
occhi che i fratelli sapevano non essere i suoi. Lauren, che tra tutti
era
quella che aveva fatto più caso alle personalità
del fratello, gli si avvicinò.
-Ciao Harry,
è un piacere vederti. Non vorrei essere
cattiva, ma ci servirebbe Mathias per discutere di una cosa
importante.- il
ragazzo la guardò dritta negli occhi e la ragazza
sussultò: nonostante il volto
fosse il suo, lei sapeva che non si trattava di suo fratello.
Improvvisamente,
Numero Dieci sgranò gli occhi, che da azzurri diventarono
verdi, mentre i
capelli cambiavano colore diventando biondo scuro.
-I-io m-mi
dispiace… H-Harry è s-sempre così
c-cattivo…-
iniziò a piagnucolare mentre Lauren iniziava a consolarlo.
Seduto accanto a
lui, Fëdor cercò di imitare la sorella, non sapendo
come comportarsi. In fondo,
non lo aveva mai capito.
-Non
è colpa tua, Dylan. Ora potresti chiamarmi
Mathias?- alla domanda della ragazza, Numero Dieci annuì e,
dopo aver chiuso
gli occhi, i capelli tornarono al loro marrone naturale. Il ragazzo
aprì gli
occhi, tornati marroni e sorrise, mentre Numero Uno lo guardava
attonito, non
avendo ancora capito questo cambio.
-Scusatemi
ragazzi, ma da un paio di giorni ho
problemi con gli altri. Allora, che è successo?-
domandò mentre il resto dei
fratelli lo guardava senza dire una parola. A rispondere alla sua
domanda fu Ophelia.
-Papà
è morto.- disse Numero Cinque e Mathias sgranò
gli occhi, non sapendo cosa dire. Elaija si voltò verso
Felikz e mosse una
mano, mentre una frase compariva nell’aria.
Cos’è
successo?
-E’
stato assassinato. Lo abbiamo trovato nel suo
ufficio, con un pugnale nel petto. Sono appena riuscito a recuperare il
coltello dal Ministero, ma non sono riuscito a trovare niente, nemmeno
con la
magia.-
-D’accordo,
posso provarci io.- gli sguardi di tutti
volarono su Oberon, che se ne stava seduto a gambe incrociate e
sembrava
pensieroso.
-Va bene.
Possiamo però occuparcene domani? Almeno il
tempo di riflettere con calma su cosa fare. Consiglierei di dormirci
su, poi
domani mattina agiremo.- Alle parole di Cameron tutti annuirono e,
alzandosi
dalle loro postazioni, uscirono dalla stanza. Elaija si alzò
per ultimo, ma si
fermò notando che Felikz non si era ancora mosso. Notando
che tutti se ne erano
già andati, si fece coraggio e si avvicinò al
fratello. Con il suo potere e
grazie al bracciale che Felikz indossava al polso, creò una
piccola melodia. Ascoltandola,
Numero Sette sorrise e si voltò verso Numero Nove.
Tutto bene?
Felikz
annuì e si alzò, trovandosi faccia a faccia con
Elaija.
-Sì,
sto bene. Domani ne parleremo meglio, ora ci
conviene riposare. Sarete tutti stanchi, immagino.- Elaija
annuì alle parole
del fratello. Prima di potersene andare, però, si
ritrovò tra le braccia del fratello,
stretto in un caldo abbraccio. Sentendo il respiro di Felikz sul suo
collo,
Elaija rabbrividì e si ritrovò ad arrossire.
-Mi sei
veramente, mancato, El.- a quelle parole,
Elaija cercò in tutti i modi di non far partire
il suo potere, non volendo essere scoperto. Sciolse
l’abbraccio e, dopo aver
salutato Felikz, si allontanò dalla stanza.
4 Novembre 2020,
Diagon Alley
Quel
giorno, a Diagon Alley
si respirava un’aria tesa: da una settimana, si discuteva
solamente della morte
di Richard
McKinnon, colui che sarebbe
stato il futuro Ministro della Magia. Ormai giravano teorie di ogni
tipo: c’era
chi diceva fosse stato un rivale, oppure che il Signore Oscuro fosse
tornato.
Un’altra voce che girava riguardava
l’Umbrella
Academy: secondo alcuni, i ragazzi della vecchia squadra di McKinnon si
erano
incontrati, ma non vi era niente di certo.
In
tutto questo trambusto, una giovane donna stava seduta ad un tavolo di
un bar,
sorseggiando tranquillamente la sua burrobirra. Una figura si sedette
accanto a
lei, ma la giovane non si mosse di un millimetro.
-Però,
se mi avessero detto che ti avrei trovato a
sorseggiare burrobirra mi sarei preparato. Sei ogni giorno una
scoperta, lo sai
Scarlett?- la donna si voltò verso l’uomo, che le
sorrideva dolcemente.
-Diciamo che
dovevo sembrare credibile, Jem. Allora, Michael
come va? Si sta comportando bene?- disse la bionda. L’uomo
annuì mentre un
cameriere prendeva la sua ordinazione.
-Va molto bene.
E’ un perfetto Grifondoro, sono sicuro
che da grande farà strage di cuori.- rispose e la bionda
sorrise.
-Scusate il
ritardo!- i due si voltarono
contemporaneamente, osservando Caleigh prendere posto al tavolo.
-Non sei in
ritardo tesoro, tranquilla.- Caleigh
sorrise alle parole di Scarlett, ma il suo voltò
tornò serio non appena altre
due figure si avvicinarono.
-Dovresti essere
sempre puntuale. Non stiamo giocando.-
disse Harry sedendosi, mentre la mora abbassava lo sguardo. Charlotte,
alzando
gli occhi al cielo, tirò uno scapellotto all’amico.
-E tu dovresti
finirla di fare il superiore, ti ricordo
che anche tu arrivavi spesso in ritardo!- il ragazzo sbuffò
ma non disse
niente. Charlotte era la sua più grande amica e
l’unica di cui si fidasse
veramente.
-Perfetto, ci
siete tutti! Ora manca solo quel
ritardatario di Ema e ci siamo!- Katrina prese posto tra Charlotte e
Jem,
togliendosi gli occhialo da sole e appoggiandoli sul tavolo.
-Non ho ancora
capito come mai arrivi sempre in
ritardo. Un capo dovrebbe essere sempre in anticipo.-
commentò Harry e Katrina
lo guardò torva.
-Si dia il caso
che Ema è una persona comune come tutti
noi, quindi può fare ritardo. E poi non sono affari che ti
riguardano.- il
biondo fece per replicare, ma un “crack” li fece
voltare tutti. Emanuel si
sedette al tavolo, sorridendo ai presenti.
-Scusatemi
tanto, ma non trovavo la bacchetta.- a
quella frase, Jem lo guardò stranito.
-Scusami, ma un
incantesimo d’appello?- il giovane si
voltò verso l’uomo con un sorriso malandrino.
-Non mi sarei
divertito a cercarla altrimenti.- questa
volta fu il turno di Katrina di tirargli uno scapellotto.
-Non fare
l’idiota e cominciamo.- Emanuel annuì e si
fece improvvisamente serio, seguito dai suoi colleghi.
-Come avrete
capito, Richard McKinnon è stato assassinato
l’altra settimana. Non si sa chi sia stato, ma sappiamo che
si tratta di una
persona molto potente. Non ha usato la magia ma un semplice pugnale,
come a volersi
prendere gioco di tutto il Ministero. In più, Numero Sette
ha convocato l’intera
Umbrella Academy.- ci fu qualche minuto di silenzio, prima che Scarlett
parlasse.
-Quindi che
facciamo? Indaghiamo?- Katrina annuì.
-Innanzitutto,
dobbiamo recuperare il pugnale. Ho scoperto
che, al momento, Numero Sette è riuscito a riprenderselo.
Probabilmente utilizzeranno
le capacità di Numero Sei per capire chi sia il colpevole.
Questo è un fattore
a nostro svantaggio, ma non dobbiamo arrenderci. Per muoverci,
d’ora in poi
useremo solamente i nostri nomi in codice. Non possiamo farci scoprire.
Kitsune
e Velvet, vi occuperete di ricavare informazioni al Ministero: prove,
teorie,
sospettati, qualsiasi cosa. Eros, Ruby, voi sorveglierete Villa Olympus. Attenti a non farvi
scoprire: in mezzo a loro
si trovano degli elementi davvero potenti. Magnus, dovendo stare ad
Hogwarts controllerai
i dintorni della scuola, compreso Hogsmeade. In più, ti
diamo il compito di
sorvegliare Nocturne Alley: prendi nota di qualsiasi cosa succeda e
vedi se riesci
a scovare qualche indizio.- tutti annuirono e, pian pino, si
smaterializzarono.
Al tavolo rimasero solamente Emanuel e Katrina.
-Chi pensi possa
essere stato?- domandò la ragazza.
-Non lo so. Devo
scoprire se quella persona ha
scoperto qualcosa, se Richard ha confessato o se…- Emanuel
venne interrotto da
Katrina, che gli aveva appoggiato una mano sulla guancia.
-Stai
tranquillo. Richard non avrebbe mai parlato e lo
sai. In caso contrario, ci penseremo. Devi avere fiducia.- alle parole
dell’amica,
il ragazzo annuì. Stettero seduti ancora un po’
poi, quando si fece tardi, si
smaterializzarono.
ANGOLO AUTRICE
Ed eccoci qua
con il primo capitolo della storia!
Avrei dovuto pubblicarlo settimana prossima, ma vista la situazione che
stiamo
vivendo, ho voluto anticipare, anche perché volevo un
po’ far sorridere con l’aggiornamento.
Prima di tutto, avrei da fare una piccola precisazione:
-come avrete
notato, per i ragazzi dell’Umbrella
Academy non ho rispettato tutte le risposte che mi avevate inviato, ma
per un
motivo valido: ho ricevuto commenti tipo “al personaggio X
sta davvero
simpatico il personaggio Y”, ma poi ho ricevuto “il
personaggio Y odia a morte
il personaggio X”. La mia decisione è stata
questa: alcune delle vostre
risposte le userò per il passato, quindi qualche volta vi
troverete dei
paragrafi che riguarderanno il passato dei nostri ragazzi. Ovviamente
spiegherò
tutto, quindi non preoccupatevi!
Come al solito,
ecco le domande per l’Umbrella
Academy:
-Il colore
preferito?
-Raccontatemi un momento
importante della loro
infanzia e uno durante gli anni di Hogwarts. Per la scuola, deve
trattarsi di
un momento davvero importante, non “al quinto anno ha passato
i G.U.F.O.” se ci
siamo capiti.
Ed ecco per
l’Ordine:
-Il colore
preferito?
-Le sue
abilità che gli hanno permesso di entrare
nell’Ordine:
ottimo duellante, conoscitore di pozioni, ecc…
-Raccontatemi il suo passato:
la sua famiglia, la sua
vita fino ad arrivare ad oggi.
Ricordo che
più sarete dettagliati meglio io
descriverò le cose e che le risposte vanno inviate per
messaggio privato. E
ricordate: prima ricevo le risposte, prima pubblico! Ci vediamo al
prossimo
capitolo! Bacioni,
__Dreamer97
P.S. Vi piace la
copertina?
|
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Capitolo 4 *** CAPITOLO 2 ***
CAPITOLO
2
5 Novembre 2020,
Villa Olympus, Londra
L’alba
aveva appena cominciato a sollevarsi, iniziando ad illuminare Londra,
che
ancora si trovava nel mondo dei sogni. I primi raggi del sole
iniziarono a
colpire i vari edifici, infiltrandosi tra le persiane e le tende. Un
raggio di
sole entrò in una delle camere di Villa Olympus, andando a
colpire il viso di
chi vi dormiva. Fëdor strizzò gli occhi, cercando
di capire cosa gli stesse
dando così fastidio. Aprì gli occhi e,
ritrovandosi ad osservare i primi raggi
solari, sbuffò, per poi girarsi dall’altra parte.
Tuttavia, ormai privo di
sonno, si mise a sedere sbuffando ancora. Si passò una mano
sul viso stanco e,
dopo un lungo sbadiglio, si guardò intorno. Essendo arrivato
molto tardi il
giorno prima e, dopo la tragica notizia, non si era dato nemmeno la
briga di
disfare la sua valigia che si era buttato subito sul letto, senza
nemmeno
essersi cambiato. Notò subito che la stanza era rimasta come
l’aveva lasciata:
accanto sulla parete di sinistra, vi si trovava la scrivania, con sopra
varie
pergamene, una piuma e un calamaio e qualche vecchio manuale di
Incantesimi e
duelli, che lui leggeva per allenarsi e conoscere più
tattiche possibili.
Accanto alla scrivania, la libreria era colma di libri di ogni genere,
dai
manuali scolastici ai libri di Astronomia ad altri libri di
Incantesimi. Sulla
parete di destra invece, stava un grande armadio, con
all’interno alcuni dei
suoi vecchi vestiti, la vecchia divisa scolastica e la divisa
dell’Umbrella
Academy e, tra l’armadio e la finestra, un telescopio, che
Fëdor utilizzava per
osservare le stelle e studiare le costellazioni. Ed infine le pareti,
piene di
bandierine e decorazioni verde-argento, in onore della sua vecchia
Casa, vari
disegni fatti dai suoi fratelli e sorelle – soprattutto
Felikz ed Elaija – e le
fotografie di loro da bambini, scattate nel corso degli anni da
Mathias,
l’unico di loro con una grandissima passione per la
fotografia, oltre che per
la cucina.
In quel momento,
Fëdor provava nostalgia: quella
stanza che per 18 anni aveva custodito i suoi segreti, ormai non la
riconosceva
più, sembrava quasi che lui non fosse mai stato
lì. Preso com’era dai suoi
pensieri, il ragazzo non si accorse di una figura che era appena
entrata nella
stanza. Questa poggiò una mano sulla sua spalla, facendolo
sussultare.
-Scusami, non
volevo spaventarti.- la voce di Gabriel
gli arrivò come un sussurro, mentre lo guardava con i suoi
grandi occhi verdi.
Numero Uno scosse la testa.-
-Tranquillo, ero
preso nei miei pensieri. Come mai
sveglio? E’ ancora presto.- gli chiese mentre il fratello si
sedeva sul letto
accanto a lui. Quest’ultimo gli sorrise.
-Io non dormo
come tutti gli altri, ricordi?- a quelle
parole, Fëdor abbassò lo sguardo imbarazzato: tra
tutti i fratelli, Gabriel era
forse quello con cui aveva legato di meno, complice anche il carattere
riservato del Numero Tre e il suo carattere ambizioso. Nel vedere la
sua
reazione, gli rimise la mano sulla spalla, per richiamare la sua
attenzione.
-Fëdor,
tranquillo. So anche io che non abbiamo avuto
la possibilità di legare molto da piccoli… Ma
adesso possiamo rimediare, no?-
vedendo il volto felice di Gabriel, Fëdor annuì,
sorridendo lievemente.
-Va bene. Vuoi
dirmi comunque perché non dormi come
gli altri?-
-Il mio potere
non me lo permette. Sono il protettore
dei sogni, quindi è compito mio far sì che voi
siate sereni durante la notte.-
Numero Uno rimase colpito da quelle parole.
-Quindi non puoi
dormire? E come fai?- gli domandò.
-Diciamo che
dormo circa dieci minuti ed è come aver
dormito per otto ore- disse Gabriel ridacchiando imbarazzato.
Fëdor pensò alle
parole del fratello, per poi aggrottare le sopracciglia, con una nuova
domanda
in mente.
-Gabriel, la
regola non dovrebbe valere anche per
Cameron?- Numero Tre pensò un attimo, prima di trovare la
giusta risposta.
-Beh, sai
com’è: il suo potere non gli permette di
dormire più di dieci minuti, ma Cameron non lo sa e dorme lo
stesso.-
Quella mattina,
il resto dell’Umbrella Academy venne
svegliato dalle risate di Numero Uno e Numero Tre, che echeggiarono
limpide tra
le pareti della casa.
Lauren
uscì dalla sua stanza ancora sbadigliando, con
l’intenzione di raggiungere la
cucina e di fare colazione da sola. Non amava troppo il casino e,
nonostante
volesse bene ai suoi fratelli, aveva bisogno di stare un po’
per conto suo.
Tuttavia, non appena arrivò davanti alla cucina, si
ritrovò davanti Sheryl che,
nascosta dietro allo stipite della porta, osservava inquieta qualcosa
nella
cucina.
-Ehi Sheryl,
tutto bene?- la rossa si girò verso di
lei spaventata, per poi rivoltarsi verso la cucina e riguardare
nuovamente la
sorella.
-Tu sei
qui…- disse la rossa, confondendo ancora di
più Numero Otto.
-In che senso?
Che cosa stai guardando?- Sheryl, dopo
aver dato ancora un’occhiata alla cucina, si
avvicinò alla sorella.
-Gli oggetti in
cucina stanno fluttuando. Pensavo
fossi tu, ma a questo punto…- dopo aver guardato confusa
Sheryl ancora una
volta, Lauren decise di entrare. La cucina era rimasta la stessa di
sempre:
sulla destra, il lavandino, i fornelli e il forno mentre, alla
sinistra, il
grande frigorifero e, accanto ad esso, i mobili con
all’interno piatti,
bicchieri e posate; al centro, stava un lungo tavolo, dove i ragazzi
erano
soliti fare colazione e dove adesso stava seduto Numero Dieci. Il
ragazzo aveva
lo sguardo perso nel vuoto ed era circondato da una moltitudine di
oggetti che
gli fluttuavano intorno. Non sembrava essersi accorto delle due ragazze.
-Mathias…-
provò a chiamarlo Sheryl, ma Lauren la
fermò.
-No, non
è Mathias. Matt ha come potere
l’ipervelocità. E’ una delle sue
personalità, ma io non l’ho mai incontrata.-
Sheryl ascoltò attentamente la sorella, l’unica
tra loro ad aver sempre fatto
caso alle personalità del Numero Dieci.
-Hai ragione,
cara. Sinceramente, è la prima volta che
salgo in superficie.- Le due ragazze si voltarono contemporaneamente
verso il
ragazzo, che ora le osserva incuriosito: gli occhi non erano
più marrone scuro,
ma di tenue nocciola, quasi dorato; anche i capelli, dal nero, erano
passati ad
un biondo scuro. Le due ragazze si scambiarono uno sguardo rapido, per
poi
voltarsi nuovamente verso di lui.
-Ciao, io sono
Sheryl, Numero Undici, mentre lei è
Lauren, Numero Otto.- alle parole di Sheryl, Numero Dieci sorrise.
-Lo so, Mathias
ci parla molto dei suoi fratelli e
sorelle. Io sono James, piacere di conoscervi.-
-Come mai
possiedi un potere tutto tuo?- domandò
Numero Otto.
-Vedete, alcuni
di noi hanno un potere e altri no.
Mathias è la personalità Numero Uno qui dentro e,
insieme a lui, avevamo deciso
di non mostrarli mai, per questo le varie personalità che
avete incontrato non
hanno mai mostrato segni di potere. Pensavo di essere da solo e quindi
di
poterlo usare, ma a quanto pare non era così. Mi dispiace
molto avervi
spaventate.- dopo averlo ascoltato, fu il turno di Sheryl di porre una
domanda.
-James, quante
personalità siete e che poteri avete?-
Il ragazzo aprì la bocca per rispondere ma, prima che
potesse farlo, i suoi
capelli e i suoi occhi tornarono al colore naturale di Mathias.
Improvvisamente, gli oggetti che prima stavano fluttuando per la cucina
caddero
e, solo grazie all’intervento di Lauren, non si ruppero
contro il pavimento.
Dopo qualche secondo, Mathias si rivolse alle sorelle.
-Ehi ragazze,
cos’è successo qui?-
-Tu non ne sai
niente?- gli chiese Sheryl e, al diniego
di Numero Dieci, si voltò verso Lauren.
-Non ti sei
nemmeno accorto che una delle altre
personalità è saltata fuori?- Mathias
sgranò gli occhi sorpreso.
-No! Ero qua
seduto, ho chiuso gli occhi un attimo e
appena li ho riaperti ho visto voi due.- Il ragazzo si alzò
in piedi
dirigendosi poi verso la porta. Prima di uscire, si fermò a
guardare le
sorelle.
-Non mi
è mai successo che qualcuno saltasse fuori
così senza motivo. Ora scusatemi, ma devo fare una
chiacchierata con gli altri.
Ci vediamo di sopra nell’ufficio di papà!- Mathias
le salutò e, senza aspettare
una risposta, uscì dalla stanza.
Ophelia
se ne stava in piedi di fronte all’ufficio del padre,
aspettando che qualcun
altro arrivasse. Mentre aspettava, la ragazza rifletteva: il padre era
stato un
uomo di grande importanza nella comunità magica e, essendo
in lizza per il
ruolo di Ministro della Magia, era più che normale che
avesse dei nemici. Ma
chi sarebbe arrivato al punto di ucciderlo nella sua stessa casa? Senza
l’utilizzo della magia, chi mai sarebbe arrivato a tanto. La
ragazza cercava
ancora di porsi delle domande, ma la sua linea di pensieri venne
interrotta da
dei passi, segno che i suoi fratelli stavano arrivando. Non appena la
notò,
Oberon sorrise.
-Sempre la
prima, eh? Non siamo più a scuola, non
ricevi punti ad arrivare in anticipo.- la frase del ragazzo la fece
sorridere.
-Si sa, le
vecchie abitudini non muoiono mai!- rispose
Travis affiancandosi a Numero Sei. Dietro di lui, Emerald
sbuffò.
-Non capisco
tutta questa smania di svegliarsi prima
per essere in anticipo! Se si dorme bene non c’è
il bisogno d alzarsi presto!-
Oberon le sorrise, mettendole un braccio attorno alle spalle.
-E chi ha
parlato di dormire? Durante la notte si
possono fare tante altre belle cose…Ahio!- Oberon si
massaggiò la nuca, dove
Elaija gli aveva tirato uno scapellotto. Oberon ricambiò il
gesto ridendo e
facendo sorridere ancora di più Numero Nove.
-La smettiamo di
fare i bambini? Abbiamo un mistero da
risolvere.- i cinque ragazzi si voltarono verso Sheryl, seguita da
Lauren.
Nello stesso istante, arrivarono Fëdor, Gabriel e Cameron,
raggiunti poi da
Mathias. Elaija si guardò intorno, prima di iniziare a
gesticolare.
Felikz
dov’è?
I ragazzi si
guardarono tra di loro.
-Si ricorda che
dovevamo trovarci qui, vero?- domandò
Oberon: andava molto d’accordo con il fratello, ma non
riusciva a sopportare la
sua goffaggine e sbadataggine. A rispondergli fu Sheryl.
-Certo che si
ricorda!- a quelle parole, Emerald si
voltò verso di lei inarcando un sopracciglio.
-Stiamo parlando
dello stesso ragazzo che a sette anni
ha fatto gli auguri a Travis dicendo che non sapeva fosse il suo
compleanno. E
siamo nati lo stesso giorno.- i ragazzi scoppiarono a ridere,
ricordando quel
momento: erano rimasti tutti quanti attoniti da non riuscire a dire al
piccolo
Felikz che era anche il suo di compleanno. Ci volle solo tanta pazienza
da
parte della Signora Davis per fargli capire che erano nati tutti lo
stesso
giorno.
-Scusatemi per
il ritardo!- Felikz finalmente apparve,
fermandosi per riprendere fiato.
-Che fine avevi
fatto? Sembra che tu abbia corso una
maratona!- sentendo Travis, Felikz sorrise imbarazzato.
-Vedete, in
realtà ero anche in anticipo e vi stavo
aspettando… Ma dopo mi sono reso conto che non ero di fronte
all’ufficio di
papà ma dall’altra parte della casa.- i suoi
fratelli e sorelle scoppiarono
ancora a ridere. Elaija incrociò lo sguardo di
Felikz, che gli fece l’occhiolino facendolo
avvampare. I ragazzi smisero
solamente a causa dello sguardo serio di Fëdor.
-Ora basta
scherzare. Siamo qui per una cosa seria,
concentriamoci.- Ophelia, la più vicina
all’ufficio, mise una mano sulla
maniglia della porta e, dopo qualche tentennamento, la aprì.
L’ufficio
era proprio come Travis si ricordava: al suo interno vi erano almeno
cinque
librerie piene di libri; sulla parete di sinistra, vi era un quadro
raffigurante l’uomo, con il suo solito sguardo torvo e
austero, sempre pronto a
criticare qualunque cosa facessero i ragazzi. Le tende, rosse come il
resto dell’arredamento,
vennero aperte da un colpo di bacchetta da parte di Elaija. Al centro
della
stanza, stava la scrivania del padre, con sopra il vecchio calamaio,
alcune
pergamene, una meridiana e qualche libro. Sopra la stoffa della sedia
si poteva
intravedere ancora qualche macchia di sangue, testimoni
dell’omicidio accaduto.
Improvvisamente, Travis si ritrovò a viaggiare con la mente,
ripensando a
quando erano bambini…
Il
suono di qualcuno che bussava alla porta distrasse il Signor McKinnon
da quello
che stava facendo.
-Avanti.- dopo
il suo ordine, la porta si
aprì, rivelando la figura di Libby.
-Padrone, i
ragazzi vorrebbero augurarle
la buonanotte.- disse l’elfa e il Signor McKinnon
alzò lo sguardo. Notò dietro
di lei le figure di Numero Nove e di Numero Dodici, immaginando che
dovessero
esserci anche gli altri. L’uomo ripose lo sguardo sui suoi
documenti.
-Dì
loro di andare a dormire Libby, è già
troppo tardi per loro.- disse l’uomo e, senza aspettare una
risposta da parte
dell’elfa, chiuse la porta con un incantesimo non verbale.
Libby si girò
sconsolata verso i bambini, che la guardavano speranzosi.
-Mi dispiace
bambini, ma vostro padre è
molto impegnato stasera, magari un’altra volta…- a
quella frase, i bambini
annuirono, chi seccato e chi triste, per poi dirigersi verso le loro
camere.
Travis fece per andarsene, ma notò che Felikz era ancora
fermo davanti alla
porta dell’ufficio.
-Feli, andiamo.
Se ci vede in piedi si
arrabbia.- disse Numero Dodici sbuffando: odiava il comportamento del
padre,
che razza di impegni poteva avere per non poter salutare i suoi figli?
Prese
una mano di Felikz per condurlo verso le scale, ma non si
aspettò di ritrovare
il fratello sul punto di piangere.
-Papà
non ci vuole bene? Non siamo
importanti?- domandò Numero Sette. A quelle parole, Travis
si arrabbiò.
-Smettila Feli!
Noi siamo tutti
importanti, colpa sua se non lo capisce!- nel vedere che il fratello
era ancora
triste, gli venne un’idea.
-Forza, vieni in
camera mia.- gli disse e
Numero Sette spalancò i suoi grandi occhi nocciola.
-Ma non
possiamo! Se ci becca sono guai
seri!- rispose Felikz ma Travis scosse il capo.
-Non lo
saprà mai. La Signora Davis non
dirà una parola! Ci stai?- il bimbo sembrò
pensarci su, poi annuì, iniziando a
sorridere. Così, Travis prese per mano il fratello e,
insieme, si diressero
verso la camera di Numero Dodici.
-Bene
ragazzi, cominciamo.- Travis si riscosse dai suoi pensieri e si
voltò verso
Felikz: il ragazzo teneva in mano un pugnale dall’elsa nera,
mentre la lama era
nascosta dalla fodera.
-Quello
è il pugnale che hanno utilizzato?- domandò
Fëdor e Numero Sette annuì. Il moro si
avvicinò ad Oberon, che osservava
attentamente il pugnale.
-Credi di
riuscirci?- gli domandò e Numero Sei sorrise
in modo beffardo: il ragazzo aveva la capacità di poter
leggere la storia degli
oggetti, dove erano stati e da chi erano stati utilizzati.
-Questo lo devi
chiedere a Puck, non a me.- rispose il
biondo, riferendosi al suo potere. Prese il pugnale tra le mani e
chiuse gli
occhi, aspettando di essere circondato dall’esperienza del
pugnale e da tutte
le varie sensazioni… Ma ciò non accadde. Oberon
riaprì subito gli occhi e
guardò i suoi fratelli.
-Io non lo so,
non vedo niente…-
-Com’è
possibile? Tu vedi sempre tutto!- disse
Cameron. Fëdor lo guardò torvo.
-Manteniamo la
calma. Deve esserci una sorta di
sortilegio potente se nemmeno il potere di Oberon riesce a scoprire
qualcosa.-
alle parole del fratello, Oberon sbuffò seccato.
-Mi dispiace
ragazzi, ma è la prima volta che mi
succede…- iniziò a dire il ragazzo, ma venne
interrotto da Sheryl.
-Non
preoccuparti, non è mica colpa tua. Sarà una
magia troppo potente persino per noi.- disse Numero Undici cercando di
rassicurare Numero Sei. Mentre cercavano di fare luce su cosa potesse
essere, Felikz
lasciò il pugnale sulla scrivania del
padre. Elaija, che aveva osservato il gesto del fratello, si
scoprì attratto
dal pugnale. Avvicinandosi alla scrivania, lo prese in mano, iniziando
ad
osservarlo attentamente in modo da trovare qualcosa che potesse
aiutarli a
capire di chi fosse. Non trovando niente né sulla lama
né sulla custodia, decise
di riporre il pugnale sulla scrivania ma, improvvisamente,
sentì una strana sensazione
in testa. Numero Nove si rimise a guardare il pugnale che aveva in mano
e,
guidato da una forza sconosciuta, tolse la custodia, rivelando la lunga
lama
argentata.
Dall’altra
parte della stanza, Gabriel ascoltava
silenziosamente i vari commenti dei fratelli quando, dentro la sua
testa,
apparvero i pensieri di Elaija, assieme ad una voce mai sentita. Si
voltò
subito verso Cameron e Lauren, gli unici oltre a lui in grado di poter
leggere
i pensieri altrui e, dopo aver ricevuto conferma anche da loro, si
voltò verso
Numero Nove, che stava allungando un dito verso la lama.
All’improvviso, si
rese conto di ciò che stava accadendo.
-Elaija, no!- Il
richiamo arrivò troppo tardi: Elaija
si tagliò con la lama, facendo una piccola smorfia per il
dolore. D’un tratto,
lasciò cadere a terra il pugnale e, prima che Gabriel
potesse dire un’altra parola,
il ragazzo perse i sensi. Felikz riuscì a prenderlo prima
che toccasse terra.
-Che cavolo gli
è successo?!- domandò il Numero Sette
ma tornò a concentrarsi sul fratello, che aveva iniziato ad
avere delle convulsioni.
Subito Fëdor e Ophelia gli furono accanto.
-Fëdor,
Felikz, tenetelo fermo il più possibile, altrimenti
rischia di farsi male da solo!- disse la bionda, che tra tutti era
quella ad
aver intrapreso la carriera da medimaga. Numero Cinque si
voltò verso Travis.
-Travis,
fa’ qualcosa!- a quel grido Numero Dodici
sembrò risvegliarsi dalla trance in cui era finito. Accanto
a lui, Sheryl si
fiondò fuori dalla stanza, ma gli altri erano troppo
occupati ad aiutare Elaija
per accorgersi della scomparsa della sorella. Travis si
inginocchiò accanto al
fratello e gli prese una mano tra le sue, richiamando a sé
il suo potere.
-Non riesco! Non
riesco a guarirlo!- gridò Numero
Dodici spaventato. Quando ormai i ragazzi non seppero più
che fare, Sheryl
ricomparve e, senza indugi, prese la boccetta che teneva tra le mani e
ne versò
il contenuto nella bocca di Elaija. Quest’ultimo smise di
muoversi, facendo
trattenere il fiato a tutti i fratelli. Dopo pochi secondi, Numero Nove
riprese
a respirare normalmente e tutti poterono tirare un sospiro di sollievo.
-Qualcuno sa
dirmi cosa diavolo è appena successo?! E
che cavolo gli hai versato in gola?!- disse Emerald, quasi urlando, a
Sheryl.
La rossa si affrettò a rispondere.
-Antidoto per i
Veleni Rari. Funziona anche su quelli
di origine oscura. Avevo pensato ad un Bezoar ma questo agisce meglio.-
Gabriel, che in tutto quello aveva assistito alla scena terrorizzato,
prese parola.
-E’
stato il coltello…- tutti i presenti si girarono
verso il rosso.
-Che vorresti
dire?- gli chiese Oberon. Gabriel
abbassò lo sguardo spaventato e Cameron decise di continuare
il discorso.
-Io, Gabi e
Lauren abbiamo ascoltato la sua linea di
pensieri, ma c’era qualcosa che non andava…
Sembrava che il pugnale gli stesse
parlando e gli stesse dicendo di ferirsi, ma non ne sono sicuro.-
-Di certo deve
esserci una magia molto potente se
nemmeno i poteri di Travis hanno funzionato. Dobbiamo cercare di capire
cosa
sta succedendo.- disse Mathias. Fëdor prese in braccio Elaija.
-Lo porto in
camera sua e chiederò alla Signora Davis
e a Libby di tenerlo d’occhio. Lauren, potresti gentilmente
spostare quel pugnale
senza toccarlo? Nessuno toccherà più quel
pugnale, lo terremo al sicuro in modo
che non possa combinare altri guai. Noi intanto andiamo in cucina e
decideremo
cosa fare.- i ragazzi annuirono alle parole del Numero Uno e uscirono
dalla
stanza. Solo Mathias rimase ad osservare il fratello.
-Sai
Fëdor, saresti stato un ottimo capo.- disse
Numero Dieci per poi andarsene, lasciando Fëdor da solo con
Elaija e con i suoi
pensieri.
Non
appena Numero Uno mise piede in cucina, gli altri fratelli rivolsero
subito lo
sguardo verso di lui.
-Come sta?-
chiese Oberon preoccupato.
-Sta bene, sta
riposando in camera sua. La Signora Davis
passa ogni tanto a controllarlo. Dice che potrebbe svegliarsi tra un
paio d’ore.-
rispose il ragazzo.
-Diciamo che
potrebbe svegliarsi anche domani mattina,
ha avuto una brutta esperienza…- fisse Sheryl. Oberon si voltò
immediatamente verso Felikz.
-Quando hai
ripreso il pugnale non ti sei accorto di
questo piccolo particolare?- disse serio e Felikz sgranò gli
occhi, iniziando a
boccheggiare.
-I-io non lo
sapevo…- iniziò a balbettare ma venne
subito fermato da Numero Sei.
-Come facevi a
non saperlo! Elaija ha rischiato di
morire!- Felikz abbassò lo sguardo e Sheryl gli fu subito
accanto.
-Oberon, non
essere così cattivo. Secondo te non lo
avrebbe detto? Secondo te avrebbe lasciato che toccassimo un oggetto
pericoloso
con così tanta leggerezza?- disse la rossa e Ophelia le
diede ragione.
-Sheryl ha
ragione Oberon, non essere così duro.- alle
parole della bionda Oberon annuì.
-Avete ragione,
mi dispiace molto. Felikz scusami, non
avrei dovuto gridarti contro.- Felikz gli sorrise.
-Tranquillo, ti
capisco. Siamo tutti preoccupati.-
-Piuttosto, come
mai il Ministero non ti ha detto
niente? Loro avrebbero dovuto comunicartelo!- disse Travis e, con
quella frase,
Lauren rifletté.
-Il Ministero
non rilascia mai gli oggetti utilizzati
negli omicidi, soprattutto oggetti così potenti. Come te lo
sei procurato?-
tutti gli sguardi si puntarono su Numero Sette.
-Diciamo che ho
i miei metodi…- disse Felikz a tono
basso. Emerald prese parola, un po’ per far ritornare la
conversazione all’argomento
principale e un po’ per togliere il fratello
dall’imbarazzo che si era creato,
che la ringraziò con lo sguardo.
-D’accordo,
facciamo così: Sheryl, dovresti cercare di
capire che tipo di veleno si tratta, tra tutti sei la più
adatta. Una volta
capito, vedremo se riusciremo a toglierlo o a spezzare
l’incantesimo. Per
adesso direi aspettare: sarà una lunga esperienza.-
5 Novembre, St.
James Park, Londra
Katrina
se ne stava seduta tranquillamente su una delle panchine del parco,
leggendo il
libro che aveva tra le mani e osservando di tanto in tanto le persone
che
passeggiavano. Un leggero venticello passava tra gli alberi, creando
un’atmosfera
perfetta per quel periodo. L’’Autunno ormai era
pienamente arrivato a Londra e
Katrina sorrise, pensando alla sua stagione preferita. Stava ancora
leggendo il
suo libro, quando si accorse di una persona sedersi di fianco a lei.
-Romeo
e Giulietta? Seriamente, non ti facevo
così sdolcinata, ragazzina.- Katrina si voltò
seccata verso Harry, che la
guardava con il suo solito sorrisetto.
-Prima di tutto,
non chiamarmi ragazzina, visto che
sono più grande di te. Secondo, è una tragedia di
uno dei più grandi scrittori
inglesi, quindi porta rispetto. E terzo, sei in ritardo.- a quella
ramanzina,
il biondo sbuffò.
-Ma sentitela,
solo perché ti scopi Emanuel che è il capo
non significa che puoi… AH!- il ragazzo si
ritrovò a massaggiarsi la guancia,
dove la ragazza gli aveva appena appena tirato uno schiaffo, che dalla
potenza
poteva competere con un pugno.
-Sei fortunato
che siamo tra i Babbani e che non posso
affatturati. Ema è come un fratello per me e quello che
c’è tra noi a te non
deve interessare, chiaro?!- il ragazzo fece per ribattere, ma notando
lo
sguardo infuriato di Katrina decise di stare zitto. Improvvisamente, un
rumore
li fece voltare: dall’altra parte del parco, nascosto tra i
cespugli, un esemplare
di lupo grigio li osservava, facendo poi segno ai due ragazzi di
seguirlo.
Katrina e Harry si alzarono e si diressero verso il vicolo dove
l’animale li
stava portando. In seguito, dopo un paio di incantesimi di protezione,
il lupo
si trasformò, ritornando in forma umana.
-Ciao Lottie,
hai scoperto qualcosa?- domandò Katrina
mentre la rossa si risistemava i capelli.
-Come mai a lei
non dici che è in ritardo?- chiese
irritato Harry.
-Perché
tra i due sono io l’Animagus che li sta
tenendo d’occhio a distanza ravvicinata. Tu lo fai
dall’altra parte della
strada mangiando muffin.- rispose Charlotte sorridendo al ragazzo, che
intanto
aveva gonfiato le guance irritato. La ragazza si rivolse poi a Katrina.
-Il pugnale
è coperto da una sorta di magia oscura,
Numero Sei non è riuscito ad utilizzare il suo potere. In
più, sembra che il
pugnale sia ricoperto da uno strano veleno potente, ha quasi ammazzato
Numero
Nove. Sono dovuti ricorrere all’Antidoto per i Veleni Rari,
perché anche i
poteri di Numero Dodici parevano bloccati.- a quelle parole Katrina
sgranò gli
occhi scioccata.
-Che razza di
magia può bloccare i loro poteri? Questa
storia non convince!- esclamò Harry. Katrina
sbuffò, passandosi una mano tra i
capelli.
-Devo subito
correre ad avvertire Ema, di sicuro lui
saprà cosa fare. Nel frattempo, voi continuate a
sorvegliarli e, se notate
qualcosa di strano, fate subito rapporto.- i due ragazzi annuirono e,
senza
neanche salutare, Harry se ne andò, mischiandosi tra la
gente che passeggiava.
-Come mai
così arrabbiata? Di solito sei solo seccata
dai suoi commenti, ma questa volta sei proprio furibonda! Cosa ti ha
detto?-
domandò Charlotte e Katrina sbuffò.
-Mi ha accusato
di atteggiarmi a capo solo perché mi
scopo Emanuel.- rispose la mora.
-Ed è
vero?- Katrina si girò verso di lei.
-Certo che no!
Emanuel è come un fratello, siamo
praticamente cresciuti insieme! Ho persino deciso di seguirlo quando ha
voluto
lasciare Durmstrang, non potrei mai stare con lui.- Charlotte
annuì alle parole
dell’amica. Le due si salutarono e, non appena Charlotte
riprese le sembianze
da lupo, Katrina si smaterializzò.
5 Novembre, Testa
di Porco, Hogsmeade
Il sole
era già calato da un’ora quando Jem
entrò alla Testa di Porco. Quel
giorno, il locale era completamente vuoto e immerso nel silenzio. Il
locale
puzzava incredibilmente di capra e ogni superficie possibile era
coperta da
qualcosa che l’uomo non volle identificare. Con un verso di
disgusto, si recò
verso l’altra sala del Pub, quella più piccola e,
di sicuro, quella più adatta
alle conversazioni delicate. Si guardò intorno e
trovò subito il tavolo che
interessava a lui, dove già si trovavano Emanuel, Scarlett e
Caleigh.
-Scusatemi per
il ritardo, ma stavo finendo di
correggere alcuni temi del terzo anno. Dimmi un po’ Emanuel,
un posto più pulito
non andava bene?- alla sua domanda, il ragazzo sorrise.
-Lo sai,
nonostante tutto questo è il posto più sicuro
che conosco…Jem.- l’uomo sorrise notando il
tentennamento del ragazzo: dopo
ancora tutti quegli anni, i ragazzi facevano fatica a chiamarlo per
nome, visto
che era stato il loro insegnante di Pozioni per il loro periodo a
scuola.
-Allora,-
riprese Emanuel -avete novità da raccontare?-
-Io e Caleigh ci
abbiamo cercato di capire qualcosa al
Ministero, ma niente. Per nostra fortuna, il ragazzo che si occupa del
Reparto
Manufatti Magici era un vecchio compagno di Caleigh, quindi siamo
riuscite ad
avere qualche informazione.- spiegò Scarlett e Caleigh
annuì.
-La prima cosa
che gli abbiamo domandato, o meglio,
che Scarlett ha domandato, era perché avesse consegnato il
pugnale a Numero
Sette e volete sapere una cosa? Non l’aveva nemmeno
controllato.- a quelle parole,
Jem e Emanuel si guardarono confusi.
-Come fa il
responsabile del Reparto Manufatti Magici
a non controllare un oggetto e a riconsegnarlo come se fosse una
semplice penna?-
chiese Ema e Caleigh iniziò a sghignazzare.
-Beh, con favori
di letto tutto è possibile…- a quella
notizia Ema emise un lungo fischio, mentre Jem scuoteva la testa
divertito.
-Lo sapevo che
avrebbe combinato una cosa del genere!
D’altronde, non per niente era chiamato il
“Terremoto dei Tassorosso”.-
-A parte questo,
il ragazzo ha comunicato al suo capo
che il pugnale non aveva niente di strano. Quindi, a questo punto
pensano tutti
che si sia trattato di qualche suo nemico che non lo voleva come
prossimo
Ministro.- continuò Scarlett.
-Avrebbero
dovuto controllarlo invece. Ho ricevuto un
messaggio da Katrina che è riuscita a parlare con Lottie e
Harry: il pugnale è
avvelenato e circondato da una forte magia oscura, ha annullato i
poteri di
Numero Sei e Numero Dodici e ha quasi ucciso Numero Nove.- gli altri
tre
sgranarono gli occhi.
-Ha azzerato i
loro poteri? Come diavolo è possibile?-
domandò Caleigh.
-E’ la
stessa cosa che ci siamo domandati io e
Katrina. Ora, vi chiederei gentilmente di tornare ai vostri lavori:
finché non
si smuovono le acque non possiamo fare niente. Ma fate attenzione:
nessuno è più
al sicuro.-
ANGOLO AUTRICE
Bentornati
signore e signori! MI dispiace tantissimo
per il ritardo ma avevo un importante esame da preparare! Inoltre,
ascoltando i
vostri commenti, ho cercato di allungare il capitolo con descrizioni
varie e
altre cose, quindi è anche per questo se ho fatto un
po’ di ritardo. Spero
tanto vi piaccia, come sempre fatemi sapere se qualcosa non va, che
riguardi il
capitolo o gli Oc. Come sempre, ho una domanda da farvi.
Per
l’Umbrella Academy:
Un momento speciale passato
con un fratello specifico.
Non deve essere una cosa del tipo “un giorno ci siamo
divertiti insieme”, ma
qualcosa di importante.
Per
l’Ordine di Morgana invece non ho domande al
momento, mi dispiace. Spero tanto vi piaccia, ci vediamo al prossimo
capitolo! Bacioni,
__Dreamer97
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Capitolo 5 *** CAPITOLO 3 ***
CAPITOLO
3
2004,
Villa Olympus, Londra
-Bene
ragazzi, venite tutti intorno a me, presto!- i dodici bambini, sentendo
il
richiamo del padre, si avvicinarono. Indossavano tutti una tuta grigia
con il
simbolo dell’Umbrella Academy, tenuta che utilizzavano
durante gli allenamenti.
Taglie uguali, il che voleva dire che su persone come Gabriel, Elaija o
Sheryl,
bimbi molto minuti, andava un po’ larga, mentre su Oberon o
Fëdor lasciava
scoperte le caviglie. Quel giorno, Richard aveva incantato le scale
che, invece
di avere quattro rampe come al solito, divennero almeno venti. Non
appena i
bambini gli furono tutti intorno, l’uomo cominciò
a parlare.
-Ascoltatemi
tutti attentamente,
L’allenamento di oggi consiste nel testare la vostra
resistenza e la vostra
capacità di adattarsi alle situazioni. Non è
importante chi arriva prima,
l’importante è vedere cosa siete disposti a fare
per arrivare primi. Io vi
aspetterò su all’ultimo piano e
registrerò ogni vostro tempo.- finito di
parlare, Richard si smaterializzò.
-Preparatevi in
posizione.- disse
dall’alto delle scale. I bambini fecero come ordinato,
nonostante fosse
difficile mettersi tutti in riga essendo dodici. Non appena si furono
sistemati. Richard avviò il conto alla rovescia.
-Pronti,
partenza… Via!- al comando, i
bambini iniziarono a correre. I primi del gruppo furono subito
Fëdor e Oberon,
il primo perché utilizzava il suo potere per potenziare le
proprie capacità,
nonostante non lo padroneggiasse ancora bene, mentre il secondo, grazie
agli
allenamenti di danza, stava rafforzando la potenza delle gambe.
Improvvisamente, i due notarono una specie di scia argentata e una
piccola
tigre passar loro accanto mentre, di fronte, apparve Felikz con un
portale.
-Non
è giusto, Felikz, Emerald e Mathias
imbrogliano!- esclamò Oberon e dall’alto gli
arrivò la voce del padre.
-Si sono
adattati, com’è giusto che sia!-
alla frase del padre, Felikz sghignazzò ma, a causa della
sua sbadataggine,
inciampò in un gradino, ritrovandosi faccia a terra. Numero
Uno e Numero Sei lo
sorpassarono, quest’ultimo ridendo, mentre Elaija, che
seguiva i primi due, si
fermò ad aiutare il fratello. Alla nona rampa, i due
fratelli raggiunsero
Mathias ed Emerald, tornata alla sua forma umana, che, non controllando
ancora
bene i propri poteri, si erano ritrovati a correre normalmente, venendo
così
superati. Verso il fondo, Cameron, Travis e Gabriel avevano appena
raggiunto la
settima rampa, mentre Ophelia, Sheryl e Lauren iniziavano la sesta.
Dopo
qualche minuto, Fëdor, che era riuscito ad ottenere un
vantaggio su Oberon
aveva appena raggiunto la diciannovesima rampa ma, prima di iniziare la
ventesima, la vista gli si oscurò. Il ragazzo, non vedendo
più, si accasciò a
terra. Cercò di capire cosa stesse succedendo ma gli apparve
davanti agli occhi
una scena terribile: i suoi fratelli e sorelle erano riversi a terra e,
di
fronte a lui, un vampiro, dalla pelle pallida come la luna e la bocca
sporca di
sangue. Numero Uno indietreggiò spaventato, ma si
ritrovò presto contro il
muro. La creatura si abbassò alla sua altezza e il bambino
non riuscì a
staccare gli occhi da quel viso morto o dalle zanne, troppo
terrorizzato per
muoversi.
-Questa
è tutta colpa tua, Fëdor. Tu sei
Numero Uno, il primo, ma non sei riuscito a difendere i tuoi fratelli.
E tu
vorresti diventare il duellante migliore del mondo? Fai solo ridere,
sei un
piccolo bamboccio che ancora se la fa sotto…- finito di
parlare, il vampiro
scattò in avanti per morderlo e Fëdor chiuse gli
occhi, aspettandosi di sentire
le zanne del vampiro affondare nella sua pelle. Tuttavia,
ciò non accadde: non
appena riaprì gli occhi, Numero Uno si accorse di essere di
nuovo sulle scale
di casa sua. Guardò verso il basso, dove vide il resto dei
suoi fratelli nelle
sue stesse condizioni: Oberon si guardava intorno confuso,
un’espressione di
paura ancora dipinta sul volto; Felikz piangeva rannicchiato contro
Elaija, che
cercava di rassicurarlo nonostante avesse anch’esso gli occhi
lucidi; vide
arrivare Sheryl, Ophelia e Mathias, gli ultimi due che cercavano di
calmare
Ophelia, seguiti da Travis, che trascinava Emerald che continuava a
singhiozzare fortemente. Improvvisamente, Fëdor
sentì sghignazzare dalla sommità
della rampa. Alzò
lo sguardo e vide
Cameron, che lo guardava sogghignando e Gabriel, che teneva lo sguardo
basso e
si torturava la felpa con le mani. Improvvisamente, Numero Uno
capì.
-Sei stato
tu…- disse Fëdor guardando
Numero Quattro. Quest’ultimo iniziò a ridere.
-Certo che sono
stato io, chi altri? Papà
ha detto di adattarsi e io l’ho fatto!- Numero Uno fece per
dire qualcosa ma
venne interrotto dal padre.
-Numero Quattro
si è adattato alla
situazione, ha utilizzato i suoi poteri contro i suoi nemici ed
è riuscito a
vincere la sfida. Per oggi abbiamo finito qui, domani
l’allenamento sarà alle sette
e trenta del mattino e vi consiglio di non tardare.- l’uomo
finì di parlare e,
senza neanche salutarli, si smaterializzò. Dopo un attimo di
silenzio, Cameron
prese parola.
-Visto? Sono il
vincitore, vi ho battuti
tutti quanti!- Lauren fece per dire qualcosa ma venne fermata da Oberon
che si
lanciò contro Cameron, facendo finire entrambi a terra.
-Tu, lurido
imbecille! Siamo i tuoi stessi
fratelli, si può sapere che ti è preso?!- Numero
Sei aveva iniziato ad
aggredire Cameron a suon di pugni e quest’ultimo,
difendendosi, aveva
cominciato anch’esso a colpire Oberon. Subito, Mathias e
Travis si occuparono
di allontanare Oberon dal fratello, mentre Gabriel aiutava il gemello a
rialzarsi. Numero Quattro aveva il naso che sanguinava, mentre Numero
Sei aveva
un grosso livido sullo zigomo destro, che si sarebbe ingrandito ancora
di più.
-Basta ragazzi,
smettetela!- disse Sheryl
mettendosi in mezzo tra i due. Oberon si liberò subito dalla
presa dei fratelli
e, senza nemmeno guardarli in faccia, scese le scale per dirigersi
verso la sua
camera. Sui fratelli scese un silenzio glaciale e, pian piano,
tornarono tutti
nelle proprie camere. Sulle scale rimasero solo Travis e Cameron.
-Era
così necessario, amico? Ci hai quasi
ucciso dalla paura!- alla frase del Numero Dodici, Cameron fece
spallucce.
-Papà
ha detto che dovevamo adattarci. Ho
solo ragionato con la testa!- esclamò il rosso.
-Però
con Gabriel non hai utilizzato il
tuo potere, o sbaglio?- gli domandò ancora il moro.
-Ma che
c’entra, lui è mio fratello!-
immediatamente, Cameron si rese conto di aver utilizzato la frase
sbagliata non
appena incrociò lo sguardo triste di
Travis.
-Anche noi siamo
tuoi fratelli, Cam.
Ricordatelo.-
6 Novembre,
Villa
Olympus, Londra
-Oberon,
tutto bene?- a quel richiamo il ragazzo si voltò verso
Emerald, che lo guardava
preoccupata.
-Sì
Em, stavo solo pensando.- rispose lui. Lei gli
sorrise dolcemente.
-Forza, vieni
con me. Devo farti vedere una cosa.-
senza neanche aspettare una risposta, la ragazza prese per mano il
fratello e
iniziò a trascinarlo per i corridoi della casa fino a
raggiungere una stanza
del piano terra: le grandi vetrate facevano entrare tantissima luce,
rendendo la
stanza ancora più luminosa, mentre le altre tre pareti erano
riempite di
specchi. Nell’angolo a sinistra, si trovava un enorme
giradischi mentre, nel
lato opposto, un pianoforte a coda laccato in nero faceva la sua bella
figura
insieme ad un maestoso violoncello. Oberon si ricordò subito
di quella stanza:
il padre aveva trasformato un vecchio studio in una vera sala prove,
quando
aveva scoperto che tre dei suoi ragazzi possedevano la stessa passione.
In più,
aveva messo pure un pianoforte e un violoncello, per permettere ad
Elaija di
esercitarsi nella musica.
-Ti ricordi
quando ballavamo insieme a Felikz ed
Elaija suonava per noi? Ci divertivamo a creare le più belle
coreografie e
facevamo finta di essere in Tournée nei migliori teatri del
mondo!- disse la
ragazza cominciando a volteggiare per la stanza. Il ragazzo si mise a
ridere di
fronte all’allegria della ragazza.
-In
realtà mi ricordo che cercavi di rubare la scena a
noi e ti mettevi sempre davanti.- alle parole del fratello, Emerald
sorrise
serafica.
-Questi sono
dettagli.- disse andando a sedersi vicino
agli specchi, seguito poi da Numero Sei.
-Sai, non
è vero che era la prima volta che il mio
potere non andava.- disse Oberon appoggiando la schiena allo specchio,
per poi continuare
a parlare.
-Già
da bambino mi ero accorto che il mio potere a
volte faceva quello che voleva lui, da qui il motivo di dargli un nome
proprio.
Certe volte mi ascolta e altre no. Io non sono del tutto convinto che
ieri
fosse semplicemente un incantesimo.-
-Ma quindi, se
ha una coscienza propria, come si
comporta?- domandò Emerald.
-Vedi, certe
volte mi catapulta nella coscienza degli
oggetti senza che io abbia voglia e, certe volte, mi costringe a
riguardare le
stesse cose. Per esempio, sono due mesi e mezzo che si diverte a
catapultarmi
nella coscienza di un palo che si vede arrivare addosso un maledetto
piccione.-
a quella frase, la ragazza non riuscì a trattenersi dal
ridere, facendo
sorridere anche il fratello. Ad un certo punto, una melodia allegra
travolse
entrambi i ragazzi, che volsero lo sguardo verso la porta, dove ora si
trovava
Elaija. Vedendolo, i due si fiondarono subito da lui.
-Elaija, stai
bene?- domandò Emerald avvicinandosi. Il
ragazzo annuì, mimandole di sentirsi molto meglio.
-Ci hai fatto
prendere davvero un brutto colpo, per
poco non ci rimettevi la pelle!- Numero Nove abbassò lo
sguardo alle parole
del Numero Sei.
Emerald, notandolo,
cercò di risollevargli il morale.
-Ehi, che ne
dite di divertirci un po’? Come quando
eravamo bambini!- Elaija annuì subito e, per scappare dalla
nube di imbarazzo
in cui era avvolto, corse subito verso il violoncello. Il ragazzo
notò un
piccolo sgabellino di fianco allo strumento, con appoggiati sopra
alcuni vecchi
spartiti. Si mise subito alla ricerca di un pezzo allegro, per
permettere a due
fratelli di liberarsi in passi movimentati e non troppo malinconici.
Tra i vari
fogli ne riconobbe subito uno, ingiallito dal tempo: era una vecchia
ballata
irlandese, che aveva voluto imparare a tutti i costi non appena aveva
scoperto
che Oberon proveniva proprio dall’Irlanda. Chiese ad Emerald
di aprire una
delle finestre, in modo tale da lasciar entrare ogni suono possibile.
Sentì
subito una leggera folata i vento e tanti piccoli uccellini che
cinguettavano
volando. Chiuse gli occhi, richiamando a sé il suo potere:
subito, la melodia
del violoncello avvolse la stanza, per poi diffondersi insieme ad altri
suoni,
creando una perfetta ballata. Oberon ed Emerald si misero a ridere per
la
scelta del fratello e si misero in posizione. Iniziarono a muoversi in
cerchio,
prima solamente camminando, per poi prendersi per mano ed iniziare a
volteggiare insieme. Passi e saltelli si alternavano in un incantevole
armonia,
mentre i due fratelli improvvisavano dei passi sempre diversi. Elaija
continuò
a suonare ad occhi chiusi, creando una melodia sempre più
movimentata. Aprì gli
occhi per guardare i fratelli, ma notò un’altra
persona sulla porta, che lo
portò a fermarsi. Emerald ed Oberon si voltarono verso
Elaija per via del suo
improvviso arresto, per poi volgere lo sguardo nella direzione in cui
guardava
Elaija e trovando Felikz che li guardava sorridendo.
-Se volevate
ballare potevate anche chiamarmi, che bei
fratelli che siete!- esclamò il moro. Guardando Elaija si
avvicinò a
quest’ultimo, che intanto stava cercando di non diventare
rosso come un
peperone. Quest’ultimo sorrise imbarazzato e poi, senza
aspettare un “ciao”,
corse fuori dalla stanza.
-Ma che gli
è preso, scusate?- chiese Numero Sette
agli altri due. Oberon sbuffò e seguì
l’esempio di Elaija, mentre Emerald gli
si avvicinò divertita.
-Sai Felikz, ti
voglio tanto bene, ma a volte sei
proprio tonto.- e, detto questo, la ragazza lasciò la sala
da ballo.
8
Novembre, Gelateria Fortebraccio, Diagon Alley
-Spiegami
che ci facciamo qui, dovremmo essere a lavoro!- di fronte ai continui
sbuffi
del collega, Charlotte alzò gli occhi al cielo ancora una
volta, per poi
girarsi verso il suo compagno.
-Siamo qui
perché Ema e Kat hanno detto che potevamo
andare un attimo in pausa, in quanto si occupavano loro di sorvegliare
la casa
e io mi sto godendo la mia meritata pausa!- questa volta fu il turno di
Harry
di alzare gli occhi.
-Sì,
ma potremmo fare qualcosa, che ne so… Aiutare
Caleigh o Scarlett o…-
-O niente. Dai
ammettilo: davvero non hai voglia di un
gelato?- di fronte
allo sguardo
biricchino della rossa Harry abbassò lo sguardo, in modo
tale da nascondere il
sorrisetto che gli era appena spuntato in faccia. Sorridendo
vittoriosa,
Charlotte lo afferrò per un braccio, per poi dirigersi verso
l’entrata della
Gelateria Fortebraccio che, dopo la sconfitta di Voldemort, era stata
riaperta
dai figli. Superata l’entrata, si ritrovarono davanti almeno
una ventina di
persone. Si misero in coda, aspettando come tutti gli altri.
-Tu ti fidi
ancora?- Charlotte si girò verso l’amico
guardandolo interrogativa.
-In che senso?-
Harry si guardò intorno, accertandosi
che nessuno li stesse ascoltando.
-Parlo di Ema e
Kat. Secondo me c’è qualcosa che non
ci hanno detto. L’altro giorno li ho beccati parlare tra di
loro e…- il biondo
venne fermato prima di finire la frase.
-Hai origliato?
Harry, è maleducazione!- lo sgridò
Charlotte e il ragazzo scosse la testa.
-Fammi finire.
Ho ascoltato per caso ma, a quanto ho
capito, stavano discutendo riguardo al caso di McKinnon e indovina
cosa? I due
si conoscevano ancora prima dell’Ordine di Morgana. Inoltre,
è legato al
trasferimento di Emanuel e Katrina.-
-Stai
scherzando?!- esclamò la ragazza, facendo
voltare alcune persone verso di loro. Harry le lanciò
un’occhiata truce.
-Abbassa la
voce! Comunque sì, lo conoscevano, ma non
sono riuscito a capire come e perché. Adesso ci credi che
nascondono qualcosa?-
la rossa pensò alle parole dell’amico, anche se
sembrava ancora dubbiosa.
-Potresti aver
ragione ma non dobbiamo arrivare a
soluzioni affrettate. Ti ricordo che ci hanno salvato la vita e, in un
modo o
nell’altro ci sono sempre stati vicini.- chiusa la
discussione, i due ragazzi
rimasero in silenzio.
-Come va il
lavoro? Hanno accettato il tuo trasferimento?-
domandò Harry. A quella domanda, la ragazza
sembrò rilassarsi.
-Sì,
comincio a lavorare alla Loggia* domani. Sai, il
sistema inglese è molto diverso da quello francese. Qui non
hanno una
conoscenza sull’Alchemia come quella francese, motivo che ha
contribuito alla
mia assunzione. Tu invece, stai finendo l’addestramento?- il
biondo fece
spallucce.
