Fiori d'Inverno

di AzucarScarlet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


-Non c'era bisogno che lo facessi. Ci sono abituato: sarebbe finito tutto come sempre- mormorò a mezza voce un Bowser decisamente più scoraggiato del solito. Appiccicò con un sospiro l’ultimo cerotto sulla guancia e tornò a guardare negli occhi la principessa che aveva di fronte.
 
-Non mi piacciono i prepotenti. Infatti tu non mi piaci proprio per niente- sottolineò lei con un pizzico di ilarità nella voce -Ma mi è piaciuto ancora meno il modo in cui si è comportata Peach questa volta. È mia amica, d’accordo, ma credo che abbia davvero esagerato. E anche Mario-
 
Per qualche minuto il silenzio tornò a regnare sovrano nel castello di Sarasaland, là dove Daisy aveva deciso di tornare dopo quanto successo solo poche ore prima.
 
-Grazie…- borbottò il Re dei Koopa mentre le sue guance paffute si coloravano di una deliziosa sfumatura rosa. Voltò lo sguardo altrove fingendo di controllare per l’ennesima volta che le fasciature fossero abbastanza strette.
 
-Ah, questa poi: Sua Spregevolezza che mi ringrazia- la ragazza rimase seria per un momento finchè lei ed il suo interlocutore non si scambiarono uno sguardo complice ed iniziarono a ridere prima sommessamente, poi sempre più forte.
 
-Dico davvero, Daisy. Nessuno si è mai preso il disturbo di… umh…
 
-Assicurarsi che stessi bene? Tranquillo, lo so come ci si sente… E comunque non credere che si tratti di favoritismo: lo avrei fatto per chiunque.
 
I sospiri dei due riecheggiano nuovamente nell'aria, finché Bowser non si decise a porre l’ennesima domanda:
 
-Hai detto di sapere come ci si sente.. In che senso?
 
-Si dà per scontato che le persone forti, o che si mostrano tali, non abbiano mai bisogno dell’aiuto degli altri: sarebbe uno smacco domandare loro se stanno bene o se serve loro qualcosa, perché è ovvio che non ce ne sia bisogno. Dopotutto, per esempio, di cosa potremmo mai necessitare io e te? Tu, un potente Re, con un regno tutto tuo, una schiera di soldati pronti a rischiare la vita se solo glielo ordinassi.. E io, una Principessa testarda, con il mio Regno, i miei servi, blah blah e tutto ciò che ne consegue. Davvero credi che qualcuno potrebbe mai pensare di venire a chiederci come ci sentiamo veramente? No! Si accontentano delle apparenze, così guardare i nostri sguardi ricolmi di testardaggine e determinazione li illude di aver fatto già   tutto ciò che era necessario nei nostri confronti. Eppure, se guardassero più nel profondo, cosa vedrebbero? Nemmeno loro lo sanno con certezza… Dico bene?
 
Il Re dei Koopa fu spiazzato da quelle parole: pensò che nemmeno a lui era mai successo prima di guardare Daisy nel modo in cui la stava guardando ora. Pensò che, dopotutto, lui stesso
non poteva definirsi diverso dalle persone cui la ragazza aveva fatto riferimento nel suo lungo discorso, se davvero non si era mai reso conto prima di quanti pensieri, quante necessità, quanti desideri potessero esserci dentro una testolina tanto piccola, nascosti dietro un sorriso tanto smagliante che non tradiva mai un attimo di incertezza o di scoraggiamento.
 
-Immagino di sì…- disse, grattandosi la nuca per dissimulare e cercare di smorzare la tensione
-Io.. b-beh, credo di non potermi definire migliore di chi si è infischiato delle tue necessità- aggiunse.
 
La differenza tra le loro proprietà di linguaggio lo imbarazzò ancora una volta: possibile che solo lui sembrasse sempre quello cresciuto nei sobborghi di un Regno dimenticato dal mondo?
Sospirò ancora prima di rendersi conto che gli occhi blu di lei lo stavano fissando nuovamente.
-Peach è molto diversa da noi- proseguì Daisy mentre riponeva le garze e i cerotti nella scatola del kit di pronto soccorso
-Lei è circondata da persone che si preoccupano e la aiutano in qualunque cosa... Però, se mi chiedessero di fare cambio, non accetterei. Magari sarà anche comodo essere aiutati ogni giorno in ogni cosa, ma se ci pensi bene quella ragazza non ha uno straccio di indipendenza.. Immagina se la seguissero perfino quando va in bagno!- azzardò, guardando il suo interlocutore con un'espressione fintamente preoccupata che lasciò presto spazio ad una molto, molto divertita.
 
Bowser accennò un sorriso di rimando, ma abbassò subito lo sguardo.
Dovette ammettere a sè stesso che, per una volta, 'sparlare' della sua principessa rosa preferita non sembrava così sbagliato, soprattutto visto che lo stava facendo con qualcuno che si era sorprendentemente rivelato più simile a lui di quanto potesse immaginare. Eppure..
 
-Tanto lo so che non ti piace parlare male di lei-
Ma come faceva? Era come se fosse in grado di leggere i suoi pensieri o qualcosa di simile...
 
-È solo che..
-Dimmi una cosa.. sei innamorato di Peach, non è vero?
-NO! I-Io non..
-Guarda che non lo dico a nessuno! E poi.. ci sarà pure un motivo, se rapisci sempre lei..!
Il Re abbassò la testa nel disperato tentativo di nascondere il viso rosso per l'imbarazzo: più si chinava verso il basso, facendo saettare lo sguardo a destra e a sinistra alla ricerca di un punto su cui soffermarsi, più Daisy lo paragonava nella propria mente ad un cucciolo che, scoperto dopo averla fatta grossa, cerca di nascondersi anche davanti all'evidenza.
 
-Non c'è niente di cui dovresti vergognarti, lo sai? Non l'ho certo chiesto perchè volevo metterti in imbarazzo. Penso che se c'è qualcuno che dovrebbe sentirsi a disagio, o in colpa se proprio vogliamo sbilanciarci, non dovresti essere tu, ma Peach. Non fraintendermi: ognuno è libero di avere il proprio punto di vista sulle cose, soprattutto sull'amore, però...
 
Vi fu un'altra pausa durante la quale Daisy attese che Bowser tornasse a guardarla per poter proseguire:
 
-Penso che qualcuno che decide di dedicarci incondizionatamente il proprio tempo e le proprie attenzioni, e in casi come questi addirittura il proprio amore, sia meritevole almeno di sapere che, seppur impossibilitati a ricambiare, ne siamo riconoscenti.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


-Credo sia il caso che vada, ora- disse Bowser rimettendosi pigramente in piedi e cercando per quanto possibile di non incrociare lo sguardo di Daisy.
 
La ragazza gettò un’occhiata fugace al grosso orologio da parete alla sua sinistra: segnava ormai le 22:00 inoltrate.
-D’accordo, allora alla prossima..!
 
Bowser annuì distrattamente e si incamminò verso l’uscita sotto lo sguardo attonito e forse preoccupato dei servitori, alcuni dei quali erano palesemente rimasti ad ascoltare la loro conversazione da dietro la porta, e ora fingevano di star occupandosi delle mansioni loro assegnate.
 
La principessa li rimproverò in silenzio con uno sguardo che non lasciava troppo spazio ad eventuali dubbi, ma proseguì imperterrita il suo cammino verso il grande portone, fino a dove scortò l’ospite.
Lo aprì con un po’ di fatica, tirando energicamente la maniglia, per poi tornare a guardare il Re in silenzio.
 
-Beh, se avessi bisogno di compagnia... sai chi rapire, d’ora in poi- scherzò Daisy, ammiccando -Prometto che non chiamerò aiuto-
-E io prometto che studierò un modo migliore per chiedere alle persone di passare del tempo con me-
Risero entrambi prima che Bowser la salutasse con un cenno della testa e si voltasse, camminando lentamente verso casa.
 
Daisy lo guardò allontanarsi in silenzio e per qualche motivo non potè trattenere un sospiro: davvero sarebbe stato bene? Forse avrebbe dovuto proporgli di essere suo ospite... No, probabilmente sarebbe suonato strano.
 
“Cosa ti fa pensare che potrei mai voler avere a che fare con un mostro come te? Sei rivoltante, dovresti fartene una ragione”
 
Le parole di Peach le risuonavano ancora in testa. Mai, da quando la conosceva, l’aveva sentita parlare con tanta freddezza e disprezzo; quasi le era parso di non riconoscerla. Possibile che si fosse sempre illusa di conoscerla davvero?
 
Bowser nel frattempo era tornato alla sua dimora. Non appena imboccato il ponte levatoio, i Tartossi a guardia dell’ingresso lo guardarono in silenzio con aria preoccupata senza tralasciare di soffermare la loro attenzione sulle fasciature e sui cerotti disseminati su tutto il corpo del loro sovrano.
-Che avete da guardare?- borbottò lui, iniziando a strapparsi dalle braccia i primi strati di bende. Bastò questo a zittirli e a convincerli a non fare domande in merito.
 
-Padre, sei tornato!- esclamò Bowser Jr che, seguito a ruota dai suoi fratelli, si diresse verso l’atrio per salutare il genitore.
-Dove sei stato tutto il giorno?- chiese Larry, battendo il piede a terra per mostrare tutto il suo disappunto.
-Già, sei stato via parecchio- aggiunse Iggy -Ma mentre non c’eri ho messo a punto un nuovo marchingegno che potrà aiutarti a sconfiggere il nanetto baffuto una volta per tutte!
-Pff, e quella sarebbe l’arma definitiva, secondo te? Scommetto che non riuscirebbe a battere nemmeno me!- commentò Roy, calcandosi gli occhiali da sole sul naso.
-Padre, questi screanzati hanno fatto chiasso per tutto il giorno, rovinando la mia sfilata di moda e non solo!- sottolineò Wendy, imbronciata, incrociando le braccia sul petto
-Hanno disturbato anche le mie prove con gli strumenti- ci tenne a precisare Ludwig, con spiccata cadenza tedesca.
 
Prima che anche Morton e Lemmy potessero lamentarsi di qualsiasi altra cosa, Bowser emise un ruggito frustrato per zittirli una volta per tutte.
 
Le guardie ed i servi all’interno e fuori dal castello si immobilizzarono in attesa che il terreno sotto i loro piedi smettesse di tremare, poi ripresero a svolgere le loro mansioni senza battere ciglio, ormai abituati alle escandescenze del loro padrone.
 
I piccoli rimasero immobili a fissare il padre, deglutendo all’unisono e stando pronti a tapparsi le orecchie in caso di necessità.
 
Al di là di ogni previsione, però, il Re si limitò a sospirare frustrato, buttando fuori dalle narici tutta l’aria trattenuta sotto forma di piccole nubi di fumo scuro.
 
-È stata una lunga giornata. Potreste cercare di risolvere da soli i vostri problemi, per una volta?
-Certo, Padre!- rispose prontamente Bowser Jr, notando solo in quel momento i cerotti e le fasciature che ancora intrappolavano la pelle ruvida del vecchio genitore -Ci dispiace, ce ne andiamo
 
E batterono in ritirata assicurandosi di non fare troppo rumore.
 
Il Re si avviò in silenzio verso la sala del trono, dove poco dopo lo raggiunse Kamek -Vostra Sgradevolezza...- commentò a mezza voce, con un inchino veloce -Se posso permettermi, con tutto il rispetto, non sembrate in condizioni ottimali. Volete che guarisca le vostre ferite con la mia magia?
 
-Sono già guarite, idiota- sibilò il sovrano, strappandosi con rabbia i cerotti e le bende rimanenti -Ora vattene. Voglio rimanere solo.
 
-Ma certo, Vostra Malvagità, ai vostri ordini. Se doveste avere bisogno di me, non esitate a..
 
-Vattene. Ora.
 
Kamek lasciò la sala in silenzio, richiudendo lentamente il vecchio portone cigolante.
 
Bowser appoggiò il gomito sul bracciolo del grande trono rivestito di oro e velluto e sostenne il mento con il dorso di una mano, chiudendo gli occhi.
Le parole di Peach risuonavano ancora nella sua mente, fastidiose quanto uno sciame di api, e dolorose come stilettate al cuore ogni volta si soffermasse a pensare al loro significato e all’espressione infastidita della sua principessa.
 
“...seppur impossibilitati a ricambiare, ne siamo riconoscenti.”
 
Bowser aprì di scatto gli occhi tornando alla realtà, quasi come se quelle parole lo avessero risvegliato dal suo torpore. Si guardò intorno: le aveva sentite pronunciare così chiaramente dentro la sua testa che per un attimo aveva avuto l’impressione che Daisy fosse proprio lì, a sussurrargliele nell’orecchio.
 
Daisy.
 
Già. Non aveva mai avuto occasione di passare del tempo con lei, prima.
E come se non bastasse ora si sentiva ancora più confuso, dopo il pomeriggio trascorso a parlare con lei e a farsi medicare come un povero fesso indifeso.
 
Emise un grugnito frustrato e gettò lo sguardo su dei fogli ingialliti impilati su una vecchia scrivania lì accanto.
Si avvicinò con passi pesanti e ne afferrò un paio con un po’ di difficoltà, poi cercò di decifrarne il contenuto: probabilmente quella missiva era talmente vecchia, e si trovava lì da così tanto tempo, che era questo il motivo per cui l’inchiostro si era quasi completamente deteriorato, rendendo impossibile leggere quello che una volta doveva essere una sorta di documento ufficiale -o di invito?- da parte di un qualche Regno circostante.
 
Rimase per qualche secondo a fissare il foglio ingiallito e i caratteri sbiaditi, poi afferrò una penna e, dopo aver intinto con cura la punta nell’inchiostro, iniziò a tracciare con attenzione i primi segni sulla carta, quelli che componevano la scritta “Alla Principessa Daisy di Sarasaland”.
 
Fissò per un attimo la sua scrittura incerta, i tratti tremolanti tracciati dalla sua mano e il modo assurdo in cui era costretto ad inclinare le dita ed il polso perchè potesse avere una presa più o meno sicura sul minuscolo pennino.
Scrisse un paio di altre righe, semplici e concise, con molta lentezza e con una pazienza che non gli appartenevano, almeno finchè non iniziò ad innervosirsi nell’osservare quella scrittura illeggibile e niente affatto elegante.
-Al diavolo, chi ha bisogno di una stupida lettera? E poi anche se gliela inviassi, non la leggerebbe nemmeno!- commentò ad alta voce, finendo col sentirsi ancora più stupido.
 
Abbandonò la stanza sbattendo i grossi piedi a terra e si infilò in camera da letto senza una parola.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Dopo che il Re dei Koopa era tornato al suo castello, Daisy aveva trascorso un paio di ore appoggiata al davanzale della grossa finestra della sua stanza: osservava in silenzio il cielo scuro cosparso di stelle luccicanti e, con uno sguardo malinconico, si poneva incessantemente la stessa domanda: in che modo poteva aiutare Bowser e al tempo stesso ricucire i rapporti con la sua amica?
 
Dopo una decina di minuti aveva già perso il conto delle volte in cui aveva accompagnato quella domanda con un sospiro frustrato.
 
C’era da dire, però, che il panorama sopra la sua testa era davvero mozzafiato: non ci volle molto prima che la principessa desiderasse di poter condividere quel momento con entrambi i protagonisti del suo pensiero fisso.
 
-Chissà che cosa staranno facendo, adesso..? Probabilmente Peach starà già dormendo da un pezzo, e anche Bowser suppongo- ma intanto si domandava se anche loro avessero ripensato alla giornata appena trascorsa tanto quanto lei, e ammise in cuor suo che saperlo le avrebbe dato un certo conforto.
 
Si allontanò lentamente dalla finestra solo una volta sopraggiunta l’impressione di aver implorato le stelle forse più del dovuto e si lasciò cadere di schiena sul morbido materasso spazioso: osservò per un istante e con gli occhi assenti la stoffa colorata del baldacchino poi chiuse gli occhi e, senza nemmeno rendersene conto, si addormentò.
 
La mattina seguente, Daisy si svegliò di buon ora.
 
Nonostante avesse dormito molto meno del solito, si sentiva ugualmente riposata ed ebbe addirittura l’impressione di essersi lasciata alle spalle i tormenti della sera prima, quasi come quando, al risveglio, si dissolvono come per magia i turbamenti di un brutto sogno.
 
Per sfruttare al meglio la giornata appena iniziata, la ragazza decise di uscire e fare una passeggiata.
 
Indossò degli abiti comodi che non la intralciassero troppo -come nel caso del lungo vestito giallo e arancione che era solita indossare- e si incamminò.
 
Nonostante il clima arido di Sarasaland e la quasi totale assenza di qualsivoglia tipo di vegetazione o forma di vita, motivo per il quale Daisy era solita trascorrere molto più tempo nel Regno dei Funghi piuttosto che a casa sua, ella era perfettamente a conoscenza di luoghi che amava considerare “segreti” o, ancor meglio, di sua proprietà -oltre al senso più strettamente logico del termine, collegato giustamente alla sua carica.
 
Camminò per diversi minuti prima di raggiungere una sorta di oasi circondata da diverse palme rigogliose ed altissime, tanto che pareva sfiorassero il cielo.
Un sorriso delicato si disegnò sul volto della principessa un attimo prima che questa sparisse in mezzo alle fronde: raggiunse con una lentezza quasi innaturale il ruscello lì vicino, come se volesse assaporare ogni passo prima di immergere i piedi nell’acqua fredda e cristallina.
 
Un sospiro di sollievo sembrò portare via tutte le sue preoccupazioni e Daisy iniziò a volteggiare nell’acqua ad occhi chiusi. Era il modo migliore che conosceva da sempre per liberarsi delle energie negative e, ogni volta che ne aveva bisogno, sapeva di poter contare sulla segretezza di quel luogo che, di certo, non l’avrebbe mai tradita.
 
Lentamente, luci colorate si levarono dal terreno attorno al laghetto, avvolgendo la principessa in una sorta di abbraccio mentre lei continuava imperterrita a danzare graziosamente sulle punte dei piedi.
Quando riaprì gli occhi le luci smisero lentamente di brillare, divenendo sempre più fioche, e si depositarono come spore sulla sabbia: venne istantaneamente ricoperta da un manto di fiori rigogliosi e colorati: Daisy sorrise. L’aveva fatto molte volte, in precedenza, ma non si stancava mai della sensazione piacevole che creare la vita le donava.
 
Intanto, la giornata era cominciata anche al castello del Re dei Koopa.
Bowser non era riuscito a prendere sonno, e si era limitato a girarsi prima da una parte, poi dall’altra del grosso materasso. Solo le prime luci dell’alba erano riuscite nell’intento di farlo assopire per un paio di ore, ma anche
durante quel poco tempo di sonno effettivo ci avevano pensato i suoi stessi sogni a tormentarlo.
 
Spazientito, si era alzato di scatto, furibondo, non curandosi nemmeno del rischio di strappare le lenzuola con gli aculei appuntiti del suo grosso guscio e si era diretto alla sala del trono, l’unico luogo in cui era quasi certo di non poter essere disturbato, nonchè la parte del castello più buia e silenziosa di tutte le altre. Nemmeno la luce del sole in estate riusciva a penetrare quelle spesse mura di pietra, e francamente la cosa non gli era mai dispiaciuta. Anzi, in certe occasioni avrebbe vissuto più che volentieri senza dover mai più vedere brillare quella fastidiosa palla infuocata sospesa nel cielo.
 
Per terra, appallottolata come l’aveva lasciata la sera precedente, aveva trovato la lettera che aveva tentato di scrivere per Daisy. La scansò, poi non contento la calciò via.
 
Per la prima volta si sentiva arrabbiato, ma non avrebbe saputo dire con chi nè per quale motivo.
 
Era come se fosse in collera col mondo per qualcosa che era solamente colpa sua, una sensazione strana che non gli piaceva affatto.
 
Decise che incenerire qualcosa lo avrebbe aiutato a rilassarsi: radunò un gruppo di Tartossi che, obbedienti, si disposero a formare una piramide e, per amore del loro padrone, aspettarono senza fiatare di essere colpiti dall’alito infuocato del Re.
 
Non batterono ciglio, abituati come erano, nemmeno dopo essere stati investiti in pieno da quella vampata infernale; anzi, per non dispiacere (o irritare) ulteriormente il sovrano, si lasciarono cadere a terra uno sopra l’altro formando un piccolo cumulo di ossa scurite dalla fuliggine.
 
Alla vista di quello spettacolo “discutibile”, Bowser stirò i lati della bocca in un ghigno appena accennato ma soddisfatto, segno che gli stava lentamente tornando il buon umore: infondo, gli bastava davvero poco..!
 
Attese che i Tartossi si ricomponessero e tornassero a disporsi uno sopra le spalle dell’altro, ma prima che potesse dare sfogo alla sua rabbia per la seconda volta, Kamek entrò nella stanza:
-Vostra Arroganza, mi spiace enormemente disturbarvi nel mezzo del vostro, emh... allenamento mattutino, ma sembra che qualcuno abbia appena bussato all’ingresso e mi chiedevo se fosse il caso di accogliere l’ospite o...
 
-Di chi si tratta?- chiese immediatamente il Re, stranamente meno scocciato del previsto. Kamek trasalì: se tutti gli anni passati con Bowser gli avevano insegnato qualcosa, una di queste era sicuramente che non era un buon segno, quando il Re si mostrava tanto indulgente.
-In verità non lo so, mio Signore, per questo sono venuto a-
-Mi interrompi per venirmi a dire che NON SAI CHI HA BUSSATO ALLA PORTA?!
-Beh, ecco... S-
 
-Ehilà? C’è nessuno?- una voce inconfondibile rimbombò improvvisamente nell’atrio -Bowser..? Sei a casa?
 
Per qualche ragione, non appena sentì pronunciare il proprio nome, il grosso Koopa si congelò sul posto. Guardò negli occhi Kamek, cercando quanto meno di intravederli dietro le lenti degli occhiali spesse come fondi di bottiglia, ma l’anziano mago si limitò a ricambiare lo sguardo del Re con un’espressione perplessa.
I Tartossi si guardarono l’uno con l’altro in attesa di istruzioni e senza sapere cosa fare, finchè finalmente Kamek si decise a rompere il silenzio:
-Signore, è la Principessa Daisy. La mandiamo via..?
-Non dire fesserie, va’ a vedere dove si è cacciata e accompagnala nella sala da pranzo!- sbraitò -Voi invece andate a ripulirvi, non voglio vedere un singolo granello di fuliggine quando tornerò qui- disse minaccioso ai Tartossi che, nel tentativo di darsela a gambe, si lasciarono alle spalle una scia di clavicole e falangi.
 
Rimasto solo, Bowser inspirò profondamente e uscì dalla stanza come se nulla fosse dirigendosi di soppiatto nell’enorme sala da pranzo.
 
Entrò avendo cura di chiudere lentamente la porta dietro di sè, ma quando si voltò non potè credere ai suoi occhi: quelle piaghe purulente dei suoi figli si stavano letteralmente lanciando la colazione.
Strinse i pugni cercando di mantenere la calma: Daisy sarebbe entrata da un momento all’altro in quella stessa stanza e Bowser pensò che, oltre alle fette di torta alla panna spiaccicate sulla carta da parati e ai cocci di porcellana disseminati sul pavimento, sarebbe stato scortese imbrattare ulteriormente il mobilio con il sangue dei crani fracassati di quegli otto scalmanati.
 
-PIANTATELA!- urlò, facendo oscillare pericolosamente il grosso lampadario di vetro appeso al centro del soffitto. I piccoli si voltarono tutti nello stesso istante verso il padre che, con gli occhi iniettati di sangue (anche più del solito), li scrutava ad uno ad uno in silenzio ma con il respiro pesante -Chi ha cominciato questo casino?
 
-Padre, posso spiegare!- iniziò Roy con la voce che gli tremava
-Non ho chiesto spiegazioni, ho chiesto CHI È STATO!?
 
-Ciao Bowser! Ho interrotto la colazione?- chiese Daisy con una voce squillante, molto più energica di quella che ricordava dalla chiacchierata della sera precedente.
-Mi dispiace, Signore, non sono riuscito a trattenerla- balbettò Kamek, già pronto ad un’eventuale punizione
-Oh, no, è colpa mia!- intervenne la principessa -Avrei dovuto avvisare anzichè presentarmi all’improvviso, ma ero nei paraggi...
-Con permesso..!- si affrettò a dire Kamek, approfittando del silenzio del sovrano per uscire dalla stanza e richiudere velocemente la porta.
 
