Once Upon a Missing Moment - Let's make a Deal

di Tonks98
(/viewuser.php?uid=726607)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Indice ***
Capitolo 2: *** Il Desiderio di Tom ***
Capitolo 3: *** The Angel's Mistake o La Storia dell'Angelo ***
Capitolo 4: *** L'avventura di Nessuno ***
Capitolo 5: *** BedTime Story ***
Capitolo 6: *** Groundhog Day ***
Capitolo 7: *** Marathon ***
Capitolo 8: *** La Storia del Grammofono ***
Capitolo 9: *** La Band ***
Capitolo 10: *** La Bacchetta della Strega ***
Capitolo 11: *** The Black Moon Dance ***
Capitolo 12: *** How it Really begun ***
Capitolo 13: *** Who's Milah? ***
Capitolo 14: *** "Do you know WHO that is? Coz I'm still trying to figure it out." ***



Capitolo 1
*** Indice ***


2~ OUATxHarry Potter 3~ OUATxSupernatural 4~ OUATxOdissea 5~ Missing Moment: Rumple, Cora, Regina 6~Missing Moment: Regina, Rumple 7~ Missing Moment: Henry, Rumple, Belle 8~ Missing Moment: Rumple, Belle 9~ Missing Moment:: Un po' tutti, Charming, Rumple, Belle 10~ OUATxLe Cronache di Narnia 11~ Missing Moment: Belle, Rumple 12~ Missing Moment: Belle, Rumple 13~ Missing Moment: Killian, Rumple 14~ Missing Moment: Henry, Rumple

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il Desiderio di Tom ***


Il Desiderio di Tom

Era una notte tranquilla quella, perfetta per andare a farsi un giro in Biblioteca. I professori pensavano che lui fosse uno studente ligio al regolamento e rispettoso dei divieti della scuola, ma solo perchè non era mai stato così stupido da farsi beccare, come quella sera ad esempio. Era vietato andare in giro di notte nel Castello, anzi, ancora peggio, era vietato andare in giro di notte nel Castello e intrufolarsi nella Sezione Proibita della Biblioteca, ma al giovane Serpeverde poco importava. Aveva imparato a conoscere quel luogo come il palmo della sua mano, era sicuro di essere l'unico a essere giunto a una così profonda conoscenza del Castello. Ma quella sera non era in vena di nuove esplorazioni, c'era una sezione della Sezione Proibita che lo aveva particolarmente incuriosito negli ultimi tempi, e sapeva che finchè non avesse curiosato tra tutti i libri di quello scaffale la sua mente vivace non sarebbe stata in grado di soffermarsi su altri misteri. Non trovò nessuno sulla sua strada, il vecchio bibliotecario dormiva profondamente nella sua stanza e il custode era al settimo piano a combattere un'inutile battaglia contro il dispettoso Poltergeist. Gli ci sarebbe voluto un po'. Il ragazzo entrò nella grande e antica biblioteca attraverso le imponenti porte d'ebano per poi avviarsi sicuro verso la parte della Sezione Proibita che più lo interessava: 'Manuali della Magia Più Oscura', uno scaffale intero solo di manuali per maghi oscuri, compilati dai più malvagi e potenti maghi di tutte le epoche e provenienze. In quei libri c'erano i procedimenti per i più crudeli incantesimi, malefici e pozioni che strega o mago potesse concepire, e il giovane Tom ne era maledettamente affascinato. Da tempo il ragazzo aveva appreso che il sapere magico che gli veniva insegnato a Hogwarts non poteva essere completo senza la controparte oscura, e anche che lui non riusciva a tollerare di non sapere qualcosa. Perchè sapere è potere, e lui aveva il suo progetto, già, un progetto che era cresciuto con lui, che stava tutt'ora crescendo, e lui doveva nutrirlo con tutto il sapere che trovava, tutto nato da quell'unica parola, trovata una volta, per sbaglio, in un antico volume rovinato, da quella spiegazione sbrigativa, un po' titubante, estorta una sera al suo "professore preferito". Per cui si avvicinò allo scaffale, eccitato e indeciso allo stesso tempo, la bacchetta di tasso stretta in mano illuminava le coste di volumi tanto antichi che ormai il titolo inciso nel cuoio era quasi sparito, cancellato dai secoli, o che semplicemente non lo avevano, troppo oscuri per essere nominati. E Tom era indeciso, non sapeva da dove partire, man mano scorreva i dorsi di quei libri intrisi di magia e sentiva il potere oscuro che si sprigionava da essi entrargli nel naso come polvere, lo inalava come fosse stata polvere, lo sentiva che gli pervadeva i polmoni, lo inebriava, offuscandogli la mente. Poi si fermò, ad attirare la sua attenzione era stato un volume dall'aria particolarmente preziosa e pericolosa, già dal dorso di pelle color sangue si poteva notare la trama ingarbugliata e sinuosa fatta di arabeschi d'argento che dovevano percorrere tutta la copertina. Era uno di quei volumi senza titolo. Decise che avrebbe iniziato da quello. Una volta che, con attenzione quasi reverenziale, lo ebbe tirato fuori dallo scaffale, messo su un tavolo poco distante e illuminato con la bacchetta, capì anche perchè lo aveva colpito. Sì, l'arabesco d'argento correva su tutta la copertina, creando uno splendido contrasto con la lucida pelle, ma fu appunto questo. Tra tutti i libri della sezione quello era l'unico non rovinato e impolverato. Tom aveva come la sensazione che fosse molto antico e senza dubbio non veniva aperto da decenni, forse secoli, eppure sembrava nuovo, appena rilegato. Con trepidazione poggiò delicatamente una mano sul frontespizio e sentì come un fremito di energia magica corrergli lungo il braccio, e senza più esitare lo aprì e iniziò a sfogliarne le pagine. Si trovò davanti un indice ordinato degli argomenti, vergati a mano in inchiostro nero, perfettamente chiaro e affatto rovinato o sbiadito, come invece erano la maggior parte dei libri di tutta la Biblioteca. La grafia aveva qualcosa di gotico, a tratti calcata a tratti estremamente sottile ed elegante, era affascinante, quasi ipnotizzante. Scorse i titoli dei capitoli, leggendoli con avidità cercando qualcosa di interessante.
Pozioni oscure per il controllo della mente. Malefici di sangue. Stregonerie e Divinazione. E così via fino ad arrivare a qualcosa che lo incuriosì. "Signori Oscuri." aprì il libro alla pagina indicata, le pagine di pergamena frusciavano sotto le sue dita, lisce come la seta, fino a quando non trovò il capitolo. Venne colpito subito dal titolo del primo paragrafo, sembrava tedesco, il carattere gotico certo non aiutava. Non avrebbe saputo dire se fosse un nome o cosa, era molto lungo, cercò di leggerlo come potè per cercare di capire come diavolo si pronunciasse. 
"Rump-Rumploslit-Rumplestiltskin. Rumplestiltskin? E cosa diavolo dovrebbe essere un Rumplestiltskin?" 
"Sarebbe il mio nome, caro."
Tom sobbalzò e quasi lasciò cadere la bacchetta per lo spavento, per fortuna non emise un fiato o avrebbe potuto svegliare qualcuno. Si voltò di scatto, poichè la voce proveniva dalle sue spalle, puntando la bacchetta alla cieca. Ma anche se avesse voluto attaccare, quello che si trovò davanti lo lasciò senza parole. Era un uomo, o almeno fisicamente lo sembrava, perchè l'aspetto era il più lontano dall'umano che Tom avesse mai visto. Le scaglie verdastre della sua pelle rilucevano a tratti alla luce sprigionata dalla bacchetta, i lunghi capelli grigiastri dai riflessi ramati ricadevano sul viso dai lineamenti aguzzi accentuando il naso appuntito e adunco, la bocca era talmente sottile da sembrare incisa con un rasoio, ma la cosa che più raggelò il sangue nelle vene al ragazzo furono gli occhi, sembravano quasi il doppio del normale, le iridi erano di un colore indefinito, come se qualcuno avesse preso tutti i colori che d'autunno pervadevano la Foresta Proibita e li avesse mescolati insieme per creare quegli enormi occhi freddi e dalla pupilla talmente stretta da farli sembrare ancora più surreali, ancora più folli e spietati. L'essere stava di fronte a lui, la bocca piegata in un sorriso sardonico, pareva estremamente soddisfatto dell'effetto che la sua entrata in scena aveva fatto sul ragazzo. Compiaciuto fece un passo indietro, così che Tom riuscì a vedere anche com'era vestito, era stravagante perfino per gli standard del mondo magico, sembrava uscito da una lontana epoca medievale, notò che il colore della giacca di pelle che portava era lo stesso della copertina del libro. Finalmente ripresosi dallo spavento riuscì a chiedere: "Chi-Chi siete voi?"
Il ghigno dell'essere, se possibile, si allargò ancora di più mentre rispondeva, la sua voce dai toni acuti era come il carattere gotico del libro, a tratti calcata, a tratti sottile, affascinante, quasi ipnotizzante, e lui doveva esserne ben consapevole.
"Rumplestiltskin." disse muovendo le mani, che sembravano quasi artigli, in un gesto teatrale, come se stesse eseguendo una posa abituale, "il Signore Oscuro, l'immortale, il mago più potente di tutti i mondi conosciuti. Il libro che ti sei ritrovato a sfogliare è stato scritto e rilegato da queste stesse mani e impregnato della mia magia." spiegò sottolineando le ultime parole con un movimento veloce della mano destra e un timbro più alto di voce. "Molto tempo fa, tuttavia, degli eroi che se non sono già morti avranno vita breve, hanno trovato il modo di ritorcermela contro e di intrappolarmi tra quelle pagine con un sortilegio. Poi spedirono il libro in questo mondo e lo affidarono ai maghi e alle streghe più potenti dell'epoca con l'ordine di tenerlo nascosto e al sicuro. Devo riconoscere che nasconderlo in una biblioteca è stata un'idea sotto certi versi ingegnosa, dopo tutto quale posto migliore per nascondere un albero di una foresta? Comunque, sono stato intrappolato per secoli in quel libro, solo se qualcuno avesse letto il mio nome per tre volte, sarei stato libero. E tu, ragazzo mio, sei molto fortunato." disse indicandolo mentre sul suo viso si allargava un sorriso inquietantemente incoraggiante "Poichè, nell'ultimo secolo o giù di lì, ho giurato a me stesso che se qualcuno mi avesse liberato, avrei esaudito un suo desiderio, qualsiasi cosa, senza chiedere nulla in cambio. E in più mi trovi di buon umore, perciò, mio caro, chiedi." terminò con un breve inchino.
Tom quasi non credeva alla sua fortuna, aveva tante di quelle idee che gli correvano in testa, tanti di quei desideri che avrebbe voluto vedere realizzati, che non sapeva davvero cosa avrebbe potuto chiedere. Evidentemente ci stava mettendo troppo, Rumplestiltskin infatti iniziava a dare cenni di impazienza. "Ho detto che sono di buon umore, non che la mia pazienza è infinita, caro. Ti conviene deciderti o potrei decidermi io a trasformarti in qualcosa che non mi faccia perdere tempo, tipo un orologio a cucù." e rise di una risata che inquietò il ragazzo più delle sue parole.
"Va bene, allora...voglio l'immortalità."
Sta volta la risata di Rumplestiltskin fu ancora più acuta e decisamente di scherno: "Mi dispiace, mio caro, ma solo il Signore Oscuro può essere immortale. Qualcos'altro?" Ma Tom non demorse, anzi, ora che si era riscosso trovò facilmente il coraggio di replicare: "No, non credo. Avete detto che avreste esaudito un qualsiasi mio desiderio e pretendo che rispettiate l'accordo, voglio conoscere il modo per diventare immortale."
Il sorriso dell'Oscuro lasciò il posto a un'espressione forse ancora più inquietante, un qualcosa tra il dispetto, la rabbia e la furia omicida, tuttavia rispose tra i denti un: "Bene, e sia, non vengo mai meno a un accordo. Ma ti avverto, la magia, specie quella oscura come quella che ti servirebbe, ha sempre un prezzo. In questo caso molto alto. Io posso dirti come ottenere l'immortalità, ma dovrai essere tu stesso a pagarlo."
"Non mi interessa il prezzo che dovrò pagare, ditemi come." rispose deciso Tom.
Rumplestiltskin si avvicinò fulmineo al tavolo a cui era appoggiato il ragazzo, tanto che questo temette che volesse attaccarlo, ma invece prese il libro e iniziò a sfogliarlo, fino ad arrivare a un paragrafo molto importante, fondamentale. Era il frutto di tutte le più oscure e complicate ricerche del mago fatte su quello stesso pugnale che gli aveva permesso di ottenere tutti i suoi poteri, che lo rendeva immortale, e se la sua anima, come quella di tutti i signori oscuri che lo avevano preceduto, poteva essere legata a un oggetto, allora voleva dire che l'anima poteva sopravvivere in quell'oggetto e quindi permettere di vivere in eterno. Alla fine aveva trovato il modo in cui poteva essere fatto. Serviva un sacrificio, un'anima per un'anima, questo era il prezzo di quella terribile magia. Rumplestiltskin posò il libro sotto il naso di Tom, indicando con l'indice dall'unghia nera e acuminata un paragrafo, dal titolo Horkrux. Tom conosceva bene quella parola, lesse avidamente il paragrafo, incredulo. Lì c'era spiegato, fin nei suoi dettagli più macabri e contorti, tutto il procedimento per creare quella magia così oscura e potente che da mesi lo ossessionava, e finalmente era sua. Un sorriso inumano gli si dipinse sul volto, intriso di brama di potere, e a Rumplestiltskin non sfuggì.
"Deduco che sei soddisfatto, ragazzino." disse compiaciuto, anche perchè forse aveva trovato il modo di guadagnarci comunque qualcosa da quella faccenda. 
"Assolutamente." fece per chiudere il libro e portarlo a sè, ma l'altro fu più veloce, con uno schiocco di dita fece scomparire il libro dalle mani di Tom per farlo ricomparire tra le sue in una nuvola di fumo vermiglio, lasciando il ragazzo basito. 
"Ora devo proprio andare, ho un sacco di faccende da sbrigare, innanzi tutto trovare il modo di tornare nel mio mondo, quindi se vuoi scusarmi.." fece per muovere la mano destra e sparire, ma Tom lo fermò, come d'altronde il folletto si aspettava. 
"No aspettate! Ho bisogno di quel libro. Avevate promesso..."
"Io ti avevo promesso che ti avrei rivelato il modo per diventare immortale, non che ti avrei lasciato il mio manuale di incantesimi, mio caro." disse Rumplestiltskin divertito e con una punta di scherno. "Se vuoi il libro dovrai darmi qualcosa in cambio."
"Ma, io non ho niente." che era la pura e semplice verità.
"Oh, questo è quello che credi tu. In realtà c'è qualcosa che puoi darmi in cambio e che vale gli insegnamenti di questo manuale, sempre se accetterai l'accordo."
"Vi darò qualsiasi cosa chiediate." disse Tom, senza nemmeno pensarci un secondo, senza pensare alle conseguenze di quello che aveva detto. L'Oscuro rise sardonicamente, poi disse al culmine dell'entusiasmo: "Adoro quando dite così. Bene, quello che voglio da te, caro, è molto prezioso ed estremamente potente, e non può essere preso senza il consenso di chi lo possiede."
"Di cosa si tratta?" chiese Tom sinceramente incuriosito dal fatto di possedere qualcosa di tanto potente a sua insaputa.
"La capacità di provare amore." rispose in un tono quasi dolce Rumplestiltskin. A Tom ci volle qualche secondo per capire. Poi scoppiò a ridere, una risata falsa, fredda, innaturale, inquietante quasi quanto quella di Rumplestiltskin stesso. 
"L'amore! Ah, che cosa sopravvalutata da tutti, ma va bene. Volete la mia capacità di provare amore, beh, buon pro vi faccia, a me certo non mancherà."
"Sei sicuro, ragazzo? Non potrai riaverla indietro." lo avvertì l'Oscuro, il quale sapeva bene quanto potente fosse la magia del Vero Amore, cosa che evidentemente il ragazzo ignorava, e, a giudicare da come si stavano mettendo le cose, avrebbe continuato a ignorare per sempre. Ma dopo tutto quelli non erano affari suoi, ciò che gli importava era ottenere ciò che voleva per riprendere gli esperimenti sul filtro più potente di tutti, l'unico che non era ancora riuscito a creare e che gli serviva più di ogni altro.
"Prendila pure." fu la risposta presuntuosa e perentoria del ragazzo. Rumplestiltskin non se lo fece ripetere di nuovo, con una serie complicata di movimenti delle mani evocò un fumo vermiglio che, scivolando come una vipera in procinto di attaccare, si avvicinò al ragazzo e con uno scatto serpentino si insinuò nel suo petto, all'altezza del cuore. A Tom per un istante mancò il fiato e chiuse gli occhi, ma presto fu tutto finito, quando li riaprì vide che Rumplestiltskin aveva fatto apparire tra le sue mani un'ampolla di cristallo, al cui interno riluceva una specie di filo dorato dai riflessi color rubino che, avvolto su se stesso in due spirali, girava lentamente sospeso al centro esatto dell'ampolla. Quando ebbe ripreso fiato, sibilò: "Datemi il libro adesso." e per un fugace, ineffabile attimo, un'ombra vermiglia attraversò le iridi di Tom. Ma Rumplestiltskin era ancora concentrato nel rimirare quell'essenza pura che era riuscito a procurarsi con un altro dei suoi patti dal prezzo sempre troppo alto, e che alla fine non andavano mai a vantaggio di chi li stipulava, per notare il bagliore negli occhi del ragazzo. Si girò di scatto verso di lui, provando un misto di rispetto e pena; gli diede il libro e poi, improvvisa come un lampo, lo colpì una visione dal futuro, e finalmente decise che si sarebbe degnato di conoscere il suo nome. Così, mentre il giovane afferrava il libro con lo sguardo pieno di quella brama di potere che aveva visto poco prima, gli disse con apparente noncuranza: "Mi è sfuggito il tuo nome, caro."
"Non me l'avete chiesto." rispose lui sospettoso di fronte a questa improvvisa attenzione. 
"Devo essermi distratto." replicò Rumplestiltskin con un gesto vago della mano e un sorriso di circostanza.
"Strano per qualcuno che è rimasto intrappolato per tutto questo tempo a causa di un nome, deve essere qualcosa di potente nel vostro mondo. Quando vi ho liberato evidentemente il mio non vi interessava, cos' è cambiato?"
"Sei più sveglio di quanto pensassi." concesse l'Oscuro "Devi sapere che, tra le mie doti, c'è anche quella di riuscire a sbirciare nel futuro." sogghignò compiaciuto "Il tuo nome sarà talmente famoso e temuto nel tuo mondo che il solo udirlo infonderà paura e sconforto a chiunque lo ascolti. Molti avranno persino paura di pronunciarlo. Questo è quello che ho visto, perciò ho risolto che in fondo conoscerlo non sarebbe stata una perdita di tempo."
Sinceramente impressionato dalla rivelazione, Tom rispose senza pensare: "Mi chiamo Tom, Tom Marvolo Riddle."
Rumplestiltskin storse il naso: "Tom...piuttosto comune." disse, con una punta di sarcasmo.
"Lo so, per questo mi sono creato un nome nuovo, in questi anni."
"E sarebbe?" chiese Rumplestiltskin più interessato di quanto desse a vedere.
"Lord Voldemort." proclamò orgoglioso il ragazzo, e in quel momento l'Oscuro intravide qualcos'altro, una nuova visione, e non potè che sogghignare.
"Meglio, beh, buona fortuna Tom. E lunga vita." e con un ampio e teatrale gesto della mano scomparì in una nuvola di fumo color porpora, lasciando Tom solo nella Biblioteca deserta e di nuovo silenziosa, con un libro e un destino tracciato dall'accordo fatto per averlo.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** The Angel's Mistake o La Storia dell'Angelo ***