-Sì,
anche se è molto complicato. Scarlett mi sta
aiutando molto con la parte teorica, mentre per la pratica mi aiuta
molto
Emanuel. Certo,
perdiamo tempo più a
discutere che a lavorare ma comunque mi sta aiutando. I posti per
diventare
Auror sono veramente pochi e noi saremo almeno il triplo.- La fila di
persone
avanzò e così fece Charlotte ma, osservando fuori
dalle vetrate della
gelateria, si fermò di botto e Harry le finì
addosso.
-Ma che cavolo,
Charlie!- il ragazzo la guardò
arrabbiato, per poi seguire con lo sguardo quello che Charlotte stava
fissando.
Notando l’oggetto di interesse, sgranò gli occhi.
-Che diavolo ci
fa lei qui?!- disse il ragazzo,
osservando Numero Due che passeggiava tranquillamente per le vie di
Diagon
Alley. I due ragazzi si guardarono e, dimenticandosi della loro pausa,
uscirono
dal locale e si misero a seguire la ragazza. Ad un certo punto, Emerald
si
diresse verso I Tiri Vispi Weasley, altro negozio che, dopo la guerra e
la
morte di uno dei due proprietari, aveva riaperto. Notando il nome del
negozio,
Charlotte si fermò.
-Va bene, basta
seguirla.- disse Charlotte, mentre
Harry la guardava irritato.
-Non ti va di
sapere come mai si trova qui?
Probabilmente sta organizzando qualcosa!- il biondo fece per avanzare
ma la
ragazza gli tirò una piccola sberla sulla nuca.
-Idiota, non ti
ricordi cosa ha detto Ema? Lei ci
lavora! Aveva ragione Kat, ci facciamo prendere troppo dal lavoro.- il
ragazzo
guardò l’amica, guardò il negozio, poi
tornò a guardare l’amica, ancora più
arrabbiato. Questa sorrise e gli fece gli occhi dolci.
-Se vuoi ti
offro il gelato…- Harry sembrò pensarci
su.
-Con la panna?-
Charlotte si mise a ridere davanti all’espressione
del suo amico e lo prese a braccetto.
-Certo. Forza,
andiamo!-
9
Novembre, Aula di Pozioni, Hogwarts
-Perfetto
ragazzi, la lezione finisce qui. La prossima volta vi farò
vedere come
preparare un perfetto Antidoto per i Veleni Comuni, quindi vedete di
esserci
tutti. Buona giornata.- un coro di “Arrivederci
professore” si levò in tutta
l’aula, mentre gli studenti del primo anno si affrettavano a
lasciare la stanza
per dirigersi alla prossima lezione, lasciando Jem a sistemare il
materiale.
-Ah, Michael
Cross!- al richiamo del professore, un
ragazzino di Grifondoro si fermò e, salutando gli amici, si
diresse verso il
suo professore di Pozioni.
-Sì,
Professor Crowley?- disse il ragazzino,
preoccupato di aver fatto qualcosa di sbagliato.
-Mi è
piaciuto molto come hai aiutato i tuoi compagni
oggi, non molti lo avrebbero fatto. Voglio assegnare alla tua Casa
dieci punti
e spererei di assegnartene altri dopo oggi.- a quelle parole, il viso
del
ragazzino si illuminò e, dopo averlo salutato, si
fiondò all’uscita. Rimasto
finalmente solo, Jem iniziò a riordinare l’aula,
pulendo con un colpo di
bacchetta i calderoni, svuotandoli dai vari
“intrugli” preparati dagli
studenti.
-Come noto
l’animo gentile della sua vecchia Casa è
ancora presente, Signor Crowley.- il professore sorrise, riconoscendo
subito la
persona che aveva appena parlato.
-Le vecchie
abitudini non si perdono mai,
Professoressa McGranitt.- finito di sistemare, l’uomo si
voltò verso quella che
ora ricopriva il ruolo di Preside di Hogwarts: Minerva McGranitt lo
stava
osservando attentamente, con quello sguardo severo che lo aveva sempre
spaventato a scuola, quando ancora lui era un giovane mago e lei era
ancora
l’insegnante di Trasfigurazione.
-Quante volte ti
ho detto di chiamarmi Minerva, Jem?
Non sono più una tua insegnante.- rispose la donna entrando
nella stanza.
L’uomo fece spallucce ma sorrise comunque. Non era strano che
i professori la
chiamassero ancora alla “vecchia”: persino Neville
Paciock, insegnante di
Erbologia e Ernie MacMillan, ex Tassorosso e ora insegnante di Cura
delle
Creature Magiche erano ancora intimoriti nel vedere la donna.
-Come vanno le
lezioni? Ho sentito che gli alunni la
adorano.- continuò la donna e Jem sorrise.
-Faccio solo il
mio lavoro. Insegno una materia che
può non piacere a tutti, quindi cerco modi alternativi per
insegnare, tutto
qui.- Jem volse lo sguardo verso la McGranitt, che lo osservava con
occhio
attento.
-Lo so, hai
molta cura dei tuoi allievi. Inoltre piaci
loro perché non hai favoritismi. Il Professor Walker sarebbe
fiero di lei.- a
quella frase, Jem sorrise, ripensando subito al suo vecchio insegnante
di
Pozioni, colui che gli aveva ceduto il posto di Insegnante nonostante
avesse
solamente ventun anni.
-Grazie mille,
Profes… Volevo dire, Minerva.- la donna
gli fece un cenno con il capo e si diresse verso l’uscita,
per poi fermarsi.
-Sai Jem, il
Signor MacMillan mi ha rivelato di non
sentirsi all’altezza di essere a capo dei
Tassorosso… Magari avrei già in mente
un ottimo sostituto.- e, senza aspettare risposta, Minerva McGranitt si
diresse
verso la porta per poi fermarsi.
-Un’altra
cosa. Se mai dovesse assentarsi qualche
volta per “motivi di lavoro” mi faccia sapere.- a
quelle parole, l’uomo si
voltò di scatto verso di lei e la donna sorrise.
-Ci sono tante
cose che non sai e che ignori. Buona
giornata, Jem.- e, detto questo, se ne andò. Jem rimase
ancora un attimo
immobile, per poi riscuotersi e dirigersi verso la scrivania a prendere
le sue
cose. Tuttavia, apparve improvvisamente un foglietto sulla sua borsa,
con sopra
inciso un piccolo lupo. L’uomo lo afferrò
immediatamente, riconoscendo subito
il simbolo inciso e ne lesse velocemente il contenuto.
Magnus, abbiamo
bisogno del tuo aiuto, fai
presto a stai attento.
Medusa
9
Novembre, Ministero della Magia, Londra
Scarlett
camminava tranquilla per il corridoio principale del Ministero mentre,
accanto
a lei, una moltitudine di persone si muovevano in direzioni diverse.
Nonostante
il Signore Oscuro fosse stato sconfitto e molti dei suoi seguaci uccisi
o
mandati ad Azkaban, vi erano ancora dei maghi che cercavano di ricreare
il
vecchio movimento del loro Padrone. Come Auror, Scarlett si occupava
principalmente di quello anche se, andando avanti con il tempo, i casi
diminuivano.
-Auror Cross!-
la bionda si girò, trovandosi davanti
il suo Capo: Harry Potter, il Bambino Sopravvissuto e il Salvatore del
Mondo
Magico, in seguito alla sconfitta di Voldemort si era occupato di
risollevare
la comunità magica. Aveva iniziato l’addestramento
per diventare Auror e, dopo
anni, aveva ottenuto il comando di quel Dipartimento.
-Auror Potter,
come posso aiutarla?- chiese Scarlett
con un cenno del capo.
-Prima di tutto,
chiamami pure Harry, siamo colleghi.
Mi servirebbe principalmente il fascicolo dei tuoi ultimi casi, devo
confrontarli con gli altri che mi sono arrivati.- Scarlett
annuì.
-Poi volevo
chiederle un’altra cosa… Ho sentito che
suo figlio ha iniziato il primo anno. In che Casa è stato
smistato?- a quella
domanda, la donna si ritrovò spiazzata, ma rispose.
-Ha iniziato il
primo anno a Grifondoro. Mi ha scritto
che si trova molto bene e non ha fatto fatica ad ambientarsi.- il volto
di
Harry si illuminò.
-Allora
avrà visto di sicuro James e Lily. Sono due
dei miei figli, entrambi a Grifondoro. Se mai Michael dovesse avere
problemi
può sempre chiedere una mano a loro e…-
-Harry Potter,
dopo anni ancora non hai capito che c’è
modo e modo di rivolgersi ad una persona!- quel tono divertito fece
voltare i
due verso la persona che aveva parlato: Hermione Granger, una delle
streghe più
brillanti del Mondo Magico, Capo del Dipartimento della Regolazione
della Legge
Magica e migliore amica di Harry Potter.
-Non si
preoccupi, Signora Granger, convivendo con mio
figlio so che la loro comunicazione non è mai delle
migliori.- disse Scarlett,
facendo ridere l’altra donna.
-Lo so, serviamo
sempre noi donne!-
-Scusate, io
sarei ancora qui!- disse Harry
sorridendo. Hermione smise di ridere, per poi tornare seria.
-Harry, ti
cercava il Ministro per via delle tue
ultime missioni. Ora vado, ho una riunione importante. Felice di averla
conosciuta Signorina Cross e mi attacco a quello che Harry le ha detto
prima: a
Grifondoro ci sono almeno la metà dei nostri nipoti, se mai
Michael avesse
bisogno di una mano con qualcosa sa già su chi contare.-
Scarlett li ringraziò
entrambi e, dopo i saluti, si allontanò, riprendendo la sua
strada. Aprì la sua
borsa mettendosi alla ricerca di alcuni fogli, ma si stupì
nel trovare un
biglietto che era sicuro di non avere. Dopo averlo letto, si
fermò di colpo,
per poi dirigersi verso la Metropolvere. L’Ordine aveva
bisogno di aiuto.
9
Novembre, Villa Olympus, Londra
Mathias
stava setacciando da almeno un’ora l’intero ufficio
di Richard, guardando sotto
ogni angolo e in ogni cassetto, senza mai trovare l’oggetto
dei suoi pensieri.
Elaija lo trovò così: il ragazzo aveva sentito
dei rumori provenire dalla
stanza e, preoccupandosi, aveva sbirciato dentro, trovando invece il
fratello,
intento a cercare all’interno di una piccola cassa, che si
trovava al lato
della scrivania. Bussò piano per non spaventarlo e, non
appena l’altro lo notò,
gli regalò un enorme sorriso. Secondo i loro fratelli,
Elaija e Mathias erano
gemelli mancati: entrambi di indole estroversa, passavano le ore a
parlare di
ogni svariato argomento ed Elaija si era proclamato primo assaggiatore
di tutto
ciò ce preparava Numero Dieci.
Posso entrare?
-Ciao El, certo
che puoi! Scusami se ti ho spaventato
con il casino che sto facendo, ma ero impegnato nella mia ricerca.-
Mathias si
sedette per terra, seguito poi dal fratello.
Cosa stai
cercando?
A quella
domanda, Mathias sospirò.
-Sto cercando i
vecchi diari di papà. Sai quelli dove
annotava tutti i nostri miglioramenti e tutto il resto. Sai, li ha
annotato
anche l’incidente…- a quelle parole Elaija
annuì: conoscevano tutti
dell’incidente avvenuto durante una delle missioni, ma
nessuno sapeva cosa
fosse successo a Mathias. L’unica cosa nota era che, dopo
quel giorno, in
Mathias erano apparse diverse personalità, con cui il
fratello ora conviveva.
-Sai,
l’altro giorno mi trovavo in cucina e,
improvvisamente, una delle mie personalità ha preso il
sopravvento. Mi sono
ritrovato in me e ho trovato Sheryl e Lauren che mi guardavano
preoccupate. Di
solito io so sempre cosa succede, la mia mente funziona come una stanza
affollata, ma degli ultimi tempi non so cosa stia accadendo. Sto
perdendo il
controllo.- Elaija lo osservò, non avendolo mai visto
così: Mathias era quello
spiritoso, divertente, combina guai e chiacchierone e vederlo triste e
spaventato gli strinse il cuore. Elaija lo abbracciò di
slancio.
Stai tranquillo,
riusciremo a capire cosa
ti sta succedendo. Iniziamo a cercare.
Mathias
annuì e, alzatosi, si diresse verso le
librerie. Tuttavia,
un rumore di vetri
rotti li fece fermare.
-Cos’è
stato?- domandò Numero Dieci. Insieme, i due
fratelli si diressero fuori, incontrando poi Fëdor, Oberon e
Ophelia.
-Non siete stati
voi, vero?- domandò Numero Sei ed
Elaija negò. Istantaneamente, i cinque estrassero le loro
bacchette.
-D’accordo,
manteniamo la calma. Mathias ed Elaija,
voi controllate questo lato della casa. Oberon, Ophelia, dirigetevi
verso il
lato sinistro. Io controllo di sotto e vedo di trovare gli altri.-
All’ordine di
Numero Uno, tutti gli altri annuirono, per poi dividersi.
Fëdor fece un respiro
profondo e scese le scale, dirigendosi velocemente verso la cucina.
Notò subito
che una delle finestre della stanza era stata rotta e si
fermò ad osservarla.
Improvvisamente, sentì un movimento dietro di lui e si
spostò rapidamente, poco
prima di ricevere uno Schiantesimo. Si voltò e
iniziò a colpire il suo
attaccante, ingaggiando così un combattimento. Numero Uno
chiamò a sé il suo
potere e, notando una sedia lì vicino, la prese e la
lanciò contro il suo
avversario, che la distrusse con un Reducto.
Fëdor iniziò a lanciargli
ogni oggetto possibile alternandosi con vari incantesimi quando, ad un
certo
punto, sentì qualcosa colpirlo al collo come una puntura.
Dopo qualche istante,
cominciò a sentirsi debole e crollò a terra,
mentre sentiva che pian piano si
stava indebolendo. Vide la persona davanti a lui puntargli la bacchetta
contro
ma, prima che l’uomo pronunciasse qualcosa, Fëdor si
sentì trascinare di lato.
Si voltò e vide Sheryl, Travis, ed Emerald, che avevano
ingaggiato il
combattimento.
-Stai bene? Sei
ferito?- gli chiese Numero Undici
controllandolo. Il ragazzo annuì.
-Sì,
ma mi sento confuso. Non riesco ad usare i miei
poteri.- gli altri si guardarono tra loro. Emerald prese parola.
-D’accordo,
ce ne occuperemo dopo. Adesso dobbiamo
sistemare questi stronzi.-
Gabriel
era nascosto nel seminterrato, cercando di non farsi trovare. Numero
Tre si
trovava nella Biblioteca quando alcune persone avevano fatto irruzione
nella cucina.
Si era subito nascosto nel piano interrato, ma probabilmente alcuni lo
avevano
visto e si erano diretti nel piano inferiore. Il ragazzo li
sentì avvicinarsi e
si rannicchiò ancora di più su sé
stesso: con gli Incantesimi non se l’era mai
cavata tanto bene e il suo potere non era come quello di Emerald, di
Lauren o
di Fëdor, non serviva per fare del male. Ad un certo punto,
notò che due si
stavano avvicinando al suo nascondiglio. Gabriel
indietreggiò d’istinto, ma nel
farlo colpì per sbaglio una vecchia tubatura. Si
irrigidì, sperando di non
essere notato ma fu tutto inutile. Gli intrusi cominciarono a
lanciargli vari
incantesimi, mentre lui si proteggeva in ogni modo. Ad un certo punto,
sentì
delle grida e si coprì le orecchie con le mani. Quando fu
sicuro di non sentire
alcun suono, sbirciò e si trovò davanti una scena
spaventosa: i quattro uomini
che lo stavano cercando erano ora riversi a terra, con la pelle piena
di
venature nere e gli occhi vitrei. Alzò lo sguardo impaurito
e vide Cameron, che
osservava con ribrezzo i quattro maghi e lì capì.
Erano morti di
paura.
-Gabriel, per
Merlino, stai bene?!- il gemello gli
corse incontro e lo abbracciò.
-S-sei stato
tu… L-li hai…- Gabriel cercò di finire
la
frase ma vide, con la coda dell’occhio, che era arrivato
qualcun altro e che
puntava la bacchetta verso di loro. Gabriel urlò per
avvertire il fratello, ma
qualcosa spinse il mago contro la parete, lasciandolo poi a terra,
privo di
sensi.
-Ragazzi, state
bene?- Lauren si avvicinò a loro
aiutandoli a rialzarsi.
-Noi stiamo
bene, tu? Sei ferita?- alla domanda di
Cameron, Numero Otto scosse la testa.
-No, ma mi hanno
colpito con qualcosa e adesso non
riesco ad utilizzare i miei poteri.- la ragazza si controllò
in giro.
-Forza,
cerchiamo gli altri.-
Ophelia
si trovava contro una parete, senza via di fuga. L’avevano
colpita con uno
strano incantesimo e ora non riusciva più ad utilizzare il
suo potere. Con la
coda dell’occhio vide Oberon lottare contro un mago e una
strega. Aveva la
fronte che sanguinava e, con la mano sinistra, si teneva il fianco, dal
quale
colava del sangue. Cercò di difendersi in tutti i modi, ma
la strega che stava
fronteggiando riuscì a disarmarla, lanciando la sua
bacchetta il più lontano
possibile. Ophelia guardò la donna che si trovava davanti a
lei che, sogghignando,
le puntò la bacchetta contro. La ragazza realizzò
di essere ad un punto cieco e
chiuse gli occhi, aspettando la propria sorte. Tuttavia, essa non
arrivò. La
ragazza riaprì gli occhi, trovandosi davanti il corpo
esanime della strega.
-Stai bene?-
Numero Cinque si risvegliò dal suo stato
di trance e volse lo sguardo verso il suo salvatore: si trattava di un
ragazzo alto,
dai capelli marrone scuro, lunghi quasi fino alle spalle e grandi occhi
marroni. L’estraneo si inginocchiò e le pose la
mano, per aiutarla ad alzarsi.
-Tu chi sei?-
chiese la ragazza indietreggiando e il
ragazzo scosse la testa sorridendo.
-Prima dovresti
dirmi “grazie” non trovi, Ophelia?- la
bionda sgranò gli occhi.
-Come sai il mio
nome?- prima che potesse rispondere,
vennero raggiunti da Oberon, che era riuscito a liberarsi del mago che
lo
attaccava e da Mathias ed Elaija.
-Ophelia, stai
bene?
E tu chi sei?- domandò Numero Sei, ponendosi di
fronte alla sorella per
difenderla. L’estraneo si inchinò, come a volerli
salutare.
-Il mio nome
è Caleb e noi ci siamo già visti a
scuola.- i tre ragazzi lo squadrarono attentamente, fino a che Mathias
non
sgranò gli occhi.
-Ma certo! Eri a
Serpeverde, giocavi a Quidditch!-
-Aspetta: come
diavolo facevi a sapere che fossimo in
pericolo?- domandò Oberon dubbioso.
-Caleb, i maghi
sono tutti sistemati. Gli altri sono
di sotto con i fratelli.- il gruppo si voltò verso la
ragazza che aveva appena
parlato: aveva tratti asiatici, forse giapponese o thailandese, con
lunghi capelli
neri dai riflessi rossicci e gli occhi marroni.
Caleigh.
Elaija aveva
subito riconosciuto la ragazza che, un
tempo, era stata loro compagna di casa. Caleb le fece un cenno.
-Grazie Caleigh,
arriviamo subito.- la ragazza annuì e
corse al piano di sotto. Il moro si girò poi verso i quattro
fratelli.
-Ci conviene
scendere e raggiungere i vostri fratelli
e i miei colleghi. Vi dobbiamo spiegare tante cose.
ANGOLO AUTRICE
E finalmente
sono qui! Mi dispiace un sacco per il
ritardo ma questo non è un periodo facile per me. Volevo
fare ancora qualche
paragrafo ma non ce la facevo e non volevo lasciarvi da soli per troppo
tempo. Mi
dispiace se non tutti i personaggi sono apparsi alla stessa maniera, la
prossima volta mi farò perdonare! Ho tra l’altro qualche informazione sulla Loggia: non so se esista veramente nel mondo di HP, ma l’ho trovato su Internet, dove si dice che la Loggia sia la sede degli Alchimisti. Mi è piaciuto troppo che ho voluto riprendere il nome. Questa volta la domanda
è la stessa per
tutti: finalmente i due gruppi si incontrano! Questa è la
prima domanda:
In che rapporti
sono con i membri dell’altro gruppo?
Ricordate che le età sono molto vicine, quindi si sono visti
tutti. In caso
abbiate dubbi scrivetemi e io vi risponderò volentieri.
Ultima cosa: ho
deciso di presentare uno ad uno i
nostri personaggi, intervallando i paragrafi normali con quelli del
personaggio. Alternerò i due gruppi e non potete dirmi i
vostri Oc, ma dovrete sceglierne
un altro. Visto che sono di più, inizierò con i
ragazzi dell’Umbrella Academy:
Fëdor
Emerald
Gabriel
Cameron
Ophelia
Oberon
Felikz
Lauren
Elaija
Mathias
Sheryl
Travis
Vi lascio anche
le immagini di come mi sono immaginata
la sala da ballo e quella del pugnale, che mi sono dimenticata:
Ed ecco il link
per la melodia che ho ascoltato per la
musica di Elaija:
https://www.youtube.com/watch?v=-fwrU-LPBGs
Ci
vediamo al prossimo capitolo! Bacioni,
__Dreamer97
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Capitolo 6 *** CAPITOLO 4 ***
CAPITOLO
4
“I’m
not an adventurer by choice, but by fate.”
Novembre
2002, Villa Olympus
Il
silenzio era ormai calato da ore nella Villa e su tutti i suoi
abitanti. Ogni
bambino stava dormendo nella propria stanza, beandosi della dolce
compagnia dei
sogni. Tuttavia, nell’ottava stanza del corridoio, la piccola
Lauren si agitava
nel suo lettino. La bimba si svegliò
all’improvviso e, massaggiandosi la testa,
si mise a sedere. Sbuffò, sapendo che avrebbe faticato a
prendere sonno
nuovamente: aveva capito il suo potere da poco, a differenza di alcuni
suoi
fratelli che già da qualche anno avevano dimostrato di
averne, ma ancora non ne
aveva il pieno controllo. Si ritrovava così ad ascoltare i
pensieri dei suoi
fratelli, nonostante lei non ne avesse la voglia o
l’intenzione e, durante la
notte, capitava che lei finisse nella mente degli altri, iniziando ad
ascoltare
e a vedere i sogni e i pensieri degli altri. Con un mal di testa
allucinante,
la piccola si alzò e, cercando di non cadere in terra,
uscì dalla sua stanza,
con l’intenzione di andare a chiamare la Signora Davis per un
po’ d’aiuto. Fece
qualche passo ma, sentendo la testa girare, non si accorse della porta
del
bagno che, probabilmente per colpa di Mathias o di Travis, era rimasta
aperta.
Lauren andò diritta a sbattere contro la grossa maniglia in
ottone, lanciando
un urletto e cadendo all’indietro. Aspettò qualche
momento prima di sedersi, in
quanto la testa aveva iniziato a pulsare terribilmente.
-Ehi, tutto
bene?- la bimba sobbalzò e si
voltò verso la sua sinistra, dove due figure identiche la
guardavano, una
preoccupata e una annoiata. Nonostante il buio, riconobbe subito
Gabriel e
Cameron.
-Mi sono fatta
male…- la voce di Lauren
sembrava più un pigolio, ma Numero Tre la sentì e
si avvicinò subito a lei per
controllare il danno.
-Niente di
grave, hai solamente un piccolo
taglio sulla fronte. Scendo di sotto in cucina a prendere il kit di
pronto
soccorso.- Lauren non poté ribattere: Gabriel corse subito
verso le scale,
lasciandola da sola in compagnia di Cameron. Si creò
così un silenzio imbarazzante,
che venne poi spezzato dal bambino.
-Come mai eri
sveglia? Di solito dormite
tutti.- alla domanda di Cameron, la bambina si voltò verso
di lui.
-E’
per colpa del mio potere… Il Signor McKinnon
dice che ho il “Mentalismo” e la
“Psicocinesi”, ovvero due capacità che
mi
permettono di spostare gli oggetti con la mente e di entrare nelle
teste degli
altri e cambiarne i pensieri…- durante il suo discorso,
Lauren non si era
accorta dello sguardo ammirato del fratello. Appena si voltò
di nuovo verso di
lui, notò il suo sguardo e arrossì furiosamente.
-E’
fantastico! Tu quindi sapresti
modificare i ricordi?- le chiese Cameron sempre più
interessato. La bimba
annuì.
-Voi invece
perché siete svegli?- alla
domanda, Cameron fece spallucce.
-Gabriel ha
scoperto di poter controllare
i sogni delle persone e di produrre una specie di “polvere
dorata”. Inoltre,
non può dormire perché deve controllare voi che
dormite e io gli faccio compagnia…-Lauren
ascoltò attentamente il fratello, notando solamente in quel
momento le leggere
occhiaie che contornavano gli occhi di Numero Quattro.
-E tu, che
potere hai?- gli chiese ancora.
-Non l’ho ancora
scoperto, ma so che non è
un bel potere. Fa del male agli altri.- Cameron si voltò
verso di lei e Lauren
sobbalzò, ritrovandosi improvvisamente negli occhi verdi del
fratello. Rimasero
a fissarsi ancora per qualche minuto, finché il silenzio non
venne interrotto
dall’arrivo di Gabriel, che era riuscito a recuperare la
cassetta del pronto soccorso.
Lauren ringraziò mentalmente il fratello, che era riuscita a
toglierla da
quella situazione imbarazzante. Nei giorni successivi, Lauren
iniziò a guardare
Cameron con occhi diversi.
10
Novembre, Sala Principale, Piano Terra, Villa Olympus
-Fatemi
capire bene: voi sareste un gruppo segreto -che adesso non è
più così segreto-
nato per proteggere la gente, nel nostro caso nostro padre, e che siete
venuti
a salvarci? E voi aspettate che noi vi crediamo?- con un ragionamento
che non
faceva una piega, Fëdor aveva dato voce ai pensieri che
albergavano nella mente
dei membri dell’Umbrella Academy.
A
rispondere fu Emanuel.
-Lo so che
può sembrare strano, ma dovete fidarvi di
noi. Io e Katrina conoscevamo vostro padre e lui lo sapeva di essere
protetto da
noi. E’ per questo motivo che noi sappiamo tutto di voi e ei
vostri poteri,
perché ce ne ha parlato Richard.- in risposta, Oberon
sbuffò.
-Perché
io non ne sono convinto? Sembra quasi che voi
l’abbiate montata questa storia.- alle sue parole, intervenne
Katrina.
-Puoi anche non
crederci, ma ti ricordo che, senza di
noi, sareste cenere al vento. Se non sbaglio, è stato
Emanuel a salvarti il culo
prima ed è stata la nostra Caleigh a medicarti. Un
ringraziamento è minimo.- Numero
Sei fece per ribattere, ma venne fermato da Lauren.
-Per quanto mi
costi ammetterlo, ha ragione lei. Non
saremmo vivi se loro non ci avessero aiutato.-
-Wow sorella,
degna della carta affidata!- disse
Travis e Lauren lo guardò male. Non era il momento di fare
battute.
-Lauren ha
ragione. Nonostante ciò, come facevate a
sapere che fossimo in pericolo?- domandò Sheryl ed Emanuel
rispose.
-Dopo la morte
di Richard, ci siamo mossi subito:
abbiamo iniziato a tenervi d’occhio, aspettando solo il
momento in cui vi avrebbero
attaccato. Cosa che, alla fine, si è rivelata giusta.- disse
alla fine il
ragazzo. Il suo sguardo era per qualche secondo caduto sulla figura di
Ophelia
che, incrociando lo sguardo del moro, aveva abbassato la testa
imbarazzata.
-Io vi credo.-
quelle parole avevano gettato sul
gruppo un silenzio di tomba. Cameron si girò verso il
fratello, guardandolo
sorpreso.
-Sei sicuro,
Gabi? Non li conosciamo bene e…- Numero Quattro
non finì nemmeno la frase, interrotto subito dal gemello.
-Pensateci bene.
Se fossero stati pericolosi io o Cam
o Lauren avremmo subito percepito del pericolo, ma così non
è stato. E’ inutile
giudicare adesso, visto che ci hanno anche salvato la vita.- a quelle
parole, i
vari membri dell’Umbrella Academy si guardarono tra di loro,
per poi lasciare
parola al Numero Uno.
-D’accordo,
vi daremo una possibilità. Non
sprecatela.- Emanuel e Katrina fecero un cenno con il capo,
ringraziandolo
silenziosamente.
-Adesso? Cosa
facciamo? Quelli sono morti tutti,
quindi non possiamo nemmeno sapere i loro piani o altro.- a rispondere
alle
parole di Emerald fu Harry.
-In
realtà uno è sopravvissuto, è bloccato
nel vostro
scantinato. Cercheremo di farlo parlare in qualche modo.- a quelle
parole,
Cameron sorrise maleficamente, facendosi notare solamente dal gemello,
che iniziò
a guardarlo preoccupato. Scarlett prese parola.
-Di sicuro
cercavano qualcosa. Magari dei progetti,
qualsiasi cosa riguardasse Richard. Per arrivare ad ucciderlo doveva
avere o
sapere qualcosa.-
-I diari.- a
quelle parole, l’attenzione generale si rivolse
verso Mathias.
-Che intendi?-
domandò Charlotte.
-Prima
dell’attacco, stavo cercando nell’ufficio di
papà i diari dove annotava tutti i nostri miglioramenti, i
nostri poteri e
persino le nostre origini. Tuttavia, sono tutti spariti. Secondo me li
ha nascosti
prima di morire e, insieme a quelli, ci dev’essere per forza
qualcos’altro.-
Questa volta, a prendere parola fu Felikz.
-Secondo me ha
ragione lui: da qualche tempo papà era
diventato paranoico, come se fosse preoccupato da qualcosa. Se fossi
rimasto a
casa quella sera forse…- Felikz non finì la
frase, venendo interrotto da Jem.
-Non potevi
sapere che sarebbe successo, non fartene
una colpa.- alle parole del suo ormai ex-professore,
Felikz annuì debolmente.
-Perfetto. A
questo punto direi di rimetterci in sesto
e di riposare un attimo.- alle parole di Charlotte tutti annuirono. In
seguito,
sciolsero la riunione, dirigendosi in direzioni differenti.
Febbraio
2004, Villa Olympus
-Ragazzi,
qualcuno ha visto il mio scrigno?- alla domanda di Ophelia, tutti i
fratelli
negarono con la testa, mentre Lauren sentiva uno stato
d’ansia calarle addosso
come un macigno. Qualche giorno prima, Numero Otto si era diretta nella
camera
della sorella più grande*, in cerca di uno dei suoi libri
che, sicuramente, era
finito nella stanza di una dei pochi fratelli che condivideva la
passione per
la lettura. Era riuscita a trovare il libro quando, nel voltarsi, aveva
colpito
accidentalmente lo scrigno che si trovava sulla scrivania della
sorella. L’oggetto
era finito in terra, rompendosi in alcuni punti e perdendo il
coperchio. Lauren
era rimasta qualche secondo immobile, per poi raccoglierne velocemente
i pezzi
e andare a nasconderli in camera sua. Sapeva che
quell’oggetto era molto
importante per la sorella, in quanto era stato il primo oggetto che era
riuscita a costruire da sola, raccattando pezzi da buttare per tutta la
casa. Ora,
Ophelia lo cercava disperatamente e Lauren sapeva di non poterlo
più
nascondere.
-Ehi Ophelia,
devo farti vedere una cosa…-
la bionda si girò verso di lei e, senza fare alcuna domanda,
la seguì. Si
diressero verso la stanza di Numero Otto e la mora aprì
l’armadio, tirando
fuori un pacchettino e porgendolo alla sorella.
-Mi dispiace, te
l’ho rotto… Non l’ho
fatto apposta, stavo cercando un libro e per sbaglio l’ho
fatto cadere.- Lauren
si aspettò le grida di rabbia della sorella e
abbassò lo sguardo. Quello che
non si aspettava, invece, era che Ophelia le mettesse una mano sulla
spalla e la
guardasse sorridendo.
-Stai
tranquilla, ti capisco. Avrei fatto
anche io la stessa cosa!- Numero Otto la guardò sorpresa,
per poi ricambiare il
sorriso. Numero Cinque le porse la mano.
-Forza, andiamo ad
aggiustarlo: oggi sarai
la mia assistente!- Lauren annuì e, insieme, le due bambine
si diressero verso
la stanza della bionda, dove passarono l’intero pomeriggio
tra cacciaviti,
bulloni e tante, ma tante risate.
Infermeria,
Ala Ovest, Primo Piano
-Ti
serve una mano?- Ophelia si voltò verso Caleigh, che la
guardava preoccupata. La
bionda stava cercando di curarsi da sola la ferita alla testa, tuttavia
senza
successo. Numero Cinque annuì, affidando ago e filo
all’altra ragazza.
-Come mai non
usi la magia? Sarebbe molto più facile.-
Ophelia negò con la testa.
-E’ un
piccolo taglietto, sarebbe inutile. Qualche giorno
e non ci sarà più nemmeno il segno.- a quella
parole, Caleigh annuì. In
seguito, Ophelia riprese il discorso.
-Tu lavori al
San Mungo, giusto?- le domandò e la mora fece di
sì con la testa.
-Esattamente. E
lì dove ho incontrato Emanuel e
Katrina, per poi essere reclutata.-
-Ho visto che
siete tutti molto uniti.-
-Diciamo che
abbiamo passato un po’ di tempo insieme.
Sono un po’ come la mia seconda famiglia. Anche se a volte
fanno perdere la
pazienza.- Ophelia rise, contagiando anche l’altra. Un lieve
bussare fece
voltare entrambe verso la porta, dove Gabriel le stava osservando.
-Disturbo?-
chiese e la sorella scosse la testa, dicendogli
di entrare. Il rosso entrò e si diresse verso di loro,
cercando qualche garza
dal vassoio che si trovava accanto ad Ophelia.
-Devo curare
Oberon e Fëdor, non sono feriti gravemente,
quindi non serve mettere in gioco il potere di Travis.- Ophelia
annuì, per poi
notare qualcosa di strano nello sguardo del fratello.
-Gabi, che
succede?- il ragazzo si fermò di colpo, per
poi posare i suoi grandi occhi verdi su Numero Cinque e su Caleigh.
Sospirò,
per poi sedersi sul lettino accanto a loro.
-Si tratta di
Cameron. In questi giorni è molto
strano.-
-Se non sbaglio
è sempre stato strano, non solo
adesso.- disse Caleigh ma Gabriel scosse la testa.
-No,
è diverso. Durante l’attacco,
per difendere me, ha ucciso quegli uomini. Capito, li ha uccisi.
E non
con un incantesimo ma usando i suoi poteri. Io sono molto preoccupato.-
di
fronte allo sguardo affranto del fratello, Ophelia si
intenerì, per poi
mettergli una mano sulla spalla.
-Tranquillo,
vedrai che
non sarà niente. Ti consiglio di parlarne con lui, magari ti
dirà qualcosa. Ora
va’, altrimenti Oberon e Fëdor si ritroveranno a
dover chiamare il tuo aiuto.-
il ragazzo annuì e, dopo aver ringraziato la bionda e
salutato Caleigh, uscì
dall’Infermeria.
Aprile
2010, Biblioteca, Hogwarts
La
Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts aveva appena aperto le porte
alla
primavera, permettendo ai suoi studenti di godere dell’aria
fresca e dei caldi
raggi del sole. Quella domenica, il Castello era quasi vuoto, visto che
i suoi
alunni si dilettavano in attività all’aperto
oppure ne approfittavano per
studiare sotto l’ombra di qualche albero. Tuttavia, nella
Biblioteca della
scuola, una ragazzina Corvonero del quarto anno si era seduta nel
tavolo più
nascosto, cercando di studiare in santa pace. Tutti i suoi fratelli
avevano
deciso di andarsene ad Hogsmeade, più precisamente ai Tre
Manici di Scopa:
Gabriel e, stranamente, Felikz erano riusciti ad ottenere i ruoli di
Cercatore e
di Battitore per le rispettive squadre, evento che i fratelli avevano
deciso di
festeggiare. Nonostante le richieste e le suppliche degli altri, Lauren
aveva
deciso di portarsi avanti con lo studio, preferendo rimanere chiusa nel
Castello
a studiare e a scrivere temi.
-Buongiorno,
Signorina McKinnon. Come mai rimane
chiusa qui invece di approfittare di questa meravigliosa giornata di
sole?-
Lauren alzò improvvisamente lo sguardo, ritrovandosi davanti
Neville Paciock,
il suo professore di Erbologia e il Capo della Casa dei Grifondoro.
-Buongiorno
Professore. Volevo portarmi
avanti con lo studio per non rimanere indietro. E poi, preferisco stare
dentro.-
disse la ragazzina. Il Professor Paciock annuì.
-Capisco.
Tuttavia, so che oggi i tuoi
fratelli festeggiano qualcosa. Ho
seguito i provini delle squadre e Gabriel e Felikz sono stati davvero
molto
bravi. Nonostante li dessero per sconfitti, hanno tirato fuori una
grinta invidiabile.-
notando che Lauren non accennava a muoversi, Neville si sedette di
fronte a
lei.
-Lauren, ti dirò
una cosa: nonostante il
bellissimo rapporto che condividete come fratelli, non sarete sempre
presenti l’uno
per l’altra. Ci sarà un giorno in cui prenderete
strade diverse e,
probabilmente, non vi vedrete o sentirete più. Il mio
consiglio è questo:
approfittatene ora che siete in tempo. Ci saranno altri mille momenti
per dimostrare
di essere la migliore, ma questi momenti con i tuoi fratelli un giorno
non ci
saranno più.- Lauren rimase colpita dalle parole del suo
insegnante, sapendo
nel profondo quanto l’uomo avesse ragione. Così,
iniziò a rimettere via le sue
cose e i vari libri che aveva preso in prestito, per poi salutare con
un
sorriso il professore e dirigersi verso il villaggio di Hogsmeade,
Arrivata ai Tre Manici di Scopa, venne accolta
calorosamente dai suoi fratelli e in quel momento diede ragione al
professore:
quei momenti non sarebbero rimasti per sempre, tanto valeva
approfittarne
adesso.
Corridoio
delle Camere, Ala Est, Primo Piano
-Tu stai
bene? Hai bisogno di qualcosa?- alla domanda di Mathias, Elaija scosse
la testa.
Sto bene,
tranquillo. Tu?
-Tutto bene
anche io. Un po’ ammaccato forse, ma tutto
sommato mi sento bene.- rispose Numero Dieci e l’altro
sorrise.
-Ciao ragazzi,
qui tutto bene?- Lauren entrò nella
stanza di Elaija, mentre i due fratelli le comunicavano di stare bene.
Senza dire
niente, la ragazza si avvicinò alla finestra, iniziando a
controllare qualcosa
fuori. I due ragazzi si guardarono, straniti dal comportamento della
ragazza.
-Lauren, che
stai facendo?- a quella domanda, la
ragazza si voltò verso i due. Con un gesto della mano,
chiuse la porta della stanza,
facendo preoccupare ancora di più i due fratelli.
-Promettete che
quello che dirò non uscirà mai da
questa stanza.- Mathias ed Elaija
si
guardarono di nuovo, per poi annuire. La ragazza sospirò,
per poi prendere a parlare.
-Il giorno dopo
la notizia della morte del Signor
McKinnon, senza che nessuno lo sapesse ho innalzato una barriera
protettiva
intorno all’intera casa. Tuttavia, ieri sera quei maghi sono
entrati in casa e
io sono andata subito a controllare la barriera: era stata rotta.-
Pensi che siano
stati quei ragazzi? ,
domandò Elaija, che dopo l’incidente con il
pugnale era molto diffidente.
Lauren negò.
-No, loro sono
arrivati una volta caduta la barriera.
Ma c’è di più: è stata rotta
dall’interno.- a quell’informazione, i due
fratelli sgranarono gli occhi.
-Pensi che
qualcuno di noi ci stia tradendo?- domandò
Mathias e la ragazza annuì.
-Promettetemi di
non dirlo a nessuno. Se lo dicessimo,
ci metteremmo tutti uno contro l’altro. Lo promettete?- dopo
qualche attimo di
silenzio, entrambi annuirono, decidendo di fidarsi delle parole della
sorella,
sperando con tutto il cuore che si sbagliasse.
Gennaio
2014, Villa Olympus
-Quindi
te ne vai anche tu?- Lauren
finì di
sistemare le ultime cose nella valigia, per poi voltarsi verso Sheryl,
che la osservava
dalla porta. La mora sospirò.
-Sì.
Non posso più rimanere qui e lo sai
bene. Poi che senso ha rimanere? Emerald, Ophelia, Oberon, Cameron e
Gabriel se
ne sono già andati. L’Umbrella Academy non
c’è più e dovremmo farcene una
ragione.- Lauren non voleva essere così dura con la sorella,
ma sapeva di aver
detto la verità. La rossa abbassò lo sguardo a
terra, per poi rispondere.
-Capisco e hai
ragione. E’ questione di
tempo prima che anche Mathias o Elaija abbandonino, li sentivo parlare
l’altra
volta. Tu cosa hai intenzione di fare?- Lauren si sedette sul suo letto
e fece
cenno a Numero Undici di sedersi accanto a lei.
-Ho trovato un
lavoro e un alloggio in un pub
a Diagon Alley. I due gestori sono una simpatica coppia che mi ha
subito accolto
a braccia aperte. Nel mentre studierò per entrare al
Ministero della Magia.- rispose,
per poi voltarsi verso la sorella. Quest’ultima la
abbracciò.
-Mi mancherai tanto, sai?
Qualche volta scrivimi,
così ci teniamo in contatto.- Lauren sorrise e
annuì, per poi alzarsi e
prendere la sua valigia. Per fortuna aveva già salutato gli
altri, quindi non
avrebbe tardato la sua partenza. Salutò ancora una volta
Sheryl e, infine, si
smaterializzò, trovandosi poi in un vicolo di Diagon Alley.
Prese un bel respiro
profondo e si immise nella folla, raggiungendo velocemente il Pub in
cui
avrebbe vissuto da quel momento. Rimase ferma sulla soglia per qualche
minuto e
poi, senza guardarsi indietro, entrò nel locale con passo
deciso.
Scantinato,
Piano Interrato
In
quel momento, mentre gli altri erano impegnati a sistemare
l’intera casa, Fëdor,
Emanuel, Katrina e Harry si trovavano nello scantinato, cercando di far
parlare
il mago che erano riusciti a catturare.
-Capisco la mia
presenza, nonostante io non volessi,
ma lui come mai è qui?- domandò Numero
Uno riguardo ad Harry. Emanuel sorrise.
-Insieme a
Charlotte è l’ultimo arrivato, così lo
faccio entrare meglio nel gruppo.- Fëdor annuì,
notando Harry e Katrina
guardarsi in cagnesco, ma decise di non porre domande. Non appena i
quattro
entrarono nello scantinato, si ritrovarono subito sommersi dagli
insulti del
mago.
-Brutti
bastardi, io non vi dirò niente! Piuttosto
preferisco morire!- esclamò quello, sputando la frase come
se fosse veleno.
Emanuel si voltò verso Fëdor.
-Ho cercato di
farlo parlare e ho anche usato la
Legilimanzia, ma non è servito a niente. Hai qualche idea?-
Numero Uno negò
subito, finché qualcosa non gli balenò nella
mente.
Il ragazzo se ne
stava accucciato in un
angolo dell’aula, terrorizzato fino al midollo.
Fëdor si diresse subito da lui,
per poi voltarsi adirato verso il fratello.
-Razza di
idiota, cosa hai combinato!?-
Il moro
rabbrividì al ricordo, per poi voltarsi verso
gli altri tre.
-Io
un’idea ce l’avrei. Vi avverto però: non
è molto
etica come cosa.- a quella frase, i tre membri dell’Ordine
annuirono. Numero
Uno uscì dalla stanza, tornando qualche minuto dopo seguito
da Cameron.
-Avete bisogno?-
chiese quest’ultimo annoiato. Katrin
annuì.
-Non riusciamo a
farlo parlare e, secondo tuo
fratello, tu potresti farcela.- il sorrisetto di Cameron si
trasformò in un
vero e proprio ghigno, tanti da intimorire i presenti.
-Certamente,
dovrei riuscirci. Gradirei però ve ne
andaste. Tu sai la
prassi, vero fratellone?-
Fëdor annuì lievemente, sapendo di fare qualcosa
che andava contro i suoi
principi. Tuttavia, se quello era l’unico modo per scoprire
chi voleva fare del
male alla sua famiglia, non aveva scelta. Il ragazzo fece cenno agli
altri di
uscire dallo scantinato. Prese la bacchetta per insonorizzare la
stanza, quando
dall’interno partì un urlo agghiacciante. Si
sbrigò a lanciare l’incantesimo,
voltandosi poi verso i tre, che lo guardavano allibiti.
-Gradirei non
faceste domande, per favore. Cameron sa
essere molto persuasivo, vi spiegherò tutto dopo.- Emanuel
si avvicinò a lui.
-Ricordami di
non far incazzare tuo fratello.-
3
Novembre 2020, Ufficio del Vice-Direttore dell’Ufficio per
l’Uso Improprio
delle Arti Magiche
-Ha
bisogno di qualcosa, Signorina McKinnon?- nel sentirsi chiamare, Lauren
alzò lo
sguardo verso la sua segretaria.
-No, puoi andare Emily. Ci
vediamo
domani.- la donna fece un accenno con il capo e, dopo averla salutata,
uscì
dall’Ufficio. Lauren sospirò, appoggiandosi con la
schiena allo schienale della
sua poltrona. Nonostante i venticinque anni, era riuscita ad ottenere
il ruolo
di Vice-Direttrice, dopo anni di gavetta, di duro lavoro e di
porta-caffè.
Lauren volse lo sguardo verso una cornice che si trovava sulla sua
scrivania,
regalo di Mathias per il dodicesimo compleanno: era una foto che
riguardava
tutti i fratelli, quando ancora erano felici e vivevano insieme. La
ragazza
ripensò a quei momenti, chiedendosi cosa stessero facendo
gli altri membri dell’ormai
ex-Umbrella Academy. Sapeva di aver fatto la scelta giusta ad
andarsene,
nonostante gli dispiacesse aver lasciato quella che, fino a quel
momento, aveva
considerato una famiglia. Dopo essersene andata, aveva vissuto sopra il
pub in
cui lavorava, venendo trattata come figlia dalla coppia che lo gestiva.
Aveva
studiato e, grazie alle sue capacità, era riuscita ad
entrare al Ministero come
matricola. Dopo anni di duro lavoro, era riuscita ad ottenere il
lavoro,
realizzando una delle sue ambizioni. Dopo il suo momento di
riflessione, prese
in mano la piuma per ritornare ai suoi appunti, quando un forte dolore
al braccio
sinistro le fece mollare la presa. Non capendo l’origine del
dolore, si tirò su
la manica della camicia, rimanendo di sasso: il suo tarocco, La
Giustizia,
aveva comnciato ad illuminarsi, segno che qualcuno aveva richiesto
l’aiuto dell’Umbrella
Academy. Senza farsi troppe domande, Lauren scrisse una nota per la sua
segretaria, dicendole che si sarebbe assentata il giorno seguente. Si
diresse
velocemente a casa, un appartamento che era riuscita a permettersi con
il suo
lavoro, e prese velocemente alcune cose che ripose in una borsa.
Infine, si
smaterializzò, con la sua meta ben chiara nella sua mente.
Stanza
delle Pozioni, Ala Ovest, Piano Terra
-Questa
stanza è magnifica!- di fronte all’entusiasmo di
Charlotte, Sheryl
sorrise. Il padre le aveva permesso di
avere una stanza per allenarsi con le sue Pozioni, in modo da poter
lavorare in
santa pace senza che i fratelli continuassero a disturbarla o
combinassero
danni distruggendo qualche pozione (la sua mente si diresse subito
verso Travis
o Felikz).
-Sono contenta
che ti piaccia. Anche a me piaceva un
sacco, era la mia stanza preferita. Ma non dobbiamo perdere tempo,
dobbiamo
occuparci di quel veleno.- Charlotte annuì e, insieme,
iniziarono a lavorare,
Sheryl che guardava su vari libri e Charlotte che analizzava
attentamente il pugnale.
Ad un certo punto, dalla tasca tirò fuori una boccettina di
vetro, con al suo
interno un liquido azzurrino.
-E quello
cos’è?- domandò Numero Undici.
-Questo
è un elisir che serve per individuare sostanze
estranee o pericolose: cattura nelle sue particelle la sostanza,
formando poi
delle goccioline, così possiamo studiarlo. E’
molto usato nel mondo dell’Alchimia.-
-Posso aiutarvi
o ve la state cavando anche da sole?-
le due si voltarono verso Jem, che era appena entrato nella stanza.
Sheryl gli
regalò un sorriso gigantesco.
-Salve Professor
Crowley, non ha idea di quanto io sia
felice di rivederla!- alla frase dell’ex-alunna
l’uomo sorrise.
-Anche io sono
felice. Inoltre, puoi pure chiamarmi
per nome, non sei più una mia allieva!- disse
l’uomo avvicinandosi al tavolo da
lavoro.
-Non pensavo di
trovarl…trovarti in questo gruppo,
Jem.- disse Sheryl con un po’ di imbarazzo, dovuto al fatto
di chiamare quello
che una volta era il suo professore preferito per nome.
-Diciamo che
Emanuel e Katrina sono stati molto
convincenti.- rispose l’uomo.
-Oh.- i due si
voltarono improvvisamente verso
Charlotte, che stava osservando la boccetta che teneva in mano.
-Cos’è
successo?- le chiese Numero Undici. La rossa si
voltò verso di loro.
-Ho appena
scoperto di che sostanza si tratta. La
risposta non sarà piacevole.-
*Nonostante
siano nati tutti lo stesso giorno, utilizzano
i numeri per dare un ordine, quindi Fëdor, essendo il primo,
è il fratello più
grande, mentre Travis è il più piccolo.
ANGOLO AUTRICE
Ben ritrovati!
Cavoli, non ci ho messo così tanto come
le altre volte, sorpresi neh? E dopo una lunga votazione, vince per 3
voti la
nostra Lauren! Spero tanto di averla resa al meglio, davvero. Questo
è anche un modo per presentarvi i collage che ho creato:
come vedete, ci sono due tipologie di carte, quella a destra
rappresenta il tatuaggio del polso. Ho usato questo mazzo
perché un'autrice me lo aveva consigliato e io me ne sono
innamorata. Inoltre, ho deciso di mettere il numero, il potere, la Casa
e una passione. Spero che vi piacciano.
Per quanto
riguarda l’ordine in cui se ne sono andati
dall’Umbrella Academy, l’ho
inventato io in base a quello che mi avevate scritto nelle schede. Wow,
capitolo intenso, ho amato scriverlo e spero piaccia anche a voi. Colpo
di
scena: c’è un traditore tra i fratelli! Queste sono le
domande di oggi:
Chi pensate che sia il
traditore? Perché?
*Rullo di tamburi*
Con chi volete che il
vostro personaggio abbia una
relazione? Gradirei mi faceste due nomi, perché vorrei
accontentare tutti. In
più, ditemi perché la scelta di
quell’Oc, come volete che si evolva la storia,
un evento particolare, ecc…
Vi lascio qui i
nomi tra cui scegliere (non metto
Katrina ed Emanuel perché mi serve che siano tra gli ultimi):
Caleigh
Scarlett
Jem
Harry
Charlotte
Ci vediamo al
prossimo capitolo! Bacioni,
__Dreamer97
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Capitolo 7 *** CAPITOLO 5.1 ***
CAPITOLO
5.1
“Sono
un uomo buono, non amo la violenza e mi piace aiutare gli altri, ma se
provi a
fare del male ad uno dei miei compagni o allievi, preparati
perché diventerò
spietato e crudele.”
Agosto
1996, Glasgow, Scozia
-Lo
sapevo! Sapevo che il mio piccolo bimbo avrebbe ricevuto la sua
lettera!- a
quella frase, John Smith guardava preoccupato sua moglie Alice, che
sembrava in
preda ad una vera e propria crisi euforica, intenta a saltellare per il
soggiorno. Piano, si avvicinò alla moglie e le mise una mano
sulla spalla,
facendo sì che la donna si voltasse verso di lui.
-Mia cara, sono
molto felice anche io per
Jem, lo sapevo che sarebbe diventato un mago come te, ma…-
l’uomo non finì la
frase e la donna piantò i suoi grandi occhi marroni in
quelli del marito.-
-Ma?- gli
domandò, esortandolo a
continuare il discorso.
-Hai sentito
delle sparizioni che stanno
accadendo per tutto il Regno Unito. Sarò anche un babbano,
ma ho letto il
vostro giornale. Babbani e Mezzosangue spariscono stranamente in
circostanze
misteriose e sai anche tu la vera fine che fanno. E se Jem non fosse al
sicuro?
E se gli accadesse qualcosa di brutto? E se…- Questa volta
fu il turno della
moglie di poggiargli una mano sulla spalla.
-John, devi stare
tranquillo. Tra tutti i
posti, Hogwarts è il più sicuro. Il suo preside,
Albus Silente, è il mago più
potente di tutti i tempi. Mi sono rifiutata di spedire Jem a Ilvermorny
e ci
siamo trasferiti qui perché volevo che frequentasse la mia
stessa scuola. Devi
avere fiducia, andrà tutto bene.- John annuì alle
parole della moglie,
lasciandosi rassicurare da quelle frasi. I due non si erano accorti
però che
Jem stava origliando la conversazione. Il ragazzino strinse i pugni:
era
preoccupato per le parole del padre, ma sapeva di dover ascoltare sua
madre:
cosa mai sarebbe potuto succedere?
13
Novembre, Sala Principale, Piano Terra, Villa Olympus
Quella
mattina, i due gruppi si erano riuniti nella Sala Principale della
Villa, per
discutere degli ultimi aggiornamenti. La Signora Davis, aiutata da
Libby, aveva
preparato una fantastica colazione per tutti, ricevendo molti
complimenti da
persone come Harry o Felikz, che andavano matti per i dolci.
-Come mai non
siamo tutti?- domandò Harry, mettendosi
una fragola in bocca.
-Jem
è tornato ad Hogwarts per le lezioni, quindi fino
al week-end non potrà esserci. Invece, Gabriel, Ophelia e
Caleigh avevano i
turni in ospedale e ci raggiungeranno più tardi.- disse
Katrina sedendosi di
fianco a Sheryl e accettando con un sorriso il biscotto offertole dalla
rossa.
Oberon si voltò verso Lauren e Scarlett, che consumavano la
loro colazione in
silenzio.
-Voi due non
avreste dei lavori al Ministero? Mi
meraviglio di te sorella, te la stai prendendo troppo comoda!-
esclamò Numero
Sei fingendo di essere sconvolto e facendo ridere Charlotte, Elaija e
Mathias.
La bionda rispose subito.
-Il mio Capo
Auror, ovvero l’Auror Harry Potter, è
informato del gruppo di cui faccio parte e mi ha dato alcuni giorni di
permesso. Tornerò ufficialmente a lavoro domani.- dopo la
frase di Scarlett,
Lauren prese parola.
-Anche io
dovrò tornare domani, per ora la mia
segretaria se la sta cavando bene, ma non posso lasciarla da sola a
lungo. E’
alquanto maldestra e potrebbe far esplodere qualcosa.- la frase fece
ridere i
presenti. Emerald si ritrovò a pensare che tutti loro
dovessero tornare a
lavoro prima o poi, quando un dubbio le assalì la mente. Si
voltò verso Felikz.
-Felikz, tu che
lavoro fai?- alla domanda di Numero
Due, tutti si voltarono verso il ragazzo, che si era fermato dal
mangiare il
suo muffin al caramello.
-Io? Oh beh, da
qualche annetto aiuto in un negozio di
tatuaggi.- disse, ricevendo subito un’esclamazione da parte
di Sheryl.
-Che bello,
Felizk! E tu ne hai altri? Oltre ai
nostri?- alla domanda della sorella, Felikz annuì e
sollevò le maniche del
maglione azzurro che indossava: sull’ avambraccio sinistro,
oltre al tatuaggio
raffigurante la Ruota della Fortuna, si trovavano i quattro assi delle
carte,
proprio sopra il polso; più in alto, sul braccio, si trovava
il Caduceo, il
bastone del Dio Ermes; sul braccio destro, invece, oltre
all’ombrello simbolo
dell’Umbrella Academy,
si trovava un
tatuaggio Maori, che saliva verso la spalla e probabilmente continuava
sul
petto. Oberon notò Elaija guardare assorto il fratello e
roteò gli occhi, prima di voltarsi
verso il Numero Sette.
-Come mai non li
abbiamo notati? E ne hai altri?- gli
chiese Numero Sei e Felikz si avvicinò maggiormente al
tavolo, sfoggiando il
suo miglior sorriso malandrino.
-Non li aveta
mai notati perché ho sempre indossato
maniche lunghe e avevo su dei bracciali che coprivano quelli sul polso.
Se ne
vuoi vedere altri, perché non li vieni a cercare?- disse,
facendo ridere tutti.
-Magari
un’altra volta!- disse Oberon ridendo a sua volta. Travis
si voltò verso Numero Sette.
-Che figata,
fratello! Beh, dopo aver fatto i nostri
tatuaggi, era forse il tuo futuro!- disse il moro ridendo.
-Quali
tatuaggi?- chiese Emanuel, seduto a fianco di
Fëdor. Contemporaneamente, i ragazzi mostrarono entrambe le
braccia, dove
mostravano sul destro il tatuaggio dell’Umbrella Academy e
sul sinistro,
invece, i rispettivi tarocchi. Emerald fece per parlare, ma venne
interrotta da
Charlotte
-Sarebbe una
storia molto interessante da ascoltare,
ma abbiamo altre cose di cui occuparci adesso.- alle parole della
rossa, tutti
annuirono e si fecero improvvisamente seri. A prendere parola fu
Emanuel, che
si rivolse sia a Charlotte che a Sheryl.
-Allora,
novità sulla sostanza del pugnale?- chiese e
le due rosse annuirono e Charlotte iniziò a spiegare.
-Sì e
la risposta vi sorprenderà. Il motivo per il
quale Travis non è riuscito ad utilizzare il suo potere
è perché il tipo di
veleno utilizzato è di tipo magico ed è
estremamente raro, soprattutto perché
Travis non vi è mai entrato in contatto, quindi non poteva
riconoscerlo. Sto
parlando del Veleno del Basilisco.- a quella frase, tutti ammutolirono,
finché
Mathias non prese parola.
-Com’è
possibile? L’unico Basilisco di cui si conosce
l’esistenza è quello nella Camera dei Segreti, ma
è morto!-
-In
realtà, è rimasto ancora il suo scheletro e i
suoi
denti sono ancora impregnati del veleno. Essendo serpenti molto grossi,
le ossa
impiegano molto più tempo a degradarsi e il veleno permane
per molto tempo. A
questo punto, una cosa è certa: chi ha ucciso vostro padre,
ha contatti anche
ad Hogwarts.- continuò Sheryl.
-Informeremo Jem
di tenere d’occhio la situazione lì.
Non possiamo lasciarci sfuggire niente se vogliamo scoprire qualcosa.
Io, Harry
e Katrina vedremo se riusciamo a far confessare qualcosa al nostro
prigioniero.- disse Emanuel e tutti annuirono. Stavano per lasciare la
stanza,
quando la voce di Lauren li fermò.
-Ragazzi, io,
Mathias ed Elaija vorremmo discutere di
una cosa importante di famiglia. Urgentemente.- alle parole di Numero
Otto, i
membri dell’Umbrella Academy si guardarono tra di loro
confusi. Scarlett,
Katrina e Harry, senza farsi domande, uscirono dalla stanza. Emanuel si
girò
verso gli altri.
-Vi lasciamo da
soli. Ci vediamo dopo.- il ragazzo
salutò tutti e, dopo essere uscito, chiuse la porta,
lasciando i ragazzi tra
loro.
Maggio
1998, Hogwarts
Jem
correva il più velocemente possibile, insieme ai suoi
compagni di Casa e agli
altri alunni della scuola. Era successo tutto così in
fretta: il Professor
Piton, diventato Preside dopo la morte di Silente avvenuta
l’anno prima, li
aveva convocati tutti urgentemente nella Sala Grande. Lì, li
aveva avvertiti
della presenza di Harry Potter, che si era palesato subito dopo le
minacce di
Piton di uccidere chiunque avesse aiutato il Ragazzo Sopravvissuto,
insieme
all’Ordine della Fenice. Piton aveva cercato di attaccarlo,
ma era stato
fermato dalla McGranitt, che aveva ingaggiato un combattimento con
l’uomo
riuscendo a cacciarlo. Un grosso boato aveva sostituito il silenzio
della Sala
Grande e la McGranitt aveva affidato il comando a Harry. In seguito,
aveva
raccomandato a tutti gli studenti di fuggire dal castello, dando la
possibilità
ai maggiorenni di rimanere in caso avessero voluto combattere. Ora, in
quel
momento, Jem aveva raggiunto insieme ai suoi compagni un quadro, che
nascondeva
un passaggio segreto grazie al quale sarebbero riusciti a scappare. Il
ragazzino spostò lo sguardo verso la ragazza del dipinto,
che sorrideva a tutti
loro per rassicurarli. Il dipinto di spostò, rivelando un
lungo tunnel e gli
alunni cominciarono a percorrerlo. Jem rivolse un ultimo sguardo verso
la
scuola poi, seguendo i suoi compagni, entrò nel tunnel.