-Scusa, Daisy, i miei figli sono degli incoscient-
-Oh, che sbadata! Non mi sono nemmeno presentata come si deve!- esclamò la ragazza, avvicinandosi un po’ di più ai piccoli Koopa -Ciao ragazzi, io sono Daisy! Sono molto contenta di conoscervi! A proposito.. vedo che ci avete dato dentro...- commentò poi, osservando i residui di cibo sparsi ovunque sul pavimento e sul muro.
-Già, il fatto è che non...
-Vi svelo un segreto: anche io da piccola facevo la lotta col cibo e lanciavo sempre il dessert in testa al maggiordomo, ma poi mamma e papà mi sgridavano ed ero costretta a scappare per tutto il castello perchè non mi mettessero in punizione!- schiacciò l’occhiolino al gruppetto di Koopa che la ascoltava interessatissimo e rise di cuore ricordando i tempi della sua infanzia -Anche il vostro papà vi mette in punizione quando fate queste cose?-
-Beh...- si fece avanti Junior -Non sempre.. a volte è lui che inizia a lanciare il cibo a noi durante la cena...
 
La principessa guardò stupita il Re, rosso in viso, non si sa se di rabbia o per l’imbarazzo, e gli sorrise: -Con quella faccia sempre arrabbiata non l’avrei mai detto, ma ad essere del tutto sincera avevo immaginato che potessi essere un tipo da lotta col cibo- rise di nuovo, poi prese un po’ della panna residua rimasta su un piatto e, con un dito, la spiaccicò dritta dritta sul muso di Bowser, che la guardò confuso.
 
-Scherzetto!- ammise lei con l’aria innocente più falsa di sempre -Avanti, ragazzi..! Lanciare torte a destra e a manca sarà anche divertente, ma con un bersaglio comune lo è ancora di più! Io lo tengo fermo!- li incitò, lanciandosi su Bowser che, preso alla sprovvista, cadde di schiena sul pavimento.
 
Divertiti, i piccoli Koopa circondarono il loro papà musone e lo riempirono di panna, granella e cioccolata dalla testa ai piedi.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


-Bene! Sembra che abbiamo vinto noi- annunciò Daisy: le mani appoggiate sui fianchi ed un sorriso soddisfatto sulle labbra mentre osservava Bowser che, fintamente offeso, se ne stava seduto sul pavimento con braccia e gambe incrociate, in silenzio.
 
Le risate dei piccoli Koopa vennero presto sovrastate dai commenti acidi del papà brontolone: -Sì, sì, d’accordo, adesso che sembro un bignè potete anche andarvene..! Nemmeno voi siete messi poi tanto bene, sapete?-
 
Sembrarono rendersi conto solo in quel momento di essere ricoperti di glassa tanto quanto colui che avevano deriso per tutto il tempo e si guardarono l’un l’altro quasi mortificati.
-Adesso chi toglierà questa roba appiccicosa dalla mia faccia?- si lamentò Wendy con un sospiro, quasi avesse appena realizzato la situazione in cui si era cacciata insieme ai fratelli.
-Pulisco io!- esclamò Morton, leccando per scherzo la guancia della sorella.
-Che schifo!- fu il suo commento, cui segurono ovviamente le risate di chi aveva assistito alla scena.
 
-Va bene, adesso andate a cercare Kamek e ditegli di farvi un bagno. Una volta finito, la cena dovrà essere servita alle 8, chiaro?
-Sì, Padre- risposero in coro i figlioletti prima di sparire dietro il pesante portone di legno che divideva la sala da pranzo dal disimpegno antistante.
 
Daisy era rimasta in silenzio ad osservare la scena: non poteva sapere se il clima, in quel castello, fosse sempre così, ma qualcosa le suggeriva che Bowser era certamente un padre migliore di quello che potesse sembrare.
Si voltò sorridente a guardare il Re e, in silenzio, attese speranzosa che lui dicesse qualcosa, qualsiasi cosa da cui poter far partire un discorso. Del resto, era particolarmente brava ad attaccar bottone.
 
Bowser si sedette su una delle grosse sedie di velluto senza dire nulla e lei lo imitò.
 
-Allora...- iniziò lui -Cosa c’è che non va?
Il sorriso della ragazza si affievolì lentamente e la sua espressione tradì non poca preoccupazione: abbassò piano lo sguardo e non trovò altro di meglio che non fossero le sue scarpe su cui fissare la propria attenzione.
-Non ti si può proprio nascondere niente, non è vero?
-Diciamo che ho una certa dimestichezza, quando si tratta di sentimenti negativi- ammise lui, grattandosi la nuca un po’ in imbarazzo: non voleva farlo sembrare un pretesto per iniziare a parlare di lui o dei suoi problemi, ma si era reso conto troppo tardi che avrebbe potuto benissimo esserlo, e se ne vergognò un po’. Forse perchè per una volta non voleva essere egoista e avrebbe preferito lasciare che la principessa si sfogasse con lui.
 
-Si tratta di ieri...- ammise lei, il tono di voce tornato quello monotono ed inespressivo della sera prima -Ho continuato a pensarci per tutto il tempo. Vorrei fare qualcosa per aggiustare le cose ma...
-Hai paura di affrontare Peach?-
-Forse- ma poi ci ripensò -No, non è paura, è che... se mi riappacificassi con lei, mi sentirei come se avessi tradito la tua fiducia. Come se mi fossi dimostrata dalla tua parte, per poi pugnalarti di nuovo alle spalle. Se le chiedessi scusa... sarebbe come accettare il modo in cui si è comportata e io questo non posso farlo.
-Credo che dovresti, invece. Per me non ci sono speranze, non ne ho mai avute con lei. Ma tu sei sua amica. Non vorrei mai sentirmi colpevole di aver rovinato quanto di bello c’era tra di voi...
-È questo il punto! Tu non hai rovinato niente, tu mi hai aperto gli occhi, cosa che avrei dovuto fare anni fa, ma adesso che ho la verità davanti... non so perchè è così difficile. Forse... avrei preferito continuare a fare finta che questo suo lato non esistesse, ma allo stesso tempo...- Daisy sospirò di nuovo come aveva fatto molte volte negli ultimi tempi -Non lo so, è tutto così complicato.. Avrei voluto andare da lei oggi, parlare.. Ma poi alla fine sono venuta qui
 
-Te ne penti..?- azzardò Bowser. Per qualche ragione quella domanda gli era schizzata fuori dalla bocca senza che nemmeno se ne fosse reso conto, ma ora, in attesa della risposta, anche il suo cuore rischiava di fare la stessa fine. Deglutì un paio di volte cercando di capire cosa non andasse: sentire quel martellare incessante contro il petto era a dir poco fastidioso.
-No. Certo che no- ammise la principessa, non ancora del tutto soddisfatta. Si sentiva come se avesse voluto far capire a Bowser qualcosa che nemmeno lei era ancora riuscita a comprendere fino in fondo -Mi sento come se, più passi muovo verso di te, meno voglio farne nella sua direzione... E invece la mia intenzione era proprio quella di dedicare ad ognuno di voi due lo stesso tempo.. Io volevo solo...
 
Una piccola lacrima scivolò lungo la guancia della principessa, che prontamente la asciugò con il dorso della mano sperando con tutta sè stessa che il suo interlocutore non l’avesse notata.
 
Ma lo aveva fatto, eccome. E non aveva potuto fare a meno di provare una stretta al cuore.
Forse non era questo il caso, forse non era nemmeno quello il vero motivo per cui Daisy stava piangendo ma... era la prima volta che qualcuno piangeva per lui anzichè a causa di qualcosa fatta da lui.
 
La guardò ancora per qualche secondo prima di allungare con ritrosia un braccio e cingerle le spalle nel modo più delicato possibile.
 
Non era abituato a questo tipo di contatto e si chiedeva tante cose, prima fra tutte come mai non l’avesse ancora scansato, in secondo luogo sperava di non star stringendo troppo la presa.
Non incontrando nessuna protesta, strinse le dita tozze ed ungolate attorno alla spalla minuta e fragile della ragazza, che ancora non batteva ciglio.
 
Sollevò appena lo sguardo, giusto il necessario per mostrare al Re un sorriso riconoscente.
 
-Grazie.. è bello sapere di poter contare su qualcuno
-In realtà sono io quello che dovrebbe ringraziarti, Daisy. Non credevo che... insomma...
-È bello far sapere alle persone a cui tieni che ci sei per loro, non è vero?
-Credo di non aver mai dato o ricevuto abbracci prima d’ora..
-C’è una prima volta per tutto, zuccone- commentò lei, sembrando per un attimo aver ritrovato la sua freschezza di sempre -Quindi non è poi tanto male, eh?
-No, non è male...- ammise mentre allontanava piano il braccio
-Ho sempre voluto un amico come te- riflettè lei ad alta voce -Beh, amici proprio proprio come te non è che potessi trovarne molti, in giro.. sarebbe meglio dire che, ad essere sincera, sono sempre stata abbastanza curiosa di sapere se saremmo mai potuti diventare amici, e adesso lo so
 
Daisy si alzò in piedi e, allontanandosi un pochino, si mise di fronte al suo interlocutore. Allungò in silenzio una mano verso di lui, un gesto muto che valeva per entrambi più di mille parole.
Bowser la guardò per qualche secondo senza sapere bene cosa fare: si trattava di un passo importante, per qualche ragione, e nonostante una semplice stretta di mano potesse apparire qualcosa di semplice o addirittura banale, dal canto suo era intenzionato a renderlo qualcosa di solenne, qualcosa con cui suggellare un patto inscindibile.
 
In cuor suo sapeva che anche la Principessa la pensava nello stesso modo, per questo esitò un attimo prima di stringere la sua piccola mano bianca. Inconsciamente, voleva darle la possibilità di ripensarci, di riflettere meglio su quello che stava facendo. Voleva che Daisy ne fosse totalmente convinta e ridurre al minimo le possibilità che lei potesse avere rimpianti in seguito o soffrire per una decisione sbagliata presa in un momento di sconforto.
 
Il Re gonfiò lentamente i polmoni, spingendo il petto possente all’infuori e si decise a stringere la mano che la ragazza gli stava tendendo da ormai svariati secondi. La strinse, e nel frattempo la guardava: questo valeva molto più di qualsiasi altra alleanza perchè, per la prima volta si alleavano, nel nome della fiducia reciproca, due anime e non due Regni.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Dopo circa un’ora, tutti i piccoli Koopa avevano finito di farsi il bagno e, fino all’ora di cena, era stato loro concesso di divertirsi come meglio credevano, a patto che non disturbassero l’ospite del padre.
 
-Siccome papà è impegnato, potremmo andare a giocare nella sala del trono, che cosa ne dite?- propose Larry con lo scettro in mano, mentre apriva con cautela il portone per accedere alla suddetta stanza -Io faccio il Re e voi i miei servi!
-Non penso proprio!- commentò Wendy -I Re hanno bisogno di una Regina, lo sanno tutti, e sarò io!
-Ti sbagli- la rimproverò Iggy -Nostro Padre evidentemente non ha bisogno di una Regina, perchè ha sempre governato da solo!
-Si però pensa che noia...- commentò Ludwig -Arrivare alla sua età e non avere nessuno con cui parlare dei suoi problemi quando ne ha bisogno...
-Ma ci siamo noi!- esclamò Morton, quasi risentito per le parole del fratello.
-Noi non possiamo certo competere con degli adulti! Ci sono cose di cui di certo non vorrebbe parlare con dei bambini, non credi?- lo corresse Roy con aria di sufficienza
-Per esempio..?- domandò Lemmy più a sè stesso che al resto del gruppo.
-Ma è facile!- fece per proseguire il maggiore, quando Junior li interruppe:
-Ehi, guardate che cosa c’è qui!- disse agitando un foglio di carta spiegazzato per attirare l’attenzione dei fratelli.
 
-Quella è la scrittura di papà?- domandò Ludwig, allungando il collo come una giraffa per cercare di guardare oltre il gruppetto radunatosi attorno al fratello minore.
-Non lo so, io non l’ho mai visto scrivere...
-Che cosa c’è scritto?- chiesero alcuni in coro.
-Non lo so, io non so leggere- commentò Morton, facendo spallucce.
-Da’ qua, faccio io..!- Wendy strappò il pezzo di carta dalle mani di Junior e iniziò a leggere quanto c’era scritto a bassa voce, sgranando gli occhi ad ogni nuova parola che il suo sguardo incontrava.
 
-Allora? Allora?- domandarono tutti in coro.
 
-Un attimo! La faccenda si fa seria, ragazzi. Papà ... ha una cotta!
 
Inizialmente, un’esclamazione sorpresa si levò dal gruppetto: tutti rimasero col fiato sospeso, finchè...
 
-Un attimo... questo lo sappiamo già! Papà rapisce la principessa Peach in continuazione..!- disse Larry con ovvietà per cercare di far rientrare l’emergenza.
-Certo, se non fosse che questa lettera non è indirizzata alla principessa Peach, ma a Daisy!- disse con ovvietà Wendy, mostrando il foglio al fratellino a sostegno della veridicità delle sue parole.
-Ehi, è proprio vero...- disse, prendendo il foglio al contrario -No, aspetta... Oh, avanti, tanto è inutile, non ho idea di cosa ci sia scritto! Ma secondo me ci stai prendendo in giro!
-Perchè dovrei prendervi in giro? Sto dicendo la verità! Però sta di fatto che papà non ha mai inviato questa lettera, quindi la principessa Daisy non l’ha mai ricevuta... eppure si trova comunque qui! Come mai? Non vi sembra strano?
-Pensate che papà abbia mandato qualcuno a minacciarla?
-No, ne avrebbe parlato anche con noi.. anzi, sicuramente avrebbe mandato Roy a prenderla...
-Ehi, perchè io?
-Perchè quando si tratta di muscoli e poco cervello, papà chiede sempre a te!- ribattè Wendy, acida, prima di proseguire con la sua tesi -Secondo me, questa potrebbe essere una brutta copia... magari la lettera vera e propria l’ha spedita per davvero..
-Può darsì- fece Iggy -Però quando la principessa è arrivata, è chiaro che papà non se lo aspettasse! E per di più lei stessa ha detto di essersi presentata senza avvisare, no?
-La faccenda è strana... se papà non ha mai inviato la lettera, ma la principessa è venuta qui di sua spontanea volontà, significa solo una cosa: tra quei due c’è qualcosa..! E la principessa deve sapere di questa lettera, se vogliamo che tutto finisca nel migliore dei modi!
-Io penso che papà se la prenderà un sacco se diamo la lettera alla principessa senza il suo consenso...
-Può darsi, ma io voglio almeno provare a dare una possibilità a quei due
 
 
-La principessa Daisy è gentile.. e anche molto carina- disse Lemmy a voce bassa bassa, un po’ in imbarazzo -Quando oggi è arrivata e si è messa a giocare con noi, è stato molto divertente... e poi, anche se non ci aveva mai visto prima, non ha avuto paura di noi e ci ha trattati come dei bambini... normali.
 
Per qualche secondo nella stanza piombò il silenzio.
 
-A me piacerebbe se la principessa rimanesse qui.. oppure se venisse a trovarci più spesso per giocare. Anche quello sarebbe bello, non trovate?- chiese Junior un po’ titubante, ma tutti i fratelli annuirono in silenzio senza aggiungere altro: era già stato detto abbastanza.
 
-E poi io non ho intenzione di avere una mamma come la principessa Peach- sbottò Larry -Vi ricordate cosa ha detto la prima volta che ci ha visti?
-A me ha detto che ero rivoltante...- ammise Morton con un espressione triste sul volto.
-Già, per non parlare di tutte le cose cattive che ha detto a papà!- aggiunse Wendy.
 
-Dobbiamo parlare con entrambi in due momenti distinti e convincerli di cosa è meglio fare..! Dobbiamo solo aspettare il momento adatto!- propose Iggy cercando il consenso degli altri.
 
-Signorini, la cena è pronta!- annunciò Kamek dal corridoio -Dove vi siete cacciati?
 
-Eccoci, siamo qui!- risposero, facendo sbucare le testoline da dietro la porta
 
-Uscite di lì, sapete che vostro padre non vuole che giochiate nella sala del trono! Avanti, correte a tavola prima che si raffreddi!
 
Senza farsi notare da Kamek, Junior nascose la lettera sotto la bavaglia e si assicurò che non potesse scivolare.
 
Uscito dalla sala, il gruppetto fece a gara a chi arrivava prima degli altri per accaparrarsi i posti migliori; ognuno si sedette dopo una breve baruffa a suon di “c’ero prima io”, “non vale” e “smettila di spingere” e, una volta sopraggiunto anche il Re, la cena potè iniziare.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Nessuno aveva proferito una singola parola dall’inizio del pasto, ma all’improvviso Wendy appoggiò rumorosamente la forchetta sul suo piatto ormai quasi vuoto per attirare l’attenzione dei presenti e guardò dritto in volto il padre, visibilmente scocciato per l’imminente interruzione.
 
-Padre, perchè la principessa Daisy non è a cena con noi? È andata via senza nemmeno salutarci.
 
Bowser tirò un sospiro -Aveva da fare- disse vago, riprendendo a mangiare -Ma ha detto che sarebbe tornata domani... forse
 
-Domani potremo giocare ancora con lei?- domandò Lemmy, saltellando sulla sua sedia
-Sempre che abbia voglia di avere di nuovo a che fare con voi... ma ammesso questo, non vedo perchè no
 
-Papà lei ci piace molto- buttò lì Morton con la solita aria innocente -A te piace? È carina e-
 
La frase venne interrotta a metà da una rumorosa serie di colpi di tosse. Bowser sgranò gli occhi, tentando per quanto possibile di non soffocare, mentre si batteva dei forti colpi sul petto:
-Come.. Come vi viene in mente di farmi certe domande?!- esclamò rosso in viso, non si sa se per la tosse o per l’imbarazzo -Siete proprio dei bambini idioti...
 
-Forse, ma di certo non abbiamo scritto noi quella lettera- disse Larry, tappandosi immediatamente la bocca e sorbendosi gli sguardi di rimprovero dei fratelli, insieme a quello furibondo del padre
-Come, scusa? Di quale lettera parli di preciso?
 
-Ecco...- intervenne Iggy -Se posso permettermi, credo si riferisse a quella che Junior ha bruciato per sbaglio mentre si allenava a sputare fuoco.. non è vero, Junior?
-Oh, sì, sì.. proprio così.. chissà cosa c’era scritto..!- dissimulò lui, scambiando uno sguardo complice con i fratelli
 
-C’era scritto che lei ti piace- ammise Morton, evidentemente l’unico a non aver capito come reggere una copertura.
 
Tra sospiri e varie manate sulla fronte per lo sconforto, l’aria era carica di tensione.
-Padre noi.. pensiamo che dovresti parlarne con la principessa. Infondo sembrate ottimi amici, e...
 
-Non se ne parla!- tuonò il Koopa, categorico -Non ho intenzione di rovinare ciò che di buono c’è tra noi due. E poi è stato solo un momento di debolezza, tutto qui.. lei non dovrà sapere nulla, sono stato chiaro? E se scopro che qualcuno di voi ha spifferato, lo squarto e uso le sue ossa per fare dei pettini.
 
Bowser si alzò senza aggiungere altro e, stizzito, si allontanò dalla sala da pranzo lasciando la cena a metà.
 
I fratelli rimasero in silenzio a fissare i loro piatti ancora mezzi pieni: qualsiasi traccia di appetito se n’era andata, insieme ad ogni possibilità di far funzionare il loro piano.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Quella stessa sera, Daisy aveva cenato da sola nel proprio castello e poi era andata a dormire molto presto.
Per qualche ragione, aveva la sensazione che l’indomani sarebbe stato un giorno impegnativo, e così fu.
 
Nel primo pomeriggio, proprio mentre si trovava fuori per prendere una boccata d’aria, aveva visto un’orda di piccoli Toad avvicinarsi al suo castello. A giudicare da quanti erano, Daisy potè pensare solamente ad una cosa, e infatti poco dopo ecco spuntare una chioma bionda in mezzo a quel mare di macchioline rosse e bianche.
 
Daisy osservò la scena in silenzio non troppo convinta sul da farsi: avrebbe dovuto avvicinarsi, magari salutare o aspettare che fossero loro ad arrivare da lei? Presa dalle sue riflessioni, però, non si era resa conto che Mastro Toad si trovava proprio a pochi centimetri da lei e cercava disperatamente di richiamare la sua attenzione:
 
-Principessa Daisy? Principessa, mi sentite?
-Oh, certo, chiedo scusa Mastro Toad, ero sovrappensiero! Cosa vi porta qui?- chiese la ragazza con un sorriso tiratissimo in volto
-Perdonate l’intrusione ma la Principessa era così preoccupata e risentita per quanto accaduto, che è stata irremovibile sul da farsi e ha voluto essere accompagnata nel vostro Regno per parlare con voi-
 
Daisy spostò lo sguardo su Peach, ancora distante qualche centinaio di metri: indossava il vestito elegante di sempre e i capelli erano, come sempre, raccolti con cura ad eccezione di alcune ciocche dorate alle quali era stata lasciata la libertà di incorniciare il viso candido della giovane.
Una cosa, però, stonava con tutto il resto: i suoi occhi sembravano meno azzurri del solito ed il suo sguardo tradiva non poca preoccupazione.
 
-Non si preoccupi, Mastro Toad..! Ma entrate pure, nel frattempo... Farò portare del tè e dei dolcetti- annunciò Daisy, sempre sorridendo.
 
Con un cenno del capo, l’anziano si avvicinò all’ingresso dove fu accolto da alcuni servi e fatto accomodare.
Daisy, invece, mosse qualche passo incerto verso Peach e l’orda di accompagnatori dalla quale era circondata.
-Ciao- disse con voce esitante, sollevando una mano, ma prima che potesse ricevere qualunque tipo di risposta, Peach le si gettò fra le braccia e la strinse a sè abbandonandosi ai singhiozzi e ad un pianto disperato.
 
-Ehi, avanti... n-non fare così, Peach- disse Daisy accarezzando ritmicamente la schiena dell’amica e sentendosi quasi colpevole di quel pianto così irrefrenabile -Che cosa c’è che non va?
 
-Oh, Daisy.. mi dispiace così tanto!- singhiozzò l’altra con un filo di voce -So che è tutta colpa mia, non avrei dovuto comportarmi in quel modo: so di averti delusa molto-
 
Daisy sentì un tuffo al cuore e non seppe come reagire: un milione di pensieri vorticava nella sua testa. Avrebbe tanto voluto fermare il tempo in quel preciso istante, ripensare con calma agli ultimi due giorni e prendere una decisione che potesse finalmente risolvere le cose da entrambi i lati: non era pronta a perdonare Peach o a fare finta che non fosse successo nulla; non era pronta a dimenticarla e fingere che la loro amicizia non fosse mai esistita:
-Entriamo e parliamone con calma, per favore- si limitò a dire sciogliendo lentamente l’abbraccio e voltando le spalle alla principessa mentre faceva strada verso l’ingresso del castello.
 
Una volta entrate nel palazzo, le due ragazze si erano appartate in uno dei numerosi salottini; si erano messe l’una di fronte all’altra, sedute su cuscini di piuma, anzichè su eleganti poltrone imbottite, in nome dei bei tempi ormai trascorsi, quelli in cui erano ancora solite passare notti in bianco a chiacchierare stravaccate sulla moquette o dove capitava.
 
-Mi dispiace non essermi fatta viva prima- ammise Peach, rigida come un pezzo di gesso, mentre fissava con gli occhi bassi le mani che teneva in grembo -Immagino ci sia rimasta male...
 
-Mai quanto qualcun’altro- sottolineò Daisy fredda, distaccata come non lo era mai stata con lei. Non era abituata a risponderle in quel modo, e infatti i battiti del suo cuore acceleravano secondo dopo secondo; un cuore impazzito rincorso dalla paura di far degenerare quella discussione e perdere l’unica possibilità di confronto.
 
-Immagino.. che sia così. Ma speravo che avresti capito!- ammise la ragazza in rosa, con un’espressione accigliata che lasciava intuire la sua frustrazione -Insomma.. tu non sai nemmeno che cosa significhi ricevere le attenzioni di qualcuno che ti disgusta a tal punto..! E poi.. è semplicemente immorale!
 