The Angel's Mistake o La storia dell'Angelo

Ormai vagava in quella Terra desolata da anni, senza la sua magia, senza il suo potere, senza i suoi fratelli e sorelle, in una dimensione arida, senza religione, senza Dio. Abbandonato. Ricercato. Sempre in fuga, senza una casa, senza un modo per tornare a casa. I suoi fratelli l'avevano probabilmente dato per morto, o peggio, dimenticato. Virgilio, custode delle armi celesti, un tempo l'angelo più temuto del Paradiso, braccio destro dell'arcangelo Raffaele, ora era abbandonato, dimenticato, in un mondo che non faceva altro che rigettarlo come un organismo rigetta un organo trapiantato che si è rivelato non compatibile. Non che non avesse tentato di adattarsi, in tutti quegli anni, ma non ci era mai riuscito, finiva sempre a dover fuggire. E a forza di fuggire aveva attraversato il Paese, da Vancuver a Los Angeles, poi, una volta resosi conto che il nome della città non c'entrava niente con l'idea che si era fatta, ripartì e attraversò l'America in lungo e in largo, alla ricerca di qualcosa che in quel mondo non esisteva, o almeno così pensava. Viaggiava da anni, e alla fine si era ritrovato in uno stato a Nord di New York, molto a Nord, al confine col Canada, il Maine. Un posto tranquillo, con foreste, piccole città, un posto in cui avrebbe quasi potuto vivere. E poi l''aveva sentita. Una vibrazione nell'etere, era come se il suo sesto senso da angelo si fosse risvegliato dopo tutto quel tempo, in realtà non si era mai reso conto di averlo fino a quel momento, non si era mai reso conto di riuscire a percepire la magia fino a quando non ci aveva quasi letteralmente sbattuto il naso contro. Stanco, coi vestiti smessi recuperati ad un banco di beneficenza e solo il suo vecchio cappotto scuro a ripararlo dal freddo, Virgilio si era ritrovato al confine di una cittadina che trasudava potere magico, e man mano che si avvicinava, camminando in mezzo alla strada verso una linea tracciata in vernice rossa, riusciva a vedere sempre di più attraverso l'incantesimo di protezione fino a quando non riuscì a leggere il nome sul cartello stradale. "Storybrooke" sussurrò senza rendersene conto. Avvicinò una mano alla linea rossa dove supponeva si trovasse il limite dell'incantesimo di protezione, e infatti sentì l'aria sfrigolare sul palmo della sua mano, si fermò prima di venire sbalzato indietro dalla potenza dell'incantesimo. Con foga cercò nelle tasche del cappotto il suo pugnale angelico, avrebbe potuto venderlo per comprare cibo o vestiti, ma era l'ultima cosa che gli rimaneva di casa sua. Estrasse il pugnale e, con forza, attaccò l'incantesimo di protezione, quella lama non era abbastanza forte da spezzarlo, ma lo era abbastanza da creare un varco momentaneo, così con estremo sforzo, l'angelo riuscì a entrare appena in tempo prima che il varco si richiudesse facendo tremare il suolo per qualche secondo. Ora, questo Virgilio non poteva saperlo, ma a Storybrooke il confine viene sorvegliato e se succede qualcosa, tipo una scossa sismica, nessuno è mai così ottimista da pensare che sia solo una scossa sismica. Dopo anni di battaglie su battaglie gli abitanti si erano organizzati in tre gruppi di emergenza che, ogni volta che succedeva qualcosa di più anormale del solito, immediatamente si recavano in tre posti che, col passare degli tempo, si erano rivelati, per così dire, di particolare interesse per questo genere di cose. E, per sfortuna di Virgilio, uno era proprio quel particolare tratto del confine. Tutto questo per dire che, appena cessata la scossa, l'angelo non si rese nemmeno conto da dove fossero arrivati quei sette nani dall'aria ostile che gli brandivano contro dei picconi con aria decisamente poco pacifica o incline al colloquio. Venne così scortato fino all'ufficio dello sceriffo.
David, avvertita la scossa, si era immediatamente recato alla torre dell'orologio, dove aveva trovato Granny, Archie e Belle ad aspettarlo. Dopo essersi accertati che non ci fosse nulla di anomalo dentro e fuori dalla torre ognuno era tornato alle sue solite attività e David, ovviamente, era tornato a presiedere l'ufficio dello sceriffo, nel caso uno degli altri due gruppi fosse tornato con qualche notizia. Infatti, alcuni minuti dopo, Brontolo entrò trafelato.
"E' successo qualcosa al confine?" chiese preoccupato all'amico.
"Sì, abbiamo trovato questo tizio." disse indicando Virgilio, scortato nell'ufficio dagli altri nani. "Ha oltrepassato il confine dall'esterno, con questo." Brontolo tirò fuori la lama angelica che aveva sottratto a Virgilio, il quale si agitò visibilmente quando David la prese in mano con l'aria di chi stava pensando se tenersela. Dopo averla osservata per qualche secondo, si rivolse all'estraneo: "Chi sei? Perchè sei qui? E come ha fatto questo pugnale a infrangere l'incantesimo al confine?"
Virgilio, in pochi secondi, esaminò le possibilità di uscire incolume da lì se in quell'esatto istante avesse afferrato il pugnale a tranciato la carotide di quell'uomo. Erano molto basse, perciò rispose con sincerità, forse questi tizi avrebbero potuto aiutarlo a tornare a casa, dopo tutto nemmeno loro sembravano appartenere a questa realtà, e poi, ultimo ma non meno importante, avevano la magia: "Il mio nome è Virgilio. Mi sono trovato qui per caso e ho avvertito la presenza della magia. Questa non è la realtà a cui appartengo, vengo da un'altra dimensione e da anni sono bloccato in questo mondo senza magia e senza la possibilità di tornare da dove provengo. Quando ho visto l'incantesimo di protezione ho pensato che magari qui c'è una magia abbastanza potente da potermi rispedire nel mio mondo."
David non lo diede a vedere, ma comprendeva perfettamente Virgilio, e in cuor suo aveva già deciso di aiutarlo, da bravo eroe quale era, tuttavia c'era ancora una questione da risolvere e che gli impediva di fidarsi totalmente: "Quindi nel tuo mondo esiste la magia." Virgilio annuì. "Allora questo pugnale è incantato? Se è così ti prego di rivelarci l'incantesimo che hai usato, sono anni che cerchiamo un modo di attraversare il confine, in cambio faremo il possibile per aiutarti a tornare nel tuo mondo."
Virgilio comprendeva il problema dell'uomo, ma non poteva fare nulla per aiutarlo, la sua era una lama angelica, non incantata. Tuttavia se avesse detto la verità nemmeno loro lo avrebbero aiutato, così mentì per guadagnare tempo, e magari trovare da solo il modo di tornare a casa: "Sì, è incantato, me lo regalò una strega nel mio mondo, ma non conosco l'incantesimo."
"Beh a questo si può porre rimedio." tutti si voltarono verso l'entrata dell'ufficio da cui era arrivata la voce. Virgilio osservò l'uomo che aveva parlato, col suo completo elegante, il ghigno sardonico appena accennato e quella vaga aura di potere oscuro che lo circondava a Virgilio ricordò un demone degli incroci, il suo primo impulso da angelo combattente fu di strappare dalle mani il pugnale allo sceriffo e pugnalare il nuovo arrivato. Ma prima che potesse fare qualsiasi cosa, lo sceriffo si rivolse all'uomo, con un tono che lasciava intendere il radicato disprezzo che provava nei suoi confronti: "Cosa ci fai qui, Gold?"
"Oh, questo dovresti spiegarmelo tu, mio caro." di contro il tono di Gold era estremamente calmo, quasi divertito "Una scossetta di terremoto e mi ritrovo il negozio invaso da una folla inferocita."
"Che melodrammatico, eravamo solo in tre." alle sue spalle era comparso il terzo gruppo di emergenza, formato da Emma, che aveva parlato, Regina e Killian.
"Sì, e mi avete accusato di aver fatto chissà cosa,  possibile che ogni volta che capita qualcosa in questa città deve essere per forza colpa mia?" 
"Perchè di solito è colpa tua, coccodrillo."
Gold scrollò le spalle e, incurante del commento del pirata, continuò come niente fosse: "Dicevo, mi hanno scortato qui, quindi eccomi. E mi sembra anche di essere capitato al momento giusto. Se mi lasciate il pugnale posso scoprire di che razza di magia è impregnato per poter spezzare l'incantesimo del confine."
"Non credo proprio."
"Cosa c'è, Charming? Non ti fidi di me, forse?" chiese sarcastico Gold.
"Affatto."
"Beh, questa volta dovresti. Sai che è nell'interesse di tutti rompere quell'incantesimo, ma ciò che più importa è che mi devi un favore." 
A queste parole David alzò gli occhi al cielo, come se fosse l'ennesima volta gli veniva ripetuto, mentre i presenti, probabilmente a conoscenza di qualcosa che Virgilio non sapeva, sghignazzarono.
"Sì, peccato che il pugnale sia mio. Anzi se non vi dispiace lo rivorrei indietro." Virgilio a questo punto irruppe nella conversazione, se lo sguardo dello sceriffo gli era sembrato interessato alla sua lama angelica, gli occhi di quel Gold erano pura brama. Per sua fortuna trovò un alleato, che pareva preferisse vedere quell'arma nelle mani di uno sconosciuto. "Certo. Tienilo pure. Troveremo un altro modo di scoprire l'incantesimo. Nel frattempo immagino che ti servirà una camera.".
David lo accompagnò fuori, passando davanti a Gold senza degnarlo di uno sguardo, mentre quest'ultimo salutò Virgilio con un cenno del capo e un mezzo sorriso, come a dire "ci rivedremo prima di quanto credi".
Virgilio, dopo pochi giorni che alloggiava da Granny imparò molto su quella città, e sulla sua particolare storia, se lui stesso non fosse stato presente alla creazione della magia avrebbe stentato a credere che esistesse una dimensione in cui i personaggi delle favole erano reali. E comprese anche un'altra cosa, ovvero che l'unico a poterlo aiutare a tornare nel suo mondo era proprio quel Gold, che, stando ai racconti degli avventori da Granny, era un mago molto potente e l'unico a possedere le conoscenze necessarie ad aprire un varco tra le dimensioni. Tuttavia l'avevano avvisato, la magia di Rumplestiltskin, come era conosciuto nella Foresta Incantata, aveva sempre un prezzo, in genere molto elevato e a suo vantaggio, tuttavia la maggior parte, se non quasi tutti, gli abitanti della città avevano dovuto, a un certo punto della loro vita, fare un patto con lui e, anche se poi ne avevano pagato le conseguenze, l'Oscuro aveva sempre mantenuto la parola data. Virgilio non avrebbe voluto rivolgersi a lui, ma dopo una settimana che la collaborazione con quelli che aveva capito essere gli "eroi" che avrebbero dovuto aiutarlo, non dava frutti, decise che non aveva più intenzione di aspettare, e all'alba del suo ottavo giorno a Storybrooke si presentò al banco dei pegni di Gold.
Dal canto suo, Rumple pensava che ci avrebbe messo molto di meno a vederlo entrare nel suo negozio, beh, meglio tardi che mai, si disse, e lo accolse con un sorriso sottile da dietro al bancone del negozio: "Allora, Virgilio, mi pare di aver capito che ti chiami così, cosa posso fare per te?"
"Mi hanno detto che sei un mago molto potente e che ti piacciono gli accordi, sono qui per fare un accordo."
"Bene, sentiamo." Rumplestiltskin si appoggiò con le mani al bancone, pronto ad ascoltare.
"Voglio tornare nel mio mondo e mi hanno detto che tu puoi creare un varco."
"Posso farlo, sì. Ma tu cosa puoi offrirmi in cambio?"
Virgilio estrasse il pugnale. "Il modo per rompere il vostro incantesimo di protezione."
Rumplestiltskin allungò una mano come invito a farsi consegnare il pugnale, ma Virgilio lo ritrasse. "Prima voglio il varco."
"E io prima voglio accertarmi che quella sia davvero una lama incantata che io possa usare." Virgilio rimase un attimo senza sapere cosa fare, un attimo di troppo. "Sai, Virgilio, io ho innumerevoli difetti, alcuni molto pericolosi, ma di certo non sono uno sciocco, e so riconoscere una bugia quando la sento, esattamente come so riconoscere un'anima disperata, e qui viene il problema. Non vedo un'anima davanti a me, esattamente come ora so che quella lama non è incantata." Rumplestiltskin tornò a poggiare la mano sul bancone. "Adesso dimmi chi sei veramente se vuoi che prenda anche solo in considerazione la possibilità di aiutarti invece di trasformati in un insetto e sottrarti comunque quella lama." ormai il sorriso non era che un vago ricordo e il tono di voce dell'Oscuro inquietò non poco l'angelo. In quel momento decise che tornare a casa era la cosa più importante, così disse la verità: "Io sono Virgilio, angelo del Signore, guardiano delle armi Celesti. Questa lama non è incantata, ma è puro metallo celeste, ed è per questo motivo che ha potuto fare breccia nell'incantesimo. Sono rimasto bloccato in questa dimensione, e darei qualsiasi cosa per tornare a casa." a quest'ultima frase un sorriso balenò di nuovo sul volto di Rumplestiltskin, come se non aspettasse altro, e disse: "Così va meglio, allora Virgilio, voglio aiutarti. Ti rimanderò a casa in cambio della tua lama, ma per evocare il varco ho bisogno di qualcosa che venga dalla tua dimensione, qualcosa di potente e che contenga davvero della magia."
"Io non ho nulla di simile." disse pensandolo sinceramente, e anche sinceramente stupito che il mago gli avesse creduto subito, che avesse già avuto a che fare con altri angeli? 
"Oh, ed è qui che ti sbagli, mio caro. Sai, le anime umane sono interessanti sì, ma terribilmente deboli in fatto di magia, mentre la Grazia di un angelo sprigiona un potere così grande che permane anche attraverso le dimensioni."
"Non ti darò mai la mia Grazia! MAI!" gli urlò l'angelo, ormai sicuro che l'altro avesse già incontrato degli angeli, o forse molto più probabilmente dei demoni, ma Rumplestiltskin non si scompose.
"Allora non tornerai mai a casa." lasciò che la sua frase avesse l'effetto che si aspettava su Virgilio, il quale iniziò a vacillare. Quando lo vide indeciso al punto giusto disse: "Se ti può consolare, non me ne serve tanta, come ti ho detto è molto potente, me ne basta una piccola parte." Virgilio alzò lo sguardo su quel demonio, era la sua unica possibilità, ma era come se non avesse la voce per dirlo, mentre nella sua mente qualcosa gli diceva che c'era un tranello da qualche parte. Rumplestiltskin ghignò e disse: "Allora, la lama angelica in cambio del portale. Abbiamo un accordo?" e tese di nuovo la mano verso Virgilio, il quale sembrava scosso internamente per quello che stava per fare, poi allungò la mano e gliela strinse. "Molto bene. Dammi la lama, la userò per prendere parte della tua Grazia." lentamente, quasi tremando Virgilio porse la lama al mago che la rimirò per qualche secondo, soddisfatto, poi, con un ampio gesto della mano fece comparire una piccola fiala, mentre con un gesto fulmineo di cui l'angelo non lo credeva capace, Rumplestiltskin fece un taglio sottile con a lama appena sotto il pomo d'Adamo dell'angelo, da questo si riversò non sangue, bensì una sostanza bianca, brillante, a metà tra il liquido e il gassoso, che il mago raccolse con delicatezza nella fiala, in fine, sempre con delicatezza richiuse la ferita, lasciando come promesso parte della Grazia intatta e nel frattempo chiuse magicamente la fiala. Virgilio vide la sua Grazia vorticare lenta e luminosa tra le mani del mago, con un singulto di rassegnazione. Dal canto suo Rumple era soddisfatto del suo lavoro, poi, compiaciuto, in uno schiocco di dita evocò una nube vermiglia che li trasportò istantaneamente vicino al pozzo di Storybrooke, il luogo da cui veniva tutta la magia, sul cui fondo gorgogliavano placide le acque del lago di Nostos. "Dove ci troviamo?" chiese allarmato Virgilio. 
"Vedi quel pozzo? Le sue acque sono incantate, mi baserà versarci la tua Grazia e evocheranno un portale che ti riporterà a casa. Tu dovrai solo entrarci."
"Allora fallo, che aspetti?"
"Calma, non vuoi le istruzioni d'uso? Qui la magia è un po' diversa dal tuo mondo."
"Non mi interessa, ho viaggiato altre volte nei portali dimensionali, so come funzionano, avanti procedi."
Con un ghigno Rumplestiltskin obbedì e immediatamente le acque del pozzo iniziarono a ribollire e, come un geyser, risalirono dal fondo per poi fermarsi una volta arrivate al bordo. Dopo un istante presero a vorticare, creando un turbine che riluceva di un'eterea luce bianca. "Ecco il tuo portale, ti conviene saltarci dentro adesso, non durerà molto."
"Addio allora." salutò Virgilio, si avvicinò al pozzo e sedendosi sul bordo infilò le gambe nel portale e poi si spinse dentro, iniziò a cadere, poi, mentre cadeva, prima che il portale si richiudesse, dalla cima del pozzo gli arrivarono le parole di Rumplestiltskin che si era avvicinato al bordo poco dopo che lui l' aveva lasciato, come se si fosse ricordato di una cosa all'ultimo momento. "PORTA I MIEI SALUTI A CROWLEY!"
In pochi secondi tutto finì, e Virgilio si ritrovò a emergere da quello stesso pozzo, ma non vi era più nessuno. Le ultime parole che aveva udito da Rumplestiltskin lo avevano inquietato più di quanto pensasse, decise che avrebbe fatto del suo meglio per dimenticare quella brutta esperienza nell'altra dimensione. Sì, perchè sentiva di essere tornato a casa, anzi ne era sicuro. Come prima cosa, uscito dal pozzo, si mise in ascolto per sentire i suoi fratelli e sorelle, ma non udì nulla. Preoccupato provò a pregare che qualcuno di loro arrivasse. Nulla. Provò a volare, ma finì per fare un giro su se stesso e cadere a terra. Urlò i nomi dei suoi fratelli a squarciagola, finchè alla fine qualcuno si presentò. Era  Samiel, un angelo di terz'ordine che aveva visto forse due volte nella sua lunga esistenza. "Virgilio? Sei davvero tu? Ti credevamo morto!" sollevato che almeno l'avesse riconosciuto, gli rispose:
"No fratello, solo disperso, ma ora sono qui. Ti prego, riportami a casa."
Samiel fece per avvicinarsi, ma qualcosa lo bloccò. "Non posso, fratello."
"Perchè?!" chiese Virgilio, a questo punto davvero disperato.
"La tua Grazia si è esaurita, non sei più un angelo." il tono di Samiel sembrava dispiaciuto, ma che lo fosse stato o meno a Virgilio non importava. Dopo un primo attimo di smarrimento, comprese. Rumplestiltskin aveva detto che a lui serviva una piccola parte della sua Grazia per evocare il portale, ma evidentemente al portale serviva il resto della sua Grazia per funzionare. Non riuscì a disperarsi, non riuscì a provare una vera e propria emozione, forse perchè finalmente le stava provando tutte insieme, e alla fine giunse a una conclusione sensata. "Sono umano."
"Temo di sì, fratello. Mi dispiace. Veglieremo su di te." gli posò una mano sulla spalla, e poi scomparve in un frullio d'ali.
Una lacrima scese sul volto ormai segnato di Virgilio, rivoleva la Grazia, e l'unico modo per ottenerle dell'altra era rubarla ad altri angeli, e per farlo avrebbe dovuto chiedere aiuto a un demone. E l'unico che poteva fare una cosa del genere, era Crowley.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** L'avventura di Nessuno ***


