Ain't no walls you can keep my heart in: it's my House

di Life In Fangirling Motion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Io che non vivo ***
Capitolo 2: *** Potreste invitare Sting ***
Capitolo 3: *** Andy knows ***



Capitolo 1
*** Io che non vivo ***


Io che non vivo
 


 
"Io che non vivo più di un'or-
No."

Pausa. Rewind. Play.


"Io che non vivo più di-
No. Non va bene."

Pausa. Rewind. Play.


"Io che non vivo più di un'ora senza te. Come pos-
No! No! Non mi viene!"

Pausa. Rewind.
Respiro.

Erano ormai almeno quindici minuti che Mika, chiuso nel camerino degli studi Rai di Milano, camminava nervosamente per la stanza studiando un pezzo con gli auricolari alle orecchie. Lo avrà fatto milioni di volte, dopotutto è il suo lavoro; non riuscendo a leggere la musica, né in generale testi per troppo a lungo, è questo il metodo adottato negli ultimi 10 anni di carriera per imparare sia i propri pezzi che quelli degli altri.
...e allora perché questa volta gli stava venendo così difficile?
La risposta è più d'una e comprende l'ansia da prestazione e la ristrettezza dei tempi, ma quella che il suo cervello gli suggerisce in quel momento è la più facile, quella che suona più quasi come una scusa:
"Perché è in italiano."
 
Era ovvio, sapeva fin da subito che sarebbe successo: non avrebbe fatto uno show in Italia se non avesse avuto in programma di esibirsi in italiano. Ma nonostante questo, ora si era effettivamente ritrovato a toccare con mano il fatto che cantare nella lingua di Dante fosse anche più difficile che doverci parlare. Infatti, se scrivere ed interpretare canzoni in inglese e in francese gli era sempre venuto facile e spontaneo, riuscire a calarsi nel pezzo e trasmettere emozioni nell'idioma del Bel Paese gli stava risultando indubbiamente più difficile.
Ma ormai era in ballo...


Scuotendo la testa per scrollarsi di dosso quei pensieri deleteri, Mika cliccò nuovamente sul tasto play del suo iPod, riprendendo dal ritornello e cantando sopra la voce dolce e melodica dell'autore originale.
Ancora una volta, bastava che il minimo dettaglio fuori posto non lo convincesse pienamente e il libanese ‒ testardo e perfezionista ‒ tornava indietro e ricominciava tutto da capo.
 
 
Concentrato com'era sul suo studio, non si era minimamente accorto che Andy, seduto nel divanetto del camerino con il pc sulle gambe e un video musicale da editare tra le mani, aveva preso a sbuffare spazientito e ad alzare gli occhi al cielo, tamburellando inconsciamente le dita sulla superficie liscia del computer.
Dopo anni in cui, per riuscire a ritagliarsi un po' di tempo da passare insieme, i due giovani si seguivano a vicenda nei vari impegni di lavoro (l'ago della bilancia pendeva indubbiamente di più verso il bel greco), Andy si era abituato a lavorare nella stessa stanza in cui Mika provava, studiava i pezzi o bighellonava svogliato con il pianoforte (mai quando componeva però, quello era uno spazio off-limits persino per lui). Anzi, alle volte era lo stesso cameraman a chiedere al più grande di suonargli qualcosa quando il tipo di lavoro che stava svolgendo gli permetteva di "distrarsi" con un po' di musica.
Ma dopo più di un quarto d'ora in cui il libanese non solo stava provando sempre la stessa canzone, ma lo stesso verso a ripetizione, Andy iniziava ad innervosirsi.
Aveva intuito, senza che il più grande avesse bisogno di dirgli nulla, che quel pezzo ‒ complice la lingua straniera, il poco tempo a disposizione e la grande pressione a cui era sottoposto ‒ gli stava creando non pochi problemi: ma Cristo! sembrava un disco rotto.
Appena quel primo verso del ritornello si avvicinava alla fine e Andy si ritrovava a stringere i pugni e sperare con tutto sé stesso che almeno stavolta Mika riuscisse ad andare avanti, quello puntualmente si bloccava, armeggiava per un attimo con i pulsanti del lettore musicale e riprendeva da capo.
Era una tortura.

Fortunatamente Andy conosceva il suo pollo abbastanza bene da sapere che se in quel momento di difficoltà e agitazione avesse avuto da ridire sulla più insignificante piccolezza, Mika non avrebbe retto e ‒ più permaloso del solito ‒ sarebbe scattato come una molla, infervorandosi per un nonnulla. Una vera spina nel fianco.
Ma tutta la tensione accumulata negli ultimi mesi, che il più grande non era ruscito a non portarsi sulle spalle fin dentro casa, scatenando un litigio di tanto in tanto, aveva inequivocabilmente iniziato a colpire anche Andy, la cui infinita pazienza cominciava a vacillare.
L'ennesima pausa sul più bello, seguita immediatamente dal cantante che già ricominciava a provare il ritornello dall'inizio, fu la goccia che fece traboccare il vaso.


<< Mika, ti prego. Va' avanti. >> supplicò il più giovane, testa tra le mani e occhi sbarrati in un chiaro segno di disperazione. << Ormai questo verso lo hai imparato, fidati di me. >>
Il cantante, sentendosi interpellato, sollevò appena lo sguardo. Lo abbassò però subito dopo, puntandolo nuovamente sul foglio che teneva tra le mani e scuotendo la testa.
<< Non posso, dev'essere tutto perfetto. >>
Neanche si rese conto di quanto maniacale quella frase suonasse. Non se ne rendeva mai conto, non a così pochi giorni da un debutto. Ma ormai Andy, avendolo visto in quella fase più spesso di quanto avrebbe voluto (il grande show a Bercy e la prima triade di concerti sinfonici in Canada solo gli ultimi di una lunghissima lista), sapeva che farglielo notare non sarebbe servito a nulla.
<< Beh, questo verso lo è. >> rincarò la dose il greco, forzando un sorriso d'incitamento che gli venne fuori più rigido e sardonico di quando sperasse.
Notò un'ombra scura passare sul volto del compagno e si affrettò a cambiare tono, per niente desideroso di intraprendere un litigio lì nei camerini della Rai. Quei muri erano maledettamente sottili.
Prese quindi un respiro profondo, imponendosi di essere più sensibile e conciliante nei confronti del partner, guardò Mika negli occhi gonfi e stanchi che lo osservavano di rimando, palpebre pesanti e occhiaie pronunciate ...e stavolta un sorriso sincero si fece largo sul suo viso senza alcuno sforzo.
Chiuse il computer e lo abbandonò sul tavolino lì di fronte, poggiando i gomiti sulle ginocchia in posizione d'ascolto e facendo cenno al libanese di sedersi vicino a lui, il quale lo accontentò di buon grado.
<< So che il vero problema non è la canzone in sé. Conoscendoti ci sono almeno mille ragioni per cui sei preoccupato e di conseguenza non stai riuscendo a concentrarti seriamente su quello che stai facendo. >>
Parlò con voce calma e pacata, un suono rassicurante che a Mika aveva sempre fatto venire in mente il lento sciabordio delle onde su una spiaggia bianca. Prima di continuare poggiò la mano destra sul ginocchio del compagno, disegnando cerchi invisibili con il proprio pollice in un gesto complice e premuroso che sapeva avrebbe incoraggiato il cantante ad aprisi con lui.
<< So anche che hai bisogno di parlarne con qualcuno e io ormai sono addestrato a questo e altro >> aggiunse con un ghigno furbo e divertito che l'altro uomo non tardò ad emulare << Perciò se ne vuoi parlare, io ti ascolto. Poi, con calma, troveremo una soluzione. >>

Il greco si sporse quindi leggermente in avanti, aspettando pazientemente che Mika si decidesse a sputare il rospo.


