London Anytime

di unaCoccs
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1970: The Beginning ***
Capitolo 2: *** 1970: The Night ***
Capitolo 3: *** 1971: One Year Later ***
Capitolo 4: *** 1971: The Man ***
Capitolo 5: *** 1972: Benvenuti in Boemia ***
Capitolo 6: *** 1972: A Kind Of Magic ***
Capitolo 7: *** 1972: Spread Your Wings ***



Capitolo 1
*** 1970: The Beginning ***


-Hai finito con le compere?- chiesi stanca alla mia amica Darcy.
-Non ho ancora completato un abbinamento decente, non posso aver finito!- rispose lei, agitando i lunghi capelli rossi e girandosi verso un'altra mensola di vestiti.
Aveva una strana ossessione per la moda, diceva di avere il suo stile e non le piaceva indossare troppe volte gli stessi vestiti, quindi aveva sempre necessità di vestiti nuovi. 
-Io ti aspetto fuori allora, tanto so che ne avrai per un bel po' qui dentro.- presi le mie cose, tirai fuori dalla borsa il mio libro e mi sedetti su una panchina fuori dal negozio.
Mi persi per qualche istante ad ascoltare i suoni della città: il leggero suono dell'acqua della fontanella poco distante da me, il cinguettio degli uccelli che andavano via verso un luogo più caldo, il picchiare delle suole delle scarpe sul marciapiede umido ed il rumore dei vestiti che si sfioravano ad ogni passo; la mia bellissima Londra era una favola per tutti e cinque i sensi. 
Osservai i colori, i caldi colori dell'autunno, e notai che fosse strano come dei colori caldi accompagnassero bene l'idea di una stagione fredda come l'autunno. 
Le foglie rossastre e gialle cadevano al suolo lungo il viale, il cielo era già dipinto di colori rosati; sui muri dei negozi c'erano delle locandine e annunci pubblicitari, ne lessi alcuni d'istinto e mi soffermai sulla locandina del Milkshake, il locale vicino al college in cui studiavamo. 
Quella sera ci sarebbe stata una band, e noi non andavamo in quel posto da troppo tempo.
Non ebbi tanto tempo per pensarci che in pochi istanti Darcy mi si presentò davanti trascinandomi in un altro negozio di vestiti. 
La strada non era una delle più corte, era un po' distante dal punto in cui ci trovavamo in quel momento ma non avendo un mezzo di trasporto l'unica opzione erano i pullman o le nostre stesse gambe, e considerando che avevamo pochi soldi scegliemmo la seconda. 
Durante il tragitto parlai alla mia amica della locandina del Milkshake, ma non mi diede nessuna risposta. Entrammo in un altro negozio, Darcy si fiondò verso i ripiani con i capi sulle tonalità di rosa e viola, dei colori che rispecchiavano perfettamente il suo essere. 
D'un tratto la porta in vetro si aprì e sbatté contro il muro, fortunatamente senza rompersi, e da essa entrarono due ragazzi: il primo aveva dei lunghi capelli ricci, era molto alto, il secondo era più basso ma probabilmente più alto di me; aveva anche lui i capelli lunghi, ma li aveva biondi ed ondula, ed indossava dei jeans a zampa di elefante ed una camicia bianca, sbottonata fino a metà busto. Darcy li guardò sorridendo, i due ricambiarono e mi sentii in imbarazzo quando il più alto guardò nella mia direzione. 
-allora, hai deciso?- chiesi insistente alla mia amica, riferendomi alla serata. 
-riguardo a cosa?- 
-il Milkshake.- 
-ah! È da un po' che non andiamo, potrebbe farci bene. Accidenti Joy, me li hai fatti perdere! Ora non li trovo più...- 
- ricordami di che cosa stai parlando...- 
-Long Legs e Blondie, forse? Li stavo tenendo d'occhio ma li ho persi di vista!- Sorrisi e scossi la testa mentre mi giravo verso un'altra mensola.
Vidi con la coda dell'occhio un'ombra poco distante da me, alla nostra destra. Mi volta i ancora una volta e vidi i due ragazzi osservare la scena con un leggero interesse, parlando tra di loro con un velo (non poi tanto sottile) di sarcasmo. 
- che ne dici Long Legs, ti piace questa camicia?- disse il biondo, riferendosi sarcastico al suo amico.
- ah non lo so Blondie, mi sembra un po' eccentrica.. Cosa ne pensi dei pantaloni a zampa?- 
-una favola. Ne prenderò dodici paia per sta sera, così avrò tanta scelta.- 
Darcy arrossì violentemente e spalancò gli occhi, poi parlò con un filo di voce. 
-solo per essere chiari..- si schiarì la gola -erano nomignoli positivi, carichi di affetto ed ammirazione.-
Non riuscii a trattenermi e scoppiai a ridere non appena incrociai il volto paonazzo della mia amica, era tremendamente in imbarazzo e niente l'avrebbe salvata da quella situazione. 
-nomignoli a parte- disse il ragazzo alto -io sono Brian, mentre lui è Roger. Ho sentito che pensate di andare al Milkshake, anche noi saremo li- ridacchiò leggermente guardando per un secondo lo sguardo del suo amico, Blondie, il quale continuò a parlare ignorando il suggerimento di Brian di non farlo. 
-in realtà saremo molto più che presenti sta sera, facciamo parte della band. Io sono il batterista affascinante, mentre lui è il magico chitarrista. In caso s decidete di venire potremmo bere qualcosa assieme..- terminò il giovane. 
Aveva un bel sorriso, enfatizzato dai due occhioni azzurri ed i lineamenti del viso molto dolci. Sorrisi e con una risata leggermente impacciata accettai senza pensarci troppo. 
Iniziammo a parlare del più e del meno, erano due ragazzi molto socievoli e Brian studiava nella mia stessa università, ma era due anni avanti a me. Dopo una buona mezz'ora passata a raccontare storie accattivanti della nostra carriera scolastica decidemmo di tornare a casa affrontando la bufera che nel frattempo si era creata fuori dalle mura del negozio. Sentii delle goccioline sfiorarmi il viso, ed il vento aumentò pian piano fino a diventare insostenibile e troppo forte per continuare a camminare per la città. 
Mi fermai di scatto dopo aver sentito un "hey!" urlato da qualcuno sulla strada; una voce che avevo già sentito, alla quale riuscii immediatamente ad attribuire un volto. Mi voltai cercando di tenere chiuso il mio cappotto, vidi un piccolo furgoncino con dentro i due ragazzi: Roger sporgeva la testa fuori dal finestrino e con il suo sorriso ironico ci invitò a salire sul van. -Forza, salite! Inizierà a diluviare tra pochi minuti...- Guardai la mia amica, che prese l'iniziativa e senza dire una singola parola entrò nel van ed ovviamente io la seguii per evitare di venire travolta dalla pioggia. 
-grazie per il passaggio, siete gentilissimi.. Avremmo fatto una brutta fine là fuori!- ammisi, timida. 
-non è un problema, andiamo nella stessa direzione.. Il milkshake..- rispose Brian con una calma disarmante, e dopo qualche istante di silenzio riprese a parlare dell'Università 
- stai seguendo un progetto di preciso? Sai, io sto facendo delle ricerche su alcuni meteoriti.. conto di fare delle scoperte importanti un giorno. - Ci pensai qualche secondo, poi parlai. 
- in realtà non è un vero e proprio progetto, non ufficialmente almeno. Sto cercando di capire il meccanismo del tempo, quindi sai.. Gli spostamenti della materia attraverso il tempo e lo spazio.. - era strano parlarne a voce alta e non tenere tutto nella mia testa. 
Non ne avevo parlato con nessuno se non con il mio professore di fisica, era solo un'idea... 
-wow, i viaggi nel tempo. Curioso, un giorno mi racconterai meglio le tue idee, chissà magari potremmo collaborare- sorrise lui, ancora una volta. 
Pensavo che mi avrebbe presa per pazza o che mi avrebbe derisa o sottovalutata come la maggior parte dei ragazzi a cui avevo parlato del mio amore per la fisica, invece sembrava apprezzare il fatto ed io adoravo questo suo modo di fare così dolce, così diverso da tutto il resto del mondo...

