A casa

di FedericaLille
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Anche a Milano poi esce il sole ***
Capitolo 2: *** Fai un buon profumo ***
Capitolo 3: *** Era felice ***



Capitolo 1
*** Anche a Milano poi esce il sole ***


Anche a Milano poi esce il sole
 

Una piccola macchia nera si aggirava per la stanza. Era l’unico movimento registrato tra quelle quattro mura nelle ultime ore.
Sara stava distesa sul divano, dormiva. No, non dormiva. Non ricordava più che ora fosse e se fosse opportuno restare lì com’era o mettersi in piedi per far qualcosa. La sua gattina continuava a saltare sul mobile bianco, ma non aveva più importanza rimproverarla.
Ecco, l’orologio segnava le 19:03. Era un ottimo orario per cominciare a preparare la cena. Sara non sapeva quanti altri pasti ancora sarebbe riuscita a preparare con le ultime scorte nella dispensa. Ma sì, per un’altra cena ce l’avrebbe fatta.
Si fece coraggio e sollevò il dorso. Il braccio destro intorpidito per aver subito il peso morto del petto. Sara notò con piacere che Luna si era raggomitolata nella sua cuccia morbida che tanto disprezzava. Era la prima volta che sceglieva quel posto per uno dei suoi mille pisolini della giornata.

“Ciao mamma, come stai? Io sto bene, sto lavorando molto. Sì, anche qui c’è stato il sole. Una bella giornata, sì. Sto cucinando, preparo le uova. Tu cosa mangi? Che buono! Buon appetito mamma. Ti voglio bene. Ciao, buonanotte.” Mise giù la chiamata e aprì l’ennesima scatoletta di tonno.

Luna ronfava come se non riposasse da giorni. Come faceva a non annoiarsi mai? Passava le giornate a lisciarsi il pelo nero e ogni tanto, per dare brio alla giornata, balzava sui luoghi proibiti della casa. Doveva farsi spiegare da lei come si fa a restare in quarantena tanto a lungo e non impazzire.
Sara preparava con cura la sua sigaretta, il filtro tra le labbra, il tabacco che scivolava tra le dita lungo la cartina trasparente. In balcone i piccioni avevano di nuovo fatto i loro porci comodi. Domani avrebbe dato una pulita, domani.
Una volta, pochi mesi prima, Nic le aveva detto che quando sarebbe arrivata la primavera avrebbero fatto colazione sul terrazzo. “Compriamo un paio di sedie pieghevoli e fingiamo di essere in spiaggia”, aveva detto. “Anche a Milano poi esce il sole”.
Il sole era uscito per davvero. Le giornate si erano allungate ed era bello stare all’aria aperta. Però nessuno lasciava le proprie case.

Quando l’OMS aveva dichiarato “emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale”, Sara era sulla sua comoda sedia ergonomica in ufficio a fare black humor sulla popolazione cinese. Non era cattiva, faceva solo lo stesso gioco dei suoi colleghi.
L’azienda stava attraversando un momento di crisi; a chi aveva una posizione più instabile, come Sara, veniva scherzosamente suggerito di cercare lavoro in Cina: “Sai quante posizioni aperte ci saranno adesso!”

Era un monotono lunedì come altri, quando il CEO aveva proposto a tutti i dipendenti di fare una settimana in smart-working, al fine di minimizzare il più possibile i contatti umani, dati i primi casi di contagio in Italia. Sara non aveva mai lavorato da casa, pensava potesse essere figo. Nic le aveva proposto di trascorrere insieme le giornate di lavoro, sarebbe stato divertente.
I primi giorni si erano visti da lei, avevano acceso i pc e poi si erano accucciati nel divano. Si erano riempiti di coccole. Non poteva andare meglio di così.
Poche settimane più tardi non le era stato rinnovato il contratto, non l’aveva ancora detto ai suoi genitori. Sperava di trovare presto un’altra soluzione, ma in tutto il paese le assunzioni erano state bloccate a causa del virus. Probabilmente il mese successivo non sarebbe riuscita a pagare l’affitto e avrebbe dovuto dire la verità.