Sala
Principale, Piano Terra
-No,
non è possibile, non voglio crederci.- disse Sheryl. Non
appena i membri
dell’Ordine li avevano lasciato soli, Numero Otto, Numero
Nove e Numero Dieci
avevano spiegato loro tutto ciò che riguardava la notte
dell’attacco.
Ovviamente, come si aspettavano, ottennero diversi tipi di reazioni.
-State
praticamente dicendo che uno di noi avrebbe
fatto entrare quelli che hanno cercato di ucciderci?-
domandò Travis ed Elaija
scosse la testa, mimando che loro non conoscessero il colpevole.
-Beh,
è implicito quello che intendete.- disse
Emerald.
-Ragazzi,
è ridicolo, nessuno di noi farebbe qualcosa
del genere.- rispose Fëdor. Dopo qualche minuto di silenzio,
fu Oberon a
parlare.
-Almeno sapremmo
già il nome del colpevole.- disse
Numero Sei guardando dritto verso Cameron, che teneva lo sguardo basso
verso il
pavimento.
-Oberon,
smettila.- a quel richiamo, il biondo si
voltò verso Felikz, colui che lo aveva appena richiamato.
-Andiamo, lo so
che tanto le pensate tutti. Quello
probabilmente pensa che non esistiamo, quindi cosa gli impedirebbe di
voltarci
le spalle?- continuò Numero Sei, ma questa volta Cameron
alzò lo sguardo,
puntandolo dritto verso di lui.
-Smettila.
Adesso.- disse semplicemente il rosso.
Lauren cercò di calmarlo, ma Numero Quattro non la
ascoltò. Oberon fece una
smorfia, per niente spaventato dal fratello.
-Non fare
l’idiota. Tra tutti sei sempre stato quello
più incline alla violenza e un esempio chiaro lo abbiamo
visto l’altra sera,
quando hai ucciso quei maghi senza pensarci un’altra volta,
oppure quando è
successo l’incidente di Gabriel!- non appena Oberon
nominò Numero Tre, Cameron
si alzò improvvisamente.
-ORA BASTA!-
gridò infuriato. Al suo grido, le luci
della stanza avevano perso di intensità e qualche bicchiere
sulla tavola era
esploso. Lauren, preoccupata per il fratello, gli mise una mano sulla
spalla:
sapeva cosa potesse fare Cameron in preda ad emozioni come la rabbia,
per cui
bisognava fargli ritrovare la calma. Non appena si accorse del tocco
della
sorella, il rosso si voltò verso di lei, per poi osservare i
suoi fratelli.
Vide Oberon che lo osservava con uno sguardo duro, imitato da Emerald.
Tuttavia, la cosa che gli fece più male, fu vedere Elaija e
Travis, quelli che
poteva considerare i suoi due migliori amici, osservarlo timorosi,
quasi
spaventati da lui. Il ragazzo strinse i pugni e, senza dire niente,
lasciò la
stanza.
-Vado io.- disse
Lauren, che lasciò la stanza alla
ricerca del fratello.
Corridoio
delle Camere, Ala Est, Primo Piano
Cameron
si stava dirigendo a passo deciso verso la sua camera, adirato per
quello che
era appena successo: sapeva che Oberon avrebbe provato ad addossargli
la colpa,
ma vedere gli altri spaventati da lui lo aveva veramente ferito. Era
così che
lo consideravano? Un mostro crudele e senza cuore? A quei pensieri,
Numero
Quattro sentì la rabbia crescere dentro di sé,
insieme all’incredibile voglia
di rompere qualsiasi cosa lo circondasse Strinse i pugni, cercando di
calmarsi
ma senza successo. Improvvisamente, un forte dolore alla testa lo
costrinse a
fermarsi e ad appoggiarsi al muro, per evitare di cadere per terra.
“Non
adesso…” Pensò Cameron appoggiando la
schiena
alla parete per poi scivolare verso il basso e sedersi. Chiuse gli
occhi e iniziò
a fare dei respiri profondi per fermare quello che, senza di dubbio,
era un
attacco di panico che stava nascendo, ma senza successo. Strinse ancora
di più
i pugni, pensando ad uno dei modi esistenti per calmare un attacco di
panico,
ma non ci riuscì – e aveva persino assistito
Gabriel durante le sue crisi,
maledizione!
Una mano sulla
spalla lo fece sobbalzare e si voltò
verso la persona che lo aveva toccato, trovandosi di fronte il viso
preoccupato
di Numero Otto.
-Respira, fai
come me. Segui il mio respiro.- Cameron
fu sorpreso dalle parole della sorella, ma fece come chiesto.
Iniziò a seguire
il ritmo di Lauren, riuscendo pian piano a stabilizzare il suo respiro.
Quando
finalmente riuscì a calmarsi, appoggiò la testa
al muro, chiudendo nuovamente
gli occhi. Lauren si sedette accanto a lui.
-Stai bene? Vuoi
un po’ d’acqua?- gli chiese ma il
ragazzo rifiutò. Dopo qualche minuto, Cameron si
alzò e fece per andarsene,
venendo però fermato da Lauren.
-Ehy, un
ringraziamento sarebbe il minimo! Mi spieghi
che cavolo ti è preso?- domandò ancora la strega.
Cameron le dava le spalle,
quindi non aveva visto il fratello chiudere gli occhi e sospirare.
-Lo so che
pensate come Oberon.- a quella frase, fu il
turno di Lauren di sobbalzare, non aspettandosi quel tono duro da parte
del
fratello più grande.
-Di cosa stai
parlando? Cam, nessuno ha dato la colpa
a te e-
-Non mentirmi!-
il rosso si voltò infuriato verso la
sorella, guardandola dritta negli occhi. Lauren si irrigidì:
l’ultima volta,
aveva incrociato lo sguardo di un ragazzo di diciassette anni,
sorridente e
malandrino; adesso, si ritrovava davanti uno sguardo diverso,
più cupo. Persino
il verde dei suoi occhi sembrava più scuro. La ragazza
distolse lo sguardo e il
fratello riprese a parlare.
-Controllo gli
incubi e le paure delle persone. E’
stato facile sentire tutti i vostri timori riguardo a me. Anche tu sei
tra
questi, non mentire.-
-Cam, non
è così…- provò a dire la
ragazza ma l’altro
scosse la testa, iniziando a ridere.
-Tranquilla,
è normale che pensiate che sia io il
cattivo: non lo sono sempre stato, forse? Crudele, meschino e altre
cazzate
varie. Poi con il potere che mi ritrovo, sarei un ottimo sospettato.-
disse il
rosso. Smise di ridere e si fece più serio, cosa che
stranì Lauren.
-Ora
scusami,
ma voglio andare in camera mia. Ti chiederei di non dire niente agli
altri di
quello che è successo, soprattutto a Gabi. Non voglio farlo
preoccupare ancora
di più.- il ragazzo si voltò ma venne fermato
ancora dalla sorella.
-Aspetta! Io
almeno posso sapere che cosa ti è
successo? Ti conosco da tanto e non ti ho mai visto in preda ad un
attacco di
panico o quant’altro. Lo sai che con me puoi parlare, quindi
ti prego. Cosa ti sta
succedendo?- Il tono di Lauren si era fatto più dolce, nel
vano tentativo di
scoprire qualcosa di più su di lui. Tuttavia, Cameron
negò con la testa.
-Non posso
dirtelo per adesso. Forse un giorno, ma non
oggi.- A queste parole, fu il turno di Lauren di annuire, decidendo di
fidarsi
del maggiore. Probabilmente aveva bisogno di essere lasciato da solo
per un po’
e, quando sarebbe giunto il momento, si sarebbe confidato. Lo
salutò e si
diresse verso le scale.
-Amb.- Lauren si
fermò di scatto: quel soprannome era
stato usato unicamente da Cameron fin da quando erano piccoli,
derivante dal
suo secondo nome. All’inizio lo faceva per darle fastidio, ma
poi era diventato
una specie di legame tra di loro. La ragazza si voltò,
trovando il fratello a
capo chino che osservava il pavimento. Quando alzò la testa
e la guardò, Lauren
vide tristezza nei suoi occhi.
-Non sono stato
io, devi credermi.- disse il ragazzo,
il più sincero possibile. A quelle parole Numero Otto
annuì e, salutando il
fratello, scese le scale, sparendo dalla vista del rosso.
Dicembre
2000, Aula di Pozioni, Hogwarts
-Mi
voleva vedere, Professor Walker?- Jem entrò titubante
nell’Aula di Pozioni,
in quanto era stato chiamato dal suo
professore di Pozioni. Jeremy Walker era un uomo sulla settantina, che
era
stato chiamato per insegnare a seguito della morte di Severus Piton.
Jem lo
reputava un ottimo insegnante e l’uomo reputava il ragazzo il
migliore della
sua classe. Non appena lo sentì, il professore volse lo
sguardo verso di lui e
sorrise.
-Jem! Prego
entra, accomodati pure.- spronato
dalla frase dell’uomo, Jem si fiondò subito sulla
sedia che si trovava di
fronte alla cattedra. Il Professor Walker chiuse il libro che stava
leggendo e
posò gli occhi su suo alunno.
-Jem, penso tu
sappia perché ti ho
convocato. Ho notato che sei calato molto nelle varie materie e i tuoi
voti
sono peggiorati notevolmente e considerando i G.U.F.O. di
quest’anno non va
affatto bene. Vuoi dirmi che succede? Lo sai che con me puoi parlare di
qualsiasi cosa.- Jem abbassò lo sguardo, non sapendo proprio
cosa dire. Dopo
qualche minuto di silenzio, il ragazzo decise di fidarsi di
quell’uomo: sapeva che
amava i suoi studenti e che cercava sempre di aiutarli. Quando volse
nuovamente lo sguardo verso il suo professore aveva gli occhi lucidi.
-I miei genitori
sono morti prima
dell’inizio di quest’anno scolastico. Ero fuori in
giardino e, quando sono
rientrato in casa, li ho trovati entrambi accasciati al suolo. Ho
chiamato i
soccorsi ma non c’è stato niente da fare.- dopo la
confessione del ragazzo, il
professore si irrigidì.
-Mi dispiace
tantissimo per la tua perdita
Jem, davvero. Non potevo immaginare tu avessi subito un tale lutto,
perdonami
per essere stato indiscreto.- a quelle parole, il ragazzo lo
guardò stranito,
chiedendo come mai si stesse scusando.
-Sa, se io fossi
entrato prima, magari lo
avrei evitato, oppure…-
-Non dire
sciocchezze, Jem. Per quanto
siamo padroni di molte cose, il Destino e la Morte non entrano tra
questi. In
ogni caso, non avresti potuto fare niente, quindi non darti colpe che
tu pensi
di meritarti. Nonostante il tuo dolore, devi cercare di andare avanti e
non di
soffermarti su questo dolore. Sono sicuro che i tuoi genitori non
vorrebbero
questo per te.- il tono dell’uomo era dolce e gentile e,
dentro di sé, Jem
sapeva di dover ringraziare il suo professore, in quanto non lo stava
compatendo come tutte le altre persone.
-Grazie
professore, farò buon uso delle
sue parole.- il quindicenne si alzò, salutò il
suo professore con un cenno
della testa e si diresse verso la porta.
-Jem,
un’ultima cosa.- il ragazzino si
voltò verso il suo professore.
-Sei un bravo ragazzo, non
lasciare che il
dolore ti consumi. Per qualsiasi cosa, puoi confidarti con me.- alle
parole
dell’uomo, Jem sorrise con le lacrime agli occhi e, dopo aver
salutato
nuovamente il suo insegnante, se ne andò.
Sala
d’Addestramento, Piano Interrato
Fëdor
si stava allenando da più di mezz’ora, cercando di
liberare la mente da ogni
tipo di pensiero. Era rimasto parecchio sconvolto dalla rivelazione
della
sorella e sapeva che quella confessione avrebbe portato scompiglio tra
loro. I
ragazzi dell’Ordine avevano lasciato la sala, lasciando i
fratelli a parlare
tra loro e di questo Numero Uno ne era grato. Durante la piccola
“riunione di
famiglia”, aveva subito notato con la coda degli occhi che
Cameron guardava in basso,
quasi arrabbiato, come se avesse percepito gli sguardi dei fratelli su
di lui.
Cosa che, infatti, era successa: Oberon aveva puntato subito il dito
verso Numero Quattro, seguito poi da Emerald. Persino Elaija e Travis,
i due fratelli più
legati a Cameron insieme a Gabi, lo avevano guardato di sottecchi.
Fëdor,
preso da un’improvvisa rabbia, ricominciò a
tirare incantesimi ai manichini che stava utilizzando per
l’allenamento: voleva
bene a tutti i suoi fratelli e, nonostante quasi tutti detestassero il
padre,
sapeva che i suoi fratelli non erano degli assassini.
-Ti stai
allenando per il prossimo attacco?
Tranquillo, per come li avete ridotti non credo che ricompariranno
presto.- A
quella voce, Fëdor si voltò verso
l’entrata della stanza, dove vide Charlotte
appoggiata allo stipite della porta: sopra ai vestiti, indossava una
specie di
grembiule nero, macchiato in qualche punto di qualche strana sostanza.
Numero Uno
intuì che la ragazza avesse aiutato Sheryl nel suo
laboratorio, complici anche
i capelli disastrati, raccolti in quella che prima doveva essere una
treccia
ordinata.
-Spererei di no,
ma non bisogna mai farsi trovare
impreparati.- rispose il ragazzo. Con un gesto della bacchetta,
sistemò i
manichini al loro posto, per poi andare a sedersi per terra contro la
parete di
destra. Dopo
qualche minuto, Charlotte
seguì il suo esempio, sedendosi accanto a lui.
-Sai, non ho mai
capito questo tuo desiderio di diventare
un abile duellante. Con il potere che ti ritrovi, riusciresti a battere
i tuoi
nemici senza nemmeno muoverti, probabilmente.- A quelle parole,
Fëdor si voltò
di scatto verso la rossa.
-E’
proprio questo il motivo! Io voglio migliorare
perché voglio vincere lealmente! Voglio che la gente mi veda
per le mie
capacità, non per il potere che mi sono ritrovato a
possedere!- disse e la
ragazza alzò le mani.
-Ok, calma! Non
volevo offenderti. Mi dispiace per
quello che ho detto, non dirò più nulla del
genere.- fece Charlotte. I due
tornarono in silenzio, che venne poi interrotto nuovamente
dall’alchimista.
-Sai, tra tutti
i tuoi fratelli, tu sei forse quello
che mi è rimasto di più in mente.- Fëdor
si voltò nuovamente verso di lei,
guardandola interrogativo.
-In che senso?-
-Non so
perché, ma hai sempre avuto quel qualcosa in
più che ti rendeva diverso dagli altri. Io ho assistito alla
vostra prima
lezione sull’Incanto Patronus al quinto anno, ricordi?- gli
domandò alla fine e
Numero Uno
sembrò pensarci su, per poi
annuire.
-Sì,
lo ricordo. Ricordo soprattutto che avevi tirato
degli scapellotti a Travis e Felikz che facevano gli idioti e il
professore per
poco non ti aveva cacciata dall’aula!- disse ridendo,
contagiando poi la rossa.
-Merlino, avrei
voluto affatturare i tuoi fratelli in
quel momento. Comunque, torniamo a noi: in quella lezione, tu sei stato
il
primo a riuscire ad evocare un Patronus corporeo. Ricordo ancora la
grandezza e
la fierezza di quel Toro, che era riuscito ad attirare
l’attenzione tra tutti.-
Numero Uno sorrise, ricordandosi perfettamente quel momento, quando
tutti i
suoi fratelli si erano complimentati con lui e che il professore gli
aveva
assegnato venti punti, per essere riuscito in un Incantesimo
così complesso.
-Diciamo che ne
andai particolarmente orgoglioso.-
disse il moro, facendo sorridere Charlotte.
-Dovevi esserlo!
E’ uno dei tanti motivi per il quale
ti ammiravo. Mi ricordo anche il tuo comportamento protettivo nei
confronti dei
tuoi fratelli, soprattutto durante il periodo di Elaija o
l’incidente di
Gabriel. Lì sei stato una vera guida per i tuoi fratelli.-
disse la rossa ma il
ragazzo negò con la testa.
-No, non lo sono
mai stato. Voglio proteggere tutti i
miei fratelli ma non mi sono mai visto come un leader. Per Elaija
c’è sempre
stato Felikz, mentre per Gabriel… C’era Cameron a
proteggerlo, anche se io
avrei dovuto proteggere Cam.- a quell’ultima frase, Charlotte
lo guardò
interrogativa.
-Proteggerlo da
chi?-
-Da
sé stesso.- disse Fëdor, facendo rabbrividire la
rossa. Tornò a guardare il vuoto, prima di rivolgere
nuovamente l’attenzione
sul primo dei fratelli McKinnon.
-A proposito di
Cam…
So che pensate che sia lui il colpevole…-
questa volta fu il turno di
Numero Uno di sospirare.
-Sì,
per questo ho intenzione di parlare con lui. Io,
Ophelia, Felikz e Gabriel non gli diamo la colpa di niente e ci teniamo
a
fargli capire che siamo dalla sua parte.- vide la ragazza annuire
leggermente.
Dopo qualche minuto, Fëdor si alzò e tese una mano
verso la rossa, in un chiaro
invito.
-Ti va di
allenarti insieme a me? Ricordo che le tue
erano le migliori Fatture Stendenti e vorrei mettermi alla prova.-
Charlotte lo
guardò, sorpresa dell’invito, ma alla fine sorrise
e accettò, ponendo la sua
mano in quella del ragazzo.
Luglio
2006, Tre Manici di Scopa, Hogsmeade
L’aria
tiepida e calorosa dei Tre Manici di
Scopa era proprio come si
ricordava. Jem entrò nella locanda con un sorriso stampato
sulle labbra,
ricordandosi di tutti i momenti passati insieme ai suoi compagni
durante i suoi
anni scolastici. Cercò all’interno del locale e,
non appena vide l’oggetto
della sua ricerca, sorrise ancora di più.
-Professor
Walker!- Jem corse ad
abbracciare il suo ormai ex professore di Pozioni che non vedeva da
più di tre
anni, da quando aveva finito la scuola e si era trasferito in Francia
per la
specializzazione in Alchimia.
-Jem, mio caro!
Da quanto tempo,
accomodati.- Jem si sedette di fronte al suo ex insegnante e, dopo aver
detto
il suo ordine a Madama Rosmerta, si voltò verso
l’uomo. Questi prese parola.
-Ne è
passato di tempo dall’ultima volta
che ti ho visto. Sei diventato un uomo! Come hai passato questi anni? I
francesi sono antipatici come dicono?- Jem ridacchiò alle
parole dell’uomo.
Sospirò e rivolse lo sguardo verso il suo ex professore.
-Professor
Walker, rimarrei ore ed ore a
parlare della specializzazione, ma sappiamo entrambi che
l’argomento di questo
incontro non è questo.- alle parole del ragazzo, fu il turno
del Signor Walker
di sospirare.
-L’ho
sempre detto che sei un ragazzo
sveglio, Jem. E va bene: saprai di sicuro del mio ritiro
dall’insegnamento e
ovviamente immaginerai la domanda che ti sto per fare.- si
fermò per fare un
cenno di ringraziamento a Madama Rosmerta, che aveva appena portato le
loro
ordinazioni. Non appena la donna se ne fu andata, l’uomo
continuò.
-Allora: hai
accettato la mia richiesta di
sostituirmi e di diventare il nuovo insegnante di Pozioni?- a quella
domanda,
Jem spostò lo sguardo sul suo bicchiere.
-Ci ho
riflettuto a lungo: vorrei farlo,
ma non sono sicuro di essere la persona adatta. Ho ventun anni e ci
sono
tantissimi altri maghi con più esperienza che potrebbero
ricoprire quel ruolo.
E se poi sbagliassi qualcosa? E se i ragazzi non mi ascoltassero
perché sono
molto vicino a loro per l’età?- il ventunenne
smise di parlare e, dopo qualche
minuto di silenzio, alzò lo sguardo verso il suo ex
professore, trovandolo
sorridente.
-Cosa
c’è?- domandò, incuriosito
dall’espressione del Signor Walker.
-Quando
smetterai con questa finzione e mi
dirai che hai già accettato la mia proposta?- a quella
rivelazione, Jem sgranò
gli occhi, chiedendosi come facesse il suo ex professore a saperlo. Una
persona
gli venne subito in mente e il ragazzo sorrise.
-Non pensavo che
la Professoressa
McGranitt fosse così amante dei pettegolezzi.- disse e
l’uomo si mise a ridere.
-Beh, allora abituati:
sarà così per i
prossimi anni che passerai ad Hogwarts!- i due uomini brindarono e Jem,
tra le
risate, seppe finalmente di aver fatto la scelta giusta.
Corridoio
delle Camere, Ala Est, Primo Piano
Gabriel
era rientrato da almeno un’ora dal suo turno in ospedale,
sfinito dopo dodici lunghe ore di lavoro. Appena rientrato, aveva
subito scoperto quello
che era successo tra Oberon e Cameron, dirigendosi subito verso la
camera del
gemello. Tuttavia, Numero Quattro non gli aveva nemmeno aperto la
porta, così
era stato costretto a farsi raccontare tutto da Sheryl. Ora, Gabriel si
trovava
in camera sua, più precisamente sul suo letto, a cercare di
riposare, senza successo.
Stava cercando di utilizzare il suo potere per comunicare con il
fratello, ma
Cameron non aveva voglia di parlare, per cui Gabriel smise con uno
sbuffo.
D’un tratto sentì bussare alla porta e il ragazzo
sbuffò nuovamente. Pensò di
lasciar credere all’altra persona di stare dormendo, mai poi
si sentì
immediatamente in colpa, perciò si alzò.
Aprì la porta e rimase sorpreso, non
aspettandosi di trovarsi di fronte Mathias, con un grosso sorriso
stampato in
faccia e un vassoio di muffin tra le mani.
-Ciao! Scusami
se ti disturbo, non sapevo se stessi
dormendo o altro, quindi chiedo scusa in anticipo se ti ho svegliato!
Ho saputo
che Cameron ha deciso di non parlare con nessuno, ci ho provato anche
io ma non
ho ricevuto risposta. Poi ho pensato a te e mi sono detto
“magari è giù perché
il fratello non gli parla” e quindi ho deciso di portarti dei
muffin!
All’inizio avevo pensato ad una torta ma poi ho pensato che
fossero più carini
dei muffin e quindi ho scelto questi e li ho fatti alle mele, che so
che a te
piacciono tanto!- Numero Dieci aveva parlato talmente veloce che
Gabriel aveva
perso qualche parola. Tuttavia, gli era arrivato chiaro e tondo il
gesto che il
fratello aveva fatto verso di lui e ne rimase meravigliato:
difficilemnte le persone facevano qualcosa per lui, figuariamoci un
dono.
-Ciao Matt, non
mi hai disturbato, puoi stare
tranquillo. Entra pure!- Numero Tre si spostò, permettendo a
Mathias di entrare
nella sua stanza. Il moro poggiò il vassoio sulla scrivania
per poi iniziare ad
osservare la camera del fratello: le loro stanze erano state le uniche
cose su
cui avevano avuto libertà di scelta, perciò
ognuno aveva arredato la propria
stanza a piacimento. La camera di Gabriel, come quella di Ophelia e
Lauren, era
piena di decorazioni che rimandavano alla sua vecchia casa, Corvonero;
inoltre,
vi erano due grandi librerie piene zeppe di volumi di ogni tipo, che
variavano
dalla grandezza al colore. Sul lato opposto, si trovava la scrivania
dove,
oltre a varie pergamene, si trovavano un quadernetto dalla copertina
azzurra, consumata dal tempo, un calamaio e una piuma bianca, gli
strumenti che Numero Tre utilizzava per scrivere i suoi racconti e
pensieri. Finito il suo “controllo”,
Mathias riportò l’attenzione su Gabriel, che era
rimasto tutto il tempo a
fissarlo.
-Sai, la tua
camera non l’avevo mai vista. Ho
disturbato talmente tanto gli altri che, per esasperazione, mi facevano
sempre
entrare.- disse Numero Dieci e Gabriel si accigliò.
-Come mai non
sei mai venuto da me?- gli chiese il
rosso, anche se poteva immaginare la risposta: tra tutti i dodici,
Gabriel era
sempre stato quello meno interessante, quello timido e fifone, che
preferiva
stare da solo e che si nascondeva dietro le spalle del gemello. Non
aveva la
determinazione di Fëdor o Emerald, non aveva
l’ingegno di Ophelia o Lauren, la
fantasia di Elaija e Felikz, la passionalità di Oberon, il
carattere aperto di
Travis e quello premuroso di Sheryl.
Mentre si
ritrovava immerso nei suoi pensieri, non si
era reso conto che Mathias si era avvicinato a lui finché
non se lo ritrovò
praticamente davanti. Gabriel sobbalzò dallo spavento, ma
Mathias non se ne era
nemmeno accorto.
-Mi dispiaceva
disturbarti. Tu sei sempre stato
diverso dagli altri, hai sempre cercato di non finire al centro
dell’attenzione
e cercavi di isolarti. Secondo me, però, così
risaltavi ancora di più
all’occhio. Ti ho sempre ammirato.- a quelle parole, Gabriel
rimase sorpreso,
non aspettandosi quelle parole. Dopo qualche istante, Mathias sorrise
e,
allontanandosi da lui, prese un muffin dal vassoio, per poi sedersi
sopra il
letto di Numero Tre. Un po’ titubante, Gabriel si sedette
accanto a lui,
accettando il muffin che il fratello gli offrì.
-Mi dispiace che
gli altri abbiano incolpato Cameron,
non lo merita. Sì, può essere un po’
scontroso a volte ma non penso che sia una
persona che mette a rischio la propria famiglia.- disse Mathias e
Numero Tre si
voltò a fissarlo.
-E gli altri
tuoi compagni? Cosa ne pensano?-
all’appellativo relativo alle altre personalità
Mathias si mise a ridere,
facendo sorridere anche il fratello.
-Alcuni pensano
sia innocente, mentre altri lo
vorrebbero alla gogna. Diciamo che ci sono varie opinioni, ma riesco a
tenerli
a bada.-
-Come funziona?
Con tutti gli Altri, intendo.- domandò
Gabriel, ma notò il moro irrigidirsi. Rimase in silenzio per
qualche secondo,
per poi rispondere a Numero Tre.
-E’
come un grande capannone, nel quale dormiamo tutti
insieme. Ognuno ha un proprio aspetto fisico mentre, alcune, sono
uguali a me.
Facciamo delle specie di riunioni, anche se a volte finisce che
qualcuno inizia
a litigare, - qui si fermò sentendo il fratello ridacchiare,
per poi
continuare, - e in quelle riunioni racconto praticamente cosa succede
qui fuori,
anche se spesso decidono di fare di testa loro e mi fanno dei
dispetti.- Per
tutto il discorso, Gabriel aveva ascoltato attentamente, un
po’ sorpreso: dopo
l’incidente, Mathias si era un po’ chiuso in
sé stesso, nonostante rimanesse il
solito ragazzo divertente ed estroverso. Non parlava quasi mai degli
Altri, per
questo il rosso era rimasto sorpreso alla confessione del fratello.
Vedendo che
Mathias non aveva intenzione di riprendere l’argomento,
Numero Tre chiuse gli
occhi, appoggiando la testa sulla spalla di Numero Dieci.
Quest’ultimo non si
smosse e, appoggiandosi a sua volta al fratello, chiuse
anch’essi gli occhi,
lasciandosi entrambi cullare dal silenzio.
Giugno
2009, Aula di Pozioni, Hogwarts
Da
ormai due settimane, l’aria calda dell’estate aveva
lentamente riempito ogni
angolo di Hogwarts, che si trovava i corridoi pieni di studenti alcuni
in
lacrime, alcuni felici e altri, quelli del settimo anno, emozionati per
il loro
ultimo giorno all’interno di quel castello. Mentre i ragazzi
e le ragazze si
dirigevano nei vari dormitori per preparare i bagagli e salutare i
compagni,
Jem si trovava nell’Aula di Pozioni, impegnato a sistemare la
stanza, che
sarebbe rimasta intatta fino al 2 Settembre dell’anno
successivo. Era
professore da ormai tre anni e gli alunni, dopo un periodo di dubbi e
titubanze, avevano iniziato ad adorarlo, sia come professore che come
confidente. Stava finendo di sistemare le fialette negli appositi
scaffali,
quando sentì la porta dell’aula aprirsi. Si
voltò, ritrovandosi davanti due
ragazzi appartenenti alla casa Serpeverde. Jem finì di
sistemare e sorrise
loro.
-Hedervary,
Arlovskaya, non dovreste
essere di sopra a festeggiare con i vostri compagni il vostro ultimo
giorno ad
Hogwarts?- domandò loro. I due ragazzi si guardarono, poi
Emanuel prese parola.
-Ci scusi
professore, ma volevamo parlare
con lei. Urgentemente.- a quelle parole, Jem sobbalzò
leggermente, sorpreso dal
tono serio utilizzato dal diciassettenne. Si sedette alla sua
scrivania,
facendo cenno ai due ragazzi di fare lo stesso. Non appena si
sedettero,
Katrina riprese parola.
-Sa, quando noi
abbiamo cominciato il
nostro primo anno qui, tre anni fa, nello stesso momento lei iniziava
il suo
primo anno come insegnante. A differenza di tutti gli altri, che ci
guardavano
timorosi a causa dei nostri studi condotti a Durmstrang, lei
è stato l’unico a
trattarci come tutti gli altri, infischiandosene dei giudizi e
pettegolezzi. Quindi,
adesso, noi
vorremmo ricambiare il favore.- Jem guardò ancora
più incuriosito i suoi ex
alunni e fece un cenno per spronarli ad andare avanti.
-Da almeno due
anni io e Kat facciamo
parte di una congrega chiamata Ordine di Morgana,
formata da maghi e streghe potenti che si sono resi disponibili per la
protezione di grandi personaggi del Mondo Magico e non. Siamo stati
incaricati
dai nostri superiori di cercare persone che, secondo noi, possono
essere adatte
e lei presenta tutti i requisiti per entrare a far parte
dell’Ordine.- man mano
che Emanuel andava avanti con il suo discorso, Jem aveva ascoltato
sempre più
rapito quelle parole. Da anni circolavano voci sull’esistenza
di un gruppo
molto potente di maghi, ma non si era mai riusciti a rintracciarlo.
Ora, Jem si
trovava davanti due dei suoi migliori alunni che gli chiedevano di
entrare nel
loro stesso gruppo.
-Ragazzi, non so
cosa dire. Avevo sentito
dell’esistenza di questo gruppo ma pensavo fossero solo delle
voci. Adesso, voi
due venite qui a chiedermi di unirmi come se mi steste chiedendo di
fare una
gita al parco.- I due ragazzi si guardarono tra loro, preoccupati per
la
risposta del loro insegnante. Katrina ritornò a guardare Jem.
-Quindi la sua
risposta…?- gli domandò e
Jem sorrise.
-Vorrò
di certo delle prove concrete, ma
decido di fidarmi di voi: accetto il vostro invito.- disse e i due
ragazzi
esultarono dalla gioia, non curanti del fatto che qualcuno avesse
potuto
ascoltarli. Mentre osservava i due ragazzi, Jem sorrise e la sua mente
volò
verso i suoi genitori: sperava che sarebbero stati orgogliosi di lui e
del mago
che era diventato.
“Non preoccuparti.
Riuscirò a rendervi
fieri di me.”
Cucina,
Primo Piano
-Quindi
è qui che ti nascondevi!- Ophelia alzò lo sguardo
dalla sua tazza di Tè per
posarlo verso Emanuel, che la osservava attentamente
dall’entrata della cucina.
-Perché,
mi stavi cercando?- domandò la ragazza
alzando un sopracciglio come per sfidarlo. A quel gesto, il ragazzo
sorrise.
-Non proprio,
diciamo che mi annoiavo e avevo voglia di
compagnia.- a quelle parole, Ophelia sbuffò.
-A scuola non
volevi la compagnia di nessuno, stavi
solo con Katrina. Dì la verità: perché
sei qui?- disse la bionda e questa volta
fu il turno di Emanuel di sbuffare.
-Ho sentito
quello che è successo stamattina con i
tuoi fratelli e volevo sapere come stessi.- rispose lui e Numero Cinque
notò il suo
tono di verità. Sospirò e riportò
l’attenzione alla sua tazzina, mentre il moro
si sedeva accanto a lei.
-Sinceramente,
trovo ingiusto il fatto di accusare
Cameron così a caso. Nonostante il brutto carattere che si
ritrova, rimane comunque
nostro fratello e non posso e non voglio dargli colpe che non ha.-
Emanuel
ascoltò le parole della ragazza in silenzio, come voler
analizzare tutto quello
che diceva. Ad un certo punto, lo sguardo del ragazzo cadde sul
tatuaggio della
bionda, raffigurante Il Mondo.
-Come vi siete
fatti quei tatuaggi?- chiese e Ophelia
posò lo sguardo sul suo braccio, per poi sorridere.
-E’
una storia alquanto bizzarra. Quando avevamo dieci
anni, nostro padre aveva deciso di tatuarci il simbolo
dell’Umbrella Academy,
in modo che fossimo una squadra. Noi ovviamente non sentivamo quei
simboli come
i nostri, quindi avevamo deciso di farcene uno tutto nostro. Abbiamo
discusso a
lungo su cosa tatuarci, finché a Gabriel non sono venuti in
mente i Tarocchi.
Così, abbiamo recuperato un mazzo di carte, le abbiamo
incantate e abbiamo
lasciato che loro scegliessero il proprio protettore.-
-Scusa, ma come
avete fatto a farli? Non avevate
nemmeno l’attrezzatura.- disse Emanuel scettico e Numero
Cinque rispose subito.
-Cameron e
Mathias sono riusciti a rubare
l’attrezzatura in un negozio babbano e Felikz ci ha fatto i
tatuaggi. Nonostante
sia maldestro e goffo, con un pennello o una penna è molto
magnifico. Le carte
ci hanno scelto per varie caratteristiche che abbiamo. Per esempio, Il
Mondo,
ovvero la ventunesima carta, mi ha scelto per la mia
autorità e il mio
portamento. Questo è il motivo ufficioso, ma secondo i miei
fratelli mi ha
scelto perché sono lunatica.- Emanuel scoppiò a
ridere e, dopo qualche minuto, lei
lo imitò. Emanuel smise di ridere e assunse
un’espressione seria, stranendo la
ragazza. Dopo qualche attimo di silenzio, iniziò a parlare.
-Sai, se dovessi
aver bisogno di parlare con qualcuno
o di sfogarti o di semplicemente stare in silenzio ad osservare il
nulla… ecco,
puoi contare su di me.- di fronte
aquel
tono così sincero e vero, la ragazza rimase a bocca aperta
ma si ricompose
subito.
-Ehm, non so che
dire…
Grazie, Emanuel.- rispose imbarazzata. Il ragazzo
ricambiò il sorriso e,
salutandola, si alzò dal tavolo per uscire dalla cucina,
lasciandola da sola
con i suoi pensieri.
ANGOLO AUTRICE
Mio Dio
è stato un parto! Innanzitutto, mi scuso per
l’immenso
ritardo, ma ho cominciato a lavorare e torno ogni giorno stanca morta.
Per
farmi perdonare, il capitolo è più lungo dei
precedenti. Doveva essere più
lungo ma ho deciso di dividerlo in due parti, anche perché
non volevo farvi
aspettare ancora e devo iniziare a scrivere il primo capitolo
dell’altra
interattiva. Iniziamo subito con il botto con le prime colpe e accuse e
i
primissimi accenni di coppie! Ho cercato di ascoltarvi il
più possibile riguardo
questo secondo punto e ho scelto come meglio credevo, spero di non aver
canato
niente. Prima di passare alla domanda, avrei da fare dei chiarimenti:
-Non tutti i
personaggi appaiono qua ma ho deciso così
perché, dividendo il capitolo, ho voluto concentrarmi su
alcuni, per cui non uccidetemi!
-Nonostante il
capitolo sia dedicato a Jem, lui non
appare semplicemente perché si trova ad Hogwarts, essendo
professore, unico
motivo. Non sarà meno importante degli altri ma dovevo farlo
tornare a scuola.
Non ci sarà neanche nel prossimo essendo continuo di questo
ma apparirà in
quello dopo ancora (cara autrice non odiarmi);
-Il
comportamento di Oberon potrà sembrare un pochino
esagerato ma ci sono motivi se ho scelto così: con tutto
quello che sta accadendo,
i ragazzi cominciano ad essere nervosi e la rivelazione di Lauren ha
peggiorato
le cose. Oberon è preoccupato per la sua famiglia e ho
pensato fosse normale
accusare Cameron. Tranquilli, i due faranno pace.
Per oggi, la
domanda è solo per i membri dell’Umbrella
Academy:
-Ovviamente, i ragazzi prima
di essere adottati da Richard
avevano delle famiglie. Potete farmi degli accenni? Parlatemi delle
origini
(purosangue, mezzosangue o nato babbano) e accennatemi i membri. Non
voglio una
cosa ultra dettagliata perché mi serve davvero poco come
informazione ma è
davvero importante.
Vi
lascio qui la lista dei membri dell'Umbrella Academy per il prossimo
capitolo:
Fëdor
Emerald
Gabriel
Cameron
Ophelia
Oberon
Felikz
Elaija
Mathias
Sheryl
Travis
Spero che vi sia
piaciuto e ci vediamo al prossimo
capitolo! Bacioni,
__Dreamer97
|
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Capitolo 8 *** CAPITOLO 5.2 ***
NOTA
D’AUTORE:
All’inizio
della storia, sia nella trama che nel
prologo, avevo accennato al fatto che i ragazzi venissero addestrati
per
combattere il male. Infatti, come accade nella serie (per quelli che lo
sanno),
i ragazzi vengono mandati in missione, utilizzando i loro poteri per
salvare
vite e robe di questo tipo. Detto questo, buona lettura.
CAPITOLO
5.2
“Essere
pazzi è stupendo: puoi dire tante verità, tanto
nessuno
ti ascolta…”
Agosto
2002, Sala d’Addestramento, Villa Olympus
Quello
era forse il giorno più caldo dell’anno, cosa che
nel Regno Unito accadeva
raramente. Stranamente, un forte sole riscaldava i palazzi delle
città,
regalando ai suoi cittadini buoni motivi per uscire e godersi
l’aria fresca.
Nonostante però la bella giornata, i bambini
dell’Umbrella Academy, sotto
l’ordine del padre, erano rimasti in casa per allenarsi.
L’allenamento di quel
giorno, inventato dal padre dopo varie circostanze, riguardava
l’accrescimento
dell’agilità e della velocità in
quanto, pochi giorni prima, uno dei dodici
ragazzini aveva finalmente mostrato il suo potere.
In
quell’esatto momento,
undici dei dodici ragazzi si trovavano sparsi per la Sala
d’Addestramento, che
per l’occasione era stata ingrandita, attenti ad ogni tipo di
movimento.
-Non
ho ancora capito
l’utilità di quest’allenamento. Come
facciamo a fermarlo?- domandò la piccola
Emerald che, nervosa, giocava con una ciocca dei suoi capelli. A
risponderle fu
il padre, che si trovava a lato della stanza per prendere nota di tutto
quello
che accadeva.
-Semplice,
Numero Due:
alcuni di voi possiedono le forze per poterlo fare, mentre gli altri
dovranno
giocare d’astuzia. Numero Dieci non è ancora
capace di gestire il suo
potenziale, quindi utilizza una velocità minore rispetto a
quella che sarebbe
capace di utilizzare.- alle parole dell’uomo, Travis
sbuffò.
-Se
per velocità minore si
intende quella di un ghepardo andiamo bene.- All’improvviso,
in mezzo ai
ragazzi passò una scintilla argentata che, dalla
velocità, fece indietreggiare
i bambini, mentre Felikz, Gabriel e Ophelia erano caduti
all’indietro. La
scintilla passò ancora tra loro, portandosi dietro
l’eco di una risata. A quel
punto, Fëdor e Lauren cominciarono a tirargli contro ogni tipo
di oggetto,
mentre Emerald si trasformava in un leopardo e iniziava ad inseguirlo,
senza
nemmeno raggiungerlo.
-Non
riusciremo mai a
fermarlo, è troppo veloce!- disse Oberon osservando il
fratello che gli girava
intorno. Accanto a lui, Felikz si mise di fronte ad Elaija, per
impedire che quest’ultimo
venisse colpito da Mathias, visto che il Numero Dieci aveva la tendenza
a non
direzionarsi. Improvvisamente, nella testa di Numero Sette si accese
una
lampadina e, dopo essere riuscito a inquadrare la direzione presa dal
fratello,
iniziò a tele-trasportarsi in giro per la stanza. Non
sapendo ancora bene
controllare il proprio potere, Felikz non sapeva la destinazione in cui
sarebbe
arrivato, motivo per cui continuava ad apparire e a scomparire. Ad un
certo
punto, il bambino si smaterializzò esattamente di fronte a
Mathias che, non
aspettandosi quell’ apparizione, non riuscì a
fermarsi in tempo. Numero Dieci andò
esattamente contro il fratello, per poi finire entrambi doloranti per
terra.
Preoccupati, gli altri si radunarono intorno a loro.
-Per
i quattro Fondatori,
state bene?- esclamò Sheryl preoccupata. Mathias si mise a
sedere
massaggiandosi la testa, per poi voltarsi verso Felikz.
-Fratello,
c’erano mille
modi per fermarmi, cavoli mi hai spaventato!- fece il ragazzino e,
accanto a lui,
Felikz sorrise.
-Beh,
almeno ti ho fermato!-
disse, facendo ridere tutti gli altri. I due si rialzarono da terra e
Mathias
riprese parola.
-Questa
volta avete avuto
fortuna, ma la prossima volta sarò ancora più
veloce! Forza, ricominciamo!- i
ragazzini non ebbero nemmeno il tempo di lamentarsi: Numero Dieci era
partito
alla carica, iniziando a correre e riempiendo la stanza di varie scie
argentate. Gli altri fratelli si guardarono tar loro per poi
ricominciare:
sarebbe stata una giornata molto lunga.
14
Novembre, Cucina, Villa Olympus
-Avete
fatto cosa?!- a quella domanda, l’Umbrella Academy, privata
di alcuni dei suoi
membri, si voltò intimorita verso Ophelia: tornata dal
lavoro in piena notte,
era stata avvisata della mezza discussione con Cameron solamente la
mattina
dopo. In quel momento, i suoi occhi rispecchiavano la sua rabbia e
Numero
Cinque osservava i suoi fratelli.
-E’
quello che gli ho detto anche io!- disse Lauren,
mentre Sheryl si voltò verso la sorella, sorpresa per il
fatto che desse man
forte alla bionda.
-Lo sappiamo e
ci dispiace, abbiamo sbagliato. Però in
quel momento sembrava un po’ colpevole…-
provò a spiegare Travis ma si fermò
non appena vide lo sguardo di fuoco di Ophelia piantarsi su di lui.
-Sembrava? Cam
è il tuo migliore amico, non lo dovevi
nemmeno pensare!- esclamò e Fëdor annuì.
-Ophelia ha
ragione. Se non abbiamo fiducia tra di
noi, come possiamo pretendere di riuscire a trovare il colpevole
dell’assassinio di nostro padre?- alla frase di Numero Uno
tutti i fratelli
annuirono.
-Quando
avrà voglia di uscire dalla sua camera gli
chiederemo scusa. Tanto sappiamo che costringerlo a venire fuori non ha
mai
funzionato, quindi tanto vale aspettare.- fece Emerald. Un leggero
bussare
distolse l’attenzione generale del gruppo.
-Scusate se vi
interrompo, ma avrei bisogno di Fëdor.-
Emanuel fece la sua comparsa all’interno della cucina e
sorrise al Numero Uno
quando questi gli fece un cenno di assenso.
-Di cosa avete
bisogno?- domandò il ragazzo e a
rispondere fu Charlotte, che si trovava dietro ad Emanuel.
-Vorremmo
cominciare l’interrogatorio e volevamo
chiederti se volevi unirti a noi.-
-Il tipo della
scorsa notte? Non ha ancora parlato?-
domandò Sheryl ed Emanuel negò con la testa. Il
Capo dell’Ordine notò il rapido
scambio di sguardi che avvenne tra la sua collega e il primo numero
dell’Umbrella Academy e, colto da una strana idea, sorrise:
si sarebbe
divertito.
Dicembre
2007, Località Sconosciuta
Un
lieve odore lo colpì nelle narici, costringendolo ad aprire
gli occhi. Mathias
si ritrovò nel buio più totale e
sussultò, ricordandosi improvvisamente dove si
trovasse. Pensava che fosse stato solo un brutto sogno, che si sarebbe
risvegliato nel suo letto con Cameron che lo prendeva in giro per lo
scherzo
appena fatto, ma così non fu. Si ricordò
immediatamente che, durante la
missione in uno dei centri del mercato nero degli Artefatti Magici, lui
e i
suoi fratelli si erano scontrati con alcuni maghi che vi lavoravano e
che, ad
un certo punto, era stato accerchiato e in seguito catturato.
L’ultima cosa che
si ricordava erano le urla di Sheryl, che non aveva fatto in tempo a
fermare i
suoi rapitori. Non sapeva dove si trovava, sapeva solo di essere
lì da un paio
di giorni, durante i quali aveva ricevuto ogni tipo di sevizia. Ormai
il suo
corpo iniziava a cedere e Mathias sapeva che non avrebbe resistito
ancora per
molto. Provò a muoversi, ma una forte scarica alla gamba
destra gli procurò un
gemito di dolore. Molto probabilmente si era rotto la gamba, oppure
erano stati
quei maghi in modo da impedirgli di scappare, non ne aveva alcuna
certezza.
Nonostante le corde che gli tenevano bloccate le mani, Mathias
cercò in tutti i
modi di sfiorare il simbolo del Matto che aveva tatuato sul braccio
sinistro,
in modo da poter chiamare i suoi fratelli. Tuttavia, prima di riuscire
a
formulare l’incantesimo, la porta della stanza si
aprì ed entrarono due uomini.
Il ragazzino sussultò, riconoscendo subito i due che lo
stavano torturando. Uno
dei due lo vide e sogghignò.
-Ma
guarda, il nanerottolo
si è svegliato! Perfetto, così possiamo
cominciare subito!- accanto a lui,
l’altro ridacchiò.
-Quando
e se McKinnon se lo
riprenderà troverà solamente un guscio vuoto.- a
quelle parole, Mathias
indietreggiò, per quanto le corde e la gamba gli
permettessero.
-Per
favore…- piagnucolò ma
l’uomo rise ancora più forte. Quello
alzò la bacchetta e Numero Dieci chiuse
gli occhi. Un dolore lancinante lo investì in pieno petto e
gridò, mentre
sentiva le fitte spargersi in ogni parte del suo corpo.
Pregò con tutto sé
stesso che quelli la finissero o che i suoi fratelli lo trovassero in
fretta ma
sapeva che era tutto inutile. Il dolore andò avanti per
molto quando,
all’improvviso, non sentì come una specie di
strappo. Poi, il dolore cominciò a
diminuire e intorno a lui si fece silenzio. Mathias prese un profondo
respiro
e, spinto dalla curiosità, aprì gli occhi: si
trovava sempre nella stessa
stanza ma, al posto dei due uomini, si trovavano dei ragazzi, che lo
osservavano attentamente. Numero Dieci indietreggiò,
spaventato che quelli
potessero fargli del male. Alla sua reazione uno di loro, dopo essersi
scambiato uno sguardo con gli altri, gli si avvicinò e gli
si sedette di
fronte. Mathias notò che il ragazzo gli somigliava molto, ad
eccezione dei
capelli biondo scuro e dei capelli nocciola.
-Voi
chi siete e d-dove sono
finiti quelli?- domandò e il ragazzo gli sorrise dolcemente.
-Noi
siamo gli Altri, ovvero
altre persone che vivono qui con te. Io sono James, piacere. Ci
ritroviamo
nella tua testa. Tranquillo, qui nessuno può farti del
male.- gli disse e
Mathias si guardò intorno, notando solo in quel momento di
avere le mani libere
e che la sua gamba non faceva più male.
-Che
significa nella mia
testa? Quindi quegli uomini…-
-Ti
stanno ancora facendo
del male, ma Evan, un altro ragazzo, è andato al posto tuo,
per questo non stai
soffrendo. Ma non ti preoccupare, ci siamo noi a proteggerti.- disse
James e
anche gli altri annuirono, come a voler confermare. Mathias era ancora
confuso
dalle parole del ragazzo ma si sentì sollevato. In quel
momento, capì di avere
una seconda famiglia e che, in caso di aiuto, avrebbe sempre potuto
contare sul
loro aiuto.
Stanza
delle Pozioni
-Ehi,
ti posso disturbare?- a quella domanda, Sheryl volse lo sguardo verso
la porta
della stanza, dove Travis la osservava a braccia incrociate. Di fronte
alla
presenza del fratello, la rossa aggrottò le sopracciglia.
-Tu che ci fai
qui? Di solito stai lontano da questa
parte perché “troppo noiosa”.- fece la
ragazza e Numero Dodici sorrise, mentre
prendeva posto accanto alla sorella.
-Sì,
lo so. Tuttavia avevo bisogno di un po’ di calma
e, tra tutti, tu sei l’unica che non ha la forza di
cacciarmi.- disse e Sheryl
gli tirò un colpetto sulla spalla, ridendo. La rossa riprese
a lavorare,
lanciando ogni tanto un’occhiata a Travis, che aveva deciso
di sfogliare uno
dei tanti libri di Alchimia che Charlotte si era portata con
sé. Notando che il
fratello si stava annoiando decise di parlare un po’ con lui.
-Allora,
novità dalla squadra?- domandò e Numero
Dodici si voltò verso di lei sorpreso.
-Te lo ricordi?-
-Certo che
sì! Ogni tanto, quando avevo tempo, seguivo
qualche tua partita!- esclamò Numero Undici e il moro
sorrise.
-Beh, allora
saprai per certo che siamo gli ultimi in
classifica.- rispose ma la sorella gli mise una mano sulla spalla.
-Ehi, non ti
devi abbattere. Riuscirete a
risollevarvi, devi solo avere un po’ più di
fiducia.- a quelle parole, Travis e
sorrise dolcemente e la rossa, sentendo le guance andare in fiamme, si
voltò
per evitare di farsi notare. Quindi, cercò di cambiare
discorso.
-Allora, vuoi
sapere qualcosa di più riguardo al tuo
potere?- domandò e gli occhi del fratello si illuminarono.
-Certo che
sì! Senza i diari di papà, i miei poteri mi
sono sconosciuti.-
-Perfetto!
Allora, una volta papà mi aveva detto che
il tuo corpo possiede un metabolismo molto più rapido
rispetto a quello di un
normale essere umano: le tue cellule e i tuoi tessuti si rigenerano
molto più
velocemente. Insomma, potresti essere colpito da un
“Sectumsempra” e il tuo
corpo impiegherebbe un secondo a guarire!- Travis ascoltava ammirato il
discorso della sorella, capendo sempre di più riguardo al
suo potere. Un dubbio
però gli attraversò la mente.
-Come faccio a
guarire anche gli altri?- domandò e
Sheryl rispose subito.
-Semplice: con
il semplice tocco, trasmetti questa tua
capacità anche alle altre persone. Certo, impiegheranno meno
tempo di te a
guarire ma sarà comunque un processo veloce.- finita la
spiegazione, la rossa
si voltò verso il fratello, notando subito lo sguardo triste
dell’altro.
-Che succede?-
domandò preoccupata.
-Mi
dà fastidio di non essere riuscito a guarire
Elaija. Se un semplice veleno mi blocca come posso pretendere di
salvarvi?- di
fronte allo sguardo affranto di Numero Dodici, la rossa sorrise
dolcemente.
-Travis, non
è stata colpa tua, non potevi saperlo. Se
vuoi, io ti do una mano ad ampliare il tuo potere,
d’accordo?- gli chiese e il
fratello si voltò verso di lei.
-Lo faresti sul
serio?-
-Certo, sono tua
sorella e voglio aiutarti!- esclamò
lei e, dinnanzi al suo entusiasmo, Travis non riuscì a dire
di no.
Maggio 2012, Campo da Quidditch,
Hogwarts
-Allora ragazzi, bisogna rimanere concentrati:
è l’ultima
partita dell’anno e siamo ad un passo dal vincere la Coppa.
Però ricordate:
qualunque cosa accada lì fuori, voi continuate a giocare e
divertiamoci!- al
discorso del loro Capitano, l’intera squadra di Grifondoro
esultò, riempiendo
l’intero spogliatoio di ansia ed eccitazione. Mathias prese
un lungo sospiro e,
preso coraggio, si avviò verso il Campo. Cercatore dal terzo
anno, era riuscito
ad ottenere il ruolo di Capitano solamente l’anno prima,
quando Charlotte,
l’ex-Capitano, aveva deciso che lui avrebbe condotto la loro
squadra alla
vittoria. Non appena la squadra scese in campo, venne subito acclamata
dalla
folla, soprattutto dalla tribuna giallo-oro. Il moro vide subito Elaija
e
Oberon che si sgolavano per fare il tifo, tenendo un cartellone che di
sicuro
aveva fatto Numero Nove; dalla tribuna verde-argento, l’altra
casa che si
batteva per la vittoria, Fëdor osservava attento il campo,
anche se Mathias
sapeva che sperava in una sua vittoria ed Emerald non sapeva se fare il
tifo
per la sua casa o per il fratello. Dalla tribuna dei Tassorosso, il
più
esaltato era di sicuro Felikz, che per poco non era caduto
giù nel campo, salvato
grazie solo all’intervento di Sheryl e Travis. Assetato di
vittoria, Mathias
aveva deciso di non dar peso alla tifoseria, non volendo farsi
distrare. Poco
prima dell’inizio, però, il suo sguardo cadde
sulla tribuna dei Corvonero dove,
accanto a Lauren e Ophelia che saltellavano eccitate, stava Gabriel
tutto
sorridente, con in mano una sciarpa rossa-oro, la sua
sciarpa rossa-oro. Probabilmente Elaija doveva avergliela
data prima della partita. Di fronte al sorriso luminoso e, allo stesso
tempo,
timido del fratello, Mathias rimase di stucco, pervaso improvvisamente
da una
strana adrenalina. In quel momento, Numero Dieci decise che avrebbe
fatto del
suo meglio per vincere.
Quel
giorno, Grifondoro
vinse per 210 a 50 e quella sera stessa i Grifondoro avrebbero
festeggiato per
tutta la notte.
Sala
Grande, Hogwarts
Quella mattina,
Jem si era stranamente risvegliato di
buon umore, cosa che ormai accadeva poco. Quel giorno aveva in mente
un’ottima
lezione per quelli del primo anno e voleva che tutto andasse per il
meglio. Prima
di lui, Jeremy Walker era stato un insegnante coi fiocchi e anche se
sapeva di
non eguagliare la sua bravura, voleva esserne un ottimo seguito.
Entrò nella
Sala Grande, dove la maggior parte degli studenti era già
riunita e si stranì
nel notare la strana aria che circondava la sala. Nel passare in mezzo
al
tavolo di Tassorosso e Serpeverde, salutò alcuni degli
alunni della sua casa.
Nel tavolo verde-argento, alcune ragazze ridacchiavano per un articolo
su un
giornaletto e Jem sentì qualche frase della loro discussione.
-Dite che ci
sarà anche lui?- domandò una ragazza
dalla chioma rossa con aria sognante. La ragazza accanto a lei
ridacchiò.
-Per forza!
E’ un giocatore di Quidditch ma, cosa più
importante, è un membro dell’Umbrella Academy!- a
quelle parole, Jem si
irrigidì: come mai quelle ragazze discutevano dei fratelli
McKinnon. Tendendo l’orecchio,
notò che anche agli altri tavoli si stavano svolgendo
conversazioni di questo
tipo.
-Lei
è bellissima e lavora anche dai Weasley!
-Mamma mia,
è veramente carino!
-Sì,
ma dicono che giochi per l’altra squadra...
-Di lui si dice
che abbia rischiato l’espulsione…
-Quanto vorrei
averli conosciuti!
Ancora
più stranito, Jem giunse al tavolo dei professori,
sedendosi al suo posto e salutando i suoi colleghi. Dopo aver dato
un’altra
occhiata ai suoi studenti, si rivolse a Neville Paciock, seduto di
fianco a
lui.
-Come mai sono
tutti così in fermento? Il Professor
Ruf va in pensione e io non lo sapevo?- domandò
l’uomo e l’insegnante di
Erbologia si mise a ridere.
-Niente di tutto
questo. In realtà, sono molto eccitati
per questo.- spiegò Neville e passò una rivista a
Jem. Quest’ultimo lesse la
prima pagina e sgranò gli occhi, non sapendo cosa dire.
Inventò una scusa per
il suo collega, dicendo di avere ancora dei compiti da correggere e,
cercando
di rimanere calmo, si alzò e si allontanò dalla
Sala Grande. In testa un solo
pensiero: aveva bisogno di una fottuta sigaretta.
Febbraio
2014, Villa Olympus
Era notte fonda e la villa era avvolta da un silenzio
surreale. Mathias si ritrovava nel soggiorno, dando un ultimo sguardo a
quella
che per diciassette anni della sua vita era stata casa. Senza fare
rumore, si
diresse verso la cucina, per poter uscire dalla porta di servizio, ma
sobbalzò
non appena notò la presenza di qualcun altro seduto al
tavolo. Si calmò
solamente quando questa si voltò verso di lui. Mathias si
avvicinò e, lasciato
il suo borsone a terra, si sedette accanto a lui.
-Cerchi
ancora di farmi
cambiare idea?- domandò ed Elaija negò con la
testa.
Qualsiasi
cosa io dica non funzionerà.
-Ormai
ho deciso, sono stufo
di essere trattato come un esperimento. Voglio vivere la mia vita,
vedere il
mondo.- disse ed Elaija sospirò.
Dove
andrai?
-Una
nostra ex-compagna di
scuola ha una sorella che studia la psicologia babbana associata alla
magia,
quindi potrebbe aiutarmi a capire di più cosa succede nella
mia testa. Si è
offerta di ospitarmi finché non troverò un
alloggio tutto mio. Nel frattempo,
lavorerò in una pasticceria babbana, quello che ho sempre
desiderato.- disse
sorridendo, imitato poi dal fratello. Mathias alzò lo
sguardo e vide che
l’altro lo stava guardando dolcemente.
-Cosa
c’è?- domandò.
Non
gliel’hai detto.
A
quella frase, sgranò gli
occhi, sapendo a chi si riferiva Elaija e abbassò lo sguardo.
-Volevo
dirglielo ma… non ho
avuto coraggio. Probabilmente non lo vedrò mai
più, quindi è meglio che provi a
dimenticarlo. Tanto, non mi avrebbe mai amato.- a quella frase, Elaija
l’osservò attentamente.
Ne
sei proprio sicuro?
Mathias
aprì la bocca per
dire qualcosa ma si fermò. Abbassò di nuovo lo
sguardo, non avendo il coraggio
di replicare. Vedendo che il fratello non aveva intenzione di
riprendere
l’argomento, Elaija lo abbracciò, mentre una
lacrima gli solcava il viso.
-Sai
El, mi mancherai
davvero tanto… Scrivimi qualche volta, d’accordo?-
gli domandò Mathias e Numero
Nove annuì. Dopo aver rotto l’abbraccio, Mathias
si alzò dal tavolo. Si asciugò
le lacrime dagli occhi e, dopo aver donato un ultimo sorriso al
fratello, si
smaterializzò con la sua roba, lasciando Elaija da solo nel
buio della cucina.
Terrazzo,
Villa Olympus
Elaija aveva
deciso di passare un po’ di tempo da
solo: voleva molto bene ai suoi fratelli, ma in quei giorni
continuavano a
controllarlo e a chiedergli come stava e il ragazzo aveva bisogno di
stare un
po’ per conto suo. Prese le scale che portavano al terrazzo
della villa ma, a
qualche gradino dalla sua destinazione, sentì una melodia
lieve. Incuriosito,
aprì lentamente la porta del terrazzo e rimase a bocca
aperta: Felikz, su una
dolce melodia prodotta da un vecchio grammofono, danzava, compiendo
movimenti
fluidi che lo facevano sembrare un fiore accarezzato dal vento.
