In this life (or the next)

di DanzaNelFuoco
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tornado Mina (Allegro Wine Bar) ***
Capitolo 2: *** The best cheesecake you'll ever eat, nerd ***
Capitolo 3: *** Nell'ombra ***
Capitolo 4: *** The perks of being a pet lover ***
Capitolo 5: *** Make it or break it ***
Capitolo 6: *** Cinematic records ***
Capitolo 7: *** Primula Victoriana ***
Capitolo 8: *** L'essenziale è invisibile agli occhi ***
Capitolo 9: *** Chocolate, gusto UST ***
Capitolo 10: *** Gelato ***
Capitolo 11: *** Anche i supereroi, nel loro piccolo, fanno la spesa ***
Capitolo 12: *** A.A.A. appartamento cercasi (preferibilmente insonorizzato) ***
Capitolo 13: *** The French Mistake ***
Capitolo 14: *** You were (supposedly) the smart one ***
Capitolo 15: *** Odi et amo ***
Capitolo 16: *** Call it magic ***
Capitolo 17: *** L'essenziale è invisibile agli occhi - Shinzawa edition ***
Capitolo 18: *** Primula victoriana (II) ***



Capitolo 1
*** Tornado Mina (Allegro Wine Bar) ***


Ognuna delle fic di questa raccolta ha come prompt uno dei luoghi di Aimatopolis nella Landa di Nocturnia, dove è stato ambientato il COW-T #2 e la Triade ha un (doppio) senso dell'umorismo molto fino nel dare i nomi. 

 

 

Prompt: Allegro Wine Bar 
Altri pairing: Kirishima Eijiro/Mina Ashido 
Wordcount: 925
AU: no quirks

 

 

L’Allegro Wine Bar a dispetto del nome, non è per nulla allegro e Bakugou Katsuki si taglierebbe un braccio piuttosto che andarci. 

Ma il problema è che quella pazzoide di Mina ha deciso di trovarsi un lavoretto estivo. 

In una dannata enoteca? Ha chiesto Bakugou. 

Ma con Mina non c’è storia che tenga.

Un lavoretto estivo voleva e un lavoretto estivo ha ottenuto, anche se una minorenne in un locale che serve alcolici non gli si dovrebbe avvicinare nemmeno nei giorni di chiusura, figurarsi lavorarci dentro. 

Ma tant’è il posto era già losco prima. 

Non è che il signor Shitoshi sia molto felice di vederli entrare, loro, un branco di mocciosetti ai quali al massimo può vendere della soda sgasata a prezzi esorbitanti e che sicuramente non usciranno da lì “allegri”, ma a Mina non può dire di no nemmeno un adulto grande e vaccinato. 

Perciò ecco la storia di come Bakugou si è trovato circondato da quel branco di idioti che si fa chiamare la BakuSquad - i.e. Kirishima, Kaminari e Sero, con Mina assente dal momento che si trova dietro il bancone - nonostante lui non sia il capo proprio di un bel niente - perché se lo fosse di sicuro non sarebbero qui ora - abbarbicati su sgabelli un po’ troppo alti e instabili a sorseggiare una bibita che deve essere scaduta da almeno tre anni da una lattina con la faccia di All Might stampata sopra.

Puah. 

E certo, di sicuro gli avventori di questo posto non optano per l’opzione analcolica. 

Chiedendosi ancora una volta perché si trovino qui di tutti i posti possibili - e Bakugou sospetta che il punto sia che Kirishima ha una cotta grande come una casa per Mina e penda dalle sue labbra ogni volta che lei chiede loro di andarli a trovare - il ragazzo si volta sullo sgabello e per poco non cade.

Mina lo afferra per la manica della maglietta e lo tira a sedere. “Ecco il ragazzo di cui vi parlavo!” - Bakugou potrebbe giurare di aver sentito i denti di Kirishima stridere tra loro - “Katsuki, ci devi assolutamente parlare!” 

E contemporaneamente il nuovo arrivato, scaricando quelli che sembrano tre quintali sotto forma di cassa di birra, quasi urla, “Signor Shitoshi! Ho una consegna!”

“Ehi, Midoriya, vuoi una tonica?” Mina gli chiede con un sorriso a trentadue denti e il nuovo arrivato si terge il sudore dalla fronte.

“Certo, grazie, Mina, quando ho finito di scaricare, però.” 

Katsuki ha la bocca secca, un po’ perché quella soda era davvero una merda, un po’ perché non riesce a staccare gli occhi dei muscoli del tizio che guizzano sotto la maglietta ad ogni cassa di vino che impila sul pavimento - porca merda, è una cazzo di statua greca, in che palestra va e perché lui non lo ha mai visto? 

“Katsuki, tesoro, lo so che è un eye candy, ma smetti di sbavare,” Mina gli dà un buffetto sulla spalla, e Bakugou potrebbe ringhiare che non è vero, non sta sbavando (bocca secca, ricordate?), ma è troppo concentrato a cercare di far combaciare la figura davanti a sé con il nerd rachitico che lo seguiva ovunque alle medie. Perché sì, ci ha messo un po’, ma alla fine lo ha riconosciuto: quello è Deku. 

Quando anche l’ultima cassa è a posto, Mina strappa la linguetta di una di quelle orribili bibite All Might, gli infila la cannuccia dentro e gliela porge.

“Offre la casa! E a proposito! C’è una persona che ti vorrei presentare! Midoriya Izuku, questo è Bakugou Katsuki. Katsuki, questo è Midoriya Izuku.” 

Midoriya Izuku, che stava già sorseggiando la sua meritata bevanda, se ne sputa metà sulla maglietta - e ugh, fantastico, adesso ha pure la maglietta bagnata e gli addominali che si vedono tipo pellicola di cellophane e no, Katsuki non sta sbavando, porca puttana! 

“Kacchan?” 

Mina sorride deliziata, convinta di aver giocato chissà quale ruolo di matchmaking. “Oh, già ai soprannomi?” 

Katsuki la ignora. “Deku. Ti sei - uhm - ti sei allenato dall’ultima volta che ti ho visto.” 

Deku arrossisce come l’idiota che è sempre stato e si gratta la nuca. “Ehm, sì, beh, un sacco di casse. Per i lavoretti estivi, sai. Volevo mettere da parte i soldi, beh, mamma  - ti ricordi mia madre vero? Comunque mamma non voleva, diceva che rischiavo di farmi male, ma alla fine sono riuscito a sollevare pesi, no? Si vede, cioè non voglio dare per scontato che si veda, perché poi alla fine io non sono mai stato uno da palestra e quindi non ho idea di che muscoli avrei dovuto allenare come, però ecco -” 

“Oh, Midoriya, tesoro,” Mina lo interrompe, quasi imbarazzata per lui.“La tua soda è quasi tutta sul pavimento,” per non dire altrove, “e proprio non ne ho altra,” continua, chiudendo con un calcio lo sportello frigorifero e nascondendo alla vista le altre cinquantatré lattine, “quindi perché non ti fai accompagnare da Katsuki qui al bar all’angolo? Sono sicura che puoi prenderti dieci minuti di pausa. Questa non è la tua ultima consegna?” 

Midoriya annuisce, non sicuro di poter ricominciare a parlare. 

“Katsuki?” Mina si rivolge a lui con quello sguardo che promette tremenda vendetta se lui non agirà da copione - ma probabilmente sono solo i due chili di trucco nero con cui si circonda gli occhi che le danno quell’effetto.

Katsuki in ogni caso non vuole rischiare. 

“Andiamo, nerd del cazzo.” 

E se poi le occhiatacce di Mina non sarebbero state così fondamentali a convincerlo è tutto un altro paio di maniche.

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Capitolo 2
*** The best cheesecake you'll ever eat, nerd ***


Prompt: Da Buddy Pasticceria 
Altre ship: Uraraka Ochaco/Asui Tsuyu
Wordcount: 1286

 


C’erano tre cose che Izuku adorava. 

La prima era All Might, perché andiamo, chi non adorava All Might? 

La seconda erano le teorie strampalate che continuava a tirare fuori su fumetti e anime e film (e All Might, non dimentichiamoci, che in qualsiasi media venisse proposto, quello era pur sempre il suo personaggio preferito) e che i suoi amici si sorbivano e, a volte, raramente, apprezzavano - Izuku non dimenticherà mai i picchi di gioia raggiunti due anni prima quando Iida e Todoroki avevano effettivamente trovato punti di discussione sull’ultimo film di Kamui dei Boschi. Izuku era stato al settimo cielo, nessuno gli aveva mai dato altrettanti spunti da quando… 

No. La regola è che non si parla più di Kacchan in questa casa. 

Comunque, la terza cosa che Izuku adorava erano i dolci. 

Di qualsiasi tipo. 

Bastava solo che la concentrazione di zucchero fosse pari o superiore a quella necessaria per sviluppare un diabete mellito di tipo II e Izuku era felice, le sue papille gustative sarebbero esplose. 

Quindi, si potrà ben capire che nel momento in cui Uraraka si presenta a casa sua con un vassoio di pasticcini, affiancata dalla sua ragazza, Asui, che invece reca in dono il dvd dell’ultimo film di All Might con tanto di director’s cut e Iida e Todoroki a fare da spalle e pronti a sorbirsi i suoi rimuginamenti, a Izuku quasi viene da piangere.
Non se li merita proprio amici del genere. 

Uraraka posa il vassoio sul tavolo e lo scarta, la scritta dorata “Da Buddy, Pasticceria” sbrilluccica sulla carta prima che questa venga gettata nel pattume. 

“È una nuova pasticceria, ha aperto da poco,” Uraraka dice. “La cheesecake più buona che assaggerai mai, o almeno così la vendevano.” 

Izuku ha un presentimento e la cheesecake quella sera non la mangia. 

 

* * * 

 

La carta oleata viene recuperata dal cestino non appena la porta si chiude dietro Uraraka. 

Izuku studia l’indirizzo con gli occhi socchiusi, cercando di capire se in qualche modo Bakugou possa essere diventato Buddy e come. 

“La cheesecake più buona che assaggerai mai, nerd!” 

È solo una sensazione, il suo sesto senso che gli mette una pulce nell’orecchio e d’altronde quella frase non è registrata a copyright Bakugou Katsuki, no?
Ma trasuda proprio la sua arroganza, la sua necessità di essere sempre il migliore. 

Ci sono una possibilità su un milione che quella sia una delle cheesecake di Kacchan - Kacchan che lo ha abbandonato per andare a seguire quel suo dannato corso di pasticceria dall’altra parte del mondo e lo ha guardato con occhi tristi quando gli ha spezzato il cuore, quasi che lo stesse facendo per Izuku invece che per egoismo. “Non posso chiederti di aspettarmi per un anno.”
E chissenefrega se Izuku avrebbe aspettato anche un’intera vita. 

L’anno era passato ed erano diventati due e poi tre e Katsuki non era tornato. Mangiato vivo dall’America, esattamente come il padre di Midoriya. 

No, quella non può essere una cheesecake di Kacchan, deve essere il fottuto paradosso della macchina blu, vedere Kacchan ad ogni angolo di strada anche se sono passati tre anni. 

Eppure, Midoriya decide di andare a controllare lo stesso 

 

* * * 

 

Il negozio è bianco, candido, straordinariamente pulito, come Kacchan gli aveva sempre detto di averlo sognato.

Non vuol dire niente, si dice Izuku, ma la sensazione rimane lì in un angolo del suo cervello. 

Entra, con passo tremante, la campanella che tintinna all’aprirsi della porta quasi lo fa sobbalzare e… 

Il commesso dietro il banco non è Kacchan. 

Il commesso dietro il banco ha i capelli biondi, quasi gialli, nascosti da una cuffietta bianca e un sorriso aperto che invoglia alla chiacchera. Kaminari Denki indica la targhetta appuntata sul suo petto. 

“Posso aiutarti?”

“Sì, uhm… vorrei una fetta della vostra cheesecake.”

Il ragazzo, Kaminari, esegue.  “Ecco qui, la cheesecake più buona che assaggerai mai! Come dice sempre il nostro pasticcere nei meandri della cucina.” 

Izuku paga e si tiene rigira in mano il pacchetto con la sua meritata cheesecake come se non sapesse esattamente cosa farne - cosa che è assolutamente vera. 

Kaminari lo guarda come se fosse scemo, o forse è solo una sua impressione perché scemo ci si sente, “Posso fare altro?”

“Ehm… ecco… io mi domandavo…” Izuku si passa una mano tra i capelli, quasi mandando all’aria la cheesecake, e arrossice. “Ecco, mi domandavo se per caso il vostro pasticcere non si chiamasse Bakugou Katsuki?” 

Il viso del commesso si illumina quasi come se si fosse accesa una lampadina. “Sì! Te lo chiamo subito!” 

Kaminari sparisce dietro una porta a saloon bianca come il resto del locale. “Yo, Bakubro! C’è un cliente che chiede di te!” E poi, quando riemerge, Kacchan è con lui. 

Non appena vede Midoriya la sua maschera di irritazione svanisce. “Deku…” 

“Ciao, Kacchan.” 

Midoriya si torcerebbe le mani se solo le avesse libere. 

“Kaminari, andresti a controllare che la crema alla ricotta non impazzisca?”
“Ma la crema alla ricotta non impazzisce.” 

Kaminari…” 

“Vado, capo!” 

Una volta da soli, cade un silenzio imbarazzante

“Come mi hai trovato?” e “Quando sei tornato?” si chiedono i due ragazzi contemporaneamente. 

“Sono qui da quattro mesi,” risponde Kacchan. 

“Ti ho trovato perché una amica mi ha portato un tuo dolce. Un colpo di fortuna,” Izuku si guarda le mani, le vede stringere il pacchetto bianco e dorato e l’unica cosa che vorrebbe fare è distruggerlo, stritolarlo fino a renderlo una palla informe e immangiabile. “Ti chiederei perché non mi hai detto che eri tornato, ma visto che ti preme tanto sapere come ti ho trovato, suppongo che non volessi farmelo sapere.” 

Izuku ricaccia indietro le lacrime e si volta per uscire. 

“Con che diritto?” Bakugou quasi gli ringhia dietro. “Eh, dimmi con che diritto?” 

“No. Hai ragione. Non ho nessun diritto di venire qui a rimproverarti. Non eri tenuto a dirmelo.” 

La rabbia di Bakugou sembra sgonfiarsi. “No. No, Deku. Con che diritto potevo tornare qui dopo più di tre anni e dirti, “ciao, Deku, sono qui, scusami per essere stato uno stronzo, voglio aprire una pasticceria, passa pure a trovarmi quando vuoi?” Davvero Deku? Davvero avrei dovuto fare una cosa del genere?”
Katsuki si strappa via la cuffia con fare stizzito e i suoi indomabili capelli platino sbucano fuori quasi esplosi. 

“Non potevo, Deku. Non potevo costringerti ad aspettarmi allora, e non potevo ritornare a scombussolare la tua vita adesso. Non… non volevo sembrare quello che torna per chiederti di lasciare chiunque sia la persona con cui stai adesso solo perché mi sono degnato di tornare qui. Volevo… volevo solo lasciarti in pace.” 

“Non sto con nessuno adesso,” quello di Izuku è quasi un sospiro. 

“Cosa?”

“Non sto con nessuno adesso,” Izuku ripete più forte. “La tua cheesecake è la migliore che io abbia mai assaggiato.” 

“Io… Deku - Non è giusto.” 

“La vita non è mai stata giusta, Kacchan. Solo perché tu pensi di sapere cosa sia meglio per me o cosa sia più giusto per me… Non significa che lo sia davvero.”

“Io -”

“Sì, tu volevi lasciarmi libero e tutte quelle stronzate lì, ma, Kacchan, sono tre anni che non faccio altro che pensare a come sarebbe stato se io ti avessi seguito invece che restare al giornale, incassato in uno stupido lavoro che non mi paga abbastanza.” 

“Cazzo!” Katsuki quasi geme, “io…” non me lo merito? mi sento in colpa? 

Qualunque sia il modo con cui il pasticcere vuole terminare la sua frase, viene interrotto. 

“Sentite, baciatevi e basta, che sono stufo di stare a guardare la planetaria che gira!” 

“Kaminari!” Katsuki sbotta irritato, ma Izuku ridacchia. 

“Ha ragione lui.” 

E prendendogli il volto tra le mani, lo bacia. 

Non risanerà tre anni di lontananza, ma almeno è un inizio. 

 

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Capitolo 3
*** Nell'ombra ***


Prompt: Macleopoldop Fast Food
Wordcount: 1167

 

Quando Bakugou Katsuki all’età di quattro anni aveva dichiarato “io diventerò l’Eroe numero 1, più forte anche di All Might”, non si era aspettato di ritrovarsi a vent’anni a lavorare in un fast food e servire hamburger troppo cotti su letti di insalate appassite e pomodori che avevano visto giorni migliori a un branco di idioti che non sapevano che la ratio grassi saturi a proteine avrebbe sbilanciato il loro metabolismo verso l’obesità nei secoli dei secoli, datemi un amen. 

“Ancora una settimana,” si disse Katsuki, “ancora una settimana di ‘sta merda e poi potrò andarmene.” 