-Lui non ti ha fatto niente, per meritare queste parole, Peach!-
-Forse hai dimenticato tutte le volte in cui mi ha rapita e Mario è corso in mio aiuto! Se non fosse stato per lui...
-Che cosa, Peach? Se non fosse stato per lui? Dimmi, che cosa faceva Bowser quando ti portava via dal castello?
-Che cosa vuoi insinuare con questa domanda? Mi rinchiudeva in una gabbia e dovevo stare ad ascoltare i suoi discorsi per ore ed ore!
-Ti ha mai fatto del male, o minacciato di fartene?
-Beh, no, ma...
-E allora già questo sarebbe dovuto essere sufficiente a farti giungere ad una conclusione!
-Quale conclusione? Avrei dovuto semplicemente sottomettermi al suo volere ed assecondare i suoi capricci? Perchè non cerca attenzioni da qualcuno che possa dargliene?
-Perchè lui non ha nessuno!- strillò Daisy, frustrata, sovrastando gli squittii fastidiosi della principessa -Esatto: non ha nessuno! Nessuno che si preoccupi per lui, nessuno che voglia parlare con lui o che si ricordi che esiste! Ma tu non puoi sapere come ci si sente, perchè scommetto che nessuno si è mai dimenticato, nemmeno per un istante, delle tue necessità e tanto meno della tua esistenza!
 
Le critiche che Daisy le stava vomitando addosso con impeto facevano ancora più male perchè erano veritiere; Peach era ferita dal modo violento in cui la verità si stava palesando davanti ai suoi occhi e pensò che, in tutta la sua vita, non si era mai soffermata a pensare nulla del genere semplicemente perchè, ricoperta da tutte le attenzioni che le persone da cui era circondata le riservavano, non si era mai fermata a pensare a quali potessero essere le necessità altrui. Esisteva solo lei, nel suo piccolo mondo.
 
Quindi era una principessa egoista? Una principessa viziata? Oppure non era una sua colpa essere nata privilegiata? La rabbia, più forte del rammarico, la fece optare per la seconda opzione:
 
-Non è colpa mia se le stelle hanno deciso per me una vita agiata! E comunque, non ti sembrano sufficienti le difficoltà che affronto ogni giorno?
-Di quali difficoltà parli, esattamente?- chiese Daisy con un sorrisetto incredulo.
-Voglio dire..! Pregare ogni giorno per non essere rapita o minacciata, fare del mio meglio per governare nel modo più giusto il mio Regno, e...
 
-E preparare torte quando ti va? Chiedere ai tuoi servi di fare questo, o quello, organizzare il tè delle 5:00 con i tuoi simpatici amici fatati? Oh, sì! Molto impegnativo mi dicono! In quanto al modo in cui governo il mio Regno, non mi ritengo e mai potrò ritenermi più brava di te: non sono tagliata per questa vita, al contrario di te  evidentemente! Ma ti assicuro che se c’è una cosa di cui non mi pento è il fatto di non aver perso la capacità di essere empatica con chi mi circonda! Peach, la vita non è fatta solo di regole e di sogni che si realizzano con uno schiocco di dita!
 
-Sai cosa ti dico?- Peach si alzò in piedi, le piccole mani chiuse in pugni così stretti da far sbiancare le nocche -Credevo che venendo qui sarei riuscita ad aggiustare le cose con te.. Non capisco davvero come hai fatto a cambiare tanto. Ma che cosa ti è successo? Adesso magari mi verrai anche a dire che non ti sei fatta viva perchè avevi Bowser da consolare!
 
Daisy non rispose: abbassò lo sguardo, non perchè si sentisse colpevole, ma piuttoto perchè provava imbarazzo, un enorme imbarazzo. Se ne avesse parlato dall’inizio magari sarebbe sembrato strano, ma lasciare che fosse Peach a scoprirlo la metteva in una posizione differente: avrebbe fatto la figura di chi vuole tenere nascoste cose indicibili, quando invece...
Flashback della serata prima le percorsero la mente. Quella stretta di mano, e quell’abbraccio così amichevole, quel porto così sicuro: avrebbe voluto farlo durare di più. Lo desidererebbe anche in quel preciso istante.
 
-Daisy!- la rimproverò Peach enfatizzando volontariamente sul suo nome -Non dirmi che quello che sto pensando è vero..!
-E a te che cosa importa? Hai appena ribadito espressamente i motivi per cui hai ragione ad esserti comportata in quel modo con lui! Io non l’ho trovato affatto giusto, invece, e mi sembrava più che doveroso agire seguendo il mio modo di ragionare, anzichè pensare al benessere della mia reputazione, se è proprio di questo che vogliamo parlare!
 
-Ah, complimenti! Che caduta di stile, da te non me la sarei mai aspettata! Credevo stessi dalla mia parte!
 
-Dalla tua parte? Io sto dalla parte di chi usa il cervello anzichè sparare a zero e sputare sentenze!
 
Non era difficile intuire che gli animi si stavano surriscaldando, e anche parecchio.
Fortunatamente, però, passarono solo pochi altri secondi prima che l’accesa conversazione venisse interrotta.
 
-Principesse! Il Castello! Principessa Daisy, la vostra residenza è sotto assedio!- urlò Mastro Toad spalancando la porta della stanza, spaventatissimo, e senza curarsi di infrangere la privacy delle due principesse nonchè di interrompere il loro dibattito.
 
-Allora? Dove sono?- chiese Roy, entrando nella stanza e afferrando Mastro Toad per la collottola -Oh! Principessa, ma sei qui! Ragazzi, l’ho trovata!
 
-Roy?- chiese Daisy senza capire -Cosa ci fate qui? Cosa significa tutto questo?
In pochi secondi tutti i piccoli Koopa si erano radunati nella stanza smettendo di perseguitare i poveri Toad spaventati che ancora correvano in tondo per tutto il castello gridando “aiuto, si salvi chi può!”.
-Siamo venuti qui a cercarti, Principessa, ma i tizi giù all’entrata volevano mandarci via e abbiamo dovuto usare metodi poco ortodossi...- spiegò Iggy, rimanendo sul vago.
-Già, ma non abbiamo fatto del male a nessuno!- si affrettò a chiarire Junior
-Esatto! Diciamo solo che.. Morton e Roy li hanno intimiditi in modo che potessimo entrare e venire a cercarti!- aggiunse Wendy con aria innocente
-C’è una cosa importante che devi sapere, principessa!- esclamò Larry afferrando le mani di Daisy con difficoltà a causa della differenza di altezza. Lei si inginocchiò per facilitarlo
-Di che cosa si tratta?- chiese un po’ preoccupata guardando uno ad uno negli occhi tutti i piccoli.
 
-Si tratta di papà!- disse Lemmy con una faccetta triste che fece allarmare ancora di più la ragazza
-Vostro padre sta male? Cosa è successo?
-Molto male, ma... non fisicamente, tranquilla.
 
A quelle parole, Daisy non seppe se sentirsi sollevata o meno, ma d’istinto lanciò un’occhiata alla ragazza che, insieme a lei e a Mastro Toad aveva assistito muta a tutta la scena.
 
-Ti sei circondata di un’ottima compagnia, vedo- commentò Peach, acida, scansandosi leggermente perchè il suo vestito non venisse nemmeno sfiorato dagli esserini urlanti alti un metro e poco più che ingombravano la stanza con la loro presenza e le loro vocette irritanti.
 
Daisy ignorò il commento volutamente provocatorio e prestò attenzione esclusivamente ai piccoli Koopa: se erano venuti a chiedere il suo aiuto, si trattava di qualcosa di importante, forse addirittura di grave.
 
Qual era la cosa giusta da fare? Avrebbe potuto ignorare, anche solo temporaneamente, le loro richieste di aiuto e sperare di riuscire a concludere il confronto con Peach nel modo meno peggiore, oppure poteva decidere lei stessa il finale della loro storia e scrivere le ultime parole di quel capitolo.
 
-Hai ragione, Peach... non è proprio il caso che la plebaglia si mescoli con gente di un certo livello...- disse Daisy, lanciando volutamente uno sguardo disgustato ai piccoli Koopa che, delusi dal comportamento di colei che ritenevano amica, mossero tutti insieme un passo indietro –“Un certo livello” dal punto di vista umano, naturalmente, e infatti...- proseguì la principessa in arancione, tornando a guardare la vera destinataria delle sue parole dritta negli occhi -Non so che cosa ci fai ancora qui.
Daisy le rivolse il sorriso più finto che avesse mai solcato prima le sue labbra e, senza aggiungere una parola, Peach si allontanò offesa dal castello, corteo di servi al seguito.
 
-Andiamo da vostro padre- disse con il tono gentile di sempre, tornando a stringere con dolcezza le mani di Larry.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Daisy e i Koopa arrivarono in poco tempo al castello di Bowser ma, una volta entrati, non trovarono nessuno.
 
-Umh.. forse papà è uscito- ipotizzò Junior visibilmente in difficoltà.
-Credevo stesse male- insinuò la principessa -Non penso sarebbe uscito. Siete sicuri che non mi stiate nascondendo qualcosa?- insinuò la principessa con un finto tono di rimprovero.
-In verità- Larry tappò in fretta la bocca di Morton, ma Wendy, con un sospiro, si fece avanti:
-Ci dispiace, principessa, ma avevamo assolutamente bisogno di parlare con te e non sapevamo come fare, così abbiamo approfittato dell’assenza di papà per portarti qui al castello...
 
La ragazza sorrise e si inginocchiò davanti ai fratelli, rivolgendo uno sguardo dolce ad ognuno di loro: -E va bene.. allora, di che cosa volevate parlarmi?
-Non stavamo mentendo quando abbiamo detto che si trattava di nostro padre- si giustificò Roy aspettando che qualcun’altro continuasse il discorso.
-Abbiamo trovato qualcosa che pensiamo dovresti vedere- tagliò corto Junior per uscire il più in fretta possibile dall’imbarazzo della situazione e tirò fuori da sotto la bavaglia la lettera stropicciata trafugata dalla sala del trono la sera precedente.
Allungò la sua piccola mano in direzione della principessa e lei, dopo aver esitato qualche secondo, lesse la lettera ad alta voce, senza tralasciare le parti cancellate che fossero ancora intravedibili:
 
“Alla Principessa Daisy,
 
(devi perdonarmi se non sono bravo con queste cose).
 
Dopo quanto successo ieri mi sembra di aver cominciato a vivere una vita diversa e non so il perchè.
 
Il tempo che abbiamo passato insieme è trascorso troppo in fretta per i miei gusti, però vorrei lo stesso che le mie giornate passassero sempre così veloci.
 
Per questo voglio vorrei che tu venissi a trovarmi più spesso. Cioè, non sei obbligata, ma
 
Vorrei chiederti il permesso di rapirti più spesso
 
Grazie per essere stata gentile con me”
 
Dopo che ebbe finito di leggere, Daisy rimase in silenzio per qualche secondo. Sapeva già che Bowser era riconoscente per il fatto che lei si fosse preoccupata per lui, infatti glielo aveva detto chiaramente di persona, ma non capiva la sua necessità di ribadirlo in una lettera che, per giunta, non avrebbe mai potuto leggere se non fosse stato per i suoi figli.
 
-Ora capisci, principessa?- fece Iggy, distogliendola per un attimo dai suoi pensieri
-Noi siamo convinti che papà sia innamorato di te, principessa!- disse con decisione Wendy -È l’unica spiegazione, o non avrebbe mai fatto una cosa del genere!
-Già, quando papà vuole una cosa, se la prende e basta, ma questa volta...
-Questa volta è diverso!- concluse Lemmy, arrivando per primo alla stessa conclusione di Roy.
-Devi parlare con papà!- la incoraggiò Morton battendo ritmicamente i piedi per terra.
 
-Ragazzi, io e vostro padre abbiamo già parlato di questo- disse Daisy in un tono rassegnato che suonava strano perfino a lei -Sentite... io vi ringrazio per avermi messo al corrente di questo, significa molto per me, insieme al fatto che ci teniate a fare in modo che le cose tra me e vostro padre continuino ad andare per il meglio, ma vi assicuro che non ce n’è bisogno: abbiamo già un ottimo rapporto e vi prometto che non lo lascerò mai più da solo. Vi fidate delle mie parole?
 
-Noi ci fidiamo, principessa, ma il punto non è questo!- insistè Larry con un faccino triste
-Ha ragione, quello che vogliamo dire è che papà è diverso dal solito! Non è da lui fare cose così... normali! Non lo abbiamo mai visto scrivere una lettera a qualcuno o passare del tempo insieme ad una ragazza in modo così... umh... così...
 
-Così naturale!- esclamò Junior mentre si avvicinava un po’ alla ragazza -Principessa, noi vorremmo chiederti... se anche tu, al di là dei vari dubbi che potresti avere sulla verosimilità di questa relazione, provi qualcosa per papà...
 
-Beh.. certo, io tengo molto a lui- tentò di dissimulare Daisy mentre le sue guance assumevano un colorito sempre più acceso.
-Sei innamorata di papà?- domandò Iggy a nome di tutti i fratelli, prendendo coraggio.
 
Calò il silenzio nella grande stanza e Daisy abbassò lo sguardo -Io... non lo so. Non vorrei deludere le vostre aspettative, ma forse è un po’ presto per parlare di amore.
 
-Hai ragione principessa.. ti chiediamo scusa per averti fatto una domanda del genere- si rammaricò Wendy, seppur con un’espressione delusa in volto molto simile a quella dei suoi fratelli.
 
Daisy rivolse loro un sorriso gentile e piegò la lettera fino a ridurla ad un piccolo quadratino di carta abbastanza compatto da poter entrare nella tasca dei pantaloncini sportivi:
-Se non vi dispiace troppo, mi piacerebbe conservarla- si giustificò in attesa, forse, di vedere se questo poteva far tornare il buon umore ai piccoli Koopa.
 
Ottenne il risultato sperato e, tutti insieme, si diressero nella grande stanza che condividevano: otto piccoli lettini, ognuno di un colore diverso, erano distribuiti lungo le pareti della cameretta; quattro da una parte e quattro dall’altra.
 
-Quindi questa è la vostra stanza?- domandò Daisy guardandosi intorno
-Già!- esclamò Junior orgoglioso -L’altra volta avremmo voluto invitarti a giocare qui, ma poi te ne sei andata...
-Mi dispiace, avete ragione- rispose la ragazza, un po’ in imbarazzo per la brutta figura -Ma il tempo è volato e non mi ero resa conto fosse già così tardi, perciò me ne sono andata via in fretta e furia...
 
“Il tempo è volato”.
Si rese conto di aver pensato involontariamente la stessa cosa che Bowser aveva sottolineato nelle poche righe scritte su quel prezioso pezzo di carta: il tempo insieme a lui trascorreva così in fretta e senza che nessuno dei due se ne accorgesse, che sembrava quasi surreale. Come se, in presenza l’uno dell’altro, fossero in grado di chiudersi in una bolla dove il tempo trascorreva più lentamente rispetto a quello della realtà dalla quale erano isolati.
 
Daisy e i piccoli trascorsero il pomeriggio insieme: ognuno di loro proponeva continuamente un gioco diverso al quale tutti gli altri, puntualmente, si rifiutavano di partecipare. Daisy dovette ammettere a sè stessa che, seppur impegnativo, aveva trascorso un pomeriggio divertente e un po’ diverso dal solito: del resto, lei adorava sperimentare cose nuove.
 
Scese lentamente la sera e Bowser finalmente tornò al castello: aveva passato quasi tutta la giornata fuori, immerso nei suoi pensieri. Forse aveva addirittura abbattuto qualche albero e incenerito qualche cespuglio qua e là per sfogarsi un po’.
 
Quando arrivò, sentendo chiasso, si precipitò immediatamente nella stanza dei figli per assicurarsi che non stessero combinando qualche disastro dei loro:
-Cos’è questo baccano?- sbraitò spalancando la porta di legno. Tutti i presenti si voltarono nella sua direzione, compresa Daisy che rimase immobile a fissare il viso truce del sovrano.
 
-D-Daisy?!- esclamò lui, sorpreso -Non sapevo fossi qui...- disse a mezza voce mentre cercava qualcosa su cui posare lo sguardo che non fossero le sue spalle scoperte o le sue gambe, esposte dal ginocchio in giù.
L’ultimo gioco della giornata, infatti, era stato proposto da Wendy, che aveva voluto a tutti i costi truccare la principessa e farle indossare alcuni degli abiti che, in vista di un imminente futuro, la piccola Koopa aveva accumulato nell’armadio, non curandosi ovviamente che la taglia di questi corrispondesse alla propria.
 
-Ehi! Sei tornato!- rispose la ragazza con un sorriso, rimettendosi in piedi -Sei stato via tutto il giorno.. va tutto bene?-
-Bene, bene... non mi aspettavo una tua visita
-Oh, in realtà...- la principessa esitò per qualche secondo, ma una volta trovata una scusa convincente per la situazione tornò a guardare negli occhi Bowser e riprese a parlare come se niente fosse -Avevo voglia di vedere i piccoli e di stare un po’ con loro, visto che l’ultima volta me ne sono andata senza nemmeno salutarli, così mi sono fatta perdonare passando il pomeriggio a giocare: spero non ti dispiaccia
 
I piccoli Koopa si scambiarono un sorrisetto compiaciuto e guardarono Daisy, ringraziandola silenziosamente per non aver raccontato la verità e aver montato una perfetta copertura.
 
-Papà, questa volta la principessa può rimanere per cena?- chiese Morton, e subito sembrò a tutti un’ottima idea, tanto che i fratelli si unirono a lui, circondando il loro possente padre, e cominciando a saltellare tutto intorno a suon di “Sì, dai, papà! Ti prego! Per favore!”.
 
Bowser esitò per qualche secondo, poi emise un lungo sospiro e, rassegnato, sentenziò:
-Va bene...
 
-...Basta che vi comportiate bene, o vi spello- sottolineò infine a denti stretti prima di invitare il gruppetto a spostarsi nella sala da pranzo con un gesto fintamente elegante della mano.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


La cena trascorse in modo piacevole e gioviale.
 
Non era mai successo prima che i commensali abituali di quella tavola parlassero tanto tra loro durante un pasto: questa era una delle tante belle cose che Daisy, con la sua presenza, era riuscita a far accadere, e a Bowser e a tutti i Koopa sembrava di avere a che fare con una dispensatrice di miracoli.
 
-Grazie per la cena!- esclamò la ragazza a fine pasto, passandosi una mano sulla pancia -Sono piena come un uovo, era tutto squisito!
 
-Mi fa piacere...- si limitò a commentare Bowser mentre affondava le fauci nell’ultimo boccone di cibo.
 
-Principessa, vero che la prossima volta ti metterai altri dei miei vestiti? Sai, a te stanno molto meglio che a me... anche se non capisco come mai- disse Wendy, pensierosa
 
-Se ti fa piacere, lo farò di certo- rispose la ragazza con il sorriso ed il tono solare di sempre -E comunque scommetto che quando sarai grande, staranno benissimo anche a te
-Dici davvero?- lo sguardò di Wendy si illuminò come mai prima d’ora e i suoi occhioni blu risplendevano di una speranza quasi struggente.
 
-Può essere- intervenne Junior -Ma non sarai mai bella quanto la principessa... non è vero, papà?- e ammiccò in direzione della sorella, come a chiederle silenziosamente di non offendersi per il suo commento che, piuttosto, faceva parte del piano improvvisato per far sputare a loro padre il rospo davanti alla diretta interessata.
 
-Beh, sì.. ecco... non lo so. Ma credo tu non abbia molte speranze, Wendy, considerando di chi sei figlia-
 
Ed ecco che un ottimo pretesto per far dire a Bowser qualcosa di carino sulla principessa si era trasformato in un modo per sminuire sè stesso -ed il suo aspetto- ancora una volta.
 
Calò il silenzio nella sala da pranzo e i commensali, imbarazzati, guardarono in qualunque direzione pur di non incrociare lo sguardo l’uno con l’altro e soprattutto per evitare quello del padre, che era tornato a dedicare la proria attenzione all’enorme piatto vuoto davanti a lui.
 
-Cosa vorresti dire..?- chiese Daisy con aria innocente mentre, alzatasi in piedi, guardava Bowser dritto negli occhi dalla parte opposta della tavolata.
Nessuna risposta a quella domanda, e allora la principessa decise di rincarare la dose -Non dovresti avere una così bassa considerazione di te, lo sai? Per esempio, guarda me!- disse, aprendo le braccia -Sono qui, in compagnia tua e dei tuoi figli, e stiamo trascorrendo una serata fantastica! E vogliamo parlare del pomeriggio? O dei giorni precedenti? Le cose migliori che mi sono accadute in questi giorni sono tutte merito tuo, perciò per quale motivo sei convinto che tutto il male del mondo dipenda da te?
 
Quello usato della principessa voleva suonare come un tono di rimprovero, ma non c’era proprio nulla di minaccioso nella sua voce o nelle sue parole: c’erano solo tanta dolcezza, tanta comprensione, e forse un pizzico di tristezza.
 
Il re abbassò lo sguardo, allontanò la sedia dal tavolo mentre si alzava, e lasciò la stanza in silenzio sotto lo sguardo attonito e preoccupato dei presenti, e soprattutto di Daisy.
 
-Vostra Malevolenza, vi sentite bene?- chiese Kamek, preoccupato, seguendolo immediatamente. Non ricevette alcuna risposta e si limitò a seguire in silenzio il suo padrone con un’espressione preoccupata in volto.
 
Delusa, Daisy tornò a sedersi e abbassò lo sguardo, torturandosi le dita: -Penso di aver detto qualcosa di sbagliato...
 
-Ma no, principessa, non preoccuparti- la rassicurò Iggy -A volte capita che faccia così... Dopotutto è sempre stato abituato a stare solo, spesso ignora perfino la nostra compagnia, per cui non escluderei che si sia sentito a disagio..
-Già, ma è stato per quello che ho detto. Avrei dovuto tenermelo per me...
-Non ci pensare nemmeno, principessa!- esclamò Larry scendendo a fatica dalla propria sedia ed avvicinandosi alla ragazza
-Papà semplicemente non è abituato all’empatia di chi lo circonda- aggiunse Junior, continuando a fissarla negli occhi per assicurarsi che andasse tutto bene.
 
Tutti i presenti, in cuor loro, erano preoccupati dal fatto che quella serata potesse finire male, molto male, con il loro genitore e la principessa che, per quella piccola incomprensione, decidevano di prendere due strade opposte.
 
Si sarebbero sentiti orribilmente in colpa e soprattutto responsabili del disagio creatosi fra i due: le cose belle non dovrebbero mai essere forzate, perchè se sono destinate a concludersi nel migliore dei modi, andranno spontaneamente nella direzione giusta, ma senza fretta alcuna.
 
-Sarà meglio che vada, ora..- annunciò Daisy -Vi ringrazio molto per l’ospitalità...
-Principessa, ma..! Insomma, non puoi andare ora!- esclamò Roy
-Già..! Papà...
-Forse è meglio che per un po’ non disturbi vostro padre- ammise la ragazza, sconfortata dalle sue stesse parole ma sorpresa nel rendersi conto di quanto, per qualche motivo, la ferissero.
 
I piccoli Koopa rimasero in silenzio a guardare la principessa allontanarsi dalla sala da pranzo e avvicinarsi all’uscita scortata da alcuni Tartossi che, avendo assistito a quanto accaduto, erano a loro volta tristi per la decisione presa dalla principessa e, seppur non osassero parlare -anche perchè impossibilitati, dopotutto-, gli sguardi che si scambiavano erano più che sufficienti per intuire quanto fossero dispiaciuti.
 
Daisy guardò il grande ingresso del castello per quella che credette l’ultima volta, poi si voltò con un sospiro e varcò la soglia, ma delle voci richiamarono la sua attenzione.
 
-Principessa! Aspetta, per favore!
 
Erano Wendy e Junior che si avvicinavano correndo nella sua direzione.
 
-Principessa vogliamo chiederti un favore!
-Già, solo un favore! Ascoltaci, ti prego!
 
La ragazza rimase in silenzio rivolgendo uno sguardo gentile ai due, e aspettò che continuassero a parlare.
 
-La settimana prossima... è la Festa delle Stelle!
 
Daisy ebbe una lenta realizzazione. In effetti, da quando era piccola, non si era mai persa la Festa delle Stelle. Si svolgeva ogni anno nello stesso giorno, ovverò il 33esimo d’estate, e fin dalla più tenera età vi prendeva parte come ospite d’onore al castello di Peach oppure come organizzatrice vera e propria dell’evento.
 
Ma quest’anno sarebbe stato diverso: non poteva più contare sull’invito di Peach, e oltretutto non trovava ci fosse proprio nulla da festeggiare, perciò non aveva intenzione di organizzare una festa. A parte questo, chi mai avrebbe potuto invitare? Mettersi contro Peach significava avere contro l’intero Regno dei Funghi.
 