Lentamente, non
volendo disturbarlo, Elaija lo osservò attentamente. Il
fratello era senza la
maglietta e, per la prima volta, si poterono notare i suoi tatuaggi: il
tatuaggio Maori del braccio destro procedeva fino ad arrivare al
pettorale mentre,
su quello sinistro, si trovava il numero sette. Tuttavia, quello che
colpì di
più Numero Nove fu il tatuaggio sulla schiena: oltre alla
volpe sulla spalla
sinistra, al centro della schiena, partendo dal collo fino a
giù, si trovava l’unico
tatuaggio colorato, rappresentante i patroni dei fratelli McKinnon: il
Toro, l’Ocelot,
la Civetta delle nevi, il Coyote, la Donnola, il Colibrì, la
Volpe, la Volpe
delle nevi, la Rondine – il suo, - il Furetto, il Gatto e il
Falco.
Elaija era
talmente incantato che non si era accorto
che la musica aveva smesso di suonare e che il fratello si era fermato.
-Ehi El, ciao!-
esclamò Numero Sette e l’altro
sobbalzò. Ricambiò il saluto, cercando di
rimanere il più calmo possibile e gli
domandò cosa ci facesse lì tutto solo.
-Sono venuto qui
perché Oberon ed Emerald hanno occupato
la Sala da ballo e volevo starmene un po’ per i fatti miei.
Guarda, ti ricordi
di questo?- domandò Felikz indicando il grammofono che ormai
girava a vuoto.
Elaija vi rifletté sopra, per poi annuire vigorosamente:
quello era stato il
regalo suo, di Gabriel e di Sheryl quando Felikz aveva avuto il periodo
no,
durante il quale voleva mollare la danza. Con quel regalo,
l’allora ragazzino
aveva cambiato idea.
Ad un certo
punto,
Elaija sentì che il suo potere iniziava a
manifestarsi e, spaventato che
questo potesse mostrare il suo più grande segreto,
salutò il fratello e fece
per andarsene, quando l’altro lo afferrò per il
braccio, costringendolo a
voltarsi.
-Tra me e te
è tutto apposto, giusto?- domandò Numero
Sette e il moro annuì. A quel punto, il maggiore gli
lasciò il polso e sospirò
sconsolato.
-E allora
perché non mi parli più come una volta?- Elaija
sussultò, non sapendo cosa dire. Tuttavia, sentiva il suo
potere aumentare e,
senza degnare l’altro di uno sguardo, si
allontanò, lasciando Felikz solo con i
suoi pensieri.
3
Novembre 2020, Camden Town, Londra
-Forza,
e anche oggi è
andata! Un applauso a noi!- alla frase della sua collega, Mathias
scoppiò a
ridere, mentre prendeva lo straccio per dare una passata al bancone. Da
quando
era riuscito ad ottenere un appartamento tutto suo, aveva finalmente
ottenuto
il ruolo di vice-socio alla “Dorian’s
Bakery”, la pasticceria più famosa di
Camden Town. La sua socia, Alex
Sanders, era una giovane strega uscita due anni prima di lui e con la
sua
stessa passione per i dolci, con la quale andava
d’accordissismo.
-Diciamo
che se non ci fossi
stato io a cucinare tutto il giorno altro che clienti amorevoli, ci
saremmo
ritrovati a dover gestire una rivolta!- esclamò il ragazzo,
spostandosi
leggermente per evitare la spugna che la ragazza gli aveva lanciato.
-Smettila
di vantarti! Sei fortunato
che sai cucinare e che piaci alle ragazze, altrimenti ti avrei
già cacciato!-
fece Alex sorridendo. Mathias le fece la linguaccia e tornò
in cucina, con
l’obiettivo di iniziare a preparare l’impasto per i
dolci dell’indomani.
Tuttavia, non appena prese in mano la ciotola della farina, un forte
dolore lo
colpì al braccio sinistro, costringendolo a mollare la presa
sull’oggetto, che
finì per terra.
-Matt,
tutto bene?- domandò
Alex che, non appena lo vide tenersi il braccio con una smorfia di
dolore, gli
si avvicinò preoccupata. Tuttavia, rimase sorpresa nel
notare che il tatuaggio
del ragazzo, raffigurante Il
Matto, avesse
iniziato ad illuminarsi.
-E’
la mia famiglia, è
successo qualcosa…- disse Mathias, mentre la ragazza capiva
a chi si riferisse.
Aiutò il collega ad alzarsi, per poi andare a prendere la
sua giacca e
lanciargliela praticamente addosso.
-Va’
a preparare la tua
roba.- disse e Mathias la guardò sorpreso.
-E
con il negozio?-
-Me
la cavo da sola, ora ti
conviene andare. La tua famiglia ha bisogno di te.- il ragazzo
annuì e, dopo
averla salutata, si smaterializzò, sperando che non fosse
successo niente di
grave.
Seminterrato
-Dannazione,
certo che non molla questo!- esclamò
Katrina sbattendosi la porta alle spalle.
Harry, che era uscito prima di lei, sospirò, passandosi una
mano tra i capelli.
-Ore e ore di
interrogatorio e cosa abbiamo ottenuto? Un
bel niente! Merlino, quando vorrei affatturarlo…-
continuò la mora.
-Sembrava che
con Cameron stesse iniziando a cedere e
invece niente. Tempo che questi qui saranno degli ossi
duri…- replicò il biondo.
Notò che la collega faceva avanti e indietro davanti alla
porta della stanza,
borbottando tra sé e sé. Probabilmente, stava
cercando le parole giuste da utilizzare
con Emanuel.
-Di’
un po’, come mai ti sei trasferita qui da Durmstrang?-
domandò e la ragazza si voltò verso di lui
sorpresa, non aspettandosi
minimamente una domanda del genere.
-Beh…
ho deciso di seguire Ema. Non ci trovavamo bene lì
e avevamo bisogno di un cambio d’aria.- rispose alzando le
spalle, ma Harry non
demorse.
-E come mai?
Troppa magia oscura?- fece e Katrina lo
fulminò con lo sguardo.
-Come mai sei
improvvisamente interessato alla mia
vita personale? Ti annoi, forse?- disse la mora guardandolo di
sottecchi e il
biondo sbuffò.
-Ma niente di
che, ero solo curioso. Siamo partiti con
il piede sbagliato e cercavo solo di essere gentile. Ma se vuoi
comportarti
come una vipera accomodati pure.- a quelle parole, fu il turno di Katrina di sbuffare
seccata. Fece per dire
qualcosa ma una voce proveniente dal piano di sopra la distrasse.
Insieme al
collega, salì le scale che portavano verso il salotto, dove
videro Caleigh
saltellare allegra con una lettera in mano e i vari membri
dell’Ordine e dell’Umbrella
Academy che la raggiungevano.
-Quella
cos’è?- domandò Oberon osservando con
attenzione
la busta e Caleigh rispose prontamente.
-Questo, miei
cari amici, è un super evento!- la
ragazza sorrise ancora di più e passò la lettera
a Fëdor, che la aprì e iniziò
a leggerla per tutti.
Gentili
Signori e Signore McKinnon,
con
la presente, siete invitati all’annuale ballo di beneficienza
a cura del
Ministero della Magia, che quest’anno celebrerà
anche la tragica e prematura
scomparsa del candidato a Ministro Richard McKinnon.
Il
ricevimento si terrà Sabato 19 Novembre alle 20
presso il Criterion Restaurant di
Londra.
Cordiali
Saluti,
Harold
Holden
-Un ballo, che
cosa emozionante!- esclamò Sheryl
mentre, accanto a lei, Charlotte cominciava a disperarsi
all’idea di indossare
un vestito elegante.
-Il 19
è questo sabato. Un po’ improvviso ma okay.-
disse Travis.
-Suppongo che ci
vedremo lì, allora.- fece Emanuel ed
Emerald lo guardò scettica.
-Come fai a
sapere che avete ricevuto gli inviti?- a
quella domanda, il ragazzo le rivolse un sorriso malandrino.
-Mia cara, ho
ottime conoscenze al Ministero da
ottenere degli inviti. Inoltre, avremo una possibilità per
indagare sulla morte
di vostro padre. Di sicuro, qualcuno sarà a conoscenza di
cose che non non
sappiamo.- alle parole del ragazzo, tutti annuirono e Scarlett prese
parola.
-Perfetto. A
questo punto mi rivolgo alle ragazze: è
ora di trovare dei vestiti.-
ANGOLO AUTRICE
Ce
l’ho fatta! Sono in anticipo rispetto al solito,
non ci posso credere! Cavoli, mi avete risposto quasi tutte subito e ho
voluto
subito scrivere il capitolo. Come potete notare, il capitolo di oggi
è dedicato
a Mathias! Personaggio complesso, lo ammetto, che aveva tanto da dire e
ha
ancora tanto da dire. Piccola nota: per prepararmi al suo
“pezzo”, mi sono
letta ogni cosa possibile riguardo allo “sdoppiamento di
personalità”,
scoprendo tante cose interessanti. Inoltre, vorrei fare una
precisazione: ad un
certo punto della narrazione, ho accennato ad uno
“strappo”. Ebbene, questa idea
proviene da una serie tv che sto guardando che possiede un personaggio
di
questo tipo. Nella serie, la ragazza parla di una lacerazione
dell’anima nelle
varie, personalità, da qui la mia decisione di utilizzare la
parola strappo.
Devo anche dire che non sono voluta entrare troppo
nell’argomento perché la mia
conoscenza è molto superficiale e non volevo dire qualcosa
di sbagliato.
Passando ora
alla parte più “leggera”: i nostri
ragazzi sono stati invitati ad un ballo! Ho due domande da porvi,
valide per
entrambi i gruppi:
-Come
sarà vestito il vostro Oc: questa
è una vostra libera scelta, potete scegliere abito e
acconciatura (nel caso
delle donne). Mi raccomando: date sfogo alla vostra fantasia!;
-Un
evento che volete che accada durante
il ballo?
Come sempre
lascio la lista tra cui scegliere per il
prossimo capitolo:
Caleigh
Scarlett
Harry
Charlotte
Detto
questo, non ho nient’altro da aggiungere. Per la
stesura del capitolo ho già qualche idea, ma
finché non scrivo e pubblico
quello dell’altra interattiva sono ferma, quindi potete
andare con un po’ più
di calma. Ci vediamo al prossimo capitolo! Bacioni,
__Dreamer97
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Capitolo 9 *** CAPITOLO 6 ***
CAPITOLO
6
“Pensa,
credi, sogna e osa.”
Marzo
2000, Villa Cross
Scarlett
stava finendo di preparare la sua piccola valigia, ringraziando
mentalmente
l’incantesimo di Estensione che l’elfo domestico
aveva applicato sulla borsa –
ovviamente senza conoscere il vero motivo di quel gesto. Alla piccola,
di soli
dieci anni, si era stretto il cuore al pensiero di dover mentire a
quella che,
negli ultimi anni, era stata la sua unica amica. D’altronde,
non aveva scelta:
figlia del primo matrimonio di John Cross, rimasto vedovo ai due anni
della bimba,
veniva completamente ignorata dal padre in quanto tutte le attenzioni
dell’uomo
erano rivolte verso Kendra, la nuova compagna di
quest’ultimo, e verso i loro
tre figli. A Scarlett i suoi fratellastri non piacevano,
così come la matrigna:
se loro non ci fossero stati, probabilmente il padre le avrebbe
riservato
ancora del bene.
Sentì
dal piano di sotto un leggero
pianto, segno che Lara, l’ultima arrivata in famiglia, si
fosse risvegliata dal
suo sonnellino pomeridiano. Dalla stanza accanto alla sua, invece, John
e
Harold, rispettivamente di quattro e due anni, giocavano insieme.
Sentendo le
risate di suo padre e di Kendra, Scarlett si decise: si diresse verso
il camino
che si trovava nella sua stanza, in una mano le maniglie della valigia
e
nell’altra un po’ di Metropolvere, ed
entrò nel camino. Sapeva con certezza la
sua destinazione, ovvero la casa di Michael e Shirley Carter, i suoi
nonni
materni e, urlando a gran voce il nome dell’abitazione,
sparì per sempre da
quella casa priva d’amore verso di lei.
Mercoledì
16 Novembre, Primo piano, Villa Olympus
-Mai
e poi mai indosserò una roba del genere. Sembro un
pinguino!- esclamò Cameron e
i fratelli iniziarono a ridere. Da almeno due ore, i membri maschi
dell’Umbrella
Academy si erano riuniti nella stanza di Oberon – la
più grande – per decidere
cosa avrebbero indossato al ballo.
-Il problema non
è come ti sta, ma il completo stesso.
Fa a botte con i capelli che ti ritrovi.- fece Felikz, ricevendo
un’occhiataccia
dal fratello. Tuttavia, sapeva che il fratello aveva ragione: il
completo
grigio che stava provando – tirato fuori dalla cabina di
vestiti che il padre
aveva “comprato” per loro per eventi futuri se
fossero rimasti all’Umbrella
Academy – gli delineava il fisico asciutto ma faceva sembrare
i suoi capelli
molto più scuri, come se li spegnesse.
-Per Merlino,
sembriamo delle ragazzine alle prese con
il Ballo del Ceppo1.- disse
Travis ricevendo un assenso da
Mathias.
-Vi ricordate
tutti i ricevimenti ai quali papà ci
faceva partecipare? Un
incubo.- continuò
Numero Dieci fingendosi orripilato. Fëdor, dopo essersi
controllato ancora una
volta allo specchio, si rivolse a Felikz.
-Con
papà andavi ancora ai ricevimenti?- gli domandò e
Numero Sette annuì.
-Sì,
anche se spesso discutevamo per via dei miei
capelli “troppo lunghi”. Alla fine siamo giunti
all’accordo che, se mi lasciava
tenere la mia lunghezza di capelli, lui avrebbe avuto il diritto di
scegliermi
l’abito, visto che nemmeno lì si fidava a
lasciarmi via libera.-
-Se si lamentava
con i tuoi, figuriamoci se mi avesse
visto adesso!- replicò Oberon scatenando
l’ilarità del gruppo: di sicuro il
Signor McKinnon si sarebbe strappato i capelli dalla testa alla vista
della
barba e dei capelli del Numero Sei.
-Quelli erano
alcuni dei pochi momenti che preferivo…-
mormorò Gabriel ed Elaija gli scompigliò i
capelli concordando, mentre Travis
scuoteva la testa.
-Per forza, se
non fosse stato per noi sareste rimasti
nascosti in qualche angolino della sala. Almeno con noi vi
divertivate!- disse,
facendo riferimento ai tanti episodi in cui il Numero Quattro e Numero
Nove si
isolavano e i fratelli stavano con loro tutto il tempo per non farli
sentire
soli, anche a costo di perdersi tutta la serata.
Ad un certo
punto, un leggero picchiettio li costrinse
a portare i loro sguardi verso la finestra, dove un gufo delle poste
continuava
a picchiettare allegramente. Gabriel andò ad aprire per
prendere la lettera e,
dopo avergli dato qualche soldo e qualche grattino, il volatile
volò via tutto
contento.
-Cosa
c’è scritto?- domandò Mathias. Numero
Tre aprì
la lettera e, leggendo quello che vi era scritto, si mise a ridere.
-Emerald,
Ophelia, Lauren e Sheryl ci hanno inviato
una lista di consigli per i vestiti. “Per i casi
disperati”, così dice il
titolo.- I membri si misero a ridere e il rosso passò la
lista a Fëdor, che
cominciò a leggere attentamente.
-“Cari
fratelli, visto la vostra poca conoscenza nel
campo della moda, ci siamo permesse di stilare questa lista per darvi
qualche
consiglio. Innanzitutto, Cameron e Gabriel dovete evitare colori come
il nero,
il grigio o colori scuri che potrebbero far sembrare i vostri capelli
spenti.
Oberon, hai via libera, ma punta su un colore caldo: ti si addice con
la tua
personalità”.-
-Salvatrici del
nostro mondo!- fece Cameron
cominciando a togliersi la giacca del completo che indossava. Numero
Uno
continuò.
-“Mathias,
punta sul blu, perché sappiamo che è
l’unico colore a mettervi d’accordo
tutti.”- lesse e Numero Dieci annuì,
sorridendo per la premura delle sorelle che si erano ricordate del
colore
capace di accontentare gli Altri.
-“Elaija,
Travis e Fëdor hanno via libera, come
Oberon. Per Felikz: fatti vestire da qualcun altro perché tu
non ne sei
capace.”- Nel sentire quell’ultima frase, Felikz
emise un verso indignato,
mentre gli altri scoppiavano a ridere.
-Io non lo trovo
divertente!- esclamò il
Metamorphomagus.
-Fidati, hanno
pienamente ragione. Forza, al lavoro!-
Travis si diresse a passo spedito verso l’armadio di Oberon
ma, non appena lo
aprì, una piccola creatura gli saltò addosso,
facendogli lanciare un urlo
decisamente poco virile.
-Che diamine
è?- fece spaventato e Oberon si mise a
ridere.
-E’
Sherlock2, il mio gatto.
Niente
di cui ci si debba preoccupare.- disse. Travis lo guardò con
aria stralunata.
-Da quando hai
un gatto? E da quanto tempo si trova
qui?- domandò Numero Dodici cercando di allontanarsi il
più possibile
dall’animale: fin da quando era piccolo, aveva sempre avuto
terrore dei gatti,
nonostante i fratelli cercassero di fargli capire che fossero innocui.
Il
gatto, un bellissimo esemplare di siamese, si mise ad osservare tutti i
presenti, per poi iniziare a strusciarsi contro la gamba di Cameron, la
persona
più vicina. Quest’ultimo, dopo aver avuto
un’idea, prese in braccio il gatto e
si voltò sorridente verso Travis.
-Caro
Travis…- disse, mentre si avvicinava al fratello
con il micio in mano. Numero Dodici indietreggiò.
-Non ti
avvicinare con quel coso!- urlò ma fu
costretto a scappare non appena il gatto scese dalle braccia del rosso
per correre
verso di lui.
-Fratello, sei
cattivo.- disse Mathias e Cameron alzò
le spalle.
-Impara a darmi
colpe che non ho.-
1
Settembre 2001, Espresso di Hogwarts
Non
appena mise piede sull’Espresso di Hogwarts, Scarlett
realizzò subito di non stare
sognando: per i prossimi sette anni avrebbe frequentato la migliore
scuola di
Stregoneria e Magia che esisteva al mondo. I suoi nonni,
così fieri di lei,
l’avevano accompagnata al binario e la ragazzina si
voltò per salutarli una volta
ancora. Non appena i suoi nonni scomparvero dalla sua visuale, Scarlett
si mise
alla ricerca di un posto dove sedersi. Cercò di schivare gli
altri ragazzi che
le passavano accanto, osservandoli mentre si salutavano o
chiacchieravano
tranquillamente. Ad un certo punto vide, poco più avanti,
una ragazzina che
cercava di farsi strada tra tre studenti più grandi, senza
però riuscirci.
Notando la sua divisa, Scarlett capì che si trattava di una
nuova studentessa
come lei e, vedendola in difficoltà, decise di aiutarla.
Riuscì a farsi spazio
tra i tre ragazzi e afferrò la mano dell’altra,
che la osservava con uno
sguardo di gratitudine, per poi trascinarla con sé verso uno
scompartimento
libero. Non appena chiuse la porta, quella le rivolse un enorme sorriso.
-Grazie
mille, mi hai davvero salvata!
Pensavo sarei rimasta lì fino all’arrivo!-
esclamò la ragazzina e Scarlett le
sorrise di rimando.
-Figurati,
ti ho visto in difficoltà e
ho pensato di aiutarti. Finché saremo del primo anno penso
sarà dura.- replicò
e l’altra annuì, come a confermare le sue parole.
Dopo qualche attimo, le tese
la mano.
-Io
mi chiamo Lucy O’Malley, tu?- le
domandò. Scarlett osservò la mano, per poi
sorridere e portare lo sguardo su
Lucy.
-Scarlett
Cross, è un vero piacere.-
rispose stringendole la mano, dando così inizio ad un nuovo
legame.
Giovedì
17 Novembre, Madama McClan Diagon Alley
-Niente,
non riesco a trovare niente!- esclamò Charlotte e Katrina fu
sul punto di
affatturarla: da ore le ragazze dell’Ordine, insieme alle
ex-allieve
dell’Umbrella Academy, si erano rinchiuse
all’interno della famosa sartoria di
Diagon Alley alla
ricerca di un vestito
ma, mentre alcune avevano subito trovato qualcosa, per altre la
situazione
cambiava. Le vecchie allieve avevano spiegato loro riguardo
all’armadio dei
vestiti lasciato loro dal padre ma, visto che nessun abito si addiceva
ai loro
gusti, avevano deciso di trovare quelli giusti per conto loro. Katrina
sbuffò,
spostandosi una ciocca che le era finita davanti agli occhi, e
cominciò a
lisciarsi il vestito per nervosismo: aveva deciso di utilizzare un
vestito che
possedeva già, nero che sfumava via via fino a diventare blu
sulla fine, dallo
scollo a cuore senza spalline e che scendeva libero giù.
Unico accessorio era
una piccola cinturina di pelle nera, che risaltava ancora di
più le forme della
ragazza.
-Stai
tranquilla, vedrai che riuscirai a trovare
qualcosa.- cercò di rassicurarla Ophelia, mentre la sarta
finiva di sistemarle
gli ultimi ritocchi dell’abito blu che stava indossando.
Accanto a lei, Sheryl
osservava allo specchio il suo meraviglioso abito a sirena viola,
formato da
sottili spalline, un’ampia scollatura e da alcune balze che
costituivano la
fine dell’abito. Inoltre, come ultimo tocco, era interamente
coperto di
brillantini che, oltre all’aria elegante, donavano anche un
aspetto più
sensuale.
-Ophelia ha
ragione, non sempre il primo vestito che
provi è quello giusto.- continuò Caleigh, seduta
su un divanetto accanto ad
Emerald. Le due avevano già trovato i loro abiti e adesso si
occupavano di dare
vari consigli alle altre. Fu Emerald ad avanzare una proposta.
-Perché
non provi un abito corto come quello di
Lauren?- domandò, portando l’attenzione sulla
Numero Otto: la ragazza indossava
un elegante vestito, con la gonna che scendeva libera fino alle
ginocchia, di
un bel verde acqua che le risaltava la carnagione. Il sopra, costituito
da una
scollatura a cuore, era coperta da una specie di corpetto in pizzo
nero, messo
ancora più in risalto dal colore. Nel vedere la tipologia di
vestito, Charlotte
storse un poco il naso.
-Non lo so, non
mi convince tanto….- rispose la rossa
e Katrina decise di mettersi alla ricerca di un altro abito, aiutata da
Caleigh
ed Emerald. Dopo qualche minuto, la ragazza emise un versetto di gioia.
-Forse ho
trovato quello giusto!- esclamò la mora passando
il vestito a Charlotte. La ragazza si infilò dietro al
separé e, non appena
ricomparve, ottenne dei cenni di approvazione. L’abito che
indossava era diviso
costituito da due parti: il corpetto bianco, dallo scollo a cuore, era
sormontato da del pizzo semitrasparente, ricoperto da punti luce che
facevano
sembrare il bianco ancora più brillante; la gonna, invece,
era di un bel blu e,
partendo dalla vita, scendeva leggera. Il contrasto di colori faceva
risaltare
sia la carnagione pallida che i capelli rosso fuoco di Charlotte.
-Ti sta
benissimo.- disse Scarlett e la rossa sorrise.
-Okay, deciso.
Pensavo non ce l’avrei mai fatta!- fece
e tutte scoppiarono a ridere.
-Cavoli Ophelia,
sembri una principessa! Chi vuoi
incantare?- domandò Sheryl e Numero Cinque sorrise
imbarazzata.
-Non voglio
incantare nessuno.- rispose, mentre le sue
guance si tinteggiavano di rosso.
-Chi vuoi
prendere in giro? Pensi che gli sguardi che
lanci ad Ema non si notino?- proferì Emerald e la sorella si
voltò verso di lei
con gli occhi sgranati. A dare manforte a Numero Due arrivò
Lauren.
-Tra
l’altro, non eri innamorata di lui a scuola? Non
facevi che parlarne in continuazione.- affermò Numero Otto e
Ophelia sospirò,
desiderando ardentemente di venire risucchiata dal terreno. Intenerita
dalla
bionda, Sheryl decise di correre in suo aiuto.
-Beh, se per
questo non è l’unica. Sbaglio, Lauren, o
hai una particolare intesa con Cameron?- chiese la rossa e Lauren
divenne
paonazza in viso.
-No, tra noi non
c’è niente… E poi siamo come fratelli3…-
mormorò.
-Non ci provare!
Non siete fratelli di sangue quindi
questa scusa non vale.- Katrina pronunciò quelle parole con
enfasi sapendo che,
tutto sommato, aveva ragione lei. Scarlett, osservando la discussione,
decise
di salvare le ragazze da vari imbarazzi.
-Ragazze, ora
che abbiamo trovato i nostri abiti,
dobbiamo passare al passo successivo.- proclamò e le altre
la guardarono
curiose.
-E sarebbe?-
domandò Caleigh. La bionda sorrise.
-Trucco e
parrucco.-
Maggio
2007, Hogwarts
-Scarlett,
aspettami!- Nel sentirsi chiamare, la giovane Corvonero si
voltò verso la sua
amica Lucy, che la stava raggiungendo di corsa, e le sorrise. Dal
momento in
cui si erano conosciute, le due non si erano mai separate, nonostante
Lucy
fosse finita a Tassorosso, diventando così grandi amiche.
-Lucy,
come mai sei qui adesso? Non
avevi gli allenamenti del Quidditch?- le domandò la bionda
una volta che
l’amica le fu vicino. Questa
alzò le
spalle ridacchiando.
-McKinnon
Due, Sette, Nove, Dieci e
Dodici4 hanno deciso di
trasformare il Campo da Quidditch in
una laguna, quindi abbiamo dovuto rimandarli. Cavoli, avresti dovuto
vedere la
faccia del Professor Paciock! Ha costretto quei quattro a sistemare il
danno
che hanno combinato e penso che rimarranno lì fino al 2023.-
spiegò Lucy e
Scarlett si fece scappare una risata. I fratelli McKinnon si trovavano
solo al
primo anno5 ma la loro fama
come Membri dell’Umbrella Academy
li aveva preceduti. Per ovvie ragioni, alcuni di essi cercavano metodi
originali per distanziarsi da quel nome.
Mentre
camminavano, Scarlett si accorse
delle occhiate che ogni tanto la sua amica le lanciava.
-D’accordo,
cosa vuoi chiedermi?- le
domandò prendendola completamente alla sprovvista. Lucy
boccheggiò un attimo,
per poi decidere di voltare il sacco.
-Stai
ancora con Gregor, vero?- Alla
domanda dell’amica, Scarlett sbuffò, dandosi
mentalmente della stupida per non
essere riuscita a capire dove voleva arrivare Lucy: aveva conosciuto
Gregor
Sanders durante il primo anno, mentre lui si trovava al terzo anno a
Serpeverde.
Si erano messi insieme durante il terzo anno di lei e il sesto di lui,
nonostante Lucy continuasse a ripeterle che il giovane non facesse per
lei.
Dopo qualche attimo di silenzio, decide di rispondere alla Tassorosso.
-Sì,
stiamo ancora insieme e no, non ho
intenzione di lasciarlo. Noi ci amiamo e stiamo bene così.
Tra l’altro, abbiamo
deciso di andare a vivere insieme.- A quelle parole, Lucy
sgranò gli occhi.
-Come
a vivere insieme? Ma siete troppo
giovani!-
-La
decisione ormai l’ho presa. Dopo il
diploma mi trasferirò da lui, fine della discussione.-
rispose Scarlett un po’
seccata e la sua amica alzò gli occhi al cielo. Restarono in
silenzio ancora
per qualche minuto.
-Ma
ne sei sicura?- le domandò ancora e Scarlett
emise un verso di frustrazione, facendo scoppiare a ridere la
Tassorosso. Alla
fine, decise di seguire l’esempio dell’amica
mentre, nella sua testa, cercava
di convincersi che Gregor fosse perfetto per lei.
Giovedì
17 Novembre, Camden Town
Quel
giorno, il grande quartiere di Camden Town ospitava più
gente del solito,
rendendo le strade poco fluide e decisamente troppo
“asfissianti”. Di fronte a
quelle persone, Harry storse il naso: fin da piccolo, non aveva mai
amato il
troppo rumore, il caos o le grandi folle e in quell’ambiente
si sentiva
decisamente un pesce fuor d’acqua. Il ragazzo
riportò lo sguardo avanti, dove
Emanuel lo precedeva facendosi strada tra la gente. Si muoveva con
agilità, il
che fece pensare all’ex-Serpeverde che il ragazzo dovesse
essere abituato a
quella mole di persone. Accelerò il passo, arrivandogli
finalmente accanto.
-Mi puoi
spiegare dove stiamo andando?- domandò il
biondo sbuffando, mentre si spostava leggermente per evitare una donna
che
stava agitando le dita su di uno strano aggeggio metallico6.
-Non ti agitare,
siamo arrivati.- gli comunicò Emanuel
entrando in una via laterale. I due camminarono ancora per qualche
minuto e
giunsero poi di fronte ad un vicolo cieco. Prima che Harry potesse
lamentarsi,
Emanuel tirò fuori dalla tasca destra del suo cappotto nero
una fialetta,
versando poi qualche goccia sul muro in mattoni. Improvvisamente, sul
muro apparve
lentamente una porta bianca, con un lucente pomello dorato.
L’ungherese aprì la
porta ed entrò, seguito subito dal biondo. La porta si
rivelò essere l’ingresso
di un appartamento: procedendo dall’atrio, si arrivava alla
cucina della casa,
una piccola stanzetta con al centro un tavolo di legno e due sedie.
Accanto
alla cucina, vi era una specie di salotto, con un vecchio divano al
centro e,
di fronte ad esso, un’enorme libreria, piena di volumi e
cornici di varie
dimensioni, che ospitavano foto di vario genere. Harry
osservò meravigliato
l’ambiente che lo circondava, non accorgendosi di avere
Emanuel dietro di sé.
-Se te lo stai
chiedendo, io e Katrina viviamo qui.-
disse facendo sobbalzare l’ex-Serpeverde. Con un cenno del
capo, il moro gli
fece segno di seguirlo al piano di sopra. Harry gli andò
dietro, ammirando
mentre saliva le varie foto che si trovavano appese alle pareti: alcune
riguardavano Emanuel e Katrina ai tempi di Hogwarts, mentre altre li
fotografavano insieme ad altre persone. Arrivati al secondo piano, i
due
ragazzi passarono di fronte ad una stanza e il biondo capì
subito che si
trattava della stanza di Katrina. Vide di sfuggita le pareti violette,
ricoperte da alcuni poster e qualche mensola, ma nulla di
più. Emanuel tirò
dritto giungendo fino alla stanza più in fondo, che Harry
capì essere la stanza
dell’amico: le pareti erano grigio chiaro e creavano un forte
contrasto con i
mobili laccati di legno. La stanza era perfettamente in ordine e
rispecchiava
chiaramente l’animo del suo proprietario. Sulla parete di
sinistra, una
scrivania in legno nero occupava quasi tutta la lunghezza del muro e al
di
sopra si trovavano alcune pergamene, una piuma con il calamaio, qualche
libro e
una cornice, che raffigurava un ragazzino di circa otto anni e uno di
circa
dodici. Il biondo identificò il più piccolo come
Emanuel, in quanto non era
cambiato molto, mentre l’altro non sapeva riconoscerlo.
L’ex-Serpeverde si
voltò verso il compagno, ma subito si ritrovò
addosso un panno, che l’amico gli
aveva lanciato senza nemmeno voltarsi. Non appena se lo tolse dalla
faccia,
capì che si trattava di un paio di pantaloni neri e
guardò interrogativo
Emanuel, che intanto lo fissava annoiato.
-E con questi
cosa ci dovrei fare?- domandò. Il moro
alzò gli occhi al cielo.
-Provarli? Mi
avevi detto di non avere abiti per il
ballo e allora volevo prestarti qualcosa. Sei più basso di
me ma sei più
piazzato con il fisico, quindi dovrebbero starti lo stesso. Al massimo
si può
fare qualche incantesimo per sistemarlo.- spiegò ed Harry rimase senza parole,
non aspettandosi
un tale gesto da parte del suo capo. Dopo qualche minuto,
cominciò a
spogliarsi, provando poi i vari capi che Emanuel gli passava.
-Tra te e
Katrina c’è qualcosa?- chiese dopo un
po’ il
moro e per poco Harry non inciampò nei pantaloni che stava
indossando.
-Cosa? No,
niente di niente! E poi, neanche ci
piacciamo!- rispose il biondo mentre le sue gote si coloravano di
rosso. A quel
punto, Emanuel sghignazzò, decidendo di infierire ancora.
-Davvero? E
pensa che è stata proprio lei a proporti
per l’Ordine.- continuò e a quel punto
l’altro si volto incredulo verso di lui.
-Serio? Ma se
continua a denigrarmi?- A quella domanda
il sorrise, sapendo bene quanto Harry fosse testardo riguardo alle cose.
-Ti punzecchia,
il che è diverso. E si, è stata lei. A
me sembravi ancora troppo “immaturo” per un compito
del genere ma Kat ha voluto
darti fiducia.- Emanuel ricominciò a ravanare nel suo
armadio, sotto lo sguardo
sbigottito del suo sottoposto. Dopo qualche attimo, però, si
fermò sospirando,
per poi voltarsi verso il biondo.
-Senti, Katrina
è la mia migliore amica, è come una
sorella e la conosco da quando sono nato. Raramente qualcuno la
convince e tu
sei stato il primo. So di per certo che dell’interesse tra
voi e l’unica cosa
che ti chiedo è quella di non farla soffrire, altrimenti te
la dovrai vedere
con me.- Harry, di fronte al tono minaccioso
dell’ex-Serpeverde, deglutì e annuì
un po’ spaventato, sapendo quanto male avrebbe portato
mettersi contro Emanuel.
Non appena ottenuto un suo cenno, il moro sorrise, per poi passargli
un’altra
camicia.
20097,
Casa Carter
Sentendo
dei continui rumori provenire dall’ingresso della casa,
Shirley Carter afferrò
la bacchetta che si trovava sul comodino accanto al suo letto e si
diresse
verso le scale. Da quando suo marito Michael era venuto a mancare tre
anni
prima, la donna aveva imparato a vivere da sola, nonostante certe volte
sentisse molto la mancanza del marito. Quella notte, a causa della
forte
tempesta che colpiva le vecchie pareti della casa, la donna era rimasta
sveglia
ad osservare una vecchia foto del suo matrimonio, quando aveva sentito
dei
rumori.
Shirley
iniziò a scendere le scale e
vide di fronte alla porta d’ingresso una figura piuttosto
minuta e la donna
sgranò gli occhi, capendo chi si trovasse di fronte a lei.
Con un gesto della
bacchetta, le luci si accesero, illuminando così la giovane
Scarlett: la bionda
era bagnata fradicia, indossava una vecchia tuta grigia, era scalza e
aveva gli
occhi arrossati. Vedendola in quello stato, la nonna le si
avvicinò subito
preoccupata.
-Scarlett,
bambina mia, cosa è
successo?- le domandò la donna, mentre con un altro gesto
della bacchetta
accendeva il fuoco nel camino del salotto. Scarlett aprì la
bocca, cercando di
dire qualcosa ma, invece, uscì solamente un singhiozzo,
seguito poi da molti
altri. Shirley portò la nipote in salotto e, dopo averla
fatta accomodare sul
divano, appellò una coperta e incantò gli
utensili della cucina, che si misero
a preparare una tazza di cioccolata calda. Non appena ottenuta la
coperta la
appoggiò sulle spalle della nipote, che continuava a
piangere
ininterrottamente.
-Scarlett,
cara, puoi dirmi cosa è
successo? Dov’è Gregor?- le domandò
Shirley. Scarlett tirò su con il naso, per
poi prendere un respiro profondo.
-Gregor
mi ha cacciata di casa…- disse
ricominciando a piangere e la nonna sgranò gli occhi.
-Come
ti ha cacciata di casa? Cosa è
successo?- A quella domanda, Scarlett abbassò lo sguardo.
-Ha
scoperto che sono incinta…- rivelò,
facendo scendere un pesante silenzio tra le due. Dopo qualche minuto,
Shirley
strinse la nipote in un forte abbraccio.
-Non
preoccuparti piccola mia, ti
aiuterò io. Ce ne occuperemo insieme.- disse la donna e
Scarlett ricambiò la
stretta, lasciandosi poi cullare tra le braccia dell’unica
persona che le
voleva bene al mondo.
19
Novembre, Atrio, Villa Olympus
Il
continuo ticchettare del grande orologio a pendolo che si trovava
nell’atrio
della villa irritava leggermente Emanuel, che si trovava vicino alla
porta d’
ingresso. Aveva
detto ai suoi compagni
che si sarebbero trovati direttamente di fronte al locale, mentre lui
sarebbe
passato a controllare il prigioniero della villa, affidato alle cure
della
Signora Davis e di Libby. Nonostante avesse avuto qualche dubbio
iniziale, il
ragazzo si era dovuto ricredere: aveva scoperto che la Signora Davis,
prima di
andare a lavorare come domestica, era un Auror di alto livello e aveva
lavorato
a stretto contatto con il Signor McKinnon. Dopo il suo ritiro,
l’uomo si era
offerto di darle un lavoro e un posto in cui vivere e la donna aveva
accettato
subito. Aveva carattere ed era molto abile con gli incantesimi, quindi
i
ragazzi potevano stare tranquilli. Ad un certo punto, un rumore lo
costrinse a
portare lo sguardo verso le scale, dove venne colpito da una visione, a
suo
parere, “angelica”: Ophelia indossava un lungo
vestito blu brillante, dalla
gonna leggermente ampia e dalla scollatura a cuore; le maniche erano
costituite
da un leggero tessuto in pizzo e, inoltre, il corpetto era interamente
decorato
da brillantini, che coprivano anche varie parti della gonna. I capelli
erano
raccolti in due trecce che andavano a formare un elegante chignon,
dandole un’aria
ancora più principesca. Non appena lei lo notò,
si fermò all’istante, arrossendo
leggermente.
-Emanuel,
pensavo che saresti andato direttamente lì.-
disse l’ex-Corvonero ed Emanuel, dopo una piccola esitazione,
rispose.
-Ero venuto qui
a controllare il “prigioniero” e ho
detto agli altri che li avrei raggiunti là. Inoltre, avevo
alcune cose da
riferire a Fëdor e volevo farlo il prima possibile.-
-E’
tutto apposto?- domandò lei leggermente preoccupata.
-Niente di cui
ci si debba preoccupare in questo
momento. Per ora godiamoci questa serata.- replicò
l’ungherese. Ophelia fece
per dire qualcosa, ma gli schiamazzi dei suoi fratelli, che si erano
finalmente
decisi ad uscire dalle loro stanze, la convinse a tacere, con sommo
dispiacere
del ragazzo. Ben presto, tutti i membri
dell’’Umbrella Academy li raggiunsero.
-Però,
che stile.- scherzò Ophelia
riguardo il vestito di Elaija, che
richiamava completamente lo stile indiano, dal lungo camicione blu
notte con
dei decori blu zaffiro fino alle scarpe del medesimo colore. Numero
Nove le
fece la linguaccia sorridendo, in quanto tutti sapevano quanto quello
stile
affascinasse il ragazzo. A prendere parola alla fine fu Numero Uno.
-Forza ragazzi,
- disse a tutti, - ci aspetta una
lunga serata.
Giugno
2012, Diagon Alley
Quel
giorno, un forte sole copriva le strade di Diagon Alley, rendendo
l’atmosfera
ancora più allegra. Scarlett, in compagnia di sua nonna e di
Michael, chiamato
così in onore del nonno e che ora aveva tre anni8,
aveva
deciso di fare un giro insieme alla famiglia, per godersi quei primi
raggi di
sole che anticipavano la stagione estiva. Notando da lontano la
Gelateria
Fortebraccio, Michael saltellò entusiasta e, afferrando un
lembo del vestito
della nonna, cominciò a tirarla verso il negozio, mentre
Scarlett li osservava
da dietro sorridendo.
-Il
piccolo Michael cresce bene. Fortuna
che non ha preso niente dal padre.- disse una voce e Scarlett si
voltò di
scatto, per poi rilassarsi: di fronte a lei si trovava un ragazzo di
circa
ventun anni, con i capelli marroni lunghi quasi fino alle spalle, gli
occhi
nocciola e la carnagione abbronzata. Accanto a lui, una ragazza dai
lunghi
capelli neri e gli occhi del medesimo colore la osservava sorridendo.
La bionda
li riconobbe subito.
-Emanuel,
Katrina, è bello vedervi.- li
salutò la donna sorridendo. Suoi ex-compagni del club di
Scacchi, aveva
re-incontrato i due subito dopo il loro diploma e avevano riallacciato
un po’ i
rapporti. Aveva raccontato loro della questione di Gregor, in quanto si
trattava di un loro vecchio compagno di casa e i due ragazzi si erano
offerti
di aiutarla con Michael.
-Eravamo
qui a fare un giro perché mi
servivano alcuni libri. Voi approfittate del bel tempo?-
domandò Emanuel e
Scarlett annuì.
-Sì,
adesso che Michael ha imparato a
camminare e a parlare è difficile tenerlo chiuso in casa a
fare niente.-
rispose la bionda. Notò i due scambiarsi un veloce sguardo e
si insoppettì.
-Senti,
dobbiamo chiederti una cosa
importante.- fece Katrina e la bionda la guardò
interrogativa.
-E’
qualcosa di cui mi devo
preoccupare?- domandò e i due scossero la testa.
-No.
Però prima di parlartene, dobbiamo
sapere se possiamo fidarci. E’ una cosa difficile, vi
è in gioco la sicurezza
delle persone e può essere pericoloso. Possiamo fidarci?- A
quella domanda,
Scarlett si voltò, portando lo sguardo su sua nonna e su
Michael, in fila per
entrare da Florian Fortebraccio. Vide Michael sorridere per qualcosa
che aveva
detto Shirley e Scarlett prese la sua decisione. Si voltò
nuovamente verso
Emanuel e Katrina, che ora la osservavano fiduciosi.
-Sì,
potete contare su di me.- rispose e
Katrina le sorrise, mentre Emanuel prese un respiro di sollievo.
-Mai
sentito parlare dell’Ordine di
Morgana?-
Ore
19.50, Criterion Restaurant, Londra
Il Criterion
Restaurant9 era uno
dei ristoranti più chic di tutta la
capitale londinese. Situato nel cuore della città a
Piccadilly Circus, venne
fondato nel 1874 e i suoi locali ne rappresentavano in pieno il lusso
dell’epoca.
Era costituito da un’enorme sala piena di tavoli rotondi,
ingrandita per l’occasione
in modo che arrivasse a formare anche un ampio spazio per ballare e per
l’orchestra.
Inoltre, il locale si trovava collegato con un immenso teatro, dove
venivano
rappresentate le migliori opere del momento.
Scarlett
ammirava meravigliata l’enorme atrio del
ristorante, interamente illuminato da grandi lampadari che sembravano
far
risplendere ogni superficie. Accanto a lei, Jem continuava ad osservare
il suo
orologio, mentre Katrina camminava avanti e indietro.
-Kat, sento la
tua testa macchinare fino a qui.- al
commento di Scarlett, la bulgara si voltò verso di lei.
-Quei due
dovevano essere qui almeno dieci minuti fa!-
disse piccata, riferendosi agli ultimi due membri della loro congrega.
A quelle
parole, Jem sorrise.
-Stai
tranquilla, vedrai che avranno avuto qualche
problema.- Non appena il professore finì di dire quella
frase, dalla porta di
ingresso comparvero le figure di Charlotte e Harry: la prima, come
accordatosi
con le altre ragazze, aveva raccolto i capelli in una semi treccia, che
si
fermava a metà grazie ad un meraviglioso fermaglio
argentato; accanto a lei,
Harry aveva optato per un completo total black, compresa la camicia e
il
papillon.
-Scusate per il
ritardo, ma questo fifone non ne
voleva sapere di smaterializzarsi.- spiegò la rossa. A quel
commento, il biondo
si voltò verso di lei indignato.
-Io paura? Tu
sei spericolata! Se continui così c’è
il
serio rischio che ti spezzi!- replicò lui, mentre Scarlett e
Jem li guardavano divertiti.
Katrina fu sul punto di affatturarli quando vide comparire anche
Emanuel, seguito
dall’intera Umbrella Academy.
-Ci siamo
tutti?- domandò Lauren e Jem annuì, mentre
si sistemava la giacca beige.
-D’accordo
allora. Abbiamo il novantanove percento di
essere riconosciuti, quindi prepariamoci a tante conversazioni noiose e
a
condoglianze non pensate.- pronunciò Travis. I fratelli si
guardarono l’un l’altro
poi, con una specie di assenso comune, entrarono nella sala.
1.
Ballo
del Ceppo: ho pensato
che, dopo la Battaglia di Hogwarts, il
Ballo venisse introdotto come una specie di ballo annuale;
2.
Sherlock:
il gatto di Oberon. Non mi ero dimenticata di lui, ma cercavo
l’occasione
adatta per presentarlo;
3.
Fratelli:
qui Lauren fa riferimento a come sono stati cresciuti ma tecnicamente
ha
ragione Katrina, in quanto non presentano legami di sangue e, per come
sono
stati cresciuti, non sono proprio dei “fratelli”;
4.
Dodici:
i ragazzi, famosi per via dell’Umbrella Academy, venivano
ricordati con i
numeri, per questo alcuni di loro cercano di staccarsi da quella
realtà;
5.
Primo
anno:
essendo nati ad Ottobre, hanno iniziato la scuola un anno dopo, ovvero
durante
il settimo anno di Scarlett;
6.
Aggeggio
metallico: il telefonino
ma, essendo Harry un Purosangue, non
lo conosce;
7.
2009:
non so esattamente quando sia stato concepito Michael o quando sia
nato, quindi
ho provato a fare alcuni calcoli, spero di non aver sbagliato;
8.
Tre
anni:
stesso discorso del punto sei;
9.
Criterion:
esiste veramente ed è uno dei più famosi.
ANGOLO AUTRICE
E finalmente ce
la fa!! Mamma mia, due mesi sono da
punizione, mi dispiace tantissimo! Avrei voluto pubblicare prima ma
proprio non
ce la facevo.
Comunque, questo
capitolo è incentrato sulla bella Scarlett,
che non ha avuto tanto la vita facile. Povera, per fortuna ha la nonna
dalla
sua parte (e spero di essere riuscita a rappresentare anche lei).
Allora, come
avrete notato, qui non c’è niente di quello che mi
avete detto nelle risposte
ma, come penso abbiate intuito, ci saranno più capitoli sul
ballo, quindi non
preoccupatevi. Ho nuove domande per voi, che valgono per tutti:
-Come si
comporterà al ballo? Che atteggiamento
assumerà?
-Incontrerà
qualcuno di
speciale? Magari una persona importante della sua vita che ha
conosciuto e che
non rivedeva da tanto (questa domanda è facoltativa, se il
vostro personaggio
non ha conosciuto nessuno di importante evitate di sfollare, davvero)? Potete anche inviarmi dei prestavolti se volete.
Ecco qui i nomi
per il prossimo capitolo. Mi
raccomando, rispondete tuti, perché altrimenti mi trovo
soluzioni di parità e
non so che fare:
Fedor
Emerald
Gabriel
Cameron
Ophelia
Oberon
Felikz
Elaija
Sheryl
Travis
Inoltre, spero
di aver fatto un buon lavoro con la
descrizione dei vestiti. In ogni caso, ecco qui le foto degli abiti dei
vostri
pargoli:
UOMINI
|
|
DONNE
|
|
Fëdor
|
|
Charlotte
|
|
Cameron
|
|
Lauren
|
|
Harry
|
|
Katrina
|
|
Emanuel
|
|
Ophelia
|
|
Travis
|
|
Sheryl
|
|
Jem
|
|
Scarlett
|
|
Oberon
|
|
Caleigh
|
|
Gabriel
|
|
Emerald
|
|
Mathias
|
|
|
|
Elaija
|
|
|
|
Felikz
|
|
|
|
Ci vediamo al
prossimo capitolo! Bacioni,
__Dreamer97
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Capitolo 10 *** CAPITOLO 7 ***
CAPITOLO
7
“Danza
la vita, canta e cammina.”
1999,
San Mungo, Londra
Si sentiva stanco, gli occhi faticavano ad aprirsi. I
suoni attorno a lui erano ovattati, un debole ronzio che aleggiava nelle
sue
orecchie. Facendosi forza, Elaija aprì gli occhi,
richiudendoli subito dopo per
la troppa luce. Dopo qualche minuto, riuscì ad abituarsi e
si guardò intorno,
cercando di capire dove si trovasse: notando le pareti bianche,
capì di
trovarsi in un reparto medico, ma la presenza di altre persone gli fece
capire
di non trovarsi all’Accademia. Vide un’infermiera
sistemare il letto accanto al
suo e fece per chiamarla, ma un bruciore a livello della gola lo
costrinse a
chiudere la bocca. Si portò una mano al collo e
sussultò leggermente sentendo
una benda. Ad un tratto, l’infermiera si accorse di lui e,
dopo avergli passato
un bicchiere d’acqua e aver ricevuto un cenno di gratitudine,
uscì dal reparto.
Tornò qualche minuto dopo, accompagnato da una signora e un
signore, che Elaija
riconobbe essere la Signora Davis e il Signor McKinnon.
-
Oh, mio tesoro, sei sveglio!
- esclamò la Signora Davis con le lacrime agli occhi, mentre
gli correva
incontro per abbracciarlo. Elaija provò di nuovo a parlare,
ma il bruciore
tornò, facendolo tossire. Il Signor McKinnon, che lo
guardava impassibile, si
voltò verso l’infermiera.
-
Cos’è successo? - domandò
l’uomo.
-
Il piccolo Elaija ha avuto
una brutta Meningite Magica. La Meningite è una malattia di
origine infettiva,
che colpisce le meningi e può essere causata da funghi,
batteri o virus. E’
molto contagiosa e i batteri di solito stazionano nella zona della
faringe. -
spiegò l’infermiera. La Signora Davis fece per
parlare, ma in quel momento
arrivò un medico.
-
Signor McKinnon, Signora
Davis, salve. Sono il Dottor Thompson e sono il medico che ha in cura
il vostro
ragazzo. - si presentò l’uomo. Il Signor McKinnon
fece un cenno del capo come
saluto e si voltò verso Elaija, per poi sospirare.
-
Dalle cartelle che tiene in
mano suppongo che non abbia buone notizie. - replicò,
facendo riferimento alla
cartella che teneva in mano il Dottor Thompson e il medico
annuì.
-
Purtroppo sì. Vedete, la
Meningite ha colpito fortemente il sistema immunitario, abbassandone
così le
difese. Questo ha portato ad una grave infiammazione delle corde vocali
e
abbiamo dovuto operare, con conseguente rimozione. - a quelle parole,
la
Signora Davis sgranò gli occhi.
-
Vuol dire che… Non potrà più
parlare? - domandò in un lieve sussurro. Elaija, che
nonostante i suoi quattro
anni era molto sveglio, aveva capito perfettamente dove volesse andare
a parare
il dottore. Inconsciamente, si portò una mano al collo,
mentre i suoi occhi si
riempivano di lacrime. Una mano sulla sua testa lo costrinse ad uscire
dai suoi
pensieri e il bimbo portò lo sguardo sulla figura del Signor
McKinnon.
-
Non importa, - disse l’uomo,
- l’importante è che tu stia bene. –
20.30,
Sala Principale, Criterion Restaurant
-Quindi
è così un
ballo organizzato dal Ministero. – eslamò Harry
non appena mise piede nella
Sala Principale del Criterion Restaurant: l’intera sala, che
per l’occasione
era stata ingrandita per ospitare almeno il doppio delle persone, era
stata
decorata con alcuni mazzi di crisantemi, il fiore simboleggiante il
lutto;
sulla parete di sinistra vi si trovavano i tavoli del buffet e delle
bevande,
mentre alcuni camerieri avevano già cominciato ad offrire
champagne agli
ospiti. Sulla parete opposta all’entrata, vi si trovava il
passaggio per la
sala da ballo e, sul lato destro della sala, era stato innalzato una
specie di
palco, dove erano stati posizionati un leggio e un pannello
commemorativo per
Richard McKinnon. Nel notarlo, Oberon sbuffò.
-
Per quanto dovremmo
sorbirci questa pagliacciata? – domandò Numero
Sei, ricevendo come risposta una
gomitata da parte di Fëdor. Dopo essersi scambiati uno
sguardo, il numero uno
si voltò verso il resto dei suoi fratelli.
-
Ricordatevi che
questa è una cerimonia in onore di nostro padre, quindi
evitate commenti
inopportuni e maleducati. Per il resto del mondo noi eravamo una
famiglia felice
e siamo addolorati per la sua perdita. Tutto chiaro? – Gli
undici membri
dell’Umbrella Academy annuirono alle parole del maggiore.
-
Noi controlleremo
se ci saranno movimenti sospetti o qualcosa di strano. In caso succeda
qualcosa
vi avvertiremo. – fece Emanuel mentre, di fianco a lui,
Katrina e Jem
osservavano attentamente la folla di persone che si stava accomodando.
Dopo
essersi messi d’accordo, i membri dei vari gruppi si
dispersero nella sala,
dirigendosi in direzioni differenti. Oberon fece per andare verso il
palco, ma
venne fermato da Fëdor e si voltò verso di lui.
-
Dimmi che mi stai
per chiedere quello che penso. – fece Numero Sei e
l’altro accennò un sorriso.
-
So che probabilmente
non ne avrai voglia, ma ho bisogno che mi aiuti a controllarli. Sai che
molti
di loro non sanno gestire situazioni di questo tipo e potrebbero
scattare molti
casini. – spiegò Numero Uno e Oberon
annuì.
-
Stai tranquillo,
puoi contare su di me. D’altronde, ti ho mai deluso?
– il commento fece ridere
Fëdor e, dopo un piccolo cenno del capo, i due si separarono.
20.45,
Sala da Ballo
Charlotte osservava intimorita
quello che accadeva intorno a lei: diverse coppie volteggiavano al
centro della
sala, seguendo un valzer eseguito alla perfezione da un piccolo
quartetto di
archi. La rossa fece per uscire dalla sala ma, nel voltarsi, si
scontrò con
qualcuno.
-Per
Morgana, mi
dispiace tantissimo! – cominciò a scusarsi senza
nemmeno guardare in faccia la
persona con la quale si era scontrata.
-Ehy
calma! Sembri un
treno in corsa! – esclamò quella persona. Non
appena Charlotte alzò lo sguardo,
incontrò il viso sorridente di Fëdor.
-
Mai stata ad un
ballo? – le domandò il ragazzo, mentre lei
iniziava a torturarsi la treccia.
-
In realtà non ne ho
frequentati moltissimi. Durante quelli organizzati dalla Loggia stavo
lì solo
per i saluti e poi scappavo. – confessò, facendolo
ridere.
-
Erano davvero così
male? –
-
Non hai idea. Odio
tutto questo. E’ pieno di gente falsa che fa la carina
solamente per
ingraziarsi qualcuno. – nel momento in cui finì la
frase, Charlotte si rese
conto di quello che aveva detto, diventando improvvisamente rossa in
viso.
-
Cioè… Non è che lo
siete anche voi… Dicevo in generale… -
farfugliò ma venne subito rassicurata da
Fëdor.
-
Tranquilla.
Sinceramente, non è che piacessero molto anche a noi.
Eravamo lì a fare le
belle statuine per nostro padre, poi ci rifugiavamo da qualche parte
utilizzando Elaija e Gabriel come scusa, visto che loro erano molto
timidi e si
rifiutavano di partecipare. – Questa volta fu il turno della
ragazza di ridere.
Il ballo finì, mentre i vari danzatori applaudivano per il
pezzo appena
concluso. Non appena il quartetto ricominciò a suonare,
Fëdor tese una mano a
Charlotte.
-
Vuoi ballare? – le
chiese. Alla domanda, la rossa lo guardò allibita.
-
Non so neanche come
muovermi. – replicò dispiaciuta e il ragazzo le
sorrise.
-
Non preoccuparti
per questo: ti insegno io. -
20.53,
Sala Principale
-Santa Morgana, siamo qui da neanche
dieci minuti e in quanti saranno già venuti a parlarci?
Cinque? – domandò
esasperato Travis, mentre Sheryl rideva per la sua reazione.
-In
verità sette. E
non possiamo farci niente, siamo comunque i figli dell’uomo
che viene
commemorato stasera. – rispose lei con tono gentile, mentre
sorrideva a un uomo
che l’aveva appena salutata. Numero Dodici la
guardò scioccato.
-
Come fai ad essere
così tranquilla? –
-
Semplice, faccio
quello che mi ha sempre detto papà: sorrido, sono gentile e
rispondo
educatamente alle persone. Poi ci siete anche voi, quindi sono calma.
– disse
sorridendo, mentre Travis si passava una mano tra i folti capelli.
-
Io ho smesso di
ascoltare i suoi consigli a dieci anni. – replicò,
ottenendo solo un altro
sorriso dalla sorella, che lo fece tremendamente arrossire.
Girò la testa,
cercando di non farsi notare e si mise ad osservare la sala, notando
poi la
gente che ballava nell’altra sala. All’improvviso
gli venne un’idea e si voltò
verso la numero undici.
-Ehy
Sheryl, ti
andrebbe di ballare? – alla domanda, Sheryl si
voltò verso di lui, per poi
osservare un punto dietro Travis.
-
Accetto volentieri
la tua richiesta, ma prima dovremmo evitare che scatti un putiferio.
– disse,
facendo cenno al ragazzo che si voltò: Mathias era tampinato
da alcune persone,
probabilmente giornalisti della Gazzetta del Profeta a giudicare i
taccuini e
le macchine fotografiche. Tuttavia, quello che preoccupava i fratelli
era
un’altra cosa: sapevano benissimo come potevano reagire gli
Altri se tallonati
in quel modo e il ricordo del loro quarto ballo era ancora limpido
nelle loro
menti. Velocemente, Travis si avvicinò al fratello, notando
che questi aveva già
iniziato a cambiare il colore degli occhi e, lasciando che Sheryl
prendesse il
posto del fratello con i giornalisti, lo trascinò via. Non
appena furono
lontani da occhi indiscreti, si voltò verso Mathias.
-
Con chi ho l’onore
di parlare? – chiese Numero Dodici, ricevendo solamente
un’occhiata stizzita.
In quel momento, Travis notò che anche i capelli erano
cambiati, passando dal
castano scuro al biondo.
-
Evan. Santa Priscilla,
non li sopporto proprio quegli idioti, mi fanno venire voglia di
cruciarli. – pronunciò
Numero Dieci. Travis rabbrividì per quella minaccia velata,
rassicurato però
che a presentarsi fosse stata una delle personalità
più gestibili: avevano
avuto occasione di incontrare Evan altre volte, quando Mathias si
trovava in
mezzo a situazioni di forte stress. Fortunatamente, Evan era capace di
gestire
queste situazioni, evitando che altre personalità
più ribelli uscissero allo
scoperto. Dopo qualche minuto, i due vennero raggiunti da Sheryl.
-
Sono riuscita a
convincerli a lasciarvi stare. Ho detto loro che Mathias è
ancora troppo
colpito dalla perdita di nostro padre per parlarne. –
spiegò la ragazza,
ricevendo uno sguardo di ringraziamento da parte dell’altro.
-
Ti ringraziamo
molto, Sheryl. Ora, se volete scusarmi, vado in un posto isolato e
cerco di far
uscire Mathias. – Evan li salutò e si diresse
verso l’uscita della sala,
lasciando i due da soli. Dopo qualche minuto, Numero Undici si
voltò sorridente
verso l’altro.
-Allora,
questo ballo
che mi devi? -
2007,
Villa Olympus
-
Cosa
ci fai qui tutto
solo? –
A
quella domanda, Elaija
sobbalzò leggermente. Tirò su con il naso e,
cercando di asciugarsi il viso
bagnato di lacrime, si voltò verso la sorella, leggermente
infastidito: si
trovava nel suo posto preferito, sotto l’ombra del vecchio
salice piangente che
si trovava nel giardino sul retro e mai nessuno era andato a
disturbarlo.
Tuttavia, la piccola Lauren si trovava di fronte a lui, la divisa
dell’Umbrella
Academy addosso e un cerchietto nero a tenerle in ordine la lunga
chioma
castana. Elaija, cercando di nascondere il foglio che teneva nella mano
destra,
le fece cenno di andarsene, dicendole che stava bene e che non doveva
preoccuparsi. Nonostante le parole del fratello, la numero otto era
cocciuta,
motivo per il quale veniva chiamata dai fratelli –
soprattutto da Elaija,
Felikz ed Emerald – Lauren la Dura. Perciò, si
sedette di fronte a Numero Nove,
osservandolo poi con i suoi grandi occhi.