L'avventura di Nessuno

Vento. Tuoni. Fulmini. Il mare ribolle. Poseidone si sfoga sulla trireme, il legno è solido ma il mare è più forte. Il capitano lo sa, ma rimane fermo al suo posto per infondere coraggio all'equipaggio, che ormai è allo stremo delle forze. Sa che probabilmente nessuno di loro sopravvivrà, sa che sarà comunque l'ultima volta che li vedrà. Tutto per colpa della sua curiosità, tutto perchè lui voleva vedere cosa c'era oltre i confini del mondo conosciuto, perchè voleva vedere cosa c'era oltre le colonne d'Ercole, e come se non bastasse aveva fatto un terribile errore. Aveva oltrepassato il limite molte volte, ma davvero questo il dio del mare non lo poteva tollerare, e ora stava punendo lui e il suo equipaggio. Legata perchè non potesse scappare, imbavagliata perchè non ammaliasse nessuno col suo canto, in parte immersa in una tinozza d'acqua sottocoperta, giaceva una sirena, la più bella che il mare avesse generato. Sapeva che forse non sarebbe servito a nulla, ma doveva pur tentare, per salvare se stesso e il suo equipaggio il capitano corse sotto coperta, voleva parlare con la sirena. Quando lei lo vide arrivare gli lanciò uno sguardo carico di disprezzo e derisione, e quando lui le tolse il bavaglio dalla bocca scoppiò in una risata frizzante come la spuma dell'onda, sarebbe bastata questa a far capitolare un uomo qualunque, ma lui non era un uomo qualunque. 
"Non vedo cosa ci sia da ridere, sirena."
"La tua nave sta affondando, Odisseo. Tu e il tuo equipaggio verrete inghiottiti dal mare per non riemergerne mai più, e, a meno che col tuo famoso intelletto tu non riesca a farti crescere le branchie, morirai affogato, come un qualsiasi mortale, senza mai più rivedere la tua terra."
"Come darti torto? Ma anche tu seguirai il mio stesso destino. Quelle catene che ti imprigionano i polsi sono state forgiate da un dio, non ti libererai mai, resterai intrappolata nella stiva di questa nave fino a quando le tue ossa non scivoleranno via dalle catene per conto loro."
La sirena tornò a guardarlo con odio, dando uno strattone alle catene.
"Ma questo si può evitare. Ti propongo un accordo. Tu ci porti in salvo, e io ti lascio libera. So che voi sirene potete viaggiare attraverso i mondi, in cambio della tua libertà voglio che quando affonderà la nave tu crei un portale che ci faccia riemergere in acque calme e placide."
Un tuono. Il legno della nave scricchiola. La prossima onda l'avrebbe capovolta e tirata a fondo.
"Allora sirena, accetti?"
La sirena guardò per l'ultima volta quelle catene, poi di nuovo Odisseo. "D'accordo." accettò alla fine. Poi tutto si capovolse e la nave con tutto il suo equipaggio andò a picco. Odisseo prese fiato e si aggrappò alle scale che portavano sottocoperta poco prima che la stiva venisse completamente sommersa dall'acqua. Trattenne il fiato, pregando i suoi dei che la sirena mantenesse la parola data. Poi tutto finì. L'acqua defluì in fretta dalla stiva e Odisseo potè di nuovo respirare, la nave era di nuovo dritta e dal ponte sentiva i commenti stupiti del suo equipaggio, stava per tornare in coperta quando la sirena scosse violentemente le catene urlando: "Ehi! Avevamo un accordo!"
Odisseo si fermò con un piede già sul gradino. "Hai ragione. Un accordo è un accordo." si girò e tornò indietro, cercando le chiavi delle manette. "Mi dispiace sirena, non trovo le chiavi, devono essersi perse nel mare quando la nave si è capovolta."
"Cosa vuol dire questo? Che dovrò rimanere incatenata qui per sempre?!"
Odisseo si guardò intorno e vide una spada molto pesante poco lontano, la raccolse e si avvicinò alla sirena, alzando la spada sopra la testa, pronto a sferrare il colpo.
"Che vuoi fare?"
"Non preoccuparti. Non ti farò male."
Quando la spada calò la sirena chiuse gli occhi e urlò terrorizzata, aspettandosi un dolore lancinante che non arrivò mai. Quando li riaprì vide che Odisseo aveva spezzato in un sol colpo le catene che la legavano. Dopo un primo momento di contentezza però la sirena si accorse del tranello. "Mi hai ingannato." disse con disprezzo.
"Beh, anche tu ci hai provato, mi pare. Hai tentato di affogarmi spacciandoti per mia moglie Penelope, direi che così siamo pari." detto questo posò la spada e prese in braccio la sirena, portandola in coperta, e tra gli sguardi stupiti dei suoi uomini la gettò fuori bordo, nelle acque calme e placide che lei gli aveva promesso. Una volta toccata l'acqua la sirena sparì in un baleno con un guizzo della coda tra le acque cristalline e troppo piatte, notò il capitano. Diede un rapido sguardo al paesaggio e, più stupito che mai, si rese conto di trovarsi nel bel mezzo di un lago, circondato da una lussureggiante foresta.
"Dove siamo, Odisseo?" chiese uno dei suoi uomini, che immediatamente venne fulminato con lo sguardo dai compagni.
"Non ne ho idea." rispose quello, con una luce negli occhi che purtroppo i compagni gli avevano già visto, e per loro non andava mai a finire bene.  
"Chi si offre di andare in esplorazione?" chiese al colmo della curiosità. 
Lo sapevano che l'avrebbe detto, ogni volta che in quel loro folle viaggio di ritorno approdavano su una terra sconosciuta e il loro capitano pronunciava quella frase se andava bene venivano trasformati in porci, oppure, nel peggiore dei casi, divorati da qualche mostro o dai cannibali. Fu per questa ragione che il silenzio intorno a Odisseo si prolungò più di quanto il re di Itaca si aspettasse, tanto che fu costretto a distogliere gli occhi dalla foresta lussureggiante che prometteva tante avventure, per puntarlo sul suo equipaggio, ancora fradicio e leggermente scosso dal recente inabissamento della loro trireme. "Andiamo, cosa siete? Uomini o bestie? Cosa temete?"
"A parte di venire divorati da qualche mostro mangiatore di uomini?"
"O di essere trasformati in porci?"
"O drogati da dei mangiatori di loto?"
"O inghiottiti da qualche mostro marino di passaggio?"
"O maledetti da un dio?"
"Sì, a parte queste inezie, che abbiamo sempre affrontato e superato insieme."
"Nulla capitano, è solo che.."
"E' solo che, cosa? Timoniere." Odisseo iniziava a perdere la pazienza.
"E' solo che ci siamo stufati di essere trattati come stuzzicadenti, ecco cosa!" sbottò questo.
"Esatto!" fece coro il resto dell'equipaggio.
"Bene, e cosa vorreste fare? Ammutinarvi per caso? Non ne avete il coraggio. Quindi adesso vedete di organizzare una spedizione per esplorare questa nuova terra."
La ciurma si scambiò un'occhiata d'intesa, e il timoniere disse sprezzante: "Ho un'idea migliore, capitano, perchè una volta tanto non vai tu a rischiare l'osso del collo?" e poi, di comune accordo, sollevarono di peso Odisseo e lo gettarono fuoribordo nelle acque dolci del lago. Una volta riemerso Odisseo guardò con odio il suo equipaggio, che stava sghignazzando appoggiato al parapetto della trireme, poi vide avvicinarsi il suo timoniere che gli lanciò la sua spada, Odisseo si immerse un attimo per recuperarla, poi tornato in superficie vide il suo equipaggio che lo salutava, ridendo di lui, qualcuno gridando: "Segui la tua virtù e conoscenza e in bocca al lupo!" , "Noi ce ne torniamo a casa per conto nostro!" e "Attento alle maghe e ai mostri marini!" poi continuando a ridere di lui si dispersero e andarono a rimettere in sesto la nave, contando di scendere a terra il prima possibile per cercare il mare e rimettersi in viaggio.
Dal canto suo Odisseo li mandò all'oltretomba non troppo mentalmente e iniziò a nuotare verso la riva, che Cerbero li dilaniasse, se la sarebbe cavata da solo, come al solito. Una volta raggiunta e preso il coraggio a due mani si addentrò nel folto della fitta vegetazione, ogni tanto usando la spada per tagliare qualche ramo molesto di fronte a sè. Non seppe dire quanto dovette camminare prima di trovare un sentiero, sapeva solo che stava per crollare dallo sfinimento, quella foresta era enorme, e non accennava a voler diradarsi. Dormì sul ciglio della strada dopo aver improvvisato un giaciglio di fortuna con rami freschi e morbidi e foglie secche, durante la notte non passò anima viva, eppure se c'era un sentiero voleva dire che quella foresta, bene o male, era abitata. Sorto il sole decise di arrampicarsi su un albero per tentare di vedere dove fosse il confine, ma quello che vide furono solo alberi, alberi e alberi a perdita d'occhio in ogni direzione, non si vedeva un confine. Tuttavia, qua e là, sulla cima di una collina o alla base di una montagna poteva scorgere quelle che sembravano torri e mura, dei castelli, circondati da piccoli villaggi infossati in qualche radura. Si guardò un po' intorno e decise di dirigersi verso il castello più vicino, a qualche chilometro dal suo albero, sperando se non di venire accolto a braccia aperte, almeno di rimediare qualche indicazione per arrivare a un porto e magari un po' di cibo. Camminò per ore, fino a quando non giunse vicino al castello che aveva scorto, era enorme, imponente, e dall'aria molto poco accogliente, tuttavia si stavano facendo sentire i morsi della fame e le forze lo avrebbero abbandonato prima di giungere ad un altro castello. Perciò raccolse quelle che gli restavano, salì le scale che portavano al portone principale e bussò. 
Quello che il povero Odisseo, che a dire la verità non è mai stato molto fortunato nella scelta delle mete visto e considerato che appena dietro la collina successiva rimaneva il castello del buon re Leopold, non sapeva, era di trovarsi di fronte a uno dei più grandi pericoli che avesse mai dovuto affrontare. Non aveva idea infatti di essere andato a bussare proprio alla porta dell’Oscuro, e per di più, non possedendo un orologio, di averlo disturbato nel bel mezzo dell'ora del tè. Ma Rumplestiltskin, e questo giocò a favore di Odisseo, quel giorno si stava particolarmente annoiando, da solo, nel suo castello Oscuro, e, udito qualcuno bussare alla porta, pensò che, se non altro, avrebbe avuto da tenersi occupato per un po' a torturare lo sprovveduto che era venuto a disturbarlo. Così, posata la tazzina, con uno schiocco di dita fece aprire le porte del suo palazzo, lasciando entrare l'eroe. Odisseo vide le porte aprirsi, entrò sorridendo interiormente ed esternamente aspettandosi di incrociare il servitore che aveva aperto. Il sorriso gli morì sulle labbra quando non vide nessuno nel grande atrio, e quando le porte si richiusero da sole con un tonfo sinistro l'eroe andò leggermente in panico, provò a tirare con tutte le sue forze le maniglie in ferro battuto, ma ovviamente fu del tutto inutile. Era in trappola. Di nuovo. Non poteva crederci, perchè queste cose capitavano sempre a lui? Rassegnato si guardò intorno, l'atrio era quasi buio eccetto che per una striscia di luce calda, che gli permise di non inciampare nella scalinata che portava nella stanza principale. Odisseo entrò con cautela, cercando di non fare rumore scostando la porta socchiusa, man mano avendo sempre una visione maggiore della stanza. Era praticamente buia, solo la luce di un camino acceso sul lato destro infrangeva l'oscurità, tuttavia non permetteva di distinguere i muri e gli angoli della stanza, dando l'impressione che questa fosse molto più grande, e spaventosa. Infatti il fuoco del camino illuminava con strane tinte tremolanti color rosso vivo una miriade di oggetti sparsi qua e là, conferendogli un'aria decisamente inquietante, ma la cosa più inquietante era proprio la spada che Odisseo teneva salda tra e mani. Le tinte che il fuoco le conferiva lo rispedirono indietro nel tempo, quando il fuoco infuriava tra le strade, mentre le urla degli abitanti divorati dalle fiamme gli ferivano le orecchie e le spade degli Achei, bramose del sangue del nemico a lungo assediato, trafiggevano i cittadini. La città bruciava ancora sotto di lui, mentre dall'alto delle mura inespugnabili ammirava Troia in fiamme. Odisseo distolse la mente da quei ricordi e lo sguardo dalla spada, catturato da un movimento nell'ombra, poi una voce, che l'eroe non avrebbe esitato a definire insidiosa come le profezie di Tiresia, lo fece quasi sobbalzare.
"Avete intenzione di mettere le radici sotto quella porta?"
Odisseo si mosse quasi di scatto, avvicinandosi al fuoco nel camino. 
"Chi siete?" la voce risuonò nel buio. Odisseo aveva un brutto presentimento, così decise di riciclare un vecchio trucco, dopo tutto aveva già funzionato una volta.
"Mi chiamo Nessuno." rispose e subito sentì una risata di scherno provenire da un punto alle sue spalle, così si girò di scatto e non potè che fare un balzo indietro per lo spavento. Un essere mostruoso, dalla pelle squamosa, con le mani artigliate e un sorriso demoniaco si stagliava in controluce rispetto al fuoco, quando si spostò leggermente verso una poltrona alla sua destra i bagliori di questo gli illuminarono gli occhi, che per un attimo sembrarono ardere come una foresta in fiamme. Con un movimento teatrale e ancora ghignando per la reazione dell'ospite, l'Oscuro si sedette sulla poltrona, poi, con uno schiocco di dita, ne fece apparire una seconda. Odisseo, passato lo spavento iniziale, si maledisse da solo per aver scelto proprio quel castello, ci mancava solo un altro mago. 
"Bene, signor Nessuno." disse Rumplestiltskin ancora sogghignando "sedetevi pure se lo desiderate e ditemi cosa vi ha portato nel mio castello."
Odisseo guardò la poltrona con sospetto, mai fidarsi di qualcosa offerto da un mago, ma forse sarebbe stato peggio indisporlo rifiutando l'ospitalità, così si sedette, e miracolosamente non accadde nulla. "Beh, in realtà la storia è abbastanza lunga. A farvela breve non sono di questo mondo, sono approdato ieri in un lago poco distante da qui, attraverso un portale creato da una sirena, e mi sono perso nella foresta. Dalla cima di un albero ho scorto il castello, era il più vicino così ho deciso di bussare alla vostra porta per chiedere indicazioni, e, se possibile, dei viveri per il viaggio."
Rumplestiltskin rimase indeciso per qualche secondo sul da farsi, dopo tutto quel Nessuno, tralasciando il nome falso, era stato abbastanza rispettoso nei suoi confronti, inoltre, se davvero veniva da un altro mondo, poteva darsi che si potessero aiutare a vicenda.
"Beh, certo posso fornirvi indicazioni e viveri in quantità, ma voglio qualcosa in cambio, mio caro."
"E sarebbe?"
"Che rispondiate sinceramente alla domanda che sto per porvi."
"Va bene, nessun problema." rispose Odisseo, non trovandoci nulla di male.
"Esiste la magia nel vostro mondo?"
"Sì, per mia sfortuna." mugugnò l'eroe.
L'Oscuro non potè trattenere un po' di delusione, ma comunque era giusto rispettare l'accordo. Così gli chiese:
"Dove siete diretto?"
"Vorrei tornare nel mio mondo."
Il mago gli rise in faccia. "Temo di non potervi dare indicazioni per questo. Occorre la magia, e in questo regno la magia ha un prezzo."
"Lo immaginavo. Vedete, io nel mio mondo sono un re, posso darvi molti tesori e..."
"Nah, non mi interessano l'oro e i gioielli, vedi, mio caro Nessuno, io posso filare l'oro." disse con una punta di orgoglio il mago "No, voglio qualcosa di più...particolare. Ma ditemi, non deve essere stato facile convincere una sirena a crearvi un portale. Di solito sono restie a collaborare."
"In realtà l'ho ingannata, ma così facendo ho portato in salvo me e la mia nave. Il mio equipaggio forse sarebbe stato meglio se fosse annegato, ma comunque ho salvato anche le vite di quegli ingrati."
"Si sono ammutinati?" chiese il mago in un sogghigno.
"Sì, che Zeus li fulmini. Senza di me non sopravviveranno un giorno."
(Nel frattempo, nel castello del buon Re Leopold, l'ex equipaggio di Odisseo si stava godendo un meritato ristoro, deliziando la corte con i racconti delle loro avventure e di come si erano liberati di quella calamita per disgrazie del loro capitano.)
"Avete ingannato una sirena, impressionante. Spero che siate in grado di ripetere l'impresa, poichè temo che questo potrebbe essere l'unico modo per tornare nel vostro mondo."
"E cosa volete in cambio da me?"
"Voglio che la imprigioniate nel lago da cui siete venuto."
"E come dovrei fare?"
"Le sirene possono legarsi a un luogo, se lo ritengono adatto, e rimanerci fino alla morte."
"Insomma dovrei convincerla che quel lago sarebbe il posto perfetto per passare il resto della sua vita?"
"No di certo, questo è impossibile, una volta che si sarà accorta dell'inganno vorrà lasciarlo. No, voglio che la convinciate a bere questa." e dicendo questo, con uno svolazzo della mano, fece comparire un' ampolla, al suo interno riluceva un liquido celeste, che quasi brillava al buio. "E' una pozione fatta con l'acqua di quel lago, la convincerà che quello è il posto perfetto, dopo averla bevuta non potrà più lasciarlo. Appena questo accadrà l'acqua del lago assumerà proprietà magiche molto potenti che possono riportare all'origine qualsiasi cosa e creare persino collegamenti tra i mondi."
"E dopo, cosa devo fare? Immergermi nel lago?"
"E non farvi ammaliare dalla sirena, esatto. Se funziona vi basterà bere quell'acqua per tornare a casa."
"D'accordo. Affare fatto."
"Bene, mio caro signor Nessuno, allora andiamo." e prima che Odisseo potesse dire qualcosa il mago agitò di nuovo la mano e si ritrovò avvolto in una fitta nuvola rossa, poi si sentì mancare il terreno da sotto ai piedi e chiuse chi occhi per la paura. Quando li riaprì era di nuovo in riva a quel lago e il mago era al suo fianco, alla luce del sole era ancora più spaventoso. La pelle squamosa era di un verde malaticcio, gli occhi enormi e dai colori innaturali lo fissavano animati dal ghigno che aleggiava sulle sue labbra. Gli abiti che indossava erano ciò che di più strano l'eroe avesse visto in vita sua, era come se avesse ucciso un drago e avesse usato la sua pelle per farci dei vestiti. A ripensarci forse non era così improbabile. Si ritrovò a chiedersi se tutti in quel regno si vestissero così. Inconsciamente si passò una mano sulla tunica, come per rassettarla. Poi disse: "Allora, come faccio a richiamare quella sirena? Non credo che abbia troppa voglia di parlarmi."
"Se è vero che l'hai ingannata allora penso che ti basterà mettere un dito in acqua per ritrovartela attaccata alla carotide. Le sirene non vanno certo famose per la loro gentilezza." poi con un gesto veloce gli passò l'ampolla col liquido cristallino che l'uomo afferrò prontamente.
Così Odisseo si avvicinò all'acqua, sempre di più finchè essa non gli bagnò i sandali. Non successe nulla, così avanzò ancora di qualche passo, si infilò l'ampolla nella cintura che teneva in vita insieme alla spada, mise le mani a coppa sulla bocca e poi chiamò a gran voce la sirena. Qualche secondo dopo un guizzo increspò la superficie altrimenti piatta del lago, e poco lontano da Odisseo una figura emerse dall'acqua, prima la testa, poi il collo e il busto, rimanendo così sospesa nell'acqua, avvicinandosi sempre di più all'eroe, fino a trovarsi ad appena un metro da lui. La sirena era una creatura davvero stupenda circondata da un'aura di potere antico quanto il mondo, e Odisseo non potè che imprecare mentalmente rendendosi conto dalla sua espressione che ce l'aveva ancora a morte con lui.
 Nel frattempo Rumplestiltskin era indietreggiato, fino a raggiungere il bordo della foresta, da cui assistette alla scena. Non giudicava saggio che la sirena lo vedesse, così da non indisporla dandole l'idea di essere in minoranza. Tuttavia da quella posizione non udiva cosa si stessero dicendo, così rimase totalmente stupito quando la sirena, invece di tirare l'uomo sott'acqua e affogarlo, con un gesto fulmineo gli strappò l'ampolla dalla cintura e la bevve tutta d'un fiato. Per poi lanciare un grido di rabbia sentendosi tirare verso il fondo del lago, legata alle sue acque fino alla morte. Così l'Oscuro si avvicinò di nuovo mentre l'eroe saltava letteralmente via dalle acque del lago sulla riva.
"Bel lavoro, Nessuno. E non lo dico a tutti. Ma cosa le hai detto per convincerla?"
Fu questa volta il turno di Odisseo di ridacchiare. "Le ho semplicemente detto di non farlo."
"Beh, ha funzionato. Adesso ormai dovrebbe essere arrivata sul fondo e la pozione aver terminato il suo effetto."
L'altro annuì e tornò verso l'acqua. 
"Se ha funzionato quando vi sarete immerso completamente pensate al vostro mondo, bevete un sorso e le acque dovrebbero riportarvici." 
"Vi ringrazio. E vi saluto... perdonatemi, ma non mi avete detto il vostro nome!"
"Nemmeno voi." ghignò il folletto.
"Severo ma giusto." rise l'eroe. "Almeno posso sapere se questo lago ha un nome?"
Rumplestiltskin ci pensò sopra un attimo, effettivamente non ricordava che ne avesse mai avuto uno, così rispose:
"No, a dire la verità."
"Peccato. Io lo chiamerei Nostos. Lago di Nostos. Che ne dite?" 
"E' un bel nome. Rende l'idea. Allora Addio." salutò il mago con un mezzo inchino.
"Addio" detto questo Odisseo si buttò nel lago e fece tutto quello che il mago gli aveva detto, pensando intensamente a casa.
Rumplestiltskin girò i tacchi e tornò verso la foresta, tutto soddisfatto, quel posto gli sarebbe tornato utile prima o poi. Era quasi al limite del bosco quando una voce lo richiamò indietro e si voltò. Era la sirena, con un diavolo per capello, che lo stava fissando con odio mentre la coda guizzava nervosa dentro e fuori dall'acqua. 
"Ehi tu! Folletto da strapazzo! Cosa diavolo mi avete fatto bere?"
"Una pozione, mia cara. Ora sei legata al lago di Nostos, quindi ti conviene metterti la coda in pace e iniziare a pensare a come metterti comoda, perchè resterai qui per molto, molto tempo, e credimi, lo so." ghignò malvagiamente l'Oscuro. Si voltò e evocò la sua solita nube di fumo vermiglia. Quando ricomparve nel suo castello aveva un'espressione sconvolta, prima di sparire dalla sponda del lago avrebbe potuto giurare di aver sentito..."Rumple, aspetta..."
la sua voce..lei...
"Milah..."
Poi ritornò in sè, e maledisse le sirene.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** BedTime Story ***