Solo in quel momento Daisy realizzò di essere rimasta completamente sola -e senza potenziali ospiti.
 
-Non credo che a vostro padre piacciano le feste... non si è mai presentato, quando io o Peach lo invitavamo a trascorrere la Festa delle Stelle insieme- riflettè lei, ripensando a quanto anche in passato il suo perbenismo la facesse sembrare sciocca e credulona.
 
-Papà non ha mai ricevuto nessun invito- si affrettò a puntualizzare Wendy
-Scommetto che qualche incaricato di consegnare l’invito se ne liberava prima di arrivare a destinazione, così papà ne era sempre tagliato fuori- disse Junior con una punta di disprezzo nella voce.
 
-Mi state dicendo la verità?- chiese Daisy più a sè stessa che a loro
-Certo che sì!- dissero in coro i piccoli
-Solo per stavolta..!- la implorò Wendy -Verrai al castello per trascorrere la Festa con papà?
 
Daisy ci pensò un po’ su, infine sospirò: per qualche ragione non era disposta a gettare la spugna così facilmente. Dove era finita la sua solita grinta? Non poteva credere che un piccolo malinteso tra lei e Bowser l’avesse potuta abbattere a tal punto, non era da lei.
 
Sorrise ai due: si sentiva improvvisamente rinata. Era pronta a tutto, pur di dimostrare a Bowser quanto tenesse al loro rapporto. E se anche lui non fosse stato del suo stesso avviso, pazienza: quanto meno non avrebbe vissuto con il rimpianto di non averci provato.
 
-Ci vediamo la settimana prossima qui al castello- annunciò la principessa, sorridendo a trentadue denti.
 
Wendy e Junior non potevano credere alle loro orecchie: si appiccicarono ognuno ad una gamba della ragazza e la strinsero forte, ringraziandola tre, quattro, cinque volte.
 
-Dovrai passare con qualche giorno di anticipo! Ricordati che d’ora in poi sono io la tua consulente di moda: dobbiamo scegliere un vestito adattoe devo anche truccarti!- disse Wendy con orgoglio -E poi dovrai aiutarci con i preparativi: papà non deve sapere niente, sarà una sorpresa! Tanto, conoscendolo, se ne starà chiuso nella sua stanza per giorni... Non sarebbe la prima volta!
 
Daisy sorrise di nuovo, stavolta scuotendo leggermente la testa -E va bene, ma lo faccio per voi- mentì, mentre si allontanava salutando entrambi con un gesto della mano -Ci vediamo presto!- esclamò mentre si allontanava, e per davvero non vedeva l’ora del fatidico giorno.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Erano passati un paio di giorni da quella famosa serata.
 
Daisy non aveva detto a nessuno dei suoi inservienti che avrebbe partecipato alla Festa delle Stelle che si sarebbe tenuta nel castello di niente po’ po’ di meno che Bowser in persona: se lo avessero saputo, glielo avrebbero sicuramente impedito, o quantomeno avrebbero cercato di dissuaderla in qualunque modo.
 
Lei, dal canto suo, non aveva assolutamente intenzione di rinunciare: magari la sua partecipazione, se resa pubblica, avrebbe potuto compromettere la sua immagine e la sua credibilità, ma per qualche motivo non ne era affatto preoccupata: sapeva con certezza che, se mai si fosse trovata completamente sola, se tutti avessero improvvisamente deciso di starle alla larga, per lei ci sarebbe stato Bowser. E i suoi figli, ovviamente.
 
Mentre si guardava allo specchio dopo essersi lavata il viso, pensò fra sè che il rapporto che si era instaurato tra lei e i piccoli Koopa era davvero qualcosa di sorprendente: il solo pensiero di contare così tanto per qualcuno, come loro le avevano dimostrato svariate volte, la metteva di buon umore.
 
Ricordò improvvisamente le parole di Wendy: chissà cosa avevano in mente di escogitare, quelle piccole canaglie? La ragazza sperò che non si trattasse di nulla che potesse compromettere il rapporto di “amicizia” e fiducia reciproca che lei e Bowser avevano instaurato. D’altro canto, però, sapeva con certezza che, se c’era qualcuno che desiderava il meglio per lei e per il sovrano, erano proprio i figli di lui.
 
La principessa uscì dal bagno e si diresse all’entrata dove la attendevano un paio di servitori: era arrivata una lettera per lei e gliela consegnarono in silenzio; dopo un breve cenno di riverenza, i due si congedarono e lasciarono sola la loro padrona che, presa dalla curiosità, aprì la busta ed iniziò a leggere quanto riportato sul pezzo di carta che conteneva.
 
 
 
“Invito ufficiale alla nostra Festa per la Principessa Daisy, ospite d’onore nonchè unica invitata:
 
ciao principessa!
con questo piccolo scritto, ti invitiamo ufficialmente a partecipare alla Festa delle Stelle che si terrà fra 3 giorni a casa di papà (organizzata per lui, ma senza il suo consenso!).
 
speriamo davvero che ti vada di partecipare: saremmo molto felici di passarla in tua compagnia (e in merito a questo penso proprio di parlare anche a nome di papà).
 
se vuoi, ti aspettiamo fra 3 giorni alle 19:00 in punto.
 
per tutto il resto, abbiamo pensato di organizzare un incontro clandestino (?) al tuo castello domani a mezzogiorno. tieniti pronta!!!
 
Ci vediamo domani a pranzo,  Wendy e fratelli.”
 
 
 
Daisy sorrise quasi senza rendersene conto: l’incontro del giorno seguente le metteva un po’ di agitazione, e sperò con tutto il cuore che Wendy avesse abbastanza buon gusto da proporle un vestito elegante ma sobrio al punto giusto, qualcosa che la rispecchiasse davvero ma che allo stesso tempo potesse piacerle.
 
Andò nella sua stanza e ripose la lettera nel cassetto della scrivania, lo stesso dove conservava le cose per lei più importanti, compresa la lettera da parte di Bowser che le era stata consegnata dai piccoli Koopa, e per giunta di soppiatto, qualche giorno prima.
 
Non le restò altro da fare che aspettare con impazienza la giornata seguente che arrivò dopo una lunga, estenuante attesa ed una notte insonne.
 
A mezzogiorno preciso, fiduciosa nella puntualità dei suoi “ospiti”, era prontissima a ricevere gli otto fratellini scatenati: ben consapevole della loro gola, aveva anche fatto preparare la sala da pranzo per l’occasione e sul tavolo erano già state appoggiate diverse teiere e altrettante tazze pronte per essere riempite di tè fumante, accompagnate naturalmente da dolci di vario tipo.
 
Eccezionalmente, a Daisy fu concesso di accogliere di persona gli ospiti, aprendo loro la porta e scortandoli nella stanza dove avrebbero consumato il pranzo (o la merenda, a seconda dei punti di vista).
 
-Principessa, questo è il tuo abito!- proclamò Wendy, orgogliosa della propria scelta, mentre mostrava alla diretta interessata un abito di tulle e seta completamente nero. Non era certo quello che Daisy si sarebbe aspettata, ma una volta indossato dovette ammettere che le dispiaceva meno del previsto.
 
Non aveva mai valutato la possibilità di indossare un colore tanto scuro, prima, soprattutto perchè era convinta che non le donasse affatto, ma a giudicare dallo sguardo ammaliato di tutti i Koopa e dalla faccia stupita che vedeva riflessa nello specchio, aveva decisamente tutte le ragioni per ricredersi.
 
-Principessa, è meraviglioso..!- dissè Junior afferrado con delicatezza i lembi del vestito che arrivavano poco sopra la caviglia.
-Ti sta davvero bene!- aggiunsero tutti gli altri, insieme a vari complimenti che andarono a sovrapporsi l’uno sull’altro.
-Dovrai trovare delle scarpe adatte da abbinare.. purtroppo io non ne ho della tua taglia- precisò Wendy osservando distrattamente le proprie zampette schiacciate nei minuscoli stivaletti rosa che amava indossare.
 
-Vi ringrazio tanto, ragazzi...- disse Daisy all’improvviso, con un tono particolarmente serio che di solito non le apparteneva -Sono contenta che stiate facendo tutto questo, significa molto per me...
 
-È perchè ti vogliamo bene!- precisò subito Ludwig, che di solito non si esponeva mai troppo rispetto agli altri del gruppo -Abbiamo pensato tante volte a come sarebbe stato avere una mamma, e adesso ce ne siamo fatti un’idea... anche se non lo sei per davvero...- smise di parlare, imbarazzato, nascondendosi dietro gli altri fratelli, ma Roy continuò al suo posto:
-Quello che cerchiamo di dire è che ci è sempre mancato qualcuno che ci apprezzasse per davvero per quello che siamo, o che non avesse paura di noi.. e che si prendesse cura di noi e delle nostre necessità senza volere nulla in cambio, proprio come stai facendo tu, principessa
-Siamo molto grati per ciò che hai fatto e continui a fare per noi- sottolineò Larry, seguito da un impacciato Lemmy che sorrise e aggiunse: -Già! E poi mi diverto sempre un mondo quando vieni a trovarci!
-E papà è più felice.. ci tratta meno male del solito- disse Morton, scatenando la risata di tutti i presenti.
-Ilarità a parte, concordo con tutto ciò che hanno detto i miei fratelli- fece eco Iggy -Spero tanto che continuerai a farci visita, comunque vadano le cose tra te e papà, e che non smetterai mai di volerci bene
-Noi te ne vogliamo davvero tanto- sottolineò nuovamente Junior
-E per me è come avere la sorella che ho sempre desiderato, oltre ad una amica con cui confidarmi..!- si affrettò ad aggiungere Wendy mentre delle grosse lacrime si formavano ai lati delle sue palpebre.
 
Daisy rimase in silenzio stupita dalle loro parole, poi si inginocchiò e, aperte le braccia, li invitò in un abbraccio di gruppo stretto stretto, il più caloroso che i piccoli Koopa avessero mai ricevuto nel corso delle loro brevi vite.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


La sera della Festa arrivò in fretta: Daisy aveva trascorso le sue giornate a provare e riprovare l’abito che Wendy le aveva portato per l’occasione.
 
Aveva trascorso ore davanti allo specchio. Aveva parlato con il proprio riflesso, immaginando di trovarsi di fronte Bowser, aveva gesticolato, ballato, piroettato su sè stessa e si era sentita infinitamente ridicola; spesso si ritrovava a ridere di e con sè, e allora gettava la spugna e tornava a fare altro... ma pochi minuti dopo, eccola di nuovo davanti allo specchio, a provare e riprovare le frasi ad effetto che aveva preparato e ad allenare i suoi gesti perchè risultassero i più eleganti possibili, proprio come piaceva a Bowser.
 
La stessa delicatezza di cui lui era da sempre innamorato e che si concretizzava in Peach.
 
Intendiamoci: Daisy non era invidiosa di lei, o meglio non lo era mai stata. Non finchè non era arrivato il momento in cui si era resa effettivamente conto di ciò che provava per Bowser.
 
Non lo amava, ma voleva il meglio per lui. Non lo desiderava, ma voleva sorprenderlo. Non era gelosa di lei, ma voleva che Peach fosse per lui solo un ricordo lontano. Ma perchè? Non aveva ancora trovato risposta alla domanda più importante di tutte.
 
Daisy rivolse distrattamente lo sguardo alla scatola che Wendy le aveva consegnato insieme all’abito, e le tornarono in mente le parole della piccola Koopa:
 
“Questa scatola contiene un gioiello molto importante. Kamek lo ha fatto apposta per te. In pratica è una sorta di variante della Super Corona! Saprai tu stessa quando sarà il momento giusto per indossarla: proverai una sensazione estremamente piacevole e saprai che indossarla sarà la cosa giusta da fare in quel momento. Ovvio, potrebbe anche non arrivare mai il momento buono, ma vogliamo tentare lo stesso. Devi prometterci che la indosserai se e quando capirai con esattezza quali sono i tuoi sentimenti per papà: solo così, l’incantesimo di cui è intrisa potrà funzionare”.
 
La ragazza afferrò la piccola scatola, tolse il contenuto e guardò per qualche secondo la piccola corona dorata foderata di velluto nero: a prima vista sembrava una corona come tutte le altre, creata appositamete per fare pendant con il colore del suo abito, ma lei sapeva che non era così.
 
Considerata la circonferenza, la infilò sul polso sperando di poterla utilizzare almeno momentaneamente come  bracciale ma con sorpresa si accorse che la magia di cui era intrisa la corona le permetteva di adattarsi alle circostanze cui era sottoposta: in poche parole, si strinse fino a cingere perfettamente il polso della principessa che, piacevolmente sorpresa, si preparò ad uscire.
 
Aprì la grande finestra della sua stanza e si calò aggrappandosi con forza alla fila di lenzuola annodate e lasciate penzolare dal davanzale per l’occasione: non era la prima volta che organizzava il suo stesso “rapimento”, se proprio non vogliamo chiamarla fuga, ma ogni volta era divertente quasi quanto la prima per Daisy e si divertiva sempre un sacco a pensare alle facce che avrebbero fatto i suoi servitori alla vista della sua stanza vuota.
 
Appoggiati i piedi sull’erbetta fina, si tolse i tacchi per poter correre più velocemente senza il rischio di inciampare o di rovinare le calzature; scarpette alla mano, si lasciò velocemente alle spalle il castello per raggiungere il prima possibile quello di Bowser, dove la festa sarebbe cominciata in meno di 10 minuti.
 
Arrivò appena in tempo al castello del sovrano e gli sguardi preoccupati dei suoi otto figli si tramutarono in un’esplosione di gioia e gratitudine non appena la videro varcare la soglia:
-Avevamo paura che ci avessi ripensato!- ammise Wendy, felicissima di vederla.
-Non vi avrei mai dato buca!- disse Daisy, con il fiatone, intenta ad infilarsi le scarpe -Dov’è vostro padre?
 
-Non siamo riusciti a tenergli nascosti i preparativi e così abbiamo dovuto dirgli che stasera saresti venuta per la festa- iniziò Larry, cui fece eco un Lemmy particolarmente esagitato: -Infatti, non appena l’ha saputo è corso a cambiarsi, ma è in camera sua da più di un’ora e non sappiamo nemmeno se abbia almeno scelto cosa mettersi!
 
-Avresti dovuto vedere la sua faccia quando l’ha saputo- disse Ludwig, sghignazzando -sembrava un idiota!
Daisy sorrise al pensiero di un Bowser imbarazzatissimo all’idea di una festa e, perchè no, di un ballo con lei.
 
-Speriamo non ci metta ancora molto- disse la ragazza, e in quello stesso istante Bowser comparve in cima alla scalinata dell’atrio all’ingresso.
 
-Daisy...- fece lui squadrando la principessa da capo a piedi: non aveva bisogno di vederle indossare un abito del suo colore preferito per ammettere che fosse bellissima, ma di certo il vestito di quella sera era un incentivo a farlo e gli faceva letteralmente girare la testa.
 
Lei, bellissima e con un tocco ribelle per incontrare i gusti del sovrano, lui elegantissimo nel suo tuxedo bianco con tanto di cilindro dello stesso colore a coprire parzialmente le corna ed il ciuffo rosso, solitamente scombinato, pettinato da un lato.
 
Bowser scese lentamente le scale e si avvicinò alla principessa ripromettendosi di sostenere il più a lungo possibile il suo sguardo e così fece, almeno finchè non fu a pochi metri di distanza da lei. I suoi occhi si posarono sulle mani di Daisy, così piccole e candide, che afferrò lentamente e con quanta più delicatezza gli era possibile.
-Sei bellissima- sputò il re a mezza voce, imbarazzato, per poi schiarirsi la gola. Solitamente non era mai troppo spontaneo se si trattava di apprezzamenti, soprattutto visto che non aveva mai avuto qualcuno a cui indirizzarli, ma quelle due parole gli erano letteralmente schizzate fuori dalla bocca prima ancora che potessero essere sottoposte al controllo del raziocinio.
 
-Ti ringrazio- rispose Daisy visibilmente a disagio. Avrebbe tanto voluto dirgli che valeva lo stesso per lui, che mai si sarebbe aspettata di vederlo indossare un completo così elegante, che mai avrebbe immaginato che il bianco potesse donargli a tal punto, ma tutti i suoi buoni propositi andarono scemando quando si sentì trascinare dal suo cavaliere per la serata.
-Andiamo?- chiese lui, più a sè stesso che alla dama, e salirono insieme le scale sotto gli sguardi attenti e speranzosi degli otto figlioletti.
 
Si spostarono nell’ampio salotto adibito a pista da ballo: c’era spazio per almeno un centinaio di persone, eppure loro erano gli unici due.
 
Il vecchio jukebox di legno suonava una musica dolce e lenta ad un volume non troppo alto nè troppo basso, ma abbastanza perchè si riuscisse a sentire la voce dell’altro, caso mai uno dei due avesse intenzione di iniziare un discorso.
 
Nell’imbarazzo generale, nonostante fossero praticamente soli, Daisy sollevò lo sguardo alla ricerca di quello del sovrano, che non accennava però ad abbassarlo per incrociare il suo. Sorrise fra sè: infondo nemmeno lei avrebbe saputo con esattezza come reagire, se questo fosse accaduto.
 
Con un sospiro, si appoggiò con la guancia contro il petto di Bowser e, adagiandovi delicatamente anche una mano, continuò a gongolare insieme a lui cercando di seguire come meglio poteva il ritmo lento della musica.
Non era proprio portata per il ballo, non lo era mai stata, al contrario del suo accompagnatore che invece sembrava decisamente capace, ma che probabilmente si tratteneva per non metterla in imbarazzo.
 
Daisy era più che certa che Bowser potesse sentire chiaramente i battiti impazziti del suo cuore, vista l’estrema vicinanza tra i loro corpi, e forse era proprio questa la causa del continuo schiarirsi la voce del re che era presumibilmente parecchio imbarazzato dalle circostanze.
 
-Non sono proprio portata per il ballo- disse lei a bassa voce, con un tono di voce divertito -Non fa per me... Ho la grazia di un elefante- aggiunse poi, pentendosene immediatamente: forse poteva sembrare una battuta di cattivo gusto proprio in merito alla differenza di mole tra loro due.
 
-Ah, ma no... non puoi essere così male. E poi di solito i mingherlini- cioè, quelli piccoli.. insomma, hai capito, hanno molta più grazia nei movimenti. Mi sorprende che non sia il tuo caso..
 
Niente da fare: andavano di pari passo perfino sulle brutte figure.
Risero entrambi all’ennesima, lenta realizzazione di quanto fossero goffi ed impacciati in una situazione come quella.
 
-Ti ringrazio per essere qui- disse Bowser, chinandosi un po’ su di lei per ovviare alla differenza di altezza -Significa molto per me... e forse quegli scalmanati, per una volta, non hanno avuto un’idea così malaccio...
 
-Sono io che ti ringrazio. Ti chiedo scusa per quanto successo a cena l’ultima volta, da allora non ci siamo più visti, ma...
-Me ne ero completamente dimenticato. Sono io quello che dovrebbe scusarsi: in quel momento mi sono sentito frustrato e non so perchè. Non l’ho ancora capito. Ma adesso non mi va di parlarne...
-Giusto.. Godiamoci la festa, dopotutto è appena iniziata. A proposito, hai già espresso un desiderio? Io l’ho fatto venendo qui-
-Anche io l’ho fatto. Lo feci anni fa, è passato un po’ di tempo da allora ma adesso, finalmente si è avverato. E posso addirittura stringerlo fra le braccia, il risultato di quel desiderio esaudito.
 
Daisy sgranò gli occhi incredula e tornò a guardare il suo cavaliere: com’è che non si era mai resa conto di quante cose potesse leggere in quegli occhi del colore dei rubini?
-Ti accontenti di poco, allora...- commentò lei, ironica.
-Forse a qualcuno può sembrare poco, ma per me vale tutta una vita. E adesso che ti ho trovata vorrei che non ci separassimo più. Sono certo che non troverei niente e nessun’altro capace di colmare il vuoto che provo come sai fare tu, Daisy...
 
-Lusingata...- ammise la ragazza con un sorriso mentre le sue guance arrossivano.
 
Era ancora più bella quando sorrideva in quel modo così impacciato.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


-Quindi... questo significa che accetterai?- chiese Bowser. Sapeva di risultare petulante, per certi versi, e che probabilmente la sua insistenza avrebbe potuto mettere a disagio la principessa, ma proprio non ce la faceva ad attendere oltre: desiderava una risposta, e la voleva in quel preciso istante.
 
Daisy rimase in silenzio, gli occhi bassi e lo sguardo fisso sul bracciale che aveva indossato solo poco prima sul polso sinistro.
 
Perse un battito, poi il suo cuore riprese a battere sempre più forte, come impazzito, senza che riuscisse a staccare gli occhi dal gioiello. Era forse questa, la sensazione di cui le aveva parlato Wendy? E come poteva esserne sicura?
 
-Principessa?-
La ragazza sollevò la testa e incrociò nuovamente lo sguardo del sovrano.
-Va tutto bene?- chiese lui, visibilmente preoccupato.
-Sì, certo. A proposito, mi dispiace ma prima non ho avuto la prontezza di dirtelo...- iniziò lei, facendo scivolare le dita sottili lungo la seta candida del tuxedo -Questo abito ti dona davvero molto.. Ne sono sorpresa. Insomma, non pensavo che...
-In effetti non è da me, e mi sento un po’ un idiota con questo coso addosso, ma ho pensato che volevo assolutamente farti una buona impressione, così...
-Non ce n’era affatto bisogno, ma ti ringrazio per essertene preoccupato. Anche io in effetti ho pensato alla stessa cosa per tutta la settimana... figurati che mi ero pure preparata un discorso molto forbito ed intelligente da propinarti ma non ci sono riuscita- rise Daisy, portando una mano a nascondere le labbra schiuse -Ho fallito- aggiunse poi, facendo spallucce.
 
-Io non credo... non sarei qui. Non saresti qui- sottolineò Bowser, prendendole nuovamente le mani -Perciò...
-Aspetta!- esclamò Daisy appoggiando un dito sul muso del suo cavaliere -Prima che tu possa dire altro... c’è una cosa che devi sapere...
 
Bowser rimase in silenzio, ma dentro si sentiva morire.
Eccolo che arrivava, più in fretta di quanto avesse previsto: il suo rifiuto.
Si era immaginato tante volte quel momento, quello in cui Daisy si sarebbe scusata più e più volte ma, seppur teribilmente dispiaciuta, gli avrebbe detto chiaro e tondo di non poter corrispondere i suoi sentimenti.
 
Del resto, chi avrebbe mai potuto innamorarsi di uno come lui? Non solo per l’aspetto, che costituiva senza dubbio uno svantaggio, ma anche e soprattutto per il suo carattere: era malvoluto da chiunque e, seppur fingesse di non importarsene, era perfettamente al corrente di essere detestato perfino dalla sua stessa servitù. Forse anche Kamek e i suoi figli la pensavano così, e quando sentivano nominare il suo nome, nella loro testa si dipingeva sempre la stessa immagine: un mostro spietato, un tiranno incapace di provare sentimenti, egoista e crudele.
 
-Devo ammettere che per me non è facile essere qui e affrontare questo discorso... Dovrai scusarmi se ti sembro incoerente, ma non so davvero in che altro modo potrei approcciarmi a questa situazione per giungere ad una conclusione diversa. Tutte le strade che percorro con la mia mente, per qualche ragione, mi conducono a te...
 
Il re sgranò gli occhi: non capiva cosa volesse dire Daisy, ma forse era giunto ad una conclusione troppo affrettata.
 
-Lo so che sembra assurdo, insomma... è successo tutto talmente in fretta, siamo stati insieme solamente per pochi giorni, anzi forse parliamo addirittura di una manciata di ore, però... penso che, per quanto stessi tentando di ignorarlo, dentro di me sia scattato qualcosa. Non so dirti se si tratta di affetto o di qualcosa di più, perchè non sono mai stata innamorata prima e non oso nemmeno immaginare come mi sentirei se, con le mie parole, ti illudessi anche solo per un istante di provare qualcosa di così importante. Io non so cosa provo per te, Bowser. Penso di aver bisogno di tempo per capirlo, però...- Daisy esitò per qualche secondo: tirò un lungo sospiro e, stirando le labbra in un sorriso dolce, coninuò: -Allo stesso tempo vorrei che trascorressimo questo tempo insieme... Ho bisogno di te, della tua presenza, come mai mi era successo prima. E questa cosa è talmente assura, ma talmente forte che credo valga la pena di provare...
Bowser l’aveva ascoltata in silenzio per tutto il tempo; un’espressione neutra sul viso e nessun segno di cedimento nel suo sguardo. Non un ammiccamento, non uno spasmo delle sopracciglia, almeno finchè i suoi occhi non si fecero sempre più lucidi e la sua vista non venne completamente annebbiata dalle lacrime che si stavano formando lentamente.
 