Ma questo era accaduto anche la settimana prima, poi Fat Gum gli aveva detto di resistere ancora e lui aveva obbedito.

Perché se il più famoso e innocente dei fast food giapponesi poi spacciava sottobanco quirk enhancer come se fossero caramelle uno dei pro-hero meno conosciuti ma con abbastanza fama perché si sapesse che era solito discutere con l’Agenzia e il Governo poteva essere pubblicamente sbattuto fuori dal giro e costretto a vendere panini per tirare a campare. 

Dopo il terzo mese di quella manfrina la gente aveva persino smesso di riconoscerlo e di volere foto con lui. L’umiliazione era momentaneamente finita. 

Però faceva un po’ male sapere di essere così sostituibili agli occhi del pubblico. 

Oh, sì, ci hai salvato tutti, fatti una foto con me, firma qui un autografo, e ora cortesemente vai a farti dare nel -

“Bakugou! L’ordine 45 è già uscito?”

“Sì! Quindici minuti fa!” 

“E allora che cazzo sto preparando da mezz’ora?”

‘Fanculo, Bakugou era sopravvissuto a di peggio. 

 

* * * 

 

No. No. No e poi no. 

‘Fanculo a lui. ‘Fanculo a Fat Gum e ‘fanculo anche ad All Might che lo aveva intrappolato in quella farsa facendolo persino sentire in colpa per non aver accettato subito.

Deku, nel pieno della gloria, Deku sotto le luci dei riflettori, Deku del ‘lo avremmo chiesto a Deku, se solo non fosse finito su tutte le prime pagine di ogni giornale mai stampato in Giappone per aver evitato che un Boeing 737 in avaria si schiantasse sul quartiere più affollato di Tokyo e ora non sarebbe credibile’, quel fortuitissimo Deku, ora era qui. 

“Cazzo vuoi?” 

“Un hamburger. Con patatine grandi. E buongiorno anche a te, Kacchan.” 

“Bakugou, il protocollo!” Gli strillò un supervisore nell’orecchio. “Non ci si rivolge così ad un cliente!”  

Poi il supervisore Kurosawa era comparso accanto a lui e con un “Le chiediamo ufficialmente scusa, signore, il nostro dipendente sarà sottoposto ad attento esame disciplinare, la pregheremo di attendere, il suo ordine le sarà portato da qualcun altro,” si era piegato un inchino tale che un po’ più in basso gli avrebbe potuto benissimo leccare i piedi anche letteralmente. 

“Non si preoccupi, ci conosciamo, nessuna offesa,” Deku aveva sorriso. 

Cosa cazzo era, il giorno del prendiamo per il culo Bakugou? Cioè, ora non solo si doveva sopportare Deku e la beffa che era la sua sola esistenza, ma pure rischiare il licenziamento dalla sua copertura? ‘Fanculo.

“Ne è sicuro, signore?” 

“Completamente.” 

Così il supervisore Kurosawa se ne era andato e Bakugou aveva piazzato quel panino stantio avvolto in carta oleata sul vassoio - trattenendosi dall’aprirlo e sputarci dentro perché davvero se lo doveva tenere almeno un’altra settimana quel lavoro o quel cetaceo troppo cresciuto di Gang Orca se lo sarebbe mangiato vivo - e aveva sorriso con un po’ troppi denti.

“Ecco a lei il suo pranzo, signore,” aveva ringhiato, e ogni oncia del rispetto che ci si sarebbe potuti aspettare nella frase si era trasformati in insulto,  “spero si goda il suo pasto.”
Deku aveva ignorato l’augurio sotteso che quello fosse il suo ultimo pasto e gli aveva infilato una banconota in mano. “Grazie. Tenga pure il resto.” 

Quando Katsuki aveva fatto per mettere via i soldi si era ritrovato a stringere un bigliettino. 

Ordini dall’alto.

Ah, ecco cos’era tutta questa messinscena. 

 

* * * 

 

Non si parlava d’altro. 

Uno dei più famosi fast food del Giappone aveva chiuso, completamente, saracinesche abbassate in tutto il territorio, locali vuoti e metà dei dipendenti arrestati. 

“Sei sicuro di non voler rimanere nell’Underground?” gli aveva chiesto Aizawa. 

E Bakugou aveva dovuto seriamente rifletterci. 

Nell’Underground non sarebbe mai potuto diventare l’eroe numero 1, la gente non avrebbe mai conosciuto il suo nome. Ma la cosa poi gli dispiaceva così tanto?

Niente merch, è vero, la cosa riduceva i guadagni, ma il pro era che la gente avrebbe smesso di rompergli i coglioni con autografi e foto e la pretesa di conoscere di lui più di quanto non conoscesse Bakugou stesso. 

“Ci devo pensare.”
“Allora per il momento dirò ai giornali di non fare il tuo nome.” 

Lo avevano lasciato da solo a godersi il momento. 

Finalmente cazzo! 

Avrebbe potuto farsi una doccia e i suoi capelli avrebbero smesso di puzzare di olio denaturato. 

“Kacchan…” 

Certo, i bei momenti non possono durare in eterno. 

“Cazzo vuoi Deku?”
“Un hamburger con patatine grandi?” aveva cercato di scherzare quello, ma la vena sulla fronte di Katsuki aveva cominciato a pulsare in maniera preoccupante. 

“Potrei vomitare al pensiero.” 

Deku si era passato una mano nei capelli nervoso. “Uhm… già, non ci avevo… non ci avevo pensato.” 

Bakugou non aveva risposto, lasciando che un silenzio imbarazzato si stendesse tra loro, poi aveva sospirato con insofferenza. “C’era qualcosa in particolare che volevi, Deku, o sei qui solo per rompermi il cazzo?”

Il che avrebbe per lo meno dovuto farlo andare via. 

Invece Deku aveva annuito, la faccia contratta in un’espressione determinata. “Sì, veramente, ero venuto a chiederti se ti andasse di uscire.” 

Bakugou non ci aveva nemmeno provato a sopprime la sorpresa. 

“Uscire?” 

“Sì.” 

“Io e te?” Bakugou aveva lasciato che l’incredulità filtrasse nella sua voce. E quando mai era stato educato e attento ai sentimenti altrui, lui?
Ma Deku non ne sembrava particolarmente colpito “Sì.”

“Tipo andare a berci una birra?”
“Pensavo più ad una cena. Che non coinvolga hamburger e patatine a questo punto,” aveva tentato di scherzare. 

“Ma sei masochista? Cioè ti piace farti insultare?” 

Deku era arrossito, ma si era rifiutato di rispondere a tale provocazione. 

“Dio mio, ma davvero?! Vuoi uscire con me, davvero?”
“Possiamo saltare direttamente alla parte dove mi dici di no e andiamo avanti con le nostre vite?” 

E Katsuki stava per farlo. Stava per farlo perché la proposta di Aizawa lo intrigava e avrebbe dovuto rinunciare all’idea dell’Underground, perché cazzo, sì, sarebbe finito su tutti i tabloid solo per essere andato a prendere un caffè con quello che al momento era il supereroe più quotato del Giappone, figurarsi una cena. 

Ne valeva la pena?

Bakugou si era alzato in piedi di scatto. “Devo fare una telefonata ad Aizawa.”
“Uhm? Eh?” Deku aveva a mala pena articolato, colto di sorpresa. Non era evidentemente la risposta che si era aspettato. 

“Perché se devo finire sui giornali che almeno sia per i miei meriti e non per essere uscito con te.” 

Il viso di Deku si era illuminato. 

Bakugou in fondo non era fatto per stare nell’ombra. 

 

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Capitolo 4
*** The perks of being a pet lover ***


Prompt: Amici a Sei Zampe, Negozio di animali 
Altre ship: Kirishima Eijiro/Mina Ashido, Kaminari Denki/Shinsho Hitoshi
Wordcount: 1831


 

Il problema era stata la dannata insegna. 

O il disegnatore della dannata insegna. 

Katsuki voleva andare a distruggergli casa - o per lo meno chiedere un rimborso, perché quando cazzo mai si era visto un cane a sei zampe in tutto il Giappone?  E va bene le radiazioni, l’inquinamento e le scie chimiche, ma ancora i mutanti domestici non esistevano. 

Kaminari, con il suo solito spirito, si era stretto nelle spalle e aveva proposto di cambiare il nome al locale. 

Da “Amici a quattro zampe” il quattro era stato cancellato con un’orrenda vernice viola che spiccava fin troppo sul giallo pallido dell’insegna e uno stortissimo 6 gli era stato aggiunto poco sopra, dando al tutto la generale idea di essere stato fatto apposta.

Amici a sei zampe 

Qualsiasi sia il vostro animale, noi possiamo nutrirlo. 

Ah ah, divertente. 

Bakugou non era ancora del tutto dissuaso dall’idea che dare fuoco alla casa del disegnatore bastardo non fosse un ottima soluzione, ma Kirishima era riuscito a riportarlo sulla via della ragione.

“Dai, siamo originali. È questo che conta.” 

Così eccoli lì, tre idioti in affari. 

 

* * * 

 

Midoriya Izuku amava i suoi animali. 

Tutti quanti. 

E questo era fondamentalmente il problema. 

Il primo che aveva salvato era stato All Might, un nome importante, ma per quel golden retrivier a cui mancava metà dello stomaco perché era stato investito da un camion era approriato. Un cane con meno forza di volontà sarebbe morto prima. 

Poi era stato il turno di Aizawa, un soriano nero che non faceva altro che dormire tutto il giorno. Quella era stata una convivenza difficile, i primi tempi. Dopo che lo aveva salvato dal gattile, quel gatto nero con la zampa rotta avvolta in candide bende non lo voleva nemmeno nella stessa stanza. 

Poi era arrivato Mic. Quell’ara insopportabile, che non faceva altro che gracchiare tutte le mattine alle cinque, neanche fosse un gallo ad un volume troppo alto per chiunque non avesse almeno un litro di caffè in corpo - cosa che, alle cinque del mattino, Izuku non aveva. 

Aizawa aveva già tentato di mangiarlo diverse volte, e onestamente, Izuku era stato pure tentato di lasciarglielo fare. 

Midnight era stata l’arrivo successivo. Una certosina dal pelo quasi blu tanto era interno e occhi gialli come la luna piena. 

Izuku si era detto che avrebbe dovuto fermarsi, che il suo appartamento non avrebbe retto altri animali, ma poi il proprietario di Sir, il levriero che aveva condiviso la gabbia con All Might per quasi un anno al canile, era stato riportato indietro da quello che lo aveva adottato e Izuku non si era potuto rifiutare di prenderlo. Andiamo, All Might non aveva smesso di scodinzolare per un’intera settimana quando lo aveva visto! 

Alla tartaruga, Mount Lady, Izuku si sarebbe dovuto accorgere di avere un problema, ma poi un giorno Todoroki era arrivato con un’espressione abbattuta sulla faccia solitamente impassibile e gli aveva detto “ti prego, liberamene,” tendendogli un chihuahua rossiccio.

“C’è un motivo se lo hanno chiamato Endeavour, e il motivo è che è una spina nel culo.” 

E in effetti, Endeavour non andava d’accordo con nessuno, ma in particolare modo detestava All Might, che era riuscito a farsi voler bene persino da Aizawa. Era un nuovo record.  

Quattro pesci più tardi - Mandalay, Pixie-Bob, Ragdoll e Tiger - Izuku si era detto di smettere di accettare animali in difficoltà, perché dove diamine avrebbe dovuto mettersi quattro pesci gatti che Asui in uno slancio di follia ambientalista aveva salvato dal diventare sashimi? Beh, almeno Asui gli aveva anche regalato l’acquario. 

Poi era arrivata Ubawami, un pitone palla che un idiota voleva ammazzare pensando che fosse velenoso. E forse che Izuku poteva lasciarglielo fare? 

Poi Uraraka gli aveva portato a casa l’ennesimo gatto e Izuku in mancanza di fantasia, perché i nomi li aveva usati tutti per i dodici animali precedenti, lo aveva chiamato Thirteen e aveva tirato una linea.

Questo era il momento si smettere, anche perché metà del suo non proprio enorme stipendio, se ne andava via in mangime vario. 

“Ho sentito che hanno aperto un nuovo negozio, i prezzi sono abbastanza bassi perché devono fare concorrenza ai negozi già aperti,” aveva detto Uraraka quando le aveva fatto presente la cosa.  

Amici a sei zampe 

Qualsiasi sia il vostro animale, noi possiamo nutrirlo. 

Izuku sperava proprio che fosse vero, perché trovare i topi secchi per Ubawami stava cominciando a diventare sempre più difficile e non voleva ricorre a topi vivi. Oltre all’orrore, conoscendosi avrebbe finito per adottare pure quelli. 

 

* * * 

 

“Vaffanculo.” 

“Mi scusi?” 

Bakugou incrociò le braccia sul petto e con espressione minacciosa ripetè; “Ho detto vaffanculo. Mi hai preso per un coglione? Lo scherzo non è affatto divertente, adesso fuori dalle palle.” 

Izuku avrebbe anche preso la sua lista e se ne sarebbe andato con tutta la dignità del caso - no, non avrebbe risposto a tono a quel commesso maleducato, Katsuki, così diceva la targhetta sul suo petto - ma aveva dato un’occhiata ai prezzi e, come aveva detto Uraraka, erano davvero bassi! No, Izuku non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione. 

“No. Sono un cliente e non me ne vado,” cercò di sembrare abbastanza risoluto, nonostante lo sguardo del commesso gli facesse paura. 

“Certo, perché davvero ti aspetti che io creda che tu vuoi comprare crocchette per cani di taglia grande, di taglia piccola, per cani anziani, cibo per gatti, mangime per pesci, topi secchi per un serpente, semi di girasole per uccelli tropicali e mangime per tartarughe?” Elencò Bakugou, inarcando le sopracciglia.  “Per caso ti manda quel demente di Monoma? Perché sembra il genere di scherzo che lo farebbe sbellicare dalle risate.” 

“Ma per carità del cielo! Quello ha i prezzi più alti di tutto il quartiere! Mi ci vogliono due stipendi per nutrire i miei animali.” 

“Dai, lo so che mi stai prendo per il culo. O così oppure hai uno zoo!”
“Mi piacciono gli animali!” Si strinse nelle spalle Izuku, sulla difensiva e poi tirò fuori il cellulare. “È a tuo rischio e pericolo, quando inizio non smetto più. Questo è All Might.”

E voltò lo schermo del telefono per mostrargli il golden retrivier più disastrato che Bakugou avesse mai visto. 

Nella foto dopo lo stesso cane aveva un gatto nero che gli dormiva sulla schiena, lo stesso gatto nero che poco oltre era stato ripreso in un balzo felino verso la gabbia di un pappagallo giallo nemmeno troppo spaventato. 

Izuku gli mostrò almeno un centinaio di foto, in alcune c’erano solo i suoi animali, in altre compariva anche lui o i suoi amici, molte erano scattate da una mano esterna, ma c’erano anche dei selfie. 

Izuku con al collo un pitone, Uraraka con un gatto in braccio, Midnight che beveva l’acqua dei pesci, appollaiata elegantemente sul bordo senza ormai neanche più considerare “cena” gli animali che nuotavano sotto di lei. 

C’era un video di Todoroki che cercava di difendersi da Endeavour usando un cuscino, perché il chihuahua era una bestia di satana che si ricordava di lui e stava cercando disperatamente di azzannargli una caviglia con quei suoi dentini affilati. 

Izuku sul divano circondato da gatti, un video in cui tirava frisbee a Sir e ad All Might, Izuku con Aizawa che gli dormiva acciambellato sui capelli. 

Alla fine Bakugou si era convinto che non era uno scherzo. 

E gli aveva anche fatto lo sconto quantità.

 

* * * 

 

Per un qualche strano motivo, Midoriya Izuku - così si chiamava il “ragazzo dell’Arca”, come lo avevano soprannominato Kirishima e Kaminari - si era fatto picca di far conoscere a Bakugou tutti i suoi animali. 

Così ecco che una settimana si era presentato con All Might all guinzaglio, il suo primo e, non troppo segretamente, anche il suo preferito, che adesso aveva anche problemi a una zampa, quindi zoppicava.
Katsuki gli era piaciuto subito, gli aveva scodinzolato felice attorno e il ragazzo si era ritrovato a rifilargli biscottini a forma di osso, perché andiamo, quegli occhi da cucciolo su un cane prossimo alla pensione non erano leali e Katsuki aveva un cuore. 

La settimana dopo era stato il turno di Sir, che lo aveva guardato sdegnoso come di solito guardava tutti quelli che non erano All Might, e Katsuki potrebbe non essere stato altrettanto generoso con i biscotti. 

La terza volta si era presentato con Endeavour e questa volta Katsuki i biscotti li aveva consegnati direttamente a Izuku che glieli desse lui, perché no, grazie, ci teneva ad avere ancora dieci dita alla fine della giornata. 

In qualche modo poi Midoriya si era organizzato per arrivare con il trasportino di Aizawa una settimana, Midnight la settimana dopo e anche Tredici. 