 

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Capitolo 2
*** 1970: The Night ***


Indossai una gonna a tubino in pelle nera e la mia camicetta preferita, quella arancione con i triangoli neri e gialli; generalmente non avevo tanta autostima, ma quella camicetta mi piaceva particolarmente proprio perché metteva in risalto le forme anziché nasconderle. 
Darcy era molto più’ bella di me, aveva un bell'aspetto fisico ed un carattere molto carismatico, cosa che le permetteva di avere tantissime possibilità in più dalla vita rispetto a me. 
Tra le due ero quella timida, alle medie e superiori ero la secchiona, quella che usciva solo dopo aver fatto tutti i compiti e spesso i ragazzi erano cattivi con me, mi rivolgevano delle frasi crudeli..  
Invece in quel momento mi sentivo meglio che mai, al massimo delle mie capacità. Avevo un bel progetto in mente, per il quale dei ricercatori da Boston avevano mostrato un profondo interesse, potevo finalmente considerarmi una donna completa e con uno scopo nella vita. 
Darcy mi guardò attentamente mentre cercavo di sistemare il pasticcio che avevo appena fatto con il rossetto. 
-Joy, così non va bene, sembri Joker.. toglilo!- sorrise, -stai molto meglio senza. 
Non capitava spesso che mi facesse un complimento, non eravamo quel genere di amiche, piuttosto eravamo come due sorelle: legate da un amore incondizionato ma con una punta di odio a rendere le nostre giornate più accese. 
Dopo un'infinità di tempo passato a scegliere il giusto outfit ed il makeup adeguato eravamo finalmente pronte… sfinite e pronte a passare una bella serata. 
-comunque io non ci credo che quei due suonano nella band.- La guardai confusa, non capendo il perché delle sue parole così piene di dubbi, lei interpretando il mio sguardo confuso continuò la frase. -hanno detto di far parte di una rock band, e sono entrati da Biba, che vende abiti eleganti, di certo non adatti a dei musicisti rock! 
-Darcy, siamo negli anni 70. Non esistono più abiti da donna e abiti da uomo.. Io non credo che mentissero. Può darsi che lo abbiano enfatizzato per fare colpo su di te o qualcosa del genere.. - ipotizzai, con la mia buona dose di fiducia ed ingenuità. La mia amica sorrise lanciandomi una sfida con lo sguardo. 
-o forse su di te. Non fare scarica barile, non so se hai notato l'interesse di Long Legs nel tuo progetto.. E in praticamente ogni altra cosa che hai detto. Era davvero preso dai tuoi discorsi! 
Sorrisi alle sue parole, Brian sembrava un ragazzo molto dolce ed avevamo in comune la passione per la fisica e per la chitarra. Piccole cose che non hanno particolarmente importanza, ma che creano un punto d'incontro per una conversazione fruttuosa. 
Il locale non era lontano dal nostro appartamento, era a forse due o tre chilometri di distanza, facilmente percorribili a piedi con un certo tempo di anticipo. 
Generalmente non ci dispiaceva camminare,  anche se dopo una giornata stancante diventava un po’ faticoso e spesso una delle due perdeva le staffe ed iniziava a maledire chiunque passasse con un'automobile. Fortunatamente non indossavamo i tacchi, questo ci permetteva di camminare con più comodità e con un passo più spedito, il che era evidente in modo esagerato osservando me, visto che non riuscivo ad usare le scarpe alte. 
Dopo aver camminato a lungo e con la stanchezza alle spalle arrivammo al Milkshake, pieno per una metà di persone e per l'altra metà da birre, cocktail e fumo. Guardai Darcy: dovevamo obbligatoriamente seguire il rito. Non era nulla di stravagante o fuori di testa, dovevamo semplicemente prendere qualcosa da bere prima di fare il giro della stanza per cercare amici o conoscenti. 
Non ci fu bisogno di dire niente, lei mi capì e sorridendo si avviò per il bancone del bar.  Su una sedia c’era seduto un ragazzo con una birra media in mano, credo che aspettasse anche lui di assistere allo spettacolo, comunque lo ignorammo e ordinammo i nostri drink: io una birra media per restare leggera, lei -essendo il mio esatto opposto- due Rusty Nail. 
Posai nuovamente lo sguardo sul ragazzo, aveva i capelli lunghi- come d'altronde tutti i giovani di quella generazione- e degli strani lineamenti, probabilmente non era inglese, indossava una camicetta sui toni del blu elettrico con dei bordini dorati che cadevano sul tessuto blu, ed aveva delle gambe toniche e lunghe coperte da dei pantaloni bianchi. 
Mi piaceva molto il suo stile, non era convenzionale, gridava personalità. Il ragazzo intanto sembrava distratto dalla sua birra e dei foglietti di carta che cercava di ripiegare freneticamente e senza una logica apparente per infilarli in tasca. 
Mi voltai per cercare Darcy ma non c’era più, era probabilmente andata a salutare gli altri ed io non mi ero accorta di nulla, quindi continuai a cercarla per qualche minuto con lo sguardo immerso nella folla che come me aspettava di ascoltare un po' di sana musica. 
-credo.. credo che la tua amica, se è lei che cerchi, sia andata a parlare con gli altri ragazzi della band.. –  disse il giovane poco distante da me. 
Gli sorrisi e ringraziai per l'informazione, ma continuai a bere la mia birra seduta al bancone 
- sono Freddie. Non vai a recuperarla? Non sembra che regga molto bene l'alcool.. Mi dà l'impressione che sia un po’.. Allegra- Freddie sorrise divertito, osservando come Darcy parlava e rideva assieme ai due ragazzi conosciuti il pomeriggio stesso, sembrava davvero fuori di sé, ma io sapevo che era solo una tattica per avvicinarsi alle persone. 
Si sarebbe scusata dicendo che aveva bevuto più del normale -ancora una bugia- ed i ragazzi l'avrebbero perdonata, quindi avrebbe avuto modo di instaurare una conversazione. E così stava facendo in quel momento. 
Mica stupida. 
Pensai per un secondo che forse avrei dovuto fare come lei qualche volta, tanto per divertirmi un po’ e vedere la reazione delle povere persone importunate.. ma poi non riuscii ad immaginarmi in quei panni, non mi ci sarei mai vista. 
Mi ricordai del ragazzo di fianco a me, Freddie, che stava ancora osservando la scena divertito. 
-hai detto gli altri ragazzi della band?- dissi, enfatizzando la parola “altri”, aveva un peso ma non riuscivo a capire quale. 
-beh si. Ci sono Brian, ovvero quello alto con i capelli lunghi e ricci, Roger, quello biondo, poi c’è Barry, il bassista, quello seduto sul divanetto con il bicchiere in mano. E poi, beh, il cantante disadattato.- 
-oh si, ho conosciuto Brian e Roger. Chi è il cantante? 
-chi sei tu?- chiese, come di riflesso.  Presa dall’allegria di Darcy mi dimenticai di presentarmi. 
- Joy. Joy Thompson. Studio fisica all'Imperial. 
-beh.. il cantante sono io! Non sembro abbastanza scandaloso, fuori luogo e disadattato? 
- mi sembri semplicemente una persona originale, con una personalità tutta sua. 
Il ragazzo sorrise, era strano come alcune persone riuscissero ad avere una connessione quasi immediata con me, mentre altre no. Lui, per esempio, ci riusciva molto bene, aveva molto carisma e riusciva a catturare l'attenzione semplicemente esistendo. 
Freddie si alzò dalla sedia e mi disse che lo spettacolo sarebbe iniziato dopo pochi minuti, quindi andai a recuperare la mia amica. 
La trovai senza nessuna sorpresa tra i ragazzi della band e alcuni loro amici a ridere e scherzare come se li conoscesse da sempre. Era seduta su uno sgabello, il suo gomito poggiava sul ginocchio di Roger, il quale era seduto sul bordo del palco, un metro più in alto del pavimento. 
Brian era leggermente distaccato dal gruppo, stava preparando la sua chitarra per lo spettacolo e a differenza degli altri sembrava davvero concentrato su ciò che doveva fare. 
Salutai tutti a voce alta e mi risposero con un coro stonato, poi chiamai Darcy e le dissi che sarebbe stato meglio andare davanti al palco per goderci la serata, lei annuì e mi venne incontro. 
Il chitarrista cambiò totalmente espressione ed iniziò ad agitare le mani all'altezza del suo petto e a scaldare il collo, forse per scaricare la tensione. 
-Joy!- mi chiamò, - stiamo per salire sul palco. Ci becchiamo dopo lo spettacolo? 
Sorrisi a quelle parole ed annuii in segno di approvazione, in fondo ci avevo pensato per tutta la sera e quasi non mi sembrava possibile che qualcuno volesse passare del tempo con me.. Eppure era così, e non potevo essere più felice. 
Mi spostai per la stanza, ignorando le gomitate e le spinte da parte di chi aveva faticato per arrivare li, comunque riuscii ad arrivare quasi di fronte al palco e mi fermai, sentendomi soddisfatta. 
Freddie prese il microfono in mano e salutò il pubblico in modo molto caloroso, poi iniziò a presentare i musicisti che uno ad uno salirono e presero posizione, facevano tanta scena anche se non avevano ancora suonato mezza nota. 
Roger si sedette alla batteria ed iniziò a battere un ritmo ben definito, pulito e caotico allo stesso tempo, poi Brian iniziò a far vibrare le corde della sua chitarra rossa, in seguito anche Barry iniziò a suonare il basso e dopo poche battute Freddie cantò le prime frasi, e mi sembrò di toccare il cielo con la punta delle dita. 
Era tutto così bello e ben definito, la canzone era moto bella, e nonostante non la conoscessi riuscii a tenere il ritmo, così feci per tutte le altre canzoni. Avevano uno strano stile, a metà tra il rock e qualcosa di indefinito, nuovo. 
A Freddie piaceva non sentirsi solo, voleva unna conversazione vera e propria con il suo pubblico ed essa non tardò ad arrivare, lui suggeriva il testo e la folla lo cantava a squarcia gola, in seguito fece lo stesso con dei semplici suoni, come se avesse fatto vita ad una gara di imitazione tra lui ed il pubblico. 
Continuarono a suonare ed interagire con l'intero locale per quasi due ore, poi verso la mezzanotte scesero dal palco e la folla iniziò a diminuire, spargendo i propri giudizi sulla serata. 
Darcy era ancora tutta un fremito, la musica la rendeva elettrica ed i drink che aveva preso nel frattempo non aiutavano la situazione, che iniziò ad essere imbarazzante quando i ragazzi si avvicinarono a noi con l'adrenalina a mille. 
Brian si avvicinò a me e mi salutò con i baci sulle guance, Roger fece lo stesso con entrambe, mentre Freddie si limitò a un batti cinque ed un sorriso amichevole; Barry, il bassista, era un ragazzo molto per le sue, non ebbi modo di conoscerlo meglio in nessuna occasione perché la sera stessa decise di lasciare la band. 
“Credo che questa band abbia bisogno di più connessione tra i musicisti, noi siamo amici..” disse, “ma non abbiamo una grande intesa sul palco. È meglio se ci vediamo solo per una birra ogni tanto”, poi prese il suo strumento, salutò tutti ed andò via dal locale con una sigaretta in mano e l'espressione di chi non aveva più una meta da seguire.