 

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Capitolo 2
*** Fai un buon profumo ***


 
Fai un buon profumo
 
 
Nic: Manchi
Sara: Quanto sei scemo… ci siamo appena salutati :D
Nic: Lo so! Non posso starti lontano per più di 2’. Passo a prenderti alle 19? Voglio andare al cinema
Sara: Va bene :-) cosa vuoi vedere?
Nic: Te
 
Sara sorrideva compiaciuta a quei messaggi. Non aveva mai incontrato qualcuno che ricambiasse appieno il suo desiderio di stare vicini. Lei voleva gli abbracci lunghissimi, i baci spontanei dentro ai negozi, le mani incrociate in macchina, e Nic le dava tutto quanto.
Uscivano insieme da poche settimane, ma ogni volta che si allontanavano Sara sentiva un vuoto allo stomaco, pur sapendo che Nic le avrebbe scritto un minuto dopo.
Era così strano mancarsi tanto. Era come se entrambi avessero bisogno di restare in quel torpore che li cullava quando si toccavano. E ogni volta che si staccavano sembrava di svegliarsi di soprassalto nel freddo grigiore di Milano. Insieme si scaldavano, ecco.
 
Sara era spossata dalla lunga giornata in ufficio. Il cinema probabilmente avrebbe assecondato la sua sonnolenza. Entrò in doccia per tirarsi su.
L’acqua era piacevolmente calda sulla pelle, il suo tocco scioglieva tutte le tensioni accumulate nel giorno.
Ilaria, il suo capo, le aveva assegnato un nuovo progetto davvero importante. Tanto intrigante quanto ostico. Avrebbe potuto rappresentare la carta vincente per conquistare un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Avrebbe anche potuto metterla in cattiva luce se non fosse stata in grado di gestirlo propriamente. D’altronde il suo tempo in azienda sarebbe scaduto in pochi mesi. Era un’arma a doppio taglio, e Sara ne era terrorizzata.
 
Per fortuna c’era Nic, che le teneva il mento mentre la baciava dolcemente, cancellando ogni preoccupazione.
“Fai un buon profumo”, le disse, mentre si allontanava dal suo viso. Si ricompose nella sua poltrona e tornò a guardare il film.
Sara chinò la testa sulla sua spalla e tentò di scattare una fotografia immaginaria di quell’istante. Gli occhi blu di Nic che specchiavano il grande schermo, il suo petto che si gonfiava a ogni respiro sotto il maglione grigio, il calore della mano poggiata sulla sua coscia.
Aveva paura di perdere tutta l’ebrezza di quei giorni. Forse perché in passato aveva supplicato affetto senza alcun risultato. Aveva seminato pezzi di cuore, convinta che un giorno quel tipo che era sparito di punto in bianco li avrebbe raccolti tutti e poi ricomposti. Aveva creduto in ogni carezza ricevuta e poi ne aveva sentito la mancanza. Temeva di tessere nuove fantasie sulla base dell’ennesima lusinga.
Nic però era diverso, anche lui bramava quell’ebrezza. Si leggeva chiaro nei suoi occhi quanto Sara lo rapisse con ogni semplice gesto. Si nutriva della sua tenerezza e non poteva farne a meno.
 
“Anche tu fai un buon profumo”, sussurrò.
Si sporse verso di lui e cercò la sua bocca nella stanza buia. Premette le labbra contro le sue per qualche istante e poi lo lasciò libero. Lui però la ritrasse a sé, afferrandola per il braccio e riprese a baciarla come se fosse l’unica cosa che valesse la pena fare in quel momento. E il cinema fosse solo una scusa per baciarsi al buio in mezzo a un mucchio di estranei, per mostrare a tutti che qualsiasi film fosse una noia mortale in confronto alla passione che c’era tra loro.
 
L’inverno era alle porte e le foglie gialle e rosse cominciavano a cadere. Sara stringeva la mano di Nic dentro al suo morbido guanto mentre camminavano verso il parcheggio.
“Sai, mi hanno affidato un nuovo progetto a lavoro. È roba grossa”, raccontava entusiasta, “Però non posso dirti di più perché è top secret.”
“Ma come! Perché? Adesso sono curioso, voglio saperlo”, contestò Nic.
“Non posso davvero. O dovrò ucciderti.”
“Sei proprio ingiusta. Sono contrariato.”
“Se conquisterai la mia fiducia te lo dirò. Fino ad allora…”
“Non ti fidi di me?”
“Voglio solo esserne sicura.” Sara gli sorrise, nel tentativo di rassicurarlo.
Funzionò. Nic non insistette e cominciò invece a commentare alcune scene piccanti del film appena visto.
“Ecco, quella cosa lì dovremmo provarla più tardi”, suggerì, accarezzandole la schiena.
 “Resti a dormire da me?”, intuì lei, compiaciuta.
“Posso?”
 
Trascorsero la notte insieme, rubandosi il fiato a vicenda e poi addormentandosi, abbracciati, l’uno nei sogni dell’altra.
 