Poi era stato il turno di Mic nella sua gabbietta dorata e Mount Lady nella sua scatola da scarpe. 

Midoriya aveva portato i suoi animali e aveva parlato. 

Katsuki aveva così scoperto che Midoriya lavorava in un giornale, che aveva una coppia di amiche che continuava a rifilargli animali da salvare, che era un nerd del cazzo, in perenne adorazione dei film di supereroi e, cosa più importante, che era single. 

Katsuki lo aveva ascoltato e poi lo aveva accompagnato alla macchina, uno scassone rosso che probabilmente aveva visto giorni migliori già dieci anni prima, per aiutarlo a caricare le buste pesanti di cibo per cani. 

Midoriya aveva conosciuto Kaminari e Kirishima, e Mina, la ragazza di Kirishima, e Shinshou, il ragazzo di Kaminari, e aveva ascoltato i loro racconti su Katsuki - con grande rabbia di questo che aveva minacciato di ucciderli tutti e far sparire i loro cadaveri se avessero raccontato qualcosa di imbarazzante. 

E improvvisamente, dopo essere faticosamente riuscito a portare Ubawami nella sua teca riscaldata, la settimana successiva Izuku non si era presentato al solito orario. 

Katsuki aveva cercato di non panicare, di dirsi che era normale, che non avevano un appuntamento fisso, e che magari Izuku aveva anche i cazzi suoi quindi non è che si debba per forza presentare tutti i venerdì pomeriggio alle quattro, no? 

La porta si aprì con il solito scampanellio, 

Mancava mezz’ora alla chiusura. 

“Oh, ciao, Midoriya. Pensavo non venissi oggi.” 

Bakugou si morse la lingua, perché cazzo, dai, non era mica sua madre che gli doveva fare da balia!

“Uhm, sì, ecco…”  Izuku arrossì, evidentemente imbarazzato e Katsuki si diede mentalmente dell’idiota, “ho avuto qualche problema tecnico per cercare di capire come portare qui Mandalay, Pixie-Bob, Ragdoll e Tiger, i pesci gatto, hai presente? E quindi mi chiedevo… Se non ti andasse di venire tu a casa mia a vederli?” 

Ommiodio. 

Era una scusa, era palesemente una scusa. 

“È una scusa.” 

Coglione, si maledì Bakugou, sei un coglione! 

Izuku assunse una tonalità ancora più rossa. “Ehm, sì. Sì, sarebbe una scusa. È un problema?”

“Assolutamente no.” 

Bakugou fece il giro del bancone e spense le luci. 

“Ma non manca ancora mezz’ora alla chiusura?” 

“Midoriya, sono le sette di sera di venerdì, a chi altri pensi che possa venire una cazzo emergenza croccantini se non a te? Posso chiudere in anticipo. Fidati.” 

 

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Capitolo 5
*** Make it or break it ***


Prompt: La signora in Verde Pistacchio - Investigazioni
Wordcount: 1649
Note: quirkless fem!Izuku 

 

 

“Penso che mio marito mi tradisca.”

 

“Vorrei sapere con chi passa tutto il suo tempo mia figlia.” 

 

“Penso che mia moglie mi tradisca.” 

 

“Credo che la mia segretaria mi rubi dei soldi.” 

 

“Credo che mio marito vada a letto con la segretaria.” 

 

“Credo che mia moglie vada a letto con la segretaria e 

che la segretaria le rubi i soldi.” 

 

“Vorrei che mi aiutasse a capire dove possono essere 

spariti i fondi per l’università di mio figlio.” 

 

“Ritengo che mio marito giochi d’azzardo.” 

 

“E se mia figlia si droga? Che faccio, eh?” 

 

* * * 

 

Midoriya Izumi si massaggiò le tempie, stanca. 

Cosa diamine le era venuto in mente di aprire un’agenzia di investigazione privata. 

Perché aveva anche solo potuto pensare che avrebbe potuto sostituire il suo desiderio di diventare una Eroina?

L’unica cosa che aveva risolto era farsi venire un mal di testa colossale e annoiarsi a morte. 

Volevano quasi tutti la stessa cosa: sapere se il partner era stato infedele e con chi. 

Ma le coppie non si parlavano più?

Stai zitta, tu, che l’unico motivo per cui i tuoi sono ancora insieme sulla carta è che non vivono insieme da vent’anni! 

Izumi aveva dannatamente bisogno di un caffè. E se questo fosse stato un film noir degli anni ‘Quaranta anche di una sigaretta. 

Sistemandosi l’impermeabile verde, scelto per andare d’accordo con il verde dei suoi capelli e perché faceva molto investigatore privato - come se non fosse molto più comodo andare in giro in tuta per un pedinamento - Izumi si decise a uscire, proprio quando qualcuno bussava alla porta. 

“Avanti!” 

“Cercavo l’Agenzia Investigativ - Deku?”  

Izumi alzò gli occhi sulla voce conosciuta. 

“Ka - Kacchan!” 

Davanti a lei, l’eroe numero 1, Ground Zero, che lei non era mai riuscita a chiamare in nessun altro modo, se non con il soprannome di quando erano bambini.

Katsuki osservò il nome sulla porta e poi la ragazza vestita di verde.

“Avrei dovuto fare due più due,” sospirò l’Eroe, prima di entrare comunque. “Ti dispiace?” 

Izumi si chiese che avesse fatto di male nella sua vita per avere la sua eterna cotta con cui non parlava da anni proprio lì nel suo ufficio. 

“Prego. Offriamo la massima discrezione, per qualsiasi incarico. Come posso aiutarla?”

Katsuki sorrise e il cuore di Izumi gli salì in gola. 

Si era scavata la fossa con le sue stesse mani. 

“Penso di essere stato sottoposto ad un mind altering quirk, ma non ho le prove.” 

“Che tipo di quirk?” 

“Non lo so. So che ho preso una botta in testa durante una missione e quando mi sono svegliato al mio capezzale c’era una ragazza che diceva di essere la mia fidanzata. Ma io non l’ho mai vista prima.” 

“È possibile che sia un effetto della concussione?” 

“I medici dicono di sì, ma… non fido. I miei amici se la ricordano vagamente, ma… non penso mi sarei dimenticato una cosa così importante come sposarmi, no?”

“Penso che dovrebbe rivolgersi alle autorità competenti, signor Bakugou.” 

“Oh, andiamo, Deku, piantala con queste formalità! Non posso andare alla polizia.” 

“E perché no?” 

Lo sapeva perché. Sai che scandalo sui tabloid… 

“Perché - perché - perché l’arresterebbero, ecco perché!” 

Questo non se lo aspettava. “E allora?” 

“E allora io sono innamorato di lei, anche se penso che sia un sentimento impiantato. Non voglio… non voglio vederla arrestata senza prove.” 

No, Izumi non aveva firmato per questo schifo.

Alzandosi in piedi, gli aprì la porta. 

“Signor Bakugou… Kacchan. Non penso di essere la persona più adatta per questo incarico. Ci sono molti altri modi, più semplici, legali e meno costosi per dirimere la questione.”
“Mi stai suggerendo di rivolgermi agli spezzaquirk dell’ospedale?” Ridacchiò Katsuki. “Pensi non ci abbia già provato? Mi hanno detto che se sono sotto l’influenza di un quirk, mi servirà il bacio di qualcuno veramente innamorato di me per liberarmene, che i loro non sono sufficienti. Perciò no, non posso. E ti ho già detto che non andrò alla polizia, non la metterò in questa condizione senza prima avere le prove che sia una pazza fanatica che si finge la mia ragazza.” 

“Cosa mi stai chiedendo, Kacchan, di baciarti?” 

“Cos -? No! Perché dovrei chiederti una cosa del genere?!” 

Izuku sollevò le sopracciglia. All’epoca Katsuki e i suoi amici l’avevano presa in giro allo sfinimento per la cotta che aveva per lui. 

“Cazzo, Deku, no! Non sono venuto qui per - Non sapevo nemmeno fosse tua l’agenzia! E poi te l’ho già detto, dovresti essere ancora almeno infatuata di me perché la cosa funzioni!” 

Izumi arrossì e sentì l’irrefrenabile impulso di imprecare al pari di Kacchan. 

Perché sempre a lei queste situazioni di merda? 

“D’accordo. Sta fermo.” 

Diamine, se poteva cavarsela abbastanza in fretta da baciarlo e mandarlo per la sua strada senza essere costretta a rivederlo mai più forse sarebbe potuta anche sopravvivere ai successivi dieci anni in cui questo ricordo sarebbe tornato a perseguitarla, perfetto e assolutamente imbarazzante. 

Izumi si alzò sulle punte dei piedi e gli posò un casto bacio sulle labbra, aggrappandosi alle sue spalle per non cadere. 

Il suo petto era caldo sotto la camicia e Izumi chiuse gli occhi, premendo ancora di più le loro bocche insieme. 

Poi si allontanò tremante. “Come - come va?”

Le mani di Katsuki si chiusero sulla sua vita e sulla sua nuca, stringendola verso di sé, poi la baciò, questa volta più irruente e prepotente e Izumi gli gettò le braccia al collo. 

Si separarono ansanti. 

“Sei ancora innamorato di lei?” chiese la ragazza, temendo la risposta. 

Bakugou ancora senza fiato, scosse la testa in cenno di diniego. 

Izumi si sciolse dalla sua presa. 

“Allora il tuo problema è risolto, no? Penso - Penso dovresti andare, sì.”

Katsuki la lasciò andare ancora un po’ scombussolato. “Sì, io… sì, dovrei andare. La polizia…” 

Izumi gli aprì la porta, ma Bakugou ancora esitava ad uscire.

“Senti Deku - Izumi. Grazie. Per aver risolto il mio problema e… sì, beh, per tutto. Grazie.” 

Sembrava che volesse dire altro, ma poi infilò la porta e se ne andò, lasciando Izumi, sola, stanca e infinitamente triste. 

Almeno poteva consolarsi del fatto che non lo avrebbe rivisto mai più, magra consolazione che era per il suo povero cuore. 

 

* * *

 

Bussarono alla porta ancora, ma quella mattina Izumi era fresca e pronta a mettersi al lavoro, nonostante quella notte avesse dormito pochissimo. 

Ci aveva messo un po’ a relegare in un angolo del suo cervello quello che era accaduto il giorno prima, ma finalmente ce l’aveva fatta, ed per un po’ avrebbe potuto pensare al lavoro senza che Bakugou Katsuki affollasse la sua mente costantemente. 

Cioè, avrebbe potuto farlo, se solo Bakugou Katsuki non fosse stato dall’altro lato della porta con due tazze di caffè in mano. 

“Cosa ci fai qui?”
“La colazione. Dal coffeeshop più buono di tutta la città.” 

Katsuki entrò con sicumera - tradito soltanto dal lieve rossore sulle guance - e appoggiò i bicchieri di carta e il sacchetto dei croissant nell’unico angolo di scrivania libero da scartoffie.

“Vedo due tazze.” 

“Sì, una è la mia.”

“Pensavo mi avessi portato la colazione. Non che ti volessi fermare.”

“Non vuoi che resti.” 

“Perché dovrei volerlo?” ribatté Izumi davanti alla sua incredulità. 

“Io - Io - pensavo.” 

“Senti, Bakugou,” fece più male a lui che a lei, quel cognome buttato lì senza formalità, come se lei non lo avesse chiamato Kacchan per tutta la vita, “non so cosa pensi che sia successo ieri, ma non puoi venire qui a scombussolarmi la vita, due giorni di fila. Devo lavorare. Perciò lascia la colazione se vuoi o riportatela via, ma qualsiasi cosa tu stia facendo: non farla.”
Katsuki incrociò le braccia sul petto. “Izumi,” calcò quasi di ripicca, lui che non l’aveva chiamata mai nient’altro che Deku, “se preferisci ti chiederò quanto ti devo per ieri, ma onestamente non lo pensavo ieri e non lo penso oggi che tu l’abbia fatto per lavoro. Sono venuto qui per sbaglio, non ci vedevamo da quasi dieci anni e non mi dovevi niente. Eppure mi hai baciato lo stesso - solo tu sai perché, dopo tutto quello che ti ho fatto - e qualcosa deve pur aver significato se sei riuscita dove tre spezzaquirk hanno fallito. Perciò va bene, se vuoi fingere che non sia mai entrato da quella porta devi solo dirmi quanti yen è la tariffa.” 

La bocca di Izuku si aprì in una O di sdegno. “No, non te la caverai così facilmente. O sono una puttana o devo essere follemente innamorata di te?” 

“No. O sei una codarda che preferisce nascondersi tra tutte queste scartoffie o sei la ragazza che ieri mi ha baciato nonostante tutto.” 

“Appunto: nonostante tutto.” 

“Cazzo,” Katsuki si passò una mano tra i capelli frustrato. Niente di quello che gli usciva dalla bocca era la cosa giusta da dire, come poteva farsi capire? “Senti, non ti sto chiedendo di sposarmi e di farti rinchiudere nel mio castello di Barbablù per farmi da punchingball. Ti sto chiedendo di darmi l’opportunità di chiederti scusa e ringraziarti.” 

“Dieci anni. Ti ripresenti dopo dieci anni nella mia vita, per chiedermi scusa. Dov’è il trucco?” 

“Non - non c’è il trucco. Voglio solo offrirti un caffè. E una cena, se me lo permetterai.” 

Izumi sedette alla scrivania e prese il caffè. 

Era davvero il più buono che avesse mai bevuto. 

Dannazione, quanto avrebbe voluto rispondere di sì e crederci. Ma poteva crederci davvero? Dopo tutto? 

No, ma non era nemmeno quello che Kacchan le stava chiedendo.

Lo aveva detto lui stesso, non voleva il suo cuore su un piatto d’argento. 

Solo un caffè. 

Solo la possibilità - di ringraziarla e di riottenere la sua amicizia, la sua fiducia e poi forse…

Solo un caffè.

E poi - magari - solo una cena.

E poi forse…

Izumi spostò un plico di fogli, sgombrando la scrivania. 

“Per la cena vedremo. Intanto siediti.” 

 

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Capitolo 6
*** Cinematic records ***


Prompt: Cinema Ficci 
Altre ship: Iida Tenya/Uraraka Ochaco, Kirishima Eijiro/Kaminari Denki

Wordcount: 1275


 

Convincere venti persone a guardare lo stesso film nella sala comune dei Dormitori era già un impresa nei giorni normali.

Ma mettere d’accordo venti studenti in libera uscita che per quel film avrebbero dovuto spenderci i soldi del cinema era un’impresa impossibile. 

Così, con grande sgomento dei loro insegnanti, i ragazzi si erano sparpagliati per il multisala. 

 

* * * 

 

Iida e Uraraka erano l’epitomo dei perfetti fidanzatini. Si tenevano per mano senza essere mai meno che appropriati alla situazione e, nonostante avessero potuto escluderlo, perché andiamo era loro amico, ma avrebbero potuto voler passare del tempo da soli, erano sempre stati attenti a non ferire i sentimenti di Midoriya. 

E non era che Izuku non apprezzasse lo sforzo dei suoi amici per non farlo sentire la ruota di scorta che in realtà era, ma il problema era proprio quello. A volte avrebbe solo voluto dirgli “d’accordo, ragazzi, state da soli, ve lo meritate”. 

Così aveva colto l’occasione e non appena i due si erano seduti sulle comode poltroncine rosse con un enorme cesto di popcorn in mano, era sgattaiolato via con la scusa di dover andare in bagno. 

Avrebbe potuto infilarsi in una qualsiasi altra sala, ma sembrava che ovunque fosse destinato ad incontrare coppiette che si tenevano la mano. L’intera classe sembrava essere stata colpita dal quirk dell’ormone mosso. 

Alla fine Midoriya si era rifugiato in bagno davvero. Nel silenzio del piccolo cubicolo bianco avrebbe fatto passare le due ore necessarie alla fine del film, pregando che la carica del telefono gli durasse abbastanza. 

Ma non erano passati nemmeno dieci minuti che la porta del bagno si era aperta di scatto. 

“Stupide coppiette del cazzo!” Bakugou aveva masticato, calciando la sottile lamiera dei cubicoli nell’antibagno. 

“Smettessero di guardarsi con occhi da triglia e combinassero qualcosa oppure mi lasciassero guardare il film in pace.” 

Oh oh. 

Se Kacchan era arrivato a parlare da solo, l’irritazione doveva essere parecchia. 

Ora, Midoriya avrebbe proprio dovuto rimanere fermo immobile e fingersi morto, lasciare che la crisi passasse e se ne occupasse qualcun altro, ma come è noto, Izuku non aveva esattamente il più sviluppato degli istinti di sopravvivenza. 

Perciò lasciò la serena tranquillità del suo cubicolo per tentare di calmare le acque. 

“Uhm, Kacchan? Qual è il problema?” 

Ora, Kacchan doveva essere davvero irritato, perché, oltre al fatto che si stava furiosamente lavando via la glicerina dalla mani, invece di mandarlo a cagare, gli rispose. 

“Faccia di Merda e Pikachu, loro sono il mio problema!” 