Daisy, sorpresa al punto da ritrovarsi incapace di proseguire il suo discorso, si affrettò a circondargli il muso con le mani per asciugare quelle gocce salate che ora solcavano copiose le guance del sovrano.
 
-Bowser... va tutto bene...- lo rassicurò lei -Ho detto qualcosa di sbagliato?
Lui scosse la testa e la strinse forte a sè, intenzionato a non lasciarla più andare: -Non avresti potuto rendermi più felice di così- sussurrò, aumentando la presa sul corpo fragile della ragazza, stando comunque attento a non farle male -Non avrei mai pensato che sarebbe finalmente giunto un giorno come questo...
 
-Permettimi di fare un’ultima cosa...- sussurrò la principessa sciogliendo lentamente l’abbraccio. Si sfilò il bracciale, che tornò ad avere le sembianze di una corona vera e propria e, senza una parola ma con un grosso sorriso stampato sul volto, se la posò sul capo -Proseguiamo questo cammino l’uno al fianco dell’altro, tu come il mio Re ed io come la tua Regina...
 
La magia di cui era intriso il gioiello sembrò reagire alle parole della giovane e, brillando di una luce quasi accecante, rivelò la sua vera funzione: ai lati della testa di Daisy spuntarono due piccole corna, che lei si affrettò a toccare ocon le dita, euforica: -Wow, ma che figata..!- esclamò lei, distruggendo nel giro di pochi secondi l’atmosfera romantica che aveva cercato di creare con tanta fatica.
 
La risata cristallina della principessa risuonò in tutta la stanza seguita da quella più profonda e gutturale del re.
 
La giovane allungò a fatica una mano fin sopra la testa di Bowser e afferrò il cilindro, togliendoglielo con delicatezza. Lo poggiò a terra e, con un sorriso, disse: -Questo non serve...- e fece scivolare una mano dalla guancia del re fino ad una delle sue lunghe corna.  
 
-Daisy, io..- iniziò lui, guardandola negli occhi. Ma improvvisamente l’espressione serena sul suo volto si trasformò in una corrucciata; gli occhi ricolmi di preoccupazione, come qualcuno colpito all’improvviso da un pessimo presentimento -C’è qualcosa che non va...- disse senza ulteriori spiegazioni, rivolgendo lo sguardo alla porta socchiusa della sala da ballo.
-Rimani qui- le ordinò spingendola leggermente e attraversando a grandi passi la stanza, per poi precipitarsi giù dalle scale dove si trovava ad attenderlo uno scenario raccapricciante.
 
-Dicci dove hai portato la principessa!- gli ordinò l’idraulico rosso in salopette con una schiera di aiutanti al seguito.
 
Bowser si guardò intorno e non ci volle molto perchè si rendesse conto che mai prima di quel momento aveva sentito il sangue ribollirgli di tanta rabbia nelle vene.
 
Lanciò uno sguardo fugace ad ognuno dei corpi martoriati ed esanimi dei suoi figli riversi sul pavimento e, stringendo i pugni con i quali colpì violentemente il pavimento del castello fino a farlo tremare, si abbandonò ad un ruggito frustrato, presagio della terribile sorte che sarebbe toccata a Mario e cavalleria se solo si fossero azzardati a torcere anche solo un altro capello ai piccoli Koopa o, peggio, alla nuova sovrana del suo Regno.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


-MARIO!- ruggì il re, i cui occhi brillavano di una luce funesta, eppure il nemico baffuto non si lasciò intimorire: non era uno che si sorprendesse facilmente, e infatti fu lui a sferrare il primo attacco, ingaggiando una lotta senza esclusione di colpi.
 
Se per Mario questa sfida non era affatto diversa dalle innumerevoli altre che aveva affrontato e vinto contro il suo nemico di sempre, per Bowser questo era ben più di uno scontro: perdere significava mettere a rischio la vita dei suoi discendenti, i suoi otto piccoli principi, e condannare Daisy a qualcosa che non osava nemmeno immaginare. Chi lo sa come avrebbero reagito la principessa Peach ed il Regno intero se avessero saputo come stavano le cose... L’avrebbero forse accusata di alto tradimento? L’avrebbero punita? Imprigionata? ...Uccisa?
 
Quel pensiero attraversò la mente di Bowser solo per un istante ma fu sufficiente perchè risvegliasse in lui una forza latente della quale, forse, non era nemmeno mai stato al corrente. Allora, era così che ci si sentiva... Non aveva mai combattuto per nessuno che non fosse sè stesso, ma adesso le cose erano diverse: combatteva per proteggere le persone che amava, le uniche che fossero mai rimaste al suo fianco, le uniche che si fossero curate di lui, dei suoi sentimenti, dei suoi pensieri.
 
-Non mi porterai via Daisy! Questa volta non finirà come tutte le altre! Hai capito, stupido nano?- ringhiò Bowser, a denti stretti, mentre cercava di avere la meglio sul suo avversario che, avvantaggiato dalla propria stazza minuta, riusciva ad essere decisamente più rapido e preciso del grosso Koopa in quanto a movimenti ed attacchi.
 
-Cosa ti fa credere che riuscirai a fermarmi?- domandò l’idraulico, senza smettere di colpire il suo avversario -Sei un illuso se pensi che i tuoi piani malvagi abbiano una qualche probabilità di andare in porto!- sferrò un altro calcio che scaraventò lontano Bowser. Il suo corpo pesante si schiantò contro una delle pareti del castello che tremò pericolosamente per l’ennesima volta. Quando il sovrano riaprì gli occhi dopo il aver accusato il colpo, spostò lo sguardo per accorgersi di aver evitato per un soffio di travolgere il corpicino di Junior e quello di Wendy che, entrambi ancora svenuti, si tenevano per mano.
 
Osservò con riluttanza la profonda ferita sulla tempia del figlio, là dove una volta si trovava una delle due piccole corna arrotondate.
La vista di quell’immagine tanto straziante e tanto commovente allo stesso tempo gli fecero sentire un tuffo al cuore. E se fosse stato già troppo tardi?
 
Perso nelle sue considerazioni, Bowser non si era reso conto che il suo nemico si era avvicinato, pronto a continuare il combattimento. Mario lo afferrò saldamente per la coda, ma prima che potesse fare altro la voce di Daisy irruppe nella sala.
 
-Mario! Che cosa stai facendo!?- esclamò incredula la ragazza, coprendosi la bocca con le mani mentre i suoi occhi si gonfiavano di lacrime.
 
Alla vista della principessa l’idraulico si sentì subito più sollevato, ma qualcosa lo turbava: l’abito scuro della ragazza e le piccole corna ai lati della sua testa lo convinsero sempre di più che le parole della principessa Peach fossero vere: Daisy non si trovava lì per sua volontà, e la sua radicale trasformazione ne era la prova: forse era addirittura vittima di un incantesimo che non le permetteva di agire secondo la propria volontà!
 
-Non preoccupatevi, Principessa! Non appena avrò finito di occuparmi di lui, vi riporterò a casa e penseremo ad una soluzione per liberarvi dall’incantesimo! Fidatevi di me!-
-Ma cosa vai blaterando?- continuò lei, senza capire, precipitandosi giù dalle scale e frapponendosi tra il giovane uomo e il corpo di Bowser, le braccia spalancate e grosse lacrime a solcare le sue guance naturalmente abbronzate -Vattene via! Non ho bisogno del tuo aiuto, Bowser non mi ha fatto nulla di male!
-Principessa, non siete voi! Non preoccupatevi, si sistemerà tutto, ve lo prometto! La Principessa Peach si prenderà cura di voi!
-Ti ripeto che non ho bisogno di nessun aiuto! Voglio solo che ve ne andiate, tutti quanti, e che ci lasciate in pace!
-Mi dispiace, Principessa, ma la vostra testardaggine non mi lascia altra scelta che usare le maniere forti anche con voi...
Mario si avvicinò lentamente: esitava, perchè non era sicuro di voler davvero affrontare Daisy, ma se voleva aiutarla non aveva altra scelta. Si scagliò contro di lei, nella speranza che un colpo ben assestato potesse metterla fuori gioco almeno temporaneamente.
 
-Allontanati...- sussurrò lei, il tono deciso e lo sguardo fermo negli occhi dell’avversario -Mi hai sentito? Ho detto allontanati, vattene via...
 
-Mi dispiace, Principessa- si scusò Mario, ma prima che potesse riuscire a colpirla, un’aura scura circondò la ragazza che, con un grido disperato, rilasciò un’incredibile quantità di energia capace di sbalzare via il giovane e l’esercito di Toad che lo scortava.
 
Daisy fece appena in tempo a realizzare quanto successo che si ritrovò esanime sul freddo pavimento di pietra, proprio davanti a Bowser che cercò per quanto possibile di attutire la sua caduta.
 
 
-Daisy?!- la chiamò lui, inorridito, spaventato, furioso al pensiero che potesse esserle successo qualcosa -Ti senti bene? Ti prego, rispondimi, piccola..!- la scosse prima con delicatezza, poi sempre più violentemente, consumato dall’orribile presentimento che si faceva sempre più spazio nella sua mente.
-KAMEK!- urlò il re stringendo il corpo della fanciulla tra le possenti braccia in un disperato tentativo di mantenere caldo il suo corpo ormai quasi gelido.
 
L’anziano mago si palesò subito e, guardando il volto pallido della principessa, capì che non aveva un secondo da perdere. Poggiò una delle piccole mani rugose sulla fronte della ragazza e infuse in lei una piccola quantità di energia, sufficiente quantomeno a farla uscire di pericolo:
-Ce la farà- sentenziò l’indovino -Ma dobbiamo agire in fretta, e lo stesso vale per loro- aggiunse poi, lanciando un’occhiata fugace agli otto piccoli Koopa.
 
Alcuni tartossi aiutarono Kamek a trasportare i feriti in un’altra stanza, una che fosse più sicura e il più lontano possibile da Mario e compagnia, ancora svenuti all’ingresso dopo il violento impatto.
 
-Ce la farà..?- domandò Bowser mentre fissava il corpo della ragazza sdraiato su un lettino improvvisato. Fortunatamente, tuti i piccoli Koopa avevano ripreso conoscenza poco dopo la somministrazione di un intruglio preparato appositamente da Kamek per guarire le loro ferite.
 
-Se agiamo come ho in mente, dovrebbe riuscire senza problemi a riprendersi completamente, ma ricordate, Vostra Meschinità, che la principessa non è una creatura del Regno delle Tenebre come noi e per questo il suo corpo non è adatto all’assunzione delle stesse pozioni curative che ho utilizzato poco fa per i Principi. L’unica soluzione è quella di...- Kamek esitò per un istante: non era certo che il suo padrone avrebbe preso molto bene ciò che stava per proporre, ma era proprio necessario che gliene parlasse -...chiedere aiuto alla Principessa Peach e a Mastro Toad.
 
-Come..?!- domandò Bowser incredulo, sperando di aver capito male -Come sarebbe chiedere a loro?! Ma gliela stiamo praticamente riportando a casa! E per di più... sarebbe come arrendersi di fronte al fatto che siamo dei buoni a nulla e non abbiamo potuto fare nulla per lei!
-Il problema, Sire, è che allo stato delle cose la Principessa Daisy è per metà paragonabile ad una creatura oscura, ma ha comunque conservato le sue origini: è un essere umano e, nonostante esista solo il 30% delle probabilità che la mia magia abbia effetti collaterali su di lei, io non mi sento di rischiare... Capirete bene, Mio Signore, che dovrei avere un bel fegato per farlo: oltre a danneggiare lei, c’è anche il rischio che siate Voi a perdere qualcosa che vi sta a cuore.
 
-Credo di capire...- sospirò il re lasciandosi cadere debolmente sulla grossa poltrona accanto al giaciglio della ragazza -In questo caso non abbiamo altra scelta, ma esiste l’eventualità che Peach non voglia darci ascolto oppure che non creda alle nostre parole... come ci comportiamo?
 
-Mario è stato rispedito al Regno dei Funghi: sa bene cosa è successo oggi e probabilmente immagina quali siano le condizioni della Principessa Daisy. Se sarà lui a parlarne per primo con la Principessa Peach, lei gli crederà ciecamente e quando arriverà la nostra richiesta di aiuto, non credo penserà che stiamo mentendo... Inoltre, nonostante le apparenze, la Principessa Peach tiene molto alla Principessa Daisy e non esiterà ad aiutarla: è vero che hanno avuto un dibattito molto acceso per colpa Vostra, l’ultima volta, ma se non fosse sinceramente preoccupata per lei, non avrebbe mai mandato Mario a salvarla, non credete?
 
-Lo penso anche io... quanto tempo possiamo permetterci di aspettare, prima di chiedere aiuto? Voglio che quello stupido nano abbia il tempo di mettere Peach al corrente di quanto accaduto, in modo che sia già convinta della veridicità delle nostre parole, quando le chiederemo una mano...
 
-Possiamo permetterci non più di 2 giorni, Sire
-Allora faremo così. Ci metteremo in contatto con il nemico domani sera stesso... E che il cielo ce la mandi buona.
 
Bowser lanciò un’ultima occhiata al volto di Daisy; cercava di ricordare quanto fossero blu gli occhi della ragazza dietro quelle palpebre chiuse da ore. Dalla sua bocca semiaperta proveniva un respiro sottile, quasi impercettibile. Il re si chiedeva, ora più che mai, che sensazione gli avrebbero dato quelle labbra rosa e carnose a contatto con le proprie: non era esattamente la cosa migliore a cui pensare in un momento come quello ma si ripromise, quantomeno, di non perdere altro tempo una volta che la principessa si fosse ripresa: aveva assolutamente intenzione di chiedere la sua mano e suggellare la loro unione con un bacio.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Quando riaprì finalmente gli occhi, Daisy mise a fuoco con difficoltà la scena che si trovava di fronte a lei.
 
Si sentiva la testa talmente pesante che, non appena tentò di mettersi seduta sul morbido letto su cui era adagiata, un forte capogiro la costrinse a rimettersi sdraiata.
 
-Fate attenzione, Principessa...- le suggerì una voce gentile che molto presumibilmente apparteneva alla stessa persona che le stava stringendo con delicatezza la mano.
 
Daisy spostò lentamente lo sguardo verso la sua destra e aprì con esitazione gli occhi, preoccupata che potesse sopragiungere un altro capogiro: stavolta non fu così, e la ragazza sorrise dolcemente al giovane accanto a lei.
 
-Da quanto tempo mi trovo qui?- chiese a Luigi in tono tranquillo, mentre si guardava intorno facendo roteare gli occhi prima a destra, poi a sinistra.
 
La principessa era bene al corrente del debole che il giovane aveva da sempre nei suoi confronti ma, sfortunatamente per lui, lei lo aveva sempre considerato un ottimo amico e confidente, e nulla di più.
 
-Ad occhio e croce, circa due giorni- rispose Luigi portando un dito sulle labbra e guardando verso l’alto, come se quel gesto potesse aiutarlo a pensare meglio -Erano tutti molto preoccupati per voi...- aggiunse poi, lasciando la mano della fanciulla senza però smettere di sorriderle.
-Già...- Daisy esitò per qualche secondo: se c’era qualcuno su cui aveva sempre potuto fare affidamento, era proprio Luigi: conosceva cose di lei che non aveva mai avuto il coraggio di raccontare a nessuno, nemmeno a Peach, e sapeva perfettamente che era bravo a mantenere i segreti. Prese coraggio e porse la domanda che più le premeva fare, nonostante avesse paura della risposta -Bowser sta bene?- la ragazza abbassò lo sguardo per non vedere l’eventuale rammarico trovare spazio sul volto dell’amico.
 
-Sì- disse lui senza esitare nemmeno un secondo –È stato lui a portarvi qui e a chiedere aiuto alla principessa Peach e a Mastro Toad perchè vi curassero. Non me lo aspettavo da lui, devo essere sincero, però non avrei mai dubitato del vostro sesto senso, Principessa: se vi è sembrato di vedere del buono in lui in una qualsiasi occasione, allora non potevo che essere totalmente convinto anche io delle sue buone intenzioni nei vostri confronti, per quanto ne sia a dir poco sorpreso...
 
-Ti ringrazio per la fiducia.. e per il sostegno, come sempre- Daisy sorrise, finalmente più tranquilla -Sei sempre così buono con me, Luigi..!
-Non dite così, mi viene naturale essere buono con voi, Principessa: dopotutto anche voi lo siete sempre stata con me- replicò lui arrossendo leggermente e grattandosi la nuca per dissimulare l’imbarazzo -Mi dispiace solo non essere stato in grado di impedire a mio fratello e alla principessa Peach di venire a cercarvi: se fossi riuscito a convincerli, sicuramente non saremmo in questa situazione e voi non sareste in queste condizioni...
-Peach era davvero così preoccupata per me, o era solo furiosa perchè voleva farla pagare a Bowser..?
-Se devo essere sincero, direi entrambe le cose, anche se so che la mia risposta non può farvi poi molto piacere...
-Ma certo- sospirò Daisy distrattamente -Avrei dovuto aspettarmelo da lei...
-Non fate così, sono sicuro che comunque sia in un modo o nell’altro riuscirete a mettere da parte le vostre divergenze... beh, prima o poi, insomma
-Lo spero anche io...
-Riposate ancora un po’, ora. Anzi, forse sarà il caso di avvisare Bowser che vi siete svegliata. Avete voglia di incontrarlo?
-Oh, certo che sì! Mi faresti un enorme favore, Luigi!
-Per così poco...- il ragazzo si allontanò lentamente dal materasso e si diresse verso la porta; esitò per qualche istante, poi tornò a guardare negli occhi la ragazza -Sono contento che abbiate finalmente trovato qualcuno che vi renda felice, Daisy. E a proposito... ad essere sincero, contrariamente a quanto potrebbero dire gli altri, quelle corna vi donano- sorrise un’ultima volta prima di uscire e chiudere con delicatezza la porta.
 
Daisy osservò la porta per qualche secondo toccandosi distrattamente le corna: avrebbe voluto dire tante cose a Luigi e ringraziarlo per tutto ciò che aveva sempre fatto per lei, ma non c’era riuscita e si era sentita un po’ egoista. Si ripromise di parlare con lui con più calma, una volta che le cose sarebbero tornate alla normalità.
Trascorsero solo pochi secondi prima che qualcuno bussasse alla porta; Daisy finì di sistemare con cura i cuscini contro la spalliera del letto perchè potessero sostenerle meglio la schiena, poi si limitò ad un “avanti!” conciso.
 
L’espressione sul viso della giovane principessa si addolcì, se possibile, ancora di più alla vista di una grossa mano coperta di squame gialle che spingevano con delicatezza la minuscola porta: Bowser scivolò con fatica nella stanza sforzandosi di non urtare nulla con il suo grosso guscio ricoperto di aculei e, con un’espressione decisamente imbarazzata, si avvicinò al letto di Daisy esibendo il sorriso più ebete di sempre.
 
-Ehi, allora stai bene- sussurrò lei, allungando le braccia nella speranza che il grosso Koopa cogliesse il suggerimento, cosa che sorprendentemente fece senza esitare nemmeno troppo. Si avvicinò ulteriormente a lei e circondò le sue piccole spalle fragili con le braccia possenti.
-Dovrei essere io a dire così- gli fece eco lui con un filo di voce. Tirò un lungo sospiro prima di aumentare un pochino la presa su di lei per poi sciogliere definitivamente l’abbraccio: quei due giorni erano sembrati i più lunghi ed angoscianti della sua intera vita e ad ogni minuto che passava si affievoliva dentro di lui la speranza di rivedere quei grossi occhi blu che amava tanto.
 
-Mi sei mancata- aggiunse poi Bowser in preda all’intraprendenza e all’euforia del momento -Ho avuto paura che...
-Non devi più avere paura, adesso. Sono qui con te- gli rispose Daisy con un sorriso dolce e gli occhi lucidi.
 
-A proposito.. vorrei proprio sapere che cosa è successo mentre io ero assente- si chiese Daisy, più a sè stessa che al suo interlocutore, mentre osservava i cerotti e le bende disseminati qua e là sulle sue braccia.
-Ti prego, non ho assolutamente intenzione di raccontarlo.. Non ora, almeno. Adesso voglio solo che parliamo e che trascorriamo insieme il tempo perduto. S-Sempre se vuoi, ovviamente, eh... C-Cioè, la mia è solo una proposta- balbettò il sovrano come se avesse improvvisamente dimenticato quanto successo la sera della festa.
 
Per qualche motivo aveva paura che, dopo l’incidente, il rapporto tra loro due si fosse incrinato, oppure che fosse divenuto nebuloso e poco chiaro: forse si sbagliava, però. Forse era solo una brutta sensazione data dal fatto che il loro tanto atteso momento romantico era stato interrotto in un modo così brusco...
 
-Certo che mi va di stare con te, sciocco!- replicò la ragazza ridendo nervoamente: era sorpresa dal modo in cui Bowser sembrasse improvvisamente esitante nei suoi confronti e si chiese se in quei due giorni avesse avuto modo di riflettere e ricredersi su quanto accaduto.
 
-Però prima c’è una cosa che vorrei sapere...- aggiunse lei prendendo il coraggio a due mani, seppur per nulla convinta di volergli fare quella domanda: -Tu... sei ancora convinto di quello che provi per me? Vorrei che mi rispondessi sinceramente... forse, in questi due giorni, è cambiato qualcosa..? Lo capirei, sai: ingenuamente mi verrebbe anche da pensare che, avendo rivisto Peach, tu possa aver cambiato idea su di me...
 
Daisy abbassava sempre di più lo sguardo, ad ogni parola che usciva dalle sue labbra rosa: aveva paura della sua risposta e il cuore le martellava violentemente il petto: non sarebbe stata la prima volta che perdeva contro Peach, infondo era successo già moltissime altre volte, ma per ragioni evidenti questa sarebbe stata la peggiore.
 
Quandò alzò nuovamente lo sguardo, il suo viso paffuto si specchiava nelle iridi scarlatte del Re. Daisy deglutì rumorosamente nel tentativo di allontanare la tensione e sciogliere il nodo che le si era formato in gola. Persa come era nello sguardo penetrante di Bowser, non si era resa conto di quanto i loro visi fossero pericolosamente vicini, e tanto meno aveva notato il grosso dito ungolato e ruvido che, di lì a pochi secondi, si appoggiò sulla sua guancia, cotringendola a socchiudere l’occhio sinistro.
 
-Lo capirei...- ripetè la ragazza con un filo di voce mentre uno stormo di farfalle impazzite si dimenava nel suo stomaco alla ricerca di una via d’uscita: una rapida risalita fino al petto, poi fino alle guance che si imporporarono all’istante.
 
Bowser si chinò ulteriormente su di lei fino a riuscire ad appoggiare il grosso naso contro quello piccolo, aggraziato e tondo della ragazza: lo sentì sospirare e all’improvviso il riflesso che fino a quel momento era riuscita a scorgere perfettamente in quei due specchi color rubino scomparve dietro un paio di palpebre smeraldine.
 
Un bacio. O meglio, ciò che più gli si avvicinava, considerata la differenza di stazza tra i due.
 
La sensazione più bella e dolce che la ragazza avesse mai provato in vita sua.
 
Ovviamente non aveva mai concesso le sue labbra a nessuno, prima di allora, e poco importava se tutte le bambine e le ragazze della sua età sognavano ininterrottamente il bacio con un principe azzurro o con un valoroso eroe: di certo lei non era delusa dal suo primo bacio.
 
Daisy non era una ragazza ordinaria, non era mai stata “la solita principessa” delle fiabe.
 
E oltre a ciò, per qualche ragione, aveva sempre preferito i draghi ai principi.
 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


-Ti ripeto che voglio vederci chiaro, riguardo questa situazione, Mario- sentenziò Peach seduta sul suo trono.
 
L’idraulico in rosso, incerto sul motivo del proprio rammarico, si limitava ad annuire distrattamente rigirandosi l’iconico cappello fra le dita.
 
-Non penso proprio che Daisy possa aver fatto tutto questo di sua sponte, e nessuno riuscirà a...
 