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Capitolo 3
*** Era felice ***


Era felice
 

Era il periodo migliore per le passeggiate in centro, le luci coloravano le strade e i tormentoni di natale rintronavano dentro ai negozi. Sara non aveva mai veramente amato andare in giro alla ricerca dei regali da mettere sotto l’albero, ma quell’anno, eccezionalmente, sorrideva spensierata tra nastri rossi e bigliettini glitterati.
Per la prima volta sarebbe tornata a casa in veste di babbo natale, col sacco ricco di doni. Dopotutto, era finalmente una donna indipendente, una donna “in carriera”, come diceva papà. Non vedeva l’ora di rispondere sfrontatamente ai parenti insolenti per zittirli e stizzirli, raccontando del suo lavoro in una multinazionale di successo.
 
Nic le avvolgeva le spalle con il suo braccio gentile, mentre passeggiavano attorno al Duomo di Milano.
“Voglio prendere un regalo per i miei nonni”, disse, “Ma non so cosa cercare”
“Che tipi sono?”, chiese lei.
“Sono dei nonni, fanno le cose da nonni, non saranno tipi molto diversi dai tuoi nonni probabilmente”, rispose, sollevando gli occhi al cielo in cerca di ispirazione.
Sara ragionò qualche istante, pensò ai suoi cari che non vedevano l’ora che lei fosse a casa per le feste. “I miei nonni non vorrebbero un regalo da parte mia. A loro basta riavermi vicina per un po’, credo.”
“Tutti vogliono un regalo. Per questo te ne ho fatto uno, anche se non me l’hai chiesto”, replicò Nic, sfiorandole la guancia con le nocche.
Sara sorrise e lo incalzò prontamente: “Non è vero. Non hai un regalo per me.”
“Okay, hai ragione. Non ce l’ho ancora.”
“E non ne voglio uno!”, chiarì lei.
Nic fermò il passo, le prese il viso tra le mani e poggiò dolcemente le labbra sulle sue. Sarà rabbrividì al tocco inaspettato. Le labbra di Nic erano fredde e ruvide ma sulle sue si infiammavano all’istante. Un incastro perfetto. Sara si lasciò baciare, inerme. Ogni volta che si impadroniva della sua bocca lei abbandonava ogni difesa e si lasciava trasportare da quel contatto squisito.
Nic si allontanò quando per lei era ancora troppo presto. Era sempre lui a decidere quando baciarla e quando lasciarla. Sceglieva lui quando abbracciarsi e quando interrompere le coccole. Nessuno aveva stabilito quelle regole, ma poche volte Sara prendeva l’iniziativa e quasi mai interrompeva per prima il contatto. Lasciava sempre che fosse lui a desiderarla per primo, e a stancarsi per primo anche. Lei restava lì, in balìa dei suoi gesti affettuosi.
Non c’era nulla di male, si diceva. Semplicemente non voleva esporsi troppo. Preferiva fosse lui a cedere e cercare il suo tocco. Lei, poi, non si sarebbe mai scollata. Quindi lasciava sancisse lui anche la fine.
 
“Andiamo a cercare il regalo per i nonni.” Nic la prese per mano e la trascinò con sé.
 
Quella sera Sara preparava le valigie per il suo ritorno a casa. Era contenta di riabbracciare Luna, e pure il suo fratellino. Mamma e papà, anche loro.
Le dispiaceva non poter vedere Nic per due settimane intere. Avrebbe voluto portarlo con sé, per godersi le vacanze in tutti i sensi. Due settimane era un periodo di tempo lungo. Lunghissimo per due come loro che si sfamavano di baci quotidiani.
Lui sarebbe rimasto a Milano, con la sua famiglia. Non si erano neanche proposti di trascorrere alcuni giorni di ferie insieme, da qualche parte. Era forse troppo presto?
Sara aveva deciso che non si sarebbe fatta mille paranoie, per la prima volta. Sentiva che Nic avrebbe potuto essere proprio quel ragazzo da portare a casa per le vacanze di Natale. In futuro.
Mentre sceglieva quale intimo mettere in valigia, una canzone molto familiare sbucava dalla playlist che Nic aveva creato per lei.
 
Sara: Hai dei gusti musicali sorprendenti
Nic: Hai beccato i One Direction? Era ora!
Sara: Come facevi a saperlo?
Nic: Sono uno stalker. Ti osservo da quando avevi 15 anni.
Sara: Scemo!
Nic: Volevo farti sorridere :’)
 
Sara canticchiò sulle note della boyband della sua adolescenza. Era felice.

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