Dal canto suo, il libanese avrebbe potuto dirgli tante cose.
Che era terrorizzato dall'intera situazione in cui si era invischiato e l'eccitazione iniziale si stava velocemente trasformando in pura e semplice paura. Non credeva di essere all'altezza delle enormi aspettative che tutti si erano creati su di lui, sul suo spettacolo, sul suo talento. Si sentiva come se fosse stato spinto di forza sotto i riflettori, su un piedistallo solitario ed inarrivabile, e se ora non avesse tirato fuori qualcosa dal cilindro sarebbe stato buttato giù senza troppi complimenti.
Avrebbe potuto dirgli che tutto era successo troppo in fretta, che sembravano passati pochi giorni da quando lui, i registi, gli sceneggiatori e i produttori Rai si erano incontrati per la prima volta per discutere la possibilità di creare quel progetto immane. Ora invece, a pochi giorni dalle prime registrazioni, erano tutti talmente stanchi che le giornate sembravano non finire più, ma c'era tanto di quel lavoro da fare che se anche fossero durate 36 ore il tempo non sarebbe bastato lo stesso.
Avrebbe potuto dirgli anche che lui, che aveva un timbro così particolare e si era sempre ben tenuto alla larga da duetti che sarebbero inevitabilmente finiti per sminuire e svalorizzare la sua voce, iniziava ad avere dei ripensamenti sul numero spropositato di pezzi che avrebbe dovuto cantare in coppia con altri artisti. Primo fra tutti il duetto con Malika Ayane ‒ una delle sue voci femminili preferite nel panorama musicale italiano contemporaneo ‒ su un mostro di canzone come quella che avevano scelto di interpretare insieme.

Avrebbe potuto dirgli tutte queste cose, ma non disse nulla.

Invece si alzò dal divano con una nuova determinazione e, sotto lo sguardo perplesso ma fiducioso di Andy, afferrò nuovamente iPod e testo, la canzone già impostata.
Prima di fare qualsiasi cosa, come ad infondersi coraggio, guardò l'uomo di fronte a sè.
Si rendeva conto di aver trascurato il compagno in quegli ultimi mesi; lo faceva sempre, gli bastava un minimo di pressione lavorativa per finire a comportarsi come un egoista suscettibile ed arrogante, e Andy non glielo aveva mai fatto pesare. Ma le parole dolci e confortanti con cui lo aveva coccolato pochi attimi prima gli avevano ricordato per l'ennesima volta quanto fosse fortunato ad avere al suo fianco una persona come lui.
Inoltre, gli avevano ricordato anche un piccolo, importante particolare che gli era sfuggito quando aveva iniziato a provare circa venti minuti prima, ma che ora gli aprì il volto in un grosso sorriso.
Cantare in inglese e in francese gli era sempre venuto più semplice: ovvio. Era nato e cresciuto con quelle lingue, erano parte di lui. L'italiano era arrivato dopo e quindi, per riuscire ad interpretare al meglio un testo, doveva sforzarsi di compiere quel processo mentale che solitamente gli veniva inconscio e spontaneo: fare proprio il senso delle parole, adattandole alla sua vita reale.
Se fino a quel momento non c'era riuscito, l'affetto senza riserve e la disinteressata preoccupazione che Andy aveva mostrato nei suoi confronti, quando invece avrebbe avuto tutto il diritto di sbottargli contro spazientito, avevano fatto scattare qualcosa in lui e gli avevano permesso di sentire tutto il peso di quel testo, il quale assunse in quella situazione un significato nuovo e limpido. Era come se fino a quel momento avesse letto e cantato parole slegate l'una dall'altra, una sorta di lista della spesa o un vocabolario, ma ora erano messe a fuoco e avevano un valore ed un'importanza imprescindibili.
 
<< Vieni qui, ascoltami. >> iniziò ad intonare dalla seconda strofa, lì dove nel foglio che teneva in mano ‒ tutto scarabocchiato di appunti ‒ era indicato il punto dove avrebbe dovuto attaccare lui. In realtà, dopo aver parlato con Malika, iniziavano a pensare di scambiarsi i ruoli e quella strofa sarebbe toccata a lei. Avevano anche avuto la mezza idea di infilare in mezzo al testo originale alcune frasi della versione inglese, resa famosa in tutto il mondo da Dusty Springfield, ma in quel momento nessuno di quei dettagli aveva la minima importanza.
Sentiva come se stesse esprimendo a parole quello che il suo mite e tollerante fidanzato gli aveva fatto capire a gesti poco prima: siediti qui vicino a me, dammi la mano, ascolta quello che voglio dirti e poi io sono pronto ad ascoltare te.
Andy era sempre stato un ragazzo estremamente paziente e comprensivo e Mika si rimproverò mentalmente di continuare a dimenticarlo e darlo per scontato. Meritava molto di più. Alle volte si chiedeva se fosse abbastanza per lui, se l'altro uomo non meritasse infintamente di più di quello che lui poteva dargli: una vita tranquilla, stabile, una famiglia magari. Ma nel suo egoismo non aveva mai avuto il coraggio di fermarsi e chiedersi se il compagno fosse davvero felice, né farsi un vero esame di coscienza, che sotto sotto non credeva avrebbe mai superato.
Non si sentiva affatto all'altezza di una persona del genere e, durante alcuni momenti di solitudine in cui una profonda, oppressiva ed esistenziale angoscia si artigliava alla sua anima, distorcendo la realtà davanti ai suoi occhi, si sentiva quasi in colpa per aver permesso che Andy si innamorasse di lui quando invece avrebbe potuto trovare qualcuno che fosse davvero degno di averlo accanto. Qualcuno che lo mettesse sempre al primo posto, che non lo trascurasse, che lo amasse meglio di quanto lui avrebbe mai potuto fare.
Perché sì, sicuramente tanti altri avrebbero potuto amarlo meglio, ma ‒ e questa non solo era un'evidenza chiara come il sole, ma un dato di fatto puro e semplice ‒ nessuno avrebbe mai potuto voler bene a Andy più di quanto non facesse Mika.
Anche se non era sempre bravo a dimostrarlo.

<< Io ti voglio bene. Te ne prego, fermati ancora insieme a me. >>
Il più grande continuava a cantare, l'ombra di un sorriso ‒ seppur vagamente malinconico ‒ che ancora non ne voleva sapere di affievolirsi sulle sue labbra, mentre Andy semplicemente lo guardava.
Non gli serviva conoscere nulla né di musica né di italiano per sapere che il più grande stava cantando con il cuore in mano. Nonostante questa consapevolezza, non riuscì ad evitare che un sorrisetto gaio gli incurvasse gli angoli della bocca, soprattutto quando i loro occhi s'incrociarono e lo sguardo del libanese divenne beffardo ed irriverente, uno spirito giocoso che s'impossessò di lui tutto di colpo senza che Andy sapesse il perché.
Lo capì giusto un secondo dopo.

<< Io che non vivo più di un'ora senza te >>
Mika alzò leggermente il volume mente cantava, per l'ennesima volta, quel verso. Non potè evitare di ridacchiare quando vide il più giovane alzare la testa al cielo e roteare gli occhi, a metà strada tra l'esasperato e il divertito.

<< Di nuovo? Sul serio?! >> lo prese in giro Andy, mentre ancora l'altro cantava. Finse di spararsi un colpo di pistola sulle tempie, per poi emettere un risolino sbuffante e scuotere la testa. << Giuro che se ti fermi di nuovo non risponderò delle mie azioni >> lo ammonì bonariamente, non riuscendo in nessun modo a smettere di sorridere.
Il libanese, infatti, sapeva essere una vera spina nel fianco quando ci si metteva, e il suo animo d'artista ‒  tanto individualista quanto profondamente e dolorosamente sensibile ‒  era spesso difficile e delicato da gestire; ma momenti come quello, in cui la sua maschera fatta di irrequietezza cadeva per lasciar spazio ad un Mika più rilassato, spontaneo e vivacemente allegro (per non dire il solito scemo), non solo rafforzavano la loro già ben salda complicità di coppia, ma ricordavano al giovane cameraman anche quanto il gioco valesse la candela. Quanto Mika ne meritasse ogni secondo.
 