Izuku tacque, attendendo che Bakugou proseguisse o per lo meno elaborasse un po’ il pensiero. Fare altre domande non lo avrebbe portato a nulla. 

“Quei due imbecilli si sbavano dietro a vicenda da mesi e tu dici mai che si decidano a fare qualcosa? Porca puttana, ho quella pazza rosa fluo attaccata al culo tutti i giorni che mi chiede se si sono finalmente decisi a mettersi insieme e io volevo solo vedere un cazzo di film!” 

Sì, beh, Midoriya poteva comprendere il sentimento in generale, ma… gli sembrava una reazione un po’ esagerata. 

“Non è che magari sei geloso…” e il cuore di Izuku perse un battito a vedere un’espressione colpevole balenare per un istante sul viso dell’altro “…di Kirishima?” 

Così com’era comparsa l’espressione sparì, sostituita da uno scandalizzato senso di shock.

“No, cazzo! Ma sei scemo?!” 

Midoirya alzò le mani in segno di resa. 

“Che cazzo di domande…” Bakugou scosse la testa, quasi incredulo che quell’idiota potesse aver pensato una cosa del genere, “Piuttosto perché stai qui a rompermi i coglioni e non sei di là con Faccia Tonda?” 

“Uraraka?”

Bakugou annuì. 

“Ero stanco di fare il reggicandela a lei ed Iida.” 

Bakugou si era voltato di scatto verso di lui, la fronte aggrottata. “E da quando stanno insieme quei due?” 

Midoriya ridacchiò, consapevole che Kacchan aveva probabilmente rimosso la questione, etichettandola sotto “cose di cui non me ne frega un cazzo”. 

“Mesi? Onestamente non ho tenuto il conto.” 

“E tu?” 

“E io, cosa?”

“Pensavo che ti piacesse Faccia Tonda.”
“Uraraka,” lo corresse inutilmente, “E no. Lei è solo mia amica. Lo sarebbe anche se non stesse con uno dei miei migliori amici.”

Katsuki si sforzò di sopprimere la stilettata di gelosia all’idea che Deku chiamasse qualcun altro in quel modo. Per anni era sempre stato solo lui il suo “migliore amico”. 

“Comunque non hai bisogno di avere un fottuto extra per forza.” 

“Oh, ehm… ti ringrazio? Ma non tutti possiamo stare con la persona che ci piace, no? A volte uno deve sperare negli extra.”

Ma porca puttana, a cosa si era ridotto il mondo? Bakugou Katsuki a dare consigli di coppia a Deku nei bagni di un cinema. 

“Sentimi bene, nerd di merda, che cazzo di ragionamento è, eh? Da quando in qua fai quello tutto remissivo, che accetta quello che la vita gli propina, eh? Da quando? Perché se non mi ricordo male la vita ti aveva detto picche eppure adesso sei alla U.A. e ti arrendi per ‘ste stronzate? Chi cazzo è, eh? Faccia Tonda? O quella Rana di merda? Perché sono assolutamente sicuro -”

“Tu.” 

“Eh?” 

“Tu. Sei tu. Adesso potresti smetterla di rifilarmi frasi fatte, perché non è assolutamente da te cercare di consolarmi, Kacchan, soprattuto quando una cosa è impossibile.”

E sì, forse avrebbe dovuto fare un passo indietro, perché il viso di Katsuki al momento era indecifrabile, quasi gli avessero dato un cazzotto inaspettato.

“Kacchan?” 

Oh, fantastico. A Izuku era sembrato che Kacchan non avesse problemi col fatto che due dei suoi migliori amici - ed era stato il turno di Izuku di soffocare la gelosia di non essere parte di quella categoria - stessero insieme, ma forse a Kacchan i gay stavano bene solo finché non era lui l’oggetto dell’attenzione di qualcuno?
L’attacco di Bakugou troncò ogni altro pensiero ed Izuku entrò in modalità attacco, ma Bakugou lo aveva già spinto contro il muro e Izuku non aveva abbastanza spazio per fare leva e - 

E poi Kacchan lo aveva baciato. 

Doveva essere morto, non c’era altra spiegazione. 

“Deku?” 

Kacchan lo guardò… preoccupato? Quasi si stesse chiedendo se non avesse sbagliato, ma era ridicolo perché Kacchan non si chiedeva mai se avesse sbagliato. 

“Deku, hai picchiato la testa?” 

No, ma la sensazione era la stessa.

“No,” Izuku scosse la testa. “No, sto bene. Mi hai solo colto di sorpresa.” 

“Oh. Ok.”

Deku si rese conto che forse Kacchan si aspettava che gli rispondesse qualcosa, ma onestamente Izuku non sapeva cosa. Cioè wow, Kacchan lo aveva baciato e lui non se lo aspettava e la cosa apriva un sacco nuovi scenari possibili, perché non poteva significare davvero quello che Izuku pensava che significasse, vero? Perché avrebbe voluto dire che - che - che lui a Kacchan piaceva in quel senso e lui non ci poteva sperare, perchè non sarebbe mai successo. Eppure era successo e Kacchan lo aveva baciato e questo complicava le cose, o sì che le complicava, perché Izuku era già mezzo innamorato, ma che diceva, molto più che mezzo e da tutta una vita, mentre Kacchan… beh, non aveva dati su quello che pensasse o provasse Kacchan e da quanto, ma in ogni caso, sì, era tutto complicato, molto complicato e - 

“Nerd? Stai di nuovo farfugliando a voce alta.” 

Questa volta Katsuki stava sorridendo e diamine, Izuku si era appena dimenticato quello che stava per dire. 

Chinandosi su di lui, più lentamente, Katsuki aveva posato di nuovo le labbra sulle sue. 

Forse le cose erano molto più semplici di quello che sembravano. 

 

(“Suppongo non fossi geloso di Kirishima allora.”

“Fanculo, Deku, ti sembra il momento di pensare a Kirishima?”

Izuku aveva riso e lo aveva baciato di nuovo.)

 

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Capitolo 7
*** Primula Victoriana ***


Prompt: O’Keefee Fiorista
Altre ship: Kaminari Denki/Sero Hanta, Mina Ashido/Kirishima Eijiro (perché chi  altri può essere il padre? Lacros, ehm Kirishima) 
Wordcount: 1376


 

I fiori erano stupidì e ancora più stupidi dei fiori erano gli amici di Bakugou che lo avevano costretto ad andare a ritirarli. 

Certo, ovviamente, lui avrebbe fatto la sua parte in tutta questa farse inutile che era il matrimonio di due dei suoi migliori amici, perché altrimenti Mina lo avrebbe sciolto in una pozza di acido. 

Cazzo, dovevano essere gli ormoni della gravidanza o forse la ragazza aveva solo passato troppo tempo con Bakugou, ma le sue minacce di morte erano molto più realistiche e inventive di quelle di Katsuki. 

Così eccolo lì, pronto ad andare e portarsi a casa quindici tonnellate di fiori che il giorno seguente sarebbero divenuti concime. 

Che spreco. 

“Buongiorno, come posso aiutarla?” 

Katsuki per poco non si mise a ridere. 

Il fioraio era una fottuta pianta. 

O se non altro, sembrava un cespuglio poco curato con quei capelli verdi - verdi! - ribelli che sembravano andare in tutte le direzioni. 

“Mi servirebbero dei fiori,” si limitò a scrollare le spalle. 

“Oh?” Questa volta fu il turno del fioraio di trattenersi dal mettersi a ridere. “Pensavo le servisse un litro di latte.” 

Bakugou sbuffò poco divertito. 

“Che tipo di fiori?”  

“Boh, non lo so. Fiori. Per un matrimonio.” Non molto utile. “Ah, aspetti, Mina mi ha dato la lista.” 

Bakugou cercò nelle tasche dei pantaloni fino a tirare fuori un foglietto spiegazzato. 

 

Calla - Candore

Margherita - amore fedele

Crisantemo giallo - Denki 

Elleboro Onyxodyssey - Sero

Fiori d’arancio - Matrimonio 

 

Il fioraio squadrò la lista, cercando di capire la scrittura arzigogolata della ragazza. 

“Uhm.. ecco, questi fiori non vanno bene.” 

“Cosa? E perché?”
“Beh, il crisantemo giallo non è un fiore adatto ai matrimoni. Non so perché sia stato scelto, ma il crisantemo in generale ha un significato negativo per quello che riguarda l’amore. Di solito chi lo regala sta rinunciando alla persona amata perché ha sofferto troppo e sa che non potrà mai essere ricambiata, quindi si sta allontanando. 

E l’elleboro significa liberazione dalle pene, non necessariamente in seguito a morte, ma molto spesso sì, visto che è anche un fiore velenoso. Se ci aggiungiamo che poi questa varietà è nera…”

Il fioraio si strinse nelle spalle, desolato. 

“Ok, mi dia un minuto.” 

Il cliente aveva tirato fuori il cellulare.
“Ehi, Occhi da Panda, il fioraio mi ha detto che il crisantemo giallo porta sfiga ai matrimoni. E  che l’elleboro è velenoso! Devo cambiarli.” 

Dall’altra parte del telefono Midoriya sentì provenire soltanto un brusio. 

“Ho capito che volevi l’effetto cromatico giallo e nero, ma non così.”

La ragazza rispose qualcosa. 

“No, non mi rompere i coglioni, avrai guardato male su internet!”

Un altro brusio concitato. 

“Senti, se non ti va bene sono problemi tuoi, saresti dovuta venire tu. Hai mandato me e adesso decido io.”

I toni sembravano scaldarsi. 

“Certo che non ho idea di cosa voglia dire nessun fiore, cosa cazzo ti sembro, un’enciclopedia? C’è un fioraio qui apposta, è il suo lavoro!” 

Un brusio seccato. 

“Come cazzo ti pare! Tuo è il veto, ma se ci sono cambiamenti da fare lo porti tu il tuo culo qui a dirli al tipo!” 

Con un gesto rabbioso, Bakugou sbatté giù il telefono. 

“Che c’è?” Quasi ringhiò in faccia al fioraio. 

“Niente,” 

“Allora?!”
“Niente, davvero, ho… ho visto futuri sposi litigare molto peggio per molto meno, davvero.” No, non era vero, di solito due innamorati prossimi alle nozze erano o stucchevoli piccionicini da diabete o, più facilmente, la classica coppia con la sposa isterica e il fidanzato che cercava di calmarla facendole notare che una sfumatura più giallastra sulle calle non avrebbe rovinato per sempre il loro matrimonio.

“Ma mica mi sposo io!” L’espressione di Katsuki era improvvisamente mutata e l’irritazione si era trasformata in un luccichio di divertimento, “E neanche quella scoppiata della mia amica, se è per questo, anche se con tutto lo zelo che ci sta mettendo potrebbe sembrare,” aveva riso. “Io sono solo il testimone, mi hanno incastrato.”

Il fioraio aveva sorriso. 

“Dunque che devo fare con questi fiori?”  

“Potrei consigliare una Primula vittoriana, nella varietà Lace Silver Black, potrebbe essere quello che cerca la sua amica. È esteticamente perfetta e ha un significato positivo, augura ogni bene e giovinezza a chi la riceve e poi…” 

 

* * * 

 

“Oh, Kacchan, di nuovo qui?” 

Katsuki alzò gli occhi al cielo e sbuffò. “Sì, Deku di un fioraio! Mina ha detto che i centrotavola hanno bisogno di più fiori e che bisogna cambiare le calle perché stonano con la navata della chiesa.” 

Izuku ridacchiò. “D’accordo, spiegami esattamente come un fiore stona con la navata di una chiesa.”

“Ah, e io che cazzo ne so? Cos’altro ci si può mettere?”

Izuku aprì la bocca e si lanciò in una tirata sulle possibili alternative alle calle. 

Katsuki non lo avrebbe ammesso mai che lo avrebbe ascoltato parlare di fiori per ore, nonostante a lui dei fiori non fregasse un cazzo. 

 

* * * 

 

La cosa stava cominciando a diventare ridicola, gli aveva detto Mina. E forse non aveva tutti i torti. 

“Guarda che l’ho visto, eh? Ti sbava dietro forse peggio di quanto tu non sbavi dietro a lui!”

“Non dire cazzate, è solo gentile.” 

Mina, a cui era bastata una sola visita al negozio di fiori per rendersi conto che quei due sarebbero stati perfetti insieme, aveva alzato gli occhi al cielo “Non fare arrabbiare la donna incinta, Katsuki! Midoriya è l’unico che ti sopporta e anzi, trova anche piacevole la tua presenza. Cioè, so che noi siamo un branco di pazzi problematici, ma lui sembra abbastanza normale. Gli devi piacere per forza.” 

Bakugou aveva sbuffato. “Quando Kirishima si deciderà a metterti un anello al dito scapperò alle Hawaii piuttosto che farvi da testimone, sappilo.” 

“Aspetta e spera,” aveva sogghignato Ashido che di sposarsi non aveva desiderio alcuno. “Qualcosa mi dice che il bouquet lo prenderai tu, quest’anno.”

 

* * * 

 

“Kacchan, non dirmi che c’è ancora qualcosa che non va con le decorazioni dell’altare perché mi licenzio, ok? Mi licenzio.” 

Katsuki scosse la testa. “No, sono venuto per me stavolta.” 

“Per te?” 

“C’è una persona che mi piace e mi servirebbe un mazzo di fiori per chiederle di uscire.” 

Izuku non doveva aver nascosto bene la sua espressione, perché Katsuki lo guardò interrogativo. 

“Che c’è?”

“No, niente. È che non mi sembravi il tipo da mazzo di fiori.”
“Ah no?”
“No. Pensavo che saresti stato il tipo da andare dritto da quella persona e intimarle di uscire con te.” 

“Era quello che volevo fare, poi Mina mi ha dato dell’idiota.” 

“Oh, sì, beh, suppongo che con una ragazza funzionerebbero meglio i fiori.” 

“Non è una ragazza.” 

“Ah.” 

Izuku giocherellò con un angolo del rotolo di carta crespa. 

“Senti, faccio cagare in queste cose,” Katsuki si passò una mano tra i capelli, scompigliandoseli ancora di più. “Il piano di Mina è una merda, perciò sarò diretto. Sei tu. Non è che ti andrebbe di venire a vedere come staranno bene i tuoi centrotavola?”
“Eh?” 

“Ti sto chiedendo se vuoi essere il mio +1 al matrimonio, visto che sono da solo.”

“Io… non credo… cioè, sono un estraneo, non vorrei…” 

“No, sei il fioraio. Alla brutta ti ricorderemo così nelle foto.” 

“Oh, tu sì che sei rassicurante.” 

“Devo passare a ‘intimarti di uscire con me’?” Alzò un sopracciglio Katsuki, rigirandogli la sua stessa frase. “Senti se non sei gay o non ti interesso basta che mi dici di no, non c’è bisogno che ti inventi scuse per non ferire i miei sentimenti o altre boiate del genere, eh.” 

“No! Cioè, sì! Oddio!” Izuku si nascose il viso tra le mani, arrossendo. “Non è che non mi interessi!” Si affretto a spiegargli. “È solo che… un matrimonio? Mi sembra… mi sembra un po’ eccessivo come primo appuntamento.”  

Katsuki rise. 

“Il matrimonio è tra due mesi. Pensavo di portarti a prendere un caffè un po’ prima. Che ne dici?”

Izuku si chinò sotto il banco e ne riemerse con un garofano - rosso, come gli occhi di Katsuki. 

“Tu sai che io non ho idea di che cazzo voglia dire sto coso, vero?” 

“Il garofano, quando di un solo colore, indica una risposta positiva.”

Katsuki si appuntò il fiore nell’asola della giacca. “Quindi, tra quando pensi di poterti prendere una pausa?” 

 

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Capitolo 8
*** L'essenziale è invisibile agli occhi ***


Prompt: L’Invisibile Sexy Boutique 
Altre ship: Hagakure Toru/Mashirao Oijiro 
Wordcount: 1227
 

 

Hagakure aveva uno strano senso dell’umorismo. 

E con strano senso dell’umorismo, Oijiro intendeva dire che non ce l’aveva affatto. 

Perché chiamare il suo sexy shop “L’invisibile” - 'Sexy Boutique,' l’aveva corretto lei, 'è più raffinato!' -  era una di quelle cose che poteva fare solo lei, così come accogliere i clienti completamente nuda, in modo da non essere visibile, per poter valutare le loro reazioni ed, eventualmente spaventarli. 

“Toru, sei un pro-hero, dannazione, hai idea dello scandalo, se lo sapessero i giornali?” 

Toru aveva picchiettato il guanto bianco contro quello che Mashirao supponeva fosse il suo mento e aveva ridacchiato. “Sai che affari se si scoprisse che la sexy boutique è mia? Potrei pensare di leakarlo ai tabloid solo per la pubblicità!”
“Ma che te ne fai dei guadagni extra!” 

“Beh, scusa se i soldi non mi fanno schifo. E poi andiamo, è perfetto. Tre quarti del tempo ci pensano le mie commesse e io non devo muovere un muscolo.”
Oijiro aveva storto le labbra non troppo convinto. 