BedTime Story

Un pianto insistente rompeva il silenzio nel castello, andò avanti per lunghi minuti totalmente ignorato. Era una bambina che piangeva, piccola, indifesa, di appena quattro o cinque mesi. Non stava male, non aveva fame, non sapeva ancora bene cosa volesse o non volesse, era ancora troppo piccola, sapeva solo di cosa aveva bisogno, e in quel preciso istante aveva solo bisogno di un po' d'amore. La nutrice era a casa sua quella sera, i suoi genitori infatti erano a casa, non a un ballo o a una cerimonia. Il padre era distante, lui l'avrebbe cullata volentieri, tuttavia era praticamente relegato nell'ala opposta del castello, ma invece la madre non era distante. Almeno non in termini di spazio. Era appena a pochi passi da lei che piangeva disperata. Era impegnata la madre, seduta alla bella e riccamente ornata toletta della sua bella e sfarzosa stanza con un ricco e ornato abito, dava le spalle alla culla di sua figlia mentre si disfava l'acconciatura della giornata per andare a lavarsi e poi andare a dormire. Non si curava della bambina, non la prendeva in braccio come avrebbe fatto qualsiasi altra madre, non la tranquillizzava con parole dolci, ogni tanto rispondeva al suo grido con un piatto "Shhh. Shhh." ovviamente del tutto inutile. Comunque sarebbe andata presto nella stanza da bagno e il rumore dell'acqua avrebbe coperto quello del pianto di sua figlia, non sperava che sarebbe finito presto, ma prima o poi doveva pur addormentarsi, altrimenti le avrebbe lanciato un incantesimo silenziante fino a quando non si fosse calmata. Stava giusto pensando questo quando all'improvviso il pianto si spense, lasciandosi dietro un silenzio stupito, come se nemmeno la bambina quella sera si aspettasse davvero di essere cullata. La bella donna si voltò di scatto, ma ciò che vide non la spaventò, come invece probabilmente avrebbe spaventato ogni singola madre del pianeta se avesse visto la sua bimba in braccio a una figura del genere, no. Lei invece sorrise, avrebbe potuto sorridere di cuore...se solo ne avesse avuto uno nel petto. 
"Visto, Cora? Bastava prenderla in braccio per impedirle di tenere sveglio tutto il reame."
Era quasi un anno che non si vedevano, dopo che lei lo aveva lasciato, preferendo la corona all'amore che avrebbero potuto condividere. Mesi che non si parlavano, e la prima cosa che lui le diceva era stata una lieve e sarcastica critica al suo comportamento da madre.
"Ah, certo. Beh, allora mentre io vado a farmi un bagno rilassante, la tieni un po' in braccio tu, che ne dici, Rumple?"
"Non sono venuto qui a farle da babysitter, solo a controllare che la mancanza di affetto di sua madre non ne stesse compromettendo la salute, deve crescere in forze; poi perchè dovrei farlo io?"
"Perchè non l'hai rimessa nella culla quando ha smesso?"
Rumplestiltskin si era quasi dimenticato di avere la bambina in braccio, e assolutamente non si era reso conto di aver incominciato a cullarla. Diede la colpa alle lunghe notti passate a fare gli stessi gesti amorevoli con suo figlio. Quel movimento rilassante, quel lento cullare per calmare un bambino...una volta che ci sei passato non sono cose che si dimenticano, ed evidentemente diventano un riflesso condizionato.
"Perchè so che se la rimetto giù adesso, ricomincerà a piangere più forte di prima." rispose allora sprezzante.
"Sì, Regina ha una bella voce squillante." disse orgogliosa Cora.
"Regina...è così che l'hai chiamata. Un nome molto...imbrigliante."
"E' quello che sarà, ciò che la farò diventare."
"E se lei, per pura ipotesi, non volesse?" chiese, con un po' di ironia nella voce, Rumple, il quale, a differenza di Cora, conosceva bene il futuro.
"Non dire sciocchezze, Rumple, certo che lo vorrà." rispose la donna con ovvietà.
Cora si alzò e andò verso la stanza da bagno, ma la voce dell'Oscuro la fermò.
"Io non faccio mai niente per niente, mia cara. Dovresti saperlo. Cosa mi dai in cambio se la faccio addormentare per te, nelle notti come queste?" 
"Cosa vuoi?" chiese tranquilla la donna. L'Oscuro sogghignò beato, non aspettava altro se non quelle due parole.
"In una notte come questa, tra esattamente diciassette anni, farai in modo che lei trovi il mio libro di incantesimi."
"Così che sia incuriosita dalla magia e mi chieda di addestrarla!" completò emozionata la donna, ma l'Oscuro sogghignò ancora, mentre tra le sue braccia cullava la piccola Regina. "Sì, mia cara, in un certo senso."
Ma lo disse talmente sottovoce che Cora quasi non lo sentì, troppo concentrata sull'immaginare sua figlia, potente regina del regno, che schiacciava tutti i suoi nemici con la magia.
"Affare fatto, Rumple. Puoi iniziare da sta sera." detto questo si volatilizzò nel bagno, mentre Rumplestiltskin piegava leggermente il capo in un accenno di inchino, ma appena Cora fu uscita dalla stanza ebbe un eccesso di risa talmente acute che riuscì a svegliare Regina, ormai praticamente addormentata. Ovviamente la piccola riprese a gridare a pieni polmoni, cosa che per un attimo spaventò Rumplestiltskin, si era dimenticato quanto forte potesse gridare un neonato, ma di una cosa era certo, il suo Bae non aveva mai gridato così forte, per tutti i sortilegi oscuri Regina forava i timpani! Ricominciò a cullarla, passeggiando un po' per la stanza, tenendo la voce bassa e calma, molto diversa da quella che aveva di solito, quasi umana. Le sussurrava parole dolci per farla calmare. Quando smise di urlare le disse tutto soddisfatto: "Bene, brava Regina. Che ne dici adesso di una storia della buona notte?"
Rumple non sapeva se la piccola lo avesse davvero capito e sorridesse perchè era d'accordo, se fosse contenta che qualcuno finalmente le desse un po' di attenzioni, oppure se semplicemente stesse ridendo del suo aspetto, sicuramente buffo per un neonato. Probabilmente tutte e tre. Senza ulteriore indugio incominciò:
"C'era una volta, in un regno molto molto lontano, ma nemmeno troppo, una giovane regina, molto versatile nelle arti magiche." e dicendo questo, con uno svolazzo della mano, fece abbassare le luci e fece comparire delle stelline luccicanti e variopinte, la bambina prima rimase stupita, con la bocca aperta in una piccola O, poi rise contenta cercando di afferrarle con le manine. Ottenuto l'effetto sperato, Rumple continuò: "Il suo regno era vasto e lei lo dominava con forza, tuttavia un giorno decise che i cattivi che tanto la infastidivano e le impedivano di vivere felice e contenta andavano puniti e che lei e tutto il suo reame dovessero andare a vivere in un nuovo regno, lontano. Un luogo dove solo lei avesse la magia e nessun'altro, dove la regina avrebbe potuto vivere felice e contenta. Così chiese aiuto al suo amico più fidato e suo maestro, colui che le aveva insegnato tutto sulle arti magiche. Un..." pausa ad effetto "Folletto! Dalla pelle verde e dai vestiti buffi che, per motivi noti solo a lui, sogghignava di continuo. Un giorno lo invitò a prendere il thè, e gli chiese: "Amico mio, voglio trovare il modo di punire quelli che mettono disordine nel mio reame. Voglio portare tutti noi in un luogo dove io sia l'unica ad avere la magia, dove possa ottenere il mio per sempre felice e contenta!" il folletto rispose : "Mia bella Regina, un luogo tale esiste, ma si trova molto lontano da qui, ti servirà un sortilegio." la regina si imbronciò tutta e chiese: "E io dove lo trovo un sortilegio così potente?"
"Sei fortunata, mia cara!" esclamò tutto contento il folletto "Io ne possiedo uno, e te lo darò volentieri! Ma devi aver ben presente dove vuoi andare, altrimenti potrebbe non funzionare." sogghignò.
"Deve essere un posto speciale, immaginato tutto da me. Una nuova città, con case, negozi, e un campanile. Un alto campanile, ma che segna sempre la stessa ora!"
"La stessa ora? E come mai questa beffa?" chiese il folletto.
"Così che il tempo non scorra, e che possano vivere tutti per sempre!"
"Come siete buona mia regina, e a che ora avreste pensato?" la regina ci riflettè per qualche secondo, poi disse felice: "Le otto e un quarto!" il folletto rise, ma poi più serio aggiunse: "Tutto questo è molto bello, mia Regina, ma manca qualcosa. Che nome dareste alla città che sotto il campanile riposa?" ogni tanto il folletto si dilettava a parlare in rima perchè sapeva che questo faceva tanto ridere la regina." di nuovo, come se Regina capisse, rise, anche se i suoi occhietti verde bottiglia si stavano ormai chiudendo. Rumple si ritrovò a chiedersi di che colore sarebbero stati un giorno, sapeva che il colore degli occhi dei neonati cambia nel giro del primo anno, e sperava che sarebbero stati di un bel colore caldo e avvolgente, a differenza di quelli di sua madre, freddi come un inverno perenne. Cacciò via quei pensieri e ritornò alla storia, non poteva permettersi errori.
"La regina rimase interdetta. Non sapeva che nome avrebbe dato alla sua nuova città, così disse al folletto: "Ci serve un'impresa per scoprirlo!" il folletto battè le mani dalla contentezza e i due partirono all'avventura. Uscirono dal castello, poi dal regno, e cammina, cammina, cammina trovarono un villaggio ricoperto dalle fiamme. Un possente drago imperversava sui contadini. Quando Regina lo vide pensò: "Uhm, una creatura così potente di certo conoscerà molti reami, forse troverà il nome della mia città!" dal canto suo invece il folletto pensò: "Qui finisco arrosto!". I due si avvicinarono al drago, che vedendoli si avvicinò a loro. All'inizio la regina pensò di dover combattere con la sua magia, ma il drago lasciò il posto, in una nuvola di fumo, a una giovane donna dai tratti spigolosi, tutta vestita di nero, come il colore delle squame del drago. "Chi siete? E cosa ci fate nel mio reame?" chiese con fare autoritario.
"Io sono la Regina della foresta incantata." rispose orgogliosa Regina. "E lui è il mio amico folletto. Siamo qui per portare a compimento un'impresa! Devo trovare il nome per la mia città. E voi chi siete?"
"Il mio nome è Malefica. Sono una strega molto potente e se vuoi posso aiutarti nella tua impresa. Conosco molti reami e se mi descrivi il luogo dove la città nascerà, posso dirti il suo nome." così la regina tutta contenta le descrisse la città, il campanile che segna sempre le otto e un quarto e il mondo senza magia. Dopo aver ascoltato, Malefica rispose: "E' un regno molto lontano, dove la magia non arriva, una terra formata da tanti stati uniti in un solo governo. La tua città nascerà nel nord di questi stati uniti, ma non posso dirti altro. E' tutto ciò che so." la regina e il folletto ringraziarono cordialmente Malefica, lei li salutò e poi si ritrasformò in drago, andando a finire di radere al suolo il villaggio. I due amici ripartirono e cammina, cammina, cammina arrivarono in un nuovo reame, il reame da cui proveniva il folletto! Contento più che mai il folletto disse:" Andiamo a casa mia, Regina! Lì sicuramente troveremo qualcosa di utile all'impresa!" così arrivarono nella casa del folletto, che era un grande castello pieno di cose meravigliose e soprattutto preziose. Regina rimase incantata da quella vista, mentre il folletto frugava tra la sua roba, alla ricerca di un oggetto molto particolare. Quando lo ebbe trovato comparve al fianco di Regina, e le mostrò la meraviglia: una bellissima e splendente palla di vetro!" la bambina, mezza addormentata, fece un'espressione strana, che Rumple interpretò come disappunto. Sogghignando continuò: ""Una palla di...vetro?" chiese confusa e un po' delusa Regina. "Non una semplice palla di vetro." rispose il folletto fiero: "Quest'oggetto di cristallo può predire il futuro, invero. Ci dirà il nome dello stato in cui sorgerà la città, e forse anche il suo!" un sorriso bellissimo si aprì sulle labbra di Regina, che disse: "Allora cosa aspetti, amico mio? Guarda e dimmi!" Il folletto agitò appena la mano sulla sfera di cristallo sussurrando queste parole: "O sfera, sfera che il futuro predici, dove sorgerà la città di Regina dicci!" immediatamente nella sfera si formò un'immagine, sembrava un cartello, la scritta diceva "Maine". La regina era contentissima, e così anche il folletto, ma la regina voleva sapere di più, così lei stessa provò l'incanto sulla sfera: "O sfera, sfera che il futuro predici, come si chiamerà la mia città dicci!" nel fumo della sfera però non si materializzò niente. Tuttavia la regina non si perse d'animo. "Siamo già a buon punto! Sarà nello stato del Maine nella terra degli stati uniti. Manca solo il nome!"
Il folletto per la prima volta sembrò un po' triste: "Forse non lo troveremo mai così, dopo tutto è la tua città, magari è un nome che devi darle tu!" la regina ci pensò un po', il suo amico aveva sicuramente ragione, in fatto di nomi lui non sbagliava mai. Che nome si può dare a una città così importante, la città che avrebbe rappresentato la sua storia...storia! Ecco la parola che avrebbe usato, sarebbe stata una città piena di storie, ma la più importante sarebbe stata quella di Regina. "Storybrooke." disse sorridendo al suo amico folletto. "Si chiamerà Storybrooke."" la bambina sorrise nel sonno. Ormai dormiva beata tra le sue braccia, così, delicatamente, la ripose nella sua culla e le rimboccò le coperte. Gli ci erano voluti solo pochi minuti per raccontare la storia, Cora era ancora nella stanza da bagno, così, sorridendo compiaciuto del suo operato, Rumplestiltskin sussurrò: "Buonanotte, mia Regina.", e si volatilizzò in una nuvola di fumo vermiglio. Quella notte Regina dormì tranquilla, e anche per molte altre notti a seguire. Rumplestiltskin veniva spesso a cullarla quando piangeva e non riusciva a dormire, non facendo dormine nemmeno mezzo castello, e ogni volta le raccontava quella stessa identica storia. La storia della sua città. L'ultima volta che venne a cullarla aveva circa tre anni, l'età in cui i bambini iniziano a ricordare le persone e i volti. Non poteva permettere che Regina si ricordasse di lui, ma era cruciale che si ricordasse di Storybrooke, con tutte le volte in cui le aveva raccontato quella storia ormai doveva essere ben impressa nel subconscio della bambina, e prima o poi sarebbe rispuntata fuori, si augurava l'Oscuro, certo era rassicurato dal fatto che, da quando Regina aveva iniziato a parlare, subito dopo "mamma" aveva detto "Stooybok", il che era un buon segno. L'ultima volta che le raccontò la storia della buona notte, tuttavia, cambiò il finale, non sapeva nemmeno lui il perchè, forse voleva solo salutarla. La bambina lo ascoltava beata nel suo lettino, tra il sonno e la veglia, come tutte le sere, mentre Rumple, seduto sul bordo del lettino al lume di una candela, con la sua voce più umana, raccontava: ""Si chiamerà Storybrooke." disse la regina. Il suo amico folletto sorrise compiaciuto, poi parlò orgoglioso alla sua Regina, prima di sparire: "Molto bene, mia cara." disse "Sono fiero di te. Un giorno Storybrooke sorgerà per mano tua e del mio sortilegio. Fino a quel momento, temo che non ci rivedremo più, ma non essere triste, mia cara Regina, ci rincontreremo. Ti basterà evocarmi, e di nuovo insieme saremo."" la bambina dormiva e Rumplestiltskin sogghignò, come ogni sera le rimboccò le coperte, poi, prima di sparire nella sua solita nuvola di fumo vermiglio, le disse sottovoce: "Fai bei sogni Regina, finchè puoi, ci rivedremo quando sarai cresciuta. Fino ad allora, buonanotte."

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Groundhog Day ***


Groundhog Day

7:30 Suona la sveglia. Il sindaco la spegne prima che inizi a suonare, si alza e si prepara. 8:13 esce da casa sua per andare al municipio. Come ogni mattina. Attraversa la strada, breve controllatina all'orologio della torre per assicurarsi che sia ancora fermo, poi sussurra tra sè e sè guardando l'orologio al suo polso: "8:17 Buongiorno sindaco Mills"
"Buongiorno sindaco Mills!"
"Buongiorno Dottor Hopper."
Torna a pensare tra sè e sè: "8:21 Gold attraversa la strada e apre il negozio." gira lo sguardo e puntuale come un orologio svizzero ecco il signor Gold che attraversa la strada, coi soliti occhiali da sole, il solito bastone e il suo solito abito firmato, gira la testa per ignorarla volontariamente, tira fuori le chiavi e apre il banco dei pegni. Regina sogghigna tra sè e sè, Gold non ricorda nulla, eppure ha fatto sì di poter riuscire comunque a infastidirla con quel gesto ogni giorno. E da quasi dieci anni, ogni giorno si ripete uguale a sè stesso. "8:25 Ruby mette il cartello fuori da Granny e litiga con la nonna...tre due uno.. Avrei dovuto andare a Boston, odio questa monotona cittadina!" ed eccole, puntuali anche loro, col loro siparietto mattutino. 
"Avrei dovuto andare a Boston, odio questa monotona cittadina!" 
"Certo, scusa se il mio infarto ha rovinato i tuoi sogni di gloria!"
 Poi un pensiero la colpisce: "8:26 sta volta ce la puoi fare! evitare impatto con Mary-Margareth!" i fiorellini si schiantano contro il suo cappotto firmato ancora prima che lei riesca a scostarsi. Niente, in un modo o nell'altro tutte le mattine quella stupida riesce a schiantarle qualcosa addosso! Sembra quasi che Biancaneve sia riuscita pure lei a trovare il modo di infastidirla ogni giorno. Ma almeno il suo caro principe è ancora fuori gioco, e ci resterà per molto molto tempo. E' questo che pensa ogni volta che Gold la ignora, ogni volta che Mary-Margareth le schianta addosso i fiori, o qualsiasi cosa abbia in mano quella mattina, ogni volta che Pongo le abbaia contro, che Granny le serve le lasagne fredde e che Eolo le starnutisce in faccia quando alle 17:34 precise va in farmacia, ogni volta che passa la notte con Graham e quando la mattina dopo, sola, alza lo sguardo sul campanile, perennemente fermo alle otto e un quarto. Niente cambia mai a Storybrooke, e niente mai cambierà. Ed è per questo che accettava quelle piccole cose, perchè si ripetevano uguali ogni giorno, perchè questo voleva dire che il suo sortilegio era ancora attivo, che lei aveva il controllo, che aveva vinto, che nessuno ricordava eccetto lei. Regina Mills. Che sobbalza quando il telefono le trilla in tasca. Stizzita mormora tra sè e sè "9:45 Glass che rompe mentre bevo il caffè mattutino per chiedermi se mi piace il nuovo articolo su di me." Risponde con un : "Ciao Sidney, sì l'ho letto, bellissimo sono lusingata buona giornata." attacca. Breve e indolore. Ecco una delle cose che non sopportava di quel giorno. Niente cambia mai a Storybrooke, pensò sta volta con un po' di amarezza. Certo, magari cambiavano dei piccoli, infinitesimali dettagli, tipo il tempo atmosferico, le parole dell'articolo di Sidney o cosa Mary-Margareth le schiantava addosso, dove Ruby e Granny litigavano, ma le azioni fondamentali rimanevano sempre e comunque le stesse, ogni giorno. E dopo i primi tre anni si era altamente stufata di quella monotonia, le mancava qualcosa, ma non sapeva ben dire cosa. Aveva ottenuto tutto, la vendetta, il potere, eppure...decise di scacciare via quel pensiero e di dedicarsi all'azione diversa della giornata. Sì, perchè siccome lei era l'unica a poter agire totalmente in libertà, era anche l'unica a poter compiere azioni diverse ogni giorno, sempre che non implicassero quelle degli altri, tipo le lasagne fredde o lo starnuto in faccia, o la stramaledetta Mary-Margareth. Si era ripromessa che ogni giorno avrebbe fatto qualcosa di diverso, per spezzare la monotonia di quell'eterna giornata. 17:30 il sindaco esce dall'ufficio e si dirige verso casa. "Oggi cambiamo un po'." pensa tra sè e sè mentre passa di fronte al negozio di pegni di Gold. "Vediamo come se la passa...è una vita che non gli faccio visita. Sarà bene trovare una scusa...tipo...mi serve una pala nuova! No. Già usata, e non ho voglia di sentire il solito 'L'ultima volta che ho controllato c'era ancora scritto banco dei pegni sul cartello qui fuori e non attrezzi da giardino.'...una cornice! questa non l'ho ancora mai usata." non era la prima volta che il sindaco andava a vedere come se la passava il signor Gold, certo non ci andava spesso, ma la possibilità che lui potesse riacquistare la memoria la inquietava, non aveva intenzione di dividere il suo vantaggio con nessuno, e già gli aveva concesso parte dell'egemonia sulla città, perciò a volte andava a trovarlo con una scusa. Ma pare che quella fosse una delle piccole azioni invariabili, ogni volta lei gli diceva che era venuta a comprare qualcosa lui rispondeva puntuale 'L'ultima volta che ho controllato c'era ancora scritto banco dei pegni sul cartello qui fuori e non...' e il nome di qualsiasi altro posto in cui vendevano la stessa cosa a un prezzo due volte più ragionevole. Era evidente che lui non gradiva averla intorno, lei come in generale chiunque altro. Comunque, risoluta e preparandosi psicologicamente a delle battute velenose, entra nel negozio facendo trillare vivacemente il campanello e lasciando che la porta si chiuda da sola sbattendo. Dall'altra parte, nel retro, Gold sente il campanello, così pensa tra sè e sè: "Solo i debitori e il sindaco Mills riescono a far suonare così il campanello del negozio...3 2 1 porta." ed ecco che sbatte "Perchè nessuno accompagna mai quella maledetta porta? Forse dovrei metterci un cartello. Sì, sarebbe uno spreco di denaro esattamente come il cartello 'chiuso/aperto' una cosa che nessuno mai leggerà." rassegnato Gold si alza dal tavolo su cui sono sparsi oggetti vari ed orologi rotti, afferra il bastone, claudica tranquillo verso il bancone e "Sindaco Mills, è da un po' che non passa da queste parti, ha trovato il ferramenta alla fine?" l'ultima volta Regina era entrata chiedendo chiodi e martello. Ormai Gold si era accorto che il sindaco gli faceva visita con cadenza regolare, sempre chiedendo qualcosa di stupido. All'inizio pensava che avesse una specie di cotta per lui, ma adesso aveva capito che c'era qualcosa sotto...oltre la cotta ovviamente. "Certo." è la secca risposta, e che cosa avrebbe dovuto rispondere Regina, dopo tutto lei non era male in sarcasmo, ma lui aveva un'esperienza centenaria...anche se al momento non la ricordava.
"Bene, allora in cosa posso esserle utile?"
"Cerco una cornice per un quadro."
"Suppongo che servissero a quello quindi chiodi e martello."
Miracolo, Gold ha cambiato risposta. Pensa Regina sollevata. Ma no, aspetta, cosa? 
"Sì, ehm, esatto, ma...non mi dice qualcosa tipo 'L'ultima volta che ho controllato c'era ancora scritto banco dei pegni sul cartello qui fuori e non...' che ne so, negozio di cornici?" panico.
Il ghigno che gli si apre sul volto vale più di mille risposte sarcastiche: "Forse perchè di solito chiede cose che qui non hanno ragione di trovarsi." Regina si calma, ok, è una delle piccole cose che dipendono da lei e quindi possono cambiare. Fuori pericolo.
"Ma se vuole posso comunque dirglielo se le fa tanto piacere. In ogni caso, c'è un negozio di cornici a cento metri da qui." figurarsi se Gold si lasciava sfuggire così un'occasione servita su un piatto d'argento.
"Ormai sono qui. Allora ha intenzione di farmi vedere delle cornici oppure vuole seriamente che vada a spendere i miei soldi da un'altra parte?"
"Io gliele mostro se lei promette di non tornare qui per almeno un altro mese."
Regina scrollò le spalle "Accetto."
"Affare fatto, da questa parte." 
Non che a lui i soldi mancassero, ma voleva divertirsi ancora un po', e magari convincerla davvero a lasciarlo in pace per un mese, per cui le mostrò le cornici che avessero il rapporto qualità prezzo più basso possibile, ovvero le più orrende e costose del negozio. Alla fine il sindaco esce con una cornice di dubbio gusto pagata come se fosse stata parte dell'arredamento di un monarca francese. "Altro che un mese. Lo giuro, non verrò mai più a fare visita a quel folletto malvagio! Dio quanto odio questo posto." fu un pensiero fugace, appena accennato, un giuramento che le passò subito di mente senza lasciare di sè alcuna memoria, così infatti voleva il sortilegio. Regina era tranquillamente inconsapevole del fatto che in ogni caso non avrebbe potuto mantenerlo, inconsapevole che anche lei finiva sempre col ripetere le stesse azioni, che lo volesse o meno. Regina Mills con cadenza mensile doveva andare a fare visita al signor Gold per spezzare un po' la monotonia di quella giornata eterna, sempre con una scusa diversa, e sempre avere una piccola schermaglia col folletto. Perchè niente cambia mai a Storybrooke, mai, per nessuno. Perchè il sortilegio ha colpito tutti, Regina Mills compresa, e questo la porterà, un giorno, a entrare in quel negozio e a chiedere a Gold qualcosa che possa riempire il vuoto che si sta rapidamente formando nel suo cuore, qualcosa che alla fine romperà davvero quella monotonia, per sempre. 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Marathon ***