-
Non me ne vado finché non mi
rispondi e sai che non me ne andrò facilmente. -
replicò la bambina ed Elaija
sbuffò, sapendo che la bambina non avrebbe mollato
facilmente. Così, con gli
occhi che si riempivano nuovamente di lacrime, le passò il
foglio che aveva
cercato di nascondere in tutti i modi: si trattava di un disegno,
raffigurante
i bambini dell’Umbrella Academy, la Signora Davis, Libby e,
al centro, il
Signor McKinnon sorridente. Lauren lo osservò attentamente,
per poi portare di
nuovo lo sguardo sul fratello.
-
L’uomo al centro chi
sarebbe? – domandò lei e Numero Nove disegno
nell’aria la risposta, scrivendo
in caratteri maiuscoli la parola “papà”.
A quella vista, la bimba, sgranò gli
occhi.
-
Vorresti dire il falso papà?
– replicò. Nel sentire quelle parole, Elaija
andò su tutte le furie,
cominciando a gesticolare degli improperi rivolti a Lauren, che lo
guardava
impassibile. Ad un certo punto, la bimba gli afferrò
entrambe le mani, fermando
così i suoi insulti gesticolati.
-
Mi dispiace, ma non capisco
cosa stai dicendo, vai troppo veloce. Mi sembra però di
capire che ce l’hai con
me, giusto? – domandò e Numero Nove
annuì vigorosamente. Stava per ricominciare
ad urlarle contro quando lei si alzò di scatto, facendolo
sussultare
-
Ti arrabbi con me invece che
con lui? Non lo capisci che da quando siamo qui non ci ha mai trattato
come dei
bambini ma solo come esperimenti? Non dovresti piangere per un uomo
così. Non
ci vuole bene. – rispose secca Lauren. Per tutto il discorso,
Elaija aveva
ascoltato attentamente, rendendosi conto man mano che la sorella aveva
ragione:
mai una volta il padre aveva rivolto loro dei sorrisi o dei
complimenti, se non
quando ottenevano dei buoni risultati negli allenamenti, ma anche
lì non si
allargava mai. Ad un certo punto, una mano spuntò nel suo
campo visivo e guardò
la sorella, che gli sorrideva dolcemente.
-
Forza andiamo, gli altri ci
staranno cercando. – disse, aiutando il fratello ad alzarsi.
Così, i due
bambini si recarono insieme verso il grande salone della Villa dove,
seduti sul
pavimento, i suoi fratelli giocavano insieme, chi con le carte, chi con
qualche
costruzione, sorvegliati dalla presenza costante della Signora Davis.
Fu in
quel momento che Elaija capì la sua fortuna: sapeva che non
avrebbe mai
ottenuto l’approvazione del padre, ma aveva cinque fratelli e
quattro sorelle
che gli volevano bene e questa era la cosa più importante.
21.36,
Sala Principale
Caleigh osservava meravigliata le
decorazioni della Sala, appoggiata ad una colonna vicino al tavolo del
buffet.
Stava aspettando Charlotte, che era finita chissà dove nella
sala da ballo e
non era ancora tornata, cosa che aveva stranito la ragazza. Fece per
muoversi
per andare a cercarla, ma l’apparizione di un viso noto la
costrinse a
fermarsi, osservando scioccata l’uomo che si trovava a pochi
metri di distanza.
L’uomo, che non si era accorto di essere fissato, stava
parlando con un gruppo
di Auror, la mano stretta in quella di una giovane donna, che rideva
probabilmente per una battuta appena detta. Non appena gli Auror se ne
furono
andati, questi si incrociò, incrociando così lo
sguardo di Caleigh, rimanendo
paralizzato per lo stupore. Disse qualcosa alla donna che, dopo aver
fatto un
lieve sorriso, si allontanò e l’uomo
iniziò a camminare verso di lei,
leggermente titubante. Non appena si ritrovarono faccia a faccia, si
creò
subito tensione, che venne poi spezzata da lui.
-Caleigh,
sei
cresciuta tantissimo dall’ultima volta che ti ho vista.
E’ un piacere per me
vederti. – disse abbozzando un leggero sorriso. Tuttavia, il
viso di Caleigh
rimase serio.
-
Peccato che io non
possa dire lo stesso, padre. – rispose la ragazza, cercando
di risultare il più
brusca possibile. Il tono ottenne l’effetto desiderato,
poiché il padre
sobbalzò leggermente.
-
Senti, Caleigh,
perché non ci buttiamo tutto alle spalle? Volevo presentarti
una persona… -
cominciò a dire l’uomo, ma la ragazza fu veloce ad
interromperlo subito.
-
Non se ne parla
proprio! Hai almeno una minima idea di quanto dolore tu abbia causato a
me? O
alla mamma? – esclamò la ragazza, cercando sempre
di contenere i toni della sua
rabbia. Non appena vide Charlotte in lontananza, cercò di
allontanarsi senza
dire niente, ma il padre provò a fermarla.
-
Caleigh, per
favore, almeno ascoltami… - continuò a lui,
continuando a pronunciare parole a
vuoto. La ragazza si voltò verso di lui.
-
Sei pregato di non
rivolgermi più la parola. Hai deciso anni fa di uscire dalla
mia vita, quindi
sei pregato di non tornarci. – pronunciò queste
parole con astio e, dopo aver
dato ancora un’occhiata di disprezzo all’uomo, si
recò dalla sua amica,
lasciandosi il passato alle spalle.
21.20,
Piano Superiore
-Dici che questo posto è abbastanza
appartato? – domandò Ophelia alla sorella. Lauren
si guardò intorno, per poi
riportare lo sguardo sull’altra.
-
Secondo me qui non
verremo disturbate, ma non possiamo stare qui molto, anche
perché non penso sia
permesso. – rispose Numero Otto mentre entrava in una delle
tante stanze,
seguita subito dall’altra. Ophelia l’aveva
trascinata lì senza dirle perché e,
man mano che le due ragazze cercavano un posto dove stare, Lauren
ampliava la
sua curiosità. Una volta dentro la stanza, Ophelia la chiuse
a chiave e si
assicurò con qualche incantesimo di non essere disturbate.
Dopo di che, si
voltò verso la sorella, rivolgendole un timido sorriso.
-
Io… Ti volevo
chiedere scusa. – mormorò la bionda, lasciando
Lauren completamente di stucco.
Scusarsi? E di cosa? Lauren cercò di pensare,
finché nella sua testa non
comparve una sola cosa… Oh, per quello.
-
Ophelia… - provò a
dire, ma venne subito interrotta dall’altra.
-
No, lasciami
parlare, altrimenti non finirò mai. Volevo scusarmi con te.
Da quando siamo qui
non abbiamo fatto altro che litigare o non parlare proprio e questa
cosa mi sta
uccidendo. – spiegò, non avendo il coraggio di
guardarla negli occhi.
-
Ophelia,
tranquilla. E’ una cosa che è successa anni fa,
ormai è acqua passata… - fece
Lauren ma Numero Cinque scosse la testa.
-
Me ne sono andata
da sola, quando ti avevo promesso che, se mai ce ne fossimo andate, lo
avremmo
fatto insieme. Sono stata la prima ad andarmene, rovinando
quell’equilibrio già
precario che si era formato tra di noi. - continuò la
bionda. Lauren,
sorridendo dolcemente, andò ad abbracciarla, lasciando
l’altra di stucco.
-
Ophelia, non è
assolutamente colpa tua! L’Umbrella Academy si stava
già frantumando quando vi
è stata la discussione tra Cameron e Fëdor e
abbiamo preso le distanze l’uno
dall’altro. Non posso negare di non esserci rimasta male e mi
sono anche
comportata da bambina in questi giorni. Sono io a dovermi scusare con
te e non
il contrario. – spiegò Lauren.
-
Quindi siamo di
nuovo amiche? – domandò Ophelia sorridendo e
Numero Otto iniziò a ridere.
-Certo
che lo siamo e
lo siamo sempre state! Ora ci conviene tornare giù, magari
ci stanno cercando.
– Le due si diedero un ultimo abbraccio e poi, insieme,
uscirono dalla stanza
tornando dai loro fratelli con degli enormi sorrisi stampati in volto.
21.38,
Sala da Ballo
Cercando in tutti i modi possibili
di evitare la gente, Elaija camminava lungo la parete della sala,
schivando
ogni tanto qualche persona per non scontrarsi, mentre osservava le
varie
persone ballare. Vide con la coda dell’occhio Travis e Sheryl
che ballavano
insieme e sorrise teneramente, felice di come le cose si stessero
evolvendo tra
i fratelli. In effetti, da quando era tornato a Villa Olympus aveva
cominciato
a notare qualcosa di strano negli altri, come se la lontananza avesse
migliorato quei rapporti che un tempo si pensavano distrutti.
Cercando
di togliersi
quei pensieri dalla testa, Elaija si mise a cercare per la sala
Gabriel, che si
era offerto di tradurre i suoi segni in caso di conversazioni. Il
numero tre si
era allontanato per andare a prendere da bere per tutti e due,
costretto così a
lasciare il fratello minore da solo. Il ragazzo fece per muoversi
ancora,
quando qualcuno gli picchiettò sulla spalla con un dito.
Elaija si voltò,
pronto ad insultare il giornalista impertinente di turno, ma per poco
non si
strozzò con la saliva: davanti a lui, Andrew McLagen lo
guardava sorridendo,
stretto nel suo impeccabile abito nero. Numero Nove si prese un attimo
per
ammirare il ragazzo – ormai uomo – che gli stava di
fronte: non lo vedeva dai
tempi della scuola, il suo fisico si era ancora irrobustito, perdendo
quei
tratti infantili che, un tempo, ne caratterizzavano il viso
diciassettenne;
aveva persino un accenno di barba. Dopo quella breve analisi, Elaija
riportò
nuovamente lo sguardo sul volto di Andrew, che non aveva perso il
sorriso.
-Non
ci vediamo dalla
fine della scuola e non sei cambiato di una virgola. – disse
il biondo
continuando a sorridere, mentre Elaija sentiva la faccia in fiamme.
-
Mi dispiace molto
per la tua perdita, Elaija, Sarete sconvolti. –
continuò lui, posando una mano
sul braccio dell’altro. Numero Nove sorrise tristemente,
ringraziandolo con un
cenno del capo per le condoglianze.
Tu
come
stai?
Chiese invece lui.
Il ragazzo fece spallucce.
-Tutto
bene, grazie
per averlo chiesto. – rispose. Elaija fece per fargli
un’altra domanda, ma la
voce di Gabriel lo destò dalle sue intenzioni. Andrew si
accorse dell’arrivo
dell’altro fratello.
-
Ti lascio parlare
con tuo fratello. E’ stato davvero un piacere rivederti e
spero di poterti
ancora parlare più tardi. – fece il biondo e,
salutandolo, si allontanò. Numero
Nove lo stava ancora osservando, quando venne raggiunto dal fratello,
che lo
guardava sbalordito.
-
Quello era Andrew
McLagen? Quell’ Andrew McLagen?
– domandò il rosso sottolineando la sua
domanda. Elaija annuì e Gabriel rimase completamente senza
parole. Fece per
parlare, ma Elaija gli fece capire di cambiare argomento con un sorriso
e,
seppur controvoglia, fu costretto a rinunciare. Mentre si dirigeva
verso la
sala principale in compagnia del numero nove, si voltò
nuovamente verso Andrew.
“Però,
che strano
modo di incontrare un ex…”
2009,
Lago Nero, Hogwarts
In quella piovosa mattinata di Novembre, gli studenti di
Hogwarts si erano rifugiati all’interno del castello, a causa
del brutto
temporale che, verso le prime ore dell’alba, si era abbattuto
sulla scuola. Tuttavia,
due studenti del terzo anno, rispettivamente di Tassorosso e
Serpeverde, si
aggiravano nei pressi del Lago Nero, il secondo leggermente irritato.
-
Sei sicuro che sia qui? -
domandò Cameron togliendosi una ciocca di capelli bagnati
dalla fronte. Felikz
per poco non scivolò sul terreno fangoso e, dopo aver
recuperato l’equilibrio,
si voltò verso il fratello.
-
Sono super certo. Sai, a
casa El si nasconde sempre sotto il salice del nostro giardino e qui
è l’unico
posto dove può stare tranquillo. – rispose Numero
Sette, riprendendo a
camminare a passo spedito. Arrivato all’albero,
cercò con gli occhi e, non
appena notò la figura del fratello minore rannicchiata
contro il tronco dell’albero,
si illuminò. Gli corse incontro, notando subito
l’incantesimo Ombrello che
aveva effettuato il numero nove per proteggersi dalla pioggia.
-
Elaija, sapevo di trovarti
qui! – urlò il Tassorosso, spaventando Numero Nove
e facendo sbuffare Numero Quattro.
Il Grifondoro li guardò sbalorditi, chiedendo poi loro cosa
ci facessero lì.
-
Siamo venuti a prenderti.
Avevamo promesso che ti avremmo aiutato e così faremo.
Voleva venire anche
Mathias ma ha avuto qualche problema con gli Altri, quindi siamo solo
noi due.
– spiegò Cameron e Felikz annuì,
confermando le parole del fratello. Vedendo
però che Elaija non si alzava, il Tassorosso decise di
inginocchiarsi di fianco
a lui, ignorando la sensazione di freddo che lo avvolse non appena le
sue
ginocchia entrarono a contatto con il terreno bagnato.
-
Senti, so che sei
spaventato, lo capisco. Ma ne abbiamo già parlato: non devi
dare retta a quello
che dicono gli altri. Hai passato due anni nel baratro totale per colpa
di
quegli idioti che non facevano altro che prenderti in giro, mentre noi
non ce
ne siamo accorti. Ma adesso siamo qui con te a supportarti. Hai una
famiglia
intera che ti vuole bene. – Di fronte a quelle parole, Elaija
aveva sgranato
leggermente gli occhi: mai si sarebbe aspettato un discorso del genere
da parte
del numero sette, vista la sua indole poco seria che lo precedeva.
“Ma
se fossi davvero
sbagliato?” chiese allora disegnando nell’aria la
sua domanda. A quel punto
anche Cameron si inginocchiò di fronte a lui.
-Elaija,
non c’è niente di
sbagliato in te. Ti piacciono i ragazzi, così come agli
altri piacciono le
ragazze. Sei umano e non devi assolutamente vergognarti di quello che
sei. –
Di
fronte allo sguardo duro di
Cameron e a quello più dolce di Felikz, Elaija
annuì e, dopo essersi alzati, si
diressero insieme verso il castello, con destinazione la Torre di
Gridondoro.
Tuttavia, arrivati nei pressi del terzo piano, i tre si scontrarono con
un
gruppo di ragazzi più grandi, appartenenti a Serpeverde. Il
più alto del
gruppo, da corti capelli biondi e gli occhi castani, li
scrutò attentamente il
trio, focalizzandosi poi sulla figura di Eliaja.
-
Guardate gente, il moccioso
ha delle guardie del corpo adesso. – disse quello
sogghignando, mentre gli
altri ragazzi scoppiavano a ridere. Felikz e Cameron si scambiarono un
rapido
sguardo: avevano immediatamente riconosciuto Ethan Parkinson,
Serpeverde del
quinto anno e colui che, ormai da due anni, bullizzava Elaija
trattandolo come
feccia. Numero Nove fece per indietreggiare, ma un rapido movimento lo
costrinse ad alzare lo sguardo: Cameron si era fiondato subito di
fronte a
Ethan, fronteggiandolo con sguardo duro. Per i suoi sedici anni, Ethan
era
abbastanza alto, ma Cameron, nonostante fosse solo un quattordicenne,
era già
alto come il compagno di casa, complici anche la sua statura robusta
per via del
Quidditch e gli innumerevoli allenamenti svolti con il padre.
-
Cosa hai detto, Parkinson?
Non ti ho sentito. – disse Cameron, rispondendo a tono con un
ghigno. Elaija
vide un lieve lampo di paura negli occhi dell’altro
Serpeverde, ma fu solo per
un attimo.
-
Hai sentito benissimo,
McKinnon. E ti conviene sparire, non è una questione che ti
riguarda. – A
parlare questa volta fu Thomas Xaxley, un altro ragazzo della casa
verde-argento. Ethan fece per avanzare ancora di più, ma
Felikz si mise di
fianco a Cameron.
-
Ti conviene lasciare in pace
nostro fratello, Parkinson, o potresti pentirtene. – fece il
Tassorosso, mentre
Elaija cercava di tirarlo indietro per una manica: il numero sette non
era
conosciuto per la sua altezza e, in mezzo a quei Serpeverde, sembrava
ancora
più piccolo. Ethan si mise a ridere, contagiando anche gli
altri ragazzi, e
guardò Felikz dall’alto in basso.
-
Altrimenti? Andrete a
chiamare papà? Non avete legami di sangue, né tra
voi né con quell’uomo. La
feccia, con o senza successo, rimane feccia. –
Quello
che Elaija non si
sarebbe mai aspettato di vedere, fu Felikz colpire in faccia Ethan con
un
pugno, facendolo indietreggiare di qualche centimetro. Cameron si
voltò,
sconvolto quanto il Grifondoro, verso il fratello, ma non ebbe tempo di
reagire, poiché Ethan era già scattato verso il
Tassorosso. Numero Quattro
cercò di difendere il fratello, ma anche gli amici di Ethan
si erano buttati
per aiutare l’amico. Elaija osservava la scena con occhi
spalancati. Ripensò a
quello che gli avevano detto i fratelli qualche momento prima, ovvero
del fatto
di avere una famiglia. Sorridendo a quel pensiero, prese la sua
decisione: si
buttò nella mischia.
Quando
i tre uscirono
dall’Infermeria, chi con una micro-frattura al naso
– Cameron – e chi con un
occhio completamente nero e gonfio – Felikz - , trovarono ad
attenderli il
resto dell’Umbrella Academy.
-Voi
siete completamente fuori
di testa! – esclamò Lauren non appena li vide
arrivare. Subito, Mathias e
Travis si affiancarono ai fratelli.
-
Cavoli, volevamo esserci
anche noi, perché non ci avete chiamato!? –
domandarono, venendo subito zittiti
dallo sguardo duro di Numero Uno. Poi, Fëdor si volto verso i
tre incriminati.
-
Siete fortunati che non
c’erano testimoni e non hanno dato colpa a nessuno,
nonostante vi siate beccati
una lunga punizione. – disse il ragazzo. Felikz e Cameron si
guardarono e,
contemporaneamente, misero un braccio attorno alle spalle di Numero
Nove.
-
Non preoccuparti, - rispose
Cameron, - adesso quegli idioti non gli daranno più
fastidio.-
21.22,
Giardino
-E
così è qui che ti nascondi? – A quella
domanda, Katrina guardò dietro
di sé, trovando Harry che la fissava attentamente. La
ragazza sbuffò, ma non
impedì al ragazzo di sedersi di fianco a lei sulla panchina
di granito. Al
momento, i due si trovavano nel giardino personale del Criterion
Restaurant:
era un giardino abbastanza piccolo, ma non per questo meno incantevole,
con
graziosi cespugli di rose e alberi appena potati, tenuti rigogliosi
attraverso
degli incantesimi specifici. AL centro, una grossa fontana, con La
Temperanza
che versava l’acqua che scorreva da una brocca
all’altra. I due ragazzi si
trovavano seduti su una delle tante panche che circondavano la fontana,
in
silenzio.
-
Non mi hai ancora
detto perché ti trovi qui da sola. –
sussurrò il ragazzo, intimorito dal fatto
di dover interrompere il silenzio che si era creato. Pensò
di non essere stato
sentito, visto che Katrina continuava ad osservare di fronte a
sé, ma la vide
prendere un lungo respiro, segno che era stato capito alla perfezione.
-
Non sopporto i
balli. Quando frequentavo Durmstrang, venivano fatti dei balli ogni
anno, prima
delle vacanze invernali e prima di quelle estive. Pregavo sempre di non
essere
invitata perché non volevo andarci, ma a volte non avevo
questa fortuna. –
spiegò la ragazza. Harry si sorprese, visto che non capitava
spesso che la
ragazza si aprisse sul suo passato.
-
Non potevi
semplicemente farti invitare da Emanuel? Cioè, si spargeva
la voce, nessuno ti
invitava e tu potevi poi rintanarti nel tuo dormitorio. – Il
biondo notò un
lieve sorriso spuntare sulle labbra della collega, ma sparì
quasi subito.
Katrina si voltò verso di lui.
-
Volevamo farlo una
volta, ma ad Ema piacevano troppo e mi sentivo in colpa ad impedirgli
di
partecipare. Così ho fatto un piccolo sforzo anche io.
– continuò. A quelle
parole, Harry fece uno sbuffo divertito e la mora lo guardò
torva.
-
Cosa c’è da ridere
adesso? – domandò stizzita e lui scosse la testa.
-
Nulla, mi sembra
solo strano che una ragazza odi i balli. Non aspettate solo quello?
L’abito
bello, il trucco e l’acconciatura perfetti, un cavaliere per
il ballo… Tu e
Charlotte siete uguali sotto questo punto di vista. –
spiegò e Katrina gli
rifilò un’occhiataccia.
-
Primo, non tutte le
ragazze sono delle bamboline felici di mettersi in mostra. E
secondo… non odio
proprio i balli in sé, odio il fatto di essere guardata, il
che succedeva
spesso a scuola… Santi numi, così sembra che me
la tiri. – farfugliò coprendosi
il volto con le mani, mentre Harry scoppiava a ridere. Ad un certo
punto, i due
sentirono uno scroscio di applausi provenire dalla sala, segno che un
altro
ballo si era appena concluso. Non appena la musica ripartì,
Harry si alzò,
sotto lo sguardo confuso di Katrina e le porse la mano.
-
Kat, ti va di
ballare con me? – chiese con voce incerta. La ragazza, non
sapendo cosa dire,
guardò prima la mano e poi il suo proprietario.
-
Intendi… Ballare
qui? – domandò e lui annuì.
-
Hai detto che non
ti piace stare al centro dell’attenzione. Beh, qui siamo solo
noi, quindi
nessuno ti guarderà. – disse con un cenno della
testa. Dopo qualche attimo di
silenzio, la ragazza annuì, prendendo la mano del ragazzo. I
due iniziarono a
volteggiare e Katrina fu grata al ragazzo, anche se non glielo avrebbe
mai confessato.
21.40,
Sala Principale
Di fianco al piccolo palco rialzato,
Jem e Scarlett parlavano animatamente, in quanto la donna stava
cercando di
convincere il collega a non uscire per fumare, nonostante sapeva che
fosse un
brutto vizio dell’insegnante.
-Fumare
fa male! –
disse Scarlett, nascondendo il pacchetto di sigarette che aveva rubato
dalla
tasca della giacca di Jem. L’uomo alzò gli occhi
al cielo.
-
Sai vero che sono
un adulto e che posso scegliere, vero? – replicò
lui, ma la donna scosse la
testa.
-
Niente da fare, è
una brutta abitudine che devi toglierti. Che poi, cosa ti ha spinto a
cominciare a farlo? – domandò la bionda. A quel
punto, sul volto dell’uomo comparve
un triste sorriso.
-
Non c’è un vero e
proprio motivo. In realtà, ho cominciato e non ho
più smesso. Un po’ come con
l’alcool. A volte, mi sembrano le uniche soluzioni.
– spiegò, tornando a
guardare la folla che li circondava. Scarlett
l’osservò attentamente e, con un
piccolo sbuffo, gli riconsegnò il pacchetto, ricevendo un
sorriso di ringraziamento
da parte dell’altro. Non appena questi si fu allontanato,
Scarlett si ritrovò
da sola ad osservare le persone.
-
Cavoli, Scarlett,
non sei cambiata di una virgola. Bella eri e bella sei rimasta.
–
Scarlett
rabbrividì
immediatamente, perché aveva riconosciuto la persona che
possedeva quella voce.
Si voltò, trovandosi faccia a faccia con il ghigno di Gregor
Sanders. La bionda
fece per andarsene, ma l’uomo la afferrò per un
braccio, costringendola a
fermarsi.
-Lasciami.
Adesso. –
disse Scarlett, con uno sguardo di fuoco, ma Gregor fece finta di non
capire.
-
Scarlett, sii più
gentile. Sono venuto qui per chiederti come stai. Volevo anche sapere
come stava
mio figlio… - l’uomo non ebbe neanche il tempo di
finire la frase che Scarlett
cambiò completamente espressione.
-
Non osare nominare
Michael! Tu non devi neanche pensarci! – sbottò
lei, chiedendosi come si fosse
permesso quel verme di nominare suo figlio.
-
Senti, mi dispiace
per tutto quello che è successo, ma voglio rimediare. Quanti
anni ha adesso?
Nove, dieci? – continuò Gregor e Scarlett lo
guardava incredula.
-
Io non ti dirò un
bel niente! Hai fatto finta che io non esistessi e la sera prima avevi
detto di
amarmi. Ora ti conviene allontanarti da me, o potrei non rispondere
delle mie
azioni. – la donna cercava di allontanarsi, ma lui non le
aveva ancora lasciato
il braccio.
-
Senti… -
-
Ha detto di
lasciarla stare. – disse una voce. Scarlett si
voltò e i suoi occhi si
riempirono di gioia nel trovarsi di fronte Lucy, la sua migliore amica
ai tempi
della scuola. Gregor, dopo aver riconosciuto la nuova arrivata, si
decise a
mollare il braccio della bionda.
-Lucy,
sei cambiata
un sacco! –
-
Peccato che tu non
l’abbia fatto. Coglione eri e coglione sei rimasto.
– rispose la ragazza e
Scarlett ridacchiò, ricordandosi della
“finezza” della sua amica. Gregor
strinse gli occhi, ma decise di non rispondere alla provocazione. Fece
un cenno
alle due e, infuriato, se ne andò, lasciandole finalmente da
sole. A quel
punto, Scarlett corse ad abbracciare l’amica.
-
Lucy, non sai
quanto tu mi sia mancata! – disse lei, mentre la mora
ricambiava la stretta.
-
Fidati, posso
sospettare. Diamine, non pensavo di trovare quell’idiota di
Sanders qui! –
esclamò Lucy e Scarlett sbuffò.
-
Purtroppo è un
Auror, quindi per forza di cose sarebbe stato qui, anche se speravo di
non
vederlo. Piuttosto, perdonami se ho perso un attimo la testa, non
è da me. – a
quelle parole, l’altra ragazza scoppiò a ridere.
-
Oh tranquilla, sai
che con me non devi farti problemi. Forza: hai un sacco di cose da
raccontarmi!
– Scarlett annuì e, prendendola a braccetto, la
portò verso il tavolo del
buffet, cominciando a raccontarle ogni cosa.
21.45,
Sala Principale
-Perché
ci hanno chiamati tutti qui? – domandò Emerald,
osservando la
fiumana di persone che si dirigeva nella sala principale. A
rispondergli fu
Felikz, che si trovava di fianco a lei.
-
Stanno per commemorare
la memoria di papà. – rispose e Numero Due
sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
-
Tutte falsità.
Insomma, chi amava veramente nostro padre? Era un tiranno e un despota.
–
replicò la ragazza, ricevendo un’occhiataccia da
alcune persone di fianco a
lei. Oberon rivolse loro uno sguardo di scuse, voltandosi poi verso la
sorella.
-
Non dire queste
cose mentre siamo qui. Nonostante non ti piacesse, era sempre nostro
padre.
Mostra almeno un po’ di rispetto questa sera. –
disse duro Numero Sei. Emerald
annuì, capendo subito il concetto. Ad un certo punto, sul
palco salì un Auror,
che i ragazzi riconobbero subito come Jonathan Habbot, Segretario del
Ministro
della Magia e un collega di Richard. L’uomo prese subito il
silenzio e, non
appena l’attenzione fu su di lui, cominciò a
parlare.
-
Signore e Signori,
siamo qui oggi per commemorare la memoria di un uomo straordinario e
geniale. Il
Signor McKinnon non era solo un Auror formidabile, ma era anche un
ottimo amico
e un padre di famiglia eccezionale. – A quelle parole, almeno
la metà dell’Umbrella
Academy alzò gli occhi al cielo.
-
Davvero dobbiamo sorbirci
tutto il discorso? – sussurrò Cameron a
Fëdor, ricevendo in cambio una
gomitata. Sheryl, Lauren e Ophelia ascoltavano attentamente il
discorso,
mostrandosi come il padre aveva insegnato loro. Oberon le
osservò, per poi
portare l’attenzione sul resto del gruppo. Tuttavia, il
passaggio di una persona
dietro ai suoi fratelli lo fece trasalire, riconoscendo immediatamente
la ragazza
che lo stava fissando. Senza farsi notare, iniziò a
seguirla, uscendo dalla sala.
-…
E per questo io vi
chiedo di alzare i calici, in onore di Richard McKinnon! – a
quell’invito,
tutta la sala brindò, mentre alcuni mormoravano “A
Richard!”.
-
E’ stato un
discorso inutile. – disse Ophelia lisciandosi le pieghe del
vestito. Un ragazzo
si avvicinò a lei sorridendo, senza che lei se ne accorgesse.
-
Sempre a criticare
tutto, mai una volta che ti senta dire qualcosa di positivo!
– Ophelia si voltò
e si gettò addosso al ragazzo, avendolo riconosciuto subito.
-
Dennis, per
Merlino! Che ci fai qui? – domandò la strega.
Dennis era un suo vecchio compagno
di scuola, suo grande amico, che però si era dovuto
allontanare con la fine
della scuola.
-
Sono il più uno di
uno degli Auror. Volevo venire a salutarti prima ma non riuscivo mai a
beccarti
da sola. Come stai? Il lavoro? – domandò il
corvino e Ophelia sorrise
dolcemente.
-
Sto bene, grazie
per averlo chiesto. Anche al lavoro va alla grande. Tu invece cosa mi
racconti?
– alla sua domanda Dennis cominciò a spiegare,
mentre Ophelia ascoltava
attentamente. Ad un certo, guardando un attimo dietro al ragazzo,
Numero Cinque
notò Emanuel che la fissava, con una strana espressione
stampata sul viso. La
ragazza arrossì immediatamente e Dennis parve accorgersene,
voltandosi seguendo
la linea del suo sguardo. Non appena notò il ragazzo,
tornò a guardare Ophelia.
-
Ehy, quello non è
il ragazzo che ti piaceva ad Hogwarts? – chiese e lei
sobbalzò.
-
Cosa? Oh, ecco… Diciamo
di sì. Ci siamo riavvicinati molto in questo periodo.
– ammise arrossendo e il
ragazzo si mise a ridere.
-
E perché non ti sei
ancora buttata? Forza, vai a parlargli! – la
esortò e Ophelia lo osservò
sbalordita.
-
Dici sul serio? –
domandò e lui annuì. Ophelia guardò
lui e poi portò il suo sguardo sulla figura
di Emanuel, che si stava dirigendo verso la terrazza. Dopo qualche
attimo di
incertezza annuì e, dopo aver salutato il suo amico, si
avviò.
2014,
Stanza Nove, Corridoio delle Camere, Primo Piano, Villa
Olympus
Era ormai pomeriggio inoltrato e in casa non era rimasto
quasi nessuno. Non che fosse un problema, rifletté Elaija:
da quando anche
Mathias se ne era andato, appena un mese prima, in casa erano rimasti
solo in
cinque e, adesso, anche lui se ne stava andando.
-Non
dimentichi niente? –
domandò una voce alle sue spalle. Il ragazzo si
voltò, ritrovandosi faccia a
faccia con il volto sorridente di Sheryl. Numero Nove la
guardò interrogativo,
non riuscendo a capire e la sorella tirò fuori dalla tasca
un foglio di carta
piegato.
-
Come farai ad entrare al
Conservatorio senza la lettera di ammissione? Penso che questo ti serva
se vuoi
accedere ai corsi. – rispose la rossa ed Elaija
arrossì: senza dire niente a
nessuno, il ragazzo si era iscritto al Conservatorio di musica
“Giuseppe
Verdi”, situato a Milano e uno dei Conservatori
più famosi al mondo.
Volevo
dirvelo.
-Oh
non preoccuparti, tanto
ormai abbiamo smesso di dirci le cose da un bel po’ di tempo.
– replicò Sheryl
sorridendo. Aiutò il fratello a sistemare le sue cose nella
valigia, cercando
di fare attenzione agli spartiti del fratello, ponendoci sopra diversi
incantesimi di protezione, p, er evitare che si danneggiassero. Non
appena
ebbero finito, i due si sedettero ai piedi del letto, immergendosi in
un triste
silenzio.
-
Forza, ti conviene andare.
Per fortuna papà ci ha fatto imparare un po’ di
italiano*, altrimenti saresti
perso!- disse la ragazza, mentre sul viso di Elaija spuntava un enorme
sorriso,
mentre faceva apparire nell’aria una frase.
E’
meglio che vada a salutarli.
Tuttavia,
Sheryl lo fermò con
una mano.
-Vai
tranquillo, di loro mi
occupo io. Se li salutassi, probabilmente cambieresti idea, quindi ti
conviene
partire subito. – Elaija rimase particolarmente colpito da
quelle parole, ma
sapeva che Numero Undici aveva ragione: se si fosse fermato anche solo
per un
minuto, sapeva che avrebbe deciso di non lasciarli. Con un cenno del
capo si
alzò e, dopo aver raccolto la sua roba e aver dato un
abbraccio alla sorella,
si smaterializzò.
Non
appena aprì gli occhi,
notò di trovarsi in un vicolo, poco lontano da una strada
affollata. Non appena
mise piede nella strada principale, notò di fronte a
sé il Conservatorio,
notando di trovarsi a Milano, e sorrise: un nuovo capitolo della sua
vita stava
per cominciare.
21.55,
Bagni, Piano Superiore
-Dici che è andato di qua? –
domandò
Felikz a Travis e il fratello fece spallucce. Da dieci minuti, i due
stavano
cercando Cameron in ogni angolo del locale, ma non erano ancora
riusciti a
trovarlo: Numero Sette aveva visto il fratello più grande
uscire
frettolosamente dalla sala principale e, preoccupato, aveva chiesto al
numero
dodici di aiutare a cercarlo.
-
Non può essere sparito
così, sarà nascosto da qualche parte. Sai
com’è fatto. – disse Numero Dodici,
ma Felikz scosse la testa.
-
Impossibile, non
lascerebbe mai Gabriel da solo, appunto perché lo conosco.
– Ad un certo punto,
i due sentirono un forte rumore provenire dai bagni e, dopo essersi
scambiati
uno sguardo, si fiondarono ad aprire la porta. Fortunatamente, aprirono
in
tempo per vedere il fratello crollare in avanti, contro i lavandini.
-
Cam! – esclamò
Travis, afferrandolo in tempo per evitare che picchiasse la testa da
qualche
parte. Poi, con l’aiuto del numero sette, lo
appoggiò in terra, mettendolo
seduto contro la parete: il rosso aveva il naso completamente
sanguinante e la
camicia una volta bianca ora era per lo più rossa. La pelle
era bianca come
quella di un cadavere e gli occhi erano solcati da profonde occhiaie.
-
Ma che cazzo?! Cam,
cos’è successo? – domandò
preoccupato Felikz e Travis si alzò in piedi.
-
Tienilo sveglio il più
possibile, io vado a chiamare qualcuno. –
-
No. – Sentendolo
parlare, i due ragazzi si voltarono verso il fratello, che ora si
teneva una
mano alla testa.
-
Come no? Cameron,
stai sanguinando, dobbiamo trovare chi ti ha ridotto così!
– fece Numero Dodici
ma il numero quattro scosse la testa.
- Non è stato
nessuno a ridurmi così, tra
poco passa. Travis, chiudi la porta e fa’ in modo che nessuno
si avvicini a
questo bagno. – disse il rosso alzandosi, aiutato subito da
Felikz. Il minore
annuì e, dopo essersi assicurato dei giusti incantesimi di
protezione, si voltò
verso Numero Quattro, che aveva cominciato a lavarsi il viso per
rimuovere ogni
traccia di sangue secco. Poi, con un leggero colpo di bacchetta, tolse
ogni
macchia dalla sua camicia, rendendola nuovamente bianca.
- Che significa
che non è stato nessuno? – domandò
preoccupato Travis e il rosso, sospirando, si voltò verso i
suoi fratelli.
- E’
una cosa che ancora non posso dirvi, mi dispiace.
Prometto che ve lo spiegherò, ma non ora. – disse
e i due si guardarono.
- Gabriel lo sa?
– domandò Numero Sette e lui scosse
la testa.
- No e non lo
deve ancora sapere. Quindi vi prego, non
ditelo ancora a nessuno. Per favore. – Cameron sembrava
veramente disperato,
cosa assai rara da vedere e Felikz, titubante, annuì.
- Va bene, per
adesso non diremo niente. Ma entro la
fine della serata dovrai parlarne con gli altri, altrimenti
sarò io a farlo. -
21.42,
Piano Superiore
Oberon aveva seguito la ragazza verso
il piano superiore, che lo aveva trascinato in una delle tante stanze
presenti.
In quel momento, i due si stavano osservando silenziosamente, cercando
di capire
chi avrebbe compiuto il primo passo. Dopo qualche minuto, fu lei a
prendere
parola.
-Se
papà vedesse come
sei ridotto, di sicuro ti prenderebbe a schiaffi. – la
ragazza pronunciò queste
parole con freddezza e scherno, con il solo obiettivo di attaccare il
suo
interlocutore. Tuttavia, Oberon non era persona che si offendeva
facilmente e
decise di rispondere a tono, con un piccolo ghigno stampato sul viso.
-
Sai, Titania, a
volte dovresti tirare via dal culo la scopa che ti ritrovi. Dicono
faccia bene
alla salute. – Dentro di sé, Oberon fu contento di
vedere una leggera scintilla
di rabbia negli occhi della bionda, ma decise di mostrarsi
indifferente,
sapendo di darla ancora più fastidio.
-
Che ci fai qui? –
chiese duramente.
-
Si dà il caso che
io sia un Auror, quindi automaticamente invitata. Piuttosto, sono
sorpresa di
trovare te qui. – rispose lei guardandolo dall’alto
in basso, come era solita
fare quando erano a scuola.
-
Si dà il caso che
Richard fosse mio padre. – replicò lui sul piede
di guerra, in quanto sapeva
dove lei volesse andare a parare. Infatti, a quelle parole era
scoppiata a
ridere.
-
Non prendermi in
giro, non lo sopportavi e non mancavi occasione di dimostrarlo.
–
-
Era pur sempre la
mia famiglia, più di quanto non lo siate mai stati voi, sorella.
–
Oberon cercò di mantenere la calma, nonostante la faccia da
schiaffi di Titania
cercasse di convincerlo del contrario. Si voltò per
andarsene, ma venne fermato
dalla sua fredda voce.
-
Come si
sentirebbero i tuoi “fratelli” nel sapere che tu
hai sempre conosciuto la tua
vera famiglia, a differenza loro? Come reagirebbero nello scoprire che
tu sei
in realtà un Hamilton? – Titania aveva sempre
saputo quali tasti toccare per
infastidire le persone, ma fino a quel momento non aveva mai visto
l’altro così
infuriato.
-
Non osare avvicinarti
a loro! Se anche solo ti vedo osservare uno di loro giuro che non
rispondo più
delle mie azioni. E adesso addio, Titania, e a mai più
arrivederci. – disse e,
senza guardarsi indietro, uscì dalla stanza, sentendo in
lontananza la risata
della sorella.
21.57,
Terrazza
Ophelia, sorpassando la folla di
gente che la circondava, era riuscita a raggiungere la terrazza,
maledicendosi
per non aver preso prima la giacca. Si guardò intorno e
riuscì subito a trovare
la figura di Emanuel, visto che era l’unico lì
fuori. Lentamente gli si avvicinò
e, appoggiandosi al parapetto, si mise ad osservare le stesse, imitando
il
ragazzo.
-Ho
sempre cercato di
capire dove si trovassero le varie costellazioni, ma non ci sono mai
riuscito. –
disse ad un certo punto il moro, con grande sorpresa di Ophelia.
Sorridendo, continuò
ad osservare il cielo, indicando poi una costellazione visibile.
-
Quella lì in alto,
verso la tua destra, è la costellazione dei Gemelli,
dedicata a Castore e
Polluce. – spiegò, mentre lo sguardo di lui
seguiva la direzione del suo dito.
-
Come fai a saperlo?
– domandò divertito e lei alzò le
spalle.
-
Fëdor adora l’astronomia
fin da quando è piccolo e, qualche volta, ci spiegava
qualcosina. Ricordo
particolarmente i Gemelli perché li associavo sempre a
Gabriel e Cameron. –
-
Come mai? –
-
Secondo la
leggenda, Castore venne ferito a morte e Polluce, disperato per la
perdita del
fratello, chiese a Zeus un modo per potersi riunire con il gemello e
Zeus
acconsentì, trasformandoli nella costellazione che noi
tutt’ora osserviamo. –
spiegò lei. I due continuarono a guardare le stelle, prima
che Emanuel interrompesse
nuovamente il silenzio.
-
Era il tuo ragazzo?
– chiese e Ophelia sobbalzò leggermente,
voltandosi poi verso di lui.
-
Cosa? No! Dennis è
solo un mio vecchio amico di scuola, non lo vedevo dalla fine del
settimo anno.
Non siamo mai stati niente. – si affrettò a
spiegare lei, con le gote
leggermente arrossate. Giurò di aver visto il ragazzo fare
un sospiro di
sollievo, ma non ne era del tutto sicura.
-
Va bene. Sai, in
realtà è una bella cosa, perché
c’è una cosa che desidero fare da tanto tempo.
–
confessò lui. Prima che lei potesse rispondere, Emanuel si
tuffò sulle sue
labbra, allontanandosi poi qualche secondo dopo, in attesa di una sua
reazione.
Ophelia lo guardò esterrefatta e senza parole ma, dopo
qualche attimo, fu lei a
baciarlo di nuovo, questa volta approfondendo il bacio. Ophelia venne
subito
investita dal profumo di lui, un misto tra gelsomino e vaniglia e
pregò che
quel momento non terminasse mai. Tuttavia, erano comunque degli esseri
mortali
e i due furono costretti a separarsi, a causa della mancanza
d’ossigeno.
Rimasero a guardarsi senza dire niente, con i respiri affannati e le
labbra gonfie.
-
Sai, desideravo
farlo dal mio sesto anno. – ammise Emanuel arrossendo
leggermente e Ophelia si
mise a ridere.
-
Ce ne hai messo di
tempo allora. – disse lei prendendolo in giro. Dalla sala
sentirono partire
degli applausi e il ragazzo, dopo aver guardato attraverso le vetrate,
si voltò
verso la ragazza, porgendole la mano.
-
Ci conviene
rientrare, probabilmente si staranno chiedendo dove siamo finiti. Spero
tanto
che i tuoi fratelli non mi uccidano. – a quelle parole
Ophelia scoppiò a
ridere, contagiando pure Emanuel e, dopo avergli preso la mano, lo
trascinò all’interno
della sala, più felice che mai.
3
Novembre 2020, Royal Opera House, Londra
Immerso nel silenzio della sera, Elaija muoveva con grazia
l’archetto sulle corde, lasciandosi trascinare dalla melodia
che veniva pian
piano prodotta dal suo violoncello. Il ragazzo pensò a
quanto fosse stato
fortunato a ricevere un’occasione del genere: ormai da un
anno lavorava come
custode per la Royal Opera House di Londra e, per gentile concessione
dei
proprietari, aveva ottenuto il permesso di suonare nel teatro, a patto
che
controllasse il luogo dalla sera tardi fino alle prime luci
dell’alba. Il
ragazzo fermò il movimento della mano, ascoltando con
tranquillità il silenzio
che lo circondava. Dopo qualche minuto, riprese a suonare, lasciando
questa
volta che il suo potere si unisse alla musica. Elaija
immaginò di trovarsi con
una grande orchestra nel bel mezzo di un concerto: i violini svolgevano
il loro
ruolo di solista mentre lui, insieme al resto degli archi, dettava il
ritmo
della melodia. Stava per immaginare il gran finale quando,
improvvisamente, un
forte dolore lo colpì al braccio sinistro, facendogli
interrompere la melodia.
Poggiando violoncello e archetto per terra, si affrettò a
tirarsi su la manica
della divisa, scoprendo così il Tarocco delle Stelle che si
illuminava. In quel
momento lo sentì: la Ruota della Fortuna stava chiamando a
raccolta l’intera
Umbrella Academy. Con un incantesimo non verbale, rimise a posto il suo
violoncello nell’apposita custodia e, con un altro
incantesimo, creò
immediatamente un’illusione di sé, in modo da
poter controllare il teatro
durante la sua assenza. Poi, dopo aver raccattato in fretta e furia le
sue cose,
si smaterializzò a casa sua. L’indomani, avrebbe
raggiunto la sua vecchia casa.
22.00,
Corridoio, Piano Superiore
La
musica aveva ricominciato ad andare dieci minuti dopo la commemorazione
di
Richard. Gabriel, che si era allontanato dai fratelli per cercare di
dirigersi
in un posto più appartato, era stato intercettato da Mathias
che, visibilmente
preoccupato, gli aveva chiesto di seguirlo. Insieme avevano raggiunto
il piano
superiore, nascondendosi in uno dei tanti corridoi.
-Matt, tutto
bene? – domandò preoccupato, notando che il
numero dieci aveva cominciato a torturarsi il labbro, un brutto vizio
che aveva
fin da quando era piccolo. Vedendo che il fratello pareva non sentirlo,
gli si
avvicinò, prendendogli le mani e stringendole forte, come
faceva quando erano
bambini. Immediatamente ottenne l’effetto sperato e subito
gli occhioni
nocciola di Numero Dieci si incatenarono nei suoi.
- Stai bene?
– gli chiese ancora e l’altro, dopo un
piccolo attimo di smarrimento, annuì.
- Sì,
sto bene. E’ tutto ok. – rispose. Gabriel gli
sorrise, nonostante non credesse molto a quelle parole. Tuttavia, il
fratello
era già visibilmente nervoso, non c’era bisogno di
innervosirlo ancora di più.
- Mi dovevi dire
qualcosa? – chiese ad un certo punto
il rosso e Mathias annuì.
- Sì,
ma manca ancora una persona che sta arrivando. –
fece il moro. Gabriel annuì e abbassò lo sguardo,
notando solo in quel momento
che aveva ancora le mani del numero dieci strette tra le sue,
arrossendo fino
alla punta delle orecchie. Ritrasse le mani e anche il moro parve
accorgersi
del gesto, perché si allontanò leggermente dal
fratello, un lieve rossore che
si trovava sulle sue guance.
- Io…
Mi dispiace… - mormorò Gabriel imbarazzato, ma
Mathias lo fermò subito.
- No,
tranquillo! Non mi davi fastidio… - fece lui, un
silenzio imbarazzante che si creava tra di loro. I due si guardarono
tra loro
ma, sentendo dei passi avvicinarsi, ruppero il contatto visivo,
accorgendosi
entrambi della figura di Elaija che li fissava. Mathias notò
il leggero sorriso
sul volto del numero nove, fulminandolo con lo sguardo mentre quello
faceva
spallucce.
Ci volevi dire
qualcosa?
Domandò
il biondo e Numero Dieci annuì.
-Sì.
Ora che ci siete entrambi posso dirlo. – Mathias prese
la bacchetta e, dopo aver pronunciato un “Protego
Maxima”, rivolse completamente
l’attenzione ai due fratelli.
- Penso di
essere stato io. – dichiarò e Gabriel ed
Elaija si scambiarono uno sguardo preoccupato.
- A fare cosa?
– domandò Gabriel e Mathias stette in
silenzio un attimo, prima di rispondere.
- Ad uccidere
nostro padre. -
22.03,
Sala da ballo
Da
almeno dieci minuti, Cameron stava appoggiato ad una delle colonne
presenti
nella sala, osservando attentamente l’oggetto dei suoi
pensieri che, al
momento, stava parlando insieme a Charlotte e Caleigh. Strinse con
forza il
calice di champagne che teneva in mano, mentre cercava di mettere
ordine tra i
pensieri che affollavano nella sua mente. Si fece forza e, bevendo
l’ultimo
sorso di vino, decise di avvicinarsi al trio, appoggiando poi il
bicchiere sul
vassoio di un cameriere di passaggio. Non appena si fu avvicinato,
poté sentire
subito gli occhi di Charlotte addosso che, divertita, aveva subito
capito le
sue intenzioni.
-Ehm…Lauren?
– fece il ragazzo, facendo voltare Numero
Otto verso di lui. Di fianco a lei, Charlotte e Caleigh si scambiarono
un’occhiata
di intesa.
- Si?
– domandò la ragazza, girandosi completamente
verso di lui. Numero Quattro si passò una mano tra i capelli
e, acquistando un
po’ più di sicurezza, si fece coraggio.
- Volevo
chiederti se ti andasse di ballare con me. –
Si rese conto solo in quel momento di essere stato un po’
brusco, complice
anche l’occhiataccia che aveva appena ricevuto dai due membri
dell’Ordine di
Morgana. Le guance di Lauren si tinsero leggermente di rosso, ma
annuì alla sua
domanda. Salutò le due ragazze e, insieme al rosso, si
diresse verso la pista,
leggermente verso l’esterno. Cameron aveva sempre odiato
stare troppo al centro
dell’attenzione e, su questo, Lauren era perfettamente
d’accordo con lui.
Esitando, Cameron le mise una mano sul fianco, chiedendole il permesso
con lo
sguardo. Lauren gli sorrise e, non appena ebbe preso la mano del rosso,
aspettò
che questi cominciasse a muoversi, iniziando quel lento ballo. Niente
di troppo
difficile, solo un lieve ondeggiare.
- Ti ricordi
ancora come si balla, vedo. – disse
Numero Otto, facendo sorridere il fratello.
- Quando al bar
arrivavano delle ragazze le ammaliavo
sempre con qualche passo. Cadevano tutte ai miei piedi. –
rispose lui facendola
ridere.
- Mi ricordo
quando dovevi ballare con la figlia
dell’ambasciatore polacco e, per scappare, hai fatto finta di
finirle addosso e
le hai rovesciato l’intero contenuto del tuo bicchiere. Non
ho mai visto il
Signor McKinnon così furioso. –
- Per Merlino,
quanti anni avremo avuto, sette? Non mi
interessavano ancora le donne. – replicò Cameron.
Dopo quella frase, tra di
loro calò il silenzio, interrotto solo qualche minuto dopo
da Lauren.
- Allora, come
va il lavoro? – domandò. Cameron non si
aspettava di certo una domanda del genere, ma si affrettò a
rispondere.
- Procede bene
in realtà. A volte è stancante fare
turni che durano tutta la notte, ma mi permette di resistere fino a
fine mese
con l’affitto. – A quelle parole, la numero otto
inclinò leggermente la testa,
curiosa.
- E il tuo sogno
di diventare Alchimista per la
Loggia? – chiese, facendolo sobbalzare.
- Te lo ricordi
ancora? – domandò e la ragazza annuì.
- E’
impossibile dimenticarlo. Ne parlavi sempre con
Sheryl e vi divertivate insieme a creare pozioni… -
- Beh, adesso
creo cocktail, il che non dovrebbe
essere tanto differente. – lo schiaffetto leggero che
ricevette sul braccio lo
costrinse a tornare serio.
- Lauren, quello
era un’ambizione che avevo quando ero
bambino. Ma adesso, non so che farmene. Non ho né il talento
né la forza per
poterlo fare. Poi lo sai, tra tutti io ero quello destinato a non
combinare
niente. – Questa volta fu il turno di Lauren di sobbalzare.
- Ma cosa stai
dicendo? Cameron, hai talento da
vendere e sei sempre stato uno dei migliori! –
esclamò lei, ma ricevette solo
un diniego da parte di Numero Quattro.
- Ti sbagli.
Magari a livello dell’Umbrella Academy
ma, fuori di lì, ero tra gli ultimi. Cavoli Lauren,
guardati: hai venticinque
anni e già sei Vice-Direttrice in uno dei migliori reparti
Del Ministero;
Elaija e Oberon sono riusciti a realizzare i loro sogni nel campo della
musica
e della danza; Fëdor viaggia per il mondo e persino Mathias,
nonostante il problema
degli Altri, adesso ha una Pasticceria tutta sua. Io sono solo quello
che è uscito
con voti mediocri e che ha trovato un lavoro come barista e che fa
fatica ad
arrivare a fine mese.- Cameron stava andando avanti nel suo monologo
auto-distruttivo e Lauren, per evitare che andasse oltre, gli mise
entrambe le
mani sulle guance, costringendolo a guardare verso di lei.
- Cameron, non
è assolutamente vero. Sei un ragazzo
straordinario, gentile e premuroso. Ti sei sempre cura di noi ed eri
sempre in
prima linea per difendere Gabriel o Elaija quando eravamo a scuola. Hai
delle
capacità strabilianti, devi solo sapere dove usarle.
– Per tutta la durata del
discorso, Lauren aveva piantato i suoi occhi castani in quelli verdi
del
fratello. Non appena ebbe finito, gli fece un cenno, cercando di capire
se il
rosso avesse compreso le sue parole. Ricevette in risposta un timido
sorriso,
raro da vedersi sul viso del Numero Quattro e sorrise di rimando. I due
ripresero a ballare e, questa volta, Lauren poggiò la testa
sul petto di
Cameron, lasciandosi cullare dalle sue braccia.
22.08,
Sala Principale
Appoggiato alla
parete della sala, probabilmente per
scappare da discussioni indesiderate, Fëdor osservava
attentamente i suoi
fratelli: Emerald, Travis e Sheryl si trovavano vicino al tavolo delle
bevande,
le due ragazze che ridevano per qualcosa che aveva appena detto Numero
Dodici;
Oberon, Ophelia e Felikz erano impegnati in una discussione con alcuni
funzionari del Ministero spagnolo, probabilmente desiderando di essere
da
tutt’altra parte; Cameron e Lauren ballavano insieme e il
numero uno ridacchiò
alla vista del leggero rossore sulle guance del fratello, cosa assai
rara; di
Mathias, Gabriel ed Elaija nemmeno l’ombra. Fëdor
fece per andare a cercarli,
ma venne fermato da una mano sulla sua spalla. Si voltò,
ritrovandosi faccia a
faccia con Emil Karkaroff, uno dei diplomatici del Ministero russo
presenti
alla festa, che lo guardava sorridendo.
- Signor
McKinnon, è un piacere incontrarla, la trovo
i forma smagliante. - disse quello tendendogli la mano e Fëdor
la strinse,
sorridendo leggermente.
- Signor
Karkaroff, è un piacere per me vederla qui.
Credevo che il Ministero russo avesse deciso di non prendere parte
all’evento. -
replicò il ragazzo.
- Vede, il
Ministero centra ben poco. Io e suo padre
abbiamo collaborato molte volte e mi sembrava il minimo venire qui. Le
mie
condoglianze, sarete distrutti dalla vostra perdita. - alle parole
dell’uomo,
Numero Uno fece un cenno, grato per le parole dell’uomo e
cercò di non pensare
al fatto che, molto probabilmente, qualcuno dei suoi fratelli aveva
fatto i
salti di gioia. Prima che potesse parlare però, il
diplomatico lo precedette.
- Sa, Signor
McKinnon, Richard parlava molto di voi.
Non c’è mai stata una volta in cui vostro padre
non vi abbia lodato, da quando
siete piccoli.-
- Davvero? -
domandò il ragazzo scettico e l’uomo
annuì.
- Deve credermi.
Non faceva altro che parlare di voi,
era fiero di essere vostro padre e sapeva di non riuscire a
dimostrarvelo. Era
molto dispiaciuto quando ve ne siete andati di casa. - Fëdor
sgranò leggermente
gli occhi, ma cercò di non mostrarlo.
- Felikz
è stato l’unico di noi che ha deciso di
rimanere con nostro padre. Noi eravamo solo desiderosi di andarcene il
prima
possibile da quella casa. - ammise poi, sentendosi in colpa. Si
ricordava
ancora l’ultima discussione che aveva avuto con Numero Sette
e la colpa che gli
aveva dato. Il Signor Karkaroff gli mise la mano sulla spalla.
- E’
una cosa naturale per dei ragazzi desiderare di
andarsene e questo lo sapeva anche vostro padre. Sa, vi chiamava
“i suoi
piccoli tredici successi”. Continuava a dire che eravate la
migliore cosa che
aveva. - Numero Uno annuì, per poi rendersi conto delle
parole pronunciate dal
diplomatico.
- Signor
Karkaroff, ha detto tredici? – domandò e
l’uomo annuì. Fëdor fece per chiedergli
altro ma il Signor Karkaroff fu
chiamato da alcuni suoi colleghi e fu costretto a salutarlo. A quel
punto,
rimasto solo, il ragazzo cercò con lo sguardo i suoi
fratelli. Non riuscendo ad
attirare le loro attenzioni, si alzò la manica della giacca,
prese la bacchetta
e la puntò contro il braccio sinistro, dove si trovava Il
Diavolo. Il
simbolo si illuminò e Fëdor alzò la
testa, vedendo i suoi fratelli che si
portavano una mano al braccio. Simultaneamente, posarono lo sguardo sul
maggiore, che fece loro un cenno per seguirlo, richiamando ancora una
volta
l’Umbrella Academy.
In un
angolo della sala, un piccolo gruppetto di maghi e streghe si era
radunato
attorno ad un giovane, che sorrideva gentilmente mentre stringeva le
mani di
tutti. Ad un certo punto volse lo sguardo verso il fondo della sala,
dove una
giovane donna, con i capelli biondi e lo sguardo annoiato, lo stava
fissando.
Con un sorriso forzato, il giovane si congedò dalla folla e,
velocemente, si
diresse ai piani superiori, cercando di farsi notare il meno possibile.
Arrivato
su, notò di essere solo, ma una mano sulla spalla e un forte
risucchio lo
convinsero della presenza di qualcun altro. Non appena i suoi piedi
toccarono
terra, riprese a respirare, accorgendosi solo in quel momento di aver
trattenuto il respiro. Si guardò intorno, realizzando di
essere sul tetto e si
voltò, trovandosi davanti due figure: la prima era la
ragazza che aveva
seguito, mentre l’altro era un ragazzo, poco più
basso di lui, dalla carnagione
olivastra e dalla folta chioma scura. Lo sguardo, formato da grandi
occhi nocciola,
era irritato ed era puntato su di lui.
- Sei in
ritardo. - disse semplicemente e l’ultimo
arrivato alzò gli occhi al cielo. Sbuffò e si
portò una mano tra i capelli,
come per togliere della polvere che in realtà non
c’era.
- Vedi, Red, a
differenza tua io ho una vita sociale,
una fama, dei fan che mi acclamano… Capisco perfettamente la
tua gelosia. -
rispose, condendo il tutto con un piccolo sorriso. Il moro si fece
avanti come
per attaccarlo, ma al gesto della mano della ragazza si
fermò.
- Red, Adder,
sapete che i vostri teatrini sono sempre
una delizia, ma siamo qui per un altro motivo, quindi vi chiederei di
smetterla. - disse lei con tono piatto, come se avesse appena letto un
copione.
- Ma Lolita,
siamo qui per una ragione importante e
questo qui non fa altro che atteggiarsi da idiota! - esclamò
Red, mentre Adder
alzava gli occhi al cielo un’altra volta.
-
L’importante è che sia qui adesso, quindi piantala
e
cominciamo. - alle parole del castano, Lolita annuì,
lisciandosi con le mani il
tessuto della gonna blu.
- I membri
dell’Umbrella Academy sono tutti presenti e
sembra stiano indagando sulla morte del padre. - spiegò lei,
mentre Red si
accendeva una sigaretta.
- Penso anche
che siano intenzionati a cercare i suoi
diari. A casa loro non abbiamo trovato niente, aspettiamo che siano
loro a
guidarci. - aggiunse lui portandosi il bastoncino alle labbra.
- Sarete
contenti di sapere che è presente anche tutto
l’Ordine di Merlino. Nessuno escluso. - a
quell’informazione, i due si voltarono
verso Adder, che li guardava sorridendo.
- Perfetto, di
bene in meglio. Adesso ci conviene
tornare di sotto. Il vero divertimento comincia adesso. –
ANGOLO AUTRICE
Non ho parole.
Per niente. Sono in ritardo mostruoso e
me ne rendo conto, mi dispiace moltissimo. Questo capitolo è
stato un parto, ho
avuto una specie di blocco e non riuscivo ad andare avanti, ho scritto
tipo la
metà in due giorni. E sono soddisfatta. Fino ad ora,
è il capitolo più lungo
mai scritto, con 25 pagine, superando le 19 dell’ultimo
capitolo dell’altra mia
interattiva.
Innanzitutto,
partiamo con Elaija: i suoi pezzi sono
stati difficili da scrivere, perché è un
personaggio con tanto da dire e in
cinque paragrafi ho dovuto scegliere cosa raccontare. Spero di averlo
rappresentato al meglio.
Che dire per il
resto? Ho cercato di accontentarvi
tutti per le richieste e per gli incontri, ascoltando anche i vostri
consigli.
Per questa volta
non ho domande per voi, quindi
passerei subito ai nomi per il prossimo capitolo:
Caleigh
Harry
Charlotte
Ci vediamo al
prossimo capitolo! Bacioni,
__Dreamer97
P.S. Ho aperto una pagina instagram chiamata __Dreamer97_efp . Per
tutti gli aggiornamenti e le curiosità potete cercarmi
lì!
|
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Capitolo 11 *** CAPITOLO 8 ***
CAPITOLO 8
“H.O.P.E.: Hold On, Pain
Ends.”