 
Ovviamente, a quelle scherzose parole di sfida pronunciate inconsciamente dal greco, il più grande colse la palla al balzo. Diminuì la velocità della canzone verso la fine della frase e allungò l'ultima nota, sporgendosi in avanti e fingendo di volersi fermare da un momento all'altro.
...poi prese un breve respiro e andò avanti, continuando a fare l'idiota e aggiungendo alla performance una sorta di coreografia teatrale, nella quale si portava le mani al petto ascoltando il battito del cuore con una gestualità esagerata al limite del satirico, ben arricchita dalla sua ampia espressività facciale.

<< Come posso stare una vita senza te? >>
Cantò queste parole, nascondendo la loro profonda veridicità dietro l'ironia della sua esibizione estemporanea, e poi si avvicinò a Andy infossando un ginocchio nel divano e continuando con la sua comica scenetta: prese a indicare il biondino con fare drammatico, scuotendo tragicamente la testa ad occhi chiusi e pugni serrati, indossando nel contempo espressioni struggenti che avrebbero fatto impallidire un attore di telenovelas.
<< Lo sai che non capisco una parola, vero? >> gli ricordò a quel punto Andy, sollevando un sopracciglio e ridendo sotto i baffi. << Potresti anche starmi insultando per quanto ne posso sapere. >> Quello finse di non sentirlo e mandò avanti la sua performance iniziando a coinvolgere l'altro uomo nella "coreografia", prendendogli la mano e portandosela sul cuore, una risata che minacciava di venir fuori da un momento all'altro.
<< Anzi, sono quasi totalmente sicuro che tu mi stia insultando >> confermò con finta serietà il più giovane, assottigliando gli occhi e accarezzandosi il mento con aria scettica. Una risata soffocata sfuggì incontrollabile dalle labbra del più grande, il quale però riuscì a ricomporsi abbastanza in fretta da concludere la canzone con un ultimo paio di versi, in cui cambiò anche il pronome da femminile a maschile recitandoli quasi con più ardore dei precedenti.

<< Sei mio! Sei mio! Ma niente lo sai... >> avvicinò il viso a quello del compagno, ormai distante solo pochi centimetri, allungando ulteriormente l'ultima nota e infine prendendo un breve respiro prima di finire la canzone. << ..separarci un giorno potrà. >>

Scoppiarono entrambi in una grassa risata liberatoria, durante la quale Mika si passò imbarazzato una mano sul volto e Andy gli assestò una leggera gomitata. Una volta affievolite le risa, il più grande s'impossessò nuovamente per un attimo di quel mood sdolcinato nel quale si era calato ‒  stavolta recitando solo per metà ‒  e lasciò un dolce bacio sulla mano destra dell'altro uomo, ancora stretta tra le sue. A quel contatto Andy rabbrividì appena, cercando gli occhi del compagno appena questi sollevò lo sguardo. L'inequivocabile luccichio innamorato che potè leggerci dentro fu abbastanza perché lo stomaco del greco si attoricigliasse su sè stesso, provocandogli delle piacevoli fitte che neanche i 10 anni di relazione che avevano alle spalle erano mai riusciti a rendere meno intense.

L'atmosfera intima e romantica che stava andando a crearsi fu però rovinosamente interrotta da una costumista mandata direttamente da Mrs. Penniman, la quale intimava a suo figlio di muoversi e andare a provare una nuova giacca appena arrivata dalla maison Valentino.
Appena il cantante si chiuse la porta alle spalle seguendo la giovane ragazza fino alla zona costumi ‒ un sorriso felice ancora in bella vista sul suo viso ‒ Andy tentò di riportare i piedi per terra e mettersi nuovamente al lavoro.
La curiosità, però, non ci mise che pochi minuti ad avere la meglio sul suo senso del dovere: allungò il braccio verso il foglio interamente pasticciato dalla sbilenca calligrafia di Mika e, portatile alla mano, digitò il titolo della canzone che gli era stata così inaspettatamente dedicata, il nome del suo autore e la traduzione in inglese del testo originale.
Una volta raggiunta l'ultima frase del brano, il battito del cuore gli rimbombava nelle orecchie e le farfalle facevano a pugni nel suo stomaco.


Ci provò con tutte le sue forze, sapeva che sarebbe sembrato un idiota altrimenti, ma nonostante i suoi sforzi sovrumani Andy non riuscì proprio a smettere di sorridere per tutto il giorno, almeno finché non cadde addormentato a notte inoltrata tra le coperte scomposte, con il battito accelerato di Mika contro l'orecchio, il suo respiro ancora affannoso sulla pelle e le sue forti, lunghe braccia che lo stringevano a sé.













Salve!
Non avete idea del tempo che queste piccole storielle (o almeno alcune) hanno passato tra i miei file di drive a fare la muffa perché non riuscivo a trovare l'ispirazione per andare avanti. Queste ultime due settimane mi sono finalmente riuscita a prendere una vacanza dall'università, sessione ed esami e ho scritto come non facevo da anni, andando avanti anche per tutta la notte.
Non so ancora di preciso quante one shot finiranno in questa raccolta; 3 sono già praticamente pronte (salvo correzioni e stravolgimenti dell'ultimo minuti che sono way too likely to happen), ma qualcuno mi ha lanciato un prompt carino che è rimasto lì a solleticarmi il cervello, quindi forse ne potrebbe venir fuori anche una quarta. Detto questo, cercherò di pubblicare con costanza - a ritmi serrati m non troppissimo, altrimenti non ho il tempo di provare a scrivere questo quarto capitolo - in modo da aprire e chiudere sneza intralci questa modesta raccolta che, nel caso non lo aveste notato da questo primo capitolo o dall'avvertimento a chiare lettere che vi ho messo nello specchietto iniziale, sarà stracolma di fluff. Ma proprio roba da diabete eh.
Prendetela così come viene perché non lo so neanche io da dove mi è venuta tutta questa stucchevolezza.

As usual, se mi lasciate un commentino qui sotto mi fate tanto piacere.
Bacini, alla prossima xX

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Capitolo 2
*** Potreste invitare Sting ***


Potreste invitare Sting



 

 

<< È arrivato? >>

<< No. >>

***

<< ...adesso è arrivato? >>

<< Non ancora. >>

***

<< ...e ades- >>

<< Andy, per l'amor del cielo! Non è ancora arrivato! Giuro che appena lo vedo sarai la prima persona a cui lo dirò. >>

<< ...okay. Non c'è bisogno di urlare. >>


 

Non realizza immediatamente l'errore che ha commesso. Troppo preso dai suoi buoni propositi e le sue belle intenzioni, gli ci vuole un po' per capirlo.
In fondo, tutto ciò che Mika voleva era solo fare una sorpresa al suo compagno e, possibilmente, accaparrarsi nel frattempo almeno un buon 4% di share in un colpo solo.
Due piccioni con una fava, insomma.
Sarebbe andato tutto bene, se solo uno dei piccioni non avesse iniziato a dare dei problemi.


 

Era iniziato tutto nel loro bell'appartamento di Milano, a primavera inoltrata.
Mika era solito condurre in casa propria, almeno quando possibile, le riunioni con lo staff direttivo della Rai, che si era mostrato da subito ben disposto ad assecondare il cantante e trasferirsi nella sua comoda e spaziosa abitazione non distante del centro. Il progetto Stasera Casa Mika era ormai ben avviato da un paio di mesi, tutte le più pressanti questioni burocratiche erano state levate di torno, il concept principale dello show era relativamente ben chiaro e delineato nelle menti di tutto il team creativo e, finalmente, si era davvero entrati nella fase più concreta e feconda di puro fervore inventivo che caratterizza l'inizio di una creazione artistica di tale portata. Infatti gli incontri tra la pop star e la squadra di registi e sceneggiatori, capeggiati dall'amico e più volte collaboratore Ivan Cotroneo, erano ormai diventati un fantasioso cenacolo in cui idee, visioni ed ispirazioni venivano scambiate in un'unica conversazione collettiva, nella quale non esistevano giusto o sbagliato e dove una piccola, singola scintilla poteva passare di mano in mano, di mente in mente, amplificandosi sempre di più fino a diventare un grandioso fuoco d'artificio d'immaginazione.