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Capitolo 3
*** 1971: One Year Later ***


Bevevamo il nostro caffè in silenzio, il parco di fronte la caffetteria era stranamente silenzioso e f finalmente tutti i problemi erano sistemati: Darcy ed io avevamo comprato un appartamento per abbandonare quello del campus, avevamo stretto un bel rapporto con i tre ragazzi della band, erano arrivate le vacanze e dopo qualche mese saremmo partiti tutti e cinque per la Repubblica Ceca.. Fino al giorno precedente mancava solo il bassista, ne avevano provati sei in un anno ma nessuno di loro era davvero ciò che cercavano; se avevano talento non avevo un bel carattere, e se avevano un bel carattere non avevano il giusto stile. Quel pomeriggio i ragazzi ci avevano permesso di assistere all'ultima possibilità data alla band, l'ultima audizione: era un ragazzo alto, magro e con i capelli lunghi e mossi, sembrava molto chiuso e per le sue. Entrò nella sala prove con il suo basso chiuso in una custodia nera, l’aria un po' imbarazzata ma comunque una persona molto posata.

Salutò tutti i presenti, poi si presentò. “Sono John Richard Deacon, e.. Sono nato il 19 agosto del 1951..”, non riuscì a terminare la frase che mentre cercava di collegare il suo strumento all'amplificatore inciampò nello stesso cavo, scollegandolo nuovamente e cadendo con le mani in avanti.

-Scusate, scusate! Cavolo.. Cavolo ho fatto un casino, io lo ripagherò, non è un problema… - farfugliò il giovane, in preda al panico. Io lo osservavo da qualche metro di distanza, ero seduta su un divanetto in pelle rosso vino, alla mia destra c’era Roger ed alla mia sinistra Brian.

-io voglio lui.. – sussurrò il biondo con un sorriso compiaciuto, come se si stesse riferendo ad un nuovo paio di bacchette; a quelle parole non riuscii a trattenere una risata silenziosa pensando al bassista con il corpo di legno.

-non ti preoccupare, suonaci qualcosa nel tuo stile.. Qualcosa che ti piace o solo il primo riff che ti viene in mente- disse invece Brian, alzandosi dal divano per prendere la sua chitarra in braccio -noi cercheremo di seguirti con i nostri strumenti.-

I due ragazzi iniziarono a suonare e dopo qualche battuta anche Roger li raggiunse, dando vita a una melodia molto orecchiabile, ritmata e divertente, qualcosa che si sposava benissimo con le precedenti canzoni della band. Darcy scuoteva la testa leggermente e tamburellava con le dita sul bracciolo del divano mentre Freddie improvvisava un testo, pensai persino che come canzone avrebbe potuto sfondare nell'industria del Rock n'Roll. Era un bellissimo momento, non li sentivo così carichi da tanto tempo e finalmente avevano trovato di nuovo l'anima della loro musica, il piacere di dare vita a tante note in fila. 

Ci fermammo a parlare per qualche minuto, scoprimmo che era fidanzato con una ragazza, ma non riuscii a vedere nessun scintillio nei suoi occhi, nessuna improvvisa felicità nel parlare della sua donna, nessun commento sulla relazione e persino nessuna frecciatina. Solo una frase morta ed oggettiva che ci metteva al corrente del fatto che non fosse solo. 

-cosa ne pensi? Suonerete con lui d’ora in poi?-  mi rivolsi al mio amico Brian, una volta che John uscì dalla sala. 

-senz'altro è molto bravo, mi piace il suo modo di fare così calmo e per niente altezzoso o bellicoso, anzi è pacato e mi piace stilisticamente…- fece una pausa socchiudendo leggermente gli occhi per poi ricominciare a parlare. -.. ma non possiamo permetterci un amplificatore nuovo ogni volta che fa un passo- terminò, ridacchiando.  

Roger annuì, ridendo di cuore ricordando la scena, per poi aprire un nuovo argomento, scatenando una discussione senza limiti. 

-lui comunque era perfetto, piuttosto avrei da ridire qualcosa sulla voce di Fred! Sembrava di sentire una…potentissima voce da pecora.- 

Non riuscii a trattenere una risata silenziosa, e pensai che se fossi stata parte del gruppo probabilmente avrei perso la vita in seguito ad uno schiaffo da parte di Freddie o Brian, il quale intervenne difendendo il suo cantante. La discussione si spostò anche sulla chitarra di Long Legs, che secondo l'orecchio del batterista era scordata.  

Inutile precisare, i tre iniziarono a litigare con toni sostenuti, Darcy mi guardò e capii dal suo sguardo che anche lei come me si stava pentendo di essere li presente. 

Il giovane ragazzo entrò di nuovo nella stanza con il suo basso ed una camminata leggermente più sicura del momento prima, aveva in mano solo il suo strumento, ma nessuno dei musicisti si accorse della sua presenza perché troppo intenti ad alzarsi la voce a vicenda. 

-ragazzi, scusatemi, vorrei…- balbettava leggermente e si fermava spesso durante la frase. -avrei una proposta, se vi va…- continuò. -insomma, ho una bozza… è di una..  Canzone? Non so se vi può interessare, io lo faccio solo per divertimento ma… - prese dalla tasca del suo jeans chiaro un foglio piegato in otto quadrati, lo aprì e dopo aver collegato nuovamente il suo basso all'amplificatore iniziò a pizzicare timidamente le corde, prima con un volume molto basso, per aumentare man mano che si accorse che i ragazzi che avrebbero dovuto ascoltarlo non lo avevano nemmeno notato. 

Brian si bloccò di scatto, poi si voltò verso John e lo osservò per qualche secondo zittendo gli altri due per sentire meglio il riff.  

-ripeti quello che hai appena fatto, John…- Roger cambiò completamente atteggiamento, porse l'orecchio e si avvicinava alla batteria. -Brian, accorda quella cornacchia e Fred, ti prego, abbi pietà delle tue corde vocali e non cantare di gola…-  

John continuò il suo riff all'infinito, a un certo punto mi appisolai sulla spalla della mia amica ma quando mi risvegliai, una mezz’ora dopo, lo scenario non era cambiato di mezzo millimetro. Erano 4 semplici ragazzi alle prese con la musica e con una canzone già scritta, da rivisitare. Niente urla, niente litigi. Solo tanta, tanta passione, devozione e desiderio di creare un'opera d'arte.  

Finalmente dopo 3 ore dall'inizio del provino i ragazzi decisero di smettere di suonare per andare a bere qualcosa, Brian si avvicinò a chiedere se volessimo seguirli o se fossimo troppo stanche, Darcy disse subito di sì, mentre io ricordai immediatamente di aver finito i soldi. Il riccio mi guardò ridacchiando, con il suo solito sguardo un po’ misericordioso ed un po' ironico. 

-Non che sia una novità, dottoressa Thompson. Non c’è problema, offro io… Ma in cambio devi raccontarmi i dettagli del tuo progetto.- terminò. Io rimasi qualche secondo incantata ad osservare il vuoto, poi ricambiai il suo sorriso pensando a quanto fosse gentile e premuroso da parte sua offrirmi qualcosa in cambio di una semplice curiosità sul mio progetto. Accettai, anche se non amavo farmi offrire le cose.  

Tornammo nello stesso parco dove poche ore prima avevamo contemplato il meraviglioso silenzio che in quel momento non c’era più, era tramonto proprio come aveva fatto il sole. Questa volta entrammo in un piccolo pub, ordinai un Margarita e lo stesso prese il Riccio, che continuava a seguirmi ovunque andassi come se cercasse di proteggermi. 

-quindi, dottoressa, vogliamo iniziare la nostra Ted Talk?- chiese dopo aver assaggiato il primo sorso del suo drink. 

-non chiamarmi così, non sono ancora una dottoressa. Sto solo cercando di creare qualcosa di utile alla società e soprattutto a me stessa.. Quando sarò una dottoressa potrai darmi del voi, se desideri.- terminai, con il suo stesso tono scherzoso. Lui rise leggermente e con una risata che non avevo mai avuto modo di sentire fino a quel momento, era delicata ma divertita, forse era anche leggermente dolce. 