2000,
Lynch Manor, Edimburgo
Nel momento in cui mise piede nell’immenso
salone di casa
sua, Harry sapeva di trovarsi nei guai: nei suoi quattro anni, era
già un bimbo
molto sveglio. Non appena aveva varcato la soglia della stanza, il solo
incrociare gli occhi con quelli di suo padre lo aveva fatto
rabbrividire.
D’altronde, William Lynch era un uomo che incuteva timore,
sia per l’altezza
prorompente che per il suo sguardo di ghiaccio, che sarebbe stato
capace di far
rizzare i capelli in testa al peggiore dei Mangiamorte. Lentamente, il
bimbo si
avvicinò alla poltrona in broccato scuro, dove ora stava
seduto il padre, che
lo osservava con sguardo serio.
-Ciao
Harry, è andata bene
la giornata? – domandò l’uomo e Harry
sentì un brivido attraversargli la
schiena.
-E’
andata bene, padre. –
rispose lui, facendosi forza per non balbettare. Il padre lo
squadrò ancora e
il biondo sapeva che sarebbe successo qualcosa. Infatti,
l’uomo si alzò e si
avvicinò a lui, che si faceva forza per non indietreggiare.
-
Ho saputo che hai giocato
tutto il pomeriggio con i bambini della Signora Wilson. Sono babbani,
giusto? –
fece ancora e Harry capì subito di trovarsi in grossi guai.
Non appena vide il
padre alzare la mano chiuse gli occhi, aspettandosi subito il colpo.
Tuttavia,
sentì qualcosa accarezzargli la testa e, quando
aprì gli occhi, incontrò subito
lo sguardo intenerito del genitore.
-Stai
attento, non ho voglia
di dover obliviare qualche bambino perché ti ha visto far
fluttuare un pallone
o altro. – disse e Harry, dopo un attimo di smarrimento,
sorrise. Ad un certo
punto, sentì la voce di sua madre chiamarli dalla cucina e
si voltò verso
l’uomo, che gli sorrise di rimando.
-Penso
che tua madre abbia
fatto la torta. Sarà meglio andare. –
19
Novembre, Primo Piano, Criterion Restaurant, Londra
-Fëdor,
dimmi per favore che stai scherzando. Non può essere. Un
tredicesimo? Ma
scherziamo? E adesso cosa ci aspetta, maghi viaggiatori nel tempo?
– di fronte
all’incredulità di Emerald, che tuttavia era la
stessa reazione degli altri,
Numero Uno annuì. Una volta ricevuta la notizia dal Signor
Karkaroff, Fëdor
aveva subito contattato i suoi fratelli, desideroso di comunicare il
prima
possibile quello che aveva scoperto. Non aveva parlato però
con i membri
dell’Ordine di Morgana, in quanto ne voleva discutere prima
con gli altri
membri dell’Umbrella Academy.
- Se davvero
esiste un tredicesimo ragazzo o ragazza
come noi, perché nasconderlo? – domandò
Lauren e, accanto a lei, Felikz scosse
la testa, turbato da qualcosa. Elaija, esattamente di fronte al
fratello, notò
subito l’occhiataccia che il numero sette aveva ricevuto da
Cameron e Travis.
Fece per chiedere qualcosa, ma le sue orecchie captarono una frase di
Oberon.
- Io avrei una
proposta. – esclamò il numero sei,
ricevendo attenzione da tutti.
- Cosa vorresti
fare? – chiese Sheryl e il ragazzo
continuò.
- Io ed Emerald
avevamo pensato di intrufolarci
nell’ufficio di papà al Ministero. – a
quelle parole, gli altri dieci si
guardarono tra loro.
- Pensateci,
pensiamo che papà sia stato ucciso per
quello che scriveva nei diari. E se avesse parlato anche di questo
Numero
Tredici? A casa non li abbiamo trovati ma forse perché,
semplicemente, non li
ha nascosti lì. – disse Numero Due.
- Non
è una brutta idea. Se vogliamo scoprire qualcosa
dobbiamo assolutamente trovarli. Domani mattina possiamo andare a
cercare. –
fece Ophelia ma Lauren negò.
- No,
quell’ufficio è già stato parzialmente
svuotato
dalle sue cose. So che probabilmente li ha nascosti da qualche parte al
suo
interno ma, così come adesso, non possiamo entrare.
–
- Allora ci
conviene farlo stanotte. La sorveglianza
sarà ridotta e noi non abbiamo mai avuto problemi ad entrare
da qualche parte.
– spiegò Mathias, mentre si torturava le mani.
Accanto a lui, Gabriel gli mise
una mano sul braccio per rassicurarlo e Numero Dieci gli sorrise. Poi,
prese
parola.
- Anche secondo
me si può fare, ma non possiamo andare
tutti, altrimenti la gente si insospettirebbe. Io propongo di dividerci
in due
gruppi da sei. Ovviamente, dovremmo comunicarlo anche agli altri,
magari
possono aiutarci. – alle spiegazioni di Numero Tre, i
fratelli concordarono.
Quella notte, avrebbero scoperto l’identità di
Numero Tredici.
Giardino
Cercando
di passare nella folla di persone che
si trovava all’interno della Sala da Ballo, Emanuel si
diresse verso il
giardino, dove si era dato appuntamento con Katrina. Aveva appena
saputo
dell’esistenza di un altro fratello da Oberon e aveva la
massima urgenza di
parlarne con la sua vice. Non appena raggiunse la fontana centrale
notò subito
la ragazza, seduta su una delle tante panchine di marmo.
-Sai, ad un
ballo di solito si sta tra la gente, non
qui da sola. – fece lui, mentre la ragazza sorrideva.
- In
realtà, fino a cinque minuti fa non ero sola.
Allora, suppongo che tu abbia qualcosa di urgente da dirmi per essere
venuto
qui in fretta e furia. – replicò lei sistemandosi
una ciocca di capelli
scappata dall’acconciatura. Emanuel, mentre si sedeva di
fianco a lei, annuì.
- Oberon mi ha
detto della presenza di un Numero
Tredici che non conoscevano. – a quella frase, la mora si
voltò di scatto verso
l’amico.
- Come
l’hanno scoperto? – domandò.
- Uno dei
rappresentanti del Ministero russo, il
Signor Karkaroff, ha raccontato a Fëdor che il Signor McKinnon
ne parlava
spesso. E no, non ha fatto nomi. – rispose, precedendo
così la domanda che
Katrina voleva rivolgergli. Si passò una mano sul viso,
abbastanza stressato da
tutta quella situazione. Tuttavia, Katrina sembrava più
tranquilla.
- Se non hanno
nomi da cui partire, significa che
abbiamo ancora tempo. Cosa hanno deciso di fare? – chiese
ancora la ragazza.
- Hanno deciso
di intrufolarsi al Ministero stanotte. Stanno
ancora cercando i diari del padre e pensano che lì abbia
scritto qualcosa a
riguardo. Ho deciso che tu, Charlotte e Harry li accompagnerete, mentre
io,
Caleigh, Scarlett e Jem resteremo qui con i restati membri
dell’Umbrella a
controllare. – spiegò il ragazzo.
L’amica annuì e, dopo un cenno con
l’altro,
si diresse verso l’edificio, dove avrebbe subito comunicato a
Charlotte e Harry
le decisioni del loro capo.
2003,
Old Calton Cemetery, Edimburgo
Quel giorno, il cielo di Edimburgo aveva deciso di
oscurarsi, regalando alla città una piccola nube di pioggia,
che aveva iniziato
per le prime luci dell’alba e che non aveva ancora smesso.
Tuttavia, il brutto
tempo non aveva impedito all’Old Calton Cemetery di celebrare
un funerale,
dando a quell’evento un’ulteriore malinconia.
Mentre il prete celebrava la
messa, il piccolo Harry osservava attentamente le bare contenenti i
suoi
genitori, strappati alla vita in seguito al brutto incendio che aveva
colpito la
loro abitazione. Era successo tutto all’improvviso: il fuoco
aveva cominciato a
diffondersi mentre tutti dormivano e quando Harry venne portato via
dalla
domestica della casa, per i suoi genitori era già troppo
tardi. Così, ora si
ritrovava a seppellire le due persone più importanti della
sua vita, coloro che
lo avevano cresciuto e che gli avevano voluto bene sin dalla nascita.
A
fine funerale, una donna
gli si avvicinò e gli mise la mano sinistra sulla spalla
mentre, con la destra,
si asciugava le lacrime con un fazzoletto color lilla. Harry si
voltò verso sua
zia Isabelle, sorella minore di suo padre e la osservò
mentre tentava di
fermare i singhiozzi.
-Secondo
te si trovano in un
posto migliore? – domandò il ragazzino e la donna
sussultò, per poi voltarsi
verso il nipote. Trovandosi di fronte i suoi occhi pieni di lacrime,
sorrise e
lo strinse a sé.
-Stai
tranquillo, adesso
stanno meglio. Veglieranno su di te come hanno sempre fatto.
– gli rispose lei.
Dopo qualche attimo, Isabelle gli fece segno di andare, avvertendolo
della
passaporta che, di lì a pochi minuti, lo avrebbe portato a
casa della zia.
Harry annuì e, dopo aver dato un’ultima occhiata
alla lapide dei suoi genitori,
si avviò.
Sala
Principale
Appoggiato
alla parete della Sala Principale, dove si trovava il tavolo del
buffet, Elaija
osservava attentamente le varie persone attorno a lui. Di comune
accordo, si
era deciso che Felikz, Oberon, Sheryl, Lauren, Emerald e Travis
sarebbero
entrati al Ministero, mentre gli altri sei sarebbero rimasti
lì. Insieme a loro
si sarebbero uniti Katrina, Harry e Charlotte, in quanto Emanuel aveva
deciso
di rimanere lì insieme agli altri.
“Mi
fido di Katrina, ha più doti di leadership di me.”
Aveva detto il capo dell’Ordine ridendo.
Ad un certo
punto, il ragazzo notò Andrew, impegnato
in una conversazione con altre persone. In quel preciso istante, gli
tornò in
mente la promessa che i due avevano fatto ai tempi di Hogwarts e,
prendendo
coraggio, decise di avvicinarglisi. Non appena gli fu vicino, Andrew lo
notò e,
dopo essersi congedato dalle altre persone, gli sorrise.
-Ti ringrazio
per avermi salvato da quella
conversazione. Ancora qualche minuto e mi sarei maledetto da solo.
– fece il
biondo facendo ridere Numero Nove.
Possiamo parlare
in privato, per favore?
Domandò
ed Andrew annuì. Così, I due si diressero verso
l’atrio del locale, dove si
trovavano solamente due o tre persone.
-Allora, come
procede? Sei tornato a casa con i tuoi
fratelli? – chiese il ragazzo ed Elaija annuì,
nonostante con la testa fosse da
tutt’altra parte.
Sì,
abbiamo avuto la stessa idea. Un po’
ne sono contento, perché mi ha permesso di riavvicinarmi a
loro.
Rispose il numero nove.
-E per quella
vecchia cosa… Come va? – a quelle parole
per poco Elaija non soffocò con la sua stessa saliva e si
voltò verso Andrew:
anche lui si ricordava di quella vecchia promessa.
L’ex-Grifondoro fece
spallucce, cercando di non mostrare il suo stato d’animo.
Va
bene… Penso. Tutto tranquillo, tu?
Gesticolò
ma, notando lo sguardo dell’altro, capì subito che
non gli aveva creduto.
-El, ti conosco
ormai da tanto tempo e so che non va
tutto bene. Mi ricordo ancora del tuo “problema
amoroso”. Allora, come va? Mi
ricordo che durante il settimo anno la situazione era rimasta la solita
e no,
non guardarmi così, - fece, riferito
all’espressione sorpresa di Elaija, -
nonostante non stessimo più insieme ti osservavo comunque da
notare quegli
sguardi da ragazzina innamorata. Spero tu sia diventato meno ovvio.
– a quel
commento Numero Nove gli fece la linguaccia, per poi ridere.
- Elaija.
– nel sentire il suo nome essere pronunciato
così bruscamente, il ragazzo sobbalzò, voltandosi
poi verso la persona che lo
aveva chiamato: Felikz se ne stava lì, in piedi di fronte a
loro insieme a
Sheryl, mentre osservava Andrew come le lo volesse uccidere con lo
sguardo.
Elaija gli riservò un’occhiataccia ma,
fortunatamente, Andrew non sia accorse
di quello sguardo.
- Da quanto
tempo. Felikz e Sheryl, giusto? Condoglianze
per la vostra perdita, sono davvero dispiaciuto. – disse il
biondo mentre gli
tendeva la mano. Il numero sette la strinse, nonostante gli occhi
continuassero
a comunicare una sorta di astio nei confronti del ragazzo. Anche Sheryl
imitò
il gesto, sorridendo tristemente.
- E’
stato un brutto colpo per tutti. Per fortuna
siamo qui ad affrontare questo dolore insieme. – rispose la
rossa, rivolgendosi
poi al numero nove.
- Io e Felikz
siamo venuti a dirti che Gabriel ti
stava aspettando, ma penso non gli dispiaccia aspettare, visto che sei
già impegnato.
– Elaija aggrottò le sopracciglia, ma poi
capì subito il messaggio sottinteso
della sorella: era un modo buffo per avvisarlo che sarebbero partiti
per il
Ministero. Fece loro un cenno del capo, facendo intendere di aver
capito e i
numeri sette e undici lo salutarono, per poi allontanarsi.
- Non so
perché, ma ho come l’impressione che tuo
fratello non mi sopporti. – disse Andrew ed Elaija scosse la
testa, mentre
ripensava a quanto fosse stato scortese Numero Sette.
Fidati, lo
conosco da anni e ancora non
riesco a capirlo.
Terrazza
-Raccontami
un po’ come stanno Michael e Shirley? E’ da un
po’ che non ci sentiamo. – Dopo
l’incontro avuto con Gregor, che se non fosse stato per
l’intervento di Lucy
sarebbe finito probabilmente al San Mungo, Scarlett aveva deciso di
passare un
po’ di tempo con la sua migliore amica che, causa lavoro e
altre cose, era
riuscita a vedere pochissimo.
- Stanno bene,
grazie per averlo chiesto. Michael mi
scrive praticamente ogni settimana raccontandomi di tutto, dalle
lezioni di
volo alle tende del dormitorio. E’ vivace e sono contenta
stia vivendo
quest’esperienza in modo molto positivo. Nonna invece
è la solita: si arrabbia
se la casa è sporca è in disordine, ma
è fantastica e mi ha aiutato tanto. Tu
con i bambini? – domandò la bionda e Lucy
alzò gli occhi al cielo.
- Sei fortunata
ad avere un figlio in età da Hogwarts,
davvero. Jessica ha sette anni ed è la più grande
ma sta già imparando qualcosa
sulla magia e Asher e Declan hanno avuto già i loro scatti
di magia involontaria.
John è fantastico con loro, ma il lavoro come poliziotto lo
prende più del
previsto e io non sempre riesco a liberarmi dalle cause in tribunale.
Ti
invidio tanto, davvero. – mentre Lucy raccontava delle
avventure della sua
famiglia, Scarlett sorrideva, fiera della sua amica: era riuscita ad
ottenere
il ruolo dei suoi sogni come Magiavvocato, aveva sposato un uomo
meraviglioso,
un babbano poliziotto di nome John e aveva avuto tre figli magnifici.
- Ehy Scarlett,
conosci quel ragazzo laggiù? Ti sta
osservando da un po’. – fece ad un certo punto la
ragazza e la bionda si voltò,
aspettandosi di sicuro Emanuel che la teneva d’occhio.
Tuttavia vide,
dall’altra parte della terrazza, un ragazzo che non aveva mai
visto: era
abbastanza alto, dai corti capelli neri e la carnagione olivastra.
Tuttavia,
gli sembrò familiare. Non appena si accorse di essere stato
visto, si
allontanò, rientrando così nella Sala Principale.
- Secondo me ti
stava puntando, ma non avrei dubbi.
Sei bellissima in quest’abito, davvero. Ti slancia parecchio.
– esclamò Lucy
mettendola sul ridere ma Scarlett, complici tutte le sue esperienze da
Auror e
da membro dell’Ordine, non riusciva a rilassarsi
completamente.
- Senti Lucy, ti
dispiace se mi allontano un attimo?
Mi sono appena ricordata di dover comunicare una cosa urgente ad un mio
amico
presente stasera. Ci vediamo qui tra poco, okay? – chiese lei
e l’amica annuì,
comunicandole che l’avrebbe aspettata proprio lì
in terrazza. Così, Scarlett
rientrò, cominciando a cercare uno dei suoi colleghi o anche
i ragazzi
dell’Umbrella Academy: aveva un brutto presentimento.
2008,
Sotterranei, Hogwarts
-Ehy guardate, l’orfano di Serpeverde! Stai
ancora
cercando i tuoi genitori? – nel sentire quella frase, Harry
si fermò
bruscamente, mentre gli altri ragazzini della sua casa che erano con
lui
continuavano a camminare. Il biondo si voltò, trovandosi
faccia a faccia con
tre ragazzi Corvonero, probabilmente più grandi di lui. Il
biondo cercò di
trattenere la rabbia, rivolgendo loro uno sguardo seccato.
-Cosa
volete? – chiese lui e
uno dei tre sogghignò, avvicinandoglisi poi con
superiorità.
-
Ho saputo che hai appena
ottenuto il ruolo di Cercatore per la squadra, complimenti. Peccato che
il
ragazzo che hai battuto sia il mio caro fratellino. – rispose
prontamente il
Corvonero ed Harry aggrottò le sopracciglia, avendo
ricordato perfettamente
quel momento: si erano presentati solo in due per il ruolo di cercatore
e,
grazie alla sua agilità, aveva letteralmente stracciato il
suo compagno che, a
fine allenamento, gli aveva rivolto uno sguardo carico
d’odio. A quel punto,
non riuscendo a resistere, rispose anche lui con un ghigno.
-Sì,
l’ho completamente
stracciato. Se non fosse stato totalmente una schiappa forse sarebbe
riuscito
ad entrare come riserva. – Harry non fece neanche tempo a
finire la frase che
l’altro lo sbatté contro il muro, per poi
puntargli la bacchetta alla gola.
-
Sarà, ma se tu per caso
finissi in Infermeria con un braccio rotto? Magari ti rompo anche
qualche
costola… -
-
Hey! Lascialo andare! –
gridò una voce e i quattro si voltarono, trovandosi davanti
una ragazzina con
la divisa rosso-oro. Tuttavia, la prima cosa che risaltò
agli occhi di Harry fu
la folta chioma rossa, tenuta ferma da una fascia verde smeraldo. Nel
vederla,
il Corvonero fece un verso irritato.
-
Henderson, se non vuoi
vedere i tuoi capelli trasformati in serpenti ti conviene levare le
tende,
altrimenti finirà male anche per te. – fece lui ma
la ragazza non si lasciò
intimidire, avvicinandosi con aria di sfida.
-
Provaci Wallace e sappiamo
tutti che la fine dell’idiota la farai solo tu. A chi vuoi
che credano i
professori: hai attaccato uno studente del secondo anno di
un’altra casa per un
motivo idiota, anche se confermo il fatto che tuo fratello faccia
schifo a
Quidditch, come te d’altronde; inoltre, lo hai fatto davanti
a dei testimoni e
sai che per me non è difficile convincerli a testimoniare.
– rispose la rossa,
alludendo alla piccola folla di Serpeverde che li stava osservando.
Messo
davanti ai fatti, Wallace si trovò messo alle strette e, a
malavoglia, mollò la
presa su Harry. Poi, dopo aver regalato un’altra occhiataccia
alla ragazza, se
ne andò seguito dai suoi due compagni. Mentre la Grifondoro
disperdeva le
persone che si erano fermate per lo spettacolino, Harry le si
avvicinò.
-
Potevi anche evitare di
intervenire, ce l’avrei fatta benissimo da solo. –
fece lui e lei rise,
prendendolo in contropiede.
-
Lo so perfettamente, ma
visto che mi sembravi un tipo impulsivo, ho voluto evitare spargimenti
di sangue.
Ma non avevo dubbi sul tuo coraggio. Wallace è un idiota, mi
chiedo ancora come
abbia fatto il Cappello Parlante a metterlo a Corvonero. –
ribatté. Dopo
essersi assicurata che non ci fosse altra gente in giro, si
voltò verso Harry,
tendendogli la mano mentre sorrideva.
-
Io sono Charlotte
Henderson, quarto anno a Grifondoro. Piacere di conoscerti! –
messo davanti a
quelle parole, Harry guardò quella mano, decidendo poi di
stringerla.
-
Harry Lynch, secondo anno.
Piacere. – disse, mentre un piccolo sorriso gli spuntava
sulle labbra. In quel
momento, nessuno dei due avrebbe immaginato che, di lì a
poco, sarebbe nato uno
dei duo più casinisti di Hogwarts e, insieme a quello, anche
un legame
profondo.
Primo
Livello, Ministero della Magia, Londra
-Siete
sicuri che sia qui? – domandò Travis controllando
in giro per evitare di
trovare guardie e Ophelia annuì. I sei fratelli, utilizzando
il potere di
Felikz per non passare attraverso i camini, altrimenti li avrebbero
subito
presi, erano comparsi direttamente al Primo Livello dove, a detta di
Lauren, si
trovava l’Ufficio del Ministro della Magia. Dopo essersi
cambiati d’abito per
essere più comodi e grazie all’uso
dell’incantesimo Silencio stavano attenti a
girovagare per i corridoi. Stavano per svoltare l’angolo del
corridoio che
stavano percorrendo quando, ad un certo punto, Emerald, la prima della
fila, si
bloccò e Charlotte, che si trovava dietro di lei, le
andò contro.
-
Perché ti sei fermata? – le domandò ma
Numero Due la
zittì con un gesto della mano, indicandole poi la porta
dell’Ufficio del
Ministro. Sfortunatamente, di fronte ad essa si trovava una guardia,
che
controllava attentamente il corridoio.
- Va bene, voi
state pronti, io provo a stenderlo. –
fece Harry, che ricevette però in risposta una gomitata da
Katrina.
- Imbecille, se
qualcosa andasse storto chiamerebbe le
altre guardie. Non puoi andare lì come uno spaccone e
pretendere che non
succeda niente. – a quelle parole Harry le rivolse
un’occhiataccia, prontamente
ignorata dal vice-capo dell’Ordine.
- Ci penso io.
– tutti i presenti si voltarono verso
Sheryl, che li osservava sorridendo. A differenza degli altri membri
dell’Umbrella, che guardavano la sorella con grande
ammirazione, i tre ragazzi
dell’Ordine sembravano alquanto confusi. Ad un certo punto,
Charlotte ebbe
l’illuminazione.
- Ma certo,
è un’idea fantastica! –
esclamò e la
numero undici le rivolse un sorriso di ringraziamento, per poi
cominciare a
dirigersi verso la guardia. In tuto questo, Harry continuava a non
capire.
- Cosa starebbe
pensando di fare? – domandò ma ottenne
solo un occhiolino da parte di Ophelia.
- Aspetta e
osserva attentamente. – disse
semplicemente la bionda e il ragazzo riportò
l’attenzione sulla rossa. La
guardia la notò e fece per prendere la bacchetta ma,
improvvisamente, l’aria
nel corridoio si fece più calda e, attorno alla ragazza,
apparve una specie di
nube rosata. La guardia la guardò esterrefatto e Numero
Undici gli si avvicinò
tranquillamente. Nel momento in cui lei gli mise una mano sul braccio,
una
strana scintilla passò negli occhi dell’uomo, che
cominciò poi ad osservarla
adorante.
Da dove si
trovavano loro si faceva fatica a capire
quello che lei stesse dicendo alla guardia e Harry osserva a tutto
attentamente. Nel notare l’espressione sul viso
dell’amico, Charlotte rise.
-Ti ricordo che
lei ha come potere lo Charme, ovvero
la capacità di ammaliare le persone. – gli
spiegò, nel momento in cui la rossa
tornava da loro, venendo acclamata dai fratelli.
- Il tocco non
lo hai perso vedo! – esclamò Felikz
abbracciandola, mentre quella rideva.
- Diciamo che me
la cavo ancora. Forza adesso, non perdiamo
tempo: andiamo a vedere cosa si nasconde nell’ufficio di
papà. -
Sala
Principale, Criterion Restaurant
-Come
mai quel muso lungo? Sembra che tu abbia bevuto del succo di zucca
andato a
male. – a quella frase, Caleigh rivolse
un’occhiataccia a Jem, che la osservava
sorridendo mentre, tra le mani, teneva due bicchieri di champagne.
- Brutti
incontri. – si limitò a dire la corvina
mentre accettava la flûte offerto. Sperava tanto di evitare
quella
conversazione ma, sfortunatamente per lei, Jem era più
furbo. O forse, aveva
più esperienza.
- Caleigh, ti
ricordo che sono stato il tuo insegnante
e che ti conosco. Allora, chi hai incontrato che ti ha fatto comparire
quella
brutta smorfia sul viso al punto da farti comparire quelle brutte
rughe? –
domandò ancora e la ragazza sbuffò, sia per
l’insistenza del suo ex professore
che per il commento.
- Ho incontrato
mio padre. – disse, pentendosi subito
dopo di averne parlato: ogni membro dell’Ordine di Morgana
conosceva la storia
e il passato degli altri e la ragazza aveva mene in mente quello che
aveva
passato l’uomo durante la sua giovinezza. Tuttavia, anche Jem
conosceva la sua
storia, per questo le sorrise.
- Non
preoccuparti cara. Da quello che ricordo, tuo
padre è stato molto duro con te e con tua madre.
E’ normale che ti abbia
turbato così tanto vederlo qui questa sera. – fece
lui. Caleigh si ritrovò ad
osservare la sala, dove le persone si divertivano e parlavano tra loro.
Notò
subito il padre ad un lato della sala, mentre parlava e rideva con
altri e
quella visione le fece storcere il naso. Jem notò subito
l’espressione
dell’amica e si mise a ridere.
- Non dargli
importanza. Ormai è un capitolo chiuso
della tua vita, no? – le domandò e lei
annuì. Ad un certo punto, i due vennero
raggiunti da Fëdor, che era rimasto lì con loro.
- Cameron,
qualcosa non va? – chiese Caleigh, avendo
subito notato l’espressione cupa del biondo.
- Pensiamo che
chi ha cercato di intrufolarsi in casa
nostra sia qui presente. – sussurrò lui,
controllando di non essere visti da
occhi indiscreti.
- Come fate a
dirlo? – gli chiese Jem, facendosi
improvvisamente più serio.
- Scarlett pensa
che qualcuno ci stia tenendo
d’occhio. Ci conviene avvertire gli altri e controllare
meglio. Io cercherò un
modo di avvertire che si trova al Ministero. –
comunicò Numero Uno. I tre si
accordarono e poi, dopo un breve cenno, si separarono, cercando di
trovare i
loro compagni.
Dicembre
2009, Foresta Proibita, Hogwarts
In quel momento, Harry si pentì di aver deciso
di portare
con sé Neve, la sua piccola gatta siamese. Se
l’avesse lasciata a casa, come
consigliato da sua zia Isabelle, non avrebbe dovuto cercarla in lungo e
in
largo per il territorio scolastico. Stava ormai per perdere le speranze
quando,
in lontananza verso la capanna di Hagrid, intravide
l’animale, che lo osservava
come a volersi prendere gioco di lui. Non appena quella
cominciò a scappare,
Harry gli andò dietro, senza rendersi conto di essersi
avvicinato troppo alla
zona della Foresta Proibita. Si fermò ma, nel vedere la sua
gatta entrare senza
problemi e volendo recuperarla, decise di addentrarsi, ringraziando il
cielo
che fosse inverno e che non ci fosse anima viva ad Hogwarts, ma solo
qualche
professore impegnato a controllare la Sala Grande. Così,
inseguì il gatto,
riuscendo poi ad acchiapparlo qualche minuto dopo.
-Ti
ho presa! Guai se mi
scappi un’altra volta! – le disse lui
accarezzandole le orecchie. In risposta,
l’animale cominciò ad agitarsi e a ringhiare,
scatenando la curiosità e la
preoccupazione del ragazzo, stranito dal comportamento anomalo della
creatura.
Tuttavia, impegnato com’era, non s’era accorto
dell’Acromantula, dalle
dimensioni di un bisonte, che gli si avvicinava di soppiatto. Sentendo
un’improvvisa presenza dietro di sé, Harry si
voltò, proprio nel momento in cui
il ragno spiccò il salto.
-
Aragna Exumai! – un
improvviso fascio di luce gialla passò accanto al ragazzo e
finì contro la
creatura che, ferita, si allontanò velocemente,
addentrandosi ancora di più
nella foresta. Harry, spaventato, si voltò per vedere il
viso del suo salvatore
e sbiancò nel riconoscere Emanuel, suo compagno di casa del
settimo anno e
Caposcuola. Dopo aver controllato di essere da soli, il moro gli
riservò uno
sguardo di fuoco.
-
Mi spieghi cosa diavolo ti
è saltato in mente? Non lo sai che è pericoloso
qui? Ringraziami che non sei
diventato cibo per ragni giganti! – iniziò a dire
quello, mentre Harry
abbassava lo sguardo a terra stizzito: di tutte le cose che poteva
odiare,
farsi riprendere era forse la prima
-
Beh si… Grazie. – si
ritrovò però a dire, riconoscendo che, senza il
compagno, probabilmente, non ce
l’avrebbe fatta. A quelle parole, Emanuel annuì e
gli fece cenno di iniziare ad
avvicinarsi alla scuola, altrimenti sarebbero stati beccati. Lungo la
via del
ritorno, Harry si voltò per osservare il suo compagno, che
sembrava perso tra i
suoi pensieri.
-
Non lo dirai ai professori
vero? – domandò lui e l’altro si
fermò. Dopo qualche secondo, si voltò verso di
lui e sorrise.
-
Certo che non lo dirò. Ma
in cambio, mi dovrai un favore. – replicò Emanuel
e Harry alzò gli occhi al
cielo, dovendosi aspettare una cosa del genere.
-
Di cosa si tratta? –
-
Lo saprai tra qualche
anno. –
Ufficio
del Ministro della Magia
-Okay
ragazzi, cominciamo a cercare. Molte cose di papà sono
già state portate via ma
non ha importanza, perché di sicuro non avrebbe nascosto i
diari a vista.
Quindi, ci conviene cominciare dalle librerie e… Oberon, la
smetti di toccare
tutto? Potrebbero averci messo su qualche incantesimo
d’allarme! – Emerald, da
brava sorella maggiore qual era, aveva deciso di esercitare il suo
potere di
più grande per prendere in mano la situazione e
richiamò subito il fratello,
che sfiorava con le dita ogni oggetto che gli si parasse davanti. A
quel
rimprovero, Numero Sei sorrise.
- Vorrei
ricordarti, cara sorella, che il mio potere è
proprio questo: questi oggetti sono pieni di cose da raccontare.
– le disse
semplicemente e la ragazza roteò gli occhi, cominciando a
cercare per conto
suo. Accanto a lui, Harry lo osservava attentamente.
- Quindi riesci
a vedere tuo padre? – gli chiese e
Oberon annuì. Poteva vedere tutto: quando aveva spostato
quel determinato
libro, quante volte aveva utilizzato la penna stilografica che si
trovava sulla
scrivania… A detta di Oberon, gli oggetti raccontavano un
mondo.
- In tutto
ciò, come faremo a trovarli? Un mago
potente come lui non si fa fregare da incantesimi base o da un semplice
incantesimo di disillusione. – replicò Travis,
mentre cominciava ad osservare
vicino alla scrivania, per cercare di trovare possibili cassetti
nascosti o
altro.
- Non possiamo
saperlo. Di sicuro avrà usato di ogni
per nasconderli. – rispose Sheryl, che cercava nella libreria
insieme a Ophelia
e Felikz. A quelle parole, Katrina la guardò scettica.
- Siete sicuri?
E se non fossero nemmeno qui? –
domandò la mora e Numero Undici sospirò.
- Non abbiamo
scelta. Se i diari sono veramente
nascosti qui, la nostra unica possibilità è
cercare. -
Giardino
Lontano
dal casino della Sala Principale e della Sala da Ballo, Gabriel se ne
stava
seduto sui rami di una grande quercia vicino ad una delle aiuole
presenti nel
grande giardino del posto. Aveva evitato la zona centrale, quella della
fontana
e le panchine appena sotto la terrazza, in modo da allontanarsi il
più
possibile dalle persone. Aveva visto Elaija parlare nuovamente con
Andrew e
aveva sorriso, felice che suo fratello fosse rimasto in buoni rapporti
con l’ex
fidanzato. Nel vedere come fosse tranquillo il fratello minore, il
numero tre
non aveva avuto il coraggio di allontanarlo dalla conversazione,
decidendo così
di rintanarsi da solo nel giardino. Aveva sempre odiato le feste o i
balli che
venivano organizzati e, ancora di più, aveva odiato dover
fare la bella
statuina per il padre, fiero di mostrare i suoi dodici figli. O
esperimenti,
non vi era poi così tanta differenza.
-Allora qui ti
nascondi! – esclamò all’improvviso
qualcuno facendolo sobbalzare. Si voltò, notando il viso
sorridente di Mathias
e si tranquillizzò, avendo pensato di trovarsi di fronte uno
di quei
giornalisti della Gazzetta del Profeta. Cosa buffa, perché
era già successo, un
altro dei tanti motivi per i quali stava seduto in giardino, nella zona
meno
illuminata e nascosto dai rami dell’albero.
- Mathias, mi
hai spaventato. Ti avrei potuto
affatturare. – disse il rosso ma il fratello
scoppiò a ridere.
- Non ci crede
nessuno. Avrei potuto anche essere il
Signore Oscuro in persona ma non mi avresti fatto mai del male. Magari
dopo
tanta insistenza da parte mia, ma non sei credibile. –
rispose lui, mentre si
arrampicava sull’albero per sedersi accanto al fratello.
Gabriel sentì il viso
andare a fuoco e voltò lo sguardo dall’altra
parte, cercando di non farsi
vedere dal numero dieci. Fortunatamente per lui, l’altro non
se ne accorse,
troppo impegnato a cercare qualcosa nella sua tasca che doveva essere
stata
ingrandita da un incantesimo, visto che ormai il fratello ci aveva
infilato
quasi metà braccio. Con un piccolo grido di gioia, Mathias
tirò fuori due
pacchettini, che aveva creato lui con i tovaglioli di seta dei tavoli e
ne
porse uno a Gabriel, che lo guardò incuriosito.
- Ho visto che
sul tavolo si trovava una bellissima
torta con la crema Chantilly e non ho resistito a prenderne due grosse
fette.
Ho fatto fatica a prenderle perché, per Merlino,
c’era una folla immensa. Penso
ci fosse un famoso artista, Edgar qualcosa. –
dichiarò sorridendo mentre
scartava il suo pacchetto. Nel sentire quelle parole, il numero tre
arrossì
ancora di più ma, questa volta, si voltò verso
Mathias, che sbocconcellava
allegramente la sua torta, nonostante nei suoi occhi si potesse ancora
leggere qualche
scintilla di preoccupazione, che non aveva mollato il ragazzo da dopo
la sua
confessione. Gabriel notò immediatamente la loro stretta
vicinanza: poteva
sentire il calore dell’altro attraverso il braccio,
leggermente appoggiato al
suo. Come spinto da una forza sconosciuta, cercò di
avvicinarsi il più
possibile all’altro…
- Gabriel! Mi
spieghi dove cazzo sei finito?! – dallo
spavento preso per quell’improvvisa esclamazione, per poco il
rosso non cadde dall’albero,
salvato solamente da Mathias che l’aveva afferrato per il
braccio. I due
guardarono in basso, dove notarono Cameron che li osservava.
- E’
da un quarto d’ora che vi stavo cercando. – fece
il numero quattro in modo brusco, cercando di nascondere la
preoccupazione che,
fino ad un secondo prima, lo aveva colpito.
- Scusami Cam,
ma davvero non ce la facevo a stare lì
dentro ancora un minuto. – ammise imbarazzato Gabriel,
scendendo per poi essere
imitato dal numero dieci.
- Avevi bisogno
di qualcosa? – chiese Mathias, non
accorgendosi dell’occhiata che Cameron gli stava riservando.
- I membri
dell’Ordine pensano che qui ci siano le
persone che hanno attaccato casa nostra. Dobbiamo parlare di alcune
cose. –
rispose il rosso spostando lo sguardo sul gemello. Gabriel
annuì e, insieme a
Mathias, si incamminò, mentre Cameron li seguiva da dietro.
Numero Quattro
continuava a pensare a quando i due si fossero avvicinati
così tanto quando,
sovrappensiero, andò a scontrarsi con qualcuno, afferrandolo
prima che cadesse.
- Merda, mi
dispiace molto. Ti sei fatta male? – fece
lui non appena si accorse di aver urtato una ragazza. Quella gli mise
una mano
sul braccio e gli sorrise, segno che non si era fatta niente. Non
appena il
rosso si fu allontanato, lo sguardo della ragazza tornò
neutro e si guardò le
mani, dove cominciava ad apparire della polvere nera.
Adder, Red.
Diamo inizio alla festa.
Agosto
2018, Diagon Alley
Da qualche minuto, Harry attendeva pazientemente vicino
al negozio di bacchette di Olivander, aspettando la persona che gli
aveva dato
appuntamento. Con la punta della scarpa continuava a picchiettare per
terra
mentre, ogni tanto, si passava le dita tra i riccioli dorati.
Controllò
l’orologio un’altra volta nell’arco di
dieci minuti e sbuffò: aveva sempre
odiato i ritardatari e, come se non bastasse, odiava rimanere
lì fermo come un
allocco, mentre la gente gli passava accanto. Stava per ricontrollare
il suo
orologio per l’ennesima volta quando,
all’improvviso, sentì una folata di vento
dietro di lui.
-Perdona
il mio ritardo, ma
ho avuto un piccolo contrattempo. E’ da tanto che non ci
vediamo. – fece
Emanuel mentre si sistemava i capelli con la mano destra. Harry
sbuffò.
-
Sai che detesto aspettare
e si presuppone che se una persona fa un invito come minimo
è la prima ad
arrivare. – puntualizzò il biondo seccato, ma
l’altro fece spallucce, come a
sminuire la frase appena detta.
-
Sarà. Comunque sia, ti ho
chiesto di incontrarmi perché avrei una cosa molto
importante da chiederti. Sei
pregato di seguirmi. – replicò il più
grande e Harry, seppur titubante, decise
di fidarsi del suo ex compagno di scuola. I due si inoltrarono per le
vie
secondarie di Diagon Alley e, quando si avvicinarono
all’entrata di Nocturn
Alley, Harry si fermò bruscamente.
-Okay,
dimmi cosa sta
succedendo. Adesso. – sbottò lui ed Emanuel si
fermò, voltandosi verso il
biondo.
-
Sei ancora testardo come
ricordavo, lo sai? E va bene, ti dirò tutto. Quello che ti
sto per dire è
altamente riservato e non potrai dirlo a nessuno, intesi? –
fece quello e Harry
inarcò un sopracciglio.
-
Come faccio a sapere che
posso fidarmi? – domandò e l’altro gli
sorrise.
-
Mi devi ancora un favore,
no? – di fronte a quelle parole, Harry si ricordò
immediatamente di quando,
anni prima, il suo compagno lo aveva aiutato. Sospirò,
sapendo che non poteva
tirarsi indietro da quello, in quanto il suo onore e il suo orgoglio
glielo
impedivano. Così, ricevendo un sorriso di gratitudine,
decise di seguirlo.
Ufficio
del Ministro della Magia
-Niente,
niente, niente! Non abbiamo trovato niente, è stato tutto
inutile! – sbottò
Oberon tirando un calcio al muro. D’altronde, gli altri lo
capivano benissimo:
avevano passato le ultime tre ore a cercare nell’ufficio del
padre,
controllando in ogni angolo possibile ma non avevano trovato niente.
Dei diari,
nessuna traccia.
- A quanto pare,
papà era molto più furbo di noi. –
commentò Emerald, appoggiata alla scrivania accanto a
Travis. Katrina sospirò,
passandosi una mano tra i capelli nel vano tentativo di cacciare via lo
stress.
- Non vi viene
in mente nessun altro posto in cui
possa averli messi? – domandò la ragazza ma Lauren
scosse la testa.
-
Papà non ci ha mai detto niente riguardo ai suoi
affari, eravamo all’oscuro di tutto. Ci ha mentito sempre,
quindi perché non
farlo con questo? – fece Numero Otto con tono neutro,
dimostrando tutto l’astio
che aveva sempre provato per l’uomo.
- A quanto pare
mentire è un vizio di famiglia… -
commentò il numero sette e Travis lo guardò truce.
- Felikz,
piantala. – esclamò il dodici, ma Ophelia,
che si trovava accanto al fratello più grande, li
guardò stranita.
- Cosa dovete
dirci, ragazzi? – chiese, portando così
l’attenzione generale su di loro. Sorridendo pacatamente,
Felikz si voltò verso
il più giovane.
-
Perché non glielo dici tu, fratello? –
replicò e
Numero Dodici avanzò verso di lui, fermandoglisi di fronte.
Subito, Sheryl si
mise di fianco ai due, per evitare che iniziassero a litigare.
- Abbiamo
promesso che non avremmo detto niente. –
Travis assottigliò lo sguardo, cercando di fermare il
fratello dal suo
tentativo di spifferare il segreto di Cameron. Sapeva che, in
circostanze
normali, non lo avrebbe mai fatto, piuttosto si sarebbe tagliato la
lingua: ma
allora, cos’era successo di così sconvolgente da
aizzarlo come una vipera e per
di più contro un membro della sua famiglia? Il numero sette
fece per
rispondere, ma venne fermato da Numero Undici, che si mise in mezzo a
loro.
- Non so cosa vi
sia preso ma adesso calmatevi, non è
il momento per le vostre pagliacciate. E tu, - disse poi voltandosi
verso
Felikz, - ti conviene piantarla. Se sei arrabbiato perché
una persona di nostra
conoscenza, e sai a chi mi riferisco, ha dato attenziona a qualcuno che
non sia
tu, è perché sei talmente idiota da non riuscire
ad affrontare da solo quello
che effettivamente provi e sì, ce ne siamo accorti tutti.
– finito il discorso
della rossa, nell’ufficio non volava una mosca. Numero Sette
deglutì,
abbassando poi lo sguardo incapace di gestire quello della sorella.
Fece per
mormorare qualcosa, ma un improvviso rumore nel corridoio lo
fermò.
-
Cos’è stato? – domandò
Charlotte, affrettandosi per
prendere la sua bacchetta e imitata da Harry. Emerald, la
più vicina alla
porta, afferrò la sua bacchetta e uscì dalla
stanza, imitata poi dagli altri:
il corridoio era completamente deserto e, dove in teoria doveva
trovarsi la
guardia, adesso non vi era più nessuno. Numero Due fece
alcuni passi avanti per
controllare gli altri corridoi ma non trovò niente. Si
voltò verso i fratelli
per avvisarli ma, nel momento in cui si voltò, vide dietro
ai ragazzi un alone opaco,
dovuto ad una delle tante candele presenti ad illuminare il corridoio,
troppo
grande per essere solo un riflesso del pavimento lucido. In quel
momento, ebbe
una rivelazione.
Un incantesimo
di disillusione.
-Oberon, dietro
di te! – urlò la ragazza. Numero Sei
si voltò di scatto, evitando per un pelo la fattura che gli
avevano lanciato,
finita poi contro il muro. Da quel momento, scoppiò il caos,
alcuni maghi si
smaterializzarono nel corridoio, cominciando ad attaccarli da entrambe
le
parti. Si ritrovarono così in uno scontro diretto e Oberon
pensò che fossero
gli stessi maghi che li avevano attaccati alla Villa.
- E io che
pensavo di avere una serata
tranquilla. -
Sala
Principale, Criterion Restaurant
-Quindi
voi pensate che, chiunque vi abbia attaccato alla Villa, vi abbia
seguiti qui?
- domandò
Jem, mentre Elaija annuiva
fortemente.
- A questo punto
pensiamo che il colpevole
dell’omicidio di papà possa avercela anche per
noi. Il problema è che non
abbiamo neanche il minimo sospetto. – spiegò
Gabriel. Accanto a lui, Fëdor
sembrava pensieroso.
- Sarei dovuto
andare con loro… - mormorò il numero
uno, in ansia per l’idea di aver lasciato da soli i fratelli
più piccoli.
Scarlett, con fare materno, gli sorrise.
- Vedrai che se
la caveranno, sono tutti ragazzi molto
in gamba. – fece lei e il biondo le riservò un
sorriso di gratitudine.
-
L’unica speranza che abbiamo è che trovino i
diari.
Da quelli almeno possiamo partire a formulare delle ipotesi.
– Cameron era
l’unico che sembrava preoccupato per qualcos’altro:
aveva chiesto a Travis di
controllare Felikz per impedire che facesse qualche cavolata,
nonostante si
fidasse ciecamente del fratello più piccolo.
All’improvviso, uno scoppiò li
colse alla sprovvista e delle urla iniziarono a riempire tutta la sala.
I
ragazzi corsero verso la Sala da Ballo, dove era partito il tutto, e
rimasero
pietrificati: alcuni maghi e streghe, con i volti coperti da delle
maschere
nere, avevano cominciato ad attaccare le persone, che scappavano in
ogni
direzione possibile. Al centro della sala, vi si trovavano due maghi,
che
Scarlett e Cameron riconobbero subito essere i ragazzi che avevano
visto.
- Guarda Red,
sono arrivati tutti. Come previsto. –
esclamò la ragazza, osservandoli attentamente uno ad uno.
Fëdor, Cameron,
Mathias, Jem ed Emanuel si misero in prima fila. Senza aspettare alcun
segnale,
Numero Quattro usò il suo potere e, dopo aver creato delle
grosse nubi di
polvere nera, le scagliò contro i due ragazzi. Tuttavia, le
cose non andarono
come previsto: con sua grande sorpresa, la ragazza riuscì a
fermare le nubi,
dissolvendole nell’aria. Poi, come se niente fosse,
creò dalle sue mani delle
nubi nere. Maledettamente simili alle sue.
- E’
impossibile, dannazione! – esclamò Caleigh, mentre
Elaija osserva ad occhi sbarrati la scena.
- Ha il tuo
stesso potere… - sussurrò Mathias al
numero quattro, improvvisamente sbiancato. I due ragazzi si scambiarono
uno
sguardo d’intesa e in quel momento, dopo aver visto gli
sguardi preoccupati
degli altri, Fëdor si rese conto di una cosa: erano
completamente fottuti.
ANGOLO AUTRICE
Io non ho
più parole, davvero. Questo è un ritardo
vergognoso, lo ammetto. In questi due mesi è successo di
tutto e mi sono
trovata sommersa da tante cose. Ma non ho mai rinunciato a questo
capitolo, ho
fatto una promessa e sono decisa a mantenerla.
In questo
capitolo, scopriamo nel dettaglio la vita di
Harry, membro più giovane dell’Ordine e di tutta
la storia. So che alcuni
paragrafi risultano più corti di altri ma è stata
una mia scelta, dettata sia
dalla mancanza di tempo che dal bisogno di avere pezzi un po’
più “dinamici”,
passatemi il termine. Finiamo poi in bellezza! Avevo promesso
dell’azione ed
eccola qua!
Per questo
capitolo non ho domande per voi. Prima di
lasciarvi alla lista di nomi, però, ci tenevo ad avvisarvi
per una cosa: nei
prossimi mesi inizierò ad occuparmi di più delle
lezioni universitarie fino ad
arrivare alla sessione estiva. Ergo, fino a giugno/luglio non
toccherò le
interattive. Entro la fine del mese (inizio Aprile salvo imprevisti)
dovrei
aggiornare le altre due e poi bloccherò la scrittura.
Scusatemi davvero, so di
aver fatto sempre ritardi, ma questa volta è un motivo serio
e voglio
impegnarmi al cento per cento, per avere poi libera l’estate
e lavorare meglio
alle storie. Detto questo, ecco la lista dei fratelli:
Fëdor
Emerald
Gabriel
Cameron
Ophelia
Oberon
Felikz
Sheryl
Travis
Comunico che
sulla mia pagina Instagram rimarrò attiva
e, ogni tanto, posterò qualcosa, Nel frattempo, ci vediamo
al prossimo
capitolo! Bacioni,
__Dreamer97
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Capitolo 12 *** CAPITOLO 9 ***
CAPITOLO
9
“Il
momento giusto è all’improvviso.”
Dicembre
2001, Scantinato, Villa Olympus,
Il leggero ticchettio delle scarpe del Signor McKinnon
risuonò per l’intera casa, dando
all’ambiente un’atmosfera ancora più
sinistra.
Deciso, l’uomo si stava dirigendo verso il piano interrato
della Villa, dove si
trovava attualmente Numero Sette per il suo addestramento. Superate le
scale
che portavano al piano di sotto, il mago percepì solo il
silenzio e storse il
naso infastidito, credendo subito che il bambino, di sei anni compiuti
da due
mesi, si fosse addormentato. Accelerando il passo, Richard raggiunse la
porta
dello scantinato e, con un incantesimo, la aprì:
notò subito la figura minuta
di Felikz che, rannicchiato contro la parete di fondo, osservava il
vuoto con
gli occhi sgranati, mentre tremava leggermente per il freddo della
stanza.
-Numero
Sette, hai avuto
progressi? – domandò il Signor McKinnon e, nel
sentire l’improvvisa voce di suo
padre, il bambino alzò subito lo sguardo, piantandolo in
quello serio
dell’uomo.
-
Io… Ci ho provato… Ma non
mi riesce… Ho paura a stare qui da solo. – rispose
Felikz tirando su con il
naso, mentre gli occhi si riempivano di lacrimoni. Tuttavia, quella
scena non
servì ad intenerire l’uomo, che sospirò
abbastanza seccato.
-
Numero Sette, ne abbiamo
già parlato. Come pensi di poter fare parte
dell’Umbrella Academy se non riesci
a creare un portale in grado di poter salvare i tuoi fratelli? Senza di
te
potrebbero farsi del male, è questo quello che vuoi?
– domandò e il bambino,
che teneva molto ai suoi fratelli e alle sue sorelle, negò
immediatamente.
-
Non voglio che si facciano
male… Ma non riesco a crearlo, non posso controllarlo!
– esclamò il numero
sette, cominciando a piangere. Quasi un mese prima, aveva creato un
piccolo
portale all’interno della cucina della Villa, destando subito
l’interesse del
Signor McKinnon: così come era stato trovato, Felikz era
stato il settimo
bambino a mostrare per la prima volta il suo potere speciale. Da
allora, aveva
cominciato il suo addestramento, che si svolgeva regolarmente
all’interno dello
scantinato.
-
Se riuscirai ad uscire di
qui da solo, allora potrai smettere il tuo addestramento. Ma fino ad
allora,
Numero Sette, rimarrai qui dentro. – fece Richard, uscendo
dalla stanza e
chiudendosi la porta alle spalle. Nel notare quel gesto, Felikz si
fiondò verso
l’uscita, cercando di recarsi fuori, ma fu troppo lento.
Così, immerso
nuovamente nel buio, il bambino cominciò a prendere a pugni
la porta mentre,
terrorizzato, urlava al padre di lasciarlo uscire. Dopo qualche minuto,
capendo
che l’uomo non sarebbe tornato a liberarlo, si
accasciò al suolo, piangendo
ancora di più mentre si rannicchiava contro la parete. Per
gli anni a venire,
quell’addestramento gli sarebbe rimasto nella mente e,
difficilmente, se ne
sarebbe andato.
20
novembre, Reparto Avvelenamento, Terzo Piano, Ospedale San Mungo, Londra
Il leggero rumore di passi che si
sentiva nel corridoio dell’Ospedale continuava a rimbombare
nella testa di
Emerald, la quale non era abituata a tanto silenzio. Gli ospedali non
le erano
mai piaciuti, li trovava tristi, con troppo dolore ad impregnare le
pareti
bianche, neutre come lo era quel luogo. Si ricordava ancora di quella
volta
quando, a quattro anni, Elaija aveva rischiato la morte, o quando
Cameron,
durante il sesto anno, era finito lì dopo una brutta caduta
durante una partita
di Quidditch. Seduti sulle poltroncine come lei, gli altri membri
dell’Umbrella
Academy e alcuni dei ragazzi dell’Ordine di Morgana
attendevano con ansia
l’arrivo di qualche medico o, almeno, di qualche segno
positivo.
-Quanto
cavolo ci stanno impiegando, dannazione. –
borbottò Jem, trattenendo l’impulso
di tirare fuori una sigaretta: d’altronde, si trovava sempre
in un ospedale.
Fortunatamente,
qualche minuto dopo, Emerald vide Charlotte, che per tutto il tempo era
stata
seduta tra Fëdor e Harry, alzarsi velocemente, dirigendosi
verso una figura,
una donna dai capelli ramati, che camminava nella loro direzione: a
giudicare
dalla divisa color lime, la donna era un medico della struttura e,
sempre a
giudicare dalla sua espressione sorpresa, si capiva perfettamente che
conoscesse la ragazza dai capelli rossi.
-Quella
chi è? – sentì chiedere da Lauren,
osservando come le due avessero cominciato a
parlare. A rispondere ai suoi dubbi, fu Harry.
-
Quella è la sorella di Charlotte, Coraline. –
disse semplicemente il biondo,
facendo sgranare gli occhi ai membri dell’Umbrella, che
però non poterono dire
niente, in quanto Charlotte stava tornando verso di loro, mentre il
medico
entrava nel reparto, dove loro stavano aspettando.
-
Ha detto che adesso andrà a controllare le sue condizioni.
Tra poco verrà a
dirci qualcosa. – spiegò la pozionista, cercando
di ignorare gli sguardi degli
altri. A quel punto, Emerald sospirò, sollevata: finalmente,
avrebbero
conosciuto le condizioni di Numero Sei.
19 Novembre,
Corridoio del primo piano, Criterion
Restaurant, Londra
Cercando di non voltarsi indietro
per non perdere velocità, Caleigh correva tra i corridoi del
locale, cercando
di sfuggire ai due maghi che la stavano inseguendo. Maledì
mentalmente il
vestito che indossava che, nonostante fosse corto, le limitava i
movimenti; per
quanto riguardava i tacchi, quelli li aveva buttati già da
tempo, per non
rischiare di inciampare. Ad un certo punto, per cogliere di sorpresa i
due
uomini, si voltò di scatto, lanciando in contemporanea una
fattura che riuscì a
colpire i due inseguitori. Soddisfatta, si girò di nuovo per
correre via,
andando però a sbattere contro qualcuno che correva nella
sua direzione.
-Ahi!
Porco Merlino che botta! – esclamò lei
massaggiandosi una spalla.
-
Caleigh, ti sto cercando da una vita, mi stavo preoccupando!
– esclamò Emanuel,
a quanto pare la persona con cui si era scontrata. La ragazza si
sentì subito
sollevata nell’aver trovato un compagno.
-
Mi dispiace, ma quei due ce l’avevano con me e stavo cercando
di allontanarli.
Gli altri come stanno? – domandò subito la
Medimaga, seguendo il suo compagno
che, nel frattempo, si era mosso per il corridoio.
-
Gli altri per adesso bene, ma anche loro hanno dei problemi…
Ma tu invece,
perché non ti sei smaterializzata? –
-
E’ come se qualcuno avesse messo una specie di campo di forza
attorno
all’edificio e non riesco a farlo… - a quelle
parole, il moro si voltò verso di
lei confuso.
-
Come i poteri di Lauren? – chiese e la ragazza
annuì.
-
O Lauren ha creato un campo prima di andare al Ministero, oppure qui
qualcuno
la sta emulando. – nell’andare, i due videro
Fëdor combattere con una strega,
riuscendo a stordirla con una fattura.
-
Fëdor! Stai bene? – domandò il Capo
dell’Ordine e Numero Uno annuì.
-
Ho perso di vista gli altri, ci hanno colti di sprovvista…
Dovrei andare al
Ministero a controllare. – disse il biondo ma Caleigh scosse
la testa.
-
Non sappiamo se anche lì sono stati attaccati. In ogni caso,
se la sanno
cavare, sono forti. Non abbiamo nulla di cui preoccuparci. -
Primo
Livello, Ministero della Magia, Londra
Attorno a sé, Lauren poteva
percepire benissimo i pensieri dei suoi fratelli e dei suoi amici. Da
quando era
cominciato lo scontro la sua testa aveva cominciato a pulsare, piena
delle
emozioni e delle sensazioni delle persone che la circondavano.
Tuttavia, aveva
ormai imparato da tempo come gestire la situazione ed in quel momento,
mentre
lanciava un incantesimo dopo l’altro, si preoccupava di
intercettare solamente
i pensieri dei suoi fratelli e amici. Vide Charlotte e Harry, fianco a
fianco,
braccati da cinque maghi e decise quindi di utilizzare i suoi poteri,
riuscendo
così a spingere lontano i nemici e a liberare i due ragazzi,
che la ringraziarono
con un cenno. All’improvviso, nella sua testa
percepì dolore e subito si voltò,
alla ricerca di suo fratello Oberon. Appena lo trovò,
sgranò gli occhi,
trattenendosi dall’urlare: suo fratello era a terra, alcune
vene visibili ad
occhio nudo e di uno strano color verde. Accanto a lui, Travis cercava
di
svegliarlo, scuotendolo per far sì che aprisse gli occhi. A
quella visione, spostò
subito lo sguardo, trovando di fronte a sé un ragazzo alto
che, a giudicare dal
sorriso, doveva trattarsi del responsabile. Il corvino alzò
una mano, pronto
subito ad intervenire, ma Lauren fu più veloce.
-Diffindo!
– urlò la ragazza e dalla sua bacchetta
partì un raggio che colpì il braccio
del ragazzo, ferendolo. Questi, colto alla sprovvista, gemette dal
dolore e si
voltò subito per osservarla: portava addosso una maschera
nera, impedendo così
di essere riconosciuto. Lauren alzò ancora la bacchetta ma,
prima che potesse
lanciare un nuovo incantesimo, quello si smaterializzò.
Senza neanche
preoccuparsi di quello, Numero Otto corse verso Travis che tentava
ancora invano
di risvegliare il fratello.
-
È come con Elaija, i miei poteri non funzionano! –
sbottò Numero Dodici,
tentando in tutti i modi di attivare il suo potere.
-
Cosa è successo? – domandò Lauren
preoccupata, mentre cercava in qualche modo
di controllare i segni vitali di suo fratello prendendogli il polso, vi
era
ancora battito.
-
Stavamo combattendo e, ad un certo punto, quello è sbucato
dal nulla e ha fatto
qualcosa ad Oberon, ma non so cosa! – ribatté il
dodici quasi sull’orlo di una
crisi nevrotica. Tuttavia, non aveva senso pensarci in quel momento:
dovevano salvare
Oberon. Così, Lauren mandò un messaggio a Felikz,
che subito si smaterializzò
vicino a loro. Prima che potesse dire qualcosa, la ragazza
parlò.
-
Feli, mi serve che tu lo porti subito al San Mungo, ha bisogno di
essere curato!
– esclamò lei e Numero Sette, senza chiedere
niente, afferrò il fratello e si
smaterializzò, lasciando Numero Otto e Numero Dodici da soli.
-
Forza, - disse Travis, con il fuoco negli occhi, - facciamo il culo a
questi
stronzi. –
2005,
Stanza di Uno, Villa Olympus
-Perché
lo devo fare io? – domandò
preoccupato Felikz osservando i suoi fratelli, che si trovavano di
fronte a lui
e che si aspettavano una risposta. Quel giorno, sotto la ferrea e
inalterabile
decisione del padre, i ragazzi si erano dovuti far tatuare il simbolo
dell’Umbrella Academy, un ombrello nero all’interno
di un cerchio del medesimo
colore, sul braccio destro, per rappresentare la loro appartenenza. Per
“combattere” quel simbolo, Mathias aveva proposto
di creare un loro simbolo da
tatuarsi e Gabriel, visti tutti i libri che leggeva, aveva avuto la
brillante
idea di utilizzare i Tarocchi e di affidare ai vari fratelli un Arcana
Maggiore. Così, Cameron, Mathias, Elaija e Travis, con
l’aiuto di Felikz che
era stato utilizzato per il trasporto, erano riusciti ad arrivare fino
a
Bloomsbury, dove avevano trovato un piccolo negozio di tatuaggi. A quel
punto,
Cameron aveva creato una nube nera che aveva completamente riempito il
locale
mentre Mathias, grazie alla sua velocità, era riuscito a
prendere tutte le
attrezzature – non sapeva cosa servisse, per questo aveva
praticamente preso
quasi tutto – ma le avrebbe riportate indietro, non era mica
un ladro.
In
quel momento, si trovavano tutti
chiusi nella camera di Fëdor, con quest’ultimo e
Oberon che avevano chiesto a
Numero Sette di fare i tatuaggi a tutti i fratelli.