Ovviamente, non si trattava di un processo particolarmente silenzioso.
L'altro abitante del luminoso loft, infatti, seppur rintanato in fondo al corridoio dentro al suo piccolo studio privato, iniziava a far fatica ad ignorare il vociare concitato proveniente dal soggiorno. Non che non ci fosse abituato, comunque. Lo stile lavorativo del compagno – puntiglioso e perfettino all'inverosimile – non gli permetteva di delegare a terzi, senza sua diretta supervisione, neanche il più piccolo dettaglio riguardante il proprio mestiere; perciò nel corso degli anni Andy aveva dovuto imparare a dividere non solo le attenzioni del libanese, ma anche i propri spazi vitali con tutta la macchina costruita attorno alla figura pubblica e artistica della pop star. Questo implicava, tra le altre cose, il ritrovarsi la casa invasa da estranei, i quali la maggior parte delle volte comunicavano tra loro il lingue sconosciute al cameraman.
Finché ciò accadeva nella loro estesa villetta a più piani in South Kensington, a Londra, Andy doveva ammettere che la cosa non gli pesava particolarmente; anzi, essendo lui stesso il prodotto multietnico di due diverse culture, non poteva che apprezzare la ricchezza di esperienze, civiltà e tradizione che passavano frequentemente dal suo salotto per un tè e quattro chiacchiere.
Ma l'appartamento di Milano, seppur spazioso e confortevole, era notevolmente meno ampio di quella – situata su suolo inglese – che da parecchi anni considerava a tutti gli effetti la sua casa. Ciò rendeva quindi un po' più difficoltosa la gestione di quegli spazi personali condivisi con cui doveva fare i conti ogni volta che Mika si portava il lavoro in casa, e con esso anche una mezza dozzina di chiassosi, caotici italiani.


 

Proprio mentre qualche stanza più in là si aggiungeva alla cacofonia di voci anche il suono indistinto della televisione, sulla quale il gruppo di scrittori mostrava ad un Mika inesperto alcuni spezzoni dei più iconici varietà italiani del vecchio secolo, Andy si rese conto che l'unico metodo a sua disposizione per potersi effettivamente mettere a lavorare senza distrazioni, era l'isolamento completo da tutto ciò che lo circondava.
Si sollevò quindi dalla poltroncina girevole sulla quale era rimasto seduto – improduttivo – per la precedente mezz'ora e, mani sui fianchi, scandagliò con lo sguardo la modesta camera adibita a studio le cui pareti erano coperte quasi interamente da scaffali ricolmi di libri, CD e DVD. Senza pensarci un secondo, il ragazzo afferrò le grandi cuffie insonorizzanti abbandonate sul divanetto di fronte alla finestra e poi si diresse con passo sicuro verso il ripiano della libreria dedicato a dischi e vinili. Qui, occhi socchiusi, fronte corrucciata e dito a mezz'aria ad accarezzare con riguardo il dorso delle numerose custodie in plastica disposte in ordine alfabetico, percorse distrattamente i primi tre quarti della mensola sino ad arrivare infine alla lettera P e trovare l'album che stava cercando e che sapeva fosse la scelta infallibile per potersi confinare dal resto del mondo per un paio d'ore.
Contemplò con un mezzo sorriso soddisfatto la copertina tricolore di Synchronicity, sui cui toni rossi, gialli e blu svettava a chiare lettere il nome della famosissima band britannica che lo aveva composto e che, fin da quand'era ragazzino, era stata uno dei gruppi preferiti del giovane cameraman. Non bastarono che pochi minuti prima che Andy si immergesse del tutto nel lavoro, la musica pop rock dei Police nelle orecchie e il baccano proveniente dal salotto ormai completamente dimenticato.


 

***


Passò circa un'ora e mezzo prima che qualcuno venisse a disturbare la sua oasi di tranquillità.

Infatti, distolta momentaneamente dal flusso creativo che aveva spinto la loro immaginazione ben oltre i confini preimpostati del rigido e sterile format televisivo, la rumorosa comitiva che si era impossessata del soggiorno per tutto un pomeriggio, aveva deciso che fosse giunto il momento di prendersi una meritata pausa e mettere qualcosa sotto i denti.
Mika quindi, da buon padrone di casa, aveva fatto accomodare i collaboratori attorno all'ampio tavolo bianco del salone e – levati di mezzo fogli, appunti, computer, matite e tutto il resto del materiale utilizzato per lavorare – si era spostato nell'elegante cucina, promettendo all'affamata combriccola un'invitante crostata di pesche accompagnata da una tazza di tè. Dopo aver riempito e messo sul fuoco il bollitore, il libanese aveva però lanciato uno sguardo d'accertamento agli ospiti alle proprie spalle e si era poi allontanato momentaneamente, raggiungendo la candida porta all'estremità del corridoio – oltre la quale sapeva avrebbe trovato la sua metà – e bussando rispettoso prima di far capolino nella stanza.

Andy, perso com'era nel lavoro e nella musica, non sentì subito né il picchiare alla porta, né la voce di Mika che gli parlava, spalla poggiata allo stipite e mano destra ancora sulla maniglia. Tornò con i piedi per terra solo una volta che il compagno gli toccò un braccio, attirando la sua attenzione e facendogli distogliere lo sguardo dallo schermo luminoso del computer per la prima volta in quasi due ore. Sfilò le cuffie dalle orecchie abbandonandole di traverso sul collo, le percussioni del brano ancora in riproduzione che echeggiavano timidamente per la stanza, mentre il riccio gli ripeteva con un sorriso affabile:
<< Vieni a fare merenda con noi? >>


 

Si ritrovò quindi ad un lato del grande tavolo in sala, fumante tazza di tè nero sotto il naso, mentre attorno a lui i collaboratori del compagno – alcuni dei quali ben conosciuti anche dal greco – chiacchieravano del più e del meno spizzicando ogni tanto un pezzetto di crostata. L'arrivo del cameraman era stato accolto da tutti i presenti con gioviali e festanti esclamazioni di saluto, in particolare da parte di Giulio, manager italiano del cantante ormai da parecchi anni, che spesso aveva trovato in Andy un fondamentale alleato nella gestione delle paranoie del libanese, impresa che tante volte si era rivelata essere piuttosto delicata.
Con grande sollievo del più giovane, alla sua presenza la discussione era autonomamente passata dall'italiano all'inglese, grazie anche all'eventuale assistenza da parte di Giulio, Ivan o lo stesso Mika, nel caso uno degli altri commensali non masticasse con troppa disinvoltura la lingua d'oltremanica.

Nonostante tecnicamente stessero facendo pausa, la conversazione non si era mai allontanata troppo dal lavoro e da quella piacevole, inebriante sensazione di star creando qualcosa di nuovo a partire da zero; in quel preciso momento il discorso verteva su quali ospiti, nazionali o stranieri, si sarebbero potuti invitare nelle quattro ricche puntate concesse a Mika e al suo team dalla direzione Rai.
Tra un artista e l'altro, un personaggio pubblico e l'altro – alcuni più facilmente reperibili di altri – ogni tanto la fantasia di uno degli autori si permetteva di volare alta, oltre gli impedimenti fisici o metafisici della realtà, e di proporre con occhi luccicanti e sorriso birichino – un po' per gioco un po' per utopistico auspicio – un qualche nome troppo azzardato, troppo altisonante, troppo bello per essere vero.