Marathon

"Come sarebbe a dire che non l'hai mai visto?!?"
"Non ne ho mai avuto il piacere."
"Ma nonno! Non puoi non averlo mai visto! E' fondamentale!"
"Mi deve essere sfuggito, sai tra un sortilegio e l'altro non ho avuto molto tempo da dedicare alla cinematografia."
"Ok lo posso capire. Allora dobbiamo rimediare."
"Henry, sono molto occupato, ho degli affari da sbrigare in negozio e..."
"Non ci provare, oggi è giorno di chiusura. Inoltre ti sei offerto tu di ospitarmi finchè mamma e Hook non tornano dalla luna di miele."
"Figliolo, tu sei uno dei pochi ragazzini tanto fortunati da avere due madri, e i genitori di una delle quali così buoni e amorevoli da far cariare i denti. Cosa ti fa pensare che sia stato io a insistere per sottrarti a cotanto amore?"
"Ehmm.."
"E' stata Belle che si è messa d'accordo con Regina e i Charmings, ha fatto loro una specie di discorso sull'importanza dei rapporti famigliari e su dio sa cos'altro...credo sia convinta che io e te dobbiamo costruire una specie di rapporto nonno-nipote più saldo."
"Tu però non ti sei opposto."
"Certo che no, non volevo rompere l'idillio post happy ending. L'idea era quella di piazzarti accanto al wifi e di svignarmela silenziosamente..."
Henry ridacchiò mentre, Gold armeggiava con il ruter che non ne voleva sapere di funzionare, nemmeno con la magia. Niente, quell'aggeggio infernale non collaborava, e adesso doveva trovare il modo di tenere occupato un nipote quattordicenne per almeno tre giorni, il minimo indispensabile per poi poterlo scaricare a Regina senza incorrere nelle ire di sua moglie. Il patto era questo, minimo tre giorni e in cambio una settimana nella casa in montagna solo lui, Belle e il piccolo Gideon, come avrebbe potuto non accettare? E invece il suo piano malefico era fallito miseramente per colpa di uno stupidissimo pezzo di plastica e lucine blu che lampeggiavano a morto. Sconfitto Gold si sedette con malagrazia sulla sua poltrona preferita, le mani tra i capelli, cercando di pensare a un piano B che tenesse impegnato il ragazzo e che non includesse la sua presenza costante. Non che il nipote non gli andasse a genio, anzi, ma non sapeva come comportarsi con gli adolescenti, sapeva soltanto che gli piaceva starsene sulle loro, specie in quella fase che va dai 13 ai 19 anni in cui cercano di affermare la loro indipendenza dagli adulti. Temeva più che altro che il ragazzo alla fine lo trovasse...noioso. Lui, Rumplestiltskin, il mago più potente di tutti i reami, aveva paura che suo nipote lo trovasse noioso. Era un bel problema. Perciò adesso gli serviva un nuovo piano per aggirare il suddetto problema. Ma Henry era di tutt'altro avviso.
"Senti, visto che tanto il wifi non funziona, ti propongo un accordo."
A quelle parole Rumple alzò la testa, almeno adesso erano finiti in un terreno che conosceva.
"Ti ascolto."
"Io mi gestisco da solo e tu puoi andare a fare quello che ti pare, e dirò a Belle, quando torna, che siamo stati insieme tutto il pomeriggio." Henry mise sù un'espressione furbetta che gli ricordò se stesso in una maniera piuttosto inquietante. Un ghigno gli sorse spontaneo mentre rispondeva:
"E cosa vorresti in cambio?"
"Che tu guardi il primo film con me. Che ti piaccia o meno io avrò comunque raggiunto il mio scopo e se non ti piace puoi andartene e avrai perso solo un paio d'ore del pomeriggio, e quella che dirò a Belle in realtà sarà una mezza verità perchè comunque un po' di tempo insieme l'abbiamo passato." pausa ad effetto per lasciargli valutare l'offerta, e poi, prima che prendesse una decisione vera e propria, Henry aggiunse: "Allora, accetti?" ci sapeva fare, doveva ammetterlo. E in fondo la cosa poteva andare effettivamente a vantaggio di entrambi, per cui disse: "Va bene, siamo d'accordo." e i due si strinsero la mano. 
"Allora, il lettore dvd lo sai usare meglio di me, quindi metti questo capolavoro di cinematografia."
Henry tirò fuori dallo zaino con le cose che si era portato dietro per il soggiorno a casa Gold un cofanetto piuttosto voluminoso, quando lo aprì Gold vide sei dvd con diversi titoli, Henry prese quello di centro, nero col titolo in giallo, e lo inserì nel lettore facendo partire il film e andando a sedersi sul divano di fronte alla tv.
Sullo schermo nero comparve una scritta in azzurro:
A long time ago in a galaxy far, 
far away...

"Facciamola finita in fretta." borbottò Gold dalla poltrona. Henry rise sotto i baffi, poi partì a tutto volume La Colonna Sonora e vide il nonno fare un salto per lo spavento sulla poltrona mentre in giallo compariva il titolo della saga seguito dai titoli di testa, che Rumplestiltskin si accorse solo a metà di dover leggere.
*Un'ora e cinque minuti dopo*

Rumplestiltskin era sconvolto. Non ricordava di aver mai visto qualcosa del genere nella sua multicentenaria esistenza. Il film era appena finito e fissava lo schermo serissimo, con gli occhi spalancati, non sapendo cosa dire o fare. Henry, di contro, lo guardava indeciso se scoppiare a ridere o rimanere immobile per paura che il nonno decidesse, in uno scatto d'ira, di far esplodere il televisore e trasformare lui in qualcosa di piccolo e facilmente sopprimibile.
Rumple si voltò verso il nipote, fissandolo con espressione un po' stralunata, poi provò ad aprire la bocca per dire qualcosa, ma non uscì alcun suono. Così la richiuse e dopo qualche istante decise di riprovarci. Disse solo due parole: "E poi?" 
Henry non riuscì a trattenere un sorriso e velocemente cambiò il dvd e mise "L'Impero colpisce ancora" e in fine "Il ritorno dello Jedi"
Era ormai tarda sera quando Belle e Gideon, profondamente addormentato in braccio alla mamma, tornarono, e quello che la signora Gold vide una volta entrata in salotto la lasciò senza parole. Rumple e Henry erano entrambi sul divano, con un enorme cesto di pop corn in braccio, probabilmente fatto apparire dal marito visto che non ne avevano in casa e qualcosa le diceva che quei due non si erano mossi di lì per tutto il giorno, vicini e con le lacrimuccie agli occhi mentre sullo schermo un ragazzo vestito di nero in lacrime si disperava, per quello che poteva sentire, per la morte del padre. Sorrise e silenziosamente andò in cucina a preparare la cena, non voleva disturbarli. Sembravano così emotivamente coinvolti. Pochi minuti dopo le giunse alle orecchie la colonna sonora che annunciava la chiusura del film. 
"Allora nonno? Che ne pensi?" chiese Henry sorridendo fiero di se stesso per essere riuscito a far vedere la trilogia di Star Wars a Rumplestiltskin. Dal canto suo, Rumple si girò verso il nipote e disse euforico: "E' la cosa più assolutamente epica che abbia mai visto in vita mia! Il che è tutto dire! La storia e poi le spade laser , la Forza (che tra l'altro è magia base quindi potrei anche insegnartela." "Ehm...lo sai vero che tu tecnicamente faresti parte del lato oscuro?" "Dettagli nipote, lascia che ti insegni e governeremo la galas...il mondo insieme!" "RUMPLE!" "Era solo una citazione, tesoro!") e i colpi di scena!  Poi Darth Vader è un personaggio fantastico! Se solo ci fosse un film sulla sua storia..." concluse un po' amareggiato. Sta volta Henry non si trattenne e scoppiò a ridere, mostrando a un Gold da prima confuso, poi di nuovo euforico gli altri tre dvd del cofanetto.
Passarono così quei tre giorni, facendo una maratona di Star Wars e cercando di far capire a Belle come Palpatine aveva effettuato il colpo di stato trasformando La Repubblica nell'Impero Galattico. E alla fine Rumple riuscì a convincere Henry, citando a più riprese l'Imperatore e Darth Vader, probabilmente senza rendersene conto, a farsi dare qualche lezione di magia, "perchè la magia scorre nella nostra famiglia ed è potente in te." furono le esatte parole. Alchè Henry non potè resistere, e per la fine del soggiorno, che si protrasse ovviamente per l'intera settimana, Henry riusciva a spostare gli oggetti con la magia e a fare il trucchetto mentale da Jedi (vero motivo per cui in realtà il ragazzo alla fine si era fatto convincere.) tuttavia prendendo l'impegno di non usare mai la magia per fini che non fossero più che nobili, proprio come un vero Jedi. Rumple, invece, contento di aver trovato il modo di non apparire noioso agli occhi di suo nipote, nel frattempo ci aveva anche preso gusto con la storia del lato oscuro della Forza, da allora pretese di essere chiamato Darth One. 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** La Storia del Grammofono ***


La Storia del Grammofono

Le porte della sala si spalancarono di colpo e Belle sobbalzò per la sorpresa. Concentrata com'era sul libro che stava leggendo sulla poltrona vicino al grande camino, non aveva sentito il padrone rientrare. Si alzò di scatto, ma ormai era troppo tardi, il ghigno sarcastico sul volto verdognolo di Rumplestiltskin ne era la prova più lampante, stava per arrivare una battuta velenosa sul fatto che lei era una pessima domestica e che sarebbe stata più utile da teiera.
"Mia cara, quando ti ho mostrato la mia biblioteca non immaginavo che, come effetto collaterale, ci sarebbero state almeno due dita di povere su ogni superficie del castello. A questo punto mi saresti più utile da rastrello piuttosto che da domestica."
Eccola, puntuale come un orologio svizzero. Belle dovette trattenersi dal ridere, come se lei non sapesse che l'Oscuro possedeva, tra i tanti, anche il potere di vedere il futuro. Ma, invece di dire questo, le scappò un mezzo ironico:
 "Come un rastrello? Non un rospo? O una teiera?"
"Nah, ti ho declassato... ad attrezzo da giardino!" rispose tra il serio, giusto per darsi un tono, e lo scherzoso.
"Comunque ben tornato." ed eccolo, dritto al cuore come una stilettata. Quel sorriso, quello che ogni volta rendeva per qualche istante il Castello Oscuro, odiava ammetterlo perfino con se stesso, luminoso come la più allegra e sfarzosa delle corti. E Rumplestiltskin non potè che sorridere di rimando alla sua domestica. La quale, come riportata bruscamente alla realtà, disse: "Vi porto la cena." e rapidamente sparì verso le cucine. Poco dopo la cena era servita e l'Oscuro aveva notato che c'era qualcosa di strano, la sua domestica era stranamente silenziosa, si era seduta dall'altro lato de tavolo e si torturava le mani, come se fosse indecisa se parlare o meno. Alla fine il mago non ne potè più: 
"Smettila, è fastidioso." disse secco.
"Cosa?" si stupì lei.
"Quel tuo pensare e girarti le mani in mano. E' terribilmente fastidioso, mia cara. Se devi parlare, parla."
Belle rimase in silenzio ancora per qualche secondo, come a riorganizzare le idee, poi disse: "Siete stato via quasi due giorni, mi chiedevo solo se...potevate raccontarmi del vostro viaggio."
Rumplestiltskin rimase stupito, era questo che la angosciava tanto? Sapere del suo viaggio?
"Come mai questa curiosità?"
"Nulla, è che qui, oltre alle pulizie..."
"Che comunque non fai." la interruppe sarcastico, ma Belle fece finta di non aver sentito.
"Non c'è molto da fare, o tante altre persone con cui parlare. Insomma se devo stare qui per il resto della mia vita, mi piacerebbe almeno sentire i racconti dei vostri viaggi. Sicuramente avrete visto tanti luoghi e magari anche altri mondi che io non potrò mai vedere, quindi mi piacerebbe almeno poterli immaginare."
Eccola, un'altra stilettata, sta volta qualcosa di molto simile al senso di colpa, ma morì lì dov'era nata nemmeno un secondo dopo. Tuttavia decise di accontentare la domestica, per questa volta, dopo tutto quella era un'avventura che meritava di essere raccontata. Se la ripetè spesso, nei mesi successivi, questa scusa, che le sue avventure erano così mirabolanti che meritavano di essere raccontate, mentre gli occhi color zaffiro di Belle lo fissavano attenti ed emozionati, mentre lei inconsciamente si protendeva verso di lui con tutto il corpo per ascoltarlo più attentamente, e le sue labbra rosse come petali di rosa si aprivano in stupore o in sorrisi per quel suo modo di gesticolare e ridere. 
Lei adorava ascoltare i suoi racconti, i patti stretti con ogni genere di strani personaggi, da maghi, a scienziati a creature ben più mostruose di lui in reami e mondi così diversi dal loro che sembravano appartenere alle storie scritte nei suoi libri, inoltre lei aveva anche preso l'abitudine, di tanto in tanto, di chiedergli la storia di come si era procurato qualche strano oggetto che le era capitato in mano mentre spolverava, e, puramente per caso, sceglieva sempre quelli più interessanti. Dal canto suo l'Oscuro esaudiva sempre la sua curiosità, non aveva mai raccontato a nessuno dei suoi viaggi, e Belle era il pubblico perfetto, si spaventava o rideva al momento giusto, e faceva sempre le domande giuste aspettando che lui si fermasse per una pausa ad effetto, e in quei momenti, quando lei rivolgeva tutta l'attenzione su di lui e sulla sua voce, gli pareva perfino di riuscire a stregarla con le sole parole, e questo più di tutto lo invogliava a raccontare. Un giorno Belle stava pulendo la sala della musica, nell'ala sud del Castello Oscuro, e tra strumenti impolverati e un pianoforte un po' scordato, vide un oggetto che non aveva mai visto prima in vita sua. Era formato da una cassa di legno lucido e rettangolare con sopra un enorme cono in ottone, si avvicinò per osservarlo meglio e notò che proprio sotto il cono c'era una sezione circolare, lievemente rialzata rispetto alla cassa su cui poggiava, e che se toccata girava molto facilmente. Su di essa poggiava, tramite una minuscola punta, un braccetto di legno che collegava quella specie di piatto girevole al cono. Girò intorno al curioso oggetto e sul retro notò una manovella, provò a girarla e con grande sorpresa, appena la ebbe rilasciata, vide che lentamente essa girava al contrario mentre il piatto prese a girare da solo. Si aspettava, chissà perchè, che emettesse un suono, in fondo si trovava nella sala della musica perciò doveva essere un qualche tipo di strumento, e invece ciò non avvenne. O almeno, produsse solo un'irritante brusio finchè la manovella non smise di girare. Pensò perciò che fosse rotto e decise che ne avrebbe parlato a Rumple all'ora di pranzo. Quando ebbe servito il folletto e poi ritirato i piatti in cucina, tornò nel salone principale dove sapeva che il padrone si sarebbe messo a filare, e infatti lo trovò seduto al suo arcolaio a trasformare degli umili fili di paglia in oro zecchino, come al solito. Si avvicinò e schiarendosi la voce per attirare la sua attenzione, come se ce ne fosse stato bisogno ma lei questo non poteva ancora immaginarlo, chiese: "Rumple, posso parlarvi un attimo?"
L'Oscuro smise di filare e poi disse voltandosi: "Ti ascolto."
"Oggi ho pulito la sala della musica e ho trovato uno strano strumento, almeno penso che sia uno strumento! Ma credo che sia rotto, non produce alcun suono."
Rumple rimase un po' perplesso, non ricordava cosa ci fosse esattamente nella sala della musica, non ci metteva più piede dall'ultima volta che aveva cambiato hobby per impegnare le lunghe ore di veglia notturna, quindi da circa un centinaio di anni. Perciò chiese: "A quale strumento ti riferisci mia cara?"
"Non saprei...non conosco il suo nome, non l'ho mai visto prima, è formato da una cassa di legno, un piatto girevole e un grande cono d'ottone." rispose con precisione la ragazza. A Rumplestiltskin si illuminarono gli occhi, mentre spontaneamente rise in quel suo modo strano ma stranamente contagioso, provocando un sorriso a Belle.
"Mia cara, quel particolare strumento non è affatto rotto, solo che tu non sai come usarlo." si alzò dall'arcolaio e si avvicinò alla domestica, porgendole il braccio che lei prontamente afferrò. Scomparvero in una nuvola di fumo vermiglio per ricomparire nella sala della musica. "Se permetti ti mostrerò come funziona." disse il mago avvicinandosi al misterioso strumento, di cui andava evidentemente fiero. "Con piacere!" rispose la ragazza avvicinandosi a sua volta, preparandosi alla storia. 
"Innanzi tutto, questo si chiama grammofono, nel nostro mondo questo è un esemplare unico nel suo genere, qui infatti esso non è ancora stato inventato, e forse non lo sarà mai. Proviene da un mondo lontano e molto particolare." iniziò a spiegare Rumple mentre, con un gesto fece apparire tra le sue mani un sottile disco nero grande quanto il piatto girevole di quel grammofono. "E' un mondo in cui sono rimasto intrappolato per molto tempo, un paio di secoli fa. In quel luogo, pensa, esiste un'intera popolazione di maghi e streghe che vive nascosta da quella non magica. Ne sono venuto in possesso dopo un accordo particolarmente proficuo col suo precedente proprietario." spiegò, poggiando il disco sul piatto girevole. "Che cosa voleva lui da voi?" Rumple sghignazzò al ricordo: "Oh, lui voleva uno specchio incantato che mostrasse i desideri più profondi del proprio cuore e io un portale per tornare in questo mondo. In realtà, quando vide lo specchio incantato, fu così entusiasta che non solo mi procurò un portale, ma mi diede in regalo anche quest'oggetto dicendo che, un giorno, lo avrei trovato più utile di quanto pensassi." sghignazzò ancora, sta volta Belle non potè immaginare per quale motivo, stava per chiederlo quando il folletto riprese la storia. "Devi sapere, mia cara, che in quel mondo persino i non maghi possiedono una tecnologia più avanzata della nostra, che permette loro di fare cose che si avvicinano molto alla vera e propria magia, tra cui..." e con un sonoro schiocco di dita fece girare la manovella del grammofono e immediatamente una musica meravigliosa si propagò dal cono d'ottone, spandendo le sue dolci note per tutta la sala. "Trasferire la musica di un'intera orchestra su questi dischi per poterla ascoltare e riascoltare quante volte desiderano con questo strumento."
Belle era estasiata, sorrise di cuore perchè quella musica era perfetta, chiuse gli occhi e le sembrò davvero di essere davanti a un'intera orchestra, non si accorse nemmeno di aver iniziato a muoversi a tempo con la musica. Quando li riaprì disse: "E' meraviglioso Rumple!" investendolo col sorriso più bello che l'uomo avesse mai visto. Lui non pensò nemmeno, agì di puro istinto, porgendole la mano la invitò a danzare. Lei, dopo un attimo di stupore, arrossendo leggermente gli prese la mano e delicatamente lui la tirò a sè. Iniziarono a ballare seguendo quella dolce melodia, dolce e triste allo stesso tempo, dava l'idea di una canzone vecchia come il tempo. Volteggiavano come se fossero stati due petali di un fiore trasportati dal vento, ed era proprio quella l'idea che balenò in mente a Rumple mentre teneva fra le braccia quella leggiadra fanciulla, dalle labbra rosse come i petali di una rosa e dagli occhi color zaffiro. Non erano mai stati così vicini l'uno all'altra, e il cuore di Belle batteva all'impazzata, non aveva staccato un attimo lo sguardo da quello del mago e avrebbe potuto giurare che, per tutto il tempo che danzarono, quegli occhi dal colore indefinito striati da pagliuzze dorate che l'avevano spaventata e attratta fin dal primo momento, che le erano sempre sembrati tanto inumani, adesso sembrassero più profondi e umani che mai. Danzarono fino a quando il disco non finì, o almeno così sembrò a Belle, che non si era affatto accorta che, con un rapido movimento delle dita, il mago lo aveva già fatto ricominciare da capo almeno due volte, e anche se il sorrisetto beffardo del folletto la insospettì, in quel momento non aveva nessuna intenzione di indagare. Entrambi avrebbero voluto che quel ballo non finisse mai, e quando invece, inevitabilmente, finì, entrambi ebbero la sensazione che quel momento sarebbe rimasto nella loro memoria tra i ricordi più felici. E infatti fu così, lo avrebbero ricordato per sempre come il loro primo ballo, su quella che sarebbe diventata la loro canzone. Da quel giorno il Castello Oscuro, e l'Oscuro stesso, a Belle iniziarono a sembrare molto meno oscuri.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** La Band ***