Le parole della principessa morirono sulle sue labbra non appena il grosso portone della sala si aprì e Luigi fece il suo ingresso con le dovute riverenze.
-Sono venuto ad avvisarvi che la principessa si è svegliata e sembrerebbe stare bene. Ho pensato avreste voluto essere messi al corrente il prima possibile a riguardo...
 
Alle parole del fratello minore, Mario alzò finalmente lo sguardo mentre Peach, in preda all’euforia, balzò in piedi portandosi le mani sul viso:
-Ho assoluto bisogno di parlare con lei!- esclamò scendendo gli scalini che separavano in altezza il trono su cui era seduta dal resto della stanza.
 
-Perdonatemi, principessa, ma non penso dovreste andare- disse Luigi guardandola dritto negli occhi celesti
-E perchè no?- fece eco lei con un’espressione perplessa
-Si è appena svegliata dopo molto tempo, forse sarebbe il caso di lasciarla riposare e.. come dire, non infastidirla con domande che possono anche aspettare
-È con Bowser, non è vero?- chiese lei, algida, con l’espressione di chi non ha intenzione di transigere sulla risposta che le verrà data
-Non posso dirlo con certessa, io le ho parlato solo per qualche minuto e poi l’ho lasciata sola- si giustificò Luigi, ma la voce gli tremava. Non che temesse l’ira della ragazza, ma non voleva nè tradire la fiducia di Daisy nè mentire a Peach: era semplicemente più forte di lui.
 
-Ho intenzione di assistere a questo scempio con i miei stessi occhi- disse lei, decisa, mentre accorciava a gran velocità le distanze fra lei e la camera dove era stata collocata l’amica.
-Perdonate la sfacciataggine, principessa!- esclamò Mario, sperando che il suo discorso potesse bastare a ritardare anche solo di qualche minuto l’infausto incontro tra le due e il terzo incomodo -Forse mio fratello ha ragione... non pensate anche voi che Daisy sia stanca, dopo tutte quelle ore trascorse in bilico tra la vita e, beh..
 
-Non la Daisy che conosco io!- e uscì in fretta dalla stanza lasciandosi i due alle spalle.
 
-Lei non ti merita- disse Mario al fratello con un’espressione serena sul volto, in contrasto con le sue stesse parole.
-Può darsi...- rispose Luigi -Ma ciò non significa che smetta di nutrire per lei ciò che ho provato per anni, anche ora che è felice con qualcun’altro...
-Questo ti fa onore- rispose il maggiore dandogli una pacca amichevole sulla spalla.
 
Nel frattempo, Peach continuava la sua corsa furiosa verso la stanza di Daisy: il suo modo regale di tenere sollevato i lembi del vestito per non inciamparvi era in netto contrasto con lo sguardo insolitamente accigliato sul suo volto.
Esitò per qualche secondo una volta arrivata ma poi, preso un profondo respiro, abbassò la maniglia senza nemmeno prendersi la briga di bussare e spalancò la porta: il quadro che si dipinse davanti ai suoi occhi le diede un senso di fastidio tale da trovarsi costretta a lanciare un urlo agghiacciato nel tentativo di porre immediatamente fine a quello scambio di effusioni.
-Daisy! Cosa diamine stai facendo?!- esclamò la principessa, furiosa, avvicinandosi ai due gaudenti.
 
La ragazza guardò Bowser con l’espressione dispiaciuta scusandosi mentalmente per il modo brusco in cui era terminato il loro primo bacio.
-Peach, che bello vederti...- disse poi rivolgendosi all’amica con tono a dir poco ironico -Immagino fossi davvero molto preoccupata per me
-Lo sono molto di più ora che ho visto con i miei occhi in che razza di fedifraga ti ha trasformato questo essere spregevole con cui ti stavi... ugh, non riesco nemmeno a dirlo ad alta voce- sputò lei tutto d’un fiato, scossa da un brivido di disgusto.
 
Daisy rimase in silenzio: il sangue le ribolliva a dir poco, mentre Bowser, stranamente, non accennava ad alcuna reazione: era come se volesse lasciare alla ragazza totale libertà su come comportarsi.
 
-In realtà, non penso tu abbia bisogno di preoccuparti per me- iniziò la principessa, ritrovando il minimo di autocontrollo necessario -Penso semplicemente che le cose, con il tempo, possono cambiare e tu dovresti accettarlo...
-Questo posso anche capirlo, ma nessuno mi toglierà dalla testa che ti sei lasciata abbindolare da un mostro e che ben presto ti pentirai amaramente della tua scelta!
-Forse invece rimarrò delusa se continuo a pensare che tu un giorno possa finalmente riuscire a capire le motivazioni che mi hanno spinto a diventare quello che sono oggi. Voglio che sia chiara una cosa, la più importante: nessuno mi ha fatto il lavaggio del cervello, nessuno ha deciso per me. Io sono la stessa di sempre, responsabile di me stessa e delle mie azioni, e preferisco sbagliare facendo di testa mia pur di non dover sottostare alle decisioni e ai giudizi degli altri. Vorrei che tu potessi capirlo...
-Hai ragione: io non capirò mai. E non ho intenzione di capire perchè non voglio! Non sei più la persona che credevo: un tempo eravamo amiche e avevo il tuo appoggio incondizionato su qualunque cosa! Possibile che siano bastate un paio di ore con quello lì per gettare alle ortiche tutto ciò che abbiamo passato? La nostra amicizia andata in frantumi per colpa di un parassita!
-Io non ho mai desiderato di porre fine all’amicizia con te! E se mai ti ho fatto pensare il contrario, allora ti chiedo scusa, ma è l’unica cosa per cui mi sento in dovere di giustificarmi: non ti devo nulla. Non è a te che devo rendere conto delle mie azioni, e se anche il cielo un giorno mi riterrà colpevole, che mi punisca! Ma fino ad allora continuerò a camminare al suo fianco...
 
Daisy spostò lo sguardo e lo posò su Bowser che aveva ascoltato in silenzio lo scambio di battute e ora guardava il volto della principessa specchiandosi, per l’ennesima volta, nei suoi occhi del colore del mare: che cosa aveva fatto nella propria vita per meritare qualcuno come lei?
 
-Io gli starò vicino per sempre, fino alla fine dei miei giorni- proseguì lei con la voce rotta, e non accennava ad interrompere il contatto visivo con colui al quale erano indirizzate le sue parole -Finalmente so cosa significa amare qualcuno e, grazie a questo, guardare oltre le apparenze.
 
-Lo so che fai fatica a credere alle sue parole e non oso immaginare quanto sarebbe ancora più difficile convincerti dell’autenticità delle mie- disse il Re dei Koopa mentre si avvicinava lentamente alla principessa in rosa -Ma quello che ha detto Daisy è vero: io non ho fatto nulla perchè lei cominciasse ad avere queste idee su di me. Cosa pensi? Per il suo bene, avrei voluto che non fosse mai successo: non avevo intenzione di coinvolgerla in tutta questa storia, ma poi...
 
-È stato un susseguirsi di eventi, e il resto è storia. Ma pensaci per un secondo, Peach... se oggi sono qui, con voi, è solo perchè, per il mio bene, siete stati capaci di mettere da parte le vostre divergenze e avete collaborato. Vi siete aiutati a vicenda... e anche se non vuoi ammetterlo, io so che l’unica cosa di cui ti importava veramente era rivedermi tutta intera. Adesso sono la tua rabbia e la tua paura a parlare, ma la Peach che conosco si sarebbe precipitata da me in lacrime e mi avrebbe abbracciata fregandosene di tutto e tutti.  È vero, siamo cambiate entrambe, forse, e ci siamo allontanate.. ma il fatto che io abbia deciso quale strada seguire non è un modo per escluderti dalla mia vita, anche se tu sembri averlo interpretato in questo modo.
 
-Mi dispiace, Daisy, ma io non posso accettarlo. Quello che hai detto è vero e forse la colpa è mia: sono troppo orgogliosa per mettere da parte il passato e probabilmente questo non mi porterà da nessuna parte, ma anche io posso essere testarda almeno quanto te: preferisco rimanere della mia idea anche se forse un giorno finirò per pentirmene
 
Peach si allontanò lentamente dopo aver guardato prima l’amica, poi il suo futuro consorte. Con un cenno del capo e gli occhi bassi uscì dalla stanza e richiuse la porta.
 
Il giorno seguente Daisy si stava preparando a lasciare il Regno dei Funghi.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


-Daisy, va tutto bene? Sembri distratta!- chiese Wendy con un’espressione insolitamente preoccupata in volto: da pochi giorni era tornato tutto “alla normalità”, se così possiamo dire e, contro tutto e tutti, Daisy si era definitivamente trasferita nel castello di Bowser, dove ora viveva come fosse la propria dimora.
 
Ovviamente si era presa la premura di lasciare delle indicazioni precise alla sua servitù in merito a cosa fare e come comportarsi nel castello di Sarasaland durante il suo (lungo, ma questo aveva tralasciato di precisarlo) periodo di assenza.
 
-Perdonami, Wendy- si scusò la principessa, se davvero poteva ancora definirsi tale, guardando negli occhi la piccola Koopa -Ero distratta, hai ragione, ma ti prometto che ora cercherò di scacciare via i pensieri
-Sei preoccupata per qualcosa? A me lo puoi dire, se vuoi.. ma scommetto che si tratta di quello che è successo ultimamente: lo so che ci sono stati tanti cambiamenti, ma non devi preoccuparti, ok? Papà ti darà tutto l’appoggio necessario e anche io e i miei fratelli faremo lo stesso: ormai sei parte della famiglia!
 
A quella frase, il cuore di Daisy perse un battito.
 
“Parte della famiglia”? Si sentiva confusa, eppure avrebbe dovuto esserne semplicemente felice.
 
La ragazza sorrise quasi senza accorgersene mentre fissava, ancora una volta distrattamente, il pavimento di pietra sul quale era seduta.
-Sai Wendy... io non sono affatto pentita delle mie scelte, ma ho paura che potrebbe esserlo qualcuno di voi, compreso vostro padre, ma che arrivati a questo punto non abbia il coraggio di dirmelo nè tanto meno di lasciarmi sola... Capisci cosa voglio dire?
 
-Capisco perfettamente ma, e scusa se mi permetto, penso che siano solo un mucchio di sciocchezze: ma tu lo sai da quanto tempo papà desiderava qualcuno al suo fianco? No! Non lo puoi sapere ma io ti posso giurare una cosa, Daisy, giurare sulla mia collana di perle preferita, che papà fa sul serio con te e non lo vedevo così sereno da anni... che dico da anni, praticamente da quando siamo nati! E su questo concordiamo tutti, ma proprio tutti
 
Le parole di Wendy furono in grado di risollevare il morale della ragazza in men che non si dicesse: per qualche ragione, parlare con lei, che era l’unica figlia del suo... coinquilino, la faceva sempre stare meglio.
-Grazie Wendy- si limitò a dire Daisy; si rimise in piedi ed iniziò a raggruppare i giocattoli e le bambole della piccola Koopa -Mi spiace se abbiamo perso tempo per colpa mia, ma è abbastanza tardi e dovresti essere a dormire già da un pezzo, signorina..!
 
-Uffa, e va bene.. ma domani giocheremo ancora insieme?-
-Ho promesso a Ludwig che lo avrei ascoltato mentre si esercita con i suoi strumenti, e ho anche detto a Larry che gli avrei insegnato qualche trucco di magia... ma immagino che troveremo sicuramente tempo anche per noi due
-Bene, allora ti ringrazio, e...
 
La loro conversazione fu interrotta da tre violenti colpi sulla porta della stanza dei giochi: le due si girarono nella stessa direzione e, un attimo dopo, Bowser spalancò la porta ed entrò nella cameretta.
 
-Wendy! Che ci fai ancora in piedi?- esclamò il Re fingendo stupore, quando in verità era perfettamente consapevole della situazione, dato che solo poche ore prima aveva accordato a Daisy il permesso di trattenersi un po’ più a lungo del solito con la figlioletta perchè potesse trascorrere con la principessa il “tempo tra sole ragazze” di cui, a detta sua, entrambe necessitavano tanto.
 
-Stavo giusto per andare a dormire, infatti, papà!- si giustificò Wendy, alzando gli occhi al cielo mentre riponeva l’ultima bambola sopra il mucchietto che aveva creato con gli altri giocattoli.
 
-È tardi, non c’è sempre bisogno che sia io a ricordartelo-
-Infatti me lo ha ricordato mamma, prima ancora di te, e le stavo obbedendo!
 
A quella frase Daisy e Bowser si scambiarono un’occhiata fugace per poi rendersi immediatamente conto di non essere in grado di sostenere vicendevolmente i loro sguardi, imbarazzati dalla situazione che si era creata.
 
-Va bene, adesso fila!- biascicò il Re sperando di porre fine il prima possibile a quella pantomima
 
-Buonanotte!- cinguettò Wendy per poi lasciare la stanza saltellando via con aria innocente.
 
I due rimasero per qualche secondo in silenzio in attesa che l’altro si facesse avanti e rompesse il silenzio. Alla fine fu Daisy, quasi come sempre, del resto, ad alleggerire l’atmosfera con una domanda:
 
-Mi cercavi? Ti serviva qualcosa?- chiese senza guardare negli occhi il grosso Koopa.
-In realtà sì...- ammise Bowser, grattandosi la guancia con una delle grosse dita ungolate -So che è abbastanza tardi ma... se non hai ancora sonno, vorresti seguirmi?
-Aemh.. sì, certamente
 
Con un cenno del capo, Bowser si allontanò sperando che la principessa cogliesse il messaggio e lo seguisse. Arrivarono fino al piano più alto del castello dove si trovava una piccola stanza buia molto simile ad una mansarda spoglia e abbandonata.
Daisy rimase piacevolmente stupita dalla scoperta: non avrebbe mai sospettato dell’esistenza di quel piccolo locale nel sottotetto, ma ciò che vide immediatamente dopo fu ancora più sorprendente e piacevole.
 
Bowser assestò un colpo piuttosto forte a quella che, aprendosi, si rivelò essere una botola grande abbastanza per permettere al sovrano di passarci attraverso. Lui, infatti, fu il primo ad arrampicarsi ed attraversarla, per poi porgere la mano alla principessa e offrirsi di aiutarla ad issarsi come aveva fatto lui facilitato dalla sua stazza.
 
Una volta salita, Daisy non potè credere ai suoi occhi: la botola era sostanzialmente l’accesso ad un’ampia terrazza sul tetto del castello.
 
-Wow...- sussurrò Daisy a bassa voce mentre si guardava attorno meravigliata; si portò le mani sul petto e puntò il naso verso il cielo osservando le stelle brillare come diamanti incastonati in quel mare blu scuro.
 
-Scommetto che non te lo aspettavi- le fece eco Bowser da dietro, avvicinandosi lentamente.
-Per niente...- proseguì lei senza distogliere lo sguardo dalla volta celeste sopra le loro teste –È meraviglioso!
 
Bowser mosse gli ultimi passi incerti verso la ragazza poi, con una delicatezza che non gli era mai appartenuta, appoggiò una morbida coperta di lana sulle spalle di Daisy:
-Anche se è estate, qui su fa piuttosto freddo a quest’ora...- si giustificò subito il sovrano per ovviare ad eventuali domande imbarazzanti in merito al suo gesto così sdolcinato e inusuale.
La ragazza si limitò a ringraziarlo per poi tornare a concentrarsi su quello spettacolo mozzafiato.
 
-In realtà.. non siamo qui per guardare solo il cielo... nel senso...
-Lo so- ribattè Daisy con un tono gentile senza però guardare il suo interlocutore -Se c’è qualcosa di cui vorresti parlarmi, sarebbe il caso di farlo.. Ma prima voglio ringraziarti per aver colto l’occasione di farmi vedere questo posto
-Non c’è di che... in ogni caso, io- Bowser si schiarì la voce per l’ennesima volta: ormai non capiva più se a frenarlo fosse l’imbarazzo oppure il fatto che non riuscisse a distogliere lo sguardo dal viso di Daisy, così bella sotto al chiarore della luna e delle stelle -Io vorrei fare un riepilogo di quanto accaduto ultimamente...
 
-Ti ascolto.. anche io volevo parlarti di un paio di cose, perciò...
-Bene, allora inizierò dicendo che mi dispiace. Mi sento in colpa perchè credo che sia a causa mia se ora ti trovi in questa situazione, e so che non sei felice: te lo si legge in faccia, Daisy
-In realtà non è così: io sono felice, molto, ma al tempo stesso sono preoccupata
-Lo capisco... del resto immaginavo che questo momento sarebbe arrivato, quindi se hai avuto dei ripensamenti...
-Ripensamenti? Oh, no..! Davvero, non è questo il caso, piuttosto sono io quella che si era preparata ad affrontare un tuo eventuale ripensamento a riguardo. Se non volessi più continuare... sì, insomma, lo capirei
 
A questo punto la ragazza prese abbastanza coraggio da abbassare la testa e cercare lo sguardo di Bowser con l’intenzione di incrociarlo e mantenere un contatto visivo per tutto il tempo che fosse stato necessario.
-Io non voglio ripensarci- disse lui, stupito, come se quell’idea non avesse mai nemmeno attraversato la sua mente per un secondo -Come potrei ripensarci, dopo tutto quello che è successo? Sarei uno sciocco... Dopo tutto il tempo che ho trascorso ad aspettare qualcuno come te. Qualcuno che mi capisse davvero e mi stesse a fianco, senza chiedere nulla in cambio. A dire la verità, io non ho idea di cosa tu ci trovi di tanto bello in me, ma se davvero hai intravisto del buono in questo vecchio brontolone, allora posso ritenermi fortunato.
 
-Io ho visto tante cose buone nella mia vita, e le ho apprezzate dalla prima all’ultima, ma una cosa che non ho mai trovato in nessun altro è questa tua capacità di provare dei sentimenti e delle emozioni tanto pure e sincere. Lo so che tu non te ne rendi conto, probabilmente, ma quando ti guardo, dentro di me sento che sei capace di un amore e di una comprensione pari a quella di nessun altro essere vivente su questa terra e questo, insieme al fatto di poter stare al tuo fianco, mi rende felice e mi fa sentire fortunata.
 
Bowser esitò per diversi minuti, durante i quali si sforzò, senza riuscirci, di trovare le parole più adatte per ribattere a quel pensiero tanto dolce e per lui tanto significativo che la ragazza aveva finalmente trovato il coraggio di esprimere.
 
-Grazie per essere qui
-Sono io a ringraziarti
-Vuoi tornare dentro..?
-Per me fa lo stesso
 
Il Re guardò Daisy negli occhi un’ultima volta prima di prenderla in braccio con delicatezza e appoggiare il muso contro la sua guancia; chiuse gli occhi e sospirò rumorosamente nel tentativo di sciogliere il nodo che gli si era formato in gola, complici la tensione e il batticuore che non accennava a diminuire.
 
La ragazza allungò con esitazione le braccia, tremanti per l’emozione, e cinse il collo di Bowser nascondendovi il viso nel tentativo, forse, di allontanare l’imbarazzo. Nonostante avesse chiuso gli occhi, poteva quasi sentire lo sguardo del sovrano posarsi su di lei ed indagare anche i luoghi più reconditi del suo corpo e della sua anima.
 
-Senti...- azzardò lei, forse in preda alle emozioni, forse completamente persa nell’euforia del momento -Volevo chiederti se... ti dispiacerebbe.. ecco...
Si era resa conto troppo tardi della richiesta che stava per avanzare e ora non sapeva in che modo reindirizzare la domanda su un altro argomento che sembrasse di uguale importanza.
 
-Penso di averti dato una camera troppo grande e troppo vuota, quando sei venuta qui tre giorni fa. Non vorrei mai che ti sentissi sola, la notte...
-Soprattutto considerando che potrebbe scoppiare un forte temporale e io potrei avere paura- ma il cielo era limpido come uno specchio: Daisy era semplicemente felice e genuinamente stupefatta che Bowser, in qualche modo, le avesse praticamente letto nel pensiero. Era stato meno difficile del previsto, dopotutto...
-Non mi perdonerei mai di aver lasciato la mia Regina sola e spaventata in una stanza buia mentre fuori il cielo ruggisce più di me...
-Davvero!- scherzò lei cogliendo la palla al balzo -Che razza di consorte saresti?
 
-Dormirai davvero con me, questa notte..?- chiese Bowser tornando serio, come improvvisamente colto dal dubbio e dalla paura.
-Sì.. se sei sicuro che è questo che vuoi, allora sì. Lo farei con piacere... Dopotutto, per come stanno le cose, non ci vedo niente di male e mi sembra una cosa piuttosto naturale, non trovi..?
-Sì però... magari avresti potuto interpretare male la mia proposta...
 
Non ci volle molto prima che l’esitazione e la paura di entrambi si trasformassero in imbarazzo: in effetti nessuno dei due era certo di aver capito con esattezza che cosa l’altro si aspettasse da quella notte trascorsa per la prima volta insieme, ma erano comunque abbastanza sicuri che non ci fosse proprio nulla di cui preocuparsi.
 
Inconsapevolmente, entrambi si ripromisero che l’unica cosa di cui avrebbero dovuto realmente preoccuparsi sarebbe stato il rispetto nei confronti dell’altro e delle sue decisioni.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Daisy aprì gli occhi lentamente e venne subito abbagliata dai primi spiragli di luce che filtravano dalla piccola finestra guelfa. Si portò un braccio davanti al viso e ridusse nuovamente gli occhi a due fessure, li strofinò e con un sospiro stanco si voltò.
 
Il viso di Bowser, solcato da un’espressione rilassata, entrò gradualmente nel campo visivo della ragazza che voleva rielaborare il tutto lentamente: ancora non era sicura di poter credere a ciò che i suoi occhi le mostravano e resistette a stento alla tentazione di darsi un pizzicotto.
 
Si voltò completamente verso Bowser, muovendosi a fatica sotto il peso del grosso braccio che le cingeva i fianchi e appoggiò piano la punta del naso su quella del grosso Koopa che, disturbato e ancora in una fase di dormiveglia, starnutì involontariamente per allontanare quel fastidioso solletico alle narici.
 
La ragazza rise sommessamente, divertita, e tornò ad indispettire il compagno, questa volta lasciando dei piccoli baci nello stesso punto ma ottenendo, ovviamente, la stessa reazione.
 
-Bowser..?- sussurrò piano all’orecchio del suo Re, mentre si avvicinava ulteriormente a lui alla ricerca di calore.
 
Il sovrano aprì gli occhi e l’espressione indispettita sul suo volto lasciò prestissimo spazio ad una più tranquilla:
-Daisy...- si limitò a dire lui mettendosi a pancia in su ma senza smettere di tenere la ragazza stretta contro il suo petto che si alzava e si abbassava al ritmo dei suoi respiri profondi e rilassati.
Lei si sistemò meglio, premendo la guancia contro l’incavo della sua spalla e appoggiando una mano al centro del petto per ascoltare, sia con le orecchie che con il tatto, i battiti del suo cuore.
-Che ore sono?- domandò lui con un grosso sbadiglio, mostrando involontariamente le temibili fauci.
-Non lo so... hai ancora sonno?- gli domandò la ragazza sbadigliando a sua volta per poi mostrare un sorriso comprensivo: in effetti anche lei avrebbe volentieri riposato per un altro paio d’ore, a patto che potesse farlo stretta stretta a lui sotto le coperte.
-E non sembro l’unico- insinuò lui, dispettoso -Ma forse è il caso di andare: scommetto che Kamek avrà dovuto tenere a bada le pesti per tutto il tempo per evitare che venissero a disturbarci...
-Forse... ma, ehi, non dire così! Non sono pesti, e non mi disturbano affatto!
-Se lo dici tu...
 
Solo a quel punto Bowser si decise finalmente ad alzarsi alleggerendo di un paio di tonnellate il materasso che, quasi in segno di gratitudine e sollievo, emise degli scricchiolii compiaciuti.
 
Con un ultimo sbadiglio il Re si avvicinò alla finestra, guardò fuori per qualche secondo ed indossò nuovamente il proprio guscio: non era abituato a toglierselo durante la notte e anzi, solitamente proprio per questo la posizione più confortevole in cui dormiva era a pancia in giù, ma per quella volta aveva deciso di buon grado di fare un’eccezione, anche e soprattutto per non rubare inutilmente spazio alla compagna di sonno e non rischiare di ferirla in alcun modo con i pericolosi aculei.
 