Mika aveva decretato da subito, senza doverci pensare due volte, come la persona che più di tutte avrebbe voluto avere ospite nel programma era colui che, durante l'adolescenza, si era eretto come uno dei suoi più grandi eroi, nel burrascoso periodo della sua giovinezza era diventato una delle sue maggiori ispirazioni e che ora, una volta adulto, aveva il privilegio di poter chiamare – seppur sommessamente, in un bisbiglio incredulo – suo amico: il grande Maestro, Dario Fo. Ovviamente, nonostante il profondo rapporto di reciproca ammirazione e innata simpatia che legava i due, il cantante non osava farsi grandi illusioni: il giullare anarchico che aveva stregato il suo impressionabile animo di tredicenne appassionato di teatro, aveva ormai raggiunto e superato l'invidiabile meta dei 90 anni e, seppur la sua mente continuasse ad essere arguta, pungente e limpidamente geniale, il suo corpo in balia del tempo sarebbe potuto non essere all'altezza di ciò che il cervello gli comandava.
Allo stesso modo la co-ideatrice del progetto Casa Mika, Tiziana Martinengo, importante autrice televisiva italiana e al momento unica donna facente parte della tavolata, confessò con un sorriso nostalgico l'irrealizzabile sogno di poter avere il più grande tra i grandi, l'ineguagliabile Freddie Mercury, a stravolgere gli studi Rai con una delle sue coinvolgenti esibizioni. L'alternativa proposta da Fabio, regista principale del programma, ossia quella di mettersi in contatto con i restanti membri della leggendaria band britannica, magari attingendo alle conoscenze in campo astrofisico del chitarrista–scienziato Brian May per uno sketch di tutto rispetto tra la musica e le stelle, fu accolta dalla squadra con un entusiasta boato di approvazione, per essere però abbandonata e dimenticata attimi dopo in favore di quel gioco di immaginazione che era riuscito a trasformare i sei adulti presenti in bambini dagli occhi sognanti.

Ognuno ebbe il proprio turno per dire la sua, aggiungere un commento alle fantasie altrui o proporre simpatiche congetture su quali reazioni i vari ospiti fittizi – tra i quali spiccavano De Andrè, Jean Cocteau, Oscar Wilde e David Bowie – avrebbero potuto avere dinnanzi all'impossibile, irriverente, magica Casa che avrebbe aperto le sue porte a tutti gli abitanti d'Italia di lì a qualche mese.
Una volta che il tè si fu freddato e che della crostata furono rimaste solo le ultime briciole, gli occhi di tutti i presenti si posarono curiosi sul volto del greco, sotto la cui folta barba ramata si intravedeva ancora l'ombra di un sorriso divertito.

<< Andy, tu chi inviteresti se potessi? >>

Il ragazzo piegò istintivamente la testa di lato e ci pensò su qualche attimo, facendo vagare la mente sulla lunga lista di autori, registi, cantanti, fotografi, illustratori e artisti che erano stati fonte d'ispirazione sia per il suo lavoro che, in generale, per la sua vita. Si rese conto in quel momento che il sound vagamente blues e il ritmo incalzante di Murder by Numbers, ultima canzone dell'album che aveva scelto di ascoltare più di due ore prima e la cui riproduzione era stata interrotta dal bussare di Mika, non aveva mai smesso di ronzargli nelle orecchie.
Stringendosi nelle spalle con un mezzo ghigno compiaciuto a sollevargli un angolo della bocca, rispose semplicemente:

<< Beh, potreste sempre invitare Sting. >>


 

Dopo quella spassosa oretta di pausa, sia Andy che il team di scrittori e registi convenirono che fosse giunto il momento di tornare ai rispettivi impieghi. Il greco aiutò Mika a sparecchiare la tavola e a riporre le stoviglie sporche nel lavello, pregustando già la giocosa, inesorabile battaglia che sarebbe scaturita per designare a chi sarebbe toccato fare i piatti una volta che gli ospiti li avessero lasciati soli. Salutò il gruppo di italiani con un cenno del capo e un augurio di buon lavoro e poi, facendo una capatina nell'atrio per lasciare una carezza alle golden appisolate nelle rispettive cuccette, tornò nuovamente a chiudersi nel suo studio per cercare di obbedire alla propria tabella di marcia. Stavolta preferì lasciare le cuffie sul divano, riporre il dischetto argentato nella sua custodia sullo scaffale e concentrarsi per quanto possibile su quello che doveva fare, le melodie new wave dei Police finalmente allontanate dai suoi pensieri.

Nel salotto qualche metro più in là, invece, nonostante la squadra fosse tornata in carreggiata su una linea di pensiero più concreta e le idee avessero ripreso a fluire copiose, parte della mente di Mika viaggiava in direzione del tutto opposta e non era riuscita a liberarsi né della disarmante semplicità con cui il compagno aveva espresso quell'ultima ironica proposta una manciata di minuti prima, né dello scintillio sognante del suo sguardo alla menzione del famoso musicista inglese.
Ripromettendosi di fare una telefonata ai produttori dello show appena avesse avuto il tempo, il libanese si costrinse a concentrarsi completamente sulla discussione in corso di fronte a lui, un sorrisetto machiavellico che gli contagiava furbescamente gli occhi nocciola.


 

***


 

Ormai giunti all'ultima settimana di ottobre, erano passati diversi mesi da quel particolare giorno di primavera nel quale Mika – sotto inconsapevole consiglio del suo partner – aveva avuto quella che, ai tempi, gli era sembrata un'idea geniale.
Aveva parlato subito con la produzione dello show, con gli amici co-ideatori e con la direzione Rai, la quale si era messa immediatamente all'opera per contattare il famoso cantautore ormai ultra–sessantenne nel suo attico a Central Park, chiedendogli la disponibilità per un'esibizione su suolo italiano, accompagnata da un'intervista descrittagli come "fuori dal comune".
Nonostante si fosse prefissato di mantenere il segreto il più a lungo possibile, appena cinque minuti dopo aver ricevuto la conferma dal suo produttore nel bel mezzo dell'estate, il riccio non era riuscito a trattenersi e, buttatosi a peso morto su Andy che leggeva tranquillo sul divano del loro soggiorno londinese, gli aveva gridato in faccia con eccitazione fanciullesca:

<< Abbiamo Sting! >>

A questa ambigua e peculiare esclamazione erano seguiti alcuni minuti in cui il libanese gli aveva spiegato per filo e per segno tutte le suppliche indirizzate al direttivo Rai, il cui budget limitato avrebbe dovuto coprire delle spese non indifferenti, e gli altrettanti sotterfugi a cui si era dovuto prestare per evitare di rovinargli la sorpresa e rischiare di fargli scoprire in anteprima che uno dei suoi artisti preferiti sarebbe stato a pochi centimetri da lui e gli avrebbe finalmente potuto rivolgere la parola.
La reazione di Andy – il quale aveva dapprima strabuzzato gli occhi incredulo, si era poi aperto in un istintivo sorriso di pura euforia ed aveva infine travolto il cantante in un abbraccio entusiasta, comportandosi come un bambino la mattina di Natale per il resto della giornata – era bastata a ripagare Mika di tutta la fatica, facendolo beare dell'inequivocabile gioia del suo innamorato come se fosse la propria.


 


 

Ora però, a distanza di poche ore dalle prove generali dello show, la situazione si era ribaltata in modo del tutto inatteso.

Il suo Andy, solitamente composto, pacato e quasi imperscrutabile, era diventato un fascio di nervi: marciava caparbio su e giù per il corridoio del backstage, schivando tecnici, costumisti, truccatori e ballerini nel suo percorso senza meta ma necessario come valvola di sfogo per l'euforica agitazione che lo aveva pervaso.
Nell'ultimo decennio passato fianco a fianco con la pop star (ma anche grazie al suo stesso lavoro nel campo dei videoclip musicali) aveva avuto modo di incontrare centinaia di artisti di un certo calibro o di cui seguiva con assiduo interesse i vari progetti: non si era mai fatto intimidire né assoggettare dalla personalità che gli stava davanti, per quanto illustre potesse essere. Al massimo aveva provato un rispetto ed un'ammirazione referenziali, ma si era sempre guardato bene dal mostrarsi troppo entusiasta, soprattutto perché spesso quel genere di incontri avvenivano sotto i rossi occhi vigili delle telecamere accese e l'ultima cosa di cui aveva bisogno era mettersi in mostra, in particolare se si trovava nei paraggi di Mika.
Stavolta, però, non era il solito uomo di mondo professionale ed alla mano, quello che camminava irrequieto per l'andito illuminato a neon, mordicchiandosi nervosamente le unghie ben curate. Invece, colui che in quel momento aveva fatto il suo irruento, inaspettato, inopportuno ingresso nell'animo del greco, era il suo io quindicenne – maldestro ed emozionato – che passava le giornate a vagare per le vie di Londra, cuffie nelle orecchie e vecchie cassette dei Police a tenergli compagnia attraverso il consunto walkman passatogli in eredità da sua sorella maggiore.
E se la sua facciata di impassibile ermetismo aveva già iniziato a cedere, frammentandosi in piccole crepe frastagliate da cui fuoriusciva tutta la commozione custodita all'interno di quell'armatura protettiva, dentro di sé il giovane uomo tornato ragazzino stava tremando come una foglia.