La Band

Era una settimana tranquilla, quella. Fatto più unico che raro nella deliziosa, magica cittadina di Storybrooke nel Maine. C'era persino aria di festa, infatti proprio quella settimana cadeva la festa della cittadina. Erano circa due anni che non si era riusciti a organizzarla come si deve a causa dei vari cattivi che avevano tentato di distruggerla. Ma il sindaco Mills nutriva speranze molto positive per quell'anno e avrebbe sfruttato al meglio quel tanto agognato periodo di pace, perciò aveva indetto un'assemblea straordinaria per l'organizzazione della festa. Tutti erano stati invitati e, dopo circa tre intense ore di discussioni, era riuscita ad assegnare i compiti organizzativi: a Mary Margareth e a David era toccato l'intrattenimento, a Emma la sicurezza, ai nani l'organizzazione e la disposizione delle bancarelle, a Hook lo spettacolo pirotecnico, dalla sua nave avrebbe sparato i fuochi d'artificio incantati che avrebbero illuminato il cielo per tutta a sera, a Granny la fornitura di cibarie e leccornie e così via. Per lei si era riservata il posto di suprema coordinatrice e riempitrice di scartoffie burocratiche. Erano tutti molto emozionati e si misero subito di buona lena a organizzare i festeggiamenti. Ma immediatamente sorse un problema, Mary Margareth voleva organizzare un piccolo concerto e una pista da ballo in cui, a fine serata, la festa avrebbe raggiunto il suo apice, e, visto che David aveva una bella voce, gli aveva dato l'ordine perentorio di mettere insieme una band musicale. E qui sorse il problema, gli mancava un chitarrista. Henry era un ottimo batterista, Ruby una bassista d'eccezione, Eolo faceva magie con la tromba, alla pianola si era offerto Hook che, nonostante l'uncino, aveva dato prova di un'abilità innata. Ma senza una prima chitarra non sarebbero andati da nessuna parte. David era disperato, non voleva deludere sua moglie e non voleva nemmeno farla sfigurare con Regina, e tanto meno farla arrabbiare per non essere riuscito a portare a termine l'unico compito degno di nota che lei gli aveva dato. Aveva chiesto in giro, affisso volantini, ma nessuno con un po' di talento si era presentato. L'unico passabile era il dottor Whale, che faceva degli assoli lunghi secoli, e che francamente non poteva sopportare. Arrivato al giorno prima della festa era talmente disperato che stava per andare a dire al dottore che l'avrebbe accettato, quando l'ispirazione gli giunse da una fonte inaspettata. Era da Granny e proprio in quel momento entrò Gold, che stava discutendo con Brontolo per la posizione della bancarella di libri di Belle, troppo vicina al tiro a segno coi coltelli organizzato da Mary Margareth.
"Ascoltami bene, nano. Non permetterò che mia moglie torni a casa con un coltello conficcato da qualche parte perchè qualche ubriacone ha sbagliato mira."
"Senti Gold, qualcuno ci deve stare lì, abbiamo tirato a sorte ed è toccato a Belle. E' deciso."
"Beh, sai, la sorte può essere sia buona che cattiva, e posso dirti con certezza che la tua sarà particolarmente cattiva se non provvedi immediatamente a mettere qualcun'altro al suo posto. Possibilmente qualcuno con le ali e i capelli turchini." disse minaccioso l'uomo, con il tono intriso di sarcasmo malevolo, gli occhi che promettevano torture lunghe e crudeli. Brontolo, da prima spavaldo, iniziò a temere seriamente per il suo destino se davvero fosse capitato qualcosa alla donna del mago oscuro più potente di tutti i reami. Perciò, con tono più pacato acconsentì. 
"Bene, vedi caro, cambiare la propria sorte è più semplice di quanto si pensi." ed uscì con un ghigno vittorioso dal locale, mentre Brontolo scuoteva la testa rassegnato. David uscì subito dopo il mago, gli era venuta un'idea, se lui avesse imparato a suonare la chitarra, non ci sarebbe stato bisogno di Whale! Lo fermò e gli disse: "Gold, avrei bisogno del tuo aiuto." semplice, diretto, non c'era tempo di girarci intorno, ormai era agli sgoccioli.
"Oh, Charming, credevo che non avrei mai sentito queste parole uscire dalla tua bocca." rispose compiaciuto il mago. "Andiamo nel negozio, lì potremo parlare più tranquillamente." David annuì e nemmeno il tempo di rendersene conto si trovava nel banco dei pegni, trasportato dalla nuvola vermiglia evocata dal mago.
"Allora, devi essere proprio disperato se cerchi il mio aiuto. Non dirmi che c'entra con questa stupida festicciola? Si dice in giro che tu stia mettendo sù una band, ma che hai qualche problema a trovare un chitarrista. E, fammi indovinare, non vuoi che la tua dolce metà rimanga delusa dal suo principe azzurro, esatto?"
"Proprio così." rispose David tra i denti, ormai aveva imparato a riconoscere i segnali e quel ghigno beffardo sul volto di Gold e il tono gongolante gli dicevano che stava per arrivare uno dei suoi odiosi accordi. Ma non aveva altra scelta se voleva rendere fiera di lui Mary Margareth.
"Bene, in cambio del mio aiuto...beh, diciamo che mi devi un favore. Sarò io a decidere quale però. E anche quando riscuoterlo." un ghigno inquietante si dipinse sul volto dell'uomo, deformandone quasi i tratti. Per un attimo a David parve di essere di nuovo nella Foresta Incantata, e come allora il suo primo istinto fu quello di trafiggere il folletto con la sua spada. Solo che non erano più nella Foresta Incantata, non aveva una spada, e l'ultima volta non era andata affatto bene, e in fondo era grazie al mago se era riuscito a ritrovare Snow, anche se a lei di questo non aveva mai fatto parola.
Così, anche se l'istinto gli stava urlando di buttare alle ortiche l'accordo, accettò. 
"Quindi, cosa vuoi?"
"Ho bisogno di imparare a suonare la chitarra entro domani, non hai qualche pozione o..?"
Venne interrotto dalla risata bassa dell'uomo, tanto in contrasto con quella del folletto eppure tanto simile, i brividi che provocava erano gli stessi. "Certo potrei preparartene una, ma per farlo dovresti rubare il talento a qualcun'altro."
"Ma mi servirebbe solo per un giorno."
Ancora quella risata, sta volta però era chiara la nota di scherno.
"La magia non funziona così, mio caro, un incanto del genere non funziona come le macchine fotografiche usa e getta. Una volta fatto è per sempre, e il prezzo da pagare, ovvero il favore che mi dovrai sarà...commisurato. E ovviamente a chiunque sarà tolto il talento non potrà più riaverlo." 
David riflettè per un secondo, ci pensò sul serio. Ma alla fine capì che non ne valeva la pena.
"Allora non potresti incantare uno strumento? Se suona da solo il problema è risolto e non dovrei rubare il talento a nessuno."
"La tua perspicacia mi stupisce ogni volta." disse con un sarcasmo talmente marcato che persino David lo colse.
"Quindi, una chitarra?"
"Esatto. Possibilmente elettrica."
Gold gli fece cenno di aspettare un attimo e sparì nel retro. Dopo un minuto tornò con in braccio un paio di chitarre elettriche che avrebbero fatto gola a qualsiasi appassionato, una rossa con delle fiamme in oro metallizzato e l'altra nera dai bordi in argento metallizzato tutta punte e spigoli. 
"Quale preferisci?"
"Quale suona meglio?"
"Beh, quella bianca ha un suono più armonico, più classico. Quella nera invece...personalmente è la mia preferita." la guardò come se stesse guardando un tesoro prezioso, la imbracciò con naturalezza e iniziò a suonare. David lo guardò stupito e ascoltò ancora più stupito. Era bravo, diavoli se era bravo. Una volta concluso il pezzo gli chiese: "Ma...s-sono già incantate?"
"No, prima ho pensato di fartene scegliere una."
"Da quando sai suonare?"
La domanda lo colse di sorpresa. Ma comunque rispose:
"Beh, era il mio hobby prima di filare. Sai i signori oscuri non dormono e devono tenere impegnate le ore notturne. Perchè?"
"Perchè?! Gold tu suoni bene!"
"Davvero?" chiese l'altro, sinceramente stupito, non si era mai soffermato a pensare se suonasse bene o meno, era semplicemente un passatempo per lui, e che per di più aveva mollato centinaia di anni fa. Certo, quando non aveva niente da fare in negozio e non gli andava di filare, strimpellava qualche nota sulle chitarre che a volte venivano impegnate dagli abitanti della cittadina, ma non aveva mai considerato di saper suonare. 
"Senti Gold, non avrei mai pensato che un giorno ti avrei chiesto una cosa del genere, ma...che ne dici di suonare tu con noi?" gli era uscito così, di getto, senza un secondo fine, nemmeno David credeva a quello che aveva appena detto. Gli sembrava una buona idea, certo, sempre se Gold avesse accettato, lo vedeva piuttosto reticente. Solo dopo, dopo quello che successe, ripensandoci, David capì che effettivamente questo sarebbe stato molto più vantaggioso per lui: non avrebbe dovuto preoccuparsi delle conseguenze di un incantesimo e poi avrebbe stupito tutti, Rumplestiltskin che suona una chitarra elettrica! E per di più maledettamente bene! Se ci fosse stato un premio per il miglior intrattenimento sicuramente l'avrebbero vinto lui e sua moglie. 
E poi successe.
"Con voi? Nella tua band intendi?" il sarcasmo permeava ogni sillaba che Gold pronunciava con rabbia crescente "E dimmi hai già scelto il nome?  Un principe azzurro, un lupo mannaro, un nano, un pirata e l'Oscuro, che ne dici de 'I fenomeni da baraccone'?"
"Oh, andiamo Gold!"
"Forse il mio sarcasmo non è stato abbastanza chiaro, Charming? E' un no. Assoluto e inequivocabile."
"Per favore! Sei bravo sul serio, e poi ti ho promesso un favore qualsiasi. Potrai chiedermi qualunque cosa. Davvero, qualunque!"
"Oh, certo! E se accetto potrai espormi come la bestia domata, il vero spettacolo della serata. L'eroe di Storybrooke è alfine riuscito a sottomettere anche il temuto Rumplestiltskin!" adesso si stava arrabbiando sul serio, cosa pensava quell'idiota? Se pensava. Che si sarebbe unito alla band facendo i salti di gioia? Glieli avrebbe fatti fare lui i salti, sì da rospo!
"No Gold! Davvero io.."
"Esci dal mio negozio con le tue gambe, finchè ci riesci." freddo, crudele, con ancora la chitarra in braccio faceva stranamente ancora più paura, come se non aspettasse altro che spaccargliela in testa e poi torturarlo per aver macchiato di sangue il suo completo e rovinato la sua chitarra preferita. David non glielo fece ripetere una seconda volta, deluso si avviò alla porta del negozio, ma prima di uscire mormorò: "Il mio era un invito sincero comunque." e se la chiuse alle spalle. Con un verso di scherno Gold posò la chitarra sul bancone e andò nel retro, reprimendo l'impulso di colpire e spaccare qualcosa. Suonò ancora il campanello e al colmo dell'irritazione uscì dal retro infuriato minacciando un "Ti avevo avvertito Charming!" pronto a trasformare il principe in un rospo, solo per vedere se poi Mary Margareth avrebbe avuto il coraggio di baciarlo, ma invece si trovò di fronte sua moglie. E la rabbia scemò tutta insieme.
"Rumple, che succede?" chiese preoccupata Belle.
"Nulla tesoro. Solo Charming e le sue idiozie." rispose sorridendole rassicurante e avvicinandosi a lei per baciarla. Poggiò le sue mani sui suoi fianchi attirandola a sè mentre lei sorrideva contenta di condividere con lui la stessa passione. Era tutto il giorno che non si vedevano e quello fu un bacio che sapeva d'amore e di ritorno a casa, perfetto, non fosse che Belle lo interruppe poco dopo.
"A proposito di David.." disse staccandosi leggermente 'Maledetto David.' pensò in quello stesso istante Rumple. "Ero venuta a dirti che Brontolo ha deciso di cambiare la mia bancarella con quella della fata Turchina, ora sono più vicina al tuo negozio e ho visto uscire adesso Charming, sembrava piuttosto affranto. Ho sentito che ha dei problemi a mettere insieme la band per domani. Era venuto a chiederti aiuto?"
"No. Era venuto per incastrarmi in un'idiozia così l'ho cacciato. Non preoccuparti tesoro." stava per baciarla di nuovo, quando lei chiese ancora, con un mezzo sorriso che, se non l'avesse conosciuta, avrebbe definito malizioso: "Raccontami." e non ci fu più verso per Rumple di distoglierla da quella curiosità, certo che quando ci si metteva era davvero testarda. Così le raccontò tutta la discussione.
"E voleva che mi unissi alla band! Sicuramente per mostrare a tutta Storybrooke come fosse riuscito alla fine a domare anche l'Oscuro! Così ho mandato a monte l'accordo e l'ho cacciato via." concluse fiero di se stesso.
"Capito." e Belle fece una faccia strana, a metà tra il rassegnato e il deluso. E lui sapeva cosa significava, alzò gli occhi al cielo e chiese il fatidico: "Che c'è?"
"Ma niente." rispose lei con noncuranza, tanta che per un attimo Rumple ci credette davvero, ma fu vana illusione.
"E' che secondo me hai messo in testa a David pensieri che non ha avuto."
"Cosa intendi dire?"
"Intendo dire che dubito che Charming sia capace di premeditare qualcosa." sta volta fu lei ad alzare gli occhi al cielo "Anzi, sai cosa penso? Che tu lo abbia cacciato perchè hai avuto paura."
"Paura? E di cosa?!" rispose in una risata nervosa.
"Ma di suonare! Mi pare ovvio. Non vuoi suonare davanti a tutti così ti sei dato un motivo per non farlo, pensando che David avesse un secondo fine. Proprio come facesti con me, tanto tempo fa." e dicendo questo la ragazza si rabbuiò un poco e vendendo questo Rumple immediatamente la abbracciò.
"Lo sai Belle che mi sono pentito per anni di quello che ti dissi quel giorno."
"Lo so, e appunto per questo sto cercando di convincerti ad unirti alla band." disse candidamente lei.
Rumple rise leggermente.
"Stai diventando troppo furba per i miei gusti, signora Gold."
"Ho imparato dal migliore, signor Gold."
Si separarono e Rumple andò a riprendere la chitarra dal bancone mentre Belle lo guardava fiera di lui. Quando tornò Belle gli chiese: "Prima di andare, mi fai sentire qualcosa? Non ti ho mai sentito suonare."
"E Charming?" ghignò in risposta l'uomo.
"Può aspettare." disse perentoria sua moglie.
Un sorriso, uno vero, si aprì sul viso di Gold mentre iniziava a suonare una canzone che lei non conosceva, ma che le trasmise immediatamente una gran voglia di andare lì e iniziare a muoversi con lui lentamente al ritmo di quelle note dolci e ammalianti. In un attimo le balenò in mente una visione molto meno casta, di loro che facevano l'amore su quelle note. Doveva essere arrossita molto, perchè Rumple se ne accorse e il suo sorriso prese una certa nota di malizia che le fece perdere totalmente il lume della ragione, mentre si avvicinava a lei si tolse la chitarra e la incantò perchè continuasse a suonare da sola, lui prese il viso di sua moglie tra le mani e si avventò su quelle labbra che ogni volta avevano il potere di mandargli in pappa il cervello. Mentre si baciavano presero a muoversi lentamente al ritmo della canzone, poi Rumple abbandonò le labbra per scostarle i capelli e dare un po' di attenzioni al suo collo e a quella pelle nivea che sapeva di rose mentre lei si aggrappava alla sua giacca, la mano destra di lui passò ad accarezzarle tutto il corpo facendolo aderire perfettamente al suo. Lui perse totalmente il lume della ragione quando il primo gemito uscì dalle labbra rosse di sua moglie.
David, che ormai aveva perso tutte le speranze e si stava preparando psicologicamente a telefonare a Whale, dovette aspettare circa un paio d'ore per vedere un Gold piuttosto soddisfatto entrare a passo sicuro e spedito da Granny, imbracciando la chitarra elettrica. Tra lo stupore generale disse solo indicandolo: "Ricordati, Charming, che adesso mi devi un favore."
Non c'è bisogno di dire che la festa fu un successo su tutti i fronti, che la Fata Turchina dovette tornare al convento col mantello bucato in più punti, e che la band di Charming fu l'attrazione principale della serata, soprattutto per via di un chitarrista eccezionale. Ballarono tutta la sera e anche gran parte della notte, tutti continuavano a chiedere le loro canzoni preferite e i bis, furono un successo tale che da quel momento in poi suonarono a tutte le feste e spesso anche dopo le vittorie contro i cattivi di turno, quando il cattivo di turno non era Rumple ovviamente.
Gold, dal canto suo, all'inizio si faceva pregare un po' ma alla fine accettava sempre, soprattutto dopo aver scoperto che Belle lo trovava irresistibilmente sexy mentre suonava.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** La Bacchetta della Strega ***