-allora spiegami in cosa consiste la tua tesi, e perché hai scelto proprio quel progetto-  

-in realtà non ho scelto il progetto, l'ho scritto io. Ho semplicemente applicato lo stesso principio che utilizza un autista in ritardo… più si aumenta la velocità del veicolo più i tempi saranno ristretti e, prima o poi, arriveranno sotto lo zero.-  

-teoria interessante, sei riuscita a trovare un modo per applicarla nella pratica?- 

-beh, le idee ci sono tutte. A mancare sono la disponibilità finanziaria e la certezza che funzioni. Ma ci sto lavorando…- 

Brian terminò il suo drink e subito dopo lo finii anche io, quindi ci fu un piccolo momento di imbarazzo in cui nessuno dei due sapeva cosa fosse la cosa migliore da dire, ma durò solo qualche secondo perché vidi una ragazza bionda avvicinarsi a Freddie, salutarlo con due baci sulle guance ed iniziare una conversazione particolarmente animata. Conoscevo quel ragazzo da un anno ormai ed avevo perso il conto di quante persone stravedessero per lui o lo salutassero per strada. Sembrava una  vera celebrità.  

Long Legs, nel frattempo, giocherellava con il bordo del bracciolo della poltrona nella quale era seduto, osservava anche lui la scena e sorridendo di tanto in tanto mi lanciava occhiate divertite. 

-ce lo vedo proprio a gestire una folla che acclama il suo nome..- osservò. Non riuscii a generare nessun pensiero che andasse contro la sua frase, quindi gli diedi ragione. 

-io vi ci vedo tutti e 3. Anzi, ora siete in quattro no? Credo che con la giusta spinta riuscireste a fare successo.- risposi, osservandolo con un sorriso stampato sulle labbra, nonostante il mio tono fosse serio. 

 La serata continuò in modo molto tranquillo, ci riunimmo con il resto del gruppo ed iniziammo a parlare del più e del meno, poi verso la mezzanotte Brian pagò i nostri due drink, come promesso, e ci riaccompagnarono a casa con il loro van. 

La mattina successiva non avevo nessuna lezione, a differenza della mia amica, perciò decisi di sfruttare l'occasione per andare a casa dei miei genitori a fare un saluto, quindi a metà mattina presi il treno ed in mezz’ora arrivai nella tranquilla cittadina. 

 Mia madre aprì la porta e dopo essere entrata nel salotto mi  accorsi della presenza di altre due persone: la prima era mia sorella maggiore, che lavorava in un'oreficeria a Manchester, mentre la seconda persona era un ragazzo, poco più grande di lei e con una leggera barba. Salutai mia sorella e realizzai che, tra lavoro, università e impegni vari, non ci vedevamo da quasi due mesi, quindi lei cose l'occasione per commentare con una semplice frase, che voleva dire tutto ma non spiegava niente. “Ti sei persa il mondo, sorellina”. 

 

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Capitolo 4
*** 1971: The Man ***


-Ti sei persa il mondo, sorellina! – Skyler scosse il capo -Lui è il mio ragazzo, Oliver.- terminò, sorridente. 
 
Osservai meglio il ragazzo, era un bel figurino e sembrava a posto. Quel giorno vestiva elegante -chissà per quale motivo- e si comportava in modo strano, forse aveva paura di fare brutta figura di fronte a mia madre o forse era solo a disagio. 
 
Parlai a lungo con loro tre e recuperai tutto il tempo perso con mia sorella, che mi raccontò del suo lavoro a Manchester, di come aveva conosciuto Oliver, come erano finiti assieme e di tutte le volte che aveva provato a rintracciarmi senza successo a causa del mio cambio di appartamento. 
 
Parlai anche con il nuovo ragazzo, soprattutto di musica, letteratura ed università: lui non aveva una laurea ma aveva avuto la fortuna di trovare subito lavoro grazie all'aiuto di suo padre. Quando iniziò a parlare di registrazioni ed audio mi si drizzarono le orecchie e non riuscii a tenere a freno la mia curiosità, quindi gli chiesi chiaramente quale fosse il suo lavoro.
 
-beh, lavoro in uno studio di registrazione. Spesso registro e monto canzoni di artisti alle prime armi, ma è capitato di registrare anche persone più importanti.- rispose lui, come se fosse stata la cosa più normale e quasi noiosa del mondo.
 
Gli raccontai della mia amicizia con il quartetto e mi disse che li aveva sentiti suonare qualche volta, e continuò esprimendo le sue previsioni molto positive sulla loro carriera. 
 
Segnai il suo numero di telefono ed il suo indirizzo in un foglietto e lo infilai in borsa, riproponendomi di parlarne ai quattro artisti alle prime armi.
 
Tornai al mio appartamento verso l'ora di pranzo in modo da non lasciare sola la mia amica, poi il pomeriggio mi chiusi in stanza ed iniziai a studiare pagine e pagine per gli esami dell'Università praticamente imminenti.
 
Perché ho scelto proprio fisica? Perché mi sono messa in testa di scoprire i misteri dei viaggi nel tempo? E soprattutto, perché ho tante idee ma non ho ancora buttato giù nulla?
 
Presi un quaderno nuovo e armandomi di coraggio cominciai a scrivere le teorie secondo le quali un viaggio attraverso il tempo sarebbe stato possibile. La luce, la velocità, la gravità e lo spazio erano le principali tematiche trattate in quelle pagine , poi un susseguirsi di calcoli a favore della mia tesi ed una carrellata più o meno della stessa lunghezza a dimostrare il contrario. 
 
Cosa mi avrebbe impedito di provarci? In fondo, il mio obbiettivo era uno soltanto: riportare in vita mio padre o almeno rivederlo. Cominciai ad avvertire un forte mal di testa e mi fermai più volte in cerca delle parole per esprimere i giusti concetti, ma riuscivo a pensare sempre alle stesse espressioni.
 
Rimasi per svariate ore a scrivere e parlare con me stessa di fronte a dei libri ed un quaderno aperti, ma quando il mio cervello decise di protestare contro quell'abuso crollai in un sonno profondo. 
 
Mi risvegliai la mattina seguente, ancora sommersa di libri e con un mal di testa simile ad un dopo-sbronza, decisi di prepararmi comunque per affrontare le ore di lezione all'Università e -miracolosamente- dopo mezz’ora avevo già preso posto nell'aula di meccanica quantistica ed ero pronta a prendere gli appunti necessari per approfondire le mie conoscenze. 
Ricordo perfettamente il tema della lezione, fu oggetto d'esame poco tempo dopo, si parlò di perturbazioni dipendenti dal tempo. Proprio il mio argomento.
 
Terminata la lezione rimasi in aula, intenta a sistemare gli appunti ed a chiedere ulteriori chiarimenti al luminare che aveva parlato fino a quel momento, uno dei pochi insegnanti al corrente del mio progetto privato. Lo stesso giorno seguii altre lezioni tra cui fisiologia e chimica, ma la mia mente continuava a vagare all'interno di una navicella spaziotemporale, arrivando al punto di non rendermi conto di essere arrivata a fine giornata continuando a vagare per il campus in cerca di un edificio che mi facesse tornare in mente la mia destinazione.
 
-Joy! Dove vai? Non ci sono più lezioni a quest’ora…- sollevai lo sguardo per un secondo e vidi due iridi azzurre  e dei lunghi capelli biondi, ovviamente disordinati. 
 
Dopo aver sentito le parole di Roger mi bloccai e guardai l'orario sul mio orologio da polso: erano le 4 del pomeriggio, non avevo pranzato ed il campus era ormai vuoto.. improvvisamente ricordai il motivo per cui non ricordavo che lezione avessi. Scoppiai in una fragorosa risata che provocò degli sguardi interrogativi ma divertiti da parte del biondo di fronte a me.
 
- oh Dio! Che stupida, ero così presa dai pensieri che non mi sono accorta di aver terminato! – arrossii lievemente notando l'enorme figuraccia che avevo appena fatto. 
 
-ah, ho capito..- rise di gusto notando la mia sbadataggine -io sto raggiungendo i ragazzi nella Jazz Room, facciamo le prove e poi mangiamo una pizza a casa di Brian. Se ti vuoi aggiungere sei la benvenuta... anzi, potresti portare anche Darcy.- terminò, accennando un sorriso appena diverso che captai come interesse nei confronti della mia amica.
 
Accettai l'invito e tramite una cabina telefonica appena fuori dal dipartimento di fisica esposi i piani della serata a Darcy, la quale rispose con un tono particolarmente compiaciuto e disse che in poco tempo mi avrebbe raggiunta all'Imperial, quindi entrai nella stanza e notai il piccolo gruppo già alle prese con i propri strumenti, intenti a discutere sul testo alternativo di una canzone che Freddie compose con la sua vecchia band. 
 
Salutai tutti con un bacio sulla guancia e lasciai John per ultimo, mi fermai a pensare se dovessi dare un bacio anche a lui, per poi rispondermi mentalmente in modo positivo; se non altro, avrebbe creato un ambiente piacevole ed affettuoso anche con lui…
 
I quattro iniziarono a suonare la canzone interrompendosi varie volte per modificare il testo ed alcune parti strumentali, in un quarto d’ora arrivarono alla conclusione che da “Lover” la canzone si sarebbe dovuta chiamare “Liar”. In seguito ripresero a suonarla con molta più foga ed impegno, scrissero persino un’ interminabile - ma bellissima- introduzione strumentale ed un assolo di basso che John suonava in modo meraviglioso. 
 