Scrutando furtivamente il trepidante compagno attraverso lo specchio del suo camerino, Mika si ritrovò a pensare che, se non fosse stato sommerso di cose da fare in vista dell'imminente debutto, si sarebbe senz'altro preso qualche minuto in più per rifarsi gli occhi con quella vista così fuori dall'ordinario, ma al contempo talmente tenera da costringerlo a dover lottare contro l'impulso viscerale di interrompere la perpetua marcia del greco, prendergli il viso tra le mani e baciarlo proprio lì di fronte a tutti, tra gli studi della Rai.
Invece, il cantante si spostò a malincuore dalla sua privilegiata postazione osservativa, aggirando il divano al centro della stanza alla ricerca del piccolo zaino che aveva portato con sé quel giorno fin dentro lo studio milanese. Lo trovò dove lo aveva lasciato al suo ingresso, nell'appendiabiti vicino alla porta; una borsa talmente anonima da essere stata trascurata da chiunque avesse messo piede in quel camerino. Accertandosi che Andy non avesse spontaneamente deciso di mettere fine alla sua peregrinazione proprio in quel momento, il riccio afferrò lo zainetto e, dopo aver rovistato al suo interno per qualche secondo, ne tirò fuori trionfante quella stessa custodia in plastica, decorata in stile minimalista dai soli 3 colori primari, che il compagno aveva lasciato aperta sulla sua scrivania quel lontano giorno di metà aprile in cui il nome di Sting era stato menzionato per la prima volta nel contesto di Stasera Casa Mika.
In realtà, se anche in quell'occasione non avesse notato quale CD il cameraman aveva prelevato dall'ordinata libreria, negli ultimi 10 anni i due uomini avevano disquisito fin troppo a lungo di musica perché Mika non sapesse che l'ultimo album studio dei Police fosse in assoluto uno dei preferiti del compagno.
Perciò, nonostante non si aspettasse la sua reazione così inquieta e nervosa, il libanese sapeva per certo che Andy sarebbe stato troppo orgoglioso e forse anche un po' in imbarazzo nel chiedere un autografo al famoso cantautore; quindi ci aveva pensato lui e quella mattina, prima di uscire di casa per un'intensa giornata di prove, si era intrufolato nello studio dell'altro uomo prendendo in prestito quel CD a cui era tanto affezionato.
Certo, non si trattava dell'originale cassetta, logora e sciupata da anni e anni di utilizzo, che il greco custodiva gelosamente all'interno dell'immensa collezione esposta con meticolosità ed orgoglio nella sua biblioteca a Londra, ma Mika non aveva dubbi sul fatto che il più giovane avrebbe comunque apprezzato il gesto.

Risvegliato dal cinguettio allegro del cellulare, tramite il quale Giulio lo avvisava che Sting era finalmente arrivato, il cantante si affrettò a nascondere il CD nella tasca destra della comoda felpa che usava spesso durante le prove e i sound check dei suoi show, uscì dal camerino e, sopprimendo a fatica un sorriso incriminante, si chiuse la porta alle spalle.
Dopo aver dato ad Andy l'aggiornamento che aspettava da diverse ore, prendendo bonariamente in giro la sua reazione concitata – fin troppo simile a quella che lui stesso era solito vedere nei propri fan – Mika si prese un attimo per gustare appieno il fatto che, una volta tanto, avrebbe tenuto lui la penna dalla parte dell'inchiostro, rendendosi vulnerabile e forse anche ridicolo, implorando un vero e proprio Gigante della musica di dedicargli un secondo del suo tempo e una riga dei suoi pensieri. Sorrise assorto a quell'immagine così particolare eppure famigliare, ripromettendosi di fare tesoro del leggero fermento che si agitava nel suo petto e compiacendosi dal fatto che, se anche Andy non fosse riuscito a spiccicare parola dall'emozione, almeno quella sera si sarebbe consolato trovando sulla sua scrivania uno spigoloso pacchetto infiocchettato con dentro una piccola dedica, scritta direttamente dal pugno di uno dei suoi più grandi idoli.

Fu con questi pensieri che il libanese, seguito a ruota da Andy, attraversò il corridoio e raggiunse la porta aperta dell'ampio camerino assegnato al maggiore dei suoi ospiti e alla sua band. Un sogghigno divertito gli si dipinse sul volto quando percepì dietro di lui il corpo del compagno irrigidirsi completamente ed indietreggiare appena, come se avesse ricevuto un secchio d'acqua ghiacciata in pieno volto. Era adorabile.
Approfittando dei pochi secondi a sua disposizione prima che i vari ospiti si accorgessero della loro presenza, Mika si permise di allungare la mano destra all'indietro ed intrecciare le dita con quelle del più giovane, cercando di infondergli così un po' di quell'audacia – solitamente caratteristica della sua personalità – che in quel momento gli era venuta a mancare. La forza con cui Andy ricambiò quella stretta, come se la sua mano fosse l'unico appiglio rimastogli al mondo, fece fare una squisita capriola al cuore del riccio e lo convinse a mandare definitivamente a fare un giro il suo ferreo paradigma di discrezione. Si concesse infatti di voltarsi all'indietro ed esaminare con sguardo gentile ed intenerito la buffa reazione del greco, pietrificato al cospetto del suo eroe: occhi strabuzzati e vagamente irrequieti, bocca dischiusa in un'espressione di stupore che – considerata l'estenuante attesa – non aveva motivo di esistere, gote imporporate dall'imbarazzo e labbra rese gonfie e sanguinanti dagli incisivi che le martoriavano morbosamente in un tic nervoso. Era dannatamente adorabile.

A quel punto, appena un attimo prima di schiarirsi la gola attirando l'attenzione dei presenti, Mika strattonò bruscamente il più giovane per la mano che ancora stringeva nella sua, facendolo passare a tradimento di fronte a sé giusto in tempo perché Sting si voltasse e, sorridendogli amichevole, allungasse un braccio nella sua direzione in un cordiale gesto di saluto che Andy si affrettò a ricambiare.


 


 

Sapeva che, una volta tornati a casa, avrebbe pagato caro per quell'ultima letterale spintarella incentiva, datagli senza alcun preavviso o possibilità di tirarsi indietro.
Ma in quel momento – mentre già anticipava lo sguardo luminoso e la foga euforica con cui il compagno gli avrebbe descritto più e più volte quell'incontro, probabilmente sciorinando un'inconsueta parlantina e non riuscendo a chiudere il becco fino a notte inoltrata – a Mika davvero non sarebbe potuto importare meno delle conseguenze.




