-Pensaci
Feli, sei l’unico qui che sa
disegnare perfettamente e che ha mano ferma. Ci stiamo mettendo nelle
tue mani
e abbiamo piena fiducia in te. – Numero Sei lo guardava
implorante, cercando di
ignorare il “non proprio tutti” di Travis,
prontamente schiaffeggiato da
Lauren, e Felikz sospirò, sapendo che i due sarebbero andati
avanti
all’infinito.
Alla
fine, quattro ore e mezza dopo,
tutti e dodici si ritrovarono due tatuaggi sulle braccia: uno, avrebbe
simboleggiato la loro appartenenza all’Umbrella Academy,
mentre l’altro,
diverso per ognuno ma simile agli altri, avrebbe sempre ricordato loro
il
legame che condividevano.
Ministero della
Magia
Ophelia stava
lanciando
incantesimi con una furia che non aveva mai avuto: non appena aveva
visto
Oberon cadere a terra e Travis corrergli incontro, aveva subito intuito
che
qualcosa di grave doveva essere successo. Così, accecata
dalla rabbia, aveva
smesso di utilizzare la bacchetta, passando all’utilizzo dei
suoi poteri
speciali: il corridoio si era ritrovato presto illuminato dai fulmini
che la
ragazza creava, colpendo ogni mago che minacciava lei e gli altri. Di
fianco a
lei, Emerald continuava ad usare la bacchetta, cercando solo il momento
adatto
per poter utilizzare il suo potere. Ophelia scagliò una
fattura ad una donna che
si trovava di fronte a lei, ma quest’ultima fu veloce a
spostarsi. Fece per
lanciare un incantesimo a Numero Cinque ma, prima che Ophelia potesse
fare
qualcosa, Felikz le apparve vicino e la strinse a sé,
teletrasportandosi per aiutarla.
Ricomparvero qualche metro più in là ed Emerald
li raggiunse.
-Però,
che salvataggio! – esclamò Numero Due
scostandosi una ciocca di capelli dal viso sudato.
- Come sta
Oberon? – domandò subito la bionda e Numero
Sette fece una smorfia.
- Non bene.
È stato avvelenato, se non ho capito male,
ma non so come sia successo… - spiegò il ragazzo,
guardandosi attorno per
evitare che qualcuno li attaccasse.
- Penso che
faccia parte dei nati come noi, ne sono
sicura. Travis non è riuscito a fare niente, come
l’altra volta. – replicò Emerald,
mentre muoveva la bacchetta per lanciare un incantesimo ad una strega
che li
stava attaccando.
- Sono in
troppi, così non riusciremo mai a fermarli! –
sbottò la mora e a Felikz venne improvvisamente
un’idea.
- Ophelia, crea
della nebbia per impedire loro di
poterci vedere. Al resto ci pensiamo io ed Em. – Numero
Cinque lo guardò
stranita, ma decise comunque di dar retta al fratello. Chiuse gli occhi e in
pochissimi secondo un
folto strato di nebbia stava riempiendo il corridoio. La bionda
sentì subito quei
maghi borbottare qualcosa ma durò poco, in quanto
sentì un potente ruggito
rimbombare per le pareti. In mezzo alla nebbia, poteva benissimo vedere
la
linea sinuosa della tigre di Emerald, o aurea azzurrina creata da
Felikz quando
si teletrasportava. Così, ormai piena di adrenalina,
ricominciò a scagliare fulmini
contro i suoi nemici.
- Diamo inizio
alle danze. –
Sala Principale,
Criterion Restaurant
-Scarlett, tutto
ok? –
nel sentire la voce preoccupata di Jem, Scarlett si girò,
vedendolo subito
correre nella sua direzione insieme a Fëdor. Nel vederli, la
donna si sentì
subito sollevata.
- Io sto bene,
non preoccupatevi, sono abituata. Come Auror
vedo di peggio. – si sbrigò a dire, non volendo
preoccuparli ancora più del
necessario. In seguito, con un cenno della testa, la bionda
indicò la folla di
gente che si diffondeva da tutte le parti in preda al panico.
- Dobbiamo
evacuare il posto ed evitare che la gente
si faccia male da sola. Cercate di prendere tempo. – i due
annuirono e si
misero all’opera. Mentre Scarlett aiutava la gente a fuggire,
i due stavano
pronti, con le bacchette in mano, per evitare di essere colti di
sorpresa.
- Può
davvero esserci un altro nato come voi con gli
stessi poteri di Cameron? – domandò
l’insegnante e il biondo scosse la testa.
- Non credo.
L’unico che aveva una possibilità di
avere gli stessi poteri di Cam è Gabriel, ma anche lui ha
avuto poteri diversi.
O è una specie di incantesimo potente,
altrimenti… può rubare i nostri poteri.
–
ammise Numero Uno. Ad un tratto, l’intera sala
cominciò ad essere ricoperta da
una nube nera e Fëdor pensò inizialmente a suo
fratello, pensando a come mai
stesse facendo una cosa del genere. Fu solo quando vide la nube
scagliarsi
contro di loro che capì.
- Jem, attento!
– gridò e l’altro uomo fu veloce a
lanciare un incantesimo di protezione, impedendo così alla
nube di avvolgerlo.
- Uffa, siete
così noiosi… Mi fate quasi addormentare.
– disse una voce, che i due collegarono immediatamente alla
ragazza che li
stava attaccando.
- Fatti vedere,
brutta stronza! – urlò Jem, guardandosi
intorno per cercare di vederla. Nel mentre, continuava a bloccare la
nube.
- Non lasciare
che la polvere ti avvolga, altrimenti
potrà vedere tutte le tue paure e controllarti. –
gli comunicò Fëdor,
conoscendo bene il potere di Numero Quattro.
- Complimenti,
Numero Uno, vedo che conosci bene
questo potere. D’altronde, hai anche cercato di combatterlo.
– continuò la
ragazza, decidendo finalmente di mostrarsi ai due ragazzi. Il lungo
abito blu
che indossava risaltava ancora di più la sua carnagione
pallida, facendola assomigliare
ad una bambola di porcellana.
- Che cosa
volete? – domandò Fëdor tenendo i suoi
occhi incollati su di lei.
- Pensi che io
sia così stupida da dirtelo? Ti facevo
più sveglio, Numero Uno. – ribatté lei,
sempre con lo stesso tono monotono.
- Ti proclami
ancora a capo della tua famiglia, eppure
non sai nemmeno se in questo momento gli altri al Ministero stiano
bene… -
messo di fronte a quelle parole, il ragazzo si ritrovò senza
nulla da dire, mentre
i dubbi cominciavano ad assalirlo. Tuttavia, prima che potesse chiedere
qualcosa, la ragazza si smaterializzò, portando con
sé la nube nera.
-
Fëdor, non credere minimamente a quello che ti ha
detto, può averlo fatto per mandarti in crisi! –
esclamò Scarlett, che aveva
sentito tutta la conversazione, mentre li raggiungeva.
- Devo andare a
controllare se stanno bene. – disse lui,
venendo però fermato da Jem.
- Non puoi fare
una cosa del genere, ti devi calmare. –
provò l’uomo, ma senza successo.
- Sono i miei
fratelli e sono il maggiore e devo
sapere se stanno bene… -
- Anche qui ci
sono i tuoi fratelli! – sbottò ad un
certo punto Scarlett, lasciando Numero Uno senza parole, spingendo la
donna a
continuare.
- Elaija,
Gabriel, Cameron e Mathias si trovano qui da
qualche parte e anche loro avranno bisogno del tuo aiuto. Non puoi
essere in entrambi
i posti. Occupiamoci prima di questi pazzi e poi andremo ad aiutare
loro. –
Numero Uno non
era molto convinto, ma sapeva che Scarlett
aveva ragione: i suoi fratelli erano lì da qualche parte e
avevano bisogno di
lui.
Ministero della
Magia
Dopo
che Felikz si era smaterializzato con Oberon per portarlo al San Mungo,
Lauren
e Travis avevano ripreso la battaglia. Travis era agguerrito, avendo in
sé il
desiderio di vendicare suo fratello. Tuttavia, un movimento
attirò la sua attenzione
e subito si mosse verso Sheryl, in difficoltà contro un mago
che la stava tartassando
di incantesimi.
-Stupeficium!
– urlò Numero Dodici e riuscì a colpire
il tipo, scaraventandolo a qualche metro più in
là.
- Sheryl, stai
bene? – domandò correndo verso di lei:
la ragazza aveva una lunga ferita alla testa e il colore brillante del
suo
sangue risaltava ancora di più sulla sua pelle lattea.
Subito Travis sgranò gli
occhi, ma Numero Undici fece un piccolo gesto con la mano.
- Travis, sto
bene, è solo un graffio. Mi sono
distratta un attimo e sono stata colta di sorpresa, niente di grave.
– tentò di
spiegare, ma si zittì subito non appena sentì la
mano di lui sulla sua guancia,
in prossimità della ferita. Subito venne travolta da una
sensazione di leggero
torpore e il dolore alla testa passò, come se non fosse mai
esistito.
- Adesso
è tutto a posto. – commentò lui
guardandola
negli occhi e lei si ritrovò costretta a voltarsi per
impedire a Travis di
notare il suo rossore.
- Gli altri dove
sono, stanno tutti bene? – chiese lei
per cambiare argomento e il silenzio che incontrò come
risposta la preoccupò.
Si girò nuovamente verso Numero Dodici, che ora aveva
un’espressione cupa in volto.
- Hanno ferito
gravemente Oberon. Felikz si è
smaterializzato per portarlo al San Mungo, ma è abbastanza
grave. – disse e la
rossa sentì il sangue gelarsi nelle vene.
- Ferito? Come
è possibile? – fece lei senza parole.
- È
come noi, Sheryl. È uno dei nati il 31 ottobre. –
pronunciò e Numero Undici rimase ancora a bocca aperta, non
sapendo cosa dire.
Fin da quando avevano iniziato ad indagare sulla morte di loro padre,
Sheryl
aveva sempre avuto la certezza che niente avrebbe potuto attaccarli.
Tuttavia,
con Oberon ferito e nessuna informazione sui fratelli rimasti al
locale, le sue
certezze erano scomparse.
Giugno
2011, Ufficio della Preside, Hogwarts
Da quando aveva ottenuto il ruolo di Preside, Minerva
McGranitt aveva fatto di tutto per poter riportare Hogwarts al suo
stato
originale. Dopo anni di sacrifici, la donna era riuscita nel suo
intento ed ora
la scuola vantava nuovamente del prestigio di una volta. Tuttavia,
oltre a
quello, aveva ottenuto anche certi elementi, che un po’
ricordavano alla strega
dei suoi vecchi alunni: dodici ragazzi, quattro ragazze e otto ragazzi
attualmente del V anno, avevano suscitato lo stupore di tutti
all’interno della
scuola e, in quel momento, uno di loro, fasciato dalla divisa nera e
gialla,
sedeva a capo chino di fronte a lei. Non appena era venuta a conoscenza
di
quello che era successo quella stessa mattina, la donna aveva sospirato
sconsolata: era l’ultima settimana di scuola e, sinceramente,
aveva sperato
ardentemente di finire senza guai.
-Lei
sa perché si trova qui,
signor McKinnon? – domandò Minerva e il ragazzino
annuì, i capelli che gli
coprivano parte del viso.
-
Preside McGranitt, posso
spiegarle… - cominciò a dire il ragazzino ma la
donna scosse la testa.
-
Ha attaccato un altro suo
compagno di scuola, che ora si trova in Infermeria. Se fosse successo
qualcosa
di più grave, lei avrebbe rischiato la sospensione con
conseguente bocciatura
o, come credo, anche l’espulsione. –
continuò la donna, mentre lo studente si
irrigidiva improvvisamente. A quel punto, la strega sospirò.
-
Felikz, scusami se entro
in informalità, ma non è la prima volta che
succede una cosa del genere.
Tuttavia, non mi sembri proprio un ragazzo sconsiderato ed impulsivo.
–
-
Mi dispiace davvero tanto,
Professoressa, giuro che non succederà più, e
inoltre… -
-
Che cosa pensi di fare
l’anno prossimo? Hai già scelto quali materie
continuare a seguire? Sai già
cosa vuoi fare una volta terminata la scuola? – a quelle
domande, Felikz
interruppe la sua linea di scuse, cominciando ad osservare la donna
come se
fosse impazzita.
-
Materie? Ehm, non lo so.
All’inizio volevo diventare Auror, ma non credo di aver
superato i G.U.F.O. E
comunque, penso che rimarrei nell’Umbrella
Academy… Non penso che mio padre ci
lasci intraprendere altre strade. - disse il ragazzo, già
pensando al suo
futuro all’interno dell’Accademia. A quel punto,
Minerva prese un respiro
profondo.
-
Non dovrei dirlo adesso,
ma hai ottenuto una O in Difesa Contro le Arti Oscure, Trasfigurazione
e
Pozioni, mentre una E in Erbologia, Incantesimi e Cura delle Creature
Magiche.
Nelle altre hai una A, ma comunque hai ottenuto i G.U.F.O. in tutte le
tue
materie, dovresti esserne orgoglioso. – disse lei sotto lo
sguardo attonito di
Felikz: sapeva di non essere bravo come Lauren o Ophelia o Gabriel, ma
si era
sempre impegnato per raggiungere delle ottime valutazioni. Sapeva anche
che il
suo problema principale non era lo studio, ma il comportamento, cosa
che gli
penalizzava sempre i voti. Di fronte allo sguardo stupito di Felikz, la
Professoressa sorrise.
-
Vedi Felikz, so che avete
sopra di voi la pressione della vostra famiglia, ma dovete anche
pensare a voi
stessi. Comincia a seguire i corsi per diventare Auror. Ovviamente,
dovrai
impegnarti come tutti gli altri e di sicuro migliorare alcuni aspetti
del tuo
“comportamento”. Detto questo, è libero
di andare. Buona estate. – Felikz
ringraziò la donna e, dopo essersi alzato, la
ringraziò nuovamente per poi
dirigersi velocemente verso il suo dormitorio, a prendere le sue cose
per poter
tornare a casa. Solo lui poteva decidere del suo futuro e avrebbe fatto
di
tutto pur di riuscire a realizzarlo.
Sala
da ballo, Criterion Restaurant
Elaija
si guardò intorno, cercando qualche viso familiare tra i
tanti sconosciuti.
Nella Sala da ballo, dove attualmente si trovava, regnava il caos:
sedie e
tavoli ribaltati, cibo e bevande sul pavimento. Nel vedere quello,
aveva capito
che l’intento di quelli che li avevano attaccati non era
quello di ferire le
persone lì presenti, ma di colpire loro. O di distrarli da
qualcosa.
-El! –
Numero Nove si sentì chiamare da una voce
conosciuta e si voltò, riconoscendo subito Emanuel e
Caleigh. Fece per aprire
bocca, ma il Capo dell’Ordine lo prese per un braccio e quasi
lo strattonò.
- Non puoi stare
così in piedi in mezzo alla sala, ti
farai uccidere! – gli disse il moro, con uno sguardo che al
moro ricordò quello
che Fëdor gli rifilava quando lo beccava a fare marachelle. Il
viso di Elaija
si corrucciò, infastidito nell’essere trattato
come un bambino, ma prima che
potesse dire qualcosa venne ancora trascinato da Emanuel, mentre
Caleigh
lanciava degli incantesimi verso degli uomini che li stavano
attaccando.
Tuttavia, alcuni maghi comparvero di fronte a loro ed Emanuel e Elaija
presero
le loro bacchette, pronti ad attaccare. Vennero lanciati i primi
incantesimi e
lampi di luce blu e rossi attraversarono la stanza, cercando di colpire
l’avversario. Ben presto, i tre ragazzi si trovarono subito
circondati, in
netta minoranza rispetto ai maghi nemici. Elaija si guardò
intorno, notando
subito come Emanuel e Caleigh si trovassero in difficoltà e
in quel momento non
sarebbero mai stati efficaci come i primi. Così,
cercò di concentrarsi per
trovare un’idea che li avrebbe fatti uscire vivi e fu in quel
momento, che si
rese conto di una cosa: in tutta la sala, echeggiavano i rumori della
battaglia, il suono dei vetri che si infrangevano, ma anche suoni di
esplosioni, incantesimi, persino il vento che passava attraverso le
finestre
ormai distrutte. Così, come gli era stato insegnato, chiuse
gli occhi,
lasciando che quella melodia, che poteva sentire solo lui, si
amplificasse, in
modo tale da interrompere quell’attacco.
Emanuel si rese
subito conto che qualcosa stava
cambiando nell’aria quando vide gli uomini e le donne che li
attaccavano
portarsi le mani alla testa, in un disperato tentativo di bloccare
qualsiasi
orribile suono stessero sentendo in quel momento. Tuttavia, Emanuel non
riusciva a capirli, perché lui stava ascoltando
tutt’altro, ovvero una dolce
melodia, come se si trovasse circondato da un’orchestra in
pieno svolgimento di
un concerto. Quasi calmo, addirittura rilassato, si voltò,
trovandosi di fronte
l’espressione feroce di Numero Nove, che stava utilizzando il
suo potere per
salvarli. Ad un tratto, i maghi caddero a terra privi di sensi, come
dei
burattini ai quali erano stati tagliati i fili e, solo in quel momento,
il viso
di Elaija si rilassò, guardandosi poi intorno per accertarsi
delle condizioni
dei due compagni.
-Sono svenuti
per i rumori? – domandò il Capo
dell’Ordine e il numero nove negò, spiegando
subito a gesti le forti emozioni
di terrore e paura che aveva voluto far sentire, mentre a loro, per
evitare
danni, aveva cercato di trasmettere pace.
-Però,
se avessi saputo che eri così agguerrito, ti
avrei aizzato prima. – commentò Caleigh,
strabiliata dalle doti del ragazzo. Il
biondo fece un piccolo sorriso imbarazzato e mosse leggermente la
testa, come a
voler ringraziare la ragazza delle sue parole. Anche Emanuel sorrise.
- Se non fosse
così dotato, non sarebbe un membro
dell’Umbrella Academy. Forza, occupiamoci degli altri.
Dobbiamo impedire che
qualcuno si faccia male. -
Ministero della
Magia
Charlotte si
trovava da
sola a girovagare per i corridoi del Ministero. Sapeva che non avrebbe
dovuto
allontanarsi da sola, ma aveva visto il ragazzo che aveva ferito Oberon
allontanarsi dallo scontro, così aveva deciso di seguirlo.
Con la bacchetta in
mano per non trovarsi impreparata, Charlotte controllava ogni singolo
angolo
del luogo, cercando anche il minimo movimento.
-Bene bene,
qualcuno si è staccato dall’alveare. Anche
se non era chi mi aspettavo. – pronunciò una voce
alle sue spalle e la ragazza
si voltò, ritrovandosi faccia a faccia con il ragazzo, che
la guardava
sogghignando, nonostante il volto fosse coperto dalla maschera.
- Lasciatelo
dire, sei un pezzo di merda. – replicò la
rossa puntandogli contro la bacchetta. A quel gesto, il corvino
scoppiò a
ridere.
- Volgare come
sempre, Charlotte? Non si addice ad una
signora. – nel sentirsi chiamare per nome, Charlotte
sussultò leggermente,
cercando invano di non darlo a vedere.
- Come consoci
il mio nome? – chiese quindi e lui la
guardò sorridendo.
- Io so tutto di
voi, mio piccolo raggio di sole. Siete
stati bravi voi dell’Ordine a nascondervi dal mondo intero.
Ma non avete fatto
i conti con noi. – Charlotte aggrottò le
sopracciglia ma, improvvisamente, si
ritrovò scaraventata all’indietro, finendo poi per
picchiare la testa contro il
pavimento. Gemette dal dolore e si portò una mano al naso,
che già perdeva
sangue. Con la testa che girava, iniziò a cercare la sua
bacchetta, scappata
dalle sue mani, mentre il ragazzo cominciava ad avvicinarsi a lei.
Quando lui
le fu distante solo qualche metro, alzò la becchetta,
puntandola verso di lei.
Tuttavia, prima che potesse fare qualcosa, la bacchetta gli
volò di mano e,
dopo averla vista volare, si girò trovandosi Katrina e Harry
che gli puntavano
contro le bacchette. Contemporaneamente, i due lanciarono due
incantesimi
differenti, ma il ragazzo fu più veloce di loro, riuscendo a
smaterializzarsi
prima di essere attaccato. Non appena rimasero soli, i due si recarono
subito
dall’amica.
- Ti ha dato di
volta il cervello? Potevi farti ammazzare!
– iniziò a gridare Harry preoccupato e Charlotte
si portò una mano alla testa. Nel
notare la scena, Katrina tirò uno schiaffò sulla
testa del biondo.
- Sono questi i
modi? – fece lei e lui la guardò
truce.
- Kat, dovresti
essere arrabbiata, ha rischiato la sua
vita! –
- Certo che sono
arrabbiata, ma è ferita e non è urlando
che risolveremo le cose. Charlotte, dobbiamo curare quella botta.
– di fronte
al tono duro utilizzato dal Vice-Capo, Harry si era ammutolito,
ritrovandosi però
a darle ragione: non appena vide la sua migliore amica a terra, aveva
quasi
perso la ragione. Aveva già perso troppe persone a lui care,
non era disposto a
perderne altre.
Giardino,
Criterion
Restaurant
Gabriel si
trovava
nascosto dietro le siepi dell’immenso giardino, spiando ogni
tanto al di là
delle foglie. Si stava nascondendo dalla ragazza bionda che li aveva
attaccati
e che, in quel momento, stava utilizzando il potere di suo fratello. Specchio,
fu la prima cosa che gli era venuta in mente non appena
l’aveva vista
all’opera.
All’improvviso,
sentì dei passi accanto a lui e prese
in mano la sua bacchetta. Tuttavia, alla vista dei numeri quattro e
dieci, tirò
un sospiro di sollievo.
-Stai bene?
– chiesero in contemporanea i due,
scambiandosi poi un’occhiata sbilenca. A Gabriel
però non sembrava importare in
quel momento, in quanto si sentiva sollevato dalla presenza degli altri
due.
- Io sto bene,
ma la ragazza sa che mi sono nascosto
qui. È un miracolo che non vi abbia beccato. –
replicò Numero Tre, dandosi
ancora un’occhiata in giro. Nel sentirla nominare, gli occhi
del gemello si
fecero ancora più scuri.
- Quella brutta
stronza. Io non posso fare niente, ha
i miei stessi poteri! –
- Ti sbagli.
– a quelle parole, entrambi i gemelli si
voltarono verso Mathias, che aveva lo sguardo di chi si era appena
ricordato
qualcosa di importante.
- Cosa vorresti
dire? – gli domandò Cameron, non
riuscendo a capire. Numero Dieci alzò lo sguardo su di loro.
- Vi ricordate
le lezioni di papà? Del fatto che ci
avesse detto che ne esistevano altri come noi ma con poteri diversi?
– continuò
il moro, mentre i due realizzavano finalmente le sue parole.
- Pensate che i
due che ci stanno attaccando facciano
parte dei bambini nati in circostanze misteriose? – alle
parole di Cameron,
Gabriel annuì.
- Sì.
E credo anche che quella possa prendere i nostri
poteri e replicarli. Penso che si tratti di una specie di riflesso, o
specchio,
come lo chiamava papà. – continuò il
rosso.
- Dobbiamo
capire, però, se li può replicare tutti
insieme oppure no e, soprattutto, come abbia ottenuto i poteri di Cam.
–
ribatté Mathias, mentre tirava fuori la bacchetta a causa di
alcuni rumori. Fu
a quel punto che Cameron, che era rimasto in silenzio durante la
spiegazione,
ebbe un’illuminazione.
- E’
riuscita ad ottenere i miei poteri perché mi ha
toccato. Riesce a prenderli se ha un contatto fisico con noi!
– esclamò e gli
altri due lo guardarono interrogativo.
- E come
facciamo ad esserne sicuri? – chiese Gabriel.
I tre stettero in silenzio, cercando di escogitare qualcosa. Tuttavia,
il suono
di una voce vellutata li costrinse a stare immobili.
- Lo so che vi
nascondete qui, è inutile provare a
scappare. – quasi annoiata da tutta la situazione, la ragazza
che li aveva
attaccati stava camminando per il giardino, precisamente nei pressi
della
fontana. Attorno alle sue mani, piccole nubi di polvere nera
fluttuavano,
pronte per essere usate al minimo movimento. Fu a quel punto che a
Mathias
venne un’idea.
- Facciamole
prendere il mio potere e vediamo che
succede. Tanto i vostri poteri si annullano a vicenda ma sono potenti,
con il
mio non può andare da nessuna parte, se non sa controllarlo.
– si propose e a
quel punto i due gemelli poterono solo annuire, in quanto sapevano che,
in ogni
caso, Mathias avrebbe avuto ragione: i loro poteri erano forti, quelli
di
Cameron soprattutto, ma entrambi si annullavano a vicenda, come se
fossero
quasi complementari. Prima però che potessero dire qualcosa,
Mathias partì
all’attacco, lasciando dietro di sé una scia
argentata.
Nel frattempo,
la ragazza stava ferma, vicino alla
fontana, ascoltando in silenzio ogni singolo suono. Rimase immobile,
finché non
percepì l’aria cominciare a vibrare.
Immediatamente, scatenò le nubi nere,
cercando di colpire quella scia, che riconobbe essere Numero Dieci, che
le
vorticava attorno. Tuttavia, non riuscì a fermarlo
completamente e Mathias le
passò di fianco, toccandola proprio sul polso destro e si
allontanò. Quasi
subito, le nubi scomparvero e la ragazza emise un gemito di
frustrazione, prendendo
velocemente la sua bacchetta per evitare altri attacchi da parte del
ragazzo.
-Ha funzionato!
Avevamo ragione! – sbottò Gabriel
stringendo lo smoking del gemello. I due videro la ragazza,
infastidita,
guardarsi attorno ancora una volta, per poi smaterializzarsi.
- Che vi avevo
detto? Avevo ragione! – fece Numero
Dieci avvicinandosi a loro, tutto sorridente per avere avuto ragione. I
tre si
guardarono intorno, ma non percepirono nessuna presenza ostile.
- Perfetto, io
direi di cercare gli altri. Finché
quella non tocca qualcun altro siamo a posto. Ora preoccupiamoci
dell’altro. –
propose Cameron. Una minaccia erano riusciti ad eliminarla, ma non era
ancora
finita. Erano ancora in pericolo.
2014,
Ufficio di Richard McKinnon, Villa Olympus
Felikz rientrò presso la Villa a tarda notte,
quando
ormai il silenzio aveva occupato l’intero edificio. Nel
notare quel dettaglio,
sospirò pesantemente, richiudendosi la porta alle spalle e
cominciando a
dirigersi verso il primo piano. Cercò poi di raggiungere la
sua camera, la
numero Sette, l’unica ancora aperta, quando la voce potente
di suo padre lo
richiamò dall’ufficio. Sbuffando, si
recò velocemente nello studio dell’uomo,
desiderando solamente di andare in camera sua per poter riposare.
-Volevi
vedermi, papà? –
chiese il giovane, avvicinandosi alla scrivania dove Richard era
occupato a
compilare alcune carte. Non appena lo sentì, il mago
alzò leggermente lo
sguardo, per ritornare poi a guardare i fascicoli.
-
Sei rientrato troppo tardi
e questa cosa non va bene. Ricordo che avete gli allenamenti la mattina
presto,
quindi presentarsi senza l’adeguato riposo non è
accettabile. Domani parlerò
con Numero Uno, voi ragazzi dovrete avere più
disciplina… -
-
Papà, Fëdor non c’è
più,
se n’è andato. Come gli altri, sono rimasto solo
io. – interruppe Felikz,
rimasto allibito dalle parole dell’uomo: possibile che non si
fosse nemmeno
reso conto di questo dettaglio? A quelle sue parole, l’uomo
alzò finalmente su
di lui, facendo rabbrividire il ragazzo.
-
Allora, a questo punto,
sarai l’unico membro dell’Umbrella Academy. Ora va,
sto progettando alcune
missioni che dovrai fare nei prossimi giorni. Buonanotte, Numero Sette.
– dopo
quel congedo, Felikz mormorò un saluto di rimando, uscendo
dall’ufficio e
dirigendosi subito in camera sua. Qui, chiusa la porta, prese un lungo
sospiro,
cercando in tutti i modi di non prendere a pugni il muro. Tuttavia, non
poté
impedire alle lacrime di scendere, perché con quella frase
di suo padre, aveva
realizzato quello che per giorni si era rifiutato di accettare: era
rimasto
solo. Tutti i suoi fratelli e sorelle se ne erano andati, e lui? Non
aveva
avuto il coraggio di fare la stessa cosa.
Sospirando
ancora, si buttò
sul letto, gettando poi uno sguardo alla sua scrivania dove, in mezzo a
tutte
le sue scartoffie, si trovava una lettera importante che, tuttavia, non
avrebbe
ascoltato:
“Gentile
Signor McKinnon, le
comunichiamo che ha superato i test di ammissione con il massimo dei
voti, con
la conseguente ammissione all’Accademia Auror. La aspettiamo
per l’inizio delle
lezioni.
Cordiali
saluti,
Harry
Potter
Capo
del Dipartimento Auror
Ministero della
Magia
Felikz
continuava a lanciare incantesimi senza sosta, alternandosi con la
creazione
dei suoi portali per cogliere i nemici di sorpresa. Tuttavia, i suoi
poteri
stavano cominciando a vacillare, segno che fosse già troppo
tempo che li
utilizzava. Notò anche i suoi fratelli nelle stesse
condizioni, feriti e
stremati dalla lotta. All’improvviso, quasi simultaneamente,
i maghi e le streghe
che li stavano combattendo si smaterializzarono, lasciandoli soli nel
grande corridoio
ormai vuoto.
-Dove sono
andati? – domandò Travis, guardandosi
intorno per evitare attacchi a sorpresa.
- Penso che
siano stati richiamati dal loro capo. –
disse Emerald, appoggiata alla parete in quanto non riusciva a reggersi
in piedi.
- State tutti
bene? – domandò Katrina guardandosi
intorno e gli altri annuirono.
- Dobbiamo
andare da Oberon e vedere come sta. Dobbiamo
sapere se sta bene. – propose Ophelia e Travis e Sheryl
annuirono.
- Prima dobbiamo
recarci al Criterion. Se hanno
attaccato noi è probabile che lo abbiano fatto anche agli
altri. Oberon per
adesso si trova in buone mani. – disse Lauren e i ragazzi si
trovarono a
concordare con lei. Così, con un ultimo sforzo, si
smaterializzarono,
impazienti di conoscere le sorti dei loro amici.
Sala Principale,
Criterion Restaurant
-Finalmente
riesco ad
incontrare di persona un membro dell’Umbrella Academy. Che
emozione. – fu con
quelle parole che Fëdor vide per la prima volta il compagno
della ragazza bionda.
- Se volevi un
autografo, bastava solamente chiedere. –
rispose Numero Uno ironico e quello sorrise, divertito dalla battuta.
- Che cosa
volete da noi? – continuò il biondo, non
distogliendo lo sguardo dalla figura dell’altro. Tuttavia,
con la coda dell’occhio
aveva notato alcuni maghi smaterializzarsi intorno a lui, circondandolo
per
togliergli ogni via di fuga.
- Oh, noi
volevamo solo fare due chiacchiere con voi,
niente di personale. – rispose il moro senza lasciare il suo
sorriso.
- Quindi non
siete stati voi ad uccidere nostro padre?
– provò ancora Fëdor e quello rise
leggermente.
- Chi lo sa.
Potremmo come no, ma sono solo dettagli
futili. Questa volta sarò io a farti una domanda: dove sono
i diari? – chiese il
ragazzo, avvicinandosi sempre di più alla figura di Numero
Uno. Mentre lo
osservava, il biondo vide qualcosa in mano al ragazzo, che da lontano
non aveva
potuto notare: sembrava una collana, anche se non poteva esserne
sicuro, ma lui
era sicuro di averla già vista.
- Non so di cosa
tu stia parlando. – fece, riportando
l’attenzione sul ragazzo che ora si trovava di fronte a
sé.
- Che peccato.
Allora immagino che ci rivedremo. Prendi
tutto questo come una specie di avvertimento, Numero Uno: hai visto
quello che
possiamo fare e non abbiamo paura di rifarlo. Qualcuno dei tuoi ha
già imparato
la lezione… - prima che Fëdor potesse chiedere
altro, quel ragazzo portò
velocemente una mano al suo collo, cominciando a stringere. Il biondo
sentì
immediatamente l’aria mancare ma, oltre a questo,
cominciò a sentire una strana
sensazione: il suo sangue aveva cominciato a ribollire e si
sentì come se
stesse bruciando dall’interno. Pian piano, cominciava ad
indebolirsi, iniziando
a perdere coscienza…
Ad un certo
punto, il ragazzo mollò la presa e Fëdor
cominciò a sentire nuovamente l’aria entrare nei
polmoni. Alzò lo sguardo,
cercando di capire come mai quello avesse mollato la presa e
sgranò gli occhi:
Emanuel aveva creato delle fiamme, che stava usando per attaccare i
maghi e le
streghe. Ma la cosa che aveva stupito Numero Uno, era che il Capo
dell’Ordine
non stesse usando la bacchetta: le sue mani, dalle quali partivano le
fiamme,
erano completamente nere, solcate da delle venature di fuoco; i suoi
occhi,
invece del solito castano scuro, ora erano ambrati. Velocemente, tutte
quelle persone
si smaterializzarono, lasciando nella stanza solo loro due. Emanuel
ritirò
subito le fiamme, per poi voltarsi, con sguardo colpevole, verso
Fëdor, che lo
guardava senza dire una parola.
-Tu? –
disse semplicemente ma, prima che il moro potesse
dire qualcosa, qualcuno si smaterializzò nella stanza.
-
Fëdor, devi immediatamente venire! – disse Gabriel,
non preoccupandosi nemmeno dello stato in cui si trovavano i due. Come
risvegliato da una sorta di trance, il biondo si voltò verso
il fratello e,
vedendo la sua espressione impaurita, si preoccupò.
- Cosa
è successo? –
- Si tratta di
Oberon. –
31
ottobre 2017, Dark Room, Camden Town, Londra
-Perfetto ragazzi, un’altra giornata
è andata,
complimenti a tutti! – uno scroscio di applausi
scoppiò all’interno del
negozio, che era appena stato chiuso dopo l’uscita
dell’ultimo cliente della
giornata. Felikz sorrise, guardando divertito i suoi colleghi di
lavoro: aveva
cominciato a lavorare lì in quel negozio di tatuaggi, che
tutto sembrava tranne
che un negozio di tatuaggi, quasi per caso e arrivato a quel momento
non si era
ancora pentito di quella scelta.
-
Finalmente, sono stufo
degli idioti e dei loro tatuaggi stupidi! “Mi scusi, vorrei
tatuarmi sul petto
il nome della mia ragazza, così durerà per
sempre!” Ma sei scemo?? – nel
sentire Meredith, sua collega, lamentarsi di un cliente che aveva
dovuto
servire quel giorno, il ragazzo si mise a ridere, mettendole poi un
braccio
attorno alle spalle.
-
Maddy cara, preferirei
quello che si tatua il nome della fidanzatina piuttosto che quello che
si tatua
l’organo genitale femminile sul collo… - disse lui
mentre Ethan, altro collega
che stava ascoltando la conversazione, emise un gemito inorridito.
-
La gente è sempre più
strana al giorno d’oggi. – commentò
Meredith, mentre Numero Sette annuiva. Ad
un certo punto, Felikz fece per dirigersi verso il guardaroba, dove
teneva il
cappotto, ma i due amici lo fermarono e lui prese ad osservarli
incuriosito.
-
Dove pensi di andare? –
gli domandò Ethan sorridendogli malandrino. Felikz
continuava a non capire ma
poi, quando vide il suo capo alzare al cielo una bottiglia di vino e
due sue
colleghe dirigersi verso di lui con una torta, improvvisamente
capì.
-
Buon compleanno! –
esclamarono in coro tutti i ragazzi e le guance di Felikz si tinsero di
rosso,
così come i suoi capelli, ma di questo non si
preoccupò, in quanto si trovava
in un negozio pieno di maghi.
-
Non pensavi mica che ce ne
fossimo dimenticati? – esclamò Regan, dandogli una
pacca sulla spalla che quasi
lo fece cadere. D’altronde, si trattava di un armadio di due
metri e Felikz,
nonostante fosse alto 180 centimetri, sembrava uno scricciolo messo a
confronto.
-
Ragazzi davvero, non so
che dire… - disse il ragazzo, quasi commuovendosi per quel
gesto inaspettato.
Quella volta, sarebbe stato il primo compleanno che passava in
compagnia da
quando i suoi fratelli se ne erano andati. Quella volta, sarebbe stata
la prima
volta in cui non si sarebbe sentito solo.
20
Novembre, San Mungo
I
ragazzi stettero seduti in quel corridoio asettico per altri venti
minuti,
prima che qualcuno uscisse dal Reparto e li raggiungesse.
-Novità?
– chiese subito Fëdor alla sorella di
Charlotte e lei scosse la testa.
- Ha subito un
grosso avvelenamento e i medici non riescono
a capire di cosa si tratti. Stanno cercando di curarlo con i vari
antidoti che
si trovano qui. Per adesso è in stato di stallo, ma se non
riescono a trovare
una soluzione… - la donna non fece nemmeno in tempo a finire
la frase: tutti i presenti
avevano capito. Mentre Charlotte salutava la sorella e la ringraziava
per il
favore che le aveva appena fatto, Sheryl si strinse forte a Travis,
sconvolta
dalla notizia ricevuta, mentre il numero dodici cercava di consolarla.
Tuttavia, la situazione degli altri non era differente.
- Dobbiamo
trovare quei bastardi. – pronunciò Felikz,
desideroso di vendicare Numero Sei. Accanto a lui Elaija, con gli occhi
rossi
per le ore passate a piangere, concordò con quelle parole.
- Su tre solo
due siamo riusciti a vederli in faccia e
nemmeno questo ha aiutato, visto che non li abbiamo mai visti nelle
nostre vite
e solo la metà di noi li ha visti. – fece Harry,
unica persona rimasta ancora
seduta a terra.
- Per quanto mi
costi ammetterlo, ha ragione. Se
veramente sono come voi, dovrebbero avere la vostra stessa
età e ad Hogwarts
non li abbiamo mai visti. Abbiamo la necessità di trovare i
diari di vostro
padre e capire come mai li cerchino anche loro. –
commentò Charlotte e, a quelle
parole, il viso di Ophelia si fece pensieroso.
- Dite che
può aver scritto qualcosa su di loro? –
domandò lei ed Emerald fece spallucce.
- È
probabile che lo abbia fatto. Quando siamo nati
aveva cercato di recuperare più bambini possibili, quindi
per forza avrà preso
varie annotazioni. –
Dopo quella
frase, il silenzio calò tra i presenti,
pesante come un macigno.
-Ci sono
novità, ragazzi? – domandò una voce e,
come
se fossero stati mossi dallo stesso ingranaggio, i membri
dell’Umbrella Acadmey
si voltarono contemporaneamente, incrociando lo sguardo duro di Katrina
e
Scarlett, che si trovavano di fronte ad Emanuel quasi come se lo
volessero
difendere da eventuali attacchi – che, visto le espressioni
truci degli altri,
non era da escludere. Il Capo dell’Ordine stava a capo chino,
non avendo
coraggio di guardarli negli occhi: lì, per la prima volta,
l’aura di arroganza
e di decisione che lo contraddistingueva sempre era sparita, lasciando
spazio
ad un semplice ragazzo quasi intimorito.
- Penso che
dobbiamo parlare… - disse ad un certo
punto lui e, a quelle parole, Fëdor annuì,
sorridendo ironico.
- Certo, abbiamo
molto di cui parlare, Emanuel. O
forse dovrei dire Numero Tredici? –
20
Novembre, Villa Eriksen, Notting Hill, Londra
Amalia
continuava a girare il cucchiaino nella tazzina da tè,
mescolando lo zucchero
che ormai, passati i minuti, si era già sciolto. La giovane
era assorta
completamente nei suoi pensieri, non accorgendosi di quello che le
succedeva
intorno. Fu per quel motivo che non si accorse della presenza degli
altri due
ragazzi finché non se li ritrovò seduti al
tavolo, uno di fronte a lei e
l’altro accanto.
-Grazie per
averci ospitato per questa notte, Lia. Ci
hai fatto un enorme favore. – disse il più basso
dei due e solo a quel punto la
bionda si degnò di osservarli.
- Spero abbiate
dormito bene. Di solito non ho ospiti
la sera. – rispose, utilizzando sempre il suo solito tono
annoiato, che fece
sorridere l’altro ragazzo.
- Beh, se vuoi
possiamo venirti a trovare ancora… -
provò a dire il corvino, ma lo sguardo gelido della ragazza
lo convinse a
ritirare la proposta. Dopo essere riuscita a zittire il ragazzo, Amalia
schioccò svogliatamente le dita e subito un elfo domestico
apparve, portando
con sé due tazze di caffè bollente e tre piattini
con su tre pezzi di torta
alla zucca. L’elfo poggiò il vassoio sul tavolo e,
dopo un ulteriore inchino,
si smaterializzò.
- A quanto pare
abbiamo fatto un altro buco
nell’acqua. – borbottò il ragazzo alto
avventandosi sulla tazza di caffè.
Annusando leggermente, si ritrovò a sorridere: Amalia doveva
aver detto di
correggere il suo caffè con la vodka, contento di avere
qualcosa con cui
sopportare il forte dolore al braccio.
- Edgar, tu hai
fatto un buco nell’acqua, non noi. Il
tuo unico obiettivo era quello di ottenere informazioni, non di
ingaggiare un duello
e mandarne uno all’ospedale! – sbottò
l’altro, battendo una mano sul tavolo. A
quel gesto, Amalia gli mise subito una mano sul braccio, invitandolo a
calmarsi
con lo sguardo.
- Carlos,
è stato un imprevisto e gli imprevisti
accadono. Inoltre, ci ho guadagnato un grosso taglio che rovina la mia
immagine! E comunque, i diari non si trovavano nemmeno lì.
Guarda il lato
positivo: uno in meno da affrontare. – ribatté
Edgar sbuffando come un bambino.
Di fronte a quella reazione, Carlos trattenne l’impulso di
prendere a pugni
l’altro, alzandosi poi in direzione della finestra. Qui, la
aprì, tirando poi
fuori un pacchetto di sigarette.
- A questo
punto, dovremo agire cautamente. Metà di
loro ci ha visto in faccia, mentre Edgar ancora è
un’incognita. Questo gioca di
sicuro a nostro favore. Io direi di passare allo step successivo.
– propose
lui, ottenendo dei cenni di assenso da parte degli altri due. Edgar
decise di
imitarlo, decidendo anche lui di fumare, mentre Amalia si teneva a
debita
distanza: aveva sempre odiato il fumo.
-
L’importante è che non sappiano ancora chi siamo.
Non
avendo mai vissuto qui, non riusciranno a rintracciarci facilmente.
Edgar, ti
sei occupato di quel problema a Villa Olympus? – chiese la
bionda e il corvino
annuì, sogghignando al solo pensare al suo operato. Dopo
aver preso ancora un
sorso del suo caffè, si voltò verso
l’altro compagno, sorridendogli mellifluo.
- Non
dimentichiamoci che abbiamo anche un altro asso
nella manica. Se non sbaglio, Carlos, tu hai un rapporto stretto con
uno di
loro, giusto? Se non sospetta di niente, possiamo ancora utilizzarlo.
– fece lui.
A quel punto, anche Carlos sorrise.
- E’
ancora utilizzabile. Finché la volpe rimane la
nostra spia, allora non abbiamo niente da temere. –
ANGOLO
AUTRICE
Della serie a
volte ritornano! Ciao a tutti ragazzi,
sono tornata!!!!! Non sapete quanto io sia emozionata di pubblicare
questo
capitolo dopo così tanto tempo, davvero.
Ora, come avrete
potuto notare, succedono un paio di
cosucce.
Prima di tutto,
Oberon starà bene, non preoccupatevi.
Tuttavia, ho dovuto fare questo per via di una decisione che ho preso
tempo fa
a seguito di alcuni problemi avuti con la sua autrice, e sono giunta ad
una
conclusione: OBERON MCKINNON è ufficialmente eliminato dalla
storia.
Non voglio
entrare nei dettagli, perché è una cosa tra
me e la sua autrice. Spero lo stesso di incontrarla per altri lavori
futuri e
che non abbia rancore verso di me.
Seconda cosa,
abbiamo l’identità di Numero Tredici!
Complimenti a chi ha indovinato, davvero brave!
E ultimo ma non
per importanza… E’ toccato a Felikz!
Sono stata contenta di questo perché, per la prima volta,
vedete questo
personaggio dal mio punto di vista e nella mia totale visione. Come
avrete
capito, ci sono molto legata, è il primissimo Oc completo
che ho creato e ci ho
messo l’anima all’interno.
Ma basta con i
momenti strappalacrime, abbiamo
finalmente i villains! Sono fiera quindi di presentarveli:
CARLOS
SANTIAGO CORTÈS
Red
| Spagna | Castelobruxo | bisessuale | Emokinesis
Bacchetta
di tasso, 12 pollici, estremamente rigida, nucleo di corda di cuore di
drago
Fallen
Angel –
Three Days Grace
Le
anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I
caratteri più solidi
sono cosparsi di cicatrici
Carlos
è arrogante e superbo, non ha paura di niente e si crede dio
sceso in terra,
grazie anche al suo potere. È violento, irascibile e
permaloso, perde la
pazienza subito e preferisce i pugni alla diplomazia. L'unica in grado
di
calmarlo è Amalia, che vede come una sorellina minore.
AMALIA
ERIKSEN
Lolita
|
Finlandia | Durmstrang | eterosessuale | Power Absorption
Bacchetta
di salice, 11 pollici e ½, abbastanza elastica, nucleo di
capelli di veela
Mad
World –
Gary Jules
Soltanto
gli esseri intelligenti provano noia.
Amalia
è una ragazza schiva e fredda, molto distaccata dalle altre
persone. Se parla è
solo per offendere e rifilare agli altri le sue battutine taglienti.
Molto
intelligente e scaltra, si crede superiore agli altri in quanto il suo
potere è
quello di poter assorbire i poteri degli altri e usarli. Sembra quasi
annoiata
da tutto e tutti, difficilmente qualcosa la intriga.
EDGAR
ADAM TEMPLE
Adder
| Sud Africa | Ilvermorny | pansessuale | Venom Control
Bacchetta
di tasso, 12 pollici e ¾, piuttosto rigida, nucleo di
capelli di veela
Makes
me wonder –
Maroon 5
All
those fairy tales are full of shit.
Edgar
può sembrare un ragazzo espansivo, ma ama circondarsi di
persone solo per via
del suo essere egocentrico e vanitoso. È indomabile ed
incontrollabile e soffre
di IED, caratterizzato da forti attacchi di rabbia. È un
attaccabrighe nato, ma
non è violento, si diverte solo a stuzzicare la gente con il
sarcasmo e non ha
peli sulla lingua
Per quanto
riguarda Edgar, devo ringraziare la
fantastica ITSBEA che segue ogni mio sclero da una vita e che mi ha
fatto l’onore
di crearmi questo meraviglioso Oc.
Avrei qualche
domanda per voi:
Come la
prenderanno i ragazzi la questione di Emanuel?
Come reagiranno a tutta la
situazione? Staranno da
soli, cercheranno la compagnia di qualcuno in particolare…
Ed ecco
finalmente la lista di nomi con le nuove
aggiunte!!!
Emanuel
Caleigh
Charlotte
Katrina
Amalia
Carlos
Edgar
Ci vediamo alla
prossima! Bacioni,
__Dreamer97
|
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Capitolo 13 *** CAPITOLO 10 ***
CAPITOLO
10
“I’m
in the mood for some chaos.”
2
gennaio 1992, Budapest,
Ungheria
Le temperature rigide erano ormai
calate sotto lo zero e l’intera città era avvolta
dal freddo. Fu per quel
motivo che Etel Hedervary, nata Thót, stringeva a
sé il figlio che aveva appena
partorito, che ancora piangeva. Tuttavia, la donna sapeva che non fosse
necessario: il bimbo irradiava un calore innaturale, troppo per una
temperatura
normale. Fu per questo che alzò lo sguardo verso suo marito
che, di fronte al
letto, fissava quel piccolo esserino.
-Ci
sei riuscito, Jozef. – disse Etel e l’uomo si
riscosse
dai suoi pensieri, sorridendo alla moglie. Prese in braccio il bambino,
- suo
figlio, dannazione! – e, sentendone il calore,
iniziò a ridere.
-
Ormai è fatta cara mia, il nostro progetto è
stato un
successo! L’Ordine sarà felice di saperlo, era
ormai questione di tempo! Ora
dobbiamo seguirne lo sviluppo e capire cosa potrà fare, ma
tra non molto potrò
iniziare a vendere la mia creazione al mondo! –
esclamò Jozef, cullando il
bambino affinché si addormentasse.
-
Pápa? – pronunciò una vocina dalla
porta della stanza e
l’uomo si voltò per vedere i suoi due figli
gemelli, che osservavano intimoriti
il bambino che teneva.
-
Gilbert, Elisaveta, venite qui. Voglio presentarvi il
vostro nuovo fratellino. – disse lui, mentre i due bambini si
avvicinavano.
-
Vi presento vostro fratello: Emanuel. –
20
novembre, San Mungo
-Quindi
è così che sei stato creato? Che noi siamo stati
creati? – domandò Fëdor dopo
aver sentito il discorso di Emanuel e quest’ultimo
annuì. I membri
dell’Umbrella Academy non sapevano cosa dire: finalmente,
dopo venticinque
anni, avevano scoperto come erano stati creati, ottenendo risposta ad
uno dei
tanti quesiti che li accompagnavano dalla nascita.
- Sono stato il
primo esperimento di mio padre e, tre
anni dopo, ha deciso di scegliere delle donne, e a loro insaputa dar
loro la
pozione. Così, siete nati voi. Tuttavia, mio padre non
sapeva come gestire la
cosa: ha contattato vostro padre, che a quanto pare conosceva da tempo,
per
cercare di adottarne il più possibile ed evitare casini.
Purtroppo, non ha
fatto i conti con il mio potere. Si è reso conto di non
sapere come gestirmi
solamente dopo che io… - Emanuel si fermò dal
parlare e, accanto a lui, Katrina
gli mise una mano sulla spalla, come a dargli forza.
- …
dopo aver capito di non riuscire a controllarmi,
ha contattato Richard e gli ha spiegato la situazione. Così,
io e Katrina, che
ha voluto seguirmi, siamo arrivati a Londra. Richard ci forniva di
tutto e, due
volte a settimana, mi insegnava a controllarmi. Durante il periodo
scolastico,
invece, mi rinchiudevo nella Stanza delle Necessità ad
esercitarmi. –
- E
l’Ordine di Morgana
quando l’hai creato? – domandò Ophelia,
osservando il ragazzo con sguardo duro.
Emanuel si sentì intimorito, ma cercò di non
darlo a vedere.
- Non
l’ho creato. Mio
padre era il responsabile, mi ha passato il comando solamente un anno
dopo la
mia uscita da Hogwarts. Permetteva a Richard di svolgere i suoi
“lavori” senza
che qualcuno venisse a scoprirlo. Dopo la morte di vostro padre, la
nuova
missione è stata difendere voi. Mi dispiace non avervelo
detto prima, avrei
voluto tanto ma mi era stato detto di non farlo. – a seguito
di quella nuova
rivelazione, la domanda che venne posta al capo dell’Ordine
arrivò da Cameron.
- E i tre
ragazzi che ci
hanno attaccato? Sapevi anche di questo? –
- No. Sapevo
ovviamente
di altri ragazzi e ragazze con le nostre capacità, ma non
pensavo qualcuno
arrivasse a tanto. Per quanto io fossi molto più informato
di voi, Richard
teneva all’oscuro anche me. L’unico che poteva dire
di conoscerlo perfettamente
era mio padre. – i ragazzi rimasero in silenzio, non sapendo
cosa dire dopo
quella confessione. A quel punto, prendendo controvoglia in mano la
situazione,
Fëdor parlò.
-
D’accordo. Torniamo a
casa e sistemiamo le nostre idee. Ora che anche Numero Tredici
è qui, capiremo
cosa fare. –
- In
realtà… - cominciò a
dire Emanuel e dodici paia di occhi si posarono su di lui.
- Mi avete
chiamato così
e avete scoperto che anche io sono come voi, ma non sono io Numero
Tredici. –
dichiarò e la tensione che si creò era
così densa da poter essere tagliata con
un coltello.
- Che cazzo
significa che
non sei tu Numero Tredici?! – sbottò Felikz che,
per tutto il tempo, aveva
cercato di mantenere la sua rabbia.
- Essendo
più grande e
non stando mai con voi, Richard non mi ha mai considerato come un
membro
dell’Umbrella Academy. Diciamo che, essendo il primo
esperimento, sarei Numero
Zero. – spiegò il moro.
- Quindi, -
prese parola
Mathias, dando voce ai pensieri di tutti, - se lui non è
Numero Tredici, allora
chi cazzo è? -
Stanza
524, San Mungo
Felikz stava seduto vicino al letto
del fratello, osservandolo attentamente come per controllarlo. Stava
seduto
composto, cosa insolita per uno come lui, mentre, con sguardo da falco,
si
guardava intorno come a voler captare movimenti sospetti. Fu
così che Sheryl lo
trovò e, anzi, si sorprese proprio di trovarlo nella stanza.
-Non pensavo di
trovarti qui. – disse infatti la rossa
e Felikz si voltò di scatto, rilassando poi le spalle nel
notare la sorella
minore. Le sorrise, per poi tornare a guardare il viso di Oberon.
- Non
c’era nessuno qui con lui e tutti gli altri sono
spariti. Non potevo lasciarlo da solo un’altra volta.
– le rispose e Sheryl
aggrottò le sopracciglia confusa, non riuscendo a capire le
parole del
fratello. Tuttavia, dopo qualche secondo, sgranò gli occhi,
avendo capito
perfettamente cosa intendesse il numero sette.
- Lo sai vero
che non è colpa tua? –
- L’ho
lasciato da solo! – Sheryl sobbalzò leggermente
nel sentire il tono con cui il fratello più grande le si era
rivolta e si
sorprese ancora di più nel notare le lacrime che scorrevano
sul viso del
ragazzo. In tutti gli anni che lo conosceva, l’aveva visto
piangere sì e no due
volte.
- Sono stato
addestrato apposta per proteggervi e
trarvi in salvo, e non ci sono riuscito! Oberon è
così perché io non sono stato
in grado di svolgere il mio lavoro! – esclamò
ancora Felikz. Tuttavia, Sheryl
non si fece intimidire dalla rabbia del moro e gli si
avvicinò, prendendo poi
il suo viso tra le mani per asciugargli le lacrime.
- Feli, togliti
subito dalla testa questo brutto
pensiero. Eravamo nel pieno di una battaglia, potevamo intervenire
tutti. Gli
imprevisti accadono e non si possono prevedere o fermare. Anche se ci
fosse
stato Mathias probabilmente sarebbe successo lo stesso. Quindi smettila
di
darti colpe che non hai, perché allora siamo tutti
colpevoli, non solo tu. – disse
la rossa, cercando di calmare la crisi del fratello. Non appena questi
annuì,
sorrise; quel piccolo gesto le fece venire in mente quando erano
piccoli, ed
era il terremoto di casa a doverla rallegrare durante i suoi momenti di
“solitudine”. Ma lei era l’Imperatrice,
era suo compito prendersi cura degli
altri: doveva stare vicino ai suoi fratelli.
Paiolo Magico, Londra
Da
quando erano arrivati lì, Jem non faceva altro che camminare
avanti e indietro
per la stanza che avevano affittato, mentre teneva nella mano destra
una
sigaretta quasi finita, a testimoniare il nervosismo che lo circondava.
Sedute
sul letto, in religioso silenzio, Charlotte e Scarlett guardavano
entrambe per
terra, avvolte nei loro pensieri, e Harry si trovava seduto vicino al
piccolo
tavolino che si trovava lì come arredo. Nessuno aveva ancora
emesso una parola,
troppo concentrati a ripensare a quello che era successo il giorno
prima.
Questo fino a quando, interrompendo il silenzio che si era andato a
creare,
Harry decise di parlare, esponendo tutto quello che fino ad allora gli
ronzava
nella testa.
-Quindi? Nessuno
ha intenzione di dire niente? –
domandò lui e gli altri si accorsero tutti del tentativo che
il biondo stava
cercando di fare per mantenere la calma.
- Cosa dovremmo
dire? È stato un duro colpo per tutti.
Di sicuro, mai avrei sospettato che lui fosse uno di loro. –
gli rispose
Scarlett, alzando finalmente lo sguardo sul suo collega biondo.
Quest’ultimo
sbuffò, alternando poi gli occhi sulle altre due figure
presenti nella stanza.
- Sapete, -
cominciò a dire Jem, - attirando su di sé
l’attenzione di tutti, - quando nel mondo magico si diffuse
la notizia della
nascita di alcuni bambini miracolosi, restai affascinato
dall’argomento. Come
era stato possibile un evento del genere? A decine, tra medimaghi e
ricercatori, si sono impegnati per trovare una risposta, ma nessuno
è mai
riuscito a scoprire qualcosa. Devo dire che sapere che il padre del
nostro capo
ha architettato tutto questo ha dell’incredibile. –
Dopo quelle
parole, Harry fece per aggiungere
qualcos’altro, ma il classico “crack!”
della smaterializzazione li costrinse a
rinviare quell’argomento. Inutilmente, visto che la persona
che si era appena
smaterializzata era Katrina.
-Per fortuna
siete tutti qui, non avevo voglia di
cercarvi in giro per Londra. Abbiamo tante, anzi troppe cose da
discutere e
sarà meglio che ci muoviamo. – finito di parlare,
la corvina si guardò intorno
e, notando che gli altri quattro la stavano osservando intensamente,
aspettandosi qualcos’altro, sbuffò, per poi
prendere un grosso respiro.
- Sentite, lo so
che volete delle risposte.
Innanzitutto, io ed Emanuel, che sta ancora discutendo con gli altri,
vi
dobbiamo delle scuse. Avremmo dovuto dirvi di questa cosa, ma poi
abbiamo
deciso di non volervi esporre troppo, anche se ci siamo resi conto di
esserci
sbagliati. Con questo, non sto dicendo che non ci fidiamo di voi o
altro. Per
questo motivo, vi chiediamo di fidarvi ancora di noi per un
po’. Poi, avrete le
vostre risposte. -
2001,
Budapest
Emanuel
osservava attentamente la bambina di fronte a lui, squadrandola dalla
testa ai
piedi: della sua stessa età, stando a sentire suo fratello
Gilbert, aveva lunghi
capelli neri e grandi occhi del medesimo colore, impegnati a guardare i
due
adulti che si trovavano di fianco a loro. In realtà, Emanuel
già la conosceva:
praticamente cresciuti insieme dalla culla, i loro genitori erano amici
di
lunga data, il che comportava a frequenti cene domenicali. Tuttavia, i
due
bambini, forse complice il carattere riservato di entrambi e il fatto
che la
bimba parlava solo bulgaro, non si erano mai calcolati più
di tanto.
Emanuel
strinse gli occhi, cercando in qualche modo di
metterle paura, ma sua sorella gli diede uno schiaffetto sulla nuca,
attirando l’attenzione
della bambina.
-Ema,
non fare così. Lei è Katrina e, da adesso,
starà da
noi. Fa ancora fatica con la nostra lingua, per cui saremo noi ad
aiutarla. –
disse Elisaveta e i due bambini si squadrarono, arrivando allo stesso
pensiero
nel medesimo istante: non si sarebbero mai sopportati.
23
novembre, Biblioteca, Piano Terra, Villa Olympus
Fëdor
stava seduto al lungo tavolo della biblioteca, intento a leggere uno
dei tanti
manuali di Incantesimi che erano lì presenti. Li aveva letti
tutti, ovviamente,
ma in quel momento aveva bisogno di qualcosa che lo distraesse da tutti
i
pensieri che vagavano nella sua mente. Per questo, non si accorse della
persona
che era entrata fino a che non si trovò accanto al tavolo.
-Non ho voglia
di parlare. – disse lui duramente e
l’altra persona sorrise leggermente, decidendo poi di sedersi
di fronte a lui.
- Non ti facevo
un tipo da libri. Pensavo che tutte le
tue abilità con la bacchetta derivassero solamente dagli
allenamenti extra. –
ribatté l’altra e solo a quel punto Fëdor
alzò lo sguardo dal suo libro,
piantandolo finalmente sul volto di Charlotte. I suoi grandi occhi
verdi lo
osservavano preoccupati e il ragazzo si sentì leggermente in
soggezione. A quel
punto, chiuse di scatto il volume di fronte a sé, ma la
ragazza non si mosse di
un millimetro.
- Sono
preoccupata per te. – disse semplicemente la
rossa e Fëdor capì subito a cosa lei si
riferisse…
La
casa era silenziosa, fin troppo per i loro gusti.