La Bacchetta della Strega

Il campo di battaglia era silenzioso ormai da ore. I feriti erano stati curati, i morti seppelliti, i vincitori onorati e i perdenti ridotti alla resa incondizionata. I Re e le Regine di Narnia dormivano sonni tranquilli, stremati dalla guerra combattuta e dalla festa appena terminata, e adesso, finalmente, su Cair Paravel regnava un incantato silenzio. La notte stava per volgere al termine, e le prime luci dell'alba fecero brillare le armi e le armature dimenticate sul campo di battaglia dal nemico in fuga. Spade storte e elmi ammaccati emergevano dal terreno smosso dai due eserciti e impregnato del sangue dei nemici e dei figli di Narnia, nemmeno gli uccelli avevano avuto il coraggio di avventurarsi in quella landa quella notte. Nessun essere vivente aveva ancora messo piede in quel luogo dopo che gli eserciti lo avevano abbandonato del tutto. L'unico rumore che si udiva era lo sventolare di uno stendardo stracciato nella brezza mattutina. Poi, come un lampo a ciel sereno, come un maelstrom che si formi improvvisamente nel mare placido, una voragine turbinante di forme e colori si aprì nel bel mezzo della piana. Il fenomeno incredibile non durò che pochi secondi, ma quando terminò il campo non era più deserto. Il sole sorse mentre delle mani artigliate dalla pelle verde e squamosa raccoglievano le due parti di quella che era stata, fino al giorno prima, una delle bacchette più potenti mai forgiate, appartenuta a una delle streghe più malvagie mai esistite. Il sole illuminò il ghigno del mago mentre riuniva le due parti della bacchetta di ghiaccio che era riuscita a portare l'inverno per più di cento anni nel regno di Narnia. Con una mano la levò verso l'alto per osservarla in tutto il suo splendore mentre il sole si rifrangeva in essa illuminandola di una luce tanto brillante quanto fredda e una leggera brezza faceva ondeggiare gli orli del suo mantello. Poi la luce del sole venne offuscata. Il mago abbassò lo sguardo e riuscì appena a trattenere lo spavento quando si trovò davanti un leone delle dimensioni di un cavallo. Non aveva mai visto un animale tanto fiero e possente nella sua centenaria vita, la sua criniera coronata dai raggi del sole dava l'idea di essere una vera e propria corona. In un secondo il mago capì e, in segno di rispetto, chinò il capo difronte al Grande Aslan. Quando il Leone parlò la sua voce risuonò per tutta la piana, anzi, sembrava provenire direttamente da essa e da ogni cosa in quel mondo incantato. "Erano millenni che i maghi della tua stirpe non osavano avvicinarsi a questo mondo, da quando Cair Paravel fu eretta a difesa delle forze oscure della Foresta Incantata. Cosa ti porta qui, Oscuro?"
La voce del Leone era profonda, ma, nonostante le sue parole, il mago non avvertì di essere in pericolo, non stava provando timore, nonostante conoscesse le storie che si raccontavano su Aslan. In quel momento sentiva solo un grande senso di rispetto di fronte a un essere dai poteri talmente grandi da aver creato un intero mondo. Rispose, per una volta, moderando il tono stridulo della sua voce: "Non ho intenzioni bellicose in questo regno. Narnia è appena uscita da un lungo e tetro periodo, e non sarò io a riportarlo." disse alludendo alla bacchetta. "Sono qui perchè ho bisogno della bacchetta della Strega di Ghiaccio. In un altro regno, di un altro mondo, è essenziale che una bambina riceva il potere di questa bacchetta, o la mia storia non si compirà." non sapeva nemmeno perchè gli stesse dicendo tutto, ma la sola vista di Aslan ispirava fiducia, verità, e parlava direttamente a quanto ancora di umano si trovava in lui. "So chi stai cercando mago, ma non affidarti troppo al tuo dono rubato. Niente è ancora scritto."
L'Oscuro annuì, comprendendo a pieno le parole del Leone. "Puoi prendere la Bacchetta, ma solo se prometti che farai in modo, con ogni tuo mezzo, che essa non torni mai a Narnia. Il corpo della Strega è ormai senza vita, ma il suo spirito aleggia ancora in queste terre. Se dovesse riprendere la bacchetta tutto quello per cui si è qui combattuto sarebbe vano."
"Vi do la mia parola, Grande Aslan." 
Appena rialzò lo sguardo il Leone era sparito e il sole illuminava di nuovo il volto del mago. Sta volta però non c'era ombra del suo solito ghigno, gli occhi non sprizzavano più malvagità e follia, la pelle per qualche attimo sembrò tornare rosa e i capelli riprendere il castano che avevano avuto un tempo. Ma appena il dolore alla gamba si fece risentire, l'Oscuro scosse il capo con vigore, la pelle di nuovo verde, gli occhi ancora spietati. Era stato un attimo, nulla più. Ciò che c'era di umano in lui, risvegliato dal Leone, era stato di nuovo brutalmente sopito. Doveva tornare nel suo mondo, subito. Aveva quello per cui era venuto e così evocò di nuovo il portale che si aprì di nuovo nel terreno. Senza pensarci un secondo, la bacchetta stretta in pugno, ci saltò dentro. Quando il portale si richiuse, il campo di battaglia rimase di nuovo deserto, il mago e il Leone non avevano lasciato nessuna traccia. Come se nulla fosse mai veramente accaduto.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** The Black Moon Dance ***


The Black Moon Dance

Circolano molte storie sugli eroi, ma soprattutto sui cattivi, che popolano il magico regno della Foresta Incantata. Alcune sono fiabe della buona notte, altre storie per spaventare i bambini troppo curiosi. Alcune sono realtà e altre, benchè tutto possa accadere in questo regno, sono finzione. E poi ci sono le leggende, che nessuno sa con certezza se siano vere o meno, forse perchè sono troppo antiche perchè qualcuno lo ricordi davvero, e troppo radicate per poter essere dimenticate. 
Una di queste recita così:
"Una volta ogni cento anni, nella notte più buia dell'anno, forze oscure da ogni dove si riuniscono per iniziare una danza sfrenata sotto la Luna Nera di un cielo senza stelle. All'alba la Regina della Notte sceglie il suo Re, ed egli governerà le forze oscure per altri cento anni."
Tutti gli abitanti della Foresta Incantata conoscono questa leggenda, e tengono bene il conto. Vuoi perchè i genitori la usano per dissuadere i figli dall'uscire di notte, o per il senso di pericolo che si viene a creare ogni cento anni, quando persino il più ignorante dei contadini avverte che le notti diventano sempre più lunghe e fredde e iniziano ad arrivare notizie troppo terribili per poter essere ignorate, comunque, per un motivo o per un altro, quella notte nessuna locanda del regno sarebbe rimasta aperta, i genitori avrebbero spento prima le luci nelle case, i greggi e le mandrie sarebbero rientrati prima, una coltre di silenzio sarebbe calata sui villaggi, persino ladri e malfattori quella notte si sarebbero tenuti ben lontani dalle strade. Perchè il ballo della Luna Nera stava per cominciare.
Ogni volta si teneva in un luogo diverso, che veniva scelto con ben poco preavviso, il miglior ballo della Luna Nera che ci sia mai stato, a memoria di malvagio, si tenne esattamente duecento anni prima sul Monte Calvo, tra i cattivi se ne parla ancora. Certo Rumplestiltskin non puntava a superarlo, ma sperava per lo meno di poter rivaleggiare con quel meraviglioso esempio di pura oscurità a cui aveva avuto l'onore di partecipare, non fosse mai arrivata l'alba! Anche perchè era tradizione che l'ospite dell'anno venisse scelto come Re. Il suo Castello sarebbe stato il luogo perfetto, in cima a un'alta collina a ridosso delle montagne. Aveva già in mente i preparativi, il ballo si sarebbe tenuto nel salone principale e nelle tre sale adiacenti, addobbate a dovere, scheletri evanescenti e demoni alati avrebbero servito i terribili ospiti, i fantasmi opalescenti di un ballo in maschera avrebbero danzato a mezz'aria, degli strumenti incantati avrebbero suonato tutta la notte melodie antiche come il mondo che avrebbero permeato ogni sala del Castello Oscuro, mentre nel grande camino della sala principale le fiamme avrebbero preso vita intrecciandosi in danze sensuali, solo per poi contorcersi agonizzando nel loro stesso fuoco. 
C'era solo un piccolo problema. Un piccolo, grazioso problema dagli occhi azzurri e troppo buoni per passare inosservato quella sera. Belle. Nei due giorni precedenti le aveva ordinato di rendere il Castello Oscuro, e soprattutto la sala principale, il più terrificante possibile mentre lui si occupava degli incantesimi che avrebbe lanciato quella notte. Quando aveva visto come aveva sistemato le sale dovette trattenere la meraviglia, dal soffitto e dai candelabri di cristallo e argento pendevano elegantemente delle ragnatele sottili, come avesse fatto a disporre delle ragnatele in modo elegante lo sapeva solo lei, aveva rimontato le tende, per l'occasione di velluto nero, trattenute con dei drappi d'argento, il grande tavolo era stato spostato in una sala del piano superiore, comodi divani color cremisi erano stati disposti lungo i lati delle sale insieme a dei tavolini in mogano con sopra fini calici di cristallo col bordo in oro, pronti ad essere riempiti. Nel grande camino al centro della sala principale già ardeva il fuoco sfavillante. Nonostante fosse giorno l'atmosfera era già tetra e gotica, proprio come l'aveva immaginata, e quella notte lo sarebbe stata ancora di più. Alla fine decise che un complimento, quella volta, poteva anche farglielo, quindi disse: "E' perfetto, mia cara. Ti sei superata." 
"Vi ringrazio." rispose lei, sorridendo leggermente, e mettendo in risalto le fossette sulle guance, purtroppo per lui Rumplestiltskin si fermò a guardarle, e quell'attimo gli fu fatale, poichè lei ne approfittò per chiedergli, prima che lui potesse dire la piccola cattiveria che gli era venuta in mente: "Se posso permettermi, però, vorrei cambiare qualcosa. Ma prima, ditemi, nella notte di Luna Nera, la luna fa comunque luce, o è completamente buio?"
Il mago rimase un secondo spiazzato, poi rispose con sarcasmo: "Che domanda sciocca. Secondo te, mia cara? La chiamano "Luna Nera" per un motivo. Vieni." la fece avvicinare alla finestra, e benchè fossero appena le quattro del pomeriggio la luna era già visibile nel cielo, il sole sarebbe presto calato dando luogo alla notte più lunga dell'anno, il solstizio d'inverno. 
"Questa notte ci dovrebbe essere la luna piena, ma appena calerà il sole e la luna raggiungerà l'apice avverrà un'eclissi totale. Accade solo una volta ogni cento anni. La luna scomparirà totalmente insieme alle stelle, dando luogo alla notte più nera e fredda che vedrai in tutta la tua vita. E' per questo che il ballo si tiene questa notte, mia cara. Questa notte l'oscurità prende il sopravvento sulla luce." uno strano brivido percorse la schiena della ragazza, mentre sul volto del mago si formava un ghigno quasi demoniaco. "Perchè volevi saperlo?"
La domanda a bruciapelo la riscosse e distolse lo sguardo dalla finestra per rispondere al suo padrone: "Niente, solo un'idea, ma visto che non c'è luce non si può fare. Scusatemi." stava per allontanarsi, ma ormai aveva stuzzicato la curiosità di Rumplestiltskin.
"Aspetta, che idea?"
Belle si strinse nelle spalle e disse: "Pensavo solo...che se fosse entrata un po' di luce dalle finestre avremmo potuto mettere dei vetri di un colore diverso per ogni sala. Colori come, ad esempio, blu, cremisi, verde scuro e viola. Secondo me avrebbero dato un tocco più...come dire, macabro, alle maschere dei fantasmi e un'aria più gotica."
Rumplestiltskin ci pensò un attimo sopra. Effettivamente non era male come idea, la sala principale cremisi, tutto di un tenue color sangue.
"Io farei tutto di un solo colore." disse alla fine.
"Cremisi, vero?"
"Esatto."
"Ma senza luce come..."
"Dimentichi che sono un mago, mia cara." disse muovendo le mani artigliate, e in un attimo su tutta la sala cadde una coltre di fumo rosso sangue, Belle chiuse gli occhi spaventata.
Quando li riaprì non potè trattenere un'espressione di stupore mentre si guardava intorno, adesso ogni cosa pareva avere un tenue riflesso vermiglio, come se il fumo dell'incantesimo avesse permeato l'aria. E col buio e solo la luce del camino e delle candele sarebbe stato ancora più accentuato.
Il mago ridacchiò vedendo la sua espressione: "Beh, direi che mi posso risparmiare la domanda 'cosa ne pensi?'"
"E' terrificante."
"Grazie. Ora passiamo a un ultimo problema. Tu." disse indicandola.
"Come io?"
"Proprio tu, cara. Mi dispiace ma trasudi bontà, e questa notte i più terribili, malvagi e potenti abitanti di tutti i reami, forse persino mondi, si ritroveranno qui, e credimi non ci penseranno un attimo a farti del male. E anche se sei una pessima domestica, non sopporto che qualcuno rovini ciò che mi appartiene."
Come a smentire le sue parole lei gli lanciò un'occhiata tutt'altro che buona. Contento di aver colpito nel segno, l'Oscuro proseguì: "Ora per come la vedo io ci sono due possibilità. O ti chiudo nella torre nord fino a domani mattina, sperando che non ti trovino...oppure, solo per questa sera e con una buona dose di piccoli ritocchi e menzogne, potresti fingere di essere la mia accompagnatrice. E no, la possibilità di farti passare la notte, e questa in particolare, fuori dal castello non è contemplata."
Belle storse il nasino, non le piaceva l'idea di essere rinchiusa in una torre, benchè più sicura. Ma nemmeno quella di mentire per fingersi la malvagia compagna del suo padrone in una festa di malvagi, benchè decisamente più coraggiosa. Da una parte avrebbe potuto avere una serata libera, in compagnia di qualche buon libro, dall'altra un ballo terrificante...al suo fianco. Era indecisa, e anche un po' spaventata dal fatto di esserlo. Dal canto suo Rumplestiltskin pensava di averle reso la scelta abbastanza semplice, insomma, le stava praticamente offrendo una serata libera contro una serata terrificante, chi avrebbe avuto dubbi? Quando la risposta, che avrebbe dovuto essere immediata, tardò ad arrivare, la domanda divenne Perchè lei ha dei dubbi? e la possibile risposta stava iniziando a spaventarlo. Insomma non che a lui facesse differenza alcuna che lei ci fosse o meno...ma doveva essere al sicuro. E forse lo sarebbe stata di più al suo fianco...con un bell'abito, a ballare stretti in quell'atmosfera oscura, in cui lei sarebbe stata la sola luce. Quando lei parlò quasi credette di non aver capito.
"Voi che cosa preferite?" aveva chiesto con tutta l'innocenza del mondo.
Rimase totalmente spiazzato. 
Il sole stava lentamente calando, e dalla finestra della torre nord il tramonto era qualcosa di meraviglioso. Ma lo sguardo di Belle era attirato da qualcos' altro. E non era il libro che giaceva abbandonato sul comodino di fianco al letto a baldacchino che occupava il centro della stanza. Era ciò che era steso sul letto a catturare i suoi occhi e i suoi pensieri. Un lungo abito da ballo. Il più bello che la ragazza avesse mai visto. Un trionfo di raso nero, con arabeschi in oro. Non faticava affatto a immaginare da dove quei fili d'oro provenissero. Lo guardava e, benchè non nascondesse la preoccupazione, un altro sentimento si stava facendo strada tra le sue emozioni. Un lieve sorriso incurvò le sue labbra rosse come petali di rosa, mentre finiva di prepararsi.
Quando scese le scale a Rumplestiltskin mancò il respiro per un attimo, dire che era bellissima era un eufemismo. L'abito nero creava un contrasto perfetto con la pelle diafana della ragazza, gli occhi circondati dal trucco scuro risplendevano come zaffiri incastonati nel suo volto e le sue labbra erano rosse come il sangue, incurvate da un sorriso malizioso. Il tutto arricchito da un colliè in argento e opali, mentre i capelli erano raccolti in uno chignon sbagliato, che le lasciava cadere qualche ciocca ai lati del viso. Una trasformazione incredibile, non credeva che Belle si sarebbe calata così tanto nel personaggio, e così bene. Forse anche lei in fondo aveva un lato oscuro. Un ghigno sottile apparve spontaneamente sulle labbra sottili del mago mentre le porgeva la mano per scendere gli ultimi gradini. 
"Pronta alla recita, mia cara?"
"Perchè, non si vede?" disse ruotando teatralmente su se stessa.
"Bene. Allora ripassiamo le regole. Non parlare a meno che tu non sia interpellata, e possibilmente mantieni un'aria spocchiosa, eviterà che qualcuno sia invogliato a parlarti. Niente contatto visivo. E, cosa più importante, evita di lasciare il mio fianco. Se io rido, tu ridi. In tutti gli altri casi ghigna. Mai, ripeto MAI, sorrisi veri. I cattivi non sorridono. Tutto chiaro?"
"Cristallino Rumple."
"Perfetto, allora che o spettacolo cominci."
E a quelle parole le porte del castello si aprirono e una folata di vento gelido investì l'ingresso. Le luci sembrarono abbassarsi tanto che Belle pensò che il vento si fosse portato dietro l'oscurità stessa. E infatti così era. La Regina della Notte fece il suo ingresso, circondata da volute di fumo nero che, Belle non mancò di stupirsene, formavano il suo abito. Rumplestiltskin le si avvicinò e, con un profondo inchino, le diede il benvenuto nella sua dimora. E così il ballo ebbe inizio.
In men che non si dica gli ospiti iniziarono a varcare le porte del castello. Mai prima di allora si era visto un tale consesso. Creature delle tenebre, maghi e streghe di ognidove presto affollarono le sale, mentre, come previsto dal loro ospite, figure agghiaccianti li servivano e sui muri danzavano ombre spettrali al ritmo incalzante della musica. 
Come da programma Belle non lasciò mai il fianco del suo padrone, e nessuno fece domande. Qualche strega si limitò a indicarli alle sue amiche con un ghigno allusivo mentre ballavano, ma, stranamente, tutto filò liscio. Fino a quando la Regina della Notte annunciò solennemente che l'alba era vicina, ed era il momento dell'Ultimo Ballo. A Belle sembrò che Rumplestiltskin si fosse gelato sul posto, era stato talmente preso dai preparativi e dal tenere Belle lontana dai guai da essersi dimenticato di avvertirla. L'Ultimo Ballo, per tradizione, doveva svolgersi pochi minuti prima dell'alba, e per molti era letteralmente l'ultimo ballo, veniva chiamato in molti modi, alcuni lo chiamavano il ballo dello scorpione, altri, più diretti, la danza della morte. In realtà, più che un ballo, era un combattimento. Per sorteggio si sceglievano tredici coppie, e a ogni partecipante veniva dato un anello d'argento che ricopriva il dito medio per tutta la sua lunghezza e che si allungava a formare un artiglio intriso di veleno mortale. L'obbiettivo era, durante il ballo, ferire gli avversari. Qualcuno ci rimetteva sempre la pelle, ma un Ballo della Luna era veniva considerato decisamente noioso senza almeno un paio di vittime. Le coppie tra cui sorteggiare erano molte e, per fortuna, la tradizione di far partecipare l'ospite era decaduta secoli prima, perciò il mago era sicuro che non avrebbero corso nessun pericolo. Ciò di cui era meno sicuro era l'impatto che tale danza avrebbe avuto sulla sua domestica, non poteva permettersi di mostrare nessuna emozione che non fosse divertimento, o tutti se ne sarebbero accorti, e se l'avessero scoperta sarebbe stata la fine per lei. Perciò, mentre le coppie venivano sorteggiate, Rumple prese Belle da parte e le spiegò che cosa stava per succedere. Era andata benissimo per tutta la sera, era riuscita a interpretare il personaggio perfettamente, lo sguardo di superiorità e noncuranza non aveva mai abbandonato il suo bel viso, fino a quel momento, in cui lasciò lo spazio a un'espressione di pura indignazione e dispiacere. Rumplestilskin la riprese, soffiandole in un orecchio di sparire per i minuti seguenti, sarebbe finito in fretta e sicuramente nessuno se ne sarebbe accorto, troppo presi da ballo, e poi, appena avesse sentito la musica quietarsi, di tornare il più velocemente possibile al suo fianco, e possibilmente con un'espressione compiaciuta in volto. Belle obbedì, sapendo che, a quel punto, non avrebbe potuto fare nulla per evitare che quella danza mortale avvenisse, e si defilò con successo, sparendo in uno dei passaggi nascosti del castello senza che nessuno la notasse. Mentre la osservava sparire dietro il muro non potè fare a meno di pensare alla sua reazione, certo non si aspettava che avrebbe ostentato indifferenza, conoscendola, ma di certo non si sarebbe mai aspettato che avrebbe potuto provare così tanta empatia persino per i suoi deprecabili ospiti. Erano il fior fiore delle forze oscure, esseri orribili, malvagi, senza un briciolo della sua bontà (e anche se l'avessero avuta, non avrebbero saputo che farsene) e Belle riusciva a provare comunque pietà  per loro. 'Ma lei è speciale' disse una vocina nella sua testa. Che venne immediatamente soffocata non appena iniziò la danza.
Belle era nascosta all'ingresso del passaggio segreto, tratteneva a stento le lacrime, non riusciva a pensare che a una musica così dolce si potesse accompagnare un ballo tanto crudele. Provò a ripetersi che quelli erano i malvagi, i cattivi, e che se anche si scannavano a vicenda non poteva venirne che del bene, ma poi iniziarono le urla...e le risate. 
Come aveva detto Rumplestiltskin, durò poco. La musica tacque e gli invitati applaudirono entusiasti. Belle si asciugò le lacrime e velocemente uscì dal passaggio segreto, scivolando al fianco del mago, mostrando un sorriso che non le apparteneva e applaudendo. Un mago dai tratti orientali, una strega con un occhio solo e una creatura senza volto dalle lunghe braccia sottili giacevano riversi sul pavimento in posizioni innaturalmente contorte, gli arti contratti ricordarono alla ragazza le lunghe zampe di un ragno rattrappite dal rigore della morte. Avrebbe voluto piangere, e invece ghignò, mentre, con un elegante gesto della mano, l'Oscuro trasformava i tre corpi in tre candidi scheletri che si alzarono e andarono ad unirsi agli altri nel servire gli ospiti. Poi cadde il silenzio mentre i primi raggi di luce iniziavano a colorare il cielo all'orizzonte, era l'alba. La Regina della Notte si avvicinò a Rumplestiltskin senza dire una parola. I fantasmi in maschera svanivano lentamente, gli scheletri uscivano uno a uno dalla stanza, uscendo dal castello per tornare a riposare nell'umida terra, le fiamme nel camino si smorzarono e persino la stanza tornava del colore originario mano a mano che il sole prendeva piede nel cielo. La Regina della Notte, muovendo delicatamente le dita sottili, creò col fumo che componeva il suo abito un sottile scettro di ferro e ossidiana. Gli invitati si inchinarono e Belle seguì il loro esempio, la Regina della Notte porse lo scettro all'Oscuro che, piegando leggermente il capo in segno di ringraziamento, lo prese in mano, accettando il ruolo di Re della Notte per i successivi cento anni. La Regina sorrise, e Belle si stupì. Rumplestiltskin aveva detto che i cattivi e i malvagi non sorridono mai veramente, ma quello sembrava un sorriso sincero, perfino negli occhi dell'Oscuro passò un lampo di stupore. 
Poi successe, la sala venne illuminata dal chiarore del sole e Belle dovette coprirsi gli occhi con la mano per abituarsi alla nuova luce, quando riuscì a vedere di nuovo il sole era ormai sorto e la sala era completamente vuota, ad eccezione di lei, ancora in ginocchio, e del mago, in piedi al centro della stanza con lo scettro stretto tra le mani. La notte più lunga dell'anno era terminata. La luce aveva cacciato via le tenebre. Il Ballo della Luna Nera si era concluso. 
Come riscossosi da un incubo, Rumplestiltskin si girò di scatto verso di lei e in pochi passi la raggiunse, aiutandola ad alzarsi. Finalmente la ragazza potè sorridere, e al mago fece lo stesso effetto di rivedere il sole dopo quella lunga notte. 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** How it Really begun ***