Ehilà!
Non sono troppo sicura di quello che è venuto fuori con questo capitolo, ad essere sincera mi lascia così, un po' titubante.
Guardando la prima puntata di SCM era evidente che Mika in primis fosse parecchio gasato per la presenza di Sting, poi però non so bene cosa sia successo ma ho deciso che l'idea di scrivere di un Andy in modalità fanboy (con reazioni magari anche troppo simili a quelle che abbiamo noi quando incontriamo Mika) mi piaceva ancora di più. Nonostante ciò, è proprio per "colpa" di questo capitolo che questa raccolta è rimasta bloccata nelle note così a lungo: l'idea di base era lì, vagamente, ma la concreta ispirazione per scriverci qualcosa sopra non ne voleva sapere di venire a galla. Ci è voluto più di un anno e mezzo, due settimane di pausa dall'università e l'intervento di uno sparuto gruppetto di altri scrittori di fanfiction (che ringrazio tantissimo) che si sono riuniti su twitter e mi hanno dato un sacco di ottimi spunti, per poter uscire dal mio blocco.
In particolare, ne approfitto subito per fare un ringraziamento speciale all'unica e sola VvFreiheit, che è sempre la prima a cui vado a rompere le scatole ogni volta che mi serve un parere: so che non ho rispettato appieno il tuo consiglio e tu volevi che scrivessi tutto il seguito con un Andy un po' "out of character", euforico e chiacchierone "perché è l'Andy quindicenne"; mi spiace, spero che le ultime frasi riparino un pochino a questa mia mancanza haha

Per quanto riguarda il resto del capitolo, che dire? Mi ispirava tanto l'idea di provare ad infilarmi in tutto lo sviluppo creativo che sta dietro un programma come Stasera Casa Mika; ci sono state tante idee bellissime e sinceramente sarei anche curiosa di sapere da quale specifica mente arrivavano o se, un po' come ho scritto io, si trattava di un processo più collettivo. Scusatemi se, mentre facevo tutti questi ragionamenti, la me "studentessa di astrofisica" e la me "grandissima fan dei Queen" si sono coalizzate e hanno partorito l'immagine di Brian May invitato nello show che teneva una "mini-lezione" di astrofisica, magari cantando '39 per spiegare gli effetti relativistici di dilatazione dei tempi. Mika non mi ha voluto fare questo enorme regalo, quindi me lo sono dovuta immaginare da sola. Let a girl dream.

Ok, ho blaterato anche abbastanza, ma ci tenevo a darvi un po' di background su come è nata questa storiella.
Stavolta sono davvero curiosa di sapere quali sono state le vostre impressioni, opinioni e critiche: fatemi sapere!
Alla prossima xX



 

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Capitolo 3
*** Andy knows ***


Eccoci in dirittura d'arrivo; so che avevo detto che FORSE ci sarebbero stati 4 capitoli se avessi avuto il tempo di scriverne un altro, ma nonostante la clausura a cui siamo stati costretti, l'università ha deciso di mettersi in mezzo e sono ancora qui che cerco di recuperare le lezioni della settimana, perciò non è stato proprio possibile.
Quindi niente: abbiamo visto uno sprazzo del primo processo creativo di imbastitura dello show, qual era la situazione a poche settimane dalle registrazioni, poi a pochi giorni e infine ecco a voi il terzo e ultimo capitolo di questa piccola raccolta, ambientato appena pochi minuti prima il grande debutto.

PS. Qui davvero il fluff si spreca, ma che ve lo dico a fare?





 

Andy knows


 


 

Mika è agitato.
Molto agitato.

Non sarebbe difficile capirlo neanche per uno sconosciuto, figurarsi per Andy che ormai lo conosce come il palmo della propria mano e potrebbe elencare ad occhi chiusi i sintomi di tale tensione: occhi sfuggenti, labbra contratte, dita che tamburellano senza sosta sul legno del tavolo davanti al quale sta seduto, insofferente.
Infatti non passano che pochi attimi prima che il cantante si alzi, non sopportando più di stare fermo, e ricominci a misurare a grandi passi la stanza come ha fatto appena una manciata di minuti prima.

 

La cosa preoccupante è che, in effetti, neanche Andy lo ha mai visto così in tensione. Forse giusto un paio di volte.

Al suo primo vero concerto, quando ancora si conoscevano sì e no da un paio di mesi e, telecamera alla mano, pronto a scendere in mezzo all'esiguo pubblico per filmare lo spettacolo, lo aveva visto di sfuggita mentre camminava avanti e indietro nel backstage.

Era capitato un'altra volta, all'incirca due anni più avanti, il giorno prima del prodigioso concerto al Parc Des Princes a Parigi. Più di sei mesi di preparativi ininterrotti erano sfociati, a sole 24 ore dal momento X, in un crollo emotivo degno di nota durante il quale il giovane cameraman aveva dovuto assistere in silenzio all'esposizione precisa e sistematica di tutti i peggiori scenari possibili ed immaginabili che, a detta del compagno, si sarebbero potuti presentare il giorno seguente. Le precauzioni del moro, non proferire parola per tutta la mattinata successiva e – conseguentemente – dover comunicare a gesti, facevano spuntare un sorriso divertito sulle labbra del greco ancora oggi, a distanza di tanti anni.

L'ultima volta che aveva visto Mika così teso, invece, avrebbe preferito non ricordarla.
Ma i dettagli di quella notte passata in ospedale si erano impressi a fuoco nel suo cervello: ricordava l'esatto ordine in cui ogni membro della famiglia Penniman era comparso alla sua vista, fattezze stravolte dal panico, mentre svoltavano in tutta fretta l'angolo per il reparto intensivo. Ricordava il preciso numero di mattonelle nella frazione di parete che aveva fissato con sguardo vuoto per diverse ore e il punto esatto in cui due angoli di esse non s'incontravano proprio perfettamente, tanto da costringerlo a distogliere lo sguardo per l'inutile fastidio che sentiva crescere nelle viscere. Ricordava di essersi alzato a prendere 8 caffè al distributore di bevande e di come tutti lo avessero accettato in silenzio, ma nessuno ne avesse bevuto neanche una goccia. Ricordava i denti luminosi e perfettamente allineati di una qualche celebrità il cui faccione sorridente, tanto fuori luogo da scadere nel grottesco, troneggiava sulla copertina di una rivista poggiata su un tavolo nella sala d'aspetto.
Più di tutto, però, ricordava lo sguardo assente di Mika, incavato in un volto senza espressione, rigido e indurito da una notte spaventosa che lo aveva fatto invecchiare tutto d'un colpo.
Lo aveva visto fare avanti e indietro per il corridoio per la bellezza di duecentocinquantasette volte (chissà poi perché le aveva contate), torturandosi le mani e fissando il vuoto prima che un dottore in camice bianco uscisse dalla porta dove avevano visto sparire una barella insanguinata e venisse accerchiato dall'intera famiglia, Mika in prima linea, per riferire loro l'agrodolce novità.



 

Nonostante non si tratti neanche lontanamente di una situazione tanto tragica, Mika è un libro aperto ed è, effettivamente, molto nervoso. Ovviamente, si ritrova a pensare il biondo, anche lui lo sarebbe se fosse in procinto di fare ciò che il suo ragazzo sta per fare.
È stato in tv centinaia di volte, alcune delle quali più agitato di altre, certo: come ad esempio il primissimo debutto nella giuria di XFactor, prima del quale Andy era stato costretto a sorbirsi il tipico sermone disperato del partner, che malediceva il giorno in cui gli era saltato in mente di fare una cosa tanto stupida ed avventata.
Ma uno show tutto suo? In una lingua che non gli era propria e che ancora non padroneggiava alla perfezione? In un Paese che si era trovato invaso dal "fenomeno Mika" (per la seconda volta, ma ora in modo decisamente più insistente) e che ‒ almeno così pensava il cantante ‒ con buone probabilità già aveva la nausea al solo pensiero di ritrovare i suoi dentoni adorabili, le sue fossette adorabili e i suoi occhioni adorabili in prima serata sulla Rai?

Nessuna stranezza che il libanese sia terrorizzato a morte!
 

Ma Andy sa bene (anche troppo bene!) quanto il più grande abbia lavorato duro per creare questo programma. Le prove si trovano probabilmente ancora sparse per la loro cucina, a Londra. Sa quanto impegno, energie e cuore abbia investito in questo progetto: studiando fino a notte fonda i vecchi varietà italiani e mettendo a rischio la sanità mentale sua e del proprio compagno, che cercava di dormire pochi centimetri più in là; facendo conciliare tutti i suoi numerosissimi impegni, sporcandosi letteralmente le mani, combattendo ogni giorno per superare gli inevitabili imprevisti ‒ artistici, tecnici o logistici che fossero ‒ e finendo per restare sempre un po' deluso e amareggiato dalla più minima discrepanza tra la sua immaginazione e la reale concretezza del risultato finale.
Insomma, aveva anche imparato a guidare dal lato opposto della strada ‒ non che su quello sinistro se la cavasse poi così bene ‒ diventando a tutti gli effetti un tassista!