“Tesoro mio,” aveva detto Toru, “stai con una che per lavoro deve stare sempre completamente nuda, è ovvio che poi io pensi sempre a certe cose. Non mi sembrava che la cosa ti facesse schifo l’altra sera.”
Mashirao era arrossito, ripensandoci. Già stare con Toru era l’equivalente di fare sesso bendati, ma vedendoci comunque. Kinky. 

Poi Hagakure lo aveva portato a letto e Oijiro aveva smesso di pensare. 

 

* * * 

 

“Mashi, non ci posso credere!” 

Oijiro staccò l’orecchio dal telefono per evitare di finirne insordito. 

“Cazzo! Non indovinerai mai! Non ci posso credere!”
“Toru, calmati, che è successo.”
“Due persone sono venute nella mia boutique oggi! Insieme! E non indovinerai mai chi sono!” 

“Qualche attore famoso che tu conosci e io sicuramente no?”

“Ah ah, divertente Mashi, ma no. Li conosciamo entrambi benissimo. Eravamo in classe insieme, questo dovrebbe restringere il campo, ma non posso credere che siano venuti qui insieme. Cioè, come coppia sai?”
“Non lo so, Toru, dimmelo tu chi.”
“Bakugou e Midoriya.” 

A Oijiro per poco non cadde il telefono di mano.

“Mi stai prendendo in giro?”
“No! Ti giuro, sono entrati insieme!”

“Sei sicura?”

“Sì, e, non era una presa in giro, uno scherzo o non so che altro, tipo una scommessa del genere “ti sfido a entrare lì dentro e comprare un vibratore”, no, no. Serissimi. Non mi hanno vista, ma io ho… beh, io ho origliato, so che la cosa non ti piace, Mashi, ma…” 

Ma Mashirao non poteva certo biasimarla. Se avesse visto una cosa del genere - Bakugou e Midoriya, insieme? In quel modo? - anche lui avrebbe origliato, poco ma sicuro. Se non altro per essere certo che il mondo non stesse per finire. 

“E quindi che è successo?” 

“Beh è andata così…

 

* * *

 

Bakugou è il primo a entrare. 

“Andiamo, nerd di merda, mi hai portato qui e adesso non ti puoi tirare indietro.” 

Toru drizza le orecchie, perché nerd di merda dalla bocca di Bakugou Katsuki è per forza Midoriya. (Bakugou ha smesso di chiamarlo Deku da quando quello lo ha scelto come nome ufficiale da eroe, perché attirava troppo l’attenzione urlato in pubblico, e poi si ritrovavano sempre con una folla di ammiratori a chiedere autografi. Ora che ci pensa, in retrospettiva, per essere due che si odiano tanto Bakugou lo chiamava spesso in pubblico). 

Comunque. 

Toru drizza le orecchie perché nel suo sexy shop - sexy boutique, dannazione, se comincia a confondersi anche lei sarà un casino - è appena entrato Bakugou Katsuki. 

Subito dietro, rosso come un peperone, il summenzionato Midoriya Izuku. 

Hagakure subodora il gossip fin da dove è seduta. 

“Sembra che non ci sia nessuno,” Midoriya dice, sollevato e Bakugou alza gli occhi al cielo. 

“E sarebbe una buona notizia, come esattamente? Pensi di scappare senza pagare?”
Midoriya incrocia le braccia, imbarazzato. “No, ovviamente.”

Bakugou lo guarda e ride, e Toru si sorprende di non percepire alcuna cattiveria nel suo tono. È più una risata, da ‘sei ridicolo e la cosa ti rende estremamente tenero’, il genere di risata che non avrebbe mai pensato di sentir uscire dalla bocca di Bakugou, figurarsi rivolta a Midoriya, per cui sicuramente si sta sbagliando. 

Ma è pur sempre vero che sono entrati nel suo sexy shop, quindi qualcosa che non torna c’è già a prescindere. 

“Andiamo, nerd, sono sicuro che ti sia documentato su almeno quindici tipi di manette diverse, di quali materiali è meglio che siano composti, come debbano essere orientate nello spazio per sfregare il meno possibile e… non lo so, almeno altre quindici caratteristiche che ora non mi vengono in mente perché io non sono un nerd del cazzo?” 

“Le tue manette di servizio fanno male, Kacchan, non ho bisogno di altre cicatrici e nemmeno tu. O vuoi dover spiegare a Best Jeanist che non riesci più a infilarti le granate ai polsi perché sfregano contro le irritazioni? È perfettamente normale informarsi un po’ e ponderare cosa sia meglio.”

Bakugou lo guarda con la sua faccia da ‘bitch, please’ più convincente. “Sì, va bene. Sei ossessivo, Deku, accettalo.”

“Non è vero!"

“Devo ricordarti tutta la trafila per il lubrificante?”
“Tu pensavi bastasse la saliva!”
“Beh, dopo un po’ è stato così, no?”

“Kacchan!” 

Bakugou alza gli occhi al cielo e si allontana. 

Toru sta vivendo il momento migliore della sua vita. 

“Allora, queste manette?” Bakugou osserva la parete rosa, su cui Hagakure ha messo in bella mostra giocattoli di ogni tipo. “O forse preferiresti qualcos’altro?”  

“Tu potresti usare questo,” scherza Midoriya, sventolandogli sotto il naso un bavaglio, “così forse staresti un po’ zitto.” 

“Ah, ma ti toglieresti tutto il divertimento, no? Ti piace così tanto quando…” e il tono di Bakugou cala quasi a un sussurro indistinguibile, mentre si volta verso l’altro e Toru non vede esattamente dove sia o cosa stia facendo la sua mano, ma Midoriya raggiunge una inquietante sfumatura di rosso e si morde le labbra prima di emettere un versetto strozzato. 

“Kacchan! Siamo in un luogo pubblico!”

“Non c’è nessuno, no?” 

“Ma potrebbe entrare qualcuno!”

“Potrebbero anche godersi lo spettacolo se è per questo.” 

“Kacchan!” 

“Guastafeste. Dai, andiamo a casa, torneremo un’altra volta.” 

Bakugou gli lascia un bacio a stampo sulle labbra e si allontana con un sorrisetto. 

Midoriya si fa aria con la mano, cercando di ricomporsi, “Dio mio, ci farai arrestare per atti osceni in luogo pubblico prima o poi! E noi dovremmo essere quelli che danno il buon esempio!”

Gli ghigno di Bakugou si allarga ancora di più.

“Ma stiamo dando il buon esempio. Più buon esempio di fare l’amore non fare la guerra, io non so proprio cosa vorresti?” 

“Oh, Kacchan, sei proprio impossibile.” 

Alla fine se ne vanno senza comprare nulla, perché effettivamente Toru non si è mossa - no, grazie tante, non vuole finire incenerita da Bakugou e vorrebbe poter continuare a guardare Midoriya negli occhi, anche se la cosa è un po’ a senso unico perché lui non potrebbe guardare lei, ma non è quello il punto. Il punto è che loro pensavano che il locale fosse vuoto e Toro sicuramente non ha fatto nulla per fargli credere il contrario perciò il meglio che possa fare per tutti loro è continuare a fingere di non esistere, almeno finché non è sicura che siano ben avviati lungo la loro strada. 

A quel punto tira fuori il cellulare e chiama Mashirao.

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Capitolo 9
*** Chocolate, gusto UST ***


Challenge: COW-T #10, week 5, m3
Prompt: Cioccolateria Dieta
Altre ship: Aizawa Shota/Yamada Hizashi

Wordcount: 682


 

Perché Aizawa Shouta - fondente, 98% cacao, con chicchi di caffè macinati dentro - e Yamada Hizashi - metà bianco e metà al latte, tre smarties a disegnare una faccina sorpresa su ogni quadratino - avessero deciso di aprire insieme una cioccolateria era un mistero.
Quei due erano come il giorno e la notte, quasi letteralmente. 

Affacciandosi all’ufficio si poteva vedere Yamada quasi costantemente intento a sbraitare al telefono - no, non di rabbia, i decibel di un concerto rock erano quelli che il suo tono di voce raggiungeva in una normale conversazione - con questo o quel fornitore, mentre Aizawa si chiudeva in un bozzolo che probabilmente in tempi migliori era stato un sacco a pelo giallo e dormiva fino a notte, quando si svegliava per cominciare a temperare il cioccolato, come un vampiro uscito dalle tenebre. 

Da due personaggi così particolari non ci si poteva aspettare certo che si scegliessero due allievi normali, no?
Ed ecco entrare in scena Bakugou Katsuki - fondente, 65% cacao e un pizzico di peperoncino - e Midoriya Izuku - al latte, con ripieno di ganache alla menta. 

Più che il giorno e la notte, il martello e l’incudine. 

Si conoscevano già da prima e per qualche motivo erano in continua competizione - Hizashi aveva le sue idee, Shouta non si sbilanciava più di tanto - e sebbene Midoriya fosse quello che più sopportava, l’incudine appunto, su cui Bakugou martellava incessantemente con urla, strepiti e commenti poco piacevoli, ogni tanto pure quel ragazzino tanto simpatico e dolce e con la faccia da bravo ragazzo, rispondeva per le rime a quello che sembrava un teppista appena uscito da una gang di strada. 

Così i due poveri imprenditori si erano ritrovati ad assistere una gara di urla a senso unico alle quali Midoriya rispondeva con brevi commenti serafici che però alimentavano solamente la rabbia di Bakugou, come benzina gettata sul fuoco. 

“Dio mio, ragazzi, abbassate la voce e anche le aspettative,” li aveva interrotti l’ultima volta Aizawa. “Nessuno di voi due diventerà il nuovo maître chocolatier del secolo. Le cioccolaterie industriali ci mangeranno tutti e se andrà tutto bene dovrete andare ad apporre il vostro nome di cioccolatai ad una pralina assolutamente banale che saprà di naftalina, ma che potranno far pagare a qualche centinaio di yen in più solo per averci sbattuto il desclaimer che sia stata una vostra invenzione, quando voi di quella pralina non avrete scelto neppure il nome.” 

“E poi suvvia, ragazzi! Il cioccolato è il simbolo dell’ammmooooreee! Non vi devo dire dove si può spalmare o da dove si può leccare o dove altro metterlo, vero? Siete abbastanza fantasiosi di vostro, immagino!” E con grande sgomento di entrambi Hizashi aveva ficcato un barattolo di crema al cioccolato da mezzo chilo tra le mani di Midoriya e li aveva sbattuti fuori dalla porta con un “Offre la casa, fatene buon uso. E con fatene buon uso intendo dire scopate, ragazzi miei, che se sbollite un po’ di tensione ed evitate di distruggerci il locale ve ne saremmo immensamente grati!” 

Il campanello della porta aveva emesso un ultimo bling prima che Hizashi tirasse il catenaccio. 

“Era proprio necessario?” 

“Volevi licenziarli?” 

“No, ma lo sai che quella che dovrebbero scopare è solo un’idea tua, vero?” 

“Ahi ahi ahi, Shouta, quanto poco ne capisci! Quei due sprizzano UST da tutti i pori! Vedrai domani.” 
Ma Aizawa non sembrava particolarmente impressionato. 

“Dì un po’, non sarà che la tua mancanza di entusiasmo per il mio piano geniale è solo perché la volevi usare tu quella crema al cioccolato, no?”

Aizawa aveva alzato gli occhi al cielo, poi con un gesto plateale che si confaceva più all’altro che a lui, aveva indicato un altro barattolo. “Beh, abbiamo pur sempre chiuso prima oggi, no?”

“Questa, mio caro Shouta, è un offerta che non si può rifiutare.” 

“Ma non sei perennemente a dieta, tu?”
“Posso fare un eccezione, Shouta. Posso fare un’eccezione.” 

 

(“Cazzo, se mi sporchi le lenzuola giuro che ti uccido, Deku!” 

“Kacchan! Per una volta perché non usi la bocca per qualcosa di utile, invece che urlarmi contro-oh!”) 

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Capitolo 10
*** Gelato ***


Challenge: COW-T #10, week 5, m3
Prompt: Slappa il cono che è buono Gelateria 
Wordcount: 605
Note: non ce la posso fare, non con la faccia seria per lo meno. Prendetelo come ancora più crack del resto e pace. 

 

Ce lo aveva portato Mina la prima volta e Katsuki aveva fatto finta di non conoscerlo. 

Deku era impallidito e poi arrossito quasi contemporaneamente - cosa che Bakugou non riteneva fisiologicamente possibile, ma Deku era sempre stato strano. 

Quando l’idiota aveva capito l’antifona - ‘chi cazzo sei e perché mai mi dovrei ricordare di te’ - il suo viso si era indurito in una maschera di determinazione e - porca puttana, era davvero bravo - aveva fatto finta di non conoscerlo a sua volta. Talmente bene che nemmeno quella ficcanaso di Mina che coglieva un gossip a quindici metri di distanza si era resa conto di niente. 

Ma forse erano tutti troppo distratti dal nome equivoco del locale, perché i messaggi di sottotesto venissero recepiti correttamente. Forse era solo meno imbarazzante fingere di non conoscersi da quando avevano quattro anni, nonostante non si vedessero da secoli. 

E poi perché mai una gelateria si dovesse trovare nel quartiere a luci rosse della città era un mistero. A cosa serviva? A placare l’irresistibile voglia di gelato che uno poteva avere dopo aver visto una tizia spogliarsi? Mah. 

Comunque, Deku aveva preparato i loro coni e serissimo, concentrato nel tentativo di non arrossire - non ce l’avrebbe mai fatta per quanti mesi avesse lavorato lì - glieli aveva porti con la frase di circostanza che aveva dovuto imparare a memoria. 

“Con i complimenti della gelateria Slappa il cono che è buono, speriamo che la vostra esperienza sia un piacere.

Cosa che era suonata piuttosto come “ConicomplimentidellagelateriaSlappailconochebuonsperiamochelavostraesperienzasiastataunpiacere” tutto di fila e senza prendere fiato. Alla fine Midoriya aveva il fiatone, nemmeno avesse corso una maratona. 

(“Devi mettere l’accento su piacere, possibilmente con la faccia giusta… è un doppio senso, per l’amor del cielo, Midoriya!” Lo aveva istruito il direttore, ma dalla bocca di Midoriya quella… cosa faceva fatica a uscire.)

Mina aveva riso, “Lo ha fatto anche l’altra volta. È meno divertente quando c’è l’altro ragazzo. Lui non si imbarazza così tanto.” 

Ah, già ricordasse pure a Izuku che Aoyama era in grado di dire quella cosa non solo senza arrossire come un semaforo, ma con un ammiccamento di sopracciglia tale da dare un quadruplo senso a tutto quello che gli usciva dalla bocca. 

Katsuki aveva ignorato l’intero scambio di battute, cercando di autoconvincersi che quell’idiota di Deku non fosse carino, con le guance in fiamme. 

“Beh, che ti avevo detto, è carino il commesso no?” Gli aveva dato di gomito Mina una volta fuori, leccando il suo cono al cioccolato. 

Katsuki aveva alzato gli occhi al cielo. “Uhm uhm.” 

Il fatto era che quel gelato era davvero buono, nonostante Deku. O forse proprio per Deku.

Così Katsuki era tornato. 

Da solo. 

E aveva sempre fatto finta di non conoscerlo da prima. 

E Deku gli aveva sempre ripetuto la stessa identica frase di repertorio, sempre meno in imbarazzo, sempre meno atono. 

Fino a che un giorno era riuscito a dirlo un po’ come faceva Aoyama - ma senza esagerare, che a Midoriya il quadruplo senso, che Aoyama spingeva ovunque, non sarebbe mai venuto. 

“Con i complimenti della gelateria Slappa il cono che è buono, speriamo che la vostra esperienza sia un… piacere.

Katsuki aveva leccato al pallina di gelato alla menta e con un sorriso sornione aveva risposto. “Sono sicuro che lo sarà.”

Poi gli aveva teso la mano.

“Io sono Bakugou Katsuki.” 

Deku aveva sgranato gli occhi. “Lo so -”

“No, che non lo sai, Deku,” aveva scosso la testa Bakugou, prima di ripetersi. “Io sono Bakugou Katsuki. Piacere.”
Midoiriya gli aveva stretto la mano con un sorriso. “Midoriya Izuku. Sono sicuro che il piacere sarà tutto mio.”   

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Capitolo 11
*** Anche i supereroi, nel loro piccolo, fanno la spesa ***


Challenge: COW-T #10, week 5, m1 (colpo di scena) 
Prompt: I Meloni di Nonna Giovanna Frutta e Verdura
Altre ship: Kirishima Eijiro/Mina Ashido
Wordcount: 1184

Note: La frutta in Giappone costa un rene, la vendono tipo gioielleria (una mela 15€ wtf!) e spesso si usa regalarne come in Italia regaleremmo fiori o bottiglie di vino. 
+ devo averlo già detto a tutti, ma ho un kink per meddlesome wingman!Kirishima che voi non avete idea. 

 

 

Nella sua vita Midoriya Izuku era stato spesso paragonato a diversi generi alimentari. 

Broccoli Boy, Caspo di Insalata, Testa d’Anguria. 

Avere i capelli verdi poteva portare a questo genere di soprannomi. 