Ancora una volta, presa dai pensieri non mi accorsi dello scorrere del tempo e nemmeno dell'arrivo della mia amica, infatti mi dovetti trattenere dal cacciare un urlo quando, alla fine delle prove, mi voltai per trovarmi Darcy a pochi centimetri di distanza. Di nuovo, scoppiai a ridere seguita da lei stessa. 
 
Improvvisamente mi ricordai di Oliver e decisi di parlarne alla band.
 
-mia sorella si è fidanzata con un certo Oliver, l'ho conosciuto la scorsa mattina. Sembra un tipo a posto, lavora allo studio di registrazione di Manchester.-
 
-oh, uno studio di registrazione… Ci potrebbe far comodo conoscere qualcuno li, in caso volessimo incidere qualcosa. Ed io ho già in mente cosa…- Freddie assunse un'espressione sognante, e potrei dire di aver visto una nuvoletta sulla sua testa ritraente un enorme pubblico di ogni sorta di persone che cantavano all'unisono con lui. Annuii riferendomi alla sua frase, e proposi loro di farglielo conoscere in modo da sapere di più su questa possibilità, cosa che accettarono senza rifletterci un solo secondo di più. 
 
Dopo poco tempo arrivammo finalmente a casa May con dei cartoni di pizza tra le mani pari al numero dei presenti; quella sera conobbi la ragazza di Freddie, Mary Austin, una ragazza bionda con dei bellissimi occhi azzurri e delle ciglia lunghissime. 
La riconobbi come la ragazza che vidi al pub la sera prima e riuscii a capire tante cose, quindi parlai tanto anche con lei e scoprii il suo meraviglioso carattere. 
 
Inizialmente parlammo di Freddie, raccontò a me e Darcy di quanto fosse particolare ed affascinante come persona, disse di non averlo mai visto troppo sconsolato o demoralizzato, ma che riusciva sempre ad aggrapparsi a qualcosa ed a migliorare la giornata a tutti. In seguito parlammo delle relazioni in generale ed affrontammo l'argomento in modo per niente superficiale.
 
-io non sono fidanzata, ma credo di non essere psicologicamente pronta ad affrontare una relazione al momento… voglio solo sistemare la mia vita e farmi una posizione sociale.- dissi.
 
-io non amo la monotonia, penso che non riuscirei a stare con la stessa persona per troppo tempo, diventerebbe noioso!- sorrise Darcy, con l'aria di chi ama fare nuove conoscenze nonostante la sua migliore amica non approvasse troppo il suo atteggiamento. 
 
Mary capì entrambi i nostri punti di vista e pensando a sé stessa ci parlò da vera amica. 
 
-quando arriva, arriva. Non c’è nulla da fare. Potrebbe essere una persona appena conosciuta come una che si conosce già da tempo, basta una scintilla che scatena un pensiero nella nostra mente e tutto succede da sé, come un'esplosione… come un'intera guerra.- 
 
Capii dove voleva arrivare. Per tutta la serata non aveva fatto altro che cercare di includere nei nostri argomenti Brian e Roger, ma fino a quel momento non ne capii il motivo. Cercava di capire cosa io pensassi di Long Legs e cosa Darcy pensasse di Blondie. Lei rispose che lo trovava un bel ragazzo e che ci aveva fatto un pensierino diverse volte, io non mi sbilanciai troppo e non sapendo esattamente come rispondere evitai il discorso.
 
Forse, un giorno… 
Magari non sono così impegnata per conoscere qualcuno… 
O magari quel qualcuno lo conosco già, devo solo scoprire chi è.. Al momento giusto ovviamente, arriverà. 

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Capitolo 5
*** 1972: Benvenuti in Boemia ***


Pensai molto al discorso di Mary, ma non avevo nessuna intenzione di arrendermi davanti a quel tipo di sentimento prima di aver raggiunto i miei obiettivi scientifici. Mi avrebbero distratta, avrebbe significato una perdita di tempo ed impegno volontaria, iniziare un “nuovo progetto” -sta volta sulla chimica e non sulla fisica- non avrebbe avuto nessun senso se alla fine di tutto non avessi realizzato ciò che avevo in mente da più tempo. Legai molto con la ragazza di Freddie, in pochi mesi diventò un'amica molto cara sia a me che a Darcy, nonostante inizialmente avessero avuto diverse discordie.
E, per la gioia della nuova compagna di merende, legai moltissimo anche con Brian che diventò il mio migliore amico, un fratello maggiore, il mio insegnante, una figura su cui poter contare in ogni situazione.
Era ormai gennaio, ed in pochi giorni saremmo partiti per Praga. L’emozione si fece spazio tra i miei pensieri in modo sempre più frequente, perciò mi concessi due settimane di pausa dai libri per preparare la valigia, la mente e per passare un po’ di tempo con i miei amici.
Brian era in un momento di crisi assoluta: aveva tantissime idee per delle nuove canzoni, ma tra i concerti che pian piano aumentavano sempre di più ed i suoi studi non aveva il tempo materiale per scriverle e provarle, ed ovviamente rimaneva di pessimo umore quando non riusciva a fare tutto ciò che gli passava per la mente.
 Nelle giornate uggiose di solito ci trovavamo a casa mia a bere un tè caldo, oppure in un bar con una cioccolata all'arancia e cannella, mentre discutevamo dei nostri argomenti preferiti: scienza, musica, animali, cucina..
Sì, scoprii tante cose nuove su di lui, alcune di esse mi traumatizzarono nel profondo: per esempio era vegetariano, adorava gli animali ed aveva una passione per la cucina. Fu un veramente scioccante immaginare il chitarrista di una Rock band… cucinare cibo vegetariano per rispettare gli animali. Spesso lo prendevo in giro per le sue abitudini, ed a volte anche lui faceva lo stesso con me, ma non c’era mai nessuna offesa. 
Il giorno della partenza arrivò dopo un periodo di tempo che sembrava infinito, riuscimmo ad includere anche i tre nuovi arrivati, John, la sua nuova ragazza Veronica e Mary, i quali si integrarono perfettamente al gruppo in pochissimo tempo.
Il viaggio da Londra a Praga fu lunghissimo e noioso, infatti per la metà del tempo mi dilettai nella mia attività preferita: dormire. Nel restante tempo rivoluzionai la storia dei viaggi in aereo. Iniziai a perdere tempo con la lettura del mio Shakespeare preferito, Molto Rumore Per Nulla (recitando le parti di Ero e Beatrice, con l'intento di dare fastidio al riccio seduto alla mia sinistra), poi presi un piccolo quaderno ed iniziai a scarabocchiare parole in fila come per comporre una poesia, ma arrivata ad un certo punto persi l'ispirazione, osservai meglio il foglio e la mia mente iniziò a vagare…
-Bri, giochiamo a qualcosa?- picchiettai sul braccio del riccio nel sedile di fianco al mio, che distolse la sua attenzione dal libro che stava leggendo.
- A che cosa vorresti giocare in aereo, a nascondino?- rise lui, guardandomi da dietro i suoi occhiali da sole.
-no.. Pensavo a qualche gioco da tavola. Tris?-
-possiamo fare qualche partita ma dopo un po’ mi scoccia.-
Presi un'altra penna dalla mia borsa e cambiai pagina, disegnando un reticolo da 9 caselle. Brian sembrò pensare seriamente ad una strategia, poi segnò un cerchietto nella prima casella in basso, quindi cercai di capire il suo obiettivo e tracciai una X sul riquadro centrale… davvero inutile ricordare le mie sconfitte a tris. Dopo altre 5 partite (di cui una sola vinta), cambiammo gioco e passammo ad un altro classico: nomi, cose, città.
-che categorie scriviamo?- chiese Long Legs.
-nomi, cose, città, animali… cibo? Cinema? Musica!- 
Aggiungemmo quelle categorie, poi scrissi le lettere sul retro del mio foglio, ne strappai un altro per lui e gli feci scegliere la prima lettera. K. Passarono 2 minuti esatti, poi controllammo le risposte e dopo diverse discussioni scoppiate perché lui cercava sempre di barare, cambiammo lettera.
Sentii improvvisamente il sedile spostarsi da dietro la mia schiena, quindi mi girai e vidi la testa di Freddie spuntare con un sorriso infantile e due occhioni che imploravano di farlo giocare. Non passarono più di cinquanta secondi che fermammo il gioco perché Freddie chiedeva aiuto a Mary o John.
- non è più logico che giochiate anche voi?- 
Diedi un foglio ai due e tirai fuori dall’astuccio altrettante penne, quindi iniziammo a cercare delle parole che iniziassero con la lettera F.
-Nomi: Frederick!- iniziò Brian.
- Felicia- 
-Francis -
-Philip- 
-hey, non vale, inizia con la P! E anche io ho scritto Francis. 5 punti!- l'ultimo a parlare fu John, che si lamentò contro l'ennesimo tentativo di barare di Freddie, inoltre sia lui che Mary presero solo 5 punti per aver scritto lo stesso nome.
 Il gioco continuò e alla lettera successiva si aggiunsero tutti gli altri, quindi iniziammo ad alzare leggermente la voce cercando di comunicare da un sedile all'altro, ma a quanto pare fu abbastanza per far avvicinare una hostess.
-ragazzi, scusate, i passeggeri iniziano a spazientirsi. Potreste abbassare i toni? In fondo, questo gioco non è uno dei più adatti per passare il tempo in aereo…- disse, cercando di mantenere un atteggiamento calmo e gentile. La osservai bene, era giovane e di bell’aspetto, portava una camicetta bianca con tre bottoni aperti sul petto, infilata in una gonna blu a tubino che non copriva oltre la metà coscia- considerato l'enorme spacco.
 Rivolse le sue successive parole principalmente a Roger e Brian, forse aspettandosi di essere invitata a giocare con loro… nonostante i suoi continui movimenti riuscii comunque a leggere il suo nome inciso sulla spilla che portava attaccata alla tasca all'altezza del seno, Alexis.  Cercò di intavolare una conversazione che attaccò solo con Blondie per poco più di un minuto, ma sembrava totalmente svogliato, al contrario Brian la ignorò sfacciatamente rivolgendole persino qualche occhiataccia. 
-cercheremo di fare silenzio, allora. Grazie per averci avvisati, non ci siamo resi conto di aver alzato troppo la voce.- sembrava leggermente nervoso nel pronunciare quelle parole, come se la ragazza in piedi lo stesse facendo arrabbiare in qualche modo, ma io non riuscivo a capirne il motivo.. Abbassò lo sguardo tornando a contare il punteggio sul suo foglio.
-non c’è nessun problema. È solo il mio lavoro..- rispose lei, marcando l'ultima frase in modo sarcastico, come se intendesse qualcosa.
Brian si fermò un attimo, mi sussurrò un silenzioso “fidati di me”, quindi poggiò lentamente la sua mano sopra il mio ginocchio ed iniziò ad accarezzarlo con il pollice, poi sollevò lo sguardo fino agli occhi della biondina e le rivolse un sorriso impossibile, per poi concentrare nuovamente l'attenzione sul foglio di fronte a lui, iniziando a pasticciare sul retro finché non ebbe la certezza che si fosse allontanata. 
Lo guardai con aria interrogativa, ma non pensai di togliere la sua mano da quel punto…in qualche modo non mi infastidiva.
-è la mia ex. Ci siamo lasciati perché voleva che non suonassi più con gli Smile ma mi rifiutai dicendole che quello era il mio lavoro e che avrebbe dovuto accettarlo o lasciarmi. Mi ha lasciato, grazie a Dio…- spiegò. Non sembrava triste, né tantomeno dispiaciuto o nostalgico, al contrario era soddisfatto di aver eliminato dalla sua vita quella persona che si dimostrò tossica. 
-
Arrivammo a Praga dopo un'altra mezz’ora di volo, mi persi ad osservare le nuvole e le luci della città sotto esse con la testa distante dal finestrino, poggiata sulla spalla del mio migliore amico che  continuò a tenermi la mano fino all'atterraggio.
Appena usciti dall’aeroporto l’aria gelida di gennaio mi fece rabbrividire, punzecchiando come mille piccolissimi aghi sulle mie guance ormai rosse. Fortunatamente un taxi-van ci aspettava per condurci al nostro hotel, salimmo tutti e mi sedetti in ultima fila, tra Darcy e Mary, che si coalizzarono e subito iniziarono una conversazione con me.
-gioco a parte, come è andato il volo?-
-bene, anche se quella Alexis ha distrutto il divertimento. Non stavamo facendo poi così tanto chiasso! – risposi, ero sincera.. ma la mia mente vagava su altri frame del volo.
-ho visto come vi facevate le coccole in aereo… con me non le fai così!- ribatté Darcy, alludendo al piccolo momento di dolcezza con Brian.
-non era niente… l'hostess era la sua ex e voleva farle vedere che è andato avanti ed è felice, quindi abbiamo finto di stare assieme per tutto il volo.- deviai la risposta. Non era completamente una bugia, in fondo lui aveva iniziato quel gioco e io lo aiutai a far reggere la storia. 
In dieci minuti le due continuarono ad immaginare qualcosa tra me ed il chitarrista, poi si persero nell'ammirare la città al tramonto e quando passammo sopra un piccolo ponte le seguii rimanendo incantata dalla bellezza dei colori e dei palazzi dallo stile così antico ed impregnato di storia.
 Scendemmo dal van e pagammo 150 corone a testa (l'equivalente di circa 5 sterline), poi prendemmo le valigie ed entrammo nell'hotel. Era bellissimo: sembrava un castello, il cancello era nero con tante rifiniture dorate, le pareti erano dipinte di un bianco tendente al panna e su ogni lato vi erano dei luminari con i dettagli in cristallo, proprio come l'enorme lampadario appeso al soffitto, dal quale oscillavano delle gocce sempre di cristallo, dando l’effetto di sfarzo e nobiltà, inoltre il pavimento era di un bellissimo marmo opaco.
Appena entrai in camera sistemai la valigia e tornai fuori a prendere una bloccata d’aria e ad osservare l'inaspettata bellezza di quell'angolino di città visibile dalla strada. Brian mi raggiunse fuori con la mia stessa espressione affascinata sul volto, si sedette vicino a me e poggiò il suo braccio attorno alle mie spalle, tenendomi calda.
-benvenuti in Boemia…-