 

Andy sa tutto questo e gli si stringe un po' il cuore nel vedere il compagno così insicuro pochi minuti prima della registrazione, conscio del fatto che sicuramente ora il suo cervello gli sta proiettando all'incirca un milione di modi diversi in cui il programma può andare male, un altro milione di cose che avrebbe potuto fare diversamente e altrettanti improperi rivolti a sé stesso per aver acconsentito a quell'assurdità.

Il tutto mentre, Andy non lo sa per certo ma lo intuisce, la parte più razionale del suo lobo centrale gli ripete per filo e per segno ogni singola battuta, canzone e coreografia che dovrà riproporre sul palco appena Fabio darà il via e qualcuno lo verrà a chiamare, facendolo trasalire.


 

Fortunatamente, dopo 10 anni in cui ha visto ogni sfaccettatura dell'uomo che ha di fronte, Andy sa anche esattamente di cosa ha bisogno.
Ecco perché, giusto pochi minuti prima che Giulio entri nel camerino per avvisare che è giunto il momento, il greco si alza.

Da lì in poi succede tutto molto velocemente.
 

Raggiunge il compagno che sussulta appena, troppo impegnato a fissare il pavimento e a lambiccarsi il cervello su quali calzini si sarebbero intonati meglio con la cravatta, per accorgersi della sua presenza. Gli sbarra la strada (evitando di fare battute sul fatto che se continua a fare avanti e indietro scaverà un solco nel pavimento), gli poggia le mani sulle spalle e, conservando da qualche parte nella sua testa l'immagine di quella deliziosa espressione tra il sorpreso e il perplesso che il libanese ha dipinta sul volto, lo spinge con gentilezza ma decisione contro la parete, avventandosi sulle sue labbra con una foga del tutto spontanea che non pensava di avere in quel momento.

Dopo l'iniziale smarrimento, non ci vogliono che pochi secondi prima che senta Mika cedere al bacio e rilassarsi tra il suo corpo e la parete.
Lo sente sciogliersi ulteriormente, non riuscendo stavolta a sopprimere un mezzo sorriso sulle labbra dell'altro, quando la mano sinistra ancora poggiata sulla spalla del cantante risale per tutto il collo fino alla sua guancia, pollice che gli accarezza lo zigomo e dita che s'infilano tra i morbidi capelli dietro la nuca.
 

Il contatto dura poco, forse 10 secondi in tutto; eppure quando Andy si allontana con il cuore che batte un po' più veloce, sente Mika seguire inconsciamente il suo movimento e sporgersi appena in avanti, già talmente rapito dalla sensazione da non realizzare neanche che fosse già finita.

Il moro riapre gli occhi (non ricordava di averli chiusi) e la vista che gli si para davanti è sufficiente a fargli perdere un battito, la preoccupazione che gli pesava sulla bocca dello stomaco ormai dissolta e dimenticata.
Il sorriso dolce e caldo di Andy ‒ quello che gli fa brillare gli occhi di una luce speciale e che, ogni volta, fa innamorare Mika tutto daccapo ‒ si contagia velocemente anche alle labbra del bel libanese e i due uomini si ritrovano con i nasi a pochi centimetri di distanza, guardandosi negli occhi e sorridendo come due ebeti.

Vista dall'esterno potrebbe sembrare una situazione smielata ed imbarazzante, ma ora sono soli e va bene così.


 

È Mika il primo a far cedere quell'intenso contatto visivo, facendo mezzo passo in avanti e stringendo il compagno in un abbraccio intimo e assolutamente necessario, allacciando le braccia intorno al suo collo e chiudendo gli occhi con un sospiro rilassato.
Mika non dice nulla, ma Andy sa che questo è un grazie.

 

Stanno così ancora per qualche attimo, sentendo l'uno il profumo e il respiro dell'altro sulla propria pelle, Mika che strofina con dolcezza la schiena di Andy e la mano sinistra di quest'ultimo che accarezza la nuca del cantante con fare protettivo. Il silenzio viene rotto dal giovane cameraman, il quale bisbiglia poche ma sentite parole di incoraggiamento contro il collo dell'altro prima di sciogliere l'abbraccio e guardare intensamente il compagno negli occhi, infondendogli coraggio con un lieve sorriso.


È in quel momento che la porta del camerino si apre e Giulio irrompe nella stanza, borbottando qualche scontrosa parola in italiano che Andy non capisce davvero, ma che immagina significhi qualcosa come "È ora di andare, stiamo iniziando".
Neanche Mika lo capisce, o meglio, non lo sente proprio.
Lo segue fuori dal camerino come un automa, imbattendosi durante il tragitto in parrucchieri e truccatori che gli danno alcune frettolose sistemate last‒minute, condite da commenti di incoraggiamento ai quali il cantante non si prende neanche la briga di rispondere.
Non può. Non li sente.
 

Infatti, l'ultima cosa che sente prima di entrare nella sua grande, nuova, meravigliosa Casa, accolto dal boato entusiasta del pubblico, è la rassicurante e profonda voce di Andy che gli ripete in testa come un mantra:

"Sono davvero fiero di te, amore. Andrà alla grande, lo so."















..nulla, penso di aver esaurito tutto il mio budget annuale di svenevoli, sdolcinate e stucchevoli smancerie ("Prova a dirlo 5 volte sempre più veloce") nella scrittura di questo capitolo. Sono loro due che mi istigano, io non c'entro niente.
Fortunatamente però (o forse no), come qualcuno di voi negli anni scorsi mi aveva anche fatto notare, con me non è mai tutto bianco o tutto nero, ma tendo a scrivere in una grande "zona grigia". Nelle storie più tristi c'è sempre qualche battuta cretina a smorzare la situazione, quindi per par condicio nelle storielle più leggere non sono contenta finché non ci butto in mezzo le cose struggenti: nel primo capitolo è un Mika un po' paranoico e depresso che non si sente all'altezza di Andy, nel secondo c'è stato quel momento riguardo Dario Fo (che onestamente mi ha buttata un po' giù anche mentre lo scrivevo) e qui mi sono voluta fare del male riportando a galla una piccola istantanea dell'incidente di Paloma.
Take it or leave it, non so fare le cose in altro modo haha

Detto questo, non so se per caso avete notato un certo stacco (soprattutto nella forma) tra primo/terzo capitolo e quello centrale: un po' è dipeso dall'averli scritti in periodi diversi, un po' mi piaceva l'idea di "chiudere il cerchio" con due storie dall'aspetto leggermente più simile. Sulla stessa linea di pensiero si basa anche quest'ultimo capitolo per intero, il quale si regge sul fatto che, come dice il titolo, "Andy sa". Dopo 13 anni insieme è come se fossero praticamente sposati, quindi non credo di esserci andata troppo lontano con Andy che capisce al volo tutti gli stati d'animo di Mika anche senza scambiarsi nemmeno mezza parola per tutto il capitolo.

In ogni caso, vi ho annoiati abbastanza.
Ci tengo però a rinnovare i ringraziamenti, stavolta sia a VvFreiheit che a Lizhp che hanno letto la storia in anteprima e mi hanno dato un loro primo parere, ma anche al gruppetto di scrittori su twitter che ho menzionato allo scorso capitolo: nopnostante alla fine non abbia seguito neanche uno dei trecento consigli che mi hanno dato, anche solo leggerli mi ha fatto vedere le cose da un'altra prospettiva e mi ha fatto trovare lo spunto giusto per mettermi a buttar giù qualcosa.
Un grazie anche a voi che, in questa sede o altre, mi avete dato e/o mi darete un riscontro su questa piccola raccolta. 
Spero vi abbia fatto piacere leggerla tanto quanto a me ha fatto piacere scriverla ♥
Alla prossima xX

 

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