-Signora
Davis? – provò a dire Ophelia, mentre gli altri
membri dell’Umbrella Academy
tiravano fuori le loro bacchette. Erano appena tornati dal San Mungo, e
il
pensiero che fosse successo qualcosa mentre erano via iniziò
a tormentare le
loro menti. Come se avessero ricevuto tutti insieme lo stesso comando,
i
ragazzi si separarono per la casa, alla ricerca della Signora Davis e
di Libby,
visto che non trovavano nemmeno lei. Dopo qualche minuto, le voci di
Sheryl e
di Fëdor si levarono, comunicando agli altri di aver trovato,
prive di sensi,
sia la domestica che l’elfa. A quel punto, era chiaro che
qualcuno si fosse
intrufolato nella loro dimora, rompendo completamente le barriere che
avevano
innalzato attorno alla casa prima del ballo.
Mentre
i ragazzi si radunavano in cucina, cercando un modo per rianimare le
due, Fëdor
e Cameron avevano intuito qualcosa e si fiondarono nel seminterrato
dove, con
loro grande sorpresa, scoprirono il motivo di
quell’intrusione: l’uomo che
tenevano, quello da cui stavano cercando di ottenere informazioni, era
morto.
Ai due era chiaro che fosse stata utilizzata una Maledizione senza
perdono, non
erano degli stupidi. Ma quella vista fu capace di causare un brivido ai
due…
La mente di
Fëdor continuava a riportare in superficie
quel ricordo e strinse i pugni. Era talmente concentrato che, non
appena
Charlotte mise le sue pallide mani sulle sue, il ragazzo
sobbalzò.
-Fëdor,
non potevate prevederlo, sono successe così
tante cose quel giorno… - provò a dire la
ragazza, ma lui scosse la testa.
- Non solo ci
hanno attaccato e hanno ferito Oberon,
ma si sono pure introdotti in casa nostra, mettendo in pericolo la vita
della
Signora Davies e di Libby. Oltre al danno pure la beffa… -
commento Numero Uno.
Alzò gli occhi per incontrare quelli di Charlotte e
sobbalzò leggermente: i suoi
grandi occhi verdi, in quel momento, avevano una sfumatura decisa,
determinata,
che oscurava ancora di più le sue iridi.
- Capisco che
siate arrabbiati, ma non potete mollare
adesso. È quello che vogliono loro: vi stanno colpendo in
punti che sanno di
poter rompere. Se cominciate a cedere in questo momento, stai certo che
vi
sgretolerete senza che loro abbiano fatto nemmeno un attacco.
– Charlotte parlò
con una decisione che mai aveva avuto ed era stato quello il primo
dettaglio
che Fëdor aveva notato. Non che la ragazza non fosse decisa,
anzi spesso a
scuola doveva tenere a freno la lingua. Ma mai con lui aveva utilizzato
quel
tono. Il ragazzo fece per parlare, ma lei lo precedette, alzandosi in
contemporanea.
- È
inutile stare nascosti e piangere sui propri
errori. Ormai è successo, cerchiamo un modo per fermare quei
tre psicopatici e
di salvare Oberon. – disse ancora la rossa. Non sentendo
alcuna risposta, la
ragazza alzò lo sguardo, incrociando quello di
Fëdor che la osservava
meravigliato.
- Sei
l’unica a non aver addossato a me tutta la
responsabilità. – fece lui e Charlotte
sgranò gli occhi, non aspettandosi una
cosa del genere.
- In che senso?
–
- Sai, essendo
Numero Uno hanno sempre affidato a me
ogni tipo di responsabilità o comando, cosa che io non ho
mai voluto. Non per
codardia o altro, sia chiaro. I miei fratelli e le mie sorelle hanno
sempre
fatto affidamento su di me e così tutti gli altri. Tu
invece… sei diversa. –
Fëdor disse quelle ultime parole quasi con imbarazzo, cosa
rara per uno come
lui. Di risposta, Charlotte sorrise.
- Non bisogna
mai essere da soli nelle sfide più dure.
Ricordalo sempre. –
25
novembre, Hogwarts
I sussurri che
si sentivano mentre camminavano per i
corridoi non accennavano a diminuire e Mathias, visibilmente a disagio,
cercò
di accelerare il passo per avvicinarsi a Cameron, che invece, al
contrario di
lui, camminava spedito fregandosene dei vari studenti che li
osservavano.
Davanti a loro, come se fosse una guida, Jem apriva un varco ai due,
bloccando
con un solo sguardo ogni studente che avesse anche solo un minimo
pensiero di
parlare con i due. D’altronde, nonostante si fossero separati
ormai da anni, la
nomea dell’Umbrella Academy era ancora alta, soprattutto dopo
l’omicidio di
Richard McKinnon.
-Siete sicuri
che alla preside non dispiacerà? –
domandò
Mathias, cercando di ignorare gli sguardi fissi su di lui.
Sogghignando, Cameron
si voltò verso di lui.
- Non dovresti
essere tu il Grifondoro? Mostra un po’
di coraggio. Le abbiamo mandato una lettera spiegandole tutto,
è stata una sua
scelta permetterci di cercare nei dormitori. – rispose il
quattro e Mathias
annuì, ripensando a quello che era successo nei giorni
precedenti…
-È
impossibile che sia stato tu ad ucciderlo. È una cosa
assurda! – alle parole di
Ophelia gli altri fratelli concordarono con lei, mentre Mathias
stringeva
ancora di più le dita attorno alla tazza di tè
che aveva in mano. Erano passati
due giorni dagli eventi del Criterion e il numero dieci, spronato da
Elaija e
Gabriel, aveva deciso di raccontare anche agli altri i suoi dubbi.
-
Partiamo dall’inizio: perché credi di essere stato
tu? – gli domandò Sheryl e Mathias
le sorrise leggermente, prima di rivolgersi a tutti.
-
Sapete, ogni tanto mi capitano dei momenti in cui mi isolo
completamente dal
mondo esterno e mi ritiro nella mia mente insieme agli
altri… Da bambino mi
capitava di rado e casualmente, ma poi ho cominciato ad andarci
volontariamente… Ed è stato durante uno di questi
incontri che ho scoperto
qualcosa. – un silenzio tombale scese sul gruppo, intimoriti
ma allo stesso
tempo curiosi di sapere cosa avesse scoperto Numero Dieci.
-
Cos’è successo? E perché credi di
essere stato tu ad ucciderlo? – gli domandò
Felikz, sempre più confuso dalla situazione.
-
Poco prima della festa al Criterion una delle personalità,
Einar, mi ha fatto
intendere di aver ricevuto qualcosa da Richard, lo stesso giorno in cui
è
morto. –
-
Ha ricevuto qualcosa? E perché tu non ne sapevi niente?
– replicò Sheryl e
Mathias scosse la testa.
-
Quando uno degli altri prende il controllo io non ricordo nulla. Ho
provato a
chiedere a Einar cosa avesse ricevuto, ma ha la memoria corta e non si
ricorda
cosa fosse. – continuò il dieci.
-
Fantastico, quindi siamo ancora con un mucchio di niente. Utile come lo
schifo.
– sbottò Cameron e Gabriel lo guardò
torvo.
-
Non prendertela con lui, era ovvio che non sapesse niente. Mathias, non
starlo
a sentire. Riusciremo a scoprire cosa fosse e dove lo ha portato.
– fece il
Numero Tre ed Elaija, accanto a lui, gli diede ragione.
-
In realtà, il luogo me l’ha detto, era
l’unico dettaglio che si ricordava. – a
quell’informazione, tutti lo fissarono increduli.
-
E dove? – alla domanda di Ophelia, Mathias sorrise.
-
Nel mio dormitorio a Hogwarts. –
Mathias
sospirò, grato che la Professoressa McGranitt avesse
acconsentito a farli
cercare nel loro vecchio dormitorio. Inoltre, aveva promesso loro che
avrebbe
tenuto per tutto il tempo necessario gli studenti di Grifondoro fuori
dalla
Torre di Grifondoro.
-Se non avesse
voluto aiutarci non vi avrebbe nemmeno
fatti venire qui. Si ricorda ancora dei vostri casini
all’interno del castello.
D’altronde, come biasimarla, le avevate trasformato tutti i
mobili dell’ufficio
in zucchero filato. – commento Jem ridacchiando, ricordando
vagamente le urla
della donna. A quella frase, i due ragazzi si scambiarono uno sguardo
divertito.
- Che vuoi
farci, era il nostro ultimo anno. Dovevamo
lasciare il segno e superare i gemelli Weasley! –
esclamò Mathias e Cameron
scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
Dopo qualche
minuto, i tre si ritrovarono di fronte al
quadro della Signora Grassa che, dopo averli salutati sorridendo,
ricordandosi
di loro, li fece entrare con la parola d’ordine che la
McGranitt aveva affidato
loro. Mentre Mathias si fermava ad osservare la sua vecchia sala
comune,
Cameron e Jem partirono verso i dormitori.
-Matt, ti muovi?
Tutto questo rosso mi sta facendo
venire il mal di testa. – sbuffò il numero quattro
e Mathias alzò gli occhi al
cielo, evitando di dirgli come i suoi capelli facessero a pugni con
l’ambiente
circostante. Seguì gli altri due e, finalmente, si
ritrovò nella sua vecchia
stanza di dormitorio, quella che condivideva con Oberon ed Elaija e, al
ricordo, una fitta di nostalgia lo colpì in pieno petto. A
quel punto, Jem
prese parola.
- Forza,
mettiamoci al lavoro: abbiamo qualcosa da
trovare. -
Royal Opera
House,
Londra
Elaija
teneva gli occhi chiusi mentre suonava il suo violoncello, avendo ormai
impresso nella sua mente ogni singolo movimento dell’archetto
sulle corde. Si
era recato al suo lavoro solamente qualche giorno prima e da
lì non si era
mosso. Si era allontanato solamente per mangiare o dormire, ma comunque
cercava
di evitare il più possibile i suoi fratelli, in quanto aveva
bisogno di
solitudine. Ripensò ancora a tutto quello che era successo:
al volto
inespressivo di Oberon, alla scoperta di Emanuel, all’origine
della loro
nascita… Tuttavia, vi erano ancora troppe domande a cui
mancavano le risposte,
le quali servivano assolutamente, a lui e ai suoi fratelli, per poter
risolvere
il mistero della morte di suo padre.
Continuò
a suonare per quelle che sembravano ore,
sistemato sopra il palco della Royal Opera House, finché i
pensieri che avevano
in testa non furono troppi da sovrastare l’armonia della
musica. Sbuffando,
smise di muovere l’archetto sulle corde del suo violoncello,
aspettando
semplicemente che il silenzio lo avvolgesse. Questo accadde per pochi
minuti,
perché quasi subito le note provenienti dal pianoforte, che
si trovava sul
palco insieme a lui, gli arrivarono leggere nelle orecchie. Aggrottando
le
sopracciglia, si voltò verso lo strumento, sorprendendosi di
trovare lì Gabriel
che, in piedi, stava suonando qualche piccola nota sulla tastiera.
-Una volta mi
hanno detto che non bisogna mai stare da
soli per tanto tempo. – gli disse il fratello più
grande ed Elaija sorrise
leggermente, perché sapeva che quella frase proveniva
proprio da lui.
Mi dispiace, ma
avevo veramente bisogno di
stare da solo. Replicò
il nove, appoggiando a terra il
violoncello e l’archetto per potersi avvicinare
all’altro.
Non ricordavo
che tu lo sapessi suonare.
Continuò poi e questa volta fu il turno di Gabriel per
sorridere.
-Infatti, non
suono, erano le poche note che mi avevi
insegnato tu. – rispose Numero Tre. Per un attimo tra i due
calò il silenzio, entrambi
persi nei loro pensieri.
- Pensi che
qualcuno dei nostri possa collaborare con
quei tre ragazzi? – chiese improvvisamente Gabriel ed Elaija
sussultò, non
aspettandosi direttamente una domanda del genere. Si voltò
verso il fratello,
che lo stava scrutando con i suoi grandi occhioni verdi.
Perché
pensi una cosa del genere? Credi
davvero che uno dei nostri fratelli possa giocarci un colpo
così basso?
Domandò a sua volta il numero nove e il rosso
sospirò, arrossendo leggermente.
-Spero di no, ma
ci sono troppe cose che non vanno,
troppe coincidenze avvenute… Ho una brutta sensazione.
– rispose, ancora più
imbarazzato per aver espresso il suo pensiero. A quel punto, Elaija
sorrise e
gli mise una mano sulla spalla.
Non
preoccuparti, vedrai che sistemeremo
tutto. Elaija sapeva
di aver rincuorato il più grande, anche
se leggermente. Rotta ormai la tensione che si era venuta a creare tra
di loro,
i due si sedettero al pianoforte.
-Mathias e
Cameron si sono recati oggi a Hogwarts con
Jem. Appena scopriranno qualcosa ci avvertiranno. –
spiegò Gabriel e, sentendo
il nome del numero dieci, Elaija sorrise.
Tra te e Mathias
sta andando tutto bene
vedo. Gli disse,
ridacchiando non appena il volto dell’altro
si fece di fuoco.
-S-stai zitto,
non puoi dire queste cose. E poi da che
pulpito, tu che lanci sospiri a destra e manca da quando avevamo
quattordici
anni. – replicò Numero Tre e questa volta fu il
turno del minore di colorarsi
di rosso. Elaija gonfiò le guance indispettito e
incrociò le braccia al petto,
mentre Gabriel cominciava a ridere. Non appena riuscì a
controllare l’attacco
di riso, si alzò dallo sgabello.
- Forza, ci
conviene fare ritorno verso casa o daremo
altre preoccupazioni alle ragazze. Non fare quella faccia, se aspetti
ancora un
po’ a tornare riceverai una bella sgridata da parte di
Sheryl, quindi vedi di
sbrigarti. – lo richiamò ed Elaija si
alzò di scatto, non volendo di sicuro
essere sgridato dalla sorella più piccola. Con un colpo
della sua bacchetta
sistemò i suoi strumenti e, dopo aver preso per mano
Gabriel, si smaterializzò
insieme a lui.
5
settembre, 2006,
Budapest
Nella
stanza regnava il silenzio più assoluto, cosa che Emanuel
non aveva mai
sentito.
Ed
era tutta colpa sua.
Sentì
le voci dei suoi genitori provenire dal piano di
sotto, intenti a parlare con un uomo che non conosceva. Elisaveta, che
ancora
non parlava dalla sera prima, aveva deciso di stare con i genitori e
Katrina
era chiusa nella sua stanza, decisa a lasciare un po’ di
spazio al ragazzino.
-Emanuel.
– sentendosi chiamare alzò di scatto la testa,
osservando il fratello che, attraverso le bende, gli sorrideva
debolmente. A
quella vista, gli occhi di Emanuel si riempirono di lacrime.
-
Mi dispiace… - mormorò, cominciando a piangere,
ma Gilbert
mise una mano, anch’essa bendata, su quella del fratello
minore.
-
Non preoccuparti, non potevi controllarlo. – rispose il
ragazzo. Emanuel fece per parlare, ma venne di nuovo interrotto dal
fratello
maggiore.
-
L’uomo al piano di sotto… Chi è?
– domandò.
-
Si chiama Richard McKinnon, quello che si è occupato degli
esperimenti di papà. Ha detto che si sta occupando degli
altri ragazzini come
me e che sarebbe disposto ad aiutarmi a controllare il mio potere.
– spiegò il
ragazzino, ripensando velocemente a quello che l’uomo inglese
gli aveva detto
prima di lasciarlo andare da Gilbert.
-
Devo allontanarmi da voi… - riprese il minore con un filo
di voce ma, ancora una volta, il maggiore lo rincuorò.
-
Em, non ti devi preoccupare di niente. Ci scriveremo tutti
i giorni e ci potremo vedere lo stesso. E, quando mi sarò
ripreso, verrò a
trovarti a Londra. Ci stai? – gli domandò Gilbert
e il ragazzino, di fronte al
sorriso del fratello, non poté far altro che sorridere ed
annuire.
Tuttavia,
non poteva sapere che quella sarebbe stata
l’ultima volta che l’avrebbe visto. Il 23
settembre, quando le foglie
iniziarono a cadere, Gilbert Hedervary morì, tirando il suo
ultimo sospiro tra
le braccia della sua famiglia, ma lontano da suo fratello minore.
Cucina,
Villa Olympus
-Sapevo
di trovarti qui. –
Sheryl si
trovava all’entrata della cucina della
Villa, contenta finalmente di aver trovato Ophelia. La sorella stava
seduta al
tavolo in legno, intenta a riparare qualcosa, che Sheryl riconobbe
essere il
vecchio orologio di Cameron, con accanto una tazza di tè
fumante. La rossa andò
a sedersi accanto a lei, sorridendo nel vederla lavorare, come quando
erano
piccole. Le si sedette accanto, cercando di non disturbarla
ulteriormente.
-Cameron mi ha
detto che si è rotto durante gli
scontri al Criterion, così ho deciso di ripararlo.
– rispose secca Ophelia, non
distogliendo lo sguardo dall’oggetto.
- Quindi sei
molto arrabbiata. – disse Sheryl e, a
giudicare dalla smorfia che fece la bionda, seppe di aver ragione. A
quel punto,
Numero Cinque poggiò l’orologio sul tavolo, ormai
deconcentrata.
- Non sono
arrabbiata, ma delusa. Il nostro rapporto
era migliorato molto, non pensavo mi avrebbe tenuto nascosto una cosa
del
genere… -
- Guarda,
capisco moltissimo il tuo disagio. – disse
una voce e le due si girarono verso la porta, in tempo per vedere Harry
entrare
nella stanza, seguito da Scarlett.
- Quindi non lo
sapevate nemmeno voi? – domandò Sheryl
e Scarlett scosse la testa
-
L’unica a saperlo era Katrina, che è praticamente
cresciuta insieme a lui. Lei ci ha spiegato tutto mentre Emanuel
parlava con
voi. –
- Come hanno
potuto tenerci nascosti una cosa del
genere?? Noi rischiamo la vita per loro e ci tengono nascoste delle
informazioni così importanti! – sbottò
Harry e Sheryl ne rimase sorpresa: da
quel che ricordava, Harry era sempre stato un ragazzo tranquillo e
vederlo
perdere il controllo così le fece capire che
c’erano molte cose che non
conosceva di quel ragazzo. Di fronte a quella piccola sfuriata,
Scarlett
aggrottò le sopracciglia.
- Harry, ci
avevano avvertiti del rischio che avremmo
corso se avessimo deciso di seguirli, non è un mistero.
Inoltre, stiamo
parlando di cose molto importanti e riservate che riguardano il loro
passato, è
ovvio che si sentissero in dovere di nascondere quelle cose,
soprattutto
Emanuel. La stessa cosa vale anche per te, Ophelia. – nel
sentirsi nominare, la
ragazza sussultò leggermente, voltando poi lo sguardo verso
l’Auror.
- Io che cosa
c’entro? – chiese e Numero Undici
sorrise, capendo perfettamente cosa intendesse dire la più
grande.
- Emanuel voleva
solamente proteggerci tutti. Ha avuto
un’infanzia difficile e si capisce dal rapporto che ha con
Katrina che non
vuole che le persone che ama si facciano del male. –
spiegò la rossa, sperando
che sia la sorella che Harry capissero cosa volesse dire. Infatti, come
aveva
previsto, i due realizzarono: Ophelia incrociò le braccia
indispettita ed Harry
sbuffò, proprio come due bambini. A quel punto, Scarlett e
Sheryl si
scambiarono un’occhiata complice, sapendo di aver colto nel
segno.
- Vi lasciamo
qui tranquilli a pensarci su. – fece la
più grande e lei e Numero Undici abbandonarono la cucina,
lasciando Harry e Ophelia
ai loro pensieri. In fondo, ne avevano bisogno.
Camera
623, Hilton Hotel, Londra
Edgar
camminava avanti e indietro per la sua stanza, attendendo ansiosamente
qualche
notizia di Amalia o di Carlos. I due, avendo paura che potesse
combinare
qualche altro guaio, avevano deciso di lasciarlo nella sua suite,
mentre loro
cercavano di capire quanto fosse grave il ragazzo che aveva mandato
all’ospedale. A quel pensiero, Edgar sbuffò: mica
era un bambino da tenere
sotto controllo o da mettere in punizione!
All’improvviso,
il classico Crack! Della
smaterializzazione lo avvertì dell’arrivo dei due
e, sfoggiando il suo sorriso
migliore, si voltò verso i due, non curante di Carlos che lo
guardava come se
stesse meditando di ucciderlo.
-Allora,
scoperto se il nostro Numero Sei sia vivo o
morto? – chiese con tono canzonatorio, anche se uno strato
d’ansia cominciava
ad impossessarsi di lui: sperava con tutto il cuore che
quell’idiota fosse
vivo, altrimenti Carlos avrebbe provveduto lui stesso a togliergli la
vita. A
rispondere alla sua domanda fu Amalia.
- È
ancora vivo, fortunatamente, i tuoi poteri l’hanno
portato solamente ad una specie di coma. Passerà del tempo
prima che i medici
scoprano cosa sia stato davvero ad avvelenarlo. –
spiegò la ragazza mentre
andava a sedersi sul grande letto king size al centro della stanza. Il
suo tono
gelido e monocorde l’accompagnava come sempre, facendo
rabbrividire ancora di
più il corvino.
- Perfetto, un
problema in meno. Ora, che si fa? Il
mio manager mi ha detto di non uscire da qui ma mi sto annoiando!
– si lamentò
Edgar come un bambino capriccioso. Tuttavia, a quelle lamentele Carlos
rispose
con un’occhiataccia.
- E qui
rimarrai. Se sparisci troppo a lungo la gente
si insospettirà e comincerà a fare domande. Per
adesso, Amalia starà qui con te
a farti compagnia, io ho delle faccende da sbrigare. – disse
il moro ed Edgar
rifletté un attimo a quelle parole. Poi, ebbe
l’illuminazione.
- Stai andando
dalla nostra piccola volpe?! – domandò
eccitato e lo spagnolo annuì.
- Di sicuro in
questi giorni avranno parlato tra di
loro e avranno scoperto altre cose interessanti. Poi sapete come
è fatto: è un
gran chiacchierone. -
Novembre
2009, Budapest
Il rigido inverno era
finalmente arrivato anche alle porte della cittadina ungherese,
costringendo i
suoi abitanti a ritirarsi nelle loro abitazioni nella speranza di
ottenere un
po’ di calore. Tuttavia, nonostante le basse temperature che
avrebbero fatto
rabbrividire persino il sole, Emanuel si trovava a suo agio e sapeva di
dover
ringraziare il suo potere. Accanto a lui, Katrina era avvolta nel suo
pesante
cappotto nero e, attorno al suo collo, una folta sciarpa viola, che la
proteggeva. Stava incollata ad Emanuel e non sarebbe stato difficile
scambiarli
per una coppia di fidanzati, ma loro sapevano che era solamente un modo
alternativo che aveva la ragazza per scaldarsi. Accelerando il passo,
raggiunsero velocemente la loro meta ed Emanuel sospirò:
dopo anni, finalmente
rivedeva la sua casa. I suoi genitori erano partiti per
chissà quale viaggio,
ma la casa era comunque abitata e sapeva perfettamente da chi.
Arrivati
davanti la loro porta, Katrina suonò il campanello e
subito dei rumori nacquero all’interno della casa, segno che
qualcuno si stava
precipitando ad accoglierli. Infatti, tempo qualche secondo, la porta
si aprì,
rivelando la figura minuta dell’elfo di casa. Appena
riconobbe i due ragazzi,
gli occhi dell’elfo si illuminarono di gioia.
-Signorino
Emanuel, Signorina Katrina! È una gioia rivedervi
così cresciuti! – esclamò e i due
sorrisero, chinandosi entrambi per salutare
colui che si era occupato di loro durante l’infanzia.
Superati i saluti, l’elfo
li fece accomodare entrambi nel salone principale, uscendo poi
frettolosamente
dalla sala. Emanuel si mise ad osservare ogni cosa lì
presente, pensando con
nostalgia ai momenti che aveva passato in quella casa. Fu quando il suo
sguardo
cadde sul dipinto sopra il camino che sentì la tristezza
avvolgerlo: si
trattava di un dipinto di famiglia, che suo padre aveva voluto far fare
quando
lui aveva nove anni. I suoi genitori stavano in piedi al centro del
quadro e,
di fronte a loro, i tre figli e Katrina. Sorridevano tutti e questo
dettaglio
fece ancor più male ad Emanuel, mentre osservava la
felicità sul volto di suo
fratello Gilbert. Un suono di passi arrivò alle sue
orecchie, distogliendolo
dai suoi pensieri, ma non ebbe bisogno di voltarsi, perché
sapeva già chi fosse
la persona che li aveva raggiunti.
-
Non pensavo saresti venuta a ricevermi, Elisaveta. – disse
il ragazzo, finalmente voltandosi per fronteggiare sua sorella:
dall’ultima
volta che l’aveva vita, ovvero prima di partire con Richard,
era cambiata
molto, aveva perso ogni tratto fanciullesco che la caratterizzava. Gli
occhi
azzurri della ragazza continuavano a vagare dal fratello più
piccolo a Katrina,
visibilmente a disagio.
-
Dovevo per forza, visto che dobbiamo parlare di… questioni
importanti. – pigolò lei, guardando tutto tranne
che suo fratello. D’altronde,
Emanuel capiva benissimo il perché del suo comportamento:
dopo la morte di Gilbert,
i due fratelli non si erano più parlati e nemmeno scambiati
lettere. Notando la
crescente tensione, Katrina cercò di calmare le acque.
-
Grazie per aver deciso di chiamarci, Elisaveta, non eri
tenuta a farlo… - provò a dire la corvina, ma la
bionda si voltò duramente
verso di lei.
-
C’è una lettera sigillata con il nome di Emanuel e
si
aprirà solamente con lui. Non facciamone una questione
sentimentale. – si
pronunciò la più grande e, senza nemmeno
aspettare, si mise a cercare tra le
buste che erano appoggiate al tavolo del salotto. Trovato quello che
cercava,
lo porse al fratello minore, che si prese ad analizzarlo con molta
attenzione:
era una normale busta color avorio e, sul retro, il suo nome scritto in
un
corsivo ordinato. A chiudere il tutto un sigillo grigio in ceralacca,
raffigurante il simbolo della famiglia Hedervary, ovvero il drago. Non
appena
ci mise sopra le dita, il drago prese vita e il sigillo
sparì, dimostrando che
Elisaveta aveva raccontato la verità.
-
Che cosa dice? – domandò Katrina dopo che Emanuel
ebbe
letto attentamente. Non appena ebbe finito di leggere, Emanuel
sgranò gli
occhi, per poi voltarsi verso la sua amica e sua sorella.
-
Mi ha ceduto il controllo dell’Ordine. –
Dormitorio
di Grifondoro, Hogwarts
-Niente,
niente, niente! Non siamo stati capaci di cavare fuori un ragno dal
buco! – si
lamentò Cameron mentre, con un sospiro esasperato, si
sdraiava su uno dei letti
presenti nel dormitorio. Seduto per terra, Mathias aveva finito di
ricontrollare per l’ennesima volta sotto i mobili, sconsolato
nel non aver
trovato niente e, vicino alla finestra, stava appoggiato Jem, le
maniche della
camicia tirate su fin sopra i gomiti.
- Stiamo
cercando in questa stanza da almeno due ore e
non abbiamo trovato niente. Forse i diari di vostro padre non si
trovano qui. –
provò a dire l’insegnante, ma Mathias scosse la
testa.
- Devono essere
per forza qui, Einar non mi avrebbe
mai mentito. – replicò il numero dieci. A quelle
parole, Cameron roteò gli
occhi al cielo, sbuffando.
- Matt,
l’hai detto pure tu che gli Altri non sono
sempre affidabili. Che dobbiamo fare? Mica possiamo tirare fuori la tua
personalità e dirgli “Ehy Einar, sai
dirci per caso dove hai nascosto i
diari di papà?” –
sbottò il rosso. Fu in quel momento, che Mathias
realizzò
cosa avesse effettivamente detto il fratello.
- Cameron, sei
un genio! – esclamò, alzandosi per
andare ad abbracciare il fratello. Messo davanti a quel gesto, Numero
Tre si
voltò confuso verso Jem, che aveva la sua stessa
espressione. Notando che i due
sembravano non capire, Mathias si mise a ridere.
- È
così semplice: basta chiedere a Einar! –
spiegò e
andò a sedersi su uno dei due letti.
- Sei sicuro di
questa cosa? L’ultima volta che hai
provato a far uscire uno degli Altri hai combinato un disastro.
– ribatté
Cameron, ricordando come, a tredici anni, Mathias avesse cercato di
tirare
fuori una delle sue tante personalità, portando
però a galla quella sbagliata.
La questione era finita con Fëdor con il naso sanguinante e
Mathias colpito da
un Petrificus Totalus.
- Cam, lo so che
sei turbato e diffidente, ma è la
nostra unica possibilità di capire che cosa sta succedendo.
Negli anni che sono
stato separato da voi mi sono allenato a tenere sotto controllo la mia
mente. E
ora zitti cari miei, che mi devo concentrare. – dopo quelle
parole, il numero
dieci chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, facendo calare la
stanza nel
silenzio più assoluto. Senza fare altro rumore, Jem si
avvicinò a Cameron.
- Sei sicuro di
quello che sta facendo? – gli domandò
l’insegnante, mentre osservava uno dei suoi ex alunni
concentrarsi al massimo.
Accanto a lui, il rosso annuì.
- Se dice che
può farcela non ho motivo di dubitare di
lui. – rispose sulla difensiva. Osservarono qualche altro
minuto e poi,
all’improvviso, Mathias aprì gli occhi, prendendo
un respiro profondo come se
avesse trattenuto il fiato per tutto quel tempo. I capelli erano
diventati completamente
bianchi e anche gli occhi avevano cambiato colore, diventando di un bel
rosso
brillante. Si guardò intorno e, non appena vide i due che lo
guardavano
confusi, fece un enorme sorriso.
- Ma ciao,
ragazzi belli! Mi ha detto il fratellone
Matt che avete bisogno di me! – esclamò alzandosi
con un saltello e Jem lo
guardò con occhi sbarrati.
- Ciao Einar,
sì, abbiamo davvero bisogno di te. –
rispose Cameron, per nulla turbato da quel cambiamento: in fondo, aveva
conosciuto molte delle personalità che albergavano nella
testa di suo fratello.
L’albino lo salutò allegramente con una mano,
felice di sapere che il rosso si
ricordasse il suo nome. si voltò poi verso Jem.
- Lei
è il prof di Pozioni, giusto? Io e lei non ci
siamo mai incontrati mentre il fratellone Matt studiava qui! Me
l’aspettavo
diverso. – borbottò Einar osservandolo
attentamente e Jem fece una piccola
smorfia, che secondo Cameron doveva essere una specie di sorriso.
- Sì,
sono proprio io. Ora, Einar, ci riusciresti a
dire dove hai nascosto i diari di Richard McKinnon? Mathias ti
avrà sicuramente
parlato della questione. – provò a spiegare
l’uomo e l’albino annuì con
fervore.
- Oh
sì, mi ricordo! Richard mi aveva affidato
personalmente il compito di nasconderli e li ho portati qui! Ma non
ricordo
dove. – sconsolato nel non poter essere d’aiuto,
Einar si risedette sul letto,
stringendo le labbra in un broncio. Cercando un modo di consolarlo, Jem
si
sedette accanto a lui.
- Einar,
prenditi tutto il tempo che ti serve. Prova a
fare mente locale: qualcosa che Richard ti avrà detto, un
luogo che hai visto…
Ogni dettaglio per noi è importante. –
provò a convincerlo e diede un’occhiata
a Cameron per farsi aiutare.
- Insieme agli
Altri, conosci perfettamente ogni
singolo ricordo di Mathias. Ci devi aiutare. – disse Cameron
guardandolo dritto
negli occhi e l’albino, sentendosi quasi in soggezione,
annuì leggermente.
-
Allora… pensiamoci su… Mi ricordo che il
fratellone
Matt aveva un posto speciale qui dentro… diceva sempre
“nascondi le cose dove
tu non staresti mai”. È un ragionamento strano,
no? – fece Einar buttandosi
all’indietro sul letto, mentre cominciava a cantare qualche
strana canzoncina.
Tuttavia, Cameron rifletté sulle parole che aveva appena
sentito e, appena
volse lo sguardo per osservare il dormitorio, capì
perfettamente dove si
trovasse il nascondiglio. Si portò al centro della stanza,
guardando i tre
letti di fronte a lui e cercò di immaginare la disposizione
dei letti quando
lui e i suoi fratelli si trovavano a scuola.
- Che cosa stai
facendo? – gli domandò Jem e il rosso
ghignò.
- So dove ha
nascosto i diari. –
Dark Room,
Camden Town, Londra
Felikz
canticchiava allegramente l’ultimo successo che passava alla
radio mentre,
insieme alla sua collega, preparava la stanza in vista del nuovo
cliente che
avrebbe dovuto servire. Aveva appena finito di sistemare le boccette di
colore
sul suo tavolo da lavoro quando, con la coda nell’occhio,
vide la ragazza che
lo fissava ansiosamente.
-Meredith, cosa
c’è? – domandò lui e la
castana si
affrettò a negare con la testa.
- Niente!
Assolutamente niente, devi stare tranquillo!
– squillò lei sorridendo, ma il ragazzo sapeva che
ci fosse qualcosa di strano.
- O sei
improvvisamente diventata bisessuale e non me
l’hai detto, oppure c’è qualcosa che non
va. Anche se crederei tranquillamente
anche alla prima, visto che sono fantastico. –
replicò lui e Meredith gli
lanciò, ridendo, lo strofinaccio che stava utilizzando per
pulire i vari
strumenti. Nonostante fossero maghi, la maggior parte di essi preferiva
i
metodi babbani per i tatuaggi.
- Scemo, neanche
se fossi l’ultimo uomo sulla terra
andrei con te. Sono solo… preoccupata. – ammise
infine la ragazza e Felikz
sospirò, in quanto doveva aspettarsi che
l’argomento fosse quello. Tese una
mano a Meredith e lei la afferrò, sorridendogli.
- Maddie cara,
prometto che sei mai avrò qualche
problema, tu sarai la prima a venirlo a sapere. Va bene? – a
quelle parole, la
ragazza annuì e questa volta il turno di sorridere fu di
Felikz.
- Perfetto! Ora,
devo prepararmi ad un’ora di infinite
chiacchiere con Klaus*, che, come minimo, mi dirà ancora di
essere un
sensitivo! – esclamò il ragazzo riferendosi al
cliente, ma Meredith era di
altri piani.
- In
realtà… Klaus arriverà oggi
pomeriggio, hai un
altro cliente in lista. – gli disse e, prima che il collega
potesse ribattere,
si smaterializzò fuori. Sbuffando, Felikz si
passò una mano tra i folti
capelli, quel giorno di un bel rosso brillante, cominciando poi a
preparare
tutto quello che gli serviva.
- E come sempre,
non diciamo le cose a Felikz, ma no!
Tanto i clienti noiosi li prende sempre lui! –
- Sono un
cliente noioso ora? Eppure, pensavo di
piacerti! – nel sentire quella voce, Felikz si
immobilizzò. Si voltò lentamente
e, nel capire che no, non era un’allucinazione il ragazzo che
aveva di fronte,
sorrise a trentadue denti. Di getto, si buttò tra le braccia
dell’altro.
- Per Merlino,
Carlos! Mi sei mancato moltissimo! –
esclamò e l’altro rise, stringendolo
nell’abbraccio.
- Volevo farti
una sorpresa! Ethan e Meredith mi hanno
chiamato qualche giorno fa e mi hanno detto che sei tornato a lavorare.
Finalmente, direi anche. – rispose Carlos e il
metamorphomagus si mise a
ridere.
- Allora, cosa
mi racconti? È da una vita che non ci
vediamo! – disse, mentre faceva segno all’altro di
stendersi sul lettino. Non
appena Carlos si levò la maglietta, Felikz girò
subito la testa dall’altro
lato, non evitando di farsi notare.
- Cosa? Dopo
tutto quello che abbiamo passato insieme
fai ancora il pudico? Vuoi che ti ricordi cosa combinavi tu?
– scherzò Carlos e
tatuatore arrossì, mentre i suoi capelli assumevano
sfumatura gialle.
- E smettila!
Non sono una persona pudica! E ora
sdraiati, altrimenti col cavolo che ti finisco il lavoro. –
seguendo gli ordini
dell’amico, il moro si sdraiò e Felikz
cominciò ad osservare il tatuaggio maori
che si trovava sulla sua spalla destra.
- Va tutto bene?
– chiese improvvisamente Carlos,
mentre l’altro si metteva i guanti.
- Stranamente
sapevo che mi avresti fatto una domanda
del genere. –
- Sono
preoccupato per te. Ho saputo quello che è
successo durante la cerimonia al Criterion. Mi dispiace moltissimo per
tuo
fratello. – continuò Carlos e Felikz
sospirò, lasciando stare per un attimo il
tatuaggio che doveva sistemare.
- Sta andando
tutto male. Prima la morte di nostro
padre, poi la comparsa di tre tizi strani e Oberon
all’ospedale e adesso anche
un altro ragazzo strano… Diciamo che
“bene” è riduttivo per dire come mi stia
sentendo in questo momento. – disse il numero sette e il moro
si accigliò.
- In che senso
un altro ragazzo strano? Avete trovato
un altro come voi? – Carlos conosceva perfettamente la strana
vita di Felikz;
d’altronde, i due avevano condiviso molte cose e potevano
dire di conoscersi
fino in fondo.
- Non proprio
come noi. È il figlio di un vecchio
collaboratore di nostro padre ed è stato il primo a nascere
con questi poteri.
È da lui che è partito tutto. –
spiegò Felikz, ovviamente omettendo i dettagli
su Emanuel e sull’Ordine. Carlos sembrava colpito da quelle
parole.
- E i tizi
strani? Loro c’entrano con voi? –
domandò e
l’altro annuì.
- Sì.
Non sappiamo ancora perché, ma di sicuro fanno
parte dei ragazzi speciali come noi. È stato uno di loro a
far del male a
Oberon, ma noi riusciremo a trovare un modo per sconfiggerli.
– negli occhi del
ragazzo si poteva notare perfettamente un lampo di tristezza, per
questo Carlos
gli mise una mano sul braccio.
- Feli, per
qualsiasi cosa sappi che ci sono, come una
volta. Non hai di che preoccuparti. – disse sorridendo e
Felikz fece lo stesso
di rimando. Fece per dire qualcosa, ma il suo collega entrò
nella stanza
proprio in quel momento.
- Terremoto,
scusami se disturbo il tuo momento intimo
con il tuo amico, ma ho tua sorella Ophelia sulla linea e dice che
è
importante. – fece quello e il numero sette sbuffò.
- Marcel, dille
che se Mathias ed Elaija hanno
combinato casini io non ho colpe! – replicò, ma
quello scosse la testa.
- Niente a che
fare con quello, ma dice che ti
vogliono a casa per qualcosa che hanno trovato i tuoi
fratelli… - l’uomo non
riuscì a finire la frase, perché Felikz aveva
immediatamente capito.
- Per tutti i
boccini! Marcel, per favore dille allora
che sto arrivando! – non appena il suo collega
uscì, il ragazzo cominciò a
preparare le sue cose.
- Carlos, mi
dispiace, ma devo subito tornare a casa.
– si scusò e l’amico lo
guardò preoccupato.
- Tranquillo,
spero niente di grave. – replicò quello
e Felikz, dopo essersi accertato che nessuno stesse per entrare, si
avvicinò a
Carlos.
- I miei
fratelli sono riusciti a trovare i diari di
nostro padre, quelli di cui ti avevo parlato tempo fa. Pensiamo che
lì ci siano
le risposte alle nostre domande. Ora devo andare. – disse e,
dopo averlo
salutato, scomparve in uno dei suoi soliti portali. Rimasto finalmente
solo,
Carlos si concedette un sorriso, fiero delle informazioni che aveva
appena
raccolto.
- Ah, mio caro
Feli. Sei sempre il solito
chiacchierone. –
Villa
Olympus
Felikz
apparve improvvisamente in mezzo allo studio di Richard, dove sapeva
che
avrebbe trovato il resto dei suoi fratelli. Infatti, i dieci membri
dell’Umbrella Academy lo aspettavano lì e,
appoggiati sulla scrivania del
padre, si trovavano i diari che tanto avevano cercato.
-Come caspita
avete fatto a trovarli?! – domandò
Numero Sette rivolgendosi a Mathias e Cameron.
- Semplice.
Sotto mio consiglio, a quanto pare, Einar
li aveva nascosti nel luogo che più odiavo del mio
dormitorio: il mio letto. –
rispose il moro e Numero Quattro si trattenne dal sorridere,
perché tutti sapevano
quanto Mathias McKinnon, ragazzino esuberante e vivace e iperattivo,
odiasse
stare fermo e che le sue ore di sonno fossero praticamente scarse.
- Dopo aver
appurato la genialità di questo Einar, che
ne dite di scoprire cosa ci sia scritto in quei diari? –
chiese Fëdor che,
abbastanza irrequieto, continuava ad osservare i dodici diari, insieme
a molte
buste e lettere. Tuttavia, nessuno mosse un muscolo: in quei fascicoli
era
racchiuso tutto quello che Richard pensava di loro. Nessuno si mosse
per un
po’, fino a che Ophelia non si decise a prendere il suo.
- Non possiamo
stare a guardarli e sperare che parlino
da soli! Abbiamo sempre voluto sapere cosa pensasse papà di
noi, ora ne abbiamo
la possibilità! – sbottò la bionda e
gli altri, seguendo il suo esempio,
presero i propri diari, anche se alcuni aspettarono ad aprirli.
-
Fëdor, il tuo che dice? – domandò Gabriel
al
fratello, che stava leggendo ciò che il padre aveva scritto
su di lui.
- La mia
famiglia è purosangue… di San Pietroburgo.
–
lesse il numero uno e Sheryl si sporse, sorridendo poi nel leggere un
particolare.
- Quindi la
passione per i duelli l’hai presa da tuo
padre! – disse la rossa e il ragazzo sorrise lievemente nello
scoprire quella
cosa. Seguendo l’esempio del numero uno, tutti si misero a
guardare i propri
diari. Uno di quelli più nervosi era Elaija, che sfogliava
quelle pagine come
se fossero impregnate di tutto il sapere del mondo. Accanto a lui,
Mathias
faceva lo stesso.
- Incredibile!
Sono un Mezzosangue! – esclamò Numero
Dieci, ma il nove non possedeva lo stesso entusiasmo.
Mi ha trovato in
un orfanotrofio babbano… Mia
madre mi ha lasciato lì. Fece Elaija,
profondamente turbato
da quello che aveva appena letto. Per provare a consolarlo, Mathias gli
mise
una mano sulla spalla.
-Ho una gemella.
– l’improvvisa dichiarazione portò lo
sguardo di tutti su Felikz, che fissava sconcertato il suo diario.
- Una gemella?
Che non ha avuto i tuoi stessi poteri?
– fece Ophelia, sorpresa come gli altri di quella scoperta.
Numero Sette
continuò a leggere.
-
“Proveniente da una famiglia russa… Madre babbana
e
padre magonò, entrambi circensi… Due fratelli
più grandi… una gemella, che non
ha ereditato gli stessi poteri…” – il
ragazzo chiuse di scatto il libro,
spaventando Sheryl che si trovava alla sua sinistra. Nel mentre, sul
fondo
della stanza, Cameron stava appoggiato allo stipite della porta,
tenendo in
mano il suo diario. Non lo aveva ancora letto, e di questo se
n’era accorto
Fëdor, che quindi gli si avvicinò.
- Non hai
intenzione di aprirlo? – gli sussurrò e il
rosso alzò le spalle indifferente.
- Sinceramente?
No. Non voglio sapere quello che papà
diceva su di me. È una vita che non ho vissuto, tanto vale
lasciarla lì. –
spiegò Numero Quattro, anche se non credeva a niente di
quello che aveva detto:
se suo padre avesse scritto quella cosa sul diario,
mica avrebbe potuto
leggerlo davanti a tutti. Fëdor sembrò capire.
-
D’accordo, come vuoi tu. Ma non pensi che almeno
Gabriel voglia sapere invece? – provò ancora il
maggiore e a quel punto Cameron
si voltò confuso.
- Cosa vorresti
dire? –
- Beh, il diario
che hai in mano è quello di Gabi. –
gli rispose il numero uno e, a quel punto, Numero Quattro
osservò la copertina
del diario, dando effettivamente ragione al fratello: sulla copertina
rilegata
in pelle, stava un numero tre. Fu in quel momento, che
realizzò effettivamente
il danno della situazione. Doveva recuperare il suo diario prima
che…
- Cameron, cosa
vuol dire che stai morendo? –
l’improvvisa domanda da parte del suo gemello ebbe il potere
di portare il
silenzio in tutta la stanza. Come se il tempo si fosse rallentato,
Cameron si
voltò, girandosi verso Gabriel che lo fissava con in mano il
suo diario
aperto.
- Cameron, -
disse ancora Numero Tre, con uno sguardo
che mai gli avevano visto addosso, - cosa cavolo vuol dire che stai
morendo? -
Settembre
2019
Emanuel
osservava attentamente ogni persona di fronte a sé, fiero
del piccolo gruppo
che aveva formato: cinque persone stavano sedute di fronte a lui, tutte
in
attesa di qualche sua parola. Accanto a lui, Katrina era scettica,
mentre
puntava lo sguardo su due persone in particolare.
-Ci
spiegherete finalmente finché siamo qui? O cominciamo a
tirare ad indovinare? – domandò seccata la ragazza
con i capelli rossi e il
moro sorrise.
-
Niente da indovinare, cara Charlotte. Vi abbiamo chiamati
tutti qui perché voi siete i nuovi membri della Squadra
Phobos. – rispose e
sorrise ancora di più non appena vide i cinque irrigidirsi,
sapendo benissimo
perché: ovviamente sapevano già tutto
sull’Ordine di Morgana, Emanuel e Katrina
si erano occupati personalmente di reclutarli, ma mai si sarebbero
aspettati di
essere scelti per la prima squadra dell’organizzazione.
-
Sinceramente, scusate se mi permetto, non siamo proprio il
prototipo di una squadra perfetta. – disse il più
giovane del gruppo e Katrina
alzò gli occhi al cielo. Tuttavia, Emanuel sapeva che quella
fosse una domanda
lecita: come avrebbero fatto un Auror, un insegnante, una Medimaga, uno
Spezzaincantesimi e una Pozionista a proteggere i pezzi grossi del
mondo
magico?
-
So che siete abbastanza perplessi su questa cosa, e lo
capisco. Ma, parlando onestamente, nella vita mi sono fidato di
pochissime
persone. Oltre a Kat, voi siete gli unici di cui mi fidi veramente per
un
compito del genere. Per questo ho deciso di portarvi tutti nella mia
squadra:
mi avete dimostrato di avere le doti giuste per questo incarico e io
stesso
metterei la mia vita nelle vostre mani. Allora, che ne dite?
– messi di fronte
a quella domanda, i cinque si scambiarono un’occhiata tra di
loro, indecisi su
cosa fare. Tuttavia, alla fine decisero e fu Jem ad esternare i loro
pensieri.
-
Accettiamo la vostra proposta, potete fidarvi di noi. –
rispose
e Katrina ed Emanuel si scambiarono un’occhiata felice,
interrotta però dalla
domanda di Scarlett.
-
Scusate se interrompo il vostro momento di gioia, ma chi
dobbiamo tenere d’occhio a questo giro? – chiese ed
Emanuel sorrise,
compiaciuto da quella domanda.
-
Il mago del momento: Richard McKinnon. –
Stanza
di Numero Tre, Primo Piano, Villa Olympus
-Gabi,
lasciami spiegare… -
- No! Come
diavolo hai potuto tenermi nascosta una
cosa del genere per tutto questo tempo! Sono il tuo gemello, avevo il diritto
di saperlo! – Cameron si ammutolì improvvisamente:
in venticinque anni della
sua vita, mai aveva visto quello sguardo sul viso del fratello.
Gabriel, così
dolce e gentile, che in quel momento lo guardava come se lo volesse
incenerire
con lo sguardo. Si chiese per un attimo dove avesse potuto imparare
un’occhiata
del genere, ma poi si rese subito conto che fosse la sua.
- Io ti ho
sempre detto tutto, non ho mai tenuto
segreti con te! Come cavolo ti è venuto in mente di non
dirmelo! – ormai la
voce di Numero Tre stava diventando roca a forza di urlare. Era sicuro
che, al
piano di sotto, i loro fratelli stessero ascoltando tutta la
conversazione, ma
sinceramente gliene fregava poco in quel momento. Vide il suo gemello
sospirare,
come a prendere le forze per fare qualcosa. Così, si sedette
sul suo letto,
aspettando la confessione di Numero Quattro.
- Quando siamo
nati, papà ha subito iniziato a fare
ricerche sui quarantatré bambini che erano nati nel mondo.
Si mise alla ricerca
per averne il più possibile ma, arrivato in Scozia, la sua
sorpresa fu ancora
più grande quando scoprì che, in
realtà, i bambini nati in condizioni speciali
erano quarantaquattro. – disse Cameron e Gabriel
ascoltò attentamente, stando
in silenzio per dargli il tempo che gli serviva.
- Curioso da
questo fatto, decise di prenderci con sé.
Aveva visto altri casi di gemelli, ma dove solo uno di essi possedeva
dei
poteri. Probabilmente perché si trattava di gemelli
eterozigoti, come nel caso
di Felikz. Nel crescere poi, notò anche che i nostri poteri
erano
complementari, non potevano sconfiggerci a vicenda. – Numero
Quattro si fermò
un attimo dal raccontare, perché Gabriel aveva assunto
un’espressione dubbiosa.
- Il resoconto
sulla nostra vita è molto bello, Cam,
ma cosa c’entra questo con il fatto che tu stai morendo?
– questa volta fu il
turno di Cameron di lanciargli un’occhiataccia.
- Se mi
lasciassi finire. Papà continuò a studiarci
per tutto questo tempo, cercando ovviamente di capire i nostri poteri.
Ma fece
una scoperta molto interessante: i nostri poteri erano complementari e
funzionavano bene insieme, solamente perché uno
di noi doveva averli. –
- Quindi tu mi
stai dicendo che… -
- Che io ho
impedito a te di prendere tutti i poteri.
– rivelò a quel punto Numero Quattro e il gemello
era più che sorpreso.
- Cosa significa
che mi “hai impedito”? Ma non ha
senso! – sbottò lui ma Cameron scosse la testa.
- Siamo nati
improvvisamente dalla stessa cellula
uovo, io sono praticamente un difetto. Ma il mio corpo non era stato
progettato
per avere questi poteri. Mi stanno letteralmente logorando
dall’interno. – a
quel punto, il numero quattro si sedette accanto a suo fratello, con
sguardo
spento. Stettero per un po’ in silenzio, prima che Gabriel
iniziasse a parlare.
- Da quanto
tempo lo sai? – gli domandò e Cameron si
voltò verso di lui.
- Ormai da
cinque anni. Ma i sintomi sono iniziati dai
miei ultimi anni ad Hogwarts. Emicranie, giramenti di testa, sangue dal
naso,
stanchezza… Purtroppo non si può fare niente.
Quando papà l’ha scoperto era
ormai tardi. – gli confessò. Gabriel
cominciò a sentire gli occhi pizzicare.
- Quanto ti
resta, secondo papà? –
- Quando
l’ho incontrato cinque anni fa ha detto che
era già un miracolo che avessi superato i dieci anni. Ma con
i suoi calcoli,
direi che, bene o male, ho ancora un anno. Se tutto va bene…
- improvvisamente,
Numero Tre scoppiò a piangere e abbracciò di
getto il fratello, abbastanza
stupito da quel gesto.
- Hai deciso di
passare tutto questo da solo. So che
detesti mostrare i tuoi sentimenti con gli altri, ma dannazione, sono
il tuo
gemello! Ti potevo aiutare! Non mi devi proteggere da tutto!
– singhiozzò
Gabriel e Cameron sentì il cuore stringersi.
- Mi dispiace
per non avertelo detto… so che avrei
dovuto, ma non volevo che iniziassi a guardarmi con pietà o
altro… Perdonami. –
Numero Tre portò lo sguardo sull’altro e
sussultò alla vista delle prime lacrime
che scendevano sul suo volto: in tutti quegli anni, Cameron non aveva
mai
pianto, soprattutto non di fronte a lui. Fece per dire qualcosa, ma il
suono
della porta che si apriva portò entrambi a spostare lo
sguardo.
- Non sto
disturbando niente? – domandò Sheryl dalla
porta, quasi intimorita a fare quella domanda. Velocemente, Cameron si
asciugò
il viso con la manica della felpa, mentre Gabriel sorrideva alla
sorella.
- Tranquilla.
Avete scoperto qualcosa? – domandò il
rosso, non avendo voglia di accennare a quello che si era detto con
l’altro. La
ragazza parve capire, perché gli sorrise.
- È
proprio per questo che sono venuta qui sopra.
Abbiamo trovato qualcosa di interessante. –
Camera
623, Hilton Hotel, Londra
Edgar
e Amalia aspettavano in silenzio il ritorno di Carlos, chi nervoso e
chi,
invece, più annoiato.
-Siamo sicuri
che riuscirà a prendere quelle
informazioni? – domandò ad un certo punto il
ragazzo, interrompendo così la
sessione di silenzio di Amalia. La bionda cercò di
trattenere un respiro e,
dopo aver aperto gli occhi, si girò lentamente verso il
corvino.
- Carlos
è un ragazzo testardo. Se ha in mente un
obiettivo, farà di tutto per ottenerlo. –
- E io riesco
sempre a raggiungere i miei obiettivi. –
disse una voce e i due si voltarono verso Carlos, appena
smaterializzatosi
nella stanza. Subito, Edgar e Amalia si alzarono e, se la ragazza stava
ferma
accanto alla sedia dove prima stava seduta, l’altro si
fiondò velocemente verso
lo spagnolo.
- Allora?
Scoperto qualcosa di nuovo? O hai fatto un
buco nell’acqua? – continuò a chiedere
Edgar sogghignando. Carlos ebbe
l’impulso di tirargli un pugno, ma si trattenne solamente
perché vi erano delle
questioni più importanti da discutere.
- Avevamo
ragione. Il capo dell’organizzazione che li
sta aiutando è come noi, ma non è il tredicesimo
membro; quindi, anche loro
sono punto a capo. Tra l’altro è stato il padre di
lui a creare una specie di
“incantesimo” che ci ha dato i poteri. –
spiegò, mentre gli altri lo
ascoltavano attenti.
- Quindi siamo
nati per esperimento? Ma a che scopo? –
fece Edgar.
- Questo non lo
sanno. Ma c’è un’altra cosa che dovete
sapere: hanno trovato i diari. – quella notizia ebbe potere
di sorprendere
persino Amalia, di solito impassibile e indifferente.
- Felikz ti ha
detto qualcosa a riguardo? – domandò la
bionda, ma Carlos scosse la testa.
- Lo aveva
appena saputo anche lui. Ma tranquilli: mi
ha sempre rivelato i segreti dell’Umbrella Academy. Mi
dirà anche questi. Nel
frattempo, ci terremo pronti. Consiglio però di tenerci
separati, daremo meno
nell’occhio. – non appena ottenne dei cenni di
assenso, Carlos si smaterializzò
e lo stesso fece Amalia poco dopo. Rimasto ormai solo, Edgar si
gettò sul suo
letto sorridendo.
- Ancora poco al
nostro traguardo. Ancora poco. –
Ufficio
di Richard McKinnon, Villa Olympus, Londra
Non
appena Cameron e Gabriel entrarono nella stanza, gli altri fecero finta
di
niente e continuarono a parlare tra di loro, per evitare di mettere i
due
fratelli, - soprattutto Cameron, - a disagio. Non appena li
notò, Fëdor fece
loro un piccolo cenno.
-Sheryl ha detto
che avete trovato qualcosa di
importante. – fece Gabriel, piazzandosi su un lato della
parete insieme a
Cameron. Da quando avevano terminato la conversazione, si era promesso
che non
lo avrebbe lasciato da solo. Non di nuovo. Numero Uno prese parola.
- Mentre voi
parlavate, ci siamo messi a cercare tra
le varie lettere qui presenti. Alcuni erano semplicemente dei resoconti
che
papà inviava al padre di Emanuel, ma poi ci siamo imbattuti
in questa. – nel
parlare, il ragazzo prese una busta dalla scrivania e la
passò ai due, che si
misero ad osservarla attentamente.
- Il mittente si
firma “Yuanfen”. Crediamo che sia
Numero Tredici. – alle parole di Felikz, che continuava a
lanciare occhiate a
Cameron per accertarsi che stesse bene, Numero Tre sgranò
gli occhi.
- Cosa ve lo fa
pensare? – domandò e a rispondergli fu
Mathias.
-
Papà aveva una lunga corrispondenza con questa
persona e nelle lettere si parlava di poteri speciali posseduti da
questo
Yuanfen. I due si erano dati appuntamento per l’anno
prossimo. –
- Deduco dal tuo
tono di voce che ci sia un “ma”. –
disse questa volta Cameron e Ophelia annuì.
- La lettera che
vedete è arrivata qui il giorno in
cui papà è morto; quindi, questa persona non ha
mai ricevuto risposta. – spiegò
la ragazza.
- Pensiamo che
sia meglio andare là di persona e di
scoprire che cosa sta succedendo. Magari sa qualcosa riguardo i tre
ragazzi che
ci stanno tormentando e magari otterremmo delle risposte per i tanti
segreti di
papà. – continuò Sheryl e i due gemelli
si lanciarono un’occhiata.
- E dove sarebbe
questo incontro? – chiese questa
volta Numero Quattro.
Il 16 settembre
a Nuova Dehli, in India.
Le parole apparse in aria erano da parte di Elaija, che se ne stava
seduto per
terra di fianco a Mathias.
-Secondo noi
è meglio andare lì di persona, ma
volevamo sentire anche un vostro parere. – disse dopo un
po’ Fëdor. Cameron e
Gabriel si scambiarono uno sguardo, consapevoli di aver preso la stessa
decisione. Si voltarono nuovamente verso gli altri e annuirono
- E India sia.
–
*Klaus
è uno dei fratelli della serie tv The
Umbrella Academy, nello specifico Numero Quattro.
FINE
PRIMA PARTE
ANGOLO AUTRICE
Ma buongiorno
bella gente! Io vi giuro sto piangendo
dalla gioia perché finalmente, dopo quasi un anno, sono qui
con il nuovo
capitolo! Mi dispiace davvero avervi fatto attendere così
tanto, davvero non
era mia intenzione. Ma per fortuna sono qui, no?
Mi scuso
già adesso se alcuni oc sono apparsi meno di
altri, soprattutto quelli dell’Ordine, ma ho voluto dare un
attimo precedenza
ai fratelli perché, come avrete letto, è stato un
capitolo pieno di scoperte.
Avrete anche
notato che Emerald, Travis, Lauren e
Caleigh non sono apparsi, perché le autrici non mi hanno
più risposto. Ora, lo
so che io sono in ritardo abissale, ma io scrivo sempre, e anche
più volte, se
non ricevo le risposte.
Come leggete in
alto, siamo a metà della storia! Ora
cambierà completamente l’arco narrativo e si
farà un bel salto temporale! Non
vedo l’ora!
Io non ho niente
da dire, se non mollarvi alla lista
dei personaggi per il prossimo capitolo! Ecco la lista:
Fëdor
Emerald
Gabriel
Cameron
Ophelia
Sheryl
Travis
È
tutto, non ho nient’altro da dire se non: ci vediamo
al prossimo capitolo! Bacioni,
__Dreamer97
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Capitolo 14 *** AVVISO IMPORTANTE ***
AVVISO
IMPORTANTE
Buongiorno a
tutti!
So che
è passato molto tempo dal mio ultimo
aggiornamento e finalmente mi sono decisa di mettere un avviso. Prima
di tutto,
per non spaventarvi, devo dire che TUTTE LE INTERATTIVE NON
VERRANNO
CANCELLATE, quindi potete stare tranquilli.
È un
periodo per me complicato, tra il lavoro, gli
ultimi esami da dare e la preparazione della tesi; quindi, non
riuscirò per un
po’ di tempo a mettere mano alle storie, o almeno alle
interattive che mi
prendono molto impegno. Sarò comunque attiva su Instagram e
anche magari con
qualche piccola one-shot, per non lasciarvi senza nulla per troppo
tempo (cosa
che già sto facendo, ma meglio di niente).
Perciò,
con estremo rammarico, sono qui ad annunciare
la SOSPENSIONE TEMPORANEA delle storie. Chiedo
scusa a tutti quelli che
mi seguono ma rischierei di fare un lavoro troppo superficiale e di non
valorizzare
i vostri oc. Ci risentiremo dopo febbraio, mese in cui in teoria dovrei
recuperare un po’ di calma. Ciao a tutti e alla prossima.
Bacioni,
__Dreamer97
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