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Capitolo 6
*** 1972: A Kind Of Magic ***


Brian.


Non avevo mai visto una città tanto bella. Londra era già bellissima, ma essendoci abituato non la apprezzavo più di tanto.. Praga invece era una via di mezzo tra il massimo degenerato e l'immacolato, tra la luce divina e gli inferi più profondi. Amavo ogni minimo dettaglio che il mio occhio incontrava, eppure ero li da poco più di una mezz'ora e non avevo visto tanto della città.

Vedere Alexis sull'aereo più di un anno dopo la nostra rottura mi aveva completamente destabilizzato, ma grazie al giochetto con Joy riuscii comunque a ricavarne qualcosa. Per esempio, la ragazza con cui avevo un meraviglioso rapporto di amicizia aveva finalmente rinunciato alla sua corazza da dura e aveva provato a mostrarmi un po' di affetto. E Alexis ci aveva lasciati finalmente in pace.

Quella scena risvegliò qualcosa in me, sentivo una gioia immensa ogni volta che osservavo il bellissimo panorama davanti ai miei occhi.. Ma lo sentivo anche quando il mio sguardo si posava su Joy ed il suo sorriso -finalmente, dopo tanto tempo- rilassato.

Dopo aver sistemato le valigie nella mia camera scesi di nuovo passai nella mensa dove servivano una cena a buffet, dove incontrai Roger, John e Veronica intenti a mangiare a quattro ganasce. Presi un panino e li avvisai che probabilmente non sarei tornato tardi, e che volevo solo prendere una bloccata d'aria..

Non dissi che volevo provare a fumare per la prima volta una sigaretta -rubata dalla scatola di Rog, ancora nella sua valigia - per distendere i nervi ancora troppo tesi a causa dell'intenso studio delle precedenti settimane. L'avevo nascosta nella tasca del mio giubbotto, con l'intenzione di tirarla fuori una volta lontano da tutti, visto che non volevo che se ne parlasse.

Aprii il portone del maestoso hotel e feci due passi in avanti, cercando l'accendino nella tasca dei miei jeans con lo sguardo rivolto verso il cielo ormai rosato.

-e così siamo a Praga... L'ho aspettato così intensamente che ora che siamo arrivati non mi sembra vero!- abbassai velocemente lo sguardo per vedere una bellissima ragazza con lo sguardo posato su di me.. 
Riposi l'accendino e la sigaretta nella tasca del giubbotto per poi chiuderla e fare finta di nulla, avvicinandomi a lei.

- è bellissima. Non pensavo che fosse così, me la aspettavo noiosa ed anonima.. e invece è un trionfo di colori, cultura, oro e cristalli.- mi sedetti affianco a Joy portando un braccio attorno alle sue braccia nel tentativo di tenerla al caldo e ripararla dalla temperatura di per sé molto fredda.

-già.. mi fa pensare a tante cose, e per quanto io cerchi di tenere la mente lontana dall'Università non posso fare a meno di pensare al mio progetto...- sorrise, aveva un bellissimo sorriso.

Mi parlò di quanto fosse importante per lei fare quelle scoperte, e del fatto che il suo passato tormentato l'avesse spinta a diventare qualcuno di considerevole, in quel momento dopo tanto tempo riuscii a scorgere il suo cuore frantumato sotto la sua armatura di ghiaccio.

Quando realizzò di aver finalmente dato sfogo ai suoi pensieri era passata una decina di minuti, ed avendo finito le parole per descrivere i suoi sentimenti stette in silenzio con la testa poggiata nell'incavo del mio collo, con gli occhi sognanti verso la volta celeste sopra di noi e l'espressione serena..

Il sole calò sotto i nostri occhi, il cielo ancora aranciato iniziava a farsi lentamente sempre più scuro, comparivano le prime stelle e la temperatura scendeva ulteriormente, Joy iniziò a tremare e mi preoccupai per lei, non mi sarei mai perdonato se avesse preso anche un semplice raffreddore.