Gli era sembrato perciò quasi un destino accettare l’impiego in quell’ortofrutta d’angolo che lo pagava anche più di quanto non si sarebbe aspettato. 

La vera sorpresa era stata vedere entrare un giorno in quel normalissimo negozio d’angolo uno dei suoi eroi preferiti - il suo eroe preferito, e d’altronde lo era sempre stato, anche quando non indossava una maschera ed era un moccioso di quattro anni e le loro madri facevano a turno per accompagnarli all’asilo. 

Ground Zero - Kacchan - era entrato in quel negozio. 

“Merda, Mina, ho capito, ti porto ste cazzo di fragole! Le sto comprando adesso!” Aveva detto al telefono, sbattendosi la porta alle spalle. “E non rompere i coglioni che per dieci minuti non sono in ritardo!”

Izuku aveva sentito il proprio cuore battergli a mille nel petto, mentre Bakugou gli si avvicinava, chiudendo la conversazione telefonica con un “torta di merda” masticato a denti stretti e una espressione irritata sul volto. 

“Ce le avete delle fragole?” Aveva chiesto sbrigativo, e Midoriya si era affrettato a portargliene un cestino. 

Non era stagione per le fragole e i prezzi già alti di per sé per ogni tipo di frutta, erano stati aumentati dalla bassa produzione di quell’anno. 

“Merda, mi mancano cinquanta yen!” Si era ritrovato in difficoltà Bakugou, “Tienimele che vado a fare bancomat!”

Izuku si era affrettato a scossare la testa, per pochi spicci non gli avrebbe fatto perdere ulteriore tempo. 

“Non c’è problema, Ka - Ground Zero.” 

Izuku aveva panicato internamente, perché non solo gli aveva detto di averlo riconosciuto nonostante fosse in borghese, ma era stato a tanto così dal chiamarlo Kacchan, come se fossero ancora amici e non perfetti estranei. 

“Guarda che non ho bisogno dello sconto eroe, eh!” 

“Non - non mi permetterei mai. È solo che ho pensato che fosse di fretta e -”

Bakugou aveva annuito, perché in effetti di fretta lo era. “Va bene, ma tornerò a pagare.”  

Izuku aveva annuito, ma aveva i suoi dubbi che avrebbe rivisto l’eroe, se non sui giornali. Al massimo Kacchan avrebbe mandato una segretaria dell’agenzia a saldare. 

Poco importava, si disse. E se da un lato c’era la delusione - aveva fatto male non essere riconosciuto affatto -, dall’altro non poteva non ammettere con sé stesso di aver provato sollievo al non averlo dovuto affrontare. 

 

* * * 

 

Kacchan era tornato, con cinquanta yen. 

Izuku non credeva ai propri occhi. 

“Non - non era necessario.” 

“Sei sordo o cosa? Ho detto che sarei tornato a pagare.” 

“Sì, ma…” 

“‘Ma’ un cazzo! Prendi sti cinquanta yen. E vorrei anche una mela.” 

 

* * * 

 

Izuku sapeva che Kacchan adesso aveva amici. Lui, Red Riot, Chargebolt, Cellophane e Pinky avevano fondato un’agenzia insieme, quindi doveva averne per forza. 

Quello che non credeva possibile era che Kacchan fosse invitato tanto spesso a casa loro e che dovesse portare omaggi ortofrutticoli tutte le volte. 

Perché la cosa stava cominciando a diventare ridicola: non lo vedeva da dieci anni e poi improvvisamente se lo ritrovava in negozio due volte a settimana? 

L’universo doveva odiarlo davvero. 

Per Izuku, che non aveva mai smesso di seguire la sua carriera da lontano, Bakugou Katsuki era sempre rimasto Kacchan e non ci sarebbe voluto molto prima che il soprannome gli sfuggisse dalle labbra e Bakugou lo incenerisse per essersi permesso tanta libertà - o, peggio, lo riconoscesse come il suo vecchio e inutile compagno di classe senza quirk. 

Argh, no, avrebbe dovuto solo stare attento. Ce la poteva fare. 

E poi un giorno, l’universo si era preso del tutto gioco di lui: La porta dell’ortofrutta si era aperta, ma, invece di Bakugou, era entrato Red Riot. 

 

* * * 

 

Izuku lo aveva riconosciuto, perché Izuku era uno stalker in generale, ma quando si parlava di Bakugou Katsuki, poteva raggiungere livelli mai visti prima. 
Perciò sì, Izuku sapeva chi fosse Red Riot, al secolo Kirishima Eijiro, quirk: Indurimento, attualmente in una relazione con Pinky, Mina Ashido, quirk: Acido. 

Quello che Izuku non sapeva era cosa diamine ci facesse Red Riot in quell’ortofrutta durante il suo turno di lavoro. 

“Posso - uhm - posso aiutarla?” 

“Così sei tu, eh?” aveva inquisito l’eroe in borghese, ignorando completamente la sua domanda e squadrandolo dalla testa ai piedi

“Io?” 

“Uhm uhm,” aveva annuito quello, continuando a squadrarlo come se stesse cercando di ricomporre un puzzle nella sua testa.

“Ehm… ok? Posso fare qualcosa per lei? Le serve della frutta o della verdura?” 

Red Riot aveva scosso la testa. “No, sto aspettando una persona.” 

Izuku aveva un pessimo presentimento a riguardo e con pessimo presentimento intendeva…

“Cazzo ci fai tu qui, Capelli di Merda?”  

Il viso di Kirishima si era illuminato. “Sono venuto a risolvere una situazione!” 

Izuku poteva sentire i palmi di Kacchan sfrigolare fin da dietro il bancone. 

“Va’ via.” 

“Assolutamente no. La cosa sta diventando ridicola, Bakubro, ed è ora che tu ti comporti da uomo! Coraggio! Sii virile! Chiedigli di uscire invece di continuare a buttare lo stipendio in frutta!” 

Izuku si era dovuto coprire la bocca con entrambe le mani per non lasciare uscire il suono strangolato che gli era salito in gola. 

Bakugou aveva una vena pulsante sulla fronte che minacciava di scoppiare.

“Kirishima…” il suo tono grondava odio, ma l’eroe alzò gli occhi al cielo nemmeno la sua minaccia fosse una mosca fastidiosa.

“Oh, no, no, no, non ci provare nemmeno. Se vuoi esco e vi lascio un po’ di privacy, ma giuro su quello che vuoi che se quando esci non hai un appuntamento - o per lo meno un rifiuto, se il ragazzo qui non è interessato - allora ti faccio mettere in ferie forzate da Ashido. Risolvi questa cosa.” 

“Va’ fuori.” 

Kirishima aveva sorriso, mettendo in mostra una chiostra di denti aguzzi che in qualche modo riuscivano a non sembrare affatto minacciosi, e con un leggero inchino di saluto a Midoriya se ne era uscito. 

“Uhm… non è… non è davvero necessario…” aveva tentato Midoriya, rosso come uno dei peperoni che avrebbe dovuto vendere. 

“Sta zitto!” Gli aveva ordinato quello poco convinto, “quell’idiota ha ragione! Cazzo!” 

Katsuki si era passato una mano sul viso. 

“Senti, Deku, io…” 

A Izuku per poco non era caduta la mascella. “Mi avevi riconosciuto…”  

Katsuki, preso alla sprovvista, sgranò gli occhi. “Anche tu?” 

“Kacchan…” Davvero? Sembravano chiedere i suoi occhi? Davvero pensi che non sappia tutto di te esattamente come sapevo tutto di All Might?

Katsuki aveva ridacchiato. “Avrei dovuto aspettarmelo, da un nerd di merda come te.” 

“Avresti dovuto, ma… perché non mi hai detto niente?” 

“Mi hai preso alla sprovvista. Ero incazzato con Mina e poi ti ho visto e non sapevo cosa fare…” Katsuki sembrava più arrabbiato con sé stesso che con lui. Era un passo in avanti, no? 

“Quindi, c’è qualcosa che devi chiedermi?” 

“In realtà, più che di uscire, penso che dovrei chiederti scusa per come ti ho trattato.” 

“Sì. Sì, potrebbe essere un inizio.” 

“Un inizio?” 

“Un inizio.” 

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Capitolo 12
*** A.A.A. appartamento cercasi (preferibilmente insonorizzato) ***


Challenge: COW-T #10, week 5, m3

Prompt: Paola Agenzia Immobiliare 

Wordcount: 408

 

Non si era aspettata questo quando le avevano chiesto discrezione.
Lei voleva solamente vendere case. Era il suo lavoro e le veniva benissimo, grazie tante.
Solitamente ‘discrezione’ significava clienti importanti e quindi attori o cantanti o Pro-heroes. 
Quando si era ritrovata davanti un’intera squadra di Eroi però aveva dovuto fare un passo indietro. 
“Penso abbiate sbagliato contatto. Io vendo a privati. Se state cercando un ufficio per la vostra agenzia -”
“No, niente di tutto questo!” l’aveva interrotta Red Riot, “Abbiamo la persona giusta! Stiamo cercando una casa per privati!”   
Lei aveva cercato di non iperventilare davanti al suo eroe preferito e di mantenere la giusta professionalità. 
“Molto bene, ehm… per quanti dovrebbe essere esattamente la casa?”
“Per due!” Aveva risposto Uravity. 
“Sì, e… ecco, è proprio necessario che siate in così tanti a decidere? Cioè, è una decisione di gruppo?” 
“Sì,” aveva detto IngenIIum sistemandosi gli occhiali. “Riteniamo sia la soluzione migliore.” 
“D’accordo. Volete dirmi un po’ come la desiderate questa casa?” 
“Beh, sicuramente con una cucina abbastanza grande,” aveva detto Chargebolt, “cucinano spesso, no?” 
Varie espressioni di disgusto si erano levate dagli eroi presenti.
“Sì, e non solo quello” aveva sospirato con espressione dolente Creati. “Una cucina grande riteniamo sia d’obbligo.” 
“Un bagno e una camera da letto basteranno, kero,” aveva cercato di essere utile Froppy. 
“E una cantina o una soffitta adattabile a palestra” aveva aggiunto Cellophane.  
“Ah, e la casa deve essere isolata! È fondamentale.” 
“E perché sarebbe fondamentale, Ashido?” 
“Per i vicini, Eiji. Per i vicini.” 
“O potrebbe avere le pareti insonorizzate,” aveva rincarato Earphone Jack. 
“Già, effettivamente anche le pareti insonorizzate non sarebbe male!” 
“D’accordo,” aveva cercato di placarli l’agente immobiliare, “d’accordo, ma per chi di voi, è la casa?” 
“Oh, no, loro non sono qui,” aveva sorriso Uravity e all’agente immobiliare era sceso un brivido lungo la schiena.  
“Loro sarebbero?”
“Ground Zero e Deku.” 
“E… non sono qui?” 
“No, stiamo facendo loro una sorpresa.”
“Oh che cosa carina!” 
“Mica tanto!” IcyHot si era massaggiato le tempie,  “Giuro che se devo sentirli anche solo un’altra volta…” 
“… o incappare nel loro uso creativo della cucina…”
“… o della sala attrezzi…”
“… o del bagno…”
“Già, ecco, noi li avremmo pure tenuti al quartier generale dove viviamo tutti adesso, ma, per la nostra sanità mentale, forse non è il caso,” aveva concluso Red Riot e l’agente immobiliare aveva avuto il sospetto che più che di lei avessero tutti bisogno di un buon psicoterapeuta.  

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Capitolo 13
*** The French Mistake ***


Challenge: COW-T #10, week 5, m1 (colpo di scena) 

Prompt: Night club La valle di Eva
(ma siccome la storia è stata usata per M1 invece che M3, è diventato Night club Il segreto di Lilith) 

Wordcount: 1581

Note: le conoscete tutti le stripper!Au che girano su ao3 con quirkless!Midoriya che si ritrova a fare il camboy di turno e proHero!Bakugou che ci casca come una pera cotta? Beh, qui va al contrario (tranne il prohero, questa è una quirkless!Au). E why not? 



 

Mineta lo aveva costretto ad andare e Izuku lo aveva assecondato perché fondamentalmente Izuku era una patata demente che non era in grado di dire di no a nessuno. 

Il fatto che si fosse pentito di aver accettato poco meno di mezzo secondo dopo - ad essere onesti, si stava già pentendo sul ‘-ne’ del ‘va bene’ che gli era uscito di bocca davanti agli occhi imploranti di Minorou - era un dettaglio secondario, perché ormai Izuku si era fregato con le sue stesse mani. 

Non gliene sarebbe dovuto importare poi molto di deludere le aspettative del collega di lavoro con il quale era sì e no andato a bere qualcosa tre volte in cinque anni e sempre in mezzo ad un folto gruppo di persone. 

Ma Izuku era una patata demente, come lo aveva soprannominato amabilmente Jirou, facendo ridere l’intero piano della redazione e donando a Midoriya una accesa tonalità di rosso, quindi Izuku sarebbe andato. 

 

 

Night Club Il segreto di Lilith

 

L’insegna al neon rosa shocking gli intima di fare dietrofront, ora! Ma Izuku è un uomo di parola e, se deve, si sottoporrà all’imbarazzante ordalia di vedere donne seminude che gli sbattono in faccia cose a cui lui non è minimamente interessato. 

Il locale è buio, con luci fosforescenti, è vengono accompagnati al tavolo da una procace signorina fin troppo vestita per i gusti di Mineta, ma alla quale Midoriya vorrebbe tanto mettere una maglietta addosso. 

Mineta lo trascina in prima fila e Izuku non può fare altro che sospirare, guardando sconsolato il suo drink e lasciandolo parlare, senza ascoltarlo veramente. 

Quando il palco si illumina e una figura in tacchi a spillo, calze a rete e boa di piume che nasconde tutto il resto se non una zazzera di capelli biondi vi sale sopra, Mineta quasi saltella sulla poltroncina e Izuku cerca almeno di godersi la musica. 

La ballerina ancheggia, e Mineta geme, ma questa volta di disperazione, perché una volta cadute le piume si rivelano due pettorali molto muscolosi, seguiti da una tartaruga di addominali molto ben allenati per scendere e teminare in bellezza con un evidente pacco. 

La stripper… è un uomo. 

E la situazione per Izuku diventa improvvisamente più interessante e imbarazzante. 

Non è che sia nell’armadio, ma nemmeno era andato a sbandierare troppo in giro che cosa preferisse - come dimostrava l’inopportuno invito di Mineta. 

“Potrei vomitare,” dice quello, alzandosi. 

“Perché, mercificare il corpo di una donna va bene, ma se lo fa un uomo è uno schifo?” Midoriya incrocia le braccia al petto. 

“Ma che - non vorrai restare davvero? Che sei, gay?” 
 “In realtà sì, Mineta,” Izuku sbuffa, “Sono gay, hai qualche problema?”

Ma prima che il collega possa rispondere in qualsiasi modo, dal palco arriva un ringhio di rabbia. “Ehi, tu! In prima fila! Non mi piace che non mi si presti attenzione!” 

Tra i fischi generali, quasi senza sapere come, Izuku si ritrova seduto in braccio lo stripper. 

Ed è allora, guardandolo in faccia a così pochi centimetri di distanza, che lo riconosce, nonostante il trucco e i brillantini che ha spalmati su tutto il corpo. 

“Kacchan!” Izuku quasi scatta in piedi, cercando di scrollarselo di dosso per la sorpresa, perché quello era il suo migliore amico all’asilo e adesso gli sta muovendo un po’ troppe cose dentro. Ma Kacchan ha i piedi ben piantati a terra e l’unico risultato che ottiene è far cozzare insieme i loro bacini. 

“Ehi, amico, devi stare fermo,” gli intima quello, poggiandogli una mano sul petto e, ommiodio, le sue mani sono sempre state calde e ora quel calore lo sente attraverso la stoffa della camicia. “Non si tocca, politica aziendale.” 

Ma le ultime parole si perdono un po’ nel panico di Midoriya, perché quello è Kacchan, la sua crush delle medie, e adesso gli si sta spalmando addosso e i suoi pantaloni stanno diventando stretti e Katsuki non può non sentirlo e c’è Mineta a mezzo metro da loro che li sta guardando e Midoriya ora vorrebbe solamente morire, grazie. 

“Kacchan…” Izuku cerca di fargli capire che si deve spostare, ma per tutta risposta quello continua a muoversi, strusciandosi contro al suo inguine. 

“Sì, è il mio nome, tesoro, vedi che ora non sei più distratto,” la sua voce è profonda e rabbiosa e il cervello di Izuku va in corto circuito, perché ha voce di Katsuki nelle sue orecchie e quello che ha appena detto non può voler dire…? Oppure sì? Davvero Bakugou ha scelto Kacchan - il soprannome di Izuku - come nome da stripper?
Dannazione, non dovrebbe trovare la cosa così eccitante. 

“Uhm, Ka - Katsuki… Bakugou… per favore…” Midoriya lo prega e può quasi vedere il cervello di Bakugou affannarsi a cercare di dare un nome alla persona che lo ha riconosciuto lì dentro, la diffidenza e il sospetto che lasciano posto al riconoscimento. 