Si voltò verso di lei un’ultima volta prima di uscire dalla stanza e lasciarla da sola con il commento provocatorio su cui rifletteva da tutta la notte, in attesa del momento migliore in cui sganciare la bomba:
 
-Forse è il caso che ti metta addosso qualcosa anche tu, prima di scendere per la colazione
 
E come nulla fosse, richiuse la porta alle sue spalle, sghignazzando, e concesse alla ragazza la giuste dose di privacy -e di tregua, visto che sicuramente in quell’istante si sentiva presumibilmente morire per l’imbarazzo.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Dopo pochi minuti, Daisy e Bowser fecero il loro ingresso nella sala da pranzo, dove 8 piccoli Koopa affamati avevano atteso con insolita pazienza il loro arrivo.
 
-Scusate il ritardo, bambini...- si giustificò subito la ragazza con un breve inchino, e corse subito ad occupare il posto che le era stato riservato alla destra del Re.
Anche Bowser andò a sedersi, ma senza una parola. Aveva un’espressione piuttosto stanca che diede a Daisy da riflettere: fino a pochi minuti prima, quando era uscito dalla stanza che avevano condiviso, sembrava fosse tutto a posto e aveva anche avuto il coraggio di esibire quell’atteggiamento volutamente beffardo con il quale metterla in imbarazzo. Ora che cos’era, invece, a preoccuparlo?
 
-Papà, sei arrabbiato?- chiese Lemmy sinceramente preoccupato
-Già, sei così silenzioso e hai una faccia talmente scura...- proseguì Ludwig assecondando il ragionamento del fratello
-Ma è la sua solita faccia, non vedete?- fece eco Wendy a tutte quelle supposizioni per lei insensate
-Hai dormito male?- domandò Morton alla fine, con aria innocente.
 
Nonostante la domanda fosse tanto semplice, bastò a far andare di traverso al Re la prima goccia di succo che stava tranquillamente tentando di bere dal suo grosso bicchiere. La tosse rumorosa e i violenti colpi che si batteva sul petto per evitare di strozzarsi furono accompagnati da un’espressione a dir poco allarmata, come se gli fosse stato domandato chissà che.
 
-Secondo me non ha proprio dormito- sussurrò Roy all’orecchio di Junior, mentre gli dava delle leggere gomitate per renderlo complice dei suoi stessi pensieri, che però l’altro non aveva assolutamente afferrato...
 
Daisy, preoccupata ed imbarazzata allo stesso tempo, iniziò a battere delle pacche gentili sulla schiena del Re nel tentativo sia di aiutarlo, sia di dissimulare il più possibile e scacciare i ricordi della notte precedente.
Non che fossero spiacevoli, per carità, ma ripensarci a mente fresca la faceva trasalire come nient’altro al mondo: una vampata incandescente le percorse il corpo fino alle guance, ora inesorabilmente rosse e abbastanza calde da poterci friggere un uovo.
 
-Va tutto bene..?- domandò lei con un filo di voce, cercando di concentrarsi unicamente su Bowser al quale rivolse un’espressione gentile
-S-Sì, sì...- balbettò lui schiarendosi un’ultima volta la voce e cercando di ritrovare un certo contegno, insieme all’espressione accigliata di sempre.
 
-A proposito,- cominciò Daisy -chi ha voglia di un’altra lotta col cibo..?
Le labbra della giovane si piegarono a formare un sorrisetto compiaciuto e Bowser non potè fare altro che sbattere il grosso testone sul tavolo davanti a sè sperando con tutto il cuore che la cosa finisse il prima possibile: non era proprio in vena di giocare, ma sapeva che era l’unico modo per far tornare un clima di naturalità -se così la si può definire- e ringraziò mentalmente Daisy per la trovata.
 
Ovviamente ciò che seguì la proposta della principessa furono delle urla trionfanti e, per non essere da meno, fu proprio lei ad iniziare la battaglia.
 
Passarono un paio di ore e fortunatamente le acque sembrarono essersi calmate: mentre aspettava che il pranzo fosse portato in tavola e che i bimbi avessero finito di farsi il bagno, Daisy passeggiava da sola per il castello. Bowser si era infilato nella propria stanza e, per qualche ragione, non aveva voluto saperne di uscire, o almeno questo era ciò che le era stato riferito da Kamek...
 
La ragazza sospirò per l’ennesima volta e rivolse lo sguardo alla lunga scalinata davanti all’ingresso, la stessa che portava ai piani di sopra e alle camere da letto.
 
Per un momento le tornò in mente la Festa delle Stelle: le sembrò di vedere Bowser in cima a quella scalinata, nel suo elegantissimo tuxedo niveo, che allungava una mano verso di lei in un chiaro invito a seguirlo. All’improvviso, flashback di quella stessa serata le tornarono alla mente: Mario, la schiera di Toad insieme a lui, le urla strazianti e piene di rabbia di Bowser alla vista dei piccoli corpi inermi riversi sul pavimento del grande atrio.
 
Non aveva mai chiesto spiegazioni riguardo a quanto accaduto quella sera e non aveva assolutamente intenzione di averne: l’unica cosa importante per lei era che, in un modo o nell’altro, nessuno ci avesse lasciato la pelle e tutto fosse tornato -quasi- alla normalità.
 
Scosse la testa un paio di volte nel tentativo di pensare solo alle cose belle di quei giorni trascorsi in compagnia di Bowser e dei suoi figli e, nel farlo, portò distrattamente le mani alle piccole corna sulla sua testa, le stesse che aveva ancora da quella fatidica sera.
 
Chissà se sarebbero state per sempre un ricordo infausto e costante della paura provata in quegli attimi in cui le cose sembravano essersi susseguite ad una velocità innaturale, oppure se col tempo avrebbe imparato ad accettarle come la dimostrazione della dedizione e dell’amore nei confronti del suo Re?
 
Mosse un passo incerto in direzione delle scale, ma il rumore di alcuni colpi sul portone dell’ingresso la fecero voltare indietro: i Tartossi a guardia dello stesso si scambiarono un’occhiata perplessa, la stessa che rivolsero alla ragazza poco prima che lei stessa si avvicinasse per aprire.
 
Ammise a sè stessa che era un po’ preoccupata da chi avrebbe potuto trovare dietro quel portone di legno spesso e cigolante: e se si fosse trattato di un nemico? E se Bowser si fosse infuriato con lei e con i Tartossi per avere aperto a qualcuno senza il suo permesso? Sospirò un’altra volta e, dopo aver lanciato un’ultima occhiata alle sue spalle per essere certa che non sopraggiungesse nessuno, tirò con forza le maniglie e si accontentò di uno spiraglio per sbirciare fuori: un paio di occhi blu come il cielo incontrarono i suoi dello stesso colore e un sorriso imbarazzato si disegnò sotto ai baffi castani:
 
-Luigi?- chiese stupita Daisy, più a sè stessa che all’ospite inaspettato, e finalmente aprì del tutto il portone con l’aiuto delle guardie -Cosa ci fai qui?- proseguì, incerta se invitarlo ad entrare o meno.
 
-In realtà...- iniziò lui, rigirandosi fra le mani il cappello verde -mi sono permesso di venire a vedere come stavate... intendo, sia voi che Bowser, Principessa- si affrettò subito a precisare, preoccupato che l’eccessiva cortesia potesse insinuare dei dubbi su chi fosse il destinatario della sua affermazione.
 
-Ti ringrazio, ma...- Daisy esitò per qualche secondo: avrebbe di nuovo voluto guardarsi alle spalle, nella speranza di vedere comparire Bowser e decidere con lui se fosse il caso di lasciare l’ospite sul pianerottolo o invitarlo ad entrare -...ma va tutto bene, non devi preoccuparti. Ti ringrazio per essere passato.
 
-Figuratevi... volevo assicurarmi anche che mio fratello o la principessa Peach non vi avessero causato altri problemi, per questo sono venuto di persona
-È stato un pensiero gentile, davvero- Daisy tornò ad esibire un sorriso sincero.
-Bene allora io tolgo il distur-
-Aspetta! Emh.. perchè non ti fermi per un po’? Vado a chiamare Bowser se ti fa piacere, così-
 
-Che sta succedendo qui?-
Una voce, minacciosa e gutturale come quasi mai le era capitato di sentire, riscosse Daisy dalla testa ai piedi costringendola a voltarsi per vedere il sovrano muovere dei passi lenti ed inesorabili verso di loro. Chissà che cosa avrebbe pensato: ma perchè era stata tanto sciocca da farlo sembrare un incontro segreto? Se si fosse comportata con naturalezza fin da subito, non avrebbe neppure corso il rischio di insinuare qualche sospetto nella mente del Re.
 
-Perdonatemi, ero solo passato per assicurarmi che fosse tutto a posto, dopo quella volta, ma forse ho scelto un brutto momento: in questo caso mi dispiace molto- si giustificò in fretta il giovane le cui gambe, seppur non volesse darlo troppo a vedere, iniziavano a tremolare come budini alla vaniglia.
 
-No, no...- commentò Bowser con aria di sufficienza spostando lo sguardo altrove -Se alla mia Regina fa piacere,- si premurò di enfatizzare con la voce -puoi anche restare a fare quattro chiacchiere...
 
-Ah, aemh... è molto gentile da parte vostra, ma non vorrei essere di troppo...
-Non dire così, Luigi! Hai sentito che cosa ha detto il mio sovrano, no?- disse Daisy, felice che la situazione non fosse degenerata, mentre afferrava le mani guantate dell’amico per incentivarlo a seguire il suo suggerimento -Perchè non resti un pochino con noi?
 
-Va bene, se insistete...- il giovane deglutì rumorosamente un’ultima volta, poi entrò esitando un pochino mentre stringeva tra le dita la stoffa verde del cappello, quasi potesse proteggerlo da qualsiasi disgrazia.
 
Nonostante le previsioni a dir poco funeste che si erano fatte spazio nella mente di Luigi, dovette ammettere che aveva trascorso delle ore piuttosto piacevoli in compagnia non solo dell’amica di sempre e del suo compagno, ma anche dei figlioletti di lui, con i quali non aveva mai avuto davvero occasione di confrontarsi e tanto meno di presentarsi come si deve.
 
-Sarà meglio che tolga il disturbo per davvero, ora- disse Luigi alzandosi dalla sedia su cui gli era stato gentilmente concesso di accomodarsi -Si sta facendo tardi e mi aspettano per pranzo: non vorrei si preoccupassero, e poi immagino abbiate da fare anche voi...
 
-Capisco, capisco... va bene, allora lascia che ti accompagni all’uscita- disse Bowser alzandosi in piedi e appoggiando una delle grosse mani sulla spalla di Luigi, per poi guidarlo fino all’uscita.
 
Daisy li guardò allontanarsi appoggiata all’uscio della porta della sala da pranzo: salutò Luigi con la mano prima che questi sparisse dietro il pesante portone di legno.
 
Pochi minuti più tardi Bowser tornò da lei e le strofinò il muso sulla guancia, quasi fosse il gesto più naturale del mondo, ed in modo così spontaneo da stupire piacevolmente entrambi.
 
-Ti è tornato il buon umore, vedo- asserì la principessa con un sorriso mentre si massaggiava la guancia con le dita sottili e affusolate
-Ci vuole poco a farmelo tornare, quando si tratta di te...
-Mi spiace per poco fa...
 
-A cosa ti riferisci?- il Re prese senza fatica una sedia e la trascinò di fronte alla ragazza, sedendosi davanti a lei
-Beh... a prima, durante la colazione, e anche per quanto riguarda Luigi: non sapevo sarebbe passato, mi ha colto alla sprovvista e più volevo evitare di farti preoccupare o fraintendere, peggio sono andate le cose..
 
-E perchè avrei dovuto fraintendere?- chiese lui, genuinamente sorpreso -Fino a prova contraria, insomma... la notte scorsa... voglio dire, l’hai trascorsa con me, non con lui: credi che questo non sia una prova sufficiente dei tuoi sentimenti nei miei confronti? Mi chiedo solo se sia giusto, da parte mia, averti trascinato in tutto questo...
-La notte scorsa è stato bellissimo, non devi preoccuparti: e sì, è assolutamente giusto per entrambi, te lo garantisco. Non tornerei mai indietro, e se anche fossi costretta a farlo, rifarei tutto da capo per filo e per segno, te lo giuro
 
Bowser poggiò con delicatezza una delle sue grosse mani sulla testa della ragazza, al centro delle piccole corna candide, e la guardò negli occhi:
-Ti amo.. e questo non cambierà mai. Te lo prometto, Daisy.
La ragazza gli rivolse un sorriso gentile, dolce, ed uno sgardo ricolmo di emozione: finalmente stavano trasparendo sempre più chiaramente i sentimenti di entrambi, e non avrebbe potuto esserne più felice:
-Anche io ti amo tanto, e voglio prometterti che ti renderò felice. Per sempre. Beh, insomma, finchè la vita mi concederà del tempo, io lo trascorrerò al tuo fianco. È una promessa.
 
-Forse sarebbe il caso di suggellare questo patto, cosa dici?
-Magari con un bacio..?
-Magari con un bacio...

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Erano trascorsi alcuni giorni da quando Daisy e Bowser avevano definitivamente fatto chiarezza sulla loro situazione: ormai erano ufficilamente una coppia ed avevano accantonato qualsiasi tipo di inutile preoccupazione: era ormai evidente agli occhi di tutti che nessuno dei due aveva e avrebbe mai avuto ripensamenti sulle scelte fatte fino a quel momento, e questa certezza bastava a farli camminare a un metro, o forse cento, da terra.
 
Anche quella mattina Daisy si era svegliata tardi: non era mai stata una gran dormigliona, ma la consapevolezza di dormire accanto al suo amato la spingeva a passare più tempo possibile con lui sotto le coperte per far durare il più possibile quei gradevolissimi momenti di intimità riservati solo a loro due.
 
Per sua grande sorpresa, però, quella mattina non venne accolta da un enorme paio di braccia pronte a stringerla, nè tanto meno da un affettuoso fregamento del muso di lui contro la sua guancia, che era ormai diventato un gesto abituale.
 
Daisy tastò per qualche secondo le lenzuola fredde accanto a sè e spalancò gli occhi: Bowser non era con lei.
 
Preoccupata, si infilò le ciabatte e corse fuori dalla stanza, giù per le scale, catapultandosi nella sala da pranzo dove, alla vista dei figlioletti già in tavola ed apparentemente ignari di tutto, cercò di ritrovare un minimo di contegno:
-Buongiorno- li salutò lei nel modo più naturale possibile, cercando di essere convincente -Vostro padre..?
 
I piccoli Koopa si guardarono l’un l’altro, poi Junior sussurrò un “forse è uscito” con fare incerto: dove poteva essersi cacciato, a quell’ora, e per giunta senza nemmeno avvisare nè lei, nè i suoi figli?
 
-Daisy, umh volevo dire, mamma!- disse Wendy, richiamando l’attenzione della ragazza -Non ti preoccupare troppo, magari è solo andato a prendere una boccata d’aria...
-Sì, infatti..!- proseguì Larry nel tentativo di dare credibilità all’affermazione della sorella -Di sicuro è così, non avrà voluto svegliarti...
 
Tutti annuirono convinti con dei sorrisetti angelici stampati in faccia: era chiaro che sapessero qualcosa, ma Daisy aveva deciso di non indagare oltre. Magari non si trattava di nulla di importante...
 
Passarono alcune ore prima che finalmente Bowser tornasse al castello: l’orologio segnava ormai le due del pomeriggio.
 
Quando entrò, la prima immagine che lo accolse fu quella di una Daisy come non l’aveva mai vista: seduta sugli ultimi gradini della scala all’ingresso, con gli occhi gonfi a causa delle lacrime che aveva tentato con tutta sè stessa di trattenere fino a quel momento, si guardava i piedi in silenzio. Non appena udì il cigolìo della porta, però, alzò lo sguardo e incontrò quello del Re.
 
Balzò in piedi, un misto di preoccupazione e rabbia in volto, e corse verso di lui guardandolo male mentre dei grossi lacrimoni iniziarono a solcarle il viso:
-Dove sei stato? Perchè sei andato via senza dire niente?! Ero così preoccupata per te! Credevo fosse successo qualcosa, o che-
 
Il resto della frase morì sulle labbra del sovrano che, a contatto con quelle della ragazza, la zittirono costringendola ad emettere solo un mugugno sorpreso.
 
-C’è una cosa di cui vorrei parlare con te- disse poi, dopo aver posto fine a quel contatto così piacevole.
 
Il cuore di Daisy perse un battito e, di riflesso, si allontanò un pochino da lui: -Di cosa si tratta..?- chiese poi, dopo aver cercato dentro di sè il coraggio per fare quella domanda
-Aspettami nella sala del trono, per favore. Ti raggiungerò subito.
 
Il suo tono era serio, troppo. I suoi occhi vitrei non tradivano alcuna emozione: Daisy non l’aveva mai visto così ed era spaventata dall’idea di scoprire cosa l’avesse turbato tanto.
 
Nonostante la paura, però, seguì le sue indicazioni e si congedò senza una parola salendo in silenzio e con lentezza inesorabile quella rampa di scale che mai prima d’ora le era sembrata così lunga e faticosa.
 
Non ci volle molto prima che Bowser la raggiungesse dove promesso: entrò, socchiuse la porta alle sue spalle e si avvicinò alla ragazza, fermandosi a pochi passi da lei.
 
-Ascolta, Daisy... innanzitutto, ti chiedo scusa: mi dispiace se non era così che ti eri immaginata questo momento. È colpa mia: non sono tagliato per cose del genere...- si grattò la nuca, imbarazzato, e abbassò un pochino lo sguardo, poi proseguì -In realtà, non credevo che sarebbe mai nemmeno arrivato questo giorno, per me... Voglio dire, guardami!- a questo commento seguì una risata imbarazzata da parte del sovrano stesso, che tornò finalmente a guardare Daisy negli occhi, quegli occhi che erano stati in grado di stregarlo fin da subito.
 
-Ma a parte questo... Ti sono grato per essere qui: non ho intenzione di metterti pressioni o addossarti un peso maggiore di quello che puoi sostenere, ma... ecco... ho pensato, se non ora, quando?
 
A questo punto, forse, Daisy iniziava a vederci più chiaro e le sue labbra si incresparono in un sorriso più tranquillo, più dolce, che fece sparire in un attimo tutta la preoccupazione di solo qualche minuto prima.
 
-Ora...- proseguì Bowser, schiarendosi la voce mentre tendeva alla ragazza la mano chiusa -Ti andrebbe di rendere felice questo vecchio, spaventoso Re egoista e permettergli di tenersi il tuo cuore tutto per sè, per sempre, fino alla fine dei suoi giorni..?
 
Daisy sgranò gli occhi e si portò le dita tremanti sulle labbra alla vista di quel piccolo, grazioso anello dorato appoggiato sul palmo di Bowser.
 
-A te che hai saputo far sbocciare i fiori nell’inverno gelido del mio cuore, chiedo... vorresti diventare la mia Regina?-
 
-Certo che lo voglio! Certo che lo voglio, certo che sì!- la ragazza, in preda all’entusiasmo, si gettò su di lui prima ancora che potesse farle idossare l’anello o quanto meno darglielo: lo strinse a sè, allacciando le braccia ancora tremanti attorno al suo collo, per poi riempirgli le guance e le labbra di baci.
 
-È il giorno più bello della-
Ma ancora una volta, la ragazza venne interrotta da uno sparo, poi un’altro e da una pioggia di petali di carta sopra le loro teste. Daisy si guardò attorno, confusa, per poi vedere i piccoli Koopa, tubi spara-coriandoli alla mano, sbucare fuori dal loro nascondiglio improvvisato.
 
-Voi lo sapevate!- esclamò Daisy, ridendo in preda all’emozione, improvvisamente incapace di arrabbiarsi con tutti i presenti come avrebbe voluto per averla tenuta all’oscuro di tutto fino a quel momento.
 
-Già, e mi dispiace, ma lo sapevo anche io, Principessa... o dovrei dire, Regina Daisy- rispose infine Luigi, sbucando a sua volta da dietro l’enorme trono di Bowser
-Luigi! Ma tu- Ma come?!-
-Beh,- iniziò lui, sfregandosi un dito sotto al naso -l’altra volta, quando sono passato a trovarvi, Bowser me ne ha parlato quando mi ha riaccompagnato all’uscita: è stato lui a chiedermi di aiutarlo con i preparativi per farvi questa sorpresa
 
-Ma..! Ma..!
 
-CONGRATULAZIONI, MAMMA!- le urla entusiaste dei piccoli Koopa furono seguite da altri scoppi ed altri coriandoli.
 
-Sono molto felice per voi due- commentò Luigi rivolgendo un sorriso sincero ad entrambi -Farò il possibile per provvedere anche all’altra cosa...- disse poi, scambiando con Bowser uno sguardo d’intesa.
-Ti ringrazio, spero non sia un problema
-Non c’è bisogno di preoccuparsi

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


-Cosa ne dici? È ancora troppo stretto?- domandò Wendy allentando un po’ il fermaglio bianco a forma di fiore sulla nuca di Daisy.
-Così è perfetto, grazie- rispose la ragazza guardando sorridente il proprio riflesso nello specchio. Si voltò da una parte, poi dall’altra, nel tentativo di intravedere anche i fiori di stoffa arancione e gialla che la piccola Koopa le aveva sistemato con cura e pazienza fra i capelli.
 
-Sei veramente bellissima: scommetto che a papà piacerai un sacco. Sarà una giornata da ricordare per sempre!- Wendy saltellò attorno alla futura Regina stando bene attenta a non inciampare nello strascico del vestito bianco dalle sfumature arancioni -Sei tesa? Spaventata? Non sarà difficile, basta che tu dica “sì, lo voglio” al momento giusto!- tornò a scherzare fermandosi per guardare in viso Daisy che, dal canto suo, non aveva distolto un attimo lo sguardo dalla propria immagine riflessa.
 
Si accarezzò con le dita le corna ricoperte di nastri e fiori e il suo sorriso si allargò ancora di più. Si sistemò meglio il velo e l’abito cercando di stirarne ogni più piccola piega: voleva essere impeccabile.
 
-Grazie per l’aiuto Wendy..! Senza di te non avrei saputo come fare- Daisy le rivolse un sorriso riconoscente mentre le prime lacrime emozionate iniziavano a sbucare timidamente sottoforma di una patina lucidissima sopra le iridi
-Non ringraziarmi: in questo mondo serve un po’ di complicità femminile, non trovi? Ho sempre voluto avere una mamma, ma non credevo sarei stata così fortunata da trovarne una che mi facesse anche da amica, da sorella maggiore e da compagna di giochi: non è bellissimo? Mi sembra il minimo aiutarti in questo giorno così importante
 
Daisy si guardò allo specchio un’ultima volta: non le era mai capitato di sentirsi così bella e immaginare ciò che sarebbe successo di lì a poco le metteva addosso una strana euforia. Portò una mano sul petto nel vano tentativo di calmare i battiti del suo cuore impazzito: non aveva davvero idea di come avrebbe potuto affrontare la cerimonia, se già solo il pensiero la emozionava a tal punto.
 
Qualcuno bussò due volte e Wendy si avvicinò alla porta per sbirciare fuori: sapeva bene che suo padre era in agguato e non voleva assolutamente permettergli di vedere la sposa nemmeno per un secondo prima dell’inizio ufficiale delle celebrazioni.
 
-Nasconditi, mamma: non si sa mai...- suggerì la piccola Koopa mentre Daisy si rintanava dietro le ante del grande armadio, ma subito dopo lanciò un’occhiata incuriosita in direzione della porta.
-Ah, ma è zio Weegee- esclamò Wendy prendendosi gioco dell’accento del giovane e dal modo in cui tutti erano ormai diventati avvezzi a pronunciare il suo nome.
 
-Ciao Wendy- disse lui, esibendo un sorriso imbarazzato, mentre ispezionava la stanza alla ricerca della -ancora per poco- Principessa.
-Luigi!- esclamò Daisy avvicinandosi -Finalmente! Sei in ritardo!-
-Lo so, mi dispiace- si scusò lui, grattandosi la nuca imbarazzato, dimentico di non potersi trastullare con la stoffa del cappello come suo solito -Ci è voluto un po’ più del previsto: volevamo convincere la Principessa Peach a venire, ma...
-Scommetto che non ha voluto...
-No... ma non siate triste, sono sicuro che anche se non è venuta vi starà pensando e vi sarà mentalmente vicina: la principessa è un po’ troppo orgogliosa, a volte, ma sono certo che dal canto suo non può fare a meno di essere felice per voi in questo giorno così importante.
-Spero sia così: del resto, abbiamo fatto ciò che era in nostro potere: che lei non abbia voluto accettare il nostro invito, è un altro paio di maniche...
-Non rattristarti per questa notizia, mamma! Scommetto che zio Weegee ha ragione! Adesso concentrati solo sulla cerimonia
-È vero, adesso la cosa importante siete voi e Bowser
 
Nel giro di pochi secondi la conversazione venne interrotta da un’altra voce familiare:
-Principessa, si può?- domandò Mario affacciandosi alla porta.
Nonostante l’occasione, non era riuscito a fare a meno dell’iconico cappello rosso, in netto contrasto con l’eleganza dello smoking nero, identico a quello indossato dal fratello.
 