-Joy, tremi.. Ti riaccompagno in stanza, ti va?-

-mi piaceva osservare il cielo qui, è diverso da quello grigio di Londra.. Però fa tanto freddo, quindi va bene.- rispose.

Mi alzai e la liberai in modo che potesse rientrare nell'hotel e riscaldarsi, poi salimmo le scale fino al 3 piano e la scortai fino alla sua porta, non sapendo come salutarla dopo le sue confessioni.

-allora... buonanotte!- borbottai.

-buonanotte..- disse semplicemente. Mi voltai quasi con una fitta al petto, ma mi richiamò avvicinandosi nuovamente a me.

Io la osservai come si osserva una margherita spuntare dall'asfalto, le sorrisi e rimasi impalato: mi aveva stampato un dolce e delicato bacio sulla guancia destra, per poi dire "ti voglio bene, Bri."

Joy.

"ti voglio bene Bri". Non mi sentii mai in imbarazzo come in quel momento; non lo avevo mai detto a nessuno, nemmeno a Darcy dopo 20 anni passati assieme.. Ed a Brian bastava un volo in aereo ed una chiacchierata sotto il tramonto di Praga per farmi sciogliere in un brodo di giuggiole.

Era il mio migliore amico, certo, ma anche Darcy lo era e nemmeno una volta mi passò per la testa di esternare questo affetto a parole, ero più una persona che preferiva dimostrare le cose piuttosto che dirle, e quella situazione mi lasciò totalmente spiazzata.

Dopo avergli dato un bacio sulla guancia lo abbracciai e notai che mi osservava con uno sguardo diverso dal solito, un piccolo sorriso accennato sulle sue sottili labbra e le pupille sgranate come a voler raccogliere ogni dettaglio di quel momento.

-lo so.. Te ne voglio tantissimo anche io, Joy. Ma non hai bisogno di dirmelo, me lo hai sempre dimostrato!-

-beh, qualche eccezione nella vita non fa mai male...- risposi sorridente, quasi sicura di avere la sua stessa espressione stampata sul viso.

Dopo qualche secondo passato ad augurarci una serena notte, si voltò sulle sue spalle e sparì dietro l'angolo del corridoio, quindi entrai anche io nella mia camera.

Sentii inizialmente come dei passi dietro la porta della camera da letto, poi alcuni tonfi, come dei colpi sulla moquette, in seguito un susseguirsi di "sshh!" e finalmente il silenzio più totale. Entrai in camera e mi guardai attorno, per osservare quattro persone che cercavano di fare finta di niente.

Freddie sedeva a cavalcioni su una grossa poltrona, Roger con il mio Shakespeare (al contrario) in mano, Mary di fronte allo specchio con un'espressione totalmente fuori dal comune e Darcy osservava fuori dalla finestra con aria pensierosa.

-hey Blondie, non sapevo che avessi imparato a leggere al contrario!- dissi sarcastica al ragazzo biondo.

Lui in risposta arrossì leggermente e cercò di deviare l'attenzione su di me riuscendoci completamente.

-cosa ci devi raccontare, Joy? È successo qualcosa di interessante di sotto?-

A questo punto, toccava a me arrossire, quindi cercai in ogni modo di nascondere il mio viso mentre raccontavo la verità. Infilai la testa nell'armadio- vuoto- facendo finta di sistemarci i miei vestiti, per poi toglierli nuovamente e ripiegarli in valigia. Avevo tanta confusione in testa che non riuscivo più a sentire nemmeno i miei pensieri.

Fortunatamente la conversazione non si prolungò a lungo, in parte grazie a John che venne a chiamarci per fare un giro della città in notturna. A Freddie venne l'idea di andare a ballare e Darcy, Mary e Roger decisero di dargli manforte, mentre Veronica, John e Brian optarono per una serata più tranquilla lungo il bellissimo Ponte Carlo, io decisi di aggregarmi a loro.

Il locale in cui andarono i ragazzi a ballare si trovava a qualche metro dopo il ponte, non più di due chilometri più avanti del nostro hotel. Approfittando della bassissima temperatura adottammo un passo svelto in modo da riscaldarci un po' ed arrivare in poco tempo alla nostra destinazione..

Dopo esserci divisi in due gruppi entrammo in un piccolo locale poco illuminato ma ben arredato, all'interno c'erano circa quindici tavolini ed alcuni di essi in fondo alla stanza erano già pieni. Ne occupammo uno anche noi e cercando di farci capire in inglese ordinammo dei drink. Io ordinai un Margarita - come sempre- mentre Brian prese un mojito e Veronica e John una birra a testa.

C'era una musica orecchiabile in sottofondo, ma a causa della lingua diversa e della cattiva qualità dell'audio non riuscimmo a identificare nemmeno una singola parola... ci divertimmo comunque a creare dei testi paralleli nella nostra lingua, scoppiando ripetutamente in delle fragorose risate alimentate anche dalla poca lucidità.

Ad un certo punto - forse a causa della stanchezza, dei troppi drink bevuti o forse perché gli argomenti divertenti erano finiti- ci fu un momento di calma e quasi malinconia. Però non mi dispiaceva godere della buona compagnia in silenzio, era bello ogni tanto staccare la spina da tutto il trambusto della quotidianità.

John accese una sigaretta e Veronica si allontanò leggermente per non intossicarsi con il fumo. Brian lo guardò con uno sguardo perso nel vuoto per qualche secondo, poi spingendo il busto verso sinistra estrasse qualcosa dalla tasca.

-al diavolo!- disse. Notai solo in quel momento che in mano aveva una sigaretta ed un accendino.

-Bri, tu non fumi.. Che cavolo stai facendo?-

-un'eccezione... non inizierò a fumare, voglio solo provare com'è.- rispose tranquillo, come se non stesse facendo niente di diverso dal solito.

Decisi di non entrare in merito alla sua decisione, avendo ben chiaro in mente il fatto che lui non sopportasse il fumo- nemmeno quello passivo- e ricordando le scene in cui si allontanava istintivamente di qualche passo quando qualcuno fumava vicino lui. Era inoltre uno dei motivi per cui litigava con Roger, ma a quel punto qualcosa in lui lo spinse a cambiare qualcosa o ad intraprendere un nuovo modo per scaricare la tensione.

-dai, buttala via.. lo sappiamo tutti che il fumo ti fa schifo, è inutile anche solo provare. Diventerà un vizio.. e tra l'altro non ti fa bene.- John cercò di strappargliela via con un'espressione preoccupata sul volto, nessuno di noi aveva mai visto Brian esporsi in quel modo, anche se si trattava di una sciocchezza, e fu quasi uno shock vedere un cambiamento così radicale.

- cosa ti cambia? Voglio solo scaricare la tensione per una sera, tutto qui! Senti da dove viene la predica, poi. - rispose Brian, secco. Stava iniziando ad innervosirsi ed improvvisamente una vampata di calore si fece spazio nelle mie guance.

Non mi piace quando si arrabbia. Non sembra più il mio Brian.

Aspetta, il mio Brian?

 

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Capitolo 7
*** 1972: Spread Your Wings ***


La discussione si chiuse senza troppi giri di parole,  Brian fece un solo tiro e si ricordò della sua intolleranza al fumo, dopo ciò nessuno di noi osò metterci parola per evitare discorsi inutili. Invece continuammo ad ordinare drink dopo drink, provando quelli tipici del posto fino a perdere ogni freno inibitore.

La serata sfociò in un ballo, io feci coppia con Brian e ovviamente John con Veronica, poi continuò a scorrere senza nessun problema, oltre al fatto che tornammo in hotel piuttosto presto rispetto a quanto ci aspettassimo: trovammo il resto del gruppo completamente ubriaco e pensando alla sicurezza di quel paese capimmo che sarebbe stato meglio toglierli dalla strada e riportarli all'ovile – il che fu un’impresa tutt'altro che semplice.

Roger e Darcy erano pieni di alcol al punto di non riuscire a formulare una frase senza perdersi in altre chiacchiere, anche Freddie era piuttosto ubriaco ma riusciva ancora a conversare quasi normalmente, al contrario Mary era appena brilla e ci raccontò tutta la loro serata.

-beh, Darcy ha iniziato a bere fin da subito.. e Roger l'ha seguita pensando fosse divertente. In realtà erano divertenti da guardare da lontano, bevevano e dopo un po' hanno persino iniziato a ballare come dei gorilla seduti sugli sgabelli del bar. Poi sono spariti per un'ora buona e Freddie, con la scusa di cercarli, mi ha portata al banco dove lui ha preso tre cocktails mentre io solo uno. E dopo due ore di balli sfrenati li ho trascinati fuori dal locale per pietà degli altri presenti…-

Risi di cuore pensando alla scena di Roger e Darcy, ma poi sorrisi compiaciuta del fatto che loro avessero probabilmente fatto qualcosa.. e meno male che insistevano tanto su Brian e me!

La mattina seguente mi svegliai verso le 7.45 con l'intento di buttare giù dal letto la mia amica, ma quando mi voltai dalla sua parte aspettandomi la sua chioma chiara quasi cacciai un urlo: al posto suo vidi la folta chioma riccia del chitarrista, le braccia incrociate sul petto e le gambe rannicchiate per non occupare troppo spazio.