“Deku…” è un sospiro - troppo vicino, Izuku sente l’alito caldo contro le sue labbra e la sua bocca e un brivido gli percorre la schiena, mentre la sua eccitazione cresce ancora di più e Kacchan sicuramente adesso non può non averlo sentito. 

Per favore,” Izuku questa volta implora e Katsuki si piega verso di lui e gli sussurra all’orecchio. 

“Finisco tra due ore, ci vediamo fuori.” 

Izuku non sa se sia una minaccia o una promessa. 

 

* * * 

 

Salta fuori che “Il segreto di Lilith” è un locale drag e che comunque le donne che ci lavorano hanno tutte affrontato una transizione per diventarlo. 

“Discriminazione del cazzo, non le assumevano da nessun’altra parte,” sputa Katsuki, stringendosi nel cappotto contro il fresco della sera. 

Midoriya gli cammina affianco, cercando di mantenere il passo.

“E tu invece… come sei finito a lavorare qui?” 

Bakugou si ferma di botto, “Ma che cazzo di problema hai, Deku?”
Midoriya vorrebbe chiedere ‘quale dei tanti?’ ma si trattiene. 

Sotto la luce dei lampioni, i lineamenti di Bakugou sono evidenti e Izuku si stupisce di come non sia cambiato affatto. 

Tende la mano per sfiorargli una guancia e Katsuki lo guarda un po’ come se gli fosse cresciuta un’altra testa e un po’ come se quell’altra testa lo volesse mangiare. 

Izuku termina il suo gesto comunque e Katsuki, invece che spingerlo via furioso, chiude gli occhi e lo lascia fare. 

“Avevi del glitter,” tossicchia Izuku, cercando una stupida giustificazione, come se Katsuki non si fosse struccato alla bell’e meglio e la sua faccia non fosse ancora coperta di trucco per metà. 

“Capita. Di solito mi strucco meglio a casa.” 

Izuku traccia i suoi zigomi, gli sfiora le labbra socchiuse con il pollice, percorre il profilo della mascella e sente Bakugou stingere i denti, percepisce i muscoli contrarsi sotto le sue dita.

“Io - scusa,” Izuku ritira la mano e quando Bakugou riapre gli occhi questi sono due pozzi neri, con due strettissimi cercini cremisi intorno alle pupille. 

“No,” Katsuki gli trattiene il polso e distoglie lo sguardo, leccandosi le labbra. “No, va bene.”

Rimangono in silenzio, nella strada deserta, alla luce giallastra di un lampione e Bakugou continua a tenergli il polso. 

“Kacchan… Katsuki -?”

“Nerd del cazzo,” Katsuki sputa, quasi contrariato, e il cuore di Izuku perde un battito. “Sempre a darmi problemi. Merda!” 

Katsuki gli lascia il polso e si passa una mano sulla faccia, cercando di fare ordine tra i suoi pensieri. 

“Devi sempre complicare le cose, cazzo? Sei anni che non ti vedo, che cerco di convincermi che è meglio così e poi ricompari nella mia vita con un’erezione nei pantaloni. Merda.” 

È così improvviso - Izuku è così distratto a cercare di non farsi sbrindellare in tanti piccoli frammenti dalle sue parole - che non si rende conto che Bakugou si è mosso finché non sente la sua schiena cozzare con il muro della casa alle sue spalle. 

“Cos -?”
“Dimmi che mi vuoi.” 

“Eh?” 
“Dimmi che mi vuoi, nerd del cazzo!” Katsuki ringhia contro il suo orecchio, tendendolo premuto contro il muro con tutto il suo corpo. 

“Sempre,” Izuku mormora, la bocca secca, il cuore che gli batte così forte in petto che pensa che gli esploderà. 

“Sempre?” Katsuki indietreggia leggermente, abbastanza per guardarlo in faccia, come se non si fosse aspettato quella risposta, come se non fosse evidente che Izuku gli moriva dietro da una vita. 

“Kacchan… ti prego…” Izuku gli afferra la nuca stringendogli spasmodicamente i capelli, disperatamente e tirandolo verso di sé. A Bakugou non interessa se fa male. Ci sono altre cose che hanno fatto più male in tutta quella situazione. “Ti prego, lo sai.” 

“No, non lo so,” sussurra, perché prima di finirgli a cavalcioni e sentirlo diventare duro, Bakugou non aveva mai sospettato che… 

Izuku interrompe il filo dei suoi pensieri, premendo insieme le loro bocche e Katsuki risponde con altrettanta disperazione fino a che non ci sono solamente ansiti, saliva e il senso di costrizione del non poter avere di più. 

Una porta si apre più avanti lungo la via e Katsuki è abbastanza presenza a sé stesso da rendersi conto che sono in mezzo ad una strada. 

Si allontana e, dannazione, Izuku ha la faccia di uno a cui abbiano appena cancellato il natale. 

“De - Deku,” inizia Katsuki e deve schiarirsi la gola perché la voce non gli esce abbastanza salda al primo tentativo, “ho del whiskey a casa.” 

“Preferirei qualcosa di analcolico,” replica quello, che non ha intenzione di sacrificare nemmeno un istante di memoria all’alcool. 

“Posso fare del té.” 

Che poi l’acqua rimarrà nel bollitore fino ad evaporare completamente non sarà necessario dirlo a nessuno. 

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Capitolo 14
*** You were (supposedly) the smart one ***


Challenge: COW-T #10, week 5, m3

Prompt: ZeroZeroQu Investigazioni 

Wordcount: 563

Note: Dove 00 è il QI di Midoriya in questa fic. 



 

Avere una cotta per il tuo collega di lavoro è un conto. 

Perfettamente normale, gli direbbe Uraraka con un sorriso. 
Avere una cotta per il tuo socio in affari, nonché (quasi sempre) amico d’infanzia, nonché attuale coinquilino… 

Beh, sì, questo è decisamente più problematico. 

E questo glielo aveva detto Todoroki, l’impassibile Shoto Todoroki, quello senza alcuno straccio di presenza sociale che tendeva a vedere la vita come una linea retta senza doppi sensi. 

Izuku è nella merda più totale.  

Il problema, quando il tuo lavoro è fare l’investigatore privato e passare dieci ore a bere caffè tiepido, stretto in una utilitaria spalla a spalla con il ragazzo di cui sei innamorato, - sì dai, smettiamo di mentire a noi stessi, non era una cotta nemmeno a quattordici anni,- nel vago tentativo di riuscire a scattare una foto all’ennesimo marito fedifrago, è che difficilmente puoi prendere le distanze da suddetto ragazzo. 

Soprattutto se dopo le dieci ore di appostamento poi dovete tornare a casa insieme bisticciando su chi deve lavare i piatti (Izuku) e chi invece preparare la cena (Katsuki). 

Non che Midoriya non ci stia provando ad evitarlo. Ma riuscirci è tutto un altro paio di maniche. 

Soprattutto quando l’appartamento è così piccolo da avere una sola stanza da letto con un matrimoniale. 

Ma Izuku si sa ingegnare, almeno finché l’agenzia non farà loro guadagnare abbastanza da poter cambiare appartamento (forse non saranno poi nemmeno più costretti ad abitare insieme, ma questa alternativa Izuku non vuole pensare). 

Comunque, Midoriya è sicuro che gli basteranno un paio di notti sul divano per farsela passare, o almeno così spera. Dopo che quella mattina, mezzo addormentato, ha quasi rischiato di baciare Katsuki, non vuole correre il rischio. 

 

* * * 

 

“Oi, Deku, che cazzo di problema hai?” 

Midoriya arrossisce, lascia cadere le lenzuola sul divano e mente spudoratamente, “Nessuno!” 

Katsuki invade il suo spazio vitale, marciandogli praticamente addosso e Izuku balbetta qualcosa di incomprensibile - o per lo meno spera che sia incomprensibile, perché altrimenti ha appena rivelato al suo amico - socio - collega - coinquilino - persona con cui condivide la vita e il lavoro e gli amici… beh, altrimenti ha appena rivelato al suo tutto di essere parecchio innamorato di lui. 

E la cosa può finire solo in tragedia. 

O almeno così pensa Izuku. 

“Oh!” La bocca di Bakugou si piega in un sorriso divertito,  “qualcuno ha ricevuto il fottuto memo allora! E ti ci sono voluti” Katsuki controlla un’orologio invisibile al polso, “solo dieci anni per capirlo? Fenomenale” 

“Cos -? Cosa?! Lo sapevi!”

Katsuki annuisce, alzando gli occhi al cielo come se non potesse credere a tanta stupidità. 

“Perché non mi hai detto niente? Perché non mi hai fatto capire -?” 

“Fatto capire? Cazzo, Deku, e dicevano che tu eri quello intelligente della classe.,” Katsuki scuote la testa, cominciando a diventare irritato.  “Ti ho chiesto di uscire migliaia di volte, ho cucinato per te,  abbiamo aperto un’agenzia insieme, ti ho chiesto di andare a vivere insieme, diamine, dormiamo nello stesso letto! Sono dieci anni che mi assecondi, ma non appena comincio ad accennare a portare la cosa su un altro livello, fai quaranta passi indietro. Stamattina stavi per baciarmi e ora vuoi dormire sul divano?” 

“Te - te ne sei accorto?” 

“Certo che me ne sono accorto, non sono mica un idiota!”

“E quindi… pensi che potrei baciarti?”

“Sei un coglione, Deku.”  












(Note finali: Ora, la quinta settimana del COW-T è finita e tecnicamente non avrei più bisogno di usare questi prompt, ma... mi sono divertita troppo! 
Quindi probabilmente ci salterà fuori qualcos'altro. 
Stay tuned. DNF) 

 

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Capitolo 15
*** Odi et amo ***


COW-T #10 - week 6, missione 5
Prompt: Odi et amo
Prompt di scorta: W1) Femslash 

Note: genderswap

 

 

 

 

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. 

Nescio, sed fieri sentio et excrucio. 

 

Bakugou Katsumi ha un problema. Beh, oddio, in realtà di problemi ne ha parecchi, ma la sua migliore amica fin dall’asilo è il principale. 

Saranno gli ormoni che le circolano in corpo e che la rendono più esplosiva della glicerina che si accumula sulle sue mani, sarà che Izumi, quella Deku di merda, sembra essere sbocciata durante l’estate. È sicuramente più alta di almeno dieci centimetri e modellata come una dannata statua greca di Afrodite. 

E per di più è esattamente seduta nel banco dietro di lei, in una classe dentro la quale non sarebbe mai dovuta entrare.

“Kacchan…” 

“Taci!” Katsumi sibila, senza degnarla di uno sguardo e può quasi sentire i suoi occhi affondargli nella nuca. 

E solo certe volte le cose che le si agitano nel petto sono… troppe e lei non riesce a farsene una ragione. Perché diamine deve starle sempre addosso, quella deficiente? Perché non può lasciarle vivere la sua vita, per una volta? 

Perché deve essere sempre Kacchan questo e Kacchan quello e KacchanKacchanKacchan

Katsumi vorrebbe afferrarla per il bavero della giacca e sbatterla contro il muro, chiederle che cazzo vuole dal lei e chiuderle quella dannata bocca una volta per tutte. 

“Perché sei qui?” Le chiederebbe, “Come hai fatto? Da quando hai un quirk, eh?” 

Non ha idea di cosa Izumi le potrebbe rispondere, ma già la vede, tremante e rossa di imbarazzo, mentre balbetta qualcosa o mette in moto uno dei suoi soliti monologhi interiori che le sfuggono sempre a fior di labbra e che fanno imbestialire Katsumi e le fanno venire voglia di morderle le labbra e riccacciarle le parole in gola con la lingua. 

Merda. 

“Kacchan…”

“Che cazzo vuoi, Deku?” 

“Possiamo parlare dopo?” 

Katsumi stringe i denti e lascia uscire uno sbuffo seccato. “D’accordo. Hai parecchie cose da spiegare.” 

E poi forse le cose andranno come le ha immaginate. 

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Capitolo 16
*** Call it magic ***


COW-T #10, w7, m4 (Magic - Coldplay)

Hogwarts!AU  

 

 

Call it magic, call it true

I call it magic when I'm with you
 

 

Evitare il custode e i fantasmi era sempre la parte più dura, soprattuto perché tra i sotterranei di Serpeverde e la torre di Grifondoro c’era l’intero castello e quell’inutile Deku di Midoriya insisteva sempre perché si incontrassero a mezza strada. 

“Perché il bagno dei Prefetti è troppo scontato e sarà sicuramente controllato dagli insegnanti, almeno una volta per notte” aveva detto con il suo solito mugugno cantilenante che a Bakugou dava proprio sui nervi. Come se lui non sapesse che in realtà voleva solo che anche Katsuki facesse uno sforzo. 

“Dove cazzo ti pare, Deku, ma se fai perdere punti a Serpeverde ti uccido!” 

“Guarda che se ci beccano li tolgono pure a Grifondoro, eh,” aveva replicato l’altro. E oh, quanto odiava Bakugou che quello gli rispondesse a tono. “E poi l’alternativa è pur sempre non incontrarsi affatto” aveva sogghignato e poco c’era voluto perché Bakugou lo sbattesse contro il muro e se lo scopasse proprio lì, in mezzo al corridoio. 

Oh, sì, quanto odiava quando si permetteva di rispondergli a tono…  ma forse odiare non era il termine adatto - Katsuki non era mai stato bravo con le emozioni - era piuttosto un formicolio che gli percorreva l’intero corpo, quasi che la sua pelle gli si dovesse staccare di dosso, una sensazione calda che gli invadeva il petto e l’addome e i lombi e lo costringeva a mettergli le mani addosso - artigliargli il colletto, portando i loro visi così vicini da poter sentire il suo respiro sulla pelle, sentirlo alla sua mercé - per non esplodere. 

Se solo Bakugou non fosse stato un idiota si sarebbe reso conto molto prima che quello che voleva davvero fare non era picchiarlo né maledirlo, come continuava a minacciarlo. Ci era voluto tutto il coraggio che Izuku possedeva per tirarlo per i capelli un giorno che si erano ritrovati nell’ennesima discussione e chiudere la distanza tra le loro labbra. 

Come? Si era chiesto Katsuki più volte e a volte se lo chiedeva ancora. Come cazzo era finito impelagato con quell’imbecille? 

Ma il cuore ha ragioni che la ragione non conosce, o così gli aveva detto quella pazza di Mina, facendogli l’occhiolino, nonostante non dovesse saperlo nessuno che lui si stava andando ad incontrare con quel Deku di Midoriya, quel Grifondoro deficiente e senza alcun istinto di sopravvivenza. 

Come cazzo era finito impelagato con quell’imbecille? Si era chiesto più volte. Ma mai si era chiesto come uscirne.

E forse il punto era proprio quello. 

 

 

I don't, no, I don't, no, I don't, no, I don't

Want anybody else but you

 

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Capitolo 17
*** L'essenziale è invisibile agli occhi - Shinzawa edition ***


Readers, mi scuserete, ma questa non ha i BakuDeku come protagonisti. 

Scritta per la challenge B.I.Bi.T.A. di Lande Di Fandom, modalità “open bar” - su richiesta della stupenda XShade-Shinra (con tante scuse per il ritardo!)
Prompt - storia spinoff dove Aizawa e/o Shinsou si recano  al sexy shop (#8).


 

La sfiga ci vede benissimo

 

Hagakure avrebbe cambiato lavoro. Non quello da Hero, no, quello le piaceva e, soprattutto, era meno pericoloso. 

Mashirao la vide entrare in casa dal cappotto che si muoveva nell’atrio, dal cappello che fluttuava verso l’attaccapanni. 

“Tutto bene, tesoro?” Le chiese, affacciato dalla porta della cucina, la spatola in mano mentre preparava il riso per la cena, ma Hagakure non rispose.

“È successo qualcosa?” 

Hagakure scosse la testa, non che Mashirao potesse vederla, e si fece strada in cucina, dove si versò un bicchiere d’acqua prima di rivolgersi al fidanzato. 

“Devo chiudere il sexy shop...” e già il fatto che non l’avesse chiamato sexy boutique mise in allarme Mashirao, “...Sparire dalla città, forse anche scappare dal Giappone.” 

Prima di farsi prendere dal panico - Toru sapeva essere veramente melodrammatica quando ci si metteva - Oijiro sospirò.

“Vuoi dirmi che è successo?” 

“Non indovinerai mai chi è entrato oggi al negozio.” 

“Bakugou e Midoriya di nuovo? Merda, Bakugou si è accorto che li stavi spiando! Ha fatto esplodere il negozio?” 

“Peggio,” Hagakure sentenziò, “molto peggio.” 

 

* * * 

 

Hagakure sente il campanello d’ingresso segnalare l’entrata di un cliente, mentre è china su una scatola di vibratori ancora da tirare fuori dall’imballo. 

‘Arrivo subito,’ dovrebbe gridare da sotto il bancone e rendere nota la propria presenza. Se avesse imparato qualcosa dalla debacle della scorsa volta con Midoriya e Bakugou, lo avrebbe fatto. Ma nella frazione di tempo che le ci vuole per registrare il suono e aprire la bocca di rimando, sente le voci dei nuovi arrivati.