-Mario! Ma..?
-Ci è voluto meno del previsto a convincerlo a venire- spiegò Luigi con una punta di orgoglio nella voce, cosa assai rara da parte sua
-È vero... sono sinceramente dispiaciuto per quanto accaduto solo poco tempo fa, e mi spiace anche per l’atteggiamento di Peach, ma volevo rimediare in qualche modo perciò, per quanto può valere, faccio il tifo per voi due oggi: è un giorno di gioia, dopotutto
 
-Significa molto per me- ammise Daisy sorridendo sincera ai due fratelli -E sono sicura che vale lo stesso anche per Bowser
-L’ho incontrato poco fa, a proposito. Era ancora nel mezzo dei preparativi...
-Scommetto che quegli scansafatiche dei miei fratelli gli stanno dando più problemi che altro!- esclamò Wendy, al cui commento seguirono le risate divertite di tutti i presenti.
 
-Allora ci vediamo più tardi, Principessa!- la salutò Mario poco dopo, congedandosi con un cenno della testa.
Luigi osservò la scena in silenzio, poi guardò Wendy in attesa di ulteriori istruzioni.
-Tu rimani pure qui, zio. Tanto Daisy è già pronta... Adesso dobbiamo solo avere pazienza e vedere quanto tempo ci vorrà ancora prima che possiamo inziare. Anzi, la affido a te: vado a chiedere a Junior di quanto tempo hanno ancora bisogno quelli là. Ahh, se non ci fossimo noi ragazze..!
 
-Siete agitata, Principessa?
-Per favore, Luigi!- esclamò la ragazza, fintamente scocciata -Almeno oggi, vuoi farmi la cortesia di darmi del tu e trattarmi semplicemente da tua amica quale sono? Dopotutto, non è un caso se ho scelto te come testimone...!
-E infatti ne sono onorato, Daisy. Devi perdonarmi: è l’abitudine... allora, dicevamo, sei tesa?
-Abbastanza... Non so cosa aspettarmi. Cioè, in realtà lo so, ma ho paura lo stesso. Chissà se è davvero come me lo sono sempre immaginata: e se alla fine non fosse nulla di che?
-Sono abbastanza sicuro che non sia così: sarà un giorno bellissimo, e te ne ricorderai per tutta la vita.
 
Mentre Daisy stava confessando le sue paure e i suoi dubbi a Luigi in attesa dell’inizio della cerimonia, Wendy percorse in fretta e furia il lungo corridoio fino alla stanza del castello in cui era stato allestito appositamente uno spazio che fungesse da camerino per il Re.
 
Si fermò davanti alla porta e bussò energicamente tre, quattro, cinque volte, finchè qualcuno finalmente non venne ad aprire, quasi allarmato dalla foga di chi stava dietro alla porta.
-Allora!?- esclamò la piccola battendo un piedino per terra, le mani appoggiate sui fianchi ed un’espressione accigliata in volto -Quanto ci vuole, ancora? Sarà il primo matrimonio della storia in cui la sposa è pronta ore prima che lo sia lo sposo!
 
-Non ti agitare, Wendy! Lo sai quanto ci mette papà quando deve prepararsi per qualcosa- disse Junior cercando di contenere l’irrequietezza della sorella -E poi...- aggiunse, abbassando la voce per non farsi sentire -Credo che papà abbia messo su qualche chilo, ultimamente, e l’abito buono si è strappato proprio... insomma, hai capito...
 
Wendy si portò le mani sulla bocca per non esplodere in una fragorosa risata -Vuoi dire- Ma io credevo che! Pff...
-Shh!- la zittì il fratello -Detto tra noi, i Tartossi sono negati nei lavori di sartoria e non sono riusciti nè a ricucire lo strappo in modo decente, nè ad assicurarsi di lasciare abbastanza spazio per la coda, questa volta... Fortuna che il nanetto si è portato dietro un paio di Toad: loro ci sono abituati e se ne stanno occupando giusto ora
-Va bene, ho capito, d’accordo! Quanto pensi ci metteranno, però? Daisy è pronta da un pezzo, e-
 
-UARGHH!- un ruggito risuonò nell’intero palazzo costringendo i piccoli Koopa, i Toad al lavoro e i Tartossi a tapparsi le orecchie -E state attenti, con quegli aghi, dannazione!- si lamentò Bowser massaggiandosi come poteva la grossa coda.
 
-Umh.. penso sarà questione di un’oretta circa-
Wendy sospirò irritata -Va bene, ho capito... Meno male che non ci sarà una prossima volta!- sputò con disprezzo intenzionata a far sentire tutti i presenti dei perfetti buoni a nulla.
 
Con molta fatica e apprensione soprattutto da parte della sposa, trascorse l’ultima ora necessaria al completamento dei preparativi. Nel giardino adiacente il castello di Bowser, che per l’occasione era stato ripulito a tempo di record, era stato allestito un altare ed erano state collocate delle sedie per gli invitati.
 
Kamek, che su insistenza del sovrano era stato scelto per celebrare il rito, era dietro l’altare da almeno un paio di ore, in equilibrio sul suo bastone volante; aveva trascorso la mattinata intera in silenzio ad osservare le sedie vuote, la gente che entrava ed usciva dal castello, e si ripeteva nella testa tutti i punti attraverso cui avrebbe proceduto l’intera celebrazione, spaventato dall’idea di dimenticarne qualcuno. 
 
Ora finalmente iniziava ad intravedersi un po’ di movimento: alcuni Toad presero posto nelle file più lontane dall’altare, nella parte destra. La parte sinistra era stata riservata ai Tartossi e al resto della servitù di Bowser. I posti in prima fila, invece, erano contrassegnati dai nomi dei piccoli Koopa, che avrebbero preso posto durante lo svolgimento della cerimonia: sì, perchè nel frattempo ad ognuno di loro era stato affidato un ruolo.
 
Ludwig, data la sua dimestichezza con gli strumenti musicali, si era offerto di suonare la marcia nuziale, o meglio una sua rivisitazione in stile “Koopa”. Lemmy e Morton avrebbero sparso qua e là petali di fiori durante la marcia di Daisy verso lo sposo. Roy si sarebbe occupato di far risuonare a fine cerimonia una speciale campana costruita da Iggy, in segno di buon auspicio. Larry, essendosi a lungo preparato all’evento, avrebbe fatto piovere polvere di stelle grazie ad un trucco di magia imparato per l’occasione. Wendy era stata ovviamente scelta come damigella d’onore e avrebbe quindi avuto sia il compito di vigilare sulla buona riuscita del tutto, sia di aprire la cerimonia sfilando per prima lungo la “navata” e preannunciando l’arrivo della sposa. Junior, infine, si sarebbe occupato di portare le fedi nuziali all’altare al momento opportuno.
 
Mentre osservava quel piacevole trambusto, Kamek cercava con lo sguardo il suo sovrano: voleva assicurarsi di congratularsi con lui come prima cosa non appena lo avrebbe visto apparire infondo al lungo tappeto rosso che era stato disteso per metri e metri davanti all’altare
-Mio Signore!- esclamò quando il Re e il nanetto elegante entrarono nel suo campo visivo; solo in quel momento si concesse di abbandonare la propria postazione e si avvicinò a Bowser: le spesse lenti degli occhiali nascondevano un paio di occhi ricolmi di lacrime commosse -Siete elegantissimo, Vostra Malevolenza..! Io, ecco, ci tenevo a congratularmi come si deve con Voi, insomma..!- Kamek strinse con entrambe le mani rugose quella di Bowser e tornò a parlare con la voce tremolante per l’emozione -Vi ho visto crescere e diventare il Koopa che siete oggi, e non uno qualunque, ma il Re di tutto il nostro popolo ed io non potrei essere più onorato di aver trascorso al vostro fianco tutti questi anni: sono felice di vedere ciò che siete diventato, e per quanto può valere essere accanto a voi in un giorno come questo mi fa sentire orgoglioso tanto quanto un padre è orgoglioso dei successi del proprio figlio
 
A quelle parole, nonostante l’imbarazzo iniziale, Bowser non potè fare a meno di sentirsi fortunato: avere al proprio fianco qualcuno come Kamek aveva sempre significato molto per lui, più di quanto fosse mai riuscito ad esprimere a parole -Grazie... insomma, per non aver gettato la spugna anni fa ed essere ancora qui. Io sono... felice di essere cresciuto con i tuoi insegnamenti
 
Se per qualcuno avrebbe potuto non sembrare molto, per Kamek quelle parole pronunciate con tanta solennità e spontaneità dal suo padrone significavano il mondo, anzi l’universo intero: significava avere la certezza di aver svolto il proprio ruolo nel migliore dei modi ed essere riuscito in qualche modo a lasciare un segno nel cuore di Bowser, che amava da sempre e per davvero come un figlio, l’unica vera benedizione che la vita gli avesse concesso.
 
-Forse è il caso che vi sbrighiate, ora: sono sicuro che la vostra sposa arriverà a momenti- suggerì poi l’anziano mago, sollevando gli occhiali per asciugarsi le lacrime con le dita -Vedrò di fare del mio meglio durante la celebrazione
 
Dopo uno sguardo d’intesa con Mario, Bowser seguì Kamek verso l’altare e si fermò a braccia conserte ad attendere l’arrivo della sposa
-A proposito, nanetto...- iniziò il Re rompendo per primo il silenzio -Non pensavo che l’avrei mai detto, ma grazie anche a te per essere qui...
Mario esibì un sorriso a trentadue denti e battè una pacca amichevole sul guscio del suo miglior nemico di sempre: -E come avrei potuto mancare?
 
Dal fondo della lunga passerella emerse una chioma castana, scombinata più del solito: era Luigi che si affrettava all’altare temendo di essere in estremo ritardo.
-Marioo..!- esclamò una volta arrivato vicino ai due, piegandosi sulle ginocchia per riprendere fiato -Credo manchi veramente poco, ormai! Anche Wendy dovrebbe essere qui a momenti...
 
Bowser ridacchiò soddisfatto spettinando ancor di più il giovane con una delle sue grosse mani: -Vacci piano, baffetto verde, o non durerai abbastanza da arrivare alla fine della cerimonia
 
Luigi si limitò a sorridergli imbarazzato.
 
Quando Ludwig iniziò a suonare l’organo, tutti i presenti già seduti si voltarono verso il fondo della finta navata e allungarono i colli come giraffe in attesa di vedere arrivare la sposa.
Ovviamente fu Wendy, in quanto damigella d’onore, ad aprire le danze: sfilò con orgoglio con il suo abito di seta rosa: era elegantissima, ancor più del solito, e il mento alto insieme alle occhiate che lanciava a tutti i presenti le conferivano un’aria ancora più importante.
Dietro di lei, i due fratelli incaricati di spargere petali e fiori lungo il percorso della sposa cercavano di stare al passo con lei, molto più veloce ed abile di loro due messi insieme nonostante i tacchi a spillo.
 
Quando il ritmo della marcia nuziale divenne più incalzante, ecco sbucare dal fondo una macchia di colori delicati: il lungo abito di tulle, pizzi e ricami gialli e arancioni disegnavano sul corpo di Daisy linee e curve dall’armonia perfetta, una combinazione di sobrietà e delicatezza.
 
Il lungo strascico in chiffon, che sfumava in un tono arancione dall’accento più acceso, si abbinava perfettamente alla colorazione dal velo, delicatamente adagiato sulle corna ancor più lucide del solito: lasciava intravedere solo alcune ciocche dei capelli raccolti con cura in una lunga e voluminosa treccia laterale, impreziosita da piccoli fiori di stoffa per tutta la lunghezza.
Daisy teneva lo sguardo basso: non aveva la certezza che le gambe l’avrebbero sostenuta se avesse incontrato fin da subito gli occhi del futuro marito, il cui pensiero da solo bastava a far fare le capriole al suo cuore impazzito.
 
Mastro Toad le teneva la mano e avanzava lento ma inesorabile con lo sguardo alto, puntato dritto verso l’altare: sapeva che se avesse intravisto anche solo per un secondo l’espressione emozionata della principessa, non sarebbe stato in grado di contenere ulteriormente la felicità che provava per lei.
 
La marcia nuziale si interruppe nel momento esatto in cui Daisy ebbe finito di salire i tre gradini che la separavano dal suo sposo: prese un lungo sospiro e solo in quell’istante decise di alzare lo sguardo: incontrò le grosse dita di Bowser che si avvicinavano al suo viso per sollevare il velo e poter finalmente guardare gli occhi blu della ragazza che tanto amava
-Sei splendida...- le sussurrò prima ancora che lei avesse messo a fuoco l’immagine che le si trovava davanti.
 
Contariamente a quanto avvenuto per la Festa delle Stelle, Bowser aveva optato per qualcosa di meno appariscente ma sicuramente di grande effetto: non indossava un cilindro candido, questa volta, e le grosse corna bianche erano in bella vista ai lati della testa. Il tuxedo bianco era stato sostituito da uno nero con dei tocchi argentati qua e là. Il colletto della camicia rosso scuro era appena visibile, ma lo era a sufficienza per far risaltare il colore degli occhi del Re, se possibile ancora più brillanti del solito.
 
Daisy rimase in silenzio per qualche secondo, incapace di ribattere o dire qualsiasi altra cosa: il suo sguardo era letteralmente rapito da lui e dalla sua piacevole presenza.
Luigi, dietro di lei, le appoggiò con dolcezza una mano sulla spalla nel tentativo di riscuoterla dai suoi pensieri: in effetti funzionò, perchè la ragazza si ritrovò ad esibire un sorriso ebete prima di allungare lentamente le mani verso quelle del consorte e tenerle per quanto possibile strette fra le sue.
 
I due sposi e i rispettivi testimoni si voltarono all’unisono verso Kamek che, richiamata la loro attenzione con una schiarita di voce, iniziò a leggere il discorso che aveva preparato con dedizione giorni prima.
 
-Cittadini del Mondo, grazie per essere qui oggi ad assistere a questa cerimonia. Oggi, come sapete, è un giorno importante, un giorno che potrebbe segnare l’inizio di un’era nuova. Un giorno in cui per una volta l’appartenenza ad un popolo o ad un altro non è stata sinonimo di allontanamento, reclusione, paura, bensì ha portato unione, forza, rispetto e amore nei cuori di due creature tanto diverse, ma tanto uguali. Oggi celebriamo insieme la vita e la speranza in un futuro in cui episodi come questo siano parte del nostro quotidiano: soltanto quando le differenze smetteranno di farci paura e le riconosceremo come motivo di crescita personale e spirituale, potremo davvero considerarci completi, abitanti del Mondo e non di un Regno soltanto.
Per questo motivo, per me e per gli sposi, la vostra presenza è tanto importante e ne siamo estremamente riconoscenti: la vostra presenza qui, e la vostra volontà a condividere con gli sposi questo momento di gioia sono il segnale che un futuro fatto di pace e prosperità tra i popoli è possibile e sempre più vicino alla nostra realtà.
In questo momento così solenne, vi invito ad alzarvi in piedi e far sentire il vostro calore a coloro che oggi decidono di unire i loro cuori in un legame indissolubile che va ben oltre la legge terrena e sfiora il divino.
 
Nessuno degli ospiti esitò un istante nell’alzarsi in piedi ed applaudire con foga Bowser e Daisy: le parole di Kamek erano la perfetta incarnazione dell’ideale in cui tutti i presenti credevano fermamente, nonchè il motivo che li aveva spinti a partecipare volontariamente alle nozze.
 
Lo scroscio di applausi si fermò solo dopo lunghi minuti, e Kamek potè riprendere da dove si era interrotto:
 
-Grazie per il vostro calore. Adesso passiamo ufficialmente alla celebrazione di questa unione. Re Bowser Koopa I, Re indiscusso del popolo dei Koopa e padrone del Regno in cui esso vi abita, volete Voi, Vostra Malvagità, Vostra Spregiudicatezza, Vostra Arroganza, prendere in sposa la qui presente Principessa Daisy per amarla, onorarla, rispettarla ogni giorno della Vostra lunga vita insieme, in ricchezza e in povertà, in salute ed in malattia, finchè morte non vi separi?
 
-Lo voglio- rispose con solennità il Re, soffiando dalle narici dense nuvole di fumo scuro.
 
-Molto bene. Mi rivolgo ora a Voi, Principessa Daisy, Principessa e Sovrana del Regno di Sarasaland, Donatrice della Vita e Dispensatrice di quanto di più buono questo Mondo ha da offrire, volete Voi accettare come sposo il qui presente Re Bowser Koopa I per amarlo, onorarlo, rispettarlo ogni giorno della Vostra vita, in ricchezza ed in povertà, in salute e in malattia, finchè mor-
-Non dirlo nemmeno per scherzo..!- commentò Bowser tappando in fretta la bocca a Kamek -Chiedile solo se è d’accordo, il “fino a quando” lo decideremo noi!
-D’accordo umh, dicevamo... Vuoi tu Princip-
-Lo voglio assolutamente- sussurrò lei abbastanza forte da sovrastare la voce dell’anziano mago che, sconsolato, passò direttamente all’ultimo foglio di appunti
-E va bene, in questo caso, è giunto il momento dello scambio degli anelli
 
In pochi secondi Junior, elegantissimo, arrivò all’altare: adagiate su un cuscino di seta e pizzi bianchi c’erano due fedi nuziali, dello stesso colore ma dalle misure diversissime: una enorme, l’altra piccolissima.
Bowser fu il primo ad afferrare, con non poche difficoltà, il piccolo anello dorato e, facendo molta attenzione, lo infilò sull’anulare della sposa insieme a quello che le aveva regalato pochi giorni prima quando aveva chiesto la sua mano.
Daisy guardò rapita i due anelli per qualche istante: era incredula, emozionata, ma felice come non le era mai capitato di essere.
 
Venne il momento di far indossare a Bowser il suo anello che, data la circonferenza, la ragazza avrebbe potuto tranquillamente usare come bracciale. Sorrise della sua stessa riflessione, decisamente fuori luogo in quel momento, e prese l’anello con entrambe le mani: facendo molta attenzione lo infilò con cura sull’anulare sinistro del Re e gli sorrise in silenzio, le guance paffute delicatamente imporporate. Anche lui si soffermò a rimirare il gioiello per qualche secondo, crogiolandosi nella sua lucentezza ma soprattutto fermandosi a riflettere sul suo significato: non gli sembrava ancora vero...
 
-Per mezzo del potere conferitomi,- proseguì Kamek dopo aver lasciato qualche minuto ai due e per non rovinare la solennità del momento -vi dichiaro Marito e Moglie. Mio Padrone, potete baciare la sposa e suggellare la vostr- va bene, non importa...- concluse Kamek voltandosi altrove, complice l’imbarazzo di vedere con i propri occhi quelle tanto attese effusioni amorose trovare finalmente compimento.
 
-Grazie per esserti presa cura di me, quel giorno. Grazie per aver continuato a sperare che nel profondo del mio cuore si nascondesse qualcosa di buono. Tu sei sempre stata e sempre sarai l’unica in grado di tirar fuori il lato migliore di me... Non credevo che avrei mai potuto dirlo, ma grazie a te oggi io vivo una vita nuova: il tuo amore e la tua dolcezza, la tua determinazione e la fiducia che nutri nei miei confronti mi hanno fatto rinascere ed è questo a farmi pensare che sia valsa la pena attendere per tutti questi anni... Per la prima volta ho davvero desiderato essere una persona migliore per qualcuno, e oggi finalmente dico addio ad una vita passata a procurare dolore agli altri solo per cercare di intravedere la fine dei miei tormenti.
 
-Non ringraziarmi, bamboccione... E non scusarti mai più: il passato è passato, e io voglio solo che te lo lasci alle spalle. Quello che conta adesso siamo io, te e la nostra famiglia- Daisy spostò lo sguardo verso gli invitati: Mario e Luigi piangevano abbracciati, sostenendosi a vicenda. Alcuni Toad saltellavano felici nonostante i grossi lacrimoni che rigavano le loro guance pallide, altri piangevano e basta confortati -se così possiamo dire- da Mastro Toad. I Tartossi, i Koopa, i Troopa, i Paratroopa e i Goomba improvvisarono insieme una danza simbolo della felicità data dalla consapevolezza che quell’unione avrebbe significato molto anche per loro. I piccoli fratelli Koopa saltellavano felici in un girotondo colorato: alcuni lanciavano in aria fiori e petali mentre Larry li faceva vorticare con la sua magia.
 
Tutti erano sinceramente e profondamente felici per la nascita di questa nuova, significativa alleanza.
 
Nella baraonda generale, però, nessuno si era accorto dell’arrivo di un ospite inaspettato: i rintocchi della campana suonata da Roy scandirono involontariamente il ritmo dei passi regali della Principessa Peach.
 
Incedeva sul tappeto rosso stando attenta a non perdere l’equilibrio per via delle scarpe niente affatto comode che aveva scelto per l’occasione: anche l’abito di sempre era stato sostituito con uno più sobrio ma dello stesso colore e i capelli solitamente sciolti erano legati in una coda di cavallo molto alta; nessun segno della piccola coroncina dorata fra i capelli dello stesso colore.
 
Per lo stupore di tutti i presenti, si avvicinò quanto bastava ai novelli sposi e, senza riuscire a trovare il coraggio di guardare negli occhi nessuno dei due, si esibì in un inchino insolitamente duraturo:
-Regina dei Koopa...- insinuò a mezza voce senza che Daisy riuscisse ad interpretare con chiarezza l’intenzione nella sua voce.
-Principessa...- rispose la ragazza, ricambiando con un inchino meno impegnativo.
-Vi porgo i miei migliori auguri per le nozze... insieme alle mie scuse
 
Daisy e Bowser si guardarono negli occhi: non erano certi di essere pronti a far tornare tutto come era sempre stato, soprattutto Daisy che nutriva ancora dei forti dubbi in merito alla veridicità delle parole di Peach, tuttavia nessuno dei due se la sentì di ribattere in malo modo o allontanarla.
 
-Grazie. È bello sapere che nonostante tutto hai trovato il tempo per venire a dirci questo- commentò Daisy con un tono tuttavia piuttosto distaccato.
Bowser rimase in silenzio, limitandosi ad appoggiare una mano sulla spalla della consorte con fare protettivo.
 
Alla vista di quel gesto, per qualche motivo, le labbra di Peach si incresparono in un sorriso appena accennato e l’espressione sul suo viso si addolcì: non sapeva se sarebbe mai arrivato il giorno in cui l’avrebbe ammesso apertamente, ma forse quella era proprio la dimostrazione che si era sbagliata per tutto il tempo e che Daisy aveva fatto una scelta più che giusta.
 
-Mi piacerebbe fermarmi, ma non vorrei disturbare o interrompere i festeggiamenti, perciò...
-Non preoccupatevi, Principessa Peach, vi riaccompagno io a casa- suggerì Mastro Toad intromettendosi nella conversazione -È stato molto rischioso, da parte vostra, venire qui da sola...
 
Anche Mario e Luigi si avvicinarono al gruppetto e proposero di tornare al Regno dei Funghi con lei.
 
-Grazie per essere venuti- disse Daisy in attesa che anche il suo consorte aggiungesse qualcosa
-Già... Grazie ancora, Mario
-Non sarebbe stato lo stesso senza di voi- continuò la ragazza rivolgendosi ora ad entrambi i fratelli -E lo stesso vale per lui, ne sono estremamente certa- concluse, indicando Bowser con un sorrisetto compiaciuto in volto.
 
-Ci vediamo presto- risposero in coro i fratelli per poi allontanarsi.
 
-Aspetta!- esclamò Daisy cercando di richiamare l’attenzione di Peach -Voglio che tu abbia questo...- le disse a bassa voce porgendole il bouquet di margherite e fiori di campo.
 
La principessa Peach sorrise e accettò in silenzio il regalo inaspettato: Daisy non era cambiata, era la Daisy di sempre: gentile, premurosa e dolcissima.

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