How it Really begun 

"L'ultima volta che ci siamo visti, mia adorata, mia hai raccontato una storia..."
"Oh Rumple.."
"No, no, non mi interrompere. Mi hai raccontato di come la Bella conobbe e si innamorò della Bestia. E che hanno vissuto felici e contenti fino alla fine dei loro giorni. Adesso tocca a me raccontarti una storia, che è identica alla tua in effetti." e rise, mentre lei lo abbracciava fissandolo con quella smorfietta a metà tra il serio e il riso. Gli occhi che chiedevano: "Dove vuoi andare a parare questa volta?"
"Solo che la mia inizia in modo diverso." lo sguardo di lei divenne interrogativo mentre un sorrisetto furbo comparve sul volto dell'uomo.
"Allora, c'era una volta un mago oscuro che, per puro caso, un giorno si trovò a passare per il regno di Avonlea." la donna si fece più attenta, aveva decisamente catturato la sua attenzione.
"Doveva incontrare un contadino per concludere un patto, e, siccome doveva attraversare il borgo intorno al castello, si mascherò da mendicante. Arrancando per le vie capitò che incrociasse la strada di un giovane, tanto bello quanto stupido, che gli intimò con tono superbo di lasciargli il passo se non voleva essere appeso per il collo. Il mago, benchè tremendamente offeso, non voleva dare nell'occhio, quindi , giurando intimamente vendetta, lo lasciò passare, ma il giovane, deluso che l'altro avesse ceduto così in fretta regalandogli una facile vittoria che non gli aveva permesso di mettersi in mostra con la sua dama, per buona misura si voltò e gli assestò un gran calcio, facendolo cadere. Il mago, che era andato ben oltre la tolleranza, ricolmo d'ira stava per alzarsi e trasformare il ragazzo in un cumulo di cenere, quando sentì che qualcuno, probabilmente la dama, rimproverando il giovane, lo stava aiutando a rialzarsi, scusandosi per l'accaduto. Quando stupito alzò lo sguardo, il mago non potè credere ai suoi occhi, gli apparve il viso più dolce e splendente che avesse mai visto, e la sua ira non potè far altro che scemare, contro la sua volontà, ben inteso!" la ragazza rise soavemente.
"La donna fu così dolce col mago che il ragazzo s'ingelosì, e prendendola per mano, con ben poca grazia, la riaccompagnò verso il castello. Alla fine, non è dato saper come, l'Oscuro, il più crudele e spietato mago di tutti i reami, si ritrovò a pensare che una tale bellezza era decisamente sprecata in quel luogo, che il giovane di certo non se la meritava e che, soprattutto, persino lui avrebbe trattato quel fiore con più garbo. Fu così che, quando il reame venne attaccato dagli orchi e lui ricevette una richiesta di aiuto, aspettò fino all'ultimo, finchè il re non sarebbe stato disposto a dare ciò che gli era più caro per salvarlo, e quindi, una volta arrivato a corte, gli chiese la sua unica figlia, la giovane donna che quel giorno gli aveva dimostrato tanta gentilezza. Il re rifiutò con forza, era un prezzo troppo alto per lui. Il mago sapeva che avrebbe cambiato idea, quindi si incamminò lentamente fuori dalla stanza, fiducioso che presto sarebbe stato fermato. E per la seconda volta la principessa lo stupì, in uno slancio di folle coraggio..."
"Ehi!" lei lo colpì giocosamente sul braccio, facendolo ridere.
"Ahi! Fammi finire, dicevo...in uno slancio di indomito coraggio, la giovane si offrì spontaneamente di andare via con lui, e di servirlo per sempre. Il mago rimase colpito, e lui, la Bestia, che non cercava affatto l'amore, da allora fece del suo meglio per evitare di innamorarsi della Bella. E, per fortuna, fallì miseramente. 
E il resto della storia la conosci, mia cara. Dopo tante peripezie, i due vissero per sempre felici e contenti."
Belle sorrise, lo sguardo colmo d'amore. "Perchè non mi avevi mai raccontato questa storia?"
"Perchè temevo che la prendessi male." disse rammaricato l'ex Oscuro.
"Ormai è passato, Rumple. Certo, potevi aspettare ancora un po' a dirmi perchè mi avessi voluto come domestica, ma meglio tardi che mai!"
I due risero e si baciarono, mentre le nuvole li avvolgevano in un candido abbraccio.  

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Who's Milah? ***


Who's Milah?

Quando lo fece, non avrebbe mai pensato che un giorno lo avrebbe messo in imbarazzo. Insomma, era stata la sua donna, l'aveva amata, e quando morì la pianse per lunghi anni in mare. Non avrebbe mai pensato che un giorno avrebbe rimpianto di non averlo fatto togliere. Iniziò tutto con Emma, erano nel loro letto, abbracciati, quando lei lo notò:
"Killian..."
"Dimmi amore."
"Chi è Milah? Perchè hai un cuore col suo nome tatuato sul braccio?"
"Beh...lei è l'unica altra donna che abbia mai amato."
Emma si tirò sù dalle coperte, si sarebbe aspettato uno sguardo di fuoco dietro quella cascata di capelli biondo grano, invece vide curiosità: "Che ne è stato di lei?"
"E' morta, molto tempo fa..."
"Come?"
"Il coccodrillo le ha stritolato il cuore davanti ai miei occhi."
Lei si riabbassò e lo abbracciò forte. Poi chiese: "Perchè?"
"Era sua moglie, scappò via con me. Lasciando lui e il loro figlio piccolo, Bealfire."
Emma si accigliò, non scusava certo Gold, però poteva in un certo senso capirlo, lei era scappata con un pirata abbandonando marito e figlio...poi un pensiero la colpì come un fulmine a ciel sereno, si alzò di scatto e turbata disse: "No aspetta quindi fammi capire, tu sei stato con la nonna di mio figlio?!?"
Fu complicato prendere sonno quella sera. Ma il peggio doveva ancora venire. Passò molto tempo, e un giorno d'estate, mentre insegnava ad Henry a duellare come un vero pirata, accadde...
"Killian, scusa ma...chi è Milah? Perchè hai il suo nome tatuato in un cuore sul braccio?"
Il capitano si tirò giù in fretta la manica destra della camicia che aveva arrotolato per il caldo.
"Beh...lei è...era, la mia ex. Riprendiamo, ti va?" 
Henry, sorridendo per l'imbarazzo dell'uomo, alzò le spalle e disse "D'accordo."
Poi, mentre duellavano, si rese conto che continuava a ripetersi quel nome..Milah...Milah...Milah...
Dove lo aveva già sentito?
Poi fece il collegamento.
"Aspetta un momento. Milah?! Non era l'ex moglie di Gold? Madre del mio padre biologico?"
"Ehm...sssì...?"
"VUOI DIRMI CHE TI SEI FATTO PRIMA MIA NONNA E POI MIA MADRE?!?" gridò il ragazzo turbato, Hook avrebbe voluto sprofondare.
Ancora altro tempo passò, Henry era tornato con Jacinda e la piccola Lucy, e vivevano felici e contenti a Storybrooke, il suo altro lui e Regina adesso vivevano insieme, mentre Alice e Robin avevano deciso di continuare a girare insieme i reami in cerca di avventure, Gold (o Weaver, o Rumplestiltskin, insomma il coccodrillo) era tornato a gestire il banco dei pegni in attesa di trovare un modo di liberarsi definitivamente dei suoi poteri e finalmente morire in santa pace, e lui ed Emma stavano crescendo la loro adorata figlia e tutto filava liscio. Un giorno, appena uscito dalla doccia, mentre si asciugava i capelli di fronte allo specchio, gli capitò di nuovo sotto gli occhi quel lembo di pelle. E si immaginò il giorno in cui sua figlia gli avrebbe chiesto: "Papaaaaà? Ma chi è Milah?"
No, non lo avrebbe sopportato, non poteva andare avanti così. Preso dalla disperazione si vestì in fretta e andò dall'unica persona che sarebbe stata felice di far sparire quel tatuaggio dalla sua pelle il più in fretta possibile. Quando entrò nel banco dei pegni non si stupì di trovare Rumplestiltskin intento a sfogliare un pesante tomo di magia in chissà che lingua, fu lui a stupirsi nel vederlo entrare. In tutti quegl'anni tra loro c'era stato un tacito accordo, l'uno non infastidiva l'altro e si faceva finta che nulla fosse mai avvenuto per il quieto vivere di tutti. "Buongiorno Killian, avevi bisogno di qualcosa?"
"Sì." disse risoluto il pirata, avvicinandosi al bancone dove l'altro uomo era appoggiato a leggere.
"Ho bisogno di un favore. E' molto importante."
Gold si stupì ancora di più, tutto questo era molto, molto strano. Hook avrebbe preferito farsi tagliare l'altra mano piuttosto che venire a chiedere aiuto a lui. Quindi, più che altro per curiosità, rispose: "D'accordo. Ti ascolto."
"Devi far sparire questo." e nel dirlo tirò sù la manica destra mostrando il tatuaggio. L'espressione di Gold cambiò radicalmente. Un ghigno dei bei vecchi tempi comparì spontaneamente sul suo viso. Vedendolo, Killian continuò prima che l'altro potesse parlare:
"Non mi importa come. Fallo sparire. Mi sta procurando guai da anni, e va sempre peggio. Ti darò qualunque cosa in cambio."
Ormai Gold rideva apertamente, non ci poteva credere. Killian invece era al di là dello sconforto.
"Oh dearie. Mi dispiace, ma qui fiori c'è scritto 'banco dei pegni' , non 'rimozione tatuaggi imbarazzanti', vorrei dirti che mi dispiace per te, ma...ahahah non posso proprio!"
"Ci deve essere qualcosa che puoi fare!"
"Oh, ma certo che c'è! Potrei sempre tagliarti il braccio e metterlo vicino all'altra mano." e scoppiò di nuovo a ridere.
"Senti." disse Killian sull'orlo della depressione "Non c'è niente da ridere! Parlo seriamente. Ti darò qualsiasi cosa, basta che lo fai sparire...e se per farlo devi tagliare il braccio, allora..." e nel dirlo gli porse il braccio incriminato "fallo!"
Gold smise di ridere e lo guardò con un ghigno che andava da un orecchio all'altro "Oh, non essere così melodrammatico, Jones! Lo sai che non faccio più accordi, e, a meno che tu non voglia darmi il tuo primogenito a tutti i costi..."
"NO! Questo mai coccodrillo, piuttosto mi faccio tagliare anche le gambe!"
"Ci tieni proprio a farmi avere qualche altro pezzo di te prima di morire, vero?"
Killian sospirò. "Va bene. Stupido io a venirti a chiedere aiuto."
Fece per andarsene, poi Gold rispose: "No, stupido a tatuarti il nome di una donna. Lo sanno tutti che non si fa."
"Quindi vuol dire che mi aiuterai?" chiese il pirata con rinnovata speranza.
"Beh, non posso certo continuare a farti andare in giro col nome della mia ex moglie tatuato addosso, non credi?" nel dirlo tirò fuori il pugnale da una tasca dell'elegante giacca.
"Allunga il braccio." gli disse col tono più infido che riuscì a trovare.
"Che vuoi fare? Non vorrai mica tagliarmelo davvero?"
"Vuoi che te lo tolga, o no?" Killian scosse la testa accennando un sì "Allora, allunga il braccio, Jones."
E Killian ubbidì, serrando gli occhi per non guardare. Fu un attimo, un terribile bruciore e poi tutto era finito. Terrorizzato aprì gli occhi e stupito si passò la mano finta sull'avambraccio, liscio e privo di qualsivoglia segno. Quando rialzò lo sguardo la prima cosa che incontrò fu il ghigno soddisfatto di Rumplestiltskin.
"Grazie. Sai, per un momento ho creduto che me l'avresti tagliato sul serio."
"Si, beh, sono ancora in tempo. Ora fuori, prima che cambi idea. Ho del lavoro da fare." lo congedò e il pirata non se lo fece ripetere due volte. Tornando verso casa, finalmente libero da quel fardello, non potè non pensare al suo vecchio nemico e a quanto fosse cambiato grazie a Belle, e a quanto lui stesso fosse cambiato per Emma. Il loro vero amore, che forse non avrebbero mai conosciuto, se non ci fosse stata di mezzo Milah.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** "Do you know WHO that is? Coz I'm still trying to figure it out." ***


"Do you know WHO that is? Coz I'm still trying to figure it out."

Aveva capito che doveva essere un personaggio importante, eppure continuava a non capire CHI fosse. Dopo tutto, dalle voci che giravano, pareva che il signor Gold avesse in mano quasi tutta Storybrooke . Doveva assolutamente essere importante. Ma era strano, era come se non fosse lui a scoprire chi erano i personaggi, ma il libro a rivelarglieli mano a mano. Dopo tutto ce l'aveva solo da un mese, anche se l'aveva già letto svariate volte, ma alcune favole erano così complicate che ogni tanto dimenticava qualche dettaglio. Lui doveva essere lì, nascosto in qualche dettaglio. O in una storia minore, o che magari apparentemente non aveva nulla a che vedere con quello che lui era fuori dalla Foresta Incantata.
Henry Mills aveva passato giorni interi a pensarci. A qualcosa era arrivato. Di sicuro c'entrava l'oro. L'oro, e il banco dei pegni. Ma lui aveva solo dieci anni, che ne poteva sapere di quello che effettivamente si fa in un banco dei pegni. Tutto quello che sapeva era che la gente senza soldi ci andava per scambiare qualche oggetto prezioso con del denaro, ma oltre a quello...
Alla fine Henry aveva deciso di seguirlo, aveva capito che sua madre era la Regina Cattiva vedendo come si comportava, lo stesso per Mary-Margareth e per il Dottor Hopper. Seguire Gold non sarebbe stato altrettanto semplice, ma doveva provarci. E così era iniziata. L'operazione coccodrillo. Ogni giorno Henry seguiva gli spostamenti del signor Gold, per quanto poteva tra la scuola e le sue due madri. Un pomeriggio Gold stava claudicando tranquillo verso il suo banco dei pegni e Henry, dall'altro lato della strada, cercava di seguirlo senza farsi notare. Ma a un certo punto qualcosa cambiò, Gold girò nel vicolo prima del suo negozio.
"Forse ci siamo!" disse fra sè e sè il ragazzino. Affrettandosi a tenergli dietro.
Corse attraverso la strada e poi nel vicolo. Andando a sbattere dritto dritto contro Gold.
Henry si sentì morire, evidentemente si era accorto di tutto e gli aveva teso una trappola, infatti quando gli era finito contro, nonostante la gamba malandata, Gold non aveva nemmeno barcollato, e tuttavia, approfittando dello scontro, si era appoggiato alla spalla di Henry come per evitare di cadere. In realtà assicurandosi che Henry non scappasse. "Henry! Cosa combini? Per poco non mi fai cadere. Cosa ci fai da queste parti? Storybrooke è una cittadina tranquilla, ma persino qui i vicoli possono essere pericolosi." il tono bonario dell'uomo contraddiceva l'aria inquisitoria e per nulla bonaria che avevano assunto i suoi occhi.
"S-sì, certo, io stavo solo...ehm...esplorando un po' la città."
"In cerca di avventure, eh? Beh è normale alla tua età, ma non credo che tua madre, il sindaco, sarebbe troppo entusiasta di sapere che, tra tutte le avventure, tu ti sia cacciato in una che coinvolga proprio me."
"Ma io non stavo seguendo lei!"
"E chi ha parlato di seguirmi?" un sorriso a metà tra il divertito e il sarcastico si dipinse sul volto dell'uomo. Henry sudò freddo, avrebbe voluto scappare ma Gold teneva ancora la mano sulla sua spalla. Tuttavia fece un gesto che lo spiazzò, in quel momento l'uomo decise che non era più necessaria, e tornò ad appoggiarsi al bastone con entrambe le mani. Apparentemente più che deciso a trattare la faccenda come un semplice gioco di un bambino e nulla più. "Lascia che ti dia un consiglio, figliolo. La prossima volta che spii qualcuno, fa attenzione a chi scegli come bersaglio, e soprattutto ai riflessi nelle vetrine. A questo punto potresti anche dirmi come mai mi stai seguendo da una settimana."
"Sto solo cercando di capire..."
"Chi sono, non è vero?"
Henry deglutì, quindi lui ricorda?
"So che hai dato a tutti, o quasi, un personaggio, infatti iniziavo a sentirmi escluso." Gold sorrise quasi paternamente, come se avesse deciso di stare al gioco e la cosa lo divertisse alquanto. "Facciamo un patto, che ne dici? Io ti dò tre giorni a partire da domani per darmi un personaggio, senza bisogno che tu mi segua di nascosto, solo tre giorni. Poi smetterai di seguirmi ovunque, e, se non lo indovini, smetterai anche di provarci."
Henry ci pensò su per qualche secondo, tre giorni erano pochi, ma senza doversi preoccupare di essere beccato...prima che potesse davvero prendere una decisione Gold incalzò: "Allora, ci stai?"
"Ci sto!" esclamò in fine il ragazzino. I due si strinsero la mano.
"Bene, a domani allora Henry. Ah, e ti sarei grato se non dicessi nulla alle tue madri, potrebbero arrabbiarsi molto con entrambi. Buona giornata." e sogghignando girò sui tacchi e si avviò al suo negozio di pegni.
Henry comunque non aveva intenzione di dire a nessuno del suo patto con Gold, qualcosa gli diceva che avrebbe fatto meglio a tacerne, e comunque, anche se non avesse indovinato, avrebbe scoperto la sua identità una volta che Emma avesse spezzato il sortilegio.
Il giorno seguente Henry stava andando a casa di Mary-Margareth, aveva sentito da Granny che Emma si era trasferita lì, così, tutto contento, entrò senza nemmeno bussare. "Ehy Emma, pensavo che noi..."
 La scena che seguì fu piuttosto imbarazzante. Gold stava parlando con Emma, e certo Henry non si aspettava di trovarselo davanti così presto, la tensione tra i due era palpabile. Forse sua madre aveva captato qualcosa, ma apparentemente decise di non darvi peso.
"Ciao Henry...come stai?" 
"Okay...?"
"Bene...porta i miei saluti a tua madre e....buona fortuna Miss Swan." e Gold battè la ritirata.
"Sai chi è quello??"
"Certo che lo so."
"Chi? Perchè io sto ancora cercando di capirlo."
"Oh, io intendevo...nella raltà..."
Bene, perfetto, Emma sarebbe stata totalmente inutile sotto questo punto di vista, avrebbe dovuto farcela da solo.






















*Angoletto dell'Autrice*
Ciao a tutti! Se siete arrivati fino a qui o vi piace davvero cosa scrivo oppure vi volete male ahaha In ogni caso saluto i miei 5 lettori e vi ringrazio per il tempo che mi avete dedicato. Spero che queste storie vi siano piaciute e se vi va ditemi cosa ne pensate nelle recensioni (sempre ben accette). Mi sono ritagliata questo angoletto per raccontarvi un po' la storia di queste storie. E' da tantissimo tempo che non pubblico qualcosa, alternativamente per mancanza di tempo, ispirazione e mezzi (piiiiccoli inconvenienti con la linea internet, il tecnico mi ha detto letteralmente "Eh, sei sfigata." ok, grazie?) comunque qualche momento per scrivere in questi anni l'ho trovato e mi sono divertita un sacco a immaginare e scrivere queste storie, e ne verranno altre, non so se nel breve tempo o meno, ma comunque il punto è che finalmente una qualche congiunzione astrale mi ha permesso di avere nello stesso momento mezzi, tempo e ispirazione per pubblicare quelle già scritte. Nascono, ormai penso sia chiaro, dall'idea di raccontare l'origine di qualcosa (Come il nome del lago di Nostos o il perchè Voldemort non capisce l'amore) oppure semplicemente un momento mancante nella storia di Rumple e dei personaggi di OUAT, il filo conduttore: gli accordi. E spero che un giorno questo filo porti a un "finale". Comunque ancora una volta vi ringrazio e spero di poter pubblicare presto!
Tonks98 <3

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3889649