“Quindi a che stavi pensando?”

“Non lo so, è per questo che ti ho portato.” 

Hagakure si solleva lentamente, attenta a non fare il minimo rumore e sì, davanti a lei, all’ingresso del suo sexy shop - dannazione, sexy boutique! - ci sono proprio Shinshou Hitoshi e Aizawa Shouta. 

É un occasione troppo ghiotta per sprecarla così, Hagakure si dice, apprestandosi a rimanere ferma immobile e invisibile pur di scoprire la verità. 

Perché se la relazione tra Bakugou e Midoriya era stata un fulmine a ciel sereno (anche se i segni della tempesta, a saperli interpretare, c’erano tutti), quella tra Shinsou Hitoshi e il loro vecchio professore all’UA era invece un segreto sulla bocca di tutti - un pettegolezzo a cui si poteva credere o meno, mai confermato da una foto ambigua, da un commento fuori luogo, da una situazione particolare. 

Entrambi erano troppo riservati per sbandierare al vento qualsiasi informazione personale; e comunque, essendo eroi prevalentemente dell’Underground, non è che avessero proprio tutte queste occasioni per finire sui giornali di gossip. 

Ma le voci girano, e che Shinsou avesse una cotta per Aizawa era stato chiaro a tutti fin dal primo giorno in cui il ragazzo si era unito alla classe. Il fatto che poi, una volta diplomato, non avesse smesso di stare appresso al professore, tanto che avevano cominciato a lavorare insieme, non deponeva certo a suo favore. Eppure nessuno era mai riuscito a dire per certo se il loro fosse soltanto un rapporto mentore-studente particolarmente profondo, oppure ci fosse dell’altro. 

Certo è - adesso - che il loro è il genere di rapporto che consente che entrino insieme in un sexy shop. Hagakure non può lasciarsi sfuggire l’occasione di indagare. 

“Non sembra ci sia nessuno,” fa notare Shinsou, il naso affondato nel collo della felpa, le mani in tasca e l’espressione sul viso di qualcuno a cui non potrebbe importare di meno di essere lì. 

“È un posto famoso per la discrezione,” Aizawa non sembra troppo convinto. 

“Uhm uhm,” Shinsou annuisce, guardandosi intorno. “Lo sai che non c’è davvero bisogno di tutto questo, vero?” 

“Sì, eppure mi farebbe sentire meglio, perciò se vedi qualcosa che ti piace...”

“Ok, d’accordo, ‘è per questo che mi hai portato’,” Shinsou gli fa il verso, alzando gli occhi al cielo, prima di mettersi a vagare per il negozio. 

Hagakure freme sul posto. L’intera conversazione ovviamente è un po’ troppo esplicita per dei semplici amici, eppure... potrebbero pure essere molto molto molto in confidenza. Non sarebbe la prima volta che qualcuno porta degli amici al suo negozio. Certo di solito sono tutte compagnie di ragazze che stanno festeggiando un addio al nubilato, anche se sono arrivati anche alcuni corrispettivi maschili, mai due amici soli, ma... non si può mai dire. 

Shinsou passa davanti alla vetrina dei dildi esposti, alla rastrelliera delle manette e si ferma davanti alle imbracature di sospensione. 

“Che ne pensi di questo?” Shinsou indica una serie di cinghi chiuse attorno al torace e alle cosce di un manichino con anelli metallici da cui pendono una coppia di manette. 

“Ma abbiamo già le bende -”

“Sì, ma potremmo evitare di passare la vita a fare lavatrici per averle sempre pulite.” 

Hagakure si preme le mani sulla bocca, l’una sopra l’altra a mitigare qualsiasi suono le possa uscire dalla gola. Non può aver frainteso una cosa di questo genere, no? 

“D’accordo, va bene, ma non è questo il punto,” Aizawa scuote la testa e si dirige verso lo scaffale successivo, saltando completamente i bavagli e le ball gag. 

“Una cosa come quella?” Shinsou chiede incredulo quando vede l’altro davanti ai frustini e alle palette. “Non è esattamente il mio stile. E nemmeno il tuo.” 

Aizawa ha un lieve colorito rossastro che gli imporpora le guance, “È questo il punto, fare qualcosa di diverso, che non sia nel nostro stile.” 

Shinsou alza gli occhi al cielo. “Comunque, no. Niente dolore fisico.” 

Aizawa sembra sollevato. “D’accordo,” dice, proseguendo. 

Nostro stile? Negoziazione dei kink? Oh, Hagakure ha appena vinto l’intero betting pool di almeno tre agenzie riguardo la loro relazione.

“Ehi, quello poteva andare bene,” Shinshou lo ferma. 

“Cosa?” 

Shinsou gli si avvicina e tira giù dello scaffale un butt plug. “Questo. Oh, guarda, vibra!” 

“Ma-”

“Volevi qualcosa di nuovo, no?” Shinsou gli lancia un sorriso a trentadue denti, “Questo è nuovo: vibra!”

“D’accordo, va bene, l’imbracatura e pure quello” Aizawa concede, “Ma non è tutto un po’ troppo... uguale al solito?”

Shinsou lascia che le parole di Aizawa si facciano strada nel suo cervello e poi scoppia a ridere. 

“Oh, Shouta,” il ragazzo sorride, con affetto, “Hai parlato di nuovo con Midnight, vero?” 

Aizawa si avvale della facoltà di non rispondere, incrociando le braccia al petto. “Sai che Nemuri ha ragione.” 

“Shouta, no. Davvero. Mi piace stare con te, mi piace quello che facciamo a letto. Non ho bisogno di... ‘metterci un po’ di pepe’, ‘ravvivare la fiamma’ o qualsiasi altra cosa ti venga in mente. Non mi serve.” 

“Dici così adesso-”

“Dicevo così cinque anni fa e dirò così tra cinquant’anni.” 

“Tra cinquant’anni non ci sarò nemmeno più.”  

“Shouta, ne compi quaranta, da come parli sembra quasi che tu abbia un piede nella fossa,” Shinsou ride ancora, posandogli le mani sulle spalle e poi avvolgendolo in un abbraccio, “Non sei vecchio, non sei noioso e non hai bisogno di fare cose strane a letto per tenermi con te.” 

Hagakure, nel suo angolo, si sta sciogliendo silenziosamente. Ma quanto sono adorabili! 

Aizawa sorride e inclina la testa verso di lui per far toccare le loro fronti. “Sono uno stupido, non è vero?” 

“Un po’,” Shinsou gli posa un bacio sulle labbra, “ma sei il mio stupido.” 

Hagakure potrebbe implodere sul posto in una miriade di coriandoli - l’emozione minaccia di farle uscire un gridolino di gioia dalle labbra e solo le mani premute sulla bocca riescono a camuffare il suono strozzato. 

Aizawa si irrigidisce, comunque, e lentamente si volta ad osservare la stanza, questa volta non con l’occhio del cliente, ma con quello del pro-hero. 

Shinsou aggrotta la fronte, guardandosi in torno, “Che c’è, hai sentito qualcosa?”

Aizawa fa un cenno di diniego, la postura ancora rigida e gli occhi in cerca di movimento che lampeggiano rossi per un istante. Hagakure non è mai stata così contenta che il suo quirk sia talmente fondante da non poter essere disattivato. Ma perché non ascolta mai Mashirao e non lascia che a lavorare in negozio venga Hikiko, che è per questo che la paga? 

“No, forse è stata solo un impressione.” 

“Va bene, vuoi continuare il giro? Di là ci sono i dvd; non vuoi vedere quali nuove parodie ci sono sui nostri colleghi?” Shinsou solleva le sopracciglia con fare canzonatorio e l’espressione di Aizawa si fa spiritata.

“Per favore, no.”

Shinsou trattiene una risata, mordendosi le labbra, “D’accordo, allora. Alla cassa?” chiede, e voltandosi sembra rendersi conto che il negozio sia completamente vuoto, nessuna commessa venuta ad aiutarli a scegliere dal retrobottega. “Ma non c’è nessuno? Non hanno paura che qualcuno li derubi?”

“Avranno un buon sistema d’allarme,” Aizawa risponde, gli occhi stretti che ancora si guardano in torno alla ricerca di qualcosa fuori posto, “Dai, andiamo. Torneremo un’altra volta.” 

Shinsou si stringe nelle spalle e si lascia guidare fino alla porta dalla mano posata sul suo fianco. 

“E sarà meglio che la prossima volta la cassiera ci sia, ben visibile. E discreta,” aggiunge il professore, prima di seguire fuori l’altro, accompagnato dallo scampanellio della porta. 

 

* * * 

 

“Mi ha visto,” Hagakure scossò il capo, “ti dico che mi ha visto.”

“Nessuno ti può vedere, tesoro,” Mashirao ridacchiò, cercando di consolarla. 

“Non importa. Lui sa.” 

“E allora?” Mashirao si alzò per mettere in tavola la cena, “Mica può darti un brutto voto.” 

“È lo stesso. Lascio il negozio in mano a Hikiko e prenoto un volo per la Norvegia. Ho sentito dire che è bellissima in questo periodo dell’anno.” 

 

 

 

 

 

 

(NdA. Il sexy shop - pardon, sexy boutique! - di Mina sta aperto per grazia ricevuta, considerando che in due fic non ha ancora venduto niente. Ops.) 

 

 

 

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Capitolo 18
*** Primula victoriana (II) ***


Scritta per la challenge B.I.Bi.T.A. di Lande Di Fandom, modalità “open bar” - su richiesta della stupenda XShade-Shinra (con tante scuse per il ritardo!)
Prompt - sequel dove Katsuki e Izuku vanno al matrimonio (e Mina ha pienamente ragione su chi prenderà il bouquet)



 

- Primula Victoriana (II) - 


 

Izuku si sistemò la cravatta. Era gialla, come l’intero tema del matrimonio, con ricami più scuri che richiamavano vagamente dei fiori, senza essere troppo appariscenti. Era davvero orrenda e stonava assolutamente con l’incarnato di Izuku. 

Come se servisse altro per aumentare la sua agitazione. 

Sei il fioraio. Alla brutta ti ricorderemo così nelle foto.

Oh, tu sì che sei rassicurante. 

Katsuki, invece, nel suo completo scuro, senza cravatta ma con una Primula Vittoriana all’occhiello,  era uno spettacolo per gli occhi. 

“Smettila di agitarti,” Kacchan gli aveva detto - no, ordinato - e poi si era avvicinato per sistemargli la cravatta perennemente storta. 

Izuku aveva deglutito e aveva cercato di dargli retta. Aveva già conosciuto gli amici di Katsuki, certo, Mina era persino venuta al negozio di fiori per discutere dei centrotavola prima che Kacchan gli chiedesse di uscire, ma una cosa era mangiare una ciotola di ramen con Kirishima e Sero, o essere invitati alla serata karaoke con Kaminari e Jirou. Un discorso completamente diverso era incontrarli ad un matrimonio, dove Sero e Kaminari erano gli sposi, il tutto era piuttosto formale e Izuku già si sentiva le mani sudate al solo pensiero. 

Che avrebbe detto alla nonna di Kaminari quando gli avesse chiesto chi era? Che era il fioraio? Chi invita il fioraio al proprio matrimonio? 

“Posso sentire le rotelle muoversi nel tuo cervello fin da qui, Deku. Non fregherà un cazzo a nessuno di chi tu sia, non dopo il terzo sakè.” 

Non doveva essere rassicurante, non lo sarebbe stato per chiunque altro, ma Izuku non aveva potuto fare a meno di ridere. 

 

*

 

Durante l’ingresso in chiesa nessuno si fermò per chiedergli chi fosse. Mina si sbracciò per indicargli che gli aveva tenuto un posto accanto a lei. 

Izuku la raggiunse e solo allora cominciò a rilassarsi, guardandosi intorno. Non per lodarsi da solo, ma avevano fatto davvero un ottimo lavoro con le decorazioni floreali. 

E, cosa più importante, le calle non stonavano affatto con la navata. 

 

*

 

La cerimonia fu veramente emozionante. Izuku non riusciva a smettere di tamponarsi gli occhi con il fazzoletto - dopotutto a lui erano sempre piaciute le storie d’amore e anche se li conosceva da poco più di due mesi, Kaminari e Sero erano una coppia così... carina. 

Poteva solo sperare un giorno di avere anche lui qualcosa di simile.

Gli occhi, ancora lucidi di lacrime, gli caddero su Katsuki. Era troppo presto per dirigere i suoi pensieri in quella direzione, si ripetè per l’ennesima volta. 

Poi Kacchan incontrò il suo sguardo, un luccichio negli occhi, e un sorriso un po’ troppo morbido sulle labbra. 

Troppo presto, Izuku dovette ripetersi di nuovo, mentre farfalle gli svolazzano nel petto. 

 

*

 

Dopo, Izuku si era ritrovato con troppo cibo nello stomaco e troppo alcool in circolo, con i piedi doloranti, perché aveva dovuto ballare con Mina e poi con Toru e chi lo sapeva che tramite Jirou, Kaminari conoscesse anche Momo, per cui Izuku aveva fatto da cavaliere a tutte e poi già che aveva ballato con la fidanzata, aveva offerto un giro anche a Todoroki e quello era stato il momento in cui Katsuki si era deciso a intervenire e rubargli la danza, perché a quanto pareva Kacchan era geloso... Izuku aveva ridacchiato contro la sua spalla, e Kacchan aveva ringhiato qualcosa che poteva o meno assomigliare ad una negazione ma nessuno dei due ci credeva abbastanza.

“E adesso, il momento che tutti stavate aspettando: il lanciò del bouquet!” annunciò al microfono Mina, che non aveva alcuna intenzione di parteciparvi. “Prego prendete posto al centro della pista. Anche tu, Bakugou, non credere di poterti defilare!”

“Non ho capito perché io debba essere costretto e tu no, Occhi da Panda!” Katsuki le strillò, mentre andava a prendere posto nella ressa. Era rosso fino alla punta delle orecchie, anche se cercava di non apparire imbarazzato. 

Izuku lo guardò, senza riuscire a trattenere il sorriso di gioia che gli si stava espandendo sulle labbra. E perché avrebbe dovuto dopotutto, non c’era niente di male nell’essere felice. 

Jirou diede una pacca sulle spalle a Katsuki quando lui le si piazzò accanto. Dall’altro lato Kirishima aveva preso posto di nascosto con un occhiolino. “Forse se prendo il bouquet si lascerà convincere.” 

Mina, che ci vedeva benissimo, si limitò a rivolgergli una linguaccia, e a sillabargli a microfono spento, ‘tanto ti direi di no,’ prima di mandargli un bacio con la mano. 

Sero e Kaminari si misero di spalle, pronti a lanciare insieme il bouquet di rose bianche e primule vittoriane che Izuku aveva tanto minuziosamente studiato. 

“Rullo di tamburi, prego,” Mina chiese alla folla e Izuku si unì più che volentieri al coro di “oooh” improvvisato per aumentare la tensione. 

Poi i due sposi lanciarono il bouquet. Forse Izuku l’aveva reso un po’ troppo aerodinamico, forse non era stato calcolato che sarebbero stati in due a lanciarlo, o quanti muscoli avessero gli sposi. Ma il bouquet volò sulle teste degli invitati radunati sulla pista da ballo e cominciò la sua discesa proprio per finire in testa a Izuku, sul fondo della pista. 

Momento di silenzio in sala. 

Izuku sollevò lo sguardo dal bouquet tra le sue mani a incrociare gli occhi di Katsuki tra la folla, mentre iniziavano applausi,  fischi e congratulazioni berciate tra le risate. 

“Io l’avevo detto!” Gridò Mina al microfono.

“No, tu avevi detto che l’avrebbe preso Bakugou!”

“Beh, ma è uguale no?” E mentre l’attenzione della gente si spostava su Mina e Kirishima che battibeccavano amorevolmente, Katsuki lo raggiunse. 

“Non mi aspettavo di prenderlo io,” Izuku si strinse nelle spalle, cercando di non mettere troppa enfasi sul significato di quei fiori tra le sue mani, lui che del significato dei fiori ne aveva fatto un mestiere. “Non che ci sia qualcosa di vero in questa tradizione, non è che ci dobbiamo sposare davvero, eh? Voglio dire, è tutta un’invenzione, non voglio sposarmi, cioè, non che non voglio sposarmi, però non mi aspetto -” 

“Smetti di blaterare, nerd, Katsuki gli disse, ma il suo tono era morbido, affettuoso. Gli posò una mano sull’avambraccio e Izuku chiuse la bocca, cercando di non mettersi ancora più in imbarazzo di quanto già non fosse. 

Katsuki, che era rosso quasi quanto lui e che faceva schifo con le parole esattamente quanto lui, si sporse per lasciargli un bacio sulle labbra. 

“È solo un mazzo di fiori, Izuku. Ma...” Katsuki tentennò quasi cercando le parole, “conservalo,” gli disse alla fine, baciandolo di nuovo, “per il futuro.” 

 

 

Due anni dopo, al loro matrimoni fu Mina a prendere il bouquet. 

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