-tu cosa cavolo ci fai qui?- chiesi con un tono moderatamente alto. Tentai di ricordare una possibile serata con lui in camera mia, una discussione con Darcy, una crisi di nervi o qualcosa del genere ma niente. 
L'unica cosa che ricordavo era che avevo portato Freddie in camera con Mary e subito dopo Darcy nella nostra camera, poi le avevo cambiato i vestiti ed infine il sonno più profondo.

Il riccio si tirò su spaventato quasi quanto me, e dopo aver passato cinque buoni secondi a riflettere sulla situazione decise di raccontare la sua versione dei fatti.

-beh, dormivo,  poi Roger mi ha svegliato e mentre ero ancora in dormiveglia mi ha portato qui, Darcy ha aperto la porta ed è andata con lui lasciandomi solo. Ho semplicemente visto un letto e l'ho colonizzato..- spiegò tra uno sbadiglio e l'altro.

-ah, non importa. Devono solo ringraziare di non avermi svegliata!-

Brian.

-tu cosa cavolo ci fai qui?- chiede spaventata la mora alla mia destra. La camera non era di certo la mia, ma nemmeno quella che mi era stata assegnata nell'hotel.

La notte precedente avevamo riportato Darcy e Roger nelle loro camere, dove rimasero per una ventina di minuti per poi uscire di nuovo a fare sfogo al loro profondo amore. 
Io mi accorsi di Roger grazie alla sua delicatezza nel rimettersi le scarpe.. la sua batteria avverrebbe fatto più silenzio.

-si può sapere dove stai andando ora? Torna a letto, è tardi.-

- nessuno mi può comandare!- rispose biascicando tutte le parole della frase, poi continuò poggiandosi alla parete della stanza. – sto andando da Darcy, scendiamo in giardino e poi torniamo in camera. Tu se vuoi dormire puoi farlo nella sua camera perché qui… qui non riuscirai a farlo!-  terminò con una risata maliziosa e seguitò ad uscire dalla stanza lasciandomi solo per qualche secondo.

- torna qui, vigliacco, non lasciarmi solo!- 
Mi infilai le scarpe ed infilai nuovamente la maglietta che avevo precedentemente tolto a causa del riscaldamento troppo alto ed infine lo seguii nei lunghi corridoi fino alla stanza di Joy e Darcy.

Avevo paura che svegliasse Joy bussando con troppa forza, quindi lo fermai e lo feci io al posto suo, Darcy uscì con lo stesso entusiasmo del mio amico ed assieme scapparono dritti nella nostra camera, lasciandomi solo ed imbambolato di fronte ad una porta aperta. 
“Tanto ormai non ho più un posto per dormire..” pensai, poi sfilai le scarpe  e mi posizionai del letto proprio al fianco di una bella ragazza dormiente. 
La osservai per qualche minuto, le spostai i capelli dalla guancia e le posai un delicato bacio sulla fronte. Era proprio bella, così rilassata e lontana dai pensieri e dallo stress della vita quotidiana.. la sua pelle chiara quasi illuminava la stanza riflettendo il pallore della luna e le sue labbra rosate e carnose avevano una leggera curva verso l'alto.

Tolsi la maglietta constatando che la temperatura era davvero troppo alta per me,  mi rannicchiai in un angolino del letto, con le braccia incrociate sul petto cercando di mantenere l'equilibrio e di non occupare troppo spazio, ed in poco tempo tornai tra le braccia di Morfeo che da troppo tempo cercavano di tirarmi via dalla realtà.

La mattina seguente quasi mi pentii di non averla svegliata perché si spaventò tantissimo quando vide che al posto di Darcy c'ero io, allora le spiegai tutto e capì esattamente la situazione. 
E meno male che insistevano tanto su Joy e me!

Non ci pensai troppo su e mi alzai rimettendomi addosso la maglietta che avevo tolto la notte prima, quindi vidi che anche la mora si alzò e prese una camicia e dei jeans chiari dalla sua valigetta, osservai i suoi movimenti senza rendermene minimamente conto finché la sua voce imbarazzata non mi riportò improvvisamente sulla terra.

-ti dà fastidio se mi cambio qui, in camera mia?- abbozzò un sorriso imbarazzato che nascose tra i capelli ed il rossore sul suo viso.

Arrossii anche io, e senza dire una parola presi le mie ultime cose ed uscii dalla stanza chiudendo la porta dietro le mie spalle. 
Speravo che non dicesse nulla.

Joy.

Quella mattina visitammo il centro della città, quindi l'orologio astronomico con il cambio degli apostoli.  Una guida ci spiegò il significato di ogni parte dell'orologio e ne rimasi tremendamente colpita quanto amareggiata. Mi piacque ma lo detestai nello stesso momento. Trovai persino l'ispirazione per il mio progetto riguardante il tempo, folle no?

-un orologio che segna giorni, mesi, anni ed orario. Si potrebbero inserire i giusti dati nell'equazione in modo da ricavare la velocità ed il tempo necessari per raggiungere l'obiettivo. Viaggiare in avanti e lateralmente non dovrebbe essere troppo difficile, in questo modo potremmo unire l'equazione con la meccanica e diventerebbe una macchina spaziotemporale.. Cosa ne pensi?- dissi a Brian completamente assorta nei pensieri, cercando un suo parere ed un consiglio.

-che sei ancora più bella quando ti rilassi.  Dovresti smettere di cruciarti ora che sei in vacanza. Mi sembra un'ottima idea ma non pensarci adesso. Ne riparleremo quando saremo tornati.- sorrise e mi portò un braccio attorno alle spalle per poi posare un delicato bacio sulla mia guancia.

"Sei ancora più bella quando ti rilassi. "

Non risposi al complimento con le parole, ma se avesse studiato psicologia avrebbe scoperto che il mio linguaggio del corpo indicava un forte imbarazzo, e se avesse studiato medicina che i battiti del mio cuore erano assolutamente oltre il normale. Mi limitai a sorridere e lasciarmi cullare nel suo abbraccio per qualche secondo prima di continuare a camminare per la città con un Trdelník al cioccolato e panna.

Mi piaceva quella città. Così tanta poesia, così tanta schiettezza racchiusa nella storia di una sola città. Mi riempii i polmoni di quell'aria diversa e continuai ad osservare e fotografare con la mente ogni dettaglio con il terrore di dimenticare qualcosa di meraviglioso li, in quelle strade.

Osservai tante cose quel giorno,  notai che le persone erano strane. Non avevano un modo loro di comportarsi, erano dei camaleonti. Ad esempio se per strada qualcuno ti passava vicino e non ti spostavi, quella persona non avrebbe camminato mezzo metro più in là ma ti sarebbe venuta addosso. 
Al contrario, se avessi lasciato uno spazio per passare si sarebbe scansato ulteriormente. 
Lo feci notare anche a Brian e si mise a ridere subito dopo la mia proposta di mette quella popolazione alla prova. Ovviamente non rifiutò.

Un uomo camminava spedito sul nostro marciapiede, noi ci fermammo proprio davanti a lui, qualche metro in là, facendo finta di osservare gli orari del pullman. L'uomo si avvicinava e noi iniziammo a ridacchiare sapendo come sarebbe andata a finire; l'uomo continuò a camminare, sorpassandoci con due spallate prepotenti.
Scoppiai a ridere e lo stesso fece il mio amico, che ci prese gusto e continuò a fare la stessa cosa per tutta la mattinata.

-ragazzi, non so voi ma io sono ultra stanco.. e poi ho un mal di testa da far paura!- iniziò a lamentarsi Roger.

- beh, cosa ne dici se sta notte te ne rimani in camera e lasci dormire tutti?- ironizzò Brian. Mi misi a ridere di cuore, ripensando al momento in cui la mattina lo trovai nel letto di fianco a me, ma scacciai subito il pensiero sentendo una strana sensazione al petto.

-almeno io combino qualcosa con la ragazza che mi piace.- Roger ribatté con tono di sfida, alludendo al fatto che io piacessi a Brian, opinione che ovviamente on condividevo.

Il riccio sbuffò e gli diede una pacca sulla spalla intimandogli di smetterla, ma evidentemente il suo amico non recepì bene il messaggio perché iniziò a ridere soddisfatto, coinvolgendo anche Darcy e Freddie.

Mi avvicinai a Mary, vidi che stava in disparte e non prendeva parte alle conversazioni, anzi sembrava che cercasse di stare il più lontano possibile dal gruppo.

-va tutto bene, Mary? Ti vedo provata..-

-a parte il fatto che ieri ho avuto una discussione con Freddie e che oggi nemmeno mi ha fatto il bacio del buongiorno si, va tutto bene..- rispose lei. -in realtà non era colpa mia ma lui ha ingigantito il tutto dicendo che gli vado sempre contro e che non gli do mai ragione. Allora gli ho risposto “solo perché stiamo assieme non significa che dobbiamo avere le stesse idee", e lui l'ha presa male. Credo che in questa relazione lui faccia la parte della donna!- 
Sorrisi ascoltando il suo racconto della notte precedente e cercai di consolarla con un abbraccio, ma mi resi conto che Freddie era davvero la donna in quella relazione e non riuscii a trattenere una leggera risata. 
- non ti preoccupare, è fatto così. Gli passerà..-

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